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Full text of "Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli stati di S.M. il re di Sardegna"

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DIZIONARIO 

GEOGRAFICO 
STORICO-STATISTICO-COMMERCIALE 

DEGÙ   STATI 

DI  S.  M.  IL  RE  DI  SARDEGNA 


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DIZIONARIO 

GEOGRAFICO 
STORICO  -  STATISTICO  -  COMMERCIALE 

DEGLI    STATI 

DI  8.  HI.  IL  RE  DI  SARDEOIVA 

COBfPILATO  PER  CURA 
DEL  PROFESSORE 

GOFFREDO    CASALIS 

DOTTORE  DI  BELLE  LETTERE 

OPERA 

MOLTO  UTILE  AGLI  DCPIEGATI  NEI  PUBBLICI  E  PRIVATI  UFFIZI 

A  TUTTE  LE  PERSONE  APPLICATE  AL  FORO  ALLA  MILIZIA  AL  COMMERCIO 

2  SINGOLARMENTE  AGQ   AMATORI  DELLE  COSE  PATRIE 

Ofnnes  omnium  carltates  patria 
una  coro  pie  xa  est.  Gc.  i  Off, 


VOL.  III. 


TORINO     1836 

PRESSO  G.Maspero  libraio 
Cassone  Marzorati  Yercellotti  tipografi 


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^rif    ì^f?ng,g>3r- 


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^^dAlÉJU-^    ^A*-*-^ 


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CZf  Editori  MàSPERO,  Marzobati  e  Comp.  intendono  godere 
del  prix^ilegio  conceduto  dalle  Regie  Patenti  del  28  feb^. 
brafo  1826,  avendo  eglino  adempito  quanto  esse  pre^ 
scrivono» 


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DIZIONARIO 

GEOGRAFICO 
STORICO-STATISTICO-COMMERCIALE 

DEGÙ  STATI 

DI  S.  M.  IL  RE  DI  SARDEGNA 


^  ISABELLA  (  Cabdla)j  com.ndi  mand.  di  Rocchetta,  proy. 
di  Novi  y  dioc.  di  Tortona ,  dir.  di  Genova.  Dipende  dal  se- 
nato di  Genova 9  vice-intend.  prefett*  ipot  e  posta  di  Novi,  insin. 
di  Rocchetta. 

Giacer  sul  confluente  del  Borbera,  e  del  rivo  Aliassa:  .dalla 
parte  di  levante  vedesi  un  promontorio  dell'altezza  di  loo  me- 
tri, sulla  cui  cima  sta  un  vecchio  palazzo  d'assai  pregevole 
architettura.  Esso  appartiene  al  principe  Doria  Panfili  già  feu- 
datario di  questo  comune. 

I  luoghi  di  Volpara,  di  Piuzzo,  è  metà  di  quello  di  Cosola 
sono  uniti'  a  Gabella. 

Vi  passa  una  sola  via  comunale ,  che  da  mezzodì  conduce  a 
Carrega ,  e  da  mezzanotte  ad  Albera  :  essa  discorre  lungo  la  destra 
sponda  del  Borbera  :  trovasi  in  pessimo  stato ,  e  non  è  prati- 
cabile che  a  piedi. 

II  detto  torrente,  che  nasce  dal  monte  Antola  ,  forma  il  li- 
mite di  questo  comune  dal  lato  occidentale,  e  dividelo  da  quello 
di  Rocchetta.  11  suo  corso  é  da  ostro  a  borea.  La  sezione  trans- 
versale del  suo  letto  è  di  i5o  metri  circa.  Non  evvi  ponte 
per  valicarlo.  Per  Tordinarìo  é  povero  d'acqua  ;  ma  ingrossa 
in  tempo  di  dirotte  pioggie  per  modo  che  Straripa ,  ed  inonda 
le  circostanti  campagne. 


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6  CABRAS 

Al 'confine  del  territorio,  dalla  parte  orientale ,  aTvi  una  ca- 
tena di  monti  di  considerabile  elevatezza  :  il  più  alto  di  essi  è 
il  Montebore  :  sulla  superficie  di  questi  monti  si  distendono  as- 
sai vaste  praterie;  ma  per  esservi  molto  freddo  il  clima,  non 
vi  prospera  la  vegetazione  dell'erbe. 

La  parrocchiale  di  Gabella  è  intitolata  a  s.  Lorenzo;  quella 
di  Volpara  é  sotto  il  patrocinio  di  s.  Michele  ;  quella  di  Piuzzo 
ha  per  titolare  s.  Marziano. 

Vi  sono  giorni  di  fiera  il  27  di  aprile,  tutti  i  sabbati  di  giu- 
gno ,  il  22  di  luglio  ,  il  17  di  agosto  ,  il  i5  di  settembre  ,  il 
1 8  di  ottobre  ,  ed  il  3  di  dicembre.  Il  prìncipale  traffico  di 
queste  fiere  si  é  quello  del  grosso  bestiame. 

Il  territorio  produce  grano,  meliga ,  legumi ,  poche  castagne, 
e  cattivo  vino.  Vi  si  mantengono  capre  in  mediocre  quantità, 
e  poco  bestiame  bovino. 

Questi  prodotti  bastano  appena  al  sostentamento  degli  abi- 
tanti per  due  terzi  dell'anno:  le  derrate  che  mancano,  vi  sono 
trasportate  dalle  terre  lombarde. 

Pesi,  misure  e  monete  come  nel  suo  capo  di  provincia. 
.  I  terrazzani  di  Gabella  sono  generalmente  robusti,  ed  appli- 
catissimi  all'agricoltura.  Molti  di  essi  recansi  a  passare  l'inverno 
in  Lqmbardià,  ove  s'impiegano  in  campestri  lavori. 

Popol.  1920. 

GABRAS,  ant.  Capra  o  Caprasy  grossa  terra  della  Sarde- 
gna ,  nella  prov.  di  Busachi.  Comprendevasi  nell'antico  giudi- 
cato d'Arborea  ,  nel  dipartimento  del  Gampidano  di  Siamuiaggio- 
re,  e  cresciuta  poscia  la  sua  popolazione  vi  si  mandò  a  risiedere  il 
giudice,  e  divenne  capoluogo  del  mandamento,  nel  quale  re- 
stano aggregati  Baratili,  Gerfaliu ,  Donnigàla,  Màssama,  Nurà- 
chi,  Nura/i-nieddu ,  Riòla  ,  Siammaggiore  ,  Solànas,  Solorùssa. 

Giace  in  esposizione  a  tutti  i  venti ,  sopra  un  piano  in  gran 
parte  sabbioso  ,  appoggiata  alla  sponda  orientale  del  lago  di 
Pontis ,  comunemente  detto  Mare-de-pontis ,  a  un  miglio  dal 
mare  ,  a  tre  dalla  foce  del  Tirso  verso  tramontana ,  e  pure  a 
circa  tre  miglia  da  Oristano  verso  Pon-maestro.    - 

Le  case  sono  circa  910,  e  coi  loro  interstizi  occupano  pres- 
soché tee  quarti  quadrati  d'un  miglio.  Le  stanze  sono  tutte  al 
pian  terreno»,  e. le  solite  divisioni  sono  in  una  sala  d'ingresso, 
che  in  uno  od  axnho  ì  lati  a  destra  e  sinistra  danno  adito  ad 


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CABRAS  7 

una  6  più  eamere  :  con  in  addietro  un  cortile  per  li  polli^  per 
coltirarvi  qualche  erba  ortense  y  e  per  }e  legna.  Le  linee  in 
cui  sono  disposte ,  il  paralellismo  che  in  alcune  è  stato  os<^ 
servato ,  il  competente  spazio  che  intercludono  ,  portano  ceita 
apparenza  di  regolarità ,  e  conciliano  qualche  beUezza  al  totale. 
Non  essendo  però  state  coperte  né  di  ciottoli ,  ne  di  lastre , 
neppure  dispostosi  il  suolo  ad  un  conveniente  declivio,  perciò 
nelle  piovose  stagioni  sono  non  poche  contrade  per  la  loia  e 
mota  mollissime  ,  e  in  alcune  rimane  il  brago  fino  a  che  un 
forte  sole  le  asciughi.  Pari  incomodo  è  nelle  vie  per  cui  vi  si 
avvenga  da  altronde. 

Il  clima  è  caldo  ,  ma  per  lo  frequente  e  quasi  periodico 
vento  di  mare  ,  e  per  V  influenza  dell'aria  da  tutt'altre  parti 
ne  resta  mitigata  la  temperatura. 

Grande  è  l' umidità ,  per  ciò  che  non  solo  il  mare  e  i  laghì^ 
ma  il  fiume  ,  che  verso  il  sirocco-levante  avvicinasi  al  paese 
poco  men  d'un  miglio ,  la  ramificazione  complicata  dei  canali, 
^e  bevon  dal  Pontis  ,  e  dodici  o  più  paludi  satollano  di  va* 
pori  l'atmosfera.  Quindi  le  frequenti  nebbie,  che  serpeggiando 
ingombrano  la  terra  ,  e  mentre  nuocono  mai  sempre  alla  sa-^ 
nità  dei  corpi  non  usi  alla  loro  azione ,  avviene  die  in  qualche 
stagione  dannifichino  pure  alle  biade,  agli  ohvi ,  e  ad  altre 
specie. 

In  questa  condizione  ^  cose  non  può  non  essere  che  nel- 
l'estate ed  autunno  non  si  sviluppino  dei  miasmi  dalle  acque 
più  crasse  e  morte.  Non  per  tanto  é  da  dire,  che  questi  agi- 
scono poco  o  nulla  negli  abitatori  ^  e  nominatamente  tra  ipe» 
scatorì,  da  che  nuU'appariscono  i  tristi  effetti,  che  in  altri  luo* 
ghi  malsani  rendono  tristo  e  doloroso  l'aspetto  e  Tessere  delle 
persone. 

In  .generale  god'esi  una  salute  prospera  dove  siasi  felicemente 
trapassato  lo  spazio  della  puerizia  :  la  vitalità  regge  in  molti 
anche  al  settantesimo  anno ,  e  fiirono  non  rari  gli  esempi  di 
vecchi  centenari. 

Infrequenti  e  lievi  storpiature  nel  popolo  -,  invece  ti  si  pre- 
senteranno belle  proporzioni ,  vivace  colorito ,  e  nelle  femmine 
tanta  finezza  di  taglia ,  e  si  lieto  lume  di  avvenenza ,  che  le 
crederesti  le  bellissime  donne  dell'isola ,  se  non  ti  soccorresse 
in  altre  regioni  della  medesima  essere  delle  fonne  prestanti  con 


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B  CABRAS 

la  importante  aggiunta  di  ciò  che  ben  si  sente ,  e  mal  'si  si- 
gnifica con  li  vocaboli  bel  sangue  e  spirito.  La  fama  delle  belle 
crabarisse  sali  in  maggior  onore ,  poiché  visitando  questi  luoghi 
la  Regina  Maria  Teresa  d'Austria  videne  molte  ,  che  a  di  lei 
giudizio ,  la  quale  meglio  d'altri  di  ciò  intendevasi  ,  potevano 
in  paragone  contender  della  superiorità  con  le  istesse  giorgiane^ 
e  con  più  sorte  delle  altre  quella,  cui  in  atto  di  ammirazione 
compiacque  maggiormente  onorare  baciandola  in  fronte. 

Il  numero  delle  famiglie,  che  fu  preso  nella  recensione  par- 
rocchiale del  1834,  era  sulle  900  ,  e  in  queste  si  comprende^ 
vano  anime  3556.  La  solita  proporzione  dei  nati  alla  popola- 
zione si  calcola  d'un  venticinquesimo,  quella  dei  morti  ai  nati 
di  nove  quattordicesimi. 

Resta  in  questo  paese  finora  ineseguita  la  comandata  riforma 
delle  sepolture.  Il  cemitero  è  nell'estremità  dell'abitato  in  con- 
tiguità alla  chiesa  parrocchiale.  L'uso  delle  nenie  nei  funerali 
non  è  del  tutto  estirpato:  ma  non  anderà  molto  che  le  canti- 
lene delle  mercenarie  prefiche  cedano  alla  religiosa  costuman- 
za ,  che  va  allargandosi  di  invitare  per  una  limosina  le  povere 
donne  a  temprare  col  canto  del  rosario  il  dolore  delle  parenti 
coronanti  il  feretro  in  atteggiamento  mestissimo. 

Nelle  maniere  di  vestire  non  distinguerai  questi  dagli  altri 
Arboresi,  se  non  che  spicca  nelle  donne  una  pulitezza  squisita, 
e  maggior  leggiadria  nel  portamento. 

La  istruzione  primaria  non  è  in  più  alto  grado ,  che  altrove. 
I  maggiori  non  sono  persuasi  dell'utile  della  istituzione^  i  pic- 
coli poco  diligenti  ;  i  maestri  poco  zelanti  ;  il  metodo  non  molto 
lodevole.  Sogliono  concorrere  circa  ^5  fanciulli. 

Nelle  professioni  meccaniche  di  prima  necessità  si  esercite- 
ranno pressoché  i5o  persone.  Dopo  i  contadini ,  il  numero  mag- 
giore è  dei  pescatori.  Impiegansi  nella  tessitura  non  meno  di 
85o  telai  sardeschi  -,  ma  alle  enormi  imperfezioni  della  mac- 
china supplendo  la  diligenza  del  lavoro ,  oltre  i  panni  da  fo- 
rese ,  sono  fabbricate  delle  tele  ,  coltri ,  e  tutte  specie  di  lin- 
gerie ,  che  hanno  qualche  merito. 

Comprendesi  questa  parrocchia  nell'amministrazione  dell'arci- 
vescovo di  Arborea.  Nell'abitato  troverai  due  sole  chiese  ,  la 
maggiore  dedicata  alla  santissima  Vergine  Ass&nta  ,  dove  go- 
verna un  vicario  con  l'opera  di  altri  cinque  preti  -,  la    minore 


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GABRAS  9 

•otto  l'invocazione  dello  Spirito  Santo,  dove  n£Ezia  una  con- 
fraternita. 

Le  principali  feste  occorrono  per  la  nostra  Donna  addi  24 
maggio  y  per  s.  Antonio  da  Padova  addi  i3  giugno,  e  nella 
commemorazione  dell' Assunzione  addi  i5  agosto.  La  prima  è 
più  delPaltre  frequentata  da  forestieri  ,  e  in  essa  siccome  nel- 
l'altra del  mese  seguente  si  offre  lo  spettacolo  della  corsa  dei 
barberi  governati,  com'è  uso  perpetuo,  dai  fantini,  nella  quale 
sogliono  intervenire  i  più  nobili  corsieri  ,  perché  considerevoli 
i  premi  che  si  propongono. 

Una  società  di  giovani ,  ed  altra  di  maritati ,  che  sono  in- 
scritti siccome  operati  per  le  spese  della  solennità ,  fanno  a 
gara  gli  uni  gli  altri  per  soprdvanzare  ,  e  i  primi  per  la  sola 
questua  ,  i  secondi  per  la  questua ,  e  per  una  quota  nei  sin- 
goli ,  studiano  di  raggranellare  delle  forti  somme. 

Il  rispettivo  palio,  che  é  una  pezza  di  qualche  bella  pannina 
di  seta,  dividesi  da  una  e  da  altra  compagnia  in  due  porzioni 
disuguali ,  onde  siano  quattro  premi ,  i  due  dei  giovani  per  lo 
primo  e  terzo  dei  cavalli  grandi,  i  due  dei  maritati  pel  secondo 
di  questi,  e  primo  ed  imico  dei  puledri.  Gli  operari  della  prima 
società  erano  di  vantaggio  obbligati  alla  veglia  sacra  nella  notte 
del  giovedì  al  venerdì  santo  per  curare  i  lumi  che  ardevano  al 
sepolcro.  £  non  erano  le  sole  cere,  ma  molte  e  molte  centi- 
naja  ,  e  quasi  quante  le  famiglie ,  di  grandi  lampadi ,  quale  di 
quattro ,  quale  di  più  stoppini  disposte  in  lunghi  ordini  sopra 
panche.  All'alba  ciascuna  famiglia ,  data  un'offerta  alla  titolare^ 
riprendeva  la  sua  ,  e  guardava  la  quantità  residua  dell'olio  o 
della  cera  come  consacrata  da  una  benedizione ,  e  nella  sua 
virtù  di  non  so  quali  cose  efficace. 

Nel  Sinnis  erano  in  altri  tempi  gran  numero  di  chiese,  ora 
non  ne  stanno  che  due ,  l'altre  già  cadute  o  disfatte  -,  e  sono 
queste,  una  dedicata  a  s.  Giovanni  (titolo  abbazìale)  antico 
edifizio  a  tre  navate  con  poche  colonne  ,  il  quale  fu  non  a 
guari  ristorato;  l'altra  denominata  dal  Salvatore  fabbricossi  so- 
pra alcune  camere  sotterranee  scoperte  a  caso  ,  che  per  certa 
mensa  formata  da  due  lapidi  verticali  con  altra  orizzontale,  e 
sopravi  un  simulacro  tarlato  creduto  rappresentare  il  Salvatore, 
fa  stimata  una  chiesa.  Quindi  a  breve  intervallo  sono  alcuni 
nideri  detti  Sa  domo  d^  Cubas ,  che  la  tradizione  riferisce  ad 
uno  stabilimento  di  benedittini. 


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IO  CABRAS 

Agricoltura^  pastura^  pesca.  La  estensione  superficiaria  del 
territorio  di  questo  comune  è  tanta  ,  che  se  sì  raddoppiassero 
i  coloni  avria  ciascuno  in  cui  versate  il  suo  sudore.  Ed  il  ter- 
reno si  vorrebbe  prestare  a  più  altri  generi  di  coltivazione ,  se 
agisse  più  sollecita  diligenza  con  maggior  corredo  di  cognizioni. 
Dannosi  alla  terra  nella  seminazione  star,  di  grano  aSoo , 
d'orzo  3oo ,  di  fave  loo,  di  lino  i5o,  e  sopra  tutto  questo  o 
nuir altro  j  o  ben  poco,  perchè  né  del  granone  ,  ne  delle  di- 
verse specie  di  civaie  si  £a  stima.  Queste  coltivazioni  patiscono 
spessi  danni  da  varie  cause  y  e  non  guardando  alla  solita  scar- 
sezza delle  pioggie  ,  che  é  più  comune  della  ridondanza  ,  le 
gru  che  in  sul  cominciare  del  verno  compariscono  in  grandi 
stormi  y  quando  s'avvisino  d'un  campo  seminato  a  fave  ,  ac- 
corronvi  a  scavarle  si  che  obbligano  a  nuove  fatiche  e  dispen- 
dio ,  e  ad  una  rigorosa  guardia  a  volere  che  germini  il  seme* 
Quel  lascino  intatto  le  gru ,  toccasi  dalle  cornacchie ,  che  in  un 
momento  lo  coprono  quasi  d'un  nero  velo  instandovi  operose 
a  saziarsi. 

Le  escrescenze  del  fiume,  quando  son  continuate,  come  nel 
i832  che  accaddero  dieci  alluvioni,  fanno  cadere  tutte  le  spe- 
ranze e  restar  senza  premio  le  fatiche  durate. 

Il  superficiale  frullamento  delle  terre ,  difetto  comune  degli 
arboresi ,  l'imperizia  nelle  operazioni  sono  sempre  ,  e  meglio 
che  altro  ,  cagione  del  tenue  frutto  che  percevesi. 

Il  suolo  è  opportunissimo  alle  viti ,  onde  vengono  con  molta 
felicità,  e  maturano  i  grappoli  prima ,  che  altrove,  onde  ne' più 
anni  s'anticipano  nel  giorno  di  s.  Bartolommeo  le  allegrezze  del 
Sanmartino  -,  negli  altii  non  si  lascia  andare  la  prima  dome- 
nica di  settembre.  Tanta  accelerazione  egli  è  da  ciò ,  che  per 
la  difettosissima  manipolazione  del  mosto  i  vini  sentendo  il  ca- 
lore si  esacerbano,  e  questo  rinforzando  ogni  di  più  ancora  si 
inforzano  sino  ad  una  acidità  troppo  pungente. 

Grande  è  il  consumo  di  questo  prodotto ,  e  quando  accada 
che  se  ne  esponga  in  vendita  di  tal  gusto  che  lusinghi,  allora 
una  moltitudine  (  e  i  pescatori  sono  sempre  la  massima  parte 
dei  concorrenti  )  questi  tra  motteggi  ,  quelli  tra  discorsi  che 
serio  il  tono  vuotano  in  brev'ora  una  bote.  I  vini  inaciditi  si 
passano  sul  fuoco,  e  la  quantità  può  ragguagliarsi  ad  una  ot- 
tava del  mosto.   Questo  vigneto  tiene  una  certa  varietà  da  cui 


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CABRAS  1 1 

sono   quelle   uve  passe ,  che  si  paragonano  alle  migliori  del 
conunercio.  , 

Tra  le  specie  fruttifere  le  più  numerose  sono  i  fichi ,  peri , 
sasini  y  meli ,  gli  agrumi  di  molte  varietà ,  i  mandorli ,  gelsi , 
sorbi ,  e  le  palme  ,  che  darebbero  in  somma  non  meno  di  i5 
mila  individui ,  non  messi  in  calcolo  gli  ulivi.  Queste  piante 
tra  grandi  e  piccole  sommano  esse  a  non  meno  di  4^  ^^^  9  e 
quando  sia  una  piena  produzione  e  non  offesa  dalle  meteore 
si  viene  a  raccogliere  dal  torcolo  circa  8  mila  barili,  di  cui 
sono  serviti  ì  valligiani  d'Arborea  ,  e  fino  la  stessa  capitale. 
Possano  questi  agricoltori  badare  a  quanto  valgano  i  gelsi ,  e 
cosi  procurarsi  un  altro  ramo  di  lucro ,  e  più  nella  produzione 
sicuro ,  che  non  sono  gli  ulivi. 

Finora  non  si  è  formata  alcuna  gran  chiudenda  ,  o  tanca 
che  dicono  volgarn^ente  ,  e  Ib  piccole  sariano  facilmente  con- 
tenute in  una  dodicesima  del  territorio.  Vi  si  semina  e  tiene  a 
pastura  il  bestiame  domito. 

Il  Sinnìs  è  ima  vasta  regione  chiusa  da  ostro  a  tramontana  per 
lo  mare ,  a  levante  dal  gran  lago.  In  sua  maggior  lunghezza  po- 
tresti numerare  migUa  1 3,  nella  maggior  larghi&zza  5,  nella  sua 
superficie  32  quadrati  incirca  delle  medesime.  Distinguesi  in  due 
partì:  la  coltivata,  dove  insieme  coi  Grabarissi  lavorano  molli 
contadini  di  Riòla  ,  Muràchi ,  Baratili ,  Solànas ,  s.  Yero-Milis  ; 
l'incolta ,  che  ingombrasi  dai  lentischi ,  corbezzoli ,  mirti ,  cistio, 
e  dalle  prunaie,  é  una  vera  landa. 

Gli  armenti  e  greggie  del  comune  pascono  tra  queste  mac- 
chie e  nei  prati,  finché  mancando  le  sussistenze  comandi  l'emi- 
grazione ad  altre  giurisdizioni.  Le  specie  erano  nel  i834  nei 
seguenti  numeri.  Pecore  capi  7000,  buoi  i5oo ,  vacche  1000, 
capre  4^o,  porci  6000,  cavalle  rudi  i3oo,  cavalli  domiti  3oo, 
giumenti  circa  800.  Della  bontà  dei  formaggi  non  si  hanno  cer- 
tamente a  dire  molte  parole  di  lode.  Quest'arte  è  men  cono- 
sciuta delle  akre. 

Il  selvaggiume  comprendesi  nelle  specie  dei  daini,  cinghiali, 
leprì  e  volpi. 

In  cosi  vasto  territorio  chi  soffra  sete  si  che  stenterà  pria  di 
trovare  una  vena  a  cui  dissetarsi.  Pari  mancanza  è  nel  sito  del 
paese ,  e  in  sua  circostanza.  Certamente  non  è  a  gran  distanza 
il  fiume  ;  ma  se  nell'inverno ,  quando  volgonsi  pure  le  acque , 


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12  CABRAS 

e  la  marca  non  ascende  a  contaminarlo  di  sabedine  ^  sommi^ 
nlstra  buone  acque,  in  altre  stagioni  è  forza  di  be vere  dai  pozzi, 
e  puoi  stimare,  conosciuta  la  condizione  della  località,  se  dolci 
sìeno  gli  umori  che  yi  spicciano.  Invece  sono,  come  te  ne  sa- 
rai già  avvisato,  molte  concavità  che  ricevono  e  ritengono  gran 
quantità  di  acque. 

Tra  questi  laghi  è  da  notarsi  che  il  Mar-^e-^pontis ,  cosi  de- 
nominato dai  ponti  sui  quali  si  traversano  i  rivi  che  da  esso 
portano  al  canale  delle  peschiere  e  al  mare ,  e  quindi  ripor- 
tano al  suo  seno.  La  sua  circonferenza  valutasi  nelle  1 6  miglia, 
la  lunghezza  nelle  5,  la  larghezza  compensata  nei  3[2.  Esso  dalla 
parte  di  terra  si  alimenta  per  le  acque  del  Cispiri  (fiume  di 
Riòla  ) ,  dalla  parte  di  mare  per  l'influsso  periodico  nelle  due 
giornaliere  piene.  Il  solcamento  dei  rivi  è  stato  cosi  condotto, 
che  tagliano  in  sei  e  più  isolette  la  maremma  tra  il  fiume  e 
lo  stagno,  e  può  immaginarsi  fatto  non  solo  a  che  avessero  le 
due  peschiere  più  bacini ,  dove  potesse  pascolare  maggior  nu- 
mero di  pesci ,  ma  eziandio  a  volere  che  nel  perpetuo  timore 
delle  notturne  sorprese  e  repentine  invasioni  dei  barbareschi  , 
questi  trovassero  impedimento  in  tante  fosse  profonde.  £  il  pen- 
siero non  riusci  in  vano  :  imperocché  non  ostante  tanta  pros- 
simità della  popolazione  al  lido  ,  solo  una  volta  ardirono  gli 
infedeli  di  tentar  quei  guadi. 

Nel  canale  in  cui  concorrono  i  rivi  sono  due  peschiere  ,  la 
principale  tra  la  foce  e  lo  stagno  nominata  di  Pontis ,  e  l'altra 
quasi  sussidiaria  alla  foce  ,  che  appellasi  Màrdini.  Intramendue 
danno  un  prodotto  considerabile,  e  per  ordinario  le  l.  n.  6o  mila. 

A  destra  di  questo  canale  lungo  la  spiaggia  per  le  due  mi- 
glia stendesi  con  varia  larghezza  il  lago  di  Mistras.  Esso  può 
tenersi  quasi  un'appendice  dell'anzidescritto.  Nella  foce  ,  per 
cui  comunica  col  mare  ,  è  una  terza  peschiera. 

£  quando  or  ^ade  in  acconcio  citerò  pur  l'altra  che  suole 
stabilirsi  nell'alveo  del  Tirso  non  a  molta  distanza  dalla  sua 
imboccatura.  Né  queste  acque  solamente  ,  ma  altre  delle  mi- 
nori paludi  poste  verso  la  tramontana  del  paese  sono  ricono- 
sciute pescose. 

Le  principali  specie ,  di  cui  é  grandissima  cattura  ,  sono  le 
anguille  e  i  muggini.  Da  questi  egli  é  che  si  traggono  quelle 
belle  e  grandi  bottai^he  ,  che  sono  a  dir  degl'intelligenti  un 


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CABRAS  i3 

buonissimo  leccume ,  un  gran  tornagusto.  I  lupi ,  e  non  pochi 
sulle  3o  libbre  sarde  (vedi  per  le  misure  sarde  nell'art,  fut- 
sachi  prov.  l'equazione  metrica),  prendonsi  nell'acque  del  fiume, 
nel  bacino  principale  di  Pontis,  e  Màrdini:  e  dentro  del  Afar- 
e-pontis  è  uno  spazio  chiuso  da  palizzate  sulla  parte,  nella  quale 
sono  stati  aperti  i  rivi ,  doye  in  numerosissime  greggie  essi  pa- 
scono da  nessuno  turbati  di  giorno  (però  che  i  ladri  amano 
l'oscurità)  :  e  chi  su  qualche  battello  osasse  approssimaryisi,  ei 
si  esporrebbe  ai  colpi  della  vicina  torre. 

La  saboga ,  che  tra  tutte  le  altre  specie  è  più  apprezzata , 
vedesi  nel  fiume  alla  primavera:  la  canina  si  coglie  dai  calici 
del  Mistras.  Quivi  quando  soffia  forte  il  maestrale,  e  fa  tra- 
boccar nel  mare  con  forte  corrente ,  e  più  forte  nell'ore  del 
nflusso ,  le  acque  dello  stagno  ,  aperto  il  varco  essa  si  vibra 
contro  l'impeto  delle  medesime ,  e  tosto  vi  riman  chiusa  per 
prendersi  quando  tenti  di  ritornar  nel  mare  affirontando  la  cor* 
rente  della  piena. 

Vive  tra  l'altre  nel  Mar-e-pontis  celta  specie  di  pesciolini 
bianchi,  e  se  ne  fa  gran  preda  nelle  serene  giornate  dell'in- 
yerno  all'aspetto  del  sole  ,  al  quale  essi  soglion  uscire  e  venir 
su.  Nella  immensa  copia ,  di  cui  si  grava  il  battello ,  il  prezzo 
é  cosi  basso ,  che  se  ne  possono  nutrire  anche  i  più  poveri. 
Chiamasi  oiy/^  ed  è  assai  gustoso ,  quando  abbia  l'ovaja.  Si  fa 
gran  salagione  di  anguille  e  muggini,  e  un  grande  smercio  per 
tutto  il  regno. 

Non  pesci  solamente ,  ma  varie  spede  pure  di  uccelli  in  nu- 
merosissimi stormi  frequentano  queste  acque  nelle  stagioni  d' au- 
tunno e  d'inverno.  Non  mancano  i  fenicotteri.  Il  Fara  fa  men- 
zione dei  cigni ,  e  chi  sa  quale  specie  tra  le  molte  che  vengono 
a  svernare  egli  voluto  abbia  designare» 

Pesca  di  mar  vivo.  Più  numerosi  dei  pescatori  di  stagno  sono 
quelli  che  si  affiiticano  sul  mare  ,  dei  quali  se  ne  può  nume- 
rare circa  no  distribuiti  in  una  dozzina  di  battelli.  Il  golfo  e 
mari  del  paraggio  sono  abbondantissimi,  e  più  sentita  è  cotanta 
abbondanza  nell'autunno  e  primavera.  Alcuni  nella  quaresima 
vanno  sull'acque  di  Marceddl-,  prendono  parte  coi  forestieri  nella 
pesca  delle  sardelle  e  ne  fanno  salatura. 

Saline,  In  fondo  al  seno  del  Peloso  sono  delle .  saline  ,.  che 
or^  tcngonsi  in  economia  dal  R.  Patrìmouio ,  e  producono  un 


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i4  CABRAS 

annuo  reddito  di  circa  io  mila  lire  nuove.  Nell'ultimo  appalto 
queste  con  l'altre  dì  Pauli-pirastu  (littorale  di  Terralba) ,  che 
sono  inferiori,  furono  locate  in  scudi  sardi  7000. 

Delle  spiaggie  del  Crabarese,  le  quali  dalla  foce  del  Tirso 
continuano  per  tutto  il  Sinnis,  è  stato  detto  abbastanza  nell'art. 
Busachi  prov^ 

Andchkà.  Nel  Sinnis  sono  a  potersi  riguardare  *x5  di  quelle 
costruzioni  cidopée  che  sono  dette  norachi  :  essi  troTansi  uno 
dall'altro  distanti  circa  un  quarto  d'ora,  e  in  tanto  corrette  di 
tempi  cosi  patirono,  che  non  ti  verrà  fatto  di  troyame  un 
solo  perfetto.  Con  tutto  questo  meritano  alcun'  attenzione  tra 
i  quali  quello  che  sorge  presso  s.  Salvatore ,  e  distinguesi  col 
nome  di  Figu  de  cara,  nella  cui  volta  pretendesì  sia  inserito 
un  anello  di  non  so  che  metallo.  Queste  anella  dei  norachi  son 
di  quelle  siflEeitte  cose,  che  come  gli  spettri,  si  veggono ,  e  non 
si  lascian  toccare.  Presso  il  littorale  sono  molte  caverne  se- 
polcrali. 

Ro\dnt  di  Tarro  (Tharra,  o  Tharrus).  Di  questa  città  si 
fa  menzione  per  Tolommeo  ed  Antonino.  Quegli  la  chiama 
Tbarras,  e  la  situa  tra  il  porto  Coracode  (che  io  designo 
nel  porto  dell'antica  città  e  colonia  di  Comua,  in  fond<^ 
al  seno  che  formasi  per  la  protensione  della  terra  del  Sin- 
nis quasi  allo  stesso  meridiano  del  Marrargio  ) ,  e  la  foce  del 
llrso:  qnesti  scrive  Tharrus,  e  la  fissa  nella  linea  della  via  lit- 
torale all'occidente  da  Tìvola  a  Sulci  a  XVIII.  M.  P.  da  Cor- 
nua  ,  o  Comi ,  come  esso  porta ,  ed  a  XII.  da  Othoca  che 
porrei  in  Oristano  o  in  s.  Giusta.  L'altra  appellazione  di  TJùrra 
reca  il  Fara  nella  sua  corografia  ;  ma  non  da  esser  ammessa  ^ 
siccoHìe  quella  che  non  proviene  da  una  rispettabile  autorità. 
E  questa  chi  che  aboia  senno  vedrà  nell'impostore  che  com^ 
pilava  nel  medio  evo  gK  atti  del  martirio  del  veneratissimo 
s.  Efiso',  nei  quali  per  la  piena  ignoranza  della  condizione  dei 
tempi  affastellava  tante  stranezze  da  far  strabiliare. 

Alle  quali  memorie  altra  ci  è  dato  aggiugnere  ,  la  quale  si 
contiene  nella  lapide  migliaria  A  Cabras  ,  che  Toculatissimo 
cav.  Della  Marmora  riconobbe  rìnversa  nell'angolo  estemo  d'una 

casa.  Eccone  il  tenore  a) m.  pASS  •  .  .  6) 

e).  ....  .  T\S-d) c)PONT.MAX.TRIB.POT-y) 

P.  P.  COS.  VIAM.g)QV^  DVC1TTHAR.A)R0SC0RNYAE 


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CABRAS  i5 

VETV-0   STATE   CORRVP-A)    TAM.    RESTITVIT.  CV  - /) 
RAWTE.  M.  VL-m)  PIO.  VICTORE.  E.  V.-«)  PROC.  SVO. 

L'imperatore ,  di  cui  è  cancellato  il  nome  ,  egli  è  Filippo  , 
come  ne  profano  altre  iscrizioni  su  colonne  migliane ,  che  por- 
tano la  restaurazione  delle  vie  militari  sotto  la  prefettura  di 
M.  Ulpio  Vittore.  F'edi  le  due  iscrizioni  di  Nuracheddus  trovate 
dal  prelodato  cavaliere  in  sulla  strada  da  Nora  a  Bizia;  e  l'altra 
che  per  ventura  venne  trovata  sulla  strada  ad  Olbia  a  due  mi- 
glia da  Terranova. 

Con  tali  dati  puossi ,  se  mal  non  mi  lusingo ,  determinare 
la  direzione  della  strada  da  Tarro  quindi  a  Comua ,  quinci  ad 
Othoca.  La  linea  tra  le  due  prime  determinandosi  eguale  a 
XYIII.  M.  P.^  che  equivalgono  a  presso  che  i4  comuni  (di  60 
al  grado  )  ,  se  da  Corchinas  (sito  vero  di  Comus^)  sia  menata 
una  retta  al  ponente  del  lago  di  Pontis  a  Coruna  ,  e  radendo  il  . 
Mistras  o  traversandolo  ^  questa  si  riscontrerà  di  miglia  comuni 
i4;  onde  con  tutta  la  probabilità  potrassi  questa  direzion  te- 
nere siccome  parallela  o  coincidente  col  vero  tracciamento.  Da 
Tarro  poi  ad  Othoca  essendo  marcati  XIL  M.  P.  se  misurerai 
sulla  carta  (Smith.)  per  im  arco ,  come  vuole  la  curva  del  lit- 
torale ,  troverai  da  là  ad  Oristano  9  miglia  .  comuni  y~  che  rispon- 
dono a  XI.  M.  P.  e  CCCy  ;  la  qual  differenza  data  a  delle 
condizioni  locali  potreste  dedurre  che  la  strada  ad  Othoca  era 
tracciata  lungo  il  lido  ,  che  scorreva  al  mezzogiorno  di  Cabras 
in  distanza  di  circa  P.  D.,  e  che  Othoca  stava  o  in  sul  suolo 
della  città  d'Oristano  ,  o  in  molta  prossimità  ,  come  sarebbe 
presso  s.  Giusta.  Se  rivedrai  ancora  l'iscrizione  di  Cabras ,  men- 
tre ti  appariranno  due  diversi  punti  di  direzione ,  comecché 
spiegati  con  poca  esattezza  grammaticale  (  se  non  sia  errata  la  pro- 
posta leggenda  )  forseché  in  te  pure  nascerà  il  sospetto  non  si  dira- 
masse presso  Cabras  la  strada  romana  in  un  bivio  ,  del  quale 
una  linea  s'incurvasse  a  Tharro  per  la  spiaggia  del  mire ,  l'al- 
tra suUa  sponda  orientale  del  lago  di  Pontis  corresse  diritta*- 
mente  a  Corona.  Veramente  a  chi  volesse  da  Othoca  portarsi 
in  questa  colonia  saria  stata  una  perduta  fatica  il  soprappiù^ 
degli  Vili.  M.  P.  che  avria  dovuto  fare  in  passando  per  Tharro. 
Ma  non  voglio  insister  su  ciò. 

Era  Tharro  fondato  sul  promontorio  oggi  detto  di  s.  Marco , 
non  lungi   dalla  aniinotata  chiesa  di  s.  Giovanni  ;  e  ne  sono 


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i6  CABRAS 

ancora  tra  la  sabbia  visìbili  molte  vestigie  insieme  con  i  sepol- 
cri,  e  le  fondamenta  del  doppio  corno  del  porto  ora  quasi  del 
tutto  colmato.  Trovasi  vicino  un  pozzo  che  tiene  un'acqua  bian- 
chiccia e  un  po'  crassa  siccome  fosse  mescolata  di  sapone.  I 
crabarissi  la  gustano  volentieri  e  l'hanno  grata  ;  e  cosi  dovea 
accadere  in  un  luogo  aridissimo;  piuttosto  stupisco  del  Fara 
che  abbia  lodato  un  pozzo  siffatto  come  «m  fonls  perenne  som^ 
ministrante  acque  dolci. 

Della  fondazione  di  questa  città  chi  ne  potrà  parlare  ?  Non 
pertanto  di  suo  prospero  stato  nei  tempi  romani  nessuno  vorrà 
dubitarne  ,  induce odone  la  sua  posizione  a  crederla  una  città 
commerciante  ,  e  la  in  allora  popolatissima  regione  del  Sinnis, 
e  idonea  a  grandi  coltivazioni  ad  affermare  l'agiatezza  dei  suoi 
cittadini. 

Volgendomi  quindi  nelle  cagioni  di  sua  decadenza  stimo  senza 
gran  tema  d'errore  ,  che  come  le  altre  città  marittime  dell'iso- 
la y  cosi  Tarro  abbia  sperimentata  la  violenza  dei  barbari  in- 
vasori dell'impero  romano,  poiché  si  fecero  navigatori  a  danno 
delle  isole  ,  e  delle  remote  provincie.  Ma  il  più  fiero  tormento 
ella  certamente  pativa  dagli  arabi  spagnuoli  ed  africani  parte- 
cipe del  destino  di  Gomua.  (  F.  U  eh.  barone  Manno  agli 
anni  loSi-Sa). 

Né  quando  fu  posta  la  Sardegna  sotto  l'alto  dominio  e  pro^ 
tezione  dei  Pisani  cessarono  le  molestie  dagli  infedeli ,  le  quali 
anzi  più  rabbiósamente  si  accanirono ,  e  non  potendo  coi  Pi- 
sani ,  che  erano  più  forti ,  sfogavano  il  furore  sopra  i  loro  di- 
pendenti. Tal  condizione  di  cose  credo  essere  stata  la  suprema 
ragione  perché  i  Tarresi  nel  1070  abbandonate  le  antiche  sedi 
trasportassero  le  loro  cose  più  addentro.  Sul  quale  trasloca- 
mento  più  cose  vennero  scritte  poco  probabili.  E  primieramente 
si  pose  quanto  era  bastante  a  far  stimare  che  verso  quei  tempi 
fosse  questa  la  capitale  dell'Arborea ,  e  vi  risiedesse  il  Giudice: 
a  che  io  e  meco  qualunque  il  quale  considerì  le  cose  che  &i 
devono  riguardare  non  acconsentirà  volentieri, 

Si  é  pure  preteso  che  Oristano  abbia  avuto  in  quell'anno  i 
suoi  princìpi  ;  la  qual  asserzione  sembrerà  non  che  dubbiosa  , 
anzi  improbabile  come  per  altre  ovvie  ragioni,  cosi  per  quello 
che  sopra  toccai  intorno  ad  Othoca.  Finalmente  diessi  ad  in- 
tendere che  sia  da  quella  città  in  Orbtano  trasferita  il  vescovo 


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CABRAS  17 

la  sua  cattedra;  in  che  neppur  posso  senza  grave  sospetto  di 
male  appormi  conreni  re. 

U  vescovo  d'Oristano  non  è  egli  della  successione  dei  vescovi 
arborensi  ?  Or  ciò  posto  ,  o  Tarro  era  l'antica  Arborea ,  o  non 
accadde  mai  la  prenarrata  traslazione.  Ne  Tarro  fu  mai  detto 
Arborea  *,  e  in  conferma  della  distinzione ,  e  della  esistenza  d'una 
città  chiamata  Arborea  ,  la  quale  sempre  ho  creduta  per  ciò 
che  la  cognomiuazione  dei  vescovi  è  stata  sempre  dxd  capiluo- 
ghi  di  diocesi,  apporterò  esser  ancora  viva  la  memoria  della 
medesima  ,  e  in  alcune  nozioni  sulle  cose  ecclesiastiche  della 
diocesi  d'Oristano,  cortesemente  favoritemi  dall'egregio  arcìv.  D. 
Giannantonio  Bua,  determinarsi  la  posizione  della  medesuna  verso 
all'austro  d'Oristano  a  distanza  dal  mare  di  un'ora. 

Queste  cose  riguarda  le  dette  non  per  abbattere  le  finora 
rispettate  narrazioni ,  non  per  istabilire  nuove  opinioni ,  ma  si 
per  avvisare  che  non  è  certezza  in  alcune  particolarità  che  per 
gli  antichi  nostri  istoriografì  si  sono  aggiunte  a  fatti  od  eventi 
indubitati. 

Popolazioni  antiche  del  contado  Tarrense  nel  Sinnis.  Que- 
sta regione  muta  e  squallida  ,  tale  non  era  in  alui  tempi , 
quando  inesperta  ancora  delle  violenze  saracene ,  era  fio- 
ritissima di  popolazioni  industriose.  Il  viaggiatore  attento  ne  ri- 
scontra di  tratto  in  tratto  le  vestigia  ,  come  i  consunti  avanzi 
d'un  cadavero.  I  campidanesi  che  vi  lavorano  nella  coltm'a  , 
o  vi  pascono  il  bestiame ,  le  appellano  is  biddas  beccias  (  vil- 
laggi vecchi). 

Se  credasi  al  Fara  ,  lasciate  le  spiaggie  dell'Ogliastra ,  rìco- 
veravasi  in  queste  ,  ed  occupava  una  terra  deserta  dai  Saraceni, 
la  figlia  d'un  re  di  Navarra  (vedi  l'art.  Baunèi). 

Castello  di  Cabras.  Presso  il  cemitero  della  chiesa  parroc- 
chiale appariscono  ancora  alcuni  avanzi ,  che  attestano  una 
bell'opera  d'antica  architettura  militare.  Dicesi  volgarmente  il 
castello  ;  e  perchè  la  tradizione  porta  che  in  esso  assai  usasse 
la  famosa  regina  Arborense  Leonora  figlia  di  Mariano  il  Gran- 
de, molti  Io  denominane  e  dimostrano  ai  forestieri  come  il  di 
lei  palazzo. 

Egli  è  per  Io  studio  e  somma  diligenza  posta  dal  eh.  barone 
Manno  nella  investigazione  delle  antiche  memorie ,  se  m*é  dato 
addurre  sul  proposito  alcuna  cosa.  Ed  ora  io  riguardo  quelle 
Dizion.  Geogr.  ecc.  Voi.  III.  2 


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(8  CAfiRAS 

perfBmene  sino  a  questi  tempi  ignorate  e  sepolte  nell'archivio 
ducale  di  CeDOva ,  donde  furono  da  lui  prcUotte  non  vane  no- 
tizie intomo  alla  regia  casa  che  i  Giudici  arboresi  aveano  in 
Cabras  ,  e  residenza  che  in  qualche  tempo  yi  solean  fare  (P^, 
il  lodato  istor,  air  anno  i  i3o  ).  Nibatta ,  madre  del  giudice  Tor-* 
beno ,  avea  edi6cata  la  magione  di  Cabras,  Concessole  da  lui 
di  disporne  a  suo  talento ,  ella  ne  stabiliya  la  dotazione ,  e  vie- 
tata la  vendita  dichiarava  sua  volontà  che  perpetuamente  ri- 
manesse in  potestà  di  chi  avesse  l'imperio  della  provincia»  Per 
la    qual    condizione  la  detta  magione  diventò   casa  di  regno» 

Questi  atti  appartengono  all'anno  citato.  Nel  seguente  faceasi 
cosa  di  più  alta  importanza  ,  però  che  ivi  Gomita  segnava  una 
carta  dove  si  conteneva  come  egli  avesse  abbandonato  la  sua 
stessa  persona  e  quella  del  figlio  insieme  con  il  regno  e  con 
tutto  il  suo  patrimonio  al  comune  di  Genova  ,  e  per  esso  al 
console  Ottone  Gontario ,  il  quale  era  passato  nell'  isola  come 
legato  della  repubblica.  -—  Nell'anno  1164  Barisone  di  Logu- 
doro  col  fratello  Pietro  giudice  del  Caralese  facendo  oste  sopra 
l'Arborea ,  e  ponendo  ogni  cosa  a  ferro  e  a  fuoco ,  Barisone 
che  avea  il  governo  di  questa  provincia ,  fuggitivo  e  perdente  si  ri- 
coverava nel  castello  di  Cabras.  Aboliti  i  giudici  e  poi  i  mar- 
chesi d'Oristano,  gli  stranieri  poco  si  curarono  di  questa  rocca* 
Non  pertanto  avuto  riguardo  alla  maniera  in  cui  ne  parla  il 
Fara  possiam  stimare  che  stesse  ancora  intera  al  suo  tempo  , 
e  fossero  chiare  le  vestigie  del  fosso ,  in  cui  si  torcessero  le 
acque  del  Mar-e-pontis  a  isolarla  perfettamente. 

Notizie  istoriche.  Alle  già  arrecate  si  aggiunga  che  nel  i5o9 
da  molte  galere  turchesche  che  rendevano  infesti  i  lidi  e  mari 
dell'isola  postasi  giù  della  gente  in  questa  spiaggia  ,  ebbero  i 
Crabarìssr  a  patire  gravissimi  danni ,  e  molti  a  seiTire  agl'infe- 
deli -,  e  che  della  squadra  speditasi  dal  viceré  di  Napoli  a  rispingere 
i  barbari  restaron  perdute  tre  galere  ,  tra  le  quali  la  sarda. 

Degna  cosa  è  pure  da  ricordarsi  che  nel  1687,  venuta  nel 
golfo  d'Oristano  la  flotta  francese  capitanata  dal  conte  di  Har- 
court  e  dall'  arcivescovo  di  Bourdeaux ,  questi  popolani,  veduto  i 
nemici  superar  l'opposizione  che  facea  allo  sbarco  la  torre  del 
porto,  liirono  costretti  alla  fuga  per  non  vedere  la  devastazione 
dei  loro  campi ,  lo  spogliamento  delle  case  ,  né  soffrir  anche 
peggio  dalla  Ucenza  militare. 


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CAfiU-ABBAS  19 

GABU-ABBAS  {Capo  di  acque)  ^  regiolie  dell' isola  di  Sarde- 
gna y  nella  provincia  di  Alghero ,  e  antico  dipartimento  inscritto 
nella  giurisdizione  del  Giudicato  del  Logudoro. 

Ebbe  siffatta  denominazione  dalla  nobilissima  fonte ,  che ,  se 
procedi  diretto  a  tramontana  ,  troverai  sulla  destra  a  piccol  tratto 
dalla  yia  centrale  in  un  pittoresco  rìcesso  sotto  roccìe  vulcani- 
che sormontate  da  un  rovinoso  norache  ;  e  ritennela  poi  sem- 
pre siccome  quella  che  versa  tanta  copia  di  acque  ,  che  più 
nuU'altra  del  distretto ,  né  la  stessa  Nùrighe  ,  che  da  sito  al- 
quanto più  elevato  scende  nel  suo  alveo. 

Essendo  in  cotal  situazione  dove  è  la  divisione  delle  acque, 
ed  occupando  le  estreme  e  più  alte  parti  di  tre  bacini  ,  che 
sono  del  Conguina  ,  del  fiume  Torrìtano ,  e  del  Tosano  ,  può 
chiunque  ragionare  non  esser  cosi ^ basso  il  livello  delle  terre, 
come  in  qualche  luogo  potrebbe  parere.  È  un  paese  anzi  mon- 
tuoso che  no.  Abbondano  le  roccie  di  origine  ìgnea  con  molte 
materie  congeneri,  e  si  ravvisano  facilmente,  perchè  ben  ca- 
ratterizzati ,  i  crateri  delle  eruzioni  nel  Gucureddu  (monte  di 
Kéremule  ) ,  e  nel  prato  di  Gìave  ,  che  sono  i  maggiori  ;  nel- 
l'Annàru ,  in  Monterosso  ,  e  altrì  siti  del  campo  inferiore ,  che 
sono  i  minori.  Però'  la  roccia  più  comune  é  la  calcarea  ,  la 
quale,  dove  ancora  apparisce  la  vulcanica,  puoi  rivedere  sotto 
i  suoi  strati. 

Di  essa  è  formato  il  Montemaggiore  celebre  per  la  grotta 
delle  stalattiti ,  che  si  vorrebbe  paragonare  con  la  più  famosa 
di  Nettuno  nelle  coste  d'Alghero  (Y.  Alghero). 

In  questo  dipartimento ,  cui  il  P.  Napoli  (  compendiosa  descri- 
zione... della  Sardegna  )  consente  60  miglia  quadr.  di  superficie  , 
sono  sole  superstiti  cinque  popolazioni  del  numero  che  certa- 
mente fu  in  tempi  remoti  assai  maggiore.  Esse  sono  Bessude  , 
Kéremule  ,  Tiési ,  e  Cossaine  con  Giave. 

Caddero,  e  non  si  sa  né  quando  né  perché,  Sustàna  ed  Ibi- 
li  ,  delle  quali  si  é  già  parlato  nell'art.  Bessude;  Mogoro,  della 
cui  situazione  mancami  certa  contezza  \  Tibiri  in  territorio  di 
Kéremule ,  dove  sono  le  vestigio  e  della  chiesa  di  s.  Pietro 
menzionata  dal  Fara  ,  e  di  altre  due  ,  dedicate  una  a  s.  Sal- 
vatore ,  altra  a  s.  Michele  ,  e  scaturisce  la  fontana  summento- 
vata  di  Nùrìghe  -,  Tacariu  in  su  quel  di  Cossaìae  presso  la  chiesa 
di  ».  Maria  de    Inu^mu  ^  e    più  altre  nella  circoscrizione  del 


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20  CABU-ABBAS 

Giavese  ,  delle  q^ali  citerò  le  rovine  che  veggonsi  nella  cus^ 
sorgia  dell'Archessi  in  sito  appellalo  S*  Amuradu  (Amuratte)  , 
dove  ,  se  bea  mi  ricordo  ,  da  una  antica  tradizione  ponesi  un 
castello  ,  o  altra  qualunque  stazione  di  saraceDÌ ,  e  trovaronsi 
spesso  delle  anticaglie. 

Ne  tacerò  dell'antica  Hafa^  di  cui  è  menzione  nell'Itinerario 
nella  corsa  da  Tivola  a  Cagliari  per  una  delle  vie  centi*ali  nel 
punto  di  mezzo  tra  Molaria  (oggi  Mulargia)  e  Luguidòne  a 
M.  P.  XXIY,  e  quinci  e  quindi  La  sua  situazione  a  Monte- 
giave  accennata  dallo  stesso  cognome  ,  il  quale  può  concedersi 
provenuto  da  lafe  o  lafa  ,  si  dimostra ,  e  restò  a  me  più  volte 
provata  dallo  spazio  misurato  tra  Mulargia  e  Giave ,  che  non 
di  molto  differisce  dalle  miglia  comuni  19  a  20,  le  quali  rispon- 
derebbero alle  sussegnate  romane  ;  e  senza  questo  ,  dalla  di- 
rezione della  stessa  strada  romana ,  che  si  riconosce  sul  pianoro 
del  Càccao  nel  filo  dell'attuale  ,  come  pure  dalla  procedenza 
ulteriore  della  medesima  a  Toralba ,  presso  cui  ritrovavasì  dal 
cav.  Della  Marmora  un  frammento  di  colonna  migliar ia  notata 
cjlel  nome  dell'  imperatore  Yitellio  ,  e  prima  nel  tracciamento  del 
Carbonazzi  aveasi  ad  osservare  quanto  poteva  persuadere  che  la 
di  lui  linea  per  grandi  tratti  coincideva  con  la  romana.  Il  qual 
punto  9  dove  resti  determinato  ,  forsechè  iscontrereuio  l'antica 
Liigitidòne  j  capitale  dei  popoli  Luguidonesi  ricordati  da  To- 
lommeo  ,  vera  origine  del  nome  di  Lugudoro  ;  e  chi  sa  non 
s'abbia  a  riconoscere  nell'antica  residenza  dei  Giudici  di  questa 
provincia  ,  in  Ardara  ?  Muovo  confermamento  cresce  alla  mia 
opinione  dalle  numerosissime  caverne  sepolcrali ,  onde  il  Mon- 
te-Giave  alle  sue  falde  meridionali  apparisce  foracchiato  ,  le 
quali ,  comecché  non  ricercate  ,  si  presentano  al  passcggiere  y 
quando  venga  in  sul  tratto  di  Riu-molinu  ,  e  bastano  pure  a 
fargli  concepire  una  non  piccola  idea  della  vetustissima  città 
che  ivi  componeva  i  suoi  morti. 

Alla  più  alta  antichità  sono  in  questo  dipartimento  ad  essere 
riferiti  non  meno  di  90  norachi.  Delle  quali  costruzioni  se  mol- 
tissime siano  ammirabili  per  la  grandezza  ed  esattezza  deUe 
forme  ,  e  per  gU  enormi  materiaU  ,  altre  cagionano  dello  stu- 
pore per  la  loro  ardita  situazione  in  su  torreggianti  inaccessibili 
massi  a  cui  sia  poca  stima  della  meccanica  degli  uomini  delle 
prime  età.  Indicherò  soli  i  denominati  de  Boès ,  de  Cdgules  nel 


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CACCIA  ai 

di  Giave,  ed  il  Fenesiras  in  quel  di  Tièsi ,  siccome  i  degnis- 
simi che  siano  da  un  viaggiatore  veduti  ,  e  da  un  dotto  esa- 
minati. 

Delle  costruzioni  del  medio  evo  proporrò  il  castello  di  Giave 
suUa  parte  più  alta  del  monte  nobile  nella  storia  di  quei  tempi  ; 
del  quale  si  parlerà  nell'art.  Giave. 

Questa  regione  è  stata  divisa  in  due  feudi:  la  Baronia  detta 
di  Cabu'obbasy  che  comprende  Cossai ne  e  Giave ,  ed  appartiene 
ad  uno  straniero  :  il  marchesato  di  Montemaggiore  che  con- 
tiene Béssùde  ,  Kéremule  e  Tièsi,  e  si  possiede  dalla  antichis- 
sima e  principalissima  delle  famiglie  sarde,  la  casa  Manca,  in- 
vestitane dopo  onoratissimi  servigi  al  re  d'Aragona  per  annullare 
la  potenza  dei  Doriescbi.  Se  ne  parlerà  negli  articoli  dei  capi- 
luoghi  di  mandamento. 

La  popolazione  degli  esistenti  villaggi  (an.  i834)  componesi 
di  famiglie  incirca  1600,  e  di  anime  7100.  Si  semina  poco  più 
o  meno  di  star.  1 2000  ,  e  si  educano  capi  di  varie  specie 
quasi  35ooo. 

Il  nome  di  Cabu-abbas  fu  comunicato  per  simil  ragione  del- 
l'anzidetta con  altri  siti.  Perciò  lo  udirai  ad  accennare  un  luogo 
a  3  miglia  da  Terranuova  ,  donde  l'acquidotto  d'Olbia  avea 
suo  incominciamento.  Parimente  saprai  appellata  una  regione 
in  quel  di  Sindia  ,  dove  era  un  insigne  monistero  fondato  da 
Gonario  (il  santo)  tetrarca  del  Logudoro  ,  il  quale  vi  pose  un 
buon  numero  di  monaci  concedutigli  da  s.  Bernardo  abbate  di 
Chiaravalle.  Finalmente  ,  a  tacer  d'altri  luoghi ,  troverai  nel 
Ciserro  sififattamente  denominato  un  sito  (Capudacguas)  j  dove 
è  una  grossa  vena  che  versa  un  fiumicello  ,  il  quale  a*esciuto 
per  lo  conflusso  del  Flumen-tepido ,  e  del  Paringiano  entra  in 
mare  in  Bau-/erbu  a  due  buone  miglia  nel  mezzogiorno  di  Por- 
toscuso. 

CABU-E-SUSU  {  Sardegna  ìy  V.  CAPO  SUPERIORE. 

CABU-E-IOSSU  [Sardegna),  V.  CAPO  INFERIORE. 

CACCIA  (Cada),  piccola  terra  nella  prov.  e  dioc.  di  Tori- 
no, sul  torrente  Ceronda  tra  Baratonia  e  Givoletto.  Essa  fu  gi: 
una  corte  con  distretto  sotto  i  marchesi  di  Torino  nel  secolo  X; 
det  quali  marchesi  Arduino  V  figliuolo  di  Odone  la  donò  alla 
badia  di  s.  Michele  della  Chiusa. 

Questa  donazione  venne   confermata  nel  1014  da  Ugone  so- 


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3^  CACCIORNA  E  CADDO 

prannomiiiato  il  Cherico  marchese  del  Bosco  (V.  Bosco)  :  U 
quale  se  non  fu,  come  opinarono  alcuni,  figliuolo  di  queir  Ar-* 
duino  gli  si  dimostra  prossimo  parente  :  fu  eziandio  approvata 
nello  stesso  anno  dall' iàw pera to  re  Arrigo  li. 

Adelaide,  ultima  erede  dei  ridetti  Marchesi,  nell' istituire  il 
Viscontado  di  Baratonìa  ,  vi  comprese  anche  la  Caccia. 

Fra  questi  visconti  si  trovano  Enrico  soprannominato  Mar-^ 
chionij  che  nel  io64  assistette  ad  un  placito  tenuto  dal  mar- 
chese Pietro  di  Savoja  primogenito  di  Adelaide  suddetto  -,  un 
Brunone  co' due  suoi  figliuoli  Marchioni  ed  Ottone  nel  1090. 

Estinti  i  visconti  di  Baratonia ,  gli  Abati  della  Chiusa  ne 
investirono  insieme  con  Alpignano  nel  i3o8  i  Mombelli  dell'an- 
tica schiatta  degli  Entremont  di  Savoja  ,  i  quali  ricevettero  la 
conferma  di  quella  investitura  dai  principi  di  Savoja  succeduti 
ai  sopraccennati  Marchesi.  Se  ne  ha  una  conferma  di  Giacomo 
principe  d'Acaja  nel  i338. 

Dai  Mombelli  passò  ai  Clermont  pure  savojardi,  in  appresso 
ai  Provana  di  Carignano  ,  ed  infine  ai  Duci  gentiluomini  di 
Moncalieri  con  titolo  di  contado. 

Questa  terra  è  menrionata  nelle  bolle  d'Innocenzo  III  del  1216, 
d'Innocenzo  IV  del  1245  ,  e  d'Urbano  IV  del  1400. 

In  valle  Anzasca  evvi  un'altra  Cada  che  nelle  carte  antiche 
ha  il  soprannome  di  Mediana. 

CACCIORNA.  Fedi  ANDORNO-CACCIORNA. 

*  CADDO  {Cadus)y  coni,  nel  mand.  di  Domodossola  ,  prov. 
d'Ossola,  dioc.  e  div.  di  Novara.  Dipende  dal  senato  di  Piem., 
vice-intend.  prefett.  insin.  ipot.  e  posta  di  Domodossola. 

Fu  antica  corte  ,  di  cui  il  vescovo  di  Novara  s.  Adelgiso  nel- 
r84o  assegnava  le  decime  ,  parte  alla  sua  cattedrale  ,  e  parte 
alla  collegiata  di  s.  Gaudenzio  :  h  qual  donazione  fu  conferà 
mata  dall'imperatore  Lotario. 

Giace  questo  comune  in  sito  montuoso,  alla  distanza  di  mezz'ora 
di  cammino  da  Domodossola. 

Al  confine  del  territorio  vi  scorre  il  ^prrente  Rogna ,  che  nel 
1755,  in  una  terribile  innondazione ,  vi  danneggiò  grandemen le 
molto  terreno ,  e  non  lasciovvi  che  le  vestigie  delk  parrocchia: 
si  che  i  terrazzani  per  le  cose  spirituali  ricorrono  alla  chiesa 
parrocchiale  di  Preglia.  Coll'andar  degli  anni  il  corroso  terreno 
venne  ridotto  a  discrete  coltura  ,  ed  a  pascoli  -,  ma  nel  |834 
il  toiTcnte  tutto  vi  distrusse  un'altra  volta. 


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CAFFASS£  a3 

Erri  un  monte,  che  appellasi  di  Caddo^  sol  quale  nell'estiva 
stagione  si  conducono  a  pascolare  le  itiaiidre.  Le  vie  ne  sono 
appena  praticabili  con  bestie  da  soma. 

I  prodotti  del  comune  sono:  vino,  butirro,  formaggio,  fieno ^ 
castagne  ,  lamponi  ,  patate  ,  ottimi  marroni ,  legname  da  co- 
struzione e  da  bruciare  :  vi  si  mantengono  capre  domestiche  e 
selvatiche  ,  e  bestiame  bovino  :  vi  si  cacciano  molti  faggiani  e 
pernici.  Il  conunercio  di  tali  prodotti  si  fa  con  DonM>dos60la , 
e  coi  Yallcsani. 

Pesi  ,  misure  e  monete  come  nel  capo  di  provincia. 

Gli  abitanti  sono  mediocremente  robusti,  di  quieta  indole, e 
indefessi  al  lavoro»     • 

Nei  fondi  comunali  si  trova  quarzo  latteo  amorfo  bianchis** 
siuio. 

Vuoisi  che  prima  deiresistenza  di  Domodossola,  una  smisu- 
rata frana  di  monte  qui  subissasse  un  grosso  borgo,  chiamato 
Villa  lunga  ,  e  che  niuno  de' suoi  abitatori  avesse  avuto  scamr 
pò  9  gli  enormi  caduti  macigni  v)  cx>pro3o  ancora  un'estensione 
ovale  di  mexao  miglio  circa. 

Popol.  i^a* 

*  CAFFASSE  {Càfassiae)  y  eora.  nel  mand.  di  Fiano ,  ptx>v. 
dioc*  div.  di  Torino.  Dipende  dal  senato  di  Piem. ,  intend.  gen. 
prefett.  ìpot.  di  Torino  ,  insin.  di  Cirìé  ,  posta  di  Lai^so. 

Nel  diploma  dell'imperatore  Corrado  il  Salico  del  1026,  e  in 
quello  dell'imperatore  Ottone  ly  del  1210  questa  terra  e  detta 
Leocaffis\  e  vien  chiamata  Leocqffum  in  un  diploma  del  1048 
dato  dall'imperatore  Arrigo  III.  In  que' tempi  i  nptai  appicca- 
vano talvolta  a*  nomi  de'  paesi  l'articolo  le  lo  ,  come  scorgesi 
in  Let/lniascum  ,  Lostadium  ecc.,  in  luogo  di^nis  ,  stadium: 
onde  sembra  che  il  suo  vero  nome  antico  fosse  Caffis  poco 
diverso  dal  presente.  Questo  villaggio  prima  del  i64a  era  , 
eaiandio  per  lo  spirituale ,  umto  al  comune  di  Mathi. 

Lo  compongono  molte  sparse  villate. 

Trovasi  distante  da  Lanzo  tre  miglia ,  ed  undici  da   Torino. 

È  costeggiato  da  una  sterile  montagna  detta  Montebasso ,  su  cui 
i  terrazzani  conducono  a  pascolare  le  piKO  numerose  loro 
mandre. 

La  via  comunale  da  levante  conduce  a  Fiano,  e  daponeiite 
a  Lanzo. 


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a4  CAGLURI 

Sul  confine  del  terrìtorìe  ,  dalla  parte  di  tramantaoa  ,  tì 
scorre  lo  Stura ,  cui  gli  abitanti ,  quando  gli  abbondano  le 
acque  ,  vanno  a  tragittare  sul  ponte  detto  del  Rocco  distante 
due  miglia. 

Yarii  canali  deriyantì  dallo  Stura  servono  ad  inaffiare  le  cam* 
pagne  di  Caffasse. 

Evvi  una  pubblica  scuola  y  ove  s'insegna  a  leggere  e  scrivere. 

La  parrocchiale  è  sotto  il  patrocinio  di  s.  Grato. 

Il  territorio  dà  scarse  ricolte  di  grano,  e  produce  in  medio* 
ere  quantità  meliga ,  marzuoli  e  patate. 

Pesi ,  misure  e  monete  di  Piemonte. 

Gli  abitanti  di  Cafiassc  sono  quasi  tutti  applicati  ai  lavori 
campestri. 

Popol.  700. 

CAGLIARI  (provincia):  la  prima  e  più  importante  delle  prò-» 
Tincie  dell'isola  e  regno  di  Sardegna,  di  cui  è  capo-luogo  la 
"Stessa  capitale. 

Comprendesi  entro  i  paralelli  38^  5^^  ,  e  39^  3o^  :  fra  li 
meridiani  o^  3a^  all' occidente,  e  o^  28^  all' oriente  della  Do* 
minante.  La  superficie  può  calcolarsi  di  migl.  quadr.  iioo. 

Contermina  da  levante  alla  Ogliastrina,  da  tramontana  alla 
Isilese ,  da  ponente  alla  Sulcitana ,  da  mezzodì  vallasi  dal  mare 
africano. 

È  per  una  metà  piana,  per  altra  montagnosa ,  di  modo  però 
che  il  piano  fiancheggiasi  a  ponente  e  levante  da  catene  di 
monti  tutti  di  prima  formazione. 

La  catena  di  levante  è  in  continuazione  con  la  centrale ,  dove 
più  alta  levan  la  cresta  i  monti  del  PartioUa ,  e  i  due  che  suc- 
cedono più  prossimi  al  meriggilo ,  i  Sette-fratelli  ed  il  Mela.  La 
punta  di  Serpeddi  domina  su  tutte  le  altre.  Le  falde  occiden- 
tali  della  prima  e  maggior  eminenza  stendonsi  non  poco,  onde 
che  da  questa  parte  vi  apparisca  il  piano  gonfiato  in  frequenti 
ma  facili  colline ,  in  alcune  delle  quali  é  riconosciuta  dai  geo- 
logi l'origine  ignea. 

Nei  monti  di  ponente  parria  vedere  una  prolungazione  della  ca- 
tena movente  dal  Capo*frasca  ,  se  non  che  nel  Ciserro  tanto 
vedesi  avvallato  il  terreno,  da  esser  troppo  sentita  la  interri:^ 
zinne  impreparata.  In  essi  sono  più  cospicui  il  Separa  ,  TAr-* 
cuòsu ,  il  Montessanto.  U  Separa  levasi  più  alto  ancora  del  Sci>« 


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CAGLIARI  35 

peddi  j  e  dalle  sue  estremi  rupi  dktendesi  un  vastissimo  oriz- 
zonte j  che  da  maestro  a  sirocco  perdesi  nella  vastità  del  ma- 
re^ in  là  deUe  ^o  miglia. 

Degna  dì  essere  menzionata  è  dopo  queste  la  piccola  catena 
cagliaritana  ,  la  quale  per  intermedi  avvallamenti  in  quattro 
eminenze  comparisce  distinta ,  che  sono  da  tramontana  ad  austro; 
una  di  s.  Michele  ,  la  cui  testa  vedesi  coronata'  da  un  antico 
castello  ;  altra  della  città  \  la  terza  appellata  Mouvolpino;  l'estrema 
sporge  nel  mare,  e  forma  quasi  una  testa  da  potersi  facilmente 
isolare.  Sono  le  roccie  stimate  di  calcareo  teraiario  ....  Ma 
nient'altro  su  questo,  che  della  geologia  parlerà  compiutamente 
il  eh.  cav.  Alberto  Della  Marmora  nella  relazione  de' suoi  viaggi 
scientifici. 

Seconda  alla  gran  valle,  di  cui  si  é  fatto  cenno,  resta  a  no- 
tarsi il  piano  di  ]\ora  tra  i  mónti  di  Sarroco  e  Montessanto  , 
la  sua  continuazione  lungo  il  littorale  di  Caladostia  a  Ghia ,  e 
quindi  in  là  il  campo  di  Spartivento. 

Non  é  )  a  dir  vero ,  molta  copia  di  acque  sorgive ,  massime 
nelle  pendici  occidentali  dei  monti  di  levante  ,  n'é  poi  scar- 
.sezza  nelle  falde,  ed  un  vero  difetto  selle  parti  più  basse.  Co- 
noscesi  qualche  acqua  minerale,  che  vorrebbe  essere  analizzata. 

I  fiumi  che  ne  derivano  sono  il  rio  di  Tr^'enta,  di  Donò- 
ri ,  di  Settimo ,  di  Sinnai ,  di  Gereméas ,  di  Solànas  ,  di 
Carbonara. 

Pure  dalle  peadici  orientali  dei  monti  di  ponente  scorrono 
poche  acque.  Nel  riunirsi  nutrono  alcuni  rami  del  Ciserro  che 
viene  dalla  provincia  Sulcitàna,  e  formano  il  fiume  di  Pula,  il 
Riera,  il  fiume  di  Chia^  e  quello  di  Teulàda,  non  fatto  conto 
.di  nitri  minori  riozzoli. 

Sbocca  nello  stagno  di  Cagliari  il  Caralita,  a'cui.  tenui  j^rin- 
cipii  nel  Sarcidàno  (prov.  Isilese)  si  fanno  accrescimenti  poco 
considerevoli  sino  a  che  avvidnandosi  allo  stagno  accoglie  a 
ministra  i  due  fiumi  anzinotati  di  Tre/enta  e  di  Donàri  riunitin 
presso  la  terra  di  Decimo-^mannu ,  e  alquanto  in  giù  a  destra 
il  Ciserro.    . 

La  costituzione  delle  terre,  per  cui  sono  frequenti  concavità^ 
e  queste  o  sotto  il  livello  del  mare  in  vicinanza  al  lido ,  o 
aventi  un  fondo  impermeabile  é  cagione ,  che  in  molti  siti  l'acqua 
dei  fiumi  o  torrenti  si  ferini  e  dorma. 


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a6  CAGLIARI 

Le  principali  siffatte  lagune  sono  al  littorale  di  Cagliari  :  a  po- 
nente la  massima  detta  lo  Stagno  cagliaritano ,  a  levante  il  Molen- 
targiu  con  alcune  pertinenze ,  il  Mare-stagno ,  la  palude  di  Pal- 
mas ,  e  altre  nei  territori  di  Quarto ,  Quartuccio ,  M ara-Calago- 
nis.  Più  in  dentro  sono  gli  stagni  di  Serrenti  e  di  Sanluri,  e 
molte  paludi  tra  le  quali  è  rimarchevole  quella  di  Mara-Ar- 
baréi*  Gli  stagni  saliferi  tra  le  coltivazioni  si  sono  sperimentati 
molto  nocivi,  se  la  stagione  sia  troppo  secca.  Il  polverio  delle 
loro  sponde  all'azione  dei  venti  &  che  intristiscano  cosi  le  spi- 
ghe ,  che  i  grani  manchino  y  e  in  pari  modo  i  grappoli ,  onde 
a  pena  si  possa  fare  un  po'  di  vinello. 

Flusso  e  riflusso*  Questi  fenomeni  sono  ben  osservabili  nel 
littorale  di  Cagliari ,  e  distidguonsi  con  li  nomi  Plenas  e  Siccas, 
Mell'ordinario  spazio  delle  24  ore  e  48  minuti  le  acque  alter- 
nativamente intumidiscono  e  sgonfiansi  due  volte.  L'altezza  della 
marea  varia ,  siccome  altrove ,  secondo  la  posizione  della  luna, 
e  l'influenza  dei  venti  ;  ordinariamente  però  giugne  a  metri  o,3o. 
I  pescatori  dello  stagno  appellano  il  flusso  implidàra  (riempi- 
tura) y  il  riflusso  col  nome  comune  sicca  (secca).  Nelle  foci 
della  Plaia  ,  come  è  detto  il  lungo  banco  di  sabbia  che  di- 
vide lo  stagno  dal  mare,  è  perciò  continuala  corrente,  o  dal 
mare,  o  da  terra,  ciascuna  per  6  ore  e  la  minuti,  se  la  vio- 
lenza del  vento  non  vinca  i  primi  e  deboli  sforzi  della  con«- 
traria.  Quando  soffi  con  forza  il  maestro ,  l'empimento  dello  sta- 
gno non  può  ascendere  all'ordinaria  altezza,  che  qui  suol  es- 
sere di  metri  0,^3,  e  nelle  ore  della  secca  va  fuori  quantità 
d'acqua  maggior  del  solito.  Queste  secche  sono  più  marcate  nel 
gennajo  o  febbrajo  per  circa  una  decina  di  giorni ,  onde  in 
molti  siti  dello  stagno  resta  scoperto  il  fondo.  Lento  e  scarso 
i  allora  il  flusso ,  e  come  cominci  a  vedersi  l'aumento  dell'acque 
esse  sono  tosto  assorbite. 

.  Non  ha  guari  si  sono  fatte  osservazioni  d'uno  e  d'altio  fe- 
nomeno nel  canale  di  piccola  navigazione  apertosi  tra  Mon- 
volpino.  e  il  promontorio  pel  trasporto  dei  sali.  Eguali  ne  Ia- 
cea il  P.  V.  A*  nello  stagno  anzidetto  di  ponente. 

LitloraU  della  pro\nncia.  Da  Calapira  dove  sono  i  limiti  tia 
Castiàdas ,  regione  meridionale  del  Sàrrabus  ,  ed  il  territorio 
assegnato  a  Carbonara  nelle  spiaggie  di  levante  si  calcola  nel 
suo  distendimento  sino  a  Portopino  di  circa  84  miglia. 


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CAGLIARI  27 

I  prìocipalì  capi  sono:  Capo-Carbonara  a  89^  4^  di  latltu-» 
dine  9  e  o^  a5^  di  longitudine  occidentale.  —  S.  Elia  a  89^ 
io'  ,  e  o®  a\  —  Capo-Pula  38®  59^  ,  e  o®  6'  longitudine  oc- 
cidentale. —  Spartivento  38*^  53' ,  e  o**  16'  Ho".  —  TeulÀda 
38®  5a^  ,  e  0°  3o', 

Porti.  Nel  golfo  di  Cagliari  ne  sono  formati  due  dal  promontorio 
di  s#  Elia  :  uno  detto  di  Cagliari ,  l'altro  di  Quarto,  capaci  di 
tutte  le  flotte  dell'Europa  e  sicurissimi.  Anche  il  promontorio  di 
Nora  forma  altri  due  porti.  Nel  golfo  diXeulàda  trovasi  quello  del* 
risola  rossa,  e  l'altro  di  Malfettano.  Di  seni  minori  ve  n'ha 
non  pochi ,  dove  però  iion  ^  ricoverano  che  legni  piccoli  in 
tempi  fortunosi. 

ìsoleue.  Levansi  sul  circostante  mare  alcune  piccole  terre, 
che  appena  sono  qualche  cosa  di  più  che  scogli.  Da  levante  a  po- 
nente troverai  la  Serpentaina  al  sirocco  di  Calapira,  l'Isola  dei  ca* 
yoU  alla  stessa  direzione  in  verso  Carbonara,  s.  Macario  a  Capo 
Pula ,  l'Isola  rossa  in  fondo  al  golfo  di  Teulàda.  Sulle  tre  prime 
furono  costrutte  torri* 

Topogre^ia  aimosferica.  Il  clima  à  dolce  d'inyemo ,  caldo 
d'estate  ,  se  pur  non  intervenga  opportuna  la  ventilazione  j  la 
quale  e  frequente  con  certi  caratteri  di  costanza.  I  calori  soli- 
tamente incominciano  a  sentirsi  da  sijla  fine  di  uoaggio  ,  ne 
intepidiscono  che  nell'estremo  settembre.  L'umidità  regna  da 
per  tutte  le  situazioni  poco  elevate  nella  notte,  e  meglio  nelle 
stagioni  autunnale  e  primaverile ,  copie  pure  quando  dominano 
i  venti  di  levante  e  mezzogiorno ,  che  si  yorrebbero  meno 
frequenti. 

La  pioggia  suol  essere  portata  dal  libeccio;  però  esso.é  io* 
vocato  dai  contadini  quando  veggono  languire  la  yegetazione , 
e  fendersi  sitibonde  k  argille.  JPochi  sono  nell'anno  i  giorni 
piovosi  ,  tenue  la  quantità  che  cade  «il  piano.  In  esso  non  è 
infrequente  la  nebbia;  massime  nella  Fai  Dòrida  y  q/nctì^i  il 
gran  tratto  delle  terre  che  lo  stagno  tocca  verso  tramontana*  Jlel 
maggio  causa  grandi  timori  ai  contadini  ,  e  danno  certissinio  , 
se  il  maestrale  non  la  rovesci  nello  stagno,  e  rasciughi  dai  ma-* 
ligni  umori  le  lattanti  spighe.  L'elettricità  di  rado  si  £1  sensi- 
bile ;  quindi  men  delia  grandine ,.  che  di  altro  infortnnio,  te** 
mesi  dall'agricoltore  ^  né.  romoreggiano  i  tuoni  ch(^  poche  volte 
nell'anno  ;  tuttavoUa  quando  accade  squilibrio  esso  manifestasi 


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28  CAGLURI 

nei  più  terrìbili  modi.  Le  cime  più  alte  dei  monti  veggonsi  di 
rado  biancheggiar  per  le  nevi  nel  cuore  istesso  del  verno  ,  e 
ben  tosto  ripigliano  i  consueti  colori. 

L'aria  ,  come  era  da  immaginarsi  per  lo  basso  livello  delle 
regioni  sulle  quali  seggono  le  popolazioni ,  per  la  povertà  di 
grandi  vegetabili ,  per  le  frequentissime  paludi  ,  per  li  panta- 
ni ,  per  li  letamai  ,  e  per  la  assoluta  negligenza  della  polizia 
sanitaria  ,  è  generalmente  poco  salubre ,  e  la  sua  infezione  è 
in  alto  grado  dal  solitone  a  dopo  le  grandi  pioggie  autunnali 
che  dissipino  i  miasmi  morbiferi.  Con  tutto  questo  tieni  cer- 
tissima cosa  che  non  troveresti  i  luoghi  sorani  che  scorriamo 
perigliosa  mente  nella  Toscana  ,  e  più  che  altrove  nello  Stato 
Pontificio ,  né  le  arie  che  si  esalano  sentiresti  pestifere  in 
quel  modo  ,  che  si  provano  nei  menzionati  tratti  ,  lo  che  ap- 
patisce  chiaro  dalla  men  forte  violenza  del  male  sugli  stranieri, 
e  dalla  generale  impunità  dei  naturali  che  pure  niente  studino 
alla  loro  sanità.  Questo  sia  detto  a  ridurre  a  buoni  termini  gli 
esageratori  ,  cui  non  basta  notare  una  temporanea  insalubrità 
che  sperimentasi  nel  patire  dopo  il  caldo  l'umido  j  e  pare  sia 
più  conveniente  la  pestilenza  che  notò  un  oratore    trasportato. 

Popolazione,  Gomponesi  questa  provincia  di  61  comuni,  i 
quali  sono  ripartiti  in  nove  distretti. 

i.**  Cagliari  città,  che  consta  di  quattro  quartieri  ,  e  d'un 
sobborgo  ,  e  annovera  circa  25769  anime  in  famiglie  6752,  non 
inclusivi  gli  ecclesiastici,  i  militari,  le  genti  delle  prigioni  e  del 
bagno,  ed  i  forestieri. 

2.^  Doraus'de-Maria  —  popolasioni  5,  anime  5i84i  fdmi- 
gKe  12  IO. 

3.'®  Pauli-pirri  —  pop.  7  ,  an.  18746 ,  fem.  4^82. 

•  4'*^  Srfnlùri  -^  pop.  8,  an.  9097,  fata.  2^20. 

■    5.^  Senòrbl  —  pop.  i3  ,  an.  9780  ,  fam.  235o. 
6.®  Serrainanna  —  pop.  6,  an.  7145  ,  fam.  i63i. 
7;®  Siliqua  —  pop.  6,  an.  6457,  fam.   i525. 

•  8.**  Sinnai  —  pop.  5,  an.  6267,  fam.   i53o. 
g.®  Ussana  —  pop.  li  ,  an.   iiogS,  fam.  2658. 

Totale  della  popolazione  della  provincia  nell'anno  i834  ani- 
me 99489  ,  distribuite  in  famiglie  24o58. 

Nel  decennio  antecedente  i  numeri  del  totale  della  provincia 
erano    i  seguenti:  92253   —   92836  —   94^49  —  9^4*7  "^ 


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CAGLIARI  29 

958o5  —  94779  —  94696  —  95438  — •  97140  —  99o5o, 
Cosi  dalle  recensioni  parrocchiali.  Scommetterei  nondimeno  che 
da  più  di  tre  anni  sì  oltrepassò  il  centomila.  I  preti  sono  poco 
scrupolosi  in  sìSàtta  operazione  ,  né  si  sentono  punti  per  la 
.inesattezza  ,  se  notino  solamente  i  presenti ,  e  quei  che  co- 
noscono. 

In  questa  medesima  circoscrizione  nel  medio  evo,  ed  a  più 
precisione  j  nell'epoca  in  cui  quest'isola  era  ancora  governata 
dai  suoi  tetrarchì ,  sussisteva  un  numero  di  abitazioni ,  senza 
esageramento ,  triplo  della  somma  attuale  ,  che  poscia  nella 
malversazione  degli  stranieri ,  e  nella  spensieratezza  del  governo 
restarono  deserte.  Della  qual  cosa  resterà  facilmente  persuaso  chi 
voglia  consultare  il  Fara  su  gli  antichi  dipartimenti  o  curatone 
che  si  comprendevano  nel  perimetro  della  odierna  provìncia. 

Se  avvenga  che  tra  le  popolazioni  da  lui  appellate  alcune 
sieno  riconosciute  non  già  un  tutto  veramente  e  un  corpo  in- 
tero ,  ma  parti  e  membra  di  altre  ;  non  però  vorrei  fosse  mi- 
norata la  proposta  ragione  :  con  ciò  sia  che  molte  egli  ne  abbia 
obbliate ,  e  più  ancora  ignorate  per  non  aver  data  alla  rico- 
gnizione tutta  l'opera  che  per  lui  si  poteva  ,  e  adoperato  nella 
ricerca  delle  cose  deUa  parte  meridionale  e  della  Gallura  con 
eguale  amore,  quanto  avea  lui  confortato  in  quelle  del  Logu- 
doro.  Questo  sarà  cento  volte  provato. 

Posizione  dei  paesi*  Almeno  un  terzo  dei  medesimi  si  fon- 
darono in  luoghi  bassi  e  paludosi,  né  piacquero  situazioni  che 
erano  in  prossimità  assai  migliori ,  e  per  l'altezza  e  per  la 
secchezza  del  suolo  ,  e  per  l'opportunità  d'acque  salubri  :  onde- 
che  sia  inconcepibile  a  chi  osservi  gli  attuali  stabilimenti,  che 
si  gran  motivo  abbia  prevaluto  nel  giudizio  dei  primi  coloni 
perché  si  stanziassero  nei  luoghi  siffatti. 

Colonie  da  stabilirsi.  Tra  le  popolazioni  esistenti  sono  non 
poche  che  hanno  fresca  la  data  del  risorgimento.  Riconosci  fra 
queste  quelle  che  coltivano  il  Norese ,  e  sono  Teulàda ,  Domus- 
de-  Maria  ,  Pula  ,  s.  Pietro  ,  Sarròco  ,  Caposerra  ,  dall'altra 
parte  Burcei  ecc.,  dove  si  raccolsero  fuorusciti  del  Logudoro  e 
Gallura  ,  e  altri  avventurieri. 

Potrebbesi  fare  consimili  stabilimenti  in  molti  siti ,  ed  offrire 
ai  nulla  tenenti ,  che  non  pochi  sono  nelle  più  grosse  terre , 
dei  mezzi  per  piantarvi  abitazione  ,  e  cominciare  i  lavori    ru- 


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30  CAGLIARI 

stici.  Ecco  che  Carbonara  entro  pochi  anni  yiene  su  senza  grandi 
dispendi.  Slnnai  che  ha  una  grande  estensione  di  territorio  po- 
trebbe scemarsi  di  alcuna  famiglie  ,  e  mandarle  a  stare  alla 
falda  occidentale  dei  Sette-fratelli  in  Bau-arré/ini ,  dove  è  buona 
la  terra  ,  ottima  Paria  e  l'acqua.  Da  Quarto  se  ne  potrebbe 
dedurre  in  j.  Isidoro  o  in  Nuiayianna  ,  da  Teulàda  in  Cala- 
piombo  ,  e  in  Malfettano. 

Dir  potrei  lo  stesso  di  altii  stabilimenti  cui  converrebbe 
piantare  come  per  altri  gravissimi  motivi ,  cosi  per  scemare 
l'orrore  di  quella  solitudine ,  che  attrista  un  viaggiatore ,  e  rende 
arditi  i  malviventi. 

Fisico  di  questi  provincialL  Su  tal  questione  vale  nel  co- 
mune quanto  si  è  detto  dei  campidanesi  d'Arborea.  £  come  in 
quelU  e  nei  Sulcitani ,.  cosi  in  questi  avviene  un  rapido  svi- 
luppo del  sesso.  È  frequente  che  prima  dei  quattordici  anni  al- 
cune siano  madri ,  e  vedesi  in  Pula  una  fanciulla  di  sette  anni 
giunta  di  già  alla  pubertà. 

Facoltà  inìellettuaii.  Generalmente  si  osservano  buone  an- 
che in  coloro  che  mancarono  d'ogni  educ£^zione.  Pertanto 
io  mai  consentirò  su  quella  inferiorità  di  cui  i  campidanesi  erano 
notati  verso  i  logudoresi ,  e  con  essi  tutti  coloro  che  fossero 
nati  in  luoghi  bassi,  come  se  l'aria  grossa  dovesse  poii:are  una 
grossa  organizzazione  di  cervello  ,  e  la  fina  una  dilicatissiroa 
testura  ,  si  che  fu  una  scappata  da  entusiasta  rattribuzione  data 
da  Fr.  Carboni  ai  campidanesi  di  plumbei  ,  e  ripetuta  da  chi 
non  sa  dir  che  ciò  che  abbia  detto  un  altro  ,  e  deve  pensare 
come  abbia  pensato  un  altro  sia  ragionatore,  sia  sragiona tore. 
Egli  é  vero  che  i  provinciali  di  Cagliari  che  abitano  nella  pia- 
nura sono  nella  totalità  poco  vivaci  nel  parlare,  ma  hanno  poi 
del  buon  senso  ,  e  della  sodezza  nel  pensare ,  qualità  che 
congiunte  ad  un  dilìcato  gusto  ,  e  ad  una  fantasia  moderata 
splendidamente  appariscono  in  coloro  ,  che  furono  coltivati  con 
buone  dottrine. 

U  carattere  morale  è  universalmente  da  essere  lodato  v  però 
che  sono  docili,  soggetti,  pacifici,  laboriosi,  e  buoni  massari. 
Riconoscerai  nei  medesimi  una  gente  che  tengon  la  fede  ,  ed 
odiano  il  tradimento  anche  fra  nemici ,  onde  o  nulle  o  rarissime 
sono  tra  loro  le  violenze  pi'emeditate ,  e  gli  agguati.  I  principali 
dei  villaggi  distano  poco  dalia  condizione  dei  più  colti  cittadini. 


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CAGLURI  3i 

Nei  popolani  si  vorrebbe  maggior  cortesia ,  e  dispiace  certa 
ravidezsa  di  maniere  ,  e  malizia  di  atti  che  principalmente  si 
osserva  nei  paesi  più  prossimi  alla  Capitale.  La  religione  è  ben 
fondata  nei  cuori,  e  molto  la  loda  il  rispetto  e  venerazione  che 
si  dimostra  agli  ecclesiastici ,  la  beneficenza  ai  religiosi ,  i  molti 
legati ,  e  la  suntuosità  delle  feste.  Invan  però  si  negherebbe 
essere  nella  medesima  alcune  macchie  da  certe  pratiche  su- 
perstiziose. 

Istruzione  pubblica.  Pure  in  questa  provincia  l'istituzione 
delle  scuole  primarie  non  ha  prodotto  quei  frutti  che  se  ne 
speravano 9  e  qui  per  le  stesse  cagioni  eziandio,  che  abbiamo 
altrove  notate.  La  frequenza  alle  medesime  è  potissima,  e 
non  so  se  in  tutte  complessivamente  siano  mille  fanciulli.  In 
molti  luoghi  è  in  \iso  un  amabilissimo  calendario,  tenendosi 
scuola  óra  quando  piace  agli  studenti,  ora  quando  piace  ai 
maestri.  Perciò  di  questi  provinciali  (salvo  i  cittadini)  appena 
a5oo  persone  saranno  che  sappian  leggere ,  e  di  questi  non  più 
di  due  terzi  che  possano  servirsi  della  penna  nelle  loro  fac- 
cende. 

Nella  Dominante  oltre  le  primarie  sono  delle  scuole  elemen- 
tari, dove  alla  educazione  cristiana  morale  e  civile  si  aggiunge 
l'insegnamento  della  grammatica  latina  e  della  rettorica;  però 
r  imperfezione  dei  metodi  cagiona  che  non  si  ottengano  che 
'meschini  frutti  dopo  uno  studio  di  circa  otto  anni. 

Mancano  le  istituzioni  di  conveniente  educazione  per  le  fan- 
ciulle, e  sono  perciò  desiderabili  quelle  donne  religiose  che  in 
altri  paesi  danno  lor  tempo  ed  opera  a  cosi  formar  le  figlie , 
che  abbiano  le  necessarie  cognizioni  nella  morale  e  nella  gen- 
tilezza delle  maniere,  acquistino  destrezza  nei  più  importanti 
lavori  femminili,  e  possano  un  giorno  prestar  tutte  le  partì  di 
ottime  madri  di  famiglia. 

Sariavi  in  Cagliari  in  supplemento  d'altro  meglio  l'orfano- 
trofio delle  fEiiìciulle,  ma  certe  opinioni  ancora  prevalgono,  e 
però  meno  si  teme  della  turpitudine  d'una  difettosa  educazio- 
ne, che  del  giudizio  che  persone ,  che  tu  ti  dirai  quanto  siano 
giudiziose,  oserebbero  di  proferire  contro  un  padre  che  man- 
dasse le  figlie  tra  quelle  fanciulle  se  poco  care  alla  fortuna , 
molto  alla  virtù. 

Abbigliamento.  Non  parlando  della  Capitale,   dove  tutto  è 


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3a  CAGLIARI 

coaforme  alle  mode  fiorenti  nelle  più  polite  città  del  continen- 
te, se  si  eccettua  l'infima  classe,  gli  altri  provinciali  massime 
i  più  vicini  a  Cagliari  hanno  un  vestiario  suntuoso  di  maniera 
che  è  un  bello  spettacolo  veder  la  gioventù  quando  raccogliesì 
a  su  pre]eri  (piacere,  e  qui  ballo  geniale)  dietro  i  zampo- 
gnatori,  e  quando  celebra  la  carola.  Tra  le  differenze  di  moda 
che  si  osservano  nei  vari  paesi  di  questa  provincia  è  da  essere 
notato  il  velo  delle  Sanluresi  (  su  parapetlu  ) ,  che  è  mia  qua-^ 
drata  pezzuola ,  la  quale  attaccata  con  spille  agli  omeri  tienesi 
distesa  sul  petto  sino  al  cinto  o  come  elle  dicono  lazzada ,  che 
varrebbe  allacciatura.  Quella  veste  sardesca,  quale  la  dice  chi 
crede  sia  stato  sempre  il  mondo  del  colore  d'oggigiorno,  il 
coietto,  va  in  disuso,,  non  cosi  però  che  in  molti  luoghi,  e 
nella  stessa  capitale  ,  non  si  vegga  portata  da  alcuni  vecchi 
contadini,  rigattieri,  carratori.  La  veste  di  pelle  {sa  best-e-pcddi) 
o  pelliccia  è  ancora  adoperata  generalmente,  senza  maniche  e 
corta  alle  anche  *,  se  ne  eccettui  i  Sanluresi  che  V  hanno  distesa 
a  mezza  gamba.  Vale  pure  in  ogni  parte  su  sacca  de  coberri; 
i  pastori  lo  portan  sempre ,  i  contadini  quando  abbiano  a  se- 
renare nel  salto,  gli  altri  il  serbano  in  casa  per  iscambiarlo  col 
cappotto  bagnato  dalla  pioggia. 

Costumanze.  Nelle  nozze  tra  i  popolani  non  è  stipulato  al- 
cun contratto  essendo  cognito  ciò  che  la  consuetudine  poita  sia 
rispettivamente  contribuito  dagli  sposi.  A  lei  spetta  di  prepa- 
rare il  talamo ,  il  telajo ,  il  guardaroba ,  la  lingerìa ,  le  sedie, 
i  necessari  arnesi  per  lo  paniGcio,  le  stoviglie  ecc.  Egli  dee 
provvedere  per  la  abitazione  ,  ed ,  ove  sia  agricoltore ,  aver 
propri  e  il  carro  con  due  tori  domiti,  e  tutti  gli  istromenti  ne- 
cessari per  r  agricoltura  con  copia  di  semi  per  la  terra ,  e  suf- 
ficienza dell'  altro  che  vuoisi  avere  per  il  vitto  ;  ove  poi  sia  pa- 
store essere  padrone  d'un  branco,  o  aver  sua  parte  nello  d'al- 
trui che  governi. 

Nel  di  precedente  alla  benedizione  mandasi  dai  parenti  della 
fidanzata  l'anzinarrato  fornimento  e  apparato  domestico  alla 
casa  nuziale,  e  si  trasporta  con  molto  fasto,  e  col  consueto  ac- 
compagnamento dei  zampognatorì  su  dei  carri  tratti  da  bei 
tori  con  le  corna  infiorate. 

Suonando  l'ora  fissata,  lo  sposo  in  tutta  gala,  corteggiato  dai 
suoi  consanguinei,  dal  parroco  e  dagli  amici,  va  a  ritrovar    la 


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CA6LUR1  il 

ipota*  Non  però  oltrepassa  il  liminar  della  di  lei  casa ,  e  re- 
stasi nel  cortile  sino  a  tanto  che  ella  j  come  é  costume  degli 
sposi  prima  di  sortire  dalia  casa  patema  per  costituirsi  in  nuova 
famiglia  y  compisca  Terso  i  suoi  genitori  y  o  alcuno  dei  più  pro- 
pinqui che  li  rappresenti ,  al  sacro  dovere  del  congedo.  La  ver- 
ginella piangente  nelle  sue  tenere  commozioni,  adorna  nel  mi- 
glior modo  di  quanto  ha  di  più  prezioso,  portasi  alla  presenza 
dei  suoi  genitori  che  con  cert'aria  di  gravità  assisi  nell' interna 
stanza  1*  attendevano  tra  i  pro'ssimiori  e  gli  amici  più  confiden- 
ti y  e  piegatasi  ai  medesimi ,  e  stante  tra  uno  ed  altro  bacia  le 
mani  paterne  e  chiede  d'essere  benedetta.  Lo  spettacolo  si  fa, 
dirò,  più  sentimentale  accesi  gli  affetti  della  paternità.  Le  la- 
grime della  dolcissima  tenerezza  si  confondono  tra  gli  abbrac- 
ciamenti, e  dice  a  un  tempo  e  il  padre  e  la  madre  tntto  quel 
bene ,  che  desiderano  avvenire  alla  medesima.  Nella  sem- 
plicità di  menti  poco  colte  odonsi  nel  linguaggio  della  passione 
delle  bellissime  cose,  e  lo  spettatore  ne  rimane  soddisfatto* 
Movesi  quindi  lo  sposo  medio  tra  due  dei  primi  consanguinei 
della  sposa  col  suo  festivo  stuolo  aUa  chiesa,  segue  la  sposa 
fra  due  principali  della  parentela  dello  sposo,  e  con  molta  co- 
mitiva di  donne.  Presi  i  sacramenti  di  preparazione ,  e  quindi 
compito  il  rito  solenne,  nell' incamminarsi  alla  casa  maritale  si 
uniscono  le  due .  parentele,  e  si  frammischiano  donne  con  don- 
ne, uomini  con  uomini  intorno  e  addietro  degli  sposi.  Per  bel 
complimento  e  felice  augurio  coloro  presso  le  cui  case  passano 
gli  sposi  versan  su  i  medesimi  sa  razia  (  forse  grazia  )  fru- 
mento intramischiato  di  legumi  e  di  sale,  spruzzan  dell'acqua, 
spandon  dei  denari  su  i  due  consorti ,  e  la  gente  fa  codazzo, 
non  risparmiato  il  prete.  Questi  come  entra  nella  casa  la  be- 
nedice e  prega  per  gli  abitatori.  La  compagnia  resta  tosto  ser- 
vita di  dolcerie,  vini  preziosi  e  caffè,  ne  sono  serviti  gli  ac- 
correnti, e  finalmente  ricevute  le  felicitazioni  da  coloro  che 
non  parteogono  alle  famiglie  affini  dassi  opera  al  convito,  partì 
dei  quali  sono  mai  sempre  la  busecchia,  il  montone,  o  il  ca- 
pro, che  è  più  stimato.  Uno  stesso  piatto,  uno  stesso  bicchiere 
deve  servire  ai  due  sposi. 

Si  tosto  poi  come  una  donna  sgravisi  della  pregnezza  usasi 
in  molti  paesi  di  tutte  lavare  le  meinbra  del  neonato  con  vino 
tepido,    e  in  siffatto  umidore  aspergerle  di  finissimo  sale-,    la 
Dizion.  Geogr.  ecc.  Voi.  Ili.  3 


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34  CAGLURI 

qual  pratica  i  lodata  come  ben  propria  a  fortificar  la  cute,  e 
scansare  alcune  malattie  superficiali ,  tra  V  altre  i  sudaminì. 
Le  esperienze  confermano  l'opinione.  Di  cotal  uso  antichissimo 
appariscono  le  vestigia  nella  Sacra  Scrittura.  Costumavano  gli 
Ebrei  (  cosi  il  Tirino  in  Ezech,  )  di  lavare  con  acqua  calda  i 
molli  corpi  non  solo  perchè  (ossero  purificati  dalle  sordi  del 
parto,  ma  e  perchè  le  membra  che  contratte  ancora  nel  me- 
desimo rimanevansi  si  potessero  distendere  e  acconciamente  for<- 
mare.  Le  medesime  tantosto  venivano  salate  a  farsi  più  sode 
giusta  l'asserzione  di  Galeno,  e  poi  si  e ostringevano  tra  i  panni 
con  le  fascie  per  non  curvarsi  e  depravarsi. 

Nelle  morti  è  un  rito  quasi  comune  il  compianto,  e  fino  nel- 
l' estremità  della  stessa  Dominante ,  nominatamente  nella  Villa- 
nuova  ,  non  è  una  usanza  conosciuta  da  pochi.  Il  defunto  espo- 
Besi  in  casa  e  portasi  alla  tomba  con  le  vesti  dì  gala;  se  ma- 
ritato con  gli  abiti  più  splendidi,  anzi  con  quelli  stessi  nei  quali 
comparve  nel  solenne  giorno  dell'amore:  e  qui  è  da  notare 
che  molti  non  più  li  indossano  dopo  le  noj^ze,  e  con  diligenza 
conservati  li  risparmiano  al  giorno  della  loro  morte:  se  nubili 
alle  loro  proprie  vestimenta  ed  abbigliamenti  aggiungonsi  dal 
padrino  o  padrina  altri  ricchi  fregi.  0  questa  o  questi  tolto 
una  fronda  di  alloro  forma  una  corona  intrecciatevi  rose  ed 
altri  fiori,  e  tutto  stringe  con  catenelle  d'oro,  d'argento,  e 
con  filze  di  collane.  Ma  egli  è  sul  collo  e  sul  petto  della  ver- 
gine ,  o  del  giovanetto ,  dove  con  molto  studio  si  compongono 
siffatte  gale.  Composto  il  corpo  sul  feretro ,  le  donne  del  pa- 
rentado, e  quelle  pure  di  servigio  meste  nelle  gramaglie  del 
duolo  si  assidono  intorno  sospiranti.  Non  possono  che  non  la- 
scino romper  dal  petto  i  gemiti,  e  diano  più  forza  al  dolore 
dì  chi  più  sente  la  perdita  o  madre  o  sposo  o  figlio.  Intanto 
sorge  il  funebre  metro  della  canta trice. 

In  qualche  luogo  della  diocesi  Cagliaritana  non  sono,  come  accen- 
nava, totalmente  perdute  certe  superstizioni  che  una  inumana  pietà 
9on  sa  stimare  empie,  a  voler  abbreviare  le  agonie  d'un  infelice. 
Levansi  via  dalla  stanza  e  croci  e  simulacri  e  imagini,  e  viene 
egli  spogUato,  quando  abbiane,  degli  scapolari  sacri  di  qual- 
che ordine  religioso,  delle  scatolette  che  abbiano  alcuna  reli- 
quia ecc.  Tanto  perché?  perchè  si  crede  che  tnt  valgano  ad 
ilppciUr  l'anima  nella  partenza,  e  prolungare  le  sue  sollerenze. 


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CAGLIARI  35 

Ove  poi  in  breve  non  estìnguasi  il  loro  carissimo,  viensi  al  ri- 
medio che  stimano  per  efficacia  supremo,  e  sottopongono  e 
adattano  alla  di  lui  cervice  il  giogo  d' un  aratro ,  o  d' un  carro. 
*  Verso  i  contadini  delle  altre  provincie  sono  questi  lodati  sic- 
come paxientissimi  della  fatica,  e  non  poco  solleciti  d'una 
esatta  esecuzione  delle  opere.  Ma  attendi  che  compiscano  i  la- 
vori della  preparazione  delle  terre,  deUa  seminazione  del  fru-^ 
mento,  di  alcune  specie  di  civaje,  e  della  messe,  e  tu  non  ri- 
conoscerà i  più  i  colali  in  una  gente  scioperata.  Manca  l'inda- 
stria ,  è  perciò  angusto  il  cerchio  dell'  esercizio ,  e  pertanto  me^ 
schina  la  loro  condizione. 

I  Sardi  in  generale,  e  .  caraifctensticamente  l  contadini  cam- 
pidanesi,  sono  frugivori,  amando  a  preferenza  il  pane ,  le  paste ,  i 
legumi ,  e  poco  desiderando  la  carne  e  i  pesci.  Nella  stagione  delle 
frutta  se  ne  mangia  con  tale  avidità,  che  non  spegnesi  per 
poco,  e  non  si  aspetta  la  perfetta  maturità.  Delle  frutta  del 
fico  d' India ,  che  forma  le  Aefì  delle  tenute ,  si  fa  un  gran- 
dissimo consumo.  Non  cosi  procedon  le  cose  nei  paesi  di  mon- 
tagna, dove  si  educhi  gran  quantità  di  bestiame,  e  in  quelli 
che  sono  alla  sponda  del  mare  o  del  gran  lago;  però  che  nei 
primi  sono  per  quanto  dura  il  lattamento  a  comune  materia 
di  sussistenza  i  latticini  ;  negli  altri ,  per  la  stagione  della  pe- 
sca ,  le  più  copiose'  specie  che  si  estraggano  dalle  pescaje.  Le 
frutta  ed  erbe  ortensi  fanno  pure  una  parte  del  vitto  alle  po- 
polazioni più  prossime  alla  Capitale  ;  non  però  sono  gradite  le 
patate,  che  si  coltivano  in  poca  quantità  per  darne  ai  citta- 
dini. Il  panificio  è  molto  lodato  ,  e  la  pasta  si  per  la  estrema 
bianchezza,  che  per  lo  gusto  può  difficilmente  eguagliarsi  in 
altre  regioni  dell'  isola.  Le  pagnotte  ordinarie  per  la  gente  da 
servigio  sono  preferibili  al  miglior  pane  lavorato  nel  processo 
d'arte  quale  è  usato  dai  genovesi  e  francesi.  La  macinazione 
del  grano  si  fa  per  gli  asinelli  con  una  mola  semplicissima  e 
rozza ,  quanto  sarà  stata  nei  più  antichi  tempi.  Le  pietre  sono 
provvedute  dai  Nurresi  (  prov.  d' Isili  ).  Di  molini  idraulici  non 
se  ne  trovano  nella  pianura,  che  dove  sia  corrente  d'acqua. 
La  superiorità  delle  paste  sarde  fatte  a  mano  con  lungo  stento 
à  ben  conosciuta;  le  fabbricate  nel  Campidano  di  Cagliali  non 
cedono  che  alle  più  fine  d'Oziéri.  Amasi  molto  il  pan  di  sa- 
pa,  cosi  detto  perchè*  di  questa  intridesi  la  farina.    La  forma 


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36  CAGLIARI 

i  di  un  anello.  Si  adorna  con  fettuccia  di  fogli  d'oro  e  d'ar«* 
genio,  e  con  yariameoti  colorati  confettini.  Usasi  farlo  per  Ognis-» 
santi  insieme  con  le  pappassìne ,  che  sono  una  mescolanza  di 
uve  passe ,  mandorle ,  pinocchi ,  pistacchi  ecc. ,  agglutinati  coii 
un  po'  di  patta  sapata.  Pure  per  le  feste  solenni  se  ne  usa 
fare  ;  e  quelli  che  si  offrono  al  santo  e  s' inseriscono  nelle  brac- 
cic  della  barella,  sulla  quale  trasportasi  il  simulacro,  sono  enormi. 
Bevesi  generalmente  vin  generoso,  e  nella  pianura  se  ne  fa  mag- 
gior consumo  che  in  situazioni  più  elevate.  Non  intendi  però  che 
ci  ecceda  :  un  eccesso  in  tal  materia  ha  congiunta  certa  infa- 
mia. Le  donne  dei  villaggi  sono  proibite  del  medesimo  anche  in 
piccola  dose.  Nelle  tavole  usasi  poca  varietà  di  cibi ,  salvo 
quelle  dei  principali  dei  paesi,  nelle  quali  tutto  è  preparato  , 
come  é  solito  nella  città. 

L'acquavite  è  T ordinaria  mattutina  bevanda  della  plebe; 
ma  a  bel  bello  anche  in  questa  classe  va  propagandosi  il  gu* 
sto  pel  caffé.  La  naturale  bevanda ,  V  acqua  ,  non  è  ,  per  la 
terza  parte  almeno  della  provincia,  quale  esige  la  sanità.  Le 
vene  dei  pozzi  non  somministrano  che  grossi  umori  pregni  di 
sali  o  d'  altre  sostanze  minerali  poco  salutifere.  Cominciasi  a 
supplire  con  le  acque  piovane,  e  in  molti  siti  potrebbesi  con 
perpetuo  vantaggio  per  cannelle  di  terra  cotta  raccogliere  da 
scaturigini  non  molto  discoste,  e  gioverebbe  ricercarne  per  la 
trivellazione.  Anche  in  Cagliari ,  sebbene  non  siane  un  vero 
difetto,  perocché  hannosi  alcuni  pozzi  pubblici  inesauribili , 
tuttavolta  malvolentieri  beve  dai  medesimi  la  stessa  minuta- 
glia ,  ondeché  quando  per  la  scarsezza  delle  pioggie  inaridi- 
scano le  cisterne,  la  più  parte,  riservati  i  pozzi  agli  altri  usi, 
se  ne  procuran  ottima  dai  battelli,  che  si  riempirono  delle  ri- 
putate soigenti  della  tanca  di  Nizza  presso  la  Maddalena,  e 
dalle  fonti ,  che  trovansi  in  fondo  allo  stagno  quasi  sulla  estre- 
ma sponda  nel  siti,  uno  detto  sa  cràstuUij  altro  appellato  dì 
$•  Maria, 

Al  già  detto  intomo  alla  costruzione  delle  case  pel  Cam- 
pidano d'  Arborea  (  Y.  Busachi  prov.  )  non  é  altro  da  es- 
sere aggiunto  per  lo  Campidano  di  Cagliari,  che  la  più  ele- 
gante forma,  e  il  megUo  inteso  scompartimento,  oltre  allasu- 
perior  pulitezza.  Sono  avanti  o  allato  delle  medesime  grandi 
cortili  con  dei  loggiati  per  stallaggio,  nei  quali  accogliesi  il  he- 


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CAGLURI  S7 

stìame  impiegato  nel  «ervìgio  domestico,  o  nelle  opere  mrali. 
Aderente  al  muro  della  casa  è  una  galleria  (  su  stdulu ,  su  um- 
bràgulu,  da  umbraculum  )  ^  dove  in  tempi  sereni  siedon  le 
donne  o  al  telajo  o  ad  altri  lavori. 

Gli  edifizi  sacri  di  questa  provincia  sono  meglio  che  nelle  altre 
costrutti,  parati,  provveduti,  e  goveraati.  Rimarrebbe  unica* 
mente  a  desiderare  che  fosse  men  pericoloso  il  fermarvisi  agli 
u£Szi  divini,  oslarutte  e  non  più  riaperte  le  tombe ,  che  sono  un'altra 
maligna  fonte  di  infezione.  Le  più  rimarchevoli  antichità  di 
questa  provincia  sono  in  Cagliari  e  Nora.  Nella  prima  e  an- 
cora visibile  una  gran  porzione  dell'anfiteatro  romano  con  più 
precìnzioni;  ed  il  suntuoso  acquedotto ,  che  per  una  linea  <ii 
circa  5o  mila  metri  derivava  le  acque  dalla  celebre  solvente 
di  s.  Giovanni  de  Bucca^-rutia  traversando  le  teire  di  Sili- 
qua, di  Yillaspecìosa ,  di  Decimo-manno ,  e  del  Maso.  Se  ne 
diranno  altre  parole  nell'art.  Cagliari  ciaà.  In  Nora  è  poco 
men  che  intero  u^  teatro  in  opera  quadrata ,  dì  cui  l'Indicatore 
Sardo  diede  brevissima  descrizione  tratta  da  una  lettera  sotto- 
gnata  col  bigramma  V.  A.  Sono  in  questi  due  luoghi ,  ed  in 
parecchi  altri  degli  oggetti  degni  dì  considerazione,  di  cui  fa- 
rem  parola  nell'occasioni.  Non  sono  rare  ne  anche  in  questa 
provincia  quelle  antichissime  costruzioni  che  diciam  norachi,  e 
in  alcune  spiccano  delle  singolarità,  che  domandano  saggi  e 
pazienti  osservatori.  Non  se  ne  ha  il  preciso  numero,  ma  messi 
in  conto  quelli  pure,  di  cui  restano  le  sole  vestigie,  forsechè 
sommeranno  a  parecchie  centina ja.  Il  difetto  di  pietre  nella 
parte  media  del  piano  ne  ha  fatto  scomparire  non  pochi. 

Statistica  medica.  Sarebbe  desiderabile  die  l'egregio  profes- 
sore Zucca  desse  al  pubblico  i  suoi  lavori  intorno  a  questo  im- 
portantissimo oggetto.  Intanto  giovati  dei  seguenti  cenni.  Per 
ogni  distretto  è  stipendiato  un  medico  ed  un  chirurgo,  ed  è 
posto  uno  speziale,  e  cosi  è  stabilito,  che  quelli,  di  cui  consti 
la  povertà,  abbiano  le  medicine  gratuitamente.  Le  malattie  più 
frequenti  sono  nelle  stagioni  invernale  e  primaverile  infiam- 
mazioni di  varie  forme  secondo  le  condizioni  diverse  degli  in- 
dividui, e  delia  atmosfera;  nell'estiva  ed  autunnale  febbri  ga- 
striche, intermittenti  per  lo  ordinario  complicate,  nervose  e  si- 
mili. Sopra  le  loro  cause  vale  quanto  fa  detto  nella  provincia  di 
Bttsachiy   e  toma  però  occasione  di  implorare  una  pulizia  sa- 


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38  CAGLIARI 

nitarìa ,  che  obblighi  i  comuni  a  dar  scólo  alle  acque ,  togliere 
le  molte  pozzanghere  che  si  mantengono  a  ciò  vi  si  possano 
imbrodolare  i  majali,  inalveare  i  ruscelli ,  aprir  gore  ai  rista- 
gnamenti, portar  lungi  il  letame,  cingere  sufficienti  campi- 
santi  e  scavarvi  profonde  le  fosse  ,  perchè  grave  dolore  non 
prenda  i  cuori  umani  in  vedendo  i  cadaveri  addentarsi  dai  ca- 
ni ,  né  sia  necessità  di  esumare  i  non  ancora  disciolti  per  fare 
luogo  ad  altri.  E  in  questo  sarebbe  ancora  a  doversi  prowe-* 
dere  in  modo,  che  senza  maggior  indugio  come  fosse  indubi- 
tata la  morte  si  portassero  i  defunti  nella  sepoltura.  Orribili 
cose  avvennero  in  altri  tempi ,  ed  una  maravigliosa  avarizia 
diede  esempli  di  solennissima  empietà,  irreligione,  inumanità. 

Asciugamento  delle  paludi.  Tra  le  molte  menzionate  ve  n'  ha 
parecchie  le  quali  asciugate  assai  gioverebbero,  si  perchè  sa- 
riano restituiti  alla  agricoltura  gli  spazi  che  ricoprono,  come 
perdiè  resteriano  soppresse  tante  perenni  fonti  di  micidiali 
miasmi. 

La  palude  Palmas,  che  giacesi  tra  Pirrì  e  Paùli,  non  più  sa- 
sarebbe,  se,  come  è  facile,  si  colmasse,  e  nella  sua  lunghezza  si 
aprisse  un  profondo  canale  al  Molentargiu:  gli  altri  tre  di 
Mara-Calaginis,  Quartucciu  e  Quartu  né  presentano  maggiori 
difficoltà  air  idraulico ,  né  l'operazioni  domandano  grande  di-* 
spendio. 

La  palude  di  Sanluri,  e  la  prossima  (  Paùli-manna)  dei  salti  di 
s.  Gavino  forzate  dall'  arte  cederebbero  i  male  occupati  luoghi. 

Un  solcamento  vedesi  cominciare  presso  la  sponda  del  ricet- 
tacolo ,  che  proseguendo  giù  costeggia  le  vigne  di  Samassi ,  e , 
più  in  là,  gli  orti  di  S^rramanna  per  volgersi  al  fiume  in  su 
i  limiti  di  questa  terra  e  di  Villasor.  Sgorgando  nelle  grandi 
pienezze  Tacque  dello  stagno  in  questo  canale  sarebbe  facile 
profondandolo  più  Carvele  cader  tutte.  Insomma  per  bene  stimate 
linee  di  scavamenti  si  riuscirebbe  ad  aver  esonerato  tanti  in* 
fruttiferi  crateri,  perchè  non  se  ne  ritrae  sale ,  se  saliferi;  non 
pesci,  se  ve  ne  vivano,  e,  quel  che  peggio  d'ogni  altro  male, 
perchè  con  le  loro  morbifere  esalazioni  turbano  o  distruggono 
la  buona  costituzione  dei  corpi  umani,  e  infamando  l'aria  ri- 
spingono i  viaggiatori,  in  cui  la  precauzione  del  male  sia  più 
fòrte  della  brama  di  ben  conoscere  un  paese  dove  è  aperto  uà 
vasto  campo  a  saggie  Qsserva2;ionì, 


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CAGLIARI  39 

Vaceinaùone.  Questa  salutevolissima  istltuiioue^  la  quale  più 
4' altrove  era  da  essere  studiosamente  curata  in  una  terra  di^ 
fettosissicna  di  coloni  ^  vedesi  pi-ocedere  lentamente  per  la  co- 
stante pervicacia  dei  genitori ,  e  non  '  potrassi  stabilii^ ,  come  è 
desiderio  dei  saggi,  se  non  si  venga  a .  provvìdens^  rigorose. 
La  strage  degli  anni  i8:ft^3o  non  li  portò, in  migliori  tei^ 
mini;  giacché  nel  i83i  non  M  vaccinarono  in  tutta  la  provini- 
eia  più  di  180  individui,  e  nel  i83:k  non  più  di  900,  <avve- 
gaachè  la  sómma  dei  nati  nel  biennio  non  fesse  stata  minore 
di  7000.  A  voler  però  dare  a  ciascuno  quel  che  tocca ,  non  tac- 
cerò ,  che  in  qualche  distretto  sono  dell'opinione  di  coloro  da 
«ssere  accagionati  gli  operatori,  che  mal  praticando  l'innesto 
fanno  si  die  i  pretesi  vaccinati,  non  già  rarissimi,  ma  pres- 
soché tutti,  sentano,  quando  esso  si  sviluppi,  la  forza  del 
.morbo,  e  molti  vi  succumbano.  Nella  maggior  parte  dei  paiesi 
del  Campidano  muojono  dentfco  l'anno  due  quinti  dei  neona- 
ti; un  altro  nei  due  anni  consecutivi,  non  considerando  i  casi 
di  ^idemìa  e  di  carestia,  che  pure  per  disgrazia  sono  frequen- 
ti. Nel  quale  spazio  di  tempo  sono  gli  infanti  soggetti  a  feb- 
bri putride.  E  vuoisi  ciò  attribuire  alla  malignità  del  latte,  che 
da  un  malsano  nutrimento  separino  le  nutrici ,  ed  al  troppo  ar- 
dore del  sole'  cui  restano  esse ,  e  lasciano  quelli  esposti  quando 
sbarbatisi  i  lini  ,  ed  é  permesso  lo  spigolamento  :  il  che  si  com- 
prova da  che  maggiore  si  é  osservata  la  mortalità  dal  princi- 
piar dell'estate  all'estremo  ottobre.  E  più  empia  era  in  altri 
tempi  la  morte ,  quando  i  flebotomi ,  che  soli  nelle  campagne 
esercitavano  l'arte  medica,  credevano  rimedio  utile  in  tutti  i 
mali  il  salasso»  Benché  la  cura  di  costoro  (ossit  un'  azione  di 
omicidio ,  nondimeno  ei  sostenevansi  sempre  in  credito  per 
cert'aria  di  importanza,  in  cui  si  componevano,  spacciando 
molta  perizia  e  confidenza  nelle  funeste  osservazioni  che  ave- 
vano fatte  ,  se  non  era  lecito  vantar  dottrina ,  perocché  mal 
sapevano  leggere ,  siccome  coloro  che  erano  v  enuti  dalle  bot- 
teghe dei  barbieri  di  Cagliari.  Chi  creda  che  ancora  ti  possa- 
no ,  anzi  tanto  possano  in  molti  paesi  da  soperchiare  gli  stessi 
chirurghi  ?  Trapassato  il  pericolosissimo  periodo  della  infanzia 
sembra  concepiscano  i  corpi  forze  gagliardissime  contro  alle  ca- 
gioni dei  mali;  ondechè  sono  pochi  quelli  che  languiscano  nella 
impubertà;  pijì  pochi  nella  giovinezza.  Mentit  iu. siffatti  climi 


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4o  CAGLIARI 

è  solito  che  una  esuberanza  di  vita  obblighi  a  percorrerne  pìA 
rapidamente  il  periodo;  tuttavolta  ammirasi  in  alcuni,  nei  quali 
il  supposto  precoce  sviluppo  siasi,  verificato,  un  lento  ansi  tar* 
dissimo  deperimento*  Cosi  fu  conosciuta  in  uno  del  cognome 
Vacca  coslffiitta  natura,  che  all'età  di  no  anni  sia  potuto  pas* 
sare  a  seconde  trozze ,  e  vivere  con  la  moglie  sette  anni  s  fu<* 
rono  veduti,  in  una  signora  tra  i  90  e  98  anni,  rinascere  cin** 
que  o  sei  denti ,  e  sotto  la  canutezza  rigerminar  nuovi  oapelU 
d'un  bel  colore  castagno:  ella  aveva  allattato  dieci  figli:  altra 
ne  fu  fatta  sapere  di  io3  anni  con  le  forze  intellettuali  fermis- 
sime^ e  tanto  pure  valente  delle  membra  da  far  a  piedi  spesso 
le  quattro  miglia  anche  in  strade  fangose. 

Presentemente  in  Cagliari  si  ha  non  pochi  esempli  d'una 
vetusta  vecchiezza  in  più  persone  nonagenarie  ;  ed  accade  al- 
tro e  tento  in  paesi  pure  d'aria  men  salubre,  in  che  potrei 
citere  alcuni,  la  cui  vite  è  sul  ventunesimo  lustro.  Ciò  che 
sia  mirabile  in  questi  fenomeni  egli  è  non  tento  la  vigoria  del 
corpo  contro  il  pernicioso  effetto  del  clima,  quanto  il  riconi^ 
scerli  in  certe  gente  che  poco  amarono  parere,  ed  essere 
moderati. 

Agricoltura,  L'agricoltura,  pastorizia,  pesca  e  caccia,  ecco 
le  fonti  donde  questi  provinciali  traggono  quanto  ai  bisogni  e 
ai  pochi  comodìr  della  vite  sia  necessario  e  conveniente.  L'agri- 
coltura è  la  primaria  occupazione,  e  la  principale  speranza.  Il 
rapporto  attuale  dei  pastori  ai  contedini  puoi  tenerlo  come  di 
z  a  11,7.  Lasciati  da  parte  i  paesi  che  siedono  nelle  falde,  o 
appoggiansi  alle  pendici  dei  monti,  nei  quali  mentre  perl'op* 
portunità  della  pastura  è  copioso  il  bestiame  deve  essere  un 
numero  proporzionato  di  persone  a  curarne  l'educazione;  ne- 
gli .altri,  che  sono  situati  nella  pianura,  gli  abitetori  sono 
quasi  esclusivamente  agricoltori.  E  qui  sono  stesi  i  campi  vera- 
mente graniferi  della  Sardegna;  qui  vedresti  biondeggiar  le  fa- 
mose opime  messi.  Che  se  pure  vogliasi  instituito  un  parago- 
ne ,  e  indicato  dove  la  terra  pa ja  più  che  altrove  Catte  a  que- 
ste preziosissima  produzione,  ti  citerò  la  Tre/ente,  e  le  cam- 
pagne prossime  da  maestro  insìno  ad  austro.  Che  stupenda  ye- 
getezione  non  copriva  quelle  terre  in  quest'anno  (  i835),  av- 
vegnaché favorite  sia  stete  dal  cielo  solamente  dopo  la  metà 
del  suo  perìodo  !    Che   marayigliosa    la  bontii  9  quantità   dei 


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GAGUARI  4i 

frutti!  •  •  •  •  Qui  dunque  si  conoscerà  molto  bene  l'arte?  A 
non  portar  cosa  contro  il  vero,  dirò  che  negli  uomini  del  con<- 
tado  e  provincia  di  Cagliari ,  i  quali  ben  di  poco  per  arte  e 
diligenza  superano  gli  altri,  la  troppa  benignità  della  terra  Cacea 
languire  e  l'attenzione  alle  regole  agronomiche ,  e  lo  studio 
nelle  opere. 

Ma  i  tempi  migliori  sono  per  volgere;  e  non  può  non  di- 
lettarsi di  tale  speranza  chi  vede  come  già  siasi  eccitato  ,  ed 
ampiamente  nei  più  ricchi  proprietari  si  propaghi  l'amor  di 
quest'arte ,  che  è  il  fondamento  fermissimo  della  prosperità  dei 
popoli  ;  e  come  per  naturai  connessione  e  conseguenza  acqui- 
stino i  lavoratori  più  larghe  e  sincere  cognizioni.  Di  che  io  lo<- 
derò  cagione  il  luminoso  esempio  delP eccellentissimo,  uomo,  il 
signor  marchese  di  Villahermosa ,  che  si  pose  il  primo  .  alla 
grand-opera  della  restaurazione  dell'agricoltura  Sarda,  e  con 
cura  dilìgentissima  voltosi  a  cangiare  in  deliziosi  giardini,  in 
fruttuosissimi  poderi  le  selvatiche,  lande  ,  e  le  paludose  ma- 
remme da  Sarròco  a  Capoterra  intragìacenti ,  fece  della  sua 
villa  d'Orri  una  scuola  piratica  d'economia  preconcependo  ^  e 
colorando  il  disegno  dei  poder-modello  tanto  dai  ragionatoli  di 
economia  rurale  commendati  in  questa  età. 

Se  non  otteneva  il  fine,  cui  si  avea  proposto  quando  a  Gaik» 
FeUce,  principe  amantissimo  della  prosperità  d'una  nazione  de^ 
votissima  a'  Sabaudi ,  suggeriva  la  erezione  d' una  accademia  sul 
disegno  migliorato  e  ampliato  di  quella  de'  georgofili  di  Firen*^ 
ze,  onde  dai  dotti  emanasse  nei  contadini  gran  copia  di  lumi; 
non  perciò  disperava  di  cagionare  una  gran  conversione  nelle 
cose  rustiche  ,  e  le  portare  al  grado  ,  in  cui  sono  pervenute 
presso  genti  più  colte  ;  ne  si  intiepidiva  il  suo  amore,  perchè 
quasi  solo  si  vedesse  in  su  tanta  opera  ;  però  costantemento 
insistendo ,  e  quanti  mezzi  aveva  ,  che  molti  erana  e  grandi , 
saggiamente  spiegando,  ottenne,  che  ed  i  proprietari  conosoes* 
aero,  oltre  il  maggior  utile  d'una  più  profonda  cognizione, del* 
l'arte  ,  la  necessità  d'una  riforma  nelle  antiche  maniere  \  ed  i 
contadini ,  disimparate  le  malanticipate  opinioni  ,  si  corredasi* 
sero  ad  un  esercizio  assai  più  fruttifero  di  quanto  l'esperien* 
za  ,  il  ragionamento  ,  ed  il  sussidio  di  altre  scienze  esibisce  in 
questo  tempo  ai  coltivatori  delle  più  felid  regioni  del  conti-* 
nente.  Su  quàl  proposito  toccherò  oel  progresso ,  come  nascami 


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42  CAGLURI 

ropportuuita,  quanto  da  lui  si  fece  nell'iotendimeato  di  p«r* 
fiuadere  coi  fatti ,  che  sono  a  dir  vero  meglio  che  i  raziocini 
efficaci  a  convincere  ,  instituendo  comparazione  dei  nuovi  coi 
vieti  metodi ,  dell'eseguimento  delle  opere  per  li  nuovi  isti*u- 
menti  y  con  il  lavoro  per  li  nazionali  in  conto  di  regolarità,  e 
di  speditezza  ,  facendo  delle  spese  false  ecc.  ecc. 

Già  rammenterai  la  ragion  che  posi  degli  agricoltori  ai  pa- 
stori :  or  abbiti  determinato  il  lor  numerp  ,  di  23,5oo  ,  quanto 
fu  nello  scorso  anno  i834  nconosciuto. 

Di  questi  sono  più  lodati  gli  uomini  di  Sanluri,  i  quali  men- 
tre sembrano  avere  una  cognizione  più  chiara  dell'arte  ,  sono 
«enea  contraddizione  i  più  diligenti  ed  assidui.  Onde  che,  quando 
eziandio  la  perversità  delle  stagioni  diede  tempi  contrari,  e  da 
tutti  gli  altri  campi  non  si  ripigliava  né  intero  quel  che  si  era 
affidato ,  veniva  loro  dai  propri  tanta  copia,  che  altri  se  ne  sa- 
riano rallegrati  in  anni  di  ubertà. 

PreparatUone  delle  terre,  I  malesi  si  soglion  rompere  (ar<- 
vattai  arvum  aptare)  nel  gennajo,  e  di  nuovo  rivolgersi  (re- 
lòrdri)  nel  marzo.  Una  terza  aratura  viene  eseguita  dopo  le 
prime  pioggie  autunnali  {su  repassu)  ;  e  cosi  disposte  le  terre 
come  in  esse  si  conosca  un  mediocre  contemperamento  di  umore 
e  di  calore  tosto  sono  riempiuti  i  solchi  {su  plemmentu)  ;  il 
che  ordinariamente  accade  verso  la  metà  della  stagione.  £  vuoisi 
tanto  anticipare  massime  nella  pianura ,  perchè  in  altro  modo 
meno  pronte  si  leverebbero  e  fallirebbero  le  biade;  senza  che 
cariano  più  offese  dalle  brinate  nella  primavera. 

La  seminazione  del  frumento  viene  ancora  praticata  secondo 
gli  antichi  metodi.  Alcuni  però  cominciano  a  sarchiarlo  quando 
è  ancora  in  erba  tenera,  e  sgombrarlo  di  tutte  le  inutili  e  no- 
cive gramigne. 

Si  sono  fatti  degli  sperimenti  di  aratri  a  treno,  se  n' è  lodata 
l'operazione  ;  ma  il  sardo  va  con  calzari  di  piombo  a  tentar  le  no^ 
vita;  egli  ben  esperto  che  i  grani  sono  assai  più  produttivi 
quando  si  piantano  a  due  o  tre  pollici  non  sa  vedere  perchè 
convenga  far  gemere  i  buoi  sotto  Taratro  profondamente  im* 
presso;  egli  propugna  ancora  i  suoi  maggesi.  Né  in  questo  io 
saprei  contraddire  considerato  Fattuale  condizione  delle  cose. 
Che ,  un  campo  già  esausto  per  la  produzione,  e  che  dall'in- 
flusso delle  meteore  deve  unicamente  attendere  di  essere  iavi« 


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CAGLIARI  43 

f  Olito  a  nuovi  parti ,  è  d'uopo  die  riposi ,  se  in  questa  solita 
graffiatura  delParatro  comune  non  può  una  terra  inesercitata 
e  piena  di  sue  forae  rivoltarsi  in  su  a  dar  alinento  ai  semi. 
Ma  in  questo  egli  è  che  versa  suo  errore.  In  profonde  arature 
avnasi  sempre  una  terra  ricca  di  buone  sostanze. 

Vorrai  sapere  le  spese  occorrenti  per  un  solo  starello  della 
seminagione  alla  ricolta  ?  Sommano  a  lire  sarde  :k5  incirca  , 
che  molto  inegualmente  vanno  divise  per  le  diverse  operazioni. 
E  avverti  che  sopra  queste  dovrebbesi  il  valore  della  quantità 
seminata  e  dell'affitto  del  terreno ,  ove  si  lavori  in  quello 
d'altrui. 

Il  totale  del  seminamento  per  tutta  la  proviada  potrà  rap- 
presentarsi in  star.  91,800,  che  distribuirai  in  60^00  di  grano, 
1 3,000  d'orzo,  14,000  di  lave,  3,oòo  di  legumi,  1,800  di  lino* 
£d  il  frutto  in  anni  di  ubertà  può  calcolarsi  di  star.  1,863,700, 
se  desse  (  e  die  anche  più  )  il  grano  i  ,200,000 ,  l'orzo  390,000^ 
le  laive  210,000,  i  legumi  60,000,  il  lino  3,700.  di  seme.  Onde 
intenderai  la  media  comune  eguale  a  20,3o  per  uno  -,  e  le  par-*- 
ziali ,  20  pel  grano ,  3o  per  l'orzo ,  1 5  per  le  lave ,  20  pei 
legumi ,  2  pel  lino. 

Né  solamente  la  poca  attitudine  degli  istrumenti ,  che  si  han- 
no ,  il  difetto  d'altri  necessari ,  l'irragionevole  pretesa  che  il 
terreiio  si  adatti  ai  semi ,  la  comunanza  o  quasi  comunanza 
delle  terre  ,  l'apertura  delle  medesime  ad  uomini  e  a  bestie  , 
msL  nuoce  pure  ,  e  non  poco ,  al  buon  esito  delle  coltivazioni 
la  lontananza  delle  ndazzonì.  E  quindi  risulta  nuova  ragione 
perchè  i  coltivatori  vivano  o  su ,  o  presso  le  loro  terre  ;  e  per- 
chè le  numerosissime  aggregazioni  si  dividano  in  minori  da  sta- 
bilirsi in  siti  che  per  la  salubrità  del  dima  dell'aria  dell'acque 
sien  iiBusti  alla  vita,  e  sempre  in  centro  di  un  cerchio  propor- 
rionato ,  in  quella  istessa  maniera  che  era  ripartita  la  popola- 
zione agricola  prima  che  un  nemico  destino  soggiogasse  i  sardi 
alla  dominazione  aragonese.  Cosi  metterebbonsi  a  profitto  tutte 
le  ore,  uomini  ed  animali  entrerebbero  nell'opera  con  l'intero 
vigore,  intumescenza  di  fiumi  non  ritarderebbe  i  lavori,  pati- 
rebbesi  meno  di  disagi  e  di  pericoli,  donne  e  figli  verrebbero 
in  ausilio  con  le  loro  fatiche.  E  se  l'abitazione  toccasse  il  po- 
dere altri  rami  di  lucro  crescerebbero ,  potendosi  educare  mag- 
gior numeio  di  galline ,  oche  ,  colombi ,  polli  d'india ,  qualche 


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44  CAGLURI 

vacca  j  alcune  pecore  e  inajali.  Dì  Tantaggìo  non  invaderebbero 
nei  colti  gli  animali  a  calpestare  e  rodere ,  i  polti'oni  a  brut- 
tare. Infine  tu  ci  potrai  vedere  anche  un  guadagno  per  la  mo- 
ralità,  e  per  la  sicurezza  dei  passeggieri,  non  meno  che  per  lo 
comodo  dei  medesimi. 

Or  impara  la  condizione  di  questi  contadini  rispettivamente 
alla  loro  agiatezza.  In  che  a  voler ,  quanto  sia  dicevole ,  defe- 
rire all'accortezza  di  perspicaci  computatori,  tra  quello  che 
deyon  dare  alla  chièsa ,  e"  le  altre  somme  da  contribuire  al 
R.  Erario  y  alla  cassa  baronale^  al  bilancio  comunale  essi  sono 
obbligati  nella  ragione  del  78  per  cento.  Pertanto  se  per  ir- 
regolarità di  stagioni  venga  meno  ,  che  erano  degne  le  fatiche, 
non  ti  pare  debbano  battersi  V  anca  ?  Qui  sappi  che  la  messe 
è  quasi  vorrei  dir  Tunica  tettola  ,  se  riguardi  il  generale  ,  di 
cui  si  giovino  per  la  sussistenza,  già  che  a  ben  pochi  vien  lu- 
cro dalle  vigne ,  orti  e  verzieri.  Ad  emungere  di  sue  residue  so- 
stanze i  poveri  soccorre  l'avarizia  e  la  frode  ;  l'avarizia  degli 
usurai  ,  dai  quali  y  non  potendo  far  somministranze  i  monti , 
devono  dimandar  prestiti  per  la  messe  ;  la  frode  degli  incetta- 
tori ,  grandi  mastri  d'iniquità ,  gente  di  due  misure. 

£  qui  y  quando  n'ho  il  destro  ,  non  tacerò  che  ad  alcuni  di 
costoro  nel  vendere ,  non  essendo  quella  porzione  sufficiente  che 
loro  riserba  la  misura  mancante ,  desiderosi  di  più  fanno  gon- 
fiare i  grani  posti  in  luoghi  d'aria  umida  ,  o  in  mezzo  il  muc- 
chio introdotta  un'anfora  nuova  e  piena  d'acqua ,  ne  li  satol- 
lano bene. 

yigne.  Le  terre  della  circostanza  ed  a  levante  e  ponente  di 
Cagliari,  Tisoletta  dello  Stagno,  e  le  regioni  sur  esso  o  il  mare 
mentre  comparativamente  alle  altre  sono  men  felici  per  le  bia- 
de ,  si  lodarono  mai  sempre  siccome  appropiatissime  alle  viti. 
Ed  a  questa  specie  distinta  in  molte  varietà  (62)  é  specialmente 
rivolta  la  cura  degli  uomini  del  contado  cagliaritano.  Spesso  si 
fanno  copiosissime  vendemmie ,  si  che  i  minori  proprietari  in 
mancanza  di  botti ,  ed  in  bisogno  di  denari  devono  offrire  il 
mosto  a  vilissimo  prezzo. 

A  concepire  quanta  sia  in  qualche  anno  la  fruttificazione 
delle  vigne  basti  sapere  che  nel  territorio  di  Carbonara  da  un 
tralcio  destinato  a  propaggine  per  tre  fondi,  che  erasi  allun- 
gato a  a8  palmi  entro  i  mesi  della  vegetazione,  si  portarono , 


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CAGUARI  4^ 

«enea  connumerarvi  i  radmoletti,  centoyentìdue  grappoli.  La 
quantità  del  mosto  che  suole  ottenersi  in  tutta  la  provincia,  se 
niente  sia  avvenuto  d'infausto  alle  vigne,  non  si  calcola  in  meno 
di  quartieri  80,000,000. 

La  venderamiazione  comincia  solitamente  dopo  il  4  d' ottobre , 
e  dura  sino  alla  metà  di  novembre.  Il  vino  é  distinto  di  due 
sorta;  il  comune ,  che  volgarmente  cognominano  nero,  comechè, 
non  abbia  un  color  molto  carico  ;  ed  il  gentile  che  dicono 
bianco,  sebbene  siane  qualche  specie  assai  colorata.  Il  primo  è 
assai  generoso ,  e  conviene  beversi  con  molto  rispetto.  Il  me- 
todo di  sua  manipolazione  è  semplice.  Racoolgonsi  le  uve  in 
grandi  botti  (is  cuppus)  con  un  fondo ,  e  vi  si  lasciano  a  fer* 
mentare  più  o  meno  di  otto  giorni,  però  che  variasi  nel  tempo 
seconda  la  qualità  delle  uve  e  la  condizione  atmosferica.  Il 
momento  della  pigiatura  arriva,  e  non  si  può  indugiare , 
quando  il  mosto  rende  un  odore  aggredevole  ,  sentesi  in  certo 
moderato  grado  di  temperatura ,  ed  ha  un  gusto  tra  il  dolce 
e  Tamaro. 

U  vino  gentile  ,  che  si  sperimenta  generosissimo,  non  é  ma- 
nipolato in  modo  eguale.  Le  uve  non  si  lasciano  fermentare , 
e  tosto   come  sien  poste  nel  tino  vengono  spremute. 

Questi  vini  distinguonsi  dì  tre  specie  :  i  semplici  che  deri- 
vano da  una  stessa  qualità  .di  uve  ;  is  genius  ,  che  sono  da 
diverse  uve  -,  e  i  vini  de  passadùra ,  o  conciati ,  i  quali  men- 
tre provengono  da  una  certa  uva  si  fan  passare  per  la  vinaccia 
d'un' altra  diversa. 

I  semplici  sono  :  la  malvagia ,  la  vamàccia  ,  il  nàscolo  ,  la 
mònica,  ilnuràghus,  ilcannonào,  il  moscato,  il  giróne,  prese 
le  denominazioni  dalle  uve.  Se  ne  potrebbero  annoverare  altre 
specie  ,  se  si  usasse  farne  da  altre  uve  gentili  senza  mistura 
di  mosti. 

Le  genie  non  sono  distinte  in  più  varietà  ;  ma  non  pertanto 
queste  sono  tante ,  quante  le  variabili  combinazioni  delle  di- 
verse uve  ,  si  per  Io  numero  e  le  qualità  diverse,  come  per  le 
disuguali  proporzioni. 

I  vini  di  passatura  sono  di  due  sorte,  essendo  o  passaliira 
nel  giróne  ,  o  passatìtra  nel  moscatello.  Il  primo  è  dal  mosto 
della  mònica ,  il  secondo  dal  semidàno ,  tenuti  per  circa  dodici 
ore  nella  vinaccia,  quello  del  giróne,  questo  del  moscatello. 


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46  CAGLIARI 

Ottime  nei  senapllci  e  nelle  genie  «ono  le  essenze:  queste  sono 
i  liquori  di  colatura  spontanea.  Alcuni,  coinè  il  moscatello ,  il 
^ròne  ecc.,  si  temprano  per  un  gusto  dolce,  e  ciò  si  ottiene  o 
torcendo  sulla  vite  il  picciuolo  del  raspo  alcuni  giorui  prima , 
p  se  i  grappoli  yendemmiati  si  espongano  ad  alcuni  soli.  Dei 
nominati y  la  malvagia  è  principalmente  pregiata,  massime  ove 
abbia  il  merito  del  tempo  ,  il  quale ,  a  giudizio  degli  inten- 
denti ,  non  è  una  qualità  che  si  imagina ,  nia  che  benissimo 
si  sente  per  la  purezza ,  finezza  ,  e  per  certo  qual  gusto  ,  che 
dicono  di  catrame.  Confrontati  eoi  più  riputati  vini  dell' £u* 
ropa  meridionale  hanno  avuto,  cosi  giudicando  dilicatissimi  pa« 
lati,  l'onore  deUa  preferenza  ,  e  presentono  i  medesimi  che  ^ 
so  accada'  meglio  sieno  conosciuti  nel  continente ,  i  famigerati 
ungarici  vini  del  Tokai  non  si  possano  sostener  nell'alto  luogo, 
dove  sono ,  e  il  colle  di  Mizào-male  debba  cedere  al  ca- 
gliaritano. 

I  campidanesi  pongono  molt'opera  ad  assicurare  i  vini.  Con- 
siste questa  operazione  nel  travasarli,  e  separarli  dalla  feccia, 
o  dal  sedimento. 

Si£htte  trasfusioni  dopo  la  prima,  che  si  suole  eseguire  nel 
genniqo ,  si  ripetono  nel  marzo  ,  nel  maggio  ^  da  alcuni  anche 
nel  luglio  ,  da  più  pochi  pure  una  quinta  volta  nel  settem- 
bre. Cosi  si  diffecciano,  e  acquistano  maggior  liquidità  e  chia«» 
rezza. 

La  quantità  che  si  fabbrica  dei  vini  gentili  è  circa  un  de- 
cimo del  comune. 

Sono  celebrate  nella  provincia  la  vamaccia  di  s.  Sperato-,  la 
malvagia,  ed  il  moscato  di  Samassi  e  di  Uta.  Né  sono  in  minor 
pregio  i  vini  d'Orri  e  di  Capoterra. 

Si  pubblicò  trovato  da  un  intelligente  proprietario  il  modo 
di  fabbricare  il  vin  di  Malaga  ,  e  fu  annunciata  tanto  perfetta 
l'imitazione  che  non  se  ne  addarebbe  un  malaghese.  Sia.  Ma  è 
meglio  Car  conto  dei  nostri ,  ne  é  necessità  dare  al  mònica  na- 
zionale un  nome  straniero  per  conciliargli  estimazione. 

Dalla  distillazione  dei  vini  producesi  per  ogni  quartiere  (A^. 
Busachi  prov.  Eijuaz.  metrica  )  tre  libbre  di  alchool  poco  più  o 
meno  per  la  maggiore  o  minor  loro  bontà. 

I  Samatzaesi  bruciano  gran  quantità  di  mosto,  e  prowedon 
d' acquavite  i  paesi  d'intorno.   È  comune  1'  arte  di  far  dei  ro- 


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CAGLIARI  47 

soli,    e    di  coafeadonar  yariamenle    li    spìriti    men   rettificati. 

Altra  porzione  di  mosto  si  acidifica ,  ed  a  questo  ora  suole 
usarsi  quello  che  viene  dalle  uve  che  si  tolgono  dal  su- 
periore strato  del  tino  ,  le  quali  ne  han  già  concetto  un 
principio. 

Gioverebbe  alla  economia  domestica  ,  quando  l'abbondanza 
è  maggiore  dell'ordinario ,  né  si  sa  che  uso  farsi  del  mosto  , 
se  conoscessero  i  contadini  come  ottenerne  dello  zucchero.  La 
facilità  del  processo  })ennette  che  possa  questa  manipolazione 
raccomandarsi  alle  donne  (Y.  Elem.  di  chimica  generale  appli- 
cata nella  traduzione  italiana  per  G.  L.  Cantù).  Che  se  questo 
per  lo  gusto  rinfrescante  e  dolce  ^a  inferiore  al  comune,  non 
pertanto  sarà  cagione  di  grandi  risparmi. 

Orticolùàra.  Questa  è  in  qualche  pregio  nelle  terre  più  pras- 
sime  alla  capitale.  Le  erbe  e  le  frutte  non  vengono  meglio  al- 
trove, e  sono  stimale  per  una  sapidezza  gratissima.  I  Quattur- 
eiesi ,  Selargiesi ,  Donoresi,  Utesi  studiano  con  molta  intelligenza 
in  questa  coltivazione,  e  se  i  luoghi  sono  aridi  ei  suppliscono 
opportunamente  con  l'acque  dei  pozzi.  Usasi  il  molino  a  ca- 
vallo ,  e  le  trombe  sono  in  piccol  numero.  In  Puk  nelle  terre 
del  fiume  presso  alla  foce  ammireresti  una  vegetazione  mara- 
vigliosa.  Pochi  coltivano  le  patate  ,  e  non  v'ha  dubbio ,  che 
in  certi  siti  la  compattezza  dell'argilla  è  niente  fisMista  a  questa 
specie. 

Lo  zafferano  coltivasi  eoa  gran  successo  in  Villamara  ,  in 
s.  Gavino  ,  in  Samatzài ,  e  se  ne  ritrae  non  tenue  lucro  -,  che 
Vendesi  a  lire  sarde  4  l'oncia.  Si  introduceva  anche  in  altri 
luoghi,  ma  i  conigli  sei  divoravano.  Vien  pure  nelle  terre  di 
Cagliari. 

GU  alberi  fruttiferi,  Vìik  che  altrove  sono  coltivati  in  Cagliari 
e  terre  più  vicine  del  suo  contado ,  nella  regione  di  Piumini 
(  lungo  tratto  di  terra  nelle  £ftlde  dei  monti  di  Mara-Catagonis) 
ben  irrigata  ed  esposta  e  però  fatta  agli  orti  ed  a'  grandi  ve- 
getabili ,  in  Orrì ,  Sarròco ,  Pula  ecc.  Sono  un  buon  numero  le 
specie ,  e  in  ciascuna  molte  distinzioni  ;  ma  se  ne  desiderano 
più  altre. 

Le  frutta  lodansi  per  la  loro  singoiar  soavità. 

Le  specie  più  comunemente  sparse  sono  i  mandorli,  dei  quali 
fassi  una  vistosa  raccolta.  U  solo  nnarch.  di  l^Uahermosa  in  cin« 


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48  CAGLIARI 

que  o  sei  tratti  del  sao  gran  podere  d'Oni  n'ha  già  piantai 
1 8,866.  La  estensione  della  specie  in  tutta  la  provincia  egua- 
glia forse  i  2,000,000  individui. 

Gli  olivi  si  cominciano  a  riguardare  con  certo  amore  ,  e  se 
adesso  a  mala  pena  ne  potresti  numerare  circa  80,000  per  la 
massima  parte  dispersi ,  forseebé  non  andranno  due  lustri ,  e 
li  oliveti  nascenti,  e  quelli  che  vannosi  formando  produrranno 
oltre  il  bisogno  della  popolazione. 

I  paesi  che  la  natura  e  la  esperienza  designa  acconci  a  que- 
sta specie  sono  Decimo  ,  il  Maso ,  Pula,  Orri.  In  quest'ultimo 
n'ha  già  il  prelodato  marchese  o  piantati  o  innestati  poco  men 
di  io,ooo.  Ma  poi  la  falda  dei  monti  di  levante  dalla  contrada  del 
Giarréi  al  mare  è  tanto  più  idonea  a  siffatta  coltivazione ,  che 
con  maniera  vieta  di  parlare  degna  sarebbe  d'esser  detta  la 
terra  di  Pallade.  Ivi  meglio  che  in  altre  regioni  meridionali  del- 
l'isola si  allefica  questa  specie  ,  ed  é  cagione  di  maraviglia  ve- 
dere l'energia  dello  sviluppo  nelle  piantagioni  che  si  praticano 
secondo  i  veri  metodi  dell'arte. 

Agrumi.  Se  nella  Foràda  del  Sàrrabus  ^  che  dir  voglio  egua- 
le ,  se  non  oso  superiore  ,  alla  Vega  di  Milis  ,  troverai  molte 
terre  attissime  a  queste  piante  -,  di  certo  che  non  meno  alle 
medesime  ti  avverrà  di  riconoscerne  attate  nel  tenitoro  di  s. 
Sperato ,  di  Pula ,  di  Orri ,  e  nella  anzimentovata  regione  di 
Piumini  in  su  quel  di  Cagliari.  Gli  aranci  ed  i  limoni  di  molte 
varietà  con  i  cedrati  ecc.  fruttificano  cosi  che  più  non  si  possa 
bramare. 

Gelsi,  Egli  é  tanto  tempo,  che  molti  piemontesi  precedente 
e  susseguentemente  alle  esortazioni  del  Gemelli  mentre  cono- 
scono questo  clima  a  siffatta  coltivazione  ben  idoneo ,  ci  van 
proponendo  i  grandissimi  vantaggi  che  ne  potremmo  ritrarre  ; 
e  tuttavolta  non  vi  si  è  sinora  convertita  l'opera  e  la  mente  j 
salvo-  da  pochi.  Fra  i  quali  primeggia  il  march,  di  Villahermo- 
sa  ,  che  intende  e  non  invano  studierà  ad  estendere  questa  im- 
portantissima cultura ,  e  le  necessarie  cognizioni  per  lo  setificio. 
Le  fanciulle  del  conservatorio  di  Cagliari  hanno  già  in  questo 
non  poca  esperienza  ,  e  dai  bozzoli  dei  filugelli  sardi  veggonsi  al- 
cuni lavori,  nei  quali  è  pure  da  anumrare  la  bontà  della  materia. 

La  quantità  delle  piante  fruttifere  della  provincia  si  può  compu- 
tare di  circa  ^^Soofioo  tra  grandi  e  piccole.  In  verità  che  per 


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CÀGLURI  49 

cotanta  superficie  sono  pochissime  ,  e  saranno  finché  non  «i 
prendano  opinioni  e  metodi  migliori. 

Cagìonavasì  questa  scarsezza  e  dal  pregiudizio  anche  oggidì 
fermissimo  del  cerio  npcujiiento  deirombra  ai  seminati  ed  alle 
vigne,  e  dalla  difficoltà  deirallevamento.  Il  pregiudizio  caderà 
diffondendosi  più  ampiamente  i  lumi  ;  la  difficoltà  del  prospe- 
ramento cesserà  se  vogliasi  tenere  il  metodo  praticata  nella  villa 
esemplare  d*Orri,  dove  nei  fossi ,  in  cui  sono  dal  vivajo  tra- 
sportate le  pianticelle ,  usasi  alternare  degli  strati  di  buona 
terra  con  altri  di  fico  dlndia,  le  quali  per  l'abbondante  urao- 
rosità  diventano  le  sicure  loro  nutrici  nel  caso  non  infrequente 
di  siccità  ',  in  quel  metodo  quasi  assicura  la  riuscita  ,  e  rende 
proficue  quelle  foglie  y  che  prima  si  lasciavano  corrompere  su 
la  terra  ad  accrescere  il  vizio  dell'aria.  £  quindi  da  sperare  , 
che  quanto  prima  vi  torni  la  Sardegna  in  quella  condizione  in 
cui  la  ottennero  i  Romani,  quando  Polibio  la  lodava  e  per  la 
frequenza  degli  uomini  ,  e  per  lo  copiosissimo  provenimento 
dei  frutti ,  e  beata  la  dicea.  Sti^abone  per  un  suolo  eccellente- 
mente ferace  di  frumento ,  e  di  tutte  le  cose  niaravìgliosamenté 
fecondo. 

Tabacchi,  Si  è  voluta  introdurre  in  vari  luoghi  della  provincia 
la  pianta  nicoziana  ;  però  o  sia  il  difetto  nel  clima  ,  cioè  nel 
suolo  o  nel  cielo ,  o  sia^  piuttosto  nella  coltivazione ,  essa  è  ben 
inferiore  a  quella  die  vegeta  in  Sassari ,  Sorso ,  Sennori.  Non 
ogni  terreno  porta  tutto. 

Soda  ,  ed  erba  cristallina.  In  compenso  è  il  contado  di  Ca- 
gliari nelle  ten  e  un.  po'  salse ,  che  sorgono  alla  sponda  del  mare 
e  degli  stagni  ,  attissima  a  queste  erbe  ,  onde  è  la  materia 
prima  per  alcune  fabbriche  ,  che  ancora  desidera  la  Sardegna. 

Altre  coltivazioni.  La  robbia  viene  molto  prosperamente  nel 
circondàrio  istesso  della  città.  Verrebbe  parimente  l'indaco , 
come  cel  persuade  il  soddisfaciente  esperimento  che  tentossi  nel 
regno  di  Carlo  Emanuele  III.  Si  vuol  augurare  una  vegetazione  iion 
meno  felice  della  cannamela,  e  di  altri  pregiatissimi  generi  tp- 
loniali.  Su  che  io  non  vorrei  contradire;  conciossiaché  a  voler 
comprendere  quanto  questo  clima  sia  fausto  alle  piante  esoti- 
che basta  guardare  nel  vasto  giardino  attiguo  al  palazzo  della 
villa  d'Orri,  dove  sono  in  bella  e  prosperevole  vita  con  le 
nordali  molte  piante  delle  regioni  equatoriali,  e  in  piena  terra 
Dizion.  Geogr.  ecc.  Voi.  III.  4 


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So  CAGLIARI 

e  floridissime  sono  quelle  vedute  che  per  la  restante  Europa 
nei  climi  superiori  non  si  posson  serbare  in  vita  se  non  coi 
benefizio  d'una  conveniente  temperatura. 

Coltivazione  deW  anice.  Fu  provata  nel  i833,  e  produsse  il 
62  per  uno.  La  comparazione  lo  dimostrò  per  forza  non  in- 
feriore all'estero,  però  di  dolcezza  minore  dello  spagnuolo. 

Formiiim  tenax.  Tra  le  piante  erbacee,  che  in  questo  clima 
prosperano  con  molta  felicità,  merita  esser  notata  questa  specie, 
della  quale  sono  nell'anzidetto  giardino  più  di  4^0  ceppi.  Se 
propaghisi  potrannosi  mettere  nel  commercio  le  sue  fila  ottime 
per  cordaggi  e  gomene  da  servire  alle  macchine  idrauliche. 

Giardini,  Ne  potrai  veder  parecchi  presso  la  citta,  tra  i 
quali  è  più  degno  di  considerazione  quello  del  marchese  di 
s.  Tommaso  ,  e  può  anzi  parere  un  piccolo  stabilimento.  In 
Pula  ed  in  Samassi  se  ne  trovano  dèi  belli;  però  nessuno  più 
del  già  sopralodato  di  Orri.  In  questo  vedrai  pure  un  gran  vi- 
vajo  ,  che  con  gli  altri  degli  attigui  possedimenti  contengono 
circa  le  ^o  mila  pianticelle.  L'arte  del  giardinaggio  se  comin- 
ciasi a  conoscere  é  merito  e  deve  esser  lode  del  marchese  di 
Villahermosa.  Egli  la  faceva  apprendere  a  due  nazionali  cui 
somministrava  generosamente  mentre  si  trattenevano  nei  mi- 
gliori stabilimenti  del  cont'mente,  e  assistevano  alle  lezioni  dei 
professori  di  Botanica.  Ora  col  sussidio  dei  giornali  georgici  le 
acquistate  cognizioni  vanno  perfezionandosi ,  e  si  ha  opportuna 
contezza  dei  continui  progressi  dell'agricoltura,  e  de' migliori 
metodi  che  vengono  in  onore.  Intanto  si  formano  degli  allievi. 

Terre  chiuse,  È  ben  piccola  la  porzione  delle  terre  che  veg- 
gansi  cinte ^  o  assiepate  ,  e  queste  sono  intorno  alla  popolazione 
a  un  piccol  raggiò.  La  proprietà  per  molti  pregiudizi  e  forti 
ostacoli  non  può  ancora  vincerla  sopra  la  barbara  comunanza: 
e  se  non  ottenga  il  trionfo,  che  le  augurano  i  buoni  cittadini, 
non  sarà  mai  che  possa  fiorire ,  quanto  le  consente  la  natura. 
Le  poche  private  proprietà  non  sono  né  anche  per  un  terzo 
chiuse  ,  e  le  chiusure  sono  comunemente  a  siepe  viva ,  dure- 
vole e  fruttifera ,  adoperandovisi  i  fichi  d' India.  In  nessun'  al« 
tra  parte  dell'isola  vegeta  questa  pianta  più  vigorosamente, 
che  nel  Campidano.  Distinguonsi  alcune  sue  varietà,  tra  le  quali 
il  napal  con  fiori  e  frutte  rosse ,  e  con  le  spine  molto  sottili  e 
riunite  in  fascettì,    nel  cui  congenere  gli  industriosi  americani 


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CAGLURI  5( 

allevano  l'insetto  della  cocciniglia.  Altre  se  ne  lono  recente- 
mente introdotte  ,  e  tutte  vengono  maravigliosamente.  Le  frutta 
delle  aiffiitte  siepi  somministrano  per  li  meno  agiati  parte  della 
sussistenza,  e  producono  non  piccol  lucro  per  quella  quantità 
che  porgesi  ai  cittadini.  Il  sovrappiù  serve  di  nutrimento  ai 
majali. 

Sciite  ghiandìfere.  Nelle  pendici  occidentali  dei  monti  di  le- 
vante queste  specie  (  tra  le  quali  pii^  numerosi  i  lecci  )  vanno 
sempre  più  diradandosi  per  opera  maligna  dei  pastori.  Patiron 
melio  nei  monti  di  ponente  forse  perchè  tutto  il  dipartimento 
del  Norésé  frequentissimo  giù  d'uomini  anche  nell'epoca  dei 
Saraceni ,  e  più  nel  governo  dei  regoli  Cagliaritani ,  restò  poi 
deserto,  quando  gli  Aragonesi  vennero  a  dominare.  Grandissi- 
ma è  la  superfìcie  che  occupano  queste  selve ,  o ,  dirò  meglia, 
avanzi,  dove  non  pertanto  potrebbero  in  anni  id)ertosi  impin- 
guare più  di  3oo,ooo  capi  porcini ,  e  computarsi  circa  5o  mi- 
lioni individui  di  piante  fruttifere.  Trovansi  frammisti  innume- 
revoli ginepri,  ed  alcuni  assai  annosissimi,  dai  quali  si  sanno 
lavorare  mobili  di  grandissimo  pregio.  Veramente  per  la  bel- 
leaa  e  per  la  durevolezza  sorpassano  le  opere  più  stimate  del 
tasso  e  del  noce. 

Lentisco.  Ecco  il  supplementario  degli  olivi  nei  paesi  posti 
dlle  falde  dei  monti.  Se  ne  trae  molt'olìo,  e  questo  mettesi 
nel  commercio  interno,  ond'è  un  qualche  lucro  alle  mamfat» 
trici. 

Bosco  ceduo.  Invano  ne  cercheresti  nel  piano  ^  dove  fuor 
della  breve  circonferenza  delie  vigne,  sarà  gran  sorte  se  un 
viaggiatore  incontrisi  in  un'ombra  benefica.  Solo  presso  le 
sponde  di  qualche  corrente,  o  in  luoghi  acquidosi  usano  al- 
cuni allevare  dei  pioppi  per  servirsene  nella  travatura  delle 
case,  e  per  alcuni  mobili  ed  utensili.  Comprenderai  da  tanto 
che  si  scarseggia  di  tegne,  e  la  scarsezza  giugne  spesso  a  tale, 
che,  consumati  i  saraieutì,  vuoisi  bruciar  delle  erbe  secche  a 
sciildur  il  forno,  in  mancanza  delle  quali,  che  in  qualche  sito 
non  è  rara,  è  giocoforza  far  conto  dello  sterco  bovino.  Sono 
di  questo  difetto  continui  lamenti-,  se  ne  può  crear  copia,  e 
non  pertanto  nessun  si  pone  all'opra.  Ma  ancor  poco,  e  col 
suo  esempio  darà  fortissimo  impulso  alla  formazione  e  colti- 
vazione dei  boschi  cedui  il  tante  volte  lodato  marchese  di  Vii- 


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5a  CAGLIARI 

lahermosa.  Così  avranno  un  necessario  elemento  le  popolazio^ 
nij  gli  alberi  ghiandiferi  saranno  risparmiati,  le  pioggie  ca- 
i  dranno  più  frequenti,  le  acque  sorgeran  meno  rare,  e  scor- 
reran  perenni ,  T  aria  si  sanificherà  ;  se  sia  vero  che  abbiasi 
nelle  piante  dei  naturali  elaboratori,  dove  si  consumano  i  mia- 
smi, e  si  produce  il  gasse  vitale.  Aggiungasi  anche  il  lieto 
aspetto  che  prenderan  le  terre,  le  quali  in  questi  tempi,  dopo 
il  taglio  del  frumento,  presentansi  in  una  prospettiva  squalli- 
da, nojosa  ed  orrida. 

Pastorizia.  Il  numero  dei  pastori  della  provincia  nel  i834 
era  di  i85o.  A  questo  è  decresciuto  da  quanto  era  nei  tempi 
superiori,  che  men  si  conoscevano  i  vantaggi  della  vita  degli 
agricoltori.  Non  è.  da  molto  che  Uta  e  Siliqua  dissodarono  gran 
parte  dei  campi. 

Questi  pastori  sono  più  rozzi  che  in  altra  parte,  vivono  in 
gran  disagio ,  e  solo  nella  stagione  dell'  allattamento  formansi 
delle  capanne ,  o  si  ricoverano  nella  camera  di  qualche  nora- 
che.  Eccettuerai  i  Te*iladini  che  hanno  delle  stazioni  stabili  se- 
condo il  costume  dei  vicini  Sulcitani. 

Le  solite  specie  del  bestiame  in  tutta  la  provincia  possono 
in  totale  giugnere  a  capi  i^'jjOOOy  le  cui  parziali  quantità  of- 
fronsi  nei  seguenti  numeri. 

Buoi  per  l'agricoltura  18,000 -— Vacche  mannalite  o  dome- 
stiche 3,000  —  Vacche  rudi  17,000  —  Pecore  io4>ooo  —  Ca- 
pre 5o,ooo  —  Majali  5,ooo  — ^  Porci  rudi  25,ooo  —  Cavalli  e 
cavaUe  domite  7,000  — Cavalle  rudi  5,ooo  —  Giumenti  14,000. 
Accusasi  l'aria  come  cagione  del  degeneramento   delle    spe- 
cie, ed  io  non  so  immaginare  di  quale  elemento  essa  manchi 
in  su  questa  terra,    che  abbia  nelle  regioni  d'Italia  e  Spagna 
sotto  la  stesso  dima.  Vorrei  in  vece  porre  cause  morali,  quali 
«potriano  essere  la  poca  intelligenza  nel  provvedere  alla  propa- 
.gazione,  e  la  negligenza  nella  educazione.  Il  che  non  studierei 
a  provare. 

Anche  in  questa  parte  ,  che  è  l'altra  delle  professioni  prin- 
cipali dell'  uomo  sardo ,  volgeva  sua  mente  il  marchese  di  Vil- 
labermosa,  e . introduceva  le  racze  piemontese,  svizzera  e  sici- 
. liana  dei  tori,  l'araba  dei  cavalli,  la  tibetana  delle  capre,  la 
spagnuola  delle,  pecore,  ecc.  Al  loro  nutrimento  formava  un 
campo  iìrrìguo  nella  tanca  di   Nizza,    dove  hannosi  già  più  di 


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CAGLIARI  51 

60  giornate  dì  prati  adacquatori,  e  fansi  due  o  tre  tagli  d'ot- 
tuno  fieno ,  e  preparava  tutto  per  costituire  net  podere  del  Loi 
una  cascina  sul  modello  delle  migliori  della  Lombardia.  Infine 
proponeva  per  dieci  anni  un  premio  di  cinquanta  scudi  a  chi 
presentasse  in  sul  mercato  di  Cagliari  entro  il  gennajo  il  più 
grosso  bue.  Noi  godiamo  in  yedendo  che  infruttuosamente  egli 
non  operava  ,  e  che  di  già  non  pochi  proprietari  studiano  al 
miglioramento  delle  razze. 

Nel  generale  i  buoi  per  T  agricoltura  sono  curati  con  qual- 
che diligenza.  Però  sono  di  corporatura  maggiore  che  nelle  al- 
tre Provincie,  e  sul  conto  delle  forze  un  giogo  campidanese 
strascina  più  facilmente,  che  quattro  d'altronde.  La  razza  di 
Siliqua  e  della  vicina  Musèi  è  più  lodata.  Dalle  vacche  non 
aveasi  in  addietro  altro  che  il  feto;  ora  se  ne  emunge  un  po' 
di  latte. 

Le  pecore  si  educano  dappertutto,  ma  per  ciò  che  patiscono 
molto  e  dalla  inclemenza  delle  stagioni,  e  spesso  per  difetto 
di  nutrimento  rendon  poco  «frutto.  Le  più  produttive  non  ren- 
dono all'anno  più  di  3o  libbre  di  formaggio,  e  questo  per  la 
malintesa  manipolazione  poco  si  pregia.  Di  tutti  i  formaggi  che 
nella  provincia  fannosi  dal  latte  pecorino  il  Burcerese  é  in 
maggior  onore. 

Dalle  capre  poco  è  pure  il  profitto  che  si  ritrae. 

Cavalli.  Molto  é  l'amore  con  che  i  ricchi  proprietari  guar- 
dano ed  accarezzano  questa  specie.  Ondechè  se  in  questa  noni 
ne  sia  maggior  numero  che  in  altre  dove  sono  grandissimi  ar- 
menti per  la  propagazione,  troverai  però  gli  individui  più  di- 
stinti per  corporatura,  vivacità,  docilità,  e  per  gli  altri  pregi, 
che  sogliono  adornare  i  migliori.  Di  siffatti  se  ne  veggono  non 
pochi  nell'  uscita  solenne  alla  peregrinazione  a  Pula  nel  di 
primo  di  maggio,  nell' ipodromo  carnevalesco,  e  quando  cor- 
icasi il  palio  in  Cagliari ,  o  nei  paesi  del  Campidano ,  dove 
siano  ofierti  premi  di  molto  valore. 

11  pollame  è  assai  copioso  nelle  terre  più  vicine  alla  capita- 
le ,  di  che  sono,  contenti  sparvieri  e  volpi.  Con  le  specie  indi* 
gene  sono  mescolate  le  straniere.  I  polli. 'di  Sanlmù  sono  sti- 
mati per  la  loro  grossezza. 

Cacna  di  fiere.  Alcuni  uomini  delle  terre  poste  alle  mon- 
tagne affaticansi  nella  caccia,    salvo    in  quella   stagione,   che 


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54  CAGLURI 

quelle  attendono  alla  propagazione;  ondechèeidi  continuo  pos- 
sono somministrare  alle  mense  più  suntuose    cinghiali,    cervi 
daini,    e  qualche  muflone.    I  soli  cacciatori  di   Uta,    che  non 
sono  più  di  4^)  ^^^  iS^9  portarono  in  Cagliari   1028  capi  di 
grossa  selvaggina. 

Dopo  queste  specie  tanto  amate  per  le  carni,  è  numerosis- 
sima quella  delle  volpi  assai  ricercate  per  la  pelle.  Queste  fanno 
le  loro  parti,  e  quelle  dei  lupi  che  mancano.  In  tempo  che 
le  pecore  figliano,  corrono  attorno  senza  posa  per  grande  amore 
dei  teneri  agnellini.  In  difetto  trovano  di  che  provvedersi  nei 
pollai.  Anche  le  lepri  e  i  conigli  sono  moltiplicati  in  grandis- 
sime famigUe ,  avvegnaché  contro  loro  si  faccia  guerra  in  tutte 
parti  e  senza  tregua. 

Uccelli,  Grande  è  V  ornitologia  di  questa  provincia ,  e  poi  sarà 
maggiore,  che  si  riconoscano  tutte  le  specie,  che  o  vi  siedono 
come  in  luogo  patrio,  o  vi  avvengono  da  altronde.  Se  non 
senza  frutto  sonosi  alcuni  da  poco  tempo  in  qua  applicati  a 
riconoscere  se  la  Sardegna,  che  non  so  per  qua]  destino  resti 
quasi  ignota  all'Europa  fino  a  questi  ultimi  tempi,  potesse 
dare  qualche  nuova  specie;  è  da  sperare  che  maggiormente 
avranno  a  riuscir  fruttifere  altre  più  studiose  inquisizioni.  Non 
sarà  discaro  che  io  qui  enumeri  le  specie ,  che  sono  conosciute 
generalmente  in  questa  provincia  ^  e  che  hannosi  in  mostra  nel 
gabinetto  ornitologico.  Nel  che  io  mi  prevarrò  delle  note  fa- 
voritemi dal  signor  Gaetano  Cara  preparatore  di  Zoologia  nel 
R.  Museo  della  Università  degli  studi,  dove  sono  indicati 
quei  nomi  vernacoli  che  si  sono  potuti  sapere.  Tra  i  rapaci 
nel  genere  degli  avoltoi ,  il  grifone  (  vultur  fulvus  )  volg.  an- 
trà]u  murra  j  Tarriano  (  v.  cinereus  )  volg.  antràju  nieddu^ 
r  a  volto]  o  alimaccio  (cathartes  perìnopterus)  \6i%.  antrii]ubiann 
cu,  ravoltojo  barbuto  (  gypaetus  barbatus  )  volg.  harbùdu  ,  o 
ingùrtiossu.  Dei  Ailconi  propriamente  detti  trovasi  Io  sparvier 
pellegrinus  (  falco  lanarius  )  volg.  stori  perdiglùnu^  lo  sparvier 
reale  (  f .  peregrinus),  Tastare  di  palude  (f.  subbuteo  )  volg. 
stori y  il  falchetto  di  torre  (  f.  tinnunculus  )  voi.  zerpeddèri  , 
il  falco  acertello  (  f.  tinnunculoides  )  volg.  tilibrìcu.  Tra  le 
aquile  propriamente  dette  sono  da  notarsi  l'aquila  imperiale 
(falco  imperialis)  volg.  àhUi-era,  o  àkili-vera^  l'aquila  reale 
(  f.   fulvus  )    volg.  akilònij    l'aquila-bonelli    (  f.  bonelli  )   de- 


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CAGLIARI  55 

(critta  già  dal  cav.  Della  Marmora,  e  detta  volg.  akUonedduj 
e  l'aquila  nevìa  (  f.  naevius  )  volg.  akiloneddu.  Segue  V  aqui- 
lina (  f.  psachjdactjlus  )  volg.  stori ^  V  jiquila  pescatore  (  f. 
faaliaethus  )  volg.  akiil-e-piscL  Tra  gli  astori  è  conosciuto  il 
colombaro  (  f .  palumbarius  )  Volg.  stori  coiumbìmiy  il  falchette 
fringuellaro  (  f.  nisus  )  Vdlg.  zerpeddèri^  tra  ì  mUvi  o  milani  ; 
il  nibbio  forbiccione  (  f.  milvus  }  volg.  zneddias  tra  i  lanieri 
o  pojane ,  il  £alco  cappone  (  f.  buteo  )  volg.  siori-de-puddas  , 
il  falcone  (  f.  lagopus  )  volg.  stori-mannu  ;  tra  i  nibbi  o  circi , 
il   falco    cappuccino    di  palude  (  f.  rufus  )  volg.  stori-^e-pisci , 

l'albanella  (f.  cjaneus  ) ,  e  altro,    che  è  'A  falco    ci" 

neraceus^  Delle  strigi  si  conoscono  finora  l'allocco  bianco 
(  strix  flammea  )  volg.  stria  ,    la    civetta  (  s.    passerina  )    volg. 

cucumèuj  il  gufo  stridulo  (  s.  brachyotas  ) ,    il   gufo 

comune  (  s.  otus  ) ,  1*  assiolo  (  s.  scops  )  volg.  zotica* 

Degli  onnivori,  e  dei  corvi  propriamente  detti  conosciamo  il 
corvo  imperiale  (  corvus  corax }  volg.  crobu ,  il  corvo  mag- 
giore (  e.  coronae  )  volg.  crobu ^  la  inulachia  (  c.^  comix  ) 
Tolg.  corròga-braja f  il  corvetto  dei  campanili  (e.  monedula) 
volg.  corròga  »  la  ghiandaia  (  e.  glandarius  )  volg.  piga  ;  del 
genere  de' rìgoli  od  orioli,  il  rìgolo  (  oriolus  galbula  )  volg.  ra- 
nariu''arestiy  o  agresti;  di  quello  degli  storni,  lo  stornello 
(  sturnus  vulgaris  )  volg.  sturru^pintu ,  e  lo  sturnus  unicolor 
descritto  dal  ca v.  Della  Marmora ,  e  detto  volgarmente  sturru' 
nieddti.  Degli  insettivori,  e  delle  velie  o  ca/orni,  la  verla  ca- 
pirossa  (lanius  rufus)  volg.  passadiàrgia j  la  gazzlna  (1.  mi- 
nor ) ;  dei  pigliamusche ,    1'  aliuzzo  (  muscicapa   crisola  ) 

volg.    bicca-HgUj    la    boccalepre  (  m.  albicollus  ) ;  dei 

merli  p  tordi,  il  tordo  maggiore  (turdus  viscivorus  )  volg.  /itr- 
<f tf ,    la    tordella    gazzina  (t.  pilaris  )  volg.    turdu  o    taccidaj 

il  tordo    bottaccio  (  t.  musicus } ,    il  tordo  mal  vizzo 

(  t.  iliacus  ) ,    il  merlo  (  t.  merola  )  volg.  meiirra^  il 

codirosso  maggiore  (  t.  saxatilis  )  volg.  culurubiu  ,  il  passero 
solitario  (  t.  cyanus  )  volg.  solitaria.  Dei  cìnclì ,  il  merlo  pe- 
scatore (  cinclus  aquaticus  )  volg.  meitrra  de  acqua.  Del  ge- 
nere delle  silvie,  la  forapaglie  (  Sylvia  aquatica  )....,  1'  usi- 
gnuolo di  palude  (  Sylvia  cetti)  descritta  dal  cav.  Della  Mar- 
mora,  la  capinera  (  s.  atricapilla  )  volg.  conca^e^morUj  Tusi^ 
gnuolo  (s.  luscinia  )  volg.  rossignòluj   il  beccafico  (s.  Iìorten« 


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56  CAGLURI 

sis  ) ,  la  capinera-nera  (s.  melanocephala  )  volg.    cori" 

ca-e-moru,  la (  s.  provincialis  )  volg.  topide-matta  ^  il 

pettirosso  (  s.  rubecula  )  volg.  grisù-  o  barbarubia ,  il  codirosso 

(  s.  phoenicorus  )  volg.  coarubia ,  il  codirosso (  s.  tì- 

tb js  )  volg.    coa-^e-fogu ,  la (  s.  sarda  )  descritta  dal- 

Tauzilodato  Cavaliere  e  detta  volg.    topi-^de-matta  ^  la 

(  s.  conspicillata  )  descritta  dallo  stesso,  e  con  egual  nome  volg. 
detta  y  il  beccafico  canapino  (  s.  hìppolais  )  volg.  topi^de-matta , 

il  beccomoschino  (  s.  cisticola  ) ,  il  fiorrancino  (  s.  re- 

gulus  )  volg.  topi'dè-maita ,  il  re  di  macchia  (  s.  troglodytes  ) 
volg.  idem.  Del  genere  delle  sassicde ,  il  cordibianco  (  saxi- 
cola    cenante  )    volg.   culu-biancu  ^   la  stapazzina  (  s.  -  stapazi- 

na  ) ,  e  altre  due ,  la (  s.  rubetra  )  e  la  ... . 

(  s.  rubicela  ).   Degli  accentori ,    la  stipaiuola  (  accentor  modu- 

laris  )  ed  il (a.  montanellus  ).  Delle  montacille ,  o  cu- 

trettole,  la (  motacilla  lugubris  )  voì^.coetta,  la  bal- 
lerina bianca  (  m.  alba  )  volg.  coetta-bianca ,  la  ballerina  gialla 

(  m.  boarula  )  volg.  coetla-groga,    la (  m.  citreola  ).... 

Delle  spioncelle,    il (  antlius    aquaticus  ) ,  il 

pispolone  (a.  arboreus)  volg.^Jin/À/TO/w'.  Tra  li  granivori  nel  g, 
delle  lodole,  la  calandra  (alauda  calandra  )  yo\g. calandria^  lalo- 
dola cappellaccia  (a.  cristata]  volg.  calandria^  la  lodola  panterana 
(a.  arvensis]  volg.  calandria^  la  lodola  mattolina  (a.  arborea  ]  volg. 
pispànti ,  il  lodolino  (  a.  brachidactyla  )  volg.  laccaièrra.  Nel  g. 
delle  cinciallegre  o  perrizzeccie ,  e  particolarmente  dei  silvicoli,  la 
cinciallegra  capinera  (parus  major)  volg.  ogu-de-bòi^  la  perlonza 
piccola  (p.  coeruleus)  volg.  .  .  .  ,  la  cincia  coromagnola  (p.  ater) 

volg Nel  g.  delle  zie  ,  tra  le  propriamente  dette  ,   il 

DOttolano  (  einberlza  melanocepbala  )  volg ,    lo   zigolo 

giallo    (e.  citrinella)  volg ,  lo  strilozzo  (e.  miliaria) 

volg.  orgidlij  l'ortolano  (e.  hortolana)  volg ,  lo  zigolo 

comune  (e.  cirlus)  volg Nel  g.  dei  fringuelli',    tra     i 

laticoni ,     il   frosone     (fringilla     coccotbraustes)    volg.    pizzu^ 

grussu  ^  il  verdone  (f.  chloris)  volg.  verdaròlu  ^  il (f. 

faispaniolensis)  volg.  cruadèu  j  il  crespolino  (f.  serinus)  volg. 
canariii'burdu ,  il  fringuello  di  monte  (f.  montifringilla  )  volg.  .  . ., 
la  passera  lagia  (f.  petronia)  volg.  cruculèu  de  monti ,  il  mon- 
tanello (  f .  cannabina)  volg.  passaredduj  il  cardellino  (f.  car- 
duelis)  volg.  cardanera.  Nel  g.    dei    cuculi,    il  cuculo  (cucu« 


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CAGLIARI  57 

lus  canoi-us)  volg.  cucii.  Nel  g.  dei  picchi  o  piconzi,  il  picchio 

gallinaccio    (picus   viridis)    volg ,    il    picchio  maggiore 

(p.  major  )  volg.    hiccalinna ,    il   picchio  piccolo  (  p.    minor  ) 

volg Nel  g.  dei  torcicolli ,  il  torcicollo    (  iunx  torquilla  ) 

volg Nel  g.  degli  abbriccagnoli ,  il  rampichino  (certhia 

familiaris  )  volg Nel  g.  delle  ticodrome ,  il  picchio  mu- 

raiuolo  (tycodroma  phoenicoptera  )  volg.  topi  de  muru.  Nel 
g.  delle  upupe  ,  la  puppola  (upupa  epops)  volg.  pupìtsa.  Nel 
g.  delle  meropi,  la  merope  (merops  apiaster)  volg.  marragàu. 
Nel  g.  degli  alcioni  ,  l'uccello  di  s.  maria  (alcedo-  hisplda) 
volg.  pillòni  de  santu-perdu.  Nel  g.  delle  rondini,  la  rondine 
(hirundo  rustica)  volg.  rundlni  ,  o  pulhni  de  santa  lidia ^  il 
balestrino  (h.  urbica^  volg.  idem ,  la  rondine  montana  (  h. 
rupestris)  volg.  rundird  (fé  monti.  Nel  g.  de^cipseli,  il  ron- 
done  (cypselus    alpinus)  volg.   varziìoni  y  e  altro (e. 

murarius)  volg.  varzìa»  Nel  g.  dei  caprimulghi  ,  il  succiaca- 
pre (caprimulgus  europaeus)  volg.  succiaerabas  .altrimenti 
diego  della  notte  ,  il  nottolone  ('e.  ruficoUis)  volg.  idem.  Nel 
g.  dei  colombi  il  colombaccio  (  columba  palumbes)  volg.  co- 
lumbù  agrestUy  la  colombella  (e.  oenas)  volg.  tidòni^  il  pic- 
cione terraiuolo  (e.  Hvia)  volg.  succella  ,  la  tortora  (e.  tur- 
tur)  volg.  tùriuri.  Nel  g.  delle  pernici ,  la  pernice  (  perdix 
petrosa)  volg.  perdi\i  ^  la  quaglia  (p.  coturnix)  volg.  t/uaglia 
o  cìrcuri,  li  g.  dei  fagiani  o  manca ,  o  non  si  è  ancora  ri- 
conosciuto. Nel  g.  delle  clareole,  la  pernice  di  mare  (clareola 
torquata)  volg.  perdici  de  mari.  Nel  g.  delle  otarde  ,  la  gal- 
lina prataiuola  (  otis  tetrax  )  volg.  pìdrayu ,  da  alcuni  stimato  il 
fagiano.  Nel  g.  degli  edinnemi,  e  tra  le  gralle  a  tre  dita  l'oc- 
chione (  oedicnemus»  crepitans  )  volg.  pudda  mèdia.  Nel  g. 
delle  calidri ,  la  calidra  (  calidris  arenaria  )  volg.  zurruliu.  Nel 
g.  dei  cavalier  grandi ,    il  cavalier    d' italia  (  hymantopus  mela- 

nopterus  )  volg Nel  g.  degli   ematopi  (  haematopus  ostre- 

legus)  volg Nel  g.  dei  pivieri,    il   pivier  dorato  (cha- 

radrius  pluviatilis)  volg.  culingiòni  de  terra ,  il  piviere  tortolinò 
(  e.  molinellus  )  volg.    zurruliu    o    conch^e-molenti.  Nel  g.    dei 

vanelli  ,    la  pivieressa  (  vanellus  melanogaster)  volg ,  la 

pavoncella  (vanellus  cristatus)  volg.  lèpuri  de    argiòla.  Nel  g.« 
delle  grui,    la    grue  comune  (grus  cinerea)  volg.  grìd.    Nel  g. 
delie  cicogaee,   la  cicogna  bianca  (ciconia  alba)  volg.  cicogna 


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58  CAGLIARI 

bianca,  la  cicogna  oera  (e.  nigra  )  volg.  cicogna  nicdda.  Ke) 
g,  delle  ardee,  l'airone  (a rdea  cinerea)  volg.  meiiga,  la  sgarza 
ranocchiaia  (a.  purpurea)  Tolg.  idem  ^  la  sgarza  bianca  (a. 
egretta  )  volg.  menga  bianca ,  la  sgarzetta  (  a.  garzeta  )  volg. 
mengfu]edda  bianca j  la  sgarza  nitticora  (a.  nycticorax)  volg...., 
il  tarabuso  (a.  stellaris  )  volg.  caboni  de  canna  ^  la  sgarza 
ciuffetto  (a.  ralloides)  volg.  menghi\edda  groga  ^  la  canaaiuola 
(a.  minuta)  volg.  menghi\edda.  Nel  g.  dei  fenicotteri,  il  fe- 
nicottero (  phoenicopterus  ruber)  volg.  mangòni.  Nel  g.  delle 
avocette  ,  la  monachina  (  recurvirostra  avoceta  )  volg.  paisdnu. 
Mei  g.  delle  spatole ,  il  becco-spatola  (platalea  leucorodia) 
volg.  gragalla.  Nel  g.  degli  ibi  o  chiurli  ,  il  chiurlo  marino 
(ibis  falcinellus)  volg.  tardnu.  Nel  g.  dei  curii-chiurli,  il 
chiurlo  maggior*  (numenius  arcuata)  volg.  atruliu  ^  il  chiur-< 
lotto  (n.  phaeupus)  volg.  idem.  Nel  g.  delle  tringe  ,  tra  le 
proprìamente  cosi  dette,  iipiovanello  (tringa  subarciiata)  volgi. 
beccaccìnu  de  nu^i ,  il  piovanello  .  .  •  .  (  t.  variabilis  )  volg% 
idem  ,  altro  .  •  .  .  (  t.  platyrincha  )  volg.  idem  y  la  tringa  vio- 
letta (t  maritima)  volg.  idem;  tra  le  tringhe  spilorzi,  il  gam- 
becchio (  t.  minuta)  volg.  beccaccUlu  de  mari  ,  il  malbecchia 
(t.  cinerea)  volg.  idem;  tra  quelle  d'altra  distinzione,  la  gam- 
betta vera  (t.  pugnax)  volg.  idem.  Nel  g.  dei  totani,  la  gam- 
betta scherzosa  (totanus  fuscus)  volg.  zurndiottUj  la  gambetta 
di  gambe  rosse  (t.  calidris)  volg.  zurrulìu  peis  ràbius  j  T  al- 
bastrella  (t  stagnatilis)  volg.  zurrulìu,  il  culbianco  (t.  ochro-^ 
pus)  volg.  idem  ,  il  piovanello  dei  boschi  (t.  clareola)  volg. 
idem,  il  piro-piro  (t.  hypoleucos)  volg.  idem;    e    tra  quei  di 

becco  rialzato  ,  il (t.  glottis)  volg.  zurruViu.    Nel  g. 

delle  pantane,  il  gambettone  (limosa  m«lanura)  volg.  beccac-- 
cìnu,  la  pantana  pittima  (1.  rufa)  volg.  idem.  Nel  g.  beccac-^ 
cia-beccazza  tra  quelle  che  hanno  il  ginocchio  piumato ,  la 
beccaccia  ordinaria  (sclopax  rusticola)  volg.  beccaccia  o  ca- 
boni de  murdegu  \  e  tra  quelle  che  hanno  nude  le  ginocchie , 
il  croccolone  (s.  major)  volg.  beccaccinu  imperiali,  il  beccac- 
cino reale  (s.  gallinago)  volg.  beccaccinu  reali,  il  frullino  (s. 
gallinula)  volg.  beccaccinu.  Nel  g.  dei  ralli  o  gallinelle  palu- 
stri, la  merla  acquatica  (rallus  aquaticus)  volg.  puddijcdda 
de  acqua.  Nel  g.  delle  gallinole  tra  quelle  che  mancan  di  plac- 
ca ,  il  re  di  quaglie  (  gallinula  gres  )    volg.  rei  deis  quaglias  ^ 


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CAGMARI  59 

^  Altro  (g.  poraana)  volg.  puddiykddA  de  acqua  \  e  tra  }« 
placcale,  la  sciabica  (g.  chipropus)  yolg.  caboniscn  de  acqua» 
Nel  g.  pordrio  ,  il  pollo  sultano  (  porphjrlo  liyanciotliioiu  ) 
yolg.  puddòni.  Nel  g.  delle  folaghe  ,  la  folaga  (  fuUca  atra  ) 
yolg.  pidiga^  Nel  g«  4ei  coUmbi ,  il  toffolo  (  podiceps  crìsta-* 
tus)  Tolg.  gangorra^  l'astrologa  (p*  nibricollis)  volg.  cazzòlu^ 
il  tuffetto  (  p.  auritus  )  yolg.  cazzòlu  j  il  tuffetto  piccolo  (  p> 
minor)  volg.  acca  kussonì.  Nel  g.  delle  sterne  |  la  veccapesci 
(  sterna  cantiaca  )  volg.  caìtta,  altra  ...*($.  dougaUi)  volg* 
idem,  ranima-di-sbirro  fjs,  hinipdo^  volg.  idem ^  raBÌoia-<li- 
sbirro  bianca  C»^  leucoptera)  volg.  caijèdda ,  il  migoattino  (a. 

minuta  )  yolg.  idem^  altra (s.  A)gra>^  Tolg.  idem.  N^ 

pare  mancbino  i  Caloropi.  Nel  §.  dei  gabbiani  ,  9  tra  i  co$l 
detti  propriamente ,  il  gabbiano  grosso  (  larus  ^f  ucus^  volg. 
cali,  il  gabbiano  reale  (\.  argentatus  )  volg.  càu,  altro  gab^^ 
biano  reale  (1.  fuscus)  volg.  gavin^f^;  tra  le  movie,  il  gabbiano 
capinero  (L  melapocepha^us  )  volg,  idem ,  il  gabbiano  ridente 
(1.  ridibundus^  volg.  idctfiy  il  gabbianello  {L  minutusj  volg. 
cai\èdda.  Nel  g.  delle  propellarie,  T  uccello  di  tenapesta  ^proi- 
cellarìa  glacialis)  yolg.  giaiìrru  ,  altro  ...  (p.  puffinus^  volg. 
idemj  altro  •  .^  •  (p-  pelagica)  yolg.  idem,  altra  •  •  •  (p.  lea^ii } 

volg Nel  g.  delle    anitre ,  tra  le  oche,  l'oca  selvatica 

(  anas  ansar  ferus  )  yolg.  aca  selvatica  ;  tra  i  cigni ,  il  cigno 
^a.  cyenus  )  volg.  sìsiai  \  tra  le  anitre  proprian^ente  dette  9 
Tafiitra  broqta  (a*  t^idorna^/  volg. 4ZJtà£U-éray  U  germano  reale 
^a.  boscbas^  ^olg.  anodi  conca-birdij  il  cannapiglia  fa«  stre* 
pera  )  volg.  trigàli  ,  il  codone  C  a.  acuta  )  volg.  àgu  ,  l' ani^ 
tra  bibbio  {&•  penelope)  volg.  cabu-arrossu  ^  l'alzavola  (a. 
querquetola)  Yoìg.  cìrcuredda  de  ispagna,  T  anitra  n>arzaìuoU 
(  a.  graeca  )  volg.  circuredda  ,  \  anitra  di  /  barberia  (  a.  leu- 
cocephala  )  volg.  tililiQodfi ,  il  fìstione  del  ciuffo  (  a.  rufina^ 
yolg.  bùsciuy  il  moriglione  (a.  fenna)  yolg*   idem^  la  moretta 

(  a.  fuligula  )    volg.  rdeddiiznu  ,  altra ^  a.  cljpeata  J 

volg l'anitra   domenicana  (a.  clangtela ^  volg.  anàdU 

Nel  g.  degli  smerghi ,   il    seghettone  (  mergus   serrator  )  volg. 

scoccaletut ,  il  pesciaiuolo  f  m.  albellas  )  volg Nel    g. 

dei  pellicani ,  il  pellicano  (  pelecanus  onocrotalus^  volg.  pelli" 
càmi.  Nel  g.  dei  cormorani ,  il  corno  marino  (  carbo  rormo- 
rannsj  yól^,  crobu  angiùddàrgiu  ^  altro  •  .  .  ("  e.  graculus}  volg* 


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6o  CAGLURI 

idem  y  altro Cc>  crìstatuis  )   volg.  idem  j    il  cormorano 

pimmeo  (  e.  pjgmaeus  )  volg.  idem ,  il  cormorano  (  e.  africa- 
nus  )  volg.  idem  ,  altra  specie  stimata  nuova  dal  stg.  Gaetano 
Cara,    e  nominata  carbo    leucogaster  (i)  volg.   idem.    Nel  g. 

dei  colimbi ,  il  colimbo  ^colimbus  septentrionalis  ^  volg 

Nel  g.  dei  pinguini,  il  pinguino  minore  (alca  torda)  volg.  ..  . 
ecc.  ecc. 

Caccia  dei  lordi  e  congeneri.  Si  fa  questa  nei  monti  di  le- 
vante e  ponente  in  molti  siti,  dei  quali  il  più  prossimo  a  Cagliari 
è  alle  rive  del  fìumicello  Ànciòva  nella  valle  di  s.  Girolamo. 
Gli  uccellatori  volg.  piUonadòris  ,  come  declina  l'autunno  che 
è  il  tempo  della  inunigrazionedei  tordi  nell'isola,  non  indu- 
giano a  portarsi  nelle  regioni ,  dove  si  conosce  esser  soliti  gli 
stormi  per  la  copia  delle  frutta  di  loro  gusto  ,  che  allora  ma- 
xturano  nella  mortella ,  nel  corbezzolo  ,  lentisco  ,  olivastro  ,  e 
ginepro.  Due  volte  al  giorno  in  sul  primo  mattino  ,  e  in  sulla 
sera  ,  non  mai  oltre  il  termine  d'una  mezz'ora  ,  si  può  atten- 
dere alle  insidie ,  quando  gli  uccelli  discendon  nell'aperto  delle 
lande  ,  e  quando  satolli  se  ne  rìtornano  nel  bosco.  E  siccome 
nel  loro  passaggio  costumano  per  un  sito  volar  quasi  radendo 
il  suolo ,  per  altro  alquanto  elevati  *,  co^i  secondo  che  uno  ha 

(i)  //  sig.  Cara  avendo  potuto  osservare  sette  individui  di 
questa  specie  ne  rilevava  i  seguenti  caratteri  —  Le  parti  su- 
periori y  testa  y  collo  y  groppone  d^un  bruno  leggiermente  tinto 
di  verdastrO'Cangiante*  Le  piume  delle  copritrici  alari,  e  del 
dorso  orlale  d'una  frangia  biancastra  e  lustra.  I  remigi 
neri,  e  di  pari  colore  la  coda  composta  di  dodici  penne  or^ 
late  di  bianco  sporco.  Le  parti  esteriori  delle  co  scie  brune. 
Nell'altre  parti  inferiori  del  corpo  v' è  bianchezza.  Del  becco 
la  parte  inferiore  gialliccia,  la  superiore  nerastra.  Gialleg^ 
giante  pure  la  piccola  borsa  gutturale  e  i  piedi.  Il  tarso  e  le 
parti  ififeriori  delle  dita  nere.  L'iride  bianca.  Dimensioni. 
Dal  becco  alla  estremità  della  coda  piedi  i ,  poU.  4  *>  '  tarso 
poli.  1  \  apertura  longitudinale  del  becco  poli.  3 ,  Un.  9.  Dei 
sette  descritti  uccelli  due  si  presero  addi  i5  aprile  i835,  gli 
altri  cinque  si  uccisero  nello  slagno  di  Cagliari  addi  20  giù- 
gna,  e  tutti  si  ritrovarono  similissimi.  Se  ne  vede  uno  nel 
museo  di  storia  naturale  di  Cagliari. 


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CAGLIARI  6i 

osservato ,  rUpettlvainente  alla  posizione  che  si  ha  scelto ,  d'i- 
versamente  si  governa  ^  ed  o  prepara  l'uccellaia  su  la  terra,  o 
sospende  un  palchetto  tra  li  pìàalU  rami  di  due  alberi  vicini. 
Tanto  però  nel  primo  modo ,  che  dicooo  tashrd ,  quanto  nel- 
l'altro che  si  nomina  cadalettu ,  deve  con  yettoni  e  frasche  for- 
marsi un  passaggio  largo  da  due  in  tre  metri  con  uscita  chia- 
ra ,  alla  quale  si  applica  la  rete  all'altezza  di  circa  4  metri , 
che  si  raddoppia  con  l'altra  sua  metà  che  appresa  nell'estre^ 
mità  ad  un  bastone  solleva  il  cacciatore  per  conchiudere  entro 
ambe  gli  uccelli  che  incauti  vi  imbattano.  La  luce  o  cresciuta 
a  perfetto  giorno ,  o  scemata  e  mancata  nella  notte ,  tornasi 
ciascuno  non  sempre  con  un  volto  ,  come  appaia  quello  della 
fortona  ,  con  le  reti  e  con  la  preda  alla  capanna.  Dove  con- 
corron  pronti  i  rigattieri ,  che  secondo  la  condizion  dei  tempi 
e  della  cacciagione  propongono  vai^^o  prezzo  per  ogni  tàccola  j 
che  cosi  chiamasi  una  filza  di  otto  uccelli  ,  con  sempre  usata 
certa  graduazione  per  li  spennati  e  bolliti.  A  conservare  i  pas- 
sati pel  fuoco  sino  all'ora  della  spedizione  al  mercato  è  solito 
di  conciarli  con  sale  nel  collo  e  basso  ventre  ,  e  dentro  una 
tinozza  mescolarli  e  seppelhrli  tra  le  foglie  della  mortella  ,  si 
veramente  che  badisi  a  ciò  ninna  mosca  possa  sedere  su  quei 
corpiceUi ,  però  che  ne  verrebbe  certa  la  corruzione  di  tutto  il 
vagello.  Dacché  si  può  intender  nato  il  nome  di  smurùdus,  che 
dassi  agli  uccelli  della  tàccola.  Il  tempo  della  caccia  dalla  fine 
d'autunno  si  prolunga  spesso  all'ultimo  inverno,  entro  il  quale 
spazio  può  una  rete  fruttare  anche  i  3o  scudi,  con  che  il  nu- 
mero degli  uccelli  si  calcolerebbe  di  circa  3ooo.  L'  oUo  della 
bollitura  è  cosi  pregiato  ,  che  sì  serba  per  un  regalo  distinto. 
Caccia  delle  folaghe  ,  e  d* altri  acquatici  nello  stagno  mag-- 
giore  di  Cagliari,  Egli  è  in  queste  acque  che  quelle  molte  specie 
di  uccelli  acquatici,  che  abbiamo  annoverate  nella  ornitologia  della 
provincia ,  o  vengono  a  svernare ,  o  abitano  fissamente.  I  feni- 
cotteri ricompariscono  sin  dal  settembre,  e  non  se  ne  partono  pri- 
ma della  buona  stagione.  Avendo  atteso  altrove  alla  propagazione 
portano  qui  i  novelU  parti ,  e  in  circa  ventidue  diverse  posi- 
sioni  distendono  le  loro  schiere.  Qualcuna  di  queste  consta  di 
più  di  dodici  mila  capi,  e  se  n'è  calcolata  in  quest'anno  ^i835) 
la  somma  a  poco  più  o  meno  aSoooo.  Volgon  essi  fra  l'acque 
il  lungo  collo,  e  sempre  frugano  a  mangiarsi  i  piccoli  crostac- 


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0%  CA6LURI 

ci)  le  cottèbigiiette  del  g.  rtssoìa,  ed  alcune  specie  bivalve  delle 
quali  ricorre  in  que^rie  stagioni  il  prdducimento.  ladugian  molto 
persisCeùdo  in  uuo  stesso  sito  ,  se  he  sentan  troppa  salsedine 
nelle  acque ,  né  i  cacciatori  troppo  si  avvicinino.  Levansi  al- 
lora »  ed  o  tendon  col  volo  all'acque  dolci ,  o  a  sottrarsi  dalle 
insidie  in  posizioni  non  tnohe  lontane  j  pochi  eccettuati  y  che 
più  tifnidi  fuggono  ttgli  stagni  o  di  Quarto  o  di  Sanlurl.  Non 
cosi  i  fìstioni  del  ciuffo  ,  cbé  molto  amanti  dell'acque  dolci 
usano  à  ricercarne  é  Hetnpir<é  le  borsette,  dirigersi  giomal- 
mente  in  humerosissimi  stormi  in  vane  parti.  Questi  pasconsi 
delle  tuberose  radici  della  piadta  acquatica  ^  che  volgarmente 
si  nomina  ruargiu  :  altre  specie  mangiano  altre  erbe;  le  rima-^ 
nenti  dan  caccia  ai  pesci  y  tra  le  quali  voracissime  sono  cono-» 
sciute  Taquile  ed  i  cormorani.  È  veramente  in  giorni  sereni  uno 
spettacolo  magnifico  aggirarsi  su  per  queste  acque,  vedere  ife^ 
nicotteri  spiegar  le  grandi  loro  linee  o  aggre^rsi  in  quadrati 
o  in  triangoli  ;  le  volteggianti  turme  dei  cigni ,  dei  codoni ,  delle 
morette  ,  e  dì  altre  specie  di  anitre ,  di  gabbiani ,  di  procella-^ 
rie ,  steme  ,  colimbi ,  totani  ecc.^  il  Volo  insidioso  dei  corvi  an^ 
guillatorì  y  dell'aquila  ecc.  vaganti  in  tutte  parti  per  esplora- 
zione quando  con  la  rapidità  del  balenò  piombano  e  si  tuffano 
e  ne  traggon  fra  gli  artigli  la  preda  ,  e  quando  ,  come  snoie 
l'aquila,  sur  un  palo  si  posa  a  sbranarla.  Chi  voglia  far  guerra 
a  queste  o  ad  altre  specie  ìiA-  ben  in  che  esercitarsi  per  tutte 
Tore  e  non  manca  di  fortuna  ,  se  non  sia  che  prenda  di  mira 
gli  aironi.  Ma  comecché  troppo  difScil  cosa  sia  poterli  cogliere, 
non  pertanto  assai  spesso  si  assaliscono  ,  siccome  quelli  che  si 
amano  per  le  carni  che  sono  saporitissime,  per  la  peluria  che 
giova  nelle  emorragie  da  ferite,  e  per  l'olio  di  una  virtù  molto 
predicata  contro  i  reumatici.  Non  é  mai  che  manchino  tutte  le 
specie  però  che  restano  sempre  1'  aquile  ,  e  nidificano  in  siti 
secreti  a  fior  d'acqua;  restau  pure  alcune  folaghe ,  che  depon- 
gon  le  uova  tra  le  canne  ;  né  parton  i  cormorani  eco.  Però  la 
caccia  principale  che  facciasi  in  questo  stagno  è  delle  folaghe. 
Certa  classe  di  pescatori  suole  in  essa  occuparsi  dai  primi  d' ot- 
tobre Alta  fine  del  carnevale  ,  onde  in  tal  tempo  sono  cogno- 
minati paradòris  dalla  preparazion  delle  insidie.  Conosduto  da 
certi  indizi  dove  nella  notte  usi  questa  specie  posare  ,  trava- 
gliano a  formarvi  d'alche  e  fanghi  un  letto  alquanto  sodo  sino 


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al  livello,  e  da  pali  ben  fissi  lendon  cosi  da  ima  e  da  altra 
banda  del  costrutto  fondo  le  reti ,  cbe  ad  un  colpo  ^  l'uoa  e 
i'altra  vengaDO  a  chiudersi  sul  medesimo  e  stringervi  quanti 
uccelli  vi  si  trovino.  Tornano  in  sul  decVinarc  della  notte ,  e 
se  ascoltino  il  loro  pispìgtiamento  tosto  vibran  le  reti  ^  e  ac« 
cade  spesso  che  ne  prendano  più  centinaie. 

Apicultura.    Più  che  altrove  gli  é  nei  paesi  della  montagna 
dove  questo  nobile  insetto  coltivasi  dai  pastori.    Come  in  altre 
cosi  in  questa  provincia  si  conosce  il  lliiele  amaro  ,    e   trovasi 
in  istrad  or  più  or  meno  atti  secondo  che  più  o  meno  sia  du- 
rata la  fioritura  del  corbezzolo,  odel  cistio  ^ commessi  stimano) 
sopra  e  sotto  gli  altri  che  furon  lavorati  in  altro  tempo ,  e  che 
hanno  le  cellette  piene  d'un  liquore  aureo  e  dolcissimo.    Non 
si  provvede  in  modo  alcuno  alle  api ,  e  però  quando  per  sic- 
cità mancano  l'erbe  e  i  fiori  ,  conseguita  gran  mortalità  negli 
alveari.  Nell'anno    scorso  (i834)   perirono  quattro  quinti  degli 
sciami ,  e  non  ne  sopravvissero  che  circa  diecimila  famiglie.  11 
bellissimo  vespiero  (su  marragàu)  le  insegue  con  una  crudelis- 
sima guerra  principalmente  nelle  terre  di  Segarlo.  Alcuni  ma- 
lefici Io  gittan  morto  fra  le  arnie,  e  le  possono  disertare.  Con- 
giurano anch'esse  nello  spopolamento  degli  alveari    le  pie   ci- 
cogne j  quando  non  possan  far  caccia  di  rettili.  L'alveare  suol 
essere  di  corteccia  di  sovero  congiunto  in  una  informe    figura 
cUindrica  con   alcune  verghette    incrociate  ,  ponesi    sopra    un 
mattone ,  o  altra  lastra  ,  e  copresi  con  una  buona  difesa.  Non 
si  cangiano  mai  di  posto  per  diversità  di  stagioni  ,   e   solo  di 
provvede  a  che  il  loro  sito  non  sia  battuto  troppo    dai  venti. 
Alla  pochissima  cura  rispond)e  la  quantità  del  frutto ,  di  ma- 
niera che  cagioni  stupore  come  in  un  clima   cosi  accomodato 
a  questa  coltivazione ,  sia  non  pertanto  esiguissima  la  copia  del 
miele  e  della  cera.  Converrebbe  riformare  le  arnie  ,  e  imitare 
le  forme  di  quello  che  imaginavasi  dall'inglese  Nutt  ,   insieme 
però  praticare  i  suoi  metodi ,  e  studiare  sul   sistema   d'educa^- 
sione.    Stimerei  che   il  profitto   sarebbe  in  questa  terra    assai 
maggiore  di  quello  che  ei  ci  narra  aver  percevuto   sotto   cielo 
men  propizio. 

*  Ittiologia.  Forse  che  in  altri  paraggi  delle  coste  europee  , 
come  nei  mari  della  Sardegna  ,  e  specialmente  alla  parte  me- 
ridionale ,  non  frequentano  in  ischiere  più  numerose  più  gene- 


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64  CAGLIARI 

razioni  dì  pesci.  Sarà  pregio  dell'  opera  se  io  qui  proferisca  ai 
lettori  un  indice  delle  più  conosciute  specie.  Quando  qualche 
nazionale  pieno  d'amore  per  la  storia  naturale  vorrà  applicarsi 
a  questa  parte  ,  stimo  che  grande  incremento  ei  potrà  cagio- 
nare alla  Ittiologia  europea.  È  ignota  la  terra  sarda ,  ed  è  nien 
noto  il  suo  mare. 

Della  famiglia  dei  delfini  salta  in  questi  mari  il  vero  delfino 
dei  greci  (delphinus  dclphis).  Vi  comparisce  anche  il  soffiatore 
(  d.  tursio  ) ,  il  delfino  capidoglio  (  d.  senedctta  )  -  Tra  le  fo- 
che ,  il  vitello  di  mare  (  phoca  vitulina^  volgarmente  vitella^ 
o  boi  marinu  ,  qualche  vacca  (  trichechus  rosmarus^  v.  vacca 
marina ,  la  foca  del  cappuccio  (  ph.  monacus  )  e  la  piccola  foca 
nera  (  ph.  pusilla  ). 

Nella  gran  famiglia  dei  pesci  noteremo  lo  storione  (acipen- 
ser  Blax'ìo  )  ^  la  sai-dina  (  clupea  sprattusy^  frequentissima  nel 
mare  sardo,  le  acciughe  (^clup.  encrosicolus )  che  vegnenti  dal- 
l'Atlantico a  grandi  sciami  prendonsi  e  si  salano  come  si  pra- 
tica delle  sardine.  -  Tra  le  cheppie  la  vera  (  ci.  aiosa  )  volg. 
sabota.  -  Alcune  specie  di  trote.  -  Tra  gli  sgombri,  il  tonno 
(thynnus  scomber  )  v.  fonm'na,  la  palamita  (s.  pelamis),  l' ala- 
lunga  (s.  alalunga  ),  il  macareUo  (  s.  scombrus  ),  Io  sgombro 
biscia  (  s.  glaucus  ).  -  Tra  i  gadi  ,  il  luccio  di  mare  (  gadus 
merlucius  )  v.  merluzzu ,  il  gado  blennio  (  g.  blennius  ) ,  il  ca- 
pellauo  o  mollo  (  g.  minutus  )  v.  mustia  ,  l' asello  pollacco 
(  g.  poUachius  )  ,  il  gado  verde  (  g.  virens  )  ,  il  nasello  bianco 
C  g.  merlanus  ) ,  il  gado  donnola  (  g.  mustela  )  v.  pisci  moni. 
-  Della  famiglia  degli  spari ,  la  dorata  (  sparus  aurata  )  v.  ca^ 
nina  ,  lo  sparago  (  s.  annularis  )  ,  lo  sparo-sargo  (  s.  sargus  ) 
V.  sàrigu  y  Io  sparo  dal  muso  appuntato  simile  allo  sparo-sargo 
(  S.  puntatus^  V.  feriara ,  lo  sparo  occhiatello  (s,  melanurus  ) , 
lo  sparo  piccarello  (  s.  smaris  )  v. .  giarreltu  ,  Io  sparo  pagello 
o  francotino  fs.  erjthrinus  )  v.  pagellu  ,  Io  sparo  meiidola 
(  s.  moena  )  v.  ciàccarra ,  lo  sparo  occhio  di  bue  (  s.  boops  ) 
V.  boga.  Io  sparo  canteno  (s.  cantharus)  y.  tanmida,  lo  sparo 
castagnola  (  s.  castancola  )  ,  lo  sparo  bogaraveo  (s.  boga- 
raveo  )  ,  Io  sparo  mormìllo  o  niormiro  (s.  mormyrus  }  v. 
mormungiorii  ,  Io  sparo  marrone  (  s.  chromis  )  v.  orbàra^  lo 
sparo  di  color  di  piombo  (  s.  livens  ) ,  il  vargadello  o  sarpe 
(  s,  salpai  v.  sarpa y  lo  sparo  tricuspide  (  s.  osbeki),  lo  sparo 


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CAGLURI  65 

dentice,  il  re  della  (amiglia,  più  che  altrove  frequentissimo  in 
questi  mari  ,  ma  pochi  sorpassano  le  3o  libbre  (  s.  dentex  ) 
T.  ^lenttjì,  finalmente  lo  sparo  cetti  (  s.  cettì  )  specie  novella.  - 
Della  Camiglìa  degli  squali,  il  cane  o  lupo  di  mare  ^squalus 
carcharìus  )  v.  canir-marinu  ,  il  can-di-mare  dal  naso  lungo 
^s.  cornubìcus  )  v.  cani-marinu-nasoni  y  il  can-di-mare  azzurro 
(s.  glaocus)  y.  caìU-marinu^iisàluy  il  pesce  gatto  (s.  catulus) 
T.  gaUu  de  marij  il  can-di-mare  di  rupe  (  s.  stellarìs),  il  can- 
di-mare  donnola  (  s.  mustelus  )  v.  mussola ,  il  can-di-mare  stel- 
lato (  s.  asterìas),  il  fiburo  ^s.  fiburus)  v*  piscirpalittayH  rnsLt» 
teUo  (s.  zigaena),  la  lamiola  (s.  galeos)  v.  canuzzu,  il  pesce 
spinello  (s.  canthias)  v.  agugUa,  il  pesce  porco  (s.  centrina) 
T.  btmardinu  y  il  can-di-mare  dallo  sprone  (  s.  spinax  J  v. 
cani  con  sproni ,  il  pesce  sega  o  istrice  di  mare  (  s.  pristis  ) 
▼.  spada  de  mariy  lo  squadro  fs,  squatina  )  y.  pisci  angiubi. 
-  Della  famiglia  dei  pleuronetti ,  o  pesci  piani ,  la  lima  (  pleu- 
Tonedes  limanda  )  v.  pìsci  lima ,  la  sogliola  (  p.  solca  )  v.  50- 
giioia  y  il  passero  (  p.  platessa  )  v.  palaia  y  la  limanda  dalla 
scaglia  (  p.  pegusa  ) ,  il  rombo  scatto  (  p.  rombus  )  -  Della  fa- 
mìglia dei  labri,  il  labro  topo  (labrusmelops),  il  labro  merlo 
(1«  menila),  il  labro  trimacolato  (1.  trimaculatus )  v.  arrocaliy 
il  labro  a  due  macchie  (  1.  bimaculatus  )  .y.  arrecali ,  il 
labro  dalle  labbra  increspate  (1.  ossiphagus),  il  labro  dal 
dorso  violetto  (1.  tessellatus),  il  labro  cappa  (  sciena  cappa  ) , 
il  labro  dalla  macchia  bruna  (  sciena  unimaculata  ) ,  il  labro 
mosca  (  1.  operculatus  )  ,  il  labro  pavone  (  1.  pavo  )  y.  ma- 
ré^nUUy  il  labro  cìnerino  (1.  griseus),  il  labro  azzurro  e  giallo 
(1.  mixtus) ,  la  donzella  (1.  iulis  )  ,  il  labro  gallo  (1.  psit- 
tacns  ),  il  tordo  di  mare  (  1.  turdus  ),  il  labro  ciuedo  (  1.  cy- 
naedus  )  v.  arrecali  ,  il  labro  dai  denti  (1.  scarus) ,  il  labro 
di  creta  (  1.  cretensis  ) ,  il  labro  a  rete  (  1.  venosus  ) ,  il  la- 
bro macchiato  in  bianco  (  L  guttatùs  ) ,  il  labro  olivastro  (1. 
olivaceus  ),  il  labro  d'una  macchia  sola  (1.  unimaculatus  ) ,  il 
labro  adriatico  (1.  adriaticus)  -  Della  famiglia  dei  pesci  di 
quattro  denti  mostrasi  talvolta  in  queste  coste  il  pesce  tamburo 
(  tetraodon  morsa  )  ,  il  pesce  luna ,  mola  ,  e  pe^ce  argento 
(  tetr.  mola  ),  il  riccio  di  mare  bianco  (lagpceph^us),  il  riondo 
(  lag.  lineatus  )  v.  pisci-sirborU  y  la  luna  nuov^  (  tetraodon 
ocellattts  ),  il  flacspsaro  (tetr.  hispidus)  yr»  pisci^olombu.  -  Tra 
Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  111.  5 


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GQ  CAGLIARI 

le  rane  la  nzza  eineriiia  (  raja  balis  )  v.  zinUia ,  3  giìtOfQ  , 
rann  dal  becco  appuatató  (  r.  oxjrhincus  )  ^  la  razza  del  dorso 
a  punte  di  cordo  (  r.  fuUonica),  la  razza  a  spine  (x*  rubus)^ 
la  razza  elettrica  o  torpiglìa  (  r.  torpedo  )  ,  la  razza  aquila  , 
&lcoa  di  mare  ,  o  pesce  rospo  (  r.  a<piila  )  y.  aquiloni ,  la 
razza  ricciuta  (  r.  davata  ) ,  la  razza  bruco  o  pesce  topo  (  r. 
pastinaca  )  v.  ferraiAa  o  scritta  ,  lo  squadrolino  (  r.  rUxaba- 
tos),  la  rasza  occhiata  (  r.  miraletus  ),  la  razza  nera  (  r.  ni^ 
gra  ) ,  la  razza  di  gierna  ...  -  Tra  i  ragni  (  tiachinus  )  il 
drago  di  mare  ,  v.  atonia^  il  ragno  grigio  cinerìno,  il  bianee 
(  t.  osbeki  ).  -  Tra  le  corifene  (  corjphena  ) ,  V  orata  (  e.  hip* 
purus),  ilpjesce  pettine  (  e.  novacula)  y.  pisci  resoia ,  la  lam- 
puga (  e.  pumilus  )  -  Tra  i  gobbi  (  gobius)  Io  lolero  (  g«  ni- 
gér  )  y  il  chiozzo  bianco  (  g«  iozo)  v.  maccioni  ^  U  cbiozzino 
(  g.  minutus  )  ,  il  gobbio  rosso  (  g.  cruentus  ) ,  il  gobbio  nere 
e  bruno  (  g.  bicolor  )  ,  il  pignoktto  (  g.  «phja  )  ,  il  paganello 
(  g.  paganellus  )  -  IXelia  famiglia  delle  triglie  (  mullus  )  la  tri* 
glia  dalla  barba  (  m.  barbatus  )  v.  triglia  òarbada ,  la  triglia 
barbio  (  ra.  surmuletus  ) ,  la  triglia  senza  barba  (m.  imberbìs) 
V.  trigKola ,  la  trìglia  saltatrice  (  trigla  Tolitans  ) ,  la  rondinella 
di  mare  (  t.  kirundo  )  v.  pisci  caponi ,  la  triglia  broBloloaa 
(  t.  gurnardus  )  ,  il  nibbio  di  mare  (  t.  lucerna  )  y.  pisci  lan^ 
terna  ,  la  triglia  lira  (  t.  lyra  )  ,  la  stoyiza  (  t.  adriatica  ) ,  la 
trigha  cabrigia  (  t;  cuculus)  y.  organu,  ->  La  lampreda  di 
mare  (petromjzon  marinus)  -  La  persica  di  mare  X  perca  ma^ 
rina  )  y.  persica  ,  la  bella  persica  (  p.  cabrilla  )  y.  pi4ci  grogu* 
rtèkim-asHiu  ,  il  pesce  lupo  o  ragno  (  p.  punctata  )  y.  lupu  , 
iupazzH^  ^  La  gagnola  dalla  tromba  (sjDgnathus  tjpte),  il  pesce 
ago  (  8.  acus  )  v.  agiiglia  ,  il  cavai  marinu  (  s.  hippocampius  ) 
T.  cuctddu  de  mari  ^  il  serpente  di  mare  (  s.  opfaidion)  v.  ser^ 
penta  marinu  ,  la  gagnola  verde  ,  rossastra  ,  a  strisce  ,  il  pap- 
paccino.  -  Delle  remore  ,  la  pìccola  (  echneis  naucrates).  -  La 
spinarola  ( gasterosteus  )  ,  la  mezzana  (poli.  3).  -  La  murena 
angtùlla  o  yera  anguilla  y.  anguidda  ,  il  grongo  (m.  cooger) 
T.  grongu  j  la  murena  di  Plinio  (  murenaphis  helena)  v.  mu^ 
rena  y  la  niu^enà  dal  roslio  aeuto  ^m.  myras  ),  il  serpente  di 
fnafe  macchiato  {ih,  orphis),  il  gran  serpente  snatìno  ^m. 
serpcns)  y.  serpenti  mannu  ,  ranguilla  ^lettiica  (  m«  gjnao- 
tos }  y  FangQi)k(  dì  sabbia  (  m.  ammodites  )  y.  wingoni*  ^  1  mo^- 


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CAGLIARI  67 

ginì  sono  numerosissimi,  in  sei  dÌTerse  specie  ,  e  popolano  il 
grande  stagno.  Vedi  in  seguito  §.  Pesca  dello  stagno.  -  L'ate^ 
rioa  anguilla  (  atberina  hepsetus  )  t.  guenaru.  -  L'argentina 
/^argentina  spfayrene  )  v.  argentina.  -  La  veccbierella  (balistes 
yetula  )  - .  Dei  blenni ,  il  blennio  gattoruggine  (  blennius  gatto- 
rugina  )  ^  la  lepre  di  mare  (  b.  lepus  )  v.  lèpuri  de  mari  ,  la 
tinca  (b.  pbycis  )  v.  pisci-mola ,  il  blennio*  gado  (b.  albidus), 
il  mesoro  (  b,  cellaris  )  v.  pisciaUlta  giudea ,  il  pavon  di  ma- 
re, il  blennio  stellato,  il  blennio  argentino,  il  ranocchio  di  mare 
(b.  raniniis)  v.  arrana  de  mari,  il  blennio  foVa  pietre  (b.  pbolis), 
il  galeretto  (b.  galerita)  v.  piscialetta  a  chighirista,  il  blennio 
gramite  (  gadus  callarius  ).  -  U  pesce  lira  (  callionjmus  lyfa  )  , 
il  dragoncello  o  ragno  (dracunculus),  la  trombetta  (centriscus 
scolopax  ).  -  La  palamita  (  centronotes  glaycos  )  ,  la  palamita 
piloto  (  centronotes  pìlotus)  v.  palamida  pilota.  -  «U  pesce 
spada  (xyphias  gladius  )  v.  pisc-e-spada.  -  Il  pe^e  fabro 
(zeus  Caber)  t.  pisci  de  s.  Perda j  il  riondò  rosso  (zeus  aper) 
V.  pisci  sirbòni.  -  Il .  pesce  prete  (  uranoscopus  scaber  )  y.  co- 
siia  in  cela.  -  U  pesce  nastro  (  caepola  taenia  )  v.  piscivetta , 
il  serpente  rosso  (caepola  rubescens)  v.  serpenti  rubiuj  la  falce 
di  mare  (  caepola  tracbyptere  )  v.  pisci/alci.  -  La  donzella  bar- 
buta (  <^hidiuni  barbatum  )  t.  piccinna  barbuda ,  la  donzella 
senza  barba  (  ophid.  imberbe  )  v.  piccina  sbarbada,  il  pesce  baule 
(  ostracion  tuberculatus  )  v.  pisci  bauli  ,  la  fiatola  (  stromateus 
fiatola)  y.  lisetia  ^  il  pesce  scudo  (  lepadogastems  gouanianus) 
Y.  pisci  seudu ,  l'ombrina  (  sciena  umbra  )  y.  umbrina  o  gor-^ 
ballina  figaru ,  il  pesce  amo  (  heptocepfaalus  morrisianus  )  y. 
pisci  ama.  «  La  rana  pescatrìce  (  lopkius  piscatorius  )  y.  pi- 
scidiasUu.  -  Lo  scrofauo  (  scorpena  horrida  )  y.  seròpula ,  lo 
ficrofanello  (scorpena  porus  )  y.  scropuledda^  lo  scro£ano  scor- 
pione (  cottut  massiliensis  )  y.  pisci  scorpioni  ,  il  bezzugo  y. 
€apponi^ 

Tra  i  snollusclii,  la  seppia  dì  dieci  braccia  y«  calamàris  o 
tòntanu  (  sepia  offuiìnalis  )  ,  il  "polpo ,  o  seppia  da  otto  piedi , 
▼•  pulpu  ,  ecc.  -  I  datteri  di  mare  (  pholas  dactylus  )  y.  data- 
tili marina.  Tra  i  testacei.  In  testuggine  dalla  scaglia  fina  (  te-^ 
stttdo  caretta  )  y.  tosùiinij  che  qualche  yolta  pesa  le  400  libbre. 

Conchiglie.  Da  nota  del  S.  G.  C.  Coronule,  testudinaria,  ed 
una  specie  forse  naoya.  •-  Balanus  perforatos.  -  Anatiia,  levis, 


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69  CAGLIARI 

striata.  -  Gastrochena  modiolina.  -  Solen,  vagina ,  decorticatas  ^ 
ensis,  legumcn  ,  strigilatus,  due  var.  -  Mja  truncata.  -  Lu- 
trarìa  piperata.  -  Mactra ,  helvacea ,  stultorum  (  cocciula  im-^ 
brìàga)  ,  di  cui  una  gran  copia  al  vitto,  lactea.  -  Erycina,  co- 
spirata ,  costata.  -  Solemja  mediterranea.  -  Amphidesma ,  cor- 
nea ,  e  altre  tre  specie.  -  Corbula  ,  nucleus  ,  porcina.  -  Pan- 
dora obtusa.  -  Sexicava  pholadina.  -  Petricola  fragilis.  -  Yenu- 
rupis  perforans.  -  Psammobia ,  vespertina  ,  uniradiata  ,  e  altre 
specie.  -  Telline,  planata,  nitida  bis,  tabula,  depressa  ter, 
pulcbella  ,  tennis  bis ,  candida  ter ,  balaustrina.  -  Lucina  ,  la- 
ctea ,  carnarìa.  -  Donax,  trunculus  bis.  -  Genei  bis.  -  Cytherea  , 
chione  nitidula  ,  tincta  ,  e  altre  specie.  -  Venus  ,  verrucosa 
bis  ,  gallina  ,  damnoiensis  bis  ,  decussata  (  cocciula  niedda ,  di 
cui  un'immensa  copia  al  vitto)  quinquiesj  florida  bis^  bicolor, 
sulcatina  ,  dysera.  -  Venericardia  pectinata.  -  Gardium,  ciliare  , 
ecbinatum  ,  aculeatum  ,  tuberculatum,  oblungum  fór,  laeviga- 
tum ,  edule  (  cocciula  bianca  in  incredibil  copia  ).  *  Cardita  , 
trapezia  ,  sinuata.  -  Arca,  noae ,  tetragona,  barbata,  lactea.  - 
Pectunculus  ,  pilosus  bis  ,  depressus  ,  stellatus  ,  violacescens  , 
nummarius.  -  Nucula ,  pella ,  margaritacea.  -  Cbama  ,  lazzarus 
bis  ,  grypboides.  -  Modiola ,  barbata  ,  dealbata  ,  minima  ,  lito- 
pbaga.  -  Mytìlus  edulis  bis.  -  Pinna  ,  squamosa  ,  nobilis  (  v. 
gnaccheray  il  cui  bisso  filasi  in  Cagliari,  e  si  forma  in  guanti 
pregiatissimi ,  e  pure  in  scialli  d'un  valor  maggiore  di  qualun- 
que altro  di  ricca  materia  e  delicato  lavoro).  -  Lima,  inflata , 
squamosa  ,  ed  altra  specie.  -  Pecten  lacobaeus  di  quattordici 
varietà  y  unicolor,  sulcatus,  glabes,  inflexus,  di  sette  i^arxefà ,  isa- 
bella di  otto  ,  succineus  ter ,  altre  quattro  diverse  specie  ,  vi- 
treus  di  otto  s^arietà  ,  incomparabilis ,  e  altre  quattro  specie  , 
lineatus  di  cinque  varietà^  p.  es.  felis  ,  varius  di  nove  varietà.  - 
Spondylus  gaederopus  di  dodici  varietà.  -  Ostrea  (  v.  ostioni  ) 
adriatica  ter  ,  cristata  biSj  deformis.  -  Anomia  electrica.  -  Te- 
rebratula  ,  vitrea ,  truncata ,  caput  serpentis  ,  e  altre  specie.  - 
Chiton  squamosus ,  fascicularius  ,  cinereus ,  e  altra  specie.  - 
Patella  ,  lamarkii  bisy  umbella.  -  Emarginula  ,  fissura  ,  co- 
stata. -  Fissurella  ,  graeca ,  e  altre  tre  specie  ,  reticola.  -  Pileo- 
psis  ,  spirirostris  ,  e  altre  due  specie.  -  Carena  ria  vitrea.  -  Ca- 
lyptrea  laevigata.  -  Crepidula  unguiformis.  -  Bulaea  aperta.  - 
Bulla 9  lignaria,  striata,  bydatis  òi5,  cylindracea.  -  Cyclostoma 


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CAGLIARI  £9 

STUBcatolum.  -  Eulima,  candida,  e  altre  specie.  -*  Neritina  vi* 
ridis.  -  Natica  canrene  y  manuorata,  valencienneosù,  fascio- 
lata.  -  lanthina  fragilis.  -  Sigaretus  baliotideus.  -  Torna tella  fa- 
sciata. -  Haliotis  tuberculata  di  quattro  varietà,  -  Scalarla  com- 
munis  9  lati  varicosa.  -  Sola  riunì ,  perspectivum  ,  stramineum.  - 
TrochuSy  maLgmbiSy  umbilicaris,  adaasoni,  corallinus,  granu- 
latus  j  zizifinus  ^  conuius ,  e  altre  due  specie.  -  Monodonta 
aegjptiaca  ,  conturiì ,  fragadoides.  -  Turbo  ,  xugosus,  arinatus  , 
aeritoides,  cimex  ,  violaceus ,  tricolor.  -  Phasìanella ,  nicaeen- 
5is  ,  rubra  ,  pullus.  -  Turritella  ,  bicingulata ,  brocchi^  bis  ,  e 
altra  specie.  -  Cerithiuin  tuberculatum  ,  granulatum',  pervxrsum, 
marroconum.  -  Pleurotoina  di  due  specie.  -  Fasciolaria  y  tareo- 
tioa ,  e  altra  specie.  -  Fusui  Ugnsnrius  ,  sjracusanus.  -  Murex 
(  y.  bucconi  )  brandarius  ^  trunculus  (  cbe  è  il  comune ,  e  co- 
piosissimo ) ,  pusio  ,  rusticus  ,  granarius  ,  syphonellusS  .e  altie 
quattro  specie.  -  Tritonium  corrugatum  ,  culaceum ,  maculosum. 

-  Rostellaria  y  pes  pelecani.  -  ^tiombos  ^  gibberulus  y  floridus. 

-  Cassis  testiculum.  -  Purpara  bemastoma.  -  Dolium  galea  bis,  - 
Succùium,  unifasciatum,  oomiculum,  ascanias,  mutabile,  ma- 
«uloaum ,  neritaeum.  -  Mitra  luteola.  -  Uarginella  cjpreola,  - 
Voi  varia  ,  triticea,  ozyza  ,  «  altra  specie.  -  O^ula  ,  cornea  ,  e 
4iltra  specie^-  Cjpraea,  lurida  ^^i5 ,  ^nnulus,  moneta  bisy  en- 
ropaea  ,  coccineHa.  -  Conus  ,  franciscanns ,  mediterraneus ,  e 
altra  speòe.  ^  Argonauta  argo.  -  Zoofiti.  Gorgonie,  di  cui  dodici 
«pecie,  tra  le  quali  qualcuna  non  descritta.  -  Madnepore,  stel« 
Jaris,  labjrintbica,  pectinata  ,  virginea  ,  cespitosa ,  cervfeocnis, 
muricata.,  scotaria^  disthica ,  ramea.  -  Millepore,.  turbinata, 
verruccaria,  pileus,  reticulala^  celluiosa^  jungites.  -  Alcioni, 
spugne  y  asterie ,  echini ,  di  moltissime  specie.  Gli  altri  generi 
e  specie  si  produrranno  quando  qualche  Baturalista  nazionale 
si  applichi  a  conoscc!rU. 

Piante  marine.  Di  queste  ne  sono  già  conosciute  trentadue 
specie  y  come  può  vederci  nel  gabinetto  omitologico-àttiologioo 
4lel  niuseo  cagliaritano. 

Pesca.  Di  tutte  le  suddette  specie  di  pesci,  «  di  altre  ezian- 
dio ,  delle  quali  alcune  per  avventura  non  sono  conosciute  pure 
dagli  Ittiologi ,  portano  giornalmente  ed  espongono  in  vendita 
ì  pescatori  molte  cantara  \  e  come  devonsi  riferir  grazie  alla 
datura  per  la  gran  moltitudine  che  assuefece  a  queste  acque  • 


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7©  CAGLIARI 

cosi  perehé  tra  queste  specie  copiosissime  sono  molte  che  som- 
mimsti-ano  un  alimento  delicato  nelle  mense  più  laute.  Mareg- 
giano lungo  i  lidi  della  provincia  da  3o  in  4<>  battelli;  e  si  calo- 
col  a  ,  che  possBR  prendere  all'anno  circa  i5,ooo  cantara  per 
45,000  scudi. 

Tonnare,  Non  è  solamente  nella  stagione  del  consueto  loro 
viaggio  entro  il  Mediterraneo  dopo  mezza  la  primavera  che 
prendansi  dei  tonni  in  queste  acque,  però  che  ve  ne  restano 
ia  gran  numero  anche  nelP  inverno.  E  quivi  é  che  viene  a  far 
le  uova  pressoché  tutta  quella  colonna  che  dall'Atlantico  en- 
trando nel  batìno  mediterraneo  viaggiò  lungo  le  coste  della 
spagna ,  Francia  ,  e  del  Genovesato  ,  onde  al  mare  sardo  si 
converte  passando  tra  l'Elba  e  la  Corsica.  Ye  n'ha  d'un  vo- 
lume meraviglioso,  lunghi  17  e  più  piedi  ,  che  pesano  1800 
epiùlìbht^  sarde.  Il  tonno  bianco  conoscasi  sotto  l'appellazione 
di  sgombro  sardo* 

In  altri  tempi  ^rano  in  vari  punti  del  littorate  della  provincia 
degli  stabilimenti  per  la  pesca  dei  tonni;  ma  siccome  accadeva 
spesso  ,  che  il  prodotto  iòsse  minore  del  necessario  dispendio, 
furono  abbandonati.  Gli  ultimi  che  si  dismisero  sono  stati  quello 
di  Malfettano  nel  golfo  Teulada,  e  l'altro  deli'isoletta  di  s.  Ma- 
cario presso  Capo-Pula.  I  negozianti  che  le  calarono  ebbero  a 
patire  grosse  perdite.  La  tonnara  di  Malfettano  si  calava  al 
ritorno  dei  pesci  nell'Atlantico  ,  quando  essi  sono  assai  degra- 
■dati  da  quanto  erano  in  primavera  ,  e  però  di  pochissimo  va- 
lore. Importa  molto  esplorare  qual  linea  sogliano  avere  nella 
loro  corsa  ,  e  stabilir  la  pesca  dove  si  conosca  che  le  loro 
greggio  possano  scorrere.  Della  maggiore  ^o  minor  quantità  degli 
individui  di  questa  specie  nella  colonna  su  accennata  portansi 
Tarie  ragioni  ,  e  molte  non  da  essere  ammesse.  Intanto  non  si 
considera  ,  che  la  sorte  è  allo  stretto  di  Gibiltenra  ,  là  dove 
mentre  si  volgono  per  una  maggiore  o  minore  curvità  della  li- 
nea del  corso  e  avvicinamento  alla  costa  spagnuola ,  o  alla  afri- 
cana ,  si  determina  ad  una  più  che  ad  altra  grande  l'afflusso; 
siccome  per  una  maggiore  o  minore  propinquità  delle  diverse 
Bchiere  le  seguenti  sono  determinate  a  inviarsi  nella  direzione 
delle  precedenti.  E  quando  molti  qui  ne  vengano  può  il  can 
marino  aszurro  che  molto  li  ama  e  divoraseli  in  uno  o  due 
bocconi,  perciò  dai  tonnaiìoti  appellato  /wVct-Cwmiw,  persegni- 


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CAGLUkIUL  71 

%m1ì,  sperperarli,  come  qnà  è  solito  fiirè  nieàtemefio  <c}ie«ttUe 
coste  deU'Ingbiltecra  e  «Iella.  Francia*. 

Pfisca  netìo  stmgno»  Troraiisi  in  .questo  già  stabilite,  ùndici 
pecdliere  ,  otto  ntlU  liate  dcila  plaia ,  una  ia  s«  Gilla,  altee 
due  neirintemo,  le  «pali  fruàtaiia  a.  Gilla.  scudi  i6oo:  Girinas, 
che  incontrerai  dopo  la  «ca&  ,  tua  la  prima  «^  secofida.  isvletr 
ta  j  lao  :  Sol  pi6<^eredda  900  :  Sa  ponti/edda .  900  :  Su  £ùndali 
900  :  Corti-longa  1000  :  Pton^-becdna  6op  z  Sa  pifiÓBa  diostn 
mola  400:  Maiamuia  iSo.  £  nelterritarÌA.di  Asscnyii,  laposobiem 
di  s.  Malia  3oo:  Su  pcirtasa  i  3«* ^  «Si  pnnò  peto  aensa  4ci'|ipalp 
sospettare  che  questi  numeri  non  rappneaentiso^ina  prema  me- 
dia. In  queste  peschkDC  so»a  applitiate.  cisca  Jffi  ,pars<MM  «enan 
fiar  conto  dei  ragazzi,  e  impiegate  barche  ^1, 

AhA  4fio  pescatori  di  Ca^Uaci ,  con  ao  di  Assemini;»  e  12 
del  Maso  sono  occnpati  nella  pescagione  dello  .«ta^no  ccùà.cUrqa 
dncoento  barche  ,  dei  qnah  alAri  usano'  le  iddi,  altri  l'amo  » 
questi  la  fiocina  di  giorno  a  tenlare  f  imigU.faé^<>siì  doweafeV- 
•mino  tnMfansi  delle  anguille  ,  qiMHi  nella*  oéciÉn|ài.éoo.  Ja  fiac- 
oofe  :  onde  nelle  notti  illimi^  ma  serene,  e  Mjà  beiUissiiMispel^ 
taooio  alia  città  ;  alcuni  finalmente  usano  le  nasse,  i  pesci,  più 
«opiosi  sono  i  muggini  di  ^i  diverse  specie  ,  cefalo  ,  iHdusQl- 
bida,  uUiòne,  senebeo,  conchedda,  nuiauhi.  iNoniÉieab  diicurca 
altre  venti  diverse  specie  vi  guizzano ,  nati  ppnando^'in  ooitfo  -i  . 
gamberi  che  som .  copiosissimi.  1  xagazai  fn^nn  110Ì  :baa^i  Iiindi 
per  le  conchiglie*  .      .  .  •  v  1 

Si  calcola  il  prodotta  di  jqa«ste>  aoque  a  ia,ooò  ;oai^ta£a:iy 
dalla  qual  somma  deli^tto  nn  sento,  pe;-  io  vbHo  dei  pescatoci 
e  loro  £Miiiglta  y  pare  pnasa^oo  venire  i|>eit>la  .-vendita  del  sre«- 
stante  hre  sutle  14^,000.  fi  menerei  le  ^pos&ievq  lih]tltlao'ap^ 
prossimativaoieote  lire  sande  17,500,  TdyiBhiAdasi-, > cfauJe  ahce 
arti  (  quidi  sono  chianiafee  le  :diverse  maniere  di' pekafiei)* anni- 
dano lire  <  27,500..  Dall' anztnotato  totale  tofadberetteno  >att' ap*- 
pnltatore  hre  36,35o,  e  le  rimanditi  diiose  .in  'uonfaii  ì5bo> 
compmsi  i  piccoli,  avrebbesi  per  comune  lire  ao8.  a. 

Pesca  tieiJìumL  Nel  Caralita,  e  nei  prìncipaU*  suoi  iniamit 
non  sono  .scarse  le  anguille  e  le  trote,  e  in  .eerti,  tenipi  've«- 
donsi  presso  la  ioce  anche  le  .  che|ipie  (  altee  ).  ,  La  copia  del 
primo  genere  è  allora  grankUssinML,  quando  per  larghe  pioggie 
il  fiume  ristaura  il  oorso,   e   gonfiasi.  La  uialiiére  delia. pesca 


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7^1  CAGLURI 

sono  Tane,  ina  la  più  comune  è  per  li  nassai;  che  però  do- 
vrebbe essere  limitata  con  appositi  provvedimenti,  perché  il 
piccol  lucro  dei  pescatori  non  costi,  come  accade,  un  grave 
danno  ai  comuni;  quanto  si  sperimenta ,  quando  le  molte  acque 
non  si  potendo  contenere  nell'  alveo  e  smaltire  nel!'  aperto  solco 
in  varii  tratti  colmato  per  lo  stabilimento  dei  nassa! ,  si  spar- 
gono ,  e  causano  calamità  ai  seminati ,  e  spogliano  i  fondi  della 
terra  vegetale.  Si  possono  annoverare  circa  So  pescatori,  che 
in  comune,  quando  sian  fortunati,  pr^enderànno  cinquanta  can- 
tara ,  che  vendute  a  un  prezzo  medio  potran  loro  valere  scudi  25o. 
-  Rare  volte  si  pesca  nelle  paludi,  ondechè  le  anguille  vi  in- 
grossano cosi,  che  se  n'ebbe  alcuna,  la  quale  superò  le  libbre 
sarde  a5. 

Sanguette.  Se  ne  raccoglie  grandissima  quantità  dai  fiumi  e 
paludi*  Furono  ricercatissime  nel  commercio,  e  se  ne  mandò 
tanta  copia,  che  alPuopo  mancarono  agli  stessi  cagliaritani: 
però  fu  pubblicata  una  proibizione. 

Saline,  in  ^iù  luoghi  anche  alquanto  remoti  dal  mare  sono 
dei  bacini  in  cui,  quasi  tutti  gli  anni,  formasi  il  sale;  però  non 
se;  ne  scava  che  nel  littorale  della  città  alla  parte  di  levante. 
-Le  artificiali  sono  al  Lazzeretto,  a  S.  Pietro,  e  lungo  la  plaia. 
Qnelle  che  furono  formate  in  fondo  al  golfo  di  Teulada  sono 
neglette  da  non  pochi  annU 

Gli  é  da  un  tempo  immemorabile,  che  nelle  vicinanze  di 
Cagliari  si  pratica  il  salificio.  Se  ne  trova  menzione  nel  governo 
dei  Giudici,  e  poscia  in  un  diploma  del  re  di  Aragona  e  di 
Sardegna  D.  Jacopo  (all'anno  1327),  in  cui  concede,  che 
^Ue  regie  saline  deg)i  stagni  potessero  i  cagliaresi  senz' alcun 
prezzo  tanto  prendere^,  quanto  fosse  stimato  necessario  all'  uopo 
giornalieiHii' delle  famiglie,  imposta  una  multa  di  60  alfonsini 
minuti  a  chi  ne  abusasse.  •£  nel  dubbio,  se  del  sale  naturale 
dei  bacini  di  M<4entra/u,  e  Marestagno  debba  intendersi,  odi 
quello  che  in  artificiali  vasi  si  formasse  con  l'umana  industria, 
inclinerei  nella  prima  parte,  conscio  come  sono  della  maravi- 
gliosa  produzione  dei  due  detti  stagni,  la  quale  a  far  conce- 
pire quanta  sia,  dei  sapere  che  dall'anno  1781  al  1786  si 
estraevano  brodettate  3,729,8^3,  e  se  ne  ammucchiavano  sal- 
me 337485;  onde  per  medio  frutto  di  stagione  si  ottenevano 
per  anno  in  detto  spazio  salme  37,914?  meatre  dalle  artificiali 


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CAGLURI  73 

cosi  recchie,  come  recenti,  non  si  ebbe  che  l'annua  media  di 
7,386,  che  era  circa  un  quinto  del  prodotto  delle  naturali» 

Ma  non  ha  guarì  che  si  provvedeva  con  intelligenza  alla  mi- 
norazione delle  saline  artificiali,  e  formavasi  tra  Monvolpino 
e  s.  Bartolommeo  uno  stabilimento,  affidata  al  cav.  Delitala 
(D.  MicheUno)  la  direzione  delle  operazioni  secondo  i  metodi 
da  lui  proposti,  e  costituitavi  una  scuola  di  teoria,  nella  quale 
alcuni  alhevi  dell'ospizio  di  s.  Lucifero  sono  eruditi  nell'arit- 
metica ,  e  nei  principi!  di  chimica  rispettivi  alla  salificazione. 
Vi  sorge  un  bel  fabbricato  con  caserme,  ergastoli,  e  magaz- 
zini; e  vi  si  gode  la  comodità  di  belle  avventenze  con  la  op- 
portuna copia  dell'acqua.  Portavi  questa  per  una  linea  di  pres- 
soché 3ooo  metri  un  canale  sotterraneo  da  una  abbondantissima 
fonte,  die  alle  radici  del  colle  di  s.  Ignazio  felicemente  ritro- 
vava l'anzilodato  Cavaliere  per  un  egregio  risparmio  dell'  azienda, 
e  salubre  ristoro  dei  lavoratori  nell'ardenza  del  sollione  sotto 
cut  cominciano  le  operazioni  dello  scavamento* 

La  superficie  impiegata  al  salificio  é  su-  d' un  fondo  compatto 
di  argilla  tenacissima.  La  sua  quantità  comprende  finora  otto- 
mila ari;  ma  quanto  prima  distenderassi  sopra  altrettanto  spa- 
zio. Sono  adoperate  le  viti  archimedee,  e  le  ruote  a  timpano, 
e  sono  già  scavati  18  pozzi. 

La  salsedine  dell'acqua  del  mare  suole  trovarsi  a  5^;  se 
però  riposi  per  non  più  di  cinque  giorni  nei  bacini  soffire  tanta 
vaporizzazione,  che  può  essere  versata  nei  vasi  siccome  satur- 
nia a  37^  e  ancor  più  in  là. 

La  produzione  é  calcolata  a  salme  io  per  ogni  aro  (la  sal- 
ma vale  star.  cagl.  11 ,  vedi  Busachi  prw,  — Equazione  me- 
irica')i  però  si  ottiene  e  il  i5,  e  il  ao  ancora,  se  perla  sta- 
gione favorevole  ùlt  .  si  possano  più  ricolte.  Indi  é  la  gradazione 
di  pregio,  coi  si  riguarda  nei  contratti.  I  sali  di  prima  scava- 
zioDe  sono  più  stimati ,  meno  gli  altri  che  vengon  dalla  seconda 
e  terza ,  perciò  che  la  cristallizzazione  è  sempre  più  impura. 
La  siccità  è  moltissimo  desiderata  ai  salinieri  L'umido  nuoce, 
che  scema  la  quantità  del  prodotto,  e  può  farlo  mancare  af- 
flitto. Della  bontà  del  sale  non  tutti,  portano  egual  giudizio. 
Sono  alcuni,  cui  seppe  alquanto  d'amaro. 

Valor  del  prodotto.  Mentre  la  coltivazione,  die  si  comprende 
nei  divcra  lavori  dell'asciugamento^  appii^namento,  battimento 


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74  CAGLIARI 

della  Mipeificie,  cui  segue  lo  scavamento  del  sale,  e  raoc»» 
mulanettlo  simultaneo,  fi  computa  a  1.  n,  0,75  per  ealma 
(  come  suol  essere  il  presso  d' appalto  )  ;  se  a  questo  si  ag- 
giunga  anche  il  valore  del  trasporto,  avrai  costare  la  detta 
snisura  K  n.  i,a5,  non  oonstderate  le  spese  perla  manutenzione 
dello  stabilimento. 

Ordinaria  quantità  del  prodotto  negli  anni  pi>ossimamente 
traAcorsi* 

Nelle  saline  di  Cagliari,  e  nelle  altre  del  regno  solerauai 
ecavare  di  ^le  naturale  salme  74,000,  di  artificiale  479^^^* 
Vcodevansi  nel  regno  di  sale  naturale  salme  6,000,  di  aiti^ 
€iale  10,000,  quello  per  lire  sarde  i58,4oo,  questo  per  »64,ooo: 
alle  gabelle  del  Piemonte  di  «ale  naturale  s.  3o/»oo  per  lire 
60,000,  di  artificiale  3o,ooo  per  67,500:  agli  esteri,  ed  ai  sa- 
lalori  di  sale  naturale  10,000  per  lire  ao,ooo ,  di  aitifidale 
lOyooo  per  lire  aa,5oo:  si  che  ottenevasi  una  somma  di  lire 
sarde  592,400  eguale  a  lire  nuove  1,137,40^* 

Canale  delle  saline.  Il  gran  vantaggio  delle  saline  di  ponente 
«ra  la  agevolezea  del  trasporto  per  acqua%  Ora  altrettanto  si  é 
aggiunto  alle  recenti  di  levante  dallo  scavamento  d'un  «anale, 
il  quale  mette  sua  foce  nel  mare  sotto  lo  punta  Misclis  avan» 
zandosi  lungo  le  seccagne  intra  due  palafitte  a  710  metri.  Un 
efflussorio  per  poco  non  isola  le  antiche  saline  del  Lazfeeretto. 
il  tronco  principale  producesi  agli  stagni  della  Palma  e  Pier- 
ini bianca,  donde  si  farà  scorrere  tra  il  Marestagno  e  Molen^ 
targiu  alle  ajc  della  terra  di  Quarto:  La  sua  larghezza  al  pelo 
delie  acque  magre  è  di  metri  7,00 ,  nel  foocìo  di  4?4^=  ^^  scarpa 
di  4^^'  ^^  profondità  delle  acque  tra  il  flusso,  e  riflusso  di 
melFi  i,3o.  Opera  è  questa  di  molta  provvidensa,  la  quale  e 
giova  a  ridurre  le  spese  del  trasporto,  a  circonvallare  le  sa-, 
line  e  impedire  i  furti)  e,  ciò  che  grandemente  importa,  vale 
ncuro  deposito  perle  necessarie  sommi nistranze  ai  vasi,  semlo 
che  i  due  grandi  bacini  patiscono  spesso  cosi  granai  dimiau<» 
sioni  e  pel  calore,  e  massimamente  fer  k  forza  del  maestrn*- 
le,  che  mostrano  scoperto  il  fondo  per  più  della  nietii. 

Mineralogia,  E  alcun  fondamento  ,  su  cui  posare  in  opinando 
av^r  li  romani  pure  in  questa  provincia  conosciuto  alcune  vene 
metalliche.  £'  potrebbe  parere  di  veder  notata  un'antica  fer- 
riera neUa  Ferrarla y  dove  è  segnata  stazione  nell'Itinerario  di 


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CAGLURI  75 

AntoajQo  in  su  la  linea  di  «orsa  per  lo  lido  erìciltalB,  a  M. 
P.  da  Cagliari  Xlil,  corrispondenti  a  miglia  comuni  iOy4o. 
DolgoQsi  molti  che  si  lascino  n/egletti  nelle  viscere  della  terra 
questi  doni  d'una  benigqa  natura,  e  che  i  sardi,  i  quali  po^ 
trebberò  fornir  r£uropa  d'un  ferro  che  nei  fatti  sperimenti  é 
stato  riconosciuto  superiore  a  qualunque  .  altro  delle  miniere 
europee ,  debbano  mendicarne  dagli  esteri  per  formarsi  gli  istro- 
menti  delle  arti.  Gli  é  vero  che  ei  non  han  d'uopo  di  ricer- 
car in  sotterranee  ghUerie  delle  ricchezze,  che  migliori  e  più 
copiose  possono  avere  dal  suolo;  ma  non  pertaoti^  é  ancor  vero 
«fservi  delie  braccia  inerti,  e  del  (tmpo  vacito  da  occupazione 
a  potersi  impiegare  per  fornire  alm/eno  agli  artigiani  nacionaU 
queste  materie  prime* 

Nella  provincia  di  Cagliari  ai  trovano: 

Territorio  di  Segarlo,  Roccia  di  trachite  brecciforme.  ,&erve 
di  passaggio  alla  roccia  alluminifera  seguente  :  trovasi  vkino  al 
territorio  di  Serrenti. 

—  Alluminifera.  Forma  delle  grotte  nella  rooeia  precedente 
e  nella  calcarea  marnosa  (  iW  ). 

Allumina  solfata  che  si  raccòglie  in  efitorefeenze.  NoHo^grottfe 
suddette  (  2W  ). 

Calce  carbcNiata^  denitritica  che  si  avvicina  al  traefaita. 

—  Carbonata,  dentritica,  con  qualche  varietà'  della.. prece» 
dente.    .  •  .  . 

Serrenti,  Calce  solfata,  in  frammentLdi  cristalli  dt^aasoi*  Tno»> 
vasi  negli  jscavi  dello  stagno  di  Serrenti» 

Pimentdlo,  Calce  carbonata,  dentritica.  > 

*  Monastir.lìotcia.  pirossenka^  xossì^uk.,  .di  cui  sì  oosirnl  un 
ponte  sulla  nuova  strada,  lì  villaggio  di  Monastk  ripwa  .su 
qucata  roccia. 

*-^  Pirossenioa  come  la  precedente,  jna  più  bigia. 

—  Pirossenica  con  dorite,  ialite  e  noccioli  d'analcima.  Del 
monte  Sara  (  pezeo  di  rara  belkiaa  e  colossale  ). 

Cabasia  accoppiala  all'analcìma,  alla  calce  carbonata  ed  al 
quarzo,  che  ricopre  un  agglomerato  trachitico.  Della  cava  A 
Mooastir.  Bellissimo  saggio. 

Stìlbite  rossa,  lamellare,  sopra  matrice  trachitica  verde. 

—  Bianca,  lamellosa,  mista  alla  cristallizzata ,  nelP agglome** 
rato  di  trachite.  Del  mottte  Sara. 


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76  CAGLIARI 

Stilbite  bianca  y  cristallizsata,  della  varietà  dodecaedraj  in 
una  roccia  trachitica  (tW). 

Roccia  pirossenica  con  l'analcima,  e  che  ricopre  crittalU  di 
quarzo  e  di  feldspato. 

SUkpia,  Porfido  dei  trachiti,  con  cristalli  d'anfibola. 

—  Dei  trachitì,  di  colore  pavonazzo,  con  cristalli  di  piros- 
sena. 

Roccia  porfirìca,  cooaofibola  e  cristalli  di  feldspato.  Del  Co* 
stdlo  di  Siliqua. 

AssènUni,  Porfido  dei  tracfaitì,  con  cristalli  d'anfibola.  Tro- 
Tato  fuori  luogo  y  ad  Asséinini,  e  che  sembra  apparleoere 
piuttosto  alla  roccia  di  Siliqua,  di  cui  sovra. 

Raccolta  mineralogica  della  collina  di  Bonaria.  Calce  car» 
bonata,  concrezionata  e  stalattitìca.  Della  collina  di  Bonaria^ 
presso  Cagliari. 

—  Carbonata,  concrezionata  sul  calcareo  grossolano  {ivi). 
Marmo  d'un  bel  giallo  (  calce  carbonata  )  con  piccole  breo 

ce,  e  di  colore  più  vivace  di  quello  di  Verona. 

—  Bianco  che  volge  al  bigio  (  calce  carbonata  )  in  piccole 
brecce  come  il  precedente. 

Calce  carbonata,  concrezionata,  con  ocra  gialla. 
-^  .Carbonata  alabastro ,  bianca ,  di  zone  colorate  in  giallo 
più  o  meno  cupo,  in  bigio,  ecc.     . 

—  Carbonata  ,  alabastrina  ,  colorata.  Come  quella  di  Bil- 
ica, nella  jH-ovincia  di  Cuneo. 

—  Carbonata,  alabastrina.  Come  la  precedente,  ma  della 
cava  superiore. 

.     -^  Carbonata,    alabastrina.  Cooze  le  due  precedenti ,   delfei 
cava  inferiore. 

—  Grossolana,  compatta,  conchiglifera,  bianca  e  gialla. 
Ferro  idrato.  Si  trova  nelle  spaccature  del   calcareo  prece- 
dente. 

—  Ocraceo.  Trovasi  nel  calcareo  qiù  appresso  indìoato. 
Calcareo,  compatto,    grossolano,    contenente  il  ferro  Sdmlo 

suddetto  ed  indizi  di  ferro  spatico. 

Calce  carbonata,  concrezionata,  che  varia  in  alabastro»  e 
contiene  una  piccola  prominenza  che  si  suppone  essere  un  dente 
fossile  del  pesce  lupo. 

—  Cari^ouata,  cristallizzata  sopra  la  calce  carbonata  gialla. 


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CAGLURI  77 

Calce  carbonata,  cristallizzata,  delia  varietà  metastatica. 

—  Carbonata  ,  stalagmitìca. 

—  Carbonata,  stalagmitica ,  a  HorL 

—  Carbonata  che  avvolge  (rammenti  calcarei  d' altra  forma- 
zione, sopra  un'ocra  ferruginosa. 

Calcareo  compatto,  grossolano,  concbiglifero,  con  impronti 
di  madrepore,  e  di  ostriche. 

Calce  carbonata,  conchiglifera  sul  marmo  o  breccia,  accen- 
nata qui  retro  a  pag.  76,  lin.  17;  V'ha  molta  varietà  nelle  conchi- 
glie ,  e  sopra  taluna  vi  si  vede  la  calce  stessa  confusamente  cristal- 
lizzata. U  calcareo  di  Bonaria  appartiene  ai  terreni  ternari;  esso 
riposa  sui  banchi  marnosi  e  sabbiosi:  le  masse  di  questi  terreni 
sono  in  generale  poco  alte,  e  la  collina  di  Cagliari,  che  é  una 
delle  più  alte,  oltrepassa  appena  i  cento  metri  d'altezza.  Il 
calcareo  suddetto  racchiude  una  breccia  06sea  simile  a  quella 
di  Nizza,  Antibo,  Gibilterra,  ed  accennata  qui  appresso.  Essa 
è  evidentemente  posteriore  alla  formazione  calcarea,  e  la 
sua  parte  inferiore  é  terminata  da  un  piccolo  deposito  di  ferro 
colitico.  Una  parte  del  littòrale  della  Sardegna  é  ricoperta  da 
una  formazione  marina  assai  recente,  che  il  cav.  Della  Mar- 
mora  crede  propria  del  bacino  d^l  mediterraneo ,  e  questa  sem- 
bra appartenere  alla  medesima  epoca  della  breccia  ossea  di 
Bonaria.  In  questa  breccia  v'ha  un  gran  masso  dì  ossa  di  pio- 
coli  animali  rosichiatori,  della  grossezza  sottosopra  d'un  topo. 

Breccia  ossea  in  grosso  masso ,  mista  aUa  calce  carbonata  di 
Bonaria  j  di  cui  parlasi  a  pag.  76,  lin.  17,  ed  appartenente 
ad  un  quadrupede  del  genere  sopraccei^to  dei  rosichiatori. 

Ferro  gldi)ulare  in  piccoli  grani.  Trovasi  nella  parte  inferiore 
della  breccia,  nelle  fessure  del  calcareo  grossolano  indicato  a 
pag.  76,  lin.  3o. 

—  Globulare  ferruginoso ,  di  grani  un  po' più  grossi  del  pre- 
cedente, e  posto  sopra  la  calce  carbonata  stalattitica,  detta  di 
Bonaria. 

—  Globulare  ferruginoso,  di  grossi  grani  (  iVi  ). 
Quarzo  cristallizzato  sopra  il  calcareo  concrezionato. 
Breccia  ossea,  con  grosse  ossa  racchiuse  nel  calcareo    gros- 
solano. Di  Bonaria. 

Geode  calcarea.  Si  rinvengono  nelle  escavazioni  di  Monte 
Reale. 


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78  CAGLIARI 

Calce  carbonata  eoa  ÌDiltzio  di  ferro  spatico  {i%*i)^ 
Arenaria  ricoperta  da  piccoli  distaili  di  calce  carbonata.    Si 

rinvenne  in  profondita  di  1 45  metri,  neir escavazione  d'unpoz- 

zOy  nella  polveriera  di  Cagliari. 

—  Calcarea,  di  grana  fina,  serve  di  pietra  da  scalpello. 
Agglomerato  conchiglìfero.  Trovasi  presso  Cagliari. 

Calce  carbonata,  madreporitica ,  di  tinta  scura.  Del  selciato 
dell'università  di  Cagliari. 

Piombo  solforato',  argentifero  (  forse  lo  stesso  che  il  seguente  ). 

—  Solforato,  argentifero.  Del  monte  Santa  di  Pula,  presso 
Cagliari.  Diede  all'analisi  docimastica  il  25[i 00,000  in  argento, 
ed  il  63  per  cento  in  piombo. 

Arenaria  quarzosa.  Trovasi  nelle  vicinanze  del  castello  di 
1.  Michele. 

Breccia  calcarea,  conchiglifera.  Della  collina  di  5.  Michele^ 

Scisto  micaceo.  Della  montagna  di  Capoterra^  vicino  a  Ca- 
gliari. 

Granati  in  massa  e  cristallizzati  (  m  ). 

Roccia  quarzofa  di  base  talcosa,  lisciata  e  levigata  naturai* 
mente  (m). 

Ferro  magnetico.  Si  trova  arrotolato  in  quantità  nei  dintorni 
di  Capoterra. 

Calce  carbonata  con  caselle  di  daitoli  marini  (  mytilus  litho^ 
fagus  ).  Di  s.  Elia  presso  Cagliari. 

—  Polverolenta ,  terrosa.  Di  i.  jivendrace^  sobborgo  di  Ca- 
gliari. 

Arenaria  calcarea,  concrezionata.  Del  luogo  detto  Fangario^ 
burrone  che  trovasi  un'ora  distante  da  s,  jivendrace^  sulla 
strada  che  mette  a  Iglesias. 

Silice  plromaca  scura,  con  calcedonìa  di  varii  colori. 

Feldspato  ed  anfibola.  Del  selciato  di  Cagliari. 

Quarto,  Roccia  porfiroidea,  molto  argillosa,  con  base  di 
feldspato  ,  cristalli  di  quarzo ,  anfibola ,  indizi  di  talco ,  ecc. , 
del  monte  Figunieddu  (  fico  nero  ).  Trovasi  sulla  strada  che 
da  Quarto  mette  a  Muravera,  verso  l'estremità  a  ostro  della 
grande  Catena. 

—  Porfiroidea  come  la  precedente,  ma  più  compatta. 
Si  vede  in  istrati  sottostanti  al  granito,  ossia  alla  roccia  del 
monte  suddetto. 


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CAGLURI  79 

Roccia  porfiroidea,  cod  noccioli  di  feld^to  rosso ,  che  Tarìa  in 
breccia.  Trovasi  verso  la  cima  del  monte  suddetto,  asccn-i 
dendo  da  Quarto. 
Lava  foro$^'  Della  fortezza  vecchia^  rada  di  Quarto* 
S.  Rocco,  Piombo  solforato,  compatto,  dì  scaglia  menooay 
assai  puro.  Della  miniera  cbe  trovasi  alla  distanza  di  due  ore 
dal  villaggio  di  s.  Rocco,  in  un  vallone  che  si  avvicina  a  quello 
del  fiume  di  Pula,  al  piede  della  montagna  detta  Ìsl  Stidiosa, 
cbe  fu  coltivata  per  cinque  o  sei  mesi  da  certo  cav.  Bosingo. 
Il  minerale  non  ha  f»ù  là  che  metri  o,io  a  o,i5  di  spessezza, 
e  trovasi  disseminato  in  una  matrice  di  quarzo  e  di  barite  sol- 
fata. L»  roccia  cbe  circonda  questa  miniera  è  quareosa  e  du* 
rissima ,  ed  é  questo  uno  dei  motivi  per  cui  la  coltivazione  di 
essa  riesce  assai  dispendiosa  e  che  perciò  fu  abbandonata. 

Roccia  quarzosa.  Forma  l'incassamento  della  miniera  sud- 
detta. 

Pula,  Piombo  solforato  argentifero.  Nel  luogo  chiamato  i^^ 
narba,  dipendenza  del  monte  Sebura,  montagne  di  Pula  ^  si 
scorgono  degli  indizi  dì  minerale  di  piombo  in  un  filone  di 
ferro  ossidulato  magnetico,  cbe  dopo  d'avere  attraversato  il 
granito,  si  mostra  all'aperto  in  una  roccia  calcarea  sovrappo- 
sta a  quel  terreno.  La  vista  del  minerale  piombifero  sembra 
aver  causata  la  ricerca  fattasi  sopra  un'  erta  della  roccia.  Siceo* 
me  però  la  galena  non  si  protrae  di  là  dal  calcareo ,  è  proba- 
bile che  questa  particolarità  abbia  £atto  abbandonare  l'impresa. 
Questo  minerale  lavato  ha  dato  il  25  per  cento  in  slìcco,  il 
quale  ha  reso  il  60  per  cento  in  piombo ,  ed  un  quinto  d' on- 
cia,' per  quintale ,  peso  di  marco,  in  argento. 

—  Solforato ,  argentifero  ,  di  una  eacavasione  antica.  Trovasi 
a'  piedi  del  monte  Santo  di  Pula  in  una  roccia  calcarea  so- 
vrappogta  al  granito ,  e  che  sembra  una  coaseguenaa  delia  pre- 
cedente miniera.  Il  minerale  è  di  ottima  qtialità,  avendo  dato 
il  73  per  cento  in  piombo,  senaa  lavatura  precedente,  e  i\5 
d'oncia  d'argento  per  ogni  quintale. 

Stilbite  compatta.  Della  punta  di  s.  Effisio  di  Pula. 

—  Radiata  (m). 

—  Cristallizzata,  della  varietà  unitaria  d'Hauj.  Delle  r«cce 
trachitiche. 

Roccia  pirossenica.  Del  luogo  suddetto. 


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So  CAGLIARI 

Rooda  quanosa ,  che  Tana  ueììu pietra  Udia,Deììe  montagne  di 
Pula. 

Isola  di s, Pietro,  Diaspro  terroso,  fasciato  di  giallo  e  bigio. 

—  Rosso  cupo,  ricoperto  da  una  leggerissima^ crosta  di  cal- 
cedonio. 

—  Giallo  fasciato. 

—  Rosso  macchiato  in  giallo* 

—  Rosso  scistoso. 

—  Rosso,  con  quarzo  ed  ocra  ferruginosa. 

—  Rosso  cupo,  vivacissimo  e  lucidissimo. 

—  Rosso  fasciato,  di  zone  verdi  ed  altri  colori. 

—  Rosso  cupo,  macchiato  di  giallo. 

—  Scistoso,  rosso-scuro. 

—  Giallo  fasciato.  Di  Carloforte. 

—  Rosso  bruno  (ivi)* 

—  Verde  ricoperto  da  un  leggerissimo  strato  di  calcedonio  {ivi), 
.    —  Fasciato,  bigio  e  pavonazzo. 

Quarzo  resinile  giallo,  frammisto  al  calcedonio  (  iW  ). 

—  Diasproide,  ricoperto  dall'ocra. 

—  Rubiginoso. 

—  Diasproide,  misto  all'ocra  gialla. 

Porfido    trachitìco,    prismatico,    ricoperto   in  parte  da  una 
tinta  rossa. 
Trachite. 

—  Rossigno  che  volge  al  violaceo. 

—  Bigio. 

—  Compatto,  violaceo. 

—  Porfirico,  con  feldspato  vetroso. 

Lava  argillosa  ,  con  mica  ed  altre  sostanze. 

—  Bigia,  litoide. 

Ossidiana  periata,  contenuta  in  una  specie  di  podinga. 

—  Periata,  di  color  verde  scuro. 

—  Periata,  di  colore  verde  che  passa  in  decomposizione. 
Perlite. 

Argilla  smettile. 
Arena  cristalllfera  d'i  quarzo. 

Ocra  di  ferro  arrotolata,  con  nocciolo  di  calce  carbonata. 
Pauli  Gerei,  Lignite  nell' arenaria. 

Podighe,  Geode  calcarea  in  cui  v'hanno  cristalli  della  varietà 
e^/uiasie. 


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CAGLURI  8c 

Geode  calcarea  di  cristalli  metastatici  volgenti  all'e^uùur^e. 

Breccia  selciosa,  rossa,  con  noccioli  bianchi  e  rossi  della 
stessa  sostanza. 

Manifatture,  Le  arti  meccaniche  sono  mediocremente  cono- 
sciute nella  città,  rozze  nei  villaggi.  Dura  tuttora  il  sistei^a 
delle  corporazioni,  vige  T ingiustissima  legge  «fuof  ar(e5  ne  exer- 
cèto,  e  si  vogliono  ferme  le  proibizioni  e  restrizioni,  anche  in 
quei  mestieri,  dall'imperizia  dei  quali  non  viene  o  danno  o 
male,  che  a  chi  l'esercita.  Avvi  delle  ammende  per  chi  co- 
noscendo arti  diverse  ora  in  questa  ora  in  quella  si  eseixiti  a 
suo  arbitrio:  ve  n'ha  pure  per  chi  si  ardisca  in  proprio  nome 
far  alcun'  opera  nel  mestiere ,  in  cui  compi  il  legittimo  garzo- 
nato, se  non  abbia  potuto  prima  raggranellare  il  danaro  ad 
essere  inscritto  dopo  un  dubbio  esame  nell'ordine  deUa  Mae- 
stria. Qu'mdi  accade  ai  meschini,  cui  fu  con  modi  indegni  in- 
terdetto di  procacciarsi  la  sussistenza  col  lavoro  di  sue  mani, 
essere  una  necessità  l'accattare,  o  U  rubare.  Residuo  di  ini- 
quità e  servitù  di  tempi  barbari. 

Sono  nella  provincia  dei  paesi  conosciuti  per  de'manofatti, 
ma  certamente  di  pochissimo  pregio.  Deciino-manno  e  Deci- 
mo-puzzu  per  la  fabbricazione  di  grosse  stoviglie  :  Fuitéi  e  Se- 
garlo per  te  voli  e  mattoni:  Samatzài  anche  per  la  calcina:  Sin- 
nai  e  Settimo  per  certi  utensili  di  fieno  che  lavorano  le  don- 
ne: Paùli-Arbarèi  per  stuoje  di  sala:  Donòrì  per  sedie  e  simi- 
li; e  altri  per  altre  opere  di  non  più  alto  merito. 

Tessitura,  Potrai  numerare  in  tutta  la  provincia,  non  com- 
preso il  capo-luogo,  circa  i3,ooo  telai  non  migliori,  che  nelle 
altre  provincie.  Deve  perciò,  e  per  difetto  delle  sussidiarie 
macchinette  avvenire,  che  colei  pure  che  con  buon  animo  si 
accinga ,  e  duri  con  costanza  in  una  lunga  giornata  non  si  con- 
soli che  dell'ottava  parte  del  lavoro  sopra  un  telajo  meglio  co- 
strutto. Ai  panni  lani  meno  che  ai  lini  sono  applicate  le  don- 
ne; e  tuttavolta  né  si  ha  pure  di  questi  il  sufficiente.  In  Ca- 
gliari questa  sorta  di  artificio  si  è  già  di  molto  migUorata ,  mercè 
le  cure  dei  due  ottimi  cittadini,  cui  fu  commessa  la  educazione 
ne' due  orfanotrofi.  Ei  pure  v'ha  contribuito  chi  stabiliva  la 
lavoreria  dei  bordati.  Fu  già  una  fabbrica  di  panni,  ma  in 
breve  tempo  cadde.  Dalle  quali  cose  è  dritto  inferire  esser  le 
manifatture  di  tutta  la  provincia  una  cosetta  meschina,  o  es- 
Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  UI.  6 


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8^  CAGLIARI 

sere  in  sul  nascere  .  «  .  .  ahi  a^  T oroscopo  è  infausto!  E  si 
intenderà  di  vantaggio  pochi  essere  i  prodotti  della  natura, 
che  si  nobilitino  a  maggior  valore ,  e  mancare  il  popolo  di  im- 
piego; ond'é  conseguenza  penuria^  miseria,  povertà,  ignoran- 
za, rouezza,  superstizione,  barbarie.  Oh  quanti  si  lamentano 
che  in  ripigliare  manofatte  le  materie  che  diedero  grezze ,  sian 
richiesti  di  restituire  il  ricevuto  con  una  arrota  doppia,  tripla, 
e  talvolta  decupla!  E  si  che  ben  conoscono  quanto  si  aggiunga 
di  valore  alle  materie  per  Tarte;  e  non  pertanto  non  li  vedi 
mai  determinarsi  al  buon  partito,  e  non  saprai  presagire, 
quando  siano  messi  in  grado  di  entrare  nella  guerra  commer- 
ciale ,  e  onorevolmente  liberarsi  dal  tributo ,  cui  sono  costretti 
di  offirire  tutti  gli  anni  alle  fabbriche  estere,  e  da  una  vii  ser- 
vitù, qual  è  veramente  la  dipendenza  che  non  sia  da  una  ra- 
gione insuperabile  ;  quando  si  scuotano  dalla  inerzia ,  in  cui 
naturalmente  va  a  spegnersi  il  movimento  degli  animi  in  que- 
sto e  simili  climi,  e  caldi  di  generoso  ardore  adoprino  a  che 
l'industria,  cui  è  mollo  felice  questa  provincia  per  lo  migliore 
relativo  stato  dell'agricoltura,  germini,  e  di  quelle  arti,  che  in 
regioni  più  colte  educa ,  sia  benaugurata  madre.  Che  le  persone 
di  non  volgar  fortuna  studiino  a  farle  fiorire,  né  rifugga  da 
quest'impegno  la  nobiltà,  essendo  la  vera  verissima  ragion  di 
prestanaa  nella  patria  il  ben  meritar  di  lei  la  vera  gloria ,  il 
ben  meritare  della  umanità y  togliendo,  per  via  d'esempio, 
la  mendicità,  che  è  certo  una  gangrena,  e  stringendo  gli 
oMÙ,  che  sono  una  peste,  a  vivere  per  se  e  per  altri.  Che 
si  facda  sentire  desto  quello  spirito  d'associazione  Industriale, 
che  le  piccole  fortune  riunisce  e  pareggia  a  grandi  intraprese , 
e  dal  niente  e  dal  poco  fa  nascer  cose,  e  cose  grandi.  Allora 
soccorrendo  opportune  le  proibizioni,  le  quali  non  si  può  ne- 
gare essere  alunne  della  industria  principiante,  potrebbero  pure 
fra  i  sardi  elle  rinnovare  i  miracoli,  che  altrove  felicemente 
ebbero  operato.  Pretenderai  più  dallo  stato,  che  già  pose 
feodamento  a  tutto  con  incoraggiare  l'agricoltura,  con  pre- 
Starle  ampio  favore,  con  togliere  questi  ostacoli,  che  per  la 
còndision  delle  cose  è  stato  lecito  alla  di  lei  migliorazione ,  e  cosi 
ereaiva  l'abbondanza,  ed  in  questa  cagionava  un  prezzo  me- 
diocre alle  opere  y  non  si  concede  che  alla  gente  grossa.  Che 
se  ineuBlba  a  lui  dt  formare  degli   stabilimenti   di   industria, 


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CAGLURI  83 

ciò  non  sarà  che  in  uno  dei  due  casi^  o  di  impiegare  le  per» 
sone  dannate,  o  di  assoggettare  al  lavoro  gli  oziosi  vagabondi 
e  accattoni. 

Commercio.  Dal  sin  qni  detto  intomo  alla  agricoltura  ed  in- 
dustria potrà  senz'altro  ogni  uom  avvisarsi  di  ciò  che  sia  il 
commercio  di  questa  provincia  interno  ed  esterno.  Però  a  dir 
qualche  parola  sul  primo,  noterò  esser  in  alcuni  luoghi  (  Quar- 
to, Serdiàna,  Sanlùri,  Villamàr)  non  pochi  che  mercanteg^ 
giano  su  gli  ordinari  articoli,  cereali,  vini,  formaggi,  bestia-' 
me  :  e  tenersi  delle  fiere  in  occasione  di  feste  popolari ,  dove 
però  non  si  eonchiudono  che  piccoli  a£EEirucci. 

Strade,  Oltre  la  strada  centrale,  dove  in  certi  tempi  è  un 
gran  movimento  per  lo  trasporto  delle  derrate  alla  capitale, 
trovasi  da  su  Monastir  cominciato  il  traccianpento  della  pro- 
vinciale alla  Ogliastra.  Ma  come  si  desidera  il  perfezionamento 
di  questa,  cosi  è  desiderato  Taprìmento  di  alcune  altre  per 
facilitazione  del  commercio  col  Sulcis,  col  Sarrabus,  con  i  paesi 
littorali  a  levante  e  ponente  ,  e  per  le  comunicazioni  viciualì. 
Le  correnti,  i  fanghi,  le  asprezze  sono  grandissimi  impedi- 
menti. Peggio  se  gente  malvagia  vada  attorno  con  libertà ,  e 
aon  abborrisca  dalle  grassazioni. 

Porto.  11  numero  medio  dei  legni  mercantili  che  all'anno 
frequentano  U  porto  ascende  ai  3oo.  €he  se  si  considerino 
quelli  solamente  che  direttamente  vengono  per  commercio  fòr>« 
sechi  il  sopposto  numero  dovrà  scemarsi  sino  alla  metà.  Di 
rado  si,  ma  pur  avviene  che  passi  la  settimana  senza  un  ar*^ 
rivo  o  partenza:  e  più  infrequentemente,  che  si  veggano  tn-* 
tro  V  immenso  porto  tanti  legni  (  n.^  5o  )  quanti  starvansi  un* 
corati  col  segnai  nessun  mi  tocchi  sul  trinchetto  o  com* 
presso ,  quando  in  snl  cadere  del  i835  affollaronsi  tutti  quelli 
ehe  avevano  negozi  nella  piazza  per  entrar  i  primi  in  quelle  por-< 
te,  che  da  sei  mesi  con  danno  incalcolabile  dei  produttori  te- 
liea  serrate  una  opinione.  Le  frequentissime  provenienze  sono 
da  Genova  e  sue  riviere,  Marsiglia,  Livorno,  Napoli,  Malta, 
Fiume.  Con  la  Finlandia  e  Svezia  pochissimi  contratti,  meno 
ancora  con  la  Spagna.  Dei  legni  di  commercio  con  bandiera 
sarda ,  che  sono  la  massima  parte  degli  avvenienti ,  non  so 
q[uanti  appartengono  a  negozianti  della  piazza. 

in  tutta  la  provincia  non  è  pel  commercio  altro  porto,  che 


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84  CAGLIARI 

il  cagliaritano.  £  gli  è  iu  questo ,  che  può  uno  formarsi  giu-^ 
sta  idea  di  tutti  i  bisogni  dei  sardi.  Quali  e  quanti  sieno  gli 
articoli  principali  dell'  attivo  ,  e  chi  non  sappia  ?  Quali  e  quanti 
quei  d'importazione?  dicali  l'industria  nazionale,  ed  il  pazzo 
lusso  gi£|  da  una  in  altra  delle  classi  cittadine  sino  ai  villaggi 
propagato  con  la  forza  d'un  contagio ,  che  questo,  il  quale 
anzi  è  un  bene  dove  fioriscono  l' arti.,  è  veramente  altrove  una 
rovinosa  j^zzia.  In  poche  parole  abbiti  molto:  ricevesi  quanto 
è  nelle  cose  necessarie  utili  dilettevoli,  fatta  restrizione  per 
alcuni  manofatti  che  già  somministrano  le  piccole  fabbriche 
della  città.  Piccol  risparmio,  che  certamente  non  pareggia  la 
perdita  patita  dal  commercio  attivo  per  certe  estrazioni  cessa- 
te ,  o  molto  ridotte.  E  qui  mentre  mi  cade  in  acconcio  noterò 
che  dello  scemamento  degli  avventori ,  mentre  potevano  essere 
state  altre ,  e  furono ,  con  troppo  manifesta  ingiustizia  si  è  vo- 
luto portar  cagione  la  malafede.  Ebbervi  qui  pure  (  e  in  qual 
parte  non  si  trovi  questa  gente  piena  di  magagne?  )  dei  cotali 
che  si  intrusero  avventurieri  nella  professione  del  commercio , 
e  adulterarono  i  grani,  la  soda,  i  vini,  i  formaggi  ecc.,  e  for- 
tunati nella  frode  sfuggivano  poi  di  essere  mandati,  dove  me- 
glio stanno  questi  infami  delitti,  che  certe  venialità  in  materia 
di  furto,  che  l'odio,  l'invidia,  la  vendetta  spesso  fanno  ve- 
dere per  un  microscopio.  Ma  senza  questo  ,  in  mani  di  chi  è 
il  commercio  della  piazza? 

Chi  ora  domandi  in  qual  parte  preponderi  la  bilancia  com- 
iikerciale?  Già  sarai  venuto  in  gran  maraviglia  per  quel  certo 
Statistico ,  il  quale  ragionando  di  tai  tempi ,  quando  era  biso- 
gno di  più  merci  dall'estero,  osava  affermare  ineguaglianza 
grande  nelle  somme  comparate  del  commercio  attivo  e  passi- 
vo ,  e  quyesta  in  favor  dei  sardi ,  i  quali  or  dovriano ,  se  avesse 
detto  quel  che  era,  esser  ricchi  di  molte  centìnaja  di  milioni 
di  Ure  nuove  serbati.  A  riformar  l' opinione  secondo  il  vero , 
eccoti  alcuni  numeri  del  movimento  commerciale  non  della 
sola  provincia  di  Cagliari ,  si  bene  di  tutto  il  regno  negli  anni 

1824         1825  *       1826 

import    4,849,111.  5,838,i8i.  7,178,333. 

Esport.    3,487,177.  5,228,836.  5,418,796. 


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CAGLIARI  85 

1827  18:28  18:19 

fafort.   9,o65y!ii5.  'jySi^^g^.  9,5i9,i!i2. 

fiport.    8,239^788.  10,433,644*  7,126,001. 

Risulta  una  passività,  e  questa  si  verifica  frequentemente.  Si 
vorrebbe  calcolato  quanto  viene  dai  sali;  ma  gli  è  questo  un 
artìcolo  d'  altra  natura.  Si  vorrebbe  computato  quanto  viene  dai 
contrabbandi;  ma  in  questo  fatto  non  accadono  scandali,  e  per 
avventura  l'avuto  può  ^bilanciarsi  col  dato. 

Amministrazione  di  giustizia  nella  provincia.  Sopra  la  me^ 
desima  è  preposto  un  prefetto  ,  che  è  consultore  dei  ministri 
di  giustizia  tra  i  vassalli  di  feudatari  stranieri.  Mandamenti. 
T.  In  Cagliari  è  il  tribunale  della  R.  Vicarìa  con  gli  assessori 
dei  quartieri  secondo  il  voto  dei  quali  sentenzia  il  Vicario,  a. 
Quarto  capo-luogo  di  mandamento  Quartucciu  e  Pirrì.  3.  Se- 
larpufi  e.  1.  Settimo  e  Sestu.  4-  Paùli-pirri  e.  1.  il  Maso.  5. 
Sinnai  e.  1.  Mara-Cala gònis,  Burcèi,  Carbonara.  6.  Ussana  e.  1. 
Soléminis.  7.  S.  Sperato.  8.  Villasòr  e.  1.  Decimo-puzzu ,  Vii- 
lahennòsa.  9.  CapoteiTa  e.  1.  Sarròco.  io.  Pula  e.  1.  s.  Pietro- 
Pula,  Domos  de  Maria.  11.  Serdiàna  e.  1.  Donòrì.  12.  5icci. 
i3.  Assémini  e.  1.  Uta.  i4*  Decìmo-manno  e.  1.  Villa  speciosa. 
i5.  Villamàr.  16.  Samàssi  e.  1.  Serrenti.  17.  Sanlùrì.  18.  Nu- 
rioninis  e.  1.  Monastir.  19.  Senorbi  e  1.  Sèlegas,  Seùni,  An/i, 
s.  Basilio,  s.  Andrea.  20.  Furtéi  e.  1.  Segarlo,  Villagréca.  21. 
Serramanna.  22.  Guasila  e.  1.  Guamaggiore ,  Ortacesus,  Pimen- 
tallo  y  Barrali.  23.  S.  Pantaleo  e.  1.  Suelli.  24-  S.  Gavino  e.  1. 
Sàrdara,  Pabillònis.  25.  Siliqua.  26.  Samatzài. 

Delitti.  £ssendo  generalmente  i  campidanesi  di  miti  costumi 
sono  di  poco  conto  le  più  frequenti  colpe,  e  degne  men  di 
pena,  che  di  una  paterna  correzione.  Ciò  è  chiaro  dalle  stesse 
condanne  alla  sdiiavitù  pubblica  per  leggieri  peccati,  ordina- 
riamente di  furto.  I  gravissimi  sono  di  uccisioni  spesso  indeli- 
berate per  trasporto  di  furia ,  raramente  premeditate  per  amor 
di  vendetta ,  e  accadono  più  spesso  nei  paesi  di  montagna  y 
dove  è  ancora  un  po'  di  fierezza,  che  altrove.  Non  pertanto  si 
ricordano  esempi  di  crudeltà  in  uomini  delle  terre  più  basse 
da  commozione  di  gelosia  ;  e  furono  pure  che  intraprendessero 

t^e  strade  pubbliche  i  passeggicri. 


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86  CAGLURI 

Intendenza  provinciale.  In  quanti  distretti  sia  stata  spartita 
già  fu  detto.  Amministrasi  dallo  stesso  Intendente  generale  del 
Regno,  onde  che  egli  deve  dividere  la  sua  attenzione  tra  le 
particolarità  e  minuzie  provinciali  e  locali,  e  la  generalità  del 
reggimento  di  tutte  1*  altre. 

Quello  che  proviene  all'erario  cumulativamente  alle  gabelle 
e  agli  altri  redditi  si  può  stimare  di  novecento  e  più  mila  lire 
sarde,  circa  due  milioni  di  lire  nuove. 

Opere  e  forze  militari.  Senza  i  propugnacoli  della  citta  do- 
minante ,  di  cui  sarà  poi  particolar  disborso,  sono  state  in  certi 
punti  del  littorale  edificate  delle  torri.  E  procedendo  da  le- 
vante a  ponente  troverai  prima  delle  altre  la  torre  di  Cala-pira 
conia  vicina  di  Serpentarìa  sur  una  isoletta;  quindi  la  denominata 
dei  cavoli  sopra  im  altro  gran  masso  entro  il  mare.  Siede  sul 
prossimo  promontorio  e  domina  il  porto  di  Carbonara  la  cosi 
detta  fortezza  vecchia.  Successivamente  sopra  vari  spargimenti 
della  costa  sono  le  torri  di  Capo  Boi ,  di  Monti-fenùghu ,  della 
Regina,  di  s.  Andrea,  quindi  il  fortino  del  Margine-rosso,  dove 
fu  già  il  campo  dell'esercito  francese  di  sbarco  nel  1793*  Sul 
promontorio  di  s.  Elia  sopra  Cala -mosca  é  il  forte  della  torre 
dei  segnali.  A  ponente  della  città  sono  le  torri  del  Loi,  dì 
s.  Macario  sopra  una  isoletta,  del  Coltellazzo  sulla  testa  del 
promontorio  su  cui  fra  due  porti  sedeva  l'antica  e  nobile  città 
di  Nora,  e  in  là  quelle  di  Cala-d-os(ias,  Chia,  Sparavento, 
Malfettano,  del  Budello  entro  il  gran  seno  di  Teulada,  e  oltre 
il  capo  di  questo  nome  V  estrema  di  Cala-piombo.  In  questa 
linea  erano  anticamente  più  numerosi  i  punti ,  dove  eransi  po- 
ste armi  e  guardie  ,  e  vi  sorgevano  in  siti  opportuni  per  l'al- 
tezza alle  vedette  alcune  torricciuole  per  stazione  degli  specu- 
latori \  per  forma  che  era  tra  tutte  le  guardie  del  littorale  una 
corrispondenza  poco  chiara  a  dir  vero,  ma  era  il  primo  ten- 
tativo e  passo  alla  telegrafia. 

L' origine  di  queste  torri  si  riferisce  al  regno  di  D*  Pietro  IV 
(  anno  1 354  )  quando  trovandosi  nell'  isola  ordinava  fossero  in- 
torno alla  medesima,  specialmente  nei  luoghi  di  approdo,  costrutte 
torri,  e  in  eminenze  di  largo  orizzonte  stabilite  specole  ,  che 
per  via  di  foco  segnassero  se  nei  rispettivi  paraggi  si  presen- 
tassero legni  nemici. 

Erano  altre  foi*tificazioni  presso  la  città ,  che  a  spese  dei  cit* 


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CAGUAftl  87 

ladini  fuiooo  costruite  in  quei  punti  HÙlitarì|  cbe  par?e  bene 
preoccupare  a  poter  iar  argine  ad  un  nemico ,  che  con  preci* 
pitosa  marcia  si  pcMrtasse  sulla  capitale.  Allora  le  eresie  del 
HoDVolpino  si  coronavano  di  piccoli  bastioni;  si  co:»truiva  sul 
monte  di  s.  Ignazio  a  sopraccapo  della  torre  dei  segnali  un 
forte  che  facesse  giocare  più  di  36  pezzi  d'artiglieria-,  e  sulla 
Kaffa ,  eh'  era  altro  punto  di  somma  importanza  dove  potevasi 
operare  sul  mare  e  sulla  avvenienza  dalla  plaìa,  fondavasi  uà 
terzo  bastione.  Diversa  maniera  di  pensare  in  fatto  di  tattica 
non  ha  guari  fé' distruggere  le  opere  del  Monvolpino,  e  lascia 
le  altre  si  sfacciano  per  opra  del  tempo  o  dell'uomo. 

Delle  Gostruziotki  militari  del  medio  evo  restano  ancora  pa* 
recchie,  comecché  già  rovinanti,  fatta  eccezione  di  quelle  che 
comprendonsi  nelle  fortificazioni  della  città;  e  sono  il  castello 
di  Bonvicino  (  Bonvebi  ) ,  altrimenti  di  s.  Michele ,  sopra  la 
prima  collina  della  catena  cagliaritana  ad  un  miglio  circa  la 
tramontana  della  città ,  di  cui  in  appresso  sarà  special  menzio- 
ne ;  e  le  rocche,  una  di  Siliqua,  della  quale  sotto  la  denomina- 
zione  di  Gioiosa  guardia  sono  molte  memorie  istoriche;  altra 
dell'antica  città  di  Sanlàri  che  tuttora  si  conserva;  e  la  terza , 
il  castello  di  Sàrdara ,  che  ebbesi  il  cognome  di  Monreale.  Tra 
quelle  che  già  caddero  devonsi  notare  la  fortezza  di  s.  Gilla 
molto  celebre  nell'estrema  epoca  dei  giudici  cagliaresi,  e  il 
castello  di  Bonaria.  Sopra  le  quali  sono  dal  Fara  ricordate  le 
castella  di  Pula  e  Santisconata  nel  Norese,  di  Sorris  in  Parte- 
Ippis,  di  Orgulosu  nel  dipartimento  di  Galilla,  altrimenti  del 
Giarréi  ;  ma  il  primo  è  tutt'  altra  cosa ,  per  la  forma  che  quella 
che  si  nomina ,  avvegnaché  alcuni  uomini  vi  si  potessero  difen- 
dere; del  secondo  non  si  ha  finora  alcuna  contezza  ;  rispetti- 
vamente al  terzo,  cosi  la  tradizione,  come  quello  che  avanza 
della  costruzione  cel  presentano  non  castello,  ma  palagio  del 
barone. 

Milizie.  Delle  regolari  si  di  infanteria ,  come  di  cavalleria  ed 
artiglierìa ,  che  sono  nella  provincia,  il  numero  porta  uomini 
circa  i5oo.  Se  esso  fosse  più  ampio,  si  potrebbero  fissare  delle 
stazioni  nei  capi  luoghi  dei  distretti  a  maggior  fermezza  del 
buon  ordine,  e  a  meglio  frenare  quei  che  scapestrano. 

Le  truppe  nazionali  sono  in  molte  e  numerose  schiere,  e 
possono  essere  portate  ad  una  quantità  sei  o  più  volte  mag- 


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88  CAGLURI 

giore  al  primo  cenno  del  goyerno.  Esse  nel  1798  mentre  uo- 
mini scelti  dei  cittadini  erano  intesi  nella  propugnazione ,  e  so- 
stenevano il  vivissimo  fuoco  della  formidabil  flotta  del  Diret- 
torio rivoluzionario  di  Francia,  ferme  in  vantaggiose  positure 
contenevano  dentro  i  loro  steccati  le  feroci  bande  state  man- 
date  giù  per  prendere  alle  spalle  la  capitale,  e  poi  instando  e 
premendo  con  vigore  le  costringevano  a  ricercar  salvezza  nei 
legni.  Se  avessero  avuto  a  esser  guidate  da  un  abile  capitano ,  sa- 
rebbe ora  in  quei  lidi  la  ricordanza  di  una  illustrìssima  vittoria. 
Feudi.  I  61  villaggi  di  questa  provincia  sono  compresi  in 
%Z  feudi. 

I.  n   marchesato  di  Yillasor  (popolazioni  3)  appartenente 

ad  uno  straniero. 
a.  id,  Yillacidro  (  popol.   i   nella  prov.  )  ad 

uno  straniero. 
S.  Sperato  (p.  i  )  ad  un  signore  sardo. 
Giarrei  (p*  3  nella  prov.)  ad  un  na-* 

zinnale. 
Soleminis  (  p.  i  )  ad  un  signore  sardou 
Samassi  (  p.  a  )  ad  un  signore  sardo. 
Baronia  di  Serdiana  (p.  a)  ad  un  signore  sardo. 
S.  Michele  (p.  9)  ad  uno  straniero. 
Monastir  (p.  5  nella  prov.)  aduno  straniero. 
Snelli  (  p.  a)  all'arcivescovo  di  Cagliarì 
Capoterra    (  p*  a  nella  prov.  )  ad  un  signore 

sardo. 
Pula  (  p.  3  )  ad  uno  straniero. 
Samatzai  (  p.  i  )  al  R.  Patrimonio. 
Teulada  (  p.  i  )  ad  un  signore  sardo. 
Monreale  (  p.  i  nella  prov.  )  ad  uno  straniero. 
Quarto  (  p.  3  )  ad  un  signore  sardo. 
Furtei  (  p.  5  )  ad  uno  straniero. 

18.  Viscontea  di  Sanluri  (p.  i  )  ad  un  signore  sardo. 

19.  Contea  di  Villa  mar  (  p.  i  )  ad  un  signore  sardo, 
ao.  Signoria  della  Tre/enta  (  p.  1 1  )  ad  uno  straniero. 

ai.       id.  Marmilla  (  p.  i  nella  prov.  )  ad  uno  straniero. 

a  a.  Ducea  di  Mandas  (  p.  i  )  ad  uno  straniero. 

a3.  Feudo  d' Albis  (  p.  i  )  ad  un  signore  sardo. 

Dal  qual  prospetto  si  apprende  dai  dieci  feudatari  forestieri 


3. 

id. 

4. 

id. 

5. 

id. 

6. 

id. 

7- 

Baroma  dì 

8. 

id. 

9- 

id. 

IO. 

id. 

ti. 

id. 

la. 

id. 

i3. 

id. 

14. 

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CAGLIARI  89 

pocsederd  popolazioni  4^  9  che  sono  Teramente  le  più  prodiit- 
tÌTie^  dai  signori  sardi  popolazioni  ai.  E  si  può  designare  come 
m  totale  approssimativo  delle  prestazioni,  cui  sono  soggette 
fa  ragioni  di  tutte  sorte,  lire  nuore  5oo,ooo. 

Questo  ed  altro  più  grave  peso ,  che  loro  sovra  incumbe ,  fa 
gemere  e  cpiesti  e  gli  altri  popoli  della  Sardegna.  Ma  già  verso 
£  loro  si  volge  il  cuore  dell'augusto  Carlo  Alberto,  già  vede 
le  cause  della  misera  condizione,  in  cui  versano,  e  tocco  da 
pietà  non  più  indugia  a  tutta  porre  in  opera  la  Sua  Real 
provvidenza  (V.  Carta  Reale  19  dicembre  1 835  prescrivente  la 
consegna  dei  feudi ,  giurisdizioni  e  dritti  feudali  )  in  loro  sol- 
lievo. Gli  animi  amanti  della  patria  e  cupidi  del  rifiorimento 
della  nazione  si  ergono  a  grandi  speranze:  poco  ancora,  e  i 
popoli  dell'isola  saranno  posti  nel  grado  di  incivilimento  e  pro- 
ferita, in  cui  per  benefizio  dei  Principi  Sabaudi  sono  perve- 
nnti  e  consistono  i  loro  fratelli  del  continente-,  e  Carlo  Alberto 
ac^iislerà  altri  e  massimi  diritti  alla  perpetua  gratitudine  dei 
sardi,  e  con  tutto  merito  l'appellazione  affettuosa  di  Padre 
della  patria ,  il  glorioso  cognome  di  Ristoratore  della  Sardegna. 
Del  governo  ^generale  delT  isola  e  regno  di  Sardegna.   . 

B  reggimento  della  Sardegna  è  monarchico. 

Le  sue  forme,  e  gli  ordinamenti  per  la  legislazione,  e  per 
l'amministrazione  si  costituirono  cosi: 

Il  re  D.  Pietro,  il  Cerimonioso ^  fu  il  primo  dei  sovrani 
d'Aragona  e  Sardegna,  che  convocasse  a  Cagliari  in  parlamento 
i  più  distinti  fra  i  suoi  soggetti.  Il  che  avvenne  nell'anno  i355 
(Y.  Manno  Storia  della  Sardegna  in  detto  anno). 

Alfonso  T ,  quando  abbandonata  l' impresa  della  Corsica  sof- 
ferma vasi  nell'isola,  volle  congregare  alla,  sua  presenza  nel  ca- 
stello di  Cagliari  il  parlamento  della  nazione  (  anno  1421  )• 
Dal  qual  tempo  cominciò  per  la  nasdone  sarda  un  ordine  mi- 
glior di  cose,  perché  si  facea  partecipe  in  qualche  maniera 
deUe  cure  del  proprio  reggimento,  ed  invitavasi  dai  sovrani  a 
rassegnare  periodicamente  il  quadi*o  dei  suoi  bisogni ,  e  la  pro- 
posizione dei  rimedi.  Ed  ecco  il  cenno  che  delle  leggi  politi-, 
che  della  Sardegna  dà  nella  sua  lodata  istoria  il  chiarissimo 
summentovato  Autore. 

11  re  D.  Alfonso  non  volendosi  dipartire  da  quelle  norme  ^ 
che  nei  regni  suoi  della  Spagna  erano  già   in    vigore  ^    estese 


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90  CAGLIARI 

alU  Sardegna  la  «tessa  legge  delle  cosi  dette  corti  generali  del 
principato  di  Catalogna,  convocando  a  formare  il  parlamento 
sardo  tre  ordini  di  persone:  quello  degli  ecclesiastici,  compo- 
sto dei  vescovi,  abbati,  priori  e  capìtoli  delle  cblese  cattedrali , 
chiamato  anche  fra  noi  con  vocabolo  castigliano  stamento  ec- 
clesiastico: quello  dei  gentiluomini,  nel  quale  sono  compresi 
tutti  i  signori  dei  feudi,  rappresentanti  eziandio  i  comuni  loro 
sottoposti,  ed  intervengono  tutte  le  persone  nobili  ed  i  cava- 
lieri del  regno ,  appellato  stamento  militare  :  e  lo  stamento  in- 
titolato reale,  al  quale  convengono  i  deputati  di  ciascheduna 
città.  Allorché  per  convocazione  intimata  dal  sovrano  o  dal  vi- 
ceré ,  si  dovettero  questi  tre  ordini  congregare  in  solenne  par- 
lamento, chìamossi  tal  concilio  corte  generale  ,  o  curia  del  re- 
gno. La  riunione  distinta  di  ciascuno  ritenne  il  nome  di  sta- 
mento; la  qual  cosa  succedette  specialmente  più  volte  nelle  ran- 
nate dello  stamento  militare  per  lo  privilegio  concedutogli  di 
congregarsi  anche  alloraquando  non  si  trovano  adunate  le  cor- 
ti, onde  rappresentare  al  sovrano  le  cose  necessarie  al  bene 
dello  stato;  essendo  stata  a  questo  stamento  in  modo  partico- 
lare commessa  la  tutela  delle  ordinazioni  vinte  nei  parlamenti. 
Ed  in  questo  rispetto  devesi  osservare  che  siccome  ciascun  or- 
dine rappresenta  una  classe  diversa  di  sudditi,  così  le  risolu- 
zioni prese  se  furono  accordate  fra  i  tre  stamenti,  ed  appro- 
vate dal  sovrano  obbligano  il  regno  intero,  ed  hanno  forza  di 
legge  generale,  mentre  che  quelle  che  ad  un  solo  ordine  ap- 
partengono per  una  sola  classe  di  sudditi  partoriscono  obbli- 
gazione. Per  le  formalità  solite  usarsi  vedi  il  lodato  Scrittore 
all'anno  14^1  ed  all'anno   1721. 

Queste  assemblee  facevansi  solitamente  in  ogni  dieci  anni. 
L'ultima  fu  tenuta  nel  1699.  Ottenutosi  il  regno  sardo  dai 
duchi  di  Savoja ,  Vittorio  Amedeo  avea  deliberato  in  conformità 
alle  domande  fatte  dallo  stamento  militare  di  convocare  un 
solenne  parlamento;  ma  poi  si  incontrava  una  difficoltà  nell'in- 
felice risultamento  del  ricolto,  e  non  si  voleva  in  tal  condi- 
tone aumentare  le  pubbliche  gravezze. 

Fu  poi  nelle  urgenze  dei  tempi  torbidi  del  1 795  tenuta  una 
general  sessione,  ma  non  fa  numero  con  le  precedenti,  sicco- 
me quella  che  non  può  comprendersi  nell'ordine  consueto. 

Avvegnaché  non  si  celebrino  siffatte  congreghe  nelle  solenni 


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CACLIARI  91 

forme y  che  si  era  «olito,  tutUvolta  i  Reali  di  Sav<^a  hanno 
date  e  danno  a  questi  ordini  le  più  distinte  prove  di  loro  con-' 
siderazione  e  fiducia.  Imperocché  non  solo  continuano  nella  con- 
suetudine'^ di  interpellare  le  tre  prime  voclj  e  i  mfeuthri  prin- 
cipali di  ciascun  ordine  per  la  proroga  triennale  del  donativo  ; 
ma  le  chiamano  in  parte  di  importaotissimi  negozi,  ed  i  vi- 
ceré ai  maggiori  congressi  per  interrogarli  della  loro  sentenza* 

Consigli  di  stalo.  Quando  il  Sovrano  restasi  in  sul  continente 
tiene  presso  di  se  un  Consiglio,  che  si  qualifica  Supremo; 
quando  sia  nel  regno  questo  onore  é  attribuito  alla  Reale 
Udienza* 

Componesi  il  supremo  consiglio  d*un  presidente,  del  reg- 
gente di  toga,  che  deve  essere  regnicolo,  di  due  consiglieri 
eziandio  regnicoli,  e  di  quegli  altri,  cui  piace  al  re  di  eleg- 
gere ;  fìaaln>ente  d' un  avvocato  fiscale  generale ,  e  d'  un  segre- 
tario. Questi  consultano  il  sovrano  per  tutte  le  provvisioni  con- 
cernenti r amministrazione  della  giustizia,  grazie,  e  impieghi 
di  privativa  dei  regnicoli,  e  danno  il  loro  sentimento  sempre 
che  si  tratti  di  leggi  o  di  altri  provvedimenti,  che  direttamente 
si  riferiscano  al  bene  pubblico,  e  riguardino  lo  statuto  della  na* 
zinne,  o  il  governo  politico.  E  qui  è  da  notare  che  se  le  regie 
provvisioni  concernenti  tali  materie  non  siano  segnate  dai  mi- 
nistri del  supremo  devonsi  dal  viceré  e  dai  magistrati  trattenere. 

Viceré.  11  Luogotenente  del  re  nell'isola  chiamossi  in  prin- 
cipio Governatore,  o  capitan  generale,  quindi  Viceré*  Amplis- 
sima e  veramente  regia  erane  nei  primi  tempi  l'autorità:  in 
questi  é  circoscritta  dalle  leggi  del  regno,  dalle  reali  istruzioni 
del  1 755 ,  e  dalle  particolari  che  sono  prescritte  a  ciascuno 
nella  sua  nominazione. 

Qualche  volta  per  caso  di  morte  o  di  assenza  si  destina  un 
presidente  del  regno ,  titolo  che  indica  una  luogotenenza  prov* 
visoria,  quale  suole  commettersi  al  governatore  di  Cagliari^ 

Il  viceré  nella  solenne  inaugurazione  di  sua  autorità  giura 
in  presenza  dei  tre  ordini  del  regno  nella  chiesa  maggiore  l'os- 
servanza delle  leggi  vigenti  nel  regno  ,  privilegi,  capitoli  di 
corte  ecc. 

Assistono  al  viceré  nella  generale  amministrazione  delle  cose 
pubbliche  /:ome  suoi  legittimi  consiglieri  i  capi  dei  dipartimenti 
giuridico,  economico,  militare.  Ma  il  principale  e  perpetuo  egli 


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9^1  CAGLURI 

è  il  Reggente  la  Real  Cancellerìa ,  il  quale  dopo  il  viceré  pre- 
cede tutti  gli  altri  impiegati  del  regno.  Ei  gli  offre  i  suoi  con- 
sigli nelle  materie  giurìdiche,  giurisdizionali  e  politiche ,  die 
non  sieno  però  di  tanta  importanza,  da  si  dover  sottoporre 
alle  deliberazioni  della  Reale  Udienza,  e  con  la  stessa  norma 
nella  provvisione  d' uffici  soliti  conferirsi  dal  viceré  o  interinai* 
mente  o  per  incommenda  ecc.  La  istituzione  dell'ufficio  del 
Reggente  fatta  dal  re  Ferdinando  II  fu  il  primo  temperamento 
posto  air  arbitrario  ed  assoluto  governo  dei  viceré.  La  Sardegna 
per  circa  i6o  anni  soggiacque  ad  un  reggimento  quasi  milita- 
re. Lodossi  mai  sempre  il  governo  di  coloro  che  contenti  ad 
invigilare,  e  studiosamente  invigilando  operarono  che  le  am- 
ministrazioni fossero  esercitate  col  dovuto  zelo,  e  si  accomoda-» 
rono  nella  spedizione  degli  affari  al  giudizio  dei  capi  di  dicastero. 

Sta  presso  il  viceré  una  regia  segreterìa  di  stato  e  di  guerra. 
È  questo  il  primario  uffizio  del  regno,  onde  é  sfogo  a  tutte  le 
provvidenze  governative. 

Reale  Udienza.  Nel  regno  é  la  Reale  Udienza  un  consiglio 
di  stato.  Gli  é  mandato  al  viceré  ,  che  occorrendo  cose  gravi 
o  concernenti  alle  massime  del  governo,  ei  le  debba  trattare 
con  la  medesima  -,  ed  é  pure  ordinato  che  la  risoluzione,  che 
d'accordo  verrà  presa,  abbia  ad  essere  spedita  con  segnatura 
del  Reggente,  ecc.  ecc.  I  pregoni  contenenti  provvidenze  e  di- 
sposizioni prese  nella  maniera  accennata,  e  pubblicate  nella 
forma  prescritta ,  ottengono  nel  regno  forza  di  legge  perpetua. 
La  stessa  Reale  Udienza  forma  le  terne  dei  soggetti  nei  quaU 
concorrono  le  richieste  qualità ,  per  essere  delle  prelature  e  di- 
gnità ecclesiastiche  del  reguo,  arcivescovadi,  vescovadi,  abba- 
zie, priorati,  nei  quali  la  nomina  e  presentazione  spetta  al 
Real  patronato,  onorate  e  provviste  sempre  secondo  la  espressa 
volontà  sovrana  le  persone  più  degne  e  benemerite  di  esso  re-t 
gno.  Siffatte  terne  tocca  pur  fare  alla  Reale  Udienza  nella  va- 
canza di  quegli  impieghi,  ai  quali  deve  il  re  nominare  i  re- 
gnicoli ,  in  favore  dei  soggetti  più  benemeriti  e  distinti  del  regno 
in  probità  e  dottrina.  Quando  sia  questione  intorno  a  provvi- 
denze estere,  o  di  regi  editti,  patenti,  e  diplomi,  comprese 
pure  le  lettere  di  grazia ,  di  creazione  ,  di  commende  ecc.  ecc. , 
essa  se  riconoscavi  ragioni  di  orrezione  o  surrezione ,  o  altra 
che  stimi  pregiudiziale  al  reale  servigio,    al  pubblico  bene,    a 


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CAGLURI  93 

al  teno,  deve  sospendere  Vexequatur^  o  la  registrazione  delle 
medeàme ,  e  proceder  tosto  alle  opportune  rimostranze.  Final* 
mente  in  mancanza  del  viceré  (se  pure  già  non  siasi  in  altra 
maniera  disposto)  il  Reggente  la  Real  Cancelleria,  e  tutti  i 
ministri  della  Reale  Udienza ,  sino  a  che  il  Re  provvegga ,  de* 
von  prendere  il  governo  del  regno  ed  amministrar  giustizia  con 
autorità  viceregia  in  una  col  governatore  di  Cagliari. 

Magistrati  supremi  di  giustizia.  Il  Supremo  consiglio  del  re- 
gno, e  la  Reale  Udienza  riuniscono  in  se  quest'altro  sublime 
carattere.  Sono  ambedue  supremi,  ma  tuttavolta  dassi  supplii 
cazione  da  questa  a  quelUo,  o  straordinariamente  consente^ 
una  revisione*  Veramente  in  parità  d' altro  dovea  preponderare 
l'autorità  del  Consiglio  per  la  prerogativa    dell'oracolo    regio. 

Compete  al  Supremo  la  giurisdizione  civile  e  criminale  nei 
casi  e  modi  dalle  leggi  del  regno  determinati,  e  secondo  le 
prescrizioni  e  disposizioni  del  legislatore.  Un  avvocato  fiscale 
generale  vi  deve  intervenire  a  difendere  i  regii  dritti,  ed  a 
spiegar  il  suo  voto  consultivo  in  tutte  le  cause,  nelle  quali  sì 
tocchi  l'interesse  del  reale  patrimonio.  Dal  Supremo  si  sen- 
tenzia su  li  processi  conchiusi  dal  visitatore  cui  sia  stato  com- 
messo di  esaminare  la  condotta  dei  ministri  reali,  e  degli  al- 
tri magistrati  del  regno,  e  ove  a  lui  sia  stata  fatta  potestà  di 
dar  sentenza  si  ricevono  gli  appelli. .  Capo  di  questo  magistrato 
è  il  Re ,  e  chi  lo  presiede  in  suo  nome  ha  il  grado  e  le  ono- 
rificenze dei  primi  presidenti. 

La  Reale  Udienza,  come  magistrato,  fu  con  editto  del  31 
gennajo  18 18  ordinata  in  tre  sale,  due  civili,  ed  una  crimi- 
nale, che  è  pur  denominata  Reale  ConsigUo,  o  Sala  di  gover- 
no. Il  Viceré  é  capo  del  medesimo  ,  e  se  intervengavi  può  dar 
voto  nelle  cause  criminali.  Lui  assente,  prevale  l'autorità  del 
Reggente  la  Real  Cancelleria,  e  se  questi  manchi,  ottien  le 
prime  il  presidente  o  il  giudice  seniore.  Mentre  é  libero  al  Reg- 
gente di  presiedere  in  quella  delle  sale,  dove  stimerà  meglio 
convenire  secondo  la  importanza  dei  negozi ,  é  tuttavia  dichiarata 
sovrana  intenzione  che  sia  più  assiduo   nella  sala  criminale. 

Spetta  al  Reggente  la  disti*ibuzione  delle  rispettive  cause  ai 
giudici  civili  e  criminali  perché  ne  possan  ridire  la  somma* 
Ciascuno  di  questi  quando  gli  tocca  sua  volta  riferisce,  e  a 
quest'atto  vien  ammesso,  il  pubblico. 


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94  CAGLIARI 

Una  si  è  deUe  precipue  iocumbenie  dell'avvocato  fiscale, 
cbe  promova  il  corso  della  giustizia  con  procurare  le  prove  dei 
reati,  e  l'arresto  dei  delinquenti.  Egli  spiega  il  suo  sentimento 
sulle  criminal'ttà  ,  denunzia  i  delitti  dei  quali  ebbe  avviso  dai 
ministri  di  giustizia,  domanda  l'evocazione  al  Reale  Consiglio 
delle  cause  per  misfatti  degni  di  pronta  ed  esemplare  punizio- 
ne ,  e  deve  vigilare  sulla  condotta  dei  giudici  locali. 

I  dottori  di  legge  dopo  che  siansi  esercitati  nella  pratica  se 
voglian  essere  ammessi  a  patrocinare  davanti  questi  tribunali 
devono  prestare  un  apposito  giuramento.  Ye  n'ha  un  numero 
sorprendente. 

Per  li  poveri  è  assegnato  un  avvocato  e  procuratore  che 
deve  gratis  e  con  buona  fede  patrocinare  lor  cause  tanto  ci* 
vili,  che  criminali. 

Supplicazioni.  Dalle  sentenze  della  Sala  criminale  è  concesso 
supplicare  alla  stessa,  o  alle  civili;  e  da  una  civile  ad  ambe 
unite  se  il  valore  della  cosa  che  si  contende  sorpassi  le  lire 
sarde  5oo;  od  al  Supremo,  se  si  litighi  per  una  somma  mag- 
giore di  i5oo. 

Reale  governazione  del  Logudoro.  E  questa  pure  ha  il  dop- 
pio carattere  di  corpo  politico,  e  di  magistrato  per  le  provin^^ 
eie  del  Logudoro.  Risiede  in  Sassari ,  ed  ha  per  capo  il  gover- 
natore. Questi  può  intervenire  alle  sessioni  qualunque  volta 
giudichi  cosi  convenire  in  affari  che  domandino  una  pronta 
provvidenza  governativa,  ed  assistere  personalmente  alla  rela-* 
xione  e  decisione  di  qualunque  causa  civile  o  criminale. 

Delle  operazioni  deliberate  nella  Reale  Governazione  per  af- 
fari di  governo  o  concernenti  all'amministrazione  della  giusti- 
lia ,  massime  in  materie  gravi  e  giurisdizionali ,  devesi  dare 
senza  indugio  contezza  al  Viceré  eoa  l'esibizione  dei  consulti 
e  informative. 

Appellasi  dalle  sentenze  della  R.  Governazione  nelle  cose  cri'- 
minali  al  R.  Consiglio ,  nelle  civili  alla  R.  Udienza. 

Prefetture  del  regiu)  già  stabilite  con  l'editto  dei  4  mag* 
gio  1807.  Sono  state  ridotte  a  dieci,  e  sono  quest'esse:  Caglia- 
ri, Busàchi,  Igl^stas,  Isili,  Lanusèi,  Nuoro,  Sassari,  Alghero, 
Ozièri,  Càglleri.  Tempio  può  nuovamente  aggiungersi  al  nume- 
ro, dopo  essere  stato  separato  per  Carlo  Felice  dalla  Ozierese, 
e  favorito  d'un  Delegato  Consultore  avente  le  stesse  attribu- 
zioni dei  prefetti. 


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GA6UARI  9^ 

I  prefetti  fanno  residenza  nelle  città  o  terre  destinate  per 
centro  della  giurìsdiùone,  dove  però  non  più  eserciscono  le 
funzioni  di  giudici  ordinari.  Erano  eì  per  T  addietro  giudici 
d'appello  dalle  sentenze  dei  tribunali  locali ,  ora  le  incunibenze 
sonò  ristrette  a  dare  lor  TOto  ai  ministri  delle  sole  curie  su* 
bordinate  per  la  prolazione  delle  sentenze  nei  processi  civili 
e  criminali ,  ed  a  vegliare  su  gli  officiali  di  giustizia  anche  con* 
sultori,  e  perché  dette  giudicature  siano  provvedute  a  tempo,' 
ed  i  detenuti  ben  custoditi,  e  con  umanità  trattati. 

Tribunali  di  mandamento.  Furono  stabiliti  Yeghieri  (R.  Vi- 
cari) in  Cagliari,  Sassari,  Oristano,  Bosa,  Alghero,  un  Pode^ 
sta  in  Castelsardo ,  un  Capitano  di  giustizia  in  Iglesias,  i  quali 
esercitano  la  giurisdizione  in  prima  istanza.  1  veghieri  valgonsì 
del  voto  dei  rispettivi  assessori. 

Alle  curie  pedanee  soggette  a  feudatari  residenti  ne'regi  do«- 
minii  é  concesso  avere  dei  consultori,  negato  alle  soggette  a 
feudatari  forestieri.  I  consultori  proferiscono  sentenza  e  dipen* 
dono  immediatamente  dalla  R.  Governazione,  o  dalla  R.  Udienza. 

Nelle  ville  si  reali,  che  baronali  componenti  un  sol  manda- 
mento deve  l'ufficiale  di  giustizia  deputare  per  ciascuna  un 
particolare  luogotenente,  il  quale  rispetto  agli  atti  urgenti, 
principalmente  criminali,  ha  giurisdizione  ordinaria^  e  può  pure 
provvedere  nelle  cause  minime  e  in  quelle  che  non  patiscono 
dilazione.  Che  se  l'ufficiale  fosse  sospetto,  infermo,  ò  assente, 
potrà   conoscere  e  provvedere  in  suo  luogo  con  la  stessa  autorità. 

Sportale.  I  Magistrati  non  godendo  un  sufficiente  assegna* 
mento,  vige  tuttora  il  sistema  sportulario  regolato  d'una  re* 
cente  tariffa. 

Sindacaturatié  un'ottima  instituzlone,  che  come  èia  natura 
delle  cose  umane  potrebbe  degenerare  in  un  cerimoniale  inu*> 
tìle,  ed  in  un  vero  aggravio  per  le  finanze.  Fu  questa  in  uno 
degli  articoli  proposti  dalla  famosa  regina  d'Arborea  Leonora 
Desserra  nel  trattato^  di  pace  col  re  d' Aragona.  Nei  primi  tempi 
non  ne  erano  esenti  né  anche  i  ministri  maggiori  del  Re;  poscia 
Ti  rimasero  soggetti  soli  i  minori.  È  solito  che  ogni  tre  anni  i 
Magistrati  della  R.  Udienza  e  Governazione  deputino  uno  o 
più  giudici,  i  quali  con  l'avvocato,  o  proavvocato  fiscale  re-« 
gio  trasferitisi  nelle  città  e  luoghi  di  residenza  dei  prefetti  ve*' 
ghierì,   delegati  consultori ,  e  invitati  gli  aggravati  a  proporre 


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96  CAGLIARI 

le  accuse ,  iinpreDdono  V  esame  delie  operaùoni  del  gitidice 
locale  ecc.  1  prefetti  rivedono  quelle  dei  ministri  delle  ville  dei 
loro  distretti. 

yisUatorL  Se  i  ministri  maggiori  non  sono  più  sottoposti  a 
quesU  regolari  esami,  non  perciò  possono  liberar  l'animo  da 
tristi  pensieri  intorno  all'avvenire,  se  male  adempiano  i  loro 
offici;  che,  quando  sembri  conveniente  al  Sovrano,  comparisce 
improvviso  un  regio  Visitatore  a  discoprire  le  malvelate  magagne. 

Leggi.  Quelle  che  si  osservano ,  e  secondo  le  quali  si  giudica 
sono  il  dritto  comune  ,  e  il  patrio.  Compongon  questo  i  .^  la 
Carta  de  Ioga,  Codice  diviso  in  198  capitoli  in  antico  dialetto 
sardo,  che  si  promulgava  verso  la  fine  del  secolo  xiv  dall' an- 
zilodata  Leonora  d'Arborea:  fu  commentato  da  Girolamo  Oli- 
ves ,  e  recentemente  tradotto ,  e  molto  dottamente  illustrato  da 
D.  Giovanni  Mameli  de  Mannelli:  a.^  le  Reali  prammatiche^ 
corpo  di  leggi  in  lingua  spagnuola  diviso  in  5i  capitoli,  che 
fu  compilato  e  commentato  da  D.  Francesco  Vico  reggente  nel 
supremo  consiglio  di  Aragona,  e  promulgato  da  Filippo  IV  nel 
i633:  3*^  i  Capitoli  di  corte  che  sono  suppliche  rassegnate  ai 
sovrani  dai  tre  stamenti  del  regno  coi  relativi  decreti;  furono 
compilati  da  G.Giovanni  Dexait:  4-^  gli  Editti  pregoni  j  ed  al- 
tre regie  provvisioni  emanate  pel  regno  di  Sardegna  dacché 
esso  passò  sotto  la  felice  dominazione  dei  Reali  di  Savoja, 
fra  le  quali  ordinazioni  le  anteriori  al  1774  furono  raccolte 
dal  reggente  del  supremo  consiglio  Sanna-Lecca:  5.^  la  nuova 
Raccolta  pubblicata  da  Carlo  Felice  addi  16  gennajo  1827 ,  che 
componesi  di  articoli  2369. 

jForo  privilegiato.  Tr9L  vari  tribunali  detti  di  eccezione,  come 
pei  militari ,  e  pei  ministri  dipendenti  dal  regi9  patrimonio  ,  i 
nobili  e  cavalieri,  però  che  sono  dello  stamento  militare,  sono 
cosi  privilegiati,  che  siano  decise  le  loro  cause  criminali  con 
li  voti  del  reggente  ,  del  relatore ,  e  di  sette  giudici  del  pro- 
prio stamento  da  essere  eletti  dal  viceré ,  e  con  l' assistenza 
dell'avvocato  fiscale  regio.  £  poi  come  al  fisco  cosi  al  reo  fa- 
coltà di  appellare  dai  loro  giudicati.  Al  secondo  giudizio  in- 
tervengono quattro  uomini  del  ceto  dei  nobili,  che  non  ab- 
biano votato  nel  primo,  il  reggente  e  quattro  giudici  della 
sala,  cui  siasi  appellato.  Intendi  che  i  nobili  che  manchino 
neir  esercizio  di  qualche  officio  soggiacciono  al  dicastero ,  da  cui 
esso  dipenda. 


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CAGLIARI  97 

Cancelleria  apostolica  é  regia.  Le  controversie  che  occor- 
rano tra  la  giurisdizione  ecclesiastica  e  regia  vengono  inappel- 
labilmente decise  dal  tribunale  del  Giudice  delle  contenàoni 
costituito  nel  regno  con  siffatta  denominazione. 

Tribunale  apostolico.  Fu  pure  stabilito  un  tribunale  supremo 
ecclesiastico,  che  resta  provvisto  ogni  cinque  anni  con  breve 
pontificio*  Al  quale  sono  le  appellazioni  dalle  sentenze  emanate 
per  le  curie  arcivescovili  e  vescovili. 

Amministrazione  economica  della  Sardegna.  L'uffizio  della 
Intendenza  fu  nel  regno  surrogato  al  ministerio  del  procurator 
reale.  Siffatta  amministrazione  nel  doppio  aspetto  di  studiare  al 
miglioramento  delle  rendite,  e  al  regolamento  delle  spese  è 
tutta  in  mani  d'un  supremo  provveditore,  che  si  appella  In- 
tendente generale.  E  pertanto  è  costituito,  che  nulle  opere  straor- 
dinarie si  possono  intraprendere  senza  il  suo  consenso;  e  nella 
previsione,  che  in  tal  accidente  fosse  dissentimento  di  lui  dal  Vi- 
ceré ,  fu  riservata  la  decisione  al  Sovrano ,  o  ad  un  particolare 
congresso,  o  giunta  in  casi  d'urgenza. 

L' economia  delle  provìncie  é  commessa  ad  altrettanti  Inten- 
denti provinciali.  Di  questi  quello  che  fu  postò  in  Sassari  ebbe 
il  titolo  di  Vice-Intendente  generale  a  causa  di  certa  sopran- 
tendenza  sugli  offici  economici  del  Logudoro,  che  le  fu  racco- 
mandata per  consimili  ragioni  a  quelle,  onde  si  cagionò  la 
creazione  della  R.  Govemazione. 

Agli  Intendenti  provinciali  incumbe  di  verificare  il  ripartì- 
mento  degli  imposti  reali  e  comunali  nelle  terre  e  villaggi  del 
rispettivo  reggimento,  di  decidere  qualunque  controversia,  cKe 
in  dipendenza  delle  medesime  possa  nascere,  di  vegliare  alla 
formazione  del  personale  dei  consigli  comunitativi,  e  al  riem- 
pimento dei  doveri  di  tal  carica,  di  vedere  il  bilancio  dei  red- 
diti e  delle  spese  d'ogni  comune,  i  conti  dei  sindaci,  ricevi- 
doi;Ì  e  agenti  comunali,  i  contratti  per  l'affitto  dei  terreni  pub- 
blici; e  finalmente  di  provedere  all'incremento  dell'agricol- 
tura, e  industria  di  loro  provìncie,  ed  alla  esecuzione  degli 
speciali  provvedimenti  che  si  sieno  dati  per  la  salute  pubblica. 

Non  manca  la  necessaria  coniroUorazione  per  un  uffizio  go- 
vernato da  un  fungente  le  veci  del  controllore  generale. 

Amministrazione  delle    cose    militari.  Il    supremo   comando 
delle  armi  è  presso    il    Viceré.    Sono    a' suoi  ordini   due  ge- 
Dizion.  gcogr.  ecc.  Voi.  III.  7 


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98  CAGLIARI 

neraliy  uno  delle  truppe  regolari,   altro  delle  bande  nazionali. 

Delle  prime  niente  è ,  che  non  sia  noto.  Le  altre  non  hanno 
stipendio  fisso ,  salvo  quelli  che  sono  nei  gradi  maggiori ,  i 
quali  sono  stati  liberalmente  provvisti.  I  militi  furon  divisi  in 
due  corpi 9  uno  di  cavallerìa,  altro  di  fanteria,  onde  risulta 
una  forza  rispettabile,  di  facilissima  riunione,  e  traslocazione 
per  qualsiasi  urgenza. 

Dai  miliziani  sono  scelti  i  barracelli,  antica  ed  ottima  insti- 
tuzione .  sarda,  imitata  ora  con  buon  esito  da  alcune  nazioni 
più  colte.  Queste  non  sono  meno  che  compagnie  di  assicura- 
zione contro  i  furti  e  i  danni  ingiuriosamente  dati  (  V.  la  Carta 
de  Ioga  (  cavaliere  Giovanni  Maria  Mameli  )  not.  265  ). 

Torri.  Uno  dei  particolari  mezzi  di  difesa  del  regno  si  è  una 
linea  di  torri  lunghesso  il  littorale  une  da  altre  a  certe  di- 
stanze per  la  corrispondenza.  Mentre  le  medesime  possono  gio- 
vare alle  regie  finanze  impedendo  il  commercio  di  frode ,  ed  alla 
salute  pubblica  vietando  T  approdamento  delle  navi  procedenti 
da  luoghi  pieni,  o  sospetti  di  infezioni,  ottienesi  pure  di  ren- 
der difficile  l'accesso  ai  nemici,  come  gloriosamente  è  avve- 
nuto in  molti  punti ,  quando  si  pativa  dagli  europei  che  i  bar* 
bari  delle  coste  africane  scorressero  a  ladroneggiare  nel  mare 
mediterraneo.  Su  queste  fortificazioni  perciò  sono  sempre  ver- 
sate le  cure  del  parlamento  del  regno ,  a  proposta  del  quale  una 
amministrazione  fu  stabilita,  alla  quale  si  affidava  la  cura  del 
servigio  economico,  mentre  ad  un  colonnello  quella  commette- 
vasi  del  servigio  militare.  Si  Tuno  che  l'altro  si  governano  alle 
norme  prescritte  dal  regio  editto  del  1766,  i5  gennajo.  Tut* 
tavolta  come  è  destino  delle  umane  istituzioni  sono  invalsi  al- 
quanti abusi,  li  quali  a  togliere  già  converte  sua  attenzione  il 
governo. 

Istruzione  pubblica.  Mentre  tutte  le  amministrazioni  in  qual- 
siasi genere  di  cose  pubbliche  hanno  un  principio,  e  un  cen- 
tro, onde  sorge  il  movimento  in  una  sola  direzione,  e  cui 
tutte  le  diverse  parti  si  rìferiscono  per  connettersi  in  una  bella 
unità)  sola  la  istruzione  pubblica  manca  di  congiunzione ,  né 
v'ha  un  dicastero  con  una  sola  mente,  che  e  vegga  il  com- 
plesso delle  parti,  e  con  un  consiglio  operi ,  e  mantenendo  la 
uniformità  con  energia  indirizzi  le  cose  al  proprio  fine,  e  le 
promova  a  quella  grandezza,  in  cui  sono  altrove  cresciute.  Per 


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Coogle 


CAGLURI  99 

le  quali  cose  é  desiderata  una  commissione  su  questo  impor- 
tantissimo ramo  di  pubblica  economia  ad  uomini  che  si  cono- 
scano valenti  a  si  grave  incarico ,  i  quali  alle  costituite  autorità 
indipendenti  sovrastando  regolino  tutto  il  sistema  della  istruzio- 
ne, gli  studi  maggiori,  i  minori,  l' erudimento  primario. 

Gli  studi  maggiori  si  fanno  in  Cagliari  e  in  Sassari ,  dove  è 
r  insegnamento  delle  quattro  facoltà  teologica  ,  legale ,  medico- 
chirurgica ,  filosofica.  Né  sa  bene  a  molti  questo  raddoppia- 
mento di  disciplina  in  un  piccol  regno;  però  che  ne  questa  , 
uè  quella  università  promette  e  presta  una  istituzione  comple- 
ta, sendo  che  per  iscarsezza  di  mezzi  devono  .mancare  di 
molte  e  necessarie  parti  d'un  insegnamento,  di  molti  e  uti- 
lissimi sussidi,  ed  i  professori  avere  meno  di  quanto  sian  co- 
nosciute degnissime  le  loro  gravi  e  pregievolissime  fatiche. 
Quindi  ai  medesimi  parrebbe  ottima  provvidenza  un  accumu- 
lamento: e  crederei  che  per  una  più  soda  e  più  estesa  istru- 
zione potesse  assai  giovare ,  si  veramente  che  fosse  avuto  ri- 
guardo al  comodo  di  tutti.  D  che  ove  la  condizione  delle  cose 
ancora  non  consenta ,  è  a  studiarsi  di  conseguire  una  parte  al- 
meno del  gran  desiderio  ,  e  certo  conseguirassi ,  se  modi  meno 
fallaci,  che  gli  ordinari,  siano  prescritti  per  la  scelta  degli  institu- 
tori;  se  quelli  siano  assunti  al  nobile  ministerio  che  sappiano  e 
vogliano  lavorare  all'incremento  delle  scienze,  e  che  coi  pe- 
renni monumenti  di  loro  ingegno  e  studio  possano  onorar  la 
patria,  e  i  lumi  di  loro  scienza  diffondere  e  porgere  agli  uo- 
mini di  altri  luoghi  e  tempi;  se  desto  all'operosità  sia  tenuto 
il  loro  zelo,  e  vengano  gli  animi  persuasi  a  una  sincera  con- 
sensione,  annichilate  le  rimanenze  dell'antico  furioso  munici- 
palismo ,  conciliate  le  menti  alla  necessaria  docilità ,  e  per 
stringer  il  molto  in  poco,  accesi  i  cuori  d'un  tale  amore  che 
tolga  la  indifferenza ,  spegna  le  antipatie  ,  e  opprima ,  se  esi- 
sta, ogni  invidia  letteraria. 

A  più  delle  suddette  due  università  ristabilite  e  ridotte  a 
forme  migliori  sotto  i  Reali  di  Savoja  sono  delle  scuole  mag- 
giori nei  capiluoghi  di  diocesi ,  spiegandosi  pressoché  in  tutd  ì 
seminari  ecclesiastici  1%  filosofia  e  la  teologia,  omessa  sempre 
la  canonica. 

Le  scuole  minori  per  1^  grammatica  latina  e  per  le  belle 
lettere  sotto  la  direzione  di  chierici  regolari  ,  o  di  preti  seco- 


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loo  CAGLURI 

lari.  Dì  queste  y'ha  un  buon  numero ,  conciossiachè  siano  sta- 
biliti dei  ginnasi  nelle  città  ,  nelle  terre  vescovili ,  e  davvan- 
taggio nelle  più  popolose.  £  questi  studi  dimandano  pure  una 
saggia  riforma.  Dopo  otto  anni  ini^iegati  nei  sunnotati  due 
rami  i  più  diligenti  accorgonsi  non  aver  ottenuto  che  un  me- 
schinissimo  frutto. 

Le  scuole  primarie  sono  per  benefizio  dell'  immortale  Carlo 
Felice  stabilite  in  quasi  tutte  le  popolazioni  del  regno.  Con  sommo 
dispiacere  di  tutti  i  buoni  male  esse  corrispondono  airintendi- 
mento  dell'istitutore.  Restano  sotto  la  sorveglianza  degli  inten- 
denti provinciali ,  e  in  nulla  o  in  poco  dipendono  dai  mode» 
ratori  della  istruzione  pubblica. 

Capitcuda  generate  e  consolato.  Il  viceré  in  qualità  di  ca- 
pitano generale  presiede  al  tribunale  cosi  detto  ,  cui  é  com- 
messa la  cognizione  dei  delitti  degli  uffiziali  delle  milizie  na- 
zionali ,  e  degli  uomini  addetti  al  servigio  delle  torri  in  ciò 
che  riguarda  i  loro  rispettivi  offici  \  e  spetta  pure  il  giudizio 
sopra  delitti  commessi  in  mare  ,  sopra  la  legittimità  delle 
prede.  In  generale  le  incumbenze  e  giurisdizioni  del  consiglio 
dell'  ammiragliato  in  Genova  sono  in  Sardegna  esercitate  dal 
viceré  e  dalla  capitania  generale. 

Il  magistrato  del  consolato  venne  stabilito  in  virtù  del  regio 
editto  3o  agosto  1770.  Esso  decide  sommariamente  e  senza  for- 
malità di  atti  le  cause  di  cambio ,  mercatura ,  ogn'  altra  que- 
stione riguardante  il  commercio ,  e  le  insorte  per  costruzione 
di  navi  mercantili ,  e  loro  armamento ,  equipaggio  ,  stallie  ,  e 
getti.  Oltre  le  quali  attribuzioni  ha  dritto  di  inspezione  sulle  fab- 
briche e  manifatture  ,  ed  é  specialmente  incaricato  di  scoprire 
e  impedire  i  monopolii ,  di  pubblicare  i  fallimenti ,  e  provve- 
dere sui  medesimi. 

Sono  nel  regno  due  siffatti  tribunali  ,  uno  nella  dominante , 
altro  in  Sassari.  Dai  giudici  subalterni  si  può  appellare  a'  sud- 
detti due  magistrati ,  se  la  somma  sopravanzi  gli  scudi  4^  >  se 
il  centinajo  si  può  pure  da  questi.  I  giudizi  di  supplicazione 
vertono  unicamente  avanti  il  magistrato  di  Cagliari ,  cui  sono 
aggiunti  altri  due  giudici  ,  se  chiedasi  riparazione  di  sua 
sentenza. 

Cen  morato  generale  sopra  i  monti  di  soccorso.  Sono  cosi 
chiamati  i  monti  nununari  e  granatici  che    furono    in    favore 


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CAGLURI  loi 

dell'agricoltura  stabiliti  secondo  le  prescrizioni    del    pregone  4 
settembre  1767, 

Ogni  agricoltore  ha  dritto  di  farsi  imprestare  la  quantità  che 
siagli  necessaria  per  fare  o  compiere  la  seminagione.  Dopo  la 
ricolta  restituisce  9on  l'aggiunta  d'un  lieve  interesse.  I  denari 
che  si  ritraggono  dalla  vendita  dell'eccedente  la  conveniente 
somma  dotale  sono  a  profitto  delle  banche  nummahe  ,  che 
pure  con  altre  particolari  istituzioni  sono  dotate.  Dalle  quali  si 
anticipa  ai  poveri  il  danaro  necessario  per  l'acquisto  dei  giu- 
menti, degli  istrumenti  rurali  9  con  la  tenuissima  usura  dell'uno 
per  cento. 

Per  l'amministrazione  dei  monti  dì  soccorso  è  stata  stabilita 
in  ogni  città  e  villaggio  una  giunta  particolare.  Queste  sono  im- 
mediatamente governate  da  una  giunta  superiore  ,  che  si  ap- 
pella diocesana  ,  siccome  residente  in  ciascun  capo-luogo  di 
diocesi.  Tutte  dipendono  daUa  giunta  suprema  e  generale  di 
Cagliari. 

I  censori  si  locali  j  che  diocesani,  non  meno  che  il  generale 
sono  segretari  dei  rispettivi  comitati  ;  ai  quali  incumbe  soprav- 
vedere  nelle  giornaliere  sue  particolarità  l'amministrazione  dei 
monti  9  riferire  gli  abusi  invalescenti ,  e  con  ogni  studio  procu- 
rare la  miglioràzione  e  propagazione  dell'agricoltura.  Or  conviene 
richiamar  le  cose  ai  primi  ordini ,  o  riformarle  a  più  si- 
curi elTerà. 

CAGLIARI,  capitale  del  regno  di  Sardegna  ,  una  delle  più 
antiche  città  dell'Italia. 

È  situata  in  sul  lido  meridionale  dell'isola  alla  latitudine 
^9^  i3\  e  longitudine  (da  Greenwich)  9^  6\  Donde  sorge 
sopra  la  collina  ,  la  quale  nel  suo  punto  culminante  non  sor- 
passa i  metri  centododici.  Si  questa  ,  come  le  altre  prominenze 
già  notate  (art.  CaglÌ€U*i  provincia)  si  riconoscono  d'un  calcareo 
bianco  giallognolo  distinto  dai  geologi  sotto  la  denominazione 
di  calcareo  di  terza  formazione,  che  il  cavaliere  Alberto  Della 
Marmora  ravvisava  a  quello  somigliantissimo  che  apparisce  in 
quasi  tutte  le  sponde  e-terre  del  bacino  del  mediterraneo  ;  anzi 
perfettamente  identico  eziandio  pei  fossili  compresivi  con  quello 
de'  terreni  terziari  del  Piacentino,  dell'Astigiana,  di  Montema- 
rio  in  Roma ,  e  di  più  regioni  della  Sicilia ,  delle  Baleari ,  della 
Bctica  ,  di  Montpellier,  e  di  altre  regioni  della  Francia  nieri- 


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ro2  CAGLIARI 

dìonale;  siccome  della  costa  di  Barberial  Due  ,  secondo  il  sul- 
lodato  Cavaliere  j  sono  i  fenomeni  geologici  del  territorio  di 
Cagliari  :  i  .^  la  breccia  ossesa  di  Monreale  (  nella  massa  di 
Mon volpino  ed  eminenza  sopra  Bonaria)  ,  dove  è  ad  esser  ve- 
duta una  non  numerabile  quantità  d'ossa  d'alcuni  rosicanti,  e 
sarieno  questi  topi  hagoncis  ecc. ,  cui  quelle  sono  inframmischiate 
di  alcuni  carnivori ,  cani,  volpi  ecc.  ,  con  altre  di  buoi  ,  ca- 
Talli ,  daini  y  rettili ,  uccelli  ecc.  Trovasi  questo  miscuglio  nei 
fendimenti  e  intervalli  delle  roccie  ,  ed  in  alcune  spelonche  a 
circa  metri  ^5  sul  livello  del  mare ,  ed  offre  quasi  le  stesse 
sembianze  delle  congeneri  di  Cerigo  ,  Palermo  y  Gibilterra  y 
Ceuta  ,  Pisa  ,  Nizza  ,  Antibo  ,  che  non  altrimenti  si  ritrovano 
presso  le  sponde  del  mare  :  2.®  le  conchiglie  suff ossili  con 
frantumi  di  terraglia  cotta ,  e  di  altre  opere  di  industria  uma- 
na y  che  si  posson  oggidì  vedere  a  metri  5o  sul  livello  del 
mare  (V.  la  lettera  dell'anzimenzionato  eh.  Cavaliere  nel  Jour- 
nal  de  Geologie y  tom.  3,  pag.  3 09).  Nel  museo  della  regia  uni- 
Tersità  tra  ì  pezzi  di  pietrificazione  se  ne  vedono  che  furono  ri- 
conosciuti per  ossa  di  elefanti.  Le  quali  mentre  sono  notate 
siccome  appartenenti  alla  collina  della  città  ,  avvi  perciò  qual- 
cuno cui  pare  ravvisarhe  un  ricco  acervo  in  una  roccia  calca- 
rea sotto  il  casino-Massa  (  vedi  pag.  75,  e  seguenti  ). 

Non  è  presentemente  nella  catena  cagliaritana  altra  scaturì- 
gine alla  superficie,  che  quella  la  quale  nel  promontorio  di  s. 
Elia  sorge  poco  più  che  al  livello  del  mare ,  cui  subito  si  me- 
sce. Fu  mestiere  ricercar  l'acque  scavando  profondamente ,  salvo 
nella  falda  settentrionale  del  detto  promontorio  presso  la  chiesa 
di  s.  Bartolommeo ,  dove  fu  trovata  presso  al  livello  del  mare. 
Le  acque  dei  pozzi  altissimi  della  parte  superiore  della  città 
(il  Castello)  sono  lodate  come  buone ,  fuorché  dai  chimici  , 
che  se  lor  piaccia ,  saranno  ordinate  tra  le  minerali.  No*^  per- 
tanto sono  bevibili  ,  e  da  ciò  più  di  quelle  pregiate  che  som- 
ministrano l'altre  vene  che  in  generale  sono  salmastre  e  pe- 
santi. Dentro  alcune  caverne  raccogliesi  dell'acqua  per  lo  stil- 
licidio y  ma  quanti  vi  si  potriano  dissetare  ? 

Gli  stagni  e  laghi  dei  quali  si  è  fatto  cenno  nel  prospetto 
della  provincia  comprendono  una  gran  superficie.  Il  maggiore, 
che  vedi-ai  al  ponente  ha  una  circonferenza  di  20  miglia  ,  ed 
una  superficie  di  circa  io  quadrate.  Sono  in  esso  alcune  tcire 


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CAGLURI  io3 

che  poco  si  levano.  La  maggiore  ,  che  dicesi  Sa  lièta  (  Tiso- 
letta)  lunga  metri  1700 ,  con  la  larghezza  media  di  ySo,  in 
distanza  dalla  Scafla  di  14^0,  e  da  s.  Gilla  di  1000.  Le  altre 
sono  Suhefradi  lunga  900 ,  larga  i3o  :  Reupodda  lunga  100  , 
larga  80  :  Ischèras  lunga  4^  9  larga  25:  Is  cadennas  lunga  25 , 
larga  12.  Alla  parte  di  levante  il  Molentargiu  ha  una  circon- 
ferenza di  8000,  con  una  figura  quasi  ovale  in  lungo  2700,  in 
largo  1900  y  in  distanza  dalla  città  di  i65o.  Il  Marestagno  ha 
una  circonferenza  di  i56oo  ,  con  una  lunghezza  di  7000  ,  e 
larghezza  compensata  di  65o.  Il  lago  Palmas  tra  PauU  e  Pirri 
è  lungo  1270  9  e  largo  compensativamente  no,  in  distanza  daUa 
citta  di  3 100.  Hanno  tutti  poco  fondo  ,  e  meno  degli  altri 
questi  due  ultimi. 

Dai  dati  della  latitudine,  topografia,  ed  esposizione  potrassi 
incominciare  la  cognizione  del  clima  deUa  città:  or  diremo 
della  temperatura ,  elettricità  ,  e  di  tutte  Taltre  vjiriabili  con- 
dizioni atmosferiche. 

Barometro  medio 
anno  i833    i834  anno  i833    i834 


Gennajo 

75,78 

75,78 

Luglio 

75,61 

75,57 

Fehbrajo 

75,5a 

75,82 

Agosto 

75,5i 

75,61 

Marzo 

75,oa 

75,82 

Settembre    75,39 

75,9» 

Aprile 

75,30 

7540 

Ottobre 

7542 

7^.9» 

Maggio 

75,67 

75,63 

Novembre  75,44 

7545 

Giugno 

75,5a 

75,94 

Dicembre    75,79 

75,87 

Termometro  medio 

anno  i833 

anno  i834 

Gennajo 

Int.    12,52 

Est. 

11,28 

Int. 

14,07    Est. 

13,71 

Fehbrajo 

i3,3i 

13,37 

i3,o4 

72,73 

Marzo 

12,46 

12,44 

13,82 

14,32 

Aprile 

l5,2l 

16,29 

>9>99 

i5,53 

Maggio 

20,21 

21,26 

a  1,28 

22,33 

Giugno 

^4,09 

24,82 

24,29 

25,46 

Luglio 

25,38 

26,30 

28,44 

29,66 

Agosto 

23,22 

27,64 

28,67 

28,84 

Settembre 

21,56 

22,65 

28,33 

27,20 

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io4 

CAC 

:i.URi 

Ottobre 

30,08 

'9 

47 

31,88 

2'»9» 

Noveuibre 

16,68 

16, 

69 

17,81 

nM 

Dicembre 

14,49 

14 

01 

12,19 

ia,oa 

Giorni 

sereni  , 

piovosi , 

ventosi  e 

ventt  dominanti. 

Anni  1833-1834 

Ser. 

Piov. 

VeiU. 

Vent. 

(2om. 

Gcanajo 

17.    30 

4.3 

a.  18 

Leraote 

Maestro 

Febbrajo 

19.  i5 

».  4 

i5.     3 

Maestro 

id. 

Marzo 

II.    33 

6.  0 

7.    8 

id. 

Ostro 

Aprile 

18.    9 

4.4 

12.    7 

id. 

id. 

Maggio 

25.  i5 

4.  3 

3.    3 

Ostro  Sin 

id. 

Giugno 

33.    35 

0.  I 

5.     7 

id. 

id. 

Luglio 

35.  36 

0.  0 

i3.    7 

Maestro 

id. 

Agosto 

38.    31 

0.  0 

14.    3 

id. 

Sbrocco 

Settembre 

18.    31 

6.  0 

8.     I 

id. 

Ostro 

Ottobre 

*  i4*  II 

1.  3 

3.    9 

Ostro 

id. 

Novembre 

33.  17 

a.  8 

5.    3 

Maestro 

id. 

Dicembre 

34*    23 

3.  2 

20.      5 

id. 

id. 

La  elettricità  poche  volte  è  sovrabbondante  a  cagione  della 
molta  e  quasi  ordinaria  umidita  *,  ma  in  altra  costituzione 
atmosferica  non  infrequentemente  accade  che  il  forte  calore 
scaldando  assai  l'atmosfera  giovi  al  suo  sviluppo  ;  e  allora  se 
lo  squilibramento  non  si  faccia  sempre  sentire  con  violenti  ful- 
minazioni ,  manifestasi  in  altre  meteore ,  e  solitamente  con  sif- 
fatti venti  che  imitano  le  bufere.  Sono  memorabili  alcune  tem- 
peste più  per  lo  spavento  ,  che  per  avvenute  disgrazie:  impe- 
rocché mentre  in  alcune  perseverò  per  molte  ore  un  toneggta- 
mento  orribile  ,  e  tanta  rapidità  di  fiamme  ,  che  pareva  ar- 
desse la  città ,  tutta  volta  non  si  pati  quasi  mai  dolore  per  grave 
danno  di  edifizi ,  né  si  ebbe  a  deplorare  spenti  che  pochi  uo- 
mini e  animali.  Nelle  medesime  fu  a  molti  osservato  il  feno- 
meno dei  riflussi  elettrici  dalla  terra  alle  nuvole.  Gli  é  da  molto 
che  la  elettricità  sotterranea  non  più  opera,  e  da  uno  in  altro 
secolo  appena  chi  ne  sia  espeiimentato  accorgesi  di  alcuna  leg- 
gerissima succussione  ,  sussulto  o  tremito  ,  coincidente  negli 
stessi  fatali  momenti  quando  funestamente  avviene  che  nella 
Sicilia  e  Italia  cadano  le  città  ,  e  si  sprofondino  i  monti«    Di 


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CAGLURI  io5 

sìinili  fenomeni  si  ha  memoria  uno  avvenuto  nel  1610  v4 
giugno),  altro  nel  1778  (17  agosto) ,  il  terzo  nel  i8i3,  tutti 
innocenti. 

La  umidita  é  molto  sentita  ,  quando  dominano  i  venti  dal 
levante.  Yedesi  allora  il  selciamento  delle  strade  cosi  umettato 
che  giureresti  avesse  piovigginato ,  e  gemere  le  mura  alle  parti 
inferiori  nei  luoghi  umorosi.  Imiuag'ma  quanto  si  rallenti  l'ela- 
sticità dell'aria ,  che  in  quel  tempo  si  respira.  Però  segue  un 
rilassamento  di  fibre  ,  una  condizione  di  melanconia  con  per- 
turbamento delle  &coltà  intellettuaU.  Non  è  poi  di  si  tristo 
carattere  il  levante ,  o  vento  di  mare  ,  come  dicono ,  nel  pe- 
riodico e  regolar  fenòmeno  che  si  conosce  sotto  il  nome  d'im- 
batiUy  anzi  moltissimo  giova  a  temperare  il  calore  estivo.  Dalla 
primavera  all'autunno  se  non  prevalgano,  per  più  potenti  ca- 
gioni y  che  la  maggior  densità  or  dell'aria  marina  ,  or  della 
terrestre ,  altri  venti ,  suole  giornalmente  avvenire  che  in  su  le 
IO  antimeridiane  l'aria  dal  mare  influisca  nella  terra,  e  poi  nella 
notte  rifluisca  nel  mare. 

Archeografia  cagliaritana.  Cagliari  antica  ,  Caralis ,  e  Ca- 
laris,  che  sono  a  detta  dell'Arduino  autorizzate  ambe  le  lezioni 
da  antichi  MSS.  T.  Livio  ed  Irzio  la  portano  sempre  in  plurale 
Carales ,  e  Karales  \  ed  in  tal  numero  vediamla  pure  decli- 
nata in  un  cippo  alla  memoria  di  Favonia  Vera  ,  che  sta  espo- 
sto nell'atrio  della  R.  Università.  U  Bochart  citato  da  La-Mar- 
tinière  (  art.  Sardaigne  )  fa  venire  questo  nome  da  radice  fe- 
nicia, e  la  pensa  appellata  Caririn,  o  Cariroy  a  cagione  del 
rinfrescamento  ,  che  riceve  (riferisce  il  citato  geografo  )  da  una 
collina,  per  cui  vien  protetta  dai  caldi  venti  del  mezzogiorno. 
Più  probabile  però  sarebbe  se  rinfrescamento  sì  potesse  acco- 
modare nella  voce  primitiva  a  significare  un  nuovo  provvedi- 
mento di  vettovagUe  ,  che  qui  avessero  potuto  fare  i  fenici 
nelle  loro  lunghe  navigazioni  in  Ispagna ,  o  in  là  delle  colonne. 

I  primi  anni  di  Cagliari  di  molto  precessero  i  tempi  della 
storia.  Emmi  probabile  aver  si  bene  in  questo  sito  stabilita 
stazione  i  tirreni ,  non  già  amatala  a  preferenza  ;  conciossiaché 
nella  parte  boreale  più  opportuno  ai  medesimi  occorresse  il 
porto  Olbiense  da  non  lungi  rimpetto  alla  lor  patiia  terra  \  e 
nella  meridionale  il  Norense.  Progrediti  poscia  a  questi  mari  i 
navigatori  fenici ,  ed  ottenuta  o  per  amore  o  per  forza  di  po- 


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io6  CAGLIARI 

tere  la  facoltà  di  alcuno  stabilimento  su  questi  lidi  a  comodo  del 
crescente  commercio  ,  non  avranno  mal  conosciuta  la  impor- 
tanza di  questo  sito  ,  e  allora,  postavi  la  loro  princìpal  sede  , 
fu  che  crebbe  rapidamente  a  quella  grandezza ,  cui  la  portava 
la  industria  degli  abitatori.  E  si  fea  più  ampia  e  prendea  mag- 
gior incremento  quando  alle  altre  tribù  Libiofenicie  prevalendo 
la  Punica  fu  dai  novelli  signori  scelta  a  centro  del  governo  pro- 
vinciale ,  siccome  quella ,  da  cui  erano  alla  dominante  più  age- 
voli e  spedite  le  comunicazioni:  Nel  quale  gi-ado  persistette 
anche  sotto  i  romani  ;  in  sul  principio ,  perche  era  una  van- 
taggiosissima posizione  militare  contro  i  Cartaginesi  *,  e  poscia, 
per  la  sua  grandezza  e  splendore  ,  fino  a  che  cominciò  la  di- 
visione dell'isola  in  quattro  o  più  toparchie,  nulla  al  pensiero 
offerendosi  perchè  si  conchiuda  essere  stati  né  in  sulle  prime 
subordinati  al  caralense  gli  altri  regoli  o  giudici. 

L'area  dell'antica  Cagliari  può  essere  senza  en'ore  definita 
per  le  ben  appariscenti  vestigia.  £  queste  provano  sua  lun- 
ghezza dalla  esistente  chiesetta  di  s.  Paolo  in  su  lo  stagno  sino 
a  presso  S.  Saturnino  y  o  come  la  denomina  il  volgo  S.  Co- 
simo alla  falda  di  Monreale  (oggidì  Boccìdro\u  ):  la  larghez- 
za ,  quanto  l'intervallo  tra  la  sponda  del  mare  e  le  falde  della 
collina  ;  per  lo  che  era  più  ampia  nell'attuale  quartiere  di 
Stampace  ;  e  veramente  da  più  indizi  si  riconosce  esservi  stata 
più  folta  la  popolazione  ,  e  la  parte  più  nobile  della  cittadi- 
nanza. Rimangon  dei  ruderi  delle  antiche  costruzioni,  e  le  mag- 
giori si  possono  tuttora  osservare  nei  campi  presso  la  chiesa 
dei  Carmelitani,  quella  di  S.  Pietro.  Le  muriccie  che  chiudon 
questi  ed  altri  compongonsi  da  frammenti  di  muratura  romana. 
Altre  reliquie  sono  pure  a  una  ed  altra  sponda  della  strada  a 
S.  Avendrace  ;  e  si  scoprivano  alle  spalle  della  chiesa  di  s.  Ber- 
nardo nel  1762  molti  insigni  avanzi  di  edifizi  magnifici,  e  al- 
cuni litostrofi  molto  pregievoli  ,  uno  dei  quali  era  l'Orfeo  con 
attorno  dodici  animaU ,  che  presentemente  adoma  il  museo  di 
Torino  ;  e  quarantaquattro  anni  addietro  si  disascondeva  altro 
impiantito  d'opera  maravigliosa  rappresentante  un  Ercole  tra 
varie  fiere  ,  che  diviso  in  parti  mentre  si  mandava  in  Barcel- 
lona ,  i  barbareschi  gittarono  in  mare.  Lunga  cosa  sarebbe  lo 
indicar  ,  e  non  più  ,  le  cose  che  ancora  rimangono  non  da 
spregiarsi  -,  il  che  deve  far   crescere  V  idea  di    quanto  era    ia 


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CAGLIARI  107 

tempi  remoti  questa  città  a  chi  consideri  quanto  si  è  distrutto 
ed  annientato  nei  passati  secoli  ,  e  quanti  belli  monumenti , 
dei  quali  ora»  ci  potremmo  onorare  sono  periti  nella  piena 
barbarie,  in  cui  sventuratamente  sì  giaceva  il  popol  sardo ,  prima 
d'esser  riunito  aUa  Italia  per  li  Duchi  di  Savoja.  Non  pertanto 
questi  pochi  che  rimasero  a  essere  veduti  da  noi  attestano  sia 
stata  Cagliari  nei  tempi  antichi ,  e  sotto  la  dominazione  romana 
una  città  ragguardevole  e  per  magnificenza  di  fabbriche ,  è  per 
numero  di  abitanti,  che,  se  non  mi  inganni  nel  congetturare, 
passavano  bene  i  centomila.  Eran  quei  tempi  molto  fausti  all'in- 
dustrìa.  £  da  non  pochi  segni  è  lecito  arguire  esservi  stata  pre- 
cisamente nella  pendice  di  Tuviieddu  una  fabbrica  di  terraglia. 
Frugando  nella  terra  ti  verrà  fatto  di  scoprire  una  incredibii 
quantità  di  frammenti  di  antichi  vasi  di  svariatissime  forme , 
molti  di  una  sorprendente  finezza  ,  altri  con  ,  altri  senza  ver- 
nice ,  dei  quali  potrai  vedere  nel  gabinetto  archeologico  di  Ca- 
gliari dei  pregievolissimi  pezzi.  Inferiormente  si  trovarono  degli 
indizi  d'una  vetraia  ,  e  neU'anzidetto  gabinetto  ti  si  oiSìiranno 
dei  vasi  di  tal  materia  assai  stimati. 

AnfUtatro,  Ecco  un'opera  giandiosa,  che  può  far  concepire 
le  ricchezze  e  popolazioni  dell'antica  capitale.  Esso  era  per  due 
terzi  formato  nella  roccia,  e  per  un  terzo  a  costruzione,  della 
quale  sono  veduti  alcuni  avanzi.  L'eDisse  suprema  pare  aver 
avuto  Tasse  maggiore  di  metri  88,90,  il  minore  di  72,90.  L*in* 
fima  può  computarsi  nel  primo  di  5o,oo ,  nel  secondo  di 
34) 00.  L'altezza  dal  seggio  estremo  all'arena  è  calcolata  di 
i8,3o.  Consta  di  due  precinzioni ,  la  prima  pei  cavalieri  di 
sette  ordini ,  la  seconda  pel  popolo  di  altrettanti.  Quindi  era 
la  galleria  o  ambulacro  superiore  con  conveniente  numero  di 
romitori  o  sbocchi  agli  scalari  per  li  cunei.  Dissopra  erano  al- 
tri ordini  di  sedili.  Sotto  il  podio  cui  è  un  competente  sporto 
scorreva  una  galleria  con  forse  sei  aperture  con  cancelli  nel- 
l'arena ,  e  ingresso  a  due  stanze  per  li  gladiatori ,  e  scala  per 
cui  salivano  al  podio  gli  uomini  primari  e  altre  persone  pri- 
vilegiate. All'orlo  del  medesimo  é  una  gora  che  si  può  stimare 
fatta  a  raccoglier  l'acqua ,  se  piovesse ,  a  che  non  si  riempisse 
l'arena,  e  in  essa  certi  sfiatatoi  ad  una  apposita  chiavica  nel 
detto  ambulacro  inferiore  che  portava  fuor  dell'  ingresso  del- 
l'anfiteatro, dove  è  visibile  un  maggior  condotto,  che  riusciva 


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io8  CAGLURI 

a  qualche  serbatojo.  Ti  verran  pure  Teduti  nel  podio  i  forami 
in  cui  piantarsi  le  aste  per  tendervi  da  alto  in  basso  i  velari 
neirestate.  Non  poca  parte  dell'arena  e  coperta  di  rovine;  tut^ 
tavolta  pare  sianvi  delle  buche  dove  si  tenessero  preparate  le 
Ocre.  Se  qualche  studioso  di  antichità  ne  rimovesse  V  ingombro , 
forseché  potrebbesi  allora  darne  una  più  distinta  descrizione. 
Del  suntuoso  abbellimento  niuno  moverà  dubbio  y  quando  niente 
sono  oscure  le  apparenze  di  bassi  rilievi  nella  galleria  del- 
l'arena. La  capacità  per  un  calcolo  approssimativo  é  tanta ,  che 
la  pienezza  potrebbe  essere  la  somma  di  pressoché  ventimila 
spettatori.  Ammirasi  questa  preziosa  anticaglia  nel  seno  della 
valletta  di  Palabanda  tra  il  convento  dei  cappuccini  e  lo  spalto 
della  cittadella. 

AiUico  tempio.  Alcuni  scrittori  nazionali  dell'  età  superiori 
fecero  menzione  di  non  so  qual  via  sacra  ,  d'un  campidoglio  , 
d'un  tempio  d'Apolline.  Può  essere  che  non  sia  stata  una  illu- 
sione ;  certo  è  però  che  a  questi  tempi  altro  non  rimase  o  al- 
men  si  conosce,  che  la  parte  inferiore  d'un  sacro  edifizio  d'arte 
indubitatamente  romana.  È  di  figura  circolare  con  una  ben 
apparente  gradinata,  e  pare  potessero  sul  pronao  sedere  quattro 
colonne.  La  forma  ne  persuaderebbe  a  stimare  che  la  divinità 
che  vi  si  adorava  non  già  Apolline  fosse ,  ma  piuttosto  la 
dea  Yesta. 

Cisterne  antiche  di  Cagliari.  Solino  Polihyst.  e.  ix.  ne  notifica 
lo  studio  con  che  gli  uomini  sardi  raccoglievano  le  acque  pio- 
vane ,  riservando  a)la  penuria  estiva  la  copia  invernale.  E  in 
scrivendo  ciò  penso  non  vedesse  altri  che  i  cagliaritani ,  nella 
cui  collina  vedesi  sino  a  questi  giorni  gran  numero  di  reci- 
pienti scavati  nella  roccia.  Sono  di  grandi  dimensioni  ,  lunghi 
oltre  i  cinquanta  metri  con  altrettanta  estensione  in  largo  in 
una  variabile  altezza  da  tie  a  sei.  Le  forme  varie  con  delle 
sinuosità  irregolari  nelle  pareti.  Si  ricoprivano  dallo  stilato  su- 
periore della  roccia ,  ed  esso  si  sosteneva  da  .  un  conveniente 
numero  di  pilastri.  In  molti  e  tuttora  ben  conservata  la  into- 
nacatura dello  smalto.  Dai  canali  in  fondo  degli  scavati  in  più 
alto  livello  pare  lecito  argomentare  che  si  facessero  le  acque 
scorrere  da  superiori  in  ricettacoli  inferiori ,  talché  spurgandosi 
sempre  più  nei  travasamenti  sgorgassero  infine  pure  e  limpide 
al  bisogno  del   popolo.    La  superficie   del  colle  spoglia  quasi 


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CAGLIARI  109 

affatto  di  terra  era  in  guisa  solcata  per  lo  scarpello ,  che  la 
collezione  delle  particolari  confluenze  corrivasse  alle  fauci  delle 
cisterne ,  le  quali  erano  spiragli  verticali  ed  obliqui  per  cui 
l'acqua  '  infondevasi.  Nell'orto  dei  cappuccini  si  può  vederne  una 
assai  vasta,  la  cui  volta  è  forata  per  siffatto  inghiottitoio  (m- 
gurtidroyiy  Tuvu-mannu,  e  Tuvi/eddu  è  poco  meo  che  svi- 
scerato per  cotali  vasche  supplementarie  di  quelle  che  la  na- 
tura dimenticossi  formare  in  questa  collina  -,  però  rare  quelle 
che  non  sieno  state  in  gran  parte  rovinate  ed  ostrutte.  £  incli- 
nerei a  credere  lo  sprofondamento  della  collina  nel  sito  deis 
mirriònis  dall'essere  crollate  le  volte  di  alcuni  cosiffatti  grandi 
serbatoi.  Né  altra  la  cagione  della  totalmente  mancata  pendice 
contro  oriente  del  coUe  su  cui  fu  fondato  il  castello  vorrei  am- 
mettere. Sono  certamente  queste  caverne  un'opera  antichissima, 
un  lavoro  dei  primi  fondatori  della  città.  Né  stimo  ne  sia  stato 
poscia  abolito  il  servigio ,  che  si  scavò  e  costruì  l'acquidotto  , 
essendo  in  esse  un  opportuno  sussidio  per  una  qualche  even- 
tuale discontinuazione  del  corso  del  ruscello  nel  gran  canale. 
Alla  qual  asserzione  concorre  mostrare  alcuno  dei  licettacoli 
inferiori  una  via  di  comunicazione  ,  che  ne  sembra  vada  in 
quello  a  riuscire.  Tale  è  la  cavità  sotterranea,  che  dicono  pri-> 
gione  di  S.  Efisio ,  nella  quale  si  può  osservare  e  imo  spiraglio 
superiore  con  cui  beveva  dai  depositi  delle  pendici  vicine  ,  ed 
altro  inferiore  per  cui  le  smaltiva  nell'acquidolto. 

Acquidotto,  Quando  apparve  alla  gran  popolazione  non  es- 
sere sufficienti  quelle  conserve  si  pensò  a  provvedere  con  più 
sicurezza  e  copia,  e  però  formossi  un  acquidotto  che  si  cono- 
sce maggiore  fra  quanti  furono  fatti  in  Sardegna ,  siccome  quello 
che  dalla  sorgente  di  S.  Giovanni  de  Ucch-e-rutta  (  Bocca  di 
grotta  )  sino  a  dove  oggi  è  la  porta  Gèsus ,  percorreva  una  li- 
nea di  4^,000  metri.  L'epoca  della  fabbricazione  contienesi 
nel  periodo  della  dominazione  romana,  e  dalla  forma  triango- 
lare dei  mattoni  v'ha  chi  la  imputa  agli  estremi  tempi  della 
repubblica ,  o  ai  primi  dell'  imperio.  Durò  nella  sua  integrità 
fino  alle  invasioni  o  dei  barbari  del  settentrione ,  o  degli  arabi 
africani  e  spagnuoli,  che  ne  distrussero  quanto  era  apparente. 
Nelle  tristissime  vicende  di  Cagliari,  donde  furono  i  nazionali 
costretti  più  volte  ad  esulare ,  non  si  provvide  più  mai  alla  ne- 
cessaria restaurazione  -,    e  perduta  in  progresso  di  tempi  tene- 


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no  CAGLURI 

brosi  la  cognizione  di  quello  esso  era,  divenne  un  oggetto  di 
iavoie,  alcuni  stimandolo  un'opera  del  marchese  d'Oristano, 
o  a  meglio  dire  del  diavolo  che  gli  serviva,  per  venire  inos- 
seiTato  alla  capitale;  altri  asserendolo  in  serietà  non  meno 
mirabilmente  formato  per  una  potentissima  fata,  che  appellano 
lAicìa  Raiòsa,  Mei  1761,  essendo  viceré  il  conte  Tana,  scoprissi 
per  a  caso  sulla  estremità  del  borgo  dell'Annunziata  l'ingresso 
al  'medesimo  ,  si  sgombrò  dalle  terre  che  vi  avevano  intromesse 
le  grandi  alluvioni,  e  si  percórse  per  circa  1800  metri  sotto 
Stampace  e  la  Marina.  Di  presente  non  sì  concede  di  proce- 
dere molto  al  di  là  della  chiesa  di  S.  Bernardo,  però  che  te- 
merariamente un  privato  volle  interromperlo  per  formarsi  una 
cisterna.  Non  pertanto  puossi  senza  fallo  designare  sid  terreno 
il  suo  procedimento,  avendosi  vari  punti  ben  conosciuti,  nei 
quali  fu  toccato  in  occasione  che  scavavasi  per  porre  fonda- 
menta o  per  altro  :  e  sono  essi  il  magazzino-Arcàis ,  e  Viale  in 
Stampace,  e  a  poca  distanza  dalla  porta  Gésus  sotto  la  casa 
Dessi  nella  strada  denominata  del  fortino  nella  Marina.  Nella 
primavera  dell'anno  i835  è  stato  quest' acquidotto  osservato 
e  descritto  dal  P.  Y.  Angius  per  circa  due  terzi  della  lunghez- 
za ,  cioè  da  Cagliari  a  S.  Maria  di  Siliqua,  che  è  la  distanza 
dì  29,000  metri.  Presso  alla  qual  antica  chiesa  e  oggidì  rovi- 
nosa alla  sinistra  sponda  del  Ciserro  trovansi  i  materiali  ro- 
mani della  costruzione  dell' idi'oforo,  e  prossimamente  lo  scavo 
del  medesimo  nella  roccia  con  larghezza  di  metri  0,70,  che  poco 
dopo  ricomparisce  presso  una  costruzione  antichissima  ,  che  può 
sembrare  la  pianta  d'un  picciol  tempio.  Essa  è  una  massa 
quadrata  ora  fessa  in  due  parti,  che  ne  formava  il  pavimento 
e  copriva  un  sotterraneo.  Quindi  pare  che  in  direzione  verso  il 
levante  esso  si  spieghi  sotterra  come  vuole  la  località  per  un 
tratto  di  tre  miglia ,  dopo  le  quali  sono  nuovamente  visibili 
le  sue  vestigia  dove  per  li  materiali  disciolti,  e  dove  per  le 
fondamenta  ancor  legate.  In  territorìo  di  Villaspeciosa  se  ne 
vedono  dei  tratti,  nei  quali  sì  riconosce  facilmente  la  parte 
inferiore  del  condotto,  l'ampiezza  dello  speco,  e  la  grossezza 
delle  mura  laterali.  Traversato  poscia  il  fiume  Caralìta  a  mezzo 
miglio  dìssopra  al  ponte  dei  tredici  archi  (costruzione  in 
opera  quadrata,  ma  barbara),  là  dove  é  un  grosso  pilone,  la 
linea    inclinasi  verso  al    scirocco,  e  sorpassata  la  valletta  dei 


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CÀGLURI  III 

due  fiuraìcellì  uno  di  Tre/entà ,  altro  di  Partiolla ,  rade  la 
chiesa  di  S.  Greca  e  l'estremità  meridionale  della  terra  di 
Decimo  dirigendosi  al  Maso  che  lascia  a  destra  in  distanza 
d'un  terzo  di  miglio  ,  e  quivi  debbe  nascondersi  altra  yolta 
nella  terra.  In  tanto  spazio  osservasi  sulla  linea  che  qua  e  là 
patisce  alcune  inflessioni  comecché  ottusissime  dei  ben  lunghi 
tratti  nei  quali  mancano  le  sole  mura  laterali,  e  meglio  che 
altrove  per  la  strada  da  Decimo  al  Maso  |  che  si  denomina 
da  S.  Andrea,  il  dorso  della  quale  è  il  fondo  del  canale  in 
gran  parte  ancora  smaltato  nella  solita  ampiezza  dai  o,65  a 
0,70,  spessezza  delle  mura  laterali  di  0,4^  e  crassezza  di  0,01 
nello  smalto  che  si  compone  di  frammentuzzi  di  mattoni  e  car- 
bone. In  siti  poi  dove  un  improvviso  avvallamento  comandava 
di  sospenderlo  non  sono  ricercati  invano  i  piloni.  Dal  Maso 
alla  valle  di  Fangario  ora  é  aperto  un  sol  pozzo  ,  ma  prima 
che  le  interposte  terre  si  riducessero  a  cultura  apparivane  gran 
numero.  Pure  nel  concavo  di  Fangario  il  canale  era  in  costru- 
zione e  posava  sopra  piloni ,  dei  quali  uno  è  tuttora  visibile 
in  distanza  di  circa  3oo  passi  sopra  il  ponte  :  e  questo  chi 
bene  osservi  non  indugi  era  a  riconoscer  costrutto  coi  suoi  fram- 
menti. Sul  margine  sinistro  di  Fangario  tornano  visibili  i  pozzi 
a  piccole  distanze  ,  quali  cl^iaramente  appajono  nel  possesso 
Misorro.  La  loro  continuazione  non  più  si  interrompe  dalla 
estiemità  di  s.  Avendrace  sino  a  poca  distanza  dall'ingresso  già 
notato  alla  coda  del  borgo  dell'Annunziata.  Scorrendovi  dentro 
può  ben  osservarsi  la  sua  costruzione  a  tuffo  e  mattoni  trian- 
golari, e  la  volta  acuta  a  tegoloni  notati  del  marchio  della 
fabbrica ,  sino  a  trovare  la  collina  di  Cagliari ,  dove  è  scavato 
nella  roccia  calcarea  ;  e  i  pozzi  che  prima  aveano  una  forma 
quadrata  di  circa  3  palmi  per  lato ,  la  prendon  bislunga  per 
una  apertura  maggiore.  Si  li  maggiori ,  come  ì  minori  di  que- 
sti pozzi  o  sfiatatoi  hanno  tutti  in  due  sole  delle  pareti  opposte 
dei  buchi  a  distanze  regolari ,  siccome  staffe  per  poter  discen- 
dervi ed  ascenderne  senza  altre  scale.  Sulla  collina  di  S.  Aven- 
drace se  ne  veggono  profondi  sino  di  i4  metri  ;  dei  quali  uno 
coperto  in  gran  parte  da  costruzione  antica  ,  altri  poco  ben 
chiusi  da  due  gran  sassi,  altri  del  tutto  scoperti ,  perchè  questi 
cadutivi  dentro.  Il  condotto  là  dove  è  l'ingresso  spiega  un  ramo 
verso  s.  Pietro  ,  e  procedendo  apre  in  varii  punti  i  suoi  fian- 


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112  CAGLIARI 

chi  come  a  sfogo  della  piena  ,  ed  alle  distribuzioni ,  tnentic 
ÌD  altra  parte  sembra  avere  un  canale  di  sussidio  che  gli  som- 
ministri le  acque  di  uno  o  più  dei  serbatoi  anzi  descritti  della 
collina  della  città.  Altri  simili  rami  partivano  in  progresso  quale 
verso  il  Carmine y  quale  verso  la  antica  chiesa  di's.  Agostino, 
presso  la  quale  dicesi  essere  stata  scoperta  la  gran  balza.  Il 
tenuine  della  linea  è  probabile  fosse  non  molto  in  là  del 
rivellino  dì  porta  Gèsus.  Il  vacuo  dello  speco  è  tale  che  anche 
un  uom  di  superior  corporatura  vi  scorre  comodamente.  La 
inclinazione  del  canale  è  quasi  insensibile  ,  e  non  la  crederei 
guadagnare  pii\  del  due  o  tre  sul  mille.  Non  si  può  ben  cal- 
colare la  quantità  dell'acqua  che  si  portava  ai  bisogni  della 
popolazione  *,  ma  certo  che  era  sufficiente  anche  a  più  di  cen« 
tomìla  anime  ,  e  a  quel  numero  di  truogoli  domestici  ,  e  di 
bagni  pubblici  che  gli  uomini  di  quei  tempi  che  non  avevano 
Fuso  della  biancherìa  di  lino  stimavano  e  non  senza  buone 
ragioni  una  delle  cure  necessarie  per  la  sanità.  Basti  il  dire 
che  era  quel  copioso  ruscello  d'acque  limpide  e  pure  che  sorge 
dal  monte  di  s.  Giovanni  presso  Domus-novas.  Questa  era  l'ori- 
gine creduta  comunemente  ,  e  questa  confermavasi  dalle  ricer- 
che ed  osservazioni  fatte  dal  P.  Angius:  con  tutto  questo  nacquero 
nello  scorso  anno  per  vn  momento  dei  dubbi:  che  vi  fu  uno 
che  poco  saputo  nei  principii  dell'idraulica ,  e  povero  di  altre 
belle  cognizioni ,  ma  tanto  animoso  quanto  sono  i  ciurmadori , 
osò  spregiare  i  lavori  ^lell' anzidetto  Osservatore  ,  e  presentarsi 
al  pubblico  siccome  l'unico  che  poteva  ridune  alla  verità  la 
comune  antica  opinio|fe  ,  avendo  e  investigato  la  derivazione 
delle  acque  da  altra  parte  ,  e  scoperto  le  medesime  tuttora 
affluenti  a  pochi  passi  dalla  città.  Si  infiammarono  tantosto  i 
desideri,  che  erano  per  lunga  siccità  aride  le  cisterne  -,  voleasi 
senza  indugio  riaperto  l'antico  corso  all'acque  ,  e  rìstaurato  il 
benefico  flusso.  Era  d'uopo  di  conforto  !  Toccò  cinquecento  lire 
nuove  ,  travagliò  a  trarre  3o  metri  cubici  di  terra  ,  e  poi  ?  . . . 
Il  pubblico  continua  nell'ardente  desio  di  godersi  il  bel  co- 
modo d' un  elemento  tanto  alla  vita  necessario  ,  che  spesso 
manca.  E  converrebbe  trovar  modo  di  risarcire  l'antico  idro- 
foro sino  all'anzinotato  monte  di  S.  Giovanni.  Gli  é  veramente 
un  gran  dispendio  ,  che  forse  vorrebhe  due  milioni  e  mezzo 
di'  lire  nuove  ;  ma  la  necessità  è  quanta  nei  luoghi  più  aridi  ; 


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CAGLURI  ii3 

Tutìlità  saria  immensa;  e  credo  quest'una  cosa  decuplerebbe  il 
pregio  della  bellissima  posizione  della  capitale,  gioverebbe  alla 
salute  pubblica  ,  ed  all'incremento  della  popolazione.  Se  al- 
l'esempio dei  romani  si  impiegassero  nell'operare  i  servi  pub- 
blici 9  verrebbe  fatto  non  piccol  risparmio  sulla  somma  supposta; 
e  se  le  famiglie  continuassero,  essendo  meglio  servite,  a  pagare 
per  gl'interessi  d'un  imprestito ,  e  per  l' estinzione  del  debito 
quel  che  cumulativamente  ora  sono  costrette  a  pagare  ai  car- 
rattori,  che  non  stimo  meno  di  100,000  lire  nuove,  e  quello 
che  è  domandato  dalla  formazione  e  riparazione  delle  cisterne, 
credo  potrebbero  aversi  le  necessarie  somme. 

Antiche  necropoli.  Alle  falde  del  Monreale  e  annesso  poggio 
di  Bonaria  è  un  antico  sepolcreto ,  ed  un  altro  alla  estremità 
del  coUe  cagliaritano  sopra  e  lunghesso  S.  Avendrace.  Proba- 
bilmente ve  n'era  pure  nell'area ,  che  poi  occupava  il  castello, 
e  i  molti  cippi  e  altre  pietre  sepolcrali  che  vediamo  nelle  resi- 
due  costruzioni  pisane  sembrano  ra£fermare  la  congettura. 

Gli  é  principalmente  sulla  collina  di  S.  Avendrace  che  deve 
volgersi  la  considerazione  degli  osservatori  dell'antichità.  La  re- 
ligione verso  i  morti  vi  si  manifesta  quanta  mai  sia  stata ,  ap- 
pariscono monumenti  di  antichi  riti ,  argomenti  della  prosperità 
dei  cittadini,  e  nelle  opere  istesse  alcune  singolarità  degne  di 
riguardo. 

Quali  sono  in  queste  età  gli  uomini  sardi  pieni  di  tenero  af- 
fetto verso  i  lor  cari  estìnti ,  afietto  che  spiegasi  vivissimo  nel 
funerale ,  nell'antico  rito  qua  portato  per  li  fenici  delle  pia- 
gnone ,  nel  lungo  tempo  del  duolo  ,  che  non  si  può  dire  quanto 
sia  squallido  per  la  negletta  coltura  del  corpo ,  nel  rigoroso  ri- 
tiro e  segregamento  da  feste  e  adunanze  piacevoli ,  nel  silenzio 
e  oscurità  domestica ,  nel  corruccio  ai  soliti  giorni  di  solenne 
commemorazione  infra  l'anno  ,  nei  lumicini  che  si  accendono 
in  loro  onore ,  nelle  maniere  dolorose  della  preghiera  pubblica 
sopra  le  tombe ,  dove  si  fanno  ardere  ceri  e  profumi  nella  so- 
lenniili  dei  suffragi  generali  del  novembre  ecc.  ecc.  ;  tali  erano 
i  loro  maggiori  ,  e  ne  sono  prova  come  le  migliaja  di  .quegli 
antichissimi  mirabili  monumenti  che  appellansi  norachi  e  di 
quelle  cameruccie  funeree  che  trovansi  incavate  in  tutte  le  rupi 
sarde  ,  cosi  queste  più  recenti  opere  mortuarie  che  ancora 
restano. 

Dizion,  Gcogr,  ecc.  Voi.  III.  8 


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ii4  CAGLIARI 

Sono  esce  aperte  nel  vìvo  sasso.  Dalla  difficoltà  del  la? oro  si 
aigoaientì  il  dispendio ,  da  ^esto  la  condizione  prospera  delle 
famiglie,  il  Aumero  dette  quali  può  stìmaisi dalla  grandissima 
quantità  di  sif&tti  monumenti. 

E  di  essi  distinguo  due  generi ,  tombe  e  sepolcri.  Le  tombe 
sono  certi  singolari  recipienti  scavati  verticalmente.  La  profondità 
varia  da  3  in  5  metri ,  in  una  costante  forma  bislunga  di  non 
straordinarie  dimensioni.  L'altezza  si  divide  in  tre  non  disegualì 
parti,  e  si  rappresentano  le  pareti  di  tre  diverse  casse  crescendo 
proponiooatamente  le  linee  della  media  e  della  suprema;  onde 
accadeva  poter  fare  tre  depositi  separati  se  si  coprissero  con 
lastre  appoggiate  alle  labbra  dell'infima  e  poi  della  seconda  , 
e  l'una  e  l'altra  cassa.  Ad  uno  dei  lati  minori  nel  fondo  trovasi 
una  piccola  finestra  per  dove  si  passa  carpone  in  una  stanzuola 
quadrata  d'un' area  di  quattro  metri  incirca,  e  volta  cosi  bassa, 
cbe  convenga  starvi  sulle  ginocchia.  Ei  pare  che  quando  fos- 
sero stati  pieni  i  tre  recipienti ,  e  si  avesse  a  preparare  luogo 
per  altri  defunti  ,  tolte  le  lastre  si  lasciassero  cader  in  fondo  i 
carcami ,  donde  si  insinuassero  nella  cameruccia  descrìtta.  In 
varie  di  queste  tombe  vedesi  ancora  lo  smalto ,  in  alcune  è 
qualche  lavoro  di  scalpello.  L'epoca  dette  medesime  è  di  certo 
anteriore  alla  scavazione  dell'acquidotto  nella  stessa  collina,  da 
che  vediamo  alcuni  suoi  pozzi  in  esse  scavati.  Non  so  se  ra- 
gioni bene  ,  ma  ei  mi  pare  che  se  in  tal  tempo  fossero  ancora 
oggetto  di  venerazione  per  contenere  memorie  di  famiglie  esi- 
stenti, non  si  sarebbe  tentato  simil  sacrilegio,  massime  quando 
non  urgeva  necessità  di  violarle-,  che  i  pozzi  dell'acquidotto  sì 
potevano  di  pochi  palnù  anticipare  o  avanzare ,  non  vietandolo 
alcuna  necessità  di  sempre  eguali  distanze ,  le  quali  né  anche  al- 
trove si  riconoscono  state  esattamente  osservate.  Dunque  era 
svanita  da  questi  luoghi  la  santità ,  ed  esse  tombe  appartene- 
vano a  generazioni  assai  remote.  Forse  ne  saranno  ancora  al- 
cune inviolate  y  e  sarebbero  un  degno  oggetto  d'investigazione 
agli  archeofili.  Il  luogo  è  ancora  intatto  agli  intelligenti  ;  po- 
chissimo conosciuto  agli  stessi  cagliaritani.  Tra  gli  altri  siti  noto 
quello  cbe  sta  di  contro  alla  chiesa  parrocchiale  del  sobborgo 
di  S.  Avendrace  ,  ove  rimangono  vestigie  d'un  casino  che  si 
incorporava  pochi  sepolcri  ,  un  pozzo  dell'acquidotto  ,  alcune 
di  colali  tombe,  e  dove  è  uno  strettissimo  andito  aperto  nella 


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CAGLURI  it5 

roccia  ,  per  cui  puosd  hre  alcuni  passi  ;  e  prima ,  cóme  atte- 
stano alcuni  che  avean  esplorato  tutte  queste  cavità ,  poteasi 
per  più  lungo  tratto  avanzare  ,  quando  non  era  venuto  giù  un 
pezzo  della  volta  ,  onde  ora  è  l'impedimento.  Da  quel  che  si 
riferisce  può  nascer  una  congettura  che  vi  si  trovino  dentro 
molti  avelli. 

I  sepolcri  sono  posteriori  essi  pure  alle  suddescritte  tombe  , 
come  é  chiaro  dalla  distruzione  ben  notata  di  molte  delle  me- 
desime nella  scavazione  e  formazione  di  questi ,  e  senza  dub- 
bio appartengono  ai  secoli  romani.  Vedrai  delle  camere  o  bis- 
lunghe o  quadrate  con  volta  competentemente  alta.  Nelle  pa- 
reti a  destra  e  sinistra  e  a  fronte  gran  numero  di  nicchie  per 
vasi  cinerari.  In  moltissime  o  con,  o  senza  queste  piccole  nìc- 
chie degli  scari  a  certa  altezza  sul  suolo  in  forma  d*un  segmento 
semicircolare  con  una  specie  d'aveUo  capace  dell'intero  cada- 
vere sotto  la  corda.  Potrei  riferire  i  sepolcri  con  le  piccole 
nicchie  per  le  ceneri  ai  migliori  tempi  di  Roma ,  e  gli  altri 
con  gli  avelli  all'epoca  dopo  gli  Antonini ,  quando  cessò  la  costu- 
manza di  bruciare  i  cadaveri  ?  Però  veggo  che  in  alcuni  sono 
avelli  e  insieme  nicchie.  Lascerò  quindi  ne  discorra  altri.  Tra 
i  più  magnifici  accennerò  a  quello  che  occorre  a  destra  della 
gran  strada  ,  volgarmente  appellato*  sa  gratta  dessa  pìbera , 
dove  fu  deposta  Pomptilla  moglie,  credesi,  del  Filippo  luogote- 
nente di  Siila  che  venuto  pretore  in  Sardegna  vi  fece  guerra 
contro  Q,  Antonio  statovi  mandato  da  Mario  (V.  Mimaut  Hi- 
stoire  de  la  Sardaigne ,  v.  ^ ,'  p.  402  }•  Presso  il  quale  non  sono 
molti  anni  che  si  scopriva  l'ingresso  ad  una  gran  camera  con 
molti  avelli  ai  lati ,  e  in  fondo  tre  grandi  nicchioni.  Ne  sono 
molti  altri  degnissimi  di  osservazione  ,  e  avrebbe  in  che  bene 
occuparsi  chi  imprender  volesse  a  descrivere  questo  nobilissimo 
sepolcreto.  Non  lascerò  tuttaria  di  additare  anche  l'ultimo  sulla 
estremità  del  sobborgo ,  che  sembra  essere  stato  il  più  elegante 
e  vasto.  A  malgrado  del  genio  distruttore  dei  tempi  che  tra- 
scorsero resta  ancora  a  vedersi  qualche  orma  dell'arte  degli 
stuccatori,  che  spesso  è  riconosciuta  assai  gentile. 

Duolck  di  non  aver  contezza  delle  famìglie  e  persone  che 
aveansi  preparato  queste  sedi  per  l'eteriio  riposo,  che  per  av- 
ventura potrebbe  la  storia  sarda  ornarsi  di  qualche  nome,  e 
apporre  delle  onorevoli  ricordanze  a  quei  moltissimi  anni,  che 


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ii6  CAGLIARI 

rese  vacui  per  lunghi  spazi  un  fatale  obblio.  Tanto  sono  scarse 
le  is^izioni  che  non  so  se  .quattro  o  cinque  se  ne  siano  lette , 
tra  le  quali  primeggiano  le  lodi  della  menzionata  Pomptilla, 
che  con  buon'arte  sono  scolpite  in  caratteri  greci  e  latini;  e 
il  titolo  che  alle  sue  mogli  premorte ,  ai  figli,  posteri,  e  suoi 
libeiti  pose  C.  RubelUo  Chzio.  Avvene  di  semplicissime,  che  nulla 
più  contengono,  dei  nomi,  omessi  anche  quelli  che  non  spet- 
tavano alla  individualità. 

Neil'  altro  antico  confine  della  città ,  alla  pendice  di  Mon- 
T^le  in  una  roccia  men  dura  sono  pure  delle  tombe,  ma  di 
altra  forma  e  di  lavoro  men  pregevole.  Vedeasene  alcuna  e 
nel  poggio  di  Bonaria,  che  gli  aragonesi  nel  fondarvi  il  loro 
castello  non  avean  cancellato,  e  da  cui  a  relazione  del  P.  Fr. 
Antioco  Brondo  (  hysL  y  milagros  de  N»  Senora^  de  Buenayre 
an,  i5^)  si  estrassero  vasi,  urne,  cassette  di  piombo  con 
osse  bruciate ,  monete  ecc.  ;  però ,  mentre  non  fu  a  noi  tra- 
mandata una.  particolar  descrÌ2;ione  delle  medesime,  mal  si  può 
della  loro  somiglianza,  o  dissomiglianza  a  quelle  di  S.  Aven- 
drace  portar  giudizio.  Ma  si  che  i  sepolcri  in  nulla  dififerivano. 
Ne  restano  ancora,  e  son  certo  una  piccola  frazione  del  nu- 
mero, che  sussisteva  prima  che  i  barbari,  i  pisani ,  e  gli  ara- 
gonesi che  aveanvi  prossimamente  edificato,  i  religiosi  che  vi 
si  stabilirono,  e  i  tagliatori  di  pietra  avessero  cominciata,  con- 
tinuata e  quasi  finita  alla  abolizione  delle  vestigie  la  distinzio- 
ne. Negli  ultimi  tempi  si  lavorò  con  più  barbarie,  speciahnente 
nel  1761 ,  quando  se  ne  svelsero  i  materiali  all'edificio  del- 
l'arsenale per  le  galere.  Circa  i  tempi  del  citato  scrittore  se 
ne  vedeanp  moltissime,  e  alcune  quasi  intatte,  che  con  le  im- 
poste all'  adito  nei  medesimi  in  modo  di  porta  avrebber  potuto 
servire  di  abitazione  :  non  poche  si  insinuavano  molto  adden- 
tro nel  colle  con  frequenti  comunicazioni  fra  loro  ;  altre  erano 
di  gran  capaci&i ,  come  quella  presso  al  mare ,  che  fu  scelta 
a  stanza  dell'infante  D.  Alfonso  nel  tempo  dell'assedio,  perciò 
stata  poi  detta  la  grotta  del  Re, 

Di  sarcofaghi  con  rilievi  di  mani  maestre,  e  di  profonde  si- 
gnificazioni, alcuni  restarono  a  noi  salvati  per  gran  sorte.  Ne 
vedrai  quattro  o  cinque  all'  ingresso  del  museo,  che  merite- 
rebbero una  litografia;  più  altri  ci  sono  stati  tolti  ad  orna- 
mento di  ^gabinetti  esteri.  I  truogoli  semplici  sono  comuni.  Le 


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CAGLIARI  119 

pietre  di  monumento  con  eleganti  notazioni  »ono  innumerevor 
)i^  gran  parte  in  forma  di  cippi^  altre  in  quella  di  botticiofi, 
e  però  rotondate  salvo  nel  lato  sul  quale  posavano ,  con  alcuni 
cartelloni  a  memoria  di  varie  persone  sotto  giacenti,  e  forse 
entro  concavità  del  voliune  e  figura  delle  urne  formate  entro 
grantU  massi,  qualcuno  dei  quali  vedesi  nelle  costruzioni  pisane. 

Acropoli  di  Cagliari.  Da  alcuni  scrittori  nazionali  delle  età 
superiori ,  che  nelle  più  chiare  vestigìe  di  queUo  era  stata  Ca« 
gliari  ravvisavano  o  immaginavano  la  imitazione  dei  principali 
pubblici  edifizi  di  Roma,  si  fé'  menzione  dell'antica  (  noi  di- 
rem  )  cittadella  ,  e  si  notava  il  sito  ov'  essa  sorgeva  sopra  1» 
òtta.  Sarà  stato  cosi;  ma  ei  non  ispiegaron  le  cose  in  modo  da 
salvar  la  mente  dai  dubbi. 

(brandi  vie  antiche  da  Cagliari  a  Tibida^  a  Olbia  y  poi  a 
Torre,  Partivano  da  Cagliari,  o  in  essa  convergevano  quattro, 
o  cinque  grandi  strade;  due  littorali  a  Tibula,  una  per  po- 
nente che  per  la  plaia  si  dirigeva  in  Nora,  Sulcìs,  Neapoli , 
Tarro,  Comi,  Rosa,  Torre,  Tibula;  altra  che  per  Settimo 
(  sept.  ab.  u.  1.)  tendeva  a  Sarcobos  (Sàrrabus),  e  quindi 
sopra  le  maremme  dell' Ogliastra  si  svolgeva  ad  Olbia  per  a. Ti- 
bula ;  due  centrali ,  una  a  Tibula  che  per  Sestu  (  sexto  ab  u. 
1.  )  procedeva  quasi  sempre  nella  linea  della  recente  strada 
centrale  sino  a  pie  di  Monsanto  del  Meilògu,  donde  in  princi- 
pio dirigevasi  verso  Ardara  (  V.  art.  Cubuabbas  )  ;  e  poscia, 
quando  Torre  fu  privilegiata  degli  onori  di  colonia  romana, 
andò  nella  linea  secondo  la  quale  '  ora  prosegue  in  suo  sviluppo 
la  nuova  strada  alla  stessa  rinascente  Torre  ;  altra  ad  :01bià , 
che  per  le  falde  e'  pendici  occidentali  della  gran  catena  sarda 
producentesi  alle  fonti  del  Tirso,  indi  si  rivolgeva  in  questo 
punto.  Della  quinta  non  si  trova  menadone  nell'Itinerario,  ma 
la  appellazione  della  terra  di  Decimo^  che  precisamente  tror 
vasi  situata  ai  X.  M.  P.  da  Cagliari,  e  l'avviamento  della  li- 
nea ,  che  a  niun  altro  punto  da  Sulci  esser  potea ,  vale  a^sai 
a  farci  riconoscere  questa  scorciatoia  per  lo  commercio  tra  le 
due  primarie  città.  Ma  in  qual  punto  della  città  era  la  colonna 
aurea  ?  Si  potrà  poi  determinare  che  nella  desideratissima  carta 
corografica  della  Sardegna ,  la  quale  con  imn^enso  studio  si  di- 
segna dal  chiarissimo  cavaliere  Della  Marmora  possa  vedersi  it 
punto,  in  cui  si  congiungano  le  quattro  distanze  che  si  baialo 


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ii8  CAGLIARI 

alla  risoluùoae  del  problema,  e  queste  sono  le  tre  sunnotate 

di  Sestu,  Settimuy  e  Decimo ,  e  l'altra  di  Quarto. 

£  che  fu  di  questa  gran  città ,  posciaché  incominciarono  a 
scorrere  i  tempi  infelicissimi,  quando  cadde  la  potenca  roma- 
na ,  e  restarono  desolate  le  sue  più  belle  provincie  7  In  tanto 
.furore  dei  barbari  del  settentrione  doveva  essa  pure  perdere 
ogni  di  più ,  e  irreparabilmente ,  di  suo  splendore  e  grandezp- 
sa,  e  per  tante  rovine  in  estremo  a  quella  meschinità  essere 
ridotta ,  in  cui  ci  ricomparisce  dopo  la  cacciata  del  saraceno 
Musatto.  Che  se  consti  per  memorie  certissime  costui  averla  ri- 
staurata,  e  a  niun  dispendio  perdonato  per  aggrandirla  e  af- 
forzarla, quanto  fosse  decoroso  alla  città  di  sua  residenza,  che 
penseremo  essere  stata  prima  di  lui? 

Notizie  istoriche  dalla  sua  fondazione  oliranno  auUesimo 
delTera  volgare.  Sull'epoca  della  fondazione  di  Cagliari,  e  su 
i  primi  suoi  coloni  ci  furono  trasmesse  dagli  antichi  notizie 
contraddittorie  (  vedi  il  chiarissimo  baron  Manno  àSeor.  della 
Sardegna  nel  lib.  Ij  e  sul  principio  del  lib.  Il  )•  Nella  qual 
questione  io  m'avviso  dover  meglio  valere  il  ragionamento  so* 
pra  sode  cognizioni,  che  l'autorità  di»scrittori  che  portavano 
senza  esame  le  opinioni  che  avCTano  apprese  da  cui  potevano 
consultare.  Richiamo  quel  che  fu  scritto  in  sull'esordio  di  que- 
st'articolo. 

Io  vorrei  l' invasione  dei  cartaginesi  sotto  la  condotta  di  Ma- 
«beo  riferita  a  intorn6  l'anno  A.  G.  C.  54o,  in  e  circa  il  quale 
é  notata  la  dignità  dì  costui  come  Suffetto  (giudice)  biennale 
della  repubblica.  I  particolari  delle  imprese  militari  di  Asdru- 
bale  e  Amilcare  Barca  sono  ignorati.  Ma  non  é  dubbio  essere 
stati  gravissimi  fatti  d'arme.  Finalmente  divenuti  i  cartiginesi 
padroni  della  Spagna,  indi  mossero,  e  colti  i  sardi  inmjinata«> 
mente  li  misero  sotto  il  giogo. 

Nell'anno  di  Roma  494  L«  Cornelio  Scipione  vincitor  di  An* 
none  generale  dei  cartaginesi  nella  battaglia  d'Olbia  percorse 
con  gravissima  sventura  dei  sardi  l'isola,  e  fé' cadere  sopra 
Cagliari  stanza  principale  dei  cartaginesi  il  peso  delle  sue  arme. 
Nel  seguente  anno  si  scaricò  sulla  medesima  una  nuova  tem-* 
pesta  da  C.  Sulpicio. 

Tra  gli  anni  di  Roma  5i2-i4  ^^  truppe  straniere  agli  sti- 
pendi di  Cartagine    nella   Sardegna,    udita  la  soUevazione  dei 


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CAGLIARI  119 

loro  oompagni  in  Africa  si  dichiaravano  esse  pure  «oatto  al 
governo  y  e  uccidevano  Bostax  loro  duce  che  racchiuso  AraM 
eoi  suoi  partigiani  entro  una  fortezza*  Approdava  Annone  con 
altri  mercenari,  ma  il  contagio  influendo  in  costoro  la  insubor- 
dinazione, fu  crocifisso,  e  si  scannarono  tutti  i  cartaginesi  stabiliti 
nell'  isola.  I  cagliaritani  non  potendo  più  soflrire  la  tirannia 
militare  presero  le  armi  ed  ottennero  di  espellere  dalle  loro 
terre  quella  barbara  soldatesca.  FannosWdai  cartaginesi  alcuni 
apprestamenti  per  ridurre  nuovamente  i  sardi  all'antica  devo- 
zione f  i  romani  colgono  il  buon  destro ,  e  fingendo  di  credere 
che  le  dimostrazioni  contro  la  Sardegna  erano  altrimenti  un 
apparecchio  a  nuova  guerra  contro  Roma  dichiarano  la  guerra 
a  Cartagine,  che  non  può  essa  stornare  da  se ,  che  col  sa* 
grifiiio  della  Sardegna. 

Nel  517  posti  i  romani  in  allarme  per  una  sollevazione ,  cui 
incitavansi  i  sardi,  pensarcMio  ad  affiwzarsi  nella  capitale,  e 
nelle  altre  piazze  forti.  Nell'anno  seguente  venne  T.  Manila 
Torquato  con  V  esercito.  In  progresso  altri  consoli  sempre  fier 
spegnere  le  sollevazioni*    *> 

Nel  537  ritorna  in  Cagliari  T.  Manlio  Torquato  con  la  flotta 
ed  esercito^  e  tirato  il  naviglio  in  secco  va  a  combattere  con- 
tro Amsicora,  e  gli  alleati  cartaginesi  Asdrubale ,  Annone,  e 
Magone  congiunto  in  istretta  parentela  col  grande  Annibale. 
Ennio  il  padre  dcDa  poesia  latina  militava  in  questa  guerra 
tra  le  file  romane,  e  questa  terminata ,  fermava»  in  Cagliari 
sino  all'anno  554 ^  quando  M.  Pordo  Catone  seco  il  licoodusse 
a  Roma. 

Nel  685  mentre  ardeva  la  guerra  pìralka  veniva  Pompeo 
nel  porto  di  Cagliari,  e  provvedeva  alla  sua  ricurezza.  Vi  ri- 
tornava poi  nel  696. 

Nel  703  governandosi  V  isola  da  M.  Cotta,  scoppiava  la  guerra 
civile  tra  Cesare  e  Pompeo.  Cesare  vi  mandava  Valerio ,  ed  i 
cagliaritani  costringevano  Cotta  a  lasciar  vnoto  il  seggio  al  rap- 
presentante di  Cesare.  Venuta  l' Africa  in  podestà  di  Catone  e  di 
Scipione,  questi  mandavano  il  loro  navilio  ad  infestar  F isola. 
Si  depredavano  nei  porti  le  navi ,  e  strappavasi  gran  quantità 
d'arme  e  di  ferro.  Cesare  passa  in  Africa  a  guerreggiar  coi  due 
feroci  repubblicani,  e  da  Cagliari  riceve  milizie  ausiliarie ,  e 
gran  copia  di  vettovaglie. 


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I20  CAGLIARI 

Nel  706  vinti  in  Africa  i  nemici ,  Cesare  viene  in  Cagliari,  e 
mostrasi  amico  ai  cittadini,  riconoscendoli  di  loro  devozione. 

Circa  questi  tempi  la  cittadinanza  di  Cagliari  ottenevasi  i  pi-i- 
vilegi  di  mwiicipio  ,  per  li  quali  mentre  si  partecipava  degli 
stessi  dritti ,  che  godevano  i  romani  ,  era  permesso  di  gover* 
narsi  con  le  proprie  leggi ,  e  statuti. 

712.  Cagliari  e  in  breve  tutta  Pisola  si  occupava  da  Meno- 
doro  liberto  di  Sesto  «Pompeo. 

Ottaviano  la  riacquistava  di  presente  per  Eleno  suo  liberto. 
Ritorna  Menodoro,  combatte  con  M.  Lurìo,  e  sperimenta  poco 
propizia  la  sorte.  Accortosi  poscia  della  confidenza  del  nemico, 
riaccozia  le  genti ,  coglie  il  buon  destro ,  e  riesce  al  suo  fine , 
ricevuta  parte  dell'isola  per  ispontanea  dedizione ,  parte  per  la 
forza  dell'armi.  La  rocca  di  Aradi  (se  per  avventura  non  sia 
da  leggersi  Caralis)  stretta  dal  vincitore  dovè  calare  ai  patti. 
Eravi  lo  stesso  ricuperator  della  provincia  per  Ottaviano  il 
summentovato  Eleno.  Menodoro  ferma  vasi  nell'isola  all'anno 
ap{)resso,  quando  nella  conferenza  del  Miseno  fu  sotto  certe 
condizioni  da  Ottaviano  e  da  Antonio  a  S.  Pompeo  il  governo 
della  troppo  cara  provincia  sarda. 

714*  Menodoro  chiamato  dal  suo  padrone  a  rendef  conto  di 
sua  amministrazione  ,  uccisi  i  messaggieri  ,  rimetteva  in  balia 
di  Ot& Viano  l'isola,  il  navilio,  l'esercito.  Quindi  nuovo  motivo 
di  guerra. 

715.  Ottaviano  tenzonava  con  Pompeo  in  battaglia  navale 
presso  Cuma ,  e  poi  lo  vinceva  presso  le  spiaggie  della  Sicilia. 
Le  succedute  violenti  procelle ,  che  per  non  poco  fecero  il  mare 
pericoloso  gli  vietarono  di  veder  Cagliari. 

Nella  divisione  dell' imperio  la  provincia  sarda  ascrivevasi  al 
senato  fra  le  dieci  pretoriane. 

Era  volgare.  Coincide  nell'anno  di  Roma  754 ^  del  regno 
d'Augusto  Sa. 

Frequenti  disturbi  della  sicurezza  pubblica  per  gli  indomiti 
Uiesi. 

Nell'anno  19.  Quattro  mila  giudei  di  verde  età  furono  tra- 
sportati in  Sardegna  con  incarico  di  frenarvi  i  ladronecci.  Questa 
generazione  fu  svelta  dall'isola  nel  1492* 

56.  Yipsanio  Lena  preside  della  Sardegna  per  averla  con  so- 
verchia avarizia  governata  fu  condannato. 


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CAGLIARI  121 

62.  Aniceto  ministro  delle  scelleraggini  di  Nerone  fu  confinato 
in  Sardegna. 

65.  C.  Cassio  per  sua  venerazione  all'  uccisor  di  Cesare  ebbe 
egual  sorte. 

69.  1  sardi  conosciute  le  vittorie  d'Ottone  se  |li  sottomisero , 
contro  l'esempio  della  Corsica  che  soccorse  a  Yitellio. 

193.  Dalle  legioni  romane  dell'Illirio  e  delle  Gallie  è  salu- 
tato imperatore  Settimio  Severo  ,  che  avea  nell'  isola  esercitata 
la  questura.  Razio  Costante  governa  i  sardi  a  suo  nome. 

Dopo  l'anno  384  nella  divisione  dell'imperio  sotto  Diocleziano 
la  Sardegna  fu  compresa  nell'impero  d'Italia,  alla  quale  era 
stata  aggiunta  nel  ripartimento  geografico  amministrativo  sotto 
Adriano  (an.  117  ). 

3oa.  Dalle  arti  di  Galeno  indotto  Diocleziano  a  pubblicare 
un  sanguinoso  editto  contro  i  cristiani  ,  cominciavasi  dai  ma- 
gistrati provinciali  la  inquisizione  e  persecuzione  dei  seguaci 
della  proscritta  religione.  La  tirannica  intolleranza  sparse  mol- 
tissimo sangue  anche  in  Cagliari ,  giacche  Erculio  e  Costanzo  per 
lettere  del  primario  imperatore  dovettero  eseguir  l'editto. 

Gran  carestia  d'annona  per  tutto  l'impero  romano ,  la  quale 
incitò  molti  popoli  alle  sedizioni. 

33o,  Nella  divisione  dell'impei|«>  sotto  Costantino  restò  la 
Sardegna  contenuta  nella  terza  parte  dello  stato  e  diocesi 
d'IuUa. 

383.  Apparteneva  all'impero  occidentale  nell'Italia. 

398.  Radunasi  nel  golfo  di  Cagliari  la  flotta  destinata  contro 
Gildone  tiranno  dell'Africa. 

455.  Genserico  come  conobbe  esser  morto  FI.  Placidio  Va- 
lentiniano,  mandava  i  suoi  vandali,  che  occuparono  Cagliari, 
e  ridussero  tutti  i  sardi  sotto  il  giogo.  Atrocissime  cose  furono 
commesse  che  altri,  tranne  chi  le  tollerò,  non  saprebbe  narrare. 
Già  fin  dal  44<>  ^vea  ben  assaggiato  la  Sardegna  che  gente  si 
fossero  questi  barbari. 

461.  Dario  di  Cagliari  pontefice  massimo. 

468.  HarceUino  acquista  all'imperatore  Leone  Cagliari  ,  ed 
il  rimanente  della  provincia.  Poco  dopo  rientraronvi  i  vandali. 

47^-  Il  monte  Vesuvio'  vomendo  le  bruciate  sue  viscere,  ca- 
gionava notturna  oscurità  nel  pieno  giorno,  e  spargeva  di  mi- 
nute polveri  e  ceneri  la  faccia  d'Europa. 


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i^%  CAGLIARI 

'  5o8k  ScriTevansi  in  Cartagine  iniqinssimi  editti  contro  i 
TescoTi  ortodossi ,  e  designavasi  l'isola  sarda ,  nella  quale  ei 
fossero  deportata 

509.  Si  adduce  vano  in  Cagliari  gli  illustri  confessori  acconi" 
pagnati  da  ch^ci  e  monaci.  JNel  numero  dei  primi  non  si  con- 
viene ;  che  questi  ne  denuncia  1 20  ;  questi  220  ;  altri  altri- 
menti. Essi  portaron  seco,  per  sottrarle  alle  profanazioni ,  le  re- 
liquie dei  grandi  martìri  j  e  d'altri  uomini  santissimi  ;  in  que- 
sti il  corpo  di  S.  Agostino.  Scrissero  al  papa  per  avere,  con- 
forto nell'infortunio,  le  reliquie  dei  ss.  mm.  JNazario,  e  Roma- 
no ;  e  Simmaco  uomo  sardo ,  che  sedea  nella  cattedra  di  S« 
Pietro ,  al  bramato  dóno  aggiungeva  danaro  e  vesti  -,  di  che 
negli  anni  appresso ,  finché  durò  sua.  vita ,   non  cessò  di  fornirli. 

Fulgenzio  coi  vescovi  Ulustxe  e  Gianuario  formava  in  Cagliari 
un  monistero ,  dove  convisse  pure  con  Feliciano  prete ,  che  fu 
suo  successore ,  e  co'  monaci  e  cherici ,  che  avean  amato  es- 
sergli compagni  nell'esilio.  Questa  casa  fu  un  oracolo  per  li  ca^ 
gUaritani.  Vittore  primate  della  Bizacena  vi  moriva. 

5i4*  Simmaco  P.  M.  loro  bene£Eittore  era  tolto  da  Dio. 
Trasamondo  mosso  da  ciò  che  la  fama  pi^icava  di  Fulgenzio 
lo  chiamava  a  Cartagine.    . 

517.  Il  santo  vescovo  per «qpra  degli  ariani  tante  volte  ver- 
gognosamente sconfitti ,  quante  superbamente  osarono  assalirlo, 
rimandnvasi  in  Cagliari.  Pensò  tosto  a  edificai*vi  un  monistero 
fuori  della  città  ,  a  che  Brumazio  gli  addiceva  un  certo  seggio 
presso  la  basilica  di  S.  Saturnino.  Vi  raccoglieva  quaranta  e 
più  cenobiti* 

520.  I  vescovi  coofieasori  celebrano  una  sinodo  per  consultare 
sulla  risposta  ai  legati  dei  monaci  sciti  in  Roma  intorno  alla 
Incarnazione  ,  e  Grazia  di  G.  C. 

522.  Altra  sinodo  ,  nella  quale  dopo  gravilsime  discussioni 
fu  distesa  una  lettera  sinodica  ai  monaci  sciti  in  Costantinopoli. 

523.  Ilderìco  asceso  al  trono  de'  re  Vandali  ruppe  la  catena 
della  lunga  schiavitù. 

53o.  GUimere  spalleggiato  da  una  valida  cospirazione  toglie 
a  Ilderìco  lo  scettro  e  la  libertà.  Giustiniano  avendo  per  la 
seconda  volta  invano  richiamatolo  al  dovere  si  volgeva  ai  con- 
sigli di  guerra.  Su  questi  fatti  consulta  s.  v*  il  Morcelll  nel- 
l'elica Christiana* 


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CAGLIARI  ia3 

533.  L'esercito  di  Giustiniano  reduce  dalla  Persia  preparasi 
nd  andar  sull'Africa.  All'esempio  di  Pudenào  cittadino  africano 
che  eccitò  a  ribellione  le  città  tripolitane  per  sottometterle  al- 
l'imperio romano ,  Goda  di  nazione  goto ,  che  era  stato  pre- 
posto alla  Sardegna,  detestandole  crudeli  maniere  di  Gilimere 
invitava  Giustiniano  ad  una  facil  preda.  Questi  non  indugiava 
-a  spedire  in  Cagliari  Eulogio  suo  legato  con  alcune  schiere. 
Conosciuta  la  qual  conversione  di  cose  il  re  Vandalo  manda 
Tzazone  suo  fratello  con  5,ooo  uomini  sur  una  flotta  di  lao 
navi.  Cagliari  é  presa ,  q^nto  Goda ,  ristabilito  nell'isola  l'im- 
perio. Ma  deve  tosto  il  vincitore  affrettatamente  rinavigare  al- 
l'Africa per  agli  alloggiamenti  BuUensi  a  ristaurare  la  fortuna 
del  fratello  fuggito  davanti  a  Belisario. 

534*  Le  truppe  imperiali  comandate  da  Cirillo  scendono 
nei  lidi  cagliaritani.  Mostrasi  il  moszato  capo  di  Tzazone  ,  si 
aprono  le  porte  della  città ,  e  tutta  la  Sardegna  che  per  set- 
tantanove anni  era  stata  Vandalica  ridivenne  Romana. 

55 1.  Totila  spedisce  i  suoi  maggiori  capitani  con  un  potente 
na villo  perchè  assoggettino  al  suo  impero  la  Sardegna,  e  la 
Corsica,  Cagliari  non  si  potè  tener  forte.  Giovanni  duce  del- 
l'armi imperiali  in  Africa  riempie'  la  flotta  di  scelta  soldatesca, 
e  la  indirizza  alla  capitale  della  Sardegna.  I  romani  si  accam- 
pano sul  littorale ,  e  poscia  movono  all'assalto.  Invano ,  che  i 
goti  cadendo  repentini  sopra. essi  stanchi  o  sbadati  li  sbarattano 
e  rovesciano  in  mare. 

553.  Totila  e  Teia.  vinti  da  Narsete,  Cagliari  e  tutta  la  pro- 
vincia è  ricondotta  all'ossequio  dell'imperator  romano. 

Sgji,  il  pontefice  Gregorio  I  (  ^  grande  )  il  quale  nella  ne- 
gligenza del  governo  imperiale  qpìegava  certo /rroCelloroXa  sopra 
la  Sardegna ,  si  riwdgeva  al  metropolitano  Gianuario  arcive- 
scovo di  Cagliari,  perchè  studiasse  a  salvar  l'isola  dalle  cor- 
rerìe di  Agilulfo  duca  di  Torino,  marito  di  Teodolinda  regina 
dei  Longobardi,  che  ne  infestava  le  spiaggie.  La  invasione  fu 
fatta  riuscire  ad  un  fine  infelice  per  Io  valore  dei  difensori.  U 
vigilantissimo  Santo  Padre  tetnendo  l'amor  della  vendetta  po- 
tesse movere  i  Longobardi  ad  altra  aggressione  riconfortava 
Gianuario  alla  munizione  delle  rocche. 

6oo.  Innocenzo  prefetto  d'  Africa  ,  e  Domenico  vescovo  di 
Cartagine  udito  dalla  Sardegna  i  clamori  miserabili  degli   uo- 


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i!i4  CAGLIARI 

mini  della  infima  classe  soffocati  e  calpestati  dalla  tirannia  dei 
ricchi,  scrìssero  al  p.  m.  Gregorio,  il  quale  unicamente  parea 
loro  potere  con  sua  autorità  e  grazia  sollevarli ,  come  in  effetto 
avvenne  per  lo  zelo  di  Gianuario,   che  egli  eccitava. 

In  quest'anno  rincrudiva  la  pestilenza  che  sembrava  sopita 
o  speata.  Essa  era  comune  quasi  a  tutta  l'Italia. 

60 1.  Innocenzio  manda  in  Sardegna  alcuni  uomini  a  tenervi 
ragione  ;  però  tanta  fu  la  loro  immanità ,  che  non  a  difendere 
la  provincia ,  ma  ad  espilarla  parvero  venuti.  Vittore,  vescovo 
di  Fausania ,  non  pati  questo  scandalo.  Gregorio  per  di  lui  pre- 
ghiera ne  dava  lingua  al  prefetto  d'Africa,  che  represse  quella 
voracissima  avarizia. 

639.  Gregorio  ultimo  dei  prefetti  d'Africa  spiega  sua  giurisdi- 
zione sopra  la  Sardegna. 

642.  Macchina  cose  nuove. 

646.  Affetta  il  regno  -,  né  le  provincie  africane  e  le  pertinenze 
malvolentieri  gli  aderiscono. 

647*  Accorre  col  suo  esercito  contro  Abdalla  soldano  sarace- 
no :  resta  vinto  ed  uccìso. 

65o.  I  saraceni  discesi  in  Sicilia  si  impadroniscono  di  molte 
ritta  ,  e  annientano  con  crudel  uccisione  l'esercito  romano.  Ter- 
rore in  Sardegna  dei  barbari  che  impunemente  corrono  le  pro- 
vincie e  van  consumando  l'imperio  ,  non  potendo  alcuna  resi- 
stenza esser  eguale  a  tant'impeto. 

663.  Costante  II  parte  da  Bisanzio  col  disegno  di  stabilii*si 
in  Roma.  Quindi  va  in  Siracusa  ,  e  spregia  in  paragone  la  ca- 
pitale d'Oriente. 

664*  La  di  lui  dimora  in  Sicilia  gravissima  agli  isolani;  che 
sono  le  loro  cose  da' suoi  soldati ,  siccome  da  pirati,  messi  a 
bottino.  L'Africa  e  la  Sardegna  gemono  sotto  simiU  vessazioni , 
piena  una  ed  altra  di  rumore,  di  pianto,  e  di  sangue. 

665.  Il  contagio  ,  che  funestava  l'Italia,  si  appicca  alla  Sar- 
degna. I  saraceni  sotto  gli  occhi  d'Augusto  cosi  devastano  la 
Sicilia  ,  che  ne  resta  disfatta. 

667.  Gran  numero  di  africani ,  disperati  della  salvezza ,  si  ri- 
coverano in  Europa  ed  Asia. 

668.  Parte  da  Cagliari  un  certo  numero  di  armati  a  propu- 
gnare nella  Sicilia  contro  Mizizio ,  uomo  d' Armenia ,  che  aveasi 
usurpato  l'impero,  i  dritti  di  Costantino  lY  figlio  di  Costante. 


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CAGLURI  125 

670.  Le  flotte  saracene  spargono  il  terrore  nei  lidi  europei 
del  Mediterraneo. 

680.  GitonatOy  arcivescovo  di  Cagliari,  accusato  di  funeste 
macchinazioni  contro  alla  maestà  ,  alla  pace  ,  ed. allo  stato  , 
va  in  Costantinopoli,  mette  in  aperta  luce  la  sua  innocenza, 
onde  con  grandissimo  onore  è  ricevuto  nel  vi  concilk)  ecumenico. 

685.  Giustiniano  II,  tiranno  abbominevole,  coi  suoi  angaria- 
•  menti  raddoppia  le  sventure  dei  sardi. 

691*  Da  Hazan,.  duce  dei  saraceni,  sovvertita  Cartagine , 
quanto  era  di  greci  nell'Africa  fu  annientato.  Forse  quindi  in^ 
comincia  la  diminuzione  della  dipendenza  dei  sardi  dagli  im- 
peratori greci. 

712.  Gli  arabi ,  o  saraceni  d'Africa,  introdotti  nella  Spagna 
dal  conte  Giuliano. 

Verso  il  720.  I  saraceni  di  Spagna,. fecer  impeto  nella  Sar- 
degna e  operarono  orribili  devastazioni.  Cagliari  nonistette  salda 
alla  violenta  impressione.  £  qui  pure ,  come  era  massima  poli- 
tica a  questi  barbari ,  avran  bruciato  tutti  i  libri  per  ridurre  i 
cristiani  all'  ignoranza  ,  all'apostasia. 

722.  Luitprando,  conosciute  le  pro&nità  che  i  saraceni  si 
peimettevano  in  Cagliari,  inviava  legati ,.  che  riscattassero  le 
reliquie  di  S.  Agostino. 

Governo  nazionale.  Pare  che  in  su  gli  estremi  anni  del  se- 
colo decorso  trovandosi  la  nazione  abbandonata  ai  mali  suoi 
destini  sorgesse  qualche  anima  generosa  a  destare  il  coraggio 
degli  oppressi  a  buone  speranze. 

In  anno  incerto,  dopo  l'epoca  testé  suddeterminata ,  i  sardi 
mal  so£Cerenti  del  giogo  prendon  l'arme  e  liberan  la  lor  terra 
dagli  infedeli. 

785.  Epifanio  inviato  dall'arcivescovo  di  Cagliari  Tommaso 
fu  dall'  imperatore  Costantino  VI  e  sua  madre  Irene  deputato 
a  ripigliare  con  altro  incaricato  presso  il  pontefice  Adriano  III 
il  trattato  della  convocazione  d'un  «concilio  generale  in  Costan- 
tinopoli contro  la  eresia  degli  Iconoclasti.  Da  che  mi  consterebbe 
solamente  un  resto  di  riverenza  agli  imperatori. 

800.  Dal  P.  M.  Leone  III  si  incoronava  imperator  d'  occi- 
dente Carlo  Magno.  L'abate  Gaetano  Cenni  (nelle  sue  note  alle 
dissertazioni  del  Muratcri  su  le  antichità  italiane  (  noi.  27  alla 
diss.  71),  dice  aversi  indubitata  testimpnianza  da  Eginardo  come 


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ia6  CAGLURI 

quest'eroe,  o  unsuodace,  eombattnto  «resse  eootro  i  saraceni 
nelle  due  isole  di  Sardegna  e  di  Corsica.  Quindi  converrebbe 
ammettere  un'altra  irruzione  dei  barbari  nelle  nostre  terre  al 
principiante  secolo  nono  y  la  quale  avesse  provocato  le  armi 
di  Carlo. 

806*7.  I  saraceni  ritornarono  in  sul  batter  Cagliari;  ma  il 
valor  dei  propugnatori  prevaleva  al  furore  e  numero  degli 
espugnatori* 

810.  Nuova  né  più  fortunata  aggressione. 

81 3.  I  mori  dell'Africa  spediscono  un  grosso  armamento: 
ma  per  la  forza  dei  venti  si  stritolavano  alle  coste  sarde  cento 
navi.  Questi  esaustì  dalla  procella ,  il  ferro  sardo  esauriva  i  loro 
fratelli  deUa  Spagna  sopraggiunti  poco  dopo. 

81 5.  Dopo  la  morte  di  Carlo  Magno  partiva  da  Cagliari  un' 
ambasceria  e  presentava  dei  doni  a  Lodovico  il  Pio  in  Pader- 
bona.  Supposta  la  ricuperazione  dell'isola  per  l'arme  di  Carlo, 
in  quest'ambasceria  potrebbesi  intendere  un  omaggio  di  vassalli 
al  novello  signore.  ...  Di  altre  irruzioni  saracene  nulla  con- 
tezza è  pervenuta.  Intanto  alle  frequentissime  percosse  Cagliari, 
in  cui  come  ogn'uom  vede,  doveva  cadere  il  primo  impeto ,  an- 
dava in  distruzione. 

Oìudicato  di  CagliarL  L'origine  dei  Giudici  della  Sardegna , 
come  furono  appellati  ì  primari  magistrati  che  governavano  la 
somma  delle  cose  pubbliche,  è  certamente  assai  più  antica, 
che  abbiano  asserito  i  pisani.  E  penso  doversi  la  medesima  ri- 
trovare nei  tempi  che  si  contennero  nella  fine  del  secolo  vm 
e  principio  del  n,  quando  veniva  meno,  e  poscia  cessava  af- 
fatto la  influenza  del  governo  greco.  Già  fin  dai  tempi  di  s.  Gre- 
gorio, con  tutto  che  avessero  gli  imperatori  nell'Africa  l'eser- 
cito, ed  in  Cartagine  un  prefetto^  veduto  abbiamo  in  certa 
imbecillità  il  loro  potere,  e  su  questo  fondamento  possiam te- 
ner probabilissimo,  anzi  moralmente  certo,  che  la  medesima  o 
annullata  o  ridotta  sia  stat&  a  un  morto  dritto,  poiché  la  po- 
tenza dei  saraceni  oppresse  i  romani  nell'Africa,  e  rendendo 
infesti  i^ari  vietava  il  frequente  commercio  tra  Costantino- 
pc4i  e  Cagliari.  In  cosiffatta  condizione  non  potevano  restare 
senza  governo  i  sardi ,  e  doveva  avvenire ,  che  o  i  magistrati 
instituiti  dall'imperatore  o  dal  prefetto  ritenessero,  e  trasmet^ 
tessero  nei  loro  posteri  la  giurisdizione  ;  ovvero  che  alcun  uomo 


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CAGLIARI  la; 

iiobilisMaio  dei  nazionali  j  radunando  sempre  btorno  a  se  in 
dientela  altre  e  altre  genti,  finalmente  il  supremo  potere  ot- 
tenesse per  consenso  dei  cittadini  o  tacito  o  espresso.  Non  pa- 
rendomi yero  il  primo  per  quella  antipatìa ,  o  altro  che  in- 
tendasi ,  la  quale  in  nazioni  vassalle  è  solito  esser  veduta  con- 
tro lo  straniero  dominatore,  e,  nel  presente  caso  dirò,  per 
l'odio  che  i  sardi  avran  dovuto  concepire  e  nutrire  ad  una 
eccessiva  grandezza  verso  i  magistrati  greci,  che  per  indole 
superbi  e  avari  nella  debolezza  del  goverao  supremo  dovevano 
passare  ad  una  feroce  tirannia ,  e  nel  mal  esempio  dei  costanti 
e  suoi  pan  imperversare  senza  alcun  timore  e  ritegno;  però 
vo'  far  ragione  di  quel  che  posi  in  secondo  luogo,  e  stimare 
r  istituzione  fatta  con  espresso  consentimento  della  miglior  parte 
del  popolo,  di  soii^  che  uno  o  più  capi  della  nazione  siano 
esistiti  per  elezione  del  dero,  e  delle  principali  persone,  come, 
se  io  non  veda  in  fallo,  è  da  dedursi  dallo  statuto  politico 
del  reggimento  dei  Giudici,  di  cui  si  dirà  nell'articolo  6m- 
dicalo.  Per  me  la  loro  esistenza  comincia  ad  esser  ceiia 
nel  tempo  istesso  della  oppressione  dei  popoli  sardi  sotto  la 
barbarie  saracena,  quando  a  non  poche  genti  disdegnose  della 
schiavitù,  e  inorridite  per  le  abbominazioni  commesse  dagli 
infedeli  nei  luoghi  santi,  fu  offerto  un  asilo  nell'antica  stanza 
degli  iliesi ,  nelle  regioni  dei  barbaracini ,  luoghi  sacri  alla  li- 
bertà, e  inviolati  dall'alterìgia  dei  dominatori  cartaginesi  e 
romani;  e  chiaramente-  si  dimostra  nella  felicemente  tentata 
ripulsione  degli  infedeli  per  le  sole  (opie  dei  nazionali,  che 
ragion  vuole  crediamo  sotto  la  condotta  e  secondo  i  consigli 
d'un  ben  avveduto  supremo  duce,  compita  e  probabilmente 
molto  in  là  della  seconda  metà  del  secolo  ix.  E  qui  nella  cer- 
tissima esistenza  dei  duci  delle  genti  barbaracine  nuovo  fonda- 
mento si  offire  alla  opinione  intorno  a  un  capo  supremo  delle 
genti  non  so^tte  agli  infedeli,  quando  non  si  potesse  am- 
mettere quella  istituzione  che  io  pretendo.  Sono  tenebrosissimi 
questi  tempi  per  totale  difetto  di  monumenti,  ma  stimo  che 
se  un  qualche  lume  in  avvenire  risplenda  fra  i  medesimi,  sarà 
che  restino  rischiarate  le  cose  che  ora  non  sono  visibili  a  tutti 
gli  occhi,  che  tra  le  terribili  sventure  che  sovraincumbettero 
alla  terra  sarda  appajano  maravìgliose  imprese  di  valore  relì-^ 
gioso  e  militare,  e,  conciossiaché  in  parità  di  cose,  gli  uomini 


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ia8  CAGUARI 

di  tutti  i  tempi  e  luoghi  le  stesse  maniere  tengano  nelle  cose 
di  somma  importanza,  e  per  la  salvezza  gli  stessi  mezzi  adot- 
tino li  medesimi  conigli  a  tutti  suggerendo  la  natura,  sarà 
pure  siano  riconosciuti  avvenimenti  somigliantissimi  a  quelli , 
che  ebbero  luogo  fra  gli  spagnuoli  riparatisi  dalla  tirannia  dei 
mori. nei  monti  di  Leone,  d'Asturìa  e  diGallizia,  e  $iano  ve- 
dati i  Pelagi  ed  i  Garzia  sardi  in  sul  principio  travaglianti  il 
nemico  con  iscorrerie,  e  poscia  opprimentilo  in  ordin&te  bat- 
taglie. 

Questo  o  questi  capi  della  nazione  già  insino  dalla  metà  del 
secolo  nono  compariscono  col  titolo  di  Giudici  (  vedi  il  baron 
Manno  agli  anni  847-54)*  Dirò  a  dar  ragione  del  mio  dub- 
bio sul  loro  numero,  che  sebbene  siami  più  probabile  che 
unico  in  principio  fosse  il  principe ,  tutt^ia  veggo  che  poco 
dopo  o  per  divisione  di  eredità,  o  per  usurpazione  di  capi 
militali  che  in  diverse  parti  dell'isola  dovessero  vegUare  con 
Tarme  in  mano ,  si  potevano  essi  moltipUcare. 

Negata  ai  pisani  la  istituzione  dei  Giudicati ,  negarsi  può  ezian- 
dio la  divisione  del  regno  in  quattro  parti.  Il  giudicato  Caralense 
è  anteriore  a  questo  supposto  spartimento,  e  lo  è  ancora 
il  TorrJtano,  come  fu  vittoriosamente  dimostrato  dal  baron 
Manno.  Non  però  sembra  ed  é  facile  a  determinare  quanto 
prima  dell' xi  secolo  siano  state  le  diverse  giurisdizioni.  Che  se 
dalla  qualifica  di  Giudicati  fino  in  questi  tempi  rimasta  a  due 
grandi  dipartimenti,  uno  incluso  nella  Cagliaritana,  altro  nella 
provincia  Arborense,  questi  sono  l'Ogliastra,  ed  il  Colostrài, 
fosse  conceduto  di  ragionare  ,  in  questo  caso  avrebbesi  come 
difendere  essere  stati  i  giudicati  più  di  quattro.  Ma  pretermet- 
tiamo siffatte  discussioni,  che  per  avventura  possano  stimarsi 
vane.  Mig}ior  negozio  certamente  ei  sarà  ricercare  quanta  sia 
stata  da)la  prima  origine  al  secolo  xi  l'autorità  di  questi  to- 
parchi.  Eran  eglino  nei  tempi  della  recente  instituzione  subor- 
dinati agli  imperatori  greci,  o  a' romani  pontefici?  —  Non  po- 
trei consentire  né  ad  una ,  né  ad  altra  parte.  Conciosslaché  non 
paja  essere  stata  alcuna  vera  dipendenza  dai  primi ,  e  questo 
non  tanto  per  atti  di  imperio,  quanto  perciò  che  i  vassalli 
sogliono  stimare  tolto  il  dovere  dell'ossequio,  e  annullata  la 
dipendenza,  quando  svanisca  la  possa  che  soggiogava  o  infre- 
nava:   né  pure  sia  onde  si  possa  arguire  una  superiorità  poli* 


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CAGLURI  129 

tite  nella  Sede  Apostolica ,  anzi  dentro  il  secolo  ix  nella  let* 
tera  di  Leone  IV  all' ,  o  ad  un  Giudice  della  Sardegna  abbiasi 
un  argomento  in  contrario.  Se  lui  dal  pontefice  leggerai  quali- 
ficato di  altezza  e  di  magnificenza ,  e  onorato  del  modesto  stile 
della  preghiera,  vorrai  pensare  che  Leone  abbia  stimato  di 
scrivere  a  un  suo  vassallo  ? 

Ma  se  nel  secolo  nono  non  sentiyan  l'autorità  civile  del 
papa,  non  però  i  principi  sardi  erano  da  altra  signorìa  indi- 
pendenti ;  che  gli  imperatori  romani  cominciarono  ad  esercitare 
su  di  loro  i  dritti  dell'alta  sovranità.  E  questi  dritti  generali 
probabilmente  dalla  vittoria  sopra  i  saraceni  dominatori  se  non 
siano  dimostrati  indubitatamente  dall'  ambasceria  notata  nel- 
l'anno  8i5 ,  lo  sono  cosi  a  parer  mio  da  questo  che  han  sem- 
pre confessato  i  romani  pontefici  esser  le  ragioni  dal  preteso 
alto  dominio  sulla  Sardegna  venute  loro  dalla  qualunque  cre- 
dasi donazione  imperiale ,  e  da  quello  pure  che  i  Cesari  spesse 
volte  ravvivarono  gli  antichi  loro  diritti  in  pregiudizio  della 
Sede  Apostolica.  Questa  però  nel  secolo  xi  come  avvenne  che 
dai  Giudici  sardi  fosse  riconosciuta  per  dominatrice  suprema , 
anzi  che  lo  fosse  generalmente ,  come  consta  dalle  dimande  che 
da  tutte  parti  si  faceano  al  pontefice  (vedi  anno  1074  )  per  la 
investitura  della  Sardegna?  Lasciata  da  parte  la  controversia  sulle 
donazioni  e  conferme  imperiali ,  potrebbesi  la  esercitata  sovra- 
nità ripetere  o  dalla  opinione  che  in  quei  tempi  prevalea  che 
le  terre  dei  cristiani  sgombrate  dagli  infedeli  fossero  patrimo- 
nio di  8.  Pietro  y  o  dalla  spontanea  sommessione  dei  popoli  per 
esserne  protetti,  e  forse  da  ambedue  queste  cause. 

Quando  le  toparchie  sarde  furono  definite  a  quattro,  la  Ca- 
ralense,  della  quale  Cagliari  era  capitale,  constava  dei  seguenti 
dipartimenti  secondo  che  lasciò  scritto  il  Fara  :  1  .^  Campidano 
di  Cagliari,  o  Curatoria  di  Campidano  con  popolazioni  43:  2.^ 
Curatoria  di  Decimo  con  popolazioni  1 1 :  3.^  Curatoria  di  Dò- 
lia  con  popolazioni  28:  4*^  Curatoria  di  Ippis  con  popolazioni 
29:  5*^  Curatoria  di  Nuràminis  con  popolazioni  14^  6.^  Cura- 
toria di  Tre/enta  con  popolazioni  20:  7.^  Curatoria  di  Seùi^us 
con  popolazioni  3o:  8.^  Curatoria  di  Galilla  o  del  Giarrèi  con 
popolazioni  1 2 :  9.^  Incontrada  di  Barbàgia-Seùlo  con  popola- 
zioni 6:  10.^  Incontrada  del  Sàrrabus  con  popolazioni  16:  11.^ 
Lacontrada  di  Cirra  o  Chirra  con  popolazioni  4  :  '  ^«^  Giudicato 
Dizion*  geogr.  ecc.  Voi.  III.  9 


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i3o  CAGLURI 

4ella  Ogliastra  o  deli' Agtigliastra  con  popólatiòni  i3:  i3.®  Cu* 

ratorìa  di  Nora  coti  popolazioni  i6:   i4*^  Guratoria  di  Giserro 

-  con  popolazioni  34 :  i5.^  Curatoria  del  Sulcis  con  popolazioni  3i. 

A.  voler  determinare  qual  fosse  la  probabile  popolazione  di 
questi  trecento  dodici  comuni  non  si  hanno  sufficienti  dati  : 
nientedimeno  se  facciasi  ragione  della  estensione ,  in  cui  si  con- 
tenevano queste  abitazioni ,  e  della  fecondità  del  suòlo  non 
dovrà  veramente  sembrare  una  esagerazione  Io  averla  compu- 
tata di  circa  mezzo  milioAc 

Regoli  della  tetrarchia  Caralese.  Di  nessuno  fra  quanti  eb- 
bero il  governo  della  medesima  in  là  del  secolo  xi  è  pervenuta 
a  noi  particolar  contezza.  Degli  altri  ecco  i  nomi ,  e  breve- 
ipente  notate  le  principali  cose  cha  rimasero  nelle  antiche  me- 
morie alla  nostra  cognizione.  Chi  più  desideri  consulti  il  baron 
Manno  ,  il  quale  con  sue  chiare  discussioni  portò  molto  lume 
contro  le  tenebre  del  medio  evo ,  con  le  diligentissime  rìcer^ 
che  riempi  non  pocdi  vacui ,  e  con  V  acre  giudizio  districò 
molti  nodi. 

I.  Anni  dell'Era  volgare  1002.  Ugone  I,  marchese  di  Massa, 
signor  di  Corsica  ,  é  insieme  qualificato  siccome  giudice  del 
Caralese.  Ei  si  conosce  per  una  donazione  a  Placido  abbate  di 
S^  Mamiliano  in  Monte^Cristo  dat.  da  Cagliari,  anno  sunnotato. 

Musano.  Nuova  invasione  e  dominazione  dei  saraceni.  In- 
torno all'anno  terzo  del  secolo  xi  Musatto,  principe  saraceno, 
discende  in  Sardegna  ,  ed  occupata  Cagliari,  vi  stabilisce  la 
sede  del  suo  governo.  Giovanni  XVIII  P.  M.  compunto  da  pietà 
per  lo  infortunio  de'  sardi ,  e  da  timore  per  le  sciagure  che 
prevedeva  dover  cadere  in  su  l'Italia  ,  però  che  era  nel  golfo 
di  Cagliak-i ,  e  in  tutta  la  costa  orientale  una  grandissima  co- 
modità a'  barbari  per  assaUre  e  depredare  la  penisola  ,  invitava 
i  popoli  più  potenti  a  guerreggiarli ,  e  poneva ,  cosi  preten** 
desi,  prezzo  della  liberazione  dei  sardi  la  signoria  dell'isola. 
I  pisani  fecero  piccole  imprese  contra  Musatto. 

ioo5.  Il  feroce  soldano,  éome  seppe  ritiovarsi  Pisa  sprov- 
veduta di  difensori,  volgcsi  col  navilio  in  quelle  sponde,  e 
brucia  quella  parte  della  città  che  fu  poscia  denominata  Chin- 
sica. 

1012.  I  pisani,  memori  della  incursione  del  barbaro,  ardono 
di  vendicarsi.  GH  corrono  con  grand'impcto  addosso ,  e  lo  so- 


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GAGLURI  i3i 

spingono  dalla  terra;  Ma  restaurate  le  forze  egli  rìtema,  e  rin- 
nova il  regno. 

ioi5->  i6.  L'Italia  ^  anzi  tutta  l'Europa  afflitta  da  carestia  e 
pestilenza. 

1016.  I  saraceni  scioglion  da  Cagliari  contro  la  penìsola. 
Espugnano  la  città  di  Luni ,  e  per  gravissimo  danno  e  igno- 
minia dei  vicini  vi  si  annidano.  Benedetto  YIII  spinge  contro 
loro  molte  genti,  che  con  tutte  armi  e  da  terra  e  da  mare  li 
conibattano.  Musatto  vede  cader  tutti  i  &uoi ,  perde  la  sposa  ,- 
e  con  precipitosa  fuga  rifugiasi  nella  rocca  di  Cagliari.  Quivi 
a  disfogare  la  rabbia  che  conceputa  avea  contro  i  cristiani,  fa- 
ceva i  miseri  cittadini  infigger  vivi  nelle  mura.  Di  cosi  lagri- 
mevole  sciagura  dei  cagliaritani  conscio  il  santo  padre,  e  pre- 
gato dai  fratelli  Cao,  Uario  ,  e  Atanagio  ,  padre  dì  Benedetto, 
in  appresso  cardinale  di  santa  chiesa ,  uomini  nobilissimi  degli 
isolani  ,  che  per  esimersi  dalle  ire  di  quel  carnefice  sì  erano 
ricoverati  in  Roma  ,  inviava  in  Pisa  ed  in  Genova  il  vescovo 
d'Ostia  perché  congiungessero  l'arme  all' esterminio  dei  saraceni 
padroni  dì  Sardegna.  Musatto  delibera  di  fabbricare  sul  colle 
cagliaritano  una  città  forte.  Arrivano  i  jHSani  e  liguri ,  pugnano 
coi  mori  e  prevalgono.  I  sardi  cooperavano.  Discussione  tra  lì 
due  popoli  alleati.  I  liguri  sono  espulsi  dall'isola. 

U.  1019.  Guglielmo  I,  signor  di  Corsica ,  onora  vasi  pure  del 
tìtolo  di  Giudice  cagliaritano.  U  che  appare  da  una  carta  di 
donazione  al  monìstero  di  S.  Mamìliano  della  regola  dei  Ca-' 
fnaldolesi. 

III.  1091.  Ugone  II ,  marchese  di  Massa,  signor  di  Corsi- 
ca ,  era  Giudice  cagliaritano  ,  siccome  consta  da  un  diploma 
riferito  dal  Muratori  e  provato  dagli  annalisti  camaldolesi. 

Musatto  ripigliato  vigore  ed  ardimento,  e  profittando  della 
negligenza  dei  pisani  per  troppa  confidenza  nelle  proprie  forze, 
move  dall'Africa,  e  inaspettato  presentasi.  Niuna  resistenza  ei 
trovava  nelle  rocche ,  le  quali  non  erano  munite  per  la  guerra. 
Nondimeno  gli  isolani  si  mossero  a  fronteggiarlo ,  e  solamente 
costretti  da  necessità  inclinarono  all'accordo* 

I  genovesi  ed  i  pisani  nuovamente  òonsenzienti  lo  assaliscono. 
Quelli  ebbero  per  se  il  tesoro  del  saraceno  ;  questi  si  immagi^ 
narono  di  aver  aoqiùstato  il  dominio  deirisola  \  ma  non  av- 
venne cosi ,  perché  gli  antichi  pudici  continuarono    ad  esser 


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i3a  CAGLIARI 

padroni  in  casa  loro  j  ed  il  papa  ritenne  i  dritti  dell'alta  so- 
vranità \  di  maniera  che  la  loro  sovranità  non  era  né  di  dritto, 
e  né  pur  di  fatto  ,  che  nell'  unico  caso ,  in  cui  per  le  forze 
maggiori  prevalessero.  Cagliari  e  gli  altri  luoghi  più  importanti 
dell'isola  furono  fortificati. 

Verso  la  metà  del  secolo  Musatto  già  ben  avanzato  in  età 
adduce  sulla  Sardegna  nuova  tempesta.  Accorrono  di  nuovo 
pisani  e  liguri  alla  salvezza  dei  popoli,  e  si  accampano  pressò 
alla  città ,  che  avea  potuto  fin  allora  reggere  agli  assalti  dei 
barbari.  La  potenza  di  questi  é  disfatta  in  terra  e  in  mare.  I 
sardi  esultano  liberati  per  sempre  dalla  schiavitù. 

lY.  loSg.  Torchitorìo  I  offriva  doni  a  Montecassino  per  la 
erezione  in  Cagliari  d'un  monistero. 

In  questi  tempi  cominciava  a  fiorire  per  sapienza  ,  saatità , 
e  virtù  prodigiosa  Giorgio  di  Cagliari  vescovo  della  Barbagia. 

Y.  1073.  Onroco.  A  lui  e  agli  altri  giudici  sardi  scriveva 
Gregorio  VII  P.  M.  si  tosto  come  imprendeva  il  governo  della 
chiesa  universale.  Scriveva  poscia  a  lui  solo,  e  mentre  con- 
sentivagli  di  poter  portarsi  in  Roma  ,  imponeva  chiamasse  a 
conferenza  gli  altri  giudici  ,  e  deliberasse  con  essi  su  di  ciò  , 
che  era  stato  significato  per  Costantino  arcivescovo  di  Torre. 
Le  parole  non  erano  tutte  amorose ,  che  non  si  potè  tenere  il 
papa  dal  far  prevedere  il  suo  sdegno,  ove  essi  non  dessero 
prontamente  una  risposta  appagante.  Trattavasi  del  dritto  ed 
onore  di  S»  Pietro, 

Nell'anno  seguente  mandavasi  dal  papa  in  Cagliari  il  vescovo 
di-^opulonia  ,  e  Onroco ,  cui  la  punizione  recente  di  Enrico 
III  imperatore  dei  romani  con  la  scomunica  e  col  disobbliga- 
mento  dei  sudditi  dal  giuramento  di  fedeltà  dava  dei  timori , 
lo  accoglieva  molto  rispettosamen^ie ,  e  con  lui  adempiva  a  tutti 
i  suoi  doveri.  Dì  che  Gregorio  grandemente  lodavalo  ,  dichia- 
rando che  soddisfatto  del  suo  vassallaggio  ,  era  fermo  a  non 
lasciarsi  piegare  dalle  preghiere  di  grandi  personaggi  tra  i  nor- 
manni ,  toscani ,  lombardi ,  e  alcuni  popoli  oltramontani  a 
permettere  che  conquistassero  la  Sardegna ,  e  a  non  lasciarsi 
vincere  dalla  lusinga  delle  amplissime  proni essioni  che  proferi- 
vansi  in  grande  incremento  della  sede  apostolica. 

1087.  Vittore  III  P.  M.  poco  prima  di  morire  si  indirizzava 
all'arcivescovo   di  Cagliari,  cui  qualificava  primate  dell'isola, 


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CAGLIARI  i33 

perchè  esso  e  gli  altii  vescovi  provvedessero   al   rista uraniento 

delle    chiese  per  opra  degli  infedeli  in  miserevole  ruina  giacenti. 

I  pisani  trasportano  alla  loro  patria  dalla  tomba  presso  Nora 

i  corpi  dei  ss.  mm.  Efisio  e  Potito. 

VI.  1088.  Arzone  de  Unàli,  giudice . della  provincia,  lodato 
per  donazioni  fatte  ai  benedittini. 

VII.  1089.  CostaDtino  I,  figlio  di  Arzone.  Erigeva  nell'anno 
appresso  il  monistero  di  S.  Saturnino  presso  Cagliari ,  se  pure 
non  ristorava  il  cenobio  di  S.  Fulgenzio  (v.  l'anno  517  )  ,  e 
confermava  le  paterne  religiose  offerte  nella  solita  formola 
della  redenzione  dalle  pene  penitenziali  ,  particolarizzando  il 
concubinato  y  l'omicidio ,  l'incesto ,  di  cui  erano  stati  i  giudici 
ed  i  loro  popoli  notati  nell'anno  864  dal  P.  M.  Niccolò  I,  la 
negazione  delle  decime  ,  e  la  violazione  di  altri  dritti  della 
chiesa ,  e  certificandone  che  erano  questi  vizi  comuni  agli  altri 
princìpi  sardi. 

1095.  Il  Fara  dalla  autorità  degli  scrittori  spagnuoli  segna  la 
fondazione  del  castello  e  borgo  di  S.  Igia ,  o  Gilla ,  da  un  certo 
Gillo  marchese  longobardo.  Sarà  cosi. 

VIII.  iio3.  Turbino  de  Unàli ,  fratello  di  Costantino.  Prese 
a  se  il  governo  del  Giudicato  non  ostanti  i  dritti  di  Tprchì- 
torio ,  altrimenti  Mariano ,  suo  nipote  ,  il  quale  era  stato 
onorato ,  vivente  ancora  il  padre  ,  col  cognome  di  Giudice  e 
di  Re. 

IX.  1109.  Torchitorio  IldeUnàli.  Nel  qual  anno,  che  corse 
lietissimo  a  tutta  la  cristianità  per  li  trionfi  che  dei  turchi 
menarono  i  crociati ,  e  per  la  ricuperazione  di  Gerusalemme  , 
terminava  Torchitorio  la  guerra  contro  lo  zio,  e  per  una  com- 
pita vittoria  riceveva  il  regno  avito.  Erasi  egli  partito  da  Pisa 
nell'anno  addietro  con  la  compagnia  di  molti  nobili  cittadini 
su  tre  galee  -,  conciossiachè  non  potesse  altrove ,  alloggiavasi  nella 
penisola  sulcitana  restandovi  in  molta  strettezza  di  vettovaglie 
tra  le  fatiche  e  pericoli  delle  armi.  Essendo  stato  poscia  a j un- 
tato dai  genovesi  di  sei  grosse  navi  capitanate  da  Ottone  For- 
nano ,  conseguiva  le  sue  cose  ,  e  dava  prove  di  suo  animo 
grato.  Obbligavasi  a  mandare  ogni  anno  in  Pisa  una  libbra  di 
oro  puro,  una  nave  carica  di  sale  ,  e  prometteva  franchigia 
a  tutti  i  cittadini  pisani  da  qualunque  tributo  e  dazio  nel  suo 
stato.  Scriveva   altri  doni  alla  chiesa  maggiore  di   una  ,  e  di 


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i34  CAGLIARI 

altra  città.  E  siccome  stimava  molto  aver  conferito  alla  sua 
prosperit^^  Timplorato  patrocinio  di  S.  Antioco  venerato  nella 
mentovata  penisoletta  ,  però  lo  onorava  di  offerte  cospicue, 

II 12.  Turbino  era  già  rientrato  nella  grazia  del  nipote. 

Ili 4-  'Fu  parte  della  spedizione  dei  pisani  contro  i  morì 
delle  Baleari ,  e  vi  si  fece  ammirare  per  lo  senno. 

II 19.  Guglielmo,  arcivescovo  di  Cagliari,  alla  presenza  di 
Pietro  cardinale  di  s.  chiesa  ,  e  de'  vescovi  di  Bisarcio  ,  e  di 
S.  Giusta ,  consagrava  la  chiesa  di  S.  Saturnino  ,  confermate  le 
donazioni  già  fattesi  in  vantaggio  del  monistero  ,  e  approvate 
le  recenti  di  Torchitorio. 

X.  ii3o.  Costantino  II  de  Unàli,  figlio  di  Torchitorio,  cono- 
sciuto per  sue  religiose  largizioni. 

II 5a.  Federico  I  imperatore  invalorando  gli  antichi  dritti 
che  stimava  avere  sopra  la  Sardegna  la  donava  a  Guelfo  ;  onde 
questi  cominciò  a  qualificarsi  Principe  di  Sardegna. 

XI.  1 1 64*  Pietro  de  Làcono ,  signore  della  Nùrcara  e  secon- 
genito  di  Gonnario  giudice  logudorese,  avendo  sposatala  figlia 
di  Costantino  partecipò  degli  onori  sovrani  del  giudicato  ca- 
gliaritano. 

Sorse  un  pretendente  all'autorità  suprema  della  provincia  , 
che  la  cronaca  pisana  chiama  Barisele ,  figlio  di  Bubbino ,  e  che 
al  baron  Manno  pare  esser  possa  Salucio ,  cui  conghiettura  fra- 
tello di  Costantino  II.  Sia  stato  Tuno  ,  o  l'altro ,  certo  è  que- 
sto che  Pietro  fu  obbligato  a  ricoverarsi  colla  sua  sposa  nel 
Logudoro ,  né  prima  potè  ottenere  il  sicuro  possesso  dello 
stato  ,  che  suo  fratello  Barisone  venisse  con  l'esercito  nel  ca- 
ralese.  La  città  fu  presa  ,  scacciato  l'usurpatore  ,  restituito  il 
legittimo  signore. 

Congiuntesi  alle  logudoresi  le  schiere  cagliaritane  furon  ri- 
volte neir  arborea  ,  dove  i  due  fratelli  in  odio  e  danno  del 
Giudice  tutto  posero  a  ferro  a  fuoco  a  sacco.  Molti  furon  con- 
dotti in  ischiavitù. 

11 65.  E.«sendo  devotissimi  alla  repubblica  pisana,  e  però 
nemici  di  Barisone  di  Arbòrea ,  al  quale  il  favore  dei  geno- 
vesi otteneva  da  Federigo  Barbarossa  la  corona  di  Re  di  Sar- 
degna, i  due  fratelli  Pietro  di  Cagliari  e  Barisone  di  Logudoro 
Yoltaronsi  di  nuovo  a  devastar  i  di  lui  stati. 

1166.  Rtaccendesi  la  guerra  tra  le  due  repubbliche  rivali  per 


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CACLUKI  i35 

Vesdusirò  domioio  della  Sqidegna.  I  genovesi  spediscorio  il 
eoBMfe  Uberto  Reccalfito  in  Cagliari  per  risuscitarvi  la  loro 
aotarità.  Meoo  il  difetto  di  carattere,  che  di  coovenieuti  forze 
lece  si ,  cbe  egli  si  avesse  da  Pietro  accoglienza  onorevolissima, 
giiiranienlo  4i  fedeltà,  parola  di  un  donativo,  promessa  di  certo 
annuo  tributo,  e  che  gli  si  consentisse  di  mandar  via  tutti  i 
pisauj.  Infatti  partitosi  il  console  eì  ritornava  nell'ossequio  della 
repubblica  pisaua  ,  e  non  dubitava  di  portarvisi  col  fratello. 

1167.  Il  console  genovese  Corso  Sigismondi  appi;oda  in  Ca- 
gliari. Il  buon  Pietro  non  impediva  che  per  alcuni  mesi  po- 
tesse questi  amministrare  le  cose  pubbliche. 

II74-  I  genovesi  ottengono  da  Pietro  proferta  di  favori  am- 
plissimi ,  il  porto  delle  grotte  (v.  appresso  ^^og/tariz) ,  e  di  pò* 
fere  scavare  liberamente  nelle  saline. 

1181.  Barisone  d'Arborea  re  di  Sardegna  invade  il  caralese. 
Avvengono  molte  mine,  stragi  e  depredazioni.  I  consoli  pisani 
mandano  due  lora  (tf>lleghi ,  i  quali  li  forzarono  a  posar  1^ 
arme.  Come  partirono ,  niente  più  impediva  che  l'uno  e  l'altro 
si  corressero  contro.  Fu  però  necessità  che  si  inviassero  altri 
due  consoli  con  nuove  forze  per  farli  acquietare. 

XII.  1 190.  Guglielmo  II,  cittadino  pisano,  marchese  di  Massa, 
venuto  con  yaUde  forze  in  Sardegna  imprimamente  sbalzava 
Pietro  dal  suo  grado  ^  di  poi  si  rivolgeva  contro  Costantino  di 
lui  nipote,  giudice  del  Logudoro ,  ed  essendogli  soprastato  in 
battaglia ,  gli  toglieva  e  la  rocca  del  Goceano ,  e  la  nuova 
^>osa,  cbe  come  in  sicuro  luogo  aveavi  riposta. 

Tra  l'anno  1196.  Il  naviglio  genovese  accostavasi  a  Cagliari 
in  cerca  del  pisano.  Yolevan  discendere ,  e  Guglielmo  noi  con* 
sentiva  ;  onde  varie  volte  fecero  d'arme  ,  e  poscia  cresciuta  de' 
rinforzi  una  ed  altra  parte  venuero  a  battaglia  ordinata.  Gu- 
glielmo fu  sconfitto ,  il  castello  di  S.  Igia  preso ,  spogliato  di 
tutte  le  ricchezze ,  ed  in  gran  parte  smantellato. 

1 197.  Guglielmo  si  impadronisce  della  persona  del  Giudice 
d' Arborea  Pietro  I  e  del  piccpl  suo  figVo  Parasone  ,  in  appresso 
della  lor  signoria.  La  usurpazione  fu  convalidata  dalla  solenne 
elezione  al  governo  che  di  lui  fece  il  clero  dopo  che  fuggissi 
l'arcivescovo  che  era  di  nazion  genovese. 

Ugone  II,  altro,  congiudice  arborense,  ricuperava  il  regno  (anno 
1207)  sposandosi  incestuosamente  con  una  figlia  di  Giiglielnuo. 


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i36  CAGLIARI 

i!ào3.  Innocenzo  III  P.  M.  attendeva  ad  avvalorare  i  dritti 
della  santa  sede  sul  temporale  dell'isola.  Di  lui  trovasi  una 
lettera  presso  il  Rinaldi  (  an.  supposto  )  dove  si  tocca  della 
doppia  ragione  in  cui  la  Sardegna  soggiaceva  ai  romani  pon- 
tefici. I  genovesi  predarono  una  gran  quantità  di  danaro  che 
mandavasi  in  Pisa. 

i2o6.  Guglielmo  prestava  giuramento  di  vassallaggio  alla 
santa  sede  ,  nelle  mani  di  Biagio  arcivescovo  di  Torre. 

iao8.  I  pisani  ausiliari  di  Ottone  di  Brunswich  imperatore 
«  cominciavano  a  macchinare  contro  la  Sardegna ,  perchè  Inno- 

cenzo avvisava  i  giudici  che  si  tenessero  in  «ull'  avviso. 

XII.  iai2.  Benedetta  di  Massa,  figlia  di  Guglielmo.  Morto 
costui  il  clero  e  popolo  lei  solennemente  eleggeva  in  giudi- 
cessa.  L'arcivescovo  le  dava  il  bacolo  reale  simbolo  della  so- 
vrana dignità,  e  ne  riceveva  il  solito  giuramento.  Per  li  dritti 
che  Parasone  figlio  di  Pietro  I  aveva  sull'Arborea ,  essa  quali- 
ficavasi  pure  signora  di  quella   provincia. 

I2i5.  Benedetta  e  Parasone  prestano  omaggio  alla  Sede 
apostolica. 

Fondazione  del  castello  di  Cagliari  ,  e  declinazione  della 
potenza  dei  giudici  cagliaritani.  12 17.  I  pisani  volendo  rinvi- 
gorire la  loro  influenza  nell'isola,  spedivano  in  Cagliari  il  na- 
vilio.  Il  console  otteneva  che  Benedetta  cedesse  il  vicino  colle, 
e  si  dichiarasse  vassalla  della  repubblica.  Su  quello  con  opra 
sollecita  attese  a  edificare  una  grandissima  rocca  capevole  d'una 
popolazione,  e  la  creava  congregandovi  molte  famiglie  pisane. 
Presto  Benedetta  ebbe  a  pentirsi  di  sua  condiscendenza  ;  che 
gli  ospiti  vollero  farla  da  padroni ,  e  ,  peggio ,  gli  amici  si 
scopersero  nemici  inondando  la  provincia  di  soldatesche ,  e  tra- 
sportandosi sino  a  insidiare  al  suo  onore.  Quindi  voltavasi  alla 
autorità  del  pontefice  Onorio  III,  e  se  gli  raccomandava  perchè 
da  tali  angustie  la  esimesse.  Le  preghiere  partorirono  qualche 
buon  effetto. 

iai8.  Lamberto  e  Ubaldo  suo  figlio,  patrizi  pisani  del  li- 
gnaggio de'  Visconti  della  Gallura ,  che  si  avevano  usurpata ,  si 
distesero  nella  provincia  limitrofa  di  Cagliari,  e  si  impadroni- 
rono di  alcuni  dipartimenti.  Il  prenominato  pontefice  a  respiii- 
gere  gli  invasori  appellava  e  Marìano  II  di  Logudoro  cognato 
di  Benedetta  ^  ed  i  milanesi  -,  ma  mun  si  mosse. 


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CAGLURI  187 

iiìi4-  Benedetta  prometteya  solennemente  a  Gotìfredo,  cap- 
pellano del  papa  nella  villa  di  S.  Cecilia  (Castello-castro), 
un  annuo  censo  per  ricognizione  del  supremo  dominio  della 
chiesa  nei  suoi  stati ,  e  una  totale  dipendenza  dal  romano 
pontefice. 

Instando  Ubaldo  nella  sua  impresa ,  Benedetta  dovette  ritirarsi 
da  Cagliari  in  altra  parte  della  provincia  onde  l'aggressore  oc- 
cupava il  castello.  Egli  vi  si  trovava  nel  I23i  enei  34  quando 
sottoscrìveva  alcune  cai*te  qualificandosi  giudice  gallurese  e  ret- 
tore cagliaritano,  sebbene  non  di  tutto  il  regno  fosse  padrone. 
Nel  1236  andava  a  prender  possesso  deki^gno  del  Logudoro  va'* 
caute  per  la  morte  di  Barìsone  fratello^di  Adelasia  sua  sposa. 

XIY.  1239.  Regnava  già  Guglielmo  HI  di  Massa,  figlio  di 
Benedetta  y  nato  nel  12 19.  Secondo  PAleo  non  potè  egli  subito 
dopo  la  morte  della  madre  esercitare  la  sua  giurisdizione  avendo 
prevaluto  l'ambizione  dì  sua  zia  materna,  Agnese  di  Massa. 
Costei  onora  vasi  del  tìtolo  di  Signora  del  giudicato  nella  dona- 
zione ,  che  della  villa  di  Flumentèpido  ,  nella  marca  del  Sul-^ 
cis,  faceva  al  monistero  di  s.  Pantaleo  nella  diocesi  di  Lucca. 
E  questa  usurpazione  meglio  ancora  si  evincerebbe  da  una  scrit- 
tura dello  stesso  Guglielmo ,  dove  è  chiaramente  espresso  lo 
studio  e  l'opera,  che  egli  poneva  ad  asseguire  il  regno. 

i25o.  È  stato  scritto  aver  fatto  i  pisani  un  formidabile  ar- 
mamento contro  i  governi  della  Sardegna  poco  devoti  alla  pre- 
tesa lor  sovranità,  e  per  lo  terrore  destato  nei  regoli  essendo 
rimasti  vacui  i  loro  seggi  aver  nei  medesimi  collocato  nuovi 
principi  preponendo  alla  provincia  gallurense  i  Visconti ,  al- 
l' arborense  i  conti  di  Capraja  ,  alla  cagliaritana  i  conti  della 
Gherardesca  ecc.  Non  vuoisi  negare  il  fatto  della  spedizione, 
perchè  ed  erano  ai  pisani  ragioni  cR  tanto  moto  ,  e  vediamo 
neir  Arborea  i  Capraja  ;  ma  non  è  da'  ammettersi  in  tutti  gli 
aggiunti;  però  che  de' Visconti  sia  da  non  pochi  anni  conosciuto 
lo  stabilimento  in  Gaflura  (anno  Ì2V8)  e  della  potenza  dei 
Gherardeschi  nella  provincia  di  Cagliari  sia  la  fondazione  po- 
steriore -,  onde  si  possa  inferire  che  o  non  riuscirono  i  pisani  a- 
costituire  il  nuovo  signore  ,  o  che  abbia  prevalutd  l'antico. 

XY.  1253.  Giovanni  ,  e  Chiano  di  Massa  propinquo  a  Gu- 
glielmo ,  ma  in  grado  ignoto  di  consanguimrtà.  11  quale  per  re- 
primere la  baldanza  di  Guglielmo  di  Capraja  e  rivendicare  i 


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i38  CAGLIARI 

dipartimenti  stati  smembrati  dalla  sua  tetrarchia  ricercò  l'ami- 
cìzia di  Genova ,  e  però  prendeva  in  isposa  una  fanciulla  di 
quella  nobiltà ,  e  offriva  il  castello  alla  repubblica  ^  obbligandosi 
a  sgombrarlo  di  tutte  le  persone  che  fossero  mal  vedute  a  quei 
cittadini,  a  trasferire  nei  nuovi  abitatori  i  loro  beni,  a  nutrirli 
per  un  anno  ,  a  permettere  V  estrazione  gratuita  del  sale ,  a 
non  aprire  nella  provincia  altro  porto* 

Mentre  egli  aspettava  rajuto  della  repubblica  amica,  una 
fatai  necessità  sorgeva  di  stare  incontro  ai  Gherardeschi ,  ed  al 
Capraja,  Restava  dissotto  nella  tenzone ,  perdeva  1*  arme  ,  la 
libertà ,  la  vita  barbaramente  trucidato  sotto  le  mura  di  S.  Igia. 

XVL  1256.  Guglielmo  lY  di  Massa,  sopranomato  Cepola,  cu- 
gino di  Giovanni.  Partecipe  dei  sentimenti  di  questi  lo  sopi-a- 
vanzò  nella  devozione  verso  il  comune  di  Genova,  cui  si  ren* 
deva  ligio.  Yi  si  trasferiva  nell'anno  seguente,  e  attaccato  da 
morbo  repentino  finiva.  Trascurato  e  i  suoi  figli  naturali,  e 
quelli  del  fratello  Rinaldo  ,  già  suo  benefattore ,  tramandava 
alla  repubblica  la  gravosa  eredità  della  ricuperazione  del  giudi- 
cato. In  questo  la  rocca  cagliaritana  stringevasi  ogni  di  più,  e 
a  cbe  in  nessun  modo  venisse  fatto  ai  genovesi  di  soccorrerla, 
si  innalzava  sul  porto  una  torre  con  macchine  e  uomini  pro- 
vati in  arme.  Sedici  navi  piene  di  genti  e  munizioni  per  la 
rocca  comparvero ,  ma  non  si  avvicinarono.  Si  invocò  la  coope- 
razione della  carovana  orientale  ,  però  senza  frutto.  Imperoc- 
ché le  truppe  sbarcate  vennero  con  furore  rigettate  in  mare. 
Dopo  molti  e  varii  casi  gli  assediati  già  cadenti  per  inedia  si 
arrendevano  al  giudice  di  Arborea  (anno  ia57). 

Divisione  del  GiueUcqto  Cagliaritano.  Furon  fatti  tre  mem- 
bri non  eguali.  Uno  al  giudice  Arborense ,  ed  erano  i  diparti- 
menti ^i .  froatiera  chf  ()à  erano  stati  annodati  alla  sua  to- 
parcbia  fin  dal  ia5o,  o  in  quel  torno;  l'altro  al  giudice  di 
Gallui'a ,  che  constitulvasi-  dalla  Ogliastra  col  castello  di  Ciira 
e  dipendenze,  dbe  forse. erano  a  quel  giudicato  congiunte  dal 
tempo  delle  invasioni  di  Ubaldo  ;  il  terzo ,  che  veramente  era 
molto  iqaggiore  degli  altri,  restò  ai  pisani  in  suddivisione  tra 
il  coinuqe ,  e  i  Gherardeschi.  Essendo  stati  aggiudicati  ad  Ugo- 
lino Iglesias ,  Domus-novas  e  altri  borghi  vicini  con  le  terre 
littorali  della  regione  sulcitana  ;  ai  successori  di  Gerardo  le  ca- 
stelle  dì  Siliqua  e  di  Villamassargia  con  la  regione  del  Ciserro. 


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CAGJLURl  139 

Ma  ooa  quanto  <Bm  Cagliari,  avca  ottenuto  Pisa ,  né  era  ben 
sicura  dell'acquistato.  I  genovesi  insistevano  se  potessero  rien* 
trsae  nel  castello ,  ^  però  mandavano  Gioachimo  Calderario 
con  nuovo  navilio  ,  sebliiene  altro  frutto  non  venisse  loro  da 
questa  impresa ,  che  una  cospicua  quantità  d'argento  che  tro- 
varono in  seno  ad  una  nave  predata  ^  e  con  tanta  costanza  so- 
stenevano l'assedio  del  castello  e  borgo  di  S.  Igia,  che  parea 
non  si  verrebbe  mai  a  fine  né  per  violenza  aperta ,  che  riget- 
tavano sempre  gli  assalitori;  né  per  tradimento ^  che  quei  bor- 
ghesi non  più  lasciavansi  tentare  a  cosa  alcuna  in  favor  del 
giudice  di  Arborea  e  dei  pisani ,  da  che  ebber  veduto  con 
esempio  di  crudeltà  incredibile  arsi  vivi  certuni  j  che  erano 
stati  accagionali  di  scerete  pratiche  con  gli  assediatori.  Fre- 
quentissime accadeano  le  fazioni  militari  ;  ma  come  quelle  che 
nuUa  di  più  erano  che  scaramuccie ,  non  portavano  ad  alcuna 
conclusione.  Infine  stracche  ambe  le  parti  si  accomodavano  ai 
consigli  y  che  Alessandro  lY  P,  M.  loro  porgeva  per  due  cava- 
lieri templari;  rimettessero  ogni  arbitrio  sul  disputato  dominio 
nella  S.  Sede  ^  consegnassero  la  terra  ai  suoi  legati ,  é  congiun- 
gendo gli  animi  voltassero  le  forze  verso  la  Palestina.  Tuttavia 
non  molto  andò  che  i  pisani  con  grave  perfidia  e  irriverenza 
al  pontefice  investirono  d'improvviso  S.  Igia ,  e  fecero  indegno 
governo  dei  non  partigiani,  dei  quali  parte  furono  tagliati  a 
pezzi  y  parte  ridotti  in  ischi^vitù ,  ben  pochi  si  poteron  sottrar 
con  la  fuga.  Non  però  rimase  del  tutto  deserto  il  borgo  ^  che 
continuarono  a  sedervi  quanti  riconobbe  il  vincitore  de?oti  alla 
sua  fortuna.  Il  papa  altamente  si  dolse  dell'  attentato ,  e  fé' 
minacciarli  della  scomunica  se  .non  sortissero  dalla  fortezza,  la 
quale  non  Istimo  abbiano  paventato  nell'impeto  della  vittoria. 
Accaddero  queste  cose  nell'anno  i253* 

Regno  Cagliaritano  ^Uo  la  dominazione  pisana.  Abolito  il 
governo  de'  giudici  in  questa  provincia  cominciarono  i  pisani 
ad  esercitarvi  una  piena  giurisdizione ,  e  studiarono  a  che  que- 
sto possedimento  tanto  ff uttificasse  ,  che  avessero  mercede  delle 
tollerate  fatiche  miUtari,  e  dei  dispendi. 

Della  maniera  di  governo  introdottavi  pochissime  cpse  son 
per  noi  conosciute.  Ma  non  pertanto  da  ciò  che  ne  espone  il 
diligentissimo  istorìografo  della  Sardegna  (B.  Manno  verso  là 
fine  del  libro  ott^ivo)  si  pi^>  concepire  una  qualche  idea  della 


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i4o  GAGLURI 

medesima.  Imperocché  sotto  i  vicari  del  r^no  cui  era  commessa 
la  general  amministrazione,  aveayì  i  minori  ufficiali  che  tratta^ 
yano  le  varie  particolari  bisogne  ,  i  castellani,  ì  rettori,  i  po- 
destà j  i  maggiori  delle  ville  ,  i  camerlenghi ,  i  consoli  del 
porto ,  i  giudici ,  gli  assessori  ,  i  ministri  delle  curie  ,  i  capi- 
tani di  guerra ,  i  sergenti  ,  e  altri  commessarì ,  tra  i  quali  i 
salinieri ,  i  preposti  alle  scavazioni  delle  miniere,  e  i  soprain- 
tendenti  ai  lavori  della  zecca.  E  di  vantaggio  quando  paresse 
convenire  soleva  la  repubblica  delegare  per  lo  regno  alcun  vi- 
sitatore ,  con  la  quditài  di  riformatore ,  ed  inquisitore ,  a  que- 
sto che  chiamasse  a  sindacato  tutti  gli  ufficiali. 

Di  alcuni  di  cotali  impiegati ,  e  questi  erano  i  preposti  al 
governo  della  capitale  ,  é  fatta  menzione  in  vari  marmi.  In 
due  é  nominato  il  capitano  del  comune  e  popolo  di  Castello- 
Castro  (anni  1292-99).  Nella  lapida  dell'arsenale  (1264)  sono 
notati  due  castellani,  un  giudice  ,  ed  un  assessore ,  siccome  in 
quelle  del  Duomo  (i3i2),  delle  torri  di  S.  Pancrazio  (i3o5), 
dell'Elefante  (  1 807  ) ,  e  del  monumento  per  la  espugnazione  di 
Lucca  ,  che  già  fu  affisso  nella  facciata  della  chiesa  maggiore 
(i3i5)  intendi  rispettivamente  ai  castellani-,  ma  se  ne  leggeva 
un  solo  nel  marmo  per  la  vittoria  di  Monte- Catero  (  i3i6). 

Come  a  oggetto  di  primaria  importanza  cosi  videsi  alle  mi- 
niere rivolta  r  attenzione  della  repubblica  dominatrice  ,  che 
molte  in  questa  provincia  aperte,  e  non  del  tutto  sviscerate  si 
ritrovavano ,  e  restavano  trascurate  da  che  caddero  i  romani. 
Certamente  non  fu  questo  un  inutil  consiglio ,  perocché  ebbero 
in  breve  a  trarne  grandi  tesori.  La  qual  cosa  é  lecito  inferire 
dalle  non  poche  navi  cariche  di  argento  sardo  ,  che  casual- 
mente furono  intraprese  dai  genovesi.  E  nel  cominciamento  di 
questa  epoca  di  governo  parmi  sia  accaduto  che  i  pisani 
usando  del  loro  dritto  sovrano  abbiano  stabilito  una  zecca  in 
Iglesias  (  V.  il  baron  Manno  nel  smndicato  luogo). 

Se  U  commercio  della  provincia  prendesse  allora  forze  e  ra- 
pido e  meraviglioso  incremento  non  dubiterà  chi  conosca  con 
quanto  studio  a  questo  principalmente  vacassero  i  pisani  ,  al 
quale  dovevano  la  prosperità  e  grandezza ,  in  cui  erano  da 
piccoli  principìi  pervenuti  (v.  nella  continuazione  del  presente 
articolo,  Cagnara  antico  porto  di  Cagliari  dove  dal  tempo  dei 
giudici  (rivedi  anno  1174  Governo  di  Pietro)  negoziavasi  con 


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GAGLURI  i4i 

0ì  esteri).  Ad  afTermare  più  fortemente  la  loro  potenza  nella 
capitale,  quando  continuava  a  turbarli  un  ragionevol  timore ^  che 
gli  emoli  non  si  abbandonerebl^ero  da  tentar  la  sorte  ,  se  loro 
consentisse  quel  che  avea  legato  l'ultimo  Giudice  ,  e  che  pure 
potrebbe  animarsi  qualche  altra  ambizione,  posero  la  mente 
a  nuove  miUtari  costruzioni.  Allora  sorgevano  le  due  alte  torri 
del  castello,  le  mura  di  Stampace,  e  si  edificava  sul  colle  più 
intemo  la  rocca  di  S.  Michele. 

1282. Pietro  Ili  re  d'Aragona,  amico  dei  pisani,  venne  con 
im  gran  navilio  nel  porto  di  Cagliari ,  e  vi  indugiava  fino  a 
che  udiva  queUa  emozione  dei  siciliani ,  in  cui  fu  fatta  la  in- 
degnissima strage,  che  chiamasi  il  Vespro. 

Intanto  le  squadre  navali  delle  due  rivali  repubbliche  ga- 
reggiavano con  altrettanta  virtù ,  che  ostinazione  a  nuocersi 
per  potere  una  sostenersi  nel  castello  di  CagUari ,  altra  occa- 
parlo.  Guglielmo  Ficomataro  rapivasi  in  sulla  bocca  del  golfo 
una  nave  pisana  carica  di  vettovaglie  ,  e  di  argento.  Non  po- 
che ahre  poscia  ,  ed  ^saq  gravi  di  danaro  tratto  dall'  isola ,  si 
predavano  nelle  acque  dell' Oglìastra ,  il  quale  cadde  acconcia- 
mente per  li  dispendi  della  edificazione  della  darsena. 

1286.  Lutto  per  l'infausta  giornata  della  Meloria,  fatai  coipp 
di  fortuna  ai  pisani,  perché  cominciarono  a  languire  sino  a 
non  poter  sostenere  la  propria  libertà.  Gran  timore  negli  abi- 
tatori del  castello  che  i  genovesi  nell'impeto  della  vittoria  non 
sei  rapiscono. 

1287.  ^^  trattarsi  le  condiùoni  della  pace  ponesi  a  condi- 
zione condusorìa  la  cessione  del  castello  di  Cagliasi.  A  qual 
patto  con  ammirabil  magnanimitàr  i  prigionieri  non  volevano 
si  ricomprasse  la  patria  la  loro  libertà. 

1389.  I  pisani  soscrivono  la  cessione  del  castello.  Domawfan 
poi  prorogato  ad  un  anno  l'effetto  della  convenzione ,  cedendo 
pei  sicurtà  altri  luoghi  fortificati ,  e  la  stessa  torre  della  rocca 
di  Pisa.  I 

Guerra  civUe  ita  i  pisani  nelle  terre  di  Cagliari.  La  morte 
del  conte  Ugolino  ,  cui ,  comecché  fosse  smo  zio  e  tutore  , 
Nino  giudice  di  Gallura  coml^atteva  civilmente,  e  l'arcivescovo 
di  Pisa  condannato  nei  sublimi  versi  di  Dante  alla  esecrazione 
dei  posteri  spingeva  nelle  fauci  della  più  miserevole  delle  mor- 
ti» conile  fu  conosciuta  da  Guelfo  di  lui  figliu9lo,  che  tr^ya-^ 


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143  CAGLIARt 

vasi  nel  feudo  surdo,  accendetalo  in  tanto  furore,  the  preci* 
pttava  ìnconsideratainente  nella  guerra.  Ben  raffermato  Vìlla-^ 
iglesias  ,  Domus-novas  con  le  castella  di  Baràtuli ,  Gioiosa-* 
guardia  y  e  Acquafredda  si  mise  in  suU'offendere.  Ed  a  mag- 
giori imprese  disponeva  l'animo  y  quando  venuto  dall'Italia 
Lotto  altro  suo  fratello  con  delle  soldatesche  indotte  a  sti- 
pendio Crebbero  al  doppio  le  sue  forze.  Ma  la  ^repubblica  noti 
mancava  a  se  stessa  -,  che  mandava  tosto  alcune  schiere ,  e 
facea  che  Mariano  di  Arborea  volgesse  sUe  armi  nelle  tèrre 
dei  ribelli.  I  due  fratelli  furono  '  sfortunati.  Guelfo  venuto  A 
battaglia  col  Giudice  fu  fatto  prigionieifo ,  e  Lotto  dovette  re*'- 
dimerlo  con  la  cessione  di  tutti  i  luòghi  posseduti. 

1290.  I  pisani,  cut  era  gravoso  il  patto  della  cessione,  de- 
liberano (fi  pericolare  in  una  nuova  guerra. 

1292.  Giovacfaimo  Merello,  capitano  di  alcune  galee  geno- 
vesi ,  appi-oda  in  Capoterra ,  dirimpetto  a  Cagliari ,  e  Scorrendo 
con  sue  soldatesche  le  vicine  regioni  distrusse  le  torri ,  e  arse 
quanti  poderi  si  coltivavano  in-  quelle  circostanze. 

1299.  I  pisani  temendo  gravissima  sciagura  nella  contenzione 
con  nemici  assai  più  forti  calarono  agli  accordi,  e  per  ritenersi 
SI  tanto  ambito  castello  di  Cagliari  abbandonavano  ai  genovesi 
}a  città  di  Sassari,  e  pagavano  cento  trentasetrte  mila  lire  di 
Genova  pe' dispendi  della  passata  guerra. 

t3i2.  Si  ponevano  dentro  il  castello  le  fondamenta  del  lem- 
pio  maggiore,  che  poi  si  perfezionava  dagli  aragonesi  nd  i33i. 

Ouerm  aragonese^  i323.  La  signoria  di  Pisa  udito  il  ma- 
celb  che*  de' pisani  dimoranti  in  sue  terre  avea  fatfto  il  Giudice 
di  Arborea,  e  gli  apprestamenti  di  Portofiingoflo,  riempie  Ca- 
gliari di  genti  da  guerra. 

Il  Visconte  di  Roccaberti  con  alcune  bande  aragonesi  e  col 
sussidio  delle  milizie  arboresi  marcia  sopra  quella,  e  si  allog- 
gia nella  terra  di  Quarto.  L' ammiraglio  Francesco  Carroz  melsa 
nella  spiaggia  del  Sulcis  la  più  gran  parte  dell'  esercito  sotto 
gli  ordini  dell'Infante  D.  Alfonso  veleggia  al  golfo  di  Cagliari, 
e  vi  sbarca '3oo  cavalli,  e  diecimila  fenti.  Le*  quali  forse  siag-* 
giunsero  a  quelle  del  Visconte,  che  già  era  in  sull'^cndere , 
e  ben  trincerato  sopra  il  colle  di  Bagnara^ 

n  Carroz  sorte  ad  altre  impi*e<fe  '  lungo-  la  costa  orienlale , 
tnsL  per  poco,  che  dee  ritornare  a  proibire  ni  pisani  l'acceseo 


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CAGLIARI  143 

in  Cagliari  ^  e  salTare  quelle  navi  che  avea  respintevi  l' Infante 
per  isremaryi.  Constava  la  flotta  regia  di  galee  sessanta,  di 
ventiquattro  grosse  cocche ,    e  di  duecento  sedici  navi  minori. 

i324*  I  guerrieri  pisani ,  che  avean  fatta  una  onoratissima 
difesa  sostenendo  la  terra  d'Iglesias  per  sette  mesi  contro  un 
esercito  venti  volte  maggiore ,  si  ricoverano  nel  castello. 

Comparisce  il  navilio  della  repubblica  di  cinquantadue  navi 
da  guerra.  L' Infante  raccozza  sotto  Cs^lìarì  tutte  le  sue  forze. 
Tuoi  prima  cimentarsi  in  mare,  ma  ne  i  suoi,  né  i  nemici 
vollero  arrisìchiarsi  all'abbordaggio.  Il  conte  Manfredi  della 
Gherardesca  salta  con  sue  genti  in  Capoterra  ,  e  si  avvia  a  De*- 
cimo  ingrossandosi  di  molte  bande  di  paesani.  Alfonso  corre- 
gli  incontro  cogli  aragonesi ,  e  si  affrontano  tra  il  Maso  e  Deci- 
mo nella  regione  £  Bau-sisterri.  Supera  la  fortuna  aragonese, 
e  i  vinti  si  ricoverano  nel  castello.  In  questo  voltosi  il  Carroz 
contro  la  flotta  nemica  scemata  di  molta  gente  la  spingeva  in 
Alga,  e  rendéasi  padrone  di  tutte  le  navi  onerarie. 

Cagliari  cingesi  da  ogni  lato,  e  a  privarla  affatto  delle  vet- 
tovaglie si  ordina  una  stazione  alla  scafia  in  sul  capo  della  piaìa. 

Manfredi  con  molte  sortite  travaglia  gli  assediatori.  Tenta  di 
pieno  giorno  una  incursione  nel  campo  reale  ;  ma  il  valore  non 
superò  l'avverso  destino.  Gli  aragonesi  avvicinano  le  màcchine 
alle  mura  del  castello  :  il  fuoco  dei  pisani  le  annienta. 

Behedetto  Calci  ambasciatore  e  sindaco  della  repubblica ,  ve- 
duto le  cose  allo  stremo,  sottoscrive  le  condizioni  delP  accordo 
riserbandole  in  titolo  di  feudo  il  castello  con  Stampace  e  Til- 
lanova  col  porto  e  stagno  ecc.  Lo  stendardo  aragonese  sven- 
tola sulla  torre  del  duomo.  L'  antica  città  regina  dell'  isola  de» 
gradasi  alla  condizione  delle  terre  feudali.  I  confini  della  sua 
giurisdizione  non  vanno  molto  in  là  delle  falde  del  suo  colle. 
Le  tende  del  campò  regio^si  cangiano  in  abitazioni,  e  Bonaria, 
come  dissero  gli  aragonesi  storpiando  il  vero  Bagnara,  sorge  al 
gradò  di  città  dominante. 

i3a5.  Mentre  i  cagliaritani  sentivano  troppo  grave  la  super- 
bia e  ingiustizia  dell'aragonese;  questi  mal  volentieri  tollera- 
vano veder  i  pisani  dentro  il  loro  insuperato  castello.  Dai  la- 
menti delle  ingiurìe  si  venne  ben  presto  alla  vendetta.  Gaspare 
Boria  con  le  sue  galee,  e  con  quelle  di  Pisa  entra  nel  golfo 
di  Cagliari ,  commette  moke  scaramuccie  con  T'ammiraglio  ara- 


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i44  CAGLIARI 

gonete,  finalmente  lo  provoca  ad  ordinata  battaglia.  La  sren- 

Uira  pisana  oppresse  Q  valoroso  genovese. 

Si  pensa  aUa  espugnazione  deUa  città.  Il  vincitor  anuniraglio 
col  generale  Raimondo  Perai ta  investono  d'accordo  Stampace, 
superano  le  sue  mura,  e  cagionano  grave  duolo  ai  pisani  che 
aveanvi  raccolte  le  donne ,  i  figli  e  le  masserizie.  Fecesi  grande 
strage  e  bottino. 

iSafi.  Stringendosi  con  vigor  sempre  più  termo  addosso  ai 
propugnatori  le  schiere  aragonesi,  fu  necessita  che  quelli  in*» 
dinassero  a  pensamenti  di  pace.  Pei  nuovi  patti  diveniva  Ca^ 
gUari  colonia  aragonese. 

Addi  9  giugno  del  1826  i  pisani  uscivano  dal  castello  per 
la  porta  Leonina,  e  Filippo  Boyl  coi  regii  commissarii  e  con 
gli  aragonesi  entrava  dalla  porta  di  s.  Pancrazio.  Ritornò  al- 
lora Cagliari  nell'antico  suo  grado. 

Govarno  della  medesima.  Le  forme  consuete  degli  altri  mu- 
nicipii  aragonesi,  come  era  ragione  e  dritto,  furono  date  a 
Cagliari,  la  quale  anzi  si  volle  assomigliare  in  tutto  a  Barcel- 
lona. Si  stabiliva  fossero  cinque  consiglieri,  e  cinquanta  o  più* 
giurati j  i  quali  trattassero,  ordinassero  e  procurassero  le  cose 
del  castello,  e  dei  popoli  che  erano  e  sarebbero  alla  falda 
della  collina.  Si  instituiva  l'ufficio  della  Vicarìa  per  l' ammini- 
strazione della  giustizia,  si  creava  un  bailo  ecc. 

Concessioni  di  privilegi,  I  nuovi  cittadini  di  Cagliari  erano 
aragonesi ,  erano  i  conquistatori  del  regno  ;  e  però  furono  verso 
i  medesimi  prodighi  d'ogoi  sorta  di  favori  i  sovrani,  e  D.  Ja- 
copo nel  diploma  di  erezione  della  comunità  in  municipio  co* 
municava  con  loro  tutte  le  libertà ,  immunità ,  privilegi  e  con- 
suetudini di  Barcellona;  soprali  quali  beneficii  crebbero  a  cu- 
mulo altre  e  molte  grazie  speciali.  L' Arquer  parlando  (  circa 
l'anno  i54o)  dei  cinque  consoli,  cui  era  commessa  l'ammini- 
strazione delle  cose  pubbliche,  affermava,  che  ne  dal  Re,  né 
dal  Viceré  erano  essi  mal  disturbati  nei  loro  negozi,  che  an- 
davano per  la  città  ornati  delle  insegne  dell'  officio ,  che  dispen- 
savano (  o  almen  dovevano  )  secondo  il  consiglio  della  prudenza 
o  dei  più  savi  cittadini  le  rendite  del  comune,  le  quali  erano 
molte-,  che  infine  aveano  in  più  casi  la  podestà  di.  far  leggi  e 
pure  sanzionarle  con  la  pena  di  morte  o  di  mutilazione. 

Notizie  storiche  di  Cagliari  sotto  la  dominazione  aragonese 


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CAGLURI  145 

e  spagnuola.  Giacomo  U  tiene  il  regno  dì  Sardegna  dfl  ^^24 
al  1327.  Non  volendo  che  la  novella  città  di  Bonaria  cadesse 
dopo  brevissima  esistenza  ordinava  si  costruissero  nuove  abi- 
tazioni nell'intervallo  che  separava  Cagliari  da  Bonaria ,  si  con- 
giungessero ambedue  in  un  sol  corpo,  e  a  difesa  di  Bonaria 
si  costruisse  sulla  eminenza  vicina  una  fortezza  col  nome  di 
Monforte.  Ma  gli  aragonesi  amaron  meglio  di  abitar  in  case 
vecchie. 

Alfonso  IV  U  conquistatore.  iSag.  I  pisani  che  non  dispe- 
ravano di  ristaurare  in  Sardegna  la  loro  antica  autorità  non 
sapendo  far  meglio  vollero  adoperare  i  frati  Francescani  e 
Domenicani.  Ciò  fu  cagione^che  l'ammiraglio  Boxados  mandasse 
fuori  dal  castello  i  frati  e  tut^ti  i  sardi  che  vi  si  trovavano. 
Giovanni  XXII  supplicato  dal  Re  ordinava  che  gli  ordini  reli- 
giosi che  per  l' addietro  erano  sotto  la  giurisdizione  di  prelati 
pisani  fossero  per  l'avanti  soggetti  a  superiori  aragonesi. 

i33o.  Aitone  Doria  blocca  Cagliari,  e  preda  alcune  navi. 

i332.  Tredici  galere  genovesi  si  avventurano  a  penetrare 
nel  porto  ;  ne  sortono  in  minor  numero. 

i335.  I  consìgheri  promulgano  degli  ordini  e  .statuti  contro 
gli  israeliti.   Il  Re  non  li  approva. 

i336.  Muore  Alfonso. 

Pietro  IV  prende  il  regno. 

1345.  Confermasi  a  Cagliari  il  privilegio  del  re  .Alfonso  di 
stabilire  delle  imposte  su  merci  e  vettovaglie  per  impiegare 
certa  parte  del  frutto  nella  costruzione  delle  muraglie  di  La- 
pola  e  di  altre  opere  di  difesa. 

1348.  Mentre  ardeva  la  guerra  tra  i  genovesi  ed  aragonesi 
si  difiuse  nell'isola  l'orrib'de  pestilenza  descritta  dal  Boccaccio»* 
La  strage  più  che  in  altra  paiiie  fu  spaventosa  in  Cagliari. 

i353.  Scoppiata  la  guerra  tra  Aragona  e  Arborea  i  capitani 
del  giudice  Mariano  espugnato  Decimo ,  e  distrutto  il.  castello 
Orgoglioso  nel  Giarréi  vennero  a  oste  contro  la  capitale  ,  e 
stabilirono  ì  quartieri  nel  borgo  di  Quarto.  In  questo  essendo 
Tenuto  il  navilio  aragonese  comandato  da  D.  Bernardo  Cabre^ 
ra ,  furon  tratte  al  lido  tutte  le  genti  d'arme  calde  ancora  dell^ 
vittoria  sopra  i  genovesi  nelle  acque  di  Alghero.  Gli  arboresi 
ritornaronsi  in  loro  case. 

i355.  II  re  D.  Pietro  da  Alghero  passa  in  Cagliari.    Primo 
Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  IH.  *         io 


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r46  CAGLIARI 

parlatoiento  della  nazione.  Presiedeva  lo  stesso  sovrano  e  trat- 
tava coi  principali  uomini  de' tre  ordini  del  regno  di  ciò  che 
conducesse  al  bene  dei  popoli.  Veniva  a  Cargli  riverensa  Tim* 
baura  giadicessa  di  Arborea  ,  ed  il  suo  fì^io  Ugone.  Concor- 
reva poscia  anche  il  Giudice  Mariano  con  Matteo  Dona*  Con- 
chiusa la  pace  si  trattò  del  maritaggio  del  principe  Ugone  con 
una  nobilissima  fanciulla  aragonese. 

i362.  Nuovo  contagio  scema  la  popolazione. 

i366.  Facendosi  sempre  più  pericolosa  la  guerra  con  Mariano  ^ 
il  re  manda  delle  soldatesche  a  maggior  presidio  della  capitale. 

l'SGg.  Nel  timore  di  un  tradimento  in  favor  di  Mariano  si 
cacciavano  i  sardi  anche  da  LapoW. 

i374-'  Ugone,  principe  d'Arborea,  con  una  squadra  di  4^  ga- 
lee genovesi  tentava  di  prender  Lapola,  ma  nel  respingeva  Brain 
caleone  Doria. 

1876.  Cagliari  stringesi  dagli  arboresi  da  mare  e  da  terra. 
I  cittadini  debilitati  dall'inedia ,  dal  morbo,  dalla  guerra  deli- 
beravano di  ritirarsi  nell'antica  patria,  rovesciate  le  mura  della 
rocca  ,  e  incendiate  le  abitazioni.  La  guarnigione  del  prossimo 
castello  di  S.  Michele  era  per  ceder  l'armi  e  il  luogo.  Ma 
venne  a  tempo  l'ammiraglio  Aragonese.  Ugone  lascia  libero  il 
porto,  i  capitani  delle  genti  arboresi  non  si  ostinano  a  restarsi 
al  pie  della  collina. 

Si  ridesta  la  pestilenza.  Muore  Mariano,  e  subentra  Ugone, 
che  poi  nel  i383  fu  ucciso  dai  propri  sudditi. 

1 384*  Brancaleone  Doria  ,  marito  della  giudicessa  Leonora , 
viene  contro  la  fede  pubblica  trasportato  in  Cagliari ,  e  custo- 
ditovi come  prigioniero.  Leonora  vincitrice  dei  congiurati  che 
tentato  avean  costituire  l'Arborea  alle  forme  repubblicane ,  vol- 
gesi  contro  gli  aragonesi ,  e  più  volte  li  fa  ti^emare  dentro  i 
loro  propugnacoli. 

1387.  ^uore  il  re  Pietro  ,  e  gli  succede 

Giovanni  L    • 

Radunansi  in  Cagliari  i  sindaci  dei  comuni  e  dipartimenti 
soggetti  a  Leonora  per  definire  coi  ministri  regi  le  condizioni 
della  pace  ,  che  restò  composta  nell'anno  seguente. 

i3gi.  Rinata  la  guerra  con  Leonora,  il  Re  che  vide  con 
mirabil  celerità  propagato  il  terrore  e  favola  delle  arme  arbo- 
resi attése  a  fornir  Cagliari  di  valido  presidio. 


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GAGLURI  147 

i3g5.  Muore  Giovanni ,  e  gli  succede  il  suo  fratello 
Martino  {il  seniore). 

i3ff6.  Approda  in  Ca;jliari  con  sua  flotta  il  Re  ;  vi  si  ferma 
ilciifii   giorni  ,    e  poi  da  Barcellona  manda  gente  e  danaro   a 
Ibrti&ear  meglio  la  caporale  nel  sempre  crescente  pericolo. 
i4o3.  Appiccasi  nuovo  contagio  alla  popolazione  di  Cagliari. 
i4o4-  Muore  Leonora  giudìcessa  d'Arborea. 
1409.  D.  Martino  (il  (;ìuiiiore)9re  di  Sicilia,  arriva  a  Cagliari 
con  grosso  navilio  per  combattere  il  Visconte  di  Pfarbona  pre- 
tendente del  giudicato  di  Ariiorea.  Allegrezze  per  la  vittoria  di 
Sanliuri.  Lutto  per  la  inonorata  ed  immatura  morte  del  vincitore. 
141  o.    D.  Pietro  Torrellas  muove  da  Cagliari  con  l'esercito 
per  espugnare  la  capitale    dell'Arborea  ,  e    obbliga   Leonardo 
Gabello  a  prendere  il  titolo  di  Marchese   d'Oristano,  deposto 
ijttello  di  Giudice  d'Arborea. 

Muore  il  re  D.  Martino.  Interregno.  I  cagliaritani  sono  ridotti 
allo  stremo  per  la  guerra  e  pestilenza. 

i4ii*  Muoriva  in  Alghero  il  viceré,  e  Giovanni  Montagnano 
govemator  di  Cagliari  cadeva  estinto  in  un  incontro  coi  popò* 
lani  d'alcune  terre  sollevate. 

141 2.  Alcune  navi  genovesi  bruciano  dentro  il  porto  i  legni 
catalani ,  e  vessano  i  sobborghi. 

La  stirpe  castìgliana  ottiene  il  regno  di  Aragona.  Tr^  molti 
eompetitorì  è  scelto  e  proclamato  re  l'Infante  di  Cartiglia 
D.  Fcrdinandù, 

i4i5.  Il  Re  comanda  che,  ove  presentisi ,  sia  rìspinto  Tanti'» 
papa  Benedetto ,  il  quale  avea  disegnato  di  riparare  al  castello 
di  Cagliari ,  e  cpiìvi  sostenere  la  sua  indipendenza. 
i4i6.  Ascendeva  al  trono 
Alfonso  V. 

\fyx\.  Ritornando  il  Re  dalla  spedizione  di  Corsica  sofièrma«> 
vasi  in  Cagliari. 

Secondo  parlamento  nazionale  presieduto  dallo  stesso  Sovra- 
no ,  che  con  molta  benignità  accolse  gli  omaggi  dei  procuratori 
dei  comuni ,  e  dei  principaU  della  nazione.  Fé'  ragione  secondo 
le  leggi;  accordò  li  favorì  supplicati,  e  decorò  i  benemeriti  di 
grazie  ,  onori  e  privilegi. 

14^3.  Si  fanno  provvedimetìti  per  ia  maggior  sicurezza  di 
Lapola. 


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i48  CAGLIARI 

1432.  Il  Re  approda  in  Cagliari  ,  vi  riunisce  la  flotta  ,  e 
quindi  parte  a  combattere  la  reggenza  di  Tunisi. 

144^*  Soprastando  all'isola  rarmata  turchesca,  il  Re  nomina 
capitano  generale  del  regno  D.  Raimondo  Satrillas  di  Cagliari. 

iSo'lo  stesso  anno  essendo  accaduti  in  varie  regioni  alcuni 
commovimenti  egli  mosse  con  le  truppe  a  ristabilir  l'ordine  e 
la  tranquillità,  e  fé' valere  l'ampia  podestà,  che  era  stata  in 
lui  conferita  dal  Sovrano.  Assediava  Villaiglesias,  e  la  riduceva 
all'obbedienza. 

1 44^-  Corti  straordinarie.  1  baroni  del  regno  vedendo  le  cose 
pubbliche  troppo  travagliate  dalla  malvagità  degli  ufficiali  si 
radunano,  e  mandano  alla  corte  due  messaggi. 

14^8.  Ascendeva  al  trono  Giovanni  II. 

1459.  Da  Sicilia  passando  in  Ispagna  toccava  in  CagUari 
D.  Carlo  Principe  di  Viana.  Il  governatore  della  città  spedivasi 
da  lui  a  raggranellare  tra  i  comuni  quella  somma  di  danaro, 
che  se  gli  doveva  o£frire  in  attestazione  di  onore. 

1470.  Il  viceré  Carroz  sorte  da  Cagliari  contro  il  marchese 
d'Oristano.  È  sconfitto  presso  Uras,  e  perde  molto  terreno. 

i47^«  Leonardo  di  Alagon  marcia  sopra  la  capitale  intento 
a  opprimere  il  Viceré  suo  personal  nemico.  I  quartieri,  i  bor- 
ghi ,  i  campi  vicini  sono  aspramente  vessati  e  devastati ,  chiuse 
le  vie ,  impedite  le  vettovaglie. 

1476.  Artaldo  d' Alagon,  primogenito  del  Marchese,  assedia 
Cagliari,  occupa  il  poito,  e  le  navi  che  vi  si  trovano,  e  tutto 
pone  a  sacco.  Poco  manca,  che  la  città  non  cada.  Il  Viceré 
va  in  Barcellona  ad  afirettar  il  soccorso. 

Nella  pr'unavera  del  1478  molte  squadie  vennero  da  Ara- 
gona e  Sicilia  per  finir  la  guerra.  Il  Viceré  dopo  la  vittoria 
dovè  dolersi  della  morte  del  figlio.  La  Viscontessa  di  Sanlurì, 
che  odiava  i  Carroz,  perché  avean  perduto  il  suo  maiito,  fu 
accusata  di  ammahamento,  e  processata. 

1479*  Muore  il  Carroz ,  ed  il  re  Giovanni. 

Regno  di  Spagna,  1  paesi  di  Aragona  e  Castlglia  uniti  per 
lo  matrimonio  di  Ferdinando  con  Isabella  riprendono  quest'  an- 
tico nome. 

Ferdinando  il  Cattolico. 

1481.  Convento  generale  delle  corti.  Ximone  Perez  V.  R. 

1483.  Il  borgo  di  Lapola  in  Cagliari  si  privilegiava  di  spe- 


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CAGLIARI  i49 

ciali  franchigie ,  affinchè  più  popoloso  fosse  più  sicuro  in  que- 
sto che  temevasi  dai  genovesi. 

1484*  Per  violente  contenzioni  tra  il  Viceré  ed  il  procurator 
generale,  cui  favorivano  molti  gentiluomini  cagliaritani  e  sas- 
saresi, levavansi  i  popoli  a  rumore,  e  gravi  commovimenti  si 
generavano  di  minor  durata  però  nella  capitale  per  la  prudenza 
dei  consoli.  Il  Viceré  fu  richiamato. 

i48^«  Ritoma  il  Perez ,  e  condanna  i  suoi  emoli  in  un  giù* 
disio  di  maestà. 

1490.  Convocazione  delle  corti.  D'Ignigo  Lopez  avea  inti- 
mata l'adunanza  in  Sassari,  e  incominciata;  ma  a  petizione 
dei  consoli  di  Cagliari  fu  il  parlamento  ti-asferito  nella  capita- 
le, e  conchiusovi. 

1492.  Ferdinando  ed  Isabella  conquistano  il  regno  di  Gra- 
nata dopo  una  gran  battaglia,  cui  dava  ottimi  auspici  il  valo- 
roso Leonardo  Tola ,  uomo  sardo  ,  che  coglieva  col  laccio  e 
strascinava  al  padiglione  del  Re  un  granatino  di  gigantesca  cor- 
poratura uscito  a  disfidare  e  punger  con  derisioni  i  guerrieri 
cristiani. 

Si  ordina  V  espulsione  degli  israeliti.  La  loro  sinagoga  si  con- 
sacra al  cristiano  culto  sotto  l'invocazione  di  s.  Croce. 

Si  stabilisce  il  tribunale  della  Inquisizione  dipendente  da 
quello  di  Sassari  sotto  la  influenza  del  famoso  Torquemada. 
Arquer  dice  che  prcK:edevasi  con  tanta  severità  contro  i  sospetti 
di  eresia ,  apostasia ,  maleficio  da  non  si  potere  con  poche  pa- 
role spiegare.  Certo  è  però  che  era  minore  di  quella ,  che  nel 
1571  egli  sperimentava  dalla  Inquisizione  di  Toledo,  da  cai  fu 
fatto  perire  di  ferro  e  di  fuoco  siccome  luterano  dogmatizzante. 

1498.  Accadde  un  conflitto  di  giurisdizione  tra  il  S.  Ufficio  e 
l'Arcivescovo,  che  con  l'aiuto  del  Viceré  avea  levato  un  me* 
scbino  dalle  prigioni  della  Inquisizione.  Fuvvi  una  processura. 
Gli  inquisitorìali  ebbero  il  vantaggio. 

i5io.  Convento  generale  delle  corti.  Presiedeva  Giovanni  Du- 
say  viceré.  Il  quale  morto ,  prorogavasi  l' assemblea  dal  gover- 
natore di  Cagliari.  Il  Re  destinava  a  suo  luogotenente  generale 
Ferdinando  Giron  ReboUedo.  Pare  che  costui  indicasse  la  con- 
tinuazione del  parlamento  in  Sassari:  ma  per  una  interposta 
coQtradizione  fu  obbligato  di  ritornare  indietro  da  Oristano,  e 
tener  l'assemblea  nel  castello. 


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i5o  CAGLURI 

i5iS.  Muore  Ferdinando  il  Cattolico.  I  regni  della  Spagna 
sono  devoluti  nella  stirpe  di  Ausburg. 

Ciirlo  I  di  Spagna,  e  poi  /^  fra  gli  imperatori  romani,  figlio 
di  Giovanna  lafolUy  da  Filippo  U  bello  d'Ausburg,  imprende 
il  regno. 

i5i9.  Convocanoni  delle  corti.  D..Angelo  di  Yillanova  V.  R. 
Si  attentò  contro  lo  statuto  del  regno;  però  che  i  gentiluonùni 
di  Sassari,  Alghero,  e  degli  altri  luoghi  settentrionali  compor- 
tavano a  male  in  cuore ,  che  per  la  validità  delle  unioni  dello 
stamento  militare  si  comandasse  l'assemblea  nella  capitale  (V. 
B.Manno  all'anno  iSig  ).  U  Re  volle  inalterate  le  antiche  con* 
suétudinì. 

i53o.  Congregazione  degli  stamenti.  D.  Martino  Cabrerà  V.  R. 

i535.  Si  riunisce  nel  golfo  un  numerosissimo  navilio  per  la 
guerra  Africana.  Carlo  V  ferma-;!  alcuni  giorni  in  Cagliari.  Al- 
legrezze per  la  vittoria  di  Cesare,  e  per  la  liberazione  di  1 1 19 
schiavi  sardi.  Il  valoroso  cavaliere  cagliaritano  D.  iialvatore  Ai* 
merìch  resta'  governatore  della  Goletta. 

1540.  Orribil  penuria.  La  stessa  capitale  langue  di  miseria 
e  di  stento. 

i54i-  Adunanze  parlamentari.  V.  R.  D.  Antonio  Cardona , 
cognato  di  Cesare.  Circa  questi  tempi  fu  scrìtto  per  lo  sum- 
mentovato  Sigismondo  Arquer  di  Cagliari  un  Saggio,  che  dir 
possiamo  storico-politico- statistico  della  Sardegna,  onde  si  ap- 
prende la  tristissima  condizione  morale  delle  c*ittà  primarie  e 
provinciali,  e  delle  popolazioni  rustiche.  Nel  quale  notavasi  la 
negligenza  del  comune,  lo  studio  del  privato  interesse,  la  crassa 
ignoranza,  la  gran  lode  che  era  aver  veduta  la  giammatica 
latina,  lette  le  leggi  di  Giustiniano,  e  le  pontificie,  scorso  con 
occhio  sonnacchioso  il  Galeno  ed  Avicenna,  la  enormità  del 
lusso  e  della  superbia,  e  con  tutto  questo  i  vìzi  della  barba- 
rie. Vi  si  parlava  con  poco  onore  dei  preti  e  monaci. 

i549«D.  Girolamo  d'Aragal  cagliaritano,  governatore  della 
capitale  e  provincie  clìpeudenti ,  prende  il  ;  overno  del  regno  con 
titolo  di  presidente.  Egli  erìgeva  il  baluardo  dello  Sperone. 

i553.  Gran  timore  in  Cagliari  per  le  correrìe  del  famigerato 
corsale  Dragutte  alleato  de',  francesi  e  però  conti^rlo  a  Carlo. 

i555«  Coiti  generali  del  regno.  D.  Lorenzo  D'Eredia  V.  R. 
A  costui,  che  moriva  si  tosto  come  chiudeva  il  parlamento,  sue* 


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CAGLUra  i5i 

cesse  nel  governo  del  regno  D.  Alvaro  di  Madrìgal,  sotto  il 
quale  le  fortificaùoni  del  castello  furono  in  gran  parte  con- 
dotte a  perfeùone  y  come  apprendesi  dalla  iscrizione  nel  fianco 
del  baluardo  di  s.  Croce  y  che  domina  quello  del  Salice. 

1 556.  Carlo  I  chiude  sua  vita  politica  rinunciando  il  regno 
delle  Spagne  al  suo  figlio 

Filippo  IL 

i562.  Ordinava  alla  inquisizione  della  Sardegna  di  unifor- 
mare a  tutti  i  regolamenti  del  S.  Uffizio  di  Spagna  nelle  pro- 
cessure.  Per  lo  che  mandava  alcuni  frati  peritissimi  in  siffatte 
bisogne. 

1 564.  Stabiliva  ^  R.  Udienza. 

i565.  Si  òm votano  le  corti  del  regm>*  D.  Alvarp  di  Ma- 
drigal  V.  R- 

Si  introduce  Tarte  tipografica  da  ^iicolao  Canelles. 

1567.  11  Madrigal  j  come  negli  altri  propugnacoli ,  cosi  nel 
dedicato  a  S.Giovanni  (  bastione  di  S.  Croce  )  dimostrava  il 
suo  studio  a  munire  secondo  le  regole  e  la  condizione  topica 
la  città  con  Topera  degli  ingegneri  Rocco  Capellino ,  e  Antonio 
Mazolina.  Cosi  da  una  iscrizione  nel  fianco  dello  stesso  bastione 
al  Bàlice. 

1571.  Dal  P.  M.  Pio  V.  proclamatasi  la  crociata  contro  i 
turchi ,  la  Sardegna  contribuiva  il  suo  terzo  contro  Selìmo  IT. 
Quattrocento  archibugieri  sartfi  in  massima  parte  cagliaritani 
furono  accolti  neUa  Reale  cristiana  y  dov'era  D.  Giovanni 
d'Austria.  Contro  la  quale  Ali  comandante  supremo  della  flotta 
turchesca ,  confidentissimo  nella  ferocia  dei  quattrocento  suoi 
giannizzeri,  spingevasi.  Ma  i  sardi  avventatisi  su  lui  con  la  vio- 
lenza della  folgore  y  e  domata  ogni  resistenza  ne  presentavano  il 
capo  a  D.  Giovanni.  Fu  questo  prodigio  di  valore  il  grand'au- 
spicio  della  famosa  vittoria  delle  Curzolari ,  addi  7  ottobre.  D. 
Giovanni  reduce  dal  Levante  toccato  in  Cagliari  si  congratulava 
coi  cittadini  del  felice  valore  dei  suoi  guerrieri.  Questi  bravi 
con  l'insigne  Figneròa ,  degno  condottiero  di  eroi,  posero  mo- 
numento di  loro  religione  alla  Beatissima  Vergine  nella  chiesa 
dei  Domenicani  l'onorato  stendardo.  Il  quale  era  uno  dei  più 
significanti  ornamenti  nelle  feste  per  la  canonizzazione  di  Pio 
V ,  e  tutti  gli  anni  portasi  pubblicamente  j  come  un  trofeo 
nella  solennità  del  SS.  Rosario. 


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iS%  CAGLURI 

1573.    Convocazione  delle  corti.  D.  Giovanni  Coloma   V.  R. 

1578.  D.  Michele  De  Moncada  Y.  R.  fa  il  giro  del  regno 
per  terra  e  per  mare  provvedendo  alla  sicurezza  interna 
ed  estema. 

i58a.  I  barbareschi  saccheggiano  la  terra  di  Quarto  sotto  gli 
occhi  del  governo. 

1587.  Compite  le  fortezze  di  Cagliari  e  di  Alghero,  e  for- 
nite d'ogni  necessario  istromento  intendesi  a  circondar  l'isola 
di  torri.  Si  stabilisce  nella  capitale  una  reale  amministrazione 
per  le  medesime. 

iSgS.  Convocazione  delle  corti.  Marchese  d'Aytona  V.  R. 

1594.  Temendosi  in  Cagliari  dei  tuixhi ,  il  V.  R.  D«  Ga- 
stone di  Moncada  provvedeva  j  ed  i  baroni  armavano  molta 
gente. 

1598.  Filippo  HI. 

i6o3.  Famoso  parlamento  nazionale.  Conte  d'Elda  V.R.  Spa- 
ventosi nembi  di  locuste  vengon  dall'Africa  nelle  terre  sarde. 
Influsso  mortalissimo  di  va j  nolo. 

1606.  Bolla  di  Paolo  Y  per  la  erezione  di  una  università 
di  studi. 

161 1.  Viene  visitatore  D.  Martino  CarriUo.  Nell'anno  seguente 
pubblica  là  sua  relazione  intomo  alla  Sardegna. 

161 3.  Convento  delle  corti.  Duca  di  Gandia  V.  R. 

i6i5.  Sotto  le  ruine  dell'antica  chiesa  di  S.  Saturnino  (  v. 
agli  anni  517  ,  e  1089)  scoprìvansi  molti  depositi  di  vecchi 
ossami ,  li  quali  furono  riconosciuti  tombe  e  reliquie  di  beati 
martiri.  L'arcivescovo  Esquivel  dimostrò  uno  zelo  maraviglioso 
a  farli  onorare.  Molte  città  dell'Italia  parteciparono  della  in- 
venzione. 

1619.  Toccava  nel  porto  di  Cagliari  il  prìncipe  Filiberto 
Emanuele  terzogenito  di  Carlo  Emanuele  I  duca  di  Savoja.  Egli 
era  grand'ammiraglio  di   Spagna. 

i6ao.  La  flotta  turchesca  tenta  uno  sbarco  nella  spiaggia  di 
Quarto.  Tra  i  baroni  accorsivi  molto  si  distìnse  D.  Giambattista 
Satrìllas. 

i6af.  Il  conte  d'Eril  raduna  il  parlamento  per  ùlt  provvi- 
sione a  fortificare  l'isola  di  S.  Pietro  y  nido  dei  pirati  barba- 
reschi e  turchi ,  donde  inferivano  ai  popoli  della  vicina  Sar- 
degna continue  molestie  e  gravi  danni.  Ma  prevaleva  il  consi* 


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CAGLURI  ,53 

glio  di  edificare  una  squadra  di  galere.  Il  prenominato  Satril- 
las  fu  inviato  al  re 

FiUppo  IV. 

i6ti3.  ConTOcatione  delle  corti.  D.  Giovanni  Vivas  V.  R. 
Questi  per  sue  maniere  violente  rendeasi  nemici  molti  membri 
dello  stamento  militare.  Onde  non  potendo  viver  tranquillo 
nella  capitale  andava  a  Sassari  ^  e  moriavi  molto  onorato. 

1&26.  D.  Luigi  Biacco  consigliere  del  supremo  di  Aragona 
Tiene  per  domandar  soccorso  ai  Aspendi  della  guerra.  Indica 
una  congrega  straordinaria ,  e  reggela  ei  stesso,  essendo  Y.  R. 
il  marchese  di  Bajona.  Fu  deliberato  un  donativo  di  quattro- 
cento mila  scudi  pagabili  in  un  quinquennio.  Cagliari  contri- 
bui  per  scudi  novantatre  mila.  Cosi  potè  formarsi  un  terzo 
(laoo  uomini)  di  soldati  nazionali,  e  mantenersi.  Gonducevalo 
alla  guerra  di  Mantova  il  maestro  di  campo  marchese  di  Sedilo. 

1682.  Corti  ordinarie.  Marchese  di  Bajona  Y.  R.  Lui  morto 
destinavasi  il  vescovo  di  Alghero  D.  Gaspare  Prieto  a  conti- 
nuarle e  conchiuderle. 

Le  tre  primevoci  giurano  nel  Duomo  di  difendere  la  imma- 
colata Concezione  della  B.  Y. 

i633.  Si  pubblica  la  compilazione  delle  prammatiche  per  D. 
Francesco  Yico. 

1634*  ^  militari  del  Logudoro  persistono  nella  pretesa  di 
poter  fare  delle  riunioni  stamentarie  in  Sassari.  Il  Re  annuiva 
per  certi  casi  ;  ma  presto  rivocavasi  la  licenza. 

i635.  Cagliari  invia  soccorsi  agli  eserciti  regii  nella  Catalo- 
gna. II Y.  R.  Doria,  prìncipe  di  Melfi,  muore.  Gli  è  sostituito  suo 
fratello  duca  di  Avellano. 

i636.  Gran  carestia  di  viverì. 

1637.  Occupata  Oristano  dal  conte  di  H^rcourt,  i  consoli  di 
Cagliari  offrono  danaro,  e  proferiscono  somme  maggiori.  D. 
Diego  di  Aragal  parte  a  governar  la  guerra.  Si  attese  tosto  a 
fortificar  la  capitale  ,  ed  a  compire  alcune  opere  di  difesa.  Fu 
munito  anch'esso  il  castello  di  S.  Michele  e  cominciossi  a  edi- 
ficare il  forte  di  S.  Elia.  Quando  il  Y.  R.  disponevasi  ad  andar 
nel  campo  venne  nùnziata  la  vittoria  dell'Aragal.  Yennero  a 
tardo  ausilio  dieci  galee ,  dalle  quali  la  città  comprava  nuove 
provvisioni  di  guerra.  D.  Antonio  Quintano  molto  intendente 
di  architettura  militare  fece  alcune  avveitenze  sulla  fortificazione. 


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i54  CAGLIARI 

i638.  D.  Diego  di  Aragal  Catto  preside  de!  regno  erìge  il  propu- 
gnacolo alle  spalle  del  palazzo  reale  ,  che  in  certa  forma  d*un  ca- 
valiere siede  sul  gran  baluardo  della  stessa  denominazione. 

Scandaloso  scoppio  di  odii  municipali ,  dolendofi  i  cagliaresi 
che  si  tentasse  dai  sassaresi  non  solo  contro  la  primazia  poli- 
tica ed  ecclesiastica,  ma  ancora  contro  i  suoi  santi  con  empie 
pasquinate.  Ammutinamento  popolare  in  Cagliari  contro  D.  An- 
tonio De  Basceliga  ed  il  canonico  Diaz  creduti  autori  degli  scritti 
disonorevoli.  Furono  assaUtt  nelle  loro  case ,  e  se  non  fosse 
accorso  lo  stesso  presidente  del  regno  sarebbero  stati  finiti. 

i638.  D.  Giorgio  di  Castelvi  conduce  in  Fiandra  un  terzo  dì 
sardi ,  e  vi  si  ricopre  di  gloria. 

1639.  ^  ^*  ^*>  prindpe  dì  Melfi,  muore  desiderato  da  tutto 
il  regno. 

1641.  D.  Giovanni  Dexart  pubblicava  la  compilazione  e  chiosa 
degli  atti  delle  corti  del  regno. 

Fondasi  il  monistero  di  s.  Catterìna  per  educarvi  le  fanciulle 
bennate. 
La  città  offre  al  Re  una  gran  somma  in  doniitivo   grazioso. 

1642.  Convento  generale  delle  corti.  Duca  d'Avellano  V.  R* 

I  marchesi  di  Laconi,  e  di  Villassor,  formano  quegli  un  reg- 
gimento di  cavalleria,  questi  un  terzo  d'infanteria  con  uno 
squadrone  di  cavalli ,  e  vanno  a  combattere  gli  insorgenti  della 
Catalogna. 

1  consoli  a  distrigare  il  fisco  dai  precipitati  obblighi  suoi 
offrono  scudi  trcncamila  per  anni  dieci. 

1644*  Mandano  copiosi  sussidi  all'ei^ercito  regio  nella  Cata* 
logna.  Muore  il  Y.  R.  Succede  il  Idontalto,  e  purga  il  regno 
dai  malviventi. 

Contenzioni  tra  i  marchesi  di  Villassor  e  (^uirra  per  lo  pri- 
mato nello  stamento.  Il  Quirra  va  a  negoziare  il  titolo  di  Duca. 

II  Yillassor  si  oppone.  Cagliari  manda  soccorsi  alla  squadra  di 
D.  Giovanni  d'Austria,  che  combatte  i  ribelli  napolitani,  e 
Masaniello. 

Guerra  tra  le  erse  Castelvi  e  Villassor.  D.  Agostino  Castelvi , 
che  il  Villassor  avea  voluto  trucidare,  sorte  in  campo  con  i5oo 
cavalli  e  sfida  il  marchese  Villassor.  Relegazione  dei  partitanti. 
Il  cardinal  V.  R.  fa  riconoscere  dal  comuiissaiio  un  cavaliere 
casigliano  accusato  di  magia  e  come  tale  bruciato. 


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CAGLIARI  i55 

i65o.  D.  Giovamii  d'Austria,  compresse  le  rìbelUoni  di  Na- 
poli e  Sicilia,  viene  in  Cagliari  con  la  flotta.  Il  cardinale  Tri- 
vulzìo  y.  R.  per  evitare  le  spese  nomina  a  presidente  il  Visi- 
tatore, e  parte.  Scandalo  gravissimo  nella  cattedrale  quando  era 
per  giurare  il  Visitatore,  perché  il  govemator  di  Cagliari  si 
pose  con  violenza  in  suo  luogo ,  e  imprese  il  governo. 

i65i.  Viene  V.  R.  il  Guerara  e  relega  il  governator  di 
Cagliari.  Provvede  contro  i  fialsatori  delle  monete  erose.  I  se- 
greti delle  sue  operazioni  svelati  cagionano  dei  disordini,  e 
quindi  si  passa  ad  un  ammutinamento.  Gli  stampacìni  e  i  vii- 
lanovcsi  si  mossero  contro  lui.  Ma  non  si  precipitò  alla  strage. 

i652.  Incomìncian  tempi  funesti.  Nel  maggio  veniva  dal- 
l'Africa  cosi  denso  nembo  di  locuste,  che  copriva  la  terra, 
ed  oscurava  il  giorno.  N'erano  consumate  le  messi.  U  fieno 
tocco  dalle  medesime  avea  effetti  dì  veleno.  Supplicazioni  re- 
ligiose e  scongiuri.  Fatica  vana  dei  popoli  a  distruggerle.  Com- 
pita la  ovazione,  in  sull'estremo  esinano,  cado n  sul  mare.  Nella 
seguente  primavera  al  tepore  si  animano  i  parti,  ed  una  quan- 
tità decupla  della  prima  fa  disperar  le  genti.  Perita  anche 
questa  nell'istesso  tempo  e  modo,  i  contadini  si  volsero  a  di- 
struggere i  nidi.  Venne  la  seconda  generazione,  ma  tocca  da 
certo  pestilenziale  influsso  mori  tutta  prima  di  nuocere  e  par- 
torire. Prendonsi  nella  capitale  le-  più  savie  misure  contro  la 
pestilenza  appresasi  alle  terre  settentrionali  da  commercio  con 
la  Catalogna  allora  ammorbata.  Giambattista  Perez  provvede 
in  modo  che  per  quattro  anni  restò  preservata  Cagliari.  Il 
castello  di  s.  Michele  fu  destinato  a  lazzeretto. 

iG54-  L'armata  francese  minaccia  la  capitale»  Il  governo 
comecc^'è  in  aiianno  per  lo  contagio  preparava  per  una  valida 
difesa  i  baluardi  ed  i  cittadini. 

i6i^6.  Il  Re  ordina  la  convocazione  delle  cord.  Il  Perez  pro- 
testa i ivano.  Si  fa  l'assemblea  presidente  conte  Lemos.  L'ar- 
civescovo prima  vittima  del  contagio.  Il  V.  R.  dissimula  il 
morbo,  e  quesìo  sì  attacca  all'Italia,  e  fece  in  Napoli  quella 
grandissima  strage  che  rÌLerisce  il  Botta.  Oade  gridò  tutto  il 
mondo  conlra  il  V.  R.  di  Sardegna.  Questi  ritirasi  in  Sassari 
per  salvarsi.  Ivi  ricevuto  la  conferma  del  parlamento  chiamò 
tutti  i  titoli  e  voti,  e  conchiuse  le  corti  con  le  consuete  so- 
lennità. Il  contagio  in  sul  fiair  d' agosto  degenerò  in  febbri  di 


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i56  CAGLIARI 

somma  malignità.  Nell'ottobre  era  perfettamente  ristabilita  la 
salute  pubblica.  Si  resero  grazie  a  s.  Efisio,  e  nel  maggio  andò 
il  popolo  col  suo  simulacro  in  Nora  per  festeggiare.  La  pe- 
regrinazione continuasi  tuttora.  Il  Re  richiama  U  suo  rappre- 
sentante causa  dell'orribile  mortalità  dell'Italia:  con  uno  sguardo 
severo  toglieTasi  il  senno.  D.  Bernardino  de  CerveUon  governa- 
tore di  Cagliari  e  Gallura  veniva  in  Cagliari  mentre  ancora 
infunava  la  pestilenza  a  prendervi  con  le  solite  cerimonie  pos- 
sesso del  governo  in  qualità  di  presidente. 

1657.  Il  V.  R.  marchese  di  Castel  Rodrigo  purga  V  isola  dai  fa- 
cinorosi, accresce  allasquadrn  un' altra  galera.  Edifica  un  poiio 
(  la  darsena  )  e  arsenale  con  baluardo  del  molo  piccolo.  Incen- 
dio del  palazzo  viceregio.  Selciamento  delle  strade.  Intro- 
duzione e  miglioramento  di  varie  arti  meccaniche  per  li  servi 
del  V.  R.  Uomini  alemanni  di  molta  industria. 

1662.  n  principe  di  Piombino  V.  R.  visita  molte  fortezze  del 
regno.  Nel  1664  muore  in  officio. 

i665.  Carlo  II  sotto  la  tutela  di  Marianna,  arciduchéssa  d' Au* 
strìa ,  reggente  del  regno. 

Ella  per  la  guerra  contro  Luigi  XIV  chiede  essere  servita  d'un 
cospicuo  sussidio  di  danaro.  Scerete  conferenze  del  marchese 
Laconi  con  l'arcivescovo  primate,  col  vescovo  d'Ales,  e  col 
giurato  in  capo  di  Sassari.  Molti  vanno  nella  loro  parte.  Il  mar- 
chese Villassor ,  e  pochi  altri  baroni  famulano  al  Y.  R. 

1667-8.  Congregazione  degli  stamenti.  Marchese  Camarassa 
V.  R.  I  laconeschi  prometto»  a  condizione  della  privilegiata 
concessione  delle  prelature ,  e  degli  impieghi  dello  stato  ai  re- 
gnicoli. I  viUassoreschì  puramente.  Prevalendo  i  primi  mandasi 
il  Laconi  sindacò  alla  corte.  La  supplicazione  non  accoltasi  con 
favore ,  gli  stamenti  ricusavano  il  chiesto  servìgio.  Il  Laconi  ri- 
torna in  patria  applaudito  gloriosamente ,  e  presentasi  alle  con- 
greghe stamentarie,  dove  trovò  occupato  il  primo  posto  dal 
marchese  di  Villassor.  Il  Camarassa,  disperata  la  persuasione, 
scioglie  l'adunanza,  molto  indispettito  contro  i  laconeschi,  dei 
quali  altri  levava  dal  posto,  altri  privava  del  soldo ,  questi  re- 
spingea  dall'intendimento,  quelli  cacciava  in  esilio.  Entro  la 
prima  ora  del  di  21  giugno  1668  il  drudo  della  Cedrellas^ 
marchesa  di  Laconi,  metteva  a  morte  il  marchese.  Il  V.  R. 
desidera  riconosciuti  tosto  gli  autori  del  delilto-,  ma  il  giudice 


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CAGLURI  157 

prevarica.  I  Gastelvi,  tutte  le  primarie  famiglie  aderenti,  e  la 
clientela  giurano  la  vendetta  sul  cadavere.  Uomini  dì  pace  la 
dissero  lecita ,  e  di  essi  une  a  poter  alla  medesima  commovere 
il  popolo  dolentissimo  del  destino  d'un  uomo,  che  amava  e 
appellava  padre  della  patria,  osò  dare  non  vano  consiglio  di 
portar  al  sepolcro  a  tutd  gli  occhi  scoperto  le  lacere  membra. 
Il  castello  riempiesi  di  armata  Eran  del  numero  molte  persone 
sacre  non  però  abborrenti  dal  disordine.  Il  defunto  è  onorato 
delle  lagrime  dì  tutd  i  cittadini.  La  presenza  dei  giudici  presso 
le  porte  della  città  frenava  la  sedizione  preveduta  dal  V.  R. 
L' adultera  querelasi  contro  questi  siccome  mandante.  Si  fanno 
molte  conventicole  dai  Castel vìani,  e  si  destina  a  morte  il  Cama- 
rassa.  Della  quale  essendo  stato  incaricato  il  marchese  di  Cea , 
costui  non  riuscito  nell'intento  per  li  veleni,  e  per  le  polveri 
fé' adoperar  le  armi,  ed  addi  21  luglio  mentre  con  sua  mo- 
glie e  figli  tornava  dalla  festa  del  Carmine  il  Camarassa  cadde 
ferito  da  cinque  carabine. 

Il  Cea  col  marchese  Tillacidro,  e  coi  cavalieri  Cao,  Portu- 
gues,  Griaoni  rifiigìansi  coi  servi  nel  convento  dei  claustrali. 
La  reale  udienza  provvede  per  contenere  il  popolo.  Gli  stam- 
padni  vogliono  assistere  ai  congiurati,  e  non  al  governo.  U  prin^ 
ópe  di  Piombino  capitano  generale  della  squadra  delle  galere 
sarde  si  esibisce  con  sue  genti  a  custodire  il  castello.  La  no- 
biltà ed  i  sindaci  dei  quartieri  oppose,  la  reale  udienza  non 
ammise  P  offerta. 

U  Cea  coi  compagni  si  muniscono  di  tutte  armi,  e  cangiano 
il  convento  in  una  fortezza.  Una  guardia  £  duecento  uomini 
vigilano  contro  qualche  improvviso  assalto  del  governo.  Si  ag«- 
giungono  altre  schiere  in  lor  difesa  dai  sindaci.  In  fine  le  mi- 
hzie  nazionali  invocate  dalla  reale  udienza,  non  curata  questa, 
•iirono  i  loro  servigi  al  Cea.  Questi  potea  farsi  padrone  di 
tatto ,  era  confjgliato  a  ciò,  e  noi  fece,  che  non  voleva  pas- 
sare ad  una  vera  fellonia  e  calpestare  la  fede  giurata  al  sovrano. 

Arriva  da  Sassari  il  prenominato  Aragal-Cervellione  a  im- 
prendere la  interinale  viceregia.  Si  oppone  l'avvocato  fiscale 
rifiutandolo  perchè  processato  due  volte  per  sue  prepotenze , 
ed  una  relegato,  altra  confinato  nel  governo  di  Gallura.  Ma 
la  forza  vinse  questa  ragione ,  ed  altre.  Si  procede  nella  inqui- 
sizione sulle  due  morti  per  enormi  calunnie.  Tuttayolta  il  de«- 


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i58  CAGLURI 

litto  della  Cedrellas,  e  le  sue  infamie  si  divulgavano.  U  Cea 
coi  suoi  cor*giurati  e  comitiva  passa  iu  Sassari,  onde  poi  con- 
ferirsi in  quulwhe  sito  forte  del  Logudorp,  e  sostenervìsi  sino 
ad  ottenere  il  perdo ao.  Egli  è  accollo  con  entusÌ£^mo  d'amore 
da  tuUii  i  popoli,  ed  è  pregalo  di  gi*ec!lre  i  loco  servigi.  Im- 
minente il  nuovo  V.  B»egU  è  esortato  dai  suoi  partigiani  a 
impadronirsi  della  capitale,  ed  a  rispìngere  il  vendicator  del 
Camarassa,  ma  invano.  11  duca  di  s.  Germano  sussidiato  da 
buone  soldatesche  prende  possesso  di  sua  dignità  addi  26  di- 
cembre. 

1669.  Il  curatore  del  marchesino  Laconl  instituìsco  l'a  cusa. 
Rinnovasi  la  procedura ,  e  appare  sincera  la  yerltli ,  die  cre- 

deasi  sepolta  60tto  molti  speìgiuri  e  ingiustizie.  Si  nominano 
tre  commissari  a  liberare  il  regno  dalle  squadriglie  dei  con- 
giurati* Il  Cea  è  nuovamente  consigliato  a  venir  su  la  capita- 
le, e  cacciare  il  duca.  Si  cospira  contro  di  questi;  ma  cessa 
l'audacia  introdottesi  destramente  le  truppe  nel  castello.  Chio- 
desi  senza  le  solite  solennità  il  donativo,  e  si  concede.  Addi 
18  giugno  il  Cea  coi  complici  furono  condannati  di  crimenle- 
se  ;  ma  lodati  siccome  fedeli  e  leali  sudditi  del  Re  tutti  gli  al- 
tri, di  stamenti  ringraziarono  il  Y.  R.,  che  avesse  reso  giustà- 
eia  alla  nazione.  La  casa,  ove  i  congiurati  oprarono  il  misfat*- 
to ,  fu  atterrata ,  e  postovi  un  marmo  4:on  la  memoria  del  de- 
litto e  infamia  dei  colpevoli. 

L' arcivescoco  Vico  rifabbrica  la  cattedrale  già  rovinante. 

Il  Viceré  con  truppe  d'ordinanza  e  con  tutte  le  cavallerie 
del  regno  va  ad  assalire  iu  Moatenieddu  di  fiallura  il  marchese 
Cea,  ma  invano. 

1670.  Il  V.  R.  fa  violentemente  arcestare  alcuni  magoati  in 
suo  palazzo.  - 

1671.  Perivano  i  primari  congiurati,  e  con  impctfturbata  co^ 
stanza  soggettatasi  in  Cagliari  alia  mannaja  il  marchese  di  Cea. 
La  sventura  di  questo  vecchio ,  ohe  la  diabolica  frode  del- 
l' adultera  avea  tratto  nel  delitto  toccava  gli  animi  4I0I0- 
rosamente;  la  prosperità  del  vile  Alivosi,  cui  l'azione  turpis- 
sima in  soprassoma  di  molte  scelleraggini  i^attava  il  dominio 
di  alcuni  feudi,  moveva  a  sdegno. 

1677.  Periodica  convocazione  delle  corti:  Conte  di  S.  Ste- 
fano Y.  R. 


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CAGLURI  iSg 

1679*  I  sindaci  dei  quartieri  insorgono  contro  i  procuratori 
della  città ,  che  riempissero  i  yacui  della  infedele  amministra- 
EÌone  con  forti  estorsioni. 

1683.  DaVv  si  ai  frati  Domenicani  dalla  citt'i  la  chiesa  di  S. 
Lucifero  che  nel  fcrvor  del  litìgio  sulla  prìr  .nzia  fu  riediucata 
guU'antica  intor-^o  dl'anno  1646,  e  proi?ietievasi  una  fabbrica 
a  collegio  di  studi  con  certo  annuo  assegnamento  sulla  gabella 
del  taLacco  per  dicci  religiocì.  Cominciossi  l'edifìzio  nel  1C94  9 
ma  perchè  poco  rcrdeva  la  {[gabella  andò  a  rilento  l'opera  y  e 
poscia  per  le  sopr&yveQute  vicende  politiche  restò  imperfetta. 
160S.  Convocazione  del  parlamento.  Duca  di  Montellano  Y.  R. 

1700.  Venne  iu  Ca;;jlian  a  reggere  il  regn-^  D.  Ferdinando 
di  Moncadti  duca  di  S.  Giovanni ,  uomo  di  alto  merito. 

Carlo  risolve  il  dubbio  della  elezione  del  successore  dalla 
casa  Borbone  o  rVATisburg  iastituendo  suo  erede  il  duca  di 
Angiò.  Muore  al  primo  di  i.oveiibrc.  Comincia  la  guerra  dì 
successione.  I  sf:trdi  o!  blignno  lor  fede  a 

Filippo  V. 

1701.  L'ammiraglio  inglese  Rooch  veleggia  lungo  le  coste 
sarde  se  possa  eccitarvi  qualche  movimento  in  favore  del  prCp- 
tendente  austriaco. 

1703.  L'ammiraglio  inglese  Schowel  avvicinasi  con  simile 
intendimento.  U  Re  esìge  il  donativo  per  lo  suo  avvenimento 
al  trono. 

1704*  Comincia  a  vacillare  la  fedeltà  dei  principali  baroni. 
Il  marchese  di  Vììlassor  disgustato  degli  onori  del  marchese 
Laconi  q)arge  i  semi  d'una  congiura.  Il  suo  genero  conte  di 
Montessanto  per  somma  perfidia  e  ingratitudine  alienasi  dal  Re. 

Il  marchese  Valero  V.  R.  teme  di  convocare  in  tempi  cosi 
pericolosi  le  corti  del  regno ,  e  in  forma  meno  solenne  ottiene 
dagli  stamentì  il  consenso  per  la  proroga  del  donativo. 

Viene  in  sue  laani  il  memoriale  d'un  frate  sardo  all' Alci- 
duca  9  nel  quale  notava  i  principaU  personaggi  del  regno  che 
ei  stimava  inclinassero  all'Austrìaco  ,  o  al  Borbone.  Inconslde^ 
ratamente  fa  trasportare  tre  uomini  primari  in  Francia.  Per  che 
ì  Satrillas  ,  e  tutta  la  loro  clientela  cangiaron  colore. 

1 706.  Chiede  il  sovrano  un  altro  donativo ,  e  ottiene  oflferti 
ducentoventi  mila  scudi  a  quote  eguali  in  \xq  anni. 

1708.  Il  nuovo  V.  R.  marchese  della  Giaroaica  si  avvisa  della 


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i6o  CAGLIARI 

divisione  degli  animi ,  e  dove  YiUassor  con  Montessanto  ten- 
dessero. Non  ottenuti  li  chiesti  soccorsi  intende  a  guadagnare  il 
Montessanto,  dal  quale  fu  sostenuta 'una  gran  simulazione  ed 
ogni  arte  esperimentata  ad  estenuare  la  forza  dei  principali 
Filippeschi.  Il  fratello  dì  costui  marchese  di  Cifuentes  aperta- 
mente devoto  all'austriaco  esorta  alla  conquista  del  regno.  Per 
la  influenza  di  alcuni  Garleschi  postisi  nella  Corsica  scoppiava 
primamente  nella  vicina  Gallura  la  sedizione.  Il  Montessanto  è 
incaricato  di  opprimerla.  Appare  sua  mala  fede ,  e  gli  si  so- 
stituisce D.  Vincenzo  Baccalar  di  Cagliari.  Il  quale  andato  tra 
i  galluresi  e  fatto  consapevole  dell'occulto  negozio  nominava  al 
Y.  R.  quei  che  espediva  bandir  dal  regno.  Questi  restarono. 
Comparisce  la  flotta  inglese  con  poche  truppe  da  metter  in 
terra  ,  ed  esse  mal  disciplinate.  I  Filippeschi  si  incoraggiano 
alla  difesa:  i  Carleschi  la  impediscono.  I  consoli  non  sono  lu- 
singati dalle  promesse  dell'ammiragUo  Lake  \  ma  abbandonatosi 
dal  V.  R.  ogni  pensiero  delle  cose  pubbliche  ,  e  svelatasi  la 
perfidia  dei  Villassoriani  veggousi  ridotti  a  questo  che  patteg- 
gino con  l'aggressore.  Il  Montessanto  agli  spergiuri  ed  alla  perfi- 
dia contro  il  sovrano  poneva  il  colmo  con  una  barbara  empietà 
contro  la  patria,  però  che  a  scemar  l'onta  d'una  sommessione, 
che  manifestava  il  tradimento  fece  che  gli  inglesi  in  piena  , 
notte  vuotassero  le  artigherie  sopra  i  cittadini  che  riposavan 
sulla  capitolazione  conchiusa.' 

Carlo  III. 

Il  conte  di  Cifuentes  giurava  in  di  lui  nome. 

Il  fedelissimo  Baccalar  incontravasi  con  D.  Francesco  Pes  , 
e  veniva  alle  mani.  Ma  oramai  vedendo  infi^uttuosa  l'efiusione 
del  sangue  abbandonava  la  Gallura  ,  e  ritomavasene  al  re  Fi- 
lippo. Il  Pes  ebbe  poscia  per  la  sua  devozione  e  valore  premio 
onorevole. 

Una  mortalissima  epidemia  funesta  la  capitale.  Si  fa  voto 
dai  consoli  alla  V.  intitolata  dal  Rimedio  venerata  nella,  chiesa 
di  S.  Lucifero. 

1709.  U  Baccalar  testé  creato  marchese  di  S.  Filippo  prepara 
un  piano  di  invasione  alla  ricuperazione  del  regno. 

17 10.  Il  Laconi  destinato  a  V.  R.  passa  con  lui  in  Genova 
per  accelerare  l'armamento.  Due  ministri  traditori  fanno  riu- 
scire a  mal  fine   l'impresa.    Comecché  il  conte  di  Castiglio  di- 


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CAGLIARI  i6i 

sceso  con  sue  genti  in  Terranova  avesse  pugnato  non  infeli- 
cemente col  Pes ,  ei  dovea  sloggiare  dall'isola  premuto  dalle 
fone  dell'ammiraglio  Norris  ,  che  lo  affrontò  a  S.  SimpUcio. 

1711.  Carlo  ottiene  gli  onori  dell'imperio. 

171 3.  Pace  d'Utrecht.  La  Sardegna  è  riservata  all'Austria. 

17 17.  Filippo  manda  la  flotta  contro  Cagliari  :  navi  di  linea 
12,  onerarie  100,  con  gente  da  sbarco  fanti  8,000,  cavalli  600; 
e  con  artiglieria  pezzi  dall'assedio  4^,  mortarì  ao ,  sagri  12. 
Piantasi  il  campo  presso  S.  Andrea  (  littorale  di  Quarto  ).  Addi 
aa  agosto  si  apri  la  trincea.  Il  V.  R.  fugge  ad  Alghero ,  e  resta 
a  dirigere  la  difesa  il  marchese  della  Guardia.  I  baroni  levano 
alcune  milizie.  Addi  16  settembre  cresce  il  numero  delle  truppe 
nemiche ,  e  ponesl  grossa  schiera  al  Maso  per  proibire  le  vei* 
tovaglie.  Addi  3o  una  faccia  del  baluardo  di  Monserrato  col 
fianco  difensore  del  bastione  della  darsena  erano  distrutti. 
Quando  gli  spagnuoli  già  salivano  sulla  breccia  la  città  calò 
ù  patti. 

Cagliari  oppressa  dai  conquistatori.  Emozione  popolare  per 
le  avanie  dell'Intendente  generale.  Qiiesti  salvasi  con  la   fuga. 

17 18.  Trattato  di  Londra.  Si  fissano  i  dubbi  destini  della 
Sardegna  aggiudicatasi  al  duca  di  Savoja. 

Radunasi  nel  porto  l'armata  spagnuola  destinata  contro  la 
Sicilia  y  navi  di  linea  aa^  altri  legni  armati  8,  vetturali  34o, 
truppe  di  sbarco  36^000.  I  cagliaritani  con  dolore  si  ricordaron 
poi  di  questi  ospiti. 

17 19.  Gli  alleati  preparansi  a  riprender  la  Sardegna  da  Fi- 
lippo. Questi  risoluto  a  non  cederla  pìrt^blica  dei  provvedimenti. 

La  inquisizione  procede  contro  alcuni  s^gurati. 

1720.  Filippo  deve  acconsentire  alla  volontà  degli  alleati. 
Addi  4  agosto  il  principe  Ottaiano  de'  Medici  riceve  dal  capi- 
tano generale  la  rinuncia  di  Filippo  a  Cesare.  Per  tre  giorni 
si  inalbera  su  i  baluardi  della  rocca  il  vessillo  imperiale  ,  fe- 
steggiando i  cittadini.  Addi  9  al  cospetto  degli  stamenti  il  rap- 
presentante cesareo  rassegna  al  rappresentante  del  nuovo  mo- 
narca il  governo  del  regno. 

Nuova  epoca  della  nazione  sarda  sótto  i  propri  re. 

Addi  39  gli  stamenti  deputano  al  regio  trono  D.  Giuseppe 
Satrillas  marchese  di  Villaclara.  \ 

'    Addi  %  settembre  il  barone  di  s.  Remigio  V>.  R*  ricevuta  la 
Dizion.  geogr»  ecc.  Voi.  III.  1 1 


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i62  CAGLIARI 

fede  del  rappresentanti  della  nazione  proferiva    il   giuramento 

in  nome  di 

Vittorio  Amedeo  II  re  di  Sardegna, 

Il  Visconte  del  porto  statico  degli  spagnuoli  in  Cagliari ,  clie 
tentava  la  fede  dei  sardi  ^  ammutolì  alla  voce  del  Re. 

Riforme  secondo  migliori  maniere,  restauri  delle  opere  an- 
tiche,  e  costruzioni  di  uuove  difese. 

II  timore  della  pestilenza  serpeggiante  in  Proven7a  si  slem* 
pera  con  satie  cautele.  Instituzione  d'un  magistrato  di  sanità: 
vegolameoto  del  lazzeretto. 

17^1.  Il  Villadara  porge  al  Sovrano  i  primi  omaggi  della 
nazione.  Si  rilascia  il  donativo  solito  prestarsi  negli  avvenimenti 
al  trono. 

Il  V.  R.  richiede  gli  stamenti  di  straordinari  soccorsi  per  la 
guardia  dei  littorati. 

1722.  Nuova  offerta  degli  stamenti. nd  un  triennio  del  do- 
nativo di  scudi  60  mila. 

Il  testé  mentovato  deputato  si  nomina  in  reggente  del  su- 
pi'emo  consiglio  di  Sardegna  in  Torino. 

Clamori  contro  i  curatori  delle  cose  civiche  ,  che  per  privi- 
legio non  tenuti  al  rendiconto,  giovando  a  se,  nuocendo  altrui, 
facean  cadere  l'azienda  e  la  fede  pubblica*  Il  V.  R.  soccorre 
alla  pupilla. 

17^5.  La  inquisizione  cagliaritana  non  languiva  ancora  nei 
suoi  rigori.  Li  sperimentava  Pietro  Palla,  nome  celebrato  nei 
proverbi. 

1717.  Vengono  alcuni  regolari  a  propagar  la  lingua  italiana. 

n  Re  delibera  convocar  le  corti  a  domandarvi  un  aumento 
n  elle  pubbliche  gravezze  -,  noi  permise  la  infelicità  del  raccolto. 
Il  censimento  generale  diede  809,994  '>  I^  capitale  aveavi  parte 
per  anime  16,924* 

Atto  estremo  della  giurisdizione  degli  inquisitoriali  contro  un 
distinto  letterato  cagliaritano,  uomo  di  75  anni,  decorato  di 
dignità  abbaziale,  perchè  avesse  alcuni  autori  proscritti.  Il  Re 
andava  restituendo  i  vescovi  alle  loro  attribuzioni  ordinarie. 

1730.  Vittorio  Amedeo  abdica  in  favore  del  principe  di  Pie- 
monte 

Qtrlo  Emanueie  III  re  di  Sardegna. 

Scrive  una  lettera  piena  di  amore  ai  sardi.    Il    V.  R.  ronr- 


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CAGLUni  i63 

rlie*^p  fVi  Cortanrc  nell*  assemblea  degli  .^lamenti  guitava  in  di 
]ui  nome  V  osseri-anza  dello  statuto  e  delle  leggi  del  regno  ; 
poscia  proclamava  un  indulto  generale. 

D.  Giambattista  Satrìllas  mandasi  in  Torino ,  interprete  del- 
l'amore  e  della  fedeltà  dei  sardi. 

1734.  Il  Re  intende  a  convocare  un  solenne  parlamento;  ma 
la  suscitatasi  guerra  volge  da  questo  i  suoi  pensieri*  I  caglia- 
ritini  applaudono  ali  eroe  di  Guastalla. 

1735.  Muore  il  V.  R.  marchese  Falletti,  uomo  carissimo  ai 
sardi;  poco  appresso  il  generale  delle  genti  da  guerra  conte 
di  Brassicarda. 

1737.  Il  V.  Pi.  marchese  di  s.  Martino  diRivarolo,  liberata 
la  terra  dai  malviventi  ^  esce  dalla  capitale  ^  visitare  il  regno. 
Rimettesi  il  donativo  pel  maritaggio  del  Re. 

1738.  Si  stabilisce  la  insinuazione.  Arrivano  i  tabarchini  de- 
stinati coloni  deir  isola  di  s.  Pietro ,  ^e  sperimentano  un  gene-, 
ro^o  amorr.  Il  Y.  R.  va  a  vederli  nelle  nuove  sedi.  La  me- 
moria del  Rivarolo  sarà  sempre  gloriosa  fra  i  sardi. 

T739.  Il  y.  R.  conte  Apremont  stabilisce  le  regie  poste. 
Proseguonsi  con  calore  le  opere  di  fortificazìpne.  Di  cui  vedrai 
in  avanti  —  Materiale  della  città  di  Cagliari, 

174^.  Prevedendo  il  Sovrano  qualche  impresa  del  Cristia-* 
Dissimo  contro  la  Sardegnn,  offeso  dal  suo  i^ccostamento  alla 
regina  d'Ungheria,  chiamava  il  tìavilio  degli  inglesi  alleati. 
Dagli  ordini  del  regno  si  prevengono  le  richieste  del  governo. 
Susseguiva  altra  offerta  per  lo  preservamento  della  salute  pub- 
blica dal  contagio  y  che  infieriva  in  Messina. 

1 744-  Creazione  d*  un  reggimento  nazionale ,  perdonato  il  tri- 
buto per  la  sua  manutenzione. 

174^*  Offresi  un  donativo  madore  ad  un  quadriennio  :  son- 
ministransi  copiose  vettovaglie  all'esercito  regio. 

1746.  Soldatesche  da  Cagliari  a  Corsica  a  sostenervi  gli  i|n- 
tiliguri. 

1747.  Andazzo  di  vainolo  e  grande  strage  nella  minor  età. 
Dirupamento  del  numistero  di  s.  Catterina  (di  cui  vedi  ai- 
Panno  1641  )  sul  fosso  di  levante  con  morte  di    ao  religiose. 

1748.  Alle  universali  querele  richiamasi  il  segretaro  di  stkto, 
che  troppo  abusava  della  con6denza  in  lui  posta  dal  regio  rap- 
presentante. 


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i64  GAGLURI 

I  ']5o.  Il  prete  Gioi^io  Cesare  deputato  dei  Mainottì  viene  a 
^  trattare  dello  stabilimento  di    gran    numero    dei  medesimi  in 

Sardegna.    Ma  i  negoziati  tornaron  vani ,    riconosciutasi  la  lor 
credenza  in  articoli  sostanziali  niente  cattolica. 

II  Re  delibera  congregare  nel!'  anno  seguente  il  parlamento. 
Desìste  per  rimostranze  del  V.  R. 

1751.  Nuovo  general  censimento.  In  Cagliari  anime  19,513. 
Erezione  del  conservatorio  per  le  fanciulle  orfane. 

Arrivano  dalla  schiavitù  di  Tunisi  1 2 1  tabarchini.  Continuasi 
il  riscatto. 

Gli  stamenti  supplicano  sia  il  cavaliere  di  Yalguamera  con- 
fermato nella  regia  rappresentanza.  Il  Re  ebbe  riguardo  alla 
di  lui  fiacca  salute.  Gli  succedeva  il  Bricherasio ,  che  la  Sar- 
degna pone  nel  grado  dei  migliori  amministratori.  Dalle  cui 
memorie,  che  ben  avea  studiate  le  leggi  e  consuetudini  sarde, 
e  investigato  i  modi  di'  rilevare  il  regno,  diconsi  desunti  i 
principali  regolamenti. 

1756.  Il  conte  Bogino  occupa  una  paite  più  estesa  nel  mi- 
nisterio  delle  cose  sarde.  Si  decretano  sapientissime  riforme. 
Vedi  il  Baron  ]yianno,  che  le  precipue  riferisce  con  tali  pa- 
role, che  ne  risulti  un  solennissimo  encomio  al  provvido  so- 
vrano, al  gran  ministro. 

1761.  Pubbliche  grazie  a  Dio  per  la  ristaurata  salute  del 
principe  di  Piemonte  Carlo  Emanuele. 

1763.  Il  y.  R.  cavaliere  Giambattista  Alfieri,  uomo  d'alto 
senno,  immaturamente  rapito  al  governo. 

1764*  Diploma  regio  (  38  giugno  )  per  la  ristaurazione  e  re- 
golamento della  Università  degli  studi  seguentemente  alla  bolla 
dì  Clemente  XIII  (  12  luglio  1763  ).  Chiamansi  dall'Italia  pro- 
fessori di  molta  dottrina.  Infestazioni  dei  barbareschi,  ma  spesso 
8Ì  portan  la  pena.  Stabilimento  della  fabbrica  delle  polveri. 

1766.  Monizione  e  comminazione  ad  Agius  cagione  di  gravi 
pregiudizi  alla  quiete  ed  interesse  pubblico.  La  regia  indegna- 
zione appena  conteneasì,  che  noi  schiantasse. 

1767.  Stabilimento  dei  monti  frumentari.  Indulto  generale 
per  incremento  dell'agricoltura. 

•    1768.  Si  regola  la  monetazione.   Usasi  un  conio  proprio  del 
regno. 

1769,  Apresi  la  nuova  casa  delle  scienze  sulla  gola  del  ba* 


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CAGLIAKI  ,65 

luardo  del  Bàlice.   L'antica  a  pie  della  torre  di  S.  Pancrazio 
destinasi  a  teatro  ,  e  ad  altro. 

1770.  U  V.  R.  Des  Hajes  degno  rappresentante  del  Ristau- 
ratore  della  Sardegna  visita  il  regno.  Erezione  del  tribunale 
supremo  del  consolato. 

1771.  Arriva  una  nuova  colonia  di  tabarchini ,  ed  è  quindi 
diretta  alla  penisola  di  S.  Antioco  in  Calasetta.  Regolamenti 
per  l'anmiinistrazione  delle  cose  comunali* 

1773.  Mancava  ai  viventi  il  grande  Carlo  Emanuele  onorato 
di  sincere  lagrime  dai  regnicoli  ^  ai  quali  era  cosa  né  veduta , 
né  udita  l'amore  con^  che  studiava  a  conoscerne  i  bisogni ,  ed 
a  migliorarne  la  condizione.  Con  lui  cessava  pure  il  ministerio 
del  conte  Bogino.  Questi  due  nomi  sono  scritti  nel  cuore  di  tutti 
i  sardi ,  e  all'uno  e  all'altro  sarà  una  gloria  non  caduca,  che 
in  quattro  decine  d'anni  quasi  ristoravano  la  Sardegna  di  ttre- 
diù  secoli  di  continflate  sciagure. 

Vittorio  Amedeo  HI  re  di  Sardegna. 

Si  inaugura  il  regno  nelle  solite  maniere.  Si  pubblica  un  g^ 
nerale  indulto;  appresso  un  altro  per  le  nozze  del  principe  di 
Piemonte  nel  1775  rilasciato  il  dovuto  donativo, 

1776.  Rientrano  nella  patria  molti  schiavi  redenti. 

1777.  Viene  al  governo  il  conte  D.  Giuseppe  Lascaris  dei 
conti  di  Ventimiglia ,  personaggio  nobilissimo,  per  la*di$cendenza 
dagli  imperatori  d'Oriente ,  per  li  suoi  valorosi  taknti  massi- 
mamente nella  diplomazia ,  e  per  Jlo  molto  zelo  negli  alti 
suoi  uffici.  .     . 

1779-80.  Orribile  carestia  ricoixiata  nei  proverbi*  Ma  soc- 
correva con  maravigliosa  generosità  il  Lascaris  dando  in  sol- 
lievo degl'infelici  tutto  il  suo  danaro  ,  ed  implorando  dal  S07 
vrano  più  lai'ghi  sussidi.  Quindi  fu  salutato  padre  del  popolo, 
e  proseguito  eon  la^crime  e  bqne.diuoiu  nella  partenza.  Gli  sta- 
menti  con  affettuose  parole  riconobbero  i  reali  benefizi. 

1781.  Si  ÌDiprimono  e  metton  in  corso  viglietti  di  credito 
sulle  regie  finanze.  Si  provvede  per  la  seminagione  della  so4^a 
nel  littorale  di  Cagliari.  Precauzioni  contro, il  contagio.  Si 
manda  in  Sassari.  l'Intendente  generale  a  sedarvi  un  tumulto 
popolare. 

1782.  Nembi  di  locuste  danneggiano  alle  messi.  Entra  nella 
sqpneteria  di  stato  ^  e  restavi  per  un  decennio ,  D.  Silvestjo  Sor- 


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i66  CAGLIARI 

ge^e,  già  professor  Al  cuuoni  nella  i\,  Uuiveraiità  di  Ca^ii^Lri  , 
poi  avvocato  ficcale.  £1  trattò  tutto  le  parti  della  puijbi.ca  uui- 
iiiinistrazioiie  cou  zelo  e  sapienza  bouiuia:  Lo  tie  priuie  voci 
degli  staiiieati  presso  il  Y.  R.  consentono  su  di  un  annuo  con- 
tributo per  strade  e  ponti.  11  Re  permette  la  cojigicga.  Il 
iiiarchesc   Lacoai  la  indica  ai  baroni  e  nobili  tutti  del  re^no. 

1783.  Addi  39  genuajo  si  apri  la  sesòionc  dello  ^lamento 
militare.  Noa  vi  intervennero  i  cavalieri  di  Sassari  ,  che  si 
dolsero  della  citazione  siccome  irregolare  ^  e  rinnovaioiio  la 
pretesa  a  ciò  in  simili  occasioni  avvisati  della  materia  da  di- 
scuteire  potessero  nella  loro  città  deliberare  ,  e  r«jg quaglia  re 
del  parere  dei  più  la  prima  voce  in  Cagliari.  11  Re  vrotò  (]ue!>ta 
divisioue. 

1785.  Morte  della  regina  Maria  Ferdinanda. 

1788.  Grave  scontento  nel  regno,  e  ]:iù  clie  altrove  in  Ca- 
gliari ,  perché  alcuni  officiali  spregiasser<l  i  ioio  doveri ,  e  ol- 
trepassassero la  linea  ,  in  cui  erano  circoscritti  dalie  leiJi^i  del 
regno.  Il  flagello  delle  locuste  ,  il  tinjor  del  contagio  dura 
tuttora. 

1792.  Temesi  dei  francesi,  i  quali  per  lo  console,  o  agente 
cornukcrciale  ,  studiano  alla  corruzione.  Dolore  per  le  angustie 
del  Sovrano,  e  proposito  giurato  di  prima  patir  le  co^e  estre- 
me ,  che  i-  suoi  nemici  aggiungano  all'intendimento  di  torgli 
lo  scettro.  La  capitale  in  condizione  pericolosa  ,  perchè  senza 
presidio  di  soldatesche ,  e  senza  il  necessario  istromento  jdelle 
arme.  Il  V.  R.  consente  si  congreghi  lo  stamento  militare  ,  e 
vi  siano  chiamati  i  nobili  dei  Logudoro. 

1793.  Si  provvede  e  occorre  ai  bisogni  e  ai  pericoli.  I  ba- 
roni fauno  leva  di  dieci  battaglioni  di  fanti ,  e  di  milledugento 
cavalli.  Le  schiere  si  situano  a  coprir  la  capitale.  Alcune  ceii- 
tinaja  di  artieri  si  mandano  a  tenero  i  baluardi  e  le  batterie 
della  sponda. 

Addi  'Ja  geuuajo,  Truguet  preseiitasì  con  navi  di  linea  11, 
regate  3,  bombardiere  altrettante. 

2:4-  Intimasi  alla  lancia  parlamentaria  di  rhrocedere ,  mentre 
non  ascolta  se  le  comanda  in  tuono  più  terribile.  L'agente 
francese  rifugiasi  tra  i  suoi. 

La  città  e  percossa  da  alcuni  vastoeili;  i  difensori  li  coalrac- 
cauxbiano. 


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CAGLIARI  167 

^8.  La  flotta  schierutasi  in  battaglia  erutta  per  più  di  sei  ore 
toircuti  di  fuoco.  I  pUi  tiri  vun  persi  ;  ma  le  palle  infuocate 
dei  sardi  non  vi  arrivano  stanche. 

£1  a  '  già  nata ,  ed  in  questo  crescea  la  diffidenza  dei  «ardi 
veiso  alcuni  forestieri  ,  creduti  studiare  a  novità. 

Ai  prittti  di  iebbrajo  coiupaiisce  il  cotntraui miraglio  Latou- 
cLe-Tieviìle  con  navi  di  linea  3,  fregate  4?  navi  pnerarie  3<»  , 
e  deutrovi  pressoché  7060  soldati  sotto  il  general  Casablanca. 

12.  Attacco  dei  siti  forti  del  promontorio  di  S.  Elia  a  slog- 
giane ì  sardi  y  e  sbarcarvi  1200  inuriuari. 

i3.  Fuliiànamento  contro  le  luilizie  nazionali  poste  aUa  spiag- 
gia di  Quarto.  I  marsigliesi  e  corsi  si  trincerano  sul  lido. 

i5.  Orribile  bombardamento  della  città  per  dodici  ore ,  e 
canooueggiamento  contro  la  spiaggia.  L'armata  oenùca  muo- 
¥esi  a  pieoder  la  città  dì  fianco  e  alle  spalle.  La  colonna  hi'- 
dintta  sopra  la  terra  di  Quarto  mia  in  una  positura  dei  .sar*- 
di,  e  n'é  rimbahiatu  sino  agli  alloggiaiuenti;  l'altra  procedente 
tra  il  mare  e  lo  stagno  viene  di  notte  sotto  il  trinceramento 
di  S.  Elia  ,  e  ritirandosi  sbalestratamente  alcune  ève  baiide 
nelle  tenebre  e  nel  terrore  dei  sardi  inseguenti  ^i  fucilano  scam- 
jkireroluiente.  Compariva  al  sole  per  un  gran  tratto  la  vergogna 
della  fuga. 

16.  Continua  il  fuoco  dei  francesi  contro  la  piazza  sino  a 
iuezzogiorno ,  della  piazza  €onCi>o  i  francesi  alla  notte.  Dalla 
parte  della  spiaggia,  era  un  continuo  e  pazfto  trarre  dalle  navi 
contro  le  schiere  sarde,  che  tianevano  assediati  gli  assiditori. 
Es6e  si  ostinavano  a  restare. 

17.  li  levante-slrocco  cagiona  ^ran  naufragio,  e  allaga  ii 
campo  francese.  La  cavalleria  sarda  è  cooAesKLta  da  lanciarvìsi 
dentro.  Un  vascello  mentre  combatte  contro  un  baluardo  so- 
spinto dai  marosi  solca  ,  e  presto  incaglia  z  spogliato  si  affoca. 
Come  é  permesso  dall'ira  del  mare  i  marsi^iesi  si  riducano 
neUe  navi  meravigliati  di  non  esser  rimasti  prigioDieri. 

22.  Disperato:  Truguet  fugge  dai  Udi  fatali.  Napoleone  Bona* 
farte  che  conobatteva  ai  lidi  della  ftallura  ritornava  in  Corsica 
con  tutta  la  divisione. 

Piccol  monumento  di  vittoria  grandissima  ,  coniasi  una  mo^ 
seta  erosa  con  akone  parole  saere  a  confessare  avere  Iddio 
confusi  i  nemici  del  Re.  Mettonsi  in  corso  altri  bighetti  di  ere* 


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i68  CAGLIARI 

dito  sulle  fiaaDze  per  la  concorrente  di  lire  sarde  trecentomila. 

Il  Y.  R.  porge  al  popolo  di  Cagliari  le  congratulazioni  so- 
vrane per  la  sua  fede  e  virtù ,  e  invita  la  nazione  a  proporre 
quel  che  le  paja  dover  tornare  in  suo  meglio.  Sono  abolite  le 
colpe  di  chi  erasi  cimentato  coi  nemici.  Gli  ecclesiastici  otten- 
gono di  potersi  congregare  in  stamento.  Adunasi  pure  lo  sta- 
mento  reale. 

Deliberano  unanimamente  i  tre  ordini  del  regno  una  depu- 
tazione al  sovrano.  U  V.  R*  acconsente  nella  speranza ,  che 
sarebbe  fine  alle  sessioni  ;  però  che  gli  ecclesiastici  e  i  militari 
gli  parevano  arditi  anzi  che  no. 

Sulla  fine  d'aprile  gli  stamenti  ingrossano  per  li  logudoresiy 
e  cresce  il  fervor  degli  animi. 

Intendesi  dai  rappresentanti  a  fortificar  la  capitale  y  ed  i 
prossimi  siti  militari  nella  previsione  della  vendetta  dei  fran- 
cesi. Si  disegnano  queste  difese  sulle  colline  a  levante-sirocco 
della  medesima ,  e  sul  littorale.  A  che  con  gran  carità  contri- 
buiva la  cittadinanza. 

I  sei  deputati  del  regno  presentano  al  sovrano  cinque  domande. 

Addi  4  ottobre  presente  una  squadra  inglese  il  V.  R.  ordi- 
nava alle  prime  voci  degli  stamenti  lo  scioglimento  delle  assem- 
blee. Nella  speranza  di  conseguire  i  desideri  tranquillarono  gli 
animi. 

1 794-  Il  rescritto  (  i  aprile  )  poco  favorevole  conferma  i  so- 
spetti delle  sinistre  suggestioni  fatte  da  alcuni  individui  ,  che 
pareano  malaffetti  verso  la  nazione.  Il  malcontento  del  popolo 
fu  esasperato  dai  disprezzi  :  imprudenti  minaccie ,  che  sareb- 
bero toltegli  quelle  arme ,  che  avean  sostenuto  T  onor  del  so- 
vrano ,  fecero  scoppiare  un  fremito  di  indegnazione. 

Giornata  28  aprile* 

All'arresto  di  due  persone  di  molta  popolarità  nasce  un  pro- 
fondo movimento  ;  questo  cagionava  dimostrazioni  <ostili  ;  da 
che  era  infiammata  Tira.  Scoppia  la  seduzione  im^tampace.  Il 
popolo  scardina  le  imposte  di  Lapola.,  scala  le  mura  del  ca- 
stello ,  combatte  e  disarma  le  truppe  ,  si  impadronisce  dei  ba- 
luardi,  e  chiama  a  se  i  due  cittadini.  Riavutoli  si  placa.  Per- 
sonaggi onorevoli  risvegliano  in  quel  punto  i  sentimenti  del 
dovere.  Acclamasi  al  Re ,  e  se  gli  rinnovano  i  più  sacri  giu« 
ramenti. 


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CAGLIARI  169 

La  R.  Udienxa  assume  il  governo.  Si  riaprono  le  sessioni 
stamentarìe.  Alcune  persone  maWedute  siccome  poco  amiche  ai 
sardi ,  e  sospette  di  fede  si  ritirano  al  continente. 

Gli  ordini  del  regno  ragguagliano  il  sovrano  degli  avveni- 
menti. Il  reggimento  svizzero  Schmid  ripiglia  il  servigio  della 
piazza.  Ritornasi  in  sul  supplicare  per  la  concessione  delle  cin- 
que domande ,  e  chiedesi  la  istituzione  di  un  ministero  spe- 
ciale per  gU  affitri  del  regno,  t^er  la  tranquillità  ,  come  si  di- 
ceva ,  era  organizzata  una  milizia  urbana  di  varie  centurie',  e 
provvedeasi  al  fornimento  per  le  volontarie  obbiezioni. 

Alle  buone  disposizioni  del  real  animo  sono  gli  animi  sol- 
levati. Quello  poi  fu  un  giorno  di  letizia  (  ^5  agosto  ),  in  cui 
pubblicavasi  la  indulgenza  reale  per  gli  antecedenti  ,  simulta* 
nei ,  e  conseguenti  della  giornata  28  aprile.  Nominatisi  dal 
ministro  quattro  nazionali  per  le  primarie  cariche  sotto  la  vi- 
ceregia y  doleasi  del  trascurato  dritto  delle  terne  la  R.  Udien- 
za ,  e  già  ne  sospendea  l'esecuzione  :  ma  il  timore  di  nuove 
perturbazioni  dall'ambizione  d'uno  de'  candidati  la  sconsigliò. 
Arriva  (6  settembre)  il  V.  R.  Vivalda. Nell'accoglienza  ebbe  il 
più  certo  argomento  deU'  amore  e  fede  del  popol  sardo  verso  il 
Re,  e  quanto  lo  spirito  pubblico  (salvo  pochi  stamentari) 
fosse  rimoto  dalle  opinioni  della  stagione.  Fu  uno,  che  dagli 
agenti  della  propaganda  rivoluzionaria  accettava  la  messione  a 
spargere  le  dottrine  sovversive  del  trono  e  dell'altare:  ma  in- 
contrava male.  Il  Vivalda  provvedea  contro  siffatti  apostoli  ,  e 
appresso  contro  il  pregiudizio  della  diffusione  deirinfamia  nei 
consaguinei  del  reo. 

In  questi  tempi  cresceva  la  potenza  di  Vincenzo  Sulis,  capo 
della  centuria  stampacina,  e  comandante  della. quarta,  che  non 
era  fior  di  gente.  Egli  era  un  uomo  di  grande  spirito ,  di  mira- 
bil  coraggio,  di  ingegno  assai  destro,  e  fu  non  piccolo  spazio 
di  tempo ,  che  poteva  tutto  Qella  città.  In  materia  politica  niente 
stimava  meglio  dello  statuto  sardo,  e  invano  fu  tentato  più 
volte  dai  perturbatori  della  Europa. 

Cotali  spiriti,  in  cui  erano  già  entrate  opinioni  non  buone,  pro- 
mavono  il  disordine  negli  stamenti ,  e  inspirano  audacia  in  altri. 

U  V.  R*  offeso  dalla  superiorità,  che  spiegavano  i  rappre- 
sentanti, proponeva  al  Sovrano  di  riformare  le  tumultuose  riu* 
uioni  stamentaric  in  pacifiche,  sayie  e  subordioate  corti. 


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170  CACLURI 

1795.  Esacerbatisi  via  più  i  luali  uuiorl,  a  bi  acceudo  molt'odio 
contro  il  generale  delle  armi,  e  conti o  rintuucleulc ,  i  quali 
accagionavano  di  opere  e  disegni  rei.  Dicevabi  da  loro  uscita 
la  voce,  che  6,000  inglesi  ven*ebbero  a  vendicuix:  il  peccalo 
del  2H  aprile. 

A  novella  pretermissione  delle  terne  la  reale  uuicuza,  e  gli 
stauieuti  vengono  in  opposizione  col  ministro,  la  tuato  5Coii.- 
piglio  si  esasperano  gli  animi  contro  i  due  suqqiiaJilIcati.  Co- 
mincia il  subbuglio ,  e  da  chi  aspettava  il  desi  lo  l'attesi  certe 
rivelazioni,  e  sparse  molte  imposture  ,  sentivasi  un'ampia  sue- 
cussione. 

Giornata  6  luglio.  Gli  stamenti  accortisi  della  tempesta  vol- 
lero scongiurarla:  ma  il  nembo  era  rotto,  il  geiieiale  si  attei,- 
già  a  severità,  e  spiega  la  forza:  incontro  è  più  viokuta  la 
reazione.  Vince  il  popolo,  e  si  fa  padron  di  tutlo.  llu  grosso 
distaccamento  va  ad  assalire  il  Generale,  un  altro  coati o  l'iu-^ 
tendente.  Questi  parasi  alle  difese.  Avea  molte  arme  da  fuoco, 
e  una  gran  turba  di  clienti  ;  veniva  in  suo  sussidio  d  centu- 
rione dei  Villanovesi.  Ma  avvenuto  che  i  suoi  ceuturìati  nega- 
rono di  operare  ostilmente  contro  i  cittadini,  Tinte  udente  .col 
suo  difensore  dovettero  arrendersi  a  discrezione.  £  miseri  men- 
tre portavansi  alle  prigioni  di  s.  Pancrazio,  riaccesosi  il  furoro 
nel  popolo,  gla,cquero  sulla  strada.  11  generale  veniva  poscia 
tratto  dal  suo  nascondiglio  alla  torre  dell' Elefante.  Si  soste  ne-* 
vano  intanto  molti  degli  amici  ed  aderenti  dei  due  persegui-» 
tati,  e  delle  sequestrate  loro  scritture  commettevasi  l'esame 
ad  alcuni  deputati. 

Gli  stamenti  ragguagliano  il  Re  dei  nuovi  moti ,  e  lo  sup- 
plicano di  provvedere  alla  pubblica  tranquillità.  Alcuni  mali- 
gni travagliavano  a  non  lasciar  cadere  in  calma  tauta  agitazione. 

Giornata  32  luglio.  Alla  pubblica  lettura  delle  carte  dei  due 
perseguitati  nell'assemblea  dei  rappresentanti  due  anime  tri- 
ste ..  .  sfiata vansi  a  persuadere  alla  plebaglia  come  era  indu- 
bitato aver  lo  spento  Intendente ,  ed  il  detenuto  Generale  tni'- 
tnato-  a  spogliar  la  nazione  dei  suoi  privilegi.  Però  concitati  gii 
auMiii^i  corse  alla  prigione  del  Generale,  si  rovescìaion  Icmu- 
poste,  si  trasse  giù  Tiofelice  tra  la  furiosa  oioltitudisie ,  ie  si 
commise  l'omicidio.  L'onda  comecché  meno  impetuosa  si  volse 
quindi  contro  coloro,  i  quali  siccome  complici  erano  vociferati 


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CAGUARI  171 

(la  privati  ncuiici.  Al  postutto  sì  stabiliva  uaa  deputaùoue  pei* 
«culeiiziare  5ul  delitto.  Questa,  finiti  i  suoi  lavoii  (  lu  t)oveiu«- 
bre),  usciva  iu  pubblico,  e  pronuQciaya  i  due  esliuti  rei  d'alto 
tradiuicnto  coutio  la  patria,  e  coatro  il  Re.  Rispettivamente 
a^li  udeieuti  proponeva  fosse  dagli  stanienti  supplicato  il  V.  11. 
ciic  sopra  loro  faces&e  valere  la  real  detueuza  iu  riguardo  al 
doiuic  delle  desolate  iaiui^ie  cui  appartenevano. 

Disordine  del  Lo^udoro.  Per  una  anoniaia  ;»iguiC caute  ai^ 
cuui  cagliaritani  aver  invocata  la  Francia,  il  Governatore  dei 
Logudoi*o  inette  iu  sull'avviso  il  Viceré  di  Corsica.  Coloro  che 
si  diceano  popolo  di  Cagliari  avendo  domandato  vendetta  della 
calunniata  lealtà,  gli  sta  menti  richiesero  il  governo  dell'arresto 
dell'assessore  D.  Andrea  Flores  supposto  consigliatore  del  fatto 
passo,  il  Vivulda  rende  onore  alla  fedeltà  del  popolo  dì  Ca- 
gliari, e  ordina  sia  il  Flores  custodito  in  Castella rdo.  il  quale 
mentre  vi  era  condotto  liberavano  i  suoi  amici.  Uomini  inten- 
denti al  male  fan  temere  ai  cittadini  di  Sassari  egual  violenta 
contro  altri  ragguardevoli  personaggi.  Gli  stameuti  vogliono  ras- 
sicurarli, ma  sospettasi  malanimo  sotto  le  buone  parole.  Si 
tiene  però  dai  nobili  sassaresi  una  adunanza  nel  loro  orato- 
rio, e  deliberano  una  rappresentanza  al  Re,  u  ciò  non  H  ab- 
bandoni alla  tirannia.  Intanto  dichiaravasi  la 

Guerra  al  feudalismo. 

L'opinione  coutinria  a  quest'antica  costituzione  allignava  in 
Cagliari-,  e  negli  stessi  stamenti  era  vi  contro  i  feudatari  una 
nmoerosa  ftizione,  ed  aderenza  all'Aiigioi.  Quindi  si  sparsero 
idee  di  emancipazione,  e  consigli  di  insurrezione*  Mei  comin- 
i:iar  dell'agosto,  quando  si  domandavano  i  dritti  baronali , 
scoppiavano  in  molti  villaggi  dei  gravi  tumulti.  I  consigli  co-* 
munitati  vi  di  Moittemaggiot-e  oongrc^tisi  giuravano  un  atto  di 
alleanza  per  non  avere  altro  signore,  che  il  Re. 

Questi  consente  alla  reale  governazione  di  Sassari  la  sospen- 
sione degli  ordini  del  superior  governo,  quando  temasi  del 
loro  effetto  contro  il  bene  pubblico.  Questo  avvantaggio  invitò 
a  nuova  sessione ,  ed  animò  a  domande  impolitiche  ;  .  queste 
erano  rappresentate,  forza,  indipendenza  dalla  capitale.  Non 
piacquero  al  Sovrano.  Conventicole  in  Cagliari,  dove.txattavasi 
di  assoggettare  la  reale  governazione ,  ed  i  consoli  di  Sassari  ; 
che  uiiuocrtrata  crasi  qu(;Ua  CQme  suprema  sul   Logudoro ,    u 

{ 


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173  CAGLIARI 

questi  avean  sospeso  il  mandato  al  loro  rappresentante.  11  Vi- 
valda  annulla  un  certo  pregone  del  governatore  di  Sassari,  e 
approva  la  commessione  dì  tre  deputati  stamentari  in  quella 
provincia.  Erano  li  fini  aperti  dei  committenti  a  restaurarvi 
r  autorità  legittima ,  i  nascosti  le  brame  dei  nemici  di  Sassari , 
e  dei  congiurati  contro  la. servitù  feudale.  Grand' accorgimento 
dei  macchinatori  in  eccitare  i  villici  contro  i  loro  signori  resi- 
denti in  Sassari.  Per  opprimere  i  quali  conveniva  abbattere  il 
governo.  Nella  notte  dei  27  dicembre  il  commcssarìo  France- 
sco Cilloco  circondava  Sassari  con  io  mila  uomini  tra  caval- 
lerìa e  fanteria.  Nel  di  seguente  dopo  alcune  ore  di  un  fuoco 
vivissimo  si  venne  in  su  i  patti.  Dai  partigiani  del  Mundula, 
socio  del  Cilloco ,  eccitato  un  tumulto,  si  sbarravano  le  porte.  I 
feudatari  fuggirono  o  si  nascosero ,  lasciato  le  case  al  saccheg- 
gio ,  i  poderi  alla  devastazione. 

J796.  Addi  II  gennajo  il  governatore  e  l' arcivescovo  di  Sas* 
sari  furono  deposti  nel  convento  degli  agostiniani  di'  Cagliari. 

Si  delibera  una-  delegazione  a  ricompor  le  cose  del  Logu- 
doro.  0  per  un  profondo  pensiero  politico  del  V.  R. ,  che  fu 
un  uomo  accortissimo,  o  per  opra  della  grossa  parte  antifeu- 
dale ,  TAngioi  si  sceglie  va. ^//er-no5.  A  calmar  l'agitazione  egli 
inspira  belle  speranze  nei  villici ,  a  realizzarle  propone  come 
supplicata  la  Redenzione  dei  popoli.  Insorgono  contro  lui  i  più 
potenti  dello  stamento  militare ,  e  provocano  un  ordine  per  la 
soluzione  dei  drìtti  signoriU.  L'Angioi  per  occulta  operazione 
suscita  molte  comunità  a  venire  a  se  per  protestar  contro,  e 
per  domandare  imperiosamente  la  emancipazione.  Ferve  la  guerra 
contro  i  baroni  ;  si  sacoheggiano  le  lor  case ,  si  diroccano  i  pa- 
lazzi, si  dividono  le  greggte.  Gli  stamenti,  in  cui  predomina- 
vano i  feudatari,  pubblicano  esortatorie  di  |)ace  con  invito. a 
proporre  legalmente  gti  aggravi.  Preordinate  le  cose,  con  i  suoi 
amici  di  Cagliari  V  Alier^-nos  prepara  una  catastrofe.  I  prin- 
cipali di  non  pochi  villaggi  del  Logudoro ,  prese  le  arme ,  e 
radunata  gran  gente  mettonsi  in  sulla  strada  alla  dominante 
dietro  i  suoi  passi.  Un  di  lui  nemico  personale  contendegli  il 
passo  in  Macomer ,  e  spedisce  un  messaggio  al  V.  R.  Gli  altri 
popoli  fra  i  quali  passava  quella  truppa  stimando  V  audace  im- 
presa una  vera  fellonia  intendono  a  nuocere.  Oristano  è  occu- 
pata. Quivi  si  avvisa  TAngioi  essergli  fallito  il  disegno  di  sor- 


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CAGLURI  173 

prendere  la  capitale ,  ts  di  dettarvi  la  legge  posti  giù  i  feuda- 
tari. Però  mal  accomodandosi  al  tempo  chiede  superbamente 
in  qualsivoglia  sito  una  conferenza  col  V.  R. ,  o  con  una  de- 
putazione di  due  ministri  della  reale  udienza  ,  e  di  sei  mem- 
bri degli  stamenti ,  e  spera  ridurre  il  governo  ai  suoi  voleri , 
se  minacci  la  separazione  del  Logudoro,  e  una  ambasceria  a 
ottener  la  mediazione  della  Francia,  e  poterlo  spaventare  da 
atti  odiosi  contro  se  o  contro  la  provincia  commessagli  se  fac- 
cia ostentazione  di  tutte  le  migliaja  d'arme  maneggiate  ai  suoi 
cenni.  In  questo  il  V.  R.  (  8  giugno  )  lo  richiamava  dalla  in- 
combenza sostituitogli  il  Delrio  con  tre  deputati  degli  stamen- 
ti; e  immantinente  accordato  il  perdono  ai  sedotti  dichiarava 
pubblici  nemici  i  seduttori.  Perché  l'Angioi  veduto  il  perico- 
lo ,  in  cui  versava  ,  pensò  di  ritornar  indietro.  Gli  oristanesi 
conosciuto  le  provvidenze  del  governo  attegglaronsi  a  guerra, 
e  minaccevoli  li  pressavano  a  uscir  dalla  loro  terra.  Passato  il 
ponte  del  Tirso  non  si  tennero  gli  angioisti  che  noii  mostras- 
sero il  viso  ai  perseguitanti ,  ondechè  vi  ebbe  un  affaruccio  non 
innocente.  Precipitosamente  a  sottrarsi  dalle  insidie  dei  nemici , 
che  produceali  la  terra  ad  ogni  passo,  ritornava  -in  Sassari 
r  Angioi  ;  donde  spinto  dal  timore  sortiva  coi  principali  suoi 
satelliti  a  ricoverarsi  sotto  la  protezione  dei  francesi.  Il  Pintor 
e  Guiso  vi  arrivavano  dopo  due  giorni  con  grandi  forze,'  e 
provveduta  la  città  d'arme  e  41  truppe  si  rivolgevano  ad  al- 
tro. Si  costringono  i  paesi  che  '^rano  insortì  alla  sottomessione , 
e  ad  annullare  l' alleanza  giurata  per  l' abolizione  di  tutti  i  dritti 
feudali.  I  bone^i  conterranei  dell' Angioi,  e  più  degli  altri  in- 
docili sono  soggiogati. 

Sulla  fine  *del  luglio  si  facevano  grandissime  allegrezze  per 
la  pubblicazione  delle  grazie  sovrane.  Checché  allora  apparis- 
sero queste,  egli  é  certo  che  in  breve  ritornati  alla  tranquil- 
lità gli  spiriti  e  meglio  considerato  tutto  furono  alcune  ricono- 
sciute siccome  poco  politiche.  Onde  fu  pregato  il  sovrano  di 
stabilire  una  perfetta  promiscuità  tra' popoli  fratelli. 

Gli  stamenti  riunivansi  dopo  ciò  altre  due  volte ,  e  nella  se* 
conda,  in  cui  l'ecclesiastico  ed.il  reale  consultavano  per  pacifi- 
care i  vassalli  insorti ,  ebbero  i  feudatari  a  dolersi  di  aggravio. 

Si  spediscono  addi  16  agosto  le  convocatorie  delle  corti  da 
aprirsi  addi  3  gennajo  dell'anno  prossimo. 


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T74  c\r.i.:\v\ 

Muore  (  adJì  i6  ottobre)  Vitlono  Amedeo,  e  ascende  al  trono 

Carlo  Emanuele ^  IP^  re  dì  Sardegna* 

Conferma  nel  Yivalda  l'autorità  viceregia ,  e  la  inciimbenza 
di  presidente  delle  corti*  Le  somme  consuete  per  la  cas'alcalOj 
e  altre  solennità  praticate  nella  inaugurazione  dei  nuovi  regni 
sono  impiegate  in  meglio. 

Si  sostituisce  al  Delrio  sopra  il  Logudoro  D.  Giuseppe  Va- 
lentino consigliere  di  stato.  Calma  in  Cagliari  tra  i  turbamenti 
delle  Provincie  settentrionali  dalle  apparizioni  degli  angioisti 
a  concitare  i  vassalli*  Cosimo  Au)eri  avea  nell'agosto  assalito 
Sassari. 

'797*  Il  ^*  R'  propone  alla  reale  Udienza,  ed  agli  sta  menti 
se  o  no  convenisse  di 'sospendere  ulteriormente  l'apertura  delle 
corti,  e  fu  deliberato  convenire. 

T  798.  Da'  deputati  degli  st^mcpti  in  unione  con  alcnni  per- 
sonaggi nominati  dal  Y.  R.  formasi  un  piano  per  la  estinrAonc 
dei  vigl ietti  di  credito  sulle  regie  finanze*  I  rappresentanti  lo 
n>niliano  ai  Sovrano,  e  lo  hanno  approvato   (2$  maggio). 

Dolore  per  la  sventura  di  molte  centinaja  di  carolini  cbe 
nella  notte  3-3  di  settembre  furono  rapiti  in  schiavitiì  dai  pi- 
rati di  Tunisi.  Il  Re  provvede  pei  vaeii'i  di  salvarli..  Addi  a 
ottobre  nasceva  Carlo  Amedeo  Alberto  di  Savoja  principe  di 
Catignano.  Per  una  perfidia  politica  obbligato  Carlo  Emanuele 
ad  uscire  dai  suoi  stati  annpii^ava  da  Parma  {26  dicembre) 
la  sua  determinazione  di  venine  nel  regno. 

1799.  Gli  statTienti  ed  il  consiglio  civico  .si  affrettano  di  si- 
gnificargli r  affettuosa  brama  di  tutta  la  nazione.  Si  mandano 
tre  deputati  a  condurre  in  Cagliari  la  Ueal  famiglia. 

Addi  3  marzo  arriva  il  Sovrano  ,  e  vedesi  accolto  da  un 
immenso  popolo  con  tanto  entusiasmo  di  affezione  ,  che  potea 
sollevare  l'anima  sua  dal  peso  delle  patite  disgrazie.  Protesta 
stando  ancora  sulla  nave  contro  la  convenzione  segnata  a  To- 
rino col  generale  Joubert ,  e  apre  i  suoi  porti  agli  Inglesi.  Si 
pubblica  una  amnistia.  Vittorio  Emanu^le ,  duca  d'Aosta,  è 
creato  general  delle  armi  del  regno ,  e  govemator  di  Cagliari  , 
sue  dipendenze  ed  aderenze:  il  duca  dello  Sciablesie  destinata 
a  presidente  dell'amministrazione  delle  torri, 

l  tre  ordini  del  regno  offrono  un  donativo  straordinario  di 
i65  mila  scudi  per  li  maggiori  pesi  incumbenti  allo  stato. 


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CAGLIARI  175 

Il  raccolto  è  Infelice.  Y.  Emanuele  vede  morir  dal  vaìuolo 
l'unico  suo  figlio  ,  e  in  questo  uditosi  il  suono  delle  vittorie 
riogli  austro-russi  in  Lombardia  parte  a  precorrer  il  Re  nella 
(tiilia.  Carlo  Felice  è  nominato  in  suo  luogo  governator  di 
Cagliari. 

iMcntre  il  Re  disponevasi  a  ritornar  nei  suoi  stati  (  ^S  ago* 
sto  )  la  nazione  riduceasi  in  termini  più  politici  verso  lui ,  e 
gli  stamenti  supplicavano  fosse  variato  il  sistema  stabilito  col 
diploma  8  giugno  1796  rispettivamente  alla  privativa  per  li  re^ 
gnicolt  delle  cariche  politiche  giuridiche  economiche  e  militari 
alla  interna  amministrazione  del  regno ,  e  ordinata  una  perfetta 
promiscuità  ammessi  i  non  regnicoli  nel  regno ,  i  regnicoli 
negli  stati  del  continente.  E  dopo  altre  preghiere  questa  pure 
gli  porsero,  che,  durante  la  sospensione  delle  corti  periodiche, 
potessero  legittimamente  essi  ordini  in  occasione  di  dover  con- 
sultare sulla  proroga  dei  donativi  continuar  la  sessione  per  quel 
numero  di  giorni,  che  sarebber  loro  determinati  a  deliberare 
le  rappresentanze  da  fare  per  lo  meglio  del  regno.  Carlo  Ema- 
nuele (  la  settembre  )  rispondeva  secondo  i  desideri. 

L'  autorità  di  Vincenzo  Sulis  era  già  caduta  ,  ed  i  nemici  che 
la  fortuna  aveagli  provocato  contro  travagliavano  alla  sua  per- 
dizione. Il  duca  di  Aosta  avea  voluto  salvarlo  mandandolo 
nelle  Smirne  come  console  generale  ;  ma  fu  ricusata  V  offerta. 
Nati  dei  forti  sospetti  di  qualche  suo  disegno  contro  l'esistente 
ordine  delle  cose ,  il  duca  del  Genevese  (  9  settembre  )  ordi- 
nava il  suo  arresto.  Il  padrone  d'un  bastimento  napolitano  lo 
svaligiava  di  tutto  ,  e  poi  lo  vendeva  per  5oo  scudi. 

Non  essendo  ancora  composti  i  negozi  tra'  vassalli  e  baroni , 
il  Re  knstituiva  una  delegazione  per  le  controversie,  e  rimet- 
teva gli  uni  e  gli  altri  nello  stato  del   1790. 

Addi  22  settembre  il  Re  lasciato  suo  vicario  il  duca  del 
Genevese  navigava  al  continente  con  la  regina  Maria  Clotilde 
di  Borbone. 

Scopri  vasi  una  cospirazione.  Domenico  Pala  di  Cagliari  in 
complicità  con  altri  volea  tentare  una  emozione.  A  tanta  au- 
dacia non  mancò  la  pena. 

ì8oo.  Si  fanno  più  gravi  le  eontenaioni  dei  vassalli  contro  i 
baroni.  Sulla  fine  della  estate  insorgono  più  altamente  degli 
altri  i  lussurgiesi,    e  li    tiesini.  Que^^li  ostinatisi  videro  venirsi 


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176  CAGLIARI 

contro  D.  Antonio  Grondona  con  buon  nerbo  di  truppe ,  e  di 
milizie.  La  resistenza  fu  infranta.  Carlo  Felice  guardò  con  cle- 
menza i  sedotti,  ma  proscrisse  i  seduttori. 

Vincenzo  Sulis  mandasi  nella  torre  d'Alghero-,  in  appresso  fu 
alloggiato  per  men  disagio  nelle  carceri  di  Sassari,  donde  dopo 
una  maravigliosa  simulazione  fuggiva.  Ma  quand'era  per  saltar 
nella  Corsica  avvisato  del  danno  che  toccherebbero  per  sua 
fuga  quegli  che  aveangli  usata  misericordia  cedeva  a'  suoi  di- 
visamenti.  Nel  1821  partecipò  della  clemenza  reale,  mitigatasi 
la  reclusione  ad  un  confinamento  neli'  isola  della  Maddalena  , 
dove  mori. 

i8oa.  Carlo  Felice  stabilisce  la  posta  di  levante.  Morta  <(  7 
marzo)  Maria  Qotilde ,  Carlo  Emanuele  (4  giugno)  rinunciava 
in  Roma  a 

Vittorio  Emanuele  /  re  di  Sardegna. 

Carlo  Felice  provvedea  contro  altri  angioisti  il  curato  Sau- 
na, e  l'antico  commissarìo  Cilloco.  Il  Sauna  moriva  combat- 
tendo. Il  Cilloco  si  poneva  vivo  nelle  forze  della  giustizia,  e 
patite  le  maggiori  infamie  in  Sassari  tra  i  vili  insulti  dei  suoi 
antichi  nemici  sortiva  al  supplizio  da  quella  porta ,  per  cui  era 
entrato  vincitore. 

Stabilimento  nei  quartieri  della  città  di  medici ,  chirurghi  e 
medicine  a  spese  di  Carlo  Felice.  Egli  fé'  pure  aprire  una 
scuola  gratuita  di  disegno ,  e  di  architettura  civile. 

Allegrezze  per  la  redenzione  di  circa  sette  centinaja  di  ca- 
rolini. I  quali  tra  un  immenso  popolo  adempivano  agli  uffici 
di  religione  nella  primaziale. 

Muore  in  Sassari  (  29  ottobre  )  il  duca  di  Morienna. 

t8o3.  Ad  un  inverno  umidosissimo  succeduta  una  secchis- 
sima primavera  mancò  la  messe.  Sulla  fine  di  aprile  Carlo  Fe- 
lice lasciato  suo  luogotenente  il  marchese  Thaon  di  s.  Andrea 
passava  in  Italia  a  rivedervi  i  suoi. 

1804.  Il  Re  commette  agli  stamenti  di  provvedere  a  riabilitar 
la  real  cassa.  Si  forma  una  deputazione ,  e  vienesi  ad  un  imposto. 
Approvasi  il  regolamento  d'una  società  agraria  ed  economica,  e 
n'  è  fatto  presidente  il  suo  fondatore  Carlo  Felice ,  e  in  sue  veci 
il  marchése  Villahermosa  uomo  d'alta  sapienza  a  veder  quanto 
conferisse  alla  prosperità  della  patria  ,  e  di  zelo  maraviglioso 
nell'operazione.  Preparasi  a  s.  Lucifero  un  orfanatrofio. 


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CAGLIARI  177 

i8o5.  Nella  prima  metà  di  quest'anno  era    assai  sentita  la 

carestia.  Carlo  Felice  comprimeva  la  ingordigia  dei  monopolisti. 

1806.  Il  Re  veduto  i  francesi  alle  porte  di  Napoli  volgesi 
alla-  Sardegna.  Posto  tra  la  Francia  e  ì*  Inghilterra  seppe  con 
molta  ammirazione  della  Europa  sostenere  la  sua  esistenza  po- 
litica ,  e  assai  contando  su  la  fede  e  il  valor  dei  suoi  sardi 
mentre  si  fece  rispettare  dai  nemici  mostrossi  agli  amici  alleato 
si,  non  cliente.  Visita  alcune  provincie  del  regno,  ed  ai  voti 
degli  stamenti  cresce  la  reale  udienza  d'una  sala  civile  di  sup- 
plicazione per  le  cause  di  seconda  istanza,  e  ricostituisce  il 
consiglio  supremo  di  revisione.  Sono  mandate  truppe  d'  ordi- 
nansa  nei  littorali  più  esposti  alle  scorrerie  de'  barbareschi. 
Apparve  il  valor  dei  popolani  di  Orosei  contro  gli  infedeli  da 
prove  maravigliose. 

Gli  stamenti  offrono  alla  regina  Maria  Teresa  l'annua  prò-* 
gressiva  prestazione  di  scudi  saidi  25  mila  (lo  spillatico). 

1807.  Si  stabiliscono  nel  regno  quindici  prefetture,  si  fonda 
un  monte  per  la  estinzione  de'  debiti  dello  stato  (monte  di  ri- 
scatto). Raccolto  ubertoso.  Carlo  Felice,  naviga  a  Palermo  per 
sposarvi  Maria  Cristina  di  Borbone.  I  consoli  resero  con  opere 
di  beneficenza  lieto  e  fortunato  l'arrivo  degli  augusti  sposi. 

1808.  Creazione  de' reggimenti  provinciali,  dodici  di  iante*- 
ria,  e  sei  di  cavalleria.  Tocca  in  Cagliari,  e  vi  si  onora  re- 
giamente Luigi  Filippo  duca  d'  Orleans  (  ora  re  de'  francesi  ). 
Concorre  gran  moltitudine  di  emigrati  francesi  e  spagnuoli. 

181  O.Timor  di  contagio.  I  seminati  languiscono. 

181 1.  Si  stabilisce  una  illuminazione  notturna.  Da  Corsica  tio- 
▼ano  caritatevole  ospizio  nella  Sardegna  molti  preti  deportati. 
Rìcevonsi  e  si  depositano  nel  santuario  della  cattedrale  le  spo- 
glie mortali  della  regina  di  Francia  moglie  di  Luigi  XVIII. 
Viene  l'arciduca  Francesco  duca  di  Modena.  Per  la  continuata 
irregolarità  delle  stagioni  mancano,  pure  in  quest'anno  le  messi. 

181  a.  Una  orribile  fame  consuma  i  popoli.  Le  generose  lar-^ 
piicmi  di  Cprlo  Felice  conservano  la  vita  a  gran  numero  di 
poveri.  L'arciduca  visita  alcune  provincie  del  regno.  Addi  20 
giugno  sposa  Maria  Beatrice. 

Il  Ee  provvede  contro   le  frequentissime  incursioni  de'  bar- 
bareschi, e  spiegano  i  sardi  il  loro  valore  con  felicità  cosi  sul 
mare,  come  sopra  il  lido.  I  sarrabesi  rovesciavano  in  mare  gli 
Dizion.  Geogr.  ecc.  Voi.  111.  12 


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178  CAGLIARI 

aggressori  sotto  la  torre  di  Porto-Corallo.  Sebastiano  Melis  so* 
steneva  per  dieci  ore  con  eroica  costanza  il  forte  dì  Serrala 
battuto  furiosamente  da  mare  e  da  terra.  Il  lido  restò  coperto 
di  cadaveri,  ed  il  bravo  ottenuti  dal  Re  una  medaglia  d'oro, 
e  lodi  bellissime  da  Carlo  Felice  capo  dell'amministrazione  delle 
torri.  Riaprìvasi  la  secca.  Addi  14  novembre  nasceva  a  Vittorio 
Emanuele  Maria  Cristina  Carolina  Efisia  destinata  a  sedere  sul 
trono  delle  due  Sicilie  ,  degna  di  tanto  e  di  maggior  onore 
per  l'alta  mente,  per  li  generosi  spiriti,  ».  •  ma  un  destino 
immaturo  la  rapirebbe  all'  amor  dello  sposo ,  all'  affetto  dei 
popoli  ! 

Per  inspirazione  dell'egoismo ,  che  n  vendea  ai  balordi  come 
amor  di  patria,  alcuni,  dappoco  in  altre  cose,  damiuUa  in  fatta 
di  politica,  vollero  ritornare  in  su  quella  cbe  infaustamente 
prevalea  dal  1798  al  g6y  e  riguai>dato  come  di  nessun  valore 
il  pentimento  degli  stamenti  far  rivivere  in  tutte  le  sue  partì 
il  diploma  del  17^6  (8  giugno  ).  Ad  nomini  quai  bene,,  quai 
mal  riputati  dal  pubblico,  quelli  ingannati,  quelli  ingannatori, 
cosi  da  Cagliari  come  da  altri  paesi  era  egli  capo  un  Giuseppe 
Zedda  da  Terralba  professor  di  legge  ?  Per  D.  Raimondo  Ga* 
ran  in  quel  tempo  avvocato  fiscale  ,  che  fix  sollecito  a  distesscr 
gran  pfarte  della  tela ,  mancò  molta  gente  nel  luogo  e  tempo 
concertato  (notte  del  3o  al  3i  ottobre).  Un  caporione  volea 
nell'indomani  precipiUre  i  dubbiosi  al  delitto  cominciando  la 
giornata  dall'assassìnio  del  general  Villa  mari  na ,  ma  fu  repi'esso 
da'  complici  meno  scellerati.  Si  scoprivano  tutti  i  misteri  della 
iniquità,  ed  uno  dei  primari  congiurati  (Francesco  Garan  di 
ff.  Gavino  )  chiesto  un  salvo  condotto  spiegava  la  più  ributtante 
malignità.  Alcuni  furono  dannati  nella  testa. 

181 3.  Grandi  timori  della  pestilenza  di  Malta.  Il  valorosis- 
simo D.  Vittorio  Porcile  terrore  dèi  barbareschi,  coi  quali  tutti 
gli  anni  dal  1782  a  questo  si  batteva  felicemente,  ritoma  viu* 
citore  da  una  pericolosa  pugna.  Fu  questo  l'estremo  dei  suoi 
fatti  ,  ed  il  più  glorioso.  Vedi  il  Caboni  nei  suoi  ritratti  poe« 
tico-storici  di  illustri  sardi  moderni. 

i8i4.  U  tristo  destino  che  sparsa avea  nell'Europa  un  nembo 
di  sventure  cedeva  ,  e  Vittorio  Emanuele  andava  a  ripigliare 
il  governo  degli  stati  di  terraferma ,  poneva  in  mano  di  Maria 
Teresa  le  redini  del  governo  ;•  la  quale  mentre  sapea  provar 


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CAGLIARI  179 

all'  Europa  che  l'arte  di  regnare  non  erast  dioientlcata  dalle 
femmine  austriaclie,  ricordava  ai  sardi  pieni  di  ammirazione 
l'antica  giudìcessa  Leonora  d'Arborea. 

Una  delle  prime  cure  del  Sovrano  nella  restaurazione  del 
suo  governo  nel  Piemonte  fu  di  ristabilire  il  supremo  €on9Ìglio 
del  regno,  e  rivestlHo  tanto  nel  politico,  che  nel  giurìdico  ed 
economico    delle  antiche  attrìbuzioni. 

i8i5.  Aboliti  i  reggimenti  provinciali  si  ripristina  l'antica 
milizia.  La  Regina  va  negli  stati  d'oltremare  accresciuti  del 
{^enovesato  stato  ceduto  da  John  P.  Dalrjmple  comandante  le 
forze  Britanniche  al  ministro  del  re  Vittorio  Emanuele. 

Salutasi  nuovamente  Y.  R.  il  duca  del  Genevese.  Provvi- 
denze per  respingere  i  barbareschi.  Ma  essendosi  mancato  di 
cautela,  essi  nella  «otte  del  1 5  ottobre  poterono  sbarcare  sulla 
penisola  di  S.Antioco  fortunatamente  non  inosservati.  I  pothi 
di  guarnigione  con  una  cinquantina  di  miliziani  corsero  incon^ 
tro  agU  aggres8€M*i  e  fatto  testa  coprirono  il  paese  ^  finché  tutti 
si  mettessero  in  salvo  ;.  poscia  ritiravansi  dentix»  un  qial  co*- 
strutto  fortino  con  porta  non  ancor  vaiyata ,  evi  si'SÒsMnn^ró 
per  ott'ore  ributtando  dai  merii  e  dall'ingresso  un  numero 
venti  volte  maggiore.  Moriva  nel  più  vivo  dell'aàione  Tl'ik)mao^ 
dante  tenente  d'artiglieria  Elìsio  Melis  di  Cagliari*, -potine 
d'Ardentissiino  valore  ,  ma  tioppo  confidente.  Gli  altri  non  fif- 
ron  presi  che  quando  l'interno  del  forte  era  tutto  •  iaondafe 
del  loro  sangue  ,  e  coperto  dei  compagni  estinti.  Cahuato-  il  fu- 
rore riguardavano  i  barbari  con  ammirazione  i  loro  prigionieri, 
e  si  vergognavano  di  metter  loro  le  catene. 

A  nuove  minacele  dei  tunisini  di  venire  con  un^  '  flottiglia 
considerabile  a  praticare  ostilità  sulle  spiaggie  istessé  *dèll'A 
capitale ,-  Carlo  Felice  a\^isava  i  cittadini  dei  quartieri  ^^  tM 
nersi  pronti  per  marciare  dove  fosse  ordinato  dal  general  'ViU 
iamarinv.  -    '^       ''i 

1816.  Epidemia.  OaH*ettobre  passatosi  erafn  éothinciati  ti  ndtare 
in  Cagliari  alcuni  casi  di  febbri  petecchiah.  La  contagiosità  Venne 
tantosto  conQsciuta.  Nel  Vnarzo  e  aprile  il'  pessimo  morbo  in- 
fieri spaventosamente.  Alla  fine  di  agosto  la  pubblica  ialuté 
era  ristabilita.  Furono  grandi  dissensioni  tra  i  fisici  ^  e  in-'^cfue'^ 
ito  perivano  circa  3  mila  persone.  Pet  la  insoffribile  mefite 
delle  chiese  furono  ordinate  le  sepolture  in  campisanti.  Il  duca 


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i8o  CAGLURI 

del  Genevese  diede  allora  la  più  nobil  prova  del  generosissimo 
suo  amore  .verso  i  diletti  cittadini  ,  il  (juale  nessuna  premura 
da  chi  desidera  vaio  nel  continente  strìngeva  ad  abbandonarli 
versanti  in  tanta  sventura.  Solamente  quando  declinante  rapi- 
damente la  malattia  vide  risorgere  gli  animi  egli  si  determ^* 
nava  di  uscire  dalla  carissima  terra  lasciato  al  governo  sotto  il 
suo  nome  il  general  di  Villamarina  D.  Giacomo  ,  uomo ,  che 
ai  sovrani ,  ai  militari ,  ai  cittadini  rendea  carissimo  la  fede  , 
il  valore  ,  e. ogni  virtù  civile;  celebre  sopra  tutti  per  la  sua 
imparzialità  in  far  ragione  ^.e  terribile  ai  malvagi  per  lo  in- 
flessibile suo  consentimento  alla  sanzione  delle  leggi. 

Col  flagello  della  pestilenza  coincideva  gran  disagio  per  la 
fame.  Fu  il  raccolto  di  qii^est'anno  più  scarso  ,  che  nell'altro. 
Era  però  una  grandissima  consolazione ,  che  finalmente  cessas- 
sero le  eteme  infestazioni  dei  barbareschi  nel  trattato  di  pace 
concbiuso  tra  il  Re  e  le  reggenze  africane  per  rammiraglio 
Edoardo  barone  Emouth  autorizzato  a  mediatore ,  e  segnato 
«ol  Dey  d'Algerì  addi  3  aprile ,  col  Bey  di  Tunisi  addi  17 ,  col 
Bey  di  Trìpoli  addi  29  ;  che  però  si  restituissero  in  patria  gU 
achiavi  7  e  finalmente  che  pei  casi  di  futura  guerra  fosse  del 
tutto  abolita  la  schiavitù. 

181 7.  .Per  quattro  mesi  mancate  le  pioggie  quasi  interamente 
perìvano  i  seminati  j  onde  si  dovè  domandar  grani  dall'estero. 
Temesi  influenza  pestifera  da  Bona. 

18 18.  Muova  organizzazione  della  R. Udienza  in  tre  sale, 
due  civili,  la  terza  criminale,  abolite  le  precedenti  riforme. 

La  capitale  inondata  dai  mendicanti.  Si  provvede  per  che  si 
arresti  il  pericoloso  afflusso ,  e  che  i  già  venuti  siano  rìdptti 
fsntro  la  casa  di  S.  Lucifero.  Al  riaprìmento  della  quale  l'aria 
grossa  che  vi  stagnava  dalla  stagione  dell'epidemia ,  come  po- 
teva supporsi  dal  luogo  nel  quale  erano  stati  racicolti  gli  in- 
fetti toccando  alcuni  corpi ,  ricomparivano  le  febbrì  dell'anno 
1816.  Se  non  che  furon  men  maligne  ,  e  pochi  casi. 

Per  tanti  successivi  abbruciamenti  di  viglietti  di  credito 
sulle  regie  finanze  érasi  a  quest'anno  tanto  sottratto  dal  loro 
totale  in  lire  sarde  700,000,  che  non  più  ne  rimaneva  che  per 
la  concorrente  di  lii'e  a3o,ooo. 

Creasi  un  corpo  di  moschettieri  per  la  pubblica  tranquillità 
•  sicurezza.  Nell'anno  seguente  sono  riformati  in  cacciatori  reali. 


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CAGLURI  i8i 

a  piedi  ed  a  cavallo,  commessa  loro  anche  la  custodia  delle 
proprietà ,  che  era  stato  ufficio  dei  barraccelli  *,  in  cui  peri 
Don  durarono  che  due  anni  ,  trasferitasi  cotal  cura  nei  nuova* 
mente  instituiti  cacciatori  provinciali.  Una  seconda  riforma  fu 
ordinata  nel  i8aa  ,  incorporati  i  medesimi  ai  carabinieri  reali. 

i8ig.  11  conte  Thaon  provvede  contro  alcuni  che  perturbano 
la  Gallura.  Nella  festa  popolare  di  S.  Paolo  di  Monti  molti 
principali  dei  villaggi ,  che  non  sapean  patire  si  annullasse  la 
influenza ,  si  comprimesse  la  cupidigia ,  sì  usasse  severità  con« 
tro  le  loro  ingiustizie,  perciò  a  rispingere  il  governo  dai  saggi 
procedimend  chiamarono  in  congiura  tutti  i  capi  di  squadrì- 
glie. Questi  con  le  loro  genti  si  riunirono  presso  Tempio  mi- 
nacciando atti  di  vera  ostilità ,  se  i  preposti  al  governo*  ed  alla 
amministrazione  della  giustìzia  non  consentissei-o  ad  un  indulto 
generale ,  ed  al  libero  porto  delle  arme  ,  e  di  vantaggio  alla 
continuazione  delle  barracellerìe ,  ed  alla  riduzione  dei  tributi 
all'antica  quantità  ,  articoli  impertinenti  a  quegli  scellerati.  Lo 
che  ben  considerato  dal  Thaon  cosi  operava  che  quelle  molte 
centlnaja  in  pochi  giorni  si  disgregassero  da  se  stesse.  Ranno- 
daronsi  anche  un'altra  volta  un  misse  dopo  sebbene  in  minor 
numero  ,  ma  la  forza  del  governo  snervò  la  loro  audacia.  I 
cacciatori  o  carabinieri  reali  non  perdettero  mai  di  mira  i  prin<« 
cipali  motori ,  e  in  breve  liberarono  il  paese  dalla  loro  tra- 
cotanza. 

Carlo  Felice,  in  rimpìazzamento  dei  fondi  mancanti  alle  ri- 
spettive dotazioni  dei  monti  di  soccorso,  assegna  ai  medesimi 
una  porzione  dei  donativi  dovutigli  dal  regno. 

Addi  6  ottobre  muore  in  Roma  il  re  Carlo  Emanuele  IV. 

i8ao.  Vittorio  Emanuele  avoca  al  R.  patrimonio  le  dogane 
del  regno  ,  e  facilita  la  introduzione  delle  granaglie  sarde  negli 
stati  d'oltremare.  Precauzioni ,  infierendo  la  peste  in  Majorca, 
Africa  ecc.  Il  Sovrano,  instando  a  colorare  i  disegni  di  Carlo 
Emanuele  III,  pubblica  la  legge  sulle  chiudende.  La  tortura  è 
abolita. 

1821.  Addi  i3  marzo  Vittorio  Emanuele,  glorioso  per  la  sua 
fortezza  nelle  sventure,  gloriosissimo  per  essersi  saputo  sostenere 
nel  decoro  dell'alta  dignità  ,  abdicava  alla  corona.  L'esercizio 
della  autorità  e  potestà  reale  era  assunto  da 

Cario  Felice  I  re  di  Sardegna. 


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i8a  CAGLURI 

Il  quale  notìGcando  agli  stamenti  il  suo  avvenimento  al  trono 
dicevasi  soddisfetto  del  savio  e  sommesso  contegno  detta  capi- 
tale ne'  passati  turbamenti. 

Gli  stamenti  deputano  il  marchese  di  Villahermosa  a  presen- 
targli l'omaggio  della  nazione.  L'alto  personaggio  ,  e  gli  sta-* 
uientari  di  suo  seguito  udirono  parole  faustissime  ed  onorifiche. 

Sono  riorganizzate  le  prefetture ,  e  nuovi  ufBci  costituiti  d'in* 
tendenza,  tesoreria,  esattoria,  ecc. 

1832.  Gli  stamenti  mandano  deputati  al  V.  R.  a  significare 
la  loro  adesione  alla  chiesta  proi^oga  dei  donativi.  Lo  straordi- 
nario ,  che  Carlo  Felice  avea  voluto  impiegare  esclusivamente 
in  prò  del  regno  istesso  ,  ora  destinavasi  alia  formazione  delle 
strade  maggiori  dell'isola  ,  alla  estinzione  del  debito  pubblico, 
alla  istruzione  ,  e  ad  altri  articoli  di  comune  utiUtli. 

Addi  6  aprile,  anDÌversario  della  nascita  di  Carlo  Felice ,  l'ot- 
timo V.  R.  il  marchese  di  Jenne  0.  Ettore  Veuillet,  uomo  ca- 
rissimo alla  nazione ,  quasi  in  sul  partirsi  dal  governo  per  lo 
più  florido  commercio  dei  popoli  con  auspici  fausti  poneva  la 
prima  pietra  del  monumento  da  costruirsi  a  sue  spese,  donde 
incomincieriano  le  miglie  della  nuova  gran  strada.  Il  cavaliere 
D'  Emanuele  Vialardi  intendente  generale  pronunciava  un  di- 
scorso in  faccia  al  festeggiante  pubblico  sulla  piazza ,  cui  nel 
tempo  istesso  si  imponeva  il  nome  di  S.  Carlo.  La  magnificenza 
dell'apparato  ebbe  a  risplendere  maggiormente  nell'ordine  della^ 
esecuzione  delle  cose.  La  esultanza  dell'immenso  popolo  ono- 
rava il  Sovrano  ed  il  suo  degno  rappresentante. 

1823.  Con  Tanno  sono  incominciati  i  lavori  della  gran  strada. 

Al  y.  R.  conte  Galleani  d'Agliano  ,  uomo  di  gran  carattere, 
succede  nel  governo  come  presidente  il  conte  Roero  di  Mon- 
ticelli. Al  quale  Cagliari  è  debitrice  di  sua  maggior  eleganza. 

Si  istituiscono  le  scuole  primarie  ,  e  si  pubblicano  delle 
provvidenze  per  la  superiore  istruzione. 

1824*  Addi  IO  gennajo  muore  Vittorio  Emanuele. 

1825.  Si  stabilisce  il  debito  pubblico  redimibile.  Le  inten- 
denze sono  separate  dalle  prefetture. 

Addi  27  settembre  la  divisione  navale  sarda  comandata  dal 
cavaliere  Sivori  operava  ostilmente  contro  Trìpoli.  Il  cavaliere 
Mameli  di  Cagliari  guidava  i  bravi  che  quella  reggenza  ridu- 
cevano in  più  onesti  termini  aol  governo  del  Re.    Il  suo  mi- 


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CAGLIARI  i83 

rabil  valore  otteneva  dal  Sovrano  un  alto  premio  ,  e  dalla  ca- 
mera del  commercio  di  Genova  belle  onorificenze. 

1827.  Promulgasi  (  i  settembre  )  la  raccolta  delle  leggi  ci- 
vili e  criminali  del  regno.  Si  fa  nuova  organizxaadone  di  corpi 
di  fiEinteria  e  cavalleria  miliziana*  Formai  ^le  falde  di  Mon- 
i-eale  in  disegno  elegante  un  proporzionato  camposanto.  S'apre 
Torianatrofio  di  S.  Lucifero  ^  il  quale  Carlo  Felice  preparava 
a  proprie  spese  fin  dal  i8o4* 

1828.  Sistemansi  le  condotte  .mediche  ,  e  la  vaccinazione  ,e 
si  ordina  in  Cagliari  una  giunta  primaria. 

Addi  9  marzo  i  deputati  ambasciatori  degli  stamenti  al  co- 
lpetto del  rappresentante  regio  con  l'adesione  alla  proroga  dei 
donativi  esternavano  il  desiderio  della  nazione  di  poter  con 
maggiori  servigi  provare  al  Re  la  sua  devozione. 

Addi  16  aprile.  Festeggiasi  in  Cagliari  a  Carlo  Alberto  di 
Savoja  principe  di  Carignano  venutovi  alla  perlustrazione  del 
regno.  Fermo  stabilimento  d'  una  scuola  di  geometria  pratica  , 
architettura ,  e  disegno. 

i83i.  Carlo  Felice  padre  del  popol  sardo .,  del  cui  amore  , 
^elle  cui  beneficenze  dir  non  si  può  quanto  sia  in  eguaglianza 
perfetta  col  merito  dopo  un  regno  di  dieci  anni  morendo  (27 
aprile)  tramandava  la  regia  autorità  in 

Carlo  Alberto  re  di  Sardegna. 

Le  più  care  speranze  letificano  i  popoli,  lui  potente  mode- 
rator delle  cose ,  che  sapeva  osservaae  da  filosofo  la  condizione 
dei  medesimi  y  e  vedeva  i  mali  che  persistevano ,  perchè  na- 
scosti sempre  ai  sovrani  ,  e  gli  ostacoli  che  stettero  finora  alia 
prosperità  comune.  Il  meritò  del  peri'ezionamento  dell'opera, 
con  sommo  amore  e  sapienza  inoonùnciata  da  Carlo  Emanuele 
lUy  continuata  da  Vittorio  Emanuele,  proseguita  da  Carlo  Fdice, 
il  beneficio  della  completa  restaurazione  dei  regno  sanilo  sarà 
il  più  bel  titolo  nella  eternità  del  tempo  avvenire  alla  lode 
e  venerazione  del  suo.  nome. 

Cagliariianì  iUastri. 

Il  cavaliere  Cossu  ,  che  scambiò  talvolta  le  lucciole  con  le 
«telle  nelle  sue  notizie  sopra  la  città  di  Cagliari  produce  una 
jserie  «oosl  lunga .  di  illustrissirai ,  che  non  credo  posano  tutti 
aver  luogo  nel  tempio  della .  glòria.  Quindi  saia  «bene  scegliere 
e  ripdrvi  i  dignioii  l 


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i84  CAGLURI 

Lucifero  vescovo  di  Cagliari  —  Eusebio  vescovo  di  Vercelli 
—  Ilaro?  e  Simmaco  pontefici  romani ,  dei  quali  nelle  biografie 
universali 

Isidoro  y  uomo  principale  ,  di  cui  lodava  l'eloquenza  S.  Gre- 
gorio Magno  (V.  lil  baron  Manno  all'anno  5g^). 

Benedetto  Cao  creato  prete  cardinale  del  titolo  di  S.  Pras- 
sede  da  Gregorio  VII ,  di  cui  potrai  riveder  le  notizie  storiche 
agli  anni  ioi5  -  i6  ,  e  leggere  nel  baron  Manno  intorno  alla 
stessa  epoca.    Moriva  nel  1087. 

Giorgio  (  santo  )  vescovo  della  Barbagia  ,  del  quale  vive  an» 
cora  la  fama  ,  siccome  d'un  uomo  dotto,  santo  e  taumaturgo 
(V.  Notizie  storiche  ed  il  citato  istoriografo  della  Sardegna  al* 
l'anno  loSgy  ed  i  Bollandisti). 

Ugoccionio  (  beato  )  Vacca-Gruno  ?  uomo  santissimo  da  S.  Do- 
menico ammesso  in  Bologna  tra  i  suoi ,  e  poscia  mandato  a 
fondare  in  Pisa  nel  1221  il  cenobio  di  S.  Catterina  ,  onde  in 
appresso  discese  la  gente  domenicana  di  Sardegna.  Grande  zelo 
nella  evangelizzazione  ,  e  ornamento  di  sante  doti  sono  in  lui 
aotati  dal  marmo  della  chiesa  del  detto  cenobio. 

Aimerich  D.  Salvatore  ,  uomo  di  valore  e  prudenza  singo- 
lare. Carlo  V  il  volle  seco  alla  spedizione  contro  Tunisi.  Il 
suo  onore  vi  ottenne  nuovi  incrementi,  e  chiara  apparve  l'alta 
stima  di  Cesare  ,  destinato  lui  a  governatore  della   Goletta. 

Arquer  D.  Sigismondo,  il  primo  dei  nazionali,  che  sia  conosciuto 
aver  scritto  sulla  Sardegna  Sardiniae  brevis  historia  et  descriptio , 
che  fu  inserita  nella  cosmografia  di  Munster  anno  i558.  Già  li- 
volgeva  l'animo  a  tutte  raccogliere  le  cose  patrie ,  ed  aveva  a 
ciò  Ifi  possa,  quando  (anno  i56i)  veniva  arrestato ^  siccome  lu?- 
terano  dommatizzante.  Ristretto  nelle  orribili  carceri  della  in- 
quisizione di  Toledo  vi  scriveva  in  180  fogli  una  apologia  ,  per 
la  quale  tuttavolta  non  ottenne  di  evitfire  il  destino.  Condan- 
nato (anno  1571  )  alla  relaxation  era  sul  palo  barbaramente 
trafitto  da  molti  dardi,  e  poi  bruciato  dalle  sottoposte  fiamme. 

Cao  D.  Girolamo  ,  canonico  della  primaziale,  gran  valent'uo- 
mo  in  molte  parti  dell'umano  sapere  ,  e  di  ammirabil  senno 
nelP operare.  Scrisse  la  storia  della  Sardegna  ,  che  intitolava 
modestamente  De  rebus  Sardois ,  e  che  il  P.  Bonfriziori ,  il 
quale  ricordala  in  occasione  della  beata  Lucia  Zatrillas  caglia- 
ritana dei  conti  dì    Cuglieri   fondatrice  d'un  convento  del  &uo 


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CAGLURI  ì85 

ordine  dei  serri  di  Maria ,  commenda   al  pubMìco  con  molte 
parole  di  lode. 

Porcell  Tommaso  j  medico  di  gran  nome  nelle  Spagne.  Pab- 
blìcaya  (i565)  una  sua  scrittura  sulla  pestilenza  di  Saragozza. 

Arca  Giovanni  scriveva  =»  Naturalis  et  moralis  historia  de  re- 
gno Sardiniae  j  De  -Barbaracinis  libri  duo  ,  che  sono  inediti  y 
ed  a  giudizio  del  baron  Manno  non  cosi  pregievoli ,  che  sia 
un  bene  pubblicarli.  Nel  iSgS  prodnceva  De  sanctis  Sardiniae 
libri  tres. 

Serpi  Dimas  ,  minor  osservante ,  dava  in  lingua    castigliana 

*il  Trattato  del  purgatorio  contro  Lutero  1600;  la  Cronaca    de' 

santi  di  Sardegna  in  quattro  libri  nello  stesso  anno  ,  e  Apodi* 

xts  sanctitatis  S.  Georgii  Suellensis,  episcopi,  Roma  1609  (V*il 

baron  Manno  nel  libro  11.^). 

Brondo  Antioco  della  regola  della  Mercede,  autore  di  certi 
conmientarì ,  parafrasi  ecc.  su  l'Apocalisse  in  lingua  latina, 
Roma  161  a  y  e  di  altre  operucde  di  minor  conto.  Nel  qual 
genere  riduco  e  l'Istoria  della  invenzione  dei  corpi  santi  ritro- 
vati presso  Cagliari,  opera  del  P.  Esquirro  Serafino  dei  cap- 
puccini^ (anno  i6a4)  ,  e  il  Trionfo  dei  santi  di  Sardegna  del 
dottor  in  legge  e  teologia  Bon£eint  Dionisio  (anno  i635);  e  al- 
tri scrittori  di  orazioni  sacre  ,  e  di  cose  ascetiche. 

BaccaUar  Andrea,  arcivescovo  di  Sassari ,  che  nella  fede  del 
cavaliere  Cossu  possiam  dire  scientissimo  nella  teologia  ,  e  nelle 
lingue  latina  ,  greca  ,  ebraica  ,  e  sirìaca  ,  voltava  nel  sermone 
latino  le  opere  di  S.  Giovanni  Damasceno.  Non  Airono  esse 
pubblicate* 

Perez  Xea  D.  Michele  pubblicava  in  Madrid  (  anno  1622  ) 
Precetti  militari  sul?  ordine  e  formazione  degli  squadroni  ,  e 
scriveva  un'  opera  Della  difesa  delle  piazze.  Guerreggiò  nel  mi- 
lanese, e  nelle  Fiandre,  fu  maestro  di  campo,  e  per  le  prove 
di  un  mirabil  valore,  e  per  l'opinione  non  mal'  fondata  de' 
suoi  grandi  talenti  nella  scienza  delle  arme ,  ebbe  lode  tra  i 
primi  militari  della  Spagna/  Il  Re  lo  qualificava  commessario 
generale  delle  artiglierie  di  tutto  il  regnò  ,  e  quando  la  Fran- 
cia più  fortemente  instava  per  ottenere  le  isole  di  S.  Marghe- 
rita, e  di  S.  Onorato  sulle  coste  della  Provenza  lui  mandava  a 
*  difendere  la  fortezza  erettavi.  Fu  assalito  dalla  fiotta  dell'Hard 
court  reduce  dalle  terre  d'Oristano,  e  insieme  da  un'altra  squa« 


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i86  CAGLIARI 

dra  francese.  Couiecchè  grandissìivìa  fosse  la  violenza  degli  agr 
gressorì  ei  tenne  fermo  per  due  mesij  dopo  i  quali  consumate 
tutte  le  provvisioni  otteneva  quei  patti ,  che  solo  sono  consen- 
titi a'  pid  valorosi.  Passò  quindi  a  nuovi  pericoli ,  perché  il 
governo  spedivalo  a  soccorrer  a  Fontarabia  stretta  cja  un'ar- 
mata francese.  Vi  entrava  passando  su  questa,  e  vi  si  sostene- 
va j  e  travagliava  gli  assedianti  con  frequenti  sortite.  In  una  di 
queste  egli  moriva  pieno  di  gloria. 

Aragall  D.  Diego ,  estremo  della  nobilissima  famiglia,  di  questo 
cognome  ,  governatore  di  Cagliari  ecc.  ecc. ,  guidò    le   milizie 
sarde  contro  il  conte  d'Harcourt ,  Io  cacciava  da    Oristano ,  e* 
lo  sconfiggea  su  queUe  maremme. 

Canales  De  Vega  D.  Antonio ,  dottissimo  giuresconsulto.  La- 
sciava scritti  in  buona  latinità  Quaranta  consulti,  ed  otteneva 
maggior  poore  sppn^  gli  altri  alleganti ,  che  non  voglio  nomi- 
nare; pubblicava  pure  alcuni  Discorsi  sopra  le  cqrti  celebrate 
a  suo  tempo*  Nel  1683  produceva  la  Storia  della  invasione  dei 
£rancesi  in  Oristanp. 

Dexart  D.  Giovanni,  molto  savio  nelle  leggi,  come  provano 
alcuni  «critti  di  materia  forense  che  diede  alle  stampe ,  e 
massimamente  la  Compilazione  ,  e  commentazione  degli  atti  deUe 
corti  del  regno  ;  del  qual  lavoro  il  chiarissimo  baron  Manup 
(agli  anni  i63i-33)  diede  un  giudizio  n^olto  onorifico.  Quando 
gli  fu  commessa  quest'opera  em  giudice  della  R.  Udienza:  io 
appresso  veniva  dal  Re  innalzato  alla  dignità  di.  membro  del 
superior  consiglio  napoletano*  In  questa  citfà  egli  si  prestò  pro<- 
tettore  a  Buragna  Carlo.  Di  lui  scrisse  la  vita  Carlo  Susanna, 
e  diceva  molte  iodi  il  bfiron  Manno  in  sulla  fine  del  libro  1 1  .^ 
rifei^ndo  le  opiniooi  del  Cresqimbeni  ,  e  le  consentanee  del 
MazzuccbellL  Ei  fu  stimato  letterato  di  somma  profondità  in 
ogni  scienza.  Scrisse  Con»mentari  sul  Timeo  di  Platone ,  JNot^ 
alle  sezioni  coniche  di  Apollonio  Pergeo  ,  ed  ai  frammenti  di 
Archimede ,  ed  un  Trattato  dei  snoni  ed  intervalli  musicali. 
Conosceva  perfettamente  la  lingua  greca  ,  e  non  meno  la  la- 
tina ed  itaUajpa.  In  queste  due  dettava  molte  poesie  ,  e  tra 
esse  un  Poema  eroico ,  che  per  la  negligenza ,  in  che  molto 
peccava  delle  sue  cos^,  andò  perduto.  Per  la  somina  sua  virtù 
poetica  era  egli  coniiderato  come  uno  dei .  ristoratori  della  vol- 
gar  poesìa ,  ott^neya  un  degoo  seggio  tra  i  primari  del  secolo 


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CAGLIARI  187 

j(Vii ,  e  ii  avrà  sempre  intere  le  lodi ,  che  in  lui  furono  ,  e  in 
gran  copia  ^  conferite  dai  letterati  di  quella  età ,  e  approvate 
dai  posteri* 

Aleo  Francesco  ,  professor  di  legge  nella  università  di  Ca- 
gliari y  dava  nel  1637  ^^^  ^^  ^^^  ^^  scritture  di  altri  insigni 
dottori  della  capitale  sotto  il  titolo  Consilia  diversorum  auctorum, 

Aleo  Fr.  Giorgio  dei  cappuccini,  autore  di  una  Storia  gene- 
rale della  Sardegna  y  di  cui  die  sentenza  il  baron  Manno.  Alla 
<|uale  venne  aggiunta  la  narrazione  particolare  degli  Avveni- 
menti del  regno  dal  i637  al  .72,  verso  la  qual  epoca  le  ope- 
razioni dei  suoi  emoli  q  calunniatori  ottenevano  che  il  duca  di 
S.  Germano  y  uomo  precipitevolissimo  nella  severità,  lui  né  pur 
udito  mandasse  a  esilio  nella  Sicilia. 

Castelvi  D.  Giorgio.  Servi  giovinetto  nella  corte  di  Madrid  ; 
fece  le  prime  campagne  col  principe  Filiberto  di  Savoja  am- 
miraglio, delle  flotte  spagouole  ;  e  poi  preso  il  comando  delle 
schiere  sarde  andò  a  guerreggiar  nelle  Fiandre.  Ivi  intervenne 
a  molti  assedi  e  battaglie  campali  con  molta  sua  gloria ,  e  dei 
«oldati  che  governava.  Fatto  .prigioniero  dei  francesi  mescola- 
vati  nella  ootagiurn  dei  più  principali  di  quel  regno  ,  e  si  esi- 
biva a  impetrar  i  sussidi  potenti  del  re  di  Spagna.  Scoperto 
venne  in  grandissimo  perìcolo ,  ma  non  mancando  a  se  stesso 
in  tal  frangente  trovò  le  vie  per  cui  evadersi  ;  e  presso  il  go- 
verno spagnuolo  avendo  per  la  utilità,  che  sperava  da  una  di-* 
versione  e  più  grav<e  occupazione  del  governo  francese  ,  in- 
stato per  gli  opportuni  ausili  ai  congiurati ,  concorse  efficace- 
mente alla  insurreziiHke  del  prìncipe  di  Condè.  Ribellatasi  ]Na- 
poli ,  Filippo  IV  vel  spediva  compagno  a  D.  Qiotanni  d'Austria 
«uo  figlio  naturale.  Presto  ritornava  in  Ispagna  portandovi  pri- 
gioniero il  duca  di  Guisa  ,  e  vi  rimaneva  a  sorvegliarlo  nel 
castello  di  Segovia.  Per  le  male  arti  del  quale  D.  Gioigio  pe- 
riva ,  se  non  che  vide  a  tempo  le  insidie.  U-  Re  conscio  di 
sua  dottrina  lo  sostituiva  nel  luogo  di  D.  Francesco  Vico  reg- 
gente del  supremo  consiglio  d'Aragona.  Dal  quale  officio  do- 
vette per  alcun  tempo  desistere  ,  trasferitosi  nel  castello  di 
Toledo  dove  il  governo  poneva  sotto  la  sua  podestà  il  prin- 
cipe di  Lorena.  Ascrittosi  ai  cherìcì ,  fu  nel  nuovo  stato  dalla 
regia  benignità  adornato  di  favori  convenienti.  Egli  partecipava 
e  non  poco  nei  negozi  deUe  cord  celebrate  dal  Camarassa. 


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i«8  CAGLURI 

Castelvl  D.  Giacomo  ,  marchese  di  Cea  ,  da  ramo  cadetto 
de'  marchesi  di  Laconi ,  e  visconti  dì  Sanluri.  Fu  lodato  il  suo 
valore  nelle  guerre  d'Italia.  Molto  lodato  dal  suo  generale  mar- 
chese Spinola ,  massime  nella  invasione  del  Monferrato.  In 
maggior  grado  guerreggiando  in  Fiandra  fece  eziandio  provata 
la  sua  prudenza ,  e  la  cognizione  dell'arte.  Pertanto  grazia  vasi 
dal  sovrano  dell'ufficio  di  procurator  reale  nella  Sardegna  alla 
futura  successione  di  D.  Paolo  suo  padre.  Ritornando  in  pa- 
tria cadeva  nella  schiavitù  degli  algerini ,  e  non  poteva  libe- 
rarsene che  pel  prezzo  di  ventimila  reali  da  otto.  Fu  uomo  di 
maniere  civilissime  ,  ecc.  U  resto  vedi  nelle  Notizie  istortche 
negli  anni  1668,  e  seguenti. 

Castelvl -La  nza  D.  Agostino ,  marchese  di  Laconi ,  lodato  di 
gran  bontà  ,  di  un  fervido  amor  di  patria ,  e  di  molta  popo- 
larità. Fu  dagli  stamenti  nel  parlamento  del  1666  ,  Y.  R.  il 
Camarassa  ,  mandato  sindaco  alla  corte  per  ottenere  ai  regni- 
coli la  supplicata  privativa  delle  prelature  ,  e  cariche  dello  ' 
stato.  L'indegno  suo  fine  vedrai  nelle  Notizie  storiche. 

Delitala  -  Castelvl  D.  Giuseppe,  poeta  castigliano,  pubblicava 
una  sua  opera  in  Cagliari  nell'anno  1672.  V.  il  baron  Manno 
nel  luogo  suindicato. 

'  Pichioni,  o  Piccioni,  Eusebio  altrimenti  Eugenio,  professore 
di  teologia  in  Cagliari  ,  orator  facondo  ,  e  messionarlo  per 
tutta  l'isola.  Nel  1676  stampava  voltato  da  se  in  italiano  il 
Colloquio  spirituale  tra  G.  C.  e  il  B.  Enrico.  Scrisse  sulla  Sa- 
cramentaria un'opera  non  edita  —  Cosi  nella  biblioteca  dei 
domenicani.  Quetif  ed  Echard.  Parigi  1721.  Di  lui  si  trovarono 
altri  tre  codici,  i.  Missioseu  predicatio  Evangelica  Chrìsti  cru- 
cifixi.  2.  Ejusdem  missio  in  septem  peccata.  3.  Ejusdem  misào 
in  decem  praecepta. 

Il  conte  di  Villasalto  produceva  un  romanzo,  Napoli  1687;  e 
nel  1696  un  poema  eroico.  Consulta  il  citato  istoriografo. 

Vico  D.  Pietro  (  secondo  il  cavaliere  Cossu  )  si  distinse  per 
sublimi  talenti  militari  ,  e  per  un  coraggio  infiammatissiroo. 
Maresciallo  di  campo  operava  prodigi  nella  giornata  a  Sara- 
gozza ,  e  sempre  con  tanta  sapienza  e  forza  dirigea  le  cose  , 
die  dovesse  la  fortuna  non  discostarsi  mai  dalle  sue  bandiere. 
'  Castelvl  D«  Francesco,  marchese  di  Laconi ,  onorato  di  grandi 
favori  da  Carlo  li ,  ed  elevato  al  Grandato  da  Filippo  Y.   Le 


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CAGLURI  189 

belle  e  felici  azioni  mililari  e  le  più  volte  sotto  gli  occhi  del 
sovrano  gli  meritarono  plausi  e  premi*  Fu  destinato  generale 
a  conquistar  la  Sardegna  dagli  austrìaci ,  e  viceré  a  moderarla. 
Ma  il  tradimento  caQcellava  i  disegni  ,  e  vietava  al  marchese 
novelli  onori.  Y.  notizie  storiche.  Il  cavaliere  di  Yalguarnera, 
che  sotto  l'imperio  dei  reali  di  Savoja  governò  con  somma 
lode  il  regno  ,  stette  giovinetto  sotto  i  suoi  ordini  alla  prima 
disciplina  militare. 

Baccallar  D.  Vincenzo ^  marchese  di  S.  Filippo  ,  della  cui  am- 
mirabile fede  al  legittimo  sovrano  y  e  valore  nelle  contenzioni 
guerresche  si  è  fatta  onesta  menzione  nelle  notizie  storiche  agli 
anni  1708  e  seguenti ,  fu  peritissimo  nelle  scienze  di  stato  ,  e 
nella  letteratura.  Da  Filippo  Y ,  che  sei  teneva  carissimo  tra  i 
i^rimi ,  fu  onorato  della  carica  di  suo  grande  scudiere  ^  esal- 
lato alla  dignità  marchionale ,  e  inviato  suo  ambasciatore  alla 
repubblica  di  Genova.  Scrivea  in  lingua  castigliana  la  Storia 
della  monarchia  ebrea,  Madrid  1703,  Genova  1719; eia  Haye 
(tradotta  dal  francese)  1727;  storia,  dice  il  baron  Manno, 
piena  di  dottrina  ,  di  senno  ,  e  scritta  con  gran  brio  di  stile. 
I  Commentari  della  guerra  di  Spagna,  commendati  altamente 
dagli  spagnuoli ,  e  dai  francesi ,  che  ebberli  voltati  per  Man* 
dave  1756.  Un  poema  sacro  in  lingua  castigliana  e  ottava  rima. 
I  due  Tobia  9  Madrid  1709,  e  1746.  Y.  le  biografie  universali 
a  più  ampia  cognizione  ,  ed  il  baron  Manno. 

Nin  D.  Gabriele  de' conti  del  Castiglio,  figlio  del  Felice  di 
cui  nelle  notizie  storiche  anno  1 709 ,  scriveva  un  libro  sopra 
le  Evoluzioni  militari ,  e  ai  ebbe  lode  di  eccellente  militare. 

Genovés  Antonfirancesco ,  marchese  della  Guardia ,  governa* 
tore  di  Cagliari,  ecc.  ecc.  Con  poche  milizie  nazionali ,  e  non 
più  di  600  uomini  di  truppa  d'ordinanza  difese  Cagliari  per 
circa  40  giorni  contro  la  violentissima  aggressione  dell'armata 
spagnuola.  Y.  notizie  storiche  (171 7)* 

Nurra  Gianpaolo  ,  canonico  cagliaritano ,  scienziato ,  e  filo- 
logo insigne  ,  che  il  barone  Manno  pone  ira  i  migliori ,  e  più 
accurati  scrittori  nazionali.  Nei  primi  anni  del  secolo  xvin 
feari  nell'Italia  an^mirare  dai  primi  dotti,  e  nel  1708  pubbli- 
cava una  dissertazione  sulla  .  varia  lezione  d' un  antico  adagio 
greco  riferibile  alla  Sardegna.  Lo  stesso  eh.  pontefice  Benedetto 
XIY   attestò  più  volte  in  che  alto  pregio  l'avesse.  Soggiornava 


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igo  CAGLIARI 

più  spesso  neHa  Toscana  a  far  tesoro  di  erudite  notizie  onde 
rischiarare  i  fasti  storici* della  patria,  caro  ai  letterati  tutti  di 
quella  provincia  e  soprattutto  all'  illustre  Magliabeccliio.  Una 
morte  immatura  il  rapiva.  V.  il  sullodato  barone  Manno.  Ri- 
mangono alcuni  MSS. 

Fancello  Giuseppantonio ,  protomedico  di  Cagliari ,  scrisse  nel 
1780  un  Trattato  sulla  flebotomia,  ed  un  Compendio  di  ana- 
tomia e  chirurgia  in  lingua  castigliana  in  quel  torno  di  tempo. 

Maccioni  Antonio,  gesuita,  pubblicava  nel  1732  in  Madrid 
FArte  ed  il  vocabolario  della  lingua  lula  e  toconota,  e  nel  se- 
guente la  Descrizione  corografica  delle  due  amplissime  provin- 
cia dell'America  meridionale,  il  gran  Ciaco  ,  e  Gualamba,  e 
poi  altre  operette  minori,  tutte  in  lingua   castigliana. 

Masones  D.  Giacomo,  conte  di  Mont'alvo,  uomo  di  guerra,  e  di 
stato.  Fu  posto  nel  grado  di  generale  di  fanteria ,  e  come  direttore 
governò  tutte  le  scuole  militari  spagnuole  dell'artiglieria ,  e  del 
genio.  Fu  inviato  straordinario  e  plenipotenziario  nel  congresso 
d' Aix-larChapelle  nel  1748»  <love  seguo  la  pace.  Con  tal  ca- 
rattere passò  e  stette  alcuni  anni  alla  corte  di  Francia.  Quindi  il 
sovrano  lo  chiamava  nel  suo  consiglio  di  stato.  Masones  D.  Fe- 
lice ,  duca  di  Soto-ma/or  ,  glande  di  Spagna  di  prima  classe. 
Fiori  circa  alla  nietà  del  secolo  passato  di  molto  onore  per  le 
scienze  di  stato.  Fu  inviato  straordiparìo  in  Portogallo  ,  di  poi 
consigliere  di  stato,  e  pi-esidente  del  consiglio  degli  ordini.  V. 
il  cavaliere  Cossu- Caglia  ri. 

Marcello  Antonio ,  medico.  Scrivea  tre  drammi  :  il  Marcello 
an.  1784^  r  Olimpia  1785,  e  la  Morte  del  giovine  Marcello. 
Si  stampavano  in  Cagliari. 

Sanna-Lecca  D.  Pietro,  riputato  legista,  e  reggente  di  toga 
ìlei  supremo  consiglio  di  Torino.  Dava  al  pubblico  la  compilar 
zione  delle  leggi  emanate  sotto  il  governo  dei  reali  di  Savoia 
sino  all'anno  1773. 

-  Marchi  Francesco  Alberto,  dei  carmelitani,  professore  di 
fisica,  e  poi  di  teologia  •  nella  regia  università.  Lasciò  W 
tomo  di  orazioni  sacre ,  le  quali  ben  attestano  quanto  egli 
fosse ,  e  quanto  finor  la  fama  sia  stata  inferiore  al  merita. 
Restavano  alla  sua  morte  inediti,  e  un  altro  tomo  di  discordi 
sacri,  ed  un  terzo  che  comprendeva  il  quaresimale.  Comec- 
ché abbondino  siffatti  libri  nell'  Italia,   non  pertanto  godereb* 


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CAGLIARI  tgi 

bere  i  lettori  assennati  dei  giudiziosi  e  bei  lavori  del  Marchi. 

Carta  Francesco  Gianstefono ,  dei  minori  osservanti ,  con  ot- 
timo consiglio  dava  al  pubblico  la  Logica  e  Metafisica  che  det- 
tava nella  regìa  università.  Stampava  pure  alcune  orazioni  ^d 
un  eccellente  catechismo. 

Chiappe  D.Giuseppe,  canonico  della  primaziale,  dottissimo 
teologo ,  poeta ,  ed  oratore  molto  aggraziato.  Ahbiam  di  lui 
alcune  poesie  ed  orazioni  sacra. 

Deidda  D.  Gemiliano  ^  uomo  che  andò  molto  avanti  nelle  ma* 
tematiche ,  e  di  cui  dice  il  barone  Manno ,  che  poco  dovette 
alla  fortuna  y  niente  alF  altrui  ammaestramento ,  tutto  ai  pro- 
pri studi  profondi  ed  aggiustati ,  che  seppe  utilmente  applica* 
re.  V.  il  preclarissimo  istori<^rafo ,  ed  il  Caboni  nei  suoi  Ritratti 
poetico-storìci  di  alcuni  illustri  sardi. 

Cabras  Antonio,  lodato  pei  suoi  moltiplìci  talenti,  per  la 
sua  ampia  e  profonda  cognizione  della  giurisprudenza.  Fu  ca- 
nonico della  prìmaziale,  e  ottenne  su  i  pergami  solenni  ap- 
plausi. Indi  nacque  una  nobilissima  fama.  Ma  le  sue  orazioni  ^ 
non  ha  molto,  pi*esentate  alla  lettura  del  pubblico,  lo  degrada- 
rono non  poco  da  <{uella  sublimità,  in  cui  appariva.  V. nel  ci* 
tato  oposculo  il  Caboni.  ' 

Cadello  D.Diego,  arcivescovo  di  Cagliari,  é  prete  cardinale 
delia  S.  R.  Cbiesa.  L'altezza  della  mente  era  in  lui ,  quanta 
la  grandezza  del  cuore.  Consulta  il  Caboni. 

Pintor  cavaliere  Efisio  Luigi,  bravo  giuresconsulto ,  e  poeta 
assai  apprezzato^  Non  è  guarì  che  si  sono  pubblicati  alcuni  suoi 
componimenti  in  lingua  patria  veramente  lodevoli.  Questi  navigò 
fra  le  tempeste  politiche  della  Sardegna  nel  declinare  del  secolo 
scorso,  ed  una  sorte  propizia  Io  porlo  a  salvezza. 

Castelli  Raimondo,  canonico  cagliaritano.  Fu  molto  riputato 
per  la  eloquenza  sacra.  Le  sue  orazioni  pubblicate  non  man- 
cano di  pregi. 

Pintor  Francesco ,  canonico  cagliaritano ,  autore  di  alcuni  oom- 
pommenti  latini,  dove  é  poco  spirito  di  poesia,  ma  molta  pur^ 
gatezza  di  lingua. 

Valle  Raimondo,  canonico  cagliaritano,  conosciuto  vantaggio- 
samente per  lo  suo  poemetto  -  /  tonnù 

F'ii'enti. 

Mameli  D.  Giovanni  alla  sciefkza  legale  tiene  aggiuiito  Toma- 


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192  CAGLIARI 

mento  di  moltìplicl  c<}gaìzioni.  Percorsa  con  molt'onore  la  car-' 
riera  degli  impieghi  giuridici  ora  è  provveduto  a  riposo.  £i 
traduceva  ed  arricchiva'  di  note  eruditissime  la  Curia  de  LogUj 
codice  di  legislazione  patria,  promulgato  dalla  sarda  eroina 
Leonora  d'Arborea. 

Navoni  D.  Nicolò.  Mentre  studiava  alla  educazione  dei 
giovani  del  seminario  arcivescovile  scriveva  e  pubblicava 
alcune  poesie,  e  drammi  sacri.  Fatto  vicario  generale  spie- 
gava più  utili  talenti.  I  quali  in  quel  tempo  più  brillarono , 
che  ebbe  commesso  il  governo  della  diocesi  sulcitana.  Impe- 
rocché riduceva  a  società  in  UK)lte  parrocchie  figliali  le  disperse 
famiglie  dei  pastori ,  e  con  propria  personal  fatica  le  indiriz- 
sava  e  portava  ad  una  vita  civile.  Questa  sua  grand'  opra  sta 
vigorosa ,  e  i  progressi  ne  sono  tanto  rapidi ,  che  fra  non  molto 
i  piccoli  boddèus  (  casali  )  si  formeranno  in  felici  popolazioni. 
Il  re  Vittorio  Emanuele  pertanto  degnavalo  di  una  special  con- 
fidenza ,  e  faceasi  gran  conto  del  suo  sapere ,  e  della  sua  coo- 
perazione per  lo  governo  dei  popoli  sulcitani ,  e  per  la  difesa 
di  quei  littorali.  Lo  zelante  vescovo  privavasi  dei  comodi  per 
assicurare  le  popolazioni  che  avea  create  dalle  repentine  in- 
cursioni dei  barbereschi,  e  contribuiva  tutto  alla  erezione  di 
alcune  necessarie  difese.  Elevato  alla  maggior  dignità  della  chiesa 
sarda  nella  più  estesa  ampiezza  di  questa  sfera,  e  nelle  altre 
Provincie ,  in  cui  ebbe  ed  ha  parte  come  prima  voce  dell'  or- 
dine ecclesiastico,  fé'  più  brillare  i  suoi  talenti  politici.  Entro 
il  decimosettimo  lustro  egli  opera  ancora  vivido  di  spirito  e 
di  cuore. 

Tiragallo  D.  Luigi.  Competè  nel  1770-71  per  una  cattedra 
di  legge ,  ed.  ebbe  la  rara  sorte ,  che  fosse  fatta  ^ustizia  al 
suo  merito  trascendente.  Questo  superava  l'invidia  ,  e  gli  pro- 
cacciava splendide  mercedi*  Dopo  onoratissimA  gradazione 
arrivò  a  tanto ,  che  fu  nominato  intendente  generale  del  re- 
gno, invitato  negli  stati  del  continente  all'alto  ufficio  di  av- 
vocato generale ,  e  in  fine  creato  reggente  del  supremo  magi- 
strato del  consolato  di  terra  e  di  mare  con  l'onestissima  arrota 
della  decorazione  delle  grandi  insegne  ecc.  ecc.  Fu  stimato  e 
si  prestò  profondo  giuresconsulto ,  uomo  di  stato,  e  letterato 
insigne* 

Manca  di  Tiesi  D.  Stefano ,  marchese  di  Villahermosa ,  e  di 


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CAGLURI  193 

s.  Croce.  Nella  prima  età  molto  si  distinse  nel?  armi,  e  fu 
parte  di  molte  azioni,  delle  quali  portò  incancellabili  le  ono- 
rate memorie.  Tanto  poscia  in  questa  scienza  egìì  progrediva , 
che  nulFaltro  a  lui  vedea  da  preferire  lo  stesso  Vittorio  Ema- 
nuele molto  intendente  delle  cose  di  guerra.  Versava  insieme 
in  altre  non  poche  parti  dell'umano  sapere,  e  acquistava  gran 
tesoro  di  erudizione.  Onde  gli  accademici  italiani  si  onoravano 
del  suo  nome  ,  e  la  reale  società  agraria  ed  economica  di  Ca- 
gliari lo  venerava  suo  degnissimo  presidente.  Fu  devotissimo  a 
Carlo  Felice,  dal  quale  mentre  era  corrisposto  con  affettuosa 
amicizia ,  al  bene  della  patria  riguardava ,  ed  alla  gloria  di  lui. 
Pertanto  come  affettuoso  patrono  lo  riguardarono  e  amarono  i 
suoi  cittadini  persuasi  della  parte,  che  avea  ben  grande  nelle 
moltissime  ottime  cose ,  che  quell'amantissimo  prìncipe  nelle  sue 
▼ice  regie ,  e  nel  regno  fece  per  la  comune  prosperità  -,  gli  in- 
geg;m  più  chiari  Io  veneraron  mecenate;  le  persone  di  merito 
protettore.  Dei  suoi  studi  al  rifiorimento  della  Sardegna  fu  fatto 
alcun  cenno  nell'articolo  Cagliari  provincia^  §  Agricoltura.  I  so- 
vrani di  Sai^degna  ,  e  i  loro  alti  alleati  consapevoli  dei  sommi 
suoi  menti  l'onoravano  delle  più  nobili  decorazioni.  Carlo  Al- 
berto, in  attestato  dell'alta  sua  stima,  gli  conferiva  la  canea 
già  da  se  onorata  di  gran  mastro  d'artiglieria. 

Grondona  D.  Antonico.  Fece  la  guerra  nel  continente ,  e  poi 
nel  1800  ,  quando  i  tiesini  apertamente  ribellavano  a  danno 
del  feudatario,  ebbe  raccomandata  la  spedizione  (  vedi  notizie 
storiche  )  ;  contro  i  quali  pieni  di  audacia  per  lo  numero ,  e 
trasportati  da  furore  contro  ciò,  che  essi  dicevano  tirannia  feu- 
dale ,  non  solo  si  sostenne ,  ma  emendati  i  gravi  errori  del 
piano  propostogli  ottenne  una  compita  vittoria.  Teneva  dopo 
questo  e  altri  fatti  onorifici  li  governi  di  Alghero  e  di  Sas- 
sari ,  ed  in  questo  spiegando  una  maravigliosa  attività  fece  pro- 
cedere in  meglio  le  cose.  «Dotto  nelle  scienze  militari  sente  pure 
molto  avanti  nelle  naturali,  e  tante  doti  spiccano  più  belle 
nelle  virtù  del  suo  cuore. 

Baille  D.  Lodovico,  membro  dell'  accademia  delle  scienze  di 
Torino,  e  di  più  altre,  segretario  perpetuo,  ed  ora  presidente 
della  reale  società  agraria  ed  economica  di  Cagliari ,  censore 
della  università ,  e  presidente  della  biblioteca.  Fu  uno  dei  primi 
che  abbiano  coltivato  in  Sardegna  con  buon  gusto  la  lettera- 
Dizion*  Geogr.  tee.  Voi.  III.  i3 


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194  CAGLURI 

tura  y  prcrtliisse  yarì  compoiAunenti  poetici  assai  lersi ,  ed  è  so- 
prattutto lodato  per  lo  suo  amoi*e  alle  cose  patrie ,  per  le  sue 
yaste  cognizioni  in  queste  e  nell'  archeologìa  »  intorno  alle 
quali  cose  scrìveva  e  produceva  molte  illustrazioni.  Egli  ha  la 
bella  soddisfazione  di  veder  già  suUe  sue  orine  ben  diretti  non 
pochi  giovani ,  dai  quali  la  patria  spera  assai* 

Caboni  avvocato  Stanislao  dottissimo  nel  dritto  e  nelle  scienze 
economiche,  ed  uno  de'  letterati  superiori.  Dal  concorso  ad  una 
cattedra  di  legge,  nel  quale  avea  brillato  al  pubblico  l'esimio 
merito  del  suo  ingegiv) ,  e  dei  suoi  profondi  studi,  essendo  par* 
tito  senza  premio ,  entiò  nella  carriera  economica  ,  resse  con 
sommo  onore  la  intendenza  generale  del  Regno  ,  in  appresso 
con  pari  merito  di  zelo  e  di  abilità  governò  la  yice*intendenza 
generale  di  Sassari,  ed  ora  tiene  le  veci  del  controllo  genera- 
le. Egli  redigeva  il  giornale  Cagliaiilano  in  beUa  lìngua  con 
molta  copia  di  cognizioni  utilissime  ;  dettava  due  orazioni,  una 
per  D.  Raimondo  Garau,  altra  per  Carlo  Felice  ^  molte  poesìe 
assai  pregiate  da  chi  gusta  il  bello  ;  e  già  intraprese  la  pub- 
blicazione di  Saggi  letterari  e  scienti6ci  con  nel  primo  fasci- 
colo i  Ritratti  poetico-storici  di  alcuni  illustri  sardi.  I  dotti 
bramano  la  continuazione  dei  medesimi,  e  augurano  alla  pa- 
tria dai  suoi  rari  talenti  e  somnia  bontà  di  cuore  maggiori  cose. 

Amat  di  s.  Filippo  noonsignore  arcivescovo  D.  Luigi.  Dopo 
aver  ai^ministrato  con  somma  soddisfazione  del  governo  pon- 
tificio e  dei  popoli  varie  delegazioni,  fra  queste  quella  di  Bo- 
logna ,  andò  nunzio  alla  corte  di  Napoli ,  e  in  appresso  con 
egual  carattere  a  quella  di  Madrid.  Ai  suoi  talenti  nella  diplo- 
mazia è  aggiunto  il  fregio  clie  viene  dalla  letteratura.  Abbiam 
di  lui  una  orazione  latina  per  li  funerali  del  re  Yittorio  Ema- 
nuele celebrati  in  Roma. 

Contessa  Margherita  D.  Carolina  nata  De-Quesada.  Si  rese 
nota  ai  letterati  per  alcuni  scritti,  che  sono  argomento  certo 
dell'alto  ingegno,  e  della  sincera  pietà  di  lei. 

Pes  di  Villamarina  cav.  D.  Emanuele,  luogotenente  gene- 
vaie,  cav.  gran  croce,  e  cav.  di  s.  Luigi  di  Francia.  Fu  paggio 
del  Re  Vittorio  Amedeo.  Impaziente  di  appartenere  alla  milizia 
in  tempo,  in  cui  era  fieramente  minacciata  l'indipendenza  dei 
dominii  Sabaudi,  entrò  giovanissimo  nel  reggimento  Aosta,  com-> 
pagnia  de' granatieri.  In  una  sanguinosa  fazione  valorosamente 


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CAGLURI  195 

combattendo  fu  fatto  prigioniero  dai  repubblicani  di  Francia. 
Divenuto  poi  libero  di  se,  e  rientrato  nel  detto  reggimento, 
da  prode  e  solerte  uffizlale  si  distinse  contro  ì  francesi  nelle 
campagne  degli  anni  i794~9^'96.  In  seguito  alla  presa  d'Ales- 
sandria nel  1799  ^"  prigione  di  guerra  degli  austriaci.  Nelle 
campagne  degli  anni  1799,  ^^o<>9  1801 ,  i8oa,  i8o3  segnalossi 
guerreggiando  sotto  i  vessilli  dell'Austria.  Passò  di  bel  nuovo 
al  servizio  del  Re  di  Sardegna  Vittorio  Emanuele.  Fu  commis- 
sario del  Governo  Sardo  presso  gli  eserciti  austriaci  nella  cam- 
pagna del  i8i5,  e  trovossi  presente  alla  presa  di  Grenoble. 
Venne  quindi  prescelto  a  capo  dello  stato  maggiore  della  di- 
visione di  Torino.  Dal  provvido  Re  felicemente  regnante  fu 
dapprima  eletto  a  consigliere  di  stato,  e  vennegli  quindi  affi- 
data la  somma  degli  importanti  delicatissimi  affari  della  guerra, 
marina,  e  Sardegna.  Che  veramente  egli  è  personaggio  d'in- 
gegno vivacissimo,  dì  rari  moltiplici  talenti,  e  soprattutto  di 
una  maravigliosa  attività  a  farli  tutti  valere.  Dallo  studio  delle 
dottrine  tattiche  non  avendo  disgiunto  lo  studio  dell'  altre  scienze 
di  puM>lica  utibtà ,  specialmente  delle  economiche ,  ebbe  la  ri- 
putazione cosi  di  militare  peritissimo,  come  di  abile  uomo  di 
stato.  Confermava  la  prima  con  una  molto  applaudita  teoria 
militare,  e  l'altra  con  la  sapienza,  onde  conduce  le  cose  al 
bene  della  patria  nell'altissima  dignità,  cui  lo  innalzava  il  sag- 
gio Monarca. 

Materiale  della  città  di  Cagliari.  Che  in  alcun  tempo  sia 
stata  Cagliari  all'intutto  dis£itta  e  ridotta  a  diserto  è  contro  la 
verità  storica.  Perchè  errava  il  Fara  in  asserendone  il  primo 
eccidio  da  T.  Sempr.  Gracco  Cons. ,  l'altro  dopo  molte  furiose 
oppugnazioni  sotto  Fariete  di  diverse  schiatte  di  barbari.  Non 
posso  però  non  consentire  nel  suo  diminuimento  ad  una  par- 
ticella della  superficie ,  che  copriva  coi  suoi  edifizi  in  quello 
che  correvano  i  meno  infelici  tempi  della  dominazione  romana: 
che  anzi  emmi  certo  che  la  Cagliari  ,  dove  Musatto  avevasi 
fondato  il  trono ,  era  una  meschina  cosa  *,  comecché  non  la  sap- 
pia designare  nei  veri  limiti.  A  ragionar  però'  da  quello  ap- 
parve ne'  succeduti  tempi  era  la  popolazione  ristretta  dove  og- 
gidì è  Stampace  col  borgo  comprendendovi  le  chiese  di  S.  Pie- 
tro ,  e  di  S.  Paolo.  La  parte  rassicurata  con  mura  e  torri  erano 
le  isole  che  si  appoggiano  sulla  strada  di  S.  Michele ,  e  mezza 


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196  CAGLURI 

quella  chft  si  distende  dalla  torre  e  porta  Scala  (antico  ingresso 
nella  città  dall' interno)  alla  piazza  S.  Carlo  ,  dove  é  ancora 
veduta  l'imposta  dell'arco  della  porta  al  mare  ,  denominata 
dall'Angelo,  a^  cui  nella  solennità  degli  Angeli  custodi  il  clero 
parrocchiale  ,  come  costumano  fare  il  capitolo  alla  porta  Leo- 
nina ,  la  comunità  di  Yillanova  alla  porta  ^di  questo  nome  ,  e 
la  comunità  di  Lapola  a  S.  Elmo  presso  la  porta  del  Molo , 
suole  andare  a  supplicazione  composto visK  un  aitar  temporario. 
La  rimanente  circoscrizione  può  essere  facilmente  riconosciuta. 
Nella  età  dell' Arquer  (intorno  al  i54o)  sussisteva  ancora  parte 
della  cinta  ,  e  nella  sua  topografia  di  Cagliari  è  segnata  quella 
che  coDgiungeva  le  anzinotate  due  porte.  Entro  queste  mura 
parve  ad  alcuno  fosse  contenuta  la  chiesa  maggiore  col  seggio 
arcivescovile ,  e  gli  furon  indizio  due  medaglioni  scopertisi  non 
lungi  dalla  porta  dell'Angelo,  rappresentanti  in  lavoro  mosaico  , 
uno  Gesù  Cristo,  altro  la  sua  madre.  Il  nome  di  Stampace  ,  che 
ebbe  questa  parte  dell'antica  Cagliari ,  venne  dai  pisani ,  nella 
ciu  città  troviamo  un  rione  ed  un  baluardo  cosi  appellati. 

Villa  di  S.  Igìa.  La  giacitura  del  borgo  e  castello  di  S.  Igia, 
o  Gilla,  cosi  deve  essere  determinata ,  che  da  ponente  toccasse 
lo  stagno ,  da  levante  si  estendesse  sino  nella  linea  della  strada 
a  Fangario  e  contrada  del  borgo  esistente  ,  verso  austro  alle 
spalle  dell'attuale  chiesa  di  S.  Avendrace,  verso  il  tramontano 
a  non  più  di  quattrocento  metri  in  là  delle  ultime  case  di 
questo  borgo.  Intra  questi  limti  è  da  vedere  molte  fondamenta, 
e  siffatti  materiali ,  che  attestano  qualche  magnificenza.  Il  sito 
dell'antica  chiesa  principale  è  ben  accertato.  Era  denominata 
da  S.  Maria  de  Giusi ,  uffiziata  da  canonici  ,  e  onorata  dalla 
frequentissima  residenza  dell'arcivescovo.  La  popolazione  era 
difesa  da  forti  mura ,  ed  a  più  fermezza  era  stato  erettovi  un 
castello,  che  divenne  famoso  nelle  guerre ,  e  fu  sempre  dove 
andava  a  tempestare  il  nemico  ,  f  sì  consumava  ogni  violenza 
dì  guerra.  Non  sono  molti  anni  che  ne  apparivano  le  fonda- 
menta. I  coltivatori  le  hanno  già  disciolte.  In  questo  sito  forti- 
ficato si  riuniva  col  regolo  della  provincia  quanto  era  nella  me- 
desima di  persone  illustri  e  potenti.  In  caso  d'una  repentina 
irruzione  era  il  comodo  dì  evadere  per  l'acque  dello  stagno 
o  alla  vicina  isoletta  ,  o  più  in  là.  Non  pare  che  la  distru- 
zione del  castello  e  delle   mura    (Y.  not.   stor.  sulla  fine  del 


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CAGLIARI  197 

secolo  xm)  portasse  un  totale  esterminio  degli  abitanti.  D.  Al- 
fonso quando  conquistava  Cagliari  ritrovava  in  S.  Gilla  una 
piccola  popolazione  ,  e  noi  la  possiamo  st'unare  tuttora  sussi- 
stente nel  borgo  di  S.  Avendrace  ,  avvicinatesi  le  case  a  pie 
dell'antica  necropoli. 

CastdlO'Casiro  y  o  Castel  di  Cagliari.  Si  edificava  questa 
magnifica  rocca  dall' architetto  Fratino.  La  circonferenza  su 
li  dati  dei  residui  delle  mura  si  può  calcolare  di  metri  i35o. 
La  irregolar  figura  riguardati  solo  gli  angoli  principali  salienti 
può  ridursi  alle  trapezoidi  -,  di  cui  il  lato  maggiore  protendesi 
quasi  sotto  il  meridiano  sul  ciglio  della  rupe  ;  il  lato  contro 
libeccio  dall'angolo  del  pozzo  (nel  bastione  di  S.  Remigio  ) 
alla  torre  dell'elefante,  linea  piuttosto  curva  che'  retta,  egua- 
gliasi a  cinque  '  quattordicesimi  del  primo  lato  -,  quello  contro 
ponente  da  questa  torre  alla  gola  del  baluardo  di  S.  Giovanni 
a  sei  quattordicesimi;  l' estremo  ,  che  è  una  spezzata  ,  incontro 
a  maestro-tramontana  di  altri  cinque.  Presentemente  la  mag-* 
gior  lunghezza  può  essere  rappresentata  da  metri  55o,  la  lar- 
ghezza di  200;  nella  pendice  a  ponente  con  le  altezze  di  li- 
vello negli  angoli  sulla  linea  maggiore  72,00  presso  S.  Catte- 
rina  -,  98,82  alla  torre  di  S.  Brancazio  ,  che  ottiene  su  questi 
altri  metri  35,07,  negli  altri  due  tra  le  linee  minori  ;  57,16  a 
pie  della  torre  dell'elefante ,  che  sorge  ad  altri  27,49  ;  e  69,09 
al  balijardo  di  S.  Giovanni.  La  pendice  di  levante  fu  tagliata 
tutta  e  in  modo  che  restaron  le  rupi  verticali  con  profondità 
di  circa  metri  3o  quanti  se  ne  inism'ano  dal  piano  deUa  cat- 
tedrale al  fosso.  La  linea  delle  mura  contro  levante  apparisce 
sinora  quasi  tutta  col  rivestimento  solito  delle  costruzioni  dei 
pisani  senza  scarpa  e  con  riseghe.  Nel  fossario  e  in  parte  del- 
l'edifizio  attiguo  alla  cattedrale  sono  essi  visibili  e  vi  si  no- 
tano l'arine  pisane.  La  linea  contro  libeccio  e  presso  che  in- 
tera e  rìc#noscesi  entra  la  casa  degli  scolopi  ,  nel  successivo 
cortile  ,  e  nel  muro  intemo  del  teatro.  Dell'altra  eccetto  un 
pezzo  che  tocca  la  torre  dell'elefante ,  il  resto  fu  disfatto  dagli 
spagnuoli  nell'erezione  delle  nuove  opere  di  difesa  in  architet- 
tura accomodata  alle  artiglierie.  L'ultima  è  sussistente  nella 
metà  alla  torre  di  S.  Brancazio.  Il  .rivestimento  delle  medesime 
era  allo  zoccolo  di  pietre  calcaree  spesso  bugnate  non  sempre 
a  ordini  regolari  ;  agli  strati  superiori  di  certe  roccie  che  sono 


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198  CAGLIARI 

una  breccia  o  di  arene ,  o  di  ghiaja  y  o  di  questa  e  conchiglie , 

0  del  tufo  comune. 

A  diseguali  tratti  erano  le  mura  divise  da  toni,  ^ui  roton- 
de y  qual  vedesi  presso  a  quella  di  S.  Brancazio ,  in  una  delle 
quali  passa  la  linea  magistrale  della  fortificazione  attuale  ,  là 
quadrate  ,  come  pare  vederne  una  nell'angolo  ad  austro ,  e  al- 
tre superiormente.  Ve  n'eran  pure  polìgone  ,  e  quella  che  sta 
alle  spalle  del  monistero  di  S.  Lucia  quasi  in  tutta  sua  inte- 
grità conservati  pure  i  merli.  Nella  parte  contro  libeccio  co* 
noscesi  una  torricciuola  ,  sotto  la  porterà  del  collegio  degli  sco- 
lopi.  Grandissima  di  tutte  nel  principio  costruivasi  la  torre  del- 
l'aquila per  una  valida  difesa  della  porta  con  saracinesca ,  su 
cui  sorge  va.  In  appresso  Giovanni  Capula  levava  le  due  magnifi- 
che torri  di  S.  Brancazio  (nell'anno  i3o5  )  e  dell' Elefieuite 
(  1307).  La  costruzione  di  queste  rassomiglia  a  quella  delle 
mura  e  della  torre  dell'aquila  ,  ma  assai  distinguesi  per  una 
maravigliosa  precisione  del  lavoro.  Nelle  faccie  e  nei  fianchi 
sono  vestite  d'un  calcareo  cosi  compatto ,  che  alcuno  lo  scam- 
biava nel  marmo  ,  nelle  spalle  con  tufo.  Sulla  cima  hanno 
ambe  la  vedetta  ,  e  da  quella  che  spunta  sopra  S.  Brancazio, 
dove  teneansi  già  degli  speculatori  a  vedere  i  legni  che  si  pre- 
sentassero nel  porto ,  apresi  per  ovunque  volgasi  l' occhio 
una  infinita  mirabile  scena  indescrivibile.  Negli  ultimi  ordini 
sporgono  dei  medaglioni  per  lo  ballatojo. 

Sin  dal  1264  erasi  edificata  nel  castello  una  darsena  (  tar- 
sena  castri)  siccome  ne  dice  una  iscrizione  ritrovatasi  nel  di- 
sfacimento del  campanile  della  parrocchia  di  Stampace  (i).  In 
qual  parte  del  castello  fosse  stata  disegnata  non  è  che  ce  l'in- 
dichi. Per  avventura  avria  potuto  essere  stata  nell'istesso  sito, 

(i)  Fu  questa  iscrizione  commentata  dal  chiarissimo  cavc^ 
liere  Baille ,  e  sinora  non  pubblicata.  Nella  quale  notato  V  ori- 
gine araba  di  questo  vocabolo ,  che  nella  lingua  sarda  intro^ 
dussero  i  saraceni  dominatori  ^  e  proposto  i  due  significati  di 
conserva  d^  arme ,  e  di  fabbrica  di  cose  navali ,  afferma  debba 
intendersi  nel  primo  modo.  In  che  mentre  facilmente  condiscenda 
terrò  per  certo  che  governando  Musatto ,  cui  ogn^  iu)m  sa  es- 
sere  stato  molto  pratico  delle  cose  di  mare ,  aver  amato  il  cor- 
seggiare ,  e  stato  pure  sia  in  Cagliari  un  laboratorio  di  navi. 


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CAGLIARI  199 

dov'  era  T  armeria  nel  tempo  degli  spagnuoli ,  e  notava  l'Àrquer 
la  torre  delle  munizioni  da  guerra.  DafUa  parte  contro  ostl-o- 
libeccio,  onde  poteva  entrarsi  nel  castello,  erano  quattro  or- 
dini di  mura  con  quattro  porte  ,  per  li  quali  erano  formate 
cinque  rampe  e  V  ultima  più  breve  delle  precedenti ,  le  quali 
ancora  appariscono  quasi  intere.  La  linea  esterna  e  maggiore  di» 
stendeasi  da  presso  Porta- Villanova  in  là  di  s.  Catterina  mar- 
tire ',  la  seconda  nella  projezione  della  faccia  maggiore  del  ba- 
luardo dello  Sperone-,  la  terza  per  la  cortina  ,  tra  il  prece- 
dente e  il  bastione  del  Balice  ,  i  cui  materiali  sono  stati  ado- 
prati  a  formar  parte  di  questa,  come  è  veduto  neUa  porta  di 
Castello,  tra  i  quali  osservandosi  sopra  questa  porta  due  teste 
di  leoni ,  onde  prendea  cognome  la  porta  Leonina  ,  non  pare 
sia  gran  temerità  qui  fissare-  la  medesima  ;  la  quarta  sussiste 
tuttora  e  maschera  la  porta  dell'aquila. 

Dalla  parte  di  s.  Brancazio  erano  tre  ordini  di  mura  eon  tre 
porte ,  il  primo  separava  la  torre  dal  popolato  ,  il  secondo  ser- 
viva di  primD  antemurale  alla  toire,  il  terzo  più  in  là  di  al- 
tra difesa* 

Costrutto  il  castello ,  l'Arcivescovo  vi  ebbe  alloggio  presso  la 
piccola  chiesa  di  s.  Cecilia  ;  e  divenuti  padroni  i  pisani  nel  1 3 1 3 , 
cominciossi  a  edificarvisi  la  cattedrale  presso  s.  Cecilia  ,  il  cui 
nome  prevalse  nell'uso  a  quello  di  N.  D.  cui  fu  dedicata  dagli 
aragonesi.  Fu  disegnata  secondo  lo  stile  architettonico  di  quei 
tempi,  e  da  alcuni  residui  é  permesso  dire  con  maestria  som- 
ma. Mediocre  era  la  grandezza,  quanta  si  vede:  due  ordini  di 
colonne  formavano  nel  piede  della  crociera  tre  navate  -,  ed  un 
pulpito  di  qualche  pregio  per  l'arte  ,  ma  di  misure  maggiori 
che  permettesse  la  proporzione  ,  era  sospeso  su  colonne  spi- 
rali sedenti  (  o  bella  cosa  !  )  sopra  il  dorso  di  quattro  leoni  gi- 
ganti. Il  tetto  era  a  legname  con  ben  intesa  travatura,  e  que- 
sto minacciando  ruina  fu  cagione  che  D.  Pietro  Vico  arcivescovo 
di  Cagliari  facesse  distruggere  1'  edìfizio^  per  piantarne  un  nuovo 
con  miglior  disegno ,  se  cosi  fosse  ;  il  quale  si  cominciava  a 
fondare  addi  22  novembre  1669  per  un  uomo  del  genovesato 
Mastro  Domenico  ....  Si  accrebbero  i  materiali  dalle  due  brac- 
cie  dell'antica  chiesa  basilica  di  s.  Saturnino. 

Castello  (U  s,  MicJiele.  Fabbricava  si  dai  pisani  sulla  emi- 
nenza a  settentrione  delia  città  nel  sito   dove  erano  sin  allora 


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20O  CAGLIARI 

vissuti  dei  certosini.  È  quadrato  con  torri  simili ,  ma  disugnali 
ai  tre  angoli  in  libeccio,  sirocco,  e  greco.  Il  perimetro  somma 
a  metri  i44*  I^^U^  prima  capitolazione  dei  pisani  vi  si  allog- 
giarono gli  aragonesi.  Raimondo  Peralta  preposto  alle  cose  di 
guerra  fecelo  foitificare,  quando  parve  imminente  nuova  ten* 
zone  con  gli  antichi  possessori.  Ottenevalo  poscia  Berengario 
Carros  obbligato  a  ben  munirlo.  In  progresso  adattavasi  alle 
nuove  armi  9  e  formavansi  i  rampari^  nei  quali  potevano  agire 
pochi  cannoni ,  scavato  il  fosso  intorno  e  prodottolo  da  una 
parte  contro  ponente  con  muro  posto  sul  ciglio  interno  a  im- 
pedire il  nemico  di  vedere  i  lati  di  pon.  e  tramant.;  da  altra 
contro  il  levante  a  nuovo  ostacolo  per  passare  al  lato  di  levante 
sulla  piazza  d'arme  in  forma  di  piccol  campo ,  senza  il  fosso 
era  negli  altri  lati  salvo  1'  australe  una  cinta  che  si  attaccava 
agli  angoli  delle  spalle  delle  due  torri  a  libeccio  e  sirocco. 
La  porta  era  nel  lato  a  levante  con  ponte  e  saracinesca.  Solo 
dalla  parte  a  mezzogiorno  poteva  il  castello  essere  battuto ,  e 
da  questa  esso  teneva  tre  cannoniere  alla  cortina.  I  Carros  vi 
dimoravano  spesso ,  essi  ritornati  in  Spagna  non  si  ebbe  molta 
cura  di  conservarlo.  Presentemente  é  abbandonato ,  lasciati  den- 
tro città  gli  invalidi,  che  nell' addietro  vi  avean  caseiina. 

Era  un  borgo  sotto  questa  rocca ,  ed  il  cavaliere  Baille  cre-« 
delo  appellato  Calamatìas. 

Bagnata.  Porto  e  boi^o  di  Cagliari  nei  secoli  di  mezzo,  e 
negli  anteriori  estrema  parte  della  città ,  sotto  la  necropoli 
australe.  Vi  erano  le  dogane  ,  e  si  esercitava  il  principal  traf- 
fico degli  isolani  con  gli  esteri.  Sedeanvi  il  Camerlingo  del  poi> 
to  j  i  consoli  del  commercio  ,  i  giurati ,  i  sensali ,  altre  per- 
sone necessarie  in  queste  bisogne  ,  e  certo  numero  di  uomini 
per  la  forza.  In  esso  si  accumulavano  si  gli  articoli  da  espor- 
tarsi ,  cereali,  formaggi  ,  lane  grezze  e  lavorate ,  e  altre  non 
poche  derrate  compreso  il  prodotto  delle  miniere  ;  come  le 
merci  estere  ai  bisogni ,  comodi ,  e  al  lusso ,  qual  fosse ,  delle 
popolazioni  dell'isola.  La  strada  principale  la  ruga  dei  mer^ 
canU  era  fiancheggiata  da  ricchi  fondachi.  Era  stata  erettavi 
in  parrocchia  la  chiesa  poi  denominata  da  s.  Bardilio  ,  e  in 
addietro  dalla  SS.  Trinità  sotto  la  invocazione  della  Vergine  del 
Porto  delle  grotte  (  caverne  sepolcrali  (  V.  Necropoli  cagl,  ) , 
cui  si  festeggiala    nella  memoria  della  sua   annunciazione  con 


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GAGLURI  20 1 

grande  luminaria  in  cera  dal  prodotto  d'  un  tenue  dritto  su  i 
bastimenti  secondo  che  fossero  capevoli.  Le  quali  cose  ed  al- 
tre sono  dedotte  dal  Breve  portus  caraUtani  progettato  in  Ca- 
gliari, ed  emendato  in  Pisa  Tanno  iSiS,  che  il  chiarissimo 
cavaliere  Baille  estrasse  dall'archivio  Roncioni  di  Pisa,  dove  è 
dì  notare  le  cose  della  vendita  e  compra,  e  come  allora  fosse 
più  attivo  uno  ed  altro  commercio. 

Venuti  gli  aragonesi,  e  non  tolto  per  li  patti  il  castello,  il 
sobborgo  di  Stampace,  e  la  Villanova  ai  pisani,  continuò  la 
frequenza  in  questo  poito,  ma  non  per  molto.  Che  come  i 
nuovi  signori  dissero  ai  pisani  di  volere  a  se  le  loro  case  di 
Cagliari,  fu  abbandonato ,  e  quello  abitato  che  costoro  si  ave- 
vano formato  alla  falda  dello  stesso  castello  in  Lapola,  come 
si  voUe  dal  re  D.  Jacopo  nel  diploma  di  erezione  della  città 
di  Cagliari  in  colonia  aragonese. 

ViUano\fa^  Comincia  a  comparir  nella  storia  alla  invasione 
degli  aragonesi.  Non  pare  sia  stata  murata  avvenga  che  si  no- 
tino due  porte,  una  detta  Romeri,  cb^  pone  in  corrispondenza 
la  contrada  deis  Jrgiòlas  con  s.  Domenico-,  altra  Cabànias 
presso  s.  Cesello,  onde  si  usciva  dalla  strada  di  s.  Giovanni. 
Questa  è  ben  indicata  nella  topografia  delTArquer  con  ai  due 
fianchi  un  piccol  tratto  di  muro.  Sarebbe  essa  di  antichità  su- 
periore al  medio  evo?  Le  abitazioni  si  distendevano  lungo  la 
falda  orientale  del  castello  con  quattro  contrade  maggiori*  U 
nome  della  odierna  principal  contrada  deis  jérgiòlas  ci  awba 
che  ivi  era  campo  raso,  e  accomodato  alle  aie.  In  tempi  po- 
steriori è  riconosciutovi  un  vico  cosi  denominato,  che  sarebbe 
di  quelle  isole,  che  sono  prossime  a  s.  Lucifero,  ed  altro  ap- 
pellato di  Gèsus,  o  di  Orta,  presso  l'antico  convento  degli  o^ 
servanti,  oggi  chiuso  tra  i  rampari  del  rivellino  di  Porta^Ge- 
sus,  e  riformato  alla  fabbrica  dei  tabaccbi* 

Bonaria  9  villa  e  castello.  Mei  1824  convenutosi  nelle  con- 
dizioni scambievoli,  siccome  il  Castel  di  Cagliari  si  ritenea  dai 
pisani,  D.  Alfonso  ordinava,  che  intorno  al  campo,  ove  erasi 
attendato  il  suo  esercito  sul  colle  di  Bagnara  si  tirasse  una 
muraglia,  0  dentro  si  edificassero  abitazioni,  perchè  vi  risie- 
desse il  supremo  governator  del  regno ,  e  stanziasse  V  armata. 
Quindi  formavasi  una  popolazione  in  certa  foggia  di  città  con-^ 
simile,  come  immaginavano,  a  Barcellona,  e  tosto  si  edificava 


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IO)  CAGLURI 

una  chiesa  parrocchiale,  dedicata  essa  pure  alla  Trinità.  Ebbe 

Bonaria  i  privilegi  di  città  nel  i3a5,  e  l'onore  di  dominante. 

Lapolay  volgarmente  la  Marina.  Occupato  il  Castello  e  lo 
Stampace  dagli  aragonesi  mentre  si  intese  ad  ampliare  di  van- 
taggio la  città  fu  permesso  ai  sardi  di  poter  formare  delle  abi- 
tazioni tra  il  castello  e  il  mare,  e  vivervi  mescolati  a' domi- 
natori. Gli  edifizi  furono  prima  disegnati  presso  alla  sponda, 
e  nell'età  dell' Arquer  erano  tuttora  nude  le  rupi  dalle  mura 
del  castello  alla  linea  da  Porta-Villanova  a  Porta-Stampace 
guidata  secondo  la  presente  strada  della  Costa. 

Spogliati  i  pisani  del  porto  di  Bagnara  ne  formavano  un  al- 
tro alle  sponde  di  Lapola  stringendo  non  piccolo  spazio  me- 
diante una  palizzata  in  forma  di  due  archi  appoggiantisi  uno 
al  torrione,  dove  oggidì  il  baluardo  di  s.  Agostino,  l'altro  al 
torrione  detto  di  Levante ,  dove  è  il  bastion  della  darsena , 
sortendo  dalla  corda  del  lido  in  mo'  di  freccia  un  ponte  per 
avventura  nella  lingua  dove  è  la  dogana,  la  caserma,  il  ba- 
gna, il  fortino  di  s.  Vincenzo  col  piccol  molo,  che  è  uno  delle 
braccie  dell'attuale  porto ,  o  darsena. 

Il  y.  R.  di  Castel-Rodrigo  a  togliere  l' inconvenienza  di  man« 
dare  la  squadra  sarda  a  svernare  ne)  porto  di  Genova  formava 
il  suindicato  porto,  e  guerniva  in  sua  difesa  il  fortino. 

Fortificazioni  aragonesi.  Primo  pensiero  dei  novelli  signori 
fu  di  fortificar  bene  la  conquistata  città.  Concedevasi  (anno 
1837)  all'università  di  Cagliari,  e  più  volte  poi  si  ratificava, 
il  privilegio  di  imporre  delle  gravezze  sopra  le  merci  e  vittua- 
glie  per  aver  dei  mezzi  alla  costruzione  di  nuove  muraglie  :  e 
finalmente  nel  diploma  8  agosto  1874  ordinavasi  si  impiegasse 
il  trìente  di  quanto  ritornava  dalle  imposizioni  specialmente 
nella  edificazione  delle  mura  di  Lapola ,  in  cui  spesso  incorre- 
vano gli  arboresi.  Vi  ha  qualche  ragione  per  credere ,  che  non 
si  compissero  le  opere  comandate  prima  che  venisse  la  ne- 
cessità di  adoperare  nelle  difese  quel  genere  di  costruzione , 
«he  domandavano  le  artiglierie. 

Fortificazioni  spOgnuole,  Solo  verso  il  1470  cominciossi  nella 
Sardegna  a  usare  le  artni  da  fuoco;  nel  quale  il  Y.  R.  Carros 
domandava  alcuni  cannoni  dal  govemator  del  Logudoro  per 
battere  le  rocche  del  marchese  d'Oristano  Leonardo  d'Alago- 
ne.    È   però  anche  posteriore  a  tal  epoca  la  recente    militare 


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CÀGLiÀllI  ao3 

architettura:  che  se  i  grandi  baluardi  si  comiodaroBo  a  edifi- 
care Bon  prima  del  i45o  ia  paesi  militari ,  nella  trascurata  ca- 
pitale della  Sardegna  certo  assai  più  tardi.  £  nei  primi  pare 
siano  stati  i  bastioni  delle  porte  di  Villanova,  e  dello  Stam* 
pace ,  li  quali  non  entrano ,  che  con  violenza  nel  piano  delle 
altre  fortificazioni.  Surto  Carlo  V  al  trono  e  levatisi  contro  la 
Francia  e  la  Turchia  apparve  la  necessita  di  fondare  dei  va- 
Udi  propugnacoli ,  che  si  perfezionavano  poi  dal  suo  figlio  Fi- 
lippo IL  II  principal  disegno  fu  di  assicurare  il  castello  in 
guisa  d'  una  cittadella.  ^A  ciò  veduto  dover  conferire  il  fortifi- 
camento di  Lapola  si  venne  poi  in  sul  fatto,  e  poco  prima 
che  scrivesse  il  Fara  recavasi  a. fine.  Dalla  iscrizione  del  ba- 
luardo di  8.  Giovanni  (  volgarmente  di  s.  Croce  )  apprendiauio 
essersi  il  medesimo  compito  nel  i568  dagli  ingegneri  Rocco 
Capellino  e  Antonio  Mazzolino ,  tenendo  il  viccregno  D.  Alvaro 
di  Madrigal,  il  quale  nella  stessa  lapida  è  lodato  per  lo  stù- 
dio in  fortificar  Cagliari  cosi  in  questo  come  in  altri  baluardi. 
Lo  stesso  y.  R.  era  notato  nel  marmo  che  vedeasi  sulla  porta 
di  \illanova. 

Nella  parte  di  levante  non  si  stimò  importare  alcun  lavoro 
ad  aggiungere  fortificazione  d'arte  alla  naturale,  e  solo  verso 
la  metà  del  secolo  xvn  D.  Diego  d'Aragal  fabbricava  il  piccol 
bastione  del  palazzo,  col  quale  si  avevano  già  sedici  punti  di 
propugnazione  ,  non  però  tutti  baluardi ,  come  diceali  il  Cana- 
les  de  Vega  nella  sua  relazione  della  invasione  dell'  Harcourt. 
Circa  la  quale  nobile  epoca  forse  per  le  avvertenze  poste  nella 
icnografia  della  piazza  da  D.  Antonio  Quintana  cavaliere  assai 
intendente  della  architettura  militare  nella  visita  fatta  pel  ge- 
nerale D.  Melchiorre  De -Borgia,  furono  fatte  le  appendici  dei 
bassi  fianchi  ai  maggiori  baluardi  del  castello ,  Porta-Villanova, 
Balice,  s.  Giovanni,  s.  Brancazio,  della  controguardia  a  s.  Gio- 
vanni, della  falsa  braga  da  questo  al  torrione  di  Porta-Cristi- 
na, con  l'altre  opere  alla  difesa  di  s.  Brancazio. 

La  robusta  costruzione  spagnuola  é  rimarchevole  inverso  la 
recente  ,  e  pare  che  le  opere  novelle  spariranno  in  breve  su- 
perstiti a  più  lunga  durazìone  le  antiche. 
.  FortificoAÌoni  novelle  sotto  i  Reali  di  Soi^oja.  Il  re  Vittorio 
Amedeo  dedicata  a  meglio  fortificare  la  città  una  gra^  somma 
di  danaro  riscossa  dal  governo  spagnuolo  in  compenso  dei  cau« 


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2o4  CAGLURI 

noni  di  bronzo  ,  onde  era  stata  spogliata  la  rocca  cagliaritana, 
e  nel  lato  orientale  del  castello  edificava  tre  baluardi  di  diversa 
grandezza ,  cui  non  mirerà  mai  alcun  aggressore ,  e  formava 
per  tutta  la  linea  di  levante  dal  mare  alla  porta  avanzata  la 
strada  coperta  con  le  opere  solite ,  aggiungendo  eguali  opere 
al  Iato  occidentale  della  Marina.  L'  opera  più  dispendiosa  fu 
sulla  sommità  del  colle  dalla  parte  di  s.  Lorenzo ,  dove  è  il 
vero  punto  di  attacco  contro  il  castello ,  e  sul  disegno  del  De- 
vincenti formavasi  un'opera  a  corno  in  gran  parte  intagliata 
nelle  rupi  fu  appoggiata  alla  freccia  spagnuola ,  e  cinta  delle 
solite  opere.  Rinforza  vasi  pure  la  linea  della  sponda  ,  ma  con 
poco  saggio  consiglio  a  rivestire  alcune  faccie  e  fianchi  di  ba- 
stioni fu  scelta  una  dura  pietra  calcarea.  Finalmente  dopo  la 
invasione  del  Truguet  furon  permesse  alcune  costruzioni  sul 
Monvolpino ,  sul  promontorio  di  s.  Elia  ,  e  in  qualche  punti  del 
littorale. 

Particolarizzazione  delle  opere  di  difesa  di  Cagliari. 

X'  opera  a  corno  di  Pòrta^Reale  tiene  i  due  bastioni  nomi- 
nati uno  dal  B.  Emanuele  faccia  a  s.  Lorenzo  metri  70 ,  fianco 
37 ,  in  linea  di  difesa  180  ;  altra  face,  al  ciglio  delle  rupi  sulla 
passeggiata  della  polveriera  metri  81  ,  altezze  sul  livello  ma- 
rino del  fosso  e  del  parapetto  (  e  distingui  sempre  cosi  i  due 
numeri  notati  )  aU'  ang.  fiancheggiato  92,98 ,  e  98,98. 

Il  bastione  di  s.  Filippo,  face,  sull'anfiteatro  romano  (sulla 
cui  estrema  prec'mzione  siede  lo  spalto  )  80 ,  fianc.  37  ,  nella 
dif.  190:  altra  face.  48,  fianc.  14,  nella  dif.  dal  torrione  di 
Porta-Cristina  380. 

Dentro  quest'opera  è  il  baluardo  di  s.  Brancazio  in  forma 
di  tanaglia  con  lato  a  s.  Filippo  70,  nella  dif.  dal  detto  tor- 
rione 168  ,  con  l'appendice  d'  un  basso  fianco  a  orecchione  , 
in  cui  è  mascherata  l'antica  porta  della  cosi  detta  cittadella 
(  quest'  ìstesso  baluardo  ).  Il  primo  lato  dell'  angolo  rientrante 
40 ,  il  secondo  che  domina  il  B.  Emanuele  56.  Il  fosso  é  d'un 
gran  lavoro  a  89,43  dal  livello  del  mare.  Il  parap.  all'  ang. 
della  spalla  a  Porta-Cristina  è  a  101,84,  all' ang.  rientrante 
della  tanaglia  112,80. 

Nella  cortina  quindi  al  torrione  più  volte  mentovato  fu  aperta 
Porta-Cidstina. 

Torrione.  Questo  è  dell'antica  fortificazione  pisana.  Batte  pure 


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CAGLURI  !io5 

«ul  fianco  dì  s.  Giovanni  a  metri  138,  altezze  8i,6g  e  99,75. 
Sotto  questa  torre  concorrono  due  lìnee  dì  mura  variamente 
spezzate  con  lo  spalto  sul  ciglio  del  fosso  di  s.  Andrea.  Indi 
a  s.  Filippo  figura  una  cortina  nella  quale  è  un  angolo  sa- 
liente onde  sono  due  linee  di  difesa ,  la  prima  di  sovrappiù 
alla  faccia  a  libeccio  dì  s.  Filippo  ,  la  seconda  a  s.  Giovanni , 
con  una  falsa  braga;  l'altra  spezzata  a  questo  baluardo  figura 
una  consimil  opera  sovrapposta. 

Baluardo  di  s,  Giovanni,  Face,  a  campagna  64)50 ,  con  fianco 
a  orecch.  36,  n^lla  dif.  210.  Face,  a  Stampace  74 9  nella  spez- 
zata di  dif.  265  -H  40  9  ^^^  basso  fianco.  Altezza  all'ang.  fianc. 
47969  e  80  :  nell'  ang.  della  spalla  al  Balice  4^)69  y  ^  ^y^9' 
La  controguardia  è  alta  dal  fosso  6  9  da  fuori  11. 

Da  questo  baluardo  alla  torre  dell'Elefante  a  metri  ioa,  la  cor- 
tina formasi  in  un  dente  con  fianco  28^^  ad  accorciar  la  difesa  al 

Baluardo  del  Bàlice,  Face,  a  Stampace  989  con  fianco  a  orecch. 
!27  (  in  cui  é  una  porticina  donde  per  due  rampe  una  sopra  9 
V  altra  alla  faccia  del  basso-fianco  si  discende  in  Stampace  ), 
nella  difesa^ dal  dente  100.  Face,  alla  Marina  4^9  con  orecch. 
curvilineo  'i^y  nella  spezzata  di  difesa  14^  -h  44-  Altezze  all'ang. 
della  spalla  verso  il  dente  dell'Elefante  sopra  la  rampa  38,5o 
e  57,36,  all'ang.  fian.  ^4960  e  54916,  all'  orecch.  curv.  44  ^  549 16. 

Bastione  dello  Sperone,  Face,  alla  Marina  739  con  orecch. 
curv.  20  che  maschera  la  porta  Leonina  ,  o  Castello,  nella  dif. 
193.  Face,  alla  Yillanova  a5,  con  orecch.  19,  nella  difesa  dal 
prossimo  &porgimento  della  stessa  magistrale  489  che  lo  svi- 
luppo fu  impedito  dal  bastione  sottoposto  della  zecca.  Altezze 
del  fosso  all'  orecch.  curv.  56 ,  all'  ang.  fianch.  4^,09  ,  del 
parap.  66.  Su  questo  sorge  il  bastione  di  s.  Remigio  metri  6. 

Bastione  della  Zécca  o  di  Porta^Villanova.  Unica  face* con- 
tro Villanova  84  9  col  fianco  ad  austro  33 ,  e  basso-fianco  nella 
difesa  aoo,  dal  bastione  di  Monferrato;  altro  fianco  a  tram. 
3o  con  basso-fianco.  Altezze  all'  ang.  della  spalla  presso  Poi^ 
ta- Villanova  38,89  9  all'  altr' omologo  4?  9^^  9  ^^^  parap.  oriz- 
zontale 58. 

Gran  baluardo  del  palazzo.  Face.  87,  fian.  289  nella  spetr 
zata  di  difesa  dal  precedente  2!io  -1-  4^  \  ^l^ra  fac.  94  9  fian. 
3o,  neUa  consimile  dif.  dal  susseguente  ^54  -h  a6.  Altezze  al 
primo  angolo  di  spalla  57,05,  all'altro  omologo  64913,  nelpa- 


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ao6  GAGLURI 

rap.  omaoBtate  70.  Sopra  questo  ìd  propria  ntuazione  d'un  ca*- 
valiere  sof^e  a  metri  9  l'antico  bastione  del  palazzo  con  faccie 
quasi  eguali  i3,  fianc.  ad  ausùo   11,  a  tramontana  22. 

Bastione  Si  Carlo.  Face.  ^S  ,  fìanc.  a  oreccb.  4^  9  nella  spez- 
iata di  difesa  dal  prec.  166  -h  60.  Altra  face.  5o ,  fianc.  25, 
nella  dif.  i34«  AJkezze,  all'ang.  di  spalla  ad  austro  71,4^  9  ^^^ 
Tomologo  72,92,  nel  parapetto  orizzontale  75,45. 

Bastione  del  Beato  Amedeo.  Face.  37,  fianc.  19,  nella  dif. 
dalK antecedente  :23.  Altra  face.  23,  fianc.  149  nella  dif.  5z. 
Altezze  nell'ang.  della  spalla  ad  austro  75,5 1  ,  nell'omo- 
logo 78,349  nel  parap.  orizzontale  8i,5i.  Segue  una  collinet- 
ta y  dor'è  la  porta  avanzata  con  un  pie  col  fianco  e  faccia ,  che 
in  complesso  con  l'anzidetto  bastione  nella  icnografia  congiunti 
con  ^(^re  imminenti  fanno  una  brutta  figura  d'opera  a  co- 
rona, quale  io  qualifico  nella  inspezione  della  pianta  topogia- 
fica  della  città  e  fortificazioni  di  Cagliari  disegnata  dal  volon- 
tario nel  Genio  militare  il  signor  Efisio  Crespo  di  Cagliari. 

Fortificazioni  di  Lapola, 

Bastione  di  Monferrato.  Face.  4^9  ^^^  fianc^  a  oreccb.  3o, 
nella  difesa  dal  bastion  della  Zecca  i32  (nella  compresa  cor- 
tina è  la  porta  Yillanova  )  -,  altra  face.  (  in  cui  nel  1 7 1 7  apri- 
ron  la  breccia  gli  spagnuoli  )  39,  confian.  29,  nella  spezzata  di 
dif.  dal  susseguente  1 76  -h  83»  Altezze  dell'ang.  della  spalla  a 
Porta-Villanova  3o,35  e  36,35  ,  all'ang.  fianc.  25, 14  e  36, 14, 
aU'ang.  della  spalla  ad  austi^o  21,14  e  34912* 

Bastione  della  darsena»  Face.  6o,5o,  con  fianca  oreccb.  22, 
nella  dif.  dal  prec.  270  (nella  cortina  compresa  è  la  poita 
Gésus),  face,  al  mare  43,  con  fianc.  6,  nella  dif.  73  dal  pros- 
simo braecio  dritto  della  darsena.  Altezze  all'ang.  alla  spalla 
verso  il  bastione  predescrìtto  2,59,  aU'ang.  fianc.  0,75,  nel  pa- 
rap. orizzontale  12.  . 

Braccia  di  difesa  della  darsena.  Il  retto  (  or  citato  )  lungo 
1 38 ,  entro  cui  la  dogana ,  una  caserma ,  i  bagni ,  che  dicono 
con  la  porta  detta  della  darsena ,  tiene  in  capo  il  fortino  di 
S.  Vincenzo  con  una  faccia  sull'altro  braccio  149  fianc.  199 
nella  dif.  mal  diretta  dall'anzidetto  bastione  i54  9  con  l'altra 
22  ,  fiane.  i6.  Nella  difesa  dal  Molo  253.  Altezze  0,75  6  10,75. 
A  metri  44  ^  ^^  piccol  molo  l'appendice  d'una  mezza  luna 
con  fianchi  in-  totale  sviluppo  38. 


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CAGLURi  207 

Il  piegato  (batteria  di  S.  Giacomo) ,  ond'é  chiuso  il  ^to , 
ha  due  linee  ,  una  contro  libeccio  65,  altra  contro  austro  60, 
altezza  del  parap.  3.  Congiuntesi  a  questa  e  forma  un  altro 
dente  la  batteria  di  S.  Saturnino  con  la  prima  linea  87  y  altra 
32 ,  altezza  del  parap.  3. 

Bastione  del  Molo  o  di  S*  Elmo.  Unica  face,  coatro  Uh.  5o 
nella  dif.  da  S.  Vincenzo,  fianc.  a  lev.  44  9  ùi  fine  al  quale  è 
la  porta  del  Molo  a  ponente  68.  Altezze  0,75  e  io. 

Baluardo  di  S.  Agostino,  Nell'altro  estremo  della  linea  lit- 
torale  di  Lapola  face,  a  mare  70  ,  con  fianc.  a  oreccb.  19, 
nella  dif.  da  S.  Elmo  no,  face,  alla  campagna  78,  con  orec» 
eh.  3a  ,  che  non  maschera  bene  la  porta  S.  Agostino  in  difesa 
ficcante  a5o.  Altezze,  all'ang.  deUaspaUaa  S.  Elmo  oc  io,&», 
aU'ang.  fianch.  o,85  e  1 1  con  due  ordini  di  fuoco  verso  S.  El- 
mo :  ang.  alla  spalla  a  porta  S.  Agostino  3,62  e  9,97. 

Bastiome  di  S.  Francesco,  Unica  face.  85  ,  neUa  difesa  fic- 
cante da  S.  Giovanni  335,  e  nella  quasi  radente  e  più  breve 
dal  dente  dell'Elefante  con  fianc.  a  orecch.  a  tramontana  44  > 
che  maschera  Porta-Stampace  ,  e  l'altro  ad  austro  35.  Altezze, 
all'ang.  della  spalla  verso  S.  Agostino  18,71  e  23,  all'omologo 
22,42  e  27,42. 

Opere  esteme.  Si  è  già  dato  un  cenno  di. queste.  Rimane  a 
dire  che  k  fatte  al  ponente  di  Lapola  furono  quasi  in  tutto 
cancellate ,  l'altre  d'^altrove  in  parte  tolte ,  e  struggcntisi  in 
una  negligenza  ,  che  poi  non  é  irragionevole.  Il  riveUino  di 
Gèstts  maschera  la  cortina  intera,  come  faceva  Taltro  che  si  disfece 
di  S.  Agostino,  i  minori  coprivano  le  porte  di  comunicazione.  L'al- 
tezza dello  «ipalto  va  sempre  crescendo  dal  mare  alla  porta 
avanzata  ,  presso  cui  non  avrà  meno  di  metri  20  con  scarpa 
di  circa  70^  ,  ondechè  il  parapetto  nasconde  per  un  gran  tratto 
il  quartiere  di  Villanova ,  che   vi  si  appoggia. 

Parti  deUa  citid  ,  strade ,  cibici  ecc.  Componesi  Cagliari  di 
quattro  distinte  paiti ,  però  appellate  quartieri.  Il  Castello  e 
la  Marina  contenuti  éntro  le  fortificazioni ,  e  separafi  una  da 
altro  per  la  cortina  dal  Balice  allo  Sperone ,  stanno  sul  colle 
che  ha  le  falde  al  mare  ;  quello  nella  parte  superiore  sulla 
pendice  a  ponente ,  questa  nell'inferiore  sulla  pendice  a  libec- 
cio. Lo  Staapace  alle  falde  di  ponente  distendesi  in  projezione 
al  maestro ,  seguito  dal  borgo  di  S.  Avendrace  (santa  Tènnera): 


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io8  CAGLURI 

la  ViOanova  alle  falde  di  levante  producesi  sottilmente  quasi  da 

mezzodì  a  mezzanotte. 

La  superficie  delle  quattro  parti  principali  é  di  metiì  qua« 
drati  884i9ia  risultanti  dalle  parziali  1 34,825  per  lo  castello 
con  120,912  per  l'arca  di  ciò  che  dicono  cittadella:  137,887.  5o 
per  la  Marina  :  189,787.  5o  per  lo  Stampace ,  non  compreso 
il  borgo  :  298,000  per  la  Villanova. 

Il  castello  ha  contrade  principali  6  ed  altre  più  piccole  alle 
mura  ,  traverse  4  9  isole  27.  La  più  lunga  e  nobile  che  pare 
andar  media ,  secondo  la  ordinaria  corrispondenza  deUe  cose 
aUe  parole  con  molte  stortezze  dicesì  dritta.  Sua  misura  è  di 
metri  484980.  Su  questa  quasi  nella  metà  è  uno  spazio  ,  che 
dicono  la  piazzetta  ,  ed  è  da  poco  che  se  n'è  aperto  un  altro 
in  fine  della  medesima  ,  e  fu  nominato  la  piazza  di  S.  Bran- 
cazio.  Quindi  è  il  raroparo  di  S.  Croce  ,  ed  il  bastione  di  S. 
Remigio.  Persistono  ancora  alcune  case  fabbricate  nei  passati 
secoli.  La  circonferenza  dell'area  dov'è  l'abitato  è  di  8,080.  Vi 
sono  aperte  quattro  porte  ;  la  porta  Castello  alla  Marina  ;  la 
porticina  dell'Elefante  a  Stampace;  l'Apremont  alla  porta  avan- 
zata per  a  Villanova;  e  la  recente  porta  Cristina  a  porta  Reale 
sul  colle  di  S.  Lorenzo. 

La  Marina,  o  Lapola,  presentala  figura  d'un  trapezio.  So- 
novi  strade  maggiori  per  l' erta  8  della  lunghezza  del  quartiere 
di  circa  3p3  e  altrettante  intersecanti,  delle  quali  la  più  bella 
è  la  Costa,  per  cui  è  la  linea  di- comunicazione  tra  lo  Stam- 
pace e  la  Villanova.  Più  spaziosa  di  tutte  è  la  piazza  or  detta 
di  s.  Francesco,  e  in  addietro  della  Marina ,  nelle  cui  estre* 
mità  sono  le  porte  della  darsena  e  del  molo.  Sii  annoverano 
isole  87  ,  e  da  tutte  le  parti  riunioni  di  case  alle  spalle  dei 
ramparì.  La  darsena  è  lunga  miglia  284,  larga  i  io ,  con  aper- 
tura 56.  Nel  primo  giorno  del  1886  vi  si  numerarono  56  navi 
di  carico,  e  vi  restava  ancora  capacità  per  legni  minori.  La 
Marina  ha  6  porte ,  come  può  ricavarsi  dal  già  detto.  Di  que- 
ste e  delle  altre  già  notate  nel  castello  due  sole  sono  in  buon 
disegno,  Porta  Cristina  nel  Castello  e  Porta  Villanova^ella  Ma- 
rina. Sarebbe  a  notarsi  la  porta  del  Molo  per  la  sua  architet- 
tura, ma  è  troppo  piccola.  Fu  ordinata  ma  sinora  non  eseguita 
quella  di  Stampace  secondo  il  disegno  del  cavaliere  De  Albertis 
in  architettura  di  forme  adatte  alla  fortificazione,    di   cui  sa- 


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CACLIARI  309 

rèUbe  parte.  Quando  si  effettui  cedrassi  tolta  la  discontinua- 
EÌODe  della  strada  Tenne  con  la  costa  cagionata  dall'  orecchione 
del  ticin  balordo  baluardo. 

Stampace  può  esser  distinto  in  due  parti  ;  quella  che  fu  già 
circondata  di  mura,  delle,  quali  nel  secolo  xn  era  iu  gran 
parte  nudata;  e  la  contrada  Yenne  con  sue  appendici.  Nella 
prima  sono  isole  si^  nell'altra  i5.  A  pie  della  faccia  a  mae- 
stro del  baluardo  del  Balice  formavasi  la  piazza  di  s.  Carlo, 
e  ¥i  si  ergeva  il  monumento  del  marchese  di  Yenne  ,  onde  co- 
mincia la  misura  migliaria  delle  grandi  strade  del  regno  fatte 
e  da  £are.  Diverrebbe  più  ampia  e  più  bella  tolte  quelle  ca- 
sette, che  si  è  concesso  fabbricar  nel  fosso. 

S.  Avendrace,  borgo  di  Cagliari,  che  dista  metri  Sgo  dal 
rione  dell'Annunziata,  nel  quale  spaùo  ornato  di  due  ord'mi 
di  alberi  ad  una  e  ad  altra  parte  della  strada  suol  essere  la 
passeggiata  nei  giorni  sereni  d' inverno,  componesi  di  2o3  case, 
delle  quali  190  a  pian  terreno,  disposte  in  due  linee  brutta- 
mente speziate  ad  una  e  ad  altra  parte  della  grande  strada  a 
pie  del  colle  dei  sepolcri  antichi.  Alcune  famiglie  nùsere  abi^ 
tano  entro  quelle  caverne» 

Yillanova.  Ha  due  granc^  contrade,  la  più  lunga  di  s.  Gio- 
vanni di  metri  lara,  l'altra  detta  deis  argiòlas  di  1090,80 
che  procede  con  urna  larghezza  irregolare.  Si  numerano  altre 
minori  i5,  traverse   11,  isole  6o. 

Chiese,  Dentro  il  castello  8:  la  cattedrale,  sJ  Giuseppe  col- 
legio degli  Scolopt,  s.  Lucia  monistero  ,  la  Purissima  monìstero, 
s.  Catterìna  monistero,  a.  Croce  basilica  magistrale  della  Reli- 
gione de' cavalieri  Ss.  Maurizio  e  Lazzaro,  la  Chiesa  del  monte 
confraternita,  la  Speranza,  che  stimasi  )a  più  antica  del  ca- 
stello. Fuor  della  cittadella  è  la  chiesa  di  s.  Brancazio ,  òggidi 
volgarmente  denominata  di  s.  Lorenzo,  o  Buon  cammino.  Nella 
Marina  12  :  s.  Eul.alia  parrocchiale  ,  s.  Antonio  spedale  gover- 
nato dai  religiosi  di  s.  Giovanni  di  Dio,  s.  Teresa  collegio  dei 
gesuiti ,  8.  Francesco  di  Assisi  mOnisterio  delle  cappuccine ,  il 
s. Sepolcro  confraternita,  s.  Catterina  chiesa  nazionale  dei  ge- 
novesi e  confraternita ,  s«  Rosalia  convento  degli  osservan- 
ti ,  8.  Leonardo  convento  degli  agostiniani ,  s.  Lucia  confrater- 
nita, s.  Francesco  di  Paola  convento  dei  Paolotti,  la  Vergine 
DizioTim  geogr,  ecc.  Voi.  IIL  i4 


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d'  Uria  «confraternita ,  i.  Elmo  oi*atoiio  del  conegio  dei  mari* 
liai  e  pescatoli,  ehe  dicono,  di  mar  vivo. 

Nello  StampacedentroVabitato  1 1:  6.  Anna  parrocchiale,  s.  Fran^- 
cesco  convento  dei  daustrali  e  antico  inonistero  dei  benedit- 
tini,  6.  Michele  casa  di  noviziato  dai  gesuiti,  la  SS.  Annuu- 
t'iata  casa  di  noviriato  degK  sccJopi,  s.  Bernardo  parrocchia  fi- 
gliale, àé  Efisio  confraternita,  s.  Giorgio  di  Cagliari  vescovo, 
che  dicono  di  Snelli,  s.  Chiara  tnonisterò,  s.  Restitiita  confra- 
ternita, s.  Margherita,  s.  Nicolao.  Fuori  dell'abitato  4'-  >•  Abo- 
mino antico  monistero  dell'ordine  degli  eremiti,  il  quale  non 
compreso  nella  vallazione  della  marina  gli  spagnuoli  in  gran 
parte  diroccarono ,  perchè  dominava  sul  vicino  propugnacolo, 
mandati  i  frati  dentro  le  mura;  il  Carmine  convento  dei  car- 
meliti  ;  la  'Chieda  del  convento  maggiore  dei  cappuccini  ;  is.  Pie- 
tro chiesa  antichissima ,  dove  nel  secolo  xm  sappiamo  aver  fre- 
quentato gli  arcivescovi  ai  divini  uffizi,  ora  patronata  dal  col- 
legio dei  pescatori  di  stagno. 

Nel  borgo,  s.  Avendrace  parrocchiale,  s.  Paolo  alla  sponda 
dello  stagno,  e  i  ss*  Simone  e  Giuda  sopra  la  isoletta. 

Nella  Villanova  dentro  l'abitato  fi  s.  Giacomo  parrocchiale, 
l'Oratorio  del  Cristo  coafraterhita ,  1' Oratorio  del  suffragio  con- 
fraternita ,  s.  Giovanni  confraternita,  s.  Cesello,  s.  Domenico 
convento  dei  padri  predicatori  con  alcuni  oratorii  annessi , 
s.  Mauro  noviziato  dei  frati  mitiori.  Fuòri  s.  Rocco  \  s.  Bene** 
detto  noviziato  de' cappuccini  ;  s.  Lucifero  formato  già  a  casa 
pubbhca  di  studii,  poi  abitata  dai  frati  trinitari,  e  finalmente 
ridotto  a  ospizio  degli  orfani-,  s.  Cosimo,  residuo  dell'antica 
basilica  di  s.  Saturnino,  già  monistero  di  s.  Fulgenzio ,  poscia 
dei  benedittini;  la  Nostra  Donna  di  Bonaria  convento  dei  mer* 
cedari ,  antica  parrocchia  della  villa  e  castello  di  tali  nome  :  sor- 
gele  al  fianco  un  grandioso  edifizio  sacro,  che  non  si  è  com- 
pito. E  ora  interdetta  anzi  ridolta  a  usi  profani  l' antichissima 
chiesa  della  Vergine  del  porto ,  casa  dei  francescani  nel  primo 
secolo  di  loro  istituzione  ,  indi  de' trinitari:  ebbesi  già  in  que- 
sto luogo  uno  spedale  con  dódici  letti.  Finalmente  al  collo  del 
promontorio  di  s.  Elia  tfovansi  unite  le  chiese  di  s.  Bartolom- 
meo,  e  della  Nostra  Donna  di  Gliuc. 

Fabbriche  rimarckeifoU.  Delle  militari  si  è  già  ragionato, 
ora  delle  pubbliche  e  private. 


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CAGLURI  ftit 

'  I  conventi  e  chiese  dei  frati  daustrali  e  domenicani  di  an* 
tLca  architettura  sono  assai  da  lodare  per  la  felice  esecuzione. 
Si  costruivano  nel  secolo  xin.  Nel  primo  è  rimarchevole  il 
penatilo. 

La  cattedrale  è  magnifica  (  intendasi  con  la  dovuta  restrì- 
KÌone  ) ,  na  certo  non  regolare.  L' arcivescovo  Vico  la  facea  de^ 
formare  ad  romano  poco  pregievc^e  dallo  stile  che  diceva  go- 
tico. Di  questo  molti  avanzi  attestano  aver  avuto  l'antico  edi- 
fizio  quelle  bellezze  ,  che  sono  ammirate  in  altre  di  questo  ge- 
nere in  Italia.  Meritan  riguardo  due  amboni ,  che  da  persone 
intelligenti  vennero  riferiti  ai  pisani  :  l' aitar  maggiore  ,  che 
tutto  idi  argento  in  forma  d'  un  ciborio  faceasi  comporre  dai 
co.nsoli  della  città  (  1610  ),  nel  quale  quant'  è  commende vok 
'  il  disegno  dell'architetto,  tanlo  l'eccellenza  delle  elaboratìsaime 
statuette,  che  vi  son  profuse;  una  gran  croce  di  bell'arte  ecc.  ecc. 

Nello  Stampace  ostentasi  come  di  grandissimo  pregio  la  chiesa 
dì  S.  Anna  :  veramente  bella  esecuzione  di  malinteso  disegno. 
In  generale  ebbesi  dagli  architetti  poco  rispetto  alle  regole  ^  e 
poca  critica*  S.  Michele  ha  qualche  cosa  da  commendare.  È  a 
^esta  consimile  S.  Antonio  nella  Marina. 

Tra  le  fabbridie  pubbliche  menzionerò  il  seminario  arcive-^ 
scovile  y  opera  del  benemerito  arcivescovo  di  Cagliari  D.  Gìw* 
seppe  Delbecdbì  ex-generale  delle  .scuole  pie ,  la  règia  univer» 
sita  degli  studi  in  continuatone,  e  l'orfanatrofio  delle  fanciulle. 

Di  palazzi  ve  n'ha  gran  numero ,  ma  non  isolati ,  primo  tsa* 
quali  ponesi  il  Regio ,  che  è  d'una  soUda  architettura.  Le  aln>* 
tazioni  ordinarie  sono  ben  costrutte,  e  comparirebbero  meglio 
in  maggiore  ampiezza  e  reg<^arità  delle  strade. 

Dopo  il  18 15  Cagliari  migliorò  di  tanto  ,  che  non  è  più  di» 
•porsi  negli    ultimi  luoghi    tra    le   città    di    Italia  di  seconda 
■ordine. 

Prospetto  delia  €ittd.  Presentasi  essa  in  bell'aspetto  da  van 
punti  del  suo,  circondario ,  e  dal  mare ,  nel  quale  si  specchiai! 
Approssimandosi  al  lido  vedresti  le  batterie  al  pel&'detle  acque  ^ 
e  la  cortina  distesa  ikà  .li  due  ma'ggiori  .bafaiavdi^  siccome  ì\ 
fùèìo  d' un  anfiteatro  :  quindi  per  su  l^ertà  poco'*  "mite  alire 
opere  di  difesa  ,  e  tra  essi  in  iscena  piacevole  le  svariatissime 
forme  degli  edifiii  .di.Lapola;  i  colossali  baluardi  che  la  do- 
minano con  l'intermedio  miafóda  una  patte,  dall'altra  le  r«ipi 


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113  CAGLURI 

perpendieolar  mente  tagliate  su  l'opere  di  difésa  congiunte ,  ed 
esterne  dove  é  una  bellissima  passeggiata  lieta  per  molte  pian* 
te  y  le  fabbriche  che  sorgono  superbe,  tra  le  quali. tinte  di 
color  rossigno  le  due  bellissime  torri ,  l'Elefante  ,  e  S.  Bran* 
cazio  sovraeminente  a  ogn'altro  vertice  ,  che  né  a  propugna- 
colo ,  né  ad  ergastolo  sembra  fatta  ,  ma ,  come  consente  il 
cielo  frequentemente  sereno  e  purissimo ,  ad  una  bellissima 
specola  astronomica.  Sotto  quest'aerio  castello  vedrai  giacenti  i 
due  quartieri,  quinci  Stampace,  ed  il  più  lontano  borgo  tra  lo 
stagno  e  il  colle  dei  sepolcri  ;  quindi  Yìilanova  tra  il  colle  di 
Cagliari  e  Monreale,  e  nella  parte  inferiore  di  questo  gli  edifizi 
di  Bonaria ,  e  la  non  lontana  cappelletta  monumento  della  mor- 
talità del  i656 ,  nella  falda  il  cenotafio  contiguo  a  un  bosico 
di  palme.  I^on  é  facile  darti  una  anche  oscura  imagine  della' 
bolla  apparenza  di  Cagliari ,  principalmente  ne'  bei  giorni  si 
dal  Inare  che  da  vari  punti  d'intorno,  e  quel  che  dicesi  é  ben 
lontano  dal  merito  del  vero. 

Pitture  e  sculture  ragguardevoli.  Nella  cattedrale  ;  quadro 
originale  della  scuola  dei  Caracci ,  il  martirio  di  S.  Barbara  : 
neUa  sagrestia  esterna  una  tavola  con  diversi  santi,  e  nomina- 
tamente nel  mezzo  una  Madonna  di  sommo  pregio  ,  opera  da 
atih'ibuire  agli  artisti  che  fiorirono  verso  la  fine  del  quattro- 
cento ;  neir  interna  ,  la  Flagellazione ,  copia  di  Guido  Reni ,  e 
altri  dipinti  di  scuola  bolojgnese  ;  la  S.  Cecilia  ;  tre  tavole  con 
tre  teste  stimate  del  Luca  di  Olanda  ;  un  piatto  adoperato  in 
usi  sacéì  ,  nel  quale  é  rappresentato  il  tiionfò  di  Nettuno  con 
Galatea  ,  tritoni ,  e  altri  iddìi  marini  di  Benvenuto  Cellini ,  e 
in  uno  degli  altari  la  caduta  degli  angioli  rei  in  alto  rilievo 
della  scuola  del  Bernini ,  ma  non  di  molta  lode.  Sono  nella 
stessa  chiesa  alcuni  mausolei  pregitevoli  ,  dei  quali  il  maggiore 
occupa  con  poca  dignità  uno  dei  cappelloni.  È  questo  alla  me- 
moria del  vincitor  di  Saniuri  fiinesto  campo ,  dove  molte  miglia ja 
di  sardi,  che  difendevano  i  loro  dritti,  infelicemente  cadeano.  Se 
a  Cagliari  spagniiola  era  questo  un  monumento  di  gloria  ,  a 
Cagliari  sarda  é  una.  memoria  dolorosa.  In  verità  starebbevi  me- 
glio una  cappella  a  qiialche  patrono  nazionale  ,  che  un  cenota- 
fio odioso. 

Rimarchevole  é  il  santuario  sotto  il  presbiterio  diviso  in  tre 
cmnere  ben  illuminate  dal  ciel  d'oriente ,  e   fatte    belle   dalla 


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qLGLIARI  3i3 

materia  e  dal  lavoro.  Nella  cappella  a  sinistra  i  l'urna  di  Carlo 
Emanuele  figlio  di  Vittorio  Emanuele  morto  in  età  di  tre  anni 
(  addi  9  agosto  1 799  ) ,  a  destra  il  mausoleo  dì  Giuseppa  Maria 
Luigia  di  Savoja  moglie  di  Luigi  XVIII  morta  in  Londra  (  addi 
la  novembre  1810)  opera  del  Calassi  assai  lodata. 

Nel  palazzo  municipale,  due  grandi  quadri  del  Marghinotti, 
il  Carlo  Felice  ,  ed  il  Carlo  Alberto.  Nell'arcivescovado  il  Cuor 
di  Maria  dello  stesso  artista.  N^I  palazzo  regio  nella  serie  dei 
V.  R.  alcuni  di  gran  merito  ,  come  pure  nella  serie  dei  re  di 
Sardegna  della  dinastia  Sabauda.  .Nella  casa  degli  Scolopi  un 
S.  Efisio  del  Marghinotti  sulla  tempesta  della  flotta  francese  in 
&ccia  a  Cagliari. 

Non  dimenticherò  il  simulacro  colossale  in  bronzo  di  Carlo  Fe- 
lice secondo  modello  del  Calassi  bello  per  lo  suo  panneggiamento, 
per  le  decorazioni ,  e  per  l' atto  dignitoso  e  animato.  Tocca 
assai  quell'elmo  cavalleresco  coronato  con  la  corazza  eroica. 
Esso  è  conservato  nel  magazzino  dei  mMeriali  per  l'artiglieria^ 

Nella  chiesa  di  S.  Eulalia ,  il  quadro  di  questa  Santa ,  di  Pom* 
peo  Battoni.  In  S.  Leonardo ,  gran  statua  di  S.  Agostino ,  di 
egregio  scalpello.  In  S.  Anna,  il  beato  Amedeo  statua  di  marmo 
alta  metri  2,76,  del  Calassi,  e  il  quadro  del  Salvatore  nel* 
l'amoroso  misterio  della  Eucaristia,  del  Marghinotti.  Nell'Annun- 
ziata ,  la  Salutazione  angelica ,  dello  stesso  pennello.  Nella  chie- 
setta di  S.  Agostino  fuor  delle  mura,  il  S.  Dottore,  opera  di 
molta  laude  da  aggiudicare  alla  fine  del  quattrocento.  Presso 
i  claustrali  in  alcune  cappelle  della  chiesa  e  del  chiostro  delle 
tavole  di  qael  Cimabiie  ,  cui  prima  del  Ciotto  era  il  campo 
nella  pittura  al  dir  di  Dante ,  ma  sono  non  poco  degradate. 
Nella  sagrestia  di  S.  Michele  due  quadri  Adamo  ed  Eva  sullo 
stile  de^  Guido  Keni  -,  gli  altri  sono  stimabili  per  lo  colorito. 
In  S.  Giacomo  un  Crocifisso  del  quattrocento  ?  In  S.  Domenico 
una  bellissima  ma  poco  conosciuta  e  pregiata  tavola  -della  Cro- 
cifissione con  molti  ritratti ,  tra  cui  quello  di  Dante  vicino  al 
buon  ladrone.  11  Marghinotti  la  stima  del  Massaccio.  Sono 
dallo  stesso  pennello  due  bellissinie  tavole  di  S.  Pietro  ,  e  di 
S.  Paolo  ecc.  ecc. 

Oltre  di  queste  vi  ha  un  akro  e  non  piccol  numero  .di  pit- 
ture e  miniature  di  autori  di  gran  fama  possedute  da  persene 
private,  poche  delle  quali  a  dir  vero  le  sanno  stimare  s«coiid« 


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ai4  CAGLIARI 

il  merito.  Ve  pe  ha  pure  di  alcuni  artisti  nazionali  lo  Scaletta, 
il  Massa  ecc.  Giuseppe  Antonio  Lonis  scultore  nello  scorso  se* 
colo  ci  lasciava  tra  altre  opere  un  Crocifisso ,  e  la  statua  di 
s.  Efisio  lodevole  per  la  grazia. 

Passeggiate.  Prima  del  1820  non  se  ne  aveva  altra,  che  nel 
bastione  di  s.  Remigio,  e  fuor  di  città  nello  stradone  a  Bona- 
ria. Indi  si  formavano  quella  della  Polveriera,  e  l'altra  di  s. 
Lorenzo.  La  prima  incominciata  dal  gen.  Yillamarina ,  e  con- 
tinuata dal  C.  Roero  terminavasi  dal  C.  Boyl.  Mette  in  un  giar- 
dinetto pubblico ,  dove  è  una  statua  antica ,  che  si  dedicava 
alla  nobilissima  sarda  eroina  Leonora  di  Arborea  con  in  fondo 
una  facciata  di  casino  bella  per  1'  architettura ,  e  per  alcune 
statue,  dalla  quale  é  coperto  lo  stabilimento  della  Cabbrìca  delle 
polveri.  La  passeggiata  di  buon  cammino,  o  di  s.  Lorenzo  dal 
rivellino  di  Porta  reale  al  ciglio  della  rupe  sopra  il  gran  fosso 
dei  Mirrioni,  lunga  metri  521^3  (quanta  risultava  una  pic«- 
cola  base  misuratavi  nel  i835,  a  verificamento  della  Lirelliana,  1 
per  li  cavalieri  Della-Marmora,  e  De-Candia),  comecché  inferiore 
per  la  formazione  alla  predetta  e  ad  altre,  siccome  angusta  e 
spoglia  d'alberi ,  tuttavia  è  la  più  salubre  e  gradita.  «La  par» 
ticolarità  delle  passeggiate  del  castello  gli  è  il  larghissimo  pro- 
spetto d'un  pittoresco  orizzonte ,  il  cui  simile  non  pare  sia  go- 
duto da  altro  punto  abitato  del  bel- paese,  né  odesi  rammen- 
tato e  lodato  da  quei  pure  che  abbian  visitate  le  più  belle  re- 
gioni della  rimanente  Europa.  Sono  veri  centri  di  stupendi  pa- 
norami. Qui  dappresso  erte  rupi,  costruzioni  militari  di  certa 
arditezza  ,  e  di  un  aspetto  tetro  si  ma  imponente,  i  vasti  sca- 
vamenti del  colle  con  molte  vestigie  di  antica  grandezza  ,  la 
città  bassa  ,  e  l'altra  sul  dorso  della  eminenza,  in  là  d'intorno 
le  diverse  coltivazioni,  verzieri,  giardini,  case  e  cappelle  di  cam- 
pagna, linee  stradali  fiancheggiate  da  siepi  moltiformi,  circo- 
scrizioni di  poderi ,  colline  fortificate ,  il  porto  massime  quando 
frequentato ,  lo  stagno  di  ponente  con  gran  numero  di  barchette , 
la  gran  strìscia  della  plaia  coi  suoi  ponti ,  V  isoletta ,  le  peschiere^ 
le  paludi  e  gli  stagni  di  levante  quando  in  pienezza  ,  quando 
in  diminuzione  con  in  questi  e  in  quello  a  certi  tempi  im- 
mense schiere  di  uccelli  acquatid,  e  alle  loro  sponde  i  vasi 
saliferi ,  e  gli  ammucchiati  prodotti  la  vastisima  pianura  che 
producesi  in  la  della  forza  visiva  verso  maestro  ^  i  diversi  manti 


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della  m^de^ùlia  per  lo  cplpr^  d^U^  l^rr^ ,  djiv^r^ità  e  yaii^ 
fitat9  dblfe  cQltiva^ioiMi,  1»  yer«urs^  sempre  yiywre ,  queUa  dei 
semimtì  sncced^adi».  a]l  qQlpr  del  paii>pino ,  i  viUagg^i  vV;iui).  i 
più  lontani ,  le  eminenxe  ,  le  valli ,  le  catene  dei  Vftf>i;^  di  le- 
vante e  di  ponente  C9i9^  variabilMisime  ti^t^,  e  ^oi^  apparenze 
ora  oscure  ^ìpbl  di^|u»)tf ,  i  loi^lBnÀ.  gw>^i  d^  jiM>n^  dellil  Bar*r 
bagia  dalV ottobre  al  J^t^^ggio  d»  distinguere  per  lo  candore- della 
Tesl^  inv^jcnale,  ^  va%tp  golfo  che  sembra  inclii^r^i  d^  una  . 
g;ian  Ipot^n^^pm  aV&  ^VQJiÀ^i  la  sporgi^nza  del  coUl^  di  «•  ^Ua 

9  formar  djue  gra#  s^ni ,  in$o^ì.i^a  una  non  definibile  qu^tiU 
di  oggetti  >  uiia  M^ua  <;be  noi^  è  mai  1/^  stessa  e  ch^  varì^  noif 
solo  con  k  stagioni,  ma  secondo  che  cavg^  lo  ft^o  d^U'  at- 
mosfera ,  e  la  posizione  del  sole. 

-  Si  pa4$qKÌ^  frequeftl^Uiente  sulla  str$4a  coperta ,  toltene 
perciò  le  traverse  >  e  sul  fo^fo  cbe  è  stato  fiai^heggiato  da  ^1* 
beri  esotici.  Iol  mugica  militare  suol  reivdere  nei  di  festivi  ig 
un  circolo  sullo  spalto  più  geoi^le  il  ridotto. 

Stradoni»  Senza  1;»  gran  stra^da  centrale,  ebe  muove  da  piazza 
«<.  Carlo ,  sono  altre  due  grandi  stradi?  una  a  Pirri  dalla  Porta 
avan«ata ,  altra  a  Quarto  in  coptiuuaziox^e  dell^  contrada  à^x~ 
giòlas.  Sentesi  bisogno  di  altre,  una  per  la  plaia  a  toccare 
ipiella  che  da  C^poterra  in  là  v^rso  SarrQco  aprivasi  dal  mar- 
chese di  ViUab^rmosa»  P  c^tjira  per  opppjtua^  f  cordato ja  a  quei 
che  abitano  nel  CA«tello  e  iu  Yillapovai  l^^  <|^ale  ds^  eircol^ 
dei  Miirionji  portai^se  diri^t^meKkte  ii^  dir^loJP^  a  ma^s^o  su^W 
strada  centrale.  In  questo  sito  sottostante  all'  estremità  dell^ 
passeggiata  di  ••  I^oxenzo  ^iace  vedere  le  orride  rovine  del 
colle  caduto  dentro  le  caverne  antiche-  Se  fosse  spianato  (  a 
che  nou  è  uecessario  gr^n  dispendio)  vi  comparirebbe  un  grande 
spano  ,  e  pittore/sK^o  per  le  r^  dei  vicini  colli,  o  ad  uii^  campo 
di  Marte ,  o  ad  un  giardino  pubblico ,  di  ^ui  esser  potrebbero 
parte  le  somjiaitii  di  Tuviyeddu,  e  di  Auia^ne,  altri  centri  di 
divense  e  Yagbi^ime  prospettiva. 

Contrada  della  città.  Nel  Ca#telV>,.,€^  n^lla  Mf^rina  «quo  ifi 
gran  parte  ben  selciate;  negli  altri  due  quartieri,  eccettuatele 
prìucipali,  l'altre  o  lo  souo  pessi|n^n\<^te  o  reggonsi  nud^  in 
tutto*..  «Xulte  gen^ralmei^te  sono  larghe  ;e  in  modo ,  che  se  noli 

10  impedÌKA  la  eyite^za,  vi  possono  scorrere ,^e  carrozze,  ma 
troppo  dure  ai  piedi.  In  vero  non  si  potrebbero  lodare  di  grande 


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!ii6  CAGLIARI 

regolarità  ;  tuttavolta  verso  altre  città  anticfae  siipererel>bera  od 
confronto ,  e  mi  è  certo  che  se  efficacemente  si  comandasse  la 
subordinazione  dei  fabbricatori  agli  edili  avrebbesi  un  allinea- 
mento migliore. 

La  strada  del  corso  traversa  i  tre  quartieri  bassi  nella  loro 
lunghezza,  e  si  compone  deUe  Yenne ,  Costa,  e  Argiolas.  Que- 
ste tre ,  quelle  del  Castello ,  e  generalmente  le  più  popolose 
sono  assai  nette,  scomparsi  affatto  gli  antichi  letamai  che  da 
tutte  parti  fumavano  gran  contaminamento  all'aria.  Fra  gli  im- 
piegati civici  sono  quattro  veditori  di  pulizia  per  li  quartieri, 
che  nel  Castello  fan  travagliare  i  galeotti  a  tenerle  monde.  In 
questo  quaitiere  ,  e  nella  Marina  sono  sufficienti  chiaviche ,  po- 
che nello  Stampace ,  nessune  nella  Yillanova. 

Illuminazione  notturna.  Sono  per  tutta  la  città  distribuiti  ii5 
riverberi  ^  dei  quali  35  nel  Castello ,  34  nella  Maiina ,  23  nello 
Stampace  ,  ed  altrettanti  nella  Yillanova.  A  provvederli  è  stato 
imposto  un  dazio  sulla  introduzione  dell'olio  d'olivo  alla  consu- 
mazione. Quando  il  gran  riverbero  della  luna  sia  sull'orizzonte 
non  credesi  convenire  i  minori  risplendano  né  in  quelle  strade 
che  non  sian  vedute  da  quel  raggio.  Accade  spesse  volte  che 
in  assenza  pure  di  quello  molti  tra  questi  si  ecclissino. 

Contado  di  Cagliari.  Se  si  volesse  determinare  secondo  la 
circoscrizione  portata  nel  diploma  di  D.  Jacopo  (  i5  agosto  1 3^7  ) , 
estenderebbesi  nella  parte  di  ponente  sinom  presso  alla  villa 
di  Decimo ,  che  sarebbe  a  circa  M.  P.  X.  e  miglia  italiane  8; 
nella  parte  di  levante  a  6. 

La  circostanza  di  Cagliari  ^  poco  amena  in  tutto  quello,  che. 
non  sia  valle-,  il  che  conseguita  piuttosto  dalla  negligenza  de- 
gli uomini,  che  dalla  inettitudine  del  terreno.  Niun  sito  nel- 
r  addietro  più  orrido ,  ed  ora  niun  sito  più  ameno  del  pie  delle 
Irupi  alla  polveriera. 

Popolazione  di  Cagliari.  Quanta  fosse  quando  prese  posr 
sesso  del  regno  la  dinastia  Sabauda ,  lo  potrai  vedere  nel  pri- 
mo censimento  portato  nelle  notizie  storiche.  Ora  appare  quasi 
raddoppiata.         -'*     ' 

Vedi  per  uà  decennio  dal  iSaS  al  1 834  le  consegne  del  cen- 
'simento  parrocchiale.  Restano  esclusi  i  preti,  i ,  religiosi,  le 
genti  del  presidio,  i  forestieri,  non  domiciliati  fissamente,  che 
son  qualche  '(:osa  più  di  5ooo. 


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CAGLIARI 

317 

j4iuU 

Maschi 

Fem. 

Totale 

NaU 

Morii  Matr. 

Fam. 

1835 

11,548 

i2,85o 

34,398 

986 

38o     197 

6,860 

sf^^6 

.1,847 

12,982 

24,829 

1,100 

4l5      230 

5,990 

l6^^J 

1 1 ,6a  I 

12,703 

24,3^4 

910 

409       160 

5,982 

i8a8 

11,868 

1 3,456 

25,344 

1,006 

45o    335 

6,100 

idag 

1    ìyHSl 

12,423 

23,654 

935 

335     168 

5,000 

i83o 

12,243 

12,708 

34,951 

1,120 

395    35o 

5,o3o 

i83i 

11,834 

12,073 

33,907 

935 

435     195 

5,080 

i83» 

12,167 

.3,^44 

25,4 1 4 

1,200 

340    260 

6,160 

i833 

12,258 

i3,3i4 

25,572 

1,060 

375     3l5 

6,370 

i834 

12,5  IO 

i3,a59 

25,769 

i,ii5 

36o    265 

6,45o 

La  popolazione 

notata  al 

1    1834  era  divisa  ne' quartieri  con 

<piesti  rispettivi  numeri 

Castello 

Uom.  1,767 

Don.  1,987  Tot. 

3,754  Fam, 

990 

Marina 

3,931 

-    4,3 

?9  — 

8,3io    — 

3,i65 

Stampace            -^ 

•    3,i53 

—    3,388  — 

6,54.     - 

I,530 

VillanoTa             - 

■    3,i34 

—    3,o52  — 

6,186    — 

^49^ 

6.  Aveodrace       — 

-       5a5 

—       453   — 

978    - 

296 

CaraUcri  dei  cagliaritani.  !Nella  loro  fisonomia  niente  è  di 
speciale,  che  facciali  distinguere  dagli  altii  sardi  ed  italiani. 
Le  fattezze  regolari,  mediocre  la  statura,  brunetta  la  tinta, 
frequeatisnma  la  bellezza  nelle  femimne  con  molta  anima.  Oc- 
corre rarissima  alcuna  creatura  storpiata.  ' 

Ottiene  quasi  generalmente  in  certa  età  il  temperamento  ma- 
linconico. È  osservabile  molta  cortesia ,  franchezza  e  ingenuità , 
e  con  queste  quelle  altre  particolarità,  che  porta  la  condizione 
del  clima.  Si  fa  loro  colpa  della  spensieratezza  dell'avvenire, 
e  si  é  detto  che  non  aveano  pertanto  nei  tempi  della  loro  gram- 
matica ìXJuturo;  il  che  fu  detto  poco  saggiamente.  Impercioc- 
ché i  cagliaritani  non  sono  diversi  dagli  altri  italiani,  e  uni- 
versalmente da  tutti  gli  abitatori  delle  città  primarie,  nelle 
quali  moltissimi  si  trovano  che  sono  o  poco,  o  meno  curanti 
di  ciò  che  sarà.  Chi  poi  conosca  la  etimologia  nelle  lingue 
trova  aver  li  cagliaritani,  il  futuro  grammaticale  come  le^  altre 
nazioni.  Che  gran  differenza  ìsm  ho  a  leggere  cagliaritano,  e 
Ugger-o  italiano  ! 

Rimangono  ancora  non  poche  vestigie  del  contagio  spagnuo- 
lo:  certa  alterezza  nelle  classi  più  elevate,  una  qualche  am- 
pollosità per  la  somma  importanza,  che  si  dà  ad  alcune  nul-< 


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ai8  CAGLIARI 

lità  «filosofiche ;  molto  muore  a  non  iiure,  né  caper  fiure  y  per- 
ché giacciono  inerti  grandissimi  talenti;  ami  non  è  molto  che 
lo  studio  tenevasi  per  cosa  poto  ingenua.  Si  censura  e  connn 
gione  il  I08S0  e  la  magnificenza  per  lo  nessun  rispetto,  che  si 
ha  della  economia,  onde  restan  molti  abbruciati  di  danaro,  e 
per  questo  pure  ,  non  giii  per  offesa  alla  sobrietà,  la  frequente 
pompa  di  lautissime  imbandigioni. 

Viene  però  dalla  considerasione  di  questi  e  di  moltissimi  al- 
tri dati  a  doversi  stimare  il  carattere  dei  cagliaritani  come  oa 
contemperamento  dell'indole  dei  francesi^  e  degli  spagnuoUu 

Religione.  Niasnn  miscuglio  in  Cagliari ,  come  nelle  rimanenti 
parti  del  regno,  di  sette,  nessuna  dissensione,  che  non  sono  da 
riguardare  alcuni  greci  scismatici.  La  Mostra  Donna  è  un  «a* 
rissimo  oggetto  della  religione  ed  cittadini.  Essa  è  venerata 
come  principalissima  dei  patroni  nella  prerogativa  di  sua  con- 
cezione purissima.  La  medesima  sin  dal  1870  ottene^aÀ  ncUa 
chiesa  di  Bonaria  moltissimi  déVoti,  quando,  come  fu  scnlto, 
miracolosamente  arrivato  sotto  quel  colle  acquistavasi  suo  sir 
mulacro.  Il  quale  in  occasione  di  gran  fortuna  stato  era  entro 
sua  cassa  chiusa  gittato  da  una  nave  catalana,  che  dall'Italia, 
dove  fu  scolpita  in  quel  tomo  di  tempo ,  trasportavalo  nella 
Spagna.  Me'sabhati  in  sul  vespro  é  a  ki  firequentissioio  il  con- 
corso dei  devoti.  I  naviganti  vi  accorron  (più  nell' addietro)  a 
liberarsi  dai  voti:  e  alcuni  usano  visitarla  prima  di  sciogliere 
come  per  pregarla  propisia,  cosi  per  esplorare  il  vento  del  ca* 
Baie.  Ragionossi  in  altri  tempi  d'una  navicella  d'avorio  (lun- 
ga metri  o,25  ),  la  quale,  mentre  era  per  un  sottil  canape  so* 
qiesa  da  un  trave  sotto  l'arco  della  volta,  desse  certissiaso  se^ 
gno  della  direzione  del  vento  fuori  del  golfo.  Si  è  scritto  (  vedi 
narrazione  compendiosa  della  miracolosa  Tenuta  del  sim«|lacK> 
della  Vergine  di  Bonaria  stampato  in  Cagliari,  e  dedicato  al  re 
Carlo  Emanuele  lidi  Sardegna)  fossero  fatte  moli»  prove.  9  dalle 
quali  risultasse  nuova  confermazione  a  tanta  mamviglta.  Que-r 
sta  tacque  quando  al  canape  fu  pei^  religiosa  splendidezzn  $0*' 
stituita  una  catenella ,  rinnovossi  quello  rimesso»  Da  questo  ra- 
gioni ognuno  a  suo  modo. 

Maravigliosa  poi  é  ]a  divozimie  del  popolo  verso  s.  Efisio, 
uomo  militare  sotto  l'imperio  di  Diocleziano,  che  per  la  fede 
fu  decapitato  alla  porta  della  città  di  Nora.   Si   riferiscono   n 


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CAGLUiU  ai9 

lui  molte  gratie  ricevute,  e  la  cessazione  dell'ultima  pestilenza 
(Vedi  notizie  stoiiclàe  aU'aono  i656). 

Peregrinazione  a  Nora.  Mei  primo  di  maggio  circa  le  ii 
antimeridiane  il  simulacro  di  <|iiesto  martire  fr^iato  di  pre- 
ziosi voti  dentro  una  urna  ottangolare ,  chiusa  nelle  faccie  a  crir 
stalli  y  ornata  di  banderuole ,  e  sospesa  sur  un  carrozzino  ,  traesi 
fuor  della  chiesa.  Due  buoi,  qualmente  sogliono  essere  abbi* 
gliati  dai  contadini  per  fare  una  schiera  di  bestie  nelle  pro- 
cessioni,  SODO  aggiogati  al  temone.  Un  coro  di  zampognatori 
precede,  un  altro  segue  questa  sorta  di  carro  trionfale.  jDue 
divisioni  di  cavallerìa  fanno  Tanti  e  il  retroguardo.  Gli  uo* 
mini  dell'ordine  di  questo  santo,  senza  però  le  confiratesche 
divise  sopra  scelti  destrieri ,  seguono  col  vessillo  il  primo  squa- 
drone, e  sono  riccamente  bardati,  susseguiti  da'  un  consigliera 
della  città,  il  quale  ottìene  pel  luogo  della  festa  nella  chiesa 
di  Mora  l'autorità  di  Alter^nos.  Intono  e  addietro  del  simu-r 
lacro  una  moltitudine  di  devoti  si  affolla  in  più  e  più  cori 
guidati  da  sacerdoti  e  da  persone  pie,  altri  con  g]ii  accesi  cerei 
promessi,  altri  scalzi ^  altri  scapigUati,  e  fra  le  femmine  molte 
coperte  di  nn  saio  azzurro ,  che  strìiigon  al  seno  con  un  nastro  di 
seta  bianca ,  divisa  delle  devote  del  santo.  Al  saluto  della  città 
cessano  i  balli  nelle  piazze  s.  Carlo  e  Yenne,  e  nel  campo  di 
s.  Micolao ,  ed  allora  -é  un  gradevole  ^eltacolo  veder  dal  ba* 
luardo  del  Balice  un  popolo  immenso,  che  compie  le  sottopo- 
ste contrade,  e  da  varie  traverse  sbocca  nella  via  alla  Sca&* 
Vedresti  genti  diversissime,  nazionali,  esteri,  cittadini  e  villici, 
e  tutti  i  costumi  dd  regno  da  poterne  fare  a  beli' agio  il  con- 
fronto, e  veder  le  difierenze.  Cresce  ognora .  la  calca  intomo  al 
santo,  ondeggia  il  popolo,  e  lupare  yxAo  una  infinità  di  teste, 
cappelli,  bonneUiy  berrette ,  csqppelline  di  antiche  e  recenti  mo- 
de, di  estate  e  di  inverno.,  parasoli ,  e  i  fazzoletti  e  veli  delle 
donne  plebee  e  deUe  vUliche  non  so  di  quanti  diversi  colori. 
Sulla  qual  massa  soperchia  la  sola  urna  del  santo,  e  i  cava- 
lieri dell'accompagnamento  coi  confratelli.  Uscito  il  convoglio 
dall'abitato  la*  moltitudine  svilujtpasi  e  riempie  il  lido  sino  in  là 
del  ponte  alla  casa  nella  prima  isola  della  plaia ,  dove  dee  fer- 
marsi la  sacra  biga,  ed  allora  ti  colpisce  la  nuova  scena  d'un 
gran  numero  di  barchette  in  fiocchi,  che  nel  mare  e  nello 
stagno  volteggiano  piene  di  gente  plebea,    o  vilhci  che  pren- 


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aio  CAGLIARI 

don  diletto  a  far  risuonar  l'aria  dei  rozzi  lor  tuoni  in  diverte 
maniere  di  canto.  Come  giugnesi  nella  anzidetta  casa  cessa  la 
solennità,  ed  il  santo  posto  in  una- cassa ,  ed  in  altro  carroz- 
zino mandasi  in  incognito  y  tuttaTolta  onorato  di  un  numeroso 
seguito ,  quali  in  modo  di  penitenti ,  quali  a  cavallo ,  quali  sopra 
carri  a  trucca,  che  è  un  telaio  a  botte  su  cui  stendonsi  len- 
zuola o  tappeti.  Arriva  nella  seguente  mattina  a  Nora ,  si  pre- 
para alla  festa  per  V  altro  giorno ,  dopo  il  quale  nella  stessa 
forma  riportasi  in  Cagliari,  e  rientravi  verso  la  sera.  La  gente 
sebbene  non  più  che  la  metà  del  prìmo  concorso  adunasi  di 
qua  e  di  là  del  ponte  della  Scafifa  fin  dal  mezzogiorno,  ed  é 
una  festa  popolare,  conviti ^  balli,  canti,  corse  di  barchette. 
Poi  ricomincia  la  solenne  processione,  e  eomukove  la  religione 
del  popolo. 

Saniiuirio  della  cattedrale.  Visitano  pare  i  cagliaritani  con 
molta  fede  il  depòsito  dei  ss.  martiri  dove  dall'antica  chiesa 
dì  s.  Saturnino,  che  dicon  basilica,  tra  il  i6i5  26  furono  tra- 
sferiti per  monsignor  d'Esquivél.  I  monumenti  prodotti  per 
provare  là  santità  di  queste  reliquie  stimaronsi  da  .alcuni  cri- 
tici siccome  o  dubbi  o  insufficienti,. da  altri  rigettati  con  pa- 
role aspre.  Nel  che  si  usci  dal  modo.  Forse  che  sarà  avvenuto 
in  queir  entusiasmo  di  ricercare ,  in  quella  smania  di  ritrovare 
dappertutto  santi  martiri,  come  se  Cagliari  fosse  stato  un  ma- 
cello ,  che  qualcuno  (  p.  e.  il  buonuomo  del  Bonfant  )  abbia 
veduto  spoglie  sante  anche  in  reliquie  profane;  tutta  volta  chi 
potrà  movere  dubbi  ragionevoli  sopra  i  distinti  depositi ,  che 
si  scoprirono  dentro  la  mentovata  basilica  con  tutti  quei  segni , 
che  erano  soliti  esser  posti  per  dire  alle  altre  età,  che  quelle 
ossa  erano  di  uomini  fedeli ,  e  per  virtù  eroica  venerabili  ? 
Allora  fu  trovato  sotto  le  rovine  d'  una  vecchia  chiesa  vicina , 
dedicata,  come  portava  la  tradizione ,  alla  memoria  di  s..  Luci- 
fero, il  corpo  di  quest'insigne  propugnatore  della  divinità  di 
Gesù  Cristo  e  potente  patrono  del  grande  Atanasio.  Era  sul 
sepolcro  un  marmo ,  ed  altro  come  un  piccoi  triangolo  dentro 
sopra  le  ossa  del  petto.  Questo  .nella  sua  semplicità  s.  Lucifer 
Eptis  presentava  la  più  certa  autenticità.  Dubitossi  però  intorno 
all'esteriore,  nel  quale  parlavasi  della  primazia  cagliaritana ^ 
e  della  unione  del  santo  vescovo  alla  sede  apostolica,  non 
fosse  una  impostura.  Ma  scopertasi  un'altra  lapida  in  memo- 


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CAGLURI  aii 

t-ìa  di  tre  vescovi  africani  morti  in  Cagliari  potevasi  pèrla  os^ 
servala  perfetta  consimiglianza  delle  note  di  questa  a  qudle 
dei  marmo  estemo  del  sepolcro  di  s.  Lucifero,  togliersi  dal 
chiarissimo  cavaliere  BaiUe  la  invalsa  idea  d' una  impostura ,  ed 
assegnarsi  l'epoca  della  ristaurazione  del  sepolcro,  o  reposi» 
zione  delle  sante  reliquie. 

Rispettivamente^alle  reposìzioni  si  può  tenere  che  preceden- 
temente alla  Esquivelliana  altre  due  se  ne  fossero  fatte  in  tempi 
antichi;  la  prima  alla  pace  data  alla  chiesa  da  Costantino,  e 
simultanea  fabbrica  della  basilica  ,  altra  forse  quando  a  s.  Ful- 
genzio fu  concessa  la  stessa  basilica  per  formarvi  un  monista» 
(Vedi  notizie  storiche  ).  I  vescovi  africani  portarono  con  se,  e 
arricchiron  Cagliari  delle  reliquie  di  molti  santi. 

Grande  era  pure  in  altri  tempi  la  devozione  verso  s.  Agostino 
nella  chiesa  ove  fu  già  serbato  il  suo  corpo.  Una  lapida  suU'ar- 
-clutrave  ddlla  porta  ne  dice  di  certa  acqua  mirifica  negli  am- 
malati sudante  da  un  sotterraneo-,  la  gravezza  e  amarulenza 
accusava  sua  origine  dal  vicino  mare.  La  distruzione  del  con- 
vento nel  regno  di  Filippo  II  e  le  sepolture  permessevi  nella 
mortalità  del  1816  nocquero  alla  rehgione  del  luogo. 

Associaziom  religiose  di  secolari.  Dai  cenni  dati  parlando 
delle  chiese  si  può  dedurne  il  numero.  È  inutile  ragionlire  dri 
loro  istituti  ,  i  quali  solamente  appariscono  in  quelle  del  Monte 
nel  Castello ,  e  del  S.  Sepolcro  nella  Marina.  Poche  eccettuate, 
l'altre  nelle  quali  è  gente  plebea  servono  ad  accrescere  il  nu- 
mero delle  schiere,  e  diminuire  la  dignità  religiosa  delle  sup- 
plicazioni. • 

Processioni  e  Junzioni  sacre  in  tempo  di  Passione*  Nel  ve- 
nerdì di  Passione  tre  confraternite  dai  tre  quartieri,  nel  mar- 
tedi  santo  una  quarta  vanno  alle  stazioni  della  Via  crucis^  in 
molte  chiese  ,  nelle  quali  la  massima  parte  dei  confratelli  pas* 
sano  da  una  porta  ali*  altra ,  eccettuata'  V  ultima  che  ascolta 
atenne  meditazioni.  Portano  tutte  sopra  sei  barelle  il  Cristo  in  air 
trettante  diverse  situazioni  della  passione ,  che  dicono  volgarmente 
i  hUsterij  dopo  i  quali  l'Addolorata.  Due  piccole  bande  di  sol- 
datiténgono  i  due  estremi  della  schiera.  Due  tamburi  a  suoa' 
JH  duolo  apron  la  marcia. 

'  Nel  giovedi  sera  e  venerdì  mattina  di  settimana  santa  tutte 
le    conCraternite,    alcune    accompagnate    da  musica,    sono  in 


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232  CAGUARI 

giro  alla  ▼Isita  dei  SS.  Sepolcri  ibrmaili  i  pia  come  palchi 
scenici  con  le  loro  decorazioni,  nei  quali  è  rappresentata  una 
qualche  aaione  dei  Mbri  divini.  Nd  dopo  pranzo  é  nei  tre  quar- 
tieri bassi  un  concorso  prodigiosa  aUe  chiese,  dove  si  rappre- 
senta la  deposizione  di  Cristo  dalla  cróce.  Vedrai  inalberata 
una  gran  croce  sur  un  palco  presso  ai  pulpito  ,  sotto  quella 
tn  simulacro  della  Vergine  ,  e  presso  la  Maddalena  e  il  Gio- 
vanni molti  angiolini  in  carne  ed  ossa.  D  predicatore,  quando 
a  certo  punto  del  suo  discorso  spiega  il  desiderio  di  Maria  di 
riaver  il  corpo  del  figlio ,  vede  tosto  appressarsi  due  masche- 
riti a  ebrei ,  che  figarano  il  Nìcodemo  e  il  Giuseppe ,  i  quali 
dopo  e  tra  varie  oerimonie  metton  giù  il  Cristo  dalla  croce , 
e  infin  di  tutto  postolo  in  una  bara  lo  portano  in  processone 
per  la  città.  Si  procura  in«itexe  in  gran  movimento  la  imagi- 
nazione ,  e  non  ostante  che  la  bramata  iUnsione  spesso  mandvi 
pure  suol  essere  un  gran  piagmsteo.  Accade  un  frequente  in- 
contro di  questi  convoli  funerei  ,  ed  é  nella  gente  una  gran 
,  dissipazione.  L' ultimo  atto  è  nella  domemea  di  risurrezione  : 
due  confraternite  sortono  in  pubblico  ,  una  col  Risuscitato ,  l'al- 
tra con  la  Gloriosa ,  e  vanno  all'incontro  .  e  conginngonsi  in 
qualche  piazza.  Chiederai  quanto  lucri  da  tali  usi  la  pietà  ? 
Fatti  i  calcoli ,  mi  par  che  perda ,  ed  é  desiderato  che  si  adot- 
tino altre  maniere  meno  materiali ,  e  più  commoventi. 

Supersùzioni.  Per  difetto  d'istruzione  certe  pratiche  con*- 
dannate  non  sono  ancora  tolte.  Nelle  feste  dell'Annunciazione , 
e  di  S.  Giambattista  si  operano  sciocche  superstizioni. 

Costumi  nel  vestire.  Gli  domini  delle  classi  alta  e  media  ,  e 
gli  artigiani  vestono  nella  moda  degli  altri  italiani.  I  ri- 
gattieri ,  carrai ,  acquaroli  ecc.  alia  sardesca  ,  ma  non  tutti  in 
una  medesima  forma.  Che  altri  si  abbigliano  a  coietto ,  altri 
senza,  comecché  sìa  universale  il  gusto  per  pompose  bottoniere 
d'oro  e  di  argento  alle  due  maniche  sul  cubito ,  su  i  due  mezzi 
petti  del  giubboncino,  e  nel  colletto  della  camicia,  e  per  le  n^ 
in  panni  fini  di  lana ,  seta ,  e  lino.  I  pescatori  e  barcaruoli  hanno 
una  special  maniera  ;  pantaloni  larghi  di  panno  rosso  ,  gittb- 
bonetto  chiuso  con  fascia  di  seta  a  mezza  vita  ,  altro  giubbonetto 
con  maniche  ,  e  pìccol  bavero  ,  e  bottoniere.  Parte  del  vestia- 
rio sardesco  è  la  berretta  di  lana  ,  che  suol  essere  composta 
secondo  la  professione.  Generalmente  la  lunga  treccia  si  attorce 


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CAGLIARI  aa3 

lolle  rifrolfe  deBa  medeflitna  introdottale  la  estremità  neHa 
•piega.  Le  domie  degli  uomini  di  ^esta  classe  hanno  ima  moda 
media  tra  quella  delle  villiche  e  delle  cittadine  con  certe  no- 
tevoli differenze  tra  se  stesse  secondo  l'ordine  in  cui  sono  i 
loro  mariti  o  padii.  II  lusso  di  queste  è  spesso  una  vera  ca*- 
•licàtura. 

Mes»%i  di  cwile  educazione*  Fu  sempre  in  CagKarì  sentito  i\j| 
bisogno  di  queHe  istituzioni  che  sono  molte  pregiate  in  paesi 
più  colti  y  e  con  vantaggio ,  per  le  quali  i  padri  che  o  non 
possano  o  non  sappiano  da  se  educare  i  figli ,  e  tuttavia  che 
amino  di  averli  ben  coltivati  nello  spirito  e  nel  cuore  ^  possano 
compiere  questo  sacro  dovere ,  e  soddisfare  ai  loro  desideri. 
Gli  scolopi ,  comecché  altrove  abbiano  -dei  convitti ,  non  haa 
mai  pensato  di  aprime  alcuno  nella  Sardegna  paghi  della  sola 
istituzione  nei  giorni  ed  ore  scolastiche  :  i  gesuiti  che  gover- 
navano nell'addietro  il  collegio  detto  dei  nobili  eretto  per  fi 
consoU  del  municipio  dal  i6ai  ora  curano  il  nuovo  collegio 
non  ha  guarì  aperto  nella  marina  in  sostituzione  di  quell'an- 
tico convitto;  dopo  di  che  occorre  nient'altro  a  notare  in  que- 
sto genere  y  non  si  essendo  posta  finora  alcun' opera  al  proget- 
tato collegio  delle  provincie.  Per  tanto  pochissimi  giovani  pos« 
sono  godere  d'una  ben  diretta  educazione. 

Non  sono  meno  sfortunate  le  fanciulle,  anzi  lo  sono  più  per 
l'assoluto  difetto  di  convitti  alla  loro  educazione.  Forse  còntio 
il  fine  che  ebbesi  nella  fondazione  del  monistero  di  S.  Catte- 
ritta  dal  P.  Fr.  Tommaso  Meli-Cao  ,  e  da  sua  zia  D.  Antonia 
Meli-Fores  (  an.  1641  )  non  si  creavano  in  esso  le  Sanciulle  né 
pure  nei  primi  tempi  della  istituzione. 

Divertimenii,  Festeggiandosi  nelle  chiese  che  sono  alla  estre- 
mità dello  Stampace  ,  e  della  Villanova  è  solito  darsi  lo  spet- 
tacolo della  corsa  dei  barberi.  Ma  nient'  é  che  eguagli  la  corsa 
carnevalesca  nella  contrada  di  S.  Michele  per  uno  stadio  di 
circa  75  trabucchi  (metri  227,35)  in  due  oblique,  questa  per 
una  china  di  circa  trabucchi  40  ,  quella  per  l'erta.  Si  inaugura 
nella  solennità  per  S.  Antonio  abbate ,  poiché  i  cavalli  furono 
benedetti  nel  passare  davanti  sua  chiesa  e  quindi  si  continua 
nei  giovedì,  domeniche ,  e  ultimi  giorni.  La  strada ,  o  il  suolo, 
diremo ,  di  quest^ippodromo  é  convesso  e  costrutto  a  ciottoli , 
donde  in  sull'imbrunire  al  violentissimo  quadrupedamento  sdùz- 


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%2^  CAGLIARI 

zaa  sciDtille.  Vi  concorrono  i  più  nobili  destrieri  co'  più  abili 
cavalieri ,  e  si  ammira  di  quelli  la  vivacità  la  fpga  la  docilità, 
di  questi  Tagilità  la  destrezza  la  forza.  Cprresi ,  come  dicono, 
a  pareggia  formatasi  una  catena  di  cavalieri  da  due  in  sette , 
i  più,  che  permette  congiungersi  l'ampiezza  della  strada,  nella 
parte  delle  mosse.  È  allora  piacevolissima  scena  in  questa  strada. 
Una  moltitudine  sovrasta  da'  pogginoli  con  tutta  la  pompa  del 
lusso  ,  e  riempie  tutta  la  contrada.  Vedresti  ai  tocco  del  tam- 
buro in  su  le  mosse  aprirsi  la  calca  avanti  i  .corridori ,  e  tosto 
chiudersi  alle  spalle  ,  e  con  poco  grato  senso  farti  i  cavalieri 
sentire  i  pericoli  tra  cui  scherzano  accennando  cadute  ,  rimet- 
tendo il  fr^oo,  abbandonandosi  sulle  gruppe  del  vicin  cavallo, 
e  altre  siila tte  pazzie  ,  alle  quali  come  è  giusto  applaude,  ogni 
matto.  Spesso  i  cavallerizzi  presentansi  mascherati  alla  iniita- 
zione  del  costume  di  altie  nazioni ,  e  delle  stesse  varie  tribù 
sarde. 

Non  v'ha  un  grand'amore  ai  giuochi.  In  tutta  la  città  non 
jsono  più  di  quattro  bigliardi,  uno  nel  Castello  ,  un  altro,  nella 
Marina,  e  due  nello  Stampace.  U  giuoco  alle  palle  é  più  fre^ 
quente  in  certi  ridotti  presso  la  città  ,  massimamente  nei  di 
festivi ,  siccome  quello  in  cui  si  esercitano  uomini  meccanici. 

Teatro  civico  nel  Castello,  Dimesse  le  recite  ora  vi  si  canta 
l'opera  nelle  stagioni  d'autunno,  e  d'inverno.  Attendesi  a  ri- 
formarlo in  maggiori  dimensioni  suU'  elegante  disegno  del  Co- 
minotti. 

Feste  per  s,  Giovanni  ^  e  di  s.  Pietro.  Nella,  sera  delle  vi- 
gilie sino  a  dopo  la  mezzanotte  é  solito  farsi  gran  rumore  dalla 
gioventù ,  e  dalla  plebe.  Dappertutto  è  baldoria ,  e  si  prende 
diletto  a  lanciare  e  a  far  scoppiare  dei  fuochi  artifiziati.  Per 
la  seconda  particolarmente  è  un  gran  festino  tra  le  famiglie 
dei  pescatori  presso  la  chiesa  del  santo. 

Idioma.  La  lingua  che  si  usa  in  Cagliari  ,  e  in  quasi  tutta 
la  Sardegna  meridionale,  ha  una  sostanziale  identità  con  la  Lo- 
gudorese:  se  non  che  sembrane  degenerata  per  molta  mesco- 
lanza di  vocaboli  forestieri ,  per  subite  non  poche  depravazioni 
nell'affettazione  d'una  pronunzia  più  dolce  e  sonante ,  e  per  vi- 
*  zioso  disuso  di  alcune  essenziali  parole  e  forme  verbali,  cui 
non  si  supplisce  che  con  offesa  della  proprietà.  Chi  tentò  ^i  ri- 
durio  alla  regolarità  che^^mmirasi  neUa  Logudorese  ?  spaventa 


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CAGLIARI  ii5 

il  pensiero  de'  sonori  cacdùni  che  scoppierehbero  a  tui  paresse 
meglio  rispettare  la  grammatica ,  che  l'uso  plebeo.  Si  è  formata 
la  grammatica  ?  Cosi  è.  £  non  ha  guari  si  pubUicava  il  Dirio- 
nario.  Gran  lavoro  ,  ma  poco  felice. 

Trovansi  in  questo  idioma  delle  canzoni  di  gran  merito  det« 
tate  dall'avvocato  E.  L.  Pintor  (  di  cui  tra  gli  uomini  illustri 
di  Cagliari  ) ,  alcune  delle  quali  si  possono  leggere  in  una  rac- 
colta di  poesie  de' vari  sardi  dialetti. 

Canto,  Distinguesi  in  gentile,  ed  in  plebeo.  D  gentile  suol 
avere  1'  accompagnamento  di  qualche  istromento  ,  ordinaria- 
mente deUe  zampogne,  o  della  cetra,  che  dicon  sarda.  I versi 
solitamente  usati  sono  bissenari  :  il  primo  emistìchio  del  primo 
verso  delle  strofe  resta  assoluto,  poi  ogni  secondo  è  corrispo- 
sto con  rima  interna  dal  verso  seguente.  Le  strofe  sono  spesso 
a  decine  col  ritornello ,  che  va  cantato  prima  delle  medesime. 
Il  canto  plebeo  annunzia  la  sua  aria  con  una  scala  di  tuoni 
sul  lay  la,  la,  la,  ecc.  Fatto  questo  preludio  in  quattro  voci 
si  comincia  la  bella  canzone  in  due  settenari ,  ai  quali  succede 
nuovamente  quella  carissima  cosa  del  la,  la,  larà^  Fatto  una  . 
piccola  pausa  portasi  in  altri  due  settenari  il  pensiero  che  si 
volea  spiegare  ,  e  quindi  viene  a  corona  la  bell'aria  con  delle 
variazioni  cosiffatte ,  che  fanno  spiritare^  I  primi  due  settenari 
sono  volgarmente  detti  su  sterrimeniu ,  gli  altri  in  cui  èia  idea 
principale  sono  su  coberimentu ,  è  i  sentimenti  delle  due  parti 
hanno  spesso  tra  loro  quella  connessione ,  che  si  conosce  nelle 
cose  più  disparate. 

Ma\oU,  Nella  lingua  sarda  maiòbi  è  una  specie  di  recipiente 
a  piramide  quadrangola  che  sospendesi  rovescia  sul  collo  della 
mola  ,  in  cui  versarvi  il  grano  ;  e  dalla  forma  che  parve  aves- 
sero consimile  i  cappucci  dei  gabbani  dei  giovani  villici,  pen- 
sano alcuni,  aver  questi  procacciatosi  un  tal  nome.  Per  que- 
sto valore  potrebbesi  esso  appropriare  a  quanti  indossano  sif- 
fatta .vesta  i  ma  non  é  cosi,  dacché  per  l'uso  fu  ristretto  a  in- 
dicare principalmente  i  giovani  che  vengono  dai  villaggi  del  re- 
gno per  applicarsi  agli  studi ,  e  specialmente  tra  questi  quei  co- 
tali  «che,  cosi  volendo  la  loro  fortuna,  locano  a  qualche  fami- 
glia certo  genere  di  servigio  sussidiario  nei  giorni  ed  ore  non 
scolastiche,  a  merito  dell'alloggio  e  del  vitto.  Di  questi  ultimi 
non  sarà  un  numero  minor  di  800  ,  levati  quelli  che  in  pas- 
Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  III.  i5 


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326  CAGLIARI 

sare  agli  studi  maggiori  devono  lasciare  l'abito  sardesco,  ed  il 

servìgio  anzidetto  per  dedicarsi  all'esercizio  di  pedagoghi. 

Forestieri.  Da  varie  parti  del  Mediterraneo  ,  da  Grecia  ,  Si- 
cilia ,  Napoli,  Toscana,  Spagna,  Francia,  e  in  più  numero 
dagli  Stati  Sardi  del  continente  immigrano  spesso  delle  fami- 
glie ,  e  per  la  ospitalità  e  favore  che  incontrano ,  e  per  la  fa- 
cilità del  vitto  volentieri  vi  si  stabiliscono.  Molti  attendono  a 
qualche  manifattura ,  alcuni  al  commercio  ;  ed  é  da  essere  ri- 
conosciuto da  essi  non  solo  l'aumento  della  popolazione  ,  ma 
la  introduzione  dì  alcune  arti  ^  e  il  miglioramento  delle  già 
esercitate  ,  e  quella  attività ,  che  sia  ,  nel  traffico. 

Poveraglia,  Non  ragionasi  qui  di  quei  del  paese,  dei  quali 
i  più  si  ritengono  nella  verecondia,  ma  dei  paltoni  che  accor- 
rono dai  villaggi,  e  fermansi  nell' allettamento  della  beneficenza 
che  sperimentano.  DI  cotali  ve  ne  avrà  forse  da  tre  in  quattro 
centinaja  tra  uomini  e  femmine,  un  terzo  del  qual  numero 
sono  invalidi  per  età,  o  per  vero  danno  di  alcun  senso  o  mem- 
bro. Agli  altri  infelici  per  propria  volontà  si  potrebbero  aggiun- 
gere circa  due  centinaja  di  femmine  sciaurate  tapinanti.  Come 
in  altri  luoghi  di  Italia  ,  cosi  anche  nella  Sardegna ,  dove .  per 
benignità  di  cuore  sono  copiose  le  limosine,  dovrebbesi  ben 
conoscere  la  saggia  risoluzione  data  per  alcuni  economisti 
sul  modo  di  far  la  limosina ,  che  giovi  a  chi  la  fa  ,  e  a  chi 
la  riceve ,  alla  società ,  alla  religione  ,  alla  pubblica   moralità. 

Statistica  medica.  Vi  ha  in  Cagliari  gran  numero  di  persone 
addette  al  gran  ministerio  della  sanità  :  medici  a6 ,  chirurghi 
19,  flebotomi  i5,  speziali  i5  nel  Castello,  7  nello  Stampace , 
IO  nella  Marina ,  i  in  Villano  va. 

Il  vitto  dei  cagliaritani  e  in  gran*  parte  animale  ,  e  piutto- 
sto lauto.  Il  pane  é  di  molta  bianchezza  ,  e  di  bel  gusto ,  ma 
poco  soffice  ed  assai  grave  ,  quando  lavorasi  alla\  sardesca.  Si 
rispetta  generalmente  la  sobrietà,  ed  è  raro  vedere  anche  nel- 
r  ultima  plebe  chi  faccia  onta  al  costume  pubblico. 

Bevesi  acqua  delle  cisterne  ,  che  sono  con  tutta  diligenza 
curate.  Non  poche  famiglie  però  l'attingon  dai  pozzi,  ed  e  gran 
numero  di  acquaroli,  che  ne  provvedono  il  pubblico:  general- 
mente la  danno  salmastra.  Dentro  il  Castello  dal  tempo  dei  pi- 
sani ne  furono  aperti  cinque  ad  una  grandissima  profondità, 
e  han    le    bocche    uno    sotto  la  piazza  di  s.  Brancazio ,    altro 


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CAGLURI  227 

presso  al  monistero  di  s.  Lucia  ^  che  sono  i  due  donde  traesi 
acqua  ;  il  terzo  alla  piazzetta  ,  il  quarto  a  s.  Croce ,  il  quinto 
all'  angolo  del  bastione  di  s.  Remigio.  Un  altro  fu  non  da  molto 
scavato  nella  polveriera.  Se  li  vuoi  mettere  tra  le  sorgenti  di 
acque  minerali ,  fa  pure  il  tuo  piacer,  che  io  non  dissento. 

Le  malattie,  che  sogliono  dominare  nell'inverno  e  prima- 
vera sono  infiammazioni  massime  nell'  apparato  digerente.  Nel- 
Testate  ed  autunno  le  febbri  cosi  dette  gastriche,  nervose,  e 
le  periodiche  per  lo  più  complicate  con  irritazione ,  o  flogosi 
della  mucosa  gastro-enterica,  e  del  fegato. 

Anche  in  Cagliari  la  maggior  mortalità  avviene  nella  prima 
età  per  la  classe  disagiata ,  che  è  assai  numerosa ,  e  per  le  al- 
tre pure  quando  sviluppasi  qualche  epidemia  vaiuolosa.  Sono 
moltissimi,  che  vanno  in  là  deUa  virilità;  non  pochi  che  ol- 
trepassano gli  80  e  90,  e  non  rarissimi  gli  esempli  di. più  di 
venti  lustri.  Ora  tu  potresti  vedere  nella  città  qualcuno  oltre  i 
90,  cui  non  daresti  più  di  60  anni.  Che  bella  vecchiezza! 

Bagni.  Godesi  da  non  molto  questa  comodità.    Essi  sono  in 
capo  al  passeggio  del  terrapieno,   e  gli  accorrenti  sono  benis-. 
simo  serviti. 

Polizia  medica.  Sonosi  ordinati  sapientissimi  regolamenti,  . 
dei  quali  tutta  volta  è  desiderata  la  piena  osservanza:  sonosi 
proposte  molte  riforme  per  opprimere  ogni  sorgente  di  miasmi 
esiziali ,  massime  nella  coda  dello  Stampate  e  della  Villanova  ^ 
e  si  spera  che  siano  adottate.  Soprattutto  converrebbe  si  sca- 
vasse in  quest'ultimo  quartiere  il  canale  della  espui^azione,  e 
nel  sito  dessu  boccidroyi  (  ammazzatoio  ) ,  dove  si  fa  la  cftmi- 
ficina  del  bestiame,  non  si  lasciasse  allagare  ed  imputridire  il 
sangue  con  le  materie  fecciose.  Egli  è  ancora  una  cosa  {ùù  spia^ 
cevole  veder  in  questa  parte  estrema  della  città  rosseggiar  le 
strade  dal  macello  che  si  fa  dei  montoni  nei  cortili  di  alcune 
case. 

LazzertUo.  È  stato  insti tuito  da  gran  tempo  nel  promontorio 
di  Cagliari  alle  falde  dei  colle  oggidì  appellato  da  s.  Ignazio 
aul  lido.  Consisteva  prima  in  alcune  mescbinissime  case  a  pian 
terreno;  poscia  sotto  i  Reali  di  Savoja  si  riformava  in  sul  di- 
segno degli  edifizi  di  pari  destinazione;  e  finalmente  nell'anno 
1835  si  ampliava  dalla  capacità  di  dùnque  periodi  ai  quattor- 
dici ,  e  provvedeasi  alla  comodità  non  trascurata  una  certa  ele- 


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328  CAGLIARI 

ganza.  E  però  tuttora  angusto ,  e  difetto  siffatto  fu  ben  sentito 
nello  scorso  anno  ;  per  che  fu  necessità  ricorrere  alla  violen* 
tissima  precauzione  estrema.  Da  questo  apparirà  la  somma  uti- 
lità dell' aropliazione  progettata  dal  cavaliere  De-Albertis  sino, 
a  poter  contenere  trenta  periodi^^  anzi  se  fosse  agevole,  altri 
ancora  di  più,  e  non  pe' sospetti  solamente,  ma  anche  per  gli 
infetti.  Si  arroge  che  la  situazione  à  accomodatissima  a  stabi- 
limenti siffiitti ,  la  quale  per  lo  facile  isolamento  per  la  esten- 
sione e  condizione  saria  la  più  felice  a  case  di  osservazione , 
a  spedale,  e  a  deposito  di  merci  per  quanti  dal  Mediterraneo 
potessero  approdarvi. 

Governavasi  prima  dal  Magistrato  civico,  poscia  venne  inca- 
merato ,  ed  il  Sovrano  con  carta  reale  a4  gennajo  i835  ap- 
provava un  regolamento,  con  cui  si  stabilivano  discipline  più 
acconcie  alla  amministrazione  con  notevole  diminuzione  dei 
dritti  sanitarii. 

Magistrato  generale  di  sanità.  Una  delle  prime  cure  del  go- 
verno Sabaudo  fu  la  conservazione  della  salute  pubblica.  A  che 
instituivasi  un  magistrato,  di  cui  fosse  capo  il  viceré,  e  delle 
giunte  speciali  poste  in  ogni  città  e  comune,  ove  fosse  porto 
o  spiaggia  accessibile.  Molte  saggie  ordinazioni  furono  fatte  in- 
torno a  questo  importantissimo  oggetto ,  e  sono  da  essere  ve-> 
dute  quelle  che  si  contengono  negli  articoli  dal  'jS  all'  83  della 
sapientissima  carta  reale  di  Carlo  Emanuele  IH,  12  aprile  lySS. 

Campo-Santo, In  distanza  dall'abitato  di  circa  1000  metri 
a  sotto  Monreale  contro  il  ponente  si  ricingeva  nel  1828  un  ret- 
tangolo con  i  lati  maggiori  di  1 20,60 ,  e  i  minori  paralelli  alla 
strada  da  s.  Bardilio  a  s.  Cosimo  di  93,60.  In  fronte  alla  porta 
appoggiasi  all'altro  lato  minore  sur  un  terrapieno  una  cappella 
d'ordine  ionico.  Entro  l'area  del  campo  corrono  alcune  pa- 
ralelle  ai  muri,  e  all'altipiano  con  altre  due  intersecantisi 
a  retto,  di  forma  che  sono  determinati  quattro  eguali  spazi 
rettangolari  per  le  sepolture  comuni,  nei  quali  è  quella  capa- 
cità, che,  computata  l'annua  ordinaria  mortalità  ai  4^0,  ba- 
sta perchè  prima  di  6  anni  non  ripiglisi  lo  scavo  delle  prime 
linee:  nel  quale  tempo  per  le  condizioni  del  terreno  fu  stimato 
si  disfarebbero  interamente  i  corpi.  Nell'intervallo  tra  le  pa- 
rallele delle  mura  e  dei  viali  saran  costrutte  delle  loggie  per  se- 
polture privilegiate,   e  tutte  uniformi  a  quella  in  cui  il  mar- 


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CÀGLURI  329 

chese  di  Villahermosa  volle  riposte  le  spoglie  di  sua  sorella 
marchesa  di  Villarios. 

Governo  spedale  della  città.  Vari  sono  gli  uffici,  come  va- 
rie le  parti  del  pubblico  servigio  economico ,  giudiziario,  mi- 
litare. 

Amministrazione  del  municipio.  Fino  al  1810  il  consiglio 
della  città  si  componeva  di  nove  persone  in  tre  classi  da  tre 
diverse  liste.  Delle  quali  nella  prima  erano  scritti  i  nobili  e 
laureati;  nella  seconda  i  proprietari  e  negozianti;  nella  terza  i 
notai  e  procuratori,  cui  da  vasi  di  poter  ascendere  nella  se- 
conda per  benemerenze  nel  servigio.  Tal  ripartizione  partorendo 
degli  incomodi  fu  il  coi'po  civico  ridotto  a  due  temi,  riunita 
la  seconda  e  terza  lista.  In  uno  ed  altro  di  questi  ordini  non 
si  contengono  più  di  dodici,  e  i  mancati  si  rimpiazzano  per 
elezione  da  tre  proposti.  Sono  da  questo  numero,  e  secondo 
l'anzianità  quelli,  che  si  cbiedon  per  lo  consiglio  ordinario,  e 
per  gli  altri  offici  municipali.  Ogni  anno  se  ne  rìnnovano  per 
un  terzo  i  membri  ai  primi  de' due  terni  subentrando  uno  da 
questo,  uno  da  quell'ordine,  e  gli  altri  ascendendo.  Quei  che 
escono  dal  consiglio  persistono  nella  matricola,  e  quando  sia 
compito  il  periodo  ripigliano  la  toga  per  altro  triennio. 

Aboliti  i  mal  concessi  privilegi  il  danaro  del  municipio  è 
amministrato  con  la  dovuta  dipendenza  dal  governo.  Neil'  anno 
1764  (  3o  settembre  )  il  V.  R.  Balio  della  Trinità  pubblicava 
un  regolamenta  per  lo  governo  delle  cose  municipali  a  cau- 
telare con  le  migliori  massime  economiche  il  giusto  prodotto 
delle  entrate,  e  la  direzione  delle  spese  alla  necessità  ed  uti- 
lità, perchè  l'azienda  si  ristorasse,  e  i  creditori  soffrissero  il 
menomo  discapitar  nel  conseguimento  degli  interessi  si  ridotti, 
come  inferi,  che  neUe  vicende  dei  passati  governi,  essendosi 
questa  amministrazione  obbligata  a  moltissimi  in  là  e  in  qua  del 
i656  per  un  totale,  cui  erano  disuguali  i  suoi  prodotti,  fu  ne- 
cessità che  per  li  censi  anteriori  alla  detta  epoca  non  il  frutto 
legittimo,  ma  si  rispondessero  sugli  annuali  avanzi  rate  mo- 
diche, e  però  variabili  come  quelli,  il  che  dicevasi  il  Rateo  ^ 
dandosi  per  li  posteriori  il  convenuto  del  6,  o  dell' 8  per  loo. 
In  detto  riordinamento  essendo  state  sfalciate  tutte  le  inutilità, 
restò  fissata  la  somma  di  lire  sarde  <;irca  28  mila  per  gli  stipendi 
degli  impiegati,  per  gli  istituti  di  pubblica  beneficenza,  per  la 


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33o  CAGLIARI 

istruzione  pubblica ,  e  per  diversi  obblighi  dì  religione,    ecc. 

Grande  autorità  era  sotto  la  dominazione  spagnuola  negli 
uomini  di  questa  amministrazione ,  e  grand' ornamento  di  pre- 
rogative. £  soBO  da  essere  rammentate  queste  due,  che  non 
potessero  ricevere  ingiuria  senza  aver  vendetta,  e  chiudersi 
nelle  carceri-,  ondecliè  quando  diffidavano  del  governo  non  si 
spogliavano  della  toga  e  del  perruccone.  In  quei  beati  tempi 
usava  questo  consiglio  supplicare  i  Re  nel  loro  avvenimento  al 
trono  della  conferma  dei  privilegi  che  non  erano  in  uso.  Il 
capo  giurato  ritiene  ancora  un  distintivo  come  prima  voce  dello 
Stamento  Reale,  e  lo  convoca  previo  ordine  del  governo. 

Impiegati  cìvici.  Padre  d'orfani,  Capitano  d'artiglieria,  de- 
putati alla  vendita  dei  cereali  e  del  pane ,  Amostasseno,  Obriere, 
Architetto,  Veditore  di.  pulizia.  Sindaco,  ecc.  ecc. 

Il  Padre  d'orfani  provvede  all'allevamento  degli  orfani  e 
degli  esposti,    alla   loro  educazione  in  qualche  mestiere. 

Il  Capitano  d' artiglieria  comanda  alla  compagnia  dei  canno- 
nieri civici,  i  quali  in  altro  tempo  facean  guardia  al  palazzo  del 
comune. 

Deir  Amostasseno  si  dirà  più  sotto. 

L' Obriere  presenta  una  specie  di  Edile.  La  sua  inspezione 
è  sulle  fabbriche  pubbliche,  sul  selciato  delle  contrade  e  chia- 
viche, ecc. 

Il  Sindaco  è  a  rappresentare  il  corpo  civico  nei  giudizi. 

Sperasi  fra  breve  sarà  data  una  miglior  forma  a  questa  am- 
ministrazione. 

Sindaci  dei  quartieri  bassi.  Sono  tre  in  ciascuno  di  essi.  Ser- 
vono per  un  anno,  e  assumonsi  il  primo  dalla  classe  dei  no- 
bili o  laureati;  l'altro  dall'ordine  dei  notai  o  procuratori;  il 
terzo  dagli  artigiani.  Presentemente  le  loro  incumbenze  sono 
assai  ristrette ,  e  forse  fra  non  molto  saranno  annullate ,  ezian- 
dio perché  stentasi  a  trovare  chi  voglia  l'onor  di  questo  titolo 
per  non  pochi  danari,  che  conviene  erogare  nelle  parrocchie. 
Comecché  nelle  loro  operazioni  siano  essi  indipendenti  dal  Ma- 
gistrato civico;  tuttavolta  non  si  possono  allontanare  dalle  or- 
dinazioni generali  del  medesimo ,  anzi  devono  studiare  alla  os- 
servanza delle  medesime. 

Nel  sobborgo  di  s.  Avendrace  non  si  ha  che  un  maggiore  di 
giustizia,   sebbene   come  in  altri  comuni  si  possa  formare  un 


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CAGLIARI  a3i 

consiglio,  e  nominare  un  sindaco ,  ecc.  A  più  chiara  cognizione 
dell'antica  amministrazione  civica  di  Cagliari  leggi  nella  Storia 
di  Sardegna  libro  xi  pel  chiarissimo  baron  Manno. 

Amministrazione  di  giustizia,  li  Yeghiere  o  regio  Vicario 
rende  ragione  in  prima  istanza  col  voto  degli  assessori  suoi  per 
li  diversi  quartieri.  In  sua  mancanza  o  assenza,  é  dato  al  primo 
dei  consoli  esercitare  questa  autorità.  Dipende  dai  suoi  ordini 
una  compagnia  di  cosi  detti  pratai  {pardayis  o  prada\uSy  da 
pardu  o  pradu ,  prato  )  comandata  da  un  uomo  di  qualche  con- 
fidenza col  titolo  di  Sotto veghiere,  però  senza  autorità  di  sorta. 

Tribunale  economico  del  Reggente  la  R.  Cancelleria*  Ne'  mar- 
tedi  e  giovedì  al  giorno  il  reggente  apre  in  sua  casa  udienza 
per  decidere  somimariameDte  le  cause  verbali,  che  gli  siano 
portate,  se  sia  litigio  di  somma  non  eccedente  gli  scudi  4o,  di 
affitti,  salari,  medici  ecc.  Un  segretario  registra  le  ordinanze. 

Comando  di  piazza.  Il  generale  delle  arme ,  che  è  gover- 
natOire  delfa  città,  invigila  per  li  maggiori  e  altri  subalterni  al 
buon  ordine.  Accadde  pure  siasi  spiegata  autorità  di  altro  ge- 
nere toccandosi  alcuni  affarucci  di  giustizia  tra  i  plebei. 

Guarnigione  della  città.  Le  truppe  presidiane  sono  alcune 
compagnie  di  artiglieri,  uno  o  due  battaglioni  di  fanteria,  trfe 
o  quattro  compagnie  di  cacciatori,  e  pochi  squadroni  di  ca- 
valleggieri.  Nell'anno  i834  ebbersi  questi  numeri;  artiglieri  a3i^ 
e  in  due  battaglioni  della  brigata  Cacciatori-Guardie  uomini 
looo',  cacciatori  franchi  143;  cavalleggieri  i^5\  invalidi  75-, 
alabardieri  ^5.  Si  contavano  servi  di  pena  987  e  loro  guardie 
26.  Alloggiano  in  otto  caserme:  cinque  nel  Castello,  tre  nella 
Marina. 

Lo  spedale  maggiore  militare  è  nella  Marina  sotto  la  chiesa 
di  8.  Rosalia  nell'antico  convento  e  chiesa  degli  osservanti. 

Sono  due  ergastoli  pe' dannati  al  lavoro,  uno  nella  casatnatta 
del  baluardo  dello  Sperone,  altro  maggiore  presso  il  fortino 
di  s.  Vincenzo. 

Annona.  Molti  regolamenti  alla  copia  e  sanità  de' viveri,  alla 
pulizia  delle  piazze  di  mercato,  e  contro  il  monopolio  e  con- 
giura dei  venditori;  e  spesso  se  ne  desidera  l'osservanza. 

Amostasseno.  Non  fu  mai  altra  autorità  più  vessatoria  di 
questa.  Da  lui,  siccome  direttor  della  grascia,  ^a  la  tassa  del 
pane  e  pollame,  delle  paste,  frutta,  e  di  tutt' altro  che  si  ven-- 


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!i3i  CAGLIARI 

desse  a  nunuto  per  lo  vitto  gioraalìero.  Avea  sue  guardie  in 
persone,  che  erano  male  del  pubblico,  e  viveano  di  una  por- 
zione delle  multe.  I  quali  per  certo  danaro  che  fosse  loro  pre- 
sentato ogni  mese,  e  per  altri  doni  vendevano  ai  rigattieri  la 
sicurezza  di  non  esser  visitati;  e  opprimevano  i  meno  accorti, 
cogliendoli  in  fallo  di  peso  o  misura,  principalmente  i  poverì 
villici.  Chi  negava  la  contravvenzione,  e  la  domandata  multa 
era  tradotto  in  queir  ufficio ,  che  aveva  interesse  a  condannare , 
e  condannava  sulle  prove  somministrate  da  quei  furfanti.  Gli 
è  vero  che  potevasi  appellare  al  Reggente  la  regia  cancelleria , 
ma  il  disturbo  e  la  spesa  maggiore  ne  distoglievano,  epperò 
giovava  venire  a  transigimento.  Ben  si  pare  come  fosse  quest' 
incumbenza  dannosa  a' venditori  e  compratori,  utile  al  provvi- 
sto e  più  agli  sgherri.  Finalmente  il  Y.  K.  Montìglio  secon- 
dando le  idee  sovrane  tolse  queste  ingiurie  scandalose,  e  sif- 
fatti disonesti  profìtti,  abolita  ogni  consegna  e  presentazione  dì 
mostre,  impetrazione  di  permesso,  e  tassazione.  Sarà  fra  non 
molto  che  il  governo  ordini  queste  cose  nella  ipaniera  più  sag- 
gia e  più  comoda  al  pubblico. 

Le  piazze  di  mercato  sono  tret  la  maggiore  sul  fosso  della 
faccia  e  fianco  del  baluardo  di  s.  Francesco:  la  minore  tra 
Porta  Villanova  e  il  baluardo  di  Monserrato.  Nella  prima  sono 
34  botteghe  di  semplice  disegno  in  forma  di  loggia,  con  una 
maggior  linea  parallela  di  banche  di  rigattieri  e  pescivendoli: 
nella  seconda  più  scarso  numero  di  une  e  di  altre.  A  s.  Elmo 
è  una  sola  bottega  per  carne  con  molte  banche  a  vendervisi 
i  pesci  del  mar  vivo. 

Sono  macellati  all'anno  capi  circa  332,ooo:  buoi  4^000,  vac- 
che 3,5oo ,  vitelli  1 ,000 ,  capretti  1 0,000 ,  montoni  più  di  i  ,5oo , 
caproni  400,  saccai  3oo,  agnelli  10,000,  porci  3,ooo,  por- 
chetti  (  a  chisorgi  )  5oo.  In  totale  sur  una  quantità  media  lib- 
bre 2,023,000. 

Di  selvaggiume  cervi,  daini,  cinghiali,  qualche  muflone,  le- 
pri e  conigli  si  espongono  in  vendita  pubblica  e  quasi  giorna- 
liera capi  circa  10,000  con  peso  di  libbre  41^9000.  Di  uccelli 
silvestri  tordi,  merli  in  filza  di  otto  con  o  senza  piume,  capi 
720,000;  di  pernici,  quaglie  e  altre  specie  delicate  10,000.  Di- 
cesi che  dai  piani  di  Villasor,  Serramanna  e  ViUacidro  por- 
tinsi  già  alcuoi  fagiani,  specie  per  T addietro  ignota  nell'isola, 


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CÀGLURI  933 

e  9ÌaD  essi  di  quelli ,  che  da  Carlo  Felice  si  portayano  da  Si* 
dlia,  e  nutrìronsi  nel  suo  giardino  domestico  sul  baluardo  del 
palazzo  y  finché  non  se  ne  volarono  alla  natia  libertà.  Di  uc- 
celli acquatici  vendonsi  circa  5,ooo  capi,  di  pollami  4O7OOO9 
di  uova  1,000,000. 

La  quantità  che  consumasi  di  pesci  e  di  altri  prodotti  ma- 
rini puoi  vedere  addietro  (  Cagliari  provincia  y  art.  pesca  ). 

Piazza  delle  erbe.  Al  fianco  del  summentovato  baluardo  di 
8.  Francesco  sono  in  vendita  gli  erbaggi  e  le  frutta  de'^li  orti 
di  Cagliari  e  terre  vicine  di  Pula,  del  Sarrabus  ecc.  Si  vuole 
che  sia  molta  copia  e  di  quasi  tutte  le  specie  che  si  coltivano 
nell'Italia  e  Francia;  ma  qualcuno  noi  crederebbe.  Niun  però 
nega  la  singoiar  soavità  del  sapore  di  questi  vegetabili. 

Agrumi.  Dal  dicembre  gli  uomini  di  Domus-novas,  Pula, 
s.  Sperato,  Yillacidro,  Iglesias  ne  portano  grandissima  quan- 
tità, e  li  vendono  per  le  strade  a  otto  per  soldo,  e  nella  per- 
fetta maturità  a  sei.  I  Milesi  sopravvengono  nei  primi  giorni 
primaverili,  formano  delle  baracche  coq  stuoje  di  canne  nella 
piazza  delle  erbe  da  i5  a  ao,  in  Villanova  da  5  a  8.  Vendono 
a  prezzi  sempre  maggiori  come  procede  l' estate.  Se  ne  compra 
anche  in  ottobre. 

Rigattieri.  Distinguine  due  classi.  Nella  prima  non  sono  com- 
presi più  di  aa ,  i  quali  aver  deM!>ono  una  banca  pubblica,  e 
sempre  provveduta  dei  soliti  articoli.  I  medesimi  fanno  da  sal- 
sicciai. Gli  altri  pizzicagnoli  che  vendono  e  comprano  alla  gior- 
nata sono  circa  160.  Trovansi  sulle  banche  dei  primi  salame 
di  porco  e  di  pesce,  strutto,  formaggi,  frutte  lecche  e  fre- 
sche, sebbene  non  in  tutto  l'anno,  che  spignorano  i  veri  me- 
todi a  conservarle ,  e  senza  questi  moltissimi  altri  articoli. 

Il  butirro  di  pecora  trovasi  in  vendita  a  circa  7  soldi  la  lib- 
bra dal  gennajo  al  giugno;  quello  di  vacca  a  12,  proviene  in 
gran  parte  dal  Logudoro  e  quasi  per  tutto  Tanno. 

Il  latte  yendesl  dì  buon  mattino  da  alcuni  pastori  vicini,  o 
da  alcuni  rigattieri  che  fanno  questo  commercio.  Questi  sanno 
bene  accrescerlo  con  acqua  e  fior  di  farina,  rare  volte  con 
amido.  Più  tardi  passeggiano  altri  con  latte  manipolato  in  due 
diverse  maniere,  il  colostro,  come  chiamasi  il  latte  mescolato 
con  buone  dosi  d' acqua  e  farina  ,  e  passato  sopra  un  fuoco 
mite;  e  il  caccio  acido  (casu'a\edu) ^  che  è  latte  quagliato  in 


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234  CAGLIARI 

certo  grado  d'acidità.  £  fortunato  cLi  possa  averne  puro.  Mon 
ha  guari  che  conducevansi  delle  bestie  per  le  strade,  le  quali 
si  mungevano  presso  chi  ne  bramava.  I  rigattieri  fecero  osser- 
vare,  che  questo  modo  nuoceva  alla  salubrità  dell'aria,  e  pro- 
dussero ragioni  convincentissime.  Il  pubblico  si  dolse  della 
mancanza  di  questo  comodo. 

Panificio.  Sono  fabbriche  nell'arte  genovese  e  francese  23, 
nella  sardesca  280.  Nelle  prime  lavorano  uomini  90;  nelle  al- 
tre 5oe  donne  compresevi  quelle  principali  che  tiene  descritte 
il  magistrato  civico  per  lo  giornaliero  servigio  della  città.  In 
totale  si  manifatturano  per  giorno  starelli  di  grano  325  non 
compresa  la  quantità  che  vogliono  le  genti  del  presidio.  Il  pane 
di  s.  Avendrace  in  Cagliari ,  di  Pirri ,  Selargius ,  Settimo  e  Sin- 
nai  è  con  merito  assai  pregiato,  ed  è  preferibile  al  migUore, 
che  con  metodi  diversi  facciasi  in  città.  Dalle  fabbricanti  di 
questi  villaggi  se  ne  hanno  quasi  giornalmente  libbre  2,000.  Si 
numerano  fabbriche  di  paste  a  torchio  1 7 ,  a  mano  e  alla  sar- 
desca 40 9  botteghe  di  caffè,  cioccolata,  liquori,  dolcerie,  ecc. 
4  nel  Castello,  5  nella  Marina,  8  nello  Stampace,  2  in  Yil- 
lanova  :  dolcerie  semplici  cbn  arte  estera  2  nello  Stampace ,  ed 
altrettante  alla  sardesca:  botteghe  di  vino,  pane  e  altri  diversi 
commestibili  3o  nel  Castello ,  58  nella  Marina,  4?  nello  Stam- 
pace, 57  in  Villanova,  8  in  s.  Avendrace:  di  commestibili  con 
articoli  di  pizzicagnolo  20  nel  Castello,  4^  ntWdi  Marina,  34 
nello  Stampace,  20  nella  Villanova:  locande  nel  Castello  4) 
nella  Marina  2 ,  nello  Stampace  i  ,  in  Villanova  i  ^  in  s.  Aven- 
drace I.  Osterie  e  insieme  trattorie  nello  Stampace  8,  nella 
Villanova  5. 

Non  si  può  esporre  in  vendita  alcun  genere  di  commestibili 
senza  il  permesso  dell' Amostasseno,  cui  bisogna  tutti  notificare 
gli  articoli  di  negozio.  Ciascun  bottegajo  è  tenuto  alla  presta- 
zione mensile  di  reali  dae  per  la  illuminazione  notturna,  e  per 
gli  incaricati  della  medesima ,  sema  il  dazio  sull'  olio ,  di  e  tu  si 
è  già  detto  più  sopra. 

Combustibile,  La  città  per  antico  privilegio  provvedesi  della 
legna  e  carbone  dalle  terre  del  marchese  di  Chirra.  Quindi 
quanto  sia  sufficiente  trasportasi  su  navicelli,  e  si  deposita  in 
grandi  cataste  sulla  riva  di  Gésus  a  sirocco ,  e  di  s.  Agostino  a 
maestro.   Se  ne  aggiunge  anche  dai  vieini  monti  di  Quarto  e 


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CAGLIARI  a35 

Sizuiai.  Port&nsi  all'  anno  di  carbone  alle  cucine  per  mare  can- 
taro iO|OoOy  per  terra  a^ooo  e  400  ^^^  fucine.  Il  minerale  è 
solo  usato  nel  regio  arsenale:  di  legna  grosse  è  sottili  intomo 
a  pesate  80,000  (vale  la  pesata  libbre  sarde  i5o  (Vedi  in  fine 
dell'articolo  Busachi  provincia j  equazione  metrica).  Le  fa- 
scine sono  in  grandissimo  numero.  I  cittadini  comprano  dai 
detti  depositi  y  che  sono  otto  alla  riva  Gèsus  e  cinque  a  quella 
di  s.  Agostino.  Alcune  famiglie  religiose  e  altri ,  che  hanno  po- 
deri nelle  terre  del  detto  Marchese  provreggonsi  delle  mede'- 
sime  di  circa  S^ooo  pesate.  Il  prezzo  di  una  pesata  di  legna 
sottili  è  reali  due  ,  di  legna  grosse  un  reale  e  mezzo ,  delle  ra- 
dici soldi  sei  Cflnezzo,  del  carbone  reali  sei:  delle  fascine  per  usi 
domestici  un  soldo  per  una  nel  deposito ,  poco  più  dentro  città, 
e  se  ne  sogliono  bruciare  circa  100,000^  delle  minori,  che 
usano  i  fornaciai  per  la  calcinazione ,  e  per  la  coziotie  dei  mat- 
toni e  tegole  due  cagliaresi  per  una,  e  se  ne  consumano  in- 
tomo a  35o,ooo.  Nell'abitato  sono  molte  donne  che  rivendon 
carboni  e  discetti  di  legne  sottili. 

Arti  e  mestieri  e  loro  condizione.  Tutli  gli  artefici  e  uomini 
di  qualche  mestiere  con  certe  leggi  organiche  approvate  dal 
gorerno  sono  uniti  in  diverse  corporazioni,  che  si  dicono  gre- 
mi.  A  ciascuna  delle  quali  è  dato  in  uno  dei  ministri  della 
R.  Udienza  un  protettore,  patrono,  o  quasi  giudice  di  pace 
per  gli  affiiri  concernenti  la  rispettiva  arte ,  o  mestiere.  Rimosse 
le  restrizioni  e  tolto  il  monopolio ,  gioverebbe  che  in  queste 
università  fosse  creato  alcun  istituto,  e  perchè  avessero  dotile 
figlie  dei  poveri  che  professano  l' arte ,  e  perchè  gVi  invalidi  e 
loro  famiglie,  le  vedove  e  gli  orfiauai,  non  mancassero  del  ne- 
cessario; principalmente  sarebbe  vantaggiosissima  la  formazioile 
delle  cosi  dette  casse  di  rispaimio»  Gli  è  vero  che  da  alcuni 
siffatti  gremì  aventi  ben  comune  si  pratica  qualche  beneficenza 
verso  le  persone  che  vi  appartengono ,  ma  non  si  soddisfa  ai 
bisogni.  Le  persone  occupate  nelle  arti  meccaniche  da  sotto- 
notarsi sono  tra  grandi  e  piccoli  circa  3,ooo,  la  massima  parte 
mal  agiati  o  per  lo  poco  che  ritraggono  dai  loro  manofatti,  e 
dall'  opera ,  o  per  mancanza  £  lavoro.  Sono  nell'  anno  giorni 
di  vacanza  circa  71,  di  mezza  vacanza  intorno  a  i3.  JMiuno  ai 
duole  della  perdita  che  fa  nell'  ozio  di  non  poche  gioivate  che 
potrebbero  esser  fruttuose  alle  funiglie;  anzi  in  moltì  mestieri 


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a36  CAGLIARI 

o  per  intero,  o  per  una  buona  parte  vanno  perduti  i  lunedi. 
Veramente  è  da  non  tollerarsi  questa  inerzia  di  molti  nei  di 
di  lavoro,  e  la  operosità  nella  domenica.  Cosi  cominciano  a 
profanar  la  festa  per  poi  contaminarla  con  le  intemperanze  , 
in  cui  profondono  i  guadagni  della  settimana,  lasciando  poi 
in  dura  privazione  le  famiglie. 

Distinguonsi  questi  uomini  meccanici  in  mastri,  garzoni  e 
discenti.  Gli  ultimi  sono  assegnati  a  vari  mastri  per  certo 
tempo  sotto  certi  patti,  intervenendo  il  padre  degli  orfani,  cui 
incumbe  d'  invigilare,  perché  siapo  ben  trattati  ed  istruiti.  Fi- 
nito il  tempo  stabilito  della  ^sciplina  sono  liberati  dalla  sog- 
gezione del  mastro,  e  possono  passare  a  servigio  di  quegli  al- 
tri con  cui  loro  convenga  di  stare.  Dal  garzonato  non  ascen- 
dono al  grado  della  maestrìa,  che  sostenuto  un  esperimento, 
e  pagata  la  matricola.  Solo  a  chi  ottienesi  quel  titolo  é  con- 
cesso di  lavorare  in  proprio  nome. 

Sartori.  Mastri  53,  garzoni  40  9  ^^.  ^5.  Sartrici  So.  Mo- 
diste 6.  Sartori  alla  sardesca  mastri  4^,  garzoni  ao,  dis.  12. 
Officine  di  cappottari  greci  1 3,. uomini  5o.  —  Scarpari  di  la- 
voro gentile  80,  garzoni  60,  dis.  70:  di  lavoro  grossolano 
mastri  ao,  garzoni  22,  dis.  i5.  Aggregati  a  questo  gremio 
minatori  di  pelli  e  sellari  mastri  3o ,  garzoni  25 ,  dis.  35. 
Queste  arti  si  esercitano  con  qualche  lode.  —  Conciatori  n^a- 
stri  35,  garzoni  40.  Officine  i3.  Pelli  conciate  nell' anno  circa 
25  mila.  Conosciuti  recentemente  alcuni  migliori  metodi  mi« 
gliorarono  cosi  questi  manofatti,  che  accade  ai  meno  accorti 
di  scambiare  le  pelli  e  cuoja  preparate  in  Cagliari  con  quelle 
che  si  importano  dalla  Francia.  Muratori  mastri  70,  garzoni 
40,  dis.  5o,  manovali  3oo.  Sono  generalmente  esecutori  as- 
sai felici,  e  alcuni  ben  intelligenti  a  dedurre  in  opera  icno- 
grafie di  molta  composizione.  —  Ferrari  di  lavori  gentili  ma- 
stri 32,  garzoni  25,  dis.  16.  Armaroli  26;  di  lavori  gros- 
solani mastri  20,  garzoni  16,  dis.  25.  *—  Ebanisti  e  fale- 
gnami mastri  45,  garzoni  So,  dis.  25.  Segatori  22,  tornitori 
9,  intagliatori  6,  calafatti  20,  fabbri  di  carrozze  3,  di  carri 
e  carrette  16,  di  botti  25,  di  barche  12.  Generalmente  gli 
uomini  di  queste  varie  professioni  sono  sprovvisti  di  buoni  prin- 
cipii,  e  di  quegli  istromenti  che  porterebbero  maggior  agevo- 
lezza   ed   eleganza.    Gli  ebanisti  meritano  lode  per  la  precisa 


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CA6LURI  i37 

imitasione  dei  più  belli  Jayorì  di  oltremare ,  e  per  la  maestrìa 
con  che  trattano  il  legno  ginepro ,  che  la  loro  mano  sa  ren- 
der cosi  bello  ne' lavori  gentili  ^  che  in  paragone  men  si  loda 
lo  stesso  mogogano.  Indi  provenne  un  cospicuo  risparmio  per 
le  masserisie  d' un  gentile  arredo ,  ed  un  nuovo  ramo  di  lucro 
agli  uonùni  di  montagna  che  forniscono  le  o£Gicine  di  legni  pre-* 
xiosi,  noci,  tasso,  ciriegi  ecc.,  col  detto  ginepro.  Si  provve- 
desse a  che  in  avvenire  non  si  domandasse  dall'  estero  il  pino 
in  tavole  e  travicelli. 

Le  primarie  delle  arti  sunnotate  portano  l'obbligo  d' un'esa- 
me ;  non  cosi  queste  altre ,  che  praticano ,  gli  orafi  mastri  ao , 
garzoni  So,  dis.  i8,  gli  ottonieri  mastri  i5,  dis.  la  ,  i  campa- 
nari mastri  i ,  garzoni  4 9  gli  orologiari  mastri  io,  dis.  i a,  gl'in- 
doratori n.^  4?  ^  lattieri  n.^  1 1 ,  i  vetrari  (  acconciatori)  n.^  11, 
gli  scultori  n.^  3,  ì  pittori  n.^  8,  i  calderarì  n.^  9,  i  tintori  n.^ 
5  ,  gli  ombrellari  n,^  3,  i  barbieri  n.^  90 ,  i  perrucchieri  n.°  i  a  , 
i  cappellarì  n.^  aò^P^rieri  n.^  i5 ,  i  fabbricatori  di  candele  di 
sevo  n.^  13,  i  marwKri  n.^  5,  i  fornaciai  di  calcina  n.<>  4^  per 
fornaci  i5,  i  tagliatori  di  pietre  n.^4^9  i  fornaciai  di  tegole  n.° 
So  ,  per  fornaci  9.  Dei  pescatori  e  navicellai  è  stato  detto  nell'ar- 
ticolo Cagliari  provincia,  Carreggiatori  :  di  questi  altri  sono 
acquaroli  n.^  So;  altri  servono  nel  trasporto  di  merci  e  di  mate-«> 
riali  n.^  5o ,  i  quali  in  estate  quando  non  si  possan  meglio  occu- 
pare impiegansi  a  fornire  il  pubblico  dell'  acqua  necessaria.  Fu- 
naiuoli  6,  fabbricatori  di  reti  3o ,  e  nel  medesimo  opificio  un  cen^ 
tinajo  di  donne;  facchini  a5o,  dei  quali  40  obbligati  alla  do- 
gana e  organizzati  in  un  corpo.  Beccari  per  la  vendita  36,  per 
le  precedenti  operazioni  40.  Il  carnificio  è  cosi  mal  esercitato, 
che  converrebbe  essere  comandata  una  maniera  più  pulita  e 
meno  offensiva  dei  cuori  umani.  L' ammazzamento  si  fa  in  pub- 
blico ,  e  tra  laghi  di  sangue  e  il  putridame  delle  trippe  veg- 
gonsi  questi  lesoci  trattar  col  ferro  ì  palpitanti  corpi.  Son  si  crude 
scene  da  soffrirsi  in  tempi  di  tanta  umanità  7  Dalle  idee  di  bar- 
barie passiamo  ad  altre  di  altro  genere ,  e  ricordiamo  un  altro 
greoùo  non  ha  guari  risuscitato  con  la  rinnovazione  della  pri- 
vativa di  poter  essi  soli  scaricare  le  botti  di  vino  (onde  sono 
detti  scaricatori  )  con  un  dritto  che  esigono  in  danaro  per  ogni 
botte,  e  con  altro  conseguente  di  frequenti  bibite  per  confor- 
tarsi al  lavoro.    U  profitto  di  questa  vii  gente  è  non  solo  un 


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a38  CAGLIARI 

aggravio  al  pubblico  ^    ma    una  turpitudioe.    Fortuna  che  non 

siano  più  di  la. 

Stamperie.  L'arte  tipografica  già  da  tre  secoli  introdotta 
solamente  in  questi  anni  sembrò  progredire  (  vedi  il  chiaris-* 
Simo  baron  Manno  Storia  di  Sardegna,  libro  xi,  ne' suoi  giudixi 
sullo  statx>  morale  de' sardi  sotto  la  dominazione  spagnuola). 
Sono  oggidì  tre  officine,  la  Regia,  la  Civica,  l'Arcivescovile. 
La  regia,  alquanto  decaduta  tiene  in  esercizio  6  torcoli  di  an- 
tica forma  e  12  lavoranti:  la  civica  propria  di  C.  Timon  4 
torcoli,  II  lavoranti:  l'arcivescovile  di  proprietà  d'una  com- 
pagnia 4  torcoli ,  I  a  lavoranti.  Aggiungi  in  ciascuna  un  torcolo 
per  li  rami.  Le  due  ultime  hanno  un  sufficiente  fornimento, 
e  producono  stampe  nitide.  Tutte  insieme  imprimono  all'anno 
cirea  36oo  risme  di  carta,  ohe  viene  in  massima  parte  som- 
ministrata dalla  Cartiera  Boyl  di  Domus-iuovas  del  Ciserro. 
Quanti  fogli  sieno  stampati  finora  da  cìa^^a  delle  tre  noi  sa- 
prei dir  con  precisione,  che  noi  sanno  vP^ure  i  proprietari. 
Però  a  calcolo  approssimativo  può  diisPKlla  regia,  che  da 
quando  posela  Carlo  Emanuele  III  di  Sardegna  presso  la  Uni- 
versità degli  Studi,  ove  stette  sino  al  1776,  lasciando  fuor  del 
novero  le  carte  pubbliche  di  governo ,  e  altre  cose  minute  , 
forse  non  stampò  più  di  aooo  fogli. 

Cosi  poco  si  è  scritto  sulle  scienze  e  sulle  arti.  Mancò  per 
avventura  l'ingegno?  Se  ne  abbondò  sempre.  Mancò  la  dot» 
trina?  Furono  per  questa  stimati  moltissimi  e  con  merito. 
MancaroD  i  mezzi  ?  Eh  sono  scuse.  Mancò  la  volontà  di  faticare. 

Giarnalù  Si  cominciò  a  pubblicarne  ne'  torbidi  della  nazione 
verso  la  fine  del  secolo  passato.  Stile  di  poco  merito  con  esa* 
gerazioni  e  menzogne,  quale  é  veduto  in  altre  scritture  della 
stessa  epoca. 

Nel  1827  si  produsse  una  poligrafia  mensuale  in  fascicolo 
eoi  titolo  —  Giornale  Cagliaritano  —  nel  quale  a  poche,  ma 
bene  scelte  notizie  politiche  succedevano  moltissime  cose  di 
somma  utilità,  dettate  in  bella  lingua  dal  chiarissimo  avvocato 
eoUegiato  Stanislao  Caboni.  Dolse  molto  ai  saggi  che  la  conti- 
nuazione fosse  proibita  da'  di  lui  uffici  pubblici. 

Dopo  non  considerevol  intervallo  susseguirono  due  giornali 
aettmuinali ,  la  Gazzetta  di  Sardegna  e  V Indicatore  Sardo.  Le 
loro  colonne  abbondavano  di  notizie  politiche,  e  spesso  ne  con- 


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CAGLURI  a39 

tenevano  delle  patrie.  Riunitisi  da  non  molto  in  società  gli 
Stampatori  y  la  Gazzetta  ammutolì. 

Ma  questa  mancanza  si  è  supplita?  Abbiam  veduto  un  nuovo 
giornale  prima  eddomadario,  ora  mensuale,  intitolato  -^^  U  Com- 
pilatore delle  cognizioni  utili*.  —  Impresa  grande ,  anzi  superiore* 

Finalmente  l' Accademia  agraria  ed  economica  di  Cagliari  co» 
mincia  a  mandar  fuori  i  suoi  fascicoli ,  dove  saran  compresi  i 
migliori  lavori  degli  accademici. 

Manifatture.  Su,  diciamo  le  grandi  piccolezze. 

Fabbrica  di  cotoni.  Consta  di  più  di  170  telai  distribuiti  per 
la  città.  La  filatura  fii  ridotta  a  sette  da  a  5  macchine ,  che  in 
addietro  erano  impiegate  :  la  tintoria  a  poche  persone.  I  teSf- 
snti  sono  bprdati ,  bordatini  di  diversi  colori  all'  uso  di  Genova , 
tele  crude ,  fanfare  all'  uso  di  Malta  e  altre  varie  stoffe.  Per  le 
quali  robe  erano  già  solite  estrarsi  non  piccole  somme.  I  depo* 
siti  sono  in  Cagliari ,  Sassari  e  Alghero  :  il  prezzo  batte  eoa 
quello  delle  consimili  di  Genova.  Dal  marzo  i834  al  febbrajo 
i835  sono  state  lavorate  pezze  di  cotone  14^3  della  distesa  di 
palmi  sardi  316  caduna  con  l'opera  di  277  persone.  Indi  crebbe 
il  numero  dei  lavoranti  sino  ai  4oo« 

Fabbrica  delle  berrette.  Sono  riuniti  i  soli  cardatori  :  le  fila* 
Urici  e  altre  operaje  lavorano  a  casa.  I  manofutti  reggono  alla 
concorrenza  con  l'estero,  e  n'é  grande  lo  smercio  in  tutta  l'isola, 
dove  se  ne  vestono  circa  190,000  teste,  e  se  ne  comprano  an<- 
nualmente  non  meno  di  i5o,ooo.  Non  bastando  ancora  al  bi- 
sogno i  suoi  prodotti  possono  alcuni  piccoli  fabbricanti  impie- 
garsi nella  stessa  mamfattura,  e  devono  alla  sufficienza  impor- 
tarsene dall'estero. 

Da  queste  due  fabbriche  venne  a  circa  un  migliajo  di  per- 
sone un  mezzo  di  sussistenza.  Che  prendasi  dalle  medesime  un 
maggior  incremento,  e  si  studi  a  non  dover  mendicare  dal- 
l'estero le  materie  prime,  quando  si  possono  avere  dal  regno 
con  la  propagazione  de' merini  e  l'ingentilimento  delle  razze 
indigene  in  quel  che  concerne  alle  lana,  e  con  la  coltivazione 
del  cotone,  i  cui  prodotti  nel  clima  sardo  sono  da  persone  in- 
telligenti riconosciuti  di  maggior  bontà  verso  i  più  pregiati  nel 
commercio.  Agli  inviti  del  provvido  governo  aggiungano  i  par- 
rochi  le  loro  esortazioni.  Quando  pure  non  possano  decimare 
questi  frutti,   ei    non  soffriran  detrimento,    che  stende  bene  i 


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ii4o  CAGLIARI 

figliani,  staranno  bene  ei  pure,  né  patiran  dolore  dalla  yistd 
di  molte  famìglie  infelici,  cui  deve  la  lor  carità  stendere  la 
benefica  destra. 

Saponiere.  Tra  poche  altre  una  è  distinta  per  li  metodi  che 
usa  non  diversi,  come  si  dice,  da  queUi  che  tengono  le  &b- 
briche  francesi.  Essa  però  mal  può  provvedere  al  terzo  di  quanto 
esiga  il  bisogno. 

Sono  in  esercizio  molte  fabbriche  di  cappelli,  i  più  di  lana 
per  li  contadini  della  parte  meridionale.  In  qualcuna  se  ne  la* 
vorano  pure  di  miglior  pasta,  e  si  fanno  pagare  come  fini. 

Regie  fabbriche.  11  laboratorio  delle  polveri  fu  dopo  il  di-^ 
castro  deU' incendio  accaduto  addi  aS  febbrajo  1822  riarmato 
in  tutto.  Presentasi  col  prospetto  d'un  grazioso  casino  d'or- 
dine corintio ,  e  frontispizio  sormontato  da  statue ,  stanza  de-* 
stinata  per  il  direttore  e  persone  addette  alla  fabbrica.  Il  dise- 
gno è  del  luogotenente  generale  C.  Bojl ,  come  lo  è  parimenti 
quello  del  pubblico  giardino  sulla  sua  piazza.  Passando  in  den* 
tro  sono  nel  primo  cortile  la  raffineria  dei  nitri,  ed  i  magaz- 
zini per  le  materie  prime.  Si  e  tentata  con  ottimo  successo  dal 
cavaliere  De-Villabermosa  D.  Angelo  la  formazione  del  nitro 
artificiale.  Nel  successivo  sono  vari  molini  a  pistone  in  bel  mec- 
canismo e  con  le  forze  dove  d'uomini ,  dove  di  cavalli ,  le  ma- 
cine in  bronzo ,  e  quant'altro  si  ricerca  nell'artificio  delle  pol- 
veri. Se  ne  offrono  di  ottima  qualità.  Potrebbe  questo  stabili- 
mento somministrare  anche  per  lunghi  bisogni. 

Il  deposito  è  sulla  parte  più  alta  del  colle  di  S.  LorenzOé 
Non  ha  difesa  dai  fulmini  ;  ondechè  nello  squilibrio  delle  elet-> 
trìcìtà  temesi  da  molti. 

R,  Arsenale.  Tra  le  porte  Cristina  e  Apremont  presentasi 
la  sua  di  bella  architettura  (  ordine  dorico  )  con  quattro  colonne 
di  granito,  e  il  regio  stemma  in  bronzo  sopra  una  apposita  la« 
pida.  Quindi  per  una  gallerìa  scavata  nella  rupe  sotto  il  ba^ 
luardo  di  s.  Brancazio  vassi  nel  gran  fosso  rettangolare  ai  lati 
del  rientrante  della  tanaglia  contro  greco,  e  vedesi  a  fronte  e 
a'  fianchi  un  regolar  fabbricato,  e  in  centro  un  padiglione  di 
ordine  dorico  con  gran  sala  per  il  direttorio  dello  stabilimento, 
e  minori  contigue  per  conserva  de' modelli  e  disegni,  donde  è 
passaggio  nelle  4ue  branche  dei  laboratorii. 

Fuor  di  questo  perimetro  è  un   edificio  per  la   fonderia,   e 


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CÀGLURl  i4f 

taieHa  éontiiiuazioiie  del  fosso  appoggiaiisi  alisi  iac&ìa  del  baluardo 
contro  Porta-Reale  i  magazzini  di  deposito  per  li  materiali  delle 
diverse  opere  di  artiglieria,  e  di  conserva  delle  già  costrutte. 
Tutto  fii  eseguito  nel  disegno  del  C.  Boyl. 

L'opera  die  più  onori  questo  stabilimento  si  è  la  fondita 
(  anno  1827  )  della  statua  colossale  di  Carlo  Felice  decretata 
dagli  stamenti.  Fu  il  modello  ordinato  allo  scultore  sardo  Ca- 
lassi, la  fusione  raccomandata  al  C.  Boyl. 

Regia  Fabbrica  dei  tabacchi.  Questa  dal  i.^gennajo  1 635  fu 
definitivamente  stabilita  in  Cagliari  nel  rivellino  di  Gésus.  Sono 
separate  sette  diverse  sorta,  comune^  senziglio  di  prima  e  di 
seconda  qualità^  senziglio  verde,  mancyos,  albania,  granetta, 
Canada.  Non  si  manifatturano  più  né  rapati,  né  sigari.  Dei  trin- 
ciati sono  distinte  quattro  qualità.  Esse  varietà  patiscono  una 
gradazione  di  bontà  anche  per  le  diverse  condizioni  dei  ter- 
reni onde  sono  le  foglie.  11  tabacco  di  secco,  posta  la  stessa 
preparazione,  é  pregiato  sopra  il  rigadìo^  ed  il  proveniente 
dagli  orti  concimati  sopra  quello  di  altre  terre.  In  questo  la- 
boratorio movonsi  macchine  a  cavallo  6,  a  mano  i3,  e  sono 
lavoranti  60  per  la  separazione  deUe  foglie ,  macinazione  e  va- 
rie operazioni  sulle  farine ,  e  per  lo  invasamento ,  con  un  ma- 
nipolatore che  da  una  certa  conda  (  segreto  di  famiglia  ),  da 
cui ,  quando  sì  maneggino  ottime  farine ,  i  tabacchi  recenti  di- 
ventano superiori  agli  stagionati  de' più  esperti  contrabbàndistì. 
Governa  la  fabbrica  un  ispettore  e  capo  contabile  in  dipen-^ 
denza  dalla  erezione  delle  Gabelle,  e  dall'Intendente. 

La  vendita  dei  tabacchi  era  per  gli  anni  scorsi  nei  seguenti 
numeri  adequati.  Nell'inteiuio  del  regno  libbre  400,000*,  alle 
regie  gabelle  del  Piemonte  204,000;  alle  nazioni  estere  4^000  ; 
in  totale  libbre  608,000;  per  li  prezzi  nel  regno  dì  lire  sarde 
360,000,  al  Piemonte  40,800,  agli  esteri  8,000  j  in  totale  408,800; 
coi  prezzi  medìi  per  libbra  nel  regno  a  hre  sarde  o.  i8.  o, 
al  Piemonte  lire  nuove  o.  20,    agli  esteri  lire  sarde  2.  o.  o. 

Per  la  vendita  dei  tabacchi,  sali  e  polveri  sono  in  Cagliari 
gabellottì  18:  nel  Castello  3,  nella  Marina  7,  nello  Stampace 
14)  nella  Yillanova  3,  in  s.  Avendrace  i. 

Gli  altri  stabilimenti  manifatturieri  lì  avrai  nel  seguente  titolo. 

Istituzioni  di  beneficenza  pubblica.  Per  somiglianza  di  mate^ 
.  ria  proporremo  prima  gl'istituti  d'industria. 

Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  III.  iG 


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a4a  CAGLIARI 

In  Ufi  tempo,  che  nella  Italia  é  acceso  un  tìtò  zelo  per 
istituzioni  siffatte  sarebbe  una  omessione  imperdonabile  nonra-^ 
gionar  di  quelle  che  si  fondarono  nella  capitale  della  Sardegna. 

OrfanuJUrofi.  Reale  ospizio  degli  orfaneUi  a  S.  Lucifero  eretto 
da  Carlo  Felice,  ordinato  da  Carlo  Alberto*  Piazze  gratuite  20 , 
di  pensione  22  per  lire  nuove  la  al  mese.  Non  si  aocogliono,  /che 
quelli  in  cui  siano  certe  condizioni,  e  si  istruiscono  nei  cate- 
dbismi  religioso  e  agrario,  nella  lettura,  scrittura,  conteggio, 
e  nelle  arti  meccaniche.  Per  la  disciplina  di  queste  tono  gli 
alunni  ripartiti  ne' diversi  mestieri  ricevuti  finora  nell'ospizio, 
che  quelli  sono  dei  tessitori,  calzolari,  feilegnami,  ebanisti, 
sarti,  fettucciarì ,  calzettarì,  in  diverse  officine  governate  da  un 
capo*mestiere,  e  da  un  decurione.  La  mercede  dei  lavori  spar-* 
tesi  tra  l'ospizio  e  i  lavoranti  se  sieno  in  piazza  gratuita,  tra 
i  benefattori  e  lavoranti  se  pensionari.  Sono  questi  orfanelli  dì- 
visi  in  decurìe,  Aelle  quali  il  più  degno  é  qualificato  decurione 
con  r  obbligo  di  alcuni  uffici  verso  la  squadra.  Un  capo  de- 
curione invigila  su  tutti.  Per  assicurarsi  dell'  abilità  che  abbia 
ciascuno  acquistata  nel  mestiere,  cui  siasi  dedicato,  sono  invi- 
tati i  maggiorati  del  gremio  o  dell'arte  esercitata ,  che  si  clas- 
sificano per  mastri,  o  lavoranti ,  e  tali  li  riconoscano  quando 
escano  dall'  ospizio.  È  stabilita  una  congregazione  a  dirigere 
l'amministrazione,  e  procurare  l'adempimento  delle  reali  di- 
sposizioni. U  locale  basterebbe  per  80  alunni,  comecché  siano 
a  essere  compite  due  maniche  del  quadrato.  L  fondi  sono  aa 
mila  lire  dalla  cassa  regia ,  1'  asse  dei  Trinitari  soppressi ,  e 
della  chiesa,  nuova  di  Bonaria.  0  non  progredisce  quest'istituto, 
o  il  suo  progresso  e  incremento  è  insensibile.  Il  canonico  Ma- 
nunta  uomo  pieno  di  patria  carila  ne  fu  il  primo  direttore, 
e  frutto  di  sue  cure  fu  l'avviamento  delle  cose  al  fine  intento. 

Conservatorio  delia  Prowidenza.  Le  orfanello  sono  raccolte 
fin  dal  i833  (25  aprile)  dov'  era  il  reale  collegio  de' nobili, 
ampliatasi  la  casa  e  riformata  al  nuovo  uso  sotto  gli  auspici 
di  Carlo  Felice.  Sonovi  tre  piazze  obbligate,  e  quaranta  gra- 
tuitamente concesse  dalla  congregazione  incaricata  delia  sopra- 
intendenza  allo  stabilimento.  Le  pensionane  pagano  scudi  60. 
Sperasi  portato  fra  breve  il  numero  deUe  piazze  gratuite  a  60, 
e  avanzerà  luogo  ad  altre  12  ne'  due  dormitori,  uno  della  In- 
nocenza per  le  minori  ^    altro  della  Pace  per  le  maggiori.  In 


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GAGLURI  a43 

questa  distinzione  vanno  le  fanciulle  in  due  diversi  saloni  per 
lettura y  scrittura,  abbaco ,  e  ricreazione.  Sono  governate  da  una 
madr^  sotto  gli  ordini  di  una  direttrice ,  che  é  una.  femmina 
primaria ,  e  sotto  V  autorità  d'un  direttore.  Tutte  si  esercitano 
nelle  comuni  faccende  domestiche.  Le  une  insegnano  l'altre  in 
tutti  i  lavori  di  ago  e  di  spola,  frangìe  di  cortine,  mantilerìe 
di  coione  e  di  lino  in  tutti  i  disegni ,  bordati ,  bindelli  di  seta, 
ermesini  per  coltri ,  coperte ,  calzette.  Filasi  la  seta  e  compransi 
i  bozzoli  sardi.  L'esperienza  dice  che  la  seta  nazionale  non 
iscapita  in  paragone  della  migliore  del  Piemonte.  11.  cavaliere 
D.  Antonico  Grondone  procurò  alle  medesime  questa  istr^izione, 
e  fu  maravigUosa  la, prestezza  con  cui  appresero  l'arte  dalla 
maestra  che  fu  loro  data.  Filasi  la  gnàcchera.  Del  prezzo  dei 
lavcfi  metà  si  attribuisca  alla  cassa  comune:  all'uscita  pren- 
dono quanto  si  conservi  sotto  il  lor  nome,  detratte  le  spese 
del  vestiario;  e,  ove  non  se  ne  rendano  indegne  per  qualche 
capriccio,  ricevono  dalla  Congregazione  una  dote  di  scudi  cento* 
Nelle  due  officine  a  pian  terreno  sono  le  macchine  in  buon 
numero.  Nel  i834  erano  in  esercizio  telai  24  per  li  bordati 
dello  stabilimento  della  fabbrica  sopra  descritta  dei  cotoni,  al- 
tri per  seta,  fazzoletti,  coperte,  nastri,  calze,  due  macchine 
quasi  alla  yacquaid ,  e  gran  copia  di  altri  minori  istromentì. 
A  quest'  istituto  fu  preposta  una  Reale  Congregazione  presie- 
duta dal  Y.  R.  Tutto  ben  considerato  trovasi  degna  di  com- 
mendazione la  educazione  rdigiosa  e  civile  ,  la  istruzione  per 
crearle  a  buone  massare,  e  saggie  dei  lavori  signorili  più  co- 
muni, e  solo  resta  a  desiderare  che  uomini  di  cuor  generoso 
vi  rivolgan  lo  sguardo,  e  studiino  ad  avvantaggiare  le  cose  di 
cosi*  bello  e  utile  istituto* 

La  riconoscenza  a'  magnanimi  che  lo  promossero  è  testata 
in  bel  modo*  Nella  sala  della  direttrice  sono  stati  rappresen- 
tati dal  pennello  di  Antonio  Caboni  il  beneficentiss'mio  monarca 
Carlo  Felice ,  lo  zelantissimo  patrizio  marchese  di  Yillahermosa, 
ed  il  y.  IL  conte  d'  Agiiano.  Sia  onore  allo  zelo  dell'  ottimo 
abbate  Lorenzo  Frassetto,  che  in  meno  d*un  decennio  triplicò 
il  numero  delle  femciulie ,  preparò  alle  medesime  la  comoda 
e  bella  abitazione,  e  fecele  addestrare  ne' detti  importanti  rami 
d'industria. 

Educazione  delle  ^Ue  dei  militari  poveri.  Ad  imitazione  del 


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a44  CAGLIARI 

beneficio  fatto  in  Torino  dalla  Confraternita  del  SS.  Sudario 
alle  figlie  suddistinte  si  è  già  cominciato  a  radanarne  alcune  , 
e  sonosi  poste  sotto  la  direzione  d'una  maestra.  Cosi  h^  dise- 
gno fu  del  cavaliere  Sardo-Piccolomini  colonnello  nella  brigata 
cacciatori  guardie ,  e  per  lo  medesimo  e  altri  militari  di  cuor 
generoso  sarà  colorato. 

Case  di  lavoro.  Se  quelli  che  una  insufQcienia  fisica  gitta 
nella  miseria  devono  essere  per  istretta  giustizia  soccorsi  dallo 
stato,  quegli  altri  che  giacciano  nella  stessa  condizione  per  o 
ignoranza  di  mestiere,  o  mancanza  di  mezzi  e  di  occasione  a 
esercitarsi  in  quello  che  conoscano  ,  o  per  infingardaggine ,  de- 
vono essere  o  ammaestrati,  o  forniti,  o  forzati.  Quindi,  non 
riguardando  per  ora  la  prima  parte,  dovrebbero  essere  delle 
case  di  lavoro,  e  converrebbe  vi  fos^  chi  tenesse  gli  occhi  su 
tutti,  perchè  non  passasse  alcun  giovine  ì  primi  anni  senza 
istruzione  lungi  da  ogni  disciplina  ;  perchè  non  languisse  nel- 
r  inerzia  chi  avesse  volontà  di  faticare  ;  finalmente  perchè  a  chi 
non  l'avesse  fosse  questa  inspirata.  Quanti  giovinetti  sono  che 
in  nuir altro  si  esercitano  che  nelle  male  cose  che  insegna  l'ozio- 
sità! \ Quanti  onesti  uomini  sono  costretti  a  domandar  spesso 
dklla  carità  quel  che  non  possono  disgraziatamente  ritrarre  dai 
loro  talenti  !  Com'  è  diffusa  quella  peste  di  fuchi ,  che  troppo 
tardi  accogliono  le  prigioni  e  gli  ei^astoli  ! 

Lavoro  nelle  prigioni.  Dopo  che  si  è  fatto  molto  per  lo  mi-* 
glioramento  materiale  e  sanitario  delle  prigioni,  rimane  quello 
che  importa  assai  più,  c^ie  è  il  miglioramento  dei  dltenuti , 
onde  mentre  dormono  le  cause  non  giacciano  i  carcerati  lun- 
ghi anni  nell'ozio  e  nella  cecità  ,  ma  siano  con  saggie  istruzioni 
moralizzati,  e  tutto  il  tempo  occupati  nel  lavoro.  Senza* che 
questo  tornerebbe  utile  loro,  ed  al  reale  erario,  o  alle  casse 
baronali,  li  renderebbe  migliori.  Separati  in  diverse  mansioni 
con  certo  ordine  a  ciò  i  meno  maligni  non  si  aguzzino  alla 
malvagità  dei  più  scellerati,  si  obblighino  al  lavoro  quelli  mas* 
simamente  che  debbano  aver  cura  della  sussistenza  di, moglie, 
o  figli  9  o  di  altri  propinqui.  Da  simile  scuola  in  più  beate  terre 
molti  ritornarono  in  società  altri  che  n'eran  partiti.  Si  è  ten- 
tata siffatta  cosa  nelle  prigioni  di  S.  Brancazio  pel  sullodato 
canonico  Manunta;  ma  forse  altri  non  istudiò  a  promoyerla  a 
buon  successo. 


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CAGLIARI  145 

Istiiuti  di  ben^cenza  di  carità  civile  e  crisdima.  Metteremo 
primo  fra  gli  altri  Io  spedale  civico  che  nel  i636  fu  conse- 
gnato Ai  religiosi  di  S.  Giovanni  di  Dio.  È  assai  antica  in  Ca- 
gliari la  cara  caritatévole  degli  infermi  negli  spedali.  Il  S.  Pon- 
tefice Gregorio  il  Magno  (an.  604  )  riprendeva  T  arcivescovo 
Gianuario  per  la  poca  sollecitudine  in  attendere  agli  spedali 
dell'isola.    Dello  spedale  di  S.  Bardilio  fu  fatto  cenno. 

Quest'asilo  degl'infermi  è  nella  Marina ,  dove  fu  notato  nella 
topografia    dell' Arquer.    Sonovi  due   sale  ,  una  per  li  maschi 
con  letti  25  (che  dovriano  essere  28),  altra  per  le  donne  con 
letti  i4*    In  caso  di*  qualche  influenza  morbosa  se  ne  possono 
ricevere  di  più  ,  anzi  esser  deve  una  provvista  per  altrettanto 
numero.    Non  ammettesi  alcuno  pri-ma  che  il  visiti  il'  medico. 
1  tisici  e  cronici  ne  sono  esclusi  ,  e  non  si  assiste  che  a  quat- 
tro sifilitici.    Dove  andranno  quei  miseri  ?  11  locale  fu  poco 
saggiamente  scelto ,  ed  è  davvantaggio  troppo  angusto ,  perchè 
non  vi  abbia  una  sala  pe'  convalescenti ,  né  un  giardino  o  si- 
mil    luogo  j    dove    essi    si    assuefacciano  nuovamente    all'aria 
aperta.    Che  spettacolo  compassionevole  in  quelle  f accie  cada- 
veriche ,  in  quei  corpi  languenti ,  che  saltano   nell'  inclemenza 
delle  stagioni ,   e  devon  servirsi  di  cibi  nulla  confacevoli  allo 
stato  dello  stomaco  .'  Erasi  preposto  uno  stabilimento  maggiore  - 
in  altro  sito  con  apposito  edificio,  quale  è  adombrato  nella  to* 
pografia  dì  Cagliari  per  Comminotti.   Dove  se  non   si    potesse 
fondarlo ,  non  istarebbe  in  altra  situazione  meglio ,  che  incon- 
tro al  baluardo  di  Monserrato  in  modo  che  sovrastesse  al  chiu« 
so ,  che  dicon  orto  botanico  dalla  sua  vana  destinazione. 

Manicomio.  Molto  duole  all'anime  buone  non  vedere  alcuna 
riforma  nella  custodia  e  guarigione  degli  alienati.  I  quali  sog- 
giacciono ancora  a  carcere,  catene  e  battiture.  Sono  tenuti  in 
quattro  sale  a  pian  terreno  ,  dove  non  sono  più  di  sei  posti. 
In  queste  stanze  di  malinconìa  la  causa  morale  del  morbo  si 
radica  più  fortemente,  e  le  violenze  che  si  esercitano  da  anime 
dbumane  conduce  ì  miseri  alla  frenesia.  Possa  la  filosofia  in 
questa  parte  sollecitare  i  progressi  della  civiltà.  A  lei  più  che 
alla  medicina  appartiene  la  cura  di  questi  infelicissimi. 

Le  donne  affette  di  tanto  male  sono  tenute  in  alcune  ca- 
mere, che  dicono  stufie,  dove  sono  quattro  posti.  Le  infermiere 
della  «ala  delle  ammalate  ne  hanno  il  governo. 


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346  CAGLUHl 

Il  solilo  numero  di  sìffiitti  ammalati  è  ben'  tenue ,  aTfegna- 
che  vi  sì  condiscano  quelli  che  esser  possono  nella  parte  meridio- 
nale del  regno.  Ondeché  la  ragion  loro  alla  popolazione  egua- 
gliasi a  quello  di  uno  a  sedicimila,  Airamministrazione  di  questo 
stabilimento  di  carità  è  stata  preposta  una  R.  congregazione* 
A  ciascuno  dei  religiosi ,  che  non  soglion  eccedere  il  numero 
di  dodici ,  essa  ha  fissato  per  elemosina  mensuale  lire  sarde 
17.  18.  4*  Al  professore  di  clipica  medica  ^  e  suo  assistente ,  e 
a  quello  della  chirurgica  con  SÌ91ÌI  subalterno  lire  5o,  o.  o. 
per  trimestre.  Ai  due  allievi  chirurghi  lire  9  per  mese.  Ai 
cappellani ,  agli  inservienti ,  ecc.  ecc.  In  somma  spendesi  solita- 
mente all'anno  intomo  alle  dodici ,  o  tredici  mila  lire  sarde. 

Spedale  di  S,  Brancazio.  Si  conobbe  finalmente  che  ogni 
maltrattamento  non  prescritto  dalla  legge  in  pena  del  delitto 
fosse  u^a  ingiuria  ìncivilissima ,  e  che  la  n<^ligenza  di  quei 
che  attendendo  la  giustizia  avvicinantesi  o  alla  condanna  o  alla 
assoluzione  con  la  celerità  della  testuggine  ,  venivano  sorpresi 
da  qualche  malore ,  fosse  una  barbarie ,  ansi  una  ferità.  For- 
mossi  uno  spedale  con  due  sale  belle  e  ariose  con  in  una  18 
posti  per  li  maschi  y  con  6  nell'altra  per  le  donne ,  e  si  ordinò 
che  diligente  fosse  la  cura  e  non  si  studiasse  a  risparmi.  I 
cavalieri  confratelli  del  Monte  vegliano  con  molto  zelo  in  fa- 
Tor  dei  miseri  ;  un  Antonio  Olandu  di  Senorbi  morto  nelle 
stesse  prigioni  legava  non  piccol  danaro  per  quest'opera. 

Cura  gratuita  in  casa.  Per  la  umanità  di  Carlo  Felice,  per 
la  paterna  carità  di  Carlo  Alberto  godesi  di  tanto  beneficio. 
Quelli  dei  quali  il  parroco  attesti  la  povertà  hanno  medico,  chi- 
rurgo e  medicine  gratuite.  Qui  potrebbero  fare  utili  osservazioni 
quei  che  consenzienti  al  Beccaria  ed  al  Ricci  pensano  più  giovi 
alla  umanità  se  nelle  loro  case  piuttostoché  negli  spedali  siano 
curati  i  poveri.  Io  sederei  fra  entrambi,  perchè  in  tal  condi- 
zione di  cose  giova  più  in  casa  ;  in  tal  altra  nello  spedale. 

Trovatelli,  Provvide  il  magistrato  civico  agli  infelici,  che  o 
pascono  contro  le  leggi ,  o  si  abbandonano  da  madri  povere  ^ 
ed  a  raccoglierli  furono  poste  due  ruote ,  una  nel  Castello 
presso  S.  Croce  ,  altra  nella  Marina  a  S.  Antonio.  Il  padre 
degli  orfani  consegna  gli  esposti  a  nutrici  qualunque ,  talvolta 
alla  stessa  occulta  madre,  che  desidera  il  tenue  stipendio  di 
lire  a  al  mese. 


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CAGLIARI  347 

Numerò  di  esposti  dal  i8a5  al  34  >  col  corrispondente  dei 
morti  disotto. 

Esposti  76.  66.  75.  64*  6a.  Bi.  loo.  84«  ii4«.8B. 

Morti     a5.  38.  48.  43.  27.  5a.    63.  56.     73.  48. 

Fa  mai  amore  nelle  mercenarie  ?  U  gran  principio  minima 
de  malis  facciasi  valere  a  conciliar  con  le  leggi  gli  abusi  cbe 
non  n  possoni  togliere  dalla  costitazione  sociale.  Sarebbe  delle 
più  citili  co6e  se  lo  Stato  riguardasse  con  più  carità  questi  in- 
nocenti, onde  immeritevoli  non  portassero  il  peccato  dei  loro 
genitori ,  né  patissero  nella  società  alcuna  infamia.  Non  si  ab- 
bandonino in  potestà  di  femmine  vili  per  li  vizi,  e  ?enza  cuore. 
Si  prepari  a  loro  una  sorte  meno  ingiusta  nascondendosi  la  rea 
loro  origine  ,  perché  i  maschi  non  debbano  arrossire  della  se- 
duzione o  debolezze  di  quelli  onde  vissero ,  e  le  fanciulle 
disperate  £  una  onesta  sorte  non  si  precipitino  nella  ignominia. 

jiUauamenio  graiuitOé  Quando  diciam  delle  cose  che  esser 
dovrebbero,  aggiungiamo  come  sia  giusto  provvedere  affigli 
leigittimi ,  quando  le  madri  povere  per  fisiche  indisposizioni 
non  posson  loro  porgere  un  nutrimento  bastevole  e  sano.  In 
che  però ,  se  la  condizione  delle  cose  permetta ,  io  vorrei  per* 
sistere  in  sul  principio  della  possibile  soppressione  de'  sussidi 
mteramente  gratuiti.  Ov'ella  valga  ^  presti  perciò  la  madre  al« 
cnn'opera ,  compia  p.  e.  qualche  penso  di  filatura  al  mese,  ecc. 

Avvi  gran  numero  di  legati  per  doti  che  si  distribuiscono 
nelle  parrocchie.  Ma  siccome  i  fondi  per  negligenza  degli  am«> 
ministratori  deperiscono ,  e  cosi  manca  con  che  adempire  le 
volontà  de'pii  testatori  ;  quindi  amerebbesi  vedere  i  medesimi 
accumulati  in  una  rigorosa  e  Sbggia  amministrazione ,  e  rifor-» 
mate  a  maniere  più  civili  e  cristiane  certe  disposizioni  testa- 
mentarie. Perché  si  vorranno  da  qualcuno  escluse  le  fanciulle 
dell'ultima  plebe  ,  le  orfane  ,  e  quelle  di  parenti  ignoti  ?  per^ 
che  rigettate  quelle  che  sian  cadute  in  fallo?  Il  re  Carlo 
Emanude  IV  nell'anno  1798  stabiliva  ^4  ^^^  P^'  zitelle 
da  niarito  da  conferirsi  nel  giorno  che  renderebbonsi  grazie 
anniversarie  per  la  vittoria  contro  i  francesi.  Poi  fu  la  somma 
(di  circa  i5oo  scudi)  convertita  in  pensione  alle  vedove  di  mi- 
litui  o  impilati  benemeriti.  Nel  i8a4  volevasi  rinnovare  Tan-* 
tica  destinazione  di  questo  danaro ,  ma  declinossi  dal  proposito 
per  ragioni  migliori. 


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248  CAGLURI 

Case  di  ricovero  per  gli  invalidi.  Miseri  coloro  che  in  tale 
stato  depose  la  sorte  !  Devon  essi  giacere  sulle  strade  ,  coprir 
il  corpo  di  cenci,  e  mendicare* una  meschina  sussistenza.  La 
carità  cristiana  è  offesa  della  infelicità  di  questi  ,  la  filosofia 
della  ingiustizia  che  verso  loro  è  usata.  £  chi  approvi  che  si 
badi  a'  fittÌKÌ ,  e  nulla  a'  gravissimi  bisogni ,  che  si  studi  a'  di^ 
letti  della  classe  agiata,  e  niente  a  sminuire  gl'infortuni  deipo-^ 
veri!  Un  asilo  agli  infelici  fa  più  onore  a  una  città  che  un 
magnifico  teatro. 

Favorisca  Iddio  al  disegno  che  molte  virtuose  matrone  for- 
marono in  bene  delle  persone  di  loro  sesso  che  giacciono  in 
bassa  sorte.  Aprasi  un  ricovero  a  quelle  cui  né  la  educazione  ^ 
né  la  salute  concedono  di  procacciarsi  il  pane  servendo  o  la-^ 
vorando,  e  meno  si  addice  di  questuare.  Il  re  Carlo  Alberto 
come  conosceva  questo  pio  consiglio  tosto  assegnava  un'annua 
cospicua  pensione  sui  fondi  e  redditi  della  cassa  privata  del 
defunto  sovrano  €arlo  Felice.  Tanta  pietà  e  liberalità  fu  lodata 
da  tutte  le  belle  anime,  ma  imitata  da  pochi:  ondeché  dalle 
contribuzioni  non  radunossi  ancora  una  sufficiente  somma  per  le 
spese  di  primo  stabilimento.  Non  so  quanto  sia  stato  efficace 
l'invito  che  pubbiicossi  alle  signore  per  coscriversi  in  una  con- 
gregazione ad  opera  di  tanta  carità.  Un  santo  pensiero  entri  in 
lor  anima,  e  siano  persuase  a  sacrificare  alla  misericordia  quel 
che  sia  non  già  vero  decoro,  ma  pura  vanità.  Al  loro  esempio 
si  ecciti  la  emulazione  nell'altro  sesso ,  e  provedasi  all'alloggio, 
vitto,  vestito  degli  abbandonati-,  ma  sia  saggia  la  limosina  j 
$ian  essi  posti  in  disciplina ,  e  si  facciano  occupare  in  ciò  a 
che  abbiano  forza,  idoneità^  prt>pensione. 

Associazioni  religiose  di  secolari  in  favóre  degli  infelici.  Di 
due  sole  si  può  far  menzione,  una  denominata  dal  Monte,  al-* 
tra  del  S.  Sepolcro. 

La  prima  è  distinta  in  due  schiere.  Cosi  i  confratelli,  come 
le  consorelle,  che  sono  tutti  della  classe  dei  nobili,  hanno  co- 
mandata la  visita  e  il  soccorso  degli  ammalati  nelle  loro  case. 
I  confratelli  assistono  pure  a  quei  che  si  destinano  all'ultimo 
supplizio,  e  non  ha  guari  che  si  incaricavano  di  attendere  a 
che  i  carcerati  non  siano  nella  quantità  o  qualità  degli  alimenti 
offesi  dagli  avari  appaltatori,  e  perchè  gli  infermi  abbiano  tutti 
e  tempestivi  i  soccorsi.  Da  certa  propina  solita  offrirsi   da'  no- 


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CAGLIARI  a49 

velli  AnosUsseni  a'  V.  R.,  e  poi  attribuita  alle  opere  pie  di  que- 
sta eongregazioDe  dal  benemerentissiino  V.  R.  marchese  di  Yenne, 
cui  tal  danaro  puzzava ,  i  confratelli  provvedono  ai  poveri  pri- 
gionieri di  alcune  robe  necessarie.  L'altra  confraternita  si  oc- 
cupa a  seppellire  quei  morti,  cui  non  sia  come  pagare  il  prete 
per  l'opera  della  misericordia.  È  però  talvolta  accaduto  che 
questi  confratelli  non  si  accorgessero  del  piagnisteo  di  qualche 
povera  fiimiglia,  e  restasse  il  cadavero  in  casa  per  tre  giorni. 
Chi  non  sia  commosso  da  sdegno  e  orrore? 

Chiederai  a  che  sieno  nate  l'altre  confraternite?  Non  lo  so  ; 
sebbene  dir  possa  che  niente  è  in  Cagliari  che  si  avvicini  a 
quella  venerabile  compagnia  di  S.  Paolo  ehe  onora  e  felicita  la 
dominante  del  Piemonte,  alle  istituzioni  di  Rosa  di  Covone ,  e 
delia  vedova  di  MariUac. 

Quando  son  venuto'  alle  comparazioni  giovami  confrontare  la 
beneficenza  pubblica  di  questa  città  con  quella  di  Torino,  e 
di  Milano.  La  carità  pubblica  in  Cagliari  riguarda  non  più  di 
4S0  persone ,  in  Torino  circa  6,000 ,  in  Milano  poco  men  che 
1 1 ,000  $  quindi  la  beneficenza  di  Cagliari  é  a  quella  di  Torino 
come  nove  a  cento  venti,  a  quella  di  Milano  come  nove  a  du- 
cento  venti;  e  tenendosi  conto,  come  conviene,  delle  rispet- 
tive popolazioni  riducesi  la  prima  ragione  eguale  a  i3[5o,  la 
seconda  a  13(55.  Il  grado  relativo*  d'incivilimento  sarà  ancora 
in  questa  ragione?  Stimerei  bene. 

Soccorso  di  danaro  per  urgenze.  Monte  di  pietà.  Nel  decli- 
nare del  secolo  passato  istituivàsi  un  monte  nùmmario  con  do- 
tazione di  2i5  mila  scudi  per  sovvenire  ai  poveri  facendo  dei 
prestiti  (  non  mai  sopra  scudi  a5)  con  l'assicurazione  sopra  un 
pegno ,  sott'  obbligo  di  ripigliarlo  dentro  l' anno,  il  quale  tra- 
scorso soggettasi  all'asta.  Non  è  domandata  alcuna  usura ,  il 
che  suppone  che  gli  ufficiali  di  quest'  istituto  prestino  1'  opra 
per  pura  carità.  Se  cosi  è  li  benedica  Iddio. 

Molto  era  per  l' addietro  lodata  istituzione  siffatta ,  oggi  si  di- 
q>uta  sul  suo  merito.  Eretto  questo  monte  contro  l'avidità  de' 
giadaizzanti  non  si  riuscì  nell'intendimento,  mentre  le  impre- 
stanze essendone  limitate  alla  suddetta  quantità,  quelli  sono  an- 
cora ricercati  per  grandi  somme ,  talvolta  con  interesse  da  non 
credersi  -,  di  forma  che  forse  maggiori  non  ne  avea  esatto  quella 
genia  di  furfanti  ;,  che  il  severo  Catone  in  sua  pretura  cacciava 
Dizione  geogr.  ecc.  Voi.  IH.  16* 


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25o  CAGLIARI 

dall'isola.  Altronde  soTYÌene  questo  parimente  cbe  i  congeneri 
istituti  cosi  al  vero  bisogno,  che  alle  esigenxe  del  vizio  ,  e  molte 
famiglie  anmiinistrate  da  capi  dementi  vanno  a  restar  sprov- 
vedute degli  oggetti  più  necessariiy  dopo  che  furon  abbruciate 
di  tutto  il  danaro.  Che  dovrebbesi  sostituire?  una  banca  di  ri- 
sparmio 9  da  quale  opera  siffatta  nessun  detrimento ,  e  nasce  un 
bene  certissimo.  Che  il  popolo  si  educa  ad  una  saggia  provi- 
denza ,  si  sveglia  al  lavoro  ,  e  la  pubbUca  moralità  e  bcfn  es- 
sere prende  incremento.  La  società  prese  miglior  aspetto  dap- 
pertutto dove  questo  consiglio  fu  posto  in  esecuzione.  E  avriasi 
per  giunta  che  al  carattere  dei  sardi  ne  verrebbe  onore,  e  can- 
cellerebbesi  quella  ìmsouciance ,  di  cui  sono  accusati. 

Commercio  interno.  Principalissimo  articolo  ne  sono  i  cereali^ 
Ne'  martedì,  mercoledì,  giovedì  e  sabbati  è  una  gran  frequenza 
di  villici  alla  piazza  destinata  a  questo  mercato,  e  i  grani  vi 
^1  trasportano  a  cavallo ,  carri  e  carrettoni ,  con  un  carico  i 
primi  di  4  starelli,  i  secondi  di  io  in  i5,  gli  ultimi  di  20  in 
40.  Trovasi  sul  posto  un  deputato  civico,  e  mentre  tiene  spie- 
gata la  bandiera  si  fa  compra  dalle  paftntare  e  dai  capi  di  fa- 
miglia V  quella  posta  giù  è  lecito  patteggiare  agli  speculatori. 
Ivi  dove  già  fu  l'antico  convento  degli  agostiniani ,  e  poi  al^ 
cune  opere  di  difesa  che  non  da  poco  furono  demolite,  sono 
in  costruzione  molti  magazzini  per  jmaggior  comodità  del  coni' 
mercio.  Senza  i  cereali  portano  i  villici  linseme ,  mandorle ,  for-* 
maggi,  pelli,  cuoja ,  cera,  miele,  alcool,  terraglie  ecc. ,  ecom«« 
prano  robe  per  vestiario ,  ornamenti  f  mobili  ecc. 

Botteghe  di  stoffe  di  varia  materia  ^4,  molte  nella  Marina 
sulla  Costa  ,  poche  nella  continuazione  della  stessa  contrada  del 
corso  nei  due  quartieri  diStampace,  e  Yìllanova,  e  nell'antica 
strada  del  commercio  denominata  di  Barcellona-,  di  chincaglie- 
rie 8,  di  porcellane  majoliche  e  criitalli  10,  di  ferro  acciajo  e 
pombo  i5,  dipelile  cuo)e  conciate  si  estere  che  nazionali  ao, 
di  cera  lavorata  8 ,  di  sevo  lavorato  6 ,  di  biiouiieries  29 ,  d|  mer- 
dajuoli  70,  di  libri  a,  di  generi  coloniali  6,  di  carte  estere  nessuna 
in  particolare ,  che  si  vendono  dai  merciajuoli,  di  carta  sarda  i* 

Le  stoviglie  di  Oecinoo  vendonsi  tra  la  piazza  de'  cereali ,  e 
delle  erbe. 

istruzione  pubblica. 

Istruzione  ckmentaV-e.  Dopo  l'editto  del  i8a3  farono  istìhiìte' 


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CAGLIARI  •         :l5i 

pure  in  Cagliari  le  scuole  popolari  per  lo  primo  dirozzamento 
dei  £uicittlli  y  una  nel  Castello ,  nella  Marina  e  nello  Stampace, 
e  due  nella  Villanova.  Concorronvi  nel  Castello  ao ,  nella  Ma- 
rina 5o ,  nella  Villanova  4^  9  nello  Stampace  3o.  Quanti  cre- 
donsi  o  sono  sopra  F  ultima  classe  del  popolo  arrossirebbero 
di  mandare  i  loro  piccoli  nella  scuola  normale  ,  come  qui  Fa 
vogliono  appellare  ;  perchè  Scolopi  e  Gesuiti  dcTOn  t6nek*e  aperta 
l'antica  scoletta  per  l'insegnamento  a  leggere  e  a  scrìvere. 

Ginnasi  y  dove  iosegnan  la  grammatica   latina  ,   e  le  belle 
lettere.  Ve  n'  ha  due  ,  uno  nel  Castello  delle  Scuole  Pie  ,  altio 
nella  Marina  nella  casa  dei  Gesuiti.  Concorrono  nel  primo  circa 
goo  giovani ,  nel  secondo  circa  3oo.  Sono  per  ogni  ginnasio  sei 
maestri  subordinati   a  un  capo  che  si  qualìBca  prefetto  degli 
studi.  Sono  distinte  sette  classi.    Nella  settima  sono  vari  gradi 
dalla  compitaaone  ai  primi  rudimenti  di  lingua  italiana  ,  e  però 
due  o  più  anni  di  corso.  Gli  Scolopi  banno  in  questa  classe  un 
iHaestro  che  educa  tutti,  ma  istruisce  i  soli  provetti,  essendo 
la  istruzione  spedale  dei  minori  raccomandala  per  un'ora  alla 
mattina,  ed  altra  alla   sera  ai  cherici  che  sono  in  disciplina. 
I  medesimi  avean  nell'addietro  una  scuola  di    calligrafia  e   di 
aritmetica  mercantile  ,  la  quale  ban  dovuto  sospendere  per  la 
troppa  incomodità  del  locale.    Quattro  anni  sono  destinati  alle 
dassi  sesta  quinta  quarta  e   terza  per   la  grammatica  latina 
due  per  le  belle  lettere  nella  seconda  e  prima.  Sono  segnati 
giorni  di  lezione  intorno  a    175,    di  oratorio  4^-    Apronsi  le 
scuole  di  mattina  alle  8  :  di  ^orno  dalle  2  alle  3  ip  secondo   la 
stagione.  L'ora  scolastica  è  di  ore  due  e  mezza  alla  mattina  e 
di  altrettanto  spazio  al  giorno.    Le  ferìe  maggiori  non  comin-* 
ciano  dopo  compito    il    numero    ordinario  delle  lezioni ,  però 
cadono  nel  principio  dell'ultimo  quadrimestre.    Le  sale  scola- 
stiche nel  ginnasio  dei  Gesuiti  sono  salubri  e  molto  comode  ; 
in  quello  degli  Scolopi  sono  mal  situate  ,  alcune  poco  illuminate, 
le  più  cosi  strette  che  i  giovani  vi  restano  ammassati  ,  e  tutte 
cosi  incomode  <^e  i  giovani  mentre    son  costretti   a    respirare 
un'aria  corrotta  deggion  restare  per  tutta  l'ora  in  un  vero  tor- 
mento ,  0  sortendo  esporsi  a  pericolo  di  contrarre  un   malore. 
1  religiosi  buono  generosamente   esibito  sufficiente   locale  per 
l'ampliazione    dei    vasi  ,    cd^  il    governo   rivolge    in   questo   la 
sua    attenzione    che    divenga   questo   ginnasio    per  la  salubrità 


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aSa  CA6LURI 

e  comodità    quello    che    è  degno  di  essere  uà  istituto  siffatto^ 

Archiginnasio ,  o  regia  università  degli  studi.  Nel  castello  di 
rincontro  alla  casa  degli  Scolopi  sul  Bàlice  è  il  palazzo  degli 
studi  maggiori  fabbricato  con  bel  disegno  sotto  il  regno  di  Carlo 
Emanuele  III  di  Sardegna  dopo  la  rìstaurazione  delle  scienze. 
La  sua  capacità  é  assai  minore  delle  esigenze. 

Le  scienze  umane  e  divine  sono  ripartite  in  cinque  facoltà  , 
Filosofia  e  buone  arti ,  Medidna ,  Chirurgia  ,  Legge  ,  Teologia. 

Nella  filosofia  sono  due  scuole  pel  prim'anno  ,  una  di  lo- 
gica e  metafisica ,  altra  di  matematica  elementare  ;  pel  secondo 
altrettante  ,  una  di  fisica  sperimentale  ora  consunta  con  la  ma- 
temafica,  altra  di  etica. 

Nelle  buone  arti  sarebbero  due  cattedre  di  eloquenza  una  la- 
tina, altra  italiana. 

Nella  medicina ,  il  cui  corso  stendesi  in  quattr'anni ,  sono  cin- 
que scuole.  I.  Istituzioni  mediche.  2.  Anatomia.  3.  Materia  me- 
dica e  medicina  legale.  4*  Teorico-pratica.  5.  Clinica.  Può  ag- 
giugnersi  6  la  chimica  generale  e  farmaceutica. 

Nella  chii^urgia  ,  il  cui  corso  é  in  altrettanto  spazio ,  sono  tre 
scuole.  I .  Teorico-pratica  con  l'anatomia  topografica,  a.  L'ope- 
ratoria con  la  ostetricia.  3.  Clinica. 

Nella  legge  scuole  cinque,  i.  Istituzioni  di  Giustiniano,  a.  Istitu- 
zioni canoniche.  3.  e  4*  H  digesto  in  due  sezioni.  5.  Le  decretali.  Il 
corso  è  quanto  nelle  due  anzidette  facoltà ,    e  nella  seguente. 

Nella  teologia  scuole  tre.  i.  Teologia  scolastico«-dommatica. 
2.  Morale.  3.  Scrittura  e  lingue  orientali. 

Professori.  Nella  filosofia  solevano  esser  quattro;  nelle  buone 
arti  due  senza  officio  ;  nella  medicina  cinque  ;  nella  chimica 
uno  \  nella  chirurgia  due  ;  nella  legge  cinque  ;  nella  teologia 
tre.    Senza  questi  sono  altri  per  onore  qualificati  professori. 

Collegi.  Ogni  facoltà  tiene  matricolati  certo  numero  di  dot- 
tori ,  nei  quali  i  professori  ordinari  e  straordinari.  Chi  presiede 
al  collegio  ha  la  qualifica  di  prefetto,  ed  é  membro  del  Magi- 
strato sopra  gli  studi.  Il  collegio  di  filosofia  e,  buone  arti  ha 
14  membri ,  sette  per  sezione  non  compresi  i  professori  e  due 
collegiali  sovranumerari  alla  filosofia  per  la  chimica  :  il  collegio 
di  medicina  ne  ha  la  compresi  i  professori  e  due  sovranume- 
rari. I  collegi  di  legge  e  teologia  inclusi  i  professori  hanno 
membri  18. 


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CAGLIARI  253 

Aggregazione  ai  collegi*  Il  Magistrato  riconosce  prima  di  tutto 
dei  requisiti  delle  costituzioni  nei  postulanti  ;  poscia  li  propone 
al  gradimento  dei  dottori  della  facoltà  che  lo*  accettino  o  ri- 
gettino. Il  gradito  se  fia  alla  filosofia  riceve  un  tema ,  sul  quale 
dopo  quindici  giorni  leggerà  una  dissertazione  -,  lo  che  fatto  è 
subito  decorato  delle  insegne  di  dottor  coUegiato  ;  se  sia  all'al- 
tre facoltà  egli  intorno  ad  alcuni  punti  o  titoli  tirati  a  sorte 
deve  proporre  in  certo  numero  di  tesi  la  sua  dotti*ina,  e  dopo 
trenta  giorni  di  preparazione  disputare  in  difesa  delle  mede- 
sime ,in  rigorosa  forma  sc'olastica  -,  dopo  tre  ore  di  tenzone  il 
candidato  viene  nuovamente  nel  rischio  della  votazione ,  e 
qualche  volta  è  rigettato.  Accade  che  il  Sovrano  dispensi  sulle 
votazioni ,  e  faccia  ad  altri  maggior  grazia  ordinando  sien  posti 
nella  matricola  dei  dottori  collegiati  i  loro  nomi  senza  alcun 
esperimento. 

Elezione  dei  professori.  L'ordinario  modo  di  questa  è  per 
concorso  siffatto.  Stabiliti  i  giorni  per  le  disputazioni  pubbliche 
dei  competitori  ,  questi  nel  dì  precedente  alle  singolari  prove 
e  ventiquattro  ore  prima  si  riuniscono  tutti  presso  al  prefetto 
della  facoltà ,  cui  assiste  il  segretario  ,  e  altre  persone  del  Ma- 
.gistrato  y  e  tirati  a  sorte  due  punti  della  scienza  il  difendente 
deve  prenderseli  per  dissertarvi.  Nell'altro  giorno  all'ora  stabi- 
lita ei  va  sulla  cattedra  dell'aula  dell'università  in  faccia  ai 
suoi  emoli  ,  al  Magistrato  ed  al  collegio  cui  spetta  il  giudizio 
del  merito  comparativo ,  e  dice  le  sue  dissertazioni  ciascuna  per 
mezz'ora.  Quindi  i  competitori  tendono  il  sillogisV arco  ^  che  é 
necessità  far  le  cose  nella  ritualità  peripatetica.  Dopo  1'  esperi- 
mento dell'ultimo  dei  competitori  i  membri  del  collegio  fatti 
santissimi  giuramenti  si  accingono  al  gran  giudizio  per  voti  se- 
creti ,  dando  quella  cedoletta  che  ha  il  nome  di  lui  che  vo- 
gliasi professore.  Letti  tosto  i  voti  si  scartano  quelli  che  ne  eb- 
ber  più  pochi y  e  si  ritorna  a  votare  su  i  rimanenti,  e  di  nuovo 
si  scartano  i  meno  favoriti ,  e  cosi  vie  via  finche  la  cosa  venga 
a  due  pei  quali  fassi  l'ultima  votazione  ragionando  ciascuno  con 
la  penna  come  vuole  e  come  sa.  Il  governo  superiore  nomina 
quello  che  de'  due  sembri  più  degno  del  magisteiio. 

Il  Sovrano  suol  provvedere  ad  alcune  cattedre  senza  questa 
dipendenza  dai  voti  dei  dottori  collegiati,  e  installare  quelli, 
che  per  maniere  meno  fallaci  conosca    degni   del  grado,    esi- 


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a54  CAGLURI 

mendoli  dal  pericolo  d' essere  in  confronto  con  altri  di  poco  o 
di  nessun  merito  rigettati.  In  questo  modo  provvedesi  alle  cat* 
tedre  di  Fisica ,  Matematica ,  Chirurgia  y  Sacra  Scrittura  e  Lin- 
gue orientali,  come  fu  stabilito  nell'articolo  i  della  risposta  di 
Carlo  Emanuele  IV  di  Sardegna  (  i  a  settembre  1799  )  alla  rap« 
presentanza  degli  Stamenti  sulla  promiscuità  de' regnicoli  e  non 
regnicoli  negli  impieghi  del  Regno. 

Studenti,  L'ordinario  numero  dei  giovani  somma  a  Sso,^ di- 
stribuiti in  Filosofia  primo  e  secondo  anno  i5o,  in  Medicina 
IO,  in  Chirurgia  ao,  in  Leggi  80  non  compresi  quelli  che  stu- 
diano le  sole  istituzioni  cesaree  per  preparazione  alla  profes- 
Sion  notariale  y  in  Teologia  60,  inclusivi  quelli  che  studiano  la 
sola  morale. 

Lezioni.  I  giorni  di  lezione  sono  ne'  due  quadrimestri  1 35  y 
di  esercizi  spirituali  8;  di  oratorio  le  domeniche,  nelle  quali 
non  occorra  una  festa  maggiore.  Le  lezioni  durano  un'ora  e 
un  quarto.  Di  mattina  sono  le  lezioni  di  prima  ora,  che  co- 
minciano alle  9  e  terminano  alle  io  i|49  onde  cominciano 
quelle  di  seconda.  Di  giorno  una  sola  lezione.  I  teologi  per 
altri  venti  giorni  devono  radunarsi  o  alle  esercitazioni  sulla  ca- 
suistica  sotto  la  presidenza  del  professore  dimorale,  o  alle  dis- 
sertazioni sulla  storia  ecclesiastica  del  professore  di  donima- 
tica.  Sono  queste  esercitazioni  e  dissertazioni  notate  in  giorni 
feriati.  Le  ferie  maggiori  occupano  tutto  il  terzo  quadrimestre 
da  maggio  ad  agosto. 

Esami  e  gradi  accademici.  Quelli  sono  sei,  quattro  privati 
e  due  pubblici;  questi  quattro,  e  sono  Magistero  in  Filosofia 
e  buoni  arti,  Baccellerato,  Prodottorato,  Dottorato.  Non  par<- 
lasi  dei  maestrì  di  Chirurgia,  e  de'Farmac^ti.  L'ora  degli  esa- 
mi è  varia. 


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CAGLIARI  %55 

Noia  degli  esami  dal  i83i-32  al  1 834-35 

Bacellerìe  Licenze  private 

Magist.  TeoL  Leg.  Med.  Chir.  TeoL  Leg.  Med.  Chin 


t83i-3a 
32-33 
33-34 
34-35 

27        4      3> 

26        4       i5        3 

29        7       18        4 
37        6      16        2 

4 

I 

4 

2 

3 

5 

14       I      '3 

IO       -       - 

ai       I       - 

16      a      4 

Licenze  pubbliche 

Lauree  priv%te 

t 

TeoL  Leg.  Med.  Chir. 

» 

TeoL 

Leg.  Med.  Chir, 

3 1-32 
32-33 
33-34 
34-35 

4  i5      '  I         2 

19        -        - 

5  22        I 

5     17        -        3 

4 

a 
3 
5 

i3      4 

i5       I           3 
6       I 
19       I           a 

Lauree  pubbliche 

*    Aggregazioni  ai  collegi 

TeoL  Leg.  Med.  Chir. 

Filos.  TeoL 

Leg.  Med.  Chir, 

3 1-32 
32-33 
33-34 
34-35 

3  17       3         2 
2       16      2        4 
462- 

4  16       I         a 

3 

I 

I 

a       -        3 

2          - 

3 1-32 
32-33 
33-34 
34-35 

Esami  con  lode 
Magisteri       Bacell.       Licenze  priv. 
a                  I                      - 
I                  3                      I 

4 

55                   3 

Lauì'tee  pHvdié 

4 
3 

6 

Esami  di  Magistero 

di  Chirurgia 
privali      pubblico 
I     a             1 

Esami 

di 

Farmacisti 

RipWvati 

nei  diversi 

esami 

3 1-32 
32-33 
33-34 
34-35 

3     I  •          I 

-  I             1 

-  I             I 
6    - 

6 

I 
5 
3 

5 
i 

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256  CAGLURI 

BILANCIO 

de* prodotti  e  spese  della  Regia  Università  per  Fanno  i833-34. 

Parte  attiva 
Prebenda  d'Assemini        .         .         .    lire  sarde     4)^^  —     * 


Cassa  Regia      .         •         . 

Monte  dì  Riscatto  .         .         .         . 

Protomedìcato  

Pensioni  y  o  quote  assegnate  alle  Diocesi 
Monti  di  Soccorso             •         •         *         . 
Amministrazione  del  debito  pubblico 
Casuali     •..•«. 
Residui • 


4,171   17  6 

375  —  - 

5oo  —  - 

7,375  —  - 

2,880  —  - 

i,4i5  li  9 

5oo  —  - 

a,93o  14  4 


Totale  a4,653  3  7 

Parte  passiva 

Stipendi  agli  impiegati  e  professori    lire  sarde  1 3,5 11  5  - 

Trattenimenti  .         .         .         .         .         .         »  3,617  io  -. 

Spese  ordinarie  e  fisse     ....         »  ^9761  io  6 

Spese  straordinarie »  ^9762  18  i 

Casuali »  3,000  —  - 


Toule  ^4,653     3     7 

Stabilimenti  sussidiari  a  certe  discipline. 

Gabinetto  fisico.  Fu  di  molto  aumentato ,  e  però  presenta 
un  assortimento  considerevole  e  prezioso  delle  macchine  ne- 
cessarie* 

Laboratorio  chimico.  Destinavasi  a  questo  l'antica  officina 
della  zecca  sotto  le  segrete  delle  prigioni  di  S.  Pancrazio.  Il 
locale  è  per  molti  riguardi  maladatto  \  il  fornimento  difettoso  *, 
che  non  si  posson  eseguire  tutte  le  necessarie  dimostrazioni. 

Gabinetto  anatomico.  Vi  si  riunirono  molte  preparazioni  in 
cera  ,  e  forse  quanto  belle  in  apparenza ,  tìmto  vere  nel  figu- 
rativo. Sonovi  alcune  coserelle  sul  vero,  e  gioverebbe  assai  ve 
ne  fossero  di  più. 

Teatro  anatomico.  Sta  un  convenevole  istromento. 


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CAGLURI  257 

Perchè  manca  una  collezione  patologica ,  o  un  gabinetto  dei 
peazi  morbosi?  con  essi  si  presenterebbono  belli  esemplari  di 
fiitto  nella  dottrina  delle  malattie. 

Armamentario  chirurgico.  Forse  non  è  Scarso. 

Museo.  Carlo  Felice  nel  1806  donava  alla  R.  accademia  i 
pezzi  di  storia  naturale  j  e  i  monumenti  di  antichità  ,  che  dal 
]8o3  avea  cominciato  a  raccogliere  in  una  sala  *'del  suo  pa- 
lazzo, ed  esponeva  alla  contemplazione  degli  studiosi.  Crebbe 
poscia  per  la  diligenza ,  e  per  li  generosi  studi  del  buon  ca- 
valiere De-Prunner. 

Nel  gabinetto  mineralogico  troverai  disposti  pezzi  n.  2730 
tra  esteri  e  sardi. 

La  collezione  geologica  della  Sardegna  compivasi  nel  i835 
per  istudio  ed  opera  del  chiarissimo  cavaliere  Alberto  Della- 
Marmora  :  il  duplicato  disponevasi  nel  museo  di  Torino  ;  il 
triplicato  in  quello  di  Parigi  con'scbedole  rispondentisi.  La 
geologia  sarda  per  lo  suUodato  viaggiatore  sarà  basata  su  que- 
sti saggi. 

Laboratorio  mineralogico^  È  stabilito  presso  l'armeria  sulla 
piazza  di  S.  Pancrazio  con  sufficiente  fornimento  di  cose  neces- 
sarie. 

La  parte  zoologica  non  manca  di  pregio ,  ma  saria  bene  , 
che  d  studiasse  a  riunire  tutte  le  specie  dell'isola  ,  fra  le  quali 
sinora  alcune  non  comprese  nella  storia  naturale  europea,  mol- 
tissime non  raccolte. 

Gabinetto  degli  idioletti  sardi  y  o  Museo  fenicio.  Cosa  singo- 
larissima è  questa  raccolta  di  figurine  di  bronza  riferibili  in 
ragion  dell'arte  ai  primi  esperimenti  della  statuaria  ,  delle  quali 
gran  numero  furono  ritrovate  nella  parte  meridionale  del  re- 
gno y  molte  entro  vetustissimi  sepolcri  ,  e  alcune  ne'  norachi. 
Se  ne  hanno  già  riunite  circa  i5o  e  tutto  di  se  ne  aggiungono 
dell'altre.  '  Certamente  ne  sarebbe  più  grande  la  quantità  se 
prima  si  fosse  conosciutone  il  pregio.  11  cavaliere  Alberto  Della - 
Marmora  si  occupa  con  grand' amore  intomo  a  questi  ido- 
letti,  e  già  dispostili  in  certa  serie  fa  incidere  a  sue  spese  per 
sottoporli  alle  considerazioni  de'  più  sagaci  archeofili.  £i  vi  ri- 
conosce ìL  religioso  sistema,  il  quale  dissero  Sabeismo  da  Sabi 
figlio  di  lectan  ,  che  il  primo  è  creduto  aver  cominciato  a  dar 
omaggio  al  Sole  ,  e  tali  spiegazioni  darattene  che  ti  appaghino. 
Dizion.  Geogr.  ecc.  Yol.  III.  17 


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33$  CAGLURl 

Da  antichità  di  altro  genere  e  di  epoca  meno  rìmota  cresce 
ODore  al  museo  cagliaritano.  Potrai  vedere  iscrizioni ,  urne,  jmc- 
coU  bronzi  di  molto  merito  ,  alcune  operacele  di  plastica,  arme 
antiche  ,  bassi  rilieTi  y  statue  j  tra  e8$e  principalmente  tre  con- 
solari dei  buoni  tempi  romani ,  e  una  svariati^sima  copia  di 
altri  oggetti ,  che  furon  tratti  da  mezze  le  rovine  delle  antiche 
città  sarde  y  escavate  in  Cagliari.  Manca  il  luogo  perchè  si  fac- 
cia una  decente  esposizione. 

.  La  parte  numismaMca  e  ben  provveduta  in  rame  e  argento, 
meno  in  oro.  Gioverebbe  si  tenesse  prossima  una  biblioteca 
di  archeologi. 

Filosofia.  Qui  più  che  di  mezzo  secolo  essa  riconosce  distar 
dal  ^iftdo  ,  in  cui  sia  presso  più  eulte  genti  >  da  che  può  sti* 
marsi  in  quello  dove  era  l'Italia  alja  meta  del  ^e^olo  passato, 
eonciossiadiè  siano  tuttora  in  pregio  molte  nullità  peripatetiche. 
Dalla  ristaurazione  essa  tornava  indietro  ,  aggirapdosi.  per  vie 
difficili  e  storte  ,  e  solamente  da  pochi  ann^  in  qua  si  è  me- 
glio avviata. 

Belle  Arti,  La  scienza  estetica  é  in  pochissime  menti.  Di  che 
sia  una  ragione  la  quasi  nulla  corrispondenza  letteraria.  Le  nuove 
cognizioni,  i  metodi  di  miglior  esposizione  delle  antiche  o  tar* 
di,  o  con  gran  dispendio  arrivano  in  questo  paese  che  a 
giudicarne  da  tanto  parria  diviso  dalla  Italia  non  per  piccol 
tratto  di  mare ,  ma  per  tutto  un  oceano.  Nell'unico  negozio  di 
libri  non  vengono  sempre  nei  più  recenti,  né  i  migliori. 

L'arte  del  disegno  è  non  so  di  quanti.  La  pittura  si  esercita 
dà  alcuni  ^  i  quali  npn  sono  però  a  esser  detti  artisti ,  fatta 
onorevole  eccezione  de'  pochi  che  con  somma  lode  studiarono 
in  Roma ,  e  solo  si  possono  ordinare  infra  i  non  infelici  imi- 
tatori ,  ne'  quali  e  una  iniziale  ma  oscurissima  conoscenza  delle 
leggi  estetiche  ed  artistiche  della  composizione.  Niente  di  silo- 
grafia, calcografia,  litocromia.  La  plastica  (salvo  il  merito  di 
pochi  come  sopra  )  é  nelle  sue  parti  volgari  e  più  facili  mal 
conosciuta.  Dell'architettura  cominciossi  a  saper  alcuna  cosa  da 
quando  Carlo  Felice  aprìvane  scuola;  crebbe  la  cognizione  dopo 
la  istitiuione  dell'ufficio  di  strade  e  ponti ,  e  della  scuola  ma- 
tematica per  gli  allievi  del  Genio  civile.  Molti  vantanti  ^  co- 
noscer la  musica  ,  che  veramente  tra  i  cagliaritani  si  manifer 
nano  frequentemente  bei  talenti  musicali  \  ma  che  abbiasi  una 


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CAGLIARI  aSg 

competente  cognizione  della  scienza  ,  e  si  possieda  e  quella  sua 
parte  che  dicona  grammatica  ,  e  Taltra  cbe  denominan  relto- 
rica  ,  noi  «aprei  afiPcrmare.  Si  e  però  composta  qualche  opera. .« 
sarà.  Ma  io  non  vorrei  dire  opere  musiche  certi  plagi  ,  e  le 
cuciture  di  tarii  peszi  di  diverso  stile  ,  siccome  quelli  che  sono 
da  diversi  autori ^  e  su  materie  diverse,  né  in  ciò  giurar  voglio 
nelle  parole  di  certi  dilettanti ,  che  non  è  di  molti  dar  giudizio 
sul  merito  d'uiia  composizione ,  e  opera  di  arte.  La  musica  istru* 
mentale  ha  moki  amatori  nei  giovani-,  la  vocale  molte  studiose 
fra  le  damigelle.  La  poesia  e  diletto  di  pochi  ;  tra*  cpiali  a4 
alcuno  a  lei  nato  potrebbe  esser  gloria  ^  se  in  questa  età  fosse 
amabile  una  gloria  siffatta. 

L'amore  della  letteratura  è  ancora  iniziale ,  però  poeo  esteso, 
onde  rendesi  ragione  del  mal  esito  d'un  gabinetto  letterario , 
che  erasi  aperto;  delle  nulle  o  quasi  nulle  conferen;^  lettera- 
rie. Dei  pochissimi  cui  è  il  cognome  di  letterati  tre  quarti 
parrebbero  uomini  del  secolo  passato ,  niente  o  poco  avendo 
progredito  dal  punto  ,  in  cui  erano  gli  italiani  venuti  al  restau- 
raneiento  degli  studi,  uomini  delle  scuole  soppresse,  l'altra  por- 
zione sono  di  questa  età ,  e  della  vìgente  letteratura ,  da  cui 
sono  degli  scritti  casti* di  lingua,  ricchi  di  sapere,  pregievoU 
per  lo  ragionaoiento ,  piacevoli  per  la  vivacità  dello  spirito , 
per  la  naturalezza  e  semplicità.  L'esempio  luminoso  del  pre-* 
clarissimo  baron  Manno  trasse  dal  volgo  questi  giovani,  e  av- 
viò sulle  sue  orme.  Cresca  il  loro  numero ,  e  si  accresca  dai 
loro  ingegni  alla  Sardegna  quella  gloria  letteraria ,  cui  per  la 
frequente  sublimità ^ delle  menti,  mobilità  di  immaginazione,  e 
delicatezza  di  cuore  ne'  suoi  è  degna  avere. 

Matematica.  Ecco  la  scienza  più  meschina  dal  poco  che  si 
insegna,  e  dal  nessuno  amore  alla  medesima.  Non  si  dettano 
che  gli  elementi,  quali  nel  secolo  scorso,,  e  sono  un  pochino 
di  aritmetica,  un  pizzico  d'algebra  ,  alcuni  libri  della  geome- 
tria Euclidea.  Il  professore  insegnerebbe  eziandio  la  'pratica  , 
siccome  promettesi  nell'orario  scolastico  e  nella  nota  delle  ma- 
terie da  trattare,  se  alcuno  vi  accorresse.  Di  quella  prendon 
cosi  poco  i  giovani,  che  i  più  docili  appena  in  sulla  fin  del- 
l'anno ti  potranno  recitare  alcune  mal  intese  de6qiziopi,  ese- 
guire le  prime  più  semplici  operazioni,  e  di  più  nient'altro. 
£  si  porge  a  deliberarne  ,  come  ho  accennato ,  non  tanto  per- 


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a6o  CAGLIARI 

che  nella  attuale  condizioDe  del  sistema  non  é  lecito  più,  quanto 
per  lo  poco  studio:  e  di  questo  é  cagione  la  difficoltà  in  cui 
ftif  incontrano  i  gioTani ,  venendo  in  questa  scuola  cosi  rozzi , 
che  i  più  non  conoscon  ne  la  numerazione  ;  la  lingua  latina  in 
cui  si  detta  e  spiega  ,  ed  il  discredito  in  cui  han  lei  posta  certi 
ripetitori  che  di  poco  levati  sopra  i  discepoli  bestemmiano  quel  che 
non  sanno.  Si  presentino  al  professore  i  giovani  alquanto  di- 
rozzati ,  imparata  almeno  l'aritmetica  nei  ginnasi  ;  prendano  un 
bel  corso  in  lingua  volgare-,  siano  assistiti  da  altri  che  soglion 
essere  quei  guastamestieri ,  che  mettono  sulla  croce  i  poveri 
scolari  a  imprimersi  in  mente  la  materialità  delle  dimostrazioni 
e  risoluzioni ,  che  non  intendono  ;  e  cosi  accadere  che  sveglisi 
molto  amore  verso  questa  utilissima  scienza,  e  in  quel  grado 
si  venga ,  nel  quale  possa  essere  ampliata  melle  più  utili  ap- 
plicazioni ,  meccanica  ,  idraulica ,  e  nautica  y  che  tutti  conoscono 
come  sìeno  necessarie  alla  industria ,  ed  al  commercio.  Non 
perchè  in  istato  cosi  infelice  giaccia  questa  scienza  nella  uni- 
versità 9  però  credasi  mancace  chi  abbiala  in  pregio ,  e  la  pos- 
sieda. Senza  quelli  che  furono  eruditi  nella  scuola  del  genio  in 
Cagliari  da  valenti  professori ,  e  gli  altri  pochi  che  compirono 
il  corso  in  Torino ,  sono  alcuni  che  cont>scono  almeno  la  ele- 
mentare in  quella  estensione  che  ottiene  nelle  più  celebri  uni- 
Tersità.  Se  sotto  l'indicazione  classe  di  matematici  nel!'  alma- 
nacco non  leggesi  alcun  nome  ,  questo  ti  dica  solo  ,  che  non 
piacque  notarne ,  e  io  non  saprei  perché. 

Fisica,  Qual  ella  sia  nelle  applicazioni  della  matematica  ra- 
gionai\e  tu  già  conscio  della  condizione  di  cotale  scienza.  Rispet- 
tivamente alla  parte  esperimentale  essa  non  dista  gran  tratto 
dal  punto  ,  in  cui  sia  nelle  celebri  scuole  d'Italia  pervenuta. 

Etica,  Non  si  potrebbe  questa  qual  e  quanta  é  solito  darsi 
spiegare  nei  ginnasi  ?  Avrebbesi  in  tal  caso  e  luoghi  e  mezzi 
ad  altra  utile  scienza,  p.  e.  all'economia. 

Esame  per  la  magisterio  delle  arti,  Devesi  rispondere  su  la 
rettorica,  logica  e  metafisica,  matematica  elementare,  fisica, 
etica.  È  una  mole  di  cose  quasi  importabile,  e  però  sarebbe 
giovevole  se  alla  fin  di  ciascun  anno  fossero  i  giovani  interro- 
gati su  tutte  le  varie  lezioni  udite,  e  senza  dispendio  ornati 
dei  diversi  onori  accademici  i  più  studiosi.  Questo  vuoisi  esteso 
a  quegli  altri  esami,  dove  è  compresa  la  materia  di  più  anni* 


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CAGLIARI  261. 

Scienze  medico-chirurgiche.  Sono  e&%e  poco  giù  daiki  QQndp- 
KÌone,  in  6iii  versino  in  paesi ,  dove  esse  sono  stimate  quanto 
é  merito.  I  professori  con  privati  mezzi  si  procurano  la  neces- 
saria cognizione  dei  progressi  che  facciano  per  le  osservazioni, 
indagini,  ed  esperienze  dei  più  famosi  che  consacrano  il  loro 
ingegno  e  studio  all'arte  salutare.  È  molta  svegliatezza  d'aninir 
intomo  a  questa  ,  e  auguro  che  crescendo  gli  studi  la  scuoia 
cagliaritana  potrà  essere  con  onore  nominata. 

L'incremento  e  miglioramento  della  parte  medica  si  è  da  ripe- 
tere dal  principio  del  corrente  secolo.  Nel  1800  creavasl  un 
professore  di  notomia,  e  poi  si  comandavano  pubbliche  ^ezioDr, 
che  in  seguito,  da  vano  spettacolo  che  erano  ,  si  ordinavano 
al  profitto  degli  studiosi  -,  nel  1822  ,  commessane  la  Cuta  ad 
un  dottore,  fu  migliorato  lo  stabilimento  sussidiario  della  eli-* 
nica  ,  che  prima  si  praticava  dai  diversi  professori  in  torno.  £ 
sì  conùndò  a  esercitare  la  anotomia  patologica  ,  che  'è  certa- 
mente un  necessario  compimento  della  clinica  ,  e  la  più  bella 
dimostrazione  delle  dottrine  mediche.  Quanto  sareM)e  utile  se 
delle  cedolette  che  si  hanno  appese  ai  letti,  nelle  quali  è  no- 
tato il  diario  curativo  ,  e  le  giornaliere  variazioni  dello  slato 
dell'ammalato  si  tenesse  miglior  conto  :  vorrei  dire  ,  se  si  for- 
masse un  registro  nosologico  (  imposta  quest'opera  all'assistente 
del  professore) ,  si  compilassero' dei  quadri  mensuali  nosostati- 
stici ,  e  il  complessivo  annuale.  Dai  quali  lavori  pubblicati  ver- 
rebbe un  vero  giovamento  alla  scienza  ,  e  si  formerebbe  un 
corso  di  annali  nosocomiali,  quasi  tante  pietre  lidie  per  provare 
la  verità  o  falsità  delle  teorìe  ,  che  a  brevi  intervalli  vanno 
producendo  immaginosi'  patologi ,  o  superficiali  ossei*vatorì. 

Scuole  di  partito.  Da  quale  si  cognomina  la  scuola  cagliari- 
tana ?  Non  si  pare  una  decisa  parzialità ,  e  non  so  se  fra  i 
professori  e  dottori  della  facoltà  sia  chi  voglia  giurare  nella 
sentenza  di  alcuno.  Forse  Ippocrate  e  Galeno  sono  rispettati 
come  i  grandi  sapienti  che  furono  ,  ma  non  adorati  come  Id- 
di! ,  e  gli  infallibili  oracoli  della  medicina.  Sarà  dunque  molto 
spesso  un'opposizione  di  parerì  ?  Quindi  non  sarà  unita  nel  com- 
plesso delle  dottrine  ?  Questi  incomodi  hanno  il  lor  bene,  che 
si  moltiplicano  le  idee,  e  si  esercita  il  ragionamento.  Nella  ser- 
vile adesione  e    consensione  è  un  debilitamento  di  mente. 

Parte  chirurgica.    Con  ottimo    consiglio   alla  chirurgia  sono 


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36a  CAGLIARI 

itati  offerti  neir  Accademia  ^li  stesti  onori ,  di  cui  erano  de- 
gnate l'altre  scienze.  I  chirurghi  maggiori  per  li  soliti  esami , 
privati  e  pubblici,  arrivano  al  grado  del  dottorato.  I  minori, 
dopo  due  esperimenti  privati  ed  uno  pubblico^  conseguono  Tonor 
del  magisterio.  £  desiderato  a  più  piena  erudÌKÌone  degli  stu- 
diosi sia  a  tanto  cresciuto  il  numero  dei  professori  ^  quanto 
ne  vorrebbero  le  primarie  e  necessarie  parti. 

Botanica,  È  commesso  ad  uno  de'  professori ,  cui  incumbe 
altro  principale  insegnamento ,  dai:  gli  elementi  della  fisiologia 
vegetale.  Manca  Torto  botanico. 

Storia  naturale.  Venne  non  ha  guari  da  S.  M.  creata  una 
cattedra  di  storia  naturale  in  questa  Regia  Università. 

Anatomia  comparatista?  Sarebbe  necessaria  per  preparamento 
alla  .... 

Veltrinaria.  Non  piccola  parte  delle  ricchezze  della  Sarde- 
gna è  nelle  greggie  e  negli  armenti.  Da  ciò  il  vantaggio  di 
questa  istituzione. 

Numero  di  studiosi  deWarU-  salutare  ?  Dalla  inspeiione  della 
proposta  tavola  è  veduto  quanto  sieno  pochi  che  vi  intendan 
l'animo.  Accadde  talvolta  non  fos&er  tanti  gli  scolari  quanti  i 
professori  ;  tal'altra  si  desiderasse  uno  cui  leggere.  Donde  que- 
sto ?  credo  da  ciò  y  che  sia  ancora  certa  opinione  poco  favo- 
revole ,  e  che  gli  emolumenti  che  se  ne  sperano  pajano  più 
costosi,  e  si  stimino  minori  del  lucro  dalle  esercitazioni 
forensi.  Si  agglugne ,  che  nell'  attuale  ordinamento  delle 
cose  di  questa  disciplina ,  la  moltiplicità ,  la  difficoltà ,  la 
grandezza  delle  materie  atterrisce  quei  che  non  istudiano 
con  amore;  e'  i  bei  poltroni  lodano  però  gli  antichi  dot- 
tori 9  che  ai  discepoli  non  la  teoria ,  in  giusto  sviluppo  ;  ma 
dessero  il  sommario  della  scienza.  Possa  questa  sorgere  a  mag- 
gior onore ,  ed  essere  amata  da  alti  ingegni  ;  possa  crescere 
ogni  di  più,  e  con  lode  esser  esercitata  nelle  citta  ,  e  in  tutte 
le  altre  terre  a  benefizio  della  popolazione!  Mancano  persone 
necessarie  in  un  comune ,  se  manchi  un  medico ,  un  chirurgo, 
una  levatrice  ,  un  veterinario.  £  questi  sono  certamente  più 
utili  che  quella  ciurma  di  notariuzzi ,  onde  sono  appestati  i  vil- 
laggi ,  gente  dappoco  che  quando  per  mancanza  d'ingegno  ,  o  per 
dissipazione  viziosa  non  poterono  o  non  seppero  far  di  più ,  per 
non  ritornare  alla  vanga,  vollero  dalla  pennati  dritto  dei  gau- 
denti ,  e  di  poter  vivere  a  spese  altrui. 


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CAGLIARI  a63 

La  chimica  è  una  recente  istituzione.  Il  lUo  laboratorio  è 
poco  fornito ,  e  però  sebbene  le  teorie'  che  8Ì  danno  siano  un 
eco  di  quelle  che  nella  Italia  molto  si  pregiano ,  gli  scolari 
(  e  questi  sono  i  farmacisti ,  e  gli  studenti  di  medicina  e  chi- 
rurgia in  primo  anno  )  non  procedono  in  molta  chiarezza  ,  e 
però  poco  speditamente*  Dei  farmacisti  di  Cagliari  moki  sì 
esercitano  in  varie  preparazioni ,  che  in  addietro  domanda  va  usi 
dalla  Italia  ,  e  ve  n'ha  cui  viene  gran  lode  dalle  vaste  cogni- 
zioni in  questa  bella  scienza  ,  e  dai  felici  esperimenti  ,  per  li 
quali  tuttavolta  non  saprei  dire  se  stato  sia  alcun  incremento 
alla  somma  delle  cose  che  si  aveano  per  l'operoso  ingegno  de- 
gh  oltramarini. 

Protomedicaio  ?  In  questo  consiglio  sono  compresi  col  proto-» 
medico  due  membri  nati,  due  aggiunti  fissi  col  segretario  della 
Università. 

Dritto  romano  e  pontificio.  È  poco  -meno  che  comune  in- 
gegno dei  grandevi  lodare  i  tempi  della  pincipiante  loro  età, 
e  dannare  quelli  della  cadente.  Mentre  grande  diseguaglianza 
é  nella  cognizione  dei  due  estremi  ;  che  le  attuali  cose  vedon 
j^ofondamente  in  una  chiara  intelligenza  ;  per  lo  contrario  ia 
una  oscura  memoria  le  passate  ,  che  conobbero  solo  nella  su- 
perficie  ;  stoltamenie  fanno  se  parlino  con  asseveranza.  Dirai 
che  le  umane  cose  decadono  e  scemano  -,  ma  crescon  pure  ,  e 
ascendono.  Grandi  ingegni  y  e  profondi  pensatori  sostengono  la 
giurisprudenza  ia  alto  grado  di  onore  ;  e  di  ciò  sarebbe  cer- 
tezza a  tutti,  se  essi  volessero  dar  prova  dì  lor  valore*  Quanta 
gloria  perdesi  all'ingegno  sardo  dal  difetto  delia  volontà  in  chi 
ha  molta  potenza?  Oh ,  se  dalla  mente  divina  del  Gar&u  rima- 
nesse  ai  posteri  la  sapienza  ,  quanto  la  Sardegna  sarebbe  ono- 
rata per  aver  prodotto  in  lui  un  prudentissimo  ,  eguale  ai  più 
celebri  dei  giureconsultir  che  stati  mai  sieno! 

Dalla  semplice  istoria  de'  concorsi  può  chi  è  saggio  conoscere 
come  per  quell'esperimento  possa  venire  una  opinione  falsa, 
e  nella  deliberazione  lEarsi  ingiuria  al  merito.  Le  dissertazioni 
chi.  sa  non  sieno  opera  altrui  *,  dunque  non  vi  si  può  fondare 
.  un  ^udizio.  La  memoria  ,  la  presenza  di  spirito ,  la  loquacità, 
la  sofisticheria  ,  che  molto'  sogUon  valere  ,  in  verità  che  non 
sono  a^ne ,  sodezza  ,  profondità  di  ingegno  ,  non  forza  di 
ragione  ,  non   pienezza  di  sapere.    Quanto  dev'esser  raro  che 


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i64  CAGLIARI 

da  uno  o  da  ^rkro  affetto  non  pia  in  una  che  ìm  altra  parte 
V  si  inclinino  g|i  animi  di  coloro  che  seggono  giudici,  che  i  loro 
cuori  non  si  vincano  da  riguardi ,  da  corruttele  ?  Sia  (come  sono 
disposti  d'animo  i  più  )  chi  voglia  giudicare  secondo  la  coscienza. 
Ma  perciò  il  suo  giudizio  sarà  pure  secondo  il  merito  ?  Quant'é 
difficile  conoscerne  le  disuguaglianze  ?  e  questo  non  solo  per  la 
diversa  distanza  degli  atti,  che  porta  una  memoria  più  o  meno 
oscura;  ma  più  perchè  le  prove  sono  tutte  in  cose  e  condi- 
zioni diverse  ,  onde  sarebbe  un  calcolo  imbarazzantissimo  da 
cui  non  so  quanti  potriano  espedirsi  felicemente  ?  Veramente 
quante  volte  accadde  il  giudizio  dei  molti  dotti  che  vi  assiste- 
rono senza  parzialità  riprovlisse  quello  dei  dottori  della  facoltà? 
e  quante  dimostrasse  l'esito  esser  ei  stati  ingannati  da  false 
apparenze,  quando  si  videro  sorger  alla  gloria  i  posposti,  e 
sprofondarsi  nell'obblio  gli  uomini  di  dozzina  che  furon  pre- 
scelti ?  Però  è  a  desiderare  ,  che  per  via  più  sicura  si  vada 
alla  cognizione  del  merito  dei  concorrenti. 

Ed  un  altro  ordine  vorrebbesi  pure  istituito  perchè  nel  col- 
legio di  filosofia  a  quelli  unicamente  fosse  adito  che  per  un 
esperimento  quale  si  pratica  nelle  aggregazioni  agli  altri  col- 
legi fossero  riconosciuti  abbastanza  dotti  nelle  scienze  che  sono 
in  questo  dipartimento  comprese.  Erasi  stabilito  che  dopo  letta 
una  dissertazione  sur  un  dato  punto  fossero  i  postulanti  rice- 
vuti tra  li  soci.  Dove  però  è  a  considerare  che  non  in  merito 
di  questa  (  che  può  esser  da  altri  )  ,  ma  delle  prove  sicure 
che  suppongonsi  offerte  al  pubblico  di  loro  sapere  e  ingegno, 
della  riputazione  onesta  che  ne  risultasse  erano  degnati  di  tanto 
onore.  Le  quali  proye  desiderandosi  in  molti ,  nasce  che  non 
sia  in  essi  alcun  dritto ,  e  Tiene  che  questo  debbasi  acquistare 
con  un  esperimento  non  dubbioso. 

Dettatura,  Per  tre  quinti  dell'ora  scolastica.  È  da  molto  che 
alcuni  saggi  han  cominciato  e  non  invano  a  declamare  per  la 
la  sua  £(bolizione.  Lasciando  da  parte  altre  considerazioni  deve 
persuadere  il  frutto  da  percepirsi  maggiore  se  il  professore  nel- 
l'anzideterminato  spazio  che  è  presente  ,  e  non  agente ,  stu- 
diasse a  far  ben  intendere  ai  giovani  le  sue  dottrine.  Ma  si  ri-  . 
pugna,  e  perciò  che  la  desiderata  pratica  sarebbe  dannosa  nelle 
scienze  progressive.  Dunque  almeno  in  quelle  di  sistema  fisso , 
dove  non  sì  può  variare  ,  che  il  metodo ,  sia  in  meglio  ,  o  in 


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CAGLURI  265 

peggio /non  ne  discorriamo ,  quella  patria  senza  danno  anzi  con 
vantaggio  valere  ,  principalmente  nella  matematica  elementare  y 
e  nella  applicata  alla  fìsica  :  in  che  non  solo  si  provvederebbe 
alla  correzione  della  materia  ,  che  è  disperata  sotto  il  dettame*, 
ma  alla  economia ,  che  per  le  tavole  delle  figure  fatte  a  mano 
spendesi  da'  discepoli  più  che  importeria  l'acquisto  d'un'opera. 
£  credo  poi  si  possa  cessare  dalla  dettatura  anche  nelle  pro- 
gressive. Colali  progressi  non  sono  continui  -,  altrobde  essi  non 
son  più  che  rettificazioni ,  aggiunte ,  e  non  abbandono  dei 
principii ,  e  dei  consettari ,  che  le  scienze  sono  tutt'altro  che 
ipotesi.  Or  bene  quelle  rettificazioni  aggiunte  ecc.  non  si  pos- 
sono o  per  interfoliamenti  inserire  a  suo  luogo',  o  per  appen- 
dice porsi  in  fin  del  libro  ? 

.  Reale  accademia  agraria  ed  economica  di  Cagliari  ^  eretta 
e  stabilita  in  detta  città  a  petizione  di  Carlo  Felice  duca  del 
Genevese  dal  re  Vittorio  Emanuele,  con  diploma  dato  in  Gaeta 
il  t4  luglio  i8o4*  Componesi  d'un  presidente,  segretario ,  teso- 
riere ,  coi  loro  sostituiti ,  e  di  36  membri  ordinari.  Oltre  i 
quali  è  la  classe  degli  onorarii ,  in  cui  sono  ammessi  quanti 
siano  creduti  coru^enienti  pel  decoro  e  per  Vinteresse  della  so^ 
cietà.  La  elezione  degli  accademici  ai  posti  vacanti  spetta  alla 
società  collegialmente  unita.  Veramente  viene  non  poco  lustro 
a  questo  corpo  dai  titoli  delle  persone  ascrittevi,  i  quali  sono 
o  di  feudi  ,  o  di  alte  magistrature  ,  o  di  ufiSci  accademici.  Vi 
si  annumerano  cherici  di  alto  grado.  Sono  aggregati  a*  questa 
società  alcuni  contadini ,  siccome  consultori ,  e  sperimentatori. 
Infine  è  una  terza  classe  dì  socii  corrispondenti ,  suddivisa  in 
ordinarli  ed- onorarii,  i  quali  de von  esseve  disseminati  in  tutte 
le  popolazioni  del  regno  :  anzi  nel  disegno  organico  di  cosif- 
fatta società  era  proposto  si  ecciterebbe  da  lei  il  pairiotismo 
delle  grandi ,  e  specialmente  delle  città  ad  erìgersi  in  società 
corrispondenti  e  figliali  della  cagliaritana  ! 

In  quanto  concerne  le  adunanze  eccoti  l'art.  XXII  del  Re- 
golamento :  «  Di  due  classi  debbono  essere  le  adunanze  della 
società  :  altre  pubbliche  ,  altre  prìvate. 

Le  private  da  ten^irsi  periodicamente  ogni  giovedì  sono  com- 
poste dal  presidente,  segretaro  ,  e  dodici  membri  eletti  per 
torno  fra  gli  ordinarli  senza  esclusione  degli  altri  che  volessero 
intervenirvi. 


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366  CAGLURi 

Questi  dodici  socii  eletti  si  rinDOveranno  per  metà  ogni  quin- 
dici giorni ,  dì  modo  che  non  sì  trovino  mai  tutti  nuovi  ;  ma 
i  sei  che  entrano  si  uniscano  con  i  sei  precedenti ,  onde  tra- 
mandandosi dagli  uni  negli  altri  lo  spirito  delle  cose  si  conservi 
la  unità  dei  sistemi. 

In  queste  private  adunanze  si  debbono  trattare  tutti  gli  af- 
fari ,  dei  quali  la  società  deve  occuparsi  :  vi  si  leggono  tutte 
le  corrispondenze  ,  e  si  combinano  le  risposte  j  che  poi  esten- 
derà il  segretaro  \  si  esaminano  in  ultimo  le  memorie  che  i 
socii  potranno  presentare  ;  e ,  dopo  approvate  per  ciò  che  ri- 
guarda rutilila,  si  rimettono  a' censori. 

Le  pubbliche  adunanze  saranno  quattro  e  si  teiTanno  ogni 
tre  mesi  ne^  giorni  da  destinarsi  dalla  società  nel  salone  della 
R.  Università  con  facoltà  al  pubblico  d'intervenirvi  »  ecc.  ecc. 
Vedi  il  regol.  citato  che  trovasi  nel  primo  fascicolo  delle  me- 
morie della  society  j  dove  tutte  le  minuzie  che  io  non  posso 
comprendere. 

Nel  discorso  inaugurale  ragionandosi  de'  doveri  del  novello 
istituto  si  disseco  tutti  i  fini ,  che  erasi  proposti  l'augusto  isti- 
tutore, e  si  presentò  una  gioconda  imagine  di  quello  che  av- 
verrebbe alla  Sardegna  da  quest'accademia  ,  nientemeno  che 
la  sua  prosperità  e  felicità!  Essa  già  comincia  a  uscir  dalla  in- 
fanzia 9  e  quando  crescerà  in  età ,  quando  uomini  periti  delle 
scienze  agronomiche  ed  economiche,  e  liberi  da  vecchi  pregiu- 
dizi ,  siano  ammessi  in  questa  illustre  società ,  quando  una  csiU 
tedra  di  economia  ed  altra  di  agronomia  siano  fondate ,  e  sta- 
bilite scuole  pratiche  per  l'arti  rustiche  in  tutte  le  provincie 
commesso  agli  accademici  di  sopravvederle ,  quando  questi  con 
generosità  studiino  a  dare  ai  contadini  opportune  istruzioni  ,  e 
comunichino  con  essi  ì  nuovi  metodi  che  altrove  si  adottino 
con  risparmio  di  tempo  e  di  spese  ,  e  con  aumento  di  prodotti, 
quando  si  formi  un  museo  tecnologico  con  ì  migliori  modelli  di 
meccanica  per  utilità  degli  artefici  ecc. ,  allora  si  arriverà  a 
quelle  promesse. 

Il  governo  molto  favori  questo  stabilimento.  Fin  dal  princi- 
pio gravava  in  suo  benefizio  l'azienda  generale  dei  monti  di 
soccorso  d'un' annua  somministranza  di  scudi  3oo.  A  quest'ora 
potriasi  avere  un  totale  di  otto  in  novemila  scudi. 

Sonosi  già  cominciati  a  pubblicare  i  suoi  lavori ,  dei  quali 


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CAGLIAAl  267 

sopra  il  pregio  delle  cose  e  della  liogua  lascio  che  quelli  giu- 
dichino che  se  ne  sappiano! 

Chiesa  cagliaritana,  I  suoi  principii  ripetousi  da'  tempi  apo« 
stolici  j  e  si  pretende  che  S.  Clemente  da  questo  salisse  al  pon- 
tificato romano.  Il  primo  vescovo  che  ci  nomina  la  storia  è 
Quintasio  :  egli  soscrivea  agli  atti  del  concilio  arelatense  (  V.  il 
baron  Manno  nel  princ.  del  lib.  vi).  Dopo  lui  presentasi  il  fa-, 
moso  Lucifero.  Benedetto  XIY  (1.  i3  e.  i5.  de  Sjn.  Dioeqes.) 
riferisce  già  concesso  al  vescovo  caralense  l'uso  del  pallio  prima 
del  secolo  vui ,  nel  declinar  del  quale  l' ebbero  ricevuto .  tutti 
gli  arcivescovi*  La  prerogativa  del  primato  fu  dai  pontefici  ro- 
mani riconosciuta  nell'arcivescovo  di  Cagliari  prima  di  tal 
epoca. ,  Intentatasi  poscia  una  lite  scandalosa  sopra  la  mede- 
sima (consulta  il  baron  Manno  nel  libr.  citato  )  ^  fu  dalla  rota 
romana  con  varie  sentenze  dichiarato  primeggiar  questa  chiesa 
siccome  più  antica  ^  e  metropoli  delle  isole  della  Sardegna . 
che  comprendeva  questa  provincia  la  Corsica  ,  e  le  Baleari 
(Y.  il  detto  storico  all'anno  4^3-84)-  Posto  fuor  di  ogni  dub^ 
bio  quest'onore  ,  vuoisi  sian  stati  tutti  al  legittimo  possessore 
da  Alessandro  III  (  an.  1 1 76  )  i  dritti  consueti  (  né  si  apporta 
per  qual  e  quanta  colpa  )  a  gì  atificame  all'arcivescovo  di  Pisa. 
In  che  si  scopre  ,  e  però  rigetta  unaT  falsa  supposizione  (  V.  il 
baron  Manno  Ikb.  vii,  all'anno  11 38). 

Da  quando  sia  l'ordinamento  del  clero  principale  di  Cagliari 
non  è  agevol  cosa  definire  *,  tuttavolta  è  qualche  fondamento 
alle  congetture  da  questo ,  che  vediamo  sotto  il  pontificato  di 
S.  Gregorio  Magno  già  stabilita  la  dignità  dell'arcidiaconato  ;  e 
da  quello  che  sappiamo  essere  stato  il  cagliai'itano  Eusebio  ver 
scovo  di  Vercelli ,  l'istitutore  della  vita  comune  del  clero  al- 
l'esempio della  convivenza  dei  monaci ,  e  Lucifero  studiosis- 
simo come  della  purità  della  fede,  così  della  santità  della  vita^ 

Nelle  sventure  de'  tempi  seguenti  per  le  invasioni  e  per  la 
dominazione  de'  saraceni  le  cose  religiose  di  Cagliari  furono  a 
tale  ridotte  ,  che  quasi  mancarono.  Pertanto  Giacomo  arcive- 
scovo era  comandato  da  Vittore  III  di  ristaurare  li  rovinosi 
sacri  edifizi.  Si  ristìtuivano  allora  le  sedi  vescovili ,  e  si  ripri-t 
stinava  la  dignità  del  dero.  Diffiitto  trovasi  poi  nella  storia 
menzione  dei  canonici  che  servivano  la  chiesa  di  S.  Gilla ,  che 
per  avventura  .non  era  la  principal  chiesa  della  città,  coinec- 


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268  CAGLIARI 

che  questo  castello  ne  fosse  in  quel  tempo  la  parte  più  nobi- 
le i  e  notati  come  ceusuari  della  chiesa  romana  nel  registro  di 
Cencio  (  an.  1193)  venti  tra  vescovadi  e  arcivescovadi  di 
Sardegna. 

Qui  è  da  notare ,  come  insìno  all'anno  1 080  seguisse  il  clero 
sardo  nella  consuetudine  della  chiesa  orientale  a  non  rader 
la  barba. 

£  pratica  pure  derivata  dai  greci  fu  Taltra  di  conferire  il 
Sacramento  della  Cresima ,  come  tra  quelli  usavasi  fin  dal  se- 
colo vir.  Dalla  quale  quando  abbiano  cessato  i  preti  sardi  è 
ignotcì»  Egli  è  vero  che  S.  Gregorio  Magno  aveali  pi*oibiti  dalla 
celebrazione  di  questo  rito  divino  ;  ma  poi  avvisato  essersi 
molti  di  siffatta  sua  volontà  assai  doluti  condiscese  nel  voto  , 
sebbene  con  questa  restrizione,  che  solamente  ove  mancas^ro 
i  ministri  ordinari  delift  confermazione ,  potessero  i  preti  sem- 
plici amministrarla. 

Governando  gli  aragonesi  tutte  le  cose  della  Sardegna  si  le 
civili  che  le  sacre ,  siccome  precipitarono  le  prime  ,  caddero 
ancora  le  seconde.  Per  conto  di  interessi  lasciavansi  sprovviste 
molte  diocesi ,  aggruppandosene  successivamente  le  amministra- 
zioni intorno  ad  altre  maggiori.  Cosi  avvenne  che  all'arcivesco- 
vado cagliaritano  si  aggiugnessero  i  vescovadi  j  Suellense  o  Bar- 
bariense  nel  14^09  Galtellinense  nel  1439  e  nuovamente  nel 
1489  dopo  una  separazione  per  non  più  di  cinque  anni  ,  Do- 
liense  nel  1482,  Sulcitano  nel  i53i.  Poteva  mai  un  uomo  reg- 
gere a  ta^ta  mole  di  negozi  ?  Poteva  l'arcivescovo  cagliaritano 
invigilare  su  i  singoli  pastori  che  avean  commessa  la  cura  delle 
anime  in  tante  diocesi?  Sarò  temerario  se  stimi  da  quell'epoca 
massimamente  aver  patito  la  fede  per  le  superstizioni ,  la  mo- 
rale per  la  ignoranza  e  viziosità  de'  parrochi  ?  Venuti  tempi 
migliori  nel  sapientissimo  imperio  della  dinastia  Sabauda  a  to- 
gliere tanti  mali ,  si  disgiunsero  le  dette  diocesi  una  eccettuata, 
la  DoUensc ,  che  nella  sua  prossimità  alla  sede  principale 
meno  avea  sofferto  di  detrimento.  La  Sulcitana  separavasi  con 
bolla  de'  18  maggio  1768 ,  la  Galtellinese  con  bolla  i  giugno 
1778.  Alla  separazione  della  Barbariense  (  oggidì  ^Ogliastriua  ) 
cui  si  pensava  sin  dal  1777  ,  era  provveduto  con  bolla  39 
gennajo  1798  ,  lasciatane  l'amministrazione  all'arcivescovo  fino 
a  che  compensata  di  una  somma  eguale  a  quella  da    perdersi 


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CAGLURI  269 

la  sua  meDsa  fosse  luogo  alla  rìstaurazione ,  che  ebbe  effetto 
nella  consecraàone  del  vescovo  d'Ogllastra  addi  -24  feb* 
brajo  i8a5. 

Difensori  della  Sardegna.  In  tempo  del  più  volte  lodato 
S.  Gregorio  occorrono  certi  ministri  apostolici  coi  titoli  o  di 
difensore ,  o  di  legato;  e  vi  è  bene  onde  si  inferisca  ts&exe  ei 
stati  incaricati  della  procurazione  dei  principali  negozi  del  clero 
sardo.  Il  Fara  li  agguaglia  a  quelli  commessali  pontificii  .che 
furono  poi  e  sono  tuttora  qualificati  giudici  di  appellazioni  e 
di  gravami. 

Questa  delegazione,  di  cui  fu  fatto  cenno  nel  titolo  delle  am* 
ministrazioni  generali  in  seguenza  all'artìcolo  Cagliari  prosnncia^ 
incominciava  dal  i4%9  attribuitosi  al  giudice  apostolico  che 
potesse  conoscere  e  decidere  nelle  cause  di  appello  dalle  sen- 
tenze delle  cui;ie  metropolitane  cosi  in  primo  che  in  secondo 
giudizio  ,  e  fosse  cosi  più  pronta  la  riparazione  delle  ingiurìe , 
che  fossero  inferite ,  e  si  evitasse  un  dispendio  maggiore  ne' 
più  casi.  Ma  conciossiachè  di  questa  autorità  soglia  essere  ri- 
vestito un  canonico  cagliaritano  y  parve  a  molti  indecoroso  che 
da  un  suo  cherico  veder  dovesse  l'Arcivescovo  riformate  le  pro- 
prie sentenze  ,  e  lui  sorgere  in  più  alto  grado  a  esercitare  in 
se  una  superiore  autorità ,  e  usare  il  tono  della  comminazio- 
ne ,  e  aver  forza  a  poterla  effettuare  \  onde  si  era  con  ottimo 
consiglio  proposta  la  istituzione  d'un  tribunale  collegiale. 
E  se  non  valesse  quel  rispetto  a  dimostrare  la  conve- 
nienza della  riforma,  varrebbe  assai  a  provarne  la  necessità 
il  considerare  che  nel  nuovo  ordine  i  giudicati  avrebbero  la 
forza  di  maggior  autorità  ,  e  sarebbero  meno  frequenti  che 
sono  le  appellazioni  dall'attuale  tribunale  al  giudizio  del  San- 
tissimo; lo  che  principalmente  ebbesi  in  mira. 

Parrocchie  della  diocesi  di  Cagliari ,  e  unita  Doliense. 

Delie  rurali  della  diocesi  Caralense  alcune  sono  immediata- 
mente dipendenti  dal  vescovo ,  altre  da'  canonici ,  le  rimanenti 
dai  parrochi  attuali  ,  che  si  appellano  rettori. . 

Della  diocesi  di  Bolia  o  Bonavoglìa  capo-luogo  era  Dolia  o 
lolia  ,  la  qual  terra  perduto  l'antico  nome  ora  si  appella  dal 
titolare  della  chiesa  principale  ,  S.  Pantaleo ,  la  quale  di  tut- 
t'altro  ornamento^  spogliata  non  conserva  dell'antica  sua  dignità, 
che  il  vano  nome  di  cattedrale.  Nel  suo   capitolo  era  un  de- 


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270  CAGLURI 

Gauo  e  undici  canoaicì^  che  si  godevano  le  detìme  di  24  par- 
rocoh'iQ.  Ai  canonici  furono  con  vera  utilità  della  religione  $q^ 
stituiti  ventiquattro  rettori. 

Entro  la  circoscrizione  della  Doliense  era  ed  è  SuelU ,  che 
dicevasi  capoluogo  della  diocesi  Barbarieose  !  La  chiesa  cori'-, 
serva  ancora  il  titolo  di  cattedrale  j  e  nuU'altro. 

Clero  secolare  di  ambe  le  diocesi.  Numero  totale  sacerdoti  4^^ 
da  distribuire 

Diocesi  Caralense.  Nella  città  in  officio  14B  iensa  off.  3o. 
Nelle  parrocchie  rurali  no  »  4^* 

Diocesi  Doliense  io5  »         30. 

In  ambe  le  diocesi ,  escluso  Cagliari ,  aono  in  cura  pnacipale 
d'anime  come  parrochi  71. 

Nella  Caralense  parrocchie  «rbane  4?  suburb.  i ,  rustiche  SG« 

Doliense    '  »  35. 

Delle  chiese  di  ambe  le  diocesi  nessuna  è  insignita  degli  onori 

di  collegiata  ;  e  le  tre  comunità  delle  parrocchie  de'  quartieri 

inferiori  della  città  non  sono  propriamente  tali. 

Arcivescovo.  Si  intitola  priore  di  S.  Saturnino  ,  e  fregiasi 
del  titolo  di  barone  di  Suelli  e  di  S.  Pantaleo.  Per  la  baronia 
di  Santàdi  inclusa  nella  diocesi  di  Iglesias  è  lite  tra  lui  e  quel 
vescovo  ,  e  sono  ora  le  cose  in  questi  termini  che  egli  se  ne 
onori  nel  titolano  ,  quegli  ne  goda  i  frutti.  Nel  parlamento 
della  nazione  l'arcivescovo  siccome  principe  del  braccio  eccle^ 
siastico  y  e  come  suol  dirsi  primeLvoce  gode  l'onore  del  primo 
grado,  e  di  iniziar  le  opinioni. 

Canonici.  Sono  3o  tra  i  quali  sei  bordonieri ,  gli  altri  con 
prebenda  o  titolo  di  prebenda.  L'origine  dei  canonici  bordonieri  è 
riferita  al  secolo  xvi  quando  a  sedare  una  controversia  tra  ca- 
nonici e  beneficiati  per  la  gestazione  delle  aste ,  o  de'  bordoni 
fu  dalla  S.  Congregazione  proposta  la  soppressione  di  sei  be- 
nefizi y  e  la  erezione  dei  medesimi,  in  titoli  canonicali,  con  tutti 
gli  onori.  Dei  canonicati  uno  solo  e  dignità  con  qualifica  dì  de- 
cano -,  di  quelli  d' ufficio  la  collazione  si  fa  dopo  un  concorso, 
eccetto  il  dottorale  a  cui  nomina  o  il  Sovrano,  o  l'arcivescovo 
nei  mesi  di  suo  dritto,  che  sono  i  due  sostiziali ,  e  li  due  equi-t 
noziali.  Dopo  i  canonici  sono  35  beneficiati ,  tra  i  quali  dodici 
non  dotati.  La  quantità  delle  distribuzioni  non  è  definibile;  si 
p«ò  però  dire   sommando   alle  ordinarie  le  straordinarie,  che 


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CAGLURI  271 

quette  ie*  canonici  e  beneficiati  non  siano  meno  di  lire  sarde 
3o,ooo  all'anno» 

Su  i  proventi  spettanti  alla  chiesa  fu  ordinata  una  separa- 
zione di  casse,  onde  non  si  confondessero  negli  appartenenti 
alla  nassa  capitolare  quelli  che  sogliono  provdnire  dagli  spogli 
e  'vaeanU  ,  e  da  altre  <»use<  ^on  essendosi  con  l'ossequio , 
che  conTeniya,  curata  mai  sempre  la  esecuzione  degli  appositi 
regii  provredimenti,  gioverebbe  se  ne  inculcasse  la  osservanza. 

Parrocchie  urbane*  Sono  titoli  canonicali,  e  hanno  benefi- 
ciati per  la  cura  delle  anime  ,  e  pel  coro  ,  la  Marina  ^4  con 
distribuzione 9  e  due  senza;  Stampace  ao  con  distribuzione ^  e 
due  senza  -,  Villanova  1^2  de'  primi  ^  e  due  degli  altri,  in  cia- 
acima  sono  cinque  ai  quali  è  solidariamente  commessa  la  cura 
delle  anime.  Il  presidente  è  primo  fra  eguali ,  e  sopra  ciò 
niente  più  di  essi.  Nella  suburbana  é  un  sol  parroco.  Questi 
per  siCfatto  ufficio  haoAo  iZ%  scudi  sulle  decime  di  Villassor, 
Kuramiois  e  Villamar  perpetuamente  applicata  a  dette  parroc- 
chie con  bolla  di  Pio  VII,  delle  quali  quanto  sia  residuo  cresce 
«Ila  mensa. 

.  Decime,  Furono  da  tempi  antichi  us^te  in  Sardegna  due  sorta 
di  decime ,  una  politica  al  capo  dello  stato ,  altra  religiosa  per 
i  capi  delle  diocesi.  Della  prima  è  un  argomento  nella  con- 
cessione fatta  per  Costantino  giudice  del  Caralense  al  monistero 
di  S.  Saturnino  della  metà  della  decima ,  che  gli  spettasse  su 
i  beni  di  quello  (  v.  il  baron  Manno  storia  della  Sardegna  al- 
l'anno 1089  )r  £  pare  questa  prestazione  non  esser  tanto  lu- 
cente, quanto  l'istituzione  dei  Giudici,  ma  per  gli  intermedia 
governi  conservata  e  presa  dall'uso  dei  romani ,  ai  quali  fu 
con  somma  probabilità  la  Sardegna  una  provincia  de  ciunana. 
Dell'altra  sono  due  antichi  monumenti ,  che  il  suUodato  ìsto- 
riografo  della  Sardegna  accennava  (anno  10B9.  Vedi  poi  sulla 
fine  del  libro  vni)  ,  uno  nella  concessione  che  faceva  l'arci- 
vescovo Ugone  al  monistero  di  S.  Saturnino  di  una  metà  della 
decima  della  chiesa  cagliaritana  ;  altro  nella  promessa  di  Co- 
stantino giudice  di  ofirìre  il  decimo  dei  frutti  e  le  primizie  da 
quel  giorno  negli  anni  seguenti.  Per  lo  meno  quindi  nella  dio- 
cesi di  Cagliari  è  certissimo  il  pagamento  della  decima  ^  e  pos- 
siamo congetturare  siasi  incominciato  a  fare  sin  dal  tempo  del 
iOveroQ  imperiale  0  sul  esempio  della  chiesa  greca  nella  quale 


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273  CAGLIARI 

sin  dal  secolo  vi  era  conosciuta  questa  prestazione ,  perché  cosi 
comandassero  i  ministri  imperiali  -,  lo  che  emmi  più  probabile, 
che  una  posteriore  introduzione  sull'esempio  delle  chiese  gal- 
licane ,  nelle  quali  diconsi  le  decime  messe  in  uso  per  autorità 
di  Carlo  Magno  consentendo  la  liberalità  dei   popoli.    Dunque 
mal  seppe  le  cose  D.  Alfonso ,  quando  scrivendo  all'arcivescovo 
di  Cagliari  (anno  i332)  Gundtsalvo  affermava  la  riscossione  delle 
decime  contraria  all'antico  costume.  E  pertanto  dee  tenersi  vero 
che,  come  osserva  ilbaron  Manno,  fosse  poi  questa  per  cause 
a  noi  ignote  soppressa  od  intermessa  ;  forse  perché  il  clero  fu 
dotato  con  terre  e  schiavi.  Settantasette  anni  dopo  la  proibizione 
di  D.  Alfonso  (  1409)   il^re  D.  Martino  commosso  dalla  gran 
povertà  del  clero  annuiva  alle  preghiere  dell'arcivescovo  Anto- 
nio ,  e  annunziando  ì  concerti  presi  con  la  Santa  Sede  permet- 
teva il  pagamento  della  decima  nella  diocesi   cagliaritana  ,  ri- 
servatane  la  terza  parte  alla  Corona.    Piel    qual  modo  non  fa 
praticato  nella  diocesi  d'Alghero  ,  delle  cui  decime  la  metà  fii 
infeudata  al  marchese  Albis  (  cosi  il  cavalière  Cossu,  notizie  di 
Cagliari  )  concesse  due  parti  dell'altra  al  vescovo ,  riservata  la 
terza  al  Re.  Nel  i  Son  il  re  Ferdinando  comandava  si  prestasse 
la  decima  intera  senza  deduzione  o  compenso  alcuno  delle  spe- 
se, e  prescrivea  certe  cautele  intorno  al  modo  con  cui  dovesse 
eseguirsi  tal  prestazione  onde  non  soffrissero  alcun  danno  i  de- 
ciraatori. 

Gran  varietà  é  nei  diversi  luoghi  si  rispettivamente  ai  ge- 
neri soggetti  a  siffatta  prestazione  ,  che  alla  quota  della  me- 
desima ;  della  qual  varietà  in  altro  non  può  trovarsi  la  cagio- 
t^te  e  ragione  che  nelle  antiche  consuetudini  e  transazioni  ,  e 
nell'autorità  dei  giudicati  profertisi  sopra  le  contestazioni  tra  li 
beneficiati  e  parrocchiani  per  qualche  nuovo  prodotto.  Però 
non  si  é  potuta  stabilire  alcuna  certa  massima  rispetto  ai  ge- 
neri decimabili  ,  ed  alla  quota.  Sull'una  ed  altra  cosa  furono 
frequentissime  le  contenzioni  ,  ma  più  spesse  sulla  prima  ,  e 
quante  volte  si  venne  in  suU'introdurre  nuove  coltivazioni , 
ond'é  stato  che  si  contrariò  in  tutti  i  modi  a  che  si  stabilissero. 
Nel  territorio  circondario  di  Cagliari  non  si  paga  alcuna  de- 
cima ,  e  dicesi  sia  quest'  esenzione  da  una  antica  convenzione 
tra  un  non  so  quale  arcivescovo  e  il  magistrato  civico ,  che  si 
addossava  le  spese  della  fabbrica ,   feste  ,  musica  ,  ecc.    della 


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CAGLURI  273 

cattedrale.  Ma  le  prove?  .  .  .  Egli  è  più  probabile  cLe  il  so- 
vrano mentre  concedeva  al  vescovo  di  domandare  ài  suoi  dio- 
cesani la  determinata  parte  dei  frutti  significasse  ,  che  voleva 
immuni  i  suoi  aragonesi  della  colonia  di  Cagliari  ,  e  i  sardi 
coabitantivi. 

Prebende.  Per  recenti  pontificii  rescritti  non  deve  il  loro  va- 
lore eccedere  li  mille  scudi ,  che  sono  poco  meno  che  lire 
nuove  5ooo ,  non  computatevi  le  distribuzioni ,  e  gli  altri  van- 
taggi dalla  assistenza  al  coro. 

Quantitativo  delle  decime  dell'arcivescovado  di  Cagliari  dal- 
l'anno 181 9  al  34*  Notisi  che  si  era  già  cominciata  a  far  grossa 
la  coscienza  dei  parrocchiani ,  e  che  non  più  la  decima  pre- 
stavasi  ,  ma  appena  la  ventesima. 

Si  raccolse  di  cereali  starelli  «,o  11 ,380  dalle  parziali  starelli 
di  grano  683,967  ,  d'orzo   165,71 3  ,  di  fave  i6i/38o. 

Di  vino  non  fu  la  quantità  minore  di  quartieri  3,200,000. 

De^  frutti  minori  ,  che  sono  legumi,  lino,  capi  vivi,  cacio, 
^cc.  non  si  può  fare  un  preciso  calcolo ,  tuttavia  si  può  credere 
che  ne  provenisse  non  dispregievol  valore. 

ftipartimento  delle  rispettive  decime. 

Nella  diocesi  di  Cagliari  la  decima  ridotta ,  come  fu  accen- 
nato, dividesi  in  cinque  parti.  Tre  sono  attribuite  al  prebenda- 
to, una  ai  laboranti ,  l'altia  alla  chiesa  rispettiva.  Il  quarto  quinto 
.  dei  laboratori ,  o  del  curato ,  va  diviso  in  parti  eguali  ,  e  in 
prebenda  camerale  o  canonicale  il  vicario  prende  per  se  il  5 
per  0{0  di  tutto  Tasse  decimale.  L'amministrazione  del  quinto 
della  chiesa  è  presso  i  prebendati. 

Ma  a  dir  vero  non  é  intero  il  quinto,  che  per  dritto  appar- 
tenga alle  chiese.  Nel  princìpio  del  secolo  xvii  il  capitolo  di 
Cagliari  essendo  ricorso  alla  S.  Sede  dolentesi  della  tenuità 
delle  distribuzioni  ottenne  che  del  quinto  assegnato  alle  chiese 
se  ne  corrispondesse  un  terzo  alla  massa  capitolare.  Questo  che 
dicesi  terzo  quinto  in  tempi  più  felici  dava  una  somma  annua 
adequata  dì  circa  lire  sarde  20,000  :  sebbene  alcune  chiese  non 
portassero  tal  peso,  è  ne' prezzi,  specialmente  del  vino,  si  vo- 
lesse gratificare  i  secolari  procuratori  delle  chiese,  perchè  con 
zelo  servissero. 

Terzo  regio  delle  decime.  Questo  ,  se  diasi  quella  parte  di 
frutti  che  abbia  il  denonainatore ,  che  porta  l'appellativo  della 
Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  III.  18 


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274  CAGLIARI 

prestazione,  e  non  già  un  maggiore^  potrebbe  ammontare  come 
è  spesso  ammontato  in  tutto  il  regno  a  scudi  sardi  circa  3oo,ooOy 
eguale  a  lire  nuove  i,44^9^^^*  ^^^  questi  mezzi  quante  belle 
istituzioni  pie  si  potrebbero  fare  e  mantenere  !  Mon  sappiamo 
se  nel  governo  spagnuolo  senza  le  pensioni  ai  cadetti,  crociati, 
antichi  funzionari  ,  e  altre  persone  benemerite  siasi  mai  fatto 
alcun  uso  o  formalmente  o  eminentemente  pio.  Piuttosto  po- 
tremmo arguire  il  contrario  dell'assoluto  difetto  di  istituzione 
di  pùbblica  beneficenza.  Ma  cosi  saggio  impiego  ci  è  ben  certo 
nel  governo  dei  reali  di  Savoja ,  tra  le  cui  operazioni  fu  questa 
Assai  studiosa  di  ridurre  tutto  alle  massime  d'una  buona  eco- 
nomia ,  e  di  far  valere  queste  rendite  agli  studi ,  alla  educa- 
zione de'cherici  (y.  tom.  i  de' pregoni  ed  editti)  ecc.  ecc., 
con  che  furon  tronche  le  antiche  querèle  dei  preti. 

E  qui  nota  che  sebbene  coerentemente  al  concerto  potesse 
appartenere  al  re  il  terzo  su  tutte  indistintamente  le  rispettive 
decime ,  non  di  meno  non  ha  egli  usato  di  tal  dritto  che  su  i 
redditi  spettanti  alle  mense  vescovili. 

Sussidio  regio.  Sono  gli  ecclesiastici  tenuti  alla  prestazione 
annua  di  scudi  quindicimila ,  che  viene  per  proporzionate  quote 
da  tutte  le  diocesi  del  regno.  > 

Donativo  regio.  Nell'ultimo  parlamento  di  Montellano  ,  cui 
ancora  si  riguarda,  lo  sta  mento  ecclesiastico  offeriva  scudi  set- 
temila ;  ma  in  iscatto  non  ne  pagava  che  ì^^ooq  ,  avendo  volato 
diffiileare  il  dritto  d'estrazione  delle  loro  granaglie  denominato 
saca^  fissato  a  scudi  3,ooo. 

Sussidii  al  monte  di  riscatto.  Oltre  il  suddetto  terzo  si  e 
concesso  dal  Papa  un  biennio  dei  benefiii  vacanti  (  concessa  la 
congrua  al  nuovo  provvisto)  al  monte  di  riscatto  dal  1807  a 
a5  anni  ,  e  nuovamente  ad  altrettanto  spazio  con  nuovo  breve 
de'  ^9  luglio  18^3.  Allo  stesso  ottimo  fine  fu  attribuito  al  detto 
monte  quanto  nelle  prebende  pingui  sopravanzi  i  mille  scudi. 
Elezione  de'  parrochi.  Quelli  che  sono  qualificati  rettori  ven- 
gono eletti  dopo  esperimento  fatto  dèlia  loro  idoneità  airufiì- 
cio.  Ma  cotiverrebbe  in  questi  importantissimi  negozi ,  onde 
dipende  gran  bene ,  o  nasce  funestissimo  male ,  rispettare  le 
santissime  prescrizioni  canoniche,  e  che  a  titolo  di  merito  mag- 
giore non  fosse  posta  come  principal  cosa  la  superiorità  della 
dottrina.  Sono  in  un  parroco  tante  altre  cose  a  desiderarsi  cotne 


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CAGLIARI  275 

esseima]!,  nelle  quali  se  sia  parità  in  più  concorrenti ,  può  al- 
lora un  maggior  ornamento  di  dottrina  considerarsi  per  la 
preponderanza. 

Sinodi.  Sono  le  antiche  di  Cagliari  ignorate.  Delle  recenti 
hannosi  stampate  quelle  di  Machin ,  Sobrecasas  ,  La  Cabra  , 
Carìnena.  Citansi  le  sinodi  de'  monsignori  Novella ,  e  La8S0*Se- 
deno»  Della  diocesi  di  Ponavoglia  se  ne  ha  solo  una  stampata  , 
e  viva  nell'osservanza. 

Seminario  ecclesiastico.  Nel  j6aa  conseguentemente  alle  pro- 
poste della  sinodo  Tridentioa  per  cura  dell'arcivescovo  Esquivel 
costruivasi  una  casa  di  educazione  per  li  cherici  giovani.  Era 
però  poco  adatta  all'uopo  per  la  forma  e  per  la  ristrettezza  , 
onde  nel  declinare  del  secolo  scorso  l'arcivescovo  D.  Agostino 
Delbeccfai  volle  edificato  in  continuazione  col  palazzo  degli  studi 
un  magnifico  convitto. 

Si  possono  tenere  circa  60  alunni  tra  quei  '  di  grazia  e  di 
pensione.  Le  piazze  gratuite  sono  ^4,  un'  altra  è  di  mezza  paga. 
In  esse  cinque  sono  straordinarie  ^  perchè  quelli  che  le  occu- 
pano io  soprappiù  delle  somm'mistranze  ordinarie ,  di  cui  a  certo 
tempo  godono  gli  altri,  sono  forniti  di  quanto  loro  abbisogni 
senza  alcun  concorso  delle  famiglie.  Quando  trattisi  di  riempire 
alcuna  piazza  gratuita,  i  giovani  postulanti  si  soggettano  ad  un 
esperimento  ,  e  quelli  si  scelgono  cui  sono  più  pochi  mezzi  di 
«ossifitenza  in  parità  di  altre  cose  ,  queste  sono  indole  talento 
ecc.  La  pensione  fissata  per  gli  altri  conrittori  è  di  scudi  70. 
Sono  tutti  raccomandati  per  la  educazione  alle  cure  d'un  pre* 
side  9  e  d' un  direttore  spirituale  ;  per  la  istruzione  a  vari 
maestri,  tra'  quali  uno  di  capto  e  di  liturgia.  I  giovani  vi  pos<- 
son  rimanere  sino  a  conseguir  la  laurea. 

Questo  stabilimento  diventò  più  florido  dalla  concessione  delle 
prebende  di  Samassi  e  Serrenti^per  Clemente  XIII ,  e  del  terzo 
degli  spogli,  e  delle  vacanti. 

Monachismo  antico  in  Cagliari  e  sua  diocesi.  Piace  ad  aU 
cuni  essere  stato  S.  Fulgenzio,  il  primo  institutore  della  vita 
monastica.  Sarà  cosi  de'  monaci  propriamente  detti  ;  ma  non 
di  queir  altra  specie  di  uomini  religiosi  che  erano  detti  eremi* 
ti:  che  tienesi  Antero  come  anacoreta  in  Sardegna  prima  di 
sedere  neUa  cattedra  di  S.  Pietro ,  e  avere  i  ss.  Nicolao  e 
Tiano  menato  vita  solitaria  nella  Gallura  dal  secolo  iv  al  v 
(Y.  il  baroQ  Manno  libro  vi  agli  anni  362*455). 

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276  CAGLURI 

Del  monistero  eretto  presso  la  chiesa  di  S.  Saturnino  per  lo 
sunDominato  sant'uomo  è  stato  detto  nelle  note  istrriche. 
Crederemo  ye  ne  fosse  altro  ,  dove  fu  deposto  il  corpo  di  S. 
Agostino  ? 

È  menzione  di  altri  due  monisteri ,  cui  presiedevano  sotto 
il  pontificato  di  S.  Gregorio  gli  abbati  Urbano ,  e  Giovanni.  Un 
quinto  di  S.  Giuliano  era  allo  stagno  di  Quarto,  di  cui  anche 
oggidì  rimangono  vestigia.  Ora  è  titolo  canonicale.  Nella  istessa 
epoca  troviam  ricordati  sei  monasteri  di  donne.  Erano  i  tre 
primi  fonduti  dalle  matrone  Yetulona,  Pompejana  y  Teodosia  : 
del  quarto  è  ignota  la  istitutrice  ;  del  quinto  fu  abbadessa  De- 
sideria  ;  del  sesto  è  conosciuto  nient'altro  che  il  sito  ,  dove  e 
oggidì  il  chiostro  delle  ckrisse. 

Benedittini.  Il  primo  loro  stabilimento  fu  presso  la  Villanuova 
nello,  stesso  monistero ,  ove  S.  Fulgenzio  riuniva  i  suoi  mo- 
naci. Nello  stesso  quartiere  abitavano  poi  nella  casa  ora  occu- 
pata dai  domenicani.  Nella  Marina  era  là  un  lor  priorato,  dove 
oggi  sono  gli  agostiniani ,  ed  altra  casa  dove  sono  gli  speda - 
lieri.  Nello  Stampace  subentravano  ai  templari  nel  gran  mo- 
nistero che  occuparono  poscia  e  ancora  occupano  i  conventuali 
di  S.  Francesco  ;  il  sopranotato  sesto  convitto  di  donne  fu  abi- 
tazione di  vergini  sotto  la  regola  di  \S.  Benedetto.  Non  venuto 
snqno  l'oinline  degli  eremiti ,  e  sappiamo  di  loro  altri  essere 
stati  nel  luogo  ora  denominato  di  S.  Guillem;  altri  nel  monte 
a  libeccio  di  Cagliari  in  S.  Barbara  -,  ai  quali  puoi  aggiugnere 
gli  anacoreti  del  colle  poi  detto  di  S.  Elia  nel  promontorio. 
In  poca  distanza  dalla  città  eransi  fabbricati  altri  monasteri  , 
e  si  denominavano  uno  di  S.  Martino  in  S.  Avendrace ,  altro  sul 
colle  di  S.  Michele  abitato  da  certosini  fino  a  che  i  pisani  vi 
eressero  il  castello  ancora  stante  -,  e  forse  cosi  detto  dalla  ti- 
tolare della  chiesa  del  monistero  :  altro  di  S.  Maria  de  Claro 
a  pie  di  detto  castello  verso  greco  dove  abitavano  monaci  di 
Chiaravalle  -,  altro  di  S.  Maria  delle  vigne  tra  Cagliari  e  Pirri, 
dove  erano  monaci  camaldolesi;  finalmente  un  altro  sul  collo 
del  promontorio  presso  la  chiesa  di  S.  Bartolommeo. 

In  là  del  contado  di  Cagliari  ,  era  in  Quarto  due  monisteri 
«ino  dove  fu  poi  la  chiesa  di  S.  Elena ,  altro  di  S.  Agata  le  cui 
rovine  raddrizzarono  i  cappuccini  per  formarsi  un  conventino  ; 
tra  Pauli  e  Sclargius  S.  Lucifero  ;  presso  Mara-Calagònis  due. 


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CAGLURI  277 

un  presso  dove  fu  poi  edifìcata  la  chiesa  di  S.  Pietro ,  e  forse 
uo  altro  ,  che  quello  sarebbe  che  S.  Gregorio  diceva  Agilitauo, 
se  ivi  situandolo  non  erra  l'Alco.  Furono  dei  monaci  in  Bara- 
ci y  o  Monte-Cresia  ,  nella  montagna  di  Solànas  in  due  diversi 
stabilimenti ,  nell'isoletta  di  S.  Macario  presso  Capo-Pula,  nel 
Manso  o  Maso ,  e  questi  dipendevano  da  Monte-Cristo ,  in  Uta 
presso  S.  Cromazio  e  S.  Maria  ,  in  Decimo  a  S.  Nicolao  e 
a  S.  Pietro  y  in  Monastir  in  certo  sito  tra  Siliqua  e  Villassor, 
finalmente  in  Segariu  (  Y.  il  baron  Manno  libro  viii  dove  tro- 
verai quanto  finor  leggevi). 

Frati  e  cherici  regolari.  Francescani.  Vennero  in  Sardegna 
nei  primi  tempi  di  loro  istituzione.  Dopo  la  famosa  scissura 
tra  il  ministro  generale  Francesco  Elia  ,  e  Antonio  di  Padova 
fu  divisione  pure  in  Cagliari ,  e  nel  rimanente  pure  deirisola. 
Gli  aderenti  di  Francesco  Elia  (conventuali]  continuarono  a 
dominare  nelle  case  per  Taddictro  occupate  dai  benedittini,  gli 
altri  andaropo  ad  abitar  altrove.  Nell'anno  1:274  essi  tenevano 
seggio  nel  gran  monistero  di  Stampace  ,  poi  si  distesero  in 
Iglesias ,  in  Oristano  (  dove  subentrarono  ai  monaci  basi]iani)| 
in  Castelgenov^ese  ,  ora  Sardo  ,  mentre  ancor  vivea  S.  France- 
sco ;  nell'Alghero;  in  Uta.  La  prima  fondazione  fu  in  Gallura, 
la  seconda  in  Monteràsu ,  dove  é  un  ospizio  (  Y.  Bono  )  ,  1» 
terza  iii  S.  Maria  di  Porto-Grotte  in  Bagnara.  Ma  venuti  ben 
presto  col  predominio  dei  genovesi  tempi  infelici  ai  monaci  be- 
nedittini,  che  in  massima  parte  possono  essere  supposti  pisani 
di  nazione  ,  questi  involandosi  alle  vessazioni  e  forse  espulsi 
lasciarono  le  case  ai  novelli  frati.  Altri  due  stabilimenti  sopra 
ì  già  enunzìati  ebbero  essi  in  Sardegna  uno  sotto  Monteràsu 
presso  il  paese  di  Bòttldda  ,  altro  in  S.  Barbara  ,  quando  ce- 
devano da  Uta.  In  tanti  secoli  ,  e  in  quella  generositìi  che  già 
fu  per  ragion  di  coscienza  negli  uomini  de'  secoli  tenebrosi  que- 
ste fraterie  accumularono  grandi  ricchezze,  le  quali  per  la  am- 
ministrazione poco  saggia  e  fedele  decrebbero  non  poco.  I  loro 
predi  e  censi  cumulativamente  forse  potrebbero  avere  il  valore 
di  lire  sarde  2,000,000.  Si  numeran  religiosi  69. 

I  frati  minori  dell'osservanza  della  provincia  di  Cagliari  de- 
nominata di  S.  Saturnino  hanno  nella  città  due  conventi.  Nel 
1458  fondavano  alla  Maddalena  presso  Oristano  ,  lo  abbando- 
navano nel  1472  per  istabilirsi  in  OUolai,  e  vi  ritornarono  nel 


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^78  CAGLIARI 

1490  fuggiti  da  quella  sede  {y.  Barbagia^  chiesa  SarbatienseJ» 
Nel  i5o8  passavano  da  S.  Maria  delle  grotte  ài  nuovo  con- 
vento di  Gésus  j  donde  sulla  fine  del  secolo  scorso  vennero 
dentro  la  Marina  presso  la  chiesa  nazionale  del  siciliani ,  S.  Ro- 
salia. Nel  i55o  ebbero  la  chiesa  di  S.  Lucia  inS.  Gavino  Mon- 
reale. Nel  i558  fondarono  in  Busachi  :  nel  16 io  ebbero  Pi- 
tica chiesa  parrocchiale  di  Mandas  ,  la  chiesa  della  Trinità  in 
Fonni,  dell'arcangelo  Michele  in  Yillassor.  Nel  1623  si  stabi* 
lirono  in  Gadoni.  Nel  i63o  ottennero  la  chiesa  del  S.  Sepolcro 
in  Genoni.  Nel  1646  fu  eretto  per  abitazione  dei  Recoletti  il 
convento  di  Villanova  in  Cagliari ,  poi  fu  attribuito  agli  osser- 
vanti, che  la  scelsero  a  casa  di  prova.  Nel  1660  fondarono  den- 
tro Oristano  un'altra  casa;  nel  1727  in  Lanuséi.  Non  ha  guari 
che  abbandonavano  Busachi  ,  G adóni ,  e  l'ospizio  di  Oristano. 
Sono -religiosi  182  ,  e  li  distingui  in  sacerdoti  49 7  cherici  11, 
laici  34  9  terzini  38.  Vivono  dalla  provvidenza  ,  e  da  qualche 
reddito  della  sagrestia. 

Cappuccini.  Provincia  cagliaritana.  Il  convento  cagliaritano 
fonda  vasi  nel  iSgi,  l'iglesiense  nel  iSgS,  il  sanlurese«  l'ori- 
stanese  e  il  baruminese  nel  1608,  il  villassorese  nel  1628,  il 
quartese  nel  i63i,  il  villanovese  (casa  di  prova  in  Cagliari  ) 
e  il  nurrese  nel  i643,  il  masullese  nel  1648.  Il  convento  di 
Barumini  è  stato  abbandonato.  Sono  religiosi  i3o,  tra  sacer- 
doti e  chierici  60,  laici  e  terzini  70. 

Nelle  antiche  emulazioni  ipunicipali  tra  cagliaritani  e  sassaresi 
non  restarono  neutrali  i  frati  ;  ma  più  che  altrove  entrò  feroce 
la  discordia  tra  gli  osservanti  e  cappuccini  delle  due  parti , 
operando  con  tutte  forze  l'ambizione  e  l'invidia,  e  sempre  in 
furor  fremendo  la  contenzione,  la  ripugnanza.  Grandi  passioni 
entro  angusto  cerchio  !  Quelli  che  erano  tra  i  cagliaritani  pen- 
savano che  questo  fosse  un  vero  dritto  per  dominare  su  i  lo- 
gudoresi  ;  questi  non  si  arrendevano  a  dover  servire  come  iloti* 
Il  governo  spagnuolo  con  la  stessa  indifferenza  con  cui  guar- 
dava la  guerra  de'  preti ,  vedeva  la  più  accanita  dei  frati.  Però 
per  nessun  patto  essendosi  potuti  riunire  gli  animi ,  e  finalmente 
convenendo  far  cessare  il  gravissimo  scandalo  d'un  odio  irre- 
conciliabile in  persone  che  predicavano  la  carità ,  si  venne  dal 
pontefice  i^H'unico  rimedio  che  restava ,  di  separare  gli  uomini 
de'  due  partiti  in  piovincìe  diverse. 


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CAGLURI  ^79 

Merceda^rL  Si  stabilivano  in  Cagliari  nella  paiTOcchia  di  Bo- 
naria nel  i336.  Dopo  il  1610  fondavano  in  Sassari;  di  poi  verso 
il  1640  in  Alghero  ,  in  Yillacidro,  ec.  Sono  religiosi  ^5  j  dei 
guali  3o  sacerdoti  e  cherici ,  i5  laici.  Se  le  loro  amministra- 
zioni fossero  state  ben  governate ,  ora  ì  predi  si  potrebbero  va- 
lutare in  lire  sarde  circa  800^000. 

Trinitari.  CbiarnuYansi ,  o  venivano  in  Cagliari  nel  i558y  e 
si  stabilivano  nella  chiesa  oggidì  esecrata  di  s.  Bardilio,  donde 
si  trasferivano  nello  scorso  secolo  alla  chiesa  di  s.  Lucifero. 
Dopo  il  16 IO  ebbero  casa  in  Sassari,  e  in  YiUamar.  Guerreg* 
giarono'fra  di  loro  per  invidia  e  ambizione-,  però  il  governo 
dei  Reali  di  Savoia  annientava  con  essi  lo  scandalo. 

jdgostiniani.  Verso  il  1400  si  stabilivano  a  quella  chiesa,  dove 
nel  vandalismo  foron  depositate  le  reliquie  del  s.  Dottore;  quindi 
in  Ilorai,  Saflis^ri ,  Alghero,  Sanluri,  Samassi,  Tortoli,  Scolca, 
Iglesias ,  Pozzo  maggiore.  Ora  son  già  abbandonati  i  conventi  di 
Ilorai ,  Sassari ,  Sanluri ,  Scolca  ,  Iglesias ,  e  vanno  disertandosi 
gli  altri,  che  non  restano  più  di  87  religiosi,  dei  quali  19 
sacerdoti,  4  cherici,  6  laici.  Possiedono,  e  prima  che  per  di- 
fetto di  buona  economia  si  lasciassero  deteriorare  i  fondi,  pos- 
sedevano in  comune  non  meno  di  lire  sarde  5oo,ooo. 

Carmelitani.  Non  prima  del  i5o6  fu  introdotto  quest'isti- 
tuto. Essi  succedevano  agli  anacoreti  nel  promontorio  di  Ca- 
gliari, e  dalla  loro  chiesa  venne  al  colle  la  denominazione  di 
s.  Elia.  Poscia  e  perchè  troppo  esposti  agli  insulti  dei  barba- 
reschi ,  e  per  più  comodo  di  sé  e  del  pubblico  passarono  nello 
Stampace ,  ritenendo  il  possesso  delle  terre  che  aveansi  acqui- 
state preJso  Monvolpino  e  il  promontorio.  Fondavano  poi  in 
Mogoro  nel  .  .  . ,  in  Bosa  nel  1599,  in  Oristano  nel  i636 , 
in  Alghero  nel  1644  9  ^^  Chiaramonte,  in  Sassari,  in  Nura- 
minis.  Sono  religiosi  70 ,  tra  sacerdoti  e  cherici  4^  »  ^^^^^  ^^' 
In  più  luoghi  sono  cadute  le  loro  amministrazioni.  Essi  posse- 
devano già  in  comune  per  lire  sarde  800,000. 

Paolotti.  Ebbero  stanza  *in  Cagliari  nel  1625,  dove  oggidì  è 
il  noviziato  delle  scuole  pie,  donde  pas^rono  in  Lapola  nel  i643. 
Si  stabilivano  pure  in  Yillanova-franca  e  in  Assemini.  Quest'ut 
tinìo  conventino  è  da  molto  abbandonato.  Sono  religiosi  1 5  tra 
sacerdoti  e  laici,  che  vìvono  in  quello  di  Cagliari ,  ad  eccezione 
del  religioso  (  ma  non  è  un  eremita  ) ,  che  resta  in  YiUanova- 


,     Digitizedby  VjOOQIC 


28o  CAGLIARI 

franca.  Possono  possedere  per  un  valore  di  lire  sarde  1 5o,ooo. 

SpedalierL  Hanno  quattro  case  presso  gli  spedali ,  in  Cagliari 
dall'anno  .  .  . ,  in  Sassari  dal  1 689 ,  in  Oristano  e  Algbero  dal 
i€4o.  Quella  di  Bosa  fu  abbandonata,  e  restò  soppresso  lo 
spedale.  Sono  religiosi  3o.  L'amministrazione  è  diretta  da  regie 
congregazioni. 

Monasteri  di  donne.  Nel  castello  ve  ne  sono  tre,  uno  di 
s.  Lucia  fondato  nel  i539  ;  altro  della  Purissima  nel  i54o*,  il 
terzo  di  s.  Catterina  sotto  la  regola  di  s.  Domenico,  fondato 
nel  1641*  Dopo  la  metà  del  secolo  xvii  si  fondava  un  moni- 
stero  di  Clarisse  nello  Stampace,  uno  dì  cappuccine  in  Lapola. 

Cherici  regolari, 

I  gesuiti  vennero  in  Cagliari  la  prima  volta  nel  i564*  Eb- 
bero già  molte  case  con  ginnasi.  Dopo  la  ristaurazione  non  se 
ne  riaprirono  che  tre  ,  delle  quali  due  in  Cagliari,  una  in  Sas- 
sari. Sono  religiosi  circa  ^5.  La  dotazione  del  collegio  di  Ca- 
gliari può  valutarsi  in  netto  all'anno  di  lire  sarde  17,467.  3.  4; 
ossiano  lire  nuove  33,536.  96.  Al  collegio  di  Sassari  venne  sta- 
bilita la  dotazione  di  lire  saixle  5ooo ,  con  l'obbligo  di  man- 
tenere dieci  religiosi.  In  riguardo  allo  stabilimento  di  Cagliari , 
siccome  i  predi  sono  di  molto  migliorati,  cosi  è  da  pensare  che 
maggiore  sarà  il  prodotto.  Da  questo  nulla  si  detrae  per  le  feste 
di  s.  Michele  e  s.  Teresa,  e  delle  due  sagrestie,  per  cui  é  te- 
nuto corrispondere  il  monte  di  riscatto,  ec. 

Scolopi.  Furon  dai  consoli  di  Cagliari  chiamati  verso  il  i635, 
e  fondaron  ginnasi  per  la  grammatica  e  belle  lettere  in  Cagliari, 
Tempio ,  Sassari  ,  Oristano  ,  Isili.  Hanno  un'altra  casa  in  Ca- 
gliari per  la  prova,  e  sono  religiosi  80,  dei  quali  5o  tra  sa- 
cerdoti e  cherici ,  3o  laici.  I  loro  poderi  complessivamente  pos- 
sono valutarsi  in  lire  sarde   1,000,000. 

Inquisizione,  Estesasi  in  Sardegna  la  delegazione  degli  inqui- 
sitori della  eretica  pravità,  i  cagliaritani  si  contennero  in  modo, 
che  non  vi  si  potè  stabilire  il  principal  u£Scio  ;  e  l'inquisitore 
maggiore  ,  e  il  fiscale  dovettero  esser  paghi  di  poter  deputare 
da  Sassari ,  dove  furono  tollerati ,  un  commessarìo  ,  il  quale 
di  rado  si  sceglieva  dai  domenicani.  Accaddero  delle  conten- 
zioni di  questa  delegata  con  1'  autorità  ordinaria  de'  vescovi' , 
e  sì  praticarono  delle  violenze  contro  persona»  o  innocenti,  o 
erranti  per  ignoranza,   più   o    meno  frequentemente,  secondo 


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CAGNA  281 

clie  di  mite  o  feroce  ingegno  era  il  capo  della  suprema  spa- 
gnaola  ,  ed  il  maggior  inquisitore  di  Sassari.  Il  governo  de'  Reali 
di  Savoja  rimise  le  cose  nel  giusto  ordine ,  e  sciolse  quell'e- 
sercito di  ufficiali  inquisitoriali  y  che  per  le  solite  franchigie 
causava  il  potere  dei  delegati  del  Re  (V.  il  barou  Manno , 
lib.  XI  ). 

*  CAGNA  (  Cagna  )  ,  com.  nel  mand.  di  Dego ,  prov.  e  dioc. 
d'Acqui,  div.  di  Alessandria.  Dipende  dal  senato  di  Piedi. , 
intend.  prefett.  ipot.  d'Acqui ,  insin.  di  Dego ,  posta  di  Cairo. 

Non  appare  il  nome  dì  questa  terra  innanzi  al  xii  secolo } 
ed  essa  in  allora  insieme  con  Lodesio  facea  parte  del  marche- 
sato di  Ponzone  posseduto  da'  discendenti  di  Aleramo.  Passata 
a'  Carretti  de'  marchesi  di  Savona ,  Ottone  nel  1 209  la  sotto- 
pose al  comune  d'Asti,  che  ne  investi  i  figliuoli  di  lui  nel  iai3. 
Venne  poi  con  Asti  sotto  i  Principi  di  Savoja  nel  1 3 1 3  :  ma 
nel  i322  fii  da'  Carretti  venduta  a'  marchesi  di  Saluzzo,  nelle 
croniche  de' quali  all'anno  1327  leggesi  che  Manfredo  die'  a 
Giaime,  o  Giacomo  di  Ponzone  l'investitura  di  Lodesio ,  ideila 
metà  di  Cagna ,  investendo  'Ottone  dell'altra  metà  di  questo 
luogo. 

Casa  de'  Boschi,  Erche  e  Soolagrea  sono  frazioni  di  questo 
comune. 

Giace  sopra  un  colle.  U  suo  territorio  é  simmetricamente  di- 
viso ai  lati  di  mezzodì  e  tramontana  :  la  parte  meridionale  tro- 
vasi in  dolce  pendio  ^  e  tien  coltivata  con  diligenza. 

£  lontano  un  miglio*  da  Dego,  e  quindici  da  Acqui. 

Di  sua  vetusta  fortezza  più  non  esiste  che  un  piccolo  tratto 
di  muraglia. 

La  vìa  comunale ,  detta  della  Salita ,  esce  dal  confine  di  Piana 
a  levante ,  traversa  il  territorio  per  la  lunghezza  di  un  mìglio 
nella  stessa  direzione,  per  un  altro  miglio  ad  ostro,  e  quindi 
per  ugual  tratto  a  maestrale,  accennando  a  Torre  d'Uzzone. 

Gli  abitanti  sperano  di  godervi  fra  non  molto  i  vantaggi  di 
una  strada  provinciale,  che  dalla  parte  di  Gorrino  attraversi  il 
comune ,  e  conduca  a  Piana  :  già  da  tre  anni  se  ne  fece  un 
nuovo  tracciamento,  che  emendò  le  imperfezioni  del  primo,  e 
se  ne  conservano  nel  territorio  i  gittati  segnali. 

Vi  scon*ono  due  rivi:  il  primo  detto  di  Cagna  nasce  nella 
regione  delle  Fornaci  ,  e  dopo  il  corso  d'un  miglio  si  unisco  a 


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a83  CAIRO 

quello  di  Lodisio  :  il  secondo ,  chiamato  dell'Erche ,  scaturisce 
alle  falde  di  uua  collinetta  presso  il  Villarello ,  bagna  questo 
territorio  per  lo  tratto  di  due  miglia ,  e  congiungesi  quindi  col 
Cagna  sul  confine  di  Piana. 

Sonovi  tre  chiese:  la  nuova  parrocchia  ,  dedicata  a  s.  Mas- 
simo,  stata  instituita  nel  18249  mercé  la  Regia  munificenza, 
che  somministrò  i  mezzi  di  ristorarla  ed  ampliarla,  perchè  si 
erigesse  in  parrocchia  :  una  chiesuola,  sotto  l'invocazione  di  san 
Giovanni  Battista  ,  la  quale  venne  donata  alla  comunità  dalla 
famiglia  Borello  :  la  terza  è  sotto  il  titolo  di  Nostra  Donna  As- 
sunta. L'antica  parrocchiale  serve  di  cappella  al  campo  santo. 

Il  territorio  di  questo  comune  comprende  mille  cinquecento 
giornate.  La  sua  valle  abbonda  di  vigneti  e  di  castagneti.  Yì 
si  raccolgono  biade  e  legumi  in  sufficiente  quantità. 

Pesi  ;  misure  e  monete  come  nel  suo  capo  di  provincia. 

Gli  abitanti  sono  di  assai  robusta  complessione,  di  buona  in- 
dole e  di  buone  disposizioni  intellettuali. 

Popolazione  270. 

CAIRO  (  Carium  Laumdiorwn  ) ,  com.  nel  mand.  di  Pieve 
del  Cairo,  prov.  di  Lomellina ,  dioc.  di  Vigevano,  div.  di  No- 
vara. Dipende  dal  senato  di  Piem. ,  intend.  di  Mortara ,  prefett. 
ipot.  di  Vigevano,  insin.  di  Mede  ,  posta  di  Lomello. 

Nel-^A55  seggtàcqTie-*aHe-tre -dV  Federigo^  DjiibaiuiB371i»e4^- 
4iede  al  \acco  od  -alle  fiamme  |  Ki  p«ire  scopo  al  furore  di  Fa- 
cino Cane,  il  quale  di  ritorno  m  Alessandria  da  Brescia,  ove 
abbattè  la  fazione  Guelfa ,  passando  per  la  Lomellina ,  questo 
luogo  e  le  vicine  castella  rovinò  dalle  fondamenta. 

Fu  già  tenuto  in  feudo  dalla  nobile  famiglia  Isimbardi. 

È  lontano  3oo  metri  da  Pieve  del  Cairo,  otto  miglia  da  Mor- 
tara, uno  da  Cambiò,  uno  e  mezzo  da  Gambarana. 

Vi  corrono  due  strade  :  la  prima  provinciale  da  levante  con- 
duce a  Pieve  del  Cairo,  quindi  a  Mortara  ;  e  da  ponente,  dopo 
il  tratto  di  3oo  metri  piegando  a  mezzodì,  scorge  a  Cambiò. 

La  seconda  comunale  incomincia  ,  da  ponente ,  presso  al- 
l'oratorio di  s.  Rocco,  attiguo  al  paese ,  e  mette  a  Gambarana. 

Al  confine  del  territorio,  verso  mezzodì,  passa  il  Po,  cui 
ivi  non  soprastà  né  ponte ,  né  porto.  Molte  volte  questo  fiume 
allagò  con  gravi  danni  le  campagne  di  Cairo.  Singolarmente  l'in- 
nondazione  del  4  novembre  1755  giunse  ad  ingombrarne  l'abi- 


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CAIRO  383 

tato  per  modo  che  Tacqua  vi  si  elevò  fino  alla  mensa  dell'ai- 
tar maggiore  della  parrocchia.  Fuvvi  pure  di  gran  nocumento 
un'ìnnondazione  nel  1790,  e  ne  sarebbero  stati  ancor  più  ter- 
^bili  gli  effetti  senza  le  pronte  ed  energiche  provvidenze  degli 
abitanti. 

n  Po  qui  abbonda  di  trote,  lucci,  tinche,  anguille,  balbi, 
e  nell'avanzata  primavera  vi  si  pescano  storioni  del  peso  da  uno 
a  quattro  rubbi* 

Le  campagne  vi  sono  inaffiate  da  roggie  che  provengono  da 
sorgenti  poste  fra  tramontana  e  ponente  del  comune. 

Sur  un  vicino  rialto,  che  sorge  al  lato  occidentale,  esistono 
le  vestigie  di  un  antico  castello ,  e  se  ne  veggono  ancora  i  fossati. 

La  parrocchiale  è  dedicata  a  N.  D.  della  Consolazione  ,  e  a 
s.  Giovanni  Battista. 

Sonovi  due  oratorii:  uno  campestre,  sotto  l'invocazione  di 
8.  Rocco  ;  l'altro ,  sotto  il  patrocinio  di  santo  Stefano,  vedesi 
nel  sito  del  sopraccennato  castello  ;  esso  è  molto  antico  ,  di 
forma  ovale  :  appartiene  alla  diocesi  di  Tortona. 

I  fanciulli  hanno  il  comodo  d'una  pubblica  scuola  ,  nella 
quale  imparano  a  leggere,  scrivere,  i  principii  dell'aritmetica , 
ed  il  catechismo. 

II  territorio  produce  frumento  ,  rìso ,  meliga ,  avena  e  fieno. 
Yi  sono  considerabili  i  prodotti  del  bovino  bestiame.  Il  molto 

butirro,  e  la  gran  quantità  di  stracchini,  che  vi  si  fanno,  smer- 
ciansi  particolarmente  nelle  città  d'Alessandria,  Valenza,  Mor- 
tara  ,  e  in  Pieve  del  Cairo. 

Gli  abitanti  sono  di  assai  robusta  complessione  ,  di  buona 
ìndole ,  e  di  perspicace  intelletto.  Nell'autunnale  stagione  vanno 
soggetti  alle  febbri  terzane.  « 

Si  usano  i  pesi  e  le  misure  come  in  Pavia.  Oltre  le  monete 
nuove  di  Piemonte  ve  ne  sono  in  corso  alcune  di  Milano ,  la 
pezza  di  Spagna  e  i  suoi  spezzati. 

In  un  antico  palazzo  di  Cairo ,  spettante  alla  nobile  famiglia 
Isimbardi  di  Milano ,  è  osservabile  un  salone ,  sulle  cui  pareti 
veggonsi  quattro  medaglioni ,  che  contengono  dipinti  di  qualche 
pregio.  Il  primo  rappresenta  la  liberazione  del  cardinale  De'  Me- 
dici -,  il  secondo  un  gran  consiglio  di  guerra;  il  terzo  offre  allo 
sguardo  guerreschi  movimenti  ;  il  quarto  gl'illustri  antenati  Isim- 
bardi. 


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284  CAIRO 

^^»  è  fuor  di  proposito  che  qui  si  narrino  le  rilevanti  par- 
ticolarità deli'  or  accennata  liberazione  del  cardinale  De'  Af  edici, 
che  fu  poi  quel  gran  Papa ,  che  diede  il  nome  al  suo  secolo. 

Il  sommo  ponte6ce   Giulio  II  y  per  mettere  gelosia  nel    go~ 
verno  di  Firenze,  faceva    legato  di   Perugia  il  detto  cardinale, 
e  poco  dopo  collo    stesso   titolo  e  grado  lo  mandava  all'  eser- 
cito pontificio   e    spagnuolo  ,   in  tempo  che   il  viceré  Cardooa 
stringeva  d'assedio  Bologna  ribellata  alla  Chiesa. 

Sciolto  l'assedio  per  la  sollerzia  e  il  valore  di  Gastone  De- 
Pois  j  segui  il  fatto  di  Ravenna  ,  dove  il  cardinale  De'  Medici 
rimase  prigione  ,  e  fu  dai  francesi  condotto  in  Milano.  Il  drap- 
pello di  soldati  che  di  là  in  Francia  lo  conducevano  venne  a 
pernottare  in  Pieve  di  Cairo ,  ove  si  soffermò  alcuni  giorni. 
L'abbate  Buongallo ,  segretario  dell'illustre  prigioniero ,  bramoso 
di  liberarlo ,  discoperse  il  suo  dìvisamento  ad  un  Rinaldo  Gatti 
già  capitano  al  servizio  ora  di  Spagna  ,  ed  ora  di  Francia.  Lo 
Zatti ,  tra  per  l'odio  ,  cbe  nudrìva  contro  al  nome  francese , 
tra  per  l'amore  alla  rimembranza  cui  vivissima  conservava  del 
gran  Lorenzo  Medici  padre  del  porporato  prigione ,  si  adoperò 
a  quanto  il  Buongallo  bramava;  fece  partecipe  del  secreto  il 
marchese  Ottaviano  Isirabardi ,  e  ad  entrambi  si  ragunò  una 
moltitudine  di  abitanti  di  Pieve  del  Cairo,  di  Cairo  e  di  Cam- 
biò ,  i  *  quali  armati ,  nel  giorno  che  il  drappello  francese  dovea 
continuare  il  cammino ,  si  nascosero  nei  boschi  presso  al  porto  di 
Bassìgnana ,  sul  quale  dovean  passare  il  Po.  Il  cardinal  pri- 
gioniero ,  che  della  concertata  sua  liberazione  avea  piena  con- 
tezza y  finse  di  essere  assalito  da  una  colica  ,  e  chiamò  di  ar- 
restarsi alquanto  per  riposare:  il  più  dei  soldati  che  lo  scor- 
gevano ,  non  sospettando  di  nulla  ,  passò  il  fiume  ,  e  pronta- 
mente quella  turba  d'armati  ch'erasi  nascosta  per  poterlo  met- 
tere in  salvo  ,  venne  a  liberarlo  dopo  avere  uccìso  buon  nu- 
mero di  francesi ,  e  costretti  gli  altri  a  fuggir  su'  navigli.  Lo 
Zatti  e  l'Isunbardi  condussero  questo  fatto  con  tale  destrezza  e 
prosperità,  che  dei  loro  seguaci  ninno  mori,  e  funne  appena 
alcuno  ferito.  » 

L'Isimbardi  posta  in  dosso  al  cardinale,  allo  scopo  di  meglio 
travisarlo,  una  militare  casacca,  e  fattolo  nella  seguente  notte 
trasportare  sopra  una  piccola  barca  di  là  del  Po  ,  il  condusse 
egli  stesso  ad  un  castello,  situato  nel  dominio  Genovese,    che 


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CAIRO  a85 

era  di  Bernardo  Malaspina  ,  amico  suo  e  parente.  Ivi  il  Mala- 
spina  in  luogo  di  accogliere  onoratamente  cosi  nobile  fuggitivo, 
od  almeno  di  consentirgli ,  che  senza  offesa  ,  e  timore  si .  go- 
desse il  frutto  d'una  libertà  con  tanto  stento  ricuperata  ,  volle 
trattenerlo  prigione  in  una  meschinissima  stanza  :  allegando  in 
iscusa  di  non  poter  concedere  a  un  tanto  personaggio  la  libertà 
se  prima  dal  Triulzi ,  gran  maresciallo  dell'armi  di  Francia  , 
della  quale  si  dichiarò  partigiano  ,  non  ottenevane  la  permis- 
sione. Scrisse  pertanto  sopra  questo  affare  al  detto  Triulzi  ;  il 
quale  già  vedendo  cacciati  per  ogni  dove  dal  distretto  del  Min- 
cio i  francesi 9  al  Malaspina  rispose:  volgere  allora  pe' francesi 
tanto  sinbtramente  le  cose  ,  che  ben  a  tutt'  altro  che  non  al 
Cardinale  legato  avea  mestieri  di  por  mente  il  Re  Cristianis- 
simo. Frattanto  il  Cardinale  legato  una  notte,  coU'ajuto  di  un 
suo  prete  ,  che  fu  probabilmente  il  Buongallo  ,  essendosi  col 
mezzo  di  una  fune  calato  a  basso  dalla  stanza ,  ove  stava  rin- 
chiuso ,  sali  a  cavallo  ^  e  dal  prete  stesso  fedelmente  accom- 
pagnato,  viaggiando  a  tutta  possa  per  le  colline  sopra  Voghe- 
ra,  e  per  isconosciute  strade  una  intiera  notte  y  giunse  il  giorno 
appresso ,  benché  dal  timore  e  dai  disagi  spossato  y  felicemente 
a  Piacenza.  Di  là  recossi  a  Mantova  per  condiscendenza  di 
Francesco  Gonzaga  ,  e  finalmtnte  a  Bologna  y  la  quale  città 
per  la  partenza  de' Bentivogli  era  tornata  sotto  l'obbedienza  di 
S.  Chiesa. 

Quando  egli  ,  nell'anno  dopo ,  fu  creato  Papa  col  nome  di 
Leone  X ,  lo  Zatti  suo  principal  liberatore  se  ne  parti  dal  capo- 
luogo di  Pieve,  andò  a  Roma,  dove  il  novello  Pontefice  lo  ac- 
colse con  molta  benignità,  e  credesi,  che  Io  rimunerasse  del 
feudo  detto  deUa  Genga. 

11  luogo  di  Cairo,  a  cagione  della  sua  positura,  fu  molte  leolte 
soggetto  a   gravi  disagi  per  lo  passaggio  di  numerose  truppe. 

Nel  1 794  vi  stanziò  un  grosso  coi*po  di  cavalleria  napoletana. 

Nel  1795  l'esercito  d'Austria  -,  nel  vi  798  un  treno  d'artiglie- 
ria francese;  nel  1799  fuvvi  il  passaggio  dell'esercito  Auspro- 
Russo.  Un  corpo  di  6000  fanti  russi  capitanato  dal  generale 
Nilaradovizch  si  accampò  allora  a  ponente  del  paese  intorno  al 
campestre  oratorio  attiguo  all'abitato.  Nel  frattempo  che  al  di 
là  del  Po,  sul  piano  fra  Bassignana  e  Pecetto,  diedesi  a'  fran- 
cesi una  fiera  battaglia^  vennero  trasportati  iù  Cairo  molti  feriti. 


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286  CAIRO 

Nel  1801  ebbe  vi  stanza  un  grosso  corpo  dì  truppe  di  Fran» 
eia.  In  aprile  del  i8ai  passowi  l'esercito  Austrìaco  diretto  ad 
Alessandria. 

Popolazione  4^0. 

CAIRO  (  Carium  ) ,  capo  di  mandamento  nella  prov.  di  Sa- 
-vona,  dioc.  d'Acqui,  div.  di  Genova.  Dipende  dal  senato  di 
Genova,  intend.  prefett.  ipot.  di  Savona. 

Vi  sono  giudicatura,  insinuazione,  posta  delle  lettere,  per- 
cettoria,  banco  del  sale  e  magazzino  di  tabacchi.  Vi  stanziano 
cinque  carabinieri  reali.  Evvi  una  stazione  de'  cavalli  in  posta. 

Frazioni  di  Cairo  sono  Montenotte  superiore  ed  inferiore,  e 
il  luogo  detto  Ferrania. 

Come  a  capo  di  mandamento  gli  vanno  soggetti  i  comuni  di 
Altare,  Bormida,  Brovida,  Carcare,  Carretto,  MaUare,  Osiglia, 
Fallare,  e  Rocchetta-Cairo. 

Giace  sotto  l'Appennino  lungo  la  sinistra  sponda  del  Bormida , 
suU'aiiUca  via  Romana  da  Tortona  a  Savona,  a  pie  di  una  rupe, 
su  cui  sorgeva  un  antico  castello.  È  cinto  di  muraglie  senza  fos- 
sati: un  viale  d'olmi  Io  cinge  all'intorno. 

Delle  frazioni,  che  gli  sono  aggregate,  Ferrania  è  la  princi- 
pale. Il  comune  fa  seicento  fuochi. 

Vi  passa  la  strada  provincialt  che  da  Savona  mette  ad  Acqui, 
seguendo  il  corso  del  Bormida  da  Carcare  al  Cairo,  e  a  Roc- 
chetta-Cairo. 

Al  Bormida,  presso  le  mura  del  borgo,  soprastà  un  ponte  in 
pietra  di  sette  archi. 

La  maggior  parte  del  terrìtorìo  consiste  in  colline  piantate  di 
vigneti,  e  in  monti  coperti  di  boschi.  Vi  si  trovano  frequenti 
cave  di  pietra  da  calce. 

Le  campagne  vi  sono  soggette  al  flagello  della  grandine.  La 
molta  neve  che  sovr'esse  cade,  è  facilmente  disciolta  dai  venti 
di  mare. 

Vi  si  raccolgono  grano,  meliga,  marzuoli, /patate,  castagne, 
vino  e  seta-,  queste  due  ultìme  produzioni  sono  assai  conside- 
rabili; ma«le  altre  non  bastano  che  per  la  metà  dell'anno  al 
«ostentamento  degli  abitatori ,  costretti  a  procacciarsi  le  derrate , 
che  loro  mancano,  dal  Piemonte,  e  dal  Genovesato. 

Per  la  scarsezza  dei  pascoli,  e  del  fieno  non  vi  si  manten- 
gono che  poche  mandre. 


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CAIRO  287 

0  paese  ha  il  vantaggio  dì  tre  ferriere ,  ciascuna  delle  quali» 
per  quattro  meji  dell'anno ,  somministra  lavoro  ad  otto  operai. 

La  chiesa  parrocchiale  sotto  il  titolo  di  san  Lorenzo  martire 
fu  costrutta  dal  i63a  al  164O)  ed  ampliata  nel  18 16. 

Il  cimitero  sta  nella  prescritta  lontananza  dall'abitato. 

A  prò  dei  malati  poveri  del  comune  havvi  un  piccolo  spe- 
dale. Per  beneficenza  dei  signori  Scarampi  fuvvi  già  stabilito 
un  monte  di  pietà. 

Nella  scuola  pubblica  l'istruzione  giunge  fino  alla  grammatica 
indusivamente. 

A  poca  distanza  dal  paese ,  in  mezzo  alla  pianura ,  vedesi  un 
nuovo  palazzo  spettante  al  marchese  Marcello  Dura^zo  di  Ge- 
nova, primo  possidente  in  Cairo;  un  altro  palazzo  egli  vi  ha 
pure  nel  centro  dell'abitato. 

Le  vestigie  dell'anzidetta  romana  via  scompajono  ad  un  quarto 
di  miglio,  superiormente  a  Cairo;  ma  esse  di  bel  nuovo  appa* 
riscono  in  sulla  manca  sponda  del  Bormida,  ove  sta  un  ponte 
sopra  un  torrente,  che  attraversa  la  strada  provinciale.  Poco 
lunge  trovasi  la  chiesa  di  ssà  Donato  ;  ivi  sotterra ,  alla  profon- 
dità di  mezzo  metro,  sonosi  discoperti  molti  rottami  di  tegole, 
di  vasi,  ed  altri  avanzi  di  vecchie  fabbriche,  misti  a  carboni: 
onde  si  credette  che  vi  esistesse  un  villaggio  distrutto  dal  fuoco. 

Ad  un  miglio  circa  dal  borgo  eravi  un  convento  di  Minori 
Osservanti,  fondato  da  san  Francesco,  che  secondo  il  Gonzaga, 
ed  altri  autori  delle  croniche  francescane  n'  ebbe  l'acconcio  sito 
da  Ottone  del  Carretto. 

Le  truppe  repubblicane  di  Francia  nel  1 799  posero  in  fiamme 
quel  convento ,  che  poi  ristorato  in  parte  ,  e  nuovamente  abi- 
tato dai  detti  religiosi ,  fu  al  tempo  della  generale  soppressione 
venduto  dal  francese  governo. 

In  Cairo  sono  giorni'  di  fiera:  il  14  di  maggio;  il  7  d'agosto; 
il  i4  settembre;  il  3o  di  novembre.  La  fiera  d'agosto  vi  dura 
due  giorni,  e  ti*e  quella  di  novembre. 

In  ogni  settimana  vi  si  fanno  due  mercati. 

Si  usano  cosi  i  pesi  e  le  misure  del  Piemonte ,  come  quelle 
del  Genovesato. 

Gli  abitanti  sono  robusti ,  e  amanti  della  quiete. 

Popolazione  36oo. 

Notizie  sibriche.  L'antichità  di  questo  borgo  si  riconosce  àalh 


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iSS  CAIRO 

Torientale  suo  nome,  che    passò    agli    occidentali    significando 

città  ,  o  grosso  villaggio. 

Qualche  somiglianza  del  vocabolo  fece  che  alcuni  prendessero 
Cairo  per  Caristo,  e  ^he  il  padie  Beretti  nella  sua  corografia 
italica  lo  confondesse  con  Chieri  presso  Torino ,  citando  a  tale 
proposito  r  autorità  di  Ottone  di  Frisinga,  e  del  Guntero,  che 
pure  accennano  a  questa  sola  città. 

Yi  si  rinvennero ,  or  fa  quattro  anni,  moltissime  consolari  me- 
daglie. Furono  esse  malamente  in  varie  mani  disperse  :  ciò  non 
pertanto  venne  fatto  al  dottissimo  abbate  cavaliere  Spotorno  di 
acquistarne  un  centinaio  per  lo  medagliere,  che  il  marchese 
Durazzo  vuole  donare  all'università  degli  studi  di  Genova. 

Cairo  fu  già  riguardevole  per  la  vastità  del  suo  territorio  , 
per  cospicue  vesdgle  di  antichi  edifizi,  e  venne  anzi  conside- 
rato alcun  tempo  siccome  capitale  delle  alte  Langhe. 

Erat  munito  di  due  forti  castelli ,  detti  l'uno  il  Folgorato 
verso  Ferra nia,  e  l'altro  il  Castellazzo  verso  la  marina. 

In  bolle  pontificie  anteriori  al  i5oo  la  parrocchiale  di  san 
Lorenzo  è  distinta  come,  collegiata  insigne ,  la  cui  prima  dignità 
era  prepositura.  Quella  collegiata  fu  soppressa  nel  i5o6  da 
Giulio  II  perché  luttuose  vicende  ne  avevano  di  molto  atte- 
nuate le  rendite. 

Dalla  Castellania  del  Cairo  dipendevano  le  tecre  di  Buzile , 
Carretto,  Yignarolo,  Ronco,  Mallo,  Montecavallìone ,  ed  anche 
il  Dego. 

Sotto  i  franchi  imperatori  fece  parte  dell'albese  contado, 
finché  un  diploma  del  967  lo  assegnò  al  vescovato  savonese , 
a  cui  due  altri  diplomi  del  998  e  del  1014  aggiunsero  Pieve 
di  san  Giovanni  colla  cappella  di  san  Donato. 

Aleramo  il  grande  acquistò  giurisdizione  su  Caira,  e  sul  ter- 
ritorio di  esso  :  Anselmo  secondogenito  di  lui  nel  99 1  ne  diede 
undici  poderi  alla  badia  di  s.  Quintino ,  ch'egli  fondò  nel  luogo 
di  Spigno. 

I  <:airesi  nel  1088  ottenevano  da  quei  di  Savona  i  pascoli 
comunali  dal  giogo  infino  al  mare^  con  che  per  altro  il  mar- 
chese a  ciò  desse  il  suo  consentimento. 

Nel  1097  il  marchese  Bo|ùfacio  fondava  la  vicina  badia  di 
Ferrania,  assegnandole  fondi  in  questo  territorio,  come  si  dirà 
in  appresso. 


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CÀIRO  289 

Nell'eredità  di  Bonifacio,  l'anno  1143  Cairo  cadde  al  di  lui 
figliuolo  Anigo  il  Guercio  ,  stipite  de'  nuovi  inarcliesi  eli  Savona 
e  del  Carretto. 

I  suoi  figli  Ottone  ed  Arrigo  per  la  ristrettezza  dello  stato 
paterno  furono  poi  obbligati  a  sottometterlo  al  comune  d'Asti 
nel   1^09 ,  ed  ai  genovesi  cinque  anni  dappoi. 

II  marchese  Ottone  considerando  la  miseria, .in  cui,  per  guer- 
resche vicissitudini,  erano  cadutigli  uomini  del  Cairo,  nel  1222 
loro  condonava  i  suoi  diritti  sul  foraggio-,  ed  oltre  a  ciò,  due 
anni  dopo ,  ad  essi  concedeva  la  facoltà  di  testare  de'  propri! 
averi ,  restituendo  ad  un  tempo  al  monistero  di  Ferrania  una 
terra  ed  un  bosco  statagli  tolto  in  Montecavallione. 

I  firatelli  Oddone  ed  Alberto  marchesi  del  Carretto  nel  1290 
confermano  la  convenzione  fatta  l'anno  i233  cogli  uomini  del 
Cairo-,  e  nel  1293  il  podestà  di  Savona  ordina  l'estratto  d'un' 
antica  convenzione  coi  cairesi ,  per  cui  questi  a  compenso  de' 
pascoli  loro  conceduti,  erano  obbligati  ogni  anno  a  stare  in 
certo  numero  per  Io  spazio  di  otto  giorni  in  Savona  a  proprie 
spese,  tranne  il  vitto ,  somministrato  da'  savonesi. 

Nel  1285  i  marchesi  Oddone,  Ugone  ed  Alberto,  convocato 
il  parlamento  degli  uomini  del  Cairo ,  dichiaravano  di  non  avere 
giurisdizione  alcuna  sopra  la  badia  di  Ferrania  ,  e  i  possedi- 
menti di  essa.  Franceschino  figliuolo  di  Alberto  nel  !3io  ce- 
deva al  marchese  Giacomo  figlio  «d' Arrigo  il  quarto  del  Cairo , 
che  da  Genova  riconoscea. 

Conceduta  dall'imperatore  nel  i3i3  la  città  e  il  contado 
d'Asti^  ai  conti  di  Savoja ,  quei  marchesi  loro  prestarono  omag- 
gio, prestandolo  poscia  nel  i322  ai  marchesi  di  Saluzzo. 

II  feudo  di  Cairo  da  Arrigo  il  Guercio  era  pl^ssato  di  padre 
in  figli  ad  Ottone  I,  Ugone,  Manfredo  ,  Oddone  li,  e  Man- 
fredino:  questi,  e  il  suo  figliuolo  Oddone  III,  nel  1822  tran^ 

.  qiUUe  vivere  volenies  lo  vendettero  con  altre  terre  a  Manfredo 
marchese  di  Saluzzo  :  il  quale  non  potendolo  difendere  ,  lo  alienò 
il  7  febbrajo  i337  ad  Oddone^,  Giacomo,  Matteo,  Giovannone 
e  Tommasino  fratelli  Scarampi,  figliuoli  di  Antonio  gentiluomo 
astese  ,  per  la  somma  di  cento  dieci  mila  fiorini  d'oro  :  nella 
divisione  di  costoro  l'anno  i339  il  Cairo  spettò  a  Giovannone. 
Da  cotali  atti  scorgesi  l'errore  del  Brizio ,  che  suppone  gli 
Scarampi  signori  del  Cairo  al  tempo  ^  in  cui  san  Francesco  vi 
Dizione  geogr.  ecc.  Yol.  III.  19 


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290  CAIRO 

fondò  il  sopraccennato  convento:  ciò  che,  secondo  il  Pingone, 
avvenne  ti*a  il  12114  ^  ^  1220.  Nella  divisione  de' feudi  tra  i 
fratelli  Scarampi  (  iSSg)  Giovanni  figliuolo  d'Antonio  ebbe  in 
sua  parte  il  Cairo  colla  Rocchetta ,  e  parte  dell'Altare ,  e  delle 
Carcare:  per  maggior  sicurezza  egli  nel  i36g  ne  ottenne  l'in* 
vestitura  dall'imperator  Carlo  IV. 

Ne  conservavano  intanto  i  genovesi  la  superiore  giurisdizione, 
la  quale  ^  nella  pace  di  Gian  Giacomo  marchese  di  Monferrato 
coi  Ghibellini  di  quella  terra,  venne  trasferita  a  Gian  Giacomo  : 
questi  per  altro  non  potè  goderla  che  sino  alla  pace  del  i435 
col  duca  Amedeo  YIII  di  Savoja,  a  cui  la  cedette. 

Gli  Scarampi  stanchi  delle  lunghe  contese  tra  gli  uomini  di 
Savona ,  e  quei  del  Cairo  per  cagione  dei  pascoli ,  e  della  le- 
gna che  i  secondi  facevano  nei  beni  dei  primi,  stabilirono,  allo 
scopo  di  terminarle,  nel  i5ii  un  compromesso  coi  savonesi 
nella  persona  di  Luigi  Dei-Carretto  vescovo  cantuariense.  Ma 
non  serbando  gli  Scarampi  la  promessa  fedeltà  ai  Duchi  di  Sa* 
voja,  ed  unendosi,  secondo  le  circostanze,  or  a  Genova,  orai 
marchesi  di  Monferrato,  quando  ai  Prìncipi  di  Francia  dive- 
nuti padroni  d'Asti ,  e  quando  anche  agli  Spagnuoli ,  n'ebbero 
soventi  volte  danni  assai  gravi. 

Cosi  Vittorio  Amedeo,  che  per  Carlo  Emanuele  I  suo  geni- 
tore comandava  gli  eserciti  di  Francia  e  di  Savoja ,  portandosi 
per  la  valle  di  Splgno  sopra  Savona  ,  liel  i6a5  incontrò  in 
quei  del  Cairo ,  che  da  ducento  Spagnuoli  presidiato  era,  una 
forte  resistenza  :  perlocché  ei  fecelo  in  cinque  ore  prendere  d'as- 
salto ,  ed  abbandonollo  a  un  fiero  sacco,  libera  lasciandone 
uscire  la  guarnigione.  Il  castello  dopo  i44  colpi  di  cannone  sì 
arrese.  Questo  fatto,  e  il  giorno  in  cui  esso  avvenne ,  che  fu 
il  a  di  luglio,  sono  indicati  da  una  iscrizione  nella  chiesa  campe- 
stre detta  la  Madonna  del  Bosco,  sotto  il  titolo  della  Visitazione. 

Riaccesasi  la  guerra ,  mentre  le  truppe  di  Spagna  tutta  scor- 
revano la  vercellese  contrada ,  il  conte  di  Verrua,  generale  del 
Duca  di  Savoja ,  devastava  la  valle  di  Spigno ,  ed  atterrava  i 
castelli  delle  Carcare,  e  del  Cairo. 

Rimasto  quindi  il  Cairo  a'  Principi  Sabaudi ,  venne  da  loro  , 
nello  scorso  secolo,  infeudato  a' marchesi  Seyssel  d'Aix. 

Questo  paese  ebbe  un  tempo  i  proprii  statuti  in  {i5  capi- 
toli ,  che  furono  stampati  a  Milano  nel  i6o4- 


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CAIRO  291 

Monistero  di  Ferrania»  Presso  il  Cairo,  di  là  dal  Bormida, 
è  il  luogo  di  Ferrania,  che  prende  il  oom^  da  un  vicino  tor- 
rente, lyi  dal  marchese  di  Savona  e  del  Vasto  Bonifacio,  figlio 
di  Tete ,  o  Tetone ,  venne  fondata  una  nobile  Canonica ,  nel 
di  24  febbrajo  del  1097,  secondo  la  miglior  lezione  che  ce  ne 
diede  la  membrana  d'Alba;  la  qual  data  citasi  pure  da  un'altra 
carta  del  iioo. 

A  tal  fondazione  concorse  il  nipote  di  lui  Arrigo ,  figliuolo 
del  già  estinto  Manfredo,  dichiarandosi  in  essa  entrambi  di  sa- 
lica legge.  Confermolla  nel  iia4  Guglielmo  figlio  di  Bonifacio, 
unitamente  ad  Adele  sua  consorte ,  aggiungendovi  le  decime , 
ed  una  vigna  in  Diano. 

La  chiesa  ne  fu  intitolata  a  N.  D. ,  ai  ss.  Pietro  e  Nicolao , 
ed  ascritta  alla  provincia  di  Milano.  Vennero  chiamati  ad  ufii'* 
ziarla  i  canonici  della  regola  di  s.  Agostino ,  come  appare  da 
un  atto  del  iisS  dato  in  Loreto  d'Asti.  Ingannossi  dunque 
monsignor  Della  Chiesa  ,  e  dopo  lui  il  Mabillon  ,  che  vi  ere-* 
dettero  chiamati  da  principio  i  benedittini.  Erano  sei  i  canonici 
col  loro  preposto  Pier  Grossolano ,  uonào  in  leggi  e  nelle  gre- 
che lettere  dottissimo,  che  fu  poi  vescovo  dì  Savona, e  quindi 
nel  1202  arcivescovo  di  Milano. 

Bonifacio  donò  alla  canonica  i  suoi  beni  in  Val  di  Boinia , 
quelli  di  Rivopiano  intomo  a  Ferrania  sino  alla  casa  degli  Ari* 
maani ,  luogo  or  detto  la  Madonna  dell'Eremita ,  da  una  parte, 
e  sino  alla  rocca  di  Cingio  dall'altra.  Le  aggiunse  nel  mi  la 
terra  di  Biestro  colle  sue  pertinenze,  ed  i  suoi  possessi  delle 
Carcare,  di  Croceferrea,  Millesimo,  Pertiche,  e  Pice  o  Pia:  le 
diede  innoltre  negli  anni  11 12  e  iii3.il  pascherio,  od  il  di* 
ritto  de'  pascoli ,  e  feccia  esente  da  ogni  pedaggio  negli  Stati  suoi. 

Il  marchese  di  Savona  Arrigo  nel  1179  aumentoune  la  dote 
della  chiesa  di  s.  Maria  De  FumeUo ,  da  lui  fondata  con  ospe- 
dale per  dodici  infermi,  in  onore  di  s.  Lazzaro,  mediante  beni 
in  Cairo,  Carcare,  S.  Giulia,  Cosserìa ,  Lavagnola  e  Savona. 

I  sommi  pontefici  Gregorio  Vili  nel  1 1 87 ,  Innocenzo  III  nel 
1210  presero  sotto  la  loro  protezione  questa  canonica,  venerata 
per  la  regolare  osservanza  di  que'  oenobiti  ;  ed  Innocenzo  IV 
nel  1245,  confermando  le  antiche  donazioni ,  ne  accenna  le  se- 
guenti in  -suSà  bolla  del  27  settembre:  cioè  la  VUla  di  Carretto 
colla  chiesa  di  s.  Martino ,  quella  di  Calizzano  con  sue  tre 


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39^  CAIRO 

chiese,  la  metà  di  Saliceto  e  di  Màllere  con  una  chiesa;  due 
chiese  in  Grinzane  ;  •  quelle  di  5.  Giovanni ,  di  Montemagno ,  di 
BiestrOy  di  Nocegrossa  nel  territorio  di  Cuneo,  di  Cellanuova 
presso  S.  Albano ,  di  s,  Pietro  in  Grado  presso  Carrù ,  di  s.  Maria 
in  Gornaletto  ,  di  s.  Maria  di  Dogliani,  di  s.  Giovcumi  4}  Mon- 
forte ,  di  s.  Pietro  4'Isola,  di  ^.  Sisto  di  Calosso,  di  5.  Stefano 
presso  Canale ,  l'anzidetta  chiesa  DeFurnelliSy  la  Pieve  di  5.  Pietro 
in  Moncalyo,  la  chiesa  di  s.  Giuliano  ^  e  lo  spedale  d'Alba  con 
tutte  le  sue  rendite,  le  chiese  di  s.  Maria  De  Spinetis  presso 
Cimeo ,  di  &  Saturnino  in  Savona,  di  s.  Michele  d'Alpicella 
;pr#flfio'*^qucatS*'c^ttìi  ;  infine  le  due  chiese  di  s.  Maria  Madda* 
lena  j  e  di  s,  Maurizio  in  Alessandria. 

Monsignor  Brizio  vi  aggiunse  s.  Maria  del  Poggio  in  Neive, 
commendata  nello  scorso  secolo  all'ordine  de'  Ss.  Maurizio  e 
Lazsaro. 

Per  le  frequenti  guerre  esterne^ ,  e  per  le  intestine  discordie^ 
di  quei  tempi  fuvvi  trascurata  ogni  coltura  dei  terreni,  e  de- 
vastato il  loco.  Ai  marchesi  di  Savona  e  del  Carretto  succeduti 
erano ,  come  s'è  detto  superiormente ,  i  marchesi  di  Saluzzo , 
ed  a  questi  gli  astesi  gentiluomini  Scarampi,  fra  i  quali  nel  i4oo 
Antonio  figliuolo  di  Bonifacio  offerse  al  papa  Bonifacio  IX  di 
riparare  la  chiesa,  la  canonica  ed  i  beni,  con  che  datone  il 
governo  ad  un  secolare  sacerdote,  fossene  conferito  a  lui,  e 
successori  suoi  il  patronato,  e  il  dritto  di  presentarne  il  ret- 
tore. U  Pontefice ,  di  cui  Antonio  era  scudiero  e  familiare ,  ac- 
consenti all'offerta ,  stabilendo  che  il  rettore  fosse  provvisto  di 
ufu  congruo  sostentamento.  La  chiesa  venne  dichiarata  secolare 
col  titolo  di  s.  Pietro  ;  i  luoghi  dipendenti  dalla  canonica  furono 
conceduti  ai  vescovi  di  Acqui,  di  Savona,  e  di  Trento  per  es- 
sere aggregati  ai  monisteri  principali  dell'ordine  di  s.  Agostino  ; 
la  chiesa  per  altro  conservò  gli  antichi  privilegi  della  canonica. 

Felice  y,  come  scorgesi  da  una  bolla  di  Leone  X,  del  i5i5, 
confermò  siffatta  concessione  a  favore  di  Bartolommeo  ,  e  dei 
fratelli  di  esso. 

Durò  in  questa  famiglia  il  patronato  sino  al  marchese  Anton- 
Maria,  il  quale  nel  1746  ottenne  da  Benedetto  XIY  per  sé  ,  e 
pe'  suoi  successori  di  ridurre  il  beneficio  in  commenda  dell'or- 
dine de' Ss.  Maurizio  e  Lazzaro*,  ma  nell'ottobre  del  1747  ek 
mori  senza  prole,  e  si  estinse  in  lui  questo  ramo  Scarampi. 


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/ 
'' 
CAIRO  393 

Passò  la  detta  commenda  ai  marchesi  dlncisa  Camerano-, 
ed  ora  il  patronato  ne  spetta  al  marchese  Marcello  Durazzo , 
che  vi  mantiene  due  cappellani. 

Oltre  lo  splendore  dei  vetusti  privilegi  ebbe  questa  canonica 
il  Tanto  di  conservare  le  ceneri  e  la  memoria  di  un'  antica 
Principessa  della  Casa  di  Sayoja  Agnese  di  Poitiers,  marchesana 
d'Italia,  moglie  del  marchese  Pietro,  primogenito  della  celebre 
Adelaide,  e  di  Oddone  conte  di  Savoja. 

Se  ne  trova  Tiscrizione ,  cui  manca  intera  l'ultima  linea.  Fu 
essa  ridotta  alla  migliore  lezione  nei  termini  seguenti  : 

HAG    BECVBÀUT    FOSSA    ICATRIS    VENERABILIS    OSSA 

CVIVS     ERAT    PATVtVM    VITA    BONI    SPEGVLVK 
nAEC    PICTAVORVM    COMITVM    STIRPS    NOBILIORVM 

PVLCHRA    FVIT    SPECIE    HVRVS    ADALASIAE 

DEFVHCTOQVE    VIRO    HVLTO    POST    ORDINE    MIRO 

HVHOVlt    DESERVIT    HICQVE    SEPVLTA    FVIT 

Il  Sansovino  la  interpretò  malamente  confondendo  questa  ma- 
trona colla  moglie  d'Anselmo ,  figlio  del  marchese  Aleramo  : 
dopo  lui  rapportarono  l'iscrizione  medesima  i  Della  Chiesa  ,  il 
£uichenon,  il  Mabillon,  ed  il  Cartario  Ulciense. 

La  lapide  giaceva  ,  sul  fine  del  passato  secolo ,  negletta  ed 
infranta,  quando  l'economo  dell'ordine  suddetto  ebbe  cura  di 
riunirne  i  pezzi ,  e  di  farla  incastrare  nel  muro  della  chiesa  ; 
cosicché  potè  essere  dottamente  spiegata  dallo  Slavo, 

Agnese  era  figliuola  del  conte  Guglielmo  di  Poitou,  e  di 
Enn^idrada  :  ebbe  il  marchese  Pietro  da  lei  due  sole  figliuole 
chiamate  Agnese  la  prima  come  la  madre ,  e  la  seconda  Adelaide 
o  Adele,  come  l'avola. 

Le  due  figlie  di  Pietro  furono  innocente  cagione  di  lunghe 
i;uerre ,  e  di  alti  danni  ^la  Dinastia  di  Savoja.  Perocché  la 
prima  rimasta  vedova  di  Federico  di  Monbeliardo  ^  conte  di  Lu- 
cemborgo  e  di  Monzone  (morto  nell'anno  1091  ,  in  cui  av- 
venne pure  la  morte  dell'avola  Adelaide):  per  consiglio  della 
madre  Agnese,  aspirando  all'eredità  di  essa  Adelaide,  sposò,  per 
sostenere  l'acquisto  ,  Burcardo  de'  conti  di  Tours  ,  valente  uomo 
di  guerra ,  venuto  allora  a  visitarla  in  occasione  del  suo  ritorno 
da  Roma,  ove  il  papa  Urbano  II  avealo  prosciolto  dai  mona- 
stici voti,  da  esso  in  età  giovanissima  fatti  per  forza.  Assunto 
questi  il  titolo  di  marchese ,  mosse  guerra  ad   Umberto  II  di 


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294  CAIRO 

Sa?oja  erede  di  Adelaide ,  ed  aggiunse  alle  sue  conquiste  in 
Piemonte  quella. di  Torino,  come  appare  dall'epitafio  di  lui  , 
rapportato  dal  Duchesne ,  in  cui  si  osservano  i  seguenti  versi  : 

TV    TIVRISBHSBS    SOLV8    SIC    EDOMVISTI  , 
VT    TE    CREDIDERIBT    MILLE    FVIS8B    VIROS 

Non  si  legge  che  Burcardo  marchese  avesse  figliuoli  a  man^ 
tenerne  gli  acquisti  :  Pietro  di  Monbeliardo ,  figlio  di  Federico , 
mancò  di  sufficienti  forze  a  prendervi  parte. 

La  seconda  sposò  il  valoroso  marchese  di  Savona  Bonifacio, 
fondatone  della  canonica  di  Ferrania  :  s'impadroni  questi  ,  a 
nome  della  consorte  ,  quasi  di  tutto  il  meridionale  Piemonte  : 
dalla  quale  conquista ,  divìsa  quindi  ne'  figliuoli  suoi ,  pigliarono 
origine  i  marchesati  di  Ceva  ,  di  Cortemiglia  ,  di  Clavesaua ,  di 
Busca  e  di  Saluxzo. 

La  comune  madre  Agnese  di  Poitiers ,  dal  1078  vedova  del 
marchese  Pietro ,  e  testimone  dolente  della  guerra  ,  che  da  oltre 
sette  anni  affliggeva  il  Piemonte,  fece  molte  pie  donazioni,  so- 
prattutto alla  chiesa  di  Pinerolo,  alle  badie  di  Cavorre,  e  di 
S.  Benigno ,  e  ritiratasi  poscia  dal  secolo  in  un  chiostro,  morì 
nel  principio  del  secolo  xn.  Le  spoglie  di  lei  furono  in  questa 
chiesa  di  patronato  di  Bonifacio,  che  &ce?a  la  sua  residenza 
nel  Cairo,  sepolte  dalla  figliuola. 

Agnese ,  dopo  la  morte  del  conte  Federico  di  Monzone  suo 
consorte,  nell'atto  di  ricevere  anch'essa  l'abitQ  monastico  (  1099) 
dall'abbate  Almeo  de' signori  di  Barbania,  donò  all'abbazia  di 
S.  Benigno  di  Fruttuaria  una  metà  di  Yillanova ,  poi  detta  de' 
Solari,  e  una  metà  del  luogo  di  Airasca. 

Casato  degli  ScarampL  Si  è  detto  di  sopra ,  che  a'  discen- 
denti di  Bonifacio,  marchesi  di  Savona  e  del  Garretto,  avanti 
la  metà  del  secolo  xrv,  succeduti  erano  gli  Scarampi  nella  giu- 
risdizione sopra  molti  loro  feudi  cisapennini ,  e  specialmente 
sopra  il  Cairo. 

Questi  Scarampi ,  venuti  di  Fiandra  in  Asti ,  furono  ascritti 
air  astese  nobiltà  intorno  al  mille  ducento.  Di  essi  un  Guglielmo, 
nel  1240  ,  era  podestà  di  Genova.  Da  Antonio,  figliuolo  di  Ober- 
tone,  e  nipote  di  Guglielmo  vennero  ,  i.^  Giovanni  sopraddetto, 
signore  del  Cairo,  della  Rocchetta,  della  metà  delle  Carcare, 
e.  di  Altare:  2.^  Oddone,  signore  della  metà. di  Cortemiglia: 
3.^    Giacomo ,    signore    dell'altra    metà  :    4*^   Matteo ,  signore 


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CAIRO  agS 

di  Roccaverano ,  di  Olmo  •  e  Vincio ,  di  parte  di  Bubbio 
e  di  Monastero:  5.^  Tommaso,  signor  di  Mombaronee  di  Mon* 
talto.  Circa  il  i35o  Giovanni  ebbe  Ambrogio  e  Bonifacio,  si-» 
gnor!  ciascuno  della  metà  del  Cairo. 

Da  Apcibrogio  nacquero  Giovanni  li ,  Antonio  II ,  Giacomo  II, 
che  fu  abbate  di  S.  Benigno,  e  Bartolommeo. 

Di  Giovanni  furono  figliuoli  Ambrogio  II ,  e  Xiazsaro  ,  che  fu 
vescovo  di  Como  nel  i4^* 

Di  Ambrogio  furono  Francesco,  Bonifacio,  cavaliere  di  Malta, 
Ludovico  signor  di  Canelli  ^  e  stipite  dei  marchesi  di  tal  titolo, 
che  passò  poi  per  via  di  donne  ai  Crevelli  milanesi,  coll'ob- 
bligo  di  portare  il  nome  degli  Scarampi. 

Nel  i5o9  Francesco  ebbe  Bartolommeo  II  principe  di  Per- 
rania  -,  Gerolamo  prevosto  della  canonica  ferrariese ,  poi  ve- 
scovo di  Campania.  Da  Bartolommeo  sposato  ad  una  Spinola 
neL  iSyo  nacquero  Gian  Guglielmo  e  Giovanni  Battista.  Di  que- 
st'ultimo furono  figliuoli  Pietro  e  Guglielmo,  l'uno  e  l'altro 
abbati  di  Ferrania. 

Del  ramo  di  costoro ,  che  rimase  in  *A$ti ,  Filippo,  di  parte 
Ghibellina  ,  nel  i3o3  fu  nominato  al  governo  della  città;  e  a 
rincontro  Giovanni  ne  fu  scacciato  dai  Solari  Panno  dopo  :  Lu- 
dovico nel  1339  vi  venne  eletto  ad  uno  dei  savi  della  società 
nobile. 

Un  Rolando  sedea  patriarca  di  Costantinopoli  nel  i348  :  le 
opere  latine  di  lui  si  conservarono  dapprima  nel  monistero  di 
Azzano  ,  e  poscia  nella  libreria  del  circondario  d'Asti ,  stata 
manomessa  nel  tempo  del  cessato  goyemo  francese. 

L' inclito  beato  Enrico  Scarampi ,  figliuolo  di  Oddonino  ,  si- 
gnore di  Cortemiglia  ,  ebbe  molta  parte  nei  grandi  affari  del- 
l'età sua.  Fu  direttore  di  spìrito  della  B.  Margarita  di  Savoja , 
e  vescovo  d'Acqui  nel  1396.  11  sommo  pontefice  Gregorio  IX 
Io  elesse  a  suo  consigliere  e  segretario,  promovendolo  ad  un 
tempo  alla  sedia  vescovile  di  Belluno  e  Feltre. 

A  sedare  le  fazioni  che  nel  1408  infierivano  in  Milano ,  vi 
fu  egli  mandato  a  governatore  della  città  per  li  Ghibellini  con 
Ugolino  da  Fano ,  che  lo  fu  per  i  Guelfi.  L'imperatore  Sigis- 
mondo chiamatolo  poscia  in  Germania,  lo  fece  assistere  alla 
dieta  nel  i4i4»  ^^  '^^  concilio  di  Costanza,  dal  quale  fu  man- 
dato al  pontefice  Giovanni  per  averne  la  rinuncia  al  papato. 


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396  CALAMANDRANA 

Sedette  pure  al  concilio  come  prelato  elettore  per  la  nazìqfie 
italiana  ;  e  il  pontefice  eletto  Martino  V  il  volle  a  tesoriere  della 
camera  apostolica  ,  amministratole  del  patrimonio  di  s.  Pietro , 
governatore  dalla  towa  di  Lavoro  ^^^loHe^ifraremmet.  Ritornato 
alla  sua  sede  vi  mori  colla  fama  di  dotto  e  di  santa  nel  i44^9 
e  fu  sepolto  nella  cattedrale. 
,  Un  Antonio  nel  i563  fu  vescovo  di  Nola. 
Un  altro  ramo  venne  al  servizio  de'  marchesi  di  Monferrato 
e  si  stabili  in  Casale  :  Tommaso  di  questo  ramo  ottenne  dal 
marchese  Teodoro  la  grossa  terra  e  la  rocca  di  Pontestura  per 
trentamila  fiorini  d'oro.  Egual  favore  ebbe  sotto  i  duchi  dì  Sa- 
voja  quel  casato ,  di  cui  Daniele  fu  per  essi  governato r  di  Chi- 
vasso  nel  i534  ?  come  Antonio  lo  fu  della  città  di  Torino. 

I  (Untomi  di  Cairo  ,  verso  il  fine  del  secolo  passato,  furono 
il  teatro  di  sanguinosi  conflitti:  nel  giorno  21  di  settembre  1794 
vi  penetrarono  i  repubblicani  di  Francia,  ma  ne  vennero  discac- 
ciati. Addi  IO,  II  e  11  d'aprile  del  1796  vi  fu  combattuta 
quell'ostinatissima  e  memoranda  battaglia,  che  aperse  a  Buo- 
naparte  le  vie  dell'Italia.  Vedi  Montenotte. 

CALAMANDRANA  (  Calamundrana  ) ,  com.  nel  mand.  di 
Nizza  Monferrato,  prov.  e  dioc.  d'Acqui,  div.  d'Alessandria. 
Dipende  dal  senato  di  Piem.,  ìntend.  prefett.  ipot.  d'Acqui  , 
insin.  di  Nizza  Monferrato,  posta  di  Canelli. 

Giace  a  levante  su  elevato  colle ,  ove  si  ha  il  piacere  di 
molto  belle  vedute ,  e  respirasi  un'aria  sanissima. 

È  lontano  due  miglia  da  Nizza  di  Monfenato ,  da  Canelli , 
Rocchetta  Palafea  ,  Castelvero  ,  San  Marzano,  e  sette  da  Acqui. 

II  fiume  Belbo  è  qui  valicato  da  un  ponte  io  legno.  Le  vie 
che  di  qua  mettono  agli  anzidetti  villaggi  sono  tutte  comunali. 

La  parrocchiale  è  sotto  il  titolo  di  N.  D.  della  Concezione. 

Si  usano  i  pesi  e  le  misure  del  Monferrato  \  sono  in  corso 
le  monete  di  Piemonte. . 

Il  territorio  é  di  11 53  ettari,  di  cui  lai  presentano  boschi 
cedui,  114  terreni  incolti,  il  rimanente  è  diviso  in  campi,  vi- 
gneti e  prati. 

Gli  abitanti  sono  robusti,  e  per  lo  più  addetti  all'agricoltura. 

Cenni  storici,  Calamandrana  trovasi  nominata  dal  castellano 
di  essa  Guglielmo,  figliuol  di  Amedeo,  di  legge  longobarda ,  in 
una  carta  del  1129,  coii  cui  egli  dona  un  manxo,  ossia  podere 


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CALAMANDRANA  297 

di  questo  territorio,  al  monastero  di  santa  Maria  presso  Acqui. 

Le  furono  un  tempo  soggette  altre  vicine  terre  e  castella  dello 
stesso  nome  ,  tenute  da  signori  variamente  denominati,  ma  pro- 
venienti forse  dalla  stessa  prosapia.  Cosi  nel  trattato  di  pace 
conchiuso  in  Milano  l'anno  iaa7  si  fa  cenno  di  una  Calaman- 
drena  degli  Ansaldenghi ,  d'un' altra  spettante  ai  Crosa  ed  ai 
CorbeUari,  e  di  una  finalmente  che  apparteneva  al  marchese 
di  Monferrato. 

Nel  1216  Galamandrana ,  di  cui  qui  si  parla,  era  sottomessa 
agli  Alessandrini  y  quando  loro  la  presero  gli  Astesi  :  questi  la 
tennero  sino  all'anno  12 189  in  cui  furono  vinti  sotto  Valenza 
da  quei  d'Alessandria.  Venne  quindi  tra  loro  conchiusa  la  pace , 
che  per  altro  di  bel  nuovo  cessò  nel  laaS,  allorché  gli  Asti- 
giani avendo  seco  truppe  Mon ferratesi  e  Savoine,  vennero  in 
soccorso  de' Genovesi  contro  l'oste  Alessandrina,  rafforzata  da 
truppe  di  Tortona  e  di  Milano.  Si  diede  nel  giorno  7  di  set- 
tembre di  quell'anno  una  battaglia  sotto  Calamandrana  :  gli 
Astigiani  vi  perdettero  ottocento  dei  loro  prodi ,  che  fatti  pri- 
gioni furono  condotti  in  dure  carceri  d'^essandria  sino  alla  pace 
di  Milano.  Calamandrana  fu  atterrata  dai  vincitori,  e  gli  abi- 
tanti vennero  tradotti  a  Nizza  della  Paglia ,  allora  di  fresco  fab- 
bricata. 

I  signori  suoi  la  riedificarono  nel  1^37 ,  e  la  vendettero  al 
comune  d'Asti ,  che  nella  ridetta  pace  avea  dovuto  restituirla 
ad  Alessandria. 

Posteriormente  i  suoi  signori  divenneit>  vassalli  della  chiesa 
d'Acqui  *,  e  di  loro  Federico  Semplice  nel  i3o6ne  riceveva  l'in- 
vestitura dal  vescovo  Ottone  Bellingeri  :  all'incontro  il  successore 
di  lui  Ottobono  Dei-Carretto,  de' signori  d4'  Ponti,  nel  1840 
privava  Franceschino  del  feudo  di  Rocca  Palafea ,  e  ne  inve- 
stiva il  marchese  Giovanni  di  Moii^rrato  per  aver  preso  a  quella 
chiesa  il  castello  di  Roncosenàrio  y^  e  per  avere  senza  il  consen- 
timento di  essa  alienato  il  castello,  e  la  villa  dell'anzidetta  Rocca 
al  marchese  Ottonino  d'Incisa.  Cosi  Arrigone  dal  vescovo  Guido 
de'  marchesi  d'Incisa  fu  nel  1 356  obbligato  ad  abbattere  il  mo- 
lino da  lui  costrutto  sette  anni  prima  sul  rivo  Pantano  a  Pan- 
tonazzo,  proprio  della  mensa  nel  territorio  di  Terzo. 

Ritornò  poscia  Calamandrana  sotto  gli  Astesi  :  ma  il  mar- 
chese di  Monferrato  profittando  delle  loro  intestine  discordie  , 


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398  CALAN6IAMUS 

9e  ne  impadioni^  e  la  tenne  finché  conquistolla  Amedeo  Vili 

di  Savojay  da  cui  fu  restituita  alla  pace  del  i435. 

Sotto  i  marchesi  n'erano  feudatarìi  i  signori  di  Canelli;  ma, 
ritornata  sotto  i  Duchi  Sabaudi,  ebbela  con  titolo  comitale  la 
famiglia  GordarsTT^  della  quale  fu  Tabbate  Giulio  autore  della 
storia  del  collegio  Ungarico  di  Roma /e  di  altre  opere  letterarie. 

Popolazione  i6o<&»^  m^KSijSi^  % 

GALANGIANUS  antic.  GALANIANUS,  villaggio  della  Sarde- 
gna nella  provincia  e  distretto  di  Tempio.  Si  comprendeva  nel 
dipartimento  Gèmini  Josso ,  dell'antico  giudicato  della  Gallura. 
Giace  a'  pie  di  alcuni  colli  in  esposizione  a  tramontana  e  a  po- 
nente. Il  dima  è  temperato  , .  non  però  in  mezzo  l'inverno  , 
quando  spira  il  borea,  e  il  tempo  mettesi  a  neve.  Fumavi  tal- 
volta la  nebbia,  ma  non  è  causa  di  male. 

Della  popolazione  una  parte  è  raccolta  nel  paese ,  l'altra  di- 
spersa nelle  varie  cussorgie  del  territorio.  In  quella  si  nume- 
rano anime  1060  in  famiglie  3oo;  in  questa  960  in  famiglie  a6o. 
•Si  celebrano  nell'anno  i5  matrimoni! :  nascono,  nel  paese,  4^; 
nella  campagna,  3os  muojono  in  quello  sS ,  in  questa  ita,,  e 
intendasi  quando  alla  natura  non  coopera  nel  furor  delle  ini- 
micizie la  vendetta.  Le  ordinarie  malattie  sono  infiammazioni, 
massime  di  petto ,  e  febbri  periodiche.  Il  loro  vitto  è  frugale, 
e  si  meschia  con  le  carni  e  coi  latticini.  Il  periodo  della  vita 
è  generalmente  ai  60  anni. 

I  calangianesi  nel  personal  portamento  sbadato  ,  e  notevol- 
mente languido ,  nella  pronunciazione  oltre  il  decoro  aperta  ed 
allungata,  ofiìrono  certo  carattere  di  bonarietÀ,  che  per  ciò  che 
parca  la  stessa  scempiezza  si  collocavano  tra  gli  uomini  sgan- 
igherati;  da  che  in  molti  fu  causata  una  maliziosa  di£Bdenza. 
Studiosi  di  lucro  trafficano  i  loro  panni  lani  e  lini  nel  proprio 
e  ne'  dipartimenti  di  intorno.  Alle  stesse  lettere  per  avarizia  più 
tosto  che  per  amor  del  sapere  e  della  lode  sembrano  appli- 
carsi :  se  non  che  poi  è  in  essi  osservato  certo  costume  assurdo, 
che  dove  siansi  acconciati  per  un  congruo  emolumento ,  ei  non 
-si  lascierebbero  allettare  da  speranze  più  belle.  Sarà  questa  in- 
solenza da  una  transazione  dell'infingardaggine  con  l'amor  del 
denaro.  Il  malo  spìrito  dì  vendetta  influisce  con  egual  violenza 
in  questi ,  come  negli  altri  ^alluresi  (  V.  l'art.  Gallura  ). 

Non  pochi  dì  questi  popolani  travagliano,  comeché  con  poca 


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CALANGUMUS  299 

arte,  alla  fabbricazione  di  mattoni  e  tegoli.  Le  altre  persone 
meccaniche  (  falegnami,  ^muratori ,  fabbri  ferrarì  e  armaroli) 
non  sono  in  là  di  3o.  Le  donne  lavorano  in  circa  3oo  telai. 

Nella  scuola  di  istruzione  elementare  concorrono  3o  fanciulli. 
Un  buon  sacerdote  legava  una  frazion  dell'asse  allo  stipendio 
d'un  maestro  per  la  grammatica  latina  e  rettorìca. 

Comprendesi  questo  popolo  nella  giurisdizione  del  vescovo  di 
Civita,  od  Olbia.  La  chiesa  principale  appellata  da  s.  Giusta  v.  e  m. 
consecravasi  nel  1738.  La  cura  delle  anime  è  data  ad  un  vi- 
cario perpetuo  ,  nella  quale  gli  assistono  altri  due  sacerdoti. 
Sono  quattro  chiese  minori  ,  gU  oratorii,  uno  di  s.  Croce,  altro 
della  Vergine  del  Rosario  ai  fianchi  della  parrocchiale ,  un  terzo 
sotto  la  invocazione  di  s.  Anna  ,  e  finalmente  la  chiesetta  del 
piccol  convento  dei  cappuccini ,  dove  sogli on  convivere  sacer- 
doti 5  ,  e  quando  facciasi  lettura  di  filosofia  o  teologia  che- 
rici  IO,  in  altro  caso  4)  l^ici  6,  terzini  4«  Suonavi  tuttora  la 
fama  di  alcuni  religiosi  calangianesi ,  ed  é  molto  onorata  la  me- 
moria di  un  fr.  Antonio,  che  alle  prelature  dell'ordine  ebbe  ag- 
giunto il  titolo  di  qualificatore  del  s.  uffizio  di  Sassari ,  e  di 
commessario  apostolico ,  del  quale  lodato  per  santità  è  stato 
detto  che  pronunziasse  dal  pulpito  al  popolo  di  Sassari  la  sua 
morte  avvenuta  addi  20  marzo  174^» 

Le  principali  feste  ritornano  per  b.  Lorenzo  da  Brindisi ,  e 
per  s.  Isidoro  Agricola.  I  concorrenti  vi  godono  dei  soliti  spet- 
tacoli. Nel  i835  non  si  era  tuttora  formato  il  campo  santo,  e 
la  chiesa,  massime  nella  state,  era  contaminata  da  si  copiosa 
espirazione  di  mefite  dalle  mal  suggellate  tombe,  che  conve- 
niva fuggirsi  p^r  non  aver  male. 

Nella  campagna  troverai  sei  chiese  rurali  :  s.  Paolo  primo 
eremita  verso  ostro  a  a  miglia;  s.  Leonardo  a  tramontana  mi- 
glia 4;  <•  Antonio  abbate  a  tramontana  miglia  6;  s.  Bacchisio 
ad  ostro  miglia  6;  s.  Giacomo,  e  s.  Giambattista  ambe  a  tra- 
montana miglia  i4*  Sono  tutte  di  stile  antico,^  salvo  l'ultima 
che  fu  riformata.  Caddero  le  chiese  di  s.  Margherita  e  di  s.  Se- 
bastiano non  lungi  al  paese  verso  ponente,  e  quella  più  pros- 
sima di  8.  Nicolò  e  s.  Maria,  di  pochi  passi  distante,  dove  se- 
condo rivelazioni ,  che  asseriva  aver  avute  un  frate  venerato  per 
santità,  si  credono  sepolti  i  corpi  di  Cesareo  e  di  Usarida,  che 
fra  i  tormenti  confessaron  Cristo  sotto  la  presidenza  di  Barbaro, 


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3oo  GALAM6IA1VUS 

Agro.  Grande  é  la  superficie  dei  territorio  attribuito  a  questa 
comune  dopo  essersi  estinte  le  altre  popolazioni  che  lo  colti- 
vavano. L'abitazione  è  mal  situata  in  una  estremità  del  mede- 
simo. Spendousi  nella  seminagione  starelli  di  grano  35o ,  d'orzo 
Suo,  e  l'ordinaria  fruttificazione  è  al  decuplo;  di  fave  e  fa- 
giuoliy  di  tre  varietà,  tanto  che  il  prodotto  sia  non  più  della 
sufficienza  alle  famìglie.  Negli  orti  sono  coltivate  latuche ,  di- 
polle,  rape  coi  porri  citriuoli,  ravanelli,  cavoli,  cardi  ec.  Il 
freddo  nuoce  al  lino  ,  e  poco  però  se  ne  ottiene.  Le  vigne  pro- 
sperano, e  da  molta  copia  e  varietà  di  uve  cola  tanto  vino  a 
poterne  somministrare  ad  alcuni  paesi  d'intorno,  dell' Anglona 
pure  e  del  Montacuto;  se  ne  distilla  eziandio  dell'acquavite,  e 
questa  pure  in  quantità  maggiore  del  solito  consumo  intemo. 
Le  specie  dei  fruttiferi,  con  poche  varietà,  sono  castagni,  fi- 
chi, peri,  pomi,  susini,  ciriegi ,  pini  ec.  Il  totale  non  sopra- 
.vanza  li  4000  individui. 

Chiudende.  Una  piccola  porzione  superficiaria  è  chiusa  per 
pascolo  del  bestiame  domito. 

Monti.  Sorgono  più  degli  altri  i  denominati  Monti-di«pìnu , 
Macciu-mannu ,  Sarra-di-monti ,  Montì-Saùrru  ec.  *,  di  roccie  sono 
generalmente  granitiche ,  e  tra  queste  di  altre  masse  eteroge- 
nee ,  colorate  quali  in  nero^  quali  in  rosso.  In  quelle  rupi  tro-« 
vasi  molta  oricella  ,  che  si  mette  nel  commercio  con  lucro. 

Selve  ghiandifere.  Coprono  esse  grandi  spazi.  Le  spede  do- 
minanti sono  lecci  e  so  veri.  Dalla  corteccia  di  questi  or  si  ha 
un  vantaggio  non  tenue. 

Strade.  Le  sperimenterai  alpestri,  e  non  potresti  carreggiarvi 
per  molti  e  lunghi  tratti.  Nell'inverno  sono  rotte  da' fiumi,  e 
in .  modo ,  che  spesso  sìa  pericoloso  tentarne  il  guado. 

Malviventi.  1  luoghi  selvaggi  sono  opportunissimi  a  cotal  ciup* 
maglia.  Tra  cui  passan  sicuri  i  viaggiatori ,  però  che  non  per 
vile  spirito  di  ladroneggiare,  ma  per  diffidenza  che  abbiano 
della  giustizia ,  consci  di  alcun  delitto ,  che  suol  essere  di  ven- 
detta, essi  si  aggirano  nelle  selve. 

Bestiame  manso  e  rude  delle  persone  sedenti  nel  paese. 
Buoi  4^0,  vacche  1200,  cavalli  i5o,  cavalle  300 ,  porci  i3oo, 
giumenti  100,  capre  i5oo,  pecore   1000. 

Pastori.  Del  numero  delle  anime  .e  famiglie  stanziate  nelle 
.cussorgie  si  è  già  detto.   Gli  slazii   (  distretti  frazionarli  delle 


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CALANGIANUS  3oi 

ciissorgie  )  sono  a  pareggiarsi  alle  famiglie;  Non  però  in  tutti 
hannosi  greggie  ed  armenti  \  che  restano  alcuni  per  la  sola  abi- 
tatone, e  per  praticarvi  un  po'  di  agricoltura,  i  cui  frutti  se 
siano  insufficienti  al  bisogno,  ei  vi  suppliscono  o  per  la  carità 
altrùi ,  o  per  propria  mala  industria.  Il  totale  delle  bestie  che 
si  educano  nelle  specie  suddette  può  ascendere  a  capi  i6,ooo. 
Sulla  pratica  benefica  d^la  punitura  ,  ond'é  a'  miseri  che  sof- 
friron  danno  un  mezzo  di  ricostituirsi  un  capitale  (V.  articolo 
GaUiura), 

Tra  le  malattie  che  frequentemente  attaccano  le  greggie  ,  e 
gli  armenti,  quella  è  più  micidiale ,  che  dicono  abatura ,  e 
che  si  prende  in  aspirar  da  quelle  acque  ferme,  che  i  pesca- 
tori infettarono  con  la  ìjua  per  attossicare  le  trote  e  anguille. 
Cosa  possono  le  leggi  in  questi  deserti?  Restano  i  pastori  per 
tutto  Tanno  nelle  cussorgie  dove  hanno  case  e  capanne ,  e  sono 
ben  pochi  che  vadano  nel  ^paese  a  passarvi  in  ozio  il  settembre 
e  ottobre.  Fanno  un  mediocre  commercio  ,  e  spesso  di  con- 
trabbando ,  vendendo  delle  bestie  vive  o  macellate  ,  lardo,  for- 
maggio ,  lane  ,  pelli ,  cuoìe. 

Selvaggiume,  Yi  compren^  cinghiali,  lepri,  volpi,  martore 
e  istrici  in  grandissimo  numero,  e  pure  a  poca  distanza  dal- 
l'abitato. Dove  la  ìproprìetà  del  paese  estendesi  nel  Limbara 
sono  dei  mufloni  e  daini.  Grande  è  la  copia  dei  volatili  nelle 
specie  pernici ,  colombi ,  beccaccie  ,  merli ,  piche ,  corvi ,  a- 
voltoi.  Né  mancano  specie  acquatiche. 

Acque.  Ne  scaturiscono  purissime  a  tutte  parti*.  Si  lodano  al- 
cune come  medicinali  a  chi  patisca  le  febbri  terze ,  e  su  l'altre 
è  celebrata  la  Sigala  ,*  a  mezzo  miglio  dall'abitato  verso  tra- 
montana. Quindi  molti  riozzoli ,  che  congiungonsi  in  quattro  fiu- 
micelli.  Negli  alvei  guizzano  molte  anguille  e  trote ,  e  se  i  lu- 
rasinch>  non  vengono  a  tender  reti ,  e  altre  insidie  ,  la  loro 
generazione  si  moltiplica  in  grandissimo  numero. 

Popolazioni  antiche.  A  ponente  e  a  mezzo  miglio  d'inter- 
vallo intorno  alla  chiesa  rovinata  di  s.  Margherita  sono  osser* 
vate  vestigio  di  antiche  abitazioni.  Nella  cussorgia  di  Scobetu 
si  riconosce  la  situazione  del  villaggio  cosi  denominato  ;  pari- 
mente in  quella  di  Maciu-mannu  sulla  eminenza  di  La  Sarra 
di-lu  puzza  a  8  miglia  dal  paese  verso  greco.  - 

Iforachi,  Se  ne  veggono  ancora  nove  comechè  in  distruzione. 


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3o%  GALASCA 

Presso  ai  deBominati  Agnu,  e  di  Monti    di  Deu  nella    tanca 

Coxiu  sono  alcune  antichissime  sepolture  con  enormi  lapidi. 

Spelonche»  Ve  n*ha  gran  numero ,  e  in  certe  stagioni  sono 
opportuna  stanza  ai  pastori. 

Signoria.  Questo  comune  comprendesi  nella  signorìa  della 
Gallura.  Non  sono  molti  anni  che  vi  si  tenea  la  curia.  Delle 
prestazioni  feudali  sarà  discorso  nell'art.  Gallura. 

GALASCA  (  Calasca  ) ,  com.  nel  mand.  di  Bannio ,  prov.  d'Os- 
sola, dioc.  e  div.  di  Novara.  Dipende  dal  senato  di  Piem.,  vice-* 
intend.  prefett.  insin.  ipot.  di  Domodossola ,  posta  di  Pontegrande. 

Appartenne  alla  signoria  di  Vogogna.  Giace  nella  valle  Anzasca. 

Sono  frazioni  di  questo  comune  Molini,  Duzement,  Damuele, 
Licrosi,  Ronchetto,  Gretto,  Delia-Motta  ,  Vigìno ,  Case  de' Mo- 
randoniy  Sorretta  ,  Antogna  ,  Pianezza,  Calasca  di  dentro  ,  e 
Barzona* 

È  lontano  due  miglia  da  Bannio ,  e  nove  da  Domodossola. 

Una  strada  comunale,  oltrepassato,  al  confine  di  Castiglione, 
un  piccolo  ponte  in  pietra  sul  ruscello  Duorca ,  e  tragittando  a 
mano  destra  per  Vigìno  scorge  a  Calasca. 

Dal  sito  della  parrocchia  di  questo  luogo  si  dipartono  due 
vie:  la  prima,  attraversando  a  Casa  Medaja  la  strada  provin- 
ciale della  valle  Anzasca  ,  conduce  all'oratorio  della  Gulva,  me- 
diante un  ponticello  in  pietra  ;  e  quindi  alla  valle  Strona,  che 
ha  l'imboccatura  nelle  vicinanze  di  Omegna:  la  seconda  a  pochi 
metri  di  distanza  raggiunge  la  via  della  presente  linea  doganale 
di  controllo  segnata  dal  torrente  Val  Bianca  sino  alla  valle  d'An- 
trona.  Questa  principale  strada  ,  lunga  metri  4^9^  9  dirigesi  a 
ponente  :  essa  é  tortuosa ,  irregolare ,  sovente  rìpida.^  La  riu-* 
niscono  cinque  ponti  intermedii ,  due  in  pietra  e  tre  in  legno. 

Per  l'accennata  via  della  Gulva  ,  in  settembre  del  1 799  9  vi 
giunse  un  corpo  di  truppe  francesi  proveniente  dal  monte  Tarlo, 
e  pernottò  presso  il  detto  oratorio:  nel  1800  vi  passò,  venendo 
dalla  valle  Strona,  un  corpo  di  austro-russi,  capitanato  dal  ge- 
nerale Laudon. 

Vi  sorge  il  monte  denominato  San  Martino,  dalla  cui  cima 
furono,  non  é  gran  tempo  ,  da  topografi  eseguite  trigonome- 
triche operazioni.  ^ 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  l'invocazione  di  s.  Antonio 
abate:  essa  venne  in  questi  ultimi  tempi  edificata  sul  disegno 


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GALASCA  3o3 

'del  paroco  Carlo  Toniettì,  personaggio  sperto  nelle  scienze  e 
nelle  belle  arti.  In  questa  nuova  chiesa  si  venera  con  particolar 
divozione  il  corpo  di  s.  Talentino  martire. 

Nel  ridetto  oratorio  della  Gulva  si  celebra  con  gran  pompa, 
e  coU'intervento  di  due  mila  forestieri  la  solennità  di  Nostra 
Donna  assunta  in  cielo. 

U  cimitero  trovasi  nella  prescritta  distanza  dall'abitato. 

Esistevi  un  monte  di  pietà  diretto  da  una  particolare  ammi- 
nistrazione sopra vvigilata  dal  vescovo  di  Novara.  Questo  insti- 
tuto  pio  sovviene  ai  poveri  del  paese ,  provvede  per  evangeli- 
che missioni ,  e  per  la  celebrazione  dei  divini  misteri. 

In  una  scuola  comunale  aperta  per  quattro  mesi  dell'anno , 
e  mantenuta  col  prodotto  di  pii  legati ,  i  fanciulli  ricevono  la 
primaria  istruzione. 

Un  qualche  guadagno  proviene  al  paese  dal  mantenimento 
del  vario  bestiame  :  le  pecore  per  cinque  mesi  dell'anno  si  la- 
sciano pascolare  sulle  vicine  alpi  senz'  alcuna  custodia. 

Le  territoriali  produzioni  sono  segale,  legumi, /^atoXe,  casta* 
gne ,  noci ,  pome ,  ciliegi ,  e  poco  ed  acerbo  vin  bianco. 

Sui  balzi. del  comune  allignano  bene  i  larici,  gli  abeti,  e  le 
roveri. 

Pesi  e  misure  della  valle  Anzascd ,  monete  col  ragguaglio  alle 
milanesi. 

Nel  comune  di  Gabisca  si  trovano  : 

Ferro  solforato ,  aurifero ,  raramente  sparso  in  una  roccia 
quarzosa.  Della  miniera  posta  nella  regione  F'albiancay  detta  dei 
Giumalij  coltivata  da  Gaspare  Bessero. 

—  Solforato,  aurìfero,  raramente  sparso  in  un- quarzo  ocra^ 
ceo  cristallizzato,  ed  amorfo.  Della  miniera  posta  al  luogo  detto  il 
Croletto  o  CrotcHo,  e  coltivata  da  Giuseppe  Guglielmi,  da  cui  si 
ricavano  circa  ^Sooncie  d'oro  in  ogni  anno,  vi  s'impiegano  7  operai 
e  12  molinelli.  Dalla  miniera  coltivata  dai  fratelli  Marta,  di  cui  si 
parlerà  qui  sotto,  piegando  alla  sinistra,  ed  attraversando  una  boc- 
chetta che  divide  in  due  l'alta  valle  Segnara,  si  arriva  in  fondo, 
ove  dicesi  al  Piano  dei  Groletti.  La  bocchetta  é  formata  di  un 
^eiss  scistoso,  soprapposto  allo  scisto  talcoso.  Gli  strati  pendono 
a  ponente  con  angolo  di  a3  gradi.  In  questo  Piano  trovasi  la 
miniera  suddetta  :  il  minerale  é  piuttosto  scarso ,  e  non  molto 
ricco:  si  trovano  in  diversi  siti  del  Piano  indizi  di  miniera,  ed 


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3o4  CALASCA 

anni  sono  si  trovò  un  masso  di  quarzo  carìoso ,  con  oro  na« 
tivo  y  in  vicinanza  della  cava  :  altri  piccoli  massi  si  trovano  vi- 
cino alla  bocchetta,  detta  il  Pianlago.  I  lavori  cosistono :  i.^  in 
una  galleria  colla  direzione  a  un  dipresso  da  greco-levante  a 
ponente-libeccio  :  2.^  in  un  cammino  a  destra  che  sbocca  al- 
l'apeito  :  3.^  una  pìccola  traversa  a  sinistra ,  ed  in  fondo  ad 
essa  un'altra  di  ricerca  parai  ella  alla  principale,  dove  pare, 
che  siavi  l'incassatura  regolare.  L'alto  sito  di  questa  miniera 
non  permette  ,  che  vi  si  lavori  più  di  due  mesi  all'anno. 

Ferro  solforato  y  aurifero  ed  argentifero  col  quarzo.  Della 
miniera  già  coltivata  dai  fratelli  Marta.  Quasi  in  faccia  alla 
montagna  detta  dei  Cani ,  in  valle  Anzasca  ,  ewi  la  già  ac- 
cennata valle  Segnara  ,  lunga  da  cinque  in  se\  ore  di  cam- 
mino, la  quale  dipende  tutta  dal  comune  di  Calasca:  all'estre- 
mità di  questa  valle  ,  al  Montone  della  Rossa  sul!'  alpe  del 
Cretto  vecchio  ,  tiovasi  la  suddetta  miniera.  È  formata  d'un 
quarzo  con  piriti  di  ferro  decomposte ,  e  poca  galena  ;  la  più 
ricca  in  piombo  è  anche  più  ricca  in  argento,  e  meno  inoro: 
e  quella  che  non  contiene  piombo  è  più  ricca  in  oro  quasi  puro. 
11  minerale  è  sparso  in  molta  matrice ,  e  la  posizione  della  mi- 
niera è  alta  assai  come  la  precedente:  era  ricchissima  in  sul 
principio:  vi  si  ti'ovava  dell'oro  nativo,  e  diede  persino,  col 
lavoro  di  quattro  molinelli ,  un'oncia  d'oro  al  giorno ,  ma  in 
pochi  giorni  spari  questa  grande  ricchezza  ,  ed  è  ora  in  uno 
stato  quasi  passivo  :  l'unico  vantaggio  che  offre  questo  mine- 
rale 8Ì  è,  che  nell'amalgama  poco  o  nulla  consuma  il  mercurio., 
La  miniera  pare  essere  uno  strato  quarzoso  colla  direzione  da 
libeccio  a  greco  ,  inclinandosi  sotto  maestro  con  angolo  di  22 
gradi  circa. 

Ferro  solforato,  aurifero,  argentifero  ed  arsenicale  nel  quarzo 
talcoso.  Della  miniera  denominata  dei  Cristalli  in  valle  Segnara, 
di  proprietà  dei  signori  Albasini. 

Quarzo  jalino  in  cristalli  prismatici,  misti,  ed  in  parte  im- 
brattati dal  ferro  idrato.  Della  miniera  suddetta. 

—  Jalino ,  come  il  precedente ,  misto  al  rame  solforato  e  car- 
bonato. Incontrasi  nella  miniera  suddetta. 

Ferro  solforato  aurifero  ed  af-gentifero ,  del  luogo  denomi- 
nato Lavezzaro. 

Popolazione  995. 


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CALA-SETA  5o5 

GALA-SETA;  terra  deirisola  Sulcitana,  nella  provincia  di 
I^iesias,  nel  disti'etto  di  s.  Antioco.  Giace  sull'angolo  delle  linee 
Ijttorali  a  ponente  e  a  tramontana  in  fondo  a  un  piccol  seno, 
contro  il  maestro  nella  lat.  89^  6^  e  long,  occid.  da  Cagliari 
o^  4^'  3o^'  y  in  distanza  dell'antica  Sulci  di  miglia  5,  e  di  4 
scarse  dal  porto  di  Carlo-forte  ,  da  Porto-Scuso  6  e  tesi  200. 

Questa  colonia  da  non  gran  tempo  addietro  istituivasi  con  uo- 
mini del  Piemonte  e  di  Tabarca  (  2  maggio  1769  ).  Le  abita- 
jùoni  sono  in  un  piano  sabbioso  indinatissimo ,  e  le  strade  di- 
rette a  dove  è  aperto  il  seno»-  Sembrerebbe  tal  situaiione  meno 
infausta  alla  salute ,  sicconcie  quella  che  è  in  esposizione  ai 
venti  più  sani  ^  e  rimota  dalle  più  cause  comuni  dei  miasmi,; 
e  tutta  volta  essa  è  infamata  come  insalubre ,  e  non  a  torto; 
che  dominano  molte  malattie  ,  e  la  mortalità  spesso  supera  il 
numero  della  rìparazìone.  Il  che  sarà  più  stupendo  se  si  at- 
tenda al  carattere  di  questi  popolani,  uomini  niente  infingardi  j 
sobri  y  modesti ,  ilari  e  tranquilli ,  e  ornati  di  più  altre  belle 
qualità  onde  esiste  un  carattere  fisico-morale  che  suol  produrre 
robusta  salute  ,  e  vita  longeva. 

Sono  due  strade  principali ,  e  le  case  circa  9Ò;  . 

Popolazione,  I  calasetini  non  sono  in  maggior  numero  di  4^0^ 
e  si  distribuiscono  in  famiglie  78.  Soglion  all'anno  celebrarsi 
matrimoni  6 ,  nascere  ^5  e  morir  ,  quando  meno^  i4-  La  vita 
raramente  va  in  là  de'  55  anni.  Le  spesse  rapide  variazioni 
delle  condizioni  atmosferiche  cagionano  frequenti  infiammazioni  ^ 
onde  i  dolori  laterali ,  le  angine  ,  i  reumi  d'ogni  genere  ec. 
ne  sono  funestissime  conseguenze.  Le  giubbette  di  pelli  sareb- 
bero un  gran  preservativo  come  nelle  altre  parti  della  Sarde- 
gna,  cosi  in  questa^  Ma  temesi  di  comparire  uomini  dell'an- 
tica barbarie.  Gli  stolti!  Dunque  perchè  alcuni  matti  non  si  ri- 
dano della  lor  maniera  di  vestire  ,  converrà  che  si  espongano 
al  pericolo  di  perder  la  salìite,  e  la  vita?  Quelli  che  mostransi 
pelliti,  se  son  barbari,  non  lo  sono  già  per  questo.  Le  mode 
sono  barbare  quando  o  la  pubblica  onestà,  ola  individuai  sa- 
lute puÀ  soffirire  offesa;  sono  civilissime  quando  si  provvede  ad 
una  e  ad  altra  cosà  ;  e  gridin  pur  contro  certi  materialoni  ^ 
che  pongono  la  civiltà  in  tali  cose  che  nulla  dicono  al  bene 
della  società  e  degli  individui. 

Gli  uouùni  di  Calaseta  sono  agricoltori  e  pescatori ,  e  ?i  ha 
Dmoru  ^eogr.  ecc.  Yól.  IÌL  ad 


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3o6  CALA-SETA 

chi  pratica  qualche  arte  meccanica.  Le  donne  si  occupano  in 
lavorare  degli  stroppi  ^  che  sono  cordicelle  di  palmizii  per  le 
reti  delle  tonnare.  La  nettezza  negli  abiti  ^  neUe  case  ^  nelle 
masserizie  è  lodi^volissinia  ,  e  sarebbe  desiderabile  in  altri  paesi 
della  Sardegna.  Alia  educazione  dei  fanciulli  é  la  scuola  eie* 
mentare  dove  frequentano  i5  e  anche  più. 

Chiese,  \à^  parrocchiale  piccola  e  mal  fornita  è  dedicata  a 
s.  Maurizio  martire.  Ti  amministra  i  sacramenti  un  solo  prete 
che  ha  il  titolo  di  vicario ,  sotto  la  giurisdizione  del  vescovo 
di  Iglesias.  Le  principali  solennità  occorrono  nella  memoria  del 
titolare ,  e  della  Natività  di  N.  D.  In  esse  non  è  alcuno  dei 
soliti  pubblici  spettacoli  che  amano  i  sardi;  e  tutte  le  ricrea^ 
zioni  di  questi  popolani  si  riducono  a  qualche  balletto  privato, 
al  giuoco  delle  palle  e  del  gallo ,  cóntro  cui  posto  a  bersaglio 
alla  distanza  di  metri  ^o  studian  aggiustar  le  pietruzzole. 

Tbrrilorio  di  dotazione.  La  sua  superficie  è  un'arta  che  po^ 
tria  ricevere  starelli  3ooo.  Comeché  la  terra  sia  sabbiosa  ,  le 
biade  producon  non  poco.  I  fichi  vi  prosperano  meglio  che 
altra  specie* 

Le  vigne  sono  i5o,  ed  in  esse  sono  piantate  i,5oo,ooo  viti^ 
che  all'anno  producono  quartieri  200,000 ,  pari  a  litri  1^000,000 
di  viUo  eccellente.  I  zibibbi  delicati  e  l'acquavite  spiritosa  ot- 
terìgonsi  dalle  uve  hiigliori  di  Spagna  e  di  Francia ,  che  si  hanno 
in  grati  copia.  I  vini  gentili,  moscatello,  girone ,  monica ,  can* 
nonao  ec.  ,  sostèngonsi  in  paragone  con  li  migliòri'  del  Cani'*- 
pidano. 

Poche  erbe  e  piante  ortensi,  e  specie  di  civaie  si  coltivano. 
Cassi  pure  poca  opera  al  lino  pel  sbo  tenue  prodotto. 

Fra  le  piante  selvatiche  ,  di  cui  i  Calasetini  si  giovano  , 
snno  da  notare  i  palmizi  della  patma-scopa  ,  detti  da  questi  e 
da'  Carolini  strufagìi  ,  che  sono  per  l^appunto  i  teneri  germo«- 
gli  di  molta  midolla ,  ed  i  frutti  che  sono  datteri  rotondi  e  ros' 
signi  di  gusto  aspro  e  forte  ,  nutrimento  alla  povera  gente. 
Parlasi  di  certo  the  bastardo  che  nelle  forme  e  fisiche  proprietà 
vuoisi  simile  al  vero,  e  lodasi  di  effetti  quasi  eguali.  Di  una 
pianta  enieto-purgante  ,  che  nominano  scàla-bàxiu ,  dalle  cui 
foglie  masticate  (e  pajon  parlar  da  senno)  se  strappate  all'insù 
il  vomito  ,  se  all'ingiù  sia  altro  effetto  !  !  !  finalmente  di  certo 
attrò  vegetabile ,  che  i  Carolini  appellan  Minca  de  tu  ,  li  cui 


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CALCABÀBBiO  '    307 

ilari  e  frMtta  diano  u^  bel  color  di  ciriegie  al  legno  che    un^ 
gasi  di  loi*  suco. 

Bestiame.  Si  numerano  buoi  per  TagricoUttra  100  t,  vacche 
altrettante  ,  alcuni  cavalli  e  giumenti.  Le  pecore  non  son  più 
di  ^api  62o. 

Acque.  Sopo  scavati  nel  paese  tre  poiù  pubblici  ;  due  pro- 
pinano im'acqua  poco  buona,  e  che  si  beve  per  necessità;  dal 
terzo  »e  ne  attìgue  salmastra  in  alto  grado.  In  campagna  han- 
nosene  altri  due  d'acqua  salubre ,  uno  in  distanza  di  un  quarto 
di  migUo,  altro  di  due  miglia  nel  luogo  la  Spiaggia  grande,  delle 
cui  acque  ^i  predica  una  virtù  purgativa  e  febbrifuga.  Qualche 
osservatore  che  mancò  di  fede  bevve  senza  simili  esperienze. 

Littorale.  Approdasi  ne'  seni  Galanga  e  Spiaggia  grande.  La 
profondità  verso  jm^estro,  tramontana,  e  greco  è  tanta  che  vi 
possono  mareggiare  le  fregate  ; .  verso  I^^ccio  assai  maggiore. 
La  co^ta  di  Meruneddu  offre  molti  seni  cavernosi» 

Pesca.  Moltissime  speoie  di  pesa  nuotano  in  queste  acque  ^ 
i  ton^i  anch'ersi  mojstransi  in  tutte  Je  stagioni.  Quando  il  mo- 
vimento tempestoso  delle  onde  noi  vieti ,  i  Calasetini  fiì  pix)- 
curwo  iM>|i  poca  copia  deBe  specie  più  gisnlìli  a  ordinario  ali- 
mento, Essi  b^tnnó  un  buon  numero  di  battelli^  e  se  nao  s'in- 
curvino con  la  vanga,  sudano  su  i  remi. 

Salintìt  Non  lungi  dal  paese  sono  aperti  i  vasi  salìferì ,  onde 
è  un  bMono  e  cppioso  prodotto^.  Questi  popolani  vi  travaglialo 
volentieri. 

ff^portanione,  l  generi  ,  che  si  estraggono ,  sqno  sale  ^  fini  ^ 
cordoQcelli  di  palma.  Vi  accorrono  genovesi  e  napoletani ,  di 
rado  i  corallieri  • 

Torre  di  Calaseta,  •  È  convenientemente  munita.  Frequenti 
acca4dero  1^  incursioni  dei  barbareschi  a  danno  della  popola- 
zione ;  ma  sempre  infruttviofie  per  la  vigilaaita  j  e  pei*  Ifo  TJilMre 
dei  tprrigiani. 

*  CALCABÀBBIO  (Cakababium),  com.nel  m9nd.d^  &i«^ 
tisn^ay  prov»  di  Vocerà,  dioc.  di  Tortona^  .div.  di  A^al»- 
dria.  Dipende  dal  senato  di  Piem,,  ioteud.  prefetti  ipoi*  di 'Vo- 
ghera, instn.  e  posta  di  Casteggio. 

È  comune,  che  fu  disgiunto  da  Ai  va  di  Nazzanó»  Spettò  al 
marchesato  dei  Botta-Adorni  di  Pavia. 

Sta  sei  miglia  da  Vc^hera,  e  ventidue  da  Alessandria^ 


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3o8  CALDERARA  e  CALICE 

Il  terreno  coltivato  di  Calcababbio  è  di  666  ettari,  8  de' 
quali  sono  occupati  da  paludi,  e  da  rivi. 

Il  territorio  produce  190D  quintali  metrici  di  fromento ,  600 
di  meliga,  190  di  legumi,  160  di  fieno,  17  di  canapa,  i5o 
di  foglia  di  gelsi,  20  di  varie  frutta,  e  16  di  ghiande.  Vi  si 
fanno  ettolitri  di  vino  2800  ,  d'  olio  di  noce  14 ,  di  ranz^ 
zone  5. 

Vi  si  mantengono  nS  bestie  da  soma ,  90  tra  buoi  e  Tacche, 
96  tra  montoni  e  pecore,  e  3o  majali. 

La  parrocchiale  è  sotto  il  titolo  di  Nostra  Donna  Assunta^ 

Pesi,  misure  e  monete  come  nel  suo  capo  di  provincia. 

Gli  abitanti  sono  quasi  tutti  applicati  all' agricoltura. 

Popolazione  1400. 

*  CALDERARA  (Calderara),  com.  nel  mand.  di  Pieve  di 
Teco ,  prov.  d'  Oneg^ ,  dice,  d'  Albenga,  div.  di  Nizza.  Di- 
pende dal  senato  di  Niua ,  vice-intend.  prefett  ipot  d'  One- 
glia ,  insin.  e  posta  di  Pieve  di  Teco* 

La  vetustà  di  questo  villaggio  si  riconosce  da  un'  antìchis*- 
sima  rovinante  chiesuola ,  sotto  il  titolo  di  s.  Giorgio ,  posta 
sopra  un  picciolo  monte,  la  quale  serviva  altre  volte  di  ci<» 
mitero  agli  abitanti  dì  CaMerara,  ed  a  quelli  di  paesi  anche 
distanti  sei  ore  di  cammino. 

Cartari  e  Siglioli  sono  frazioni  di  questo  comune,  lontane  da 
esso  un  miglio  e  mezzo  circa.  Ti  scorre  il  fiume  Buxio,  che 
va  a  congiungersi  coU'Aroscia. 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  il  titolo  dell'Annunziata.  S. 
Giorgio  é  il  santo  protettore  ;del  villaggio.  S.  Matteo  è  il  santo 
titolare  della  frazione  Cartari.  S.  Martino  lo  è  del  luogo  di 
Siglioli. 

Presso  Calderara  sorge  il  monte  di  Villabella,  dalla  cui  som- 
mità si  gode  di  assai  deliziosi,  prospetti* 

Le  produzioni  del  territorio  sono  in  discreta  quantità  fru- 
mento, olive,  orzo  e  castagne;  vi  si  coltivano  pochi  vigneti; 
A  mantengono  molte  bestie  bovine,  ed  alcune  pecore  e  capre. 

I  terrazzani  sono  robusti,  di  buona  indole  ed  applicati  al- 
l' agricoltura. 

Popolazione  470. 

*  CALICE  (  Calix  Albingaunum)^  com.  nel  mand.  di  Finale- 
borgo  I   prov.  d'  Albenga ,   dioc*  di  Savona ,  div»  di  Genova. 


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CALICE  3o9 

Dipende  dal  senato  di  Genova,  vice-intend.  d' Àlbenga ,  prefett. 
insìn.  ipot  e  posta  di  Finale. 

Trovasi  alle  fialide ,  e  sul  divo  di  parecchi  balzi.  È  diviso  da 
due  torrenti.  Uno  di  essi  ha  la  sorgente  nel  luogo  di  Rialto, 
e  chiamasi  Pora  \  V  altro  è  detto  Carbuta  dal  npme  del  vil- 
laggio, donde  proviene.  Il  Pora  dopo  essersi  ingrossato  delle 
acque  di  varii  rigagnoli,  mette  foce  in  mare  a  ponente  della 
città  di  Finale. 

A  levante  confina  col  territorio  di  Carbuta  ,  che  innanzi  al 
i465  era  parte  di  Calice,  e  dopo  essersene  disgiunto,  gli  venne 
riunito  nel  i8i5,  sebbene  formi  tuttora  da  se  una  separata 
parrocchia.  Ad  ostro  confina  col  territorio  di  Perti,  ad  occi- 
dente coi  comuni  di  Gorra  e  Bardino  vecchio,  a  borea  con 
Rialto  e  Yene. 

Dalla  parrocchiale  di  Calice  a  Carbuta ,  Gorra,  Perti  e  Vene 
si  Ta  in  tre  quarti  d'ora  di  cammino;  dallo  stesso  sito  a  Rialta 
si  {kerviene  in  due  ore. 

Temperato  è  il  dima  di  Calice ,  pura  V  aria ,  e  fecondo  il 
terreno*  Le  acque ,  onde  ne  sono  bagnate  le  campagne ,  di 
buoni  pesci  abbonderebbero,  se  di  quando  in  quando  non  vi 
fossero  gettate  sostanze  velenose. 

Durante  il  soggiorno  di  eserciti  Francesi  in  Italia,  Calice  fu 
presso  che  sempre  occupato  da  soldatesche  or  di  questa,  or 
di  quella  nazione. 

Le  case  vi  sono  per  la  più  parte  rustiche  e  di  antica  co- 
struzione *,  ma  in  ogni  quartiere  se  ne  veggono  alcune  moderne, 
di  buon  gusto  e  signorili. 

Le  magioni  pubbliche  sono  tutte  assai  belle  ed  eleganti. 

La  chiesa  parrocchiale  vi  è  singolarmente  degna  di  osser* 
vazione.  Fu  eretta  dalle  fondamenta ,  e  nel  corso  di  dieci 
anni  condotta  al  suo  termine  addi  cinque  agosto  del  1735.  La 
grandiosa  sua  pianta  rassomiglia  ad  una  cetiti:  contiene  due 
grandi  cappelle  al  centro,  e  quattro  altre  minori  ai  fianchi. 
La  parte  interiore  è  rabbellita  di  finissimi  marmi,  e  di  begli 
stucchi  in  gran  parte  dorati  :  le  sedie  del  coro  ,  il  leggile ,  i 
confessionali,  l'orchestra  sono  di  elegante  lavoro.  Di  manno 
finissimo  è  i|  pulpito  ;  di  marmo  sono  le  balaustre  del  presbi- 
tero e  delle  due  grandi  cappelle;  di  marmo  sono  tutti  gli  eli- 
tari, ed  il  pavimento. 


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9io  CÀLICE 

Dodici  sacerdoti,  un  diacono,  due  chierici  formano  di  pre^ 
sente  il  clero  di  Calice  :  si  specchiano  essi  nelle  predare  virtù 
dell'  abate  Pasquale  Siccardi  zelantissimo  prevosto  di  questo 
comune  :  egli  in  età  d'  anni  nprantasei  è  ancora  tutto  occupato 
a  prò  dei  fedeli  alle  sue  pastoi^ali  cure  commessi.  Amante  de^ 
gli  studi  poetici ,  or  fa  tre  anni  y  dettò  versi  che  furono  dati  alla 
luce  ;  dai  quali  con  piacere  si  scorge  che  quel  venerando  vecchio 
Ha  la  penna  che  getta  ancor  faville. 

Le  due  sagrestie,  che  fiancheggiano  il  coro,  abbondano  di 
sacri  arredi  di  gran  prezzo:  questo  magnifito  tempio  è  veramente 
ricco  di  sacri  vasi,  e  suppellettili  d'  argento ,  cavato  dalla  mi** 
niera  esistente  nella  ròcca  di  Rialto. 

Le  principali  feste  in  Calice  sono  quelle  di  san  Nicolò  vescovo 
di  Mirra  suo  titolare  -,  le  solennità  di  Nostra  Donna  del  SS.  Rosa^ 
rio,  e  del  Sacro  Cuore  di  Gesù,  a  cui  concorrono  le  popolazioni 
dei  vicini  paesi.  Accresce  il  decoro  di  questo  tempio  una  grande 
piazza,  a  cui  si  ascende  per  mezzo  di  una  scala  magnifica.  A 
fianco  di  esso  in  linea  paralella  della  sua  facciata  vedesi  la 
chiesa  dei  disciplinanti,  sotto  l' invocazione  di  san  Carlo  Bor- 
romeo, la  quale  è  pur  meritevole  di  osservazione  per  la  sua 
capacità,  e  per  V  eleganza  della  su^  «irchitettura. 

Nei  tre  quartieri  di  questo  comune  si  trovano  undici  oratp- 
x\ì  pubblici  :  due  di  essi  stanno  nel  quartiere  di  Campo  grande, 
tre  in  quello  del  Monte ,  sei  nel  quartiere  di  £se.  A  riserva  di 
tre,  che  servono  piuttosto  a  private  famiglie  che  al  pubblico, 
tutti  gli  altri  sono  di  bella  costruttura,  ed  ornati  di  stucchi  e 
dipìnti. 

Nella  grandiosa  piazza  dì  Calice  si  puonno  eseguire  <foinoda- ^ 
inente  militari  evoluzioni. 

La  confraternita  del  Santo  Spirito  nel  di  della  Pentecoste  vi 
distribuisce  a  ciascuno  degli  abitanti ,  e  singolarmente  alle  fa'- 
miglie  povere  una  considerabile  quantità  di  pane. 

Per  r  istruzione  primaria  dei  fanciulli  evvi  una  pubblica  scuola, 
che  fu  stabilita  da  un  Nicolò  Sasso  colla  somma  di  mille 
colonnati  di  Spagna ,  come  rilevasi  da  una  lapide  ivi  esistente. 

Le  anguste  ed  irregolarì  contrade  di  Calice  non  corrispón- 
dono all'  estensione  di  esso.  Bramerebbesi  che  in  migliore  stato 
fossero  mantenute  le  strade  che  corrono  pel  suo  territorio, 
frequentatissime  pel  continuo  passaggio  dei  trafficane. 


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CALICE  OSSOLÀNO  Si  i 

Nel  TÌllaggio  ,  per  la  vendita  delle  merci  di  o^ni  n^auiera , 

fi  veggono  molte  botteghe:  è  però  danno  che    vi  uiaDchi  una 

farmacia. 

Nel  territorio  si  contano  quattro  molini  da  grano  ,    e  molti 

da  olio  :  uno  di  questi  è  posto  in  moto  dall'  acqua  :  apparten* 

gono  essi  tutti  a  private  persone* 

I  prodotti  territoriali  ,  che  si  smerciano  anche  a'  forestieri  , 
sono  vino,  olio,  agrumi,  frutta  d'ogni  specie,  singolarmente 
fichi ,  pere  e  poma  di  ottima  qualità,  non  che  seta  ^  canapa. 

È  notevole  il  guadagno  che  vi  si  ricava  dal  mantenimento 
del  vario  bestiame. 

Alla  distanza  d'  un  quarto  d'  ora  dall'  abitato,  nella  regipne 
detta  La  Costa ,  rinomatissima  pei  vini  squisiti  che  vi  si  fanno, 
si  vede  in  collina  un  ameno  palazzo  del  cavaliere  Filippo  De' 
Raimondi,  vice-intendente  della  provincia  d'Ossola,  che  in- 
sieme colla  contessa  Maddalena  Buraggi  sua  genitrice,  è  il  mag- 
gior possidente  del  comune. 

La  parte  superiore  di  quel  palagio  è  cospicua  pei*  nin  vago 
terrazzo ,  donde  si  scuoprono  le  torri  di  cinque  pajrrpcchie , 
Gorra,  Calice,  Carbuta,  Vene  e  Rialto,  non  che  i  due  luoghi 
di  san  Giacomo  e  di  san  Pantaleo ,  notissimi  per  ^i  ava/izi 
delle  trincee  fattevi  dai  tedeschi,  e  per  essere  stati  nelle  ultime 
guerre  occupati  quando  dai  francesi ,  e  quando  dagli  alemanni, 
che  vi  si  azzuffarono  spesse  volte.  La  deliziosa  villa  del  cava- 
liere De'  Ray mondi  fu  sovente  abitata  dai  generali ,  ^  dallo  stato 
maggiore  de'  varii  eserciti  che  ebbero  a  stanziare-  colà. 

Attiguo  al  detto  palazzo  sta  un  pudbblico  oratorio  di  buona 
architettura,  ricco  di  marmi  e  di  stucchi,  ornato  di  pregevoli 
dipinti ,  e  per  certo  il  più  considerabile  che  in  que'  dintorni  si 
vegga. 

Popolazione  iq56. 

*  CALICE  OSSOLÀNO  fCalix  OscelanoruniJ,  /com.  nel  mand. 
e  prov.  di  Domodossola ,  dioc.  e  div.  di  Novara.  Dipende  dal 
senato  dì  Pieni.,  vice-intend.  prefelt.  insin.  ipot.  e  posta  di 
Dompdossola. 

II  territorio  di  questo  villaggio  è  situato  parte  in  luoghi  mon- 
tuosi ,  e  parte  in  pianura  :  le  vie  che  vi  passano  al  piano  sono 
tutte  carreggiabili  ;  per  quelle  che  serpeggiano  sul  monte  si  va 
con  bestie  da  soma  eziandio  nel  rigor  dell' inverno. 


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3i!»  CALICE  OSSOLANO 

Verso  la  valle  detta  di  Anzona  troTasì  una  specie  di  pietra 
detta  lavezzara ,  che  nei  passato  secolo  servi  ad  abbellire  al- 
cune cappelle  del  monte  ivi  detto  Calvario.  I  lavori  intorno  a 
quella  cava  or  sono  quasi  abbandonati. 

Nella  pianura  vi  scorre  il  fiume  Tece  abbondante  di  trote 
squisite;  dal  monte  discendono  parecchi  ri^,  ma  poveri  dì 
acqua.      ' 

Anticamente  la  parrocchiale  di  Calice  era  la  chiesa  dedicata 
a  san  Quirico  e  a  santa  Giulita:  di  presente  gli  abitatori  di-e 
pendono  da  quelle  di  Domodossola  e  di  Yagna. 

Fuori  del  comupe,  dalla  strada  che  mette  a  Domodossola, 
s'  entra  in  una  comoda  via ,  per  cui  si  ascende  sul  ridetto  sa- 
cro monte  Calvario:  Imigo  questa  via  si  veggono  di  tanto  in 
tanto  cappelle  elegantemente  costrutte ,  ornate  di  statue  e  pit- 
ture che  rappresentano  la  passione  del  Salvatore. 

Su  quel  monte  stanno  due  chiese,  una  consecrata  a  Nostra 
Donna  di  Loreto,  quivi  appellata  la  Santa  Casa  ;  I^  altra  più 
vasta  ha  il  nome  dal  Santo  Crocifisso:  a  questo  tempio  è  an- 
nessa un'ampia  e  comoda  abitazione  per  1'' amministratore  del 
monte,  il  quale  è  insignito  dei  titoli  di  rettore  e  di  canonico. 
Evvi  pure  un  casino  per  gli  esercizi  spirituali ,  provvisto  di 
rendite  su£Eioienti  a  quest'  uopo. 

Quegli  edifizi  ,  e  quegli  instituti  pii  furono  la  maggioir  parte 
eretti  dagli  antenati  della  famìglia  Capis,  ed  uno  di  essi  che 
ne  fu  il  principal  fondatore  fu  quivi  sepolto. 

Nel  detto  casino,  or  son  quattro  anni,  fu  stabilito  un  corpa 
di  religiosi  dell'  ordine  della  Carità:  ubo  di  essi  ha  il  carico. 
d' insegnare  ai  fanciulli  del  coinune  i  primi  rt^iìnienti  delta  lin- 
gua italiana. 

In  un  sito  della  pianura ,  occupato  da  una  palude ,  antica- 
mente giaceva  un  ampio  e  profondo  lago. 

Al  dissotto  della  valle,  detta  Brusamonte,  ahre  volte  esisteva 
una  popolosa  villata;  ma  essa  venne  distrutta  da  un  corpo  di 
truppe  francesi  che  volle  crudelmente  vendicarsi  della  resistenza 
degli  abitatori  di  essa. 

.Nel  luogo,  che  chiamasi  tuttora  il  Castello ,  sorgeva  una  for- 
tezza chiamata  di  Mattaralla  ,  ove  risiedevano  un  comandante 
militare  ,  e  la  curia  giudiziaria.  Quella  rocca  fu  smantellata  disi- 
gli spagnuoU. 


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GÀLIZZÀNO  3i3 

'  A  cagione  di  varie  paludi  mabana    é  V  aria    di  questo   co-!> 
mune ,  principalmente  nel  tempo  che  si  macera  la  canapa. 

I  prodotti  territoriali  sono  vino  dì  buona  qualità  in' qualche 
abbondanza  -,  poco  fieno. ,  poche  castagne  y  e  poco  panico. 

I  terrazzani  di  Calice  sono  per  lo  più  di  debile  complessione, 
e  tnttochà    applicati  al   lavoro   non  possono  procacciarsi   ui^' 
agiata  sus^stenza. 
Popolazione  aSe, 

CALIZZANO  fCaliiianumJj  capo  di  mand.  nella  prov.  d' Al- 
benga,  dioc«  di  Mondovi,  div.  di  Genova.  Dipende  dal  senato 
di  Genova  ^  vice-intend.  d'  Albenga  ,  prefett.  Insin.  ipot.  e  po- 
sta di  Finale.  Ha  il  tribunale  di  giudicatura. 

Calizzano  con  titolo  di  Castello  —  Castrum  CdUxani  — -  nel 
1142  venne  in  potere  di  Enrico  quintogenito  di  Bonifacio 
marchese  di  Savona  e  del  Vasto  :  spettarono  quivi  pure  al  suo 
dominio  i  pascoli  insino  al  Bormida ,  tranne  le  pertinenze  di 
Ferrania ,  e  quelle  della  sua  Canonica. 

Lo  ebbero  quindi  i  marchesi  del  Carretto,  del  ramo  dei  si- 
gnori di  Bagnasco:  di  fatto  nel  1268  Corrado,  Arrigo  ed  An- 
tonio figli  del  marchese  Giacomo  di  questa  prosapia,  dividen^p 
dosi  il  retaggio  paterno  ,  annoverano  tra  i  beni  del  genitore  ; 
jwra  quae  habent  in  càsiris,  villìSy  homimbus  ,  MelitatibuSy 
-  vassallis  ,  et  fodris  Calissani ,  VeniLce  et  Bardineti. 

1292.  Antonio  figliuolo  del  predetto  marchese  Giacomo  con 
documento:  Actum  in  CalisanOy  in  domo  Castri  Calisani  : 
coftituisce  suoi  procuratori  e  nunzii  a  stabilire  le  convenzioni 
«u  la  navigazione  e  le  dogane  tra  i  finalini  e  la  repubblica  di 
Genova.  * 

Nello  stesso  anno ,  19  giugno ,  il  sopraccennato  Antonio  ra- 
tifica le  convenzioni  qui  dianzi  riferite ,  con  documento:  ^<um 
in  domo  domini  Simonis  de  Maximino  in  b^rgo  Calisani. 

i355.  Cfrlo  IV  imperatore  con  diploma  dato  in  Pisa  con- 
ferma a'  marchesi  Emmanuele  ed  Alerame  del  Carretto ,  e  ai 
loro  eredi  e  spcoessori  l'investitura  di  parecchi  feudi,  tra  i 
quali  specifica  casirum  et  villam  Cali%ani. 

1 528.  La  famiglia  di  Calissano  viene  ascritta  alle  patrizie  di 
Genova.  Il  Ganducio  ed  il  Federici  attestano  che  tolse  il  gen- 
tilizio della  patria. 

La  popolazione  per  altro  aggravata  di    eccessivi  carichi  dai 


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3i4  CALUZANO 

signori  del  Carretto  si  pose  in  rivolta ,  li  discacciò  dal  paese 

e  non  poterono  essi  mai  più  rimettervi  il  piede. 

Neir  opera  intitolata  Manuductio  ad  T^bulas  Carretlenses 
parlasi  d'  una  gran  lite  agitata  nel  iSg6  pei  feudi  di  Garcare 
e  di  Galizzano. 

Nel  i6i3  questo  borgo  col  suo  territorio  ,  e  con  Osiglia 
passò  sotto  la  dominazione  de*  Genovesi.  Facendo  esso  poi  parte 
del  marchesato  di  Finale ^  veqne  in  potere  del  Re  di  Spagna, 
e  ritornò  quindi  a  Genova. 

Il  cardinale  Carlo  Domenico  ddi  Garretto  fu  quegli  che  vi 
fondò  la  chiesa  ed  il  convento^  dei  dotnenicani. 

Appunto  colà,  dove  finiscono  gli  appennini,  e  cominciano 
pigliar  nome  di  alpi  marittime,  in  distanza  di  dieci  miglia  dalla 
marina ,  giace  Calizzàno  eotro  una  valle  che  dilatasi  in  amena 
e  lunga  pianura ,  da  una  corona  di  montagne  altissime  circon- 
data. Queste  montagne  non  offirono  che  due  aperture ,  una  da 
tramontai^a,  e  l'altra  da  mezzodì ,  larghe  tanto  quanto  basta 
per  imboccarvi  il  Bormida. 

Il  comune  è  diviso  in  quattordici  frazioni  ;  Borgo  capo*Iuogo, 
Mereta,  Bosco,  Godevilla ,  Frassino,  Giaire  ,  Valle,  Pasquale, 
Caragna,  Garagnetta ,  Gerboraglia,  Barbassiria,  Yetria,  e  Ma-, 
ritani. 

Come  capo  di  mandamento  ha  soggetti  i  villaggi  di  Bardi-* 
neto  e  di  Massimino. 

Anticamente  il  borgo  di  Galizzano  era  cinto  di  mura  -,  ed  alte 
torri  ne  fiancheggiavano  le  porte.  Vi  sorgeva  pure  un  castello 
di  qualche  momento,  che  fìi  in  gran  parte  atterrato  dalle 
truppe  di  Francia  nel  i^cko. 

Da  sei  lustri  solamente  questo  comune  trovasi  sotto  la  giu- 
risdizione spirituale  della  diocesi  di  Mondovi.  Per  lo  addietro 
apparteneva  a  quella  d'  Alba* 

Quattro  sono  le  principali  strade  che  di  qua  mettono  ai  vi- 
cini villaggi  :  una  da  ostro ,  passando  per  Bardineto  e  Toi- 
rauo,  accenna  al  littorale  e  al  capo-luogo  di  provincia;  un'al- 
tra da  borea  scorge  al  Piemonte  ;  la  terza  da  levante  ,  at- 
traversando Melpgno ,  guida  a  Finale  ;  la  quarta  conduce  a 
Garessio. 

Galizzano  e  discosto  12  miglia  di  Piemonte  da  Albenga  ,  2 
da  Bardineto,   io  da  Finale,  9  da  Gcvn,  e  6  da  Garessio,  La 


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CALi£2^AIS0  3i5 

6ua  pianura  è  irrigata  dal  Bormida  y  che  scaturisce  alla  di- 
stanza di  tre  miglia  circa  nella  gola  di  Castelveccbio  tra  Roc-r 
cabarbena  e  Montelingo,  Esso  yieue  ingrossato  dai  toirenti  Sin 
pegro  y  Frassino,  Valle,  Vetria,  Siondo,  e  da  parecchi  riga<- 
gnoU  che  oasoono  in  questo  territorio,  a  tal  che  viene  consi- 
derato come  il  principale  dei  varii  fiumi ,  che  vi  portano  lo 
stesso  nome.  Cosi  questo  Bormida,  come  le  acque  tutte  die  sp- 
irano in  esso ,  abbondano  di  trote  squisite ,  di  anguille ,  di  ec-^ 
celienti  botte ,  non  c|ie  di  gamberi ,  di  rane  ,  e  di  altri  pesci 
d'  inferìor  qualità. 

Lungo  le  spondo  del  fiume  ,  e  dei  torrenti ,  ond'  è  ingro»* 
sato  ,  verdeggiano  bei  filarii  di  ontani ,  e  di  pioppi:  presso  le 
loro  fouti  allignano  alti«  piante,  ed  in  ispecie  i  faggi. 

A  chi  dal  Piemonte ,  passando  per  Ceva ,  si  conduce  adla 
marina,  e  muove  alla  volta  di  Nizza,  le  vie  di  CaUszano  e 
Bardineto ,    ultime  terre    che  s' incontrano  di  qua  dai  gioghi , 

V  una  a  levante  ,  a  mezzodì  V  altra  ,  sono  le  più  brevi.  Più 
comoda  è  la  prima,  e  discende  a  Finale,  Loano,  e  quindi  ad 
Albenga  ;  la  seconda  è  alquanto  più  breve  ,  ma  più  dirupata , 
e  scorge  a  Toirano ,  £rli ,  Castelveccbio,  Zuccarello,  Boi^Uetto, 
Ceriale  ,  ed  Albenga. 

Durante  il  cessato  governo  francese ,  la  strada  che  mette  a 
Finale  fu  tracciata  come  imperiale.  JXel  1818  ne  fu  condotto 
un  tronco  di  tre  miglia  a  perfetto  compimento  ;  ma  per  certe 
municipali  gare  funne  interrotta  V  esecuanone. 

Veramente  pittoresco  e  romantico  è  il  luogo  di  Calizzano.  La 
sinuosa  Bormida  che  s%orre  nel  mezzo  della  sua  pianura ,  i 
molti  rivi,  che  vi  serpeggiano  in  ogni  verso,  ne  rendono  molto 
aggradevole  P  aspetto.  Le  mimerose  'boscaglie ,  «  le  frequenti 
scaturìggini  fanno  si ,  che  il  soggiorno  vi  sia  deliziosissimo  nel- 

V  estiva  stagione  ;  ma  le  stesse  cause  vi  apportano  brine  e  neb- 
bie in  primavera  ed  autunno. 

L'  amenità  della  pianura  vb  più  cresce  por  V  aspetto  di  fol- 
tissime selve,  onde  sono  rivestite  le  circostanti  montagne;  che 
mirabilmente  vi  crescono  faggi ,  roveri,  castagni,  frassini,  aceri, 
betulle,  agrifogli ,  ed  ezimidio  gli  avellani ,  massime  in  qual- 
che sito  verso  i  confini  di  Garessio.  Da  questi  boschi  appunto  si 
hanno  roveri  di  fibra  in  siv^olar  moclo  iles sibilo,  cosi  che  sona 
esse  ricercatissime ,    e  nelle    contrattazioni    per   la    coslruziooc 


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3i6  CALIZZANO 

delle  navi  si  richiede  sempre  che  la  loro  ossatura  sia  coperta 
da  tavole  di  roveri  di  Calizzano.  I  faggi  si  riducono  pure  in 
tavole  j  e  queste  servono  per  incassare  gli  agrumi:  se  ne  ven- 
dono annualmente  drca  sei  mila  salmate  in  Mentone  ed  in  Ge^ 
nova:  vi  si  apprestano  pure  altri  legni  per  la  formazione  dei 
carri,  die  si  trasportano  alV  estero.  Il  più  dei  Galizzanesi  ri- 
cava il  proprio  sostentamento  dal  traffico  del  legname. 

Due  vaste  selve  assai  popolate  di  piante  d'  alto  fusto  vi  sono 
possedute  dal  Regio  Demanio. 

Le  produzioni  territoriali  sono:  frumento ,  meliga,  faginoHy 
ceci,  piselli,  lenti ,  patate,  e  castagne;  quest'  ultima  è  la  prin* 
cipale:  vi  si  fenno  copiose  ricolte  di  fieno,  e  si  mantiene 
molto  bovino  bestiame,  che  talvolta  soggiace  ad  un  morbo  con-* 
tagioso  quivi  chiamato  y%/!rtfc/!»iio. 

Sonovi  quattro  ferriere,  ciascuna  deUe  quali,    durante  nove 

.mesi  dell'anno,  impiega  otto  persone:  nella  state  per  altro  ne 

occupa  più  di  cento  pel  taglio  della  legna ,  e  per  lo  trasporta 

dei  carboni ,    dei  minerali  e  del  ferro  lavorato ,    che  spacciasi 

.nel  Genovesato  ed  in  Piemonte. 

Il  minerale,  che  vi  ti  trasporta  da  Porto-Ferrajo ,  richiede 

la  Celtica  di  circa  i6o  persone  durante  l'estiva  stagione:  vero 

è  però  che  solamente  otto  operai  sudano   intomo  al    fuoco  a 

<  manipolare  il  ferro  nei  mesi  che  più  vi  abbondano  le  acque. 

Ciascuna  d^lle  dette  feiriere  fondo  e  raffina  da  ottanta  canr 

tara  di  ferro  in.  ogni  settimana. 

È  mirabile  la  facilità,  con  cui  vi  si  separa  il  ferro  dalla 
scoria  \  si  estrae  dalla  fucina  la  massa  che  é  sempre  del  pesa 
da  i8  a  20  nibbi,  e  si  voltola  con  tanaglie  che  non  pesano 
meno  di  5  rubbi  sotto  un  grosso  maglio  posto  in  moto  dal- 
l' acqua^ 

Ciò  peraltro  che  havvi  di  più  considerabile  è  la  cosi  detta 
tromba ,  meccanismo,  che  per  la  sua  semplicità  può  riguar- 
.  darsi  come  perfetto  nel  suo  genere.  L' acqua  irrompendo  da  un 
recipiente  ^  corre  raccolta  per  un  certo  tratto  dentro  un  cana- 
letto, per  quindi  gettarsi  nel  cavo  d'  un  tubo  di  diametro  più 
o  meno  grande,  secondochè  maggiore  o  minore  è  V  altezza  da 
cui  discende:  questo  tubo,  o  tromba  che  dir  si  voglia,  fiaisee 
e  si  allarga  in  un  tino ,  nel  cui  fondo  sta  una  pietra  di  forma 
patta.  La  colonna  d'  acqua  percuotendo  con  empito  sopra  essa  ^ 


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GAUZZANO  317 

ronipesi  in  forte  spnizzaglia.  L'  acqua  coinè  più  pesante  im-« 
bocca  il  forame  fatto  nella  parte  inferiore  della  botte  ;  V  aria 
sprigionata  dallo  sprazzo  dell'  acqua  y  come  elemento  più  leg-« 
giero,  cercando  più  in  alto  una  libera  uscita,  entra  con  tanta 
forza  in  un  cannone  raccomandato  alla  parte  superiore,  e  ri* 
spondente  in  piknta  acuminata  sudla  fucina ,  v'  induce  tanta  in- 
jesione  d'  ossigeno ,  che  appena  sei  mantici  comuni  la  potr^>^ 
bero  agguagliare.  Tanto  è  ciò  vero,  che  in  una  sola  coltura 
si  stempera  cosi  grande,  quantità  di  minerale  mescolato  a  fèr** 
raccia ,  da  ricavarne  ao  rubbi  di  ferro  purgato  nello  spazio 
'di  4  ore» 

Ad  avvivare  1'  industria  di  «pesto  paese  vi  sono  ancora  i^ 
seghe  ad  acqua,  le  quali  servono  per  ridurre  in  sottili  tavole 
i  faggi,  ed  altre  piante  d'alto  fusto.  Intorno  a  ciascuna  di  esse 
vengono  occupate  due  persone. 

Potrebbe  grandemente  migliorare  la  condizione  di  tanti  ófc* 
rai,  se  fosser  èglino  solerti,  affaticanti  e  sobrii,  come  il  sono 
quelli  di  Bardineto,  e  se  parecchi  dei  padroni  delle  ferriere 
cessassero  dal  biasimevol  uso  di  loro  fornire  nell'  inverno'  po««> 
chi  danari  ad  usura,  e  commestibili  ad  un  prezzo  eccessivo. 

Galizzano  nei  tempi  addietro  veniva  considerato  come  uno 
dei  floridi  paesi  della  repubblica  Ligure,  non  tanto  per  gli  an- 
zidetti mezzi  d' industiià ,  quanto  per  lo  commercio  del  sabe  e 
per  le  fabbriche  de'  tabacchi.  La  sua  topografica  positura ,  e 
r  essere  d'  un  circuito  selvoso  molto  esteso ,  e  confinante  col 
Piemonte  facevano  si ,  che  si  potessero  con  facilità  trafugare 
quelle  den-ate.  L*  agevolesza  che  aveano  gli  abitanti  di  porsi  ìà 
salvo ,  il  molto  guadagno  che  traevano  dai  contrabbandi  ^  e 
r  abuso  del  vino  gli  rendevano  più.  baldanzosi  del  dovere  :  à 
tal  che  vi  accadevano  frequenti  risse ,  e  talvolta  omicidiì  t 
cotali  danni  erano  cresciuti  .dalla  presenza  d' uomini  di  mal  af«- 
fare  ,  e  in  bando  del  capo ,  che  quivi  rifuggivano  non  solo  dai 
confinanti  villaggi ,  ma  da  varie  parti  del  Piemonte. 

Or ,  cessati  quest'  inconvenienti  »  i  Calizzanesi ,  che  general-^ 
mente  sono  di  aperto  ingegno,  potrebbero  assai  meglio  profit* 
tare  dei  loro  naturali  mezzi  di  prosperità  )  se  fosse  tra  loro  più 
promossa  una  elementare  istruzione. 

•Le  malattie  più  comuni  vi  sono  le  pleuritidi^  le  angine  »  i 
reumi  acuti-,  e  nell'  estate  le  febbri  terzane  e  le  gastriche.  Per 


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3i8  CALIZZANO 

r  abuso  smoderato  dei  vino  non  poclii  giunti  ad  una  t^rU 
età  vi  diventano  seniifutui ,  ed  alcuni  prendono  in  odio  la  pro- 
pria TÌta.  A  malgrado  della  pubblica  vigilanza  che  se  ne  ac* 
corse  y  dal  1824  ^'  '^^^  ^i  accaddero  due  suicidii  colla  mag- 
gior freddezza  di  spirito  premeditati. 

I  più  elevati  monti  di  questi  dintorni  sono  lo  Spinardo  e  il 
Sektepani:  il  primo  a  ponente,  a  levante  il  secondo.  Dalla  som- 
mità- del  Settepani  si  scorgono  ad  occhio  nudo  la  pedemontana 
pianura  ,  il  Monferrato ,  la  riviera  di  levante  ,  il  sottoposto 
mediterraneo ,  le  montagne  di  Corsica  e  di  Sardegna.  Sui  monti 
Spinardo  e  Zotta  stanziarono  per  qualche  tempo  alternatamente 
le  truppe  Francesi,  e  le  Austro-Sarde;  tra  le  quali  non  vi  ac- 
caddero che  semplici  scaramuccie  :  battaglie  accanite  furono 
tiìg^ggiate  nelle  vicinanze  di  Calizzano  e  Bardineto  tra  ì  Fran<- 
cesi  e  i  Tedeschi ,  le  quali  furono  il  malaugurato  preludio  delle 
triste  vicende  ^  a  cui  per  più  lustri  soggiacque  poscia  l' Italia. 
Sloggiati  i  Tedeschi  dalla  forte  posizione  della  Roccabarbtna , 
fugg*u*ono  pi*ecipitosi  e  rotti  sulle  alture  dello  Spinardo ,  e  di 
Settepani.  Si  rifecero  però  dell'onta  nel  sanguinosissimo  coin*- 
battimento  di  Settepani,  che  accadde  sul  finire  di  giugno  del 
1795. 

Principiò  V  aspra  zuffa  suU*  albeggiare  j  e  fini  col  tramonto 
del  sole.  Per  tre  volte  i  Francesi  guidati  da  Massena ,  sant'  Ilaire 
e  Cervoni  andarono  all'  assalto ,  e  per  altrettante  furono  riso- 
spinti  dal  vivo  fuoco  de' cannoni.  Alla  fine  i  pertinaci  Austriaci 
scortati  da  Argentau  rimasero  padroni  del  campo.  I  morti  sooìf^ 
marono  a  più  di   io5o>:  3000  furono  i  feriti. 

Sur  un  rialto  presso  il  torrente  Vetria,  non  lungi  dalla  vii- 
lata  che  appellasi  Caragaetta  ^  si  scorgono  gli  avanzi  di  una 
torricella ,  in  cui  vuoisi  che  si  leggesse  un'  iscrizione  avente  il 
nome  del  grande  Aleramo ,  siccome  fondatore  di  essa. 

Due  sono  le  parrocdiie  di  Calizzano  :  una  principale  sotto 
il  titolo  di  S.  Maria;  e  l'altra  sotto  l'invocazione  di  S.  Lo- 
renzo martire.  La  fondazionje  della  prima  risale  a  rimotissima 
tstà  :  da  un  manoscritto  litrovato  nell'  archivio  dei  certosini  di 
Toirauo  rilevasi ,  che  a'  tempi  di  Carlo  Magno  era  già  essa  una 
parrocchiale  diretta  dai  padri  benedittini.  Il  sacerdote  che  di 
presente  la  governa,  è  insignito  del  titolo  di  arciprete.  Il  pa- 
tronato e  il  diritto  di  nomina  ne   spetta    al  marchese    Seyssel 


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CALIZZANO  3ì9 

d'  Aix  e  di  Sommama.  Questa  chiesa  in  marzo  del  1799 
servi  di  ricetto  alle  truppe  di  F/ancia  ,  the  prima  di  partir  da 
quel  luogo  la  pósero  in  fiamme. 

Dal  popolo  di  Caliszano  nel  181 1  fu  riedificata  sopra  un  dise-^ 
gno  di  gusto  moderno.  In  essa  vedesi  dipinto  un  quadro  di  N. 
S.  e  di  S.Rosalia,  con  iscrizione,  nella  quale  sì  narra  come  i 
Calizzanesi  fossero  prodigiosamente  liberati  dalla  peste  che  im- 
perversò in  quelle  parti  nel  161 3. 

Le  funzioni  parrocchiali,  tranne  quelle  in  onore  di  N.  S.  che 
8Ì  Jianno  nella  chiesa  principale  ,  sono  compiute  nella  chiesa 
di  S.  Lorenzo,  che  sorge  in  capo  del  borgo.  La  fondazione 
di  essa  ebbe  principio  nel  secolo  xvi ,  e  venne  condotta  at 
suo  termine  sul  cominciare  del  xvii  :  ne  sono  di  marmo  gU 
altari  ed  il  pavimento.  Il  cimitero  sta  presso  alla  parrocchia 
matrice,  in  distanza  di  4<>c>  metri  dall'  abitato. 

Alle  falde  del  castello  evvi  xm  oratorio  de'  disciplinanti  sotto 
ìL  patrocinio  di  S.  Giovanni  precursore,  e  di  S.  Giovanni  evan^ 
gelista.  Quivi  si  vede  una  ^atua  rappresentante  S.  Giovanni 
Battista ,  opera  dell'  esimio  scultore  Maragliano  gei^ovese.  Que- 
st'  oratorio  servi  di  chiesa  agli  antichi  marchesi  padroni  di 
questa  terrai  sedici  dipinti  che  vi  si  veggono  sulle  mora  late*- 
rali  portano  iscriiioni  coi  nomi  delle  principali  famiglie  di-  Ca^ 
lizzano.  ' 

Nella  villata  detta  Pasquale  fuvvi  un  convento  di  domeni-^ 
tani ,  il  quale  coir  annessa  chiesa  fa  posto  in  fiamme  nel  1799 
dai  repubb1it!ani  di  Francia.  La  chiesa  ne  vennfe  riedificata  nei 
j6ì%  per  le  largizioni  di  un  Paolo  Viola  calizzanese.  Alla  Ver» 
gine  del  Rosario  fu  dedicato  questo  novello  tempio. 

Sul  territorio  vi  sono  dodici  cappelle  manienute^oUa  inchie- 
sta decenza.  ^ 

A  vantaggio  delle  tre  frazioni  Vetria,  Itfaritant,   e  Barbassi* 
ria  é  pure  affiziata  un'  altra  parrocchia  sotto  il  tìtolo  di  S.  Pie<« 
.  tro  principe  degli  Apostoli ,  la  tjtxale  si  separò  dalla  principale 
sul  finire  del  secolo  xvi. 

Soggette  a  questa  parrocchiale  sono  tre  cappèlle  rurali:  esi* 
stevi  pure  un  oratorio  di  disciplinanti.  La  maggiore  solennità 
di  Galiziano  si  celebra  il  '2  luglio  nella  principale  pan*occhia 
in  onore  di  N.  D.  delle  grazie,  intervengono  a  tale  festa  più 
di  mille  forestieri.  ^ 


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3!io  CALLABIANÀ 

Evvi  Ilo  palazzo  spettante  ai  signori  Franchettì,  nel  quale  si 
veggono  riputati  affreschi  del  Biella* 

Si  fanno  annualmente  due  fiere:  la  prima  detta  di  S.  Lo*» 
remo  il  io  d'  agosto  ;  la  seconda  della  Croce  il  14  di  settem- 
bre :  le  derrate  >  che  vi  si  mettono  in  vendita  sono  cereali  ^ 
drappi 9  tele  d'ogni  sorta ,  chincaglierie^  scarpe ,  corami,  e 
molti  capi  di  grosso  e  minuto  bestiame.  Intervengono  a  queste 
fiere  non  pochi  trafficanti  del  Littorale  e  del  Piemonte. 

Si  usano  i  pesi  e  le  misure  di  Genova  ^  vale  a  dire  il  can- 
taro e  il  rubbo  per  li  pesi^  il  palmo  per  la  misura  dei  drappi 
o  delle  tele  ^  lo  staro  per  quella  dei  cereali  :  usasi  eziandio  la 
mina  di  Piemonte  :  vi  é  in  corso  la  moneta  di  Genova  y  cioè 
il  franco  equivalente  a  soldi  i5. 

Evvi  una  stazione  di  carabinieri  reali  comandata  da  un  bri* 
gadiere. 

Nel  territorio  di  Galiziano  si  trovano  ì  Scisto  micaceo  talcoso^ 
di  tinta  bigio-verdastra.  In  istratificazione  confusa  presso  la  fta^ 
Cina  Fraachelli.  ^- Terra  argillosa,  ontuosa  al  tatto,  impastata 
con  certa  quantità  di  materia  carbonosa  apparentemente  grafite. 
Trovasi  in  piccole  masse  nel  terreno  alluviale  che  riveste  il 
pendio  occidentale  della  valle  Bormida,  nel  luogo  detto  la  Stu- 
dia, presso  il  casale  di  Caragna.  Potrebbesi  for$e  usare  nella 
costruzione  dei  crogiuoli* 

Popolazione  ai5o4 

*  CALLABIANÀ  (CaUabiana)j  com^  nd  mand-cti  Andorao» 
Cacciorna ,  prov.  e  dioc.  di  Biella ,  div.  di  Torino.  Dipende  dal 
ienato  di  Piem.,  intend.  prefett.  ipot  e  posta  di  Biella^  ìusìbì 
d'  Andorno-Cacciorna* 

Fu  contado  de'Nazzarii  di  Savigliano.  La  sua  positura  èagrecoi 

Una  via  comunale  nella  direzione  da  levante  a  ponente  con^ 
duce  da  questo  luogo  a  S.  Giuseppe  discosto  un  miglio,  indi 
a  Biella  distante  miglia  quattro. 

La  parrocchiale  è  consecrata  a  Nostra  Donna  degli  Angeli. 
Il  protettore  del  comune  è  S.  Antonio  abate. 

Sul  vicino  monte  detto  Marcone  evvi  un  oratorio  sotto  1*  in- 
vocazione di  S.  Antonio  da  Padova;  A  quell'  oratorio  non  si 
perviene  che  per  una  strada  molto  disastrosa. 

Le  terre  di  Callabiana  sono  bagnate  dal  torrente  Strona,  fe- 
condo di  trote  squisite. 


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/ 

CALUAPfÒ  3:1  i 

Ti  si  habnò  *  scarsi  prodotti  del  grosso  bestiame,  il  cui  com-^ 
marcio  si  fa  col  capo  di  mandamento. 

Vi  sono  fabbriche  di  pettini  di  canne  per  uso  de' telai ,  te-^ 
liuti  pei  migliori  che  si  facciano  nella  provincia. 

Gli  abitanti  sono  di  buona  indole  y  ed  inclinati  alle  arti  mec- 
cauicUe. 

Popolazione  735.  ^ 

GALLIANO  (  Callianum)^  com.  nel  malid.  di  Tonco,  prov. 
dioc.  di  Casale,  div.  d'  Alessandria.  Dipende  dal  settato  di  Pieui.  ^ 
intend.  prefett.  ipoL  di  Casale,  itisìd.  e  posta  di  Moncalvo. 

È  distante  otto  miglia  da  Asti  e  dodici  da  Casale. 

Da  borea  conGna  colla  città  di  Moncalvo  \  da  levante  con 
G razzano  ,  Grana  e  Castagnole.;  da  ostro  con  Scursolengo ,  e 
Portacouiaro  ;  da  ponente  con  Touco  ,  e  Castel  Tal  fero. 

Tutti  questi  luoghi  sono  da  esso  lontani  qual  due  e  quale  tre 
miglia  circa. 

Il  tronco  della  strada  provinciale  eli  e  da  Asti  mette  a  Casale 
ne  attraversa  il  territorio,  estendendosi  a  diversi  angoli  e  cur* 
Te,  massime  nella  direzione  da  levante  a  mezzodì. 

Le  campagne  ne  sono  inufiìate  priucipal mente  dal  rivo  Grana, 
che  nasce  in  vicinanza  di  Moncalvo  ,  e  percorrendo  le  terre 
di  Grana ,  da  cui  piglia  il  nome  ^  va  a  metter  capo  nel  Po 
verso  il  comune  di  Occimiano:  sono  anche  in  paite  bagnate  dal 
rivo  appellato  Rotta,  che  ha  le  fonti  in  una  tallea  detta  dei 
Rivi,  e  dirigendosi  verso  ponente  ^' discende  ad  unirsi  al  tor-* 
reo  té  Versa. 

Il  territorio  e  composto  di  varie  colline  e  di  valli  mediocre- 
mente fruttifere,  ed  assai  ben  coltivate.  Pioduce  grano,  vino  , 
meliga  e  fieno. 

I  villici  mantengono  molto  grosso  bestiame ,  e  soprattutto 
vitelli,  cui  véndono  sui  mercati  di  Moncalvo  a'  tiaflScaùti  delle 
città  di  Casale  ,  Asti  e  Vercelh. 

U  suolo 'é  pailicoiarmeute  acconcio  alla  coltura  dei  gelsi:  i 
bozzoli,  di  cui  vi  si  fanno  copiose  ricolte ^  sono  assai  ricercati; 

Dalla  parte  di  mezzodì  estendesì  una  villatBj  frazione  di 
questo  comune,  detta  di  S.  Desiderio  :  essa  ha  una  parrocchia 
separata  da  quella  di  Galliano. 

In  capo  air  abitato  della  frazione  di  S.  Desiderio  sorge    tin 
monte  ^  ove  furono  già  una  chiesa  ,  ed  un  convento   di  bene- 
DizioTU  geogr.  ecc.  Voi.  III.  ai 


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322  GALLIANO 

dittli>ì^  che  lo  a})itaroiio  insino  al  i3oo,  tenipcr  in  cui  una  ter- 
ribile pestilenza  spopolò  il  luogo  di  Perno ,  i  cui  abitatori  som* 
maro  no  a  più  di  tre  mila. 

Si  crede  che  solamente  sette  persone  andassero  salve  dall'or* 
libile  flagello  ,  e  che  da  quelle  avesse  origine  la  popolazione 
che  in  oggi  abita  la  villata  di  S.  Desiderio. 

Un'  altra  frazione  di  questo  comune  é  detta  la  Perrona.  Tro- 
vasi a  ponente  del  capo-luogo  ^  e  confina  col  capo  di  manda- 
mento. Contiene  ducento  persone. 

Parecchie  sono  le  chiese  di  Galliano  :  una  chiamata  di.  S» 
Felice  sta  sopra  un  vicino  b^Izo  ,  e  credesi  la  prima  che  vi 
abbia  servito  di  parrocchia,  unitamente  a  quella  di  S*  Pietro^ 
situata  neir  opposta  parte  del  paese. 

Un  antico  tempietto ,  sotto  il  titolo  di  Nostra  Donna  delle 
Grazie  ,  vedesi  in  sulla  vecchia  strada  tendente  ad  Asti  :  una 
chiesuola,  dedicata  a  S.  Rocco,  è  posta  vicino  all'  abitato  dalla 
parte  di  mezzodì;  nel  di  del  santo  titolare  accorrono  ad  essa 
tutti  i  Callaniesi,  Sonovi  due  confraternite  :  dell'  Annunziata ,  e 
di  S.  Michele* 

Allato  del  vetusto  castello  sta  la  parrocchiale.  È  a  tre  na- 
vate. Ne  circonda  il  presbitero  una  balaustrata  di  fino  marmo  ; 
sono  pure  costrutti  in  marmo  1'  aitar  maggiore ,  ed  uno  dei  la- 
terali dedicato  a  Nostra  Donna  del  Rosario.  Questa  chiesa,  nella 
quale  sono  eretti,  alcuni  benefizi,  è  ben  fornita  d'  ogni  maniera 
di  sacri  arredi,  e  di  un  organo  eccellente;  pel  $uo  manteni- 
mento si  hanno  rendite  cospicue;  il  parroco  è  provveduto  d'  una 
ricca  prebenda. 

Esistevi  un'opera  pia,  eh'  ebbe  incomìncìamento  in  maggio 
1767  ;  essa  sovviene  agi'  infermi  poveri  del  paese,  e  provvede 
eziandio  a'  bisogni  di  coloro  che  non  puonnp  procacciarsi  il  so- 
stentamento. La  fondatrice  ne  fu  una  Margherita  Roetti.  Le  ren- 
dite a  questo  scopo  da  essa  lasciate  vennero,  col  tempo,  ac- 
cresciute per  largizioni  di  altri  benefattori ,  la  cui  mercè  sono 
dotate  alcune  povere  ed  oneste  fanciulle. 

Finora  il  spio  paroco,  senza  1'  intervento  di  alcuna  congre- 
gazione di  carità,  amministra  i  considerevoli  proventi  di  que- 
sto instituto  di  pubblica  beneficenza. 

Neil'  interno  del  paese  veggonsi  gli  avanzi  di  un'  antica  for- 
tezza ^  le  cui  muraglie  giungevano   un  tempo    ad    unirsi  a  un 


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CALLUMO  3aS 

castello  già  spettante  alla  prosapia  de'  mardiesi  di  Caliiano  e 
Murìsepgp* 

Da  dieci  anni  vi  si  possono  fare  un  mercato  in  ogai  setti^ 
mana,  ed  un'  annua  fiera:  ma  per  cagione  dei  mercati  fre- 
quentatissimi tli  Asti  e  di  Moncalvo ,  il  comune  di  Galliano  non 
potè  ancor  profittare  di  quella  Real  concessione. 

Vi  si  odUivano  con  particolare  diligenza  il  grano ^  e  la  meliga) 
ma  non  egualmente  i  uiarzuoli  e  le  viti. 

Si  usano  i  pesi  e  le  misure  del  Monferrato. 

Gli  abitanti  sono  generalmente  di  robusta  complessione ,  di 
mente  svegliata ,  e  non  poclù  di  essi  mostrano  felici  disposi- 
zioni alle  belle  arti.  Il  celebre  pittore  Moncalvo  è  originario 
di  questo  luogo. 

Alle  occidentali  falde  di  questo  cospicuo  paese,  io  una  spe- 
cie di  seno  apertosi  dalla  vicina  valle  di  Oro  detta  di  Fersa^ 
trovasi  rasente  la  strada  ,  ed  io  mezzo  agli  incolti  pascoli 
del  comune ,  la  fontana  denominata  la  PirenkZy  oppure  il  Pro^ 
fondo  di  Galliano. 

Solleva  ella  per  lo  passato  tra  il  paludoso  limo  A  un  nero 
pantano,  del  quale  non  fu  mai  possibile  di  misurare  il  solido 
fondo.:  la  limpidità  àeìV  acqua  lascia  però  ora  travedervi  a  70 
centimetri  i  ruvidi  e  grossi  sassi ,  dhe  vi  si  gettarono  ^  onde 
eostrurvi  una  specie  di  tino.. 

Il  volume  deir  acqua  che  perenne  sgorga  si  é  di  20  centi*^ 
metri  di  diametro  quadrato,  per  cui  forma-  un  ruscello,  il 
quale  accresciuto  da  piccioli  scoli  di  altre  fonti  d'  acqua  co- 
mune,  zampillanti  a  4^  metri  superiormente,  pone  tosto  in  giro 
i  molinì  pei  cereali  detti  della  Pietra  o  dcWOlla;  e  diraman- 
dosi quindi  in  varie  guise  a  riempiere  grandi  fosse ,  nelle  quali 
i  possidenti  di  Galliano  macerano  la  loro  canape,  mette  poi 
foce  nel  torrente  F'ersa  ai  limiti  del  territoiio  di  Gastell'alfero. 

Le  ubertose  collinette  circondanti  si  compongono  di  strati 
di  schisto  argilloso-calcareo ,  e  di  solfato  di  calce ,  ove  stabi- 
lironsi  moke  cave  di  gesso. 

L' alveo  ove  placida  scorre  V  acqua  è  tutto  intonacato  dà 
belletta  bianco* verdastra  ,  con  deposito  di  fanghi  nerissimi  \ 
lattiginosa  ed  impalpabile  nubecola  galleggia  sull'onda,  che  in 
forma  di  verde  spuma  si  arresta  ai  margini.  In>  eeite  estive 
notti ,  se  mai  vi  si  approssima  qualche  fiaccola  ,    non  di  rado 


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3a4  CALLIANO 

si  accende  un'  azzurra  fiamma^  che  tremola  qua  e  là  risplende^ 
spandendosi  all'  intorno  ,  massime  in  sulla  sera ,  un  intenso 
odore  di  uova  fracide. 

L'  egregio  medico  G.  De-Rolandis  scrisse,  non  é  guari ,  un 
cenno  sopra  V  acqua  sulfurea  di  Galliano  da  lui ,  da  suo  pa- 
dre, e  da  altri  medici  riconosciuta  utilissima  principalmente  in 
molte  alFezioni  della  cute:  per  sua  cura  ne  venne  fatta  un'  ac- 
curata e  completa  analisi  dall'  esimio  chimico  Antonio  Giordano 
nel  1834,  che  fu  pubblicata  nel  repertorio  medico- chirurgico. 
Si  dà  qui  il  complesso  di  questo  esame  analitico,  da  cui  ri- 
fuliò  che  cinque  libbre  di  essa  contengono  le  sostanze  seguenti 
nelle  proporzioni  di 
I.  Gaz  acido  idrosolforico        Pollici  cub.  i3     00 

a.  Gaz  acido  carbonico »  io     i5 

3.  Gaz  azoto »  io     60 

4*  Carbonato  di  calce Grani        36     00 

5.  Bi-carbonato  di  magnesia »  t6     00 

6.  Solfato  di  calce »         69     00 

7.  Solfato  di  allumina »  4     00 

8*       '  id,    di     magnesia      »  6     00 

9.  Muriato  di    magnesia »  1 1     o5 

10.  id,  di    ferro »  4     '9 

11.  Nitrato  di  potassa »  12     00 

la.  Silice »  6    00 

Materia  organica,  tracce  inestimabili  »  o    00 


Grani  i55     00 


Cenni  storici.  Questa  terra  colP  antico  suo  nome  di  Castrum 
CadeUianum  è  SLCceanaià  in  una  carta  (996)  di  concambio  tra  il 
▼escovo  Pietro  d'Asti  ed  Ermengarda  figliuola  d'Anselmo,  fi- 
glio del  grande  Aleramo,  insieme  con  Amelgauso  marito  di  lei. 

Il  raccorciato  nome  di  Callianum  già  vedesi  in  una  carta  dì 

permuta    del    io34    tra  l' abate  di   Nonantola   ed    il    conte  di 

xPombia  :  e  cosi  pure  in  un  diploma  del  1041  ^  ov'  è  nominata 

la'  chiesa   di  S.   Maria  dt  Grana  dal  vicino   torrente  di  tale 

denominazione. 

Federico  I  con  diploma  del  1164  confermonne  il  poMedi-- 
mento  al  marcheye  Guglielmo  lY  di  Monferrato, 


N.  ■ 


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GALLIANO  3a5 

O  luogo  di  Galliano  è  pure  nomiiiato  in  un  diploma  dello 
stesso  Federico  in  favore  della  chiesa  di  Torino  nel  iiSg  ,  ed 
in  un  altro  anteriore  di  Enrico  IV  del  io4i  in  favore  del  ve^ 
scovo  d'  Asti. 

Nel  1 1 94  era  signor  di  Galliano  un  Arrigo ,  che  col  conte 
di  Biandrate  Raniero,  e  coi  magnati  del  marchese  Bonifacio 
di  Monferrato  giurò  per  esso  al  parlamento  di  Pontestura  di 
accondiscendere  al  giudicato  dei  Milanesi ,  e  degli  alleati  per 
la  pace  sua  con  Alessandria,  Asti  e  Vercelli. 

Nel  tempo  della  prigionia  del  marchese  Guglielmo  VII,  i 
Gallianesi  furono  indotti  dal  danaro  degli  Astigiani  a  loro  ce- 
dere il  castello  e  la  villa.  Il  Ventura,  ch^militava  in  quell'oc- 
casione  nomina  nella  sua  storia  i  due  autori  del  tradimento  , 
che  ne  ricevettero  il  prezzò;  i  quali  furono  Bonifacino,  o  Fa- 
cino di  Cuniberto ,  e  Facino  Falzono. 

Giovanni  figliuolo  di  quel  marchese  ,  collegato  col  marchese 
Manfredo  di  Saluzzo,  ricuperò  Galliano  nel  I2g4*  Teodoro  I, 
Paleologo  di  lui  successore,  nel  settembre  del  i3o6  giunto  in 
questo  luogo  trattovvi  con  Filippo  principe  d'  Acaja  ,  e  cogli 
Astigiani  la  pace  ,  e  la  ricuperazione  degli  stati  suoi.  La  qual 
pace  fu  conchiusa  in  parlamento  al  ponte  della  Jlotta  presso 
Graziano.  i 

Nel  parlamento  di  Ghivasso  (  iSig)  giurarono  a  Teodoro  fe- 
deltà Bertolino  De  FiUa ,  e  Cicalino  De  Monte^  come  signori 
di  Galliano. 

L'imperatore  Garlo  IV  (  iSSS)  creando  Giovanni  Usuo  vi- 
cario imperiale  gliene  confermò  il  possedimento. 

Nel  i43i  questo  luogo  fu  in  parte  infeudato  ad  Antonio  di 
Primeglio  ,  a  Giovanni  di  Gasalborgone ,  e  ad  Enrichetto  di 
Robella:  il  marchese  Giangiacomo  lo  occupò  in  occasione  di 
guerra,  e  lo  restituì  alla  pace  del  i455. 

Giacomo  De  FiUa  degli  antichi  signori  di  questo  villaggio, 
che  in  parte  ancora  lo  teneva ,  fu  deputato  nel  i432  dal  mar- 
schese  al  consiglio  di  Amedeo  Vili  in  Torino  per  invocarne 
soccorso ,  ed  alla  vendita  de'  redditi  di  Galliano  per  pagarne 
il  presidio    di  Savoja. 

Lo  ebbero  quindi  con  titolo  di  marchesato  insieme  coi  cont\ 
di.  Gocconato  i  Gratella  d'  Asti  venuti  al  servizio  di«  que'  mar- 
chesi ,  e  stabilitisi  in  Gasale:  di  essi  fu  Guidetto  consigliere  di 


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S%6  CALONA 

Ciovaniìi  II  nel  i343  ;  Alessandro  prendente  del  senato  di  Ca-^ 
sale  -,  i  cavalieri  di  Malta  Ardkufto  aei  i546,  'Giovanni  Matteo 
nel  i5Sg ,  e  Giovanni  Battista  nel  iSgo. 

La  marchesa  Margherita  Paleologa  duchessa  di  Mantova  lo 
fendette  poi  a  Vespasiano  Boba  ,  che  lo  tenne  con  titolo  mar- 
chionale: da  ultimo  lo  ebbero  gli  Scotia, 

Galliano  1*  anno  1681  fu  gravemente  danneggiato  dalle  truppe 
{rancóri. 

Popolazione  25oo. 

*  GALOGNA  (  Colonia  ))  com.  tiel  mand.  di  Lesa,  prov.  di 
Pallanza,  dioc.  e  div.  di  Novara.  Dipende  dal  senato  di  Piem., 
vice-intend.  prefett.  ipot.  di  Paltànza ,  insio.  di  Arona ,  posta 
ili  Belgirate. 

È  situato  in  montagna.  Guarda  levante.  Lo  compongono  po^ 
qbi  e  meschini  abiturì. 

Vi  seqpeggiano  tre  vie  :  una  9  dal  lato  orientale ,  conduce  a 
Belgirate  ;  un'  altra ,  da  mezzodì  ^  mette  a  Comnago  ;  la  terza  y 
da  tramontana^  scorge  a  Stropino  e  Magogntno. 

Da  questi  paesi  Galogna  è  discosto  un  miglio  e  meteo  circa, 
e  miglia  sette  da  Pallanza. 

11  torrente  Pianezza  fQrniato  dalle  acque  di  ruscelli  che  na-r 
scono  in  questo  territorio  ,  dopo  averne  bagnate  le  praterie , 
va  a  metter  foce  nel  Verbano.  Non  evvi  alcun  ponte  per  tra-r 
gittarlo. 

Una  chiesa  sotto  il  titolo  di  S.  Bartolommeo,  statavi  edificata 
nel   1802  ,  fu  eretta  in  parrocchia  nel  i83o. 

Esistevi  un'oratorio  campestre  sotto  l'invocazione  di  santa 
Cristina. 

Il  piccolo  cimiterio  è  attiguo  alla  parroechiale.  Fu  costrutto 
nel  181 9. 

Vi  si  fanno  scarse  ricolte  di  segale,  patate,  castagne  ed  uve. 

Si  mantiene  una  considerevole  quantità  di  bestie  bovine  e 
di  pecore,  alle  quali  si  dà  ricovero  in  capannuccie  coperte  di 
paglia. 

Pesi  e  monete  di  Milano. 

I  terrazzani  sono  per  lo  più  di  debile  complessione  e  di 
mente  poco  svegliati». 

Popolazione  i65. 


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CALOSSO  3^7 

GALOSSO  (Calossum)  ^  com.  nel  inand.  di  Caoelli,  prov.  e 
dioc  d'  Asti,  div.  d'  Alessandria.  Dipende  dal  senato  di  Piem. , 
intend.  prefett.  ipot.  d'  Asti  y  insLn.  di  Mombercelli ,  posta  di 
CanelH. 

Giace  a  scirocco.  È  discosto  due  miglia  da  Candii,  e  nove 
da  Asti.  La  sua  via  comunale  ,  da  maestro ,  tende  a  Costigliole, 
e  indi  mette  nella  strada  provinciale  d'Acqui. 

U  ton-ente  Tinella  vi  si  tragitta  sur  un  ponte  di  legno. 

La  parrocchia  é  sotto  il  patrocinio  di  S.  Martino  vescovo  e 
confessore.  La  principal  festa  del  villaggio  si  fa  in  Onore  del 
beato  Alessandro  Saoli  nella  prima  domenica  dopo  l'ondici  di 
ottobre. 

Evvi  un'  opera  pia  stata  fondata  dall'  abate  Fogliati  che  fa 
paroco  di  questo  luogo.  Le  rendite  di  essa  valgono  a  soccorrere 
i  mendici,  e  a  dotare  povere  ed  oneste  fanciulle. 

Le  produzioni  territoriali  sono  :  frumento ,  meliga  ,  legumi , 
uve  nere  e  bianche  in  qualche  abbondanza. 

Pesi,  misure  e  monete  di  Piemonte. 

Gli  abitanti  sono  robusti  ed  industriosi. 

Cenni  sioricL  Calossa  fa  luogo  principale  dell'  antica  signo- 
ria di  Acquosana  che  dipendeva  da'  marchesi  di  Busca.  I  ^rimi' 
castellani,  o  signori,  che  detti  erano  De  CaUocio  ,  si  divisero 
in  vani  rami,  come  De'  Mantraci,  De'  Pupini  ecc. 

Dopo  aver  eglino  sottomesso  il  castello ,  e  la  terra  al  co- 
mune d'Asti  nel  1203,  associaronsi  alla  signoria  de' gentiluo- 
mini di  questa  città:  e  siccome  gli  astigiani  feudi  er&no  pure 
femminei ,  cosi  Calosso  passò  per  via  di  dt>nne  a  parecchie  no-r 
bili  astesi  famiglie.  Di  queste  furono  i  signori  di  Castellinaldo , 
i  Boschi  consignpri  di  Agliano ,  i  Cedrati  nobili  albeti ,  e 
quindi  i  Bertaldi,  i  Delia-Porta,  i  Cdisseni,  ed  i  Pelletti  cOusi- 
gnorì  di  Burio,  investiti  tutti  da  quel  comune. 

I  Bertaldi  ebbero  un  Roberto  appellato  Rossetto  ,  che  con 
Ottina  moglie  di  Robaldo  nel  i!2i7  cedetteio  allo  stesso  co- 
mune la  loro  parte  di  Calosso:  Giovanni  che  l'anno  dopò  acqui- 
stò dal  marchese  di  Busca  il  castello  della  Rocchetta,  cui  Oberto 
di  lui  figliuolo  vendette  nel  ia8o:  Freulo  consigliere  del  co- 
mune nel  12649  Roberto,  Rosso,  Baldracco,  e  Giacomo  con- 
siglicri  nel   1276. 

Ma  Roberto  e  Micolino  1'  anno  1^10  furono  scacciati  da  Asti 


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3^8  CALOSSO 

dai  Solari,  siccome  de' più  animosi  ghibellini,  e  diroccate  Ten- 
nero le  loro  case,  e  pigliata  gran  parte  dei  loro  beni.  Anzi 
perchè  contro  i  capitoli  stabiliti  col  conte  Amedeo  di  Savoja  , 
e  co»  Filippo  principe  d'Acaja  allora  capitaneo  d'Asti  non  vollero 
restituire  la  rocca  di  Masio,  ritenendola  per  conto  de'  Castelli, 
questo  principe  venne  in  tanto  sdegno,  che  li  fece  dipìngere 
capovolti  sulle  porte  della  città.  ^ 

Da  quel  tempo  i  Bertaldi  dicaddero  ;  ma  non  cosi  che  più 
feudi  ancora  non  ritenessero;  perocché  nel  i384  possedevano 
Bubbio  e  Monastero  nell'Acquese ,  cui  Bonifacio  nel  suo  testa- 
inento  di  quelj'  anno  permette  a  Roberti  no  suo  figlio  di  alie- 
nare agli  Scarampi  dei  Cairo.  Cosi  nel  14^0  si  trovano  appa- 
rentati cogli  Asìnari ,  e  con  altri  gentiluomini  astigiani. 

De'  Cerrati  furono  Robaldo  consigliere  d'  Alba  nel  1198  ,  il 
quale  sei  anni  dopo  giurava  per  questa  città  la  tregua  con 
A!»ti  :  Guglielmo  ,  e  Fulcone  consiglieri  nominati  nel  trattato 
di  pace  del  1228  fra  i  due  comuni,  mentre  era  consignore  di 
Calosso  un  Oggeror  Guidone  eletto  arbitro  con  titolo  di  Si- 
gnore nel  i25i  tra  Savigliano  e  Lavaldigi:  Vernerò  accennato 
con  tltqlo  dj  consigliere  nella  lega  del  1^40  tra  Alba  e  Cuneo, 
mentile  di  quest'  ultimo  comune  era  capitaneo  Rinaldo. 

Paolo,  chiarissimo  poeta  latino,  dettò  tre  libri  in  versi  De  Vir^ 
giniiatey  che  furono  ammirati  per  facilità  virgiliana,  edmiepita-f 
lamio  per  le  nozze  di  Guglieliiio  Paleolo^o  con  Anna  d'Aleii^on. 
(V.  Alba):  Giovanni  Vincenzo  giureconsulto  assai  chiaro,  i  cui 
consigli  vennero  stampati  in  una  pregiata  raccolta  di  consigli 
legali.  Quelito  casato  mancò  nel  sepolo  xvn, 

I  nobili  Delia-Porta  furono  consignori  di  Calosso  nel  1^20. 
Ebbero  innanzi  a  questo  tempo  in  Asti  le  prime  onoranze.  Gir 
ribaldo  nel  1188  eravi  console  di  giustizia;  Alberto  nel  i.ao4y 
e  Simbono  nel  1221  vi  erano  consiglieri.  Andrea,  Bartolom- 
meo.  Marco  ed  Odone  insieme  con  Agnese  vendette! o  Calosso 
ad  Asti  nel  1245.  Scapino  ne  fu  consigliere  l'anno  1276;  Gu- 
glielmo e  Giacomo  lo  furono  quattordici  anni  dopo:  a  costoro 
succedettero  altri  della  stessa  prosapia  ,  che  di  questa  citta  fu- 
rono consoli,  rettori  ,  decurioni. 

Fiorirono  in  altre  parti  del  Piemonte  antichi  noblH  Delia-Porta, 
massime  in  Vercelli,  e  nel  contado  di  Casteilainonte,  dei  quali  non 
fu  comune  la  provenienza:  si  farà  cenno  di  loro  al  proprio  luogo. 


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CAtTIGNAGA  329 

Da  questi  casati  passò  Calosso  a'  Rotarli  o  Roeri,  consignori 
di  Mpnteacuto  o  Monteu^  e  di  Santo  Stefano,  i  quali  lo  pos- 
sedettero dappoi  con  titolo  comitale. 

Il  beato  Alessandro  Sauli  vescovo  di  Pavia  terminò  la  sua 
mortale  carriera  in  questo  villaggio ,  ov'  erasi  condotto  per  vi- 
sitare quella  parte  della  sua  dioce.si.  La  cauiera  del  castello, 
•spettante  al  marchese  di  Roero-Cortanze ,  nella  quale  a' di  un<f^ 
dici  di  ott  bre  del  i5gi  mori  il  venerabile  prelato ,  venne  po^ 
scia  convertita  in  pubblico  oratorio ,  nel  quale  si  legge  la  se- 
guente iscri?^ione: 

T£N    .   ALEXANDER    .   SiVLIVS    .   EPISCOPVS    .   PP 

IN    •    VISITATIONE    .    DIOECESANA    .    ELABOBAHS 

AB  •  HAC  .  AVLA  .AD..  COELVM  .  EVOLA  VlT 

ARNO    •    1592    .    DIE    .    H.*    .    OCTODRIS 

GVIVS   •    BEI    .    MBMOBIAM    .    EXPBIMENDAM    .    CVRAVIT 

LAVEEirriVa    .    TBOTTVS    .    ABCHlEPiSCOf VS    .    EPISCOPVS    .    PP 

IR  .  ACTV  .  SVAE  .  VISITATIORIS  .  ARNO  .    l683   .  DIE.  .    P.*    .    7.BBIS 

YT    .    VARpEW    .   ATtAM   .    A   .   D  .  MARCHIORE   .    DE    .     ROTABllS 

BVIVS    .    OPPIDI    .    COMITE    .  .  DECOBATAM 

HOC    .    MORVMERTO    .    QVOQVE    .    REDOEBET 

VERERABIUSM 

Popolazione  2173. 

*  CALTIGNAGA  (Cahiniaca) ,  com.  nel  mand.  di  Momo,prov. 

dloc.  div.  di  Novara.    Dipende   dal    senato   di   Plein,  j    intend. 

■  gen.  prefett.  ipot.  di  Novara,  insin.  d'Oleggio,  posta  di  Momo. 

Fu  ima  delle  terre  da  Galeazzo  Visconti  signor  di  Milano 
lirsa  e  distrutta  per  allontanare  da  quel  paese  le  feroci  ma-i 
snade  inglesi  al  servìzio  del  marchese  di  Monferrato. 

Lo  ebbero  in  feudo  insieme  con  Isarno,  Codemonte ,  e  So- 
lagna  i  conti  Bertrami  di  Milano. 

Sta  sulla  via  provinciale,  che  da  Novara  mette  a  Borgomanero ,. 
in  distanza  di  tre  miglia  di  Piemonte  da  Novara  e  da  Momo. 

Da  levante  vi  passa  il  torrente  Terdoppio,  e  da  ponente  il 
fiume  Agogna. 

Evvi   una  pubblica   scuola  elementare  di  lettura,  scrittura, ^ 
ed  aritmetica. 

11  vecchio  castello  di  questo  luogo  già  munito  di  torri ,  e 
circondato  di  fosse  é  di  presente  ridotto  ad  usp  di  magazzini, 
f  di  private  abitazioni* 


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33o  CALUSO 

La  parrocchiale,  sotto  l'invocazione  di  N.  D.  Assunta  in  cielo, 
é  governata  da  un  sacerdote ,  che  vi  ha  il  titolo  di  prefetto;  è 
matrice  di  tutto  il  vicariato  ,  che  estendesi  sino  a  M<mio  in- 
clusiva mente. 

I  prodotti  del  territorio  sono  :  fromento  ,  riso ,  meliga ,  se- 
gale ,  uve  j  noci ,  canapa ,  lino  ,  e  poco  bestiame  :  vi  abbonda 
la  legna  da  bruciare  :  i  cacciatori  vi  trovano  molte  anitre  sel- 
vatiche,  beccaccie,  pernici  e  lepri. 

Pesi,  misure,  e  monete  novaresi. 

Gli  abitanti  sono  mezzanamente  robusti. 

Attendono  pressoché  tutti  all'agricoltura. 

Popolazione  5io. 

CALUSO  {Calusiuin)f  capo-luogo  di  mandamento  nella  prov, 
e  dioc.  d'Ivrea  ,  div.  di  Torino.  Dipende  dal  senato  di  Piem., 
intend.  prefelt.  ipot.  d' Ivrea  ,  insin .  di  Strambino.  Ha  la 
giudicatura,  l'ufficio  di  posta  delle  lettere,  ed  una  stazione  di 
cavalli  in  posta. 

Gli  sono  unite  le  frazioni  di  Rodallo  ,  Vallo,  Are,  e  Ca- 
rolina. 

Come  capo  di  mandamento  ha  soggetti  i  seguenti  villaggi  :  Baro-* 
ne  ^  Candìa  ,  Mazze,  Montalenghe,  ed  Orio. 

La  parrocchiale  è  arcipretura  sotto  il  titolo  de'  s$.  martiri 
Calocero ,  e  Andrea  apostolo.  £ssa  é  antica  ,  ed  ha  un  cam-^ 
panile  molto  elevato. 

Sulla  cima  d'un  vicino  balso  eravi  anticamente  una  fortez- 
sa  ,  dì  cui  stanno  ancora  in  pi^  due  alte  muraglie  a  ponente 
e  settentrione  ;  le  quali  sono  di  tanta  spessita  ,  che  sovr'esse 
camminar  potrebbero  comodamente  due  cavalli  di  fronte. 

Vi  sorge  a  tramontana  una  collina  feracissima  di  viti. 

II  paese  è  intersecato  dalla  via  provinciale  che  da  Torino 
conduce  ad  Ivrea.  È  distante  otto  miglia  dal  suo  capo  di  pro- 
vincia ,  e  quindici  dalla  capitale. 

Nel  i54o  ebbe  vi  stanza  un  corpo  di  truppe  francesi  sotto  il 
comando  del  maresciallo  Brissac ,  il  quale  vi  fece  derivare  dal- 
l'Orco l'esistente  canale  ,  che  attraversa  Caluso  ed  il  suo  ter- 
ritorio. 

Vi  esistono  anche  due  confraiernitc  e  quattro  piccole 
chiese. 

Non  evvi  villaggio  in  Piemonte  ^  in    cui    facciasi    con  tanta 


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CALUSO  33 1 

pompa  come  in  Caluso  la  processione  del  Corpus  Domiu):  cbé 
quivi  le  coDti^ade,  per  ov'essa  dee  passare,  sono  tutte  coperte 
di  ampie  tele  ,  e  coperte  si  veggono  di  ricchi  tappeti  e  dì  be- 
gli arazzi  le  pareti  esterne  di  tutte  le  case. 

Yi  sono  degni  di  riguardo  Hr  palazzo  e  gli  attigui ,  giar£i&i 
spettanti  al  conte  della  Trinità. 

£tvì  un  collegio  ,  nel  quale  s'insegna  fino  alla  reltorìca  ^ 
cento  alunni.  Bellissima  è  la  sua  positnra.  Gli  è  unito  un  vasto 
giardino. 

Frequentissima  di,  gente  è  sempre  la  fiera  detta  di  S.  tVico<' 
lao ,  che  si  fa  in  questo  capo  di  mandamento  :  essa  dura  Ut 
giorni  ;  e  se  il  tempo  lo  acconsente  j  anche  tutta  una  set-* 
timana. 

I  prodotti  del  territorio  sodo  :  ftomento ,  segale ,  meliga  , 
uve  ,  e  frutta  di  ogni  qualità. 

Un  bosco  di  5oo  e  più  giornate  é  proprio  della  comunità, 

S'v  mantengono  molte  bestie  bovine  ,  e  molti  tavatti. 

Caluso  è  rinomato  per  la  copia  e  la  squisita  bontà  de'  suoi 
vini,  che ,  massime  i  bianchi ,  ti  si  fanno  con  particolarissima 
cura. 

Quivi  passa  la  diligenza  che  du  Torìtio  mette  ad  Ivrea  e  vi-  . 
ce versa. 

Gli  abitanti  sono  'robusti ,  e  quasi  tutti  applicati  ai  lavori 
della  campagna. 

Popolazione  56o. 

Cenni  storicL  Caluso  fu  nobile  e  fòrte  borgo  de'  signori  del 
Canavese  ,  discendenti  da  quel  f^ido  rfc'  CanayisiOj  che  tedesl 
sottoscritto  al  diploma  di  Arrigo  IV  del  mi  in  favor  di  To- 
rino in  un  con  Raniero  marchese  di  Monferrato  ,  con  Alberto 
}I  di  Biatidrate  ,  e  con  Manfredo  di  Romagnanò. 

Dacché  sì  divisero  que'  signori  in  due  rami  principali  di  YaU 
perga  e  di  S.  Martino  ,  rimase  Caluso  sotto  la  giurisdiziotie 
dei  primi. 

Venne  quindi  per  via  di  maritaggi  a' conti  di  Blahdrate,  sottu 
i  quali  eranvi  castellani ,  di  cui  in  un  contratto  del  1124  tra 
Federico  II  imperatore  y  e  Guglielmo  di  Monferrato  si  legge  -. 
9 ut  tenent  castellwn  de  Calugine*  Di  costoro  fu  Contado  Lungo 
eziandio  signore  di  Settimo  Torinese  y  del  quale  si  fa  cenno 
nel    trattato    di   alleanza    conchiuso  nel    1229  tra    il  comune 


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33»  CALUSO 

dlvrea  da  una  parte,  e  dall'altra  il  marchese  di  Monferrato, 
Goffredo  di  Biandrate  ,  ed  i  conti  del  Canavese  coi  loro  ca- 
stellani. 

Intanto  i  vescovi  d'Ivrea  ,  die  dopo  Testinzione  di  quegli 
ultimi  inaicliesi  ebbero  da^li  iinj.eratori  la  teui|.orule  (-iuri- 
sdiz'.one  sopra  il  contado,  per  coiiservaruela,  suii'euduto  aveano 
nel  1337  6**^"  parte  di  quo! le  terre  al  marchese  di  Monfer- 
rato, di  cui  M  ha  il  vassallaggio  alla  chiesa  d'Ivrea  rei  ia44* 
Era  il  territorio  suo  in  quel  tempo  per  coltura  cosi  ferace, 
che  le  biade  raccoltevi  in  una  sola  annata  bastavano  ,  al  dir 
dell' Azario,  per  dieci  anni  al  bisogno  degli  abitanti. 

li  tragico  6ae  del  marchese  Guglielmo  di  Monferrato  che 
gli  Alessandrini  fecero  morir  di  stento  nella  loro  città  Tanno 
1390,  die  luogo  a' gravi  moti  de'  Guelfi  nella  Lombardia,  nel 
Monferrato  ,  in  Piemonte  ,  e  nel  Canavese  ;  perocché  era  egU 
grande  capo  della  parte  ghibellina  nelle  dette  contrade  :  onde 
avvennero  quelle  lu  ighe  ,  e  feroci  guerre,  delle  quali  cantòi 
rAli^hieri  nel  7.^  del  Purgatorio  : 

Quel  che  più  basso  tra  costor  s'atterra 
Guardando  in  suso  e  Guglielmo   marchese  , 
Per  cui  Alessandria  e  la  sua  guerra 
fa.  pianger  Monferrato  e  '1  Canavese. 

F'.  Alessandria  ,  Acqui  ,  Asti. 
Nel   Piemonte   capo    di  Guelfi   era    il    principe    d'Acaja  ,  it 
quale  eccitato  d^ai  Guelfi  del  Canavese  occupò  la  gro>sa    terra 
di  Caluso   per  cambio  di    altre    terre  in  Piemonte  fattone  col 
signore  di  essa  che  era  un  conte  di  Biandrate. 

In  Caluso  non  esisteva  in  allora  un  solo  Guelfo  ;  ma  con 
tanta  benignità  si  adoperò  il  principe  verso  i  Calusini,  ch'eglino 
^utti  divennero  Guelfi,  e  lo  ajutarono  a  circondate  di  forti 
muraglie  l'occupato  hor^o.  Lo  ricuperarono  i  liiarchesi  di  Mon- 
ferrato ,  e  d.tf.ttto  nel  iSao  un  Uberto  signore  di  Caluso  in- 
terviene al  parlamento  di  Chivasso  come  vassallo  di  quelli. 
Sottrattosi  di  bel  nuovo  questo  luo^o  dall'ubbidienza  loro,  il 
marchese  Giovanni  profittando  delle  discordie  insoite  fra  i  conti 
di  Valperga  Ghibellini,  e  qu^'  di  S.  Martino  Guelfi,  Io  riacquistò 
(1339)  ^^^  ^'^^^  ^^''^^  >  ^^  ottenne  che  Cai  lo  lY  imperatore 
con  diploma  del  i355  gliene  confermasse  il  possedimento.  Per- 
dutolo di  nuovo,  in  giugno  del  i363  porto^si  ad    invadere    il 


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CALUSO  333 

Canavese  con  trecento  Barbute ,  o  cavalieri  coperti  il  capo  d'el- 
metti y  e  venne  sopra  Caluso  con  animo  risoluto  di  averlo  ad 
ogni  costo-,  loccbè  non  avendo  egli  potuto  conseguire,  fé' re-^ 
cidere  le  biade,  ed  atterrare  tutti  i  vigneti  del  territorio.  Tor- 
natovi un'altra  volta,  perché  i  Calusini ,  suoi  infensi  nemici^ 
recavano  molti  danni  a  Chivasso  ed  alle  vicine  terre ,  vi  trovò 
già  fatte  all'intorno  le  seconde  ricolte  ,  e  seppe ,  che  dentro  il 
paese  erasi  raccolto  il  fiore  della  parte  Guelfa  venutovi  da 
Ivrea,  e  da  tutto  il  Canavese» 

Ivi  stavano  Martino  de'  S.  Martini  il  più  potente  \  Bar-' 
tolommeo  signore  di  Strambino  ,  e  insieme  con  Pietro  della 
Strìa  molti  de'  nobili  Tacitanti  d'  Ivrea.  £«^lino  tutti  ebbero 
tale  fidanza  nel  proprio  valore ,  che  ,  calato  il  ponte  le- 
vatojo  ,  aprirono  le  porte  al  marchese  ,  provocandolo  ad 
entrarvi.  Punto  egli  per  questo  in  sul  vivo  ,  e  confortati  in 
nome  di  Dio  e  di  S.  Giorgio  i  suoi  militi  ,  entrovvi  con  im-» 
peto  grande  ;  ma  pervenuto  in  sulla  piazza  posta  nel  sito  più 
elevato  della  via  ,  che  direttamente  ad  essa  conduce  ,  da 
quella  superiorità  di;  luogo  ,  e  dulie  contrade  laterali  ,  fu 
cosi  gagliardamente  a.<:salito  che  dovette  retrocedere  con  molta 
perdita  de'  suoi.  Irritato  per  tale  rotta  ,  con  fresche  genti  ar-^ 
mate  di  pavese  ,  gettossi  con  gran  tumulto  un'altra  volta  nella 
terra  ,  ma  funne  cacciato  con  più  danno  dì  prima.  Pensò  al^ 
lora  di  aggiunger  l'arte  al  valore  ;  ed  in  un  terzo  assalto  cosi 
dispose  i  suoi ,  che  i  primi  occupassero  la  porta  col  sovrap- 
posto torrione,  entrassero  ì  secondi  per  le  vie  laterali,  appiC'^ 
cando  il  fuoco  alle  case,  e  i  più  prodi  movendo  per  la  diritta 
contrada  assaltassero  la  piazza.  Accorsi  di  fatto  in  gran  parte 
i  difensori  al  riparo  degl'incendi  ,  si  trovarono  in  minor  nu- 
mero sulla  piazza  incontro  all'assalto  dell'ultima  squadra  ,  che 
tramezzo  a  quelli  urtando,  ne  li  sconfisse  per  modo,  che  pochi 
a  mala  pena  ripararono  nella  rocca  y  la  quale  fu  tostamente 
circondata. 

Mancando  la  rocca  di  munizioni  ,  i  più  risoluti  fra  coloro  j 
ch'erano  rifuggiti  in  essa,  apertasi  nella  notte  una  muraglia, 
si  salvarono  nella  campagna  ,  mentre  le  genti  dell'aggressore 
nel  sonno  immerse  per  la  passata  gozzoviglia  ,  ne  guardavano 
le  sole  porte.  1  Guelfi^  che  la  fuga  degli  altri  ignoravano  ,  al 
marchese  Pindomane  arresero  la  fortezza. 


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334  CALUSO 

Questo  prospero  avvenimento  gli  accrebbe  nel  Canavese  ade- 
Tifati  e  rinouianza  ;  4  tal  che  vepnegli  fatto  di  aprirsi  la  strada 
ad  occupare  albr«  terse  lungo  le  Alpi,  e  dentro  le  valli  insino 
alla  Dora  Ripa  rìa. , Dopo  tale  epoca  i  marchesi  eressero  Caluso 
a  capo  dulia  coi^tea  di  questo  nouie. 

Già  dal  principio  di  quel  secolo  i  Conti  di  Savoja  erano  pa- 
droni della  città  d'Ivrea ,  e  dal  suo  contado ,  allorché  Amedeo 
YIII  nel  1393  venuto  d'oltrementi  con  grosso  esercito,  tentò, 
col  favor  di  un  borghese  per  nome  Giacomo  Cossato ,  d'inipa- 
dronirsene  ;  ma  per  quella  volta  gli  andò  a  vuoto  l'impresa. 
L'  ebbe'  finalmente  per  trattato  dal  marchese  Gian  Giacomo 
nel    1435. 

Sotto  i  Duchi  di  Savoja  Caluso  dai  conti  di  Valperga  passò 
per  contratto  di  noóe  a  Gherardo  Scaglia  di  Biella  conte  di 
Terrua ,  e  signore  di  altri  feudi  ,  il  quale  ebbelo  con  titolo  di 
marchesato  ver^o  il  fine  di  quel  secolo. 

Sul  principio  del  ivu  ,  Alessandro  de'  signori  D' Orio ,  Can-^ 
dia  e  Castiglione,  niinor  conventuale,  avendo  voluto  fondare  in 
Casale  patria  de'  suoi  un  convento  del  suo  ordine,  vi  trovò  in 
que'  cittadini  una  forte  opposizione  ;  ma  gli  prestarono  favore 
in  Caluso  il  marchese  Scaglia  e  la  comunità.  La  scelta  del 
luogo  ritardò  l'opera ,  che  dopo  la  morte  di  lui  fu  eseguita  dal 
padre  Carri  casalasco  col  concorso  delia  marchesa  Scaglia ,  del 
vescovo  Ceva  d'Ivrea  e  del  paroco  Demorra. 

Questo  insigne  borgo  ritornò  in  fine  al  easatQ  Yalperga  della 
linea  di  Masinp. 

La  famiglia  de'  MQri;a  di  Caluso  vantò  eccellenti  giurecon- 
sulti. /^.  Chinasse. 

Il  casato  de'  Valperga  ebbe  a'  di  nostri  il  celeberrimo  abate 
di  Caluso  ,  della  cui  vita  riferiremo  le  principali  notizie  rica- 
vate dai  cenni  storici  che  ne  scrisse  Tabate  Lodovico  Aiborìo 
Gattina ra  di  Breme. 

Tommaso  Valpergaiigdi  Caluso,  dei  conti  Valperga  di  Masino^ 
nacque  io  Torino  nel  1787.  Nella  sua  più  giovanile  età  fu 
mandato  paggio  del  gran  maestro  Gerosolimitano  in  Malta  f 
d'onde  passò  nel  collegio  Naztarejio  di  Roma.  Venutagli  quivi 
per  sorte  tra  le  mani  una  storia  di  Maurizio  ,  maresciallo  di 
Sassonia,  sentissi,  egli  stimolar  forte  da  quella  lettura  alla  glo« 
ria  dell'armi. 


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CALUSO  335 

A  coDipiacere  pertanto  in  qualche  maniera  cotesto  iippulso, 
sali  nel  1754  sulle  galee  del  re  di  Sardegna. 

A  Nizza ,  ove  l'equipaggio  avea  stazione  ,  alcuni  padri  ge<*> 
suiti  f  addoccbiato  un  si  beli'  ingegno  ,  lo  riscaldarono  cosi 
d'amore  della  vita  loro,  da  ridurlo  in  forse  ,  se  non  avrebbe 
abbracciato  quell'istituto  ;  ma  recatosi  in  su  quelle  a  Toriuo , 
lo  scorgervi,  che  già  vi  si  era  voluto  dare  un  aspetto  di  feimo 
proposito  a  una  poco  più  che  velleità ,  cospirò  colle  dissuasioni 
d'un  suo  fratello  abate  nel  fargli  voltar  consiglio:  del  tutto  poi 
fuori  di  quel  pensiero  lo  portò  alcuna  prova  felicemente  su- 
scitagli in  quei  giorni  per  applicare  da  se  quel  tanto  >  che 
aveva  imparato  di  matematica  in  Malta,  alle  scienze  astro* 
noniiche. 

Da  quello  studio  attinse  brama  d'impratichirsi  delle  dottrine 
nautiche,  e  ravvisando  nella  impresa  delle  carovane  una  op« 
portunità  d  impiegarsi  nel  servizio  di  mare,,  si  ricondusse  in 
Malta  a  darvi  principio. 

Si  stava  svernando  nelle  acque  di  Palenno  ,  quando  in  sul 
finire  d'un  assai  g^jo  carnevale  ivi  goduto,  conobbe  un. egregio 
prete  filippino ,  di  cui  Io  colpirono  altamente  la  dottrina ,  la 
modestia,  e  le  soavi  maniere.  Il  tornare  in  patria,  deportile 
insegne  cavalleresche ,  ricondursi  a  Napoli ,  e  professarvi  nel* 
l'età  sua  di  a4  anni  il  sacerdozio  tra  i  cherici-secolari  filippini  ^ 
fu  tutt'una  serie  di  cose. 

Recava  egli  già  seco  fin  d'allora  una  dovizia  di  dottrine. 
Quei  preti  lo  '  destinarono  ben  tosto  a  bibliotecario ,  e  poscia 
a  professore  di  teologia  ;  cessando  cosi,  ad  onor  suo,  l'uso  di 
chiamar  un  estraneo  a  quest'ufizio. 

£i  venne  impiegando  qu^li  anni  nell'accumulfire  un  iqcre^ 
dibile  corredp  di  ecclesiastica  ,  e  d'ogni  propinqua  erudizione, 
facendo  del  pari  procedere  l'esame  dei  due  testamenti  con 
quello  delle  cristiane  tiadizioni..  Costumò  ad  un  tempo  inge-> 
nuamente  la  sua  vita  sull'idea  della  claustrale  austerità.,  e  fu 
oltre  ogni  dire  osservante  del  più  rigoroso  contegno. 

Un  politico  accorgimento  di  quel  governo  ,  escludendo  nel 
1 768  i  forastieri  dalle  congregazioni  religiose  ,  egli  rimpatriò 
nel  seguente  anno. 

Fu  veramente  ammirabile  il  tesoro  delle  sue  cognizioni. 
Versò  nelle  sublimi  matematiche  astratte  ed  applicate  all'astro^ 


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336  CALUSO 

noinia  ,  alla  dottrina  del  tempi  ,  ed  alla  navigazione.  Toccò 
il  fondo  di  ogni  più  i^condita  erudizione  poliglotta  ,  e  dettò 
in  ispecie  di  coptica  e  di  ebraica  ,  tutte  le  a£Eni  lingue  chia- 
mando in  sussidio  di  quelle  \  impareggiabile  nel  rintracciare  là 
più  astrusa  genesi  delle  voci  orientali  ,  e  in  ricondurlé  alle 
materne  radici.  Sparse  grandi  lumi  di  filologia  greca  e  latina, 
fecondi  d'ogni  più  arcana  erudizione.  Raccolse  molte  preziose 
osservazioni  ,  e  pratici  avvedimenti  sfuggiti  ai  tanti  precettori 
di  poetica  italiana,  e  ne  formò  tre  sugosi,  giovevolissimi  libri. 

Fu  modello  di  critica  nel  narrare  di  storia  letteraria.  Scherzò 
con  classica  festività  colla  musa  epico-comica  \  e  destò  frequenti 
suoni  dalla  lira  e  dalla  tibia  latina  e  toscana  :  il  suo  cai  me 
italiano  è  maestro  talvolta  di  profonda  sapienza  ;  e  ovidiane 
sono  veramente  quelle  lagrime  ,  onde  Turna  cosparse  di  tal 
donna  ,  che  ,  sebben  destinata  a  molti  omaggi  dalla  regal  sua 
fortuna ,  sembrò ,  che  tutti  se  li  attraesse  cogli  squisit-ssimi 
pregi  suoi.  Dei  versi  greci  di  Tommaso  di  Cai  uso  ,  ^li  stam- 
pati sono  i  più  pochi.  Le  lettere  francesi ,  spagnuole  ed  inglesi 
niun  carattere  vantano  coi»i  indigeno  ,  niuna  cosi  propria  loro 
bellezza,  di  cui  non  avesse  un  pieno  discernimento.  Serbò  per 
l'ultimo  stadio  di  sua  carriera  ,  e  come  a  corona  di  tanti  par- 
ticolari lavori  ed  insegnamenti ,  un'opera  di  razionale  filosofia, 
in  lingua  francese  ,  monumento  della  più  rigorosa  e  robusta 
metafisica. 

Fluirono  i  giorni  suoi  nella  dolcezza  della  più  schietta  ami- 
cizia. Oltre  alia  compagnia  de' suoi  cari,  che  la  comune  patria 
adunava  ,  egli  andò,  sino  all'ultimo,  quegli  altri  ricercando 
che  vivevano  in  terra  straniera.  Più  di  tiitto  lo  allettò  in  ogni 
teuipo  a  frequenti  viaggi  quello  strettissimo  suo  e  celebre  af- 
fetto per  Alfieri  ,  che  ebbe  i  suoi  princtpii  nell'anno  1772  iti 
Lisbona.  «  Epoca  sempre  memorab.le  e  caia ,  dice  ti  ^ran  tra- 
gico ,  per  avervi  io  imparalo  a  conoscere  l'abate  Tommaso 
di  Caluso  «. 

Dolce  a  chi  legge  la  vita  del  Sofocle  nostro,  è  quel  frequentò 
trovarvi  il  nome  del  Caluso  non  mai  disgiunto  dagli  epiteti  di 
carissimo  ,  d*  uom  unico  ,  d'ottimo  degli  uomini  ,  d' incom- 
parabile. 

L'abate  di  Caluso  volontieri  associò  la  propria  fama  a  quella 
dell'accademia  delle  scienze  5  della  cui  gloria  fu  intrepido  prcM 


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CALVIGNANO  33^ 

pugnatore  ne'  inen  prosperi  destìni  di  lei.  Associoìla  non  mcDO 
air  università  di  Torino  ,  e  mostrò  quanto  affetto  avesse  per  lei , 
chiamandola  erede  di  tulta  la  esimia  suppellettile  di  libri  e  mano- 
scritti orientali,  ch'era  parto  della  doviziosissima  sua  bibfìoteca. 

La  copia  delle  idee  che  gli  si  affollavano  in  sul  principio  del 
discòrso  ,  e  ad  un  tempo  la  precauzione  di  tutte  ordinarle  nel 
modo  il  più  efficace  ,  ne  ritardavano  dapprima  la  fluidezza  ; 
ma  tosto  succedevansi  con  luminoso  incatenamento  le  sentenze, 
e  questo  aveva  di  fruttuoso  e  di  mirabile  la  parola  di  lui,  che 
uno  si  credeva  in  udirlo  poco  mén  che  sollevato  ad  uguale 
intelligenza. 

Equanime  ,  temperantissinio  godè  sempre  di  tutto  il  suo  vi- 
gore )  e  non  fu  veduta  mai  una  p!:ù- fiorente  vecchiezza  ,  e  che 
promettesse  più  felice  longevità  oltre  gli  anni  ;  in  cui  cadde 
mortalmente  infermo.  Appena  ebbe  riconosciuta  l'insistenza 
della  febbre  in  questa  gagliarda  malattia  di  soli  sette  giorni  , 
che  fu  la  seconda  in  tutta  la  sua  vita  ,  volle  esset  munito  di 
tutti  i  conforti  della  religionei  Ringraziò  Iddio  del  lungo,  tran- 
quillo ,  ed  onorato  corso  concedutogli^  trasparendogli  dal  Volto 
la  letizia  della  dignitosa  e  netta  coscienza. 

Mori  in  Torino  il  primo  d'^aprile  dell'anno  j8i5,  nell'età 
d'anni  77,  giorni  io.   * 

Fu  presideate  della  classe  di  scienze  nell'àccaden^ia  :di  scienze 
e  lettere  di  Torino,  professoi^e  di  lingue  orientali,  direttore 
dell'osservatorio  astronomico  e  membro  del  gran  consiglio  iii 
questa  università  ;  fu  della  società  italiana  ,  dell'accademia 
tiberina,  pastor  arcade,  corrispondente  «all'istituto  dH  Francia, 
e  membro  della  legion  d'onore,      t 

Per  le  pubbliche  esequie  di  lui  vennero  dal  celebre  Vernazta 
dettate  iscrizioni  belìissirnij ,  e  piene  di' verità *,  una  delle  quali 
giova  qui  riportare,  affinchè  meglio  si  sappia  qual  fosse  Tanimo 
dell'immortale  Cai  uso. 

lENITATIS  .  ET   MISEàlCOBDlAB  .  PARTSS  .  ÈGIt  .  LlBENTBB 
.    .  OMNIA  .  ET  .  LEPOS  .  ET  .  HVXANrrAS 

ET  .  INNOGENTIA  .  ET  .  VITAE  .  OIGNITAS  .  DECÒBABAT 

.  *  CÀLVIGISANO  (Calnnianum)^  com.  nd  mand;  di  MohtattOj 
prov.  di  Voghera  ,  dioc^  di  Tortmia  ,  dit.  di  Alessandria.  Di-^ 
pende  dal  senato  di  ^icm»  ,1  intenda  prefett.  ipot;  di  Voghe-< 
ra  ,  insin.  e  posta  di  Gasteggio. 

Dizioru  s^ogr.  ecc.  Voi.  III.-  a:* 


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338  CALVISIO 

Fu  contado  posseduto  dal  Faatonì  di  Pavia  ,  e  dai  Masio  di 
Possano. 

Due  vie  attraversano  questo  codiane  ^  una  nella  direzfone  da 
levante  a  ponente  divide  il  territorio  quasi  per  metà  y  e  conduce 
sul  dosso  della  sua  collina:  l'altra  da  meszodi  a  tramontana  scorge 
al  monte  Geresino ,  o  Cesarino.  La  prima  via  mette  a  Montalto 
discosto  un  miglia  e  mezzo ,  ed  a  Gasteggio  lontano  tre  miglia. 

Vi  passa ,  dirigendosi  da  levante  a  ponente,  il  torrente  Chiara 
che  ha  foce  nel  Po. 

U  monte  Cesarino  é  tutto  coperto  di  roveri,  dì  altre  piante 
d'alto  fusto  ,  e  soprattutto  di  castagni. 

Sulla  sua  cima  esisteva  nei  tempi  andati  una  chiesa  con  at- 
tiguo romitorio ,  di  cui  9Ì  scopersero  le  regolari  fondamenta  in 
occasione  che  il  conte  Fantoni  di  Pavia  fece  costrurre  m  quel 
luogo  una  deliziosa  villuccia. 

La  parrocchia  é  consecrata  a  s.  Martino*  Il  paroco  gode  un 
supplemento  di  congrua  di  lire  239. 

I  prodotti  territoriali  sono  fromento,  meliga  ,  legumi ,  uve/ 
fieno,  canapa,  castagne,  foglia  di  gelsi,  buone  frutta  di  varie 
specie ,  e  legna iM  da  costruzione. 

II  terreno  coltivata  è  di  ettari  4^1  ,  quello  sterile  ed  incolto 
di  ettari  5a  ,  le  foreste  particolari  occupano  lo  spazio  di  ettari 
aoo  ,  le  pi^ludi ,  gli  itagni  ed  i  torrenti  quello  di  1^. 

Dalla  legna  d^  costruzione  ricavavasi  ogni  anno  la  somma' 
di  lire  3oo,  da  quella  da  bruciare  i33o.'  Si  fanno  'jSo  etto-* 
lltii  di  vino.  Gli  abitanti  traggono  pure  un  guadagno  d!ai 
tartufi  e  dai  funghi,  di  che  abbonda  il  territorio. 

Mantengono  da  64  buoi ,  e  «n  plccio)  nùmero  di  vacche  , 
montoni,  pecore  e  mapli. 

Sono  eglino  robusti^  e  quasi  tutti  aq[>plicati  ai  lavora  campestii. 

Popolazione  3oo. 

*  CALVISIO  {Calvisìum)^  com.  nel  raand.di  Finale,  prov^ 
d'  Albenga ,  dioc.  di  Savona ,  div.  di  Genova.  Dipende  dal  se- 
nato di  Genova,  vice-intend.  d' Albenga ,  prefett.  insin.  ipot.  e 
po*sta  di  Finale. 

È  situato  parte  in  collina  e  parte  in  pianura,  alla  distenza 
di  un  mìglio  dal  mare,  verso  Giovo,  e  di  16  miglia  da  Al- 
benga. Sono  frazioni ,  o  quartieri  di  questo  comune  Verzi , 
Bricco,  Costa,  Cremata  vecchia,  Fiumara ,  Buonviaggio. 


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CALVISIO  33^ 

Vi  passa  la  strada  corouDale^  che  da  Giovo  conduce  a  Scrìal- 
pta  e  Final^mariiui. 

Il  torrente  Sciusa  ne  attraversa  il  territorio:  esso  ba  le 
fonti  verso  .il  luogo  di  Perti,  non  gli  soprastà  che  un  solo 
ponte:  le  sue  acque  non  sono  feconde  di  pesci:  mette  foce  nel 
mare. 

La  vìa  che  guida  ai  monti  denominati  di  S.  Bernardino, 
Tolla  Vareginà,  Bricco  della  Croce,  Legnerìo,  Connei  e  Punei, 
si  può  praticare  col  carri  fino  alle  loro  sommità  :  ina  quella  i 
che  mette  a  Rocca  di  Corno ,  Bricco  degli  Uccelli ,  e  Rocca 
Stisera,  non  é  che  un  sentiero  molto  disastroso. 

Ti  esìstono  due  fornaci  da  calce:  una  nel  sito  detto  Bricco, 
«la  quale  è  da  gran  tempo  negletta-,  1'  altra   è  posta   nel  luogo 
denominato  Punei:  in  questa  si  lavora  due  volte   nelPanno. 

Il  quartiere  di  Versi  prima  del  i8o5  era  separato  dal  co- 
inune  di  Calvisid. 

Vi  sono  due  chiese  parrocchiali  ;  una  sotto  V  invòcatione  di 
S.  Cipriano;  l'altra  sotto  quella  di  S.  Gennaro. 

La  prima  e  antica,  ed  abbisogna  di  non  poche  riparazioni  : 
nella  seconda  di  forma  ovale ,  adorna  di  marmi ,  e  ben  prov- 
vista di  arredi  sacri,  nel  i8lg  vennero  costrutti  T aitar  mag- 
giore ed  il  coro. 

Il  nome  di  Càlvisio  proviene  dal  inonté  Calvo.  ì  primi  abi^ 
tatori  di  esso  cominciarono  a  fabbricare  le  loro  case  verso  la 
metà  di  quel  monte  ,  ò  colle  ,  chiamandolo  Cremata,  d'  oifie 
gli  venne  il  sopranome  di  Lacrimata. 

Dalla  parte  che  tende  a  Giovo  sorge  la  collina  detta  la  Punei, 
parie  coltivata  a  campi,  e  parte  coperta  di  elei  e  di  pini. 

La  strada  che  Tattraversa  é. della  grandezza  d'un  metro  circa* 
èssa ,  dipartendosi  da  Giovo  ,  conduce  al  comune  dì  Magnone, 
ed  alle  Tagliate:  indi  passando  alle  Mallate  métte  in  Piemonte, 
Questa  via  che  anticamente  appellavaisi  Ponti,  corre  kingo  ìì 
territorio  di  Calvìsio  in  quella  parte,  ove  incoiitrasi  il  torrente 
Ponei,  valicato  da  due  antichissimi  ponti  di  pietre  quadrate, 
distanti  mezz'ora  di  cammino  1'  uno  dall'  altro  :  sono  essi  an- 
cora ai  di  nostri  degni  di  osservazione  pel*  la  loro  struttura  e 
solidità. 

Questo  torrente  non  trovasi  mai  privo  d' acqua ,  èssendo  di  con- 
tinuo àlimenftalo  da  due  i^vi  che  sc*tu#iscòno  dai  Aionli  vìéiin: 


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34o  CAMAGNA 

Sotto  il  primo  dei  detti  ponti  vedasi  una  iscrizione  già  cosi 
corrosa  dal  tempo ,  che  appena  vi  si  conosce  essere  stata  ivi 
posta  dopo  il  mille. 

Sonovi  tre  cartiere:  nella  prima,  durante  otto  mesi  dell'anbo, 
si  fa  carta  6na  ,  mezzana ,  e  straccia  :  nelle  altre  due  non  fiissi 
che  carta  straccia  durante  quattro  mesi  dell'  anno.  In  ciascuna 
di  queste  fabbriche  non  vengono  occupate  che  4  ^  ^  persone. 

Si  veggono  in  Calvisio  due  palazzi  :  uno  adorno  di  belle  pit^ 
ture  e  di  marmi  appartiene  al  conte  Oe-Ferrari  di  Final-ma- 
rina :  r  altro  eziandio  pregevole  per  la  vastità  delle  sue  ca- 
mere ,  e  pei  comodi  che  offre  ,  spetta  al  commendalore  Borea 
Ricci  d'  Albenga. 

Nel  territorio    di  Calvisio  si  mantengono  pochissime   bestie  . 
bovine. 

^La  ricchezza  più  considerevole  di  questo  comune  proviene 
dall'  olio  e  dal  vino.  L'  annuale  prodotto  dell'  olio  é  appros- 
simativamente di  600  barili,  e  di  3ooo  quello  del  vino.  ^ 

Le  altre  territoriali  produzioni  non  bastano  che  per  due  terzi 
dell'  anno  ai  bisogni  dei  terrazzani. 

La  quarta  parte  delle  terre  di  Calvisio  è  copèrta  di  selve. 

I  pesi  e  le  misure  vi  sono  ragguagliate  a  quelle  di  Genova. 

Popolazione   52i. 

*  CAMAGNA  {Camfigna  ù  Camania  Monferratenfium) ^  com. 
nel  mand.  di  Vignale,  prov.  e  dioc.  di  Casale,  div.  di  Alessan-' 
dria.  Dipende  dal  senato  di  Piem.  ,  intend.  prefett  ipot  po- 
sta di  Casale ,  insin.  di  Occimiano. 

G^rlo  Magno  diede  questo  luogo  col  suo  territorio  ed  altri 
molti  nel  Monferrato  ai  canoniti  di  S.  Martino  di  Tours  :  e 
Carlo  il  Grosso  con  diploma  dell'  887  loro  confermò  quelle 
donazioni. 

Federico  I  donavalo  a  Guglielmo  di  Monferrato  nel  1 164  ; 
e  quella  donazione  era  da  Carlo  IV  <ionferniata  nel  ^65. 

Fra  i  primi  castellani  o  signori  di  Camagna  trovasi  un  No* 
r^ndo  Sannazario  nel  1220  ,  cosi  appellato  dal  luogo  di  S*  Naz- 
zario  nel  Pavese,  di  cui  era  anche  padrone:  questi  lo  ven- 
dette poscia  ai  signori  di  Lignano  suoi  nipoti.   * 

Dal  parlamento  che  il  marchese  Teodoro  I  tenne  in  Chivassa 
l'hanno  iSig.si  rileva,  che  i  signori  e  gli  uomini  di  Camagna 
vi  vennero  obbligati  a  fornire  uh  milite  all'  esercito. 


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CAMAGNA  341 

Francesco  dì  Cotignola ,  cajpitano  del  daca  Filippo  Visconti , 
mentre  fra  questo  Duca  e  il  marchese  Gian  Giacomo  di  Mon- 
ferrato ardeva  la  guerra  nel  1431,  pigliò  e  diede  al  sacco  Ca- 
magna  ed  altre  vicine  terre  :  essa  per  altro  venne  restituita 
quattr'  anni  dopo  nella  pace  di  Torino  a  mediazione  del  co- 
gnato di  lui  Amedeo  YIII  Duca  di  Savoja.  Dopo  questo  trat- 
tato fu  di  bel  nuovo  e  meglio  fortificata  da  Ludovico  di  Sa- 
lu2zo. 

Questa  terra  appartenne  ai  conti  di  Yalperga,  poscia  ai  Boba , 
quindi  con  titolo  di  marchesato  ai  Sannazzari    ed   ai   Grisella. 

L'  unica  via  comunale  di  Gamagna  è  situata  a  ponente  ,  e 
mette  a  Gasale,  da  cui  è-7  miglia  discosto. 

Yi  corrono  due  torrenti  chiamati  uno  il  Grana,  e  1'  altro  il 
Rotaldo:  le  loro  acque  danno  moto  a  parecchi  molini. 

La  parrocchiale  è  sotto  V  invocazione  di  S.  Eusebio. 

Un'  opera  pia  ,  chiamata  Debemardi  dal  nome  del  suo  fon^ 
datore ,  vi  ha  rendite  destinate  a  dotare  povere  ed  oneste  fi- 
glie del  paese. 

Il  principate  prodotto  del  territorio  è  queHo  dell'  uve  :  che 
1200  giornate  feraci  di  bei  vigneti  forniscono  in  ogni  anno 
approssimativamente  5ooo  brente  di  vino,  cui  gli  abitanti  ven- 
dono in  Casale,  Yercelli  e  Torino, 

Pesi  e  misure  del  Monferrato. 

Popolazione  i65o. 

*  CAMAGNA  {Camagnay  o  Ctanania  Canapitientium) ^  com. 
nel  mand.  di  Rivara  ,  prov.  dioc.  e  div.  di  Torino.  Dipende  dal 
senato  di  Pieln. ,  intend.  gen.  prefett.  ipot.  di  Torino  ,  insin. 
di  Rivara,  posta  di  Rivarolo. 

I  primi  signori  dell'  antico  castello  di  Camagna  ,  che  si  co- 
noscano, eran  di  gente  Lombarda,  e  tenevano  pure  i  castelli 
di  Azeglio,  di  Corio,  della  Rocca  e  di  Barbania. 

Di  costoro  un  Yiberto,  o  Guiberto ,  figliuolo  di  Corrado,  fu 
abate  di  S.  Benigno  di  Frutluaria:  ad  esso  il  sommo  ponte- 
fice Urbano  11 ,  trovandosi  in  Asti  nell'  anno  1089,  confermò 
gli  antichi  privilegi,  e  gliene  concesse  molti  altri  estesissimi. 

Queir  abbate  di  S.  Benigno  fu  1'  anno  dopo  -  creato  vescovo 
d'  Ivrea. 

Corrado  figliuolo  di  Guidone,  fratello  di  Guiberto,  gli  succedette 
dapprima  nell'abbazia,  e  quindi  nel  vescovado  Tanno  1097. 


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34a  CAMAGNA 

Furon  eglino  vassalli  de'  primi  conti  del  Canavese  ;  mancati 
i  quali  i  conti  di  Valperga  che  n'erano  il  primo  ramo,  riu- 
piroQo  al  diretto  anche  l'utile  dominio  di  Camagna. 

Questo  piccolo  villaggio  è  discosto  un  quinto  di  miglio  dal 
suo  capo  di  mandamento;  piacevole  è  la  sua  giacitura.  Lo  cir- 
condano fecondi  vigneti. 

Quattro  ne  sono  le  comunali' vie;  una,  da  levante,  conduce 
a  Pertusio ,  quindi  a  Yalperga ,  ed  al  borgo  di  Cuorgné  ;  un' 
altra ,  da  mezzodì ,  mette  a  Rivara  ;  la  terza ,  da  ponente , 
scorge  a  Forno  ;  la  quarta  ,  da  tramontana  ,  guida  a  Pra- 
scorsoi  no. 

Sui  confini  dei  territorii  di  Camagna  e  Rivara  passa  il  tor- 
rente Yiana.  Per  agevolare  le  comunicazioni  fii'a  gli  abitanti  di 
queste  due  comunità,  si  sta  ricostruendo  su  quel  torrente,  a 
comuni  spese  ,  un  nuovo  ponte  di  cotto ,  di  cui  diede  il  di- 
segno il  cavaliere  Mosca  ingegnere  in  capo. 

Ottimi  ed  assai  piacevoli  al  gusto  sono  i  vini  cui  fornisconq 
i  feraci  colli  che  vi  stanno  da  levante  e  me«i»di. 

Di  poco  rilievo  vi  sono  i  prodotti  del  beswme. 

Si  fanno  assai  buone  ricolte  di  uve ,  grano,  segale ,  meliga, 
patate,  castagne,  noci,  e  di  altre  frutta. 

La  chiesa  parrocchiale  ^  sotto  V  invocazione  di  S.  Barto- 
lommeo.  Nella  soglia  di  questa  chiesa  vedesi  una  lapide  stata 
rinvenuta  dal  vivente  prevosto  Francesco  Perino  tra  le  ruine 
del  vecchio  castello  di  Camagna.  Essa  è  lunga  ^5  oncie,  larga 
IO:  presenta  una  figura  umana  rozzamente  scolpita,  in  basso 
rilievo,  dalla  testa  sino  al  petto,  sotto  cui  si  legge  la  seguente 
iscrizione  : 

CASSU 

Q  •  p  .  posaA 

V . A . LXV 

Prima  del  1800  la  giustizia  vi  era  amministrata  da  un  pò* 
desta  di  nomina  del  feudatario. 

11  comune  fu  poi  fatto  dipendente  dalla  giudicatura  di  Onor- 
ane: dopo  il  1806  fu  riunito  al  mandamento  di  Rivara. 

I  terrazzani  sono  di  robusta  complessione ,  ed  applicati  ai 
lavoro. 

Popolazione  807. 


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CAMANDONA  343 

*  CAMANDONA  (  Camandana)^  cani,  nel  tnancl.  di  Mosso, 
proY.  e  dioc.  dì  Biella ,  div.  di  Torino.  Dipende  dal  senato  di 
Piem.,  intend.  prefett.  ipot.  e  posta  dì  Biella,  insin.  di  Bioglio. 

Era  altre  volte  un  cantone  di  Bioglio  ;  Io  ebbero  in  fendo 
con  titolo  di  contado  i  Margheri ,  e  poscia  i  Marchisi. 

Giace  alla  distanza  di  cinque  miglia  dal  capo  di  provincia. 
Vi  corrono  tre  vie:  una,  comunale,  da  levante  scorge  a  Mosso, 
due  miglia  discosto  ;  un'altra  ,  provinciale ,  da  mezzodì  con- 
duce a  Biella  ^  la  terza ,  da  ponente,  mette  ad  Andorno. 

Divide  questo  territorio  da  quelli  di  Callabiana  e  Petti* 
nengo  il  torrente  Strona  ,  su  cui  vi  stanno  tre  ponti ,  due  in 
pietra ,  ed  uno  in  legno. 

Lo  Strona  scaturisce  poco  liinge  da  Camandona ,  ed  ha  foce 
pel  Cervo. 

Vi  passa  il  rivo  denominato  Anvera ,  che  dalla  parte  di  le* 
Fante  separa  questo  comune  da  quello  di  Veglio,  e  si  tragitta 
sur  un  ponte  di  legno.  Si  scarica  nello  Strona  :  nelle  sue  acque 
trovansi  alcune  trote  di  gusto  squisito. 

La  strada  ,  che  di  qua  ficcenna  alla  Valsesia  ed  agli  stati 
svizzeri  non  é  praticabile  ,  se  non  con  bestie  da  soma. 

Nelle  selve  i  cacciatori  yi  trovano  faggiani  e  pernici.  I  pro- 
dotti delle  mandre,  alimentate  dai  pascoli  dei  vicipi  monti  , 
sono  di  qualche  rilievo.  Il  bovino  bestiame  vi  é  soggetto  al- 
VemormesL  Vi  si  raccolgono  da  ^o  ettolitri  di  castagne. 

Havvi  una  fabbrica  di  stoffe  in  lana  di  diverse  qualità  :  essa 
occupa  di  coqtinuo  dodici  operai.  Gli  abitanti  fanno  il  commer- 
cio de'  loro  prodotti  principalmente  con  Biella  ,  Ivrea,  Aosta  , 
e  col  Ducato  di  Savoja. 

La  parrocchiale  è  sotto  il  patrocinio  di  s.  Grato:  le  principali  fe- 
ste, a  cui  intervengono  gli  abitanti  delle  terre  vicine,  vi  sono  quelle 
di  s.  Grato  edis.Policarpo.Si  veggono  in  essa  dipinti  pregevolissimi. 

La  più  antica  chiesa  di  Camandona  é  un  oratorio ,  che  per 
lungo  tempo  ebbe  il  titolo  di  vicaria. 

Vi  è  tenuta  in  grande  venerazione  la  rurale  cappella  detta 
la  Madonna  del  Mazzucco.  Fra  non  molto  vi  sarà  costrutto  nella 
prescritta  distanza  dall'abitato  un  ampio  cimit^rio. 

A  prò  de'  poveri  ewi  una  congregazione  di  carità.  In  una 
pubblica  scuola  s'insegna  a  leggere  e  scrìvere  :  il  maestro  é 
stipendiato  dagli  allievi. 


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344  CAWASCO 

Vi  si  vede  un  palaa^zo;  <^i  liella  architettara  che  già'  spettò 
alla  fomiglia  Basso. 

Si  usai)o  i  p^si  e  le  iviisure  del  Piemonte. 

Gli  abitanti  di  Camandona  sono  per  lo  .pia  robusti ,  e  ben 
fatti  della  persona ,  singolarmente  le  donne. 

Kssi  conservano  grata  ricordanza  della  famiglia  Cecidani  , 
che  fra  loro  ebbe  lungo  domicilio ,  e  fu  assai  benemerita  cosi 
del  comune  ,  come  della  sua  chiesa  parrocchiale.  Di  quella  nu- 
merosa ,  e  distinta  famiglia  il  conte  Cesare  fu  intendente  ge- 
nerale delle  Finanze  ;  l'abate  Mattia ,  fu  canonico  della  catte- 
drale di  Torino,  consultore  del  Re,  ed  elemosiniere  della  Regina. 

Popolazione   1800. 
.    CA.MASCO  {Camascum)^  com.  nel  mand.  di.Varallo,  dioc. 
e  div.    di  Novara  ,   prov.   di    Valsesia.    Dipende  dal  senato  di 
Piem.  j  vice-intend.  prefett.  in^n.  ipot.  e  posta  di  Yarallo. 

£  situato  a  tramontana.  Yi  passa  il  fiumicello  denominato 
Nono  y  valicato  da  un  rozzo  ponte  in  pietra  di  un  solo  arco , 
stato  costrutto  ,  or  fa  sessant'anni ,  a  spese  della  provincia  : 
pasce  nel  monte  Ranghetto,  ed  ha  foce  nel  Bagnolo,  fiume 
di  Cervarolo  :  abbonda  di  trote  squisitissinie. 

11  Rangbetto ,  ed  una  catena  di  montagne  secondarie ,  le  cui 
vie  non  sono  praticabili  che  a  pie  ,  e  a  cavallo  ,  drcondano 
questo  villaggio. 

Sulla  cima  diquel  n^onte  evvi  una  miniera  del  ferro ,  della  quale 
$i  tentarono  più  volte  ,  ma  con  pochissimo  frutto  gli  scavamenti. 

I  balzi  di  questo  comune  sono  tutti  coperti  di  faggi ,  la  cui 
legna  dagrindustriosi  terrazzani  è  ridotta  in  carbone,  oggetto 
per  essi  di  molto  traffico.  Le  selve  vi  abbondano  di  selvaggiume. 

Una  considerabil  ricchezza  proviene  al  paese  dai  prodotti  del 
grosso  e  del  minuto  bestiame  che  non  vi  è  soggetto  ad  alcuna 
particolar  malattia. 

Si  fanno  assai  copiose  ricolte  di  biada  ,  canapa ,  castagne  e 
noci  :  le  quali  produzioni  si  vendono  principalmente  in  Varallo. 

La  maestosa  parrocchiale,  d'ordine  composito,  è  dedicata  a 
s.  Bernardo. 

Degna  di  osservazione  vi  è  la  chiesetta  sotto  il  tìtolo  di  N.  D. 
Addolorata:  essa  è  d'ordine  corinzio. 

La  festa  del  santo  titolare  ,  ^  e  quella  dell'Addolorata  vi  sì 
(i^nno  con  dimostrazioni  di  vera  e  singolare  pietà. 


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CA>1BIAN0  -  345 

Nella  pfirroccbia  si  aanniraao  eccelleDti  quadri-,  e  special- 
mcnle  uno  di  s.  Rocco,  lavoro  del  celebre  Tanzio:  un  altro 
deirimmacolata  Concezione  y  opera  d'un  valente  pennello  ro- 
mano: due  rappresentanti  s.  Pietro  e  s.  Paolo  ,  sono  del  Guaz- 
zala: il  quadro  grande  di  s.  Bernardo  è.un  capo-lavoro  del  Penna. 

A  vantaggio  de*  poveri    vi  esiste  un'opera  di  carità. 

Il  cimitero ,  vicino  al  portico  d'ingresso  della  parrocchiale,  è 
troppo  angusto  per  la  popolazione. 

Pesi  e  misure  della  Yalsesia. 

Gli  abitanti  sono  assai  robusti ,  di  mente  aperta  ,  e  d'in-r 
dole  buona. 

Nel  territorio  si  trovano:  Ferro  ossidato  d^lla  miniera  detta 
del  Ranghetto. 

Quarzo  roseo  amorfo:  vicino  all'abitato: 

Sul  fine  del  secolo  xvm  fiori  un  Bernardino  Penna  di  Ca-» 
masco  minor  riformato,  che  fu  arcivescovo  a  Tangut  nel  Thibet; 
e  sul  principio  del  secolo  scorso  distinguevasi  Carlo  Penna 
pittore  di  chiara  rinomanza. 

Popolazione  44^* 

*  CAMBIANO  (  Cambianum  e  Camianum) y  cqìxì»  nelmand. 
di  Cbieri ,  prov.  dioc.  e  div.  di  Torino.  Dipende  dal  senato  di 
Piera.,  intenda  gen.  prefett.  ipot.  di  Torino  ,  insin.e  posta  di 
Chieri, 

Giace  a  scirocco  della  capitale,  discosto  sette  miglia  da  essa, 
e  due  da  Cbieri. 

Sono  sue  frazioni  i  luoghi  detti  Suissone  ,  Graitesca ,  Petto 
di  Cassano,  Molinato  ,  Broglia,  Galli,  Petto  del  Becco,  ed 
alcuni  aggregati  di  rustiche  case  nei  siti  che  chiamansi  di  Gia- 
ietto, e  Po  morto. 

Le  campagne  ne  sono  inafBate  dal  torrente  Banna  ,  che  na- 
sce ai  confini  di  Yìllanuova  d'Asti ,  e  dopo  un  corso  di  nove 
miglia  si  scarica  nel  Po.  Non  è  valicalq  da  veiun  ponte.  In 
tempo  di  dirotte  pioggia  straripa ,  e  vi  apporta  gravi  danni. 

Il  rivo  Yalliorso  ,  che  scaturisce  presso  Peremo*  di  Torino  , 
serve  di  confine  a  questo  territorio  dalla  parte  di  greco  ;  è  atf 
traversato  in  vari  siti  da  vecchi  ponti  di  cotto.  Dopo  un  corso 
di  tre  miglia  circa  mette  foce  nel  torrentello  Tepicc ,  il  quale 
da  levante  ad  ostro  separa  questo  territorio  da  quello  di  Chieri. 
Il  Tepice  ha  le  sue  fonti  superiormente ^al  comune  di  Pino,  e 


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346  CAMBIANO 

dopo  uà  corso  eli  tei  miglia  circa  ti  getta  nell'alreo  dell'an- 
tica Banna.  Quando  gli  abbondano  le  aeque  vi  fa  girare  due 
moUni  di  tre  ruote  ciascuno,  ed  irriga  molte  praterìe,  lasciando 
sovr'esse  proficui  depositi,  che  servono  di  concime. 

I  prodotti  del  bestiame  vi  sono  di  poco  rilievo.  Considera* 
bile  è  il  guadagno  cui  gli  abitanti  ricavano  dalla  coltitazione 
degli  sparagi ,  e  dei  meloni ,  i  quali  vi  rìescono  di  un  sapore 
squisito. 

Dal  cominciamento  della  primavera  sino  al  termine  dell'au- 
tunno vi  si  raccolgono  rape  in  grande  quantità  ,  che  i  villici 
con  molto  loro  profitto  vendono  nella  capitale. 

Una  sorgente  di  prosperità  in  questo  paese  proviene  da  qua- 
ranta pianto  di  filatoi  poste  in  moto  dalla  forza  dell'uomo  per 
mancanza  4i  acqua*  perenne  :  servono  esse  a  filare  e  torcer^ 
le  sete  grossa  ,  oltre  una  grande  quantità  di  cotone  per  uso  de' 
fabbricanti  da  stoffe  di  simil  genere.  Durante  l'inverno,  ec| 
esiandio  nelle  altre  stagioni,  quando  si  può  riposare  dai  cam- 
pestri lavori ,  più  di  600  persone  tra  maschi  e  femmine  sono 
occupate  intopip  ^i  predetti  filatoi. 

A  ponente,  ed  a  borea  del  comune  sorgono  collinette,  fer- 
tili di  viti  ed  anche  di  noci.  Le  vie  che  ad  esse  conducono 
$ono  praticabili  coi  carri.  A  poca  distanza  dell'abitato  ,  verso 
ponente,  evvi  un  rialto  cou  una  cappella  denominata  Malmoo- 
tea,  ove  i  contadini  scavando  il  teiTeno  rinvennero  cadaveri, 
ed  ossa  umane.  Credesi  che  ivi  succedesse  una  fiera  mischia 
tra  i  tedeschi  e  i  francesi  ,  e  che  i  primi ,  per  avervi  avuto  la 
peggio,  dessero  al  sito  il  nome,  ond'esso  é  tuttora  appellato. 

Due  sono  le  principali  chiese  di  Cambiano.  La  parrocchiale, 
^otto  l'invocazione  dei  ss.  martiri  Vincenzo  ed  Anastasio  ,  è  di 
architettura  jonica  :  fu  costrutta  nel  1740  a  pubbliche  spese: 
l'architetto  Vittone  ne  diede  il  lodato  disegno.  Vi  è  pure  os- 
servabile la  chiesa  delia  confraternita  dello  Spirito  Santo ,  in 
essa  ogni  di  vengono  celebrati  i  divini  misteri. 

Oltre  alla  cappella  della  Madonna  della  Scala,  esistente  nella 
yillata  di  questo  nome ,  vi  sono  poco  lunge  dal  paese  tre  cam- 
pestri oratori. 

Evvi  una  congregazione  di  carità  amministrata  da  dodici  con- 
siglieri ,  e  provveduta  d'un'  annua  rendita  di  lire  tremila  circa, 
lasciata  per  testamento  dalla  pia  vedova  Elisabetta  Peinelli.  Con' 


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CAMBUNO  347 

tale  rendita  si  soccorre  ai  malati  poveri  del  paese ,  ed  a  que-: 
gli  abitanti  che  o  per  vecchiexza,  o  per  altre  cagioni  sono  ina- 
bili al  lavoro. 

Nei  giorni  di  martedì ,  giovedì  e  sabbalp  parte  da  Cambiano 
una  vettura  per  Torino. 

Vi  si  fanno  due  annue  6ere  :  una  alli  16  agosto,  l'altra  all'i 
4  novembre.  In  ogni  lunedi  vi  si  tiene  mercato  per  la  vendita 
degli  erbaggi,  e  delle  frutta. 

Gli  abitanti  di  questo  paese  sono  di  buona  indole  ,  e  di  me^ 
diocre  robustezza. 

Cenni  storici.  Cambiano  sotto  i  marchesi  di  Torino  era  una 
villa  del  cfaierese  territorio  ,  di  cui  è  fatta  menzione  in  due 
carte  dèi  »o34,  nelle  quali' vengono  descritti  concambi  di  varie 
corti  e  poderi ,  fatti  tra  l'abate  di  s.  Silvestro  di  Npnantola  nel 
Modenese ,  il  cui  monistero  molti  allora  ne  possedeva  in  Pie-: 
monte,  ed  il  conte  Yidone  o  Guido  di  Pombia. 

Di  questa  terra  é  pur  fatto  cenno  in  una  carta  del  io4i  a 
favore  dei  canonici  di  s.  Giovanni  di  Torino ,  a  quel  tempq 
chiamati  di  s.  Salvadore. 

In  un  grande  prato  del  territorio  di  Cambiano  ,  detto  di  s. 
Vincenzo ,  presso  il  torrentello  Tepice  ,  Pietro  di  Savoja  come 
primogenito  della  piarcfaesa  vedova  Adelaide  ,  assistito  dalla 
madre,  dal  vescovo  Guiberto ,  o  Cuniberto,  di  Torino,  da' giu- 
dici del  sacro  palazzo,  e  circondato  da' suoi  vassalli,  adjasti- 
iiam  reddendamy  oc  ddiberandum  nella  causa  del  monasteri 
Fruttuariense,  di  cui  l'abate  Alberto  si  trovò  presente,  tenne 
un  parlamento  nel   1064* 

Federico  I  Barbarossa  avendp  distrutta  la  ciftà  di  Chìeri  nel 
II 55,  i  signori  di  Cambiano  concorsero  a  riedificarla.  Non  eb- 
bero questi  signori  da  principio  altro  titolo  cheli  distinguesse, 
tranne  quello  del  luogo.  Un  ramo  di  essi  dapprima  stabilitosi 
a  Chieri,  si  traslocò  poscia  in  Savigliano,  allorché  questa  città 
si  resse  a  comune ,  ed  ivi  fu  ascritto  tra  le  principali  famiglie. 
GiacoiTio  sindaco  del  comune  di  Savigliano  nel  i254  intervenne 
per  esso  all'accordo  fatto  coU'abate  di  Staffai  da  :  Guglielmo 
con  titolo  di  signore  é  scrìtto  testimonio  al  trattato  di  pac^ 
tra  Cuneo  ed  Asti  nel  1278. 

Da  Giacomo  I  nacque  Adamo  padre  del  celebre  giurecon- 
sulto Comotto  o  Giacomotto  ,   e  ài  un  Giacomo,  ondj  venne 


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348  CAMBIANO 

una  posterità  assai  numerosa  che  si  apparentò  coUe  migliori 
famiglie  di  Piemonte  ,  con  gli  stessi  marchesi  di  Saluzzo  ,  ed 
in  ogni  secolo  produsse  insigni  personaggi  ,  tra  i  quali  non 
vuoisi  ommettere  4|iiel  Pietro  che  per  le  sue  splendide  virtù 
ebbe  il  titolo  di  Beato.  Degli  altri  che  acquistarono  i  feudi  di 
Rodolfia  ,  ossia  Ruffia ,  di  Corte  ,  di  Cartignano  ,  di  Celle ,  di 
Paeres ,  di  Castelmagno  si  parlerà  al  proprio  luogo. 

In  appresso  Carlo  Emanuele  I  infeudò  Cambiano  al  conte 
Sco.to  piacentino ,  capitano  di  una  compagnia  di  cavalli ,  in  ri- 
munerazione de'  suoi  militari  servigi.  Dopo .  la  morte  del  conte 
Scoto  acquistarono  questo  paese  con  titolo  comitale  i  Borgarelli 
gentiluomini  di  Chieri,  dei  quali  il  primo  fu  Alessandro  gover- 
natore de^  castello  ,  e  del  marchesato  di  Ceva, 

Di  questi  furono  i  Melchiorre  ,  signor  di  CoiTeglia  ,  di  Poi- 
rino  ,  di  Santena ,  e  balio  di  Avigliana  :  Ottavio  generale  ,  e 
comandante  della  fortezza  di  Monmelliano.  11  casato  dei  Bor<- 
garelli  acquistò  inoltre'  per  maritaggi  la  contea  di  Beaufort; 
noverò  fra  i  suoi  molti  distinti  capitani  di  cavalli ,  e  venne 
ascrìtto  alla  nobiltà  d'Alba  ,  non  che  a  quella  di  Alessandrìa, 

Nacque  in  Cambiano  il  oonte  Guglielmo  Borgarelli  j  cava- 
liere gran,  croce  ;  fu  egli  prìmo  segretario  di  stato  per  gli  af- 
fari interni ,  primo  presidente  del  real  senato  di  Piemonte  ,  e 
nel  1822  ebbe  la  carica  di  ministro  di  stato  :  cessò  di  vivere 
nel  i83o. 

Onora  di  presente  questo  paese  l'egregio  Lorenzo  Martini , 
professore  di  medicina  legale,  polizia  medica  ,  ed  igiene,  con- 
sigliere del  magistrato  del  protomedicato  y  conservatore  del 
vaccino  nel  Piemonte  ,  e  segretario  dell'eccellentissima  giunta 
superiore  sul  vaccino.  Fu  dapprima  professore  di  fisiologia. 

Lo  hanno  a  sozio  onorario  la  società  me  dica -chirurgica  di 
Bologna,  e  la  società  Gioennia  di  Catania.  Lo  hanno  a  sozio 
corrispondente  le  seguenti  accademie  : 

L'Instituto  di  Parigi,  e  la  Società  di  scienze,  arti  ed  indu- 
stria di  quella  città  :  la  Società  filosofica-americana  di  Filadel- 
fia: l'Accademia  imperiale  di  Rio  Janeiro  :  l'Accademia  medica 
di  Madrid,  di  Napoli,  di  Livorno  e  di  Lovanio:  l'Accademia 
di  scienze  e  lettere  d'Alessandria:  l'Accademia  imperiale  di 
Padova  ec. 

I^e  principali  opere  che  diede  alla,  luce  À\  dottissimo   pro- 


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CAMBUSCA  349 

fessore   Martini ,    sommamente    benemerito  dei    medici    studi  ^ 
sono  : 

Elementa  Physiologiae  ,  in  a  volumi  :  venne  tradotta  in 
francese  a  Parigi  dal  D.  Rathier*,  ed  in  italiano  dal  D.  Pagliani 
di  Casale  ,  stampato  in  Milano.  —  Leeioni  di  Fisiologia,  in  1  a 
volumi.  —  Elementa  Medicinae  forensis ,  Politiae  Medicae,  et 
Hyglenes,  volumi  4-  —  Manuale  d' Igiene,  volume  i.  —  Ele- 
menti di  Policia  Medica  ,  volumi  5  nella  prima  ediùone ,  vo- 
lume 1  nella  seconda.  —  Patologia  generale,  volumi  2.  - — Emilio, 
o  governo  della  vita,  fascicoli  12.  — ^milius  ,  seu  de  vitae  in- 
stitutione,  volumi  2.  -—  Serate  geniali ,  ossia  ragionamenti  adat- 
tati al  bel  sesso ,  volumi  5.  — -  Riforma  della  prima  educa- 
zione. —  Discorsi  Filadclfici  ,  o  fasti  deiriogegno  italiano,  vo- 
lume I*  — ^  De  Medicinae  beneficiis  in  rempublicam.  —  De' 
vantaggi  che  la  Medicina  apporta  alle  nazioni.  —  Vita  Cu- 
niberti.  —  Vita  Tesii.  ■—  Vita  Franchii.  — *-  Introduzione  alla 
Medicina  Legale,  volumi  3.  —  Storia  della  Fisiologia,  volumi 
8.  —  De  Sapientia  Graecorum,  volume  i.  —  Scienza  del  cuore 
tratta  dall'Iliade,  volumi  2.  — >  Della  medicina  curativa  di  Le-* 
roy.  —  Della  Colera  Indica,  volume  i. 

Popolazione  25òo. 

^  CAMBIASCA  { Cambiasca)y  com.  nel  mand. d'Intra ,  prov. 
di  Pallanza,  dioc4  e  div.  di  Novara.  Dipende  dal  senato  di  Piem., 
vice-intend.  prefetti  insin.  ipot.  di  Pallanza,  posta  d' Intra. 

È  discosto  due  miglia  circa  di  Piemonte  da  Pallanza ,  a  cui 
mette  una  via  comunale  dalia  parte  di  mezzodì. 

Comero  e  Ramello  sono  frazioni  di  questo  comune ,  che  al- 
tre volte  apparteneva  si\A  signoria  d'Intra. 

Nella  parte  occidentale  vi  scorre  un  torrente,  che  ^uivi  ap- 
pellasi Fiume  morto  per  essere  quasi  sempre  povero  d'atque. 

Varie  montagne  circondano  il  paese  dai  lati  di  levante  e 
ponente  :  il  cantone  di  Cambiasca  é-  però  situato  in  pianura. 

Sul  balzo  detto  Monscenori  vedesi  un  oratorio  sacro  a  N*  D.,' 
rinomato    per  la  pia    fiducia  coù  cui  vi  vanno    a    pregare  le 
donne  sterili  desiderose  di  prole. 

La  chiesa  parrocchiale  consecrafa  a  s.  Pietro  sta  vicino  al 
comune  di  Trobaso  ,  col  quale  forma  una  parrocchia  sola. 

Sònovi  tre  oratorii;  s.  Gregorio  in  Cambiasca  ,  s.  Rocco  in 
Ramello  ,  e  s.  Anna  in  Cornerò» 


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35d  CAMBIO' 

11  territdrìo  produce  io  discreta  quantità  segale  ,  castagne  , 
noci  e  vino. 

Pesi ,  misure,  e  monete  come  nel  suo  capo  dì  provìncia. 

Gli  abitanti  sono  per  lo  più  robusti  ;  attendono  ai  lavori 
della  campagna  ^  ed  al  mestiere  di  scarpellino. 

Popolazione  S^'x. 

CAMBIO'  (  Cambium  ) ,  com.  nel  mand.  di  Pieve  del  Cairo , 
prov.  di  LomelUna,  dioc.  di  Tortona,  div.  di  Novara.  Dipende 
dal  senato  di  Piem. ,  intend.  di  Mortara ,  prefett.  ipot.  di  Vi- 
gevano ,  insin.  di  Mede  ,  posta  di  Lomello. 

Fu  contado  degli  Sparvara  di  Pavia  ,  estinti  nel   1769. 

E  lontano  Un  miglio  ed  un  sesto  da  Pieve  del  Cairo ,  e  noVe 
da  Mortara. 

Sono  ds&esso  dipendenti  i  cascinali  detti  di  Tillanovai 

La  strada  provinciale,  che  dalla  Svizzera  mette  a  Genova  , 
Attraversa  il  territòrio  di  Caimbiò  nella  direzione  da  levante 
lid  ostro. 

Una  via  comunale  da  levante  a  ponente  mette  ai  cascinali  dì 
ViUanova  ,  che  gli  stanno  ad  un  quinto  di  miglio  di  Piemonte. 

Il  Po  lambisce  que^  territorio  da  ponente  a  levante  :  si 
tragitta  sur  un  porto.  Le  sue  frequenti  inondazioni  arrecano  a[ 
Questo  comune  siffatti  danni  che  giài  ess<^  perdette  una  sua 
frazione  denominata  Sp'a^varà ,  ci  parte  di  quella  di  Villahota. 

Il  Po  quivi  abbonda  di  eccellenti  pesci.  In  primavera  vi  si 
prendono  storioni  del  peso  da  venti  a  cento  libbre  ;  e  vuoisi 
éhe  nel  1776  se  ne  sial  pigliato  uno  dì  quaranta  rubbi. 

La  parrocchiale  è  consecrata  a  N.  D.  Assunta  ,  alla  cui  festa 
intervengono  molti  abitatoci  dei  vicini  villaggi. 

Un  palagio  già  spettante  al  cohte  Palatino  Torquato  Spar-^ 
Vara  di  Cambiò  é  ora  posseduto  dall'ospedale  di  Pavia  ,  che  , 
pochi  anni  sono ,  ne  fece  atterrare  la  parte  civile. 

Evvi^  una  congregazione  di  carità  instituita  nel  1796  dall'abate 
Civali ,  che  fu  paroco  di  questo  paese. 

Il  nuovo  cimitero  è  posto  nella  prescritta  distanza  dall'abitato. 

Nella  scuola  comunale  i  fanciulli  imparano  a  leggère  ,  scri-^ 
Tère,  e  conteggiare. 

Le  malattie  dominanti  sono  le  febbri  terzane  ,  e  le  infiam- 
matorie. 

Nel  1798  vi  stanziò  un  treno  d'artiglieria  francese  ,   è   nei-' 


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CAMBURZANO  35i 

Tanno  dopo  vi  si  accampò  un  corpo  di  truppe  Tiioe.  Nel  1821 
passoYvi  l'esercito  d'Austria,  diretto  ad  Alessandria. 

I  prodotti  territoriali  sono:  fromento,  meliga,  Tino,  a^ena,- 
e  fieno.  Si  mantiene  poco  bestiame  bovino  ,  ohe  vi  è  soggetto 
alle  infiammazioni ,  ed  al  male  detto  del  carbone.  Megli  ani- 
^mali  domestici  di  quando  in  quando  si  manifesta  l'idrofobia. 

Pesi,  misure  ,  e  monete  come  nel  suo  capo  di  provincia. 

I  terrazzani  di  Cambiò  sono  robusti ,  vivaci ,  di  aperto  ma 
non  coltivato  intelletto. 

Popolazione  323. 

^  CAMBURZANO  {Camburtianum),  com.nel  oùmd.  di  Mon* 
grando  ,  proV.  e  dioc.  di  Biella  ,  div.  di  Torino.  Dipende  dal 
senato  di  Piem. ,  intend.  prefett.  insin.  ipot.  e  posta  di  Mongràndo. 

Questo  villaggio  ebbe  a  signori  gli  Ariaorei  di  Vercelli  ;  de' 
quali  fu  Carlo  Giovanni  Aurelio  cavaliere  della  Nunziata  ,  ge- 
nerale di  fanteria  e  di  cavalleria  al  servizio  di  Carlo  Ema- 
nuele I.  11  fratello  di  lui  Mercurino  Filiberto  fu  grande  scu- 
diere di  quel  Duca.  In  appresso  ebbero  anche  parte  alla  si- 
gnoria di  Camburzano  i  Montegrandi ,  gentiluomini  di  Biella  ,- 
che  presero  il  nome  dal  vicino  cartello  di  Móngrando. 

Camburzano  è  discosto  un  miglio  e  mezzo  da  BieUa  e  da  Mon-^ 
grando.  A  questo  luogo  conduce  una  via  comunale  dalla  parte  di 
ponente.  A  Biella  mette  unastradachevicorre  dalla  parte  dilevante. 

La  parrocchia  e  sotto  il  patrocinio  di  s.  Martino:  oltre  una  rendita 
fissa  di  lire  669,  essa  gode  in  supplemento  una  congrua  di  lire  200. 

Terreni  coltivarti  ed  abitati  «ettari  216.  73.  i  ^  sterili  e  in- 
colti 112.  53.  8-,  foreste  comunali  i.  g6.  o,  particolari  44*  4^*  ^> 
acque  é  stagni  2.  84.  i. 

I  suoi  scarsi  prodotti  ascendono  a  100  quintali  metrici  di 
meliga,  ed  a  355o  di  fieno.  I  beni  sono  mcdto  divisi  tra  i  ter- 
razzani ,  e  cinti  da  siepi  e  fosse. 

Vi  si  coltivano  pòco  le  viti,  perché  le  uve  non  id  giungono 
a  perfetta  maturità. 

Si  lyantengono  da  i23  vacche,  29  asini,  i5o  pecore  e  80  majalì. 

II  territorio  di  Camburzano  è  sovente  flagellato  dall{^  gran- 
dine :  epperciò  una  parte  dei  terrazzani  è  costretta  a  procac- 
ciarsi altrove  il  proprio  sostentamento  esercitando  il  mestiere 
del  muratore ,  od  applicandosi  all'agricoltura. 

Popolazione  825. 


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352  CAMERANO-CASASCO 

*  CAMERANA  (CaMerana)^  com,  nel  mand.  di  MonesìgUo, 
prov.  e  dioc.  di  Mondovi  ^  div.  di  .Cuneo.  Dipende  dal*  senato 
di  Pieni. ,  intend.  prefett.  ipot.  di  Mondovi ,  insin.  e  posta  di  Ceva. 

Questa  terra  é  nominata  in  un  diploma  del  967  a  favore 
della  chiesa  di  Savona.  Venne  quindi  in  potere  dei  inarchesi 
di  Savona  e  del  Carretto,  che  ne  fecero  col  tempo  la  fedeltà 
a'  marchesi  di  Saluzzo,  i  quali  la  incorporarono  ai  proprii  stati. 
Ond'è  che  nella  bolla  di  erezione  del  vescovato  di  Saluzzo, 
fattosi  nel  i5i8,  vedesi  compresa  Camerana,  che  già  apparteneva 
alla  diocesi  d'Alba.  Fu  acquistata  in  appresso  dai  marchesi  di' 
Monferrato  , .  che  la  diedero  in  feudo  a  quei  d'Incisa  :  colla 
pace  di  Cherasco  del  i63i  venne  sotto  il  dominio  della  Casa 
di  Savoja. 

Giace  a  tramontana  sui"  un  colle  ^  a  pie  del  quale  nasce  un  in- 
fluente del  Bormida;  è  lontano  12  miglia  dal  suo  capo  di  provincia^ 

Il  comune  è  dominato  da  tutti  i  venti,  ed  in  ispecie  dallo  sci- 
rocco, che  gli  apportai  temporali, e  troppo  sovente  la  gragnuola. 

Del  suo  territorio  tre  decimi  sono  coltivati  a  campi  assai  fe- 
raci di  grano  e  di  meliga  ^  tre  altri  sono  folti  di  castagneti  e 
di  boschi  cedui  ;  un  decimo  e  di  pinati  in  vai  di  Eelbo,  che 
producono  fiono  di  mediocre  qualità  ;  un  altro  decimo  è  col* 
tivato  a  viti;  i  due  restanti  rimangono  incolti. 

Le  seconde  ricolte  sono  incerte  per  la  siccità  a  cui  vi  vanno 
soggette  le  campagne* 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  il  patrocinio  di  s.  Antonio  i 
eVvi  un  oratorio  ad  uso  di  confraternita. 

Il  Bormida  vi  si  tragitta  col  mezzo  di  pedali. 

Vi  si  fa  una  fiera  addi  10  di  maggio. 

Pesi ,  misure    e  monete  di  Piemonte. 

Gli  abitanti  sono  di  buon  indole  e  di  mente  perspicace. 

Popolazione  i35o. 

CARIERANO-CASASCO,  com.  nel  mand.  di  Montechiafo  , 
prov.  e  dice.  d'Asti,  div.  d*  Alessandria.  Dipende  dal  senato  dì 
Piem.,  iiìteiid.  prefet.  ipot.  d'  Asti  ,  insin^  di  Cocconato,  posta 
di  Mont^chiaro. 

Vi  corrono  due  vie  :  una ,  da  tramontana ,  passando  per  Mo- 
nale,  da  cui  il  paese  é  lontano  tre  miglia  ,  tende  alla  capi- 
tale ;  l'altra,  dalla  parte  di  scirocco,  mette  ad  Asti,  cinque 
miglia  distante* 


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CAMERANO-CASASCO  353 

l  ccdl'i  di  qoeslo  comune,  smgolarmeate  feraci  di  ottiini  vini, 
sono  praticabili  coi  carri. 

La  parrocchiale,  di  antica  costruzione,  è  dedicata  a  S.  Lorenzo. 
Un  superbo,  grandioso  castello,  o  palazzo  in  Camerano,  un 
attiguo  assai  vago  giardino ,  già  spettante  al  marchese  del  Car- 
retto ,  fu  in  questi  ultimi  tempi  acquistato  da   S.   E.    il  conte 
Prospero  Balbo  di  Vinadio. 

Vi  si  fa  un  mercato  nel  lunedi  di  ogni  settimana. 
Pesi,  misure  e  monete  di  Piemonte. 
Gli  abitanti  sono  robusti ,  e  d'  ìndole  buona.         "  . 
Un  agricoltore  nelle  zappare  una  vigna  di  questo  villaggio  , 
rinvenne  lo  scheletro  d'  un  Fiseter   macrocefalo  ,  •  i    cai    varii 
pezzi  vi  si  conservano  nel  palazzo  del  conte  Balbo. 

Notizie  storiche.    Camerano,    ed    altri  somiglianti   nomi    di 
paesi,,    derivarono  dal  latino  Camera j  o  Camara  ,  die  signi- 
,  fica   edifizio  coperto  a    volta ,    per  lo  più  ad  uso  di  pubblico 
ricovero. 

Cameranum,  o  Camairanumi  trovasi  già  nominato  in  una 
carta  de]r875  esistente  negli  archivi  capitolari  d'Asti,  nella  quale 
è  segnato  1'  anno  ventesimo  dell'  impero  di  Ludovico  :  ne  fa 
pur  cenno  un  diploma  dell'imperatore  Arrigo  del.io4i  >  a  fa- 
vore della  chiesa  d'  Asti. 

Dopo  quel  tempo  compajono  signori, di  Camerano  gli  Asi- 
nari  gentiluomini  astesi:  nel  1195  Guglielmo  Pusterla  podestà 
d' Asti  fece  un  atto  solenne  in  Solario  Asinariorum ,  cioè  nella 
superiore  loggia  del  lora  palazzo:  nello  stesso  anno  Ridolfo  si- 
gnore di  Camerano  assisteva  all'  alleanza  de'  signori  di  Casasco 
con  esso  comune. 

Oltre  le  nominate  terre,  ebber  eglino  anche  i  feudi  di  Du- 
sino  ,  Vesme ,  liu ,  Balangero  ,  Moasca  ,  Canelli ,  S.  Giorgio  , 
Mombaldone,  Montechìaro  ,  Cartosio  ,  Mal  vicino  ,  Benevello, 
Virle,  Banna  ,  Clavesana  ,  Solto,  Mombercelli;  non  che  i  feudi 
di  Val  di  Chiesa  ,  Agliano  ,  Monale,  Basista  ,  ed  Orbassano. 
Questo  casato  si  divise  nei  rami  i.^  della  Città,  2.^  di  Co- 
^  stigliole  e  di  S.  Marzano ,  3.^  di  Spigno,  4*^  di  Casasco  ,  5P 
di  Camerano. 

Quanto  al  primo ,  nel  1 100  Oggiero  intervenne  alla  divisione 
che  Arrigo  fece  di  Mombercelli    tra  i  suoi  figliuoli;  Giovanni 
nella  qualità  di  consigliere  del  comune  trovasi  nominato  in  una 
Dizioru  geogr.  ecc.  Voi.  III.  23 


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354  CAMERANO-GASASCO 

conTenùonc  coi  signori  di  Neive  y  ed    in  una   transazione  del 

I33I  ,  fra  la  città  ed  il  vescovo  Giacomo. 

Opizione  assiste  alla  rinuncia  che  il  marchese  di  Monferrato 
nel  12^6  fÌBi  di  Belvedere,  4etto  Malainorte,  al  comune  d'Asti, 
coi  somministrando  di  tempo  in  tempo  cospicue  somme  di  da* 
naro,  va  acquistando  giurisdizione  su  alcuni  villaggi. 

Raimondo  nel  1246  intervenne  alla  transazione  del  comune 
col  marchese  di  Busca  Manfredo  Lancia,  dal  quale,  a  nome 
deir  imperatore ,  fu  investito  del  castello  e  della  terra  di  DuO' 
decimo  ,  o  Dosino,  nel  ia5o.  Fedele  perciò  alla  parte  imperiale 
(  ia6i  )  unitamente  a'  suoi  fratelli,  ed  a»  Guttuarii  ne  fu  uno 
dei  capi  contro  i  Solari  (ved.  Asti)i  nel  1266  venne  deputato  per 
la  tregua  del  comune  col  re  Carlo  di  Provenza:  Ghieri  in  ul- 
timo lo  ebbe  a  podestà  nel  1274- 

Nella  pace  del  1276,  fra  Asti  ed  Alba,  Tommaso  era  con- 
sigliere del  comune  insieme  con  Folchetto ,  Oberto ,  e  Melano, 
che  uniti  ne  trattarono  V  alleanza  coi  marchesi  del  Garretto. 
Specialmente  Folchetto  trovosA  con  Oggero  Alfieri  procuratore 
per  l'acquisto  di  Gossano  V  anno  seguente,  in  cui  Oberto  era 
tuttavia  consigliere  con  Giulio. 

Giorgio  fu  consigliere  nel  1290  ;  visse  aderente  al  prin- 
cipe Filippo  d'  Acaja:  nel  palazzo  di  lui  ebbe  residenza  Gu- 
glielmo Mombello  vicario  del  principe ,  e  vi  fu  ucciso  dai  Ro- 
magnani  di  Yirle. 

Muzio  figliuolo  di  Raimondo  nel  1290  trovossi  con  Giorgio 
e  con  Folchetto  ,  allorché  si  fece  dagli  Astesi  coi  conti  di  Bian- 
drate  quel  trattato  importante  per  gli  Astesi ,  di  cui  si  toccò 
negli  articoli  Asti  e  Biandrate,  Trovandosi  egli  con  Giorgio  e 
Yaleriano  al  servizio  del  Principe  d'  Acaja ,  furono  tutti  e  tre 
compresi  nella  pace  da  lui  fatta  col  marchese  di  Saluzzo  nel 
1307. 

Bartolommeo  era  sindaco  d'  Asti  nel  1 280 ,  quando  fu  ricu- 
perato Gossano*  Nella  causa  tra  il  vescovo  d'  Asti  Guido  Val- 
perga,  ed  il  comune  di  Mondovl,  wnae  eletto  arbitro  Fui- 
cone  o  Flisco,  podestà  di  Mondovi  ndi  1284,  e  di  Genova  in 
appresso. 

Oddonino,  Arrigo,  Giorgio,  Raimondo,  e  Benentinonel  i33g 
fecero  quell'  alleanza  coi  marchesi  di  Monferrato ,  e  di  Saluzzo, 
per  cui  i  Solari  vennero  cacciati  dalla  città. 


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CAMERANO-CASASCO  355 

Giorgio  fu  lo  stipite  dai  ramo  degli  Asinari  di  Gameratio  nel 
i3o7  ;  Guglielmo  il  fu  di  quei  di  Casasconel  rsoo;  Buon-- 
gioanni  dt  quelli  di  Costigliole  e  di  S.  Mariano  hel  1 297  ;  Ere- 
rardo  di  quei  di  Spigno  nel  i49'- 

Si  dirà  óra  del  ramo  di.Camerano,  e  parlerassi  degli  altri 
al  proprio  luogo.  Guglielmo  signor  di  Casasco  ebbe  Razòne, 
da  cui  nacque  Giorgio,  che  fu  pure  signor  di  Gatnerano,  e  di 
un  quarto  di  Yirle  nel  1307.  Figliuolo  di  lui  fu  Razonino  : 
ebbe  questi  Michele  nel  136 1:  da  Michele  nacque  Giorgio  11^ 
il  quale  accrebbe  al  casato  possanza  e  lustro:  era  consigliere 
d'Asti  nel  i486;  fu  consignore  di  Casasco,  di  Val  di  Chiesa , 
di  Dusino,  di  Agliano,  di  Monale ,  e  di  Bastita.  Pel  figlioolo 
di  lui,  Gioyan-Francesco ,  l'imperatore  Carlo  V  eresse  in  con^^ 
tea  il  feudo  di  Camerano  nel  iÌ5o.  /    i 

Nella  prima  metà  di  quel    s^olo    il  già  florido   Piemonte ,       t 

per  l'ambizióne  di  Carlo  T,  e  dei  due  Re  di  Francia  Ludovico 
XII ,  e  Francesco  I ,  vide  arse  le  città  ,  diroccati  i  castelli  ; 
incolte  e  vuote  d'abitatori  le  terre;  che  D.  Ferrante  Gonzaga,  per 
allontanarne  i  Francesi ,  avea  dato  all'  Imperatore  il  consiglio 
di  ridurlo  ad  un  deserto,  ed  il  maresciallo  di  Montjcan  ebbe 
1'  ordine  di  mandare  ,  e  mandò  quasi  ad  esecuzione  il  consi^o 
inumano. 

In  quel  tempo  il  conte  Gian  Francesco  erasi  mantenuto  colla 
sua  famiglia  nel  suo  castello  di  Camerano  ,  munito  allora  pél? 
modo ,  che  le  fortificazioni  ne  erano  giudicate  valere  la  somma 
a  quei  di  considerabile  di  tvanta  mila  scudi. 

Da  lui  nacque  (  i5a7  )  il  conte  Federico  (  V.  AsU\  che-  non 
solamente  fu  sommo  letterato ,  ma  prode  guerriero,  ed  uomo 
di  stato.  Lucreùa  madre  di  lui  era  di  nobile  astese  casato  ;  il 
cui  ceppo  fu  Solinguerra ,  figlio  di  quel  Torello  che  nel  xn 
secolo  divenne  assoluto  signore  di  Ferrara  sua  patria.  Guido 
figliuolo  di  Marsilio  Torello,  terz' avolo  di  Lucrezia,  nel  ì4^S 
era  stato  dichiarato  conte  di  Guastalla,  e  .di Montechtaruggolo. 
Pomponio*  Torello  fu  rinomalo  poeta ,  di  cui  Affò  scrisse  la 
▼ita.  Questa  prosapia  dopo  avere  conti^tti  splendidi  parentadi 
coi  Visconti ,  e  con  altre  principesche  famiglie  ,  trasferitasi  in 
Polonia  ,  ebbe  colà  il  vanto  di  produrre  1'  ultimo  Re  di  quella 
un  di  si  Tasta  *^  e  possente  contrada. 
"  Il  conte  Federigo  in  età  di  veni'  imfeii  fu. maritato  in  Parm^ 


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356  CAMERANO*CASASCO 

a  Costanza  Sanseverino  di  Aragona ,  nipote  del  rinomato  conte 
di  Cajazzo  Roberto.  Nelle  guerresche  vicende  di  queir  età  tenne 
U  partito  imperiale:  per  lo  che  il  maresciallo  di  Brìsacco  nel 
i55i  assali  il  castello  di  Cainerano,  e  io  espugnò.  Lo  ripiglia- 
rono gli  imperiali;  lo  riebbero  i  francesi  durante  1' assenza  del 
conte  neir  anno  i554  9  in  cui  egli  sottraevasi  alla  condizione 
di  prigioniero  a  proprie  spese  y  e  sulla  parola  di  non  più  ser- 
vire fino  al  suo  cambio. 

Federigo  era  stato  sorpreso 'dalle  truppe  di  Francia  passando 
di  Spagna  in  Italia  per  servizio  del  Duca  Emmanuele  Filiberto, 
di  cui  fu  sempre  fedelissimo  seguace.  Esegui  con  molto  senno 
le  ambasciate  di  quel  Duca  in  Inghilterra ,  ed  in  Ispagna  ,  e 
ne  venne  /éreato  ministro  per  gli  affari  della  guerra  dopo  la 
vittoria  di  Gra velina  nell'  anno  i558  ,  in  cui  si  fece  il  cambio 
de'  prigionieri. 

Trovatosi  ad  una  fazione  presso  Ceresole  alla  testa  di  quat* 
trocento  cavalli ,  potè  ridur  salva  in  Asti  la  copiosa  militare 
cassa  di  Spagna,  ed  ivi  le  assembrate  soldatesche  ricevettero  le 
loro  paghe. 

Nel  i56o,  raggiunto  il  Duca  a  Nizza  di  Provenza,  ebbe  la 
parte  prìncipale  nella  creazione  memorabile  della  provinciale 
milizia  ,  per  cui  quel  Sovrano  con  poco  dispendio  potè  disporre 
delle  forze  di  trentasei  mila  uomini ,  opera  di  gran  momento 
per  quella  età. 

Fu  generale  dell'  astese  milizia;  e  Buoniforte  Asinari  lo  fu 
della  milizia  intiera  dopo  il  Gen^jiale  Antonio  Leva  di  Piacenza 
che  ne  stampò  l'ordinamento  in  Torino  Tanno  i566,  in  cui 
fu  mandato  ad  esecuzipne. 

Dopo  ciò  il  conte  Federigo  in  queir  anno  medesimo  condusse 
air  imperatore  Massimiliano  in  Ungheria  il  soccorso  del  Duca, 
col  quale  contribuì  alla  vittoria ,  ed  alla  presa  di  Tatta  ,  for- 
tezza posta  tra  Già  varino,  e  Coma.r.  Fu  questa  V  ultima  spedi- 
zione militare  di  si  grand'  uomo. 

Nel  1570  dal  Duca  suo  signore  gli  fu  commessa  un' amba- 
scieria  presso  il  gran  Duc^  di  Toscana  per  ricon^cergU  questi» 
novella  dignità  ,  d^  accordo  in  ciò  colla  repubblica  di  Venezia, 
e  col  Sommo  Pontefice.    , 

Due  anni  dopo  godeva  egli  in  Milano  cospicypi  asse^amenti 
dal  Re  cattolico ,  quando  diede  in  isposa  la  suai  figliuola  Mar- 


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GAMERI  357 

^rìta  al  conte  di  Maslfio  Ghiroae  di  V0lperga  £glio  del  eonte 
Gian  Fran<;esco  goTernatoine  di  Yereelli;  e  jiel  .i574  ^^  ^^^  &" 
gliuolo  Gianfrancesco  volontieri  acconsenti  che  &'  Ammogliasse 
con  Margarita  Maina  figlia  del  conte  Sforza,  e  di  Er^lia  Pai-* 
laviciai. 

Ritornò  &  Milano  nel  iS'j3  per  negoziati  del  suo  Duca  col 
governatore  di  quella  città  Gusmano  d'  Ajamonte,  iaf  riguardo 
dei  molti  armamenti  della  Spagna  in  Italia:  dopo  quei  nego- 
ziati venne  da  immatura  morte  rapito  nel  suo  castello  di  Oa^ 
merano  in  età  d'  anni  quaraftt'olto»  Gianfrancesco  unico  figlio 
di  lui  fu  1'  ultimo  dei  eonti  Asinari  di  Camerano.  Non  ebbe 
questi  fuorché  una  figliuola,  chiamata  Ersilia,  sposa  di  D.  Ame^ 
deo  di  Sayoja ,  marchese  di  S.  Ramberto ,  cavaliere  della  Nnz^ 
«iata  ,  e  consorte ,  in  seconde  nozze ,  del  conte  Masino  V  anno 
1602,  in  cui  cessò  di  vtv-^e  il  eonte  Gianfrancesco.    <  •     ' 

La  contessa  Masino,  sorella  di  Itti ,  fa  donna  d'ingegno  col- 
iissiroo ,  da  più  scrittori  encomiata*  Dal  ^Uo  meritaggH)  non  ebbe 
che  due  figliuole,  Anna  Delibera,  cons^^rteclt  Gmdo  Yifla  "Si 
ferrara,  marchese  di  Cigliano,  cavaliere  della  Nùniiata ,  e  Co- 
stanza Maddalena  sposa  di  Gi^fidc^menico  -Dorìn  marchese'  di 
Ciriè ,  cavaliere  di  quello  stesso  ordine.  La  quale  cospicua  fa- 
mìglia Go^erva>il  sangue  dell' illustre  eonte  iFedeHco^i  Ca- 
merano. 

Il  castello  di  ^piesto  villaggio  nella  guerra  pel  Monferrato 
^enne  preso  dal  Duca  di  Savoja  P  anno  1612:  n^le- guerre  di 
-Spagna  contro  Francia  fa  smatttlsllato.  .    .    •  • .. .1    .  . 

•    Popolazione  900.  .;..■..<•  ".  , 

CAMiKl  '  {  Camerium j  e  Ccà^tenxcùm),  com.  nel  madd. 
prov.  dioc<  e  div.  di  No^ra.  Diperide  dal  fenato  'ti!'  T^fem.', 
intend.  gén.  prefett.  insin.  ipot.  è' pwta  di'Novai-a.    »»     •  »      ' 

È  menóonàtb  in  parecchie  àntkbé  carte, 'e  singolarmente  in 
quella  dì  S.  Adelgiso  dell'  840  ,  coli  cui  il  satìtó  t^còVO  di 
Novara  gli  fa  un  opportuno  assegnatiiento  di  decime.'  Fu'  nel 
f  358  coi  luoghi  air  intorno  posto  in  fiamme  da  Galeazzo  Vi- 
sconti per  allontanarne  le  inglesi  masnade  condotte  dal  mar- 
chese di  Monferrato.'  *  '         .   iv      » 

Nel  i64g''la  comunità  di  Ca meri  ottenne  il  privilegio,  che 
questa  terra  non  venisse  infeudata.  "•  ......    » 

Codemonte  è  una  sua  piccola  frazione. 


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358  CAMBRIANO  E  CAMINATA 

Vi  corrono  sei  comunali  vìe:  delle  tre  principali,  una  tende 
a  Novara,  V  altra  a  Galliate,  e  la  terza  ad  Oleggió.  II  paese 
è  distante  tre  miglia  da  Novara  ,  due  da  Galliate  ,  e  quattro 
da  OJeggio. 

Dalla  parte  di  levante  vi  passa  il  Ticino,  che  tragittasi  sur 
*un  porto  fatto  dì  barche ,  e  da  quella  di  ponente  passa  il 
Terdoppio. 

La  parrocchiale  è  sotto  il  patrocinio  di  S.  Michele  Arcan- 
g/elo.  Evvi  un'  altra  chiesa  dedicata  a  N.  D.  e  a  S.  Gassiano , 
la  cui  festa  ,si  fa  addi  8  di  settembre.  .  . 
.  £vvi  un  piccolo  spedale,  che  può  ricoverare  sei  malati.  So* 
novi  due  piazze  ampie,  e  ben  selciate  :  una  dirimpetto  alla 
parrocchiale,  1'  aUra  dinanzi  alla  chiesa  di  N*  D. 

I  prodotti  del  territorio  $od0  segale,  gran  turco,    riso,  fo^ 
giuoli ,  uve ,  lino  ,  e  legna  da  bruciaDe. 
;  Facendosi  alcuni  scavi  nel  luogo    denominato  Castello,    ora 
TÌdotto  a  semplici  case  rustiche,  si  sono  scoperte  grosse  mura* 
j|ie  d,'  un'  antica  fortezza* 

.  Ebbero  \  uaXalì  in  Cameri  gli  Ignaziani,  Gerolamo  TomieUi, 
celebre . oratore  sacro ^  e  Guido  Ferrari,  di  cui  esistono  molte 
iscrizioni  lapidarie. 

Gli.  abitiinti  di  questo  comune  sono  robusti  ed  applicati  al 
lavoro. 

Popolazioni^,  di  Cameri  36oo  ;  di  Codemonie  6o, 

CAMBRIANO  (  Camariartum  ) ,  terra  nella  Novarese  provÌ9» 
eia  ,  frazione  del  comune  di  Qisalino ,  già  munita  di  un  ca* 
stello,  in  cui  fu  situata  la  parrocchiale  con  titolo  di  Pievania. 
Trovasi  distante  da  Novara  quasi  quattro  miglia  di  Piemonte, 
sulla  via  reale  ,  che  da  quella  città  tende  a  Yercelli  :  é  detta 
Camilianurn  nella  carta  di  donsvtione  che  S*  Adekiso  vescovo  di 
Novara  nell'  840.  fece  ai  caDonici  della  cattedrale  di  quella  città. 

Dall'  Azzario  essendosi  alterato  il  nome  di  questo  paese  in 
Arcamarianum ,  il  Merula  ed  il  Castiglione  .  vi  sognarono  un 
arco  di  Mario  per  una  fantastica  viatoria  quivi  riportata  da  Ma* 
rio  sopra  i  Cimbri. 

"*  CAMINATA  (  Caminata  ) ,  com.  nel  mand.  di  Zavattarello, 
prov.  e  dioc.  di  Bobbio ,  div..  di  Genova.  Dipende  dal  senato 
di  Genova,  vice-intend.  prefett.  ipot  di  Bobbio,  insin.  e  posta 
di  Varzi. 


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CAMINO  359 

Fu  feudo,  che  dalla  mensa  vetcovile  di  Bobbio  passò  ai  Dal 
Verme  di  Zavattarello. 

È  situato  alla  sinistra  del  Tidone. 

Parecchie  viUate  compongono  questo  comune. 

Ti  corrono. due  strade:  una,  da  levante,  detta  del  Chiapeto, 
conduce  al  borgo  Mibbiano  ;  V  altra  ,  da  ponente  ,  chiamata 
del  Cavajone,  scorge  a  Baino,  e  ad  altri  circonvicini  paesi, 

È  discosto  i5  miglia  da  Bobbio ,  e  tre  da  Zavattarello.  U 
suo  territorio  confina  collo  stato  di  Piacenza. 

Il  Tidone  y  che  bagna  una  parte  delle  campagne  di  questo 
luogo,  e  che  indi  corre  sullo  stato  Piacentino,  nasce  dal  Pe* 
nice,  ed  ha  foce  nel  Po  ,  vicino  a  Piacenza. 

U  torrentello  Cavapne  attraversa  le  terre  di  Caminata,  di^ 
rigendosi  da  borea  ad  ostro.  Mette  capo  nel  Tidone. 

Vi  sorge  un  monte  detto  Bissolo ,  tutto  coperto  di  castagni 
e  di  rovefli.  Anguste,  e  mal§gevoli  sono  le  vie  che  serpeggiano 
sul  Bissolo. 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  1'  invocazione  di  S«  Giuseppe. 
-  I  prodotti  principali  vi  sono:  fromeolo,  meliga  j  £sve,  uve,  ed 
altre  frutta;  se  ne  fa  il  conunercio  con  Voghera,  e  coi  borghi 
vìcinL 

I  terrazzani  di  Caminata  sono  di  buona  indole  ,  di  pobnsta 
complessione  ,  e  di  pronto  intendimento. 

Vi  stanzia  una  brigala  di  5  preposti  delle  dogane ,  sotto  gli 
ordini  di  un  commissario. 

.    Pesi  e  misure  come  in  Bobbio  t  vi  è  in  corso  la  moneta  mi- 
lanese. 

Popolazifltie  553. 

*  CAMINO  {Cambmm)y  com.  nel  mand.  di  Ponteitura, 
piov.  e  dioc.  di  Casale ,  div.  di  Alessandria*  Dipende  dal  se- 
nato .di  Piem.,  intand»  prefelt.  insin.  ipot.di  -Casale  ,  posta  di 
Trino.    .      . 

È  situato  alla  destra  del  Po,  che  a  breve  distanza  tragìt'- 
tasi  col  mezzo  dì  un  ponte  fatto  di  barche. 
.  Il  ferace  territorio  é  assai  produttivo  di  ecceUenti  uve,  e  di 
cereali.  Vi  scarseggia  il  selvaggiunie. 

Le  bestie  bovine  sono  quivi  soggette  alle  malattie  infiamp* 
matorie. 

In  una  fornace  di  proprietà  del  comune,  si  fanno  molti qaa^ 


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36o  CAMINO 

drelli  a  dirersi  colori  per  uso  di  pavimenti ,  che  per  la  loro 
vaghezza  e  bontà  sono  assai  ricercati,  e  vendonsi  nove  lire  per 
ogni  cento  nell*  Alessandrino ,  nel  Veroellese,  ed  in  Piemonte. 

La  chiesa  parrocchiale,  statavi  or  fi^  un  secolo  edificata,  é 
sotto  gli  auspici  di  S.  Lorenzo ,  alla  cui  festa  intervengono  più 
migliaja  di  forestieri.; 

Il  vetusto  castello  xsoutieae  pregevoli  dipinti,  ed  una  copiosa 
biblioteca. 

Gli  abitanti  sono  robusti,  ed  applicati  all'  agricoltura. 

Si  usano  i  pesi  e  le  misure  come  nel  jcapo  di  ^  provincia  : 
sono  ili  corso  le  monete  del  Piemonte. 

Notizie  storiche,  I  mardiesi'  di  Monferrato  ebbero  questo  vii* 
laggio  in  feudo  dai  vescovi  d'  Asti.  Si  ha  nel  1289  un  atto  di 
fedeltà  del  marchese  Bonifacio  al  .vescovo  eletto  Oberto  per  le 
castella  di  Camino,  Pontestura  ,  e  &.  Salvadore. 
(  Il  marchese  Guglielmo  nel  1214  ^^^^  ceduto  Camino,  Ca- 
vagnolo ,  Pontestura  ,  ed  altri  luoghi  oltre  Po  ai  Vercellesi  per 
la  pace  ottenutane. a  mediazione  del  loro  vescovo  Ugone. 
.  Il  marchese.  Gi%lklniò  VII  nel  ia54  diede  Camino,  Mon- 
calvo,  Verolengo,  Pontestura^  Mombello,  Castagnole,  e  S.  Raf- 
faele per  cautela  della  dote  di  sua  sjfosa  Isabella ,  primoge*- 
nita  di  Riccardo  conte  di  Glocester. 

Nel  i3o6  il  castellano  e  gli  uomini  di  Camino  ^ono  chia- 
mati dal  .marchese  JPàleologp  Teodoro,  al  parlamento  di  Chi- 
vasso,  ed  ivi  annotati  per  provvedere  un  milite  all'esercito. 

Carlo  imperatore  nel  i355  confermava  al  marehese  Giovanni 
il  possedimento  di  questo  luogo. 

Camino  è  pure  nominato  in  un  atto  di  fedeltà  ehe  i  Trinesi 
nel  1372  prestarono  al  marchese  Secondotto. 

Un  Jacopo  de  Camino  chirurgo  stabilitosi  in  Chieri  conoonre 
nel  1 38a .  alla  fondazione  .dell'  ospedal  generale ,  le  cui  regole 
furono  in  quel!'  anno  stesso  approvate  dal  vescovo  di  Tonno 
Xsiovanni  di  Rivalta.       >.      \   . 

Gli  Scarampl  nobili  .Astesi,,  traslocatisi  .in  Gasale  ,  acquistato 
avendo  il  feudo  di  questo  villaggio ,  ebbero  col  comune  di 
Trino,  per  cagione  dei  terreni  smossi  dalle  inofidamoni  del  Po, 
lunghi  litigìi,: che  terminaxfmo  nel  t445o|>er:uiia  sentenza  del 
marchese  Gian  Giacomo  ,  la  quale  temperava  le  sentenze  de' 
predecessori  di  lui^Jn  essa  si  nota>^    che;  ai   fratelli   Soa rampi 


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CAHO  36 1 

litiganti  per  se,  e-  pei  nipoti  Guidetto,  Gian  Giacomo,  e  Gior- 
gino  figliuoli  di  Tommaso,  sono  assieurati  i  diritti  di  pedag- 
gio, di  potca,  di  navigazione,  e  di  tener  porto  con  gomene  e 
corde  sopra  qualunque  ma  .del  Po  anche  propria  di  quei  di 
Irino. 

Del  ramo  degli  Scacampi  ,  che  possedettero  Camino  con  ti- 
tolo di  contado ,  sono  da  ricordarsi  un  Rolando  che  dal  i347 
al  i34o  tenne  la  sede  di  Reggio,  ed  un  Giorgino  eccellente 
capitano,  cui  il  marchese  Teodoro  li  affidò  la  custodia  delle 
sue  principali  fortezze. .  . 

Popol.  gSo. 

*  CAMO  {Camumjj  coKn.  nel-  mand»  <£  s.  Stefano  Belbo , 
prov.  e  dioc.  d'Alba  ,  diy.  di  Cbneo.  Dipende  dal  senato  di 
Piem. ,  intend.  prefetL  ipoL  d'Alba  ,  insin^  di  Cortemiglia  , 
posta  di  Canelli. 

£  detto  Camulum  in  un  diploma  del  looi  dat^  dall'impe* 
ntore  Oddone  Ili ,  a  &vore  del  marchese  A  Torino  Oldevioo 
Uaofì^edo  padre  della  celebre  marchesa  Adelaide.  In  esso  gli 
-oonferoia  gli  altri  suoi  possedimenti  nel  contado  d'Alba.  Dopo 
la  morte .  di  Adelaide ,  .3ooifacio.  march^ae  jàì  Savona  .  e  del 
Vasto,  avendo  occupato  questa- terra ,  la.  trasmise  a  Gfighelmo 
.6MO  figlioplo,  stipite  dcfi  marchesi'  dì  Rusca  ,  dai  quali,  essa 
venne  ài  mairchc^i  del  Carretto.  Xa  ebbero  un  tfiÉipa  gfi  asteil 
con  .&.  Stefano  e  con  gli  altri  yicrai.  luoghi  «intorno  al  Belbo» 
Poiché  quasti  si  diedero  al  re. di- Provenza  Roberto,  Camo  fii 
occupato  dai  marchesi  di  .Monferrato  ^  dai  •  quali  col  trattato  di 
Chef  asco  venne'  ceduto  aì  Duehiidi  .Savòja.  Lo  dbibero  ki  foado 
i  c^|^ori.BecGSKÌa,,Gjratt4rola,  Jm^isa  conti  di  Gr^egutfcdo.  ! 
.^,  j^  discosta  ua.ifii^gUo  da  ».  Stefano  Belbo.,  e» sette  d#  AUmu 
,5i^de  sofMra.'On*  alj^  monte*,,  la  vie: per  salirvi  sono  carreggiàbili* 

Tre.  cOmunaU.  strade  di  qua  ;  ai  dipartono  s  uùa,  da  .levante^ 
i^Opduc^.as^  Stefano  Belho  :  un'altra,  da  meizodi,  tende  a  Citf«> 
sano  :  la  terza,  da  ponente^  scorge  a  Man|^  ^  e  al  capo  luogo 
deUià  provincia.  . 

SpaoKÌ  <ilcKne  #elve,  folte  di  castagni ,  roveri,  e  pini.  .  *  » 
.  Ti;<>vaiisi  cave  di  piotrg  che  si  i*iduce  ad  uso  di  pavimenti 
e  di  balconi. 

I^a  chiesa  j^nrooehiale  è  sotto  il  patarocÌBÌo  di  s.  Pietro  in 
Vincoli.  .     f         . 


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362  CAMOGLI 

Si  usano  i  pesi  e  le  misure  del  Piemonte. 

I  terrazEani  di  Camo  sono  molto  robusti  ,  ed  a|^licati  ai  la 
▼ori  campestri. 

Nel  territorio  si  trova  :  arenaria  pia  calcarea  che  selciosa  , 
di  color  bigio  molto  oscuro.  Della  regione  O^^osa ,  posta  a  tra- 
montana,  e  di  proprietà  del  signor  Francesco  Varrino*  Questa 
c^va  è  ora  abbandonata. 

Popolazione  200. 

CÀIVIOGLI  (  CamiUium) ,  oom.  nel  maod.  di  Hecco  ,  prov. 
dioc.  diy.  di  Genova.  Dipende  dal  senato^  intend.  gen.  prefett 
iosin.  ipot.  di  Genova  y  posta  di  Recco. 

Si  trova  fra  i  gradi  di  latitudine  44*  ^^  9  ^  longitudine  6. 4^9 
discosto  un  miglio  da  Recco ,  e  tredici  da  Genova. 

È  intieramente  costrutto  in  mare.  La  più  parte  delle  sue  Bnb» 
bricfae  hanno  le  fondamenta  negli  scogli  che  si  ergono  alla  super- 
ficie dell'acque.  Un  suo  quartiere  y  in  cui  abitano  più  di  trecento 
persone  ,  e  sta  la  maestosa  parrocchiale  ,  chiamasi  appunto 
l'isola  perchè  in  tempi  burrascosi  è  tutto  circondato  dall'onde. 

L'antichissimo  suo  porto  guarda  ponente  :  un  molo  a  go* 
mito  lo  ripara  da  mezzodì  :  fu  fatto  a  spese  dei  primi  abitanti 
dà  questa  spiaggia  ;  erano  essi  pescatori  che  allettati  dalla  co* 
modità  del  golfo,  e  dall'abbondanza  dei  pesci,  quivi  elessero 
la  propria  dimora ,  fabbricandosi  le  anguste  ed  irregolari  case 
che  vi  si  veggono  tuttavìa.  La  fertilità  del  terreno ,  i  mezzi  di 
dovizia  che  presenta  il  Iwogo  ,  e  la  sua  naturale  positura,  fe-> 
cero  si  che  in  poco  tempo  si  popolasse  ,  e  sin  dai  primi  anni 
del  secolo  quinto  Camogli  già  forma  vauna  parrocchia  indipendente. 

II  porto,  oltre  il  battello  a  vapore,  contiene  venti  bastimenti 
della  portata  da  cinquanta  a  ducento  tonnellate.  La  sua  grande 
utilità  si  riconosce  allora  siogolarmetfte,  quando  un  naviglio 
per  veùtì  contràri  di  tramontana  e  di  greco  non  può  dirigere 
la  prora  a  Genova  o  a  Portofino ,  e  non  trova  ricovero  the 
in  esso;  dò  che  sovente  interviene. 

Gli  abitanti  vi  hanno  120  navi  mercantili  capaci  di  lunga 
corsa ,  dirette  da  esperti  capitani  e  mariniVjtcìtli  nativi  del 
luogo  ,  oltre  70  battelli  per  la  pesca  della  «boh  che  si  fa  nel- 
l'acque dell'  isoletta  Gorgona. 

Nell'invernale  stagione  vanno  eglino  a  pescare  in  mari  lon- 
tani, e  singolarmente  presso  4e  coste  dell'Africa. 


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CAMOGLI  363 

Le  case  del  borgo  ,  a  cagione  della  ristrettezza  del  sito ,  e 
dei  balzi ,  appiè  dei  quali  esso  giace ,  si  elevano  quasi  tutte 
sino  al  settimo  piano. 

L'antico  castello  ,  che  già  servi  di  baluardo  contro  i  nemici 
di  Genova  ,  sta  sopra  una  rupe , .  nella  penisola ,  che  vi  forma 
un  quartiere  separato. 

La  valle  è  dominata  da  parecchie  alture  ,  che  dal  monte 
JPortofino,  a  manca ,  si  estendono  a  quello  di  £suli,  a  diiìtta, 
in  semicircolo. 

Fra  i  molti  olivi,  e  le  viti,  e  miUe  altri  fruttiferi  arboscel- 
li, qua  e  là  sorgono  vaghi  edifizi:  ed  è  singolare  il  diletto  che 
vi  si  prova,  massimamente  in  aprile,  vedendo  tanta  vastità  di 
terreno  presentare  i!ome  un  ampio  vaso  fiorito  a  cento  colori. 

Bei  palazzi ,  che  si  veggono  in.  cosi  deliziosa  vallea  ,  il  più 
sontuoso  appartiene  alla  nobile  famiglia  Gentile. 

Le  terre  vi  sono  bagnate  da  due  torrenti:  uno-  dalla  parte 
ocódentale ,  detto  Migliara  ;  l'altro  da  quella  di  levante  ,  de- 
nominato Ghiara.  ' 

La  nuova  strada  comunelle  fatta  soltanto  per  metà,  cioè  sino 
ai  confini  di  Recco ,  trovasi  a  ponente  t  sale  pel  tratto  d^un 
miglio ,  sbocca  precisamente  alla  metà  del  monte  Portofino  , 
nella  via  pnoviaciale  che  da  Genova ,  passando  per  Recco,  ascende 
a  Ruta,  frazione  di  Camogli,  ed  entrando  nella  bellissima  grot* 
ta ,  che  di  Ruta  si  appella ,  mette  nella'  provincia  di  Chiavari. 

È  desiderio  generale  ,  che  quella  strada  sia  una  volta-  con- 
dotta al  suo  termine  ;  ^perocché  dal  porto  di  Camogli  potreb* 
besi  eseguire  lo  sbarco ,  e  quindi  il  trasporto  d'ogni  sorta  di 
snercanzia!  per -ogni  punto  di.  questi  Regi  Stati.  Un  tale  van- 
taggio non  si  ha  dal  goMb  della  Spezia  sino  a  Genova,  e  per 
óò  apponto  è  meno  attivo  il  commercio. 

La  grotta  di  Ruta  mette  in  comunicazione  i  due  golfi  dì  Ra* 
•palio  e  di  Genova  :  la  sua  larghezza  è  dì  6  metri ,  Paltezza 
media  di  6  y^ ,  e  la  lunghezza  di  74  :  rivestite  di  mura  sono 
le  pareti  del  .masso -per  impedire  lo  sèolo  delle  acque  che  fil* 
tranio  tra  le  fessure  d^a  rupe.' Sulla  faccia,  dalla  parte  di  po^ 
nenie,  sta  una.  lapide  in  marmo  bianco,  che  ittdìc^  i  nomi  dei 
prìncipi,  sotto  i  quali  essa  ebbe  cominciamento ,  fu  continuata 
e  compiuta. 

Li  alcun  luogo  della  terra  non  si  ha  forse  un  punto  di  vista 


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364  CAMOGLl 

più  dilettoso  di  quello  che  s'offre  al  viaggiatore  ,  il  quale  uscendo 
dall'  orieatak  apertura  di  queir  artefatta  rettilinea  spelonca  si 
volge  ,  e  porta  fuori  di  essa  Io  sguardo.  Da  grande  elevatezza 
egli  vede  con  piacere  ine£Fabile  il  sottoposto  mare ,  la  superba 
Genova  che  slede  in  arco  sul  lido,  un  gran  tratto  della  riviera 
occidentale,  e  molta  parte  di  quella  di  levante,  che  sembrano 
da  lunge  due  continuati  sobborghi  dell'antichissMna  capitale.  Né 
mal  s'appone  al  vero  chi  dice  ivi  applicarsi  osa  maraviglia  del- 
l'ottica a  molti  stupendi  oggetti  della  natura  ,  dell'indostria ,  e 
dell'arte.  Alle  più  ammu'evoli  vedute  di  Genova  ,  e  delle  sue 
riviere ,  é  altrove  scemata  la  bellezza  dalia  sterilità  delle  alte 
ciine  dei  baisi:  chi  guarda  la  Liguria  dall'antro  di  Ruta,  scorge 
solamente  quella  parte  di  essa  ,  che  qua*  e  là  sparsa  di  bei 
villaggi  e  di  magnifici  palazzi  è  fortunata  per  maravìgUosa  ve- 
getazione. 

Risiedono  in  CamogU  il-  capitano  del  porto ,  il  vioe-^oasole 
-di  Marina,  la  cui  giurisdizione  estendesi  ìnGno  a  Bogliasco  ìn- 
clusivamente ,  e  vi  stanzia  una  brigata  di  nove  preposti  delle 
R.  Dogane. 

Gli  abitanti  si  distinguono  per  una  semplicità  non  affettata*, 
e  non  rozza  ,  che  si  attrae  l'attenzione  dei  forestieri. 

Le  principali  occupazioni  degli  uomini  vi  sono  l'agricoltura 
£  il  commercio  marittimo:  moke  delle'  donne  vi  sono  applicate 
a  fare  le  reti. 

I  fanciulli  hanno  il  vaatag^o  di  una  pubblica  scuola,  in  cui 
s'insegnano  i  primi  rudùnentì  della  lingua  italiana,  e  dell'aritmetica. 

II  territorio  ,  tuttoché  sassoso,  è  anzi  fertile  che  no.  Le  sue 
produzioni  sono  di  varie  specie  :  fromento ,  rioo  e  legumi  che 
bastano  al  sostentamento  degli  abitatori  :  vino',  olio  d'oliva  , 
castagne  ed  altre  frutta,  ond'é  accresciuta  la  ricchezza  dei  paese; 
non  che  i  prodotti  delle  vacche^  che- vi  trovano  eccellenti  pasture. 

Camogli  è  diviso  in  due  parrocchie,  entcambe  cèn  titolo*  d'ar- 
/cipretura:  una  denominata  dal  comune  é' posta  sul  lido  ;  l'al- 
tra ,  cioè  quella  di  Ruta  ,  sta  sulla  strada  jpeale. 

La  prima  ,  consecrata  a  N.  D.  Assunta,  novera  una  popola- 
zione di  4^76  abitanti  sparsi  nelle  soggette  viUate,  e  nel  borgo 
xasente  la  spiaggia ,  che  ne  forma  la  patte  maggiore. . 

Questa  chiesa  succeduta  ad  una  ,  che  vi  esisteva  prima  dei 
409 ,  è    costrutta  a  tre  navale  sopra  uno   sooglio ,   coi  mette 


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CAMOGLI  365 

un'ampia    strada  ,    la    quale  termina  in  una  scala  di  marmo. 

Il  suo  battistero,  in  marmo  bianco ,  decorato  di  statue  del- 
l'altezza ordinaria  d'un  uomo,  è  lavoro  del  rinomato  Rava- 
scbino  ligure. 

Di  Francesco  Schiaffino  tì  sono  le  statue  di  N.  D*del  Rosa- 
rio, di  s.  Domenico,  di  s.  Chiara,  e  degli  apostoli  Pietro  e 
Paolo  :  quella  in  legno  della  Concezione  si  crede  lavoro  di 
Bernardo ,  fratello  di  lui. 

La  tavola  del  Crocifisso  ,  la  tavola  che  rappresenta  la  pe- 
scagione di  s.  Pietro  ,  e  quella  dell'Eterno  Padre  ,  sono  opere 
di  esperto,  ma  sconosciuto  pittore. 

Vi  sono  tenute  in  grande  venerazione  le  ossa  di  s.  Prospero, 
vescovo  di  Tarragona  ,  morto  nel  4^9  9  mentre  fuggitivo  dalla 
sua  diocesi  cercava  sottrarsi  alle  insidie  de' suoi  feroci  perse-* 
cutori. 

Cernii  storicL  1 1 18.  Nel  novero  dei  deputati  che  sottoscrissero 
il  trattato  di  pace  fra  i  genovesi,  ed  ì  pisani,  trovaronsi  Folco, 
Rolando ,  Guglielmo ,  e  Landrico  ,  tutti  nativi  di  Camogli. 

uggì  Tfdjgio  da  Cninogli  fondft  Iw    chiana,  di    s.  Chiara-in 


1 2g6.  Antonio  da  Camogli  era  vescovo-  dì  Luni. 

1433.  I  veneziani  con  ventidue  galee  saccheggiarono  barba- 
ramente Zoagli,  s.  Margherita,  s.  Giacomo  di  Corte ,  e  Boglia- 
sco  ;  ma  non  ardirono  investire  Camogli  per  averne  veduti  gli 
abitatori  disposti  ad  una.  gagliarda  difesa. 

1435.  Ludovico  da  Camogli  armò  col  proprio,  danaro  una 
grossa  galea,  che  facendo  partedella  flotta  di  Genota ,  comandata 
dal  grande  ammiraglio  Biagio  Assereto,  contribuì  a  riportare 
la  famosa  vittoria  contro  l'armata  del  re  d'Aragona. 

Dtf  questo  comune  trassero  origine  le-  nobili  famiglie  Fran«- 
zoni ,  Ponte ,  Da-Camogli ,  -^amtlkK^  Figali-CasclK ,  De-Lorenzi, 
Peilerani  e  Topori.  Vennero  esse  ascrìtte  alla  nobiltà,  di  Ge- 
nova nel  i5a8. 

La  parrocchiale  di  Ruta ,  anticamente  Rua  ,  di  gotico  dise- 
gno, consecrata  a  s.  Michele ,  novera  1040  abitatori,  la  mag- 
gior parte  occupati  ai  campestri  lavori.  Fu  edificata  nel  i6f4* 
Trovasi  a  pochi  metri  dalla  ridetta  spelonca,  superiormente 
alk  strada  reale,  sull' antica' via  della  provincia,  che  interse- 
cando  il  quartiere  di  Bona  ,  conduce  a  Rapallo. 


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366  CAMOGLI 

Sulla  slessa  via,  noa  discosto  dalla  chiesa ,  vedesi  un  ora-^ 
torio  ,  in  cui  é  venerato  un  crocefisso,  lavoro  della  scuola  del 
Maragliano. 

Varie -case  poco  distanti  dall' accennata  parrocchia  ,  e  due 
buone  locande  sulla  strada  regia,  vi  formano  come  un  piccolo 
borgo. 

Nella  parrocchiale  di  Ruta,  oltre  la  tavola  del  Piota,  su  cui 
è  effigiata  la  Concezione  di  N.  D. ,  bavvene  una  del  Vàudik  , 
che  rappresenta  il  sacrifizio  del  Calvario ,  annoverata  fra  Le  più 
insigni  opere  di  cosi  famoso  pittore.  Si  narra ,  ch'egli  abbia 
per  qualche  tempo  avuto  quivi  ricovero ,  e  che  in  riconoscenza 
della  ricevuta  ospitalità  ,  facesse  queirammirabil  dipinto. 

Ruta  conserva  le  «sacre  spoglie  di  s.  Giovanni ,  che  soffri  il 
martirio  addi  4  ottobre  del  334*  Si  è  in  dubbio  ,  se  questo 
Santo  abbia  qui  avuto  i  suoi  natali.  Certo  è  ,  ch'ei  visse  vita 
penitente  in  Capo  di  Monte ,  e  che  fu  «epolto  nella  cl|iesa  già 
detta  Ospitai  vecchio ,  della  quale  non  rimane,  che  la  ricordanzaé 

Nel  luogo,  ove  sorgeva  quella  chiesa,  fu  coli' andar  del 
tempo  edificato  un  monìstero  per  le  monache  ràterciensi  ; 
che  dopo  la  rovina  di  esso,  si  ricoverarono  in  quello  di  s.  Maria 
della  Valle  di  Cristo ,  già  esistente  neU'  attigua  parrocchia  di 
di  s.  Maria  del  Campo*  Da  questo  monistero  sin  dal  i35i  si 
pagava  un  canone  alla  parrocchia  di  Ruta. 

Le  sacre  ossa  di  quel  martire ,  rimaste  sotto  le  rovine  della 
detta  chiesa ,  scoperte  poscia  per  celeste  inspirazione  ,  furono 
col  tempo  traslocate  nel  tempio  deir Ospitai  veccluo ,  e  final** 
mente  nella  parrocchia  di  s.  Miahele. 

Sopra  due  urùe  ,  nelle  quali  si  è  ritrovata  la  sacra  spoglia^ 
sono  scolpite  le  due  seguenti  iscrizioni  inedite: 

BIG  .  JACBT  •  CORPVS  .  S.TI  HIC  •  JAGBT  .  COBPV9     ' 

IOAinriS  .  MABTIBIS  S.   GIOVAHRBS  •  MSRTISE 

Alla  ricordanza  del  martire  è  sacra  l'ultima  domenica  d'agosto^ 
che  vi  è  festeggiata  con  molta  pompa  e  pletà«Dai  vicini  vii-' 
laggi  vi  accorrono  in  folla  gli  abitatori  per  emulare  la  devozione 
dei  figli  di  Ruta,  ed  acquistare  le  spirituali  grazie  dal  sommo 
pontefice  Alessandro  VII  concedute  a  chi  visiti  quelle  sante  reliquie. 

Sulla  cresta  del  monte  di  Portofino  vedesi  una  cappella  de-» 
dtcata  a  s.  Rocco,  e  retta  da  un  sacerdote.  Ad  essa,  ogni  anno 
nel  mese  di  maggio,  vanno  processionalmente  gli  abitatori  delle 


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CAMOGLI  367 

due  parrocchie  per  isciogliere  un  voto  quivi  fatto  in  occasione 
di  un  terhbil  contagio. 

In  mesto  alla  predetta  vallea  sta  una  chiesa  dedicata  a  N.  S. 
del  Boschetto»  Si  ammira  in  essa  una  bella  statua  dell'Addo- 
lorata ^  scolpita  da  Pellegro  Olivarì.  È  pia  credenza  che  nel 
i5i8  la  Vergine  Madre  comparisse  ad  Angela  Schiaffino  diCa« 
mogli  j  e  lasciandole  segni  visibili  della  sua  apparizione  ,  le 
imponesse  la  edificazione  del  tempio ,  che  prestamente  fu  eret- 
to, e  dodici  anni  appresso  divenne  priorato  dei  servi  di  Maria. 

La  prima  '  domenica  di  settembre  é  assegnata  all'annua  fé-» 
stiviti,,  che  si  celebra  eziandio  nella  parrocchia ,  ed  è  fatta  più 
solenne  per  fuochi  artificiati ,  e  per  illuminazione  dii  tutto  il 
borgo  y  e  della  via  che  scorge  alla  chiesa  del  Boschetto.  > 

Alla  distanza  di  mezco  miglio  dal  paese ,  in  sulle  falde  del 
monte  di* Portofino,  esisteva  la  chiesa  dis.  Nicolò  di  Bari,  stata 
consecrata  addi  ^7  luglio  del  345  da  s.  Romolo  vescovo  di 
Genova.  La  uffiziarono  un  tempo  i  canonia  regolari  della 
congregazione  di  s.  Rufo:  la  ebbero  nel  i5i8  i  padrìr cappuc- 
cini  :  essa  infine  divenne  patronato  della  nobile  famiglia  Durazzo« 

In  un  seno  dello  stesso  monte ,  a  tre  muglia  da  Camogli  ^ 
sta  la  badia  di  s.  Fruttuoso. 

Questo  santo  che  fu  vestivo  dìTarragona  in  Catalogna,  sof" 
ferse  il  martìrio  sotto  l'impero  di  Giuliano. 

Erano  discepoli  suoi  Giorgio ,  Marziale ,  Procopio ,  Giustino, 
e  Pantaleone.  Si  narra  che  alcuni  di  questi  supernamente  in- 
spirati trasportassero  la  salma  del  loro  santo  maestro  nel  sito 
ove  costrussero  la  chiesa ,  in  cui  fu  essa  collocata. 

Questo  luogo  divenne  poscia  monistero  dell'ordine  di  s.  Be- 
nedetto ,  e  f u  dai  monaci  abitato  sino  al  i454*  La  sede  apo- 
stolica nel  i538  ne  avea  già  conceduto  il  jus  patronato  ai  Doria^ 
da  cui  se  ne  nomina  tuttavia  l'abbate  commendatario. 

Nell'anno  terzo  dell'impero  di  Ottone  I,  da  Adelagia  sposa 
di  lui ,  e  figliuola  di  Rodolfo  furono  fatti  al  monistero  molti 
donativi,  e  fra  gli  altri  quello  del  monte  di  Portofino,  esente 
da  qualsivoglia  imposta  ;  ond'è  che  alla  famiglia  Doria  passò 
il  diritto  di  nominare  i  paroci  di  Portofino ,  di  Nozarego ,  e 
di  san  Giacomo;  furono  dipendenti  dal  monistero  i  priorati  di 
s.  Antonio  del  castello  genovese  in  Sardegna,  di  s.  Giuliano  di 
Albaro  presso  Genova  ,  e  di  s.  Matteo  dentro  le  mura. 


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368  CAM06LI 

La  badia  di  s.  Fruttuoso  è  siugolarmente  insigne  per  le 
tombe  dei  Doria.  Non  vedesi  altrove  più  magnifico  sepolcreto 
dei  tempi  di  mezzo.  In  una  lunga  camera ,  spettante  alla  parte 
inferiore  del  monistero  ,  stanno  gli  a?elli.  Una  serie  di  archi 
acuti  fatti  di  marmò  in  fasce  bianche  e  nere  si  vede  sopra  i 
sarcofaghi  ,  e  ciascun  arco  sta  su  dodici  colonnette  di  marmo 
bianco.  Le  iscrizioni  in  gotico  carattere  hanno  la  semplicità  del 
secolo  decimoterzo.  Yi  sorge  una  torriceUa  quadrata,  costrutta 
dai  Doria,  appiè  della  quale  vedesi  l'anzidetta  fortezza  naunka 
di  due  cannoni. 

Di  presente  abitano  il  monistero  un  sacerdote  addetto  al  ser- 
vizio dilla  chiesa,  una  brigata  di  pochi  preposti  delle  dogane, 
ed  alcune  famiglie  di  pescatori. 

Personaggi  iUustrL  8i  (linTanni  Bono  ^  sepolto  in  Rrrro  uri 
•^34.  Dello  stesso  nome ,  e  di  questo  medesimo  lupgo  fu  que- 
gli che  occupò  la  sedia  arcivescovile  di  Milano  nel  63 1. 

Angela  Schiaffino  chiaro  modello  di  ogni  virtù  religiosa ,  dotata 
dello  spirito  di  profezia ,  fiori  sul  principio  del  secolo  decimosesto. 

Bono  da  Cam'egli  ^  vescovo  di  Albcnga.- 

Do  Crcgori  Squillaon  ,  eardinale.^ 

Geromino  da  Camogli,  vescovo  di  Scio. 

Prospero  da  Camogli ,  vescovo  di  Cattania ,  consigliere  del- 
l'imperatore Federico  ,  e  rinomato  astronomo. 

Orazio  Schiaffino,  ambasciatore  della  repubblica  di  Genova 
alla  corte  di  Spagna. 

De-Gregori  Squillace ,  zio  del  suddetto  cardinale ,  fu  primo 
ministro  della  corte  di  Spagna  sotto  il  re  Carlo  IIL 

Gio.  Battista  Figari  ,  colonnello  del  reggimento  italico  ,  al 
servizio  di  Ludovico  XIV,  valorosamente  combattendo  raiorl  nella 
famosa  giornata  di  Hostelk. 

Agostino  Schiaffino  carmelitano,  lasciò  manoscritti  gli  annali  eccle- 
siastici di  Genova,  un  libro  delle  vite  dei  pontefici ,  uno  della  storia 
di  Genova,  ed  un  altro  sull'origine  di  tutte  le  chiese  della  Liguria. 

Francesco  Boggiano  diede  alla  luce  l'Erotea,  ed  il  Solitario. 

Antonio  Denegri  lasciò  opere  di  diritto  civile  e  canonico. 

Francesco  Capurro  fu  rinomato  pittore. 

Francesco  e  Bernardo  Schiaffino  vennero  in  istima  di  valenti 
scultori. 

Popolazione  6190. 


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GAMPELLO  369 

*  GAMPELLO  (  Campellus  ) ,  com.  nel  naand.  di  Varallo ,  proT. 
di  Yalsesia,  dioc.  e  div.  di  Npvara.  Dipende  dal  senato  di  Piem. , 
vice-intend.  insin.  di  Yarallo ,  prefett.  i^ot.  di  Yals.esia  j  posta 
d'  Omegna. 

Nel  18 16  questo  comune  fu  separato  da  Rimella^  cui  per 
r  addietro  era  sempre  stato  unito. 

È  situato  sul  torrente  Strona,  ai  confioi  della  valle  di  Sesia. 
Sono  sue  frazioni  Pianpianino  ,  Tappone,  e  Valdo  :  quest'  ul- 
timo luogo  non  é  abitato  che  dalle  tre  f;ìmiglie  ,  aventi  lo 
stesso  nome  Tosseri. 

Di  qua  partono  due  strade  comunali:  una,  da  levante,-- con- 
duce al  borgo  d'  Omegna  :  V  altra  ,  da  ponente ,  scorge  a  Ri- 
mella:  da  questa  via,  salendo  per  la  montagna^  si  perviene 
in  tre  ore  di  cammino  alla  cosi  detta  Colma  \  e  di  là  discen- 
dendo verso  le  alpi,  si  giunge  in  due  ore  alla  parrocchia  di 
Rimella. 

Ad  ostro  del  paese  corre  lo  Stro|[|,  e  a  levante  il  Gigno. 
Nel  giorno  19  marzo  del  1701  questo  torrente  in  una  inonda- 
zione vi  atterrò  parecchie  case;  nel  1755  rovinò  una  parte 
della  chiesa  parrocchiale;  nel  1781  distrusse  intieramente  la 
detta  chiesa ,  \  e  ne  furono  sommersi  gli  arredi  sacri ,  e  V  ar^^ 
chivioé 

Lo  Strona  nasce  da  un  laghetto,  che  giace  sul  Gopezzònei 
alpe  che  appartiene  al  beneficiato  della  cappellania  di, Rimella. 

Vi  sorgono  tre  balzi:  il  primo  detto  la  Massa  del  Sesiani  , 
confina  a  mezzodì  colla  cosi  detta  Guria  di  Yarallo  :  il  secondo, 
chiamato  Lussolo,  a  tramontana,  confina  coli'  Ossola  superiore: 
il  terzo ,  che  appellasi  Toscalina  ,  è  posto  a  levante  di  Forno. 

Da  Gampello ,  passando  pel  Lussolo ,  si  va  in  otto  ore  al 
borgo  di  Domodossola. 

Alli  19  d'agosto  del  1759,  la  chiesa  di  questo  comune  fu 
eretta  in  parrocchia ,  sotto  il  titolo  di  S.  Giovanni. 

L'  inondazione  del  Gigno,  quivi  avvenuta  1'  anno  1781  , 
avendo  ^  come  s'  è  detto  ,  atterrata  la  parrocchiale  chiesa ,  vi 
si  incominciò  la  fabbricazione  di  un'  altra  su  elegante  disegno 
nel  1784,^  e  fu  condotta  al  suo  termine  nel  1790. 

Tutti  gli  abitanti ,  ed  in  ispecie  le  due  famiglie  Guglianetti 
e  Tonsi,  concorsero  perché  fosse  edificata  la  chiesa  novella4 

Le  bestie  bovine,  i  cui  prodotti  vi  sono  di  qualche  rilievo^ 
Dizioru  geogr.  ecc.  Yol.  IIL  ^4 


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370  CAMPERTOCNO 

Tanno  molto  soggette  al  male  quivi  detto  scabbiola ,  cagionato 
dalla  soverchia  umidità  del  luogo:  esse  per  altro  guariscono 
facilmente  9  se  loro  si  legano  presto  le  orecchie  y  e  se  queste 
gonfiate  si  forano  entro  lo  spazio  di  ventiquattr'  ore. 

Sul  CopezKone  allignano  bene  i  ciliegi,  gli  abeti,  i  faggi, 
ed  i  larici.  Vi  abbondano  le  starne,  le  lepri,  ed  eziandio  le 
camoue. 

Gli  uomini  di  Campello  sono  robusti ,  e  giungono  per  lo  più 
ad  età  molto  avanzata.  Non  pochi  di  essi ,  per  la  sterilità  del 
loro  paese ,  si  portano  in  regioni  straniere  ad  esercitarvi  il 
traffico,  od  il  mestiere  del  peltrajo,  lasciando  le  proprie  man- 
dre  in  custodia  delle  donne,  che  di  forte  complessione  anch'esse 
ed  amantissime  del  lavoro ,  vanno  al  mercato  di  Omegna  ,  di- 
stante 7  miglia  di  Piemopte ,  per  vendere  il  butirro  ed  il  for- 
maggio, cui  trasportano  sulle  proprie  spalle. 

Si  usano  i  pési  e  le  misure  di  Milano* 

Popctlazione  180. 

CAMP£RT0GKO  {Campertonium),  cora.  nel  mand.  di  Sco-^ 
pa  ,  proT.di  Valsesia,  dioc.  e  div.  di  Novara.  Dipende  dal  se- 
nato di  Piem.  «  vice*intend.  insin.  e  posta  di  Varallo  ,  prefetti 
ipot.  di  Valsesi^^.^.^^/^^^ .^^iiV^v^a.^/^./^^. 

La  parrocchia  di -questo  ^tllaggin  è  la  più  antica  della^-salle 
ov'essà  giace  ,  e  ne  fu  Tanica  sino  al  i3^  ;  dopo  il  qual 
tempo  Venne  eretta  nella  parte  superiore  quella  di  Alagna. 

Il  teutonico  corrotto  di<  letto ,  che  vi  parUmo  gli  abitanti , 
indica  la  l^ro  provenienzi|. 

Parecchie  villate  formano  questo  comune  ,  e  sono  :  Qoare  , 
Piana  ,  Villa  ,  Tetti ,  Pie  di  Riva  ,  Carratta  ,  Otra  ,  Rusa ,  e 
Goreto. 

Il  capo  luogo  è  composto  di  tre  cantoni  uniti  :  Avigi ,  Pia-' 
n  aponte  ,  Cadgrampino  ,  o  Gianon. 

La  strada  provinciale  ,  correndovi  da  mezzodì  ,  conduce  a 
Piojfde  lontano  un  miglio  ed  un  quarto;  india  Scopello,  Scopa, 
Balmuccia,  Vocca  ,  e  finalmente  al  capo  luogo  della  provincia 
distante  cinque  ore  di  cammino  :  .da  tramontana  la  medesima 
via  scorge  a  MoUia  discosto  tre  quarti  di  mìglio  ,  quindi  a 
Riva  ,  e  ad  Alagna  ultimi  luoghi  della  valle. 

Campertogno  è  diviso  per  metà  dal  Sesia,  il  cui  letto  ^  quivi 
ingombrato  d«i  sassi  di  enorme  grosse^cza. 


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CAMPIDANO  o  CAMPÒ  3n  t 

Vi  si  pigliatìo  molte  trote  piccole  ,  ma  saporose. 

II  paese  trovasi  nel  mezzo  di  alti  monti  ,  fra  i  quali  vuoisi 
notare  il  Vasnera  ,  che  contiene  una  cava  di  pietra  da  calce  di 
buonissima  qualità. 

La  pianta  che  meglio  prospera  su  questi  inontì  è  il  faggio. 

Le  produzioni  territoriali  sono  :  segale  ,  patate  ,  castagne  , 
noci,  e  canapa.  Di  qualche  rilievo  vi  sono  i  prodotti  delle 
vacche  e  delle  capre  ,  che  durante  l'invei-no  sì  danno  a  custo- 
dire ai  villici  di  Borgosesia  ,  Sostegno,  Prato,  e  Grignasco. 

La  chiesa  parrocchiale  è  d'ordine  composito  :  vuoisi  che  sia 
Stata  edificata  sul  disegno  dell'architetto  Vittone.  È  sotto  l'in- 
vocazione dell'apostolo  s.  Giacomo  Maggiore  ,  la  cui  festa  ivi 
è  celebrata  col  concorso  di  molti  forestieri.  Il  paroco  vi  ha 
il  titolo  di  arciprete. 

U  corpo  di  s.  Innocenzo  martire  della  legione  tebea  è  de- 
posto in  questa  chiesa. 

Vi  sono  alcune  ìnstituzioni  di  pubblica  beneficenza  ,  la  cui 
mercé  si  soccorre  ai  malati  poveri ,  ed  anche  alle  persone  ina- 
bili al  lavoro. 

Gli  abitanti  di  Campertogno  sono  robustissimi,  di  buona  in- 
dole ,  è  particolarmente  inclinati  alle  arti  meccaniche. 

Pesi  e  misure  come  nel  capo  luogo  di  provincia; 

Popolazione   i23o. 

Narrasi  per  tradizione ,  che  sur  una  delle  predette  montagne, 
vicina  al  cantone  delle  Quare  ,  appellata  Varga  Monga  ,'  iokse 
arrestato  il  famoso  Dolcino  ,  il  quale  nei  primi  anni  del  se- 
colo XIV  per  le  sue  enormi  scelleratezze  tenne  in  grande  ap- 
prensione il  Biellese,'la  Valsesia,  il  Novarese,  eie  vicine  con- 
trade (Vedi  Biella  e  Borgosesia).  È  per  altro  più  fondata 
opinione  che  l'arresto  di  quell'eretico  ,  di  cui  parla  Dante  nel 
canto  xXnn  dell' Inferno^  accadesse  sopra  un  balzo  di  Roos» 
Bbn  lui»gc  da  Triverio,  «tw  bUi  'id  tih'oin  dilJHiniinn  dal  can- 
tone delle  Quare. 

Evvi  una  terra  pur  detta  Campertogno  sopra  un  monte  della 
Catalogna  presso  le  frontiere  della  Francia. 

CAMPIDANO  o  CAMPO.  Sono  tra  i  sardi  in  mòlt'uso  questi 
nrjmi  a  significare  certe  regioni  piane  di  grande  estensione  j 
e  più  asciutte  delle  valli.  Il  Gemelli  pose  il  fondamento 
della  distinzione  di    Campi    e  Campidani  nella  inn^^gior  o  mi- 


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371  CAMPIDANO  o  CAMPO 

nore  quantità  della  superficie ,  la  quale  ove  fosse  assai  tasta 
"^  si  appeUasse  Campidano  ,  se  angusta  Campo  :  tuttavolta  non 
trovo  nel  vero  il  suo  giudizio  ,  da  che  qualche  regione  che  i 
Logudoresi  cognominan  Campo  (  p.  e.  il  campo  d'Oziéri  )  pa- 
reggia qualcuno  dei  Carapidani.  Però  non  attendendo  a  questo 
scrittore  dirò  sinonime  le  due  appellazioni,  quando  quelle  sif- 
fatte regioni  che  nella  parte  meridionale  del  regno  si  dicono 
Campidani  sono  dai  Logudoresi  Campi  nominate.  A  nOEÌon  più 
distìnta  giovi  sapere  quali  idee  siano  comprese  nella  parola 
Campidano  o  Campitano  come  si  legge  nelle  antiche  carte.  Si 
vuol  significare  una  grande  estensione  piana ,  ma  senza  negare 
alcun  rialto  è  colali  tumescenze  cui  non  convenga  l'appellativo 
di  colli,  già  che  pure  ne'  Campidani  è  la  distinzione  di  terre 
basse  e  alte  :  e  dassi  ad  intendere  una  terra  coltivata  ,  e  di 
superior  fecondità,  asciutta  in  gran  parte,  e  quindi  non  esclusi 
certi  siti  umidi  con  acquitrini ,  pantani ,  e  stagni  ;  perchè  vi  è 
•  sempre  annessa  l'idea  d'un'aria  insalubre  in  quella  stagion  del- 
l'anno che  corre  dal  spllìone  alle  grandi  pioggie  dell'estremo 
autunno.  Cotal  complesso  di  qualità  nella  denominazione  di 
Campidano  si  può  tutte  le  volte  riconoscere,  che  si  applica  la 
medesima  a  regioni  cui  sia  proprio  altro  nome,  p.  e.  all'Anglona. 

Campi.  Sono  molte  regioni  nelle  provincie  settentrionali  cui  ge- 
neralmente si  dà  quest'appellativo. 

Campo  d'Ozièri ,  vastissima  regione  del  Montacuto  chiusa  da' 
monti  di  Mores ,  Ardara ,  Ploàghe ,  Chiaramente,  Sassu  sino 
al  fiume  di  Co'guinas  ,  indi  dai  colli  di  Qastra  ,  e  dalle  emi- 
nenze di  Ozièri.  La  sua  circonferenza  valutasi  in  miglia  89,  la 
superfìcie  in  circa  90  quadrati.  Il  terreno  è  più  frequentemente 
sabbioso.  Se  ne  darà  più  distinta  spiegazione  all'articolo 
OzièrL 

Campo  di  Còguinas.  Cosi  dicesi  la  maremma  che  vederi  di- 
stesa dai  monti  di  Gallura,  Agultu,  Qugurenza,  Latrai,  a  quelli 
di  Caslelsardo  in  una  superficie  di  circa  28  metri  quadrati. 
Essa  è  una  terra  che  rinforzasi  spesso  dalla  pinguedine  delle 
inondazioni  del  Còguinas,  onde  suole  spiegare  una  vegetazione 
prodigiosa.  V.  l'art.  Coguìruzs. 

Campo  Giavesu  ,  cosi  detto  da  Giave  che  ne  possiede  un 
grandissimo  tratto.  Ha  una  superficie  di  circa  io  metri  qua- 
drati,  una  terra  umorosa  e  feitilissima.  Y.  l'articolo  Giave. 


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CAMPIDÀINO  o  CAMPO  373 

Campo  Laziaro  ,  che  apresi  a  mezzodì  di  Codrongìanos  ed 
a  ponente  di  Ploaghe.  La  sua  superficie  può  calcolarsi  alli  8 
metri  quadrati.  La  terra  é  di  somma  virtù.  V.  l'articolo 
Pioaghe. 

Campo  Mela.  Stendesi  questo  dalle  fauci  di  Can-e-Kervu 
sotto  Scala-di-giocca  all'eminenza  di  Codrongianos.  Se  la  su- 
perficie è  un  po'  minore  della  precedente ,  la  fertilità  è  senza 
contrasto  eguale.  V.  ISirticolo  Codrongianos. 

Campo  di  Oltana.  V.  l'articolo  Otlàna  j  ecc.  ecc. 

Nella  Sardegna  meridionale  è  una  landa  a  ponente  del  monte 
Atei  .y  detta  Campo  di  S.  Anna  :  di  cui  vedi  nell'articolo  Ori- 
stano, 

Campidani.  Due  sono  i  principali ,  uno  di  Cagliari ,  l'altro 
di  Arborea.  Queste  cose  hanno  essi  di  comune  ,  che  siano  di 
pochi  metri  elevati  sul  livello  del  mare  j  con  cui  terminano 
da  una  parte;  le. terre  argillose,  scarse  di  sorgenti,  e  non 
propinanti  dai  poco  profondi  pozzi  che  acque  salmastre  ;  po- 
vere di  arbusti ,  e  di  piante  d'alto  fusto  venute  spontaneamente 
ia  nud  compenso  sparse  di  cardi  agresti  e  di  altre  eAe  spi- 
nose ;  che  salvo  il  tempo  in  cui  verdeggiano  i  seminati  com- 
paiiscano  orride  come  deserti  ;  che  sciano  il  calore  e  l'umi- 
dità in  grado  maggiore;  che  nei  tempi  di  media  temperatura 
soggiacciano  a  nebbie  frequenti ,  e  spesso  fatali  :  nelle  notti  se- 
rene o  a  copiose  ruf^de  ,  o  a  forti  brinate,  onde  i  fiori  e  i 
teneri  germogli  sono  bruciati ,  e  intristiscono  le  piante  e  le 
frutta.;  e  in  ogni  tempo  a  tanta  variabilità  di  condizione  nel- 
l'atmosfera ,  -che  entro  lo  stesso  giorno  ti  parrai  portato  da 
una  in  altra  stagione  succedendo  a  un  calore  che  non  sia  da 
patire  un  freddumido  che  dia  dei  brividi.  Alle  quali  cose  poco 
alla  sanità  fauste  cresce  ,  come  dicea ,  la  infezione  deli'  aria 
dal  luglio  al  novembre  dai  molti  funesti  laboratori  di  miasmi, 
dei  quali  questi  non  rimovibili,  quelli  permessi  dalla  infingar- 
daggine dei  coloni  ;  quindi  correndo  questi  tempi  pericoloi^i  il 
timore  di  prendere  un  male  ,  che  possa  esser  fatale  ,  sé  non 
si  eviti  l'umido  dopo  di  avere- sperimentato  il  caldo  ,  non  tem- 
perandosi da  troppe  bevande,  e  da  cibi  di  concozione  difficile. 
L'inguinamento  dell'aria  é  ben  sentito  quando  alle  prime  piog- 
gie  autunnali  escono  i  conladini  a  preparar  le  terre.  Della  fer- 
tilità non  accade  dover  Care  alcuna  parola  :  però  dbe  se  il  cielo 


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374  CAMPIDANO  o  CAMPO 

ristori  con  frequenza  i  seminati  degli  umori  perduti ,  comecché 
sia  tristissima  Tarte  ,  tuttavia  tanta  copia  è  di  messe  ,  che  ge- 
neri ammirazipne. 

Della  fisica  e  morale  costituzione  dei  Campidanesi  si  è  detto 
quanto  parve  convenire  negli  articoli  Busachi  provincia ,  Ca^ 
gliari  provincia. 

Particolarità  dei  Campidani* 

Campidano  di  Arborea,  Dislinguesi  in  tre  dipartimenti  no-> 
minati  essi  pure  Campidani  con  determinazione  dai  paesi  prin- 
cipali ,  dove  nel  governo  dei  Giudici  erano  soliti  risiedere  i  cu- 
ratori ;  questi  erano  il  Campidano-rMaggiore  ,  il  Cam|Hdand- 
Milis ,  il  Campidano-Simàgis. 

Il  Ca^npidano^Maggiore ,  secondo  il  P.  Napoli ,  distendesi 
dai  limiti  orientali  di  Cerfallio  a  Capo-manno  per  più  di  mi- 
glia aa,  e  dal  ponte  d'Oristano  a  quello  di  Riòla  circa  6  *, 
onde  sarebbe  un'area  di  metri  quadrati  140. 

Da  un'i^ntica  carta  in  cui  si  riferiscono  le  congreghe  dipar-r 
timentali  di  tutte  le  curatone  del  giudicato  d'Arborea  e  delle 
altre  dipendenti  dal  governo  di  Leonora  Giudìcessa  di  Arborea 
per  la  elezione  dei  propri  sindaci  a  stipular  la  pace  col  Re 
d'Aragona  ricaviamo  con  certezza  il  numero  e  nome  delle  po« 
polazioai  in  quello  esìstenti  come  de^li  altri  distretti ,  cosi  di 
questo  e  degli  altri  due  Campidani.  Coniponevanp  il  Campi<^ 
dano-Maggiore  Solorussa  ,  Cerfallio,  Villalonga ,  Sii-ma/ore  , 
Pctravèurra,  Massaina,  Nuràci-niello ,  Fenugheda ,  Nuraci-albu, 
Capras ,  Solànis  ,  Semisthe  ,  Nuraci  de  pische  ,  Ersorra  ,  Do- 
nugagia  ,  Cclleyani,  Baratili.  Fu  dopo  quel  tempo  un  altro  TÌl« 
laggto  presso  al  secondo  ponte  sulla  strada  centrale  da  Orìn 
stano  detto  Nura-capra  ,  che  nel  secolo  scorso  restò  deserto. 

Il  Campidano-Milis  giacente  al  settentrione  del  suddescritto 
ha  di  larghezza  dal  ponte  di  Tramatza  al  confine  del  Sanlus-* 
surgiese  miglia  7,  di  lunghezza  dal  confine  di  Bau-ladu  alla 
torre  del  Pozzo  miglia  18  ;  e  quindi  una  superficie  di  miglia 
quadrati   1 3o  ? 

Comprendevansi  già  in  questa  contrada ,  siccome  deducesi 
^alla  sopracitata  antica  carta  ,  queste  popolazioni ,  Tramatza  , 
JBauladu  ,  Sant'Aèru,  Milis-mannu  ,  Milis-^piccinnu ,  Nurapulia, 
Barigàdos  ,  Calca rgia  ^  Sèneghc  ,  Bouàrcato  ,  Segacos  ,  Spinala 
)]ia  ,  Solli, 


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CAMPIDANO  o  CAMPO  875 

Il  Campidano  Simàgis ,  che  trovi  a  mezzogiorno  del  Cani- 
pidano-Maggiore ,  stendesi  da  Marnibiu  al  ponte  dì  Oristano 
per  miglia  io,  dai  monti  d'Arci  al  mare  per  miglia  i3,  con  una 
estensione  superficiarìa  di  miglia  quadrati  i3o. 

Dalla  stessa  carta  abbiamo  aver  in  queU'epoca  questa  cu- 
ratoria  contenuto  Simàgis  ,  Simàgis  di  S.  Giuliano ,  Simàgis  de 
70SSU,  Bàngios  y  Camplesy  Ugiastra,  Sia  Sancti  Nicolai,  Olbar- 
ra  y  Sili ,  Santa  lusta  ,  Palmas-roa/ore  y  Palmas,  S.  Aéru,  Sia 
Sanctae  Luciae. 

In  questo  tempo  nelle  tre  curatone  sono  le  seguenti  popo« 
lazioni.  Nel  Campidano-Maggiore  :  Baratili,  Cabras  anticamente 
Capras  ,  Ccddiani  anticamente  Celleyani ,  Cerfalliu ,  Donigala 
anticamente  Donugagia ,  Massama  ,  Nurachi ,  non  so  «e  Nura- 
cbi  albu,  o  Nurachi  de  pische  ?  Nuraxioieddu  ,  anticamente 
Nurachi  niello,  o  pigello,  Riòla  chi  sa  se  avesse  nell' addietro 
un  diverso  nome,  o  sia  più  recente  della  notata  età,  Sia-mag* 
giore  anticamente  Siì-mayore ,  Solorussa  ,  Solanas.  Nel  Campi- 
dano-Milis  :  Milis  ,  forse  i  due  Milis  antichi  che  eran  certa- 
mente vicini  si  sono  congiunti?  Bonarcado  anticamente  Bonar« 
cato  ,  fiau-liidu,  Narbolia  iintie«mente  Nurapulia,  S.  Aéru-Mi- 
lis  ,  Séneghe  ,  Tramatia. 

Nel  Campidano-Simàgisji  Simàgis,  i  tre  di  questo  nome  forse 
si  congiunsero  in  un  solo  ,  Sili ,  Sia-manna  ,  Sia  piccia  ,  que- 
ste due  Sie  pare  sieno  le  denominate  di  S.  Nicole  e  di  S.  Lu- 
cia. S.  Aèru-Cooglus  specificazione  che  ne  dice  la  esistenza  d'un 
antico  paese  appellato  Cpngius ,  che  se  non  ebbe  in  quell'epoca 
altro  nome  sarà  stato  fondato  in  appresso.  Ogliastra-Simàgis 
anticamente  Ugiastra,  Villaurbana  forse  Olbarra 7  Palmas, forse 
riunione  delle  due  antiche  ,  Marrubiu. 

Il  Sinnis  ,  di  cui  fu  detto  nel!'  articolo  Cabras  ,  resta  com- 
preso secondo  la  circoscrizione  del  P.  Napoli  nel  Campidano- 
Maggiore  -,  secondo  quella  del  Fara  sarebbe  parte  del  Campi- 
daoo-Milis.  Non  giova  quisfcionar  su  ciò  ,  che  sopra  essa  re- 
gione hanno  dritti  gli  uomini  di  uno ,  e  di  altro  dipartimento. 

Il  Campo  di  S.  Anna  chiudesi  nel  Campidano-Simagis. 

Prospetto  dello  stato  attuale  de*  tre  dipartimenti. 

Campidano- Magf^iore.  Popolazione:  nel  •i8:»5  anime  9569; 
nel  1834  anime  10722,  in  famiglie  2374*  Nascevano  336,  mo- 
rivano 3o6,  si  contraevano  matrimoni  89* 


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376  CAMPIDANO  o  CAMPO 

Agricoltura.  Si  seminavano  starelli  di  grano  9525,  d'orzo 
ao53  ,  di  fave  1260,  di  legumi  872,  di  gramone  piccola  quan- 
tità ,  di  lino  509.  Si  coltivavano  alberi  fruttiferi  ^^6000^  viti 
IO  milioni.  La  fruttificazione  comune  de'  cereali  in  complesso 
andava  all'ottuplo;  le  viti  rendevano  1,700000  quartieri;  gli 
olivi  497^^  quartare.  Erano  impiegati  nei  lavori  campestri  uo- 
mini 2200  ,  buoi  4800. 

Pastorizia,  Vacche  8089 ,  pecore  18600  ,  capre  io5o  , 
porci  6985  ,  cavalli  2 1 3o ,  giumenti  1 356.  Esercitavano  la 
pastorizia  uomini  167. 

In  tutto  il  dipartimento  erano  meccanici  per  l'arti  di  neces- 
sità 88  ,  donne  che  lavoravano  al  tela jo  1 666  ed  altrettanti 
telai  ,  pescatori  100,  fanciulli  alla  istruzione  elementare  2o5  , 
persone  che  sapesser  leggere  326  ,  preti  3 1  ,  chiese  25. 

Campidano-Miiis.  Popolazione  nel  1825  anime  8i4i  9  nel 
1834  erano  8578,  in  famiglie  2 1 24.  Si  celebravano  matrimoni 
69  ,  nascevano  257  ,  morivano  i65  nell'anno. 

Agricoltura.  Si  seminavano  starelli  dì  grano  7100,  d'orzo 
2010,  di  fave  240,  di  granone  no,  di  legumi  120,  di  lino 
45o.  Si  coltivavano  albeii  fruttiferi  6333oo  ,  viti  402800,  i  ce- 
reali moltiplicavano  in  comune  al  sestuplo  ,  le  viti  rendevan 
quartieri  68800,  gli  olivi  quartane  2100.  Erano  addetti  all'agri^ 
coltura  uomini  1662,  buoi  2280. 

Pastoritif.  Vacche  i55o,  pecore  ioo5o,  capre  4^^?  porci 
1710  ,  cavalli  875,  giumenti  348.  Erano  pastori  106. 

Numeravansi  uomini  meccanici  122  ,  telai  in  attività  i3i5, 
fanciulli  concorrenti  alle  scuole  elementari  96,  persone  che  sa- 
pesser leggere   191  ,  preti  29  ,  chiese  3i. 

Campidano-Simàgis.  Popolazione  nel  1 825  anime  4^88 , 
nel  1834  erano  44? ^ ,  in  famiglie  993.  Nascevano  160,  mo- 
rivano 118  ,  si  celebravano  matrimoni  4^  nell'anno. 

Agricoltura.  Si  seminavano  starelli  3696  ,  d'orzo  906  ,  di 
fdve  930  ,  di  legumi  336  ,  di  lino  5 io.  Si  avean  alberi  frutti- 
feri 24300  ,  viti  25oooo  ,  che  davano  quartieri  4i3oo.  I  ce- 
reali moltiplicavano  al  sestuplo.  Davan  opera  all'agricoltura  uo- 
mini 929,  servivano  buoi  1760. 

Pastorizia.  Vacche  i^io^  pecore  8000,  capre  585o  ,  porci 
i4io,    cavalli  56o,  giumenti  66o.  Eran  pastori  95. 

Si  numeravano  uomini  meccanici  fyi ,  tessitrici  e  telai  722 , 


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CAMPIDANO  o  CAMPO  377 

fanciuHi  nelle  scuole  elementari  4?  9  persone  che  sape$ser  leg- 
gere 125,  preti  16,  chiese  17. 

Campidano  di  Cagliari  ,  curatoria  dell'antico  giudicato  Cara- 
lese  ,  oggi  compresa  nella  provincia  di  Cagliari.  Sten  desi  e  fi- 
gura siccome  un  semicìrcolo  sulla  capitale  se  non  che  deve 
aggiugnersi  là  metà  occidentale  dei  monti  d'^  Sinnai ,  Mara ,  e 
Carbonara.  Vi  si  con<^ngono  i3  popolazioni ,  e  son  quest'esse; 
Assémini  ,  Burcèi,  Carbonara,  Mara-Calagònis ,  il  Maso  o  Man- 
so,  Pirri,  Pauli-palma  (volgarmente  Pauli-pirri ),  Quarto,  Quar- 
tuccio  ,  Selargius  ,  Sestu  ,  Settima  Decìmu  ,  Sinnai.  Di  esse 
maggiore  era  in  altri  tempi  il  numero  ,  che  nel  diploma  del 
re  Giacomo  (  1327)  sono  notate  dentro  il  territorio  attribuito 
a  Cagliari  S.  Gilla  Sanvetrano  o  San  Vidriano  ,  Cepolla  ,  e 
Quarto-susu  (  sarebbe  V  attuale  Quartuccio  ?  ) ,  Quarto  /ossu  , 
Quarto  Donitu  ,  che  per  avventura  sonosi  congiunti  in  un  sol 
coi*po  -,  poco  prima  della  qual  epoca  stava  pur  Bagnara  a  Porto- 
grotte  ,  e  in  essa  non  era  tutto  caduto  il  castello  di  Bonaria. 
Sopra  queste  leggonsi  in'  una  concessione  di  D.  Gilaberto  Cen- 
telles  e  Carroz  (20  novembre  i336)  nominate  Galagoni,'  Sìxi 
oggi  Sicci  ,  Sedànu  ,  Corongiu  ,  Sirigargiu  ,  Figu-erga  ,  Villa- 
nova  dessa  Penùga  ,  Separassiu ,  Villanova  S.  Basilio  ,  S.  Bar- 
bara. Finalmente  nelle  notizie  di  antica  statistica  presso  il  ba- 
ron  Manno  troviamo  fatta  menzione  di  Simbilia^  Mògoro,  Ca- 
lamatia,  S.  Maria  de  Claro,  Solànas,  Gereméasj  Pahnas  ,  Sen- 
nerinu  ,  Sapolio  ,  Sinnuri ,  Siuris  ,  Scannu  ,  Sennenosi ,  Sepa- 
ra ,  Salsali  ,  onde  forse  i  ciottoli  di  fiumara  sono  stati  deno- 
minati ,  che  i  cagliaresi  oggi  corruppero  in  Sassari  (  perda  de 
Sassari),  Sana,  Siria  ,  Flumìnale,  Girsemi ,  Gruoros,  Matter* 
rùn  ,  S.  Maria  de  Paradiso ,  Nulgi ,  Pituxi. 

Prospetto  dello  stato  attuale  del  Campidano  di  Cagliari. 

Popolazione.  Erane  nel  1824   anime   20112,  nel    1 834  die*  ^ 
dene  il  censimento  22096 ,  in  famiglie  4^00  ,  nelle  quali  na* 
scevano  810  ,  morivano  620.  I  matrìn)OBÌ  nell'anno  sommavano 
a  160. 

Agricoltura,  Si  seminavano  starelli  di  grano  865o ,  d' orzo 
2480,  di  fave  1895  ,  di  legumi  44^9  ^^  ''^^  ^45*  Si  aveano 
alberi  fruttiferi  536,ooo  ,  viti  8,608,000.  I  cereali  moltiplica- 
vano nel  comune  al  sestupla  ;  le  viti  producevano  quartieri 
1,078,000.  Esercitavano  nell'agricoltura  uomini  4Bt5,  buoi  2338, 


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378  CAMPIDANO  o  CAMPO 

Pastorizia.  Vacche  2180,  pecore  144^0  ^  capre  ì535o , 
porci  44^^  7  camalli  995,  giumenti  2390.  Eran  pastori  35o. 

Si  numeravano  in  tutto  il  dipartimento  meccanici  34^9  doone 
tessitrici  1672,  scolari  di  istruzione  pruuaria  1 18,  persone  che 
sapesscr  leggere  47^  9  P>*<^tì  3o  ,  chiese  32. 

Condizione  universale  dei  Campidanesi. 

Il  pauperismo  è  assai  più  esteso  che  altrove  in  queste  terre 
fecondissime,  dove  non  troverai  altre  case  prospere  che  quelle 
dei  privilegiati ,  e  di  pochi  principali.  Ne  potea  esser  altrimenti, 
quando  era  in  mani  di  grandi  proprietari  la  maggior  parte  dei 
terreni ,  e  li  medesimi  aperti  non  avea  a  esercitarsi  l'industria 
che  intorno  ai  cereali  ,  li  quali  mancando  niente  rimaneva  a 
conforto,  nulla  o  poco  giovando  il  frutto  delle  viti  in  difetto 
di  compratori.  A  questo  aggiungi  la  scarsezza  del  bestiame,  e 
conseguentemente  delle  lane  ,  la  trascurata  coltivaziotie  del 
Uno,  e  quindi  l'inopia  del  materiale  ai  lavori  femminili,  onde 
che  tutto  il  vestiario  costa  buona  moneta  ,  e  spesso  molta  per 
certo  lusso  che  ti  si  fa  vedere.  Viene  in  colmo  la  poca  atten* 
zione  all'avvenire,  i  conviti ,  gli  incarichi  delle  feste  e  dei  di-^ 
vertimenti  popolari,  le  questue  per  tali  cose  ,  le  perpetue  que* 
stue  de'  frati  mendicanti ,  cui  dassi  per  li  bisogni  giornalieri , 
per  provviste  di  quaresima  e  di  avvento ,  per  buon  numero 
di  feste  e  di  solennità  ,  le  primi^e  delle  frutta ,  delle  gi*eggip 
degli  armenti ,  parte  delle  lane ,  dei  formaggi ,  della  vendem- 
mia, della  decima  dovuta  ai  parrochi,  e  di  molte  altre  cose. 
Infine  le  prestazioni  feudali  ... 

Feudi,  Qui  godemi  l'animo  ,  che  per  beneficio  dell'ottimo 
Monarca  ,  p^dre  de'  suoi  popoli,  velato  il  quadro  dell'infelice 
stato  dei  campidanesi ,  cui  sovente  del  frutto  de' propri  sudori 
poco  o  niente  rimanea  ,  ed  erano  alcuni  obblighi  di  servitù  , 
»  possa  aprire  cosa  giocondissima  ^  la  letìzia  dei  medésimi 
pieni  di  speranza  per  un  miglior  avvenire ,  e  di  gioja  per  le 
grazie  ricevute.  Non  si  può  senza  una  scellerata  ingratitudine 
negare  li  Reali  di  Savoja,  si  tosto  come  impresero  il  governa 
4^1  regno  sardo  aver  in.  questo  rivolta  la  mente,  che  sollevati 
fossero  i  villici  dalla  indegna  afflizione  in  cui  li  trovarono  gia- 
centi, e  spiegato  in  favor  di  quelli  un  potente  patrocinio.  Ma 
era  altro  e  molto  al  farsi,  e  toccava  al  pio  e  magnanimo  Carlo 
Alberto  di  compir  la  grand' opera  di  levare  i  suoi  popoli  da 
un'abbietta  sorte  a  più  cìvil  condizione. 


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CAMPIGLU  379 

Io  non  dirò ,  che  dirlo  non  saprei  bene  ,  come  lietissime  si 
destassero    le    genti  della  Sardegna  y  quando  Tuom  saggio  che 
degnamente  sa  rappresentare  un  Re  sapientissimo   e    amantis- 
simo  del  suo  popolo  (cavaliere  D.    Giuseppe   Maria   Montiglio 
d'Ottiglio  e  Yillfinova  ecc.  ecc.  )  concependo  in  sua  gran  mente 
gli  alti  pensieri  sovrani ,  e  con  maravigliosa  prudenza    produ- 
cendoli felicemente,  pubblicava  1  la  real  volontà  per  la  conser 
gna  de'  feudi  ;  ne   so  pur  descrivere  la  esultazione  in  cui  elle 
si  concitarono  quando  il  medesimo  rende  vale  consapevoli  del  7 
l'altra  spvrana  grazia,  per  cui  era  abolita  la  servitù  personale 
cui  eran  soggetti  i  popoli  aggiacenti  alle  saline,  che  o  davean 
ti'avagliarvi  nella  più  calda  stagione,  o  rediimesene  con  un'an* 
nua  prestazione;  e   meno  potrei  confidare  di  narrare  la  gioJ4| 
in  quanta  festeggiarono  i  pop'oli  sardi  nel  di  memorando ,  che 
richiamavasì  alla  sovranità  la  giurisdizione  per  diversi  titoli  sin 
allora  esercitatasi  pe)le  terre  infeudate  p^r  li  baroni  o  loro  mi-? 
nistri ,  ed  una   per  tutti  i  sudditi  divenne  l'autorità  direttrice 
dell'eseguinìento  delle  leggi.    Più  diletto^a  allegrezza  non  mai 
felicitò  la  patria  :  vedean&i  tutti  i  modi  del  più  sincero  giubi^ 
]o ,  suonavano  le  più  ouorevoU  acclamazioni  ,  si  udivano    voli 
per  l'amatissimo  Sovrano ,  e  rendevansi  con  i^ligiose  cerimonie 
grazie  i^l'^ltissiino  per  averli  be9ti  dVo  IV^  tanto  studioso  del 
loro  bene. 

*  CAMPIQLIA  (  Campilia  Bugelle^nsium  )  9  com.  nel  mand, 
di  Andorno-Caccioma ,  prov.  e  dioc.  di  Biella ,  div.  di  Torino. 
Pipende  dal  senato  di  Piem*,  intenda  prefett.  ipot.  e  posta  di 
Biella ,  insin.  di  Andorno-Caccioma. 

Lo  ebbero  in  feudo  i  Mocchia  di  Cupeo.  È  una  delle  quat* 
tro  comunità  esistenti  nella  valle  d'Andoruo-Cacciorna.  Giace 
a  scirocco.  Il  suo  territorio  è  intersecato,  fra  levante  ed  ostro, 
da  una  strada  carreggiabile,  che  dal  capo  di  mandamento  scorge 
sino  al  comune  superiore  di  Pìedicavallo  ,  ultimo  luogo  della 
detta  vallea. 

E  discosto  un  mezzo  miglio  da  Quittengo  e  da  s.  Paolo  ^ 
tre  miglia  da  Piedicavallo  e  da  Caccioino ,  e  cinque  da  Biella, 
Le  campagne  ne  sono  bagnate  dal  torrente  Cervo ,  che  nasce 
dal  lago  chiamato  Ddla  Vecchia  giacente  sul  balzo  di  Mologna, 
e  discendendo  precipitoso  sulle  terre  di  Piedicavallo,  di  Qujl-t 
tengo,  e  di  s.  Paolo  ,  va  a  scaricarsi  nel  Sesia.    Abbonda  di 


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38o  CAMPIGLIA 

eccellenti  trote.  Si  tragitta  presso  Pabitato  sopra  un  ponte  in 
pietra  d'un  arco  solo  ,  che  accenna  a  varie  dipendenti  villate, 
e  da  cui  incomincia  un'agevole  salita  ,  per  la  quale  si  va  ad 
un  veneratissimo  santuario  dedicato  a  s.  Giovanni  Battista. 

La  bella  chiesa  parrocchiale  è  sotto  il  patrocinio  dei  santi 
Giuseppe  ,  e  Bernardo  da  MenthoA  :  le  sono  aggregati  he  quarti 
del  comune  di  Quittengo  ,  ed  anche  tre  quarti  di  quello  di  s. 
Paolo.  È  a  tre  navate ,  sorretta  da  otto  grandi  colonne  in  pie- 
tra d'ordine  dorico  :  può  contenere  35oo  persone. 

La  sua  festa  principale  si  celebra  addi  i5  di  giugno.  Questa 
chiesa  nel^uo  cominciamento  ,  cioè  nel  1 533,  era  ufficiata  dai 
padri  beneditfini ,  ehe  l'abbandonarono  in  occasione  d'una  fiera 
peste,  onde  fu  desolata  la  valle  d'Andomo. 

Nel  1575  la  reggeva  un  prete  secolare  con  titolo  di  vice-cu- 
rato: in  tempi  posteriori  fu  detto  priore  chi  la  governava.  Di 
presente  il  |)aroco  é  insignito  del  titolò  di  vicario  foraneo. 

Alla  distauza  di  un  miglio  circa  dal  villaggio,  si  vede  il  pre- 
detto santuario  di  s.  Giovanni  Battista  sopra  un'altura,  d'onde 
si  discoprono  agevolmente  le  amene  pianure  del  Vercellese. 
La  sua  positura  e  tra  levante  e  mezzodì.  L'elevatezza  é  di  4000 
piedi  sopra  il  livello  del  mare. 

Sontuoso  è  questo  santuario,  di  una  sola  navata,  d'ordine 
composito.  La  sua  lunghezza  è  di  i3  trabucchi  ed  un  piede  ; 
la  larghezza  di  4  trabucchi  e  4  piedi.  Fu  edificato  per  le  spon- 
tanee oblazioni  e  fatiche  degli  abitatori  della  valle ,  come  iscor- 
gesi  dall'iscrizione  esistente  sopra  il  gran  d'arco^  che  divide  il 
presbiterio  dal  rimanente  del  tempio  : 

HANC  .  SACRAM  .  JBDEM 

DIVO  .  lOAVRI  .  BAPTISTJB 

PAVPEABS  .  ET  .  BIVITE8 

PaiORB  .  AC  •  BECTORB 

FRANCISCO  .  FRANCESIO 

JEDIFICABVNT 

.  In  ìxtk  quadro  che  rappresenta  la  nascita  del  I^recursore  vi 
si  ammira  soprattutto  una  immagine  di  Zaccaria.  11  celebre  Ber- 
nardino Cagliati  fece  quella  preziosa  tavola  nell'età  sua  di  anni 
87.  Del  suo  fratello  Fabrizio  vi  sodo  parecchie  dipinture  nel 
coro ,  e  nella  parte  superiore  del  tempio.  Nel  coro  si  leggono 
le  seguenti  iscrizioni  : 


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CAMPIGLIA  38i 

FAFRICITS  .  GALLB&Bl  .  AEfDVR-FORinCEM  •  ADTTA  .  COMDECOBÀTIT 

AS»  .  S  .  1777 

lOÀN  .  BEBIfABDIinrS  .  FBATER  .  JBTÀTIS  .  SVM  .  ESTREMO  .  87 

ICONEM  .  HÀNC  •  IITY  .  PINX  .  OBTVLIT  •   1 7g4 

A  dèstra  del  santuario  yedesi  una  cappella  incavata  nella 
roccia  ,  ove  fu  rinvenuto  da  alcuni  pastori  il  simulacro  del 
s.  Precursore  ,  la  coi  festa  vi  è  celebrata  col  concorso  di  3ooo 
e  più  forestieri ,  intervenendovi  anche  proces&ionaloiente  gli 
abitanti  della  parrocchia  di  tutta  la  valle. 

Grandiosa  e  bella  è  la  piazza  dirimpetto  al  santuario:  la  di* 
vidono  due  alte  e  ben  costrutte  piramidi.  Le  sta  nel  mezzo  una 
fontana  d'acqua  molto  ^limpida  e  salutare.  Vi  stanno  cinque  belli 
palazzi.  Il  primo  è  destinato  ai  preti  collegiali  y  il  secondo  ad 
un  collegio  di  studenti,  il  terzo  é  occt^to  da  un  albergatore, 
gli  altri  due  servono  a'  forestieri ,  che  vanno  a  visitare  qud 
sacro  monte ,  e  vi  puonno  aver  alloggio  trecento  persone. 

Per  una  strada  assai  comoda,  di  là  si  passa  al  santuario 
d|Oropa ,  non  distante  che  due  ore  di  cammino. 

Nel  palazzo  del  collegio  possono  abitare  settanta  studenti. 
Vi  sono  ammessi  i  giovani  delle  quattro  comunità  di  Campii 
glia  ,  Quittengo ,  Piedicavallo  e  s.  Paolo.  Loro  s'insegna  sino 
alla  grammatica.  La  scuola  vi  venne  fondata  dal  sacerdote  Acati 
di  s.  Paolo,  che  lasciò  al  degno  scopo  un  legato,  col  quale  , 
e  colle  largizioni  fattevi  da'  quattro  comuni  si  ha  una  rendita 
sufficiente  per  lo  stipendio  di  tre  maestri  ;  a  tal  che  gratuito 
vi  e  l'insegnamento  pei  fanciulli  nativi  dei  detti  villaggi.  I  fo«- 
restieri  non  pagano  che  un  piccolo  noinervale.  Nel  collegio  è  molto 
agevolato  il  modo  delle  pensioni  pel  mantenimento  degli  allievi. 

Ogni  tre  anni  vi  si  danno  gli  spirituali  esercizi  quando  ai 
sacerdoti ,  e  quando  ai  secolari. 

I  prodotti  territoriali  sono:  castagne,  noci,  patate,  alcune  frutta, 
canapa ,  e  fieno.  I  terrazzani  possono  fare  una  considerabile  quan* 
titàdi  butirro  e  di  formaggi,  cui  smerciano  nel  capo  di  manda  mento. 

II  territorio  abbonda  di  lepri  ^  faggiani ,  pernici ,  e  tordi.  Vi 
si  trovano  camozze. 

Gli  abitanti  sono  per  lo  più  robusti  e  perspicaci.  Non  pochi 
di  essi  vanno  ad  esercitare  la  loro  industria  in. paesi  stranieri. 
Pesi ,  misure  ,  e  monete  di  Piemonte. 
Popolazione  looo. 


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382  CAMPIGLIA 

*  CAMPIGLIA  (Cantpilia  Eporediensùàn) ,  com.  nel  mand. 
di  Pont ,  prov.  e  dioc.  d'Ivrea  ,  dW.  di  Tonno.  Dipende  dal 
senato  di  Piem. ,  intend.  prefett.  ipot.  d'Ivrea ,  insin.  di  Poni, 
posta  di  Cuorgnè. 

Questo  villaggio  con  le  terre  cbe  stanno  intomo  al  torrente 
Soana  ,  fu  già  soggetto  ai  conti  di  s.  Martino.  Lo  ebbero  po- 
steriormente in  feudo  con  titolo  di  marcbesato  i  Moccbia  di 
Cuneo.  £  circondato  da  tre  ^ifte  montagne.  La  sua  dL«tanza  da 
quella  ,  che  dicesi  Arieta  o  Rancio  ,  è  d'un  miglio  circa.  A  le- 
vante ha  il  monte  Civetto,  la  cui  sommità,  di  vide  il  territorio 
di  Canipiglia  da  quello  di  Valprato  ;  a  ponente  ba  i  balzi  chia- 
mati Busiarie  ,  e  Brogliatto,  le  cui  cime  dividono  questa  dalla 
valle  di  Forso. 

Due  strade  comunali  di  qua  si  dipartono  :  una  da  ostro  con- 
duce a  Valprato;  l'altra  da  borea  mette  a  Cogne ,  luogo  della 
valle  d'Aosta:  quest'ultima  strada  ornai  divenuta  impraticabile ^ 
era  vantaggiosissima  pei  trasporti  dalla  nùniera  del  ferro  quivi 
abbondante. 

Vi  scorre  il  torrente  Soana  che  nasce  da  parecchie  fonti ,  ed 
in  ispecie  da  quelle  dell' Arieto.  Le  acque  di  tali  fonti  si  riu- 
niscono lungo  la  valle,  cbe  porta  il  nome  del  torrente,  e  sboc- 
cano nell'Orco  vicino  a  Pont. 

Campiglia  è  lontano  un  miglio  e  metto  da  Valprato,  e  di- 
eiotto  da  I?rea. 

*  La  paiTocchìale  ha  il  nome  da  s.  Orso.  Sonovi  due  cappelle 
Campestri  :  una  a  greco  del  comune  distante  tre  miglia ,  conse- 
crata  a  s.  Besso  ;  Taltra  pochi  metri  lontana  ,  sotto  l'invocazione 
di  s«  Antonio  da  Padova. 

11  territorio  produce  segale  e  patate  •  abbonda  di  grosso  e 
di  minuto  bestiame  ,  ed  eziandio  di  legna  da  bruciare  che  si 
vende  per  uso  delle  officine  del  ferro  e  del  rame  stabilite  in 
quella  valle. 

Il  commercio  dì  questo  paesetto  si  fa  con  Pont  e  Cuorgnè. 

Gli  abitanti  sono  robusti  ,  d'indole  buona  ,  e  di  non  tardo 
intelletto.  La  più  parte  di  essi  recasi  in  altri  paesi  a  procac-* 
ciarsi  un  guadagno  coi  lavori  del  rame. 

Nel  territorio  di  Campiglia  si  trovano  :  argilla  magnesiaca  : 
della  regione  del  Rancio  :  si  ottenne  all'analisi  docimastica  un 
indizio  d'argento. 


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CÀMPIGLIONE  383 

Ferro  solforato  nel  quano  :  deUa  regione  e  montagna  Tan- 
2one.  Il  minerale  diede  in  slicco  il  36  35  per  cento ,  e  questo 
contiene  il  4iio<>oo  ^  argento  leggermente  aurifero. 

Popolazione  lyS. 

CÀMPIGLIONE  (  Campino  ) ,  com.  nel  mand.  di  CaTOur  , 
prov.  e  dioc.di  Pinerolo,  div.  di  Torino.  Dipende  dal  senato 
di  Piem. ,  ìntend.  prefett.  ipot  di  Pinerolo ,  insin.  di  VìUafranca 
di  Piemonte,  posta  di  Cavour. 

La  terra  e  il  castello  di  Campiglione  furono  posseduti  dagli 
Albertenghi ,  antichi  signori ,  di  cui  si  è  parlato  nell'articolo 
Bagnolo. 

Ne  conservarono  essi  parte  della  giurisdizione  fin  nel  secolo 
ivu.  Del  ramo  di  Campiglione  fu  stipite  Faciotto  (  i45o),  pa- 
dre di  Giovanni,  avo  di  Giovanni  Antonio,  che  nel  i562  ebbe 
Matteo;  onde  fu  Baldassarre  padre  dell'ultimo  Matteo  nel  i6^o; 
il  quale  altra  prole  non  ebbe,  che  Paola,  sposata  a  Giovanni 
Battista  Rorengo  de'  conti  di  Lucerna.  Questi  vi  avevano  già 
qualche  parte  di  signoria  coi  Tolosani,  da  loro  conservata  in- 
sino  a  questi  ultimi  tempi. 

A  Campiglione  apportarono  gravi  mali  i  ribellati  Valdesi, 
che  ne  furono  poi  del  tutto  cacciati  in  novembre  del  i634* 

Fuvvi  già  una  missione  di  padrì  minori  riformati. 

La  sua  positura  é  ad  ostro  di  Pinerolo. 

Parecchie  strade  comunali  ne  attraversano  il  territorio:  una, 
da  levante,  conduce  al  capo-luogo  di  mandamento;  un'altra, 
da  mezzodì,  mette  nella  via,  che  da  Bibiana  scorge  a  Cavour; 
una  terza,  da  ponente,  guida  al  nuovo  ponte  sul  Pellice,  detto 
ponte  di  Bibiana  ;  una  quarta,  da  tramontana,  chiamata  di  To- 
rino, si  unisce  alla  provinciale  di  Pinerolo  e  Saluzzo;  una  quinta 
infine  nella  medesima  direzione ,  è  detta  di  Brìcherasio  :  pas- 
sano per  questa  via  le  persone  che  viaggiano  a  piedi  nei  tempi 
in  cui  si  può  guadare  focilmente  il  Pellice. 

n  borgo  é  distante  quattro  miglia  e  mezzo  da  Pinerolo;  due 
circa  da  Cavour ^  uno  e  mezzo  da  Brìcherasio;  uno  da  Bibiana 
e  da  Fenile. 

La  parrocchia  è  sotto  il  patrocinio  di  s.  Giovanni  Battista* 

Esistonvi  due  antichi  palazzi,  i  quali  appartengono  ai  signori 
già  confeudatari  del  luogo. 

La  maggior  produzione  di  questo  paese  e  il  vino,  che  vi  si 


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384  CAMPO 

fa  generoso ,  e  vendevi  nelle  proyincie  di  Pinerolo  e  di  Saluzso. 

Pesiy  misure  e  monete  di  Piemonte. 

Gli  abitanti  sono  robusti,  e  applicati  con  molta  intelligenxa 
airagrìcoltura. 

Popolazione  looò. 

*  CAMPO  (  Campus  )  y  com.  nel  mand.  di  Castellamonte  , 
prov.  e  dioc.  d'Ivrea,  div.  di  Torino.  Dipende  dal  senato  di 
Piem. ,  ìntend.  prefett.  ipot.  dl?rea  ,  insin.  e  posta  di  Castel- 
lamonte. 

Questo  luogo  era  altre  volte  sotto  la  dipendenza  di  Castel- 
nuovo.  Fu  contado  dei  s.  Martini  marchesi  di  Pont  ,  e  dei  s. 
Martini  di  Strambino  ;  vi  ebbero  anche  signoria  i  Rolandi^Mar-* 
che t ti  ed  i  Mosca. 

È  situato  in  collina.  Da  levante  e  mezzodì  ne  circonda  il  ter- 
ritorio un'arida  montagna  ,  su  cui  si  vedono  frequenti .  sassi  di 
nero  colore.  Essa  abbonda  di  una  terra  atta  alla  formazione 
della  majolica.  I  chimici  ne  cavano  pure  un  sai  purgativo. 

Gli  alberi  principali  che  vi  allignano  sono  i  castagni,  ed  i  noci* 

Tre  vie  comunali  di  qua  si  dipartono  :  una ,  da  levante , 
scorge  a  Muriaglio ,  distante  un  quarto  di  miglio  ,  l'altra  ,  da 
mezzodì  ,  conduce  a  Castellamonte  ,  due  miglia  discosto  -,  la 
terza  ,  da  ponente  ,  mette  a  ViUa  Castelnuovo,  che  gli  sta  ad 
un  mezzo  miglio. 

Quéste  vie  sono  a  gran  pena  carreggiabili* 

Il  rivo  Malesina  interseca  il  territorio  dalla  parte  di  ostro , 
e  va  a  scaricarsi  nell'Orco. 

Un  rigagnolo  detto  Deria^  che  nasce  ad  ostro  del  comune, 
ne  bagna  eziandio  una  parte  delle  campagne  ,  e  si  scarica  nel 
Malesina  presso  a  Castellamonte. 

L'antichissima  parrocchiale  è  consecrata  a  s.  Lorenzo.  Sta  a 
qualche  distanza  dall'abitato* 

In  una  scuola  comunale  i  fanciulli  imparano  a  leggere  e 
scrivere. 

I  prodotti  sono  :  fromento  ,  segale  ,  meliga  ,  castagne  ,  pat- 
tate ,  e  fieno.  I  ben  coltivati  vigneti  vi  producono  buon  vino 
in  abbondanza.  Ti  è  di  qualche  considerazione  il  prodotto  delle 
knandre.  Il  bestiame  si  vende  dai  terrazzani  sulle  fiere  di  Pont, 
Cuorgnè  ,  e  s.  Giorgio  ;  il  latte  ed  il  butirro  si  smerciano  in 
Castellamonte. 


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CAMPOCHIESA  385 

Gli  abitanti  sono  di  forte  complessione:  loro  gioverebbe  che 
meno  conoscessero  i  mezzi  del  litigare» 

Popolazione  800. 

*  CAMPOCHIESA  (  Campus  Ecclesice)^  com.nel  mand.  prov. 
e  dioc.  d'Albenga,  div.  di  Genova.  Dipende  dal  senato  di  Ge- 
nova ,  vice-intend.  insin.  posta  d^Albenga,  prefett.  ipot.  di 
Finale. 

È  situato  in  fondo  d'una  valletta  :  forma  col  villaggio  di 
Salea  un  solo  comune. 

II  territorio  è  soggetto  alla  siccità.  L'olio  e  i  legumi  ne  sono 
i  principali  prodotti  :. altre  volte  vi  si  facea  buon  vino. in  qual- 
che abbondanza  :  di  presente  vi  sono  scarse  le  rìcolte  delle  uve, 
come  scarse  vi  sono  pur  quelle  del  grano  e  dell'orzo.  Si  trovano 
cave  di  pietre  da  molino,  ed  una  sorta  d'argilla  molto  atta  a 
fabbricare  buone  stoviglie. 

Le  numerose  greggie,  che  nell'inverno  vi  sono  condotte  da 
Cosio ,  Pornassio  ,  Mendatica ,    vi  lasciano  proficuo  concime. 

Vi  sono  tre  vie  comunali:  la  prima  ,  carreggiabile,  mette  ad 
Albenga  nella  direzione  da  borea  ad  ostro  :  la  seconda ,  da  po- 
nente a  levante,  conduce  al  Ceriale  :  la  terza,  da  levante  *  a 
ponente ,  scorge  a  Cisano  :  le  due  ultime  non  si  puonno  pra- 
ticare che  a  dosso  di  muli. 

Caropochiesa  è  discosto  3ooo  metri  dal  capo  luogo,  e  4000 
dal  Celiale  e  dal  mare. 

Il  torrente  Antoniano  divide  il  territorio  di  questo  comune 
da  quello  d' Albenga:  tuttoché  povero  d'acque,  contiene  molte 
anguille  :  mette  foce  nel  mare. 

Vi  sorgono  molti  colli ,  che  quivi  appellansi  coste  :  costa  di 
Scornavacca  ,  Bruxà  ,  costa  dell' Arina,  Fontane  d'Acque,  Scia- 
nasso ,  Rocca  rotonda  ,  costa  di  Mezzo ,  Poggio  alto ,  Colla 
bassa  ,  Groppino,  Chiazzabella,  Altare  delle  Mosche,  costa  della 
Fontana  del  balzo  ,  costa  dei  Gìajrini  ,  Rocca  Raivola  ,  costa 
di  Prato  grande,  costa  dell' Erexea  ,  costa  di  Rocca  Falca  , 
costa  di  Cianfreo,  costa  dei  Prati  de'  Monti. 

La  nuova  chiesa  parrocchiale  è  sotto  il  titolo  di  s.  Sebastiano. 

L'antica  parrocchia,  ch'era  dedicata  a  s.  Giorgio,  serve  ora 
di  cimitero. 

Pesi  e  misure  come  in  Albenga. 

Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  III.  aS 

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386  CAMPOFREDDO 

I  terrazsani  di  Campochiesa  sono  di  buon'indole ,  e  melCo 
applicati  ai  campestri  lavori. 

Popolazione  352. 

CAMPO  FREDDO  {Campus  frigìdus)  ^  capo  luogo  di  mand. 
nella  prov.  e  div.  di  Genova ,  dioc.  d'Acqui.  Dipende  dal  senato, 
intend.  gen.  prefett.  ipot.  di  Genova,  insin.  e  posta  di  Voltri. 
Ha  il  tribunale  di  giudicatura. 

Fu  già  una  dipendenza  dal  tuarcbesato  del  Basco.  Nel  primi 
tempi  appellavasi  Campo-fredo,  da /ren,  parola  tédesta,  che 
in  italiano  significa  Uber<y* 

Mei  laoo  fu  venduto  ad  nn  Simone  Vento,  da)  qnale  passò 
ad  Anfriano  Spinola,  che  da  Ludovico  imperatore  ne  ottenne 
l'investitura  a  titolo  di  feudo  tamen  francum  et  liberum ,  come 
dice  il  diploma,  ita  ut  in  omnibus  ^  et  per  omnia  superet  sem- 
per  naturam  allodii,  Perlocchè  nel  corso  di  quattro  secoli  ,  in 
cui  si  conservò  questo  feudo  nella  famiglia  Spinola,  il  paese 
fu  sempre  libero  dai  dritti  feudali,  che  si  praticavano  altrove, 
e  non  andò  soggetto  a  variazioni  notabili  di  governo  sino  al 
1795  ,  epoca  ^  in  cui  ebbe  anch'esso  la  sorte  di  tutti  gli  altri 
fcudi. 

Era  anticamente  difeso  da  un  ben  munito  castello,  che  nel 
1747  ebbe  una  guarnigione  austriaca,  la  qnal  fece  fronte  alle 
truppe  di  Francia  e  di  Genova. 

Di  presente  è  tutto  scassinato.  Vi  sta  per  altro  ancora  in  pie 
una  torre  osservabile  per  la  sua  elevatezza  non  meno  che  per 
la  sua  vetustà.  Servi  essa  d'asilo  ai  saraceni.  L'abate  Luciano 
Rossi ,  che  scrisse  le  antichità  di  Caknpofreddo  sua  patria ,  par- 
lando di  quella  torre  afferma ,  che  secondo  un'iscrizione  ivi  esi« 
stente,  quella  torre  fu  costrutta  più  secoli  prima  dell'era 
volgare. 

Campofreddo,  come  capo  di  mandamento,  ha  soggetti  i  co* 
muni  di  Rossiglione  e  di  Masone:  è  distante  ao  miglia  geno- 
vesi del  capo  luogo  di  provincia  ,  e  io  dal  mare. 

La  strada,  che  interseca  questo  mandamento,  fu  per  regio 
decreto ,  ha  più  anni ,  dichiarata  provinciale.  Essa  è  tutt'  ora 
mantenuta  a  spese  del  mandamento. 

Vi  corrono  tre  fiumi -torrenti  :  lo  Stura ,  il  Ponzema ,  e  l'An- 
gassino. 

Lo  Stura  discende  nella  direzione  da  ostro  a  borea  ;  bagna 


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GÀMtH)FRE]>DO  *     387 

•le  ttrre  di  Masone,  luBcìatidole  a  malica:  indi  passa  per  Cam- 
pofvedde  ,  lasciandolo  a  diritta  :  percorre  poscia  le  campagne 
di  Rossiglione  ed  Ovada,  e  si  scarica  nel  fiume  Olba. 

Il  Ponsenta  scaturisce  ai  confini  del  paese  Terso  legante ,  e 
si  unisce  aHo  Stura  presso  il  comune  dalla  parte  di  mezEodi. 

L'Angassino  ha  le  fonti  anch'esso  a  levante:  si  scarica  purte 
nello  Stura  dopo  avere  attraversalo  il  paese  vcfrso  tramontana. 

Cosi  il  f  onzema  ^  come  TAìigassino^  dividendo  in  tré  parli  il 
«e^nbune*)'  si  tragittano  so  due  ponti  in  pietra  d'antica  costpu^one. 
'j  Lo  Stura  éi  valica  sopra  '  un  ponte  in  pietra-)  <he  fu  costrutte 
nel  7(»49  come  si  scòrge  da  un'iscrìaiobe  scòlpijta  8f»pr|i  una  pila» 
<}cìestO'po*ter  dappi^hua  èra'  di  cinque  'ardii  :-  (é  atterralo  -per 
una  inondazione  avvenuta  nel  1695.  Venne  rifatto  eguaiMCttle 
-in  pòelara  nel  1795*,  tua  un  altro  '  allagamento  ne  atterra  di  bel 
nuovo  una  pila  e  due  arcate  :  ne  fu  ricostruttà*  la  .  pila  i  pile 
tdoe  arcata  non  furono  sostituite  ch^i  tifavi. 

I  predatti'  fiumi  abbondàuo  di  trote  ^^^  A  bltri  pes(!i  <K' ot- 
tima qualità. 

La  parrocchiale  sotto  l'invocasMoe  della  natività  di  N.  D.  fu 
rifabbricata  nel  1765  su  elegante  disegno.  FieliBoS  fu  0riett|t 
in  collejpàta  di  undici  canonici  ^  compresa  la  primaria  dignità. 

Nel  paese  erfstono  due  oratorii:  lino  fu  tiediàcato',  non  è  gnari, 
sotto  l'invocazione  di  N.J).  Assunta:  l'altro  è' sotto  il'patrociilib 
di  s.  Sebastiano.  '  >'- 

Sonovi  tre  cappelle  campestri;  una  d^icata^as.  Maria  Mad- 
dalena,  protettrice  del  Vilkggio;  un'altra  é  titolata  col  nonàe  di 
8.  Michele  Arcangelo;  la  terza  è  Sacra  a  N.  O,  della  Misericòrdia. 

Le  principali  feste  della  parrocchia  sotifér:  queNe  della  Nati- 
vità di  M.  Vergine ,  e  di  s.  Mai>ia  Maddalena.        ' 

Nell'oratorio  di  N.D.  Assunta  si -conservano  le  Telii^uie  del 
ss.  marlati  Benedetto  e  Pio ,  e  se  né  èelebi'a  la  festa  ncAla  quarta 
domenica  di  settembre. 

L'oratorio  di  s.  Sebastiano  possiede  il  corpo  di  qtiesto  saùto, 
di  cui  si  celebra  la  festa  neUa  domenica  più  prossima  at  26 
d'agosto.  ^  '    ' 

La  piazza  che  sta  rimpetto  alla  chieda  pai'rOcchiale  forma 
un  bel  quadrato  9  a  cui  fanno  vaga  prospettiva  le  quattro  prin- 
cipali contado  del  villaggio:  le  accresce  ornamento  il  Marchio- 
nale palazzo. 


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389    •  CAHPOFREDDO 

Nelle  scuole  del  comiuie  s'inficgua  fino  airumanità  ìbcImtw- 
mente:  furono  e»e  Ì9Slituite  nel  1772  per  un  lascito  delPabate 
MichelQ  Oliveri- 

£y?i  una  pubblica  biblioteca  ,  propria  della  collegiata. 

Uno  spedale,  che  può  rì^veirai  e  tutti  i  malati  poveri  del  paese,, 
vi  fu ,  non  è  gran  tempo ,  approvato  da  S.  liL  che  ne  creò  una 
commissione  amministrativa.' 

Vi  si  fanno  tre  fiere  di  due  giorni  ciascoBa  :  la  prima  addi 
aa  e.A3  di  luglio  :  la  seconda  nel  tunedi  e  nel  màrtedi  dapi»- 
la  dooi»enica  ,più  .prossima  al  26  d'-s^osU»  :  la  terza  nei  due 
giorni  dopo  la  quarta  domenica. di i^l^t^mbve.  Il  maggior  com- 
P(i|r^  «he.  si^  fa  ,ìù  essere  .quello  del  glosso ,  e  nùnuto  lie- 
•itiwwie..  ',.;.'•: 

I.  J  prodotti  territiMriaU  sdDp»  |[renio^  firmpentone,  leg«iiu,c»- 
stUgne  e  patiate.. 

Proviene  al  paese  un  note  voi  gixadagno  dal  carbone  che  vi 
si.f;^,,  e  con  cui  Ti  provvede  a  dtfe'  ferriere ,  e  a  moka^  fab* 
briche  di  chiodi. 

.  In  .alcune  filatore  y  e  in  «a  filatoio  delk  seta  vi  sono  occu- 
|Miti  più  didvcenlo  operai»   • 
.    Vi  stansiano  cinque  carabinieri  reali.  compre.so  il  brigadiere. 

Si  usano  i  pesL  e  le  mie nre  del  Geoovesato.  Le  monete  son» 
in  corso  col  ragguaglio  alle  antiche  genovesi. 

Nel  territorio  di  Campofreddo  si  trovano  : 

Calcareo  bìgio-cUiriM^O^  coipip^tlo^  di  igrdna  fina  non  efferve- 
scente  coll'acido  niti'i^o;  della  cava  appartenente  al  signor  mar- 
chese Filippo  Spinala,  ed  è  coltiva^  come  i  tre  seguenti  per 
essere  ridotto  in  a4cer< 

—  Bìanco-giallpg/ciolOi  d'un  tess;^to  alquanto  scistoso,  fa  po- 
chissima effervescenza  co^i, acidi:  della,  cava  di  Stefano  Ighina. 

—  Di.  tinta  bigio -chifira  traente  al^vM^aceo,  di  frattura  fra 
la,  compatta  e  la  scagliosa ,  alquanto  rilucente:  trova»  a  strati 
di  varia  grossezza  ,  diretti  a  gr.  20  a  scirocco,  ed  inclinati  a 
gr.  4^  a  greco,  divisi  talvolta  da  straterelli  d'argilla:  sono  essi 
coperti  dal  terreno  vegetai  e ,  e  formano  gran  parte  della  sponda 
destra  dfsl  rivo,  detto  delle  Fornaci  ad  t;^  quarto  d'ora  circa 
a  maestro  di  Campofreddo:  non  fa  effervescenza  cogli  acidi. 

—  Bigio -generino,  leggerifiente  violaceo^  di  frattura  fra  la 
compatta  e  la  scagliosa,  ed  un  poco  lucente:  della  cava  detta 


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GAMPOROSSO  389 

ia  ifnmclugia  presso  la  sommità  del  monte  dello  stesso  nome, 
«e  di  quella  detta  della  colonna  a  io  minuti  circa  a  maestro 
•dalla  predetta ,  in  territorio  di  Rossiglione. 

Nella  prima  ^i  queste  cave  la  calcarla  giace  in  istrati  pres- 
soché orizzontali ,  e  trovasi  nell'altra  in  istratificazione  confusa. 
Di  queste  due  cave  di  €ampofreddo  si  fanno  cinque  o  sei  for- 
"Bacciate  in  ogni  anno ,  da  cui  si  hanno  circa  Sojm  rubbi  di  calce« 

Nell'unita  villata  di  Masone  trovasi: 

Talco  argilloso.  Contiene  ferro  ossidulato  in  poca  quantità  : 
ridotto  in  slicco  colla  lavatura ,  questo  diede  11-65.  90  per  cento 
in  ferraccia. 

In  Campofreddo  ,  al  tempo  del  governo  de'  duchi  di  Man- 
tova ,  sì  lavorava  intorno  ad  una  miniera  dell'oro  *,  ma  si  cesso 
per  sempre  dallo  scavarla ,  dacché  per  un  subito  scoscendimento 
yi  restarono  sepolti  tredici  lavoratovL 

Popolazione  3ooo. 

'*'  CAMPOROSSO  (Campus  ruber)  ^  com. nel  mand.  e  Jioc. 
di  Ventimìglia ,  prov.  di  s.  Remo  ,  div.  4i  Nizza.  Dipende  dal 
senato  di  Nizca  ,  TÌce-intend.  pre£ett.  ipot.  di  s.  Remo ,  insiu. 
^  posta  di  Ventimiglia. 

i  lontano  tre  quarti  d'ora  di  cammino  ^al  mare  ,  sul  con- 
Huente  del  Nervia  ,  e  del  rivo  Gantarana. 

Gli  sono  finite  due  villate  :  Mai-tinassi ,  e  la  Trinità. 

La  strada  comunale ,  che  nella  valle  del  Cervia  ^diramasi  da 
quella  che  costeggia  il  littorale ,  a  ponente  di  Genova  ,  corre 
per  Gamporosso  ,  dirigesi  verso  greco  a  Dotceacqua  costeggiando 
la  destra  del  torrente  ,  il  quale  scaturisce  nelle  montagne  dì 
Pigna,  e  tragittasi «el  territorio  di  Gamporosso  colmezau)  d'una 
piccola  barca  :  il  passarlo  a  guado  non  .^  mal  senza  grave  pe- 
ricolo. 

Presso  la  foce  del  Nervia  ,  giacciono  due  laghetti ,  nei  quali 
•n  trovano  in  abbondansa  muggini  ed  anguille. 

Vicino  a  Gamporosso  sorge  il  colle  di  s. -Giacomo  dal  quale 
incomincia  la  linea  militare,  che  nelln  guerra  del  1800  fu  oc- 
cupata dagli  austro-sardi ,  e  poi  dalle  truppe  di  Francia:  essa 
prolungasi  sino  a  Mondovi  :  ond'é ,  che  fu  per  lungo  tempo  in- 
vasa, quantunque  non  appropriata  ad  una  lunga  resistenza  per 
la  grande  facilità  di  poter  essere  tagliata  per^di  dietro  al  monte 
Torace,  alla  pontura  del  colle  Ardente. 


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ago  CAMPOSPINOSO 

L'antico  castello  di  questo  villaggio ,  e  le  mura  da  cui  era 
circondato^  più  non  esistonp. 

La  parrocchiale,  é  sotto  l'invocazione  di  s.  Marco» 

Sonovi  due  oratorii;  uno  uffiziato  dfiiì  cosi  detti  pepitene  neri, 
l'altro  dai  penitenti  bianchi. 

Fra  le  varie  cauipestrì  cappelle  distinguesi  quella  che  s'jnti-^ 
tola  da  N.  D.  della  Neve.  Es^  è  tenuta  dai  terraszani  in  grande- 
Teneraziooe  :  nel  di  i5  d'agosto  vi  si  distribuisce  uiia  limo- 
sina in  danaro   a  tutt'i  poveri  del  paese. 

Il  patrono  del  conaune  é  s.  Sebastiano,  alla  cui  festa  iiCGdr* 
rono  più  di  mille  forestieri. 

Nel  centro  dell'abitato  evvi  una  piazza  abbellita  da  una  fon- 
tana in  marmo  j  che  dà  in  copi^  fresche  e  salutari  acque. 

Da  un'altra  piBzsM  esistente  fuori  del  paese  incomincia  «m 
ameno  passeggio  ombreggiato  da  pioppi  e  da  platani* 

Il  cimiterio  è  situato  in  pianura  alla  distanza  di  5oò  metri 
dall'abitato:  ne)  recinto  di  egso  vedesi  un'antica  chiesa  dedi- 
cata ai  6»»  apostoli  Pjetro.  e  Paolo. 

Nella  scuola  comunale  s'insegnano  gli  elemenU  dellai  lingua 
italiana  ,  l' aritmetica  ,  ed  il  catechismo. 

Ti  il  tengonQ  dUe  fiere  :  una ,  il  20  geimajo,  detta  dji  s.  Se- 
bastiano :  l'altra,  il  %5  d'aprile,  chiamata  di  a.  M^rcot  sono 
esse  frequentate  dai  mercadanti  di  e.  Remo,  di  Ventimiglia^di 
(ordìgberjL ,  e  di  Porto  Maurizio. 

Il  principale  prodotto  di  €amporo$$o  è  l'olio  d'oKva  ;  pec 
fare  il  quale  esistoaVi  d^  do  fabbriche  che  impiegano  per  quat 
che  tempo  5fì  e  più  persone^ 

Di  qualche  considerazione  vi  è  il  prodotto  delle  ove,  e  dei 
marzuoii:  ma  vi  mancano  le  biade,  e  per  difetto  di  pascoli 
anche  il  bestiame. 

Pesi  e  misure  di  Genova. 

Gli  abitatori  di  questo  villaggio  sono  per  lo  più  robusti ,  e 
*  4'ingegtìO  svegliato. 

Si  Vuole  che.  l'etimologia  di  Camporosso  provenga  dai  molti 
oleandri  di  rossigiio  colore,  che  allignano  nel  ietto  del  Nervia« 

Popolazione .  «1  Soo. 

*  CAMPOSPINOSO  {Campus  spinosus)  ^  com.  nel  mand*  di 
Broni ,  prov.  di  .Voghera,  dìoe^  di  Tortona,  diV.  di  Alessandria. 
Dipende  dal  senato  di  PìeuL ,  intend.  prefett  ipot.  di  Voghera, 
insin.  e  posta  di  Broai. 


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CANALE  39X 

n  territorio  di  Campospinoso  è  attraversato  dall' utilissima 
•strada  detta  delle  case  nuove  ^  non  è  guarì  rifatta  e  tnanteouta 
.a  spese  di  17  eomuni.  Essa,  partendo  dirittamente  da  Broni, 
nella  direzione  da  ostpo  a  borea ,  e  toccando  le  terre  di  Alba* 
redo ,  e  di  Mezzanino  y  scorge  ai  Po ,  vicino  al  porto  della 
Stella. 

La  strada  delle  case  nuove  è  della  lunghezza  di  metri  9339. 
.  U  terreno  di  questo  villaggio  è  mezzanamente  fcitile  :  i  suoi 
prodotti  sono  :  fromento ,  meliga  j  fave  ,  foglia  di  gelsi ,  fijsno^ 
4ive  y  altre  specie  di  buone  frutta ,  ^  singolarmente  le  noci. 

Non  vi  esiste  alcuna  chiesa  parrQ(xhiaIe  :  gli  abitanti  sono  ad- 
detti alla  parrocchia  di  Broni. 

Sulla  pubblica  piaz^  sta  un  antichissimo  oratorio  sotto  il  ti- 
tolo di  s.  Lorenzo. 

I  terrazzani  sono  robusti ,  ^  quieta  indole ,  di  mente  aperta^ 
.e  molto  applicati  all'agricoltura. 

Pési  e  misure  come  nel  capo  luogo  di  provincia. 

Popolazione  55o. 

CANALE  {Canalis ,  Canales) ,  capo-luogo^  mand.  nella 
prov.  e  dioc.  d'Alba ,  div.  di  Cuneo.  Dipende  dal  senato  di  Piem., 
intend.  prefett.  ìpot.  d'Alba  ,  insin.  di  Qorneliano.  Ha  il  tri- 
bunale jdi  giudicatura  ,  e  l'uffizio  di  posta  delle  lettele. 

Come  a  capo  di  mandamento  gli  sodo  soggetti  i  comuni  di 
CastagnitOy  Castellinaldo ,  Monta,  Jlionteu-Rojvero ,  e  s.  Stefaao. 
Aovero. 

Ha  due  sobborghi.  L'antichissimo  suo  castello ,  che  per  in- 
vestitura di  Galeazzo  Visconti  del  6  marzo  1379  ^'^  della  casa 
Aovero  d'Asti ,  appartiene  di  presente  alla  casa  MalabaiLa. 

Vent'anni  fa  vi  esìstevano  ancora  due  porte  alle  estremità 
^dell'abitato.  Tennero  ^sse  affatto  demolite  nel  1818. 

Ti  corrono  cinque  vie  comunali:  la  prima  conduce  a  s.  Da- 
miano d'Asti ,  tre  miglia  lontano  ;  la  seconda  ,  verso  mezzodì, 
scorge  ad  Alba  ,  distante  cinque  miglia;  la  terza  y  nella  stessa^ 
^direzione,  scorge  a  Monteu-Rovero,  tre  miglia  discosto  ;  la  quarta , 
da  ponente  ,  passando  alla  Monta  ,  accenna  alla  capitale  :  la 
quinta  infine  per  la  lunghezza  di  due  miglia  guida  alla  Ci- 
sterna. 

il  territorio  è  bagnato  da  parecchi  rivi,  che  .discendono  da 
MoDteu-Rovero ,  e  da  s.  Stefano  Royero  :  essi  soao  peceam»  e 


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39^  CANALE 

Si  scaricano  nel  torrente  Borbore  ,  che  ha  le  fonti  sotto  Qua- 
regna  in  distanza  di  tre  miglia  circa.  II  Borbore  j  dopo  avere 
intersecato  le  campagne  di  Canale  ,  at^iraversa  ^quelle  di  s.  Da- 
miano :  indi  scorrendo  presso  le  mura  d' Astì  ,  mette  foce  nel 
Tanaro,  non  lungi  da  quella  'città. 

La  parrocchia  di  Canale  è  antichissima.   Il  patrono  ne  è  s.  - 
Vittore.  Sonovl  due  confraternite  :  una ,  della  compagnia  della 
misericordia ,  sotto  il  titolo  di  s.  Giovanni  ;  l'altra  ,   pei  disci- 
plinanti ,  è  appellata  da  s.  Bernardino. 

Fra  le  varie  piazze  di  Canale,  k  più  considerabile  è  quella 
detta  di  s.  Giovanni  :  essa  serve  al  principale  traffico  nel  giorno 
di  mercato. 

*  Evvi  un  ospizio,  in  cui,  sotto  la  direzione  d'una  maestra  , 
hanno  gratuito  ricovero  dodici  ragazze.  Porta  il  nome  di  s.  Fran- 
cesco di  Paola:  è  sotto  la  special  protezione  del  Re. 

Uno  spedale  di  carità  vi  può  ricoverare  otto  malati  poveri. 
Le  ragazze  ricoverate  nell'ospizio  servono  in  questo  spedale. 

I  padri  minori  riformati  di  s.  Francesco  vi  hanno  im  convento. 

II  cimiterio ,  assai  capace  per  la  popolazione ,  è  posto  nella 
prescritta  distanza  dell'abitato. 

Nelle  scuole  comunah  s'insegna  sino  alla  grammatica  esclu- 
sivamente. 

Ii'imperatore  Carlo  V,  con  rescritto  del  12  aprile  i53o,  con- 
cesse a  Canale  il  privilegio  d'una  fiera  di  quindici  giorni. 

Ora  se  ne  fa  una  addi  29  d'ottobre ,  frequentata  dai  traf- 
ficanti di  Asti ,  di  s.  Damiano  d'Asti ,  di  Bra ,  e  dagli  abita- 
tori di  tutti  i  circonvicini  villaggi. 

Sonovi  due  filature  della  seta  ,  nelle  quali  sono  occupate 
cento  e  venti  persone. 

Il  martedì ,  e  il  venerdì  di  ogni  settimana  vi  sono  giorni  di 
mercato. 

Evvi  un  cosi  detto  peso  a  ponte  Billico  coperto  da  bel  por- 
ticato ,  capace  di  pesare  fino  a  rubbi  35o. 

Yi  stanziano  cinque  carabinieri  reali,  compreso  il  comandante. 

Il  territorio  produce  in  abbondanza  vini  eccellenti,  di  cui  la 
più  parte  Vendesi   nella  capitale. 

Gli  abitanti  sono  robusti,  e  sollerti. 

Popolazione  4o<>o  circa* 

In  Canale  trovansi: 


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CANALE  393 

Terra  magnesiaca  :  rinviensì  in  molti  siti  di  quel  territorio  9 
come  pure  su  quel  di  s.  Stefano  Rovero,  Monta ,  Canelli,  Nizza 
dì  Monferrato ,  Monticelli ,  Cherasco  ,  Narzole ,  s.  Vittoria ,  Co- 
stigliole  d'Asti  y  ed  altri. 

Le  diarree  a  cui  andava  soggetto  il  bestiame ,  che  pascolava 
in  que'  siti  ,  fecero  conoscere  essere  quella  terra  abbondante 
in  magnesia  :  si  cominciò  ad  estrarre  il  sale  catartico,  mediante 
lavatura ,  corporazione  ,  e  successiva  cristallizzazione.  Il  primo 
che  prese  ad  appurare  queste  terre ,  e  formarne  il  sale  suddet- 
to ,  fu  certo  medico  Alloi.  Se  ne  faceva ,  nei  tempi  andati , 
una  grande  consumazione  sotto  il  nome  di  sai  canale  ;  ma 
dacché  si  stabilirono  in  Torino  fabbriche  di  solfato  di  magne- 
sia,  si  dovette  colà  cessare  da  tale  fabbricazione,  non  potendo 
reggere  alla  concorrenza.  Questo  saggio  di  terra  magnesiaca  fu 
raccolto  in  una  ripa  posta  nella  regione  Roretto,  o.  Fiere,  ove 
abbonda. 

Solfalo  di  magnesia ,  ossia  sale  catartico  ottenutou  dalla  terra 
suddetta,  e  quale  si  poneva  in  commercio  dal  sig.  Battista  Gal- 
lino di  Canale. 

—  Di  magnesia  come  il  precedente,  dell'affineria  dei  signori 
Zaverio  Piccino,  e  Carlo  Simonda  di  Comeliano. 

Cenni  storicL  Questo  comune  in  antiche  carte  é  appellato 
Cànales  dai  due  canali  superiore  ed  inferìore  ,  in  cui  diviso  il 
Borbore  ne  interseca  la  valle.  Ne  irien  fatta  menzione  dall'im- 
perator  Lodovico  in  un  suo  diplonoa  deir862.  Per  le  preghiere 
della  consorte  Ingelberga ,  e  del  vescovo  Staurace ,  qu^ell'impe- 
ratore  fece  donazione  alla  Pieve  principale  dei  contomi  di  s.  Vit- 
tore de  CanaUbus ,  che  tutt'ora  conservane  il  nome ,  insieme 
con  le  altre  pievi  di  Novello ,  della .  Vezza  ,  della  Villa  »  e  di 
Piobesi,  e  con  la  terra  ed  il  bosco  del  Celiare^    ora  Cellarengo. 

È  pur  detto  Canales  in  due  altri  diplomi  del  qo5  e  del  io4t: 
viene  pure  appellato  Canali  nelle  carte  di  concambio  (io34) 
fra  l'abate  del  monistero  di  Nonantola,  e  il  conte  di  Pombia. 

Fu  ben  più  ampia  la  donazione  che  la  marchesa  Adelaide 
di  Susa  fece  al  vescovo  Girelmo  ,  o  Guglielmo  II ,  nell'anno 
io65  i  perocché  all'astense  chiesa  diede  la  terra  ed  il  castello 
di  Canale ,  con  la  cappella  di  s.  Silvestro ,  il  castello  di  s.  Ste- 
fiino,  con  la  cappella  di  tal  nome ,  non  che  i  beni ,  le  case , 
le  castella  y  e  le  cappelle  amiesse^  e  di  più  ogni  cosa  esistente 


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3g4  CANALE 

in  Val  Blandinascfii,  e  nella  villa  di  s.  Micbele ,  coq  la  «appel- 
la »  e  le  pertineiue  in  Yeutrone,  in  Yezano  (la  Yezza),  e  con 
la  cappella  di  s.  Giorgio  di  Novello^  non  che  in  valle  Gado« 
ne  ,  in  Loreto,  in  Carognano,  Yalpiana,  Cerù ,  CeredoUo  (la 
Cerrina  )  Ceretto  ,  e  finalmente  in  Pratriolo  in  un  col  castello, 
e  con  ogni  cosa  che  ai  castelli  ed  alle  cappelle  appartenesse. 

L'imperatore  Federico  I,  al  conte  Ottone  Palatino,  che  con 
Guido  di  Biandrate,  detto  il  grande,  andò  legato  imperiale  ad 
Alessandro  III ,  diede  il  castello  di  Canale  con  la  sua  valle  z 
lo  rassegnò  questi  nel  ir6a  col  gradimento  dello  stesso  impe- 
ratore a  Guido  (vedi  Biandrate)^  il  quale  già  molte  castella 
possedeva  intorno  alle  due  rive  del  Borbore. 

I  discendenti  di  lui  nell'infelice  trattato  del  1290  lo  sotto- 
misero al  comune  d'Asti ,  da  cui  lo  ebbe  in  parte  Guglielma 
de'  Rotarli ,  o  Roverii ,  i  quali  avevano  già  acquistato  Monte- 
acuto ,  o  Monteu.  Di  questi  Giorgio  (i5i2)  ne  vendette  la 
quarta  parte  a  Daniele  Malabaila  figliuolo  di  Giacomo  de'  si- 
gnori Castellinaldo  ,  i  cui  pronipoti,  tra  i  quali  fi^i  il  celebre 
abate  cistcrciense  D.  Filippo,  lo  tennero  con  titolo  dicontado^ 

Un  Ottone  di  Canale  circa  il  i^5o  unitosi  con  undici  citta- 
dini di  Chieri  vi  stabili  lo  spedale  detto  nuovo.  Un  Michele  de' 
«ignori  di  Canale  è  sottoscritto  alle  patenti  date  nel  i^'j^dAllaL 
duchessa  Yiolante  di  Savoja  a  ffivore  di  Sebastiano  ed  Arrigo 
Ferrerò  del  fu  Besso  di  Biella. 

Esistette  già  in  questa  ierra  un  monistero  de'  cimonici  rego- 
lari, sotto  il  titolo  di  a.  Nicolò* 

U  castello  già  detto  di  6.  Pietro  deUa  valle ,  che  sorgeva 
presso  Canale,  fu  tenuto  dai  Pelletta,  «  distrutto  nel  tempo 
dei  Guelfi  e  dei  Ghibellini. 

II  territorio,  dopo  la  distmùone  (U  4{uel  castello,  fu  ripartito 
ai  comuni  di  Canale ,  di  Ferrere ,  e  di  s.  Damiano. 

In  Canale  nacquero  :  Antonio  Bonini ,  che  fiori  nella  seconda 
metà  del  secolo  xvi  ;  fu  professore  di  ragion  civile  nell'univer- 
sità di  Torino,  ove  nel  iSqS  diede  alla  luoe  un  trattato  de 
serviUis  vassallorum. 

Il  conte  Gerolamo  Hoselli,  rinomato  gnireconsulto  e  senatore. 

Filiberto  Melica,  avvocato  fiscale  generale  in  Torino. 

n  rinomato  Francesco  Alloi,  molto  benemerito  della  chiaM» 
sòenza* 


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CANÀLES,  E  CANÀVESE  3^ 

Nel  121  a  Alrico  dì.  Nono  signore  di  Canulé  ne  fu  investito 
dal  vescovo  Guidotto,  al  quale  egli  cede  ogni  suo  diritto  sul 
medesimp»  riconoscendone  la  supremazia. 

CANALES ,  dipartimento  della  Sardegna  nella  prov.  di  6usachi| 
compreso  già  nell'antico  giudicato  d'Arborea.  Contiene  Domus- 
novas,  NojTguiddo^  Soddi,  Tadasùni,  Zyri ,  Sedilo ,  Boronéddu. 
Dove  è  questo  in  tempo  del  Fara  esistea  Birone,  ma  eran  già 
estinte  Ustedu,  Urru,  Boèle,  Lichèri,  Nordài,  Guilcièri,  onde 
fu  il  nome  al  dipartimento ,  e  Sella.  Siccome  la  civratoria  Ca~ 
nales  si  considera  qual  frazione  di  Parte  Guilcier,  però  se  99 
rimette  in  quell'articolo  il  prospetto  statìstico. 

GANAVESE  (  Canc^ensis  ager  ^  Canapitium  ),  È  un  tratto  di 
paese  a  borea  della  provincia  di  Torino  fra  il  Po^  la  Dora 
Ballea  y  e  lo  Stura ^  i  cui  liaiiti  crebbero,  o  scemarono  im' varii 
tempi. 

Una  teirft  presso  Rivarotta  ,  già  spettante  al  territorio  di  Sa* 
lassa  y  nel  »ec<^  decimo  era  detta  Canada  ^  uome  non  infre- 
quente d'antiche  città ,  e  di  antielii  villaggi  ;  e  perchè  quella 
terra  veniva  considerata  come  la  principale  de'  suoi  dintorni  ^ 
«ecoodo  lo  stile  di  que'  tempi^  appellavasi  Curie  Canavensis, 

L'imperatore  Ludovico  III  nel  90 1  concesse  quella  corte  alla 
chiesa  di  Vercelli.  I  marchesi  d'Ivrea  le  d'Italia  la  diedero  in^ 
«ieme  col  castello  detto  Rivarotta  alle  monache  di  Pavia;  e 
l'imperatore  Ottone  III  la  ritornò  alla  chiesa  vercellese  nel  999. 
U  vescovo  Leone  ne  ottenne  poi  anche  il  castello  con  Rove- 
reto,  Rivaroloy  Bordili teg^a ,  luogo  ora  distrutto,  e  con  la 
rocca  di  Sparone. 

.  Rovereto ,  il  cui  nome  provenne  dall'esser  luogo  piantato  di 
roveri,  si  trovava  nell'antica  selva  Gerulfia ,  posta  tra  l'Ama'* 
Ione  e  l'Orco  nel  territorio  dell'odierna  S.  Benigno.  Ove  sor- 
geva Rovereto ,  fu  dappoi  fabbricato  Bosconegro. 

Arrigo  I  confermò  al  vescovo  Leone  nel  ioi4  la  canavese 
corte  con  altri  vicini  castelli ,  tolti  a  Viterbo  fratello  dell'in- 
felice re  Ardoino,  cioè  quei  di  Ceprione  e  di  Pertugio,  dan- 
dogli ad  un  tempo  Ghenune  e  Pombia  nel  novarese,  i  cut 
possedimenti  gli  vennero  coinfermati  da  Corlrado  il  Salico  nel 
&oa7« 

Cresciuto  cosi  il  territorio  della  corte  canavese ,  andoseene 
di  mano  io  mano  dilatando  il  nome  ai  luoghi  ad  esso  appar- 


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Zg6  CANAVESE 

tenenti  ;  epperciò  l'or  citato  imperatore  nel  suo  diplotifia  dello 
stesso  anno  1027  a  favore  dei  monaci  di  S.  Benigno,  loro  don^ 
il  villaggio  di  Obiano  coir  indicazione  già  alterata  in  Canaifasio. 
Di  Obiano  più  non  rimane  che  una  cappella  presso  Rivarolo, 
consecrata  a  s.  Biagio. 

Scompare  quindi  per  tutto  il  secolo  'undecimo  il  nome  di 
Canava  ,  e  di  Canavese,  che  scorgesi  di  bel  nuovo  in  un  Guido 
de  Canavisio  signore  di  quella  Corte  ,  e  del  territorio  di  essa: 
il  quale  Guido  in  un  diploma  di  Arrigo  lY  del  ima  favore 
della  città^  di  Torino  trovasi  sottoscritto  dopo  i  marchesi  di  Mon- 
ferrato e  di  Romagnano  ,  e  dopo  Alberto  di  Biandrate.  Viene 
pur  detto  Comes  de  Canavisio^  Jiliiis  quondam  Àrditiords  in 
una  carta  del  114^9  ^  ^^  un'altra  dell'anno  susseguente.  L'/tfr- 
diiio  or  nominato  è  forse  quell'Ardoino  che  nel  1066  fece  una 
donazione  all'abbazia  di  S.  Benigno  \  perocché  si  scambiavano 
allora  facilmente  i  nomi  Ardlzzone ,  Ardicino ,  ed  Ardoino. 

Verso  la  metà  del  duodecimo  secolo  il  nome  Canadese  co- 
minciò a  dilatarsi  ampiamente  ^  e'funne  primaria  causa  l'am- 
bizione del  marchese  di  Monferrato.  Profittando,  questi  dell'a- 
micizia ,  e  della  parentela  con  Federico  I  imperatore  venne  qua 
e  là  invadendo  terre  circonvicine.  I  conti  del  Ganavese  ,  riso- 
luti e  fermi  di  opporsi  a  siffatte  invasioni ,  strinsero  coi  pro- 
pinqui signori  una  estesa  confederazione,  la  quale  da' più  forti 
avendo  pigliato  il  nome ,  fu  appellata  dei  signori  de  Canapiéio. 
Or  questa  lega  essendosi  per  assai  tempo  mantenuta ,  si  appel- 
larono dal  -Ganavese  anche  le  terre  dei  confederati. 

Gli  stessi  potentissimi  conti  di  Biandrate,  che  avevano  allora 
nemici  i  comuni  di  Novara  «  d'Ivrea  ^  sostenuti  dai  milanesi , 
accostaronsi  a  quella  lega  ;  cosi  'che  la  loro  grossa  terra  di  san 
Giorgio  fu  sin  da  quel  tempo  nominata  in  Canaveso. 

In  appresso  la  famiglia  dei  conti  del  Ganavese  nuovi  dominii 
acquistando ,  e  sovr'essi  dilatandone  il  nome  ,  si  divise  nei  tre 
rami  di  Valperga ,  di  San  Martino  ,  ^  di  Gastellamonte. 

Da  una  transazione  del  lìS']  appare  che  Guido  fu  capo  del 
casato  dei  couix  di  Valperga ,  e  i  tre  figliuoli  di  Ardicino  suo 
fratello  il  furono  dei  conti  di  San  Martino. 

Il  ramo  principale  di  Valperga ,  oltre  l'insigne  borgo  e  il  ca- 
stello di  Valperga,  teneva  Cuorgné ,  Salassa  ,  Rivara  ,  Mazze , 
Rondissone,    San   Colombano,  Sale,   Prascorsano,  l^^usio^ 


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CÀNAVESB  397 

Caùiscbio  ^  Pratiglione  e  Frassineto  ;  di  più  possedeva  un  quart» 
di  Rivaralo ,  la  metà  di  Rivarossa ,  d' Oglianico ,  di  Pont  e 
delle  sue  valli  ;  parte  di  Strambino ,  il  contado  di  Masino,  al- 
lora spettante  alla  vercellese  provincia  ,  ed  il  castello  con  la 
terra  di  Silvescbio.  Aveva  inoltre  la  superiorità  di  Barbania  , 
Salto ^  Camagna  ,  Forno,  Levone,  Bnsano,  Corio,  Rocca,  Cal- 
loso ,  Candia  ,  Castiglione,  Montalengo,  Cine,  Lanzo,  Ozegna 
e  Favria.  Altri  luoghi  infine  teneva  di  consorsio  cogli  altri  rami, 
e  c6i  conti  Biandrate  di  San  Giorgio* 

I  conti  di  San  Martino  ebbero' per  loro  parte  il  castello  di 
San  Martino ,  Agliè  ,  Castelnuovo  con  la  sua  valle ,  le  terre 
della  Pedagna ,  la  Perosa ,  Scdlnagnac,  Prasalito ,  Yialfré  col 
Iago  ,  Strambino ,  Baldissero  ,  Bairo  ,'  la  Torre  e  la  Valle  di 
Chj  ^  la  Yauda  ,  e  Front ,  di  più  il  castello  Gelano ,  Prassi* 
nelo ,  Castsliamonte ,  41  castello  di  Malgraté  ih  Rivarolo ,  Lo* 
renze  ,  e.Sparone.  Ebbero. anche  la  netàdlKivarossa,  di  Pont, 
e  delle  sue  valli  .con  li^e  quarti  di  Rivarolo  ,  non  che  il  eon- 
florzio  dei  vassallaggi  di  Favria,  Balangerò,  Barbania,  Candia'^ 
Castiglione,  Salto  e  Leyni.  Si  divisero  poscia  nei  rami  d' Agliè, 
di  Front ,  di  Pont ,  di  Castelnnovd  e  di  Rivarolo* 

I  conti  di  Masino  ,  oltre  il  castello  ók  questo  nome,  ebbero 
Hagliano  ,  Vestignè ,  Borgaro  e  Settimo  Roilbaro. 

I  conti  di  Mazze  erano  pignori  del  castello ,  onde  pigliarono 
.la  dStmnazione ,  non  che  di  Candia ,  Castagnole ,  Mercenasco 
e  Blondissone. 

II  ramo  di  Cagtellamonté  derivato  da'  Sanmartini ,  oltre  Ca- 
stellamonte ,  signoreggiò  la  valle  di  Brosso ,  Lessolo  ,  Stram- 
binello,  Quagliussio  e  Vidracco  ;  di  più  Feletto  ,  Lombardore, 
Vicogerulfio  ed  Obiano:  ebbe  anche  parte  di  giurisdizione  in 
MoDtalenghe  ,  Balangerò  ed  Ozegna.  Un  torraccio  in  Agliè  era 
posseduto  ida  alcuni  di  ;  questo  casato  ,  detto  de  Cagna  col  so- 
praggiunto de  AUadiv, 

Il  coiHune  di  Vercelli  venuto  in  apprensione  ed  in  gelosia 
per  motivo  della  lega  poc'anzi  accennata  ,  nello  scopo  di  affie- 
volirla ,  infeudava  (  1208  )  ai  nobili  di  Masino  il  castello  di 
Maglione  :  a  rincontro  il  comune  dlvrea  (  iai3  )  le  concedeva 
il  diritto  di  cittadinanza;  e  quello  di  Novara  (  laai  )  alla  stessa 
lega  accostavasi  contro  i  vercellesi ,  dandole  il  nome ,  e  quasi 
la  qualità  di  un  solo  comune.    Dal  loio    canto  i  vercellesi  ne 


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3g8  CANAVESE 

distaccaTano  nell'anno  susseguente  i  conti  d'i  San  Martino,  loro 

infeudando  Castelletto  d'Ivrea. 

Perlocchè ,  dopo  la  famosa  vittoria  die  le  truppe  di  Novara 
unite  ai  canavesi  riportarono  sull'esercito  di  Vercelli ,  tutti  i 
signori  de  Canapasio  furono  nominatamente  compresi  nel  trat- 
tato di  pace  seguito  fra  i  due  comuni  addi  23  di  novembre  del 
1229.  Da  questo  ìmpoitante  documento  si  vede  cbe  allora  i 
confini  del  territorio  canavese  erano  ad  ostro  segnati  dall'Ama«- 
ione  ,  o  Malone^  infino  a  San  Benigno,  ed  a  borea  dalla  GhW 
aella  fin  sotto  a  Maczè  ;  onde  il  contado  d'Ivrea  vi  è  indicato 
come  una  regione  dal  Canavese  disgiunta. 

La  ridetta  confederazione  ,  cbe  De^Canepicio  cominciò  cbia- 
marsi  in  una  lettera  del  re  de'  Romani  Gugbelmo  ,  avepte  là 
data  del  ii5a  ^  venne  a  rompersi  per  le  opposte  fazièiu  dei 
due  grandi  rami  de'  suoi  conti  9  che  i  Yalper^ni  si  dichiarano 
Ghibellini ,  ligii  a'  marchesi  di  Monferrato  ,  ed  ai  conti  di  Bianr 
drate  ;  e  i  San-  Martini  manifestaronsi  Guelfi  ,  aderenti  a^  Conli 
di  Savoja  ,  ai  Principi  d'Acaja ,  al  vescovo  ed  ni  •  coikiuoè  :  di 
Ivrea ,  non  che  altri  comuni  e  castellani*  Il  conte  Goffredo  di 
Biandrate  nel  i:»63  era  costituito  podestà  del  Canavese ,  e  tro;» 
vavasi  alla  testa  dei  Valpergani. 

Tre  anni  dopo  il  marchese  di  Monferrato  ebbe  mezzo  di  qus^ 
assoggettarsi  Ivrea,  ma  i  principali  della  òtta  cotlegatisi  *coi 
San  Martini  si  posero  in  rivolta.  Perlocchè  il  marchese  l'anno 
ia68  stabili  contro  di  loro  nel  castello  di  Chivasso  una  kga 
eoi  Biandrati,  coi  Valpergani,  con  i  Castellamonti ,  i  Pdneoni 
D'Azeglio  e  con  altri  signori.  La  guerra  che  ne  nacque  in  que- 
sta contrada  fu  interrotta  colle  paci  del  1278  e  del  1294* 

Nel  principio  di  questo  secolo  il  marchese ,  per  ottenere  nuovi 
aderenti,  infeudato  aveva  1«  sue  terre  di  qua  del  Malone  ai 
signori  del  Canavese:  epperciò  questo  nome  fu  ad  esse  appli* 
cato:  cosi  Corio  e  la  Rocca,  luoghi  posseduti  da' Biandrati  (iSoq)^ 
vengono  detti  in  Canapitio\  Lanio',  Cirìé  e  Vo1piand'(  iSdo  ) 
sono  indicati  in  confinibus  Canapitu\  e  San  Maurizio'' in  Lei- 
finiasco,  vale  a  dire  in  Cordaio. 

Dal  che  appare  ,  come  i  limiti  tra  il  Piemonte  ed  il  Cana* 
vese  nel  secolo  tiv  fossero  ancora  segnai  dalla  metà  della  Yauda 
considerata  nella  sua  lunghezza. 

Vuoisi  accennare  che  dal  fine  del  dedmoterzo  secolo  in  pei 


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CANADESE  399 

fi  sostenne  il  nome  CanepiUum^  o  CanapUiumy  e  y\  cadde  l'an- 
tico Canavisium  per  ropinione,  senz'alcun  fondamento  allora 
invalsa  »  che  quel  paese  fosse  appellato  dairabbondanata  e  dal 
pregio  dell»  canapa  ;  opinione  ,  che  ancor  di  presenta  darà  fra 
molti.  L'Azzario  si  serve  costantemente  della  parola  CanepieUtm  ; 
e  gli  altri  scrittori  dicono  per  lo  più  Canapitium. 

Stanchi  finalmente  i  cittadini  d'Ivrea  delle  lunghe  tessa- 
noni  a  cui  li  sottoposero  i  Monferrìni,  e  gli  stessi  signóri  del 
Canavese ,  risolvettero  di  somuettersi  ad  Amedqo  V  di  Savoja 
e  al  principe  Filippo  d'Acaja.  Per  tale  sottomissione  si  distin- 
sero i  Valperga  di  Mazze  ,  di  Rivarolo ,  ed  i  San  Martini  di 
Front  per  la  Vanda.  Nel  i35i  ne  seguirono  l'esempio  i  Castel- 
lamopti  di  Vische  e  della  Torre.  Colà  si  condusse  Amedeo  con 
poderoso  esercito  nell'anno  1 3 1 3  ,  in  cui  dall'imperatore  Ar- 
rigo VII  era  egli  fatto  signore  della  repubblica  astigiana. 

Le  truppe  di  Amedeo  tennero  per  qualche  tempo  tranquilla  . 
la  popolazione  d^Ivrea  ;  ma  non  poterono  salvare  il  Canavese 
dai  tristi  effetti  di  belliche  fazioni.  Perocché  il  Principe  d'Acaja 
(  i3a5  )  movendo  guerra  al  marchese  Teodoro  di  Monferrato  y 
ivi  fece  piiil  irruzioni  sulle  t^rre  degli  aderenti  di  lui  3  i  quali , 
non  ricevendo  soccorsi ,  si  videro  indotti  a  prestara  fedeltà  al 
Principe.  Fra  loro  si  novera  il  conte  Francesco  Biandrate  di 
San  Gioi*gio  ^  il  quale  gli  prestò  omaggio  per  la  terra  e  il  ter* 
ritorio  di  San  Giorgio ,  che  comprendeva  Foglizzo ,  Ozegna , 
Cucceglio  ,  Lusiglié ,  Corteregia  e  Ciconio. 

Nel  i333  il  Principe  ricominciò  le  ostilità  contro  Giovanni 
di  Monferrato  in  Canavese }  tenne ,  durante  due  mesi ,  stretto 
d'assedio  il  castello  di  San  -  Giorgio ,  abbruciandone  ìa  terra  : 
e  il  marchese  dovette ,  per  liberaraelo,  andarvi  con  'esercito 
poderoso. 

Il  nuovo  Conte  di  Savoja  (  1 339  )  deliberò  di  pacificare  il 
Canavese  offerendo  a  Teodoro  di  cedergli  in  feudo  quella  con^ 
trada.  Teodoro  rifiutò  l'offerta,  continuò  la  guerra ,  e  più  vi- 
Tamente  si  riaccesero  le  discordie  civili. 

I  Valpergani  (  1339  )  ottennero  da' Milanesi  contro  i  San  Mar- 
tini trecento  barbute ,  o  uomini  armati  d'ehno,  condotti  dal 
capitano  Malerba.  Passarono  questi  la  Dora  Baltea  a  Vische , 
luogo  tenuto  da' partigiani  de' San  Martini.  Mandarono  in  fiamme 
questo  luogo  ;  ma  furono  risospinti  dalla  sua  rocca  ^  come  purè 


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4oo  CANAVESE 

da  quella  di  Rivarolo.  Presero  quella  di  Montalenghe  ;  ma  col 
soccorso  di  800  uomini  di  San  Giorgio:  pedocchè  essa  rimase 
ai  Biandrati:  ebbero  il  castello  Dorio  a  patti ,  presero  Barone 
de'  San  Martini  d'assalto  ,  uccidendo  quanti  vi  trovarono  ^  ed 
atterrandone  le  mura  ,  che  non  furono  più  mai  rialzate  ;  occu- 
parono San  Benigno  non  fortificato  ;  misero  a  ferro  e  fuoco  il 
luogo  di  Favria  de'  San  Martini,  conservandone  il  castello  pei 
consignori  Valpergani:  allò  stesso  modo  trattarono  Front,  il 
cui  baluardo  presso  Ri v arossa  loro  oppose  una  gagliarda  resi- 
stenza -,  costrinsero  quindi  i  signori  di  Barbania  a  rinunciare 
alla  parte  Guelfa. 

Avviatisi  alla  valle  di  Pont ,  loro  si  uni  una  grossa  mano 
di  cuorgnesi  ,  i  quali  atterrarono  uno  de'  castelli  di  Pont,  che 
ai  San  Martini  spettava. 

Il  conte  Giovanni  di  Valperga ,  detto  il  maggiore  ,  passò  quinci 
con  molti  &nti  e  balestrieri  in  Val  di  Soana ,  che  delle  due 
famiglie  era  comune  signoria.  Ivi  giunto ,  col  mezzo  de'  suoi 
vassalli  procacciò  di  avere  egli  solo  il  forte  della  Pertica ,  si- 
tuato in  capo  alla  valle  per  modo,  che  l'ingresso  erane  in  mezzo 
di  una  grande  rupe  spaccata  ,  e  pochissima  gente  potea  ren- 
derlo inaccessibile  a  qualsivoglia  forza  nemica.  Commise  la  cu- 
stodia di  quel  forte  a'  suoi  fidi,  i  quali  per  tutto  il  tempo  della 
guerra  più  non  vi  lasciarono  entrare  alcuno  dei  loro  signori , 
fosser  eglino  Guelfi  o  Ghibellini. 

Nel  ritorno  quelle  masnade  diedero  un  orribil  guasto  alle 
campagne  di  Castellamonte ,  di  Agliè ,  di  Lorenzate ,  e  di  Ca- 
stel S.  Martino ,  tagliandone  le  viti ,  scorticandone  gli  Uberi , 
atterrandovi  gli  edifizi  meccanici,  ed  ogni  abitazione. 

Irritati  per  tanti  eccessi  i  San  Martini ,  ottennero  dal  mar- 
chese di  Mantova  cento  barbute,  capitanate  da  Saraceno  de' Gre- 
maschi:  cento  altre  formarono  di  loro  gente  ,  e  cento  ancora 
raccolsero  di  quelle  ,  che  avevano  finito  il  loro  servizio  presso 
i  Valpergani. 

La  cosa  pertanto  si  volse  in  aspetto  contrario.  I  San  Martini 
assaltarono  il  castello  di  Rivarolo,  che  a  quei  di  Valperga  spet- 
tava ,  mettendo  ivi  a  ruba  e  a  fuoco  le  case ,  ed  i  poderi  de' 
Ghibellini.  Si  condussero  quindi  a  Salassa,  e  alla  Villa  di  Pont-, 
cui  mandarono  in  fiamme.  La  terra  di  Valperga  posero  a  sac- 
comanno ;  e  già  alcune  di  quelle  barbute  che  avevano  servito 


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CANAVESE  4oi 

i  Yalpergani ,  per  la  conoscenza  che  avevano  del  castello  di 
Yalperga ,  eran  sul  punto  d'impadronirsene  ,  quando  giunti  I 
Cuorgnesi  ne  li  sbaragliarono ,  facendone  grande  strage.  I  San 
Martini  peraltro  occuparono  il  luogo  di  Silvesco,  che  fu  poi  da 
essi  tenuto  per  lungo  tempo*  Oltrepassata  quindi  la  Dora,  scor- 
sero le  terre  dei  Masini ,  portandovi  il  guasto  e  la  desolazione. 
Ritornati  sopra  Mercena'sco ,  mentre  questo  luogo  trattava  di 
arrendersi ,  vi  entrarono  per  sorpresa ,  uccidendovi  il  «onte  An* 
tonio  di  Yalperga. 

Nel  1343  il  Papa  s'interpose  tra  i  belligeranti,  e  col  mezzo 
del  suo  legato  il  cardinale  Guglielmo  de'  santi  quattro  coronati^ 
ne  ottenne  la  pace. 

Mei  i356  riaccesasi  la  guerra,  il  principe  Giacomo  d'Aceja^ 
fatta  lega  con  Galeazzo  Visconti,  inoltrossi  nel  Canavese  insino 
ad  Ivrea ,  di  cui  s'impadroni. 

Gli  accordi,  che  mercè  del  conte  Amedeo  YI  di  Savoja  se- 
guirono col  marchese  di  Monferrato,  furono  rotti. 

U  marchese  nel  i359  assoldò  quelle  bande  inglesi,  che,  dopo 
aver  desolate  le  regioni  di  Novara  e  di  Yercelli ,  vennero  nel 
Canavese. 

Stanziarono  esse  lungamente  nei  contorni  di  Rivarolo^  non 
cessando  dal  devastare  le  terre  e  le  case  dei  GuclG ,  insino  ad 
Ivrea  ricaduta  sotto  il  dominio  del  Marchese  ;  e  nell'anno  se- 
guente ,  recatesi  a  Lanzo  ed  a  Cirié,  vi  apportarono  lo  sterminio. 
È  qm  da  notarsi,  che  ì  cuorgnesi  si  opposero  col  più  fermo 
valore  a  quella  trista  genia,  e  la  tennero  lontana  dal  loro  ter- 
ritorio. 

Oltre  a  tali  calamità  ^  in  Lombardia  ed  in  Piemonte  infie- 
riva a  quel  tempo  una  terribile  peste,  che  mieteva  sette  per- 
sone ogni  dieci. 

Perciò  le  scellerate  masnade  ivano  più  sempre  ingrossando 
de'  malviventi  dei  luoghi  per  ove  passavano:  nella  teira  di  Ciriè, 
sorpresero  il  conte  Amedeo ,  che ,  per  redimersi ,  pagò  loro 
cento  ottantamila  fiorini  d'oro  ;  mossero  quindi  a  Savigliano  , 
d'onde  si  condussero  infine  ad  unirsi  in  Asti  ai  facinorosi  con- 
dotti da  Ennechino  Burgardo,  ladrone  scelleratissimo. 

Il  conte  Amedeo  irritato  per  la  ricevuta  offesa,  e  fatta  lega 
con  Galeazzo  Visconti,  nel  i36i  intimò  la  guerra  al  marchese, 
e  nell'anno  seguente  potè  allontanare  le  bande  inglesi  dal  Pie* 
Dizion.  geogr.  eco,  YoL  III.  26 


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4oa  CANATESB 

monte.  Entrafo  egli  nel  Canavese  j  vi  danneggiò  s.    Giorgio  e 

Rivara. 

.Airinconlro  penetroyyi  il  marchese  con  trecento  barbute  gui- 
date dal  capitano  Malerba  :  assaltò  dapprima  Caluso  ,  ma  in- 
darno ;  quindi  il  castello  di  Rivarolo  y  detto  il  Malgrate  de' 
s.  Martini,  che  con  lungo  assedio,  e  mediante  molte  macchine 
6i  prese  e  tenne  per  se  :  rovinando  poscia  le  campagne  di  Ca- 
stellamonte  e  di  Agliè  ,  pervenne  a  Strambino ,  custodito  pei 
s.  Martini  da  quattrocento  prodi  del  paese ,  i  quali  non  vi  la- 
sciavano abitare  chi  Guelfo  non  fosse.  In  uno  dei  vigorosi  as- 
salti dato  a  quel  castello  dal  marchese,  fu  ucciso  da  quei  della 
terra  il  marchese  di  Busca ,  primo  grande  di  sua  corte ,  e  ri- 
portò una  grave  ferita  il  giovane  duca  Ottone  di  Brunsvik.  In- 
fieritosi pertanto  il  marchese,  più  non  lasciò  nel  borgo  una 
casa  intiera,  e  fecene  trucidare  tutti  gli  abitatori  che  gli  capi- 
tarono nelle  mani.  Impadronitosi  poscia  di  quel  castello,  e  della 
rocca  d'Oiro  ,  fece  rialzare  Mursasco  presso  Strambino  ,  che 
presto  si  riempi  di  abitanti. 

Dopo  ciò  condusse  di  nuovo  l'esercito  sopra  Caluso ,  gli 
diede  quel  famoso  assalto,  di  cui  si  è  parlato  al  proprio  luogo, 
€  presolo  ,  al  duca  Ottone  il  donò,  benché  appartenesse'al  Yal- 
pergano  conte  Bertolino  di  Mazze.  Mostrossene  questo  signore 
cosi  oltraggiato  ,  che  chiamò  in  Canavese  il  signor  di  Milano 
Galeazzo  Visconti,  dandogli  in  pegno  i  castelli  di  Candia  e  di 
Castiglione  ,  ch^egli  fortificò  con  molta  diligenza. 

In  tempo  dell'assedio  di  Caluso  avvenne  ,  che  Pietro  signor 
di  Settimo ,  fido  cortigiano  del  marchese ,  impadronissi  per  in- 
ganno del  castello  di  Yolpiano  ,  ch'era  sotto  la  giurisdizione 
degli  abbati  di  s.  Benigno ,  siccome  luogo  opportuno  per  venire 
dal  Canavese  in  Piemonte.  Quel  castello  fa  per  altro ,  poco 
tempo  dopo,  restituito  all'abbate.        * 

Finita  questa  luttuosa  guerra,  i  signori  del  Canavese  si  co-- 
stituirono  vassalli  di  Amedeo  VI  :  ed  i  conti  di  Masino  gli  fu» 
pono  assoggettati  dall'imperatore  Carlo  IV  verso  il  fine  del  se- 
colo susseguente.  Succeduto  al  marchese  Giovanni  il  figliuolo 
Secondotto  in  età  di  dodici  anni ,  trovossi  lo  stato  invaso  da' 
Bernabò  Visconti  :  e  per  esseiiie  difeso  dal  conte  Amedeo ,  gli 
cedette  con  trattato  del  1372  quanto  unitamente  a  Chivasso  pos- 
sedeva in  Canavese.  Il  quale  possedimento  fugli  confermato  nella 


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CANDfiASCO  4o3 

nuova  lega  di  difesa  ,  che  venne  conchiusa  da  Amedeo  YEQ  , 
e  dal  marchese  Gian  Giacomo  Tanno  i435.  L'intiero  acquisto 
fanne  ai  Principi  di  Savoja  consolidato  per  la  pace  di  Chera-- 
8CO.  Sotlo  il  loro  domioio  il  Canavese ,  in  cui  si  trovarono  ducentò 
castelli ,  e  non  mai  una  città ,  ebbe   a  capitale  quella  d' Ivrea. 

Per  la  parte  statistica  del  Canavese  ,  vedi  gli  articoli  Is^rea 
provincia ,  ed  Ivrea  città. 

*  CANDEASCO  {Candeascum)  ^  com.  nel  tnand.  di  Borgo- 
Maro  ,  prov.  di  Oneglia ,  dioc.  di  Albenga ,  div.  di  Nizza.  Di- 
pende dal  senato  di  Nizza  ,  vice-intend.  prefett.  ipot.  e  posta 
d'Oneglia  y  insin.  di  Borgo-Maro. 

Questo  paesetto  appartenne  al  marchesato  del  Maro.  Nella 
guerra  deL Monferrato  che  durò  dal  i6ia  sino  al  1618  sop- 
portò gravissimi  danni. 

Nel  1673  fu  sorpreso  da  truppe  di  Genova  ;  ma  il  prode 
Chiappa  ajutante  di  campo  del  duca  di  Savoja  ,  per  accondi- 
scendere al  desiderio  degli  amministratori  di  questo  villaggio , 
con  poca  soldatesca  lo  ricuperò  prestamente ,  uccidendovi  qua» 
tutto  il  presidio  nemico.  ^ 

Trovasi  a  manca  del  fiume  Impero  tra  Caravonica ,  Aurigo, 
e  Borgo-Maro. 

Una  strada,  verso  ponente,  di  qua  mette  a  Caravonica,  di- 
stante un  miglio  circa  ;  un'altra ,  verso  levante ,  conduce  ad 
Auxigo ,  lontano  un  miglio  e  mezzo  ;  una  terza  scorge  al  capo 
di  mandamento  y  che  sta  ad  un  quarto  di  miglio. 

Vi  si  Teggono  due  rivi  quasi  sempre  asciutti ,  uno  chiamato 
del  Convento,  e  l'altro  della  Madonna  degli  Angeli. 

lift  parrocchia  fu  smembrata  da  quella  del  Maro ,  patrotiato 
della  comunità  :  é  sotto  l'invocaiione  di  s.  Bernardino .  alla  cui 
festa  vi  concorre  un  centinajo  di  persone  dalle  terre  vidné. 
L'annua  rendita  del  paroco  non  eccede  le  lire  170. 

Evvi  un  oratorio  ad  uso  di  confraternita ,  intitolato  a  s.  Gio- 
vanni Battista.  A  pochi  metri  dal  villaggio  sta  una  cappella 
campestre  sotto  il  titolo  degli  Angeli. 

Un'opera  di  puU>lica  beneficenza  stabilita  in  Borgo-Maro  deb 
distribuire  in  ogni  anno  la  piccola  somma  di  venti  franchi ,  in 
«occorso  dei  poveri  di  Candeasco*. 

In  questo  territorio  esistette  un  convento  di  frati  minori  ri- 
fbnnati  statovi  fondato  nel  i6i4* 


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4o4  CANDELO 

Vi  si  manteogono  pochi  muli,  e  quel  mimerò  di  bestie  be- 
vine che  richiede  la  colti?azioBe  delle  campagne* 

Le  maggiori  produzioni  vegetali  sono  in  discreta  quantità  : 
olio  d'oliva 9  vino,  e  marzuoli,  il  cui  commercio  si  fa  con  One- 
glia  ,  Pieve,  e  Porto  Maiurizio. 

Vi  abbondano  i  fringuelli,  i  passeri,  ed  ì  merli. 

Gli  abitanti  sono  di  buona  indole ,  e  di  forte  complessione* 

Si  usano  i  pesi  di  Genova ,  e  le  misure  di  Oneglia.  Vi  sone 
in  corso  le  monete  di  Piemonte. 

Popolazione  240. 

CANDELO  {Candelwn) ,  capo  luogo  di  mand.  nella  prov.  e 
dioc.  di  Biella ,  div.  di  Torino.  Dipende  dal  senato  di  Piem. , 
intend.  insin.  ipot.  e  posta  di  Biella.  Ha  il  tribunale  di  giudi- 
catura. 

Giace  a  destra  del  torrente  Cervo.  È  distante  due  mi^ia  da 
Biella. 

Come  capo  di  mandamento  ha  soggetti  i  seguenti  comuni  i 
Benna,  Castellengo,  Gaglianico,  Massazza ,  Motta  Alciata,  San» 
digliano ,  Verrone ,  e  Villanova  di  Massaza. 

È  diviso  in  tre  borgate:  la  prima  chiamasi  Villa ^  la  seconda 
a.  Lorena,  la  terza  Perpignano. 

Quattro  vie  di  qua  si  dipartono  :  una,  da  levante,  conduco 
alla  Barazza  e  quindi  a  Motta  Alciata  -,  un'altra ,  da  mezzodì  , 
inette  a  Benna  *,  una  terza ,  da  ponente ,  accenna  a  Sandiglia- 
no*,  una  quarta,  da  mezzanotte ,  scorge  al  capo  luogo  di  pro- 
vincia. Quest'ultime  tre  vie  sono  della  lunghezza  di  due  miglia 
circa.  Da  Candelo  a  Torino  91  contano  trenta  miglia. 

Vi  hanno  due  chiese  parrocchiali ,  una  detta  di  s.  Pietro  y 
l'altra  di  s.  Lorenzo ,  divise  anzi  pei  eognonù  degli  abitanti , 
che  per  vero  Umite  ;  a  tal  che  nella  medesima  casa  i  padroni 
possono  appartenere  ad  una  parrocchia ,  e  i  loro  servi  ad  un'al- 
tra. Havvene  ancora  una  terza ,  appellata  s.  Maria  maggiore. 
Questa  è  comune  ,  ed  ambidue  i  paroci  vi  debbono  alternata^ 
mente  celebrare  le  parrocchiali  funzioni  in  molte  feste  dell'anno. 
Questo  loro  obbligo  fa  supporre  che  la  chiesa  di  s.  Maria  mag-* 
giore  sia  stata  la  prima  parrocchia  di  Candelo ,  e  che  da  essa 
venissero  smembrate  in  progipesso  di  tempo  quelle  di  s.  Laremer 
e  di  s.  Pietro. 

Vi  sta  tuttora  in  pie  un  antico  casteDo ,  denfifo  ili  quale  éù 


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CÀNDELO  4o5 

Teggono  orrìbili,  sotterranee  prìgioni.  È  disabitato  :  ma  si  con- 
taao  in  esso  trecento  cantine  per  uso  di  Tarìì  possidenti  del 
•luogo,  n  principe  di  Masserano  aveva  ottenuto  dalla  comunale 
amministrazione  la  facoltà  di  fabbricarvi  un  palazzo. 

Vi  si  tengono  due  annue  fiere:  la  prima,  nei  giorni  ^29  e  3o 
di  luglio  j  chiamata  s.  Maria  ;  la  seconda  ,  nel  giorno  18  di 
ottobre.  Il  mag^or  commercio  di  queste  fiere  si  è  quello  del 
bovino  bestiame. 

Il  prtncipak  prodotto  del  tenitorìo  è  il  vino  di  mediocre 
qualità. 

Le  rìcolte  del  grano,  della  saggina,  «  della  segale,  sono  suf- 
ficienti al  bisogno  della  popolazione.  ^ 

Pesi  e  misure  come  nel  capo  luogo  di  provincia. 

Gli  abitanti  sono  robusti ^  e  mollo*  periti  dell'agricoltura. 

Popolazione  argo. 

Cenni  storici.  Non  .si  sa  «on  qual  fondamento  il  Gusani  lasciò 
-scritto,  che  questo  luogo  venne  fabbricato  dai  romani  fin -dal 
tempo  delia  seconda  guerra  punica,  e  cbe  dai  medesimi  vi  fu- 
rono aperte  parecchie  strade* 

Checché  di  ciò  sia ,  certo  è  che  in  età  molto  remota  Cande]o 
era  già  popoloso  villaggio,  e  capo  di  Pieve  nel  territorio  di 
Biella. 

Trovasi  menzionato  col  suo  proprio  nome  in  un  diploma  di 
Ottone  HI  del  999,  a  favore  del  vescovo  di  Vercelli-,  e  il  papa 
Urbano  III  in  bolla  del  1186  ne  fa  cenno,  alterandone  la  de- 
nominazione in  Canderium» 

L'imperatore  Arrigo  III  nel  io54 ,  ^  Arrigo  VI  nel  119T  , 
ne  confermarono  il  possedimento  alla  chiesa  vercellese  ,  i  cui 
vescovi  lo  infeudarono  a'  nobili  Fontana  Piacentini ,  cbe  sta- 
bilironii  nel  borgo  di  Santhià ,  e  nel  secolo  xv  lo  vendettero  a 
Sebastiano  de'  nobili  F^rreri  di  Biella. 

La  tradizione  afferma  che  Candelo  fece  già  parte  del  capi^» 
tanato  di  Santhià:  narra  eziandio  ch'esso  dapprima  esisteva  al 
basso ,  e  per  essere  stato  distrutto  dalle  innonda zioni  del  Cer- 
vo ,  venne  rifabbricato  sull'altura ,  ove  sta  di  presente. 

Vuoisi  che  questo  cospicuo  villaggio  avesse  un  tempo  i  propvìi 
statuti.  Vero  è  che  godette  «nolti  privilegi  or  venati  in  disuso , 
je  tuttavia  se  ne  rammentano  alcuni  che  ragguardano  alle  com- 
pre dei  beni  quivi  btte  dai  f^re^ieri;  alle  saccessioni  ab  ia- 


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4o6  CANDlk 

testato ,  al  riscatto  dei  beni  in  vantaggio  dei  parenti  del  Ten«- 

ditore^  e  all'eseuzìone  dalle  gabelle  nei  giorni  di  fiera» 

Megli  archivi  comunali  non  si  hanno  documenti  anteriori  al 
secolo  XV  ;  perocché  nenùche  truppe  ,  invaso  questo  villaggio  , 
gli  diedero  il  $acco  dopo  averne  devastato  il  tenitorio  |  e  di- 
strutto i  molti  vigneti  di  cui  era  fecondo.  Càò  non  pertanto  un 
indizio  dell'importanza  militare  di  Gandelo  é  il  vecchio  castello 
poc'anzi  nominato  ^  tuttora  cinto  di  valide  mura  e  di  bastione, 
munito  di  quattro  torri ,  chiuso  da  due  porte ,  una  delle  quali 
era  già  custodita  da  un  ponte  levatojo  ,  e  da  una  forte  messa 
luna  con  alto  fossato  all'intorno  ;  tanto  più  che  a  difesa  della 
terrai»  vi  sorgevano  ancora  due  forti  rocche ,  una  detta  Sangaiv 
da ,  e  l'altra  il  Caslellazzo  j  che  prima  della  loro .  distruzione 
furono  ppssedute  dalla  famiglia  Gazzari. 

Nacquero  in  Gandelo  :  Fra  Vercellino^  insigne  inquisitore  ge- 
nerale di  Loikibardia  verso  il  1290. 

Agostino  Moliniato  y  famoso  giureconsulto  ,  senatore  in  To- 
rino, nel  i55o,  vescovo  di  Tri  vento,  e  succesnvamente  di  Fer«- 
limpopoli  e  di  Bretinore.  Intervenne  al  concilio  di  Trento  come 
legato  del  duca  Emanuele  Filiberto*.  Mori  nel  1579,  e  fu  se- 
polto in  Vercelli. 

Giovanni  Pietro  dello  stesso  casato ,  esimio  giurìspnidente. 
Scrisse  molte  opere  legali. 

Giorgio  BujlÉ,  domenicano,  profondamente  versato  neUe  teo- 
logiche dottrine ,  nel  dritto  canonico ,  e  nelle  matematiche  :  nel 
i58o  stampò  in  Venezia  le  sue  opere  di  filosofia  e  di  teologia: 
diede  pure  alla  luce  un  trattalo  della  sfera  coi  tipi  di  Vene- 
zia e  di  Ferrara. 

Bernardino  Bus^ ,  fratello  del  Giorgio ,  minor  conventuale  , 
nel  i6o3  pubblicò  in  Colonia  i  suoi  discorsi  sul  Vangelo. 

Dionigi  de'Dionisii,  professore  di  medicina,  e  distinto  letker 
rato,  nel  1643  stampò  elogia  virorum  iliusirium, 

CANDIA  {Candia  Canavensium) ,  com^  nel  maniL  di  Caluso, 
prov.  e  dioc.  d'Ivrea ,  div,  di  Torino.  Dipende  dal  senato  di 
Piem.,  intend,  pfefett  ipot.  d'Ivrea,  insin.  di  Strambino ,  posta 
di  Caluso. 

Trovasi  a)Ja  d^strfi  della  Dora  Ba)fea  sulla  strada  provinciale  die 
da  Toiinp, conduce  ad  lyr^^«  È  distante  un  miglio  ^a  Caluso^ 
uno  e  mezsq.da  M^roen^scoi  sette  dalvre^»  quindioi  da  Torioo. 


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CANDII  407 

La  piccola  terra  di  Garrone,  che  ha  il  vantaggio  di  una 
propria  parrocchia  y  è  membro  di  Gandia. 

Sulla  sommità  dì  un  monticello ,  che  domina  il  pae^e ,  ve- 
desi  un'antica  torre  con  avanzi  di  mura  diroccate  aU'intorno. 
Pietro  Azzario  nell'opera  De  Bello  Canapicienù  ne  parla  come 
di  fortino  atto  a  buona  difesa. 

Al  villaggio  soprastà  un  colli,  detto  Monte  di  santo  Stefano, 
perchè  sulla  sua  cima  sorge  un'antica  chiesa  dedicata  a  quel 
santo  y  e  alla  Vergine  Madre.  Quivi  un  tempo  era  un  conventò 
di  henedittini,  di  cui  più  non  esistono  che  alcune  vestigie« 
Quella  chiesa  di  presente  custodita  da  un  cosi  detto  eremita, 
e  gli  annessi  beni  sotto  il  nome  di  benefizio  di  Santo  Stefano, 
appartengono  al  seminario  d'Ivrea. 

La  parrocchiale  di  Candia  ,  consecrata  a  ^.  Michele  ,  é  an- 
tichissima 9  e  d;  nessun  pregio  :  queUa  di  Garrone  appellasi  da 
&•  Grato. 

Il  cimiterio  sta  fuori  del  paese  nella  prescrìtta  distanza. 

£wi  una  scuola  comunale ,  in  cui  s'insegna  fino  alla  quarta 
classe  inclusivamente. 

I  prodotti  territorìali  sono  firomento,  meliga,  segale,  mar- 
zuoll  ed  uve«  Gli  abitanti  si  adoprano  invano  ad  iinpedire  che 
il  loro  vino  inacidisca  nell'estiva  stagione.  Eglino  fanno  il  com« 
inercio  delle  proprie  derrate  con  Ivrea ,  Ghivasso  e  San  Giorgio^ 

Mantengono  bestie  bovine  soltanto  per  uso  dell'agricoltura. 

Pesi  e  misure  come  nel  capo  di  provincia*  ^ 

Tra  i  villici ,  che  pure  vi  sono  in  generale  di  complessione 
robusta ,  serpeggia  talvolta  l'insidiosa  pellagra. 

Cenni  storicL  KeU'undecimo  secolo  era  uno  dei  mag^ori 
feudi  della  chiesa  di  Ivrea,  il  cui  vescovo  Oberto  nell'alano  13^7 
lo  diede  al  marchese  Bonifacio  di  Monferrato  per  avemé  la  mir 
litare  assistenza.  I  conti  di  Yalperga  n'ebbero  quindi  la  giuris- 
diziqne,  che  passò  al  ramo  loro  de' Sammarttni,  e  pQfterior<* 
mente  al  casato  dei  Mazze. 

Di  costoro  f^  quel  conte  Bertolino,  il  quale  incollerito,  per«- 
che  il  marchese  di  Monferrato y  impadn>niton  daGaluso^sacui 
egli  avea  signoria ,  donato  lo  avesse  ad  Ottone  di  Brunsvìco  ^ 
chiamò  in  Ganavese  Gale92^  Visconti ,:  dandogli  in  pegnV»  i 
luoghi  di  Gandia  e  di  Gastìglione.  .    '• 

Sotto  questi  conti  tennero  poscia  il  castèllo  di 'Gaadiq    con 


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4o8  CANDU 

Castiglione  e  la  Pedagna  i  Yàlbertìni ,  e  successivamente  i 
Provana  di  Carignano  della  linea  de'  Macagni ,  coi  quali  vi  eb- 
bero anche  parte  di  signoria  i  Morra  di  Caluso,  orìginarii  di 
Chivasso. 

Venuto  meno  il  ramo  dei  Mazze,  i  Sammartini  lo  infeuda* 
rono  alla  distintissima  famiglia  'Birago  di  Milano ,  coIPobbligo 
di  portare  il  loro  cognome  e  1%  arme  loro.  Candia  per  quella 
famiglia  divenne  capo  di  marchesato.  Gli  altri  rami  di  Borgaro 
Torinese   e  di  Roccavione  conservarono  le  proprie  arme. 

Fra  gli  illustri  personaggi  di  questo  nobil  casato  si  distinguono: 

Andrea  detto  il  Magn^co  ,  consigliere  del  duca  Filippo  di 
Milano  nel  i44o« 

Un  altro  Andrea ,  capitano  generale  deiriufanteria  del  re  di 
Francia  Carlo  IX, 

Enrico ,  ambasciatore  di  Francia  presso  l'imperator  di  Turchia. 

Pietro  Antonio  ,  insigne  abate  di  Firenzuola  che  ricevette 
splendidamente  a  Milano  nella  propria  casa  l'imperator  Carlo 
y  y  Francesco  re  di  Francia  ,  ed  il  sommo  pontefice  Paolo  III, 

Renato  y  govfsrnatore  di  Lione ,  gran  cancelliere  di  Francia , 
morto  cardinale  nel  i583  ;  sulla  sua  tomba  si  legge: 

QVID  .  TISI  .  OPV8  •  STATVA  .  SATIS  •  EST  •  STÀTVTSSB  .  BIBACE 
VIBTVTIS  .  PASSIM  .  TOT  •  MONVMBIfTA  .  SVJB 

Carlo  y  ambasciadore  straord'marìo  di  Vittorio  Amedeo  I  presso 
U  romano  Pontefice, 
0     Un  altro  Carlo,  capitano  delle  guardie  del  corpo  del   detto 
Vittorio  Amedeo  ,  e  cavaliere  della  Nunziata. 

Ludovico  e  Gerolamo,  cavalieri  dello  stesso  ordine. 

Uà  altro  Ludovico  ,  ambasciatore  presso  le  corti  di  Roma 
e  di  Francia,  e  governatore  dei  principi  Maurizio  e  Tommaso 
figliuoli  del  sopraccennato  Sovrano. 

Renato  Augusto  di  Borgaro,  luogotenente  maresciallo  nel  1 718, 
gran  mastro  di  artiglieria   e  cavaliere  della  Nunziata  nel  1737. 

Sulla  terra  di  Candia  ebbero  poi  signoria  i  nobili  della  Valle, 
i  Cromi  di  Biella  ,  i  Pachierì,  ed  i  Boffa-del  luogo  di  Piozzo. 

In  Can^a  nacque  il  rinomato  filosofo  e  medico  Giovanni 
Piatto,  che  fiori  in  Tonno  verso  il  i5ao,  e  vi  diede  alla  luce 
un'eruditissima  latina  orazione  intorno  a  tutte  le  scienze  a  quel 
tempo  conosciute. 

Popolazione  2173. 


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CANDU  409 

CANDIA  y  lago  a  ponente ,  e  a  poca  distanza  dalPor  descritto 
paese,  onde  piglia  il  nome,  non  che  dai  villaggi  di  Vische  e 
Mazze.  La  sua  lunghezza  è  di  un  miglio  circa  ;  la  larghezza  di 
un  quarto  di  miglio.  Vi  si  pescano  numerosi  lucci ,  e  non  poi- 
ché tinche.  I  duchi  di  Monferrato  lo  donarono  agli  abitanti  di^ 
Gandia  :  fu  esente  da  imposte  sino  all'invasione  dei  francesi,  i 
quali  impropriamente  lo  chiamarono  stagno. 

Da  molte  prove  sambra  potersi  affermare  ch'esso  non  è  che 
un  residuo  di  un  lago  assai  più  vasto,  il  quale  altre  volte  oc- 
cupava quasi  tutta  la  pianura  inferiore  d'Ivrea  dai  monti  rac- 
chiusa ,  in  guisa  che  i  due  rimanenti  laghetti  di  Candia  e  di 
Viverone  ne  sarebbero  stati  le  due  parti  estreme.  Ed  in  vero 
le  basse  campagne  da  Albiano  infino  ad  Azeglio  da  un  lato, 
e  insino  a  Vische  dall'altro  conservano  sotto  la  prima  superfi- 
cie un  profondo  sedimento  arenoso,  del  tutto  simile  a  quello 
che  sogliono  lasciare  le  acque  della  sempre  torbida  Dora  nella 
irrigazione  delle  terre  adiacenti-,  loccfaè  dà  a  divedere  un  lungo 
^eposito  delle  stesse  acque  in  tutte  le  sopraccennate  regioni. 

A  ciò  si  aggiunse  l'antica  e  costante  tradizione  fra  gli  abitanti 
di  quei  luoghi,  e  la  fede  degG  storici  fra  i  quali  si  nota  {Min- 
cipalmente  l'Azario  che  viveva  nel  i3oo.  Ci  rende  egli  certi,  che 
al  suo  tempo  rimanevano  ancora  presso  Masino  le  mura  di  una 
•specie  di  porto  costrutte  con  pietre  e  calee ,  alle  quali  stavano 
infiissi  grossi  anelli  di  ferro  per  legarvi  le  navi,  appunto  come 
se 'ne  vedevano  in  sulle  rive  di  Pi  verone,  e  di  Vi  verone. 

Più  anticamente  lo  storico  Strabone  asseverò  che  i  Salassi 
usciti  fuori  della  loro  valle  ,  e  fatti  padroni  del  paese  intorno 
ad  Ivrea ,  pei  lavori  intorno  ai  minerali  che  scavavansi  nei 
balzi  a  quella  città  inferiori,  derivavano  dalla  Dora  tanta  co- 
pta d'acqua ,  che  mancava  poi  essa  alla  necessaria  irrigazione 
delle  campagne  dei  popoli  più  ricini  al  Po  :  onde  questi  per 
ottenerla  venivano  spesse  volte  a  battaglia  con  quelli  «<  e  dò 
sembra  dimostrare  un  molto  «steso  ristagnainento  di  acque, 
senza  il  quale  non  potrebbesi  capire  come  la  Dora  Baltea  ve- 
nisse meno  alle  prossime  inferiori  terre  f  essendo  essa  fiume* 
torrente  cosi  grosso  ,  e  celere  ,  e  perenne, 

CANDIA  {Candia  LaumeUinomm)  ^  capo  luogo  di*  mand. 
nella  prò v.  di  LomeUi|ia>  dioc.  di  Vercelli,  div.  di  Novara.  Di- 
pende dal  senato  di  Piem.,  intend.  epostadi  Mortara,  pMfetl. 


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4io  CANDIÀ 

ìpot.  di  Vigevano,  indn*  di  Mede.  Oltre  il  tribunale  di  gMftdi- 
calura  evyi  un  uffizio  dipendente  dal  R.  Economato  Generale 
dei  beni  ecclesiastici* 

Fu  sito  militare  di  qualche  importanza  nelle  guerre  del  se- 
colo zvn,  tra  i  principi  dÀ  Savoja  e  gli  Spagnuoli,  che  occu- 
payano  il  Milanese  per  la  successione  al  Monferrato. 

Ne  fu  oriondo  l'insigne  Domenico  Candia  dei  padri  predica- 
tori,  di  cui  si  hanno  alcune  dotte  opere  ,  fra  le  quali  distin- 
guesi  la  cristiana  felicità  del  Piemonte  * 

Per  riguardo  alla  nascita  di  Pietro  de  Candia  ^  che  sali  al 
sommo  Pontificato  ,  vedi  l'articolo  seguente. 

Questo  cospicuo  borgo  fu  donato  dall'imperatore  Carlo  V  a 
Ludovico  III  y  conte  di  Belgiojoso. 

Lo  ebbero  poscia  i  Gallarati,  marchesi  di  Cerano. 

Sta  in  fruttifero  ed  ameno  suolo  a  manca  del  Sesia ,  e  a 
destra  della  roggia  Sartirana,  sulla  via  provinciale,  chedale- 
.vante  mette  a  Casale  ,  e  da  ponente  a  Mortara ,  da  cui  è  di- 
scosto cinque  miglia. 

n  fiume  Sesia  ,'  che  quivi  abbonda  di  pesci,  e  tragittasi  col 
«tezso  di  un  porto ,  discorre  pel  tratto  di  cii^ca  mezzo  miglio 
su  questo  territorio. 

.  Candia,  come  capo  di  mandamento,  ha  soggetti  i  seguenti  co- 
«muni,  Castelnovetto,  Celpenchio,  Cozzo,  Laogosco,  Rosasco, 
e  Terrasa* 

Evvi  un'ampia  magione,  detta  il  Castellone ,  di  cui  la  co- 
.struttura  e  la  forma  inducono  a  credere  die  già  fosse  una 
casa  forte. 

Vi  esistono  due  parrocchiali:  una  intitolata  a  s*  Michele,  e 
L'Altra  a  Maria  Vergine  delle  Grazie. 

.  Quella  di  Maria  Vergine  delle  Grazie  è  di  proprietà  del  co- 
nihune:  sc^ra  l'altare  di  s.  Gerolamo  vi  si  vede  un  gran  quadro 
sa.  sommo  pregio ,  che  rappresenta  quel  santo. 
,  Nella  chiesa  di  s.  Michele  %i  hanno  m<dti  dipinti  del  celebre 
Lavini ,  assai  ben  conservati  a  malgrado  della  loro  vetustà.  U 
paroco  della  medesima  era  da  circa  quattro  secoU  riyesUto  delia 
qualità  di  vicario  foraneo:  tal  carica  nel  i8ao  venne  cqu* 
lerìta  al  prevosto  di  Cozzo.  Evvi  inoltre  un  tempietto  per  uso 
di  confraternita.  Il  cimiterio  ti'ovnai  a  ponente  del  paese  alla 
distanza  di  ducento  trabucchi* 


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CANDU  o  CANDIETTA  4ii 

DaDa  nobile  famiglia  Confialoiùeri-Olevano  vi  fu  iostituita 
un'opera  pia  per  sovvenimento  dei  poveri  del  comune.. 

Nella  scuola  comunale  s'insegnano  i  primi  rudimenti  di  let- 
tura, scrittura,  e  di  aritmetica. 

Sonovi  due  palazzi  :  uno  di  assai  grazioso  prospetto  appar- 
tiene ai  signori  Cambieri  :  l'altro  è  proprio  della  nobile  fami- 
glia Sannazzaro-Mata  di  Casale-,  esso  è  riguardevole  per  bella 
costruzione  ,  per  grandezza  e  magnificenza  ;  sorgono  due  toni 
a'  suoi  lati  ;  contiene  un  piccolo  teatro  regolarmente  edificato. 

Ewi  una  piazza  alquanto  spaziosa,  ma  di  forma  non  affatto 
regolare  i  in  una  delle  sue  estremità  sorge  un'  alta  colonna  in 
pietra  ,  sulla  cui  cima  sta  una  croce  di  ferro.  Essa  fu  eretU 
nell'occasione  che  s.  C^rlo  Borromeo  si  condusse  a  visitare  que- 
sto borgo. 

Le  contrade  vi  sono  tutte  ampie,  e  bene  ordinate. 

In  una  CQoda  di  pelli  vi  sono  continuamente  occupate  tre 
persone.  •. 

Nel  primo  lunedi  di  marzo  si  fia  una  fiera,  il  cui  principale 
commercio  $i  è  .quello  del  bovino  bestiame  :  ad  essa  intervei^ 
gono  u^olti  abitanti  non  isolo  della  Lomellina,  ma  eziandio  del 
Novare^  e  del  Monferrato. 

In  ogni  merc<dedl  si  fa  un  mercato ,  su  cui  si  mettono  in 
vendita  cereali ,  pollame ,  commestibili  ai  varie  sorta ,  panni 
e  stoffe  di  ogni  qualità. 

Il  territorio  produce  riso,  fromento ,  segale,  avena,  melìgai 
legumi ,  fieno ,  e  lino.  Abbonda  di  uccelb ,  e  di  selvaggiun^e» 

.Pesi  e  mitfure  come  nel  suo  capo  di  provincia ,  moneta  di 
Milano.  .     . 

Uavvi  una  stazione  di  cinque  carabinieri  reali. 

Gli  abitanti. sono  di  buon'indole,  e  la  pia  parte  addetti  al* 
l'agricoltura. 

Nel  1799  ebbe,  qui  stanza,  durante  otto  giorni  cputìmùy 
l'esercito  austrO-rus$o  composto  di  5omila  uomini. 

Popolazione  aa5o. 

GAMDIA  o  CANDIETTA  {Candia NavarUnsium).  È  una  ter- 
ricduola  della  riviera  d'Orta  ,  di  cui  vuoisi  fare  parola  ,  per- 
chè a  buon  diritto  si  vanta  di  essere  patria  del  sqmmo  ponte* 
fice  Alessandro  V. 

Alcuni  altóbuiacMo  questa  gloria  a  Candia  di  Lomellina,  ed 


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4i»  CANDU  o  CANDIETTA 

altri  a  Candìa  isola  del  Mediterraneo.  Questi  idtimì  non  appog- 
giano la  loro  opÌDÌone  fuorché  al  nome  ,  ed  al  soprannome  di 
quel  gran  papa.  Vero  èj  ch'egli  tenne  costantemente  il  nome 
di  Petrus^Candia  prima  del  suo  pontificato;  maé  vero  altresì 
che  quell'isola  fu  sempre  detta  in  latino  anzi  Creta ,  che  Can- 
did: e  s'ei  prese  talvolta  il  soprannome  di  Filargo  ed  anche 
quello  di  Filarete  ,  -ciò  fece  perchè  all'età  sua  era  vezzo  dei 
dotti  italiani  Io  usar  giteci  soprannomi ,-  avvegnaché  il  più  di 
loro  non  avessero  mai  veduta  la  Grecia.  A  tali  riflessioni  si  ag- 
giunge die  il  signor  di  Milano  Galeazzo  Visconti  non  avrebbe 
cosi  di  leggieri  affidata  ad  un  cretese  l'educazione  della  sua 
prole ,  e  de  il  concilio  di  Pisa  non  avrebbe  commesso  ad  un 
greco  il  governo  della  chiesa  universale. 

Quelli  che  pensano  che  Alessandro  V  abbia  avuto  i  natali 
in  Candia  di  Lomellina ,  prestano  soverchia  fede  a  scrittori  che 
vissero  noko  tempo  dopo  il  secolo  xiv ,  in  cui  fiori  quel  grande 
uomo,  e  non  poterono  riferire  alcuna  particolarità  della  sua 
origine,  che  abbia  relazione  colla  provincia  di  Lumello;  ed 
inoltre  la  Candia  di  questa  provincia  solevasì  chiamare  dagli 
scrittori  di  quel  tempo  non  già  Candia^  ma  Candium» 

Or  l'opinione  a  favore  della  Candia  novarese  ha  per  primo 
vantaggio  il  eonsentimento  de' sudi  medesimi  oppositori  intorno 
all'iipportante  singolarità,  che  i  genitori  dì  Alessandro  V  furono 
antichi  conti  di  Crusinallo,  nel  cui  territorio  questa  Candia  era 
compresa.  Di  fatto  l'autore  della  Novaria  sacra  ne  rapporta 
afeuni  versi  che  atte^ano  una  tale  origine  ;  versi  in  rozzi  ca- 
ràtteri cui  egli  riferisce  al  tempo  di  quel  pontefice,  stati  scritti 
sur  una  parete  della  sagrestia  della  chiesa  di  s.  Giulio  d'Orta. 
Altronde  riputati  storici  antichi  accennarono  un  si  gran  perso- 
naggio col  titolo  de  CriisinaHo,  e  ilnobil  suo  titolo  de  Candia 
é  da  credersi  che  fosse  quello  di  un  ramo  particolare  del  suo 
casato.  Il  perchè  era  egli  ancor  vescovo  di  Novara  nel  1 1  marzo 
del  1391,  quando  confermò  a'  suoi. parenti  il  feudo  di  Crasi* 
nallo  dipendente  dalla  chiesa  novarese. 

Nacque  l'anno  y349«  ^^Ua  prima  fanciullezza  vide  la  natale 
sua  terra  manomessa  da  inglesi  bande  ferocissime;  e  vide  l'in- 
cendio che ,  per  discacciarle  da  quei  dintorni ,  le  appiccò  il 
principe  Galeazzo  Visconti.  Per  tali  disastri  cadde  nella  miseria; 
e  fu  detto  che  un  francescano ,  trovatalo  errante ,  seco  il  con- 


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CAI9DID0  ED  INNOCENZO,  e  CANDIE  o  C&NDIÀ  4i3 
dusse»  al  proprio  convento ,  i  cui  superiori  avendo  riconosciuto 
nel  giovinetto  un  ingegno  maravìglioso,  lo  mandarono  agli  studi! 
in  Oxford  y  e  quindi  in  Parigi,  ove  ottenne  il  grado  del  magistcrfk 

Galeazzo  in  quel  tempo  avea  ristaurata  Tuniversità  di  Pavia, 
e  fornitala  di  professori  cosi  prestanti ,  che  molti  di  essi  furono 
poi  creati  vescovi ,  ed  alcuni  salirono  al  cardinalato.  Ad  inse- 
gnare in  quella  cospicua  università  la  filosofia ,  e  le  scienze 
tecdogiche  fu  chiamato  da  Parigi  Pietro  de  Candiai  né  molto 
andò  che  Galeazzo  il  volle  suo  ministro ,  ed  ajo  del  suo  fi- 
gliuolo. La  fiducia  che  in  lui  pose  quel  principe  si  accrebbe 
per  modo ,  che  lo  impiegò  nelle  più  rilevanti  negozazioni ,  e 
soprattutto  in  quella ,  per  cui  dall'imperatore  Yenceslao  gli  ot- 
tenne il  titolo  e  la  dignità  di  duca.  Di  questi  servigi  venne  ri- 
meritato coi  stt6:essivi  vescovati  di  Vicenza  e  di  Novara,  col- 
l'arcivescovato  di  Milano ,  col  patriarcato  di  Grada ,  e  fii  insi^ 
gnito  della  sacra  porpora  dal  papa  Innocenzo  Yll.  Infine  il  con- 
cilio di  Pisa  neH'ottimo  scopo  di  opporre  agli  antipapi  un  ri- 
spettabile ,  possente  avversario ,  e  di  mettere  un  termine  allo 
jcisma  che  travagliava  la  cristianità,  nel  1409  lo  proclamò  sommo 
pontefice  nella  sua  età  di  anni  settanta. 

Intento  egli  a  provvedere  alle  urgenze  della  chiesa ,  portossi 
a  Bologna ,  ove  mancò  di  vita,  non  senza  sospetto  di  veleno, 
dopo  solo  dieci  mesi ,  ed  otto  giorni  di  pontificato. 

Furono  grandemente  ammirate  la  sua  dottrina,/ l'eloquenza ^ 
la  purit^  dei  costumi ,  e  la  liberalità  verso  ì  poveri  non  pa- 
renti. La  spoglia  mortale  di  lui  giace  in  un  mausoleo  stato 
eretto  in  Bologna  nella  chiesa  dell'ordine ,  al  quale  appartenne. 

Molte  pregiatissime  sue  lettere  e  parecchie  dotte  scritture  sono 
custodite  nella  biblioteca  Vaticana:  i  suoi  commentarii  sua 
quattro  libri  del  maestro  delle  sentenze  si  conservano  nella 
buUionense  biblioteca  di  Oxford. 

CANDIDO  ed  INNOCENZO  (ss.).  Luogo  nel  1641  eretto  in 
commenda  dei  santi  Maurizio  e  Lazzaro  ,  distante  tre  miglia  da 
Mondovi  in  vai  d'Ellero.  Dai  Bonardi  Mangarda  passò  negli  ul- 
timi tempi  ai  Corderi  di  Pamparato. 

CANDIE  o  CANDIA  di  Ciamberì  (Candia  Camerinorum) , 
villata  nella  parrocchia  di  Ciamberì  il  vecchio.  Fu  feudo  del 
casato  dei  Montaigu  signori  di  Brandis  ,  e  Villarsalet.  Lo  eb^ 
bero  anche  i  Sarde  di  Ciamberì. 


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4i4  CANDIOLO  s  CANELLI 

CANDIOLO  [Candìolam)  ^  com.  nel  mand.  di  Orbassaiio  ^ 
proT.  dioc«  diy.  di  Torino.  Dipende  dal  senato  di  Piem. ,  in- 
tend.  gen,  prefett.  ipot.  di  Tonno ,  insin.  di  Rivoli ,  posta  di 
Mone. 

Sta  sulla  Chisola.  Furvi  eretta  una  commenda  della  religione 
di  Malta. 

La  strada  provinciale  da  Torino  a  Pinerolo  interseca  questo 
comune.  Da  essa,  verso  mezzodì ,  alla  distanza  di  cento  tra- 
bucchi,  si  diramano  due  vie  comunali:  una,  da  ponente,  con- 
duce ad  Orbassano  ;  l'altra ,  da  levante  ,  scorge  a  Yinovo ,  ed 
a  Piobesi. 

È  discosto  un  miglio  circa  da  Tinovo  e  Piobesi ,  sèi  da  To* 
rinro,  e  nove  da  Pinerolo. 

Il  Chisola  divide  questo  territorio  da  quello  di  None:  attra* 
Tersa  la  via  provinciale:  gli  soprastà  un  antico  ponte  di  cotto. 
Questo  torrente,  mediante  una  diga,  che  si  mantiene  presso  il 
territorio  di  Voi  vera  a  spese  di  molti  proprietari,  vi  serve  ad 
irrigare  le  praterie. 

La  parrocchiale  d'ordine  dorico,  dedicata  a  s.  Giovanni  Bat« 
tista  ,  è  situata  sulla  pubblica  piazza  nel  centro  dell'abitato* 

Il  cimiterio  è  attiguo  a  quella  chiesa. 

I  principali  prodotti  vi  sono:  grano,  meliga,  segale,  fiagiuoli, 
miglio  ,  avena  ,  e  fieno.  Vi  si  mantengono  in  qualche  numero 
buoi,  vacche,  e  tori. 

II  territorio  fornisce  molta  legna ,  per  essergli  assegnata  una 
parte  della  foresta  di  Stupinigi ,  in  cui  annidano  molti  fagiani 
gentili,  alcuni  cervi,  e  daini. 

Nel  1800  accaddero  in  questo  luogo  varie  scaramuccie  tra  i 
francesi  e  gli  austriaci.  Le  case  degli  abitanti  furono  poste  al 
sacco  dai  vincitori. 

Popolazione  1400. 

CANELLI  {Canellce^  Cannetum),  capo  luogo  di  mand.  nella 
prov.  d'Asti,  dioc.  d'Acqui,  div.  d'Alessandria.  Dipende  dal  se- 
nato di  Piem.  j  intend.  prefett.  ipot.  di  Asti ,  insin.  di  Mom- 
bercelli.   Ha  la  giudicatura  ,  e  l'uffizio  di'  posta. 

Trovasi  a  manca  del  Belbo. 

Come  capo  di  mandamento  ha  soggetti  i  comuni  di  Calosso, 
Moasca  e  s.  Marzano* 

Una  delle  sue  vie  comunali  non  praticabili  con  vettura ,  fuor- 


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CAIVELU  4i5 

che  ndla  bella  stagione,  da  mezianotte,  passando  per  s.Mar- 
zano  due  miglia  discosto,  conduce  in  Asti  lontano  dodici 
miglia. 

Sul  Belbo  quivi  soprastà  un  ponte  di  legno  assai  vecchio  e 
mal  sicuro,  che  dee  essere  rìcostrutto  a  spese  del  conuine,  se- 
condo il  disegno  dell'ingegnere  provinciale  Ferrarottì^Frti^ //v  a^  22^^^ 

Sonovi  due  chiese  parrocchiali ,  una  dedicata  a  s.  Leonardo, 
Taltra  a  s.  Tommaso. 

Fuwi  un  convento  di  eremitani  di  s.  Agostino  della  copgre* 
gazione  di  Lombardia. 

Il  cimitero  trovasi  nella  prescrìtta  distanza  dall'abitato. 

Nella  scuola  comunale  s'insegna  sino  alla  grammatica. 

Si  fanno  tre  fiere:  la  prima  nel  secondo  martedì  di  mag- 
gio ;  l'altra  il  !i5  dì  agosto  y  la  terza  nel  giorno  1 1  di  novem- 
bre :  sa  questp  fiere  si  mettono  in  yendita  alcune  locali  der- 
rate ,  drappi  di  varie  sorta ,  chincaglierie  ,  e  molte  bestie 
bovine. 

Nei  giorni  di  martedì  e  venerdì  vi  si  fa  un  mercato,  il  cui 
traffico  è  di  mercanzie ,  di  pollame  ,  e  di  erbaggi. 

I  prodotti  del  paese  sono  cereali  e  legna  in  qualche  quan- 
tità ,  e  molte  uve. 

Squisitissimi  sono  i  vini  che  vi  si  fanno  colla  passaretta ,  è 
col  nebbiolo  :  si  vendono  essi  in  Piemonte ,  nelle  provincie  di 
Alessandria  e  Novara  ,  nel  Genovesato,  e  nel  Milanese. 

I  boschi  e  le  selve  di  questo  comune  abbondano  di  selvag- 
giume. 

Pesi ,  misure ,  e  monete  di  Piemonte. 

Cenni  istorici.  Questa  terra  fu  altre  volte  tutta  ingombra  dicanne, 
a  tal  che  appellavasi  Canneto,  ed  in  latino  locus  cannellarum. 

Nel  1143  Canelli,  col  contado  di  Loreto,  toccò  in  eredità  ad 
Oddone  Boverio  figliuolo  del  marchese  Bonifacio  di  Savona. 

Aveva  già  un  forte  castello  posto  sur  un'eminenza  per  modo 
che  da  nìun  punto  era  dominato ,  e  tutta  esso  dominava  la 
terra ,  la  quale  da  una  parte  era  cinta  di  grosse  mura ,  e  dal- 
l'altra le  case  le  facevano  riparo  :  ond'è  che  nel  12^5  fu  in 
grado  di  resìstere  alle  truppe  riunite  di  Alessandria,  Tortona, 
e  Vercelli  -,  e  più  tardi,  nella  guerra  della  successione  al  Mon^ 
ferrato  (i6i3) ,  rendette  vani  gli  assalti  del  duca  di  Nevers  Gon- 
zaga, il  quale  avvegnaché  le  si  fosse  appressato  con  molta  gente. 


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4i6  GANELLI 

e  con  buone  artiglierie ,  dò  non  pertanto  dovette  allontanarsene 

con  grave  sua  perdita. 

Si  distinse  in  quella  difesa  il  colonnello  Ta£Eini,  a  cui  pre- 
starono possente  ajuto  i  terrazzani  a  malgrado  del  guasto  che 
il  nemico  avea  dato  alle  loro  case  ed  ai  loro  beni  :  perlocchè 
il  Duca  di  Savoja  li  esentò  per  più  anni  dalle  pubbliche  im- 
poste. 

U  villaggio  j  poco  tempo  dopo ,  ritornò  sotto  il  dominio  degli 
Spagnuoli  ;  ma  (  i6i5  )  il  marchese  di  Mortara  fatto  consape- 
vole che  l'esercito  di  Savoja,  capitanato  dal  conte  Guido  di 
Biandrate  ,  impadronitosi  di  Calosso  j  gli  si  avanzava  celere- 
mente  ^  prima  di  abbandonarlo  ne  atterrò  le  rinnovate  fortifi* 
cftzioni  con  grandissimo  danno  del  feudatario. 

Ganelli  fu  capo  di  consortile,  che  di  qua  e  di  là  del  Belbe 
aveva  sotto  di  sé  Calamandrana,  Rocchetta  Palafea,  Loazzolo, 
Mangano }  Moasca,  Sessame,  Soirano,  e  Garbazzola. 

Nel  1180  i  signori  di  Candii  tenevano  anche  una  parte  di 
Monticello.  Eran  eglino  in  molte  famiglie  divisi^  e  ne  troviamo 
alcuni  semplicemente  detti  de  Canellisj  altri  chiamati  Mastargì^ 
Ratti  de  LanerìOj  Lambruschi,  Settami,  Grechi,  Gorbellarìi , 
Lucii  j  Bizarii,  Danesi ,  de  Garessio ,  Bocchi  «fe  Gamba^  Crosi, 
e  Tarditi. 

Nel  1 198  si  collegarono  essi  tutti  con  le  genti  di  Asti ,  di 
Alessandria  e  di  Cassine  contro  il  marchese  di  Monferrato. 

Grosso  dei  signori  di  Canelli  è  nominatamente  compreso  nel 
trattato  di  pace,  che  l'anno  11 99  le  genti  di  Asti,  i  inarchesi 
d'bicisa ,  e  le  città  alleate ,  cioè  Milano ,  Piacenza  ,  Vercelli , 
Alessandria ,  Savigliano  ec.  conchiusero  col  marchese  Guglielmo 
di  Monferrato. 

Gh  anzidetti  signori,  per  la  sostenuta  guerra  e  per  molti  di- 
sastri, caddero  in  angustie  assai  gravi;  perlocchè  (  1217  )  si 
videro  costretti  a  vendere  agli  Alessandrini  in  allodio  molti 
loro  possedimenti  :  Arrigo  figliuolo  di  Ottone  loro  vendette  la 
quinta  parte  di  Canelli,  la  quarta  della  Torre  di  Mezzana,  di 
Canelli,  e  della  Castellania  di  Freno,  quanto  possedeva  in  Ses- 
same  ,  Moasca  ,  Loazzolo  ,  Masma ,  e  S.  Marzano  ,  e  tutto  ciò 
per  la  somma  di  lire  astesi  i  ao  *,  Ruffino  Crosa  ed  il  suo  fra- 
tello Vermo  ,  ossia  Guglielmo,  per  la  somma  di  lire  85  alie- 
narono la  loro  quarta  parte  di  Garbazzola  ,  e  di  più  a  nome 


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CAMELLI  417 

anche  del  fratello  Guercio  la  metà  della  Torre  dell'or  accen-» 
nato  Inogo ,  la  metà  del  palazzo  presso  la  Torre  di  Calaman- 
drana ,  la  Torre  del  Castello  di  Mezzano ,  una  parte  di  SeS'^ 
same,  non  che  i  loro  possedimenti  in  San  Marzano,  ed  in  Soi- 
rano  ;  Ottone  Corbellano  per  lire  44  >i  spodestò  della  sua  quarta 
di  Garbazzola ,  della  metà  della  Tori*e ,  e  di  quanto  teneva  in 
Calamandrana  -,  Arrigo  e  Giacomo  Danesi  per  lire  76  vendet- 
tero la  loro  quarta  della  terra ,  e  la  metà  della  Torre  di  Gar- 
bazzola ,  tutta  la  parte  che  avevano  della  Torre  e  del  palazzo 
di  Canelli  detto  de'  Balbi  ^  ed  infine  ogni  loro  tenimento  in 
I^ovazzolo  ,  San  Marzano  ,  Moasca  ,  e  nella  stessa  Canelli.  Le 
astesi  lire  si  crede  che  fossero  eguali  a  nove  dei  nostri  franchi. 

Li  quello  stesso  anno  dovettero  prestare  al  comune  d'Asti  la 
loro  assistenza;  ma  ricevettero  da  quello  un  compenso  di  lire 
aooo. 

Nel  iiiS  avendo  mossa  guerra  agli  Alessandrini,  nonindu«> 
giarono  questi  ad  atterrare  Garbazzola ,  ed  a  condurne  gli  ahi* 
tanti  a  Nizza  della  Paglia. 

Un  Giacomino  Sismondo  signor  di  Canelli  (laSS)  sottoscrive 
al  testamento  del  marchese  Bonifacio  Del  Carretto. 

I  Ghibellini  D.e-Castelli ,  dopo  aver  cacciati  da  Asti  i  Solari , 
diedero  Canelli  a  Raimondino  d'Incisa  ,  uno  dei  loro  capi. 

Nel  i3o6  era  signore  della  maggior  parte  di  Canelli  il  mar- 
chese  Raimondino  d'Incisa ,  il  quale  per  essere  capo  Ghibellino 
fu  spogliato  di  questa  e  delle  altre  sue  terre  dal  principe  Fi- 
lippo d'Acaja  ,  capitano  generale  del  comune  d'Asti ,  allora 
Guelfo.  Questo  comune  l'infeudò  agli  Asìnari  signori  dìTesme, 
dai  quali  nel  1377  passò  agli  Scarampi  signori  del  Cairo 
(  V.  Cairo  ).  Dagli  Scarampi  cadde  nel  secolo  xvi  sotto  il  do- 
minio di  Alessandro  Crivelli ,  milanese ,  signor  di  Lumello  per 
via  di  maritaggio  con  Margherita  figliuola  del  conte  Luigi,  dalla 
quale  ebbe  figli  adottati  nella  casa  Scarampi,  d'onde  venne 
una  chiarissima  posterità  ,  che  fiori  in  Milano  ,  ed  alla  Corte 
dei  Duchi  di  Savoja.  Alessandro  Crivelli  fu  dapprima  senatore 
in  Milano ,  poi  colonnello  di  Carlo  Y  imperatore  :  mancatagli 
la  consorte  abbracciò  lo  stato  ecclesiastico ,  fu  fatto  vescovo  di 
Cariati ,  e  quindi  nella  promozione  .dei  prelati  che  si  erano  più 
distìnti  al  concilio  di  Trento,  l'anno  i565  fu  da  Pio  IV  creato 
cardinale. 

Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  III.  a; 


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4i8  CANELLI 

Il  casato  milanese  dei  Crivelli  vanta  un  s.  Ausano  arcivescoyo 
di  Milano  y  morto  net  567;  un  altro  arcivescovo  della  sfessa 
città  y  che  nel  1 1 83  sali  alla  cattedra  di  s.  Pietro  col  nome  di 
Urbano  III:  mori  questi  di  cordoglio  all'infaiisto  annunzio  della 
perdita  di  Gerusalemme  espugnata  da  Saladino  v  un  Riccardo 
insigne  condottiere  di  truppe  tedesche  nel  1280  ;  un  Simone 
che  nel  1 822  fu  mandato  ai  governo  di  Piacenza  :  dello  stesso 
casato  furono  Zucchino  podestà  di  Vercelli  nel  1297;  Giacomo 
priore  gerosolimitano  di  Lombardia  nel  i323v  e  quel  Ma- 
sino che  nel  i4o5  essendo  capitano  di  3ooo  cavalli ,  3oo  lan- 
cie ,  e  700  fanti  fìi  mandato  dai  Borentini  in  soccorso  del  si- 
gnor di  Bologna  Giovanni  Bentivoglio  contro  il  duca  di  Milano. 
Di  questa  prosapia  furono  eziandio  il  beato  Luca  gesuita ,  ed 
il  beato  Giuliello  -,  Leodrisio  amico  del  Filelfo ,  e  di  Enea  Sil- 
vio :  fra  gli  scritti  suoi  si  notano  :  la  vita  di  Sforza  il  padre 
duca  di  Milano*,  De  expeditione  Pii  II  in  Turcas^  che  travasi 
negli  scrittori  rerum  italicarum\  versi  latini,  che  sono  col  cor- 
men  de  Francisco  barbaro  \  e  gli  argonautici  di  Orfeo  dal  greco. 
Un  ramo  de'  Crivelli  già  era  stabilito  in  Asti  nel  secolo  xn  :  in 
fatti  di  essi  Rolando  Ottobono  ne  fu  decurione  nel  rióS,  e 
quindi  console  di  giustìzia  ;  Bonifacio  ed  Alberto  vi  furono 
chiavarii ,  il  primo  nel  1207,  il  secondo  nel  1212;  ed  Azzone 
vi  era  sindaco  nel  1274*  Le  monache  di  s.  Anna  di  questa  città 
ebbero  donazioni  di  beni  da  un  Rolando  nel  1272. 

L'astigiano  casato  Crivelli  si  estinse  verso  il  fine  dello  scQrso 
secolo  in  Eleonora  Cache  rano-Scarampi-Cri  velli-Pro  vana  ,  con- 
sorte del  conte  Bernardo  Cavoretto  di  Belvedere  d'antico  no- 
bile casato  di  Moncalieri.  Ella  fu  dama  di  palazzo  della  regina 
Ferdinanda  di  Sardegna. 

Canelli  fu  pure  contado  dei  Galleani  di  Barbaresco. 

Il  vescovo  di  Susa  Pietro  Antonio  Cirio ,  stato  consecrato  il 
29  di  aprile  del  i832  ,  nacque  in  Canelli  nel  di  4  febbrajo 
del  1763.  S.  S.  lo  nominò  suo  prelato  domestico ,  ed  assistente 
al  soglio  pontificio. 

Dopo  la  pace  stata  conchiusa  in  Cherasco  nel  1 796  tra  S.  M» 
Sarda  e  la  Repubblica  Francese,  l'esercito  capitanato  da  Buo- 
naparte  passò  per  Canelli^  la  cui  comunità  dovette  sborsargli 
la  somma  di  lire  3ooo  ,  e  fornirlo  di  vettovaglie. 

Popolazione  35oo, 


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CANEPA  4ig 

^  CANEI^A  (  Canata  y  Canepa),  conu  nel  mand.  di  Recco, 
proY.  dioc.  diy.  di  Genova.  Dipende  dal  senato,  intend.  gen. 
prefett. ipot*  e.  posta  di  Genova,  insin.  di  Recco. 

Varii  paesi,  alcuni  dei  quali  da  piccola  origine,  coli' andar 
del  tempo  divennero  insigni,  furono  dapprincipio  chiamati  Ca^ 
nabaj  Canada,  ed  anche  per  alterazione  Caiiepa:  le  quali  voci 
indicarono  già  quelle  baracche,  ossia  casuccie  di  legno,  stanze 
di  tela  o  simili,  che  si  vedevano  frequenti  lungo  le  vie  per  co- 
modo de' viandanti ,  i  quali  vi  si  sofferma  vano  a  bere,  pren- 
dere qualche  cibo  e  riposarsi  :  furono  poi  adoperate  a  significar 
le  cantine,  dette  anche  Canax^e  ^  Cano\^e ^  parole  accorciate  da' 
francesi  nel  vocabolo  Cave. 

A  questo  comune  sono  aggregati  i  luoghi  di  Teriasca,  Ca- 
preno  e  Bossonengo.  Ciascuno  di  essi,  avvegnaché  non  sieno 
che  semplici  terricci uole,  contenenti  un  picciol  noterò  di  abi- 
tatori, ha^il  vantaggio,  di  una  propria  parrocchia. 

A  s.  Maria  è  dedicata  la  parrocchiale  del  capo-luogo,  a  s.  Lo- 
renzo quella  della  frazione  Teriasca,  a  s.  Pietro  l'altra  di  Ca- 
preno,  a  s.  Bartolommeo  l'ultima  di  Bossonengo. 

Tii#6  il  territorio  di  questo  comune  è  situato  in  una  monta- 
gna, alle  falde  della  quale  passa  il  torrentello,  chiamato  Sori, 
che  sbocca  in. mare. 

Le  sue  strade  sono  anguste  e  cattive. 

Canepa  è  distanta  un  miglio  e  mezzo  genovese  da  Teriasca, 
due  da  Capreno  e  Bossonengo,  cinque  da  Recco,  e  tredici  da 
G«nova. 

È  degno  di  osservazione  il  modo ,  con  cui  si  coltivano  i  pò-* 
^derL  dfl  comune  di  Canepa.  I  terrazzani  alla  perizia  del- 
l'agricoltura uniscono  quell'amore  alla  fatica,  per  cui  si  di- 
stingue il  più  dei  villici  della  Liguria:  e  sebbene  il  loro 
territorio  non  sia  multo  riguardevole  per  naturale  fei^acità, 
ciò  non  ostante,  mercé  t'opera  loro  instancabile,  é  assai  pro- 
duttivo di  ogni  maniera  di  cereali,  di  frutta  squisite  e  di  erbaggi. 

Approssimativamente  in  ogni  anno  vi  si  raccòlgono  di  fromento 
quintali  35 r.  5,  di  segala  3.  80,  di  orzo  142*  5o,  di  avena 
4*  75,  di  meUga  i3.  3o,  di  legumi  47*  ^o?  di  patate  47^. 

1  prati  "vi  producono  quintali  di  fieno  978.  5o:  con  che  ^\ 
mantengono  da  340  vacche,  20  montoni,  ^o  agiicHi,  8  capre, 
400  pecore,  IO  somarelli. 


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420  CANEVINO 

I  boschi  danno  quintali  ^']5o  dì  legna  da  bruciare  e  47- 
So  di  legname  da  costruzione. 

Notevoli  prodotti  vi  sono  ancora:  quint.  142.  So  di  vino^ 
106.  87  di  olio  d'oliva,  47^  di  castagne,  3.  80  di  noci,  qSo 
di  varie  frutta,  4lSo  di  ortaglia,  5oo  di  limoni  e  di  aranci* 

II  paroco  di  Canepa  e  i  tre  prevosti  delle  ti^e  soggette  fra- 
xioni  avendo  una  rendita  fissa  molto  tenue,  ottennero  un  sup- 
plemento di  congrua. 

Popol.  di  Canepa  772,  di  Teriasca  270^  di  Capreno  268, 
di  Bossonengo   i47* 

*  CAN£V1N0  {Canevinum,  Canabinum) y  com.  nel  mand.  di 
Soriasco,  prov.  di  Voghera,  dioc.  di  Tortona^  div.  di  Alessan- 
dria. Dipende  dal  senato  di  Piem.,  intend.  prefett  ipot.  di  Vo- 
ghera, inaia,  e  posta  di  Broni. 

.  Appartenne  alla  contea  di  G€0gn<da,^à  posseduta  dal  principe 
di  Belgiojoso. patrizio  milanese.  .     ^        , 

Sta  nell'oltre  Po  fra  le  sorgenti  del  Coppa,  e  del  Versa* 

Gli  sono  unite  le  seguenti  villate :  Casco,  Colombara,  Costa, 
Morgone  ,  MoUie  e  Pianaversa. 

La  strada  principale  di  questo  montuoso  villaggio  si  i  quella 
che  dalla  pròssima  terra  di.Ruino  tende  a  Montecalvo,  attra». 
versando,  da  borea. ad  ostro  ,  l'intiero  comune:  la  medesima 
strada  conduce  pure  a  Stradella  ,  distante  sei  miglia  italiane. 
Vi  corrono  altre  vie  che  hanno  il  nome  dei  villaggi,  a  cui 
tendono» 

Cane  vino  è  situato  a  levante  del  suo  capo  di  provincia,  da 
cui  é  discosto  tredici  miglia. 

La  parrocchiale  sotto  il  titolò  di  N.  D.  Assunta  sta  saprei  un« 
colle  non  praticabile  che  a  piedi  e  a  cavallo. 

Nella  frazione  di  Casco  esiste  un  oratorio  ben  rare  volte  uf- 
fiziato. 

Le  produzioni  territoriali  sono  :  grano ,  meliga,  ixvCy  uve  , 
e  varie  specie  di  frutta. 

Vi  si  cacciano  ìt\  qualche  abbondanza  pernici ,  tordi ,  e  lepri. 

Pesi ,  misure  ,  e  monete ,  come  nel  capo  di  provincia. 

Gli  abitanti  vendono  il  superfluo  delle  loro  derrate  sui  mer- 
cati di  Stradella  e  di  Broni. 

Sono  eglino  di  buona  indole,  affaticanti,  e  di  mente  svegliata» 

Popolazione  346. 


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CAMISCHIO  4^1 

**"  CAMSGHIO  (  Caimicium),  coni,  ne)  mand.  di  Cuorgnè, 
prO¥.  d'iYvea,  dioc.  e  dir.  di  Torino.  Dipende  dal  senato  di 
Piem.,  intend.  prefett.  ipot.  d'Ivrea ,  insin.  e  posta  di  Cuorgnè. 
-  •  Giace  in  ana  valletta  a  libeccio  di.Coorgné.  Da  questo  borgo 
^distante  tre  miglia;  da  Ivrea  i3;  da  Torino  19  per  la  strada 
di  Lejni,  e  18  per  quella  di  Front. 

Il  comune  è  composto  di  17  villate ,  che  volgarmente  vi  si 
chiamano  cantoni,  e  dì  sette  cascinali:  le  villate  sono:  Cata- 
rello  inferiore  ,  Breda  ,  Ferrerò ,  Foresto ,  Rìapetto ,  La  Ruata 
di  Sotto ,  La  Ruata  di  Sopra ,  Mezzavilla  di  Sotto,  Mezzavilla 
di  Sopra  ,  Moschero,  Raffanel,  Sombeila,  Catarello  Superiore, 
Fojasso,  Branda  Cavallot ,  Gìrot,  e  Boson;  i  cascinali  vi  hanno 
i  nomi  di  Crossetto  ,  Andrea  Grangia  ,  Moschero  di  Sopra  y 
Donna  ,  Giovannini ,  Giorgis  ,  Palazzo. 

In  Mezzavilla  di  Sotto  vedesi  la  parrocchia  ,  il  cui  prevosto 
è  di  aomina  del  consortile  di  Valperga.  A  questa  parrocchia  è 
soggetto  il  cornane  di  Sale  ,  posto  a  greco  di  essa  nella  me- 
desima vallea. 

Nel  territorio  n  veggono  le  cappelle  :  di  s.  Giuseppe  nella 
Breda  ;  della  Ss.  Trinità  in  Riapetto  -,  di  s*  Anna  in  Ferrerò  ; 
di  s.  Grato  nella  Ruata  di  Sotto;  di  s.  Antonio  presso  la  par- 
rocchiale ;  di  N.  D.  della  Neve  in  Catarello  ;  di  s.  Bernardo  sul 
monte  Mai-es. 

La  valletta ,  in  cui  siede  Canischio*,  ha  due  miglia  circa  di 
lunghezza  :  è  angusta  nella  sua  imboccatura  ;  ma  via  via  di- 
latandosi offre  una  figura  ovale  y  ed  è  ingombra  di  molti  rialti* 
Da  ostro  la  rinserrano  i  balzi  detti  Sciarandone  e  della  Costa, 
^confinanti  con  Pracorsano  e  Pratìglione  ;  da  libeccio  la  mon- 
tagna Calusso  in  prossimità  di  PratigKone  ;  da  maestrale  il  monte 
Mares,  che  la  divide  da  Sparrone;  da  borea  il  monte  Croas- 
«era  ,  detto  Roccie  di  s.  Martino,  ov'essa  termina  con  Alpette  ; 
e  infine,  da  greco,  le  montagne  Lesino  e  Forest,  che  s'innal- 
zano superiormente  a  Sale.  Nel  più  alto  dei  detti  monti,  cioè 
nel  Calusso  ,  nasce  da  due  sorgenti  il  torrente  Gallenga .  che 
Ti  discorre  a  mezzodì ,  ed  ingrossato  dai  rivi  Sombeila,  Bruino, 
Lesino  ,  e  Rutterò  ,  provenienti  dai  balzi  Mares  ,  Croassera  , 
Lesino ,  Forest ,  ed  intersecanti  la  vallea  ,  precipita  nella  Yal- 
licciuola  di  s.  Colombano ,  passa  vicino  a  Bosdomio  e  Valperga, 
ed  infine  si  scarica  nell'Orco  presso  a  Riyarotta.  U  Rutterò  se- 


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422  CANISCHIO 

para  Canischio  da  Sale  ,  divide  Catarello  inferiore  da  S.  Co- 
lombano, e  quindi  si  unisce  al  torrente  Gallenga  vicino  all'adito 
del  paese  nel  luogo  chiamato  del  Grosso  Sasso. 

Il  territorio  di  Canischio  presenta  molti  boschi  ,  feraci  pa-> 
scoli  y  ed  alcuni  campi  ,  da  cui  si  hanno  scarse  ricolte  di  mer 
liga  e  di  segale  ;  produce  in  abbondanza  castagne  e  patate. 

Sul  principio  della  Breda  si  veggono  le  vestigie  di  una  fer- 
riera già  spettante  all'avvocato  Cavassa  torinese;  e  superior- 
mente a  quella  viUata  sta  un'  officina  di  manifatture  in  ferro, 
che  appartiene  ad  un  Canavetti.  Sonovi  parecchi  molini,  ed  ub 
edifizia  meccanico  per  .la  formazione  dell'olio  di  noci. 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  l'invocazione  di  s.  Lorenzo. 

Robusta  è  la  popolazione  in  questo  villaggio.  Gli  uomini  sono 
addetti  all'agricoltura,  ed  alla  pastorizia  :  le  donne  per  lo  più 
sono  applicate  a  far  tela.  Non  é  quivi  per  anco  cessata  l'opi- 
nione superstiziosa  dei  malefizi  e  delle  streghe,  le  quaU  ,  se^ 
condo  la  folle  credulità  degli  abitanti ,  danzano  in  ogni  ve- 
nerdì sul  piano  del  monte  Mares. 

Cenni  storici,  Canischio  è  rinomato  per  un  piccolo  castello, 
detto  della  Sala  ,  nella  regione  Fojasso ,  che  venne  costrutto 
da  Manfredi  marchese  di  Susa.  Non  ne  rimangono  adesso  che 
pochi  avanzi  di  muri,  in  un  sasso  dei  quali  si  leggevano  nel 
1781  le  seguenti  parole  :  Oldericus  MoiigifreduSy  comes  2b- 
rini  fieri  mandavit.  Ciò  risulta  da  una  scrittura  deH'ardbivio 
comunale  ,  in  cui  pure  si  conservano  un  morione  di  ferro  , 
utensili  militari  dei  bassi  tempi,  logore  pergamene,  ed  inslr»- 
menti  di  transazioni  fatte  tra  questa  comunità  ,  e  il  consortile 
di  Valperga.  In  una  di  esse  vedcsi  la  immaginata  arma  dei 
conti  del  Canavese ,  quindi  di  Yalperga  ,  cioè  la  pianta  della 
Canapa.  Sul  che  V.  l'articolo  Canavese. 

In  una  carta  dello  stesso  archivio  si  legge  che  Orazio  Silve* 
6C0  dei  signori  di  Salto  e  Canischio  nel  1570  fece  trasportar* 
E' sua  casa  in  Cuorgiiè,  di  cui  era  sindaco,  le  seguenti  iscrizioni: 


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CÀNlSCHiO  4^3 

BUNÀE    ET    GtVlO    LOCI 

S&CRVM 

L.    MIHDIVS    SVPERNV9 

PATER   ET 

COENELU    SOTERIS 

STATI  BASSI 

F  F 

SEGW  9VAA 

DA    PIA  TA   PIA 

SVIS  SVIS 
¥.    A.   ZXX 

Nell'or  accennato  castello ,  che  fu  poi  distrutto  nelle  guerre 
de'  Guelfi  e  Ghibellini,  ritirossi  più  volte ,  siccome  in  luogo  di 
solitudine  ,  la  celebre  Adelaide.  Ciò  scrisse  il  padre  benedittino 
Giovanni  De  Ambrosib  in  sul  finire  del  secolo  su  ;  ciò  afferma 
la  costante  locai  tradizione. 

Quell'erudito  benedittino  ci  narra  eùandio,  che  Adelaide  fa-> 
cendo  tal  fiata  on  viaggio  di  due  miglia  a  piedi  scalzi ,  condu- 
cevasi  da  Canischio  al  piccolo  monastero  di  Colberg  per  ono- 
rarvi la  Madre  di  Dio. 

Il  Pingonio  sulla  fede  dell'annotatore  della  cronaca  di  Frut- 
^uaria  disse 'nell'Augusta  Taurinorum ,  che  nel  1080  Adelaide 
in  F^alpergiam  se  recepii  :  se  per  F^alpergiam  si  vuole  inten- 
dere il  castello,  ed  il  villaggio  di  tal  nome,  il  Pingonio  si  al- 
lontanò dal  vero  ;  perocché  quel  castello  fu  costrutto  dal  conte 
Ardoino  nel  secolo  zn ,  e  prima  del  1 142  non  comparve  Val- 
perga.  Colberg  fu  poi  detto  Belmonte  ;  e  il  castello  prese  il 
nome  dì  Gualperga,  e  Valpergia ,  siccome  osserva  il  Marchini. 

Convien  credere  che  negli  andati  tempi  Canischio  fosse  una 
terra  considerabile  ;  che  in  essa  fini  Adelaide  i  suoi  giorni ,  e 
fuvvi  seppeUita  nell'antica  parrocchiale ,  ov'ebbe  anche  la  tomba 
l'illustre  consorte  di  un^r nipote  di  lei,  cioè  il  conte  Federigo 
di  Monzone  ,  principe  Lofenese ,  e  capitano  generale  della  gran 
contessa  Matilde.  I 

La  predetta  marchesana  di  Susa  ,  rimasta  vedova ,  cogli  Stati 
suoi  ereditarii  del  Piemonte  amniiuislrava  pur  quelli  de'  suoi 
figliuoli ,  e  reduce  forse  da  Aosta ,  e  da  Ivrea ,  venn^  a  soffer- 
marsi nella  sua  prediletta  solitudine  di  Canischio  ,.  quando  nel 
1 091  vi  fa  sorpresa  dalla  morte  nell'età  sua  di  annisettantacinque« 


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424  CANISCHIO 

Non  è  pertanto  conforme  ài  vero  dò  che  ne  scrìsse  l'autore 
della  storia  dell'Italia  occidentale  ,  vale  a  dire  ch'ella  si  fosse 
rifuggita  colà  per  essere  stata  derelitta  dai  suoi ,  e  privata 
d'impero.  A  far  conoscere  la  falsità  di  tale  opinione  basti  il 
dire  coli'astigiano  storico  Alfieri ,  che  Adelaide  nello  stesso  anno, 
in  cui  terminò  la  sua  mortale  carriera,  aveva  severamente  punito 
Asti ,  ordinandone  l'occupazione  militare ,  ed  anzi  l'incendio , 
perchè  da  questa  città  era  stato  espulso  il  vescovo  Girelmo  , 
eletto  da  lei. 

Un  moderno  scrittore  straniero  disse  che  Adelaide  fu  sepolta 
nel  maggior  tempio  di  Tonno;  ma  ciò  egli  disse  senza  fonda- 
mento. Il  Pingonio  y  monsignor  Della  Chiesa  ,  il  Terraneo  ,  e 
molti  altri  storici  degni  di  fede  affermano  che  la  tomba  di  quella 
principessa  sta  in  Canischio  ;  e  il  celebre  Denina  ci  rende  certi 
di  averla  veduta  egli  stesso  l'anno  1775  nella  parrocchiale  di 
quel  luogo  ,  cioè  nell'antichissima  chiesa  di  santo  Stefano,  che 
era  situata  alquanto  sopra  del  castello  della  Sala  ,  in  mezzo 
alle  due  sorgenti  del  torrente  Gallenga  :  la  quale  chiesa  ai  tempi 
del  Denina  era  già  rovinante ,  ed  è  ora  ridotta  ad  alpino  abi- 
terò. Nella  detta  parrocchiale  di  santo  Stefano,  verso  il  1600, 
esisteva  ancora  una  campana  mista  d'argento  ,  chiamata  bret- 
ioruij  che  avea  l'iscrizione:  ^^e^i^ib  me  yèaì.  Nella  parrocchia 
del  comune  di  Pracorsano ,  cui  per  convenzione  appartiene  tutta 
la  regione  Faje ,  nella  quale  sorgeva  l'accennata  chiesa  di  santo 
Stefano,  l'anno  1800  se  ne  conservava  per  anco  la  chiave,  che 
siccome  risulta  da  atti  della  curia  arcivescovile  di  Torino,  ado- 
peravasi  da  rimoto  tempo  per  la  speciale  benedizione  ad  otte- 
nere la  guarigione  degli  idrofobi  per  morsicatura  di  cani  ar- 
rabbiati. 

Monsignor  Agostino  ab  ecclesia  riferendo  giustamente  che 
Adelaide  fu  sepolta  in  Canischio ,  sbagliò  nel  dire  che  la  tomba 
di  lei  fosse  nella  chiesa  di  s.  Pietro.  Dopo  di  lui  caddero  nello 
stesso  errore  gli  storici  susseguenti. 

In  Canischio  non  esistette  mai  veruna  chiesa  dedicata  a  san 
I^etro.  Quell'eruditissimo  prelato  prese  abbaglio  intomo  a  sif- 
fatta particolarità  ,  forse  per  aver  confuso  Canischio  canavesano 
con  Chiawusco  ,  ora  Chianocco,  dell'abbazia  di  San  Giusto  di 
Susa ,  la  cui  parrocchia  è  a  s.  Pietro  ed  a  s.  Paolo  dedicata. 

Popolazione  i5oo. 


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CANNERÒ  4a5 

CANNERÒ  (Cannermm)y  com.  oel  mand.  di  Cannobio,  proy. 
di  Pallanza,  dioc.  e  div.  di  Novara.  Dipende  dal  senato  dì  Piem., 
Tice-intend.  prefett.  ipot.  di  Pallanza ,  insin.  e  posta  di  Can- 
Dobio. 

Fu  cosi  appellato  per  essere  stato  luogo  abbondante  di  canne; 
per  la  stessa  cagione  altri  paesi  vennero  detti  Cannetumj  Canr 
ìdcium^  Arundinetum^  Juncetum, 

Lo  chiama  scorrettamente  Canore  una  carta  di  donazione 
del  985  fatta  da  Aupaldo  vescovo  di  Novara  in  favore  de' suoi 
canonici  viventi  in  comune.  Erano  questi  caduti  nella  miseria 
non  solo  perchè  gli  Ungari  nel  949  avevano  devastate  le  loro 
terre ,  ma  eziandio  per  causa  delle  eccessive  esazioni  del  re  Be- 
rengario allo  scopo  di  dare  a  quei  barbari  le  convenute  paghe, 
e  rin^andarli  dall'Italia.  Laonde  quel  vescovo'  cedette  al  suo 
capitolo  insieme  con  le  chiese  di  s.  Ippolito  e  di  s.  Pietro  an- 
che la  piccola  corte  di  Cannerò,  e  la  villa  Oglone  con  le  terre, 
gli  oliveti,  i  servi  ec. 

Cannerò,  che  appartenne  alla  signorìa  di  Cannobio,  sta  nella 
parte  australe  della  valle  Cannobina ,  sovra  un  promontorio 
deUa  sponda  settentrionale  del  Verbano.  Presenta  due  prospetti 
di  assai  belle  case  ,  che  dall'altura ,  ove  sorge  il  villaggio,  di- 
scendono insino  al  lago  ;  dal  quale  chi  ne  volga  lo  sguardo  al- 
l'abitato, vi  scorge  con  diletto  fioriti  giardini,  spalliere  diagru* 
mi ,  ed  orti  fecondi  degli  erbaggi  più  delicati. 

Gii  ameni  e  fruttiferi  colli  di  Cannerò  sono  riparati  dai  geli 
dei  settentrione.  Nella  loro  cima  si  stendono  campi  e  vigneti. 
Sul  sasso  e  sulla  ghiaja  minerale  essendovi  piantate  le  viti, 
sono  esse  produttive  di  squisiti  vini ,  che  migliorano  invec- 
chiando. 

La  positura  più  deliziosa  e  ferace  di  questo  comune  è  da 
ponente  :  non  cosi  fertili  ne  sono  le  terre  situate  a  levante  e 
mezzodì. 

Due  vie  di  qua  si  dipartono  :  una  ,  da  levante  ,  conduce  a 
Cannobio  ;  l'altra  ,  da  ostro ,  mette  ad  Oggebbio. 

Tulliano  ,  o  Tolliano,  é  frazione  di  Cannerò ,  che  trovasi  di- 
scosto cinque  miglia  italiane  da  Cannobio ,  un  miglio  dalla 
punta  della  Creta  ,  dieci  da  Intra  ,  e  tre  da  Germignago ,  tale 
essendo  quivi  la  larghezza  del  lago. 

Nel  tenitorio. sorge  un  alto  monte  chiamato  il  Morscinolo , 


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4^6  CANNERÒ 

sulla  cui  cima  si  veggono  tre  croci  di  legno.  Dal  villaggio  si 
perviene  in  quattro  ore  di  cammino  a  quel  vertice  delle  tre 
croci ,  salendo  per  una  strada  molto  erta  e  sassosa. 

La  parrocchiale,  che  dicesi  essere  stata  eretta  da  s.  Giulio , 
è  sotto  il  patrocinio  di  s.  Giorgio  martire.  Nel  di  14  settem- 
bre del  1839,  il  corOy  la  sagrestia ,  ed  il  campanile  di  questa 
chiesa  furono  atterrati  da  una  straordinaria  innondazione  di  un 
vicino  rivo,  o  torrente.  La  parrocchia  di  s.  Giorgio  venne  smem- 
brata dalla  diocesi  di  Milano  nel  18 15,  ed  aggregata  a  quella 
di  Novara;  si  vale  tutt'ora  del  rito  Ambrosiano. 

Vi  si  fanno  due  principali  solennità:  la  prima  nella  seconda 
domenica  di  luglio  ad  onore  di  N.  D.  del  Carmelo  ;  ad  essa 
intervengono  molte  persone  dalla  provincia  di  Pallanza,  ed 
eziandio  da  luoghi  del  regno  Lombardo- Veneto  :  l'altra  vi 
si  celebra  nella  seconda  domenica  d'agosto  per  onorare  s.  Fausto 
martire,  di  cui  si  conserva  l'intiero  corpo  dentro  un'urna  bellissima. 

Vi  concorrono  eziandio  molti  forestieri  nel  primo  lunedi  dopo 
la  festa  di  s.  Rocco  per  esservi  giorno  destinato  agli  uffizi  ge- 
nerali in  suffragio  dei  defunti  ;  pei  quali  uffizi  vi  sono  invitati 
da  trenta  a  quaranta  sacerdoti. 

Alla  distanza  di  una  mezz'ora  di  cammino  dalla  parrocchiale, 
vedesi  una  cappella  ,  in  cui  si  venera  un'antichissima  imma- 
gine di  N;  S.  delle  Grazie.  Molti  forestieri  si  conducono  ad 
onorarla  con  sentimento  di  religiosa  fiducia. 

Nel  comune,  sopra  il  monte  Oggiogno,  sta  un'altra  parroc- 
chia, dedicata  a  s.  Bernardo  da  Chiara  valle ,  già  figlia  di  quella 
di  s.  Giorgio  stata  smembrata  nel  1781.  Vi  si  perviene  dal 
villaggio ,  per  una  rìpida  strada ,  in  tre  quarti  d' ora  di  cam- 
mino. Nella  parte  piana  del  paese ,  vicino  al  palazzo  dei  signori 
Brambilla  di  Milano,  vedesi  un  oratorio  consecrato  a  s.  Rocco. 

In  prossimità  del  lago  evvi  una  piazza,  ove  i  pescatori  danno 
sesto  alle  loro  reti  :  quivi  sta  un  antico  palazzo  con  portico  | 
che  un  tempo  fu  ospizio  de'  gesuati. 

Pesi  e  misure  come  nel  capo  di  mandamento,  monete  milanesi. 

Gli  abitanti  sono  robusti,  pacifici,  ed  applicati  al  lavoro:  col- 
tivano essi  con  molta  diligenza  e  perizia  le  viti  e  gh  agrumi  : 
alcuni  per  altro  trasmigrano  in  lontane  regioni  per  servire  in 
qualità  di  cuochi  o  di  camerieri. 

Popolazione  832. 

CANNERÒ  (Castelli  di) ,  vedi  Cannobio. 


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CANNOBINO,  E  CANNOBIO  427 

GAMNOBINA,  angusta  e  meschina  valle ,  che  trovasi  a  mae- 
stro del  borgo  di  Gannobio,  da  coi  prende  il  nome.  Comprende 
le  terre  di  Formena,  Harchillo  ,  Rondonio,  Sparurio^  Loro  e 
-Giazzo,  le  quali  stanno  verso  borea,  e  cLiamansi  volgarmente 
U  piaggio  dì  sopra.  Sant'Agata,  Socrano,  Tinzago,  Ronco  e 
Campeglio  formano  il  piaggio  di  ^tto.  A  queste  ville  si  deb<- 
bono  aggiungere  le  seguenti,  che  tutte  insieme  formano  la  Pieve 
di  Cannobio,  cioè  Traffiume,.Ca vaglio,  Gurrone,  Spoccia,  Grasso, 
Cursolo,  Gurro  e  Falmenta:  sono  esse  poste  ad  occidente  :  Vig- 
giona,  Cheggio,  Cheglio,  Franco,  Cannerò  ,  Oggiogno  ,  Donico, 
Cassino,  Punto  e  ToUiano,  vi  stanno  a  mezzodì.  Carmeno  e 
liignago  sono  paesetti  aggregati  al  comtine  dì  Cannobio.  Questa 
valle  è  generalmente  montuosa»  Gli  abitanti  di  tutti  i  villaggi 
or  accennati  non  sommano  che  a  iiooo  circa;  percfa 'eglino  in 
granparte  abbandonano  il  loro  tetto  natio  per  cercare  altrove  col- 
l'industria  e  col  lavoro  quei  mezzi  di  sussistenza,  che  invano 
cercherebbero  dalle  loro  terre.  Per  riguardo  al  principale  pro- 
dotto di  questa  vallea,  vedi  Cannobio^ 

CAJNNOBINO,  fiume-torrente,  che  scaturisce  negli  aspri  di- 
rupi della  valle  anzidetta,  da  cui  piglia  il  nome ,  e  dopo  averla 
solcata  in  tutta  la  sua  lunghezza ,  mette  foce  nel  lago  maggiore 
^cìno  a  Cannobio.  Gli  soprastanno  due  ponti;  uno  assai  bello, 
in  pietra  di  un  arco  solo  prima  di  arrivare  a  Traffiume,  stato 
costrutto  l'anno  174^:  l'altro  alquanto  angusto,  ma  di  aspetto 
veramente  pittoresco  per  la  sua  romantica  positura  in  uno  de' 
più  begli  orridi ,  che  poisa  presentare  natura  ,  lunghesso  la 
strada  che  tende  al  luogo  di  Socraggio,  e  quindi  nella  Vallea. 

A  poca  distanza  da  Traffiume  s'incontra  una  fontana,  cre- 
duta dal  volgo  prodigiosamente  efficace  contro  le  malattie  del 
corpo  umano  ;  massimamente  dacché  fu  benedetta  da  s.  Carlo 
Borromeo  quando  in  giugno  del  s5']5  egli  visito  quella'  parte 
della  sua  diocesi  :  checché  di  ciò  sia  ,  certo  è  che  sperti  chia- 
mici hanno  riconosciuto  essere  molto  leggiera  l'acqua  di  quella 
fontana,  e  contenere  buona  dose  di  magnesia. 

CANNOBIO  e  CANOBIO  (Canobium)  ,  capo-luogo  di  man- 
damento  sopra  tutta  la  valle  Cannobina ,  prov.  di  Pallanza , 
dioc.  div.  di  Novara.  Dipende  dalscnatolii'Piem.^  vice-intend.  pre- 
fett.  ipot.  di  Pallanza.  Oltre  il  tribunale  di  giudicatura  vi  hanno 
esattoria,  iiisiu.,  regia  dogana,  ed  ufficio  di  posta  dipendente 
da  Intra.  Evvi  una  stazione  di  carabinieri  a  piedi. 


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4^8  CANNOBIO 

Giace  in  amena  positura  sulla  sponda  settentrionale  del  Lago 
maggiore.  I  paesetti  Carmeno  e  Lignago  formano  con  esso  un 
solo  comune.  Carmeno  aveva  negli  aiidati  tempi  un  castello  as- 
sai forte  per  natura,  e  per  arte.  Alta  e  scoscesa  rupe  ^ìì  s'in- 
nalza da  libeccio  ,  cui  da  tre  parti  circonda  un  profendo  pre- 
cipizio. Quella  rupe  è  chiamata  il  sasso  di  Carmeno:  le  acque 
che  si  frangono  a'  suoi  piedi  sono  molto  pericolose  ai  navi- 
ganti ,  quando  soffiano  i  venti  da  mezzanotte  :  se  si  eccettui 
quest'orrido  scoglio ,  i  dintorni  di  Carmeno  sono  molto  feraci, 
e  singolarmente  produttivi  di  uve  squisite. 

Cannobio  ,  come  capo  di  mandamento,  ha  soggetti  i  seguenti 
comuni  :  s.  Agata ,  s.  Bartolommeo  del  Piaggio ,  Cannerò ,  Ca- 
Taglio,  Cursolo,  Falmenta  ,  Curro  ,  Orasso,  Spoccia,  Traf- 
fiume,  Trarego,  Viggiona. 

Territorio.  Il  suo  territorio  sta  parte  in  pianura,  parte  nei 
monti,  che  lo  circondano  da  tre  lati.  In  generale  é  assai  fer- 
iale di  cereali,  di  eoceUenti  uve  ,  e  di  varie  specie  di  frutta. 
Vi  si  mantiene  un  considerabil  numero  di  bestie  bovine:  si  fanno 
butirro  e  formaggio  in  qualche  abbondanza,  né  vi  mancano 
le  altre  cose  necessarie  all'umano  sostentamento.  I  cacciatori 
vi  fanno  buone  prede  di  pernici ,  fagiani,  tordi,  e  lepri.  I  cir- 
costanti balzi  sono  vestiti  a  dovizia  di  ubertosi  pascoli,  e  so^ 
vr'essi  allignano  mirabilmente  i  larici ,  le  quercie ,  i  faggi ,  e 
le  bettulle. 

Industria,  Gl'industriosi  cannobinì,  per  mezzo  di  certe  vie 
solcate  in  sull'erta  stessa  dei  monti,  fanno  rotolare  al  pianola 
molta  legna  da  essi  tagliata  sulle  montane  sommità  ;  ma  prima 
di  cosi  far  giungere  al  piano  i  tronchi  delle  quercie ,  li  spo- 
gliano della  corteccia  ,  che  tritata  sotto  il  nome  di  rosea,  essi 
vendono  ai  conciatori  di  pelli  in  Cannobio,  in  Milano,  ed  altrove. 

Vuoisi  che  le  pelli  di  capra,  dette  a  sommaco,  qui  riescano 
meglio,  che  in  altri  luoghi,  a  cagione  della  purezza  delle  acque. 
Maccabeo  ,  che  nel  secolo  decimoquinto  scriveva  la  sua  coro- 
grafia del  Verbano,  chiama  Cannobio  Emporium  mercis  co^ 
riaceae,  e  Morigia  nel  secolo  decimo  sesto  riconobbe  dai  registri 
di  dogana,  che  in  ogni  anno  erano  trasportate  da  Cannobio  a 
Milano  cinquanta  mila  minute  pelli ,  e  dodici  mila  grossi  co- 
rami  :  oggidì  vi  sono  le  stesse  fabbriche,  ma  ne  diminuirono 
i  lavori. 


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CANNOBIO  429 

Non  pócbe  donne  Ti  n  occupano  tuttora ,  come  altre  volte,  in 
hare  merletti.  Oggetti  dì  qualche  traffico  vi  sono  diverse  mer- 
canile ,  particolarmente  certi  lavori  di  lana  fina ,  e  coperte  di 
grossa  lana.  Proviene  al  comune  un  notabil  guadagno  *  dalla 
molta  legna',  e  dal  molto  carbone. 

Il  traffico  delle  sue  derrate  è  promosso  da  un  mercato  sem- 
pre frequentissimo  di  gente ,  che  ogni  quindici  giorni  si  tiene 
in  Locarno  ,  città  della  Svizzera,  non  lontana  che  due  ore  di 
cammino  da  questo  capo  di  mandamento. 

Sirade.  Perché  ne  sia  veramente  favorita  l'industria,  nesieno 
avvivate  le  mamfieitkure,  e  ne  prosperi  viemmeglio  la  commer* 
dale  ricchezza ,  Cannobio  ha  d'uopo  di  strade  sul  littorale  del 
Yerbano,  che  gli  aprano  più  agevole  comunicazione  con  Pai- 
lanza  ed  Intra ,  e  coi  prossimi  pdesi  dell'Elvetico  suolo  :  ha 
pure  bis<^o  di  ima  più  comoda  via ,  che  guidi  Dell'interno 
della  cannobina  vallea  -,  perocché  di  presente  il  viaggiatore  vi 
a  espone  a  gravi  perìcoli  delk  vita,  soprattutto  quando  gli  ò 
fona  oltrepassare  il  cosi  detto  sasso  di  Finero,  che  é  un  luogo 
scoglio  quasi  a  picco ,  sulla  cui  faccia  occidentale  l'angusto  sen- 
tiere ,  che  serve  di  strada,  é  posto  sovra  un  precìpizia  spaven- 
tevolissimo. 

Castelli  di  Cannerò.  Nel  comune  di  Cannobio  rì  veggono  sor- 
gere due  castelli,  detti  di  Cannerò  dall'essere  vicini  alia  sponda 
del  paesetto  di  questo  nome:  sono  essi  ridotti  a  rovinati  abi-* 
turi,  posti  sul  prolungamento  subacqueo  del  promontorio.  Cin<^ 
que  scellerati  fratelli  deUa  &miglia  Mazzarda ,  capi  dell'infame 
lega ,  che  da  essi  pigliò  il  nome ,  in  sul  principio  del  secolo 
decimoquinto,  per  fare  impunemente  ogni  violenza ,  innalzarono 
quei  castelli,  e  li. tennero  durante  dieci  anni,  commettendovi 
le  più  barbare  scelleraggini.  Ne  furon  eglino  discacciati  dal  duca 
Filippo  Maria  Visconti  Tanno  i4i4»  ^  vennero  distrutti  i  loro 
castelli:  ma  nel  1 5 19  il  conte  Ludovico  signor  di  Cannobio  a 
quell'età  li  fece  riedificare,  nominandoli  VitaUani  dal  primiero 
cognome  della  sua  fEimiglia  ,  come  Io  dimostrano  alcuni  versi 
scolpiti  in  sulla  porta  d'entrata. 

Quei  castelli  Girono  invano  per  lungo  tempo  assediati  da  An- 
chise  Visconti,  nemico  della  potenza  de'Borromei:  nel  iSaS 
quel  capitano  dovette  abbandonare  senza  profitto  le  mura  de' 
VitaUani. 


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43o  CANNOBIO 

BaUdlo  a  vapore.  Gannobia  per  la  sua  giacitura 'sul  Lago 
Maggioregodedd  vantaggio  dal  battelloa  vapore,  detto  il  Verbano, 
che  due  volte  al  giorno  regolarmente  serve  di  comodo  tragitto  al 
viaggiatore  y  cbe  approda  alla  sua  sponda. 

Chiese.  La  presente  collegiata  di  ordine  corinzio ,  fuelegasr- 
temente  costrutta  sul  disegno  deirarchitetto  Giovanni  Sperone 
di  Varese.  Le  fu  £atla  iion  è  guari  ona  bdla  facciata  sul  di- 
segno del  valente  arcbjÉtetto  Ferdinando  CaronesL  II  numero 
dei  canonici  è  attualmente  di  dicci.  Il  capitolo  è  presieduto  da 
un  preposto  con  cura  d'anime.  Già  sin  dall'ann^^  1076  esisteva 
in  Caanobio  una  collegiata,  ed  Uberto  Pirofano ,  primo  di  quep* 
sto  nome,  arcivescovo  della  diocesi  milanese ,  nel  giorno  iodi 
luglio  del  II 55  la  consecrava  solennemente.  In  processo  di 
tempo  fu  restaurata  in  virtù  di  un  decreto  di  permissioDe  avuto 
da  Ottone  Visconti  arcivescovo  di  Milano,  con  lettere  del  ai 
d'ottobre  del  1294:  posteriormente  nel  1575  fu  ampliata  per 
ordine  del  santo  arcivescovo  s.  Carlo  Borromeo  :  e  per  ultimò 
è  stata  ridotta  nella  forma  presente.  Quest'antica  collegiata, 
come  tutti  i  capitoli  di  Lombardia,  all'epoca  dell'invasione 
francese  dovette  soffrire  molti  danni ,  e  fu  infine  soppressa  ; 
ma  nel  1826  ad  istanza  dell'  eminentissimo  cardinale  Morozio^ 
attuale  vescovo  della  diocesi  novarese ,  venne  ristabilita. 

ArUico  carcere.  Accanto  a  quel  tempio  si  vede  tuttora  un 
antico  edifizio,  che  vuoisi  abbia  servito  di  carcere  nei  tempi ,  in 
cuiCannobio  regge  vasi  da  sé,  come  risulta  dalla  seguente  iscrizione; 

K   .   CG    •   LXXXXC   .    COMMVNS    •   CAMHOBl 

HABENS    .   MBfiVBC    .    IMPERTVM    •   ET 

•nSTVM   •    FfiClT   •   nSBl    .   BOC    •    OPVS 

IN   •   BEGuiniK    .   nOMIRl  •    VGORIIIE    .    OB    .    MAIIDBLLO 

Si  pretende ,  che  la  lega  Mazsarda ,  quando  infestava  quelle 
contrade ,  se  ne  sia  pure  servita  per  rinchiudervi  e  farvi  bar- 
baramente perire  quelH  del  contraria  partito. 

Oltre  la  collegiata  sulla  riva  del  Lago  sì  ammira  in  Canno* 
bio  la  chiesa  della  SS.  Pietà  ,  la  quale,  secondo  la  pia  cre- 
denza di  quegli  abitanti,  e  secondo  relazioni  venute  alla  luce, 
fu  eretta  sul  disegno  di  Bramante  nel  luogo  stesso ,  dove  oc- 
corse un  miracolo  addi  8  gennajo  del  r522.  Si  veggono  in  essa 
pregiate  tavole  ,  begli  affreschi,  e  l'ancona  dell'aitar  maggiore 
rappresentante  la  Pietà  ,  egregio  lavoro  di  Gaudenzio  Ferrari. 


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CANNOBIO  43i 

Vuoisi  fare  paroh  della  chiesa  di  s.  Marta,  che  oltre  i  pregi 
di  elegante  architettura  e  di  buoni  ornati ,  possiede  alcuni  capi-^ 
lavori  di  Carlo  Antonio  Procaccini,  e  conserva  Tintiero  corpo 
del  martire  s.  Teodosio.  Da  pochi  anni  i  padri  minori  riformati 
di  s.  Francesco  hanno  pure  convento ,  e  bella  chiesa  in  Can- 
Dobio  j  dove  anticamente  stava  il  convento  dei  padri  cappuccini. 
Si  veggono  innoltre  in  questo  cospicuo  borgo  alcune  chiesuole, 
osservabili  si  per  la  loro  antichith,  e  si  per  l'architettura  e  gli 
ornati:  tali  sono  l'oratorio  della  congregazione  de' sacerdoti,  e 
il  tempietto  di  s.  Gottardo,  ove  in  ogni  anno  si  celebra  una 
sontuosa  festa  con  molto  concorso  di  popolo  devoto. 

Castello.  Negli  antichi  tempi  sorgeva  in  Cannobio,  verso  tra- 
montana »  un  fortissimo  castello,  le  cui  vestigia  e  fondamenta 
si  scorgono  tuttavia:  dicesi  che  sia  sta|o  eretto  per  potervìst 
riparare  quando  i  Goti  vennero  a  devastare  l'Italia.  Era  esso 
ancora  in  piedi  nell'anno  i  ado ,  e  si  crede  che  sia  stato  di«> 
strutto  da  quei  di  Locamo  uniti  alle  genti  di  Bellinzona,  e  di 
altri  paesi  circonvicini  per  gelosia  di  potere. 

Stabilimenti  pubblici.  Fra  gli  stabilimenti  di  pubblica  utilità 
vi  si  contano  parecchie  manifatture ,  artifizi  idraulici  per  segare 
speditamente  i  legnami,  vari  molini,  ed  alcune  case  d'in^ 
dustrìa. 

Istituto  di  beneficenza.  Un'  opera  pia  vi  fondò  il  dottore  Uc- 
celli, nativo  di  questo  borgo.  Essa  porta  il  nome  del  suo  be- 
nefico fondatore-,  e  provvede  all'indigenza  dei  poveri  del  paese. 
L'annua  sua  rendita ,  che  oltrepassa  dieci  mila  franchi,  è  am- 
ministrata da  una  congregazione  saviamente  instituita. 

Forze  corporee  ed  intellettuali  degli  abitanti.  I  Cannobini 
sono  di  complessione  robusta,  di  mente  svegliata,  e  molto  ap<« 
plica  ti  al  lavoro.  L'aria  salubre  e  viva ,  che  colà  si  respira  , 
ne  punge  gli  ingegni ,  e  lì  rende  atti  a  grandi  cose  :  cosicché 
molti  di  loro  ,  come  si  dirii  in  appresso,  acquistarono  una  bella 
rìnomanza  nelle  scienze ,  e  nelle  arti  liberali. 

Cenni  istorici.  Incerta  è  l'origine  del  nome  di  questo  cospicuo 
borgo.  Altri  la  vuole  dedotta  dall'abbondanza  di  palustri  canne 
già  esistenti  nell'attuale  sua  positura ,  onde  siasi  detto  in  prima 
Cannetum^  indi  Cannobetum^  ed  infine  per  sincope  Cannobium. 
Forse  con  più  fondamento  altri  la  deriva  da  Cannabis ,  Canape , 
supponendo  che  su  queUa  sponda  del  Lago  fosse  il  luogo  de- 


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43)  CANNOBIO 

8tìnato  alla  maceFazione  della  canapa:  e  fiuvvi  clii   lo    chiamJt 
.  Canabia  silva,  Ganapaja. 

Checché  di  ciò  sia,  egli  è  certo  che  la  fondazione  di  questo 
paese  risale  ad  età  molto  remota.  È  opinione  probabile ,  che  lo 
edificassero  i  Romani,  con  altre  terre  del  Lago  Maggiore,  nel 
tempo  ch'eran  eglino  padroni  della  Gallia  Cisalpina  ;  e  si  crede 
che  gli  abitanti  di  quei  luoghi  già  fossero  annoverai  fra  le 
genti  alpine,  che  Augusto  gloriavasi  di  avere  domate. 

Quest'opinione  è  sostenuta  dall' Alciato  nelle  sue  antichità  ; 
è  corroborata  dalle  storie  dei  Galli  insubri  di  Bonaventura  Ca- 
stiglioni  \  dalle  opere  di  Gaudenzio,  Merula  sull'antichità  dei 
Galli  Cisalpini;  dall'autore  della  Novaria  Sacra;  da  Giovanni 
Labus  nelle  note  al  viaggio  dell'Amoretti  ai  tre  Laghi;  e  da 
molti  archeologi. 

Si  hanno  a  maggior  luce  di  questa  opinione  due  lapidi  ro- 
mane ,  che  furono  trovate  in  Cannobio  :  una  nel  già  convento 
dei  padri  cappuccini ,  l'altra  in  una  casa  sulla  sponda  del  lago. 
Sulla  prima  si  legge: 

nnS  •  MANIBVS 

GOMuns  .  qviuti  .  vuam  .  atilujub 

MATRI  .  DVLCISSmjB 

Sull'altra  sono  scolpite  le  seguenti  parole  : 

•  DOS  .  MANUVS 

BAVE  .  PRIMITIVA  •  BEmONA 

INCOMPAaABIUS  .  FOEMUTA 

VIVA  .  MIHI  •  POSVI 

Ad  alcuni  parrà  strana  questa  seconda  iscrizione  per  l'aita- 
coluthon  della  sintassi,  che  ha  per  altio  molti  esempi:  qui  ac- 
cade perché  Primitiva  vivente  si  preparò  il  sepolcro,  e  scrisse: 
F'iva  mihi  posili  ;  ed  il  rimanente  fu,  dopo  la  sua  morte ,  fatto 
scolpire  dai  congiunti,  o  dagli  eredi. 

Cannobio  nell'  85'j  facea  parte  del  contado  di  Seprio ,  che 
funne  distrutto  tra  i  secoli  xi  e  xiiy  cioè  nel  tempo,  in  cui  sì 
andarono  smembrando  le  antiche  contee:  epperciò  in  un  di- 
ploma di  Federico  I  imperatore  del  ii85,  quel  contado  già 
trovasi  limitato  aUa  spiaggia  orientale  del  Lago  Maggiore ,  e 
Cannobio  non  vi  é  pure  compreso. 

I  conti  speciali  di  Cannobio  vi  tenevano  la  curia  ;  ed  uno  di 
eni  detto  Sansone,    intorno   al   mille,  rimasto  vedovo,  donò 


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CANNOBIO  43i 

questo  borgo  colla  sua  curia  a  Geizone,    abate   di  Breme  ,  e 
vesti  nell'abazia  Bremetese  l'abito  monastico. 

Il  cronista  della  Novalesa  parla  di  Cannobio  come  di  an-> 
tica  grossa  terra  piena  d'industria  e  di  traffico. 

Berengario  II  e  Adelberto  suo  figliuolo  signoreggiargno  que- 
sta terra-,  e  dacché  perdettero  questi  lo  scettro,  ne  furoifo  pa-» 
droiii  gli  Mnperatori  ;  laonde  sino  all'anno  1 0^5 ,  in  cui  fu  as- 
sunto aH'imqiero  di  Àllemagna  Corrado  II  di  Svevia ,  Cannobio 
fu  governato  da  podestà ,  da  vicarii ,  ossia  rettori  imperiali  ^ 
come  afferma  Leandro  Alberti  nella  descrizione  d'Italia.  Ma  in 
quel  tempo  i  Cannobini  essendosi  all'autorità  imperiale  ribel- 
lati, cominciarono  a  governarsi  in  comune. 

Fu  per  altro  di  poca  durata  questa  loro  libertà  ;  perocché  il 
detto  Corrado  II,  e  poscia  Enrico  Y,  il  quale  sali  al  trono 
l'aimo  1106,  si  rappattumarono  con  quei  di  Cannobio,  appro- 
vando loro  una  particolare  costituzione  di  privilegi  e  giurisdi- 
zioni,  a  patto  però  di  subordinazione  alla  imperiai  dignità. 

I  Cannobini  per  l'avvenire  osservarono  quel  patto  ;  ed  invero 
nelle  fazioni  Guelfa  e  Ghibellina,  die  tanto  straziarono  l'Italia, 
furon  eglino  sempre  ligii  alla  parte  imperiale. 

Le  cose  continuarono  a  questo  modo,  sinché  Giovanni  Ga- 
leazzo Visconti  fu  da  Yenceslao  imperatore  creato  duca  di  Mi- 
lano l'anno  i395.  Allora  Cannobio,  che  già  di  soppiatto  avea 
parteggiato  pei  Visconti,  ricoveranda  Ottone  Visconti  arcivescovo 
di  Milano  ,  che  in  uà  fatto  d'armi  presso  %  Castel  Seprio  era 
stato  dai  Torriani  rotto  e  posto  in  fuga,  e  prendendo  sin  dal- 
l'anno 1343  Luchino  e  Giovanni  arcivescovo,  fratelli  Visconti, 
per  protettori  de'  loro  privilegi,  e  per  difensori  contro  chi  ol- 
traggiar li  volesse ,  intieramente  si  diede  al  dominio  dei  nuovi 
duchi  di  Milano ,  e  restò  poi  sempre  ad  essi  sottoposto  sino 
all'anno  i44i  9  '^  ^^'^  il  borgo  con  la.  sua  valle  fu  dal  duca 
Filippo  Maria  Visconti  infeudato  a  Vitaliano  Borromeo  I  suo 
scudiere ,  il  quale  n'ebbe  ad  un  tempo  la  contea  di  Arona  con 
diritto  di  successione  a'  suoi  legittimi  discendenti  di  linea  ma- 
scolina. 

Col  volgere  dei  secoli  Cannobio  passò  dai  Borromei  agli  Sforza, 
ritenendone  essi  per  altro  il  titolo  feudale.  Stette  quindi  sotto 
il  dominio    dei  duchi  di  Milano  e  dei  loro  eredi ,  sinché  l'au- 
gusta M&ria  Teresa  negli  anni  1742  e    1743  col  patto  di  Wo- 
Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  III.  iS 


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434  CANNOBia 

marzia  ,  e  quiadì  nel  1748  col  trattato  di  pace,  che  venne  stU 
purlato  in  Aquìsgrana  ,  cedette  questa  porzione  de' suoi  stati  al 
re  di  Sardegna  Carlo  Einanuele  III. 

Al  tempo  dell'invasioae  francese ,  Cannobio  appartenne  al  re* 
gno  d'Italia;  ma  col  trattato  di  Vienna  del  i8i5  ritornò  sotto 
il  felfce  dominio  degli  Augusti  Sabaudi  Monarcbi;  e  nello  spi* 
rituale  fu  unito  alla  diocesi  Novarese;  ma  la  sua  chieda  che 
per  lo  addietro  era  sempre  stata  parte  della  diocesi  éÀ  Milano^ 
conservò  il  privilegio  del  rito  Ambrosianor 

Uomini  illustri.  Nacquero  in  Cannobio: 

Lucio  Sasso  9  figliuolo  di  Marco,  il  quale  dopo  essere  stat» 
referendario  in  Roma  prinoa  di  giustizia  e  poi  di  grazia  y  il 
primo  promosso  al  vescovato  di  Ripa  Frassone  nella  Marca  di 
Ancona  y  prefetto  della  sacra  penitenzieria ,  vicario  della  chiesa 
di  s.  Giovanni  Laterauo  in  Roma,  e  datario,  venne  infine  creato 
cardinale  da  Clemente  Vili. 

I  monsignori  Pizzalli,  e  Gallerini ,  prelati  distintissimi  per 
singolari  virtù,  e  per  somma  dottrina. 

Omacini,  vescovo  di  Bobbio,  che  fu  rapito  da  immatura  morte, 
alle  speranze  di  quella  diocesi. 

Francesco  Maria  Zoppi,  già  primo  vescovo  di  Massa  e  Car- 
rara, ed  ora  vescovo  in  parùbus  di  Cera. 

Amico  Cannobio,  giureconsulto  riputatissimo  cosi  per  le  sue 
dotte  scritture ,  come  per  avere  speso  tutto  il  suo  dovizioso  pa«> 
trimonio  fondando  insigni  opere  di  pietà. 

Melchiorre  deUa  stessa  famìglia  Cannobio,  che  fu  dei  decu- 
rioni della  città  di  Novara,  capitano  d'infanteria  sotto  Astorre 
Visconti,  e  colonnello  per  la  repubblica  di  Venezia. 

Giovanni  Francesco  del  Sasso  Carnoine,  che  fu  chiaro  giure- 
consulto e  letterato  ;  lasciò  manuscrìtta  una  storia  del  boi^o 
e  delle  fomiglie  illustri  di  Cannobio. 

Onora  di  presente  questo  suo  luogo  natio  l'illustre  abbate 
Tirinanzi  teologo  ed  avvocato,  arciprete  dell'insigne  collegiata 
di  Arona,  e  vicario  generale  della  diocesi  di  Novara:  lo  ren- 
dono chiaro  i  suoi  vasti  talenti ,  le  virtù  luminose  e  i  molti  atti 
di  vera  beneficenza. 

Vuoisi  riferire  che  Gannobio  vide  nascere  quel  Giovanni 
Branca,  il  quale  nel  1627  fece  in  Milano  la  prima  pubblica  espe- 
rienza della  fona  motrice  del  vapore  dell'acqua  boi  lente  sopra  un 


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CANOSIO  435 

molino  ideato  da  luì:  Pìnerzia  del  governo  spagnuolo  lasciò 
perdere  all'Italia  questo  importante  ritrovamento-,  e  ne  rimase 
più  tardi  agli  stranieri  la  gloria. 

Popolazione   1800. 

*  CANOSIO  (  Canosiumj  Canusiumy,  com*  nel  mand.  di 
Frazzo,  prov.  e  div.  di  Cuneo,  dioc.  di  Saluzzo.  Dipende  dal  se*» 
nato  di  Piem.,  intend.  gen.  prefett.  ipot.  di  Cuneo,  insin.  di 
San  Damiano,  posta  di  Dronero. 

Fu  detta  pure  Canusium  un'antica  città  della  Puglia ,  le  cui 
lane-  erano  rinomatissime  pel  nativo  loro  colore. 

Canosio  segui  le  vicende  comuni  a  tutte  le  terre  della  valle 
ove  giace.  Fu  anticamente  soggetto  ai  marchesi  di  Saluzzo.  Da 
Carlo  Emmanuele  I  venne  infeudato  col  luogo  della  Marmora 
al  conte  Sebastiano  Ferrerò  (  v.  Biella),  Lo  tennero  posterior- 
mente con  titolo  di  contado  gli  Alessi  del  paese  di  Carrù. 

I  valdesi  che  dapprima  si  erano  rifuggiti  nel  territorio  di  que^ 
sto  luogo ,  ne  furono  prontamente  scacciati  dagli  abitanti. 

Qui  si  trovarono  vetuste  lapidi  aventi  iscrizioni  ad  onore  di 
Augusto. 

Verso  la  metà  di  luglio  del  1  ^44  *^  accampò  nei  dintorni  di 
questo  comune  una  colonna  dell'  esercito  gallispano  sotto  gli 
ordini  dell'Infante  D.  Filippo  di  Spagna  e  del  Principe  di  Bor* 
bone  Conty;  Quella  colonna  copri  gli  assalti  dati  cosi  nella  val* 
lea  laterale  di  Stura  alle  Barricate,  come  in  quella  di  Varaita, 
ed  impedi  ad  un  tempo  le  comunicazioni  per  le  dette  valli  al- 
l'esercito austro*sardo. 

Canosio  trovasi  a  maestrale  di  Cuneo  nella  valle  di  Macra 
sulla  destra  sponda  del  torrente  di  questo  nome. 

Compongono  questo  comune  Villa  capo-luogo,  Collo  e  Preit. 

La  sua  strada ,  da  levante ,  conduce  a  Marmora ,  e  da  po- 
nente ai  confini  di  Bersezio ,  Pietraporzio  e  Sambuco,  comuni 
della  valle  di  Stura. 

II  Macra  vi  si  tragitta  sur  un  ponte  di  legno. 

Questo  torrente  che  nasce  dai  due  laghetti  Magnina  e  Ser^ 
vagno  é  colà  privo  di  pesci. 

Ne  sono  derivati  alcuni  canali  per  l'irrigazione  delle  campagne. 

Il  laghetto  Magnina  è  della  larghezza  di  un  trabucco,  e  della 
lunghezza  di  tre:  il  Servagno  ha  due  trabucchi  in  quadro. 
Giacciono  entrambi  sulla  vetta  del  balzo  detto  Pianessio. 


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436  CANTALUPO 

Vi  sorgono  due  colli ,  uno  chiamato  Scayagiio  per  cui  si  yf2l 
a  BerseiAo ,  l'altro  detto  del  Cugno  che  mette  al  Sambuco:  le 
vie  ne  sono  praticabili  a  piedi  e  a  camallo. 

Due  sono  le  parrocchie  di  questo  comune:  la  prima  conse- 
erata  alla  Natività  di  N.  D.  sta  nella  villata  principale;  la  fac- 
ciata di  questa  chiesa  è  di  gotica  forma ,  in  pietre  da  taglio 
lavorate:  la  seconda  trovasi  nell'unito  luogo  di  Preit. 

Il  cimiterio  é  discosto  trenta  trabucchi  circa  dall'abitato. 

Le  produzioni  territoriali  sono  :  fromento  in  poca  quantità , 
segale,  orzo  ,  e  màrzuoli  d'ogni  specie. 

Vi  si  mantiene  un  considerevol  numero  di  bestie  bovine  e 
di  capre. 

I  cacciatori  vi  trovano  pernici.,  fagiani,  lepri,  volpi  e  ru- 
picapre. 

Vi  sono  alcune  fabbriche  della  tela,  ed  havvene  una  di  grossi 
panni,  in  cui  sono  impiegati  cinque  operai.  ' 

Nella  scuola  comunale  s'insegnano  i  primi  elementi  della  ìm* 
gua  italiana. 

Alli  12  di  settembre  si  fa  una  fiera  che  dura  tre  gioini:  ac- 
corrono ad  essa  molti  trafficanti  del  Piemonte  per  la  compra 
del  vario  bestiame. 

Gli  abitanti  sono  di  robustissima  complessione  ,  d'ingegno 
vivace ,  ma  poco  inclinati  alle  lettere  ,  e  forse  troppo  tenaci 
delle  proprie  opinioni. 

Popolazione  980. 

CANTALUPO  {Cantalupus)y  com.  nel  mand.  di  Rocchetta 
Ligure,  prov.  di  Novi,  div.  di  Genova,  dioc.  di  Tortona.  Di- 
pende dal  senato  di  Genova ,  vice-intend.  prefett.  ipot.  e  posta 
di 'Novi,  insin.  di  Rocchetta  Ligure. 

Giace  appiè  dell'Appennino,  alla  distanza  di  poche  miglia  da 
Monte  Acuto» 

Sono  sue  frazioni:  Borgo- Adorna ,  Merlassino,  Pallavicino  • 
Zebedassi. 

La  sua  via  comunale ,  da  mezzodì  scorge  ad  Albera,  da  tra- 
montana conduce  a  Molo. 

.  Il  Borbera  interseca  il  comune  da  ostro  a  borea.  La  maggior 
sezione  traversale  del  sua  letto  è  di  metri  aoo  9  sino  alla  re- 
gione chiamata  Pertuso ,  dove  il  torrente  passando  fra  due  mon- 
tagne restringesi  a  soli  ao  metri    e  non  riprende   la   saa  lar- 


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CANTALCPO  437 

f^ezEa  se  non  dopo  il  corso  di  due  miglia  nel  territorio  di  Persi. 
Il  Borbera  non  è  colà  valicato  da  verun  ponte. 

Il  limite  di  questo  comune,  verso  levante,  è  una  catena  di 
monti  j  la  cui  sommità  offre  allo  sguardo  vastissime  praterie.  11 
più  elevato  di  essi  è  il  mónte  Giarolo. 

.  Vi  sono  cinque  parrocchie  :  la  prima  nel  capo«-luogo  ,  col 
titolo  di  6.  Catterina  ;  la  seconda  in  Merlassino ,  con  quello  di 
6.  Giacomo  ;  la  terza  in  Schedassi ,  consecrata  a  s.  Andrea  ;  la 
quarta  in  Borgo- Adonio  che  ha  il  nome  da  N.  D.  Assunta  \  1» 
quinta  in  Pallavicino ,  consecrata  a  s.  Bernardo.  La  parrocchia 
di  Merlassino  ha  bisogno  di  essere  rifsibbrìcata. 
.  Oltre  le  anzidette  parrocchiali  «evvi  un  pubblico  oratorio  sotto 
il  titolo  di  s.  Giulio. 

.  I  prodotti  consistono  in  cereali ,  castagne  ed  uve  -,  il  tutto  in 
poca  quantità  a  cagione  del  montuoso  e  poco  fertile  territorio. 

Addi  16  di  agosto  si  fa  una  fiera,  il  cui  principale  traffico 
si  è  quello  del  grosso  bestiame. 
'    Pesi ,  misure  e  monete  come  nel  suo  capo  di  provincia. 

Gli  abitanti  sono  di  complessione  assai  robusta ,  e  per  lo  più 
addetti  ai  lavori  della  campagna. 

Popolazione  1290. 

CANTALUPO  (  Cantalupiis  ) ,  sobborgo  d'Alessandria:  Già  e- 
tisteva  nel  secolo  decimoterzo.  Giace  in  pianura  sulla  riva  si- 
nistra del  Bormida.  È  diviso  dalla  strada  provinciale  di  Savona. 
La  sua  distanza  da  Alessandria  é  di  sette  chilometri.  Fa  a6o 
fuochi  y  e  novera  986  abitanti.  La  parrocchia  è  di  nomin^  ve* 
scovile,  ed  estende  la  sua  giurisdizione  sopra  il  territorio  di 
Castellazzo ,  nel  quale  ha  la  cura  di  26  anime.  Il  governo  as- 
segnò al  parroco  lire  aoo  annue,  ed  i  popolani  gli  offrono  le 
primizie  dei  loro  prodotti.  Questo  luogo  fu  già  ben  munito  di 
fortificazioni ,  perchè  gli  Alessandrini  nelle  antiche  loro  guerre 
credettero  ch'esso  per  la  sua  positura  fosse  atto  a  difendere  le 
strade ,  che  conducevano  alla  loro  città.  Nel  iSgS  le  sue  case 
furono  distrutte,  e  fu  desolato  il  suo  territorio  per  causa  di 
un'orrenda  straordinaria  meteora  ;  ma  coU'ajuto  degli  Alessan- 
drini vi  si  ristabilirono  le  cose  per  modo  ,  che  nel  1625  po- 
terono ricoverarvisi  i  tedeschi ,  che  venivano  contro  il  duca  di 
Savoja  -,  il  quale  essendosi  poi  fatto  padrone  della  terra,  vi  pose 
in  ordine  le  sue  truppe  che  s'inviavano  ad  assediare  la  città  d'Acqui. 


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438  CANTALUPPA 

Si  dee  notare  che  nella  nostra  penisola  esistono  parecchi  altri 
paesi  aventi  il  nome  di  Cantal upo.  Ve  ne  sono  quattro  nel  re- 
gno Lombardo -Veneto  ;  due  negli  stati  pontificii  -,  due  nel  regno 
delle  Due  Sicilie.  In  Cantalupo  che  trovasi  nel  distretto  di  Sa- 
ronnoy  delta  provincia  di  Milano,  fu  già  un  gran  monastero  di 
donne ,  statovi  fondato  da  Fiorina  Crivelli ,  sorella  del  sommo 
pontefice  Urbano  III.'  Cantalupo,  che  sta  nel  distretto  dlsemia, 
della  provincia  del  Sannio,  presso  le  fonti  del  Biferno  y  vide 
una  compiuta  vittoria ,  riportata  ne'  suoi  dintorni  dai  francesi , 
•opra  le  schiere  di  Napoli  ;  e  sofferse  i  danni  d'un  gran  tre* 
muoto  nel  i8o5,  per  cui  perirono  1^1  intiere  famiglie. 

CANTALUPPA  e  CANTALUPA  (  Cantalupa  ),  com.  nel  mand. 
di  Cumiana,  prov.  e  dioc.  di  Pinerolo ,  div.  di  Torino.  Dipende 
dal  senato  di  Piem. ,  intend.  prefett.  ipot.  e  posta  di  Pinerolo, 
insin.  di  None. 

Ebbe  già  un  monistero  di  benedittini,  dipendenti  da  S.  Giusto 
di  Susa. 

Appartenne  alla  contea  di  Frossasco.  Trovasi  a  borea  dalla 
città  di  Pinerolo,  da  cui  é  distante  tre  miglia.  Il  comune  è 
composto  di  Monastero  capo-luogo,  e  di  varie  borgate  qua  e 
là  sparse  per  la  collina  :  la  principale  di  esse  é  denominata  da 
S.  Antonio. 

Delle  sue  comunali  strade  ,  una  ,  da  scirocco ,  mette  a  Fros* 
sasco  ,  e  quindi  a  Cumiana  ;  un'altra ,  da  mezzodì ,  conduce  a  ' 
Roletto  \  una  terza  ,  da  mezzanotte,  scorge    al    capo-luogo  di 
provincia.  Frossasco  gli  «  discosto  tre  quarti    di   miglio ,  Ro« 
letto  un  mìglio ,  e  Cumiana  cinque. 

Vi  scorrono  due  rivi,  il  Noce,  ed  il  Pianassa :  il  Noce  sca-» 
turisce  dalle  montagne  che  si  alzano  a  ponente  del  comune, 
discende  a  Monastero  ,  dove  gli  soprastà  un  antico  ponte  in 
pietra;  e  passando  vicino  a  Frossasco  va  a  scaricarsi  nel  tor-^ 
rente  Chisola  sul  territorio  di  Cumiana  :  il  Pianassa  ha  le  fonti 
verso  la  boreale  cima  del  balzo ,  che  chiamasi  Tredenti ,  ed 
all'estremità  di  questo  comune  mette  capo  nel  Noce.  Da  que- 
sto rivo  diramasi  una  bealera^  che  dà  moto  a  cinque  molini  ; 
due  dei  quali  sono  nel  territorio  di  Cantaluppa,  e  tre  in  quello 
di  Frossasco.  Il  Tredenti  separa  i  coni  uni  di  Cantaluppa  e  di 
Cumiana  :  non  si  può  tragittare  che  a  piedi  :  da  tramontana  é 
tutto  viva  roccia  *,  dagli  altri  lati  é  ricco  di  castagni ,  di  roveri 


e  di  avellani. 


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CANTARANA  ^ 

Per  a  Gumiana  sì  passa  il  goU«  Marione  verso  poneott ,  « 
rinfernetto  per  a  Talucco. 

La  chiesa  parrocchiale  sta  in  Monastero  3  fu  costrutta  nel 
1760.  È  dedicata  a  N.  D.  Assunta. 

Lo  sterile  suolo  ti  produce  scarse  ricolte  di  grano  e  meliga, 
non  che  di  uve  ,  e  di  altre  frutta.  Per  la  mancania  di  praterie 
vi  si  mantiene  poco  bestiame. 

Pesi  y  misure  e  monete  di  Piemonte. 

Popolazione  1400. 

*  CANTAR ANA  {Caniarana)y  corl  nel  mand.  di  Baldichie^ 
ri ,  prov.  e  dioc.  d'Asti ,  div.  di  Alessandria.  Dipende  dal  se* 
nato  di  Piem.,  intend.  prefett.  ipot.  d'Asti^  insin.  di  s.  Damia*- 
no,  posta  di  Villannova  d'Asti. 

E  situato  a  tramontana  in  distanza  di  sei  miglia  dal  sue 
<apo  luogo  di  provincia.  Molte  abitazioni  per  altro  vi  si  veggono 
qua  e  là  sparse  sulle  colline*,  e  al  piede  di  eèse  nella  parte 
di  mezzodì. 

Delle  sue  vie  una ,  da  levante  ,  mette  a  Tigliole  ,  e  sulla 
strada  reale  detta  di  Piacenza:  on%ltra,  da  mezzodì ,  conduce 
a  s.  Damiano:  una  terza  ,  da  ponente,  scorge  a  Ferrere  :  una 
quarta,  da  mezzanotte,  accenna  a  Yillafranca. 

Vi  scorre  un  rivo ,  che  quivi  serve  al  giro  di  due  mulini  t 
fu  inalveato .  non  è  gran  tempo.  Antichi  corografi  qualificandolo 
torrente  ,  gli  diedero  il  nome  di  questo  comune  :  nel  paese  è 
detto  la  bealera  della  valle.  Ha  la  sua  sorgente  nella  valle 
della  Cisterna,  passa  sui  confini  di  san  Damiano  e  di  Ferre-^ 
re ,  bagna  quindi  il  territorio  di  Cantarana ,  e  va  a  metter  capo 
nel  torrente  Trìversa. 

Le  terre  del  comune  sono  pure  solcate  dal  Rianotto  ,  nel 
quale  condotte  da  parecchi  fossi  scaricatori  vanno  a  perdersi 
le  acque  quivi  scaturienti ,  ed  altre  volte  stagnanti.  Dee  tornare 
a  lode  degli  abitanti  che  vi  seppero  trovar  modo  di  disec- 
care le  molte  paludi^  ond'era  già  ingombra  la  loro  feconda 
vallea.  Il  Rianotto  egualmente  che  la  bealera  della  valle ,  dppo 
un  corso  di  quasi  due  miglia  si  unisce  al  Trìversa. 

La  bealera  vi  é  valicata  da  due  ponti  in  legno  rivolti  a  po- 
nente sulla  via  comunale  detta  della  valle ,  tendente  da  questo 
luogo  al  coDMine  di  Yillafranca ,  da  cui  diramasi  quella  ch^ 
scorge  a  jao  Damiano.    Il  primo  di  quei-  ponti^  situalo  solla 


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44o  CANTARANA 

strada  che  mette  a  VUlafraflta  non  è  distante  che  lao.trabuc* 
chi  dal  centro  del  comune,  l'altro  posto  su  quella  che  tende 
a  san  Damiano  gli  è  discosto  trabucchi  i5o. 

Nella  valle,  verso  ponente,  ben  presso  al  molino  del. conte 
d'Osasco,  alla  distanza  di  i3o  trabucchi  dal  centro  del  paese , 
veggonsi  gli  avanzi  di  grosse  fondamenta ,  ed  una  residua  parte 
di  antica  spaziosa  fabbrica ,  che  si  crede  fosse  altre  volte  una 
casa  forte. 

La  superficie  di  questo  territorio  è  di  giornate  a555.  Vuoisi 
da  taluno ,  che  di  campi  vi  sieno  giornate  600,  di  prati 
460,  di  vigne  ^20,  di  boschi  1041  circa,  di  terreni  sterili  ed 
incolti  200.  * 

Si  dee  per  altro  notare  che  alcuni  distinti  abitatori  di  Can«- 
tarana  pretendono  non  esservi  di  boschi  che  giornate  800  cir- 
ca: ciò  essendo,  convien  a-edere  che  uno  spazio  di  a^i  gior- 
nate, in  altri  tempi  selvoso,  sia  stato  ridotto  a  coltivazione  nel 
corso  di  settanta tr^  anni.  Il  comunale  catastro ,  a  cui  vedesi 
unita  la  mappa  figurata,  è  del  1763. 

I  maggiori  prodotti  del  territorio  sono:  cereali  d'ogni  sorta, 
fieno  ,  uve,  frutta  di  varie  specie,  foglia  di  gelsi,  legname  da 
bruciare  e  da  costruzione.  Vi  si  mantengono  ia6  vacche,  46 
buoi,  18  cavalli,  3  muli. 

II  principale  commercio  di  questo  comune  si  fa  col  capo 
luogo  di  provincia.  . 

Tuttoché  i  terrazzani  vi  sieno  amanti  della  fatica,  ciò  non-p 
dimeno  ricusano  d'informarsi ,  e  di  trarre  profitto  dei  imovi 
ritrovamenti  per  far  prosperare  l'agricoltura. 

Nella  coltivazione  dei  bachi  da  seta  non  vogliono  dilungarsi 
dal  poco  vantaggioso,  antico  metodo  del  loro  paese:  a  talché 
la  ricolta  dei  bozzoli  anche  negli  anni  migliori  non  eccede  i 
rubbi  70. 

Gli  estesi  boschi  vi  forniscono  un'occupazione  quasi  contìnua 
a  aoo  persone,  «  , 

Vi  si  puonno  fare  buone  prede  di  quaglie,  beccacele ,  bec<* 
caccini,  e  lepri. 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  l'invocazione  di  s.  Dorotea  : 
venne  fondata  nel  1696  pei*  cura  del  priore  Antonio  Casso«  La 
principale  festa  vi  si  celeb|.a  nel  di  dell'ottava  di  s.  Rocco  col* 
l'intervento  di  circa  mUIe  abitanti  dei  circonvicini  villaggi. 


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CANTARANO  .  441 

Delle  sette  parrocchie  del  mandamento  di  Baldichieri  la  inen 
provveduta  di  beni  si  è  quella  di  Cantarana^chenonhadbesei  gior- 
nate di  terreno  pel  mantenimento  del  prevosto ,  il  quale  oltre 
il  carico  della  cura  delle  anime,  ha  l'obbligo  di  fare  la  scuola 
ai  fanciulli  del  comune ,  ed  ha  per  questo  un  annuo  stipendio 
di  lire  aoo. 

La  maggior  parte  degli  abitatori  di  Cantarana  è  applicata  ai 
lavori  della  campagna. 

Popolazione  4^6. 

Cenni  storici.  Cantarana  fu  già  borgo  assai  popoloso.  Qua  e 
là  nel  territorio  si  rinvengono  di  tempo  in  tempo  non  pochi 
notevoli  avanzi  di  vasti  edifizi.  Me  scemarono  di  molto  gli  abi- 
tanti si  per  le  guerre,  onde  il  paese  fu  travagliato,  e  si  a  ca- 
gione dell'aria  ch'eravi  divenuta  insalubre  ,  perché  frequenti 
paduli ,  come  si  è  riferito  poc'anzi ,  ivi  formatisi  a  poco  à  po- 
co 9  pressoché  tutta  ne  ingombravano  la  valle. 

Appartenne  in  feudo  ad  un  ramo  del.  nobile  astigiano  casato 
Malabaila ,  del  quale  fu  stipite  Andreone  ,  figliuolo  di  Abel- 
lone ,  che  fioriva  sul  principio  del  secolo  decimoquarto.  Que- 
gU  ebbe  tre  figli  :  Pietro ,  Abellone  ,  e  Bonifacio.  Dal  primo 
di  essi  nacque  Bernardino ,  investito  di  Yolgorrera  nel  i384  » 
e  dal  secondo  nacque  Pietro ,  genitore  di  Andreone  II ,  che 
condusse  in  isposa  Orsina  di  Rivalta.^Pa  questo  i^arìtaggio  ven- 
nero Giovannone  ,  che  fu  padre  di  Rolando  referendario  di 
Asti  nel  i5oa;  e  iSaldoyino,  il  cui  figlio  Giovanni  Antonio  pro- 
crea Baldovino  II,  donde  nacque  Baldovino  III,  genitore  di 
Giovanni  Antonio  II ,  di  cui  si  hanno  chiare  memorie  del 
j6oo. 

Questo  paese  dai  Malabaila  passò  infine  ai  Cach^rani  d'Osa- 
8C0  per  successione. 

Mon  lunge  da  Cantarana  sorgeva  l'antico  castello  di  Bellotto, 
che  pure  spettò  ad  un  ramo  dei  Malabaila ,  il  cui  ceppo  fu 
Emanuele  figliuolo  di  Francescone.  Emanuele  fioriva  sul  fine 
del  secolo  decimoquajrto  :  dal  suo  primo  connubio  venne  An- 
tonio, ceppo  dei  conti  della  Monta:  dalle  seconda  sue  nozze 
con  Isabella  Scarampi  nacque  Giorgio ,  padre  di  Anton-Tom« 
maso  dottore  ,  e  cavaliere  nel  1470:  figliuolo  di  costui  fu  Gio- 
vanni, padre  di  Giorgio  II,  dal  quale  nacque  Anton-Tommaso 
IL  Dell'ultimo  Giorgio  si  hanno  memorie  del  i53g« 


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44»  CANTAVENA  ,  e  CANTOGNO 

Alcuni  gentlluonuni  or  jgiDarii  d'Asti  furono  con  signori  di  quel  ca- 
stello, e  unicamente  da  esso  vennero  sempre  denominati.  Si  trasfe- 
rirono da  Asti  in  Carignano  ,  e  passarono  quindi  ad  abitare 
nella  Boi^ogna. 

La  (erra  di  Bellotto  nel  1 57  r  vide  nalpere  l'insigne  Giacomo 

Biureato«  in  ambe  leggi,  ed  arciprete  di  Villanova.  La  sua 

ottrina,  e  massimamente  la  santitèl  della  vita   indussero 

Emanuele    I  •  ad  affidargli  l'educa  zio! 

k'omuoverlo  alla  dignità  di  tesone  11 

di  Torino,  quindi  ad  auditore  it 

al  vescovato  di  Vercelli  nel   161 


e  dota  i   benedittini    fogliesi, 


Visitasiope:  fece  la  prima  incoronazione  <i  N.  D.  d'Oropa  nel 


iC  dei  proprii  figli uo- 
nel  capitolo  metro- 
cardinale  Maurizio, 
In  questa  città  egli 
le  monache   della 


defunti ,    che  suole 
la   riunione    della 


i6ao  :  mstitul  il  segno  del  suffragio    dei 

darsi  d(  pò   TAvemaria    della  sera  :  procui 

colIegialEi  di  s.   Maria  Maggiore  al    me  trodolitano  capitolo  con 

reciproci  convenzione,  ch'ebbe /effetto  sei  unni  dopo  la  morte 


di  lui  :  eresse  in  Villafranca  d'Asti  la  chi( 
stabili   (li  oblati  di  s.  Gaflo,   dei  qnali  Oj 


di  s.  Elena,  ove 
n  sa  quanto  ai  pa- 
roci ,  efl  ai  fedeli  sia  utile  l'instituto  :  fon^l»  dodici  pensioni  nel 
semina 'io  di  Torino  a  vantaggio  de' suoi  pi  esani.  Scelse  nella 
predett  1  chiesa  di  s«  Elena  il  àùo  sepolcro  :l  sulla  pietra  che  ivi 
cnopre  le  sue»  ceneri  si  legge  una  ben  modefta  iscrizione.  Mori 
in  Yerrelli  nel  i638. 

Evvi  un'altra  Cantarana  nella  provincia  df  Mondovi  tra  Or* 
mea  ,  ed  il  ponte  di  Nava.  —  Dello  stesso  nome  scorre  un 
torrentello  nel  Vercellese,  che  ha  foce  nel  Sesia,  inferiormente 
alla  città  di  Vercelli.  —  Una  terrìcctuola  d^ta  Gantaranna  fu 
già  parte  della  signoria  di  Broni. 

GANTAVENA  o  CANTAVENNA  {Cantavenna),  antica  terra 
nella  provincia  e  diocesi  di  Gasale ,  situata  sulla  riva  destra  del 
Po,  a  levante  di  Gabiano ,  e  a  ponente  della  Rocca  delle  Donne 
ira  ì  detti  due  luoghi,  e  Gerrìna,  e  Possengo.  Ha  un'arcìpretura 
col  titolo  di  s.  Garpofaro.  È  ricordata  nel  diploma  di  Ottone 
III  del  999 ,  a  favore  di  Leone  vescovo  della  chiesa  Vercellese. 
Fu  smembrata  da  Vercelli  nel  i474' 

GANTOGNO  (  Cantonius)^  terra  situata  sul  torrentello  che  ne 
porta  il  nome:  fuvvi  altre  volte  un  nobUe  castello  degli  Aicardi,  o 
Acchiardi  consìgnori  di  Barge  {^edi) ,  i  quali  lo  riconoscevano 
dai  marchesi  di  Saluzio. 


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CANTOGNO,  E  CANTOIRA  443 

Gli  abitanti  di  Cantogno  uniti  a  qaelli  di  Marcheruto,  e  di 
Musinasco  concorsero  principalmente  all'edificazione  di  Villa- 
franca  circa  il  I  aoo ,  e  vi  si  stabilirono  dopo  avere  diroccato 
il  nativo  paese  ,  non  altro  lasciandovi  in  piedi  tranne  il  ca- 
stello e  le  fortificazioni ,  ch'erano  in  potere  dei  loro  signoii. 

Gli  Aicardi  nel  i353  vendettero  questo  loro  possesso  parte  a 
Manfredo  signore  di  santa  Vittoria  ,  e  parte  a  Rolando  Borgo- 
gniniy  nobile  astigiano,  che  venne  a  stabilirsi  in  Vigone.  Una 
porzione  del  detto  dominio  dai  signori  di  santa  Vittoria  ^assò 
successivamente  ad  un  gran  numero  di  famiglie  ,  cioè  a'  Ca- 
nali di  Cumiana,  e  da  questi  a  Pietro  e  Franceschino  Solaro 
figliuoli  di  Michelino  ;  venne  dappoi  a'  Bosii ,  o  Castelli  di  Car- 
pineta 9  e  da  essi  ai  Cerruli ,  ai  Marini,  ed  ai  Ferreri  di  To- 
rino ;  passò  inoltre  ai  Buffali ,  agli  Oggeri  di  SavigUano ,  ai 
Bernezzi ,  ai  Malingrì  di  Bagnolo ,  e  posteriormente  ad  .  altri 
casati. 

I  Borgognini  vi  tennero  la  loro  signoria  sino  al  secolo  zvn, 
in  cui  per  la  più  parte  l'ebbe  il  conte  Ubertino  Solaro  dì  Mo- 
retta: il  rimanente  fu  diviso  neUe  principali  famiglie  della  pros^ 
sima  Villafranca. 

Una  parte  di  quel  feudo  appartenne  eziandio  ai  marchesi  di 
Romagnano  conti  di  PoUenso ,  fi  Roggeri  di  Barge  originarìi  di 
Saluzzo ,'  i  Provana  ,  ed  i  Cacherani. 

CANTOGNO  (  Cantonlus  ),  torrentello  della  provincia  di  Ph 
neiolo ,  che  si  forma  dall'unione  di  molti  |ìvi ,  i  quali  sgor- 
gano nella  pianura  sottoposta  al  monte  di  Cavorre ,  e  va  con 
lento  passo  a  scaricarsi  nel  Po  tra  Carde  ,  e  Villafranca. 

*  CANTOIRA  {  Cantoria  j  Cantoria^  Cantuaria) ,  crai,  nel 
mand.  di  Ceres,  prov.  dioc.  div.  di  Torino.  Dipende  dal  senato  A 
Piem. ,  intend.  gen.  prefett  ipot.  dì  Torino  ,  insin.  e  posta  di 
Lanzo. 

Col  nome  che  ha  questo  paese  era  già  indicato  un  podere 
la  cui  rendita  serviva  per  la  celebrazione W  messe  anniversarie 
da  doversi  cantare  in  qualche  chiesa. 

Cantoira  fu  contado  che  dai  Ripa  di  Chieri  de'  marchesi  ài 
Ceva  passò  ai  Bigliani  nel  1769. 

Sta  nella  valle  di  Lanzo,  sullo  Stura ,  che  vi  si  tragitta  sur 
un  ponte  di  legno. 

Gli  sono  unite  le  seguenti  villate  ;  Bruschi ,  Boscbietto ,  Ru 


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444  CANTOIRA 

superiere  ed  inferiore.  Villa,  Boeri,  Losa,  CasaGofib,  Foerì, 
Casa  Michiardi,  Litrès ,  Bergognesco,  Balme,  Piagni,  Ghitta, 
Casa  Colombo  ,  e  Casa  Bergotto. 

Nel  sito  principale  di  Cantoira  Tedesi  una  bella  casa  spettante 
ai  signori  fratelli  Teppa. 

Nella  frazione  Casa  Goffo  sta  un  piccolo  castello  di  gotica 
forma  ,.  sulla  fondazione  del  quale  si  conservano  singolari  tra- 
dizioni nel  paese:  vi  si  veggono  le  armi  di  una  delle  più  il- 
Ittstd  e  più  antiche  famiglie  di  Europa.  Nell'atrio  v'erano  di- 
pinti quattro  sacerdoti ,  ed  il  signor  del  castello  colla  berretta 
in  capo. 

.  La  sua  via  comunale  ,  da  levante  conduce  a  Ceres  ,  da  po- 
nente a  Chialamberto. 

.  )1  p^se  è  discosto  un  miglio  dai  detti  comuni ,  e  venti  da 
Torino. 

Vi  sorgono  i  monti  Rivetto  ,  Moriondo,  ed  il  colledi  s*Cri^ 
sitna  :  le  vie  non  ne  sono  praticabili  durante  l'inverno. 

Ti  corrono  tre  torcenti  :  della  Villa ,  Bergogniesco ,  e  Ra 
inferiore* 

L'anticbi^sima  parrocchiale  sta  nella  frazione  Foerì  all'ele- 
vatezza di  4^1  metri  sopra  il  livello  del  mare  :  é  dedicata  ai 
.santi  apostoli  Pietro  e  Paolo,  alla  cui  festa  vi  accorrono 
molte  persone  da'  paesi  circonvicini.  Questa  chiesa  ha  tuttora 
.la  volta  fatta  di  assi,  che  presenta  iscrizioni  ricavate  da  tutto 
il  simbolo  degli  apostoli.  Sulla  sua  facciata  sono  dipinte  due 
enormi  chiavi. 

Pripia  del  1600  la  giurisdizione  della  parrocchia  di  Cantoira 
si  estendeva  fino  a  Grosca vallo,  comprendendo  le  due  parroc- 
chie di  Chialamberto    e  di  Bonso. 

Le  terre. colà  coltivate  con  molta  diligenza  e  perizia  offrono 
allo  sguardo  prati  ridenti,  ricche  piantagioni,  e  bellissimi  campi. 
Gli  abitanti  posseggono. tutti  qualche  podere;  e  ben  pochi  di 
Ipro  si  allontanano  ^1  proprio  paese.  Vi  sono  alcune  piccole 
fabbriche  di  utensili,  e  fornaci  per  cuocere  la  pietra  da 
calce. 

Il  prodotto  del  bestiame  bovino  si  calcola  in  ogni  anno  a 
lire  aooo  ,  quello  delle  capre  a  lire  3oo  ,  quello  delle 
pecore  a  lire  5o»  U  territorio  abbonda  degli  augelli  più  ri- 
cercati» 


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CAPO  ,  B  CAPÓTÉRRA  445 

GU  abitanti  «odo  robusti ,  e  d'indole  buona*  L'agricoltura  é 
la  lóro  principale  occupazione. 

Popolazione  i4oo. 

CAPO  9  nome  di  una  delle  primarie  divisioni  del  regno  di 
Sardegna.  Il  re  D.  Pietro  volendo  cancellare  quanto  potesse 
rammemorare  l'antico  ordizfe  delle  cose,  e  riprodurne  de6Ìde«o 
rio,  ordinava  nel  i388  quello  era  in  addietro  appellato  re-» 
gno  o  giudicato  di  Cagliari  e  di  Logudoro ,  aver  in -avanti  a 
nominarsi  Capo  di  Cagliari ,  e  Capo  del  Logudoro.  La  Gallura 
aggregavasi  al  Capo  di  Cagliari ,  e  dopo  la  dissoluzione  ddlp 
stato  di  Arborea  erane  attribuita  certa  parte  al  primo  ,  il  re- 
stante- all'altro.  I  due  Capi  prendeva»  poscia  un  altro  cognome, 
e  si  disse  : 

Calw  de  ìossu^  o  Capo  inferiore^  tutta  la  pertinenza  di  Ga* 
gliari  nella  parte  meridionale  del  regno  ;  senza  l'appendice  della 
Gallura  Cabu-e-susu^  o  Capo  di  sopra  ^  l'antico  giudicato  lo« 
gudorese  ;  onde  nacque  la  distinzione  degli  uomini,  sardi  ìa 
Cabu^'Susèsus  ,  e  Parte^iossèsas. 

La  divisione  non  si  intendeva  dover  essere  unicamente  poli- 
tica, e  si  c^|segul  fosse  pur  morale;  onde  furono  veduti  ìfo^ 
poli  della  9^egna  separarsi  in  parti  opposte ,  che  non  «solo  d[ 
maltrattavano  coni  disonestissimi  dispiègi,  ma  spiegavano  una 
animosità  da  nemici.  Né  era  gran  oonsensione  tra  le  genti  dei 
rispettivi  partiti,  e  i  vincoli  della  unione  erano  dìsciolti  e  rolli 
tra  una  e  altra  città,  tra  un  e  altro  comune.  Coeì  fu  una  dia* 
soluzione  fatale  a  eccidio  della  narione  ,  a  sicorezaa  d'uu  dé« 
bole  governo ,  esistè  lo  scandalo  d'un  disgregaaoiento ,  quale  fa 
rare  volte  in  tempi  barbari  tra  nazioni  diverse,  e  videsilaSar* 
degna  con  due  capi  e  nessun'anima.  Oggimai  per  la  propensa 
del  governo  dei  Reali  di  Savoja  di  tanto  male  non  altro  resta 
che  il  vestigio  nella  denominazione  dei  due  Capi,  e  questo  si 
^ra  sarà  quanto  prima  abolito. 

CAPOTERRA ,  villaggio  della  Sardegna  nella  provincia  di 
Cagliari  ,  nel  distretto  di  Siliqua.  Comprendevasi.  nel  diparti- 
mento Norese  dell'antico  giudicato  di  Cagliari. 
.  ^el  i55o  questa  ,  conte  tutte  le  altre  popolazioni  del  sud- 
detto dipartimento,  giaceva  estinta,  e  giacque  fino  a  che  nel 
x6S5  D.  Girolamo  Aragall  e  Cervellion  ebbe  conceduto  certe 
buone  condizioni  ad  alcuni  uomini  del  Logudoro  e  della. Gal- 


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446  CAPOTERRA 

lura  ^  che  non  s'ardivano  ritoniare  nelle  jHroprìe  case,  ed  espor- 

TÌsi  alla  vendetta  dei  loro  nemici. 

Sta  sulla  falda  dei  monti  presso  Io  stagno  e  il  mare  incon- 
tro alla  capitale ,  in  distanza  di  ore  due  e  mezzo.  Sono  case 
i85  costrutte  a  mattoni  d'argilla  crudi  di .  brutto  aspetto ,  e 
neirinterno  poco  salubri  e  comode  ;  tra  le  cpiati  è  ancora  a 
vedere  parecchie  delle  capanne  che  accolsero  i  primi  coloni.  11 
clima  é  temperato  -,  ma  l'aria  in  alcune  stagioni  sperimentaà 
depravata  dagli  acquitrini  delle  terre  basse  lunghesso  stagno.  Non 
poca  parte  di  tanto  male  è  pure  da  questo,  le  cui  sponde  sono 
di  poche  miglia  rimote. 

La  popolazione  (anno  x835)  sommava  ad  anime  Ssto,  dì-* 
stribuite  in  famiglie  170.  Nascevano  nell'anno  3o,  morivano  16, 
e  si  celebravano  matrimoni  7.  Nelle  ordinarie  malattie  sono 
febbri  periodiche ,  .infiiimmazioni  ecc.  ,  e  per  esse ,  mancando 
l'opera  dei  medici  e  chirurghi,  sotto  quella  di  imperiti  flebo* 
tomi  alcuni  succumbono  nel  fiorir  della  età. 

Qui  uomini  e  donne  poco  si  curano  della  pulitezza.  QuelK 
aono  armigeri,  di  buon  umore,  inclinati  all'amore  e  al  vino  , 
e  generalmente  poco  rispettosi  delle  altrui  proOTJ^.  Mólti  la- 
vorano a  provveder  la  capitale  di  legna  sofflt  e  fascine  ^ 
che  vi  mandano  sn-i  navicelli.  Con  essi  alcuni  uomini  di  Quarto 
brucian  legno  a  carbone,  onde  avvien  loro  qualche  lucro.  Que- 
alo  cresce  con  la  vendita  della  sala  e  dei  giunchi  che  in  sulla 
estate  tagliano  o  strappano  dalla  Tuerra ,  e  delle  sanguisughe 
che  in  grandissima  copia  prendono  nelle  acque  della  medesima. 
Risiede  in  questa  terra  il  delegato  di  giustizia  con  giurisdi- 
zione sopra  Parroco.  Dal  jBi6  vi  furon  mandati  in  stazione 
de'  soldati  dì  fanteria.  Alta  istruzione  elementare  non  concor- 
rono più  di  5  fanciulli. 

Questa  parrocchia  è  sotto  la  giurisdizione  dell'arcivescovo  di 
Cagliari.  11  sacerdote  che  l'amministi^a  si  qualifica  rettore.  Nel 
.popolato  non  v'ha  che  una  sola  diiesa  sotto  la  invocazione  del 
glorioso  martire  S.  Efisio.  Essa  è  minor  dell'uopo,  siccome 
quella  che  era  stata  dal  barone  edificata  a  suo  oratorio  ,  non 
per  parrocchiale.  Quindi  disegnossene  un'altra  di  solida  e  mi- 
glior architettura  in  luogo  più  comodo.  11  campo  santo,  che  è 
l'antico  cemeterio,  é  contiguo  alla  detta  chiesetta.  Nella  cam- 
pagna  esistono  altre  due  chiese  ,  una  appellata  da  S.  Barbara 


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CAPOTERRA  447 

che  si  edificaya  nd  laSi  ,  doye  un  colai  frate  Guanttno  con 
altri  compagni  menava  yita  eremitica.  La  quale  sorge  sopra  un  • 
pianerotto  in  meua  la  pendice  orientale  del  monte ,  luogo  di 
un'  amenità  deliziosa  ,  e  di  ^tesa  yagbissiroa  prospettiva  per 
mezzo  Torizzonte  da  tramontana  ad  ostro  per  levante  dove  ap<» 
parisce  in  bella  scena  la  catena  cagliaritana  in  là  del  mare  con 
la  città  capitale  che  vi  si  specchia ,  e  in  fondo  gli  alti  monti 
del  PartioUa  e  la  continuazione  sino  a  Carbonara ,  onde  go« 
mincia  a  vedersi  il  cielo  basato  sul  mare.  I  frati  francescani 
v'hanno  un  ospizio ,  fin  da  quando  cessero  la  bella  antica  chiesa 
della  Vergine  di  Honserrato  in  Uta.  all'arcivescovado  di  Ca- 
gliari (vedi  l'articolo  Uta).  L'altra  sotto  l'invocazione  di  S.  Gi« 
rolamo  trovasi  nella  parte  inferiore  del  monte  in  una  valle  pit- 
toresca ,  per  dove  scorre  il  Cioffa ,  quasi  sulla  linea  da  Capo^ 
terra  a  S.  Barbara.  I  frali  osservanti  vi  ebbero  un  ospizio  circ|i 
il  1640;  poscia  vi  si  pose  un  titolo  canonicale.  Alcuni  signori 
di  Cagliari  edificarono  in  uno  ed  altro  sito  delle  case,  e  vi  si 
stavano  ne'  bei  giorni  ^a  goder  dell'aria  campestre,  e  della  cac- 
cia. Il  sito  di  S.  Girolamo  è  presentemente  men  pregiato.  Dìf- 
sta  da  Capoterra  la  S.  Barbara  per  un'ora,  il  S.  Girolamo  per 
mezza*  Nella  memoria  de'  due  titolari  eri^  in  addietro  gràndis* 
fimo  concorso. 

Due  volte  solennemente  festeggiasi  in  Capoterra,  una  perla 
Tergine  del  Rosario  nella  prima  domenica  di  màggio,  altra  per 
l'Arcangelo  Michele  addi  29  settembre ,  con  cor«a  di  barberi. 
Nella  prima  é  da  vedere  mentre  portasi  in  giro  il  simulacro 
della  Vergine  una  lunga  schiera  di  buoi  aggiogati  con  le  corna 
infiorate  ,  nella  fronte  vezzi  femminili  e  specchietti,  e  nel  collo 
jerti  di  erbe  verdi  e  odorose;  cui  succedono  i  confratelli ,  so- 
pra i  quali  viene  l'adorata  immagine  col  prete,  quindi  un  co- 
dazzo di  uomini  e  di  donne  in  due  cori.  Quando  si  passa  presso 
la  casa  del  desolo  (  cosi  é  detto  colui  che  fa  le  spese  della 
festa  ) ,  i  buoi  sono  adomati  in  ambe  le  coma  con  pani  di 
sappa  a  cerchio  (coccòis)  che  vi  si  inseriscono,  riconoscenza  a 
chi  conduce  il  giogo  ;  i  confratelli  sono  rigalati  essi  di  const* 
mili  pani ,  e  quattro  grandissimi  se  ne  appendono  alle  quattro 
branche  della  barella  del  simulacro,  dono  al  prete.  I  poveri 
non  sono  dimenticati ,  che  trovano  preparatq  il  pranzo  presso 
il  festeggiante.  Ammirasi  la  sontuosità  del  gran  convito  per  le 
persone  tutte  del  parentado,  e  amiche. 


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448  CAPOTERRA 

il  territorio  di  quésto  comune  è  molto  esteso ,  in  parte  piano, 
•  in  parte  montuoso ,  con  le  roccie  granitiche.  Ai  terreni  vicini 
all'abitato  meglio  si  condanno  le  viti  che  i  cereali.  Si  seminano 
slarelli  di  grano  35o  ,  d'orzo  5%p ,  di  fave ,  civaie ,  e  lino  pic- 
cola misura.  U  vigneto  occupa  d'un  giorno  in  altro  nuovi  spazi. 
I  vini  sono  per  forza  e  delicatezza  non  inferiori  a  quelli,  che 
^Tengono  dalle  terre  più  vantate  in  Sardegna  per  questo  pro- 
dotto. 

La  Tuèrra.  Cosi  chiamasi  nella  lingua  de'  sardi  una  terra 
bassa  umidosa  ,  solcata  da  un  corso  d'acque ,  e  fecondata  cosi 
dalle  inondazioni ,  che  vi  si  ammiri  una  vivacissima  vegetazio- 
ne ,  e  cosi  è  detta  una  siffatta  terra  sotto  il  paese  per  la  sponda 
delio  stagno.  In  essa  e  presso,  e  a  non  maggior  distanza  d'un' 
ora  sono  molti  poderi.  Dai  suoi  canneti  si  provvede  agli  ap- 
paltatori delle  peschiere  ;  dai  prati  naturali  si  ottiene  un  co- 
piosissimo foraggio,  che  Vendesi  nella  capitale  sino  all'estremo 
giugno. 

La  Tanca  di  Nissa  ;  tìtolo  di  marchesato  per  un  cadetto 
.della  casa  Yillahermosa.  Questo  gran  podere  segue  all'austro 
della  Tuérra,  anzi  è  una  sua  continuazione.  Della  cui  amenità 
«  fertilità ,  massime  •  soocorrendo  un'arte  bene  intesa ,  si  do^ 
Trebberò  dire  le  meraviglie.  Yi  si  fa  seminazione  di  cereali,  e 
piantagione  di  tabacchi.  Nessun  luogo  migliore  per  una  casci- 
na ,  e  questa  vi  fu  costituita  ,  foimati  alcuni  prati  irrigabili  con 
.l'acque  derivate  per  maestrale  dalla  pisdna  di  D.  Giauru  nella 
Tuerra.  Molte  cavalle,  gran  numero  di  tori  di  razza,  e  di  buoi 
vi  stanno  a  pastura.  11  Rio-lungo  termina  a  mezzodì  questa 
terra. 

.  Bestiame.  Nel  manso  si  numerano  buoi  i5o ,  cavalli  3o , 
giumenti  140.  Nel  rude,  vacche  4^^}  cavalle  200,  pecore  Sooo, 
eapre  4^^^  9  porci  1000.  D  latte  e  il  formaggio  smerciasi  nella 
capitale.  Le  arnie  sono  coltivate  in  alcuni  orti. 
,  Selve  ghiandifere.  Le  principali  nelle  regioni. Bacu  dess'ali-*- 
nu,  is  Barachèddos,  Monte-Marcis ,  S'Arridéli ,  Xillàdos  :  in  to- 
talità dà  3  milioni  individui. 

Acque.  Avvi  moltissime  fonti,  e  le  più  di  acque  buone.  Sono 
però  verso  le  altre  più  lodate  la  Bramanti  in  Is  barracheddos, 
e  Sa  Scabizzada  presso  al  romitorio  di  S.  Barbara  entro  un 
^Ito  bosco  di  mirti,  corbezzoli,    filiree,    lecci  ecc.  ,  coperta 


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CAPOTERRA  449 

d'un  rustico  fabbricato  in  forma  di  cappellucda ,  alla  quade  i 
divoti  f  quando  vi  sì  appressano  a  bere  ,  depongono  certe  cro^ 
cette  di  canna  fessa  o  di  fuscellini ,  e  dicon  essi  per  evitar  le 
cadute.  Perchè  scabiz%ada  vale  decollala  pretendesi  che  su  que- 
sta fonte  consumasse  suo  inartirio  la  santa.  Ha  fama  eguale 
l'acqua  di  S.  Girolamo  sorgente  nel  giardino  del  barone,  dove 
tra  piante  silvestri  frondeggiano  molte  specie  gentilL 

Acqua  minerale  ?  Si  pretende  che  una  piccola  acqua  che 
scaturisce  a  pie  del  monte  in  distanza  di  un  miglio  e  mezzo 
dal  paese  verso  maestro-tramontana  sia  ferrugginea ,  e  di  ciò 
adducesi  prova  nel  suo  gusto  ingrato  ,  e  in  una  pellicola  che 
vi  galleggia,  nella  quale  si  riconobbe  un  ferro  carbonato.  Qual- 
che medico  la  prescrisse  con  vantaggio  in  alcune  affezioni  cro- 
niche de'  visceri  del  basso  ventre. 

Viene  in  questo  territorio  dai  monti  di  Uta  e  di  Assemini 
un  fiume  (su  riu  mannu) ,  e  lo  traversa.  Nel  i833  il  mar- 
chese Villahermosa  lo  deviava,  perchè  in  un  bel  canale  cor- 
ressero le  acque  entro  Nissa  sino  alla  foce  aperta  sullo  stagno 
a  versarvele  incontro  alla  peschiera  di  Malamura.  Il  Rio  lungo 
contribuisce  esso  pure  allo  stagno ,  alla  cui  foce  era  in  addie- 
tro un  porticciuolo  ai  navicelli  per  caricarvisi  di  fascine  e  di 
altri    generi ,  quando  le  peschiere  aperte  davan  libero  passo. 

Porto  della  Maddalena  e  Saline.  Questo  porto  è  prèsso  dove 
il  gran  banco  della  plaia  tocca  il  suolo  fermo ,  la  qual  punta 
fu  ciò  che  in  principio  dicevasi  Capoterra.  Siccome  il  fondo  è 
basso,  però  non  vi  possono  approdare  che  le  barche  piatte,  o 
i  navicelli  per  trasportar  in  Cagliari  legne  ,  paglia  ,  grano ,  e 
altre  derrate.  Dista  dal  paese  un'ora  ,  e  scorrevi  da  presso  la 
strada  reale  ,  onde  da  Cagliari  si  procede  in  Capoterra ,  Orri  , 
Sarroco. 

Attigue  a  questo  porto  sono  le  saline  che  da  pochi  anni  si 
ricevcan  dal  fisco. 

Antichità,  Restano  in  questo  territorio  otto  nòrachi;  e  nella 
Maddalena  sono  vestigie  di  alcune  suntuose  antiche  fabbriche 
di  stile  romano ,  e  della  vìa  da  Cagliari  a  Nora.  Si  vuole  che 
non  lungi  dalla  Ciofia  sul  bivio  a  Capoterra  e  a  s.  Barbara 
siavi  esistito  un  laboratorio  di  vetri.  Consimil  fabbrica  parve  a 
qualcuno  di  riconoscere  nella  cussorgia  di  Masoni-OUastu  presso 
al  fiume. 

Dizion,  geogr,  ecc.  Voi.  HI.  29 


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45o  CAPRAJA 

Dei  dritti  barouali,  dei  quali  molti  gravosi,  alcuni  vessatori, 
altri  kitollerabili ,  non  giova  ragionarne. 

CAPRA JA  (  Capraria  insula)  j  isoletta  che  ha  un  borgo  dello 
stesso  nome  ,  capo-luogo  di  mand.  nella  prov.  dioc.  e  div.  di 
di  Genova.  Dipende  dal  senato ,  intend.  gen.  insin.  ipot.  di 
Genova.  Evvi  il  tribunale  di  giudicatura,  le  cui  sentenze  per 
gli  affari  di  commercio  sono  inappellabili  sino  alla  somma  di 
lire  trecento:  del  resto  si  rapporta  al  regolamento  del  i3 
maggio  i8i5  per  il  ducato  di  Genova.  Vi  risiedono  un  pub- 
blico uffiziale,  cui  sono  aflBdate  le  funzioni  di  commissario  di 
marina,  ed  un  vice-console  di  marina.  Havvi  un  uffizio  della 
posta  delle  lettere. 

Fra  i  gradi  di  latitudine  4^9  ài  longitudine  7.  28,  giace 
quest'  isoletta  nel  mar  di  Toscana  a  levante  di  Genova,  ad  ostro 
di  Livorno  ,  a  maestrale  dell'Isola  d'£lbà.  È  distante  da  Ge- 
nova no  miglia  italiane  ,  tla  Livorno  4^9  dall'Isola  d'Elba  18. 
La  sua  circonferenza  è  di  miglia  17  circa. 

Ha  un  porto  difeso  da  una  fortezza,  nel  quale  si  entra  per  xat 
golfo  molto  a  greco,  ma  troppo  esposto  alla  traversia  del  greco- 
levante.  La  punta  orientale  di  quel  golfo  è  ehiaraata  dagli  iso« 
lani  Fara  lione. 

In  distanza  di  quasi  due  miglia  dal  moderno  borgo  si  veg- 
gono i  ruderi  dell'antico  e  gli  avanzi  di  un  tempio  già  uffi- 
ziato  da  monaci ,  e  dedicato  a  santo  Stefano. 

Nel  luogo  detto  Esenoppido^  discosto  dal  paese  cinque  mi- 
glia ,  vedesi  un  cratere  che  presenta  i  segni  di  un  esaurito  vol- 
tano. Tutta  la  superficie  de'  suoi  dintorni  è  coperta  di  una  terra 
rosso-scura,  ruvida  al  tatto,  frammista  d'ossido  di  ferro,  e  di 
pomice  dello  stesso  colore ,  a  diversi  gradi  di  leggerezza  ;  ed 
havvene  eziandio  della  pesantissima.  Si  crede  che  colà  esista 
una  miniera  di  ferro. 

La  fortezza  é  posta  sulla  sommità  di  una  rupe.  Dalla  parte 
di  levante  è  inespugnabile-,  ma  non  cosi  dai  lati  di  scirocco  e 
ponente.  Fu  eretta  dai  Genovesi  nel  principio  del  secolo  de- 
cimosesto per  guardarsi  dai  corsari  barbareschi ,  siccome  appare 
da  una  iscrizione  in  gran  parte  tuttora  esistente  sulla  porta  prin- 
cipale di  essa.  È  di  presente  assai  poco  munita.  Nelson  la  prese 
nel  1796.  È  merlata  nella  parte  che  guarda  il  borgo:  ha  uu^ 
uscita  orizzontalmente  copei^,  e  fornita  di  feiitoje  ,  che  con- 


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CAPRAJA  45i 

duce  ad  uoa  porta  di  soccorso  nel  sito  detto   il  Bagno.    Essa 
gira  sul  lato  sinistro. 

Oltre  la  rocca  l'isola  ha  tre  torri:  del  Porto,  dell^Esenop- 
pido,  e  delle  Berbigi:  le  due  prime  a  cilindro  merlato,  l'ul- 
tima quadrato  a  scarpa. 

La  strada  De-Genejs  parte  dalla  fortezza  ,  ed  attraversando 
il  paese  nella  sua  lunghezza  ,  conduce  insino  al  porto. 

Il  torrente  Molino  reca  le  sue  acque  all'estremità  meridio* 
naie  del  porto  anzidetto.* 

Sopra  una  cima  della  catena  dei  monti ,  ond'è  circondata ,  e 
intersecata  tutta  quest'isola,  giace  il  laghetto  Stagnone,  in  cui  si 
pescano  buone  anguille.  Quantunque  sia  esso  formato  dall'acqua 
piovana ,  non  accade  però  mai  di  vederlo  asciutto.  Trovasi  a 
ponente  del  borgo,  da  cui  è  lontano  tre  miglia. 

Le  montagne  della  Capraja  nella  loro  superficie  presentano 
quarzo-grigio-nerìccio ,  schisto  durissimo  di  color  di  piombo 
scuro ,  pietra  selce ,  e  granito  a  diversi  gradi  di  durezza  :  ab- 
bondano di  una  specie  d'argilla  ,  con  che  vi  si  fanno  buone 
stoviglie.  Sotto  il  monte  del  castello  ,  in  rìva  al  mare ,  a  tra- 
montana ,  in  distanza  di  tre  miglia  e  mezzo  dal  borgo ,  sta  una 
vena  di  vitriolo,  ma  poco  abbondante. 

La  parrocchiale  con  titolo  di  arcipretura  è  sotto  l'invocazione 
di  s.  Nicolò  di  Bari  :  è  di  architettura  composita ,  a  tre  navate. 
Se  ne  cominciò  la  fabbrìcazione  nel  1 758  ,  e  venne  condotta- 
ai  suo  termine  nel  1761.  Il  governo  genovese  fece  considera- 
bili dispendi  per  l'erezione  di  quella  chiesa  ,  perchè  s'era  im- 
padronito dell'antica  parrocchia  fino  a  quel  tempo  esistente  den- 
tro la  fortezza,  ed  aveala  ridotta  a  militare  caserma. 

I  francescani  minori  osservanti  vi  hanno  una  chiesa  ed  un 
convento  edificato  nel  i558.  Sonovi  innoltre  alcuni  pubblici  ora- 
torii  pel  comodo  degli  abitanti  della  campagna. 

Settanta  uomini  compongono  la  guarnigione  del  paese.  Il  co- 
mando della  piazza ,  e  la  polizia  sono  sotto  la  direzione  di  uf- 
fiziali  di  marina. 

Le  produzioni  della  sterile  terra  sono  poco  orzo,  poche  olive, 
e  pochissimo  ,  ma  eccellente  vino. 

Pesi  e  misure  di  Toscana. 

Gli  abitatori  per  lo  più  addetti  alla  marinerìa  riescono  assai 
bene  in  quest'arte.  Sono  di  mente  aperta ,  rissosi,  e  trascurati 


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452  CAPRAUNA 

in  tutto  ciò  che  non  appartiene  alla  marina.  Le  donne  vi  sono 

applicate  ai  lavori  della  campagna. 

Popolazione  looo. 

Ctnmstorici.  Quest'isoletta  fu  dai  greci  chiamata  Egilc0fAiytlog 
e  dai  latini  Capraria  o  Caprasia ,  secondo  alcuni  per  l'abbon- 
danza delle  capre,  e  secondo  altri  per  la  moltitudine  delle  sue  rupi. 

È  tradizione  che  sia  stata  abitata  dai  greci.  Le  donne  vi 
conservano  tuttora  la  greca  foggia  di  vestire  ;  e  il  locale  dia- 
letto ha  non  pochi  svisati  vocaboli  deHa  greca  favella. 

Sul  finire  del  quarto  secolo  già  erano  quivi  radunati  molti 
monaci  greci.  Orosio  dice  che  Masaldel  spedito  da  Onorio  contra 
Gildone  tiranno  d'Affrica ,  volle  approdare  a  Capraja  per  im- 
barcare sulle  sue  navi  una  parte  di  quei  monaci ,  i  quali  nel 
secolo  quinto  già  vi  erano  in  gran  numero,  come  appare  dal- 
l'itinerario di  Rutilio  Numaziano. 

Quest'isoletta  per  la^  naturale  sua  positura  fu  quasi  sempre 
una  dipendenza  della  Corsica.  La  conquistarono  i  Saraceni,  cai 
nel  io55  la  tolse  insieme  colla  Gorgona  Lamberto  Cibo,  il  quale 
sin  dal  999  erasi  con  la  sua  famiglia  stabilito  in  Genova.  Nel 
secolo  XII  se  ne  impadronì  la  famiglia  del  Maro  ,  della  quale 
un  Jacopo  funne  spogliato  dai  genovesi  nel  1507.  Fu  a  qnestt 
ripresa  dai  corsi  l'anno  1 767  sotto  la  condotta  del  Depaoli  nella 
loro  sollevazione  contro  Genova,  la  quale  cedendo  la  Corsica 
alla  Francia  l'anno  seguente  ,  a  se  riservò  la  Capraja. 

Nella  comune  catastrofe  quest'isola  fu  incorporata  all'impero 
fi*ancese  ,  ed  aggregata  al  dipartimento  del  Golo. 

Nel  1814  1a  lipigliarono  gl'inglesi. 

Nel  ]8i5  in  virtù  del  trattato  di  Vienna  lu  ceduta  insieme 
col  ducato  di  Genova  all'augusta  regnante  Casa  di  Savoja. 

Nel  di  27  di  febbrajo  di  quell'anno  comparve  presso  Capraja 
Napoleone  che  veniva  dall'isola  d'Elba  con  i  i^ix  uomini  di- 
sposti sopra  un  brigantino  ,  e  due  bombarde  ,  per  rientrare  , 
siccome  fece,  nel  regno  di  Francia, 

*  CAPRAUNA  {Capniunia,  Caprarda)  y  com.  nel  mand.  di 
Ormea,  prov.  e  dioc.  di  Mondovi ,  div»  di  Cuneo.  Dipende  dal 
senato  di  Piem. ,  intend.  prefett.  ìpot.  di  Mondovi ,  insin.  dì 
Garessio ,  posta  d'Ormea. 

Di  là  dall'Appennino  fra  il  col  di  Frasso,  e  il  pian  dell'Orso, 
trovasi  il  piccolo  comune  di  Caprauna. 


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CAPRAUNA  453 

È  lontano  34  ttùglia  dal  suo  capo  di  provincia ,  e  €9  d^lla 
capitale. 

Appartenne  alla  contea  di  Alto. 

Yi  corrono  tre  vìe:  la  prima,  da  levante,  conduce  ad  Alto 
tre  miglia  discosto  ;  la  «econda ,  da  ponente ,  scorge  ad  Ormea 
distante  otto  miglia;  la  terza,  da  tramontana,  mette  ad  Aquila 
sei  miglia  lontano  -,  queste  vie  non  sono  carreggiabili,  e  nem- 
men  comode  per  chi  le  pratichi  a  piedi. 

Sul  rivo  detto  Fossato  Croso  vi  soprastanno  due  ponti  di  cotto, 
l'uno  e  l'altro  della  lunghezza  di  circa  diciassette  metri,  stati 
costrutti  a  spese  del  comune  :  il  Fossato  Croso  colà  del  tutto 
privo  di  pesci  scaturisce  a  poca  distanza  da  Caprauna  ;  solca 
le  terre  di  Alto  e  di  Nasino,  e  dopo  un  corso  di  otto  migha 
si  scarica  nel  fiume  che  va  a  metter  foce  nel  mare  vkino  ad 
Albenga. 

yì  sorgono  tre  monti  :  uno ,  da  borea  ,  chiamato  Le  Pene  \ 
l'altro ,  da  ponente ,  detto  Capraunetta  -,  il  terzo ,  da  ostro ,  ap- 
pellato di  s.  Bartolommeo.  Le  vie  che  guidano  ad  essi ,  non  si 
puonno  praticare  che  a  piedi  per  otto  o  nove  mesi  dell'anno. 

Non  allignano  su  quei  tnonti  che  pochi  castagni  ,  roveii ,  e 
faggi ,  il  cui  legname  serve  alla  costruzione  delle  «ase  del  co- 
mune. Vi  si  trovano  cave  di  pietra  da  calce. 

Le  produzioni  territoriali  consistono  in  segale  ,  legumi,  ave^ 
na ,  e  castagne.  Il  terreno  in  generale  è  sterile  ,  qua  e  là  so- 
stenuto da  muriccioli  ;  laonde  per  la  coltura  della  campagna  i 
terrazzani  debbono  impiegare  gravi  fatiche ,  e  notabili  dispen- 
di :  sono  eglino  perciò  ridotti,  per  evitar  la  miseria ,  a  recarsi 
durante  l'inverno  sul  littorale,  ove  si otccupano  alle  ricolte  delle 
olive  ,  e  a  fare  canestri. 

Per  la  scarsità  dei  pascoli  si  mantiene  solamente  il  nulnero 
di  vacche  e  di  pecore  necessario  alla  sussistenza  degli  abi- 
tanti. 

.   L'aria  di  Caprauna  è  sana,  e  forse  più  temperata  che  quella 
di  Ormea. 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  l'invocazione  di  s.  Antonino. 
Sono  in  essa  due  cappelle,  una  sotto  il  titolo  della  Madonna 
della  Neve,  l'altra  sotto  quello  di  s.  Bartolommeo.  Al  paroco 
è  assegnata  un'annua  rendita  di  3oo  lire  ;  ed  una  di  200  è 
destinata  pel  manteninteoto ,  e  pei  ristauri  della  chiesa. 


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454  CAPRERA  E  CAPREZZO 

Negli  anoi  1793  e  1798  passarono  per  questo  comune  al- 
cuni corpi  di  truppe  ,  ma  non  vi  succedette  alcun  fatto  d'armi. 

Pesi  di  Genova,  misure  e  monete  del  Piemonte. 

Popolazione  470*  ^   m. 

CAPRERA,  anticamente  Porcaria ,  e  da  Tolommeo  insula 
Phintonis?  è  una  piccola  terra  montuosa  aggiacente  alla  costa 
settentrionale  della  Sardegna  ,  contro  al  golfo  di  Arsaquèna  , 
sulle  bocche  dalla  parte  di  levante. 

La  sua  situazione  geografica  è  determinata  tra  li  paralleli 
4i°9  10%  e  41^9  1 5',  e  tra  li  meridiani  (all'oriente  di  Cagliari) 
o®,  17%  3i",  e  o®,  ao\  Sarebbe  affatto  deserta,  se  non  vi 
stanziassero  da  dieci  feimiglie  di  pastori  della  Maddalena  in  ca- 
panne di  frasche  a  educarvi  delle  vacche,  pecore  e  capre.  £  ce- 
lebre la  ricotta  butirrosa  che  vi  si  manipola  conformata  iu  una 
pinocchia  spirale  -,  quella  che  lavorano  i  galluresi  è  ben  infe- 
riore ;  la  romana  non  vince  nel  paragone.  I  maddalenini  po- 
veri di  terre  bramerebbero  queste  a  se  in  una  equa  divisione 
a  piantarvi  un  vigneto ,  e  coltivarvi  delle  piante  fruttifere ,  onde 
accadesse  di  dipender  meno  dalla  Ogliastra  per  li  vini ,  e  di 
avere  dove  e  come  impiegarsi  ,  quando  vacassero  dal  mare. 
Le  roccie  sono  granitiche  :  il  Tialoue  è  la  eminenza  più  rag- 
guardevole. 

CAPREZZO  (Caprìàum)  y  com.  nel  mand.  dlntra,  prov.  di 
Pallanza,  dioc.  e  div.  di  ?]ovara.  Dipende  dal  senato  di  Picm., 
vìce-intend.  prefett.  insin.  ipot.  di  Pallanza,  posta  d'Intra. 

Fu  già  compreso  nella  signoria  d' Intra  e  Degagna  di  s. 
Pietro. 

Giace  alla  destra  del  torrente  s.  Giovanili  sopra  il  monte  che 
chiamasi  di  Caprezzo  ;  monte  sterilissimo,  fiiorchè  in  una  sua 
piccola  parte  ,  ove  allignano  assai  bene  i  castagni ,  ì  roveri , 
ed  ì  faggi  in  quel  numero  che  basta  ai  bisogni  dei  terrazzani. 
Nel  territorio  di  Trobaso  sta  un  ponte  in  pietra  sul  torrente 
s.  Giovanni ,  che  ha  le  sue  fonti  nella  montagna  di  Aurano  , 
e  viene  a  scorrere  ai  piedi  del  monte  di  Caprezzo:  le  sue  acque 
non  alimentano  che  alcune  piccole  trote. 

Vi  sono  due  strade  :  una  comunale,  da  mezzodì  ,  che  con- 
duce al  luogo  di  Trobaso,  due  miglia  discosto,  e  quindi  a  Pal- 
lanza e  ad  Intra.  Un'altra  via ,  da  levante ,  mette  al  comune 
d'Intragna  ,  due  miglia  circa  lontano. 


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CAPRIASCO  E  CAPRIATA  455 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  l'invocazione  di  s.  Bìiitolouuneo 
apostolo,  la  cui  festa  vi  si  celebra  addi  ^4  d'agosto  col  con* 
corso  di  molti  abitanti  dei  circonvicini  paesi. 

Evvi  inoltre  una  chiesetta  sacra  alla  B.  V. ,  la  quale  venn/e 
fondata  a  spese  di  varii  divoti  nel  i65tì. 

Gli  scarsi  prodotti  del  territorio  consistono  in  burro  ,  for- 
maggio y  castagne ,  uve ,  avena ,  e  miglio. 

Avvi  in  questo  territorio  : 

Quarzo  frammisto  a  feldspato  :  dello  strato  che  trovasi  in  que- 
sti gerbidi  o  grillaje. 

Pesi  e  misure  come  nel,  suo  capo-luogo  di  mandamento. 

Nativo  di  Caprezzo  è  l'esimio  Baldassare  Yerazzi ,  giovane 
artista  di  assai  belle  speranze  ,  che  addi  7  di  settembre  del 
corrente  anno ,  nella  solenne  distribuzione  dei  premi  eretta  per 
i  grandi  e  piccoli  concorsi  ,  ch'ebbe  luogo  nell'I,  e  &.  acca- 
demia di  belle  arti  di  Milano,  ricevette  il  premio  per  il  dise- 
gno dal  busto.  / 

Popolazione  58o* 

CAPRIASCO ,  luogo  unito  alla  cura  di  s.  Germane  ,  distaiale 
miglia  4  circa  da  Vercelli.  Fu  già  priorato  unito  per  bolla  di 
Clemente  XI  al  seminario  di  Vercelli. 

CAPRIATA  { Capriata  )j  capo  di  mand.  nella  prov.  di  Novi, 
dioc.  di  Alessandria,  div.  di  Genova,  Dipende  dal  senato-  di 
Genova  ,  vice-intend.  prefett.  ipot.  e  posta  di  Novi ,  insin.  di 
Castelletto  d'Orba. 

Questo  capo  di  mandamento  ha  soggetti  i  comuni  di  Basa- 
luzzo  ,  Francavilla  ,  e  Pasturana. 

Giace  sur  un  piano  elevato  :  dalla  pai*te  occidentale  ha  in 
fronte  unat  vaga  pianura  adacquata  da  un  rivo ,  che  la  rende 
feracissima  :  dai  lati  di  mezzodì  e  di  levante  é  circondato  da 
belle,  amene  e  fruttifere  collinette,  le  quali  vanno  dichinando 
insino  alla  parte  di  tramontana. 

Vi  è  molto  piacevole  il  clima  :  l'aria  clie  in  sulle  alture  vi 
sarebbe  forse  troppo  elastica,  è  temperata  dall'umidità  della 
pianura. 

La  strada  che  da  Capriata  conduce  al  capo  luogo  di  provin- 
cia ,  comunale  insino  a  Basaluzzo  ,  è  di  continuo  frequentata  da 
conducenti,  che  con  carri  e  con  bestie  da  soma  trasportano 
dai  paesi  supniorment<:  situati   una  glande  quantità  di  vini  e 


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1 


456  CAPRUTA 

di  altre  derrate.  Da  Basaluzzo  infino  a  Novi  essa  é  provinciale, 

e  dovrà  essere  continuata  sino  ad  Ovada. 

Le  vìe ,  che  da  mezzodì  scorgono  a  Gavi  y  e  da  ponente  ad 
Acqui }  sono  comunali ,  assai  disastrose  ,  €  quasi  impraticabili 
nei  tempi  cattivi. 

Il  paese ,  dalla  parte  australe ,  è  lontano  3o  miglia  circa  dal 
mare  ligustico. 

Verso  ponente  è  bagnato  dall'Orba ,  che  ha  le  fonti  negli  ap- 
pennini  ,  presso  la  badia  appellata  dei  Raggi ,  e  dopo  un  ra- 
pido corso  di  quasi  loooo  metri  entra  nella  provincia  d'Ales- 
sandria ,  dove  principia  il  territorio  di  Predosa  ;  bagna  quindi 
le  terre  di  Fresonara,  Retorto ,  Bosco  e  Casalcermelli ,  ed  ivi 
si  getta  nel  Bormida. 

A  levante  vi  passa  il  Lemme ,  che  nasce  dalla  Rochetta ,  e 
dopo  aver  solcati  i  territorii  di  Voltaggio  ,  Gavi ,  Francavilla , 
ed  infine  quello  di  Capriata  si  scarica  nell'Orba. 

A  mezzodì  del  Parodese  ,  finimento  di  Gavi ,  scaturisce  il 
torrente  Arbedosa  ^  il  quale  dopo  avere  intersecato  il  teiTÌtorio 
di  Castelletto  ,  ha  pur  esso  foce  nell'Orba  ,  superiormente  a 
questo  paese  ,  e  al  di  sotto  del  cascinale  di  Prato  Carbonato  : 
le  acque  dell'Arbedosa  vi  danno  moto  ad  un  molino. 

Il  rivo  Secco  nasce  a  ponente  di  Capriata  sul  confine  di 
Rocca  Grìmalda,  discende  verso  levante  ,  ed  entra  nell'Orba* 
Nell'alveo  di  quel  rivo,  parimente  che  in  quello  dell'Orba ,  si 
trovano  pagliuzze  d'oro  finissimo.' 

U  Riolo  scaturisce  nel  bosco  Gazolo  che  trovasi  ad  una  delle 
estremità  del  comune.  Interseca  tutta  la  partd  occidentale  del 
territorio ,  e  va  a  scaricarsi  nel  Lemme ,  inferiormente  al  ca- 
stello detto  Spinola  ,  proprio  dei  marchesi  Guasco  Bisio.  Cosi 
il  rivo  Seccò ,  come  il  Riolo  sono  asciutti  pressoché  sempre 
nell'estiva  stagione. 

Le  produzioni  territoriali  sono  :  grano ,  meliga ,  marzuoli  di 
ogni  specie ,  fieno  ,  foglia  di  gelsi ,  ed  uve.  In  questi  ultimi 
anni  vi  si  introdusse  la  coltivazione  delle  patate  ,  ed  anche 
quella  dei  pomi  e  dei  peri,  che  vi  danno  frutti  di  gusto  squi- 
sitissimo. Eccellenti  sono  i  fichi   e  le  pesche  di  questo  paese. 

Delle  uve  vi  si  fanno  per  lo  più  abbondanti  ricolte  :  i  vini 
vi  riescono  molto  buoni,  e  se  fossero  fatti  con  maggior  peri* 
zia  e  diligenza ,  potrebbero  sostenere  il  paragone  dei  migliori 
vini  d'Italia. 


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CAPRIATA  457 

Le  selve  di  Capriata  forniscono  legna  non  solo  pel  bisogno 
degli  abitanti ,  ma  eziandio  per  poterne  provvedere  una  quan« 
tità  considerabile  al  capo  luogo  della  provincia. 

Le  pioggie  che  quivi  cadono  ordinariamente  nei  mesi  di  lu- 
glio e  di  agosto  y  fanno  nascere  in  quelle  selve  una  gran  quan- 
tità di  buoni  funghi  ;  prodotto  di  non  poco  vantaggio  ai  po- 
yeri  del  paese ,  e  di  gradimento  alle  doviziose  famiglie. 

Nel  bosco  detto  Valoria  si  vede  uno  strato  di  crostacei ,  che 
puonno  meritare  l'osservazione  dei  zoologi. 

La  chiesa  parrocchiale  ,  assai  capace  per  la  popolazione ,  é 
a  tre  navate  ,  di  antico  disegno  toscano*  Vicino  ad  essa  vedesi 
una  piazza  sufficientemente  spaziosa. 

Fuvvi  già  un  convento  di  frati  minori  osservanti  detti  di  s. 
Carlo. 

A  mezzodì  dell'abitato  ewi  un  oratorio  con&ecrato  alla  SS. 
Trinità.  Assai  bella  é  la  sua  costruttura ,  e  il  suo  campanile  é 
di  semplice  ma  elegante  disegno. 

A  tramontana  vi  sorge  ancora  un'assai  vaga  chiesuola  con 
bel  campanile  ,  dedicata  a  N.  D.  dell' Annunziazione. 

Vi  fu,  é  poco  tempo  ,  Ticostrutta  una  casa  del  conte  Gero- 
lamo Rolla  genovese,  la  quale  per  l'ampiezza  e  per  altri  suoi 
pregi  può  riguardarsi  come  un  palazzo  di  vero  nome.  Vi  hanno 
inoltre  non  poche  abitazioni  assai  bene  costrutte. 

Due  fiere  si  fanno  in  Capriata  ,  di  tre  giorni  ciascuna.  La 
prima  incomincia  nel  di  3o  di  giugno  ,  la  seconda  nel  lunedi 
susseguente  alla  prima  domenica  di  ottobre:  il  maggior  traf- 
fico di  esse  è  quello  del  vario  bestiame. 

In  ogni  mercoledì  vi  si  tiene  un  mercato,  nel  quale  si  fa 
uno  smercio  grandissimo  di  majali,  di  pollame,  e  d'ogni  soita 
di  commestibili. 

In  questi  ultimi  tempi  fuvvi  eretto  un  monte  di  pietà. 

Per  la  pubblica  sicurezza  vi  ha  una  stazione  di  cinque  reali 
carabinieri  a  piedi. 

Nella  scuola  comunale  s'insegna  fino  alla  quarta  classe  in- 
clusivamente. 

Gli  abitanti  sono  d' indole  buona  e  pacifica.  È  certo  che  da 
cento  anni  in  qua  non  vi  accaddero  che  due  omicìdii ,  uno  dei 
quali  ebbe  origine  dall'ubbriachezza,  e  l'altro  dall'impeto  della 
gelosia. 


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468  CAPRUTA 

Gli  uomini  vi  sono  robusti ,  vivaci ,  ed  affaticanti  ;  egli  é 
danno  per  altro  che  nessuno  abbia  ancora  procacciato  d'intro*^ 
durre  nel  paese  qualche  maniera  d'industria  perchè  vi  sieno 
meglio  occupati  nella  fredda  stagione. 

Sì  usano  le  misure  di  Genova  e  i  pesi  del  Monferrato.. 

Cenni  storicL  Questo  cospicuo  borgo  che  da  tre  parti  è  cir- 
condato dal  vastissimo  bosco  detto  Gazolo  ,  e  dal  lato  occiden- 
tale guarda  la  deliziosa  pianura  dell'Orba  ,  fu  dapprima  un 
ampio,  e  comodo  pascolo  per  le  capre  ;  dal  che  forse  è  deri- 
vato il  suo  nome* 

.    Divenne  quindi  una  nobile  terra  cinta  di  grosse  mura,  e  mu- 
nita di  un  forte  castello. 

Dalle  memorie  dei  Ghilini  storico  alessandrino ,  e  da  quelle 
del  Foglietta  storico  genovese,  risulterebbe  ch'ella  prima  del 
secolo  decimo  si  reggesse  a  comune. 

Appartenne  ai  marchesi  del  Bosco  discendenti  del  grande 
Aleramo.  (Vedi  Bosco). 

Per  mezzo  loro  negli  anni  ii83  e  i2o3  trovossi  collegata 
con  Alessandria ,  città  da  poco  tempo  edificata  in  territorio  spet- 
tante alia  giurisdizione  di  quei  marchesi. 

Nel  II  83  questo  borgo  contava  settemila  abitanti.  Per  la  sua 
lega  cogli  alessandrini  fu  stabilito  che  i  consoli  suoi  Manfredo 
Melanotte  eMobaldo  Ratto  dessero  il  fodro  ad  Alessandria 
ogni  volta  ch'essa  lo  desse  all'Imperatore  ,  e  che  costruissero 
muraglie  ,  scavassero  fossali ,  e  facessero  altri  apparecchi  mi- 
litari ,  se  Alessandria  eseguisse  le  stesse  cose  :  i  consoU  di  Ales- 
sandria promisero  di  prestar  soccorso  ai  capriatesi  contro  qual- 
sivoglia loro  nemico  ,  e  diedero  parola  di  far  valere  le  ragioni 
che  Capriata  da  più  anni  aveva  ottenuto  sopra  Gamondio  y  ora 
Castellazzo:  queste  condizioni  furono  stabilite  con  pubblico  istru- 
mento  sulla  piazza  del  duomo  di  Alessandria. 

I  marchesi  del  Bosco  essendosi  poi  collegati  con  Genova, 
gli  alessandrini  nel  1218  pigliarono  da  ciò  il  pretesto  di  muo- 
vere la  guerra  a  Capriata  ,  e  di  metterla  in  fiamme. 

Per  questo  fatto  il  marchese  Ottone  prima  che  spirasse  l'anno 
1224  la  vendette  a'  genovesi  prò  ']5  lib.  annuatim  soWendis  : 
il  perché  gli  alessandrini  vennero  in  tanto  sdegno  ,  che  ,  fatta 
lega  con  Tortona  ,  Milano  e  Vercelli  contilo  Genova  ,  e  gli 
alleati  di  lei  si  condussero  colie  imite  forze  sopra  Capriata  con  la 


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CAPRIATA  459 

risoluzione  di  atterrarla  ;  ma  i  genovesi  l'avevano  cosi  ben  prov- 
veduta d'ogni  sorta  di  munizioni,    che  ne  andò    a  vuoto    per 
quella  volta  l'impresa  :  se  ne  vendicarono  per  altro  colla  deva- 
stazione del  territorio  :  di  che  i  loro  nemici  rendettero  la  pa 
riglia  j  dando  il  guasto  a  molte  terre  dell'alessandrino. 

Tre  anni  dopo  ,  cioè  nel  1227,  gli  oratori  delle  parti  bellige-* 
ranti  furono  invitati  a  tiovarsi  in  Milano ,  ove  si  conchiuse  la 
pace,  di  cui  gli  articoli  9,  io  ,  ii  trattano  di  Capriata,  or* 
dinando  ,  che  il  castello  e  le  mura  di  essa  vengano  diroccati, 
e  ne  sieno  appianati  i  fossi,  e  ciò  nel  breve  spazio  di  60  giorni 
e  per  mano  dei  medesimi  capriatesi  :  ordinando  inoltre  che 
niun  genovese  od  alessandrino  immischiar  si  potesse  negli  af- 
fari di  Capriata,  abitarvi  od  innalzarvi  novelle  fabbriche:  sta*' 
bilendo  infine  die  due  sperti  e  probi  giurisprudenti  nel  ter- 
mine di  cinque  anni  avessero  a  pronunziare  definitivamente  in- 
torno ai  diritti  delle  due  città  sopra  quel  borgo. 

Si  nota  che  a  questa  pace  intervennero  ambasciatcres  per 
Asti  Guglielmo  Cardino,  e  Guglielmo  Gacherano;  per  Alessan- 
dria Rufino  Guasco  ,  Rufino  Asinari ,  ed  Ottone  Lanzavecchia. 

Gli  alessandrini  non  tennero  la  giurata  fede ,  assaltarono  al- 
l'improvviso Capriata  ,  e  sebbene  a  prezzo  di  sangue  la  pre- 
sero, la  diedero  al  sacco  ed  alle  fiamme  ,  mettendo  a  fil  di 
spada  quanti  genovesi  e  capriatesi  ad  essi  vennero  innanzi,  ed 
appendendo  poscia  i  loro  cadaveri  ai  rimasti  merli  delle  mura. 

Il  genovese  podestà  ne  usci  fortunatamente  travestito,  e  con 
alcuni  capriatesi  sì  rifuggiò,  nel  luogo  di  Cavi. 

Gli  uomini  di  Alessandria  non  paghi  ancora  di  tali  crudeltà 
devastarono  nell'anno  seguente  tutto  il  territorio  di  questo  borgo 
infelice:  laonde  i  milanesi  in  allora  capi  della  lega  lombarda 
decisero  che  questa  lotta  terribile  avesse  una  volta  un  termi- 
ne :  fattosi  un  compromesso  fra  le  parti  (i23i)  nell'arciprete 
Sardi  d'Alba,  ed  in  Guglielmo  ospedaliere  di  s.  Giovanni,  il 
borgo  venne  restituito  ai  genovesi  in  proprietà  colla  condizione 
di  darne  agli  alessandrini  la  metà  in  usufrutto. 

I  genovesi  trovandosi  finalmente  tranquilli  padroni  di  Capria- 
ta ,  vi  costrussero  un  nuovo  castello  a  mezzodì ,  quantunque  in 
parte  vi  esistesse  ancora  l'antico  nel  lato  di  tramontana  con 
torre  molto  elevata:  cinsero  poscia  di  bastioni  il  paese,  e  for- 
marono   strade    coperte  per  potersi    all'uopo  introdurre  facil- 


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46o  CAPRUTA 

mente  nei  due  castelli.  Tutte  queste  operazione  vennero  ese- 
guite nell'anno  1372  per  ordine  dei  capitani  genovesi  Oberto 
Doria ,  ed  Oberto  Spinola  ,  come  appare  da  una  lapide  ,  che 
tuttora  si  conserva  ,  nella  quale  si  leggono  ancbe  i  nomi  del- 
l'ingegnere ,  e  di  altri  cbe  vennero  incaricati  di  mandare  a 
compimento  quelle  opere  di  fortificazione. 

I  genovesi ,  dopo  di  aver  fatto  di  Capriata  una  fortezza  di 
molto  rilievo  a  que'  tempi ,  si  adoperarono  eziandio  per  farla 
una  considerabile  piazza  di  commercio,  come  lo  accertano  gli 
avanzi  degli  spaziosi  fondachi ,  e  della  grandiosa  fabbrica ,  cbe 
tuttora  vi  si  chiama  la  gabella  ,  ov'era  il  gran  magazzino  del 
sale  ,  cui  la  repubblica  di  Genova  spedi  nel  corso  di  varii  se- 
coli ai  lombardi  che  in  allora  mancavano  di  cosi  importante 
derrata. 

Sul  finire  del  secolo  decimoterzo  ,  e  sul  cominciare  del  de- 
cimoquarto i  genovesi  essendosi  trovati  nella  necessità  di  soste- 
nere molte  guerre  non  più  per  CapHata  ,  ma  per  altre  terre 
del  Monferrato ,  e  principalmente  per  Tagliolo,  Rocca  Grimal- 
da ,  Castelletto  d'Orba  ecc. ,  arruolarono  in  questa  piazza  forte 
soldatesche  a  piedi  ed  a  cavallo  ,  massime  per  diminuire  le 
forze  degli  astesi  e  degli  alessandrini  venuti  in  grande  potenza. 

Durante  questa  lotta ,  il  marchese  di  Monferrato  volendo  al- 
lai^re  a  poco  a  poco  il  suo  dominio ,  e  usando  l'occasione 
delle  gare  di  quelle  nemiche  repubbliche ,  non  tardò  ad  im- 
padronirsi di  Capriata  allorquando  nel  i4i8  Fregoso  duca  di 
Genova  ,  essendosi  eroicamente  difeso  dagli  impeti  del  suo  ri- 
vale Bernabò  G  uà  reo ,  lo  rìsospinse  al  di  là  dei  gioghi. 

La  guerra  terminò  dopo  varie  fazioni  importanti ,  ed  al  niar> 
chese  di  Monferrato  (nrono  ceduti  i  luoghi  di  Capriata  j  e  dì 
Tagliolo. 

Questa  cessione  fu  procurata  dall'avvedutezza  del  Fregoso, 
il  quale  per  non  cadere  appo  i  suoi  paesani  in  cattivo  conceUo 
a  cagione  del  sacrifizio  che  dovea  fere  di  quelle  terre ,  operò 
di  modo  che  gli  abitanti  di  esse  abbandonando  la  repubblica 
di  Genova  in  quel  tempo  occupatissima  in  guerre  marittime  , 
e  non  più  in  grado  di  soccorrerli  al  bisogno ,  si  dessero  volon- 
tariamente al  marchese  Gian  Giacomo  di  Monferrato  ,  il  quale 
soddisfattissimo  della  loro  dedizione  ,  con  istrumento,  che  con- 
servasi tuttavia  ,  Catto  nel  castello  di  Pontestura  addi   io  gìu- 


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CAPRUTA  46i 

gno  del  14^X9  concedette  ai  caprìatesi  molti  pmikgi^  loro  con* 
servando  la  facoltà  di  reggersi  a  norma  dei  patrìi  statuti. 

Sotto  i  marchesi  di  Monferrato  non  cambiarono  i  destini  di 
Capriata;  perocché  si  riconosce  dall'archivio  comunale  che  .sotto 
di  essi  andò  ella  soggetta  ad  esorbitanti  tasse  y  ed  a  straordi- 
narii  balzelli  in  onta  dei  privilegi  che  le  erano  stati  conceduti» 

Gli  stessi  privilegi  le  vennero  poi  confermati  dal  duca  di 
Mantova,  sotto  il  quale  passò  il  Monferrato  nell'anno  iSl^^per 
la  morte  del  marchese  Bonifacio  ultimo  della  linea  Paleolog»: 
ma  non  diminuirono  gli  aggravi  j  ed  anzi  crebbero  maggior- 
mente allorquando ,  estinta  la  linea  primogenita  dei  Gonzaga , 
per  quel  principato  avvennero  lunghi  contrasti  fra  i  due  com- 
petitori ,  uno  residente  in  Francia  ,  e  l'altro  in  Napoli ,  ambir 
due  cadetti  Gonzaga  :  perocché  la  Francia  avendo  pigliato  a 
proteggere  il  primo ,  e  l'Austria  e  la  Spagna  essendosi  dichia- 
rate in  favor  del  secondo  ,  i  capriatesi  non  tardarono  molto  a 
provare  gli  effetti  crudeli  di  una  lotta  sanguinosissima  ;  che  le 
truppe  francesi  occupandone  il  casteUo,  commettevano  nel  paese 
i  più  atroci  disordini;  e  gli  spagnuoli  che  si  appressavano  per 
discacciameli ,  devastavano  il  territorio,  e  ne  straziavano  gli  abi- 
tatori, che  invece  di  essere  soccorsi  dal  loro  principe ,  erano 
anzi  vessati  da'  suoi  commissari  residenti  in  Acqui,  i  quali  pre- 
tendevano incassare  l'ordinaria  tassa,  malgrado  i  danni  irrepa- 
rabili cagionati  per  la  prepotenza  degli  eserciti  nemici. 

Allora  fu  che  molte  doviziose  famiglie  di  Capriata  vennero 
ridotte  alla  miseria.  Quelle  ch'ebbero  maggiormente  a  sofirire 
le  calamità  di  tali  funeste  vicende,  furono  la  Palearia,  prove- 
niente dalla  Spezia ,  feudataria  di  questo  borgo ,  la  quale  in 
sul  principio  del  secolo  decimosesto  noverò  parecchi  personaggi 
insigni  nella  milizia,  nel  foro  e  nella  carriera  ecclesiastica-,  la 
famiglia  Gentile,  la  Rovere,  la  Leiici,  ed  altri  cospicui  casati 
vi  si  trovarono  al  colmo  dell'infortunio;  ed  anzi  il  medesimo 
comune  per  provvedere  a  bisogni  urgentissimi  fu  costretto  a 
vendere  tutti  i  fondi  ad  esso  spettanti., 

L'anno  i545  si  erano  introdotti  nel  castello  di  Capriata  uni- 
tamente a'  francesi  i  Farabutti ,  pubblici  masnadieri ,  che  di  là 
uscendo  venivano  ad  infestare  l'Alessandrino,  il  Monferrato,  e 
la  strada  che  metteva  a  Milano.  Il  Velada  generale  spagnuolo, 
ottenutane  la  permissione  dal  duca  di  Mantova,  spedi  il  mar- 


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462  CAPRUTA 

chese  Serra  generale  d'  artiglierìa  ad  assediare  il  casteUo  y  il 
quale  gli  si  appressò  nel  di  28  giugno  di  quell'anno ,  e  dopo 
averlo  tre  giorni  battuto  indarno  deliberò  dì  atterrarlo  colla 
forza  delle  mine;  ma  il  Capone  governatore  del  castello ,  avuto 
di  ciò  conteua,  Io  cedette  ad  onorevoli  patti.  Il  Serra  nello 
scopo  di  abbattere  per  sempre  quel  ricovero  di  assassini,  collo 
scoppio  di  cinque  mine  ottenne  di  smantellarlo. 

La  forma  esteriore  per  altro  ed  i  molti  frantumi  di  quel  di* 
roccato  castello  esistettero  fino 'all'anno  1829,  nel  quale  il  sìg. 
Rolla  avendolo  acquistato  dal  duca  di  Mondragone  ne  ritolse 
ogni  vestigio  per  ridurre  tutto  quel  sito  a  coltivazione. 

I  ducbi  di  Mantova  posseduto  avevano  Capriata  sino  all'anno 
1 708 ,  in  cui  questo  borgo  fu  ceduto  al  duca  di  Savoja  alleato 
dell'Imperatore.  Sotto  la  Sabauda  dominazione  gli  furono  con- 
fermati i  privilegi  statigli  conceduti  dal  marchese  di  Monferrato, 
ed  esso  gli  godette  in  realta  sino  all'anno  1798,  in  cui  avvenne 
il  politico  mutamento  che  tutti  sanno. 

Nel  1 74^  su  questo  territorio  fermossi  l'esercito  anglo-ispano 
capitanato  dal  duca  di  Modena,  il  quale  prese  alloggio  in  Ca- 
priata. 

Per  qualche  temnp  vi  stanziarono  poscia  i  francesi  sotto  gU 
ordini  del  conte  MwKois:  vi  si  soffermarono  anche  i  tedeschi  s 
ma  vuoisi  notare  a  gloria  dei  principi  di  quell'età,  ch'eglino 
guerreggiando  più  non  acconsentivano  alle  loro  truppe  d'incru- 
delire  contro  le  innocenti  popolazioni. 

Giurisdizione  ecclesiastica.  Capriata  ,  sebbene  già  unita  da 
lungo  tempo  al  Piemonte,  cionondimeno  per  le  cose  spirituali 
dipendeva  dalla  diocesi  di  Genova-,  ma  nel  17^^,  in  virtù  del 
concordato  fra  il  re  di  Sardegna  e  la  Santa  Sede ,  dallo  stesso 
arcivescovo  di  "Genova  liiwi  nominato  un  vicario  generale;  ed 
anzi  nelle  dolorose  circosttinze ,  in  cui  i  sommi  pontefici  Pio  VI 
e  Pio  VII  furono  violentemente  condotti  lungo  da  Roma,  il 
vicario  Giulio  Bartolommeo  Giordanelli,  prevosto  della  parroc- 
chiale di  questo  borgo  ,  ottenne  tutte  le  pontificie  facoltà  ,  le 
quali  ebbero  poi  fine  addi  16  giugno  i8o5,  allorquando  per 
decreto  del  cardinale  Caprara  legato  del  papa  ,  Capriata  fu  unita 
alla  diocesi  di  Acqui,  da  cui  stette  dipendente  fino  all'anno 
1817,  nel  quale  fu  aggregata  alla  diocesi  di  Alessandria. 
Antica  strada.  Non  vuoisi  ommettere  che  l'antica  strada,  la 


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GÀPRIGLIO  463 

quale  dà  Genova  metteva  a  Milano,  passava  senza  dubbio  in 
Capriata;  perocché  il  Muratori  e  il  Trìstani  Calchi  asseriscono 
che  nel  mSi  Innocenzo  IV  conducendosi  in  Francia  ,  da  Ge- 
nova venne  per  Cavi  in  Capriata ,  dove  pernottò;  ed  indi  per 
Alessandria  e  per  Pavia  giunse  a  Milano ,  schivando  la  Fra- 
scheta  in  allora  lunghissimo  sito  selvoso  ,  pieno  di  pericoli  ai 
viaggiatori. 

Mutazione  del  dominio  feudale.  I  Merlanì  nobili  alessandrini 
nel  i3i7  tenevano  in  feudo  questa  terra,  che  fu  poi  marche- 
sato dei  Grilli,  marchesi  di  Clarafiientes ,  duchi  di  Mondrago- 
ne,   signori  di  Basaluzzo  e  Carpeneto,  residenti  in  Napoli. 

Fra  i  personaggi  illustri ,  che  nacquero  in  Capriata ,  si  di- 
stinsero: 

Monsignor  Francesco  Antonio  Frachia,  vicario  apostolico  in 
Costantinopoli  ed  arcivescovo  di  if^dosiopoli ,  che  terminò  in 
Calata  la  sua  mortale  carriera.        t 

Bartolommeo  Giordanelli ,  dottore  in  ambe  leggi ,  vicario 
generale  presso  l'arcivescovo  di  Genova  per  riguardo  ai  paesi 
situati  nel  Sabaudo  dominio. 

L'abate  Giovanni  Poggi,  che  fu  distintissimo  professore  di 
umane  lettere  in  Torino:  diede  alla  luce  eloquenti  orazioni,  ed 
assai  belle  produzioni  poetiche.  I  discepoli  suoi  lo  amarono 
come  padre,  e  ne  conservano  la  più  dolce  ricordanza. 

Paolo  Carbone ,  già  reggente  l'uflBcio  dei  poveri ,  giudice  alla 
corte  d'appello  in  Genova,  e  consigliere  dì  stato. 

Popolazione  aaoo. 

*  CAPRIGLIO  e  CRAYIGLIO  {Caprilium,  Caprile)^  com. 
nel  mand.  di  Montafia,  prov.  e  dioc.  d'Asti,  div.  di  Alessan- 
dria. Dipende  dal  senato  di  Piem. ,  intend.  prefett.  ipot.  d'Asti, 
insin.  e  posta   di  Villanova  d'Asti. 

Sotto  i  marchesi  di  Monferrato  appartenne  ai  Radicati,  co-^ 
me  membro  dell'antica  contea  di  Cocconato:  nella  guerra  del 
13^9  se  ne  impadronirono  i  chieresi  e  lo  restituirono  alla  pa- 
ce: passò  quindi  con  tìtolo  comitale  ai  Melina  torinesi  ed  ai 
Lodi:  i  Magni  yi  ebbero  anche  giurisdizione. 

£  situato  a  borea  del  capo-luogo  di  provincia. 

Vi  sono  quattro  vie-,  la  prima,  da  .ponente,  chiamata  della 
Ciecca  è  comunAte;  mette  a  Chieri  lontano  sei  miglia,  ed  accenna 
quindi  a  Torinor:  la  seconda,  da  tramontana,  passando  per  la 


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464  CAPRILE 

collina,  scorge  a  Passerano  tre  miglia  /liscosto,  ed  àMondònio 
lontano  un  miglio  e  mezzo:  la  terza,  da  levante,  detta  del 
Massasso,  tende  a  fiagnasco  non  discosto  che  un  mezzo  miglio: 
la  quarta,  da  mezzodì,  chiamasi  della  Valle,  e  anch'essa  pel 
tratto  di  mezzo  miglio  conduce  a  Montafia. 

Nel  comune  corrono  due  rivi:  uno  denominato  del  Nissone 
scaturisce  nei  confini  di  Mondonio ,  attraversa  il  territorio  nella 
parte  di  mezzodì  e  va  a  scaricarsi  nella  bealera  di  Montafia: 
l'altro  è  detto  del  Vari:  nasce  nel  territorio  di  Passerano,  ^ 
anch'esso  entra  nella  bealera  dì  Montafia,  recandovi  le  acque 
del  rivo  della  valle  di  Piova  e  Cerretto. 

Vi  sorge  il  colle  della  Ciecca,  per  cui  passa  una  via  non 
praticabile  nell'  invernale  stagione. 

La  parrocchia  é  sotto  l' invocazione  di  san  Martino.  La  prin- 
cipale solennità  é  quella  del  Santo  titolare,  che  vi  si  fa  la  prì-> 
ma  domenica  dopo  la  festa  del  detto  Santo,  coli' intervento  di 
cinquecento  e  più  persone  dei  vicini  paesi. 

Il  territorio  é  ricco  di  boschi,  nei  quali  annida  non  poco 
selvaggiume. 

Gli  annui  prodotti  in  bestiame  sono  approssimativamente  di 
lire  a5oo,  e  di  lire  20000  quelli  dei  vegetali. 

H  principale  copimercio  si  fa  colla  città  di  Chieri  e  eolla 
capitale. 

Popolazione  460. 

^  CAPRILE  {  Caprile  )j  com.  nelmaod.  di  Crevacuore,  prov« 
e  dioc.  di  Vercelli ,  div.  di  Novara.  Dipende  dal  senato  di  Piem. , 
intend.  prefett.  ipot.  di  Vercelli,  insin.  e  posta  di  Masserano. 

Spettò  al  contado  di  Crevacuore ,  da  cui  fu  separato  addi  26 
di  settembre  del  1736. 

Vi  sono  tre  vie  :  una ,  da  levante ,  conduce  ad  Ailoche  :  l' al- 
tra, da  mezzodì,  scorge  a  Crevacuore  :  la  terza,  da  ponente, 
mette  a  Coggiola. 

Nel  territorio  corrono  due  piccoli  rivi:  uno  detto  Caneglio, 
e  l'altro  il  Croso  della  Piana:  nascoilb  entrambi  in  vicinanza 
del  comune  di  Crevacuore ,  e  dopo  esaersi  congiunti,  mettono 
capo  nel  torrente  Sessera. 

Vi  sorge  un  monte  appellato  Barone ,  appiè  del  quale  si  veg- 
gono buoni  pascoli:  per  andare  su  quel  monte  non  vi  sono 
che  incomodi  sentieri,  appena  pratitabili  dai  pedoni. 


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CARAGLIO  465 

La  parrocchiale  sotto  il  patrocinio  di  s.  Carlo  trovasi  in  sito 
alquanto  lontano  dall'abitato  ,  e  non  ha  vicine  fuorché  due 
case  ,  quella  del  paroco  ed  un'  altra  propria  della  confira-* 
ternita. 

Nel  comune  esistono  sei  oratorii  -,  il  primo  nel  cantone  di 
Caprile,  sotto  il  titolo  di  s.  Defendente:  il  secondo  nel  can- 
tone degli  Uccelli,  sotto  quello  di  s.  Giuseppe  :  il  terzo  nel  sito 
detto  Casa  de' Rivi,  consecrato  a  N.  D.  della  Neve:  il  quarto 
nel  cantone  Piolo  ^  sotto  il  patrocinio  di  s.  Antonio:  il  quinto 
nella  borgata  Persica,  intitolato  a  s.  Lorenzo:  l'ultimo  nel 
cantone  Riale,  che  ha  il  nome  da  san  Rocco. 

I  prodotti  di  Caprile  in  bestiame  sono  quelli  di  poche  be- 
stie bovine  e  di  alcune  greggie  di  capre:  scarse  vi  sono  le  pro- 
duzioni in  vegetali,  e  consistono  in  grano,  meliga,  castagne, 
patate,  noci,  uve  e  canapa. 

Gli  abitanti  suppliscono  alla  scarsità  delle  ricolte  si  lavorando 
la  tela  di  fil  di  canapa,  e  si  esercitando  il  mestiere  del  car- 
bonajo  nelle  provincie  di  Vercelli  e  di  Novara,  ed  eziandio 
nella  Savoja  e  nel  ducato  di  Aosta. 

Pesi,  misure  e  monete  del  Piemonte. 

Popol.  55o. 

CARAGLIO  {Caraliiim  y  Caralis ,  nel  M.  E*  Quadraliunij 
Cadralium),  capo-luogo  di  mand.  nella  prov.  dioc.  div.  di  Cu- 
neo. Dipende  dal  senato  di  Piem.,  intend.  gen  prefett.  ipot.  di 
Cuneo,  insin.  di  Busca.  Vi  sono  il  tribunale  di  giudicatura,  il 
percettore  dei  regii  tributi  e  la  posta  delle  lettere.  Havvi  una 
stazione  di  cinque  reali  carabinieri  a  piedi. 

Come  capo  di  mandamento  ha  soggetto  il  comiine  di  Ber- 
nezzo. 

Vi  corrono  quattro  vie:  la  prima  fatta,  non  ha  gran  tempo, 
è  provinciale  per  a  Cuneo-,  la  seconda,  da  ponente,  mette  a 
Valgrana,  discosto  due  miglia  ;  la  terza,  da  mezzodì,  conduce  a 
Bernezzo ,  un  miglio  ciixa  distante  ;  la  quarta  ,  da  tramontana  ,• 
scorge  a  Dronero,  tre  miglia  lontano. 

Nelle  parti  di  borea  e  di  ponente  evvi  una  catena  di  colli- 
Inette ,  ricche  di  viti  e  di  castagni  :  in  esse  trovansi  cave  di  ec- 
cellente pietra  da  taglio ,  cave  di  pietra  da  calce ,  ed  evvi  ezian-^ 
dio  una  specie  di  marmo  che  assomigliasi  a  quello   di  Busca. 

Il  torrente    Grana,   che  discende  dai  monti  di  Castelmagno, 
Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  HI.  3o 


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466  CARAGLIO 

ultimo  paese  della  valle  dì  Graua ,  vi  passa  nella  parte  di  ostra 
alla  distansa  di  un  quarto  di  niiglto ,  e  va  quindi  ad  unirsi  al 
fiume-torrente  Macra  presso  YillafallettOr 

Il  Grana  é  presso  che  sempre  asciutto  nei  mesi  d'estate;  ma 
in  occasione  di  dirotte  pioggie  arreca  talvolta  ,  straripando  ^ 
gravissimi  danni  alle  circostanti  campagne. 

È  di  presante  valicato  da  un  ponte  in  legno ,  cke  venne  co- 
strutto quando  vi  fu  fatto  un  nuovo  tronco  di  strada  provinciale , 
che  da  Cuneo  mette  a  Dronero.^  Il  Grana  è  quasi  privo  dì 
pesci. 

Sul  colle  ,  a  borea  del  paese ,  altre  volte  sorgeva  un  forte 
castello  y  di  cui  si  veggono  ancora  gli  avanzi  di  una  grossa  mu- 
raglia. 

Sotto  le  rovine  di  quel  castello  si  discoperse,  non  é  gran  tem* 
pò,  una  cappella,  dentro  la  quale  si  vide  una  pittura  rappre- 
sentante la  Madre  di  Dio  e  i  santi  Apostoli.  La  cappella  fuvvi 
perciò  riedificata,  ingrandita  ed  eretta  in  santuario  sotto  Pio* 
vocazione  della  Regina  degli  Apostoli. 

La  chiesa  parrocchiale  fuvvi  eretta  ,  sessant'  anni  fa  ,  per 
l'opera  e  le  spontanee  offerte  della  popolazione.  Venne  dedi- 
cata a  Nostra  Donna  assunta  in  cielo.  In  questa  chiesa  di  sem- 
plice disegno,  ma  vasta,  I>ene  ornata  e  dipinta,  evvi  un  or- 
gano assai  riputato,  fiella  ed  ampia  é  l'abitazione  del  paroco. 

Tre  altre  chiese  vi  sono  inoltre  per  comodo  degli  abitanti ^ 
una  dedicata  a  s.  Giovanni  Battista;  l'altra  ai  santi  apostoli 
Pietro  e  Paolo  \  la  tersa  in  un  eoli'  annesso  convento  già  spettò 
ai  padri  cappuccini,  dei  quali  vi  si  é  io  grado*  di  chiedere  it 
ritorno ,  mercè  la  generosa  cessione ,  che  ad  esm  farebbe  dell'  an- 
tico loro  convento  sua  eccellenza  il  conte  d'Agliano  ,  che  ne 
divenne  possessore. 

U  palazzo  comunale  è  di  vaga  e  recente  costituzione. 

La  contrada  maestra  vi  fu,  non  è  guari,  intieramente  sel- 
ciata, e  venne  coperta  la  bealera  de* mulini,  scorrentevi  nel 
mezzo. 

Allato  della  strada  provinciale  che  tende  a  Cuneo,  si  è  Csitta 
i  n  questi  ultimi  tempi  una  bella  passeggiata ,  che  incomincia 
dalla  piazza  nuova  esistente  in  sul  finir  del  paese,  ed  è  pel 
tratto  di  un  quarto  di  miglio  ombreggiata  da  una  doppia  fila 
di  olmi  e  di  platani. 


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CARAGLIO  467 

Nelle  ieaole  comunali  s'insegna  fino  alla  quarta  classe  in- 
dusivamente. 

£ftì  un  ospedale  di  recente  fondato  per  disposinone  testa- 
mentaria del  fu  suddiacono  Commetti  :  allo  stesso  spedale  è  ora 
riunita  la  congregazione  di  carità  cb' esisteva  dapprima.  Esso 
contiene  sei  letti ,  e  colle  sue  rendite ,  che  non  oltrepassano  le 
annue  lire  4^<>^9  ^^  provvede  anche  ai  bisogni  dei  malati  po- 
veri nei  propri  loro  domicili. 

Si  stanno  coostruendo  un  nuovo  cimiterio  dell'estensione  di 
due  giornate,  e  sepolcreti  particolari  intorno  alla  cinta  :  opera  y 
il  cui  dispendio  sarà  di  lire  iSooo. 

I  prodotti  del  territorio  sono  fonnento,  segale,  avena,  me- 
liga, formentone,  miglio,  fagiuoli  e  castagne  in  qualche  ab- 
bondanza. 

I  gelsi  vi  allignano  molto  bene,  e  se  ne  veggono  in  gran  nu- 
mero, che  producono  foglia  in  grandissima  quantità.  Il  pro- 
dotta dei  bachi  da  seta  è  il  principale  di  questo  comune. 

Vi  esistono  quattro  filature  di  bozzoh,  nelle  quali,  per  tre 
mesi  dell'anno,  sono  impiegate  seicento  persone. In  un  filatojo 
della  seta  vi  sono  di  continuo  occupati  cinquanta  operai.  I 
prodotti  di  queste  fabbriche  si  trasportano  alla  capitale. 

Una  vecchia  chiesa  già  spettante  ad  una  confraternita  fu  de- 
stinata ad  uso  di  teatro.  Gli  abitanti  non  si  mostrano  incli- 
nati né  ad  abbellirlo,  ne  a  frequentarlo. 

In  Caraglio  si  fanno  cinque  fiere:  la  prima  nel  lunedi  della 
settimana  di  Pascione;  la  seconda  nel  primo  mercoledì  dopo  la 
festa  di  s.  Giovanni;  la  terza  nel  mercoledì  dopo  la  solennità 
dell'Assunzione;  la  quarta  nel  mercoledì  dopo  la  solennità  di 
^Nostra  Donna  del  Rosario  ;  la  quinta  addì  22  di  novembre.  Su 
tutte  queste  fiere,  che  sono  per  lo  più  frequentissime  di  gen- 
te, si  vendono  cereali  d'ogni  specie,  grosso  e  pdinuto  bestiame , 
e  merci  di  ogni  qualità. 

II  mercoledì  di  ogni  settimana  vi  é  giorno  di  mercato,  a  cui 
intervengono  molti  abitanti  dei  vicini  paesi  ,  massime  quelli 
della  valle  di  Grana. 

Trovasi  in  questo  territorio:  MicaScisto  takoso,  bigio,  com- 
patto: delle  cave  che  trovansi  dietro  la  chiesa  di  s.  Giovanni, 
nel  cantone  detto  Torre  del  Cervo  j  di  proprietà  comunale  e 
degli  scalpellini  Gallo  e  Medici:  queste  due  cave  offrono  eccel- 


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4G8  CARAGLIO 

lenti  pietre  da  scalpello,  e   se    ne  fa    uno    smercio    conside- 
revole. 

Calce -carbonata ,  varietà  biromboidale?  Incontrasi  nel  mica- 
scisto  suddetto. 

I  caragliesi  sono  in  generale  di  foiie  complessione ,  di  buona 
indole  e  di  mente  svegliata. 

Pesi,  misure  e  monete  del  Piemonte. 

Popol.  6000. 

Cenni  sioricL  È  cosa  molto  probabile ,  che  questo  cospicuo 
paese  nascesse  dalle  rovine  di  un'antica  romana  città,  cbe 
sorgeva  non  lungi  dal  sito,  ov'esso  fu  poi  edificato.  Se  ne  fa 
menzione  in  una  carta  del  1028,  cioè  in  quella  della  fonda- 
zione dell'abazia  di  s.  Pier  di  Savigliano. 

Caraglid  con  altre  vicine  terre  nel  1020  concorse  alla  fon- 
dazione diXuneo,  a  cui  die  motivo  il  fatto  seguente. 

Tentata  da  uno  de'principali  dominanti  di  quella  regione 
V  onestà  della  moglie  di  uno  de'  sudditi  suoi ,  se  ne  levò  ni-' 
more  per  la  villa  e  per  le  borgate  all'inloiiie,  già  incollerite 
per  le  molte  vessazioni,  cui  da  gran  tempo  andavano  soggetti. 
Avvenne  perciò,  cbe  gli  abitanti  di  unanime  accordo  risolves- 
sero di  abbandonare  affatto  il  loro  luogo  nativo:  della  quale 
risoluzione  fatti  consapevoli  i  loro  tii-annelli ,  simularono  di  vo- 
ler cedere  ad  essi  le  proprie  castella,  purché  non  si  allonta- 
nassero dai  loro  dominii:  ma  fra  gl'infelici  caragliesi  «no,  dice 
la  cronaca ,  vir  maturi  iniellectus ,  rammentando  ad  essi  le  molte 
sofferte  violenze,  gli  confortò  ad  edificarsi  noVelle  case  in  più 
sicuro  luogo,  frammezzo  a  due  fiumi,  cioè  nel  sito  chiamata 
poi  Cuneo  a  cagione  della  sua  forma. 

Perlocchè  gli  statuti  cuneesi  del  iato  ordinarono,  che  fra 
'i  consiglieri  della  città  tratti  dalle  ville  del  territorio,  i  cara- 
gliesi  fossero  in  numero  quadruplo  rispetto  agli  altri. 
.  Nella  formazione  dei  marchesati  di  Saluzzo  e  di  Busca ,  verso 
la  metà  del  duodecimo  secolo  y'  Caraglio  fu  nel  marchesato  di 
Busca  compreso:  ma  i  buschesi  dominatori,  rovinatisi  per  le 
loro  discordie ,  perdettero  a  poco  a  poco  le  proprie  terre ,  non 
pili  ritenendone  cbe  alcune,  oltro  a  quelle  che  possedevano 
nelle  Langhe. 

II  marchese  Manfredo  di  Saluzzo  nel  1160  si  condusse  ad 
assaltare  Caraglio  e  Cuneo,  fidando  nella  potenza  di  Federico 


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CARÀGLIO  469 

Barbarossa;  ma  gli  falli  T impresa;  perocché  le  armi  dell'im- 
peratore furono  vinte  dalla  lega  lombarda.  Caraglio  per  altro 
soggiacque  al  dominio  del  principe  saluzzese,  quando,  quatti'O 
anni  dopo,  per  T interposizione -dell' arcivescovo  di' Colonia  Rai- 
naldoy  cancelHeredeir imperio  e  vicaiio  dell'imperatore,  qu^ 
borgo  fu  diviso  per  metà  fra  il  signor  di  Saluzzo  ed  i  signori 
di  Salmour,  <^bligati  a  riconoscere  da  quello  la  parte  lóro.  ' 
Si  trova  in  appresso,  un' investitura  del  1197  data 'dal  mar- 
chese Bonifacio  di  Monferrato  al  marchese  Bonifacio  di  Sa- 
luzzo per  la  valle  di  Stura  e  per  altre  terre  a  Cuneo  per  lo 
addietro  soggette;  investitura  confermata  dal  marchése  Guglielmo 
a  Manfredo  di  Saluzzo  nel   1221.  » 

Ai  marchesi  di  Monferrato  erane  stata  conceduta  e  confer- 
mata la  signoria  dagli  imperatori  Carlo  IV  e  Massimiliano  I.  ; 
Ma  la  città  di  Cuneo ,  divenuta  ghibellina ,  levò  Caraglio  al 
marchese  nel  1:^4^9  ^  ritornata  guelfa  si  sottomise  insieme 
con  Caraglio  al  conte  di  Provenza  Carlo  d'  Angiò  nell'anno 
I  ^59.  Questa  somniisa^one  durò  infino  al  famoso  vespro  si- 
ciliano, per  cui  con  le  sorti  d'  Italia  cangiarono  pure  i  destini 
del  Piemonte.  Laonde  il  marchése  aju^to  dagli  astigiani  fu  in 
grado  di  ripigliare  non  solamente  Cuneo ,  ma  eziandio  la  villa 
ed  il  castello  di  Caraglio,  nel  quale  entrò  addi-  16  di  aprile 
del  1285. 

I  provenzali,  sotto  la  condotta  del  conte  Raimon^^  figliuolo 
di  Carlo  II  d' Angiò ,  glielo  ritolsero  nel  i3o5,  diypo  avere* 
riacquistato  il  territorio  cuneese  e  ila  valle  di  Stura..  Il  loro 
dominio  in  queste  partì  durò  sotto  Carlo  II,  sotto  Roberto  & 
la  regina  Giovanna  di  Napoli  sino  all'  anno  i346,  in  oui  lo- 
ebbe  Amedeo  VI  conte  di  Savoja ,   unitamente  al   principe  di  / 

Acaja.  Del  che  venuto  in  gelosia  il  marchese  Tommaso  II ,  e 
coUegatosi  con  Lucchino  Visconti  signor  di  Milano  riprese  Ca* 
raglio  in  agosto  dell'  anno  dopo. 

Kklomarono  i  provenzali  sotto  la  scorta  del  genovese  Lerea-: 
ro,  siniscalco  della  regina  Giovanna  (  t357  )?  ^  ^^  ^^  nuovo 
s'impadronirono  di  Caraglio,  che  per  altro  ricadde  sotto  U  po« 
tere  di  Federico,  figliuolo  del  marchese  Tommaso. 

Venuto  quindi  nelle  piemontesi  terre  il  conte  Amedeo  per 
sottomettere  il  principe  di  Acaja  e  mantenere  i  suoi  diritti  so* 
pra  il  marchese  ,  gli  ripigliò  Caraglio  con  molte  terre ,  da  lui 
poscia  restituite  alla  pace. 


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470  CARA6U0 

Questo  castello  rimase  perciò  soggetto  ai  marcbeù  infino  al- 
l'amio  1395,  in  cui  venne  sotto  il  dominio  di  Amedeo  Vili, 
primo  duca  di  Savoja. 

Nella  guerra  della  successione  al  Monferrato ,  dopo  la  morte 
deir  ultimo  Paleologo,  un  Antonio  Torresano  da  Caragllo,  capo 
di  bande  assoldate  dalla  Francia ,  dopo  molte  scorrerìe  nel  Pie- 
monte in  gennajo  del  i537  fu  in  vicinanza  di  Grana  sbaragliato 
dal  marchese  Francesco  di  Saluzzo;  e  rifuggitosi  nella  rocca 
della  sua  patria ,  le  si  appressò  il  marchese,  fulminandola  colle 
sue  artiglierìe  per  modo,  che  gli  abitanti  atterriti  ne  discaccia- 
rono non  solo  il  Torresano,  il  quale  si  salvò  colla  fuga,  ma 
eziandio  i  seguaci  suoi,  che  appena  usciti  dalla  fortezza  fu^ 
rono  parte  uccisi,  e  parte  fatti  prigioni  dagli  assedianti  spa- 
gnuoli. 

Ricomposte  altre  masnade,  il  Torresano  si  condusse  di  bel 
nuovo  contro  Garaglio  ,  e  presolo  d'assalto,  trucidovvi  lo 
Ispano  presidio  e  quanti  abitatori  gli  caddero  nelle  mani*^  ol- 
tre a  ciò  non  dubitando  di  macchiarsi  di  nera  empietà  con- 
tro il  luogo,  dov'ebbe  la  culla,  diedelo  al  sacco  ed  alle  fiamme, 
Nel  primo  tempo ,  ii^  cui  il  borgo  di  Garaglio  fu  de'cuneesi, 
lo  ebbero  in  feudo  gli  Arduini  di  Cuneo  ed  altri  signori  discesi 
da  quei  di  Sarmatorìo:  nel  1400  lo  acquistò  Bartolommeo  So* 
laro ,  signore  di  Villanuova ,  i  cui  discendenti  lo  alienarono  agli 
Isnardi ,  signori  dì  Saulrè ,  che  il  possedettero  poi  con  titolo  di 
marchesato. 

Gli  Isnardi  erano  orìginarii  d'Asti,  di  uno  dei  tre  casati  de 
Castelli ,  i  quali  come  guelfi  furono  emoli  dei  Solari.  Uniti  eglino 
ai  marchesi  di  Saluzzo,  seguirono  Manfredo  (1307)  nell'im- 
presa di  lui  per  la  successione  al  Monferrato,  dopoché  mori 
senza  prole  Giovanni,  ultimo  Aleramico.  Manfredo  perciò  nella 
pace  dell'anno  dopo  col  principe  Filippo  di  Acaja  comprese  i 
due  Isnardi,  Manfredi  e  Guglielmo.  Il  primo  fu  in  quello  stesso 
anno  podestà  di  Genova;  lo  fu  l'altro  nel  i3ii:  ed  uno  Ame-* 
deo  nel  1339  venue  prescelto  dal  duca  di  Milano  a  governa- 
tore di  Novara, 

In  quel  tempo  gli  Isnardi,  oltre  Sanfré.  e  Soiùmariva,  che 
già  possedevano,  fecero  acquisto  di  Valf enera,  MA^Uabruna  e 
Ternavasio:  ebbero  quindi  Villanuova  Solaro,  la  Monta,  San- 
ila e  Vito,  Agliano  e  Strevi,  la  Motta  e  Gervere,   il  marche* 


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CARÀGLIO  471 

sato  di  Senaates  in  Francia  ^  ed  infine  pel  maritaggio  di  un 
Carlo  Maurizio  con  Cristina  ultima  erede  dei  marchesi  di  Ha- 
yardy  ebbero  il  contado  di  Ligne ville,  Wittel  e  Malmaissen  in 
Lore  na. 

Espulsi  alla  lor  volta  da' Solari,  n  ricoverarono  in  Saluzzo 
presso  i  marchesi.  Quivi  Andrea  Matteo  fu  podestà  nel  i36o; 
e  il  fu  Lucchino  sette  anni  dopO)  fra  Giacomo ,  cavaliere  di  Ro- 
di, yi  yenne  eletto  a  capitano  dal  marchese  Federico  nella 
guerra  contro  il  principe  di  Acaja  -,  e  parecchi  altri  dello  stesso 
casato  yi  si  distinsero  nell'  esercizio  delle  alte  cariche  loro 
affidate.  Un  cospicuo  raonistero  di  domenicane  delV  Annunziata 
fuvvi  stabilito  dalla  vedova  Isabella  IsnardidiSanfré,  a^e  quali 
vennero  poi  surrogate  le  cistercensi. 

Ma  poiché  il  marchese  Federico  (  1 362  )  fu  costretto  dal  conte 
di  Savoja  a  cedergli  le  migliorì  sue  piazze,  e  si  elevò  per  con- 
seguenza in  Saluzzo  il  potere  di  alcune  popolari  famiglie,  gli 
Isnardi  e  altri  antichi  patrizii  si  allontanarono  da  questa  città. 
Kel  i382  gr Isnardi  d'Asti  si  sottomisero  al  conte  di  Savo- 
ja ;  e  in  tempi  posteriori  ottennero  dai  principi  Sabaudi  cariche 
assai  luminose:  onde  vediamo  Tommaso  ambasciadore  di  Carlo 
Emanuele  I  alla  corte  imperiale,  Carlo  Maurizio  gran  caccia* 
tore,  Luigi  gran  ciambellano,  Giovanni  Battista  vescovo  di  Mon- 
dovi  e  cancelliere  dell'ordine  supremo:  vediamo  cinque  altri 
della  stessa  prosapia  insigniti  dell'ordine  medesimo  e  molti  ca- 
valieri di  Malta. 

L'eroica  difesa  della  città  di  Alessandria  (  1744)  contro 
l'esercito  gallispano,  segnalò  l'ultimo  degli  Isnardi,  cioè  il 
marchese  Ignazio  di  Caraglio,  cavaliere  della  Nunziata.  Mori 
questi  governatore  della  cittadella  di  Torino  nel  174B;  e  il 
feudo  di  Caraglio  fu  da  Carlo  Emanuele  III  conceduto  al  mar- 
chese Filippo  Valentino  Asinari  di  s.  Martano  dopo  la  splendida 
di  lui  ambasciata  in  Ispagna  l'anno  lySi. 

Le  molte  lapidi  e  gli  insigni  monumenti ,  che  si  rinvennero 
presso  Caraglio  e  nel  suo  territorio,  additano,  come  fu  notato 
superiormente,  l'esistenza  di  un'antica  città  romana,  che  fio- 
riva non  lungi  dalla  positura,  ov'esso  fu  poi  edificato. 

Presso  r  oratorio  campestre  di  s.  Lorenzo ,  discosto  un  miglio 
circa  da  questo  borgo,  in  sulla  via  per  a  Cuneo,  nell'anno 
1780,  in  cui  si  riattava  quell'oratorio,  venne  scoperto  un  mo- 


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472  GARAGLIO 

numento  prezioso,  tuttoché  sia  mancante  del  nome  dell'autore 

sul  principio  e  sul  fine.  Eccolo: 

CVR  .  R  .  P  .  PBDON 

CVR  .  R  .  P  .  CABVR 

CYR  .  R  .  P  .  GERMA 

VAL  •  HBPOTUXiE 

GONIVGI  .  PIENTISSIMA 

qUM  .  VI- 

XIT  .  AH  .  XXXIX  .  M  .  Ili  .  D 

XVn  .  .  .  IRDECI  .  .  . 

Il  nome  di  curatore  indica  un  uffizio  intorno  ad  una  cittb; 
perchè  ^e  città  soltanto  avevano  i  decurioni ,  fra  i  quali  crea<*- 
vasi  un  curatore  y  cioè  amministratore  delle  rendite  loro. 

Il  monumento  indica  inoltre  il  nome  della  città,  nella  quale 
air  autore  di  esso  mori  la  moglie  Nepotilla;  ma  lo  indica  im- 
perfettamente :  è  assai  probabile  che  sia  Germanicia,  o  qual- 
che altro  molto  somigliante  vocabolo.  Cosi  nelle  medaglie  germ. 
leggesi  germanìcus;  e  città  dette  GerManicìe  n'esistono  altre, 
tra  le  quali  è  noverata  la  Germanicia  della  Siria  Comagene. 
Noi  stessi  abbiamo  Germaniaco  in  vai  di  Lucerna,  Germagnano 
in  vai  di  Lanzo  e  Germagno  nella  provincia  di  Pallanza. 

La  sopraccennata  cappella  di  s.  Lorenzo  è  una  residua  parte 
deir  antica  Pieve  di  santa  Maria  de  plebe  Cadralii ,  in  cui  fu 
già  una  cella,  ossia  un  piccolo  monistero  di  benedittini. 

Presso  a  questo  sito  in  una  sotterranea  camera  vennero  di- 
scoperti sepolcri  fatti  per  contenervi  intieri  cadaveri:  tra  i  quali 
dall'eruditissimo  teologo  Milanesio,  preposto  di  Sambuco  di 
vai  di  Stura,  fu  trovata  l'intiera  salma  di  una  matrona  detta 
Didisirinaj  avente  un  elegante  braccialetto  di  bronco  al  destro 
braccio,  ed  accanto  una  ben  conservata  lucerna.  L'iscrizione, 
che  è  molto  antica,  le  fu  posta  da' figliuoli  suoi  CianacciOj 
fHdimOy  Marcello  e  dal  genero  Moccio  Giusto  ^  della  cui  fa- 
miglia fu  forse  la  Mocca  Ennania ,  della  qual^,  è  fÌErtto  cenno 
in  un'iscrizione  rinvenutasi  a  due  miglia  da  Cuneo  di  là  dal 
Gesso. 

Un'altra  iscrizione,  che  nello  stesso  luogo  trovossi,  ricorda 
parimente  un' Ennania,  moglie  di  un  F^ito  Enestalo  Pomelioj 
e  i  figliuoli  suoi  Ulaluno ,  yeluro ,  Vito  Premelio ,  e  f^eiisa- 
consorte  di  e$so« 


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CARAGLIO  473 

Nella  stessa  camera  sepolcrale  esisteva  una  lapide  a  Giulia 
figlia  di  Marco,  a  Tirannide  jéfrodisiOj  a  C.  Giulio  Àfirodia-^ 
te^  posta  da  un  suo  genero,  del  cui  Dome  più  non  si  leggono 
che  le  due  ultime  lettere  IO. 

la  vicinanza  del  ridetto  oratorio .  trorossone  un'altra  su  mar* 
mo  bianco,  il  quale  è  contornato  di  un  basso  rilievo  di  assai 
mediocre  lavoro,  nella  cui  parte  inieriore  sta  un  carro  tirato 
da  due  cavalli,  e  guidato  da  un  uomo  a  piedi.  La  struttura 
di  quel  carro  non  ba  la  samigliante  presso  lo  Scheffero  de  x^ehi- 
culìs  anii quorum  y  ed  ba  la  forma  del  carro  militare  austriaco* 
In  mezzo  vi  si  legge,  che  Rinnia  Farlo  la  eresse. a  Rimùo  No-» 
vicio  Mulattiere  suo.  padre,  ed  a  Rinaio  Vilago  guardiamo 
fratello  ambi  viventi. 

Dipendente  dalla  Pieve  di  Caraglio  era  la  villa  dì  Passatore, 
situata  a  levante  nella. distanza  di  un  miglio  dalla  cappella  di 
s*  Lorenzo,  presso  il  passaggio  del  Grana.  Ivi  fu  rinvenuta  una 
lapida  miUiare  inscritta:  -  .%    '     . 

IMPBaATORt  .  M  .  AV£|!UO  .  FIO  •  PVLUa  •  IRVICTO  •  AVÓVSTO  .  A  •  .  •  A 

nella  quale,  manca  il  più  ìuiportante  ,  'cioè  il  numero  delle 
miglia  r  ma  siccome  il  sito  non  era  •  discosto  dal  luogo  di 
s-  Benigno  ,  dove  fu  già  un  monistero  di  benedrttioi  ,  die 
anicor  ritenne  il  nome  di  tjuadraginta  in  un  diploma  dèl'ii&z 
a  favore  di  Anselmo  conte  di  Laigueglia  ,  che  vuoiti  castelfi 
posisedeva  nel  contado  di  Albeàga  ;  è  siccome  sono  a  un  di- 
presso quaranta  le  miglia  rQmatH;  da  Torino  a  qu«l  luogo*, 
cosi  se  ne  può  ritrovare  il  numero  delle  miglia  poileridò 
mente  al  tempo,  in  cui  fu  eretta  la  lapida.   .  *   * 

Un  gran  sepolcro  venne  colà  dissotterrato-  circa  la  metà  dello 
scorso,  secolo,  avente  due  iscriàiom  imperfette:  dì  una -(fi  esse 
non  si  potè  avere  ifotixia:  dell'altra  eccone  le  palmole: 

n  .  w  ' 

M  .  AVBEUO  *  FAVSTO  .  Bt  .•  Y  .  VltlRO  .  AVGVSTALI  ^ 

DBCC  <  CIVIT  *  •  •  GVBATOBl'.  KALEIfD  .  BEIP 

.    .    .   CIA  ...  ET  .  MAXIMJS 

L  .  P  .  VXORI  .  CHABISS1M4B  •  ET  •  VASO  .  LVPIOm 

LIBEBrO»    .    . 

Questo  M.  Aurelio  Fausto  era  sacerdote  di  A(igii9to,  decu- 
rione di  città,  curatore  ed  ispettore  de^calendarìi,  o  delle  ta- 
vole dei  registri  per  Tesaxione  dei  tributi  di  Gennanicia  indi-' 
cata  nelle  finali  Cice. 


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474  CARAGLIO 

Ora  si  talk  cenno  di  quattro  antiche  lapidi  crtslìane,  che  fu- 
rono rinTcnute  nel  1763  in  un  caaapajo  accanto  all'aaiidetU 
cappella  di  s.  Lorenzo.  Una  di  esse  conteneva  dieci  linee  di 
bel  romano  carattere ,  di  cui  otto  vennero  tolte  per  indicarri 
r erezione  dell' oratorio  colla  data  dell'anno  1780  :  le  dueli- 
tiee  rimanenti  sono:  « 

CBJBSTUmS  .  FOSSOBiaVS 
AD  .  REFBIGEHIVM  •  XC  .  IH  .  rBBP 

I  fossori  erano  stati  instituiti  nei  primi  tempi  della  chiesa  per 
iscayare  ne'cimlterii  i  sepolcri  per  i  defunti  crìstiani.  Chierici 
e  nobiluomini  e  matrone  ne  esercitavano  l'uffizio;  ed  anzi  il 
grande  Costantino  ne  fondò  in  Costantinopoli  un  ordine  distinto 
dai  laici^  e  lo  esentò  dagli  uffizi  pubblici  e  dai  tributi.  Negli 
antichi  cimiteri  si  scorgono  i  ritratti  dipiati  dei  fossori  cm 
gravina  e  col  compasso  in  mano,  e  con  altri  analoghi  strumeob. 

II  titolo  cresiianis  aggiunto  ai  fossori  di  quella  lapide  e» 
pare  del  secolo  v,  fa  dubitarci  che  al  tempo  in  cui  fu  scolpita 
le  campagne  vi  fossero  ancora  cosperse  di  pagani.  Difetto  il 
vescovo  di  Torino  san  Massimo,  che  oltrepaasò  la  metà  di  fu^' 
secolo,  ha  due  sermoni  contro  i  sanguinosi  riti  diqueii^u^<> 
dei.  gentilesimo,  nei  quali  con  vivace  eloquenza  descrive  un  tu- 
lieo  sacerdote  di  Diana,  che  per  meno  soffrire  delle  (ente  cbe 
dee  farsi  di  per  se  stesso  allo  scopo  di  onorare  quella  »!>> 
divinità I  si  ubbriacava  il  mattino,  si  copriva  il  capo  di  B"ti 
irsuti  capegli,  e  nudatosi  il  petto,  iva  barcollando  e  meflando 
vanto  delle  fattesi  piaghe. 

I  fossori  adunque,  di  cui  si  é  parlato  poc'anzi,  conies^«* 
del  cristianesimo ,  avevano  le  loro  tombe  distinte.  La  voce  rtp' 
gerium,  che  sta  in  quella  lapide,  è  propria  de' cristiani,  ^ 
i|sata  che  da  cristiani  scrittori,  ed  in  senso  di  morale  soUiero 
e  conforto.  Che  in  quei  tempi  gli  alunni  dell'  evangelica  ^^  * 
venissero  talvolta,  per  lo  scambio  dell'i  ine,  chiamati  cr€sUa- 
ni,  lo  dichiarano  parecchie  auliche  lapidi ,  e  singolarmente  qoe  ^ 
del  museo  veronese,  pag.  aSa;  ed  un'altra  riferita  nella  ston 
letteraria  d'Italia^  tom.- 2  ,  pag.  374* 

In  un  canapajo  del  medesiqao  sopraccennato  luogo  si  ritrova- 
rono due  altre  iscrizioni  cristiane  del  tempo  longobardico,  10 
erano  esse  ben  rare:  servono  queste  mirabilmente  ad  accertare 
cune  epoche  della  cronologia  dc're  Longobardi*   La  pi^^ 


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CARAGLIO  475 

romano  carattere  semibarbaro  e  molto  ineguale  dice: 

-4»  ne .  lUBQvmsciT  •  ni .  somro  •  pacis  .  m  (bonac  memoriae) 

MABCIAHA  .  Q    {^UOC) 
TIXIT  •  ANH  .  PLM   {pluS   miìlUS  J 
L  «  BT  •  BBCESSIT  .  DB  .  HOC  .  SEL®  •  SVBD^"  •  mMABUAS 

(scado  sub  die  sexto  idus  martias) 

m  BBG  •  D^M  .  ABIPT  .  ABNO  •  YP  •  IBD  •  I 

(regnante  domino  Ariperto  anno  tjiùnto  per  indicùonem  primam) 

Alcuni  D  sono  scritti  come  un  delta  greco  semplice ,  alcuni 
con  delta,  che  é  un  triangolo  rettangolo,  il  cui  angolo  retto 
e  la  base  opposta  sono  traversati  da  una  linea  retta,  oppure 
la  perpendicolare  che  forma  l'angolo  retto  è  superiormente  prò» 
lungata,  e  quindi  ad  angolo  retto  ripi^^ta. 

11  ^  è  un  C,  da  cui  a  qualche  distanza  pende  un  C  rove- 
sciato ^.11  V  è  prolungato  a  guisa  d'  V,  11  T  e  una  roua 
croce,  che  si  ripiega  al  piede  obliquamente. 

La  croce  che  precede  le  iscrizioni  la  indica  cristiana.  Da  essa 
impariamo  il  vero  principio  del  regno  di  Ariperto  Longobardo; 
perché  nel  marzo  cadente  nell'  anno  quinto  del  suo  regno  cor- 
reva pure  l'indizione  prima.  Questa  era  cominciata  nelsettem-' 
bre  del  65'j  ;  dunque  il  marzo  seguente  nel  65^;  epperciò  Tanno 
primo  del  suo  regno  fu  il  653,  non  il  65a,  come  perisbaglio 
pensò  il  Muratori,  e  dopo  lui  non  pochi  eruditi. 

L'altra  iscrizione  ricorda  una  Rofia,  (pd  recessit  dehuncse^ 
cidum  sìd)  die  nono  kalendas  februarias ,  regnante  domino  no^ 
Siro  Grimovaldo  rege  anno  sepiimo  per  indictionem  duodeci-' 
mam  feliciterà 

Ora  questa  indizione  duodecima  cominciava  in  gennajo  del 
669.  Dunque  l'anno  primo  del  regno  di  Grimovaldo  fu  il  prin* 
cipio  del  663,  o  ai  più  sul  finire  del  662, 

Una  terza  iscrizione  cristiana  di  non  poco  rilievo  fu  nello 
•tesso  luogo  discoperta:  essa  appartiene  ai  tempi  di  Carlo  Ma* 
gno:  é  rotta  nel  mezzo  e  nell'estrema  parte  inferiore. 

-I*   HICBSQVIESGITBVOLSI 

BnOCBHSFavS    •    COBCBT 

ISHIBICSA   •    BROBVMTBIVM 

+   + 
QVEM    •   DOMinVS    •   SVSC 

BPIT    •   IBPACB    .   QI   .    BBCBSSJT 

XVI    •    .    .   S 


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476  CARAMAGNA 

Si  legge  hic  reqtUescà  Evols  innocens  JiUus  Comeùs  Hiriceanr 
ìwrum  irium,  ^uem  Dominus  suscepk  in  pace  ^  qui  recessk  de- 
cimosexto  —  forse  manca  il  resto. 

Goljla  lapide  trovossi  il  cadavere  del  fanciullo  '  tutto  avvolto 
in  fascie,  delle  quali  vi  fu  cbt  ha  conservato  ì  pezzi:  era  que-- 
«ti  figliuolo  del  celebre  conte  Irico  o  Erico ,  governatore ,  sotto 
Carlo  Magno y  della  Liguria  occidentale,  che  estcndevasi  infino 
ld  Po,  e  comprendeva  per  conseguenza  la  città  di  Gernoanicia, 
in  cui  Erico  perdette  il  suo  figli uolino  e  vi  die  sepoltura.  Delle 
yirtù  e  dei  guerrieri  talenti  di  quel  governatore  parlarono  tutti 
gli  annalisti  del  nono  secolo:  ne  fecero  molti  encomi  il  Du«- 
«hesne ,  Eginardo  agli  anni  796-799 ,  il  monaco  Engolismense, 
ed  il  poeta  Sassone  qg^la  vita  di  Carlo  Magno. 

Qi^esto  imperatore  innalzò  poi  il  conte  Erico  alla  dignità  di 
duca  del  Friuli. 

Il  padre  Zaccaria  nel  suo  iter  italicitm  rapporta  una  cronica 
ricavata  da  un  codice  del  capitolo  di  Verona,  in  cui  all'anno 
797  si  accenna  una  vittoria  ddlo  stesso  Erico  sopra  i  Vandali; 
ed  altri  scrittori  ne  riferiscono  un'  altra  da  lui  riportata  contro 
gli  Avari  e  gli  Unni  sotto  gli  auspizi  di  Pipino  re  d'Italia. 

Le  virtù  di  Erico,  che  dalla  nostra  lapida  è  cfaianieto  Hi^ 
rico,  tutte  ritrasse,  come  in  un  bel  quadro,  il  grande  amico  di 
lui  Paolo  Diacono  in  una  lodata  canzona,  che  venne  messa  in 
luce  dall'abate  Leboeuf  nel  supplimento  alla  sua  francese  Di5- 
seriazione  ecclesiastica  e  disile  di  Parigi, 

In  quella  canzona  il  poeta  mirabilmente  esprime  il  suo  do- 
lore nella  perdita  dell'amico,  ed  invita  a  piangere  seco  le  città 
ch'erano  state  governate  o  conquistate  da  lui,  fra  le  quali  sono 
rammentate  Asti  ed  Albenga.  Cosi  prezioso  epicedio ,  forse  non 
conosciuto  a  molti  letterati  d'Italia,  fu  ripubblicato  con  cor- 
rezioni ed  illustrazioni  dal  nostro  celeberrimo  Dui^andì. 

*  CARAMAGNA  (  Caramannia  Albingaunum  )  j  .  com.  nel 
mand.  di  Porto  Maurizio  ,  prov.  d'Oncglia,  clioc.  d' Albenga, 
div.  di  Nizza.  Dipende  dal  senato  di  Nizza ,  vice-intend.  prefett. 
ipot.  d'Oneglia,  insin.  e  posta  di  Porto  Maurizio. 

Caramagna  è  nome  di  antichissima  città  cosi  nei  paesi  d'orien- 
te, come  in  quelli  di  occidente:  dello  stesso  nome  sonovi  tie 
luoghi  in  questi  regi  slati  di  terraferma. 

Fu  antica  corte  con  castello  nella  contea  di  Albenga:   ne  fa 


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CARAMAGNA  47^ 

nlenzi<Aie  una  carta  del  1028,  cioè  quella  per  cui  venne  fan- 
data  l'abazia  di  Caramagna  in  Piemonte.  In  essa  il  marchese 
di  Susa  Olderico  Manfredo  insieme  con  Berta  sua  consorte, 
dona  all'abazia  la  metà  di  questo  castello,  della  sua  cappella, 
di  una  grossa  torre  sulla  costa  del  lido  e  delle. attinenze  loro: 
cbè  l'altra  metà  era  già  stata  da  essi  conceduta  al  monistero 
de'beneditlini  dì  s.  Martino,  allorquando  lo  fondarono  nell'isola 
Gallinarìa,  di  cui  il  marchese  Olderico  era  signore:  la  mar- 
chesa  Adelaide  figliuola  di  lui  nel  1064.  la  diede  alla  badia 
di  Pinerolo.  Qui  noterassi  che  l'isola  Gallinarìa  detta  pure  di 
Albenga,  per  essere  posta  in  faccia  a  questa  città,  isola  di  cui 
parlano  Yarrone  e  Columella,  ebbe  da  princijAo  il  suo  nome 
dalla  copia  di  galline  selvatiche  ivi  ritrovate  :  essa  è  una  grande 
rupe  solo  praticabile  per  un  sentiero  dalla  parte  di  settentrione. 
La  spiaggia  da  questo  lato  potrebbe  esser  comoda  eziandìo 
pei  grossi  vascelli,  ove  fosse  frequentata  (v.  Albenga}. 

Nella  predetta  carta  vediamo,  che  Caramagna  è  detta  Cara-' 
manniola,  di  cui  era  membro  Pratariolum,  che  oggi  conserva 
il  nome  di  Prelà^ 

Al  comune  di  Caramagna  sono  uniti  come  frazioni  i  luoghi 
di  Cantalupo  e  di  Ricci. 

Quattro  vie  comunali  di  qua  si  dipartono;  una,  da  levante,* 
mette  a  Cantalupo;  un'altra,  da  mezzodì,  guida  a  Porto Mau^ 
rizio;  la  terza,  da  ponente,  conduce  ai  Piani  e  Torrazza  ;  1» 
quarta,  da  tramontana,  scorge  a  Moltedo  e  Vasia.  Rimpetto  a 
Caramagna,  dalla  parie  occidentale,  sorge  il  monte  che  appel^ 
lasi  Poggio  brucialo  y  sulla  cui  cima  nei  tempi  andati  esisteva 
un  paese ,  del  quale ,  non  è  guari ,  vedevansi  ancora  gh  avanzi. 

Vi  scorrono  due  torrentelli,  chiamati,  unp  Moltedo  e  l'altro 
Vasia  ,  dai  nomi  dei  luoghi ,  ov'  essi  hanno  le  fonti. 

La  parrocchiale  di  Caramagna  è  sotto  l'invocazione  di  s.  Bar- 
tolommeo;  quella  che  serve  agli  abitanti  delle  due  frazioni  Can- 
talupo e  Ricci ,  è  sotto  il  patrocinio  dei  santi  .Simone  e  Giuda. 

Il  principale  prodotto  del  comune  si  è  quello  delle  olive  :  si 
fanno  scarsissime  ricolte  di  cereali  e  di  uve:  non  si  mantiene 
che  il  bestiame'  necessario  pei  trasporti  e  per  la  coltivazione 
della  campagna. 

Pesi  e  misure  di  Genova,  monete  dei  regi  stati. 

Popol.  540. 


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478  CARAMAGNA 

CABAMAGNA,  torrenle  della  proTÌncia  d'Oneglia,  formato 
dai  due  torrentelli  Moltedo  e  Yasia,  che  riuniti  presso  il  tìU 
laggio  di  Caramagna,  ne  prendono  il  nome.  Questo  torrente 
scorrendo  quiadi  verso  il  luogo  occidentale  della  citta  di  Por- 
to Maurizio,  va  ad  imbattersi  in  una  riva  del  mare  più  del  suo 
letto  elevata,  ed  ivi  ristagnandosi  le  sue  acque,  danno  feùda 
esalazione  e  cagionano  agli  abitatori  le  febbri  intermittenti.  In 
questo  torrente,  alla  distanza  di  circa  trecento  metri  da  Porto 
Maurizio,  vedesi  un  ponte  in  pietra  di  recente  costruzione,  per 
cui  è  facile  il  tragitto  a  Dolcedo  ed  ai  molini  di  Prelà. 

CARAMAGNA ,  torrente  nella  piovincia  d'Acqui ,  che  ha  le  fonti 
nelle  superiori*  colline  di  Cassinelle,  mandamento  di  Molare, 
e  dopo  un  corso  di  sette  miglia,  passando  a  Morsasco  e  Pe^ 
drasco,  si  getta  nel  Bormida  inferiormente  a  Visone. 

*  CARAMAGNA  (  Caramania  ) ,  com.  nel  niand.  di  Racco-* 
nigi,  prov.  di  Saluzzo,  dioc.  di  Torino,  div.  di  Cuneo.  Dipende 
dal  senato  di  Piem.,  intend.  prefett.  ipot.  di  Saluzzo,  insin.  e 
posta  di  Racconigi. 

Trovasi  in  una  vasta  pianura.  È  distante  due  miglia ,  a  borea  ^ 
da  Racconigi. 

La  superficie  del  suo  territorio  è  di  giornate  6967.  78. 

Gli  é  soggetta  una  villata,  che  chiamasi  dei  Sangaglietti ,  lon-* 
tana  un  buon  miglio  dalla  chiesa  parrpcchiale;  gli  abitatori  di 
essa  mantengono  per  loro  comodo  un  cappellano. 

Il  paese  e  diviso  in  varii  cantoni  che  la  più  parte  prendono 
il  nome  dalle  cappelle,  che  in  essi  furono  erette,  cioè:  della 
Villa ,  della  confraternita  di  s.  Rocco,  di  s.  Sebastiano,  di  s.  Lo« 
renzo  ,  di  s.  Martino,  di  Nostra  Donna  delle  Grazie,  di  s.  Bia- 
gio. Ciascuna  delle  dette  chiese  fa  la  festa  del  suo  titolare ,  ma  * 
solamente  quelle  di  s.  Rocco  e  di  s.  Sebastiano  vi  si  celebrano 
eon  qualche  solennità. 

Delle  sue  strade  una,  da  levante,  conduce  a  Sommariva  del 
Bosco*,  un'altra,  da  mezzodì,  scorge  a  Marene  e  quindi  a  Pos- 
sano; una  terza,  da  ponente,  mette  a  Racconigi^  una  quatta, 
da  mezzanotte ,  ^nde  a  Carmagnola. 

E  discosto  cinque  miglia  da  Marene,  quasi  due  da  Somma- 
riva  del  Bosco,  tre  abbondanti  da  Carmagnola,  undici  da  Sa- 
luzzo  e  quattordici  da  Torino. 

Ev?i  un  canale,  detto  il  Rivo,  che  in  occasione  di  piogge  o 


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CARAMA6NA  479 

sciogKineDlo  di  nevi  s'ingrossa  di  acque  provenienti  da' coUi 
dell' Astigiana:  esso  attraversa  il  territorio  di  Garamagna  a  le<* 
vante,  lungi  un  terzo  di  miglio  dall'abitato:  ewi  una  bealera 
chiamata  Sorseis  :  vi  sono  inoltre  due  piccole  correnti,  una 
detta  Rovarino  e  l'altra  Carmagnota,  che  si  uniscono  a  poca 
distanza  dal  paese  verso  tramontana  e  pigliano  il  nome  di  Meufa. 
La  parrocchiale  dedicata  all'Assunzione  di  Nostra  Donna  ed 
a  s-  Biagio,  è  antichissima:  la  sua  prima  construzione  era  se* 
condo  il  sistema  semigotico:  nel  1819  venne  riattata  sul  gusto 
moderno;  fu  tutta  dipinta  dal  pittore  Gastaldi  pìnerolese;  ne 
vennero  marmorate  tutte  le  pile  coi  loro  capitelli,  in  ordine 
composito ,  dallo  stuccatore  Bassi  :  e  tutto  ciò  si  potè  eseguire 
mercé  le  offerte  dei  parrocchiani  e  per  la  diligenza  dell'odierno 
arciprete,  il  quale,  dopo  avere  comprato  la  vetusta  casa  aba« 
ziale,  che  era  divenuta  propria  del  fu  conte  di  Lombriasco, 
la  fece  atterrare  e  formovvi  un  ampio  giardino,  che  trovasi  at- 
tiguo alla  canonica. 

Nella  chiesa  parrocchiale  si  venera  il  corpo  di  s.  Biagio, 
rinchiuso  in  un  busto  d'argento:  in  una  magnifica  urna  vi  son« 
le  reliquie  dei  ss.  Desiderio,  Abondio  ed  Asteiìo  compatroni. 

Appartiene  alla  giurisdizione  spirituale  dell'arcivescovo  di  Te<* 
rino  in  virtù  di  bolla  pontificia  del  17 'luglio  1817:  la  par-*» 
rocchia  venne  eretta  in  arcipretura  dall'arcivescovo  Chiaverotti 
nel  1 8^5:  il  titolo  dell'antica  abazia  di  Caramagna,  di  cui  si  parlerà 
qui  appresso  ,  fu  conservato  ad  una  regia  abazia ,  le  cai  rendite 
vennero  assegnate  e  distribuite  per  bolla  pontificia  del  3i  di 
luglio  1822  nel  modo  seguente:  lire  7i5o  all'abate  titola* 
re,  7i5o  all'abazia  di  s.  Michele  della  Chiusa,  lire  684^.  29 
al  capitolo  di  Vigevano,  e  lire  3964*  1 7  sono  riservate  al  regio 
Economato  generale:  l'ampio  monastero  statovi  edificato  dai 
padri  gerolimini,  il  quale  doveva  servire  di  abitazione  non  so* 
lamente  al  paroco,  ma  eziandio  all'abate  commendatario,  fu 
ceduto  all'arciprete. 

Negli  antichi  tempi  vi  era  una  rocca ,  la  quale ,  secondo 
un'opinione  priva  di  fondamento ,  sarebbevi  stata  eretta  da 
Cara,  figliuola  di  Numeriano  Cesare ,  e  moglie  di  PubUo  Manlio. 
Sorgeva  essa  nel  cantone  detto  la  Villa  :  la  circondavano  fos- 
fati e  bastioni,  dei  quali,  or  son  cinque  lustri,  vedevansi  an- 
cora gli  avanzi  :  tuttodì  ne  sono  nominate  le  porte-,  ed  in  i&pe- 


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486  GÀRAUAGMA 

eie  quella  che  diceTasi  ÀaìÌB  pustette,  é  la  porta- nvofa.  I^ 
rati  il  tempo  in  cui  Tenne  distrutta:  havvi  soltanto  negli  si* 
chlvi  couiunali  un  instrumento  tra  la  comunità  ,  ed  i  beoedit' 
tini  che  vi  fiorivano  in  allora.  Coi  detti  monaci,  che  a  quei  teiLji 
reggevano  la  parrocchia  di  Caramagtia,  la  comunità  conimi 
di  fare  ,  come  ancora  si  fa^  in  ogni  anno  ,  una  pubblica  pro- 
cessione ^  e  di  celebrare  solennemente  ì  divini  misteri  ìd  no* 
graziamento  a  Dio  per  la  pace  ottenuta  nel  giorno  26  d'api.!f 
del  1559.  L'instrnmento  di  tale  convenzione  incomincia  co5Ì 
«  Uni  ve  rais  notum  sit  quod  nolentes  esse  imniemores  tasti 
«  muneris  nobis  j  a  summo  Deo  collatis ,  pacis  initae  inter  ^l^ 
«  ges,  et  Principes  rehgionis  cristianae  beri  in  hoc  oppidopt: 
e  quatuor  timpanistas  uniusque  Maestatis  pubblicatae ,  et  io  tob 
«  hac  pedemontana  patria,  a  qua  pace,  }am  annis  vigintiqi»- 
«  tuor  praeterìtis  tota  haec  miserabilis  patria ,  immo  tota  h 
«  ropa  esausta ,  et  privata  estitit ,  per  berbedenem  dicti  m 
«  inter  Cesaream  ,  et  Regia m  Majestatem  facti  etc.  » 

£ravi  un  magnifico  castello,  nella  cui  splendida  galleria  stan 
scritto  :  Otho  a  Saxonia  imperator  dediu  Appartenne  «  ^' 
sato  dei  Saluzzo  Carde:  nel  1793  cadde  in  potere  tó  mar- 
chese s.  Martino  di  Aglié:  in  seguito  alle  passate  riceode  poe- 
tiche fu  venduto  all'asta  pubblica.  Oi  ia  cinque  lu*«  ^cnne 
atterrato,  ed  in  appresso  ridotto  ad  un  corpo  di  eascina. 

I  palazzi  di  qualche  riguardo  vi  sono:  il  comunale  ed  il  p 
rocchiale ,  che  per  la  sua  ampiezza ,  e  pel   vasto  attiguo  gi^'' 
dino    può  riguardarsi    coinè  la  più  beUa  canonica   della 
cesi. 

Hannovi  due    piazze  :   una    davanti  alla    parrocchia ,  che 
ponente  ha  il  comunale  palazzo;  l'altra  chiamata  A(AV^^^^ 
fraternità,  perchè  trovasi  rimpetto  alla  chiesa  di  essa,  so 
titolo  di  s.  Croce. 

In  questa  chiesa  si  ammirano  dagl'intelligenti  una  ecce 
tavola  del  famoso  Lallemand,  ed  ui^  Crocifisso  in  ì^%^ 
rinomatissimo  Plura. 

Questo  paese  circa  il  1600  fu  travagliato  da  un  p^ 
morbo  ,  che  secondo  una  locale  tradizione  ivi  cesso  p^^ 
ste  prodigio.  « 

Per  il  cholera*morbus ,  che  nello  scorso  anno  impcrtcì 
alcune    provincie  di  questi    Regi  Stati,  e   miete   ^'4  ^ 


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CARAMAGNA  481 

quella  dì  Saluzzo ,  morirono  in  Caramagna    a6  maschi,  e  ^i 
ì     femmine. 

I  principali  prodotti  del  territorio  sono  :  il  fromento ,  il  fieno, 
e  la  legna:  dal  bovino  bestiame,  ed  in  ispecie  da' Titelli,  visi 
ricava  un  considerabil  guadagno. 

Un  bosco  di  giornate  898  circa.,  esistente  a  borea  di  questo 
comune,  forma  parte  del  distretto  riservato  per  la  caccia  reale. 

U  ^5  di  novembre  vi  è  giorno  di  fiera  ,  il  cui  principale 
traffico  é  quello  del  grosso  bestiame  :  ad  essa  concorrono  i  ne- 
gozianti dei  circonvicini  paesi. 

II  martedì  ed  il  venerdì  vi  sono  giorni  di  mercato  per  la 
vendita  del  burro,  degli  erbaggi,  e  di  altri  commestibili. 

Evvi  una  stazione  di  sei  reali  cai'abinierì  a  piedi,  compreso 
il  brigadiere. 

Si  usano  gli  antichi  pesi ,  e  le-  antiche  misure  del  Piemonte. 

L'aria  ,  che  vi  si  respira  ,  essendo  molto  sana  ,  gli  abitanti 
sono  per  lo  più  di  robusta  complessione,  ben  fatti  della  per- 
sona ,  vìvaci  e  di  mente  aperta. 

Il  maggior  numero  di  essi  è  applicato  ai  lavori  delle  proprie 
terre.  Gli  uomini  della  classe  meno  agiata  esercitano  il  me- 
stiere del  muratore  ,  e  nell'invernale  stagione  quello  di  sega- 
tore della  legna.  Le  donne  si  distinguono  nel  filare  i  bozzoli  : 
partono  esse  in  novero  di  cinquecento  circa  per  lavorare  nelle 
filature  dei  paesi  circonvicini  ,  ed  anzi  non  poche  di  loro  si 
conducono  per  questo  genere  di  occupazione  infino  a  Voghera. 

Popolazione  8676. 

Ceruù  storici.  Caramagna  nel  decimo  secolo  era  già  luogo  di 
considerazione  con  corte  e  castello.  Nel  1028  il  marchese  di  ' 
Susa  Ulderico  Manfredo  unitamente  a  Berta  sua  consorte ,  fi- 
gliuola del  marchese  Autberto,  fondò  nella  basilica  o  cappella 
insigne  di  questo  castello  una  celebre  abazia  di  nioua<^ftbene- 
dittini^. 

Il  marchese  Bonifacio  di  Savona  conquistò  questa  con   altre    ^  /    /    . 
terre  delJPiemonte  sopra  i  conti  di  Savoja  discendenti  dilKaS^  Vv^^*^ 
^^U^iredofe  nella  divisione  di  sua  eredità,  Caramagna  Tanno  1142 
toccò  al  primo  marchese  di  Saluzzo  Manfredo. 

Ai  marchesi  di  Saluzzo  la  tolsero  i  provenzali,  dopo  la  metà 
del  seguente  secolo ,  sotto  Carlo  d'Angiò  ,  che  ad  essi  la  rese 
per  averli  alleati;  gli  Astigiani  perciò  collegatisi  col    marche:»e 
Dizìon.  geogr.  ecc.  Voi.  HI.  3i 


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48a  CARAMÀGNA 

di  Monferrato  y  toa  i  Viscoqti ,  i  Genovesi,  ed  i  Pavesi  k  ri« 
tolsero  nel  i474  ^'  marchese  Tommaso,  e  s'impadronirono  ad 
un  tempo  di  Kevelio,  e  di  Possano.  Allora  il  prìncipe  Saluz- 
lese  congiunse  con  le  loro  le  proprie  truppe ,  ed  ottenuta  sui  pro- 
venzali la  vittoria  di  Roccavione  ,  riebbe  Caramagna  l'anno  se« 
guente ,  alla  pace  di  Torino  ,  restituendo  egli  pure  agli  Asti- 
giani la  villa,  ed  il  castello  di  Tegerone. 

La  ebbe  quindi  in  feudo  il  conte  Antonio  di  Biandrate  si- 
gnore di  Monteacuto  nel  i3o5  per  quattro  mila  fiorini  d'oro: 
dai  Riandrà  ti  passò  a'  Savojardi  baroni,  di  Miolans  ,  e  da  que- 
sti per  via  di  donne  ai  Carde  do'  marchesi  di  Saluszo. 

L'abazia  che  Manfredo  e  Berta,  viventi  secondo  la  legge  sa- 
lica o  franca  ,  in  questo  castello  fondarono  ,  venne  confidata 
alle  monache  benedittìne  sotto  la  presidenza  di  Richilda ,  la 
quale  sin  dalla  prima  giovinezza  era  stata  in  quell'ordine  al-" 
levata. 

La  carta  di  tale  fondazione  è  un  pregevole  testimonio  della 
condizione  del  culto  divino  nel  tempo  del  mille.  Nella  detta 
basilica  erano  quattro  altari  :  il  primo  di  essi  era  dedicato  al 
divin  Salvatore  ,  alla  beata  Vergine,  a  s.  Giovanni  Evangelista, 
ed  a  tutti  i  Santi-,  il  secondo  a  s.  Giovanni  Battista,  a  s.  Pie- 
tro ,  ed  a  tatti  gli  Apostoli  ;  il  terzo  ai  santi  martiri  Stefano  , 
Lorenzo,  Cosma ,  e  Damiano  ;  il  quarto  a  s.  Michele  Arcan- 
gelo. Si  avevano  inoltre  le  reliquie  dei  santi  Astet io,  Longino, 
Biagio  martire ,  non  già  vescovo  di  Sebaste ,  come  credettero 
molti,  e  di  più  le  reliquie  di  s.  Demetrio,  di  s.  Abondio  mar- 
tire ,  dei  santi  Mauro  e  Cesario  ,  dei  santi  martiri  Vito,  Giorgio, 
e  Maurizio. 

Furine  grandiosa  la  dotazione:  cioè  il  castello  intiero  di  Ca- 
ramac^na  con  la  metà  del  villaggio,  con  la  metà  di  Pollenzo  , 
di  Colonne  e  Casala#$iM»di  Carmagnola  e  Pradariolo,  di  cui 
si  è  toccato  superiormente;  inoltre  il  terzo  della  corte  di  Sa- 
luzzo ,  liserbatone  il  castello  proprio  della  marchesa  Berta. 

I  fondatori  vi  aggiunsero  la  loro  parte  della  chiesa  di  s.  Ila- 
rio di  Aevello ,  del  cui  nome  esiste  ancora  la  cappella ,  e  la 
regione  ;  diedero  di  più  la  loro  porzione  della  chiesa  di  s.  \ito 
in  Caballario  PVìberti  ora  Cavaiiermaggiore  con  le  proprietà 
di  s.  Maurizio  ,  e  colla  chiesa  di  s.  Maria  di  Becetto. 

Né  qui  ferinossi  la  largizione  a  quell'abazia  ;  perocché  le  as- 


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CARAMAGISA  483 

segnarono  eziandio  quasi  tutta  la  Talle  di  Magra  y  vale  a  dire 
le  loro  possessioni  in  Surzana  (  dalle  cui  rovine  sorse  Dronero), 
in  s.  Damiano,  Pagiiero  ,  Stroppo,  Prata  ora  Frazzo,  s.  Mi- 
chele, Acceglio,  Paderno,  e  Roccabruna  *,  ed  inoltre  una  casa  in 
Torino  coi  possedimenti  che  i  fondatori  avevano  in  Avuglione  e 
Cambiano,  e  finalmente  dieci  mansi  o  poderi,  che  lavorati  for» 
nivano  la  sussistenza  ad  una  numerosa  famiglia  di  villici  in 
Mombarcaro. 

La  giusta  misura  di  tutte  le  possessioni  sopra  indicate  era  di 
iugeri  dieci  mila. 

AiMihe  la  loro  figliuola  Adelaide  segnalò  la  sua  pietà  nella 
donazione  che  fece  (1072)  a  questo  monistero  di  molti  teni» 
menti  nel  territorio  di  Carmagnola  soggetta  in  quel  tempo  al 
vescovato  ,  ed  alla  contea  di  Torino. 

Venuta  meno  col  tempo  la  disciplina  del  monastero,  il  sommo 
pontefice  Adriano  IV  nel  11 56  lo  sottomise  alla  cura  del  ver 
scovo  d'Asti  Anselmo:  fatta  quindi  capo  d'ordine  l'abazia  dis. 
Michele  della  Chiusa,  Innocenzo  IH  nel  1S102  le  sottomise  pa- 
recchie altre  abazie,  fr£(  cui  quella  di  Caramagna  ,  il  che  fu 
poscia  confermato  da  Innocenzo  IV  nel  i  %J^5 ,  e  da  Urbano  IV. 
Dopo  il  i4oo  l'abazia  di  Caramagna  riacquistò  la  propria  li- 
bera giurisdizione,  ma  se  ne  rilasciò  la  disciplina,  e  ne  vennero 
dissipati  i  beni  :  peilocchè  Felice  V  nell'anno  i444  9  ^^^  ^"  ^' 
quarto  della  sua  elezione,  con  bolla  dei  39  di  aprile  data  da 
Ginevra  ,  concedette  l'abazia  ai  benedittini  neri  coH'esenzione 
dal  vescovo,  e  con  dipendenza  da  un  abate  commendatario,  il 
quale  avea  pure  giurisdizione  spirituale  sopra  le  domenicane  di 
Chierì.  I  benedittini  scaduti  anch'essi  dopo  due  secoli ,  loro 
vennero  sostituiti  i  monaci  di  s.  Gerolamo  circa  il  1620.  Fu- 
rono eglino  soppressi  l'ultimo  giorno  del   1770. 

Dopo  la  citata  bolla,  il  monastero  non --cessò  dairavere  abati 
commendatari ,  il  primo  dei  quali  nel  i44^  ^^  Antonio  Pro- 
vana di  Carignano:  a  lui  succedette  Tommaso  abate  di  Pine- 
rolo ,  ed  arcivescovo  di  Tarantasia  nel  i4^9  ^  il  quale  otto 
anni  dopo  la  rinunziò  al  nipote  Giovanni.  Urbano  de' Miolans, 
signore  di  questo  luogo,  funne  il  quarto  abate  nel  ]490-  in- 
signe per  la  sua  beneficenza  verso  i  poveri  ^  ristabilì  del  pro<- 
prio  il  tempio  abaziale.  Possedette  egli  pure  le  abazie  di  s.  Mi- 
chele della  Chiusa  ,   di  s.  Stefano  di  Vercelli ,  di  s.  Ramberlo 


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484  CARAMAGNE  e  CARASCO 

in  Saro ja ,  ed  il  vescovato  io  Francia  di  Dia  e  di  Valenza.  M 
iSiS  gli  successe  Clemente  di  Roma  y  arcivescovo  di  Colacio, 
che  la  rinunziò  l'anno  dopo  al  nipote  Basilio.  UnFi'aDcescoiir 
Feis  de'  conti  di  Piossasco  y  signore  di  Piobesi ,  preposto  ci 
Dronero,  fuvvi  abate  nel  i54o.  A  lui  succedettero  quattro  ar- 
dinali:  Antonio  Bobba  di  Casale  nel  1570,  GiovaDoi  Francesco 
di  Biandrate  (vedi  Biandratc)  nel  1601,  Scipione  Borghese 
quattro  anni  dopo  ,  e  Pietro  Canipotto  modenese ,  yescoTO  ci 
Cremona,  il  quale  nel  1C37  rassegnò  Pabazia  a  Tommaso kuic 
de'  conti  della  Monta  ,  abate  di  Millet  in  Francia. 

Cessò  quest'abazia  sotto  il  governo  francese;  venne  rubli- 
lita  dal  Re  con  pontificia  approvazione  del  3i  di  luglio  1^33, 
e  fuvvi  nominato  l'abate  Giuseppe  Cacherano  di  Brichera»», 
primo  limosinìere  di  Sua  Maestà,  gran  croce  de' ss.  Maorìso 
e  Lazzaro ,  ceremoniere  dell'ordine  supremo.  Fa  questi^  a» 
è  guarì  ,  tolto  ai  viventi. 

Caramagna  diede  la  culla  a  Clemente  Guido,  che  Borirà  eira  il 
1600;  fu  medico  riputatissimo -,  scrisse  un  trattato  sopra  i  Teleoi' 

Qui  ebbe  ricovero  la  beata  Catterìna  da  Racconigi^  cbeiuon 
nella  vetusta  casa  Cappellis,  la  quale  ridusse  a  òecatt  or*'^ 
rio  la  camera,  in  cui  fu  ritirata  quella  santa  circa  l'ui'^^HV' 

CARAMAGNE  {Caramania)^  luogo  a  due  miglia  i^^"^^^ 
beri  sulla  destra  del  Leisse,  tra  la  Croce  rossa  ed  il  ^^^ 

*  CARASCO  [Carascum),  crtn.  nel  mand.  eprov.  diO»* 
vari  ,  dioc.  e  div.  di  Genova.  Dipende  dal  senato  di  GeooR. 
vice-intend.  prefett.  insin.  ipot.  e  posta  di  Chiavari. 

Molto  antico  è  questo  villaggio ,  il  cui  nome  vuoisi  àt  ^ 
vivi  dalla  scala  che,  per  mezzo  del  golfo  di  s.  Salvador^,  * 
vetustissimi  tempi  qui  si  faceva  delle  merci  per  la  Loml»'^' 
Si  crede  che  prima  dell'esistenza  di  Chiavari  già  in  ^^ 
risiedesse  un  capitano. 

JNel   1660  le  abitazioni  di  questo  paese  ,  e  siogolarmente 
vecchia  parrocchiale,  furono  quasi  per  intiero  atterrate  dalfiiifl^ 
torrente  Stuila  che  erasi  ingrossato  in  un  modo  strao»dinar'^ 

Nel  1746  numerose  soldatesche  passarono,  ed  el)beros(a 
in  questo  territoiio* 

L'abitato  é  posto  quasi  intierameste  a  mcuodi:  è  distante 
miglia  circa    cosi    dal  capo  luogo  di  provincia ,  come  dai  cu 
convicini  comuni. 


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CARASCO  4«5 

La  strada  che  da  Chiavari  mette  a.  Bobbio  ,  nella  direzione 
da  ostro  a  borea,  passa  per  Carasco,  Mezzanego  e  Borzonasca. 
}^er  Io  addietro  essa  era  la  più  frequentata  delia  riviera  di.  le- 
Tante  ,  se  per  altro  eccettuisi  quella  del  littorale. 

Provenivano  dalla  detta  via  i  lini  ,  ed  i  cereali  dalla  Lonir 
bardia  ,  a  cui  in  cambio  si  trasportavano  gli  oli  della  riviera  ; 
dimodoché  non  essendovi  altre  vie  carreggiabili,  quei  trasporti, 
e  quei  traffichi  tornavano  a  grande  utilità  dei  carascbesi,  una 
parte  dei  quali  è  di  presente  costretta  a  spatriare,  per  procac- 
ciarsi il  sostentamento. 

Vi  corrono  due  fiumi-torrenti  :  uno  detto  Sturla  ,  e  T  altro 
Lavagna.  Il  primo  scaturisce  a  Pian  Lavagnolo  in  cima  della 
Fontana  Buona  :  vi  si  tragitta  sur  un  ponte  stato  edificato  nel 
1 833  a  spese  dei  comuni  di  Carasco ,  e  di  s.  Colombano.  Il 
secondo  ha  le  sue  fonti  sulla  montagna  Bozzale. 

Quei  due  fiumi  vi  «i  riuniscono  in  un  «olo  ,  che  poi  chia- 
masi promiscuamente  Lavagna  ,  ed  Entella  ;  la  largliezza  me* 
dia  del  suo  letto  è  loo  metri.  Nel  1783  fuvvi  costrutto  uu  so- 
lido ponte  a  spese  dell'intiera  provincia,  il  quale  seive  al  tra- 
gitto da  Chiavari  a  Bobbio. 

L'Entella  ,  passando  vicino  alla  parrocchia  di  Rivarolo  ,  ri- 
ceve le  acque  del  torrente  Graveglia  ,  e  corre  a  metter  foce 
nel  mare  non  lunge  da  Chiavari.  Gli  accennati  fiumi  e  torrenti 
sono  fecondissimi  di  piccoli  pesci  e  di  eccellenti  anguille  :  ma 
le  loro  acque  si  perdono  in  gran  parte  sotto  gli  alvei  ghiajo- 
si ,  e  non  sono  esse  perciò  bastanti  all'  irrigazione .  dèlie  cam- 
pagne :  ma  con  l'aite  ,  e  con  pochi  dispendi  sarebbe  facile  il 
condurre  canali,  dai  fiumi  Taro  ed  Aveto ,  come  altre  volte  si 
è  fatto  nelle  vicinanze  di  Jatta  ,  e  si  potrebbero  in  tal  modo 
rendere  più  feconde  le  terre  di  questo ,  e  dei  .vicini  villaggi. 

Vi  sorgono  il  monte  Camelia,  e  varie  colline  assai  feraci  dì 
viti  ,  e  di  olivi.    Vi  si  trovano  cave  di  ardesia. 

La  nuova  chiesa  parrocchiale  fu  costrutta  nel  centro  del  paese 
Tanno  1770.  £  sotto  Tin vocazione  di  s.  Marziano.  La  festa  prin- 
cipale vi  è  quella  di  N.  D.  della  Concezione.  Rìmpetto  alia  par- 
rocchia vedesi  una  piazza  sufficientemente  spaziosa. 

Il  ciiniterio  tiovasi  a  qualche  distanza  dall'abitato. 

Vi  si  mantengono  molte  vacche  ,  di  cui  è  notevole  il  pro- 
dotto ,  ed  alcune  pecore  e  capre. 


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486  CARAVECCHIA  e  CARAVINO 

DI  qualche  tiguardo  vi  sono  i  frutti  degli  olivi,  delle  viti ,  e 
dei  castagni. 

Proviene  a  Carasco  un  qualche  guadagno  dalle  piante  di  alto 
fusto,  e  soprattutto  dalle  quercie,  che  servono  assai  bene  per 
la  costruzione  di  attrezzi  marittimi  ,  e  militari. 

La  principale  occupazione  delle  donne  vi  è  quella  di  filare 
il  lino ,  e  di  tesserne  la  tela ,  che  si  vende  principalmente  in 
Chiavari. 

Per  lo  passato  si  tenevano  due  fiere  :  una  nel  di  primo  di 
maggio ,  e  l'altra  nel  giorno  8  di  ottobre  :  le  quali  ora  più 
non  si  fanno. 

Pesi  e  misure  di  Genova. 
Popolazione   1740. 

CARAVECCHIA,  torrente  del  Sospellese,  che  discende  dalla 
balza  d'Immera  ,  e  perdesi  nel  Merlanzone. 

CARATINO  {Caravinum),  coni,  nel  mand.  di  Azeglio, prov. 
e  dioc.  d* Ivrea  ,  div.  di  Torino.  Dipende  dal  senato  di  Piem., 
ìntend.  prefett.  ipot.  d'Ivrea  ,  ìnsin.  e  posta  di  Azeglio. 

Questa  terra  è  celebre  pel  martirio  ivi  sofferto  da  s.  Solu- 
tore della  romana  legione  tebea  Tanno  286  giusta  il  computo 
del  TilIemODt.  Il  corpo  di  lui  da  una  santa  matrona  nativa  od 
orionda  d'Ivrea,  detta  Giuliana,  fu  trasportato  a  Torino  nella 
sepoltura  dei  santi  Avventore  ed  Ottavio  compagni  di  esso,  che 
in  Torino  furono  martirizzati  :  sulla  detta  sepoltura  ,  esposta  a 
libeccio  della  città,  quella  santa  matrona  eresse  poi  un  oratorio, 
e  fabbricò  a  se  stessa  una  cella. 

Dopo  i  marchesi  d'Ivrea  ,  la  chiesa  di  questa  città  ebbe  il 
dominio  di  Caravino. 

Da  una  carta  del  1070  ricavata  dagli  archivi  della  Regia  Ca« 
mera  de' conti  ,  la  quale  ha  la  data  di  Guillengo  presso  No- 
vara ,  si  riscontra  un  Ardizzone  ,  figliuolo  di  Rosone  di  gente 
longobarda  ,  che  rivende  Cadrawrium  con  molti  altri  luoghi , 
castelli ,  ed  oratorii  circonvicini ,  non  che  varìi  lontani  villaggi 
ad  un  conte  Guido  ,  figlio  di  un  altro  conte  €uido,  probabil- 
mente  di  Bìandrate  ,  e  forse  quello  stesso  ,  che  ni^l  io34  fece 
un  cambio  di  possessioni  nella  Rraida  di  Pollenzo  con  l'abate 
di  Nonautola  {\ edi  Biandrale ^  e  ^r^^.  Ardizzone  avea  comprati 
quei  beni  da  Yaldrada  moglie  di  Alberto,  e  figliuola  del  conte 
Alberico. 


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CARAVINO  487 

Nel  iaa7  il  vescovo  Oberto  d^Ivrea  lo  cedette ,  sii!coine  feudo 
maggiore ,  al  marchese  di  Monferrato  ;  e  questi  lo  infeudò  in 
appresso  ai  coati  di  Masino. 

Sul  territorio  dì  questo  «paese  corrono  quattro  comunali  stra- 
de -:  una  ,  da  levante ,  conduce  a  Settimo  Rottaro ,  e  ad  Aze- 
glio-,  un'altra,  che  e  la  principale,  mette,  da  settentrione, al 
capo  luogo  della  provincia  ,  passando  per  Tina  ,  e  volgendo 
a  mezzodì  ^  scorge  a  Vestigné  *,  una  terza  guida  ad  Albiano  ; 
una  quarta  ,  da  ostro  ,  tende  a  Masino. 

Il  comune  è  lontano  un  miglio  da  Settimo  Rottaro,  cinque 
dal  capo  luogo  della  provincia,  due  da  Albiauo,  ed  uno  e  mezzo 
^  Masino. 

Alla  distanza  di  due  abbondanti  miglia,  tragittasi,  col  mezzo 
di  un  porto,  la  Dora  fialtea. 

Nel  territorio  si  valica  pure  su  due  ponti  il  regio  naviglio, 
ossia  il  canale  d'Ivrea  ,  con  cui  si  puonno  irrigare  non  pochi 
tenimenti  del  villaggio  situati  a  tramontana. 

Un'ameoa  e  ferace  collina  esistevi  a  mezzodì ,  sul  vertice  della 
quale  vedesi  il  bel  castello  di  Masino.  Le  falde  ne  sono  ver* 
deggiantidi  bei  coltivati  vigneti;  e. all'altezza  di  più  di  un  quarto  di 
miglio ,  essa  è  popolata  di  boschi  cedui  ,  e  soprattutto  di  ca- 
stagni f  i  quali  ,  oltre  i  frutti  ,  ohe  forniscono  ,  sono  di  un 
grand'uso  per  lo  sostegno  delle  viti ,  di  cui  abbonda  il  paese* 

Vi  scaturiscono  varie  sorgenti  d'acque  limpide,  fiesche,  leg- 
gerissime; ed  una,  che  nasce  appunto  nel  territorio  di  questo 
luogo,  chiamata  la  fontana  della  Verna,  fu,  quarant'anni  ad* 
dietro  ,  di  utilità  grandissima  per  gli  abitanti  di  Caravino , 
giacché  per  mezzo  di  tubi  era  essa  condotta  dentro  il  paase;  ' 
ma  per  qualche  gelosia  ,  o  malevolenza  trovossi  guasta  otto 
lustri  £ai,  e  non  venne  mai  piik  riattata. 

Nel  mezzo  del  paese  sta  la  parrocchia  di  vetusta  constru-* 
xione.  A  maestrale  vedesi  la  cappella  di  s.  Solutore,  di  cui  si 
è  parlato  poc'anzi.  Si  accerta  che  questo  santo  sia  stato  mar-* 
tirizzato  nel  sito  medesimo,  in  cui  la  detta  cappella  fu  poi  edi* 
ficaia. 

Le  feste  principali  vi  ^ono  due  :  quella  di  s.  Giacomo  com- 
patrono nel  di  a5  di  luglio  ,  alla  qu2ilc  concorrono  due  mila 
e  più  persone  ;  e  la  festa  di  s.  Solutore  titolare  della  parrocchia , 
che  si  fa  con  intervento  di  pochi  forestieri  addi  so  di  gtnnajo. 


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488  CARAVINO 

Sonovì  due  altre  chiesuole  :  la  prima  si  vede  ad  una  esti(- 
mila  deirabitato  in  sulla  via  che  tende  a  Masino.  DieiiDerel6 
gante  disegno  il  conte  del  Verde  ,  di  cui  il  comune  cookni 
grata  riinembranza ;  è  dedicata  a  s.  Rocco  :  l'altra,  che  ap[ti- 
lati  della  Madonna  delle  Grazie,  sorge  fuori  del  paese  io  di 
strada  che  mette  ad  Albiano. 

Sopra  la  collina,  in  distanza  di  quattiocento  trabucchi  dsi<i 
parte  di  maestro  ,  sorge  un  antichissimo  campestre  oralori 
detto  di  s.  Giacomo  in  Carpaneto  ,  spettante  all'abazia  dì  à% 
nome.  Fu  esso  di  patronato  di  casa  Masino,  e  trovasi  on so:^ 
quello  del  conte  della  Trinità.  Dicesi  che  prima  del  taglio  dt'i 
collina  di  Mazze,  quando  la  Dora  Baltea  inondava  queliep- 
nure,  si  attaccassero  alle  esterne  pareti  di  quell'oratorio  le  hi;- 
che:  di  fatto  ,  a  ricordo  d'uomini  ,  vi  si  vedevano  ancora  a!- 
laccati  grossi  appiccagnoli  di  ferra. 

£vvi  una  congregazione  di  carità,  fondata  per  li  laKiSi  «^^ 
vari  caravinesi ,  ed  in  ispecie  di  una  Giovanna  Masera.  l^ 
quale,  or  fa  sessant'anni ,  per  cosi  degno  scopo  lasciò  no 'Q* 
nna  rendita  di  lire  4^^  9  che  si  distribuiscono  ai  poveri, '9'^'' 
per  altro  vi  sono  in  picciol  numero  ;  perocché  il  Ifrnlono, 
tranne  la  quarta  parte  di  esso,  propria  di  casa  Saà'ì'^)'^ 
diviso  per  modo  che  quasi  tutte  le  famiglie  vi  posseggono  e 
coltivano  con  diligenza  qualche  podere. 

I  caravinesi,  nell'autunnale  stagione,  vanno  soggetti  alle '«^ 
bri  intermittenti  ,  perché  uomini  e  donne  in  buon  nuffl^'*'^ 
conducono  sul  vercellese  per  le  ricolte  dei  risi.  KeUa  pn»** 
vera  non  pochi  di  essi  vengono  assaliti  da  pleurisie  ben s^^^'^'' 

'  fatali ,  per  negligenza  di  ricorrere  per  tempo  all'arte  nifo»^ 

II  cimitero  é  posto  a  borea ,  in  poca  distanza  dalJ'abitst* 
Sulla  pubblica  piazza  havvi  un  assai  grande  ricettacolo d'a^f' 

chiamato  Quassolo  :  fu  sempre  conservato  affinchè  si  P*"^ 
nella  state  inaffiare  i  giardini ,  e  si  abbia  in  pronto  Tacq»"" 
casi  d'incendio  j  tanto  più  che  non  vi  sono  se  non  quattro  f^ 
comunali  della  profondità  da  sedici  a  venti  trabucchi- 

A  mezzanotte  si  veggono  notevoli  avanzi  di  un  antico  «' 
forte  castello,  di  cui  la  gran  porla  d'ingresso  ed  il  P^"*^  ^ 
vatojo  furono  atterrati  nel   j8ia. 

A  ponente  evvi  un  ampio  cascinale  ,  a  guisa  divill^ta?^' 
chiamasi  di  GrivalinO;  con  bellissimi  edifizi  meccanici  p^^  ^ 


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CARAVONICA  489 

cinare  i  cereali ,  per  la  pesta  della  canapa,  e  per  la  forma- 
zione deirolìo  di  noce  :  vi  stanno  ducento  cinquanta  persone. 
Quel   luogo  é  proprio  di  casa  Masino. 

I  prodotti  territoriali  sono  :  fromento  ,  segale,  meliga,  vino. 
Si  ricava  eziandio  un  considerabil  guadagno  dalle  molte  piante  , 
e  in  ispecie  dai  noci  ,  dai  roveri  ,  dai  pioppi,  e  dai  castagni, 
la  cui  legna  si  vende  massimamente  sui  mercati  del  capo  luogo 
della  provincia. 

Non  vi  abbonda  il  selvaggiume.  I  cacciatori  non  vi  trovano 
cbe  pocbe  lepri  ,  pernici ,  beccaccie  ,  quaglie  ,  tordi. 

Gli  abitanti  sono  in  generale  dì  robusta  complessione,  vivaci, 
ed  ingegnosi  ;  riescono  pressoché  tutti  assai  bene  nelle  arti 
meccaniche  ;  i  loro  lavori  si  vendono  anche  fuori  del  paese. 
Molti  di  essi  fanno  il  mestiere  del  muratore  ,  e  si  conducono 
per  esercitarlo  in  ogni  parte  del  Piemonte. 

Nella  scuola  comunale  s'insegnano  gli  elementi  delle  lingue 
italiana  e  latina. 

Si  usano  i  pesi  e  le  misure  antiche  del  Piemonte. 
Questo   comune    si    onora    d'aver    dato    i  natali   all'insigne 
abate  Perino ,  dottore  in  teologia    e  in  ambe  leggi ,  che  dettò 
<on   molta    distinzione  le  teologiche  dottrine    nel    seminario  di 
Ivrea  ,  e  fu  tolto  ai  viventi  in  età  di  quarant'anni  nel   1791. 

I  caravinesi  rammentano  con  piacere,  che  abbia  scelto  fra 
loro  la  propria  abitazione  l'insigne  avvocato  Ignazio  Fava  ,  d'il- 
lustre famiglia  ,  il  quale  fu  vice-intendente  della  provincia  di 
Ivrea  ,  e  lasciò  tre  figliuoli  che  si  distinsero  nella  milizia ,  so- 
prattutto r  ultimo  ,  che  in  premio  del  suo  valore  fu  insignito 
della  croce  dei  santi  Maurizio  e  Lazzaro. 

Popolazione   1600. 
^    CARAVONICA    o    CRAVONICA    (  Carasfordca  ) ,  com.    nel 
mand.  di  Borgo-Maro,  prov.  d'Onègfia  ,  dioc.  d'Albenga,   div. 
di  Nizza.    Dipende  dal   senato  di  Nizza  ,    vice-intend.    prefeft. 
ipot.  e  posta  d'Oneglia ,  in  sin.  di  Borgo- Maro. 

Questa  terra  molto  sofferse  delle  fazioni  avvenute  nella  pro- 
vincia di  Oneglia  tra  il  duca  di  Savoja  ,  ed  i  genovesi  nel 
principio  del  xvii  secolo. 

La  famiglia  Tomatis  originaria  di  Garavonica  ebbe  un  Tom- 
maso presidente  al  tempo  del  duca  Lodovico  di  Savoja,  e  tre 
altri  riputati  scrittori  di  civile  e  canoDica  giurisprudenza  ,  cioè 


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490  CARATONIGA 

Marc'  Antonio  ,  ìauclitore  di  Ruota  in  Macerata  ,  che  scrìsse  un 
volume  di  decisioni  di  quel  tribunale  nel  1639,  ^"  vescovo 
(1640  di  Ritetto  nel  Napolitano,  sostenne  quindi  rilevanti  ca- 
riche nello  stato  pontificio  y  e  mori  in  Roma  in  età  d'anni  79 
l'anno  i665. 

Un  nipote  di  lui  ,  avente  lo  stesso  suo  nome ,  fu  presidente 
dell'una  e  dell'altra  segnatura  in  Roma,  e  quindi  vescovo  d'Asti 
nel  1666.  Nelle  cariche  della  curia  romana  succedette  a  que- 
st'ultimo il  fratello  di  lui  Giovan  Domenico ,  di  cui  si  hanno 
dotti  libri  di  scienza  legale ,  massimamente  di  diritto  eccle- 
siastico. 

Garavonica  è  situato  a  ponente  sul  pendio  di  una  montagna 
presso  la  strada,  che  da  Oneglia,  per  Ormea,  conduce  in  Pie- 
inonte  tra  s.  Lazzaro  e  s.  Bartolommeo  ,  e  fra  le  due  sorgenti 
della  Fiumara.  £  molto  esposto  ai  freddi  venti ,  ed  alle  nevi. 

È  lontano  tre  ore  e  mezzo  di  cammino  dal  suo  capo  luogo 
di  provincia. 

Vi  corrono  quattro  vie:  una  ,  da  levante,  conduce  a  Torna, 
discosto  un'ora  ;  un'altra  ,  da  ponente ,  a  Borgo-Maro ,  anche 
un'ora  lontano;  una  terza  ,  da  mezzodì,  a  s.  Lazzaro,  distante 
minuti  4^  ;  nna  quarta  ,  da  mezzanotte  ,  a  s.  Bartolommeo 
d'Azeno ,  che  gli  sta  a  So  minuti» 

La  principale  via  di  presente  è  comunale  ;  prima  della  for- 
mazione della  via  provinciale,  era  essa  la  reale  strada  del  Pie- 
inonte:  ciò  nondimeno  essa  é  ancora  molto  frequentata  dai 
mulattieri,  perché  la  provinciale  che  passa  per  Cesio  è  più 
lunga  di  due  ora  circa. . 

Ne  solca  il  territorio  il  Trezenda  ,  torrente  ,  che  ha  foce 
nel  fiume  luipero.  Vi  si  tragitta  a  guado  da  chi  si  conduce  a 
Torri  a  ;  cosicché  nelle  sue  escrescenze  ,  durante  alcuni  giorni,  è 
forza  che  il  viaggiatore  passi  per  s.  Lazzaro  ,  dove  esiste  un 
ponte. 

Un  rivo  detto  Rivo  grande,  che  alla  sua  sorgente  chiamasi 
la  Bramosa,  viene  ad  unirsi  al  Trezenda  al  passo  che  appel- 
lasi della  Pantallina.  Quel  rivo  é  varcato  da  due  ponti ,  detti 
uno  delle  Brcggie  ,  e  l'altro  dell'Edifizio. 

Sorgevi  un  colle  dell'estensione  di  una  mezz'ora  circa  ,  al 
quale  successivamente  si  uniscono  altri  colli  spettanti  a  circon- 
vicini villaggi.  Ad  esso  sovrasta  un'altura  chiamata  Piceo  dritto. 


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CARATONICA  491 

La  strada  che  yì  conduce  ,  detta  Pietra  negra  ^  è  pratica- 
bile in  ogni  stagione  ,  tranne  il  caso  di  una  straordinaria  ab- 
bondanza di  neve  ,  cbe  tuttavia  non  impedisce ,  se  non  per 
pochi  giorni  ,  il  passaggio. 

Nel  mezzo  dell'abitato  sta  la  parrocchia  sotto  Tiifvocazione 
di  s.  Michele  Arcangelo.  S.  Pietio  martire  è  il  compatrono  del 
comune. 

Un'altra  chiesa,  sotto  lo  «tesso  titolo  di  s.  Michele,  vedesiin 
distanza  di  dieci  minuti  da  Caravonìca.  Venne  fondata  nel  looi. 
Era  l'antica  parrocchiale ,  quando  il  comune  dividevasi  in  varie 
borgate  :  serve  ora  di  cimiterio. 

Alla  distanza  d'un  quarto  d'ora  sorge  un  piccolo  santuario 
Teneratissimo  per  essere  consecrato  a  Nostra  Signora  delle  Vi<*- 
gne.  È  posto  vicino  all'antica  reale  strada  del  Piemonte.  Fu 
eretto  nel  1600. 

Alle  solennità  del  s.  titolare,  e  di  s.  Antonio  da  Padova  in* 
tervengono  molti  forestieri. 

Evvi  un  ospizio  di  quattro  camere  in  pessimo  stato ,  che  è 
addetto  al  convento  dei  cappuccini  di  Oneglla.    . 

La.  pubblica  scuola,  in  cui  s'insegnano  i  primi  rudimenti 
delia  lingua  latina ,  venne  fondata  da  un  Giuseppe  Gallo  ,  con 
testamento  del  3  di  gennajo  del  j  7G6.  Sonovi  due  palazzi:  uno 
rovinante  ,  proprio  di  casa  Ceva  -,  l'altro  in  ottimo  ^tato  ap« 
partiene  all'abate  Giovan  Battista  Morelli,  che  lo  ereditò  dalla 
contessa  Tomati ,  vedova  Nicolis  di  Hobilant ,  morta  ,  son 
pochi  anni ,  in  Roma. 

Una  via  che  conduce  all'altura  del  paese ,  e  chiamasi  tuttora 
del  Castello,  fa  credere  che  vi  sorgesse  altre  volte  una  casa 
forte. 

'  Vicino  al  sopraccennato  santuario  di  Nostra  Signora  delle 
Vigne  sì  fa  addi  i3  di  giugno  una  fiera  ,  principalmente  per 
la  vendita  del  bestiame  ,  alla  quale  accorrono  molte  persone 
dei  paesi    e    delle  valli  circonvicine. 

1  prodotti  territoriali  consistono  in  grano  ,  vino  ,  erbaggi , 
fieno,  castagne  ,  fichi,  ed  altre  frutta.  Ma  fallendovi  la  ricolta 
delle  olive  ,  il  paese  trovasi  in  cattiva  condizione  \  perocché  il 
prodotto  di  esse  vi  è  il  ])rincipale. 

I  cacciatori  vi  possono  fare  buone  prede  di  pernici  e  di  tordi. 

Gli  abiUnti  di  Caravonica  sono  metzanamente  robusti,  e  d'io- 


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4g^  CARAZ  E  CARBONARA 

tlole  buona:  quelli  fra  loro  che  si  applieano  agli  studi,  vi  rie- 
scono assai  bene. 

Si  usano  i  pesi  e  le  misure  del  Piemonte. 

Popolazione  290. 

CARAZ  ,  terrìcciuola  distante  un'ora  di  cammino  dalla  città 
di  Nizsa  y  a  levante  del  torrentello  Barla  ,  a  mezzodì  del 
lido  del  mare,  a  occidente  del  Varo,  a  tramontana  della 
Casa  della  lanterna.  Fu  contado  dei  Maistre  di  Castelgrana  della 
città  di  Nizza. 

'*'  CARBONARA  di  Lomellina  {Carbonaria  LaumeUino^ 
rum)  ,  com.  nel  mand.  di  Cava,  prov.  di  Lomellina,  dioc.  di 
Vigevano,  div.  di  Novara.  Dipende  dal  senato  di  Piem.,  intend. 
di  Mortara,  prefett.  ìpot.  di  Vigevano,  insin.  di  Garlasco,  posto 
di  s.  Martino  Siccomario. 

È  situato  lungo  la  costiera  che  guarda  la  valle  del  Ticino. 
Verso  borea  confina  col  regno  Lo mbardo« Veneto,  mediante  un 
piccolo  ramo  del  detto  fiume  ;  ed  è  per  ciò  che  vi  sono  una 
stazione  di  cinque  carabinieri  reali  ,  ed  una  regia  dogana  dì 
second'ordine.    . 

Una  strada  provinciale  ,  da  levante  ,  accenna  alla  città  di 
Pavia  ,  ed  a  ponente  conduce  a  s.  Martino  Siccomario  ,  disco- 
sto due  miglia  ;  delle  altre  vie  che  corrono  in  questo  territo- 
rio, una,  da  occidente,  scorge  a  Gropello  due  miglia  lontano; 
un'altra ,  da  ostro ,  tende  a  Sommo  ,  Sairano ,  s.  Fedele ,  ed 
alla  Torre  de'  Torti  ;  una  terza  ,  da  borea,  mette  a  Limido, 
e  Campo  Maggiore  distanti  un  miglio  ,  ìndi  al  capo  luogo  di 
provincia  nove  miglia  discosto. 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  l'invocazione  di  s.  Giovanni. 
Le  due  principali  feste  vi  sono  quella  del  s.  titolare  della  par- 
rocchia-, ed  un'altra  quivi  detta  la  festa  del  paese,  che  ricorre 
nella  terza  domenica  di  ottobre. 

I  prodotti  territoriali  consistono  in  vino  ,  segale  ,  meliga , 
avena,  riso,  e  in  poca  quantità  di  grano  e  di  fagiuoli  di  varie 
specie.  II  fromento  ,  il  vino ,  ed  i  marzuoli  si  consumano  nel 
paese  ;  le  altre  derrate  sì  smerciano  nelle  provincie  di  Voghera 
e  di  Novara. 

Si  fa  nel  comune  un  formaggio  giallo  di  ottima  qualità. 

1  cacciatori  vi  tjrovano  molto  selvaggiume ,  beccaccini,  qua- 
glie  e  pernici. 


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CARBONARA  ^     4g3 

Gli  abitanti ,  che  per  la  più  pane  attendono  con  diligenza 
all'agricoltura,  sono  robusti  anzi  cbe  no  ,  e  d'indole  quieta. 

Per  riguardo  ai  pesi  la  libbra ,  composta  di  i  a  onde ,  corri- 
sponde a  kìlograniini  o.  0324^58. 

L'oncia  corrisponde  a  kilogrammi  o.  0270215. 

Il  rubbo  è  di  25  libbre. 

Le  misure  del  grano  sono  il  sacco  e  l'emina  ;  il  sacco  è  di 
emine  sei;  l'emina  colma  è  di  litri  20.  377  ;  la  rasa  di  litri 
18.   ii3.  / 

Cenni  storici.  Questo  villaggio  pigliò  il  nome  dall'antica  Car^ 
bonaria  Silva  ,  circondata  da  tre  fiumi  ,  il  Terdoppio ,  il  Ti- 
cino ,  ed  il  Po ,   nel  quale  i  due  primi  vanno  a  scaricarsi. 

La  detta  selva,  situata  ad  ostro  di  Gropello,  occupava  i  pre- 
senti luoghi  e  territorii  di  Villanuova  ,  di  Carbonara  ,  che  ne 
ritenne  il  nome,  di  s.  Damiano,  della  Torre  de'  Torti ,  di  Cava, 
di  Torre  vecchia ,  o  Torvedo  insino  a  Siccomario  ,  di  s.  Nazario 
del  bosco  insino  a  Zinasco,  ed  a  Sommo.  Terminava  a  levante 
in  un  largo  sabbione  a  manca  ,  ed  in  paludi  a  destra  verso  il 
Po  :  vi  passava  nel  mezzo  la  strada  di  Pavia. 

L'imperatore  Guido  nell'891  concesse  l'uso  di  quella  selva  al 
monistero  di  s.  Maria  Teodota  di  Pavia  confermandogli  il  di- 
ritto della  pesca  dal  re  Cuniberto  de'  longobardi  statogli  con- 
ceduto presso  le  due  opposte  rive  del  Po,  ed  eziandio  le  iso* 
lette  da  Nebiasco  insino  all'Agogna.  • 

Dopo  quel  tempo  nella  ridetta  selva  eransi  moltiplicati  i  lu- 
pi ;  cosicché  Io  andarne  a  Pavia  ,  od  il  venirne  era  un  arri- 
schiare la  vita.  L'imperatore  Berengario  II  ordinò  ,  circa  il 
960,  agli  abitanti  di  tutti  i  vicini  paesi  una  caccia  per  ester- 
minar quelle  fiere. 

Nel  seguente  secolo  fiori  in  Carbonara  un  priorato  di  cano- 
nici regolari  agostiniani  detto  di  s.  Maria ,  che  reggeva  uno  spe- 
dale annesso  ,  e  dipendeva  dalla  congregazione  di  Mortara. 

Questo  luogo  fu  feudo  di  una   famiglia    di    Pavia  ,    che    ne 
portava  il  noma.  Lo  ebbero  amebe  i  Lonati  Visconti  di  Milano. 
Venne  poi  eretip  in  marchesato  a  favore  dei  Della  Chiesa  Ma- 
laspina  della  città  di  Bobbio. 
Popolazione  826. 

*  CARBONARA  di  Tortona  (  Carbonaria  Derthonentium  ) , 
com.nel  mand.  prov.  divedi  Tortona^  div.  di  Alessandria.  Di- 


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494  CARDONARA 

pende  dal  senato  di  Pieni. ,    TÌce-intend.  prefett.  ìnsin.  ìpot.  e 

posta  di  Tortona. 

Ebbero  il  dominio  di  questo  paese  i  Garofoli  Guidoboni  Ca- 
valchini  feudatari  di  Volpeglino  :  ne  furono  consignori  i  Guido- 
boni Cavalchini  patrizi!  di  Tortona,  feudatari  di  Sarezzano. 

L'imperatore  Ferdinando  II  concesse  a  Boniforte  Garofolo 
Guidobono  Gayalcbini  il  titolo  di  barone  del  sacro  romano  impero. 

Questo  antico  villaggio  trovasi  alla  destra  sponda  dello  Seri- 
via  in  distanza  di  circa  due  miglia  dal  suo  capo-luogo  di  pro- 
vincia. È  situato  sopra  un  colle  ferace. 

Vi  banno  tre  strade.  La  prima  provinciale,  da  ponente,  con-* 
duce  a  Serra  valle ,  discosto  tre  miglia,-  la  seconda  comunale, 
da  ostro,  mette  a  Spineto,  lontano  un  mìglio;  la  terza  ezian- 
dio comunale,  da  borea,  scorge  a  Tortona. 

Il  territorio  e  situato  per  due  terzi  in  pianura  e  per  un  terzo 
sopra  un  colle,  ove  sth  principalmente  l'abi^to  del    villaggio. 

Nella  pianura  di  Carbonara  si  videro,  non  è  gran  tempo, 
molti  accampamenti  militari,  massime  in  occasione  dell'assedio 
del  castello  di  Tortona. 

Lo  Scrivia  divide  questo  territorio  da  quello  del  capo-luogo 
di  provincia  ed  irriga  eziandio  le  campagne  di  Cassano  Spi- 
nola, Villalvernia  e  Castelnuovo  Scrivia.  In  quel  torrente  vi 
SI  trovano  pochi  pesci. 

La  chiesa  parrocchiale  sotto  il  titolo  di  s.  Martino  fu  edifi- 
cata nel  1780.  Evvi  una  vecchia  cappella  sotto  il  titolo  di 
s.  Rocco. 

Vi  sta  tuttora  in  pie  una  vetusta  rocca,  che  fti  nei  tempi 
andati  assai  forte  e  ben  munita.  S'ignora  l'epoca,  in  cui  venne 
eretta.  Vogliono  alcuni  che  fosse  fabbricata  dalla  famiglia  dei 
Carboni,  la  quale  divisa  ora  in.  più  casati  é  una  delle  più  an- 
tiche del  villaggio. 

Le  produzioni  territoriali  sono  in  discreta  quantità  fromen- 
to,  meliga,  vino,  fieno,  marzuoli  e  bozzoli. 

Dal  mantenimento  del  grosso  bestiame  vi  si  ricava  un  note- 
voi  guadagno. 

Gli  abitanti  sono  robusti  e  quasi  tutti  applicati  ai  lavori  cam- 
pestri. 

Si  usano  i  pesi  e  le  misure  come  nel  capo- luogo  di  provincia. 

Popol.  600. 


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CARBONARA  495 

CARBONARA  o  CARBONAIA  ,  villaggio  della  Sardegna  so- 
pra il  Capo  dello  stesso  nome  nella  provincia  di  Cagliari ,  e 
nel  distretto  di  Sinnai.  Comprendevasi  nella  curatoria  del  cain<- 
pidano  dell'antico  regno  cagliaritano.  Venne  il  nome. da  questo 
che  ivi  principalmente  si  facesse  il  carbone  per  la  capitale. 

Nella  età  del  Fara  (i58o)  era  già  deserto,  e  si  può  conget- 
turare noi  fosse  di  recente;  che  ivi  prima  che  altrove,  essendo 
un  luogo  cospicuo  e  di  frequente  passaggio ,  sarà  più  volte  an- 
data a  cadere  la  furia  de'  barbareschi  «ino  alla  totale  desola- 
zione. Indi  in  avanti  quegli  uomini  di  Sinnai  e  Mara  che  vi  st 
conferivano  ,  ed  in  meschine  capanne  restavano  per  lavorare 
nei  colti  di  Simius  erano  frequentemente  sorpresi  e  menati  in 
iscbiavitù.  Nel  1821 -2t»  fattesi  dal  marchese  di  Cirra  o  Quirra 
alcune  concessioni  ad  alcuni  signori  cagliaritani ,  uno  tra  essi, 
il  cavaliere  Incani  sotto  gli  auspici  del  conte  Roero  presidente 
del  regno  ,  edificatavi  una  chiesetta  vi  chiamava  alcuni  coloni, 
e  vi  accoglieva  quegli  altri  che  non  aveano  stanza ,  e  che  va- 
gavano cercando  fortuna.  Si  attese  a  fabbricarvi  delle  case,  e 
capanne.  Continuando  l'affluenza  la  popolazione  in  tanto  crebbe, 
che  dopo  dodici  anni  vi  si  numeravano  55o  anime  in  famiglie 
i3o.  Non  pertanto  non  fu  sinora;. eretta  in  comune,  manca  di 
consiglio  e  di  sindaco,  e  sente  solo  gli  stimoli  d'un  maggiore 
costituitovi  all'esazione  dei  dritti  feudali.  11  governo  a  sostenervi 
il  buon  ordine  e  reprimere  l'audacia  dei  pastori ,  mandovvi  in 
istazione  alcuni  soldati.  Sonovi  già  stabiliti  in  questa  terra  al- 
cuni meccanici;  e  le  donne  maneggiano  da  80  telai  per  panni 
Jani  e  lini. 

Carbonara  è  sotto  la-  giurisdizione  dell'arcivescovo  di  Cagliari. 
La  piccola  chiesa  tienesi  come  parrocchia  figliale  di  Mara-Cala- 
gonis.  ^  servita  da  un  solo  sacerdote  ,  ed  é  povera  sino  alla 
indecenza. 

agricoltura.  Nella  seminagione  si  spandono  starelli  di  grano 
3oo,  d'orzo  altrettanti,  di  fave  i5o  ,  di  linseme  i5.  Non  col-  * 
tivasi  specie  alcuna  di  civaje.  La  generazione  delle  locuste  sce- 
mava di  molto  i  prodotti;  però  già  da  quattr'anni  soffronsi  più 
pochi  danni  ,  che  come  va  distendendosi  la  coltura  restano  fé* 
liceroente  oppresse  le  uova  depositate  ne'  terreni  sodi.  Frutti- 
fica il  grano  al  decuplo,  l'orzo  al  quarantuplo,  le  fave  al  quat- 
trodecuplo.  Il  lino  viene  assai  bello.  Nel  vigneto  sono  in  piena 


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4cfi  CARBONARA 

vegetazione  viti  Sooooo ,  ed  il  loro  prodotto  è  triplo  di  quellj 
ottengasi  nel  restante  del  Campidano.  Un  giudli  (  ordine  di  n. 
viti)  dà  i  60  quartieri.  Conosciuta  nel  terreno  cotanta  attitu- 
dine a  questa  specie  amano  tutti  di  piantar  vigne ,  e  prorre- 
dere  in  copia  al  bisogno  e  al  piacere.  Sì  fabbrica  vini  ordinari 
e  gentili.  Le  specie  de*  secondi  sono  state  notate  nell'aillco.: 
Cagliari  provincia.  Gli  ordinari  sono  buoni  a  pasto  (periata- 
machi  forti)  e  sarà  maggiore  lor  bontà  come  più  maturino k 
vigne.  Traesi  dai  medesimi  acquavite  eccellente,  ed  in  copia 
che  mentre  altrove  da  io  quartieri  di  mosto  di  forza  medo- 
ere  non  ricavasi  che  una  sola  cotal  misura  di  spinto  -,  e  dos 
più  di  due  ove  ottimo  sia  ;  in  questo  se  ne  ottengono  due  e 
mezzo  comecché  il  vino  che  bruciasi  non  sìa  scelto. 

Si  coltivano  alcuni  orti  :  le  patate  vi  hanno  una  terra  propu 
allo  sviluppo  ,  e  sono  un  cibo  gradito.  Di  alberi  fruttifenscEO 
molte  specie,  couieccliè  in  piccol  numero,  e  vi  prosperano n»- 
rab  il  niente.  Gli  olivastri  ricevono  gl'in  ni-sti  ,  né  mal  com^poQ* 
dono  alle  speranze.  Gran  danno!  che  i  nar^on^/or/ abbiaso io- 
cene  rite  innumerevoli  piante  di  questa  specie. 

Pastorizia.  Buoi  per  l'agricoltura  200;  vacche  domestiche  a 
rudi  aoo  ;  pecore  2000;  capre   1000;  porci  600;  caTalli  n^ 
giumenti   1 5o.  Rendon  di  formaggio  all'anno  per   individui  k 
pecore  libbre  i5  ;  le  capre  20  ;  le  vacche  ,  che  non  da  gutf''' 
cominciò  a  mugnere ,  ^o,    11  tenue  prodotto  delle  pecore ,  ^' 
appena  eguaglia  la  metà  di  quello  che  solitamente  fioàvf^ 
le  sarrabesi ,  accusa  la  scarsezza  del  pascolo.  Questa  si  csp^ 
da'  maligni  vicini  di  questo    nascente    popolo  ,  i  qu«^*  ^^^^ 
intenti  al  suo  nocumento  mettono  dentro  il  territorio  k  l^^' 
^gie  pecorine  spesso  più  numerose  di  capi  4000 ,  e  gli  «l«^*' *"'^ 
domiti.   Concessi   congiurano  i   pastori   Biddamannesi ,  i  ^'^''^ 
mentre  sostengono  d'aver  dritto  di  svernare  in  Castiàdas  olì 
passatine  i  limiti  devastano  tutto  ,  rapiscono  quanto  loro  oc- 
>  corre,  spogliano  gli  altri  pastori,  e  quando  il  possa n  fareic* 
perìcolo    entrano    nel    popolato    a  provvedersi  a  spese  a' 
Quando  sarà  compressa  l'audacia  di  questi  feroci ,  e  tcìta^ 
peste  ? 

Il  gliìandifero  è  ne'  monti  di  Gennasalto  in  loro  pendice''*' 
tale  ed  occidentale  :  vi  domina  il  loccio,  e  le  piante  son  p 
offese.  Ve  n'ha  pure  alcuni  tiatti  in  Montemàri ,  e  Mure 


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CARBONARA  497 

Gomlncìossi  la  coltivazione  deUe  api,  e  già  hannosi  da  1000 
araie. 

Caccia,  I  cignali  sono  in  tanto  numero ,  che  non  si  sa  chi 
cagionino  maggiori  danni  nei  colti  ^  o  essi  o  .i  biddamannesi  ! 
Oqcorron  spesso  ai  cacciatori  cervi  e  daini.  Di  volpi  e  lepri  è 
grandissimo  numero. Le  pernici  e  quaglie  sono  frequentissime; 
vi  usano  nella  solita  stagione  i  tordi  e  merli  in  stormi  immen- 
si ;  però  gli  uccellatori  sarrabesi  vi  formano  alcune  baracche. 

Pesca,  I  pescatori  cagliaritani  mareggiano  tutti  i  giorni  in 
questi  paraggi  ^  e  prendon  in  molta  copia  le  specie  già  notate 
neirarticolo  Cagliari  provincia ,  e  delle  foche. 

Antichità,  Intorno  alla  chiesetta  di  s.  Maria  era  già  una  po- 
polazione. Vuoisi  fosse  stabilita  a  non  grande  distanza  una  fon- 
deria di  ferro,  e  questo  si  traesse  dal  prossimo  monte.  Vera- 
mente ad  un  miglio  dalla  chiesa  in  sito  appellato  su  frdili  (la 
fucina  )  si  pajono  le  rovine  d'un  fornello  e  sparsevi  molte  scorie. 
Altra  popolazione  è  stata  pure  presso  la  chiesa  di  s.  Pietro, 
nel  qual  torno  si  vedeano  de'  sepolcri  scavati  nella  roccia  con 
tm^ole  di  pietra  a  coperchio  ,  e  dentrovi  ossa  ,  vasi  lacrimato- 
ri, e  monete  di  xame.  In  Sarcu  dessuMasUj  del  quale  spazio 
una  parte  è  nell'area  delle  nuove  abitazioni ,  scavando  vi  fu 
veduto  un  acquidotto  a  tubi  di  piombo.  Finalmente  verso  al- 
l'ostro-libeccìo  sulla  cresta  di  Montesogno  imminente  al  porto 
e  golfo  di  Carbonara  sono  avanzi  di  certa  fortezza  ;  e  dalla 
parte  per  cui  è  l'accesso  un  muro  di  costiuzione  ciclopica.  Le 
forti  macchie  non  permisero  una  più  distinta  ricognizione. . 

Monti,  La  catena  centrale  della  Sardegna  in  questo  littorale 
sprofondasi  nel  mare.  Delle  valli  è  rimarchevole  quella  di  Gen- 
na^alto  lunga  poco  men  di  quattro  miglia  dal  paese  alla  |bc^ 
(Sa  Genna)per  dove  scorre  una  carreggiata  in  Castiàdas.  £  pure 
da  notare  la  valle  e  piano  di  Simlus  a  breve  intervallo  dal 
paese  nel  sirocco- levante,  dove  in  addietro  i  sinnaesi  e  marcsi 
solevan  lavorare  per  li  cereali.  ,  ^ 

Acque,  Poche  ne  sorgono  in  questo  territorio;  ondecluV  esso 
è  solcato  da  soli  tre  ruscelli.  Riu  dì  corru-de-pruna  move  da 
una  valletta  (bacu  ,  o  vacuu  dicon  ei,  e  ìntendgn  un  canale 
nella  pendice  del  monte,  o  il  vacuo  tra  due)  di  Genna»alto  a 
maestro  della  popolazione  ,  e  volge  acque  perenni  sino  alla 
metà  della  gran  valle,  dove  nell'estate  nascondesi  sotto  le  sub- 
Dizion.  gcogr,  ecc.  Voi.  III.  02 


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498  CARBONARA 

bie  :  Riu  Su-Masu  dal  salto  San  meschino  a  ponente  che  in- 
fluisce nel  primo:  Riu-de-foUas  che  nasce  sotto  l'eminenza  del 
monte  Su-Casteddu  più  scarso  d*acque. 

Littorale.  L'estremità  del  promontorio  o  penisoletta  di  Car* 
bonara  con  la  prossima  isola  dei  Cavoli  alla  latitudine  '  89°  , 
4i'y  e  longitudine  orientale  da  Cagliano^,  25*  è  uno  dei  prin* 
CJpali  Capi  della  terra  sarda ,  àòv'è  la  congiunzione  de'  lati  me- 
ndionale  ed  orientale.  In  questo  avrai  cinque  miglia  di  costa 
se  vorrai  fissato  il  limite  a  Cala-pira  -,  in  quello  misurerai  di«- 
stesa  una  linea  poco  più  o  meno  altrettanta.  La  penisola  ba 
un  collo  assai  Sottile  ,  perchè  ristretto  da  una  concavità  in  cui 
il  mare  versa  delle  acque  ;  piccolo  stagno  dove  nel  solitone  suole 
cristallizzarsi  un  po'  di  sale.  Sopra  di  essa  è  un  fortino,  a  che 
dicesi  essere  stato  riformato  un  antico  stabilimento  per  la  pesca 
dei  tonni. 

Sono  in  questo  littorale  alcuni  *seni  a  stazione  dei  legni ,  ma 
poco  sicuri;  nella  parte  orientale  il  golfo  di  s.  Stefano  da  Capo-Mo- 
lenti  a  Capo-Carbonara  aperto  al  sirocco;  nella  penisola  Porto  Bur- 
róne, Porto  Giunco,  e  Cala-Catterina;  nella  parte  meridional^il 
golfo  dì  Carbonara  dalla  punta  della  penìsola  a  Capo  Boi,  nel  quale 
mette  sue  acque  il  fiume  di  Gennasalto. 

Sorgono  su  questo  mare  due  isolette  >  una  la  già  menzionalai 
isola  dei  Cavoli;  altra  la  nominata  di  Serpentaria  o  Serpentaìna. 
La  situazione  della  prima  è  al  libeccio  ed  a  pìccolo  intervallo 
dalla  punta  della  penisola  ;  dell'altra  in  stilla  linea  dello  stesso 
nome* da  Cala-pira  ,  a  distanza  però  di  più  d'un  mìglio.  ' 

Penso  risola  dei  Cavoli  sia  quella  che  nella  tavola  corogra- 
fica di  Tolommeo  porìesi  penultmia  col  nome  Ficaria,  La  cui 
determinata  longitudine  33^  corrispondendo  con  nulla  differenza 
né  menoma  alla  segnata  su  l'isola  Hermaca  che  ricoìnosciamo 
per  Tavolara ,  la  latitudine  di  quella  essendo  verso  questa  mi- 
nore di  i^,  40^  (secondo  i  codici  palatini  ),  mentre  osserviamo 
che  nelle  carte  moderne  la  longitudine  dell'isola  dei  Cavoli 
batte  con  quella  di  Tavolara ,  e  che  le  latitudini  non  più  dif- 
feriscono che  di  circa  7^ ,  errore  perdonabile  alla  imperfezione 
della  misura  in  quei  tempi,  quando  la  geografia  era  nascente, 
si  può  tener  siccome  certo ,  che  l'antica  Ficaria  è  la  da  noi 
appellata  isola  de'  Cavoli ,  e  non  altra  ;  non  la  Serpentaria,  che 
in  verità  meno  era  ai  navigatori  notabile  di  quelle  cbe  essi  in- 


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CARCARB  /^gq 

contrarano  sotto  un  Capo  ,  che  era  come  é  tuttora  uno  óti 
punti  onde  prender  il  proprio  rombo.  Erra  pertanto  gravemente 
il  Fara  stimando  la  Ficaria  essere  slata  l'isoletta  dello  stagno 
maggiore  di  Cagliari ,  a  attribuendo  il  nome  di  Colloda  al* 
risola  de'  Cavoli  ;  come  molto  s'inganna  notandone  il  circuito 
di  M.   P.   V. 

TorrL   Senza  la  già  accennata  fortezza  vecchia  sulla  penisola, 
cbe  batte  nel  porto  di  Carbonara  ,  vedesi  nella  medebiiiia  so- 
vrastare  a   Cala»Catterina  una  torre  che  da  essa  é  denominata; 
in  là  se   ne  trova  un'altra  sull'isola  dei  Caroli.  Nella  parte  di 
levante   è  la  torre  di  Cala-pira  sopra  un  piccol  seno,  e  quella 
di  Serpentarìa  nella  isoletta  suaccennata.  Nella  parte  di  mezzo- 
giorno é  la  toiTe  di  Capo^Boi.  Tutte  hanno  un  pìeciol  presidio» 
'Strade»  A' Castiàdas  e  al  Sàrrabus  per  Gennasalto  :  a  Cagliari 
per  ott'ore^eper  più  di  quattro  sulla  costa,  dove  è  difficilissima 
e  pericolosa  -,  onde  è  desiderabile  si  prosegua  quella  che  hanno 
cominciato  a    tracciare  i  fondatori-  della  popolazione.  La  quale 
passa  per  li  seguenti*  luoghi: 

Solònas,  ainena  e  fertilissima  vallata  larga  circa  un  miglio  coii 
un  fiumicello  dall' arco  Cirròni.  Avvi  qualche  coltivazione,  e 
in  altri  tempi  ervi  vissuta  una  popolazione,  di  cui  duralo  !e 
vestigia. 

Gereméas ,  altra  bellissima  valle,  con  fiume  dal  monte  dei 
Sette  fratelli.  La  terra  è  prodigiosamente  produttiva.  Qui  pure, 
in  6kti>  che  puossi  facilmente  riconoscere  ,  in  antica  etade  ahi* 
tava  un  popolo.  Prima  di  traversar  detta  valle  conviene  costeg- 
giare il  MoDte-fenugn  alla  parte  di  terra  per  su  grandi  banchi 
di   sabbia  di  spesse  intumescenze. 

Carbonara  resta  compresa  nella  baronia  dì  S.  Michele. 
CARCARfi  (  Carearoe)^  com.  nel  mand.  di  Cairo,   prov.  di 
Savona,  dioc.  d'Acqui,  div.  di  Genova.  Dipende  dal  senato  di 
Genova ,  prefett.  ipot.  intend*  di  Savona ,  insin.  di  Cairo.  Ha  un 
uffizio  di  posta.  .... 

Confina  coi  villaggi  di  Cairo,  Plodib,  Cosseria,  Pillare,  Mal- 
lare  ed  Altare. 

Sono  sue  frazioni  Carplneto,  Buzilé  superiore,  Buzile  infe* 
riore. 

Giace  sulle  rive  del  Bormida  in  mezzo  ad  un'ampia  ed  amena 
vallea.  Quantunque  non  sia  lontano  che  due  migfia  e  mezzo  da 


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5oò  CARCARE 

quella  sommità  degli  appenntni,  che  viene  intersecata  dalla 
strada  provinciale  di  Savona.,  ciò  non  di  meno  quivi  non  si 
vedono  montagne,  e  godesi  la  vista  di  vaghe  colline,  la  cui 
piccola  elevazione  acconsente,  che  si  porti  lo  sguardo  sopra  un 
vasto  orìzzcmte  per  ogni  verso.  Quest'apertura  e  forse  la  causa ^ 
per  cui,  dissipandosi  più  facilmente  la  nebbia  invernale,,  il 
freddo  vi  sia  meno  sensibile,  che  nei  circostanti  paesi.  La  ri- 
gidezza, dell'inverno  è  altresì  mitigata  dal  non  provarvisi  quasi 
mai  l'incomodo  del  vento,  che  non  vi  soffia  con  qualche  im- 
peto,  fuorché  in  primavera.  I  venticelli  che  spirano  nella  state, 
pavticolàrmente  io  sul  mattino  e  in  sulla  sera,  i  dilettevoli  pas- 
seggi, le  varie  bellissime  prospettive,  la  salubrità  dell'aria  e 
la  purezza  delle  acque  ne  rendono  assai  gradito  il  soggiorno, 
a  tal  che  molti  dai  paesi  marittimi  vi  si  recano  a  ristaUKrsi 
in  salute-,  e>  non  è  cosa  rara  che  giovanetti  gracilissimi  vi 
acquistino  in  pochi  anni  una  complessione  robusta. 

Il  non  esleso  temitorio  produce  poco  più  di  ciò  che  rag- 
guagliasi alla  consumazione  locale  in  grano,  meliga,  vino,  ca- 
ttagne,  piitate  e  canapa.  Da  pochi  lustri  migliorò  notevolmente 
la  coltivazione V  ma  vorrebbesi  che  fosse  più  promossa  queil^ 
dei  gelsi,  i  quali  vi  prosperano  assai  bene,  e  furono  amJie 
troppo  diminuiti  nelle  ultime  guerre. 
.    I  boschi  sono  popolati  di  quercie  e  soprattutto  di  castagni. 

Alcuni  noci,  numerosi  salici,  pioppi,  ontani  ed  altre  piante 
che  nei  luoghi  umidi  crescono  rigogliose,  ombreggiano  le  sponde 
delle  acque.  Lo  squisito  sapore  delle  felciate  che  si  mangiano 
in  Carcare,  mostra  che  i  pascoli  vi  sono  eccellenti.  La  grafide 
quantità  del  fieno  che  si  consuma  nelle  stalle  dei  pubblici  al- 
berghi e  in  quelle  dei  carrettieri  del  paese, fa  si,  che  non  si 
possano  mantenere  bestie  bovine  oltre  al  numero  richiesto  dal- 
l'agricoltura e  dagli  usi  domestici.  Neil' estensione  del  territori» 
vi  sono  ben  poche  mandre  di  minuto  bestiame  ;  si  tengono  po- 
chissimi cavalli,  ma  s'ingrassano  molti  majali. 

Uno  dei  prati  di  Carcare  chiamasi  Prà  Donne,  denomina- 
zione che  probabilmente  é  una  storpiatura  di  Pratum  Domini^ 
perchè  si  sa  avere  nei  tempi  antichi  appartenuto  ai  signori  del 
luogo. 

I  beni  comunali  si  riducono  a  tre  pezzi  di  terreno  coperti 
di  castagni  tenuti  a  ceppaje  :  tratto  tratto  la  comunità  vende  il 


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GARCARE  5oi 

taglio  de'pòllom,   dei  ^uali  si  fanno  cerchi-  pel:  le  botti,    che 
vengono  trasportati  in  Francia. 

Altre  volte  abbondava  il  selvaggìume :  che' i  pillici  sì  reca- 
vano a  qualche  onta  lo  inseguirlo  in  tèmpo  d^lnvemo',  all'in-' 
disio  delle  sae  pedate  sopra  la  ne  Ve  ;  nàa  di  presente  i  conta-' 
dini,  cessato  quel  riguardo,  He  fsinno  stinge  per  modo,  che  vi 
scarseggia  moltissimo;  e  da  quelli' che  sono  ghiotti  di  tale  cibo, 
si  desidera  che*  superiori  providence  vietino  d' or  innanzi  la  'c«ic- 
eia  dei  quadrupedi 'a  terfeno  coperto  di  neve. 

Anche  gli  augelli  di  piccole  specie  stazionari!  o  di  passaggio 
si  veggono  da  un  anno  all'altro  più  rari. 

Quel  ramo  dei  Bormida,  che  scende  dal  territorio  del  co- 
mune di  Bormida,  divide  l'abitato  in  dae  borghi,  che  comu- 
MÌcano  fra  di  loro  mediante  un  ponte  in  legno  .sovra  pile  di 
pietra.  Quel  fiume-torrente  solca  le  campagne  di  Carcare  nella* 
direzione  a  greco  insino  al  ponte,  ove  al  tutto  piega  verso  tra- 
montana. 

Il  Bormida  é  quivi  copioso  di  pesci  di  mediocre  qualità,  non 
mancando  di  alcune  buone  trote  e  di  anguille.  Nella  estiva  sta- 
gione é  quasi  asciutto;  ma  talvolta,  come  accadde,  or  fa  cinque 
anni,  apporta  rovina  ai  campi  e  minacciale  case.  Le  sifC  acque,* 
tranne  l'irrigazione  dei  circostanti  poderi,  non  servono  che  agli ' 
usi  comuni,  e  a  dar  moto  ad  un  molino  a  grano. 

In  faccia  al  ponte ,  verso  la  parte  meridionale  del  paese  sulla 
destra  del  fiume,  si  veggono  gli  avanzi  di  un  vetusto  castello  in 
mattoni ,  che  pare  fosse  quivi  posto  a  difesa  del  più  antico  dei  due 
borghi:  nel  1687  fu  consegnato  ai  francesi  per  tradimento  di 
un  Filippo  Evnandes  Alfiere  spagnuolo:  venne  distrutto  e  quindi 
riedificato  a  spese  del  comune.  £ra  esso  residenza  dei  feuda- 
tari: passò  poi  col  Prà  Donne  e  con  altii  beni  a  quel  ramo 
dei  marchesi  Spinola  che  si  era  stabilito  in  Savona,  e  lo  ebbero 
ultimamente  i  Pico  nobili  savonesi.  Gli  Spinola,  abbandonatO| 
il  castello ,  abitavano  una  casa  verso  la  chiesa ,  che  albergò  ne 
secolo  passato  l'infante  di  Spagna  Don  Filippo. 

Parecchi  rigagnoli  tra  colle  e  colle  scorrono  pel  territorio  in 
ogni  direzione.  Il  Bormida  riceve  le  acque  del  rivo  Lauta,  os- 
sia marcherò  j  del  Chiuso  e  del  toncuteìlo  Plodio.  Un  ponte 
di  vivo  colà,  dove  si  volta  per  andare  a  Ferrania,  é  Ponte  della] 
Volta  nominato.  11  Lanta  ed   il  Plodio  raramente  seccano  de 


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5o2  GARGARE 

tutto.  Il  primo  ba  6fC^  a  borea  del.villaggip,  il  incendo  a  po- 
nente. 

I  colli  nei  pochi  siti ^oy  essi  noostra no. i), fianco  nudo,  hanno 
diverse  .qiialità  di  roccie  disposte  a.  strati  di  .variante  altezza; 
contengono  diverse  petrifìcazioni  e  cppcbigLie,.  onde  si  conosce 
che  tale  diramazione  degli,  appen^ini.  appartiene  alle  montagne 
secondarie.  Si  discuoprono  alcune  traccie  dì  lignite,  che  si  cre- 
dette essere  una  coiìtinuaziope  i^lìs^  cava  d^  Ca4vbona.  Sono  vi 
alcune  cave  di  pietra  da  calce:  evvi  un^  buona  specie  d'argil- 
la, con  che  si  fanno  jnplti.  mattoni.  Oltre,  all'arena  ed  ai  sassi 
che  in  grande  quantità  provvede,  il  }iormida,  si  rinviene  una 
sorta  di  pietra  di  facile  taglio  per  uso  di  costruzìpne. 

Le  pietre  che  già  erauo  preparate  per  edificarvi  un  nuovo 
ponte,  rimangono  da^. cinque  lustri  nelle  vicinanze  di  Biestro, 
dove  furono  scavate. 

La  chiesa  parrocchiale  sotto  il  titolo  di  s.  Giovanni  Battista 
fu  eretta  sul  principio  del  secolo  deciuiosettinio,  e  venne  con- 
secrata  nel  1607^  come  si  scorge  da  una  memoria,  in  cui  è 
detta  chiesa  nuova.  Trovasi  all'  estremità  settentrionale  del  paese 
verso  Cairo  ^  in  sito  incomodo  alla  maggior  parte  degli  abitanti. 
È  cosi  angusta  che  non  corrisponde  in  veruu  modo  alla  sempre 
crescente  popolazione.  Ha  tre  navate  j  possiede  un  bel  crocifìsso 
del  Maragiani.  11  paroco  è  insignito  del  titolo  di  arciprete.  Die- 
tro il  coro  vedesi  il  cimitero. 

A  tramontana  della  parrocchia,  in  distanza  di  circa  ducento 
metri,  evvi  un  tempietto  intitolato  a  Nostra  Signora  della  Neve, 
eretto  dai  carcaresi ,  come  appare  dall'  iscrizione  Communis  CoT'^ 
cararuariy  che  leggesi  accanto  all'altare.  Un  Pietro  Nocera,  no* 
tajo,  fece  un  lascito  perchè  vi  sicno  celebrati  i  divini  misteri 
due  volte  nel  mese.  Quell'  uomo  pio  fu  tolto  ai  vivi  nel 
1629.  La  confraternita  dei  disciplinanti  va  in  ogni  anno  a  vi- 
sitarla processionai  mente  per  nove  feste  successive  in  adempi- 
mento di  un  antico  voto.  Nel  di  5  di  agosto  se  ne  celebra  la 
festa,  dopo  la  quale,  nei  tempi  andati,  si  faceva  una  fiera  fre- 
quentissima di  gente. 

All'estremità  opposta,  a  mezzodì  dell'altro  borgo,  sta  un' 
antica  cappella  sotto  il  patrocinio  di  s.  Sebastiano:  fu  in  que- 
st'ultimi tetppi  rifl^orata:  conserva  in  una  delle  sue  paieti  un' 
iscrizione  del  i533,  la  quale  fu  collocata  affinchè  si  sappia  dai 


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GÀRGARE  5o3 

posteri,  che  nel  suddetto  anno  i533  la  peste  rapi  in  Carcare 
tutta  la  popolazione,  eccetto  tre  sole  famiglie,  che  per  prodi- 
gio andarono  salve.  1  nomi  di  due  di  «quelle  rimaste  famiglie 
si  puouno  in  quella  iscrizione  ancor  leggere  »  cioè  la  Franchina 
e  la  Mallone.  S.  Giuseppe  Gallasanzio,  di  cui  si  dee  parlare 
qui  appresso,  predicò  alla  raunata  popolazione  nella  detta  cap» 
pella,  e  vi  operò  un  miracolo.  Questa  circostanza  e  gli  avanzi 
di  muri  che  si  veggono  intomo  a  quell'oratorio,  fan  credere, 
che  anticamente  fosse  una  chiesa  più  vasta,  e  che  anzi  abbia 
un  tempo  servito  di  parrocchia,  giacché  vi  si  trovarono  alcuni 
jBepolcri  ed  un  cimiterio. 

Vicino  alla  cappella  di  Nostra  Donna  della  Neve  era  una 
vetusta  chiesuola  de'disciplinanti,  sotto  il  titolo  di  Nostra  Donna 
Assunta,  i  quali  ora  ufiiziano  la  chiesa  di  santa  Rosalia  pa- 
lermitana, stata  fondata  nel  centro  dello  stesso  borgo  a  spese 
di  un  Gastiglia  patrizio  di  Garcare,  che  arricchì  in  Palermo, 
donde  mandò  la  statua  della  santa  titolare.  In  questa  chiesa 
da  lui  fondata  eresse  una  cappellania  con  messa  in  ogni  di  per 
comodo  degli  abitanti  del  borgo. 

L'oratorio  di  santa  Rosalia  conserva  un  buon  quadro,  che 
rappresenta  Maria  Vergine  assunta  in  cielo. 

Oltre  r  anzidetta  cappellania  evvi  nel  luogo  un  benefizio  sotto 
il  titolo  di  Nostra  Signora  del  Rosario. 

Vuoisi  ora  far  cenno  del  carcarese  collegio.  Fu  esso  il  pri- 
mo delle  scuole  pie,  che  nella  Liguria  venisse  fondato,  e  lo 
fondò  il  medesimo  s.  Giuseppe  Gallasanzio,  che  ave  vane  otte- 
nuto la  facoltà  per  breve  pontifìcio  del  1619.  Venne  egli  in  Gar- 
care nel  mese  di  aprile  del  1628  per  dare  gli  ordini  opportuni 
intorno  alla  fabbrica,  che  per  altro  era  già  incominciata.  Il 
collegio  fu  edificato  a  spese  dei  fratelli  Gastellaoi ,  che  vi  impie- 
garono 4oo<>o  scudi  romani.  Il  tipo  di  questo  edìfizio  sarebbe 
assai  lodevole,  ma  fu  male  eseguito ,  e  piuttosto  che  ad  uso  di 
collegio,  pareva  atto  ad  alloggiare  i  cappuccini,  i  quali  dal 
testamento  dei  Gastellani  furono  chiamati  ad  occuparlo,  avve- 
nendo che  mancassero  gli  scolopii.  Per  assegnargli  una  rendita 
fuvvi  trasportata  una  cappellania  sotto  il  titolo  di  s.  Antonio 
abate  eretta  dagli  stessi  Gastellani  nella  parrocchia  e  dotata  di 
5o4o  scudi  d'oro. 

La  piccola  rendita  di  quel  collegio  non  permetteva ,  che   il 


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5o4  GARGARE 

mantenimento  di  pochi  religiosi,  i  quali  dovevano  limitarsi  alle 
prime  scuole  elementari.  Fuvvi  altre  volte  uu  convitto,  ma  non 
era  numeroso  si  per  la  strettezza  della  casa,  e  si  per  la  diffi- 
coltà delle  strade,  particolarmente  di  quelle,  che  mettevano  a 
Savona  ed  a  Finale. 

Nel  1798  vi  fu  mandato  a  rettore  il  padre  Giuseppe  Garo- 
sio,  la  cui  perdita  avvenuta  il  io  di  febbrajo  del  1 836  lamen- 
teranno lungamente  i  carcaresi.  Egli  ebbe  a  governare  un  col- 
legio poverissimo  nei  più  malagevoli  tempi,  e  non  solamente 
il  conservò  senza  la  menoma  interruzione,  ma  dapprima  come 
rettore  delle  scuole  pie,  quindi  come  amministratore  a  nome 
del  comune,  posteriormente  come  principale  del  collegio  Ca- 
rosio,  ed  infine,  dacché  la  Liguria  fu  unita  al  Piemonte,  di 
bel  nuovo  in  qualità  .di  rettore ,  notevolmente  lo  aumentò  re- 
candolo ad  un  alto  grado  di  splendore.  Institui  un  nuovo  con- 
vitto, riordinò  a  miglior  forma  la  fabbrica,  vi  aggiunse  quasi 
un  braccio  dai  fondamenti,  tutto  il  rimanente  accrebbe  di  un 
piano.  Ma  sebbene  per  l'ampiezza  dei  dormito!  e  delle  sale 
possa  ornai  contenere  un  gran  numero  di  allievi,  ciò  non  per- 
tanto vero  è  che  quel  collegio  dall'  eccellente  disciplina  e  dai 
miglioramento  nel  metodo  d'istruzione  dee  riconoscere  la  sua 
celebrità  in  tutti  i  regii  stati  ed  eziandio  presso  nazioni  stra- 
niere ;  celebrità  che  V  ingegno  e  lo  zelo  dei  degni  successori  del 
Carosio  non  lascieranno  che  venga  mai  meno. 

Le  scuole  che  dalla  primaria  si  stendono  alla  filosoGa  ed 
alle  matematiche,  sogliono  trarre,  oltre  il  gran  numero  degli 
alunni  interni,  circa  settanta  giovanetti  dei  paesi  circonvicini, 
i  quali  vivono  in  case  particolari,  e  in  qualità  di  studenti  esterni 
profittano  insieme  coi  carcaresi  dell'istruzione. 

Il  collegio  non  è  disgiunto  dall'  abitato  se  non  per  una  strada 
e  per  una  piazza,  che  unitamente  all' edlfizio,  ad  altre  piazze 
che  lo  circondano  ,  ad  un'estesa  villa,  ad  un  ampio  giardino, 
è  chiuso  da  un  muro  di  cinta.  L'aria  purissima  che  quivi  si 
respira,  le  piazze  destinate  all'uso  di  recreazione,  gli  esercizi 
ginnastici,  cui  esse  danno  il  comodo,  la  salubrità  del  clima 
sono  tutti  vantaggi  che  ben  di  rado  si  veggono  riuniti  in  una 
pubblica  casa  di  educazione. 

La  chiesa  di  quel  collegio,  la  cui  pietra  fondamentale  venne 
posta  nel  di  5  di  giugno  del   1621  ,  e*  una  croce  greca,,  assai 


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CARCARE  5o5 

ampia ,  cioè  3  doppio  della  parrocchia ,  benché  non  contenga 
che  tre  altari.  È  sotto  l'invocazione  di  s.  Antonio  abate.  Nella 
cappella  del  Carmine,  in  elegante  urna  propria  del  comune, 
si  conservano  le  ossa  di  s.  Candido  martire,  di  cui  si  celebra 
con  novena  solennemente  la  festa  addi  i5  di  settembre.  Nella 
cappella  opposta  già  dedicata  a  s.  Filippo  Neri  ed  ora  a  s.  Giu- 
seppe Callasanzio  si  custodisce  in  bella  urna  d' ebano  una  parte 
considerabile  del  cranio  ed  una  veste  quasi  intiera  di  questo 
santo.  Molte  altre  preziose  reliquie  andarono  perdute,  quando 
nell'ultima  guerra  servi  questa  chiesa  or  di  prigione,  or  di 
Inagazzino,  quando  di  quartiere,  quando  di  spedale,  e  fu  espo- 
rta a  tutti  gl'insulti  dei  vincitori  e  dei  vinti.  11  padre  Carosio 
la  ristorò  quasi  per  intiero.  In  essa  e  nell'interno  del  collegio 
si  puonno  vedere  non  pochi  buoni  quadri  della ,  scuola  geno- 
vese, la  maggior  parte  dal  Carosio  acquistati.  Ve  n'hanno  del 
Cambiaso,  de' fratelli  Ferrari,  del  fiarrabino,  del  Merani,  del 
Assereto,  del  Lomi,  del  Sarzano,  del  Borsoni,  del  Mali,  del 
Semino  e  del  Gobbo  da  Sestri.  U  dipinto  che  serve  di  cielo 
alla  cupola,  rappresentante  il  santo  fondatore  in  gloria,  assai 
stimato  dagli  intelligenti ,  è  di  un  pittore  piemontese  da  Carrù. 

Nell'atrio  del  collegio  l'anno  i83i  dai  padri  e  dai  loro  alunni 
fu  eretto  un  pìccolo  monumento  d'onore  in  marmo  al  famoso 
Giovanni  Andrea  Castellani.  Nella  chiesa  sono  depositate  le  spo- 
glie mortali  del  venerabile  padre  Stefano  Spinola  delle  scuole  pie , 
quivi  morto' nel  1674-  Ad  agevolare  i  ristauri  fatti  intorno  al 
collegio  ed  alla  sua  chiesa  dall' esimio  padre  Carosio ,  contribuì 
un  pio  legato  del  benemerito  avvocato  Grotti  carcarese. 

Evvi  pure  uno  spedale  per  gl'infermi  poveri  del  paese,  edi- 
ficato quasi  per  intiero  l'anno  i833  sul  disegno  dell'ingegnere 
Francesco  Pradese  di  Cairo.  È  capace  di  otto  letti  in  due  grandi 
camere,  non  compresa  quella  dell'infermiere,  ed  una  assai 
vasta  sala  che  serve  per  l'archivio  comunale.  Ne  ammini- 
strano le  mediocri  rendite  cinque  persone  di  nomina  regia ,  sotto 
la  presidenza  del  sindaco.  Questo  spedale  sta  in  salubre  positu- 
ra ,  da  cui  si  hanno  due  bellissime  prospettive ,  a  levante  l' una 
e  l'altra  a  ponente. 

Fra  le  opere  di  pubblica  beneficenza,  oltre  gli  alunni  man- 
tenuti agli  studi  in  Roma,  e  a  quattro  doti  che  si  distribuiscono 
annualmente  a  povere  ed  oneste  zitelle  per  lascito  del  Castel- 


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5o6  CARCARE 

lanì,  è  da  ricordarsi  l'opera  Germana,  cosi  detta  dal  testatore, 

la  quale  consìste  in  un'annua  dote  di  quìndici  doppie  ad  una 

delle  agnate  di  lui,  e  qualora  non  ve  n'abbia  veruna ,  divisi-o 

bile  tra  due  zitelle  povere  una  di  Carcare,  l'altra  di  Cosseria, 

a  nomina  dell'arciprete  di  questa  parrocchia  e  del  rettore  del 

collegio. 

L'antica  parrocchiale  affermano  molti  essere  la  chiesa  dia*  GicH 
vanni  di  Buzile ,  comunemente  s.  Giovanni  del  monte  ;  intorno 
alla  quale  sono  i  beni  della  mensa  parrocchiale. 

Ma  quando  il  marchese  Ottone  del  Carretto  nel  121 4  cedeva 
alla  repubblica  di  Genova  alcuni  feudi  da  lui  posseduti ,  come 
Cairo,  Caretto  ec.  nominava  distintamente  la  metà  di  Carcare 
e  la  metà  di  Buzile  j  e  con  questa  distinzione  riceveva  Tanno 
medesimo  l'investitura  di  detti  feudi  dal  governo  di  Genova* 
È  dunque  da  dire  che  cosi  Buzile,  come  Calcare  avessero  il 
proprio  prete  o  rettore  dipendente  dall'  arciprete  di  Cairo.  Delle 
tre  feste  che  vi  si  fanno,  la  principale  é  quella  di  s.  Giovanni 
decollato,  con  una  fiera.  Vi  concorre  allora  un  numero  di  quat- 
tro mila  e  più  persone  dei  vicini  villaggi,  ed  eziandio  di  lon- 
tane terre  e  città.  Vi  intervengono  specialmente  molte  donne, 
che  vi  portano  i  loro  bambini  e  con  essi  girano  nove  volte  in^ 
torno  alla  chiesa ,  che  ha  proprio  cappellano  e  una  tenue  rent- 
dita.  La  frazione  di  fiuzile    oggidì  è  quasi  priva    di   abitatori* 

A  un  tiro  di  fucile  so^ra  un'eminenza,  dove  ora  e  Tuccel- 
iiere  del  marchese  De-Marini,  si  vedono  le  vestigie  di  un'an- 
tica rocca  detta  il  Castellazzo:  verso  la  chiesa  era  cinta  di  fos- 
si: la  difendeva  dagli  altri  lati  un  precipizio.  Vicino  a  quel  di- 
strutto forte  trovasi  appunto  la  sopraccennata  frazione  di  Bu- 
zile, che  fu  già  molto  popolosa,  come  appare  dalle  estese  ro- 
vine di  abitazioni.  Si  pretende  anzi  che  altre  volte  colà  fosse 
Carcare. 

Girando  il  colle  verso  mezzodì  s'incontra  Carpineto,  altra 
frazione  di  Carcare.  .Si  sa  per  tradizione  che  vi  si  faceva  negli 
andati  tempi  un  rinomatissimo  mercato. 

Oltre  all'anzidetta  fiera  di  s.  Giovanni  decollato,  un'allrase 
ne  fa  nel  paese  addi  24  ^^  giugno,  alla  quale  sogliono  con- 
correre due  mila  e  più  forestieri.  In  essa  si  vendono  merci 
d'ogni  genere  e  soprattutto  ferri  da  taglio  ad  uso   di  falci  ec. 

Vi  è  grande  il  desiderio  che  venga  ristabilito  l'antico  mercato. 


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GARGARE  507 

adesso  principalmente  che  la  positura  di  Carcare  è  renduta  molto 
importante  dal  nodo  che  vi  formano  tre  proyineiali  strade,  le 
quali  Io- rendono  quasi  centro  a  tre  principali  parti  dello  Sta- 
to, vo^ltam  dire  al  Piemonte,    al  Monferrato  ed  alla  Liguria. 

Una  di  quelle  vie,  diretta  a  scirocco,  tende  a  Savona  per  la 
lunghezza  di  sette  miglia  piemontesi-,  l'altra,  a  ponente,  dopo 
otto  miglia  circa,,  si  divide  in  due,  a  Montezemolo,  e  mette 
a  Mondovi:  per  la  terza  si  perviene,  dopo  miglia  vent' uno ,  in 
Acqui  verso  borea.  Sono  comunali  le  strade  che  guidano  a  Mal- 
lare,  Montefreddo,  Biestro,  Fallare  e  Plodio. 

Mallare  é  distante  miglia  quattro,  Biestro  tre;  gli  altri  tr^ 
paesi  con  Altare,  Gosseria  e  Gairo  formano  intorno  a  Garcaré 
un  arco  maggiore  della  semiperiferìa  del  raggio  di  due  miglia. 

Le  strade  provinciali  traversando  ambedue  i  borghi  di  Gar** 
care,  da  un'estremità  all'altra  vi  apportano  un  notabile  pas-^ 
saggio  e  molto  traffico.  I  vetturali  sogliono  farvi  la  fermata, 
trovandovi  ottimi  stallatici.  La  strada  per  a  Savona  ha  pro- 
mosso il  commercio  de' legnami,  che  tratti  al  porto  savonese , 
vengono  spediti  ai  cantieri  di  Varazze,  Genova  e  Tolone. 

La  comunicazione  con  nove  ferriere  mantiene  colà  non  pic- 
coli depositi  di  ferro,  massime  di  quello  ridotto  in^ verghe,  e 
aumenta  il  commercio  per  le  prò  visioni  di  commestibili,  di  ve- 
stiari e  di  altri  oggetti  in. quelle  fabbriche  necessari. 

Gli  abitanti  per  altro  sembrano  più  inclinati  all' agricoltura, 
siccome  più  conforme  alla  loro  indole  pacifica.  Ghè  sono  eglino 
amanti  di  fuggire  cosi  l'ozio,  come  i  tumulti,  ora  perciò  ben 
diversi  da  quello  che  fossero  in  sul  principio  del  secolo  deci- 
inosettimo,  allorquando  il  Gallasanzio  giunto  in  Garcare  vi 
trovò  dissenzioni,  odii  e  persecuzioni  mortali  tra  famiglia  e  fa-. 
miglia.  Qual  angiolo  di  pace  egli  calmò  gli  animi  e  stabili  una. 
durevole  unione,  a  talché  il  governatSre  di  Finale  che  disperava 
di  porre  un  termine  a  scene  cotanto  luttuose  volle  che  solen- 
nemente se  ne  rendessero  grazie  all'Altissimo. 

Cenni  storici.  Garcare  e  nome  antichissimo ,  come  il  sono  gli 
altri  formati  colla  voce  ara  od  ore,  indicante  un  punto  di  al- 
tezza: paesi  di  nome  cosi  composto  ve  n'hanno  parecchi  nelle 
nostre  alpi;  taU  sono  Mollare,  Molare,  Molaret,  Mallare,  Pai- 
lare,  Altare. 

Fece  parte  del  contado  antico  di  Sayona.  La  più  vetusta  me- 


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So»  CARCARE 

morìa  die  siasi  rinvenuta  intomo  a  questo  villaggio  è  una  delle 
carte  prodotte  nella  causa  della  commenda  di  Ferrania.  Essa 
ha  la  data  in  Castro  Ccì^cb  20  novembre  mi. 

Nella  divisione  dell'immensa  eredità  del  tnarchese  Bonifacio 
fatta  nel  1 14'-^  9  U  castello  di  Carcare  col  territorio  (  Castnan 
Carcherarum  cum  tcnimenio  )  venne  compreso  nella  parte  as- 
segnata con  titolo  di  marchesato  di  Savona  ad  Enrico  del  Va- 
sto ^  il  quale  fondando  poscia  la  chiesa  e  lo  spedale  di  s.  Maria 
di  Fornelli  donò  ad  essa  toium  quod  copio  in  Carcaris. 

Papa  Alessandro  III  con  bolla  del  1 1 78  confermando  i  beni 
e  i  dirìtti  de' monaci  di  s.  Quintino  di  Spigno,  nomina  espres- 
samente jus  quod  habelis  in  Carcaris, 

Nella  parte  statistica  di  quest'articolo  si  e  veduto,  che  nel 
]2i4  Carcare  spettava  ai  marchesi  del  Caretto;  e  col  tempo 
venne  sotto  il  dominio  del  ramo  che  signoreggiava  in  Finale, 
non  come  porzione  del  marchesato ,  ma  qual  sua  dipendenza 
insieme  con  Bormida,  Fallare  ed  Osiglia. 

I  detti  marchesi  del  Caretto  nel  i33:»  lo  cedettero  con  Cairo 
al  mai:chese  Manfredo  di  Sai  uzzo.  Bai  principi  saluzzesi  Car- 
care un  secolo  dopo  passò  agli  Scarampi. 

Venne  poi  come  Finale  sotto  la  Spagna,  e  cadde  quindi  in 
potere  della  repubblica  di  Genova. 

Nel  1625  questo  villaggio  avendo  voluto  resistere  all'esercito 
di  Savoja  unito  a  quello  di  Francia ,  che  marciava  per  la  valle 
di  Spìgno  sopra  Savona,  fu  col  suo  castello  quasi  intieramente 
rovinato.  Nell'aprile  del  1640  il  principe  Tommaso  di  Savoja 
colà  si  trattenne  diciassette  giorni. 

Sotto  il  governo  genovese  era  capo-luogo;  aveva  giudicatura 
con  un  podestà  mandatovi  dalla  repubblica,  dipendente  in  ceite 
cause  più  gravi  dal  governatore  di  Finale.  Da  questa  giudica- 
tura erano  dipendenti  i  comuni  dì  Fallare,  Bormida  ed  Osiglia: 
in  quest'ultimo  paese  il  detto  podestà  teneva  un   vice-giudice. 

Stabilitisi  i  dipartimenti  francesi  e  divisi  in  cantoni  più  per 
onore  che  per  altro,  fuvvi  chiamato  cantone  Cairo-Carcare. 

II  comune  di  Carcare  prima  dell'anno  1197,  in  cui  segui  il 
governo  democratico  della  Liguria,  veniva  amministrato  da  un 
sindaco  e  quattro  giuratori  eletti  dal  consiglio  formato  dai  capi 
di  casa,  che  chiamavasi  consiglio  generale:  i  giuratori  si  ele- 
gevano  due  consiglieri  per  ciascheduno,  e  formavano  fia  lutti 
il  numero  di  tredici,  compreso  il  sindaco. 


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CARCÀRE  509 

Erd  d&vi^  il  comune  ìd  quattro  quartieri ,  cioè  i  due  ber» 
ghi  y  le  ville  ed  una  porzione  di  Fallare  inferiore.  I  consiglicn 
si  radunavano  di  quando  in  quando  per  gli  afiari  comunali  sotto 
la  presidenza  del  podestà  e  del  cancelliere  di  esso.  Eravi  uno 
statuto,  secondo  le  norme  del  quale  dovevano  comportani  le 
amministrazioni  cosi  civile  come  giudiziaria. 

Tale  foggia  di  amministrazione  cessò  nel  1797  colla  costiCn*- 
zione  ligure  democratica,  e  Carcare  allora  fu  stabilito  in  mue- 
nicipalità  formata  da  un  presidente  e  cinque  consiglieri  con  un 
segretario,  ed  ottenne  un  giudice  di  pace  con  ampie  atttibii* 
zioni:  locchè  durò  fino,  all'unione  della  Liguria  all'impero  fian- 
cese. 

Cessato  il  governo  di  Francia  nel  18149  il  capo  del  comime 
pigliando  il  nome  di  capo  anziano  reggeva  in  compagnia  di  sdì 
consiglieri.  Fu  questo  un  governo  che  durò  soltanto  fino  al* 
l'unione  del  Genovesato  al  Piemonte. 

La  popolazione  ebbe  molto  a  soffrire  negli  anni  1799  e  1800 
per  le  guerre  e  la  fame,  donde  nacque  una  petecchiale  fone^ 
sta:- cosicché  nel  i8oa  gli  abitanti  non  sommavano  che  a  670. 
In  questo  villaggio  soffermossi  per  alcuni. giorni,  il  quartiere 
generale  dei  francesi  nell' aprirsi  della  cfimpagna  del  1796»  Buo<^^ 
naparte  era  in  Carcare,  quando  si  combatteva  nelle  tene  di 
Cosseria  e  di  Dego. 

In  una  piccola  sala  del  signor  Nicolò  Ferveri  leggesi  un' isori» 
zione ,  che  rammenterà  ai  posteri  i  dolorosi  tempi  della  chiesa, 
nei  quali  il  vicario  di  Cristo  Pio  VII  passava  a  prendere  un 
ristoro  in  questo  villaggio. 

Carcare  a  buon  diritto  si  onora  di  aver  dato  i  natali  agli 
esimii  fratelli  Castellani.  L'Orlandi  in  una  sua  lettera  indiritta 
al  Tiraboscbi,  rapportata  nell'Antologia  romana,  dice  che  i 
fratelli  Castellatii  furono  tre,  Vincenzo,  Bernardino  e  Giamma- 
ria, e  che  Gianandrea  fosse  un  loro  zio:  ma  dalla  donazione 
dei  proprii  beni  fatta  da  Giovanni  Andrea  alla  s.  Casa  di  Lo- 
reto, e  dal  suo  testamento,  non  che  da  alcune  scritture  di  au- 
tori quasi  contemporanei,  risulta  che  Giammaria  fu  suo  fratello* 
che  pure  lo  fosse  Bernardino,  si  ricava  dal  pubblico  istrumento 
fatto  in  occasione,  in  cui  fu  posta  la  prima  pietra  della  chiesa 
di  questo  collegio.  Pare  adunque,  che  deggia  prevalere  un'opi- 
nione fondata  sull'autorità  di  atti  pubblici. 


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5ro  GARGARE 

I  talenti  e  lo  studio ,  non  la  nobiltà  dei  natali  o  le  ricdiene 
portarono  Gianandiea  Gastelianì  ad  essere  referendario  dellGa 
e  dell'altra  segnatura,  segretario  della  s.  consulta  e  canon t^ 
nella  basilica  Vaticana.  Egli  rese  cara  la  sua  uiennoria  colle  opci^ 
di  beneBcenza.  Vivendo  fece  dono  dei  suoi  beni  alla  sante  Cm 
di  Loreto  ,  e  confermò  quel  dono  col  suo  testamento;  as«f§E 
una  cospicua  somma  di  danaro  per  edificare  la  chiesa  e  l"i* 
minare  il  collegio  degli  scolopii  in  Roma;  assegnonnc  on'altn 
perchè  fossero  in  ogni  anno  dotate  di  trenta  scudi  dasoia 
dieci  zitelle,  quattro  delle  quali  native  di  Carcare  sua  ptru. 
ed  anche  perché  fossero  mantenuti  agli  studi  delle  scienze  id- 
rante sette  anni  in  Roma  sedici  giovani,  sei  dei  quali  aTessero» 
essere  di  Garcare  o  delle  vicinanze  di  questo  villaggio  sino  ìlb 
distanza  di  dieci  miglia.  Per  ciascnno  dì  essi  lasciò  cento soA 
ma  di  presente  per  essersi  diminuite  le  rendite  dei  luoghi  k 
monti,  ottiensi  appena,  che  vengano  accettati  e  provisd  del  a- 
sognevole  due  alunni  carcaresi  nell'antico  collegio  Ficeuo.  I»* 
'signore  Gianandrea  Gastelianì  mori  nell'anno    1646. 

Di  Bernardino  si  hanno  poche  notizie.  Fu  archiatro  (^wf- 
gorio  XV.  Da  una  memoria  che  si  conserva  neirarcfefl*  "* 
;questo  collegio,  pare  esser  egli,  che  destinò  i  quaranta 2^* 
scudi  per  fabbricarlo. 

Dopo  lui  fu  archiatro  dello  stesso  romano  Pontefice  «  '"' 
tello  Giammaria.  Questo  cclrbre  medico,  che  dal  Toluziiècb* 
mato  anatomia' ìàu:s(ris,  anatomicus  perfectissimus ^  e  ài  ^ 
verini  andtomiu  cultìssimus  pervenne  cogli  studi  suoi  ad  acq«'' 
starsi  tanta  fama,  che  fu  eletto  a  medico  primario  rfcliaif^' 
ospedale  di  s.  Spirito  in  Sassìa:  quivi  tanto  si  adoprò  nelle  a^ 
topsie  per  compiere  la  sua  grand-opera  anatomica,  che  «'^'^ 
dette  ben  degno  di  succedere  ad  Angelo  Elpidiano  nella  ca  «• 
"dra  di  anatomia  e  chirurgia  :  cattedra  che  egli  cuopri  con  ^' 
ma  lode  durante  trentasette  anni,  secondo  che  affermai! 
raffa. 

Nel  1616  stampò  in  Venezia  un  opuscolo  intitolato  Ant^ 
Baldes  (juoBstionem  de  gangrcnce  et  sphaceeli  diversa  cu^^^^ 
collegìt^  recognom  etc.  Diede  pure  alla  luce  due  anni  dopo  u 
preziosa  operetta  De  sanguinis  missione^   tradotta  in  italiao  » 
in  tedesco,  e  ristampata  nel  1619  in  Viterbo,  nel  i63i  *^ 
gentina.    Ma    l'opera  più  insigne  di  Giammaria  Castellai^** 


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CARCIAGO  Sii 

ÈXjLtk  grande  Anatomia  con  tavole  in  rame^  le  prime  che  si  co- 
noscono: opera  ch'egli  lasciò  inedita  e  che  poi  compari  sotto 
il  nome  di  Pietro  Be  retti  ni  da  Cortona.  Vero  é  per  altro  che 
le  ricerche  ed  i  giudizi  che  ne  fecero  l'Allazio,  il  Mohesem, 
r  Altero,  il  Petraglia,  il  Marinucci  ed  altri  sommi  uomini  non 
lasciano  dubitare  che  quella  grande  opera  fosse  dettata  e  cor^ 
redata  di  opportune  tavole  da  Giammaria  Castellani  di  Carcare. 
Egli  fu  il  vero  fondatore  della  biblioteca  casauatense.  Impiegò 
dodici  mila  scudi  d'oro  per  gettarne  le  fondamenta,  siccome 
risulta  da  una  iscrizione,  che  conservasi  nella  medesima  biblio- 
teca; assegnò  mille  scudi  annui  per  mantenerla  ed  accrescerla  : 
e  se  il  cardinale  Casanatta  gli  diede  il  suo  nome,  ciò  fu  per- 
ché egli  l'ampliò  ed  arricchì  notabilmente.  Il  celebre  anato- 
mico carcarese  mori  il  i.^  di  agosto  del  i655.  A  monsignore 
Gianandrea  fu  eretto  un  busto;  ed  è  da  credere,  che  Bernar- 
dino e  Giammaria  avranno  almeno  una  lapide,  che  ricordi  i 
Ioro>  nomi  a  gloria  della  terra  che  ad  essi  diede  la  culla. 

Nacque  in  Carcare  il  venerabile  padre  Luigi  Mallone  delle 
scuole  pie,  uomo  Veramente  evangelico,  chiamato  ai  suoi  tempi 
voce  di  Dio:  si  segnalò  per  la  sua  carità  verso  i  bisognosi:  fa 
il  più  zelante  a  promuovere  il  grandioso  albergo  dei  poveri  in 
Genova.  Vittima  di  sua  carità  mori  colpito  della  peste  nel  1 66 1. 
Gli  alti  meriti  di  lui  prenunciò  s.  Giuseppe  Callasanzio,  che 
il  vide  fanciullo  in  Carcare.  Ne  parlarono  con  niolta  lode  gli 
scrittori  della  vita  del  santo.  Il  genovese  senato  decretava  una 
statua  in  marmo  per  onorare  Je  grandi  virtù  del  padre  Mallone, 
ma    pei  teinjù  avversi  ne  fu  sempre  diflerita  T  esecuzione. 

Sì  vantano  i  carcaresi  di  un  altro  Mallone,  ch'ebbe  una  im- 
portante carica  militare;  fu  egli  forse  quell'Ottone  Mallone,  che 
nel  1229  comandava^ una  flotta  della  repubblica  di  Genova  spe- 
dita 'in  soccorso  di  Nizza:  si  vantano  eziandio  di  un  valoroso 
Barla  che  fu  colonnello  al  servizio  di  Spagna.  Il  carcarese  Giu- 
seppe Maria  Malia  vini,  arciprete  della  parrocchia  della  sua  pa- 
tria e  quindi  vicario  generale  del  cardinale  Passiouei ,  pochi 
giorni  dopo  la  sua  elezione  a  vescovo  fu  tolto  ai  viventi. 

La  popolazione,  che  sul  fine  del  1819  era  di  Sjiy  ascende 
ora  a  1 1 80  non  compreso  il  collegio. 

CARCIAGO  {Canciacum)j  com.  nel  mand.  d' Intra,  prov. 
di  Pallanza ,  dioc.  e  div.  di  Novara.  Dipende  dal  senato  di  Pie- 


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$11  CARCOFFORO 

monte,  vice-intend. prefett.  insio.  ipot.  di  Pallanza,  posta  d' Intra. 

Di  questo  paesello  sono  piccole  frazioni  Carogno,  Carpiano, 
Geredo,  Sussello  e  Selva. 

La  sua  via  è  comunale.  Sta  in  distanza  di  due  miglia  pie- 
montesi dal  capo  di  provincia ,  presso  la  riva  occidentale  del 
Vefhano,  a  greco  d' Intra ,  in  sito  riparato  dai  venti  d'oltre- 
monte. 

Nel  territorio  sorgono  molti  colli,  di  cui  le  strade  non  sono 
praticabili  con  vetture.  Sonovi  molte  foreste. 

Segale,  castagne,  patate,  fagiuoli,  vino  e  gli  scarsi  prodotti 
di  poco  bestiame  bovino  forniscono  i  mezzi  di  sostentamento 
ai  terrazzani  di  Carciago. 

Per  le  cose  spirituali  dipende  dalla  parrocchia  di  s.  Mauri- 
zio. Vi  banno  nel  comune  alcuni  pubblici  oratorii,  ma  ben  di 
rado  uffiziati. 

Pesi  e  misure  come  a  Pallanza,  monete  col  ragguaglio  a 
quelle  di  Milano. 

I  terrazzani  vi  sono  robusti,  affaticanti  e  d'indole  buona. 
Popol.  45o. 

CARCOFFORO,  CARCOFARO  e  CARCOFANO,  com.  nel 
mand.  di  Scopa,  prov.  di  Yalsesia,  dioc.  e  div.  dì  Novara. 
Dipende  dal  senato  di  Piem.,  yice-intend.  prefett  insin.  ipot. 
.e  posta  di  Varallo. 

Giace  in  vai  di  Sesia  nel  seno  orientale  della  vallea  di  Roc^ 
cìoleto  o  dì  Sermenta,  ove  scaturisce  il  fiumicello  di  tal  nome. 
Da  CarcoSbro,  salito  l'alto  balzo  di  £gaa,  si  discende  a  Ra- 
ranca  e  in  vai  di  Mastallone.  Gli  sono  unite  le  piccole  villate, 
che  quivi  si  chiamano  Tetto  Minocco,  Terragno,  e  i  luoghi 
detti  Di  là  dell'acqua  e  in  Cima  il  Rivetto. 

Due  vie  comunali  di  qua  si  dipartono  :  ujua,  da  mezzodì ,  con- 
duce a  Ferrata,  discosto  metri  2466;  l'altra,  da  tramontana, 
scorge  a  Bannio,  lontano  metri  24660.  Questa  strada  non  è 
praticabile  che  nell'estiva  stagione  e  solamente  con  bestie  da 
soma. 

II  villaggio  è  situato  a  ponente  di  Varallo,  da  cui  è  distante 
33592  metri. 

È  circondato  dall'Egea,  quivi  appellato  Equa,  dal  Lampone 
e  dal  Mallosco,  alti  e  dirupati  balzi. 
U  comune  abbonda  di  larici  e  di  abeti. 


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CARDE  5i3 

'Vi  passa  il  torrente  Equa,  che  ha  le  fonti  sul  balzo  di  tal 
lome.  Gettasi  a  Rimasto  nel  Sermenza.  Yi  é  valicato  da  un 
3onte  in  legno,  che  venne  costrutto  a  spese  dtl  comune  nel 
e  793.  Prima  di  scaricare  nel  Sermenza,  riceve  le  acque  del 
rivo  Frassinera.  Contiene  qualche  trota. 

Lia  chiesa  pbrrocebiale  d' ordine  composito  é  sotto  il  titolo  di 
santa  Croce.  Fu  edificata  verso  il  1729.  In  essa  vengono  cele- 
brate  coli'  intervento  di  pochi  forestieri  le  feste  di  santa  Croce , 
di  santo   Stefano  e  di  Nostra  Donna  della  Neve. 
Evvi  un  instituto  di  carità,  chiamato  di  Aquesetto. 
Si  sta  per  costrurre  un  nuovo  cimiterìo  nella  prescrìtta   di- 
stanza dell'abitato. 

Trovasi  in  questo  territorio  :    Ferro   solforato   in  una  roccia 
calcarea,   steatitosa,    contenente  leggerissimo  indizio  d'argento. 
Si  mantengono  molte  bestie  bovine ,  pecore  e  capre.  H  burro 
ed  i  caci  che  quivi  si  fanno  in  abbondanza,  si  smerciano  so- 
prattutto nel  capo-luogo  di  provincia. 

I  cacciatori  vi  trovano  fagiani  j  starne  e  rupicapre. 
Pesi  y  misure  e  monete  come  in  Varallo. 
Gli  abitanti  di  questa  piccolissima  terra  sono  di  complessione 
robusta ,  di  lodevol  indole  e  molto  inclinati  alle  arti. 
Popol.  aia. 

*  CARDE  o  CARDETO  {CardetamJ  y  com.  nel  mand.  di  Mo- 
retta ,  prov.  e  dioc.  di  Saluzzò ,  div.  di  Cuneo.  Dipende  'dal 
senato  di  Piem. ,  intend.  prefett;  ipot.  di  Saluzzo,  insin.*^  e  po- 
sta di  Moretta.    * 

Giace  sulla  destra  sponda  del  Po  ben  presso  al  suo  vetusto 
castello,  dove  il  fiume  tragittasi  col  mezzo  del  primo  porto 
natante  ,  da  cui  sia  esso  valicato.  Di  là  s'incominciano  imbar- 
care su  navicelli  ogni  sorta  di  legname,  e  varie  specie  di  pie- 
tre per  oso  di  Idstrìcature  e  di  fabbriche  ,'che  vi  si  traspor- 
tano specialmente  dal  territorio  di  Barge. 

ColÀ  /  secondo  un  gigantesco  progetto  ,  che  fu  fatto  indamo  nei 
tempi  della  dominazione  francese,  avrebbe  dovuto  riuiscire 
un  canale  di  navigazione ,  la  cui  mercè  lo  Stura  sarebbesi  con- 
dotto a  con'giàngersi  col  Po.  Quivi  pure ,  secondo  un  divìsa- 
mento  del  1 780  ,  dovea  passare  là  strada  da  Saluzzo  a  Tori- 
no ,  la  quale  sarebbe  stata  quasi  tre  miglia  più  breve ,  che 
non  è  la  presente  ;  ma  sebbene  vi  fosse'  l' opportunità  di  co- 
Dizioiu  geo^r.  ecc.  Voi.  IIL  33 


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5i4  CARDE 

strurvi  un  ponte  sul  fiume  in  un  sito  in  cui  es«o  non  ha  dì 
larghezza  che  metri  cinquanta ,  e  poco  più  di  cinque  metri  di 
profondità  ,  cip  nondimeno  si  ce^sò .  da  quel  pensiero  per  la  dif- 
ficoltà del  successivo  passaggio  del  Pellice,  fiume-tonente  ìmpe* 
tuosissimo  quando  ingrossa. 

Yi  coprono  eii^que  vie  comunali  :  una  ,  da  mezzodì ,  con- 
duce al  capo  luogo  di  provincia  quattro  miglia  circa  lontano  ^ 
la  seconda ,  y^rso  levante  ,  dal  centro  del  villaggio  scorge  a 
Moretta  discosto  due  miglia  ;  la  terza  ,  da  libeccio,  mette  a 
Staffarda  ,  ed  indi  a  Revello  per  la  lunghezza  di  quattro  miglia; 
una  quarta ,  da  maestrale  ,  accenna  a  Barge  cinque  miglia  di- 
stante ;  r ultima ,  da  libeccio ,  pel  tratto  di  due  miglia  tende  a 
Y^lafranca  di  Piemonte. 

L'anzidetto  castello  negli  antichi  tempi  era  di  qualche  mo- 
innato,  come  si  scorge  da'  suoi  avanzi,  che  sono  una  porta  con 
ponte  levatòjo  verso  mezzodì  y  e  vestigie  di  grossi  bastioni  dagli 
altri  lati ,  nel  cui  recinto  abitavano  circa  ducento  persone  ,  e 
stava  una  chiesa  parrocchiale  ,  chiamata  Parcecia  Castri. 

L'attuale  parrocchia  di  Cardeto  è  sotto  l'invocazione  di  s«  Cat- 
terina  vergine  e  martire.  Essa  è  collegiata  composta  di  quattro 
canonici ,  compreso  il  paroco.  Venne  eretta  sotto  il  sommo 
pontefice  Giulio  II,  con  istromento  del  6  di  agosto  del  i5o6. 
Fu  dotata  da-  Manfredo  VII  dei  marchesi  di  Carde  ,  il  quale 
conservò  per  se  e  pe'  suoi  successori  il  dritto  di  nomina  cosi 
del  prevosto,  come  degli  altri  canonici. 

La  data  della  bolla  di  erezione  di  quella  collegiata  è  di 
cinquantasei  giorni,  anteriore  a  quella  del  sopraccennato  ìstru- 
mento  di  dotazione. 

Il  '  disegno  della  parrocchia  di  Carde  stata  ricosti'utta  nel 
1704  dal  marcliese  Carlo  Emanuele  di  Garessio,  Saluzzo  Mio- 
lans  Spinola,  presenta  la  forma  di  una  croce  greca.  Ha  due 
aitati  laterali,  uno  sotto  il  titolo  di  N.  IX  del  Rosario,  e  l'al- 
tro sotto  quello  di  ,s.  Giuseppe  :  contiene  inoltre  una  cappella 
in  cui  si  venera  Maria  Vergine  Addolorata. 

Il  presente  cimiterip,  della  grandezza  di  circa  quaranta  ta- 
vole ,  trovasi  ad  ostro  nella  prescritta  distanza  dall'abitato. 

Per  tramandare  ai  posteri  la  memoria  di  alcune  particolarità 
relativamente  a  quella  chiesa,  venne  posta  sopra  la  porta  di 
essa  una  lapide  colla  seguente  iscrizione  : 


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CARDE  5i5 

D    .    O    .   M 
9ACEAM   •   MDEM 

qyjM  .  ▲uno  .  i2oa  .  ruiifeedvs  .  ii 

SVPBEMVS   .   SiXTTlAKVM   •   DOHDfVS    •   AC   .   MABCBIO 

cjbfia  •  tienatobia  .  81lta  .  extavctoqve  •  ad  .  hebidanvm 
Castello  .  pie  •  bieditabattr 

HAUTBEDVS    .    IV    •   AllirO    .    l3a4    •    MAGlfinCE    •   BBEXEBAT 

MAHFBEDVS  .  VU  •  ABNO  .   l5o6  •  AD  .  AVITA  •  BELIGIOK  •  A»DITAME]ITVM 

COETV    •    GAIKHIICOBVM    •   OBNAVEBAT 

CABOLVS    •   BMAirVEL    •   HEIIBICV6    .    108EPH   •    ARTOmvS 

DE    •    SALVTOS    .   HIOLAHS   .    SPINOLA    .   OPJPIDI    •   HVIVS    .    AG 

BnOLANS    •   BABO    .    CABAMABUB    •   DOMIffVS    •    GABEXU   .    AC 

FABILUANI   .   MABCBIO    •   COMES    .   BEIHETTABVM 

BBGIA    .    CELSlTVDDf   •   VICT    .   AMED    .   II    •   HOBILIS    .   CVBICVLABIVS 

PBATOBIA    .    COHOBTM    .   LEOATVS    .   VT    •   DOMESTICjB 

VIBTVTI    •   AB    .   AVIS    •   BBCEPTS    .    POSTEBJS 

DBMAHDABDf    •    iBTBBnO    .    HOBVMEBTO    .    C0II8VLBBÌT 

A    •   FVRDAMEBTIS    .    BE8TAVBABAT    .    ABNO   •    I704 

La  superficie  del  territorio  è  di  gioroate  4^0  3.  o.  g. 

I  prodotti  del  bovino  bestiame  vi  sono  considerabili.  Gli  abi- 
tanti smerciano  molti  grassi  vitelli  singolarmente  in  Torino, 
Moncalieriy  Tigone  e  Saluzzo;  nell'inverno  conducono  e  vendono 
sulle  fiere  di  Moretta  e  di  Yillafranca  buoi  ingrassati  e  vacche. 

I  prodotti  vegetabili  vi  sono  :  grano ,  meliga ,  foglia  di  gelsi, 
uve  di  mediocre  qualità ,  e  soprattutto  molta  canapa ,  là  quale 
meglio  che  ad  altri  usi,  vale  per  essere  ridotta  in  funi,  ed  in 
gomene. 

Nell'estiva  stagione ,  e  sul  princìpio  d^autunno  ,  gli  abitanti 
che  hanno  poca  cura  della  propria  sahite  ,  vanno  soggetti  à 
pneumonie  ,  ed  alle  febbri  intermittenti. 

Mei  di  4  <lì  dicembre  vi  si  fa  una  «fiera  *,  ina  è  poco  fre- 
quentata.. 

Evvi  un  .pubblico  peso  antico  ,  il  quale  serve  per  pesare  il 
fieno  y  la  -paglia^  ed  il  legname.  ' 

Popolazione  >i88o.      ^  ' 

Cenni  sioricL  II  sita  in  cui  trovasi  questo  villaggio  fu  già 
pieno  di  cardi  selvatici,  dei  quaU  se  ne  veggono  ancora  ben 
molti  lunghesso  le^strade  e  nei  terreni  incolti:  dal  che  derivò 
probabilmente  il  suo  nome. 


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5i6  CARDE 

Nel  i334  il  podestà  di  SaJuzzo  Giovanni  Braida  ,  coll'assi- 
stenza  del  consìglio  de'  sei  sapienti ,  fece  col  marchese  Manfredo 
un  importante  cambio;  quello  cioè  della  rendita  di  228  lire  astesi, 
che  quegli  avea  sulla  città  ,  con  la  grande  selva  di  Cardeto, 
che  a  lei  apparteneva.  Quella  selva,  nelle  antiche  carte  detta 
sili^a  venatoria ,  si  estendeva  lungo  la  destra  del  Po  sino  a 
Moretta,  ed  allargavasi  per  modo  a  comprendere  il  sito ,  in  cui 
fu  edificata  Torre  di  s.  Giorgio,  chiamata  dapprima  Torre  di 
Cornafame,  già  luogo  di  convegno  per  le  caccie  dei  principi 
saluzzesi  (vedi  Torre  5.  Giorgio).  AJla  sinistra  tra  il  Po  ed  il 
torrente  Giandone  il  vastissimo  bosco  giungeva  issino  ai  coit-^ 
fini  di  Barge. 

Molto  prima  di  quelcaoibio,  il  borgo  di  Carde  aveva ,  come 
si  è  osservato  poc'anzi,  un  luogo  sul  fiume  da  tempi  antichi 
fortificato ,  il  quale  sotto  i  marchesi  divenne  una  rocca  im- 
portante. 

Carde  fece  parte  del  patrimonio ,  che  Manfredo  IV  marchese 
di  Saluzzo  con  testamento  del  iSaS  lasciò  a  Manfredo  suo  pri- 
mogenito del .  secondo  letto  a  pregiudizio  di  Federico  ,  che  del 
primo  letto  era  primogenito.  La  quale  inconsideratezza  fu  ca- 
gione di  lunghe  civili  guerre  che  desolarono  il  paese ,  e  prepa- 
rarono la  dicadenza  del  marchesato. 

Federico  adunque  ,  vivente  ancora  suo  padre,  sette  anni  dap*- 
poi  occupò ,  con  altre  terre  lasciate  a  Manfredo ,  anche  la  villa 
e  la  rocca  di  Cardeto,  che  per  altro  gli  rendette  dopo  la  pace 
del  1334  ,  fatta  per  intervento  del  conte  di  Savoja. 

Tommaso  II ,  succeduto  al  padre  Federico  ,  ne  diede  due 
anni  dopo  l'investitura  aUo  zio  Manfredo  ,  il  quale  dominato 
sempre  dall'avidità  di  regnare,  fatta  lega  col  principe  Giacomo 
d'Acaja,  rinnovò  le  civili  discordie,,  che  cagionarono  l'incendio 
di  Saluzzo  ,  la  lunga  prigionia  del  marchese  Tommaso ,  e  de' 
suoi  figliuoli  ;  prigionia  per  alcun  tempo  sofferta  nel  castello  di 
Carde  *,  cagionarono  anche  la  moite  di  moki  fidi  vassalli  del- 
l'illustre prigioniero,  ed  infine  la  sottomissione  Jello  stesso  mar- 
chesato, che  Tommaso  trovossi  nella  necessità  di  fare  al  Del- 
fino di  Vienna  Umberto  per  averne  l'assistenza. 

Rientrato  in  possesso  del  marchesato  fece  annullare  liei  t347 
la  vendita  della  sopraccennata  selva  di  qua  del  Po  ,  fatta  a 
Manfredo  dal  comune  di  Saluzzo. 


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CARDE  5i7 

Nel  1497  m^^^  d^  Cardeto  ottenevano  dal  marchese  Ludovico 
LI  benefizio  di  estrarre  dal  Po  un  canale  d'acqua ,  il  quale 
passa  pel  saluszese  territorio. 

Nella  guerra  del  i55i  ,  il  castello  di  questo  villaggio  era 
stato  tolto  ai  francesi  dagli  imperiali  ^  ma  nello  stesso  anno 
le  truppe  di  Francia ,  dopo  più  giorni  di  assedio ,  ripresero  la 
fortezza ,  e  passato  a  fil  di  spada  il  nemico  presidio ,  la  sman- 
'tellarono. 

Il  ranao  dei  Saluzzo  Carde  y  che  ebbe  origine  dal  marchese 
Manfredo  lY,  é  ora  estinto. 

ÌT^'^^ÌmI  leudo  di    questa  terra   havvi    un    altro,  atto  in  favore 
della  marchesana  d'Agliè  e  di  Garessio  ,  Maria    Teresa   Saluzzo 
Miolans  Spinola,  nel  di  8  di  aprile  del  1754;  pel  quale  regio 
atto  S.  M.  investi  quella  marchesana  del  feudo  di  Carde ,  e  di 
tutte  le  ragioni  di  dominio  diretto  sopra  il  luogo,  non  che  so* 
pra  il  territorio,  con  obbligo  ai  possidenti  di  p«igarle  le  decime 
dei  cereali ,  del  vino  e  della  canapa  ;  e  questi  diritti  vennero 
poi  affrancati  nel  1797  nella  somma  di  lire   44^4   ^^  pagarsi 
in  ogai  anno  ai  succq^ssori  della  marchesa. 
i        Non  è  guari  fu  posta  nella  chiesa  parrocchiale  di  Carde  una  tomba 
per  ricevere  le  spoglie  mortali  degli  ultimi  feudatari  :  già  in  essa 
riposano  le  ceneri  del  barone   Vittorio  di    Carde ,  morto  addi 
,16  di  novembre  del  1829;  e  quelle  del  marchese  Carlo  Casi- 
miro di  s.  (fermano  che    mori  in    Napoli  nel  di    16   gennajo 
i«3a. 

Su  quella  tomba  si  legge  la  seguente  iscrizicme: 

CAISOmCORVM   .    COLLEG    •   BESTITVTO 

JVBE    .   PATRORAT    .    VIHDICATO 

CABOIVS    .    BAYMVKDVS   .    VICTORIVS 

SAliMARTUn    .   FRATRES 

EX    .    MABCmONU    .   S    .    GERMANI 

CARDETTI    •  DYUASTJB 

SIBI    •    SVISQVE 

TVMVLVM   •   IfTSTAVRANDVM 

CVRARTNT 

VII   .    KAL   •   AVGVST    .    MOCCCXIXII 

Il  marchese  di  Saluzzo  Manfredo  IV  volle  pur  essere  sepolto 
in  quella  dùesa ,  che  dapprima  era  stata  magnificamente  eretta 
da  lui. 


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5i8  CÀRDELLONA  b  CARDEZZA 

Carde  si  onora  di  aver  dato  i  natali  a  monsignore  Giovanbat» 
tista  Bollati  dei  minori  osservanti  di  s.  Francesco:  fa  egli  uno 
de'  più  valenti  sacri  oratori  che  abbia  avuto  l'Italia  in  questi 
ultimi  tempi:  durante  la  francese  dominazione  stabili  il  suo  do- 
micilio in  Sai  uzzo ,  ed  ivi  attese  con  sommo  zelo  al  ministero 
della  divina  parola  ;  dal  dottissimo  abate  Disderì ,  vicario  capi- 
tolare della  diocesi  I  fu  trascelto  ad  esaminatore  sinodale:  dopo 
la  ristorazione  politica  ,  e  dopo  il  ristabilimento  dei  corpi  re» 
liglosi  in  Piemonte  venne  nominato  Definitore  generale  del- 
l'ordine j  al  quale  appartenne  :  fu  poi  creato  vescovo  di  Biel- 
la ,  dove  terminò  la  sua  mortale  carriera  nel  di  i  r  di  luglio 
del  1818.  Non  vuoisi  tacere  che  i  morettani  mettono  anche  a 
buon  diritto  quell'illustre  Pontefice  nel  novero  dei  Ipro  distinti 
personaggi y  perocché  s'egli  è  vero,  ch'ei  nacque  accidentalmente 
in  Carde,  è  vero  altresì,  che  fu  orìondo  di  Moretta,  dove 
la  sua  famiglia  ,  e  i  suoi  antenati  ebbero  constante  dimora. 

CÀRDELLONA ,  terricciuola  del  Casalasco  ,  feracissima  di 
eccellenti  uve ,  e  di  altre  finitta.  Trovasi  fra  il  colle  di  Crea  , 
e  di  Serralunga.  Fu  feudo  del  monastero  di  Crea,  che  ottenuto 
Io  aveva  dai  marchesi  di  Monferrato. 

CARDEZZA  (  Cardeda ,  Cardeta  ) ,  com.  nel  mand.  e  prov. 
di  Domodossola  ,  dioc.  e  div.  di  Novara.  Dipende  dal  senato 
di  Piem.  ,  vice-intend.  prefett.  insin.  ipot.  e  posta  di  Do- 
modossola. 

Appartenne  alla  signoria  di  Yogogna  ,  e  f u  poi  tenuto  in 
feudo  dalla  casa  Borromea.  Ne  fa  menzione  una  carta  di  con- 
cambio, che  ha  la  data  del  penultìm'anno  del  secolo  decimo. 

Nel  1571  fu  separato  da  Beura,  con.  cui  faceva  un  solo  co- 
mune. 

La  sua  chiesa  per  altro ,  già  eretta  prìma  in  parrocchia ,  era 
stata  consecrata  nel  1570  da  un  esule  vescovo  d'Ipri.  Un  se- 
colo dopo  le  fu  costrutta  un'ampia  ed  elevata  torre  con  cu- 
pola ottangolare  ,  ed  altissima. 

Si  crede ,  che  Giulio  Cesare  conducendosi  in  Francia  ,  pas- 
sasse per  questo  comune  :  tale  credenza  vi  si  conserva  perchè 
leggevansi ,  non  è  gran  tempo  ,  in  Dresio  sopra  una  lapide  le 
seguenti  parole: 

VIA  .  FACTA  .  A  .  CAIO  •  IVLIO  •  C£SARS 

Ma  queir  iscrizione  fu  giudicata  dei  bassi  tempi. 


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CARDEZZÀ  .    5i9 

Gardena  nel  i53o,  a  cagione  della  peste,  restò  quasi  priva 
di  abitatori  ;  le  vitame  di  essa  -venivano  gettate  giù  da  un  bur- 
rone in  una  profonda  fossa  naturale,  cbe  fu  poi  coperta  di 
inolti  sassi  e  di  terra.  Nel  di  di  8.  Marco  la  popolazione,  ac-^ 
compagnata  dai  sacri  ministri ,  si  reca  processionalmente  a  quel 
sito  ,  e  soffermandosi  innansi  ad  Una  croce ,  recita  molte  preci 
in  suffragio  delle  anime  di  coloro ,  dei  quali  ivi  riposano  le  ossa. 

La  rispettabile  famiglia  Bionda  diede  molti  parochi  a  que- 
sta sua  patria  ,  e  non  pochi  uomini  illustri  alle  scienze  ed 
alle  lettere. 

Il  paese  trovasi  /impetto  all'ingresso  di  YalFAntrona,  donde 
sbocca  il  torrente  Ovesca  ,  sulla  sinistra  sponda  dell'  Atos ,  ó 
Atoson ,  detto  volgarmente  Toccia  ,  Tosa ,  o  Toce. 

A  questo  comune  ,  che  gode  degli  istessi  privilegi  dell'Os- 
sola superiore  ,  spettano  come  frazioni  parecchie  villate  ,  che 
quivi  si  chiamano  :  Cantone  della  Chiesa ,  Cantone  di  Sotto  y 
la  Costa  ,  la  Gasa  Bionda  ,  Farnetti  ,  Case  Solaro  ,  le  Creste  i 
Buretti ,  e  Guzzego. 

Tanto  il  paroco ,  quanto  il  sindaco  di  Cardezza  estendono 
l'esercizio  dei  loro  diritti  sopra  i  luoghi  detti  Caselli,  Fara- 
giano  ,  Case  della  Pliccia  ,  e  Giavine ,  spettanti  al  territorio  di 
Beura,  nei  quali  hanno  dimora   cardezzane  famiglie. 

La  principale  via ,  detta  degli  Scoppelli  ,  vi  passa  nella  di- 
rezione da  ostro  a  borea.  Era  essa  provinciale  prima  che  si  fa- 
cesse la  strada  bellissima  del  Sempione.  Delle  altre  sue  vie 
una  ,  da  tramontana,  scorge  a  Beura  che  gli  sta  ad  un  miglio, 
e  a  Masera  quattro  miglia  discosto  ;  un'altra ,  da  levante,  mette 
a  Villa  lontano  due  miglia  ;  una  terza  ,  da  maestrale  ,  della 
lunghezza  di  miglia  quattro  conduce  a  Domodossola. 

L'Atos,  o  il  Toce  vi  discende  a  ponente  del  villaggio,  e  vi 
riceve  le  acque  del  torrente  Ovesca.  Non  essendovi  ponte  per 
valicarlo  ,  tragittasi  col  mezzo  di  una  navicella  ,  nel  piano  di 
Cnzzego  ,  la  quale  è  ài  regio  diritto.  Quel  fiume  fecondissimo 
di  trote,  temoli,  anguille,  ed  anche  di  lontre,  ha  le  sue  fonti 
^ulle  montagne  di  Fonnazza  ;  precipita  'nella  valle  di  Antigono, 
bagna'  Crevola,  Domo,  paite  dei  territoti  di  Masera,  e  di  Tron- 
tano,  e  passando  a  Beura,  giunge  alle  tbrfe  di  questo  comune, 
ove  hì^omifìcià  ad  essere  navigabile,  e  va  a  mettere  capo  nel 
hìgo  maggiore. 


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520  CARDEZZA 

Sul  luoghi,  ove  sono  le  prindpali  pastore  del  territorio,  quivi 
chiamati  Corte  dì  Sopra,  Corte  di  Sotto,  ed  Ogliana,  scaturi- 
scono varie  fonti  di  acqua  limpidissima  e  perenne:  una  di  esse 
raccogliendo  nel  suo  alveo  molti  ruscelletti,  diventa  infine  un 
torrente,  che  pigliando  il  nome  di  Og^na,  dopo  aver  solcate 
le  campagne  di  Beura  ,  a  cui  passa  nel  mezxo.,  a  poca  di- 
stanza si  scarica  nel  Toce.  Abbonda  di  trote  squisitissime  :  si 
crede  che  le  sue  acque  contengano  particelle  adamantine  ;  pe- 
rocché, messe  in  un  vaso  di  vetro,  lo  fanno  screpolare,  e  ne 
tagliano  il  fondo. 

Nel  comune  sorgono  parecchie  montagne ,  di  cui  la  più  ele- 
vata chiamasi.  Pizzo  delle  Pecore  ;  un'altra ,  di  poco  minore  al- 
tezza, è  detta  Rossola,  per  la  quale  serpeggia  un  viottolo,  che 
scorge  alle  alpi  di  Premosello  ;  una  terza ,  perchè  meno  delle 
precedenti  s'innalza ,  viene  distinta  col  nome  di  Bassa  ;  su  que- 
st'ultima sta  una  croce,  a  venerare  la  quale  in  ogni  anno  pro- 
cessionalmente  si  conduce  la  popolazione  devota. 

Mon  pochi  rialti  e  feraci  colli  vi  si  vedono  popolati  di  ca- 
stagni e  di  viti ,  fra  i  quali  si  elevano  qua  e  là  villereccie 
abitazioni. 

Amenissimo  fra  i  balzi  ed  i  colli  di  quella  terra  é  il  Marzoue, 
su  cui  sta  un'antichissima  chiesuola  dedicata  a  s.  Gio.  Battista,  di- 
sposta in  due  ardii  sorreggenti  un  soffitto  di  legno;  fu  essa  un 
tempo  la  parrocchiale  di  Prata,  e  sene  fece  acquisto  dai  car- 
dezzaui  nell'anno  i83i.  Sul  vertice  del  Marzone  giace  un  pro- 
fondissimo, rotondo  laghetto  privo  di  pesci,  le  cui  acque  ver- 
dastre non  vengono  mai  meno. 

I  prodotti  territoriali  consistono  in  biada  ,  saggina ,  uve  di 
ottima  quaUtà ,  e  singolarmente  in  noci  e  castagne,  che  i  ter- 
razzani ,  per  esservi  già  navigabile  il  Toce ,  vendono  con  faci- 
lità ,  e  con  loro  notevol  profitto  ai  mercatante  milanesi:  trag- 
gono essi  pure  un  non  mediocre  guadagno  dal  mantenimento  delle 
bestie  bovine  e  delle  capre,  delle  cui  lane  vi  si  vestono  cosi 
gli  uomini  come  le  donne)  le  quali  per  altro,  da  qualche  sta- 
gione ,  già  dilungandosi  dall'  antica  seniplicità  del  paese  ,  co- 
minciano portare  il  grembiale ,  ed  alcuni  abbigliamenti  di  fine 
stoffe  a  varii  colori,  provenienti  da  manifatture  straniere. 

Tuttoché  vi  sia  per^  lo  più  fecondo  ,  e  diligei^temente  colti- 
vato il  suolo  ,  ciò  nondimeno  il  territorio   essendovi  ristretto  , 


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GARDEZZA  521 

se  si  ragguardi  alla  numerosa  popolazione ,  molti  degli  uomioi 
si  allontanano  dai  proprii  focolari  ^  per  procacciarsi  in  altri 
luoghi  lavoro  e  guadagno. 

La  parrocchia ,  uffiziata  da  due  sacerdoti ,  uno  col  titolo  di 
prevosto,  e  l'altro  con  quello  di  cappellano,  è  sotto  Tinvoca- 
ùone  di  s.  Antonio  abate.  La  sua  prima  fondazione  risale  ad 
età  rimotissima.  Ha  tre  arcate  :  dieci  colonne  ne  sorreggono  la 
volta.  % 

Nel  1833  fu  essa  ingrandita.  Dalla  parte  di  levante  le  venne 
fatto  un  ampio  coro  con  sei  finestre  sopra  l'aitar  maggiore  , 
che  è  di  bello  e  svariato  marmo.  Dalla  parte  di  ponente  le  fu 
aggiunto  un  colonnato ,  ed  un  novello  portico  sostenuto  da  quat- 
tro colonne  ne  cuopre  adesso  la  porta  di  mezzo  e  le  due  late- 
^li.  Queste  aggiunte,  e  questi  rìstauri  furono  eseguiti  sul  di- 
segno dell'architetto  Jacopo  Citrini  di  Domodossola.  Sopra  l'ar- 
chitrave della  porta  maggiore  sta  scritto  : 

n  .  o  .  M 

AC    .   D    .   ART    .   ABB^.   PUS    .    DONIS    .   OFEBIBVSQ 
ECCLESU   .   HAEC    .    ADAVCTA    .   FVIT   .    AN    .    l833 

Ad  abbellire  quella  chiesa  si  adoperò  di  buon  grado  il  ya« 
lente  pittore  Lorenzo  Peretti  vigezzino.  Del  suo  riputatissimo 
pennello  vi  si  ammirano  adesso  eccellenti  dipinti ,  e  soprattutto 
quello  che  rappresenta  le  tentazioni  di  s.  Antonio  abate.  Affin- 
chè tutti  quegli  importanti  lavori  venissero  intrapresi ,  e  con- 
dotti a  buon  termine  si  adoperò  l'attuale  prevosto  con  lode  volas- 
simo zelo.  Si  sta  ora  formando  dal  rinomato  Bartolommeo  Cippa 
varallese  un  buon  organo  a  maggior  decoro  di  quella  par- 
rocchia. Due  volte  nell'anno  vi  si  onora  solennemente ,  e  col 
concorso  di  molti  forestieri  la  memoria  del  santo  titolare,  cioè 
nel  di  7  di  gennajo,  e  nella  seconda  domenica  di  luglio. 

Oltre  l'antichissima  chiesuola  sotto  il  titolo  di  s.  Ciovanni 
Battista ,  della  quale  si  è  fatto  cenno  superiormente  ,  il  co- 
mune ha  tre  belli  oratorii.  Il  primo,  molto  vicino  alla  parroc- 
chia ,  rappresenta  una  croce  greca ,  e  fu  costrutto  sul  vago  di- 
segno del  valoroso  architetto  Mazza  \  e  venne  dedicato  al  mar- 
tire s.  Fermo.  Il  secondo,  titolato  col  nome  di  s.  Antonio  da 
Padova  ,  troVasi  a  qualche  distanza  da  quello  di  s.  Fermo.  £ 
vaga  la  sua  costruzione  di  un  arco  solo.  Ne  è  di  nei'o  marmo 
l'altare,  di  cui  è  riputatissimo  il  quadro*  In  quest'oratorio  si  veg- 


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521  CARDEZZA 

gono  begli  affreschi  rappresentanti  alcum  dei  principali  fattiy  del 
santo  martire.  Il  terzo  fu  eretto  presso  l'amena  TÌlla  detta  di 
Curale ,  dal  nobil  uomo  abate  Tranquillino  Cattaneo,  canonico 
della  collegiata  di  s.  Gaudenzio  di  Novara.  Di  elegante  disegno 
è  questo  tempietto  di  un  solo  arco.  Stanno  in  esso  due  altari, 
uno  dedicato  a  N.  D.  dell'Addolorata  ,  e  l'altro  ai  santi  Gau- 
denzio ed  Agabio.  Il  pio  fondatore  fu,  secondo  l'ultima  sua 
volontà  ,  ivi  sepolto  addi  4  di  ottobre  del  i8i5. 

Il  villaggio  contiene  quattro  torri  vetustissime,  le  cui  mura- 
glie sono  di  una  straordinaria  spessita  :  due  di  esse  furono  ri-^ 
dotte  a  private  abitazioni  ;  e  ad  una  in  cui  alberga  il  cappella- 
no, fu  annessa  nel  i83o  ,  a  guisa  d'appoggio,  la  sala  delle  co- 
munali adunanze.  La  tradizione  afferma  ,  che  quelle  torri , 
della  cui  erezione  s'ignora  l'orìgine ,  siano  state  in  potere  di 
tirannelli^di  una  famìglia  appellata  Cane,  nel  tempo  che  gli 
Elvezii  si  armarono  contro  l'Ossola. 

Ti  sono  alcune  eleganti  case.  Oltre  quella  del  paroco,  vi  si 
distinguono  l'abitazione  spettante  ai  signori  Bionda ,  e  quella 
dei  signori  Cattaneo. 

Esistevi  un  leggiadro  casino  proprio  dei  signori  Cadorna  di 
Togogna  ,  in  cui  suole  dimorare  durante  l'autunno  la  nobil 
donna  Angela  Cadorna-Ponzanì  novarese. 

In  una  delle  quattro  sopraccennate  torri  ebbe  già  domicilio 
la  nobilissima  famìglia  dei  Lossetti  ,  come  ne  fanno  fede  pa- 
recchi istru menti ,  in  uno  dei  quali  avente  la  data  del  6  no- 
vembre i45o  si  leggono  queste  parole  :  speciabilis  et  nobiUs 
vir\  ed  in  un  altro  con  la  data  di  ott'anni  dopo  si  legge:  spe^ 
ctabilis  et  generosus  vir  Georgius  Lossetus.  Sulla  facciata  di  quella 
torre  vedasi  tuttavia  lo  stemma  gentilizio  dei  nobili  Lossetti. 

La  piazza  chiamata  delia  parrocchia  è  sufficientemente  spa- 
ziosa. Alti  muri  impediscono  che  la  guasti  un  vicino  rivo  ,  il 
quale  in  tempo  dì  pìoggie  dirotte  diventa  minaccioso. 

I  carJezzani  sono  per  lo  più  robustissimi ,  sprezzanti  dei  pe- 
ricoli della  vita ,  morigeiati ,  avversi  alle  liti ,  ed  alle  superflue 
spese  :  esercitano  mestieri  faticosi,  e  nulla  più  bramano  che  di 
potere,  mercè  dei  loro  onesti  risparmi  ,  far  acquisto  dì  qual- 
die  poderetto  nel  paese  natio. 

Usano  i  pesi  e  le  misure  deirOssoIa  ;  e  fauno  le  loro  con- 
trattazioni in  monete  milanesi. 

Popolazione  973. 


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CARDIGA  523 

CARDIGA  ,  altrimenti  Alùssara  ,  regione  della  Sardegna  nel 
dipartimento  del  Sàrrabus.  Giace  a  mezzodì  de'  monti  della 
Ogiìastra  ,  a  maestro  di  Cirra,  a  levante  del  GìarrA.  È  un  al- 
tipiano con  parecchie ,  ma  troppo  ardue  scale.  . 

La  sua  lìnea  da  tramontana  ad  austro  si  computa  di  miglia 
5  9  con  la  perpendicolare  di  circa  8.  In  esso  a  non  gran  distanza 
dalla  sua  sponda  orientale  levasi  un  colle  detto  Sa  Planedda^ 
per  ciò  che  nella  sua  parte  superiore  stendesi  quasi  orizzon- 
talmente una  pianura  capace  di  starelli  loo.  Al  qual  livello 
pare  aggiugnesse  in  tempi  assai  remoti  la  restante  massa  ,  in- 
nanzi che  o  per  Fazione  delle  acque  interne  che  dissolvessero 
e  consumassero  alcuni  strati  inferiori,  o  per  alcuna  convulsione 
intestina  che  li  sfragellasse  crollando  si  dimettesse  di  alcune  cen- 
tinaia di  metri.  Le  roccie  sono  di  arene  grosse  e  minute  me-* 
scolate  nelle  parti  inferiori  di  lapilli ,  nelle  superiori  di  con- 
chigliette.  Quivi  vede&i  alcun  banco  di  pure  arene.  Gli  strati 
sono  dì  varianti  spessezze ,  come  è  chiaro  laddove  acc£^dde  in- 
frangimento  ,  e  meglio  nelle  coste  ove  esse  levansi  quasi  ver- 
ticalmente. Vi  troverai  frequenti  caverne,  più  numerose  in  Ma- 
mùsi  ,  che  però  han  pìccol  seno  ;  e  nel  sito  detto  Is  tumbas 
molte  cavità  aperte  alla  superficie  in  figura  di  pozzi  o  dì  tom- 
be ,  perìcolose  fauci  dóve  spesso  gli  animali  sono  assorbiti.  Non 
è  scarsezza  di  acque.  Delle  quali  nascono  alcuni  rivoli ,  che  per 
lo  repentino  sprofondamento  del  livello  precipitandosi  dalle 
sponde  olirono  lo  spettacolo  di  altrettante  cascate.  Di  queste  è 
bella  a  vedere  la  denominata  Maista.  Il  ruscello  move  da  non 
lungi  sempre  nella  stessa  quantità ,  salvo  quando  le  frequenti 
pioggie  ,  gonfiasi  a  maggior  volume  ,  e  presso  la  scala  dello 
stesso  nome  volgesi  giù  ad  una  estrema  profondità ,  per  influire 
neU'Antas.  La  cascata  deis  Canneddus  é  da  due  finestre  sotto 
il  ciglio  d'una  rupe  tagliata.  Essa  é  dalle  acque  ,  che  si  insi- 
nuano in  is  ingurtidorgius  ,  i  quali  sono  due  caverne  aperte 
nel  piano,  e  per  un  mìglio  e  mezzo  un  po'  tortuosamente  in 
un'oscuri ssi ma  gola  si  avanzano  alle  due  foci  per  crescere  il 
fiume  Tùvulu  o  di  s.  Giorgio,  tributario  del  Cirra  movente  da 
Bacu-canargius.  Le  cascate  di  Mamusi  vanno  nel  rio  Corru->de- 
Cerbu  ,  ultimo  dei  confluenti  a  destra  del  Cirra. 

Le  valli  principali  del  Cardiga  sono  Coma-e-Sulis ,  Buddi- 
dorgia,   Biscotti,  Gon'ovoni.  Nelle  quali  frondeggiano  tra  i  lecci 


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524  CARDONA  e  CAREMA 

le  filiree  ,  i  corbezzoli ,  ginepri ,  mirti  ecc.  Anche  alle  Scale 
trovansi  ghiandiferi  y  e  fa  leggiadra  pompa  di  se  quello  che  ve- 
geta alla  pendice  e  falda  della  Planedda. 

Le  capre  tì  hanno  un  abbondante  ed  ottimo  pascolo  ;  né  je 
ne  manca  per  le  pecore.  U  serpellino  non  y'é  raro,  e  da  co- 
tale alimento  sono  assai  pregiati  i  formaggi  del  Cardìga.  Es- 
sendo questo  territorio  promiscuo  ai  sarrabesi  ed  ogliastrìni , 
e  gli  uni  e  gli  altri  vi  conducono  lor  greggie;  quelli  d'inver- 
no y  questi  di  primavera. 

Il  clima  e  fredduccio;  l'aria  é  ottima*  La  terra  si  presterebbe 
a  molte  coltivazioni.  Se  ne  seminò  qualche  tratto ,  e  si  ottenne 
anche  il  60. 

Troverai  vestigia  di  due  popolazioni  y  una  intorno  a  Santu- 
Miali  (  S.  Michele  )  a  pie  della  Planedda  ;  altra  in  Matta-e- 
cannas.  Credo  vi  sia  spazio ,  e  possa  esservi  sussistenza  per  tre 
da  costituirsi  una  dove  era  già  presso  s.  Michele ,  altra  alla 
Maista  ,  la  terza  alla  sponda  australe.  L'appellazione  di  s.  Mi- 
chele è  da  una  antica  chiesa  distrutta.  Né  questo  sacro  edifi- 
zio  creder  uqìco  ,  conciossiachè  se  ne  conobbe  uno  sotto  l'in- 
vocazione di  s.  Damiano  alla  regione  di  Murdega  non  lungi  dal- 
l'acqua di  Funtana  manna  tributaria  del  Dosa. 

I  cacciatori  non  partono  mai  da  Cardiga  senza  molta  preda; 
che  vi  sono  numerose  le  specie  de' cervi,  daini,  e  cignali.  Non 
vi  mancano  i  mufloni. 

CARDONA  {Cardona)y  cantone  di  Yilladeati nel  Monferrato. 
Giace  sopra  un'amenissima  collina  ,  ricca  di  Ben  coltivati  vi- 
gneti. La  sua  antica  parrocchia  con  titolo  di  pievania  era  stata 
eretta  sotto  il  titolo  di  s.  Lorenzo.  Il  nome  di  questa  terra  è 
molto  antico  ,  e  proprio  di  altri  vetustissimi  paesi.  Evvi  una 
città  in  pari  modo  appellata  che  trovasi  alle  falde  de'  pirenei 
in  Ispagua  presso  il  confluente  del  Cardonero  colla  Bidassoa. 

*  CAREMA  {Carema)  ,  com.  nel  mand.  di  Settimo  Yittone , 
dioc.  e  prov.  d'Ivrea,  dìv.  di  Torino.  Dipende  dal  senato  di 
Piem. ,  intend.  prcfett.  insin.  ipot.  d'Ivrea  ,  posta  di  Settimo 
Vittone, 

II  vero  antico  nome  di  questa  terra  è  ad  cameram.  Fu  con- 
siderabil  corte  nei  tempi  di  mezzo.  Lo  storico  Yiberto  narra 
che  in  essa  potè  condursi  a  salvamento  un  nipote  dell'impera- 
tore Corrado  il  Salico  ,  per  nome  Bruuone ,  che  sali  poi  sulla 


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CAREMA  525 

cattedra  di  s.  Pietro  col  nome  di  Leone  IX.  Aveva  questi  ancor 
povine  seguito  la  spedizione  militare  dello  zio  in  Italia ,  e  sen 
ritornava   quindi  in  compagnia  di  poche  persone  per  la  strada 
d'Ivrea.     Gli    abitanti   di    questa  città ,  cbe   pochi  mesi  prima 
stati  erano  soggiogati  dall'Imperatore,  e  gli  conservavano  l'animo 
avverso  ,   appena  udito  l'arrivo  del  nipote  di  lui ,   corsero   al- 
l' armi    per  farlo    prigione  ;  ma  di  ciò  fatto  accorto  Brunone  , 
g\k  s'era  celeremente  condotto  ad  cameram  ,  ultima  terra  del 
contado ,   e   già  se  ne  andava  sicuro  alla  volta  di  Aosta ,  mentre 
ì  suoi  nemici  lo  cercavano  ancora  dentro  ad  Ivrea. 

Cairema  fu  feudo  dei  s.  Martini  Provana  di  Parella  ,    e   dei 
Yallesa  di  Montalto. 

Giace  ai  piedi  del  monte  ehe  chiamasi  Maletto ,  sulla  sinistra 

sponda  della  Dora  Baltea,  in  distanza   di  un  miglio  da    Pont 

san  Martino  terso  Aosta ,  e  di  due  miglia  da  Settimo  Yittone  dalla 

parte  del  suo  capo  luogo  di  provincia ,  da  cui  é  6  miglia  discosto. 

La  strada  provinciale,  che  da    Ivrea  mette  in  Aosta  ,  passa 

per  questa  terra* 

Sono    sue    frazioni   le   seguenti  villate  :    Togìiana  ,  AjTale  , 
Prati  di  Sotto,  Prati  di  Sopra,  Cappella  Ferrata,  Maddalena, 
'    Stigliano ,  Boschietto  ,  e  Marchetto. 

La  Dora    Bai  tea  separa  il  territorio  di  Carema  da  quelli  di 

'     Quincinetto  ,  e  Donnas.  Da  tale  separazione  viene   formato  un 

isolotto  ,  a  Cui  non  si  arriva  per  mezzo  di  verun  ponte.    Esso 

appartiene  in  parte  al  comune  di  Carema,  e  in    parte   al  co* 

mune  di  Donnas. 

Da  ostro  vi  discende  il  Chiussuma  ,  toirrente  che  scaturisce 
sul  vertice  della  montagna  Bechera ,  e  viene  sul  confine  di  que- 
sto paese  ad  attraversare  la  strada  provinciale ,  ove  sta  un  so- 
lido ponte  in  pietra.  Dal  Chiussuma  gli  abitanti  derivarono  tre 
'  canali  d'acqua ,.  di  cui  si  valgono  per  l'irrigazione  dei  loro  po<^ 
'  deri  tanto*  in  montagna  quanto  in  collina,  ed  eziandio  per  dar 
moto  ad  un  molino  ,  e  per  l'uso  di  una  fabbrica  del  ferro. 

Un  altro  torrente  chiamato  Eyles,  cbe  ha  le  fonti  sui  balzi 
di  Gressoney  ,  passa,  jiler  questo  territorio  ,  e  prima  di  metter 
foce  nella  Dora  v'ÌBa£Ba  molte  campagne,  e  mette  in  giroedi* 
fisi  meccanici. 

Cosi  la  Dora ,  come  il  Chiussuma ,  e  TEyles  vi  sono  fecondi 
ili  ottime  trote. 


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526  CAREMA 

Sul  MaletlOy  a'  cui  piedi  trovasi  Careoia,  non  si  sale  che  per 
una  via  soltanto  praticabile  con  bestie  da  soma  :  alla  sua  som* 
mità  si  perviene  in  quattro  ore  di  cammino. 

In  questo  territorio  si  rinviene: 

Scisto  micaceo  e  quarzoso,  con  la  mica  di  un  bianco  argen- 
tino ed  il  quarzo  traente  al  colore  verdognolo:  della  cava  Go* 
glielminotti  ;  si  adopera  come  pietra  da  taglio. 

Roccia  composta  d'anfìbola ,  calce  carbonata ,  scisto  dorito- 
so  j    idocrasìa  in  massa   ecc.  :  del  luogo    detto    Costa  della 
fornace. 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  l'invocazione  di  s.  Martino  ve- 
scovo. In  essa  oltre  la  festa  del  santo  titolare ,  si  fanno  con 
qualche  solennità  quelle  del  Rosario ,  del  Carmine,  del  Corpus 
Domini,  e  della  nascita  del  Salvatore.  Ti  esbte  un'antichissima 
lapide  con  iscrizione ,  le  cui  lettere  furono  quasi  tutte  corrose 
dal  tempo. 

Nel  comune  si  veggono  parecchie  rurali  cappelle.  In  una  di 
esse  ,  dedicata  a  s.  Anna ,  dal  principio  di  giugno  sino  alla 
metà  di  ottobre  soggiorna  un  sacerdote  coU' obbligo  di  cele- 
brarvi i  divini  misteri. 

Degli  altri  oratorii  uno  sotto  il  titolo  di  s.  Defendente  tro- 
vasi nella  villata  di  Ayrale*»  un  altro  in  Cappella  Ferrata  è  sotto 
rinvocarione  di  s.  Erasmo  -,  un  terzo  sacro  a  s.  Giovan  Battista 
decollato  sta  nella  regione  di  Gory  ;  un  quarto  sotto  il  patro- 
cinio di  s.  Rocco  vedesi  nella  regione  di  Gioo;  un  quinto  con* 
secrato  alla  nascita  del  precursore  di  Cristo  sorge  in  montagna 
nel  luogo  detto  Ciampas. 

Il  paese  contiene  inoltre  una  chiesetta  spettante  alla  confra- 
ternita del  Santissimo  Sacramerito. 

I  qpnjugi  Battista  e  Catterina  Cuglieratta,  con  testamento  del 
9  di  gennajo  1743,  e  con  codicillo  del  27.  marzo  dello  stesso 
anno  ,  vi  fondarono  una  cappellania  laicale,  obbligandone  21 
previsto  a  celebrarvi  la  messa  in  ogni  d\. 

Un  Michele  Ai*vatto ,  ,cob  .  testamento  del  «4  ^ebbrajo  18^7, 
vi  institui  uu  beneficio  per  la  scuola  dei  fanciulli  coli' annua 
rendita  di  lire  %fyi,  e  provvide  ad  un  tempo  l'-abitazione  pel 
maestro  ,  ed  un'ampia  camera  per  l'uso  della  scuola  ,  in  cui 
si  hanno  ad  insegnare  gli  elementi  della  lingua  italiana  e  del- 
raiitnietica. 


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CARENTmO  527 

Avvi  uaa  coagregazioDe  di  carità  per  sovvenire  ai  poveri  del 
comune. 

I  prodotti  del  territorio  sono  cereali  in  poca  quaiitità  ,  e  molte 
uve  j  con  che  si  fanno  riputatissimi  vini.  Vi  si  ricava  un  notevol 
guadagno  dalle  molte  mandre  del  grosso  e  del  minuto  bestiame. 

Esistonvi  due  fabbriche  del  ferro  :  una  propria  del  signor 
Mongenet ,  in  cui  sono  occupati  sette  operai  :  l'altra  per  tre 
quarti  appartiene  ad  un  Giuseppe  Yìetti ,  e  per  un  quarto  al 
$ignor  Pietro  Bredda  d'Ivrea,  nella  quale  s'impiegano  tre  per- 
sone. 11  ferro  in  quelle  fabbriche  lavorato  si  vende  quasi  tutto 
nella  capitale. 

Vi  è  un  ufiSsio  della  re^  dogana  dipendente  da  quella 
d'Aosta,  ove  si  paga  pel  transita  delle  pelli  non  lavorate,  pro- 
veniebti  da  quella  città. 

.    Gli  abitatori  di  Carema  sono  molto  robusti ,  e  in   generale 
d'indole  buona. 

Pesi,  misure  e  monete  del  Piemonte. 

Popolazione  i4oo. 

"  CARENTINO  (  Carenùnum  ) ,  com.  nel  mand.  di  Momba* 
ruzzo,  prov.  d'Acqui,  dioc.  e  div.  di  Alessandra.  Dipende  dal 
senato  di  Piem.^  intend.  prefett.  ipot.  d'Acqui,  insin.  di  Kizza 
Uonferrato,  posta  di  Alessandria. 

È  uno  dei  principali  luoghi  dell'antico  marchesato  d'Incisa, 
di  cui  segui  le  varie  vicende.  Alcuni  scrittori  lo  chiamarono 
Coretto.  Fuvvi  chi  affermò  che  venisse  fondato  all'  epoca  stessa 
della  distruzione  di  Trelance  (  v.  Incisa  ). 

Di  Garentino  è  fatta  menzione  in  un  breve  dell'  1 1  di  luglio 
1180,  fatto  dal  sommo  pontefice  Alessandro  III  a  favore  del- 
l'arciprete  di  Santa  Maria  del  Foro. 

Da  instrumento  stipulato  in  Cattania  nel  marzo  del  1224  ri- 
sulta, che  i  marchesi  d'Incisa  ebbero  questa  terra  in  feudo 
dal  marchese  di  Monferrato  Guglielmo  VI.  La  ebbe  poi  uno 
Oldone  od  Oddone  io  virtù  di  un  diploma  dell'  imperatore  Mas- 
similiano, fatto  addi  11  di  setteuftbre  del  i4o7* 

Dei  luoghi  del  Monferrato,  che  vennero  assegnati  alla  dio- 
cesi di  Alessandria,  fin  dall'epoca  della  sua  fondazione,  questo 
fu  r  unico ,  che  le  ria  stato  conservato  dopo  il  ristabilimento 
del  suo  vescovado,  quantunque  per  riguardo  alle  cose  civili  non 
sia  stato  giammai  ad  Alessandria  soggetto. 


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528  CARENTINO 

Verso  la  metà  del  secolo  decimosesto  la  cura  delle  anime  di 
questo  villaggio  erasi  trasferita  dalla  chiesa  dei  santi  Fabiano  e 
Sebastiano  in  quella  di  Santa  Maria  posta  fuori  dell'  abitato  so«- 
pra  un'altura  deliziosissima,  ove  già  esisteva  un  convento  di  Umi- 
liati, i  quali  se  n'  erano  partiti  di  là  poco  tempo  innanzi.  La  chiesa 
di  Santa  Maria,  tuttoché  sia  stata  rinnovata  nel  iSyG,  ciò  non 
di  meno  nella  seconda  metà  del  secolo  decimo  ottavo  minac- 
ciando rovina,  si  credette  che  non  fosse  più  inistato,  nemmeno 
riattandola,  di  servire  al  culto  divino.  Si  fabbricò  pertanto  nel 
1780  una  novella  parrocchia,  alla  cui  edificazione  contribuirono 
sommamente  le  largizioni  e  le  fatiche  dei  terrazzani. 

Questo  villaggio  nel  1708  fu  dato  con  titolo  di  contado  ai 
Faa   marchesi  di  Bruno. 

Giace  a  mezzodì  sopra  un  rialto ,  in  sulla  destra  sponda  del 
Belbo,  alla  distanza  di  sette  miglia  da  Alessandria  e   di  dieci, 
dal  suo  capo-luogo  di  provincia. 

Borgoratto  non  gli  è  discosto  che  di  un  miglio  circa. 

Oltre  il  Belbo,  vi  scorre  il  rivo  Bruno,  da  cui  gli  abitanti 
non  trassero  finora  verun  canale  per  irrigare  le  proprie  cam- 
pagne. 

La  parrocchia  è  sotto  l'invocazione  di  s.  Sebastiano;  ma  la 
festa  principale  che  vi  si  celebra  coU^ intervento  di  duecento 
forestieri  si  é  quella  di  Nostra  Donna  assunta  in  cielo. 

Il  cimiterio  statovi  costrutto,  son  pochi  anni,  trovasi  fuori 
dell'abitato  nella  prescritta  distanza. 

Sonovi  inoltre  un  oratorio  per  uso  della  confra;ternita  della 
Santissima  Trinità,  ed  una  chiesuola  dedicata  alla  Beata  Ver- 
gine di  Loreto. 

Del  vetusto  castello  più  non  avvi  che  un  pozzo,  spettante  ai 
marchesi  Faa  di  Bruno. 

Nella  scuola  comunale  s'insegnano  gli  elementi  della  lingua 
italiana, 

I  principali  e  più  copiosi  prodotti  di  questa  terra  sono  il 
frumento  ed  il  vino,  l'uno  e  l'altro  di  facilissimo  smercio  per 
essere  di  ottima  qualità.  Di  qualche  rilievo  vi  sono  pure  le  ri- 
colte dei  marzuoli. 

I  carentìnesi  sono  robusti,  assai  perspicaci  e  d' indole  buona. 

Usano  i  pesi  e  le  misure  del  Monferrato. 

Popolazione  495.  \ 


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CARESANA  Sag 

'*'   CARESANA  {Carisiana^  Cariciana),  com.  nel  mand.  di 
troppìana  ,   prov.  e  dioc.  di  Vercelli,  div.  dì  Novara.  Dipende 
al    senato    di    Piein.,  intend.   prefett.   insin.   ipot.  e  poata  di 
ercelli. 
Alla    distanza  di   due  miglia  dal  suo  capo  di  mandamento, 
di  sette   dal  suo  capoluogo  di  provincia  sta  questo  antico  vii- 
aggio  non    lunge   dal   Sesia,  che  quivi  tragittasi  con  sicurezza 
oV  luezzo   di  un  porto. 

11  territorio  è  ferace  di  ogni  maniera  di  cereali ,  di  uve  e  di 
ilUre  frutta. 

Delle  comunali  sue  strade,    una,   da   levante,  conduce  alla 
Liomellina',  l'altra,  da  ponente,  mette  a  Stroppiana. ' 

Oltre  l'anzidetto  fiume  vi  passano  due  correnti:  il  Boriino  e 
\a  roggia  Bona:  Tuna  e  l'altra  vi  sono  valicate  da  un  ponte 
di  cotto.  Quello ,  che  sta  sul  Boriino ,  venne  costrutto  nel  1 786 
sul  disegno  dell'architetto  Nicola  Nervi,  e  a  spese  del  capi- 
tolo della  cattedrale  di  Vercelli.  Lo  stesso  avvenne  di  quello  che 
fu  posto  sulla  roggia  Bona  molti  anni  dopo.  Le  due  ccirrenti, 
dopo  avere  innaffiato  una  parte  del  territorio,  mettono  capo 
nel  Sesia. 

La  parrocchiale  e  sotto  il  titolo  di  s.  Matteo.  Ha  tre  nava- 
'  te-,  fu  edificata  nel  1754. 

Fuori  dell'abitato  esìstono  due  chiese,  quivi  distinte  col  no- 
'  me  di  santuarii,  tenuti  in  molta  venerazione. 

Gli  abitanti  sono  robusti,  generalmente    applicati    ai    lavori 
.   campestri. 

Usano  i  pesi  e  le  misure  antiche  del  Piemonte,  e  fanno  le 
loro  contrattazioni  in  lire  nuove  di  Piemonte. 

Cenni  storici.  L'antico  nome  di  questo  paese  è  Caricetum 
o  Careclum^  indicante  luogo  pieno  di  carici,  cioè  di  una  sorta 
di  giunco  angoloso,  acutissimo  e  durissimo,  della  specie  della 
ttionoecia  triandria ,  spettante  alla  famiglia  delle  ciperoidi.  Que- 
sto carice  è  dannoso  nei  pascoli  e  nei  fieni  per  la  sua  durez- 
za. La  sola  specie  delle  sabbie  o  plantaginea  di  Linneo  si  crede 
utile  per  la  virtù  sudorifera  delle  sue  radici. 

Questa  Caresana  nei  bassi  tempi  fu  corte  insigne,  con  forte 
baluardo  ed  ampio  territorio,  il  quale  conteneva  otto  mila  gior- 
nate, oltre  i  siti  ghiajosi. 

Da  Berengario  II  re    d' Italia   fu  data  alla  chiesa  cattedrale 
Dizion,  geoi^r,  ecc.  Voi.  III.  34 


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5»4^<?  CARESANA 

di  VerceUi ,  a  cui  Tenne  quindi  tolta  e  restituita  dal  re  Arduino 
insieme  con  la  chiesa  di  s.  Matteo  tuttora  parrocchiale ,  e  con 
quelle  di  s.  Giorgio  e  di  santa  Maria:  il  che  fu  poi  confer- 
in'ato  da  Berta,  consorte  di  quel  re,  e  da  Ottone  III  con  di- 
plomi del  999  e  del  looo.  In  un  altro  diploma  del  mille  quel- 
r  imperatore  conferì  al  vescovo  Leone  di  Vercelli  il  diritto  di 
caccia  è  di  pesca  da  Ca resana  iusino  ad  s.  EvasiunJ^eret  Ca- 
sale, e  quinci  insino  a  Balzola. 

Accadde  che  un  Arderico  accompagnasse  Corrado  il  Salico , 
di  cui  era  parente ,  nel  viaggio  di  quest'  imperatore  a  Roma ,  e 
che  dal  sommo  Pontefice  vi  fosse  consecrato  vescovo  di  Ver- 
celli. Corrado  in  queir  occasione  gli  fece  dono  di  Caresana.  Ve- 
nuto poi  egli  alla  sua  sede,  e  risoluto  di  pigliare  possesso  di 
Caresana,  vi  trovò  nel  capitolo  della  cattedrale  una  costante 
resistenza ,  la  quale  il  pio  vescovo  seppe  condurre  a  bene  della 
chiesa^  offerendo  a  quel  capitolo  di  rinunciargli  l'imperiai  do- 
naiione,  se  i  canonici  di  esso  ritornati  fossero  all'antica  vita 
comune  instituita  da  s*  Eusebio,  ed  ebbe  la  consolazione  di 
ottenere  pienamente  quell'intento  nel  1040. 

Nella  conferma  di  donazione  a  prò  di  que' canonici  fatta  da 
Federico  I  nel  ii53  é  spiegato  che  la  corte  di  Caresana  pos- 
sedeva gli  alvei  ed  i  porti  del  Cervo  insino  a  Biella;  ed  inol- 
tre un  porto  sull'Elvo  con  gli  alvei  e  le  due  rive  della  cappella 
di  s.  Colombano  insino  al  Po. 

Vuoisi  notare,  che  dal  diploma  imperiale,  in  cui  è  confer- 
mata la  predetta  donazione,  si  scorge,  che  quella  cappella  eia 
situata  inter  Beleduni ,  Balloia ,  et  Languscum  ;  e  perciò  si  rico- 
nosce che  TElvo  nel  dodicesimo  secolo,  meno  impedito  dalla 
coppia  delle  sabbie,  spingeva  il  suo  corso  ad  ostro  di  VerceUi 
insino  al  Po,  senza  entrare  dapprima  nel  Sesia. 

Nel  secolo  vegnente  le  fazioni  guelfe  e  ghibelline  avevano 
posto  la  terra  di  Caresana  in  misera  condizione,  allorquando 
ì  Langoschi,  nobili  vercellesi,  ed  altri  casati  divenuti  potenti, 
la  tolsero  al  capitolo  di  Vercelli,  In  quel  frangente  gli  Avoga- 
dri ,  che  combattevano  per  la  chiesa,  avendo  alla  testa  Nicasio 
dei  signori  di  Casanuova,  rotta  la  fazione  dei  Langoschi  e  caccia- 
tala da  Caresana ,  ritornarono  questo  luogo  ai  padroni  di  essa. 
Ma  essendosi  vie  maggiormente  riaccese  le  gare  degli  abitanti , 
il  capitolo  y  coU'ajuto  del  conte  di  Sa voja  e  di  altri  potenti ,  ne 


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CARESANA-BLOT  5*5  ^/ 

fé'  tutti  uscir  fuori  nel  1^56,  e  vi  condusse  dentro  ad  abi- 
3kTlo  buon  numero  di  vicini  terrazzani ,  che  non  parteggiavano 
er  nessuno,  facendo  loro  capi  i  Dionisiì,  nobili  vercellesi. 
>uel  casato  dei  Dionisii  ne  tenne  quindi  il  possesso,  e  col 
empo  ne  assunse  il  home:  a  tal  che  duecento  ventiquattr' anni 
Vopo,  Comina  figliuola  di  Enrico  Ferrerò,  stipite  del  nobilis- 
\ma  ramo  della  Marmora,  veniva  condotta  in  isposa  ad  un 
battista  Dionisio  signore  di  Car esana. 

Yi  ebbero  poi  parte  di  dominio  i  conti  di  Tal  macca  e  di  Bre- 
me  y  discesi  dagli  antich\^  conti  di  Cavaglià  ,  ed  anche  i  Tizzoni 
discendenti  dai  signori  della  Riva. 

^el  i355  l'ambizioso  Giovanni  II,  marchese  di  Monferrato, 
ottenne  questo  luogo  dall'imperatore  Carlo  IV ;  ma  noi  posse- 
dette ne  a  lungo ,  né  tranquillamente  per  la  continua  e  ferma 
opposizione  del  capitolo  di  Yercelli. 

Carlo  Emanuele  I  lo  infeudò  insieme  con  Collobìano  agli  Avo- 
gadri  di  S.Giorgio  in  Monferrato-,  ma  nella  guerra  di  quel  duca 
contro  la  Spagna,  i  tedeschi  in  una  notte  del  i6x3  appicca- 
rono il  fuoco  al  villaggio,  del  quale  fatto  prese  egli  vendetta 
il  giorno  dopo  incendiando  Palestro,  situato  di  là  dal  Sesia. 

Nel    1687   questo  paese  venne   occupato   dalle  truppe  spa- 
gnuole ,  sotto  il  comando  del  marchese  dì  Leganes.  Passò  final- 
mente con  titolo  di  marchesato  alla  famiglia  dei  Macelli. 
Popolazione  2Ò00. 

*  CARESANA-BLOT  (Carisiana^  Cariciana  Fercelknsium) , 
com.  nel  mand.  prov.  dioc.  di  Vercelli,  div.  di  Novara.  Dipende 
dal  senato  di  Piem.,  intend.  prefett.  insin.  ipot  e  posta  di' 
"Vercelli. 

È  menzionata  in  diplomi  dell' 882,  del  999  e  del  1000.  In 
quest'ultimo  si  accenna,  che  in  quei  secoli  era  soggetta  al  ca- 
rico di  fornire  il  miele  al  fisco,  sorta  di  tributo,  che  chiama- 
vasi  melagium. 

A  questa  Ca resana  si  sopraggiunge  il  nome  di  Blot,  o  Bellotto, 
che  è  quello  di  una  terra  posta  fra  essa  e  Vercelli,  ma  molto 
più  vicina  a  questa  città-,  ed  erane  diffatto  un  antico  sobborgo, 
finche  nelle  fazioni  del  decimoterzo  secolo  divenne  il  ricovero 
dei  fuorusciti,  opposti  al  partito  dominante  nella  città.  Rimase 
però  sotto  la  giurisdizione  della  chiesa  cattedrale. 
Fu  contado  d^i  Biamini  Arborii,  patrizii  di  Vercelli. 


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53a  CARESANO,  CARESIO  e  CAREZZANO 

Questo  paese  è  composto  di  sparse  cascine,  di  cui  le  mag- 
giori stanno  non  luugi  dalla  parrocchia;  ma  senz'ordine  di  con- 
trada ;  se  non  che  alcune  di  esse  trovansi  a  fianco  della  strada 
provinciale,  che  da  Vercelli  conduce  a  Varallo  ed  attraversai! 
tenitorio  di  questo  comune. 

A  levante  confina  col  torrente  Cervo,  che  scorre  in  distanza 
d'nn  terzo  di  miglio  circa  dalla  parrocchiale:  a  mezzodì  colla 
città  di  Vercelli,  due  miglia  lontano:  a  ponente  col  luogo  di 
Quinto,  che  gli  sta  ad  un  miglio  circa. 

La  parrocchia  é  sotto  il  titolo  di  s.  Cecilia. 

I  prodotti  territoriali  sono:  rìso,  grano,  segale,  meliga, 
marzuoli  e  foglia  di  gelsi.  Le  risaje  vi  si  trovano  nella  parte 
di  tramontana. 

Popol.  4^0. 

CARESANO,  CAREZZANO  o  CARACCIO  {Caricianum),  è 
luogo  sulla  destra  dello  Strona  a  ponente  di  Baveno.  Lo  ac- 
cenna una  carta  di  vendita  del  998  fatta  dal  vescovo  di  Tor- 
tona Liutfredo  ad  un  duca  Ottone,  figliuolo  di  Conone. 

CARESIO  (  Carisìunij  Cariciuni)^  antica  terra  scaduta  del 
Novarese,  ove  si  trovò  la  seguente  iscrizione  romana  di  una 
Licinia,  che  scioglie  un  suo  voto  a  Minerva: 

LICINU  .  IVSTINI  .  FILIA  .  MUIEBVA  .  V  .  S  . 

*  CAREZZANO  inferiore  (  Carisianum,  Caricianum  inferius  ) , 
com.  nel  mand.  di  Villalvernia,  prov.  e  dioc.  di  Tortona,  div. 
di  Alessandria.  Dipende  dal  senato  di  Piem.,  vice-intend.  pre- 
fett.  insin.  ipot.  e  posta  di  Tortona. 

Appartenne  alla  signoria  del  vescovo  di  Tortona.  Ciace  al 
destro  lato  dello  Scrivìa.  È  lontano  sei  miglia  dal  suo  capoluogo 
di  provincia,  e  quindici  dalla  città  di  Alessandria. 

Le  sue  vie  comunali  sono  in  pessimo  stato. 

Ha  due  parrocchie:  una  sotto  i  titoli  di  s.  Maria  e  di  s.  Eu- 
sebio ;  V  altra  fu  cousecrata  alla  Natività  di  s.  Giovanni  Battista^ 
Il  paroco  della  prima  gode  una  rendita  fissa  di  lire  4 ^^9  ^ 
lire  90  in  supplimento  di  congrua:  quello  della  seconda  non 
ha  di  fìssa  rendita  che  lire  no,  e  in  supplimento  di  congrua 
lire  3oo. 

II  territorio  presenta  di  terreni  coltivati  ed  abitati  ettari  4080. 
5.6.35,  di  foreste  comunali  i4*  7*  9*  20,  di  foreste  partico- 
lari 95.  I.  6.  68,  di  terreni  sterili  ed  incolti  i28«  9.4* 


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CAREZZANO  533 

Io  questo  comune  si  raccolgono  per  approssimazione  da  quia- 
tali  392  di  frumento,  219  di  saggina ,  i5  di  legumi,  244  ^^ 
fieno,  I  di  canapa,  20  di  castagne,  i63  di  foglia  di  gelsi,  e 
549*  33  di  minerale,  il  cui  prodotto  netto  è  di  circa  lire 
730 ,  pari  alla  somma  che  richiede  la  coltivazione.  Di  TÌno  si 
fanno  ettolitri  170,  di  bozzoli  quintali  3.  24* 

Si  Mantengono  da  80  buoi,  24  vacche,  140  peoore,  3o  so- 
marelli,  /^o  majaìi. 

Si  raccoglie  in  questo  territorio: 

Ferro  fosfatico,  di  colore  nerastro,  misto  alla  terra  ocracea 
gialliccia,  e  di  frattura  scabra.  Rinvenutosi  in  una  massa,  forse 
di  ragguardevole  estensione,  sotto  il  terreno  vegetale,  in  una 
ripa  del  luogo  detto  Sul  Poggio  y  presso  la  strada  comunale 
dalla  Costa  a  Villalvernia.  La  porzione  di  ferro  contenuta  in 
questo  minerale  sembra  tenue  e  di  qualità  assai  difettosa,  per- 
chè unito  al  fosforo  :  tuttavia  può  meritare  qualche  attenzione 
per  questo  che  ivi  abbonda  il  combustibile,  e  v'ha  un  suffi- 
ciente cosso  d'acqua. 

Pesi,  misure  e  monete  come  in  Tortona. 

Gli  abitanti  sono  pressoché  tutti  applicati  all'agricoltura. 

Popolazione  752. 

*  CAREZZANO  superiore  {Carisiamim^  Caricianum  superius)^ 
com.  nel  mand.  di  Villalvernia ,  prov.  e  dioc.  di  Tortona ,  div. 
di  Alessandria.  Dipende  dal  senato  di  Piem. ,  yice-intend.  pre-^ 
fett.  ìnsin.  ipot.  e  posta  di  Tortona. 

Fu  parte,  come  Carezzano  inferiore,  della  signoria  del  tor- 
tonese  vescovado.  Trovasi  come  quello  in  sulla  destra  sponda 
dello  Scrivia. 

È  distante  sette  miglia  da  Tortona,  e  da  Alessandria  quin- 
dici e  mezzo. 

Vi  esistono  due  chiese  parrocchiali:  una  sotto  l'invocazione 
di  s.  Eusebio ,  e  l' altra  sotto  quella  di  s.  Carlo.  I  due  prevo- 
sti sono  privi  di  rendita  fissa,  ed  hanno  perciò  ambedue  lire 
5oo  in  supplimento  di  congrua. 

La  superfìcie  del  territorio  presenta  di  terreni  sterili  o  in- 
colti ettari  44*  ^*  ^*  7^-  ^^  correnti  3.9.  2.  71:  di  foreste  par- 
ticolari 8.  5.0,  86:  di  suolo  coltivato  ed  abitato  242.  6.  9. 53. 

I  terrazzani  raccolgono  quintali  146  circa  di  grano,  68  di 
Bteliga,  49  di  legumi,  83  di  Ceno,  2  di  canapa,  20  di  casta- 


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5t»5/.  CARGIÈGHE 

gne^  a4^  dì  foglia  di  gelsi,  i6  di  poma  e  90  di  minerale ^  il 
cui  annuo  prodotto  è  di  lire  118  circa,  pari  alla  somma  ri- 
chiesta dalla  coltivazione.  Le  uve  producono  128  ettolitri  di  vino. 

Si  fanno  di  bozzoli  quintali  3.  43* 

Yi  sono  mantenuti  da  quaranta  buoi,  i3o  pecore,  9  asini, 
34  majali. 

Pesi,  misure  e  monete  come  nel  capoluogo  di  provinfta. 

I  terrazzani  sono  quasi  tutti  agricoltori. 

Popolazione  336. 

CARGIÈGHE,  villaggio  della  Sardegna  nel  distretto  di  Plo&ghe 
della  provincia  di  Sassari.  Comprendevasi  nell'  antica  curatoria 
di  Figulina  del  Logudòro. 

Siede  in  un  sito  non  molto  eminente  sul  campo  Mela  ,  e  a  di- 
stanza a  ponente  della  strada  centrale  di  non  più  di  mezz'ora,  ove 
godesi  da  greco  a  scirocco  per  levante  d'  un  beli'  orizzonte,  e 
poco  so£fresi  dai  venti  australi  per  un  colle  che  si  distende  a 
impedirli.  Non  però  il  clima  è  de'  migliori ,  che  vi  regna  grande 
umidità,  e  per  la  esposizione  a  levante,  e  per  le  acque.  Né 
V  aria  è  da  lodar  assai. 

Componesi  di  case  circa  i  io.  Nel  i835  vi  abitavano  famiglie 
io3,  che  davano  anime  4-^5\  nacquero  24,  morivano  18;  si 
celebrarono  matrimoni  5. 

Avvi  ben  pochi  che  conoscan  quelle  dell'  arti  meccaniche , 
che  sono  più  necessarie.  Lavorasi  in  circa  70  telai.  Pochi  faib» 
ciulli  si  educano  nella  scuola  primaria. 

La  parrocchia  di  Cargièghe  comprendesi  nell'  antica  diocesi 
di  Ploàghe,  ora  unita  alla  Torrense.  La  chiesa  principale  è  de- 
dicata a  S.  Quirico ,  dove  altro  non  è  da  rimarcare  ,  che  una 
tela  figurativa  della  sacra  famiglia ,  la  quale  pretendesi  di  buono 
stile.  A!la  cura  delle  anime  è  preposto  un  elettore  con  1'  ausilio 
d'  un  vice-paroco. 

Esistono  due  sole  chiese  figliali,  una  nel  paese  denominata 
dalla  Santa  Croce ,  e  uffiziata  da  una  confraternita  ;  altra  nella 
campagna  sotto  la  invocazione  di  S.  Maria.  Festeggiasi  con 
pompa  solo  per  lo  titolare  della  parrocchiale.  Il  cimitero  è 
contiguo  a  S.  Croce. 

Agricoltura,  ^\  semina  star,  di  grano  640,  d'orzo  i5o,  di 
fave  5o,  dì  legumi  20,  di  lino  3o.  Le  terre  sono  fecondissime. 
Quanto  de'  cereali  sovrabbonda  ai  bisogni  smerciasi  in  Sassari. 


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CARGIÈGHE  ^      5*^5^ 

L  terreni  cIiìuaì  possono  computarsi  della  capacità  di  star,    i8« 
Le  vigne   producon  bene  ,  e  vi  prosperano  gli  alberi  fruttiferi, 
11   bestiame  è  in  piccol  numero:  buoi  per  T  agricoltura  loo, 
-vacche    anìmansite  5o^  cavalli  loo.  Nel    suddetto  apuo  il  be- 
stiame rude   nelle  solite  specie  sommava  a  capi  2o5o.  I  pascoli 
pubblici  sono  altrettanto  spazio  che  i  terreni  delle  vidazzoni^ 
che   si  dicon  capaci    di    star,   1260,    non    compresavi   la  parte 
che  quei  di  Cargieghe   hanno    con  i  Florìnesi  e  Codroogianesi 
nel  ghlandifero  di  Giunchi.  , 

Di  selvaggiume  non  é  notabil  copia  ;  e  mancano  le  specie 
maggiori  cervi  e  daini.  Ti  compensan  però  le  pernici ,  qMaglie , 
ed  altre    specie  gentili  di  volatili. 

I  colli  calcarei  protesi  da  maestro  a  scirocco  per  ponente ,  e 
detti  Giorrè,  hanno  molte  scaturigini  che  bene  irrigano  li  sot- 
togiacenti terreni.  Gli  abitanti  bevono  dalla  fonte  Runache  a 
10  passi  dal  paese. 

Acque  di  S.  Martino  in  Campo  Mela.  Sono  esse  fredde  aci- 
dule leggermente  ferruginose.  Secondo  analisi  del  prof.  Cantù, 
riferita  dal  cav.  Della  Marmora  ,  vi  si  riconobbero  le  seguenti 
sostanze.  Gaz  acido  carbonico ,  idrogeno  solforato,  iizoto,  ossi- 
geno ,  calce  carbonata  ,  soda  carbonata ,  magnesia  carbonata , 
'^  ferro  carbonato,  soda  solfata,  soda  carbonata,  se\ce^  materie 
vegeto- animali. 

La  viitù  di  queste  acque  in  molte  malattie,    per    cui  sono 
^      prescritte  dai  medici,  è  contestata  da  stupende  guarigioni.  Duole 
il  vedere  come  non  siasi  ancora  potuto  eseguire  il  bel  divisa- 
^      mento  di  uno  stabilimento,    dove    gli  ammalati  potessero  star 
comodamente.  Nella  condizione  attuale  del  luogo    ne    un  terzo 
degli  ammalati,  cui  queste  acque  gioverebbero,  può  profittarne; 
'       però  che  non  v'  ha    uè  una  capanna  ,  dove    ricoverarsi,   e  in 
certi  tempi  deve  assai  temersi  della  malignità  dell'  aria;  in  tutti 
della  troppa  umidità  notturna. 
^  Tre  ruscelli  scorrono  per  le  terre  di  Cargieghe,  e  sono  Riu-* 

de-montes,  Badde  Saina,  e  Rio  di  S.  Pietro.  1  due  primi  mani- 
cano nella  estate  ;  il  secondo  entra  nel  terzo. 
'  Restano  due  soli  norachi,  e  li  troverai  nel  Campo  Mela  un 

detto  de  sa  Tua  a  ponente  della  strada  centrale,  che  fu  in 
gran  parte  demolito;  l'altro  nell'altra  parte  detto  di  S.  Maria 
e  del  fiume  de  Moutes,  che  fu  poco  oficso. 


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536      ^  CARIGNANO 

Dei  dritti  baronali  non  serve  fare  spiegazione.  Qaesto  comune 
e  territorio  fa  parte  della  Baronia  di  Ploagbe. 
64iV//^^^«»^  CXKiGN ANO  (Carinìanum),  citta,  capo  luogo  di  mand.  nella 
L^L^'^fjf'  prov.  dioc.  e  div.  di  Torino.  Dipende  dal  senato  di  Piem.  , 
intend.  gen.  prefett.  ipot.  di  Torino.  Yi  sono  il  tribunale  di 
giudicatura,  gli  uffizi  d' insinuazione ,  di  posta  delle  lettere,  la 
posta  dei  cavalli,  ed  una  stazione  di  sei  reali  carabinieri  a 
cavallo. 

Questa  piccola  e  bella  città  siede  in  ameno  feracissimo  suolo 
al  sinistro  lato  del  Po  che  gli  scorre  in  distanza  di  circa  mezzo 
miglio. 

Le  appartengono  le  frazioni  chiamate  :/Lratti4:',  Tetti  Pautassì, 
Tetti  Peretti ,  Tetti  Bagnolo  ,  Gorra,  Ceretto  ,  B^Néllant,  Cam- 
pagnino ,  Sesseuo  e  Correa. 

Come  a  capo  di  mandamento  le  sono  soggetti  i  luoghi  di 
Loggia,  Piobesi,  e  Viuovo. 

La  strada  reale  di  Nizza  ne  attraversa  1'  abitato:  da  essa  di- 
ramasi la  provinciale  di  Saluzzo.  Un'  altra  via  da  ostro  di  là 
si  d  iparte  per  alla  città  di  Carmagnola  quattro  miglia  lontana. 

Si  contano  miglia  sette  da  Carignano  alla  capitale. 

Delle  sue  comunali  strade  una  mette  a  Yillastellone  ;  un'  al- 
tra a  YinoYO;  una  terza  a  Piobesi-,  una  quarta  a  Castagnole 
di  Piemonte  \  una  quinta  ad  Osasio;  una  sesta  conduce  a  Pan- 
calieri.  Sono  esse  tutte  della  lunghezza  di  due  miglia  circa, 
tranne  1'  ultima ,  che  è  di  miglia  quattro. 

Vi  scorrono  il  torrente  Oytana,  e  varie  bealere. 

Il  fiume  Po ,  che  vi  passa  nella  direzione  da  ostro  a  borea  , 
tragittasi  col  mezzo  di  un  porto ,  appunto  nel  sito ,  dove  altre 
volte  stava  un  ponte  in  legno  per  la  vecchia  strad&  che  tende  a 
Carmagnola. 

Yi  è  salubre  il  clima  :  le  campagne  intorno  intersecate  dalle 
vie ,  che  scorgono  a  vicini  castelli  e  villaggi ,  ed  a  non  lontane 
città,  sono  feconde  di  cereali,  di  legumi,  di  frutta,  di  canapa 
e  di  legname  :  il  prodotto,  ed  il  commercio  della  seta  vi  è  co- 
pioso: le  amene  praterie  ,  inaffiate  da  spesse  fonti  e  da  varii 
canali,  alimentano  numeroso  bestiame;  onde  il  paese  potè  al- 
cuna v-olta  mantenere  grossi  eserciti  nelle  sue  vicinanze. 
^  Della  ricchezza  dell*  esteso  territorio  di  questa  città,  e  della 

generale  agiatezza  de'  suoi  industriosi  e  soUerti  -abitatori  appa- 


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CARIGNANO  537 

iscono  frequenti  e  chiari  indizi  uéìV  interno  deir  abitato.  Co- 
node  per  lo  più,  ed  assai  polite  ne  sono  le  case:  intorno  alla 
^rincijkile  delle  sue  piazz^,  ornata  diportici^  stanno  vaghi  pa- 
lazzi y  éoTk  ben  disposti  gì a^ ini ,  dentro  i  quali  s\  veggono  pit- 
ture,    e>^tatue  in  marmo  temute  in  pregio  dagli  iV^lligenti. 

A   far   fede  dell'opulenza,  e  dell'animo   dei   Carignanesi  da 
tempi  antichi  molto  inclinati  a    sostenere  il    decoro   del  culto 
divino ,   e   a  sovvenire  ai  bisogni  degli  indigenti ,  vi  sono    ma- 
gnifici templi,  conventi,   e  lodevolissimi    instituti  di  pubblica 
beneficenza. 

Chiese.   La  parrocchiale,  dedicata    ai   santi  Giovanni  Battista 
e   Remigio,  fu  costrutta  dal   1756  al   1766  sul   maestoso  dise- 
gno del   rinomatissimo  Alfieri.  Questo  capace  tempio  sorge  rim- 
petto   al  palazzo  civico  presso  al  sito  ov'  era  il  castello  del  Prin- 
cipe di   Carignano.  La  sua  figura  è  semi-circolare  ;  gli  sta  di- 
nanzi  un  proporzionato  piazzale.  Tutto  all'  intorno  è  circondato 
da  piccole  colonne  in  pietra  situate  in  eguale  distanza.   Alta  e 
maestosa  ne  é  la  facciata.   Vi   si  ha  1'  accesso   per    tre    ampie 
porte.  Dietro  alla  maggiore  di  esse  vedesi  uu  bellissimo  peri- 
stilio di  quattro  colonne ,  che  serve  a  sorreggere  la  vasta  mole 
della  volta.  Questo  sacro  cdifìzio  riceve  la  luce  da  larghe  ovali 
finestre,  che  dischiuse  appositamente  in  sull'alto,  e  al  disso- 
pra del  superbo  cornicione,  giovano  ad  accrescere  negli  animi 
i  sentimenti  di  religioso  rispetto.  Nel  restante  vi  è  tutto^£ran- 
'      ^^zza ,  e  ad  un  tempo  semplicità.  Vi  si  ammirano  quattro Tìassi- 
^ùlUvl  che  rappresentano  ì  santi  dottori  della  chiesa  Crisostomo, 
Ambrogio  ,  Agostino,  e  Gerolamo,  cosi  bene  atteggiati,  che  sem- 
brano versare  dall'  aurea  bocca  i  fiumi  della  sacra   eloquenza. 
Nobile  corona  gli  fanno  sei  grandiose  cappelle.  Una ,  nel  sinistro 
fianco,  è  dedicata  all'  Angelo  Custode,  e  ai  santi  martiri  Crispino 
e  Crispiniano;  V  altra  è  consecrata  a  Nostra  Donna  Assunta  in 
Ciclo;  la  terza  al    martire    s.    Defendente.    Nel  destro  lato  la 
prima  è  sotto  i  titoli  di  sJVIaria  degli  Angeli ,    e  di  s.   Anna  ; 
la  seconda  appellasi  da  sr  firufappo;    la  terza  da    s.  Catterina. 
Si  uniscono  i  due  lati  per  mezzo   di    un  balaustro  di  candido 
marmo ,  che  separa  il  presbitero  dal  restante  del  tempio.  Al- 
l' aliar  maggiore  si  ascende  per   cinque    marmorei    gradini  in 
mezzo  a  due  colonne  magnifiche.  Dietro  ad  esso,  nel  niuro  del 
coro,  si  scorge  in  alto  un  ampio    medaglione   con   entro   due 


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52^  CARIGNANO 

bassi  rilievi  cbe  rappresentano  i  due  santi  titolari  :  ai  due  Ban- 
chi miransi  due  bei  dipinti:  cioè  a  destra  T. immagine  di  s. 
Giovanni  Battista  nell'  atto  che  battezza  il  Redentore  ,  e  a  si- 
nistra quella  di  s.  Remigio,  che  amministra  il  battesimo  al 
re  Clodoveo.  In  questo  sagro  luogo  si  conservano  le  reliquie 
dei  ss.  Alessandro ,  Valentino ,  e  di  altri  martiri  della  legione 
tebea. 

Cdsc  di  religiosi ,  e  chiese  annesse.  All'  antichissimo  mona- 
stero di  s.  Chiara ,  del  quale  si  dovrà  far  cenno  nella  parte 
storica  di  quest'  articolo,  è  unita  una  chiesa  di  elegante  dise- 
gno. Esistono  in  essa  quattro  cappelle  adorne  di  pregevoli 
dipinti ,  fra  i  quali  ammirasi  l' immagine  della  Maddalena  pro- 
stesa appiè  della  Croce.  Stupendo  è  1'  aitar  maggiore  tutto  di 
fini  marmi  ingegnosamente  lavorati.  Sovr'  esso  vedesi  una  ripu- 
tata effigie  della  vergine  s.  Chiara.  In  questo  monastero  trovansi 
di  presente  congregati  settanta  individui  appartenenti  all'  ordine 
di  s.  Francesco. 

Il  convento  che  già  spettò  agli  Agostiniani  della  congrega- 
zione di  Lombardia,  è  ora  occupato  dai  minori  osservanti 
detti  di  s.  Tommaso.  La  sua  chiesa  è  litolata  col.  nome  di  s. 
Maria  delle  Grazie.  Venne  un  tempo  dotata  ed  arricchita  di 
preziose  suppellettili  dalla  duchessa  Bianca  Paleologa  ,  vedova 
di  Carlo  I  duca  di  Savoja,  tutrice  reggente  in  allora  a  nome 
di  Carlo  Amedeo  ,  augusto  suo  figliuolo.  La  spoglia  mortale  di 
lei  riposa  in  quella  chiesa,  come  ne  fa  fede  una  lapide  ivi 
esistente  al  destro  lato  dell'  aitar  maggiore. 

A  poca  distanza  dal  monastero  di  s.  Chiara  era  vi  quello  di 
s.  Giuseppe,  angusto  dapprima,  e  poscia  notabilmente  ampliato. 
Nel  tempo  della  dominazione  francese  fu  ridotto  ad  uso  pro- 
fano. Ne  rimane  per  altro  ancora  la  sua  bella  ed  elegante 
chiesa,  tuttoché  non  più  aperta  agli  esercizi  del  culto  divino. 

Sonovi  due  antiche  confraternite ,  una  consecrata  allo  Spi- 
rito Santo  ,  e  V  altra  sotto  il  titolo  della  Misericordia. 

La  recente  vaga  chiesetta  del  regio  Ospizio  di  Carità,  de- 
dicata alla  Beata  Vergine  della  Presentazione  al  Tempio,  è 
aperta  anche  pel  comodo  della .  popolazione. 

£vvi  pure  un'elegante  cappella  sotto  l'invocazione  dis.  Giaco- 
mo, propria  della  famiglia  dei  marchesi  Solaro  di  Moretta. 

In  tutte  le  frazioni  appartenenti  a  questa  città  csistOAO  cam- 


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CARIGNAJNO  5a3 

pestri  oratorii ,  nel  quali  tutti  sono   celebrati    i  divini  misteri 
nei   giorni  festivi. 

Oltre   i  predetti   monasteri,    Cangnano  aveva  già    due  con* 
venti:   uao    dei  padri  cappuccini-,  V  altro  dei  padri  Agostiniani, 
Il  primo   che    sorgeva  all'  estremità  dell'  abitato  dalla   parte  di 
mezzodì  venne  distrutto  in  un  colla  chiesa  nel  tempo  della  fran- 
cese dominazione:   il  secondo  vi  esiste  tuttavia,  ed    è  abitato 
dai  padri  minori  osservanti  di  s.  Francesco,  che  ne  servono  il 
tempio.    Questo  convento  ,  coli'  approvazione  del  sommo  ponte- 
fice Sisto  lY,  era  stato  eretto  nel  147^  fuori  delle  mura,  ove 
stava  una  chiesuola  appellata  da  santa  Maria  Maddalena:    ma 
nel    i544  ^1  governatore  di  Carignano  sotto  pretesto  di  un  im- 
minente assedio  fecelo  atterrare. 

In  memoria  di^quel  sacro  edifizio  fu  quindi  per  cura  dei 
padri  Agostiniani  più  elegantemente  rista urata  una  cappella  sotto 
il  titolo  di  Nostra  .Donna  di  Loreto ,  come  da  una  iscrizione 
in  essa  esistente  apparisce. 

INel    1 548  furono  più  dentro  alla  città  costrutte  per  quei  re- 
ligiosi un' altra  abitazione,    ed    una   novella  chiesa,  la  quale 
'     venne  dedicata  a  s.  Maria  delle  Grazie.  Essa   è    di  figura  ret- 
tangolare: la  volta  e  tutta  rabbellita  d'intagliate  figure:  l'unica 
sua    porta    è    rivolta   all'  oriente.  Le    sta    dirimpetto  un  piaz- 
zale di  forma    quadrata,    il  quale    protendesi  fino  alla  piazza 
^     maggiore.  Ne  adornano  la  facciata  quatti'O  statue,  che  rappre- 
sentano i  ss.  Agostino,  Nicolao  da  Toledo,    Tommaso  da  Vil- 
la no  va  arcivescovo  di    Valenza ,   e    Guglielmo    duca    di  Aqui- 
tania.  Superiormente  a  quelle  statue  si  veggono  cinq^ie  bei  di- 
pinti ,  fra  i  quali  distinguesi  quello  di  Nostra  Donna  delle  Gra- 
zie col  suo  divino  infante.    In  parte  più  elevata  scorgonsi  due 
bassirilievi ,    uno  dei  quali  offre  1'  immagine  di  santa  Monica, 
e  l'altro  l'effigie  della  beata  Chiara  da  Monte   Falcone.    Nel- 
l'interno della  chiesa  ,  rimpetto  all'aitar  maggiore,  sta  un  buono 
ed  elegante  organo.  Questa  chiesa  contiene  otto  assai  larghe  e 
ben  disposte  cappelle,    tutte  fregiate  di^  belle    pitture:    1'  ul- 
tima dal  destro  lato  è  consecrata  a  Nostra  Signora  del  Rosa- 
'       rio  ,  in  Gnor  della  quale  vi  si  celebra  in  ogni  anno  una  splen- 
dida festa. 

Instituti  di  pubblica  beneficenza.  Vi  sono  due  spedali:    uno 
destinato  al  ricovero  degli   infermi    poveri  contiene   38  letti , 


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54o  CARIGNANO 

quattro  dei  quali  servono  per  gì' incurabili.  Fu  costrutto  dap- 
prima per  le  generose  offerte  degli  abitanti ,  incoraggiati  dai  più 
doviziosi  del  borgo  ,  che  con  ampie  largizioni  diedero  princi- 
pio ed  incremento,  e  consolidarono  quest'opera  pia,  eccitati 
massimamente  dall'  esempio  di  D.  Ignazio  Carrocio,  prevosto 
della  Metropolitana ,  vicario  generale  dell'  Abazia  di  s.  Mi- 
chele della  Chiusa ,  nel  tempo  in  cui  quest'  Abbazia  venne  con- 
ferita al  principe  Eugenio  di  Savoja ,  il  quale  non  contento  di 
aver  eretto  una  compagnia  di  beneficenza  pubblica  nella  par- 
rocchiale ,  affinchè  fossero  soccorsi  gì'  indigenti ,  volle  provve- 
dere ai  primi  bisogni  di  quel  pubblico  in'stituto  di  carità. 

L'  altro  spedale  destinato  al  ricovero  dei  fanciulli  ,  e  dei 
vecchi  poveri,  soccorre  a  cento  individui  poveri  tra  uomini  e 
donne:  fu  esso  costrutto,  e  dotato  generosamente  dal  signor 
Frichieri  notajo;  venne  poi  maggiormente  arricchito  dai  do- 
nativi di  parecchi  distinti  personaggi  di  questa  città  ;  ed  ulti- 
mamente da  monsignor  Carlo  Arnosio,  arcivescovo  di  Sassari. 

Il  cimiterio ,  forse  troppo  angusto ,  è  posto  in  principio  del- 
l' abitato  nella  paite  di  tramontana. 

Evvi  un  monte  di  pietà  fondato  nel  1782  dal  notajo  Uglio. 
La  sua  dote  è  di  lire  laooo.  Si  ricevono  gratuitamente  i 
pegni  in  ragione  dei  due  terzi  del  loro  valore  senza  verun  ob- 
bligo, tranne  quello  della  restituzione  della  somma  ricevuta, 
durante  l'anno:  in  caso  di  vendita  degli  oggetti  impegnati, 
1'  amministrazione  ,  ritenuta  la  somma  sborsata  ,  restituisce  il 
soprappiù  senza  diffalco. 

Nelle  pubbliche  scuole  s'  insegna  sino  alla  rettorica  indù- 
sivamente. 

Da  circa  ott'  anni  esiste  una  fabbrica  per  raffinare  il  zuc- 
chero ,  nella  quale  sono  occupati  da  90  operai.  Vi  si  vede 
una  macchina  a  vapore  ,  la  cui  forza  ragguagliasi  a  quella  di 
trentadue  cavalli. 

I  confetti  di  Carignano,  massimamente  quelli  che  si  chia- 
mano zesti,  sono  da  lungo  tempo  assai  rinomati. 

I  prodotti  dell'  esteso  territorio  sono ,  come  si  e  accennato 
superiormente,  grano,  meliga,  segale,  canapa,  fieno,  vino, 
legname  da  bruciare  e  da  costruzione ,  e  molto  bestiame  bo- 
vino ,  il  cui  traffico  si  fa  sui  mercati  dei  circonvicini  paesi. 

Avvegnaché  vi  sieno  molte  selve,  massime  in  vicinanza  del 
Po  ,  tuttavia  vi  scarseggia  il  sttlvaggiume. 


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CARIGNANO  541 

Vi  si  tengono  due  fiere  nell'anno:  una  nel  di  8* di  maggio: 
e  r  altra  nel  di  16  di  novembre.  Nei  tempi  andati  esse  dura- 
vano quindici  giorni  ciascuna. 

Vi  si  fa  nel  giovedì  di  ogni  settimana  un  mercato,  al  quale 
accorrono  molti  dai  vicini  paesi,  per  trovarvisi  sempre  ogni 
sorta  di  vettovaglie  e  dà  merci. 

Pesi,  misure  e  monete  come  in  Torino. 

I  Carignanesi  sono  per  lo  più  di  complessione  robusta  e  d'in- 
dole buona. 

Popol.  7500. 

Cenni  storici,  Carìgnano  anticamente  era  già  popoloso  e  ricco 
borgo  cinto  di  mura  e  di  fossi.  Fu  poi  illustrato  del  titolo  di 
città  da  Carlo  Emanuele  I. 

Nei  tempi  di  mezzo  appellavasi  Carnianum  ,  e  talvolta  per 
iscorrezione  Cargnanum^  come  nel  diploma  imperiale  del  995 
fatto  da  Ottone  III  in  favore  di  Amìzone  figliuolo  del  marcbese 
di  Susa  Ardoino  III,  e  vescovo  di  Torino.  Nel  quale  diploma 
r  Imperatore  gli  dona  ,  o  conferma  Carnianum  con  molti  aU 
tri  luoghi.  Collo  stesso  nome  è  chiamato  in  carte  del  1026,  e 
del  io34<  Solamente  nel  secolo  duodecimo  cominciò  dirsi  Ca^ 
rinianum. 

Dal  che  si  vede  essere  stata  immaginaria  la  derivazione  di 
questo  nome  dalla  romana  Cara  ,  moglie  di  P.  Mannio  :  e  si 
vede  eziandio  che  si  dilungano  dal  vero  gli  scrittori ,  che  affer- 
mano che  questo  luogo  fu  donato  nel  1048  dal  marchese  di 
Susa  a  Rcquimiro  vescovo  di  Torino  morto  due  secoli   prima. 

Nel  ioi3  il  marchese  di  Susa  Olderico  Manfredo  II,  nipote 
di  Amizone,  fece  in  Carignano  donazione  del  castello  e  delle  at- 
tinenze di  Lesegno  al  prete  Aifredo  per  cento  soldi  d'  argento. 

L'  imperatore  Arrigo  nel  1046  confermò  la  donazione  (U  Ca- 
rignano al  vescovo  Cuniberto,  grande  fautore  di  luì:  dall'atto  di 
fondazione  della  badia  di  Pìnerolo  ci  vengono  nominati  il  porto 
di  Carignano  ed  una  vasta  peschiera  detta  de  Barbadingia. 

Era  nata  in  quel  tempo  una  grave  controversia  per  rispietto 
alla  spirituale  giurisdizione  di  questo  luogo  tra  il  vescovo  di 
Torino,  e  l'abate  di  s.  Michele  della  Chiusa:  controversia 
che  fu  poi  dal  papa  Gregorio  VII  appianata-,  cosicché  il  ve- 
scovo Umberto  nel  1146  ne  confermò  a  quell'abate  l'intiera 
cessione. 


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5a6  CARIGNANO 

Nel  1222  s.  Francesco  fondava  un  suo  convento  in  Monca- 
lieri ,  ed  un  altro  in  Garìgnano.  Gli  abitanti  di  quest'  ultimo 
borgo,  due  anni  dopo  la  morte  di  s.  Chiara,  cioè  nel  i25i, 
fondavano  un  monìstero  dell'  ordine  di  lei  :  ma  venuti  in  ti- 
more di  non  poter  provvedere  ai  bisogni  delle  due  comunità 
religiose,  mandarono  i  loro  Francescaai  al  convento  di  Mon- 
calieri  ,  ritenendone  solamente  quattro  individui,  affinché  uffi- 
ciassero la  chiesa  delle  monache  ,  che  furono  alloggiate  appunto 
nel  convento  dei  Francescani,  situato  fuori  delle  mura. 

Circa  quell'età  si  scorge  che  i  Pro  vana  ed  i  Romagnani 
acquistarono  la  signoria  di  Carignano  dai  vescovi  di  Torino. 

Verso  la  fine  del  secolo  duodecimo,  Amedeo  lY  conte  di  Sa- 
Toja  rivendicato  avendo  i  diritti  del  suo  casato  verso  la  città 
e  il  vescovo  di  Torino,  avvenne  che  Tommaso  zio  e  tutore 
del  conte  Bonifacio  si  conducesse  con  un  esercito  in  Piemonte, 
e  nel  i25o  racquistasse  Carignano,  ed  altre  terre  dai  Provana 
e  dai  Romagnani.  Ond'  è  che  nel  1286  Guglielmo  Provana  e 
Giacomo  Cavalieri  per  questo  comune  giurarono,  cogli  altri 
nobili  del  Piemonte,  la  fedeltà  al  conte  Amedeo  di  Savoja  nel 
parlamento  a  ciò  tenuto  nei  prati  di  Già veno  presso  il  Sangone. 

In  gennajo  del  1295  l'anzidetto  conte  Amedeo,  che  aveva 
proso  a  regnare  in  luogo  del  suo  nipote  Filippo ,  partecipò 
con  lettera  ai  nobili  ed  ai  borghesi  di  Carignano,  che  a  que- 
sto Principe  stati  erano  assegnati  i  dominii  del  Piemonte,  che 
per  lui ,  da  Rivoli  all'  ingiù  ,  ridotti  vennero  a  poco  più  dei 
paesi  contenuti  tra  lo  Stura  del  Canavese,  ed  il  Po. 

Fu  questi  il  primo  principe  di  Acaja ,  il  quale  satìsfattissimo 
de'  servigi  a  lui  prestati  dai  Carignanesi,  volle  affrancarli  (  i3io) 
dai  feudali  diritti  nell'  alienaz.ione  dei  loro  beni ,  e  da  altri 
non  pochi  tributi  ;  perlocchè  gli  fu  da  loro  promesso  il  paga- 
mento di  cento  lire  di  Vienna  in  Delfinato,  le  quali  sarebbero 
state  esatte  all'  Ognisantì  da'  quindici  savii  del  comune. 

I  Carignanesi  per  altro  furono  dappoi  cosi  vessati  dagli  uf- 
fiziali  di  quel  Principe-,  che  dovettero  ricorrere  a  lui  ,  perchè 
cessassero  e  fossero  riparati  i  mali  sofferti,  ed  il  Prìncipe  già 
presso  al  termine  della  sua  vita  ne  ordinò  in  un  codicillo  la 
dovuta  riparazione,  nominando  a  tale  effetto  1'  abate  di  s.  Mi- 
chele, ed  il  padre  Bertolotto  provinciale  dei  Francescani  di 
Genova.    Gli    abitanti    di  questo  borgo  addimandarono  quindi 


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CARIGNANO  527 

Ila  Principessa  vedova  la  conferma  dei  loro  antichi  privilegi, 
d  essa ,  col  consiglio  dei  sopraccennati  arbitri ,  loro  concesse  la 
ibera  esportazione  del  grano ,  il  diritto  di  essere  giudicati  se- 
:oado  i  proprii  statuti  dal  castellano  di  lei,  e  la  facoltà d'im- 
>orre  gabelle  nel  comune,  e  nel  territorio. 

Intanto  la  principessa  Bona  d'  Acaja  (  1 820  )  vestito  aveva  in 
Innesto  borgo  V  abito  di  s.  Chiara  insieme  con  dieci  dame  della 
sua  corte,  e  con  essa  abitava  in  una  casa  da  lei  quivi  com- 
prata ,  presso  la  quale  fece  edifìcare  un  oratorio  che  venne 
dedicato  a  s.  Elisabetta,  e  lo  dotò  di  estesi  poderi,  di  cui  fece 
poi  ella  un  dono  al  monistero ,  che  sin  dal  i  ^44  ^vea  ottenuto 
autorizzazione  dì  possedere  dal  papa  Bonifacio  Vili.  Morta  in 
odore  di  santità,  fu  seppellita  nell'  oratorio  da  lei  edificato. 

Un'altra  Bona,  figliuola  di  Pietro  di  Borbone,  e  vedova 
del  conte  di  Savoja  Amedeo  YI  morto  nel  i383  ,  quivi  si  mo- 
nacò ,  e  divenuta  Badessa  ottenne ,  che  le  case  di  Manfredo  de 
Ganello  ,  e  di  Guglielmo  Romagnano,  nelle  quali  erano  state 
trasferite  le  monache  pei  timori  di  guerra  imminente,  fossero 
ricostrutte  per  uso  di  monastero.  Cessò  ella  di  vivere  alcuni 
anni  dopo ,  ed  ebbe  tu  molo  nella  chiesa  esteriore  del  moni- 
stero,  nella  quale  é  fama  che  s.  Bernardino  da  Siena  tenesse 
'   pubblici  ngionamenti. 

La  duchessa  Bianca  di  Monfen^ato  fece  pure  molte  donazioni 
a  quelle  religiose  ,  e  fra  le  altre  cose  si  novera  una  croce  d'ar- 
gento ,  che  fu  occasione  di  lungo  litigio  col  prevosto  Mola. 

11  monistero  ebbe  in  appresso  cospicui  ingrandimenti  dalle 
famiglie  Provana  e  Romagnani ,  che  già  aveano  avuto  parte 
nella  fondazione  di  esso  ;  siccome  contribuirono  anche  a  fon- 
darvi la  prima  lo  spedale  di  s.  Remigio  ,  e  V  altra  quello  di 
s.  Maria  Maddalena.  Ad  ingrandire  il  detto  monistero ,  a  cui 
fu  posta  la  clausura  nel  1570  sotto  la  badessa  Bernezzo  di 
Vercelli ,  cooperarono  anche  altre  famiglie  ,  fra  le  quali  si  di- 
stinse quella  dei  Montafia. 

Il  principe  Giacomo  d'  Acaja  avendo  voluto  sottrarsi  alla  di- 
pendenza del  conte  di  Savoja  Amedeo  VI ,  impose  un  grave 
dazio  ai  sudditi  di  lui  che  fossero  passati  per  Carignano  *,  t 
non  solo  non  si  piegò  a  levarlo  per  qualunque  istanza  o  mi- 
naccia gli  facesse  il  Conte,  ma  gli  aderenti  di  lui,  che  negli 
stati  suoi  abitavano,  tribolò  con  ogni  maniera  di  vessazioni.  I 


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r,\\  CARICNANO 

Provana  furono  dei  più  nialtiattati  ,  e  credendosi  eglino  lesi 
dai  tribunali  del  Pritocipe  c\ie  li  perseguitava,  risolvettero  dì 
appellare  alla  cur'ia  del  Conte  in  Moncalieri  ,  ed  appunto  per 
questo  il  principe  Giacomo  fece  atterrarci  loro  palazzi,  e  con- 
fiscò i  loro  beni.  Venne  allora  nelle  piemontesi  terre  (  i36^  ) 
il  Conte  con  poderoso  esercito  ,  ed  assediò  Carignano ,  che  a 
malgrado  della  gagliarda  difesa  fattane  per  lo  Principe  dai  Sar- 
tori capi  guelfi ,  e  nemici  ai  Provana ,  dovette  rendersi  dopo 
alquanti  giorni. 

Il  marchese  Giovanni  di  Monferrato  usò  V  occasione  di  sif- 
fatte discordie  ,  e  dall'  imperatore  Carlo  lY,  di  cui  era  vica- 
rio, ottenne  la  donazione  di  Carignano  (  i355),  la  quale  per 
altro  non  ebbe  verun  successo  importante. 

In  questo  mezzo  Filippo  figliuolo  del  prìncipe  Giacomo  di 
Acaja  profittando  dell'  assenza  del  conte  di  Savoja  ,  cL'  era  par- 
tito per  la  crociata  ,  si  ribellò  contro  il  padre,  ed  assoldando 
feroci  truppe  ,  corse  saccheggiando  non  che  il  luogo  di  Cari- 
gnano, e  le  vicine  terre  ,  ma  quasi  la  metà  del  Piemonte , 
coiinuettendovi  eccessi  inOniti.  Le  medesime  sceleratezze  a 
danno  Ai  queste  contrade  commise  trent'  anni  dopo  il  famoso 
Facino  Cane  alla  testa  delle  bande  del  mardiese  di  Mon- 
ferrato, t 

Morto  Ludovico  ultimo  principe  d' Àcaja  (  1418),  Carignano, 
col  rimanente  delle  terre  pedemontane ,  venne  riunito  al  do- 
minio dei  conti  Sabaudi  *,  e  questi ,  perchè  ad  essi  il  luogo 
piaceva,  lo  tennero  poi  sempre  sotto  1'  immediata  loro  signo- 
ria*, e  non  più  infeudandolo  a  veruno,  lo  abitarono  di  spesso; 
ond'  è  che  in  breve  tempo  divenne  un  fiorente  paese. 

Quivi  nacque  addi  29  di  marzo  del  1468  il  duca  Carlo  I  dal 
Beato  Amedeo  IX,  e  dalla  duchessa  Jolanda  figliuola  del  re 
di  Francia  Carlo  VII.  La  vedova  di  lui  Bianca  ,  figliuola  del 
marchese  di  Monferrato  Guglielmo  VII ,  vi  fissò  la  sua  resi- 
denza tenendovi  un'  elegantissima  corte ,  a  tal  che  il  famoso 
cavaliere  Bajardo  nel  i499  ivi  diede  ad  onore  di  quella  ge- 
nerosa Duchessa  uno  splendido  torneo  ,  e  riportonne  egli  stesso 
il  premio  proposto  au  plus  vaillant. 

Il  duca  Filippo  II  zio  e  successore  dell'  unico  figliuolo  di 
Bianca,  morto  di  una  caduta,  ebbcvi  pure  a  lungo  la  sua  re- 
sidenza :  cosi  pur  fecero  Filiberto  II ,  ed  infine  Tommaso  prì- 


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CARI6NAM0  545 

iniero  Priaclpe  di  CarigDano.  Filiberto  II  aveva  quivi  eziandio 
celebrato  (  i5o4)  quel  famoso  torneo,  al. quale  invitato  area 
il  fiore  dei  nobili  di  qua  e  di  là  dai  monti. 

I  Francesi  avendo  invaso  il  Piemonte  nel  i536  sorpresero 
Torino  che  si  trovava  quasi  senza  difesa;  ed  usciti  in  una  tem- 
pestosa notte  dalla  cittadella  ^^  si  condussero  capitanati  da  Lelio 
Bonfigli  a  Carignano  ;  e  ' mentre  gli  abitanti  erano  immersi  nel 
soano ,  gli  diedero  la  scala tac , .  e  le  misero  a  ferro  e  fuoco  , 
eccettuandone  il  solo  castello. 

Ripigliato  quindi  dagli  imperiali  a  nome  del  Duca,  fu  da 
essi  accerchiato  di  mura,  di  bastioni  e  di  fossi*  11  duca. Carlo 
III  vi  tenne  in  quel  tempo  la  sua  corte  ed  il  senato. 

Disastri  molto,  minori  provarono  i  Carigiianesi ,  quando  il 
loro  borgo  venne  Occupato  dalle  truppe  italiane,  condotte  dal 
conte  della  Mirandola  in  Francia ,  perchè  l' imperiale  '  presidio 
che  lo  custodiva  loro  si  arrese  a  pat^  :  ma  tornato  il  luogo 
all'ubbidienza  del  Puca  ,  venne  (,  1 544  )  l'oste  Francese  a 
cireondarlo,  e  gli  abitanti  dovettero  sostenere  un  lungo,. terr 
ribile  assedio  sino  alla  battaglia. di  Ceresole. 

Rifulse  allora  la  costante  fede  dei, Carignanesi  nelk  militari 

fazioni  a  cui  furono  presenti  cqI  presidio  imperiale  sotto  à.car 

pitani  Pirro  Colonna,  e  Felice  d'Arco,  a'  fronte  del  cotitinuo 

fuoco  di  molte  batterie  ,  e  dei  replicati  assalti    dei    nemici  ;  e 

vie  maggiormente  negli  orrori  della  fame  ,   durante  i  quali  m 

nutrirono  essi  delle  più  immonde  vivande    colla    spei*an«a  del 

soccorso  condotto  dal  marchese  del  YasU>,;,che   verso  di  loro 

a  gran  passi  veniva.  >  .    ..     i  ' 

Frattanto  mancati  tutti  i  mezzi  di  difesa,  gli.  abita  tori  di  Car 

rìgnano    anziché    arrendersi  :  alle    truppe  di  Francia,    vennero 

suir  esempio  dei  Saguntìni  nella  risoluzione  di  portare  in  piasza 

le  robe  loro  ,  di  appiccare  il  fuoco  ai  quatjtrp  angoli  d^l  paese, 

ed  aprirsi  coU'^armi  il  varco  fra  mezso  ai:Bemicl. 

La  quale  deliberazione  venne  meno  .a  cagione  della  vitlbtia 
che  i  Francesi  riportarono  a  Ceresole  sopra  il  marchese  del 
Vasto  9  che  conduceva  il  soccorso.  I.Carìgnanesi  ,  per  la  gìbr- 
nata  di  Ceresole,  perduto  avendo  ogni  speranza^  s». piegarono 
alla  resa  che  ottennero  ad  onorevoli  condimoni..  Ma  furoao 
queste  malamente  osservate  dai  viacitorì^.  i  quali,  non  rispet^ 
tarono  cosa  veruna ,  e  né  tampoco  i  sacri  templi ,  ove  si  erano 
Diifion.  geo^r.  ecc.  Voi.  III.  35 


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546  CARIGNANO 

ritirati  molti  abitanti.  Appiccarono  il  fuoco  al  grono  campa*- 
nile  della  parroccbia^  dentro  il  quale  molta  gente  si  era  rin- 
chiusa. Le  suppellettili  sacre  furono  incenerite,  e  venne  allora 
spezzato  il  mausoleo  della  dudbessa  Eianca  ,  al  quale  in  ap- 
presso un  altro  più  semplice  fu  sostituito. 

La  chiesa  delle  monache  di  s.  Chiara  ì?i  stabilite  nel  iSao 
per  opera  dei  Pro  vana  ,  e  collocate  l' anno  1 363  nel  palazzo 
di  Lionello  di  questa  prosapia  ,  fu  meno  maltrattata  ;  rimase 
perciò  inoffesa  la  celebrata  statua  militare  di  Giacomo  Pro- 
Tana  ,  de'  signori  di  Castel  Rainerio ,  che  all'  uso  di  quei  tempi 
aveva  V  elmo  coperto  di  caprina  fronte  cornuta ,  la  cui  pelle 
stendeva»  alle  parti  inferiori. 

Tutte  le  fortificazioni  j  tranne  il  castello ,  furono  in  quel 
.tempo  atterrate. 

Un  filtro  gravissimo  disastro  nA  i63o  «offerse  Carignano,  al- 
(lorché,  occupata  la  città  di  Saluzzo  dai  francesi,  si  portarono 
questi  sotto  gli  ordini  idei  duca  -di  Mootmorency  e  De-La-Force 
al  «occorso^  di  Casale,  assediato  dagli  spagnuoli.  11  doca  Vitto- 
rio Amedeo  alla  testa  de' suoi  e  degli  imperiali,  in  prima  si 
oppose  a  queUa  marcia  deUe  troppe  di  Francia  fuori  di  €ari- 
-gnano  in  sulla  via  di  Pancal'ieri;  e  quindi  al  ponte  fortificato 
Sttl  Po  non  Itinge  dal  borgo,  nel  qaale,  dopo  molta  perdita, 
entravooo  i  nemici,  e  nulla,  fuorché  le  chiese,  lasciarono  d'in- 
tatto. ... 

Nove  anni  dopo,  nette  guerre  della  reggenza,  non  minori  danni 
4kovette  comportare  questo  paese  ^  due  tanto  gli  amici ,  quanto 
i  nemici  eserciti  ivi  passando  commisero  -enormi  disordini,  e 
-spopolate  ne  rimasero  le  campagne* 

Carignano  ebbe  quindi  T  insigne^  vanto  ^i  dare  il  suo  nom(e 
ad  mia  linea  dell'augustissima  Casa  di  Savoja:  perché  il  duca 
.Carlo.  Emanuele  1  lo  assegnò  con  titolo  di  principato  in  ap- 
pannaggio a  Tommaso,  ultimo  suo  figliuolo,  sWpite  della  Casa 
or  felicemente  regnante,  e  di  un  altro  ramo  di  quel  titolo,  che 
da  poco  tempo  risiede  in  Torino.' 

Il  prìncipe  Tommaso  vi  stabili  un  consiglio  presidiale  com- 
posto dì  un  presidente,  di  due  assessóri,  db  un  avvocato  e  pro- 
curatore patiimoniale  per  la  seconda  cogniaione  delle  cause  del 
suo  prìncìpato.  Quel  consiglio  venne  poseia  trasferito  a  Racconigi. 

Questa  città  divenne  quindi  assai  florida- per  cagione  del  suO 


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CARIGNANO  547 

ayvivatissimo  commercio  col  superiore  Piemonte,  con  la  Pro- 
venza e  con  la  Liguria. 

Nel  territorio  si  trovano  vetusti  castelli ,  alcuni  dei  quali  già 
rovinati y  ed  alcuni  tuttora  in  piedi,  che  spettarono  un  tempo 
ai  Provana,  ai  Romagnani  e  ad  altri  nobili  casati. 

Fra  quei  castelli  di  qua  dal  Po  e  verso  Racconigi  eravi  Cer- 
return  j  nome  antico  di  luogo  piantato  di  cerri,  accorciato  po- 
scia in  quello  di  iSere.  Ivi  scorgesi  tuttavia-  un  torraccìo  con 
rustiche  case.  Eravi  pure  un  villaggio,  che  fu  anch'esso  di- 
strutto nelle  guerre  del  secolo  decìmoquarto.  11  castello  venne 
poi  riedificato  ed  atterrato  un'  altra  volta  ;  oude  gli  restò  il  solo 
nome  di  Mota ,  che  significa  un'  alzata  di  terra  con  alcuni  muri 
all'intorno.  Nel  1400  passò  dai  Provana  ai  Depontc. 

Verso  Pancalieri  di  là  dal  fiume  evvi  l'antico  Castel  Brìi" 
lanUj  che  spettò  anche  ai  Provana:  verso  Moncalieri  vi  ha 
quello  di  Carpinetum^  cosi  detto,  perché  posto  in  luogo  già 
piantato  di  carpini:  esso  appartenne  eziandio  agli  anzidetti  si- 
gnori e  quindi  ai  conti  di  Valperga:  del  castello  della  Loggia 
erano  padroni  i  Darmelli,  antichi  nobili  di  Moncalieri,  che  le 
diedero  il  nome. 

Da  questa  parte  sorgeva  pure  il  castello  de  Sahlonibus^  ora 
del  Sabbione.  Fu  corte  con  estesa  giurisdizione,  la  quale  venne 
poi  sotto  la  dipendenza  dell'abazia  di  s.  Michele  della  Chiu- 
sa, come  si  scorge  dal  privilegio  d'Innocenzo  III,  e  cadde  po- 
scia sotto  la  giurisdizione  del  preposto  della  metropolitana  di 
Torino  in  un  colla  chiesa  di  s.  Stefano,  già  pieve.  Il  castello 
dagli  abbati  di  s.  Michele  passò  ai  Balbi  di  Cbieri*,  e  questi 
(  I  a5o  )  ne  £ccero  un  concambio  in  quello  di  Pa^arolo  con  la 
metropolitana,  la  quale,  per  mezzo  del  preposto  Gottofredo , 
lo  diede  in  feudo  a  Nicolò  Provana,  figliuolo  di  Oberto,  nel- 
l'anno 1267.  Di  presente  il  rovinato  luogo  più  non  contiene 
che  i  poderi  a  gentiluomini  della  casa  Provana  spettanti. 

La  Gorra  ^  detta  Zucchea,  era  un  castello  situato  a  mezza  via 
tra  Carignano  e  Moncalieri,  che  parte  ai  Provana  di  Lejui,  e 
parte  ai  Montefalconi  di  Revìgliasco  obbediva.  Un  Bartolommco 
ed  un  Giacobino  di  Provaoa,  figlio  questi  di  Gitano,  consi- 
gliere di  Lanzo,  lo  signoreggiavano,  quando  il  principe  Gia- 
como d'Acaja  se  ne  impadroni;  e  fu  questa  una  delle  cagioni 
della  guerra,  che  cominciò  tra  esso,  ed  Amedeo  conte  di  Savoia. 


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548  CARIGNANO 

Quattro  torri  sorgevano  nel  territorio  di  Carìgnano.DKK:: 
vi  stanno  tuttora  in  pie:  una  detta  di  Valsorda  Tcdesi ad o>t- 
e  a  un  mezzo  miglio  dalla  città,  ben  vicino,  e  a  manca  del 
strada  provinciale  di  Saluzzo.  Nella  sua  base,  fatta  a  scaip: 
è  della  larghezza  di  due  trabuccliì,  e  quindi  alV  ele?aàooc  : 
trabucdii  tre  restringendosi  <K  un  sesto  circa,  s' innalza  in  kx 
ma  quadra  sino  alla  sua  estrema  altezza,  che  è  dai  9  ai  > 
trabucchi.  Ha  una  sola  apertura  verso  borea.  Neli'uts: 
non  si  veggono  né  volte,  né  indizii,  dai  quali  si  scora. 
modo,  con  cui  si  arrivasse  alla  sua  cima.  S'ignora  ìtf^ 
precisa  della  sua  fondazione.  La  forma  per  altro  deUa  m  » 
struzione  ed  alcune  altre  particolarità  inducono  a  ciedett  tr 
sere  stata  eretta  verso  la  meta  del  secolo  decimoquaito,  2^ 
che  servisse  ora  per  le  vedette  negli  imminenti  pericoli^ 
paese,  ed  ora  per  trasmettere  gli  opportuni  segnali  alle  Iff- 
vicine,  colle  quali  Carignano  fosse  collegato.  ' 

L' altra  torre  é  nell*  interno  della  città  in  mezzo  al  »to  - 
cupato  altre  volte  dal  forte,  che  fu  demolito do|H) la l»t''^ 
di  Ceresole.  È  ancora  intatta:  serve  di  campanile  alla  p/rx 
chìale.  È  di  forma  quadra  di  cima  in  fondo,  della  i^'?*''''* 
di  trabucchi  due  e  dell'altezza  di  otto.  Ha  due  Siftm-'^ 
ad  un  terzo  di  elevazione  verso  borea,  l'altra  reno^o^ 
nella  parte  più  alta  di  un  piano,  separato  per  alto^^''^ 
volta,  donde  si  scorge,  che  i  due  piani  dapprima  non a^«^*"' 
comunicazione  fra  loro*.  Anche  questa  torre  sorge  ad  ostro fl«* 
'  città. 

Un'  altra  somigliante  era  situata  nel  luogo  delle  cascine 
Ceretto,  in  distanza  di  due  miglia  da  Carignano,  nella steJ»- 
rezione  di  quella  di  Yalsorda,    e   lontana  da  questa  uu  dH' 
circa.    Stava    essa   in  tutta  prossimità  di  un  forte  castello 
distrutto. 

L'ultima,  delta  di  Marghiccio,  era  posta  a  levante  dita 
guano,  in  distanza  di  un  migho  e  mezzo,  olti-cpassalo il »«^ 
Po.  La  sua  costruzione  era  slmile  a  quella  di  Yalsorda. 

Carignano  vantò  già  molte  illustri  ianiiglie.  Vi  risplc^f 
dìffatto  la  Provana,    la   Romagnano,'  le  quali,  come  g» 
toccato,   vi  ebbero  signoria.    DeU'una  e  dell'altra  «  ^^  "^ 
revoli  segni  di  vera  beneficenza.  Della   prima  si  dovrà  u^^' 
iSne  di  quest'articolo  particolare  menzione. 


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CARIGNANO  549 

Yi  si  distìnguevano  pure  moki  altri  casati,  cioè:  un  ramo  dei 
Duchi  di  Moocalìeri,  i  Montafìa,  i  Pertonesi  signori  in  parte 
di  Cavoretto,  i  Grossi  di  Chìeri  signori  di  Brozolo  in  vai  di 
Susa,  i  Gozzoli,  i  fiarberii,  e  soprattutto  i  Vallesa  nobilissimi 
ìa  Tal  d'Aosta,  ed  i  Grimaldi  veauti  di  Savoja;  uno  dei  quali 
sposando  nel  1480  Nicolina,  ultima  erede  dei  Montafia,  entrò 
nei  diritti  della  consorte. 

I  Grimaldi  che  sotto  diverse  denominazioni  si  diffusero  in 
Francia,  in  Germania,  in  diverse  parti  della  Lombardia  e  della 
Liguria,  ed  accoppiar onsi  alle  chiarissime  famiglie  di  Cava,  di 
Montafia  e  ad  altre  splendide  prosapie,  diedero  allo  stato  insigni 
capitani,  ammiragli,  cavalieri  dell'Ordine  Supremo,  ed  alla 
chiesa  zelanti  pontefici  e  porporati. 

Verso  la  metà  del  secolo  decimosettimo  si  segnalarono  i  tre 
fratelli  di  questa  casa  Marco  Lucio,  Silvestro  e  Francesco.  II 
primo  fu  ajutante  di  campo  del  re  di  Francia  e  poscia  del  duca 
di  Sàvojfr  Carlo  Emanuele  II;  l'altro  si  acquistò  bella  fama, 
guerreggiando  pel  re  di  Francia,  sotto  il  comando  del  conte 
Francesco  Maria  Broglia;  il  terzo  diede  luminose  prove  di  va- 
lore in  Ispagna,  sotto  il  cardinal  Mazzarino,  nel  Belgio  sotto 
il  Broglia,  in  Piemonte  sotto  Carlo  Emanuele  li,  in  Olanda  ed 
in  Germania  sotto  altri  celebri  condottieri  di  eserciti. 

In  Carignano  dìstinguevasi  pure  la  famiglia  dei  Masserata. 
Di  questa  furano  Giangiacomo,  mastro  uditore  di  guerra  ai 
tempi  del  duca  Carlo  Emanuele  I.  Ludovico  rinomatissimo  per 
l'eroica  difesa  di  Casteldelfino ,  e  Baldassare,  già  marchese 
di  Casalborgone ,  tesoriere  generale  dei  principi  Sabaudi  Tom- 
maso e  Maurizio,  plenipotenziario  presso  il  re  di  Francia ,  coa- 
diutore del  re  di  Spagna  pel  savio  ordinamento  di  quel  regno, 
é  finalmente  Maurizio  cavalière  di  Alcantara  noverato  fra  i  ma- 
gistrati del  re  cattolico. 

Non  inferiore  per  chiarezza  di  nobiltà  fuvvi  il  casato  dei  No- 
varino  di  s.  Sebastiano.  Era  di  essa  il  dottissimo  ed  incorrotto 
Giambattista,  che  giunse  a  coprire  l'alta  carica  di  primo  pre- 
sidente del  senato  di  Torino,  e  toma  a  gloria  di  lui,  che  il 
suo  figliuolo  Giuseppe  Antonio  fosse  un  peritissimo  giurispru- 
dente,  e  venisse  eletto  a  consigliere  di  stato,  a  gran  referen- 
dario della  Casa  di  Savoja,  e  a  giudice  della  capitale. 

La  famiglia  di  Paturino,    tuttoché  avesse  la  sua  prima  ori- 


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55o  CARIGNANO 

gine  dair  Insubria ,  ore  possedeva  estesi  dominii,  pure  dee  con* 
siderarsi  come  di  Carignano,  perclié  vi  sì  traslocò  da  più  se- 
coli. Di  questo  casato  fu  Giovanni  Andrea ,  consigliere  di  stato 
e  referendario  dei  sigilli.  Era  questi  figliuolo  del  conte  Cesare, 
senatore,  auditore  generale  di  guerra ,  il  cui  avolo  veniva  eletto 
a  governatore  di  Carmagnola  j  nella  quale  carica  terminò  la  sua 
mortale  carriera. 

Si  dirà  ora  più  distintamente  dei  Provana  di  Carignano,  dai 
quali  è  cosa  indubitata ,  che  provennero  tutti  i  rami  di  questo 
nome  stabilitisi  in  Italia,  in  Provenza  ed  in  Polonia. 

Il  loro  nome  e  la  loro  arma  gentilizia  sembrano  attestarne  la 
maravigllosa  fecondità.  Il  vocabolo  piemontese  Provana  dal  la- 
tino propago  y  o  dal  francese  proviìij  indica  il  ramo  di  una 
pianta,  che  senza  esserne  disgiunto  si  piega  e  corica  nella 
terra ,  perchè  dal  succo  di  essa  nutrito  sorga  in  pianta  novella. 
La  loro  arma  gentilizia  é  una  vite  ricca  di  grappoli.  Le  si  ag- 
giunse una  colonna  per  privilegio  ottenuto  dal  sommo  ponte- 
fice Martino  V,  della  €oloiffcse  famiglia  di  Roma,  il  quale  ri- 
toinando  da  Costanza  e  passando  per  il  Moncenisio  nel  i^iSy 
venne  splendidamente  ricevuto  dai  Provana,  cioè  da  Giovanni 
signore  della  Novalesa,  da  Giacomo  abbate  di  Susa,  e  da  al- 
tri loro  parenti,  che  in  Piemonte  lo  accompagnarono. 

Già  nel  1882  si  noveravano  venti  capi  di  Provanesi  fa- 
miglie, che  tutti  avevano  verace  titolo  di  signorìa,  e  che  fe- 
cero la  loro  sommessione  al  conte  Amedeo  di  Savoja.  1  cava- 
lieri Guido,  Giacomo  e  Giacotto  a  nome  degli  altri  Provana, 
sotto  gli  auspizii  del  detto  Conte  conchiusero  nel  castello  di  Ri- 
voli la  pace  col  principe  Giacomo  di  Acaja,  ottenendo  per  la 
indennità  nel  giorno  2 3  di  ottobre  del  i363  l'esenzione  per 
tre  anni  da  qualunque  carico,  e  non  pochi  insigni  privilegi. 

Questa  nobilissima  progenie  giunse  in  varii  tempi  a  posse- 
dere meglio  di  cinquanta  tra  castelli  e  ville,  che  nominati  per 
alfabeto  sono: 

Alpignano  ed  Altessano  inferiore,  Balangero  con  la  Castel^ 
lata,  Bardassano,  Baldissero  presso  Pinerolo,  Beinette,  Belri- 
paro  e  Bellaguardia  in  Provenza,  circa  il  1400  acquistata  da 
Giovanna rdo,  di  cui  fa  cenno  il  Nostradamus;  Bossolino  in 
Monferrato,  Brillante,  Buriasco  inferiore,  e  i  Bracci.  Candiaia 
Canavese,    Carignano,    ove  nel    t38o  i  Provana  ancor  davano 


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CARIGNANO  55i 

investiture  pei  feudi  di  terre  circoo vicine;  Casalgrasso,  Caccia, 
Carpeneto ,  Castel  Rainero ,  Castel  Vecchio ,  Cavoretto ,  che  dal 
conte  Touiuiaso  di  Savoja  ebbero  in  pegno,  Castagneto,  Col- 
legno, CavagQoio  e  Coazze. 

Dameranx  acquietato  dall'anzidetto  Giovapnardo  e  Prùeat. 

Favole,  Gorra  Zucchea,  Lagnasco,  Lanzo,  ed  una  parte  della 
sua  valle  con  Lemie  ed  Usseglio,  Leyni  e  la  Loggia. 

Mirandolio ,  Misnole  di  Coissa  in  8avoja ,  di  cui  fece  acquisto 
il  cavaliere  Filippo,  giudice  maggiore  e  consigliere  dei  conti 
Edoardo  e  Aimone  di  Savoja;  Monteu,  Mati,  Osasìlo,  Panca- 
lieri,  Polonghera,  Pianezza  e  Perosa  con  la  sua  valle,  Rub* 
btana  e  Rubbianetta. 

S.  Elena  dal  lago  in  Savoja  conceduto  al  cavaliere  Guido 
nel  i3a3  per  li  suoi  molti  servigi  a  prò  dei  conti  Sabaudi. 
S.  Raffaele,  s.  Secondo,  Sciolze,  Sabbioni,  Sixt  in  Savoja ,  che 
per  33oo  fiorini  d'oro  nel  1367  Stefano  consignore  di  Coazze 
acquistò  da  Raimondo  di  Belforté;  ed  infine  parte  di  Scarna- 
figi,  di  Valfenera  e  di  Yalgorrera,  Villar  d'Ahnese  e  Viù. 
.  Oltre  questi  castelli  e  queste  ville  ebbero  la  Castellania  di 
Susa  e  di  Ciriè,  Lanzo,  Caselle  e  Tarantasia. 

Per  distinguere  i  moltìplìci  rami  della  loro  stirpe,  avean 
eglino  assunto  i  varii  nomi  de  Floro ,  del  Rosso ,  del  Mara- 
gno ,  de  Gabiano,  de  Rato ,  de  Pauluccio ,  de  Georgino ,  de  Hen- 
rletto,  de  Monaco,  de  Lanzono,  ed  infine  de  Bcssono.  Oltre 
ì  predetti  nomi  si  aggiunsero  quelli  di  ciascun  villaggio  o  ca- 
stello da  essi  particolarmente  posseduto» 

Giova  il  dire  che  già  nel  ia35  da  un  Oberto  Provana  era, 
come  già  si  toccò,  fondato  in  Carìgnano  lo  spedale  di  s.  Re- 
migio; che  da  Nicolò,  primo  figliuolo  di  lui,  si  acquistava  nel 
ia65  il  castello  ed  il  feudo  del  Sabbione.  E  pur  bello  il  no- 
tare che  sin  dal  i3oo  si  distinguevano  della  loro  famiglia  tre 
sommi  legisti  Filippo,  Oberto  e  Piero;  il  primo  dei  quali  fu 
maggior  giudice  di  Savoja ,  consigliere  dei  principi  Edoardo  ed 
Aimone  ;  il  secondo  fu  il  genitore  di  Floro ,  stipite  del  casato 
di  tal  nome;  il  terzo  nel  i3o3  venn^  trascelto  a  podestà  di 
Savigliano ,  e  a  giudice  di  Torino  nel  i3i4- 

Yent'  anni  dopo  era  provinciale  de' francescani  delle  regioni  li- 
guri e  lombarde  fra  Bertolotto,  rinomatissimo  a'suoi  tempi  persin 
golare  dottrina.  Nel  i338  Stefano  e  Toipmaso  figliuoli  di  Cior- 


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552  CARIGNANO 

dano  consigliere  di  Vinovo  e  Coazze  furono  pei  conti  di  Sa- 
Toja  governatori  della  Valle  d'Aosta:  il  primo  alla  testa  di 
molta  gente  riduceva  quei  ribellati  vassalli  all' obbed tenta.  Es- 
sendosi poi  egli  assolutamente  dichiarato  in  favore  del  mar- 
chese di  Saluzzo,  che  guerreggiava  contro  i  principi  d'Acaja» 
venne  da  questi  spogliato  de'proprìi  fèudi,  e  n'ebbe  gravis- 
simi danni. 

Nel  1873  Giacotto,  signore  del  castello  di  Brillante ,  acquistò 
il  quarto  di  Leyni  dal  conte  Amedeo  di  Savoja.    ' 

Barlolommeo,  sesto  figliuolo  dell'anzidetto  Filippo,  yerso  la 
metà  del  secolo  decimoquinto,  fece  acquisto  di  una  parte  di 
Yiù:  Giacomo,  fratello  di  lui,  fu  abate  di  Susa,  e  Ottone  mo- 
riva in  Toscana  mastro  di  campo  dell'imperatore  Carlo  V. 

Nei  posteriori  tempi  i  PróVana  ebbero  luminose  cariche  dai 
duchi  Sabaudi. I  Due  di  essi,  cioè  Trajano  e  Prospero,  condot- 
tisi in  Polonia,  per  la  loro  esimia  dottrina,  e  per  le  loro  co- 
spicue virtù  furono  prescelti  a  ministri  di  quel  reame,  ove  il 
monarca  f ra  i  privilegi  di  cui  li  volle  onorati,  ordinò  che  fra 
la  nobiltà  polonese  si  avesse  a  considerare  qualunque  dei  Pro- 
vana colà  si  fosse  condotto:  ad  essi  inoltre  concedette  d'in- 
quarta re  nelle  loro  arme  l'aquila  bianca  del  regno. 

Degli  altri  illustri  di  questa  estesa  chiarissima  prosapia  si  farà 
più  distinta  menzione  negli  articoli  che  ragguardano  agli  antichi 
loro  feudi.  .    *  • 

Fra  i  molti  che  onorarono  questo  insigne  paese,  noteremo 
Nicolò  Romagnano,  che  sul  principio  del  secolo  decimosesto 
si  distinse  come  sommo  letterato,  e  fu  vicario  generale  degli 
agostiniani  in  Lombardia  ed  in  Liguria,  e  mori  in  Roma  priore 
di  s.  Maria  del  popolo  nel  i54o. 

Meglio  ancora  segnalossì  Cara  Pietro,  conte  e  cavaliere  pa- 
latino, senatore  e  ministro  di  Filippo  di  Savoja,  inviato  da  lui 
per  importanti  negozi  all'imperatore  Massimiliano  in  un  col 
yescovo  e  principe  di  Losanna,  Aimone  di  Montefalcone,  col 
governatore  di  Nizza  Bussi  d'Eriè,  e  con  Sebastiano  Ferrerò, 
generale  di  finanze.  Stampò  le  opere  sue  latine  in  Torino  (  iSso) 
per  P.  P.  Porro:  nella  quale  edizione  si  leggono  più  lettere  di 
grand' uomini  di  quel  tempo  a  lui  scritte  e  le  sue  dotte  ri- 
sposte. Fra  quelle  lettere  una  ve  n'ha  di  Ermolao  Barbaro 
patriarca  di  Aquileja ,  che  descrive  il  nuziale  convito  di  Gian* 


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CARIGNANO  553 

giacomo  Trìttlziy  poi  marchese  di  Vigevano-,  e  vi  hanno  pure 
due  arringhe  éjf  lui,  fatte  una  all' imperatore  Massimiliano,  l'al- 
tra ad  Alessandro  Vi,  un'epìtome  della  guerra  di  Carlo  Vili 
in  Italia,  e  molti  sermoni,  dai  quali  tutti  appare,  che  egli  fu 
dei  primi  oratori  del  suo  tempo. 

Antongiacinto  Cara  de  Canonico  della  stessa  famiglia,  fu  dotto 
e  zelante  raccoglitore  di  memorie  patrie:  comunicò  al  celebre 
Yemazza  un  bellissimo  testo  a  penna  del  Benvenuto  s.  Gior- 
gio, in  quarto  piccolo,  di  pagine  174,  scritto  al  tempo,  in  cui 
il  sopraccennato  Pietro  stampava  le  opere  sue.  Di  questo  co- 
dice, che  sopra  quello  della  biblioteca  di  Torino  ha  il  pregio 
di  giunte  assai  buone,  fattevi  probabilmente  dal  Pietro  Cara, 
profittò  molto  il  Vernazza  nell'edizione  del  Benvenuto,  pubbli- 
cata in  Torino  l'anno  i78o.ttó-^«^'^*>^(^'*y^-'^^^/-'^'V^^^ 

Oriondo  di  Carignano  fu  l'egregio  vescovo  d'Alba,  monsi- 
gnore Giovanni  Antonio  Nicola,  rapito,  ha  poco  tempo,  ai  vi- 
venti (v.  Carmagnola),  Qui  nacque  il  preclarissimo  D.  Carlo 
Arnosio,  che  fu  per  molti  anni  canonico  curato  della  Metro- 
politana di  Torino,  e  quindi  arcivescovo  di  Sassari.  Cessò  di 
vivere  in  Torino  addi  18  di  agosto  del  1839.  Le  popolazioni, 
di  cui  fu  zelantissimo  pastore,  ne  pianseit)  amaramente  la  perdita. 

Carignano  si  onora  del  conte  Michele  Saverio  Provana  del 
Sabbione,  cavaliere  de' santi ^laurizio  e  Lazzaro,  intendente  ge- 
nerale, bibliotecario  di  S.  M.,  presidente  della  regia  commis- 
tione di  revisione  dei  libri  e  delle  stampe,  socio  delle  due 
classi  della  reale  accademia  delle  scienze  di  Torino,  e  diret- 
tore della  classe  di  scienze  morali,  storiche  e  filologiche,  de- 
curione delia  città  di  Torino,  e  maggiore  nel  corpo  reale  de' 
volontari. 

Di  quest'inclito  personaggio,  fornito  di  molte  lettere  e  di 
molta  dottrina,  si  hanno  bellissime  iscrizioni  latine,  in  cui  si 
ammirano  tutti  i  pregi  che  appartengono  a  tal  genere  di  com» 
poni  menti. 

Nativo  di  questa  città  è  il  chiarissimo  dottore  A.  B.  M.  Schina, 
professore  d'istituzioni  chirurgiche  nella  R.  Università  di  To- 
rino, chirurgo  ordinario  della  R.  Accademia  militare  degli  Stati 
di  S.  M.  S. ,  emerito  onorario  del  venerando  Spedale  maggiore 
della  sacra  religione  ed  ordine  civile  e  militare  de'  ss.  Mauri- 
zio e  Lazzaro,    consulente  del  R.  Manicomio,    membro  corri* 


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554  CARISIO 

spondente  della  R,  Accademia  di  medicina  di  Francia,  delle 
società  medico-chirurgiche  di  Ginevra,  di  Livorno,  di  Bolo— 
gna  ecc.  Questo  esimio  professore ,  per  vastità  di  dottrina  e  per 
vera  filantropia  riputa tissimo,  diede  alla  luce  le  seguenti  opere: 

Riflessioni  critiche  di  patologia,  Torino   1822,  «in  voi. in  8.^ 

Cenni  sull'irritazione  e  sulla  flogosi,  Milano  1827,  un  voi.  in8.^ 

Archivio  di  medicina  pratica  universale,  prima  divisione. 

Trattato  completo  di  anatomia  fisiologica  e  patologica  del  cuore, 
Torino  1823-249  voi,  4  i"i  8.0 

Induzioni  patologiche-cliniche  intorno  al  cholera  asiatico,  To- 
rino i835,  in  8.® 
,   Archivio  di  medicina  pratica  universale,    seconda  divisione. 

Anatomia  e  Fisiologia  comparativa  del  sistema  vasale ,  Torino 
i836,  voi.  2  in  8.** 

*  CARISIO  (  Carisiumj  Caricium  ),  com.  nel  mand.  di  San 
tià,  prov.  di  Vercelli,  dioc.  di  Biella,  div.  di  Novara.  Dipende 
dal  senato  di  Piem.,  intend.  prèfett.  ipot.  di  Vercelli,  insin.  e 
posta  di  Santià. 

Sta  sulla  destra  sponda  dell' Elvo,  che  scorre  nel  suo  terri- 
torio da  maestrale  a  scirocco  in  distanza  di  tre  quarti  di  miglio 
dair  abitato.  Il  detto  torrente  vi  si  tragitta  col  ipezzo  di  un  porto. 

11  comune  é  attraversato  dalla  strada  provinciale  che  mette 
alla  Svìzzera. 

Evvi  una  sola  via  comunale,  che  tende  verso  scirocco  a 
s.  Germano,  passando  pel  vasto  tenimento  di  Vestigné,  proprio 
del  principe  della  Cisterna  e  appartenente  al  territorio  di  Santià. 

Sonovi  due  altre  strade  non  comunali,  ma  soggette  a  ser«* 
vitù  di  pubblico  passaggio  ;  una ,  per  a  Biella ,  che  da  maestro 
passa  pel  tenimento  di  s.  Damiano,  spettante  al  conte  Masino^ 
e  dipendente  dal  comune  di  Carisio ,  con  parrocchia  sotto  l'in- 
vocazione dei  ss.  Cosma  e  Damiano ,  distante  da  Carisio  due  mi^ 
glia;  l'altra  conduce  a  Salussola,  traversando  il  tenimento  di 
Nebbione  del  conte  Colobiano  Carisio,  in  cui  havvi  pure  una 
parrocchiale  sotto  il  titolo  di  N.  D.  Assunta.  Da  quest'ultima 
strada  se  ne  dirama  una  per  Cavaglià  quattro  miglia  lontano. 

Sulla  linea  dell' anzidetta  via  provinciale  Carisio  a  mezzodì 
guardia  Santià  due  miglia  e  mezzo  distante,  e  a  tramontana 
Bujronzo  che  gli  sta  a  quattro  miglia.  Di  miglia  dieci  è  la  sua 
lontananza  da  Biella. 


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CARISIO  555 

.  La  parrocchia  di  questo  villaggio  è  dedicata  a  s.  Lorenzo. 
Oltre  la  festa  di  questo  santo ,  ne  fu  ultimamente  per  voto  della 
comunità  instituita  un'altra  ad  onore  di  s.  Catisio  nello  scopo 
di  preservare,  mercè  l'intercessione  di  questo  santo,  il  paese 
dal  cholera.che  imperversò  in  alcune  terre  del  Piemonte.  Que- 
sta festa,  che  ricorre  addi  1 6  di  aprile,  vi  fu  già  celebrata  una 
volta.  • 

La  principal  produzione  è  il  rìso,  di  cui  si  fanno  copiose 
ricolte. 

In  questo  territorio ,  nella  direzione  da  levante  a  ponente , 
sul  confine  di  Santià,  nasce  la  lunga  collina  detta  la  Serra. 

Ce/w  storicL  Anticamìente  fu  parte  del  Comitaius  s.  AgaOuBy 
col  quale  venne  sotto  il  dominio  della  chiesa  di  Vercelli  prima 
del  961.  I  primi  suoi  signori  riconoscevano  da  quella  chiesa  e 
si  appellavano  di  Carisio.  Di  essi  un  Roberto  ebbe  i  proprii 
beni  confiscati  da  Arrigo  li ,  per  essere  stato  fedele  ali'  infe- 
lice Ardoino  re  d'Italia»  Quell'imperatore  con  diploma  del  1014 
concesse  i  detti  beni  alla  stessa  chiesa  vercellese. 

Il  vescovo  infeudò  poi  il  castello  col  territorio  ai  Solari  o 
Soleri ,  che  vennero  quindi  ad  abitare  in  Ivrea ,  e  furono  di 
un  casato  ben  diverso  dal  casato  dei  Solari  a  stesi.  In  appresso 
divisero  essi  la  giurisdizione  di  Carisio  coi  Ratarii  e  cogli  Avo- 
gadri. 

Vantano  i  Ratarìi  un  Giacomo,  canonico  della  cattedrale  di 
Vercelli,  e  quindi  arcivescovo  di  Torino,  il  quale  seguitando 
in  Italia  il  cardinale  Ugone ,  che  fu  poi  papa  col  nóme  di  Gre- 
gorio IX  ,  concesse  con  autorità  pontificia  il  monastero  di  s.  Pie- 
tro in  Pavia,  ch'era  de' benedittini ,  ai  canonici  della  congre- 
gazione di  Mortara. 

Federico  II  imperatore  si  conciliò  la  benevolenza  di  questo 
vescovo,  facendolo  suo  generale  vicario  in  Lombardia,  e  con- 
fermandogli nel  1230  la  signoria  di  Chieri  da' suoi  predeces- 
sori già  infeudato  ai  conti  di  Biandrate. 

Pose  questo  prelato  nell'anno  stesso  la  prima  pietra  del  mo- 
nistero  di  Rifreddo  in  Val  di  Po:  aggiunse  ai  figliuoli  di  Ber- 
toldo consignore  di  Lanzo  uiva  terza  parte  di  dominio,  su  quel 
villaggio,  e  fermò  alleanza  coi  signori  di  Rivalta. 

L'importante  castello  di  Montosolo  posto  sur  un  alpestre 
monte ,    oggetto  di  continui  litigi  e  cagione  di  molte  zuffe  tra 


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556  CAWGNANO 

ì  confinanti  signori,    diede  egli  in  custodia  a  Giacomo  de'Ga- 

gnazzi  e  ad  Ibleto  della  Rovere. 

Trovandosi  ei  poscia  in  un  luogo  situato  tra  Caselle  e  Ci-* 
riè,  forse  nel  castello  di  s.  Maurizio,  ricevette  T omaggio  del 
marchese  Bonifacio  di  Monferrato  pel  castello  di  s.  Raffaele* 

Sottoscrisse  nel  1226  all'imperiale  investitura  dei  beni  tem- 
porali deli*  arcivescovo  di  Tarantasia  ed  alla  conferma  dei  prì- 
Tilegi  della  prevostura  di  Oulx:  due  anni  dopo  in  un  castello 
dei  sobborghi  di  Milano  sottoscrisse  alla  conferma  dei  privilegi 
dei  signori  di  Rovigliasco  :  ri  usci  infine  a  comporre  le  differenze 
insorte  tra  il  vescovo  d'Asti  e  quel  comune. 

Dei  Ratarii  fu  pure  Filippo  dei  primitivi  domenicani ,  morto 
órca  il  1254  con  fama  di  santa  vita. 

Un  ramo  de'Rateri  trovavasi  nel  secolo  xvi  in    Carmagnola. 

Carisio  da'  Rateri  venne  agli  Avogadri ,  e  da  questi  a'  Care- 
sani,  che  appunto  dal  luogo  presero  il  loro  nome. 

Si  &a  un'investitura  del  duca  Amedeo  TIÌI  di  Savoja  del 
1402  a  favore  dei  detti  signori  all'occasione,  che  fu  ad  essi 
preso  questo  castello,  e  i  loro  beni  e  le  loro  case  vennero  in 
piepa  pace  Ostialiter^  injuriose  et  malitiose  expilatce  da  Fa- 
cino Cane,  che  in  pari  modo  trattava  i  nemici  e  gli  amici. 
Accorsero  essi  al  duca  Sabaudo,  il  quale  essendo  in  grande 
estimazione  sopra  tutti  i  principi  del  suo  tempo,  mandò  tale 
ambasciata  al  duca  di  Milano,  al  cui  servizio  era  Facino,  che 
prontamente  col  castello  e  col  territorio  fu  restituita  ogni  cosa. 
Amedeo  Vili  ordinò  tosto  ad  un  Challant,  capitano  di  Santià, 
che  facesse  un  serio  esame  dei  danni,  affinchè  fossero  di  essi 
rifatti  i  Soleri  ed  i  Ratarii  con  Ubertino  ed  Ibertono  Avogadri 
di  Yaldengo  e  di  Quaregna.  Fu  per  altro  trattenuta  pel  duca 
la  parte  di  Giovannino  Ratario,  accusato  di  alto  tradimento. 
.  Non  ispiacerà  che  qui  si  noti  di  passaggio  Carisio  essere  stato 
il  nome  del  più  antico  fra  i  grammatici,  di  cui  si  abbiano 
trattati  intieri  :  cioè  cinque  libri ,  le  regole  del  dire  latino,  ol- 
tre molti*  frammenti  di  antichi  scrittori  per  lui  conservati.  Chia- 
mavasi  Flavio  Carisio  Solipatro:  fu  di  Campania  e  di  religione 
eristiano,  come  avvisa  il  Fabrizio. 

Popolazione  1200. 


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CARLOFORTE  SSj 

CARLOFORTE,  borgo  fortìBcato  della  Sardegna  nella  pn>- 
vincia  d'Iglesias  e  isola  di  s.  Pietro,  alla  sponda  del  mare,  in 
mezzo  il  lido  orientale,  dove  è  un  seno  aperto  al  primo  qua- 
drante. È  situato  nella  latitudine  3g^  8^  3o^^ ,  e  nella  longi- 
tudine occidentale  da  Cagliari  o^  5o\ 

Dall'epoca  dubbiosa  del  suo  disertamento  all' ottavo  lustro  del 
secolo  xvui,  tra  i  quali  termini  furon  molti  secoli,  fu  questa 
isola  senza  popolo,  ed  il  solito  luogo  di  agguato  per  li  barba- 
reschi, onde  sì  lasciavano  sopra  le  navi  di  commercio  che  vi 
si  avvicinassero,  o  sopra  la  Sardegna  a  desolarne  i  lidi.  Mei 
i6ai  convocavasi  in  Cagliari  un  parlamento  straordinario  per 
provvedere  a  certe  fortificazioni  in  questa  e  nella  sua  prossima 
isrfla  di  s.  Antioco,  che  poi  non  si  eseguirono  (v.  il  baroa 
Manno,  Storia  di  Sardegna,  -anno  notato). 

Ripopolamento  dell'isola  e  fondazione  di  Carloforte,  Nel 
1787  ridondando  di  popolazione  la  isoletta  -di  Tabarca,  <he 
giacesi  di  fronte  all'Africa  a  non  grandi  distanze,  venne  il  caso 
di  dover  emigrare,  e  si  prese  il  partito  di  supplicare  Carlo 
Emanuele  di  accettare  in  alcuna  delle  piccole  isole  aggiacenti 
al  suo  regno  alcune  centinaja  d'-  uomini.  Il  re  destinò  loro  V  isola 
di  s.  Pietro,  e  di  essa  investiva  il  marchese  Della  Guardia 
D.  Bernardino  Genoves  con  titolo  e, dignità  di  Duca.  Mentre  sì 
regolavano  le  franchigie  e  condizioni  dei  coloni ,  e  le  ragioni 
del  Duca,  le  quali  a  nome  degli  abitanti  di  Tabarca  ricono- 
sceva Agostino  Tagliafico  ,  un  signore  genovese  (  D.  Giambat- 
tista Segni  )  proferivasi  di  aggiungere  alla  novella  colonia  la  sua 
famiglia  e  alcune  persone  dipendenti.  Nel  maggio  adunque  del- 
l'anno 173B  giunsero  i  coloni  Tabarchini ,  gent)e  tntta  ori- 
ginaria e  fin  allora  dipendente  dalla  Liguria ,  in  numero  di  più 
di  quattrocento  uomini  robusti  e  di  bella  forma  ,  con  abbon- 
dante fornimento  di  robe  ,  masserizie  ,  arredi  per  la  pescagio- 
ne ,  e  instrumenti  per  l'agricoltura  ,  senza  i  condottivi  dal  Se- 
gni. Si  può  bene  immaginare  che  fosse  allora  questa  tèrFa« 
Pertanto  diboscatovi  uno  spazio  sufficiente  all'uopo ,  si  comin- 
ciò a  edificare  sur  una  piccola  eminenza  le  case-,  e  insieme 
un  forte ,  e  ad  appellare,  compostosi  con  questo  il  nome  del 
benefico  Sovrano,  il  luogo  Carloforte,  gli  uomini  Carolini.  A 
proteggerli  dai  barbareschi  ,  che  sì  volean  rivendicare  una  sta- 
zione opportuna   ai    loro  ladronecci  y  mandaya  il  viceré  arti~ 


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558  CARLOFORTE 

glierìe  e  soldati ,  a  ferii  prosperare  li  giovava  in  tutte  altre 
maniere  (vedi  il  chiarissimo  baron  Manno  (  anno  1738  )  che 
le  principali  cose  di  questa  colonizzaiione  egregiamente  descrive  )• 
Siccome  però  gli  abitanti,  che  eran  gente  di  mare,  poco  ama- 
vano di  restarsene  chiusi  in  quelle  roccie,  impresero  per  mag- 
gior comodità  a  formarsi  delle  baracche  sul  lido,  le  quali  più 
volte  divorate  accidentalmente  dalle  ilamme ,  finalmente  per- 
metteva il  governo  si  fabbricassero  stanze  più  perdurevoli;  ed 
ora  non  restano  nell'antica  dimora  che  poche  famiglie,  la  guar- 
nigione, i  condannati  al  lavoro,  ed  i  prigionieri.  Della  prima 
chiesa  parrocchiale  non  sono  che  le  vestigia,  e  va  rovinando 
la  bastita  di  s.  Carlo.  Sulla  porta  della  quale  ecco  quali  sensi 
furon  acolpiti  in  una  tavola  marmorea: 

maOSPlTAK    .   IHSVLAM 

LASOBIOSA  •   GBHTB  •.   BX   «   AFRICA    .   0RI8    •  ABCJBSSITA 

VfiBE    .   FVia>AIIEfmS    .    EEECTA 

CVLTA   .   BT    .   IRGOLIS    .   FRBQVEBTATA 

Ul    •  FISCATlOHiS    •   BT    •   GOMUEBCU   •   PLAGAM 

FEUCITER    .   COMVEATIT 

CAaOLVS    •    BMABVEL   .   SEX 

CAlOl^l    •    MARCH    •   BlVABOl*   .   PHOBBOIS 

CONSILIO    •    SBDVLITATB 

QVO    •   RBGFO    •   BT    •    BXTBRIS 

OBBS    •  PABABET    •   BT    .   COBUIOOW 

£  molto  veramente  il  popolamento  di  quest'  isola  conferi  al* 
l'iocreu^nto  di  s.  Antioco^  e  molto  al  Sulcis,  cui  f mono  grandi 
vantaggi  dal  commercio  con  i  novelli  coloni. 

Era  il  quinto  anno  dalla  istituzione  di  questa  colonia,  quando 
l'isola  di  Tabarca  ,  che  poteva  stimarsi  inespugnabile  a  qualunque 
vigoroso  attacco  dei  barbereschi,  cadde  in  potere  dei  medesimi 
per  uno  stratagemma  in  tempo  che  fungeva  le  veci  di  gover- 
natore un  uomo  di  grande  età  e  di  poca  prudeiiw^  e  furono 
.quanti  vi  si  trovarono  portati  in  iscfaiavitu ^  miserevol  gente, 
in  massima  parte  vecchi ,  donne  e  fanciulli  ;  che  gli  uomini  di 
forza  per  sorte  o  per  disgrazia  ondeggiav^n  sull'alto  a  trarne 
i  coralli.  Il  re  Carlo  Emanuele  restava  commosso  dalla  disgra- 
zia de' miseri 9  che  perduta  aveano  la  libertà,  e  dal  dolore  dei 


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CARLOFORTE  559 

parenti  y  che  perduto  aveano  ,i  loro  cari*,  e  veduto  che  la  re- 
pubblica di  Genova  j  cui  dovea  spettare  di  procurare  la  loro 
salvezza,  non  se  ne  dava  alcun  pensiero,  intese  a  redimerli, 
e  li  redense ,  ricevuti  i  più  in  iscambio  di  schiavi  maomettani , 
gli  altri  a  certa  sopra^isura  per  la  generosità  delBey  Ali.  Dai 
quali  (in  numero  di  120)  fu  un  nuovo  incremento  a  Carlo- 
forte  (  v.  aW atino  \')5o  il  sullodato  baron  Manno).  La  me- 
moria di  questo  riscatto  con  tanta  pietà  del  re ,  e  maggior  in- 
cremento della  colonia  ,  serbasi  durevole  entro  la  popolazione 
per  un  monumento  marmoreo  erettovi  nel  1788,  che  è  una 
statua  colossale  dell'Augusto  in  paludamento  reale  e  con  l'al- 
tre insegne  della  maestà  sovrana,  cui  da  un  lato  un  uomo, 
dall'altro  una  madre  col  figliuolino  sottogiacciono  incatenati. 
Sorge  nel  centro  della  piazza  della  marina  sopra  un  gran  pie- 
destallo a  due  faccie,  del  quale  è  a  leggere  queste  scritte. 

i.^  A  fronte: 

BEGl    .    CABOLO    .    EMMAIIVELI 

FOETIS6IMO    .   PBIVCIPl 

OB    •    BKIMUM    »    GLEMBSITUM 

QTA    •   TABBàCàBOS    .    MBTV    .    AFBICANJB    .    SEBVrTVTlS    .    EXTOftBES 

CA8TBO    •   SVI    •    NOHINIS    •    CABOLIIfOS 

m   .   IBSVLA    •   8ANCTI   .   PBTBI    .   EXTBVCTO 

IN  •  nnBM  .  BBCBprr 

ET    •   VTlfBBIBVB    .    AC    •   PBtVILEOIIS    •   OBNATOS 

IMMVIIBS    •   AB    •    OMin   .    TBIBVTO    .   niT   .   8EBVAV1T 

COLeniA    .    TABBACAHA 

COHDITOBl    .    SVO 

ET    .    ALBBBTVS    •    OENOVES1T8 

DVX    •   INSTLA 

MORVHBIftVM    •   EX    •   SOLIDO    .    MABMOBE 

FIEBl    .    CEIISVEBVirr 

AN6EIO    .   80LAB0   •   rROBEGB 


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56o  CARLOFORTE 

2.*^  A  tergo: 

REGI    .    CAROLO    .    EBrMARVELl 

PIO    •    FELICI    .    AVGVSTO    .    PATRI    .    COLGZflA    .    TABRACAHA 

QYOD    .    CBTER08    .    TÀRRACJB    .    inCOLAS 

A    .   SABBARIS    .    E    .   PATRIA    .    BtSY    .   llf    .   YIHCVLA    .    ABEEPTOft 

DIVQYB    •   MISERA    .    SERVITVTE    •    PRESS08 

MISSO    •    TVIVETVM    .    YIRO    .    DILIGERTISSIMO 

REDIMERDOS    .    CYRAYERIT 

ATQYE    •    ÉIC    .   CYM    .    SYIS    .    DEGERE    .   IHDYLSERIT 

GEIVS    .    YNIYERSA 

ET    .   ALBERTYS    .    GEROYESIYS 

DYZ    •    IHSYLA    .    SANCTl    .   PETRl 

STATVAM   .    ET    .   81MYLACRA    .    SERYITYTIS    .   EELBYATJB 

CYM    .   TITYLIS    .   ET    .    OMflI    .    ORRAMEHTO 

FECERYHT    •    AR    .    BIDCCLXXXIlI 
CAROLO    .   FRANCISCO    .    THAONE    .   PROREGE 

Nel  1793^  i  carolini  non  parteciparono  della  gloria,  che  gli 
altri  sardi  si  ebbero  per  la  fedeltà  al  re  e  per  le  maravigHose 
proYC,  con  cui  essa  fu  testala.  Non  avendo  consentito^  che  il 
comandante  De-Nobilis  facesse  resistenza,  non  che  si  offrissero 
di  ajutarlo ,  questi,  inchiodato  i  cannoni  del  castello,  rìtirossl 
in  Sardegna  con  la  guarnigione  ;  ed  i  francesi  vi  entrarono  addi 
7  gennajo.  La  impresa,  che  prima  fecero  quei  repubblicani, 
fu  di  abbattere  e  seppellir  nel  Ijdo  la  statua  del  gran  Carlo  ^ 
vedendo  né  potendo  .impedirlo  essi  ^  nei  quali  erano  state  con- 
ferite tante  grazie.  Senza  ja  quale  furono  loro  altre  cause  di 
dolore  e  di  vergogna  da  non  rammemprarsi.  Ma  infine  ,  dopo 
pochi  mesi,  s^assaliti  i  francesi  da  D.  Luigi  Borgia  forte  di 
tutte  l'armi  del  re  cattolico  prima  in  s.  Antioco  poco  dopo 
nell'isola,  furono  beati  i  carolini  di  ritornare  sotto  la  patema 
autorità  del  re  di  Sardegna ,  e  pronti  a  restituire  nell*  antico 
seggio  il  monumento  del  generosissimo  loro  benefattore. 

Nel  1798  pati  Carloforte  una  sventura  grandissima.  Ingan- 
natisi i  popolani  su  di  certi  bastimenti  mareggtanti  da  alcuni 
giorni  presso  la  lor  isola,  furono  nella  mattina  del  4  settembre 
sorpresi,  mentre  erano  ancora  nel  sonno,  dai  tunisini,  che  il 


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CARLOFORTE  56 f 

Rais  Mahemet  avea  nella  notte  posti  in  terra  ft  distanza  di 
due  miglia  dall'  abitato.  Invase  gli  animi  un  orribile  spavento  ; 
fu  una  scena  di  violenza-,  di  pietà,  di  virtù,  di  brutalità  da 
non  potersi  descrivere.  Pochi  nell'assalto  improvviso  si  riten- 
nero l'animo  e  le  forze,  i  più  erano  avviliti  dal  terrore,  e  se 
ne  videro  delle  greggie  spingersi  al  mare  da  pochi  bar-» 
bari.  Intanto  gli  altri  senza  contrasto  saccheggia van  le  case,  e 
preso  quant'  eravi  di  più  prezioso ,  il  resto  guastavano  e  met- 
tevan  in  rovina.  Si  caricarono  i  legni  di  gSS  carolini ,  e  si  ad- 
dissero in  Tunisi  al  servìgio.  L'altra  metà  della  popolazione 
evitò  destino  cosi  tristo  per  esser  involatisi  con  la  fuga  nel 
monte  o  nella  casa  del  console  francese ,  o  stati  salvati  da  al- 
cuni valorosi *y  i  più,  essi  erano  gli  uomini  più  forti,  trovatisi 
nell'alto  alla  pesca.  Durò  questa  schiavitù  per  5  anni ,  dopo  i 
quali  Vittorio  Emanuele  avuto  la  somma  ìiecessaria  li  ricom- 
prava. Quel  tristo  accidente  consigliò  maggiori  cautele,  e  la 
popolazione  fu  circonvallata  da  una  muragUa  fuorché  sul  lido, 
dove  drizzossi  una  batteria  a  fior  d'acqua.  A  maggior  difesa 
si  edificarono  nella  hnea  della  medesima  sei  fortini,  e  si  for- 
niva di  tutto  il  necessario  la  torre  di  s.  Vittorio  sullo  spabna" 
tore  di  dentro  a  mezzo  miglio  dalla  popolazione,  luogo  nel- 
r  addietro  ben  conosciuto  ai  barbari. 

L'  abitato  presentasi  sul  lido  in  beli'  aspetto  per  certa  rego- 
larità nelle  strade  coperte  a  ciottoli  e  di  giusta  ampiezza ,  e 
per  le  due  piazze,  una  nella  marina  col  monumento  di  Carlo 
Emanuele  III ,  l' altra  quadrata  nel  centro  del  paese.  Le  case 
son  ben  costrutte,  parecchie  con  piano  superiore,  e  molte  tra 
esse  di  bella  forma.  La  pulitezza  delle  medesime  nell'  interno 
è  da  lodare.  Generalmente  curasi  certa  eleganza ,  e  amasi  molta 
morbidezza  ne'  letti. 

Nel  i834  vi  si  numeravano  anime  ^935  nella  distinzione  di 
maschi  1468,  dì  femmine  14679  ^  si  calcolavano  nell'anno 
nati  100,  morti  5o,  matrimoni  i5. 

Il  clima  è  caldo  anzi  che  no ,  le  pioggie  vi  sono  scarse ,  e 
spesso  in  tanto,  che  non  si  riempissero  i  due  cisternoni,  da 
cui  beve  la  popolazione ,  e  fosse  necessità  portar  l' acqua  dalla 
Sardegna,  o  servirsi  delle  molte  piccole  sorgenti  dell'isole, 
che  hanno  del  salmastro.  L' aria  nel  paese  e  buona  ,  però  in 
qualche  stagione  patisce  alquanta  impurezza  dai  miasmi  dei 
Dizion,  geogr.  ecc.  Voi.  III.  36 


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5&I  CARLOFORTE 

prossimi  stagni;  nelle  altre  parti  dell'isola  sono  dei  luoghi  in- 
salubri,  massime  intomo  agli  stagni  di  Cala-vinagra  e  del  Pe- 
scietto,  e  presso  altre  acque  ferme.  Non  pertanto  godesi  gene- 
ralmente buona  salute,  molta  robustezza,  cui  soglioiì  essere 
belle  forme  e  molta  vivacità  principalmente  nelle  donne.  Le 
malattie  ordinane  sono  d'infiammazioni  e  periodiche,  ecc.  Un 
medico,  un  chirurgo  ed  uno  speziale  soccorreli  in  questi  e  in 
altri  morbi  più  rari. 

Sono  i  carolini  una  gente  molto  industriosa.  Per  la  quale 
singolare  attività  hanno^  riparato  alle  perdite  patite  nelle  incur- 
sioni dei  barbereschi,  e  sanno  provvedere  alla  propria  sussi- 
stenza in  una  terra  naturalmente  sterile.  In  che  molto  ancora 
conservano  della  loro  origine.  Li  vedresti  sulle  barchette  ora 
andar  a  strappar  i  coralli,  ora  a  ricercar  gli  sciami  nuotanti 
delle  sardelle  e  delle  alici.  Dai  primi  di  maggio  agli  ultimi  di 
di  giugno  tu  ne  troveresti  circa  quattrocento  nelle  tonnare, 
dove  i  più  abili  sono  posti  alla  direzione  della  pesca  col  titolo 
di  Rais,  gli  altri  con  altri  nomi  in  altri  uffizi  lavorano  studio- 
samente. Nei  mesi  dell'  estate  non  si  rìposaào ,  anzi  si  applicano 
e  grandi  e  piccoli  alle  diverse  operazioni  del  salificio.  Intanto 
degli  altri  questi  vanno  a  formar  delle  pianelle  dalle  pietre 
di  taglio,  che  poi  spediscono  in  Cagliari  e  altrove,  quelli  por^ 
tansi  sul  Capo  Rosso  in  distanza  di  7  miglia  a  ponente,  nel 
qual  promontorio  trovansi  in  copia  dei  minerali  atti  alla  for- 
mazione dei  colori,  che  metton  in  vendita,  chi  va  alla  caccia 
dei  pesci,  chi  trattienesi  a  coltivare  i  poderi.  In  breve  essi 
t'impiegano  in  tutto,  e  tutti  fan  di  tutto.  Oh  se  non  ricusas- 
sero di  allontanarsi  un  poco  dai  loro  lidi ,  e  studiassero  al 
commercio,  di  quante  ricchezze  abbonderebbero!  Ma  in  que- 
sto riguardo  essi  smentiscono  la  loro  origine.  Altrettanta  buona 
volontà  di  lavorare  é  notata  nelle  donne;  ma  spesso  manca 
alle  medesime  la  materia.  La  dolcezza  dei  lor  costumi  è  tale, 
che  non  si  ha  l'esempio  d'un  sol  processo  criminale.  Sono  niente 
curiosi  dei  fatti  altrui,  né  molto  attendono  a' riguardi  che  in 
altri  paesi  violentano  gli  animi.  Le  persone  di  prima  classe  ve- 
stono alla  italiana  ,  le  altre  alla  moda  de'  rivieraschi.  Il  lin- 
gnaggio  é  pretto  genovese.  Si  sogliono  divertire  al  bigliardo, 
alle  palle ,  al  bersaglio  con  arma  da  fuoco  o  con  pietre , 
proposto    un    gallo.    Nel  qual    gioco   dassi  per  ogni  tiro  certa 


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CARLOFORTE  563 

moneta    al  padrone  ;  ma  egli  deve  cederlo  a  chi  lo  ammazzi. 

Professione  de*  carolini.  Sebbene  da  pochi  tutta  volta  si  eser- 
citano molte  arti,  essendo  forse  più  di  t5o  persóne  tra  ore* 
fici,  lerrari,  sartorì,  calzolai,  falegnami,  bottari ,  muratori, 
tagliatori  di  pietra,  mastri  di  barche,  calafatti  ecc.  La  prlncipal 
professione  però  è  la  marinerìa,  e  sono  Sop  marinai  matrico- 
lati, 9  padroni  patentati,  102  mozzi.  Si  hanno  barche  da  co- 
sta 36 ,  tra  le  quali  alcuni  piccoli  600  ;  barche  pescareccio  ,' 
dette  piroghe ,  3o  montate  da  90  uomini.  Sono  poi  da  annove- 
rare negozianti  e  mercanti  14  9  basarioUi  o  pizzicagnoli  8, 
locandieri  3  ,  beccari  3.  Gran  numero  di  fanciulle  torcono  il 
filetto  per  le  reti  delle  tonnare ,  e  molte  donne  si  occupano 
nel  panificio  per  la  popolazione  e  per  provvista  delle  barche. 

Risiede  in  Carloforte  un  comandante  e  un  ajutante  maggiore 
di  piazza,  un  capitano  del  porto,  un -deputato  di  sanità,  un 
comandante  della  guarnigione,  ecc.  Un  capitano  di  giustìzia  è 
postovi  a  far  ragione.  Alia  primaria  istruzione  attende  un  sa- 
cerdote dello  stesso  luogo,  e  la  scuola  suol  esser  frequentata 
da  5o  a  60  fanciulli,  molti  dei  quali  passano  poi  allo  studio 
della  grammatica  latina. 

Questo  popolo  è  sotto  la  giurisdizione  spirituale  del  vescovo 
Sulcitano.  La  chiesa  parrocchiale  appellasi  da  s.  Carlo  Borro- 
meo, ed  é  governata  da  un  vicario  con  l'assistenza  d'un  altro 
prete.  Sono  tre  chiese  figliali,  una  dentro  il  popolato,  l'altre 
fuori.  La  prima  é  un  bell'oratorio  dedicato  alla  N.  D.  nella 
sua  Concezione,  che  appartiene  alla  nobil  famiglia  Segni.  Il 
simulacro,  che  vi  si  adora,  dicesi  ritrovato  miracolosamente 
nelle  terre  di  Tunisi  da  uno  schiavo  carolino ,  da  lui  conse- 
gnato a  un  prete  della  detta  famiglia  parimente  schiavo ,  e  dà 
questi  reduce  in  patria  onorato  di  un  beli'  altare.  L' altra  de- 
dicata all'apostolo  s.  Pietro  nel  padronaggio  della  nobil  fami- 
glia Porcile.  Dista  dalla  popolazione  un  quarto  di  miglio.  La 
terza  sotto  l' invocazione  dell'  apostolo  s.  Giacomo  Maggiore , 
in  cui  ha  dritto  la  casa  Mongiardino,  e  lontana  di  un  miglio 
e  mezzo.  È  molto  conosciuta  la  religiosità  dei  carolini. 
**11  territorio  dell'isola  si  calcola  di  circa  16  miglia  quadrate. 
Esso  é  un  ammasso  di  scoscese  rupi  ^  di  piocole  e  aspre  col** 
line  sparse  di»  macchie  j  onde  provvedesi  la  popolazione  pel 
fuoco,    e  di   akuni   pineti ,    dì  cui  si  provvedono  «gli  abitanti 


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«64  CÀRLOFORTE 

per  la  costrueione  dei  loro  piccoli  battelli.  U  sdo  aspetta  geo^ 
logico  dalla  parte  di  levante  dà  a  conoscere  essere  stata  questa 
terra  io  continuazione  di  quella  di  s.  Antioco.  Nella  qua!  co*" 
sta  vedonsi  delle  sostanze  vulcaniche  che  ne  paiono  esser  procedute 
eia  grandi  masse  di  porfido  silicioso,  che  tagliate  verticalmente , 
presentano  informi  e  grossolane  colonne.  La  base  é  coperta 
dalle  acque  del  mare  ;  le  facce  de' prismi,  le  cui  teste  sono  sulla 
massa  argillosa ,  sono  distillate  da  una  bella  tinta  rosa  ramificata 
sovente  per  dendriti.  Dlcesi  vi  si  trovi  in  abbondanza  il  manganese, 
in  Cala-vinagra  un  filone  di  ferro  secondo  le  apparenze  assai 
considerabile;  nella  regione  denominata  il  Becco,  il  diaspro  san- 
guigno; e  in  varie  ^parti  delle  ottime  terre  per  majc^iche  se- 
condo sperimenti  di  persone  perite. 

Comeché  la  natura  di  questo  terreno  sia  tale,  che  poco  vi 
possa  valere  l'agricoltura,  non  pertanto  i  carolini  per  l'inde- 
fesso studio  ottengon  alcun  profitto.  Si  coltivano  molte  specie 
di  erbe  e  frutta  ortensi  e  i  pomi  di  terra  ;  si  seminano  lentìc- 
chie, piselli ,  ceci ,  fagiuoli,  ma  in  poca  quantità,  e  tutto  con- 
sumasi ancor  tenero.  Di  grano  accade  spesso  raccoglier  meno , 
che  erasi  dato  ;  e  quando  il  cielo  prosperi  i  seminati ,  non  si 
pi  ocaccia  più  che  al  bisogno  di  tre  soli  mesi  :  l' ono  si  dji  in 
erba  a' buoi.  Le  viti  vegetano  benissimo,  le  uve  sono  delle  va- 
rietà comuni  della  isola  madre  ;  il  prodotto  n'  é  copioso  ,  ma 
tenue  il  vantaggio  ,  che  posson  trarne  i  coltivatori  in  tanta  viltà 
dei  prezzi.  Le  specie  de' fruttiferi  sono  in  grandissima  quantità 
fichi  e  mandorli ,  in  minore  gelsi ,  olivi ,  albicocchi ,  susini , 
peri,  pomi  e  alquanti  alberi  di  agrumi,  ciriegi  e  meligranì. 

Mancando  i  pascoli  non  si  possono  educare  che  alcune  cen* 
tinaja  di  pecore  e  i  buoi  necessari  per  l'agricoltura,  che  si 
comprano  dal  Sulcis ,  onde  pur  si  provvede  alla  beccheria. 

La  caccia  é  ristretta  ai  conigli.  Qua  ndo  il  Tagliafico  vi  con^ 
dusse  la  colonia,  erane  la  generazione  cosi  numerosa,  che  per 
instare  che  s' instesse  in  sul  farne  strage ,  non  si  notò  una  di- 
minuzion  di  numero.  Continuossi  la  guerra ,  e  .sebbene  ogm 
anno  se  ne  uccidano  ideile  miglia  jà,  tutta  volta  temo  non  sì  rie- 
sca ad  annientarli,  che  •  nel  fesso  delle  roccie  e  tra  le  pietre 
essi  hanno  dei  covili  sicuri.  Da  essi  è  un  gravissimo  danno, 
per&  che  rodendo  le  tenere  gemme  delle  viti  lolgon  li  frutti 
di  tre  anni.    Le  pernici  sono  in  gran  copiai   N-ella   primavera 


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CARLOFORTE  565 

V^^Qsi  di  passaggio  molte  specie  di  volatili;  però  non  vi  sog- 
giornano che  i  passeri  e  i  cardellini. 

Ac4fue.  Sono ,  come  si  è  accennato ,  molte  sorgenti  nell'  iso- 
la ,  ma  somminbtran  acque  poco  salubrL  EsKse  vanno  a  riunirsi 
in  alcuni  fiumicini,  tre  de' quali  vanno  nel  gran  mare*,  il  quarto 
jdel  bacino  del  Pescetto,  la  cui  ridondanza  scovre  in  altra  pa- 
lude ^  che  sgravasi  nel  mar  di  levante. 

Stagni.  Sono  in  questa  superficie  alcuni  stagni,  dei  quali  i 
più  noti  per  la  depravazione  dell'aria  sono  quelli  di  Calarvi-* 
nagra  e  del  Pescetto.  Il  primo  che  poco  dista  dal  seno  cosi 
detto  era  per  l' addietro  più  esteso;  ora  è  restretto  in  un  cra- 
tere di  star.  3,  avendo  i  coltivatori  in  parte  colmatolo.  L'  al- 
tro che  trovasi  alla  parte  meridionale  deli'  isola  un  po'  lungi 
dal  mare,  siccome,  nacque  dalle  alluvioni,  cosi  se  si  scavasse 
uno  sfogo,  potrebbe  asciugarsi  con  vantaggio  dell'agricoltura 
e  bonificamento  dell'aria.  Senza  questi  trovansi  all'ostro  del 
paese ,  lo  stagno  delle  regie  saline ,  che  opprime  un  tratto  ca- 
pace di  più  di  star.  loo;  lo  stagno  de' muggini,  cosi  denomi- 
nato dalla  specie  dei  pesci  che  vi  nuotano  nell'area^  di  star.  8^ 
con  iiauce  al  mare  per  levar  quanto  sia  necessario  a  nutrir  Le 
saline;  quello  della  Yivagaa  con  superficie  di  star.  20,  con 
l'altro  dei  Pescetti  sur  una  terra  di  star.  'jS^  nei  quali  ripo- 
sano acque  di  alluvione.  In  questi  usavano  già  molte  anitre* 

Saline.  La  loro  posizione  è  maravigliosa,  il  suolo  molto  adat- 
to, il  clima  felicissimo  per  le  rare  pioggie.  La  superficie  sali^ 
fera  divisa  in  4^  oaselloni  si  può  calcolare  di  ari  laoo  incir- 
ca, quanità  eguale  all'area  della  gran  salina  di  Cagliari  nella 
Palma. Kon  essendo  stata  mai  curata,  cresciuta  la  fanghiglia, 
e  mancando  ancora  le  macchine  idrauUblie ,  si  dee  soggiacene 
ad  un  fortissimo  dispendio.  La  solita  quantità  del  prodotto  è 
di  circa  io  mila  salme  metriche,  di  rado  essendo  accaduto  di 
accumularne  il  doppio.  Il  sale  è  assai  cristallizzato,  ma,  come 
generalmente  esser  sogliono  i  sali. della  Francia,  alquanto  de* 
liquescenti;  nel  qual  riguardo  sono  inferiori  ai  sali  cagliaritani 
del  recente  stabilimento,  e  lo  sono  pure  in  quest'altro,  che 
perdono  l'amarezza  più  tardi  di  quelli,  che  se  ne  spogliano 
af&tto  dopo  un  anno. 

Pesca^  Abbonda  il  mare  vicino  di  ottimi  pesci,  e  principal- 
mente di  tonni,  sardelle,    alici.    Indi  à  una  non  piccola  parte 


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566  CARLOFORTB 

del  nutrimenlio  di  quei  popolani  e  del  lucro,  cU  ne  portano 

talvolta  anche  in  Cagliari. 

Tonnare.  Cala-vinagra.  Questo  regtostabilimeDto  trovasi  nel 
littorale  di  ponente*  Dal  suo  affitto  solea  venire  in  altri  tempi 
all'erario  da  i5  in  20  mila  lire  nuove,  che  prendeva  li  3ooo 
o  4000  pesci  y  e  grandissimo  numero  di  alelunghe  se  soffiavano 
i  ponenti,  e  non  vi  si  volgea  il  filo  di  alcuna  corrente  a  im- 
pedir la  pesca.  Ora  sono  alcuni  anni  che  niente  ricevesi ,  che 
le  perdite  patite  da  altri  mettono  in  altri  timore  di  egual  sorte, 
e-  però  nessuno  imprende  a  calarla.  Quindi  va  tutto  distruggen* 
dosi. 

Isola-piana.  Era  questa  la  seconda  tonnara  del  regno,  ed 
il  marchese  di  Villamarina  ,  che  n'  è  il  proprietario,  ebbe  da 
questa  grand' incremento  nelle  sue  cose.  Vi  si  pescò  talvolta 
fino  a  3o,ooo  tonni ,  dei  quali  alcuni  pesavano  le  libbre  sarde 
1000,  altri  laoo;  e  si  ricavò  più  di  centomila  lire  nuove.  Tanta 
copia  venne  a  poco  a  poco  scemando,  cosi  che  in  questi  ul- 
timi anni  non  si  prese  più  d'un  migliajo  di  pesci,  di  che  vuoisi 
causa  la  frequenza  dei  levanti,  che  disserrano  ì  pesci.  Afa 
perché  sarà  pur  accaduta  variaùone  nel  tempo  della  pesca  ? 
Prima  faceasi  mattanza  verso  il  io  di  maggio,  ora  non  si  hanno 
pesci  nelle  camere  che  sulla  fine  del  mese ,  e  si  augura  bene 
quando  cominciano  a  raccoglier  visi  circa  il  ao,  o  aS. 

Littorale,  La  sua  linea  si  computa  di  18  e  più  miglia,  nella 
quale  a  tutte  le  altre  parti ,  fuorché  alla  orientale  j  non  si  tro- 
vano dei  seni  sicuri  a  stazione  di  navi,  che  il  gran  mare  vi 
volge  con  furia  le  onde  per  li  freqoenti  maestrali  e  ponenti. 
Tre  sono  li  notevoli  angoli  o  capi  di  quest'isola,  uno  a  pò* 
nente  con  un  grande  scoglio  alla  distanza  di  mezzo  miglio.  La 
tua  denominazione  é  di  Capo-Rosso,  e  trovasi  alla  lat.  89^, 
10^,  e  longitudine  occidentale  da  Cagliari  o^,  5S^*  L'altro  è 
contro  all'austro  e  dicesi  Capo  delle  colonne  da  quella  sorte 
di  prismi  soprappo&ti,  di  cui  si  fé' cenno,  la  cui  giacitura  è 
determinata  alla  latitudine  89^,  61; 'la  longitudine  occidentale 
a  o^,  5o^  Il  terzo  dicesi  la  Punta  incontro  al  settentrione  alla 
latitudine  89^,  la^,  e  longitudine  occidentale  o^,  49^.  Quasi  al 
suo  levante  in  distanza  di  mezzo  miglio  é  la  Isola-piana:  cosi 
detta  dalla  sua  superficie.  La  sua  figura  assomiglia  alla  circolare 
in  una  linea  di  due  miglia  scarse.  E  incolta,  cinta  di  rocciea 


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CARMAGNOLA  567 

tutte  parti,  salvo  il  lato,  dov'è  lo  stabiliinento  della  tonnara, 
e  presenta  le  stesse  condizioni  geologiche  della  costa  orientale 
di  S.Pietro.  Vicinissima  a  questa  è  Tisolelta  de' toppi. 

Golfo  e  porto  di  Carlo/arie,  Vienesi  in  questo  j^olfo  da  tra- 
montana e  da  mezzogiorno;  da  quella  parte  sono  due  passag- 
gi, uno  tra  la  Punta  di  s.  Pietro  e  T Isola-piana,  dove  è  per- 
messo passare  solo  a  legni  che  peschin  pochissimo;  altro  tra 
risola-pana  e  Porto-Scuso,  largo  circa  le  4  miglia  e  profondo, 
ma  dalle  maggiori  navi  evitato  per  alcune  secche ,  in  cui  si  po« 
trebbe  facilmente  inciampare:  da  questa  parte  è  il  canale  tra 
s»  Antioco  e  s.  Pietro  largo  due  miglia,  ma  ben  profondo.  Per 
tutto  all'intorno  di  detto  golfo  sono  buonissimi  porti  per  li  ba- 
stimenti mercantili,  e  sicure  stazioni  sotto  la  torre  deir Isola- 
piana,  e  in  tutta  la  costa  orientale  di  s.  Pietro. 

U  porto  di  Carloforte  formasi  da  un  piccol  promontorio,  che 
«porge  dalla  linea  di  levante  a  sirocco  della  popolazione  e  a 
distanza  di  mezzo  miglio.  Nella  stagione  della  pesca  dei  tonni 
vi  è  grande  influenza  di  forestieri,  come  pure  in  quella  dei 
coralli  €  delie  sardelle  e  alici.  Il  commercio  di  Carloforte  è 
ristretto  a  pochi  oggetti,  e  si  suol  fare  coi  genovesi. 

AniichitÀ,  Dicevasi  quest'isola  da' greci  Jlieraconnesos  ^  dai 
latini  insula  accipiiorum,  I  cartaginesi  ed  i  romani  vi  ebbero 
stanza ,  come  pare  lecito  argomentare  dalle  tombe ,  che  si  sco* 
prirono,  dalle  monete  puniche  e  romane,  che  vi  ri  ritrova- 
rono ,  da  altri  oggetti  di  quella  antichità ,  e  dalle  vestigie  di 
antichi  edilizi  presso  la  chiesa  di  s.  Pietro.  Nel  sito  detto  Bricca 
distante  circa  un  quarto  d'ora,  dicesi  siano  visibili  le  rovine 
d'un  castello,  presso  al  quale  scoprivasi  un  pozzo  pieno  di 
palle  di  pietra. 

Uomini  illustri,  I  carolini  si  lodano  di  aver  prodotto  alla 
Sardegna  un  buon  capitano  di  mare  ed  un  bravo  letterato.  Il 
primo  ei  sarebbe  D.  Vittorio  Porcile ,  il  secondo  il  padre  Tom- 
maso Napoli  delle  scuole  pie.  Consulta  il  Caboni  nei  suoi  rir 
tratti  poetico-storici  di  alcuni  sardi  illustri  moderni. 

Il  ducato  dell'isola  di  s.  Pietro,  estinta  la  linea  dei  Geno- 
ves,  fu  riunito  al  regio  Demanio.  I  carolini  non  pagano  alcun 
dritto  diretto.  . 

CARMAGNOLA  (  Carmaniola,   Caramaniola  e   Carp^agno-^^*^^^^'^'' 
lia)y  città,  capo  di  mandamento  nella  prov.  dioc.  e  div.  di  To*  ^  '   ^' 


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568  CARMAGNOLA 

rino.  Dìpeiìde  dal  senato  di  Piem.,  ìatend.  geo.  prefett  ipot. 
di  Torino.  Ha  un  uffizio  d'  insinuazione,  un  magazzino  di  sali 
e  tabacchi ,  un  banco  del  lotto  ,  V  uffizio  della  distribuzione 
delle  lettere,  una  stazione  di  reali  carabinieri. 

Sta  in  fertile  pianura  sulla  strada  reale  che  tende  a  Nizza 
in  distanza  di  undici  miglia  da  Torino ,  e  di  due  dalla  destia 
sponda  del  Po,  che  vi  scorre  da  ponente  a  tramontana. 

U  torrente  Melletta  o  Mellea  entra  in  quet^to  territorio  ad 
ostro,  e  tenendosi  con  ampio  circuito  verso  ponente  ad  un 
miglio  dall'  abitato,  va  a  scaricarsi  nel  Po  dalla  parte  di  borea. 

Due  gore  artefatte  vi  entrano  pure  dallo  stesso  lato ,  passando 
sotto  al  letto  del  torrente  Ricciardo  col  mezzo  di  un  condotto 
che  appellasi  volgarmente  trombone.  Queste  si  avanzano  diret* 
tamente  verso  la  città ,  la  circondano  e  vanno  a  scaricarsi  in 
altro  canale  intermedio  ,  che  s'  appressa  maggiormente  alla 
città  stessa,  la  circonda  più  da  vicino ,  ed  inoltrandosi  in  dne 
rami  superiormente  va  a  ricever  le  acque  dalle  gore  predette. 
Questo  canale  sebben  ora  per  la  sua  strettezza  non  possa  essere 
navigabile ,  ritiene  tuttavia  il  nome  di  naviglio  :  le  due  goi*e 
o  bealere  prendono  il  nome  una  di  Moneta  o  del  borgo  vec- 
chio ,  V  altra  di  s.  Giovanni ,  perché  passano  in  questi  due 
borghi,  ove  danno  moto  ai  molini  ,  e  diramate  in  molti  ru- 
scelletti ,  servono  pure  ad  inaffiare  i  prati ^  cui  procacciano  una 
rigogliosa  vegetazione. 

Da  una  carta  di  donazione  fatta  dal  marchese  di  Saluzzo 
Manfredo  II  al  monastero  di  Casanova  del  aS  maggio  1198, 
risulta  che  dÉ  esistevano  edifizi  meccanici ,  ed  una  gora  e 
prati  nella  regione  Zuchea  juxta  vUlam  Carmagnoliee,  La  gora 
debb'  essere  quella  di  Moneta  che  prese  poi  col  borgo  questa 
denominazione  circa  la  metà  del  secolo  seguente.  Si  trattò  di 
aprirne  un'  altra  l'anno  i435,  di  derivarne  una  dal  torrente 
Melletta  nel  i5oo,  di  terminare  quella  di  s.  Giovanni  nel  i567, 
e  di  fare  un  naviglio  1'  anno  i5o5.  Addi  9  dì  marzo  di  que- 
st'  anno ,  per  trattare  col  marchese  di  Saluzzo  delle  spese 
e  delle  condizioni ,  con  ^  cui  s' intendeva  di  concorrere  alla 
formazione  di  esso ,  adunavansi  i  quaranta  consiglieri,  metano* 
bili  e  metà  popolani ,  rappresentanti  il  comune  ;  s*  aggiunge- 
vano ad  essi  quarantacinque  capi  di  casa  ;  venivano  eletti  quat- 
tro consiglieri ,  unitamente  al  giureconsulto  Agostino  Menocfai<» 


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CARMAGNOLA  569 

e  ad  Ambrogio  Tesio  ;  e  tuoIsì  credere  che  fosse  allora 
aperto,  poiché  trattossi  di  ripararlo  nel  iS/^S^  e  di  dilatarlo 
nel  i55o. 

U  re  dì  Francia  1'  anno  164 1  ordinava  la  costruzione  di 
un  naviglio  che  doveva ,  come  quello  esistente,  incominciare  dai 
fossi  della  città,  e  sboccare  nel  Po  vicino  a  Fortepasso  per 
poter  lare  ascendere  le  navi  dal  Po  a  Carmagnola. 

È  da  pensare  che  per  difficoltà  insuperabili  non  si  mandasse 
ad  esegu'unento  quel!'  opera. 

Col  mezzo  di  ficche  s' innalzano  pure  e  si  fanno  scorrere 
per  le  vicine  praterìe  le  acque  del  Melletta ,  e  nulla  si  trala- 
scia per  applicare  utilmente  all'  agricoltura  le  acque  correnti , 
semprechè  giungono  al  territorio  di  Carmagnola ,  e  non  sono 
trattenute  ,  od  abusivamente  divertite  ne'  territori  superiori , 
con  ^rave  danno  di.  questa  città,  la  quale  in  varie  epoche  ha 
sostenute  liti  e  tentate  pratiche,  sperando  che  in  virtù  di  un 
generale  provvedimento  più  non  abbia  a  soffrire  una  cosi  dan- 
nevole  privazione. 

Ciò  nuUadimeno  su  questo  territono  con  grande  fatica  si 
abbassano  campi  alla  profondità  di  alcuni  metri ,  se  ne  trasporta 
altrove  la  terra  per  porli  a  livello ,  e  ridurli  a  prati  e  farli 
surmontare  dall'  acqua  e  poterli  allagare.  Crescono  le  opere  e 
gli  ingegni  necessari  ad  arrestare  ed  innalzare  le  acque  stesse, 
si  rinnovano  opere  vecchie  sostituendo  per  maggiore  solidità 
pietre  delle  cave  di  Barge  e  del  Malanaggio  ;  e  con  una  o  più 
lastre  di  tali  pietre  si  formano  pure  i  ponticelli  a  traverso  di 
tanti  fossi  che  servono  all'  irrigazione. 

La  terra  che  debbesi  trasportare  per  i  suddetti  spianamenti 
si  vende  talora  poco  meno  del  fondo  stesso.  I  prati  si  affittano 
comunemente  cento  lire  ogni  jugero  ;  si  vendono  due  e  più 
mila  lire ,  benché  1'  annua  imposizione  prediale  nel  perimetro 
più  vicino  alla  città,  or  sia  da  lire  16  a  17.  In  questi  prati  si 
tagliano  i  fieni  tre  volte  all'  anno ,  coli'  intervallo  di  quaranta 
giorni,  principiando  alla  fine  di  maggio^  dopo  la  festa  di  s. 
Bernardino;  si  riserva  il  quarto  comunemente  alle  pasture  per 
la  difficoltà  che  suole  incontrarsi  nel  farli  seccare  ,  e  nel  riti- 
rarli asciutti  d'autunno.  Sono  essi  molto  nutritivi  e  confacenti 
ai  buoi  ed  ai  cavalli.  Le  greggie  scendono  dalle  montagne  e 
vengono  qui  a  pascolare  soltanto    d' inverno  :    in    altri    tempi 


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570  CARMAGNOLA 

SODO  vietate  dagli  antichi  e  dai  recenti  statoti:  soendoao  perà 
da  alcuni  anni  sempre  in  minor  numero  non  ritrovando  i  pro- 
prietari de'  prati  in  questo  ie  loro  convenienze ,  ed  avendo  mag« 
gior  profitto  nella  cara  del  proprio  armento. 

Si  ricovera  1'  aitnento  nelle  cascine  di  notte  in  ogni  stagione 
e  vi  soggiorna  pure  d' inverno.  Si  recidono  le  corna  ai  vitelli 
ed  ai  giovenchi ,  e  questi  si  addestrano  alle  prime  fatiche  at- 
taccandoli al  tri  volo  suli'  aja.  Ma  nella  struttura  delle  cascine, 
nella  qualità  del  bestiame,  e  nella  stessa  agricoltura  sono  in 
diverse  parti  di  questo  territorio  diverse  le  usanze. 

La  parte  che  dalla  città  tende  a  ponente ,  come  accennammo, 
è  in  gran  parte  irrigata  da  acque  correnti  ;  quella  che  volge 
a  levante  è  bagnata  soltanto  dalle  acque  piovane.  Aridi  ed  in 
parte  sabbiosi  sono  i  terreni  che  compongono  V  abbazia  di  Ca- 
sanova ,  la  quale  si  protende  da  questo  lato  ed  abbraccia  6,34^ 
jugeri.  U  resto  del  territorio  comprende  jugeri  18,632 ,  e  viene 
diviso  in  cento  venticinque  regioni  che  vennero  pure  chiamate 
isole,  perchè  circondate  nella  massima  parte  da  strade,  e  in 
parte  da  canali  o  da  rivi. 

S'  intende  qui  il  jugero  di  cento  tavole.  Il  j^gero  antico  di 
Carmagnola  equivale  a  cento  dieci  delle  presenti,  giacché  una 
tavola  di  terreno  secondo  le  misure  di  Carmagnola  prima  del- 
r  editto  5  giugno  161 2,  che  stabili  i  pe^i  e  le  misure  presentì, 
equivale  a  piedi  i3,  oncie  3,  punti  a;  era  il  trabucco  più. 
lungo  del  presente   oncie  3,  punti  5  ,  atomi  6. 

Ordinava  la  città  di  Carmagnola  un  registro  de'  beni  del  suo 
territorio  nel  1434^  pensava  di  farli  squadrare  nel  x438.  Un 
registro  più  esatto  de*  precedenti  si  fece  nel  1461 ,  e  dìvem 
altri  in  seguito ,  sin  che  nel  1 7 1 3  ordinava  la  misura  ge- 
nerale ed  il  catastro,  che  fu  compiuto  nel  1735  con  tutte 
le  mappe  e  coi  tipi  regolari  delle  isole  suddette,  che  or  sono 
in  uso. 

I  proprietari  di  questo  territorio,  quando  si  fece  quest'  ul- 
timo registro  e  cadastro ,  erano  in  numero  di  i  ,686  ,  se  ne 
contano  nell'  anno  corrente  2,337  9  crescendo  il  novero  dei 
possidenti ,  crebbe  eziandio  moltissimo  la  suddivisione  de'  beni, 
cosa  utile  all'  incremento  dell'agricoltura,  all'  aumento,  ed  alla 
maggiore  prosperità  della  popolazione. 

Mei  lato   di  ponente  ove   abbondano  i  prati ,    mantìensi  di 


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CARMAGNOLA  571 

pre£erenza  il  grosso  bestiame,  cioè  buoi  macchinosi  e  vacche, 
neir  altro  si  mantengono  vitejli  e  giovenchi  da  pastura.  In 
questo  si  supplisce  al  difetto  di  acque  correnti ,  coli'  adu- 
nare e  conservare  le  acque  piovane  in  fossi  e  peschiere,  che 
oltre  al  fornire  saporitissime  tinche  ,  lucci,  carpi  ed  anguille 
servono  ad  abbeverare  il  be^ti^me ,  ed  anche  ad  ioaffiare  i 
prati ,  e  promuovere  la  raccolto  de'  secondi  e  terzi  fieni  dove 
si  puonno  adunai-e  le  acque  piovane  ih  maggiore  abbondanza» 
Quivi  ogni  cascina  ha  uno  o  più  di  questi  ricettacoli  d'  acqua 
4eir  estensione  di  più  tavole  ed  anche  di  qualche  giornata. 

Nel  luogo  dell'  abbazia  di  Casanova  si  potrebbero  accrescere 
le  praterie  col  benefizio  di  una  grande  peschiera ,  e  sarebbe 
fors' anche  opportuno  di  tendervi  una  mandra  di  cavalli. 

Nel  lato  di  ponente  lungo  il  Po  si  veggono  fresche  praterie 
e  campi  coltivati  a  canapa  che  cresce  a  molta  elevazione-,  gli 
orli  delle  strade  e  de'  fossi ,  4  confini  de'  campi ,  le  acque  del 
Po  e  della  MeUetta  sono  ombreggiate  da  pioppi,  da  ontani  e 
da  salici.  Meno  frequenti  son  queste  piante  nel  lato  opposto , 
ove  allignano  meglio  i  gelsi  e  le  viti ,  e  si  raccoglie  maggior 
quantità  di  cereali  e  marzuoli.  Veggonsi  molti  alteni  in  vicinanza 
de'  borghi  :  si  riparano  le  viti  dal  rigore  dell'  inverno^  col  sot- 
jterraile. 

Stanno  le  cascine  qua  e  là  talora  isolate,  talora  aggruppate 
insieme  in  maggiore  od  in  minor  numero.  Sorgono,  a  due  terzi 
di  miglio  circa  dalla  città ,  quattro  borghi  che  formano  con  le 
loro  dipendenze  altrettante  parrocchie:  il  borgo  di  Salsasio  a 
borea ,  quello  dei  ss.  Michele  e  Grato  a  maestro  ,  quello  di 
s.  Bernardo  a  ponente,  quello  di  s.  Giovanni  ad  ostro.  Il  primo 
comprende  il  vicino  borghetto  ed  i  grossi  cascinaggi  di  boi*go 
ossia  una  parte  di  Borgaro  Cornalesio ,  e  Fortepasso ,  i  casci- 
naggi di  madama  Molinasso,  Pochettino,  Chicco,  s.  Marco, 
fra  Luigi  Morello ,  e  parroccbiani  3,079.  Il  secondo  i  cascinaggi 
de' Tosi  e  Cocchi,  e  parrocchiani  1,387.  Il  terzo  comprende  i 
cascinaggi  del  Corno  ,  delia  Motta  ,  di  Bornaresio  ,  bassi  dei 
Sola,  ed  il  borgo  di  cappuccini,  ^  parrocchiani ^,94B*  Il  quarto 
finalmente  i  cascinaggi  degli  Osella,  dei  Fumeri,  dei  Cavalieri, 
dei  Lunghi  e  dei  Chiaberti,  e  parrocchiani  1,868.  Evvi  a  due 
miglia,  a  levante  della  città,  la  parrocchia  dell'Abbazia  di 
Casanova,  che  oltre  le  cascine  dell'  Abbazia  stessa ,  comprende 


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57^  CARMAGNOLA 

i  casànaggì  dei  Tmùnetti ,  dei  Cocchi,  Tetti  dei  Grandi  ,  e  di 
Vallongo ,  e  parrocchiani  1537.  ^^^^'^  accennare  le  molte  ca- 
scine isolate  ed  abitate  soltanto  da  una  o  due  fàuù^ììe  ,  com- 
prese fra  i  parrocchiani  suddetti. 

Crebbero  questi  boighi  a  tale  distanza  dalla  dttà,  dacché 
ne'  secoli  xti  e  xvu  furonvi  demoliti,  per  causa  delle  fortifica- 
lioni,  quegli  attigui  alla  città.  Questo  smembramento  utile  al- 
l' agricoltura  rende  meno  popolosa  la  città  che  travasi  nel  oeo- 
tro,cWl>orgo  vecchio  ossia  di  Moneta,  compreso  nella  parroc- 
chia della  città  novera  parrocchiani  3,176,  ed  ha  un  ghetto 
di  157  ebrei. 

Trattandosi  di  un  territorio  riguardevole  per  V  agricoltura 
non  •  sarà  inopportuno  il  notare  i  pregi  delle  abitazioni  cam- 
pestrì. 

Le  caseine  sono  composte  di  stalla ,  fenile ,  casa  rustica ,  e 
sovente  anche  di  abitazione  civile  ,  hanno  pozEO ,  tettoja  ,  i 
siti  pel  pollame,  pei  majali,  una  spaziosa  aja  ec.  Hanno  pure 
quasi  tutte  un  forno,  l'orto,  Talteno  ,  prati  in  proporzione 
dei  terreni  coltivati ,  che  secondo  le  regole  debbon  essere  la 
quarta  parte. 

Le  stalle  sono  ordinariamente  rivolte  ad  ostro ,  eoa  pìccole 
aperture  nel  lato  opposto  per  introdurvi  il  fresco  d'estate: 
sono  alte  circa  tre  metri,  larghe  almeno  sei,  dove  si  vo^ioao 
disporre  due  file  di  bestie  ,  tanto  più  dove  si  tiene  grosso  be- 
stiame. Le  vecchie  stalle  sono  nella  maggior  parte  coperte  da 
voltini  di  quarto  su  travi  posti  fra  loro  in  minor  distanza 
di  un  metro  :  ora  si  vanno  ricostruendo  pressoché  tutte  a  volta 
a  vela  per  maggior  solidità ,  e  per  il  cresciuto  valore  de'  travi. 
Per  i  vitelli  e  le  vacche  suol  farsi  una  retrostalla  separata  e 
più  ristretta.  Sopra  la  stalla  vi  è  il  fenile  che  serve  a  conser- 
varla calda  d'  inverno  ed  a  provvederla ,  per  mezzo  di  un 
pertugio ,  con  facilità  ed  economia  dei  necessari  foraggi.  Le 
stalle  sono  là  parte  più  importante  d'  una  cascina,  e  servono 
a  ricoverare  il  bestiame,  a  riparare  i  contadini  dai  rigori  del 
verno.  Soglion  questi  adunarvisi  specialmente  nelle  lunghe  se- 
rate: gli  uomini  vi  s'  occupano  facendo  rustici  attrezzi;  le  donne 
filano,  ed  hanno  cura  della  propria  prole. 

La  casa  rustica  ha  facile  comunicazione  alla  stalla  ed  al  pozzo. 
Le  tettojc  si  fauno  ordinariamente  rivolte   a   borea   od  a  le- 


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CARMAGNOLA  SyS 

Tante,  colle  gronda je  all'  elevazione  di  circa  quattro  metri ^ 
larghe  almeno'  metri  sei ,  e  servono  a  ricoverare  gli  attrezzi 
campestri  y  il  grano  prima  che  sia  trebbiato ,  ed  anche  il  fieno 
ed  il  canape  :  dove  se  ne  fa  abbondante  ricolta  ,  si  veggono 
in  maggior  estensione  le  tettoje. 

Con  queste  avvertenze  che  risguardano  1'  uso  e  la  destina* 
ùone  delle  suddette  parti  d'  una  cascina ,  si  principiano  queste 
ad  edificare  e  si  accrescono  poi ,  e  sovente  si  cìogono  e  ser- 
rano d'  ogni  intorno,  adattando  le  altre  parti  come  meno  im- 
portanti alle  circostanze.  La  solidità  vien  limitata  dall'  econo- 
mia ,  r  eleganza  tien  sempre  del  rustico ,  ed  è  la  parte  più 
negletta. 

Quindi  i  borghi  che  racchiudono  molte  cascine  insieme  non 
presentano  sempre  lungo  le  strade  le  loro  abitazioni  civili , 
ma  quel  lato  dell'  edifizio  che  permettano  le  avvertenze  sud- 
dette :  e  nella  strada  principale  che  traversa  il  borgo  di  s.  Ber- 
nardo nella  direzione  ds|  levante  a  ponente  si  presentan  le  c^se 
nella  loro  estensione  di  fianco  :  in  quella  che  traversa  il  borgo 
di  Salsasio  in  direzione  opposta,  si  presentano  le  case  di  testa 
o  di  punta,  con  muri  di  recinto  fra  mezzo. 

Le  sorgenti  d'  acqua  sono  copiose  e  perenni  in  tutto  il  ter- 
ritorio ove  a  maggiore  ,  ove  a  minore  profondità  :  basta  ca- 
vare un  pozzo  per  trovarle.  Verso  V  abbazia  di  Casanova  ve  ne 
sono  alcuni  profondi  ventiquattro  e  più  metri;  nel  lato  oppo- 
sto ,  e  specialmente  nella  città  sono  le  sorgenti  copiose  anche 
a  due  o  tre  metri.  Se  non  sono  queste  per  tutto  ugualmente 
salubri  e  fresche ,  lo  sono  nella  maggior  parte,  e  soltanto  presso 
ai  confini  a  libeccio  si  palesano  talvolta  negli  abitanti  le  gole 
grosse  che  si  sviluppano  in  gozzi  nel  prossimo  territorio ,  e  cì& 
viene  attribuito  all'  acqua  potabile. 

L'  aria  benché  per  le  vicine  correnti  d' acqua  e  per  le  pra- 
terie sia  umida,  ciò  non  pertanto  è  salubre.  Non  sono  infre- 
quenti gli  ottuagenari  d'  ambi  i  sessi  in  buona  salute.  Dicesi 
che  a  Carmagnola  é  men  male  rompersi  la  testa  che  le  gambe, 
perchè  quella  guarisce  con  facihtà,  queste  difficilmente.  Salu- 
bre è  '1  vitto:  r  aspetto  della  popolazione  generalmente  florido, 
robusto  e  tranquillo:  riguardevole  è  la  nettezza  nel  vestire 
anche  de'  contadini. 
Sono  succinti  gli  abiti  de'  villici ,  e  rìtengon  deUa  foggia  mi- 


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574  CARMAGrCOLA 

litare  più  accetta  a  quelli   che  ritoraano   dal  militare  servìzio 

alla  vita  agreste. 

Le  donne  di  campagna  vanno  lentamente  seguendo  alcuni 
ghiribizzi  delle  mode  cittadinesche  :  le  più  agiate  si  distinguono 
per  vari  giri  intorno  al  collo  di  grosse  perle  di  foglia  d'  oro 
diiamate  doriui ,  per  crocette  dello  stesso  metallo  o  d'  argento, 
per  cui  lavorano  due  orefici  in  Carmagnola.  Le  borgarine  si 
distìnguono  anche  per  vesti  di  seta  ,  per  merletti ,  per  fiori  e 
nastri  sulle  cuffie  specialmente  nei  di  di  festa.  Accorrono  uomini 
e  donne  alla  città  ne'  di  festivi  e  ne*  giorni  di  mercato  -,  usando 
in  questi  giorni  specialmente  molta  attenzione  per  entrare  re- 
stiti e  calzati  con  nettezza  ;  le  donne  di  campagna  col  capo  ri* 
coperto  da  candido  fazzoletto. 

Per  r  abbondante  raccolta  di  canapa  che  si  fa  su  questo 
territorio  y  specialmente  presso  il  Po  ed  il  torrente  Mei  letta  , 
puonno  i  contadini  con  maggior  facilita  provvedersi  economi- 
camente di  tela  canapina  e  di  biancheria. 

Si.  pone  in  macerazione  la  canapa  nel    Po  ,  nel  IVIelletta ,  e 
con  più  sicurezza  dal)e  improvvise  escrescetm^    in   fosse  a  tal 
uopo  destinate  ,  di  cui  ve  ne  sono  molte,- in  i specie  presso  quel 
torrente.  Le  febbri  non  sono  infrequenti  quando    si  fa  questa 
ricolta. 

Abbazia  dì  Casanoi^a*  L'  abbazia  di  Casanova  si  dilata  a 
vista  d'  occhio  in  poggi  e  lande  apriche  ,  e  si  distìngue  facil- 
mente dai  resto  del  territorio  di  Carmagnola  più  ombreggiato 
e  diviso  da  alberi ,  alteni  e  siepi. 

Alla  distanza  di  un  miglio  circa  presso  a'  suoi  confini  d'ogni 
intorno  si  presentano  il  campanile,  la  chiesa  col  recente  mona- 
stero ,  ed  i  cascìnaggi  di  s.  Maria  di  Casanova.  Pochi  gelsi  si 
frappongono  allo  sguardo  da'  suoi  confini  verso  la  città  ;  dal- 
l'altro i  boschi  di  rovere  che  furono  in  gran  parte  abbattuti 
nelle  ultime  guerre  e  quindi  con  poca  avvedutezza  sradicati  *y 
si  vanno  ora  in  gran  parte  ripristinando. 

Si  fanno  adesso  considerabili  piantagioni  di  gelsi  che  vi  alli^ 
guano  benissimo ,  e  sono  per  la  buona  qualità  della  foglia 
molto  pregiati.  I  monaci  ebber  cura  di  queste  piante  mentre 
possedevano  questo  vasto  tenimento ,  e  ne  piantarono  due  belle 
file  lungo  r  ampia  strada  da  loro  aperta  in  linea  retta  1'  anno 
17689  dal  monastero  alle  cascine  loro  del  Molinasso  poste  sulla 


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CARMAGNOLA  S^5 

vecchia  strada  che  per  Fortepasso  conduceva  da  Carmagnola  a 
Torino:  questa  é  lunga  circa  due  miglia  e  mezzo.  Di  grossi 
gelsi  si  vede  pur  fiancheggiata  V  altra  strada  che  dal  mona- 
stero inette  alla  grossa  cascina  della  Grangia.  Il  prodotto  che 
se  ne  ricava ,  deve  incoraggiare  a  piantarne  ed  allevarne  degli 
altri. 

L'  abbazia  de'  monaci  cirsterciensi  sotto  il  titolo  di  s.  Maria 
di  Casanova  fu  fondata  dai  fratelli  Ugone  e  Manfredo  I,  mar- 
chesi di  Saluzzo,  l'anno  1 137.  Questi  stessi  le  donarono  ai  21 
maggio  II 41  una  gran  parte  de'  beni  circonvicini  circoscritti  in 
parte  dai  torrentelli  Veneéna  e  Stellone  che  scorrono  da  sci- 
rocco a  maestro  ,  e  sono  quindi  da  loro  insieiu^  riuniti ,  intera 
secati. 

La  strada  che  da  Carmagnola  tendeva  al  castello  Tegerone, 
ora  cascina  sui  confini  di  Poirìno  ,  serviva  loro  di  confine  a 
borea;  nel  lato  opposto  il  territorio  di  Ceresole;  verso  ponente 
il  resto  del  territorio  di  Carmagnola  compreso  da  quel  lato 
colla  regione  e  denominazione  di  bosco  giurato. 

.  I  suldetti  monaci  derivati  dkl  monastero  di  Staffarda  aveano 
già  sul  territorio  di  Carmagnola  il  monastero  «  s.  Maria  e 
s.  Crocd  in  loco  civitaculce^  dilcui  in  seguito  non  Isi  trova  più 
fatta  moìzione  ,  e  par  che  fosse  demolito  come  vecchio  e  ca- 
dente. 

Gli  stessi  marchesi  Ugone  e  Manfredo  I,  addi  12  agosto  del 
114^9  approvavano  tutti  gli  acquisti  che  avrebbe  fatto  il  mo<>> 
nastero  di  Casanova. 

Nel  marzo  11 65  il  marchese  Manfredo  di  Saluzzo  donava 
allo  stesso  monastero  col  consenso  del  marchese  di  Romagnano 
tutto  ciò  che  era  di  sua  spettanza  nel  cimitero  ,  e  finaggio  di 
detta  chiesa* 

Nel  1172  5  novembre  ,  Enrico  della  Torre  donava  al  mo- 
nastero un  molino  e  diversi  beni. 

Nel  iiSJi'  35  agosto  ,  il  marchese  Manfredo  II  donava  al  mo- 
nastero suddetto  ogni  sua  proprietà  sui  poderi  di  Servirola  , 
Gastaldacio  e  Centenaria  :  di  cui  la  prima  ritiene  oggidì  lo  stesso 
nome.  Nel  1198  25  maggio  lo  stesso  li  cedeva  ogni  sua  ra- 
gione sui  molini  e  battitori  dello  stesso  monastero ,  forse  quelli 
detti  ora  del  Molinasso^  ed  un  prato  nella  regione  Zuchea. 
Riceveva  il  monastero  in  dono  ai  sa  aprile    1201  ventisette 


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576  CARMAGNOLA 

jugeri  dì  terreno  da  Manfredo  II ,  e  daUa  sua  consorte  Alasia 

nella  regione  Altafoftsa  or  detta  de'  Grandi. 

Con  queste  e  eoa  altre  successive  donazioni,  esenzioni,  e  prìrì* 
legi  concessi  dai  marchesi  di  Saluzzo,  con  le  liberalità  pure  di 
vari  cittadini  di  Carmagnola ,  il  monastero  di  s.  Maria  di  Ca-» 
sanova  accrebbe  i  suoi  fondi  e  le  sue  rendite,  e  divenne  sem* 
pre  più  riguardevole. 

Nel  secolo  xv  fu  ridotta  quest'abbazia  in  oonamenda  perp^ 
tua ,  e  formava  una  delle  più  cospicue  prebende  prelatizie  del 
Piemonte,  fatta  però  separazione  di  una  parte  delle  posses- 
sioni in  favore  dei  monaci  e  di  un  abbate  titolare  dello  stesso 
ordine. 

Questi  riedificarono  dopo  la  metà  del  secolo  scorso  il  con- 
vento suddetto  ,  come  ora  si  vede ,  assai  spazioso ,  elegante  e 
solido,  e  vi  aprirono  un  noviziato  e  lo  studio.  Dopo  la  loro 
soppressione  passarono  i  beni  di  quest'  abbazia  al  R.  Econo- 
mato, il  quale  vi  mantiene  un  subeconomo,  un  medico,  ed 
un  paroco. 

I  beni  di  quest'  abbazia  col  vicino  tenimento  di  Temavasso 
formano  un  distretto  delle  R.  Caccie.  Il  tenimento  di  Ternfi- 
vasso  fu  posseduto  per  vari  secoli  dalla  famiglia  dei  Temavasio 
nobili  di  Carmagnola,  prima  che  passasse  agli  Isnardi  di  Val-* 
fenera,  e  nel  i383  a  Guglione  Rotari  ,  poscia  ai  Blanchardi 
signori  della  Turbia. 

.  .    In  questi  ultimi  anni  fu   separato  dal  territorio    di  Carma- 
gnola ,  ed  aggregato  a  quello  di  Poirino. 

Tra  Ternavasso  e  la  cascina  già  castello  Tegerone  sì  trovano 
le  cascine  dei  Cereali  limitrofe^al  territorio  di  Casanova;  luogo 
ziominato  nelle  antiche  scritture  pef~ùn  antico  tempio  di  Ce-' 
rere  ,  di  cui  però  non  si  ravvisa  alcun  vestigio. 

Sul  territorio  di  Carmagnola  presso  i  confini  dell'  abbazia 
di  Casanova  si  trovano  la  regione  e  la  cascina  Belvedere ,  che  nel 
secolo  XV  era  castello  e  feudo  dei  marchesi  di  Sai  uzzo.  Negli 
archivi  della  città  vi  si  conserva  una  lettera  del  marchese  Lu*^ 
dovico  diretta  ad  Aua«te  Tuerdi,  con  cui  lo  nomina  castellano 
del  castello  de  pulckro  videre. 

In  quella  regione  si  veggono  oggidì  due  cascine  col  residuo  di  un 
torrione ,  e  di  abitazione  civile  :  sta  scritto  sulla  porta  principale 

SIT   .    PAX   .   IHTRANTl   •  BBUSDICTIO    •   QVOQVE    •  MOa^HTi 


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•CARMAGNOLA  577 

la  quei  contornì  che  portavano  pure  la  denominazione  aUe 
torri,  nel  princìpio  dello  scorso  secolo  si  sono  trovati  alcuni 
vestigi  di  antichità  y  lumi  e  rottami  di  embrici  coli'  iscrizione 
Sabni  j  e  parecchie  medaglie  d'  oro  coli'  effigie  dell'  impera*^ 
tore  Teodosio  il  grande  e  del  figlio  Arcadio. 

Alcune  urne  cinerarie  finienti  in  punta  e  da  infiggersi  io 
terra  ,  si  sono  rinvenute  a  qualche  distanza  di  là  presso  la  ca« 
scina  Savarino  coli'  iscrizione  LeuciL  Contenevano  esse  varii 
utensili  di  metallo.  Yi  si  trovarono  pure  colla  stessa  iscrizione 
Leucii  alcuni  vasetti  di  cristallo. 

Nel  i8og  si  rinvenne,  presso  la  grossa  cascina  dell'Abbazia 
denominata  la  Stella,  una  cassettina  con  medaglie,  e  varii  og- 
getti d'oro. 

Alcuni  rottami  di  embrici  con  bei  caratteri  romani  si  sono 
discoperti  presso  la  cascina  Cascauda,  nella  regione  Podio  dà 
s.  Martino,  òhe  il  proprietario  conserva  unitamente  a  diverse 
altre  anticaglie  trovate  su  questo  territorio,  specialmente  ne' 
suddetti  contorni  di  Belvedere. 

Il  dottissimo  carmagnolese  Angelo  Carena  nella  sua  Descrizione 
Mss.  di  Carmagnola ,  dice  ch'esser  doveva  ne' suddetti  contorni, 
ove  pur  si  rinvengono  fondamenta  di  antichi  edifizi ,  il  soprac- 
cennato monastero  .di  s.  Maria  e  s.  Croce  in  loco  civitacuLe  , 
e  congettura  per  questa  denominazione  che  anticamente  fosse 
una  città,  poiché  i  nomi  di  Civitacula,  com'egli  osserva,  Ci- 
vitella,  Citella,  indicano  sempre  il  luogo  di  un'antica  città: 
egli  è  pHpbabile ,  che  il  suddetto  luogo  ^ia  dove  dice  il  Care-* 
na,  anzi  Vhe  ai  Cereali,  come  opina  Jacìupo  Duranoi;  ma  po- 
trebbe esiere  altresì  che  fosse  in  vicinanza  e  ad  Astro  della 
presente  città  nella  regione"  Zuchea ,  dove  kprati  e4  una  strada 

' Senzx^  ^fermarci  m    Vane    congetture,    si    dee    por    mente , 

che  in  quest'ultima  regione  sorgea  il  borgo  e  la  parrocchia  di 
s.  Giovanni,  che  fu  in  parte  demolito  nel  i584  per  la  costrut- 
tura  del  bastione,  che  prese  lo  stesso  nome,  ed  in  parte  nel 
secolo  seguente;  onde  fu  edificato  il  nuovo  borgo  di  s.  Gio- 
vanni più  distante. 

L'anno  io44  i^  marchese  Enrico  e  la  contessa  Adelaide  do- 
navano al  monastero  di  s.  Maria  di  Cavorre  una  cappella  de- 
dicata a  s.  Giovanni  posta  su  questo  territorio  nollft  ir  rnprfn»»- 
Dizìon,  geogr.  ecc.  Yol.  III.  87 


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578  CARMAGNOLA 

-àsk  duf  pirti  ilniìn  fin  Drrini  Wnn  si  può  dire  con  fondamento, 
dbe  abbia  da  quella  cappella  avuto  il  nome  il  suddetto  borgo 
e  che  fosse  edificato  prima  del  secolo  ziii,  come  si  può  dir« 
che  fermava  una  delle  tre  parrocchie  di  Carmagnola  prima  del- 
l'anno  14749  ^^^  spettava  alla  prevostura  della  collegiata  dì 
s.  Maria  di  Chieii,  e  che  le  abitazioni  della  presente  città  fa- 
cevano parte  di  questa  parrocchia  e  delle  altre  due  di  s.  Ma- 
ria di  Moneta  e  di  s.  Maria  di  Yiurso,  esistenti  presso  il  cir- 
cuito attuale  della  città,  che  era  già  nella  maggior  parte  abi- 
tato e  fortificato  al  principio  del  secolo  xiv. 

Sorgeva  il  borgo  di  s.  Maria  di  Yiurso  a  ponente  deUa  cit- 
tà ,  nella  regione  dei  borghi  demoliti ,  poiché  fu  atterrato  per  dar 
luogo  alle  nuove  fortificazioni  l'anno  1640.  Si  vuole  cosi  de- 
nominato dalla  parola  latina  F'icus  Ursi. 

Esisteva  il  borgo  di  s.  Maria  di  Moneta  a  levante  della  cit- 
tà, e  fu  demolito  in  gran  parte  nel  1584)  quindi  risorse  e 
prese  il  nome  di  Borgo  Vecchio.  Prima  dell'  erezione  della  col- 
legiata, la  chiesa  di  s.  Maria  di  Moneta  si  chiamava  la  Ca- 
mera Episcopale.  Si  trovano  memorie  del  borgo  e  della  par- 
rocchia di  Moneta  nella  metà  del  secolo  xiii;  trovasi  in  un  di- 
ploma del  1259  nomiqato  Jacobus  Bi'^si  pUbanus  Monet(B\  e 
se  trasse  questo  nome  dalla  Zecca  de' marchesi  di  Saluzzo,  e 
dalle  Monete  che  vi  si  coniavano,  sembra  che  questi  non  tar- 
dassero molto  a  mettere  qui  in  uso  il  privilegio  della  zecca  , 
che  accordava  l' imperadore  Federico  II  a  Manfre^  III  con  di- 
ploma del  5  maggio  1221.  I  re  di  Francia  fecero  coniare  nio- 
nete  in  Carmagnola  nel  secolo  xvi.  Nel  i5i4  era  qui  maestro 
di  monete  Francesco  de  Clivate.  Nel  i566  Marco  Vali mbert  di 
Chieri  faceva  profferta  alla  città  di  andare  a  Parigi  ad  ottenere 
che  vi  isi  battesse  moneta.  Ritornato  da  Parigi  nel  iSyi,  Rai- 
mondo Pertusio  per  varii  suoi  affari  colà  spedito  dalla  città, 
liferiva  d'aver  pure  ottenuto  che  si  coniasse  moneta. 

Fu  demolita  col  borgo  di  Moneta  una  bella  e  vasta  chiesa, 
fondata  Tanno  149^)  sotto  il  titolo  dell' Annunziazione,  con  venti 
cappelle  e  l'annesso  convento  di  Minori  Riformati  di  s.  Fran- 
cesco, dove  abitavano  ordinariamente  tienta  religiosi  che  mon- 
signor Brizio  ricordava  con  particolare  compiacenza  dicendo, 
che  potea  contenere  ottanta  religiosi,  e  coIP annessa  chiesa  era 
uno  de'più  belli  e  comodi  della  provincia,  e  proporzionato  al- 


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CARMAGNOLA  579 

l'opulenza  di  questa  città.  Per  la  seguita  demolizione,  i  Minori 
Riformati  si  trasferirono  presso  la  chiesa  di  s.  Maria  di  Salsa- 
sio,  dove  eressero  un  altro  convento  colle  liberalità  de'  carma- 
gnolesi  e  di  Madama  Reale  Cristina,  che  fu  poi  incendiato  ed 
atterrato  in  tempo  del  cessato  governo. 

11  borgo  di  s.  Maria  di  Salsasio  e  borgo  della  Madonna  è 
attraversato  dalla  reale  strada,  che  da  Torino  mette  a  Carma- 
gnola ,  ed  accenna  a  Nizza.  Nelle  scritture  del  secolo  xi  questo 
luogo  é  detto  Saucia  e  Salsa.  Avendo  Gezone  vescovo  di  To- 
rino fondata  l'anno  io  io  l'abbazia  di  s.  Solutore  Maggiore 
fuori  delle  mura  di  quella  città,  fu  poco  dopo  donata  a  que» 
sta  la  cappella  di  s.  Maria  di  Salsasio ,  che  fu  a  lei  soggetta 
sino  air  erezione  della  collegiata  di  Cai-magnola. 

Y'eran  pure  su  questo  territorio  le  chiese  di  s. Giorgio,  del 
Villero  e  di  s.  Pietro  di  Rentanasco,  nelle  regioni  che  riten- 
gon  questi  nomi. 

Il  monastero  di  monache  benedittine  di  Caramagna  avea  ri- 
cevute l'anno  1072  dalla  contessa  Adelaide  in  dono  tutte  le 
possessioni  ch'ella  aveva  in  Carmagnola,  e  fondava  presso 
la  chiesa  di  s.  Giorgio  del  Villero  un  altro  monastero  e  prio^ 
rato  sotto  la  giurisdizione  di  quello  di  Caramagna.  Alle  mo- 
nache ,  per  rilassatezza  di  disciplina ,  furono  poi  sostituiti  i  mo*- 
naci  benedittini,  e  fu  ridotta  l'abbazia  in  commenda  perpetua; 
ad  essi  per  la  medesima  ragione  vennero  sostituiti  i  monaci 
dell'ordine  di  s.  Girolamo,  i  quali  pure  aboliti,  venne  il  prio- 
rato di  s.  Giorgio  del  Villero  amministrato  coU'  abbazìa  di  Ca- 
ramagna. 

11  priorato  di  s.  Pietro  di  Rentanasco,  con  circa  seicento 
jugerì  di  ottimi  terreni ,  dai  canonici  regolari  di  Croveglia  pas- 
savano alla  chiesa  collegiata  di  Carmagnola  nella  sua  erezione, 
ed  in  parte  sotto  al  cessato  governo  ad  altri  proprietani. 

S.  Pietro  di  Rentanasco  è  detto  membro  della  prevostura 
della  Cortevecchia  soppressa  ,  nella  suddetta  bolla  d' erezione. 
La  sua  rendita  fu  in  quell'occasione  valutata  175  fiorini  d'oro 
di  camera. 

Aveva  il  territorio  di  Carmagnola  tre  basti  te  lungo  il  Po  per 
custodirne  il  passo.  L'uno  verso  i  confini  di  Carignano ,  gli  al- 
tri due  runpetto  ai  luoghi  del  Cerretto  e  di  Lombriasoo  sotto 
il  nome  di  Motte.  Una  di  queste  che  prese  il  nome  dagli  Isnardi 


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58o  CARMAGNOLA 

s'ignori  di  Valfenera,  consisteva  in  due  palazzi  foitificati:  yen- 
duta  Tanno  1889  dagli  Isnardi  a  Oddino  Giglieto  di  Carma- 
gnola per  2,5oo  fiorini  d'oro,  prese  il  nome  di  Motta  del  Corno 
da  un  casale  vicino. 

Quella  di  Gardeglio  situata  nella  regione  di  questo  nome, 
erarfortìfìcata  a  guisa  di  castello,  e  fu  registrata  tra  le  castella 
conquistate  dal  conte  Amedeo  YI  di  Savoja  sul  marchese  di 
Saluzso  intomo  all'anno  i363  Castrum  de  Motta  Gardelii. 

Fortcpasso  era  molto  più  riguardevole  per  la  sua  positura 
sulla  strada  da  Torino  a  Carmagnola  per  le  sue  fortificazioni, 
per  le  varie  fazioni  seguite  tra  gli  astigiani  che  lo  fabbricaro- 
no, mentre  si  reggeano  a  comune,  ed  i  marchesi  di  Saluzzo, 
che  glielo  presero  tra  i  chieresi  e  quei  di  Carmagnola.  Dopo 
varie  vicende  ,  distrutte  le  fortificazioni  nel  secolo  xvi,  con- 
tinuò a  far  parte  di  questo  territorio  sino  a  questi  .ultimi 
anni,  in  cui  fu  aggregato  nella  massima  parte  al  comune  di 
Villastellone  col  tenimento  di  Borgaro  Comalesio.  Questo,  che 
ora  consiste  pure  in  alcuni  cascinali,  è  passato  dalle  nobili  fa- 
miglie Costa  e  Pastoris  antiche  feudatarie  in  proprietà  del  Duca 
di  Montmorencj. 

Vuoisi  ora  far  cenzK)  dell' inalveamento  del  Po  che  a  bene- 
fizio dell'agricoltura  e  del  suo  territorio  Ai  arditamente  pro- 
mosso ed  eseguito  dalla  città  di  Carmagnola  l'anno  1764. 

11  detto  fiume,  come  si  è  osservato  superiormente,  attraversa 
il  territorio  di  questa  città  presso,  ai  suoi  confini  verso  Cari- 
gnano  e  Lombriasco,  scorrendo  da  ponente  a  borea  In  un  ter- 
reno molle  e  leggiero.  Il  territorio  di  Carignano  s'innoltra  eoa 
alcuni  protendimenti  oltre  la  sua  destra,  e  s'immischia  cosi 
con  quello  di  Carmagnola,  che  per  le  continue  alluvioni  di- 
ventano sempre  più  intricati  i  confini.  Il  Po  già  accresciuto 
dalle  acque  dei  fiumi- torrenti  Grana,  Macra  ,  Varaita,  PeUice, 
Ghisone,  e  di  parecchi  torrentelli,  scorrea  in  un  alveo  im:o- 
stante  per  le  grandi  sinuosità  molto  esteso.  I  gravi  devasta- 
menti, che  ivano  cagionando  le  sue  acque,  richiamarono  sinQ 
dal  1733  l'attenzione  della  città  di  Carmagnola,  la  quale  per- 
ciò  seriamente  cercava  i  mezzi  da  poterlo  irenare  e  contenere. 
Per  l' eccessiva  spesa  e  per  le  grandi  opere  necessarie  non  potè 
porvi  un  riparo  prima  del  1764* 

Ottenne  in  quest'anno  R.  Patenti  dei  2  fchbrajo,    con    cui 


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CARMAGNOLA   ,  58 1 

fa  prescritto  un  nuovo  inalveaineuto  rettilineo  col  concorso 
delle  regie  finanze  per  una  parte  delle  spese,  e  col  concorso 
anche  in  parte  dei  territori  di  Carignano  e  Lombriasco. 

Si  pose  mano  all'  opera  addi  27  dello  stesso  mese  sotto  la 
direzione  dell'ingegnere  Boldrini,  con  quattro  centurie  di  la- 
voratori, ognuna  soprav vigilata  da  un  proposito  o  centurione 
e  da  vari  caporali.  Crebbero  sìfiatte  centurie  col  crescere  del 
lavoro,  sicché  al  termine  di  marzo  se  ne  contavano  dieci^  ol- 
tre alcune  centinaja  di  uomini,  che  operavano  per  conto  dei' 
proprietari  nell*  atterrare  piante  e  sbarazzare  i  loro  fondi ,  per 
potervi  aprire  l'alveo  novello. 

'  Oltre  ai  centurioni  presi  in  parte  dal  reggimento  d'artiglie- 
ria, sopraintendevano  all'esecuzione  abili  assistenti  ingegnerie 
geometri  :  pattuglie  di  cavalleria  ivano  di  e  notte  in  ^iro  pel 
buon  ordine  e  per  la  custodia  delle  dighe:  al  battere  de' tam- 
buri tutto  era  in  moto.  Nel  mese  di  giugno  eran  compiuti  i 
principali  lavori,  e  diminuiti  gli  operai,  che  continuarono  però 
•  le  loro  fatiche  sino  al  finire  d'ottobre. 

Sette  furono  i  tagli  che  si  diedero  in  lìnea  retta  da  un  seno 
all'altro  dell'alveo  vecchio:  tutti  insieme  svilupparono  una  fuga 
di  circa  due  miglia  e  mezzo,  trabucchi  1,908,  come  si  scorge 
dal  tipo.  I  tagli  per  il  nuovo  alveo  si  fecero  larghi  dai  3o  ai 
i5  metri,  restringendosi  sempre  allo  sbocco  per  trar  profitto 
dalle  corrosioni  dell'  acqua ,  la  quale  arrestata  col  mezzo  di  fic- 
che,  sforzata  ad  entrare  nel  nuovo  alveo,  in  breve  lo  rese 
della  larghezza  di  ia3  e  più  metri.    Quest'impresa   costò  lire 

170,626.    19.    IO. 

Le  nuove  sponde  cedevano  però  soverchiamente  alle  corro- 
sioni delle  acque,  specialmente  nelle  escrescenze,  e  il  Po  tornò 
in  breve  a  prendere  i  suoi  andamenti  tortuosi,  per  cui  oggidì 
abbandonò  intieramente  in  alcuni  tratti  quell'inalveamento,  es-: 
sendosi  con  nuove  sinuosità  scostato  da  questo  oltre  i5o  metri. 
,  Due  porti  ed  un  ponte  in  legno  solidamente  costrutto-  ser- 
vono al  passaggio  del  Po  sul  teiritoi'iO  di  Carmagnola.  Il  ponte 
fu  fatto  in  tempo  del  cessato  governo  come  pure  un  tronco  della  reale 
strada  di  Nizza,  alzato  e  rafibizato  da  un  muraglione  ne' siti 
più  soggetti  a^i  straripamenti.  Per  la  vecchia  strada  che  da 
Carmagnola  tende  a  Torino  per  Fortepasso  si  trova  un  porto; 
e  si  passa  pure  il  Po;  col  mezzo  di  un  porto^nell'opposto  lato. 


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5«i  CARMAGNOLA 

Confina  il  territorio  di  Carmagnola  a  levante  con  quel  di 
Poirìno  per  mezzo  dell'abbazìa  di  Casanova;  a  greco  con  ViU 
]astelk)ne  e  Borgaro  Cornalesio;  a  borea  e  maestro  con  Cari- 
guano;  a  ponente  con  Loiiibriasco;  a  libeccio  con  Racconigi  ; 
ad  ostro  con  Caramagna  e  Sommari  va  del  Bosco;  a  scirocco 
con  Ceresole. 

Il  tratto  della  reale  strada  di  Nizza,  che  da  Carmagnola  scorre 
ai  confini  del  suo  territorio  per  Racconigi  fu  aperto  Panno  1786. 
Un  bel  ponte  in  legno  serve  al  passaggio  dei  torrente  Mellet» 
ta:  la  strada  provinciale  d'Alba^  che  da  Carmagnola  tende  a 
Sommariva  del  Bosco,^fu  aperta  l'anno  1775.  Per  favorire  il  com- 
mercio e  Tagricoltura  ebbe  questa  cittìi  una  particolar  cura  delle  sue 
strade,  e  prima  delle  sud(iette  altre  ne  apriva  perciò  da  ogni 
lato,  e  le  stabiliva  di  una  larghezza  considerabile. 

Cogli  statati  dell'anno  f336  già  ordinava  che  le  strade  pub- 
bliche dovessero  essere  larghe  due  trabucchi ,  e  le  principali 
quattro.  Con  ordinato  del  37  novembre  1669  determinava  il 
numero  e  la  larghezza  dì  ciascheduna,  cioè  che  116.  ài  esse 
meno  importanti  fossero  larghe  due  trabucciii;  i3  larghe  tra- 
bucchi tre;  8  larghe  quattro;  due  finalmente  della  larghezza  di 
trabucchi  cinque. 

Alcune  di  esse  trovavansi  in  continuazione  delle  altre  più 
spaziose  o  ristrette  secondo  il  maggiore  o  minor  traffico;  cosi 
una  di  queste  due  ultime  da  Carmagnola  ai  borgo  di  Salsasio 
era  larga  cinque,  e  quattro  di  là  al  confine  di  Carignano. 

Cogli  statuti  del  i336  erasi  anche  prescritto  il  riattamento 
delle  strade  poste  nell'interno  della  città  nella  parte  denomi- 
nata Gardezana  ;  le  quali  strade  erano  già  selciate.  Nel  secolo 
seguente  se  ne  fecero  l-ìstricare  alcune  non  frequentate  da  car- 
ri, con  mattoni  di  taglio.  Maggiore  nettezza  vi  fu  poi  intro- 
dotta nel  secolo  xvi ,'  come  ora  vedrassi. 

Città»  Nel  centro  del  suo  territorio  sorge  la  città  di  Carma- 
gnola. Dopo  varie  vicende  di  antiche  e  moderne  fortificazioni, 
or  essa  è  aperta  da  ogni  lato,  essendosi  circa  il  18x9  termi- 
nata la  demolizione  delle  sue  antiche  mura  merlate,  e  delle 
diciassette  torri  per  vecchia j a  cadenVi. 

Questo  recinto  la  rendeva  di  forma  ovale,  della  larghezza  da 
ostro  a  borea  compreso  il  castello  in  linea  retta  di  metri  43o, 
e  della  lunghezza  da  ponente  a  levante  di  metri   536.    Viene 


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CARMAGNOLA  583 

ora  da  quest'ultimo  lato  congiunta  col  borgo  di  Moneta  o  borgo 
vecchio,  e  si  prolunga  cosi  più  di  un  terzo  di  miglio. 

Attraversa  questo  borgo  la  strada   provinciale    d'Alba,    ove 
si  dirama  la  reale  strada  di  Mixza,    entra  nella  città   ed   esce 
dal  iato  opposto.  Questa  percorre  la  contrada  maestra  molto  larga 
ÌQ  mezzo  alla  città ,  cinta  di  case  con  portici ,    com'  è  pure  la 
maggior  piazza  di  forma  rettangolare,  la  qual  prende  il  nome 
dalla  chiesa  di  s.  Agostino,  che  sta  in  capo  e  guarda  tramontana. 
Al    rivolgere   della  contrada  maestra   si  presenta  la  chiesa  di 
s.    Giovanni   Battista  j    nel  lato  opposto    s'offre    allo    sguardo 
la  chiesa  collegiata;  ed  una  strada  larga  oltre  sei  metri  chia- 
mata Gardezana    tende  direttamente   dall'una   agl'altra  chiesa. 
Come  si  dilata  e  scorre  in  linea  paralella  alla  via   di    Gar- 
dezana la  contrada  maestra  ad  ostro,    cosi  a  borea  uno  stra- 
dale denominato  la  Riva  passando  avanti  la  magnifica    chiesa 
di  s.  Filippo  eretta  all'ingresso  dell'antico  castello. 

La  contrada  di  Gardezana  con  le  case  poste  ai  suoi  due  lati 
tra  la  contrada  maestra'  e  la  riva,  veniva  da  ampie  fosse  e 
mura  e  rivellini  circondata  ancora  nel  secolo  xv. 

Secondo  gli  statuti  di  Carmagnola  dell'anno  i336  doveva 
ogni  abitante  di  essa  andare  o  mandare  ogni  volta  che  li  ver 
niva  intimato,  un  uomo  abile  a  far  la  guardia  di  Gardezana. 
Varie  cautele  erano  prescritte  per  la  sicurezza  di  questo  sito, 
vari  gli  obblighi  imposti  per  la  pulizia,  a  quei  che  vi  aveano 
case  lungo  la  strada  dritta  di  Gardezana  dalla  porta  murata 
sino  alla  porta  di  Moneta,  e  dalla  casa  Testo  sino  alla  porta 
di  Sacayrone,  o  dalla  porta  del  Cunicolo  sino  al  castello. 

Sembra  che  la  presente  città  di  Carmagnola  principiasse  a 
sorgere  in  questo  sito  depresso  e  paludoso  nel  secolo  xii,  dac-r 
che  gli  abitanti  di  tre  grossi  borghi  posti  d'intorno,  come  scri« 
veva  alla  fine  del  secolo  xv  Gabriele  Bucci  sulla  tradizione  de' 
suoi  maggiori,  infestati  da  scorrerie  nemiche,  trovarono  mag- 
gior sicurezza  in  mezzo  alle  acque,  e  presero  a  fabbricare  le 
loro  case  in  mezzo  alla  palude,  chiamando  questo  sito  Gar- 
desana. 

Facea  Carmagnola  erigere  sul  finire  del  secolo  xiv  e  nel  se-» 
guente  l'altro  recinto  di  mura  merlate  e  torri,  pochi  anni  la 
demolito,  v'apriva  intorno  altre  fosse,  e  rinserrava  cosi  con 
la  suddetta  Gardezana  i  borghi  delle  Cirche  o  Cerche  di  Sa- 


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584  CARMAGNOLA 

chirone  e  di'Nova;  ergeva  nuovi  edifizi;  e  cosi  sorgeva  la  pre- 
sente città. 

Le  fosse  di  Gardezana  che  ancor  restavano  lungo  la  presente 
contrada  maestra  furono  coperte  al  principio  del  secolo  xn  con 
un'ampia  cloaca,  che  contribuì  sin  d'allora  alla,  nettezza  di 
questa  città,  ed  a  dare  lo  scolo  alle  copiose  sorgenti  sotter- 
ranee. Varie  diramazioni  di  questa  cloaca  per  le  contrade  tra- 
yersali  si  fecero  nell'  anno  scorso ,  mentre  il  Colera  asiatico  mi- 
nacciava questa  città,  e  si  terminò  pure  di  ricoprire  la  gora 
del  molino  per  tutta  l'estensione  del  borgo  di  Moneta,  onde 
questo  ora  si  presenta  più  spazioso  e  bello. 

Vicende  del  castello  e  delle  fortificazioni ,  Avevano  i  mar- 
chesi di  Saluzzo  un  castello  nel  lato  di  borea  di  Carmagnola, 
cui  riparavano  e  fortificavano  considerabilmente  nel  i435.  Cin- 
que anni  dopo  ivi  ergevano  la  torre ,  che  serve  ora  di  campa-  ^ 
nile  alla  chiesa  di  s.  Filippo  ,  dopo  essere  stata  salda  in  varie 
circostanze  ai  colpi  de' cannoni.  Le  sue  muraglie  sono  delia 
grossezza  di  due  metri  e  quarantacinque  centimetri  al  piano 
terreno  e  poco  meno  in  cima.  La  città  offriva  ad  elezione  del 
marchese  per  costrurre  questa  torre  o  trecento  mila  mattoni  o 
trecento  ducati. 

•  Ora  i  mattoni  di  quella  grossezza  costerebbero  in  Carma- 
gnola più  di  lire  35  ogni  mille ,  e  si  può  conoscere  da  questo 
le  maggiori  spese  che  s'incontrano  nell' edificare,  non  poten- 
dosi avere  pietre  a  minor  prezzo,  e  facendo^  perciò  intiera- 
mente gli  edifizi  di  mattoni  cotti. 

Nel  i544  6^^  spagnuoli  venuti  in  possesso  del  castello,  pre- 
sero a  demolirlo/  ricuperatolo  i  francesi,  presero  a  ripararlo 
e  fortificarlo  maggiormente:  usciva  il  presidio  di  questo  ca- 
stello^ il  campo  de' francesi  acquartierato  a  Carmagnola,  an- 
dava ad  affrontar  gli  spagnuoli  presso  ai  confini  del  suo  ter- 
ritorio, e  qui  ritornava  vincitore  dopo  la  sanguinosa  battaglia 
di  Ceresole  (  vedi  Carignano  e  Ceresole  ). 

Nel  corso  di  questo  secolo  si  continuò  a  fabbricare  in  que- 
sto capitello ,  a  provvederlo  di  caserme ,  di  magazzini ,  -  di  ar- 
meria, e  le  ruine  e  le  costruzioni  furon  tutte  di  molto  aggra- 
vio a  questa  città. 

•  L'inveuzione  dell'artiglieria  vi  fu  causa  di  nuove  fortifica- 
zioni. Alcuni  bastioni  furono  alzati  intorno  alla  città  nel  i553, 


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CARMAGiMOLA  585 

altri  nel  i584  ,  t  le  mura  merlate  e  ^utto  il  castello 
restarono  difesi  colla  città  medesima  da  sette  bastioni  con- 
giunti da  cortine,  rinforzati  da  terrapieno.  Sostenne  cosi 
]a  città  ed  il  castello  diversi  assedi  essendo  bastevolmente 
forte,  e  non  potendosi  far  agire  intomo  le  mine,  sinché  col 
terminare  del  secolo  xvn  furono  atterrati  i  bastioni,  e  cessò 
Carmagnola  di  essere  piazza  forte. 

Casa  de*  padri  della  congregazione  dell*  oratorio  y  e  chiesa  della 
Trinità  o  di  s.  Filippo.  U  padre  Gio.  Giuganino  avea  fondata  in 
Carmagnola  una  casa  della  congregazione  dell'oratorio  Tanuo 
1689,  che  papa  Innocenzo  XII  confermava  con  bolla  del  21 
marzo  1692.  Egli  acquistava  l'anno  1701  dalle  finanze  ducali 
il  vecchio  castello  ed  i  siti  adiacenti  delle  demolite  fortifica- 
zioni col  consentimento  della  civica  amministrazione,  desiderosa 
che  si  accrescesse  il  culto  divino  eoa  la  costruzione  di  un  nuovo 
tempio,  e  con  le  istruzioni  e  le-  pratiche  di  pietà  promosse  da 
questa  benemerita  congregazione. 

Si  vede  ora  il  corpo  principale  del  castello  ridotto  ad  abi- 
tazione de' padri  filippini,  dentro  uno  spazioso  giardino  di  loro 
proprietà. 

Visse  e  fu  otto  volte  preposito  di  questa  casa  il  servo  di  Dio 
padre  Pietro  Molinati,  nativo  d'Ivrea,  morto  a  Curuiagnoiu 
«ddi  16  marzo  1785  nell'età  di  anni  67.  Per  la  sua  umiltà, 
integrità  di  costumi,  e  carità  verso  il  prossimo,  fu  tenuto  iu 
concetto  di  santità. 

Coi  materiali  delle  atterrate  fortificazioni  del  castello,  i  padri 
filippini  eressero  al  principio  del  secolo  scorso  una  magnifica 
chiesa,  dov'erano  la  porta  d'ingresso  ed  i  ponti  levatoi  del 
castello  medesimo.  Questa  chiesa  venne  dedicata  alla  SS.  Tii- 
nità,  ed  appellasi  da  s.  Filippo.  La  sua  grandiosa  facciata  e  a 
due  ordini;  l'interno  d'ordine  corìntio.  Lssa  é  rivolta  ad  ostro, 
e  si  potrebbe  scuoprìr  bene  dalla  piazza  di  s.  Agostino,  se  la 
contrada  traversale  non  fosse  ristretta  dallo  sporto  di  una  ma- 
gione. 

La  volta  e  il  cornicione,  che' gira  tutt' intorno,  vengono  so- 
stenuti da  pilastruni  binati  e  scaaellati:  sonovi  cinque  alluit: 
)e  quattro  cappelle  Iati*rali  hanno  due  colonne  ciascuna  isola- 
te, altre  due  annicchiate  dt'^^kinco  all'altare,  che  sosteu^oho 
un  arco  nel  mezzo,    due  coretti  ai  due  lati,    e  sembra  pu:c, 


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586  CARMAGNOLA 

die  sostengano  il  cornicione  e  la  volta  coi  pilastroui  amidcUL 
Il  difficoltosbsimo  Francesco  Miltùa  sarebbe  satisCatto  dì  quelk 
colonne  cosi  isolate  e  de' quadri  sugli  altari,  senza  tanti  frofi- 
toni  e  cartocci,  e  dell'elegante  struttura  degli  altari  medesimi, 
e  della  maestosa  semplicità ,  con  cui  in  un  vasto  campo  sul- 
l'ara maggiore  presentasi  il  quadro  della  santissima  Trìade. 

Fu  questo  quadro  e  gli  altri  tutti  che  adomano  gli  altane 
le  pareti  delle  cappelle  dipinti  dal  padre  Ignazio  Fascina,  prett 
della  congregazione  dell'oratorio.  Nacque  egli  a  Torino  Tao» 
1701 ,    mori  in  questa  casa  ai  18  dicembre    del    1769,  à}Tt 
passò  una  gran  parte  della  sua  vita.  Del  suo  pennello  sodok 
pitture  assai  pregevoli  che  ora  esistono  in  questa  chiesa  e  ceJ- 
l'annessa  casa  della  congregazione.  Benché  le  molte  pitture  del 
Fascina  non  sieno  esenti  dai  difetti  del  secolo  scorso,  sodo  pure 
trattate  con  molta    maestria,    ed  attestano  la  sua  rara  ùciii^i 
di  mandare  ad  efifetto  i  suoi  felici  concepimenti.   Alcuni  suoi 
affireschi  neUa  volta  dell'  aitar  maggiore  furono  imbiaccati,  o^' 
tre  soppressa  la  congregazione  sotto  al    cessato   goTcroo,  ser- 
viva questa  chiesa  ad  usi  profani.  La  Fuga  in  Egitto  e  u  "'''' 
tentazione  al  tempio  sono  dei  più  riputati   fra    i    suoi  fp^'^ 
grandi  e  di  largo  stile.  Un  s.  Giovanni  Battista  ed  oisP^^^ 
indicano  un  avviarsi  ad  uno  stile  più  purgato» 

S.  Agostino.  L'anno  1397  il  padre  Antonio  di  H^taito, 
priore  del  convento  degli  agostiniani  calzati  d'Asti,  otteiffie<» 
pote^  fondare  un  convento  di  questa  religione  a  Cann^''' 
Addi  a6  di  maggio  dell'anno  i4o6  si  gettò  la  pietra  fonda- 
mentale della  presente  chiesa,  che  fu  poi  aperta  nel  ^¥1' 

Ha    questa    chiesa,    oltre  le  tre  navate  principali  di  oguale 
altezza  e  con  volte  di  sesto  acuto ,  un'altra  a  ponente  più  ^^^ 
con  la  cappella  di  s.  Sebastiano  in  capo,  di  juspatrooato  de 
città,  la  quale  ebbe  gran  parte  nell'erezione  di  questa  <J»'^ 
promossa  pure  e  favorita  da  Francesco  Bussone ,  notissimo  &oc» 
il  nome  di  conte  di  Carmagnola ,    del  quale  si  parlerà  ^  *(' 
presso.    Fecesi    1' ^giunta  della  quarta  navòta  per  trar  p^^^ 
del  sito,  che  v'era  da  quel  lato,  ed  alzare  la  facciata  in  «"^ 
alla  fronte  della  piazza,    che   dalla  chiesa  prese  il  nome, 
ornamenti  uiaruiorei  della  porta  principale  consistono  in 
stipiti  architravi  ed  archivolto  a^ cornice:  furono  scolpii ^^'^ 
Amedeo  Fiorentino  Tanno  i49^»  io  cui  vennero   allog^^  r 


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CARMAGNOLA  587 

cura  del  padre  Gabriele  Bucci,    priore   dell' annesso  convento. 
La  città  era  disposta  a  spendervi  duemila  fiorini,  ma  per  i  molti 
aggravi,   cui  andò  soggetta  in  quel  frattempo,  dovette  abban- 
donare  il   pensiero.    Lo  stesso  padre  Bucci  ^  che  avea- già  fatte 
eseguire  le    pitture  dell'aitar  maggiore,    si  adoperò  nel   i497  » 
perchè   si  facessero  gli  affrescbi  della  facciata.    Questa    che  ri- 
mase iiuperfetta  e  rustica  in  origine,    fu  restaurata  nel  secolo 
decimoseitimo,  ed  abbellita  di  una  grande  e  non  dispregevole 
pittura  a  fresco ,  rappresentante  la  s.  Sindone ,  sostenuta  da  due 
-vescovi,   due  princìpi,  e  con  la  Beata  Vergine  nel  mezzo.   Ri- 
trovandosi tale  dipintura  e  tutta  la  facciata  molto  danneggiate 
dalle  ingiurie  del  tempo,    i  padri  agostiniani  la  fanno  ora  ri- 
staurare,  riducendola  ad  ordine  composito,  corrispondente  alle 
variazioni  prima  d'ora  eseguite  neirinterno  della  chiesa,  sull'ele- 
gante disegno  dell'esimio  avvocato  Pier  Luigi  Menochio,  consigliere 
della  città.  La  civica  amministrazione  ha  divisato  di  collocare  su 
questa  facciata  una  grande  lapide  con  iscrizione  analoga  de' voli  da 
lei  fatti  alla  Vergine  della  Concezione,  mentre  Carmagnola  era  de- 
solata dalla  peste  l'anno   iSsa  e  i63o,    e  di  nuovo   nell'epLr 
zoozia  l'anno  17 149  per  cui  ba  pure  incaricato  l'abile  scultore 
torinese  Angelo  Bruneri  di  fare  una  statua  colossale  (  alla    uà 
trabucco  ),    rappresentante  la  Beatissima  Vergine  ;    statua    che 
dovrà  essere  collocata  nel  timpano  del  frontone,  ora  costrutto 
su  questa  facciata.  ^ 

La  città  fece  dipingere  ed  ornare  la  cappella  di  s.  Seba- 
stiano nell'anno  14^9,  e  di  nuovo  nel  i5ao.  Un  secolo  dopo 
vi  collocò  il  quadro  di  s.  Sebastiano,  dipinto  dal  Molineri  di 
Sa  vigliano,  che  fu  pagato  franchi  655.  6. 

La  bella  statua  in  legno  rappresentante  Cristo  risorto,  che 
si  vede  ali'  altare  della  confraternita  di  s.  Bernardino ,  è  una 
delle  più  pregiate  opere  del  Clement.  Questa  confraternita  fa 
qui  eretta  e  riapriva  questa  chiesa  sotto  al  cessato  goverì)^, 
dacché  quella  propria  di  s.  Bernardino,  già  di  spettanza  dei 
disciplinanti,  veniva  destinata  ad  usi  profani. 

11  civico  consiglio  facea  collocare  sul  campanile  di  questa 
chiesa,  finiente  in  cono,  la  campana  dell'orologio  l'anno  14^^ 
cke  rotta  nel  1497?  facea  rifondere  nello  sLesso  anno ,  del  peso 
di  rubbi  ^iq.  Yu  questa  sin  d'allora  destinata  fra  gli  altri  usi 
a  suonare  la  ritirata  due  ore  prima  della  mezzanotte,  come-pur 


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588  CARMAGNOLA 

ora  si  pratica  per  il  buon  ordine,  e  come  già  renita  prescritta 

con  gli  statuti  dell'anno  i336. 

S'innalzava  nel  i435  l'unito  spazioso  convento  de' padri  ago- 
stiniani,  che  fu  poi  in  parte  ricostrutto  circa  la  metà  del  se- 
colo scorso.  Questo  è  annoverato  tra  i  più  rìguardevoli  conventi 
dell'ordine  agostiniano ,  ed  è  pur  uno  de'  principali  edifizi  di 
questa  città.  Le  principali  famiglie  di  Carmagnola  avevano  i 
loro  sepolcri  in  questa  chiesa.  In  questo  convento,  e  nell'ora* 
torio  di  8.  Bernardino  si  fecero  più  volte  le  adunanze  conso- 
lari specialmente  nei  secoli  xv  e  xvi. 

Il  campanile ,  la  parte  esterna  e  posteriore  della  chiesa  con- 
servano l'antica  fisonomia  del  gotico  sistema. 

Nel  chiostro  attiguo  si  vede  affisso  alla  parete  il-  coperchio 
marmoreo  d'una  tomba  che  era  nel  tempio,  dov'è  scolpito  un 
guerriero  defunto  che  dairiscrizione  si  riconosce  essere  Giacobo 
de  Tornabula  Scozzese  signore  di  Rettigarne,  il  quale  mori  in 
Carmagnola  addi  2  di  settembre  del  1496  nel  suo  ritorno  da 
Napoli  coll'esercito  francese,  di  cui  era  uno  de'  principali  con- 
dottieri. 

Collegiata  dei  ss.  Pietro  e  Paolo.  Con  bolla  del  i4  gennajo 
1474  9  P^P^  S's^^'  ^^  riuniva  insieme  le  rendite  delie  tre  par- 
'rocchie  di  s.  Maria  di  Moneta,  di  s.  Maria  di  Viurso,  e  di  s. 
Giovanni  decollato,  che  sorgevano  presso  le  mura  della  pre- 
sente città  ;  la  prima  a  levante ,  la  seconda  a  ponente ,  la  terza 
ad  ostro.  Vi  aggiungeva  le  rendite  di  s.  Pietro  di  Rentenasco, 
'di  s.  Giorgio  del  Villero ,  delle  cappelle  di  s.  Maria  di  Salsa- 
-sio ,  di  s.  Michele  delle  Lame,  di  s.  Lazzaro,  e  di  s.  Loren- 
zo ,  poste  tutte  nello  stesso  territorio.  Queste  rendite  che  som* 
Ynate-  insieme  davano  63 1  fiorini  d'oro  di  carnea ,  furono  de- 
stinate a  formare  le  prebende  di  dieci  canonici ,  con  ti*e  ■  di- 
gnità ,  prevostura ,  arcìpretura  ,  e  cantoria.  La  chiesa  parroc- 
44iiale  e  collegiata  fu  allora  eretta  nel  borgo  delle  Cerche  , 
dove  ora  se  ne  veggono  i  ruderi  nel  recinto  della  città  ,  sulla 
contrada  maestra  ,  nell'isola  di  s.  Germano. 
'  L'anno  i/lg7.  addi  19  di  maggio  furono  gettate  le  fondamenta 
della  collegiata  presente  ,  che  col  concorso  della  città  per  la 
metà  delle  spese  fu  condotta  a  compimento ,  e  consecrata  li  J5 
^i  maggio  i5i4* 
'     Si  spesero  ueirucquisto  del  sito ,  e  nella  edificazione  fiorini 


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CARMAGNOLA  589 

1 39^5;  dispendìo  che  per  la  scarsità  del  denaro  in  quel  tempo 
fu  cospicuo  e  sufficiente ,  considerato .  il  tenue  valore  de'  ma- 
teriali, ad  erigere  una  collegiata  di  tale  capacità  e  costruttura 
che  monsignor  Della  Chiesa  affermava  che  dopo  quella  di  Sa- 
luuo  era  la  più  grande  di  tutta  la  diocesi,  e  tanto  magnifica 
e  superba  da  non  cedere  a  molte  cattedrali  ;  essa  è  larga  nS 
metri ,  lunga  il  doppio. 

È  a  tre  navate  ,  con  dieci  cappelle  ai  due  lati ,  due 
in  capo  e  l'aitar  maggiore  in  mezzo.  La  volU  e  gli  arconi  sono 
di  sesto  alquanto  acuto.  L'aggiunta  posteriore  del  cornicione 
che  gira  intorno  alla  navata  grande ,  l'aggiunta  de'  capitelli , 
dei  fregi,  e  di  altri  ornati  indicano  l'intenzione  che  si  ebbe  di 
renderla  d'ordine  composito.  Piacquero  le  finestre  frastagliate 
e  cintinate  ;  si  moltiplicarono  e  furono  sostituite  a  quelle  ovali 
e  con. archivolto. 

L'aitar  maggiore  in  capo  alla  navata  grande  è  tutto  di  mar- 
mo, con  affreschi  non  dispregievoli  sulle  pareti,  rappresentanti 
il  martirio  dei  ss.  apostoli  Pietro  e  Paolo.  Gli  sta  dietro  il  coro 
in  cui  uffiziano  i  canonici  durante  le  belle  stagioni  :  che  nel- 
l'inverno essi  frequentano  quello  che  sta  dietro  la  cappella  del 
Crocefisso.  Due  cappelle  in  capo  alle  navate  minori  sono  dedi- 
cate ,  una  alla  N.  S.  del  Rosario ,  l'altra  a  M.  V.  concetta  senza 
peccato. 

Desolata  questa , città  dalla  peste  l'anno  iSaa  facea  vota 
solenne  dì  erigere  una  cappella  in.  onore  dell'immacolata  Con- 
cezione di  M.  V.,  alla  quale  vi  si  era  già  in  tali  strettezze  fé* 
licemente  ricorso  ne' secoli  precedenti.  Facea  pubblico  voto 
sulla  piazza  di  s.  Agostino ,  per  sé  e  per  i  .posteri ,  di  cele- 
brarne in  perpetuo  la  festa  ,  e  di  digiunare  rigorosamente  la 
vigilia  ,  col  non  prendere  altro  dbo  che  pane  e  vino.  Sulla 
detta  piazza  si  suole  anche  per  voto  celebrare  la  messa  nell'ul- 
timo giorno  di  giugno. 

Riavutasi  dalle  tante  angustie  che  allora  l'afflissero ,  innalzò 
la  cappella  che  fìi  poi  dedicata  alla  Madonna  del  Rosario.  De- 
solata di  nuovo  per  la  peste  dell'anno  i63o  rinnovò  il  voto , 
di  nuovo  sperimentò  l'efficacia  della  protezione  di  M.  V.,  e 
volle  perciò  decorare  maggiormente  con  dorature ,  stucchi ,  e 
pregiati  marmi  la  cappella,  ove  si  venera  la  sacra  statua. 

Aveva  nel    i63i   fatto  dipingere  dal  Rovere  due  quadri  rap- 


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590  CARMAGNOLA 

presentanti  con  molta  Terità  i  suddetti  due  vod:  questi  furono 

traslocati  nella  sagrestìa  della  canonica,  per  coUocarrene  altri 

due ,  fatti  dipingere  in  occasione  del  centenario  celebrato  nel 

1814. 

Questa  cappella  è  di  juspatronato  della  città,  come  pur  quella 
del  Sacramento ,  dove  si  vede  una  Deposizione  della  Croce  , 
opera  del  Moncalvo  ,  o  della  figliuola  di  lui. 

Tutta  rivestita  di  bei  marmi,  e  di  buona  architettura  è  la 
'Cappella  del  Crocefisso  ;  marmorei  sono  in  gran  parte  gli  altri 
altari  ;  e  marmoreo  è  il  pavimento  della  chiesa. 

Spiace  che  essendosi  rifatte  pressoché  tutte  le  cappelle  con 
maggiore  sfondato ,  e  con  nuovi  ornati ,  si  siano  perdute  molte 
antiche  e  pregievoli  pitture ,  e  belle  indorature  che  le  ador- 
liavano.  * 

Sì  conserva  una  Madonna  delle  Grazie ,  tavola  di  molto  pregio. 

La  sagrestia  della  chiesa  ,  e  quella  de'  canonici  sono  spa- 
ziose e  tenute  con  molto  decoro.  Il  capitolo  soppresso  sotto  il 
eessato  governo,  ristabilito  da  papa  Pio  VII  ,  or  vi  torna  ad 
ufficiare.  Erano  assai  ricche  le  prebende  di  questa  collegiata , 
che  possedeva  più  di  tremila  jugeri  ,  ed  alcune  eccedevano  la 
rendita  di  lire  cinquemila  >  ora  ne  oltrepassano  di  poco  il 
quinto. 

L'alto  campanile  di  questa  chiesa ,  quello  di  s.  Filippo 
più  massiccio ,  quello  di  s.  Agostino  con  la  sua  punta  conica 
o  piramidale  ,  queUo  ottangolare  benché  meno  elevato  della 
chiesa  della  Misericordia ,  formano  una  vaga  prospettiva  a  qual- 
che distanza  dalla  città. 

Scrivendo  a  papa  Clemente  Vili  s.  Francesco  di  Sales  dopo 
di  aver  predicato  per  quattro  giorni  in  questa  città  ,  ed  il  ve- 
nerabile Giovenale  Ancina  vescovo  di  Saluzzo  dopo  la  pasto- 
rale sua  visita,  faceano  molti  elogi  della  religione,  e  della  di- 
vozione de'  carmagnolesi  verso  la  gian  madre  di  Dìo. 
«  Oltre  alcune  cappelle,  ed  una  nuova  chiesa  dedicata  all'An- 
nunziata nel  borgo  vecchio  ,  v'é  pure  la  chiesa  della  confra- 
ternità di  s.  Rocco  a  croce  greca ,  surmontata  da  cupola ,  co- 
strutta co'  materiali  delle  demolite  fortificazioni  ;  e  quella  della 
confraternita  della  Misericordia  dedicata  a  s.  tjlovanni  Battista, 
con  tre  altari ,  orchestra  di  buono  architettura  ,  facciata ,  e 
cumpanile. 


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CARBfAGKOLA  591 

Opere  pie  e  di  ben^cenza»  Vi  esistono  :  la  pia  opera  di  s. 
s.  Paolo ,  con  un  monte  di  pietà ,  una  congregazione  di  cari- 
tà ,  una  riguardevole  fabbrica  destinata  agli  esercizi  spirituali. 

l  poveri  traggon  molto  sollievo  ,  specialmente  d'inverno  ,  e 
ne'  tempi  di  maggior  bisogno  daUe  distribuzioni  di  riso ,  grano, 
e  da  altri  soccorsi  cbe  si  danno  dalle  predette  opere  ^  e  dal- 
l'abbazia di  Casanova  )  e  dall'ospedale. 

Ospedale  degli  infermi  sotto  al  titolo  di  5.  Zorenzo.  Stabi«- 
liva  il  consiglio  civico,  cogli  statuti  dell'anno  i336,  cbe  si  do* 
Tesse  fare  in  Carmagnola  una  nuova  infermeria.  Nel  1498  si  affitta- 
vano i  beni  stabili  dell'ospedale  ,  cbe  già  erasi  eretto  a  bene* 
fizio  degli  infermi  poveri  per  fiorini  i54«  Gli  accrescea  la  città  nel 
io63  coll'acquisto  di  varie  possessioni  della  cascina  di  s.  Mar- 
co ,  cbe  venne  edificata  nel  1 5')i  coi  mezzi  avuti  per  l'eredità 
di  Bernardo  Plana  ,  e  di  altri  legati  pii. 

Fu  demolita  la  fabbrica  dell'ospedale  nel  i584  insieme  eoa 
molte  altre  case,  e  la  chiesa^  s.  Maria  di  Moneta  per  causa 
delle  nuove  foitificazìoni.  In  breve  fu  provveduta  un'altra  ca- 
sa ;  e  crebbero  le  rendite  di  quest'opera  pia  per  eredità  sin- 
golarmente, e  per  lasciti  cui  fecero  il  capitano  Domenico  De- 
gregorio,  Tommaso  Mattia,  Giovanni  Michele  Bechio,  D.  Tom^- 
maso  Milanesio,  D.  Giuseppe  Berlia  ,  avvocato  Paolo  Lomelli* 
ni,  D.  Francesco  Peila,  Giovanni  Andrea  Tesio,  Lorenzo  Gal- 
Ima,  Gian  Battista  Berga,  e  soprattutto  nel  1769  per  l'eredità 
dell'avvocato  Giovanni  Battista  Ferrerò ,  onde  a  questo  tempo 
ba  una  rendita  di  lire  520oo,  dedotte  le  imposizioni,  nella  mas-* 
simk  parte  in  beni  stabili. 

S'era  posto  mano  alla  costruzione  di  una  nuova  grandiosa 
fabbrica  l'anno  1754  coi  disegni  di  Filippo  CasteUi,  e  coU'idea 
di  congiungere  all'ospedale  un  ospizio  di  carità.  Su  di  un  piano 
rettangolare  intersecato  in  mezzo  dovean  /-estarvi  quattro  cor-^ 
tili  uguali ,  circondati  da  spaziosi  atrii  interni  ,  infermerie ,  e 
stanze  a  tre  piani.  Si  costrusse  il  lato  di  ponente ,  e  quindi 
verso  la  fine  del  secolo  il  lato  che  guarda  a  borea ,  e  quan- 
tunque manchino  gli  altri  due  progettati ,  e  la  crociera  interna, 
viene  quest'ospedale  tenuto  tra  i  più  rìguardevoli ,  cosi  per  la 
solida ,  comoda  ed  elegante  sua  struttura ,  come  per  l'assi- 
stenza che  viene  ivi  prestata  ai  poveri  inferoA 

Si  ricoverano  in  quest'ospedale  tutti  i  malati  poveri ,  tanto 


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5gi  CARMAGNOLA 

di  medica,  quanto  di  cerusica  inferaiitày  compresi  anche  i  fo- 
rastieri.  Molti  medicinali  e  sussidii  vengono  pure  somn^inistrati  ^ 
da  quest'opera  a  quelli  che  puonno  essere  curati  al  loro   do- 
micilio. 

Si  opponeva  la  civica  amministrazione  nel  i434  ^^^^  nomina 
fatta  dal  vescovo  di  Torino  ^  nella  persona  di  un  chierico  a 
reggere  il  suddetto  spedale,  provando  che  fu  esso  mai  sempre 
di  juspatronato  laicale  ,  come  sostenne  anche  in  appresso:  se- 
condo il  regolamento  approvato  da  S.  M.  nel  1787,  e  secondo 
l'altro  del  corrente  i836  ,  quell'opera  viene  amministrata  da 
nove  direttori  senza  distinzione  tra  secolari  ed  ecclesia>tici  y  e 
sono  sempre  direttori  nati  il  sindaco ,  ed  i  due  primi  consi* 
glieri  dì  città. 

Ospizio  di  carità.  Fu  eretto  dall'avvocato  Lorenzo  Cavalli 
con  suo  testamento  del  27  ottobre  1788  ,  col  quale  lo  istituì 
suo  erede  universale. 

Quest'opera  ricovera  di  pres^te  i4  poveri  giovani  scelti  dì 
preferenza  tra  gli  orfani  ,  gli  calza ,  veste ,  ed  alimenta  ,  loro 
dà  per  mezzo  di  ui^  custode  un'educaùone  civile  e  religiosa  , 
loro  fa  insegnare  i  prìncipii  d'aritmetica  e  di  calligrafia  ,  gii 
obbliga  ad  apprendere  una  professione  meccanica  mandandoli 
a  lavorare  durante  sei  anni  presso  alcuni  abili  artisti.  Conser- 
vando a  loro  beneficio  quanto  questi  artisti  ad  essi  corrispon- 
dono annualmente  ;  l'intiera  somma  di  danaro  guadagnata 
colle  loro  fatiche,  viene  ad  essi  consegnata  quando  escono  fuori 
dell'opera. 

Ritiro  della  Provvidenza,  Dopo  la  metà  dello  scorso  secolo. 
Domenica  Tuni netto  apriva  questa  casa  di  educazione  per  le 
fanciulle  ,  col  concorso  e .  coH'ajuto  che  vi  presero  vari  citta- 
dini ,  ed  in  ispecie  il  canonico  Luigi  Desiderio  Lionne ,  il  quale 
diede  il  disegno ,  e  diresse  la  costruzione  del  presente  edificio. 

Venne  ora  dichiarata  opera  regia ,  e  le  fu  stabilita  un'ammi- 
nistrazione destinata  a  sopravvigilare  afiduchè  slcno  ben  edu- 
cate ed  istruitie  le  fanciulle  che  ivi  convivono ,  e  le  altre  che 
v'intervengono  alle  scuole. 

Scuole  comunali,  Avea  questa  città  pubbliche  scuole  d'istru- 
zione al  principio  del  secolo  xv  ;  al  cominciare  del  seguente 
vi  aggiungea  umcnaestro  di  arìtmetica  e  di  geometria,  e  prov- 
vedeva sollecitamente  all'istruzione    pubblica ,  come  ne   fanno 


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CARMAGNOLA  Sgì 

testimonianza  ì  colti  ingegni  che  ebbero  qui  la  culla,  e  si  di« 
s^D»Br<^ÌEL  que'due  secoli  e  ne'  seguenti.  /^j^^Ars^/s^s.^^^^' 

Jifs^  Jrei  i505  esisteva  in  Carmagnola  una  tipografi^  diretta  da 
Marc' Anton  io  Bellone  ,  protetta  dalla  città  ,  come  esiste  tut- 
tora ,  provvista  di  bellissimi  caratteri,  ed  arricchita  di  tutti  i 
perfezionameuti  moderni  dell'arte  da  Pietro  Barbiè. 

Il  canonico  Guglielmo  Baldesano  lasciava  a  promuovere  Ti- 
struzione  pubblica  di  Carmagnola  sua  patria  una  cospicua  ere- 
dità ai  *padri  gesuiti  con  che  vi  fondassero  un  collegio ,  e  vi 
tenessero  pubbliche  scuole.  Spiegava  questa  sua  intenzione  con 
atto  di  donazione  fra  vivi  del  29  luglio  i583  ,  e  in  appresso 
con  testamento  del  20  luglio  1692  ,  rogato  Rivetti.  Il  padre 
Acquaviva  preposito  della  società  di  Gesù  approvava  sotto  li 
18  febbrajo  161 1  l'erezione  di  questo  collegio,  quando  co' 
fondi  lasciati,  e  co' frutti  si  avesse  una  rendita  di  scudi  i5oo. 
Si  accrebbero  le  rendite,  la  città  fece  instanze  perchè  si  desse 
eseguimento  all'intenzione  del  Baldessano,  dacché  co' fondi  la- 
sciati ,  e  co'  frutti ,  potea  il  fondo  oltrepassare  3oo  mila  lire  , 
e  rinnovò  le  sue  istanze  in  quest'ultimi  anniònfruttuosamente. 

Avea  sotto  il  cessato  governo  ottenuto  l'antico  castello  o  casa 
de'  Filippini  ,  dove  apri  un  collegio  con*  convitto  di  giovani 
sotto  felicissimi  auspici  ;  funne  però  la  durata  di  pochi  anni. 

In  queste  scuole  oltre  le  Hngue  latina  ed  italiana ,  l'umanità 
e  la  rettorica  s'insegna  anche  la  filosofia.  Il  cavaliere  Domenico 
Ferrerò  ,  come  delegato  dalla  riforma  degli  studi ,  vi  stabiliva 
nel  1820  una  scuola  normale  per  mostrare  a  leggere  e  seri-  . 
Ter  e ,  i  prìncìpii  di  religione  e  civiltà  ai  fanciulli.  Il  metodo 
da  lui  introdotto  è  molto  vantaggioso  ,  e  meritevole  d'essere 
imitato  e  propagato.  Frequentano  questa  scuola  volentieri  cen- 
tocinquanta ragazzini  di  cui  molti  toccano  appena  il  quinto 
anno ,  e  sotto  ad  un  solo  maestro  apprendono  a  conoscere  e 
pronunziar  bene  le  lettere  ,  ed  a  scrivere  sulla  sabbia  ,  sulla 
lavagna  ,  ed  in  fine  sulla  carta.  Vi  promove  ora  i  buoni  studi 
in  qualità  di  Riformatore  il  dotto  padre  I^icola  Casalis  prepo- 
sito della  congregazione  dell'oratorio.      ^ 

Mercato.  Già  da  più  secoli  si  fa  in  Carmagnola  ogni  merco- 
ledì  uno    de'  più  considerabili  mercati  del  Piemonte.  Allettati 
dalla  positura  del  luogo ,  e  dal  libero  commercio ,  v'accorrono 
negozianti  e  compratori  da'  circonvicini  paesi,  e  dalle  provincie 
Dizion.  geogr,  ecc.  VoL  III.  38 


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5^4  CARMAGNOLA 

di  Asti ,  Alessandria ,  Alba ,  Saluzzo  ,  Cuneo ,  e  Pinerolo  ,  per 
cui  quattro  o  cinquecento  sono  comunemente  i  carrettoni  da 
trasporto  che  giungono  ad  ogni  mercato ,  e  vi  si  trova  ogni 
genere,  di  mercanzie ,  e  di  vettovaglie.  Vi  si  fa  poi  singolar- 
mente un  gran  traffico  in  bestiame  ,  cereali ,  canape ,  e  nelle 
proprie  stagioni  in  bozzoli  ed  uve. 

Bestiame.  Sì  contano  ordinariamente  intorno  a  quattrocento 
capi  di  bestie  bovine  -,  nella  primavera  poi  e  nell'autunno  sette 
o  ottocento.  In  primavera  vi  si  trovano  in  vendita  circa  due* 
cento  porchetti,  ed  una  cinquantina  di  majali  del  peso  dai  i4 
ai  i5  rubbi,;-/i^***^*^- 

Grano  e  marzuoU.  Vi  si  trovano  ordinariamente  sotto  alla 
spaziosa  ala  ,  cui  a  tale  scopo  faceva  erigere  la  città  y  e  com- 
pieva nel  1820,  sacchi  da  3oo  a  400  di  varie  specie  di  cereali  ^ 
nell'autunno  circa  il  doppio  ,  ed  una  quantità  riguardevole  se 
ne  vende  in  sulle  mostre  della  derrata.  Si  espongono  pure  in 
vendita  sotto  all'ala  stessa  legumi,  castagne,  riso,  e  nella  pri- 
mavera seme  di  trifoglio  e  di  canapa-,  questo  seme  dacché  venne 
permessa  l'esportazione  all'estero  è  molto  richiesto  specialmente 
dalla  Francia* 

Canapa,  I  mercati  più  notevoli  di  questo  prodotto  si  fanno 
dal  principio  di  settembre  a  tutto  dicembre;  in  questo  frat- 
tempo se  ne  contano  in  ogni  mercato  dai  tre  ai  quattro  mila 
rubbi ,  ed  in  seguito  sino  alla  successiva  ricolta  va  diminuendo. 
Bai  negozianti  di  questa  città  si  spediscono  in  complesso  nel- 
l'annata da  ottanta  a  centomila  rubbi,  specialmente  per  il  lit- 
torale  di  Genova  ,  per  Nizza  ,  Tolone ,  e  Marsiglia,  ove  rìdu- 
cesi  in  cordame  ad  uso  di  marina.  Altri  nibbi  5o  in  60  mila 
s'impiegano  nel  far  corde,  e  nel  ridurla  ad  uso  di  tela  in  gran 
parte  su  questo  territorio  ,  specialmente  nel  borgo  di  s.  Bei^ 
nardo  ,  e  se  ne  trasporta  a  Sommari  va  del  Bosco,  Giaveno,  Ivrea, 
Bra ,  ed  Asti.  I  prezzi  della  canapa  nel  corso  di  vent'anni  sono 
stati  dalle  quattro  alle  sei  lire  il  rubbo  secondo  la  qualità. 

Generi  di  marina.  Consistono  questi  principalmente  in  olio, 
merluzzi,  tonno,  alici,  ed  altri  pesci  salati,  in  agrumi,  e  si- 
mili prodotti  della  Riviera  di  Genova  e  di  Nizza.  I  pesci  freschi 
od  in  conserva  ora  non  si  portano  più  su  questa  piazza  in 
quella  quantità  che  per  l'addietro.  Si  puonno  calcolare  in 
vendita   per  ogni  mercato:  olio  rubbi  100  in    i5o -,   merluzzi 


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CARMAGNOLA  fgS 

nel  corso  dell'autunno,  deiriuverno  ,  e  in  parte  della  prìma* 
vera  in  complesso  dai  20  ai  ^4  ^^^^  rubbi  ;  tonpb  nel  qorso 
dt  due  mesi  barili  dai  i5o  ai  200-,  alici  salate  tratte  su 
questa  piazza  dal  Genovesato ,  e  smerciate  nei  vari  luoghi  del 
Piemonte  nel  decorso  dell'anno  da  700  a  800  barili. 

Bozzoli,  Si  presentano  su  questo  mercato ,  durante  il  tempo 
della  ricolta  del  prezioso  prodotto  de'  filugelli  e  nelle  annate 
comuni,  dai  trenta  ai  trentadue  mila  rubbi,  per  l'acquisto  de' 
quali  si  pone  in  circolazione  circa  un  milione  di  lire.  Era  più 
riguardevole  questo  mercato  alcuni  anni  addietro  ,  prima  che 
Sì  aprissero  altri  mercati  di  questo  genere  ,  e  che  i  filanti  sta* 
bilìssero  commessi  per  farne  acquisto  ne' luoghi  di  ricolto  mag- 
giore. Continua  nulladimeno  il  mercato  di  Carmagnola  a  ser- 
vire di  norma  per  istabilire  i  prezzi  altrove. 

Si  contano  in  questa  città ,  e  nel  suo  territorio  annualmente  in 
esercizio  da  260  a  3oo  fornelletti,  intorno  alla  terza  parte  dei  quali 
si  lavora  per  opera  dei  tre  fratelli  Chicco  nel  borgo  vecchio  ; 
la  filatura  Voena  ne  conta  60. 

Uve,  Si  fa  ogni  giorno  un  mercato  di  uve  provenienti  dai 
colli  astigiani  in  tempo  di  questa  ricolta ,  e  si  puonno  calco- 
lare esposti  su  questa  piazza  in  complesso  rubbi  1 4o  mila,  nel 
corso  di  poco  più  d'un  mese. 

In  primavera  n  fa  pure  un  riguardevole  mercato  dì  pali  e 
pertiche,  di  pioppi  ed  altri  alberi. 

Yi  Si  mette  pure  in  vendita  una  considerabile  quantità  di 
butirro  ,  proveniente  dalla  valle  di  Yenasca ,  e  di  quello  che 
si  fa  in  questo  territorio,  e  ne' vicini  paesi;  esso  viene  in  parte 
esportato  nelle  provincie  di  Asti  e  di  Alessandria. 

Notizie  storiche.  Il  nome  di  questa  citta  da  vetusti  docu- 
menti appare  un  diminutivo  dell'antichissimo  di  Caramania  ^ 
come  si  è  pure  osservato  per  rispetto  a  Caramagna  in  Liguria, 
che  nella  carta  di  fondazione  dell'abazia  caramagnese  in  Pie- 
monte ,  del  1026,  viene  chiamata  Caramaniola* 

Di  fatto  questa  nostra  Carmagnola  in  carta  del  io34  9  ideila 
quale  i  Biandrati  fanno  un  concambio  di  terreni  coli' abate  di 
Nonantola  nel  Modanese  ,  è  appellata  Carmaniola. 

Alcune  donazioni  della  contessa  Adelaide  dal  secolo  xi  hanno 
la  data  di  Carmagnola,  actum  in  villa  Carmaniola  \  e  si  ri- 
conosce .che  questa   in  allora  spettava  a  lei  per  una    quarta 


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5g6  CARMAGNOLA 

parte  ,  colla  sapcriorità  sugli  altri  tre  quarti  infeudati  aUa  fa- 
miglia de*  Romagaani. 

Dopo  la  morte  di  Adelaide ,  Bonifacio ,  marchese  dì  SaToii 
e  del  Vasto  ,  che  avea  condotta  io  i<;posa  una  figliuola  di  le:, 
conquistò  Carmagnola  ,    come   parte    dell'eredità  di  essa,  m 
grande  tratto  del  meridionale  Piemonte,  ed  aggregol la  al  mar- 
chesato di  Saluzzo  instituito  da  luì  per  il  suo  figliuolo  MaBÙti: 
Carmagnola  vcdesi  quindi  nominata  nella  carta  di  fondazic:f 
dell'abazia  di  Casanova  da  questi  marchesi  fatta  nel  libi- 
li marchese  dì  Saluzzo    Manfredo    II    nel    1200  acquistò  Ì2 
parte  della  villa  tenuta  da'  Romagnani.    Sorsero  perciò  coote^ 
tra  lui  ,  ed  il  comune  ,  le  quali  appianate  furono  dal  podejtj 
di  Chieri,  col  patto  che  il  comune  avesse  il  diritto  di  creaiu 
ì  consiglieri  ,  stabilire  i  bandi  nella    villa  e   nella   canipap, 
non  che    quello  dei  pubblici  forni  ,  dei  pascoli  ,  delle  acque. 
e  dei  boschi ,  ed  eziandio  con  patto ,  che  ciascun  abitante  avesse 
la  facoltà  di  disporre  liberamente  dei  proprii  beni.  Questa  eoa- 
Tenzione,  che  fu  la  base  del  civile  regime,  e  della  prosperila, 
in  cui    crebbe   dappoi   Carmagnola  ,  fu  segnata  prcsw  u  bor- 
rente Stellone,  confine  dei  comuni  di  Carmagnola  cdiCfc'^- 
Erano  da  molto  tempo  frequenti  zuffe  tra  i  camut^^'H'  ^ 
gli  abitanti  del  vicino  Borgaro  situato  fra  il  torrente  Bannt,  e 
l'opposta  selva  ,  e  tenuto  dagli  avvocati  del  capitolo  dei  cano- 
nici torinesi  ,    per   l'acquisto    del    castello   di    Fortcp^?  ^ 
quale  sorgeva  tra  Carmagnola  e    Carignano  ;    ma  ebbero  dc<? 
quand'esso,    dopo    fieri    assalti,    ai    carraagnolesi  fermo  n- 
mase. 

Nel   1216  la  marchesa  Adelaide  di  Sa1u7Z0  ,  nei  campi  éè 
Ronco  tra  Fortepasso  ,  ed  il  Po  ,    &ceva  la  pace  coi  conte  (^ 
Savoja   Tommaso  I  ;    la  qual    pace    consolidata  per  1'»"**° 
fra  i  due  casati ,  aperse  un'era  assai  felice  a  CaransooìB' 
coltura  delle  terre  ,  l'aumento  della  popolazione ,  del  tra     ) 
delle  manifatture,  della  ricchezza,  e  della  potenza  ne  venfl^ 
con  essa.  Vi  fiorirono  allora  le  famiglie  dei  Baldisseri,  de 
valleri ,  de'  Montaldi  ,  de'  Murialdi ,  de'  Rotarli,  de'PniiorP^J 
de'Ternavasii,  e  de' Visconti  di  Baldissero  col  soprannome 
Pagno. 

A  questi  prosperi  tempi  altri  sopravvennero ,  che  ««I 
la  dicadenza  del  marchesato. 


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CARMAGNOLA  597 

I  marchesi  di  Saluzso  avendo  di  spesso  niegato  Tomaggio 
tlelle  loro  città  ai  conti  di  Savoja  ,  ebbero  a  sostenere  rovi- 
nose guerre  ,  per  cui  molto  sofferse  Carmagnola.  Oltre  a  ciò 
le  venne  un  gran  danno  per  causa  dello  sgraziato  testamento 
di  Manfredo  IV,  che  al  primogenito  Federico  1  lasciava  sol- 
tanto una  parte  de' suoi  stati- con  Carmagnola,  ed  il  rimanente 
domìnio  al  secondo  figliuolo  Manfredo,  che  fii  poi  -capo  della 
linea  di  Cardeto.  Perlocché  svegliossi  tanta  furia  di  dissensioni 
nelle  loro  famiglie,  e  fu  cosi  pronto  l'intervento  di  Imperiali^ 
di  Francesi ,  di  Sa voini ,  e  de'  Visconti ,  che  il  marchese  Fede- 
rico li,  nipote  dell'or  nominato  Federico  I,  stretto  dalle  armi 
di  Savoja  ,  gettossi  nelle  braccia  della  Francia  ,  in  poter  della 
quale  l'anno  1 3^5  diede'  Carmagnola ,  che  il  padre  suo  Tom- 
maso nel  i336  aveva  munita  di  nuove  fortificazioni.  Addi  11 
di  maggio  di  quell'anno  prestò  omaggio  al  governatore  del  Del- 
finato  ,  il  quale  vi  fece  tosto  innalzare  le  armi  regie,  e  mandò 
truppe  in  soccorso  del  marchese. 

Guidone  de'  Morgiis  luogotenente  e  capitano  generale  in  Pie- 
monte del  re  di  Francia ,  e  del  DelGno ,  ricevuto  il  giuramento 
di  fedeltà  dal  comune  di  Carmagnola ,  gli  confermava,  secondo 
le  già  fatte  promesse ,  tutte  le  franchigie  :  in  virtù  delie  quali 
potesse  cangiare,  e  riformare  a  piacimento  i  proprii  statuti,  e 
gli  officiali  del  re  dovessero  osservarli  :  fo.sse  lecito  ai  carma- 
gnolesi  di  condursi  nel  Delfinato,  e  di  esercitarvi  la  mercatura 
senza  pagare  alcun  dritto  o  gabella  :  non  potesse  il  Re  od  il 
Delfino  trasferire  ad  altri  Carmagnola  con  tutte  le  sue  perti- 
nenze fuorché  al  marchese,  ed  a' suoi  successori:  dovesse  con- 
servare tutti  i  diritti ,  gli  onori ,  e  mantenere  i  confini  del  ter- 
ritorio con  le  ripe  del  Po  ,  e  far  restituire  al,  comune  il  ca- 
stello ,  ossia  Motta  di  Gardeglio  occupata  dal  conte  di  Savoja: 
non  potesse  levare  per  servizio  delle  armi  regie ,  se  non  la 
metà  de'  capi  di  casa  ,  i  qnali  fossero  tenuti  a  servire  soltanto 
.  quindici  giorni  nell'anno. 

Per  si  fatto  modo  Carmagnola  che  nelle  precedenti  guerre 
non  fu  ni^i  presa  da'  suoi  nemici ,  benché  soventi  volte  da  loro 
assalita ,  venne|  tranfquillamcnte  in  potere  della  Francia. 

Nel  settembre  del  i4<)9  avendo  Genova  discacciati  i  francesi 
ristucca  del  loro  governatore  Buccicaldo,  fece  questi  nell'otto- 
bre alleanza  col  principe  d'Acaja^ 


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5^  CARMAGNOLA. 

I  cannagDolesi  essendosi  avveduti  che  il  loro  governatore  ac 
cosUvasi  a  quella  lega  ,  e  che ,  peggiorando  le  cose  dei  (m- 
cesi  ìq  Italia  y  correvano  riscbio  di  essere  da  loro  abbaodoDat 
indussero  il  marchese  Touiniaso  II  di  Sai  uzzo ,  cbe  a  quei  I 
eraòi  ritirato  a  Valfenera ,  a  condursi  nel  loro  paese ,  e  fatti 
le  necessarie  proteste  in  favore  della  Francia  ,  scacciarooo  iJ 
governatore  col  presidio  francese  nell'agosto  dèi  i^^o]  presU- 
rono  giuramento  di  fedeltà  al  marchese ,  che  confermò  tutte 
le  loro  franchigie. 

Venne  allora  Buccicaldo  con  le  schiere  collegate  ad  as<;<(ii3i 
Carmagnola  ,  e  ne  devastò  il  territorio;  ma  invano  adopero»»! 
ad  occupare  la  città  ,  che  annata  si  difese ,  finché  soccorsa  di 
Facino  Cane ,  fu  rotto  Buccicaldo  ,  e  scacciato  coi  francesi  di 
lUlia. 

Fra  la  gioventù  carmagnolese  che  si  distìnse  in  queste  »- 
zioni  eravi  quel  Francesco  Bussone ,  che  poi  col  soprauoocBe 
di  Carmagnola  divenne  quel  grande  capitano  ,  da  coi  si  m 
spesso  dipendere  la  sorte  dei  principi  d'Italia ,  come  si  Ted» 
in  appresso. 

La  pace  che  nell'anno  seguente  si  conchiuse  fra  il  nurcoc* 
se,  ed  il  principe  d'Acaja,  fu  rotta  nel   i/^iià  pero^i^^^^ 
castello  di  Fortepasso. 

Mei  di  la  di  giugno  del  1 416  il  principe  a jutato  dalle  truffe 
del  conte  Amedeo  Vili  di  Savoja ,  le  quali  sommaTano  a^esU 
mila  uomini ,  costrinse    alla  resa  il  castello  della  Hott^  H 
Isnardi  ,  e  dopo  due    giorni    prese    il  castello   di  Ternavasio. 
Ebbe  quindi  altri  vantaggi  nel  marchesato  ;   onde  il  n^^ 
aderì  di  prestare  omaggio  al  conte  Sabaudo  :  e  doveodo  p 
i  sindaci  dei  cc^muni  prestare  giuramento  di  fedeltà ,  ^^  F 
starono   per    Carmagnola    Giacobino  de'  Casuli ,  ^à  t^ 
Bri  zio. 

Ritornò  allora  la  pace  a  spandere  i  suoi  doni  su  Carindo" 
in  presso  il  fine  di  questo  secolo;  e  specialmente  sotto  i  ^ 
chesi  Ludovico  I,  e  Ludovico  II  vi  sorsero  nuovi  edifi*';  ^ 
città  divenne  più  florida. 

Nel  1438  il  marchese  Ludovico  I  dava  al  suo  figK^  P^''"^ 
genito  il  proprio  nome  ^  e  ad  un  tempo  il  titolo  di  conl^ 
Carmagnola;  titolo  che  portarono  quindi  i  primogeniti  ^^' ^ 
cessivi  marchesi. 


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CARMAGNOLA  599 

Nuova  guerra  per  causa  di  omaggi  insorse  tra  il  duca  di  Sa- 
Toja  ,  e  il  prìncipe  Saluzzese:  laonde  il  duca  radunato  un  eser- 
cito di  venticinquemila  uomini  ,  coirajuto  del  duca  dì  Milano, 
e  degli  Svizzeri  assediò  Carmagnola  ,  e  la  costrìnse  alla  resa. 
Cadde   allora  in  suo  potere  ogni  altra  parte  del  niarcliesato. 

Fu  poi  Carmagnola  consegnata  a  Francesco  di  Savoja  arci^ 
vescovo  di  Auf^zio  del  duca,  siccome  persona  neutra,  mentre 
pendevano  nuove  trattative  fra  il  duca,  e  il  marcliese. 

Morto  il  duca  nel  1490,  il  marchese  addimandò  soccorso  da 
Liudovico  Sforza  signor  di  Milano ,  e  postosi  a  campo  tra  Ca- 
rignano  e  Carmagnola  indusse  la  vedova  duchessa  Bianca  di 
Monferrato  ,  cbe  in  quella  città  risiedeva  ,  a  ridonargliela. 

In  Carmagnola  il  marchese  Michel  Antonio  ebbe  a  ricevere 
con  magnifiche  feste  (i5o7)  il  re  di  Francia  Ludovico  Xllnel 
suo  ritorno  dalPìmpresa  di  Genova. 

Questo  secolo  fu  in  appresso  pieno  dì  triste  vicende  per  Car- 
magnola :  che  gli  imperiali  ,  condotti  da  Prospero  Colonna  ,' 
cacciati  avendo  nel  ìSih  i  francesi  al  di  là  dall'alpi,  un  grosso 
esercito  di  loro  guidato  dal  marchese  dì  Pescara,  e  dall'abate 
di  Nazaret  entrò  nel  marchesato  ,  s'impadroni  di  questa  città 
mettendola  a  sacco  ,  e  quel  ch'é  peggio  ,  venne  con  esso  una 
fierissinìa  peste,  per  cui  vi  perirono  moltissime  famìglie,  a  tal 
che  il  consiglio  sino  al  iSa^  più  non  si  potè  radunare  nel  nu- 
mero consueto.  Allora  fu,  cbe  dodici  capi  di  famiglia,  che  an- 
darono salvi  dalla  pestilenza ,  invocarono  il  patrocinio  di  Maria 
Vergine  concetta  senza  peccato,  facendo  il  voto  di  quel  severo* 
digiuno  che  tutt'ora  s'osserva  nel  giorno  7  di  dicembre. 

Filippo  di  Savoja  duca  di  Nemours,  ebbe  quindi  dall'impe- 
ratore l'investitura  di  alcuni  luoghi  del  marchesato,  ed  occupò' 
Carmagnola  ;  d'onde  per  altro  venne  presto  discacciato  dal  mar- 
chese ,  che  accorso  con  un  buon  nerbo  di  truppe  di  Francia 
la  ricuperò  con  tutto  lo  stato.  Disgustato  poi  de'  francesi  erasi 
unito  agli  imperiali  ;  ma  essendo  questi  passati  con  Carlo  V 
all'impresa  di  Provenza  ,  i  francesi  rinforzati  da  im  corpo  di 
dieci  mila  italiani  sotto  la  condotta  del  conte  Guido  Ran- 
gone ,  si  portarono  a  Carmagnola ,  e  l'ebbero  a  patti  nel  giorno 
26  di  novembre  del  i536. 

Parti  dopo  tre  giorni   il   Rangone  ,   lasciandovi  un  presìdio 
sotto  il  comando  di  Stefano  della  Balìa  modanese. 


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eoo  CARMAGNOLA 

Ritornati  gli  imperiali  dall'infelice  impresa  di  Provenza  ,  il 
marchese  Francesco  rivolgeva  un  grosso  esercito  per  ricuperar 
Carmagnola  j  e  avevane  già  presi  i  sobborghi ,  e  la  stessa  cit- 
tà y  e  disegnava  il  luogo  per  piantare  una  batteria  contro  il 
castello  y  e  già  di  per  se  ,  facendo  l'uffizio  di  bombardiere  , 
aveva  sparati  due  colpi  di  cannone  ,  *quaudo  fu  ucciso  da  un 
colpo  di  moschetto  trattogli  dalle  ferritoje  deUe  mura  nel  di 
a8  di  marzo  del  i538.  Volendo  i  due  comandanti  imperiali 
Maggi  da  Napoli .  e  Brunoro  da  Tiene  vendicarne  la  morte  , 
assaltarono  la  rocca  cosi  ferocemente,  che  in  breve  ora  vi  fa* 
rono  dentro.  Difendevala ,  come  si  è  toccato  di  sopra,  pei  fran- 
cesi il  capitano  Stefano  della  Balia  con  appena  ducento  italia- 
ni ,  i  quali  non  la  cedettero  che  al  numero.  Il  marchese  del 
Vasto  capitano  generale  diede  il  barbaro  esempio  di  far  impic- 
care il  capitano ,  e  condurne  i  soldati  alle  galere. 

Il  marchese  Francesco  vi  fu  onoratamente  sepolto  nella  chiesa 
collegiata. 

Qui  non  finirono  i  tristi  casi  della  città;  perocché  il  Dumiera 
disceso  dall'alpi  con  venturieri  tedeschi  la  restituì  l'anno  stesso 
alla  Francia  ,  che  la  ritenne  sino  al  i543-  In  quest'anno  il 
marchese  del  Vasto  di  concerto  col  duca  di  Savoja  fece  tentar 
Carmagnola  da  Federico  di  Dovera  ,  e  da  Ludovico  Vistarino 
governatore  di  Chieri ,  famosi  capitani  imperiali.  Questi ,  pas- 
sato il  Po,  sconfissero  e  fecero  prigione  il  signor  d'Ossat,  che  tenea 
Carmagnola  pel  re  di  Francia,  ed  avea  voluto  andarli  ad  affrontare 
contro  il  parere  di  Bernardino  Vimercato  capitano  d'uomini  d'arme, 
ed  ebbero  perciò  in  poter  loro  senza  contrasto  questa  piazza  impor- 
tante-, che  per  altro  fu  in  breve  ricuperata  dai  francesi  sotto  il 
comando  del  duca  D'Enghien ,  il  quale  vi  pose  il  suo  quartier 
generale  ,  e  fece  stringere  Carignano  d'assedio. 

Mosse  da  Asti  il  marchese  del  Vasto  per  soccorrere  Carigna- 
no, e  giunto  a  Ceresole  con  un  poderoso  esercito  voleva  pie- 
gare verso  i  boschi  di  Ternavasso  per  ischivar  Carmagnola  , 
quando  vide  l'esercito  di  Francia  che  avauzavasi  ad  affrontarlo. 
Era  la  seconda  festa  di  Pasqua,  il  di  i4  di  aprile  del  i544* 
presero  i  due  eserciti  posizione  sui  poggi  che  stanno  in  quei 
dintorni  presso  il  confine  dei  due  territori  :  si  appiccò  la  mi- 
schia con  grand'impeto:  i  francesi  riportarono  quella  piena  vittoria 
che  chiamasi  di  Ceresole,  con  la  morte  di  settemila  e  più  im* 


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CARMAGNOLA  6oc 

penali  :    dalla  quale  celebre  vittoria  derivò    la  salvezza    della 
Francia,  ed  una  pace  per  lei  vantaggiosissima. 

Fra  i  carmagDolesi ,  che  combatterono  in  questa  sanguinosa 
battaglia  unitamente  ai  Francesi,  segnalossi  Gian  Giacomo  Pi- 
scina ,  che  ebbe  in  premio  di  poter  inserire  nel  suo  stemma 
gentilizio  la  regia  insegna  de'  Gigli. 

Carmagnola  alla  pace  rimase  col  marchesato  alla  Francia  , 
che  vi  pose  a  gran  giudice  e  vice-siniscalco  Bartolommeo 
Braida  di  Sommar  iva ,  e  conservolle  tutti  i  privilegi. 
.  Nel  i588  la  soi^rese  il  duca  Carlo  Emanuele  I ,  il  quale 
nella  notte  del  a8  di  settembre  fece  secretamente  andare  tre 
corpi  di  truppe  a  quella  volta.  (Giunse  il  primo  due  ore  avanti 
giorno  ,  ed  occupò  in  un  subito  due  bastioni  della  città  mal 
custoditi;  ma  corsi  i  cittadini  all'armi  ne  trattennero  l'impeto, 
mentre  il  castello  ,  in  cui  era  il  deposito  di  quattrocento  can- 
noni ,  si  mise  a  bersagliarlo  con  numerosi  colpi.  Non  ancora 
sostenuto  dal  secondo  corpo  guidato  dal  conte  Provana  di  Fros- 
sasco  ,  che  aveva  nella  notte  smarrito  il  cammino ,  cedere  do- 
vette forzatamente  il  campo.  In  quel  frattempo  giungeva  il  duca 
col  fiore  de'  suoi  gen^luomìni  ,  ricominciava  l'assalto  ,  ed  al- 
l'arrivo del  terzo  corpo  s'impadroniva  della  città  ,  che  per  gli 
ordini  di  lui  fu  salvata  dal  sacco.  Ancor  faceva  una  viva  re- 
sistenza il  castello  ;  ma  venuti  al  duca  quindici  cannoni ,  con 
cui  prese  a  batterlo  senza  posa,  e  mancando  inoltre  di  viveri 
il  presidio  ,  a  buoni  patti  si  arrese. 

Il  vincitore  trovò  in  questa  piazza  quatti ocento  cannoni,  e 
grandi  provvigioni  guerresche  di  ogni  sorta  ivi  dai  francesi  con- 
dotte per  la  difiesa  del  marchesato  ,  e  per  le  imprese  d'Italia. 

Non  ostante  le  grandi  querele  che  per  ciò  mosse  la  Francia, 
rimase  Carmagnola  in  potere  del  duca  ,  e  gli  spagnuoli  come 
suoi  ausiliari  la  occuparono  con  grossa  guarnigione  nel  1600. 

La  città  ed  il  territorio,  fra  le  gravezze,  che  furono  conse- 
guenza di  questa  guerra  ,  vennero  assoggettati  alla  bannalità 
dei  forni  pubblici  nel  1602.  Verso  il  fine  di  questo  secolo  si 
volle  anche  infeudare  i  borghi  della  città,  ma  ciò  mal  soffe- 
rendo  gli  abitanti,  amarono  meglio  sborsare  con  forti  sacrifizi 
le  somme  per  tale  oggetto  richieste. 

Carmagnola  rimase  allora  decorata  di  titoli ,  e  carica  di  deb- 
biti ,  dei  quali  sente  il  peso  ancor  di  presente 


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6o2  CARMAGNOUk 

Sotto  i  marcbesì  aveva ,  dopo  Saliaxo,  il  primo  lao^  :  i  ducti 
le  approvarono  il  titolo  di  città ,  ch'essa  già  pretendeva  di  areit 
le  veniva  questo  titolo  confermato  un   secolo  dopo.  Fu  ella  pdf 
qualcbe  tempo  riguardata  come  capo  di   una  provincia  che  por* 
tavaue  il  nome.    Verso  il^  fine   del  secolo  dec'.mosctttiuo  pren- 
deva i  titoli  di  contessa  di  Salsasto,  di   s.  Bernardo,  di  s. Mìr 
chele,  di  s.  Grato,  di  san  Giovanui,  e  di  signora  di  sao  ?i^ 
tro.    Ponea  perciò  la  corona  comitale  sopra   il  suo  stemma  for- 
mato da  un  C  in  campo  auurro  nella  metà  superiore,  ed»' 
genteo  nell'altra  ,    col  motto  dot  candida    cado.    Due   delEci 
composero  il  C,  ed  altri  due  si  frammischiarono  al    cooton» 
dello  stemma  ,  quando  la  città  facea  parte  del  Deificato.  En 
nel  1792  divenuta  cosi  molesta  l'esazioDe  dei  dritti  de' pubUxi 
forni ,  che   esacerbata  la  popolazione  tutti  li  mise  a  terra  m 
una  notte.  Airesercizio  di  tale  diritto    fanne    allora    sunt^ 
un  altro  che  pagasi  tuttora  per  sei  piazze  da  pristina jo,  cTeDoe 
aggiunto  un  aumento  sul  testatico. 

La  pe^te    tornò    a  rincrudire    negli    anni   1 63o   e   i63i  ^  e 
cosi  per  questa  calamità,  come  per  le  incessanti  coatréanoaij 
da  cui  venne  aggravata  Carmagnola ,  fu  i^idotta  a  molto  porcra 
condizione.  Il  cardinale  Maurizio  di  Savoja,  Tanno  t6S8  teoto 
di  occuparla  per  segrete  iutelligenze    con    alcuni   òttadim,  | 
quali    scoperti    furono    posti    a    morte.     In     questo  temfo  i 
francesi  tenendo  Carmagnola  per  la  reggente  ,    sotto  pretesto 
di  aggiungere  alla  città   nuove   fortificazioni ,   atterrarono  1  tre 
grossi  borghi  ,   che  ornati  di    belle   chiese ,  e  di  eleganti  !«>" 
briche  stavano    intorno    ad  essa.    Ma  sorsero  in  breve  a  qu»" 
che  maggiore  distanza  i  tre  nuovi    borghi  di   s.  Giovanni, 
s.  Michele ,  e  di  s.   Bernardo  ,  che    hanno  ciascuno  la  f^ì 
parrocchia  • 

Nella  guerra  del  1690  il  maresciallo  francese  Catinat  T»p<J 
l'assedio  ,  ed  eutrovvi  per  trattato  il  di  9  di  luglio  àopo  àa^ 
giorni  di  aperta  trincea.    La  facilità  di  questa  impresa,  co"* 
se  n'ebbe  dappoi  la  certezza  ,  fu  dovuta  alle  sécrele  pr^tttc  ^; 
che  il  niaresL'ialIo  tenne  con  alcuni  de' principali  cittadin». 
virtù  del  trattato  usci  libero  il  presidio  di  due  mila  voaitoi^ 
gran  parte  valdesi.  Ben  tosto  Catinat  cinse  la  fortezza  di  »"^^ 


bastioni,  e  di  altri  ripari,  obbligando  a  siflatti  hvoriogoi 
tadiiio  senza    eccezione  di  stato  -,  ma  fu  l'opera  interrotta  ^ 


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CARMAGNOLA  6o3 

di  28  di  settembre  ;  perchè  il  duca  Vittorio  Amedeo  II  accoiu- 
pagnato  dal  principe  Eugenio  di  Savoja ,  che  era  alla  testa  di 
trenta  mila  tedeschi ,  dopo  dieci  giorni  di  vigorosi  assalti  s'im- 
padroni  di  questa  piazza  y  donde  uscirono  con  armi  e  bagaglio 
i  francesi. 

Cessarono  gli  assedi  di  questa  città  dopo  il  1690.  Il  trattato 
di  quest'anno  restituiva  al  duca  Pinerolo  con  le  sue  valli ,  e 
portara  le  frontiere  di  Francia  sino  alla  sommità  delle  alpi,*  e 
perciò  Carmagnola  non  essendo  più  piazza  di  confine  ,  le  sue 
fortificazioni  giudicate  d'inutile  difesa  contro  Mi  nemico,  e  ca- 
paci di  ofiesa  alla  vicina  capitale  ,  vennero  demolite. 

Il  territorio  ciò  nondimeno  verso  il  fine  del  secolo,  xvii  sog- 
giacque alla  totale  devastazione,  ordinata  dal  superbo  Louvois 
ministro  di  Luigi  XIV  ,  ed  eseguita  barbaramente  dal  mare- 
sciallo Catinat;  in  guisa  che  il  duca  Vittorio  Amedeo  vide,  pas- 
sandovi ,  tale  nudità  ,  ed  udì  tali  grida  de'  famelici  abitatori 
del  già  fecondo  paese,  che  nelle  mani  loro  versò  quanto  da- 
naro aveva  ,  generoso  atto  prontamente  imitato  dalle  persone 
del  suo  corteggio;  ed  anzi  da  somma  pietà  commosso,  levatasi 
la  collana  guernita  d'oro  e  di  gemme  a  quegli  i  A  felici  anche 
la  diede. 

Nel  1799  i  repubblicani  francesi  che  avevano  invaso  il  Pie- 
monte ,  ed  espulsone  il  re  ,  dopo  più  sconfitte  avute  dagli 
austro-russi  in  Lombardia,  si  ritiravano  in  Francia:  non  pochi 
di  essi  passavano  alla  spicciolata  pel  borgo  di  Salsasio  su  que- 
sto territorio  :  si  risvegliò  contro  di  loro  l'antico  odio  dei  car- 
magnolesi ,'  la  cui  patria  era  stata  un  tempo  manomessa  cotanto 
dalle  truppe  di  Francia:  il  loro  odio  si  accrebbe  per  gli  eccita- 
menli  di  alcuni  rifuggiti  nizzardi. 

I  piccoli  corpi  di  quei  repubblicani  dapprima ,  e  poi  anche 
i  corpi  più  numerosi  furono  presi  e  disfatti  dai  contadini.  Que- 
sti successi  accrebbero  il  novero  e  l'audacia  degli  assalitori , 
che  sebbene  male  armati,  e  peggio  ordinati  a  Salsasio,  ed  a 
Fortepasso  ,  poterono  ciò  nondimeno  mettere  in  fuga  alcune 
centinaja  di  cavalli  mandati  loro  incontro  da  Torino. 

II  governatore  f  rassìnet  vedendo  crescere  il  pericolo,  poiché 
i  sollevati  s'ingrossavano  del  concorso  degli  astigiani  ,  e  delle 
popolazioni  della  pianura  sino  al  numero  di  settemila  ,  1  ac- 
colse uomini  quanti  potè  dai  vicini  presidii ,  e  in  un  col  rio- 


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6o4  CARMAGNOLA 

forzo  dei  barbetti  scesì  giù  dalle  loro  Talli  j  formò  un  corpo 
di  quattro  mila  yalorosL  Con  questi  giunto  presso  ai  solierat 
mandò  un  parlamentario  a  loro  intimare  la  somuiissioDe  ;  ( 
gli  fu  risposto  che  sarebbesi  conceduto  a*  francesi  libero  ii  pavso 
per  la  loro  patria  ,  purché  deponessero  le  armi ,  ed  il  ba- 
gaglio. 

Era  il  1 3  di  maggio:  arderano  ì  sollevati  di  sdegno,  e  di 
coraggio  ;  ma  non  avevano  capo  che  li  dirigesse ,  né  onLoe 
alcuno  fra  loro  :  perciò  il  generale  francese  ,  veduta  da  di 
canto  l'inutilità  di  ogni  altra  via  ,  e  considerato  dairaltro  il 
temerario  ardire  de'  suoi  nemici  ,  che  venivano  ad  assalirlo 
nella  pianuri(,  munito  com'eia  di  molta  artiglieria,  colle udiU 
forze  de' suoi  corpi  si  cacciò  nelle  file  dei  sollevati,  che  iosio 
a  posero  in  fuga  ,  e  si  ritrassero  in  mal  ordine  insino  al  borgo. 

Ivi  concentrati  opposero  una  gagliarda  resistenza,  ma  in- 
darno. Il  cannone  francese  ruppe  la  campana  della  chiesa,  cbe 
suonava  a  stormo,  ed  atterrò  i  ripari.  Le  fiamme  dooioarooo 
ben  presto  il  borgo ,  e  ne  furono  arse  cento  treotaquattro  ca- 
se. Di  cento  «cinquanta  mila  lire  ne  fu  il  danno  :  cento  qa^ 
Tanta  sollevati  perirono  nella  zuffa,  gli  altri  per  le  foJtefflf*** 
andarono  salvi. 

In  cosi  funesta  occasione   gli  amministratori   di  Caimagno 
si  coinpoitarono  con  molta   saviezza  :   scaiuparooo  dalie  lua 
dei  villici  quanti  infelici  soldati  vi  si  erano  rifuggiti,  eDepT^ 
sero  molta  cura:  la  città  essendo  rimasta  vuota  dì  aJwtatori^^ 
mantennero  essi  fermi  al  loro  posto.  Quando  il  generale  lian- 
tese  si  appressò  alle  murargli  andarono  al  Fincon  ti  o  preseo 
dogli  un  centina jo  di  francesi  conservati  sani  e  salvi  per  opo* 
loro. 

Questa  condotta  dei  savii  amministratoli  meritò  che  u  B^ 
rale  tuttoché  irritato  liberasse  la  città  dal  saccheggio ,  <^  da 
disastri  ,    e   stesse    contento  a   riscuotere  una  contribuzioo 
sessanta  mila   franchi.  La    sola    casa  Lionne    provò  sgrai^^ 
mente  Tira  del  vincitore.  . 

Per  dar  lode  al  vero  si  deve  qui  notare  un  grave  errore 
dizionario  geografico  universale   statistico    stampato  in  Veo 
in  questi  ultimi  anni.  In  tale  opera  all'articolo  Carmagno 
appone  ai  villici  carmagnolesi  la  taccia  d'esser  eglino  «**" 
accesi  dallo  spirito  della  francese  rivoluzione ,  che  inT^^^^ 


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CARMAGNOLA  6o5 

ì  canti  e  le  danze  chiamate  Carmagnole  j  le  quali  furono  in 
Francia  il  preludio  delle  più  sanguinose  tragedie.  L'autore  della 
corogra6a  deiritalìa  ricopiò  il  medesimo  errore,  il  quale  è  fa- 
cile che  sia  riconosciuto  da  chiunque  ponga  mente  che  quegli 
orrori  succedevano  in  Francia  più  anni  avanti  che  i  francesi 
discendessero  in  Italia  ad  insegnare  quei  tremendi  canti,  e  ad 
infondere  quel  turbolente  loro  spirito  :  ed  i  carmagnolesi  cch 
fatti  ora  esposti  dimostrarono  tanta  opposizione  a  quello  spirito 
da  non  immaginarsi  mài  che  loro  venisse^ un  giorno  attribuita 
l'invenzione  di  quei  balli  e  di  quegli  inni  feroci. 

Statuti,  ed  amministrazione  pubblica.  Ordinava  questa  città 
i  suoi  statuti  nel  i336>  gli  riformava  nel  i345v  e  quindi  negli 
anni  i4o6  e  i479*  Venivano  essi  raccolti  in  un  volume  in  per- 
gamena divisi  in  dieci  capi  che  trattano: 

1.  Della  giustizia,  e  delle  cose  appartenenti  al  dritto  civile. 

2.  Dei  malefizi,  e  delle  cose  criminali. 

3.  Delle  paghe  del  clavario,  e  notajo  per  affari  civili  e  cri- 
minali ec. 

4*  Del  consiglio  ,  e  delle  cose  al  consiglio  spettanti. 

5.  Degli  «officiali  della  comunità.  ' 

6.  Dell'imposta,  e  dell'esazione  delle  taglie. 

7.  Dei  rivenditori  al  minuto. 

8.  Delle  arti  e  dei  mestieri. 

9.  Dei  canipari,  e  dei  danni  campestri. 

10.  Dei  negozi ,  e  di  cose  diverse. 

Era  la  città  rappresentata,  ed  amministrata  da  quaranta  con- 
siglieri,  metà  nobili,  e  metà  popolani,  che  venivano  cangiati 
ogni  sei  mesi ,  e  ciascuno  di  essi  aveva  qualche  uffizio  partico- 
lare. Vi  erano  in  capo  due  sindaci  della  libertà,  e  due  del 
comune.  Al  consiglio  presiedeva  il  castellano,  che  surrogato  da 
un  podestà ,  o  giudice  verso  il  fine  del  secolo  xv,  doveva  es- 
sere cangiato  in  ogni  anno  sulla  proposizione  del  consiglio  , 
come  pure  il  clavario,  ed  il  cavaliere  di  giustizia,  il  quale  era 
un  commissario  aggiunto  al  tribunale.  Quando  Carmagnola  di- 
venne piazza  forte ,  e  sali  a  stato  più  florido  ebbe  un  gover- 
natore con  un  militare  presidio  secondo  che  lo  addimandarono 
le  circostanze. 

Il  numero  de' consiglieri  fu  ristretto  quindi  a  trentasei,  po- 
scia a  diciotto,  ed  infine  per  l'editto  del  29  di  aprile  del  1733 


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6o6  CARMAGNOLA 

venne  ridotto ,  come  bei  luoghi  cospicui ,  a  seSunitamente  ad 

un  sindaco. 

Per  le  calamità  de' tempi  essendo  venute  meno  varie  fami- 
glie carniagnolesi  dichiarate  nobili  dal  marchese  Manfredo  IV^ 
diciotto  famiglie  dal  consiglio  prescelte  a  quelle  furono  sur- 
rogate nel  1476  dal  marcliese  Ludovico  II  perché  avef^serofine 
le  gare  che  per  ciò  vi  erano  nate.  Nel  i555  il  vice -siniscalco 
Boerio  diede  una  sentenza ,  colla  quale  defini  le  nuove  liti,  che 
allo  stesso  proposito  erano  ìd sorte. 

Famiglie  illustri,  i.  Fra  le  più  cospicue  famiglie  di  Car- 
magnola vuoisi  dapprima  distinguere  quella  die  piglionne  il 
nome,  e  si  sparse  nel  marchesato  di  Saluzzp,  e  nella  città  fio- 
riva sotto  i  marchesi  Manfredo  I ,  e  Manfredo  IL  Vi  aveva 
essa  molte  giurisdizioni,  e  possedeva  le  decime  di  Val  di  Po, 
che  vendette  quindi  alle  monache  di  Rifreddo. 

Sì  hanno  quindi  a  notare  : 

a.  I  Cassali  signori  di  Montalto  ,  della  qual  signoria  Gio- 
vanni e  Martino  nel  1369  ebbero  la  conferma  dal  marchese 
Federigo  a  nome  di  Bernabò  Visconti.  Giacobino  Cassulì  fu  sin- 
daco di  Carmagnola  nel   1416. 

3.  I  Gatti  nobili  feudatarii  ebbero  Antonio  giudice  di  Mon- 
dovi  nel  i3oo,  ed  un  altro  dello  stesso  nome  vicario  generale 
di  Saluzzo  nel  i44i  7  ^  quindi  di  Asti  per  i  francesi.  Il  fi- 
gliuolo di  lui  Alberto  ,  eccellente  giureconsulto ,  fu  generale 
vicario  del  marchese  Francesco  di  Saluzzo,  e  presidente  pei 
francesi  a  Torino.  Nella  chiesa  di  s.  Agostino  di  questa  capi- 
tale giace  la  spoglia  mortale  di  lui. 

4-  I  Pagni,  discendenti  dai  Baldisserii,  nel  i34o  consignorì 
di  Castiglione ,  ebbero  un  Giordano  abate  del  Yillar  s.  Costan» 
zo  ,  ed  un  Giovannino  ambasciatore  del  marchese  Tommaso 
di  Saluzzo  al  marchese  di  Monferrato. 

5.  I  Ternavasìi  dal  capitello  dt  questo  nome  appellati  ebbero 
un  Bonino,  che  nel  i363  fu  con  Giovanni  Cassuli  sicurlà  del 
marchese  Federico  al  conte  di  Savoja  per  la  somma  di  otto 
mila  fiorini. 

6.  La  nobile  famiglia  dei  Gavazza  fu  anche  dichiarata  no- 
bile in  Saluzzo  nel  i33o  dal  marchese  Manfredo  lY.  Aveva 
essa  palagio  nelPuna  e  nell'altra  città,  e  possedeva  molti  feudi. 
Si  apparentò  cogli  Orsini  di  Rivalta  ,  e  coi  Rotari  di    Pralor- 


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CARMAGNOLA  607 

mo:  dì  questi  furono  Galeazzo ,  il  primo  che  trasportò  la  sua 
famiglia  iu  Saluzzo  circa  il  i45o ,  e  vi  fu  vicario  del  marchese 
Ludovico  II  ;  uu  G  iovanni  giurista  di  grido ,  vicario  di  Belluno 
nel  1460  ,  e  senatore  del  parlamento  di  Grenoble;  un  Tom- 
maso, podestà  di  Carmagnola;  un  Francesco  vicario  del  mar- 
chese, menzionato  con  onore  dall'Alberti  nella  sua  descrizione 
d'Italia;  un  Bernardino  valente  capitano  di  cavalli  ,  cavaliere 
de'  santi  Maurizio  e  Lazzaro  ,  luogotenente  di  Saluzzo ,  e  del 
marchesato  pel  duca  Carlo  Emanuele  II. 

7.  I  Rotari  signori  di  Pralornio,  e  di  Ceresole. 

8.  I  Cavalieri  originarii  di  quelli  di  Cirìè,  signori  di  Robas- 
somero  e  dì  Grosso. 

9.  I  Murialdì  originarli  dai  marchesi  di  Ceva.  Uno  di  essi 
che  in  istromento  dotale  del  1460  vien  detto  padre  di  Anto- 
nio e  di  Giorgio  condusse  in  isposa .  Catterina  Provana  di  Ca- 
rignano. 

10.  Vi  furono  eziandio  cospicue  le  famiglie  dei  Novaresi, 
dei  Rateri ,  dei  Gi velli  o  Zoelli ,  dei  Bucci ,  ed  alcune  altre 
delle  quali  si  farà  qui  appresso  menzione ,  parlandosi  di  per- 
sonaggi illustri  che  a  quelle  appartennero. 

Carmagnolesi  che  si  distinsero  nelle  lettere.  La  sola  famiglia 
Bucci  ora  estinta  noverò  cinque  scrittori  di  molti  riputazione. 

Fra  Gabriele  Bucci  ,  ministro  generale  della  religione  ago- 
stiniana fiori  verso  il  fine  del  secolo  xv.  Fu  questi  oratore  fa- 
condo. Esistono  di  lui  un  volume  mss.  in  8  in  pergamena  nella 
biblioteca  della  regia  Università  di  Torino,  vari  elogi  funebri, 
orazioni  e  discorsi  in  parecchie  circostanze  da  esso  composti  ; 
un  opuscolo  de  orìgine  loci  Carmagnoliae  ^  et  augmeniis  ejus^ 
dem  ;  un'operetta  de  origine  et  incr ementis  convcntus  patntm 
ord.  eremit,  sancii  Augustini  de  Carmagnola^  ed  alcuni  ser- 
moni ch'egli  recitava  in  festevoli  adunanze  ,  nei  quali  tutti  si 
ammira  la  sua  estesissima  erudizione. 

Domenico  Bucci  fu  filosofo  e  medico  di  molta  dottrina ,  sic- 
come lo  attestano  le  sue  questioni  medicinali  stampate  in  To- 
rino nel  i55i  ,  in  Venezia  nello  stesso  anno  dal  Grisio,  quindi 
in  Lione  nel   i555,  e  sei  anni  dopo  in  Parigi. 

Agostino  figliuolo  dell'anzidetto  Domenico  fu  medico,  filoso* 
fo  ed  oratore  di  molta  fama  nel  secolo  xvi.  Si  hanno  di  lui 
parecchi  trattati  di  medicina ,  alcune  orazioni ,  un  tiattato  di 


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6o8  CARMAGNOLA 

logica 9  un'opera  sulla  santa  Sindone,  una  storia  dei  marche»! 
di  Saluzzo  e  degli  uomini  celebri  di  quella  città,  storia  àt 
rimase  inedita.  Venne  dui  duchi  Emanuele  Filiberlo ,  e  Carie 
Emanuele  I  più  volte  mandato  ambasciadore  ai  principH  r^ 
guanti  di  Europa  :  nelle  quali  occasioni  diede  luminose  prur; 
delia  sua  rara  eloquenza  ,  principalmente  in  Roma ,  dove  fa 
ascrìtto  alla  cittadinanza ,  come  era  innanzi  stato  ascritto  a 
quella  di  Torino  ,  nella  cui  università  ebbe  per  lungo  temp 
la  prima  cattedra  di  filosofìa.  Torquato  Tasso  ne'  suoi  dialo- 
ghi della  Nobiltà  e  della  Dignità  lo  introdusse  fra  gli  inter- 
locutori. 

Domenico  Filiberto  Bucci,  figlio  di  Agostino,  scrisse  una  re- 
lazione del  solenne  battesimo  del  principe  Filippo  Emanuele  ci 
Savoja,  stampata  nel   1587. 

Filippo  Bucci  dottore  in  ambe  leggi  ,  e  distinto  poeta:  fa 
cancelliere  dell'ordine  dei  santi  Maurizio  e  Lazzaro;  morì  in 
Roma  nel  secolo  xvii:  si  hanno  di  lui  alle  stampe  non  pochi 
litici  componimenti. 

Pietro  Giacomo  Zoelli  celebre  medico  nel  secolo  in.  Scrisse 
una  dotta  opera  De  pestilenti  statu^  stampata  in  VeflOM  nel 
1557. 

Baldassare  Scaramelli  dettò  un  poemetto  in  ottava  rima  in- 
titolato il  Giudizio  di  un  nuovo  Paride,  che  fu  dato  alle  stampe'"^' 
i585  in  Carmagnola  coi  tipi  di  Marc'Antonio Bellone,  edi Giacomo 
Novarese,  unitamente  a  due  canti  di  un  poema  eroico  po^e '"^ 
ottava  rima  intitolato  Scanderbeck  ,  da  lui  dedicato  al  po'»' 
cipe  di  Bisignano  ,  Bernardino  san  Severino  ,  mentre  si  "scr- 
bava  di  dedicargliene  la  seconda  parte,  nella  quale  àasti^ 
▼arsi  anche  T Armida  ,  tragedia  che  aveva  poco  innaiwi  com- 
posta. Navigando  egli  da  Candia  a  Venezia  fu  da  una  prw*^'* 
spinto  nell'Albania  :  percorrendo  la  Grecia ,  ancor  fuitianlc  » 
vide  del  sangue  turco ,  per  le  imprese  dello  Scanderbeck,  ^ 
savo  del  principe  a  cui  dedicò  quell'opera.  Dopo  molli  sH^ 
ritornato  a  Carmagnola  vi  stampò  in  un  volume  i  sopraccw 
nati  suoi  scritti,  allettato  dalla  buona  stamperia  che  qmri^ 
vò;  aggiungendo  ad  essi  varie  liriche  poesie,  e  tre  piacevo 
novelle. 

Nicolò  Basterio  agostiniano  fu  professore  di  dottrine  teologa' 
che  neiruniversità  di  Pavia  :  stampò  un  trattato  del  «i^ 


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CARMAGNOLA  609 

ed  un  commentario  sopra  la  logica  di  Paolo  Veneto  coi  tipi  di 
Marc' Antonio  Bellone.  Carmagnola  1590 ,  un  volume  in  4*^ 

Francesco  Gallina  medico ,  e  filosofo  di  molto  grido  diede 
alla  luce  un  trattato  dei  bagni  di  Yiuadio,  e  di  Yaldieri ,  To- 
rino 1575 ;  addizioni  ed  annotazioni  ai  libri  di  Baldassarre  Pi* 
sanello,  Torino  1612.  Lasciò  pure  manoscritta  un'opera  Decu' 
ratione  mbrborum  ,  che  ,  secondo  il  Rossetti  ,  era  tenuta  da 
Baldassarre  Arpino  celebre  medico  del  secolo  xvi.  Lo  stesso 
Rossotti  ci  conservò  riscrizione  che  sul  sepolcro  di  lui  aveva 
fatta  porre  l'unica  sua  figliuola  Virginia. 

Francesco  Piscina  figliuolo  di  Gian  Giacomo,  e  padre  del  gran 
cancelliere,  fu  discepolo  del  celebre  Gian  Giacomo  Menochio ,  poi 
professore  di  leggi  nell'università  di  Mondovi.  Scrisse  un'  ragio- 
namento sulla  questione  An  statata  foeminarum  porrigantur  ad 
bona  forensia  \  ed  un  curioso  trattato  delle  figure  dei  tarocchi, 
cui  diede  alla  luce  in  Mondovi  l'anno   1570. 

Giorgio  Ripacara  dettò  un  faceto  libro  delle  cose  astrolo- 
giche ,  diviso  in  cinque  capitoli ,  che  fu  stampato  in  Carma^; 
gnola  nel   1587. 

Guglielmo  Baldesano  canonico  teologo  della  Metropolitana  di 
Torino ,  verso  il  fine  del  secolo  xvi  dettò  in  tre  volumi  in  fo- 
glio una  storia  delle  due  chiese  orientale  ed  occidentale  ,  di 
cui  monsignor  Paolo  Brizio  confessa  d'essersi  valuto  per  la  sua 
opera  intitolata  progressi  della  chiesa  occidentale.  È  danno  che 
il  Baldesano  non  abbia  avuto  tempo  di  dare  alle  stampa  la 
detta  storia ,  soprattutto  per  ciò  che  riguarda  la  chiesa  partico- 
lare del  Piemonte.  E  per  altro  molto  conosciuta  quella  che 
scrisse  intorno  alla  legione  Tebea;  e  note  pur  sono  le  sue  no- 
tizie relative  all'ordine  militare  dei  santi  Maurizio  e  Lazzaro , 
stampate  in  Torino  in  un  volume  in  quarto  Tanno  i6o4«  Di 
molta  utilità  fu  anche  giudicata  la  sua  opera  che  ha  per  ti- 
tolo stimoli  alle  virtù  cristiane  ,  stampata  in  Roma  nel  iSgo, 
in  Anversa  nel  1594  ,  in  Carmagnola  nel  iSgS  ,  e  nove  anni 
dopo  in  Colonia.  Lasciò,  come  si  é  di  sopra  toccato,  ogni  suo 
avere  ai  padri  gesuiti  per  l'erezione  di  un  collegio  di  educazione 
nella  sba  patria  ,  che  fu  poi  applicato  al  collegio  degli  stessi 
padri  in  Torino. 

Jacopo  Novaresio  fiori  sul  principio  del  secolo  xvn  :  posse- 
dette un  museo  di  naturali  cose  da  lui  raccolte ,  che  monsignor 
Dizion.  geogr,  ecc.  Voi.  IIL  3^ 


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«IO  CARMAGNOLA 

àtWtL  Chiesa  annoterà  va  fra  le  rarità  del  Piemonte:  scrisse  m 
libro  che  rimase  inedito  presso  i  suoi  figliuoli,  intitolato /^ir»- 
litos  PharmasiUf  diviso  in  tre  centarfe,  de  Lapidibus  ^  de  Htr- 
bis ,  de  aliis  medicinalibus  secretis. 

Carlo  Giovenale  Barberis  entrò  nella  religione  de' serrili 
l'anno  i656  ;  fa  predicatore  e  teologo  di  grido,  e  pubbli» 
molti  libri  di  voti,  di  cui  si  può  vedere  il  caulogo  presso  iw»- 
•ìgnor  della  Chiesa ,  e  presso  il  Rossetti. 

Giovanni  Antonio  Barberis,  padre  del  suddetto  Carlo  Giovenalf. 
fu  medico  ordinario  del  principe  Tommaso  di  Savoja.  Stan 
per  dare  alla  luce  varie  sue  opere  di  medicina;  ma  fu  io  quelli 
rapito  dalla  morte  nel  i665. 

Frahchi  Francesco  stampò  in  Carmagnola  l'anno  1687  ^ 
dramma  in  tre  atti,  intitolato:  La  pietà  vincitrice,  e  Tempi» 
domata  da  Carlo  Magno. 

Enrico  Batterò  professore  di  belle  lettere  a  Moncalieri  in- 
torno al  1640,  dettò  InterpreUttiones  in  orihographiam  maf 
stri  Stephani. 

Jacopo  Menzio  giurisprudente  di  gran  fama ,  Usóò  00  w- 
timo  trattato  de  lectione  librorum  jurisy  e  diverse  poesie,  if^" 
circa  il  1740  in  età  più  che  settuagenaria. 

Innocenzo  Romero  minor  osservante,  e  il  sacerdote  ran 
leone  da  Carmagnola  ,  diedero  alla  luce  libri  ascctià  ai  "*® 
utilità. 

Il  padre  Nicola  Roppi ,  e  il  padre  Francesco  Maria  F^^' 
gatta,  ambidue  agostiniani,  fecero  di  pubblica  ragione  iscoi* 
sacri ,  panegirici  ,  ed  altre  opere  di  vario  argomento. 

Il  padre  Carlo    Maria  Chiaraviglio  de'  chierici  minori  t^W" 
«Mrti ,  fu  sozio  di  molle  accademie  d'Italia  ,  ed  ebbe  in 
dia  il  nome  di  Giulindo  Leucadio.  Si  nota  questa  Y^^f'^K 
del  suo  arcadico  nome  ,  perchè  ad  esso  ,  con  trasposw^n 
lettere  ,  corrisponde  precisamente  quello  di,  Diunilgo  Va      ' 
autore  di  un'opera  in  versi  ottonari!  intitolata  lo  sco%i^<^ 
Vumamià  ,  ossia  avvertimento  salutare  alla  gioventù  f^^ 
telarsi  contro  le  insidie  delle  malvagie  donne  ;  operetta    P 
critico-poetico-morale.  Nel  secondo    tomo  della  sc**^  ' 
di  essa  fatta    in  Venezia    nel    1793,    trovasi  un'aggi"^* 
l'elogio  delle  donne  illustri  scritto  probabilmente  ^^'^'f***^^|\f 
calmare  lo  sdegno  con  cui  si  erano  rivolti  contro 


jiluitnol» 


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CARMAGNOLA  6ft 

fbmtninéy  é  non  potbi  aniaoti  de]  bel  tesso.  Credesi  con  fon- 
damento che  di  quell'opera  fosse  autore  il  pfedetto  padre  Chia^ 
raviglio.  Nel  1761  egli  avea  messo  alla  luce  in  Venezia  unTO- 
lumetto  col  titolo  divote  salutazioni  alla  Santissima  Vergine 
immacolata  ecc. ,  dedicato  ai  sindaci  ,  e  consiglieri  della  città 
dì  Carmagnola.  Quattro  anni  dopo  pubblicava  eziandio  in  Ve- 
nezia coi  tipi  dì  Pietro  Bassalia  ^  un  volume  in  4*^  contenente 
la  vita  del  venerabile  servo  di  Dio  Francesco  Caracciolo ^  fon- 
datore dell'ordine  de'  chierici  regolari  minori.  Questa  vita  è 
scrìtta  in  versi  esametri  latini. 

Di  tre  dei  Pellerì  ,  che  vissero  nel  secolo  passato,  !»i  dee  qui 
fare  menzione  :  Francesco  Antonio  fu  compositore,  ed  incisore  di 
prospettiva,  e  di  ornati:  Lorenzo  fu  buon  pittore  e  poeta ,  e  si 
hanno  di  lui  pregevoli  dipinti  e  poetici  componimenti:  l'av- 
vocato Francesco  Antonio  compilò  in  due  grossi  volumi  un'o- 
pera per  uso  dell'amministrazione  civica  della  sua  patria ,  e 
De  compose  un'altra  sulle  parrocchie  e  sui  borghi  di  Carma- 
gnola* 

Il  Sacerdote  Pietro  Peila  scrisse  un  eccellente  opuscolo  sulla 
coltura  dei  prati,  del  quale  in  breve  tempo  si  sono  fatte  cin- 
que edizioni. 

Ludovico  Peila  fu  molto  perito  di  fisica  sperimentale.  Nel 
1780  egli  fece  la  scoperta  dei  canellini  fosforici:  li  presentò  al 
re  di  Francia  e  all'Imperatore  d'Austria,  dai  quali  ebbe  ric- 
chi donativi. 

L'avvocato  Desiderio  Lionne  ritornato  in  patria  da  Napoli  , 
dov'era  applicato  all'ambasceria  di  S.  M.  il  re  nostro  signore, 
stampò  un'istruzione  utilissima  sull'epizoozia  ,  che  infieriva  nel 
territorio  di  Carmagnola  l'anno  1796. 

Il  padre  Vincenzo  Piola  scolopio  ,  che  fu  professore  di  ret- 
torica  in  Carmagnola  sua  patria,  pubblicò  nel  1817  una  bella 
orazione  funebre  in  tnorte  dell'abate  Ferrerò,  riformatore  delle 
scuole  di  questa  città.  Diede  pure  alla  hice  varii  lodati  com- 
ponimenti di  prosa,  e  di  poesia. 

Piacerà  che  si  rammenti  il  nome  di  Giuseppe  Turletti  nativo 
di  Raccoiiigi ,  morto  nel  i834  iu  Carmagnola  ,  dove  avca  fis- 
sato da  dodici  anni  il  suo  domicilio.  Dall'umile  sua  fabbrica  di 
stoviglie  assai  ben  poetava.  Oltre  molti  suoi  lirici  componimenti 
si  hanno  stampati  gli  ultimi  quattro  canti   da  lui  composti ,  e 


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6ia  CARHAGIfOLA 

il  compioMnto  del  settimo  ^  del  poema  epico  inttelato  M 
salvata^  che  il  ckìarìssimo  conte  Vincenzo  Harenco  laido  ooo 
compiuto.  Ne  Tenne  alla  luce  in  Carmagnola  nel  i833  «DT<h 
lume  in  I3. 

Il  padre  Diego  Bono  minor  ossenrante,  che  fu  tolto,  é  pò» 
tempo\  ai  vìventi,  fu  abile  pittore  :  si  hanno  in  Carmagoola 
varii  bei  quadri  del  suo  pennello. 

Le  scienze ,  e  le  buone  lettere  vantano  alcuni  carma^Iefl 
della  distinta  famìglia  Carena. 

Il  senatore  Paolo  Emilio  Carena  fu  in  questi  ultimi  tempi 
rìputatissimo  professore  di  leggi  in  questa  regia  università. 

Angelo  Carena  circa    la    metà    dello    scorso  secolo  fu  uno 
dei  principali  promotori    delle    ricerche  ,  e  delle  scoperte  u- 
cheologicLe  e  storiche  di  questa  parte  d'Italia.  Abbiamo  diloi 
nel  secondo  volume  de'  miscellanei   della   società  reale  ^co- 
matematica  di  Torino,  una  descrisione  col  titolo  observaùom 
sur  le  cours  du  Po  y  e  una  dissertazione  intomo  al  tempo  tf 
cui    fiorirono   Omero    ed    Esiodo  ,   stampata  nella  difesa  del 
Saggio  sopra  le  vicende  della  letteratura  di  Carlo  Deoio'*  ad- 
biamo  eziandio  una  sua  bella  descrizione  storica  di  Caio*^^'* 
È  però  danno  ch'essa  non  sia  terminata  ,  ed  abbi«  wolte 
cune.  Il  celebre  barone  Veri^azza  lo  teneva  in  gran  conto, 
alla  morte  di  lui  compose  la  seguente  iscrizione ,  cbe  gn  eg- 
gevasi  nell'or  distrutta  chiesa  parrocchiale  di  s.  MarcO)  \^ 
il  demolito  ponte  del  Po  : 

ANGELO  •  PAVLO  •  FBAVaSCO  .  CARElffAE 

IGIf AtI  •  MEDICI  •  F  •  CARMANlOIflISI 

TAVRIzn  .  IHCOLAE  •  UIDBMQVB 

EBGIAE  .  SOCIBTATIS  .  COiaBGAE 

REI  .  LITEBABIAB  •  IMMATVBE  .  AnEMPTO 

108EPH  .  VEMfAZZA  •  ALBAE  .  POMFEIAIT 

ABfflCVS  .  raFELIClSSlMVS  .  P 

▼IXIT  .  ARROS  .  ZXIX  •  IffERS  •  VI  .  DIES  •  X 

DECBSSIT  .  XVlI  .  KAL  .  ROVEMB  •  MDCCLXlX 

Carmagnola  si  onora  del  vivente  Giacinto  Carenai  p^' 
di  filosofia ,  professore  straordinario  degli  studi  fisici  Qcl  a 
già    accademia    militare  ,    sozio   e  segretario   della  acca 
reale  delle  scienze  per  la  classe  di  scienze  fìsiche  e  ma 
tiche,  e  sozio  per  la  classe  di  scienze  morali ,  storiche  e 


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CARMAGNOLA  6i3 

logiche  y  cavaliere  e  consigliere  dell'ordine  civile  di  Savoja. 
Di  questo  illustre  personaggio  sommamente  benemerito  delle 
scienze  filosofiche ,  delle  huone  lettere  y  e  dell'italica  favella  fu- 
rono date  alla  stampa  lodatissime  produzioni:  le  principali  sono 
le  «eguenti: 

Nei  volumi  accademici. 
Elogi: 

Del  dottore  Vittorio  Amedeo  Oioanetti. 

Del  professore  Carlo  Giovanni  Brugnone. 

Del  conte  Felice  Sammartino  Della  Motta. 

Del  professore  Anton  Maria  Vassalli- Bandi. 

Del  dottore  Lodovico  Bellardi. 

Del  conte  Antonio  Vagnone. 

Del  cavaliere  Giacomo  Vichard  di  Sanreal. 

Del  professore  Stefano  Borson. 

Del  professore  Giovanni  Antonio  Giobert. 

I  sopraddetti  elogi  sono  splendidi  modelli  del  genere  bio- 
grafico. 

Notìzie  storiche  intomo  ai  lavori  della  classe  fisico-matema- 
tica delia  reale  accademia  delle  scienze  ,  per  gli  anni  181 5  a 
i835,  nei  volumi  accademici  dal  xxui  al  xxxvm. 
Nei  volumi  delle  memorie  y 
o  nei  calendari  della  regia  società  agraria. 

Réservoirs  artifìciels  ,  ou  manière  de  retenir  i'eau  de  pluie, 
et  de  s'en  servir  pour  l'arrosement  des  terrains  où  il  n'y  a 
pas  d'eaux  couraotes  (l'Autore  ne  ebbe  in  premio  una  meda- 
daglia  d'oro  dalla  società  d'agricoltura  di  Parigi):  ne  fu  pub- 
blicata in  Torino  una  traduzione  italiana,  con  na' appendice  sui 
pozzi  artesiani  ecc. 

Intorno  all'arte  dell'osservare  e  dello  sperimentare  in  agri- 
coltura. 

Cenno  storico  critico  sui  Par  agrandini. 

Pubblicate  separatamente. 

Essai  d'un  parallèle  entre  les  foices  physiques^  et  le  forces 
morales.  Questa  eccellente  opera ,  nuova  nel  suo  genere,  appar- 
tiene alla  sublime  letteratura.  Ne  fu  fatta  ,  e  pubblicata  ,  or 
son  pochi  mesi,  in  Firenze  una  pregevolissima  ti aduzione  italiana. 

Oitservazioni  intorno  ai  vocabolari  della  lingua  italiana,  spe- 
cialinente  per  quella  parte  che  ragguarda  alle  definizioni  delle 


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6i4  CARMAGNOLA 

cose  ooncementi  alle  scienza  naturali.  Si  desì^kr»  àfìi  colùìb- 
lianì  cbe  H  cavaliere  Carena  continui  questa  $iia  dotta ,  giof^ 
Tolissioia  fatica* 

Chiaro  è  il  nome  del  vivente  carinagnoleu^  Lorenio  CaAtù, 
dottore  collegìato  di  medicina ,  professore  di  chimica  gsoenk 
applicata  alle  arti ,  membro  d^Ha  reale  accademia  delle  so» 
ze,  della  reale  società  agraria,  e  del  consiglio  delle  mÌDÌeredi 
Torino,  membro  corrispondente  del  reale  istituto  di  Napoli  « 
della  reale  accademia  di  medicina  di  Parigi  ,  ecc.  ecc. 

L'esimio  professore  Cantu  già  fece  di  pubblica  ragione: 

I .  Saggio  chimico-medico  sopra  l'acqua  solfureo-salina  di  O 
stelnovo  d'Asti« 

a.  Essai  chimico-medicai  de  Texistauce  de  l'iode  daps  l^ 
eaux  minérales  sulfureuses ,  particuliéreuient  dans  cellesdeCi- 
stelnovo  d'Asti,  et  des  moyens  de  la  constater. 

3.  Specimen  cbemico-medicum  de  mercurii  praeseatia  in  un- 
nis  syphiiìticorum ,  mercurialem  curationem  patieotluai. 

4.  La  Chimica  insegnata  in  a6  lesioni ,  ossia  elementi  di  cbi- 
mica  generale  applicata  alle  arti  ,  airagricoltura  ,  alia  loeàid' 
Da ,  ed  alla  farmacia ,  traduzione  dal  francese ,  eoa  sote^  ^ 
aggiunte. 

5.  Note  sur  une  nouvelle  mine  de  manganése  (maag^ne^ 
carbonate  vìolet,  compact]  trouvée  d^^QS  la  vallèe  de  U^^ì 
comniune  d^AIa. 

6.  Chimica  miperalogica  del  signor  F.    Joyce,   tradotta  d 
francese,  con  note,  ed  aggiunte* 

7.  Saggio  chimico-medico  sulla  presenza  sim  altane»  *J  P""^ 
siato  di  ferro,  e  d'una  materia  zuccherina  in  una  particol 
varietà  d'orina  umana. 

8.  Essai  chimico-medicai  sur  les  eaux  minérales  da  f^^  ^ 
jardin  de  la  ville  deNjons,  dans  le  departement  deh  v^ 
(en  France). 

9.  Manuale  pratico  per  là    conoscenza    e  cura   àei  eoo 
morbus,  dei  dottori  Berruti,  Sachero  e  Cantù,  professori  ne  * 
];egia  università  ,  componenti  la  Commissione   medica .  sp^ 
da  S.  H.  a  Cupeo.  .. 

10.  L'illustre  Cantù    attese    per  più  anni  in  conipag»»*    *j 
desideratissimi  dottori  Ricci  e   Barovero  alla  compil»^'^ 
Repertorio  di  medicina,  di  chirurgia,  e  di  chiuùca  mcoica- 


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CARMAGNOtA  «i^ 

qualità  di  membro  della  Commissione  medica  sul  Cfaolera ,  di 
Torino ,  contribuì  a  scrivere  il  rapporto  y  che  quella  Commis- 
sione pubblicò  sulla  detta  malattia.  Fu  uno  dei  compilatori  della 
nuova  farmacopea  di  Torino.  Della  sua  erudita  penna  si  leg- 
gono più  memorie  scientifiche  nei  pubblici  giornali.  Ad  imita- 
zione de'  suoi  venerati  maestri,  i  chiarissimi  dottori  Bonviciop 
e  Rizzettiy  egli  esercita  eoa  ottimo  successo  la  medicina  pratica 
in  questa  capitale. 

L'iUustre  città  di  Carmagnola  diede  alla  chiesa  parecchi  di- 
stinti prelati ,  i  quali  sono  : 

Monsignor  Girolamo  Ferragatta  agostiniano.  Fu  il  primo  yer- 
scovo  in  partibus ,  suffraganeo  e  coadiutore  di  quello  di  Mon- 
dovi,  e  quindi  vescovo  d'Aosta.  Mori  nel  1572. 

Gerolamo  Scarampi  y  nato  da  Giovanni  Bartoloameo  Sca.- 
lampi  de'  signori  del  Cairo  ,  e  dalla  gentil  donna  Maria  Ga- 
vazza caunaguolese  ;  fu  già  preposto  della  collegiata  di  Car- 
magnola y  poi  vicario  generale  dell'arcivescovo  di  Torinp^  quindi 
vescovo  di  Sutiiano  ,  e  di  Campagna  nel  regno  di  Napoli  m^ 
tomo  all'anno  i520. 

Baldassare  Tuerdo  nunzio  pontificio  presso  i  re  di  Scozia. 
Era  stato  dapprima  segretario  del  cardinale  De-Medici  ,  che 
sali  al  pontificato  col  nome  di  Leone  X.  Il  Roscoé  nella  vit^ 
di  questo  papa  rapportò  vane  lettere  sottoscritte  da  un  Bal- 
dassarre,  che  probabilmente  é  lo  Stuerdo,  di  cui  qui  si  par^ 
la,  e  che  talvolta  chiamavasi  da  Turino,  e  talvolta  da  Peseta. 
Fu  questo  nunzio  cosi  accetto^ alla  corte  di  Beozia,  che  da  Gio- 
vanni Stuardo  duca  di  Albania  tutore  di  Giacopo  V^  e  gover- 
natore del  regno  ebbe  col  consenso  dei  prelati  e  dei  grandi  di 
quella  nazione  onorevolissime  patenti ,  con. cui  venne  ad  es- 
so, e  al  suo  fratello,  e  ai  loro  discendenti  «conceduto  di  pren* 
dere  il  nome  di  Stuerdo  9  e  ài  aggiungere  ,  quasi  ofiondo  di 
quella  real  famiglia  alla  sua  arma  gentilizia  il  leone  rosso,  in- 
segna di  Scozia:  ond'é  che  sull'arma-  degli  Stuerdi  di  Poirin^ 
il  legge  a  Scotis  leonem  refero.  La  famiglia  di  questo  prelato 
era  una  delle  nobili  di  Carmagnola  nel  secolo  xui. 

Carlo  Piscina  fu  vescovo  di  Saluzzo  :    cessò    di    vivere    nel 
1668. 

Monsignor  LomeUini  domenicapo  ,  confessore  di  papa  Bene- 
detto XIII,  vescovo  di  Alghero  in  Sardegna,  e  poi  di  Saluzzo. 


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6i6  CARMAGNOLA 

Honsìgiior  Giuseppe  Bartolommeo  Menochio  agostiniano,  di 
coì^  si  leggono  varie  operette  ascetìcbe  ed  anonime  ,  venne  in 
fama  pei  suo  valore  nell'eloquenza  del  pergamo,  e  per  la  san- 
tità della  vita.  Fu  eletto  vescovo  d'Ippona ,  e  Suffraganeo  del 
vescovo  di  Reggio  nel  1795  ;  e  quindi  traslato  alla  sede  ve- 
scovile di  Porfirio  nell'anno  1800  ,  in  cui  intervenne  al  con- 
clave in  Venezia  come  sagrìsta  pontificio.  Di  là  si  condusse  a 
Roma  con  papa  Pio  VII  di  cui  era  confessore  ,  e  partìcolar 
confidente.  Restò  sempre  in  Roma  nel  tempo  del  dominio  fran- 
cese j  facendo  egli  solo  per  alcuni  anni  le  funzioni  di  vescovo, 
e  tenendo  segrete  relazioni  col  sommo  pontefice  assente.  Ben- 
ché vmn  prestasse  al  francese  governo  il  chiesto  giuramento  non 
fu  molestato  in  grazia  delle  sue  preclare  virtù.  Abitò  di  con- 
tinuo nel  palazzo  pontifizio  del  Quirinale ,  ove  mori  ai  25  di 
marzo  del  iSJU,  in  età  di  83  anni.  Negli  ultimi  tempi  di  sua 
vita  ebbe  una  particolare  sollecitudine  per  l'educazione  del  suo 
nipote  Pier  Luigi  Menochio ,  stato  da  lui  accolto  con  molti  se- 
gni di  singolare  benevolenza  nel  1807  in  Roma ,  ove  avevalo 
mandato  la  sua  genitrice. 

Ebbe  egli  a  couìpìacersi  dei  rapidi  progressi  che  questo  suo 
nipote  faceva  studiando  nel  seminario  romano ,  ov'era  stato 
posto  per  consiglio  del  papa  Pio  VII ,  e  soprattutto  del  modo 
onorevole  con  cui  prese  dappoi  la  laurea  nella  sacra  facoltà. 
Ritornato  Pier  Luigi  in  Piemonte  ,  addottorossi  in  ambe  leggi 
nella  regia  università  di  Torino  Tanno  1820.  Tornato  a  Roma 
due  anni  dopo  ,  giunse  in  tempo  a  rivedere  Vottimo  suo  zio , 
che  più  non  visse  che  pochi  giorni.  S'è  fatto  qui  onorevole 
cenno  dell'esimio  carmagnolese  Pier  Luigi  Menochio,  non  solo 
per  la  particolare  affezione  in  cui  lo  tenne  quel  venerando  pre- 
lato ,  ma  eziandio  perchè  è  personaggio  fornito  di  molta  dot- 
trina ,  e  idi  molte  lettere  ,  alla  cui  rara  cortesia  sono  dovute 
molte  importanti  notìzie  per  la  compilazione  di  questo  articolo 
che  riguarda  Tillustre  sua  patria. 

Monsignor  Nicola  vescovo  d'Alba,  e  monsignor  Giuseppe  Maria 
Cavalieri  provinciale  delTordine  dei  cappuccini  ,  e  poi  vescovo 
di  Bobbio,  cessarono  ,  è  poco  tempo ,  di  vivere.  Ne  piansero 
amaramente  la  perdita  le  popolazioni  che  erano  state  da  essi 
con  zelo  veramente  apostolico  governate. 

Questa  città  diede  pure  allo  stato  uomini  distintissimi.   No* 


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CARMAGNOLA  617 

vera  parecchi  tra'  suoi  figli  ch'ebbero  la  canea  di  vicario  ge- 
nerale del  marchesato  di  Saluzzo,  equivalente  a  quella  di  gran 
cancelliere  negli  altri  stati. 

Tre  di  essi  furono  della  famiglia  Gavazza ,  Galeazzo ,  e  il  fi- 
glio di  lui  Francesco,  il  quale  fu  pure  vicario  generale  del- 
l'astigiana pel  re  di  Francia,  ed  il  nipote  Gerolamo. 

Un  Giovanni  della  stessa  famiglia  intorno  al  i43o  fu  sena- 
tore a  Grenoble  ;  un  Tommaso  nel  i^i^  era  rettore  podestà 
di  Belluno  quando  quella  città  reggevasi  a  comune  ;  Giovan 
Pietro  figlio  pure  di  Galeazzo  ,  scudiere  del  marcbese  Michele 
Antonio ,  al  cui  seguito  trovossi  nelle  guerre  d'Italia,  fu  pode- 
stà di  Sai  uzzo  nel  i5i2. 

Il  giureconsulto  Giacomo  Tesio  condottosi  ad  istanza  del  fa- 
moso Francesco  Bussone  in  Milano  vi  fu  professore  d'institu- 
EÌoni,  divenne  quindi  vicario  ducale  di  Genova  ,  e  poscia  oc- 
cupò la  carica  di  vicario  del  marchesato. 

Il  quinto  vicario  generale  fu  Alberto  Gatto  che  dal  re  di 
Francia  venne  poi  creato  referendario.  Era  presidente  del  se- 
nato di  Torino  quando  fu  tolto  ai  viventi.  Venne  sepolto  nella 
chiesa  di  sant'Agostino  di  questa  metropoli. 

Ludovico  Zoello  figliuolo  di  Pietro  Giacomo  medico  riputa- 
tissimo,  fu  primo  presidente  della  camera  de'  conti  di  Torino, 
della  quale  carica  venne  privato  come  reo  di  qualche  gi-av^ 
colpa  :  riconosciuto  innocente  fu  creato  primo  presidente  del 
magistrato  straordinario. 

Angelo  Francesco  Benzo ,  discendente  dai  Benzi  di  Chieri,  fu 
dopo  vari  impieghi  nel  1740  eletto  a  presidente  della  reale 
udienza  in  Cagliari ,  e  dopo  varie  promozioni ,  presidente 
capo  del  supremo  real  consiglio  di  Sardegna  residente  a  To- 
rino. Mori  nel   1764  nella  sua  età  d'anni  84* 

Nel  1346  Giovannino  di  Pagno  fu  dal  marchese  Tommaso 
di  Saluzzo  inviato  ambasciadore  al  marchese  di  Monferrato. 

Nella  milizia  si  distinsero  molti  ch'ebbero  la  culla  in  questa 
città;  e  con  molta  lod^^ono  tuttora  rammenlati  i  valorosi  ca« 
pitani  Gian  Giacomo  fl|Pina  ,  Giovan  Battista  Berga  ,  e  Gian 
Battista  Giuganino;  ma  a  tutti  di  gran  lunga  sovrasta  France- 
sco Bussone  ,  della  cui  celebrità  a  buon  diritto  la  nostra  na- 
zione si  onora. 

Dal  Macchiavello,  grande  conoscitore  delle  cose  militari;  egli 


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6i8  CA&MAGNOLA 

fu  dichiarato  siccome  ecceilentiramo  nell'  arte  della  guerra.  Da 
sommi  storici,  e  da  biografi  di  chiaro  nome  non  si  dubitò  di 
affermare  eh'  ei  fu  il  primo  tra  i  più  famosi  coudottieri  di 
eserciti  che  io  Italia  si  segnalarono  a'  suoi  tempi.  Piacerà  dun- 
que ai  leggitori  di  questa  Corografia  de'  Regii  Stati  il  trovarvi 
succintamente  narrate  le  più  singolari  particolarità  di  sua  yita, 
le  più  stupende  sue  geste,  e  le  triste  circbstanze  del  miserando 
suo  fine. 

Nacque  verso  il  iSgo.  in  Carmagnola  da  genitori  poveri ,  e 
guardiani  d'armenti,  che  ben  presto  lo  destinarono  allo  stesso 
loro  mestiere.  Crescendo  negli  anni  si  mostrava  di  aperto,  ma 
terribile  ingegno,  e  vieppiù  dal  suo  volto  traspariva  la  fiereiza 
dell'  animo.  Si  distinse ,  come  abblam  toccato  poc'  ansi,  fra  la 
gioventù  carmagnolese  nelle  importanti  fazioni  contro  i  colle* 
gati  nemici  della  sua  patria  condotti  dal  Buccicaldo,  che  s'ebbe 
la  peggio ,  e  dovette  -allontanarsi  dall'  Italie  a  terra. 

Alcun  tempo  dopo  un  Tendasco ,  officiale  sotto  gli  ordini 
di  Facino  Cane,  passò  per  questa  città,  e  visto  il  fiero  aspetto 
di  Francesco ,  e  conosciutane  la  guerresca  indole  ,  il  levò  di 
leggieri  dalla  sua  prima  o'ccupazione  di  pastore,  e  seco  il  con- 
dusse per  fante. 

Il  giovine  Bussone,  che  pigliò  poi  il  soprannome  di  Carma* 
gnola ,  entrò  1'  anno  i4i»  come  semplice  soldato  nell'  esercito 
di  Filippo  Maria  Visconti  Duca  di  Milano.  Dopo  aver  eserci- 
tato le  cariche  più  basse  della  milizia ,  ebbe  facilmente  la  con- 
dotta di  uno  squadrone  di  cavalleria,  e  poco  tempo  dopo  fu 
prescelto  a  comandare  quattro  compagnie  di  cavalli  sotto  gli 
ordini  di  Fiicino  Cane  in  allora  capitano  generale  del  predetto 
Duca.  Morto  Facino  nel  i4i^>  ^  tolto  anche  ai  viventi  Matteo 
Tode.sco  che  eragli  succeduto  nell'  alto  grado ,  ebbe  Francesco 
il  bastone  del  generalato,  il  comando  di  diecimila  fanti,  e  di 
quattro  mila  cavalli. 

Con  siffatto  esercito  vinse  e  feri  Astorgio  Visconti  figlio  na- 
turale di  Bernabò,  che  lo  stato  di  Mi)ano  agognava:  tolse  a 
Giovanni  Piccinioo  fratello  di  AstorgiMl  terra  di  Canturio.  Ito 
fin  presso  alla  rocca  di  Trezzo  ove  stavano  accampate  le  schiere 
di  Filippo,  rotto  al  suo  arrivo  il  ponte  eh'  era  sull'Adda,  tenne 
quel  luogo  assediato  durante  l' inverno  ^  ma  in  fine  vedendo 
dac  non  sarebbegli  riuscito  di  espugnarlo ,  procacciò   di  otte* 


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CARMAGNOLA  £19 

nerlo  ^on  danari:  impadronissi  di  Lodi,  scacciandone  Giovaorà 
Vignato,  il  quale  con  due  suoi  6gliuoU  furono  latti  morire 
nel  i4i6. 

Ebbe  poi  in  mauo  nello  s^sso  anno  la  città  di  *  Como ,  e 
Lecco  y  grossa  terra  nella  bocca  di  quel  lago ,  ove  essendo 
andati  gli  Svizzeri  in  numero  di  ottocento  per  soccorrerla ,  iu- 
rono  da  lui  pienaipente  sconfitti.  Scemò  di  molto  le  forz^  del 
signor  di  Creoiona*  Prese  Bergamo  e  Brescia  a  Pandolfo  Ma- 
latesta:  impadroniti  dì  Porli  ed  Imola-,  le  qpali  città  il  duca 
Filippo  consegnò  quindi  al  sommo  pontefice  Martino  V  :  ruppe 
a  Sagarola,  e  poi  in  va)  di  Lemona  Carlo  Malatesta  generale 
de' fiorentini:  ricuperò  Piacenza,  occupata  da  Filippo  Arcello, 
facendo  sugli  occUi  di  lui  impiccare  Barto|ommeo  suo  fratello , 
ed  un  suo  figliuolo ,  perché  differi  a  rimettergli  la  rocca  di 
quella  città  :  ottenne  Burgo  d'  Ormino  da  Orlando  Pallavicini  : 
ebbe  Crema  per  tradimento  del  governatore. 

Per  queste  ed  altie  memorabili  imprese  il  Carmagnola  fu 
r  istrumento  della  grandezza  del  suo  signorie.  Ei  trovato  1q 
aveva  quasi  sprovveduto  di  danari ,  con  truppe  insufficienti  ai 
bisogni,  circondato  da  baldanzosi  nemici,  e  più  quasi  non  co* 
mandando  che  a  Milano  ed  a  Pavia,  ove  anche  la  sua  auto- 
rità era  da  faziosi  mal  rispettata:  ma  il  Bussone  sQttomettendq 
tutti  i  tirannelli  che  avevano  fra  loro  divise  le  conquiste  di 
Giovanni  Galeazzo,  e  facendo  tornare  tutta  quanta  la  Lombar* 
dia  sotto  il  dominio  del  duca  Filippo,  lo  compensò  largamente 
delle  alte  dignità  militari,  a  cui  lo  aveva  innalzato. 

Vero  è  che  il  Duca  gli  prese  un'  affezione  grandissima,  e  in 
atgomento  di  gratitudine  per  tanti  servigi  lo  creò  con  molta 
solennità  conte  di  Castel  nuovo,  ^  con«ignore  di  Vespolate  nel 
novarese;  lo  trascelse  a  consigliere  nelle  cose  di  Stato;  adot^ 
follo  nella  sua  propria  famiglia,  dandogli  per  moglie  Antoni^ 
Visconti  sua  parente  ;  e  lo  sovvenne  di  cospicue  somme  di  da-i 
9ari  nell'  occasione  che  fece  edificare  in  Milano  quel  palazzo 
chiamato  il  Broletto  Nuovo ,  il  quale  se  per  la  sua  ritirata  ^ 
non  fosse  rimasto  imperfetto,  stato  sarefibe  uno  de'  più  ma- 
gnifici di  quella  città. 

Dopo  che  il  Duca  vide  per  ogni  parte  rassettata  la  sua  si- 
gnoria, sospìnto  dai  prieghi  di  Francesco  Spinola,  di  Teramq 
Adorno ,   e  di  altri  fuorusciti^  mosse  ai  genovesi  U  gueora* 


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6ao  CARMAGNOLA 

Passi   adunque   il   Carmagnola   sopra    Savona  ;    ma  indmo 

affaticossi  per  prenderla ,    tanto   era  ben    difesa  da  Spioetb 

Fregoso. 

Partito^  di  là,  andò  a  porre  l'assedio  a  Genova ,  e  batto- 
dola  da  tre  lati  con  grosse  artiglierie  ridusse  a  cosi  mal  par- 
tito il  doge  Tommaso  da  Campofregoso ,  che  questi  fu  costretto 
ad  arrendersi,  e  ritirarsi  col  senato  in  Sarsana. 

Restò  il  Carmagnola  goTematore  di  Genova ,  ed  abitoni  tl- 
cun  tempo  con  riputasione  non  meno  di  eccellente  politb, 
che  di  egregio  capitano. 

Quiyi  nel  i4^3  fece  allestire  pel  suo  signore  una  flotta,  àt 
a  compiacenza  di  papa  Martino  ,  ed  in  favore  della  re^ 
Giovanna  dovea  servire  contro  ad  Alfonso  re  di  Sicilia  e  di 
Aragona. 

Ma  la  fortuna  del  Carmagnola  non  poteva  durar  tanto  tempo 
senza  ricevere  una  violenta  scossa  dagli  invidiosi.  Gli  altn  ca- 
pitani,  che  erano  alla  corte  del  Duca,  e  spezialmente OWm* 
da  Lampugnano ,  non  cessavano    dal  persuaderlo  che  letta- 
prese  del  Carmagnola  avrebbero  al  tutto  oscurata  la  ^om  oi 
lui  ;  e  giunsero  a  conseguire  il  loro    perfido  scopo.  Dorante  w 
guerra  mossa  dal  suo  signore  ai  fiorentini  ,    egli   fu  escuto  a 
Genova  in  ozio  indegno  del  suo  valore.  Da  tutti  in  que'^a  « 
si  credeva  che  della  gran  flotta  novellamente  allestita  ei  s 
sarebbe  Ammiraglio  ;    e    giunse   colà  per  comandarla  ii  eoo 
Guido  Torelli.  Poco  dopo    gli   fu   ordinato  ,    sotto  preU^io  à 
economia  ,  di  licenziare  i  trecento  uomini  che  era  solilo 
per  sua  guardia  ;  e  con  sua  sorpresa  vi  arrivò ,  p«^  *"^^ 
gli  al  governo ,  il  cardinale  Giacomo  degli  Isolani. 

Il  Carmagnola  che  formato  aveva  l'esercito,  cui  comanda^» 
e  che  vedeva  la  sua  sicurezza    nel    rispetto    e  nell'  amore 
suoi  soldati,  disdegnava  di  separarsi  da  essi,  e  rimanere 
difesa  presso    ad   un  sovrano  sospettoso  ed  ingrato,  niso 
pertanto  di  andarlo  a  trovare  nel  luogo  di    Abbiatcgnw«<>  P 
abboccarsi  con  lui,  e  riacquistarne  il  favore.  .. 

Ma  per  quanto  si  adoperasse ,    non  gli    venne  mai  & 


avere  udienza  ;  laonde  pieno  d'  ira    e    di  cordoglio  p^^ 
sconoscenza  riparti  imi 
frettoloso  in  Piemonte, 


sconoscenza  riparti  immediatamente,  e  passato  il  Ticiao ;  ^^ 


Presentossi  al  duca  Amedeo  Vili ,  e  gli  conuoicò  il  ^ 


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if 


CARMAGNOLA  621 

legno  dì  condarsi  a  Venezia  ,  e  indurre  quella  repubblica  a 
muover  guerra  al  Milanese ,  e  cosi  porgere  a  lui  un'  oppor- 
tunità di  assalire  dalla  sua  parte  con  vantaggio  la  Lombardia. 

U  Duca  di  Milano  gli  confiscò  allora  tutti  i  suoi  beni ,  che 
secondo  il  Muratori  gli  davano  un'  annua  rendita  di  quaranta- 
mila fiorini ,  e  fece  trarne  in  prigione  la  consorte  j  e  le  figliuole. 

Dopo  essersi  abboccato  col  Duca  dì  Savojà ,  andò  Francesco 
a  risedere  in  patria  il  suo  buon  genitore,  a  cui  comprò  po- 
deri ,  acciocché  in  compagnia  de'  figli  e  de'  congiunti  tran- 
quillaoiente  se  li  godesse.  Fu  a  questo  tempo  eh'  ei  fece  co- 
piose largizioni  perchè  fosse  rifabbricato  il  tempio  degli  Ago- 
stiniani in  Carmagnola. 

Dopo  avere  cosi  dato  sfogo  alle  tenerezze  di  figlio  ,  ed  alla 
carità  di  cittadino,  recossi  a  Trevigi  passando  con  lungo  giro 
fra  r  alpi  per  la  via  di  Lamagna. 

In  questo  mezzo  da  Guido  Torelli  generale  delle  armi  del 
Duca  Filippo  si  facevano  progressi  in  Toscana. 

Ciò  non  pertanto  ì  Veneziani  dapprima  poco  fidarono  alle 
proferte  del  Carmagnola,  e  per  poco  stette^  che  al  tutto  le 
ricusassero;  ma  un  tentativo  che  fece  il  Duca  per  farlo  avve- 
lenare in  Trevigi  da  un  certo  Luprandrio  ,  che  per  ciò  fu 
condannato  a  morte,  non  lasciò  più  dubitare  della  sincerità 
del  Bussone  ,  il  quale  nella  primavera  del  ì^iS  creato  coman- 
dante degli  eserciti  delle  due  repubbliche  di  Venezia  e  di 
Firenze  in  poco  tempo  fece  cambiare  aspetto  alle  cose. 

Cominciò  la  campagna  con  la  conquista  di  Brescia,  e  tolse 
tutte  le  fortezze  del  Bresciano  ai  Milanesi  con  diversi  assedii 
successivi ,  sotto  gli  occhi  di  un  esercito  nemico  assai  più  nu- 
meroso del  suo.  Riportò  nel  di  11  di  ottobre  del  14^7  una 
gloriosa  vittoria  a  Maclodio  sui  quattro  generali  più  celebri, 
che  fossero  a  que'  tempi  in  Italia ,  e  che  uniti  militavano  agli 
stipendii  del  Duca  ,  cioè  Francesco  Sforza ,  Piccinino ,  Angelo 
dalla  Pergola,  e  Guido  Torello*,  ma  per  un'imprudente  gene- 
rosità rimandò  tutti  ì  prigionieri  che  aveva  fatti  ;  ed  in  tal 
modo  destò  sospetti  nei  Veneziani.  La  pace  ottenuta  per  le  sue 
vittorie,  fece  riacquistare  la  libertà  a  sua  moglie,  e  a  sue  fi- 
gliuole ,  in  tanto  che  assicurò  alla  repubblica  di  Venezia  i  con-^ 
quisti  dì  Brescia,  di  Bergamo  e  di  una  metà  del  Cremonese. 

Sgraziatamente  in   una  guerra    che    subito  dopo  insorse,  il 


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«13  CARMAGNOLA 

conte  CarmagooU  più  non  corrispose  alP  espctUvMMie  di  ^• 
netia.  Non  impedì,  forse  potendolo,  unn  sconfitta ,  chs  kflon 
Yenesìana  comandata  dal  Trevisano  ebbe  aul  Po  il  is  di  nuf* 
gio  del  i43a  ;  né  procaccìÀ  dappoi  di  riparare  quel  daooa 

U  Senato  non  volendo  supporre  eh'  egli  potesse  prorait  n- 
vesti  senza  sua  colpa,  di  leggieri  scindesse  a  credere  cb«arw( 
ptetii  di  un  padrone ,  della  cui  ingratitudÌDe  giii  si  era  vanì!- 
calo  abbastanza ,  ed  avvisò  dì  punire  il  supposto  di  Ini  ina- 
mento.  Dal  magistrato  de' Dieci,  che  con  venti   agginfiti  Krllr 
tra  que'  del  consiglio  de'  Pregati ,  e  col  Doge  e  sei  co^ielieri. 
ascese  al  numero  di  trentasette ,  fattasi  considerazione  agli  otte 
mila  prigionieri  spontaneamente  liberati    dal   Carmagnola^  »- 
r  assistenza  da  lui  niegata  al  Trevisano ,  ed  anche  alla  tBiàm 
in  soccorrere  il  capitano  Cavalcabò    che    avcvalo   chiamato  in 
ajuto  per  impadronirsi  della  città  di  Cremona ,  di  cui  già  ot- 
cupava  una  porta,  si  deliberò  di  arrestarlo;    ma  non  osaodofl 
ciò  eseguire  fra  V  esercito  ,  fu  chiamato  a  Venezia  tolto  prt- 
testo  che  la  repubblica  abbisognasse  de'  suoi  consigli. 

Tenne  accolto  con  una  pompa'  straordinaria.  Nel  Senato 
gli  fu  dichiarata  1'  affezione,  e  la  gratitudine  della  rcpuWifa; 
Ina  non  appena  i  soldati  di  lui  partirono ,  il  conte  ùnB^^ 
fu  messo  in  ferri ,  gittato  venne  in  un'orribile  piigioo«i  *  P^ 
sto  subito  alla  tortura  acciocché  confessasse  ì  p^^  ^"  ^ 
menti.  In  fine ,  non  trascorso  ancora  un  mese  dopo  u  ^  ^ 

V  X 

resto  ,  in  eseguimento  di  terribile  sentenxa   data  con  «»« 
ciannove  voti  contro  diciassette  ,  gli  fa  tagliata  la  testa  ira 
due  colonne  di  s.  Marco  addi  5  di  maggio  del  x^Sii  i"'P" 
del  suo  supplizio  ebbesi  cura  di  mettergli  un  bavaglio  in  1>®^*' 
affinché  non  potesse  rimproverare  la  sconoscenza  e  la  i"o'"^ , 
zia  del  sospettoso  Senato  innanzi  alla  moltitudiDe  che  si  tro 
presente  al  miserando  spettacolo. 

Questo  gran  capitano  soffri  1'  estremo  supplizio  nella  sua 
sca  età  di  anni  4^  :  la  recente  memoria  delle  cose  da  lui 
ratamente  Éatte ,   trasse    le  lagrime  dagli  occhi  di  c"*  '^  , 
morire,  e  mosse  a  compassione   gli  animi  di  tutti  colo 
lo  conoscevano.  Il  Muratori    afferma    che  incredibile  »  r 
fece  in  Italia  la  disgrazia  di  cosi  celebre  condottiero  di  e 

11  consiglio  de'  Dieci,  A'  erasi  già  valuto  di  uoa  f^^^  ^ 
suoi  tesori,  anche  prima  della  condanna,  per  dar  1^  P^E 


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CARMAGNOLA  feS 

floldati,  decretò  con  essa  la  confisca  di  tutti  "^  di  lui  averi  ad 
eccezione  di  dieci  mila  ducati ,  il  cui  frutto  fosse  a  favore  della 
moglie,  purché  abitasse  in  Trevigi,  e  di  altri  quindici  mila  , 
che  divbi  in  parti  uguali  servissero  di  dote,  in  occasione  di 
matrimonio,  alle  sue  tre  figliuole ,  una  delle  quali  era  fidanzata 
al  Malatesta,  o  di  sostentamento,  qualora  non  si  fossero  ma- 
ritate. 

La  consorte ,  il  cancelliere ,  e  tutti  i  famigli  dell'  infelice 
conte ,  eh'  erano  stati  posti  in  carcere  ,  furono  liberati  subito 
dopo  la  fatale  esecuzione. 

Era  Francesco  Carmagnola  di  animo  impetuoso  ,  ma  incli- 
nato alla  munificenza:  accusava  i  nobili  dì  orgoglio  durante  la 
pace  ,  e  di  viltà  nelle  belliche  fazioni  ;  locchè  forse  contribuì 
molto  alla  sua  rovina.  In  Venezia  era  stato  ascritto  al  libro 
d'oro,  e  fatto  conte  di  Castelnuovo,  terra  nel  Veronese,  perchè 
fosse  compensato  della  perdita  eh'  egli  aveva  fatta  del  feudo  di 
Castelnuovo  di  Scrtvia ,  abbandonando  il  servizio  di-  Milano* 
Nel  di  che  venne  con  molta  solennità  dichiarato  nobile  patrizio 
veneto ,  e  capitano  generale  di  s.  Marco ,  arrivò  in  Venezia  il 
vecchio  suo  genitore.  Lo  riconobbe  il  conte  ,  ed  abbraccioUo 
in  pubblico  con  tali  segni  di  figliai  tenerezza  ,  che  fu  da  tutti 
altamente  commendata  la  sua  pietà,  e  celebrata  in  bei  versi 
italiani  e  latini  da  Adamo  Fumani  veronese. 

La  sua  vita  privata  fu  splendida  e  sontuosa.  Aveva  pochis- 
simo atteso  alio  studio  delle  buone  lettere,  ma  avevale  in 
pregio  ,  e  teneva  per  segretario  un  Alberto  Demarini  di  Son- 
cino  ,  di  cui  fa  onorevol  menzione  il  s.  Giorgio.  Si  è  accennato 
superiormente  yrome  ad  istanza  di  lui  si  fosse  condotto  in  Mi- 
lano il  suo  concittadino  Giacomo  Tesio,  dotto  giureconsulto, 
che  vi  fu  poi  trascelto  a  professore  dì  leggi ,  e  passò  quindi 
ad  occupare  cariche  di  alto  momento  in  Genova,  ed  in  Saluzto. 

Dopo  la  morte  infelicissima  del  conte  Carmagnola,  i  beni 
che  gli  erano  stati  epnfiscati  dal  duca  Filippo  furono  in  parte 
restituiti  a'  suoi  eredi  in  grazia  forse  di  sua  contorte ,  che  era 
della  famiglia  Ducale. 

Il  suo  cadavere  eh' ebbe  subito  sepoltura  in  santa  Maria 
Gloriosa  de'  Frari ,  fu  poi  trasportato  in  Milano  ,  e  posto  nella 
chiesa  di  s.  Francesco  dentro  una  tomba  ,  sulla  quale  venne 
scolpila  la  seguente  iscrizione  : 


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6^  CARMINE  y  CAROGNA  e  CAROSIO 

MT?D   .   ÌBPHGAVM    •   EST    .   M    .    D    .    nURClSa   .  DICTI 

CAAIUGIIOUAJB 

DB    •   TICECOMITIBTS    •   CASTBWOVI   .    AC    •   GLàRAE    .    BflUTUK 

PRUICEPS 

BBLLORVM  .  MAXIME  .  HECTOR  .  FRAHCISGB  .  ABMIPOTERS  .  SI 

FATA  .  EXTBBMA  .  TVLISTI  .  IMPIA  •  LAETATFBQTI 

ARIMVS    .   BENE 

COBaCITS    •   AS9BBTI    •   IMPEBIl    .   QYOD    .    FATA   •   1TB0T 

IO    .   FEBEE    .   IfECBSSE    •    EST 

BPlTAPBiyM    .   IRVICTISSIMI    •   IMPERATOEIS    .   BELLOBIV 

COHITIS 

FBABCISCI  .  CARMAGEfOLIAB  .  VICECOMITIS  •  QVl  .  OBIIT 

▼ENETIIS    .   DIE    .    5    •   MAI    .     l^^l 

CARMINE  o  CarmenOy  dipeodenia  di  Canoobio  F". 

CAROGNA  ,  torrente  che  nasce  nel  territorio  di  CarteJ  Saa 
Gioanni  ,  scorre  a  Parpanese  ,  ove  sbocca  nel   Po. 

*  CAROSIO  o  Carrosio  {Carrosiim  e  Carruciim),  cm 
nel  mand.  di  Gavi,  prov.  di  Novi,  dioc,  e  div.  di  Gcnow. Di- 
pende dal  senato  di  Genova ,  vi£e-intend.  prefett  'mào,  ìfot- 
di  Novi*,  posta  di  Gavi. 

È  situato  a  tramontana  sulla  sinistra  sponda  àà  toneote 
Lemme.  Gli  stanno  ad  ostro  il  luogo  di  Voltaggio ,  a  ^«^*"** 
quello  di  Pratolungo,  a  borea  e  ponente  il  territorio  ai  ^^^; 

Appartenne  alla  signoria  dei  marchesi    imperiali  Ut<^ 
Genova  :  dai  quali  era  venuto  ai  Migliorati  Gavotti. 

È  discosto  un  miglio  e  mezzo    da  Voltaggio  ,  due  circa 
Gavi  j  che  sta  a  quattro  miglia  dal  capo-luogo  di  pronncii- 
.    Vi  passa    la    strada  provinciale  della  Bocchetta ,  che  verso 
mezzodì  conduce  a  Genova  ,  e  verso  mezzanotte  a  Sov- 

Il  Lemme   non  è  quivi  valicato   da  verun  ponte:  scatunsc^ 
sul  iponte  della  Bocchetta  :  si  scaricano  in  esso  i  avi  di  i^ 
tanile ,  Ricroso  e  Piscionso  :  bagna  una  gran  parte  delle  te 
di  questo  comune  ,  ^d  entra  nel  Bormìda ,  non  Juoge  oa 
sai  uzzo.  È  assai  fecondo  di  piccoli  pesci  d'inferior  quanta* 

Vi  sorgono  i  monti  della  Bruciata,  ossia  della  Croce, e  <p 
detto  Vedraje.  Sul  primo  negli  anni   1798,   1799  e  1800  acca 
dero  fatti  d'armi  fra  le  truppe  francesi  e  Tesercito  austro-sa 
Alle  falde  di  esso  nel  1799  un  corpo  di  russi  si  fermò  pa>^ 
chi  giorni. 


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GAROSIO  6a5 

Sul  colle  Riccoi  nel  1800  passarono  gli  austrìaci^  i  quali  do-. 
Tetterò  aprirvi  una  nuova  strada,  che  appellasi  tuttora  la 
strada  dei  tedeschi^  per  la  quale  passarono ,  conducendosi  a 
Genova. 

Sonovi  due  sorgenti  d'acqua  solforosa:  una  appiè  del  detto 
colle  f  e  Taltra  sol  rivo  Ricroso.  La  prima  più  efficacemente 
che  la  seconda  serve  a  guarire  alcune  malattie  delPaddomine. 

La  parrocchia  di  forma  ovale  y  edificata  da  più  di  due 
secoli ,  è  di  bella  architettura.  Vi  si  celebrano  solenne- 
mente due  feste  ,  cioè  quelle  dell'assunzione  di  M.  Y. ,  e  del- 
rinvenzione  di  santa  Croce ,  a  cui  accorrono  molte  persone  dei 
circostanti  paesi. 

Si  scorgono  appena  le  vestigie  di  un  antico  diroccato  castello. 
In  distanza  di  mezzo  miglio  dall'abitato  ^  sul  rialto  d'Amerò,  si 
vedono  le  fondamenta  di  una  torre  già  spettante  ad  un'antica 
rocca.  Credesi  che  cpstà  esistesse  un  tempo  Carosio. 

Questo  villaggio  ne'  tempi  andati  era  feudo  imperiale ,  lìbero 
da  qualsivoglia  imposizione.  Godette  de'  suoi  vetusti  privilegi , 
eùandio  quando  venne  sotto  il  dominio  Sabaudo,  infino  al- 
Tepocì  in  cui  fu  occupato  dagli  insorgenti,  dei  quali  si  par- 
lerà in  appresso. 

Evvi  un'opera  di  pubblica  beneficenza* 

11  territorio  abbonda  di  bestie  bovine  e  di  pecore,  delle 
quali  si  fa  commercio  con  Genova ,  Moyi ,  Gavi ,  e  Voltaggio. 
Non  vi  scarseggia  il  selvaggiume. 

Dalla  coltivazione  dei  gelsi  ritraggono  un  notevol  guadagno 
i  robusti  e  solerti  abitanti. 

Pesi ,  misure  e  monete  come  in  Genova. 

Trovasi  in  questo  territorio  :  Acqua  leggermente  salso-solfo- 
rosa ,  di  temperatura  comune.  Di  una  sorgente  alquanto  ricca, 
che  nasce  da  uoa  screpolatura ,  la  quale  divide  verticalmente 
alcuni  strati  orizzontali  d'arenaria  micacea  ,  separati  da  letti 
di  marna  ,  sulla  sponda  destra  del  torrente  Lemme ,  presso  il 
borgo  di  Carosio. 

—  Salso-solforosa  simile  apparentemente  alla  suddetta.  Di  un 
piccolo  zampillo,  che  sorge  ad  un'ora  circa,  a  levante  da  Ca- 
rosio ,  presso  un  casolare  detto  il  Cascinotto  ^  ed  in  fondo  ad 
una  gola  ,  che  divide  il  monte.  Guazzino ,  intieramente  com- 
posto di  massi,  ciottoli,  e  frammenti  pietrosi  disgregati  e  difr- 
Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  III.  4o 


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&x6  GAROSIO 

{KHti  a  strati  ik  yaria  grossetia ,  ioduiati  di  circa  gradi   3^  a 

tramontana. 

Cenni  siorid.  Seguirono  alcaot  T  opinione  di  Cluverio  e  di 
Cellario,  i  quali  indotti  dalla  sola  somigliane  del  nome,  cre- 
dettero che  questa  terra  na  il  Catystìtm  menzionato  da  Lìtìo, 
lib.  4^  e*  7  9  ^a<%o  '^^  cui  i  Romani  riportarono  sopra  i  L^ori 
una  grande  Tittoria  (Y.  Acqìd),  Ma  Carystum  é  messo  da 
Lìtìo  mAf^  Suuieilati,  «  Carosio  sta  fuori  dell' antico  ter- 
ritorio degli  stazielli ,  trovandosi  sul  Lemme  superiormente  a 
6an. 

Oltre  a  ciò  il  nome  che  nell' >^|^ro  SutUellad ,  ora  Acqnese 
provincia ,  si  per  la  situazione  del  luogo,  si  per  le  radicali  sue 
lettere,  meglio  convenga  col  Carystum ^  è  veramente  il  solo 
Cartosio  F'. 

In  questo  comune  nel  i6a5  Carlo  Emanuele  I  disfece  un 
poderoso  esercito  composto  di  Genovesi,  Milanesi,  Parmigiani 
e  Modenesi ,  cui  guidavano  Tommaso  Caracciolo  ,  Ludovico 
Guasco  alessandrini,  maestri  dì  campo,  ed  il  barone  di  Ti- 
cas-Millas.  Stavano  questi  in  un  alto  campo  trincerati  per  ar- 
restare i  progressi  del  Duca. 

Goffredo  Benso  da  Chieri ,  signor  di  Santena,  assaltò  il  primo  di 
fronte  quelle  trincere,  e  dopo  due  ore  di  accanito  contrasto,  venne 
a  capo  di  superarle.  Giunse  in  questo  frattempo  ai  nemici  un  grosso 
rinforzo  di  fanti  e  di  cavalli,  il  quale  fu  subito  da  Piemontesi  e  da 
Francesi  ausiliarii  con  tanto  ardore  assafito ,  che  i  fanti  si  disper- 
sero e  fuggirono  i  cavalieri  senza  por  mano  alle  spade:  i  loro 
condottieri,  eccetto  il  Yicas-Millas,  furono  fatti  prigioni;  e  Ga- 
vio  con  altre  castella  cadde  in  potere  del  Duca.  Carosio  fu  ce- 
duto come  feudo  imperiale  delle  Langbe  al  re  di  Sardegna  nella 
pace  di  Ylenna  Panno  1738. 

Nel  1798  fecesi  quivi  un  assembramento  di  rivoltosi  contro 
il  regio  governo.  Eran  eglino  eccitati  da  Ginguené  ambascia- 
tore francese  in  Torino  ,  sostenuti  dal  genepale  francese  Brune, 
che  governava  in  allora  la  cosi  detta  repubblica  cisalpina  ,  e 
da  esso  provveduti  d'armi  :  venivano  forniti  del  rimanente 
dal  governo  di  Genova ,  sospinto  a  quei  di  dal  governo  Fran- 
cese ,  il  quale,  oltre  le  pubbliche  ingiurie  al  sovrano  del  Pie- 
monte ,  mandava  con  molto  danaro  duemila  de*  suoi  a  con- 
giungersi con-  loro.  Carosio  trovandosi  accerchiato  dalle  geno- 


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CARPASIO  627 

veA  terre ,  quella  gente  ivi  raccolta  recava  molti  clanni  al 
coafinaDte  regio  stato.  I  Genovesi ,  violando  il  territorio,  pre- 
aero con  essi  alla  sprovvista  Pozzoolo ,  facendo  prigionieri  quat- 
trocento soldati  j  che  vi  erano  di  presidio. 

Non  dava  il  Ligure  governo  soddisfazione  veniQa,  negava  alle 
Piemontesi  truppe  libero  il  passo,  e  Ginguené  minacciava  il 
governo  dd  re ,  se  k»  tentasse  per  forza.  Ciò  non  ostante  le 
icgie  truppe,  a  cui  si  «nirono  volontarii  monferrirà,  condotte 
dal  cavaliere  Policarpo  Cacherano  d*Osasco ,  occuparono  le  do- 
minanti alture  ,  vennero  loro  sopra  disperdendoli  intieramente, 
e  mettendo  il  terrore  nelle  confinanti  valli  del  Genovesato.  Le 
sconfitte  decisive  ,  toccate  dai  sollevati ,  furono  quelle  di  Rocca 
GrimaMa,  e  della  Fraschetta. 

Nel  179&  questo  comune  dovette  pagare  enormi  conti^ibu- 
zioni,  e  sopportare  la  devastazione  delle  sue  campagne. 

Nel  1799  vi  passarono  nei  giorni  ì5  e  16  di  agosto  le  sol- 
datesche francesi ,  che  si  ritiravano  verso  Genova  dopo  la  scon- 
fitta ricevuta  dagli  austro-russi  sul  colle  di  Novi. 

Dal  1800  sino  al  1S14  fuvvi  un  continuo  passaggio  di  soldati. 
Circa  il  1800  tip  corpo  di  quattrocento  francesi  vi  ebbe  stanza 
durante  un  anM. 
Popolazione  900. 

CARPASIO  {Carpasium) ,  com.  nel  mand.  dì  Borgo-Maro  , 
prov.  di  OnegTia  ,  dioc.  di  Ventimiglta,  div.  di  Nizza.  Dipende 
dal  senato  dì  Nizza  ,  vice-intend.  prefett.  d^Oneglia ,  insin.  di 
Borgo-Maro,  posta  d'Arma. 

In  vai  di  Tabta ,  o  Taggia ,  fra  selvaggie  montagne ,  in  sito 
alquanto  elevato,  trovasi  questo  villaggio,  che  fa  190  fuochi. 
Appartenne  al  marchesato  del  Maro.  Presso  alla  sua  giacitura 
si  dipartono  alcune  colline  in  varie  direzioni. 
Il  territorio  presenta  molte  roccie  e  boscaglie. 
Evvi  per  altro  im  gran  numero  di  vigneti,  di  campi  e  di  orti. 
Questi  ultimi  danno  una  rendita  considerabile. 

Sono  parte  di  Carpasio  cinque  borgate,  cioè  a  levante  quelle 
di  Costa  e  4^  Arzene  ;  a  ponente  quelle  di  Glori  soprani,  di 
Glori  s<4lani ,  ed  Ugello.  Quest'ultima  villata  è  loirtana  due  mi- 
glia circa  dal  capo-lnogo.  Sono  esse  tutte  poste  in  luoghi  mon- 
tuosi. 
Ti  passano  quattro  vie  comunali  in  cattivo  stato ,  non  pra* 


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628  CARPASIO 

ticabili  che  a  piedi ,  e  a  dosso  di  muli.  La  prima ,  da  levante^ 
conduce  a  Ville  Saq  Pietro  ,  distante  tre  miglia  ;  la  seconda , 
da  ponente ,  a  Triora,  otto  miglia  lontano  ;  la  terza ,  da  mez- 
zodì y  a  Montalto  ,  discosto  miglia  due  ;  l' ultima ,  da  mezia- 
notte  ,  ad  Agaccio  ,  che  gli  sta  a  quattro  miglia. 

Un  rivo  che  ha  le  fonti  $ulle  alte  montagne  della  Cazzesina, 
e  di  Montegrande  ,  scorre  nel  teiritorio  a  tramontana ,  in  di- 
stanza di  quattro  miglia  dall'abitato.  Si  valica  col  mezzo  di  on 
ponticello  in  pietra  di  un  arco  solo,  costrutto  da  più  dì  un 
secolo.  Esso  vi  dà  moto  a  due  hioIìdì*  Le  sue  limpide  acque 
servono  ad  inaffiare  le  circostanti  campagne- 
Sulla  sommità  del  Cazzesina ,  e  del  Montegrande  si  distaiH 
dono  feconde  praterìe ,  che  producono  copioso ,  ed  eccellente 
fieno.  Vi  abbondano  preziose  erbe  per  uso  farmaceutico,  e  molti 
vanno  a  farne  ricerca. 

Nell'invernale  stagione  è  assai  pericoloso  il  salire  su  quelle 
montagne  a  cagione  della  molta  neve  che  cade  sovr'esse,  e 
dell'impeto  dei  venti  boreali ,  che  vi  imperversano  dì  spesso. 
Accade  sovente  che  passeggieri  mal  cauti  vi  perdono  la  vita* 

SI  nelle  antiche  guerre  ,  che  in  quelle  che  adissero  r£u- 
ropa  negli  ultimi  tempi,  furonvi  passaggi  di  numerose  solda- 
tesche ,  e  vi  accaddero  zuffe  sanguinose. 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  il  titolo  di  sant'Antonino.  An- 
tica ma  bella  é  la  sua  costruzione.  Alla  solennità  del  santo  tìr- 
tolare  accorrono  molti  forestieri. 

Allato  di  questa  chiesa  videsi  un  oratorio  dei  disciplinanti , 
sotto  il  patrocinio  di  Nostra  Donna  dell'Annunziata. 

Fuori  del  recinto  del  paese  si  veggono  a  levante  le  cappelle 
di  san  Sebastiano  e  di  san  Bernardo  ,  a  ponente  l'oratorio  di 
sant'Antonio  ,  ad  ostro  quelli  di  san  Carlo  e  di  Nostra  Signora 
della  Piazzima,  a  borea  il  tempietto  di  san  Giovanni  Battista. 

Negli  antichi  tempi  vi  sorgeva  un  castello ,  in  cui  si  ripara- 
vano gli  abitanti  dal  furore  de' saraceni.  Fu  esso  istrutto  da 
circa  due  secoli.  Sulle  rovine 'di  quel  castello  fu  poi  edificato 
l'attuale  villaggio]dì  Carpasio. 

Questo  territorio  abbonda  di  bestie  bovine ,  di  p^orc ,  di 
capre ,  e  di  muli.  Il  s^olo  produce  in  copia  formento  e  maz- 
zuoli ,  ed  é  anche  fertile  di  viti  ;  ma  le  uve  non  vi  giungono 
a  perfetta  maturità. 


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CARPE  «ag 

Gli  abitanti  di  Carpatio  sono  molto  robusti,  aflBeiticanti,  d'in- 
gegno STegliato ,  e  per  lo  più  d'indole  molto  buona. 

Pesi  di  GenoTa,  misure  di  Oneglia,  monete  di  Piemonte. 

Popol.  700. 

'*' CARPE  o  Calpe  {Calpe)^  com.  nel  mand.  di  Loano,  proy. 
•e  dioc.  d'Albenga  ,  dir.  di  Genova.  Dipende  dal  senato  di  Ge- 
nova,  vice-iniend.  d'Albenga,  prefett.  ipot.  di  Fina^,  insin.  e 
posta  di  Loano* 

È  situato  a  mezzodì,  sopra  un'altura,  inferiormente  alla 
grand'alpe  di  Monte  Calvo. 

Lo  compongono  le  seguenti  piccole  borgate:  De'  Coxe,  Barletti, 
Cascina  ,  Rocche  ,  Roggia. 

I  suoi  abitanti  sono  per  lo  più  occupati  dell'agricoltura,  del 
taglio  e  del  trasporto  della  legna. 

II  villaggio  é  distante  sei  miglia  da  Albenga. 

Vi  corrono  quattro  vie  :  la  principale  conduce  verso  levante 
a  Toirano ,  discosto  tre  miglia  -,  un'altra  verso  ponente  mette 
a  Garessio  ,  nove  miglia  distante  ;  una  terza  ,  da  tramontana  , 
della  lunghe&za  di  miglia  tre,  tende  a  Bardine to  ;  l'ultima,  da 
mezzodì,  scorge  a  Balestrino,  che  sta  a  due  miglia  circa  da 
Carpe. 

Alcune  terre  del  comune  sono  bagnate  dal  Lavaggini  che 
scaturìsce  in  mezzo  al  monte  Rocca-Barbena.  Quel  torrente  vi 
si  tragitta  sur  un  ponte  privo  di  parapetti  della  lunghezza  di 
due  metri  e  mezzo.  Mette  foce  nel  fiume  Varatella. 

Sulle  alte  balze  di  Rocca  ,  di  Banco,  e  di  Beltado  esistono 
buoni  pascoli,  quantunque  sieno  es^se  in  gran  parte  nude  roccie. 

Sul  fine  del  secolo  scorso  vi  dimorarono  quando  gli  austriaci, 
'&  quando  i  francesi:  questi  ultimi  posero  il  paese  al  sacco  ed 
al  fuoco. 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  l'invocazione  di  san  Sebastiano: 
fu  eretta  nel  centro  dell'abitato  l'anno  1606. 

Un'altra  chiesa  ,  che  anticamente  era  parrocchia  ,  vedesi  alla 
distanza  di  un  quarto  d'ora  dal  -  villaggTo.  È  dedicata  a  san  Ber- 
nardo. 

Non  vi  si  mantiene  che  pochissimo  bestiame  bovino.  Molto 
scarsi  vi  sono  i  prodotti  in  cereali ,  ed  in  erbaggi.  Vi  abbonda 
il  selvaggiume. 

Gli  abitatori  di  questo  paesetto  sarebbero  più  miti  e  solerti^ 


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(}3o  CARPENETTA  e  CARPENETO 

se  loro  Don  mancassero  i  meui  d'istraìni  e  d'eserdtare  qual- 
che Dìaolera  di  traffico  coi  circofttanti  rillaggi. 

Pesi  e  misure  come  ìq  Genova. 

Popolazione   170. 

CARPENETTA  {Carpineta)y  antico  castello  non  lontano  da Rao- 
conigi,  statò  feudo  dei  Racbis  di  Pirerone  ^  e  dei  Morra  di  Panca* 
lieri  con  titolo  comitale:  spettò  anche  alla  signoria  dei  Gaarondi 
Avigliana  ,  degli  Aliberti  Balegni  di  Racconigi ,  e  a  quella  dei 
Pipini  e  dei  Belli. 

CARPENETO  e  Carpinete  (Carpinetum).  Questo  nome  à- 
gnifica  luogo  piantato  di  carpini. —  Carpeneto^  e  Carpinete  di 
Carignano  ,  Carpinetum  Taurinorum  ,  antico  membro  di  Ca«> 
rigoano ,  nella  provincia  di  Torino.  Ebbe  nei  tempi  di  mezzo 
un  castello  appartenente  ai  Provana  ,  dai  quali  pervenne  ai 
conti  di  Valperga.  Fu  anche  feudo  de'  Graneri  di  Mercenasco, 
che  vi  ebbero  una  villa  superba.  —  Carpeneto  di  Vercelli , 
Carpinetum  yerédiensiumn  Fu  contado  infeudato  ai  nobili  ver> 
Cellesi  delle  Rive  ,  che  lungo  tempo  lo  tennero  sotto  i  mar* 
chesi  di  Monferrato. 

Nella  guerra  del  iSSy  tra  il  marchese  Giovanni ,  e  Galeazzo 
Visconti  9  vi  fermò  quartiere  Ugolino  Gonzaga ,  condottiero  delie 
truppe  di  quel  marchese.  Questa  terra  alla  pace  di  Cherasco 
venne  sotto  il  dominio  di  Casa  Savoja.  Fu  eretto  ìa  baro&ia  a 
favore  de'  Coardi  di  Quarto. 

CARPENETO  e  Carpinete  (  Carpinetum  Af/uensium  Statiel" 
lorum  )  ,  capo  di  mand.  nella  prov.  e  dioc.  d'Acqui ,  div.  di 
Alessandria.  Dipende  dal  senato  di  Piem.,  intend.  prefett.  ipot. 
e  posta  d'Acqui ,  insin.  di  Rivalta. 

Sta  nella  valle  dell'Orba,  sulla  sinistra  sponda  del  fiume  di 
questo  nome ,  a  levante  della  città  d'Acqui ,  da  cui  è  disco- 
sto cinque  miglia» 

Come  capo  di  mandamento  ha  soggetti  tre  villaggi ,  che  sono 
Mootaldo  ,  Rocca  Grimalda ,  e  Trisobbio. 

Le  sue  principali  e  comunali  vie  sono. due:  una  da  borea 
ad  ostro  conduce  ad  Alessandria  -,  l'altrb  da  levante  a  ponente 
mette  al  capo«-luogo  di  provincia. 

La  distanza  di  Carpeneto  dalla  capitale  è  di  miglia  cinquanta. 

Vi  corrono  due  rivi  lo  Stanavazzo  ed  il  Mobbio.  Il  primo  pro- 
viene dal  confinante  territorio  di  CremolinO|  passa  per  quello 


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CARPENETO  63i 

di  CasteUerro ,  e  va  a  «caricarsi  nel  Bormida  :  41  secondo  ha 
le  fonti  sul  confine  di  Trìsobbio ,  interseca  le  campagne  di 
Rocca  Grimalda ,  e  mette  foce  nell'Orba.  AH'  uno  ed  all'  altro 
vi'  soprastà  un  ponticello  di  cotto  ,  costrutto  a  spese  del  co- 
mune. 

Presso  il  villaggio  sorge  un  colle ,  sulla  cui  cima  si  pui 
giungere  per  comoda  vìa  in  qualunque  stagione. 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  l'invocazione  di  san  Giorgio. 
La  festa  principale  del  comune  vi  è  quella  della  natività  di 
Nostra  Donna. 

Evvi  un  santuario  sotto  il  titolo  della  Villa ,  in  cui  si  cele- 
bra solennemente  in  ogni  anno  la  fèsta  di  Mostra  Donna  As- 
sunta. 

Esistevi  un'opera  pia ,  «he  sovviene  agli  indigenti^  e  soprat- 
tutto ai  malati  poveri. 

Nella  scuola  comunale  i  fanciuUi  ricevono  ana  elementare 
istruzione. 

Vi  sono  un  castello  ed  una  casa  comunale  ^  la  quale  per 
lo  passato  serviva  di  quai-tiere  ad  un  piccolo  porpo  di  tnippe. 

Vi  é  sufficientemente  spaziosa  una  pubblica  piazza. 

Il  cimiterio  è  posto  a  borea  nella  prescritta  distanza  dal  vil- 
laggio. Di  cinquanta  tavole  è  la  sua  circonferenza. 

Il  territorio  produce  cereali  e  frutta  in  modica  quantità*  Me- 
«chinissimo  è  il  prodotto  del  bestiame  per  difetto  di  pascoli. 
Vi  scarseggia  il  selvaggiume. 

Vi  sono  dei  boschi  cedui ,  i  quali  servono  soltanto  all'uso  de^ 
terrazzani., 

Si  fa  un'  annua  fiera  nei  giorni  8  ,  9  ,  io  di  settembre. 
Accorrono  ad  essa  molti  dei  circostanti  comuni  .per  le  contrat- 
tazioni del  grosso  bestiame* 

Si  faceva  un  mercato  in  ogni  lunedi,  il  quale  dicadde  a 
motivo  della  vicinanza  di  Ovada ,  borgo  considerabile  pel 
commercio. 

I  pesi  vi  sono  la  libbra ,  il  rubbo ,  ed  il  cantara.  La  misura 
pei  cereali  è  ranliea  ^biiiia  Genovese.  Vi  é  in  corso  la  pionel^ 
dei  regii  stati. 

Cenni  storici.  Carpeneto  d'Acqui  è  il  Carpanmn  menzionftto 
nel  diploma  del  9^5  ,  fatto  è^ì  re  Ugo  e  Lottano  a  favore  del 
{[rande  Aleramo.  Il  terreno  donatogli ,  oltre  quello  dalla  Villa  del 


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63!i  CARPIGNAMO 

Foro  j  estendeyati  dal  Tanaro  alla  Bomnda ,  e  da  Barale,  on 

Bardiasso  sino  a  Carpineto  Acquese  y  e   quind  dalla  Bormià 

airOrba. 

È  poi  nominato  nella  carta  della  fondaxione  dell'Abbadia  di 
san  Quintino  fatta  nel  991  da  Anselmo  figliuolo  dello  stesse 
Aleramo.  Passò  agli  Aleramici  di  Monferrato ,  a  cui  lo  tolsero 
gli  Angioini,  in  un  cogli  Alessandrini  loro  alleati:  nel  12241^ 
marchese  Guglielmo  teneva  ì'due  castelli  di  Carpineto  per  uoi 
metà,  che  diede  in  pegno  all'imperatore  Federico  II,  con  altie 
molte  terre  del  Monferrato  per  la  somma  di  900  marcbe  dV 
gento ,  statagli  data  in  prestito  da  quelFimperatore  in  Catania. 
Gli  alessandrini  restituirono  la  loro  parte  al  marchese  Guglielmo 
nella  pace  fatta  con  lui  l'anno  1278. 

Fu  quindi  infeudato  a'  Tortonesi  nobili  d'Alba,  che  dagli 
imperatori  ottennero  privilegi,  e  furono  fatti  conti  Palatini.  Il 
duca  Amedeo  Vili  lo  acquistò  dal  marchese  di  Monferrato  alla 
pace  di  Torino  Tanno  i436  ,  con  molte  altre  terre,  in  com- 
penso dell'avergli  salvati  gli  stati  dall'inTasione  di  Filippo  Ri- 
sconti duca  di  Milano. 

Nel  i6o3  i  Roberti  stabiliti  con  diploma  di  cittadinanza  in 
Acqui  sin  dal  1569  ,  cedettero  la  loro  giurisdixione  so  drp^' 
neto  al  duca  di  Mantova  ,  e  u'ebbero  in  cambio,  oltre  ioe« 
da  esso  posseduti  nel  territorio,  anche  quelli  del  ostello. 

Carpeneto  fu  poi  feudo  dei  Grilli  di  Capriata* 

Popolazione  i5oo. 

CARPIGNANO  {Carpinianum),  capo  di  mandamento  «Ha 
prov.  dioc.  e  div.  di  Novara.  Dipende  dal  «enato  di  P»*"*»^' 
tend.  gen.  prefett.  ipot.  di  Novara ,  insin.  e  posta  di  RomagoaBO. 

Trovasi  sulla  sinistra  sponda  del  Sesia  a  maestrale  ai  ^^' 
vara  ,  da  cui  é  distante  otto  miglia  di  Piemonte. 

Come  capo  di  mandamento  ha  soggetti  i  seguenti  em^- 
Briona  ,  Castellaezo  ,  Fara  ,  Landiona  ,  MandcUo ,  Silav««8®  * 
Sizzano.  ^  ^ 

Una  sua  comunale  stra^ ,  nella  direzione  di  levante  e 
duce  al  Farà  ,  discosto  un  miglio  ed  un  quarto. 

Il  Sesia  che  vi  si  tragitta  sopra  una  barca ,  scorre  per  9"  ' 
sto  territorio.*  Vi  si  trovano  in  esso  numerose  trote  ^  te©  1 
anguille ,  e  pìccoli  pesci.  Sooovi  parecchi  canali  p«^  **'"'" 
^EÌone  dei  prati, 


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CARPIONANO  633 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  il  titolo  di  Nostra  Donna  As- 
sunta: la  ufficiano  un  prevosto,  due  coadjutori,  ed  un  cap- 
pellano. Le  principali  solennità  ,  alle  quali  accorrono  più  di 
duemila  forestieri ,  sono  quelle  di  sant'Olivo  martire ,  di  santa 
Croce  ,  e  dell'Epifania.  Davanti  alla  parrocchiale  sta  una  piazza 
alquanto  spaziosa. 

11  cimitero  è  situato  a  levante  del  paese  nella  prescritta  lon- 
tananza da  esso. 

Vi  sono  due  opere  pie  a  vantaggio  dei  poveri  :  una  di  jus 
patronato ,  detta  dell'eredità'  Bonenti  ;  l'altra  chiamata  di  Santo 
Spirito  diretta  dall'amministrazione  comunale. 

Un  castello  di  antichissima  costruzione  tuttavia  circondato  di 
fossi  j  «erve  adesso  di  private  abitazioni. 

Esiste  in  questo  capo-luogo  di  ^nandamento  una  fabbrica  del 
cotone:  sono  in  essa  più  'di  venti  telai ^  intorno  ai  quali  lavo* 
rano  da  venti  persone. 

Il  territorio  mantiene  un  numero  discreto  di  bestie  bovine, 
le  quali  vanno  soventi  volte  soggette  a  malattìe  d' infiamma* 
zÌ0n«. 

Vi  abbonda  il  selvaggiume. 

Nei  primi  tre  giorni  dell'ultima  settimana  di  maggio  si  fa 
in  ogni  anno  un  gran  fiera  ,  il  cui  traffico  è  di  ogni  sorta  di 
bestie ,  e  di  mercanzie  :  accorrono  ad  essa  non  solo  i  terrazzani 
delle  circostanti  ville ,  ma  eziandio  i  negozianti  delle  provincic 
di  Vercelli  e  di  Biella. 

Si  fa  pure  in  ogni  settimana  un  floridissimo  mercato  per  la 
vendita  cosi  del  bestiame  come  dei  cereali,  della  canape,  e  di 
ogni  derrata. 

I  prodotti  del  territorio  in  cereali  sonp  assai  copiosi.  Pesi  di 
Novara  ;  la  libbra  novarese  di  oncie  28,  risponde  in  peso  me«- 
trico  a.  libbre  o,  onde  7,  grossi  6,  den.  2,  g,  5.  o.  11  rubbo 
di  lib*  35,  di  oncie  1 2  cad.,  risponde  a  lib.  8 ,  onc.  1  ,  grossi 
6.  d.  7.  g.  5.  Il  fascio  di  lib.  100,  d'oncie  a8  caduna,  lisponde 
a  lib.  76.  2.  5.  I.  7.  Tutte  le  misure  poi  si  dei  liquidi,  che  dei 
solidi ,  e  quelle  delle  stoffe  sono  eguali  a  quelle  di  Novara. 

Cenni  storicL  Nelle  antiche  carte  Carpignano  è  detto  Cal^ 
punianiun ,  nome  forse  corrotto  da  Calpwmianum ,  villa  di 
qualche  roniano  Calpuroio ,  o  forse  meglio  è  lo  stesso  ,  che 
CarpinUum. 


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634  CARPINETI  b  CARPUGNINO 

Nel  901  uà  Adalgiso  d«  Carpignano  ,  avvocato  del  Tesoova 
di  Novara  Ga ribaldo ,  disputava  dlnanai  a  Berengario  re  d'Ite-^ 
lia  pei  diritti  di  questa  chiesa  sull'  abbazia    di   Lucedio  contro 
Aginulfo  Avogadro  che  sosteneva  quelli  della  chiesa  vercellese. 
Berengario  diede  in  quell'anno  la  sua  sentenaa  in  lavore   dei 
vescovi  di  Vercelli. 

Carpìgnano  é  poi  rammentato  nel  diploma  dell' imperatore 
Arrigo  II  del  ioi4i  in  cui  a  favore  del  vercellese  TeaooTO 
Leone  sono  confiscati  tutti  i  poderi  spettanti  ad  Ugone  e  Gui- 
done signori  di  questo  luogo ,  come  vassalli  rimasti  fedeli  al* 
l'infelice  re  d'Italia  Ardoino. 

Era  questo  borgo  tenuto  da'  marchesi  di  Monferrato ,  e  preso 
da' Visconti,  per  tix>varsi  fortificatO|  fu  esente  nel  1 36 1  «dall'in- 
cendio, a  cui  soggiacquero  le  altre  vicine  terre.  Al  dire  del 
'Bescape  esistevano  un  tempo  in  questo  luogo ,  più  che  in  altii 
della  diocesi  di  Novara ,  numerose  fondazioni  d'ogni  maniera 
di  benefizi  ecclesiastici.  Bravi  pure  inr  questo  forte  castello  un 
monastero  di  canonici  regolari  colla  chiesa  intitolata  a  sant'Afa 
pollinare ,  presso  la  chiesa  di  san  Pietro. 

Nel  i653  i  francesi,  gettato  avendo  sul  Po  un  ponte  di 
barche  nelle  vicinanze  di  Crescentino ,  si  condussero  ad  asse- 
diare questo  castello  ,  in  cui  trovavasi  un  presidio  di  due  com- 
pagnie italiane,  e  presolo,  ne  atterrarono  le  mura.  Anticamente 
fu  feudo  dei  signori  delle  Rive. 

Lo  tennero  poi  gli  Erba  di  Milano ,  principi  di  Monteleonc 
nel  regno  di  Napoli. 

Popolazione  a5oo. 

CARPINETI  (  Carpineta  ).  Di  questo  nome  vi  furono  ,  e  vi 
cono  più  altri  luoghi ,  di  presente  semplici  casali  \  fra  cui  sì 
nota  Carpenè ,  o  Carpineto  nel  Saluzzese ,  già  feudo  tenuto  dai 
Castelli,  dai  Belli,  dai  Cartetti ,  e  dai  Rachis. 

*  CARPUGNINO  e  CARPIGNINO  (CarpumttiMeCarpinùuun)^ 
com.  nel  mand.  di  Lesa ,  prov.  di  Pallanza ,  dioc.  e  div.  di 
Novara.  Dipende  dal  senato  di  Piem.,  vice-intend.  prefetti  ipoft. 
di  Pallanza,  insin.  d'Arona ,  posta  di  Belgirate. 

Questo  comune  guarda  mezzodì.  E  discosto  un  miglio  ed  un 
s^  tanto  da  Comnago  ,  quanto  da  Stresa. 

Le  principali  sue  strade  sono  due:  una  per  Comnago  con<- 
duce  a  Lesa^  l'altra  per  Stiesa  accenna  al  capo*luogo  di  provincia. 


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CARPUGNINO  C35 

Vi  passa  il  fiume  Crisaiia ,  d^  ha  le  bHkCi  sulle  alpi  del 
Mergozzolo  ;  congiungesi  coU'Erno  ,  e  mette  foce  nel  Verbano. 
Vi  si  tragitta  sur  un  ponte  di  legno.  Le  sue  acque  sono  di 
^ande  vantaggio  a  molte  parti  del  mandamento  di  Lesa ,  ser- 
vendo cosi  per  l'irrigazione  delle  circostanti  campagne ,  come 
per  dar  moto  a*perecchi  edifizi  meccanici. 

Un  grosso  rivo,  sul  quale  sta  pure  un  ponte  di  legno,  in- 
terseca questo  territorio,  e  giova  non  poco  alla  sua  fertilitiu 

La  chiesa  parrocchiale  é  antichissima  ,  d'ordine  dorico,  de- 
dicata a  san  Donato  vescovo  di  Arezzo.  Fu  fabbricata,  secondo 
l'opinion  generale ,  da  san  Giulio,  Si  ammirano  in  essa  quat- 
tro bellissimi  dipinti ,  creduti  di  Paolo  Veronese  :  il  primo  rap- 
presenta la  Circoncisione  ;  il  secondo  la  Beata  Vergine  ,  l' in- 
fante Gesù  ,  e  sant'Anna;  il  terzo  Mostra  Donna  concetta  senza 
peccato;  l'ultimo  l'Addolorata.  Oltre  la  festa  del  santo  titolare 
annualmente  si  fanno  due  solennità,  col  concorso  di  numerosi 
devoti:  cioè  quelle  del  Rosario ,  e  della  Circoncisione.  Un  ca- 
nonico di  Baveno  veniva  quivi  ad  uffiziare:  coU'andar  del  tem- 
po ,  pel  maggior  comodo  dei  terrazzani ,  vi  aveva  egli  fissata 
la  sua  dimora ,  ritenendo  sempre  il  titolo  e  i  suoi  diiitti  come 
canonico  ;  titolo  e  diritti  che  furono  perduti  per  negligenza  di 
uno  dei  parrochi  precedenti. 

I  prodotti  del  territorio  sono  segale,  meliga ,  miglio ,  panico, 
legumi ,  patate y  noci,  uve  ed  altre  firutta.  Vi  si  mantiene  un  di- 
screto numero  di  bestie  bovine ,  e  di  pecore. 

Pesi  e  misure  di  Milano. 

Cenai  storici.  In  questo  paese  si  sono  rinvenute  vetuste  me- 
daglie con  le  immagini  d'imperatori  romani;  e  si  discuoprono 
ben  sovente  avanzi  di  antichità.  Si  veggono  le  vestigia  di  una 
vecchia  torre ,  che  vuoisi  abbia  appartenuto  ad  una  fortezza 
tenuta   dai  Visconti. 

Carpignino  fu  soggetto  all'antica  badia  di  san  Donato  di  Scoz- 
sola  ,  ora  Sesto-Calende ,  in  un  con  Graglia ,  Belgirate ,  Lesa 
e  Baveno.  Nato  un  litigio  tra  Gerardo  abate  e  l'arcivescovo  di 
Milano  per  alcune  possessioni,  il  papa  Innocenzo  III  circa  il 
I  aoo  scrisse  su  di  ciò  all'arcivescovo  Tadooe ,  allegando  i  molti 
titoli  dei  poderi  in  quistione  statigli  presentati  dall'abbate.  Ciò 
non  pertanto  Passaguerra  procuratore  della  mensa ,  avendo  re- 
cati gravi  damii  a  quelle  terre ,   o   possessioni ,  ne  incorse  la 


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636  CARREGA 

scomttDica  del  sommo  poatefice ,  finché  non  ti  ebbe  ripsua*  i 

Popolazione  aai. 

*  CARREGA  {Carrega),  com.  nel  mand.  di  Rocbetta  U 
gare,  proy.«di  Non,  dioc.  dì  Tortona,  div.  di  GenoTa.  Dipenda: 
dal  senato  di  Genova  ,  vice-intend.  prefiett  ipoU  e  posta  d 
Novi,  insin.  di  Rochetta  Ligure.  • 

Giace  a  levante  di  Novi ,  e  a  tramontana  di  Genova^ 

È  diriso  in  cinque  parrocchie:  i.^  san  Giuliano  m&rtire. 
che  ivi  dicesi  di  Carrega:  a.^  sant'Andrea  di  Agneto:  3.^  saa 
Giacomo  di  Campani  :  4-^  Natività  di  M.  Y.  dì  Cartesegna  : 
5.^  san  Michele  di  Dalio  :  6.^  Nostra  Donna  assunta  di  Coso- 
la:  7.^  Nostra  Signora  del  Carmine  di  Vegnì.  Nelle  predette 
chiese  si  celebra  solennemente  la  festa  del  santo  titolare  ,  ed-  I 
l'intervento  dì  molti  forestieri. 

Ciascuna  ha  il  proprio  cimitero  assai  distante  dall'abitato. 

Per  comodo  degli  abitanti,  massime  nei  di  festini,  vi  esistpoo 
eziandio  tre  piccoli  oratorii. 

Una  strada  comunale  attraversa  il  paese.  Dà  essa  l'adito  alle 
Provincie  dì  Genova  e  di  Bobbio  ,  valicando  la  vetta  deU'a^en- 
nìno  ligure  a  Cabanne. 

Carrega  nella  stagione  invernale  è  soggetto  ad  una  penodìca 
migrazione  de'  suoi  abitatori ,  i  quali  a  motivo  delle  scarse  ri- 
cotte che  vi  si  fanno  ,  conduconsì  nella  Lumellina,  nella  Lom- 
bardia e  nel  Pavese  ad  occuparsi  in  campestri  lavori.  Ritor- 
nano in  patria  nei  mesi  di  aprile  e  di  maggio. 

Il  territorio  assai  montuoso  comprende  le  altissime  punte  de- 
gli apenntni  liguri ,  che  chiamansi  il  Montebore  ,  il  Carmo , 
e  TAntoIa.  Da  questi  hanno  origine  grossi  torrenti ,  cioè  il  Bor- 
bera,  lo  Seri  via,  e  la  Trebbia. 

Sul  vertice  di  quei  monti  si  distendono  belle  praterie ,  e  i  b^ 
vi  allignano  molto  bene. 

Il  Borbera  in  quelle  parti  suddividesi  in  tre  rami ,  doe  : 
Agnelina  che  incomincia  sul  monte  Antola-,  Carreghina  che  na- 
sce sul  Carmo  -,  Cosarella  che  sorge  dal  Montebore. 

U  principale  prodotto  di  questo  comune  è  quello  del  vano 
bestiame ,  di  cui  i  terrazzani  fanno  molte  vendite  nelle  vicine 
Provincie  ,  e  singolarmente  in  Genova.  Le  bestie  bovine  vi  sono 
qualche  volta  soggette  all'epizoozia. 

Il  terreno  produce  in  poca  quantità  grano ,  marzuolì  e  casti^ne. 

Non  vi  scarseggia  il  selvaggiume. 


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CARRETTO  637 

Si  tengono  sei  annue  fiere:  la  prima  addi  i5  di  maggio: 
l'altra  nel  secondo  lunedi  di  giugno  :  la  terza  ai  4  <^ì  luglio  s 
la  quarta  al  7  di  agosto  :  la  quinta  il  primo  di  settembre  : 
l'ultima  nel  giorno  8  di  ottobre.  Si  fa  in  esse  un  considerabile 
commercio  del  grosso  bestiame  :  vi  accorrono  molti  negozianti 
cosi  da  Genova  ,  come  da  altre  città,  e  da  paesi  distanti. 

La  popolazione  vi  è  robusta  ,  d'indole  pacifica;  ma  ^on  di- 
stinguesi  per  svegliatezza  d'ingegno. 

Il  peso  in  uso  è  il  genovese,  cioè  il  cantaro,  il  rubbo  e  la 
libbra.  La  misura  pei  solidi  non  é  uniforme:  quella  del  capo- 
luogo è  lo  stajo,  di  cui  4  formano  la  emina,  di  rubbi  la  ge- 
novesi circa  :  si  divide  in  due  quarte ,  e  questa  in  8  copelU. 
Per  i  liquidi  vi  è  la  brenta  di  rubbi  io  genovesi ,  e  si  sud- 
divide in  4o  pinte  o  80  boccali. 

Carrega  fece  parte  dei  feudi  imperiali.  Fu  una  delle  più  co- 
spicue terre  della  casa  Doria  Pamfili ,  cbe  la  tenne  con  ti- 
tolo di  marchesato. 

Il  marchese  vi  nominava  un  commissario,  che  esercitava  una 
estesa  giurisdizione  amministrativa  e  giudiziaria. 

L'esercito  Franco-Polacco  nella  sua  ritirata  dopo  la  battaglia 
di  Piacenza,  accampò  durante  alcune  settimane  sulla  costa  che 
unisce  le  sommità  del  Carmo  e  dell' Antola. 

Popolazione  3ooo. 

CARRETTO  (  Carretum  ,  Carecium  ) ,  com.  nel  mand.  di 
Cairo,  prov.  di  Savona  ,  dioc.  d'Acqui,  div.  di  Genova.  Dipende 
dal  senato  di  Genova ,  intend.  prefett.  ipot.  di  Savona ,  insin. 
e  posta  di  Cairo. 

Giace  sopra  erti  balzi ,  vicinissimo  ,  ma  inferiore  alla  vetta 
dell'apennino ,  che  gli  fa  riparo  dall'impeto   de'  venti  boreali. 

Lo  compongono  le  seguenti  villate:  Code  villa,  Casa  di  Rog- 
gioli ,  Cazzoli ,  Casa  de'  Pennini ,  Barberi  e  Moncerchio  :  sono 
esse  quasi  tutte  verso  la  sommità  dell'apennino  a  destra  ed  a 
manca  della  parrocchiale  :  le  case  sono  fabbricate  con  pietre 
di  quelle  vicinanze ,  e  per  lo  più  con  un  cemento  di  terra  per 
difetto  di  calce.  I  tetti  ne  sono  coperti  con  lastre  tagliate  gros- 
samente, e  disposte  senza  artifizio. 

Una  strada  comunale  vi  passa  dalla  parte  di  levante  :  con- 
duce al  capo  di  mandamento  due  miglia  lontano.  Da  Carretto 
a  Savona  si  contano  tredici  miglia. 


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638  GARRETTO 

I  balzi  che  sorgono  io  questa  terrìtorìo  tono  Moncev*ciiio 
Delia-Costa ,  Bettesio ,  Seiciù  e  Cbiaggìa  de)  Monte. 

Sul  MoDcerchio  ha  orìgine  il  rivo  detto  della  Tina ,  <^e  ba- 
gna il  terrhorìo  di  Cahro,  ed  entra  nel  Bormida.  Sul  Betterìa 
ha  le  fonti  un  altro  rivo  che  interseca  il  territorio  di  Brovida. 
ed  ha  por  foce  nel  predetto  fiume. 

II  terreno  é  un  tufo  ,  che  di  sciolto  dalle  acque  e  daHe  neri 
si  rende  atto  alla  vegetazione  per  meszo  di  buon  conctme;  ma 
il  camminarvi  sopra  nei  giorni  umidi  è  cosa  malagevole^  per- 
ché dov'è  sodo  y  si  sdrucciola  ;  dev'  è  smosso  y  ìì  piede  si  af- 
fonda. Tristo  è  poi  Taspetto  dì  quel  terreno,  specialinente  dove 
l'acqua  abbia  formato  burroni/ 

In  paese  di  tal  natura  ,  ed  in  posizione  cosi  elevata  non  e 
facile  tenere  aperte  strade  carreggiabili:  non  sono  esse  pertanto 
praticate  che  a  piedi ,  e  con  giumenti. 

I  prodotti  del  comnne  in  cereali ,  marzuoli ,  castagne  «  pa* 
tate  f  e  quelli  del  bestiame ,  a  cagione  della  sterilità  delle  cam- 
pagne y  non  bastano  al  sostentamento  degK  abitanti.  Vero  è 
però  j  che  di  non  poco  rilievo  è  il  prodotto  del  vrno ,  pnpato 
a  giusta  ragione  come  il  migliore  del  mandamento  di  Cairo. 
L' uva    è    nera  y    di    quella  varietà  che  si  trova  nei  paesi  del 

.  Monferrato ,  che  sono  più  in  grido  per  la  squisitezza  dei  loro 
Tini.  Le  viti  sono  disposte  a  lunghi  filari  paralelK  ,  e  tenute 
cosi  basse  ,  che  i  grappoli  sentono  il  calore  ,che  si  riflette  dal 
suolo.  Negli  intervalli  tra  i  filari ,  i  villici  coltivano  qualche 
piccola  quantità  di  meliga.  Vi  sono  molti  alberi  di  frutta  ;  si 
tengono  alcuni  alveari  p  potendovi  le  api  trovare  alimento  gradito 
nel  timo  odoroso  che  copre  quei  greppi.  Yi  allignano  molte 
roveri,  pochi  pini  e  gelsi. 

II  commraercio  si  restringe  alla  vendita  del  vino  e  di  po- 
chissimi altri  prodotti  del  luogo  ,  ed  alla  compra  delle  cose 
necessarie  alla  vita. 

Gli  abitanti  sono  per  lo  più  assai  robusti,  pacifici  ,  e  ad- 
detti all'agricoltura. 

I  pesi  y  le  misfire  ,  le  monete  e  il  dialetto  si  conformano  al 
capo  di  mandamento. 

La  chiesa  parrocchiale  è  sotto  il  titolo  di  san  Martino  dì 
Tours  ;  ha  un  piccolo  coro  e  tre  altari  :  il  maggiore  è  coperto 
di  marmi    bianchi  e  neri,  variati    con    qualche  disegno.  Re- 


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CARRETTO  fóg 

latiTe  all'illustre  casa  del  Garretto  ,  ti  ti .  troiano  le  pa* 
rote  seguenti  y  intagliate  in  piccolo  spazio  nMrmoreo  sopra  la 
porta  : 

D   •   O    .   M    .    CABBBTTA 

DOMTS    •   A   •   BALBSTRBIO 

nr    .    HVBfBBTlf   •    BOItOBTH    •    OFEBVBf 

HVHC    •   STUM   .    D   •   MIRTINI   •   CVLTYlf 

BBrOHlT 

MDGCXXlll 

Il  dmitero  trovasi  a  conTenevoIe  distanza  dall'abitato. 
Yi  éltttttora  in  pie  un'antìia  torre  ,  la  quale  \eryl  d'asilo  agli 
abitatoli  contro  il  furore  dei  \saracenì. 

Sopra  un  erto  poggio  che  guarda  il  luogo  di  Cairo,  vi  sorge 
un  castello  che  già  fu  residenza  dei  marchesi  del  Carretto.  Ri- 
mangono due  lati  del  suo  cerchio  di  muraglie ,  dov'essi    con- 
giungendosi  y  formano  un  angolo,  s'innalza  una  torre  alta  circa 
i6o  palmi  gmiovesi  ,  pendente  dalla  parte  di  greco  per    mo- 
tivo dì  una  fenditura  perpendicolare  che  si  formò.  In  uno  dei 
lati  si  veggono  tuttavia  travi  ed  assi ,  che  sono  avanzi  dei  pal- 
'       chi  che  dividevano  in  varii  piani  l'altezza  della  torre.  Le  fe- 
rltoje  angustissime  si  riducono  ad  una  per  lato  :  la  porta ,  assai 
bene  costrutta ,  è  alta  da  terra  circa  40  palmi.  La  torre  è  iso- 
lata interamente  dal  castello ,  ma  trovasi  dentro  il  medesimo. 
Cosi  il  castello  come  la  torre  furono  costrutti  con  quella  sorta 
di  pietra ,  e  collo  stesso  cemento  ,  onde  sono  fabbricate  tutte 
le  case  del  luogo. 

Cenni  storici.  Carectum ,  lo  stesso  che  Caricetum ,  indica 
luogo  pieno  di  carici  ,  sorta  d'erba  acuta  e  durissima.  Da  que- 
sto accidente  locale  ebbero  origine  i  varii  nomi  di  Carisio, 
Caresana,  Calice  ecc.  Da  questa  terra  e  dal  suo  castello  ebbe 
il  nome  un  antichissimo  e  nobilissimo  casato  tuttora  numeroso, 
i        uscito  dal  grande  Aleramo ,  che  Bori  nel  principio  del  goo. 

Di  fatto  da  Aleramo  per  Anselmo  I  e  II ,  venne  Tete ,   od 

Ottone  padre  di  Bonifacio  marchese  di  Savona  ,  del  Tasto ,  di 

Ceva  e  di  Qavesana,  il  quale  da  Adelaide  6gliuola  di  Pietro  di 

I        Sayoja,  marchese  ereditario  di  Susa  ,  ebbe  Arrigo  il    Guercio 

marchese  di  Savona  e  del  Ta{to. 

Ottone  figliuolo  di  quest'Arrigo  congiunse  col  titolo  di  marchese 
di  Savona  quello  di  Carretto  9  come  scorgesi  da  più  atti  del  iioa 


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640  CARRO 

e  del  laogv  il  f[Oal  uso  seguirobo  i  suoi  discend^iti ,  fino  a 
che  perdettero  Savoaa  ad  essi  tolta  da'  gcDov^i..  La  loro  sSo- 
rìa  riuscirà  più  chiara ,  comiaciaudola  dalla  prima  loro  origine 
nell'articolo  di  Savona»  V,        .       . 

Questo  paese  trovasi  già  menzionato  negli  imperiali  diplonù 
del  primo  e  del  teno  Ottone  (anni  967,  e  998)  a  favore  dei 
Vescovi  di  Savona. 

Del  suo  castello  diceva  Raffaele  della  Torre  :  Castnan  Co-- 
rettum  ,  a  quo  Marchionum  CarreUentium  illustrissimum  no^ 
men  cuitiquae  structurae  opus  in  ipso  Langéuiun  medimllio  non 
longe  a  Cairo  siium  est. 

Vedesi  pure  accennato  insieme  con  la  rocca  di  Spigno ,  e  con 
Lodesto  in  una  carta  del  1070,  in  cui  un  Ardizzone  di  legge 
Longobarda  fa  quitanza  ad  un  conte  Guidone  per  lo  prezzo  ri- 
cevuto della  vendita  fattagli  di  queste  terre ,  e  di  altre  nella 
Lombardia  ch'egli  comprato  avea'  da  YaUlrada  figlinola  di  un 
conte  Alberico ,  e  moglie  di  un  Alberto.  Passato  a'  marche» 
di  Savona  Bonifacio  ed  Enrico,  compresero  questi  la  villa  fra 
le  donazioni  fatte  alla  c\iiesa  di  Ferrania  nella  fondazione  di 
essa  Tanno  1097.  Y.  Cairo* 

Ti  avevano  a  quel  tempo  la  chiesa  dedicata  a  san  Martino, 
che  é  tuttora  la  parrocchiale,  e  quella  di  s*  Maria,  che  allora 
dipendeva  dall'abbazia  di  san  Dalmazzo  di  Ped<ma  ,  statale 
confermata  nel  1^246  dal  papa  Innocenzo  lY. 

Popolazione  i34* 

*  CARRO  (  Carrum)^  com.  nel  mand.  di  Godano,  prov.  di 
Levante ,  dioc«  e  div.  di  Genova.  Dipende  dal  senato  di  Ge- 
nova, vice-intend.  di  Spezia  ,  prefett.  ipot.  di  Sarzana  ,  insin. 
di  Levanto ,  posta   di  Borghetto. 

Questo  paese  guarda  levante.  Lo  compongono  tre  parrocchie 
che  sono  :  Carro  arcipretura  che  estende  le  sue  giurisdizioni 
su  Cereta,  Ponte,  e  Pavareto:  Castello,  prepositura,  cui  sì  uni- 
scono Pera  ed  Agnola  :  Ziona  anch'  essa  prepositura. 

Yi  corrono  quattro  comunali  vie:  una  da  levante,  chiamata 
Trambacco,  mette  a  Godano;  l'altra  da  ponente  è  detta  Inola; 
la  terza,  da  mezzodì,  chiamasi  Cerro  ;  l'ultima  da  tramontana 
chiamata  Foci  scorge  a  Yarese.  La  terza  e  la  quarta  di  quelle 
vie  mettono  nella  strada  provinciale. 

Sul  fiume  Yara ,  che  passa  per  questo  comune ,   vi   sta   un 


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CARRODANO  641 

solido  ponte  in  pietra  a  due  archi ,  osserTabile  per  la  sua  al« 
tezzar. 

La  prima  delle  tre  chiese  parrocchiali  è  intitolata  a  9.  Lo«- 
renzo:  in  essa  vedonsi  ud  altare  di  marino  fioissimo,  ed  un 
medaglione  rappresentante  Nostra  Donna  concetta  senza  pec* 
cato:  layori  stati  eseguiti  nel  1774  •*  scorgesi  pure  un  bel  qua- 
dro del  uiartirio  del  santo  titolare ,  recente  opera  del  rino- 
mato Giuseppe  Dorffoieister. La  seconda  parrocchiale  è  sotto  il 
titolo  di  san  Giorgio  di  Castello;  la  terza  chiamasi  s.  Maria  di 
Ziona. 

Vi  esistono  ancora  due  santuarii  dedicati  uno  a  Nostra 
Donna  del  Rosario,  l'altro  a  s.  Antonio  da  Padova.  Nel  primo 
vede  si  una  pregiata  statua  che  rappresenta  Maria  Vergine.  Alle 
solennità  che  si  fanno  in  questi  due  santuarii ,  accorrono  quat- 
tromila e  più  persone. 

Vi  si  fanno  scarse  ricolte  di  TCgetabili,  e  mediocre  è  il  pro- 
dotto del  bestiame. 

Gli  abitanti  sono  di  robusta  complessione  e  di  mente  aperta. 
Vi  sono  altrettanti  cimiteri,  quante  sono  le  parrocchie,  eie 
loro  adiacenze:  ne  è  privo  il  luogo  di  Agnola. 

Questo  paese  produsse  parecchi  uomini  distinti:  *fra  i  quali 
si  notano  Paganini  Gian  Battista  che  fu  console  pontificio  nel 
1780,  e  lasciò  per  legato  cento  mila  lire  all'  albergo  di  Car- 
bonara in  Genova,  ove  gli  fu  eretta  una  statua. 

Ferrari  Faustino  dell'ordine  de'  cappuccini ,  missionario  apo- 
stolico ,    morto  in    Angola ,    in  concetto    di    santità ,    1'  anno 
1770. 
Popolazione  i8i5. 

^  CARRODANO  (  Carrodanum  ) ,  com.  nel  niand.  di  Le- 
vanto,  prov.  di  Levante,  dioc.  e  div.  di  Genova.  Dipende  dal 
senato  di  Genova ,  intend.  di  Spezia ,  prefett.  ipot  di  Sarzana, 
insin.  di  Levanto  ,  posta  di  Borgbetto. 

Compongono  questo  comune  la  parrocchia  del  capo-luogo 
colle  sue  adiacenze ,  Ferrere  e  Piana  ;  la  parrocchia  di  Carro- 
dano  superiore  ,  e  quella  di  Mattarana  e  Canegrega. 

Da  levante  vi  passa  la  regia  strada  ,  per  cui  si  va  al  capo- 
luogo di  provincia  ,  discosto  quattordici  miglia. 

Il  torrente  Malacqua  interseca  questo  territorio.  Proviene  dai 
monti  Radice  ,  Rosola  e  Levanto  ,  e  mette  foce  nel  Vara.  Vi 
Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  III.  4' 


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64^  CARRU' 

è  Talicato  da  tre  ponti  in  pietra:  uno  i  quello  deDa  vefjìa 
strada  costrutto  nel  1824  y  &o^to  gli  auspizi  del  re  Carlo  Fe- 
lice. Gli  altri. due  souo  da  gran  tempo  edificati. 

La  parrocchiale  di  Carrodano  capo-luogo  è  intitolata  a  santa 
Felicita  :  quella  di  Carrodano  superiore  è  sotto  il  patrocinio  di 
san  Bartolommeo:  a  san  Gioyan  Battista  è  dedicata  quella  di 
Mattarana. 

Queste  tre  chiese  furono  edificate  prima  del  1400. 

Stante  l'antica  romana  via  divenuta  ora  strada  reale ,  vi  fii 
in  ogni  tempo  passaggio  di  soldatesche. 

I  pi-odotti  di  questo  territorio  sono  in  discreta  quantità  ce- 
reali y  legumi  d'ogni  sorta  ,  castagne  ed  uve.  Ti  si  mantiene  ub 
buon  numero  di  bestie  bovine  e  di  pecore. 

Si  rinviene  in  questo  territorio  : 

Eufotide  col  feldispato  bigio  e  col  dialìaggio  metalloide  a 
larghe  lamine.  Trovasi  sul  monte  Fogona ,  e  suDa  strada  che 
da  Carro  mette  a  Carrodano. 

Dialìaggio  metalloide ,  di  colore  traente  al  giallo ,  ed  a  ]a-> 
mine  di  stupenda  grandezza ^ 

Marmo  rosso-sanguigno ,  brecciato  a  piccoli  noccioli  di  tinta 
rossa  più  oscura  ,  e  di  altri  di  un  bigio  pia  traente  al  rossi- 
gno  y  e  sparso  di  piccole  macchie  e  filetti  bianchi. 

Gli  abitanti  sono  per  lo  più  robusti,  ed  inclinati  alla  colti- 
vazione della  campagna. 

Pesi  e  misure  di  Genova. 

Popolazione  11 83. 

CARRU'  B  CARRUCCO  {Carrucum)^  capo  di  mand.  nella 
prov.  e  dioc.  di  Mondovi,  div.  di  Cuneo.  Dipende  dal  senato 
di  Piem. ,  intend.  prefett  ipot.  di  Mondov} ,    insin.  e  pesta,  di 

Sta  sulìa  manca  sponda  del  Tanaro  a  levante  di  MondovI , 
da  cui  è  discosto  sette  miglia. 

Come  capo  di  mandamento  ha  soggetti  i  seguenti  comuni: 
Clavesana  ,  Magliano  e  Pioszo. 

Di  qua  si  dipartono  sette  vie  comunali  ;  la  prima  tende  al 
capo  luogo  di  provincia  ,  ed  a  Bastia  \  la  seconda  a  Clavesana-, 
la  terza  a  Sa  vigliano;  la  quarta  a  s.  Giorgio;  la  quinta  a  Bene-, 
la  sesta  alla  Trinità;  la  settima  a  Magliano.  Le  quattro  pnnoie 
•ono  della  lunghezza  d' un  miglio  circa  j  le  altre  di  due. 


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CARRU'  ^y 

Quivi  tragittasi  col  mezEo  di   una   barca  41  fiume-torrente 

Pesio  ,  che  discende  dai  vicini  colli  occidentali  ,  e  inette  capo 

nel    Tanaro  fra  questo  territorio  e  quello  di  Bastia.  11  Pesio  è 

povero  di  pesci. 

La  parrocchiale  è  sotto  il  titolo  di  N.  D.  Assunta  in  Cielo. 

Alla  distanza  di  un  miglio  da  Carrù  trovasi  un  piccolo  san-* 

tuario  detto  della  Madonna  di  Ronchio;    già    due   volte   vi    si 

fece   la  centenaria  incoronazione  della   Vergine   Beatissima  dal 

vescovo  di  quella  diocesi. 

£vvi  un  convento  di  padri  cappuccini. 
Sonovi  due  oonfraternite ,  una  dei  disciplinanti  bianchi  ^  l'ai* 
tra  dei  disciplinanti  neri.  Ija  prima  sotto  il  tìtolo  di  a.  Seba«* 
stiano  celebra  con  grandissimo  concorso  di  forestieri  il  sette* 
nario  della  B.  Y.  Addolorata:  la. seconda  è  appellata  della  Mi- 
sericordia. 

Il  cimiterìo  è  situato  a  borea  in  distansa  £  tento  trabucchi 
dall'  abiUto. 

Sta  tutlora  in  pie  V  antico  castello  di  questo  paese.     . 
-    Nella  scuola    comunale  s'insegna  fino  alla  quarta  classe  in^ 
elusivamente.    .        ^  . 

Sonovi  dua  opere  <di  pubblica  beneficenza,  doè  un  monte 
di  pietà  y  ed  un  4>$pedale  che  può  ricoverare  sedici  am- 
malati. 

Si  tengono  sopra  una  spaziosa  piazza  quattro  annue  fiere  , 
ed  un  mercato  nel  giovedì  di  ogni  settimana  pel  commercio 
^  del  bestiame 9  dei  cereali,  dei  drappi,  e  di  altre  sorta  di  merci: 
due  delle  dette  fiere  si  fanno  in  primavera  ;  la  terza  nella 
state  \  V  ultima  sul  finir  d^ll'  autunno  :  sono  esse  molto  fre** 
quentate  dai  negozianti  del  Piemonte  ,  e  dagli  abitatori  dei  vi-^ 
Cini  paesi.  .;,.-,. 

Intorno  ad  un.  filatojo  della  aeta  sono  continuamente  occu- 
pati settanta  operai.  ^ 
Evvi  una  stazione  di  cinque  carabinieri  reali  a  jHedL 
Gli  abitanti  sono  per  lo  più  robusti,  di  buona  indole  ,    ed 
applicati  a>  lavori  campestri. 
Pesi ,  misure  e  monete  del  Piemonte. 

Cenni  storici.  In  questa  antica  villa  de'  popoli  Bagenni  fu 
trovata  presso  la  chiesa  di  s*  Pietro  la  seguente  iscrizione  ro- 
mana, non  intiera: 


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C44  CARRU' 

»  ms  .  MAVttTs  .  s  •  aerum 

M    .    FTLTITS 


T  .  otum  .  i  .  oWit  .  L  •  ibèns  •  m  .  erito 
Forse  questo  Marco  Fulvio  che  suU'  ara  degli  Iddìi  Mani  sóxk 
il  suo  voto  è  quello  stesso  che  un  altro  voto  sciolse  a  Q'm 
sugli  estremi  confini  de' Bagenni  a  Bersesio  per  aver  ràiii 
Liguri  Transalpini  y  come  si  raccoglie  da  una  iscrisione  Todn 
pure  colà  trovata  ,  da'  fasti  consolari  all'  anno  63o  di  Rom, 
e  dairepitomatore  di  Livio  lib.  6o« 

Carrù  fece  poi  parte  del  contado  Bredalense,  ora  proviodt 
di  Mondo  vi,  sotto  Carlo  Magno,  e  sotto  i  successivi  imperaton; 
ma  segui  la  sorte  dell'antica  capitale  de'  Bagenni;  e  fofwò 
con  Bene  nel  901  dall'imperatore  LudoTico  III  assoggettato» 
Tcscoyi  d'  Asti:  Jocchè  fu  confermato  da'  suoi   successori 

.  Nei  diplomi  di  tal  donazione  imperiale ,  e  di  tale  coolenDa, 
come  pure  nelle  successive  bolle  dei  sommi  pontefici  Eages» 
III,  Anastano,  ed  Adriano  IV,  la  prima  del  ii53,  lasecoo^ 
dello  stesso  anno  ,  la  tersa  del  11 56  si  accenna  1'  antica  p- 
rocchia  di  questo  luogo,  detta  de  s,  Petra  in  Grado  che  en 
pieve,  ossia  chiesa  principale  dei  contomi,  e  questo  W^" 
ai  qualifica  ciir<e,  cioè  sede  della  euria  del  distretto  -,  vi  so» 
anche  indicati  il  castello ,  le  rurali  cappelle ,  i  bosdii ,  t  k 
altre  sue  pertineoie. 

In  vece  della  detta  chiesa,  che  trovandosi  ora  fuori  M»^ 
tato ,  indica  che  l' odierno  Carrù  sia  bensì  dappresso,  ^ 
non  nel  sito  precise  dell'  antico ,  si  fabbricò  un'  BÌìn  à^ 
nel  centro  del  riedificato  villaggio  prima  del  1213)  e  f s  ^ 
dedicata  a  Maria  Santissiona,  come  appare  da  unA  ^^^ 
queir  anno. 

Da  bolle  dei  papi  Innocenio  III  ed  Innoceliao  Vf  <i  ^ 
che  r  ora  accennata  pieve  di  s.  Pietro  fu  separata  dalla  à^ 
d'  Asti ,  ed  unita  a  quella  di  Ferrania.  Soppressa  questa  f^ 
positura,  fu  la  detta  pieve  ridotta  a  beneficio  semplice  ^ 
titolo  di  priorato  congiunto  con  quello  di  santa  Maria  M>' 
dalena,  ed  aggregata  dal  cardinale  Lauro  vescovo  di  Mod<>^ 
al  suo  seminario  eretto  nel  iS'jS. 

Nel  secolo  duodecimo  i  marchesi  di  Ceva  ne  cootrastaroQ* 
ai  vescovi  il  possesso.  Nel  i38o  lo  ebbero  i  principi  d'^^l** 


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GARTIGNANO  «45 

i  quali  lo  infeudarono  a'  Bersani  di  Mondbvly  da  cui  nel^io 
fu  rimesso^ad  uno  dei  dietti  prìncipi ,  che  lo  diede  al  ^uo  luo- 
gotenente generale  d'  armi  Ludovico  Costa  signore  di  i.  Al- 
bano, della  Trinità,  e  di  Bene. 

Per  questo  territorio  passò  la  soldatesca  Francese  che  sotto 
il  comando  di  Buonaparte  entrò  in  Piemonte,  e  si  condusse  a 
Cherasco,  o?e  si  segnò  nel  1796  il  trattato  di  pace  col  re  di 
Sardegna. 

Popolazione  4000. 

*  CARTIGNANO  (  Cartinianum  ) ,  com.  nel  mand.  di  $.  Da- 
miano  ,  proy.  e  div.  di  Cuneo ,  dioc.  di  Saluzzo.  Dipende  dal 
senato  di  Pieni.  ,  ìntead.  gen.  prefett.  ipot.  di  Cuneo,  insin, 
di  s.  Damiano,  posta  di  Dronero. 

È  diviso  in  due  borghi  dal  Macra  ,  che  vi  si  tragitta  col 
mezzo  di  un  ponte  in  pietra.  Questo  fiume-torrente  ha  la  prin- 
cipale sua  fonte  nella  terra  di  Acceglio,  frazione  della  Chiap- 
perà. 

Tra  Acceglio  e  Cartignano  riceve  il  tributo  di  molti  rivi;  ba- 
gna Prazzo,  Stroppo,  Alma  ,  Lottulo,  san  Damiano,  e  va  a 
metter  capo  nel  Po  in  vicinanza  di  Cavallerleone.  Contiene  in 
copia  trote  saporose,  temoli  e  botte.  Le  sue  acque  ben  lungi 
dal  fecondare  il  terreno,  lo  immagriscono  assai;  dal  che  forse 
derivò  il  suo  nome.  Delle  sorgenti  che  concorrono  alla  for- 
mazione del  Macra  ,  la  maggiore  è  quella  che  scaturisce  appiè 
di  un'  alta  rupe  nella  frazione  Chiapperà.  Quest'  acqua  vuoisi 
che  sia  la  stessa  ,  oad'  è  formato  il  lago  di  Visaisa  ,  che  giace 
sulla  cima  della  detta  rupe ,  e  il  cui  visibile  fondo  corrisponde 
perpendicolarmente  al  punto ,  ove  inferiormente  si  vede  quella 
scaturiggine.  Compongono  il  comune  di  Cartignano  le  seguenti 
frazioni:  Mellino  ,  Copetto,  Ponte  e  Mittanta,  Galliana  Cogno, 
Chiaudieres  dipendente  dalla  parrocchia  di  s.  Damiano,  Ponte 
del  Bedale  nel  territorio  di  Dronero,  dipendente  dalla  parroc- 
chia di  Cartignano.  La  villata  ove  sta,  chiamasi  il  Paschero. 

La  pubblica  strada  è  comunale:  da  Dronero,  traversando  la 
▼alle  di  Macra  ,  e  passando  dentro  Cartignano ,  mette  in  Acce* 
^lio.  Cessa  di  essere  carreggiabile  a  s.  Damiano. 

Ad  ostro  del  connine  sorgono  due  monti ,  il  Fey  il  quale 
non  offre  che  nude  roccie  ,  ed  il  Pugliano  su  cui  si  vedono 
qua  e  là  piccoli  faggi,  ed  avellani  selvatici. 


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646  CARTIGNANO 

A  tramontana  tedferì  il  monte  Ramk  Anch'  esso  non  cfin 
segni  dì  TegeUxione  fuorché  in  alcune  sue  parti,  ovealGgnaa 
i  castagni. 

La  chiesa  parrocchiale  a  due  navate,  è  sotto  rinrocaiioK 
di  s.  Lorenzo.  La  nomina  del  paroco  é  di  )ufr-patroDato.     i 

Il  cimiterio  sta  presso  a  questa  chiesa    nella    parte  di  tn- 1 
montana. 

Vi  esistono  sei  rurali  cappelle ,  cioè:  s.  Lucia  e  la  Hadoosi, 
della   Natività  al  ponte  del  Sedale  ;   s.  Rocco    alla  villata  il  \ 
Ponte;  s.  Anna  alla  yillata  Galliana;  s.  Firmino  a  Chìaudiera, 
s.  Cristina  isolata  fra  i  campi  presso  un  ayanzo  di  antico  mi- 
nistero di  Clarisse;  s.  Mauro  U  castello. 

Nella  scuola  comunale  i  fanciulli  imparano  i  principu£ let- 
tura ,  di  scrittujm,  di  aritmetica  ed  il  catechismo. 

Vi  sorto  una  confraternita  del  Gonfalone ,  ed  una  coo^ 
gasione  di  carità. 

£yvi  una  filatura  dei  bozzoli  di  trentacinque  fomelletti  àu 
somministra  lavoro  a  ottanta  e  più  donne  durante  due  ocs 
dell'  anno ,  cioè  dalla  metà  di  luglio  alla  metà  di  settembre. 

Sonoyi  pure  occupate  non  poche  persone  intomo  a  due  w- 
riere,  ad  un  edifizio  di  sega,  ad  un  edifizto  per  la  tormiio^ 
dell'  olio  di  noce ,  ad  un  molino  a  due  ruote ,  ai  qua^  ^ 
danno  moto  le  acque  del  Macra. 

A  destra  di  questo  fiume,  sopra  un'altura,  yedesi  Y^xits» 
castello  di  Cartigoano.  Dominava  esso  l'  entri^  del  poote,  ^ 
V  opposta  riva  del  fiume  ,  ove  giace  I'  altra  metà  del  villag^ 
e  signoreggiava  eziandio  la  strada  che  guida  luogo  la  valle  di  V^<^' 

Quasi  a  metà  cammino  tra  Cartignano  e  s.  Damiaoo  »  ^^s* 
gono  i  ruderi  di  muri  validissimi  sopra  un  mootìceJiOf  i^^ 
alla  borgata  di  questo  comune,  che  chiamasi  Galliana*  ^^ 
sorgeva  anticamente  un  castello  detto  Zoardi  o  Doaràuh^ 
un  feudo  di  cui  solevasi  dare  l' investitura  ai  signori  di  ^ 
comune. 

Le  produzioni  territoriali  pia  abbondanti  sodo  la  segala) 
le  castagne.  Vi  scarseggia  41  selvaggiume. 

Gli  abitanti    sono   di  complessione  robusta ,  di  mediocn  «J 
colta  inteHettuali ,  e  naturalmente  inclinati  al  lavoro,  fanoo 
loro  principale  commercio,  che  è  quello  delle  bestie  bovJ»«> 
sui  mercati  di  Drenerò. 


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CARTIGNANO 

Usano  gli  anticki  pesi ,  e  le  antiche  misure  dell'  Alto 
monte.  Vi  è  in  corso  la  moneta  dei  Regi  StatL 

Cenni  storicL  Da  due  monumenti  Romani  che  furonc 
Tenuti  in  vicinanza  di  Cartignano  si  scorge  che  il  nome  d 
sto  luogo  antico  fu  Cereale  forum  ,  mercato  de'  cereali 
valle  : 

lOVl   .   OPTIMO    •   MAXYMO 
h   é   SaXTIVS    .   £   .    P    .   DOMO   «... 


h    .   ÀVPUaTS    .   M    •   F    .   DOMO    .   P£DOaA 
AEDILIS    .   FOBO    .   CSEEALIS   •   BT    •    •    .    . 


▲   •   L   •    VÀLBBINVS   .    L    .   F    .   DOMO 

POLLERCIA    •   VlVia   •   AVO    •  BAGIBR 

D    .    S    .  P    •   P 

Il  seguente  fu  discoperto  da  monsignor  Della  Chiesa  e 
salterò  della  vicina  Pallieres. 

V  •  Ì¥ens  •  F  •  ecit 

U  •  EXOMHIVS  .  SBVBBVS 

M  •  F  .  POLLU  •  FOBO  .  CIB 

ilVlB    .  BIS   •    SIBl    .  BT    •   DISI  AH  AB 

MAX   .   FIL    .   BT    .  BLAIAE   VXOBl 

A  questo  cereale  vuoisi  anche  riferire  1' 

ABD    .    PLEB,.    CEBUL 

della  grand'  ara  sepolcrale  di  Alba  posta  a  se  ed  alla  co  i 
da  Cajo  Cornelio  germano  patrono  di  molti  municipii. 

Nel  1091  erasi  già  alterato  il  nome  di  questo  luogo  ii . 
Cereanum ,  come  trovasi  in  una  carta  di  queir  anno ,  de 
tica  Abbazia  di  Caramagna  \  ed  in  un'  altra  posteriore  in 
gine,  accanto  alle  parole  in  Cercano  j  vedesi  notato  con    : 
tere  antico:  nunc  Cartignano. 

Sotto  r  abbazia  di  Caramagna  lo  ebbero  col  castello  in 
i  Berardi,  che  dal  vicino  feudo  di  s.  Damiano  presero  <  ] 
il  cognome. 

Di  questi  un  Costanzo  venuto  al  servizio  del  papa  Euge 
circa  il   147O}    dopo  avere  ricevuto  il  governo  di  Perug  i 
di  altre  cospicue  città,  fu  fatto  senatore  di  Roma. 

Estinta  questa  progenie,  Cartignano  col  suo  castello  p<  i 
Claudio  Cambiano  de'  conti  di  Ruffia,  il  quale  fu  ambasci  i 


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648  CARTOSIO 

per  Carlo  Emanuele  I  in  Inghilterra,  dal  quale  ottenne  il  ti- 
tolo comitale  di  questo  villaggio,  e  fu  luogotenente  del  prin- 
cipe Tommaso  stipite  della  linea  ora  felicemente  regnante. 

Popolazione  780. 

*  CARTOSIO  (  Cariosium  ) ,  com.  nel  mand.  di  Pontone  , 
prov.  e  dioc.  d'Acqui,  div.  di  Alessandria.  Dipende  dal  senato 
di  Pieni.  ,  intend.  prefett.  insin.  ìpot.  e  posta  d'Acqui. 

Trovasi  sulla  sinistra  sponda  dell'Erro  ad  ostro  del  suo  ca- 
po-luogo di« provincia,  da  cui  è  «listante  cinque  miglia. 

La  strada  principale  nella  direzione  da  mezzodì  a  tramon- 
tana ,  potrebbe  facilmente  divenir  carreggiabile  per  la  valle 
dell'Erro  in  ogni  tempo  ,  tenendo  la  destra  di  quel  torrente  , 
e  mediante  un  ponte  sul  Bormida  al  sito  della  roccia  detta  dei 
Frascarosi,  confine  tra  Acqui  e  Melazzo. 

Le  vie  del  territorio  sono  quasi  .tutte  in  montagna ,  e  diffi- 
cilmente eziandio  con  molti  dispendi  potrebbero  ridursi  a  ve- 
nir praticate  coi  carri. 

Il  torrente  Erro  nasce  sulle  alture  di  Montenotte ,  e  corre 
precipitoso  a  metter  foce  nel  Bormida  inferiormente  al  luogo 
di  Terzo. 

La  parrocchiale  ha  tre  navate  con  coro:  è  sotto  l'invocazione 
di  sant'Andrea  apostolo.  Fu  rifabbricata  nel    1619. 

Evvi  un'altra  chiesa  quivi  detta  del  suffragio.  Sonovi  nel  ter- 
ritorio otto  rurali  cappelle  ,  cioè  :  san  Pietro  Apostolo  -,  san 
Rocco  ;  san  Martino  vescovo  *,  l'Addolorata  ;  Nostra  Donna  del 
Pillareto  -,  san  Bernardo  abbate  ;  san  Antonio  abbate  *,  TAscen- 
sione  del  Redentore. 

A  vantaggio  dei  poveri  del  comune  è  stabilita  una  con- 
gregazione di  carità ,  che  loro  annualmente  distribuisce  una 
certa  quantità  di'  castagne,  di  cereali  ,  e  dà  pure  qualche  soc- 
corso in  danaro  ai  malati  indigenti.  Coi  proventi  di  due  altre 
opere  pie  si  provede  al  predicatore  quaresimale  ,  e  si  dotano 
povere  figlie  del  paese.  L'ultima  riconosce  per  fondatore  un 
degno  ecclesiastico  delPincIita  famiglia  Asinari  di  san  Marzauo. 

Un  sacerdote  ,  cui  la  comunità  dà  il  carico  di  celebrare  per 
maggior  comodo  degli  abitanti  in  ogni  di  festivo  i  divini  mi- 
steri ,  insegna  ai  fanciulli  gli  elementi  della  lingua  italiana  e 
latina  ,  ed  anche  quelli  deiraritmetica. 

Da  due  piccole  torri  ,  dai  riuiasti  tratti  di  grosse  muraglie^ 


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CARTOSIO  649 

e  da  una  grande  torre  quadrata  dell'altezza  di  cinque  trabuc- 
chi ,  si  conosce  che  in  questo  paese  vi  sorgeva  nei  tempi  an- 
dati una  fortezza  di  qualche  momento. 

Adornano  l'ampia  piazza  detta  delle  aje  due  antiche  fabbri- 
che j  una  spettante  alla  famiglia  Asinari  di  san  Marzano,  l'al- 
tea all'avvocato  Sutto;  e  l'antichissima  torre  che  facea  parte 
dell'anzidetta  fortezza ,  in  cui  stava  im  oratorio ,  di  cui  riman- 
gono alcuni  avanzi ,  sui  quali  si  veggono  affreschi  che  rappre- 
sentano i  dodici  apostoli,  con  iscrizione  del  1480. 

1  prodotti  territoriali  sono  grano,  marzuoli  ;  castagne,  vino, 
legna  e  carbone.  Le  cinque  prime  produzioni  bastano  appena 
per  l'uso  degli  abitanti,  i  quali  vendono  con  loro  considerabil 
guadagno  molta  legna  e  molto  carbone  nelle  città  e  provincie 
di  Acqui  ,  Alessandria  ed  Asti. 

Vi  si  fa  una  fiera  nel  primo  lunedi  di  luglio,  assai  frequen- 
tata pel  commercio  del  vario  bestiame. 
Avvi  in  questo  territorio  : 

Calce  carbonata  bigia  ,  piuttosto  granosa.  Delle  cave  di  Al- 
berto Gain^ ,'  posta  nella  regione  detta  Calcinare.  Dà  una  calce 
molto  grassa  ,  e  contiene  dello  zolfo. 

Calce  carbonata  bianca ,  e  nel  resto  come  la  precedente  , 
ma  conchiglifera.  Delle  cave  suddette. 

Gli  abitatori  sono  per  lo  più  robusti ,  e  di  lode  voi  indole. 
Pesi  e  misure  del  Monferrato ,  monete  del  Piemonte. 
Cenni  storici.  Questo  luogo,  come  si  è  detto  all'artìcolo  Ca» 
rosio  ,  è  l'unico  dell'agro  Stdtiellate  ,  ora  provincia  d'Acqui , 
che  per  le  radicali  sue  lettere  rappresenti  il  Caristum  di  Li- 
vio, o?e  i  Romani  diedero  quella  battaglia  cosi  micidiale  ad  un 
esercito  di  Liguri ,  che  i  vinti  o  perdettero  combattendo  la  vi- 
ta ,  o  la  libertà  e  la  patria* 

La  positura  di  questo  paese  sopra  una  roccia  ,  che  alta  e 
scoscesa  sovrasta  all'Erro ,  potè  riuscire  vantaggiosa  ai  Liguri , 
che  ritiraodosi  dalla  StafTora,  quando  loro  veniva  incontro  l'eser- 
cito Romano  capitanato  dal  consolo  Marco  Popilio,  vi  concen- 
trarono le  loro  forze  ,  come  Livio  narra  ch'ei  fecero  in  Caristo. 
A  confermare  quest'opinione  si  aggiunge,  che  in  queste  vici- 
nanze evvi  un  luogo ,  il  quale  chiamasi  tuttora  Carystia ,  ove 
furono  rinvenuti,  e  si  rinvengono  di  tempo  in  tempo  avanzi 
di  antichità. 


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65o  CASALBAGLIANO 

Sotto  i  franchi  imperatori  i  conti  d'Acqui  vi  avevano  beni  prò» 
pri ,  come  scorgesi  dalla  donazione  dei  poderi ,  che  il  beato 
Guido  della  prosapia  di  quei  conti ,  e  vescovo  acquese  fece  al 
monutero  di  san  Pietro  nel  sobborgo  della  città  Tanno    io4i. 

Nel  io54  Timperadore  Airrigo  ILI  donava  Cartosìo  con  altre 
terre  alia  chiesa  d' Acqui ,  ed  i  vescovi  lo  infeudarono  ai  mar- 
chesi di  Ponzone ,  uno  dei  casati  discesi  dal  grande  Aleramo. 
Si  ha  ancora  Tinvestitura  del  1087 ,  che  Oddone  vescovo  dava 
della  terra  e  del  castello  al  marchese  Opizzone  Mori  di  Ponzone* 

Nel  iStxS  Antonia  e  Manetta  di  Ponzone  confermando  alla 
città  d'Acqui  i  loro  diritti  sul  bosco  di  Arbella  nel  territorio 
di  Cartosioy  situato  tra  il  monte  Mazolino,  il  torrente  Erro^ 
ed  il  fossato  di  Bozzolasco  ,  le  ne  fanno  intiera  donazione. 

Intervenne  all'atto  un  Giorgietto  Asinari  consorte  della  Marìet* 
ta  y  e  stìpite  del  ramo  degli  Asinari  di  Camerano  ;  e  cosi  questo 
feii^do  agli  Asinari  pervenne. 

L'imperatore  Carlo  IV  nel  i364  confermava  alla  chiesa 
d'Acqui  il  possesso  di  Cartosìo ,  e  degU  altri  luoghi  ad  essa  do- 
nati da'  suoi  antecessori. 

Il  duca  Amedeo  Vili  nel  i435  lo  acquistò  alla  pace  di  To- 
rino dal  marchese  Gian  Giacomo  di  Monferrato. 

Venuto  in  appresso  alla  prosapia  degli  Asinari  di  Costigliole 
(V.  Camerano  )y  i  secondo-geniti  presero  il  titolo  di  Carlosio-, 
ed  i  primo-geniti  alternano  quelli  di  marchesi  di  Caraglio  e  di 
san  Marzano. 

Popolazione  100. 

CASALB  AGLI  ANO  (Casale  BaUianorum).  Nei  bassi  tempi 
da  Casa^  indicante  rozza  abitazione,  derivò  Casale  ^  come  da 
vinca y  vinealcj  da  via^  viale  ecc.,  la  quale  denominazione  si 
trova  nel  cadere  del  v  secolo  dopo  l'invasione  de'  goti,  e  se  n'ha 
esempio  nel  papiro  di  Anastasio  bibliotecario,  tom.  3,  parte 
prima.  Per  lo  più  si  applicò  tal  voce  alla  riunione  di  varie  case 
non  formanti  ancora  un  villaggio;  le  quali  se  avevano  un  solo  pa- 
drone ,  pigliavano  l'aggiunto  del  nome  di  esso  per  essere  di- 
stinte dalle  altre.  Cosi  fu  detto  Casale  Algiati^  Folloni* ,  Bui^ 
gonis  ecc.  Per  altro  in  più  luoghi  del  Piemonte ,  e  d'elle  akre 
regioni  d'Italia  ,  e  nella  Spagna  particolarmente  si  conservò 
loro  il  nome  di  Casa  o  Casae. 

I  BagUaai  alessandrini ,  signori  di  questo  luogo ,  pcofittando 


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CASALBELTRAME  65f 

della  sua  '^gpatìtara  tra  i  due  fiumi ,  vi  edificarono  fin  castello 
nel   11280. 

Dalla  storia  di  Guglielino  di  Tito  ,  e  dalla  versione  di  essa 
fattane  da  Giuseppe  Horologi  (Venezia  .i56a,  in  4)7  appare^ 
che  que'  signori  si  distinsero  nelle  crociate  di  Terra  Santa. 

Un  ramo  de'  Bagliani,  o  Ballianì,  venne  a  stabilirsi  in  Gasale 
Monferrato.  • 

Servi  questo  casteDo  più  volte  di  antemurale  alla  città  di  Ales^» 
sandria  ,  ed  ebbe  molto  a  soffrire  da'  francesi  nelle  guerre  del 
1643  e  del  i653.  Fu  baronia  de'  Peretfi  della  città  di  Car- 
magnola. 

Giace  a  destra  del  Tanaro  e  a  manca  del  Bormida ,  in  di- 
stanza di  sei  chilometri  dalla  città  di  Alessandria.  Fa  cento  e 
trenta  fuochi.  La  sua  parrocchiale  fu  eretta  e  dedicata  a  No- 
stra Donna  assunta  in  cielo  l'anno  1576.  Sonovi  due  cappelle 
nel  palazzo  Bagliani.  Il  paroco  di  nomina  vescovile  gode  i 
frutti  di  giornate  3.  81  di  terreno,  riceve  da  tutti  i^parrac- 
chiani  ammessi  alla  comunione  uno  stajo  di  grano ,  ed  ha 
dal  governo  un  supplimento  di  congrua  tli  lire  ducento  annue. 
Popolazione  75o. 

*  CASALBELTRAME  (  Casaiebertani  ) ,  com.  nel  mand.  di 
Biandrate  ,  prov.  e  div.  di  Novara,  dioc.  di  Vercelli.  Dipende 
dal  senato  di  Piem.,  intend.  gen.  prefett.  insin.  ipot.  e  posta  di 
Novara. 

Trovasi  a  ponente  ,  e  alla  distanza  di  sette  miglia  da  No- 
vara. 

Vi  corrono  quattro  vie:  una,  da,  levante,  conduce  a  Maran- 
gana  :  un'altra ,  da  mezzodì ,  scorge  a  Casalvolone  :  una  terza , 
da  ponente ,  mette  a  s.  Nazaro  :  una  quarta  ^  da  tramontana, 
tende  a  Biandrate.  Da  ciaicuno  dei  quattro  sopraccennati  vil- 
laggi Casalbeltrame  é  lontano  un  miglio  circa  di  Piemonte. 

La  chiesa  parrocchiale  è  dedicata  a  Maria  Vergine  assunta 
in  Cielo  :  venne,  ha  poco  tempo ,  ricostrutta  sulle  rovine  del- 
l' antica  :  ne  diede  1'  elegante  disegno  1'  architetto  Delmastro. 
In  una  cappella  si  venera  il  corpo  di  s.  Novello,  martire  della 
legione  Tebea,  la  cui  festa  vi  si  celebra  con  gran  pompa  ,  e 
coir  intervento  di  molti  abitanti  dei  paesi  circonvicini. 

Esistevi  un'  altra  chiesa  (>er  uso  di  confraternità  sotto  il  ti- 
tolo deir  Annunziazione  di  Maria  Vergine. 


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652  CASALBORGONE 

Iq  meno  al  villaggio  sta  un'  ampia  pìaxsa  divisa  in  qoattn 
rioni. 

Il  territorio  produce  in  abbondanza  riso,  grano ,  segale, 
meliga  ,  legumi ,  erbaggi ,  e  trifoglio  :  è  ricxo  di  piante  frutti- 
fere y  massimamente  di  noci.  Vi  allignano  mirabilmente  i  piopji, 
le  guercie ,  e  gli  olmi. 

•  Gli  abitanti  sono  di  robusta  complessione  ,  di  loderol  indo^ 
e  per  lo  più  addetti  all'  agricoltura. 

Pesi  e  misure  di  Noyara. 

Cenni  storici.  Casalbeltrame  è  nominato  in  una  carta  dei 
1070  con  le  vicine  terre ,  e  con  Biandrate  ,  da  cui  erano  di- 
pendenti. In  essa  un  signore  lombardo  per  nome  Ardizzooe, 
fa  quitanza  ad  un  conte  Guido  della  somma  da  lui  ricevati 
per  la  compra  di  questa ,  e  di  altre  terre  in  Episcopaiu  EffO- 
riense  (  d' Ivrea) ,  in  Valse  sia  ,  ne'  contadi  d'  Acqui ,  di  No- 
vara, di  Pavia ,  di  Piacenza  ec. 

Questo  luogo  fu  ridotto  a  villa,  o  borgo  da'Bertani,  detti 
poi  Beltrami  che  n'erano  signori. 

Venne  atterrato  nelhi  guerra  del  1 358  tra  il  marchese  Gio- 
vanni di  Monferrato  e  Galeazzo  Visconti  signor  di  Milano,  lo 
rifabbricarono  i  conti  di  Biandrate. 

I  Beltrami  avevano  anche  il  dominio  di  Murisengo  :  di  ^ 
un  Bauci  fu  capitano  de'  Fiorentini  ;  ed  un  Bertramo  signore 
di  Lampugnano,  podestà  dei  Vercellesi  nel  laia  conccdeTi 
privilegi  al  comune  di  Trino. 

Popolazione  gSo.  | 

CASALBORGONE    {  Casideburgonum ,    Casate    Burgomsh 
capo  di  mandamento   nella    prov.  dioc.  e  div.  di  Torino.  U»' 
pende  dal  senato  di  Piem. ,  intend.  gen.  prefett.  ipot  di  i^ 
rino.  Oltris  il  tribunale  di  giudicatura,  ha  V  uffizio  della  po& 
delle  lettere. 

È  situato  a  greco  della  capitale ,    da  cui  è    discosto  dodio 
miglia. 

Confina  con  Piazzo ,  san  Sebastiano  ,  Castagnette , 
Cinzano,  Berzano,  ed  Aramengo. 

Come  capo  di  mandamento  ha  soggetti  i  comuni  ai  ^^ 
gnetto  ,  Lavriano,  Piazzo,  e  s.  Sebastiano. 

La  principale  sua  via  che  è  comunale,  tende,  da  boreS) 
s.  Sebastiano  ,  donde  va  a  sboccare  nella  strada   milit^'^  ^ 


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CASALBORGOME  €53 

da  Torino  accenna  a  Casale;  da  ostro  conduce  a  Berzano ,  indi 
inclinando,  ad  occidente,  verso  Rivalbaj  mette  a  Tonno. 

Yi  passano  due  torrenti ,  il  Losa  ed  il  Leona.  II  Losa  è  for- 
mato dalle  acque  di  parecchi  rigagnoli  che  derivano  dai  colli 
di  Castagnetto,  discende  nella  direzione  da  ponente  a  levante^ 
e  rivolgendosi  a  tramontana ,  si  scarica  nel  Leona  ,  il  quale 
proviene  dalle  colline  verso  Piazzo  ,  Aramengo ,  Berzano ,  e 
scorre  in  senso  opposto  al  primo  fino  al  suo  confluente. 

11  territorio  é  sparso  di  collinette  feraci:  abbonda  di  boschi 
cedui,  e  di  alberi  di  alto  fusto.  I  boschi  sono  folti  in  parte 
di  castagni,  destinati  all'  appoggio  delle  viti,  e  in  parte  di  quer- 
ele ,  ontani,  frassini,  avellani,  e  pini  selvatici.  Vi  si  trovano 
alcune  beccaccie  ,  pernici ,  quaglie ,  e  lepri. 

La  parrocchiale  è  sotto  l' invocazione  di  S.  M.  Maddalena  : 
evvi  un'  altra  chiesa  sotto  il  titolo  'della  SS.  Trinità  ^  desti- 
nata per  uso  di  confraternita,  eretta  sotto  gli  auspizii  di  s.  Croce: 
sonovi  pareèchi  oratorii  sparsi  nelle  diverse  borgate.  Una  con- 
gregazione di  carità'  distribuisce-  ai  malati  poveri  una  tennis- 
sima  rendita  di  lire  loo  annue. 

Il  prodotto  in  bestiame  consiste  massimamente  in  bestie  bo- 
vine allevate  per  un  terso  dai  proprietari  del  luogo ,  e  per  gli 
altri  due  comperate  in  altri  paesi. 

Vi  si  raccolgono»'  cereali  e  legumi  d'  ogni  sorta ,  ma  non  in 
tale  quantità  che  baiti  per  1'  uso  degli  abitanti  che  sono  co-> 
stretti  a  provvedersene  una  parte  sui  mercati  di  Chivasso. 

Si  coltivano  per  altro  con  buon  successo  i  piselli  da  possi- 
denti di  ristretti  podeoriy  che  li  raccolgono  verdi,  e  li  portano 
a  vendere  in  Torino.  Il  territorio  abbonda  di  buone  frutta,  di 
cui  una  parte  smerciasi  pure  nella  capitale. 

La  maggior  ricchezza  del  paese  si  é  quella  che  proviene  dalla 
ricolta  dell'uve:  vi  si  fai^o  vini  eccellenti  massime  il  neb- 
biolo ,  r  alba-luce ,  la  malvasia  e  la  barbera ,  i  quali  vini  in- 
vecchiando divengono  sempre  migliori.  • 

Vi  si  tengono  annualmente  tre  fiere:  la  prima  nel  primo  lunedi  di 
marzo,  la  seconda  il  5  di  maggio,  la  terza  il  'i4  di  settembre. 
U  bestiame,  specialmente  il  bovmo,  ne  forma  l'oggetto  del 
traffico  principale. 

In  ogni  lunedi  vi  si  fa  un  mercato  per  lo  più  frequentissimo 
di  gente:  sul  quale  si  conduce  un  gran  numero  di  bestie  bo* 


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654  GASALBORGONE 

TÌae  y  cosi  dai  circostanti  comuni ,  di  cui  Casalb^rgone  per  b 
sua  positura  é  quasi  centro,  come  anche  da  lontani  pacsL  T. 
si  vendono  caci  freschi  di  squi&ìto  sapore,  detti  Tolgarmafe 
rubblole ,  cui  £anno  gli  abitanti  in  primavera  e  in  estate,  ^i 
s' iinpoitano  erbaggi,  uova,  pollame,  burro,  tartufi,  fun^bi, 
frutta  di  diverse  specie,  ed  altre  minute  derrate,  stofiedino- 
dico  prezzo,  e  moltipKci  oggetti  per  uso  domestico. 

Gli  abitatori  a  cagione  della  salubrità  dell'  aria  e  dei  booii 
cibi  sono  assai  robusti ,  e  in  generale  pervengono  ad  età  molte 
avanzata. 

Essendovi  una  parte  considerevole  di  terreni  incolti,  odiporc' 
prodotto;  la  coltivazione  dei  molti  vigneti  richiedendo  indicibili 
Catiche  e  dispendi;  essendovi  non  infrequenti  le  disgrazie  prodottt 
dal  gelo  intempestivo ,  e  dalla  gragnuola ,  ne  nasce  che  il  paese 
abbondi  di  poveri ,  al  cui  sostentamento  si  ha  gran  pena  * 
provvedere,  malgrado  le  migliori  intenzioni  dei  principali  p<»- 
aidenti. 

Si  é  scoperta  in  un  bosco,  di  proprìetii  del  conte  BrogriatB 
Chierì  della  lignite  carbonosa ,  ma  si  riconobbe  essere  in  p^ 
chissima  quantità. 

Avvi  una  stazione  di  cinque  carabinieri  veadi  a  piedi  ^  co»" 
preso  il  brigadiere. 

Pesi,  misure  è  monete  come  nella  capitate. 

Cenni  storici.  Questo  paese  era  probabilmente  assai  coost* 
derabile  nei  romani  tempi.  Verso  il  fine  del  secolo  jassato  b 
dissotterrò  nelle  sue  vicinance  a  ponente  una  lapide  in  cui  sovo 
nominati  tra  seviri,  o  decurioni,  senza  indicaaione  di  altre '"^ 
go:.  eccola 

TBBTIO    .   aaSSlO    •  AVTONU   •  P 

VI   •    V1B 

MUnCtAB  •  ST  •  F  ».  lovmcAS 

SlLVlVS   .  F  .  VI   •  Via 

MÀRGVS    .    F    .   VI  .  Via 

Casalborgone ,  quantunque  posto  di  là  dal  Po ,  fu  non  per- 
tanto membro  particolare  del  contado  d*  Ivrea  ,  alia  cai  of^ 
cesi  spettava  ancora  nel.  1817  ,  quando  fu  aggregato  a  ^ 
di  Torino.  Ebbe  già  due  parrocchie  molto  antiche,  Tusap 
vostura,  che  tuttavia  esiste,  e  l'altra  di  s.  Siro,  chepm^^^ 
i.  Si  dee  per  altro  notare  che  una  carta  del  vescovo  ' 


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CASÀLCERMELLI 
di  Torioo  del  1087  dimostra  questo  sottomeMoaDa  torinese  ci 

Posto  ai  confilli  di  diversi  stati  fu  da  continue  guerre  trav 
tOy  finché  venne  sotto  il  dominio  dei  conti  di  Cocconatc 
essendo  il  più  popoloso  l>orgo  del  contado  divenne  ca] 
una  delle  tre  principali  parti  di  esso  dette  Colonnellati. 

Il  marchese  Giovanni  di  Monferrato  ne  otteneva  nel 
la  giurisdizione  dall'  imperatore  Carlo  IV  ;  onde  ne  riii 
di  lui  vasalli  quei  conti ,  i  quali  per  causa  della  moltiplia 
de'  rami  di  loro  famiglia  si  ridussero  quindi  ad  alienare 
sti  ed  altri  feudi.  P^r  si  fatta  guisa  passò  Casalborgone  i 
veani  di  Torino,  e  da  ^s\  ai  Macerati,  da' quali  1' el 
conte  Maria  Broglia  de'  Gribaldenghi  di  Cbieri  pec.  coni 
de' dritti  della  sua  moglie  Catterina  sopra  il  castello  di  . 

Massimiliano  imperatore  nel  i5o3  diede  la  superiore 
risdizione  su  questo  luogo  al  Duca  di  Savoja. 

Popolazione  21000. 

*  CASÀLCERMELLI  (  Casalecermellum ,  Casalecern 
rum),  com.  nel  mand.  di  Castellazzo,  prov.  dioc.  div.  di 
sandria.  Dipende  dal  senato  di  Piem. ,  intend.  gen.  p 
ipot.  e  posta  d'  Alessandria  ,  insin.  di  Castellazzo. 

Giace  sulla  sinistra  sponda  dell'  Orba. 

È  distante  un  miriametro  e  sei  chilometri  dalla  città  di 
sandria. 

Venne  fabbricato  nel  1380  da  un  Florido  Cermell 
bile  Alessandrino.  Dalle  storie  della  città  di  Alessandria  si 
che  alcuni  della  nobile  famiglia  Cermelli ,  che  diede  il 
a  questo  casale  erano  nel  1187  nel  novero  de'  condottie 
gli  Alessandrini  al  conquisto  di  Terra  Santa.  Questo  lue 
feudo  de'  Trotti  di  Milano  conti  di  Castelnuovo-Calcea , 
gnori  di  V'mzaglio. 

Era  già  compreso  tra  i  sobborghi  di  Alessandria  -,  n 
1600  venne  eretto  in  comune. 

Il  suo  territorio  comprende  197!!  giornate ,  e  produc 
mediocre  quantità  di  grano  e  di  meliga. 

La  chiesa  parrocchiale  fu  eretta  nel  1648:  é  di  libera 
zinne.   U    paroco  gode  i  frutti  di  giornate  3 ti  e  11*,    e 
dal  governo  lire  ia5  à  titolo  di  congrua.    Gli    spetta  ez 
la  cura  di  171   anime,  che  sono   sul   territorio  di  Castel 
e  di  159  su  quello  di  Frugarolo. 

Popolazione  io3o. 


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656  CASA  I  CASALE 

CASA  BIANCA:  nel  territorio  della  ciuà  d'Asti:  già  contad» 
degli  Alfieri  di  Cortemiglia. 

CASA  BIANCA:  nella  signoria  di  Morìondo  presso  Monca* 
lierì. 

CASA  BIANCA:  già  spettante  alla  signoria  di  Cava  nella  Lo- 
mellina. 

CASA  DELL'AGLIO:  appartenne  al  feudo  di  Momperooe 
nel  Tortonese. 

CASA  DEL  BOSCO  :  alla  sinistra  del  torrente  Roasenda ,  a' 
confini  del  Vercellese  ,  nei  marchesato  di  Sostegno.  L' anno 
1746  venne  separato  dal  feudo  di  Villa,  e  ne  presero  il  do- 
minio gli  Alfieri  marchesi  di  Sostegno ,  conti  di  s.  Martino  ec« 

CASA  DE'  CARLI.  Sulla  destra  sponda  del  torrente  Prela  , 
a  maestrale  di  Oneglia;  fu  parte  della  contea  di  Prela. 

CASA  DE'  FERRATI  :  nella  valle  di  Sesia ,  distante  1 1  mi- 
glia da  Varallo. 

CASA  DEL  FIORE  :  a  dodici  miglia  da  Voghera ,  nel  pà 
marchesato  di  Pietra  Gavina. 

CASA  DEL  FORO  :  pertinenza  di  Corvino  nell'  oltre  Po. 

CASA  DEL  GATTO:  villa  del  marchesato  di  Brignano. 

CASA  DEI  GHIRINGHELLI  :  a  cinque  miglia  a  greco  da 
Voghera ,  nella  parrocchia  della  Bastida  de'  Dossi. 

CASA  DE' GIORGI:  a  greco  di  Voghera,  da  cui  é  distante 
cinque  miglia. 

CASA  DE'  GUERZI  :  ad  otto  miglia  da  Vogbera:  già  nel 
marchesato  di  Torre  del  monte. 

CASA  DEL  RATTO:  fece  parte  del  contado  di  s.  Salvatore 
presso  Chieri. 

CASA  DI  CABIANO:  distonte  miglia  18  da  Voghera:  spetto 
al  marchesato  di  Pietra  Gavina. 

CASA  DI  ROSINA:  speltò  alla  signoria  di  Montacuto  nel 
Tortonese. 

CASA  DE'  TISMA,  a  sei  miglia  a   greco    da  Voghera:  già 

feudo  dei  Mezzabarba  di  Corvino. 

ly^'/^f^f'oL     CASALE  provincia,  formata  dalla  massima  parte  del  Basso 

L/*^-  fi£.       Monferrato,  la  quale  a  levante  confina  con  quella  di  Mortara, 

a  ponente  con  quella  di  Torino  e  coli' Astigiana ,  ad  ostro  col- 

l'Alessandrino ,  a  borea  col  Vercellese. 

È  situate  alla  destra  del  Po ,  che  comincia  bagnare  le  falde 


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CASALE  657 

dei  colli  monierìratest  nel  territorio  di  UoneetAnOy  laogo  oon-^- 
finante  colla  proi^ncia  di  Torino ,  ed  entrando  costà  nel  Ca- 
aalaacOy  ne  segna  il  limite  settentrionale  colla  provincia  di  Ver- 
celli sioo  al  territorio  di  Morano ,  distante  quattro  miglia  dalla 
città  •  dì  Gasale ,  dove  lascia  alla  sua  sinistra  i  territorii  di  Mo- 
rano, Balzola,  Villanova,  componenti  il  mandamento  di  Bal- 
xola,  ed  una  parte  del  territorio  della  stessa  città  >  formata  dai 
sobborghi  detti  del  Popolo,  e  di  Terranova;  l'ultimo  dei  quali 
si  estende  sino  all'imboccatura  del  Sesia,  che  per   un  piccolo 
tratto  segna  il  limite  cotta  Lomellina.  Da  questo  punto  il  Po 
serve  ancora  di  ^visione  tra  la  provincia  di  Casale,  e  quella 
di  Mortam  sino  al  comune  di  Bozzole,  il  cui  territorio  é  con- 
finante colla  provincia  di  Alessandria  ,  che  confina  con  quella 
di  Casale  dalle  rive  del  Po  sino  al  comune  di  Castagnole. 

Superficie,  La  sop^ficié  deUa<  provineia  si  può  calcolare  et- 
tari 85647,  ari  Sa  e  ceni.  66. 

.  Si  divide  come  segue:  nudi  scogli  ett.  gS,  aria,  cent.  4^* 
Terreni  sterili  ed  incolti  ett.  3447?  &"  7I9  cent.  i.  Laghi  ^ 
fiumi,  stagni,  paludi  e  torrenti  ett  9982,  ari  87,  pent. 91.  Fo- 
reste demaniali  ett.  4-  18.  11,  comunali  ett.  843.  5.  3i,  particolari 
6307.  ai.. 57.  Terreni  coltivati  ed  abitati  ett.  7^967,  ari  a6| 
cent.  a6. 

Dal  numero  della  popolazione ,  di  cui  si  dirà  in  appresso  , 
risulta  ,  che  ogni  individuo  h%  una  superficie  dì  ari  85  e  cent. 
48 ,  corrispondenti  a  giornate  2.  7  in  misura  di  Piemonte. 

Alveo  del  Po.  A  questo  fiume  quivi  sarebbe  opportunìs^imo 
un  alveo,  in  cui  si  potessero  condurre  le  sue  disperse  acque. 
Otterrebbesi  per  tal  modo  una  navigazione  più  sicura ,  più  co- 
moda ,  più  estesa ,  e  .vi  cesserebbero  molti  gravi  inconvenienti. 
Esso  di  fetto^  a  malgrado  delle  considerabili  spese,  che  di 
continuo  vi  si  fanno  per  contenerlo,  in  ogni  piccola  sua  escre- 
scenza corrode  e  distrugge  ben  coltivati  poderi,  atterra  fabbriche 
e  piante  ,  forma  in  varie  parti  del  presente  alveo  depositi,  ed  iso- 
lotti, che  rendono  il  navigare  pericoloso,  e  lo  impediscono  tal- 
volta. A  ricordanza  d'uomini  si  vedevano  le  barche  veneziana 
sotto  le  mura  di  Casale  ;  locchè  più  non  avviene  dal  tempo  in 
cui  vi  si  moltiplicarono  i  canali  per  'guisa  j  'die  -or  qua  -or  \k 
si  debbono  trasportare  i  molini ,  per  ottenerne  Agevole  il  moto» 
Allo  scopo  di  ripararsi  dalle  corrosioni  del  fiume  certi  cotiìiini 
Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  IIL  4^ 


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e56  CASALE 

ti  «doprano  ooti  tutti  i  metsi,  na  non  poitOBO  conseguirei 
loro  inteato ,  se  non  se  a  daiuio  di  akroi  \  pcrcbè  i  lavori  » 
spingenti  che  si  fanno  da  una  parte,  lisospingono  le  aqe 
dall'altra,  e  da  ciò  ne  nascono  acerbi  litigi*  Per  altra  parte 
cotali  opere  rendono  il  corso  del  Po  assai  tortuoso,  e  àr» 
in  più  rami. 

La  provincia  di  Casale  dovette  fiire  in  non  molti  anni  ipe» 
assai  gravi  per  evitare  tali  danni,  ma  pressodiè  inutilmeste. 

Oltre  la  cessazione  dei  mali  nascerebbero  considerabili  boi 
dalla  formazione  di  un  apposito  alveo:  cbè  ai  potrebbero  jb» 
simamente  ridonare  all'agricoltura  molte  mifdiaja  digioniteiE 
terreno  incolto  con  grande  vantaggio  della  provincia ,  e  csi 
profitto  delle  Regie  Finanze. 

Ed  oltre  a  ciò  vi  si  potrebbero  stabilire  ponti  pd  pinco- 
modo  e  sicuro  passaggio  del  fiume.  E  su  qnesto  proposito  gion 
il  dire  che  un  ponte  fisso  airaltura  di  Casale  sommamente  ^ 
verebbe  ad  accrescere  rinsportansa  della  strada  di  Savona  per 
a  Vercelli. 

Torrenti  e  loro  corso.  Vi  scorrono  cinque  torrenti,  d«  » 
RoUldo,  il  Grana,  il  Gattola,  io  Stura,  ed  il  Versa. I fottio 
primi  entrano  nel  Po;  rultiino  ha  foce  nel  Tanaro. 

Nasce  il  Rotaldo  nel  comune  di  Otti^lio ,  bagna  i  territoiii 
di  Olivola ,  Vignale ,  Camagna  ,  Coniano  ,  Mirabello,  Gianv^ 
Pomaro ,  e  si  scarica  nel  Po  n^  lungi  da  Bozzole.  U  ^^^ 
scaturisce  nel  territorio  di  Moncalvo,  interseca  le  camp^'^  ' 
Grana,  Monte  magno  ,  Viarigi,  Altavilla,  Cuccaro  ,  traverà' 
sotto  un  antico  ben  costrutto  ponte ,  il  tratto  di  strania  p^' 
vìociale  di  Alessandria  ,  tra  Occimiaao  e  Mirabello,  e  si  uDUce 
al  Rotaldo  vicino  a  Giarole.  Jl  Gattola  ba  le  fonti  nel  ten*^ 
di  Oziano,  passa  per  quelli  di  San  Giorgio  e  di  Casale, « 
mette  capo  nel  Rotaldo  presso  a  Valmacca. 

Lo  Stura  entra  in  questa  provincia  sul  territorio  ài  Mod*' 
glio,  indi  bagna  quelli  di  Murisengo,  Odalengo  grande,  ^^^ 
talero ,  Serralunga  ,  Cereseto ,  ed  lia  foce  nel  Po  ia  vicinai 
di  Pontestura. 

Il  Versa  nàsce  nel  territorio  di  Montiglio ,  interseca  q" 
di  Cunico,  di  Colcavagno ,  Scandeluzza,  Rinoo;  entra  fK'i"^ 
provincia  d'Asti  vicino  a  Cunico,  e  va  a  scaricarsi  nel  Tav'^ 

Strade.  Vi  corrono  quattro  provinciali  strade.  Una  à\t^^ 


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CASALE 
dalla  tia  provinciale  di  Alexandria ,  in  £»tanza  d'un  \ 
dalla  città  di  Casale  ^  entra  nella  valle  esattola,  e  costegf 
il  torrente  di  questo  nome  sin  sotto  ad  Ozzano^  sale  e  dh 
pel  colle  di  Robiano^  stendasi  poscia  nella  valle  di  Oz 
passa  nel  territorio  di  Cereseto  ;  indi  costeggia  per  lungo 
il  rivo  ColobriOy  perviene  alle  falde  del  colle  ^  su  cui 
Moncalvoy  ascende  il  colle  suddetto ,  attraversa  la  città 
scende  di  bel  nuovo  nella  valle  di  Penango  ;  rìsale  il  i 
di  Calliano  ;  passa  per  l'abitato  di  questo  paese ,  dichina 
valle  Versa  j  ed  entra  nella  provincia  d'Asti. 

Questa  strada  é  una  delle  più  grandi  e  vantaggiose  o 
che  la  provincia  di  Casale  abbia  mai  intrapreso.  La  sua 
ghezza  è  di  undici  miglia  di  Piemonte. 

La  via  che  da  Casale  tende  a  Tonno  è  pure  classificata 
provinciale.  Essa  dopo  avere  traversato  il  Po  in  vicinar 
Casale,  dirigesi  a  maestro,  attraversa  il  territorio  e  l'a 
di  Morano,  ed  entra  nel  Vercellese. 

Sono  altresì  di  molta  importanza  pel  commercio  di  < 
e  di  altre  regioni  dello  Stato  le  vie  provinciali  dì  Alessc 
e  di  Vercelli.  La  prìma  passa  pei  territorìi ,  e  per  gli  a 
di  Occimiano,  e  Mirabello ,  ed  entra  nell'Alessandrino; 
conda  intersecando  il  territorio ,  e  Tabitato  di  Villanova,  < 
a  Vercelli. 

Oltre  le  strade  sopra  indicate  altre  ve  ne  sono  di  cui  i 
fare  parola. 

La  via  militare,  che  attraversa  la  provincia  in    tutta  li 
lunghezza  da  levante  a  ponente ,  é   un'  opera  grand iosis  i 
che  già  era  stata  incominciata  dal   governo    dei    Principi 
baudi  prìma  dell'occupazione  francese ,  e  che  per    le    p 
vicende  rimaneva  imperfetta.  Un  decreto  del  7  dicembre 
ordinò  che  fosse  condotta  a  compimento ,  e  continuata  s 
confini  del  regno  Lombardo«-Veneto ,    passando    per    G'u 
Pomaro,  e  Valenza.  Il  Regio  Biglietto  del  so  luglio  1781 
cui  già  erane  stata  ordinata  la  costruzione,  ne  dava  il 
della  spesa  a  tutto  lo  Stato.  L'aver  essa  in  questi  ultimi  I 
cangiato  il  nome  di  militare  in  provinciale ,  fece   si  che 
carico  rimase  particolarmente  a  questa  provincia. 

Rilevanti  pure  vi  hanno  ad  essere  le  due  vie    tenden  i 
a  Mortara ,  e  l'altra  a  Valenza  ;   la  prima    alla    sinistra 
seconda  alla  destra  del  Po. 


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:v 


660  CASALE 

Quella  è  ornai  terminata  ia  soda  costmiìoiie ,  e  passa  pò 
Terranora  :  delPaltra  è  da  sperarsi  che  si  maodcrà  il  progetto 
ad  esecusioae. 

Allorché  le  tre  strade  .poc'anzi  indicate  saranno  condotte  1 
compimento  ,  ed  una  ve  n'abbia  da  Yalenza  a  Voghera ,  a 
avranno  i  due  raggi  più  brevi  dal  Moncenisio  a  Milano, e 
Piacenza  ,  e  fors'ancbe  i  più  sicuri  ;  perocché  dall'una  paife 
«'incontrerà  minor  numero  di  fiumi ,  e  dall'altra  minor  nimien 
di  colli.  Per  riguardo  alla  brevità,  si  risparmìeranno  duerni- 
glia  verso  Milano,  e  dodici  verso  Piacenza. 

Ponti.  Vi  hanno  un  ponte  di  barche  sul  Po,  formato  fi 
ventiquattro  navi;  un  ponte  in  cotto  di  dicci  metri  dì  luce  si 
torrente  Stura  ;  un  altro  pure  in  cotto  di  sei  metri  di  luce  aJ 
rivo  Starella;  ed  i  ponti  sul  Gattola,  sul  Rotaìdo  e  sul  Gim^ 
dei  quali  si  farà  cenno  al  proprio  luogo. 

Clima,  L'atmosfera  vi  é  generalmente  variabile;  asciutta alk 

collina  ,  ed  umida  alquanto  alla  pianura. 

I  venti ,  che  ne  rompono  il  naturale  equilibrio ,  sono  qoci 
di  levante,  e  di  borea. 

Le  malattie  più  comuni  nell'inverno  sono  le  infiammawom 
di  petto,  e  di  gola:  in  primavera  i  reumi  acuti;  nell'estate k 
febbri  biliose  ;  nell'autunno  le  intermittenti. 

Popolazione,  Il  numero  della  popolazione ,  non  compre»  p 
ebrei ,  é  di  112200  circa. 

Non  risulta  che  vi  sia  stato  notabile  accrescimento  0  dio»' 
nuzione  negli  abitanti  in  questi  ultimi  tempi.  Non  vi  accadono 
emigrazioni  né  periodiche ,  ne  straordinarie  :  i  matrimoDU  sono 
anzi  frequenti  che  no.  In  generale  é  buona  l'indole  dei  Casa- 
laschi:  sono  eglino  industriosi,  e  pacifici  :  i  villici  sodo  per  ^ 
più  assai  periti  dell'agricoltura. 

Non  vi  esistono  ebrei  fuorché  a  Casale ,  ed  a  UoDcaìvO' 
loro  numero  è  di  725  nella  prima  ,  e  di  233  nella  sccoofl» 
città:  sono  eglino  addetti  ad  ogni  maniera  di  negozii.  AìcudW^ 
piegano  cospicue  somme  dì  danaro  nel  far  filare  la  seta.! ^ 
stabili  che  possedono  in  questa  provincia,  e  fuori  ài  ^^' 
vennero  calcolati ,  per  approssimazione ,  del  valore  di  (f^^ 
milioni  di  lire  nuove  di  Piemonte. 

II  numero  dei  vaccinati  in  ciascun    anno    Dell'estensione 
tutta  la  provincia  ascende  a  900  circa. 


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CASALE  66 1 

Circoscrizione  ecclesiastica.  Cent'otto  sono  \e  parrocchie  for- 
manti questa  provincia  ;  dieci  appartengono  alla  diocesi  d'Asti^ 
tre  alla  diocesi  di  Vercelli ,  novantacìnqùe  a  quella  di  Casale. 
Si  osservò  che  ben  lungi  dall'esservi  soverchio  il  numero 
delle  persone  appartenenti  al  clero  secolare,  o  a  qualche  or- 
dine religioso  ,  la  loro  scarsezza  è  tale ,  che  si  ha  alcune  volte 
non  poca  pena  a  trovare  maestri  di  scuola  per  i  comuni  ru- 
rali ,  ed  anche  tal  fiata  a  provvedere  di  pa rechi  alcune  chiese 
▼acanti. 

Natura  del  suolo.  Il  terreno  in  generale  è  molto  fertile  ; 
cretaceo  alle  colline,  e  sabbioso  alla  pianura.  Le  colline  non 
sono  irrigate  ,  e  non  vanno  soggette  ad  avvallamenti.  Alcune 
di  esse  per  altro  ,  cioè  quelle  di  Casale,  dalla  pai*te  tendente 
ad  Ozzano ,  per  motivo  della  calce ,  che  racchiudono  ,  si  fen- 
dono facilmente  in  tempo  di  abbondanti  pìoggie,  e  dello  scio- 
glimento del  ghiaccio.  ' 

Produzioni  minerali,  11  gesso ,  la  pietra  da  calce ,  il  maci- 
gno sono  le  sole,  produzioni  minerali  di  questa  provincia.  Molte 
sono  le  cave  di  pietra  da  calce  ;  poche  quelle  di  gesso  ;  tre 
appena  di  macigno.  Essendo  tutte  di  proprietà  privata,  la  loro 
coltivazione  é  sempre  in  ragione  diretta  delle  richieste  ,  o  dei 
bisogni  dei  proprietariì.  Tutte  però  si  coltivano  con  qualche 
buon  succedimento. 

Acque  minerali.  Non  vi  mancano  sorgenti  di  acque  minerali. 
Le  più  encomiate  sono  la  Pirenta  di  Murìsengo  ,  ed  un'altra 
nelle  vicinanze  di  Casorzo  ,  delle  quali  si  parlerà  al  proprio 
luogo.  Sono  esse  propriamente  solforose. 

Trovasi  nel  comune  di  Vignale  una  sorgente  di  acque  salse, 
di  cui  molto  si  servono  i  contadini  per  condire  gli  erbaggi,  ed 
i  legumL 

Divisione  delle  terre  ,  e  produzioni  vegetabili»  I  terreni  in 
generale  seno  anzi  divisi  che  no.  Hanno  vi  per  altro  alcuni 
grandi  tenimenti  fatti  coltivare  dai  proprietarii  ad  economia. 

11  maggiore  afiìttamento  ,  che  si  conosca  nella  provincia  ,  è 
quello  di  Gazzo,  e  Pobietto,  per  cui  pagasi  alle  regie  Finanze 
Tannuo  fitto  di  lire  \Zm.  oltre  le  contribuzioni. 

I  poderi  per  la  più  parte  sono  cinti  ,  e  separati  con  fossi,  . 
siepi,  e  file  di  olmi ,  di  querele,  di  gelsi,  e  di  noci.   * 
Nella  coltivazione  della  terra  si  adopera  di  preferenza  Tara- 


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G6a  CASALE 

ti*o.  Si  restituiscono  le  forze  riproduttive  del  terreno  laidamUo 

ia  riposo,  e  concimandolo  a  tempi  opportunL 

La  seminagione  delle  biade  si  alterna. 

Le  acque  che  servono  per  rirrigazione,  sono  derivate  dalk 
Dora  y  ed  eziandio  dai  torrenti  che  attraversano  la  provincia  ; 
e  se  ne  trae  tutto  il  possibile  profitto. 

Nel  mandamento  di  Bakola  ,  e  net  tenimentì  di  Gano ,  e 
di  Pobietto^  coltivasi  anche  il  riso,  il  cui  prodotto  vi  è  ili 
qualche  considerazione. 

Alla  pianura  i  migliori  terreni  danno  otto  per  uno;  eqoat* 
tro  alla  collina. 

La  vite  é  l'albero  più  fruttìfero ,  e  più  abbondante  di  qae* 
sta  provincia.  Si  coltiva  con  molta  diligenza  ;  ma  non  si  la 
bastante  cura  nella  scelta  delle  uve ,  preferendosi  ordinaria- 
mente  la  quantità  alla  buona  qualità  dei  loro  prodotti. 

In  alcuni  villaggi  si  scelgono  le  migliori  uve  bianche  per  fare 
un  vino  squisito ,  che  di  fatto  riesce  odorato  e  soave  :  ed  ia 
alcuni  altri  l'uva  bianca  conservasi  mirabilmente ,  cosicché  por- 
tasi a  vendere  bella  e  sana  a  primavera  inoltrata ,  nelle  ci>^ 
circonvicine  ,  e  spezialmente  in  Torino.  I  vini  in  genenle  fi 
fanno  buoni ,  sani ,  e  di  non  poca  durata. 

Con  molta  diligenza  si  coltivano  pure  le  canne,  perocdie 
valgono  esse  a  sostenere  le  viti  ;  ed  oltre  a  ciò  ridotte  in  isc»^" 
già  servono  per  far  pettini  da  telai.  Dalle  loro  radici  s'estiae 
in  Gasale  un  eccellente  siroppo  assai  ricercato. 

Si  coltivano  i  legumi  ;  ma  di  poco  riguardo  è  il  ^or^  f^ 
dotto. 

La  canapa,  ed  il  lino  si  coltivano  eziandio,  il  primo  io  qual- 
che abbondanza ,  e  scarsamente  il  secondo. 

I  boschi  sono  per  lo  più  negletti.  Il  regio  Demanio  dod 
ne  possiede  in  questa  provincia  :  quelli  che  apparteffg^»''^  ^ 
comuni  sono  i  più  trascurati.  Siffatto  inconveniente  p^r  altrt 
andrà  cessando  per  la  vigile  amministrazione  dei  hosan  ^ 
selve. 

Le  frutta  di  varie  sorta,  che  si  raccolgono  in  copia,  si  ^' 
stinguono  per  la  loro  bontà  ,  e  per  l'utile  che  ne  vi«nc.  1^ 
più  squisite  e  delicate,  come  i  fichi,  le  susine,  le  albicocc"^» 
e  le  pelche  fanno  assai  buona  prova  nelle  calde  positure. 

I  paesi  più  freddi  abbondano  di  petxì,  e  di  poma,  k  ^ 


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CASALE 
durando  sane  fino  all'estate,    si  Tei; 
provincia. 

In  alcuni  villaggi  si  coltivaDo  pure 
fragole  ,  e  vi  riescono  di  un  gusto  gì 

Gli  ortaggi ,  e   soprattutto  gli  spina 
i  carcioffiy  gii  sparagi,  ed  i  cardi  no 
villici  9   si  perchè  fanno  parte  dai  loi 
che  riuscendovi  di  sapor  delicato,  si 
con  loro  n9tevol  vantaggio.        .     . 

Meritano  per  ultimo  particolare  n 
bianchi ,  che  si  raccolgono  nella  .prov 
soavità ,  e  fragranza  vengodo  ricercati 
lia,  e  segnatamente  da  Torino  ,  da.d 

Produzioni  animalL  Gli  animali  pii 
le  vacche ,  i  cavalli ,  ed  i.  UiuIi.  1 
per  l'agricoltura ,  gli  altri  servono  i  { 
detti  all'agricollura,  parte  si  allevano 
se  ne  fa  incetta  dal  Piemonte.  Il  paes 
a  sufficienza  per  la  giornaliera  consun 
mente  finora  a  rendere  migliore  la  ra 
cavalli  è  alquanto  migliorala,  dacché  ^ 
dal  governo.  Il  prezzo  degli  animali  vf 
se,  e  secondo  le  maggiori  a  le  minori 

Il  massimo  prezzo    d'un    pajo  di  bt 
il  minimo  è  di  lire  a5o.    U  maggior  { 
lire  a5o;  il  minore  e  di  lire  5o«   Un 
può  valutare  lire  900;  il  minimo  prezzo  < 

II  consumo  annuale  delle  bestie  di 
nove  mila  grossi  vitelli ,  da  ducento  a 
cento  a  quattrocento  vacche ,  da  mille 
montoni ,  da  mille  duecento  a  mille 
consumazione  maggiore  delle  carni  viei 
sale  ,  e  di  Moncalvo. 

Il  prodotto  dei  boszolLé  di  qualche 
gran   lunga    più    considerabile  ,   se  i 
bachi  da  seta  ,  avessero  siti  meglio  ap 
cognizioni  opportune  a  cosi  utile  coltiv 

Non  vi  sono  edifizii  a  ciò  destinati, 
che  adoprano  i  proficui  metodi  recenti 


uigitizea 


re^Google 


6d(  CASALE 

Arti  e  manifatiure.  Non  vi  sooo  grandi  fabbriche  e 
fatture  che  si  esercitino  sulle  sostanze  minerali  -,  e  tale  dod 
puè  dirsi  quella  delle  stufiè  che  si  trova  in  Casale.  Yì  sodo 
però  molti  orefici ,  orologiai ,  doratori  ,  calderai  y  ed  ar- 
ma] uoli. 

Non  esistono  grandi  fabbriche  e  manifattare  di  sostanze  T^ 
getaibili  ;  si  lavora  per  altro  assai  in  tele  ,  calzetti  ,  tessati  iii 
maglia )  e  fani«  Vihannb  anche  delle  tintorie;  e  dal  complesso 
dei  saddetti  lavori  che  si  fanno  separatamente,  risulta  un  pio- 
dotto  di  qualche  momeafto: 

Non  vi  hanno  fabbriche  di  birra ,  tranne  una  piccola  esi- 
stente in  Qasale;  mancane  fabbriche  di  amidi,  e  di  profumi: 
pochi  sono  che  facciano  liquori  ,  benché  abbondi  la  matem 
prima  i  ed  anche  pochi  sono  i  facitori  di  paste,  non  potendo 
queste  sostenere  il  confronto  di  quelle  di  Genova.  Vi  hanno is 
buon  numero  falegnami,  ebanisti,  e  tornitori,  alcuni  dei  quali 
vendono  i  loro  bei  lavori  anche  fuori  della  provincia. 

Arti  e  man^aiture  che  si  esercitano  sitile  sostanze  animah. 
Dì  gran  momento  vi  sono  le  filature  dei  bozzoli  ,  nelle  quài 
s'impiegano  da  mille  ducente  persone.  11  metodo  dei  vapore 
M  pratica  particolarmente  n^KfiJattlìtde' proprietarii  Guauooee 
Vitta  ,  nei  quah  soli  lavorano  più  di  seicento  operai. 

Meritano  pare  di  esservi  riguardate  le  concie  di  pelli^  otSe 
quali  s'impiegano  più  di  cento  persone,  e  si  fanno  corami  di 
ogni  sorta. 

Sonovi  fabbriche  di  cera,  e  di  sevo  pel  bisogno  della  pro^ 
vincia  *,  ed  anzi  di  cera  si  provvede  la  città  di  Vercelli*  ^'  ^ 
impiegano  venticinque  lavoratori. 

Non  esistono  manifattare  di  stoffe  di  seta  ;  tranne  vb»  ài 
piccoli  bei  nastri ,  la  quale  è  osservabile  per  le  macchine  0 
cui  è  fornita.  Si  fabbricano  •  pure  in  essa  molte  migl^^  ^ 
pezze  di  fettuccia,  che  si  vendono  nella  massima  parte  inPtf' 
monte  ,  ed  anche  fuori  dello  stato. 

Nella  provincia  si  fiinno  ottimi  caci ,  ma  non  in  tanta  quan- 
tità ,  che  ne  risulti  un  considerabil .  profitto.  Nel  noto  ìi^ 
catalogus  gléri€ie  mundi  ,  stampato  in  Lione  l'anno  i^^^^ 
sono  molte  lodate  le  rubbiole  del  Monferrato. 

Relazioni  commerciali  inteme.  11  commercio  vi  connste  n^l 
permutare  il  superfluo  con  quello  die  manca.  La  fecondid^*^ 


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CASALE  665 

terreno  provvede  in  grana ,  mebga  y  vino ,  canapa  ecc.  ,  una 
quantità  oltre  quella  che  si  consuma  nel  paese.  Cotali  derrate 
si  permutano  con  le  coloniali ,  coi  panni  ^  con  le  mussoline  , 
CM  drappi  di  seta ,  che  costà  pervengono  di  seconda  mano  da 
Genova,  ed  anche  da  Torino. 

RapprossiBÉare  per  .quanto  é  passibile  i  consumi  alle  prodn-» 
«ioni  vi  sarisbbe  cosa  di  alto  momento,  e  potrebbesi  conseguire 
col  render  facili  ,  *od  almeno  praticabili  in  ogni  stagione  le  vie 
comunali,  che  pei»  lo  pid  sono  in  cattivo  stata  a  cagione  della 
natui-a  del  suolo,  e  della  deficenza  di  mezzi  aU'utiie  scopo 
Patinati.  :  > 

Un  altro  oggetto  di  grande  importanza  sarebbe  quello  di 
moltiplicare  a  tale  riguardo  Teccesso ,  e  diminuire  il  difetto  ; 
ma  poiché  alla  diminuzione  si  oppongono  il  lusso,  e  certi  bi^ 
.;aCi^ni  ..introdottisi  da  lungo  tempo  /  forza  è  rivolgersi  alVau- 
mento  con  portare  l'agricoltura  al  maggior  grado  di  perfezione 
possibile,  e  procurando  che*  nei- pesmuta  menti  la  quantità  *  di 
quòlto,,  che.6Ì.€&)  superi  la  quantità  che  si  riceve.  Giova  ^erò 
osservare,'  che  ìmI. ottener  questo  intento  già  vi  si  mostrano 
assai  più  solerti  i  coltivatori  delle  terre. 

Relazioni  commerciali  aW^tero,  Molto  ristrette  vi  sono  le 
relazioni  commerciali  all'estero  ,  e  si  aggirano  sul  vino  ,  che 
talvolta  si  spedisce  a  Milano,  e  sugli  organzini,  che  si  portano 
in  Francia,  ed  in  Inghilterra,  e  si  permutano  con  jKinni,  ca-* 
siniiri ,  chincaglierie,  le  quali  importansi  da  quei  regni,  e  dalla 
Svizzera.  Sifiatto  coinmercio  sarebbe  suscettivo  di  qualche  mi- 
glioramento ,  se  vi  si  aumentasse  if  prodotto  dei  bozzoli  *,  ciò 
che  riuscirebbe  facile ,  ove  si  avesse  in  generale  maggior  cura^ 
e  perizia  di  mantenere  i  bachi  da  seta  ,  e  si  moltiplicasse  la 
coltivazione  dei  gelsi. 

.   Esportazioni  da  questa  ad  altre  provincie  dello  stato ,  ed  air» 
l'estero. 

Esportazione  per  Genova  grano  quint.  SSgSi.  ' 

»  granone  id.    loooo. 

»  riso  id.      9134* 

per  Torino  vino  ettolitri  iSSgS. 
per  Novara        id.  157  36. 

per  Vercelli       id.  15786. 

per  Lomellina  id.  4^00. 


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666  CASALE 

per  Milano  vino  ettoUtii  ^^xio. 
per  Francia  organsini  chil.  Sooo. 
per  Inghilterra  id.       aooo. 

Ospedali ,  ùuùtuU  di  beneficenza  ,  pubbliche  scuole.  Foni 
della  città  capo-luogo  non  harvi  ospedale  civile  tranne  ia  Moo* 
calvo.  L'ospedale  di  questa  piccola  citta  ,  appellato  da  s.  Hi»" 
co,  potrebbe  all'uopo  ricevere  ventiquattro  ammalati.  11  ut- 
mero  ordinario  per  altro  dei  ricoverati  è  Mai  quattordici  i 
sedici:  é diretto  da  una  commissione  di  cittadini:  ha  direu&b 
lire  cinque  mila  circa. 

Non  mancano  in  molti  comuni  opere  dì  beneficenn  A 
scopo  di  soccorrere  gli  indigonti ,  e  di  provvedere  di  dote  le 
6glie  oneste  e  povere  ;  ma  troppo  tenui  sono  le  loro  reoète 
da  doverne  a  lungo  parlare. 

In  quasi  tutti  i  villaggi  vi  sono  pubbliche  scuole  deincnbn 
per  l'istruzione  de'  fanciulli.  Si  dirà  qui  appresso  dei  mem  ^ 
erudirsi  che  hanno  i  giovani  nel. capo-luogo  di  provincia. 

Prigioni,  Oltre  le  prigioni  esistenti  in  Casale,  ài  cm  àbn 
cenno  posteriormente  ,  ve  ne  sono  in  Moncalvo ,  nelle  tpà 
per  lo  più  non  si  trovano  che  dieci ,  o  dodici  ditenuti ,  e  qQ>9 
sempre  di  passaggio,  come  tutti  quelli,  che  accidentalmente s 
trovano  nelle  prigioni  dei  eapi-luoghi  di  mandamento» 

CASALE  città  vescovile  nella  divisione  di  Alessandna,  np^- 
luogo  di  provincia,  e  di  mandamento,  capitale  del  basso  Mon- 
ferrato. 

Sorge  in  ansena  ,  e  fertile  pianura  appiè  di  assai  fruttivcn 
colli  fra  i  gradi  di  longitudine  6,  4i  9  ^  ^^  latitudine  4^«  ^^i 
sulla  destra  sponda  del  Po  ,  che  scorre  in  vicioanza  delle  stf 
mura  ,  e  costà  si  tragitta  sopm  un  ponte  di  barche.      ' 

Nel  Po  vi  si  fanno  buone  prede  di  eccellenti  trote  ,  ed  cnafr 
dio  di  squisitissimi  storioni,  i  quali  divengono  migli<>rì,  «f" 
saporiti  risalendo  questo  fiume ,  la  cui  lunghezza  dalla  sua  i^ 
ce  a  porto  di  Goro,  sino  a  questa  città  ,  è  di  inig'i^  ^•'7' 
vi  si  pigliano  eziandio  certi  ottimi  pesci  volgarmente  cbw"*' 
stni  di  pelle  bensì  -aspra  ,  ma  non  squamosa,  il  cui  in^P 
peso  non  oltrepassa  la  mezza  libbra. 

Le  sono  uniti  più  suburbii  ,    cioè  s.  Gernumo  ,   Roocagii'i 
Torcello  ,  Popolo  ,  Terranova  ,  e  Gazzo. 

Ha  soggetti  i  seguenti  capi  di  mandamento:  Balzola,  ^^^' 


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CASALB  667 

neto,  Cablano  ;  Mombello^  Moncalvo,  Mptitemaguo,  Montiglio, 
Occimiano  ,  Ottiglio,  Pontestura,  Rosignaoo,  Tonco,  Vignale, 

6  ViHadeati. 

Vi  risiedono  il  suo  propri<^  vescovo ,  il  comandante  della 
città  del  castello  della  provincia  ,  ed  il  suo  maggiore  ;  un  co- 
mandante del  castello  ;  un  maggiore  delle  porte  ;  un  intendente 
di  prima  classe,  ed  un  sottointendente,  « 

Vi  sono  un  tribunale  di  prefettura  di  terza  classe;  un  con-* 
servatore  delle  ipoteche  ;  un  riformatore  delle  regie  scuole  \ 
un  rappresentante  del  magistrato  del  proto-medicato  v  un  com-r 
missario  di  polizia  ;  un  vice-direttore  della  posta  delle  lettere; 
un  banchiere  del  sale  ,  e  de'  tabacchi.  • 

Vi  stanno  per  lo  più  due  divisioni  di  cavalleria  con  lo  stato 
maggiore.,  ed  una  compagnia  di  fanti ^  con  pochi  veterani can« 
nonieri  d«nti*o  il  castello. 

Garabiniari  realL  Havvi  luogotenenza  comandata,  da  un  hio* 
gotenente  :  vi  stanziano  sette  carabinieri ,  quattro  a  cavallo ,  e 
tre  a  piedi,  fra  i  quali  un  maresciallo  d'alloggio,  che  co- 
manda la  stazione.  . 

Evvi  la  posta  dei  cavalli. 

Questa  città  ottenne  la  sede  vescovile  dal  sommo  pontefice 
Sisto  IV  Tanno  i474*  Ha  il  privilegio  di  nominarsi  due  sin- 
daci ,  i  consiglieri ,  ed  U  tesoriere.  11  consiglio  é  composto  di 
venti  membri  ,  e  si  divide  in  due  classi  :  vi  sono  nella  prima 
dieci  nobili  ,  e  nell'altra  otto  cittadini  e  due  negozianti.  I 
sindaci  di  ambedue  le  classi  nelle  pubbliche  funzioni  vanno 
vestiti  della  togh  senatoria ,  ed  i  consiglieri  di  un  abito  di  vel- 
luto, nero  alla  foggia  spagnuola  ,  e  ciò  in  virtù  di  regie  pa- 
tenti del  6  giugno  1735^  che  furono  confennate  da  alue  del 

7  settembre   1775. 

È  distante  da  Torino  miglia  3a,  da  Alessandda  i5,  da  Asti 
16,  da  Genova  5^ ,  da  -Mortara   io,  da  Vercelli  io. 

Strade.  Le  strade  che  corrono  per  le  ten'o  di  questo  capo- 
luogo di  provincia  sono  :  da  ponente  per  Torino  ;  da  borea 
per  Vercelli  ;  da  levante  per  Alessandria  ;  da  ostro  per  Asti  ; 
da  greco  per  la  Lomellina  :  la  prima  i  lunga  iipiglia  tre  di 
Piemonte  ;  la  seconda  quattro  ;  la  terza  sei  ;  la  quarta  otto  ; 
la  quinta  cinque.  Parecchie  vie  non  provinciali  sono  ,  per  la 
tenacità  del  terreno ,  assai  malagevoli  neirinvernale  stagione. 


r^ , 


668  CASALE 

Superficie  dd  ieniiorio* 
Terreni  sterili  ed  incolti        •        •         ettari     53a.  i3.  4{- 
Fiumi ,  stagni ,  paludi ,  e  torrenti   .  »        SiS.    8.  16. 

Foreste  comunali      •         •         •         .  »         177.  5o.  4B.  | 

Foreste  particolari    ....  »         760.  19.  10. 

Terreni  coltivati  ed  abitati       •         •  >       5986.  4^*  ^^ 

ProtoUL  II  territorio  di  Casale  produce  in  copia  grano,  «- 
gale  ,  meliga  ,  legumi ,  patate  ,  riso ,  fieno ,  generosi  rini,  ec- 
cellenti frutta  di  varie  sorta  ,  buoni  erbaggi  ,  squisiti  tartoE, 
canapa,  lino,  canne,  e  foglie  di  gelsi.  Sui  coUl,  e  nella  pù- 
nura  verdeggiano  non  solo  le  fruttifere  piante,  ma  gli  olmi, ed 
i  roveti.  Nell'oltrepò  allignano  bene  i  pioppi,  i  salici,  e  gli  onCasL 
I  molti  e  fecondi  prati  fanno  si  che  yì  abbia  un  gran  w 
mero  di  bestie  bovine  per  uso  dell'agricoltura  ,  ed  anche  (fi 
vitelli  pel  giornaliero  consumo  che  se  ne  fa  nel  paese,  e  fff 
le  vendite  a  negozianti  forestieri. 

I  cacciatori  vi  fanno  buone  prede  di  quaglie  e  di  penùà 
Quantità  approssimativa  degli  annui  prodotti  in   vegetabili: 
si  raccoglie 

Grano        quintali     7603. 


Segale 

Meliga 

Legumi 

Patate 

Riso 

Fieno 

Canapa 


1537 
i852. 

aSo. 

3oo. 
5ooo. 
5400. 

178. 


Legna  da  costruzione  il  prodotto  annuo  è  di  lire     4^^' 

Da  bruciare *      i*'*^ 

Vino  ettolitri    2i8io« 

OUo  »  17. 

Foglie  di  gelso  quintali  aSooo. 

Pomi  »         36ooo« 

Pera  »  4^o* 

Quantità  di  prodoui  animali. 

Bozzoli        quintali  aoi. 

Lana  »  6. 

Cuoi ,  pdli      I»        600. 

Pelli  »         too. 


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CASALE  669 

Ti  ti  maiilengODO  per  approsàmazione  :   cavalli    i44  V  o^^li 
€[;  asini  35;  buoi  io  io;  vacche  47B  ;  montoni  6;  capre  ago; 
agnelli  So;  pecore  200;  xnajali  4^0;  manù  162  ;  vitelli  i^S. 
Cave  di  calce  n.^  4*  Quantità  del  minerale  che  si  raccoglie 
all'anno  quint.  35o,  il  cui  prodotto  netto  é  di  lire  i3o.5o. 
Di  gesso  n.<>  7.  Id.  quint.  3ooo  ,  lire  i65o. 
Temperatura  media  dell'atmosfera;  gradi  secondo  il  termo- 
metro di  Reaumur  negli  anni  di  freddo,  e  di  caldo  non  ec- 
cessivi* 

Gennajo    al     i.  -1-    o  -1-    4' 
Id.        al  ao.  —    4  "^    '• 

Febbrajo  al  ao.  -1-    5 

Id.        al  29.  -H     7 

Marzo       al  i5.  -1-     9  -f-  12. 

Aprile        al  i5.  7I-  i3 

Maggio      al  i5.  -f-  i3  -H  16. 
Giugno      al  IO.  -•-  17  •  .  •  .  . 
Id.         al  20.  -f*  22  ....  • 
Luglio       al  la.  -H  18  -f*  ao. 

Id.         al  aS.  -H  a3 

Agosto  -H  30  -H  aa. 

Settembre  -f*  i4  -1-  i5. 

Ottobre  -1-  la , 

Novembre  -1-     9  —    o. 

Dicembre  —    7  —    9. 

Fortezza,  Il  presente  castello  di  forma  quadrata ,  fornito  di 
quattro  bastioni,  fu  dapprima  fondato  nel  1469,  quando  Gu- 
glielmo IX  governava  il  Monferrato.  I  Gonzaga  lo  abbellirono 
mediante  l'erezione  di  un  palazzo  da  essi  frequentissimamente 
abitato ,  innanzi  al  quale  trovavasi  un  piccolo  giardino  detto 
belvedere  ,  sia  per  la  vaga  sua  positura,  sia  perchè  era  stato 
adornato  di  statue ,  la  maggior  parte  delle  quali  vennero  tra- 
sportate a  Torino. 

Nello  scavarsi  la  terra  per  la  formazione  dell'anzidetta  rocca 
fu  scoperta  la  famosa  tavola  isiaca.  Il  duca  Vincenzo  se  la 
fece  trasportare  in  Mantova ,  d' onde  passò  a  Torino. 

Vi  sorgeva  pure  altre  volte  una  delle  più  forti  piazze  d'Eu- 
ropa ,  stata  costrutta  nel  1590  dal  duca  Vincenzo ,  la  quale 
venne  atterrata  cento  e  sei  anni  dopo. 


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670  CASALE 

Chie$$*  Il  maggior  tempiQ  di  questa  città,  stato  eretto  in  cab 
drale  da  Sisto  IV  l'anno  i474>  scapitò  non  poco  nel  1706,  qua^ 
nel  tentativo  dt  abbellirlo  all'uso  moderno,  gli  fu  tolto  il  suo  10» 
nmo  pregio,  che  era  l'essere  uno  de'  pia  considerabili  moDuoieiB 
dell'architettura  longobardica.  Sotto  Tattuale  pavimento  se  mii* 
trovò  uno  di  marmo  a  mosaico  istoriato. 

Le  cose  tuttavia  meritevoli  di  osservauone  yì  sono:  i.H 
spazioso  atrio  elevato  e  svelto  con  gallerie  ed  ornati  in  pirtn 
sul  miglior  gusto  antico  ;  come  pure  nella  volta  un  belFiotr» 
ciò  d'archi  costrutti  di  tagliate  pietre  senza  connessione  di  da. 
i  quali  nel  1758  furono  da  mano  inesperta  imbiancati  ioskee 
cogli  altri  ornamenti  gotici,  a.^  L'ordiestra  ,    le  statue  e  à 
intagli ,  lavori  disegnati  ed  eseguiti  da  Severino  CassÌDÌ  rasud 
1730;  l'organo  già  fatto  da  Gioan  Battista  Gattinelfi,  e  da  po- 
chi anni  ridotto  a  miglior  forma,  e  reso  più  armonico  dùin- 
telli  Carrera  milanesi.  3.^  La  tavola  davanti  al  battistero  de 
rappresenta  il  battesimo  del  Redentore  :  la  quije  è  a?aiuo  £ 
un'ampia  tavola  del  celebre   Gaudenzio  Ferrari  in  più  $p^ 
menti    salvata    da   incendio ,   e   risarcita  da  recente  pcnncllft 
4-^  L'elegante   mausoleo  in    marmo ,  con   statua   al  Datonl< 
sopra  il  sarcofago:  monumento  eretto    a  Bernardino  Tebal(l^ 
sebi,  primo  vescovo  di  questa  città:  esso  vedesi  nell'altia  pai^ 
del  battistero.  Inoltre  varii  quadri  di  eccellenti  autori;  ^ 
sono  Ferrari ,  Moncalvo  ,  Peruggino ,  Belletti  veneriano  ,  Man- 
nelli ,  RoncheUi,  Panfilo;  parecchie  statue  di  BartolommeoM 
la-Porta  ,  di  Ambrogio  Volpi,  di  Alfonso  Lombardi,  e*  J^ 
riputati  scultori.  5.^  La  sontuosa  cappella  di  s.  Evasio  m»^^^ 
primo  vescovo  d'Asti,  e  patrono  della  città:  fn  cominciata  1  aO' 
no  1760,  e  condotta  a  termine  nel  1808  sul  disegno  di  i"^'' 
Barberi.  All'erezione  di   essa  molto  contribuì  monsignor  G^Q' 
seppe  Luigi  Avogadro,  vescovo  di  Casale ,  che  ne  pose  ifl  p^' 
pietra.  Gli  affreschi  che  nella  volta  vi  rappresentano  le  ^^ 
del  santo,  sono  bei  lavori  di  Giambattista  Ronchelli  di  N^^ 
quattro  medaglioni  in  marmo ,  che  rappresentano  l'ordinazioo^i 
la  predicazione ,  il  martirio   del  santo ,  ed   il   trasporto  «^ 
sue  reliquie  ,  come  pure  gli  angeli ,  ed  i  fregii  collocati  ^^ 
-scurolosono  dello  scalpello  del  valente  Baruero.  La  detti  ^T 
polla  è.  di  forma  elittica:  l'urna  in  cui  riposano  le  ceoen  ^^ 
rinchiuse  in    uua    statua  ,  è  tutta  d'argento  :  fuori  deU^  ^P' 


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CASALE  671 

pella  8Ì  mostra  la  colonna,  su  cui  dicesi  ches.  Evatio  fu  decapitato. 
Gli  abitatori  di  Borgovercelli  si  conducono  due  volte  Panno  a  ve-^ 
nerare  le  sacre  reliquie  ,  e  fanno  qualche  pia  offerta  al  tempio: 
a  ciascuno  di  essi  in  tale  occasione  si  dà  pane  e  vino  bene- 
detto. Nell'interno  della  sacrestia   si   ammira  un  crocifisso  al 
naturale  ^  che  fu  tolto  agli  alessandrini  :  è  rivestito,  di  lamine 
d'argento,  col  contorno  nella  croce  di  cristalli  convessi  a  forma 
di  gemme:  opera  riguardevole  dei   barbari   tempi:  nell'altare 
le  quattro  statue  ,  le  cinque  tavole  storiate  a  tutto  tondo ,  gli 
angeli  sopra  il  sarcofago ,  il  tutto  eseguito  in  fino  marmo,  sono 
eccellenti  lavori  che  appartennero  all'antico  altare  di  s.  Evasio, 
«tato  poi  quivi  collocato  :  bannovi  pure  tre  pregiate  statue  di 
Bartolommeo  Delia-Porta  ;  si  vede  eziandio  un'antica  croce  d'al- 
tare di  squisito  gusto  gotico  in  rame  dorato  con  ornati  e  figure 
d'argento ,  e  diversi  smalti ,  donativo  del  cardinale  Teodoro  di 
Monferrato.  Fra  tanti  capolavori ,  è  osservabile   la    statua    in 
bianco  marmo ,  che  rappresenta  la  madonna  in  deliquio  ,  opera 
del  Bernino ,  stata  quivi  trasportata  dopo  la  soppressione  del 
monistero  di  s.  Clara. 

Nell'archivio  capitolare  esistono  due  preziosi  codici  del  se- 
colo decimo  in  pergamena  ,  ed  un  messale  ornato  di  bellissime 
miniature  in  oro.^Evvi  eziandio  una  grande  idria  antica  d'ar- 
gento dorato ,  adorna  di  basstrilievi ,  che  rappresenta  baccanti 
e  divinità  del  paganesimo. 

Il  capitolo  di  questa  cattedrale  é  composto  di  sedici  cano- 
nici, c<^prese  le  due  dignità  di  preposto  e  di  arcidiacono: 
ba  due  cerimonieri  capitolari ,  e  quattro  mansionarii  :  gli  sono 
di  presente  aggregati  tre  canonici  onorarii. 

Parrocchia  di  santo  Stefano,  Questo  tempio  sorse  poco  dopo 
il  mille  ,  vicino  ad  un  ospedale  che  da  santo  Stefano  era  ap- 
pellato ,  poco  prima  del  i5oo  fu  dal  capitolo  della  cattedrale 
eretto  in  filiale  parrocchia:  venne  ampliato  e  rabbellito  nel  i65o 
sul  disegno  del  Guala.  Lo  consecrò  monsignor  Miroglio  nel  1692: 
ne  riformò  la  facciata ,  che  per  altro  non  è  ancora  compiuta, 
il  Callotti  nel  1762*  Questa  parrocchia  possiede  bei  dipinti  del 
Moncalvo  e  del  Guala  ;  soprattutto  un  quadro  che  rappresenta 
s.  Sebastiano  legato  all'albero  ,  lavoro  d'ignoto,  ma  valente  pen- 
nello: havvi  però  chi  créde,  che  sia  esso  una  pregievole  copia 
sostituita  di  soppiatto  dal  marchese  Coyonger ,  il  quale  colla 


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67a  CASALE 

persoatione,  ed  esiandio  colla  violeoia,  dbbee  spedi  ìd  Fi» 

da  sua  patria  molte  delle  più  belle  pittare  di  quetU  òtti 

Parrocchia  di  s,  Ilario.  Secondo  la  tradizione  questo  Msm 
fu  costrutto  ?erfiO  il  fiae  del  quarto  secolo,  e  serri  al  culto ì 
false  divinità;  fu  poi  destinato  al  culto  del  vero  Dio,  e  p<^ 
sotto  il  patrocinio  di  «..Ilario,  che  vi  fu  promuigatore  delr» 
gelo.  Nel  i520  venne  eretto,  in  parrocchia.  Eragià  uffiziatoà 
'  padri  carmelitani.  Si  veggono  in  esso  antiche  e  buone  pittore 
la  più  eccellente  ,  che  fu ,  non  è  guari  ristorata ,  passò  ^ 
donativo  del  signor  conte  Sordi  da  questo  tempio  alla  nà 
pinacoteca. 

Parrocchia  di  s.  Dometùco.  Chiesa  fondata  sotto  questo  fr 
tolo  da   principi   Paleologiii  nel    14G9  9  e  consecrata  nel  i5:3 
La  vastità  j  sveltezza  ed  armonia  del  diseg;no ,  che  cou  (ooéi' 
mento  si  attribuisce  al  Bramantino^  fanno  che  questo  sia  coe- 
siderato  come  il  più  bello  dei  sacri  edifizii  di  Casale»  £  lo^ 
piedi  100  circa  di  Monferrato,  e  largo  piedi  63  ,  oltre  la  tn- 
buna  ed  il  coro,  della  lunghezza  di  75  piedi,  e  delia largliaB 
di  26.  La  facciata  é  adorna  di  sontuosi  rilicTi  e  di  statue  la 
pietra  :  vi  si  vedevano  altre  volte  due  cervi ,  aventi  nel  ©«»« 
lo  stemma  della  casa  Paleoioga.  In  questa  parrocchia  si  aiB* 
mirano  eccellenti  quadri  del  romano  Pompeo  Bettoni,  àtit^' 
yaliere  Vicentini ,  di  Nicolò  Musso ,  del  cavaliere  Rotarì ,  oé 
Guala,  del  SaletU,  del  Moncalvo ,  della    signora  Clemeotini, 
e  del  Grozio.  Vi  è  particolarmente  osservabile  l'antica  pitt"'* 
allato  della  porta  della  sacrestia,  in  fondo  d'oro ,  la  qapl^^ ^^P* 
presenta  Nostra  Donna  in  mezzo  a  s.  Domenico  ed  al  Battiif' 
lavoro  di  Giovanni  Cavato.  Vi  si  ammirano  il  mausoleo,  ^ 
statua  al  naturale,  e  con  altre  figure,  il  tutto  in  marino ^  stilo 
eretto  al  celebre  Benvenuto  san  Giorgio  ;  ed  il  recente  mar^ 
moreo  deposito,  ove  per  ordine  sovrano  nel  di  3  giugno  de)  f^^ 
vennero  con  regale  funerea  pompa  collocate  le  ossa  di  alcuni  pno* 
cìpi  Paleologhi.  Evvì  un  organo  assai  pregiato.  Questa  chiesa e/^^ 
uffiziata  dai  padri  domenicani;  all'epoca  della  loro  soppres^^^''^ 
ed  in  tempi  calamitosi  soffri  molto  ,  e  fu  spogliata  di  vari^^^'P' 
pellettili  ;  è  di  presenta  parrocchia  ,  governata  da  nn  rettore- 

Parrocchia  del  santo  Crocifisso.  Chiesa  di  molta  capa^^^ 
e  di  bella  costruzione  ,  riedificata  sul  disegno  del  conte  Va' 
gnoca valli.  Nel  1768   fu  compita  di  una  cupola;    idea  io*^^ 


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CASALfi  673 

di  un  capo-m«stro.  Appartiene  ad  up&  confraternita.  B  gigan-*» 
tesco  Croci6sso  in  fondo  al  coro  è  opera  del  rinomato  Seve- 
rÌDo  Cascini ,  dì  cui  pure  è  la  statua  della  Beata  Vergine  Ad- 
dolorata. Questa  chiesa  fu  eretta  in  parrocchia  nel  presente 
secolo.  La  governa  un  rettore. 

Parrocchia  del  Castello.  È  un  tempietto  ad  uso  della  guar- 
nigione di  questa  città.  Fu  fondato  nel  1633  sotto  il  titolo  di 
Nostra  Donna  della  Concezione.  Venne  posteriormente  dipinto 
dagli  esimii  pittori  casalaschi  Mpssi,  ed  Alberini. 

Parrocchia  di  5.  Germano ,  suburbio  di  Casale,  Questa  chiesa 
era  altre  volte  collegiata  col  tìtolo  di  s.  Germano ,  nel  1578 
eretta  in  parrocchia  sucursale.  Nel  1780  venne  riedificata  in 
altro  sito,  jd  ampliata  sul  maestoso  disegno  del  conte  Ma- 
gnocavalli.  ^ 

Due  sono  le  principali  feste  che  ^i  fanno  in  Casale.  Quella 
dì  s.  Evasìo  protettore  della  città,  la  quale  più  non  ricorre 
come  prima  nel  primo  giorno  di  dicembre,  ma  sibbene  il  12 
di  novembre,  perchè  fu  essa  in  tal  di  celebrata  tostochè  la 
magnifica  cappella  del  Santo  fu  al  suo  termine  condotta;  l'altra 
festa  vi  è  quella  deirimmacolata  Concezione  addi  8  dicembre  di 
ciascun  anno.  Filippo  Bottero  fece  per  essa  un  ampio  legato 
nel  XVII  secolo,  e  volle  che  riuscisse  molto  splendida  massime 
.per  scelta  musica,  e  per  illuminazione. 

Oltre  le  predette  chiese  ve  ne  sono  non  poche  altre  che 
contengono  bei  dipinti  ed  ornati ,  di  alcune  delle  quali  si  farà 
posteriormente  distinta  menzione. 

Santuario  di  santa  Maria  di  Crea,  Era  già  ricco,  e  molto 
frequentato.  Sta  a  sette  miglia  da  Casale  sopra  un  alto  monte^ 
tenuto  nei  passati  tempi  colle  sue  dipendenze  in  feudo  dai  ca* 
nonici  lateranesi,  ed  unito  pei  carichi  a  questa  città:  ivi  si 
venera  una  statua  della  Beata  Vergine,  detta  di  s.  Luca,  che 5 
secondo  la  tradizione,  fuvvi  portata  da  t.  Eusebio  vescovo  di 
Vercelli  in  un  oratorio  fatto  da  lui  costrurre  nel  sito  ,  ove  di 
presente  sorge  la  cappella ,  in  cui  detta  statua  è  riposta.  La 
chiesa  è  vasta,  a  tre  navi,  con  portico,  bella  facciata  adoma 
di  statue,  rabbellita  nell'anno  1643.  Il  quadro  dell'aitar  mag- 
giore è  del  pennello  di  Alberto  Duro.  Sonovi  diciotto  cappelle 
sparse  in  sul  monte  verso  mezzodì,  nelle  quali  erano  storiati 
varii  fatti  della  santa  scrittura:  vi  hanno  innoltre  diciassette 
Dizion.  geogr.  ecc.  Vói.  IIL  4^ 


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674  CASALE 

cappellette,  nelle  quali  ewndio  si  vederano  sacre  statue  ì 
naturale.  Cosi  magnifico  santuario  sofferse  moltissimo  in  (pt 
ultimi  tempi  :  vi  fu  atterrata  una  vasta  canonica  :  rane  sbtBi 
furono  sfigurate  o  distrutte:  molti  ricchi  e  prexiosi  arredi  k 
furono  tolti.  La  uffiziano  adesso  i  padri  minori  ossema^ 

Palazzi.  I  più  rìguardevoli  palassi  di  Casale  sonola  codto 
casa  d'Arco,  e  quelli  del  marchese  di  San  Giorgio,  del  mare))» 
Gozsani  di  Tre  ville,  del  conte  Magnoca  valli,  del  ca?aliere  Pie»* 
del  conte  Leardi,  del  marchese  Dellavalle ,  del  conte  Langoso. 
del  marchese  Grisella. 

Palazzo  detto  casa  d^Arco.  Fn  il  primo  che  vi  si  wèae 
sorgere  con  ardiitettura  veramente  palladiana.  Yenae  f&- 
cato  dall'opulentissima  famiglia  Ardiszoni ,  la  quale  à  esto 
poco  dopo  la  costruzione  di  esso. 

Palazzo  San  Giorgio,  fu  costrutto  nel  1778  sul  maesh» 
disegno  del  conte  di  Robilant.  La  facciata  ,  il  bel  portico. «^ 
pioiipclte  del  primo  soHilo  docorato  di  SUituei  0  fiancheffl^ 
dn  Ipggiadiissliaa  veduta  |  in  InnfananTay  di  un  iiamcn^opfr 
4m&,  lo  scalone,  la  gran  sala,  e  le  gallerie  ne  sono  degne  ^ 
particolare  osservazione.  Le  volte  degli  appartamenti  Teuxiv 
dipinte,  per  l'architettura  da  Francesco  Guidolini,  eperJ' 
figure  da  Paolo  De-Lorenzi ,  l'uno  e  l'altro  da  Ticenia.  Eiw" 
già  due  camere  dipinte  dal  Bittino  bolognese.  Ti  si  p^ 
ammirare  diversi  quadri ,  alcuni  de'  quali  sono  lavori  del  a- 
vàliere  Mattia.  Sullo  scalone  ,  e  nella  sala  veggonsi  belle  ^ 
tue,  busti,  e  bassirilievi  in  marmo,  opere  del  Bemero. 

In  alcune  camere  si  veggono  ritratti  di  famiglie  daesono 
una  verit3i  sorprendente ,  massime    quelli    istoriati  del  Già** 
«asalasco. 

Palazzo  Gozzani  di  Treville.  Fu  edificato  nel  1730  sd*- 
segno  dello  Scapita:  venne  ampliato  5o  anni  dopo,  ^  '^^ 
mato  nella  facciata  sul  disegno  del  Bertotti  vicentino.  ^^  ^ 
degni  di  riguardo  l'atrio  svelto,  il  prospetto  del  primo con»^ 
decorato  di  statue  ,  lo  scalone  ,  la  sala ,  e  la  galleria  &r^ 
dal  Bittinì  per  l'architettura  ,  e  da  Pietro  Guala  per  kiff' 
Gli  affreschi  dei  varii  appartamenti  sono  del  Guidoliai ,  ^ 
De-Lorenzi. 

Palazzo  MagnocavalH.  La  casa  vecchia   è  poco  ^&^^'' 
assai  riguardevole.  Gli  ornati  della  porta  d'ingresso  i^^^ 


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CASALE  675 

sìgnatì  dal  conte  Alfieri  sul  gusto  di  Palladio.  La  scala  mag- 
giore molto  conioda  ,  ed  arnioDÌca ,  è  abbellita  da  una  gigan- 
tesca «tailua  rappresentante  uno  spliiavo  die  porta  una  lampada. 
Le  interne  stanze  sono  dipinte  per  rarchitettura  da  Natali,  e 
per  le  figure  dal  Ru.sca  bolognese.  Innocenzo  Bellavite  lascioTTÌ 
magoUiche  soprapporte,  e  buoni  quadri  di  fiartolommeo  Man- 
fredi» Nella  libreria  yt  si  iredeva,  nel  1794  9  un'  au>nìirabile 
statua  gigantesca ,  che  era  una  copia  £eitta  in  Roma  del  famoso 
Apolline  di  Belvedere.  Sonoyi  lodati  affreschi  del  Raimondi  da 
Piacenza. 

Palazzo  Picco  ^  ora  CallorL  Gli  è  nobile  edifiùf)  costrutto 
sul  disegno  del  conte  Ottavio  Magnocavallì.  Contiene  b^  di- 
pinti, fra  i  quali  un  riti-atto  di  un  abate  di  8.  Andrea  in  Man- 
tova, -della  famiglia  Picco  Gonzaga,. latoro  del  Tiziano.  Un  altro 
ritratto  dello  stesso  pennello  vedesi  nella  casa  del  conte  Callori. 
Palazzo  Leardi,  Venne  fabbricato  nel  1785,  secondo  il  di- 
segno dell'ingegnere  Franco  piemontese,  sull'intiero  sito  del- 
l'isola ,  dove  sorgeva  altre  volle  il  magnifico  palagio  della  casa 
Biandrate  di  San  Gi<irgio  in  Canavese. 

Palazzo  DdlavaUe.  Si  ammirano  in  esso  alcunt  affreschli  di 
Giulio  Romano  fatti  sullo  stile  di  Rafaello,  ed  altri  dipinti  di 
valorosi  pennelli;  gli  è  attiguo  un  scelto  giardino  botanico,  le 
cui  piante  più  delicate  e  preziose  si  tengono,  durante  l'inverno, 
dentro  un  vago  terrazzo  appositamente  chiuso,  e  riscaldato. 

Palazzo  LangoscOf  gid  Cocconiio»  Fu  riattato  nello  seorso 
secolo  ,  ed  accresciuto  l'anno  1776  di  un  b«ll'atrio,  di  un  sa- 
lotto ,  di  una  scala  ,  e  di  una  spaziosa  galleria  sul  disegno  del 
piemontese  Borra.  Sonovi  vaghe  sovrapporte  di  Paolo  De-Lo- 
renzi  vicentino. 

Palazzo  Grisella.  Venne  riedificato*  nel  1740  sul  disegno 
dell'architetto  Giacomino  Bandello.  Il  suo  portico  interiore  è 
molto  riguardevole.  Apparteneva  alla  famiglia  de'  marchesi 
Grisella  ora  estìnta.  Essa  vi  possedeva  una  copiosa  libreria 
ricca  .di  preziosi  codici  insieme  con  una  raccolta  «li  nuilti  rari 
joggetlii  della  natura  e  delle  arti:  riteneva  eziandio  niolti  vasi  dii^ 
^  nissima  porcellana  ,*  dipinti  da  artisti  molto  periti;  Questo 
palazzo  jnello  scorso  secolo  fu  più  voUe  abitato  da  Princìpi , 
e  da  personaggi  di  alto  affare.  Ne'  stioi  appartamenti  si  veg- 
gono pitture  a  fcesco  del  Rusca,  e  del  Bertini. 


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676  CASALE 

Piazze.  Hanoovi  molte  plazte  tra  grandi  e  piccole.  (^ 
detta  per  antonomasia  la  piazxa,  serre  per  le  Tendite  die- 
baggì.  y  carni,  pesci,  formaggi  ec.  Un'altra  detta  dd  oskt? 
serve  pel  traffico  del  bestiame,  delle  frutta ,  e  delle  legDa:li 
terza  poco  spaziosa  sta  rimpetto  alla  soppressa  chiesa  i 
's.  Francesco,  diventata  ora  un  grandiosissimo  edìfizio,  ck' 
adorna  ^  la  piazza  medesima  ,  e  la  contrada  di  Po  :  en  e» 
destinata  al  mercato  del  vino,  il  quale  sì  fa  ora  sndiuo'ak 
piccola  ,  ma  bellissima  piazza  detta  del  tribunale  :  la  (pi&b 
più  grande  delle  quattro  sopraccennate  é  detta  piazza  d'insù 
ma  non  può  più  servire  all'uso,  a  cui  pareva  destinata,  per  1^ 
piantagioni,  onde  fu  ingombra:  Poltima  in  fine,  per  000  p 
lare  di  altre  di  poco  rilievo,  è  destinata  alle  evoluzioni  tè- 
tari ,  alle  corse  di  cavalli ,  e  a  simili  spettacoli:  nelle  (pìt 
occasioni,  per  la  sua  bella  forma,  e  considerevol  graodexa, 
rassembra  ad  un  capacissimo  anfiteatro. 

Passeggiate.  A  comodo  di  pubblico  diporto  vi  sono  delui» 
viali  nirintorno  e  dentro  le  mura  della  città  vagamente  di^ 
sti ,  e  fiancheggiati  da  roveri,  acacie,  platani  ed  olmi. La '^"^ 
situazione  nell'alto  del  terrapieno  con  begli  stradoni  di  doxt 
discesa ,  la  loro  lunghezza  di  circa  mezzo  miglia  in  aria  vt»- 
bre  ,  fanno  si  che  sia  questo  ubo  de'  più  ameni  psseggii  ^ 
possano  vedersi  nell'interno  di  una  città.  Fu  incominciato  1'^ 
1761. 

Istituti  pii.  Sonovi  due  spedali.  Uno  detto  di   santo  Spir*^ 
venne  fondato  dalla  munificenza  di  principi  Paleologhi  nel  14!.  ' 
allo  scopo  di  ricoverarvi  gli  ammalati  poveri,  ed  eziandio^ 
spurii.  Fu  in  diversi  tempi  ampliato  ed  abbellito.  Contiene  0» 
sessanta  letti  per  maschi ,  e  trentadue  per  femmine.  V^  *'' 
che  ricoverare  i  pazzarelli.  Colle  sue  reudite  si  provveggooo 
necessario  gli  esposti  in  case  private  sino  alla  loro  ^^^'^^. 
sette.  Furono  eretti  in  esso  da  S.  £•  U    conte  Pio  Vidui  ^ 
Conzano  quattro  letti  pep  quattro  donne  incurabili  e  forf*^ 
luogo  di  Gonzanp,  ed  in  loro  mancanza, di  Casale. Qu^^^ 
pia  ha  una  piccola  chiesa  intema.  E  ben  diretta  ds  uo«  ^' 
missione    composta  di   cavalieri  e    di  cittadini ,  assistiu 
prefetto,  e  presieduta  dal  vescovo.  L'annua  sua  rendiC*^^ 
a  lire  ventisette  mila  e  dncento  circa. 

Vospedale  ossia  il  regio  ospizio  de'  poveri  d'ambi  1  ^ 


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CASALE  677 

eretto  nel  1730,  ed  aperto  sedici  anni  dopo.  La  fabbrica  eoo 
nobile  facciata ,  e  con  portici  sulla  piazza  d'armi  ne  venne  fatta 
sul  disegno  di  Bernardino  Yittone*,  essa  è  ornai  condotta  per 
intiero  al  suo  termine  ,  e  potrà  col  tempo  contenere  trecento 
e  più  letti.  Vi  vengono  ricoverati  tanto  i  maschi ,  quanto  le 
femmine  di  povere  famiglie ,  con  condizione  per  altro  che  non 
sieno  in  età  minore  di  anni  sette*,  né  maggiore  di  dodici.  Vi 
sono  anche  ricevuti  coloro  che  divennero  limabili  a  procacciarsi 
il  vitto;  ma  non  vengono  ammessi  che  i  soli  abitanti  di  Ca- 
sale. Quest'opera  pia  è  diretta  da  una  numerosa  congregazione 
composta  di  cavalieri  e  di  cittadini,  del  comandante,  deirin- 
tendente ,  del  prefetto ,  dei  sindaci  della  città ,  e  presieduta 
dal  vescovo.  L'annua  sua  rendita  è  di  lire  undici  mila. 

Orfanotrofio.  Opera  pia  sotto  il  titolo  di  s.  Giuseppe  eon 
chiesa  pubblica,  fondata  nel  1610  sul  disegno  del  canonico 
Guala,  e  consecrata  nel  1659.  Vi  si  mantengono  quaranta  fi* 
glie,  e  separatamente  venti  figli  orfani.  Nella  predetta  chiesa 
sì  vedono  buoni  dipinti  di  Giulio  Procaccini ,  di  Francesca  Teti 
romana,  e  di  Federico  Bianchi.  In  questo  orfanoti*ofio  i  rico- 
verati sono  ritenuti  fino  alla  loro  età  di  diciott'anni ,  e  le  ri- 
coverate sino  al  loro  collocamento.  Una  congregazione  di  ca- 
valieri e  di  cittadini  coli' intervento  del  prefetto  amministra 
quest'opera  pia.,  che  ha  l'annua  rendita  di  lire  ii5oo. 

Ritiro,  Merita  distìnta  menzione  tin  conservatorio  ,  o  ritiro 
di  povere  figlie,  pericolanti  per  la  loro  età ,  povertà ,  e  man- 
canza di  mezzi  di  educazione.  Quest'opera  pia  venne  fondata 
nel  1743  setto  la  Real  protezione.  Oltre  le  ricoverate  gratui« 
tamente  bavvi  un  numero  di  quelle  che  pagano  una  tenue 
pensione.  A  cosi  degno  scopo  fu  scelta  nel  ]83i  una  fabbrica 
più  spaziosa ,  che  non  fosse  quella  che  a  ciò  fu  da  principio 
destinata.^  Quest'opera  è  amministrata  da  monsignor  vescovo 
che  ne  ^  il  presidente,  dal  prevosto  ,  e  dall'arcidiacono  della 
cattedrale ,  dai  due  membri  più  anziani  del  corpo  decurionale, 
e  da  un  canonico  della  cattedrale  stessa,  che  ha  l'uffizio  di 
segretario*  L'annua  sua  rendita  è  di  lire  4^00. 

Congregazione  di  misericordia,  C  questa  un'opera  di  pùbblica 
beueficeuza,  iostituita  sin  dall'anno  1 598  per  soccorrere  gl'ìndi- 
genti  al  propiio  domicilio  ,  e  màssime  quelli  che  caddero  in 
bassa  fortuna.  Ha  essa  una  chiesa  di  elegante  disegno  costrutta 


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678  CASALE 

nel  iCft.  La  facciata  è  adorna  ilt  pregevoli  stalue  a  stuce 
La  bellexsa  deirihtemo  è  accreaclota  eia  graiidi  statue  al  » 
turale  che  si  credono  lavori  di  Dìoni^  Bastola  inilaiiese.  T> 
SODO  osservabili  due  aropii  quadri  del  Pallavicini  da  Milaor.: 
e  due  altri  di  minor  esteosione ,  posti  laterabnente  al  pit^r 
tero ,  che  si  vogliono  del  pennello  del  caTaliere  Perugino.  Cu 
compagnia  di  negozianti  sotto  l'ispezione  di  cavalierì  nomisr 
dal  Re,  e  sotto  la  presidensa  del  prefetto  re^e  col  aaa^m 
lelo  quest'opera  pia  ,  la  cui  rendita  è  di  lire  trentamila.  Cor- 
risponde essa  veramente  allo  scopo  per  cui  fu  eretta  ad  W^-^ 
di  monsignor  Benedetto  Erba ,  il  quale  caduto  infermo  pi» 
di  aver  distese  le  opportune  istruzioni  pel  bnoo  regalamest» 
di  cosi  utile  luogo  pio,  secondo-  i  decreti  del  sacro  concilio d' 
Trento ,  ne  pregò  il  visitatore  apostolico  Gerolauio  Ragasw 
vescovo  di  Novara,  condottosi  a  Casale  ad  A  7  novembre  i3;6. 
e  da  questo  venne  pierfettamente  stabilita  quell'opera  di  be 
neficenza. 

Monte  di  pietà.  U  monte  di  pietà  di  Casale  merita  «sa  pf* 
tioolare  menziona;  perocché  davvero  corrisponde  allo  icop&, 
per  cui  fu  eretto  nel  1573  ad  istanza  di  s.  Bernardino  da  F"- 
tre^  neir^occasione  ch'egli  ebbe  a  predicare  in  questa  città,  ^th 
l'atrio  d'ingresso  vi  si  yede  un'antica  pittura  sulla  parete,  cb^ 
rappresenta  la  Pietà  nel  mezzo,  s.  Evasio  da  un  lato  es-^ 
nardiao  dall'altro.  L'annua  rendita  idi  questo  monte  è  &^^ 
tremila  circa.  Esso  non  richiede  che  il  modico  intere^^^ 
tre  e  mezzo  per  cento,  e  concede  tre  anni  di  tempo  al ri^^ 
de' pegni,  passati  i  quali  si  vendono  bensì  i  p^^ni  ^^^'^^ 
pubblica,  ma  «empre  procurasi  il  maggior  vantaggio  delle  p^^' 
sone,  a  cui  appartennero  gli  oggetti,  che  si  mettoao  <°  T^' 
dita.  La  direzione  di  questo  pio  instituto  é  affidata  a  due^ 
Unti  cavalieri  che  hanno  il  titolo  di  amministratori  prf$i^<^ 
Questo  monte  ha  sempre  in  giro  la  somma  di  lire  cento  mu': 
oltre  l'annua  sua  rendita. 

Campo  Santo.  Assai  ampio ,  ed  espoto  a  borea  è  il  «""*' 
rio,  lontano  dalla  città  duecento  trabucchi.  Si  vedono  in  ^ 
parecchi  mausolei. 

Scuole  normali  di  carità.  Cosi  appellasi    un    instituto  f' 
statovi  fondato  da  una  società  di  ecclesiastici ,    di   nobili  e 
cittadini,  affinchè  i  fanciulli  poveri  abbiano  gratuitamente  ° 


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CASALE  679 

qualche  istruzione.  Fu  aperlo  uel  di  4  ài  novembre  del  1791^ 
ed  accolto  l'anno  dqpo  sotto  il  real  patrocinio.  Da  tre  maestrì 
s'insegnano  gl'^  elementi  di  lettura  e  scrittura,  le  prime  ope-* 
razioDÌ  deir  aritmetica  y  la  dottrina  cristiana  e  le  regole  della 
civiltà.  Nell'edito  di  queste  scuole  normali  havvi  un  orato- 
rio privato  per  la  celebrazione  dei  divini  misteri.  Nel  vestibolo 
di  esso  vedesi  un  antico  crocifisso  al  naturale ,  tenuto  in  pre-» 
gio  dagli  intelligenti.  Nella  sala  di  congregazione  sta  un  vetu«» 
«to  quadro,  che  rappresenta  l'Ascensione  del  Redentore;  e 
nell'oratorio  ammirasi  una  statua  della  Beata  Vergine,  lavoro 
del  valente  Gresoni. 

Nel  1 798  la  predetta  benemerita  società  aperse  un'  altra  scuola 
gratuita,  in  cui  le  fanciulle  povere  ricevono  eziandio  una  pri* 
maria  istruzione,  conforme  a  quella  testé  accennata,  e  son« 
inoltre  esercitate  in  qualche  donnesco  lavoiio.  L' annua  rendita 
per  le  scuole  normali  di  carità  è  di  lire  iioo. 

Collegio  dei  padri  somaschi^  Venne  fondato  Tanno  1604  per 
r educazione  di  giovanetti  o  nobili,  o  di  condizione  civile.  Nel 
1770  era  stato  traslocato  nel  già  palazzo  dei    conti   Camberà; 
il  quale  fu  costrutto  prima  del  ristabilimento   dell' architettura 
circa  l'anno  1400  da  monsignor  Bernardino    Camberà,,  il   cut 
busto  vedesi  nella  facciata  sopra  la  porta.  £li  stemmi  dei  Pa- 
leologhi  ed    i    pontificii,    e  varie  sculture,    il  tutto  in  marmo 
esistenti  sugli  angoli  di  quella  facciata,  lo  spazioso  cortile  fian- 
cheggiato da  portici  con  colonne  di  pietra,  contribuivano  a  ren- 
dere cospicuo  quel  palazzo,    per  la  cui  erezione  si  mandò  ad 
eifetto  un'idea  di  Bramante  e  di  s.  Gallo,  che  vollero  in  pie*' 
colo  ricopiare  la  cancellaria  romana  da  loro    immaginata,    ed 
abbellita  poi  con  gusto  più    moderno    dal    cardinale    Rafaello 
Ria^.   Dopo  la   ristorazione  politica,   il  predetto  collegio  dei 
padri  somaschi  fu  riaperto  nel  soppresso  monastero  di  s.    Cat<* 
terina,  già  destinato  ad  uso  di  liceo  nel  tempo  della  domina- 
zione francese.  Ivi  è  il  comodo  di  un  pubblico  e  bello,  e  son- 
tuoso tempio,  che  ha  vasta  cupola,  altre  volte  coperta  di  rame 
sUgoato,  ed  una  vaga  facciata,   che  fu  recentemente  resa  più 
bella.  Il  monastero  era  stato  ampliato  ed  abbellito  dalla  pi-in- 
cìpessa  Anna,  vedova  reggente  del  Monferrato,  ed  il  fu  anche 
nello   scorso    secolo,    in  cui  gli  si  fecero  corti  interne  ed  una 
•lazia  esterna  innanzi  alla  sua  propria  chiesa,  nell'interno  della 


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68o  CASALE 

quale  si  ammirano  affreschi  di  valorosi  pennelli  ed  una  stata 
in  marmo  della  Beata  Vergine  Astnnta ,  laToro  prege? otisnat  , 
del  Bernero.  Nel  coro  interno  bellissimi  sono  i  sedili  lavorali  | 
a  tarsie.  Riputato  vi  è  il  quadro  dell'altare  di  s.  Catterìa. 
lavoro  di  Angelo  Butteri.  Vi  é  poi  soprattutto  ammirabile 
gran  dipinto  della  deposizione  dalla  croce  del  Salvatore,  open 
di  Rafaello  da  Urbino ,  e  dono  prezioso  della  anzidetta  pria- 
eipessa  Anna  de  Alen9on,  la  quale  incorporò  in  quel  monastcn 
il  suo  proprio  palazzo,  che  ne  formala  parte  prindpale.  I» 
merosi  alunni  corrispondono  alle  sollecite  cure  dei  loro  sis 
direttori.  Sono  quivi  pure  unite  tutte  le  regìe  scuole  sotto  b 
particolare  ispezione  di  un  riformatore  e  dì  un  prefetto,  eos^ 
pure  le  altre  scuole  minori.  Al  collegio  delle  regie  icuolfs 
sul  principio  della  ristorazione  politica  vi  furono  aggìante  ^k 
eattedre,  l'una  per  l'insegnamento  delle  istituzioni  civili  e T al- 
tra per  quello  della  chirurgia. 

Seminario  de' chierici.  Questo  collegio  per  1*  educazione  da 
giovani  chierici  venne  traslocato,  non  e  gran  tempo,  Deliaca^ 
de' preti  della  congregazione  dell'oratorio,  sotto  il  ^tolo  i 
s.  Filippo:  l'ampia  elegante  sua  chiesa  a  croce  greca,  con  cu- 
pola d'inusitata  costruzione,  venne  fondata  l'anno  ì^^  "^ 
grandioso  disegno  del  canonico  Guala.  Fu  decorata  del  tilw 
ducale  dal  duca  di  Mantova  Carlo  Ferdinando  Gonzaga^  e  cci^ 
secrata  l'anno  17^1.  Il  cavaliere  Peruccini,  Francesco  M«rti' 
notti,  Federico  Bianchi,  Mattia  Prati,  Guido  Reni,  santi M 
dalena  de' Pazzi,  Giorgio  Barbanelli,  ornarono  quesu  cbiefl 
di  varii  loro  ottimi  quadri.  * 

Biblioteca  pubblica.  Nel  venerando  seminario  vescovile  t*'^ 
ad  uso  pubbhco  una  numerosa  scelta  libreria.  Il  ìaogo,  (^^^ 
riposta,  fu  adornato  ed  abbellito  nel  i83a  con  mosaici iston^^ 
sul  pavimento.  La  proprietà  di  essa  appurtiene  al  semif^'^^* 
virtù  d' una  disposizione  testamentaria  di  monsignore  Canta- 
dossi,  che  fu  vescovo  di  Gasale.  Un'annua  rendita  di  ìii^^ 
mila  è  destinata  per  la  conservazione  ed  amplìazioae  ^^ 
biblioteca.  Era  essa  dapprima  composta  di  sei  mila  vo/ami  ^ 
storici  ed  ascetici;  venne  poi  accresciuta  d'un  altro  numero 
uguale  di  libri  di  varia  letteratura ,  che  già  appartennero  a 
canonico  De-Giovanni,  modesto  e  distintissimo  letterato-,  "^^' 
lore  dei  quali  fu  calcolato  di  lire  tredici  mila  ;  tra  questi  i>l^ 


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CASALE  68i 

si  dàstioguoBO  la  collana  degli  autori  latini,  ad usum  Delphini ^ 
rencyclopédie  et  Vari  de  verijier  les  dates.   Vi.  sopraintendono 
il  rettore  del  seminario  ed  un  bibliotecario. 
Famiglie  di  religiosi  esistenti  in  questa  città*  . 
Minori  osservanti.  Uffizi  ano  questi  la  chiesa   di    s.    Antonio 
stata  edificata  sul  principio  del  i5oo.    La    sveltezza   di  questo 
sacro  edifizio,  l'armonia  delle  gallerie  che  gli  ^rano  atlocno^ 
e  l'epoca  della  sua  costruzione,    lo  fanno  credere  del  disegno 
di  un  celebre  architetto  casala3Co,  che  fu  Bartolommeo  Baro- 
uomo..  Gli  affreschi  della  facciata  sono  del  Toricelli  do.  Lugano. 
Dentro  la  chiesa  si  vedono  pregiati  dipinti.  Essa  è  propria  della 
città.  La  uffiziano  ora  trfenta  religiosi. 

Missionarii,  Furono  introdotti  in  Cabale  nel  1706.  La.  loro 
casa  venne  riedificata  Tanno  lySo,  ed  ampliata  cqIT aggiunta 
di  quaranta  camere  per  gli  esercitanti.  Nel  teinpo  dells^  fcan-; 
Cà&e  dominazione  questo  spazioso  edifizio  fu  destinato  ad  oso 
di  ospedali  militari.  È  di  presente  abitato  da  ppcbi  miaiona- 
riiy  i  quali  stanno  costruendo  una  beUissiokà  chiesa. 

Padri  crociferi*  Nel  i/83i  i  padri  crociferi  presero  possesso, 
della  chiesa  e  del  convento,  che  già  {tenevano  i  pa^ì  barna*- 
biti  di  s.  Paolo.  Questa  chiesa ,  che  viene  riputata  siccome  una 
delle  più  armoniche  di  Casale,  fu  ridojtta  all'attuale;  architet- 
tura sin  dall'anno  i586,  e  fu  consecrata  nove  anni  dopo.  Si 
ammirano  in  essa  dipinti  del  Monchi vo,  di  Francesco  da  Car 
stello,  detto  il  Fiammingo,  di  Giorgio  Alberti,  e  si  vedono 
begli  ornati  in  oro.  Pochi  religiosi  ufficiano  questo  tempio. 

AÌQnache  agostiniane,  A  queste  monache  pppartiene  la  chiesa 
di  8.  Bartolommep  d'antica  costruzione,  ornata  senza  regole  di 
architettura,  consecrata  nel  i5o6.  Nel  loro  monastero  si  tr<Ht 
Yano  venti  religiose,  oltre,  le  converse. e  le  serve.  Tengono essei 
in  educazione  donze^e  nobili  e  civili. 

Padri  cappuccini  extra  im^otf.  Abitano  questi  un  convento, 
che  spettò  altre  volte  ai  cavalieri  templari,  passò  quindi  ai  ca<« 
yalieri  gerosolimitani,  e  venne  poi  ceduto  nel  1619  ai  padri 
mioori  riformati  di  s.  Francesco.  Soppressi  questi,  fu  venduto, 
e  fioalmente  dopo  il  felicissimo  ritorno  degli  augusti  nostri  Prin»- 
cìpi,  lo  ebbero  dal  conte  Mazza  i  padri  cappuccini.  L'annessa 
«hiesa  fu  ricostrutta,  ingrandita,  e  venne  consecrata  nel  \^ì% 
d»  monsignor  Icheri  di  Malabaila,  vescovo  di  questa  città. 


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68a  CASALE 

Oltre  le  anridette  case  «pettanti  ad  ordini  religiosi,  yì  eno 
altre  Tolte  pili  monasteri  di  vergini ,  e  cooTentì  di  regolan  ita- 
tivi  introdotti  in  direrst  tempi ,  cioè: 

Nel  i34o  i  minori  conrentnali. 

Nel  i4i8  le  chiarisse  scalze  di  s.  Maria  Maddalena. 

Nel  1476  i  minori  riformati  della  Madonna  del  Tempio  a- 
tra  ouiros.  Nello  stesso  anno  erano  anche  stati  introdotti  k 
questa  cittì  gli  agostiniani  riformati. 

Nel  i5a8  le  domenicane  di  s.  Catterina. 

Nel  i566  i  carmelitani  della  congregasiooe  di  Mantors. 

Nel  1573  i  barnabiti  di  s.  Paolo. 

Nel  161 1  le  cappuccine  di  s.  Chiara. 

Nel  161 3  le  orsoline. 

Nel  1711  le  domenicane  del  terzo  ordine  della  beata  Ibr- 
gherita  di  Savoja. 

Il  convento  degli  agostiniani  era  ragguardevole  pergli8fb^ 
sdii  del  Moncalvo  e  di  altri  rinomati  pittori,  alcuni  àt'qm 
si  veggono  ancora  di  presente.  Si  dee  notare  ,  che  nella  chiea 
di  s.  Croce  ,  spettante  allo  stesso  convento,  si  fece  nel  iSoSva 
celebre  congresso  ,  a  cai  intervennero  gli  ambasciatori,  e  pl^ 
nipotentiarìi  dell'imperatore  Massimiliano  I ,  di  Carlo  IH  ava 
di  Savoja,  di  Ludovico  XII  re  di  Francia,  di  Federico  Gon- 
saga  duca  di  Mantova  e  della  repubblica  di  Genova;  neìquif^ 
congresso  sonosi  assestate  le  differenze  loro. 

Nella  vetusta  chiesa  di  s.  Maria  Maggiore  di  piasza,  ^a  p""' 
rocchiale,  stata  consecrata  nel  i44^  da  Guglielmo  Diderio  re- 
scovo  di  Vercelli ,  era  stata  eretta  nel  1481  una  coUegiata  ad 
cardinale  Teodoro  Paleologo ,  ed  approvata  dal  sommo  pon- 
tefice Innocenzo  Vili  addi  6  di  giugno  i485.  Non  era  essa  sot- 
toposta alla  giurisdizione  del  vescovo  :  la  componevano  dodici 
canonici  e  due  dignità:  la  parrocchia  ne  era  di  libera  coHauoo^ 

Nel  161 5  addi  la  di  marzo  il*  dotto  medico  Andrea  Trevig»  * 

•      Ali 

Occimiano  vi  eresse  un  collegio  delle  scienze,  assegnando  ai  p^ 
agostiniani  un' annua  rendita  di  settecento  e  settanta  docatooi, 
perchè  vi  fossero  stipendiati  professori  di  matematica,  di  teologi 
di  lingue  greca  ed  ebraica,  e  venissero  nello  stesso  collegio  p^^^ 
tainente  mantenuti  sette  giovani  convitori  da  eleggersi  fra'  po^^" 
monferrini.  I  padri  agostiniani  rinunziai*ono  nel  1619  quel  1^^^ 
cogli  obblighi  medesimi  ai  padri  somascbi. 


.  / 


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CASALE  683 

QuariierL  Sono  due  quartieri,  «do  vecchio  detto  di  s.  Laiigiy 
che  può  iconteoere  oentO'  eavalli  ,  le  l'altro  nuovo ,  chiamato 
della  Maddalena  ,  chu  fmò  .contenerne .  cinquecento. 

Teatro.  £vvi  un  sol»  teatro  y  ohe  nel  .tfSS  fu  ricostruito  ed 
ampliato  da  mqa  società  di  nob'di  nd  disegno  delcataliere  Vit- 
toli  Spoletino.  Questo,  cdifizia  per  la  sua*  vaga  ed  armonie» 
struttuia  ,  per  leggiadri  dipinti. dei  fratelli  Galliari,  per  l'units 
salii  ad  uso.  di  ridotto ,  e  per  akri.sDoi  pregi  viene  riputato 
coBie  uno  de'  più  belli  del  suo  ^nere.  È.  aperto  almanco  òae 
volte  neiraonOé 

Torre  dèlia  città.  Sa  crede  che  la  torre  del  grand'  orologia 
vi  sìa  stata  eretta  innanzi  al  looo.  Dalla  sua  antica  forma  venne 
ridotta  alla  presente  cosb-usione  nel'iSiOy  sojtto  il  governo  di 
Guglielmo  VII  marchese  di  Monferrato ,  che  vi  aggiunse  lai 
campana  tuttora  esistènte  di  rubbi  dna,  sulla. 'quale  si  vedono 
gli  slemmi  della  famiglia  di  quel  princi^.  Gli  ornati  della  detta 
torre  scapitarono  non  poco  sotto  i  Goiisaga,  pe'  colpì  di  caa«« 
none  ad  essa  dirètti,  dal  castello  in  due.  occaàoni ,  per  atter« 
rire  i  sommossi  cittadini.  Nel  1760  si  volk  abbellirla  di  nuove 
pitture  e  di  nuovi  ornati,  ma  con  infelice  successo. 

Antico  palaizQ  di  città.  Questo  edi6zio  appartenne  ad  un 
ramo  dell'illustre  famiglia.  Biandrate.  Fu  confiscato  dalla  camera 
nel  i535:  servi  quindi  alle  sessumii  del  senato;  ed  in  fine  alle 
adunante  del  cootiglio  civico.  Il  nobile  suo  por^co  esteriore^ 
i  magnifici  ornati,  in  pietra  che  ne'  abbelliscono  la  facciata  / 
(anno  credere  l  che  bramante  Lazzari  ne  sia  «tato  l'autore.  ]>iel«« 
l'ixiterno  era  vi  un  oratorio,  al  cui  altare  stava  un  gran,  quadra 
rappresentante  la  beatissima  Vergine ,  .s.  £vasio  e  s.  Patriu» 
patroni  y  stimatissimo  lavoro  di  Paojo  Appiano  casalasco ,  del 
quale  sono  gli  .affreschi  che  ne  abbelliscono  tuttora  le  vo1te«» 
NcUo  stesso  oratorio  esistevano  altresi  quattro  belle  tavole  y 
rappresentanti  i  quattro  evangelisti^  che  veAgooo  attribuisti,  a 
UQ  discepolo  di  Ferdinando  Cairo.  NeUf  cessazione  del  senato, 
di  Casale y  l'anno  1731»  i  detti  quadri  insieme  con  hcdhe  tap- 
pezzerie e  suppellettili  preziose ,  furono^  traspoctati  a  Tor'mo. 
Esistono*,  ora  in  Casale  due  tipografie ,  una  propria  del  signor 
Ludovico.  MafFei ,  e  L'altra  dei  signori  fratelli  Corrado, 

Già  sin- dal  iGSg  vi  si  era  stampata  dal  Piazzano  la  cronaca 
di  Benvenuto  san  Giorgio  ^  e  nd  1675  vi  si  pubblicarono  dal 


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684  CASALE 

Maottt  decrtia  civUia ,  et  emuinalia  y  ci  muda  MonJdsfirrai. 

Bagni.  Evvì  uo'acsai  polita,  e  bea  regolatai  casa  di  bagni, 
dei  quali  profittano  molti  Dell'estiva  sli^itMie. 

Prigioni.  Quadrata,  'bea -oostratfia,  in  luogo  isolato  e  sasàf 
•imo  sta  la  fabbrica  delle  prigioDi  :  fu  eretta  a  spese  re^ 
md  I79A.  Trentatre  ne  sono  le  camere,  e  noa  più  di  Testi n 
sono  per  l'ordinario  i  carcerati.  • 

Fiere  e  mercati.  Si  tea^no  due  fiere  nell'anno  ;  una  in  aprile, 
e  Taltra  in  novembre.  Si  fa  in  esse  gran  commercio  di  bestie 
bovine  e  di  cavalli.  Vi  sono  giorni  di  mercato  il  martedì  ed  il 
venerdì  d'ogni  settimana  :  il  primo  é  assai  frequentato  pel  tn^ 
fico  del  grosso  bestiame. 

Un  velocifero  parte  da  Gasale  per  Torino  tre  volte  la  set- 
timana. 

Pesi  e  misure.  Questa  città  ha  i  proprtt  pesi,  e  per  le  dd- 
sure  dei  terreni  il  proprio  trabucco.  A  misurare  i  drappi  a 
usano  il  raso  ,  il  braccio  lungo  ,  il  braccio  corto  :  dal  cke 
nascono  talvolta  inconvenienti  a  pregindììio  degli  idioti  cootadim- 

Popolazione.  Gli  abitanti  della  città  e  dei  aubbuii>ii;  f»^ 
presi  gli  ebrei,  sommano  a  31,000. 

Notizie  storiche.  Il  nome  di  Casale  adoperatosi  a'  tempi  del» 
scadente  latinità  per  indicaiìe  l'unione  di  più  rosticbe  caie, 
succedette  all'antico  proprio  nome  sìnora  ignoto  di  questo  ìaO' 
go,  il  quale,  ^ome  si  riconosce  da  vetusti  monoinenti  ivi  rin- 
venuti ,  era  ascritto  alla  tribù  Follia  Romana  ,  e  fu  proiwV' 
mente  uno  dei  molti  cospicui  paesi,  che  le  barbariche  troppa? 
al  coi  iterato  impeto  l'impero  di  Roma  peri ,  al  tutto  àisUf»- 
aero  eziandio  nelle  nostre  contrade. 

Alcuni  scrittori  cui  «icopiarono  -varii  lessicografi  ,  p**"  ^'^ 
congetture  s'indussero  a  pensare  die  qui  fosse  Bodincoma^^ 
od  Industria  ,  di  cui  è  fatto  cenno  da^  Plinio  :  altri  eredeUeit 
die  qui  sorgesse  Cantica  S^duìa ,  ove  fu  martìriztato  sant'Eva- 
Mo.  Di  Sedala  j  come  pure  di  Paciliano,  antico,  vicino,  ^^ 
lebrato  borgo  si  parlerà  in  fine  del  predente  articolo:  di  Bo- 
dincomago  ,  od  Industria  ,  si  -terrà  discorso  coiriri«fraga6u« 
autorità  de'  monumenti  all'articolo  Monteu  da  Po.  SI  dee  ora 
soltanto  notar  di  passàggio  die  il  nome  di  s.  Evasio  sopraggi""|^ 
a.  questo  illustre  luogo ,  venpegK  da  un  villaggio  due  0^^''^ 
da  esso    discosto  verso  scirocco  *,  villaggio  scaduto ,  i  cui  a^'" 


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CASALE  685 

tanti  intorno  al  mille  vi  si  condussero  a  stal>ilire  il  proprio 
domicilio. 

Nello  scavarsi  le  fondamenta  della  cittadella  di  Casale  l'anoio 
1 590  tonosi  discoperte  molte  romane  medaglie ,  tenute  nel  no- 
vero delle  più  vetuste  :  alcune  dì  esse  hanno  una  figura  ^di 
due  faccie  da  un  lato  ,  ed  una  nave  dall'altro.  Net  1720  sotta 
la  casa  Sannazzaro  furono  travati  i  busti  di  8erviHo  Ahala  ,  di 
Sabina y  di  Antonino  Pio  imperatore,  di  Faustina  Maggiore,  e  la 
testa  colossale  del»  nostro  Pertinace.  Nella  casa  Magrellr,  sotter- 
ra j  alla  profondità  di  tre  piedi ,  si  rinvennero  moltissime  urne 
cinerarie,  lumi  sepolcrali,  mezzo  rovinati  sepolcreti,  e  nunie^ 
rose  medaglie ,  parecchie  dellie  quali  sono  di  Severo ,  di  Con- 
sta nzo  ,  e  di  Ck)stantino.  Negli  scavi  di  Porta  Marengo  l'anno 
1 800  si  discopersero  un  grosso  pezzo  d'architrave  con  iscrizione 
all'imperatore.  Claudio ,  nna  Cerere  Lararia  ,  un  vago  meda- 
glione in  bronzo  d'Antinoo ,  un  altro  in  argento  della  provin- 
cia prima  Macedonica,  e  paiecchie  medaglie  consofori. 

Nella  propria  magione  U  signor  Ricci  Panno  t8o6  trovò  presso 
a  profondi  e  grossi  ruderi  medaglie  della  fami^ia  de'  FlavU 
Cesari ,  che  passarono  poi  al  museo  delPabate  Beccaria  d'In- 
cisa in  Torino.  Nell'anno  stesso  in  un  campo  oltrepò ,  vicino 
alla  strada  che  mette  a  Balzola ,  trovarronsi  due  oreiolettì  eoa 
argentee  monete  ;  aventi  alcune  di  esse  da  una'  parte  ìa  leg- 
genda MS  SA;  alcune  MASSA;  altre  MASSAA;  e  dal- 
l'opposto lato  la  testa  della  repubblica  di  Marsiglia  col  lione 
che  porta  l'uovo  in  bocca.  -  ' 

Le  iscrizioni  rinvenutesi  in  varie  parti  della  Gitt&  ne  accen- 
nano le  antiche  famiglie  :  cosi  quella  sepolcrale  che  fu  dissot- 
teiTata  l'anno  i56i  ne' fossi  del  castello,  e  sparve  dopo  i  ri- 
stauri  che  costà  vennero  fatti  nel  1798,  dichiarò' più  rami  della 
famiglia  Suaffeja  della  tribù  Pollia:  non  poche  altre  sitate  rac^ 
colte  dall'avvocato  Deconti  indicamo  sepolcrali  pietre  di  un 
Lennio  Secondo  erette  al  genio  di  un  Asiatico  amico:  due  inoK 
tre  accennano  un  Cajo  Vibio  figliuolo  4li  Cajo  deiatieo  ;  ed 
,  una  Vibia  SUIpicia  di  un  Ebùzio  :  delle  quali  famiglie ,  ed  in 
ispecie  di  quella  dei  inibii  molte  iscrizioni  sonosi  discoperte  nel 
Piemonte.  •    • 

A  poca   distanza  dalla  città,  in  un  campo  proprio  del  signor 
Cervis ,  or  fa  sei  lustri ,  vennero  trovate  due  colonne  di  pie- 


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686  CASALE 

tra ,  il  cui  piedestollo  em  sotterra  alla  profondità  di  treib- 
cinque  piedi  :  sul  loro  fu^to  ,  e  sullo  zoccolo  •  si  vide  inòsA  i 
monogramma  deiriuiperatore  Ludovico  Pio. 
^  Se  la  celebre  tavola  Isiaca,  già  detta  anche  Bembina,[ifi- 
cbé  posseduta  qualche  tempo  dal  cardinal  Bembo,  si  fosse «• 
ramente  discoperta ,  come  di  sopra  toccammo ,  negli  scavi  k 
castello  di  Casale ,  avremmo  un  indixio  di  più  a  provare  T^ 
ticbità  di  questo  luogo  ,  ed  un  maggior  aaotivo  di  teom  ó 
pregio. quel  aingolar  monumento  a  cagione  della  sua proTrab' 
jta ,  tuttoché  non  sia  più  riguardato  come  lavoro  egiiiaoo  eJ 
originale. 

Casale  non  aveva  per  anco  il  soprannome  di  s.  Enm> 
quando  l'imperatore  Carlo  il  Grosso  ne  faeea  dono  alla  dùes 
di  Vercelli  nel  secolo  ix  ;  né  quando  Ottone  III  con  dipto 
del  999  9  ed  Arrigo  nel  io«4  oonfermavano  quella  doDaiNot 

Poiché  in  questo  tempo  i  marchesi  di  Monferrato  a  ^tf» 
delle  chiese ,  e  delle  repubbliche  vicine  ,  ivano  dilatando  ii 
proprio  dominio  9  loro  si  accostò  Gasale,  e  da  guelfa  cbe  «ti 
divenne  di  parte  imperiale. 

U  vescovo  di  YerceUi  Ugaccione ,  venuto  in  grande  stìna 
presso  l'imperatore  Federico  I  j  e  presentatosi  a  Ini  in  f^^ 
na  y  n'ebbe»  l'anno  iiS%  la  conferma  del  possesso  di  Cai» 
£um  omnibus  insulis  suis  t  il  qual  favore  non  solo  poco  ^ 
alla  chiesa  Vercellese;  ma  trovandosi  ansi  lo  stesso  iroperatot 
in  foispgtio  di  cattivarsi  grossi  comuni  y  quanti  più  potesse;  cct 
diploma  dato  in  Novara  nel  ii86  rendette  libero  Casale  coOi 
sola  dipendeosa  dall'impero. 

Ma  dopo  la  morte  di  Federico  avvenuta  nel  1190,  Amp 
VI  (uo  successore  assoggettò^  l'anno  appresso,  di  bel  oaofop 
abitatiti  di  questa  città  alla  chiesa  di  Vercelli:  e  noo  avendo 
Qglioo  per  niua  modo  voluto  conformarsi  al  volere  di  Am^ì 
mise  questi ,  sei  anni  dopo ,  la  loro  città  al  bando  dell'imp^ 
jroy  ordinando  che  Cosse  sitterrata* 

In  tale  frangente  si  vìder  eglino  costretti  a  sottomettersi  f^ 
diffatto  li  troviamo  compresi  da  quei   di    Verdiani  «el/a  f^ 
ch'essi  unitamente  alle  iCittà  di  Piacenza,  di  Alessandria,  ^  ^ 
Asti  fecero   col   marchese    Bonifacio   di  Monferrato  in  V^^ 
nel  di   i3  di  gii^ao  del  1199. 

Non  durò  la  fonata  loro  sommissione  ai  verceUeii  ;  ^^  *^^ 


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J 


CASALE  687 

oltreclìè  si  comportarono  come  uomini  di  Jibera  citià  ,  Cecero 
si  che  gli  abitanti  di  altri  popolosi  luoghi  si  discostassero  dal- 
l'obbedienza di  Vercelli  :  ciò  che  avvenne  particolarmente  ri- 
guardo al  grosso  antico  borgo  di  Paciliano.,  di  cui  quasi  tutta 
la  popolazione  venne  a  stabilirsi  in  Casale. 

Ma  l'anno  121 5  la  vendetta  da  lungo  tempo  preparata  scop- 
piò su  questa  città  in  modo  cosi  tremendo,  e  predpitoso,  cbe 
i  vercellesi  sul  Po ,  i  milanesi  col  conte  dì  Savoja    Topimaao 
venutovi   alla    testa    dì    mille    cavalieri    nella  pianura ,    e   gli 
alessandrini  sul  vicino  colle,  improvvisamente  la  cìnsero  d'in- 
torno per  modo  che  i  pavesi  poterono  appena  introdurvi  in  fretta 
du cento  armati  ad  arrecarle  soccorso.  Furono  feroci  gli  assalti 
degli  alleati,  e  maravigliosa  la  difesa  de' casalaschi,  finché  es- 
sendo a  quelli  riuscito  di  abbattere  un  tratto  di    muro    della 
lunghezza  di  quattrocento  passi,  si  arresero    questi   a  discre- 
zione dopo  avere  resistito  colmassimo  coraggio  dal  12  di  marzo 
insino  al  a  di  agosto.  I  vincitori  abusando  della   Icmto  favore- 
vole condizione  salvarono  bensì  la  vita  agli  assediati,  ma  tutti 
li  condussero  pri^oni  ;  «  dopo  un  estremo   sacco  adeguarono 
al  suolo  il  paese  col   bando  alPuso  di  que'  tempi ,  che   non 
potesse  maà  più  rialzarsi.  OH  alessandrini  nel  bottino  da  loro 
ivi  fatto  ,  pigliarono ,  e  seco  portarono  via    1    preziosi   arredi 
della  chiesa  ,    molte   sacre  reliquie  ,  è  soprattutto  i  corpi  dei 
santi  Evasio ,  fidatale ,  e  Projetto. 

Gli  infelici  abitanti  ebbero  ricorso  a  Federigo  li ,  il  ^ale 
per  conservar  fedele  all'impero  un  possente  comune  ,  annuHò 
quel  crudo  bando  ,  die  ordine  cbe  si  rifabbricasse  la  città ,  e 
le  confermò  i  privilegi  con  diploma  del  isao  che  ha  la- data 
di  Firenze. 

Casale  sorse  allora  dalle  sue  rovine  assai  più  vasta ,  e  più 
forte  :  le  sue  novelle  mura  vennero  munite  di  torri ,  e  fian- 
cheggiate da  quattro  baluardi  detti  di  Acquarole  ,  di  s*  Cro- 
ce ,  della  Maddalena ,  di  s.  Bartolommeo  ,  e  sulla  collina  fu 
piantata  la  bastita  di  s.  Anna. 

A  questi  ristanri  ,  e  a  tali  opere  di  fortificazione  giovarono 
mirabilmente  i  buoni  uffizii  del  casalasco  Guglielmo  Falzano  , 
il  QUI  credito  èra  eminente  presso  la  corte  imperiale. 

L'anno  12 1 5  fu  notato  dagli  storici  a  cagione  dell'eccessivo 
freddo,  per  cui  non  solo  le  acque  dei  minori  fiumi,  ma  quelle 


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stesse  del  Po  sì  congelarono ,  secondo  che  afferma  il  Sigònìo, 
aU'alteua  di  undici  braccia  ,  cosicché  i  carri  pesanti  di  grossi 
carichi  le  traghettavano  oon  sicurezza. 

Mantenne  il  vescovo  di  VerceUi  per  qualche  tempo  la  sua 
giurisdmone  sopra  questa  città  colla  forza  dell'armi ,  e  si  hi 
di  ciò  una  prova  neiristromento  di  sommessione  che  il  podestà 
di  Casale  Raniero  de'  Cantori  fece  al  vescovo  Ugone  nel  giorno 
undici  di  giugno  del  mille  duecento  ventiquatti-o ,  e  che  il  co» 
mune  confermò  nel  secondo  giorno  di  agosto.  Egli  è  appunto 
in  questo  frattempo  che  il  detto  Ugone  fortificava  Crescentino, 
Villanova  ,  e  rifabbricava  Trino  in  sito  più  acconcio  a  servire 
di  antemurale  ai  casalesi. 

Nel  1343  il  vescovo  di  Vercelli  cedeva  alla  città  il  suo  pos- 
sesso di  Casale:  questo  comune  all'incontro  otteneva  ,  cinque 
anni  dopo.,  dall'imperatore,  che  affatto  se  gli  unisse  il  già 
scadete  borgo  di  Paciliano  ,  del  quale  rimangono  vestigie  sul 
colle  superiore  di  s.  Germano. 

I  marchesi  di.  Monferrato  avevano  del  continuo  l'occhio  ri- 
volto all'acquisto  della  fiorente  Casale  ,  e  Bonifacio  nel  ia53 
otteneva  ne  da  Corrado  re  de'  romani  l'investitura  con  diploma 
dato  in  Rarletta  nel  napolitano;  e  poiché,  quanto  più  cresceva 
la  potenza  del  marchese ,  tanto  più  scemava  il  dominio  di 
Vercelli  sopra  Casale ,  gli  abitanti  di  questa  città  lo  elessero 
nel  1278  a  loro  capitano  con  lo  stipendio  di  lire  trecento  pa- 
vesi ,  .a  condizione  per  altro  ch'egli  prestasse  giuramento  di 
conservarne  i  privilegi. 

Entrò  Casale  (ijkSS)  nella  grande  lega  delle  città  di  Milano, 
Novara  ,  Vercelli ,  Como  ,  ed  Alessandria  ,  le  quali  prescelto 
si  erano  a  capijtano  Matteo  Visconti ,  che  in  fine  tutte  se  le 
assoggettò,  ed  anzi,  morto  essendo  (1292)  il  marchese  Gu- 
glielmo il  Grande,  ne  assaltò  gli  stati  durante  la  minor  eia  del 
di  lui  figliuolo  Giovanni,  e  ne  consegui  una  pace  assai  van- 
taggiosa. 

Pervenuto  Giovanni  ad  età  maggiore,  i  suoi  stati  ricupera, 
discaccia  Matteo  da  Milano ,  riceve  quei  di  Trino  sotto  la  su' 
obbedienza,  prende  vendetta  del  padre  sugli  alessandrini,  col- 
legasi con  gli  astigiani,  ed  in  lui  solo  trovano  i  casale»  a  qu^l 
tempo  la  sicurezza  del  loro  comune;  perlocchè  il  a5. di  luglio  o" 
i3o3    nella  chiesa  di  s.  Maria  gli  danno ,  conservando  tutts* 


CASALE  689 

vìa  i  privilegi  y  il  perpetuo  dominio  del  propizio  borgo ,  e  del 
territorio. 

Morto  senza  prole  maschile  in  Cbivasso  (i3o5)  Giovanni  uU 
timo  marchese  Aleramico ,  veniva  l'imperatore  Arrigo  VII  ^ 
cinque  anni  dopo  ,  in  Italia  per  calmare  le  agitazióni  della 
Liombardia  ;  e  Matteo  Visconti ,  che  scacciato  da  Milano  erasi 
condotto  ìn^  Asti  a  visitarlo ,  ottenne  la  restituzione  degli 
stati  suoi  y  ed  inoltre  la  donazione  di  Gasale  ,  che  pure 
dallo  stesso  Arrigo  nel  i3ii  consegui  la  conferma  de' suoi 
privilegi. 

Arrigo  VII  per  consìglio  del  detto  Visconti,  risoluto  avendo 
di  volgere  le  sue  armi  dirittamente  a  Milano  ,  ove  quei  della 
Torre y  scacciati  i  Visconti,  la  facevano  da  dominanti,  mosse 
senza  indugio  alla  città  di  Gasale,  in  cui  fu  accolto  con  feste 
ed  onoranze  moltissime ,  e  soffermossi  alcun  tempo  :  in  tale 
occasione  a  lui  presentatosi  un  medico  di  Vigevano  ,  che  gli 
oArse  di  renderlo  padrone  di  quella  città,  accettò  la  proffer* 
ta  ,  e  vi  mandò  con  buon  numero  di  soldati  Ugone  Delfino , 
che  col  mezzo  del  medico  vigevanasco  consegui  di  leggieri  l'in- 
tento. L'Imperatore  allora,  tragittato  il  Po  ,  recossi  per  Ver- 
celli a  Novara,  ove  gli  ambasciatori  di  Guido  della  Torre  ven- 
nero a  domandargli  la  pace. 

La  speranza  di  togliersi  alla  soggezione  di  quel  lontano  prin- 
cipe, indusse  Gasale  ad  entrar  nella  lega  delle  altre  città  lom- 
barde ,  che  all'arrivo  de' guelfi  provenzali  in  Italia  credettero 
di  scuotere  agevolmente  per  loro  mezzo  il  giogo  imperiale. 
Ella  perciò  unitamente  alle  alleate  città  incorse  il  bando  dal- 
l'Imperatore pubblicato  il  14  luglio  i3i3  ;  in  virtù  del  quale 
dovesse  pagare  mille  libbre  d'oro,  ed  essere  dai  fondamenti  at- 
terrata ;  ma  non  fu  mandato  ad  eseguimento  quel  bando  ,  e 
là  cosa  fini  colla  sommessione  di  questa  città  fatta  il  23  marzo 
i3]6  al  nuovo  marchese  ,  venuto  d'Oriente,  Teodoro  I  stipite 
de'  Paleologi. 

.  Tre  atini  dopo  questo  principe  tornato  da  Gostantinopoli ,' 
ov'era  ito  a  consQBve  il  padre  Andronico  dèlia  morte  della 
coDsorte  di  lui  ,  e  genitrice  sua  Violante  ,  figlia  di  Giovanni 
ultimo  Aleramico  marchese,  tenne  un  generale  parlamento  in 
Ghivasso ,  ed  ivi  fatta  la  concordia  tra  le  casalesi  famiglie  de 
Canibus ,  e  de  Tiirdis  della  superior  parte  del  comune  con 
Dizioiu  geogr.  ecc.  Voi.  III.  44 


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690  CASALE 

quelle  dt  Grassis  ^  e  de  Bazanis  della  parte  inferiore,  venoc 

il  coinupe  tassato  a  dodici  militi  per  la  leva  militare. 

Dopo  un  satio  governo  di  trentadue  anni ,  lasciollo  morendo 
al  suo  figliuolo  Giovanni,  il  quale  colla  vittoria  di  Gamcnario 
nell'aprile  del  i345  espulse  d'Italia  i  provenzali.  Gli  rinnoira« 
rono  i  casaleai  la  loro  sommessione  (i35i  )  ;  ma  non  fu  essa 
ben  ferma  per  li  dissapori  insorti  a  motivo  di  giurisdisioDe 
tra  essi  ed  il  marchese.  Ne  fecero  le  parti  compromesso  nel- 
l'arcivescovo di  Milano  Giovanni  Visconti  ,  la  cui  sentenza  da 
quei  di  Casale  non  venne  osservata.  11  marchese  perciò  fecesi 
•  confermare  la  giurisdizione  sua  dall'imuratore  Carlo  lY  nel 
di  lui  passaggio  in  Italia  con  diploma  del  1 355  che  ha  la  data 
di  Pisa. 

Dal  1359  al  i364  arsero  guerre  desolatrici  tra  Bernabò  e 
Galeazzo  Visconti ,  ed  il  Marchese.  Alla  pace  sul  principio  di 
quest'anno  dal  cardinale  di    s.  Marcello  conseguita    fuvvi  una 

*  terribile  apparizione  di  locuste  ,  le  quali  ,   da    quanto    leggiesi 

nel  necrologio  di  questa  chiesa  cattedrale  ,  furono  viste  il  Zo 
luglio  in  Casale,  e  nei  paesi  dei  ^dintorni  in  cosi  fitta  moltitu- 
dine da  offuscare  come  nebbia  il  sole  ;  ma  poco  tempo  vi  sì 
arrestarono  non  altro  danno  recando  fuorché  ai  canneti,  cui 

J  dispogliarono  affatto*,  e  si  seppe  che  nella  Toscana,  ove  si  po- 

sarono esse ,  ogni  cosa  consunsero  nelle  campagne.  Gli  Annali 

y  Milanesi  per  altro  ,  e  la  Cronaca  Piacentina  riferiscono  questo 

j  disastro  ,  forse  per  le  campagne  di  Milano ,  e   di  Piacenza , 

all'anno  i358. 

Si  ruppe ,  cinque  anni  dopo  ,  di  bel    nuovo    la    guerra  tra 

{  quei  principi    per  cagione  di  Alb*  ,    e  di    altre  città    vicine , 

ch'esser  dovevano  restituite  a  Galeazzo  da    Odoardo   capitano 

I  di  truppe  inglesi  ;  ma  che  il  marchese  teneva  in  pegno  di  ven- 

tiseimiia  fiorini  d'oro  da  lui  al  capitano  imprestati.  Devasto 
pertanto  Galeazzo  le  terre  del  marchese  in  agosto  del  1369» 
e  questi  gli  rendette  la  pariglia  nelle  regioni  di  Novara.  Ma 
Galeazzo  nella  seguente  primavera  impadronitosi  di  Valeuia, 
si  gettò  sopra  la  città  di  Casale;  strinsefa-  d'assedio;  e  gh 
sforzi  del  marchese  per  liberarla,  od  introdurvi  soccorsi,  w- 
rono  indamo.  Ciò  nondimeno  le  vigorose  sortite  degli  abitanti 
costrinsero  il  Visconti  a  tenere  il  largo ,  e  cangiare  l'assedio  m 
blocco-)    che   durò    dieci  mesi  :    dopo  i  quali    Galeazzo  ;  f^^ 


CASALE  €91 

otervì  entrare  I  accondiscese  alle  condizioni  favorevoli  propo* 
e  dagli  abitatori  y  cui  dovette  anche  fornire  di  molte  vet- 
Dvaglie. 

Mori  due  anni  dopo  in  Volpiano  il  marchese  Giovanni  ,  ed 
1  tutore  del  di  lui  figliuolo  Secondotto,  che  era  il  duca  Dt- 
one  di  Brunsvicp,  collegatosi  col  sommo  pontefice  Gregorio  XI 
lì  fresco  venuto  da  Avignone  a  Roma*,' e  '  col  duca  Amedeo 
Vili  di  Savoja  ,  diede  a  Galeazzo  sottp  Atti  una  fiera  scon- 
fitta che  nel  1877  condusse  la  pace  ,  non  che  la  promessa  di 
restituire  Casale  ,  e  la  conclusione  delle  nozze  del  marchese 
Secondotto  con  Violante  figlia  di  Galeazzo  ,  e  vedova  dell'in- 
glese Lionello  duca  dì  Chiarenza. 

L'anno  appresso  mori  senza  prole  il  marchese  assassinato  da 
un  suo  famiglio  tedesco  in  Langirano,  villaggio  dello  stato  di 
Parma  nel  di  16  dicembre,  e  venne  sepolto  nel  maggior  tem- 
pio di  quella  città.  Gli  succedette  al  governo  il  fratello  Gio- 
vanni, il  quale  accompagnando  lo  zio  Ottone  di  Brunsvico  nel 
Napolitano  fuvvi  ucciso  in  una  battaglia  da  quello  ivi  data  a' 
provenzali  il  23  d'agosto  del  i38i.  A  Giovanni  III  successe  il 
fratello  Teodoro  IL 

Questi  finalmente  (i4o4)  l'iebbe  diCEatto  Casale  co^  suoi  ca- 
stelli dalla  duchessa  Catterinà  di  Milano  y#dova  di  Gian  Ga- 
leazzo in  virtù  dì  un'alleanza  fatta  con  lei. 

I  casalaschi  un  anno  prima  condotti  da  Facino  Cane  capi- 
tano delle  genti  milanesi  avevano  potuto  sorprendere  Alessan- 
dria, rifarsi  dei  danni  ricevuti  dagli  alessandrini  nel  sopraccen- 
nato famoso  sacco ,  e  riacquistare  le  reliquie  dei  santi  Evasio, 
Natale  ,  Projetto  ecc.,  che  ad  essi  erano  state  rapite. 

Nel  1408  le  rendite  di  Casale  erano  poste  in  cauzione  della 
dote  di  Giovanna  di  Savoja  sorella  di  Amedeo  Vili,  e  sposa 
di  Gian  Giacomo  figliuolo  del  marchese  Teodoro. 

Tra  Gian  Giacomo,  e  Filippo  Maria  Visconti  duca  di  Milano 
(i43i]  era  nata  una  discordia,  per  cui  questi  fece  occupare  a 
quello  gran  parte  del  Monferrato  nel  mese  d'ottobre ,  e  la  stessa 
Casale  nel  giorno  dieci  dall'anno  medesimo  per  Francesco  Sforza 
'  suo  capitano.  Trovatosi  Gian  Giacomo  in  molto  difficile  condi- 
zione ricorse  al  duca  Amedeo ,  il  quale ,  siccome  per  accordare 
la  pace  (14^6)  al  duca  Filippo  avevane  ottenuto  la  signorìa  di 
Vercelli ,   cosi   per   assalire    in  quest'occasione    le   truppe    di 


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6gi  CASALE 

lui ,  volle  che  il  marchese  gli  cedesse  Yolpiano ,  Settics 
Cbivasso ,  Brandizzo ,  Livorno ,  Trino ,  e  nel  canavese  Lombr 
dorè,  Fletto y  Montanaro,  OsegDa  de' conti  di  s.  Giorgio,  Mas^ 
ed  Azeglio  ;  e  volle  di  più  mettere  guernigioni  in  tutd  i  u- 
stelli ,  e  neUe  torri  che  al  marchese  appartenevano. 

Ciò  fatto  ,  Gian  Giacomo  per  consiglio  di  Amedeo  si  a- 
dusse  a  Venezia  ad  eccitarne  il  senato  contro  il  duca  r%>. 
e  vi  ottenne  l'intento. 

La  pace  per  altro  segui  nel  i434  9  e  il  duca  Amedeo  é 
restituire  al  marchese  i  suoi  stati  ,  lo  costrinse  a  ricoDoscrt^ 
da  lui  in  feudo ,  siccome  fu  conchiuso  l'anno  seguente  i^h 
pace  di  Torino. 

In  questa  città  il  12  di  giugno  del  i436 ,  il  duca  kméa 
fece  inoltre  col  marchese  il  trattato  di  divisione  tra  loro  de^ 
stati  del  duca  di  Milano  Filippo  Maria  pel  caso  ,  che  (jd^ 
fosse  morto  senza  prole  ;  ma  il  marchese  fu  tolto  ai  tìtì  k 
anni  prima  di  Filippo  (i445);  enei  tempo,  cb'ei  ma»' 
senza  figli,  il  duca  Amedeo  a  conseguire  gli  effetti  di  (p 
trattato ,  era  impedito  da  gravi  affari  di  chiesa  oltreoioe^ 
A  Teodoro  II  che  governò  dopo  Gian  Giacomo  succedette  Ge- 
vanni  V  morto  senza  figliuolanza  nel  i464- 

Lo  stato  passò  %l  fratello  Guglielmo  VIIT,  sotto  il  quale  eU^ 
Casale  tranquilli  e  prosperi  eventi ,  vieppiù   si  estese  /arfe^- 
larmente   dal  lato  di   mezzodì  ,  a  se  congiunse  il  cx)sì  dett' 
borgo  orientale ,  fu  decorata  di  un  senato  ,  ottenne ,  0  ^u .'» 
confermato  il  titolo  di  città ,  e  fu  fatta  ,  come  già  toccami:  . 
sede  vescovile  da  Sisto  IV  con  bolla  del  ai  d'aprile  li",^'^' 
tantasei  terre  distaccate  dalla  vasta  diocesi  di  Vercelli  coiB[fr 
sero  questa  novella  diocesi ,  che  noverò  da  principio  sess^ 
tre    mila    quarantasett'anime.    Il  primo  suo  vescovo  scelto 
i    canonici  della  collegiata  fu  Bernardino  Tibaldesrhi  <^^" 
si  ni  di  Roma ,  che  l'Irico  vuole  originario  di  Trino ,  w^ 
di  Pietro  ,  consigliere  del  duca  ,   e   siniscalco  di  ^oi'te.  ^ 
chiesa  di  Casale  si  dirà  in  appresso. 

Coni  ossi  in  quest'occasione  una  medaglia  di  bronto  cooi 
magine ,  e  la  leggenda  di  s.  Evasio ,  e  nel  rovescio  colle 
tere  G.  M.  GuiUelmus  Marchio,  sormontate  dalla  corona  d"»^^ 
chionale  cqlla  leggenda  MONTISFER. 

Si  pubblicò  dal  Bellini  un'altra  medaglia  in  rame  di  ^^ 


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CASALE  693 

marchese,  nella  cui  parte  anteriore  si  vede  lo  stemma  gentili- 
zio colla  leggenda  GU.  MAR.  MONTFE  ;  e  nell'altra  la  croce 
colle  parole  SVB.  TWM.  PRESIDIVM.  Lo  stemma  e  udo  scudo 
con  in  mezzo  una  sbarra  sormontata  dalla  corona  marchionale 
fra  due  diritti  rami  d'alloro ,  a  cui  sovrasta  un  braccio  armato 
di  spada. 

Morto  anche  Guglielmo  Vili  senza  figliuolanza ,  Bonifacio  V 
suo  minor  fratello  piglia  le  redini  del  governo.  Si  ha  di  lui 
un'argentea  medaglia,  in  cui  da  una  parte  s.  Evasio  è  seduto 
in  faldistorio  ,  e  stanno  le  parole  S  .  EVASIVS  .  CVSTOS ,  e 
dall'altra  evvi  un'aquila  dì  due  teste  con  in  petto  uno  scudo 
traversato  da  sbarra  colla  leggenda  BONIFACIVS  .  MAR  .  MONT. 
FER.    Fu  essa  trovata  nella  milanese  biblioteca  ambrosiana. 

Un'altra  di  rame  presso  di  sé  teneva  T  Irico ,  la  quale 
da  una  parte  offre  l'immagine  di  s.  Teodoro  a  cavallo 
colla  lancia  alla  destra ,  diretta  contro  un  dragone  a  tre  teste, 
e  vi  si  legge  intorno  S  .  T1EODORYS  .  CVS;  e  dall'altra 
presenta  un  involto,  con  in  mezzo  uno  scudo  traversato  da 
sbarra  ,  sormontato  dalla  corona  marchionale ,  e  questa  da  un 
braccio  armato  di  spada,  colla  leggenda  BOMIF  •  MA  •  MO  .  FÉ: 
alla  destra  dello  scudo  havvi  un  B.  a  manca  la  3f.j  cioè  £0' 
nifacius  Marchio  • 

Il  marchese  Bonifacio  fece  il  suo  testamento  in  lingua  voi* 
gare  nel  castello  di  Gasale  l'anno  1491* 

Ebbe  a  successore  Guglielmo  IX  suo  figliuolo,  che  mancò  ai 
vivi  dopo  lunga  malattia  l'anno  i5i8.  Nel  museo  ambrosiano 
trovasi  una  moneta  di  lui  in  argento  ^  che  da  una  parte  ha 
l'immagine  della  testa  di  esso  colla  leggenda  G VLIELMVS  .  MAR. 
MOINT  .  FER;  e  nel  rovescio  stanno  inquartate  nello  scudo  l'arma 
gentilizia  coll'aquila  a  due  teste,  tre  sbarre  orizzontali  traversate  da 
una  quarta-,  due  croci,  di  cui  una  negli  angoli  ha  quattro  altre 
croci  minori,  e  l'altra  quattro  lune;  tre  altre  sbarre  perpen- 
dicolari ,  e  due  pini ,  che  l'imperito  incisore  vi  pose  invece  di 
due  pesci.  Si  leggono  intorno:  PRINC  .  VIGA  .  PP  .  SACRI .  RO. 
IMP-,  cioè  Princeps,  Vicarius  Perpeiuus  Sacri  Romani  Impe^ 
rii.  Il  Muratori  Tattribui  a  Guglielmo  il  vecchio  ;  ma  questi 
BOD  ebbe  il  titolo  di  vicario  perpetuo  del  romano  imperio. 

Fu  prestato  (  i^ig.)  nella  cattedi'ale  il  giuramento  di  fedeltà 
al  pupillo  giunto  appena  all'età  di  sette  anui ,  cioc  a  quel  Bo* 


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694  CASALE 

DÌfaiio  Vly  la  cui  caduta  di  cavallo  nel  di  6  di  ^ngM  l'k 
•e  fu  cagione  della  tua  morte ,  fu  ad  un  tempo  fetale  a  toti^ 
il  marchesato  ;  poiché  né  egli ,  né  il  suo  fratello  Gian  Giorpi 
che  gli  successe  9  e  mori  nel  1533,  lasciarono  prole. 

Cosi  ebbe  6ne  la  seconda  dinastìa  de'  marchesi  di  Mode- 
rato y  cioè  la  Paleologa ,  dopo  ducento  vent'ott'anni  di  doam n. 

L'imperatore  Carlo  V  mandò  subitamente  ad  occupare  il  Ves- 
ferrato ,  come  feudo  imperiale,  un  corpo  di  truppe  capitauk 
da  Alvaro  de'  Luna ,  da  cui  fu  posta  la  propria  resideoia  :£ 
Casale  ;  attestò  con  lettera  del  a4  settembre  i433  ai  casjles 
la  sua  soddisfazione  per  la  buona  accoglienza  da  essi  Catta  k1 
castello  alle  sue  genti  :  e  ciò  che  più  rileva ,  con  diploina  ii  | 
ag  dicembre  i535y  emanato  in  Napoli,  divise  questa  citOeJ 
il  suo  territorio  dal  resto  del  Monferrato ,  dichiarandola  io^* 
pendente»  Il  che  fu  causa  di  contrasti  sciagurati  tra  Casale  ed 
i  suoi  mantovani  Marchesi  che  vi  vennero  dopo. 

Nel  detto  anno  i535  si  estinse  la  famiglia  Sforza  saccaia 
a'  Visconti  nella  signoria  di  Milano.  L'ambizioso  FranceKO  I  ^ 
affrettò  ad  occupare  quello  stato  per  titoli  anteriori  d'erfd.Li 
E  nello  stesso  tempo  per  dare  sfogo  al  suo  di.<gusto ,  parche  i 
duca  di  SaVoja  Carlo  III  accettato  avesse  dall'  imperatore  l^ 
conferma  del  dominio  d'Asti ,  su  cui  egli  pure  preteaden  (^ 
ditarie  ragioni ,  ne  assali  all'improvviso  gli  stati,  e  glisoi}"^ 
Torino. 

Il  Buria  governatore  di  questa  cittadella  intendendo  euetti 
casalaschi  ristucchi  degli  imperiali,  tenne  pratica  coi  più*^ 
stiliti  abitanti  della  loro  città  per  esservi  di  notte  tempo  *' 
trodotto  \  il  che  fu  bensì  efpguito,  ma  senza  provvedere  ^ 
stromenti  per  trincerarsi,  e  per  l'assedio  al  castello.  LBOoàe' 
presidio  imperiale  d'Asti  ebbe  tempo  di  accorrervi  eoa  ud  ff^ 
rinforzo,  il  quale  circondò  il  Buria,  e  feeelo  con  tuttCK^ 
truppe  prigioniero.  L'infelice  città  soggiacque  perciò  al  8a<^ 
gto  delle  tr*jppe  imperiali  durante  tre  giorni. 

Allora  i  popoli  del  Piemonte  gemettero  per  molti  sodì  si  p" 
dover  fornire  di  vettovaglie  più  eserciti  stranieri,  sì  per t"^' 
soggetti  a  continui  tributi ,  e  si  ancora  pei  mali  tratumeob  "^ 
sopportarono  spesse  volte.  A  tali  danni  le  patrie  storie  a^"^ 
gono  le  ire  del  cielo,  e  le  calamità  delle  terre  negli  aoni  i^^ 
1541  e  154^  :  ael  primo  fu  l'inverno  algente  e  secco  per0><'^ 


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CASALE  «95 

che  goccia  di  piova ,  o  fiocco  di  neve  non  cadde  dal  cielo  ;  ed 
un  estate  gli  successe  cotanto  infuocata  ,  che  segno  di  vegeta- 
zione nei  prati  quasi  più  non  apparve,  e  radissime  nei  campi 
furono   viste  le  biade* 

^Nell'autunoo  del  i54a  piovve  cosi  a  dilungo  e  dirottamente, 
•clie  a  dismisura  ingrossatisi  i  fiumi ,  rotti  i  ripari ,  sommersero 
le  sottoposte  pianure. 

L'anno  dopo  in  Italia  sopravvenne  l'insolito  disastro  delle 
cavallette  a  quattro  ali  e  sei  piedi ,  che  divise  in  varie  fol- 
tissime squadre  ,  cosi  nei  vigneti ,  come  nei  campi  ove  si  fér* 
marono  ,  ogni  frutto  ed  ogni  fronda  distrussero;  e  fu  allora  in 
parecchie  ville  proposto  un  premio  a  chi  tante  ucciso  ne  avesse 
da  riempierne  un  moggio  ;  ma  l'accorgimento  fu  indarno  ;  pe- 
rocché vi  restarono  esse,  fin  quando  sorprese  dal  freddo,  ne 
cadde  in  alcuni  luoghi  in  tanta  copia  ^  che  ne  fu  l'aere  tutto 
contaminato. 

Dopo  la  vittoria  di  Ceresole  (i544)  s'impadronirono  i  fran- 
cesi di  tutto  il  Monferrato ,  fuorché  di  Cascale  ;  e  lo  ritennero 
fino  alia  pace  di  Crespy. 

L'imperatore  Carlo  V  aveva  bensì  il  3  di  novembre  i536 
pronunciata  in  Genova  la  sentenza  della  successione  ai  Mon- 
ferrato a  favore  dell'ultima  Paléologa  Mai^herita  ,  e  del  suo 
consorte  Federico  Gonzaga  signore  di  Mantova  ,  eretta  (i53o) 
in  ducato  dallo  stesso  imperatore  ;  ma  i  duchi  mantovani  non 
poterono  prigliarne  il  possesso  fino  alla  pace  del   iSSg. 

La  famiglia  Gonzaga  regnato  aveva  in  Mantova  dopo  la  ca- 
duta della  casa  Bonacoorsi  in  1 3!t8.  11  duca  Federico  frattanto 
cessÀdi  vivere  {  i54o),  lasciando  quattro  figliuoli,  dei  quali  Fran- 
cesco gli  successe ,  Guglielmo  fu  ceppo  dei  duchi  di  Nevers ,  e 
Federico  fu  poi  cardinale. 

1  francesi  nel  iSSa  ruppero  la  pace:  e  in  Piemonte  altre 
desolazioni  alle  prime  si  aggiunsero  nel  corso  di  quattro  anni; 
e  quindi  il  maresciallo  di  Brìsacco ,  occupata  Ivrea  e  Santià, 
procacciò  di  vendicare  in  Casale  il  passato  toito  del  Buria. 

Nel  suo  quartiere  di  Santià  fu  egli  informato  (i555),  che  in 
Casale  erasi  rallentata  la  militar  disciplina ,  e  che  negli  ultimi 
giorni  di  carnevale  far  si  volevano  feste  e  tornei  dal  presidio: 
oltre  a  ciò  per  mezzo  di  un  soldato  casalasco ,  da  un  maestro 
di  scuola,  il  quale  abitava  presso  la  porta  di  Po,  seppe  starvi 


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6g6  CASALE 

oltre  quella  porta  un  grosso  torriooe  con  isTolta  di  maro. 
che  impedivane  alla  guardia  di  osserrare  chi  dalla  campa^ 
alle  mura  opposte  si  approssimasse.  11  maestro  per  cssersii 
guida  y  ed  agevolargli  il  buon  successo  della  propostagli  in- 
presa ,  pretendeva  dodicimila  scudi  per  se  ,  e  seimila  pel  sii- 
dato  che  gli  riferi  il  suo  divisau.  ato,  ed  era  suo  fratello: cs- 
tali  somme  di  danaro  furono  concedute. 

Il  Brisacco  appena  spuntò  l'alba  del  martedì  grasso ,  frc 
tutte  le  barche  sul  Po  da  Chivasso  alla  Motta  ritirare  soUi  » 
Distra  riva  ,  perchè  niuno  del  suo  movimento  portasse  ias- 
nuaùo  alla  città.  Da  Verrua  su  navicelli  mandò  il  capitano  Si- 
vesou  con  trenta  speditissimi  soldati,  che  con  sé  portavano scaJe 
segui  egli  con  mille  ducento  scelti  archibugieri  sostenufa^ 
tiTcento  cavalli. 

'  D  governatore  della  città  sen»  saperlo  ,  concorse  io  q°(> 
gibroo  al  buon  esito  dell'impresa  del  suo  nemico;  peiw* 
che  a  rendere  piik  liberi  i  militari  soUaizi ,  ordinò  che  bus 
cittadino ,  dopo  una  data  ora  di  notte,  uscisse  di  casa  per  f^ 
lunque  strepito  avesse  sentito. 

Giungono  a  notte  avanzata  i  francesi,  e  scorti  da/  p^^ 
maestro  s'introducono  non  visti  nei  fossi  delle  mura;  qae^^ 
inosservati  le  salgono ,  ed  all'  improvviso  investendo  ia  ff»'^ 
della  porta  di  Po,  la  fanno  in  pesai,  e  corrono  per  le  "f^^ 
Casale  senza  che  alcuno  si  muova.  Il  solo  coìoaaeUo  Moa- 
druzzi  loro  vepne  all'  incontro  eoo  alquanti  tedeschi,  e  lu  «' 
ciso:  il  governatore  Figuerroa  a  mala  pena  potè  salvai^^^ 
camicia  nella  cittadella  con  soli  quattrocento  de'suoi. 

II  Brisacco  fatte  venire  da  Torino  cinque  colubrine,  <uco 
cannoni,  con  essi  e  con  tre  altri  lasciati  dai  tedeschi,  p^ 
due  rivellini,  ed  entrato  quindi  nei  fossati ,  le  volte,  ood'*""' 
le  mura  sostenute,  sì  fattamente  percosse,  che  Fi^crroa  s<^ 
fuggi  in  Alessandria,  ed  i  suoi  uffiziali,  undici  giorni  dopo ^ 
sero  la  piazza.  Mantenne  il  Brisacco  fra  i  suoi  la  disciplu^*^ 
la  sicurezza  fra  gli  abitautì,  accrebbe  le  fortificazioui,  '°^^^ 
fermò  il  suo  quartier  generale  sino  alla  pace  di  Cambrai  or 
settembve  iSSg.  Durante  i}.  suo  governo  vi  si  formò  l'accade- 
mia degli  Illustrati  ,  di  cui  daremo  contezza  qui  sotto.  ^[ 
tempo  dell'  or  accennata  guerra ,  la  quale  non  fu  pressocbe  lu^ 
interrotta  dal   i533  al   ì55g,  non  potè  il  Monferrato  pos*^''^ 


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CASALE  697 

uè  il  duca  di  Mantova  Federico  III,  consolle  dell' ultima  Pa- 
teologa,  morto  nel  i5iOy  né  il  suo  fratello  Francesco  III,  che 
caduto  nel  lago  di  Mantova  Tanno  iSSo  vi  si  annegò* 

Cinse  dopo  lui  la  corona  il  terzo  fratello  Guglielmo,  che 
(  i56i  )  condusse  in  isposa  Eleonora  d'Austria,  figliuola  dell'im- 
peratore Ferdinando  I,  da  cui  l'anno  dopo  ebbe  un  figliuolo 
chiamato  Vincenzo. 

Piacque  ad  Eleonora  il  s^giorno  di  Gasale ,  e  vi  stabili  Gu-> 
glieliiio  la  sua  residenza  nel  1 563.  Ordinò  adunque  alla  città, 
per     sua    abitazione,    il  rìstauro  cosi  del  castello  dagli  antichi 
marchesi  costrutto,    come  delle  fortificazioni  che  lo  GÌ:?gevano. 
Agli  ordini  suoi  non  ubbidì  il  consiglio  civico ,  allegando  i  pri* 
vilegi  di  Gasale,    cui  il4>riocipe  non  volle  riconoscere,    affer- 
mando   ch'egli    aveva    dall'Imperatore  avuta  la  cessione  della 
città  senza  riserbo  o  condizione  veruna.   Portò  il  civico  consi- 
glio le  sue  proteste  all'imperiale  camera  di  PaSBiSS»,  e  quindi 
allo  stesso  Imperatore,    ma  non  potè  ottenerne  alcuna  diffini- 
ziooe. 

Guglielmo  intanto  faceva  lavorare  intorno  al  castello  e  n'erano 
disturbati  gli  operai  dalla  plebe;  onde  ne  seguivano  punizioni 
eziandio  conti'o  i  non  rei.  Al  nuovo  anno  i564  i  proconsoli  della 
città  giunsero  a  segno  di  fortificare  la  porta  della  rocca,  mu- 
nirla di  artiglierìe,  e  distribuire  agli  abitanti  le  armi. 

Dopo  questo  fatto  si  ritirò  il  principe  a  Frassineto  da  Po, 
doude  chiese  al  govemator  di  Milano  gli  opportuni  soccorsi, 
che  gli  vennero  poderosi  dalla  città  d'Alessandria:  il  che  sa- 
putosi dai  casalaschi,  vennero  a  domandargli  la  pace,  ch'ei 
concedette  a  condizione  che  fossero  tòsto  atterrate  le  nuove 
fortificazioni ,  consegnate  le  armi  giudicate  superflue ,  e  mas- 
simamente col  patto  che  venisse  riconosciuto  supremo  signore. 
Rientrò  allora  Guglielmo  in  città  colle  ausiliarie  truppe  e 
con  quattrocento  volontarii  di  Trino. 

Cessò  di  vivere  nel  i556  la  Paleologa  duchessa  in  Gasale. 
La  sua  epistolare  corrispondenza  coH'arci vescovo  di  Milano 
s.  Carlo  Borromeo,  che  conservasi  nell'ambrosiana,  chiara- 
mente appalesa  quanta  fosse  la  pietà  e  la  saviezza  di  lei. 

Dopo  la  sua  morte  le  discordie  de'casalesi  col  principe  s'in- 
nasprirono  per  guisa  da  far  temere  la  rovina  della  stessa  città. 
La  soverchia  inclinazione  alla  magnificenza,   alle  feste,  ai  co- 


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6^8  CASALE 

sioti  viaggi,  obUigaTa  Guglielmo  ad  imporre' gravene,  i^ 
agli  abitatori  parvero  esorbitanti  ed  ingiuste,  e  ne  oacqKr 
perciò  contro  di  lui  mail  umori ,  dispetti ,  e  tali  atti  oltr»* 
gioÀÌ ,  che  coiiiunque  di  mite  natura  ei  pure  s' indusse  ad  al- 
lontanare dalla  città  alcuni  principali  capi  dello  stato,  i  qiuE 
tuttavia  ostinatamente  aggirandosi  nei  dintorni  di  essa,  pa- 
ventar lo  facevano  della  sua  vita ,  cosi  che  se  ne  dipartì  d 
medesimo,  lasciandovi  un  forte  presidio. 

L'anno  dopo,  credendone  tranquillati  gli  animi,  vi  fece  rì- 
tomo.  Nel  di  6  di  ottobre,  in  cui  il  nuovo  vescovo  Aìàtptì 
prendendo  possesso  della  sua  sede,  celebrava  nella  cattedrale b 
messa,  vi  assisteva  il  duca  colia  sua  corte,  allorché  xmé 
presentata  una  lettera,  ond'èra  fatto  airvertito  di  unacoo^o-'^ 
contro  la  sua  vita,  che  doveva  scoppiare  al  tocco  delfj  di- 
pana del  Sanctus.  Lèttone  il  contenuto,  né  punto  mo?eodo». 
ordinò  che  subito  le  corde  delle  campane  fossero  tagliate,  « 
a  funsione  finita  co'più  fidi  cortigiani  si  ritirò  nel  castello. 

'Venuta  la  notte,  sen  parti  per  Mantova,  lasciando  una gì]l^ 
nigione  più  numerosa  che  noi  fosse  prima  nella  cittadelae 
nella  atta,  ed  ordinando  che  severamente  fossero  puniti  \^ 
pevoli^  ond'é  che  il  mattino  seguente  centoventi  cittadini  i"' 
rono  messi  in  carcere,  e  poscia  i  più  rei  vennero  decapilo: 
Oliviero  Cappello,  autore  e  promotore  de'primi  richiami pr^^ 
l'imperatore,  ed  esiandio  capo  della  fresca  congiura  a?era  tro- 
vato modo  di  fuggirsene  in  Chieri;  mt^  vi  fu,  pochi  p^f^^ 
dopo,  ammassato. 

Continuando  tuttavia  i  rumori  nell'anno  1569,  vennero «"'' 
vocati  nella  cattedrale  i  capi  di  casa,  e  costretti  a  rinuniiaK 
ai  privilegi  e  ai  beni  della  città.  L'ordine  de'decurioni fu «^ 
lito ,  ed  i  beni  comunali  vennero  aggiudicati  parte  al  ^^' 
parte  ai  cittadini  più  devoti  al  principe.  L'atto  pubblico'" 
1571  ratificato  dall'imperatore,  che  nel  1574  innaliò  il  M*' 
ferrato  al  grado  di  ducea.  Ritornò  pure  in  Casale  il  ooff 
duca  (  i58o)  abitando  nel  castello,  ove  mori  nove  anni  dap- 
poi. 

Il  suo  figliuolo  Vincenzo  I  vi  eresse  una    cittadella  «J^go 
molto  forte  sul  disegno  del  Savognanì ,    ed  aggiunse  al»  ^' 
nuove  fortificazioni ,  rinchiudendo  in  essa  il  borgo  degli  aoge  • 
Cosi  importante  baluardo  principiato  il  iSqo^  condotto  >^' 


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CASALE  699 

mine  ed  armato  il  iSgS,  divenne  scopo  di  molte  invidie  trai 
princìpi  vicini.  Visse  Vincenzo  infino  all'anno  i6i!ì,  e  succe-* 
dettegli  il  figliuolo  Francesco  lY,  il  quale  sposato  avendo  (1608) 
Margarita,  primogenita  di  Carlo  Emanuele  1  di  Savoja ,  n'ebbe 
due  fÌ£^Iiy  hu'ìQi  e  Maria;  ma  in  quello  stesso  anno  161 2  mo*- 
rirono  Luigi  e  il  duca  suo  genitore.  Uimaneva  al  governo  Fer- 
dinando secondogemto  di  Vincenzo  I,  il  quale  perciò  depose 
la  porpora  cardinalizia  ottenuta  da  Paolo  V  nel   i6o6. 

Chiedeva  il  duca  di'Navoja  sotto  ìm  sua  tutela  la  principessa 

Maria,    a    cui  era  devoluto  il  Monferrato  come  feudo  femmi- 

nino,    il  quale  appunto  per  ragion  di  donne  entrato  era  nelle 

%case  Paleologa  e  Gonzaga.    Il    solo  ducato  di  Mantova,    come 

feudo  mascolino,  doveva  rimanere  a  Ferdinando. 

^on  volle  questi  inviare  la  chiestagli  erede  al  duca  di    Sa- 
voja,    il  quale  dopo  avere  tentato  indarno  il  marchese  di  Ri<*- 
yara,    governatore  della  cittadella  di  Casale  per  averla  in  suo 
potere,    nel    mese    d'aprile   161 3  proruppe  in  aperta  guerra, 
pigliando  ad  un  tempo   Trino,    Moncalvo  ed  Alba.    In  questo 
mezzo  giunto  era  in  Savona  dalla  Francia  Carlo  Gonzaga,    £•» 
glio  di  Luigi  duca  di  Nevers ,  secondogenito  del  marchese  Fran- 
cesco III,    e  stava  per  incamminarsi  alla  volta  di  Roma*,    ma 
fatto  consapevole  dei  movimenti  del  duca  di  Savoja,    si    con- 
dusse   frettoloso    a    Casale,    ove  fu  benissimo  accolto.    Questa 
città  non  venne  punto  assalita  durante    una    tal    guerra,    che 
terminò  colla  pace  del  161 7. 

Morto  Ferdinando  senza  figliuolanza  nel  1626,  ebbe  a  suc- 
cessore il  fratello  Vincenzo  II  ,  che  mori  l' anno  dopo. 
Siccome  questi  era  eziandio  privo  di  prole,  aveva  chiamato  a 
se  nel  tempo  della  sua  ultima  malattia  il  duca  di  Rhetel,  fi-* 
glio  del  duca  Carlo  di  Nevers,  e  consolidato  aveva  le  ragioni 
di  esso  alla  sua  successione ,  facendogli  condurre  in  isposa  l'an- 
zidetta erede  Maria  il  26  di  dicembre,  cioè  il  giorno  prima 
ch'ei  cessasse  di  vivere. 

La  morte  dì  Vincenzo  eccitò  un'altra  volta  il  duca  di  Sa<* 
voja  a  far  valere  gli  antichi  suoi  diritti;  e  siccome  la  .Spagna 
vedeva  di  mal  occhio  in  Italia  nel  duca  di  Rhetel  un  principe 
di  parentela  e  di  aderenza  francese ,  cosi  il  duca  Sabaudo  per 
cominciar  ad  avere  una  parte  del  Monferrato,  fece  con  essa 
un  trattato  di  divisione,  in  virtù  del  quale  a  lui  venissero  Tri<« 


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no,  AIDA  con  altre  vicine  terre,    e    òpagna    si    avesse    Casale 
col  rimanente  dei  ducato. 

Affrettossi  il  duca  di  Nevers  a  munire  Casale  il  meglio  che 
per  lui  si  potè,  e  fecesi  i  casalaschi  per  tal  modo  affezionati, 
che  nella  loro  città  introdussero  molte  vittovaglie,  e  si  dimo- 
strarono soprammodo  disposti  alla  difesa  di  essa.  * 

Sul  fine  di  marzo  del  1628  renne  ad  attediarlo  il  governa- 
tore spagnuolo,  residente  in  Milano,  don  Gonsalvo  Cordova^ 
con  circa  ottomila  fanti  e  mille  dugento  cavalli;  ma  commise 
l'errore  di  non  occupare  la  collina  alla  città  soprapposta  -,  ond' 
è  ,  che  veggendo  che  andava  consumando  inutilmente  il 
tempo  per  la  fiera  resistenza  degli  assediati,  e  che  il  duca  di 
Savoja  impadronivasi  intanto  delle  città  e  delle  castella,  sene 
parti  da  Casale,  e  postosi  ^  campo  sotto  Nizza,  in  poco  tempo 
vi  entrò. 

I  francesi  vennero  dal  passo  del  colle  dell'Agnello  in  vai  di 
Yaraita  per  soccorrere  il  nuovo  duca  di  Mantova;  ma  furono 
pienamente  sconfitti  dal  duca  di  Savoja  nella  prima  pianura, 
che  giace  appiè  di  quella  vallea. 

II  Cordova  frattanto  ritornato  sotto  Casale,  non  era  più  fe- 
lice di  prima;  ed  anù  varie  fazioni,  che  fecero  vergar  molto 
sangue,  successero  per  lo  più  favorevoli  alla  costanza,  degli  as- 
sediati. Laonde  venne  a  dargli  il  cambio  io  Spinola  alla  testa 
di  ventimila  uomini ,  quattromila  dei  quali  erano  spagnuoli.  In 
quel  tempo  il  generale  francese  Thoyras  potè  con  nuove  truppe 
di  Francia  e  del  Monferrato  introdursi  nella  cittadella.  Fu  que- 
sti ajutato  dalla  continuai  opera  de 'casalaschi,  perlocchè  vani 
tornarono  eziandio  i  replicati  gagliardi  assalti  dello  Spinola.  II 
Canossa  nella  città,  ed  il  Ri  vara  nella  cittadella  con  l'arte  e 
col  valore  secondavano  a  maraviglia  la  perizia  del  generale 
francese. 

Stabilita  s'era  una  tregua  fra  le  potenze  guerreggia n ti;  ma 
esse  non  ben  convenendo  ancora  per  rispetto  agli  articoli  ai 
pace,  l'imperiale  capitano  Collalto  ebbe  ordine  di  congiungere 
sotto  Casale  le  sue  truppe  colle  spagnuole  comandate  dal  Santa 
Croce,  che  era  allo  Spinola  succeduto.  Vi  accorse  l'esercito 
gallicano  per  soccorrere  la  piazza  coU'appiccare  una  battaglia 9 
e  già  i  primi  corridori  francesi  con  quelli  degli  assediati  veni- 
vano alle   mani,   quando    all' improvviso  il  cardinal  Mazxanno 


CASALE  701 

uscito  dal  campo  de'suoi,  e  gridando  alto  alto  all'opposto 
campo,  gli  annunziò  la  pace  di  Ratìsbona  concliiusa  tra  le  pò* 
tenze.  L'accordo  per  Casale  fu,  che  uscitone  il  Thojras,  re- 
stasse la  città  in  mano  di  mille  nionferrini  sotto  {(li  ordini  del 
duca  di  Mena,  figliuolo  del  duca  di  Mantova,  e  lasciassero  gli 
spagnuoli  tutto  il  Monferrato. 

In  virtù  di  tal  pace,  Carlo  I,  duca  di  Nevers,  nel  di  20  di  set- 
tembre i63i  rientrò  in  Mantova.  Il  duca  di  Rhetel  suo  figlio  era 
morto  in  Gaeta  sei  giorni  prima,  lasciando  un  solo  bimbo  in  fasce, 
che  fu  poi  Carlo  IL  Un  mese  dopo,  Ferdinando  altro  figliuolo  di 
Carlo  I  cessò  di  vivere  in  Casale.  Allora  Maria ,  vedova  del  duca  di 
Rhetel ,  a  persuasione  della  genitrice  Margarita  di  Savoja ,  pro- 
testò contro  gli  atti  seguiti  a  favore  dei  Gonzaga;  ma  allonta- 
nata questa  dagli  stati  mantovani,  quella  rivocò  la  protesta. 
Intanto  Carlo  I  si  trovò  in  cotali  angustie ,  che  non  potendo 
pagar  soldatesche ,  affidò  ai  veneziani  la  guardia  di  Mantova  e 
quella  di  Casale  ai  francesi.  Mori  nel  1637. 

Durante  la  minor  età  di  Carlo  II,  l'imperatrice  Eleonora 
Gonzaga  trasse  Maria  al  partito  austriaco,  e  la  indusse  a  se- 
condare una  trama  per  far  trucidare  il  francese  presìdio  di 
Casale  ;  ma  tale  trama  essendo  stata  discoperta ,  i  francesi  ne 
punirono  di  morte  i  cospiratori,  e  si  resero  padroni  assoluti 
del  Monferrato.  L'imperatrice  in  appresso  volle  che  il  suo  fi- 
gliuolo Ferdinando  III  sposasse  Eleonora,  sorella  di  Carlo  li, 
ed  un'altra  Gonzaga  si  maritasse  al  re  di  Polonia;  ma  per 
dar  loro  quelle  doti  che  fossero  convenienti  a  cosi  cospicui  ma- 
ritaggi, il  buon  Carlo  vendere  dovette  tutti  i  suoi  feudi  di 
Francia,  e  mori  nel  i665  vittima  della  sua  intemperanza. 

Gli  successe  in  età  di  anni  tredici  il  figliuolo  Carlo  Ferdi- 
nando, ultimo  duca  di  Mantova  e  di  Monferrato. 

Nella  guerra  della  reggenza  di  Savoja  dopo  la  morte  del  duca 
Vittorio  Amedeo  I  (  1637)  favoriva  la  Spagna  i  principi  fratelli  di 
lui,  e  la  Francia  sosteneva  le  ragioni  della  vedova  duchessa  Cri* 
stlna.  Lo  spagnuolo  generale  Leganez  volle  (1639)  assalire  Casale, 
che  aveva  un  debole  francese  presidio  ;  ma  il  francese  generale 
d'Harcourt  partito  da  Carmagnola,  sorpresa  Chieri  per  via, 
giunse  in  tempo  ad  introdurvi  un  soccorso  prima  che  vi  giun- 
gesse il  tardo  spagnuolo.  Credendo  questi  di  essere  più  de'suoi 
antecessori  fortunato  a  conseguire  l'intento  di  prendere   quella 


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forte  ptatia,  commise  il  loro  medesimo  errore  di  Don  Deca- 
parne la  soprastante  collina.  Pose  in  vece  alle  falde  di  essa  un 
quartiere  di  soldati,  ed  un  altro  ne  stabili  nella  rimota  pia- 
nura di  Frafsineto:  ciò  fatto  senza  avvedutezza  di  esperto  ca- 
pitanO)  imprese  ad  assaltare  la  sola  città.  Il  generale  francese 
La  Tour  difendevala  con  soli  mille  ducento  fanti  e  trecento 
cavalli,  ma' cosi  bene  aveva  saputo  conciliarsi  la  gioventù  ca- 
salese,  che  da  essa  congiunta  coll'assalita  soldatesca  erano  di 
continuo  sturbati  i  lavori  dell'assedio. 

L'Ha rcourt  ebbe  poi  l'ordine  di  liberar  Casale;  ma  l'esercito  suo 
erasi  già  troppo  impiccolito  a  cagione  del  rinforzo  che  vi  aveva  in- 
trodotto, e  per  le  conseguenze  della  vittoria,  che  con  truppe  m  nu- 
mero quattronrolte  minore  aveva  ottenuto  su  Leganez  al  ponte 
della  Rotta  sul  morto  Po  tra  Santena  e  Carignano.  Appiccossi  que- 
sta battaglia  quando  l'Harcouit  nel  suo  ritomo  dall'aver  soc- 
corso Casale,  entrato  in  Chieri,  fuvvi  rinserrato  dal  Legànez; 
ma  presto  sbrigatosi  da  lui,  e  con  raro  accorgimento  perve- 
nuto a  quel  ponte ,  vi  fece  prove  di  estremo  valore,  scacciando 
le  numerose  schiere  nemiche  e  giungendo  a  salvamento  in  Ca- 
rignano. 

Dopo  questo  glorioso  fatto ,  mandò  il  Leganez  a  dire  per  un 
trombetto  all'Harcourt:  t  Se  fossi  re  di  Francia  farei  ad  ^ar- 
court  tagliare  la  testa  per  avere  con  tanta  inferiorità  di  iorze 
avventurata  la  pugna  :  va,  disse  l'Harcourt,  e  reca  per  rispo» 
sta ,  che  se  fossi  re  della  Spagna ,  farei  decapitare  Leganez  per 
aver  perduto  la  battaglia  con  forze  quattro  volte  maggiori  ». 

Collo  stesso  coraggio  si  accinse  il  generale  francese  a  slog- 
giamelo da  Casale  ,  quantunque  non  avesse  ,  eziandio  coll'ag- 
giunta  delle  piemontesi  truppe  condotte  dai  marchesi  Villa  e  di 
Pianezza,  meglio  di  sei  mila  fanti,  e  tre  mila  cavalli;  mentre 
che  il  generale  spagnuolo  nel  di  8  aprile  del  1639  investito 
aveva  la  città  con  un  grosso  corpo  di  diciannove  mila  combattenti. 

Partito  da  Poirino  per  la  via  di  Villanuova  si  condusse  a 
Rosignano. 

Allora  il  Leganez  ,  contro  il  parere  de'suoi ,  incocciossi  ad 
aspettare  nel  chiuso  i  nemici;  addimaudò  nuove  milizie  al  prin- 
ci[ie  Tommaso  di  Savoja  ,  che  aveva  il  quartier  generale  in 
Asti ,  e  tuttoché  disgustato  di  lui ,  inviogli  ottocento  prodi  sol- 
dati a  cavallo  sotto  gli  auepicii  del  principe  Maurizio. 


7o4  CASALE 

scili  per  l'antico  loro  signore,  ed  un'alta    diffidenza  nel  gover- 
natore francese  per  riguardo  ai  cittadini. 

Mandò  il  marchese  al  Brembato  ^lesidente  del  senato  che 
intimasse  agli  adunati  senatori  dapprima,  e  quindi  a  tutti  gli 
abitanti  della  città  di  cacciarne  subito  i  francesi  sotto  pena  di 
ribellione. 

In  siffatto  emergente  adoperossi  il  Brembato  contale  accor- 
gimento col  Sant'Ange  governatore,  che  a  malgi^ado  deììa  sua 
fierezza  vedendo  questi  imminente  la  lotta  con  tutti  i  cittadini, 
si  ritirò  nella  cittadella  ;  ed  il  Giraud  d'Espradeles  comandante 
del  castello  senza  indugio  lo  consegnò  per  due  mila  doppie  ai 
mantovani  che  allora  congiunti  cogli  spagnuoli  i  quali  stavano 
al  di  fuori  della  città  si  posero  ad  assediare  la  cittadella. 

Il  Caracena  temendo  prossimo  il  soccorso  de'  piemontesi  gui- 
dati dal  Villa  ,  spinse  l'assedio  con  le  trincee,  con  le  mine,  e 
cogli  assalti  per  siffatto  modo,  che  il  Sant'Ange  comunque  si 
difendesse  con  egual  valore,  vedendosi  in  fine  due  bastioni 
atterrati ,  tre  soli  cannoni  in  istato  di  servizio,  e  quasi  tutfi  gii 
artiglieri  uccìsi ,  nel  giorno  ventidue  di  ottobre  rese  la  piazza 
cogli  onori  di  guerra. 

Vi  entrarono  mille  mantovani ,  e  cinquecento  monferrini  tra 
l'allegrezza  del  popolo  tutto  :  allegrezza  che  fu  di  breve  du- 
rata; perocché  dopo  alquanti  di  videro  entrare  ottocento  te- 
deschi assoldati  dalla  Spagna  a  presidiar  la  città. 

Carlo  Ferdinando  era  succeduto  (  i  (>65)  al  suo  genitore  Carlo 

}.  II  ;  e  non  essendovi  speranza  ch'ei  fosse  per  aver  prole  ,   ve- 

ji  niva  ,  per  motivo  della  successione  ,  tribolato  dall'Imperatore , 

e  dalla  Spagna  ;  .posciaché  il  suo  lusso ,  e  le  sue  sregolatezze 

lo  tenevano  in  continuo  bisogno  di  danaru  Un  suo  confidente, 

Ercole  Mattioli  bolognese  ,  abusando  dell'opportunità  di  un  (o- 

:,  glio  in  bianco  da  lui  sottoscritto ,  recatosi  in  Francia  vi  com- 

*  mise  il  gran  tradimento  di  vendere  a  Luigi  XIV  il  possesso  ai 

*  Casale  :  e  non  bastando  al  tristo  quell'azione  iniqua  ,  venne  a 
J!  rivelare  il  fatto  al  governatore  spagnu/olo  ,  ed  a  madama  Gio- 
'                            Vanna  Battista   reggente  di  Sàvoja  per  averne,  come   n'ebbe, 


ì 


ad  infame  guidei^ne  quattrocento  doppie. 

Saputosi  il  caso  nella  Spagna,  in  Venezia,  e  presso  Vhùf^' 
ratore,  levossene  cosi  alto  lamento,  che  il  duca  ai  vide  e  - 
stretto  a  protestare  contro  quel  fatto  ,  che  a  sua  insaputa  e 


Nella  guerra  della  successioDe  delV Austria  il  re  Carlo  £ma<- 
nuele  dopo  la  battaglia  di  Bassignana  {l'j^S)  ritrasse  il  suo 
esercito  sopra  Casale ,  appoggiando  la  destra  ai  colli ,  ed  al 
fiume  la  manca. 

Al  sopraggiungere  del  nemico  gli  austro-sardi  lasdarouo  la 
città  retrocedendo  a  Trino,  e  commettendo  dapprima  la  difesa  del 
debole  castello  al  Desroches  irlandese  ,  che ,  dopo  avere  per 
sei  giorni  fatte  maravigUose  prove  di  gagliarda  resistenza  contro 
un  fiero  tempestare  di  molte  artiglierie ,  ne  usci  cogK  onori  ben 
meritati. 

Dopo  i  cambiamenti  che  sotto  il  novello  dominio  iì  Gasa 
Savoja  eransi  fatti  in  Casale ,  non  vi  erano  rimasti  altri  im- 
piegati superiori  fuorché  Tintendente  generale  di  tutto  il  basso 
Monferrato  ,  un  giudice  senatorio  che  giudicava  in  appello  le 
cause  della  provincia,  un  avvocato  fiscale,  un  governatore  ge- 
nerale della  città  e  della  provincia  ,  ed  un  governatore  del 
castello. 

A  malgrado  delle  anzidette  vicissitudini,  Casale  erasi  man- 
tenuto in  un  certo  splendore  si  per  l' agiatezza  sua  propria  ,  e 
si  per  la  celebrità  nelle  armi,  nella  toga,  nelle  lettere  e  nelle 
scienze  procacciatasi  da  non  pochi  de'suoi  cittadini,  sino  a  che 
le  francesi  truppe  l'anno  1800  entrarono  nelle  sue^mura,  e  fa 
poi  riunito  all'impero  francese.^  Sotto  quel  governo  aveva  una 
corte  di  giustizia  criminale ,  una  corte  civile  ed  un  liceo. 

Dopo  il  felicissimo  ritorno  degli  augusti  nostri  '  Sovrani  nei 
loro  stati  di  terraferma ,  questa  città  fu,  come  le  altre  del  Pie- 
monte ,  ricondotta  alla  condizione  in  cui  trovavasi  prima  dei 
politici  sconvolgimenti V  se  non  che  la  sua  provincia  fu  smem- 
brata di  circa  dodici  mila  abitanti,  che  vennero  posti  sotto 
l'amministrazione  di  altre  intendenze. 

Alcuni  cenni  sulla  chiesa  di  Casale»  Vi  è  tenuta  merita- 
mente come  antichissima  la  chiesa  dedicata  a  s.  Evasio , 
la  quale  dacché  venne  in  Casale  trasportata  la  'sacra  spoglia  di 
quel  martire,  trasmutossi  nel  grandioso  tempio,  che  abbiamo 
descritto  nella  parte  statistica  di  quest'articolo,  e  che  fu  solexH 
nemente  consecrato  coli' intervento  di  molti  vescovi  dal  sommo 
pontefice  Pasquale  II  nel  suo  ritorno  dalla  Francia  in  Italia. 
*  Secondando  egli  la  pietà  degli  abitanti  v'institui  un  cospicuo 
collegio  di  canonici  regolari  agostiniani ,  il  cui  capo  aveva  titolo 


7o6  CASALE 

UDO  in  vico  Boronia^  in  Lucco,  in  Ajeldo,  in  Orano,  in  hr 

biario ,  'ed  ia  Frassineto. 

Dacché  dÌTenne  cattedrale  acquistò  da  quelle  dì  YeiteDle 
di  Asti  intorno  a  novanta  comuni,  le  tre  abazie  di  s.  ìSììàk 
di  Lucedio,  de' santi  Vittorie  Corona  di  Grassano,  e  qiieB»d: 
Crea;  la  prima  e  la  seconda  giÀ  spettanti  ai  benedittim,  la  Ina 
che  già  fu  de' regolari  canonici  lateranesi. 

Dalla  diocesi  d'Asti  furono  tolte  le  parrocchie  di  Felinaai), 
Montemagno  e  Cagliano-,  la  prima  fu  poi  riunita  a  queib^ 
Alessandria  :  l'abazia  di  Lucedto,  ora  di  s.  Genuarìo,  venKtal 
tempo  restituita  alla  diocesi  di  Vercelli. 

Nella  sua  prima  creazione  la  sede  era  auffraganea  di  Mìb^ 
e  nel  1817  lo  divenne  dell'arcivescovato  di  Vercelli. 

Il  primo  vescovo  di  questa  città  fu ,  come  già  si  è  detis. 
Bernardino  Tebaldescbi ,  che  ebbe  a  coadiutore  Gian  ^i^i? 
Paleologo,  zio,  poi  successore  del  marchese  Bonifacio  TI- 

Il  padre  Erba  da  Mantova ,  domenicano ,  dopo  essere  saBf 
ai  primi  gradi  del  suo  ordine ,  fu  costretto  da  s.  Pio  V  « 
accettare  nel  1570  questa  sede.  In  essa  il  grand' uomo  collcfflì^ 
vigili  cure  formossi  un  dero  dotto  e  saggio ,  colle  predicaiioci, 
coi  catechismi  ottenne  di  avere  un  popolo  istrutto  nella  /^ 
gione:  e  come  vero  padre  dei  poveri  ebbe  molta  parte  rm 
fondazione  del  primo  monte  di  pietà  in  Casale.  Célebrara  opf 
anno  il  suo  sinodo  diocesano  \  era  in  grande  stima  presso  ^ 
Carlo  Borromeo  :  dopo  sei  anni  di  vescovato  mori  ìsìsóanioà 
aè  universal  desiderio. 

Scipione  Pasquali  di  Cosenza  fu  oratore  del  duca  VeriÌBi^*^ 
Gonzaga  al  re  Filippo  III  di  Spagna ,  e  scrisse  nel  i^^^  '^ 
guerra  del  Monferrato. 

Agnello  Maffei  sedicesimo  vescovo  dettò  fra  le  altre  cose  f 
annali  di  Mautova  ,  che  furono  stampati  in  Tortona  TaDoo  i^-^ 

Miroglio  Gerolamo  de'conti  di  Moncestino  di  lui  successor^i 
prelato  di  molta  scienza  e  probità  scrisse  un'eccellente  ^^^ 
di  ragion  civile  ;  stanilo  lo  specchio  di  sua  diocesi  in  ^^ 
latina  coi  tipi  di  Mafwr^el  1678.  L' iscrizione  postagli  n^^  F^ 
sbiterio  della  cattedrale  è  l'elogio  di  un  perfetto  vescovo. 

Famiglie  cospicue  :  uomini  illustri.  Le  antiche  illustri  ^amig''^ 
di  Casale  produssero  molti  valentuomini  in  guerra  ed  in  P^^ 
Oltre  i  grandi  vassalli  dello  stato,  i  Biandrati,  ed  i  Lango^^' 


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CASALE  709 

i\el    parlamentò  tenuto    in    Chivasso    l'anno    1819    dal  primo 

marchese  Paleologo  Teodoro    I,    si    notano  i  De-Canibus  capi 

della  fazione  imperiale,    e  i  De-Grassis    o   De-Grassi  capi  del 

partito  guelfo;  fra  i  quali  il  nuovo  marchese  ristabili  la  pace. 

Ai   primi  aderivano  le  famiglie   Calcagni,  Bustarini ,  Galloni, 

De-Ponte,    Marazzani,    Ferrogatta,    Scazzosi,  Rubei  o  Rossi, 

e   FsBssoni  ;  dalla  parte   de'  secondi    stavano  i  Bazzani ,    i   De- 

Cerr-^to,  i  Deturtis  o  Torta ,  i   Mangiacaballi  o  Magnocavalli , 

i  De  «Gilio,  i  De-Bolcolo,  i  De-Cerviasco,  i  Caudani,  gli  Strac* 

cati  9  i  Pelleri  ed  i  Garofolo.  A  questi  si  hanno  ad  aggiungere 

i  Mola,  i  Bobba,  i  Natta,  ì  Gambara,  i  Guazzi,  i  Grisella,  gU 

Ardìzzoni,  i  Calori,   i   Casati,  i  Faa,  ì  Balliani,  gl'Iberti,  i 

Picchi,  i  Sannazzarìi,  gli   Scozia,   i  Socii,  i  Surdi ,  i  Valle,  i 

Yalmacca,  ed  altre  non  poche  famiglie  ,  che  perirono  nei  mol- 

tìplici  assedii,  in  tempo  de' contagli ,  e  per  altre  vicende.  Dei 

Biandrati  parlammo  distesamente  nell'articolo  del  paese  che  ne 

porta  il  nome ,  e    non  emettemmo  di  toccare  di  quelli  che  9t 

stabilirono  in  Casale.    Faremo  adesso    un    cenno  .de'  Biandrati 

conti  di  Balzola ,  originarli  di  Vercelli ,  i  quali  adottarono  l'arma 

gentilizia  diversa  da  quella  degli  altii,  cioè  un   lione   in  vece 

!      dell'armato  cavaliere.  Di  costoro  fu  quel  Giovan  Guglielmo  che 

contribuì  con  altri  de'principali  cittadini  ad  introdurre  in  Casale 

i  francesi  capitanati  dal  Burla ,  ed  avendo  dovuto  fuggirne  per 

causa  della  mala  riuscita  di  tal  affare ,    segui    poi   le  sorti  de^ 

francesi  in  Piemonte  ;  fu  fatto  da  «ssi  colonnello,  £  signore  di 

Cervasca  e  di.  Vignale  presso  Cuneo.  ^ 

-Della  famiglia  de'  Langoschi  signori  di  Lumello,  e  di  quella 
dei  Montiglio  di  Villanuova,  non  che  degli  alti  personaggi  che 
la  illustrarono,  e  vieppiù  la  illustrano  di  presente,  parleremo 
al  proprio  luogo. 

I  De-Canìbus  o  Cani  erano  d'origine  di  Pavia  alleata  di  Casale: 
1  in  quella  città  erano  già  essi  e  nobili  e  doviziosi  ;  vennero  in  Casale 
nel  fiorire  di  questo  comune,  e  vi  comperarono  dai  vercellesi 
i  feudi  di  Celle,  Frassineto  e  Rosignano.  Di  costoro  un  Uberto 
intervenne  nella  pace  di  Casale  coi  vtr«leUesi  l'anno  laoS;  e 
questi  fecero  loro  concittadini  Ardizzone,  Bonifacio  e  Giovanni 
nel  12 18. 
>  Guglielmo  favorito  di  Arrigo  VII  contribuì  alla  pace  de'ca- 
tialesi  con  quell'imperatore  nel  i3ig.  Franceschbo  intimo  con- 


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\jn%J/\M^M^ 


sìgUere  del  marchese  Giovanni  II  concorse  col  suo  valore  alla 
faaiosa  vittoria  di  Gamenario  da  lui  nel  i345  riportata  sopra 
i  provenzali.  Franceschino  nella  guerra  dello  stesso  marchese  coi 
Visconti  gli  divenne  in  tal  modo  sospetto,  che  lo  fece  morire; 
e  la  famiglia  De-Cani  fu  tutta  cacciata  di  Casale;  perlocché 
messasi  al  servizio  de'Viscontì ,  Ruggero  ebbe  il  comando  di 
cinquecento  lancie  di  Bernabò,  e  fu  poi  fatto  capitano  generale 
delle  di  lui  armi  in  Piemonte. 

Ma  sopra  tutti  famoso  appare  Facino  o  Bonifacino,  di  cui 
daremo  i  cenni  biografici  nell'articolo  relativo  a  Santìà,  di  cui 
fu  nativo. 

Mostrossi  anche  prode  guerriero  quel  Ludovico  parente  di 
Facino,  il  quale  venne  eletto  a  capitano  d'arme  dal  marchese 
Teodoro  IL 

Un  Lorenzo  fu  abbate  di  Breme  nel  14^ 3:  un  Mattia  nello 
stesso  tempo  veniva  distinto  fra  i  giureconsulti;  era  cavaliere 
aurea to,  giudice  maggiore  del  Ganavese  e  di  Susa  ;  avea  quindi 
pel  duca  di  Savoja  Ludovico  la  carica  di  senatore  in  Torino; 
ed  era  poi  vicario  di  Chieri  e  governatore  di  Geneva. 

I  Crassi  o  Grassi  costantemente  nemici  ai  De-Canlbus,  e  di 
parte  guelfa,  ebbero  nel  ]2o3  un  Giordano  consigliere,  che 
intei*venne  per  la.  sua  patria  nella  pace  di  quell'anno  con 
Vercelli;  ottennero  essi  nel  i236  la  cittadinanza  di  questo 
comune. 

Filippo  fu  uno  de'principali  cittadini,  che  gli  altri  indusse  a 
ricevere  (i3o3)  a  loro  capo  il  marchese  Giovanni  II  di  Mon-* 
ferrato.  Francesco  (i346)  saliva  in  grido  di  eccellente  giurista. 
Giovanni  nel  i45o  era  professore  di  leggi  in  Torino,  ed  eralo 
quindi  in  Pavia ,  ove  per  la  sua  mirabile  scienza  venne  decorato 
del  titolo  d'archimandrita  de'  legisti  :  le  sue  opere  si  stamparono 
più  volte  in  Milano. 

De'  Grassi  erano  aderenti  i  Bazzani ,  che  con  loro  interveni- 
vano cosi  nelle  paci ,  come  nelle  guerre  della  patria.  Si  tras- 
locarono da  Vercelli  a  Casale  in  tempo  che  questa  distinta  città 
reggevasi  a  comune» 

I  Calcagni  di  origine  astigiani  furono  delle  prime  ghibel- 
Jine  famiglie  di  Casale.  Guglielmo  e  Ruggero  Calcagni  in- 
tervennero peni  la  patria  nella  pace  con  Vercelli,  conchiasa 
nel  i)o3» 


CASALE  711 

I  De-Ponte  ^  ramo  deirastigiana  prosapia  ài  tal  Doyn«y  venu- 
tole dal, castello  del  Ponte  di  Stura  nel  Monferrato,  vantano 
Guglielmo,  Enrico  e  Giovanni  intervenuti  fra  i  principali  di 
Casale  aella  ridetta  pace  con  Vercelli  :  Bonifacio  seguace  del 
xnarcbese  di  Monferrato  Guglielmo  fu  (1267)  eoa  eisso  lui,  ^ 
eoo  molti  altri  capi  di  sua  fazione  scomunicato  da  papa  Clemente: 
Agostino  (i4o^)  ^fA  consigliere  del  comune. 

Dopo  la  morte  di  Giovanni  II  ultimo  marchese  Aleramico 
(i3o5)  divisosi  Gasale  in  due  fazioni;  i  De-Ponte  combatterono 
coi  De-Canibus;  e  fra  gli  altri  Guglielmo  e  Francesco  6gIiaol9 
di   Oberto. 

I  Rossi  erano ,  coi  De-Canibus ,  consignori  di  Frassineto,  Rq« 
ftignano  e  Celle:  si  sottonùsero  al  comune  di  Vercelli  nel  121& 

I  Calori  sono  originari  d'Asti ,  ov'  erano  già  de'  nobili  più 
distinti:  cosi  nel  1 161  un  Gualfredo  Calori  era  console  della  sua 
patria-,  Obertino  e  Rolando  ne  erano  consiglieri  nel  11 90: 
Oggero  e  Giacomo  sono  non  meno  che  i  precedenti  nominati  a 
cagioD  d'onore  nella  cronica  dell'Alfieri;  il  piimo  all'anno  1:1179 
il  secondo  al  1376.  Venuti  in  Casale  ebbero  personaggi  di  chiaro 
nome;  fra  i  quali  si  notano  un  Camillo  cavaliere  di  Malta  nel 

i58o,  ed  un  Giovanni  Maria  grande  gìurecoii.suJtOy  senatore  dì 

Mantova,  e  signore  di  Vignale. 

Gli  Ardizzoni  erano  d'origine  vercellesi:  i  Mola  furono  un 
ramo  degli  antichi  signori  di  Barbania,  vedL'  i  Guazzi  erao# 
de'primi  quando  Casale  reggevasi  a  comune  :  di  essi  Guglielmo 
segnava  la  pace  del  iao3  coi  vercellesi. 

II  celebre  Stefano  Guazze  nacque  in  Casale  nel  i53o.  Per 
inspirare  a'  suoi  concittadini  il  gusto  delle  lettere  e  singolare* 
mente  della  poesia  contribuì  molto,  come  si  dirà  più  distintar 
mente  in  appresso,  a  fondare  1'  accademia  instituita  nella  sua 
patria  col  titolo  degl'illustrati.  Fu  segretario  della  duchessa 
Margherita,  di  Luigi  duca  di  Nevers,  e  mori  in  Pavia  li  6  di 
dicembre  iSgS.  Le  sue  opere  sono:  I.  £&  cwil  conversazione 
divisa  in  qucUtro  libri ^  Venezia,  i574  in  4*^9  i586,  iSgo  e 
1628,  in  8.^;  tradotta  in  latino,  Lione,  i65o  ,  in  8.'';  opera 
riputatissima  ;  IL  /  dialoghi  piacevoli  (in  numero  di  dodici)  ivi, 
i586,  in  4-^>  ^5go  e  1610,  in  8.**;  HI.  Ze«erc ,  ivi,  iSgo,  1599 
e  i6o3,  in  8.**;  IV.  Rime  nella  nuova  scelta  di  Comin  Fentnra^ 
Bergamo,  i5ga,  in  16;  V.  La  ghirlanda  di  Bianca  Beccaria^ 


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^la  CASALE 

contesta  di  madrigali  di  diversi  autori^  Genova  iSgS,  in  4** 
Stefano  Guazzo  è  altresì  editore .  delle  lettere  volgari  di  diversi 
gentiluomini  del  Monferrato,  Brescia,  1565,  in  8.? 

Pensiamo  essere  del  tutto  conforme  allo  scopo  del  presente 
eapo  il  rapportare  .un'epistola    indirìtta  a  Don   Battista    Ago- 
Sita,    in' cui  quel  dotto  e  sempre  ingegnoso  e  sempre  amabile 
scrittore  toccò  brevemente  della    condizione    di    Casale    a'suoì 
tempi«   «  Voi  mi  chiedete ,    dice    egli ,    che   io  vi  mandi  il  ri- 
tratto di  questa   città.    Eccolovi  tutto  figurato  in  un  guscio  di 
noce.  Casale  è  posto  nel  piano  in  forma  circolare  con  giro  di 
un  miglio,  tanto  vicino  al  Po,  che  lo  sente  fi*a  carne  e  pelle. 
Ha  cinta  la  fronte  di  una  ricca  corona  di  verdi  colli,  ove  al- 
bergano Cerere  e  Bacoo,  l'uno  versando  dall' urna  divinissimo 
nettare,    l'altra  spargendo  a' piedi  saporosissima    ambrosia.    E 
fornito  di  sicurissime  mura,    d'un  bellissimo  castello,    di    ri-* 
guardevoli  chiese,  di  di  voti  monasteri,  di  magnifiche  case,  di 
un  giusto  senato,  di  una  virtuosa  accademia.  La  città,  siccome  n.oa 
è  di  passaggio,  cosi  non  ha  molto  concorso  di  forestieri  :  sono  però 
«ssi  ben  veduti,  carezzati  ed  onorati.  Il  numero  degli  abitanti  è 
dipresso  a  quindici  mila.  Sonovi  più  avvocati  che  cause,  più  me- 
dici che  orinali  :  gli  uni  e  gh  altri  per  lo  più  eccellentii  ^(^ili  as- 
sai, mercatanti  ed. artefici  in  gran  copia.  Rendite  piccole,  spese 
soverchie  e  pegni  agli  ebrei.  Si  veste  bene  e   politamente;    si 
vive  infra  due.    Sono  i  costumi  facili,    le    maniere    grate,   la 
creanza  poco  cerimoniosa,  gli  animi  leali,  nemici  dell'aiterei- 
za,  presti  a'servi^ii  degli  amici  ed  alle  epere. crlstfane*.  I.vec^ 
chi  tengono  lieta  ed  onesta  vita,    i    giovani  sono  n^arziali^    si 
dilettano  d'apparere  quando  giuocano  al  maglio ,.  quando  fanno 
feste  e  tornei,  e  quando  passeggiano  lungo  l^conlrad^js  e  più 
a  piedi  che  a  cavallo.    Le  donne,  ch'io  doveva  nominar  pri* 
ma,   sono  bellissime  e  più  per  natura  che  per. arte-,   in  abito 
tanto  leggiadro  e  pomposo,  quanto  si  usi  altr^.vej   n4»  in  tutto 
ribelli,  né  in  tutto  arrendevoli  agli  aipaoti.  Risp)endono  ia.qn^ 
sto  numero  come  luminari  ipaggiori,  alcuna  sa  vie  ^e. giudiziose, 
le  quali  con  dolci,  ed  onesti  trattenimenti,  e  coLmoitrarsi  gc^te 
a  virtuosi  cavalieri,  resterf^nno  dopo  i^orfle  al.^ri  ideile. anti* 
che  matrone,    riverite  ed  adorai  nel  tempio  degl'eterna' me* 
moria.    Questa    è    la    maniera  e  la  ffin^  i^  yivere  die  serba 
oggi  la  mia  patria ,  la  quale  ora-,  che  è  spenta  la  rabbia  del  fu* 


CASALE  713 

rloso  Marte,  si  rivolgerà  in  cosi  fatta  guisa  àgli  sludìi  delle  atti 
liJt>erali ,  che  con  l'altre  più  famose  città  d' Italia  potrà  di  gloria 
co  estendere  ».  —  Questo  presagio,  diciamo  noi,  si  vide  poscia, 
e  vedasi  di  presente  avverato  in.  cosi  cospicua  città,  ove  cresce 
più  sempre  l'amore  delle  scienze,  e  dell'arti  belle  ;  ed  ove  si 
annuirà  lo  zelo  di  un'eletta  società  filarmonica  tanto  bene  or- 
dinata da  non  essere  seconda  a  verona  di  quelle,  cbe  in  altri 
capi  luoghi  di  provincia  de'  regii  sitati  vennero  con  not»ilq  di- 
vìsa mento  stabilite. 

L«a  famiglia  INatta  trovasi  dappilma  in  Alessandria,  pi  essa 
un  Oberto  nel  rigo  erane  già  consigliere,  e  riduceva  in  po- 
ter suo  il  castello  di  BAaslo:  nel  1260  veniva  noverato  tra  i 
principali  che  facevano  la  lega  con  Mondo  vi,  Cuneo,  Saviglia- 
j&o.  Busca  e  Bene.  ^ 

I  Da  lui  sorsero  i  Natta  astesi,  ì  quali  si  traslocarono  in  Ca- 

sale,   come  aderenti    a' marchesi  di  Monferrato.    Di  questi  fu 
,     Arighetto  vicario  generale  del  marchese  Gian    Giacomo:    Gio- 
vanni, di  lui  figliuolo,  ebbe  in  feudo  i  castelli  di  Tonco  e  di 
Alfiano;  Giorgio,  altro  saò  figlio,  fu  ambasciatore  (14B0)  del 
■     marchc/ié  Boni&aio  al  duca  di    Milano,    isuo    vicario    generale 
l'anno   t485;  e  ncIP istrumento  nuziale  di  Carlo  duca    di  Sa- 
▼oja  con  Blaiioa  di  Monferrato  vien  detto  Magnifico  ;  come  an- 
I      che  in  altta  scrlhura  dello  stesso  marchese  è  intitolato  Barone 
Imperiale.    Era    egli  dapprima  stato  professore  di  molto  grido 
nelle  Università  di  Pisa  e  di  Pavia^   poi    senatore    in   Casale, 
oratole'  del  marchese  Bonifacio  ad  Innocenzo  Vili.   Diede  alle 
stampe  in 'Pavia,  Venezia,  Bologna  e  Colonia  opere  di  giuri- 
sprudenza, la  più  riputata  delle  quali  aggirasi  intorno  alle  Gu- 
glie dotate.  Nell'iscrizione  posta  sulla  sua  tomba  è  qualificato 
Anùsies  piriseonsuiiorum. 

Secondino,  altro  figlinolo  di  Arighetto,  fu  consigliere,  poi 
vicario  generale  dello  stesso  Gian  Giacomo,  e  suo  ambascia- 
dorè  presso  il  duca  di  Savoja.  Di  lui  scrive  il  Ventura  essere 
stato  uno  di  quelli  che  portarono  il  baldacchino  nel  primo  in<- 
^resso  in  Asti  del  duca  d'Orleans,  e  uno  dei  quattro,' che  que- 
sti mandò  ambasciadori  al  |}o)[)olo  milanese  dopo  la  morte  del 
duca  Filippo  Maria.  Lt>  vediamo  successivamente  vicario  gene- 
rale d'Aiti  per  lo  duca  d'Orleans,  e  podestà  di  Alba  nel 
1495. 


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Marc' Antonio ,  figlio  di  Secondino  e  di  AndreotU  Arinaxi  di 
Cartosio,  maestro  di  Ruota  in  Mantova  ed  in  Genova,  tenatore 
in  Casale,  stampò  molte  opere  legali  e  letterarie  in  Italia,  in 
Francia  ed  in  Gerniiania.  I  suoi  consigli  lo  furono  in  Lione  i566f 
in  Francfort  1572,  in  Venezia  i584:  De  doctrina  Principuin, 
in  Veneaia  i56o,  in  Francfort  i6o3.  Fra  parecchie  altre  sue 
opere  di  argomento  filosofico-  od  ascetico,  registrate  dal  Ros- 
sotti,  giova  notare  un  suo  trattato  metafisico  intomo  al  BeUo. 
Mori  nel  i568. 

Alfonso,  marchese  d'Isola^  Tonco  e  Baldesco,  senatore  di 
Casale,  scrisse  l'erudita  opera  Le  Paimc  Astesi. 

Fra  Giacinto  fu  in  molto  credito  presso  i  papi  Paolo  V  e 
Gregorio  Xll,  come  esiandio  presso  l'imperatore  Ferdinando  IL 
Stampò  i  suoi  Aitisi  per  i  diversi  stati  due  volte  in  Bresàa 
16 16  e  i6ao;  diede  alla  luce  in  Milano  un  suo  Elogio  di 
s.  Carlo  Borromeo;  pubblicò  il  Censore  Cristiano^  Brescia  i8a6, 
Parigi,  in  francese,  1629.  Cessò  di  vivere  con  £una  di  santità 
in  Casale  nel   1637. 

U  marchese  Virginio  stampò  un'erudita  Genealogìa  di  sua 
famiglia  in  Alessandria,  poi  in  Pavia  con  aggiunte  (17  io), 
presso  i  Gradignani.  ^ 

I  Pagani  furono  ghibellini:  di  essi  Valla  d  Goala,  era  con- 
igliere nella  pace  del  i2o3;  Archlmbaldo,  Bonifacio  e  Gu- 
glielmo con  Guala,  col  sìàO  figliuolo  Ruffino,  coi  Cani  e  coi 
De-Curia  dopo  fiere  civili  guerre  intervennero  ad  una  concor- 
dia nel  1236. 

Virginio  Pagano  scrisse  la  Storia  della  guerra  del  Monterà 
rato  fatta  dal  duca  di  Savoja:  storia  pubblicata  in  Tonno  nel 
i6i3.  ' 

I  Pappalardi  ebbero  Giacomo  che  fu  consigliere  alla  pace 
del  iao3;  Bonifacio,  che  in  quella  del  1218  giurò  colla  sua 
famiglia  di  condursi  ad  abitare  in  Vercelli  ;  Nicolino  che  com- 
parve come  uno  dei  capi  della*  guerra  contro  gli  alessandrini 
nel  i4o3*,  Luigi  che  ebbe  il  titolo  di  consigliere  imperiale  sotto 
Carlo  V  imperatore. 

I  Sannazsart,  cosi  chiamati  dal  cartello  pavese  di  Sannaza- 
rio,  vantano  un  Bergonzio,  ohe  nel  1164  venne  dall'impera- 
tore Federico  I  mandato  a' genovesi  per  indurli  ad. assistere  colle 
loro  armi  )1  giudice  di  Torre-Arborea  in  Sardegna,  quando  quesù 


CASALE 
fu  incoronato  re  di  quel!' isola:  era  signore  di  Oeui 
nel  1206  al  trattato  di  pace  con  Asti  in  qualità  d        1 
del  marchese  Guglielmo    di    Monferrato.    Un    altri 
(i23o)  unitamente  a'suoi  fratelli,  signoreggiaya  il        I 
dì  OzzanOy  ed  un  Norando  co'suoi  nipoti  teneva  i]       1 
Camagna,  cui  vendette  ai  Lignana:    Guglielmo  ed 
laSg  erano  podestà  di  Vercelli;    e  quest'ultimo  ii       1 
possedeva  il  feudo  di  Giarole,  e  veniva  eletto  a  c<       j 
Anna  marchesana  di  Monferrato.    Il  conte  Gerolan       1 
sciadore  pel  duca  nel  1670. 

Gli  Scarampi  astesi  sin  dal  secolo  decimosesto  a 
Casale,  ed  ebbero  onorifiche  cariche  in  corte  de' 
Cairo). 

I  Sordi  furono  in  questa  città  ne'primi  tempi    e       ! 
gevasi    a    comune:    di  loro  Bongiovanni  e  Carlo  a 
vercellesi  nel  iai5  dovettero  cogli  altri  prigionieri 
in  Milano.  Un  ramo  dei  Sordi  uscito  da  Crescentii 
abitare  in  Casale  sin  dal  secolo  xvi  in  persona  di 
tro  che  vi  fu  senatore,  e  venne  poi  eletto  a  presii 
nato  di  Mantova.  Il  di  lui  pregiato  volume  delle  < 
senato  di  Mantova  fu  messo  alla  luce  in  Venezia  159'      1 
fort  1598,    e  fu  riprodotto  con  commenti  in  Vene 
vioni  1643. 

Case  nobili  vi  erano  quelle  dei  Passati  e  dei  Gì 
primi  si  riconosce  (  149^  )  un  Giovanni  Antonio,  si 
niolo,  camerlengo  della  duchessa  regnante  Maria 
rato. 

Gli  Stracca  vi  erano  riputati  nobili  innanzi  al  iz 

I  Bobba,    originarii  del  castello  dì  Lù  da    loro 
come  lo  furono  quelli  dì  Camagna,  di  Torricella , 
di  Galliano,  nobili  luoghi  del  Monferrato ,  traslocatii 
vi  vennero  considerati  tra  i  primi  della   città.    Un 
Bobba  di  molto  nome  in  giurisprudenza  ne  lasciò 
mille  scudi  d^oro:  un  Vespasiano  ebbe  dal  marche 
le  più  importanti  ambasciate;  un  Fabio,  cavaliere 
distinse  (  i534  )  in  una  navale  battaglia    coi    turch 
prese    un    galeone:    mori    all'assedio  di  un'affrica 
i55o:  un  Ettore,  gran  giostratore  de'tempi  suoi ,  e 
da  P.  Antonio  Caraffa   de'  conti  dì  Maddalona ,    va 


7i6  CASALE 

liere,  sfidato  in  aperto  campo  presso  Carmagaola,  lo  uccbe  a 
ferro  pulito.  Un  Alberto,  legista  eccellente,  fu  de'primi  casa- 
laschi,  che,  estinti  i  marchesi  Paleoioghi,  entrasse  al  setruio 
della  Casa  di  Savoja  sotto  Carlo  IH.  Ottenne  da  liù  e  da  Ema- 
nuele Filiberto  il  feudo  di  Morano.  Ebbe  due  distìnti  figliuoli 
Marc' Antonio  ed  Ascanio. 

Marc' Antonio  fu  giureconsulto  di  grido,  senatore  in  Torino, 
ambasciadore  del  duca  a  varie  corti:  entrato  quindi  negli  or- 
dini sacri,  venne  promosso  al  vescovato  di  Aosta,  vedi.  Fa  in 
appresso  abbate  di  Susa,  di  Caramagna ,  cardinale  di  santa 
Chiesa,  legato  apostolico,  abbate  di  Pinerolo  e  protettore  del- 
l'ordine di  Malta. 

Ascanio,  gran  priore  dell'ordine  de'santi  Maurizio  e  Lazza- 
ro, capitano  delle  guardie  di  Carlo  Emanuele  1,  fu  governa- 
tore di  Nizza. 

Guglielmo,  fratello  del  predetto  Alberto,  ritiratosi  in  Pie^ 
monte,  ebbe  anch' egli  un  illustre  figlio  per  nome  Ascanio, 
che  si  segnalò  in  molti  fatti  guerreschi ,  e  fu  marchese  di  Gra- 
glia,  Netro,  Borriana,  signor  di  Montalto,  grande  scudiere  di 
Vittorio  Amedeo,  e  cavaliere  della  Nunziata. 

I  Faa  vennero  dal  castello  di  Vignale  in  questa  cìtVà  circa  il 
i5oo  in  persona  di  Tommaso,  che  fu  segretario  del  senato. 
Ardicino  ed  Ortensio  fratelli,  ambidue  senatori,  ottennero  che 
il  castello  di  Bruno  nell'Acquese,  di  cui  erano  consignori ,  fosse 
dal  duca  di  Mantova  eretto  in  contado.  L'anno  1703  fu  eretto 
in  marchesato  a  favore  dei  Faa  di  Casale.  Nel  principio  di  que- 
sto secolo  ebbero  un  Antonino  vescovo  d'Asti. 

I  Casati,  d'origine  milanesi,  vantarono  un  beato,  che  fu  car- 
dinale di  santa  chiesa  nel  1281,  e  molti  governatori,  di  città; 
vennero  in  Casale  sotto  i  duchi  di  Mantova* 

I  Balliani  ebbero  un  Giovanni  Maria  agostiniano,  dotto  espo- 
sitore di  sacra  scrittura,  che  stampò  in  Venezia.  iS'J'jl  un  co- 
mentano  del  santo  Vangelo-,  un  altro  Giovan  M^ria  de' signori 
di  Odalengo,  che  pubblicò  il  primo  in  lingua  volgare  la  vita 
di  s.  Evasio  martire,  in  Trino  per  il  Giolito  i566:  opera  che 
fu  poi  riprodotta  (  ]6a4)  in  Casale  per  il  Piazzano,  colla  dedica 
alla  duchessa  Paleologa  Margherita.  Egli  trovonne  il  testo  latino  in 
un  manoscritto  in  membrana  di  un  monaco  benedittìno  di  s.  Ge- 
nuario,  detto  Giovan  Domenico,  il  quale  perchè  lo  scrisse  e  se- 


CASALE  717 

giiò  del  suo  nome  colla  data  del  11 28  non  può  dirsi  cbe  ne 
fosse  l'autore;  perocché  lo  stile  e  varie  circostanze  lo  dimo* 
strano  anteriore  di  più  secoli.  Di  colali  licenze  si  hanno  altri  esem- 
pi a  quel  tempo.  Il  testo  Ballìano  fu  quello  su  cui  si  esercitarono 
VAlghisio,  il  Malahaila,  l'Ughelli,  T Emilio  ed  altri  molti.  Balliano 
Marglierita^  consorte  del  senatore  Prato,  diede  alla  luce  com- 
pommenti  poetici  nelle  due  lingue  latina  ed  italiana  y  lodati  dal 
Guazzo  e  dall' Alghisio  :  fiori  versm  la  metà  del  secolo  decimo 
sesto. 

I  Grova  circa  il  1600  ebbero  un  Paolo  Francesco,  che  fu 
dal  duca  Ferdinando  di  Mantova  soprammodo  commendato  con 
diploma  del  i6a5  per  i  suoi  militari  servìzi,  e  massimamente 
per  avere  cinque  volte  salvata  Nizza  di  Monferrato  dagli  as« 
salti  nemici;  un  barone  Francesco  presidente  del  senato  di 
Mantova  ed  anche  governatore  di  Nizza;  un  Nicolò  podestà  di 
Mantova;  un  Felice  insigne  predicatore  e  vescovo  d'Acqui,  che 
in  buono  stile  italiano  scrisse  la  vita  del  suo  antecessore  s.  Gui- 
do, e  mori  nel  1645. 

Gli  Scozia  venuti  dal  castello  di  Montiglio,  dove  avevano  una 
contrada    del    loro    nome,    si  traslocarono  parte  a  Pinerolo  e 
parte  a  Casale.  Qui  nobilmente  vivendo  acquistarono  molti  feu- 
di,   come  quelli  di    Pino,    Murisejigo,    Verduno,    Mondone  e 
Musinengo.    Si  dirà  più  distesamente  di  essi  ai  proprii  luoghi. 
I  Soz]  détti  altramente  Avelloni  uscirono  di  s.  Germano  ver- 
cellese, e  furono  consignori  di  Saluggia,  e  di  S.  Ra£faele. 
Gli  Stracca  o  Straccati  vivevano  in  Casale  già  innanzi  al  1400^ 
I  Valle  originati  da  Mazze  de'  Conti  di  Valperga   Vjantarono 
un  Rolando  grande  giureconsulto,   autore  di  riputate  opere  di 
giurisprudenza  e  di  consigli  legali,  consigliere  dell'ultimo  mar- 
chese Paleòlogo  Gian  Giorgio,  e  poi  presidente  del  senato.  Delle 
sue  opere  si  fecero  molte  edizioni  in  Torino,  Lione,  Casale, 
Venezia  e  Pesaro. 

I  Valori  ebbero  un  Domenico  cavaliere  di  Malta  nel  1577. 
I  Vialardi  antichi  nobili  vercellesi  consignori  di  Villanova  e 
di  Celle  trasferitisi  in  Casale  ebbero  nel  3tvh  secolo  un  gran 
cancelliere  del  ducato  di  Mantova:  di  essi  Giovanna  consorte 
del  conte  della  Motta  Laogoscò  ottenne  chiara  fama  nelle  let- 
tere latine,  italiane  e  spagnuole  verso  il  i5óo. 
I  Valmacca  usciti  dagli  Antichi  conti  di  Càvaglià ,  e  signori  di 


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Valmacca  acquistarono  nel  i5oo  dai  Rotarii  i  castelli  di  lio- 
nale,  e  di  Bastita  nell' Astigiana. 

I  Viscardi  o  Guiscardi  provennero  da  Bianzè  in  persooa  di 
Eusebio  segretario  del  marchese  Giovanni  circa  il  1440.  Di  essi 
un  Trajano  fu  insigne  uomo  di  stato,  gran  cancelliere  dei  due 
ducati  di  Monferrato  e  di  Mantova,  rimunerato  dal  re  di  Francia 
con  privilegii  e  feudi ,  e  da  Carlo  I  Gonzaga  fatto  marchese  del 
Cerro,  e  conte  di  Villanuova^  Fondò  una  pubblica  libreria  com- 
posta di  molti  scelti  volumi. 

Oltre  il  gran  numero  dei  personaggi  sopraccennati ,  che  illu- 
strarono questa  città  colle  opere  deiringegno,  e  colle  arti  della 
guerra,  o  se  le  resero  sommamente  benemeriti  per  grandiose 
opere  di  pubblica  beneficenza ,  ve  n'ebbero  molti  altri ,  che  si 
distinsero  o  per  la  santità  della  vita,  o  per  la  loro  prestanza 
nelle  scienze,  nelle  lettere,  nelle  belle  arti,  o  pel  valor  mili- 
tare, fra  i  quali  singolarmente  si  notano 

Per  la  santità  della  vita  :  santa  Giordana  imperatrice  di  Co-  • 
stantinopoli,  figliuola  del  marchese  Guglielmo  IV:  santa  Macodia 
monaca  :  il  beato  Franceschino  canonico:  il  beato  Gioan  Fran- 
cesco: il  beato  Gregorio  Bazzani  :   la  beata  Angela  monaca. 

Per  dignità  ecclesiastiche:  Uberto  Cocconato  cardinale  di  s. 
Eustachio. 

Teodoro  Paleologo  cardinale  nel  1464* 

II  ridetto  Marcantonio  Bobba  cardinale  di  s.  Marcello. 
Francesco  dei  conti  di  Biandrate  e  s.  Giorgio  cardinale  nel 

Gian  Giacomo  Millo  cardinale  prodatario. 

Bartolommeo  Millo  monsignore  della  sacra  congregazione 
dei  riti. 

Arighetto  Natta  cardinale  e  vescovo  d'Alba. 

Nelle  armi:  Francesco  del  Carette  marchese  di  Grana  :  Gia- 
como Yaìperga  marchese  di  Rivara:  Mercurino  Faracchia,  che 
si  segnalò  nelle  guerre  di  Fiandra  :  Gerardo  Picco  che  fece 
grandi  prove  di  valore  in  Oriente,  e  nel  1292  fu  governatore 
di  Tolemaide. 

Nelle  scienze  :  Nicolò  Belloni  professò  il  dritto  civile  nelle 
scuole  di  Piacenza,  di  Valenza  nel  Delfinato ,  e  di  Dole  nelle 
Fiandre:  si  acquistò  molta  fama  per  le  sue  opere  di  giurispruden- 
aa,  e  massimamente  per  i  suoi  consigli  legali  stampati  in  Lione 


> 


GASALE  719 

\S5oy  in  Basilea  i544>  i^  Francoforte  1576:  fu  senatore  in 
Milano,  poi  governatore  della  Lorena:  mancò  ai  Ti?i  in  Ger- 
mania nel  i55a. 

Cretti  Giovanni  professore  di  leggi  nella  università  di  Pisa  da 
Im  ristaurata  nel  principio  del  i5oo  ^  e  poscia  in  quella  di  Bo- 
logna-,  mori  nel  i54o.  Nell'epitaffio  del  suo  sepolcro  in  s.  Do- 
menico è  detto  Caesarei  juris  monarcha. 

Stirano  Lorenzo  professore  di  ragion  civile  in  Padova,  pre- 
sidente del  senato  di  Casale  per  lo  re  di  Francia:  stampò  in 
Lione  un  volume  di  consìgli  legali  nel  i55i. 

Cavagnolo  Rolando,  senatore  di  Mantova,  diede  alla  luce  i 
Commenti  sulla  costituzione  del  Monferrato^  Casale  pel  Grosso 
1595. 

Comazzi  conte  Giovanni  pubblicò  la  storia  di  Leopoldo  I  im<* 
peratore,  Vienna  i685;  la  religione,  e  la  politica  nella  vita  di 
G.  C,  Colonia  1700,  Trento  1713. 

Ricci  Agostino  stampò  un  trattato  sul  moto  dell'ottava  sfera, 
da  cui  si  raccoglie  che  egli  aveva  fatti  gli  studj  astronomici  in 
Cartagena,  ed  in  Salamanca:  pubblicò  pure  un'epistola  sui  primi 
ritrovatoti  dell'astronomia. 

Come  pittori  ebbero  chiaro  nome  Alberini  Giorgio,  Appiano, 
'     Buttora  Angela,  Caccia  Francesco,  Caire  Ottaviano,  Crosio,  Evan- 
gelista, Roviglione,  Spanzotto,  ed  altri  già  nominati  nel  corso  di 
quest'articolo. 
'  Come  architetti.  Baronino  Pietro,  Gaietti,  e  il  più  volte  lo« 

'      dato  Magnocavallk. 

Come  statuari!  il  Cassini,  il  Grizzone ,  il  Yolpi. 
Nelle  lettere  molti  fiorirono  in  Casale ,   massime  ne'  tempi , 
'      in  cui  gì'  ingegni  migliori  vi  si  affaticavano  a  far  risplendere  le 
accademie  ivi  stabilite:  la  prima  delle  quali  detta  degli  Argo- 
nauti fondata  verso  il  i54o  prese  in  ispecial  maniera  a  coltivare 
'      la  poesia  marinaresca ,  e  frutto  degli  studii  di  quegli  accademici 
furono  i  dialoghi  marittimi  di  M.  Gio.  Jacopo  Botazzo,  le  rime 
marittime  di  Nicolò  Franco,  ed  altri  componimenti  stampati  in 
'      Mantova  nel  i547. 

L'altra  accademia  ebbe  il  nome  degli //ib^fro/ì,  e,  come  già 
si  è  osservato ,  ne  fu  dovuta  la  gloria  principalmente  al  celebre 
Stefano  Guazzo,  il  quale  ne  parla  sovente  nelle  sue  lettere,  nei 
libri  della  «vile  conversazione,  e  descrive  le  leggi  con  cui  ella 


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710  CASALE 

si  goverDATa.  Nel  i567  questa  letteraria  società  pubblicò  una 
raccolta  di  poesie  in  morte  di  Margherita  Paleologa,  duchessa 
di  Mantova,  marchesana  del  Monferrato:  tra  gli  accademici 
autori  di  esse  veggiaino  rammentati  Annibale  MagnocavalK , 
Annibale  Guasco,  Gian  Francesco  Gambara,  il  Botlazzo,  il  Guazzo, 
Giorgio  Caretto,  e  Silvio  Calandra. 

In  una  lettera  del  Guazzo  al  signor  Federico  Gonzaga  castel- 
lano di  Mantova  ,  che  ha  la  data  del  i5  di  luglio  i588 ,  sì 
legge  :  e  Staremo  ora  ad  udire  la  decretazione  del  serenissimo 
signor  nostro,  sperando  che  Tecclissata  accademia  degl'Illustrati 
abbia  tosto  a  rischiararsi  » .  Navazzotti  Orazio,  e  Paletta  Lionora 
dettarono  poesie  tenute  ai  loro  tempi  in  molta  stima. 

Diremo  in  fine  che  i  casalesi  in  singoiar  modo  si  onorano 
del  prelodato  conte  Ottavio  MagnocavalU  insigne  matematico , 
e  valoroso  poeta ,  di  cui  due  tragedie  il  PoUiuto  ed  il  Corrado 
di  Monferrato ,  conseguirono  il  premio  alle  tragedie  migliori 
proposto  in  Parma. 

A  buon  diritto  si  vantano  essi  pure  di  aver  comune  la  pa- 
tria col  celebratissimo  Evasio  Leone.  Diede  questi  luminose 
prove  di  somma  perizia  cosi  nella  sdenza  delle  divine  cose, 
e  nelle  ragioni  della  vera  eloquenza ,  come  negU  arcani  della 
patria  storia.  Ciò  per  altro  che  lo  rese  più  chiaro,  fu  il  suo 
mirabile  genio  all'italica  poesia.  E  veramente  il  nome  di  lui 
suona  dolcissimo  sul  labbro  di  tutti  i  colti  italiani,  percb' egli 
più  di  ogni  altro  si  accostò  poetando  all'armonia ,  ed  alla  soa- 
vità cotanto  ammirate  nei  versi  dell'immortal  Metastasio. 

Molti  de'  nostri  leggitori   bramano   che  il   presente  articolo 
ne  contenga  la  vita  dai  biografi  non  per  anco  tessuta.  A  cosi 
onesto  desiderio  noi  condiscendiamo  tanto  più  di  buon  grado, 
in  quanto  che  il  teologo  professore  emerito  4i  questa  universin 
GugUelmo  Ledne  degnissimo  fratello  di  quell'illustre,  ebbe  la  raia 
cortesia    di    trasmetterci    all'uopo*  le    sincere   notizie   da   /ui 
con  pietoso  affetto  e  con  molta  diligenza,  raccolte.  Ci  giova  tut- 
tavia  premettere,  che  nostro  divisamento  è  di  compiere  qve- 
st'ufiizio  colla  semplice  narrazione  dei  Catti  per  evitare  che  gli 
artifizii  di  un  apposito  elogio  scemino  fede  allaschiettenadeiis 
parole.  * 

Evasio  Leone  nacque  il  di  16  di  aprile  del  1 765  in  Casale,  ove 
dalla  sua  prima  giovinezza  frequentò  le  pubbliche  ^uole.  Poi' 


CASALE  ^at 

ch'egli  era  di  molto  spave  e  dodi  indole,  e  per  singolare  viva-^ 
cita  d'ingegno  tutti  di  gran  lunga  superava  i  suoi  condiscepoli , 
non  tardò  a  conciliarsi ,  non  che  la  benevolenza ,  T  ammira- 
zione stessa  de'  suoi  professori. 

11  nome  di  Evasio  fin  d'allora  già  onorevolmente  conosciuto 
fuori  delle  scolastiche  pareti  destò  nel  padre  Celestino  Sudda 
provinciale  dei  carmelitani  la  viva  brama  di  averlo  nell'Ordine 
suo*  Con  lieto  animo  aderì  il  giovinetto  all'invito  ,  e  consen- 
tendolo i  pii  genitori  ,  fu  ammesso  nel  convento  del  Carmine 
d'Asti. 

Ivi  solennemente  professò  ne)  di  i6  di  novembre  del  1781. 
Applica  vasi  con  fervore  ai  sacri  studii  sotto  la  disciplina  del 
padre  Flòrido  Ambrosio,  che  era  in  fama  di  eruditissimo  scrit- 
tore ,  quando  per  la  solennità  di  s.  Secondo  protettore  d'Asti 
gli  venne  la  fantasia  di  dettare  un  sonetto  ,  il  quale  mandato 
anonimo  alla  luce ,  piacque  per  siffatto  modo  ,  che  subito 
le  colte  persone  vi  furono  vogliose  di  conoscerne  l'autore. 
Le  congratulazioni  che  gliene  vennero  fatte ,  e  le  lodi  mol- 
tissime ,  onde  fu  confortato  ai  poetici  studi  fecero  si,  che  d'al- 
lora in  poi,  attendendo  pur  sempre  alle  teologiche  discipline , 
coltivasse  ad  un  tempo  più  di  proposito  1'  amena  letteratura , 
in  quella  guisa  per  altro  ,  che  meglio  a  religioso  uomo  si  con- 
venisse. Con  tale  intendimento  nell'immatura  età  di  diciannove 
anni  si  accinse  a  fare  la  traduzione  e  l'illustrazione  del  Can" 
lieo  de*  Cantici ,  adattato  al  gusto  dell'italiana  poesia  e  della 
musica ,  e  cotredato  di  note  ed  osservazioni  sul  senso  lette* 
rale  e  spirituale.  Poco  tempo  dopo  le  dieci  cantate  ne  furono 
realmente  vestite  di  musiche  note ,  inspirate  dai  versi  e  dai 
concetti  di  Eva^o  al  cavaliere  Bagetti ,  il  quale  fu  eccellente 
in  quasi  tutti  i  generi  delle  arti  belle  ,  e  soprammodo  si  di- 
stinse come  pittore  paesista  nella  prospettiva  aerea  e  hneare  , 
ed  anche  nell'effetto  del  chiaroscuro. 

Questa  poetica  versione  fu  con  applausi  accolta  dai  dotti.  In 
bi;evissimo  giro  di  tempo  a  quattro  edizioni  pubblicate  dal  ti* 
pografo  Soffietti  in  Torino  ,  tennero  dieti*o  molte  altre,  venute 
in  luce  nelle  più  cospicue  città  della  nostra  penisola  ;  talché 
ne  nacque  uua  bella  celebrità  al  nome  di  Evasio  ,  e  ne  fecero 
a  gara  onorevoKssima  menzione  Tiraboscbi ,  Saverio  Mattei , 
Denina  ,  Ginguené  ,  e  gli  estensori  dei  più  rinomati  gior- 
Dizion.  geogr.  ecc.  Voi.  111.  *  \G 


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7^7  CASALE 

nali*  Lo  stesso  BettioeUi  ,  il  quale  scrìvendo  al  canonico  D^ 
giovanni  fembrò  portarne  men  Cavorevol  giiidmo,  perchè  \» 
tore  seppe  mettere  la  Cantica  in  Canzoni  j  volle  soggiangert: 
anch*io  lodo  la  metastasiana»  Feramento  un  foglio  lettera 
iti  Venezia  anatematizzò  il  Mattei  per  la  profanazioni  B^ 
tastasiana  della  poesia  ebraica.  Ma  ifuesto  figlio  di  EXiè»- 
pera  di  molto  il  Mattei ,  ed  io  non  m'arrogo  lo  zdo  ardali 
del  padre  suo  :  sarò  piuttosto  un  Eliseo. 

Chiamato  Evasio  nel  1^83  al  couvenlo  di  Torino, li fece 
l'intiero  corso  di  teologia  ,  e  ne  espose  ,  e  sostenne  i  tnSati 
nel  mese  d'aprile  1788  in  uno  di  quei  pubblici  espeni&csti, 
che  difese  venivano  chiamati.  Vive  ancora  in  molti  la  mtm» 
degli  applausi  da  lui  riscossi  in  quella  solenne  occasione. 

Alcuni  anni  prima  il  padre  Eustachio  Delfini  aveva  in  (^ 
lità  di    cappellano    assistito  alla    flotta  francese   nella   celebR 
spedizione  alle  Indie  orientali  sotto  la    condotta    del   ^enetìk 
De-Suffren.  Di  ritorno  in  Piemonte  alfidò   ad    Evasio  le  nofc 
tumultuane  che  raccolto  aveva  intorno  a  quelle  rimote,  e  a 
allora  mal  conosciute  contrade*  Evasio  le    ordinò  riveste»^!^ 
di  uno  stile  nitido  ed  elegante.  Uscirono  poi  dai  torchi  deJ  ^ 
fiotti  nel  1 785  il  ragguaglio  della  spedizione  della fitAìAfr»- 
eese  alle  Indie  orientali;  e  nell'anno  seguente /e memon;^^ 
riche    intorno  alle  Indie  orientali ,  ed  al  ritorno  in  Eurtif»* 
Questi  due  volumi  adorni  di  dediche ,  di  proemii  e  di  vatf 
tazioni  portano  il  nome  del  padre  Delfini ,   a  cui  Era<iio  ftf 
un  effetto  di  singolare  amicizia  lasci^  l'onore  ed>il  fri>^  ^'^ 
lunghe  sue  veglie. 

Una  società  letteraria;  la  quale  l'anno  1 782  tenne  la  sua  pn"* 
adunanza  nel  palazzo  del  conte  San  Martino  della  Motta,  ' 
poscia  in  quello  di  S.  E.  il  conte  Prospero  Balbo ,  lo  au"^ 
a  voti  unanimi  nell'anno  1786.  In  quel  consiesso  cfaf  ^ 
composto  delle  persone  più  erudite  della  capitale,  ^ 
egli  moltissime  sue  produzioni  si  in  prosa  ,  che  io  versi  if^ 
recchie  delle  quali^  Airono  per  acclamazione  dei  soiii  i^^  "* 
stampe  negli  ozii  letterariL  Nel  1 790  ,  in  virtù  di  reffo  r 
glietto  del  5  di  febbraio,  venne  ricevuto  fra  i  dottori  àà  ««•" 
legio  di  belle  lettere-,  nella  quale  occasidhe  recitò  un'eiof»^^ 
ed  applaudita  orazione  latina. 

In  questo  fi^attempo  avendo  per  socii  il  Michelotti ,  '^  ^ 


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CASALE  ji3 

bert  ed  il  Giulio ,  uomini  di  nome  distinto  nelle  sciente ,  at- 
tendeva alla  pabblicfazione  del  Giornale  delle  Scienze ,  Lettere 
ed  Arti.  Gli  articoli  Ietterai ii  a  lui  singolarmente  riservati ,  ne 
formavano  y  per  coinun  giudizio,  il  più  bell'ornamento. 

Taute  j  e  si  svariate  occupazioni  non  lo  distolsero  da  un'im- 
presa di  assai  più  grande  rilievo.  Confortato  da  ragguardevo- 
lissimi personaggi  ,  e  principalmente  da  S.  E.  il  conte  Corte, 
gran  cancelliere  del  regno  ,  ^er  lungo  tempo  si  affaticò  a  rac- 
cogliere ed  ordinare  in  un  corpo  di  storia  i  più  sinceri ,  ed  in 
parte  reconditi  monumenti  cbe  ragguardano  alla  Casa  Reale  ed 
a'  suoi  felicissimi  stati.  Frutto'  di  malagevoli  ed  indefesse  ri- 
cerche  furono  poi  gli  Elogii  de'  principi  della  real  casa  di 
Savoja  dal  looo  al  1891 .  Emulando  ,  e  per  avventura  su- 
perando il  celebre  padre  Appiano  Bonafede  ,  ad  ogni  elogio 
fece  precedere  un  sonetto  ,  in  cui  dipinge  con  vivaci  colori 
l'indole ,  e  le  geste  di  ciascun  principe.  L'infelicità  de' Jempi , 
nei  quali  al  suo  compimento  era  giunta  quell'opera ,  ne  impedi 
la  pubblicazione. 

Le  varie  tristissime  vicissitudini  a  cui  soggiacque  ^1  Piemonte 
in  un'epoca  infausta,  lo  costrinsero  a  mutar  cielo. 

Dimorò  per  alcun  tempo  in  Parma,  trattenutovi  dall'amici- 
zia  de' più  distinti  uomini  che  fiorissero  allora   in  quella  città, 
e  particolarmente  del  Bodoni  ,  che.  volle  onorare   co' suoi   tipi 
parecchie  opere  di  lui.  Ivi  attese  al  ministero  della  divina  pa-» 
rola  ,  e  dettò  un'epistola  ,  sgraziatamente  smarrita  ,  nella  quale 
con  grande  maestria  descriveva  ii  sublime  disegno  ,  con  cui  il 
cavaliere  Bossi  avea  fatto  l'apoteosi  di  quell'immortale  tipografo. 
Durante  il  suo  soggiorno  in  Parma  venne  aggregato  all'Ac- 
tademia  italiana  ed  a  i^olte  altre  società  letterarie.  Nel    i8o3 
fu  dal  magistrato  di  Fermo  invitato  a  reggere   la   cattedra    di 
eloquenza  e  di  poesia  io  quella  antica  università.  Quattro  anni 
dopo  trascelto  a  professore  di  morale    nell'archiginnasio  della 
sapienza  in  Roma  ^  vi  recitò  sai  principio   dell'anno    seguente 
in  piena  adunanza  un'orazione  latina  in  lode  di  Leone  X.  Nello 
stesso  tempo  il  magistrato  di  Viterin)  lo    nominava  a    teologo 
consultore  di  quell'insigne  città.  Nel   1809  un  diploma  del  vi- 
ceré d'Italia 'richiama  vaio  a  Fermo  per   esservi  professore,    e 
reggente  di  quel  liceo. 
Avendo  colà  ricevuto  l'annunzio  di  una  gravissima   malattia 


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7^4  CASALE 

del  Bodonl,  partissene  per  Parma  nel  settembre  del  181 3.  [• 
questo  viaggio  cosi  discorre  il  chiarissimo  Delama  Deìb  vk 
del  cavaliere  Bodoni.  «  L'abate  Evasio  Leone  che  nell'uDÌferikj 
di  Fermo  fino  dal  i8o3  stava  dettando  con  generale  appìasH 
pubbliche  lezioni  di  eloquenza  e  di  poesia,  giunse  improrv.- 
samente  in  Parma  per  abbracciare  un  si  illustre  suo  coDàtt^ 
dino  ,  da  cui  le  vicende  politiche  d'Italia  lo  avevano  per  tacu 
tempo  diviso,  e  per  rivedere  ad  un  tratto  l'abbate  Gueiie/iBo 
suo  fratello  ,  che  poco  prima  erasi  qui  recato  per  assui^re  h 
carica  di  censore  dell'imperiale  liceo.  Furono  quei  breri  è)nii 
pel  cuore  di  Bodoni  soavissimi  ....  quando  nel  sepsni^v, 
ambidue  colle  lacrime  sugli  occhi  strinse  afifettuosamente  al  ì^a 
questo  dolcissimo  amico ,  e  .  .  .  .  addio  con  voce  conimc^^S; 
disse  a  lui ,  che  gli  prometteva  di  ritornare  ,  addio,  0  ore 
a  rivederci ,  ma  nell'altio  mondo  ....  inaspettate  parole,  à 
trafissero  Taniino  del  piangente  Evasio,  e  piombarono  sul cuoie 
della  consorte ,  spettatrice  di  tale  dolorosa  separazione  ■. 

Ritornato  intanto  a  Fermo  vi  sostenne  con  grandissima  ^ 
stinzione  sino  al  18 14  gli  onorevoU  ed  importanti  impiegii' co' 
gli  erano  stati  conferiti. 

A  quali  vicende  ,  ora  gioconde  ed  ora  penose ,  d'aUora  » 
poi  sia  stato  soggetto,  non  potrebbesi  meglio  riconosoerf} 
che  dalle  seguenti  due  lettere  ,  la  prima  delle  quali  ìoàifoi^ 
egli  da  Corfù  il  i5  di  giugno  1816  all'egregio  suo  amico G«*' 
dani ,  procuratore  generale  del  governo  di  Parma. 

«  Post  tot  errores ,  scrive  egli ,  post  tot  discrimma  rfr> 
io  posso  pur  finalmente  presentarmi  in  ispirito  al  mio  tf^f 
onorato,  e  caro  Giordani,  e  dargli  contezza  della  mia  esiste»^ 
le  rinnovargli  il  tributo  dei  sentimenti  ^  che  il  suo  gcào  ' 
sue  virtù  m'inspirarono  nei  lieti  giorni  della  prima  età.  A^* 
de  re  del  regno  italico  io  abbandonai  U  mìo  soggio''°^  ^ 
mo  ;  visitai  nuove  terre  e  nuove  genti.  Dimorai  pareccw  ^ 
in  Napoli ,  e  poscia  in  Monopoli  nella  terra   di  Bari ,  ^^ 
nutovi  da  un  egregio  vescovo  e  letterato,  che  meco  s»*""^ 
nella  più  ingenua  e  tenera  amicizia:  ma  egli  morì;  edioo»T 
sto  nuovo  infortunio  colpito ,  ricaddi  nella   tetra  melando'*' 
da  cui  appena  cominciava  a  respirare.  Ripigliai  il  prog<^'^ 
viaggiare  -,  vidi  tutta  la  Magna  Grecia ,  -e  la  patria  d»  ^ '^^ 
e  di  Teocrito.  Di  là  traghettai  per  quest'isola ,  col  àìse$^^ 


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GASALE  7^5 

andar  peHegrinando  a  baciare  le  rovine  di  Sparla  e  di  Atene, 
e  riverire  la  patria  della  filosofia  e  delle  muse.  Ma  la  peste 
sopraggiunse  a  troncar  le  mie  brame.  Qui  da  sei  mesi  fissai 
dunque  la  mia  dimora  j  della  quale  altra  augurar  non  mi  po- 
teva più  opportuna  a  schiantarmi  dal  cuore  la  moral  malattia 
cbe  mi  travagliava  fieramente.  Una  schiera  di  amici ,  che  co- 
noscevano i  miei  scrittarelli,  si  riunirono  per  migliorare  lamia 
sorte.  Essi  riuscirono  nella  loro  filantropica  impresa  ;  e  colla 
salute  dell'animo  fece  a  me  ritorno  quella  del  corpo.  Io  qui 
sono  sano ,  e  vegeto  y  e  tenuto  in  qualche  pregio  dai  primarii 
signori  greci  ed  inglesi.  Hi  furono  offerti  alcuni  letterarìi  im- 
pieghi ,  che  non  lio  accettato.  Ma  credo  ,  che  al  fondarsi  del- 
l'istituto delle  sette  isole  ,  che  dovrà  risiedere  nella  patria  di 
Ulisse,  io  sarò  annoverato  tra  ì  professori  di  italiana  e  latina 
letteratura. 

Mi  vo  intanto  addestrando  alla  greca,  e  già  comincio  a  bal- 
bettare nel  linguaggio  di  Omero  ,  e  di  Demostene I  pochi 

miei  progressi  mi  furono  bastevoli  per  consultare  in  fonte  gli 
originali  citati  dall'autore  di  un  trattato  de  consolatìone  da  me 
sottratto  in  Fermo  alla  distruzione  che  preparavagli  un  mer- 
cante ,  il  quale  stava  per  avvolgervi  et  piper  et  chartis  quid 
quid  c/iartis  amicitur  ineptis.  Io  lo  credo  inedito  ,  e  l'ho  con 
grandissima  cura  illustrato  ,  come  vedrete  dal  foglio  che  vi 
mando  per  codesto  egregio  bibliotecario  Angelo  Peszana  ,  al 
quale  vi  prego  di  porgere  supplica  in  mìo  nome ,  ed  avvalo- 
rarla col  vostro  ,  onde  lo  possa  dalla  generosa  sua  gentilezza 
ottenere  i  lumi ,  de'  quali  ancora  abbisogno  j.er  dare  l'ultima 
mano  al  lavoro,  e  preparare  l'edizione. 

M'è  surto  in  mente  il  pensiero  di  eseguirla  in  qualche  città 
d'Italia  ,  e  di  farne  un  omaggio  all'ombra  del  gran  Bodoni. 
Io  sono  oppresso  dalle  obbligazioni  pei  favori ,  di  cui  venni  ri- 
colmato da  quel  lume  d'Italia  ancor  vivente.  Polche  non  ppsso 
in  altra  guisa  scontare  menoma  parte  de'  miei  debiti  ,  io  vo- 
glio a  lui  morto  recui'e  il  tributo  della  mia  riconoscenza.  Date 
di  questo  mio  disegno  parte  alla  vedova  illustre  di  quel  grand* 
uomo  ,  rinnovandole  la  memoria  di  me  ,  che  in  ogni  vicenda 
ho  serbato  di  lei  memoria  vivissima  ,  piena  di  tutti  i  senti- 
menti ,  che  le  debbo  perpetui  ,  ed  inviolabili. 

Datemi  qualche  notizia  di  voi  ,  e  delle  cose  vostre.  Se  es&e 

\ 


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;^  CASALE 

corrispondono  al  menti  voetri  sommi ,  ed  a' miei  voti,  io». 
pur  H«to  e  felice  della  vostra  felicità.  | 

11  Pindaro  Parmense  (Angelo  Massa)  ha  egli  con  qnaU'  { 
nuovo  lavoro  messo  il  Tebano  in  forse  dei  secondi  (Aoii?ei 
Nestore  della  vostra  patri:i  ,  e  il  sensitivo  ,  ed  elegante  ccrt 
Antonio  Cerati  non*  l'ha  egli  arricchita  con  qualche  nuon  p 
duzione  della  sua  facii  penna  ,  e  della  sua  ridente  imin^cJ»- 
xtoHe  ì  e  voi,  mio  duca  ,  e  mio  maej>tro  ,  avete  potuto ìb^^ 
lare  alla  catt<;dra ,  al  foro ,  alle  cure  dei  nsagistrati  fajRoa 
una  qualche  ora  per  donarla  alle  nmse  ?  Scrivetemi  dì  ce. e 
di  che  altro  appartiene  alla  letteratura  di  una  città  che  fera: 
tanta  parte  della  gloria  italiani^. 

Presentate  i  miei  osscquii  a  tutti  gli  amici ,  i  quali  m*tt:^ 
rono ,  e  mi  amarono  negli  anni  troppo  rapidi  ch'io  scornava 
vicino.  0  anni  di  sempre  dolce,  e  sempre  acerba  licordan:^ 
Io  vi  rammento  sul  suolo  dove  ancora  olezzano  gli  ord  d  Al- 
cinoo, e  tra  gli  ulivi,  che  forse  udhono  i  canti  di  Omenu 

Di  un'altra  lettera  ch'egli  inviò  a  suo  fratello  il  9  di  bo- 
vembre  del  1817,  e^trarrenio  i  soli  passi,  che  presentalo Da> 
ve  y  o  più  singolari  circostanze  della  ^ua  vita. 

e  Tu  vuoi  ch'io  ti  dica  coU'in^enuità  che  hai  dirifto  di  ^> 
gere  da  me  ,  tutto  ciò  che  ho  racchiuso  nel  cuore  :  o»  ^ 
cenno  mi  è  legge. 

Fermo ,  dove  io  viveva  tranquillo  ,  essendo  stato  <la  ^ 
niera  violenza  invaso  (parla  dell'invasione  di  Muratj,  io  do*'' 
bo  voluto  servire  l'oppressore  fraudolento. 

Rinunziai  .  perciò  all'onorevole,  e  vantaggioso  impifp  «^ 
Reggente  di  quel  liceo,  e  nel  primo  bollore  di  un'ardeule ii^ 
maginazione  meco  stesso  deliberai  d'uscire  afiatto  d'Italia-  ^ 
volsi  quindi  a  Napoli,  onde  tragittare  di  là  in  Grecia.  Ma <^^ 
gravissima  malattia  mi  costrinse  a  dimorare  quasi  sette  d^ 
in  quella  gran  capitale.  Venne  alloia  ad  assalirmi  un'orr^'^ 
melanconia  ,  la  quale  degenerò  quasi  in  frenesia.  L^atU'C*^' 
ed  un  barlume  di  ragione  mi  sostennero. 

Per  togliermi  a  quello  stato  infelicissimo  ,  e  per  cang'^^ 
col  cangiar  di  cielo  la  fortuna,  non  tardai  un  istante  a  f^^ 
sulla  prima  nave ,  che  dal  porto  di  IS'apoIi  salpava  per  la  ^^ 
glia  ,  la  quale  quasi  interamente  costeggiando  trascorsi.  ^^ 
fiera  burrasca    mi    fece  afferrare  Monopoli  ,  città  doviiiw»;^ 


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CASALE 

eulta.  Qui  la  sorte  mi  fece  abbattere  in  un    vesco 

"-  aveva  in  grandissinia  estimazione  i  miei  scritti.    £| 

presso  di  se  ,  ed  affidonimi  ,  per  distrarmi  dalla    i 

'*    ^  che  pur  mi  travagliava  ,  la  direzione  generale  deg 

seminario,  o  del  liceo.  Quest'occupazione,  ed  i  se 

maniera  apprestatimi  da  quel  buon  prelato,  m*an( 

a  poco  risanando  fisicamente  ,  e  moralmente.    Qu 

'-  libri,  dei  quali  aveva  molti  e  sceltissimi:  quivi  coi 

chie  operette  rettoriclie ,  poetiche,  e  morali,  le  aus 

'  la  luce  in  Piacenza.    Quivi  Taria  salubre  ,  gli  acce 

ci ,  e  soprattutto  gli  innocenti  piaceri  della  campa j 

cero  quasi  rinascere  a  nuova  vita.  Ma  come  è  mie 

non  gustare  la  felicità,  se  non  dimezzata,  il  bene 

i'  dopo  breve  malattia  spiiò  nelle  nàe  braccia  Tanii 

i-  nedetta. 

%  Che  fare  allora?  restare?  io  ne  aveva  i  più  cah 

ì  le  immagini  tetre   di  morte   mi   avrebbero  rispinti 

%  mia   melanconia  :  altronde    qual   prospettiva   pote^ 

jf  morte  del  mio  benefattore  ,  offrirmi  un  ^  angolo   di 

w  Diveltomi  perciò  dal  seno  degli  an>ici,  abbandona 

«alìi  una  nave  che  veleggiava  per  Corfù  ,   e    vi   g 
dopo  essere  stato  ludibrio  dell'onde,  e  dei  venti, 
duto  il  naufragio  d'un  legno  ^    che   quasi    nello 
aveva  alzata  l'ancora. 
t  Faustissimo  fu  il  mio  ingresso  nella  capitale  del 

I  ••     de*  principali  .signori  gieci  ,  i  quali  si  erano  educi 

risaputo  appena  il  mio  arrivo ,  gareggiarono  nel  i 
e  dopo  due  anni  mi  sta  ancora  presente  una  cen; 
a  me  imbandita  a  spese  loro  comuni ,  nella  qual 
la  cordialità  mi  richiamavano  al  pensiero  quella 
«*  fece  apprestare  in  quest'isola  ste&sa  ad  Ulisse,  al 
ricolt  di  mare ,  e  nelle  peripezie  pur  troppo  io  n 
Ma  mentre  si  lieti  priucipii  m'inondavano  di  gì 
ecco  un  avvenimento  il  più  terribile,  e  funestator 
grido  si  sparge,  che  serpeggi  poco  lungi  un  mort 
tacca  ad  un  tempo,  ed  uccide.  Il  grido  ognor  più 
do,  sinché  resta  avverato,  die  la  peste  ha  invase 
risola,  e  minaccia  il  rimanente.  Mon  ti  dipingerò 
in  ogni  guisa  atteggiato,  che  si  vedeva  Kolpito  ii 


7i8  CASALE 

to  y  in  ogni  sembiante.  Ordina  il  governo  che  la  parte  appe- 
stata venga  separata  da  tutte  le  altre  :  si  stabiliscono  trìplid 
•cordoni  di  truppe  \  si  chiudono  le  porte  della  città  ;  ed  io  dai 
più  ridenti  piombato  nei  più  tristi  pensieii  rimango  con  tutti 
i  compagni  della  mia  infelicità ,  cittadini  e  stranieri,  confinato 
e  rinchiuso  dentro  le  mura  ,  ove  non  sapeva  ,  se  avrei  sog- 
giorno ,  o  tomba.  Questa  infelice  coodisioue  di  cose  riurò  ben 
nove  mesi 

Ad  ogni  modo  non  mi  sono  avvilito  ,  né  mi  avvili rò  giam- 
mai. Il  santo  amore  che  nutro  per  le  lettere,  non  si  è  spento-, 
né  spegnerassi,    se    non  coir  ultimo    respiro.  Sto  applicandomi 
alla  piena  intelligenza  de'  greci  scrittori  con  quello  stesso  zelo, 
eon  cui   mi    ci   sono  preparato   negli    anni  più    verdi.     Ho  in 
pronto  un'opera  morale  ,  che  riceverai    quanto   prima     per  la 
via  di  Venezia.  Ho  inoltre  tradotto  dall'inglese,  e  corredato  dì 
opportune  note  sette  lettere  del  vescovo  di  Landaff  contro  Gì- 
bon.|  Porse  lo  spaccio  straordinario  che  ebbe  l'opera  originale 
nella  Gran  Brettagna  si  può  in  parte  attribuire  al  nome  stesso 
dell'autore  dell'istoria  della  decadenza ,  e  della  mina  del  Pini- 
pero  romano,  e  molto  più  al  nobile  scopo  del  suo  confutato- 
re^  il  quale  difende  il  cristianesimo  dalle   imputazioni   fattegli 
tIsC  quello  scrittore  irreligioso.  L'opera   tuttavia   in    se  stessa  è 
di  gran  polso  ,  é  scritta  con  una  purità  .singolare  di  lingua.  Nel 
traslatarla  anzi  che  le  parole  io  ho   seguito    il  sentimento  ;    e 
posso  conndai^  che  sia  stata  da  me  rivestita  di  colori  equiva- 
lenti agli  inglesi.  Pel  signor  del  Majuo  ho  pure  sulla  tavola  due 
o  tre  volumi  d'operette  di  vario  genere.  In  sonmia  mi  son  fatto 
una  legge  di  quel  detto  d'Orazio  ,    che    non    conviene  troppo 
pensare  al  domane,  e  perchè  la  Provvidenza  è  sempre  madre, 
•e  perchè  non  bisogna  afFreltarc  ì  mali  col  figurarseli » 

Oltre  le  ultime  opere  nella  precedente  lettera  indicate,  e  per 
funesti  accidenti  di  mare  perdute  ,  ed  oltre  il  manoscritto  ^^ 
consolatione ,  che ,  sebbene  assai  tardi ,  si  è  finalmente  rice- 
vuto ,  metteva  Evasio  in  Coi-fù  la  seconda  mano  ai  già  nienlo- 
vati  Elogii^  avendo  in  pensiero  non  solo  di  continuarli  sino  al  re- 
gno di  Vittorio  Emanuele ,  ma  di  correggere  eziandìo  qualche 
giovanile  inavvedutezza  ^  e  di  porre  in  miglior  aspi  tto  «na 
storia  ,  dalla  quale  i  giusti  encomii  allontanassero  ogni  sospetto 
di  bassa  adulazione.  Voleva  intitolare  quell'opera    i  secoli  Sa' 


CASALE  7^9 

bandi  j  avendo  in  mira  d'instruire  chi  appena  sappia  i  primi 
elemeiìti  della  storia  patria  ;  ^la  proponendosi  ad  un  tempo 
clie  il  suo  lavoro  non  fosse  indegno  delio  sguardo  degli  storici 
profondi ,  dei  politici ,  e  dei  letterati.  Al  nobile  scopo  aveva 
già  egli  raccolti ,  e  ripuliti  i  materiali  della  seconda  parte  di 
lutta  quest'opera  ;  ma  anche  questa  sua  novella  fatica  ,  per 
qualche  fortuna  di  mare  non  giunse  in  Piemonte. 

Glunsevi  però  l'autografo   della    f^iitoria  di  Mosca  in  lode 
.dell'imperatore  Alessandro.    Questo  poema  drammatico  spirante 
in  tutte  le  sue  parti  la  venustà  Metastasiana,  restò  lunga  pezza 
£ra  le  mani  del  conte  Capo  d'Istria ,  il  quale  cosi  ne  scriveva 
al  vecchio  suo  padre  in  Corfù:   v  Sto  spiando  l'istante  di  pre- 
sentare a  Sua  Maestà  l'egregio  lavoro  di  Evasio  Leone.    Molti 
italiani  mi  hanno  indirizzato   loro  versi  :    io    li  terrò    indietro 
tutti  per  far  giustizia  al  professore  Leone  ,  a   cui    forse    potrò 
essere    utile  ».    Ma  queste    buone    intenzioni  del    conte   Capo 
d'Istria  ,    e  le    promesse   di-  altri    cospicui    personaggi   furono 
senza  effetto  ;  non  per  questo  rimase  mai  turbata  la  calma  dì 
Evasio.   «  Io  son  nutrito  ,  scriveva  egli  ,  delie  più  luÀngbiere 
speranze  ;  ma  la  mia  stella  non  si  tìnse  mai  di  color  di  rosa  : 
spera  e  temo  ». 

•  Né  più  felice  successo  coronò  la  Visione  sul  sepolcro  della 
principessa  Carlotta  di  Galles  ^  uscita  dai  torchi  di  Corfù,  e 
riprodotta  con  lusso  dai  tipi  Bodoniani  nel  1818.  Contiene  la 
visione  un  elogio '  funebre  tessuto  con  certe  insolite  forme ,  che, 
se  mal  non  ci  apponili iamo  ,  erano  prima  sconosciute  pli'Ita- 
■lia.  La  madre  della  principessa,  che  ne  aveva  aggradito  la  de- 
dica, aveva  altresì  sollevato  l'autore  a  liete  speranze,  che  pur 
totte  andarono  fallite. 

La  singolarità  dell'invenzione  ,  la  forza  de'  pensieri ,  l'evi-^ 
denza  delle  immagini  ,  ed  uno  stile  sempre  pittorico,  e  non  di 
rado  sublime,  sono  i  pregii  che  risplendono  in  questa  produ- 
zione ,  e  «QUO  di  non  dubbia  prova ,  che  l'età  non  aveva  an- 
cora diminuito  le  scintille  del  felicissimo  ingegno,  di  cui  la 
'         natura  era  stata  cortese  all'autore. 

Crediamo  opportuno  lo  aggiungere  qui  il  giudizio  che  portò 
di  quell'elogio  funebre  il  dotto  Gerolamo  Trevisan,  professore 
emeiito  della  università  di  Padova  ^  in  una  lettera  indiritta  ad 
im  suo  illustre  collega,  e  Ebbi    finalóieute   col  mezzo   di    un 


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geotil  giovine  parmigiano  a  ciò  incaricato  dal  cLiarissimo  abate 
ColoDibp,  la  Visione^  dono  prezioso  della  vostra  amicizia  sem.- 
pre  libéralissima  verso  di  me.  Potete  iinniagiiiarvi  con  quaota 
avidità  mi  feci  a  leggerla  !  tutta  da  capo  a  fondo  sull' istante 
la  divorai.  £  come  infatti  scostar  le  labbra  da  questo  nettare 
prima  di  averjo  tutto  sino  airultima  stilla  esaurito  ?  ben  una 
tal  opera  doveva  essere  si  lungamente  aspettata  dalla  mia  im- 
paziente curiosità!  lavoro  sommo,  impareggiabile,  unico/ sarà 
criticato  lo  veggo  ,  e  può  criticarsi  :  ma  da  cbi  ?  da  coloro  , 
che  non  si  sollevano  sopra  la  sfera  dei  letterarii  insetti ,  e  non 
sanuo  abbandonare  quell'aere  basso  e  pesante ,  ove  nacquero, 
ove  muojono.  Io  guardo  ai  concetti  senza  troppo  curarmi  delle 
espressioni.  Mnn  è  castigato  sempre  lo  stile  ;  ma  le  idee  sono 
sempre  grandi  e  sublimi.  Chi  pretender  può  a  buon  diritto  in 
un  colossal  simulacro  le  ultime  squisitezze  degli  scalpelli  più 
dilicati ,  che  sanno  solamente  incidere  con  scrupolosa  diligenza 
qualche  opera  da  microscopio  ?  anche  il  numero  manca  tal*- 
volta.  Ma  non  è  questo  un  concento  di  musica  pastorale  ,  e 
gentile  :  è  il  suono  delle  maschie  trombe  de'  forti ,  e  l'inter- 
rotto gemito  del  dolore:  sono,  per  cosi  esprimermi ,  le  eruzioni 
volcaniche  di  un'immensa  passione.  Come  incatenarne  l'impeto 
per  assoggettarle  alla  freddezza  uniforme  del  ritmo  si  malage- 
vole de'  prosatori?  e  poi  ci  fossero  in  fine  difetti  e  di  lingua, 
e  di  stile  ,  e  d'armonìa  ,  converrebbe  sempre  perdonarli  alla 
novità,  edalla  grandezza  delle  idee,  e  de' concetti ,  che  splen- 
dono per  tutta  l'opera  ». 

L'amor  del  vero  ci  obbliga  per  altro  a  dire  che  varie  fan- 
tastihe  espressioni  sfuggite  all'autore  nell'entusiasmo  di  una  fret- 
tolosa composizione  ,  e  da  lui  stesso  poscia  riprovate  ,  incor- 
sero a  buon  diritto  la  censura  della  sacra  coogr^azione  del- 
l'Indice. Ma  la  ristampa  ne  presentò  per  la  prim%  volta  quel- 
l'opera diligentissimamente  riveduta ,  e  purgata  da  quelle  men- 
de ,  che  meritarono  si  grave  nota. 

La  Visione  ,  di  cui  erasi  già  fatta  in  Corfù  una  versione 
francese  ,  fu  altresì  nel  1819  da  un  dotto  ellenista  tradotta  in 
greco  letterale  ;  e  a  questo  modo  andava  essa  trascorrendo  il 
Peloponneso  ,  e  l'Attica ,  ed  era  applaudita  dai  discendenti  dei 
Demosteni  ,  e  degli  Isocruti. 

Aveva  Evasio  il  i3  di  marzo  dello  stesso  anno  spedito  p^f 


rebbe  in  un  paese  cristiano  ;  ma  in  mezzo  ai  turchi ,  a  dispetto 
delbi  natura  j  che  ride  d'ogni  intomo,  sembrami,  che  tutto 
sia  tinto  di  color  melanconico  e  tetro.  Ad  ogni  modo  ,  se  da 
Corfù  non  vengo  a  condizioni  onorevoli  richiamato ,  mi  rimarrò 
qui,  ed  occuperò  un  pajo  d'anni  a  perfettamente  istruirmi  nel 
greco  idioma ,  a  viaggiare  ,  a  scrivere  i  miei  viaggi ,  riducendo 
le  mie  lettere  a  forma  e  stile  ,  che  non  abbiano  a  temere  Ja 
luce  del  giorno.  Vero  è,  che  in  mezzo  al  comun  servaggio  un 
franco  ,  che  ha  la  protezione  di  un  console  austriaco  ,  può 
godere  come  io  godo  realmente  ,  di  una  piena  libertà.  ]Non 
posso  per  altro  dissimulare  ,  che  il  sentimento  'della  dignità 
umana  mi  fa  provare  molto  ribrezzo  nel  vederla  qui  universal- 
mente degradata ». 

Ma  a  quali  lavori  Evasio  attendesse,  e  quali  fossero  a  quel 
tempo  i  suoi  divisamenti ,  meglio  ,  e  in  più  distinto  modo  sì 
potrà  riconoscere  dai  varii  cenni,  ch'egli  stesso  ne  fece  in  una 
sua  lettera  indiritta  a  suo  fratello  il  18  settembre  1818.  a  Spero  dì 
poter  mandare  quanto  prima  a  Sua  Eccellenza  il  conte  Balbo 
l'incisione  di  un  basso  rilievo  qui  da  me  trovato ,  e  fatto  di- 
segnare da  abile  artista  tedesco,  il  quale  era  dì  passaggio  per 
recarsi  in  Atene.  Mi  duole,  che  sono  affatto  privo  di  libri  d'an- 
.  tiquaria,  e  dì  belle  arti,  dalla  qual»pnvazionc  deriva  una  gran 
difficoltà  di  ajutarmi  nella  descrizione,  ed  illustrazione  di  que- 
sto capo -lavoro  ,  e  di  altrì  non  pochi ,  i  quali  vo  scuopreudo 
tra  le  mine  di  quest'antica  capitale  deirAcaja  ,  accresciuta  dì 
una  colonia  ,  e  ripiena  di  bei  monumenti  da  Augusto  dopo  fa 
famosa  battaglia  d'Azzio. 

Passeggiando,  giorni  sono,  sulla  sponda  del  golfo  di  Lepanto 
m'avvenni  in  un  cimitero.  Un  turco,  cui  richieisì  a  cbì  appar- 
tenessero quelle  tombe  ,  con  aria  rispettosa  dissemi ,  che  era 
il  cimitero  de*  ciistianì  morti  nella  battagfia  di  Leiìanlo.  Cbc 
bel  soggetto  per  un'altra  visione!  di  quante  forme  e  patetiche, 
e  sublimi  sarebb'cssa  suscettiva  !  ma  mi  mancano  le  megiorie 
di  quella  battaglia  ,  di  cui  più  sanguinosa  non  videro  e  Gre- 
cia ,  e  Roma  antica  ,  e  che  salvò  Roma  moderna  ,  e  l'Italia. 
Se  mi  riesce  di  trovare  qualche  narrazione  storica  di  quel  fat- 
to ,  potrò  utilmente  impiegare  le  mie-  veglie  ,  e  la  mia  soli* 
tudine  0. 

Due  mesi  dopo  scriveva  cosi  :*  «  Ti  accennai  la  mia  idea  di 
scrivere  sulla  Grecia,  argomento  di  modaj  ma,  per  quanto  si- 


A  proposito,  sai  ta,  cbe  si  é  teste  scafato  il  tempio  d'Apol- 
line  precisamente  sulla  montagna  di  Delfo  ,  e  che  ti  si  sono 
trovate  ,  olire  ad  altre  preziose  anticaglie  ,  molte  bellissime 
statue  ?  quanti  tesori  sifiatti  potrebbero  ritrovarsi  in  Olimpia  , 
dove  tutto  è  intatto,  quanti  in  Tebe  ,  in  Argo,  in  tutta  TAr- 
eadia  !  Ma  di  ciò  un'altra  volta,  quando  avrò  veduto  coi  miei 
occhi  ciò,  che  sull'altrui  relazione  ti  scrìvo  ». 

Vide  egli  infgitti ,  ed  esaminò  ia« varie  gite  gli  avanzi  del 
Partenone  ,  e  tanti  altri,  i  quali  ancor  ricordano,  cbe  la  Gre- 
cia fu  un  giorno  sede  delle  arti  belle. 

È  qui  opportuno  il  riferire  ciò  che  di  lui  scriveva  sul  finire 
del  1819  il  conte  De-Grattagliano:  «  Evasio  è  stimato  ed  amato 
ovunque  si  fa  conoscere.  I  miei  corrispondenti  delle  varie  con- 
trade della  Crecia  ,  ai  quali  l'ho  raccomandato  come  un  mio 
fratello  ,  mi  scrivono  che  soq  vicini  a  perdere  un  tesoro  che  io 
presto  riacquisterò  ». 

Le  sventure  inseparabili  dalle  lunghe  sue  peregrinazioni  nel- 
l'interno della  Grecia  ,  e  la  stagione  che  avrebbe  reso  ognor 
più  pericoloso  un  viaggio  di  mare.  Io  consigliarono  a  ricercare 
un  necessario  riposo,  e  ad  attendere  in  Gorfù,che  l'incostanza 
de'  flutti  fosse  meno  funesta.  Ricevuti  colà  da  suo  fratello  nuovi 
e  maggiori  inviti  a  ri  patriarci ,  colla  seguente  lettera  rispon- 
deva Evasio  il  20  di  giugno  1820.  «  Porgi  in  mio  nome  mille 
rendimetìti  di  grazie  a  S.  E.  il  conte  Balbo ,  il  quale  fra  i 
tanti  sublimi  pensieri  e  grandi,  ha  pure  la  generosa  degnazione 
di  rìsov.venirsi  di  me.  Ninno  sarà  pia  di  me  felice  ,  se  sotto  i 
suoi  fausti  auspizii  io  potrò  chiudere  non  solo  la  mia  carriera 
letterarìa  ,  ma  ancor  la  vitale.  Io  inceppato  da  debolezza  ca- 
gionata dal  clima  e  dalle  febbri  che  mi  travagliano,  debbo, 
a  mio  malgrado,  andar  ritardando  la  mia  partenza.  Ma  se  il 
cielo  mi  iridona  la  salute  che  perdetti,  e  vo  troppo  lentamente 
ricuperando  ,  ti  scriverò  tosto  ,  a£Snchè  tu  venga  al  mio  in- 
contro in  Venezia ,  per  ftir  teco  il  più  dolce  viaggio  ch'io  ab- 
bia fatto  giammai.  Sarà  questo  l'ultimo  ,  poiché  come  il  Ye- 
Bosino,  sono  stanco  maris  eiviarum-,  e  null'altit»  sospiro, 
Che  tra  gli  antichi  amici  in  caro  loco 
Viver  temprando  il  verno  al  proprio  foco. 
Io  sento  ognor  più  che  cogli  anni  sen  "fugge  la  forza  ed  il 
brio  del  corpo  e  dello  spirito:  ho*  d'uopo  di  riposo  ,  e  questo 


\ 


coDuo  SUO  Viaggio  la  icTsnie  ,  o  per  yioienia  nuuaiua  ,  o  per 
qualche  ignota  fortuna  di  mare. 

Evasio  ebbe  una  bella  statura  ,  una  fisonomìa  nobile  ed 
aperta,  uno  sguardo  pieno  di  fuochi,  una  voce  dolce  e  sonora, 
atta  a  muovere  e  persuadere,  un  cuore  tenero  e  sensitÌTO.  Fu 
nella  vita  privata  di  modi  soavi,  e  di  una  piacevolissioia  mo- 
destia :  nell'animo  suo  non  annidarono  mai  né  livore  ,  né  in- 
vidia ,  né  alcun  basso  pens?ero. 

Le  sue  opere  edite  sono:  Il  cantico  de'  cantici,  tradotto  ed 
illustrato.  —  Lettera  del  consigliere  Giordani  al  traduttore ,  e 
sua  risposta.  —  Variazioni  dall'autore  fatte  alla  sua  versione. 

—  Sei  elogi  sacri  ,  con  copiose  annotazioni.  —  I  treni  di  Ge- 
remia ,  tradotti  ed  illustrati.  —  Le  virtù   del    trono  ,    cantata. 

—  La  pace  fra  Pallade  ed  Amore  ,  ^cantata.  —  Versione  poe- 
tica del  salmo  71.  —  Pianto  di  Maria.  —  Ode  a  S.  £.  il  ba- 
rone Vincenzo  dell'Aglio.  —  Pignuilione  ,  poemetto.  —  Elogio 
funebre  di  monsignor  Minucci ,  arcivescovo  di  Fermo.  —  Let- 
tera all'autore  ,  di  Sua  Eminenza  il  cardinal  Brancadoro.  —  Vi- 
sione sul  sepolcro  della  principessa  Carlotta  di  Galles ,  edizione 
riveduta  ed  emendata.  —  Le  opere  inedite  sono ,  oltre    molti 
opuscoli  quali  in  versi ,  quali  in   prosa  ,  Elogii  storico- poetici 
della  real  casa  di  Savoja ,  dal   1000  al   1391.  —   Tre  panegi- 
rici. —  Nove  discorsi  per  novena  del  s.  Natale  di  N.  S.  —  La 
vittoria  di  Mosca  ,  poemetto  drammatico.  11  trattato  de  cons(H 
latione ,  di  Nicolao  Mechin^pse ,  vescovo  di  Madrusfa,  dall'au- 
tore scoperto  ,  arricchito  di  un  commentario  ,  ed  illustrato  con 
erudite  annotazioni. 

Le  sue  dotte  fatiche  intorno  a  questo  prezioso  trattato  del 
Madrusfa  .  voleva  egli  dedicare  alla  città  che  lo  vide  nascere  ^ 
ed  anche  fartene  dono  dell'autografo  stesso  :  onde  appare,  che 
le  virtù  ,  di  cui  ebbe  l'animo  a  dovizia  fornito  ,  non  andarono 
disgiunte  mai  dal  santo  amore  di  pàtria. 

DeW antico  luogo  di  s,  Ey^asio,  e  di  SEDULA. 

11  villaggio  ora  scaduto  di  s.  Estasio  fu  nei  tempi  di  mexxo 
una  corte  ,  o  capoluogo  con  distretto  particolare.  I  due  già  citati 
diplomi  imperiali  di  Ottone  111 ,  e  di  Arrigo  11 ,  il  primo  del 
999  a  favore  del  vercellese  vescovo  Leone,  il  secondo  a  van- 
taggio della  badia  di  Fruttuaria  ci  dimostrano  primamente  che 
s.  Evasio  aveva  sotto  di  se  le  terre  chiamate  Frassineto  da  Po^ 


;S8  CASALE 

nMtì  in  ipelli  città  «  MDevare  oimtro  esso  la  plebaglia,  a  a« 
lo  diacaedaroiio   eoa   la   irsoleaza.   Si  ritirò  egli  per  la  via  dà 
Venselli  m  ValasiaikO,  terra  o^i  scaduta  tra  Casale  «d  Arti ,  ed 
ivi  addonaenlatosi  per  la  staacbexsay   fu   risvegliato   dal   fido 
prete  Natale  ^  a  ripartitone  Irettolostt  atrarrìvo  di  caTaKerine- 
mici,  $»èò  a  riposarsi  ad  Oxzano,  e  dappoi  io  una  selva  detta 
Cornea  si  nascoseé    Arrivò  colà  il  diacono  Projetta,    che  cen- 
dusselo  in  virioo  luogo  sicuro,  di  cui  non  è  indicato  il  none; 
ov%  il  d«ro  ed  il  popolo  dei  dintorni  andò  a  visitarla   CoslA 
confennè  i  «recanti  nella  fede,  e  cogiti  insegnamenti  e  «na»- 
f«GoH  trasse  a4t^a«iiftà  del  vangelo  molte  infedeli  famiglie,  fra 
le  ^oali  coftverti  una  pagana  per  nome  Projetta,    figliuola  di 
«n  crittìano  artefice  chiamato  Diogenio,   alla   quale  ridonò  ad 
un  tempo  prodigiosanvente  la  salute  del    corpo,    berlocche   vi 
fcresfie  Un  1»mpio  per  accogUerii  ai  santi  mfsterì,  dedicandolo 
al  tfta?^ve  diacono  s.    Lorenao.    Trovavasi  allora  in  una  pros- 
sima città  detta  Sedala,  il  prefetto  de'presidii  del  confine  At- 
tabttlo  pagano,   il  quale  aentendo  quel  maraviglioso  progresso 
del  eristianeshno,  preso  da  fiero  disdegno,  volle  che  fosse  di- 
nanzi a  se  condotto  il  santo  vescovo,   e   avendo    questi   «Ita- 
mente  ricusato  di  cessare  daBe  predioaxiooi,    avrinto   mani    e 
piedi  fu  gittate  nel  profondo  sotterraneo  dagK    abitaifti    dna- 
malo  Pozzo  di  Ucostrato.  E  avendo  poscia  il  tiranno  reiterate 
invano  le  sue  prime  intìmàtioni  e  mlnaccie,   ordinò  che  colà 
dinanri  al  tempio  fosse  Evasio  posto  a  morte  insieme  col  -dia- 
cono Projétlo  e  con  cento  quarantacinque  cristiani   dell'uno  e 
dell'altro    sesso:  «ordine   crudele  -eseguito  nel  di  primo  di  di- 
cembre del  ^36ik. 

Poco  tempo  dopo  molte  puniùooi  diviue  colpirono  le  persone 
che  ebbero  parte  all'esecuzione  dell'empia  sentenza;  e /soprat- 
tatto  fu  colpito  Attabolo,  che  divenne  cieco,  né  potè  ricupe- 
rare la  vi^ ,  se  non  invocando  jl  soccorso  del  santo  maiii'^ 
auUa  tomba  di  'Itrì,  divenuta  gloriola  par  cagion  dei  prodigi 
che  il  sommo  Iddio  vi  operava.  Dopo  la  conversione  del  prò* 
fetto,  l'esercirio  della  cH^huai  religione  in  Seàula  cft)betale 
increfmento,  che  per  le  viftn  degli  abitanti,  la  città  era  rOfSìt^ 
celebrata,  ed  i  fedeli  da  lontani  paesi  liberamente  vi  si  reca* 
Vano  ^1  sepolcro  del  martire. 

fla  dopo  la  morte  di  Altabulo,   gli   ariani  ìà  cattivaroao  il 


CASALB  739 

prefetto  auUlfu»  di  Valensa  «lal  Po>  cbe  er»  uo  certo  Caunio, 
unno  di  Ofigia»;  e  questi  Tenne  con  truppe  in  Seduta  pet  fcirvi 
bottino  al  sepolcro,  che  erA  stato  altrove  trasportato.  Al  fu- 
rore degli  ariani  aggiuntosi  il  disdegno  del  preletto,  la  città  fa 
da  essi  abbandonata  al  saeco  ed  alle  fiamme.  Qui  fioi&cono  gli 
atti   sinceri. 

S  "ignora  se  mai  più  Sedala  sorgesse  dalle  sue  rovine  ;  certo 
é  cbe  in  appresso  più  non  trovasi  in  autentiche  carte  nomina- 
ta; e  il  diploma  di  LuitprandO|  in  cui  appare  il  nome  di  e^sa, 
è  quivi  interpolato. 

Non  cessò  per  questo  il  concorso  de'  divoti  al  sepolcro  di  ^ 
Evasioy  che,  tranquillatesi  le  cose,  furvi  rimesso,  e  vi  si  mao*- 
tenne  ansi  per  modo,  che  il  nome  della  città  si  amarri  a  po# 
co  a  poco  9  e  quello  del  santo  essendovi  di  preferensa  sul  lab» 
bro  di  ognuno,  Sedula  diventò  s.  Evasio;  mutamento  di  POIM 
che  a  molti  altri  luoghi  è  in  pari  guisa  succeduto  a  que' 
tempi. 

Intorno  al  mille  andò  crescendo  la  prosperità  di  Casale ,  e 
«comando  grandemente  quella  del  luogo  di  s.  Evasio;  cosi  che 
gli  abitanti  di  esso  allettati  dai  vantaggi ,  che  si  avevano  in 
Casale ,  e  dalle  profferte  de'  casalcsi ,  s'indussero  a  trasfeiV'» 
visi  la  maggior  parte  colle  sacre  spoglie  del  santo;  e  da  quel- 
l'epoca in  poi  questa  città  fu  appellata  Casale  di  s«  Evasio. 

U  luogo  antico  di  s.  Evasio  dicadde  cosi,  che  di  esso  non  rimane 
in  oggi  traccia  veruna.  Tuttavolta  tra  Paciliano  e  Casale  iofco»- 
trasi  un'amena  pianura ,  che  da  tempi  antichissimi  é  denomi*" 
nata  dal  pozzo  di  s.  Evasio;  cioè  dalla  profónda  prigione ,  ove 
il  santo  era  stato  gittate.  Sul  finire  del  secolo  xvia  ivi  ancorm 
si  vedevano  molti  ruderi  di  antiche  rovine,  e  non  è  gran  tempo 
che  fuvvi  ricòstrutta  la  vetusta  chiesa  in  onore  di  quel  santo  : 
la  distanza  di  dae  miglia  che  or  si  notano  da  Casale  all'antico 
s.  E?asio,  combina  con  quella  indicata  dagli  imperiali  diplomi* 
La  memoria  di  questo  Posso ,  o  carcere  Licostrato  fece  ne' 
tempi  di  mezzo  immaginare  una  fonte  di  acqua  viva,  ietta  costà 
scaturire  dal  santo  ;  del  die  non  havvi  alcun  fondamento  :  e 
perciò  i  versi  che*  si  leggono  nelPinno  dell'Uffizio  proprio  dis. 
Efesio  :  et  vebu  Moysis   renwcUa  virga  protuUt   undat ,   non 
sono  che  l'espressione  di  una  pia  volgare  credenza. 
Le  anzidette  circostanze,  poiché  non  havvi  ragione  che  vi  si 


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^4o  CASALE 

opponga,  riunite  indeme  concorrono  a  fu  quifì  raTviaitYi:* 
lieo  luogo  di  s.  Evasio ,  e  per  giusta  consegoeaia  qvdko  èà 
vetusta  citta  di  Sedula.  Ed  in  Tero  niano  dubita  die  od  lese 
di  8.  Evasio  fu  il  suo  sepolcro ,  per  coi  esso  dibe  lacdebDl 
ed  il  nome  ;  niuno  dubita  che  in  Sedula  fu  il  pozso ,  <n£  i 
gittato  j  e  sofferse  quindi  il  martirio  :  non  haTri  in  fise  e 
possa  negare  che  il  suo  sepolcro  divenuto  tostamente  Ofgetto a 
culto  in  quell'antica  città  e  ne' suoi  dintorni ,  sia  slato  kosk 
della  venuta  degli  ariani,  e  della  distruaione  di  SeduìiJesa. 

Appuuto  perché  i  sinceri  atti,  che  noi  mpportamiiu,^^ 
erano  per  lo  innanzi  ben  conosciuti ,  si  confusero  non  fàè  i 
due  vescovi  Evasii,  ma  ben  anche  i  luoghi,  e  si  dichian^ 
Casale  ,  s.  Evas'io  ,  e  Sedula  come  una  sola  cosa;  dò  A^^- 
tra  gli  altri  il  padre  Beretti  nella  sua  corografia  soJJe  tr&. 
deirUghelli,  che  fu  anch'egli  tratto  in  errore  dal  ìislabaili 

Cenni  storici  sopra  il  luogo  di  PadlianOf  ora  s,  Gtmfi^ 
di  Casale.  Il  moderno  villaggio  di  s.  Germano  presso  Casr 
ebbe  anticamente  il  nome  romano  di  PaciUaiuun ,  rilia  w^ 
spettante  ad  alcuno  del  romano  casato  de'  Facili,  cogoomc^fi' 
tichissimo  della  gente  Turia  ,  di  cui  fu  un  Cajo  Tulio  h^ 
console  di  Roma  l'anno  3i4y  rammentato  da  Livio  4?  *^^^' 
vero  di  alcuno  dei  loro  liberti. 

Stava  poco  discosto  dalla  città  di  Sedula,  ora  casobre^» 
Pozzo  s.  Evasio.  I  suoi  avanzi  veggonsi  a  due  miglia  a  scirKc^ 
da  Casale  alla  destra  del  Gattola  sul  vicino  colle  che  ooo^^' 
vane  il  nome. 

Nel  diploma  dell'imperatore  Carlo  il  Grosso  dell'88i  e  ^ 
preso  con  Occimiano  nella  donazione. di  terre  da  lui  ^^^ 
chiesa  di  Vercelli. 

Di  Paciliano  trovasi  poi  menzione  nel  trattato  de'  comuni  («^ 
lega  Lombarda   fattosi  in  Milano  l'anno    1199-  ^  V^ 
rilevasi  ch'esso  fu  un  cospicuo  comune  ,  che  aveva  voA^  r 
polazione,  ed  un  podestà  proprio  distinto  da  quello  àt'pT 
sobborghi   e    del   territorio.    Si  vede    ad  un    tempo  à»^ 
comune    era    podestà    Manfredo    marchese    di  Occim»^) 
dei  sobborghi  lo  era  Ottobuono  de'  BenedetW  ;  si  riconosce  * 
fine  che    all'occasione    di    quella  lega  fu  stabilita  h  f»^^ 
otto    anni  tra  quei  del  comune    e  gli  altri   continuajuep^  " 
guerra  tra  loro« 
/ 


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CASALE  74 1 

Ivi  purè  ì  vercellesi  dimostrano  avere  con  quei  di  Pacilian'o 
trattati  particolari ,  «d  anche  con  quei  di  Torino  ,  d'Ivrea  j  e 
di   Casale. 

Nelle  guerre  dopo  questo  tempo  succedute  Paciliano  venne 
distrutto  ;  ma  nel  1216  fu  riedificato  dai  vercellesi  congiunti 
coi  milanesi.  Un  trattato  di  alleanza  con  quei  dì  Vercelli  del 
laiQ  fatto  in  Campis  PaciUani  ultra  GauUam  nel  di  primo 
di  luglio  assicura  a  quei  di  Paciliano  in  ogni  evento  T  assi- 
stenza de'  vercellesi. 

Ciò  non  pertanto  Paciliano  Cu  rovinato  un'altra  volta  sul  fi<- 
nire  dello  stesso  secolo  xui;  e  la  sua  chiesa  principale  in  onore 
di  s.  Germano  vescovo  di  Parigi  venne  riedificata  nel  1 554  più 
verso  il  Gattola,  ove  i  pacilianesi  si  erano  trasportati,  ed  ave- 
vano dato  origine  alla  moderna  terra,  che  cambiò  con  quello 
del  santo  l'antico  suo  nome. 


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•■^♦*»«^#u» 


tr^-^i^^f?^^^ 


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7<3 


Il^DIGE 


CabeHa    .    • 
Cabras     .     • 
Cabu-Abbat 
Cabu*e-susm 
Cabu*e-iossu 
Caccia 
Caccìarna 
Gadda 
*  Caffatse 
Cagliari 
Cagna 


Paa 


S 

j»      6 

»     »9 

•  ai 

»    m 

•  m 

»  aa 
a  m 
a     aS 

a  a4 
»  ^8i 
Cairo  (pvoT.dUiVmeiriDa)»  a8a 
Cairo  (  prov.  di  Savona)  »  ^86 
Calamandrana  •  •  •  «  296 
Calangiànus  •  .  •  »  ^98 
Calasca  •  •  •  •  ^  »  .Boa 
Cala-Seta  .  .  .  «  »  3a5 
Calcababbiò  •  •  •  »  307 
CaUerara      •     •'   •     •    •  3o8 

Calice M     m 

Calice  Ofisolano  ■•  •  a  Sii 
Calizzano  •  •  •  •  m  3i3 
Callabiana  •  •  •  •  »  3ao 
CaUiaoo  ■•    ..    ,    .«     •    »  3ai 

Calogaa »  3a6 

Calosso 3  3a7 

CaltigDaga   ..     •   ..     •     a  Bag' 

Calasa     •     »  3Sa 

Casigliano  •  J  •  .  a  387 
Calvino  ....  •  •  .  »  338 
Cainagna.(pK>y.  diCaule)»  340 
Cainagna(pix>?^TorÌBo)»  341 
Camandona-.  •  •  •  »  343 
Camasco  •  •  •  •  »  344 
Cambiano  •  •  •  •  »  345 
Cambiasca    •     •     •     •     »  349 

Cambiò a   aSo 

Cambunano  .  .  .  »  35i 
Camerana  •  .  •  •  »  35a 
Camerano-Casasco  •  »  ivi 
Cameri »  357 


Ganeriano    .     .     •    Pao.  iSè 

Caminata      »     ivi 

Camino a  3% 

Caino «    »  36r 

Camogli a   36a 

Campello  •  •  .  .  •  369 
Gampertogno  •  •  •  a  370 
Campidano,  o  Campo  1»  371 
Gampiglia  (prov.  di  Biella}»  379 
Gainpiglia(prav. d'Ivrea)»  3éa 
Campiglione      •    •     •    •  383 

Campo m  364 

Campocbiesa  •  •  •  »  385 
CaBipo£red4a  ....  «  386 
Camporosaa  ..••<•  389 
Campos|Mno«o   •     •     •    •  390 

Canale >  B^f 

Canàfes a   395 

Canaveae  ^  •  .  •  •  ra 
Candeasao  •  .  •  •  •  4^' 
Candelo  •  •  •  .  «  •  4^4 
Candia  (  prov.  «d' Ivrea  )  »  4^ 
Candia  (  lagé  )  •  .  »  4^ 
Gandia  (prov.  di  Novara)  »  4>i 
Candiiio  ed  Imocento  »  -41  ' 
Candie   (prov.  di  Sav<^ 

propma)  •  •  •  •  »  m 
Gandiolo       .     .     •     .    «  4'4 

CaneHi »     ivi 

Canepa  .  .  .  .  .  »  4**9 
Canevino  •  .  •  •  •  4^0 
Gaoiscbio  .  •  •  .  a  4^1 
Cannerò  •  .  •  •  .  m  4^5 
Cannerò  (Castelli  di)  »  4^6 
Cannobina  (  valle  )  •  »  4^7 
Cannobino  [fiume^torr.  )»  ivi 
Cannobìo      •     •    •     •    »     ivi 

Canosio »  4^5 

Cantalupo  •  .  .  .  »  4^^ 
Cantalupo  (  sobborgo  tPA-- 

Ussandria)  .     .    •    »  43? 


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Pao. 


744 

Cantaluppa   •     •     • 

Cantarana     •     .     . 

Cantaveoa  .  •  . 
/  Cantogno      •     •     • 

Cantogno  {torrentello) 

Cantoira  .     .     .     • 

Capo 

Capoterai.  .  •  .  •     • 

Capraja 

CaprauDg    ....     . 

Caprera  . .     ...     .  . 

Capr«zz€L ....... 

CapriascQ     ..     •     • 

Capriata  .... 

Caprìglio       .     •     . 

Caprile  •  •  •  • 
.  Caraglio ......     • 

Caramagaa  ^  prov.  d'One 

glia) 

Caramagpa  {torrenti) 
Caratnagpa  .(  prov.  di  Sa 

luzzo  ) 
Carainagne 
Carasco  . . 
Caravecchia 
Cara?ÌQO 
Caravonica 
Caraz  .     • 
Carbonara  ( 

mellina  ) 
Carbonara  ( 

tona  )  .• 
Carbonara  ( 

gliari  ) 
Carcare  ..  . 
Carclago  . 
Carcofforo 
Carde     . . 
Cardellona  . 


( torrente  ) 


prov.  di   La 
prov.  di  Tor- 


prov. 


di  Ca 


lorc 


superiore 


438  Cardeiia  .    . 

4^9  Cardiga   .     . 

44^  Cardona  .     . 

ivi  Carema    .     . 

443  Carentino 

ivi  Caresaoa 

445  Caresaaa-Blot 

ivi  Caresano 

45o  Caresio  .... 

452  Carezzano  ioferi 

454  Carezzano 
ivi  Cargièghe      .     .  . 

455  Carìgaano    >  •     . 
ivi  Carisio 

463  Carloforte   ... 

464  Carmagnola 

465  Carmine 

Carogna  {torrente 

476  Carosio     •     .    • 

478  Carpasio       ..   •. 

Carpe      . .    . . 

ivi  Carpenetta  ( 

484  Carpeneto    . . 

ivi  Carpignano  . 

486  Carpiaetl 

ivi  Carpugnino. 

489  Carrega  ..     . 

493  Carretto  ..     • 
Carro .     .     • 

ivi  Carrodano   .. 

Carrù       .     . 

493  Cartignano    . 

Cartosìo   •   .. 

495  Casa 

499  Casalbagliano 

5ii  Casalbeltrame 

5 1  a  Casalborgone 

5i3  Casalcermelli 

5i8  Casale      .    . 


castello) 


Pifi. 


I  'JL 


I  Dj' 

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B  65t) 

•  6'" 
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»  di' 
I  dio 


Fim   DBL  TOLUME   TEBZO. 


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J 


As 


53 1 


AGGIUNTA 

ALLE 

CORREZIONI  FATTE  AL  VOLUME  PRIMO 


Ebbori 

CoRREziom 

rag. 

JLin, 

184 

a    ranonìci    effettivi,     e 

canonici  effettivi ,  oltre  l'arcidia- 

quattro onorari.  Uno 

cono;  dei  quattro  onorari  che 

di  essi, 

vi  avevano,  non  ne  rimane 
che  un  solo.  Uno  dei  cano- 
nici effettivi, 

ivi 

35  Le  due  tanto  rinomate 

Le  due  già  tanto  rinomate  fiere 

fiere  di  Alessandria, 

di  Alessandria ,  una  in  aprile. 

una  in  aprile,  l'aL 

l'altra  in  ottobre,  alle  quali 

tra  in  ottobre,  sono 

intervenivano  molti  forestieri 

'. 

frequentissime  di  fo- 

e negozianti  dalla  Lombar- 

restieri e  negozianti, 

dia,   dalla  Svìzzera  e  dalla 

che  vi  intervengono 

Francia,    più   non  sì   sono 

dalla      Lombardia, 

fatte  da  più  anni. 

dalla  Svizzera  e  dal- 
la Francia. 

i85  3i  La  vìa  di  Emilio  Scau- 
ro  ecc.:  questo  pe- 
riodo 

186  4  Cascina-Grossa,  luogo 
che  già  fu  detto  Bru^ 


sa,  è  situato 


IVI 


In  essa  chiesa  fu  eretta 
un'abazia  dalla  fa- 
miglia dei  Gallia.  Ev- 
vi  pure  un  altro  tem- 
pietto uffiziato  da  un 
cappellano. 

ivi  22  Nella  sua   parrocchia 
venne  eretto  im  be- 
nefizio. 
187  25  Villa 

ivi  26  Valenza ,  e  chiamavasi 
Attjgliano. 


si  ometta. 


Cascina-Grossa  è  luogo  situato 


SI  ometta. 


si  ometta. 


Valle 
Valenza. 


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r\\ 


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785 


DIZIONARIO 

GBpOBAFlCO-STOBICO-STATlSTICO-COIfMERClALE 
DB^BECn   STATI 

TO&UMX  8XCOSnK> 


ElBORI 

Fag.  Lin. 

6     5  Fiumana 
ivi  3a  Badalacuni 
la      I  Trìa 
i6  29  ii52 
17     4  '^' 

a5  19  i  fianchi  di  quel  pog- 
gio. 


ivi  aó  Invece  del  castello  bay- 
vi  di  presente  la  ca* 
pace 

ivi  21  a  cui  si  sale  per  molti 
gradini 

ivi  23  sul  disegno  dell'archi- 
tetto Buscaglione  to- 

rÌQ£Sfl« 

ivi  25  del  Gesù; 

ivi  34  è  fertile,  inaffiata  da 
molti  rigagnoli  che 
discendono  dalle  vi- 
^^  cine  montagne ,  le 
quali  qui  ctaiincia* 
no  ad  elevarsi. 


CSoiBEzion 

fiumana 

Badalucum 

Iria 

ii4a 

i55i 

ì  fianchi  di  .qael  .poggio,  e 
stanze  sotterranee  a  cui  so- 
prastanno altre  poche  inter- 
secantesi  mura. 

In  distanza  di  ducepto  metri 
circa  dal  luogo  dell'antico 
castello,  havvi  la  capace 

a  cui  $i  perviene  salendo 

sul  disegno  dell'architetto  Ma- 
rio Queriniy  modificati^  dal- 
l'architetto Buscaglione  to- 
rinese. 

di  Santa  Croce; 

è  intersecata  da  molti  rigagno- 
li, di  cui  la  più  parte  sono 
sempre  asciutti,  fuorché  in 
tempi  di  dirotte  pioggìe,  nei 
quali  si  gonfiano  in  torren- 
telli, e  passano  a  formare 
il  torrente  Banna  più  nocivo 
che  benefico  alle  campagne. 
I  rigagnoli  che  ivi  scorrono 


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Google 


786 
Pag.  Un. 


a5  35  si  distendono  eccellenti 
pascoli  sino  alla  loro 
sommità. 


ivi  36  Contengono  0sse  mi- 
niare di  ferro ,  cave 
'  di  pietre  da  taglio, 
e  marmi  di  Tario 
colore, 

a6  I  si  diparte  una  strada 
che  ooaduce  a  Lom- 
bavdore,  La  Pie, 
jGrosso  e  Ri?aro&sa. 


ivi    8  garocchi 

27  37  nel  Taiiaro 

98  33  Asti 

33  16  La  parrocchiale  è  sotto 
il  titolo  ecc.,  prima 
di  questa  indicazione 
si  legga 


per«iinì,somininistnDoaqtt 
molto  salutevoli  per  uso  ^ 
bagni.  La  fertìBtà  èclk  p-^: 
piana  di  Balangero  à  m 
soprattutto  riconoscere  à^ 
roggùi  molinara  cbe  (kà- 
cesi   dallo  Stura.' 

si  distendono  poco  fendp- 
scoli  sino  alla  loro  soa^- 
tà.  I  monti  di  s.  Yòt»  e 
Grosso  sono  imboschiti  fia 
presso  alla  loro  dmi-,  £i 
non  cosi  è  deiraltiguo  moflfc 
Giovetto. 

Contengono  esse  mìneraie  ^^ 
ferro,  una  cava  di  pietre  ài 
taglio,  e  contenevano  altre 
volte  marmi  dì  vaiio  coifirr, 

si  diparte  nna  strada  die  m- 
duce  a  Grosso,  La  Pie,  alk 
Vaude ,  e  stendesi  verso  Vd- 
piano.  Vi   corrono  parccà* 
altre  vie,   di  cui  se  ne  si- 
tano due  specialmente:  n^ 
di  esse  mette  a  Cork),  alli 
Rocca  di  Cario,  a  Barbaiùa; 
ed  un'altra    molto  utile  «i 
traffico  del  paese,  situata  ai 
ostro  di  esso,  conduce  aB« 
strada  provinciale,   che  ^ 
Torino  scorge  a  Lai»o. 

garoceli 

nel  3oHk>r0 

Alba 

È  da  osservarsi  che  nel  i^«* 
atvu  in  Balestrino  esisteva  uw 
tipografia,  della  quale ^i^ 
un'edizione    assai  oitìJ^^" 


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/^jg".   Lin. 


1 38   90  di  piccoli  saporosi  pe- 
sci 
ivi   a 7  tagliata  su  balzi, 
ivi    a8  spaccata 
139    i5  commercio    col    Pie- 
monte ecollittiarale 
ivi  :»!  tempietto 
ivi  a3  nella 
ivi  33  il  palazzo 
140     8  Roccabruna 
i53  i5  un  Pietro  Angelo  ecc. 

171    IO  Al  ponte  sopra  il  Ta- 
naro 
iyi  23  Scheelembourg 

192  17  tre  chiese 

193  7  nei   primi   tempi   del 

cristi  anesimo ,    al  la 
foggia  di  quello  di 
s.  GioyanniLaterano 
in  Roma. 
ao3  i3  Tribellk) 


239  36  CXXIX 

260    5  N. 
ivi  38  Jovi  ecc. 


264    4  ^^^^  ^^^  '^ 

271  3a  misure  del  Piemonte. 

274  20  ottavo 

2B2    II   XIV 

3i3    6  1720 

3i8  17  di  Coloeza^  in  un  an«> 


787 

•  due  volumi  in  8.®  di  un' 
opera  di  argomento  sacro. 

di  piccoli  pesci  e  di  ottime  an- 
guille , 

passando  sulle  vette  de'monti, 

praticata 

commercio  col  littorale 

angusto  e  disadorno  oratorio 

Bon  nella 

la  casa 

Roccabarbena 

si  ometta  colle  seguenti  parole 

fino  a  Nacque. 

Presso  al  porto  di  Bassignana 

Sculembourg 
tre  chiese  parrocchiali 
nei  primi    tempi   del   cristia- 
nesimo. 


Trebellìo 

Le  ultime  due  linee  della  pa- 
gina 319,  e  le  due  prime 
della  seguente  si  omettano. 

LXXIX 

M. 

Jqvù  . ,  —  ilf  .  Fvhivs  —  rfe- 
victis.  et.  superatis  —  .  .  • 
r.  S.  L.  M. 

si  omettano. 

misure  di  Genova. 

sesto 

xm 

1820 

di  Coloezza.  In  un  antichissimo 


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78H 

J^ag,  Lin. 

tìdbtssimo  affresco 
sulla  porta  di  ana 
piccola  casa  a  destra 
della  chiesa  di  san 
Carlo  y  su  cui  lesesi 

3^0.     4  I 

3a5  37  ii56 

335  16  Questo  fiume  prende 
il  suo  nome  ecc.  :  in 
vece  di  questo  pe« 
riodo  leggi 


342  26  e  passò  quindi  ai  Bassi 
anche  nobili  di  Sa- 
vona ìnestati  alia  fa- 
.  .  miglia  della  Rovere. 

379  20  probo 

386  3i  Arberti 

41B  3i  Yi  risiedono  un  con- 
servatore delle  re- 
gie gabelle,  un  ri- 
formatore 

444  36  BONVILARET  (  5o- 
mimvilarelam  ) 


affresco  suUa  porla  £  m 
piccola  casa,  a  destra  de3i 
chiesa  di  s»  Carlo, le^fi^, 
non  e  gran  tempo, 

II 

1618 

Questo  fiane  dà  il  mae  id 
una  valle  che  ha  24  e  p 
parrocchie;  e  prima  <kl  \'§ 
formava  una  prorìocia  ^ 
vernata  da  un  patriùo  csa 
titolo  di  eccellenza;  eàx^vi 
un  tribuno  del  popolo,  d 
tìtolo  di  abaie.  La  parie  à 
detta  vaile  più  vicina  al  uà- 
re,    forma    di  presente  pa- 
recchie comunità  ;  ma  neDo  ' 
spirituale  continua  ad  essere 
considerata    come  anbor^ 
di  Genova,    ed  i  suol  pa- 
rochi  vanno  col   corpo  tó 
parochi  di  città  nelle  occa- 
sioni di    cerimonie  pubbli- 
che. Il  Bisagno  è  nominato 
da  Plinio  col  nome  di  F^- 
rìtor, 

si  ometta. 


Probo 

Alberti 

Vi  risiedono  un  xiSormBtore 


BONVJLLARET  (B(mm'i^ 
reimn) 


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?89 


I*ag, 

JLiìi. 

449  ag  n 

fli 

45» 

18  Burgaiii 

Burgarii 

464    a^  (icché 

sinché 

465   : 

38  per 

per  le 

46s 

34  Catterina 

Cristina 

481 

38  Provincie  9 

Provincie  di  Torino, 

49» 

36  rendite 

vendite 

5oo 

38  prov.  dioc.  e  div-  di 

prov.  e  div.  di  Novara ,   dioc 

Novara. 

di  Vercelli. 

5o3 

26  Urbano 

urbano 

5o6  a5  del  Marchesato  di  Fi- 

di  Finale  e  di  Bormida 

« 

naie  e  in  conseguen- 
za di  Bormida 

~ 

5o8 

I  Essa,  ricevuto  poi  Tin- 

Essa,    ricevuto  poi  T influente 

fluente  del  Plodio, 

Viazza,  e  giunta  a  Fallare 

e  giunta  a  Fallare 

ìtì 

6  alla  sinistra.    Da  Mal- 

alla  sinistra  sotto  Bragno.  Da 

lare  a  Carcare 

Mallare  a  Cairo 

5i4 

a  il  periodo  che  comin- 
cia Borriana 

ai  ometta. 

52a 

ai  Ricco 

Ricco 

536 

22  Bavaschiero 

Ravaschiero 

ivi 

a5  dal  i8o3  il  R.    Eco- 

Da più  anni  l'abazia  di   Bor- 

nomato ecc.  :  in  vece 

iose  è  unita  alia  mensa  ar- 

di    questo    periodo 

civescovile  di  Genova. 

leggi 

563 

2  11  vago    palazzo,    cui 

U  vago  palazzo  cui  egli  vi  pos- 

egli vi  possedeva, 

sedeva,   ed  è  ora  proprietà 
del  marchese  Marcello  Luigi 
Durazzo ,    presidente    delia 
R.  Università  di  Genova, 

587 

38  Bozzulce 

Buxale 

589 

6  destra 

sinistra 

636  3a  Ordo  Brigim'anorum 

Ordo  Brigianorum 

675 

33  i65o 

l55^ 

709 

34  a'canonici  suoi  metro- 

a'canonici  suoi, 

politani, 
751  i5  prov.  e  div.  di  Geno- 
va ,  dioc.  di  Tortona. 


prov.  dioc.   e  div*  di  Genova. 


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7y> 

Pag.  lÀn. 

766  — -  dopo  la  linea  11  si  Thomas  de  Basca  pìttoit  fio- 
legga  lÌTa  verso  il  fise  deliecok 

deciEDcquinto.  Si  boooi 
lui  una  bella  tavda  £  la- 
ria  Vergine  ndlafacreéft  di 
8.  Maria  in  fiiRàtibiii  in  Al- 
benga  ,  e  gli  avami  di  nn 
affiresco  in  ona  fitbbntttfuà 
royinata,  ndl' antica  ini 
Albenga  ad  Alassio. 


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