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Full text of "Favole di Esopo frigio colla vita del medesimo tradotta ed ornata dal"

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tL 

Iflf 



3 



F A V O L E 

D I 

ESOPO FRIGIO 

iXìuX^VtK DÉX MEDESIMO 
BAL SIGIfOR 

COi GIULIO XàNOI. 

NUOVA EDIZIONE 

■lUuitrKttt ridttté «>«A «tir* kt,itim.^ 
xtn aggiàiu» di tiMtt '»kr* 'WmtA _ 
■^M 'v«n -McctéiitMi Scriiwr*. 



tENEZIÀ 

col YIPI SI FRANCESCO ANDRCOL& 

1818. 
A Spetta Vegatìo di ìabtì tSCi^ftOa-^ 



-i 



\ . 



i 



VITA 



i> / 



ESOPO FRIGIO 



Prudente e facete Favola'pore . 



CAPITOLÒ L ■ 



M, 



olti furono quegli uomio]., i quali de* 
siderosi d* intendere i secreti , e la natura dd« 
le cose create > alla totale ed intrinseca cogm<^ 
2ione di quelle hanno con soinma diligenza 
tutt' i loro studj posti ed indirizzatr; poscia 
ciò che da loro tu inteso e conosciuto» agli 
altri maestrevolmente insegnando » con moke 
Iodi la scienza di qudl« discipline a' posteri 
scritta lasci ji^rono: ma Esopo avendo non sen« 
za grazia ed aspirazione divina dato oper^ 
alle erudenti e virtuose azioni umane» ideili 
e lodevoli costumi c«n la sinceriti dell' anime 
abbracciando , tutti gli altri filosofi , che nd* 
ie morali dottrine studiarono ^ di gran longa 
trapas-sò e vinse, i cui ammaestcamenti tonta 
più fusono facili e dilettevoli , quanto che egli 
non con diffìnizioni» non con argomenti e 
sillogismi mostrò il bene ed Ottimo vivere 
agli uomini > ma solo con belle parabole , ed 
utilissimi esempi , quello che^ ragionevole 
ed onesto fosse con molta utilità della con* 
versazione umana > amarevolmente insej^nava^ 
ed al bene operare gli uomini così gentilmente 
attraeva ed incitava, che . vergogna pwcva loto 

A * di 



4 VITA 

di non esser Vn^kftv Acfìì uccelli » ^e^a>drii* 
pccii.9 quali xón .morali finzioni mostra EsopO; 
agli ascoltaoti essersi -)d cer^o ìemyo con ra« 
gioDc e :paiclenza. givctià^ìi, donde altri s| 
son cla**i)cefentì pericoli . ed infortoo^ preserva» 
ti » ed altri nelle occonsiUi occasioai hannoxon 
pocn utilità :ed cmore^^conaeguiftQ. 



.CAP ITOLO II. 



A 



_ vjnido dtinqoe 'Esopo la scia filosofia > ce 
tuUo il .suo atudid posto solo ì)el prudente -e 
ottimQ vi Tcre. amano >TòIIe piutosto-con buo- 
ne opere» clie eòn\l« parole nlosofare; e, però 
le sue anioni e «bcumeofiérajRO.come un'im* 
ma§ine di ^uièila filosofia; chef ad una ben 
governata reppublica appartiene» il che nella 
narrazione della - vi ta siÌRÌ ampiamente pptrassi 
vedeff . £gli /ebbe origine da Amorio > luogo 
di quella ptoviocia « die Frigia Magna dice- 
▼a8Ì> e ijqpchii egli fosse, come yòllt la fo»* 
«tiina , per niolto tempo d' altrui servo e «chia- 
vo >'niM)dimeno fu sempre d'animo libero -e 
generoso ; .laonde pacmì -i}iicl detto di Pbtone 
QehGorgia sccitto-^scsr verissimo.: spesse voi* 
te aV'vinir rsuole » che le ieggi umane sono con- 
tracie alla oialura ; percioflcSc ella ad CBsopo 
dì^e r animo nobile, e gratode e lieto, ma 
le legf^ degli uonaini , sebben fecero i] suo 
corpo soggetto e scitìavoi non perciò potè la 
^ geitenvtà delF«animoi||uo in parte alcuna gua- 
^ **^* ,<iiii^ j^ipeiociié ,4)éncBà il corpo a van , vi- 

4t^àBmcu€&StchÈij^ ed in varj Juoghl pp- 

rie nlQD'Mà'* potè mai l'intelletto, ne 

^optà dana kua libera seggia ri movere , ni 

dUKin^ei^/^'ndbile natura ievatlo. Ma quan- 

to «gh jir'^ Itggiadra e bella mente, tanto 

A^ej^li di; corpo, sopra ogn' altro mortale ti 



^ 




D I E-3 0PCr^ ( 

Affòttnt e sgacbgito^ l^{i. él^ 41 ca^ Itt^t»^ 
ih guisa di z\ipc^, 4't«lf r^t^ 'q'fiisr a*^ fotte éé* 
me un mciUon^,» Il naso lirga^'.e"Scbiaeeìsio<y 
il colto- coc^o,^. Ci torto V e le 'hbbrtv moHq 
grosse^ tortscìate f efQ!oÀintì\ Vii^àUcdlóint'^ 
grò, onde egli £i:cbiaiiiatO' Esopo > cbe tinto 
vale, <j!?anto Etiopo,. e negro.. Aveva- gra»-. 
ventre, le ga^abe'' torte i e contraffate di cosi 
fatta .maniera , che- dóve -altre^ sogliono to- stia**-- 
co " avere 9 i ^i'^le • polpe teneva . Eia mostruo- 
samente gobÌFiOi e di statura piccolo ronde e* 
gli fu. tanto sproporzi'oaato > . e- mal* d (Sporto * 
della 'Persona, clie più? bruita e mosttaosadon» 
5Ì sarebbe potuto vedére > io ^ tanto <liei||i>alùii* 
q^e Inetto e: mài sfatto uomo a paragone idi lui 
sarebbe. stato bellissiiBo e^ grazìansttmO' g»u* 
dicato » e ipiello^ die-^id'di^CatèatO'^ il v^tac»*' 
T3 9 era Vessa €g}i fcitió^toi e tanto tardq 
a- potere séffflierlft lingua yvje-^<A)^diffi2Ìte ad 
espinraere-iina pa&obi , .coa^iaoi^- ^Sèzza > ed 
oscuriti 4i voce» cbe da luì'^ vai^UtoloLli^ 
&tfeo< eta^ ittoltQ poeai4iftMiwsi «. 



c A fitoe-O in. 



r 



^^^ utte ifueste mafie -'qualitè del €01^ 
pscev'a che degìnimeote avessero ad &opa Ik 
(crWrà appacoxlilata^. conciossiachiì^ essendo 
^I i «osi . osai '. dispofsto , t dì cosi ^ contraf&tta' 
r toxixsk eorpóraHira > . nxtraeott^ sarebbe s%ato> 
m. e^i avts^ potuto le reti d^i nojosa siir«** 
itir fiiCftte; mi )>iu, ixtaravig(ìoso miracofo 
Il -^ cbe to' uo 'cot}^ mostruosa e sproporziona^ 
o . organo ^corpòreo un tanto bello ^ e tanto 
BggÌ!f> > > tanto vléalè , t^ gentile animo vabitasse , 
aan to ^ché es^i^ fii sopra, a . tutti > |[li uomini^ 
*Tuéenti séato > ed ' astutissimo > e > di "bei ' |>ar- 
iti , e *^i sottili ioveozióni sbprammodo feli'* 



> V'f ^"lA' '^ . - . 

d^sìmb; ©ra essendo adunque' E^ò agliaf- 
trai servigi oBbHgat«y, 'é4 il pàciiroiie- Tedetido- 
io cosi mai fatto e mostruoso , gi udicandolo 
anco a tutti "i bisogni^ di casa iiwttissiaio, 
sÀisk zappa dest mollo . Sfatine a Sìppare i pò* 
deri saoì insieme cogU altri scbravi itiandoJlo; ; 
laonde con molla' di {Igttisa «appanfdo Jl^po^ 
allegramente s'a&ticsfva. Avvenne, cheil' pa- i 
dso'ne essendo un giorno alla' ^ilki usoifo per 1 
vedere come fossero bene t poderi suoi lavora- 
ti , (in contadino gii poftò- parecchi ' bei fìchi^ 
a^ presentare >. di cui U beltcaZJ :séndoglif pia- 
ciuta molto, diedegfi ad^ Agatopo ' soo servi- 
tore a serbare, inoponetìdogli , cbe come nel* 
hagno lavato si fosse, ( che tale era degli an- 
tieni costume ^ primi- del mangiare iavarsi^ 
tutto il corpo ) a tavola glie li recasse. La 
delicatezQui del brutto aceendera Tappetilo ad 
Agatopo di fare la credenza al- padrone, e la 
soavità., e la doiiosza lo spingevano a tome 
fàà d-'4in«. Alloiateéseadoi Esopo per gualche, 
aecessità^ a casa venato > parve ad. Agato]>o a^ 
▼<c buona occasione di poter di quei fichi 8a« 
zìarsi senza averne alcuna riprensione o castigo- 
dal padrone"; e perdio con un; suo Compagno ,, 
e come luf servitore^ consigliandosi disse $ ^ 
che ti pare, fratello j, di questi bei fichi ? ^uncy 
ne Jbp .gustato» che" a' Qiiei giorni non so; ave- 
^e U più. soave cosa mangiato ; mangiamoli^ 
è se il padrone li riccrcheBà>;noì :diferaò,cJie 
£sopo nascosamente ^li ha mangiati i il che 
avrà molto del verisimile,, perciocché egli oa 
ora in casa e venuto . Ne potrassi questa burl 

fia riprovare, perchè, egli e solo ,. «noi si ^ mal 
uè j ed egli, non sa , né. può parlase,, e qqì\ 
l?en beoe cicalando di patpie vin€$;temp, e p*»-/ 
ròaLsicucd possiamo mangiaci ^ Piacque ali 
©enipagno il partito,, ed all' esecuzione di cosi 
dolce impresa ambidue* ingordamente affetta- ^ 
^Qnw y onde essi'i fi<;tó. divorando,, con niolt^^ 

' t ai" 



. Dl/ESOP-O. / , 

tisa dicevano oli comb som buoni r^non nebec<' 
cUm già a quj»t^ fiata il padrone», che mai 
not> ci dà altro >:<fhc pane bencattivq> e pura 
acqii& iar bere , a<T^egnacÌié (|uatcbe volta qual- 
che osso spetato c0itte a' cani ci- lanci . Ora noi 
anco rofngiamQ del buono, ed alle spese del 
galante Esopo. O povero te>'0 sventurato y 
quante basse avrai, e pur tìoì avreiìip j fichi 
jnangiati ! Còsi va' il mondo, che altrt godo- 
no, e non ìiiiporta che altri abbiano il m^-' 
lanno e la mala ventura . A tua posta E^sopo, 
Tottaipo pure il destino, che poi ch'abbiamo' 
cominciato, cbepe l'opera fittì re. €ot^U pa- 
xo[e dicendo abbondavano loco le risa . 

C A P I T O L O . IV. 

iVJla come avvfentr -suole» che- dd inai £irif 
lungamente «tìón sì gioisce} ritornato che fu il 
-padrone dal bagfio> addrnìaildé, che se gli re» 
cassero inficili «> A Udrà Agatopa diss«; padro* 
ne, H> -.1^1 dirò pure il vero,. ermi? rincresce a 
-i.dirveto ! issopo se > gli hi tatti ttanguggiati , 
: ^^ivf ' soggiunse il coiiipagno : padrone > ve 
r hcf trovato io appuntar sul fine , e noo potè 
inegarlo .' Io quanto poiei > e seppi» lo ripresi; 
nia' le mi^ riprensioni nulla valsero. Ciò in* 
tendendo il padrone, tutto si accese d* ira , 
e fattolo. a se'chiiunate, disse: q arrogante é 
scelltfratt^, si poteavstioia' hai &tto di me*, è 
t€titto ardire* avesti , che tu abbi ?quci bei fichi 
' divorati, i quali con tanto desio- pensava di 
- godermeli .' va céSoy e bocchino da fichi r se 
ftt gli a^i^^i mangiiti, farottelt anco col fuo 
^ 'inai prò sfnaltire. Stavasi Esopo della novella 
'^tttonitoy nuila sapendo di eia che egli era 
r-iprésio, ne ppteva per V impedita Imgua ri- 
sipcndergii, ed il delitto negare . Gli accusato- 
ri non -potevano éeÓe parole del' padrone, e 
' della be& pet loro attagli , contenere le risa; 

A4 P^ 



f VITA. 

Pttt tmpfo, tjpì^^tKk^ oKgMo , ìL loto Èiktìó'. dis- 
s^iDubnrb |^ ioci^ìPaoo.il, StgiK;uf<s. a castigirlp s 
a*'cur iliadi stando. £sopo« ignudo-, per essere» 
hattii^o». prfgò.il 5tgiiof«> più eoa. gesti > (he. 
eoo parole ;,eiie volesse dalle battitiice soptas-. 
sedere^ al^^U^y.^xmowhè. bea> tosto faruli- 
cpnoscfr^^la. iupo^éiaa. st^». e conigli ocfbi ve- 
dete^ colui, che; i:.fichir mangiato a^ci»^. Fc(t. 
iniosM. li signore >. ed:" Esopo^alla ciKijoa^qrsea. 
4oiìdt ayctKto.an )r»$o di^<^<^ tc|>i{Ja. tpltQ>, 
U Joye era , il ; paitonc portolia » . r q?i ¥ i . alla, 
^iia. presenza jureii^òfle, ona^baoda. yiaiictata ber 
▼utoy c^^pps^k ie^dita^ j«i gob^pqstiosì , il .vo^ 
milo^ pioy otaifii ,, e>.noa^avepdoi aluo i o < cocpci. 
che l'ac^ aìloira £>eyuta ^ perciopchè ancora a« 
digiuno era >^ quella, sola^^cnìetta: e pura ribut- 
to, filori, d poscia, con ^ lotosi ceoni^i pregava 
U. signori,, che; parimente; a ^que' due acciisato- 
x'k /àc£S«ey/4.ella tjeuid* acqua . bere. Oa le egli^ 
parayiglktosii dell astuto partito^ d'Esopo» 
volle, cjic glìv^^ri.due servii cost. £tee$«cro »^ 
1 quali sì(cirzatanic8t<t. 1' ^tioq^s bertrlteto». Aiate 
dita di pòrsi in. gol-i, fii^endo- soUnàefklt pt£r 
[e vie dell^ mascelle. le diaie.na?anor Noi):«val-^. 
fé lóro quella malizia a^.cbcj poi- ck*,' ebbero. 1* 
acqua bevuta, e jqueljb negli- sKwQacbi; loro^ 
!Con i.^cKL digjaazzandost > e coottubandòsi , 
inossVper se stesi^ il- yomito grimdés.e di 
^òsi (atta mattieia, che senza fare allra.provok 
Cazione eoa hp dita j . i fichi > c|ic senza» nHisti-; 
carH,, divorati avevano ^, a)-', sig^re tu|ti renv 
dettero, intieri , il quale avendo, di qi^' servii 
>]Ori la malva^i^itì e la ^l$a accupzioné chiara? 
inent e coiiQsciata,^ delibero» che quel:* castiga, 
e pena, che ad Eisopo ordinato aveva , a quei* 
due bujgjiardiv golosi » ed inlodfli » ^r« voi te 
tanto fosse e meritevolmente dato ^.pe^cioQchè - 
avendo eglilno tre peccati adt ttm traiate* COfn-? 
. messi, r uno della gola, l'altco4^1ti« iafrdel*. 
ta> ed il terzo della, bugia e> f4$o. testi mo« 



pio. 



Di rs o p o^ ^^ 

aio> *ài cuiciino pscttcólar. d^ttov |ianl{colat 

CAPITO il o y. 

\|/uiit(Ji li conosce dueir «itieo detto iBsSjt' 
Veca.* Cidiwiqne ad^^liljH iqgaiiin te^c« ià se.<tei^ 
soanooRiviiaa pQcotflnaltf ordisca \ Il^egiséaté 
giorno ' tìUftnkto U nlgutotc ^ aàii cktk > ed E* 
50po-$ecoodp.-iÌ^S(to, polito orfficfo zapp.tndo^ i 
SACtféM^ ééli DtiTì' Diana- «rendo* errato là ^ia 
in mbdor> ciier. noti sapevano 'dÒY^.s'sHiidiffeto* 
ed incantatisi j^er*«>itè in - £!t0fn\fifce|;atonl6 > 
pec;à«iioc di Gioye^os|ittale) ette' 'raésfef n^ò* 
strar lóro fa tì4». chv aA\^ cittl*-li condàcesfe. 
Yoientf eri i ^rkpose ' fiko|^ , e come poti ine* 
gUo4;so9giàasefd4j 0ra£ta>, uommi dabbene i , 
qui presso $0tto I* 6mbca fresca < di .< <|uiri^' bett^ 
arbore -riposattri: alqhitnto >. Essi «^léntiefi^ ti 
pcksétò quivi ' a sedere , . perchè * dal ! fattrdio^ 
errare i e dal^ gran « calda - a(flitti ^ ioprammodo • 
eT5tjo. "Ésòpo.di quelle povere, ri valide >, eh* e* 
gli aveva^.con^acatta frésca di nna llm]4di^$9i' 
ma . fohtana d We aóro una^ moderata v colézio*.' 
ne 9 e'posci'a egK' stésso ^ aceomp^ftindllili > fu 
i6r. guida inaino al ^sentiero ^ . cbe - per - dimtQ 
alfa citrà Ic^, inviava . .1 sacerdoti « inolto nn*- 
£^aziafonO Esopo deli* 'amorevole > e liberal 
servigio , . e ' con., molta af&ziocter di cuore le 
mani aicìfelo innalzando pi?cgaiono * là Dea» e 
tuttr i . celèsti Numi , che per . rimunerazione* 
del liberale officio dell! òste j - e per aoddi'sfe- 
zionc ; dell* obbligò -loro i . dessero ad Eiopo . 
larga , e favorevole fortuna . Le <juaH pregfhw- 
rc ; furono benignamiente dagli Dei udite ed ac- 
cettate ■: Laonde ritornato /Esopo alia «capanna : 
sua, per U continu^fatica della .gipwiata, pre- 
so dal. sonno, posesi sult* erboso < l^tto a dor- 
mire . Quivi dcfrincndò , pgrvegU vedere , e 
seatire^ che b Fortuna gli sciogliesse la Im-^ 

A 5 6*** 



imt 



d?ua in paodo fale , che. speditamente egli pai* 
lasse, e poi gli dicesse: Esppo, né questa so*, 
la grazia di ben favellare gli Dei ti concedo-' 
nor ma aooò la ipièftza, :e* iti teèpretaz ione 
delle parabole , e degli enigmi , e V invenzione 
4elle '«Knfafk e priidenti nnzichù ti. donano . 
^yegliossii Eso^6 con TaHegrezzar, che, sentiva 
di qjielU vÌ5ÌQHe, dictndo ? Qh.come ^oaver 
4i),ent^ ho io dormito, e mi' pare aver fatto, 
'4 hel'SpgnQ! parmi .pur. sapere. bon parlare, mst 
dubj^aqdo gncora se ciò. vero fosse, diceva ; 
S^no io , o sono pur desto ? ho parergli oc- 
^V Sj^erti , e sp> che io non dormo, e favel-. 
lo, e. panni (»:a. sapere speditamente, dire; 
^ppa, bue , a^Hio, aratro . Certo .i^, cojnoswo 
donde tanto ben^ mi è venuto; credo non per 
?ltrp, ohe pejchìè sempre iki verso i focestieri. 
jnoItQ^aiàtatevqle.e pietoso, ©perciò a me^ 
spno stati; gli D«ì benigni: e fiivorevoli . V,e- 
f^mcnt:e il bene, opei^re è. di , balle ed^ ottime 
^peran.ze sempre pieno . Con tai parole Esopo. 
tuttQ giojosQ e, contanto allegramente tornos.' 
$^p alla stia fatica x t, cominciò a. zappare • 

C AP IT 01, Q V,L 

_ irveape poi, che il" fattore, il quale Ze-- 
na ch^amavasi, andando a rivedere come bene 
l#vpraVjar>q i- lavoraror i , a uno di quelli senza 
proposito , e sen^a aleuna cagione , diede di 
nwlte ed a«.pre busse, il che vedendo Esopo, 
awlitamcnte lo riprese dicendo : o uomo , per-, 
che t^psi aspriwnente batti. tu uno:, che non ha 
ingiur^iato persona alcuna, ne ha meritato di 
^scre battuto J E perchò crudelmente, affliggi, 
e tempesti tu ogjii giorno tutti così? Voglio- 
ad. pgni i^odo, che il padrone. lo sappia, e V 
Mte;ida .,Zena sentendo Esopo, il qual piima 
«kutPlo €fiy^ cosi bene e coraggiosamente, di. 




r.c. 



^ \ 



DI ESOPO.- . ri 

ft la tagion sua, tutto pìèn di' maèaviglii i 
di timore dì vende, e seco stesso diceva : 'óti, 
che Esopo è guarito del. balbutire, e può di- 
re, e ben.cspriiTjere j^ fitto suo, porto peri»- 
colo di Ron 'guadagnare più nulla, a^zi di es- 
sere castigato de' miei mali portamenti . Ma* 
io preverrò lui , ed anticiperò il tempo >. ac- 
cuserò priipa lui 2)1' signore, ch'egli me ac- 
cusi, acciocché della fattoria non venga pri- 
vato. E cosi detto, alla città ipviossi,. e ri- 
trovato il padróne , mostrando essere di malaf 
voglia , con visa turbato salUtollo . Colui su- 
bitamente dissegH: e che diavolo hai , che 
cosi turbato, e con visa cosi amaro ti veg-. 
go? Allora Zena di^se; signóre, nella posses* 
sione tua è avvenuto* un miracolo', anzi un 
mostro . E che , disse egli , forse qiialbhe asi- 
no , o cavallo ha partorito? o pur da qualche 
albero e nato un uomo? Non signore, rispo- 
se Zena > ma Esopo , il quale come sai , diffi- 
cilmente le parole esprimeva, oca speditamene 
re parla , e ragiona . Iddia non ti^ fàccia del 
bene, disse il padrone, poiché' tu stimi ciò 
essere- infortunio e mostro. Si certo , soggiun- 
se Zena., poiché egli dice cosi schicttamcn*- 
te male, e cosi arditamente ingiuria gli uOf 
mini , e gli Dei : m' ha e^li ben caricato di 
villanie s ma se tu sapessi il male , che di 
te dice , e le bestemmie sue contra gli Dei, 
certo parrebbeti un vero ed orrendo móstro , 
c-parrebbcti non meno della lingua, che del 
corpo mostruoso e spaventevole. Di ciò adi^ 
ratosi il padrone disse: Zena, io ti dono 
Esopo, e tè lo do in tuo potere e balia., or 
fa di lui quanto ti pfòce; vendilo, o donriló 
come meglio ti pare . Accettò volentieri il 
presente Zena , ed orgogliosamente fcct inten- 
dere ad Esopo il potere e la signoria, che 
sopra di. lui aveva.. A Cui^rispos* egli: io di 
ciò^-non mi curo , fa pur di questo corpo cio^ 

A- 6 cht 



r 



XX .V ita;. 

jf he si^, U tub voicfc » che^ oelT/UUipGtf nuA IHtt». 
le nop. hai ye;;u|ia.._ 



T ^ 



C A PlitO.LO; tri: 



N 



on ^^s^ftioiìQ t|9H^ gfonu, che. im.mce^ 
c^ante,,ii'4mal di ,^Qfnp^care cavalli ^ cercava 9. 

. c^pitò^a qofgila . pp^esnooe > . e .'ack&jn^fidòt. a. 
2ehao se. vi iqsse cawlq^ sjlcmio.» ciie,vèftder<r 

*vol^$s^::ris|y)fe>egIi 901^= mjstgli;, le<:i^ ilyeo^ 
dere c^vaUfl^nvi pii» upo- .schive v piacendogli, 
gH; Teadezebb^. Xolfc: U.^ iBf r^nte» -vt^detio , e 
veduto, eie l'.ebh^» noiv.potc:ìùio> tenere, le rv- . 
iXy . disseti onde, per^ Diot avesti , IaÌ j^ueftó^^^ani- 
piate A,cbe patKi>. v^^aniente avec sestp.di pignat- 
ta ? £^'eg6 uoqao ,., pyyer- uà, izoncp, di-valber» j 
Yec^mei;)^ .se.costuJL 0911 a^essq^,. noce ucnana».. 
crederei ,, clie ifosse un. otte gpa&ttot'i £ tu . 
per Ragióne, di' cG^estp-be^&tUe no* ikaj qui te* 
/ :^uto.? X'CGg^i.' cretto, voilla^ìe. si^llfe» e.. "prese, 

* il, suo can»4i>tno,. M4 £sppa;segu^nd!ploKdice^ 

l^gli: o^ uomo..dj^b^o^» aspetta .di grafìa jut^ 
poco • Il ficcante; cpi^^ visoi, rabbuffato ri^po^ 
«f >.yattcn(; allevf<Kcbe,,can mastino^ ^la pur 
r& ÈsQpo^ s^uifandolo con ««liiite : semb.i<inte ^ . 
ojc^va,» t deh . cosi. Iddio^ ti faccia ^^ bene» 
dfìniii^i di gras^if > a che sei. tu. qui /Tenuto \. 
Rispose. %%\i >. perr^romperat; qiuaìcbe cosa buor, 
iui,.oia.di te, perchè sei* guasto v^stro^j^ia-. 
to» e {(acido ). non ho. bisogna.. Esopo*,) che 
dalle. ns9ni. d>.q^c^.£lttore> uscir voleva t fa-- 
cev» pure istanza >, che lui comprasse >. di- 
ce.ndogli: non guaólare:, gefitil' uomo > óìt io- 
abbia il. corpo di^cotal; maniera-, fatto :.che i' 
jHiuno< i bellps^e bi^no» e. potrottianco fare 
di molti servigj . E come potrai tu giovarmi^ 



VI B S Ò p . i^ 

frisposéil miercataate. » ^ propriaiQe&te a^'; 
rpaio stesso . Ailom, £s|B^.(ÌUse: ascolùnai, 
se ti piace ».no.o iud tu,ia.casj|.£tìiciiitli,^cbe. 
piangono^ ^e.g^dàna , e., scherzando fa^QO JQm- . 
pre, tygaqUT di. quelli ^ìn mi tuti^edagqgpy 
cbc.pcpsaodp e^i ^ che icsla^ U9f.befa4ia> ..• 
la versila , fera ì(^o st9£e qmetl, ed : ulobir. 
dl^ptU. Il j mercatante > di ciò tidèndor^^ a Zc; 
Wk, v^^tatosl $1^: . e. quanto chiedi di qìie- 
sXp. brutliD va^slta.i Zieiur»^ il qtiale.apn meKp 
di lefarselo. dinauxi agii . occhia desiala «^^ che 
£Iso|K^« <ti^ tjptc^fi}:' tre danari >» rispose-. Il, 
xoytrcàRie sentafldo>di'a7err. a.^ &cc/ cpsl poca 
spesa* s4K>i50gfi*^ i . tre« dan^i; . diceo^oj;, $e : 
io : iK^iSj^eso nulla •.nulla anc^rho comperafo . 
Giunto . a-^ casa il .mercante , due fanciul^ ■, » 
qu^fi con la madre, erano rifaasti > corsero ad 
a&hcaciciirc il pactte» e;c-vc^to c}ve. ebfav^ E- 
so^Oy^ch^, dietro a lui in casa ne veniva , ii|« 
bitainentc fuggirono spaventati • Allora Esd« 
PO uil^njUBFcanre ■■ dista: . ecco v padrone* che ^iì, 
tu puoi vedere Te^tio della mia^, pr^kmissa . 
Di ciò ridendo^il^ iiMH^eatante» mostràndo.» ad 
£sop|^ gli altri :su?ischia.vi>j quali' in £itri- 
vcrenz:^ al , pad rone. . er^^ns i T alFcettat i , ., di^sse : 
questi sono, anco.essii mìei' servidoij > coinè :lu' 
séìi salatali» ed; abbracciali tutti:;^ ac^cchèda . 
loro < tu sii ben veduto ed accarezzato'. M? eS' 
9^. veduta quella strana ed orrenda., figura rima- 
sero, . pieni ^di maraviglia I fr a«lQr0..diceodo : o 
cjie.paspzia^ stata questa delnoStrg. padroiic^a 
compierare. cosL bru/tta e sPd^yent^^Rol; cos^ ? 
certo -qugich^imale umore, allora glii àwcpne;. 
ma come si./edc^> debbe averlo comparato in 
ly,ogo di scimia e per. cosa n^lfo ridicolosa * 



D. 



q A P I T © LO yiiL 



'0 pò. qualche spazio di tempo vofenJo il 
padrone in Asia cavalcare ^ comandò ai servi- 

do- 



*é4 , VITA;.. ,^ 

•ori suài , che le cose al viaggio àeccssarié 
apparecchiassero, ie^uali mentre eglino tra 
loro distribuivano, acciocché ciascuno il cari- 
co suo portasse ,. pregava Esopo ,. si* per Ja de- 
bolezt^e pìcciola statura del corpo suo, si 
anco per essere nuovo in casa , che di' dargli 
ìxn pesò leggiero in parte sua si contentassero ► 
Confcntayansi tutti, ch*^ egli nulla portasse, 'e 
vuotò se ne gis&e, ma volle Esopo, dicendo 
lion esser cosa giusta né ragionevole, che aF- 
faticaridosì ^ttr gli altri serri , egli senza 
qualche peso con loro n* andasse , e fosse inu- 
tile aj padrone, lacche s'accordarono tutti, 
che esso stèsso pigliasse quello che portare 
gli piacesse . Onde Esopo mirando , e ben con- 
siderando i sacchi, i vasi a fardelli', i cesti, 
e tutte Tailtre cose cBe recar il padrone vole- 
va, elesse in parte sua un gran cesto di pane, 
ii qual peso due gagliardi e valenti schiavi in- 
sieme portare dovevano , di che risero tutti , 
• vedendo, che il carico a due de^iutatb, egli 
solo portar volesse, e dicevano, certamente 
niuna cosa può essere più goffe , ne più stolta 
(ti questo vile sciagurato, il quale teste sup- 
plicava per il leggiero peso, ed egli ha tolto 
* -ai tutti il pili grave , ma è beìie da conten- 
tarlo) perchè ciò, che esso stesso s* ha eletto, 
quello stesso porti . Esopo caricatosi in sulle 
spalle il pesante cesto del pane , molto storce- 
vasi , e con gran fatica camminava , e spesso 
stava per cad'ere. Il mercante ciò vedendo , 
mcravigliossi assai, e deHa sciocchezza di lui 
ridendo, disse: poiché Esopo e cosi coraggio- 
so > e pronto alla fatica, parmi non aver male 
spesi i tre danari , i quali egli ha tiosto ben 
guadagnati > quaodo che porta il peso d* una 
buona soma . Approssi mandosi 1* ora del desi- 
nare.) e divertitosi il padrone fuori di stìada, 
sotto una ffèsca ombra posesi a sedere - -per 
«nangiare-; e ricreare con il- poca cibo i fatico- 
si. 



J? t a S O P O, cf 

al servi ; per jl ehe & comandato ad Esop^», 
che £icesse la distribuzióne det^ p^me > il quale 
egli largamente dlstttbàenddv e èssendovi mol- 
ti mangiatóri restòi ii presto più 9i mezzo vo* 
te, donde essendo it càrì co suo assai all»gge^- 
rito, se ne'^iva^ dopo diesinare molto pitì ga-$ 
gHaiJo e pili legger© . La sera poi avendo sf- 
milrpènte d^ta la- vettavaglii per la cena, il ce- 
sto resirà di tutto senza pane, talctóla seguen- 
te mittina^ molto per- tempo seguenéo- H suo* 
cammino, e - non avendo altro^ che il c^st&* 
voto a portare, innanzi a tutti' sfe ne giva can> 
minando, non altrimenti disposto, e leggiero^, 
che sbglia esser uno, il quale trattosi^lepiom* 
baie . scarpe-, ovvero disarmatosi entra a balio- 
se , o a saltare^ onde fu chi dubitava , s* egH. 
era Esopo, o pur un litro schiavo . Ma accor- 
tosi di lui, e £itta considerazione; del poco* 
peso, eh! ei. portava , con non poco sdegno» ma- 
ravigliandosi , che un CQsi gof!b omicciuotò 
fosse stato di loro tutti il più astuto e scal-. 
trito, quando che egli eletto 'aveva il carico 
del pane a portate , il quale tq^fk> si scemava, 
;na l'altre cose, le quali essi, portavano non e- 
.¥ano di natura^ e qualità tale che in cosi-poco 
tejmpo sì avessero a consumare : laonde i ser- 
vi, i quali pri'ma .Esopo beffeggiavano, rima- 
sero da lui burlati, ed- il padrone i* avvedi - 
nicaio d! Esopo lodandagli altri schiavi burlava. 



V 



€ A p tro L O IX. 



enne finalmente -il mercatante in Efeso , 
Là dove tutti i suoi schiavi, ecc€*to tre , ven- 
di con buon guadagno. Restarongli solamen- 
te un gsamatico , un cantore, ed Esopo, i 
quali per, meglio venderli, come un suo ami- 
co consigliato i* avea , condusse neU* isola dir 
Samo, e quivi per innalzare la mercanzia, ect 
in maggipr prezzo pojJa, vesti, di nuovo il; 



1^ -r r T K' 

jMma A» f ed U^ Q9ntor< ; tsa ^po,''^cl]é- 
4«i<l|Pj))rMt|p ef«» pUpo di laati (lir<>t|i« che 
Ja «jy^4m4^*o.xAj2£ejf|oa^^ si. polena « percBJi 
bello e gallile ]»a^$if>^.an2lseiidp.U bellezza 
^jielb diHòrgfiit^,f»o#tar<titaKa^beq4i4Qto 
piò 4Uci(HKÌQk egli, er»-» e confraìf&tfOy ^t^nto 
pia ligliìSpettajoà, pareva n^abUc^Io vo^iiin. 
l^\X3Lj^\ bulK>nex^ac€loccié*4!abito.fil&se alla 
disposizione^ dV^soap -conforme e.' eoo vebe vo- 
^ • In < fuetto «lodo ìt aificcMiJ3te ptodssse 
iPella.pijM^ i.>Fer$chÌ4?i per venderli ^ emise. 
Ssopo. in naejtza^dclgjpamatico^ edel.caut»- 
ìl^* Corr(p.y>i ognuno al^naoyo jypettacotb ,.eo- 
me gli uccelli itU pasto, vchno». e aaseiioo da 
jitàpor(»;p(eso. ri4&aaey«, dicepdo alcaoi;,Oh 
vcdf,. che-quoTO uccello 1 Altri : Qh., . che, ri- 
dicola bettiacciatcAltri: Qh.> che cootrafEitta 
posai Altri I vedi> che o/ribU mostra. Aliri: 
0\k^j/t che; ^unge^iìé . TÌ iQaDcÒAchi dlsse<gli 
4oyere es$«rc udq^. straoo ^^ioiaie. dalla ^rra 
p.rodc4tp ia gijii^a ditt»itafibiot. Esopo t.^uan- 
tuoq^e cÌQt»«^«'tdJ iui'dfeeyasi seotissQ». ed 
jotend^secjMilim^no -stivasi ardito» e. senza 
pu9to ^f99ttfsi prontamente mttando chius-. 
iiu9 luù g«4cdàYa.« Quivi capitò* Xanto filo- 
sofo. coQ'. molli suoi disoepoU \ . perciocché es*. 
so dli0ra^ abitava in Samo , la^ filosofia :pub«> 
t blicamenle* lei^eiyio ed insegnandos eaccocto-" 
si del^' astuzia del mercatsmte:» . disse loro : 
vedete . guanto sia quell* uooio astuto ? egli, ha 
posto Jl brù^b 4n jziezzQiper:pkraigOBe de" bel- 
iif.di.ctti Ja bfilkzza divien Hpiù^ rara» e'più^ 
mirabile pei h go^za. che di colui, dimo- 
strasi. £ cosi detto > appre^ossi Xanto al, 
cantore , e . addiiiKindato chi , . e d* bj^d^ egli 
/osse > e che cosa far sapesse « cispose^ essere 
di Cappadocia» e che sapeva ogni;: cosa ^e . 
Quivi disconciaraente ri^e Esopo , il. qua- 
le nel suo sgarbato ridere la bocca tanfo 
$quareÌ4t3| ed in così strano modo ritorta. 

ave- 



^eréTA >. eé' si- n^s<^ tafita'gtihzato > die tioo sa-^ 
l^evaoo Ic'persooe l*égii; ridt$se9.^o no,., beli 
conoscere y aazi?peit)savaoQixM»ltiS cife per qtUf* 
che mal accymtera¥TeBa|iEigli-».ro$t:fat:eaiaen*\ 
tCL attratto^ iLoa$o> esgao^ncnta la bocca aresw 
se. Noa sai>efkdat uomo^afeii^o delle sue torte.- 
lisa U ragi<H)ìe«.(kMaiia cia^aiKK peréhè 0gU 
ricks^f, iatclijherev p^;tl:cbe^ u9lo -'fittosi .< io^ 
iiai^l^ addimap(Mio s'ei Hc^tva» o<'i)o,, e te 
cagione (ie|l{?.MiC:CDst; fatte rìsa ..fisso 7M«d» 
sé: .Tac^lprcoi» mumky.t iSàiase eoloi bem|fw 
|^to> e tutto di tarnògftar pièno» 

^.O^ Ilota. Xdnto.av0icfe^atn]cieaot«. addcWart»- 
4lat(> qu^Qto.pMSUKXicgii -cbicdcva étl ciHftc^. 
xe », tispjpmicficfò egli , }mìk d^w d' argento» . 
4fche sono, oggi drca cento $cttdi di nòftfa 
moneta) volto le spalle Xanto:ed^appcos$im£h 
tosi ai <^ram^tkOi, ed àddittiaadsitogn :pari« 
mtatf. doivJUegK tm.R8to».e ebip fare sapete». 
rispoH.MScr di '{jiHiArv e saMr-^gni^ cosa 6- 
»rt e ^v^ aocift Esopo sgaa^bdpatafneiit«.rise»^ 
£ . dicendo imc^> tomt: co$i ride c$>stui ; rtspdt»- 
se ono dtgU.astantK ette ftftina la risposta di 

j»ariaa> addì mandane a, lui», perché. c<^ ride.. 
^L^nto pur volte' s»pece< dal mercatante p^ 
^Ip^ntorJl Grimatkojrefidèixd>lHr) ed^gli:tispo^ 
se S'Di cotesto» tre miià daoa» nt ▼oglio^( ciye 
iìirebbOBa. oggidì circa j09. scudi } onde il Pi- 
ll^ofo; Atih grandezza <Wl prezzo sdegnatosi*:». 
atfCBil alUP ditCL st partL 



GAr 



I 



i% VITA 

GAP-IT OLO XI. 



discepoli suoi -aiiltiitmiidaTidogH se qnt' due 
«cliiftvt gli erano pi'acmtii disse il' filòsofo r 
rcertàitiente mi |>iacqueró j nipa ìì decreto pror- 
4)iscè- il eofttperftre schiavò' di cosi gran- • p«*z- 
«o , e caro. Allora ubo scolare di^isc: se così 
À come ttt dici r*<*unque nulla legge- ti vieta 
'Comperare questo coniraffitto a^im^hccio, di 
-Ciri penso > cJife n*^ avrai' btteftì mercato , ^ ad 
ogni "modo tanto serriràtti atì brutto qiranto 
un bello . Gli altri discepoli , volendo persua- 
<Jer!o a faf quella compra soggiunsero: mae- 
stro , di grazia compralo , che noi per te i 
.dendri vogliamo oìra sborsare. Xanto^ alloia 
disse: 'per Dio-, sati» ben- questa cosa da ri*- 
.dere , che voi pagaste i danari , ed io |o Schia- 
vo avessi. Oltre di ciò la mia rtioglieruzza 
non sofftifebheda cosi mostruosa persona es- 
«er -servita.. Rispondendo i discepoli: si può 
fare, o Maestro, ' dissero, tìhe egli a lei non 
Jtrva> ma à te, ed agli- altri fuor.' Allora 
Xante disse r poiché cosi volete vediamo se 
sa fare cosa alcunay acciocché non gettiamo 
•via i danari; Ed accontatosi a^ Esopo di«se : 
«ra ^tlegrati. Ed egli a lui disse? eredi for- 
se ,cne' io sia malinconica? E Xaata segàcn- 
• do disse: Dìo ti salvi. B te attcot^ , rispose 
Esopo , Piacque h prontezza sua -^ef flspon^ 
derej e poi soggiunse XaMo . Qiial sci tu? 
^n negro , rispose Esopo . Non ad di mando 
ciò, disse Xanto, addi mando donde sei na- 
to? Ed' egli allora disse r Dal ventre delfa 
madre mia . Né ciò addimando , disse il fi: 
losofo: dico in che luogo nato sei^ Rispose 
Esopo: ciò non mi ha detto k madre mii, 
se in alto, ovvero in basso luogo io nasces- 
si. Risero tutti delle pronte e ècete risposte 
d'Esopo, a cui poscia addimandandò il filo- 



D&i fifa* o. . y^ 

s&lbr che cosa fare sapeva . NuF^a , rispose • 
Oh come,' filose Xant^, mfUa^ è pur troppo* 
poco. Ed egli aUora d«ser se questi miei 
compagai ^àono . ogni cesa * fare v* ^ me non 
IHiiìdo^: eglina. cosa' veruna iascMtf . Raddop«- 
plarono quiy^ le risi i discepoit, con ciò fos^ 
s^/co$achc gran dilettazione aviesi^ro preso di 
quelle pj^voli [risposte , e co ammenda vanfo^ 
•moltt^y. dicendo; per Dio, egli .ri$pond<^' mol;- 
,to aaviamei)t«, e bei^e;" veramente uomo alcu»- 
jio^non lè- che sappia, o^ni cosa farev e Xan* 
to poscia . addi maiKlandog li 7 se egli^ voljeya >. 
«he Jar<Jw»pexasse r a iwe ne c^iman^i ti ^ rr- 
. spose .Ksop& , ed io eia hai bisogno, che io< 
t-i c^igli^ é pttr quello, c|ie. meglio ti. vie* 
se: nKiQO,. cr/édO) ti sibrza a <^Qinperarmi> 
« perciò neli' arbitrio' t^o è posto il- far quesl» 
xDala sp^sa, o non la £ire> che se J!\^a vuoi, 
perché tanto cicahrie ^ di n:ie i^urlarti? I dr- 
^q>oli aUqcà' dicevano : certamente costui df- 
ce bene ,'e megiio pada^^el maestro nosltrc», 
e dì. [prontezza molici lo vince . Xanto poscia 
"cTìcendogH: : dimmi , se io ti* coni prò, ^fuggt- 
JU^ tu?, rispose Esopo: ì» se ciò vorrò f^ev 
Apfi;verrà:a te pec vcoasiglio, ne faro coere 
tu , che m* ad di mandi se comperane tu mi 
debba . Disse Xanto ; certon tu. ^dici benisst-^ 
j»o, soggii^nendb;.?!Oh tu sei* pW^brutto^ e 
schifo . Ed egli a lui *, Non deve mirare un 
filosofo le qualità, del viso, ni^ guardar be^ 
s^,i e considerare F aniixto, e la mente i. 



'Al 



CAPITO i>o,xrL 



^Uqra Xanto .ai? mercatante- a^cjossiene^ e^ 
^ddimaadogli : .quanto* vuoi tu ]di 'que$to tu<> 
Rfigto. e bruita sciiiavof? Tfeld- ^%\\ risposa y cre- 
do veramente j che tu «il jjal venuto^ per bar* 
^cmi , 9.^ pjef .vituperare^ la'ml^ n^^Jiwia , -eoa? 
«/9fiSÌaGesai;hè. ^ tll^ .la^c^^mlp^a pfìrte^' esprese- 



v^ V I 3r A . 

tando fltie' miei schiavi ». iuqfilivé* «i^e^cOro» 
pera^tU ^ooo xlegoi > > scegli qiieKO * bratHy , ed 
ineUo,clic #f ti pbecdi-qacidttec^^^arr, 
àuèsto taife, <|tt9Ìe^faii si sia t darotfÌHrtjopra 
ili prezzo r.doiÌM^ttdo«iroIeDtieri *i Ta scir in er- 
tola « .dicè.7£anto:.e Se t|L.vCK>iv^é€mi questi»- 
sck).) d^ '(|o^e^io lo cogif^rerò^ Rispose, ii 
narcaiaptè ^ per^e^saata d&niti tv puoi al tirtl 
appetito soddis&fe,. Aiiofar gli. scolari sena.) pia 
£r piroh subiUnveQte. ai- mer<anle. i i danari, 
mMmr^Loaoi e. c<)sl'Xa(^ s'.èhbe Esopo; Ma 
strido pervenuto aUloceccHie de*gabdljecrv cht: 
era stato veiidli^o una^sfihisvo se&za etf ei|[ii la 
j^lkllà pMig:<ta , dilìgratemeole - cerca vaco chi 
fesse il • vcoditore > exni Jci compratore.; ,E pei* 
^'l*j^llo^^ e l'altro stanasi quitto ^^tetncndd dr 
*jjftscrc pir li fni»de Castigato^ enon rispondtn» 
«).aku0à} E^sopo a'jgaibellieri ardrtameQtedi» 
se : chi fu v<f ndato , ..so» "io t^clàv m ht vendu- 
to egli e colui > e. chi aù■•conlperdJ'q.^c^'^^^'^ - 
nomo di . bene :- ora se colui nc^gfièra ti vendita» 
r^òstui là compra ,^u> sacò Iibero.da^J'àltnii ser* 
^ììà . Risero \ f. gsè^eUieri' > ed " ebll'erd tanta 
)>iacere di qaetdéttOi^ che donato a Xanto il- 
À>viito . alla gabella ^, se n'andarono, tenza. akm> 
licetcaftr. . 

CIA TITOLO XIIK. 




^ra gia.t'òra di nona» eeakio ftinéèi fvait* 

do ÌSsopo verso ^casa seguiva ilìsao nuovo pa-~ 
dtonej a cai scado > venuto t voglia di osWiaie,. 
senza punto firmarsi ,. camminando orinata. 
lia. qual cosa .^me. Esopov ebbe^ veduto » ap* 
prosumossi ' a , Xanto , . e ^ presolo^ per> la^ veste i , 
fècelo a se voltare ydicenao: pregoti ^ jiadfonei 
cbfi ti piaccia beo^ tosto svendermi , altri* 
menti io me ne fiiggiròv E perché? disse 
2Lanto> perciocché > rispose, tigli > io. non pò- 
• > Irei» 



_d 






^ìuì fcrvlre ed uft ^adronit -qiià fu sei, iìi 
ragioDc è cucita > che se'tuyVil^ìcitute sei lìbe^ 
to^ a: sagaci senza 4 tenere 'attuRo supttloce» 
noiriiixieixonon ricrei agiatanveritc fa oaturas 
ma orifii aodanìclo , -« ioipa^ziente di fi^rmarti ^ 
a me . po^d x^ x^mreirà fare ? Oredo > ^che se 
ta per -qualche tao servigio Aìi ^mandassi > e 
permaso aUoca la «laCara fiéhiedesvei *ck' ;o il 
• sovetéh«0 , peso éei ^9àtéti$csàc9$sì > credo » di* 
' CD , xiie isolando ini ^eòifrefrtBi^ cacare.. Risje 
di ciò Xanto, e disse'-s sappi , 'cbf' 'rdfe do 
lo schrtitt tre ÌQè0medt)^ora in i^'ukto modo 
orino. Desiderando ì>Iì«mo «K^ate avvedimen- 
to la dichiarazione»' segui Xamo : -il ^rimo in- 
coskedo^é,vchc *se io facessi qui ditt^ora» il 
soIe^^istempcertlibeaM '11 eervàloì Talrro^ 
che 11 gran calore della terra <m* alg^bmcierebbe 
i piedi) ed il lefzaéj'cheMi IrlnTHore dcììt 
orina offendereM^mi r odt^xfitd . 



e 



GAP I TO t O-^ XIV. 



». ^ 



commendo moko i^sojio la prudefi;B3 del 
suo psklronei ik ^uàJe:giiiArp a cass, non voÌ« 
le y che £$oi|jo «aflbra enfiale >' perciocché es- 
sendo la moglie si^a delicata > ambiziosa» e 
schifa y parevagM «che non dovesse tanta brut- 
tezza a lei si ^oslo "pilesate , se prima eoa 
qualche facexiat' accompagnata con piacevoti 
parole» èiiion avesse addolcito ed acconcio lo 
stomaco suo . Eeli adunque -entTàfo alla mo- 
glie» disse: or lodato -sia Iddio^ che tu con- 
sorte cara per lo 'innanzi non mi rimprovere- 
rai' i servigi ''delie (tue 'fanti e 'donzèlle, con- 
ciossiach^ io mno schiavo al mio servigio ab* 
bia. coni f erato ^'. del quale ne più bello, né 
piuv gentile si p&trebbe cedere giammai t 
■chiamasi Esopo »^e sta qui *fuori della porta ^ 
Le serventi a queste paròie -avevano le orec- 
'chìe dinzeate^ «rdlendo ciò esser ^vero, e fcB 

te» 



/ 



loro coTit,«>éetMi«>, '^juait <li lòti» ^e,bb&: U 
«aa innamoraU ,- é ^po^sC . La moglie ^t Xia« 
to, che forfc aitdìT^la vi feceya <Ìisegnó^ co^ 
^necHc Je cose belle )i tuttì.-fiacoiaao, vcriàe 
in grao desiderio dì veder lo-,- e risponciendo 
al marito > disse ^ se «com'pera^te hai <]ue5tQ 
tuo schiava, perche «op lo fai tu entrare ^ 
mentre mei ro' caro mi -è', che t« t'abbi pro^ 
cacciato persona che ti serva, acciocché le mie 
fantesche noa .siano ognora da te chiamate* a 
$ervirti<) fórse in cose èitieO'non molto a te 
convenienti ed oneste. Xanto disse a lei •] pia* 
cerni avere a questo tuo sospetto.» qualitunque 
indegno proveduto; è comandando tg^ìj che 
si facesse Esopo entrare, una #3nte piti de^le 
altre, corse veloce a chiamarlo ^ cotue che 
r essere la prima a farlo vetiìre in casa , fosse 
un augurio* 'buono , e quasi un* aria di- poter 
con suoi vezzi l' amor di l^ii- ^rocarare> 4>nd'' 
ella frettolosa ne osci fuori > chiamando il quo- 
tro e gentil s^rvo; Esopo fattosi intianzi dis« 
se : Eccomi . Ma elk vedendolo così disdon^ 
eia , mal fatto , e brutto , non credeva esser 
Io schiavo j .che il padrone «ompecato avesse > 
e disse : non ' dico a te , ma addimando 
un altro molto più bel giovane, che tu non 
sei . Hispose egli , altro Esopo, né altro schia^ 
yo di Xanto .è qui , che io solo , e pur or ora 
nammi coipperato, adunque io sono >pur quel* 
(o, che tu addi mandi . 



G 



CAPI TOLO XV. 



io vedendo Ja giovane tutta confusa, e 
d* orrore piena , come qualche orrenda e 'Spa-<A 
Tcntoyole cosa veduta avesse , soggiunse r 
^dunque tu sei Esopo'» quel bel servo di 
Xanto ? Q,ueÌIo stesso sono io , disse egli e 
come non ti pajo io forse un fante ?^ed ella» 
j^arendole esser ucccUdtaj >iitixossi-d€nti;ó, sc»v 
. •. co 



D I /ESOPO. aj. 

«a stessa dicendo? £* sii col malannp» .ck« 
ti cH:|' Iddio;- Un'altra serva mossa dal m^ e- 
Simo 4fsio di vedere queilfgfàn belila , usci 
Ibori j-« veduto £sopo«^ridò^: oii ciie >sil sgru- 
gnata, 'vedi cbe bel celEo di scimisàone. H^tf^s. 
pure a post^ tua^ ma a me oon ti approssimare • 



E, 



C A PIATOLO. XVI. 



intfAto :Esopo , alla padrdoa apprese^itossi» 
la<iquale còme ebbe «eduto tanta deformità..^ 
gamTML y tròvatEtsi del suo pei>$iero ingannatai 
fra lo sdegno e i* ira disse a Xanto . Consor- 
te, tu mi schernisti ,e donde irti hai t a con- 
dotto ^qaesto^ orrendo, mostro ! levamelo dìnati* 
zi: e COSI detto volte le spalle al servo, ed 
al padrone. Xanto ridendo pregava lei dolce- 
mente, che ella 110Q volesse vituperate il 'Suo; 
nuovo schiavo, né scacciarla via, prrcjoccbè 
una coi] rara e gran bruttezza ixm manco j 
marsvigliosa e dilettevole? , che «ia una grande 
e rara bellezza, dove la nato^ca ci dimostra il 
suo grandissimo e straordinario potere, che 
tanto pia-caro diceva, ti deve essere, o con- 
sorte, questo cosi contra&tto schiavo^^ quanto 
che oiostrerassi la t-ua bellezza per il suo para- 
gone più bella , più leggiadra , e più preziosa». 
La don^ nell'amaro della saa collera perseve-^ 
rando disset-orr tu mi vuoi pur mettere in &* 
losofìa ; io t' intendo a cenno ; tu vorresti pi- 
gliare un* altra donna > tanto ti sono in odio « 
Se tal desio ti viene , dimmelo arditamente , 
eh! io or*orauscirommene di casa tua se so be- 
ne) che tu hai intromesso questo viso di can 
mastÌBo, acciocch'io me ne vada e fugga, 
menicele necessario., che io > o egli se ne par- 
ta , non potendo io sofirìre da tale alocco , e 
da così mostruosa cosa essere servita . Voltos- 
si Xanto ad £sopo riprendendolo , che dianzi 
mentre che egli orinaTa , cosi prontamente par- 

. j- la- 



y%4 ir 1 T A 

%lo avT». oé OM éiit Ut demu i' lotiiirhiir»» 
««iiilla-^rtspo«d€sse.iEd Esopd tfissc tacile tuoi 
tu ^ -di* io 'iìcà 9 -«1 rftfdtonir ? giltaib ia tm ^^tffe* 
>zò . 'Quello detto «ti» uùscendo a XaogtQ.» -mt 
MfttieUlla k> tipiate# okaailQ:: tsip /funtrbo» 
^"^potlàlc siraettmA^ ' '«eDsi0Mii(cJir ^ pia tii me 
«tesso amo codtei . Adati^qe tli«se' Esopo , Xat»> 
to così gria'fiìbsdfc ie>Japu|bp«/^V^dSo da vi- 
le e sa^erb» fcmmio^Ua ^ u)i ogn'aift' uoiri» 
io «vm io cceoublQi iéi^U. qoil mài>: ^perciOo* 
«he T^aiooce di d^m» «d 41 filosòùren^ii «v- 
Ves^onò beoe ìosfemev aoti 'SdpoMnólto ìltTCe* 
s» e contrari . Rivoltato purefiiòpo ^màbat- 
siaysdi9$e :„ e . .tti,;^ 4ao4u^) .o fùCnoia» «otr^ 
stf» che' il filòsofo avcase no M|pQWMr«i«ii^ 
^ato di llioD DOTTO i eh? aiCàócch^ atte £aii>^ 
che del ..padrooe'^pplireMfeesse^ etcfiO!\^hefi^ 
Mie anco ^Qpo vcrgogoa-del -mmUy eh ? % co» 
si detto ,;gci4ò duaBunKloi EucìfMde Poetai» 
KurìfMde » verinedte Ja èocca tua fii deU' ore» 
vie più ]»reziosavquaQdo, dicesti qifediajdegoif* 
sima seoiénza : ^pra cosa A la tcià|»ti&tv del 
mare » ^pav^fiìtévole e l'ìmlKto d'^ùn 'ttpidy» 
&iiae> otf itale i.b^fiannitia deli' ardeste iisoco« 
e la povertà è ce») faticosa^ dura; Miui muxa. 
cosa i cosi mala , ^^$tìAra> e nojosa come è 
uiiaj£ds»s «'irai fimimloa; Ma.accioc^ tali 
paróle ' non >(bssefo illa donna di j«»lta aUcsa- 
aione cagi«iìe«fsq|ggiaa^» ^rons^ ciòsndii 
^issMo per té) ma beo oonsigiioti > esiadét^o 
con buona grazia tua» jfl]^ aendo^tu rocMlse di 
cosi taro» ed egre^fìo- absplba ima ^e bene 
farti servire da belli >. e delifiati .giovani , ac- 
ciocché non vengano le persone in mala opi- 
nione de fatti tuoii e tu sii cagione 9 che «Il 
tao nutito sia Aotsilo >' e SQM>stxato a 1iito« 



CA- 



'*> 



L 



€ AP I T-0 LO Xyil. 



_ dooQa cbjje ^er msAt quelle parole sag- 
gie d' EsopaMtia non potendo a qael(e sema 
^u«lch(e'^mo$lr37ioné- dì mal ànimo risponde- 
ft-, 'e cDRtriddite » firtse di nbn alterarsi > ma 
pigliare tatto va burla, e dis^e ridendo . Deh 
naf ito i9Ìo> poiché questo tuo bello schiavo 
ècosldotto e &ceto parlatore > lasciamelo in ca- 
sa : in fiè di Dio 9 che le paróle non gli si ' 
perdona in bocca , t eredo > che -quando tu sa- 
fai isKÌispostA« 'Tgii potrà per te supplire agli 
scobri*! e dare loro lezione:^ P^^ voglio con 
questo maoìgoldafcio riconaliarmi . Aanto ^ì 
ciò .allegro» voltatosi ^ad Ksopo, disse: ecco 
che k tua p^dfon» già H ha preso afièzione» 
e ti vuol bene. Certo JUxHspose Esopo, qua* 
si che sia molto diffidile cosa a placare una 
. donna.-) ed «ra inr «un- volere , ed ora in un' il** 
tro rivoltarla^ U padrone, a cui pareva Eso- 
po tropppliberamente parlai^ ,^h> riprese dicen* 
do: sta q^iieto^.che ie per servitore , non per 
jnaestr^ né per contraddicente hot ti comperato 

C A P ITOLO XVIH. 

Ma seguente di Xanto menatosi secò Esopo 
fuori di casa per trastilllo , in un giardino a 
comptPTare erbette andossene» le qtiali aveiido 
già r octolano «oltcs e date ad £sopo , vo^le 
Xanto pagarle, ma il giardiniero non accet- 
tando il pagamento , disse ; messere > io da le 
non voglio danari > m» invece di quelli, vor*-' 
rei solanaente , che tu mi dichìaraast un dub- 
bio » per ia cai soluzione mi stillo tutto '| di 
il x;erveilo • Volle Xanto intendere 4a questio- 
ne. Onde soggiunse J* -ortolano: che vuol di» 
re , che 1* erl^ eh' io semino > e pianto, qiian« 
twiQue siano diligeotemeste coUwate» wpM» 



%€ V IT A ' 

<doie» ioacqoandole» e da ogu Utah .cosa» 'At 
jnlQrno nasce. mofì4»ndo)ìe > :nQDduo6n0 oiesoo- 
2IO scalee j>m tardi <iii /queU'»«tbaccie'> le qua- 
li per se stesse -lai terra >sflDafa col torà .Alcuna 
produce? A questa i^iroposta^qmestione > beadtè 
air iotellige&za de*, filosofi appartenesse > non 
P^iò seppe Xanto dare .altra soluzione^ che 
dirgli: cosi.^'UGtie Iddio, xia sua divìsa prov- 
▼idenza . Jiise Ksopo di così. £tf ta risposta « e 
cosi fibardellatjunente- rise ^ che Xauto a lui 
xon non .poca .aoiarezsa di<cui>re disse^ io non so 
^e cotesti tuoi agrigni , -Slitto aàaltrone» pro- 
cedano da sciocche:^ > ovvero percbè tu mi 
ixuli . l!)soipo ^on potendo dalle risa contener» 
9Ì> rispose: perdonami, padrona che io già 
non rido de* casi ^tuòi-, ma òene ^ chi t*iia 
insegnato, ed ammaestrato > conciossiaché :sa« 
- per dovresti , clie ìt cause , Cjgii efietti , 4 <|fia- 
ji solamente dalla divina provvidenza procedo- 
no» xicercaDp d^igU uomini sa^gs pan tuoi .es- 
sere intese, e poscia agli altri insegnate; tli- 
chiaQoidole in qual ixsiodo , perché g«sì ruole, 
« fa Tjdta mente di Dio. Ma tai «ose basse 
a te non convengono» peiciò mi dà (* «^imo 
di saper meglio di te risolvere questo proble- 
ma » lasciami adunque accostai rispondere.^ 
xhe io pienamente .soddisiàrolio. 

£ A PITOiO "XIX. ^ 

XjLliotìa Xinto alPett0fan6di»se; amico mio» 
non è cosa onorevole a me, il qual soglio nelle 
«flcoele pubbliche disputare , ed insegnare , che 
ora -io stia qui nell'orto tuo a risolvere i dub« 
-hi tuoi, addintsknda adunque annesto mio schia* 
vo, il quale, perché ejgfti é di onolte coséin* 
tendente^ <ed assifi ben dotto, kveratti ogni 
scrupolo che ti fa dubitare, ir giérdrmero af 
fissati gU occhi in £sopo fii l^apito dalla tua 
caviglia » 'pateado^li^ 4iiimcoioy<he itti ^alé « 



1)1 KS.OPO. ^ 

émlo eonlraKif td «nimjltetio saf»es^- lenire > 
)Ni»locfaé HdtitMMdo ft sìktìaAoi Aq lo^siùpòre 
'^U ateva inf^iso y disse: e c#l«ito ¥i^ • di 
cotoniero contraffiitfd 'è etterato? ini^Kctfi 
^iiHa;^^fidisStma^ cte mai 'non potei iiltoinl- 
|>9irare> che àìtstppntC', t vangare r nla.t4i^ciea- 
xktonomiiDr, dimmi te ^aik dichr^fta^tonedet 
TAio viluppo } Disse altóta Esopo 21 lui : at- 
tendi fxossolano: se avviene, ch& wi' oòiho 
«maiitato abbia avuto figliuoli della mo^clie 
suftr ed 'élla poscia venuta- » ftiorte^, égli un' 

- altra fiata sì maTtti a4 ^itra donna -la quale 
^ parknente glr^accfa figliuoli^- qoesta feconda 

• niog^, dérfiglróoli, ch*elb a vri • partorito > 
> e viera ipadre( di Quelli che in casa del- ma^ 
•rito trova , e ^matrigna) 4>erò ella i suoi-pidi 

di questi teneramente ftiftì sempre; onde na* 
SC6> -eh' «Ila 'la molta d inerenza in allevarli» e 

- nodrttìi rvcoaciossiacfaé i' ^iffoi ' proprj '^dia^li 
f^oo gMndissimo ai»ote> e diligenza noari^eè » 

€ governa, e gli altiitr<fsc«faf-/':S&%i invidiosa» 

tn«fite4uol odiare t o ''bene spesso il cibo 'loro 

X 'diminuendo', e levandolo, età Ysuói 'figliuoIL 

^ixlfé tfifturalmente la dono»! proprj figlittùfi 

• ^«oB tutto- il cuore abbraccia > Jed ama,- e gli 
; altri non cura», come cosa aliena-, 'e forestie- 
ra* Cosi la t«fra« véfa madte di t^uélle l!ose^ 

-che ella y^r se stessa genera , e produce , e di 
queste, ehe tu senÀidi , e pianti Ì tiiatrigna^ 
ond' ella alle sue, coàie legittime, ''e proprie 
figliuole « dona tniglioc nutrii!toct)>^. , "cd olle da 
te pismtate, e s^mipate come^lien^) e bastar- 
de ^ non dà cosi buono, e nutriti f'o alimento. 
. Qatodi . avviene , che - più *tosÉo crescbop I-erbe, 
.'^fate Q;«turalmenfe per_ se stessala tetm prcklu*> 
*ce4 che quelle le 'qaali tu tal -^f^aando» e 
-piantando. Piacque questa risoluzione all' or« 
/toUno i e -motto gli éntro nel' capo^ e ringra- 
ziando Èsdpo^ /perdié egli P avei sei^liberiist» da 
. W,gca{i ì)HVó1ò;j('^ f li mollo icnif^ gW a- 



1% y ITA: 

ye^a la^oi^te tà il. cerrelio ieQi4to ansio,. edl 
ifttconstps disse: oc va? poetati i'ccbe in. do- 
no , e non «piamente qij(,e5te t ma di quanto 
nell'orto tengp , ogni volta,» che bisogno te 
ne sia,.vicnte4)e e pigliane sicaramente quanto 
ti piace» senza alcun pagameiito , non altjrinietv- 
%i 9 come se il giaxqino fosse tuo pr<^rio , e 
l^^icolare. Esopo accettata r.of&tta. deU* oc- 
tolanp T €ol suo padrone ritornossene a casa • 



D, 



CAPITOLO XX. 



^ 



^opo alcuni giorni Xanto vòletndo stufarsi » 
trovò per caso alcuniv amici fuori ijdla atufa, 
i quali» avendogli c^li invitati a far ,coq esso 
lui colezione , V invito volentieri accettarono . 
Il filosofo» chiamato Esopo per avvisarlo di 
quanto (gli av««a a face, contandogli , che 
cuocesse la lente: egli secondo il cpmandamen* 
ip del padrone itosene a casa» tolse un solo 
grano di lente» e quel pose a cuocere infuna 
^ran pjgnafta d' acq^ tutta pifna . Ritornata 
.poi Xanto a^saxon que'suoi convitati > trp* 
Yato £sopq> dissegìi in questo modo:- or che 
noi » '£so{K> » dall' acque del bagno» dacci a 
bere. Voile egli «dire; -or che noi siamo ve- 
nuti dal h^TiOy dacci a bere; ma volendo ..E- 
sopo insegnare al filosofo di ^tarlare chiara- 
unente > perché .quel detto gli .era jpaiuto.escu- 
.IO «. ed improprio » corse nella stun e .t^to un 
hvkOfk Szsicq di quelle lavature > che scolano» 
ed escono dal b3^no » portoile là al paidrooe > 
dicendo : ecco signore > or bevi quanto ti 
piace. Xanto. per il puzzo di ^<»elia Iracida-y 
e torbida acqua stomacatosi» clisse: domine» 
,i^e cosa è cotesto? Rispose Esopo: acqua 
,deì bagno» la qual»^ come tu mi dicesti, 
liotti recata. Di ciò grandemente adiratosi il 
^|iadroae> disse.:, col oial' anno> .^he ti dia Id- 
dio» gaglioffi) > ignorante» io non volli dire 

co* 



D I. E S OP O. ^ t> 

rosi). e non m'intendesti. Ed_ Esopo disse: 
parlami tu dunque chiatò, o padrone > e non 
liguratamèhte , se ' vuoi' èsser inteso^ Io* per / 

me non • -fui mai poeta, né oratore. Xanto • ' 

per' là presenza degli ornici suoi , rafltenò l' i- 
ra; Recossi poi ìt Hfosofe a sedare per volec 
risciacquarsi i piedi» psrò cornandogli > eh:; 
esortasse 'un catino di acqua • Ed egli portata 
quivi l'acqua, stavàsi tutto dritto sen^a alcu* 
na cosa fare . Xanto allora disse: che guardi 
tu dappocone, perchè non mi lavi tu? lo deb- 
bo ubbidirti , rispose Esopo , e ixit tanto 
quanto tu mi comandi . Dicestimi solamente 9 
che io portassi' un vaso di acqua ; ma non mi 
hai detto: reca l'acqua, lavami i piedi > asciu^ 
gameii , e poi calzami > ed aitre tali cose , che 
soglionsi per ordine comandare. Allora Xao* 
to agli amici suoi voltatosi, disse: mi pare 
aver un Aiàestro, e non un servidore comperato, - 



A 



CAPITOLO XXI. 



;^prossimatasi' talmente 1' òri deib cena 
il filosofo fece a' suoi convitati ut^a dicerìa 

• scusatoria , filosoficamente dicendo : sappiate , 
amici miei, che 4a frugalità ed il parco vive- 
re ftt^ sempre dagli liomitii-sa^gi lodato, cd»- 
cios'siachè ^ mangia per viver<&, e non si vive 
per mangiate > e Is natura -di ben poche cose 
contentasi» però sculato m'avrete % se oca da ìae 
Jajrgamentìe- non sarete trattati» ma ben p«isua« 
domi, che allegramente, 'e bastevolo^lenti» o^gi 
meco mangerete , quando che i veri armici 

• pienamente' soddis&nnosi' non delle vivande» 
- ma- del ^buoa amore y-« dell' allegìia del viso 

d<eiramièo, e deUa sincerità delF animo suo. 

-ria- voi^ amici ea«9sàmi, ora vi trovate a man* 

giare coit un vostro benevolo^ T aa&ma di cui 

. • qual Vevso voi «gli n^ sia > a voi deve essere 

' assai ben certO) e cOBOscioto. daremo adua* 

' B 3 que 



-> . •- t- 



q\ic ^àpwàént^ cóleeioùfi insieme » la ivti^ ^ 
fluiti dd dbi da parte lasciando; > e. tifilmsn- ' 
ity e ^aham^nte >. meco ^ce[ndo eolczìoac > ttn^- 
gentile» e. delicata itirnestrudla. di lente^ avrete >, 
posciir aibunfe: bupne firutta dalla nostra antica 
madre prodotte, d^Ibre >. che g^ate furono àgli 
uomini ndr aurea ^à.yi'v^enti. E cosi detta ^ 
atdditiùndò ad Esopo se * la lente, era còtta ; 
Ed. egli» che parte delb .diceria cfeK padróne 
avèfa sentita», seca^ diceva:: se. le parole ena* 
pis^co' il ventre alla brigata» qui si cenerebbe^ 
molto -bene. 'E ▼olen(fo chiarire il padione se 
la lente ibsse ben còtta > corse nella cucina , e 
tanto còl cucchi.aro, ricercò» e pesco che" quel; 
grano, dìiltnte^ venneli preso-», ec^ afe padrone: 
pottolto , il quale vedendolo tenero > e froHo » 
QÌs$es^ Qi:> reca a. mangiare:» che è cotta. Onde 
XantQ póstosi' co' suoi Convitati a. nienri ' a se* 
d^<rasj^.ttAV»i la. qsinestra» ma Esopo. ttc& 
ìotù ìt scodelle piene dì brodo senaià lente:- di 
che marafigliitosiOOintQ disse vconiefìoii pòrti; 
tu "scelleratp la; lente? Cui Esopo disse ::olr tà. 
Jt' iìài avuta , Che adunque » diìsse il filosbfo txn 
soìg>^ grana cuocesti > Utt solo y, tj spose , egli 
s^gi ungendo : non: ti ricorda padrone che- 
mei numero 'dc^ brciìo dicesti»:- cuocerai lanieri' [ 
%ét: che siis nel nnmero^dckpiù significante ^uàn* 
titi batuitte»; avessi" tletto: cuocerai ìt ientir. 
io tanfe -n^avrei coitto» che tutti iritireste. pie-' 
jDjinaentè saziati.. 

<CA.Pi TOt Or xxn: 




^01 risert^f cofruuti dicendo»; che* tfgli a- 
Veva ragione»' ed ir filosofo non sapendo dò; 
dna rispondete,, né che £iré'» Tentatosi agli a«- 
micia:, disse:' pèf Di«x costui mi yfvspk htt im^ 
pazÉire» è non espunto' dubbici» di^-.cliiié'di' 
corpQ stroppiato», egli anco non abbia T animo 
e. riritelisli€L qno&troc^ e sciocco. E poi ad* 



ni E STO PO, n 

Esopo volÌatosl> esseodosl peto prixna 4KXisEato 
appresso i convitati^ jdifse: accìcccfa£ io nìoa 
pap aver^. gii. amici miei befl^^giati ». yatleoe 
corrcod^Q a com ferale 4.. piecti dr porco, e fi 
che sjaao hen-accomcr e sta^ìon^ti* ^ st^biu- 
mente portaceli, io tavola » che npifra tanto» 
corv qualche cosetta bevèoidó un^ratto^ iotrat-* 
teneremod... À£ett&yau^^£SQpo al, cemaadtr 
roèntq del padrone, il qoale mentrr che ì piedi 
cuoe9irafi$l| per aver giusta: occasipae^ di bat« 
tcrlo >^ rubo' ano de* piedi ». essendo. £sop9 da 
cuciWassente i Egli poscia ritornalo, Y^ìfOr 
do uno dei' pìedL mancargli, s'avvidr^ <ht 
qualche trama gli si ordiva», al che pecjpto.* 
ved^e corse^ alia' staUà» dove per ptovisiòae 
£ casa. Jiutrì vasi .un pprco>.eda que^o tagliò^ 
un piede». il qnak.' pelata 9^ e beo netto, insie-^ 
me con fili ahci Ire pose 'a . cupcete ^ella pi*- 
gnatta ./Xanto temen^Io^ ch^ Esopo* doq^' ritioj 
vandb il conto suo se ne* fuggisse , peótitosl 
della, burla fatta. , il . piede tosta nella pignatta 
ximise, xlalla q^tale- cakindo Esopo la vivanda, 
per. addobbarla bene , e: portarla ia tavolày fro» 
tò> che vi. erano cifiqur piedi ,^ Allora soprae- 
gjaoto Xanto, di ci^; maravigliandosi, sgrido e 
aS opm&%sQB. cinque.? Coi Esopo disse, padro-r 
ne non sei ta aritmetico» dimmi y. due porci 
oijanti piedi.hanno egBiio ; ottor^, ripose' il -fr 
iosjpi^* Spggjmiìse il servo, cinque piedi sono 
qua- aentro V adunque il porco nost» con tr^ 
soli' s3L pasce. Il che trovando Xànto esser 
Tcro^ divenne tutto fmoro di' ooljteri» e pia 
tunto qiiànto«cher quegli' amici suoi- di'cotal 
biitladaUè risa mascè! bvaou»yq(ialr diceva 
egli t noli ve lo dissi io, che questo tristo m| 
£rebb« paxio al^tto ? Allocst Es<^ .^lis^e : tu 
smì» paorone» che ìa sol tcizio^e &tta' secando 
IcLi^k a^atitmeticare vera,^ e baqna.àdun^ 
qyie'ae'dr otto ne sottrecémo, cifique , tre soli 
rcsteraanp y perché . nel conta ,àiio noa v^ è er« 

B 4 ^^ 



N 



$t VITA ( 

rorc alcuno. Xaato in se-«tel;sd;^ molh» acHra^ 
ta era , ma conoscendo esser lui statò^ cagio- 
ne del nwlc , e che per volere jof annate Kso- 
pék era» 1* ingannò sopra, di lui rivoltato» a- 
cquetossi } naàssimanaente giudicando neo alwr 
lai giusta cagione di bastonarlo*» 



D. 



C A P l.T aLO XXIPP. 



uè gtomi è», poi uno de*~saoi discepolt- 
^ce al maestro > ed agli altri suoi condisce pofr 
una Urga>. e sontuosa cena, dalla quale avendo 
Xanto tolte .alcune delicate ^vivande» dledele 
ad £sppo>. dicendogli: vattene a casa, ed «r 
^iiella y che sopra ogni r al tra cosa sm ama , in 
nome tnio^ appresenfeal». Esopo quantunque 
r inten^JQOc del padrone avesse inteso , cioè 
che alla mpgliera il . presente &ce$se', nondi«- 
ineno ricprdandosi egli , che da principio* qiian-^ ^ 
tip. egli venne' in' casa da lei fu ingludato 
cercando scacciarlo di casa,, pensa pes Tendet- 
ta dejr ingiuria ricévuta £irle 4in dispettoVcbe 
sino a^ cuore L'afHiggesse . Giunto diicque- a 
casa lj)fopo> ed itosi alla padrona,: mostr«ilè 
quanto nella sporta recato aveva, di^erdoe 
iiiadorìna, queste delicate vivanda manda iltw» 
maritò. non a te» ma^ a quella che ' ^li; Vuol 
ì>ene,. ed à. quella, che cgva^ egli ha dettO'^ 
$òpr^ ogn altra cosa sonunamente T ama , o 
<osr detto chiamando lai qagnuola , la quale 
iiicèria. chiamavasi , a.lei:k ,vivandt, che por* 
tate aveva, diede, e fecendolè vezzi, diceva: 
togli , gentil Licena ,,naangia -, fedel Liccna , poi- 
che il- nostra pa(;Irone a te^' come a quella cbe 
lui caramente acni, sopjia osn*^ alna creatura , i' 
i^à mandate . Ritorna pot Esopo ai pailrooc t 
\ì quale' incontanente addini^dogli scegli av^ 
va- il presente fatto ,a quelli ^ che sopra ogn^ 
alt^a cosa ramava; ed egli a, lui rispose: ogni 
cosa io 4i.^dl a. qucBa . stessa , ^?Ic> nì^.pr€4 



pi tS'OfO. fi\ 

•Sietìle irtttltò mangio cori molto appetito. £ 
Xanto allora dis^r e che disse ella meu|re 
che tnangiàTa? A menulh disse > rispose Eso> 
*po, ma Hcn m*avtidi> che elb fra se stesser 
molto afi^ttuosfthienté rìngrariavati • Se la don- 
na ebbe per male. \ì presieate alla eagnuola &£• 
t0 9 agevol' cosa ìt lì coàgetturarro> «UUndo; 
che» come s^ intenderà poi, ella perciò usfi^ 
di casa del marito, eoa deliberazione di non 
-ntomarri mai' piiV . 



■R 



GAP I TO LO XXIV. 



.adunque là moglie di Xanto per cotal 
-cosa piena di sdégno, di còllera, e di^furprèy 
'Credendo che '1 consorte suo voleisse in queT 
modo notarla di pochissimo amore verso lui^ 
e. perciò egli piii di lei la eagnuola prezzasif> 
-donde ella ,' or anaj or un'altra còsa pensan- 
do , ritirassi in'caraeta^ dove si diede' (come 
è delle donne costiùiie') aniorametlte a piange- 
te . '£d' avendo fta se sfossa pia cose per ven- 
iletta pensaft> ^i deliberò da lui far.cuvorzic^ 
ed incontinente a casa del padrie ita sarebbe> 
9r IVin, la stizza, e la rabbia > per gridare > 
e sfogarsi col marito non T avesse ritenuta. 
Xanto con gii altri convitati alkgrameùte ce- 
nava, dove i secondo il' lor costume 1* uno f 
altro a bere invitandosi, 1' altro all' iwo qual^ 
che dubbio, ^e questione 'pròponè%*a • 1 



F 



CAPITO LO XXV. 



_„ u da uno de' convitati una questione pio- 
posta > per qual^cagione la pecora condotta ai 
macello, non grida, ed il porco guanto pid 
può, stride . Molti molté^, e vàrie ragioni 
dissero, le quali non soddisfacevano appieno. 
Rispose Esopo : la pecora, perché' ella e soll^ 
ti a essere tosata > e momia quaod» anoo t~ 

B s pr«* 



u 



^ft4 «penta mak' akttoo ,& che> le .àbhì* a mlerv^- 
iime^i. aniu crede elb, die ancoi' alloc». U dtb-> 
Iwno mungere , e tosace>.eL.|imiò un tal ;gio- 
vaotento^ as)»e£tando., stassi quieta senza dare. 
t»ni«Rlc|roU vQci« Ma il voroo, il quale nes-. 
«ano di auegli- utili ,^ e aÙet^voU h^n^&cy è 
4yyez(£o di riceyeie» anzi conosce, lai esser ia- 
gffatOt e V pasciuto per^ esser ^maogàatcH quando, 
^llt^ preso, e per i piedi legato 9 . meri te vol- 
^mente q.aanro più può grida,» e strida,^ 
pctsuadeodosrdi^ essere. allora alh. morte coti- 
jdotto. £ questa. soluzione. d*£iopa, iu anco^ 
«dagli ftCQlap eoo molto piacere commendataf . 

C A:P l T: LO XXVJ; 

inUa^ fiàalmente. la^cena^ 'Xanto ritornato m^ 
jB^ssL , yoUc- ( come,^ sovente sogliono, fare gli , 
aoiorevoli . marit i } con- b . mogiiera vezzps» 
mentp mQttjrggiare,\et scbenearej .ma. ella tutta 
piena, di cdiera^^coo molta fiòiezsca gli disse t 
lasciami stare coi tuo- inai* anno.^ ed a, me 
non ti approssimare ^.restituiscimi;, la, mia do- 
te; perciocchc: incasatutf né teco voglio abt« 
tare, e & poi, vezzi, e c:ì rezze, alla cagt^ol» 
qi^nto. ti piacele. ìa quale colante onori , e^pte- 
senti . Xanto di^ tali- parole ammiraton ì. né 
sapendo di' tant^ eoikta la cagione fra aest«s« 
so disse;: veramente questo Esopo «1 ha fiit- 
to Quak^ie bttrla. Nondimeap- volendo, dalla', 
moglfe -intendere dico^to furore > la cagiou 
pe-f le. disse sii q ^iionoa». arròsti '|brse come 
io.bew^? sei^tu fao£ di te« s^ssa > oh^ che 
parole son^ colente. tue 9. ch^ cagnuoU? «he ba^ 
je. son queste ? 4ioD ho^i-fo .mandato a te dinan^. 
zi; -un pirescnte- dK certe diUcatlssime vivan- 
de? Acme. tii^.^ tìsp(Me>la mogliev cosi-, ave»*' 
^ ìAvMUfxoom^ a. me Tbal tnand^le.: alb« 

•'- •» caci*' 



^ paKUie Si 

( Je son q 

A zi; -un. p 

^i de? ÌLI 



^ D r wsìorcr. ^ 

mgnxtfAs^ì le auotbsti^ e crédi toch'efia 
ti ami pia che aon ^ t' «oo^ ìo^ U'uité me» 
srentìirata metriirdiei nubi son^ io venst^! 
vedi rfilosofó ' «ciocco > didieiaco , . e. pasbo ) che 
più stima £i di una cagoaoià, che di ana'sua* 
doQiuHy e consorte V Non fess* io mài oa^ i ov- 
▼enl> la prioMK'Voka , che^ ia cfuMà àst eo» 
n»!-» V mi aversi sotto ' ii ooilò .^. Fórse ' che- hd * 
tolta .una moglie > che non sa ehi sia suo pa^ 
dre» -forse liiifm^haLtoKa in qtlaiche ospitilo» 
e^nrecD in biogo delle''disontste->'ch.e^ t&. mi 
paragoni' co^ ^na sporca' cs^na^? GfaeV^v^ef- 
si •riaprimi di qaesta città m'amcSriiino» e M^ 
serfiiriano pid* che volentieri v*B'. se à:' me pia* 
cesse '£ir delie Cose, che fanno le altre r or ba« 
sta . Sappi pur che: noa^ mi* mancheranno i 
modi» le^vie, e le occasioni. Ma io noa^son* 
di' quelle che forse tu pensi» uoma* ingrato # 
lioaio di poco- amove, e disleale; Aoanque 
mi sposasti per* odiarmi » e'tni levasti- di'cas^ 
al : padre mio ^ per istraziannil^ alla fé -di Dio», 
(he vfktf ne &rai tante ^ chMo ' sarò «sforzata ' a^ 

renderti , pane. per. focaccia? o;: va con i Dio « 

»■•••■• ' • ■ * 

CAPI TO LO XXVIf. 




Mo senleBda^Xanto' chiamò-' Esopo, e acE^ 
dim^indatogU a chi egli Le vivande date aves- 
se ,. rUpose .\ a oaella che. sommamente^ t'ama. 
Allora « Xwnto > disse alla . moglie : beff > corsie 
dici ta:iipn>; avere -avutd' cosa^ alcuna.^ Io ti 
dlFQO ) nuÙa ^ lispose ' U donna '> e trb ' > volte k> ^ 
dico.> né'aonó''ubbBaca> come- tu -sei •• Ksopò' 
v^ndo ^tanta -aitertztónev la q\s3le ei temeva» 
che eoQtraijdi 'se - stesso* con^ molla' suo * pre^ 
gfudUìo e-dannorsi' risolvesse» pensò, di ri- 
mediare al caso suo ) > deh suo fattooalle^ndo * 
^tialche-. spione i e eìasti&azione >' perdonili- . 

tèstogaiidóiil £lésofa> gli disse: padrone i ar< V 

B' ^i dm 



jf Y I T A ^ 

4Aì 1QÙ iiicc^ti tq,, che ia d^si quelle' vtT^m*. 
dQ.? iqd>egU a lui: a quella.» ch^ mi' ¥ho1 bo- 
^ » e.sofp-.Qgni alisa . ^sa. mi . ama .. Alloca 
.£ìi;oi)o <hkii9ata la cagoipla, disie:. quesla i 
)^aella> o padcone, che ti., tuqì, h^nes q pUi„ 
^ clae. qitt^nque al^r^ fcèatuca veramente -a- 
ma. B^> che eia, sia il veroy la es>»eij$nza Ip 
xitmif^tf a ;L<oosideca » cl^e^ b. donqa quantunque 
dipa. d*. amacti v i)pQdimea9 per ogni mi^iQji 
cos^Ua^'Che tìqù sia a suQ modo &Ua., si 
<;orruccia , si gitt(^. vÌ9 > Sjiìania , grida » s' inr 
diavola , e iKmarito vrllaneggi^d^» pare pro^ 
^riamente, la tempesta % Hnalnsipnte minacciai 
yoIersV 4^ Jui partire . V^ questa cagnoplina^ 
se 1$ gndt, se la. -batti >. se la scacci via^ 
sj;assi umile» qiù^ta.» né perciò. lascia di . v;a^ 
lerti, beae» n^jL d^Qeotlcatasi .tosto, delle bat- 
t^ure, se. la"^ chi^aini a^. te» incontanente -ne 
.yi^nè, e con la coda àn^òteyQloì^Dtev £@stegr 
glandoli mostra il suo vero* e. fedele ancore» 
e pj?rò^ :mi pwe aver tsdtq , e^. e$c|[DÌt;o quel- 
lo .che pepaiole tge m*,hannp si^ni^ta: era 
adi^qi^e . necessario ]> se. vo^^vl ch'io alia p^ 
dròna recassi il presente^» che avessi detto: 

|>igiia, ^ V9^, ^ ^}^ iP9!?lÌP'. M^..tu sola.-^ 
«ente Bicestimi : datai queste vivande a quel-. 
la che sopra ogni altra cosa mi ama: il '•thf 
^nji^veji: fattp> ed..a4empiatp. 

• q API TOL O XXVIII, 

jLXlk>xa il; filosofi) I &,cui -patve- h giusti'', 
^c^ione di Esopo buona» ed essere- ìx%. 
ragione ben foodata, diss^; aUa mpgHe. Ora 
tu pt^oi vjpdeire, copsor^ cara<^. che, h.. colpa. 
iK>dr e mhi> ma dt ^ue^to, nostro s<rv,i<lore^ 
tioppo so^tictf , e, troppo delle parole osser- 
vatoi;£ , e semplice esecutore . Ptiegoti. adua-. 
q[tie à4 avQiéi eoo^e io hp , anfora pazienza .;. 



^Itòkta-qoeslo. errore per- amor mbyì^-lU 
li prandio ]KC il bene che. ti vòflió^ coch 
la ptìma. occasione 9 cbe-mi^i poigedimpotctk>' 
xagionevolintiile battere , ricordbcgii hitti'gli 
errori , e iutt«. (e.burl&y ch'tgli'Ci £a &tto . tot 
doon»^ come cfac-inpUe>sdno, che ^filanto* più « 
son pK;c|^e> Unto^più. inasàmscooo, edfincEu- 
«Uli^ooQ} a«titìata« edt iAcredda se.neuscldi> 
casa, ber boj^tand^ , .o^ inàIed<cefìdo(> edf.a w^u 
4el padce aiyiossQpe con frettoloso pa^so»* 

A GÀB fcT 0>La XXJXk 

J^is^e allora Esopo: o .padrone > non ^te fo> 
4ÌÌ8s'iQ'r die molto piiktì ama- h cs^oHola che . 
I9 moglie tua f Xanta» dopa alcuni di > vedeft* 
do> .che h donna nel^ collera perseverava > là 
.qual CDcd&Ta pur.» che-I tempo scemai do vesse*> 
<;^icp^ per- tjfttte quelle Ties e modi, eh» potè 
q seppe migliaci di £it'SÌ > gJx ella sì disponesse 
a luì ritornare. Ma odo valsero i» mezzani, non 
valsero i^prieghi^ ni. valsero i .. presenti , che 
benché e^t o . le avesser alcuni suDÌ;:parenti mian- 
dato. con. doni, e conrpromesscgrondi • nondi- 
meno ella del (i torso parola s^ti» non voll^ 
pedocchè stavasi il iilosofo mAUncootco^ * ai- 
JUUp> sconsolato > tanto che .egli piti. di; mot- 
ta, che di viyo sombiante av^va. h* qo^osa*. 
veggendo^Esapo» e tenendo, che*l^ padrone 
pjerciò, in^ qualchci strano umore» ed iadi&ol- 
tpsa infermità non cades^> ebbe del suc^ do^ 
lore naj^, e compassione» onde volle cooscdar- 
I9 e .da.tai>ta,.molestia Jeyailo:^ dicendo.. Ri- 
creati orn^, signorimio^.né^ pigliar più lun- 
. gp afhiyio/, né: voler cosi, lungamuits corruc- 
^ciacti; ai)z| sta uaft 4i huQoa voglia, p«rcioc- 
. cti^ ip voglio^ ao p^i mpdo dacotanta»tiia«n--. 
4«ta> e cordoglio libcnrti;, e C farò in tftl nx>- 
4c>.c^fiLla>^^oct<^ tu^ftt se Slessa 9 «.senaui^x 



N 



frieglìi 1 ftattt t<;co rttomrà bon toUn^ièd. 
«igitspbiDcnte di voler torte un' allr» moglie ^ 
e; del resto, lascia la cau< ad Esopo. E cosi 
detto tobe. egli dsoàri fami quaaCi:A £ir un bel. 
convito erano bastevdi . er subitamente ófiiilos^- 
Jone .iiv. piaziut >' laddove con&però eappoai , cir- 
ae» picciooi, e £igiàm >« ed altre cosead iinj 
g>t^vito^h3stevoli^,..e nceessarte, e tutta quelta' 
rolla in più volterà casa portando» passara 
sempre avanti la porta. della casa,- nella i^iaie- 
jesa la moglie. dJL Xaoto, iiafeQdo«noii sapere», 
eli* ella ivi abitasse. Taote sate ^11 passò che- 
gli venne pur una volfea: ad uoo di cotestacasa 
incontrato / a cai-addlmandò Esopo s' egli per, 
bttoaa^ sorte avesse cosa, obc comoda (osse pel* 
onorar, un pajo di nozze , . pagandolo volesse - 
aci;pBiodargiiene I ch^egli glfene avrebbe obbit^ 
go, e gli farebbe buon, pagamento. Rispose, 
colui 2 io vi penserò -un poco, e se vt;sari co«>- 
sa al proposito «tuo , > volenfdo il padrone i . té 
ne aceomodero V volentieri : ma dinmi ,- chi .è 
queiruomo .fiAbbeiie » .iL qual ba-'dti &r nozze ? ^ 
Prontamente mpose Esopo r oji tu noi sai ì ' 
egli è^Xanto filòsofo mto 'padrone, il quale 
d<»po .dimani debbe. sposare una bella , >e geo» 
tiie» e galante donna, e eoa essa lei consuma^^ 
re il matrimonio'. Qio sentendo colui corset 
subito a dar avviso -dt ciò ìà scasa alla- mo-%>. 
gliera di Xanto : onde. ella modksa da ■ invìdia',, 
e. gelosia, prestamente^ seoz'allro btc , né di«' 
re>'ntornossene:a casa<del marito^ a cui hììs* 
se.eUar e tu .adaqque» iieir;uoraot« vorresti 
torre. uà' altra moglie ah? per- lutti ^ li Dei tr^ 
giuro 9 che mentre io sarò viva ^ altra dònna , 
che. me non piglierai-, né con.. altra, se tanto ^ 
potrò i ti .co£Ì<aerai ^ Xaoto allora lei abbrair^. 
cip, e con '€iò. cordialissimamente fu Ira toro 
la pace, fitta • .Cosi : adunque la moglieradi . 
Xanto^^perboiMia^pora. di Esopo >riiiQBnò a.^ 

stask 



D R B:S:OFa. . %. 
totoe^ot: marito, come anco per h imtla ^bi 
« ^fftVa. essa dal mxito £itto^p»rteiiaa^ • 

CAP ITiOLQi XXX.. 



F. 



Msatì alianti-; giorni , Xànto còOvito-*Lv 
suoi discs^poli , t- pcfìciò> ccRnandò ad Esopo», 
.«ilie>'CQiitpcasse le migliori carni', che- trovar 
potesse.» e si sforzasse^ fiM^gli onore. Egji dt/ 
hi il com^ndameotbsu^ si> offerse pfotftaiii.eii- 
tcL^.InyifftDst addo^ue Esopo^ai mercato i séob^ 
sitesso diceva , .per Dìo , Xanto, die ti conver* 
jià uscire da cotesti tu?icoiii9hdaaiieAti) epa*, 
roje. generali 9 ed insegneiotti saper* chiarafflcn- 
tC) , e . di.stittta-mente comandare . €dit»però ìù- 
sepo>an gran numero di jittgafSy né altra caf*- 
ae, ne altra cosa, ;(;be lingue po&t^ da cucita 
narq > e quelle in di vessi modi apparecchiò de^ 
licatissimamentc . Venuta l'ora di desinare V 
£ jiQ|}o . a ciaspunot de* con vi tat i pòrt ò aila Awf 
gaa arrostiita>i.coo. un., soanre intingolo , di sa- . 
¥pr^- Questa <vìyattda per antipasto fa^ da' di- 
scepoli^ assai cigmmendata ,^ persuadendosi essi i 
ciòvaver In^-sr misterio, e ntbs^fica significa» 
^ove ., conciossiaciiè« le iinguèisén -quelle, 
per cui sV esprimono t concetti anVani^^ P^)>* 
ppk'Esopo^recòvlorp lingae lessate, e ^i iin** 
gue in guazzetto ;'' e p^rse«e^nd<> tempre a 
postar lingue f.benchè^veramente cotte ed ad- 
dobb^Ue^f l'ConTÌt^ti; fastidii» di- vedersi sem- 
pre^ innanzi^ un medésimo - cibo portare,' dìsse^- 
ro^ e quando mai < av):<tn'. fine ^ toteste- Kàgàe^ 
le qiuai noi ma^slieando , abbiimd ormai kf 
luftlré proprie lingue^ stracch:^> e - toasumate } - 
AlTocav. X^jtito disse adf/.< Esopo t or- dimmi ,' . 
iud. altro ; tu . oggi mai a dàrciv^kejli.iiguc x E* 
cIk. vorresti tu di* megljo? ri^poaè-egS. Sog- 
giunse iiv filosofo tutto turbato, non ti dissi. 
io brutto poltrone , che tu dovessi comp?ra-v 
se Ic: 'migliori , e le più scelte carni » che tror. ^ 

vj«^- 



4» VITA 

Var si potésioiD ? Pu^ ^glt essere» c&eniUQ'air- 
tra cosa ttt abi»a trovato odia ciui migliore' 
4t} queste lingue ? Io, ris>pose Esopo , boh avrei 
.per mÌQ. giuidkiot potuto ttom cosa migliore r 
piacemi) cite alla presenza di cotesti uom- 
Jii. sap<ili « «« da bene ta mi' rtpceadb» accioc- 
4ihèrsiea> giudici -se. tttiiai ragione 4i sgridarmi, 
e se io ahhia «seguito il coaiaodameoto tito^« 
jDimmi (jli gcazia >. padrone > trovasi nel mondo 
xosa migliore , ne piò degna, ne più utile rO<^ 
,,più AobUe delia lingua ? Ogni dottrina , ogni 
^te 9 ogai scienza , la. fiosofia» col mezzo del> 
Id lingua fissi aperta , e chiara • Non è <os3 A 
xii^iTe., e- di si roeza materia che mediante 
JU lingua, non si Àccia £ieile ,. Incida > graziosa^, 
.e compr^nsi2>ile ; senza lei* non &i può piem»* 
mente soddisfere al dare, ed al 'rieevere ; per 
Jei si /anno i gludizj , le salatazioni > e le bé- 
xwdìzionl i, con essa lei si» cantano i poemi , e 
jk Muse si. celebrano ; da lei* procede ogni bel- 
Ja. armonia, per lei i^mttrtmonj , e le nozze > 
e^ qualunque .altro, accordo «i^conchi adona,* e le 
citta si edificano, per la gran forza e virtù sua 
salvansi gli uomini > ed unisconsi e dilettevoi* 
mente conversano insieme» e per dire il iìAtó 
hre.ven>eQte » tutta la vita tmian^? e civile,* è 
dal bene della lingsa governata , « sostenuta ^ 
Non.< adunque cosa; nei mondo 'migliore de!« 
la lingua . Laonde parmi averti pienamente ob* 
bedito, perciocché- carne migliore, ne. più pr e* 
^Qsa. non. poteva io comperare -■, che lingue . 
Fec .queste ragioni, da Esopo prudentemeot» 
Regate, giudtc^ono gli scolari, ch'egli dice^ 
va bfsne»' editerà la cagione dal canto- suo > e 
«hci il maestro loro il torto avesse . Finito ii 
desinare,; ciascuno pcD q«ieUo afi&rc , -che pi^* 
l^ì premeva » partissi . • 



GA; 



I 



DI ESOPO. 
CAPITOLO XXXI^ 



i df ssgaentc ▼enuti i difc^poli a Xafitò , e 
del desinar passato hurlevolìHénte con e<s» 
kir ragìonandb, dkerano in fìivoie di Ksd- 
fOt € lui accusavano , che tal fosse stattia' sui 
mvcfuuona, d<t £ir fiiosoHcamebte.con sigtiil^ 
castone e misteK) il desiaare tuttodì iingtici. 
e ck* credevano, ciirieparote diliìsopo j det- 
te- in su» c^foassone ( fossero da Xanlo inse^ 
guate f ed . in cotal inedd avesse H 'cenvitO' 
xoncertato , Ma Xanto ciò negando, ed es-sem 
alnioienteafEèf mando:' crediate |>ur, diss'egli^ 
ch«,Qon è stata naiainvenzìonìe, ma beo c&.^ 
fptrocedoto dalla oiftiìzia > etcistiMa d^i^sopov 
ài cui se conosceste -voi' lo ingegno, come I» 
conosco io , non avreste di me cotale opiaiò^ 
ne > e spero di levarvi di cotal< credenza • l» 
«ondanaandomi primamente nelle spese, db- 
lovvi da cena, e ^ui alla presenza vostra paf» 
ieròad Esopo di cosi fatta maniera, che gIL 
£^0^ mutare propositi »* e vivande.. 



■V^i 



CAPUTOLO XXXIl 



ut adunale chtannlo Ksopo cornandogli», 
«he venendo ì medesimi cavitati a cenafecoik 
esso lui > ei' non più comperasse le migliori», 
e più presse ca»oi, ma^ecasse le pia- catti* 
ve , e più- vili , eh* ei Uovac potasse. . Sog^ 
giunse unv d^e' discépoli i ma vedi che non »t*- 
no fracide > o di qu»lch$ strano e stomacoso 
animale . Ciò s intende > disse Xantp , e cosi 
iiraì Esopo. Non duyt^^e > disi- e^i > che loè^ 
più, né meno fero di ciò che dayvoi mi vfen 
comandato. A-ndossene E^pòyjta -appiivcchia* 
xe la cena ^ ne mtitò^ puiitp yivanciej ma send» 
pre diede lor lingue a mangiare , benché di varj 
aóimaU>c Yqti;im^ntecott^ioascrQ. Idiscepo- 



^ VI T A; 

li,, e Xaoto veggeadQ noa^ayer altro a censcr- 
che luigiie* stugpivj^o coprif '^ sf ryo non kvcsse 
punto mutato a cibi» peosando m che modp^. 
eg{i potrei^sl Sfasare. Mientre aclu(K}4|c Eso- 
po xecav3 loro uà ^ a azzitto di lingue > Xaoto . 
a lui disse: 4 che x:o«a équesta,' che. vuoi 
dir, mascalzone» che nop dai^se non i(Rg^e>. 
come se. 10- ti av^ù CQmaadvito>>- c6e tu cam*, 
perassi le migliori ,6 ie. più scelte cj^roi 4eÌ(; 
jnpndo> anzi tatto il coi^i^ario. juptfc^ cornane- 
da|o ? À iuL rispose Eip^<yi sigtiote „ di gra-^ 
zia nop vogliàta corruccianrìf. Non sapete voi 
se CQsx.ael niondo si pup« trovar piiV cattiva »<.' 
pia maligna » .0 più velenosa duella lingua . Di- 
f^mi^ padrone, e^ siano questi i vostri saggi 
discepoli giudici, perle cattiva iioguc. non sii 
ammaazno gii upmint;r/non. si distruggoQ le 
città ', ,d«lle'fdise Ijngue non poceqonlecbugie^ 
le Ivstemmie». i giuramenti ialai * •dalle pcssi»- ^ 
me ru>gU9 non. vengono i rammarichi , e le ma** . 
llsdizi^nì i* eoa .k. lingue: non si Ì4)(terrompQoa ì'>i 
ji^trimonj:i ed in disordine ne va ogni biioi^. 
accordo > e.pa<ei,ie m^e Ungue non ^^ fono ^, 
feoo^ cagione di rovinare Je Provincie» ì ^jS^ì^r^, 
e- noo' iT}ertoiia»iL mQtido^^ott9sapr<9? K per ^ 
CDiichiuderla / dalL' cattive lingue nascono tt-[ 
malevolenze» gli odj> i iancpri»'le dlssensio-» 
f»>Je que;»iioni» le gucrre,Je iufl^» e fiaalr.- 
mente t.utt^ gli orrori che. io questa moria!' 
luta £fa gli uomini accadono". Aduoqfie panai . 
avervi dato-M pi|i cattisv» e Ut^à vi} iranier 
tk^ si.' possa tr<Hr<are> e {«cmi avera- ubbiditi»^ 
ai vostro coaiandame^tD'» . 



CAPITOLO^ Xxxnt 

^ j^anto »;dYTegnache L discepoli $an dicetsof 
m> ck'e^« avev3i.il storio di farbsm ccm< 
£^«P09 ir quale- coji buone ragioiù* ottima-'. 

moA^ di&ndaY»; 3. fiato «uim. ncmlamio. sta^ 



X 



^lASlk 



pi ESOP«. ^f.- 

Tasi* méto ardiratT> , parenii^ogU per • es9<»rc 
dsrl*' SQO schiiivò boriato V perciiè und de^ 
astanH disse, eot està tuo seryiclpre-» o Xan*- 
to', se noti ptgH partito accasi tuoi, certamcn- ' 
te £iratti. impazzire .A cai risponnendo. Eso- 
po : ' eK tti mi' patì , disse, tro)ipo curióso', - 
Tòleodofi pigliare gl'impacci, e le calie ^ the: 
nati tt toccano, esenxj proposito alcuno ,' fuor- 
di tagìone inciti', e stimoli contea di me li 
padrone. Allóra Xantodesideroso di aver occa- 
sione) di bastare ben bene Esopo, dis^er taci^. 
fuggitivo , e. trovami un uomo che non sia pun^ - 
io curioso, e- menamelo qui in casa, altri men« 
ti^e bastonate conterai a duCya.due, comete' 
oerese che si danno a' faaciuUi . Eisopo f altro? 
gi«mó<<li'titten'\)ra ttscilo di casa pensando al 
caso, e al còmaBdamenlo del padrone conside- * 
ran'ló, aadossetie in piaasa, laddove per buòna, 
pezza mirando le pejcsone, che passavano,, eie* 
^ali 3 se con dili^nasi rrs'guardbVnno; final- 
mente gir venne veduto un certo omaccio , il 
quale- iongamcnte sopra ttn«, certa pietra sner- 
va con VISO' tutto- di« ^«por pièno , e rimenaa- 
do> mia e la le gdiiilier>.<:òn uno sbarbato gru- 
gno fischiava'.. Laonde Esopo*, e per l'abito, e* 
i>cr la- grossa eftgié del viso di colui', eper'ii/ 
luE^0- sedere quivi, dimenando lègansdjci seo" 
« odrsi a ficcenda. aloicift». giudicò eh' ei (bgsé* 
I10IBO' motto odióso,- e spensierato ; sicché gi« 
losene a lui , disse.* o vientette > che il padion 
«io t'invita* a desiiiaer seco. Il «gJìofBicdo 
sen2a« addimatidar • altro , né- eKi fosse^'il suo' 
padrone , né dover egli abitasse , ni yierchè , né. 
per- come 1* invitasse , ri zzUosi segui. Esopo, >, 
e con esso lai entro, in ^càsi, dóve senza salu- 
tare alcuno e senza lavarsi le mini , o piedi , 
aiéseat^ a< ae^e a tavola . IL filosofe»» avendo, 
ad{Hm4mdaW>> chi' Ibsse- coliut, rispose l£soix>^,; 
egli è^un^omo che non è punto curioso • Al- 
lóra X^UìtòaUa moglie apipressatosf , di secrato^ 

4k- 



44 -V I ,T A 

disse: consorte Cara, per ramor*, ch'io ti poe 
to, jpfegoti sii contenta fare ora quello, cn' tó 
ti diro senzi còntraddizi!bne abetina , acciocchc 
io possa vendicarmi di questo tristo 'ghiotto- 
ne, e delle burle, che ci fa lutto il giorno. 
Ella , che di ciò era vaga , e desiderósa , rispo-^ 
se: marito mio, comanda pur. quello che ti 
piace, che ad ogni tao comandamento sarò 
prontissima, pur che io possa una vòlta vedere 
questo mostro ribaldo ben battuto, e ben can- 
tico di bastone. Xanto adunque '^la moglie 
impose , che recasse dell' acqua , ed i piedi la- 
vasse a quei forestiero , credendo , che per mo- 
destia o per vergogna ricusar dovesse, lasciar- 
si i piedi lavare dalla padrona di casa; ed al- 
lora avesse egli ragionevole occasione di batte- 
re Esopo', perché colui fosse io qualche parte 
curioso in non lasciarsi^ dalla moglie sua lavare. 



E, 



CAPITOLO XXXIV: 



fifa adunque prepanta di eseguir quello 
che *1 marito le aveva detto , tolse T acqua *, 
ed accostata al forestiero , disse : ' buon ' uo- 
mo , metti qua dentro i piedi ch'io voglio 
lavarteli . Egli avvegnaché conoscesse ella es- 
ser la moglie di Xanto, nondimeno penso , 
ch^ ella o per costume , o per piacere , o p<s 
carità volesse • lavargii i piedi , perchè altea- 
mente tal ofHzio alle ^tesche dato avrebbe, fé 
gambe, ed 4 piedi le porse, e disse: or lava 
quanto ti piare. Lavato ch'egli ben fu., ed 
afTciotto, ritornosaene senza esser chramato -v 
tavola a sedere , ed allora Xanto ' lo invito >a 
betel e comandò, che gii ÌQ%it un biccfaìtr 
pieno portato; e quantunque eocfume ibsfe 
de* ben creati non* prima bese,* che'l padMìe 
di casa bevuto avesse ,- nondimeno spensieta* 
to , tante cerimonie ^non otrando, beve ntot- 
to bene > aaco ste^p dicendo : a lor posta , 

•ia 



DI ESOPO, 4.y 

la <l^oi^ Yolta > che mi ^arà poetalo a ^bere t 
poti farà lor vergogna» ^.voterò .il bkohierè.. 
Dppo essendogli posto innanzi upa ^dtiicata 
vivanda > ben cotta > e bene stagionata > egli a 
pieoe. aia^celie mangiava» anzi .divoi^aiva. Ma 
ijLanto gridava col cuoco '^ fingendo di. volerlo 
battere > perchè quel cibo fos^e xxwl cottp» 
troppo salato.» e fra tanto mirava se' colui 
fpDtsaf&cesse alcuno movimento in ajuto del 
ic.uQco > ma egli, a capo chino trangugiando # 
cosi nell'animo suo discorr^v^, : egli è pur 
buona questa minestra, ^e il padrone vuol 
battere lo schiavo suo a torto.,, che importa 
a me ? Àccia egli , io pur attenderò a levar- 
mi la fanae . Xaoto , vedendo che il suo di* 
sogno di batter Esopo non gli . veniva fatto » 
perciocché quello p^picchione di «uUa gufava-* 
si« uè domandare] né sapere alcuna casa vo« 
leva, molto fra se stesso crucciavasi : essen- 
do finalmente una torta /portata in tavola, il 
^n vitato > come se ancora manicato non aves- 
se > non {iltrimenti a quella avventpssi , che 
&uole un affamato lupo ad uno^imaxtito agnel* 
io aTventars^i* . ' • \ , 

^ e A TP 1 T L XXXV. 

^^ul volle Xanto un' altra volta provaie st 
il uisegnp suo riuscire gli poetesse» e finse adir 
piarsi > riprendendo il femajo, nel cui (prQO 
.e^a cotta la torta, ed egli portata l'aveva;^ 
^xcbè senza. mele e senz^ pepe composta fdsr 
«e : e -rispondendo il firnajo : messere se el« 
Jji è cruda, e nyd cotta, castigami ; ma 
-^r* dia .è mal -fritta , e mal eoniuosta , ri- 
jirettdi la consorte tua y la quale l' iia in . que- 
jfta^ mo^o fritta;, allora Xanto -disse: se qae- 
t^ errore liaU mia moglie commesso, vor 
^iola viva ahbmciaBe.Cosl dicendo accen* 
nq^ji'lei^ che di ciò non si turbasse, e dissi- 
ma- 



jfn alasse ' T ìfiten^s saa . A vende Xisiiila ^atle 
, }>orl«U« Bt)l nl«i2o déUa-ctftte no monte, di -6^ 
,sci D&>' ed itvqueUe "acceso il liioco > * httwx seoH 
4^afite di' -^straseinare quivi per -4bfza> ia >iixo- 
ng 1 iera 9 4a quailé si -d ied e a , lagri riiace > pecc)onb 
al Pietri te '-c^deack>^ eda}4lto./ e soccorso al 
.testiere % U .^uale do|>o 1* aversi - ^^ppato .piil 
-di s^a pacle della torta > rizzatosi énafmeiite 
la pkdi , lira; se ^stesso dicieva^ oh die t«ri- 
i>ile anifDale è- costui l ma %ecia egli queBo 
^t?b« viiolc ch*-4a sto beae per una^pa^ga'» seti» 
-tomi bene consolato il ventre i ^ lipiena^la 
pancia.' Jl filosofa^ coaae v«He -da tavola le- 
\ate^cl- cojfo beo ìsatollo y vcime in ispe»- 
- rafiza.» eh* egli volesse impedirlo •, o ^tcg*r- 
lo , che* cessasse dajlo inceixlio , > quatido che 
la doima tutta'via iridava., ed innalzava le vo- 
ci- > pietà chiedendo al coosorte suo» ed* ai 
forestière soccorso. Ma egli , voltatosi «final- 
.mente a Xanto» disse: messcr se pur- toì 
wBÌudicate , che Sia Jsene <iì abbruciate la 
moglie vostra > vi fngO', che piacendovi , 
, aspettate :tadto> eh* io -^iàà pervia mia; ao* 
ciocché amcndueisi, abbrucino insieme > e co- 
si sentendo. Xanto, & della tra^curaggtne di 
quel babbuasso cliiatito } . e tion tpotendo )»ei 
quelle parole conrener le risa , voltandosi ad 
Esopo? ti) sèi pure, dtss^egli , sempre vft^- 
rioso'. Al-iiae,' ei mi conviene per mia > e 
tua. pace- la làiertà dornarti } perché cosi tu 
,«0Q sarai ad altro importune,- e Erstidioso^ 
:«Ì k> da -altri -sarò «con i»a^ior riverenza 
*'ser-vko-. 

- rC A P IT O L O XXXVL . ". 

jLjLvvcnne .poscia , che Xanta volendo gi^ 
'Te alla 'stufa , impose * ad .^£sopo .the '^»Sse a 
vcdac se vi etano assai Hioiìeùiti/i «fac miao* 

do 

1;» .r ; 



; PI Esoi>o. ^ 

•do Jdoiì rifossero «moìti egfì andrebbe a It- 
^Tm»i. £glf mentre «he i 'pacasi - af&ettaVa al 
-comandamento del ^dróne^ inco&trossx iiet"^ 
podestarili ^uale perché conobbe lui <'s^r 
:seiTÌdore 'del flosofe addimandogli - dove le 
ne. gira, volendo pia oltre di Xanto interro- 
^rc . Ma egli ^^uendo Ja • prestezca ^el ne- 
goaG^.suo per non eAteare la mohe paroie,«é 
esser impeaito dell' affir suo» al' quale era in- 
csmiAiioato, rispose: io non so; e voltate le 
spiUe ali* affidale senea aspettak^e tltre^ irfterror 
gazioai , ratto se ne giva al suo viaggio . If 
podestà persuadendosi che egli av^esse diftto 
» bugia», e parendogli che con poca Yr^erenza, 
.e poco -oROiv dett' officxo*rìsposto avesse, 'feddo 
' pigliare dagli sbirri > a'^uafì impose > che Jo iitr* 
prigionasscio.. Laonde Esopo gridando dissfr: 
4Besser lo podestà , pregovi ;4ion mi Ceciate 
tetto t non vedete voi , ch'io ho dòtta laniera 
verità 9 conciossiaché già non sapeva io d'aver- 
vi ad iatentrare , e fuor di mia opinione e^se* 
re in prigione condotto i adunque -risposi io 
bene> non «sapere certo, dove ioi »ine n'andassi» 
« perciò non dissi b^gia. 11 Podeì^à per to- 
^al (kceta rispósta pesdonogli Vesicve della pò- 
«a rtVetensfia, e dopo xJH! aver oómitkendata 'la 
«pronUiza sua , comandò die fosse rilasciato al 
>siio caiknntnoi'^osl Esopo pesvenne alta* sta* 
"£i y nella quale erano ^^olte persone. Ma : per- 
dio ne(^>mez£o della porta -era piasta una pie- 
tM-, nella .quale tutti quelli^ che ptravàno , 
' ite uscivano intoppavano ^ e cade vado in ^tet- 
ra , vedendo Esopo nessuno di quelU aVer^én-^ 
to avvedimento, che quella pi^ra levar "SiH 
pesse, con ^moltè *rìsa considerava la dappo- 
caggine ioro . Pure uno al fine entrando nel 
bagno, per non cadere levò la pietra, ed in 
'altvo itfogo trasporterà. Il che vedenrc^' Eso- 
- ^po giudli^ò quel solo fra tutte «quelle |iersotie 
'^Y«c «ner rJMMMnaWi uomo, f ^li aitn y per- 



/ 



4» VITA / 

^ne dì poco vtckte) e inaaco discorso ; c^efr- 
ciò citornato a XantOy dissegli: se vuoi la- 
varti, D padrone, Del hagno lio. veduto iìa 
sol' uomo . Xanto presta4[iieDte andosseae Ì4 dor 
ve era la stufa», ed ivi aitiiinentì di :qiii£lIo 
che pensava , ia molti tudine delle persone ,ve- 
de&do , disse ad ìllsppp ; Oh come > apnt .mi 
dicevi id ., cke qui avevi uo sol' uomo ypkitqi-i 
e ce ne sono osa tanti 4 £gli e vero> rispose 
£so.po , e parmi anco la verità averti detta ,^ 
e cfédo, che tu sendo filbsoia e saputo, ^iu-, 
d4cherai esser il vero. Vedi In quella pietra, 
ta in quel cantone? ella era posta od bel^nez-y 
za dell* entrata, in tal guisa che tutti sCi^o-f 
ra, i quali io vidi entrare, ed uscixe, intopn 
pavane in quella , né mai alcuno ebbe tanto 
di vedere, né dì sapere^ che per non cadere 
la levasse , e però colui so^o > che prima che 
inciampasse , e traspòrtoHa là dove tu la vedi 
ora stare > .giudicai tra questa moltitudine es- 
sere uomo, però pare vami un sol' avervi vedu* 
to, quando che veramente uomini sono quél* 
li,-cne^Ii accidenti, che gli possono ofFende^ 
Te., sanno pre vedere .Xanto allora avendo con- 
fermato il detto suo, disse: veramente £gli 
non è , né fu ,. credo , né sarà giammai . uom^ 
tanto accorto, ingegnoso» e prudente > quanto, 
^ è il mio Esopo . 

CAPITOLÒ XXXVII. 

A^n giorno poi, avvenne » che Xaoto 
con Esopo giva per diporto in un ^giardi- 
no passeggiando, e quivi seodosi egli dalla 
m9tecia\grossa del ventre suo scaricatoi ed 
a quella avendo poi data ^po sguarda, addi*» 
jnandò ad issopo p^r qual cagione gli uomi- 
ni i , quando in lao^o aperto, ed ^Ua scoperta 
JKanno il ^rave ^ pev> del cotpo fuosi manda* 
^o > ^ sogliono comunemente a quello » «he 

fica- 



D I ^srbp ù. '^ 

una occhiata . Rispòse Esopo : dirottelo na. 
drone. 4Ne* tem^JÌ passati accadde, che' um 
p^tsàns la quale sul luojo dèi necessario al« 
lo'Kgìartiénto far lunga dimora* diletta va« , ivi 
*flhta uha feta diittorÒ , ctic gTi uscirooo le 
ludclk, ed il cuòre. Là qual cosa" sendosi di- 
Vilgata , e temendo gli altri uoiiiini di uq so- 
ttì gliaiite Caso, adocchiano li piil dell^ yolle 
levvAdbsl da quel necéswfio negozio*, che eo^ ' 
saWal ventre loro tlà Uscita. Ma tu, p^^dro* 
«e, soggiunse c^i, d4 ciò non temer pUotor 
perciocché non ihrèndo tu cuore, se ben le bw 
delle te ne' uscissero , non perciò morresti 
perché 'potrèbbon-i^ef la medesima vla^ che in 
ter CQHiC icr crédo; * ^ ampia ^' larga, rimet» 



tcrtì . 



tJ A P I T L XXXVÌII, 

*•• '•.■••• 

arfii^^n'cqquesta bella sentenza di Esopo , 
ed 1«ve0z?6fìè Vtohtegte sottile , ingegnosa , e ' 
degna -di màrartgfta . Trovandosi Xanto co'suol 
di^epon ^ri Ufi convito ,' e quivi come se Tósse 
loro crosttfme, Invitandosi r linfartiio a vota- 
re ì pieni btcdhiìrti , e secondo il cohsueto loro 
proponendosi dtfbb) , e questioni ," vide Esopo 
j^ lo disprd'arè , ;^ per il cildb fumo del vi- 
no, che-^à^éppo f Cervelli riscaldava, che ' 
Xanto a turb;ir&i incpmindavaì perlocché dfssc * 
eriir padrptie,'io vi'rtcprdO esser necessario, 
che il vioof acciocché notì levi altrui il Vedé- 
re, 'C T -sapete) 'abbia tre tempcra'rtiefiti : il 
prìmo m piacere Mh tròh : \l ^econdb della 
uMwhchèfczà; il terzo ^ella villmia, de quali" 
cofrte «i lìiteferisce il primo i gli altri due di f* 
milmente ^ osservare si' pos^onb . Però voi , 
cke largamtfÌQte bertttd avctt>.Q9n troppo pia'» 
• G ceco 



^■* 



50 y I T A ^ 

ctie rìbevuto > V altre due discrezioni » € tem- 
pcraxnenti agevolmente lasciar potreste . *Qdl- 
Ti' un discepolo di Xinto Vedendo il maèstro 
§ii..mòlto alfe^ro) e' fumante» ,add)maùdolfo' 
•V egli era possibile > the \n Uomo tutto il] 
jnare bevesse; Kispose il iUòsoib,' non sola- 
mente non isser possi Jie , ma che U £irlò age^ 
vole -cosa 'fosse» xhe a lui >dava i"* animo di 
berlo tutto > tal xhe pur una gocciola ^non atl- 
drcbbe a male . il discepolo apponendosi a co* 
■tal i>roposta oi^esta » ed il maestro ostinando* 
si 'di' eseguire il suo dettò» venj^ero alle scòna-* 
nxesse. Aanto disse > xhe se ciò e^li non fa- 
ce va » voleva -la sua casa' pèrdere . Accettò que- 
sta condizione Jo scoiare > e quelli con ^iura- 
mtnio » .e pegno insieme itabiLrono. Venuto 
finaimeufe Ji ^ne -di .ben oiiàqgiarej e .hie« 
filio ixrè » ciascuno xdme potè meglio 1 4* 
le- proprie .iòilaziòni si condusse • ij 4i se- 
^ucUe Aanto , dopo T'aver' còl dormire il rì- 
so digeiHo , /levatosi dal letto» « secondo il 
costume lavandoci le riìani^ s'accorse non aver 
io ditb .('anello » c^e portar solava. Onde ad- 
dimandò ìq Issopo» s'^ isapcxa» che fi>s^e 




Jora Xanto» il quale -ideile ^oseiati^r venute 
lidia passata cena non jù j:icoi:daya,: ^ pct- 
cKéf disse egli^ percioc^chè^ rispose £sop<> » 
essendo voi jet sera JOPltQ 4ibbriaco> promeC: 
leste di ber tutto '1 naare ìntìera».^vYero per- 
dete la cajsa yostra, ed in fate della .pcómessa 
X<^f pcgnp deponeste l'anello. ìQò sentendo il 
alosofb.^ fu preso di maraviglia • .E come^, 
«iissegli^^potrp ioonai mantenere -quello ,cbc 
i vieppiù grande della fedcìjfoi pensìindo» ^ 
ripensan4p ^ casa suo^ ne 4n0do^ n^ frix^ di 
salvazione 4row4i^ » Toltalosf -ai j^p^ntp 
^po^ disse; ^ttgfiU» o mio caro fisopo^ 



ijfé rfl U cs$enff9 :}>ru;rlcQ^a , «è màcayigfìose 

tma*c cognfeitìheai qiialutìilùe altro sapi|to-» 
cdoitoj ipi y<$fi consjgtìnre, e ìtòvar mddpi 
ch*ÌQ non perda M Ca^i; e ^q l^ossibil «ia, 
b^Ù >pcr«uadomì , :the se fu vòrraj iiiag- 
gjriar tosa ilaco di quèùó potrai , vedi Tj( si , 
che io p vitva il patto , 'df dM^venziiMiè- t/i 
quèllp -i^bèlaw , e me stabilita , e fcrtnala * *<> 
scoea mia vargpgiia , drsck)g!icrfeV « rompere 
€i possa'. Allota rispose Esopo: il vincere. 
' none -"^*^' •^- • 

utta 

ipere' _ _ ^_ ^^ 

patto «gevdrtientc mtoft rerot ti j [ modo' ut iie7 
ed oootcvòle . ^Attendi dun^Oe ben a ciò ; ch* 
io ti diro . lia prima Vola > non Voglio, che 
oggi quando a tate V tSktìo vi troverete' insie* 
inc,.€u moitri temer pitité, anzi vòrfio, che 
sii allegro, senza in niiin atto Smarrirti, è 
siccome ubbriaco ^jeri patteggiasti di forbir? 
il mase > cosi voglio ora , vche àrdltafnènte di- 
ci: ven^a: la mensa; pongaci la ^tìVàgfia, 're- 
clinisi bicchieeii e tazze, é^ mpstrinsi i cop* 
.pitti', che V ac^ uà marina mi viporgahò: è Quan- 
do tu vedrai già quivi di moifio popolò e^ser 
radumfto a vedere tanto spettàcolo, e gii es- 
sere ogni cosa apparecchiata, allora tu cohio- 
damente assettato , comanda , tiic s* inc'onìincl 
dar a beie s "fiib'allnentt avéikló t\ì ìvt nia^q il 
bazzone "pìeno^ voglio iche ad alta Voce ;1U. di- 
ca, che ogmino ti senta , iqfucste ftarote , vol^ 
gMidòti' .^iin» « cfolttj» che tieitì? i p9gnj; 
dimmi , che |kiUì -àbbiimc^ ita noi » tdgif seh^^i 
dubbio .fispoiraeri j avcc -tu. "patteggiato di be-' 
re tiittà. r i^Oa del «lac . Allora ^vtìtati' al- 
popolo , ~c di coi! : ^eotiF «omini »sa^j > e rA 
altri uomioi dabbene >• voi sapetf che ilél lìu'^ 
^e. ^noitj , <t 'molli gtàn Atnìt tbdtit^^i^éntè 



5i . V IT A 

cmronó, io solamente ha promesso .di bere < 
Inacqua del mare , ma non già T acqua de' fm- 
mi > die del continao entrano in esso^ pertaa* 
to è cosa giusta , e convenevole > che cotesto 
scolare» con cui sonoi)ii in questo modo con* 
venuto, prima ì fiumi, che varino nel inare 
^ivertisca, o ferini, e poi subitamente bcrò 
quant* acque il ii;kre contiene. Piacque a Xaoto 
il partito, e paf evagli un sottilissimo, ed a* 
statissimo rimedio , per il qustle era necessario, 
sciogliere i partiti, ovvero, che colui accet- 
tasse un* impresa come la sua impossibile : on- 
de spogliatosi d' ogni ansioso afFonno , che il . 
cuore gli premeva, riempis^si tutto di giojosa 
allegrézza. Or sendo a quel m^iraviglioso spet- 
tacolo il popolo convenuto» Xanto disse, e 
fece quello che Issopo .i'.aveva consigliato. 
Per la qual cosa lo scalare vedendosi a niial 
partito preso , , gittossi a* piedi del maestro > 
umilmente supplicandolo, che volesse dal con- 
venuto patto ritirarsi ; Di ciò tutto il popolo 
comincio a ridere, e ne fu il filosofo, molto 
commendato , il ijualc a gfan pregbiexe, di mol- 
ti gentiluomini contentossi di fare grazia. allo . 
scolare, di disfare,' ed annullare la eonvenzio- 
ne> e il suo anello' ripigliarsi indietro . 



CAPITOLO XXXIXV . V 

IT 

X-isopo, parendogli aver fatto >in grandi«siiiio 
servigio al padrone, lo supplica che; pesrit^ur 
^etazióne di tant9 servitù, ei volesse la Jibfi- 
' ta'liofiftili^li • Ma Xanto con orgoglio cispon- 
dcndo gli disse : certamenlie io già non penso 
ad altro. Qc ira, ed esci da casa', e mira di 
ogni iiatoriio^c se due cotoacchie vedeE ptoUai» 

Al 



, , D t tSpfQ. J3 ^ 

'afbbifo'per segno buoqo'^ ma se tu ne vedi 
lina sola, mal peip te, ta sei, , spicciato . \E- 
sòpo's^ck» lisci t9, di casa per veder qual sof- 
te sé' gH apparecchiava; vide sopri un ciaui- 
scellò d* un arbore due Cornacchie, di che 6- 

' gli' tutto allegra, e di buona speranza pieno, 
tfefttf'ìtò ili casa, nunciòalpadrone il. buon ìrt^« 
gìiiìày'chc veduto aveva. Xanto votlc vedete 
se tosi eVa la verità, rha mentre, cfie cgj[i u- 
sèi va di casa ', una delle cornacchie volojsena 
via f ìt filosofo quella sola, vide, che rii^asù 
vi era, é vòltòsi ad Esopo disse: io t'ho pur 
ori colto in bugia, e promettoti , che me ta 
pagherai. Or mira bene, se ti pare, che due, 

"d una siano. Elle erano certo due, rispose IJ- 

'sapo, naa prima che tu sii giunto^ una "se 
ne è ita a volo . Allora Xanto jdisse : manca? 
rati rrlaterrà , con che fa mi burlasti ? <juesta 

•bugia tosteiatti pìttcata, che forse non .vorr*^- 
$ri . "Va pùt 11 i e rienCra in casa. E cosi det- 
ro'CQiriàndò che ignuda ei fosse bene sferza- 

' tó, tanto che le piaghe ^bboDdasscro dì' s2Cn- 
giK .Méntre che Esopo si spogliava, e già 

■ apparecchiata era ad esser battuto , venne im 
eerto afficiàie amico di Xanto, il quale Io iur 
yitò a cenare con esso lui , ri che avendo in- 
teso Esopa, gridò: o me infelice, oh come 
sono gli augurj' iàlsi , e bagia^i ! Io che due 
cornacchie ho veduta, sarò tosto iniquamente 
bftttaro y e tu'chè uoa sola ile vedesti n' ande- 
xat ara a festa, ed at con vi W; ademque furi* 
augurio mio vano, e tristo, N*d il tuo buoùo, 
^liee, e cosa contraria at tuo detto: Qui rise 
Xantò^piè^t bello, ed arguto dettò suo, e |l> 
cegli grtf^la, che da Iiii per 4^ora le ^ktiAtc 
iir'timoyessero • 



N 



CAPITOLO XL. 



«. I 



oa morto da poi avendo Xanto convitato» 

C j tilt- 



14. ..V tsT È4 ' 

tutti Ì'^Iqso/ì, t, tajtl^ì £lì orrori. éigSkmoy. 
}«TiP9seac)^ Esopo». die>>poc9<,ii»W3^.iraU'0ra 
d^Jla cena ^^ajianorta $i ,ftr«Ma€;, ^ :awi iai- 
sc.ia4$e persona .«atrsicea;.' se^^.fioiijk -gU '. uquiìcu^ 
sci^zhti , e dotti . ' Appressi (i^l^t; Tofii^. (kf- 
h cena ,, sl»va Esq^kt. aU» |»Q«|a , ^iGCÌxcli&\.«t' 
•ti/Sw r che. ifr padrone^ impoitf» • gli^ iiwi« ti]»»- 
.^o^c^sse. VMotnòa r coBrilali- i' tf$o. dOfK^ 1' 
.aUii>> .0)0)9/ arYienì^. sti0lev |H<^lUàvafl|Ot «Uà 
Porfa^ pc». volcc/ffiilrat^ e<l^£|0|lOi wiioodiefi-. 
«0 Jiaro.addt(]iaaihra:cd2tci»t>.che «iHQ^^ i'f^- ^ 
110 1 n»^ crecieadp ciaseano.cl^4oco< ^«pre, bur* 
lata cdt iiigiumtQ ,^ sentvndoK^ per^ i caf>9 i;hia- 
^arc; parti vami tutH inomionBclQ^>(^9. m^le- 
oiceoda -là, casa > e chi eatra, vi, ai>iUy^*L Un, 
. solo .fi^ .tutti , a cui Esopo ìL incdèsitiM? ^qw^* 
«ito, fatto, arcva >/ cioè > cfae «w^m»^, it .«aiic 2^ 
tjspose : h co4a » e gslt> ofcccfat; AU9Cii:.E$opo 
^aperta la porta »> HUse :> eatxi uomo dot to^> e- 
^l^&9 > e presolo^ . pei , n^iino y. «oa4^^^Io „ a 
Xantc) » diceocbì iic9uqo , < 04 padtoat » . viffiè 
' a cena, tscov eccd^. quanta vatent* up«aQ>. ej' 
I ora ti già tarda. Ohi come ^ disse U^ £k>«^> 
;ioQ e adunque ^aesta sera, altri , ,. che. ^«le^to . 
^ aomp dabben^ espilato a! casa-i Bispose^ ;H!i9>* 
.. |)o 2 sono venuti eecti^ scoccapani t fitdKÌ j.-^cd 
. junoranli , l qxnadi^ perché- ooà ,fl|MKK- ^oinioi 
iicienziati > coma, mi: dio:st i ; , a>- te^ : «o^/fili .io * 
lascia^.: eùltate » MaraviglÀavaai Xantp > fitme i 
Mpi coQfltàt) 1* av!es9efo iamMUto^: je; ?fd«Kl4o 
' fssct quasi 1^ ora passataiddUa cena;» aot^ ys^le- 
aspettare pia oltre > è con i|iiel soto^yami^.gPv 
. aiost asedete > cena motec^i«Ue|;ram«ntet :.« 

Q A: ? I T O LO. XU;.' . 

.- J!^ ^idriici.*99giient» vanneroi seconderai' iNUto^ 

t'fitosofi alle K4olev dove le^^ece» e disputa? 

re 



DI ESOPO. if 

^^sotévasi , è quivi renato XantOi tatti que* 
gli ornici* kaòi, che conritati AironO). coti lui 
acrftiìdnte si dolsero, dicendb;^^ sà'pesti , tu m^Lc 
$Yroj far altra, borl^? colar dunque' btellè Ciccen* 
ìàé i^tfe filosofia imparaci? Il burlare altrui a 
fifos^Vcome tu' sei »a paò' conven^si alcuna 
^ta^eofi- RiDcfdstia,. e tentar alfrur pf?giudi- 
ft^» ina l'e^efescheraitbrr» e lo- itìgiuriare> 
a^'n^sutK^ iioit che ad un filosofa» sta bene» 
ili è con veoevote y ied agli uomini ^saputi qual 
tu "sei» ed amatoci di scteoia è assai più tì-^ 
fuperosO) che agF ignoranti ^iovaDÌ>^ e poco^ 
c<H»idel'ati r- avvenga' che- quril* ingiuria, e 
qovl carico', che fate a noi pensasti , è pittt^O' 
vituperio che^ nostro, a cui vi si .aggiunse una 
'^itoOsttaiùbnedeU» vitti, e dappocaggine tu^». 
^ quando die non avendo ardire tu stesso- d* in- 
^ gi urtarci , ponevi: quel tuo frappatore* puzzo* 
leofè a^^ villaneggiare .. Allora Xanto credendo» 
- eh' eglino volessero-- pigliare no tratto di ran* 
^' tftggio , -per coprir ir mancamento^ delia prò- 
'^Ktessa loro, così rispose r or senti, che* parole 
)ateotte> e saggierse voi* volete qui far una 
'licione, salite qua su nel seggio > e quivi da* 
Ce i precetti dèlia filosofia mocale» se da me 
norrsono a sufficienza insegnati. A. jne par^» 
'the riogaimoy.e la burla, la qual jeri a Me 
^'fictisto-f òr» vogliate» ragionando in filosofia 
$6rne, e non vi basta la beffii. fitt^mii > ed il 
maiickr della piomessa^' vostra » cine ancora vi- 
IS^, e^apfosami ckiamate? Pef Dio si che 
avete ragione t Ed ar noi pare» tisposeio egli- 
no, che tQ ci voglia far erodere» che là Lma 
^ sia il- Sole; di grazia non voler qui con quei 
~ t^' rettorico celare coprire e negar; il tuo mal 
ittiiaio^>,tr inganno vfiit^l Jtrsera alla porta 
della casa tua. e l'àvierci fiuto star senza ce* 
na. JNon andiamo sopra tante novelle,, disse 
'Xantb, se jerl noa- cenasti?, b colpa la vòstra,. 
' ^ C- 4. e. il 



e n cucmo ancora;, io yeramcote piò del do4f»fv 
r€ vi aspettai , Ma che incarico è cotesto , df 
che voi tanto vi rancimaricate, cjjual villanìa,. 
rfiteinet<>^ is/odratc tosto . Noi veni maio. ,t 
dissero i concitati , per cj^nar teco^ e giunti 
alla porta , che cr^ serrata, picchianmip per 
entrare, M.a ecco, e he. quel tuo servo, U qua. 
le q(?ntro r usQio sta vasi-, incominciò, a cbia- 
marci cani, e trattarci da c»ni tanto, che co- 
m cani ci fece star di fuori.. Rispose Xanto, 
▼oi credo, che abbiate ciò sogjiatOH Ed essi 
a iìji;. veramente e cosi come noi diciamo. 
jNoi a casa tiu venimmo per mangiar teca, 
cqme promesso avemmo, e da quel tup schia- 
TO nel rabdoV che detto abbiamo,' fijmmo r j:? 
carezzati . AJIora il filosofo mosso dal tcsti- 
nionio di taciti uomini saggi e. dabbene, chia- 
sso Hisojjo , a cui con non poca collera disse:- 
ajpimi, ribaldone,.p.er qua! cagione non. Uacia- 
sti. 1 mìei, convitati, entrare, e che ti mosse a: 



njenti dicesse, dal vero, si partirebbe'; ma che 
io non .abbia lasciato enti;are tutti. <^ucni clic 
alla por,ta vennero, il. tao comaJicJanientd rie 
fu solo cagione.. E poniti ricorda., padrone., 
la riorma , è la i;egpla di. te datami? Non m' 
impone;5ti tu., che io. non permettessi ad alcu- 
flo .ignoi:anJ;e* entrare ,, jc. al tuo convito veni- 
re? ^ 'sQlamecte i dotti entro ammettessi? Ot 
scellerato, disse allora, il filosofo, adunque 
questi non SQno uomini dotti., e sap;iti ' lv<in 
pare a m>,. disse. Esgpo, se jues^i sóao quelli, 
che a casa tua vennero , e. ciò, pqssó io. vera- 
mente dire,, adendone io air ora T esperienza 
tutta. Sap^jj; padrone,, che quando. alta porta 
picchiavano, adfli manditi loro: che cosa mu^- 
Y? il 'c?pe ? e. pi?>uG9 sépp^ njai parola risponr 



i« 



, . DIESOPO.. j? 

dcre : e ^ filante- volte là porta era , picchiai' 
ta y tante volte io faceva lorò^ questa 
proposta , alla quale non' sapendo essi , coniè 
IO ti ho detto , far parola in-, risposta, se ne 
givano addietro, e Dcstemnriavano . E perdi 
parendomi' essi tutti ignoranti, in cfsecu^ione 
dei comandamento tua, non gli lasciai eàtra- 
re. A quello, che solo teco cenò*, perché Sag"- 
giapiente , e dottamente rispose alia dimanda 
mia, la porta apersi, avendonii egli rispostpn 
che il cane muove la coda e gli orecchi . 



CAPITO LO XEII; 



L 



irghe risa ab^dasono a tutti di cotàf 
detto» e di cotaf dottrinar, e sapienza > è rise 
anco Xanto', e & commendato Esopo, « dà* 
tagli ragione . Laonde disse il filosofo : adun- 
que , o -valorosi amicrs di me non vi dolete'» 
siccome io di voi più non mi dolgo', ma do- 
letevi di voi' stessi , e della pocsi vostra scièn- 
za .. Dopo qualche ' spazio -dr tfenipa a v ttrinei 
che )Canto , per cagione di trastullo, givapet 
cjg*i jluo'ghi , dove erano molte sepolture as-' 
sai antiche, nelle quali essendovi mólti epitaf- 
fi^ ed epigrammi intagliati, il 'filosofo leggén- 
doH non poco piacere pigfliava , le* lord argu* 
te , e^ sottili' invenzioni , e sentenze" con dili- 
genza' considerando. Quivi con esso lui essetir 
do Esopo ,6 rimirando anch' egli* quelle iscrf* 
zioni , vide una colonnetta j neUa quale incagli. •- 
te er^no queste lettere, P. Q. P. C; "I^. T.' 
Queste lèttere mostrò" Esopo al filosofò, celò 
che -per tali lettere significare volle còluV,'. che 
intaglia^ le fece , addòmandogli , ed 'egli tnoU 
to seco pensando , e ripensando non potd'mdir' 

C j ca* 



jj , V ITA; 

cavSir pe costrutto , ; ne sffùftf . jalgino > pcctoc!^ 
jlib^àmente conf^siò,' non i>ptcr\ ali*,lnjcl11gcnayi . 
^fel -sènso eli esfc piepetM^é ., Aljpca dftse Jisppo; 
V io; mostro ^.o pa'droDe , f>f r^^ cotav lettere i^: 
Vespro ftkscò^tbjxhe. premip. n^i flàraL; tu^* Ti - 
jitònicrioi dispose Aaoto, t^ ^otanto^dk teclc- 
shti libertà: ed afico di uiuja m^tà^^deltteso.- 
n>; Esopo discóstatpsì daijaL.,col9Qctta q^tattc^^ 
t)«si' mìsiirà.li.; e (julvi- 1^ terra cay^ndo »^ sco-. 
Terse lina |[ran pi^tb^ $5ttaìa'9,|4alc Uovauni., 
T^uoft^ quantità di oro'^ li quile/portò . al p^. 
i^tòne , elle p^ic^gtanda ti- .intoi;nQ^ andava > 
aicei\dogli>: àtteiKiimi. ora la prooi^ssat pa* 
'dront i. ejpca il, tesoro > It filoso^ ffa^ t alle-- 
grezza, e la maraviglia tosta, rispose ;..nop -'O- 
glfo fartr libero X., se. prJma non mi dichiari,. e 
mostri r intcllrgenz:! di quella lettere , . ed il 
senso, per lo quale .tur- sei . velato in c^gnizioh-. 
^p* di. cotesto tesoro ,,j1 che molto^ più clie F 
jOjrp mi,sai:à;cifd, e ^ratOv^sqpp; della lihexy 
yi qi?sigsò;diss<i. Colui,, che *f, tesoro, quivi» 
sotterrò , come uonw) ingegnosa è.- dotto> fcc« - 
scrivere tai lèttere /per le quali volle . cosi, si-^ 
gniHcare P. procedi ^ Q.-^ quattro,. Pr passi, C. 
cavando, T« troverai. 1^ tesoro.. Xanto ma-, 
^^vigilandosi, di tanto ingegno ^ di: Esqpo ,^ e- 
^'temendo di lui ch^ no^àscoprisse , « nijaipiÈc- 
jfiUss^ quella buona., vent^ra.sua^, .volendo as»«'. 
ct^rarsL di^se : ■ oc- andiamo a casa, ^Ivi- V oxq . 
diveder cmo> e Erotti poi; libejOj^. Ma giutiH 
<fhe furono, a casa^. subilamente. comaqda. che 
fosse; i mprlgionat a Esopo^^ . il q uale ; , c(fsse allo- 
;xa a^ X^nto : cosi sogliono^ p T>adlcone> i filo* 
so£ prì^miare^ll ben servito ..EVadunquie ;tal^ 
la £*de.ttta, $609. queste, le tue! pro.messe ? Tu 
cIk;, lèggi , è. n^osti^ ^ e predici^ tAtto-ildl in 
^qi^ellc tue.^MGue, il, servare. la Ycd^, « }* -esse- 
re.^ |[iust9> qui in. cosa ccn.^ua tuo,, servidore 
. iltile;., aA\prevol(^,^ e, ts^t^ sei Ì9iq9a7 dislear 

l«j 



D^r ESOPO. )r 

!e, e3 ifigiusto? inorai filosofia, io che- 
'Tiiàtìì sei, come 'sei' tu* ben- da questi taci' 
|>red]icatbrj[', ciottorie laudatori osservata ! Fai 
tu 9 tiadroite , come i medici '> i - iiju^li ' danno lè 
ì^gofé, e i-precetti pel modèrat'o^ e regolato 
Vivere, pòi di loro nessttùo' pid' disofcRhata- 
niente vite. Che si; din di- te sapendosi», e 
'manifestandosi^ quesfEi . tua : crudeltà ed ingiti* 
stìzii ? Io- non solamente non: son Atto libero ' 
come, mi' stvevi meritevolmente promesso , ma 
in- tece * della Ubettà promessa , vuoi ' ancor che 
ié stia in^^ti^ionei Allóra %ntò mosso dal- 
le, parole di nsopo > e dal dritto^ della giusti* 
2ia vd(!e che rosse lasciata- stare valle quere- 
le di' aucBó cosl^ soggiungendo:: io dun^ve 
£irotti libera, acciocché 'tu m'accusi» e hscie- 
rotti in libertà' con là metà delf òro , . perchè * 
tu sii' conira di* me»? Cèrto <) non • hxò cotesta 
pazzia . Ed- Esopo disse a^ lui . Ta ' pur : &ai- 
mi del male quanto ti piace ^, che^ ad ogni mo- 
do sarai sforzata donarmi là libertà ì e dirme-- 
là . anco fórse, coatra la- tua ^ voglia • > 

CAPITOLO XLiir: 

n quel ^tempo' avvenne nelb cittì di Samo' 
un gran peodi^io , per cui ne 'fii tutto il pO* 
polo onesto e sconsplaf6> ma la'/prudéuzà e il 
divino ingegno- di" Esopo- levdHò dà ogntme- 
stizia, ed 'ansiosa affanno, onde perguiderdo-^ 
ne gli ottenne là libertà tanta cara e desiata , 
anco a mal gradò del suo padrone, siccome d 
predisse • Cdebnvasi ogni anno - ndV- isola di 
Samo una lèsta pubblica , nella quale vede van- 
si i ma^strati , e tutti gli uffidali della città 
di ricchissimi vestimenti adornati , e dal popo- 
lò' tutto accompagnati, con bellihifiìo ordine 
t>ortare un* ricco anello , il . quale , ment^schè 
l popolò, certe lodi , ed inni ad onore del Dia 
Irritano , e della Dea Teti cantara » risuonan- 

C^ 6 do> 



^ 



dò tuffo ll'iuarc di v;t^ ed armomosi .suonai;, 

« <;gllcetl^L» !|eir acqus, ^uiari^a xader lasciairano. 

avvenne >;clw una Tobai oiecitre che questo 

pre^pif]^ aii^Up ^41 |ki}mi di l^afna eoo iQÌrabi| 

cerimocua^iii filare cr^ portato, unVaqa^a repco- 

t^laamefite avv/^iiiai^osi Io. pr«$e> e alquanta 

Xfi fklo poiUtold, in grembo. poi di uno schia^ 

ITO '-cader,, lascipllo . P^c t^» at^o gli uomini , e 

jè donpe di' Samo smarriii.j^ e sbigotUli rtìveò; 

nero, e riempitala città, di bisjsigli ficejansi 

.xarj'giudi2ij vc v^iaipcotp.il fatto dell* aquijia 

interpretava ja . IJ perchè piiì. tosjto . il malp> 

d^ il bene si suol pensare ^ etano gì) uomini 

SI 'afflitti^ cbe per, la palliderz^ del, viso, e \% 

tfistczza* digli òcchi s cjbiaran^ente F interno 

coJrdoglio dimostrav^nQ tendendo dair ir^ aegU 

j^èi «ìualchiq flàjpellp. ," ' * ' ' - ' 

' •..."■ 

■■ • ■ ' 




__js$eQda adtmqoe i Saflij>;d2 tant^ timore op 
pressi per ii d^b^io Hefl* avvenire, èttxs 
\^vpxip dì, coo«ulÌ9Ì*é il ca$p, e volare in* 
fendere , se possibile era , ì*, inten>retazione \ 
e, per esse;^ in^qucl tempo Xanto^-nlosdfo nel? 
là citta,il^ptii do«o^ e pi^ sapjutQ riputa- 
to, congregatoci H popolo, e quivi. sedendq 
Xanto , tutti à lui i\ voltarono , aflèt^uosa* 
niente prp^andolo, cjje volesse ciò cjic ^uel 
prodigio apportasse diychìvarc . Xanto npn %^ 
icpdo sopca ciò che drre, ti\tto ^ dubbioso , a^ 
q^uasì confuso ,^-^ddi mandò , tempo' di^risppòde-, 
ré , per poter meglÌQ ali* ipterp/ct^zione " peok 
sarc , c^ considerarci. la dlc^hìaraz^one di, cotai 
segiJO, e. cosi di^ciolto il consiglio, egli * c*- 
^ ritornosscne ; laddove seco molto peosari* 
.49.^ ed all| ..significa:^ionc di ^ucl caso là mcD* 



jè(i dvòigcDcla r oi sipeódo .«ppta . ciò< &|P^ 

e sì pieoa dj.malincp.i3ià.> cjbye p^eva^ eh' e^ 
{psse, alla^mpiite sentenziato.. >GiQ^vedefìda % 
sppo, Yfputagii dei signore coiapà«$iaDe»). pciir 
cpQspI$im.accosldtpgIìsu^ disse;: padrone» nper- 
qual ragion^ st^i tu in cotanta. tmtezzaaV'VoIr 
tp, e spfF«>catQ> p^ercih^ ti cruci tan^P^Ecco 
il tao EsppQ> il qii^Ie ler^ratti jdi cotanto af- 
fannò , e npj^ . Sii adunque allegre^», ai bupi^ 
animo,: e lascia , se ti pareli, qu^csta.cuia, a mj^ 
che io non debito pupto. du non. poterti Atre ; 
Qnore> s^.quel cii* io ti dLrò.£ir voijai ». 



O, 



q A.P VXQ LO XLV. 



'ra ascpltami., padrone >' ed attendi v doma<* 
ni ^ quando in piazza, col popolo sarai congre* 
ga^Oi vo^iic^, che tu dica cosi :.. gentiluorair 
ni , C; ^oi^. altri' n^rri jni / dabbene > ^ cr edo eh? 
sa ppiate> qu^l sisi 1^ prqfeis^one' mia , della 
qu^l . mai , a» ' questa città non fui avaro, Icgr 
gendo , in^gjnandQ,ed in^^erpreta^do gli ef&t|l 
che la madre natura quaggja fca noi ^ con ini- 
taìiìì magistero ordinar Laoiente p2irt4>risce > e 
ci^ ;.. ma alle, cose djal\e bestie., ed^uccdU 
strapjrdinariamente &ttf , comiche, senz^iragia* 
Bevol £pe si, muovano , eccetto, che al natu- 
j;ai ap{)(^itQ.!del vivere, e del pipcreare» non 
io mai .curato. far considerazione., persuaden- 
domi, che un irragione voi animale, e senza 
s^lcun discorso d'jntelletto , non possa agii, 
«lonitni alciin segno evidente, ne certa, preco? 
^suzione del lor bene,' o natale futard dimo^ 
stiaxe. Egli -è ben vero, che vi sono certi 
animali , i^q^ali natufalmóilet i)|nc|p un certo . 
intinto» e sentimento di fuggire il male , dke 
A as[vicini » e di callef rarii di^l. suo. bene proè^ 
siipQ p ma del comodo , ed "Incomodo di nq^^ 
HOOUfiì credo j che siccome essi non lo .sanno «^ 

fife," 



^ .. ^ «■ .-• m ■» 

^ ^r IT i . 

ooflM^o» S eùsi"^ atiòd- non poi^sano a flot si- 
^fflbiftf) eeeéfto se qtiermaic , o'bene , il quàt 
•«^^ cMtote' ^òpriò , ' è pafticolare sentóna « à 
aal^4iie<y' tiò» fòsse - comutte.> ^conrc che' sono 
•Jlctinl 'iHiflàiàlì^, i quali* là viciiia tempesta del 
imc^r e te pióggfe ftfgf ono , ed altri dliettan* 
cfetene» Vttimo per !* aere , è ptr 1* acqua scher- 
siando. £d:arvegBaehé siano, aleuti! < tinto' cu- 
riosi ,- e: supérstissiosi , c&e pensino ogni opera- 
aièae degli uccelli , e degli altri ankiiati esser 
UH: augurio ed . una^ regola > ed un. manifesto se- 
gno tlel^ bene , e! del mal . nostro y nondimeno 
persuadendomi io ciò esser hho , non 'ho vo- 
bito mai in., tat- sogni- rompermi il capo, e 
beccarmi il cecTello : pe):ò' perdÉHiatmi dovete y 
se io nOd sapessi quel. fatto dell'Aquila intet'-^ 
pcetarvi. Ma poiché •tantO' desiderate T inter- 
pretazione » ; acciocché non ^iatt in timorosi 
dùbbj avviluppati , mostrcrovvi fa via , per U 
anale, potrete, del vostro 'desiderio sodcUsfotvi. 
'i'engo lO'un ser-v^tor^) creato miàv ilqualeià 
cotcst'arte dell* indovinare , e di tai^^pronòstf- 
ci dilettasi) ed- ha molte, e varie cose in tei Ir 
genza,'ed esperienza grandissima 3 <^gli t>otrà 
( credo), e sapri- dan:vi4a soluzione del vòstro 
quesito. Fia adunque buono (a voi porendo) 
érlo quivi chiamare. Io quando sarò là venu* 
to , se- potrò soddhfare loro' della' mia dichia- 
razione , tu ne ri porteci non ' po<?a lode , in 
aver tu un servitore cotanto sufficiente. Ma se 
io non dirò cosa che soddisfaccia , tutto il ca- 
rico, e la vergogna sarà mU: e cosi tu ne 
sarai sul vantaggio, e ddla riputazione tua 
nulla perderai. 

C API T.O L G XLVI. 

P 

Xl iacquequestov consiglio a Xanto,* il quale 

Tenuto nel teatro , la dove^ erasi il jpopolo 
congregato desideroso di sentire sopta, il prò* 



D J B S O f O . i4!j 

eA\ ^ii cU4mi tosta^ >eag#. sf^ftqclàtftapeftle. 
Gostoi. co»? fa. gÌMi^>veJÌ ogitmio «d^joctik-- 
to r<ebbe, risapno no- gran p^za^p ilte^tx^pec 
Iq gra^risa.; disi .popQla^ p(ercbé.raf»pcesef>tat3fii 
^egClaltri^s^gi del. teatro. quelU racadefoèmir' 
cM} p.siliigob&,btulUz94> ^(ono^i :bisfa|iglrÌA« 
^ti > :e chi diceya: Qh ve vUa.dticb^ttpi ah 
Ifj >;,Y^ bcf vaso 4^ $ci«u&^ > altui >^ cotesti^. s»» 
»rà p9tUr^ i ed < altrV' dicevano : ^hì sa ^se , 
ctie Tun pcodigfQ. difitki|:er4 i'adtroi .ed altri 
aitra^nte* Quesito. t»U n^Qsmorazip^tiS^teode , 
]^SQpo>i. arditamente > e^s^nza.alcanrosscffe oh- 
se :.. signori miei > se qui mi, avfite. fatta cfaia* 
mate- pcr-faxyi rider*, avendovi in, ciò soc^- 
dH&t|o^ potete* or^^ lasciarmi andaire, . ma se 
altro da i|3e. volete,. cl»i sia di quatciie«inipois- . 
t^^f perché^ cosami, apr€i9Z3.te> o schernite? 
Fórse, .perchè, io sia in cotesto mòiido mz^ùp- 
fff » e sproporzionato? "^ Che.', posse . io. .di cìòf 
•auak mi vedete, tale -mi ha fìtta la rnatura» 
di cui è^-la coip3> e IV errore» e non *mrb. Ma 
jo bèli vtt .ricordo^ chi egli non èìulficio di uo- 
mìpi prudenti» e. giudiziosi, voler di uà uo- 
ffHQi per IVappasenzas^délv viso, e per le membra, 
<ldl corpo fai; certO: giudÌ9:io} benei dalla men- 
te, ,dair animo, oh^d^ntiio. c\ sta linchiuso, do* 
vetè^^giudicare^ E quantunque egli sia cosa , che 
Y«dere non si^. possa» nondimeno le opere, che 
d^ lui procedono ) sono quelle che fanno k sua 
guuidswa % , e 1* eccellenza conoscere < . £ come 
per lo^ più ..non si ha considerazione.' delia bot^ 
tè, ma solo del vino, che dentr-:! vi staripo^ 
sto ; . cosi i veramente- non si; deye deir5:uonio far 
giudiiùa per,. it corpo ; ma bensì per k-sostan^ 
^ , che sta in -, es!iOr pei>chè b^ci spasso noi 
ycggHmo ùn<|K>mo aver . bella^ icpiza:i:.e> deat 
ìxfì, poi essere guaito > e fracido > e pei con^, 

ttar*'- 



Amia mmt M^asi uD frutto, mal &ttOy e 3si 
sozia , di os^cura peiie coperto « poi esser deo- 
{^C^ pì«no di- dolce soa?e e delicato succo-. A- 
fluo^ae' dall' animo y e dagli efttti dobbe Tuo- 
xxCo prudente, e skggiò^jfiudi carsi.. 



e 



CAPI T O L0> XLVII. 



^iessatono le risa de^Sàti^;, ^iché ebbercr 
udito il sentenzioso parlaTre' di llsopo-j e gran- 
de ammirazione presero della' prudenza sua , è 
percfò uinamssrmamentc pregàrònlo , che voles- 
se ciò -che di quel prodigio sentirà espone > 
e levar dalla città tanto^ terrore'» e spavènto 
qUaoto in lei per tal cagione eraiiatb . AUòra 
Esopo* cominciò con queste parole: signoti ' 
voi dovete sapere, che quantunque la fbrtufiv 
Mimica della varietà e deilt dihinzjioni abbia 
tanto al servo, quanto al. signore prò postò il 

fttinìo della gloria, nondimeno se i{ seri^dore 
biioìio ed anco migtior del signóre , egli par 
resta tuttaWa scivo e schiavò, e viene anco" 
sovente battuto senzd ragione» Se anco egli è 
cattivo > e di mala natura, parimente resta cot' 
giogo della servitù aL collo, avve§[naché più 
spesso egli sia percosso , di miniera che ' 
buono al. cattivo, e dal miglior^ al p^giort 
non vi fa differenza , .6' poco :' il che veramente 
èccxsa molto ingiusta-. È sqio fossi pia sapu- 
to è dotto , che non è il niio padrone , ragio- 
nevpl non è -che la virtù, e la scienza mìo 
stia soggetta e soffocata dall' ignoranza sua , e 
ciò dicb perchè, se voi (il che spero per urna- 
i>ifà vostra) mi coneedoretè , ch'io possa Ube- 
ramente dire ciò, che di quello augurio sentOj' 
promettendomi , eh' il padron mio più non mi 
tenga schiavo , e diami la libertà dovuta; i« 
did)ìar«ròr il ^prodigio ,. e da quel vostro ansio 
tamoro libererovvl chiaramente dichiarandovi^U 
diibbiou^ che .richiesto 4ii' avete , 

CA-. 



RI E S OP O. <^j 

CÀ p it Ed XLyiii. ; 

1/ \ .".■'.'•' • ■ ; '■ ■ 
Sarti) r pi A che mai^Heiiosi*^' intcnclcré cfeir 
efftnò Heir àquila la -ir\tcrpreta2Ì6ne., hitti a<t 
Hna véce pfegaròno Pianto», che liberò facesse 
Esopo.; m« non accettando egli i pHeghi, al« 
♦erat© per le parete dèi servo suo negò vofete 
ciò fare. Allora tutto il popolo ad alta vocir 
^ridaVa; Xantojjfa liberò Esopo , concepii a.tut- 
ti i Samj- questa «ola gj:ftzia , dona a- qttest» 
etttà ìk libertà di Esopo. Li- filosofo^ più indu- 
rato di pcitna, dai; suo proposto punto ttom 
»i moyev^: perlochc il Fodésti ^stidito ^ ed 
adirato per tanta óst-inaaione dissegli .• Perchè 
a te nV pace > e pare il dùvcje cojl poó> dì 
cosa gratificar questo popolo, e fe citta- tutta,. 
io ptr l'autorità dall'uffizio mio farò libere^ 
Esopo, ^ncot.cb^ si»i copt^o l« :^glia tua^u^d 
à quc&to modo, ne la città» ne Esopo mi mi- 
fli^ò abbllgo te n* averi gianvimi. Xanto eia 
potendo, ed esser meglio considerando il donare 
duello, che v^enderc non poteva , con tent ossi 
Ai donare ad Esopo la liberta cotanto da lui 
bramata, ed il trombetta altojra , secondo- il: 
lor costume, pubblicò Esopo non esser più 
chiavo , ma fatto lìbero, iti questo modo: 
Xanto filosofo, a prcghìeta e requisizione iW 
popolo Samio fa libero Esopo, la cui servitù 
avendo egh comperata eea à Itti dovuta, ©osi 
allora il det to df* Esopo verificossi quando dis- 
se al padtohc^ che contra siw voglia un giorno 
là libertà gli donerebbe. Esopo adutque già: 
fetto libero, nel mezza de* Sarti j Sedendo, 
venne alk ciìihiàraxiojie dell' augurio, cosi. A- 



/ 



.*^ 'VITA 

O. , , .. . 
^ji^^^, ebt io mi "^fillio* in Kbeitli pò jtp ^ 
mercé dèi vostri pfie^BI-i e'Vleila: cértcsra vo- 
rrai dì cEe qucfle grazté yi rendo > che per iHc* 



si possona maggiori, a me si conViène di to^ 
testo benefTzio esscE rlbordevofo' e qaellb cbtio 
promesso vi ho ,^ attemlete) «e pigarvì. 'Cheijo, 
o Samj , che sappiate che f Aqui(à ^ di' rotti 
gli ucceilr regina, fa ({uaie avendo Ta nello 
imperiale rapitoVe poserà -nel grembo di ano 
schiava lasciatolo cadére ,. altro sij^nificar non 
vuole, se Bfómchè^ egli è «jiialchft signore» o re, 
cfiò va pensàddb v e: tramando :<jti: volere là vostra 
èUta'sottometfete, e soggiogato > è di fibera 
feria serva e' schiava, e le leggi» gH statuti > 
ed il governo, vostt)^ (ampere ed anpuilare . 

C APTT 0L O L^ 



I 



Sam) , a^vegnath^ cotale interpretazione non 
^ma^esse loròK óondimeBO giudìcatido eglino « 
tht la dichì atazione. di' Esopo a^ fìtto deH*aq«iÌ- 
h qqadrasse» ercbayéofsse ,. oltrethè nessuno tPfya 
seppe mai- sopra' ctd,. meglio diite-, rli cosa più 
convenevole, credettero alle paróle sue ; laonde 
rSafi)}; più die pcima divennero dolenti » e di 
ansiosa paara rijpieor,' né passò gran • tempo che 
Creso, re- cteUa JLidia hiinaò '$àoi' niessi* in Sa- 
lso con. lettere, al popolo» petw le quali chiede 
va loto-' nof grosso^triblilo , quale se pagare ogni 
4»no ricusassero >^ là^ guerra , e- la rovina ^(dt L 
sòia» ithiacctòsaaittnte. (fénunciava . Fet j|uelk 
angoéeié nuove, ed* ingiusta richiesta di Gre 
so »,;fu \l coùsigKo congregato per rispondere, 
' e rimediare a* casi- loto^ : lui^nau sapesd» io pc 
che deltberazfoh foe, eccetto di- salis£ire «la 
Hèhiesta dei rei eonchiutero tutti, che si do' 
'Vefte Esopo- chfàhiirre» ir qu^» peroiocdij 
H^itme^te ilr prodigio interpt^iatoayeinv pen* 

"' Sic- 



ai ESOPO*, y^r 

aaraflo aAci» » che. qualche buon partito » loro* 
l^dporrr pp^sso ; Ye^jihi^ IMbofue^^Ii^sopo ai^ 
coosiglió». ed" avendo, inteso » che ÌK parere de* 
Itfincip^lì' o;?^) f;^.per fiiggireiiui|Pgiof niitlè'sb 
cfov^fs^ I^ ^OB)9Qcla ddr re GcB$a.«e^uìi;9» «d^ 
a, Im ij^bidoiC^ .e4< ak yolèr suo* coinlornursi y. 
^icXUi t,^o^f^c,q^itìo> i»a:|HMrc a Sàmf^ che- 
,ii .^ patere npoivtprq^eceL addiimmUvaiio , . 
fli^^e^: p9t^1ià^ vpnmi xastir ^tilapaùoi «ono* 
4i ,pai;er{p ali«L.« dia; trih4^0/4'r^ Cresa^ ^d ithi^ 
}^^ jjs^n a* $uot gonÀad^meatì >..^àqoaflii Te|- 
gio -aUp. av.daryi C9n$rglio-> i?it ficiJ omóftailN^ 
.^uoqe^iphe^jV^SQ^voi })o<tp .^(^l^rei/^prisilmà;, e- 
))er robbUié? > ^^hf;^ gus^U olititi jt^oga i^i^drsr 
yi»W>J vo|p5osdit,Tl questó poclie iwrotev pc9L le- 
; mi^i fQr^e quella, (;ae uUlé: ri 9^ pofiasi^rete ^ 
ha. fòctaRa x»o$tra agli iMo^ifM-vo^ia vita uma- 
na; due viei J'i^na della bbejiM>> dicui il prin- 
cipio e rientrata ^ dilS^He, e faticosa > ma il: 
fine e ag>c^oie< ptaàc» klolce, t caro: e Taltr»^ 
^.d|lia^^èmtài di .wV. jhpciii^ipiaépftcatili»- 
f io e. Àcile 11 aperto j^ è . quasi jpiacevolè > ma in 
^oe pQi.^è^^^erw* 30(9090». e: plenoi di fastidi >. 



.. cQsfc4|geffol«?«i^c. fercl $c^etti> e , servi.. 'J^- 

. cpQo adu^u^./gli ^bascil^ton del re licenaìa'- 
1: 4^K(^ 4ye^. fosa » |p1>p velessera> olteniila ». 

.^^uesti «itprQatìi.a Qioispr^ a. qi«rlb^. spo^ro 
ÌP*9el>bei:azÌ9pe^ de! &111L ^pg: la qmì , cosa 
d^(pro^f)pi ^à ni««&tà\c{i m J0c<» f°^^' «òa 
^i; afi^$>&tm:l gli dUwoct ^gE>orev:diffi^iL ti 
ifia llioMNce^a^ per la sidg^Cvpcadea«|r <U.aa 
4V^jno/4biaaia^ .£«op9 > . che &t% io . Saiooi r a 
toni iisSatnkQgi^cos^t ,deteris£ooo » e pedono» 
r<t' Wltfr*. >w«'C|^/^ii?}^^ e sari. 4»^M 



( • 



u . c^^ 



vifg VITA 

€aasì§l\Oi non potrai Viticai] > uè 9oggV<^rfi 
pBCckiocbé- 1' ingegno , la prudenza j ed H sape 
suo è veramente cosa dmùa > e per questo i 
noi parrebbe» che prima rttandani at. chiedei 
loro Esopo i promettendo di gntifìcaìli , e pò 
scia eh' avrai nette t^e maiìi Esopo , potrai age- 
Yoltnente i Samj vincere > e sottomettere . Cfe- 
99 persuaso delle pacete di costoro» ritmando ì 
suoi- àml>asctatoti à Samo, i quali addìiriahcta' 
tono Esopo , pforaettendo lo^ 'per Hcom^ensa 
dì non naofóstarli più olire > e riAiéttergli la 
.richiesta del tributo. I Sailij > che troppo di 
Citeso teme vano, -persuadendosi che dando al 
re Esopo potevano dal tributo liberarsi, e dal 
timore > che -di divenir soggetti avevano, deli- 
berarono maodarglielb . Il che sendo agli orec- 
chi di -Esopo vemit» ; ei fe'ce radunare il coq- 
aigIio> prowietttendo dir loro cose alio stato 
importantissime^. Radunato adunque* il' popolo, 
e gti dfiziaii tutti', dri»eatosi Esopo Ve '^tto 

segno di stiviizìt) In coraié sentenza dis^/ ' 

• • ■ •- . • ' 

CAPITOLO Lll. 

E- 
gli è tanto ^ o Samj cariiSsiMi , Tobb^go , ch*^ 
io a voi tengo V ed è tanto i* amor "mio verso 
questa vostra città singolare } che a mille rischj 
di morte volentieri mi metterei, mentre cfic 
a voi utile , ed oìnór recare potessi . E perchè 
intendo, che vói ^ pensate di placare T animo 
del re Creso, e dallia sog^cBÌokie 'del tributa 
Iltferarvi, se me a lui mandate', e donate, io 
testé vi dico se ciò è vero, siaeosi, come 
vi persuadete, molto volentieri, di buona vo^ 
glia eseguirà la vosifa 'detiberaziooe , e rfoo 
solamente contentomi darmi ai re m preda, 
ma anco per vostra salute miHe fiate morite*. 
Ma acciocché non siate kigannati, ed il vo* 
stro disegno non sia vana, edi acciocché T'an^ 
aio, e r intenzione di Creso m^Iio ^ronosc»- 

te» 



DI ESOPO. ^ 

le,^ e eoo .pi« ciliari ocelli gMìchiate dicnan- 
ta imiwtacza sia la mia da- voi dìp^teti^. 
mi p^ace narjfarvi una favola . -, , , . 

F: CAIVITOLO WII* . 
a già feiupo, che gii aoiiiiflli Scovane* ie 
cose loro , come gli uomini ì^bboo j fiiTcilarir- 
np come gli uomini , e diccoiprevano rcon sen- 
timento > e lume di ragione, come noi fer^ «>- 
gliamo . Avvenne in <2uei tempi che- ì Larf 
mosselo èuctra, alle pecore, in fafoee di cui 
combattevano i canicqsi ferpcemente . the noa 
potevano i ^up* &t loro maiejrfcuno , «quan- 
tunque eglinq insidiarle non cessassero , nóBdi* 
njcpo Yedcndoi chela Vigilanza de-fcani faceva 
k loco msjfUe; vaac , e scnxa fttK^aimaidartf- 
no amfcj^sciatou alle pecore a far bf& intenda- 
re, che se aver co Jupi.pace-Atskleravaad, e 
^ t^almca^c la guerra cassasse , dejsera in 
PPt,<r loro i cani. l^. pecore ccan© xémpttci , 
Ignoranti, edi poca disborso (fosse», seuw^rc 
credendo aver pace , e poter senza alcun so- 
spetto pasfcif , t qoiftlSaiqenle^iHiiresflf, dicdcrcj 
I cani ai lupi, i quali dopo T averli ammazza». 
U., e,j««iati>;rjt!«a»rooa ad .insidiar le pcco^ 
re, le q^aIi tiovatelit .di difcnsori prive-, age- 
VDimente .pigliarono., ed amma^Batofto . 

y.^ e API TOJUO LIV. 

J-/e«o che ebbe- Esopo, i Samj .^Aiirathc^i'. 
te mtescrq A* intenstiooc sua, ed' il morale sen- 
ti mento della Fjivofa , onde tldibe^rarorto ritc^ 
nei;e issopo, neiia^ città, considerando quatitt^ 
We lor utile ^ tteoessavib^ ii con^glib suòj 
peta vcOtojt gli ambasciatori licenziate ; mi 
rm rQUe^ liìsopo . il qoale sperando con là sija 
tìWdcn;»*,* C d«streW6a> « coif- le stfe ^bi^il 
P«c^mff9i .«eodoe a' Samj il ^tti<y'(tel Tè be- 
^ote^#^ ^ amka»; se. a itti*sè n*^ j^se ,-" tol^ 



^c ad^^i modo cògli datori jartirc , T %t^^ 
ai^nutiti in taU, e titofnàti AlìaitefctiZà 
dì sua -Msecti dissero : ecco , signore , ff ufesf 
^uomov'il ^ui consiglio I* Saihj . cólaoto ip ùti- 
4c , e silulìfero . Il -Re veduta la HÉjicfclla , de- 
forme, e ctmtf affitta jjtat ara 3i 'Esopo, ^nón 
senza -còUcn -spirczzandolo disse: or ledete 
clic vilissjmo tnniccitìpla»^ 9 'soggiogai* «n'iso- 
la mi recava 4mpc<JimeiitDl Allora ^£sòpo «" 
•iiit disse: ofórtt, e ipagnanitno Re, io rida 
iìiosso da -necessità veruna , dc da 'ferza^ co- 
stretto , anzi contro il Vdlere / ^é deiiberlfzioo 
-de Saraj^ CQfne i ^ttoi' 'amìiastiaSori ^^anoo^ 
ma di mia j>ropria» e spontanea volontl so- 
no qu\ innanzi al tuo regal aspetfo *<vettQto' , 
dove penso chela tua Ittae^tì non Ingantferà' 
spunto isiuelLa ;grande ^opinione 'mia, «rne ^dèffa 
henignità tua iio concetto, pec^oad^ndòmi ,' 
-^iie tutte le^'^tue azioni '^lòcedaiio 'da .queile 
tirtii , di xìii un "tanto Rfe , qùal sei tii i dtb^ 
^ha esser ornato *>^ lucente. Suppliéoti adun- 
que , .che ^i piaccia quattro parolc^beoi^men- 
te ascoltale . Jggli fa già un aomo^, *il ;^aak 
■pigliando le iocuate » e quelle petclvè ;le biadf 
guadavano j ammazzando vennegli 'preto^^nco 
tipa cìc^Zy la quale vedendo cV e^Ii anecoc lA 
vigeva ammazzare > disse cumilfflente : ^K uo-' 
aio dabbene , non ^oler ^per Dio , senza ^àlcuii 
proposito^ é icfflfi t^idnè'ucciactmV: 10 non 
alle 'biade , 4iè anco a te Taccio, né feci di:. 
spiaiCere ifcuno , /aozi ^ol^Tcloce hrovlrihefftd 
dell' ali mie , cosi -soavemente JCadto , che noo 
piccola «cofisolazione reco a^viandanti , e pere*- 
grini. Wé in mt trovargli altro, che voce , 
quàl ella sia , e peréiA pregoti > sé iof llcuna 
cosa non offendo 4 anzi - a motti io «ia atHe , 
e grata, non :vo*ere anco ite oifcndcxe .'Ci* 
mentendo 'qndPuonio, lascioHa andare. *€o^ 
io ora) o valorostssina sijgQore, ai 'tuoi pie* 
4ii son ^Teimto, ìndi.ineyolnìents'sajn'ticando* 

«4 



DI ESOP«. « 

jiU a^AMi yolfcini scoza giusta cagane oca- 
j dete,_che 5*Sb aop £;ci tnai cosa mala, né 
i Wsso,_ ne YQgljo altrui? o&n^re, giusta co- 
; sa e eh* io apco noo sia. of&so . Ed ^Ila tua 
I S9picfitissinu gìustisia appartiene non soppor- 
; tar«,, ^he mal poctamento mi «ia fatto j però 
essendo tu d'anim.Q generoso , e ^gnani- 
mo , «pc?p d>3i te jjriportar cortesia , e favo- 
le , e, non ingiuria.^ :?iolfiiiza ^ e danno. E 
quantunque cosi inatto , e disgraziato mi ve 
di , noin^imeoo in quesjto cootrà^tto- <orpic- 
auólò regna buoqa . leale, e xinccra*m€ntc , 
donde procedono le f>ardk..mic ed i miei con- 
sigli utili., veraci,, e salutiferi , e *a vita mia 
vie pmj che ;TOorte Calvegnà, che tu sii 
:gian .|lc e po^enti^imo J può non medióGre^ 
JOcnte giovarti, e. recanti prefitto, «onciossia- 
chc.ig^an sigpgri 4)iù di. buon, e saggi, e 
f^eli consigli, che di tesori , « di ^ttm han- 
no mestieri i il che ristjcssà ^esperienza U !• 
iPUO mostrare. 

; ;/ CAPI TOLO LV. 

JlI He allora non.^p^ca ammirazione prese 
<lal suo ycrp# prudente ,:ed ingegnosp favellar 
tt , e piti tanto ma^vigltavasi quanto che 
tìjbr d* pgni ^^p pensiero «ontiva qad . cosi 
htto uomo si bepe, si altamente, e si ardi- 
tallente dire la ragion. isua» perlocché venuto- 
gli insieme i\ j\iì ^^mpàssione , rispose in que- 
sta sentenza.: rintcnzion mia non «ra, o E- 
sopq , di lasciarti in , libertà - vivere , ma il 
t^cfetai destino, e gli Dei, che mi ti afSg- 
^zionano , .e .muovono ad amasti, mi* inducono > 
6 sfarzanp 3, doniM^ti nixi solamente ia vita^ 
ma ^<;ofa^ ad ofiora^ti -come .amico . Chiedi 
^nque ciò che vuoi, 'perchè da me larga- 
iuecO^ r^^licrrai^ lE^^opo^ dopo inolte parole 

di 



71- VITA 

di' ];ingfMani£n(i , disie: io «ón Vojgfi^, p 
fliagnaniulo Rcu, né poiso supplicarti di cosa» 
che ti sia pili oaorevoie , « ptd utile, chic il 
vplcrti riconciliare co* miei Sanij > e quelli a^'e- 
re pec amorevoli., e £^deK amici , liberando 
loto da queir iiitolierabfl peso deli' odioso tri* 
biito . U che coacedendo loro -la Maestà tua 
se f^Ii obbligherà tanto , che ^aranix» pronti 
sÉfnpte a servirti cordialmente, -e volentieri 
auriscbieraoiio le sòst^ttize,^ e le persone- loro 
per tuo beneficio ,' e per tuo onore i cosa ve- 
i^^meote» che cwitrappeserà più assai , che if 
tao tributo , e per il ^4i4«» non ti saranno mai 
ubbidienti, né fedeli vassalli, poiché se eoa 
foraa fossero da te soggiogati', i loro dé- 
sideri sartano sempre al ^ tuo preg^udicio , e 
al danno ttio , «e disonore indrizzati . £ certa- 
mente a' veri signqpi è più utile , e più onore 
essere amato con riverenza, che essere temuto 
C9a odio, ^ malevolenza. Acconsentì 11 Re al* 
la supplicazione d' £sopo , ed acquietò 1* ani- 
mo suo, e contetitossi riconciliarsi con i Sa-^ 
tnj , e liberarli dal tributo, per la qual cosa 
Esopo gittatosi a* piedi regj gii diede quelle 
grazie, che seppe , e potè maggiori , 



F 



CAPITOLO iVI. 



u poscia Esopo al Re grato , e caro sem^ 
pre f ed ebbdo in onore , e riputazione 
g£ande . Onde volendo Eiopo mostrare la gra- 
titudine , e r amorevolezza 'dell* animo suo 
verso. sua Maestà, diedegli le sue maestre- 
voli , e dotte Favole , le quali insin al dì' 
d. óg^i vìvono , e ièdelmente ( credo ) fin' agli 
ultimi secoli viv^antlo'. Ritornò poi Esopo 
in Samo riccamente dal Re appresentato , con 
lèttere sue , per le ^utli ^ a' Samj scriveva , 
che per opera , ed intercessione d' Esodo egli 
vi>lera esser loro buono» ed amorerole. ami- 
' ' co. 



D I E S O P . 75 

<ro<i « che"! desiderio del tribatò se gli era 
totalmente spento, ed annullato, che non so* 
lamcnte non pensavi dar loro molestia alcuna « 
. mi voleva ditenderli da chiunque volesse loro 
ofiFcndere e molestare . Di tal lettera i Samj 
fecero allegrezza grandissima* on:le in riveren- 
za ^tgli L)ei ed a gloria di Esopo celebravano 
feste pubbliche , ed a lui donando ddÌQ lodi 
con molti onori e doni riFerirongli grazie o- 
noratissiine t avvegnaché Esopo ^ tali, ringrazia- 
menti ricusasse , e dicesse loro ; non esser nie* 
stieri, che i Samj a lui riferissero grazie , ni 
anco obbligas&ione gli avessero alcuna, concios*^ 
siach^ la libeiVi . ^orp . procurato aveva per la 
sua libertà da loro ricevuta) il che tra tinutne* 
fazione degna > e debita. ^ 

CAPITOLO LVII. 

X arti poscia dojpo qualche ^spazio d) tempQ 
£sopo da Samo, ed andossene p^c .i( mondo 
óetcando i filosofi, con i quali disputando la 
dottrina, e sapienza sua dimostrava* Venne 
finalnoente in Babilonia, dove conosci ula dal 
r« Liceto il suo divino ingegno,. e ('alta sua 
scienza, h appo lui molto grande» e con ri* 
verenza amato , quasi credecKl?. il re, che gli 
Dei per utilità ed onqr suo un tant<> saggio 
uomo ^li avessero mandato , <juanto che i rp- 
gi e 1 prìncif^i di que"^ tempi in santa pace 
vivendo, solevano parte per diletto, e fratte 
p^r onore , e parte per utile mandarsi 1' uno 
aQ' altro questioni difficili ,• enigmi ^ ed oscuri 
dabbj, i quali chi sciogliere sapeva, o tribù- 
ii , o altri emolumenti ) oltre 1* onore , ne ri* 

J'sórtava, secondo i patti ,^ e condizioni» che fra 
oro erano stabiliti . Però essendo al se Lice 
to molti dubbj 'difficilissimi da altri signori 
mandati , £sqpo tutti li dichiarava , t scioglie* 

D Tài 



Ta 3 ma qoeì die Lketa ad altri mandava^ ip»^- 
posti 'da Esopo , sessuiio uomor snodidi, ed 
intendere sapeva. Laonde iì ré LicetOt oltre - 
i molti tributi, che egli ne traeva , onor -gran-» 
•de , ed ampia gloria ne coosegaivfi » e peitii» « 
fece Esopo di tatto il regno rettore > «gover- 
natore^ 



CAP IT O LO LVIII. 



E 



(ssetido Adunque £sopo quivi iermato fasU-* 
dua.di';-*piu -oltre gire errando» e non a^é^o^ 
figiittolo alcuno 4 adottò 'Un giovane dì nobii- 
casa> il quale Eono era nomiiicito. Costui fu da^ 
£sopo come suo proprio e llcgittiino figliuolo 
al re caldamente faccomandito. Avvenne, xhe 
il buon -figlio rebbe con la donna d' Esopo a- 
mò^osa convers^ione , Ja qial cosa risapendo- 
ci y .volle .i£sopD scacciarlo /ii casa ^ e dall' ere* 
dita privarlo. A cotest<]L44nsò-Enno con tm^ 
altra j)onm<nco solenne ingratitudine rimedia- 
re^ e fafe Esopo càdece in disgrazia» ed in 
odio al signore in questo modo. Egli fi&se, cb* 
£sopo scrivesse una lettera a quei signori > cbe 
a Liceta mandavano ^li .enigmi , facendo loro 
intendere, che il xe suo erft-^i .cosi -mala -nu- 
tiifa 9 r eosi^Qgrato delta servitù su^ » che quan* 
tunque egli 'fosse quello ,>fte solo che i dimeni'* 
tosi dubi^ dichiarassie , e sciogliesse > e quella 
fosse sólo >' che a lui .ricchezze, e fama im^ 
-mortale acquistar dicesse s aondimena egli -wt 
riportava con dispregio, e disonore mal giti* 
derdonej'lehendo «uà maestà con la donna sua 
pratiche. amorose i e perciò desiderava • part iiy 
si da Lketo ingrato, ed ingiurioso diranno» 
« che molto volentieri starebbesi con .esso lo* 
ro, sperando fra loro ben tosto ricuperare tan* 
^ to quantomeni se liicelo per cagione degli jey 
^ nigmi 



B I E.S OPO. >y 

nlgixìi perduta aTéTano. Questa lettera ^i'xro- 
tal .tenore scritta» e dal suggello d'Esopo si^g-f 
geUatav la presentò £nno al re Liceto , il qua- 
le peróò venne io tanto sdegno-, ed in tanta 
collera y che coniando ad Etmìppo suo =mae- 
stro di giustizia > che pigliar fiCesse Esopo * 
subitamente sènza esame > senza processò» e 
come ribello, e traditore del te suo signore n 

10 ammazzasse. L'amore^'e To^servanza gran* 
de eh* Erraìppo ad' «Esopo^ portava i tìtàrdò 
r esecuzione tanto , cV egli intese bene la ca- 
gione del comandamento del re ^uo signore , 
e perchè égli si persuadeva essere Falsamente 
accvsato>. nascose Esopo in una antica sepol- 
tura, ;e li dentro secretàìtieate il nodrivà'» 
ergendosi che mentre la verità si scuopri^se^ 
e trovandosi Esopo innocente, il re d>i suo 
collai;icp e ' furioso comandamento si ptfrtirehh 
be , ed Esopo nei soliti onori testi toirebbe , 

11 re tolti tutti! beni di Esopo, p l*ammt« 
nistrazione del regno , che a lui >era comm^s^ 
sa, donògli ad Enno.. 



D. 



opo alquanto tempo, Nettenabo re degli 
Egizj., avendo ^inteso Esopo esser morto ^ 
mandò a Liceto -una lettera , seti veodogli , 
che se a lui mandasse architetti, é maestri , 
i quali gli edificassero una torre, la quale non 
tonasse oè terra , -né cielo , e mandassegli an- 
ce un nono. tAnto saputo , che sapesse a tutti 
i caoi quesiti rispondere, egli of!eìiva dargli 
que* tributi, ^ch' egli dimanderebbe -, altrimenti 
si, disponesse Liceto. pagarli a lui. Il- re di 
Babtlonia, Ì;rtto ch'ebbe le lettere, non avea« 
do. uomo 9 il quale alla sottigliezza delia pco- 
^posta del gran Nettenabo soddis£icesfe>. ni 

L..' D X- pàt- 



« — >- — 



( 



CAPI T OLO LIX. 




-p/irtitQ l^f(o> p risoluzione >alcana ritro^ati- 
do> divenne tutto nojoso^..^ dolente . Ricor- 
dandosi delia profonda sapienza di Esopo, il 
quale cr^d^va , che' fosse già polvere fatto , fu 
pentito con molta amaritudine di averlo fktto 
morire « ^ure sosfiranrdo diceva , mancargli ^a 
.celojrìpa del suo redine > ed il, suo focmo, $9$ tV- 
.gno ess^er ;nor.to. Èrmippo iVct^jita la /.grave 
. Soja > e r infinito d^lór del si^t|ore suq, cLe 
jàclh a Ijii. dannosa, njiort^ .idi Jbsopo prendeva 
.tap^tb doIo|:e^ cj^e con pplta parte del suo 
^anguc ricov/àtp r avrebbe, disse al re? si- 
gnor mio, se tutte le azioni di un amorevole 
servidore sono ali* utile , ed air onore del suo 
padrone indiizzatej.icectatpente elle ^n desne» 
con quella amorevolezza , che elle son tatte 
d'essere Naccettate. E non *é dubbio alcunor, ' 
che a4 un.fcdel.^eryo i lecito qualche yol|a 
da^l . impetuosi 1 e subitànei comandamenti 
.dej si^ore discostarsi alquanto,^ massimam^ei}- 
tc, quando apertamente conosce, e v^de 1* f ; 
dedizione de* suoi subiti voleri dover recargli 
/vergogna > e danno. Io dunque chiaramen|f? 
conoscendo la morte di Esopo poterti esser 
inutile» di non picciolo danno alla gloria., e^i 
-allo stato tuo, ngn lo ieci morire, i^na :hollo 
srcretamente salvato , f pasciuto , ed ora., cjbe 
figgo te conoscer quello., che molto dianzi 
&^a)nojsciuto io, faccioti sa pei. esser' vivp Ilr 
sopo .11 re ciò sentendo d' o^ni sua .amarUu- 
d ine,. 64 fastidio spogf tossi, e tatto. pieno d* 
altegrezza, e contentezza divenne : laonde com- 
mendò molto la prudenza di Ermippo , che 
gli avesse a lui disubbidito, e salvato Esopea 
€ sommamente , gli piac<;^ei e pesò volle» cbe 
.per lui andasse, e a $e presso lo hccsstt.^Y^', 
nire. Uscito adunque Esopo da, quella. ctscoQ 
tomba;» venne tutto pallido, magro i orrido 'e 
pieno di bruttezza, e di miseria dinanzi gli 
occhi del re > il q(}ale di compassione » e di 

tene- 



D I E.Sp P.O. 7/ 

t-enerea^za le lagrime ! non ^puote contenere , e 
còmantlo; che fosse larato, restUà, ed ador- 
nato: H che' iocootaoente fu £itto. 



E 



C API T O L O LX. 



!^po da poi giustificossi di «quello di che 

fii accanto > e dimostrò le accusa^ioni di Ba- 
so essere falsìssime, e da maligtiità procedu- 
te . Laonde il re volle Taècusatore far morire ; 
ma in ciò compari là benignità» e la somma 
bontà di Esopo : 'anzi, impetrato per lui dal re 
perdono, perdonogli atìch'egli la ingiuria ji-^ 
cevuta» 



"CAPITOLO LXL 



L 



[icetp da poi diede ad Esopo le lettere di 
Nettenabo, dicetido ; or vedi, che partito.» 
ciò noi piglieremo ? Esopo lette le lettere j 
cominciò a ridersene, avendo ^con raautezza 
del suo vivacissimo ingegno' discorso i iimed^ 
^opportuni y e perciò al re subito disse '^ signo- 
re, non vi date afiànno dello partito di Net* 
tenabo ^ a cui U maestà vostra potrà rispoiH 
«dere, xhe il passato il verno gli nukiflesete 
'persone, che la torre }>otranno ecUfK3re> e m 
uomo tale 9 che ridonderà a' suoi quesiti, « 
dello eflètto lasciatene > signore» a me la cura % 
che di ciò come- altre volte in somiglianti co- 
se ho £itto, recherovvi utile, e onore « Il re 
per le parole di Esopo , a cui merìtevo^oieil* 
te prestava somma fede , levatosi 1' ansio ti- 
jRore d air inquieta , e dubbiosa ménte» man- 
dò al re degli Egiz> ambasciadori a nspoft^ 
-deif^ cosi, come Esopo gli avea detto» e 
sd^so^, restituì il govenzo regio» e die-' 
degli nelle mani Enno » acciocché . di hii» 
jmiti tanto eh' a Uù piacesse». ne facesse» ma» 
, . Pi Eq. 





Ehno 'Uitfflttibatc sdppficandogfji- pefdòw^i: liso» 
fò noti sohmente ^Wa concesse, maf di rfuo- 
vo ancora pet %lmoIò accettoilo ,'; e a- lui con 
paterno- amore diedfe questi veri ^ buoni ri- 
cordi: figlluol mio, ^pta pi^nl. filtri còsa ama 
r ottimt> f; somqio IdtÌQ-. Onora, e- ama con 
ffvcreoll it re nostrq sigtiore!> h che- tu sii 
\ tòt n'tmìéi suoi grave e temìbile ,* aecròcché 
fioh 'il *s|Jré2zho* -, e fioft '«!?• appo- tòre • in 
tóala, e viTc opinione. Cfirn gli amiéi-sii 
. iènipré. untenoj ànw>rcvplc^,|e3te e c'ònver- 

' i^Vcàe, acciocché: cresca' verso* te il 'loro amo-^ 
te, e la' sincera fede..' A- tuoi! aemici desi- 
àt;!a ogni male, m^s$imimente: h inferma, e 
ndi^plosa povertà» acciocché. non abbj^omodi 
di poterti- etìlìd^rc'-e- iluocere: Fel contrario, 

' degli .tmicl cerca sempre il. buon essere, ed 

* ogni b<?ie, acciocché ti siano utili, e giovevo- 
li; i/Còo ia tuafìlioglie-^sftirzati'star semprcb^ 

• He) 'e eàn tei vivere iìl Jbélia , ^ saitita. pice , 

^ tenélenftolé il • deèlfo.matri|noii|aleV acciocché 
V non' le- venga voglia * di • provare, se pie del 
jé^fào sfe r altrui ba!èio.<iòke,. e soai^e^'qUaiiidó, 
che le' d'ònhfr comunclrìentc veggonsi as«ai"ieg- 
^er^, e rfiutablli," ^ inèfìnate, e dedite *a- pia- 
céri Venètéf, a-cìè^^ ineifandoie^e spingendole 
k'fiatUra^umjinar, e il iiaturale a|^litò?'è s' 
élleno «^a** [t^r- mariti accirezzttfr siano ye-^ fc» 
Jteggiàtev assa» ftien^ il' loro disonore pensa- 
«ó, e diesideFand-. Fa ,- che *it. tf&a 5Ì%tttippo a- 
gevole a credere all'altrui parole, e promesse, 
e giiartfeti' esser presto ia «ciòrrc h lingua, ^e 
al dichiarare ; ma nel palesar sii sa v4o, mode- 
sto ^ continente, e ben considerato. A*' virtuo- 
si ;«h«*éf4ftofP' non avefe invidia mai, "anzi 
kf^lM buorié t^pere bdand^, co» tatto i'jimo^ 
Ile dot^^éttore-ibbfacciali', e' oWervaii, petóoc- 
thé-f'fnìHdiii a *té sfe*;$p,:viepp<é^ chf «4 al- 
crtli^ ciech^à ia<]^{et(tilkite'di« mente) é- tfotca* 
Ikurnto anc^. di «br^ . Sii sdlecft» del bene, 

*é dcU 



'v< 



DI ES OPt>. , ry 

,1* della. isofflodit^ de'fie|:vidbrì tuoii acciocthè 
.000 solò ti£emiBo .come signoce; .ma come 
benefattore) e p^ce ti amibo^. e osservino « 
Ad ^ipparar sempre^ coiei migliori non . ti cin- 
<tQSfi^ giatumaiv Alla^ diimoa n9n confidar i 
tuoi secreti» perciocché ella ra se (hpte inims- 
g^^iandosi in: che < modo essa signoreggiare^ ti 
ppssg» q a ,$uo,|ii9do &rìi i^e»;OgQÌ <U ler* 
hti^uakhe cosa per il giorno di ditxmt> che 
niegiio i dop>Q la mprke aree che Ì;^ÌWe ,:s|nca 
. a" tuoi nemici , che mentre tu vivi aver nece^^ 
. s'iti del pane degli amici, yeggaati gli «uomi* 
nix che t' incoatoano ,. benigno e umano e %ci« 
lei pelle salutazioni y e risposta opstcati aem- 
. {«e. « mansueto ^ e piacevole r cic^mlàndòti 
,.,^9^9iipre>.che il cane col Festeggiar à^U coda 
, vSuqI acquietarsi il nane ;. non ti pentir giammai 
.di' .esser buono « nè^di bene operare é, Sasano- 
«iiar iiapp^tatosi > è oaaldiceoti «caccir di vCasa 
^oa ^ i^e^iqcehè le qosr da te altrui dette» e 
'< >6ttiej ad altrui mali^dameAle fapporfaho^. £ia- 
i i-nf^ sempre le. tue azioni tali, che di (faelietioa 
..j li abbia a dolere» né psntìce gtammM., i)eUe 
.avversi tib> le quali senza tua cplpa . ti arven* 
.gona»^ non ti ^gMare óltre iL dovere af&xmo, 
■e^Qaj.a » ma aiii paziente > costante^ e fixlt # 
-fton intervenire nui a sciocchi» , e* ihfedefi » e 
.1 dannosi coosigU>. e-i costumi » e le asioni- de- 
. -gli uofloioi cattivi 9 e vituperosi nba voler 
. Mgwitan».nè imitac giammai» 



CAPITO LO LXIL 



aJ/oi 



>ii tal ricordi buoni r e con altre prade»* 
itssime ammooisioni esserne Enno- da E^po 
:smmonito f comechè una saetta* il. ouoie' gK a« 
ttss^ tfafitl»» venne in tanto disiHaeese re » 
jCDsà gravosa: resgogsa del suo mal fittoti 

D. 4 deli- 



t6 V 1 T A 

della sua ìnj^ratitudine, che beb- tosto èe nr 
jBiorì / Or Esopo pi?r séddiilàre alh i^hiesW 
di Nettenabo> e assicurar al suo signore dì^^ 
Bon.vcAJre d'altrui tributarlo ^ ma piii tosèo^ 
sferzare il r« Egizio a dar tributo a' Liceto> «- 
a ùite gì\ Kgìzj pioiatiere per maraviglia* cH 
4tupor ripiani i fece*- gir uccellatori chiamare s 
e a quetti itnpose^ the quattro picele àquile ^ 
§li recassero vive, le quali fece nodrire , e lo- 
seg^iara a dfscunà ih altri, volando, portar un 
fcnckiHa, ìrt ima sporta beti assettato. Quesrt 
quattro fanciulli governavano' Te "quattro aqui^ ' 
ie^ìe davano^ lt>r dà mangiare', e pcPciò-ubbi^ 
dirano qu^ti , come lor paéroni-^ voltando 
r ali ovunque- da loro fo^se accennato , 9» ve^ 
so* H cielo , o verso la ferra . Passato ilverno-^ 
c< venula la bella , e- florida primavera > £sopo 
•aveadou ogni cosa al viaggio apparecchiata', 
ÌAviossi verso i* Egitto, seco conduceiftlo ì 
-quatttò fiinciulll; e le' quattro aquflie, cjaROpi^ 
xitdoe di" potete il re, e gli 'Egktj al suo re- 
^r tributar j. Neftel^^bo sen tenda .Esopo es««r 
vivo , ■ e da Licetò -mandato per soddisfare al- f 
la propòsta sua-, di'sse: veramente quelli mi 
itanoo tradito, i qualr intendere mi fecero-, ^ 
die Esopo era morto. . Il giorno* segnante -co- 
ittaiidò il re, che tutti i suoi uffiziaii maggio^^ 
ri si* coQgfega«sero dinanzi a lui dà vesti biao^ , 
cbe* vestati , ed egli ornato di scarlatto, avea» . 
d% lo scettro in mano, 'e ia reàl JBOsof^ in ca- 
po di preziosissime pietre variata , e tessuta y, , 
sedeva ifi alto nelf aureo seggio,. e fece intro- . 
durre Esopo, che con molta maestà , e onore« 
Al quivi ricevuto, e dopo la salutazione, €/ 
indite carezze, diise il re: cHxmm Esopo, . 
che ti par di me 5 e di questi miei, che- tu 
vedi qui intorno? Rispose egli: mi pare che 
la maestà' tua si assornigli al sole , e questi 
tg^<|si$t^pti.aUe epiche miiture^ Piacque al 

tu. 



t)t -ESOPO. Èp^ 

ro fa comparazione , e fa molto lodato : però 
scddosi disciolta la congregazione > fece pre».^ 
qeplare ad .K$iopo dbQÌ t^lii quali, alla dignità; 
real^ r e alla qualità dell* ambasciatole del re 
di Babilonia erano. convenevoli ^ e degni. L', 
altro, di poi comandata la congregazione , veti-., 
n^.ii ^e Netl^nabo- vestito .di' biàncl^issime e. 
pcè^iesissim^e. vesti» ei suoi consiglieri, egli 
u&iali vennero di sca|latto. addobbati, onde 
addimand^tq £)sopo dal re» che comparazioni? . 
egli .j&rebbc di lui, e de*. suoi,, risposegli ^. , 
voiy sigr^oK) mi parete il sole d'estate, quan- 
do* si. tiiova nel. niez^o del cielo, e miesti vostri, 
assomigliano, a' raggi del> sole. Se P altra com- 
pararione fu. grata e lodata, « questa fiial re»< 
e a tutti gratissima,.e lodatissima.] e dicen- 
do poi Neitenabp: a Qgni modo Licito con,; 
tutto al s^ f eame, è nulla a comii^araz^one del 
mio ^goo: ri^H>se EiSQpo iorrideì^do :i signo» 
-r^, cid non afiermo io, né devi t^ co4 age* 
volmente sprezzare l^iceto re di Babilonia > . 
anzi pia onoratamente potresti di lui ragio- 
nare:; perciocché; quantunque e la signori^ .tua 
e questi; tuoi riluca^, come il sole > e^ pajs^no 
qui gran cosa-, paragonati poi con Liceto^ t 
col poter suo, non è dubbio, clie quésta to^ 
loee, e splendore^ si. oscu^» e iptorbid^si tan- 
to-, che mivole » e c^oasi tenebre ftonosi . A- 
coleste pacoloi di Esopo non xispose il re» 
ma it^ altro ragionamento trapassando , addi-. 
mando, ad £sope se condotto avesse gli uo- 
mini che la torre edificassero'; ed egli allora :- 
sono apparecchiati, rispose ) purché voi ci m«*' 
striate il luogo dóve s'abbiarda edificare» 



D S Càiri 



-81 . - V t iTi A t 

: ti n "ì ii'-'i ■ ..t /i • k iti >' ' ► . . « •* "i 
'**ìj^,' ; ' " '. j i-i" ' "* . *' , .♦" . j 

K» ; mC A^ P I /T O L. O. LXIIIJ • ' . 

A- .Vv ,'j O .' * / » s ^ ■♦ 
llor» usci il- re fuori della città; ed^èlH^ 
•testar »|} «{(Ila -<i»biiìur8>vrnc>stio^r' uei^ htogo %li* 
cst&Rfctx> ili liti bei: quad»^> e' <hsse:. qi>r?W'o 
iKsQ^bs voglio eb^ tu edifichi uo^ tdrrei la 
;j^aale ne viela. toccJfb, nè^ia terra sia>. fotidats. 
<&ù £sdpt> paté -a ciaschtduDo^ide^cfftattro as' 
:gèU^fiQO'd^'faift!dH'Coà là soa a(|tiib, e Aina 
< Sfolta aélx <]U2le «ranq (^leglè istromeotr, 
.eite i: instatoci alifta^ÉlC: sogliono; tifare i co-, 
pie 4a cazzuoia , il m:^telio v e cesti > e asset* 
•mtìrì xoRiodaraentfc i faiiciaiil ^ nelle -sporte > 
^oom^ soleano.) ! diedero^« segno . ait: a(|ttilc > * cbé 
, 7bÌ3i$tro-< i b ' alta . Quelle- subitamente, spie^e 
•'^^•ali-, comniciaroao a sormootare, e i Émcitil- 
^k àiJJiofa ad 'alla Tooe gridando/ dkevaoo: 
i>ateai calcitla , datec^i pietre >" daitecì « Ugni ,- < e 
* altre còse*,» «e volete che noi facciamo Jator*^ 
fé ..Se*!: popolo Eigizro,>l <|uaie era ivi con^ 
. «enato, eNottenaboj recarono. avvolti- netto 
Stupore r èagevolicosa il. congetturarla: disse 
il re, mai non udtt:> né intesi > ného^etta, 
«he -uoiniai^ volassero . • Rispose \Esopo t- il re 
Juiceto mio- srgnore. Coment urvocft , ne tiene: 
: Bfm voler adunqtiie patdgooarti con un re>ii 
quMè è si^tiile agli Dei , e 4}uasi< uguale». R^- 
". nritisrst^aDbra-Nefteilabo nelle spaile , e sviato 
liHsse ad : Esopo *;> io coofèsso-) Lìcefo esser 
naaggiet di «es f- pili ^potente*» e degno, 'a 
a cui io doni ubbidienza, e tcibuto: ma pd- 
>-inar .voglio-*proporti^ alcune questioni^ alle qua- 
i li ! se ta saprai ri$pon<iece> non m^mcherò di 
^'^Siervatc, e mantenere la parola mia. Pritnie- 
'>tdiiiiQte voglio da te- sapere r donde viene , 
'-ccàft^uilie-fiiuaeate» che, io ho ^ui in E- 



DliErSOFO. M§ 

Ufitto"». dome teatono i caTAÌli> che in Babi* 
fonia sono» annitrire ,. incontaneale s* impit"' 
gnaoo. Dommi^ rispose ISsopo,. darotti. U^ 
soluzione-. 

CAPITOLO^ LXIV: 

lEX^tocnata Eìbojmt di» siiO'aUo|^iimiento,. C0«^ 
mandò a' gidranr suoi <che sr sforzaSMtcr 
^i pigiiare uno^.di qtiegH animali ^ chs ^ 
£gizf!' chiamano^ Islmeumoai (''questi tengono 
afmilKtudine 'di gatir ndla tono» deL corpo ,■ 
«na sonò* de' ^nostri/ vie- firn minóti assai )c 
piesor.clie fesse* per le strade ttaendolo » 
piibbiicamente ^ 'k> « battessero «. Adoralrano ^ • gli 
Sgizj'^eofolranimalvtfo-, a cài eowe ad un ra- 
dio con Tnoite cerimonie facevano solenni sft* 
crificj, perdocché natura è^ tlell' Idmeamoiie 
-xompere} o guastare le uova de! cocodtilti # 
Squali ' gli Egizj » perciiè^appo ioro^ se^ ne < til>- 
^ano moììfi, raioko -abbefviscDno , . e odiano 
^per :esser ammali non meno- orribiti ^ e^spa^en^ 
m^òlivclie dannosi e nddvi » Gii^^ia| a- 
dbhque per cotanto giovamento di total ani* 
fnaletso, il coi ardore paiNrva. iato- divino ^ 
l'aveano io somma TeRera2Ìòiie> e .adòravanlo* 
2* giovani y^che"" nessun! altfa doósìdecazioBe «*• 
yeanp> che di: esegnire itv coflMndàoieoto* di 
Esòpa-^ presero uMr> Ickneumone » e- quello * 
l>er la^ cittì» aspramedte- batterono . Corsero 
gU Egizj , vedendo il loro-Iddia da que' fe- 
testiera csnv césk mskl iraftatio' , e |[xav«m0Qte 
battuto, e avrebbongii {amauoEzatr, se* non- 
fosse lofo partito , che: la gravezza del pecca* 
tD, e un tanto orrendo sacrilegio' richiedes- 
«Ti che i giovani vie* pia clvidne'» e penosa 
morte ivnessero , per la * qual ' ^sa > tolto <iàlle - 
lor fiiain t Tiaili^etto-Y^ al^ risf incontanente 
e se n* andarono, acui adme^il fatto- foie kt>' 
èsposesi^» ir re- subitamente tfetfco ». sc^ chìa- 



mar Esopo, eoo oscure , « rigorose ciglia gli 
disse: tu dlu|l(p:ie,,EsppQ;, «che Àai? guanto t 
Ichneimione da noi qui sia liveidto, il fdalc 
;|l«&ldlclio adòri^m^.y.d^ qM^n tftòi , -roaljpagj » 
^urlaSMio^^'flWJa reli^iosL nipstoft» T i)dF £<t^o 
Jiattjere,, è^iii^ncggiwe iiv ópélrp» yitofiéiio , 
e ^m^. g^iif&mo . Rispose iilsopo : deponi Bt 
iaoUcin y 4^0114?. > .e .jk^ondii cofflcv sia questo . 
icasD seguite!, che ì» So i^rto che tu conGw 
a^uhi che b lagione. sii, nostra u I^on sai. ta y 
lihc chÀ fa ipak> m^Je ' aspetta.:.^ fe^ non per 
ilkuperate la vostra tsìàgìoi^^ uè per ingmiia 
Jkol&tfco baltfrt qi|cs|o> gatto, ma. solob per» 
^hq se l*i)a «gli^Qieiitato, cpRciossiaecKegli « h|i 
Ù mio ce Lictto. gcaYemeiite' .offeso, «-ingioi- 
natp^. Il te :Net>cnabp. di! cÌQ. ;gli ..disici « 
cornei Sappi signore» rispose £sopo> che k 
Aoiie . passata .queKVIchaeBnsoQe amatala ^ il 
gatto '£t^^lò di Lictto^. d)e> era Yaléntitstr 
'ttuiyC isih otfi verissiiQo. o;:pibgÌQ. .Quei^ 
^lo^amava il-ie miopiiiLicheigu occhi saoi^ 
e .peccÌQ,hollo hlLlo i)3ttcrei> e. %erameòt« .dj 
•css^ amniàzzato JiieritaYa r Allora ^ettenar 
ho disse; ^noa ti ^vergogni tu dirmi si grafi 
«bugia? puà.egli ofisere.» che queir aQÌinalett0 , 
m «oa notjfce sì^ da Egitto in Babilonia itKx» 
^ temalo i £ Bsopo spcrideoda^ disse* £-> toì ] 
siigfiorev ditexiii>: còme, è possibiie.» che k 
.cnY^Ue ino4tr:e.di;£gijl;t^ senlan^. i cavalli .di 
<B|ibil<^l9 a nitrirò? fi fQn\f^i. ppss&tbìhui che' 
.]»ercÌ9,s'impi;egiiioQ? &fi ciòÌYei^> m^omi» 
.jDOJr..méqa(og«a.Àia mi^.. AllQrjii:.il^xe si 9cc^r 
i£.y ohecqo quel bel/ca|jto eglivorattdacS^ipo 
della suav bugia ripeso», ^4 era. la- «uà élsa 
•BfOpgst^ Qis^i0lt;>f dove.BtoUQ U .prudenM 
ii4a o^mm^Jaadp., ^0PQ> ci suoi servi. ast 
colae > e contesa .esser ila, lui. 80cklis£uto, defi- 
la risposta ,dH dubbip pix>post«glii> « ja^à» 
Cl^va f^s|r/i.ivjnai.,la wBÌ^pw sijai- 

vA? 



pi KAO^ 0. ^ »i^ 
. 1 V A P IT at-O' &XV. »^«h 

g|&Vv«r» il )M i Neètcnaba, qvCàtvào E«»|k»^ 

Tenne ad Eliopuli, itqjial notn»'' signi&a' d%-* 

. ti del"É6leHmz^da|top.èv^i»Su&i; satrapi periti 

.tiolieijiiefifeioiii samtrc&è» aecioeìsèé con SsO-. 

opo dispt^as^O», t* )^9tl venkififtiK' k»èl4Ai 

ttal oodvito i e;te€''Ìnv»tatiri,K^6|Mi': éó^ 

'POsda.cb' ebbero: la £imé' spenta^ iaconiidaic. 

<t»o dcf.fóàdoieL EliopoHti. a: favellare, tt»«i 

» dicendo f'sapfii^ o^ ISco'po , ' <?be il una lèiào 

«mi.h» niai^d^ta ad iatenx>ffartl ' sópra ^ ntt dab*- . 

bio r dccioccbé intenda da t^ lai spkizione .A 

fin- Esopo;- seqza pliì oltre ascoltate' disse: 

ffkn bugia ,è cotesti ^^ tht tu ori. Ucì ,còil* 

ciossiackè non hanno bisogno gli Dei di iti»- 

^paiaie. dagH ismini;, m% yokooQ^ to* parere dS 

edace coc« gjrandi^ non- solamiente ^itetosi la va^ 

.idtà^..e rarrqganSKa dt$il|i tua pctSQOZioD^, «ìfta 

iaiiltiio Iddio ignorante e. poco- saggio « AÌ> 

io^a: &cest mutolo a tal parole . l' Stiopolifa^. 

Uo ajttp poccia propose cotal questione : egK 

è- un grande, e aropUssimo tempio, entro cut 

Ci una sua .colonna ysn^ tanto g^ude » ^ s|nh 

AÌosa eh' dia in se stessa dodici ^caineM.«QB^ 

^ene> ciaschedoBà dalle <;^t (i da ttonta tia? 

%ii. sostentata^ e intorno^ yi vaiiQ^ sempre* gr»* 

^ado due donne* > 1^ uDa> dc;Ue quali sempre. 

«prtf^ dietro*; ali' altra ::.or tu sopia di oiòdhi>- 

-mi qu^iip 9 che ti porge il tuo ingtegno f e isàh 

Mce; e. ohe, pensi «ciò ai» cotesta qucsiiosen 

Bispose £s9P<^i a^po noi la sviJufiperiakìo., t 

s^ióglierjaoo i fanciulli. Quel tuo ^ran.tem^ 

^o é.tu^ta la macchina inondiaie^ h'.colom. 

sa, che vi sta net. mes^ Ì TanttOy meAaiitò 

il >qviale rojsdine idei mon4<>Ae il movimento 

^ene* mi^ucato; le dódici cimere da qtte(lft<o^ 

Ipnna ^oQte^ulc i sono . i^dodi^ci * mt$i . deli' a6r 

^ri tr^ntu ÉSt^^Kì cia^unò de'qu^ii^orri: 

spon-. 



M6. ,0 Tl>E T l'T 

i»0nd& idk tcsQU trsyi» ^e k dae^' dome- 
ine ìntottio llr Yornm» «empre girando , sono ia 
•natte .. E' ìi gtsrbs y perciocché queste* IMire 
«fike.sempirei.jpritiO'^e: T.^na- cesra dieta».: ali* 9Ì- 
tra,:erOiisì'm' da £s<^o^ spiegata*' qtiella gran; 
pitcqiQsta diiqaci satsapo^r^e poiché: i dà» pili 
'Saggiciputatì 9 ndla^'Cui dottrina ecatutCa fa 
speranza xli'Netteaaiìo riposta , fopono^dti' K- 
•sopo y ipti,. e smaccati > glis^tri non ebbc9R>. 
<piÀ< ardire dì virtiire a^ contesa con lui . LaM- 
eie discioita b congregaxione crascnno d' suoi. 
^oggiamenti/se« n, andarono^ se^ stessi peA-- 
-sando' alla 'grandezza delia'. dofelcina.> & dell' ta^ 
l^gnpvcfì Esopo.. - - 



«« 



I 



GAP IT O LO LXVL 



i.di seguente ir Re- fece > (Congregale tatti* *t 
suoi'Consiglierì, e amici, a^qiiili disse: anxkiì 
miei , avete veduto, xkit infin'ad-ora noi non 
abbiamo potato^ vincerne* una con questo Eso- 
po: perciò^ se noi rlon^ sappramo altio fare ,. 
necessario fia , che io^dlaf il- tributo ai Re di 
Babiionta^ Allora rizzatosi ia piedi un' vec- 
chione diise : . signore , poiché, noiic posnamo • 
domandargK cosa, che egti^ non sappia-, co- 
itt^dateglt, che t^ì a noi abbia a éir piopo- 
sta /di cosa, che noi sforzatantente abbiattjo-a^ 
confessargli, che non sappiamo, e cbe non 
Tibb'iamo «Inttsomai ragionare. -Se ciò egli f»- 
ràv'daRtegli il tributo,: altramente ditegli, che 
non intendete essere a coca alcuna dbbligftto , . 
é in questo modo- vi libererete , perciocché di« 
ca egli ciò cbe ^i voglia diremo noi «saper- 
lo , ovv*era d' altrui averlo inteso ». e sentito- 
ne ragionare. Quelita così fatta proposta par- 
ve al Re una beila , e astuta it»venzione<^ me- 
diante la quale -piotesse dàl< debito» imbuto li- 
berarsi. Sicché xhidttiato: Esopo >, a luì prò- 
]iy>se il partito > e rolentieri fil: da quello ae?- 

celfc- 



D/I laoTO. ^%r 

>«9tJbRtb4:dìeeQd#:.Hgiii»rev:io^ dMumb^tne^^ite' 
.Vettò' quii, rer feasQ. a&oo: di ctò 5^ come xMle 
'kalt!re<>cpseJà/TÌtt»rìa r^péictasé. ftireva a ttMi" 
ili-.impoarìbiitvirlie S^opo dt ciò potesse riu- 
,*scirQdi€On <9faoce>tina> «flii temtfv^ano., - per^ ]e 
passftle ^spetiòiizc fatte. del. g»ode, e ptofon*. 
dof ittgegna sua. • ¥enuftQv Esopo*- in ooos^K« 
il ,dè ^segaente 1 conte egH aveva dettò > appre- 
.Wiitò a(t I^e unòi- scritto; «eixatoy. . nel quale con* 
teoelrasi; come ik Re. Nettenabo« confessata 
.dover dar ai Re Liceto per tributo nilte' ta- 
^ knti y. che vaglionq circa, seicento mille sch- 
:di « Avendo. Nettedabo tolto ilo scritto in ma- 
no, non aspettando, i consiglieri d' ìntcnder^^^ 
il contenuto disserOfi- signore, ciò che si coo- 
iiene in questo scritto vàoi Id sappiamo trop-. 
pò* bene : e abbiamolo anco altre volte inte- 
';so>.pen9andQ,. in tal modo diceedo-^ dirvCQsa 
.f$beLÌbsse cootra Esopo, il quale .sorridendola- 
.sontinonte:.. disse: dunque voi siete buoni e ve* 
li testimoni. di quanto^ là dentro si contiene, . 
di che iratelli, io. Ti;> ringrazio assai, facendo 
:voi v^ra » e buona testi nsbniaaza dei dovuto 
.at.Re Liceto. Nettenabo spiegato che egli 
«bbe il foglio , .è^ vedendo. essi^ivyi 4ina confes- 
sione £itta in nome "SUO >1 come che egli ^ fesse 
«. Liceto di/ cotanto tributo- debitore, rima* 
<se tutto confuso dicendo: ..adunque, o Jftuont 
consiglieri miei 9 e voi testificate, e Bite'fe* 
-de r. che io, sia al\ Re di. Babilonia debitore 
4i. mille taleati-» non essendo iov ancora òbbli- 
gato^a cosa veruna : ed essi -allorat- incontinen* 
tè risposero: na, signore, ciò; non sappiamo 
noi.) ne abbianw inteso gi^mm^i- $ta bene, 
.disse Esopo: adunque % signore, dovete quel- 
ift::somma al nato. Re, aMrcndovi -ia proposto 
cosa >. che questi vostri consiglieri dicono non 
japere né: essec mai a loro orccciri pervenuti- , 
.WCQme ieri :accordaste qi^co.« Nettenabo allo 
.• ., - ra, 



tt, fnn& per maravigli alfattta> ad afta ro^ 
Ge^rjdaQOQ^ cUssfi .'..oh. quanto ì|eQ^'avv««!tU'<^ 
ràtei e felice è. Lic^o av«mk> nel- Reame- sito ^. 
e apj^ressa di.^ un uomo cqsS pmdenre, e 
così capalo e eoa disino ^ la cui alta ^ ma- 
ravigli o^a dottrina assai più vale, che IHitti x 
regni del Moado 1. I^etf ena^ . dapfx)i« nom pò* 
tendo altro £itc > se non osservare la £ecle , e 
xaaiìtitfnere. la parob sUa» fece toatare i séicen» 
to mila scudi ad K^opo.^ e licrtiziatolo at. R«^ 
Liceto ri mandorlo .. 

CAPITOLO LXVIi: . 



a 



riuQto c;lic Al, Esopo, in Babilonia, egli^ 
d* ogni" cosa II. Re* molto particolarmentr rag- 
goagllo, e ceicentomira scudi> numerogli: di 
cn'e Lieetor tutto giojoso , e contento - cordial-^' 
roltnte ri'n^xai'iò Esopo: al ! cui onore per ri- 
itiunerazione^ del buoiio, e fedele servigio ^ fé* 
cegli porre in pafablìco: una stàtua d*oro, e- 
volle anco tutto il tributo a lui portato do*'- 
Dargli, ma ciò^ noitr volle accettate Esopo r 
dicendo non essergli necessaria tanta somm» 
di danari» essendo' ch'iegli solamente conten* 
tavasi della buòna grafia sua .^ Non* passò 
molto, tempo dopò, che ad Esopo venne' pen- 
siero , e desideirio grande di navigar . in Gre- 
cia 4 laonde con buona soddisfazione di ^ Lice-' 
tò .( avendogli però promesso di rrtorliiarc | 
e. con esso lui il resto della sua vita finire» 
parti di Babilonb> e- avendo già navigato in: 
molte parti della Grecia^ Jn ogni luogo dove, 
egli ^ venne > a capitare , fa onoratissimamente 
ricevuto, j è accarezzato , ed era iodata», e anK 
mi/ata da tutii gli uomini la prudenjia^ e l» 
dottrina sua . Perveane finalmente in Delfoe 
citta molto ricca, e, «per il. seggio d'Apollo. 

far. 



D f BSOJO. JTy 

£iinpSfssima . Quivi , fnràtre the cHìsputava / e 
ragioiuva,- y ndravigMa -^etlà sua .sapt^dza- 
mostrniKlo >.; ijfr- lu tfci ognuno prestato' gfi 
orecchr voiéattcri uHìà cottesi* , e onore pò» • 
ckfssifno gli fife fatto. 4^er la ^ual* ccisa vote»- 
dosi nidi partire, disse a'Delmii ,- i^ quali cti» 
aiandvto gli avevano ,* che ^li ^;s^rev«* <kflti 
c4rtÀ, e de'iatti Ibro:- ioalsomiglioiri' ad un 
lefno*» H' qu^e sia nel mare dalle onde agitai 
to» che»- orentte eglr'é4oatana9 e ben disco- 
slov, pensane quelli , che lo reggono essere di 
quaiche valore; n>a accostatosi poi, vedesi) 
ch'egli è di pochissimo, p di nessun prez- 
zo . Cosi siete voi , che mentre io sono stato» 
lontano- da questa citta , vi ho da assai ripun- 
tati , e stimati , ma ora che io sono con voi^' 
avcidovì' cetiofctuti , trovo » che siete .arari^. 
vili , discortesr pia. di tutti gli. ahdL uomini ^ 
che io abbia j^ qual' si vòglia itioga 'psatica* 
to . Pdf qureste. tai parole . di . Ksopo ajtetàH 
furono gli animi de* Delfici > ctem^do , die 
egii di loro mal dice^e ovunque andasse» fy*. 
cero consìglio di ammazaLarlo. Por farlo con 
^usto colore di^ ragione » .nascosamente pose- 
ro ttn beli issi iw>. vaso d' oro ,, che nel tempio 
dr* A pollo era., nelle bi sacci e di Esopo , it qua- 
le a^n sapendo i* ingaiino , e la raaligoa vo'-^ 
li^ta loro ai Darti da ìhi£o., pé ! molto crasi 
discostato. dalla città, quando. dd- certi arma- 
ti f clìt dietro gli andavano fii preso ^ di che 
maravigliandosi : che volete voi da me ì Ri- 
sposero essi : ladrone sacrilego^ , restituisci 
qacì vaso d'oro,, «he nel tempio d'Apollo' 
rubasti ,.i Negava. Esopo . avere eiò^ fatto , ni 
èstere uomo tale> quale la. accusavano : ma- 
essi ^jsciolte e sviluppate k bi^ccic trova-/ 
l'onvi quel vaso d'oro, il che davf manife- 
sto indicio jdel furto», e del sacrilegio . Né 
%^l9£ ià Esopo .giurare a che egli non 1* av^ 

VA, . 



50 oV I T A 

, „va nafcofto ,. <; cbe w». sapeva , chi coftì jtìpo^ 

^.sta-rave^^» ^.{ujj&nsat^ da loco in Del- 

io rijtproare , v oùnacciaadolo calibro deUa forcj. 

JRi(oo4u.cei)dplpi.|[l( sbirri srret^iu^aeote: ; legato 

a tuttitq.|iri^>i eh icraoa da lor iocporcati «^. dl- 

x:crano ^ (^c. jrgjt er^ i»q. ladrone saccilego > e 

^egli ,, eie il V3SQ d* pca .d*Apol^> «re:«a ru- 

. &tq> e i^he egliiK^i'àv^v^ip» r)ellr;bÌ9«ccir. sue 

.rijtroratp.r.per il eie lUtli ad u^a^ ycm^c gridava» 

. .iM); n^ùoia ilril^aido, ..iia|*^c^tósi il jadr<me, 

lirucisi/ii sacrilega t sqiiai;|ist il traditore > 

. .2^4$$Hip.> e cpsi fii: in. un' p^urissima^ pcigio- 

. ne riusexrato ^ . ..' - 

.. : CA,VltQL.Ù ixvili-:; 

Jù^P<^ dolevasi 4eUa.:sqa osala sorte y e-cro^ 
/ci^ndosififtel . falso, iagaono ». e della .inghina 
fatMgJIi ,. cluaimiva ì^^sljhìh degli Dei i. venendcK 
Don ' pattt^ con i&TeQXioni > né; per i'iomxxnza 

. e bontà. ^)a.» ne .per akon altro modo Ubera»-. 
•SÌ!» jst stsagg^Vfsi. ìi deiktto» come si strugge 
mi vsgo atigcllPr il quale memne si diletta per 

• yerc^i »ire y e por Coititi aiinxscelli vaga» % con. 

. inganni » e setij^a.akuÀ peccato » .vie» preso > 'e 

,ìi^ gabbia posto ; Ora in ogni luogo della xit- 

tò /ragionava si .della prigìeek di Esopo # ^ di cut 

un amicp > ijl ^ual cbiamairasi Damaceo, . Ten- 

: ne: a vederlo , e ttovasdolo cosi sanikiaticato , 

. e spounamente macaiviglbtosi f come in- carce- 
re fosserposlo, addifliaJidogk.di.ciÀ la cagio- 
ar>,.ed egli a lai disse 2 ddi ear» fratello , tu 
puoi pen&ase», e credere: dite tttOM mio ineri- 
to io sia in GUQste tetidiee teaotoi .ai ti ma- 
. :Cav.igliaKe>. cbe- io nù dolga.» e pianga i* per- 
*flbè io ne bo hcM. gras^ ragione^ e soglio ^cbe 

»■ ftu intenda un esempio a questo ^pepposito . 
< £gli avvenne» c&e ixia buona donna av^dò 
seppellito con ie ^debite » s abboodèvoli lagri*. 
i mft il morta mairito suo^> e perseverandole il 

' cor* 



t -■ 



dì é So fc ^i 

t»fdèglil) r: e^ it: martellb di fai 5 ^grtJ di gira- 
nede al^ ^epbiétd di quella, led^eàMè ligrime 
tutto i4. bagna vii .^uiW presso èra ijn c<>nta- 
llino , »ir quii v^€dendo la dogliósa gjky^afib co- 
sì àmaramenfr |ji»hgwé ìi suo maritcy, refìa- 
f Agli di' lei ttóà amorosi; contpàsnonc, ìHtoa- 
taoente iimsirfKrfbssehe j laonde- la«<5fetd V ara- 
tto, « abbandonati i bùtfi j' acido^serie al detto» 
«tpòkìfó'; tò oVé rttftasJ h donna lagri mando , 
'•'Ton esso- fci ni'Htsì dirotta niente a pianger 
flnck'egil; Klià do^o un^ Taògo pianto ,' addU 
fnaodò Ai c^fttadiftb ^eteliè «gir ancbt'a coist la- 
grimasie. La cagane »: risposa èg4f/ o bella, 
tna dòte^te donna»,;deIla mia- passione è simi- 
le àltaso 4\ìò y ^eKiocché pìarigendo chiami 
il perduto marito v^d io piàngo, e ducimi ìk 
vAoM. disila. aiAatà nibgiie , là quale }k)Co^ dian«- 
m mei misero-S ^ ^scons^ato/ ha. iti questo 
4no»do lsKcia9ii> sfdìoi e fSarmi che I! hgcimat 
sikf gerisca! alquanticy ri^^mk) 'dolore. Ed ella 
oSiKomposey" oitnè frafèlloi» Afe? queste mie 
cakle lagrime a nfe'Asno óóiHé ufna éonsolajsiò^ 
. fie-ir ^ un dólce- i^lbgam^ntò'^ deiia mia' acerbìi 
fyRmo&c . i &gìi àiiotk disse $ «orellà mfa , poiché 
liriM>rrexi'«mbedfue'i:i à^^posco itristatd pìiti e si^ 
tnjlr^ etflifWe mfeexie-iiacci ugu^giiatt^ aven* 
. cIdcì .qfui congiiiAti la lagriin&re pei grato ìsfo« 
- gameniD- d«l nostro- acerbo: ìnfortui^ià : pare 
«BCo', che b bòQtììstta ci mostri' uà dólce ri* 
medio di ltvamtiii:tutto e pet- tutto ii gra- 
ne^ e l'amaro diAla^ Aottfa^^M^ionér e que- 
sto -4^ che se ti pi'aoesse actfeltjrmi nei luogo. 
del tuo dksiderÀo-mtiilto, io^ pe« • dolee ftio* 
glk ti aeceiierÀ- iK>fontiai;i, re^^am^rofti fton 
nttfaa cogdtalmentej «he^ -là miapiistfata 4>eik: 
cmtfQrteyaiitti^i / e io*' quitstl) mO(k>^^ifTlbedue 
<!Biiir» qutfsi» fieitrcv bauicttoee c^ faUii^en^ 
ter foitiaòheFenuici mediatitei H nostro soaVe-e 
.dolce- afliote > che nuihi sentiremo ' di molesta, 
niaiiacpnia^ 1f u sei giovancf , ed' io { «oitìé tu 
• : • ve-- 



n V ? T 4 . , 

Tcdt^ non sono yeccnia > -e siamo qui in Iiio- 
^o > che nessunp cL può ^unstar^ il .fatta ao^ 
Siro, Di par di si, bocca mia soave e bcìh, 
che ti giuro per quanto bene voglio a' min 
buoi, che £arò l^al prov»9 che tu dirai ,. eh' t0 
sono un vaiente arnoro^o. Parve, alla donna j 
eh' egli parlasse bene , e con ragione del caso 
loro discorresse > e perciò elb a lui rispose co^ 
Si . Verapaentc , o caro giovane > tu molto ti 
assomigli a quel buon marito mio, e «nel rar 
gìonare r e nella voce > e nella statura e dispo- 
sizione del corpo, cosi ben sei. apparato , eso- 
do: e credo certp , che Iddio t'abbia qui manr 
dato , acciocché Facciamo' quello che proposto 
1QÌ hai : e però, non potrei se non alla tua pro- 
posta acconsf^Qiire . Cosi detto > abbracciaronsi^ 
insieme molte volte , e quivi sul monumento 
del morto si congiunsero più d'una Eata ine 
istretto nodo di maritale amore . Avvenne > 
che m^tte i riUovi sposi con molta dolcezza 
cofifitj^iavano 'A matrimonio , vennero due ta^ 
droni, i quali vedati i buoi abbandonati sen^ 
a^ guardiano , rubaronli , è ben discosto li eon* 
dissero . Il contadino , isfogatosi del suo amo^ 
roso desio, e «^ ritornato all'aratro tripvossi sent 
za buoi : onde cominciò a piangere gridando 
qjuanto' più poteva > i miei bUoi, La donna , 
che tutu consolata} (^ contenta a casa-se net ri- 
tornava' > sentendo ì dogliosi gridi del suo nuò^- 
vo giovane, andossene a lui> ^ trovatolo cosi 
forte mente a piangere 1* addi mandò di ciò la 
cagione , ed egli a iei^ disse : Dth maledetio sia 
questo inondacelo} io prima piansi teca quasi 
non s.ipendo il perchè , e aenaui alunna cagiona t 
ma ora ben piango da dovero» e. da maledetto^ 
senno: avendo petdutp i mici gagliardi: buoi 4 
li quali sono certo 9 che non potrò mai trovarci. 



CJl^ 




; c4pit:olo ti^^. : 

' : '• • • • - •-' • \ • • 

osi a, me ^ infervcpjito , 4i^s^ Ej»opo , chf 
e&se^idq io passato già per tanti pericoli > e 
uscito dittante calanrità» pra pian^;, k' gìmy 
«tanMnfe mi dolgo , .oop .vedendo, Zlìa mùi io*' 
giusta perseca^ione rimedip alcono . Noo ave-; 
va £sp)«o bei^ finitp potai parole , quando, e^*; 
CQti.'il batigeljo eoa molti p^l&cì, popolari ,, ,1 
quali toltolo fupri di prigione conducetapio ^ 
Br morire.. Ne ▼olendo i Delfici. ipt?ender air 
cuna sua ragione , éàss^ E^opo/ pv ài g(a^.3 
aln^no ascoltate quésto bdlo esemplo di queir 
Io > che a voi intervenira poi. Di,.ciò &tt»< 
gliene comodità, cosi incoininciò , dicendo/. 
Nel tempo,. che le ' bestie, paìiavanp.» e usava* 
no' viverle ipsieme > il sorcio avendo fon la rana 
Étto amicizia, Ja"convito a. cena seco, e ale- 
natala nella dispensa di un gen^iluon^o ricco i^. 
il quale la teneya piena di tutte quelle cose >. 
chq ^uole uda ricca casa tenere > ivi abbondan-. 
tissimameate cenarono . h* altro giorno, poi la 
rana convitò il sorcio a cenare ne|U sua pa* - 
lude, il quale venuto per cenare là denteo , 
disse la rana, .amico .mio ,. 3cciocf:hè tu non - 
pigli troppa £itica nuotando, fia bene> che 
con un filo sottile ta annodi il pie tuo al 
mio, e cosi tu seguendomi, pid agevolnìen- 
te miQleiai. Acconsenti il sorcio, e legato 
che egli.fH in quei moè^o> la tana ialtò nella/ 
palude., traeodosi dietro il sorcio» e^.gitasen. 
a^.al fondo, il sorcio per fQr:^a ancora sotta 
acqua seco tirava. Onde vedendo il sorcio 
n^n poter ùr alito .se don afGatgarsU- disse:. Io 
per tuo tiidimento, o falsa rana, muojo, ma 
spero verrà un maggior di te, che farà le 
mie vendette , e ciò detto mori ! E tale fi 
r qltìsaft sua cena ) che bevendo più > eh* ei 

noa 



74- y. l ^-A : 

'41O0 puote , e ciò , che ti non volle , -cosi ben 
gonfio ycntìp^^^gsÀ^so^V'^ci^f'. Ma ecco^ 
che un* aguila sopravoiando "vide il soccio 
morto e presolo, pottoUoin ^Ito : e pcrol^è Iji 
i-ana ancipra «fa spft il piede cpn lui. legata^ 
fece rd(}aUa doppia; preda» b quale ella. beccòcf 
si in.d^e'bQccoiu .v, ■ ...,.: 




_ . OD àluiracnti drvverrà, a voi, o Delfici ,, : 

perche laceBdomì . voi ÌDgltt5taine»te , -e a. tra- - 
pimento, morire » verraimo uomini » <fhc onor 
rcvolmea^efar^mip-k mie vendette;. perdpc- 
chc non e dubbio, cie-il Re idi Babiloòìa> e ' 
^ ulta la Grecia , come avranno inteso il tradi-? . 
meotp da voi fattomi , tutti x:ontra di voi 
sno^fcadosl sfaranno che pagherete lox <ia..pè-; 
pa f con mólto. vostro danno per T^indegna., « 
ingiusta morte niia • N^ per. cotal esempio gli 
assassini -Dei&i dalla iniqua lor dcliberazipne . 
si rimossero , anzi con m^lti strazj lo^traeva^ 
^p alia inerte . ^^opot nel voltare ^«n cantone » 
si fuggì in un piccipf tempio ditApoUp mol- 
•*? poco . fcequcntato , ma non . gli vatse ,- fcr* 
ciocche indi cosi io -strascinarono ^uori,- comi? ^ 
sogliono gli afl^ati lupi strascicare dalle ma- 
<|FÌ >«|i «igneUi. £s$i dunque pieni d' ira» e 
di crudeltà io traevano a precipitare da.^in 
altissimo, p spaventevole -precipizio ,. e me«^ 
ilre 1(1 lui conducevai^Q diceva^ 



^A- 



DI ÉiSiòPO. 
CA EITOLO liXXI. 



A. 



_ offendete -^i jgraiU, o Delfici > ciò che ' 
ora vi vdglió'dlre. Gaccistodo -.itii gìomòr Ta» 

?[uìla un lepre, ed egli quanto più potcv» ■" 
uggendosi, venne 2(d una hs^osa buca di 
ano scarafàggio-i, -e quìti 'il lepre non poten* 
do pili oltre fuggite, ^oppliiava lo scara&g* 
gio, che dal rapace aictiglio dell'uccello salr^ 
vaxio gli 'piacfisfie. ^£gU veduta la gr^vjc* ^ 
pericolosa 'persdi:ti2foné dell'aquila, a^ttuosa* 
mefite pregolla,:per la vita, e deiti ^Hi -Gito* 
ve^luix padróne, che volesse aver ricettò a '- 
lui^ nè-nvantr-la por*a deirtabitaztone sua vo^ • 
lesse «6ndere il timoroso lepre , la cui offe- 
sa egli avrebbe' comune : tìè perchè .egli - fosse 
piccolo (prezzasse, è poco di lui conto tenes- ' 
se y perciocché 'quale egli si fosse potrebbe* 
gli piacflK, ed-anco dispiacere. l:i^^uìla 'su- 
pedxi y -sentendo l'altero pregare dello scara* 
raggio^ accesa -da orgogliosa ira rìpjrese. il le^ - 
prec^an le- uncinai ^-unghie;-, e poscia-con-i' ahi 
voli» qaeli'^nimalettv-percuotere.* £gli fiVló 
penne deH' ala nta^co/ideado^i , fu portato dàll* 
.aqaila-volante^nel nid<>9 'dóve ella le. ova ave^ - 
vay-e fvi -mentre che l' aquil» della preda* sa- 
zia^^a r ingorda iame ^ Vascosie io Scarafaggio , 
il quale poscia che l'aquila f\i partita i etv: 
Irò nel nido, e tanto rotolò le ova , chele. 
£;ce cadere , e roMpece . RiCòrnando' l' aqui* 
la, e trovate T ova cadute, e rotte, pensò di 
mutare stanza , e in luogo più alto, e più 
aspro a nidificare ; nel qual luogo non ftirono 
anco l'altre ova sicure, perché parimenti lo 
scarafaggio ^ aveiuio ogni èosa osservato , le 
icce rotolando rompere , e spezzare . Dispe- 
rata r aquila , non sapeva chi cosi alta^ 
mente la ingiuriasse . Onde povera di con* * 

«i- 



^giio , ùon sapendo che sì fare» deliberò ,^far 
darsene al ^mo.iutoBe > cioè^€yafc/. e; con (jf- 
so lui di tanta ingiuria querelarsi», tì^i cai 
grembo lasciò il terzo suo parto delle o va Tic 
quali a 4ui -^f^to a&ttuosiinenle laccomandÀ . 
Lo scarafaggio , che il progresso deli' aqi^la 
fipÌAtQ aveva,* aiz^Osi a, volo, iq alto con 
uaa^paUot^a di.ste^^, jj^ella nei ^xeiobo di 
piove lasciò .cadere».^di^d|e la divtniU sua 
stóoiacaltasi,. AU^itameiU^^.ia krut'tezza.da «e 
«scuotendo > l ova ancora insiqiif > le .iquafi al« 
ipra della fitemoiiia gli era^o, uscite « scuote 
^ori dei ^rembq. ^n cotal . iRodo > .:che fitf- 
te si ^i^assaxopo . Giove •j>9^ia ricerciindo 
pQodfi ,queir ggibra . i^^n benevolente *. ]^fm|a 
|b$s^ , 1q' $cara&ggio ^on .facete maniere ^90- 
ks&ò e^ser lui stato Quello ^ .c/ie eiò ht* 
tp^aveva » non Rcf dispregio. ^ellà si|9 dà* 
tà 9 la qual^ egli adorava , . tna solo, per 
yendetta ; d' ijn^ ?^rav;e , ii^LuciÀ àoilV .aquila ti- 
/revu^a , .e fece r>Q£&sf alla sua di^vioa mac* 
Ma aperta , e manifesta ... Giove . ai^iratosi 
del |[rana ardire dì quell'animaletto* e <consi« 
derando 1' arrogante presunzione dell' aquila in 
aver volutp .nel gremba suo -&| iiidq., e ve* 
dendo anco la vendétta ,.non solan^ente ragia* 
nevple*.n)^ molto ^raa^iosa, e eiiòf;^», , rise 
di« quel fatto.} e posciaché, 1*. aquila ì&t^ilò^ 
nat^ i là r4ncese delt altiero .orgoglio ili».-» 
e dissele, ^cne lo scarafaggio erg quellp^.che 
1 parti suo^, guastava I ed iv»|ichilava} il cke 
Ragionevolmente faceva per il poco riij^ 
^o , che ,eJla ebbe a feri 9 .e: ^%er .il <i^pf<< 
gip della' sua ragionevole -Tichi està > «-J^am- 
jmoni l f he per l' inaan&t- ^à co^^pta sua am- 
)>izio$a alterez;^a si. discosUsse . Ónde oon 
v'olendo > che la specje- dell' aquiU avessi| il- 
ne , ed a nulla si 4i4tt9esse , rconsigjiòjojscn- 
J^a&ggio. a volere con raqui(a^ rlcondilis^ic 
ìi.è av;«ndo 1- ardita animaletto accettato il 

con* 



D r ESOPO. ^1 

«oefii^f k» , jiTese Giort per partito di m^tatt- 
U oovm édV uccello suo» qottiéo fbora ikki 
escono gCi scarafaggi > mft fiascosli sfeaimosi . 

€Af ITOLO LXXir. 

V oi adBnqtie. potete rmen^^e, ^Delfici» 
elle éc&s^t'lo 'Sc^txbgf^tmfSMS^ufiqtìe picco- 
lo , bratto, e 4^tie msc , nonclitiiciìo pliole 
r aquìh iiccriì^ granée, poderoso» anelerò» e 
$upeti)o offèndere, poo^e etiaR la schiatta af^ 
melare. '€o5Ì voi , come 'cke ingiusti , ed irre- 
lìgioci state, non rìsgnaréo x|«el Tempio^ 
quantunqflie ^pidlolo , solitario ed indhiato ^i« » 
Oel qdaie per mi» salvezza ini era fuggito > 
if filo hàéito 9 che io^tjaette has^e^ « tozze mit- 
ra abita , persegui tati ^ e panili sarete , per 
lo poco rispetto , e irriirercnza ciie gli avete 
usata , sfrendomi in quello fatto- violenza , e 
con ftfpote acerbameote da 'quella strascinato- 
lui , né iascierà il "celesta lume e la deità di 
i^Qci Temfio un tmto vostro sacrilegio xoip» 

IQltO . " 

CAPI TO LO LXXin, 

dIVtdevansi i Dèlfici dicocal e«etti|MOy « 
ditprezzavano le' sue ^ofa&te , 'c morali- do* 
cumenti. Laofidé^ vedendo Ksopo nóo fwotec 
loro Iti modo nfdafloi piegare» disse: vditc 
crudeli > e tnieidUli : lin 'contadino era tieUa 
villa entrato., «jit «Slttidi^ii venuto desiderio 
gtlmde di cederla > jirego. i si«>i dì cm » ckc 
dessero pnìna , «b« ei 'morisse alla calta cooc 
duflo. £ssit chedi maggior cos4 oootpiacttttso 
r^rebbon , «vendo fatto un pajo di Asiat ao- 
llou^iafc ad una piccola carretta» in quella il 
buon ^vecchio assettarono «ccioccbè più agia» 
tameftte ^i conducesse, ed a qaèk moéo alia 
aui s ' afiviasooo • Ma addireaoc » dkt toen* 

'E tre 



,N 



/ 



tre il cammino. ; Wo^ segiiùraoo» ^ .CDtlldtb& 
l'aere, krossì uà t^mporUoto teikxfiestowi 
e ìMiio. oscuro^» chci soprjiweoefido^ la seca i*^ 
Asinajo smarrì la via, e gli Asini vecmeie^ 
sopra uQ!akìssin}a lapc. Qvì^ il ffmeso^ e 
stracco vecchio , «colendosi vicino alla rilbt- 
ter e dolendosi' della mala socie ^ su» ^dis^e 
gridando.: o Giore, o Dei • che male lia fiit-*' 
io io ? che ingiuria 4^ me nce«csle indi > pj^r-^ 
che cosi infeliceflieote alibia a apvke ì e qaeK ' 
k> , che ]ù« aà idttole e» -ohe flu faniia mxi^ 
le, .non da generosi e superbi cafalln: tvè*dm 
podeBqsi>e forti «muli» ma dft: vjitssrWiii , «à 
indÌMTetiSlmi^asiQtàfc sono ttgi^tQ Mia om* 
te..,. Ora ìoicqu- posso, iweramenle àkéti ehm 
noB solamene e9Qturi>onii ,, pMciocché senta 
ak^a mìfì cattivo merito io siaMa voi ■• pes* 
seguitato, nia ànfinitsioiente .mi doolr» oh' ta 
sia ^ammazzato non- per mago . d' uomini, em» * 
rati , e taloiosi, e ^llQbili , ma -dal' fià vili % 
e dai peggiori,, .non. togUo dire uon^nr anzi 
dalle pia ^ l^fstiali ^ese ^ olw; Qel< mondo tco* 
tar si possano , ■ , , . , v .. 

C A P I TQX X) l}(%iy^ 

y^ùesto es^m^ quinto pia s' acetttta^ ^ 
avvero , tanlp p*u accrebbe lo sdegno 9 e T 
ira a' Delfici contro £sopo« Landone .si;.aftteiM 
devuKT più che potevano a 4<mdiirk» rti ivp4 

50 dove precifdtar !o yobvìano . IvL gii^> co^ji 
•tfto per esser tubitameiiH ffrecipitasto ,. pi«g# 
egli» cme congesso gli fusse» priaia ch*ti i»o» 
sisse, dir alcune parole. I Dd&ì,,beMbc pa^ 
reva loto un! ora mille di averla oi^to s ttoo» 
dimeno perche, credevano essi , dm Esopo ve^ 
dendosi infiaqzi gli occhi, ia <}4ialiti della eNMFt 
fe^ di che ejgii aveva a morire, gli ìemsq pec 
ìt timoce^ é spavento grande i|tir jcrucciafsi $ 

e mi i^cJlerabile . tarqient9 i' dieroQgU^^spay • 

rio, 



2l0«^ 0t^t^^ dì ystac f^iKcUar^ , dicendo t'* 
i3r^.t:s]i2ic£tflri, 'lnérone^ dì sti^ tosto, ci tir* 
inkdifie, fevetìav aduaq^uc > o «ognafore . Al-* 
loffa'£s0po;ooa aiìim^ vigforoso, ^^^ràacfesen-' 
%3 akd^tt 93ura disse: eglc iftì àn uomo, a* 
cui CMScetido usa bellis^mt' figHaoiky di lei 
vieppiii . «I ^cc«e , eh' ih patetoo amore non > ri-' • 
chiwaeva. Qode con ^anto ardore - nel disor-' 
dioalo af)|iititoacciecos»i , ;clie' deliberò Tid ogni' 
modo con l^i-fiir il 5UQ>piaceMr ma rim^- 
diva il. lisf etto i, eh' .egli alla midt e "della fan-" 
cibila % 5ua 'consorte ,- -oveìpa .* Egtó per levac* 
cattai impedi#apn#o mandò la docKt^ aHa vHIé>' 
sotto, coioi^ I. che ella pronre^iesse' a e^rti bi-* 
SQ^t deièft Sto" pcofeteione;> «fingendo per* oe*^ 
girati, civili deUa cirti nenpotev pattfr^, "e^ 
così rest^^o spio -con la it^Iinoii^ peniò dr ve-' 
nife aJi\ewcilxionfc del juo* irregohto appetito*. 
GÌMa4nata ad^nq^ b giovane in tttfei camrra» 
ec( io qaella serratasi dentro > comlacto- farle' 
vqzzi^ noB da padre, nvid» innaraa^'at<» , cofat 
pasòle «dicendole^ e^i « tanto ,"o anin^a mia,' 
l'amor et' io ti porto, che mi sforòi abbrac- 
ciarti, e baciarti hen inrlk .volte. Nop pò* 
tendo egli' più :oi|re ^o^Xq^iq la tin disone*' 
sta^ voglia ffittò lei sul ietto. Elh quanto 
pnìr ptuote.s oppg<$e al cieco forors del p idre >• 
il .qiiale .avvengo delibrnto di toddi^firé at* 
sap Ibcoso desio , Venne ad iis<<ie contrà lei la 
fofSBi, ed a farle TÌoIén!2:a . Li dogliosi figlia 
tioa pofejMogli resisterei béncW molto se ne 
sfarjEas$e, gridò ad alta voce dicendo: ahi j&à-'" 
<t{9^«mpia&soeiie|alo,non ti ver||c>gni tu sfoc- ^ 
z^ •una.^tiia figliuola ? come può »n te esset • 
aoiqaa cot^to nemico ^ e crudele > cke ti inuo<» ' 
■^^^a -pcivate, dell* onore, e dell' onestà; tua ^*^ • 
^tittoi&KNon sono qtìcste 0j>épe dap.-xdre, ma 
dd' arra^ibiat* , « acerbissimo nemico . Almè^ 
ziQ Ione piaciuto agli Diéi', che cbtaoto vi- 
tupeho BH^^sse &(to da-CfualuQqoe altra pei- 




>^n- 



iorva , cl|e ;|da If ^. il; quafe n\i hpl generata» 
che tn^CQ .mi^ aorr^bé- ^uc^ta graadi^siina 
i^igi^tia.^ Cosilo ora dipo a vói, o DeIj|^qC> 
che piuttpstp .yanfei essece capìl^ato . ip polir 
iklla^CfiMlel Cauddj^ o delia' rabbiosa Scilla > 
ovvero i?pir aspre girti deUa mo$tritos:i Afri- 
ca, esser per^MtQ, c)ie .esset <Ì9 voi cosi ipgiti- 
klaipeote» e iacLegnaineoté ai^mazzatq: chia- 
^ino iti. test iinoiuo; gli. Der, com: io senzii^^o 
merito 4 ,cotal .morte, fia"3riir^r.o ' condottò • 
"Jftt . £t;apdc Appflo > nel (:ui TempHÌr4o'-^ 
rVforsQ pem^o la riverenza > che 1^ te \ Dei- 
É<c\ debbono avere oelia. tua. santa casa esser 
s^^llpo, punisci il loro cUspregió'» 2' empietà > 
cne cpAtra teàcreverenteiTìente hin dimostra- 
to. P atti giustissimi l)ei> che- gli upaxini 
zei in odio sempreì avete» e da cui non sedo 
in .questa, ma anqo in quell* altra vitale scd- 
ler^tezze so^ perseguitate» alU yostra saii^ 
giustizia mdtto lupilmente , suppfic^odol^^ , 
che YogJi di cotanta, orneoda inigiutà bx <^i(^ 
la dimoatrazipnc > che i convenevole», e pre- 
gpvi, che &icciate omtra quella sceUerata' )^' 
uìfL di tanto peccido là vostra, e mh vói- 
detta: il che sia af;li altri moitaii un esem- 
pio di guarcfarsi d. altrui nuif are* I PelE^i 
federo la spinta ad Esopo ^ il quale .giu^pct 
quell'altissima e sassosa rupe ogni siio ètso 
in pezzi fracassò » e ruppe . 



e 



CAPITOLO LXXV. 



, rotale fu h morte di Esopo tinto buo- 
no , tanto saggio , e tanto prudente . Ma 
non furono le preghiere sue appo gli Dei va- 
ne, e di poca istimazione , perciocché do|K> 
la morte di Esopo, la prima pena fu ai Dth- 
fìd data di una crudele, e mortatissirlia pe-> 
stilepza: per la qual cosa andavano all' oraco- 
lo di Apdlo per intridere la cagione di co- 
tao- 



IVI E.SO?D. 101 




, __ . gasserò 

«^ Dei','? '4u3R à^^vShó %Trf%i^andé!b'%ael 
Sigfelió per la mprt-e di . Esòpàr^UèMe sti- 
molai i . ffàlb coscfi^hza loro , e dolifriti ' dd ma- 
Melo', dopd moftt iàcrlScj è ftòPCriiiollfcuiTii' 
ìiiihnì^'t S«p{ilicà2Ì'oni fatte agft'iirimortali 
Dtì, ìÀ segno dì pehi'flftìjEat' dei peccato léro> 
lesero"' ima benihiitik\scp©ituni à^'ftanto cou» 
pò tf TSsopò r^-c. àxìziitoTi^ìì a perpetua lode > 
X j^iorti ìio^«ccelÌetite' stataa , con oncfratisil- 
ma iscHzfoiie. Né'bast<3 ii ptadare , e saps* 
'finì l'K Dei, che' anco ]^li "ùòniini'i div^ga- 
tasTf là.éuaKti delfa morte di Esopo, vc/llew 
la crudeltà, e la malignità de' Delfici punire, 
qfiraodo^ che tutti i signori, lutti i pdnci- 
;^i', e tutti gli uomini dottissimi della Goc- 
cia vc'nncrt) a Delfo, laddoVt fetta con opi 
diligenza la vtra inquisizione sopr^ U morte 
.^i Bsopo , e conosciato- molto bétie b verhà 
*3d caSo i fecero tutti gli autori di qucll* orni*' 
*cidio crudcdmenté morire re cesi dfagli uomki^ 
ti da^li Dti furono ^nftf, e castigati i •el^ 
fici I e fu. fn quel mòdo hi vendetti degnar 
minte fatta ftd& mòrte éell*- innocente , e »- 
^^rrentissimo Esoà> , còsi come egli a loro pe( 
^vain esempi , e tarok' predetto aveva • ' 



Il Firn .èeUà Vit» tU Sttpt. 



S I H- 1 



»<H FAVOLE 

fona pocbte > itgò tutte ÌDikii>e> e coimnitA» 
<he ciucano di ioiQ i>fgliaue gutl Eiicio , e 
rampnie quelle così legate. N^ ipotetiHoI» 
niun di loto rompete , KÌcglieada agli il fa- 
scio , dieda a c»Kun' di loio iKii TCcga , che 
li tompesici'Oi e quelli lubìto b cup^^ero . KtL 
iHocn il (lattpc disse: cosi voi, Baii:i figlióoli» 
se starete .in fàce, sarete inespugnabili, e iit- 
litti a' VQsiti' nimict , se eoa la Vostra i^ei^ 
zioBei e udizione vi dui-, io preda a ^udU* 

SmuHtA MI* favalA. 
- -Questa £i*oIa significa, chi: le cok unune , 
come dice Silustio, ugualroeate per la eoiv 
(Ordii crescono, e per la discoidi»' 

Dì WTA Jaaita,. e. ^nn» gtilinf . J. 



u. 



1 donna avcra oin ^atDni, .the ogkl 

giorno (jceva mi ovo: sperando li donna per 
uno averne du», se i>!ù gli dava ila mangiale, 
si mise a nodticla mollo abbondantenenta. 
La gallina essendo poi fatti più graésa . noa 
pnote più fare ova . 

Stitttot.» dtlìa ftvnU . 
QuM^ £(ToU signiSca , che cU aDÈBÌAi me 



p'I ESOPO. ; , ròf 

htssuria ; ed abbondati;^ si * xrìitciscono > e ti' , 
tardano dal 1>f a fare «^ * * 

DDi due ^0Wff$f, ^. 
ite gjovàni àoxnptaronò insieme' ii tnan^ 
giace da un cuoco i. ed' essenda il cuoco ìtf 




parte Atlh carne > che gli manca va. Quello 
che r aveva rubata, giurava di non- averla > e 
•y altro che l'aveva,, giurava di non averla 
tolta. Il cuoco intesa k loro asturìay disse r 
Se a me è nascosto .^esto éirtO: non sari na- 
scosto a quello, per il qiiale avete giurato . 
Sentènze delia favoU , 
Questa favola dinota^ eoe se n9Ì oascondé^ 
remo i nostri pwcati agli uomirii , non li ^f)*, 
tremo . nasconcfere a- Dio, il qjij^! jolo ve 
ogni #oȈ^^^ . \. ^ .'*, , 

JPV due àmidi' € d^un ^rsom 



D 



ùe amici andando iòsi^pme, pet viaggio in^^^ 
contrironsi.iti uà orsp> ed uip' di queni sbi^ 
gottitd montò sopta un albero « cf 1 altrangn^. 
vedendosi pari a combattei;e. 'con -i* brso/'ca-: 
scandò in terrà finse esser iaorto. Venuta^ 
orso odorava rpiccchie> cfl.naso digtiel cht- 
giaceva in terra , e quello . ^evà il £atp p^ 
respirare , é peQsààdò , eh' ei nsse miorip indo 
via , perché dicono > che 1* orsa non tocca mai 
corpi morti. L'altro ch'era nascosto tra le 
frondK dell' albero , venendo a basso , dinxatidd^ 
ali' amipo , che co^a àveagli detto V orso nelT 
orecchie? Hispose. egli. Mi ha ammonito, 
che da questo ttrnpó ih poi, m^i pidt &ccia 
viaggio con amici coo^e sei tu . 
Sentenxdt- della f svola . 
Da questa fi vola siamo ammoniti , che fug* 
giamo quegli amici, che ne' pericoli fuggono'^ 
sex aoa darci ajuto, 2></* 

E 5. 



F A V:0 t B- 

Dilla ctnna , e t oj>V#a ! 



lurt^n», e fcrm»z3,e timproTc^ava alla' cui- 
nj, che come ftagilc éà ogni vento si_ move- 
va . La canna stava quieta , ISod passò lungo 
tèmpo, che venùe un gran vento, e U caona 
ii^nmoveva, e piegava, e l's^iva. volendo re- 
sistere alla violènza del vento, si spezzò.. 
■Sentenià itti» fàv»U . 
rcfqoesta Favola si.imó dvvettilV, che quel- 
li , che a'più forti a tempo fed<ni* , sono mi- 
gliori di liuelll chq non gli cedona; 

Di uà tiambrtt» . 

J[jravì un trombetta, che in gueira sDnarii la 
.tromba, e fii pigliato da'ncmici, ed ei gri- 
rljniHb diceva a quelli che l'avevano preso: 
• Non mr vogliate ammazure, perdi' io sono in- 
nocente, e mai in tempo ftì mia vllà non am< 
mazzai alcuno, e non ho aitro che questa trom- 
ba. Kd essi risposero: e per qussto tu meriti 
di esser ammazzato, perché non eisenilo tu 
arttQ i i:ombat(£tc , «ci atto iiì incitarvi gli altri. 



D.I E S ÒPO. a«7 

StntetiK* Jibi f»vaU, 
Quest» làyola tiijRÌfì<^..t;lie qoelli più che 

fu altii jieccano, che persuadono a Piiacipi il / 
it nate. - " , ' . / 

Di mn *»Vf.y e Un mtal/v»^ IO. 



iT 
itaacdlaro era occapafo in alleo, » pigliando il- 
euote d'un bue se né lugli) *»", e il macell»f> 
ro vcdendojo fliggire', disse:, o caae, va con 
Dio, cht dove sarai ti osservetò' perchè^' la 
non m'hai tolto ir cuore , ma me 1' bai dato . 
Senttnx.» JtlU favoU . 
Questa &voU dimo^caf che g,Ii adulatoti. 
sono da esKc lipresi. 

Delfssini, ^Jel luft. «i. 

ÌJÌ affitge^a un asino ptt uao stecco eh' a-' 
VeA in UQ. piede , e vedendo 'il lupo, dìsie:. 
lupo, io muojo'dl dolore, e sarò mangiato 
da' corvi ì or una grazia ti domando: tevamt 
questo stecco dal piede, acciocchii almenb io 
muoja senza dolore: ed ir tupo ' con i itu'v 
dinanzi piano marsicaodo gli leva lo stecca del 
piede: l'asino scordatosi d^l dolore gli dtedt 

E < cq: 



j 4i^i » e il nasi» /e fii^k il-Mupot fra se 

to, perchè avendo impasto ad esser macetiara de-- 
^11 animali, aciessoi tMcVa'eéser k)to chirurgo. I 
Senun:ut della favoU,^ u 

QiicSila £*vok àigiìi&a > cìte quetH > che h^ i 
scìlàQ^vJi lo(Q^ cQoattetÀ igseccny y e vogiiona éi^^ 
quftUo €l]«^ nòto sawK^i spna d;^l agiati, <(s]^s«w 
sfi YioiUt veogono 4 iiericoio.^ * -^ 

U\. ' . r ■ • *. • 
n iiil!bti9A..di«mikhto dai Medico, com^ sk 
senliff]»> rbpos.rv fixQr di modo sopo sudilo^ 
^uUp." ]^d il Sr) edico: questo è buon segno. 
Vo ait^Q giorno add^j^ndato di nuovo come 
s^ftt dipp^ »* escer p^eso da freddo^ Ediih 

• McàÌ$o 4spoi)&^ che era buon segno . La ter- 
za volta es^fiKÌQ addimandiro # rispose , pe& 

* il Hus3a dfl corpo ess^r xiuncQ: ed il Medicor 
asp^se: q«ié$tQ<é^btiOft sf^o,* JjJ^' tiU.ii^o £% 
giuiandato, df qp suo amico cooiip stiiva> ed^ 

^ etso lisippse: io'sto bétiei ma inii^p« 

$emtf!tìC0 'idilU^ favole!^ " 

Qtitsta fayo^ sigai^ / spessa lòliSyr U d^ 
qo «ss^r dpttrioa aU' uQnaQ . 



i 



Q ttn hiogo vicino a^ mare utt Baslor# goafst 
d'ava un. gregge di pecore; vedendo ti itiarQ 
quieto, gli^^emne,^ voglia di. naviga^. Vtndut« 
ie pecore, comprò una quantità di -palme» t 
navigava y ^ Tcdieodo giaft tcmpe^ talchi la 
iiave era per. afibgaisi., tatto il peso, drfl^^a^ 
ve getto, iQ^m^re; ^. cosi, scemata la nave aji- 
pena scampa. Dopo alquanti gicrnt macavi* 
gliandpsi dcilla bonaccia dei oiare» il qu|le er;i' 
xeraxn^te ^i^to; rispondendo dissei y^- 
qUàpto io posso comprendere, ei «ta * 9>lacjido 
( qutct97 perchè. di Qupyo voc^ delle palme» 



Questa #iv*l» saaamm^ a- noi di^* £[U>jìMéqì( 



N. 



l^B^k 99ipe éMlùfnèi 14. 



oti> lavando iBii ]>2d' vcctùto Vi «0^;il^ 
leone» uà gbrno iiKODttaftd«6t kvlui sl>%òttls«^ 
•St.dj sorte, cÌie>acQH(iai»c^ effe non ttiorkiv 
SfT e Vn* aUra volta ^cadkadogU tl^tedesiff3o> 
si sbigottì, vedeodo il leoni? ^. ma noti tanto/ 
^uai>to prin^a» eia terza volta- quando vid<^ ilv 
na^xilesiraQ leone, ivs^ solo non si smalti » ma. 
^oai^ieQienieQfe coti esso incofnrMiò a pula:*^ 
se # o coofebalare • 

SsMHftzs dsiia fàvola . 
. Ques^ ^voja sanifica, cW la ^oolinoa^coa^ 
Versa'iSióne & el^ c^tielie cose cl>e noi temia;^^ 
I^Q gt|U2demeal^>;ne pajano piacevotì *. 

x\^eQcio uno certi i^iUi in casa >. compro anst^ 
siarnay.e ^ella jnìse incGRnps^nia loco pet 
iograssarip insieme > esdaiiro.. tutti i, gallila, 
morderono) e scacciarono , e la snu:iia s'afiSig*, 

fty^ ({a se^ m^sinaa pensando^, cl;ie^ ^oel che 
icevano i galli > fjissé perche era dii&rente. 
dajla lpr& stirpe. Sl^ ^^ando vide , cbe com** 
b^tevano anpota fra loto >. e si pungevano si. 
COfifottò- del suo dolote» e disse^ ^I)amp int- 
SK^:^i la non mi darò^^ festidio, poiché ^«1^9^ 
cb*e«si,l^nco{a:comfaatttcKìo fra loip» ; 

* 

V^ questa fiivi>k ci. è insegnato > 5lie Uo 
u^no savio dp^ff coffl|>q!ctaie k itigioiPte > che 
se gli ftnno da quelli ehie Qcp -gli sono per 
s:tf^tte coagulati) qaanda. vcdjl^ , .che -quelli si, 
4upÌ9i ingkina aàoofa fi» ior mfidffSMSii*. 



H» . P A VO t E 

9Wj v»tpt i iuna tBilé ài lup* dì m0m»..ie. 



«ndiva metcolando lutti gii strumenli e tutte 
le maSKtizie di casa: eUovò'Una testa dì lupo 
lii marmo, con somma diligenza, ed artefatta. 
Come Tebbè ih mmb disft: o testa, fatta. con. 
^taa tentimento , e niuno seotiinento tieni . 

Questa favola appartiene a quelli , che son. 
betii di corpo, e non hanno seoso d' aoimo > 
qè industria alcuna . 

D» tto ctrbansro , e Ì un netf» panni '. yf. 



u. 



Ui^^i£0&"v^j>. ' ut 




_^ n catbìadi£i>-^abitaiiclo ifl €à$a a pigione^ 
iirvitè.un netta panni, cb^ abitaTa appresso a 
kii? che (^on lui abi^sse.^Ii netta paW dis- 
•B,^l^o \iorao , <jtfc5fo oon itjì -sana ot*!c alcu- - 
no, perèfeé.cia che io polirsi /tu conila pol- 
ve del carbone bruUeresti . 

/»i ' Sentente- Ms,fé'Ù9UA . 
Questa favola significa ^ che coa4 tristi, e- 
sceilératijipa dobbiamo i(ver> akiina .cofupagaia , 

jìèò 090 IH; pellegfi^ggib per alcun tem-- 
pQ , essendo torQa.tfG^ a- casa si vantava' di' aves 
fatto molte gsan cos€^ in diverse parti drl món- 
do,;, è tra. r altte , dhè" àiifeva vmto a ftodi tùt- . 
ti ivìiadiatii a saltare, e che di questo pote- 
vano esser tcstimbi^; tutti quei che vi*'ft^rò- 
Do presenti . AI quale -uno rispose : o uomo 5 
se. e vero quel che, dici > non faimo bisogno te- 
stimpnj, ecco qui Ròdi , ^ ecco qui T sfbbattt- 
xneiito.,. ed il- campo- ^ saltare . 
Sentenza dell^ favola, ^^ 
■ Qae^ favola dinota,- che ^ueì che si pu© , 
t^vac in fàttti » non fanno bisógno parole . 

' Di' j/tfolity t et un uhm: i^./- ^ 

Jf\.ndò un, uomo . éattirò ali* oracolo d'Apol- 
ÌC^ per tentare , ed espétimcntare se diceva la 
venta I -e tenendlo in mano un pisseto'- sotto il 
ciantello > dimandò, se eia 'ch-eglì hVijva in 
mano ,era vivo, o mòtto > avendo in ^nixno> 
ie morto rispóndeva, di lasciafic il passero 
VIVO, e se rispondeva, vivo, sabito immaz- . 
z^rlo sotto il mantelloo avanti che lo caccias- . 
se fuori. Ma il Dio intendendo 1* astuzia asco-. 
sa di quell'uomo , rispose: o tu che mi domati- . 
ù\ consiglip^, quel che vu<4 fatt £a , perche e j 



r 



m 



xit FAVOLE 

in toa poteste» caccia fuori ciò che hai in mi» 
. no X o vivo o mosto >. coinè piace a te . 

Per Questa £ivota, noi impariamo > che fi 
Dio ninna cosa è àscqsai e che ne anco ossioir 
si pud gabb^uie » . . 

I>i un ^tscuwii i d %tk pHC9 p.ffc^lé', itr. 



n 



n pescatore arendfo. messo m mve- le re* 
ti, prese U^Kpesce piccolo, ii, (piate Io prega- 
va lasciàtlo andare» e crescere , acciocché con> 
i^^ggior comodità: Io potesse godere un' altra 
volta, il pescatore' cispose^ : io pizso sarei,. 
se avendo il goadagho in m'iino» i>enché pic*^ 
cola, io lascusù andac«~con. isperaiv^a dd be-* 
ne , che ha da venire , ouantimqa^ ^àùàc i- 
Senunz^ tkUa ìsifoùr. 
Questa .£yob e* insegna che è pazzo colui c)ìtf\ 
per ìsperanz3 di maggior gaidagno^^ lascia an* 
dare ciò. che ha in mano , benché sia piccolov. 
ài un MSJM 9 di un,c0V0lh, ti. 



T. 



ro«Uu!08Ì^ tin cavaito) ed' un asido- Carichi 
in viaegio» disse f asino al caìrallo: se tnndn' 
vuoi ch^ io muoja, levami una parte di que- 
sto peso ch'io porto, Noo volendo il cavalla 
iit ciò y rasino per soverchio peso cadde mor- 
to . Allora, il pidfone tatto il peso ^ che por* 
tava l'asino 9. ed anco la pelle ch'aveva levata 
all'asino, pose sopra la. soma del cavallo » del. 
quale peso essendo troppo gravato , disse : io 
porto ragionevoDnetìte questa gravezza» per* 
che non volendo portare una parte del pcsO' 
dell'asino, al presente, lo, porlo t ut to^ e.Usua. 
pelle ancora. 

Sentenza Jeils fav§U'. 

Questa &vx>la significa , che i maggiori de^ 
ino partile le fatiche con. i minori > accioc'» 

è tutti si salvino.] DL 



DI ESOPO. 

f M» tmn* , li »f noma , xx. 



1 ,;. 

fo , e- stxncUr a mmgjare insieme 1 uomo ave> 
va tttAAfi , onde )K)aeitdo£Ì' It- jaaaì aJtk 
kooca. col fiata le rÌKsIcItva. La qi(.-il eoa 
TedmJo H satiro, itomaiMà perchè fiecs» 
•luesto : ed «gli rispose ; io le mani riscaldo 
sol 6m>o. In fta poco fuf>otuto dbocalcfodft 
maaf'iìtt , e l'uomp éi nuovo pois il ctboa|^ 
pteim h bbtsa per nflrnMa^ , eil D sìtiA^ ' \ 
doraanilà pftcki faceise fuesMp, eH eiio rispo- 
M ; acuoocÙ col fiifo- io caScfìifi il cibo . AU 
lora it satiro dme; e<l io Bon- voglioaintcizia , 
teco, petchd da tma fnnluìma bocca lu mai^ 
dì il Qaldo, e il freddo : «atfi con Dio. ^ 

Sìnttnzm dilh fiitm!*. 

Per mesta &vóti no4 tiamo"' ar^satl > cfie 
- Saggìt «abbiamo l'amicizia di qaeelt uotntni » 
IjL cui fita i tlo^ia t ed il padat tlubbioto . 



J.\el tempo del verno eHenio un yiIUboIvI 
campo, f lì mancò da mangioftì cd'ainmaaiate 
tutte le petrie se le mangia: e poi tutte le 
capiCi. ed ultìnumeate ammazzati i bocù deD' 
Matro.dcUe csini di fucili si nodriva, Ja 
^^1 CO&3 vedendo i cani , parlaBdo Ita loro ti 
j-isolsfio di fuggire, dìceiùio: st'l padrone 
non perdoni ai buoi dell'antro, oca petdoDv- 
tà né anco a noi . 

SemfnXiS dei!» /tvla , 
Questa £i*oWsigr)ifica , che debbiamo lug^ 
gir quelli > che' trattano naJe i iow £)mjglu' 
^i e domestici . 
. ■ Di un utnt* latruett» i» mk OMf. *4. 

Xjssendo morikato un uoino da un cane, 
andava dimandando a tatti > ch« gi' insegnac- 
aero qualche medicina , e iroyò uno, che *e- 
<]fcndo la ^u^itidelm^e, gli Aisx: uomo, se 
'Vuoi gujti». piglia UD3 crosta di nane, «dal- 
la al cane > che ti ha tnotsìeat* . Al quale co- 
lui lidendo, tispasc: ceitot se lo facesti que- 



Di %BÙ^&. . ili 

stO) sàeci degno d' esi^et^- morsicato da tutti'! 
cani di ^esta terra . 

Qaesla hraia, stgmfiea , che gli uomini cat- 
tivi quanto hanno maggior piacere, tanto piu^ 
s* inanimano a hr male . 

Dei totina ,"9^ del delfino .15. 



I 



I, tpnno pers«g aitato da lio deHna, iSggehv 
do impetoosanKDre^ coree in uDa .spiaggia , e- 
restò in Juogo asciatto, nel qaal luogo il delf 
fino ancora esso restò. E morendo il tonno,, 
vide, che il delfino ancora moriva , e dis* 
se: la morte non mi è punfo molesta, poiché- 
if» Tcg^io morir meco quello , che k statò c> 
gione oella morte mi^. 

SfntenXA^ delU. fintole . 
Questa &vola significa , che dobbiamo pBzkn^- 
temente sopportare il male, quando vediamo ^ 
«)ie chi né la causa patisce inàle egli ancora. 



'■- .^ 




D^ un uicgtkmie, ed un pskmh • i4v 

_ n acceilatore, pigjiiate le reti, andò ad oc-- 
celiare» e vedendo in- cia»a ad-iia alhéro un pa- 
lombo > assettando {e reti , pian piatto le Bttcó»^ 
stava* airuccelio , sperando dì pigiarlo . la que* 
sta sua cacciagione, assettava la rete,. e ^ìiitr 
dando sempre in aitoi mise un ptedé sopt» una 
vipera, la quale percossa da! dolore « morsicò 
r uccellatore , il quilc morendo , disse : oimè 
sfortucìiitQ , che cercando di prender alUaimUQjo^ 
Sentenza deiìtt^féVùU» * 

Questa favoU significa , che: spesso alcuno 
$|)era&do prender altrui , vièh preso lui . 



i!%t 



iva hi piazza uQ indovinatore a parlare» 
(^ndo unb gli disse , .che la porta della sua 
Ctsji .era..stat4 rotfe^ > é.àò.cb'erA ia casa sta« 



11* FAVOLE 

to tc4ta, Pu qui*» Dupva V nxtanDatoi* 
piangevi" cortrafe ■ ena , Jj^sjeodo- ncontrat» 
(litmo, f^ àhit: Tit ciw Tai iiiitovlaando I- 
coK atttui, patcbé doo hai imputo' ut^ri^ac 
!e tue?^ ■ . • > 

Srnrciu litUo ^»val». 

QuMta fe-voti appaftiene a quelli^ cde uoo 
unno governare !e cose l*>ró , e vogliooo aver 
cun di qiuUe i' cbc B«ri iiR{)Ottwo ari ein .' 
Di' ii» «CCfttwipY.».* J'((« mw/e. t8. . ■ 



u 



Jn ucectlitore arerà messo le reti aglj u> 
celli , e TedcDdo aa mnlo ai lontano gli òo- 
mxAit, eh- cosa Sceistf, ed esso rispose vo- 
.lere nitifìcate una citt ^ , e partitosi s'ascose . 
Allora' il merlò andò all' esca , cb' eri tìcÌoi 
alla rete , e fu preso, e subito corse l' ucedla- 
tore > j cui ìt merlo disse: o uooio, se lu ed^ 
fichi uni città di tat sottei pochi abitatori. ci 
tiovenì. 

Sfnunx^ dtUs froilt , ' 
Questa^&voh dimostra, che le co» pubU^ 
che e priTate si distruegono quando i priDci. 
]pi esercitano fa crudeltì. 



Dì SSOTO. 

' Vi Gùv'i ni uà viandanti. \3." 



XSlhflanrte fan p^cgcimi !n ut) Tungo vlsg- 
gro, .fece Toto se IrOrava p*r ìsrraJa alcun» 
co» f^ne li metà a Giòve' noTindo utì ta- 
netne'di fatteli, i msndOTlè ' tìebo , tutti i 
aa^fti. è TnaCidòric. ti mnrigìo , e le icoize 
prei^ts atl «n »Hsrc tfi Gìoee, <)ice.n^9: 6 
Giofc ) c^so fucilò che ti ^D.^omesio , e Aà 
■ a t« ^ scorze ,' ed a me le midolle dì ^ixél 
cht ìtó tt^tvM} , 

Srtin>i*,i ieSà f»val§ . 
QoKts tvtAi limosità l' avsro im ivarizTa 
i;abMie ancora Dio . 

J>i un fglimla t U MMiire. 30. 

V^n Jàncnillo tubò ndla scuola ad un suo 
compagno una catta d'alfabeto, e pnttolla a 
tua nudre; di che non castigaodolo elh, esso 
o^BÌ ^ioino rubava piùi e «empie fece nag- 
giorì furti , ed all' ultimo dalla cotte trovato 
fn furto fii roetuto alle forche . La madre il se- 

Sifyita piang^do: egli piegò gli sbirri, 'che 
i gtaij] Io lajciasMto parlare all' oreochìo alla 
madre : dandogli esii licenza moid£ della ma- 
die sua l'orecchio, « glielo tronca . Essebdò 



xi? F^AV.OL-E- 

da tutti npre9a> cb« non solo era Udso^ ma-^ 
ancora crudele verso la madre > rispose: Q^cr. 
sta e stata causa > che io sia morto yvperché se- 
mi avesse castigato guamie la prima volta tifr 
bai la cartella dell' alfabeto , io non sarei anila-- 
to più* avanti^e non sarei ^ condotto, «li e fot- . 
che] ma essa mi ricevè cofl un bacio/ 
Sfhtetizs deUn fitvùia . 

Questa favola insegna, ehe quelli, cht rei , 
principio del ht male non sono castigati > facr 
no sem)»re maggior male'. 

X>f un figlhi td ujt pédte .-51. 

mo generoso, che sì dilettava di cac^s si 
sogno , xh* tra ammazzato da un leone, e te-. 
mendo cgli^ che , ^a^sto sogpo .non avesse ^ 
sortir ad ef&tto^, edificò una. ca$a bpllissinviM 
ivi menando jl. figli uolp^» teocvalp . ia .t>uoiH 
custodia, è.pfr^rnaggior Jifc^tazionc ai^wicli* 
pinfo i n'essa casa ogni spjttevdi aoiqiaily Jfà'> 
quali avev^ ^dipinto . ancora- uaJ^Dnc^^ ed il 
gixjv^aric; guarHandp jq«es^ì tuMaiia $ afflì^tev^ 
piii^, onde una voi fa stando apptffsso^ai leond. 
di'^into disse : o Herà crudele per tufi causa ^ 
e per il sógno di miopadcCs- io^ soo guarda- 
to in %ae$ta pa^a come io una prigkwf : e^i'' 
cendo qut^t parole, d*cde «drlla mano nfjlfi^ 
parete pej.cacciar .rac<^io al leoac,,e la per-' 
.•cosse in uo chiodo," che ivi stava ascoso, ICSf 
lece una gran fc^rita- per la. -quale gK >f«fla9 
una grave fi)?bre^ eé in.trVve si n^o;}, c-cosj 
il leone ammazzò il giovane, e nicftte gjoyi^ 
l'astuzia del padre... v » : * 

Sentenza delU fyvoh , : • 

Pe^ questa fivda i^oi- siamo aiamctviti> iriùf 

•fio poter ischi vare quei, che deve intra venire^ 

Di un calvo . 3** , - -'** 

%J e calvo portava i ,ciq?eJU l>^4tif e? « -». an^ 

oaa- 



D I BS-O PO. II. 

àatiilo i cavallo, il vento gli ìtrài capali (0 
testa I peiilchè mosse 3 rìso tutti quelli ch'eta- 
tio ivi presenti , ei^ ^gli tidciKlo incoiai disse: 
non- TI. maravigliate se mi sono cascati i capel- 
li I c&e non erano n:iei , peicbé mi sona ol- 
ccati ancora quelli .che etano miei prop,-j . 
SiHitnzj dtll» ftvot* . ' 
Qaesia favola e" insegna , che non ci dobbiv 
mo attristare, quando perdiamo le ricchezze » 
eh? DO! ai>biamo avute dalla natura, che Don 
, possono star di continuo eoo noi . 

DiuiM chi pTomtitmf tgli Dti cet* 
mpossiiiti, }j. 



u. 



_Vn povcr'iiomoe^ainKeimodi sette , ch'era 
difidato da' medici , e fece voto agli Dei , se 

I gli leadevan la siifii^, di dargli cento buoi in 
sacrifesJo . ScDteodo questo ma moglie disse ^ 

I se tu guatile! , deve sono questi buoi ì Ed cs- .. 

I so tìspùse. Pensi tu, che se io mi levo di 

I qui, gli Dei mi doma odi CIO questo? 
SmttMZ» dtli* favoU . 

> Questa ferola sigi^lìca , che mollkuomini h- 
dhnente uroraettooo quel che in effetto noa , 

Pi due <r«Mr , 14. > 



JNisur^come tu siaì te; se 1' Aqui^ ci co- 

lii fiTola ci dmioitia, cìmì rcBOadtvoM 
tteegcisi pctJ»lkiZ3., B» puic 



■A^oo 



rs tehirm , td mné l&jpa i- }Sb 



_J no scbinto' ftasdo sciali db albero ''SpiKr 
zava i denH , e 4a . volpe gli ilomaiKlò h cjo» 
n, pach^ DOM ne aMÌado DecoHÌià, ali'ort 
agnzsute <f nienti f Esw TÌcpaxi I^^Uo fd« 
pciché venendo il biiOgno, oca Tullia essa 
flcca)«to ^ aguzuie i deati : ma Toglip sU- 
R in qfdine. 

.^ottKXt.diUt favelm . 
■^ La &vxiIb ammonisce, die t'uomaile*e sttif 
3 oidbic j|Ec ogni t»si^iK>Tclie}io<MSiKCcd«e* 



JLj»-^ 



^jModola pKU Mi faccio diceva ; -piisl « 
me infelice uccello, non ho rubsto ni^OfcÓ 
ai argento, uè altra cosa prc^^, ma oa gn- 
twllo ni formenio ^ c^iui delU. mìa mette - 
StnitnM AIU favela . ' 

La fewla écanuà que\Q, che per uirpiccdld 
guadagoixiiitcttoao agraa pctioolo -* O* 



B i.iE« apio.'- %%$ 

IÌ>y un tmrviano * 41. 
I terviottò disse' uila voltaxa 4U0 padre ì tu 
tei msggKMrCf e- pia vdoce del caoci^e halle 
cons.gcandi^'tal. che ti puoi vQidiejce.: .9C 
perche hai tu sì graa paura d'esso? Hisposf 
dgli: tedici SI vttOi figtiubloi» fl {^ so di 
certo, ma quando io odo il latrare del canf 
stiblfeD 10 sonot ^EbrzttD a^.&ggijre.. 

f LatÉi^ar significa.^ che un tvmtdo'per quat 
sivogiia annnoni^ione «pn sì può Ìpi;tÀmve « 

a avaro vend^ tutti i suoi faeqi,«)p comr 
però un^ aia$sa d' oro ,. «d. ascosela io -un luo* 
go» dsYe^fiCQia pose .tutte il .^uo animoj e 
lat sua tttCQlc >: ed ogni ^i^no J' «ndaiw a v^ 
dere. Uno €QPoscepdp qmdstD^^ilelp taìse% Noa 
txommà^XiaiSl^to X oro» .CQA\Uiqò .a .pii$og«re» 
e si4!llàrsi t crolli», ed tossendo , ve.duto ^si 
piangere.» ad. intasa t la causA-s gli fu detto; 
non t'attristare cosi » . che avendo TiO^ tu «on 
r^^Vevif oca- ip càmhÌQi dell* oro oaetti^i un 
sasso, e datti ^d intendere* «he qu.ellò -si^ li 
oroi e ^1^1 mcdftsii^cb, fbe.fecexi .dall'oro, 
pot^f^re di questo; perchè quando tu avevi 
r orò i. i\X noi? lo, adoperavi ... 

La favola ci ammaestra, cKe se tu hai co- 
sa,- énon radopfKi,"^ quanto 'se tunonl'avftsi. 
L* Dtifoc^eyC le grtte^ 45. 

,<>chc, e le grue paste vano, it> un njèdcsì- 
iW^pràto j venendor i tacciatoti , lé grué che 
er^^,ièggi6re.> subito fuggirono, e l'oche pst 
ff&ier: gjcavi , e corpulenti , non poteodp volare 
furono, prese . 

SenttnKB deità favoU • 
\jiaL favola significai che quando sì piglia una 
città >. i |H3»veri subito fuggono , e i ricchi sor 
Pi4^^ F i ^- 



*^^' 



L. 



F A V L E 



gnasse viiUrai e l'.aqvtla diceva, icbe qiesM 
eri -fuori di sua qtfwa, £IU mttMÌa luagudiH 
l'aquila fa presccoq T unghie, la portò in al- 
lo > e poi la latciò cadete, ed eUi cadancto so- 
yfa-alcuBe ]>teUe tytta ìì ruppe, 

StHttUZ^illU ftvtl» . 

Questa ftvoU tigaì'ìci^cfae molti per nog 
aveie obbedito- a sav) e-frudwti l'twuofitt» 
male a loco oKdesiini. 

U' Di o«« ttrv»^ *(. 
Da cetva anìecata d'oo occliìo, pMCev« 
appresso al lido del mate, e l'oecbi» buoDo 
tenera veKo la testa pet p*un de'cMeiatoii} 
l'altto verso il niMe, dande niénle temeva^ 
Easnode indi certi navigMiti ]■ sHttaroao^ 
ed essa disse. piaoKesdo, cbe dove tenieva, 
non aveva avuto male akiiDo, edoade-noBteiheT 
va, quello le era accaduto, ed età SUta tradita , 
Sentimt.* MI» fsvat» . 
Questa ftvola significa, che alciua woint 
quelle cote che pajoro nocive , looo utiU, e 
quelle ciie psjono utili, sono nocive. 
Di ims «sany i *d mm l*«mt . -.46, 



DI ESOPO. iif 

xjnz cerva (uggendo dai cacciatori, eottò 
io una grotta , dove trova un t leone , « da qwK 
iO'fo ammazzata, e morendo diceva .* o pove^ 
«Ma- itte^ figgendo gl'i iìomìm\ co«d dita in pre« 
da d pm crudele asiniale, cnesta al mondo « 
'Sentéttza deUé fsvoià . 
Questa Civpki ùghifica^ che molti lUgfcùdQ 
i pericoli piécioH, inn>nttai}0 ì maggiori. 

U" pi utèM c§rif» e4 nnm viti . 47. 
na cerva fòggencfe da'cacciitor. si nascose 
sotto una vite > quando quelli furono un pooo 
passati, pensando essere ascosa, cominciò % 
mangiar le foglie della vile, e l^pendo strepi^ 
to i cacciatóri si volcarono pensando quel che 
cm , cioè che qualche animale fosse nascosto 
sotto qiieile (bglie > 'ammazzarono con le saette 
la cerva , la quale intanto diceva : qud che p*» 
t>£co è giustamente, pei'ch* io ncm doveva of* 
lirtéere chi mi rigoaKlav:i. 

La favola dimostra , che chi h dispiacerei 
quelli, é^i quiìì ha avuto benefizio^Dio [ica* 
stira. ' IV 

T> Deìf atift4 y M ktme^ § M £t^h l 48. 
X^asfevaosi il gallo, e l' asino ; Un kone sf^ 
saltòk i'.^sioft r ^ il :gallo .gndà«» li «koneia^ > 
percKft dicòno il leone aver |iauira della vòct 
del gallo . L* asino pensando che laggisse per 
lui > saguitò il leone , e quando 1* ebbe seguito 
tanto che il leone non sentiva la voce dei gal* 
\oy BÌ voltò, e taaagiollo tutta.5 il quale ino^ 
rendo con alta vooi diceva':' e sfortunato» e 
paxzoi ^ io non sono nato da padre forte, e 
gag^ardo > perchè sono io venuto a combattere? 

lia Sentenza di questa &vola è > che gli 110» 
mini prisma che combattano > devono conosce- 
re le loro forze > e così in of^i altt^ azione. 



FAVOLE 



XI l»ne età ìftmchiSW, nt' ammalato etace* 
n in unisp^Kincji tutti' gli antmaK andarono 
a visitarlo, eccetto la volpe; il lupOj avendo- 
l'^occaiione , accusò la volpe- 3ppre«o iJ° leone, 
che ell^ poco «imiva il sigaore di tutti (li 
aDÌmali, e perttiKitò-Tiflii età ««nuta a TJù,- 
t»tlo . Et» ([uMto renM fa volpe^, ed irtcK (• 
ultime parole (M'hjpo. It lione ti adiiò con- 
ti» di lei: ma^b dfee : chi di que«lt-,r eh* 
itm Venuti, tanto, ti ha giovito quanto io, 
eh? sono andata cetnnrlo per te la medicina' i 
«d hoHa ritrovata? H leone eomands, die di- 
«Sfe la medieioa, e^ essa rispose; ievi h pél* 
le dal lupo vivo, e cosi otta mettitela. addo> 
so. H lioiK sabito atnmaTEà il lupo, al qu^Io 
giacetiilo ih terra motto, la volpe ridendo dis- 
se; non iùsogna. conTtnoveie il padrone alunni 
«oltre-, ma a ben volere . / 

SenteUX.» iÌeU* fkvei* . 

La favola dinota , che qiierlo che ogni 0Ot' 
fio macchina; n^aie, spesso cade txl tacciosuoi 
n'fdfììmo., 1 Jffl: 



D I E S O P Ov iz0- 

Ut>$un itkàrgscd e della sus donni, ^5. 
08 dont» arendo unr iQarito ubbriaca^ d. 
voiendda gaanré^ da , <|uella ubbttacl^^ 
2a > foe questa : tróvaodok) ma gìotno ubria- 
co lo portò in ana sepoltura, conia mòiàp . 
Quanép peosò'> clie- fosse .«vegliato» andò» e 
batr^' alf*'}lsció <)el s«pd!cro ;, ^ed egli disse' . CKi 
sei tQr che bsltti alla, porta? e k inqgtie ri*; 
' spose^ k> pòrto da . mangiare a' ia#rti . Egli 
rispose: non mi piosiar' da mangiare v^na' da 
bere > tu mi dai mala nuova quinoo tu im por<^ 
ti da ma^iaxe-'e sobdabete* QaeUa piange;i«- 
do , disse : p sfestanata ine eh' io sw t* lio* 
giovato niente con V astiizia > pe^ctò -ébaiolcy 
noa ti-^i emendato, iQa sei dÌYenldto p<i|^gioie • 
Stntenzé dtlU favola . ^ ' 
Questa favola e' tosegoa , che noiv/, bisogas' 
perseverare nei male 9 pexelié la consìietui^ae 
piaga assai T-uomo al jnaa| face, benché m>Qi 
voj;lia . 

Z)/ un' ci£tt9,7 ed utf oca . ^6, 

i^n uomo fìcco.noJriva un cigno , eé^utT^a, 
r imo ^r il cSRtQ > r altro* per mangiarla^ .Ti»^ 
lendo an^massare: l' oca io tempo di. notte, 9 
Qoa vedendo qual ;fo$se l'oca > fu in lei cambift* 
pceao iLcigop', e dpvendoessere ammassato eoo 
cantaèrfa <3onosciuto,,e così 6jg^ la moile. , 
Stnttnza delU favela . 
La ùvola dinota, che la virtù; giova anche 
ne' pericoli di morte . ^ 

J>clM9tAt, sr. 

vJji uomo ricco; comperò, un Moro, e pean 
sando quel color negro essere per negligenza 
di quello, tentò con ogm via l«¥tf|tlo> m^non 
gli pot^ mutar mai colore. 

Stntenx^ della famht, 
I^ favola significa, la natura di prima star 
sempre ferma> e ch'egli tentò rimpossi4»ilff. 

F 5 I>el*' 






W> FA,V>QL:Ar 

» ronalnelko e* la cornacchia ccHnI»ttól^3|o 
ÌQsijeinc .'deità beUeszai^ >la cornacchia disse : 
ia tua beUczsa soldMiieate,- £arisoe la^ priina^r^* 
|r£k> e, la mia4<Ìu|;a„anopi^ il.^r&o. .. 

SintemMs,deìla favola'*. . . ^. 

La £ivok dinota b fòcza/^cl corpa.cssece 
miglior^ , che la bellezza . / . , . 

T DeHthoivttta i e dilla natfaU» fS^-, 

JLm civetta p«3def«dovda. uo^ finestra, la not- 
tola je dimandò . la^ causa > perchè . il giorno 
stesse quieta » e la. notte cantasse. Quella. >ri« 
spose ,. che questo .clia .£iceva » pexchc- un gi or- 
so cantando fu presa . AUqn la . nottoU dis- 
sej ade;i5SO noiv ioi^rta -,. che ti sii cauta p^sr- 
che non hai alcuna uilUti, ma questo dovevi 
£u£ avalli , che £ossi. presa . • . -, 
Sentenzia della. favela^. 

La favola significa, che neilfi avversUà^c 
inutile la penitenza . . * (• f 

xi , figliuolo d* un villano cuoceva al Fuoco 
, ótìit lumache > e .^etitendo 9^ che quelle can* 
tivMo» iiisse z oh- ribakii, : e osttivi- ftoìtnali > 
t' abbruczano le^ vostre, case , e voi cabliate ? 
Sentgmza.Jjelfa^ favola ^ 
Questa favola dinota > . che ci©/ che 'si-, fa 
luof ^i toni]io è vituperosa, .;'' 

Udì una- vedova y e-. deUefamésch^. ^i* 
Ila. veilova aveva certe .fantesche» le quali 
solevano, ogni notte destarsi al, caatar. de) «gal* 
lo • Onde essendo . faticate, assai » furoiia; tut- 
te di., parere d* amntaz^are il gallo d^^nestico , 
«ime; qutiHo». che 1» notte- destava la padr^ . 
Qmnfs «bbero &tto <Yaesto-glivavvx*Qne isK^gior 
iMier pefdièia ipadcoi^ non sapendo IVofMel 
gallo >. si levava i»ia presto del/solito. 
Sammij^ Mia favola^ 
Questa •£jfvoki dioipstra^» che^a aaolnittoqaioi 
i consigli leia sono, causa de' ^n». sitali r 

Vi 



ITA £« Q PO. *|x, 

DJ ttftM dettila t»(Mttf4nhf, St, " 

Ipf ni donna inctntatrkc prometteva ^l feftr 
l!iratlegli Dei , accloccW- di qtiesto ^ guadà- 
ffoasse . . Alcani l' adSusatono-come^ empia > e 4a 
fecero condannare a molte, l^no > vedendola- 
meoarè alfa mòrte^ disse: Tu che soleì^- miti- 
gar Pira degli De^; perché- non hai saputo 
mutare. il, consiglio degli uomini? 
Stntèn^^detU favola •' 
La (avola dinota , che molti ptomettonD^i 
gran cose , e non possono ùr le piccde . 
Di^un.vilhno i t délU fòriuv^'. é$i 



u. 



n villano ^cavando lé teìrra trovò *onaqaan*- 
iità d* oro , ed ogni giorno coronava la terra 
per quel piacere > ch'egli n avQva avuto. L» 
Jprtuna apparendogli, gii disse: piai perchè 
attribuisci tu. alla terra i miei doni , quali i» 
t'ho dati per arricchirti? Sé si. muta il tém- 
fo^ talché l'orq vada in altra mano >. alloca lo 
so-, che tu. accuserai- la fórtuna -,. ''^ 
' Stnttnza deHa favola . , 
La £iVoIa ammaestra-, che si deve conoscere 
il. benefattore, ed a quello essere obbligato. ^ 
Di: due. pelbigrini . ^4^ . 



n 



uè andarono per* viaggiò inskme, e.uttdi 
loro %rovò un' accetta,. e quell'altro ammoniva 
il compagno « che non dicesse : Ho trovato , ma 
abbiamo trovato \ Quindi a' un pUto di tirmpo 
•quelli eh* avevamo perduta i' accetta ,' gli assal- 
tarono . Quello che r avéa avuta disse al com- 
^gno:. diamo morti; ed egli rispose: d^soa. 
{nòrto., perché quando trovasti F accetta dice* 
ftii l'ho trovata, e non T abbiamo .trovata* 
Sénunsia delia ^^favoUi ' • ' , 
La ^vola .significa , che: quelli, che non so- 
Ào .stati partecipi del bene, né del male> non- 
sofUsioo esser. £simi amici , « ' . 

E i^ Dt* 



/ 



•r A V o 1^ :&, 



tÀ Mrh pescava in u[> pintanè fbncta i e A\ 
l'ungi' deth strila-' l'alba nella strava lO^cerBi. 
un poco a acq.i(a . Quela che slava Dcflo , >fl- 
gfa a'ramonì. ^urtt' altia , che v^nìsS; a se. ibe 
vili sicumnenteaviia potuta maqgìaire. QMlta 
npo i* -rol)? obbedire, aìceiiekile, ebe arcvain 
i>ratic^ lupe'' tenipóqud luogo > ilotRtito; ^MQ^ 
un caito, che là peità liitta. 

La fàvob dimostrai che gli uomini^ chf 
bsabb ujanza utti ve ì jjJÌMtcìiio (naojono^ cfae^ 
mutat nà^u|a". ; 

ÀDttk ipi..6t.- 
odo DUO. alte celle cUll' api > quando ^ 
paHrane non v' era , né. le a^JÌ , e r>ré- 
K il mdc . Come il-, padtpoe tornò > e vide 
Je cèlle vuote, sfava ajn mira to' del poco me- 
le , che v'era, e guarrbva quanto ne mari* 
Cava . Tomando le api' da pascere quando 
videro ir padrone alle lor. celle, lo feriiono 
coi loro' artigli . Il padron» sì voltó^ ad- es- 
se dicendo : oh mali animili .< queHo > che 
vj ha rubato il mele >' avete laiciato and» 



uno, e* sallH>y emexiie ibo cor^ dì Toim'o^ 

Là fiif^Ia^tiinota alcuni u<>iiiii»i per- la lo^ 
ilfifocao^a baciare andare i i|emió> e i^cddH' 

gii, ìittpic>> £Qine lóro ItimìIjNixU. 

* ■ . ■ * ' 

j alcione 2 un ucccHo s^litjkrlo , che sem*^ 
pre vive io ifiare, - ed adendo jp3Ufa de'cac-- 
ciatoriv>. fa il QÌdo negli scogli elei mare . . Ar 
vendo una volta fitti i st^oi Sglltifiiisi , jivvsfn? 
ne» cb^- nel mare Tcno.e una graiK tero^esù ^, 
quando età. andata per. trovar, da. mangiare , lo* 
tanto elle 1* acque andarono sopra il nido , ' e" 
r«a&93ioaD.. !]^Da toriata di$fe > jredroflo que^. 
^o :. o s£Qi|unà|a nfi > eh* avenda fvgfita ter- 
jgl jcome piu<|icM^^r> mi son me6sa. i» .<|^i^t% 
luogo >^b? era più psiicoloaol 

hath^usAà e' ipsesgiia^. che molti jiomiiu si 
giiardac» da'neinici^ e poi litoEi^asiQ amici >. 
^ sono di qiieUi peggiori « . 

peccaMc pescaodo ìdvQo. finioe' spaisi 
la rete, e pigliaado due corde > «die spiali a ve-^ 
va, iegato^unlasso > batteva fortemente Tacquà» 
acciogch^^ i p6$ci dieiscro siella rete . Un.^ certa 
a hii vicino vedendolo £ir questo ^ lo. lipreun 
dcva> dicendo, che ioloibidftva' il fiume, é 
2ib|i poteva bever TaCq^ chiara . Costui rispo- 
se: s'io non . intorbidassi ia tal' modo il. fiuy 
n}t } io XBOtisà. di. £iitie . 
- — ^ Sintenz» dtlU fàv^n^é 

' Questa brnj^di .dinota , che gli uoniSbt deiiv- 
citti^ allora éono noaggiot guadagno tiuanda^, 
iwono inesso s^ùùoae ia;e9sa. 



' "Di uà* ttimU ti,»n iii^t. ^9» 



no , meibie a sollazzo cagnuoli })icdoIinì e - 
Aimie . Alcani di loto mvigSEQUo avendo una 
scimia con essi Idro, e vetmero a Stiùo ^Pco-- 
raontotio, dove una gran' tempesti affogo It 
nave, e tutti naotivano iiKiemc con . il sci- 
mii'.^ Un tlelfiao, vedendo Ja kìAKì nuotare . 
pensò, che fosse un uoino: e levaditoii dall' 
acqua la ondasse in tetra. Qbando furono nel 
Pireo le dinlandò di quai gente ibise Atene . 
Xia scimia rispose esser nàta di nobile slirpei 
ed ititeKo^a, se conbsccTa, il Pireo, pensò 
che questo fosse uomo ^ e dtsK eìser suo gran- 
de amico , e umiliare. ^Allora il HelSoo : por 
^esla bugia si curmcciò, e la tornò a g«ttar 
net mare, e l'aflbgò. 

SrnttnK,g dtUt ftvtU , 
La favola è conira quelli , che non sapendo 
il vero , pcasaDO ingannai attrai . 
Dtlk maifbt . 70, . 



lira 



1 mole jpMso in un lui^oj rie ino- 

scti»:tVi rolarona , e m to mangiavano , ma io 
<(ucltp attaccate coi piedi non poterarò voU- 



ITI BSjtì^O.. «st- 
rev.taoto che tutfe s* zmga^óaq,^ e dieeraoo;: 

giare.. mommo I : • < 

La feVok«ìgnifica>'cl^ia g(^^/é. causa di, 
molli mali . 

VB$ Mercurio >, ed ufi^$t»$uéMrìo\ 71-'. 
oitnido>. sapere MètcHCto » cc^ne foisé stl-^ 
maio fra gli uomini*^ afUÌ(V.:( cas^ d;uao Statua- ;. 
t'ip in forma umana,. e..v^den<ÌQ.ut)a. statua di;. 
Giove, dimandò per quanta »>: poteva coupé- .. 
rare? Rispose vcolui* pér cento. scud ir poi ois- 
se t quanta la statua^ di. Saturno y e Giunone ? 
e disse : più » chCì di . qi^dla d^'Git>vc v. Dappoi ' 
vedendo b sua statua) pensà> che per esaec 
egli nunzio degli Dei ,,sppra il guadagno ,.fbs- ■ 
se tenuto in gran prezzo appresso, gli. uominì> 
e di nìand& delta sua ', A(tora lo Statuario rispo- 
Ac; Se tu. vuoi compcrar/s qucst* altre due> 
quella di Mercurio. te la donerò . 
Senttnzi^. dgUk, favola . , 

La favola lignifica , un . uomo . vanaglorioso , 
essere, poco stimato . _ 

Vi Mercurio y€ T$rcthJndovinktore^»yu 

;ì«W- ... 




^ . , olendo prdyat Metcurio^se Tiresia sapeva . 
indovinare > gli fur^ ì suoi jpuoì ,. poi. in for- 
ma umana, si , accompagnò - con lui ^ Avendo. 
saputo Tircsia , che' i buoi gli erano stati tol- 
ti , insieme con Mcrc'ucFo andò per sapere il 
Udrò de* buoi , e dimandò Mercurio , quale uc- 
ctiUo avesse .veduto,, in aere >. il quale rispose ^ 
«Ycr veduto. un*^ aquila > che volava da man si- 
histra a min destra. Rispose Ti£esìa : questo 
non fa per me: la seconda,voÌta dimandatogli, 
disse^ essersi veduto, una cornacchia sopra uà 
arbore , . che, ora^ guardava. Òì sopra > ed ora in. , 
terra: presto Tiresià intesa la cosa disse : que- 
sta cornacchia giura per il cielo, e per laterw^ 
m^ che se tu Vuoi io tìaytftò i miei baoì..^ 



tì$ F Ài V L e 

SémenU Mia fatmU . , 

Ctktnti potrà usar questo puUc ntea «t 
ladro. 



tiiie a cuctìi, e alt* a tirò a' guardare la casa. 
E quiHcU» il pidrone pigltara qualche cosa , lìc 
(lava patte al' gujrcfiino , onde il' cacciatole 
s' attiittara, dicendo: ch'egli di continuo an- 
dava a caccia a gran fatica , e quell* ^tio nul- 
la facendo si nodriv^. delle sue fatiche. Rispó- 
se il goitAixa^: non mi tiptender, che io 
questo non ho'col{>3 alcuna, ma il padrone,. 
che non. (n'ha insegnato durai fatica, ma di 
mangiar la fatica altrui . 

StnteiUJI dill» féVoU : 

Questa fàvola signiiica, che quei giovatii 
Cile non sanno face alcuna cosa> non sono da 
essete riprejt,.ma ì loto parenti, che non gli 
hanno insegnato . 

Dti tnvimi I liti!» maglie. 74, 



E.. 



1 la noglìe nemica a tutti quei che dimo- 
iavano in casa. 11 matito voleva sapete se que> 
Ito f^iceya a quelli del padre* e era cetlsscar 



DTE SOFO. tr^ 

sa la mfodo a .casa 4el p.-idre» ed ìcrI] a pachi 
di tortiatido essi^.k riijtian'tò' il marito come 
s*ec4 dtperrita con anelli^di-casài ed dia ri<* 
«pose : k bifbkfn , ed* i jn^otìp rm Yféevsmc^ 
xmU % ed il naarito disse: se .tii-avestr in oAtCh 
quelli , dbe Jianno cura de* brsti jdti f ciie 1 « noA^ 
tioa s» pBEÙfio-i «■ toroaDo h si^ru., ^e ^i puà 
s]ièrare.drqàeUi^leo'qaili lutto, il di comr^nvi? 
Senunx,» égUs, favois^^ ' 
Q^c^^ faroia denota» che da piemie catr 
si cofidscoàa le grsmòtg e> da cose niafiife^i» » 
conoscono k diifa^ipse. 



u. 



n^a^etio fiiON- della mamfra lasciifeOy énc 
dal lu^o |>ef segai t^o, edt egli a qjeito iu>fta«- 
tosi disse : o lupo > ^ucché io iio da essetr 
ttto pasto y aceìocchà io> miiffDJaxcmtttiPQ » suèa» 
imr.poQp la tua samppgpa. IJP lupo* caRtincià '9. 
suonare» V ii§nello a biliare s la qual cosi setir 
tendo ì cani coiiùoqiaroQo a seguitarlo , ed ec^ 
so rivòko a^'agneUa, disse l 'mi sta il dpve- 
Se; iO' sono cooco» ed ho. voluto es^i nàiiska» 
Sentenza àflÌ0 f0V0U . 
La farola d idiota > che q^uetil^ che lasci^aOk. 
k cose y alle qtiali> 9DQ atti 9 e vogii^Kio ftrcr 
altro 1 inecitaìtiente patlsoooo le avversità •• 



I 



]^LgtanMoy € deità mipt^ 9^,. 



1 granchio marino usci dal mare, e pasceva 

in terra . La volpe armata vedendolo ,. il pre^* 
se per mangiarlo, ed esso, disse r meciiamente' 
aiiesto. m! avviene > perche k>< soa nsacina, ed 
So voluto esser terrestre . 

La.fiivdia stgorfica, eh» gU uonili» «he k*- 
sciano i propr} esercizi > ed alténdooo a qa!el- 
lì, che-Roorse ^i convengono^ mertt^tnientiè: 
«no 2^tu)i^., 




FATOtE f 

sto iiltepei^bitd i^^yok e ii^fihm nel tèatio j ed\ 
avendo, mali canotto £à scicci^to coC^assi * < 

. Ita. £LVoh significa V che^oiolti ififiqgfqjpdo' 
Tarte rettoriica aelia $ca)»U r &i ponsano essere 
q^aichc: cosj , ma quando por vanno ia pubr- 

JMCO SÌMD:d[Ì':|JiQCGL'prff22W> . ."• 

Tp Det Udiri-: 78. 

X iadfi ^Dti9rcxK> per nibare in ime casa 9 e* 
n#n trovando cTie un- {j^lo , Io tubaroijo e 
sadàcoRo via. Volendo ammazzàrrlo:, esso dis* 
se: uoa nk^amTh'^zz>itè: <^iie fò ^on utile agli 
uDmini, e gii ^veglio iMoro c<crdz)..'Rispo- 
9KCO i ladri: e per qat^^o isto\ t* am\nì»%zi^mo^ 
pecchi ~ta sveglia qiielH ,^ e.ooi. non . pussiamo» 
Mifaare.. 

'La favola sigaific^^ che qoelle cose àhs so*- 
no ùtili a' biiDnit ,'a' cattivi -sono dubbiose > e.- 

I>i Mercurio y e del'ssrto, y9, *"" 
■ieve comandò a Mercaria che a tutti gli 
artefici, desse ttaa. mediciaa di bugie» .Egli 
&ttone un: gran^ bussolo » tanto che tatti 
»*av€S$etQ là- SUA fi^te» a tujtjti ne diede >, 
e gli ultimai luróno i ,Kirti : e. j>erchè nel bus- 
soio^ et^' restato una^gran patte del medica- 
flabnto^» loro- di«de^ tutto , acciocché hoa a« 
▼anzasses e di qui avviene» che tutti gli at» 
teiici sono bugiardi, ma i sarti, mai non di- 
cono la verità .. 

La i&ToIa è contra^ gii' artefici bugiardi • . ' 
"^^. Di Giove, «o, 

^^^^^aando l^iove ebbe creati gli uomini t at- 
tui, ^i ai&ttL lor concedette >, eccetto che. 

sii 




•" D* ESO»*. 1,^ 

H'KOtdàdclU vMg^ni. Undr.moti' redencfoi 
per qvit lut^o h'pMetse-flMiuce'i <k -cDmao- 
éò chr addane pc'" wzzo ì» tdrlw. KHa fit 
eonfeiita ,. piit.- con ^nto^ patto, dksrl' amoiè- 
non ei'Teniste; pero scegli cientta p.dtà su- 
bito né- esce. ^ 
• smttnx» atti» f^mUL 
h* favola sìgnificas cfaelilUi gì 
tt sono sema v«[jbgiM. 



Ininfati . La tartantea tatéò molto a véìii-. 
re.l Giote mataTrglJna di questa lanlltà |. 
le aomandò la rauss , ptrrfié- tanto- a»e»a, ts»-- 
dsto di' yeirit- n pWb^ EHutiJjiesei la mia 
catSi e buonissima c*m mi bi' fiFuft&to. Oli' 
de Giore srfi^gnato-, la condonò., che p«pe-- 
tuamente ]>art3sse li tin casa addosso. 
Si Minte: Mie favtlift 
La &voIa Sigiifica, che- cntilli uoteihi ^tl 
presto , Torfiono »i»cre da se poTcramente ^ 
che con'4Ki"^':w"*'e''te. ■ 

Itirllapa, I ttlll»''^Hort . 8t. - 
I lupo essendo motrìcaté da* cani, (u tutt* 
i^alti^ttiito ). cke gìxen. in ttta, e mo-- 



monetò' UQ'« ^poc« tii AC«[ua cttceofio^k* se t» nu 
dai da bcMV H -nMngtiìre lo ttftverò dx^ier me» 
Queila conosci ati^ii Ma^ maitent disse: se io 
ti dard'dtf b«r«, il rnsugid^e toofssaò ia.t 

h» favola ùj^mfka «uQTjibsildo) cke con si«- 
mulazione vuoi tiddise i .semplici . 

LDW/f /e/w/, 83. 
; lepri combattevano con V stqMxy ecb)iB<- 
fflacotio in ajatò le vòlpt: le quali rìs|>Qsb- 
jo : noi V ajutaréssimo , se non sapesStao 
chi voi 'siete , e con chi combaittete . • 
Sentenzia tklU flfvvla . 
La fii volarsi gai fica ^ che quelli, che combat- 
tono can i pki fotti di loro disprez^Do la 
salute i • • 

L "Della formica , S4. 

a fornisca già fu un coo^adìno, che non 
contentò delle sue proprie ^fatiche- togKcvii 
i frutti a* suoi vicini . 1&io*vé sdegnato ^r 
r avarizia di costftb lo comìnutò in quest* ani* 
male. Aveadoregli mutato còrpo, con mutA 
natuta : perché ancora va per li campi , e ru- 
ba le fiticbe degli altri , e le nasconde . 
SeìUfnxM delU fitv^lt* -^ 
•La lirvob dì mostra, che ^élìi che pernii»* 
tuxa sono cattivi , te ma tana stato, non mtn 
tduo costunsi . . . •. ; 

L Della nù%tùlért deik dinmoU» S5. 
I nottola cascando in tetra fu presa da una 
do limola , h quale la voleva ammsazsacc '> 
ed essa le dimandava -di grazia > che non Tan- 
inazzasse . La donnola rispose , non poterle ht 
questa graeia, pecche era ncaiica à tutti gli 
uccelli . Kd ella rispose , ci>e non era uccrllo» 
ma un sorcio , e però fii lasciata gir via . Un* 
altra volta cascò anco in tersa > e fu presa Am 
un' altra donnoljf, ed essa pregaraia> che noa 
V amna^zassp: « quelU rispo$f che . cm nemir 

ca 



Di KSO?,0. ,*r 

et s tnttH^jsTci. Ella ng^ose non esser* 
SQKia,- im DI) aeccHo , » coù u»mfà ed e|)r' 
bffk-vita, pntfM'ù mutò il DOmt. - >. ,r. 

La ^vob sifm^i cbe noi non abbiamo 
etKi quelli rne^nraii sefflpccipMcli^ quelli che 
si moLsiOt'fiifeoao spello i'paticaH. 
DiìTirUtgtHÙ. iS. 



Au 



_ Vienili pelte^ìrù' mdando in viaggio ap^ 
puu« al lÌTo del mare , da ho Ino^o eminea- 
te viderv molti sarmenti, cbe Teaivano -perii 
mare , ed eisi pensando , clie focic .qualche 
gran tare aspettsrono, the uniate a quclluo^ 
go dove etana. Quando ! sirmenti furono ^iù 
avanti, pvnaronoicbe non èxx Inve frande, 
-ma un!) mticelli.. All'ultimo, quando s' acco- 
-starooo, comtbbera ct«t iitmentL, e dissero 
"Ih loro; qaanto . abbiamo affettate quel che - 
fiMnte eia.1 

&«»MW A/Ji ffVaU ... 

' La favpla lignificr. cbe ^ uomiai , elle d'kn- 
yiBVviw pa^no tcrrihiii i come sì éipot etpe- 
ticfln dì wto , non sono poi di tanto prezzo . 



' J t alino stilistico av«ado Teduto l'atino d»- 
\ncstico, anìjà i JuV, 'C- vedwiite Tapp^enzt 

«nvi feliu. MaMiM'Io «idcpoi 'carica, e 
che il -pxlrotw lo t»ttev« spe»0 ilijt^c: di oti 
ìnnaDZi io noi),ei.cjbi^ictò«pì^ (éifce, perche 
v^goi cbe'queita tua ftitciti i pi«m -ili od- 
ti-msliv ■ ■" 

5m»niU diU».:frvtU , 
<La fàvola c'iDMgna, che- non (tobl>Ì3imv;«e- 
^i^ite i giiadagoi -quatido «t)D piedi 4i penco- 
li) e iQÌseiic.. 



OtgH wtim-, it, . 

'VjT'K aniTÌ manttateno tinthaseiatori a'&isw 
'a diiitaiulare ')'aaK>1uz(one delle fittcht lore-t 
■Gio»e Toltndo mostrata, fhe non si 'potelM 
'Site, promise 'vhe li 'voien liberate , -^ilaxéo 
tutti insieme pìsciaoHo s*c»ero fjtlDiun -•fio' 
me. Prosando loto , che -Giofe 'diceue da' do* 
'▼ero , da quel tempo in qua , ogni votla cke 
'l'asino tran un 4uo^b dove abbia-putiala uà 
■altro aànoy subito u iermi /pci pisciare-. 

St*f 



Xa favola sig^nifica » ette Ir sorte dati *du 
e .. , J>eii'iisma 5 f della V9lp§ , S^ 




I {i; isioq 'anelava. a, fpllazxo con ima -pelf^ di 
leoì^ Vestito e-sbi^ttiya<.g4i altri »iiiBa)i: e 
xomf vide la. »«lp"5» 'Jtn^à mélttrl^ p-^ar». 
Ma per caso raggila ; Sentendolo' la volpe dis- 
se : pet^ cesto ; so ip^npn ti ^ift^ì udito > ip 
avrei jpaura.^ ' . s^. . , « 

(«a'favQl^ si^nifioi ,. che molti igiief^nti ^*pft- 
70110 saper tmalcìie oosa a chi non: gli goda*. 
tce^ (na come padauo^.sqpotscopecti.^ 
Veli* àsino y € dilla rama , $6. 

j aMno.carìcDdi'iegna» passando per aoa 
^aallude > per disgrazia cascò ». e per non pò» 
.tersi- levare si doleva» e to«pirava« Le fa* 
li^ch* erano cell^ palude .udendo isospiri dell' 
'^swoy dissero:- che .faresti tu.se tu fossi statò 
.tanta tempo qui , conae siamo stati noi ì 
Stnunx^ della fav^ia^ 

Queste .parole si potcebboi» usar coatra un 



*Hiki die ytf picciok.fikticlie^ ]$'jKUista 



óat 



F A. V O L A- 
DtU ésife , t Jet ttriit. 



Xj' alino aveva un TÌvanteo nella «Uenti e 
pattando' iF) un prato , on corvo gli -nU éi so- 
pra, e gHdo bee»TRf farine riggoiava , esal- 
tava. Il hipo vedcRtfo che ìt padrotre te Ut 
rideva, diste: a noi altri «fortunati, comesìa- 
mo lolinierite vedati , d è gridato , e siamo 
perseguitati, e di questo ìl padtoM se ne rìcU. 
StmrMui MI* fàvvl» • 
La ^TCiU rìgnifica, ehe i malf^tarì -tciap 
conosciuti solamente alla vìita . 

T , ^ ' 

» ' asÌDO, e la volpe, andando insieme & cac- 
cia s" abbafleimo m un Icone: la volpe v^en- 
dolo aBdòìobito (tinanzial Icone, e disse che se 

fu voleva perdonale, gli voleva dar in mano 
asino? ed esso dJae, ch'era conlenlo, e h 
volfie menando 1' asino , lo fece cadere io cet%I 
lacci . II leone vedendo che l'asino non poleva 
fiiggke, prese la volpe e pòi tornò aiUtiw. 
Awnr^ Jitbi févtlt . 
L«&iroU'diD«*a,che-qódlit(lie m^beooo 
ilot 



D I -E S Ò.P 0. Hj . 

mi 'Comp3gn^J^ spesse ysAtc ipviiiano se mcdes ^■' 

Vells gaWnsy delh ronMtnìh ^ "9^, 



u, 



na ^alliaa trovate alcune ova di serpente 
le coro. Vedendo questo la roifdìnella disse: 
« pazza , che sei ,. p||^chè. nodrìsci tu guest! > 
<rhìé collie saranno cresdutì, cominci cranno da 
te*» far ingiùrie f 

Sentenza della favola. '-■^ 
La favola significa, la crudetti non potersi 
mai piacete > bénthé le siano fatti grtintenefizj. 

Del atjfnnèllo • 9^, 



Lii 



Ua'frimé^ ypftài che H cammèllo fu veduto, 
glt uomini vedendo' la sua^ grandezza fuggiva- 
no. In ispazio di tempo * conoscendo la sua 
mansuetudine} tanto si confidarono, che gli 
andarono appresso: dipoi comprendendo, m 
lipn' aveva ira alcuna , *tanto più 1* incom'tpcia* 
Tòno a di sprezzare , tanto che gli posero 
il freno ^ e lo diedero a governare a*fanciuHi« 
$e»tef/ti della favola . * 

Xa' favola dimostra > che ie cose- terribili si 
fanno con la consuetudine di poca 'stima . 

V0I terpentt . 9\* 



E 



iZ/ssendo calcato il serpente da molti si la- 
mentò con Giove,' il quale rispòse: sé* tua ves* 
si morsicato il *primp, che ti -pose il piede 
addosso, if secondo non aviia avuto ardire £ 
«difenderti. 

Senteuxji della favola . 
La favola dinota, che -quelli, ciie resistono 
ai^rimi, che loro f inno ingiuria, dagli altri 
sono -ppi rispettati . 
T Della C9ÌómBé. 9S, 

J_Ja colomba avendo sete , vide no vaso d* 
acqua dipinta s pensando, che fosse acqua Ve- 
ca*, levatasi in >lto i hàXìi- tasta forte ia 

G qaclf 



/4^ FAVOLE 

jcqua, dipinta» che tutte le penne se legaast»* 
lX)DO > ed in terra cadendo fu presa. 
Sentenza dfllé favola . 
La favola dìnotaj^ che alcuni per troppa al* 
legrezza fanno le cose senza consiglio > e met- 
tono in .ruipa. "^ ' 

na colomba essebdo nodrita in un coìoin^* 
bajo si gloriava di ipoitt^figliuo} > che ella £2-' 
ceva. Lsu CQroacchia le disse: taci» pò farina »^ 
x;he più che ne partorisci V tdsAo hwggioc hr 
sticiÌD ti accresce). > 

' Seutetix,» aeila ftvols • 
La favela dichiara, che tra i servi» quelli 
sono pia infelici >^^he partoriscono jiià ifi^ttao* ,' 
li in servitù. • 

U,^ Bi un uomo ricco. . ,jS. 
n ricco aveva rflie. figliuole: una di e&s^, 
sioreodo , egli tolse alcune donne per denari -, 
che la piangessero, a cui^ l'altra ngliuola dis- 
$e: noi che siamo addolorati dovremmo pian» 
gere più che .queste» che .non hanno dolore 
alcuno > ne ci lianno che fare . La madre, rispo* 
se : non ti maravigliare , se queste si Umpita^ 
no» perchè lo fanpo per C(gioi;»e de' danari. 
SemenXM delU Jàvoh • 
X^a favola significa» cKe alcuni uomini ga»- 
^agoano 'dalle ruine d'ajtri. 

Vi un pastore ,99. 

U. - . • 
n pastore avea condotte le sue pecore sot- 
to una quercia, ed avendo la sua veste lasciata 
in terra, età ;^sce$o sopra l'arbore per^far car 
jdcr, le ghiande . Le pecora mangiando le.^TuaA* 
de, mangiarono ancora la veste. Quandp II pa^ 
stpre venne a i^asso., e vide quel che > era fat- 
to, disse : o pecorelle più cattive dell^ ^^^^ 
V altre sogliono dar la lana per fai; le vesti , e 
' ▼<» » Je q,vali *oi|trisGo > oh togiìqjre U nia • 



©I. ESpPO. 147 

StittenXA itila ftveU . 

Xit favola Tuoi, olire, che molti Bpnùn per 

pMiìt tono piacere agli stiaiii) e daoDo agli 

,, ' pi un pattare, too. 



Um pastore av«va^ana bella mandn Hi \ao- 
che ,■ e petdenclo un Titello , e non potend<^ 
trovare , fece voto a Giove , se tro*ara il U- 
I (ìro At\ »iteHo , sierificjrgli uo agnello. Cam- - 
min^ed» av3Mr trovi sotto una quercia , che; 
un leone- sei mangiava. Costili sbigottito,, 
alzo te mani ai cielo , dicendo: o Giove, io . 
ti aveva promeiw un agnèllo- se.trevara .11 la- 
dro , e a<{es«> ti pcometto on toro , te t» 
«campo dalle mani ne . 

SrnrrH«« A//» fswh. 

LLa £iTo{a è contri -rIì sfertiinali. 
' ■ Diir aqui^ . ini, 

aquila stando sopra una pietra per .piriii- 
le una lepre, fu nettata Ja una binda alT'al- 
tnt', > qutnda vi-le h sommila HHIonti^le, 
disset p-r mio maggior do|ofe ioi8iw*iiittn- 
Zata dalle penne- 

SrnlrfZf iMIt ftvofi. 

La favola sfgni&j che è gcm dolore QMfc- 
00 akuDO parie da" suoi ptopi; . 



I 



T4H FAVOLE 

Jìel vettne , t dtllt volpi . lOt. 
.1 ver noe usci fiiora della terra , e A\i$t a 
tutti gii animali : io sono meclico, e so tut- 
te le medicine, che si trovano, coro* il niedi- 
co degK Dei, chiamato Peone, A cui w det- 
to: in che modo vuoi tu guarire, altrui non 
potendo guarire te medesimo» che seizoppo^^ 
e stroppiato? 

Sementi» dell» féVQÌa, 
f La favola significa , che quel che si dice > é 

/ non si può provare con isperienza, è poco 

creduto . 

D/ un* gallina che facev* 1^ evà d'oro 1Ò3. 



A 



.veva una donna una gallica che diceva f 
ova d' oro , e pensando che dentro a lei ^S9 
una massa d*oro, T uccise e trovolla dentro 
come r altre. Co^i volendo trovare una grande 
ricchezza, fu privata di quel guadagno* 
Semenzét^elU favole. 
La (avola significa, che l*uomo si d^ve conten« 
tare delle cose presenti', e fuggire T ingordigia! 

UDel lupo , e d iinfa vectbia .. IQ4, 
11' lupo andando a cercar da mangiate , 
andò ad uniuogò, dove senti un fanciullo » 
che piangeva, ed una vecchia , che diceva; 
perchè tu piangi , io ti voglio dare al lupo 
che ti mangi . il lupo pensò , che dicesse àt 
«vero, ed aspettò assai. AH* ulrimo udi che la 
vecchia faceva èi^rezze al fanciullo, e gli dice- 
va : se il lupo viene, io voglio, cheTa^mmaz- 
zìamo . Come il Iqpo intese questo , andò via 
dicendo*: in questa casa altro dicono, ed altro 
fenno , ' •. I 

StnttnKa della favola . 
La^^^nrola e cootra quegli uomini ^ che di* 
cono una cosa, t he fanno un'altra. I 

1. Del leone, e del pulce > Z05. 
1 pulce andò a trovar ii leone, e, gli disse ^ 
tB oon Sei pio feroce di me , né io ho di te 

pau* 



DI È S OP 0. i49 

paura > é se vuoi > facciiiinone sperieoza , ej 
entrogti subita nel nasù, e comincipllo amor- 
dtrc. Il leone per dolore con i* unghie il naù- 
so si gr-jffiava ; II' pulce avendo vinto il leo* 
nc> gridava vittoria, e se ne volò via, ed en- 
trò in una tela di ragno da cui sentendosi di- .; 
voratc» diceva: io ho combat ruto, ^ vinto il , • 
maggior animale del mondo, ora sonamm^z* 
zato dsl ragno, eh' è il pia vile animale, che 
si trovi . 

Sentenza della favola . ^ ?'-' 

La favola è .contro quelli che vincono t 
grandi , e sobo vinti dai piccioli . 

IDel gallo, io<^. 
1 gallo raspando nel letame trovò una pietra 
preziosa ) e disse cosi: se ti avesse travato uà 
gioielliere sam stato ricco, perché avrebbe sa- 
puto quantd^. tu fossi valjLila., ma a me di po- 
co utile 'sei , e i>oco ti stÌRK>',. pecche phì pie- 
sto avria voluto un gcanelio d^oiQ, che tutte 
le pietre preziose del racuido. ' 
Sentenza della favola . 
Per la pietra preziosa considera la sapienza, 
e per il gallo considera 1' uomo cattivo > per- 
chè i cattivi non amano le virtù, ncsao&o^ 
che cosa s' adoprtnó . • 

2>e>/ lupaie dell^ agnelh. 107» 



B. 



beveva il lupo da capo un rivo, e vedendo 
un agnello, che di sotto beveva, gli disse > 
che gli intorbidava .l' acqua > l' agnello tremava 
di paura , e pregava il lupo che gli perdonas- 
se come a persona innocente} e che gli aveva 
bevuto di sotto un buono spazio da lui, tal- 
ché non aveva potuto intorbidare il suo beare . 
11 lupo tuttavia gridava» Tu non sai nulla y 
scellerato; sempre tu mi nuoci, il padre tuo 
e tua madre sempre mi sono stati aemicà, 
e tu patirai la pena di ogni cosa. ' 

G 5 Stn^ . 



/ 



1^0 TAVOLE 

SèmémcM Jdk fanooU . 

li prcnrerbio antico: &3alaiente si tro^a ì! 

bastpne per ht malìe al cane . Se ufT uomo po«' 

tente ti vuol nuocere > facilmente troverà cau* 

sa . Assai ha^ errato chi non può resistere . 

'Dil'smh.y.t dtUérànà^ i^^ 

V/ombatteva il soscio^con la rana. sopra i pas: 
ludi) la giieìta era grande» e dubbiosa. It sor* 
ciò stava ascoso sotto i'ecb^y e con inganno 
assaltava h rana > ma la rana . era più, forte > 
cbe r inimico» e T uno e- r-9kca avevano T 
asta di giunco,, ta qualcosa il nibbio veden* 
ào di lontano, corse loro addosso» quando V 
Uiuo e r altro attendeva a comb^erci e presi 
che gii ebbe anìendue li mingio;^ 

Sentenza diilor fayoU^\ 
Il slmile accade a' cittadini p3rt]gi.^nK ch« 
quando |>cf cupiditàdt s^goore|^giate s*4>f{vndo' 
no. iun raltco, mettono a pencolo la loiTitai. 



p 



assando li c^aè sopra ùif fiumft con no pez» 
»o di carne in bdcca-, perchè la carae faceva 
ombra nell* acc^ua.., e f^aèndoja più ^i^ssa , 
lasciò quella cfie aveva in toocca e segui l'om' 
bra. Sbigottito per la perdita della carne, .e 
trovalosi fuori di speranza , coiSMnciò a dire : 
o misere , tu dovevi pur "mettere firte al tuo 
desiderio ,• ^d appetito ^ se tu non Ib^sì stato 
pa^zof ti bastava quello che tu avevi: ades* 
so per la pazzia non hai cosa alcuna . 
Sentenis» élèlUfav9lék» 
Per questa 6 vola noi siamo ammoaitir, che 
non lasciamo le cose certe per riiocerte. 



I 



1 leone aveva ^tto patto con la pecora , < 
certi altri animali '» che si andasse a caccia , % 

ciò. 



DI E SOPO. 



Lii II- a yr c \Jt ijf 

ài éhe si pRndesse fi»*e comune; fceseat 
m «IVO e io ip.artirono , tutti votcTaao la 
lor parte . CtuCciatifloBi il- leone disse : I» 
jitiim parie è miai pecclié «oa più degno et! 
voi, l'altra e mìa perchè io ho- più fbtzadt 
To: ,' e pct esscmiì aifjticato pili ai voi > vo- 
glio ancora U terza, e la quarta i se voi Boa 
me b date i sì pattila 1' amicizia • 1 compagot 
inteodendo questo , aodwono -via taciti saa» 
£u pirata alcuna . 

SfarMw della ffJBfU. 
La fetfe semfi» è rarai e masiinke ia qutta 
età, io cui è pili rara appixsso i potenti, e 
tempre fu così: onde è mt^lia vìreie coti suoi 
pari , perchè chi vive eoo uouitiu dì luì jiiiì 
^lotenti , tùsogoa sempre > che ci lasci andar 
del suo, e eoa un pu Suo sempre U lagiooe 
sarà egmle. 

!>■/ Ii^-i * dflU grm*. Lii. 



u. 



a lupo mangiando una pecora > » cani qb' 
orso K gli inttavetiò nella gola, e cercando 
mol ti I che gli dessero ajato, niuQO trovava , 
che ^1 curasse . Kd all' ultimo icon assai pro- 
fi y mct' 



mi;t r^A y O L Er 

cise arcafezzò la grua^^ h ijuak co) su^ 
becco fungo glielo hvò dalk gola . Quando 
gli domando poi quel che le aveva ]irome5- 
so, disse it lupo: patm, non hai tu assai» 
che tu vivi? Sei più obbligata a me, *i>erché 
se io avessi voluto, io li> poteva troqcar fi 
coMo, quando tu Tave^i nella mia gola. 
Sentenziti dtUa f Avola ^ 
E* proYcrbto antict^, che ciò., che Éil a ^ 
ingrato é gitt^to yk . 
,. . Pe/ vfl!*nOi e del Serpente, ut, 

X' rovando un rilhno un sarpente mezzo m<» 
to ntflla neve , lo . portò presso il iuoco ; H 
serpente colite riebbe le forze , ed il veleno , 
non potendo sopportar il ^oco»t-ul»ta la casa 
avvelenò-. Ma il vìl^lano cqt%e con ao -bastone» 
e si vendicò deli' ingiuda » dicendo r questo ta 
mi rendi? Vuoi toglier la vita a chi te l'ha, 
salvata ? 

Stnitnz4 della fàvola-. 
La favola significa» che spesse vofte qoelUV 
a* quali hai giovato , ti nuocono. 

Deir 4f$no , e de} parcìt. e ingioi ale, 21 5, 

Lr . ' \ 

, asino befSfggiava il porca cinghiale , ii 
quale gli disse: tu ^he sei da pochissimo sei 
degno di castigo, ma non di esser castigata 
da me :. lìccUè a tua posta puoi dileggiarmi , 
e per la tua dapoccaggine ti è kcito fate 
e dire d'ogni cosa: stetti sicuro. 
Sentenzia delia favola^-. 
La favola significa , che ci dobbiamo sfor- 
zare quando udiamo cose, che ci tUspaccìano> 
che non facciamo, né diciamo cose indegne di 
noi , perche spesse volte i tristi e sceUe-:iti si 
rallegrano , quando gli uomini dabbene gH re* 
•sìstono , ed estimano assai , che cerchino ven- 
dicarsi di loro, e dobbiamo imitare i cavalli., 
che qiai?dQ*i cagnupU Iprp abbjjano, gii dì^- 
piirz^jino . P..'/ 



D'I E SOP O. " i^i. 

'» deiMitìco , e Jet ifhtiict. 114.' 



II sorcio domestico andd a sollazzo ur rìthi- 
d il sorcio rustico l' invitò , e gli ftce odi 
cena , poneadogli dinanzi ciò che viveva tipo- 
ito l' inveri», acciocché gli ficcesse onote. II 
sorcio domestico sprcgimdo quelli povcrti 
della villa, lodava l'abbondanza delta, città. 
Tornando menò seco il rustico , acciocché 
quella così, che diceva, gliela facesse veder 
conelfcMo. e gli fece un hel pjsto, e st'aodo 
loto a mangiare, udeiido la chiave della sei* 
ratura, ebiìer paura, e fagglrano. 11 ciijtico' 
non essendo consueto a questo, appena si ptio- 
te nascondete, l'artilo che fu il Servidore, 
tornò il domestico a tavola , e cliiamara il ru- 
stico, il quale per titnoie spasimava) e disse 
al domestico: se questo pericolo era spesso: 
ed esso rispondendo di sì , ma che bisogoara 
disprèzz^iilo, allora il rustico dissi: questetue 
vivande hanno più' lìeie ,1 che mele, io più 
-presto voglio la mia povertà accompagn&ta eòa 
la sicurezza, die queste tue ricchezze unite- 
con gran sospetto . 

Sentenz» della favai* . 
Li &voh ci insegna, che le rìccUezze f 
G , y 



1J4 FAVOLE 

joaa dilettevoli , ma cbi giiarcU bene» luaRO 
la se pericoli, ei amaritudini. 

LI Vftf étUì'U , t diìù cmnatcèit. li;, 
aquila 3.veita trovata una. tartaruga , 'uè 
em-ingegno, o ait? alcuna poteva trovar via 
di roni|ieiIa. . La co{na:cIiia la comùg^ò , che 
volasse in alto , e la gittasse ne' fossi , che U 
Tompeiia, Prese.il consiglio I' aquila , e volò 
in alto per mandarb. La cornaccfij a. aspettò in 
terrai cascò la tartaruga, e si ruppe, e \ì_ 
coroacc^ia la rubò. Ond> l'aquila à dolse dij 
essere beifcggiita . ' 

\ Stmtnt^_dtll*ftvi)U. 
La ftvQla significa che non dobbiamo dai. 
ft ■ 



l 



_t corvo con h preda in bocca sopta di un 
albeio stridavi ; vedeiKlolo la volpe , se gli fé- 
ce incontro, dicendo : Dio ti salvi; spesse vol- 
te io aveva inteso r che l£t f^ma era bugiarda, 
t aduso conosco ciò essere vero, perché pas- 
sando a caio di qui san venuta a biasimar la 
Ama , che dice , che tu sei più nero della pa- 
ce, ed ora ti veggio più bianco della neve, 
ed a mio giudicto tu viuei i cigni . E se nel 



tanfate > come ndtc penne> sei nobile, verartich^- 
te tu sei re degli accelli . Il corvo, credendo 
che dicesse da vero cominciò a cantare, ohd|c 
il cacio gli uscì di bocca , e la volpe fo prese 
con gran riso. AUota il corvo si vergognò-, e 
gfi ìncreb^p^ della perdita, e della vergogna* 
Semenza della fgvolg . ^ 

La ùvola. significa, che l&ono alcuni tanto de* 
sìderosi di lode, che cpn iota vergogna > e, 
danno amano gli' adulatori, e H danno in ptè« 
da a parassiti,. e; gnatonl. 



I, 



Dèi ItQW, invecchiato, 117. 



leone nella sua gioventd s'era fatti mof- 
ti ni mici, e^ ne fu . castigato nella vecchiezza. 
Perche le bestie fecero la loro* vendetta ^id if* 
]^rco lo percuoteva^ co' denti , ed il toro jCf^ie 
corna , ed innanzi a' tatti i' asino ,^ volenc^^s- 
sare T antico nome della stia pigrizia , con pa« 
role r offendeva, e con caler. Il leone allora 
pigliandolo , disse : questi , che mt nuocono fan- 
no il toc debito, perchè io >àùC0ra ho nociuto- 
ad^si, ma quelli a'quali h^6 giovatogià non 
m'ajutano^ e mi nuojcòno\ É sono stato pazzo^ 
parche -mi ho &tto molti n^ici > e più.pa:Q- 
za , perché mi son confidato m falsi amicK 
Sentenza della favola . 
La fàvola ti ammonisce, che* nella fortuna ' 
prospera tu non ti dei alzare, né esser super- 
bo: perchè se la fortuna si muta, tutti quel- \ 
li che hai oSèsi si veodicheraawx,^ e fa ctio 
facci dif&renza fra gli amici: pWchèsono^ cer- 
ti di quelli che non sono tuoi, ma deH^ tua 
tavola , e della tua fortuna , la quale comaK 
nauta» quelli ancor ti volt^o le spalle ; * 
Vfl cane y e dell' asino» IX&» 



I, 



1 cane faceva carezze al padrone »^ed il ^a« 
éumt ai x^ne . Il che vedendo V asino., comir - 



' ti( F -A ▼% t E 

eiò a piangerei e lamcntarM (bcteninite delb. 
tua sorif , e glj pareva cosa iniqua esser il ca- 
ne accetto a tutUi e njjngiaie alta tavoh del 
wdronr, e iempts Stare in odo, e piacere, e 
lui ppttaf sttnprt 1) bsstu, e aver ^stonate) 
ed eftcre odjato àa tutti. CoasiderWo, cfie 
con le^ca^eue il cane si acquisti ì' amoce del 
pjidionc, determinò di seguire aach' egli qiielL' 
aits, che gii parerà tantP utile, e poco fati- 
cosa. Òrde, tornando il padrone a casai volIC; 
tenliir 1« sorte , e £u 1' esperienza , se gli rju- 
sciv); corse. incontra al padrone, s) levo in, 
■Ilo, e con rung.hje gli percuoteva il capo. 
Copiineiando «gli a-.eriJ.-.Bf venneio i servi., e 
diedero dcUc tHjsse al povero asinelio, che si 
vplev^ iHcirilils. ■ 

Questa £lvola, clic altro e' insegni, te non. 
tlie l'uomo non dcKe tentate cosa alcuni tH; 
i'ate, dove si ponosce mal naio della palUij^? 
Dil Itani^t t dtl fsrci'd' 119. 



Il leoac affamato dormiva sotto T ombra di 
m albero, e n(olti sorci e|i iindai^no ad- 
iosso, ed fgl, n-cg[iito « prese uno. Jl soc 



DI E S t) P 0. *ffy 

^o Ib pKgara, che oon volesse mttdjtt la sua^ 
grandezza con $i piccioJst bastitiola . £gti I<^r 
lascia afndare scDza ùvgìi danno akutto :. accad-. 
de voi , che il* leone £\k prèso- con- h r«ti , e; 
gridava-, e Bon poteva uscire. .ìi. soccio cprse.- 
al rumore» ed ebbe coaipassian^ dji ì\ùi ecer^ 
<:ando i nodi della rete gli ro;^chiò co'deQtiV; 
ed il leoae. scampò^. . ^ . , 

SenttnxA deilét^fsvpÌA^, 
Questa. & vola iiìsegna. agli uomini grandi li^ 
olemenza , perchè- come sono le cose.umane io-- 
stabili , qualche nìolfa giìr upmini gjraadi hanno» 
bisogno aei pia uniiii > e ba&sié / 

Del nibbio . 1 1^. ^ i 

11 nibbio era ammalato» e pregò in inadt^: 
eh' andasse a pregare gli' Dei per li. suoi^ 
peccati. La madre risposa, che non bisognava ,. 
che sperasse^ iijato akano dagli: D^I> perche, 
gii aveva commaculati , e rapiti i. sactVncj^ 

'Senunz0 delia, ffivo^a^, ^ , 

Questafavola dinota , che gli Dei esjiQipiisconQ 
i religiosi buoni : ma ooH odono gli scellerati * 
Deiié rùtuiifiells^, t d^ alfri ifcfelli .. i^p. 

'^andó s* incomiociò a. seminare il lino» U 
roStiificlia disse agli altri uccelli , che mangiasr 
xtQ il seme» del che t^tti se ne risero., q 
pazza la chiamarono . Crescendo il lino, di ' 
riuovo la rondihelh consigliò gli uccelli, che 
lo guastassero, di nuovo essi la dileggiarono . 
U lino si mature, ed ella di nuovo gli con- 
fortò, che il rovinassero, manco allora. la, yot* 
lero intendere. Allora la rondinella, l^ciati 
l'atti.- gli uccelli 4 s'accostò all'uomo, e fatta 
amicizia insienie, patteggiò di abitar seco, 
e dargli piacere cojn cai>tsre. Onde tutti gli 
uccelli furono presi con rete , iti lacci , e la roa? 
dinella fa lisciata in libertà i 

Stntenza ddla fsvoia . 
I^a favola dinota, cb^ mgdti spnp da poco,, 

A. npn , 



^ . FAVOLE 

ff-fioti SI ftnhò conéigiiare> m^apco attendtao 
a chi gii coùsigtia bene; ma fiiaedb cono poi 
ne* pericoli > e daniìi , cominciaQp a conoscere > 
e- cdddjinfiafio la lor pazzia, ed alloca dicono^:, 
-qfuestft , e qudr^altra cosa bifiognava fiire . 

Ptik r^«9i » d$i IwO' re , it%. 

L- ". . 

e rane essendo iibete» domandarono aGi^* 
ve, cbe desse loro uà re% Giove si rideva del* 
la lor paSKia . Quelle di' nuovo lo pregarono 
ìtifin cne Giove satìsfiicendo, alle lor voglie gli 
mandò un Trave, iF quale ascando con gran. 
rumore nel fiume, tutte le rane sbigotti. Et* 
Je onorando il loro Re, a poco a poca in- 
nanzi gli andarono; ma vedendolo cosi fermo 
stare cominciarono e spre;?zario , e talmente i . 
cbe di nuovo pregarono Giove, che gli des? 
se un re , il quale fosse gagliasdo , e for- 
te . Giove gli mj(ndò; una Cicogna , la quale 
camminando per la palude, quante rane trova- 
va tutte le mangiava. Di questa crudeltà si. 
lamentarono le rane, ed oggidì ancora si la* 
mentano ^ e la tfotte quando, la cicogna jè an-. 
data a dormire, e con rauco parlare? si lamen- 
tano a Giove, il quale poiché non- hanno vo- 
luto un re benigno, e mansueto vuole t che ne 
abbino un Crudele, ed inumano % 
Senunzé deU§, ftivlé . 
Avviene alU plebe, come alle rane, che se 
h^nno un re mansueto» dicono, che é tristo, 
e. lodano la Benignità del primo. Questo avvie- 
ne perchè sempre odiano le cose presenti, e 
desiderano le nuove . 

DeUe CQlambe, e dello spénrviere» ZX3* 

L" . 
e colombe già fecero guerra col nibbio , e 
fece loro re lo sparviero . ^esto diventato 
re , si portò come nemico , e non come re > 
perché le ammazzava più crudelmente, che ii 
sibibio} onde rincrebbe Iqro.aver £itto questo 

re. 



DI ¥S,OPf). H% 

i»,>ve.d)$s^Qu» ch'era, meglio -^^it^ If ffifm^.^ 
del l4^io> cbc questa. tiranoid^^ 

N<$su&Q ( dìfce [^ iayola) della «ii^ $pi:^eso« 
ver<phlo si lamenti . Molti cercandp la qiiqts», 
la vecchia di nyòvò desiderato . 



Ài 



M^ei IsdfQi p.,4tljén9. Zj^. 



I canQ., cjbe<^ latcava > il ladra ,ToUe d^t del : 
pane. II. ^ne disse: ladro jj tu mi vuoi dar il 
pane > acciocché io non abbi^ 9 latra^> ma io.^ 
non voglio il tuo ^oe« perché «e io Ip pi* 
glio » tu leverai ogni cosa di casa^ 
Suntcnt^ dflU {avoU . 
Gua.rda, che per una piccioli cc^odkà> ti%> 
n^n ne.perdi una grande^: e guardati non avec 
fede 9d ogaÌL-uómoj perché molti» per ingan- 
nare npn solamente parlano, benignao^nte , .m% , 
anco ù- por t^tio benignamente ^•. : . 
pei lugoy c.dtlU poris, Ì7.\. 




a porca, coleva partorire # ed il lupo, si of* 
f(;ri esserle guardiamo. La porca,. ii|p4sQ» che 
ella non aveva bisogno de' suoi .s«:vjgj , che 
sé le voleva far cosa grata, se DCvandassevia,. 
perché T amicizia, de} lupo di lontano era^ 91Ì* 
gliore 4 che d' appresso.. 

Semenza Jpfh fMyjaU ,. 
Non si dèe credere ad ogni cosa.» perché 
moitj si ofl^riscono fotti piacere non^per tua 
comodità > ma per la. loro . 

Del paiftù del montt, ItC 



E 



.ri jlama, che un monte partorir voleva: gli. 
ivdmini andavano per vedere aspettando, che do- 
vesse oiscore un qualche mostro^ Dal monte usci 
fitora uQ. sorcio, che tutti commosse a riso. 
Semenzai Mli^ ^fttpolé . , 

Questa favola proibisce il timore senza e»' 

5f 



V 



t(^o F A VO t E 

sa: percW Spesse volle è pliì grave il titnor" 
tó pericolo, che esso pericolo: anzi ^jjiaMle' 
volta quel che temiamo e cosa ridicohrT 
jyj un Gatte vefMo sffrexxato dal pad/^nt, ri/ 

\jii cane iavedchiato indarno dal- padrone era* 
stimolato alla caccia , perchè por la vecchiezza 
ei non poteva piu; correre. Aveva egli ptesa^ 
una fi^ra,. e (juelja gli scampò, dai denti , eri- 
prendendolo il padrone con parole, e con ìl^ 
I>asYone minaeciandolo^ ì4 cane rispose:: mi do« 
Vfesti perdonare, perche soh invecchiato, e tv 
dovresti ricordare che io ^ono stato giovine»* 
e gagliardo ,- ma per quel cheio veggio.,, niuna; 
cosa piace senza frutto. Mi hai amato giovine >. 
è mi hai in odio oca, che ^on vecchio. 
SentenXA detU favole , 

La favela* dimostra, che sempre è amata I4 
presente utilità. 

DelU lepri , cée^ temewMo senza causa-, nS. 



I 



. nforiava \\ vento in una ■ selva , e le lepri ti- 
mide cominciarono a fuggire, e fuggendo tro- 
varono- uaa palude , e si fermarono dubbiose 
dell'uno^ e l'altro pericolo vedendo k rane» 
che si gettavano nella* }>$lade . Una delle lepri 
più saggia delle altre disse: perchè temiamo 
noi senza causa alcuna? noi siamo destre al cor- 
rere, ma ci manca T animo. Questo pericolo 
del vento non è^da- temete, ma dà sprezzare* 
SeMewca delia fyv^ , 
In ogni cosa bisogna 1* animo; la vict-ù gia- 
ce senz^^ conBdenza , la> con^denza è duce , e 
regina d* ogni virtù . 

Dei capretta i e del ktpù , iip. ' 



L 



fa capra volendo andare a- pascete serrò il 
capretto in casa, avvertendolo, che npia apris- 
se ad alcuno finché ella torna^va . II lupo aven- 
do ciò inteso-, dapo che la madre si parti- an- 
dò 



DI ESOt» 0. 1^1 

io angustio, e picchiò,^ grldafKJo come una 
capta comìnH^*, che gii aprisse. Il capretto 
r^lcndo r inganno ,* norv vbile aprire , dicfndo': 
Tu gridi come mia nrVdrè, ma io veggo pet 
Ì3 fissurà % che tu sei il kipo . n 
SemenKs deiUfavàU' 
E^co^a otHe ai %!iuola obbedire al pi^drfe ed 
atla ixudré ; al giovine si arnvicne obbedire al 
Yccchio^ 

jyil etrvù > 9 deità pic^s . i j[e;. 

1. • • . 
I cervo chiamò la pécota a ragione* avaati il 
lupo , e riimandògii uqo staro di grano . La 
pecora di qtiesto e^i ignorante ^ nieatediin^n# 
per [a presenza del -lupo gii proixise di dsr- 
glielo , e pigliò il-^ermine a pagase . Come ìi 
cervo dimandò^ il gràno^ quella ^ negò ciach«le 
aveva promesp, e si scaaò-diceadi? » cite l'aveva 
fatto per paura del Itfpid , e la pffomefSfii latta pec 
fbrza non si deve osservare . 

SenttnZB' d*li» fnwU* 
Da questa favoli s'impacav cìm h fiaad^ 
con la fraude si scaecia , - 

E chi prende diletto di hx fi«ide •. . 
Non si dee lamentar s'altri l'iagaana'. 



u.. 



PW viilétio'y €. àtl stfpeme .. i|i* 



.^^ .. ^ilhno avendo nadrito un serpente m 
casa > si corruccio con esso , e gli andò addosr 




-. gli — . , - - 

i^fta al serpente > e lo. pregò, che volesse tor- 
nare in tsLsa , e gii perdonasse . (^^iia gii ri- 
spose , che gli perdonava , ma non voleva toc*- 
nar iji casa> perch*egli non^ saiia mai sicura 
con lui,i pur a{ia fine entrò in ca$4 > m^L s^m- 
]f re ritenne U memoria .. 



i^% F4LV0LA 

Ad un maiKat'fìi^ cii fede no^ ^ver &icì per- 
domr i'ÌQgiiuria e cosa di m^ncordia»^ m^^ 
aversi cura è cosa di prudenza . 



jLì 



fa Tol^ invito 1» cicogna^ a. ceoa seco» e 
]M>8e il cib0rcii'«ffa liquido in un raso spar« 
ao> talché la «teogtis non lo poteva taccorrc 
col l>ecoo SUO) cbr è cod lungo» ed acuto. La 
Yolpe eoa la lif^9» sei koK^va tatto>. sicché la 
cicogna si partì derisa» e con vergogna deU' 
Sflgiuna ricevuta. Dopo alquanti giorni la ci- 
cogna parìioedte inibito» la volpe a mangiar se- 
co, e pose il cibo tutto io un vaso di vetro > 
che aveva il' collo stretto , nel ^ale Aon po- 
teva niettece il nmso suo » La cicogna per avei 
il becco lungo, e sottile /'Io metteva sino iq 
£n)do del vaso» talch; eUa./Sola mangiò: e la 
volpe , che aveva gran., fave , per la traspax^n- 
X7L nel vetro v dtndo il cibo,- non potè gii? 
star alcuna- cosa, edta&mala^.^ià che di pri-^ 
sa, si ritorna sXti sua Hua < 

SentefOLé delhkféw^* 
Per questa fav(Ja si nota , che il riso meri* 
fa il riso, il giubco il giuoco» e ringaiuiO' 
fiftigaono. 

1 corvk> si adornò- tutto di penne di paVonc, 
éìpoi parendogli esser beilo lasciò andare i 
sucri » eda&dò ^li pavoni. QueUi conae inte- 
aeto la fraude.» tutte le penne gli -cavarono > e 
•00 molle busse lo cacciarono vìa . 
Sentenze' delUf$v$U» 

Questa favola insegna a quelli» i quali t(v 
fMono aheard piiì di quelli » oon i spiali vie 
"^■ooo. 

JLi» mos^ diceva un giorno alla fprmi- 
ca : ÌP SOB nobile » e tu. sei ignobile > io 

va- 



D » E S Q P O . K5 

«oIo<» e tu V4Ì' carpone per terra > io converso 
co* nobili > e ^u vai ascosa nelie - calerne xiclia 
terra; tu rodi- le biade >. e bevi 1* acqua > .ed' 
io mangio splendida mente con ozio , e piace-» 
ce- All^iiKonlfò k formica risporse: io. so»; 
Ignobile , ma . son ooaieofea. deUa mia progenie » 
e tu sei vagft , ed' io stabile, e migliori «sono 
a. me T'acqua, e il grsóio che.z te il iti n^, ed: 
ì cibi delicati i io y'vfa Contenta r Aettr«> e^ 
g:rata ad ogni' persona , e ae&o «asempio di fa- 
tica , e tu sei seflsrpce' con^ paura > a tutti netiu*- 
^a , ed a tutri odiosa » io mi ricovero i- snvser- 
no pe^riposre il vitto. > e tu, viviaU^ gio^aar- 
ta , e neir inverno tu muori di hm^-, 
StnHniLa dtiU^ fsvoU < 
Meglio è h vita oscura > e sicura fleUa jpkm- 
4ida;> e nella ^^4 n mve con j»ecÌ£Qk>^« 

LJ>ella: rànày^ dfLb^$** ^^.. 
a rana desidetosa d! agguagliarsi 4I .bttu» ai 
gonfiftva, ed tl^fliuolo lé.dUsiB che non ia-'- 
fesie» perchè l'era impossibile assomigliarsi 
«1: bue. Quella un'altea volta ne fece protra:: 
il figliuolo gfiidòh « disse r madse.». noui f^re». 
che creperai» e- la terza volta quando vqì^t 
provare yCKpò^ - 

Dite la favola. Ciascuno ha li sita dòte > co* 
stui^ della bellezza, quello delle forze deKcor- 
^, <piesto delle ricchezze > quello d'amici po- 
tenti , ognuno deve, del suo esser- contento: 
ne si sforzi , avendo invidia al superiore con- 
tendere con lui. Missi:» il psimo : il secondo- 
vera pazzia . 

1. tfeeaeavdò al cavallo per ditForarló, e pet- 
che era vecchio 9 e non lo poteva superare > che 
le lorze gli etano- oiaacaicv comincpo coaastoi' 
%t4 dìre.> ch'eu medico, ed il civallp^ono- 

» «ce»?- 



IH FAVOLA 

scendo!' togunno éel leone finse essetii ol^so 
un piede* in uo' luogo spinóso^ « pregolia, 
die lo guardasse e gli levasse la spraa , ^cosl 
lece il leone: allora il cavallo con., quanta for» 
.za paote, gli diede di un calcio, ^^|*o4 si mi- 
se a fuggire, ed il leone tornato in se, per- 
chè ^era mezzo morto per il dolore, disse r 
mi sta il dovére, e per mia pazzia io merito 
^oesfo , ed egli sì è vendicato con quella £ro* 
de> che Io meritava. 

Sentenze^ della fàvoU, 
L'inimico è da cs^er temuto: ma molto pia 
fuello cke è ioino^ico y e finge di esser, amico • 

Del eavsìloy e deW Msine . 137. 

ssendo il cavatfo ornato di bei forniménti y 
nitriva ^ e correndo per fa strada s[ incontrò in 
iin «sino carico, a cui superbamente érsse: ta 
sei fardo > e )>tgrp, perchè x?ti ti pari dinan« 
zi^ Levamiti dinanzi .i^li occhi, se no .mi tt 
fnett^rà sotto i piedi . L' asino non ebbe ar- 
dire di rispondergli , ma tacilo jgli died« 
luogo: per troppo - correre il cavallo si guastèg 
e Vedendolo il padrone non esser ptiì utile at 
correre, tutti gli ornamenti gli levò, e lo ven- 
de per la carretta . L'asino vedendolo tirar la 
carretta» gH disse: Ohe ornamento è questo? 
dov'è la sella indorata,'! begli ornamenti > ed 
il bel freno ? cost avviene ad un superbo. 
Sefìtenzs dell» favole . 
Non podii sono coloro, che* nella felicità, 
aè di se stessi > né della modestia si ricordar 
fio . Mei perchè nella prosperità insoltnti div^n. 
tario , ncir avversità facilmente incorrpno. On- 
de stano cauti i felici , perchè se ta fiirtana la 
sua ruota rivòlta, e li trabocca in qualche in* 
fortunio , r essere stato d-t prima prospero, lo 
induce al sommo della miseria , chem^lipper 
lui sana non essere stato mai felice 9 nècon* 
*enlo* • Z>«^ 



D I ESOPO. i^ 

TkigU vectJit f t degli cmmtH Ì0 fUéttro r'^ 

piedi* 1^8. ^ 



V^pmbattevano msieme gli tiecelli , t gli -ariK 
mali di quattro piedi , ed estendo la battaglia 
dubbiosa > la. nottola lasciati i suoi coiupagni» 
andò ai nemici degli uccelli > ali* ultimo aven- 
do vinto 5 merce ddi* aquila» condannarono la 
nottola , che mai pia. non tornasse agli uccel- 
li, né mai p<Aesse volar digioinq.. Per questa 
cagione la nottola non vola se non di notte. 

SensffiX,» Mia favois, 
. Chi lascia il compagno neÙe avversità, noi^ 
deve essa partecipe della sua felicità* 

Vel iupo e delia volpe, i$^. 

T '^' 

M.Ì lupo avendo tanto da mangiare, che gli 
bastava, si riposava. Trovatolo la yolpe, gli 
fiimandò la cagione dell'ozio. Egli rispose, 
che si sentiva male , e che di grazia pregasse 
gli Dei per la sua sanità . Quella vedendo, 
che y inganno suo non succedeva , andò à tro- 
vare, il pastose e gli disse,' dove il lupo era, 
che facilmente si sarebbe potuto' ammazzare. 
Il pastore subito andò a trovare il lupo, e 
r ammazzò , e h volpe prese tutta la preda , 
che. stava nella grotta del lupo . Ma breve fii 
la sua allegrezza , perche venne in fra poco il 
pastore, ed ammazzò lei ancora. 
Sentenza della favola • 
L'invidia e dannosa, ed il. più delle voltìe 
Tuina quello, che ha invidia. 

Vtl cervo, 140. 



s 



i specchiava il cervo in un fonte chiaro , e 

molto si gloriava delle sue gran corna» ma 
gli lincresceva, che le. gambe fossero coil 'sot- 
tili . In questo venne il cacciatore , ed il cer- 
vo più veloce^ che U vento fuggi, ed i cani 

lo 



•rf' 



iSS FAVOta - 

lo irguìtiTMip'. U qwde a osò eMtQ ìh.oim 
(slv3 tadho spessa, e le sue corna t'altacnr» 
T\0 ai timi degli alberi . Oad' «gli altoia làdA ; 
le •^ambè', e bìasimA le eoo» , «le fiuouo uii> 
. sa', ch'-*i foSfe- prei» dai cani . 

Smnrm* Mia fsvtbt , 
Qnfllo ch'i da fuggii», cok ftaa (tlligeiM 
Za cerchiamo, e 'fuetto che figgiamo sopn 
il tutto -é iJi ricndarti. Dnianm la beatitwli- 
ne pei ma , che s^ifiaioo, dov'-eila ii stia. 
Ontle noD è eia miravipliatM ^e toviiuamo n^IRt 
infeliciU 1 e morte , fuor di ogni ocstio inlen- 
•^limento , come senza raKi(iD(«i govemìamo . 
OH itrjmtt, t iklU'timi. (41. 



u 



-_/n serpente tWYÒ'rfna lima, e cominci'ò a 
lodeila; la lim.i Tidendó> disse, die &i piz- 
zo? prima rom^ieral tutti i denti t cbe nti 
possi rompere, perchè io soglio vincere la dii- 
rciza di ogpÌ metallo. 

Sritleazt Alla ftvelt . 

Guarda molto bene a chi tu' »aoi naocR9, 
perche se tu l'imbatti io un più ga^K-ard* . di 
^, éan a lui, ma a'Ie nuocerai. - - 

X>ii 



pi tS 01» 'O. ii>« 

ta i lupine 1^ -pecore Fa htìà tregua: « 
diedero g4ì cstagfj dail^pa t>arte . e Talt» .. L 
lapi dieoero i loro lufiàcìfÀ^ eie pecore die- 
dero i cani. I lupaiécinii-p^'r^ie^tdeilo delle loro 
madri -, GOtin liciarooo ad ^urlate . Onde i Jupi vor*)- 
seto > e gridarc|no esser tolta la tregua , e non esr 
«eodovi cani ^ tutte le pecore- Btmmtzxotio . 
Stnunxs diiU fsmgis -. 
E* pazzia, se quattdo^£kitfegaa> tettala ha 
guardia dai in mano al nemico , perchè chi una 
Tolta è stato nemico, mtii non cessa di essei>*> 
ti nemico, e troverii causa di nuocerti, quon* 
do ti vedrà spogliato d'ogni a/uto. 

JOeUa tehét^ ^ dei iHihnQ . 1^44. 

TVJ ■ ^ . • - • 

J.^ ci tempo , die gli allierl parlarano^' tikioC 
un villano ne{là selv^ dìceQd<)>le che gli lasciala- 
se fdt un òianfcp nèU' accétt« .* La seiVa 'glielo^ 
concedette . H viiland fatto il manico, cemtt»- 
ciò a tagliare gii alberi, e la sélva cominciò a 
dolersi delia sua distruzione,- dicendo cjb* ella 
med^ima era stata Causa del suo male. 
Sektfnza ittita favoU, 
Guarda bene a chi di del bene» perchè so*. 
Ilo mòtti, che Cmno male a' quelli > da' q^u&li 
hanno avuto bene. 

X>/ tutti i membri dei €§rp9t r éef ^emtte* 144. 

1 i e mani, ed i piedi accusarono il Tentit 
che turti i lor guadagni ^gli si mangiava» 
e l^ì cominciarono, che o duri fatica, ovvero 
non- domandi più da mangiare . li ventre pii 
volte domando da mangiare, e le mani glieto 
negarono . Essendo esausto il ventre » tutti i 
membri cominciarono a mancare. Allora le 
mani gli vollero dar da m'ungi jre: ma fu tar- 
di I perché il ventre non puote più mangia- 



"4 



ufs ^ FA VO L B / 

rcy e cosi i nxeinbri avcmlg T invidia al ?efi*> 
tr€» si morirono tutti insieme con lui. 
^ SfMfpXa delia fnvoU . 

\ La compagnia dei membri , e del venire so- 

no T umana' società . Un membro )ìa bisogno 
deir almir f^^bro » e T anaico deM*amico ..pe- 
rò dobbiamo ;ajutaicci Tun 1 altro > perchè le 
rjjcfiiezze^, e ^lì[ onori non bastano a un uomo > 
ma.Jba bisogno di amici ancora. 

.D^/il!i, i^nUt4 della wtlpe . 145. 

JLii stTnLt.pirc^ò la volpe, che le donasse una 
parte^ delia ,sii^ coda , acciocché potesse coprir 
le sue natiche'; perchè elh'f aveva VrsogDQ di 
i^uel che fc avar^zavji. La. yplpe Rispose," vo- 
ler più presto strascinarla per tcrrg, che co- 
prire- le. naìiche alia $imÌ9..^ 

Stnttnz4 dflU fàvoU. 
Sono molti e' haniio bisogno , ed a molti 
avanzano le ricchezze, ma piun ricco vuole 
. dare a* poveri quel che. gli avanza . 
Dei^arvo^ € Afi fnwi * ia6* 

uggendo il cervo i cacciatori, entro In una 
U^h ài buoi,';p pr^^ò i buoi , che lo lascia^* 
sero nascondasi. Loro dissero non esser sicu- 
ro > perchè varrebbe il padrone, ed il famìglio, 
e guardarebbono per tutto , "Purché voi, disse 
jl cervo 'j non ini palesiate, io sarò sicuro, lì 
^ famiglio entrò nella stalla, e npn vide il cer- 
^o , perché era ascosp nel fieno , ed il cervo 

fià Dpn iiemeva : allora un bue vecchio disse : 
)' £aci1 cosa gabbat ii famiglio, ma gabbar il 
padrone , che i un Argo » sarà fatica : da II a 
|)òco ttiitò ìi padrone nella stalla, e vedendo 
iogni cosa , e toccando il £eno , trovò il cervo» 
e gridando il famìglio corse , e lo presero . 
Sentenza della favela . 

JKe' |)ccìcoU è cosa difficile il nasconder- 

' sii 



D L'ESOPO.- itf? 

nuoondetiii perché come b fottuiu coniiacii 
a peueguitire alcuno,, mai aqi lascia sibo >t 
line, oyrero 1' uo«io srpe((|e, e <ta lui mede- 
timo à palesa. 



±1 Icone (fa ammalato , e tutti ^ì anìniali an- 
darono 3 vederlo, eccetto la voi}», ed egli le' 
mandò un ambasciatore cot> ^dtere . {vegMido^ 
la I che andasse a veHeilo , che gli iària piace- 
re, e che non HuhitisSe di niente, perdio cu 
suo antico, e desideravi molfo di parlar seco, 
La volpe gli rispate eh' ella desìcfrrava pan* 
demente <h'eRli guariiw, e che di continua 
pregJtva gli Dei per lui , ma che non voleva 
Yenite a vederlo, perché le pedate degli ani- 
mali gli facevano paura, redendole tutievers». 
la 5ua spelonca , iti alcuna tornar indietro . Per- 
chè questo età sego*, che molti animati cm- 
noenttatij ma ninno era uj^ito. 

Senttnx.» deìlt (évett . 
' Non ti £dar di parole, ma g^rda i fatti d! 

Ìelto che ti di parete. ■ ■ ^ 

BtlU -volpi-, t Jfllp SoHmlt. i4t. 
ja volpe afematF. e smirrtta, per una pìc- 
cola finwtta entra in m granaio > dove molto 
H foeae 



^ 



170 ^^ FAVOLE- 
!3t:ne mangiò. Volendo uscire, ìi-veatre ifixcrn 
la impediva. La dcunoia, vedendola affi&odrt, 
r ammoni) e disse.: se tu vuoi usqlre, -Sina* 
^ratl come ^ri quando tu entrasti. 

Vedrai molti nella mediocrità essere Iteti» e 
sena» feosieri, ma se. tu gli vedi fitti ricchi.^ 
saranno malcontenti , « pieni di fhstidj e 
cure . 

I>fl cavallo i t dei torvo ^ 14^. 



e 



^ ombattendo il cavalle col eervp> e cacciato 
da' prati, dimandò aj ut o all'aomQ. Tornato 
con r ajuto deir uomo > fu vincitore > nientedi- 
meno cosi vincitore ùi messo sotto 4I |[iogOj 
te al freno « . 

.Sementa deUtt favola . 

Molti combattono contra la povertà , e co- 
me r haanp si^erata diventano servi delle rie* 
che2;;«e« . . , ^ 

. -De//* vo^iy e >dèltaquih, lyo 

£i$irocto i iiglfuoìetti della volpe ascki dalft^ 
- tana , furono ^rcsi dall' aquila , e chiamando Y 
aiuto écììst madre, quellj corse» e dimandò di 

frazia all' aquila ^ che lasciasse andare i suoi * 
jgliuoli ^ ma <][uella H\portava 4 aido, dove 
erano i suoi cari aquilini. La volpe prese del 
fuòco per abbruciare J' albero doye . 1* aquila a- 
veva il suo nido. Il che vedendo l'aquila >.Jc 
rèndè i suoi figli noli V 

» " Sentenze deltm -fmfoht . 
Per r aquila intende i rìtchi potenti , che 
sempre fanno ingiuria a* poveri; pure . qualche' 
voha i poveri cercando di vendicarji hal^io 
ciò ^hc da' ricchi era loro «tato tolto . ' 
T T Btl.vìlUnoy e dille cicogna . ifi. 
Vy, n vIllafDo avendo teso il laccio alle grue, 
. ed alle <yhe che mangiavano il frumento, cpn 
quelle prese anco una cicogna , la quale gli dò- 



tnànéò Ai grazk > cbc ie '^volesse perdonare ^ 
perche dia nén <tfta oca ,' uè grua > ma uccello 
innocente , ^ migliòrr^i tatti :gli . altri -> pet- 
che -serTe a ^ua madre y e come è recthia cer^ 
ca nutricarla* ir villano, ^Tiestò a me p»c» 
inA porta, 'tlisse'> cla]ipoi cheta- sei ^tata rpresa 
~coij ^àeJste'fiócenl i , soglio, clie toancor^ xmioYa. 
StntenZ'M dell» javoU. '■' 
Chi pratica con cattWi, che Èuino qualche. 
male, avvenga xhe sia innocente, è castigata 
delia ntedesima pena. 

1 ^àtto^enne'ijct maggiare il gallo, e noa 
trovando. . causa ^ di nuocergli , d isse - the egl i ttJL 
un. uccello stridalo, che ogni biotte destava gli 
uomini 5 che tionnivatfo . Egli si scasava , di- 
cendo, che desta gli uomini a lavorare ; -ed' il 
gatto ancor disse: ah scet)erato,' tu usi eòa tua 
madie,- e con tua morella. ÌÙ -volendo anco'^ 
gallo scusarsi di questo o il gatto ;se lo mangiò . 
Sentenza Mia ^favvt* • . 

Uii^ uomo scellerato» quaado vuole nuocere) 
£icilineBte trova la cattsa. ^ 

Dèi ^ane , r àeiia ^ffecifra, .1^3^ 



I 



f ' cane chiamò idinanzi alla ragione la pero- 
ra , ff ridando, ctftr» obbligata dargli il /utneS 
che l'aveva pf^stato; quella negando* il ^ibbio^ 
il lupD,"-^d*«^|ll6j<i, t€Stific»trono esser veto, 
onde la pecora essendo condannata , il cane le 
la mangio. ^•* 

Semenza Mia favola. 

I poveti sono spessa volte oppressi ck'ric- 
chi', cdn falsi te^imòni , 

LI BtH af^neìlo y t del lupo, 1^^^ 

agnello andina col bietco, ed iHupo^ii disse? 
perchè bai tu abbandonata la liiadte, eseguiti 
il b^cco puzzoletìrte! Toma a tua madre» che 
Ha le mammelle piene di latte, sperando le* 

H ^ "va*- 



i7i F A VéO L E 

Vario dal becco, e mangi arsdo; ma quello 
rispose : mia madre m na dato in guardia a 
qaest<\i però piuttosto voglio obbedire a mia 
madre , che a te : con queste parole mi vorre* 
sti levar di qui per divorarmi i . 
Sentrnz» dtlta fgvoU . 
Non dar £sde ad ognuno, perchè molti, di» 
mostrano di giovare > e nuocono. 

Di ttn fanciullo ^ € it alcuni vilUni\ 15^. 



u. 



_ fanciullo pascendo le pècore in* ttn pra- 
to per ciancia più volte grido: al lapo> al lu- 
po; alla qual voce correndo *Ì villani trova- 
sonsi esser befièggiati. Quando venne il' iupo» 
cKe tutte le pecore ammazzò, il' finciullo gri- 
dava > ma non volle alcuno correre . 
StntenjLÉ dell» favola, . ' 
Quando ano ha in uso di dir bugie, quando 
dice il vero, non ^ii è creduto. 

L' Deir4qmla, e doi Curvo, 15^* ^ 

aquila volò da -una gran, ripa sopra un a- 
gnello. Questo vedendo il corvo, e volendola 
imitare, si gettò ^opra un montone,, ed im- 
peditosi i piedi nella lana di quello, Al preso 
e dato in mano de' fanciulli . 

Sentenza della favola . 
L* uomo deve , misurare se medesimo , non 
far quanto vede ìFare ad altri , ma quanto va- 
gliono le forze sue. . 

Del cane, r def àufj, 157. 



I 



i cane dormiva in una mangiatoia, piena di 
fieno, e venendo il hu&'pMr mangiare, il cane 
non voleva per invidia ,- eh' eì manghfse . Il 
bue disse: Dio ti faccia dei mia}e« peichitirnoa 
mangi il fieno, né lo lasci mingiate ad àttri . 

JStntemxa dolla favola .. 
\^ £ivola dimostra , €}\t sono mpltt ,' K^t peC 
lia non lasciano &r ad akzi %fA che, non 
possono fitr loro. 

VelU 



1 1 
I 



DIESO PO. 175 

L Velia cùtnacehi» : e dell» pecora, if^, " 
a comicchia stava sul dorso «fella pecora» e 
gridavi forte; alla quale disse la pecora; seta 
facessi al cane quel, che fai a inc,^ male per 
te. La corn^icchri rispose > so ben io quel che 
fo, sono^amici a'cruddi ed a' plàcidi nemica « 
Sentenza dèlU favola . 
Ad un nomo quieto ; e benigno fecrlm^hte si 
fa ingiuria, mi ad nn uomo feroae non cosi , 
perchè è^ sempre riguardato . 

Del pavone 9 e del rosignuolo, 159 



Si 



^i lamentava il pavone appresso Giunone > che 
il rosignuolo ca'ntava si dolcemente, e la voce 
sua era tanto rauca) che a tutti era in odio, 
e Giunone rispose: tutti dobbiamo 5tar con- 
tenti di quel che ci è dato dalia natura, pec* 
che se quello è grato per la voce, tu sei gra- 
to per le belle penile, che hai. 

Sentènza detla favi}U, CI 

La favola vuol dichiararci che ciò che da 
Iddio ci. vien dato, con grato animo l'abbiamo 
ila ricevere, dovendo sapere, che ogni cosa, 
eh' egli fa , è con ordine e peso , e misura • 

L. DeHa donnatay e de* sorci , 160. 
1 donnola essendo vecchia non poteva pia, 
coi^e soleva , seguire i sorci , e s' ascose in un 
arca -di Éirina , sperando cacciar senza fatica • 
Ti che fatto gli avvenne , perchè i sorci volen- 
do, mangiai la &nna, ad uno ad uno senza al< 
cima £itica erano presi dalla donnola • 
Sentenza della favola , 
l>ove non sono le Ibrze, fa mestiere avere 
ingegno . 

T T Tavola del Maietovat§0 , i^i. 

* vy n villano aveva un albero , che faceva bei 
pomi , i quali soleva portare ad un cittadino, 
il quale ^stando la dolceaza dei pomi , di- 
mandò di gttóh al vilhido che qoeir albero 
Tolesse ttapìanlare nel suo oHot fecHo egH> 

H 3* ma 



\ 



^74^ F A V O t E 

mat trflpiaalAto che /u si seccò , e: cosi fu prì- 
irato il vUbfto deH! àlberó> cc^ i^li dei pomi . 
Oìidb il cillfldlno : oitne, disJc,- -trApiaatafe uà 
albero annosa e im^os^bile. Assai' abbastanza 
«rs y se- alla, mia iligpfdlgi:i avessi a porre in^a . 
■ Stmen^A thUékfitvpU.. , 

La favola riprende coi^ro^, ci|e > si pensano 
'^i «oHf^fére?» Ifi^fnrecchiath ia^ia% uftàoza . 
Hehe^ooFCTAno fare <|a!^do ^iiellii eraa gio- 
vani > che più £lcit;0lelIte.avrci>bofle^< l^rà obbe- 
dito., 

IDel icone y, 9^ delta: rsns,- i^l. 
1 {eene adenda 1» rana si fei;mò> -e p<ns6 
•esser: vece-, di quatcbe graivcosa » ed aspettando 
.coft. timore > vide qaelU bestitiola ijosi. piccio- 
UrkSt y » rise j e b calcò, cor^piedi . . 

StntenKé: deil» fé'ùéla, 

-: Questa, favola ci vieta i. ti moti vaoi> come 
quell'altra del pa)-tQ,dels monte. 

À Delle formicét.,- t6$, 

yenAo^ U fcrmica sete; tenne al- font^, e 
per mala soMc cascò nell* acquai Lìt <olidmba 
stiflda su . r:àIbero le g?trò uà camp > -sul 
quale la formica ù salvDs>,Vedc«dQ poi Tuc; 
cellatore- pigliar la. colomba a la fcrmtca f li 
iDorse un piede > e- cosi la colomb».sr salerò. 
$ef9tefiz^. dtlU. févaU , 
Dobbiamo aver: sempre grazia a chi ci fa del 
Jben*> e non è persona cosi vi 1^> che- not* pos- 
sa giovoire. air occasione . - 



I. 



4eo{ie> rasifk>> e la volpe amlacona «Ila 
caccia , e pigliarono, usa grande pred«( y lacua- 
le vol^ndp il leone ), che si spartisse T asino 
^uatmeate^k ,spart)y iMeone sdegaato [^igHò 
rasino, e T Ramazzò ,, da>ppoi^ commise alla 
volpe, cli« ia , dit^desse . L» yoteé- astota , 
ditene una graA.^paftt^'ai léòHe» ed. léoa pie- 
ciolioa, st^iyò pcc sa il . che. Yd^éodói il léope » , 






Df fi/S O P O. ii7f 

le disse: cbi ti liajiiirgnj^o «ftrtirla si beae? 
Lktoipe mostfa^i^li' ratiia» morto r disse: U 
miseiùa di questo^ |iarero ^asioo-. 

r FQli<c^i q«el, che ali* altrui spese impara. 

LI . DelC0gwì(o^ e del lUp9\ 

agnelfa veden(k> il \w^ dalla iuestca gli 
'disse viilania. U lupo disse: >o> scellerato». I« 
oca mi o^di , «h«.poco di te« mi ius*» ma 
n |«i»o il ittogo dove tU: s^ai . 

Sentenza delù fsvpU. 
II tempo > ed U . loogp* spesse Tolte danno 
audacia al Tilt» 

L^ lEkeìiétinù. l64» 

asino deli' ortolano- pcegava Giove die ^U 
desse un^Altro padrone y perché quelJoi éhe a*- 
"veva eia troppo crudèle: esaudilìlo Giove , e * 
gli diede uno, che faceva vasi, di creta» il 
quale io caricava di più gravi pesi, che T or- 
tolano. Egli di nuovo pregò Giove> <:he gli 
d^essc un alito padaone: Giove rideudo glidie- 
• àt uno, che acconciava cuoi. All' uk imo l'asi- 
: jDo come Tebbe conosatiUo disse ^ ah* sfortuna- 
to > che m^ndo questo 'ut queU* altfo padro- 
ne, ne hoi trovato tino ,. che non solonpapcf-- 
doperi a me» ma né anco alla mia pelle. 
SèméMU ékiU favole . 
Xia &vola significa,, che allprà ì servitori 
iTesidttano > primi padroni, quando* ne spe^ 
unicntano di peggiori «. 
T> THi^stttfvy € delpavsiio, 1^7. 

X ensava rasino, che il cavallo fosse felice, per^ 
che era grasso» e stava ìxt attOt e lui infelice» 
perch' e(a magro , e sempre portav^^jieal gravi , 
.Gli 'uomini yenf)cro all' armi »4tl il cavallo col 
l«eno alido a combattere) pe«ÌÌndo ìì padrone 
« addosso» e fii ferita: Ilr che vedendo' P asino 
' rìngfaftìaya Oiove sommaanente » die l' aifrsar 
Atto alino » e non cavallo . 

H 4 5Hi^ 



i7tf FAVOLE 

Quelli, che é ìM>tfo pensa ohe siat» Iblidv 
sono infelici più -defi^ alfeci-. i v - ' •< - 

ì kone vide ima cspra., che 4sscem per nas^ 
gran ripa .La quale «9U ammonì, cAe Vblcase 
paso^ piò. presto pec il prato . spazioso >. e 
gt9fid», La-cri^ra «spoM;: io io farei .iroJentie' 
xi > ee. to .UBO- ci fossi > il quale .lu» cfici que-^ 
sto, perchè mi vogli'i^eaey ma peccliè vorse- 
s4i dlvoraroTi . 

Quante volte sei esortato sotto coperta é'i 

CI , ed il ceQsijglio ha pessimo fine ! ' . 
avdto^ '.fingeBdo onorale il tuo giorno^ 
' n^k 9 <hiamò> tutti gii .uocelii > ac cui. ne Yen- 
ne una gcaa parte ^^ ed egli eoa OMiita Allegrez- 
za gli.«ecetto., e eoa. gran, favore}, poi. tutti 
.se li mangiò.* 

StHWts&é diih fifvoh» 
Consono amici tutti, qudli che fanno btio« 
ne pa£ole> pecche «otto quelle spesse-volte.sta 
nascosta il veleno. .. ..*.... 

.if>- . Pi Gùfve,,eMU ^ìntiéK. 170. 
Vj^ove volle sapere fra tnttì gli -animali )Xkt 
avesse più bei figliuoli «vje,44Uti gli andarono 
avanti^, tra' quali la sclmia poriaj^O;^i suojan- 
.dò. Veduta da. Giove egU comineiòà ridere s- 
allora la scimia di>se:. Giove ride, perchè di 
quanti figliuoli ha veduto > ha giudicato Lmiei 
Pisct più belli. 

A tutti la cosa W p^r* bella. 

Y enendo T^vernÀ, la (or mica porta vit. il 
grano, al Sole^r il che vedendo fo cicala^ corse ^ 
e domandane di grazia un girano di fermenta > 
eia formica rispose; i^chc Qoafai tu^omcÌP» 
che 1' estate congrego eia che posso per T in* 



V4 



vqt^ 



t r ES*G>0. f^ 

no j h cicala rif^pose , ti i«mpa (feirestate io, 
lo comumo cantando . E la formica disse : tuo 
danno se tu mon di fasie d' inverno , pcn^ihè 
Testate non hi altro ^ che cantare. » 

e Fes questa favola siamo aitunonki , '^^he 
q«BDd(Ml3hiftmd forza t> doUbiamo cercsuGe <itftl- 
clic cosa pes la. vecchiesfza', eh' è defook. 

F- Bel Becco i e dfhtwo* 171. 
uggendo il toro il leone > s' Incontrò in un 
becco 9 che lo guardava con la faccia minacce- 
vàie . Il che vedendo il toro pieno di sdegno- 
gli dis€e : io non ho paura della tua cattiva 
ciera» ma tfcmO «il leone % il quale, se noar 
m " tese 4itle spélle , già sajiresti > chi còs» 
fbssrcontrastare con un loro. 

u ^9ms§nm deUs' favola . -^. '*• 
A un alSitto non si vuol dare^mi aflmóne^ 
perché assai è mìsero, chi è misero. 

pei gamhmv^i fhaére >- 1 fgHu9Ìtt, 173» 



Ljì 



jÀ3^ madfe del gambero ammonì il figliuolo > 
che non camminasse all' indietro / ma innanzi-^ 
A cui egli rispose 1 cominda tu> che io tfse!»^ 
guiro. 

Sentenza dtiU favùk , 

•Nonriprendere isai akana del yì2ìo Uò pr(»« 

fio. ' ■ ' 

lyi un tane mordéce, 174» 
1 padrone mise un segna al cabe mordace > 
acciocché di quello ognuno si guardasse . 
cane pensava > die ciò gli fessr messo per;o- 
nore » e per questo disprezzara gii altri cani . 
Al quelle nn c^e vetchio disse > che non si 

g^iiaàse, perché quel, ch^eifli pensava, che 
sse onore , era vituperio . 

Sentenza' delU favoiè , 
La faydé significé, che qualche vc^ht ittana^ 
Glorioso ^sa>' che gU sia oBort dò che ^i 
a vituperio e vergogna » 



I?» FA, V-O- 1/ K 

■ Iti -dn piiiMtu, »75. 



L'i. 



/as' pi^altc. stavaoa nella ri(^ d'un fiame > . 
V" um'eta dr terrai e f'altiiviii 'urne, eTona, 
e. l'allra si portò via ii fiume. Quelli Ji ra- 
me disse. .« quella (ti tefta , cfae, temdra dt 
fómpetla . Lascia la cura a me , rispose quella 
dì' tetra , èhc io opererò nccli6 tu non" mi 
rompeiai . Quella rispose ; diseottatì da me , 
perche i»a mena ho paura , che tu ti urli ia, 
'me, che io in te'. 

E^me^Rot ^i*efe con iiw ccmptKnó egnsle 
senza pencolo, che con u» pili. potente con pe- 
tiéolo . ■ 

IDtl ptvmi, e deik gru» . 17«. 
i pavone, e la graj cenavano, insieme; ilpa-. 
*óne ii gloriara «Terc una bella coda, e la 
grua eli concedeva > che non-v.'en. più, bello uc- 
cèllo di lui, "ma che appena poterà volare so- 
^a i Tetti, ed^ dia col luo. volo pasnv» le 
nuvole. 

La &vob e' inscena , che niun devC' iptefcza- 
le gli. altri , pecdid h^nator.i h» ;d«lo la doto 
t)ia ad ogni pifìona , evia ooabii la aia «ktA, 
-. ■ ' fol- 



:©r K.S© PO. '^ *75r 

fcust' D*ha tun^flltrft.j vheD90 è xnen detti ^tja 



i 



caed^oi^'caccìkadofe fiere > kti^r^ ^s^ 
affli altri AmhiatiV efie ^esseiO; dabandfl, oikT 
vita- la qiitle sola, volle resistete r fir fertili) e 
'fixglIfeQdo , Ix volpe* le dikser chi t* ha* ferito , 
«te- tu fo^gi\po^l. fotte ? A chi ^ bastato Tani- 
•mò di jf^rire ana 'be^lia. cosi vatebte ì Risposo 
la tigre:, vy non 'Só^ ehi m* abbia ^i^ìto> iiia> 
cotìsidero per la^raiii ^fefitftì <^he ho aviitOr- 
che sta stafta lin uomo . 

' ' • ^ Sènte^;(^ dell* f0Xìoh. 
Qiiesta laYél» è: cootra Ì- témjBrarj . 
^ D« tot f^^ del leone. 17R. 

^^^uattro tori fecero'lega insième > e ad og^ni-: 
ifcrìcolo erano/ttniti . IL leone; vide,, ^hc -pjt" 
scevano insieme» ma- non li' volle assaltare ;> 
ma come lì vide separati», gtt asseta, e gli. 
ammazzò tatti a. osso a uno: ' • 

SennnzM' delle; jìivol^ . 
riifiuna cosa' é fèrma ^,. cl)e la^ concordia > e lat 
discordia ogni cosa fa debole. 

J>elP^ ubetty. e ìhgli spini* {79. ■ 



■■11 j ■ ' 



abete- dispjcezzava ^i] spiai , vaotàtidòsi ,. 
che era^ messa nei ^Uzzr, e che teneva te -'ve^ 
lé nella oave,.K loro ;ei:ana bassi, ng*aji| i0 /aft: 
'ti ad. alenila cosa . Essi le rìsposeroiPhi #' 
glorii de'jtuoi dpni^ e ti ridi di noi ; 'ma ^vutt 
do sei tagliato con 1* aCcet|a, ed a^iloiWi^ 
è dato impedimento akuno , ^Uora tu Toi^resft • 
esser simile a noi% 

Sémtnxjki delfé fitvoU , 
In una^ gran ibrtiina • sonovi pia ^ mali 9 o|a* 
in. una bassa . 

DrlT uccelk > 0. do fùoip^iènli « x8a' 




.vendo postò Tuccdloi suoi %Kaolt in; 
ua^ campo di grano > gli amfiioiii> àéjìaiteii- 

H. 6 de$«- 



f ■ 



FA V L'tE 
j^efi» dìiifeQlengt«Qre.<se.jjQttti«iap fagl^nfite 
di ìm^ U i^atiQvc <l00^4a>k mìàxiu T fi- 
gli uoii k disseca, che il padrone ave^a coi9«- 
iaesso al ykio»>iis)ieil«%tÌ2is9^K>''H grano, La 
'li^^dre ri^po^: state di, buoAa voglia > che noo 
svà TVittt^'. U ^ifm guynp diss^r^^ che^il par 
.dcon^ a^èv|i com^i^^s^o i^ jki^ìcÌi cbeJip mior 
tesi^esp 9 e |gi madr^, disse che ^esset^ &ici|ri« 
ci)e fìpn vi €t^ alq^ pqripolo. ti tc»^ giócnp 
dissero : ab^amp ìotesq, q^i, c))^ ,&^U diss^; 
.it<}gli9. cbc.V:«QÌ*?np.>.iò,, iB mio figliuolo- a 
ii)iitt^r|p. Allora risposa la iiv^^re:. adesso. s 
teippò > (^ke ]^i f)^ggum.Q. V perché non Ho te- 
muto ^Ìl vicini , nf ^gli amj^cl, sapendo., che rioa 
erano per vpnìte » tna^ qra t£aio . del padcpns^> 
^Ecllè.sp) G^e qyesto gjU e a cugre.. "' 

P^^chjè gli uoifmni'si^nà. pigri oell? cost al^ 
tfui , (liiflidQ yogliamò , che. uoa cp^ sif b^pi 
btta> noi stessi la dobbiaiQo farcia 

Dtìfji^Mfi 4 A, M^ invidÌQfji . i g I ,^ 



E 



icanp du(^ ucan^nil^ J'.tinpt avarp>. ^ T altr<^ 
invidiiqio^^^ilttì e d^^ pregav^o Qiovei il 

Sii mi||ìdò a tul|t«.aa<L Apoilp per loro* so^-- 
fip^pQ^t» t^cluèrclò- cké aimandasse ai) di 
lof^ l'avesse 9 e' r altro ave^ U dpppio. I^* 
lRvi4m^-iiim2^49> chegli Qu^Ì3$C£i;n.occhiq9 
4|0è^(|P^s$ero,caqBÌati Iptti^ $ie MfCqmiH^Qq. 

Lhf^cosa é, ptfgiore che . T avarizia > e^ ohe 
|àà p/ML^a che Tin^iduì Ja^^Ettale. pt|rchc ac^ 
altri Ò4|oca > {nal a se stessa oesid^a . 

A 2>aV#. carnscs^is^ •sntéi$0 . ^ i Sa. ., 

XJL^vendo ,l2^ cornacchia sete^ Uovo .no v^so 
dT acqua» ma F acqua era tan^o pj^pfqfida ^|»e 
aoQ poteva bere» s\ $lbtxò\$p^txler]3 > oi cosi 
Ifs riuscì il disegnò : allóra prese molti s^ssi 

piccoli, e lirgett^ ocJ.^W^ e IVaqQiMi « 4: 
49^ ed ella. beve. 



DI ESOPO. «^ 

Quel', che tu. iKMi.paoi fatt ccD>l«mu>. falc- 
ia Qon ptudeoza > ed aitmùa . ^ 



-Il leone. cuBtndev» ecfl caocùtete , e- diceva, 
che la forza sua eia maggiora, che quella deh' 
ttomo', ed «gli ciò negava. Dopo molte paró< 
le r domo condusie il Imxis ad iuta pdrtmitt^, 
doverli mostra un. Ie«ie scolpito tchtposaM 
^ capo sapia il gtend» iì uà sonjp ; AUon 
dÙM il ieooe : i'- abmo pai- fingere eia «ha-Vuo- 

.l^ySia (C'il ItO« fosse »«ult«»e' cOfflO l^U*- 

i«Q,.T«dKfliT uomo sotio-i piedi- deMeen*. 

L» &<Mda dioeta, oJtC' «g^tm», òtSft (ai 
-cjò che puÀ favorire la mia causa-, =. -'^. ■ -, 
Di KM fantivìl» , ed uà Wm ■ 1S4, 

Stwa wn feociullo p^agendo pceoo ott ^pz- 
lo.i ed .itp ladt:» -gli- dÙBaedò- p«oh^-puii' 
gevxJ £ejì rispose essersi roUa tafiine, ed es- 
sergli; caduto odl'ac^ua un vai»^\oca-t_ llta- 
dto lo credette^ spogliatosi , si-^ttò> nel pc«r 
.' «9' S'"** tuoTindo vjsd aicum, rcnnt dkso;' 
mieiipa,vi.novoil&DcÌuU«,iiè.lR<u«i verte.. 
- ■. , sm^ 



\» 



oó gabbategli aìui, 

DJ im. tfiUmtù y^d un^ - %jhi^fmc9 .18 f . 



u. 



nvniafìQ aveva ùtf giéVen<ìo> ìddoifsatnfe ». 
e per ^iomarfo,. ai meglio, che pottiva^ (perchè 
dava. Con te corna) gitele tagliò, £ petché fe- 
diva graremente. ancora con li' calci , la* pdie* 
non a tirare il carro,, ma T'aratro, tenendo es- 
so la stira: e si railegcàva avervi- fatto con 
r indastria tal. rimedio, che ormai fosse sica- 
ro e dalt&corna e dai! piedi'. Ma. la bestia in- 
domita trovò nuQvo modo df niiocergti > pet* 
cbè con i piedi spargcnda l'arena, con. quei ù. 
gli empì gii: occhi ,, e. là testa .. 

Semenx,» dtUét fsvoh^ 
La £ivola signtficr, che ^omi sono tanto 
intnttftbfll^ cbevoen^arle-».^* ìrn^egRO'V iricuoa% 
non si possono mitigare. • 



t: 



roivato il villano an pctrco che gttastav» fe 
hiade^ gli tagliò un* 'orecchia . E rrovatovelo 
im**aitm voha^ gB, tagliò l'altra , é la terza 
^olta lo^esc, e portalo al pad^ofles è tVitn- 
mazzarond. Lametftandosix li^ padrone > . cht non 
' si trovava il euore-del'J pòrco «.! rispose, il* villa* 
no: padrone» non ti lamentate, che. questa por- 
cb non aveya ctìbre,.i)è fe&tkneiitoi perchè se 
avesse; avuto sentimento', non sana venute tan-- 
te volte a guashirelé nostre biade.- 
Sentenzi» JeUs fti/bim ... 
* SoiM alcuni, che fatino tante ]iatne a2Ìoojf«. 
che si può: giudicare non abbiano^ cuore. 

1T>i un toro, ed un, Morato, 187. 
I sorcio avendo mocso tei piede; al <tOfO, si 
fuggì-. li' tòro lo minacciava con le^^coriia. 
}1 sorcio ridevasi di lui dicendo e t» ^e)ri4' 
robusto , e- gagliardo, vedi «he sìtiova 
giocolo .sorcio che ti oflènde. JfeiK^^ 



^ N^iiiy]i à^^àì^ifpatg^^M_ suo. <«|iùco^ l>ea'> 
chh sia picciolcr. . . . , 

1 carro di uff viiiano- s* era i^Qiximerso net' 
: fa«!>g<l ;. ^4 egli, difB^dava ajL. Wa Eftcplc. A^ 
JL>jiÌNis$e a «avaria dd làngb ^ ina s^n^ima YOj 
ce 4al. cielo > che>dic^y4 ^ P%zs^> ,4:he. sei , baUi 
.^il cavallo ., e spingi^ imaatiz^ le swìÉk » .ed ^oifa . 
i^iama^ Ercole 'il3^.,ajato y. ed egli: U ?iut^ra>. 
: . ^ Sente ft^ deU^favol^ , , . 

-IjÌ voti: 02 Jesi:, niente. g^oxanOf. |)etclvè .Pio. 
lion gli, esaiidjisce x. im^^a ^ tnestref i ^..che^ t' aj uti^ 
.4.ìtf m«d(^i'roa, e <^i i'^^erà Iddip» 
Ùeil^, simiéy e di^ due^ suoi figliuoli.. l8^. . 



f. 



artosendo^» scìrnià» fa du^ figliuoli, e tie 
.ama unp; , e^l!.al|ro, pjjii, . AAcasp pa^to-. 
;Ce9d9. di|é' %liupl|r successa- un- gran^^ .pericolo. , 
ed uno. ne prese in^ bc^ccio > « l!!, altro-se? lo pò- 
se su le':sp^^.^ AyyQpB&}..v<pbe- il più diletta 
fa offeso, da una, pietra,, e inori», c^ T altto \ìz 
«alvo senza, impeaimeptà alcuno. ^ 
. Sén$etuc4h dglU fsvohy 
La frvola-diiBpstra» cli< suole «pesso. accade- . 
re^ch^ il^ %liiiplo.rch* è. manco. amato da' suoi . 
patenti, diventa miglìoretdi quel ch*é auiàta. 
I>i; « lit. /tue y. r di: imi ^io/ùeifco , i^o.. 




_ bue- v^cchia.^di continuo^ arava >^ ed im .. 
|[iO¥en,CD , che noi^ aveva, ancora provato &ti« 
ca. Lo beffeggiava;. dicendb\.ip pasco in que- 
sto- prato erboso, £ sop libero, ft^non^ ho, mai 
.f^oyfito: gÌQ|fo alcuno « e sto sempre in ozio , e 
tu hai cpnsu.fipatp. ,il collo per la. fatica, e sei . 
brutto, «i ipvbclli? . U bue vecchio, niente gli- 
ilispose .«Quindi a pfl^Q^ved£Qdp.i che Ugioi^ncò 
W menato ^1 . macello ,- ^ dis$€)g)t : ^ Questa tua 
.xiMKitMÙosa a che t' ha ^ condotto 2 ali accetta,^* 
.«desso cfedo.,, che pili loderai U caia fatica^ . 
chft^il tuo ozró.. S(p\ 



i«4 FAVQL.E 

SemvnxM itHmfsvoU^ 

< ret wr^ beile »btlo£*tift £itticar« , perché «a 

uòma x>zio$a9 e dato io tutto a' piaccfi « izacc 

IvoUc. ìa buon fiad% . 

I «Cftifc disse al'lfcon^: |iérchè tsì «u per le 
selve errtodo > e pati«:i fame > freddo eicd- 
do : e perchè non* hi come io ebe senza fiitic» 
alcuna^ vino» e pigtiomt piaceri^? ' \l leone, zi^ 
spose:- tu hai dà maagiinre, «è curi £itica> ma. 
$ci spggettOy e serro,- ed io sono libero» e 
aoA voglio servire . 

La Itvok dlfiioatra 'qtsotor sta -/buona é bef* 
la in libertà. 

IDei pesci. 19^. 
1' pesce del .fiume fuportato-a caso nel ut»* 
Te, dove lodando assai la sui nobìllò; di<* 
spjfezaava tutti i^ pesci roarinr. Il'vitelio^ non 
puote comportare queste paròle , e gli ilkpose^t 
Questo^ tuo- giitdkcìo vorrei si * lM»sse quanido 
tu f>ssi preso come io ve fessf |>ortato dalla 
pkbe > ed io "dai nobili • 

Q(ielli> che si- lodano da lor medesimi sono 
beffeggiali» ed 'alle volte odk>no cose, che loro 
TÌficrescono , e Ninnoli tacere. 

aquila, e la volpe iè.cero fra loro ainid'» 
zia ila quale aecioccbè Ibsse piiV strettìa-aln- 
favano appresso- 1' una ali- altra . L' aqc^ 
itct il nido sopra un albero , e la volpe collo- 
cò i suoi figHuoli-^otto 1* "albero ita gli spini 
Un giorno essendo uscita la volpe per ttoyar 
da mangiare ai suoi figliuoli , ed avendo- ano}" 
bisogno r aquila di dar mangiare ai soòi**, non 
ricordandosi pm- dell'*'amicizia , prese i-figliuo- 
li della Vólpe > la quale tomaodo, e non *ve*> 
dendo i suoi figliuoli , s' attristò grandemente» 
et conoscendo essere slati tolti dall' aquila , né 



petenda wncHciiisi 4i ^Ua '<^ pe^ estere gran» 
de uccello, coimnci» a iiestcttuniad i , e ^onr 
vcri^' t&t<ta rsiiyinm fiiJOiiki«'''Ao»siriffe , che ài 
9ac^iij[u*av«nD tn m^ yiììk dcutnt mptt : ìJsKft^ 
la Ite f»fese U» f^ezxò' epa cnfèMyRì «seesi r ^ pòi^ 
folio nel stto Rìdo, ed il cdflMIiìe ftbJbfrudò tol- 
to il> iiìHq., ch'eira Citta di lìe»lo ^^e di sirì&eir 
ti>'e^^ii aqpiilini.8e»lsawk»iil*fiiood'r}e nóniié* 
ftreodo volare , eaitìsamiOkJsm^tméii t la vólpe i» 

Dinota' la fìkvola )bcfae «aeUt ^^ die toiiijtoiià 
Tamiàzia, benché gli o^jsi non possano vim- 
dicarsi >. non &ggono «vai ia vendetta di Dio . 



I 



1 rosignuolo c^mtarasopca itta quercia v com'è 
seo costume. Lospftryieco Ib prese, ed esso I&^ 
jHtegò che lo lasciasse aodasesfecch' egl4-era poK 
co pasto per lui * w sparviero rispose ; io sarei 
ben pa2ZO, se avendo il cibò tn> mano ; benchtS- 
^cqIos lo lasciassi con tspecasaia di aaggibce»^ 
Sentenza delU ftnfBlaf^ - 

La £ivo]a significa) che .^Qetti che lasciano^ 
quel che hanno in mano con ispn-anza di gua- 
dagnar più 2 SODO pazzi) e fuor di ragione. 

A- ' .. -1- : " - ' ■ • • 
vendo, k volpe* p^tduiei^ «oda a un. lae^ 
cfo , disperata si voleva ammazzare da se mi- 
decima i dappoi peQs4 P9& inganoo far che lè 
altre volpi si tagliassero Ja coda:, e le chiami^ 
lMtte> e le persuase» chf &i mozzassero la cqt 
da> perché nou solo era. v^ergognav d'averta co* 
si ^uiig^», ma e» anco dani^osa ^e' pericoli . Una 
4i. {l^ mpose:, il consiglio, che tu ^i dai> é , 
pc^ch^ non hai coda. 

S^meJ2Z^ della fAV4iJ0, 
Qn^a favola accenna quelli che sotta colora 
^ caliti consigliano ad^a|,tri4J proprio comodo^. 
. 1 PW- 



LAot 



valpt , t tklh spi»» . 



Uotcìtri» la volpe b intiaidei ciccia(Dii,Hi' 
iiÀ ia tuta swpe> e si puMc l» punta Hi un 
pikde, t dolendosi disiev io soo venuta [i« 
aiata a tr, e tu n'ettcodi t e Xa-.iyiao' tispe- - 
s«i tu KÌ- ìd einre > pcDs» di ^tfjà^etaà eoa 
quell» uTuzie vCoI'b <}Bari prvud) ^7 altri . 

E' poSEta dinwdHrajuto a. qtiaUì r «jie 
BuocoDo |HU .pceitp. ci|p giuvart , 



Ir, il vornc fuggendo i cacciatori, trorò ».«* 
so un viltaMÌ che hevf» legna-, e gli chiese di 
«tasii > che eit inicgnuie- an Tuogo per «ascon- 
dersi-. Egli k inoitrS aia Jprtonca, netfa ijua- 
fe e ntià- . Venendo- i cacciatori , (timanibi:ono 
al viltano sr avewè ♦erfuto paisar una-rolpe. 
Egli disse di no, ma con k mani dimostra*! 
a lu ogo dove era ascosa- . -1 cacciatori- non 'td- 
tend èudo-ti ]jartirono, e-la- Votpe fug^ . Ed 
U' Ti limo dolendoci della pactHa- delia- TotpC) 
che ^tOD gli- aveva renduto gtaxte.alcoDei. «Ila 
gli r, spose: se tu 3Ye«i le maaì al parlare si- 
ni/i io tìjÌDg»Eierei. 



Qtiefta fàvola: tocca a'.cattìpriv clie pcoQiet 
tOQO di far btne&io y e fanno W centrati© . 
Di un> uuntOy, e ^i un. idol» di legno ^ i$%. 




na aveva, unr idolo <ff Ufpàa m ci^isr;^ icf 
egpl di pve^valo >: jqhfi gli flesse qju^rfcfecf Uenjc r 
^ semjpre f li a\tvcniy$ Il coirtniio, perchè tut^a- 
,vìa cf^» poverov ^gli' uu di lo ^c«iq .. e gli, r^p|>c 
le gatxtèk? , e la i^a^ incontra ai. mura, dal* 
la te&ta del quale 'lisci molto ore» L'uonao 
disic : guvd^^^to HqIq > f he infili^ elisio gli 
Jk> Étto onoj:c > niafiD^irv.miba tf^to cos^ at^aa ^^ 
ed ora mi ta. dato, qtì«t* oro pcc forasa.. 

Qi^esla &voIa tocca-queJIi >. cJie ^ Jle-voit— 
te giovanor.ad'4lcttOo> lo fanno per fòrza^ 




n uomo cjìJaiDo a -censi -an- stia amico , e^ 

il cane del' padrone chiamo un aitfo cane. \ì 

?aal vedendo la^^^ana Jsyen- al^^o^ine cominciò: 
fte allegrezza con là coda , e saltare per cuci-, 
4)a . li cuoco ve$lfindo.q|iestQ caneiforestierp prc; 
scio per tic coda» e lo-gittò per mia: ^nestra > 
al. quale gli -altH cani -di&i^ro ; come . naj> boi 
cenato i ed egli rispose : tanto bene», che quaor, 
do sono uscUo .fiiori Jion^ iho«. veduta» ks stcada» 

^$t$MfiLm jkflai/étvalé^. 
* Xa £ivQ^. Vi& insegna», f he aon .deve Tieoinp di 
^eUe cose aU^sarsif;^ deiktqiiaU ha xd^i^ckoiersi « 

"^- . JDi età vilhn4k\ lOO; , -^_ 

^^ n viltano essendo vìciao/alla^ morJ^VdeÀ- 
decassa y, clie Tsupi ^gliuoli . per^eveoassefo tieìfla^ 
agricolti^a « Gii chiamò , e. disse : figliixoU mYei> 
\ io 4nr^p;u^ta di questa, vita > . e tutti i sni^ ■bau 
.io vi lascio» che soQO'HelL^ vigna « Quelli d«^ 
.|ko la morttt^ del padre peasaadOy-iehQ^Qrfia vi- 
glia fi>s5e qualche tesoro nascosto , ^vatoiso tutta: 
&. vigpai^ e <fìiia. vi uovacoQQ cos^i, *aiomia.^ La. 

vi>" 



\n r A VOL E 

i^gtta dap^or essendo; così4ien oiirata , fieet pid 
imto> d)^ prìo»^* e questa^ $i il tesero che 
tiU^YatùttO i ■'■■■' ■ 

StffWMX» deiUt fsvlif , 

La coBltima hxìc^ pactorisce gran tesoro^ 

UTfi-'tm pefcstore , xoi. ^ 

n p^cato^e ,fion ^phido ben l'atte di pesca^ 
rei prese una zampogna» eia rete, ed andòap^ 
"presso il lifco dei* 'mare* e -postosi a sedere só- 
pra on sa^so-xoQ h zampogna comtoci^ a ^uo- 
nare^, pensando ^on quei siiono pot«r prà fa- 
^Imeate -pigliare ipe^ci. Vedendo, <hc fac^ 
.¥01 poca (ìrutto , lasciò il suonare-» e po^ Is^ re* 
te in mare, e prese a leoni pesci . ^traodo k 
rete ft terra, e vedendo saltare' i pesci disse: 
fd^ndo io saònarar , nitin di voi saltava » ades- 
so SKM1 è fiit tempo ^ che voi saltiate . 
Sentenza deiis favola. 
La favola significa , ch^ x>gni cosa si & be- 
fle quaisdo si fa al suo teiÉlpov 

'Dt MÌcuttì fefcstiìri, tot. 

jTjL rendo i^cuot pesatoci pescato tutto un gidr- 
'Sfo, e non avendo preso niente, stanchi per la la- 
tina parti vansi, quando an gran pesce fuggendo un 
feltro pesce, saltò in bo^rca. Per questo atteggi 
tortiaiide alla città , lo venderoto a gran prezzo. 
Sentenza détla fmfoia; 
La favola significa, che quel, che noti può 
far r arte, qualciie volta fa la fortunt. 
Di un povero uomo infermo» 

U 
n povero uomo infermo Ì^ce. voto a|[tt Dei, 
se guariva , di dar cento buoi in sacrifizio. Vq- 
kndoglt Dei provare, se diceva il vero, gli rese- 
ro I) sanità^ ed essendo'fatto sano , per la po- 
Tertà noa avendo cento buoi, raccolse l'ossa di cen- 
to buoi, e posele sopra Taltare, dicendo: ecco 
^el , che v' ao promesso> io vi c^. Gli cki volen- 
do 



, DI ESt)Pt). Mkf 

dò^tifttiaarsì ^ «^iesso , 'f»ir aMH&€t<»,ìvt «^ 
gito, dkenéo: vat^me al HdoiLtfd marc*^ tco* 
'veraì cento taknn^à* oirO in luogo rJ«io|e^.r tildi 
vi andò , «ed tocoatfom m ctfti-. Jadeoni » oa' 
q^idH il ffeso, e^veochao f^r it0liia«i»> 
Simenzs Jeiim JitwthlL, 
Questa: hvólà sipàfi^y zke idqq doUnamo 
penitts^ d* isf^ftiRuuie gii D^*: i ♦ . . y . ; . 

jt\lc^ peseatori tifavanc». I2 sete dal «ar«^ 
e sentendola JiK'lro gf ave, ccedottetolosllbiEa^ 
ma di peséi. Tirando a teffa^HtronMHwe Jp 
CSS3 pochi ptscit ma iosieQ:ie on gra« sass»^ 
^el 'che altristacdosesHe . loco - ^Mdeniaite., im 
di' loro d^sse: «on vt dolete pÌH> «ercbè 19 
j»est4zia è soreHa deli' allegrem^ar peep tusogaa 
considerare nelle prosperità le cose avverse 5 •« 
quando avvengono sopportarle pazieDiemente*. 

SentfinzA della fsvoù. . 
La favola .sigittfica; che chi desidera 1» sor- 
te umilia, ne'casi avversi non mai si afilig^ « 
Di tip t^^io tèi ^àt^nu0Vi^ h ntorte, lOf. . 



u. 



n vecchio portava un &scio ,di kffxi dal- 
ia selva, e stanco per il gran peso c^a^mava 
ia morte, la quale gli veone subito dinanssi, e 
-disse .'"eccomi, che vuoi' ed egli rispose^ io 
ti 'ho chiamato acciocché tu m'ajaii acstjcare 
questo fascio' di legni . 

- - SentfnKédeU» fin^ùU , 
Questa favola ci fa sapere* che benehé stiti 
uno io gran perìcdk) , non' mai vorria morire . 

UJD/ un» dQtttm , e Mi un medico • zo6. 
aa donna- aveva male agli occhi, e.patteg- 
•^à boti un n^èdtco, s'eglMa guariva, dargli 
utt prezzo: ma se non b guKÌvai non dargli 
-cosa àfcuna . Ogni volta , chd il medico anda- 
va a visitarla sempire gli ruè^va qualche cosa 
'di casa', ed alla fine la donna < guari,. ed il me-« 
dico le ohiése la saa mer«edè, e la dònna ne- 
gò 



1^ 'FAVOLT.Ì 

'g^ dttfglt /«osai aUuna. Onde éi xhkinats ^ 
gUiéuìo^ td lefiauAon ncfà il 4>3É(to » e tox^G^ 
so «ssere guanta -d«t suo male, anir ^diceva» 
che quando «lld «afa «Ì6Ca>, areva. la «osa piena 
di aiassrrieÀt^e ora .9 che 4ioa ^mj&tccà,, .tiop 
"TI vedeva cosa alctinii«-' 

.La favola sigm^oa)'«hè qntàìii «he'sòaotropp» ^ 
nvari 9 spinse. vokrintoccioBO a low^edesimi, ' 
JpV ' 'pi éae m'éniioi . ^107. ■ » .^ 

^L/|tf intano nemici rcdpitali , e navi^aTamàe iti 
una ìnlfd'é^ifaati^SiVé, nino ^tava neiU poppa, '^e 
Yaìitù a ptorà; Venèodo ^tma» gran tempesta» 
4ske h tì$y/c ' pericolava, - qael che .stava nella 
|>rota d^aflfdò di .'padróne, 4^ual p»rtr delia 
nave si soiùtaetjgà priina^ «d egli fi issa: Queir 
Ja ddla )i:óppar ed egli risp«ise:> io muoib' coiv 
t«nto, por- ch'io vegga morire il nki aemtc* 
prima di nie^v . , * - 

Alle volte Ja itiente umana >é tanto ^ deca -ncllt 
odio, oh% Tuoino AoncuraJi morice, yat che 
muora ih suo nimico prifna di lui . 

DD'tin faHcmìio , « detfg foifttmà , ^o4{. 
ormi va uh fanciullo appresso unvoeizo Ja 
Jattiiina lo destò 6 disse : levati di costi, 7>e£c he 
se a caso tu cascasii nel pozzo, non accuseria- 
■sio gli uomini h tua pazzia , ma la fortuna* 
Sentenze dtlU favole . 
La favola ci avveft«ce, cl^e i^is^aàgior l'ar- 
te dei pericoli, né*qiiali incociamo, e per ho- 
stra cagione, e noi ti* aceus|amo la fortuna* 

S' De svrcf , ^ deismi . xo^. 

Stavano in *ina*.C3sa molti sorci, <iove andoV- 
vi un gatto, e- n'erti mazzo molti e molti ne 
prese. Quelli, che lestarono, fecero consiglio 
insieme di lìon andar pia per terra, ma si po^ 
«ero -tutti sopra certi legni del tetto . 11 che 
vedendo il gatto fìnse di esser morto, e co* 
jpiedi in alto giaceva in terra • yusndo così 

vi- 



-éAent- 1 soKtt •> caitefiataaa, óH no €t \ow 
aocDigenriod ddl'inguiao, disMSadtliot ami- 
-te, noD iBÌ>£d([à di te. 



GUtM icimi»-. e delta vatpt . tio. 
li animali fecero consiglio pei creare ti 
]oio te, ed elessero la sciraia per il suo ben 
.ballate. La vùlpe invidiosa, ved nido un pezzo 
|di carne in uà. laccio, disse alla scìmia: signor 
.mio, vi^i meco, che in un luogo vi è un te- 
soro, e condussela ove era illaccio, ed ella 
vi s'impiccò da se medesima^* la volpe dis- 
se; o pazza, tu credevi pei -averti fevorita la 
sotte, esser degna di sigoòreggiarc tutti gli 
animali ì ma tu t' inganni . ' 

Stattnxji dtll» f,»vùU . 
Qui si toccano quei , die incortono _ pazza- 
mente in qualche disgrazia ì; e sono poi beflèg- 
fìiìì da tutti . 

olendo Giove creare il re degli uccelli , co- 
inani^ò -i tutti che dovessero venite al consiglio. 
Il che vedendo il corvo ptese diverse peone d'ai' 
■tri uccelli} e si adontò di sorte, che p,)teva 



n.L T k VO h B 

Ut più bcHo di tutti , Oiovit lo voien fàc ie, 
e come ciò inlewto gli altri uccelli, sdegnati 
tutti tolsero le lor peone al corvo >. e qii^lia-' 
tolo resta bcuHQ. aome (irirna . 

Chi si adorna di cote ti' altri , come le yKtie 
( il che in un subito gli avviene } si conoioe, 
■fual egli è, 

T T Di-unfMn,iàuiictnt. ut. 
X^ n fabbro avera un cine > il quale quando 
egli \yotiYi, sempre dormiva) etl andaoda a 
m^Dgisre subito si destava ,' e mangiava ciò , 
che cadeva sotto Ij tavola , di che sdegnato il 
padrone disse: oh Dìo «piando io lavoro > tu 
tiotmi) e ijuando io marcio > sempre, tu vegli, 
Stac'xU dtlla ftvelt- 

La (avoli accenna coloeo, che vivono dei^^^ 
tiui fatiche . 



tnanfiiato, era diventili "t»nto graSM rf)6 ^i 
cbntinuo scherzava, dicendo fra se med^i- 
-ma . Mio padre fu un cavallo , che nel coi- 
rete era veloce, tà in ciascuna cosa m'as- 
«omìglio a lui. Indi a pochi dì, accadde alU 
mala' correr forte, e non potendo più, disse: 
oimè , , 



DI ESOPO. lyy 

D5mc, cfie io pensava esser figliuola dì utì ca* 
vsMoi ma ora mi ricoMo cfre^io fai figliuola 
di* un asino . * 

Stmenxt delh favola . 
l.a fevola significa , ^hc i pazzi nelle pro- 
sperità si scordano di'loró itiedesimi, e nelle 
avversità si scordano di qtiél che sorjo. 

Udì un Me ai co .114. 
n medico^ curava uft itff<*rnlo , il tjaale mo- 
ri pet sua negligenza. E portandosi questi at- 
ta sepoltura , tiissc ir medico; se tost ut si fos- 
M astenuto dal. vino, ed- avesse usato spesso i 
eriateri , non saria morto . Uno dì quelli 9 che 
i'vi stavano presenti rispose d medico, dicen* 
àori qtielti concigli tu dovevi largii quando 
giovavano, ora cne importano. < ^ 

- Sentenza MiP' favata • v . 
jQuaiido si deve consigliare un ainico, si 
^ve farlo qufindo impofta, perché qua|fido noitf 
impiKtà ^ un-b(tfièggi^rlò,' : - » 

IDU taftoro. 31 5' /_ 

1 castoro é un animale da quattro piedi, cne 
si n'odrisee in acqua > ed in terra , i cui testi- 
coli sono utili a molte medicine . Esso qiìan* 
do è persegiaitato , fugge qudnto può , e Doa 
potendo più £\iggÌTc frappa condenti i propr| 
tediteli > e li getta à* cacciatori , e fugge la 
«nerte. 

Sfétmza dèUs 'fan>oh . ' ^ 

Questa &vok significa , che ? uomo saggio 
-mente lascia per fuggire i pericoli . 
jf T I>i un eauty e à* un lupo, iltf. 

*\J n c«|ic dormiva dinasti à unà^ sala , e ve- 
nendo il lupo per mangiarselo, il cane gli dis^ 
se : di grazia non mi ammazzare , perche io 
«Oli magro , ma aspet^ , che W mio padrone 
"fiiccb le nozze, ed io Hi* ingrasserò , ed allo- 
« potrai mangiarnù . Il \^x^ lo lasciò: accad- 
de , che il padrone fece le nozze , ed ingrassa- 
tosi il evie, v«one ilJo^> th>Mo^> eai«- 

1 »• 



i«4 F A V D L B 

segii , cht voleva ia }/r(Mne$s:^ , eH H cime ftl^« 
gendo disse: ajupo: se di qui innanzi mi 
tiovcrai j non aspetteiv^i piò le nozze* - 

.Sttrter.z:^ deh'0 fàV»lé . 

Il saggio,' qiindo scampa da un ^ricolOf 
4I fa guardare dn quello . 

A Del /«dft« , :e del tvrc . 117. 

vendo in anim<$ un leone di amnnzzare^ft 
taro , la chiamò a* cena dicendo : amico 9 ^o ha 
amnv^zzato utiu pecora » io Yogfio, che tu venga 
Questa sera a cena meco . Il toro v'andò, e vi« 
it ogni cosa all'or line v salvo chela pecora >e 
subito fu^'gi. irieone x\is$e i perché fi partii 
rispose il toro: io veglie ie masserizie della 
(ucina all'oidinc per un torOy e- non per ttO» 
pecora. 

SepttfijMtiU favoÌM , ' 
I prtidenti Le laicnte scuoprono i -consigli 
ic'caltivi. ■; 

Di unUof»€ innsmf^tkto dièU figfiufhr di*' 

I leone aikirva la ^fh<liuoli d'uii ^iiIanO):«>jds 
di'roar.dò se gliela^ volev« dar per •moglie . -Ki- 
spose il vi 11 Alio •• non volerti "j pparetitare cem wa% 
bestia. Il Icone si adira contea 'U- villano, « 
Jo minacciava.* il .vilKuio* JiHité'propostlb', C 
|^sse.«««er contentoV m^3 volere f che si Ad'» 
Jtasse l'unghie, e cav.ssci denti, ed il leone 
lo fcccy poscia andò< a tsovare il villano, il 
$uak conìc lo vide sersa d«ati ed* unghie 
prese le armi , e 1* ammazzò . 

Setitet.x^ della OtvpU , t 

L'uomo non si deve mettefe in Aatiol de* 

t nemici, se non é. sicuro di potersi diflèndere. 
DtlU, leonesse y e Àellé volpe . II 9. 
a leonessa rimproverata d^lfa Volr>«y itkc 
^a sterile, e noo rac«ara se non- #0 iìglisfiol^ 
^ per volta, rispose :<,&!, ma. queUo, ciw fo ^ 
UD leone. Sentente JgiU f svola , 

La belieua non consisti! u^ 9«anliU# ma ii 
quabti. Dfl 



DI ES O P O. i^ 

.1 1^0 ycHeodo-un agnciip disse: tu mt hai 
itto tante ìn<J[iurie, che oggi è foMa eh' io rtiè 
ne paghi; e ragRclIoJdifs* pÌ4&g-ndo, cooie 
^ Jkpssibilc , che pochi giorni sono, eh* io 
nacqui; ed il lupo gridando, diceva : tu t'hai 
pasciutole! imoxrainpo* l** agnello disse: que- 
. 5to- oo^ }Wie$scre , pecche non ho àneor défitf, 
U kipo disse ; tu hai bevuto nel mio fonte, e 
«^.agnello si scusav^.xon dire, ch^ egli rivera 
del l^ttc dì fiux madre > ed ancora iioii aveva 
gustato acqua. H lupo alia 'fine rispose: poi- 
ché non possQ sciogliere le lue risposte , voglio 
cenare, e voglio,, che tu sia la mia cena; e 
COSA se '1 jtiaDgio. C 

Sefkgtmé àeUm favoh . 
Appresso gli uo Ami cattivi don vai ragio> 
«e, pé.verttir ^ • 

|\ Dì dm giflii , zti. 

JL/ue galli combìtt evano insieme, e ciascan 
di bro voleva «sser padrone delle galline c^IIa 
viUa . Uno .di quelli essendo superato si sèco^ 
se, e l'altrp vincitore sopra un tetto del Suo 
nejnlco si gloriava . Voi indo quiircU 1* aquila , 
a vedendo questo sopra il tetto, lo prese^ ^e 
pottoilp "via; R g;iUo superato vedendo que&to/ 
tetto si rallegrò» ed egli solo si gode le galli* 
'«e di quella contrada . 

Nelle prosperità- V uomo non ^i deve molto 
rallegi^re» acciocché noifcadain'qu.Ichetovina. 

P* Det^ spi y e M Ghve . ttt. 
resedtarono le api a Giove un- Viso idi me- 
le, e piacendogli disse: Dimandate ciò che voi 
volete, che io ve lo dirò. Risposero le api 2 
« liitt^tisìi^no Giove, noi dinì»nditmo che tutti 
gH uonaini > che verranno per rubarci il mele» 
come noi gli puoghiamo, itiuojìno: della qual 
dimanda Giove sdegnato , perché amava gì) uo- 
mini pia JÙÈit le ^ : listivi , ^hc quelli » cht 






i^V FAVOLE 

Terranno. per rubarvi il mele» pungendcji >.,vpi 
subita moriate i e perdendo lo stimoio > quella 
sia la yostra vita , > 

Sentenza della favoh . 
Ciò, che noi desideriamo contra i nenatci y 
alle volte cade sopra di noi: 

LPellà motcay e Jflla pentola, t%^, ' 
a mosca era caduta in una petitbla di car*- 
tty e quando si vide affogare nel brodo, disr 
se: 'ecco, che t^nto ho b^|uto, tanto ho man- 
giato , e tanto mi son Ìav« , eh' ormai possa 
morire, che io muojo satigSl^ 

Sentenzia delld!Javola • 
La favola è contra i gq|asi. 

A D$ ttn giocatore i e iuna.ronditHi 12.4. 
▼èva UQ giocatore consumata nel giuoco 
tutta la sua £a(foltà, talché gli era rimasfa so- 
lamente una vesre , con la. quale si difendeva dal 
fi^eddo ; ed un di vide una rondine , la quale 
era venuta molto per tempo, non essendo a»- 
Cora ben passato l* inverno , e non avendo egli 
un qoattrioo per giocate disse^: ecco qui Testa- 
te, voglio vendere ancóra la veste, e cosi a* 
Vendola venduta , In un subito si giuoco i da- 
sari di queHa • Ed essendosi poscia incrudelito' 
il freddo, il giocatore tremando, vide un'altra 
Tolta quella medesin^a roadpne , la qua! cacciat» 
^ dal freddo se ne tornava via , e disse: Dio ti' 
Ciccia del maie,o rondine, perchè tu hai fitto 
danno a te ed a me in un medesimo trattò. 
'Sent€nza JeUa favola • 
Questa &yoIa significa, che ìt cose, che si 
finno quando non e. i( suo tenipo , Dòn posso- 
no durare. 

UDÌ un legnaiuolo , e dì Mercurio . li y . 
n legnai udo Scendo legnai appresso ^n fii^ 
me: dedicato, a Mercurio, a caso lasciò cader», 
l'accetta nel £ume, e di ciò dolendosi: Mer-^ 
curio gli apparve^ e dofflanetcgli la cagione 
della sua tristeasca > e quello gli disse deli* ac« 

cet^ 



DA ESOPO, w . 

cett» catlutagli ,• e IH ercark> cavò dal fiame uà' 
acceUa (1*^0X0, è gli dkse, se era qadU? il 
pover* uomo disse, cKe no. E Mercurio dal 
fiume ne cavò ana d' argento , e domandogli 
s* era quella, ed egli parimente òìSiCy che no. 
Ultimamente Mercurio dal fiume ne cavò la 
sua, che era di ferrò, e dimandbgii s'tfra 
qui^a , e egli disse , chp s\ -, -allora Mercario 
conoscendo quel pò v'ero uomo esser giusta, 
gitele diede tutte è tre. Il legnaiuolo anJò ^* 
suoi compagni', e narrogli il caso^ che gli era 
occoECO , ed uno di quelli volendo hr prova 
di questo gittò la sua accetta nel fiume t po- 
scia si po$e su la ripa a piangere; od apparen- 
dogli Mercurio come air altro aveva fatto , gli 
dimandò la cagione del suo dolore, ed fMÌ, 
disse dell'accetta d*oro come aveva fctto lafc. 
tra volta , gli dfmandò s* era quella e gli di^ 
se, che si: Mercurio vedendo la falsità mani- 
lesta, non- gli diede l'accetta d*o:o, né anco 
quclia di ferro. 

Semenx,s delU favoU» 
Questa favola ci dimostra , che qaanto D^o è 
più amico a* buoni , tanto é più nemico ai cat'* 
., tivi . 

I J>el serpente e Ì un villano, iri^ 
1 serpente morsicò uq figliuolo di uà villa* 
no I per la qual . morsicatura il fanciullo mori . 
Il villano sdegnato pigliò un' accetta per anv* 
mazzor il serpente, e fuggendo quello gli ta- 
gli ò^ la coda.nUa poi voleva fan pace.il villa- 
no con esso lui, gli chiese perdono, ed il sec« 
pente disse: in danno ti' affiiticiii a *volec iat 
pac«; meco, perchpcitQcdanddtì ta esser senza 
figliuolo ^ ed io, senza coda, mai non ci vorrs 
Ao bene . . 

Stnrenzs delU favoU.* 
La favola dinota / che quando* T ingiuria è 
grande ; T òdio mai noa si duo levare . 

I j D* 



X>J» P' * V-O li E' 

Di IH' gtHina , r d'un» vn!pt . xtT, 
Ja tolpe cotto in casa delle g.illiiie: t-ye- 
detidone una ammiJata , le dim»inià' com; sU^- 
yt, eh Rsllina rispose: io tttté bene, se tii 
ti partirai di qui. 

Smcnz.* dilU f»VBU , " 

. ,™ ^'o'" signifi". che I» pwsen» degli 
Uiniici se'rnpre è moleita, ed è da essere schi- 
*»U, percbe mw non può portate ite non dM« 



r sconro, e diso 



• Ww. itH, 



V ide la Yolpe cetli ^laspid'aya quati n». 
turi , e pro*ò.niorie vie pei areHi, e mni noo-' 
faate goderli. Alf uitiins diueMd oeninun 
^ Doii san sttcot maturi . 

Stnlenxji MU /àvth . 

■ La farola tìgaì&ta, che da uoms frudcita 
«ève fingete, e Bon Mler quelle. cose, ch<non 
■può consegnile. 

Udì uaféittlriio , l.iTMiie rttrpftae . ti*. 
n etnciUlla andava pigiando igrKIì io vil- 
la, e «me aeraplicc volle praodcre uno scor- 
pione , il quale pe: ceimcer'e la è\ix semplici- 
tà, gli disse; Vivi io pice, e fcva la nuno 
di qui , se tu non rii,ol nmitf . 



tìl "ESOPO, I» 

' $entenZ0 /I0IU fatfoh • 

La faVoIa sigoffica , che un astute conoide 
«ci che devcseguirè, e quei che fere feggìfe. 
W T W vn uccellatore , e (Cuna per»iiee , 1*30. 
vJ n uccell «torc voleva ammazzare uni perni- 
ce eh' Hveva pnpsa , ecf elfi gii disse piangeo* 
è»:z di àrsiÀ^ lischinì andire > che io ti pro- 
metto wrtene pigliar moitc più grasse dime* 
Il cacciatore rispose: adesso ti voglio ammaz- 
zare, perchè t(i prometti ammazzare i It^ ft- 
mici con iaganni, e tradimenti, 

Sent entà. deità fsvoU.' 

La &YoIa iSigQifica, ch^e chi ▼oól ht lcadi<-« 
mento a'saot> dispiace ad ognuno. 

Ivi un pttlc0 . i3i, 
i pulce sverà morsicato uno ccm^r è suo 
costume y t fa preso « e dimandato chi era: ^ 
gli> che faceva d'is^iTtcere ad altri? égli rispo- 
se, esser creato dalla natura, cKe cosi vivesse, 
e che poco male poteva fere ; è V uomo sorri- 
denjdo disse : e peri voglio , che tu i^oja ,_ 
pdreM^Hn -si dfeve far dhpiacere ad alcuni» 
senza cipoae . '"^^^k 

SenUfiZà deità favole . ^^^ 

Agli uomini cattivi , o poco, a assai che pec- 
cano, non ai vuol averi ^cnii))assioine alcuna* . 
UVp uh m»fito 9 ed un» moglie . x^x. 
n uomo alquanto attempato «vera una ^o^ 
*|[lie assai giovine, la quale per far parere il nijh 
rito giovane > ogni di gli strappava i . capeQi 
canuti , e siccome alla giornata se gli ^ andava- 
no £icendo bianchi , cosi gli strappava . Tanto 
.'a lungo andare gliene, strappò, che lo fece re- 
star del tutto calvo, ed ognuno se n& ride?», 
Semtnz» della favola . 
Contro di coloro^ che in preda delle doooe, 
c&ntentaiidt>le , si dannano . 

AD/ un asino > # duo vionisnti . 13 ^^ 
ndatdò dae per viaggip, trovaroito un a- 

l 4 siao> 



t/^ FAVO L 

sino, e tomìnciarooo a contendere' fra Foro dr 
cBì doveva esser: |3«rché tutti due T ave vana 
veduta a ìin tratto. Contendendo loro insietnt., 
rasino- si parti, e nessuno' di lón> fcbbc*. 
"" SentensLS delU favoU , 

La favola 'dinota , cbe quelli, che non sanno 
usar le conoodità presenti,, per lóro fgj^oaraiir 
za le perdono, ^ 

GDelU^ivèttéi e degli altri uccelli . 1-34.. 
li ucceki dissero alla civetta, che non vo- 
lesse far più nido neUe case, ma piuttosto ne- 
gli alberi) 'egli moslrarono una guercia piccìo- 
Ìa> dove- avria potuto fare il nidù^,. ed ella 
disse: k> v*aiiiAionisco, che nonvi. fidiate di 
di queir arboscclto , che alle vofte potrà invi- 
schiarvi, ed ammazzarvi . Quelli disprezzareno 
il consiglia V ed «andarojìo di continuo in tprno a 
quella quercia volando, e saltando. Gli uomi- 
ni vi posero il vischio, € presero, la maggior par- 
te d' essi , i quali si pentirono 9 ver disprezzato U 
consigliò dell^ civetta. Di qui avviene , che quan- 
do gli accelli vegjg^jgp la civetta tiittijjk saluta- 
n^^Jig ywjifSSjntòrno per voler inte^fe qual- 
0ÌKfcos^ da lep^me pi d saggia di tutti. 

Non disprezsfar Tkconsiglio dì quei', chcaot- 
moni scono.. ^.1. ^ ' 

. T DelU X.UCCS. ifj. 

JL^^ Stucca fu piantata dppre^so un gran pina» 
ed essendo cresciuta in alto per molfa^pioggia, 
spandeva 1 suoi rami per tutto il pino , coji 
mol^^fondi, e fiori: pcrilchè venne in tanta 
stì?|>érbi/, che si voleva agguagliare al pino, 
ffìcèndo: guhrdà come t'avanzo, ilis^oseil pi- 
no: io ho patito molti fteddi, e caldi', ed ati- 
cora son sano, e salvo i e tu al primo freddo, 
che verrà , perdendo le ibrze , e le fogIie.> 
tornerai a nulla . Sentenza dèlU favola. 

La iàvoh significa , ciie nelle prosperiti T 
uòmo non si deve conijdare malto^ ne aneo» 
JKilic avversiti attristarsi,., ^, 



\ 



IDel corw > e dfii lupi . '13^, 
1 corvo spelava gociet di uoa preda. Citta da' 
luf>i> e fu ^cacciato da es^i con dire: iu 'Hcmi 
vieni per iar compagnia a noi , . ma per. divorare 
la nostra preda > e se noi fi^sitno ammalati, 
tanto fkeslì con noi quanto con la nostra preda* 

La favola significa^, ch'« da guardare 3 dti^ndo^ 
un ti là' un. piacere, coniche animo lo &, per^< 
che .mólti «otto ombra, di servir ad altti .set--; 
vono a se medesimi» 

AféwoUdarìonejeiTundtlfno^l zyf, 
rione nobile musico fu Merimneo, e, fu a* 
mato grandemente da Periaodro re de* Corin- 

•ti. Egli con Tarte della lira andò peregrinan- 
do per il mondo, e guadagnò assai, & dopov 
alcuni anni detenninò tornare a Corinto. Tro- 
vafido alcuni naviganti di quel paese > si pose 
in nave con quelli . Essi vedendolo assai ricco 
dioro: e d'argento- deliberarono ammazzarlo, 
il quale come ciò. intese > U pregò, che innan- 
zi che r ammazzassero lo lasciassero cantare 
un poco , ed essi gli fecero questa grazia avan^ 
ti cne lo gittassero in mare • Arione si arre- 
cò nella poppa con la lira , e mirabilmente 
cantò come il cigno , il suo crudel caso , spe* ^ 
rando, di commovere i pavìganti a pietà, ma- ^ 
vedendoli duri, si gitiò da se in- mare. I na- 
viganti andarono. per il lor viaggio. Un delfi^» 
no sopra se lo prese., e lo porto sicuro inLa> 
conia, ed. esso poi andò a Éorinto, e narrò al 
re come la A)sa sua era successa, e come era 
stato portato da un delfino, ea il re questa 
cosa non credette. Indi a poco tenipo vedendo, 
i naviganti in Corinto jRirono dimandati , se 
avevano inteso cosa^cuna di Arione* Loro ri* 

. sposero che.stavir in Italia,, ed era molto sH- 
mato 9 ed apj^zzato dagli uomini -In questo* 
m«zzo-a[pp8tye Arione con quelli medesimi ve« 

I 1 stV 



Tot F A. v: a L B 

stlmentiv (.con la, lira» conit ara faandd si , 
gittòin mare. I naviganti siupeiitti non po- 
tendo negare il tutto> fuxooo castigati c^coa- . 
do il loro delitto . 

Alle yol te -regna maggior clemenza. nagii »• 
nimali bruti , che negli uomini > che npn han* 
ZIO altro di buono » cUt il nome. 
T> l^ti r4gfi9^ e.dtUspi^dégrit.,. z^t*. 

X^régrinando il lagno^ela podagi»a s* incon- 
trarono insieme:, e <HSser(x tea k>rD dove era . 
ba«no «ilpgglàmèpl^. laa podagra disse : Io vo- . 
I^b abitale con ricolmi > perche^ non su aSa- 
tìch^'anno , e mangiano bene > àévorìo meglio» 
e; dormono delji^tissiinamenle , ed alloggiare 
tfOn ^v;eri non £3. per nu^. £d il ragno di9se? - 
io bò pTóvato.alloggiare con ^ ricchi, ma boa 
Ve ordine» cbeio yì pòssa stare» perché sem- 
1^^ gi^tànp la mia tek> e eoa poveri sto.si- 
ciiro, e non dubito ch^ me la . go^stino » si» 
come si voglia lunga e larga . 

\rk casa de* ]X) veri. è maggior libcità> che io 
casa de* ricchi. 

NI>fUn'ìor€Ì0ii§t9^in^fmétiSP»f ^35i*: 
acqtze un sqricio in una ceslà> e mai non. 
jiìàngiò àlìtoy che noei% Avvoane> che usci a 
cfasp delta cesta , e trovando cestèN^tre cose da 
ifiangiare, disse: io sono^sti^o molto .pazza >« 
pensando ciré in tutto il mondo non si tco^s- 
se un/^tra stanza come la òiia cesta. 

Dimostra la favola > che fion così é. da amata- 
si la patria « se ignobUe sei » che ad altri luo- 
fìà andando , non possiamo altrove esser be^fi, 
^1 ttn^$iis$to > e^i vìdevAi eht nàscesse il 

Agrsm linzs spicàt , 140^ 
veva impetrato un villano dalla DeaGtre» 
re , che il grano suo nascesse scnzi^ spièhir, ac^ 
ciocché tritandolo ripa ^fièndesse le mani a*lar 



rotatori . Il gratid fa poi mangialo da* miDuti' 
ucceliif > onde pentitocene * disse : O che bel 
guadagno !' Io pet cagione d'^ una piccola co» 
nodita ho perdiito grandissimi frutti . 
Senttftzt detU favolit» 
La &?ola ìsignifica, che le piccole inforno» 
diti si vogliono ricompensase con T utilità. 

> 

li^eguitaYa uno sparviere un colomoo eoa Imi*' 
ta vek)citi>^cfae si imboccò in casa d* un villa* 
00, dal quale & preso: è raccomaDdosegit «o^i 
dire» che.g^i perdonasse» che non ravetia ot 
feso in ttmo alcuno. Rispose il villano, oh» 
ciò £tfe non voleva; perchè- anco il. colooaW 
ilon av«va offeso fui. 

Sténnn^ dtllé fsvoU . 
Questa fivola significa, che pecitevolmecìl^e^ 
A devono castigar duelli che cercano far dit^ 
piacere a persone, dalie quali non hanno ridl^ 
vùto ofièsa aicuna^ 

FVel fégu^i e dflh rondine. %4t. 
atto aveva. il ragno k.teir jpei;, una strada 
dove soleva passare la rondine > quauda andava^ 
pigliando le mosche. Passando la rondine die» 
tro a una mosca, portò seco la tehi , la napsca» 
ed il ragno insième) il qual pendendo nell'aria- 
disse :. o me pazzO , che appena posso pigliale 
questi animaletti pfcciblini,« ff'o fagliai b 
rondine, che è oosi veloce, e forte! 
; SmunK» deìh ftWùU. 
La 6 vola- vuol dire, che non dobbiamo £uc 
^c maggiori delle nostre Ibtze. 

bi §m ^ilUnof chi vokvs pès$srt «m 

Vtorhntf. 143. 
olendo passare un villano un torrente tre* 
sciuto per le gran jpioggìe , trovò^jdbe l' acqua 
era motto più protooda dove era queta, cha 
dora eia sUeMOte . Onde disse : quanto e mt,- 



ì' 



Z04. ' F A Y O h S ; 

gliofulsssi delle acque strepenti ♦che deae quièti^ 
SentenZM delU fofoola . . 
La fa:VoIa significa , che nòn.dohbiamo temer. 
i frappatori, ma quelli, che sono di poche par-ole,^ 

LVellìt colomba , e delta picfA . 144. 
a picca diinand'ò alla colomba., per qaal ca- 
gfone facexa il nido sempre" in \m medesimo luo- . 
gOjC le er^o tolti sempre i figliuoli? Enati- 
spose: la semplicità h' è cagiojpe . 

**S^menx,0 deiU favola^. ' \ 
La fevoifi dimostra che all'uomo liberale. 
Iddìo doéa molte 'còse, perchè ^va fedelmente,, 
è nòti pensa , jche la malignità de' cattivi è, . 
tempre pronta a mal fate . 

tl>e/ cutuloye delio spàrvJero. 145 v, ^ 
cuculo era beffato dalIo_ sparviero , perche^ 
non èssendo à fai inferiore di corpo "sì nutriva, 
più presto di vermi» e»s<^cj , ch^ di altri uc- 
celli . Avvenne, che. un gioriio losparvjexò 
seguendo una colómba, fulpreso da. un villano^. 
ììr anale F appiccò,, acciocché gli altri fuggisse- 
ro J IF cuculo vedendolo appiccalo , disse : oh, 
'^jrnto era meglio che .ti pasccssi ^ di verrai , 
«|ie d* uccelli r • 

Sefttènzs delU favoU, 
= Questa favola ci dtnwstra chi quello chfe- 
vive del suo è più sicuro? che quel che vive^ 
^ella roh»d?ìakri. 

1J Veir gsinoy e dei dì stilo, 14^. 

ascendo T asino, ed ij. vitello in un prato,, 
udéndo.loto, che al suono della campana ve- 
xùvano i soldati, disse il vitello air asino: fig- 
giamo di qu^ acciocché non siamo presi da*oe- 
ihici. Rispose l'asino i fuggi tu, che temi la 
morte , che a me npn bisogna , perchè in mano 
di chi io sto , sempce hp da portar la * scoia-.. 
Semtnz.» della favola, * 
La invola dinota , che non dobbiaìno temere 
di mutar parfroni ; purché H«n siano peggiori 
de'pcimi. 

I>eléa 



3 ^ gàtlim, x.i^yé 

. assando la volpe pec uoa viUa» vld« alcunet 
I <ionne^ che maDg.iavaoo galline , e dissele : o me 
«^ schifa ^s* io facessi quello, cii& ^ &te, 
, c^u nti cani> e rumori avrei i(>:..dietr9? Una di , 
<}uelle donne rispose! noi xhaagiamjò Je coset 
nostre proprie > e t;t It cose ad.aftfi-rjibate.. 
Sètttenzjf deUmrfitvoJs, -. , 
Vuoi dire Ì4 favelas alt noi .noa abbiamo- 
quell' arbi trio, ndle cpse, ^* altri > che vi h^ano, 
i padrcfiù . 

Tfp Dei cappomgrsssi , e d*ùn magro^ 2f4^ 
JCjrano tenuti alcuni capponi ad ingrassare :' e^l; 
il padrone comando al cuqcp^ che ammazzasse 
vfr«cepa5.i grassi, èd.JI euocgk fece ouatito gli 
fu importo, lasciandone un magro da banda. 
Dissero i capponi grassi : oh quanto, era me-- 
g]io , che fossimo ^a ti inagri, e. nqn glassi! 
Sentenza delU favola^ 
Questa fkyola significa ciie la vita de' pQve- 
ri e più. sicura, che quella de'riccht*. 

UViun tfàyt. tirato da iaoi , x^9» > 

h trave di olmo tirato da*. buoi si dcjev^ 
dicendo : oh ingrati, io vi ha nodrito coli Ip»^ 
mie frondi tanto tempo, e. voi mi strascinate, 
per sassi, e spini, Risposero i buoi, ciò^^ che, 
nói facciamo, siamp costretti iàrlo.»pet i granA 
di stimoli^ che patiamo, e. facciamo contra vo- 
glia ^nostra. Per questo il trave gltpetdoóà. 
Sentenza della favola,, . 
La Éivola significa, che neri ci dobbiamo 
aocciare con (juCÌlij i quali ci oiFendona -co-, 
stretti da altri . 

Degli alberi erutti y e,.hUJ, x^o. 
rano nati alcuni alberi in jjun medesimo lua-* 
go, tra'qttfli alcqni erano alti, e belli, e sen- 
za nodi , ed alcuni torti-, piccoli e. nodosi., 1 
quali eratK) befFe^giaii da' ideili .Acqtddè che il 
|kkdrone.<. volei^dp fabl^xicaie una casa> fyie t^-^ 
• ■ ^ 'giia^. 






y 



t0^^ f AtÒhE ^ 

Ì tiare i MK; td i bmtìti ferono hfclàti in ph 
i, e dissero a'bellt: eh quanto è maggiore I 
nostra bruttezza > che h tostra htiìetza: 

, La ^ fkvola 'ti ammonisce che non ^ ci dev^ 
ri&ctd'scete di essere nati bratti , conciossidcii^ 
b bellezza nuoce H pili delle volte . 

EVeJ Cfgmy e dtUwu escòjgns-^ x^u 
ssendo il dgDÓ appresso la morte > cantarai 
più dolcemente > che I- aftre volte . La cicogna 
disse , petchèv faceva questo ? ed egli tf s^pose : 
lo fo perché non penso Jjià a.^uesta vita , co- 
me io Iff possa nodrire» né. ho da a^tlcarmi 
più per trovare il ^i6o. 

Sentenza dtUa favskf . 
«vLa &vala ci ammaestra > che noi non dob- 
biamo temer la niorte» per cai tutte le mise- 
rie, e calamifò del moiido si dissolvono. 
Dt unB donne , the ptangev» lamétte dehuQ m§* 

A rito ed il padrt h^consolàjdé^ %ii, 
vendo una giovane., il marito vicino alla 
morte ^ piangendo, era consolata dà 'SuOi padre 
con queste pacdje : non pianger» figliuola^ eh* ip 
f ha trovato un marito più bello di ^uej^o^ 
'the ti mitigherà il dolore.. Rispose h donna; 
di grazia, pdre mio, .feon mi parlate di marito, 
die tutte le volte , che mi nomini marito mi 
dai con un coltello nel cuore . Vedendo poi 
iiforfo il maritò piangendo disse: padre miop 
doy*é (j'ueir iilfró, marito così bèllo, che voi 
-mi volete dare? 

Sentenxjf delia fàvola . , 

Questa favola significa; che morto die éir ' 
marito, Fàmor della dònna é.pa$sato. 

OT>H pav^m i t et un soldato, i^' 
tùSLto aveva un soldato iL suo elmo di '^eo^ 
ne; di struzzo. Il che vedendo U {làvcae, mV 
se; io ho molto pid belle penne. li' soldato 
jfese il pavone, mise le sue pent^ bell'elmo, 
ofideH pavoise prlr^to delle sae peaaé; si do* 



DI i-'sa*o. t^ 

leva eh* ègiif $te$^ . m stàio aan^ià siiìm^ 

La favola. dinota»^ che ^esr^iQOHcar A 1^ cose, 
.preziose s* incila aìUm. a rafiicle . 

P£># un . r^^a . prtss^ . «/; viuhio • t f 4 « 
res9 co tordo al vischio si doleva assai» e 
si affliggeva più degli altti h u^cdii dicendo: ^ 
io dai me stipssQ m' no hXio quejstp maie , per* . 
che io fe il visciiio.. 

La £lyola dinota (ìhe quel maleLchs i'^uomo >. 
si. h, da se medesimo è molto fasticUollo. { 

UDÌ un nrm^ ye dU perni • x n> 
n aiit^Q aveva malti poB^i belli in un f ia^ < 
clino^ e. mai fK)n ne mangia v^ alcuno» .se aoo 
si marciva ^ Ujs suo figlioplo liberale me&avai. 
sjjbQi compagni al giardino..» e djceya. Man- - 
giate^ tutti q-ue* pomi- che volete , eccetto i gaa- - 
^t!,, perche quelli rupi mio patire pcr.iui» 

Questi £iyolat significa , che noi^ h al moodo^ . 
cosa più jnisera , che 1' essere avaiO » rum sa*' 
pendo egli pigii|tre di: quel bene » che la natat»-. 
gii «oncedc. ' « - 

Di Ufi énf.»Oi ed'um cav^o.firtìh, a 5^. 




/omperatt) aveva un avaro una ])osscssioae 
molto J^tile» e come 1* cbbc« la chifise.iatot^ 
no, di frasche altissime» talché niuno vi pote- 
va enti:are > ed a niuno daya de' frutti » xhe na- 
scevano in qAella. La possessione cominciò a 
non fruttare iftjp come soleva « Onde sdegnato 
il padrone si consiglio coli tin nomo savio,. 
il quale gli rispose: Iddio ci ha dato i frutti 
di. aitiesto mondo acciocché noi li goiti^moj ^.. 
ne succiamo ^ne a tutti » e non a un solo»' , 
come frnno gli avari .Ne ti dei maravigliare,»» , 
se ppma la possessione era tanto fertile-»^ ed. ^ 
ahiBindapte di fratti» perché allora servila. a>« 



tutti, ««-serve ad un soto, perche tante co'* 
se ricerchi ? 

600tenÀs Mia favpls . 
hi favolaélraostca, che ali* uomo liberale 
Iddio dona molte cose > acciocché a molli bir 
sognosi possa sovveaire. 

UfD/ «»#• mog^ft y e iùn mèrito . z^j: 
na tioima di mala natura , essendo^ fbrte^ 
mente battuta d^l marito per ì suoi malr 
costumi , finse di esser mòrta , e giaceva in. 
terra come morta, e noti fiatava, né si ftìoyc- 
va. li' marito conoscendo T astuzia sua, disse : 
oramai che h bestia é morta-, io la voglia 
.scorticare, e prese un coltello per incominciar 
dai piedi •., Il che sentendo ella , disse :. io. noa 
sono morta , e si levò in piedi • > 

Semenza deìls favols-, . ^ 

La fa voU denota, che' vane sono l'insidie 
delle dotoe con V uomo prudente . 
'DeW Aquik , e dello sparviero > edtl n$hbìo,.l^%. 



L 



[.> sparviero? ed il nrSbio vennero in conte- 
sa dinanzi all' aquila i chi- di loro fosse più no- 
bile . Il nibbio lodava la sua fbrtezza , e velo- 
cità. Aspettando la sentenza dell'aquila, ella. 
disse: andate a caccia, e chi ini porterà mi- 
glior preda , giudicherò esser più nobile . Il nib- 
bio prese un sorcio , e lo sparviero una colom- 
I)a,.e l'aquila disse: tanto lo sparviero ^ più 
nobile, e prestante del nibbio, quanto la co* 
lomba è più nobile e prestante del sorcio . 
Semenza della favola. 
Avverte la favola-, che gli uqfKini hanno da 
stimarsi da'loro fatti , e non dal corpo giudicarsi. 

Adì un pazzo. i^9» 
ndanda un pazzo per una ^ittà diceva, eh* 
egli era pieno di sapienza, e che la voleva ven- 
dere a chi voleva comperarla . Uno se gli fece 
avanti , e domandò , che gli desse certi dana- 
9Ì. Quello gli diccb un. viluppo di filo, e^an- 

do* 



DI ESOPO. it^ 

dogli Q&a gran percossa, disnegli.^ Fa càeimr 
non ti ac<;.o$ti ^*paz2i ,qj|anto è lungcKfaesfto fila 
Stnrenxut dttU favU, 
La fa\ro2a disse : scostateci da* pazzi ; e quan* 
to eh quelli V* allungate > timta ptd v' accosfe'> 
rete a* saggi . • - 

VD/ $tn porcello . . ^j^a ' 
edexido il porcello ^mmazzae suo padre > 
piangeva , e gridava fortemente ;> ma quando -s» 
pea > che per la nsoxte deL padre • restala pa- 
cLione delle ghianda , tacque e non pianse più .. 
Sentjen%a- della faiHiléf . 
Questa fàvola^ dinota^. che le ricchezze dbllsi'. 
fit edita fanno passare il dolpredel padre morto.. 

Adì un villano, A^i. 
vera un villano ima beila vigna > iotorna 
alla quale era una siepe. Vedendo il viUano , 
che questa siepe non £iceva &att&, la svelsr 
tutta., Indi a poco di tempo fu rovinata 'la 
vigna, non solò dagli animali, ma aiu:ora cU- , 
gli uomini. II che vedendo il villano, . si pea^ 
ti d'aver tagliata la siepe. 

SjsntenzA dslU f svola*» 
Qixesta^ favola significa >. che ueÌ pndre di fa* 
nigiia ozioso, quaicke volta fa più che nga' 
fanno quelli ^ che di continuo lavorano, 

EPV ut9 lupo invecchiata . x6ì^ 
ra un lupo invecchiato, e non poteva tro- 
varsi piA da mangiale, ne trovava chi gliene 
(lesse, anzi dU.tatti.era scatciafcb • Andando per 
una selva trovò un bue morto , al oual s; attac'» 
co subito come morto di fimé. L'odor« del 
quale sentendo gli altri lupi, gli vennero ad 
ajutate a mangiarlo^ dicendogli : noi slama-, 
tuoi compagni j ìì lupo vecchio ris^pose : adessa» 
che io ho da man^l^arc, tutti siete miei com- 
pagni > e prima mi scacciavate > né mi cpoor 
scevate tk per parente, ne jper amico.. 
Sentenzia dejln /avola . 
Tia fcvoln dinota , che le. ricchezze son quel- 



♦I© FAVOLE 

le, che acquistano gli amici i anzi nettttct Te^ 
stlti con >diilai delfamicizia, i qu»ti tanto dit« 
lano, quanto utile sentono da t^ provenirgli. 

AOi un» volpe , t itmn vtthnù . i6y 
veva uni volpe amm^zi^e iitoke gàllifie ad 
un villano., il qmle la prese a un laccio» ed 
dia lo pregò,* che non l'amm^izassc, prontct- 
teirdoglf' di non fjr^li piti male alcaHo. il vil- 
lino disse:, se ta (ossi un animale le iere, ioti 
perdonerei , mi perché tu sei tmfò fillace \ non 
voglio fiiacni cìi te, mìt voglfo, che muòja» 

All'uomo fall ice ir.$ non do )biamo 4ar fede» 
aè perdonargli, quando lo potiamo punire. • 

AI>/ dite porci . 1.6^. . 
vera un villino due porci j che combat te- 
vano insieme , ed .egli sdegnato- ne amnazzd 
lino, r altro rimase contento vcden.do il sud 
nemico morto , ed essendo poi menato ancK* 
egli al macello fra s« disser a che fine mi sofi 
jraÉltegrjto della ^orte dei mio nemico , . cap^ 
ciossiacité io ^^ncorr doveva morire ? ^ 

Stntrnxjt della favai s* 
• 'ÌÀ favola dinota, che mai l'uomo iioa n 
é^t rallegrare delia morte del nemicò» perclf 
dia è comune a tutti . 

IVel consiglio de torci , léTy^ 
sorci vedendo^ che tutta la lor ruioa vei»» 
va dal fatto, e ch&non se ne potevano afu- 
ttìte i coDSttltaipn , eoe non v* era pitto nme«> 
4io » che dì porgli un sonaglio si Collo , ao- 
<iocché si sentisse: tutti laudarono questa ses- 
tiD£a) ma alla fiae tutti temevano di attaccar- 
gli quel sonaglio > e però la sentenza fu nuila^ 
tA ir consiglio senza frutto . 

SemenicM dells favùt» . 
-i>a favola dimostra molti laudare qatOé 
che è da latsi > ma pochi essere >.cbe tt m6tt2i« 

«0 air impresa di £irlo .. 

» . . ' •■ 



D raso PO. tir: 

e- T>i'tin sotdatif. t€9:' 
buittata un soldato alfa guirdia di un <^<^- 
stello in Ifaira, pr^sà d»T rc'di Frshcia, di»* 
se: cjjj CI ajutcrà st saremo assediati? Quelle^-' 
cbte'l richiedeva ,• ri$)»òse ; sua Màcstl. Allo^ 
q«el soWato ssll su una torre ; e chiiftiò tre 
volte il re di Francia, e non rispondendogli 
perdona alcur>a^ disse: lo 'non vdgjip chiuder- 
ne in un castello, dal qn^lé bisognando* ajuto»^ 
centra i nenaici, il padrone sia cosi lontano» 
cii^ jM3^ mi. possa Udire. 

-JLa Érvola sifnitìca, che non ci 'dobbiamo* 

•ortare a pericolo imprudentemente. 

"7^ Bei àifokff y è de' hatì \ i^?. 

^ntrò un bi ibleo nella sfalla, àdvc trovai 
su^'i buoi tutti aMe^ri, demandando la caus»r 
deli' allegrezza loro , risposero { abbiamo sognato^ 
questa notFe» che ci avevi metìuti a pascere ift- 
un bei. prato , ed; egli rispose : ed- io mi $oik. 
^^nato , che tiitto oggi io arava coh voi , ed 
il inia sogno sari veto, ed il vostro^ &lsd. 

S§ffunzB dtlìi^^.ftwùià , ' 

• I41 £tvoU vudl dimostrarci^ cbe non ^^b^. 
btamo credere a* $Oi|fì>; tanto più - interno » 
qudle cose, cho dalia vok»ntiiibei^ dell' U0» 
ino dipendono . 

VDéiU firium0 , ed un. téontè . t€Z* 
olendo un uonio arricchirsi, intese che lar- 
mercanzia era <:asa buon» pflet-£ir questo, pert$^ 
tenduti tutti i beni patemi^ con^perè* una ffia^» 
"pe ) e molte mereanzi* , ed andando iti viag-^ 
già , guadagnò nielto bene •> di modo che vfcn» 
ne ricco. Quei che Io conoscevano > sé ne ma?*' 
ravigliayano ^ e gli.dimand€«wcio>^'tom*era 4i» 
Ttotata cosi ricco, ed ei ti^onikva: per mi« 
indmlrìa*. Gt ntin ^onwndia egli fiat alla suak 
ricchezza , voile andate uti* altta i^lisi per «ms 
», ed assaltato da una gtan tempest#^ ^erdè^- 

tutte 1^ robe , e la nave , ed .appella egli ^am- 

po. 



»,t FAVOLE 

pò . Essendo egli poi 'HimandAto > perche eiH W 

coci mai condotto , rispose : mercè de!Ia^rta«, ^ < 

aa Iraditora. Il che Mentendo la fortuna sf sde- ^^ 

gnò dicendo: quando tu avevi acquistate/tan^ ^^ 

te ricchezze, tu davi il 'Vanto a te >^ adesso dèt^ ^^ 
male tu dai la colpa a me. 

Senunzt» delU favola . V 

Dimo5l:ra la fjvoki cfuanèo V uomo sfa' meli* ^*i 

oato a lodac se slesso di quel bene, che cb 'S' 

Iddio gli vien dato, «come da lui dipenda glo^ 6 

riarsi, e del male > di cH* egli stesso n* è ca- Jj 

gione, la colpa in altri ritorcere. J 

Di una mQgfie §avi* , e dun muriu phXiSio • z6^, \ 

\J na donna saggia aveva dato in custodia ad 
un suo marito pazzo i polli . lì nibbio gliene 
prese uno. La niogiie accortasi, chè^ìncava,- 
battè il nwfìto, e gU- commise, che in avve-^ 
nire ne avesse jnigj^ior. cura . Egli dabilando' 
del nibbio li it^ò- tutti co» uno spdgo , e ve- 
nendo il nibbio portoUi tutti insieme. Dal" 
che disperato V upmo volle ammazzarsi per non- 
esser battuto dalla niogHet e prese un vaso di 
confetti, il ctu il e gli aveva detto la moglie es- 
ser pieno dj. veleno» acciocché non lo man- 
giasse, per avvelenarsi, e io mangiò taièo : 
tornata la moglie, ed accortasi del tutto co* 
minciò a batterio» ed ingiuriarlo. Il marito 
dhsse : lasciami starei* che son vicino alla mot- 
te, che per^upplicio del mìo delitto io ho 
mangiato tutto, quel veleno, ch'era m quel- 
vaso, che tu m' hai più volte vietato che ic^ 
aon toccassi . Del cne allora ki mojglie ncm 
potè contenersi da ridere .. • 

Sentenza Mia favpia*. 
La favola dinota, quanto. poco frutto £iaBÌw^ 
cohti , che a correggere 9Ì prende uno , che 
della natura po^o saggio^ sia, io coi la fortuna 
il più delle volte dimostrar vuole pianto sia 
U suo £iYore . 



pi ESOPO. tij 

Vjyi tt/f4 mofttrfce» £70. 
edcodo una mctctiìuLàì suo innamorato , che 
Isipactìva) piangeva; tìffaltra donna le disse: 
perorile piangi tuP ed ella rispose: perché non 
gli. ho toko quei mantello che ha indosso. 
Sentenzs deih fitifoU . 
Qui 4a favola vuoi signiocare > quanto i gio- 
vafil semplici debbano essere accorti per non es- 
ser colti dalle false iusinghe delie mecctrici . 
SDÌ uns mosca-, %7i» 
tando uoa mosca sopra un carro, che cor* 
leva fortemente, e faceva gran polve, disse; 
oh quanta polve io suscito dalla terra! 
Sefrreffzà della favola • 
Questa favola riprende quei > che sono di 
bassa condizione, e si vantano di essere di 
praa lignaggio . 

LT l>el f anguilla 9 e del serpente, zyt» 
anguilla disse al serpente: perdié essendo 
noi «quasi simili > sparenti, piuttosto gli uomini 
seguono me^ che tC"? il serpente rispose: per* 
che io d*ogn'un che mi offende mi vendico. 
Semenza delle favola . 
Xa &vola significa, che quelli, che si ven* 
dicano, sono -manco oi&si da altri, e se gli ha 
rispetto. V 

S^ Delfaffno , s$mia , e talpa . 173 . 

il doleva 1* asino di non aver corna , e la 
simia di non aver coda. La tatpa disse: tacete 
quando vedete me» che non ho occhi. 
SenteniCk deHa favoU . 
La fàvola dinota, che noi sopportiamo i 
nostri guai pazientemente, quando vediamo al- 
tri aver peggio di noi . 
^^^ Dei pesci. 174. 

JOi^i^do per cuocersi i pesci nelPoIio ^opra il 
fWoco, dissero fra loro : saltiamo di qua che scam* 
peremo, e saitando cascarono nel fuoco , e dissero: 
era manco ctudel morte morire nell'olio. 
Sentenzia della favola . 

Questa làvola c'insegna che per fuggire un 



■.pcticotD pttMDte , noi iocetiiuno in «q sa^- 
-SioK. ,,, 



con gli ucce'-li, <1t(n3mlitoiKk qneiti ajutò . ai 
peici . ed eiii liipuseto: non |>at crii- ifntaiCi 
l»erclw non potevano venir wr terra. 

Stntttn.a diti* ftvah , 

1.3 fjvola ci aiomoni.uc > che itobbismo ehle- 
iJere 3)i>to it chi cì pud soccorrere, il-qitite i 
solo Wdio. 

E. d; fi« «M-o. 17<- 
ra andato un a* irò per amhtv^UloTe inani 
citià. Subito come éutinzi, li >roinhetli ao- 
dav ino per ;uon rftVi '4in,;nz( slh. pAit»,accÌoc- 
thé -gli «lonasse quslcbc c«m . L' a»aro gli fece 
dire > che non sminassero, perchè età ili meHi- 
■ih , ei4 alfjjino, perche jjli en motta la madre, 
pffiUtiè molli cittiflini l'anctr.rono a visitare, 
e r.igionsndo (ia loro );]i dimandarono ciusnta 
tempo era , che sua madre mori . KgK rifasci 
quaranti anni. Ontle. tutti comiaciirono ^ ride- 
•te, cubito chcinte^ero l'avarizia di Gohù, 

'SfnrcflU Jtlla favok . _ 

Questa favola sj può usar contro gli avari , cbj 
*oa ogni scusa cercano consccruE Ì loro dinari . 
Di 



D I E SOPO. *iy 

U. > 2>i un giovante ed un-vtfcésB , 177: 
n giovine vedendo un vecchio curvo* ect 
intictolitcy , ^§fli dimandò se gii voleva ««rider 
un arcOrU< spose il vecchio: non voler giUar 
^[tiesti (k^ati, f^er^h^ come sarai vecchi 6. > ta 
^vraì quest'arco coirle io.. 

SfMenzs aìiU fav^U • ■ 
La*, favo] a si g ni ika , chf la vecchi czzsl noa 

t ve esser ,d i spr e«« ita.., 
1 Di un vecchio 9 ed ut^g fanetulia i 17$; 
J n vecchio di settanta anni aveva presi per 
moglie un^ fiociulU di quÌ4)Hici anni> qmndo el« 
]^ era ^«l.fiorei e non potendole undere il debito, 
disse: ^b qi^^nto iT>Ue ho disposto .Ik mia vita, 
perché quando sono stato giovane mi m^incava l^ 
4B9giier, ed ora che io T ho , . maacjp ^-lei I 

Questa fivola è contri coloro , che non fa»* 
no le cose, al tempadebjtp. 

L.^ Pf//4fW/#> • dtJU pfcs, X79. 
^-pica dinicintiò grazia ^U'aquila, che fac* 
cettasse per sua famigliare, e domestica, per-* 
ciocché lo meritava per \^ sua bc Ilez^i del cor* 
fto^ e per la dolcezza della lingua. L'aquik 
rispose: io (o farei volontieri; ma temo, che 
tu non palesi a tutti qtitnto io faccio. 
Sentenza dells favels. 
li» .favola sigm£ca> che dobbiamo fuggire i 
ciatlatort, che noa possono nulla contenere > 
perchè di continuo gracchiano. 

SDel tordo , t delh rendtnt . iSo. 
i gloriava \i tordo aver fatto amicizia con 
la^rondine. La m^dre gli disse: tu sei pazi^o» 
iipiiuoln, a fare amicizia con chi abita in altre 
oÈmtrade ; quella MUl in luoghi caldi > e ta ia 
Juipghi ftcddi . 

Sentenza della favola ^ ^ 
•^uest» favcHa significa, che non ci dobbia- 
mo fare amici a co1diO| cfac SOQO a noi dift* 
reoti di coturni • 



uff F A V i- E 

UDi IH vilUno, tri uà lercio, i8l, 
n villano U cita tutti si abbniciiva; e 
Stando a vedere i' itkendki gnntte, 'imi sorcio 
fuggiva di cisi, QutfHo preic sabilo un b.isto- 
nci e tigettollo -(lenirò , ilìc^n'lo: }ioichè sei 
stato io c:isa a tempo détli (Élicità , stivvì an;- 
COta adesso nel tempo deli' infelicità. 
Senitnx.» -titll» ftvcl» . 
La favola signilìci,elw nella ptoiv^rili molti 
abbiamo ciiefannaddramìco , i qusliw'vtdono, 
che II fortuna rivolta da noi i piedi i cofàro non 
K*laoa anco di fardi compngnia. Ma alcuna 
Tolti avviene , che loto' mal grado restaqp 
. ancor eisi in quelli avversila inviluppati- 

Udì Ita tCTve. iti. 
no aveva un servo non niello accatto , e 
' lo soleva nominire re de' pazii . Egli uni toI- 
t» corrucciato gli rispose; Volesse Iddìo > che 
io fòssi te de' pazzi) cite io sarei un gran tti 
e tu ancora snesli «otto al mio góvecno. 
Sflen*.* MI* favtU . 
Qui -si dìinOEtra , che tut to il mondo i p!ea6 
iì pazzi. Dr'cani. tSt. 



X cani delli città seguivano^ un cane Htl- 
la jrtlla , ed insino che fuggì gli diedem la 



B r E SOP 0. ^ zr^ 

tattita , tna còme quello se gli voltó co' denti , 
tutti si fermarono,, e non' gli dicolero pid im- 
parcio. Un capitano cedendo questo, disse 
:.ili suoi soldati: vedete il bcHo esempio. Mai 
r uomo non deve fuggire . 

S Bel .riemonio , ed una.vecM^* zS^. 
aliva una vecchia sopra un albero, e veden* 
. dpla n demonio,, chianao testimoni, e. mosifo 
ictfo 'la vecchia ,♦ o^e saliva sopra 1* aJbero y e 
disse: siate testimoni, che quella vecchia ca- 
dere da queli* albero, e l'imputerà a me , conie 
fanno' tutti d' ogni maie che a loro avviene . La 
vecchia cascò, e gli fu detto , per^rhé fossa sali- 
ta sopra guelFalbero , ed ella rispose: il diavolo 
ini ci indusse i alle quali parole, il diavolo su- 
bito apparve , dicendo : tu te ne menti , ecco i 
testi mooi> die \o non .ci ho colpa alcuna. 
Senumza tirila favola . 
Questa fayola, significa > che quando alcun 
iBomm'ette errore, noii d^ve accusar la fortuna , 
ne 1^ diavolo, ma se medesimo. 

GDelU upttpa .• ig^. ^ 
lì uccelli si sdegnatcrao perche édle notie 
dell' am^^^> l' lipupa Ibsse stata pi^ onorata di 
loro ^ .per aver la corona in testa , e le penne 
di diversi colori , conciò sia fosse cosa cte 
s«m)rK tf sua coaversazioae iosse fra gli stèr- 
chi >\ ed immondizie . 

' ^ Sentente deìU favùU . 

Lai fav^a dinota, che nelle corti sono stè* 
jnati più l gaoimcdi , che ì virtuosi . 

A; D/ un. ^oUsv , iZ<, . 

fidava un goloso fuori della «uà terra in- 
vi tatQ- a nozae, e per la strada trotó m. fcCi- 
inula^t^i F^Cj^le quali^ aspettando egli .miglior 
cena ) disprezzo , e non ne fpce coafo j anaà 
con r orina , che sopra gli sparse le bagnò ,- 
t fonando poi un torrente cresciuto , talché non 
poteva passare, toniossia dietro, e facostret' 
to per la fame mangiare di quelle pere*. 



:iit F A V OLE 

SemensU dUU finfoU, 
La hyoh dinota, che minia cosa* si ^^e^e 
sprezzare» ^uantiitiqòe vile, ^tfhé non erosa 
sì pìcciola} e bassa che tuon 4\k Jbaona ad un 
bisogno r^ 

V'-I>)èl porco 9 e Jèf cavétto, "xtr* 
edendo il porco, che il cavaUb annuito aip 
dava a combattere , gli disse : o pazzo , doVe 
vai T forse sarai ammazzato . Ai spose il cavai* 
io: attendi pur tU' ad ànj^rassarti nef^uigó^ e 
nelle-4)rutture , che alla nne sard anunazzato 
col coltello senza gloria alcuna. 

'Stì»u.2Zé dclU falere, ' 
La alivola significa , che nìegilo è morir pre- 
sto, e gloriosamente, che viver Jungo temj^ 
con vergognav, « irituperio . 

UJ^ì un trimita^ td un totiàio , ttt, ' 
n eremita e'sortava un soldato a lasciarla 
milizia, e servire a Dio. Il soldato rispose 
vplerlo fare , T>erchc \ ^ohlati non potcvatìp 
jìscuotere il soldo , e nz ancoiabare# ' .' 
Si'nnrtlLa della favata. 
Questa favola lignifica , che molti lasciàn il 
vizio , perché non lo possono più esercitare . 
X># un viflanoy the volle diventàf soldato, tZs. 



u 



n villatió ,' rincrescendogli ' ta gran fatica 
ch'aveva in lavorare i campi, e vedendo cer- 
ti soldati arricchiti In guerra, disegnò farsi 
soldato . £ venduti i cuoi bestiami , ed arne- 
si, comperò -cavalli , ed armature, e diventò 
solda^. AI fine he restò svallgrato, ed ignudo. 
Sentenza de (ha favola . ^' 
Questa favola dinota , che o^iinb deve es- 
ser contento dell'arte sda: perchè per tatto ù 
trovano calamità, ed insopportabili disagi-; 
O Veli ashio y ^ del j^ùSohe, fpo. 

j3ì sdégno r asino ', che il bulfonc fesse così 
or^to , pJrchè ogni giorno tirava coregg!e^ fi 
disse, io ìX tiro maggiori di lui che non pu»* 
-*^ano, come le sue. ■- Sen* 



D I ESOPO. iii^ 

Sefifenzà 4^11 a favoU . 
. La £avòla dimostra > «che la ;grazta, che s'ha» 
^ quella per la -quale alcuno k grato , cosa che 
con ^li a-viene solo per T operare eh* egli fa. 

Gitegli ttccelfi . i^t. 
li uccelli. .congregati insieme volevano e- 
Uggecc an altro re , perché V aquila non potè- 
y^ reggerli tutti . La cornacchia glielo dissua- 
de, dicendo, che più facilmente s* empi'e tin 
sacco t che tre, x> quattro . 

. .V Semenze -della favoia , 
'La &vola significa > che guanti piti «ignori 
abbiamo sopra, di ^oi , per la loro tirannia , 
-tantv^ùù guai {necessario e che abbiamo. 

U Della moglie y e del marito, ^pi. 

na donna ornava mòROvif ^uo marito , if 
'^ale.seta -vicino alla iitotte > e se ne affigge va- 
assai , dicendo: s più presto vorrei < morire io 
che egli > o morte ammazza me > prima che il 
«no. matito . La morte spaventevole apparve , 
^e la donna sbigottita <disse} non sono io , c^e 
ti chiamo, iha>è mio marito cbe vuoi -morire, 
Xà, pur per ini , clie t' aspetta . 

Sentenza della favela . 
. La 'favola significa , ^che niuno ama tanto al- 
tri , che voglia <norire pev lui \ 

Di unfyiiuàlé > e della^adra '^mtrtM . ^5^|. 



P; 



iangendo il maritò la motte della ^ua ino- 
Iflie, disse al figliuolo, che cantava: taci fi' 
gliuol mio , e vergogna cantare nella morte 9! 
tua madce • Rispose il ;figliuolo: se ^u p6g>hi i 
frati , che cantano ^ perché mi riprendi 'tu , se 
canto io ijjeóza danari? 
^ .. . . . , ' Semenza della favela . 

Riprende qui la favola il tostarne di piange- 
re senza, aitile alcuno i.faorti .' 

U*Dl un golose 9 e sua 'moglie , 1^4. 
a goloso^ aveva dato iin-^i4xa id un %uo 
.«niico k moglie» ch'ef^lU serfasi^ i|Q0;alf«o 



i»a r A V Ò E E 

ritegno . L' amico glielo promise , « vedendo 
ypì iion potérla guard^ce , d^tsse : mi coiftentb' 
ra, che il mio amico né avesse dato un sac- 
co di palei , e che io fossi tenuto lasciarli o* 
igni giorno fueira a |»as€ere, e ridurli poi la 
seca iuUì nel sacco iiprìma che mi av^essé da- 
to io custodia una donaas conciDssiaciiè Argo, 
che aveva cento occbi -oon ])Uote tamto gaardac 
che n<?a {gli fofsc tok* . ' 

Sentenza delU favola . 

Sì dimostra 4ft gran difficoltà, eh^ s'ha la 
conservare nel suo odo^, ed onestà di vita 
una donna , che abbia cfif tivo pensiero . 

Vi un Tedesco <&€ nonvelevm tr i steri ."L9<, 

TT ■ . - 

V^ ft 'tedesco infermo fece chiamare i. medi- 
<;i, i<({aali dissero, coBosciuta la sua infermità ^ 
ckc bisqgni^va fare i cri steri . * Inteso ' questo 
il tedesco, cntr4 in tanta - collera , che usci dei 
lettole cacciò via i medici, dicendo: igno- 
ranti > mi' duole la testa ( come vi ho detto più 
volt*) e voi mi volete medicee il culo, dove 
non ho mal alcuno, e che sia vero, vedetelo qua»* 
Sfittenaa della favola / 
La favob riprende la impazienza degl'infermi . 

L9 J>tll* asino y € de ktpi • X96i 

asino ammalato gravemente stava permo* 
lire . I hlY>i , ed i cani 1* andarono a visiere , e 
battefono air uscio . . Il figliuolo dalla finestra di* 
n|pdò loro ciò che volevano, eglÌTÌ8]tosero: 
valiamo sapece <ome sta tuo- padre , ed et gli 
disse: ei sta meglio, che voi non voireste. * 
Semonza della favola ; 
La ùvola significa , che alcuni fingono , che 
la moirte di qualch'uno gli rincrésct, e niente 
di meno la desiderano sommamente 1 

Velia noce'y t-asitiji^eMohna . ^^2^ 

\j i^ éotuìs^ diiMidd alla noce, cosa signtf^ 
ca.^ «che gii jo^uboì > che passano ^ le tiracio i 

* ' sas- 



Dì ES o*a; iCi^ 

sassi) ed ella tàn^o più crescevi. E}Ilk rispo* 
se : la noce , 1^ dònni , e l' asino sono legati 
da una medesima legge, che mai noa ianno 
cosa buona senz.» il bastone-. 

Séfttenzuft dèfis favolar» 

La favola significa la pessima qualità di at- 
cune. donne > che ciò che di bene fanno , lo fanna 
per il timore, ^on per carità, che file abbiano. 

Beli* esìmo cÌ7t non trovava fine atìt sUe fatiche . 

JL 1 eli' inverno r asrno si- afffiggcva per ilfrerf- 
do , e non mangiava aUro*, che paglia , e desi- 
derava molto k primavera, per non aver tan- 
to freddo , e per mangiar l' erbe tenere . Ven- 
fte la primavera, e bisognava, che portasse la 
terra alla fornace per far mattoni , e disse : oh 
Dio, Se ibsse pur l'estate mi riposerei un^po- 
co. Venendo" r estate gH bisognò portar grana, 
paglia , e pon>i , e di^se : è meglio per nie , che 
sia r inverno , perche jl padrone non può lavo- 
rar per esser freddo, ed io mr riposo alquanta. 
Sentente dtih j avola , 
La favola dimostra apertamente, qual sia la^ 
▼ita de* poveri , clie ad ogni tempo conviene 
loro stentare^. 

VDei sorci y e del gatto. • 
edendo i- sorci, che il gatto si ri posava v 
cKssero : certo qyest* animale non deve essere 
crudele, «come dicono, perché la sua vista non 
16 di. Un di loro disse rio vbgho parlargli*, 
e veder s' io* posso &re amicizia con e&soKii • 
Ed uscendo dalla tana andò per parlargli. 
Quando lo vjde il gatto gli andò aadosso , e 
lo manjgiò, e vedendo questo gli altri noa 
vollero "uscite . 

Sentenza delia favola » 
La .favola dinota, die F uomo ^ non si deve 
considerare all'aspetto, ma all'opere sue, per- 
chè alle volte sotto la pelle di ìiqji pecora è- 
ascoso un lupo, i. 



» V' 



UBJpm asinai cif*évevAu^pa^onéJfigtat9t 
n asino.avcva servito ud partfoae mgiio* 
tempo ^ ji^^mai aveva, Mi|a: pipi^odo .una 
gran sOma per via. sasagtsa,, cas<;àr per il gran 
peso , ed il padrone gli corse subito addosso 
con il bastone >. e- b^tonoJJp. assaK. cl T asino 
Jta «e ipedèsimp diceva.; oUne-sfqrtouito> clie 
io ho. avuto sl-cal^ÌK«(> iwltoiaer e IJiw? servito 
tanti anni > e> aoi^'t'gUt bo èHttp 140 minffnQ 
mancames^o» e per fi. poco errore» noo ca)»a3<^ 
io -dà me, cosV ^mdcbtveole m ba^f ... 

Questa favola, tocca L padroiu , ingrati,» , cKjc 
tengonp molti anm un povero fetviclpre.» e p^r 
un^ minimo . errore > ch& ficcia ^ subita io scac-- 
ci.i'no ftior di casa . 

Jnkvendq il. lupo, fame ,^ disegna mangiàfe un 
riccio^, ma tion ardiva per^ gli spini ^ Gli co- 
mincio persiiiidere, che si leva$se. quei peso 
qat/e. spalle» e^ gli ripose :- noa voglio £ir que« 
^to > perciocché, sempre e tc,npo da combattere . 
Setti cnza^ della favoU .. 

I4a favola, significa che 1! uomo prudente de- 
ve star sempre. Jiir ordine, contra i nemici.. 
T • pel. snrdoiy. e. del njH/a . 30*. 
Xi sprcio vide il nibbio presa in uà 'l^ceio , 
'e gitene venne, misericeli ia , e rqd^ndoLgli spa- 
ghi del laccio , .diede. IpogQ '^t nibbto-, clw vo- 
lasse «'E^K essendo bbcro, ed avendo fame 
scodatosi dcK bcneHzia avuto > ^bito prese il. 
sorcio >. e Io niangiài * 

Sittfenza JelU fayoUy .. 

Ls)^ favola significa» che sempre p^iaiìy che fa-^. 
rai piacere al, tua oe.mico > pct; sempre; si pa- 
gherà, d* ingrati tudiiv?.. 
TVT jbella tartatugOri e. Giove i 503. ' 

SSS el principio dei, mondo , quando Giove 
diede a tutti gli animali quei doni , che gir 
iìlii?»andar<jrio , u tartaruga gli. disse : io vioglio, 



Bt ESO per. ttr 

c£e tv mi conceda , che possa portate la mw 
caf3 con me. GIoTff le- tupojet peicli^ tiioI 
tu' portar teca questo peso ! ed' elU tispoie; 
Io voglio più' presto portare questo peso , cita 
aventiò un mar vicino'i noiv potenìii dalui'al- 
fontanare:. 

Sentititi JelU fsvalk . 
La trtoU signilica, ihe im md y'uàpa toa, 

ri incDinoHità si'f^e fuggire.' 
Vel riiifa , e JU itTffntr. i/ì^. 
riccib' pregò- il serpenti^, che l'AceettaMa 
riaremo nella sua taverna!. Egli fa contento « 
e stando foro insieme-, »o)endosi il serpente 
volNr* per là cavèrna y non poteva per g[i spi- 
ni rlel fitcio che Io piirfg-eTano , e disse : di 
grazia fett'i da banda, ed il riccio rispose i chi 
ron ci pu^ stare se ne- vada, che io van to-^ 
gì io di scostar mi'. 

Sintciit.ai dilla f*vol0-. 
"■ Questa fjvola signilìca , che Va- non ti devi-' 
mai fjf compagni quelli, che non puoi cacciai- 
a ora > e che sono più potenti di te ^ 



Ja (ffpre be«eggia*3 la yeìpe , con dire ehs 
i. nigliore di, lei, e che I« bastava l'animo. 



114 • FAVOLE 

fifsgìrc coi correre ogiji gw. cacciatóre ^ e . f k 
volpe disse: ed* io col mio ingegcio sgefse 
yqlte fòggfo i cacciatori, ed i cani^:* 
Sfnttnztt.^ dèlh favole . " 
La favola significa, che F in^gno a»jip/era lok 
velocità , e la fbr?a del corpo ^ . 

U. Z?/ «r» vilUnp^y ed Ufi^poetSx^ 5^f^ ,. 
n vtttano andò da un- poeta , perciiié ìarp* 
raya i di lui campi,* e trovandolo con i Iibt.t 
^H disse.", carne |Njò essere ,. che ^tii setnpie 
sblo? A cui jl poeta nspoise: io son- solò ora'», 
che tu sti venuto <jui. ' , 

Sefftenz» deità fàvola . 
La fevola significa ,'' che un uomo IcfUtatQ 
è solo, quando sta fra |?4' ignoranti ., 

IT>J un paiire fd'-un f^lie . 307. 
1 padre, esortava il' figHuoIo , che. attendesse 
agli studj , e lasciasse. Lvizj, e cerca ra persua* 
dcrgli^la bellezza della virtù, e la btotteswi 
de* vi2j . Il figliuolo rispòse n taci, di grazia 
pjdre mìo,. "perche avendo sentito molti pre- 
dicatori, che mi esortavano alla virtù^, non gli, 
io voluto creder, manco 'voglio dredtìre a te,, 
ch^ non' sei pttdicatore . 

Sentens;^ della- fan>olé^ 
La favola significa , che glt uomini di catti- 
va natura rarissime volte si possono levar da L> 
vizj per akttna esortas^one^ 

UJ>i un pastore > ed un cane, 308. 
n pastore aveva datò in guardi i i suoi- 
bestia toi ad un cane, i^l qu^lé teneva in casa,., 
ed ac^oj^hè si diportasse beae la«nodriva ot- 
timaiT^te, dan degli bene da mangiare, eA^S'^ 
S9 .ogtkt ^giorno g£i ammazzava qùakhe pecora,. 
e- la divorava. Il chie ^no^cenrfo il padrone, 
lo^ prese, e volendolo. ammazzare gli disse: dck 
padrone» noo^mi artimazz^re^ perché io son tuo ' 
jF^migtiare. Il padrone disse: tanto più ti vo- 
glio ammai7<z.ire,, p»crcbc esse^dd tajiaiò fiimìr 



, pi te S QPO. zif 

gtraré) e ficfandom'i io dì ti$, tu mi hai ttadU 
to,.e però iQpriKi gran pumziqoe. 
Setitetfza ^àtUé J avola . 
Eà*fàvoIà significa > che quelli- devono «stt 
pumti 7>ìù ^aìtementej. i <1U2^^ nuoconò cotlo 
colore di amicizia» che <)ueIUv L quali' palese-» 
mente si mostrano nera i<:i . 

11^ jD# un montgne ,gfd un tùto\ 3P5>, 
lissendo un montone Hi buona stetuea fra le 
pècore, come è suo costume combatteva co« 
gli altri montoni , ed ^ra sempre vittorioso » 
di modo che venne tanto superbo > che volle 
combattere col' toro; il quale gli diede con le 
coma tanto forte ^ che lo gittò in terr», e gli 
ruppe la fronte , e le corna , talmente che oe 
hàor} ,* e spirando diceva : O povero , mie > io tra - 
tanto. superbo, che volli affiòntare' il' toto, e 
h natura Tha fatto tanto gagliardo > che nooF' 
ha parrai móndo. 

Sentenza delìa favola . 
' Questa favola srgnifica, éhe non dobbiamo com^ 
battere con quelli , che sono più gagliardi di noi. 

Adì una. vedova y ed un asino verde, 
vendo animo una vedoya di maritarsi è 
dubitando di esser befijita> $i cousigliò eon bt 
madre, la quale gli £ccc quei^ cqmpata^ione. ^ 
Una persona aveva uii' asino , e fecelò dipinger 
re tutto di verde , e* correva ognuno » veder- 
lo, e se ne ridevano. ÀI lungo andare, avveo- 
ne , che niuno se ne maravigliava pid; cosi'. 
accaderà a te , che ial principio ti fcanno tuN; 
ti falche cosa , e dappoi ognuno taceti, co- 
me fecero dell' asino verde. 

Sentenza delia fJhola . 
' I^a favola significa, che hiuoa cosa è tanto 
miracolosa che in ispazio di tempo non si pon* 
ga in silenzio. , 

S Dell* aquila f 9 de conigli, 311. 

tando r aquila nel suo nido , vide alcani co- 
nigli di lontano, che pasce Y«no, e subito-.* 

K. 5 vo*- 



iitf FAVOLE ; 

volando li prese > è fTortogli ai ^i figliiidlt. 
Là. madre de' conigli la pregò> che te voflesse 
rendere i suoi figlii^oli ,'cd ella, nbb volle*,' an- 
zi gli ammazza dinarài a quella . Il che^ veden*. 
do elhu sfìegnata, non sapendo- altra via di far? 
tic vjndet^a y per noti esser pari air aquila > ca- 
vò tuttarla radice dell' albero y tiel quale stava 
ii nido dell'^aquila , di modo che sopraggi untò-, 
da un' poco di;vpntò F albera, cascò , e gli à- 
'^uilftìi morirono*., 

Sentenza dpllA fàvola ^ 
\ ta ftvob signiffca, ^he niuno si deve tanto, 
confidate nella, sua ^rai^dezza che faccia dispia* 
€01*1 a poveri ,. con. ispj^ranza,. che quelli.^ non 
siano bistantì '^ vendicarsi . 

VVet luccio y. e del Mfna, 5 li* , 
edendosi, il luccio grande più degli altri pe* . 
sci di mòdo > che signoreggiava tutto, il nu- 
iiie , non 'contento di ?^quel lo , andò , in mare > 
speranda,aver m^g^iojr dominio . Entrato eh* 
egli fa nel mare s'inltontrò, in un del^no, e 
fedendolo si; grande ^'é velóce , sbigottito ebbe 
l)aura e sì ritirò nel fiume, he rcAk più usci- 
re dal fiume fino àl^ morte-. 

Sente^a. della févoU, 
' Questa favolai oinota, che' noi. dobbiamo es« 
9er. contenti delle, tost, nostre » e non desidera- 
le quelle che a noi non sono' egàali. 

Della pecorai è del pastore y 315*. 




la pecora si doleva, col pastore, dicendogli: 
esser ni àitiattata da. lui, ciie mai.. non si sazia- 
va, togliendogli ti latte, e la lana. A cui il 
pastore disse : noÀ solo^ io ho dominio di le- 
varti iji lana, ed il latte,' ma ancora . voglio 
menare il tuo figliuolo al maceilo, e lo voglio 
ammaz:(are, e darti a mangiare.a'lupi , ed a*cani. 
Allora la pecora tacque dubitando di peggio. 
Seuiffita, della favola . 
\ii favola significa che^ dobbiamo, aver pa- 

zjcn- 



Dfi eSQPO?. tvr 

Bi^fiza ,. fttando Dio ci t5>glie la roba ed- i fi^« 
gliuolìy perché ha arbitrio di fare maggioric 
cose di qupllc- ^^ 

Pi «190 cke p¥9viì i suoi amisi. 514*, 



u. 



a:riccovi,e liberal^ diceva ogni di convifi'^ 
a* supl aulici > i quali lo salutavano» ed onorai 
xano^k e volendo far prova > se a un- suo- biso- 
gno sé «e fosse potutowalere, £?ce finta di 
aver di&renza< con certi nemici iquati vedeva, 
ammazzare y esperò ir pregava , che lo volei» 
sero aj ulare». EssÌAon Vollero^ prender 1' armi > 
eccetto due. Il che vedendo egli > diede ti<«n- 
«». a tutti gli altri ,.- e ritenne solo que* due . 
Sèutenzéi délU fsvoU, 
La ùvola dimostn» che la fortuna^ avvttsa^ 
i la esperienza degli amici ,. , 

EDeUm volpe y è del Mne ; 51^. 
ssendo seguitala volìke dal cjuiei e vedetid»* 
non poter {uggire-}. parlòl al cane» e disse: O 
cane-, perche. mi seguiti? La; mia caroevnoti è 
jjuona^da laangiarei segui .quel lepre , che dor- 
xe U , la cui carne è miglior che . la mia', fi 
cane vedendo il lepre lo seguile peithè cpr^ 
teva velocemente^ non. Io- puote giungere . Irt- 
idi. a poco dappoi il lepre.* trovò la volpe > e dt9- 
segli male , perchè 1' aveva, lodato apprèsso il ' 
cane , ed aveva udito- ogni còsa ; disse * la. vc^- 
pe , che diresti- tu, s' io^ t* avessi vituperato, 
che per aver detto bene di te, 'tu. ti iainen^?^ 
.Semtemza~iiflls':féfuol»*, -^ '.; ^* 

La &vola significa, che. alcuna, volta '^si loda 
qualcheduno non per ; onorarlo ^ ma per , faf lo rò' 
vinareia qualche jnalé: trovano- poi <}uestjL hìsi 
lodatori sempre qualche scusa al suo inganno. 
VeiU volpe , e dell*» lepre , | ìéTf, . . / 

Jlia lepre , e la volpe ^ a. Giòve, dimandarono , , 
che: fosse contento fior la t volpe veloce nel cor- 
dai come la lepre > e. la fepre astuta come ia^ 

K. 6. volt- 



i(QÌ^^ .Git^ iispós&> che al priaci]it4hd£l morii 
<Jo 21 'tii|:tt gli animaii>^wa idftlo un doiio^, 
che tutti debbano star cootenti di quello. j> 

. O^tiuDÒ si deve contentar della sua sorte, 
ì>ti é^vùLli^ cJkf^, isìfreitféim *kp0ÌÌB.. 517. > 



iL*pi 



n - 



»n:evan€^ akimi .cancalU lefi^ psdìo bene oraatis 
im'quaii ^ oe . era uno*. Biagro ' e mai adornato » 
^d era da liiUi \be£to . Daiidosi le-'ioPss&i U 
ipag^iip cQrs^ più degli, alivi., & vinso^nl^ palte». 

- Ld Àvola, Mgni^a^dhe&oa dobbiamo giudi^ 
Cajre^gli «oitiifii secondo. r^abitPv ^^^ srconii» 
la virtù . --.... . 

A. Bi.iÈin vé:iÌMo^ tittm7^»$U$i\.^ìA^ 
Vendo un villano «ina lite, andava al pF<> 
curatore > ili quale oonw lo vjede^ar fingerà- -dì 
i^liVedtfle., e d' avere akxi negoa^ , ne ancp 
fi$colt4ra -«ciò: ch« diceva.» ,di nacxiQ che il 
"villano .slava di mala'^VDgHa . Uà .giariip ,prcse 
im. a^hfljo hello c^gnisio^ edandò'l» mattina 
M^»ajdclr<pR>ciitait(m. Ciotse* fbjvidnò^ ails 
ssm & -§9ddt l'^agnelk) ; fienftita qoesla il ser^ 
^dpr^ lo menò;B^di»fieo t Ai £rce da«e 
udi^P^à. Aìi»^ ih^yiikxko si volto aUlagorllòi* 
4icendoji o ag^ell^, iO'fei\6QQo moto obWgar 
%tr pcìrch^ mi ìàm ^ìi/oàwc oost ^xta udieni&a v 

^^i^Q<«rsla.£iiwl%<diaio5tra) chr oiaino è iant« 
difficile che n^n ?W; idìidii per* ii doni , 
: jT: T . Z>y «» '^0vine. , r dTÌM» lupo.. i\^*' 
A^'n . gi^tvine aiàendo -preso, mc^lie' éìovo^ 
l^ici p;9r. il . troppp. i:oito diventò, così soc^ 
cp , smagrito^ che non si . poteva mtiove^ 
re. Starilo .un giomokval ^QÌe>,gii passò a can- 
tp un lupo', eh era seguito da certi cani., 
e dietro i cacciatori , i qUali gli dissero » s' 
aveva veduto correre per' là un lupo seguir 
ip dai cani, ed egli risposti ii-lupo.-CQ& 

re 



* re là tanta tvekccMiehte , eh' ìagiiidito > ek'cgll' 
non àbhàa, mogiìe» ^rché« se egli^ avesse; mo% 
glie aoD correria cosi, ferte* 

La £nroIa vuol dknosrrare- «pianto sk - itii)»e^. 
dimento arit moglie. - ì 

UH/ un ve€c^o-y e d*^\t» gicwnet 51^. • 
n Tecchio aveva una.ptaftta^ di .bei pomr; 
ìd uD suo osto . Ub giorno y\à^ un giovile • 
«olla -pianta^ che coglieva i suoiv pomi > e co><- 
nùnciò con*. bvone% parole prcffandolo , che ^vo- 
lesse lasctatli . stare > e diseefijesse cklla pianta . 
il giovine si boslava delle «uè parole, e> s«goi- 
fava a raccoglierti. Ilvecshio vedendo chele 
parola non valevano^ disse fra se: io sempre ~ 
£so inteso .> che la vùriiL consistè nette parole» 
nelle erbe» e nelle pietre-, or se le òp^fe non 
taglioDo , voglio vede&c se ncll^ erbe e virtù 
di cacciar costui . Onde colte dello erbe» egli 
cps^ncià;a gitlargliele . Costui y che era sulla 
pianta » ciò vedenoQ smascellatanacnte se^ ne ri- 
dÈ^va ,<pa^enjEU^i ^\ che l' uotno nofi'pocb deliras- 
se Egli vedendo > ehe né le ]Miipie> ne 1* erbe 
valevaiQOj ,vQlk. vedìére.* se- le pietre >a ve vano tal 
virtù 1 e- rtccoltonser un. buon numero, coihia* 
«o tifargli divbuone sassate « Iemali il giovi* 
ine ^ede4Hao > fr sentendo > discendendo dali' al- 
bore quac^o V più? presto, poti si. tolse- fiioH 
deli' orto , e cc5Ì quel» che jaon poterono far le 
parole , ne l' erbe ^ lo fecero la buone sassate 
ancosa die venule: da mano poco gagliarda . 
Sentenza .delia fmoU • 
Questa favola dimostra, che l'uomo savia 
deve tentar tutte le vie, yriraa.che^ venga 
all'armi.' 

FD0lr9t*gnouùhy eikiio sparviero . 5v^a;- 
u preso il tosignuolo da uno sparviero a!^ 
&nato, il quale, b' v/oieva mangiare, e gii 
disse, ch^ gii lasciasse la vita, pronoettendot- 
§li un graiLdono. Lo spai viero^li disse :< che 

pia-.. 



2^ W AYOtE i 

ipti(;fi;^ 4M ^otui tv &re t «é il congmiolo disséc 
cantaro <)£[cii matlint Uiito.ilaicemeote che ne 

Bon mi cu^ di' xAOiO'i'pmkè: sedza qO^sta 

La favola dixQoska» che. le «ose utili A de- 
1M>Q(» pQlpccift^Ue xUettevoli..' 

X\el tempo deiriiiYerno andò ìL pulce àira- 
pi>eiojrodmaaddalto|fgiaiatfitio,.e da mangia- 
la}, ftpm^teniàoh dViji3egQar& aloro. %liuoti 
. U jnu$ica ^ Xk'api rìsposetoi, aoo Togliamo > che 
i nomiti iglìmiil imittcino .qaell!«le;^ ma quel- 
la % jd^ gli può. dar da mangiare? e levarli di 
povertà più; peei to «, che la. musica.» la quale è 
di niuaa. utilità. .< .• < . . 

L4 &%oh dmefta, elle noi dol^biamo &rim.- 
parare a* nostri^. figUtioIt on'artC) dglla quale 
PQMai^a «avar.^qiiMPhe frutto . 

IDel li§H0 , fatwpy e Is kpf4^ 511. 
L leone «e .:dcgli^ aaimaiii-da quattro piedi 
v^fembi oombattcae cib^ii -uccelli , ttotti gli 
ammali. ave»u racfsflk ia. odiioe contia quelli s 
etModoL i:asllKl,.ed^U*iepte in ordine per com- 
Ji»aUiffe>r^ dimandata <|Ìmì che .«eleva far di 
quegli aoimaMveh^ noa etano biom ajb guer- 
ra , ed. esso rispose : iWno col* suo raggiare in 
luogi» di tnuxm. esamteià x soldati a combat- 
tTOs^cd il lq«e, per esser veloce al, coeso,, 
farà ÌN^fEcio dL. corriera. • • 

La favola., dimp^xt^y che niuno è tanto da 
poco» che non -sia buono da. qualche .cosa . 
Degli tparviiriy cke tnsiemtifpméattruéuto, ^i$. 

Vjli sparvieri essendo, fra loro^nemìci , com* 
hatteirafio, iosieme di rnsodo» che gli uccelli 
abir loro non erano mai slati. Vedendo le co- 

lom-. 



ha loro, « gli' fecero^ far f»ti «d cefi, pacift- 
cati che. furono >€pIftiaciaro^o4per5e§uitAtegit^ 
alCri- acceUì-y er^. massime ie« €olomÌ3é, le^ qmi 
dappoi si dolsero, delia: to^ pac^ cN^aiKtO). f»et 
Qpi era. meglio ^,clìije ibssefaxp -guerra &a loro. 

La favoli dirnostra^^ cbe qaa&do i cattivi 
(Cittadini soBo in guerra fra loro-, lasciano sl%-- 
re i buonK . . -, . 

UZ>/ un 9HarttQ yc -^ unà^ mtgUe * 524». . 
n uomo dotto aveva pr^sa^ ^moglie > e 
percK' era: antica, usanza:, che h dooa^ portava 
uoa^ fkccpia^ accesa, in casa deI,ttia»to >. fo. dt- 
liiandato,. che sanificava quel fuoco^ acceso » 
<;he^ portava la« sua donna: ed ^gli rispose < 
l^erchc oggi i. messo, il fupcci. in casa, mia . • 

' Lst favola, dinota , che coin« aie(MU(> d<9boa 
entra in una casa. ci entra il fuoco. ^ ^ 

Di un podestà ce' évtvm, ruàatg 0ÌU - pkùnfint$0\ 

l podestà di uoa^^^ provinaA nel^t^mpo del* 
oiHzio aveva/rubato assai , bisognatid^o, lestitiik 
il mal tolto r. facetamente, fu detto da uno-: 
quf sto. nostro governatore.; fasifitlO' come £i»> 
nò le dònne'» che;, concepiscono^, con grande al^ 
[carezza, e partoriscono* coty. gran dolore. ^ 
Semenze dtlU, fsv^U . 

Questa f<evola & contra coloto^'tlìe usurpa^ 
no«la roba d" altri. • 

VDi un vecMo^t t' della- Morti ,) %%6, 
enendo b Morte per uccidere un vecchio > 
fu pregata da. lui', cbe aspettasse tanto, che 
facesse, testamento. La Morte rispose non vo* 
lergU concedere. tempo >. perché tante veitecra. 
stato ammonito , che si preparasse > e notìt Tave* 
va, fatto s egli, disse, che mai non laavea am* ■ ^ 

monito y ed ella rispose: quando io ammazzava^ 
À tuoi compagni, e tanti fanciulUy e giovani», 

e che- 



«tf 



n^cb^ tu tt sentivi mancar^ lè' fòtfe) allóta ti> 
tf amicava , ed afiota ttt ^ dofvevi * pensare alli 
morte , €: dar ordine alte ccf^ tue : 
^ ^Senttnzaìiiila favole. '"' 

La faHK>la viiol si^ficare ^ cJ)*e stiamo sem- 
pre apjwrecchìaèi al ben morire , perchè non 
sappiamo ne il S\nè i^^o**^ delta tioslra morte». 
T? I>Ì tM ùV9roye'dtsmt denari, %^j: 
jLjssendo um avaro vitdfto aHa^otle, feceii 
portare tutti i suoi danari dinanzi-, e' comia- 
eia. parlare *9. loto dicéhdo : oh miei danirL., 
ehe eoa tant» fatiche io ri ho acquistati; e 
VOI non m'avete mai dato uh piacere, se non 
fiàstidj , e malfiicoDÌa. I danari- ri sjiosero; noi 
daremo .piècere aJ tuoi èred?, che tutti ci 
consumeranno in d^ne,..caecie'> cavalli , e 1* a- 
ni ma tua andrà* a casa M diavoh> , 

Stmtnxa delia favela . v 

La &¥0Ìa.- aoHnontsce, che non dòbbìànK) far 
tesoro qui- in ter^a, dove non e la nostra patria; 
rtft.' in jr^elo -ddvc eternamente goderemo. 

UD/' un rscco.-i e della fortuna» 31 9. 
n ricco disse ad un povero, che andasse 
a pattare alla fortuna, e fa pregasse da parte 
5ua *. che mwi' gl^dérse-pid ricchezze , che non 
ne voleva ptù , e gli* Voleva dare cento scucii 
per sua fatica. Il povero disse, esser troppo 
prezzo - pet si* poca viaggio . Il ricca gliene 

;. offerse novanti, ed it povero "dhse, pur ^sseir 
tsQppo, e gliene <iiFefì* ottanta, e cosi venne 
insano ai dieci . Il povero prese quéi dieci ,' k 
Midà^ tte^are la -sfortuna, e le disse da parte 
del^iccQj che non voleva più ricchezze, ma 
pili presto le- dess^r'a lur, che era povero. A 
Gifi là fortuna^ tispose , che a fui voleva duplìr 

V care j) anzi ^iripticare le ricchézze, m^ non vo» 

ieva; dar cosa alcuna al povero, è voleva, che 

f^ fosse sempre povero , e che non a v cria avuto 

anco qoelli dieci scudi, se non era ch'ella 

darmiya quando gli ebbe . 

Sen-. 



%. 



D T E S Ò por.' r0 -~ 

La fevohi significa , 'Chc U'fortjAa^* setrfprer 
atnt^a ad.ian felice, fA ancorché^ egli non vo- 
glia , gli da' le x\QQhsxie , ed' altri beni , ed* è 
sempre nemica- al 'povero* * . 



p 



iangevao.H macìtti H nórte d^ail^ sua ma- 
glie 9 dicendo,, che mai più non yol^va pigliar 
moglie, e vole?ra imitaire la tftctora, é stafjfc 
solitario , come sfbrtunlitto^. Venendo ^i, le- 
àlo»ne per mettere la morta nel feretro , e yo- 
kndo metter una b^ìh, veste , per mandala '^ì- 
la sepoltura; subito $i Idvò il^^marito, e di!>- 
se: lasciate star (juesta betta -Viste, pcrcW*fb 
la voglio CQOseriWirc * pcr^ T altra raogHe, ciré 
v<oglio pigliar presto . Lp*qu0Ìijp3£ofe comtnos*- 
scio a riso iutti quelli , che vr erano predenti.. 

Sentenza delia faveh . ^ 
i; Questa favola diiwta', Ae ranilno diftcil- 
xhente si può- celare-, che con parali non sL 
^uopra alle volt«, toassimaiseRte negli afièttl. 
•morosi . . *' 

r•*■«^ Del ^app^gaih . 5ja ' 



E 



sscndo venijto il pappagallo da-orìente in oc*^ 
cidecìte, dove questo uccellò non suol nascere', 
URO* gli domandò, perch^' ei^a qua in * maggio^ 
eslimazlone, che nella sua patria, e perdfé 
aveva una gabbia di averto, con*i lbi;nimentiv 
d'argentò , ect era nadrito- d( cibi delic:ft issir 
iiit) e ^tenuto in gran cura? egli ripose: noQ 
timaravigliafe di questo, perchè nella pitri^ 
sua a niun é dato l'oaoreo che gH conviene*. 

Sentenza della favola . 
- La fivola dichiara > che nissano sa]^iente;^ 
a^oelto «Uà sua patria ^ 



i^ii: 



.aquila standir eoa glt uccelli 9^ ài%9ti.Uf} 
non crerio, che $ia|.atcuftO' di voi |Ma beilo di 
me y il che ky coopfc©: per molti «egcit f ^|- 
ta la sua persona ]<od4vi,, p gli. ,uc£eiii /tutti 
r a^rmavano ^ dfòendo. esser I* valiti,, U pa- 
vone tacìtiunente di$se r 11 Becco, . e Funghir 
ti faOQO belio» e se npn ipssera ti|ue«U> .saria 
qui» che tf Krebhe*. vedere >, che tuil^n sei ii 
jjà bello yma^,ii più bruM*'^-. r.t j ■ 

Ha iavola dinota, ;Ché ie.cas^, 4^*^ patenti: 
A<m 51. lodano per verità « qia per, tiptiif>r»^ • 

JU caoe hct^à (GufDipagoia all' asic|o »> ci^.por* 
tava unr sacco, di pane a un luogo j , doVe noiar 
cwnòi molti povtri;^4icI vi^ggio^ rvefiqe .fame 
air unoy e f altro. 'L'asina si pose.» pascer ^ 
V erba > ed il Cc^n^ di/p^^dò. 4JÌ' .a^ino , eoe gii 
desse uà poco Al pane . L'asino fa :<lileggia;- 
V;i, -e gli,cFicefa> che 9i:mgiass«t l'erba eoo lui*- 
Tra questi p^lain«»tt ^-«eccQ -Msik. hipQ.»^ e Taan- 
ino disse; oh compagao cane ajutami di gra*^ 
•ó^, che il hi(v> aaa mi ai^niazari» se tu tt 
voltt coopta lui, son, cerio ch'^egli^ fiiggità. 
Rispose llv cane: ora fju mi ehiamr, che. io U 
s^ati>je muì non ju^ h^i v^ol uto dare un poco 
di pane», va io tua^ m^rora, 009 voglio pi4 
taUiPompÀ^nOr e lor las«iò m^S^^ ^ lupo». 

La iavola ci dimostra che- aon doUnamo- 
lìispteziare alauio.> che. egli non sarà tanta 
iaullle } e 7aiio> che a ^ualcfae nostra bisogno^ 
aon ne possi ajutare . . 

J>K un pavera cft^ trovè u» fetore. ^$sr» 

\J n povera aveva ufi9 ca«a> cfir stana pec 
cadere . del chei si doleva grandemente , e con- 
templando una fissura della casa> vide un. va* 
ao di rame 9 e cavandolo dal marQ> lo trovò 

piCr 



Tgufio di Bcvàjt^ óì tbockx die H cMdfe se gH' 

Sentenza ddU féV9Ìé\ • 
Là. Àvola significa,.' che alenila y^k3h<ineM,. 
che noi penskmo ci «iit vpn6,.<^app«rta*gÉan' 
di$sima. utilità , e perà nba dobbiamo sèmpre 
dolerci dS qud^ che: j:i afirkneyt[uafltan<jue sì 
rooSitTÌ:Spat«iitevofè^' . ^ 

L27f//« virià', t^M* difìott, 3Ì4»'' * ^' 
^. virtù disse a* dlcuiri : percliè ' pkì pretta 
andavano i a mano- de' cattivi, cbe.de'btioQÌ, 
ed essi risposero ri miei scolar t^ano' ttsar^,« 
giuramenti falsi , tinte cose enormi ,. o-bnittv, 
e con queste mT^^cquistanor ed* i tuoi fanno^ 
al ooQtcario di mofio^ ciie slama sibr&itt fii|^ 
gire dr virtuosi , ed andare accattivi». Bispiose- 
I» virtù 1 poichi^' cosi é> voglio pin presto cfae: 
i miei scolari siaoa poveri, che ticcm . i 

La favola vuol dino^arr»' che le ficdbezte QO^ 
jù acquistano per lo #« $6- «oà cloii perdita, 
dell' anima , e di«ajg>cltl €orpo.. '^' *~ ' * 

L^ IXelìa^uit^, t'dii gufi, ii^f * 

aquila, chiame tutti -gli ucerili , dicendo» 
voicr godersi di gualche tòro bel figRuolo per 
cortigiano. Tutti gli- utcejlt- gli propcwera ,r 
loro ,. tra* ^u li. fùronm qtìcHì del guib, ìf 
quale diceva > «he i suoi etai^ ptò befii 'dtgli 
altri. E r aquila gli dhs« r a ehf ijf arssomi^ 
gliano ? ed el cispose- 1- a me . Onde tuttt ^ì, 
i(l tri- uccelli ne risero itisieme con Fifuila'« 

La Cìvola: dinota, che a titHl i'forofiglitiOB- 
li pajono beili benché siano br^ittissiiBiJ 

Lt- DfU*éMw% ^ dei pòrco . l$6, 
.2 



asino- aveva in vidimai potrco » pevcbé e| 
portava.^ ogni; dì la somaK^/il^potco; non 
ceva mai 'niente , ma -tutto il giornea ma rigiaTs 
pei^ it^^^arsi . AvvenBe > che il; piidtone; vol- 
$$t amnuiz^ar^ il porco-, l-aUno stàv:i a vedQ^ 

r^ 



^ts FA Vp'L sr' 

xelquainfb Io meiiayano aP macello : e qaaiuìoRo 
vide scannato', e fattone pèzzi, ^dissc ttat ^ 
medesimo: ecca, cHe fine lianno le carQ;eze 
fetJtegli y dal padrone r dunque ' è meglio esser 
asino che poi:«o y é ' restò contentò ielia, snx 

Sentente dtìla favoU'\. 
La &rola significa, che a queiji, che paja- 
no felici', no» Hobbiamb aver invidiai perche^ 
srile vok«i la fetfcità' è piena di miserie . ' "^ 

U] I>i nn» maritò, e deih moglie, j;^3,7. 
a maritò avendo alcuni tordi > disse alla 
moglie j cuoci (piesti tordi, ed ella rispose: 
non soA tordi', sono merli , ed il- marito dis» 
se t son tordi-, ed-- ella diceva , son merìi , è 
cosi contendenda*, H marito sd)?gnatb la per- 
còsse fortemtntev L anno seguente* m quel 
medesimo giorno , disse- là maglie ; oggi nnr- 
sce r anno nei quale mi' bàttesti per quei ma- 
Metti meri i ,' ed il ' marito disse : fiirono tor^ 
di > |«rikbè egli di nuovo la: percosse . Il se- 
gujentfef anno gli avvenne il simile, ^ molti aii- 
ai fu blktèuta per la niedesima cagione. 
^Semenx^a delh fàvola . 
Qui dimostra li £ivola quanto sìa ostinata 
Ik' natìira di alcune- donne ^ le quali per non 
^dei^ qualche cosà di poco , o mun momento 
a^ iota maggiori*, non sr curano di esser fiera- 
mìente percosse / ' 

UVel gallo prAo- JitlU volpe, 3J«: 
n gallo preso dalla volpe con gran fatica 
scampò dalle sue mani . Questo vide d^poi 
una pelle di volpe , e per paura si mise a fug- 
gire. Fer ia qual cosa gli altri suoi uguali se 
ne risero, ed il gallo disse: Se voF foste stati 
adi' unghie della, volpe come io, non solo té- 
meresae la pelle, ma ancora le sue pedate-t 
Sentenzia della fitvols, 
Voljgarmente si dice; chi è morto dal ser^ 
ftuU > ha paura della lucerta . ' 



I 



pi E st)pa, *5r 



1 ^ico "cinghiale voti e cct^baÌti(ra^<iQa l'asi*^ 
no ) confidandosi ne* suoi .denti ycl\e erano mol- 
to prv ferti, e lunghi, cbe qtieUi deir aswio^ 
arvvicinandosegli l'asino gli diecle i.cdd nel fron- 
te > di modo che il porco casco mesao morto 
in terra, e. dtsse fra se inedesimo : io 4100 
pensava-), che tu m' sivef sì a nuocere co' piedi « 
Sentenzia delh fsv^U , 

La "ferola dinota, che un bqak> deve sempre 
considerare donde possa essere of&so dal nepsicot. 
.Di utt ucctlUftofe y td uti fati^mlh . 5^. 



u, 



n tlccellatore aveva posto dieci tordi in 
uno spiedo per cuocerli > ed avendoli posti- 
al fboco, impose a un suo fanciullo > j:)^ li 
voltAssè tanto, ch'egli andasse fqoc ^di cast 
per una sua faccenda , e partendosi éi casa; gu 
disse: guarda, che tu non ' -imbratti i tordi*: 
perché se \\l gli lasciassi cadere nella ctneK».* 
io te li farei mangiar tutti a te. ' Come gli. 
uccelli fiih>no quasi cotti, il fanciullo per po- 
co avvedimento li lasciò cadere nella cenere > 
e ricordatosi di ciò che gli aveva detto il 
padrone, il quale non era ancora ritjCtrnafa^a 
.casa; cominciò a mangiare i tordi , e nei^aQ'* 
^iò nove , ed essendo tanto satollo , die -noit. 
ypteva mangiare il decimo > cominciò a pian« 
gere> ed in questo tornò il padrone, il quale 
Scovandolo piangere, gli dimandò la cagione 
perché piangesse: ed egli disse, che.inàvvedu* 
tamente i tordi gli erano caduti nella cetiere^ 
e n'aveva mangiato nove, e che gli perdo* 
nasse , eh* egli era tanto satollo , che non pOr* 
"Seva mangiare il decimo i e 1' uccellatóre es« 
sendo venuto a casa af&mato, fu, sforzato cac* 
ciarsi la fame col solo pane. > 

Semenze deUs ft^olé . v 

La £iyola significa, quanto sia la natura de 
• • . fan- 



Tt5« TAVOLE 

IDil tordo % e 4̧i gahtro* 341.- 
1 gaUbeto vi(U mi giorno, il tocdo > <fae a 
pasceva di ^rte icajtte <i' uve , « frutti silve* 
4Kti» gli ffisse; perckà ti Aodrisei tu di questi 
frutti cosi cattivi? yieBmoMch'iot'insejtieiò 
frutti più soavi A « dilettevoli » « io condu&st 
in un givdiflOi dove gì' inscenò fichi doid», 
cA uve scayiasiaw; le «pali JBÒito .^li piacque* 
ro , e poscia vjsà&oÀQ jnoit i lacci , Tet i , e vischi ^ 
>« moki uei^eUi'Piesi ^ si «sbigottì di sorte > che 
disse al ^hstoi mia ia pa^e> che a 4Be pia- 
ce più j^i.v^{e siairc/ia.ijaei hioghi. agsesti , e 
pascermi di quei cioi salvatici , che di questi 
jfiù foavi f jt virere irr taqlo 50S.pcito » 

i Questa.favola si^ifica ,che meglio. 4 viver si* 
4«r*mef>t e i^ poivxictà , che ia ricchezza ooa paoca* 

n graaiatico. sì gloriava molto delia sua 
scienza.» disoDdo xh* egli, aveva taato ii^tgffo , 
« CQisi. bel ^tnodo d* insegnare >. che :noD .solo 
àvi^hbc ii!segnalo agii aomìaii» nu «ooua ag^ 
asHó la gca«k8tica«^Udci3iGt)a. qmite* parole ho 
priscipe, ioxhìaeiò, e disse: .se gli bastava 
i amiQOrd'.iosegQac Ir^ramatìca ^^un asino ficbe 
gli vokva^da^e ìt^ anni di tempo . Ì\ • gaaniatì* 
Co.prQfBÌsevch?8 ccldttlo termine k» vx^eva face, 
te oon ctie.^Alava perdere ciò che aveva gua- 
dagnato tutto ìl'tdoìfjo delia so» vita ^ per il 
quale accordo iattoi fra jpco » qioki lo biasia» 
vaoo>cbesi.obbHgacseaqnesto,ch^ era impos- 
sibileai.'ed egli -ràpose : o paa^zi > éa dieci anni 
ffiorkà «0)^ il piiacipe> o l'asino» o io* . 
'4 ' e - S»ffrei7Z.* àilU fa^é * • r • 
- -Qoelii.» che.' SODO in travaglio ,. < pericolo 1t 
tardila ajuta. 

UD# un lupo mvicMéto, 
n lupo invecchiato si fece eremita, ed an- 
dava mendicando il ctba^ ed yo ano cooipa- 




*T)J ES'OPO. . tri» 

vuoi , die io facèta 3 mi sùoù cascati tutti i 
dcnfli > e neh posso' fià cortese , e \bò preso 
qadsfo esercizio y^r non inoriìr-dl £ÉBe. 

La-favola sv^nHiéa.^h^ «oiti si fantto tt- 
iosi > per vircr sefi^ litica. 

. l>i tttr-uùmo y ed'^m setpmtf f 

n «erpenf è olp>pre9so ^a iiù ^rao sasso > di- 

jtiandò a-uno> lene passair^ di là) che glielo 
I levasse d'addosso, elle gli éàtu un ^ran pre* 
nfo. Coiai lo -fece.) e levato il sasso^ il s6r- 
. pente n^^ dargli cosa iitcunà> egridaratio in- 
sieme. Passò accaso una simia> -e fu da loro 
j Atta giudice di -questa lite , la qua! cispose , 
I non poter più ben giudicare > se non ^eaeva il 
sUsso eome stava : e fìt' -messo ì}l -sasso . toait 
sfavar s e^là si mia giudicò, non diversi- Jevai# 
più il «àsfò) di «noria clie ^il serbate mori. 

^ tki^fàvola S]gQÌfica,xtie iiK>lte volèe >per ris- 
^atltbdineV che akfxaù ha di qualche beclelicft> 
licevlitb,^ ioeom -iti quel medesimo travaglio di 
prinfa , ofìdé "desiderava essere cacciato fuori , 

ii>endo'uh3 volpe, vmottzMo ^nolte gat* 
line òé un vilfeMBO, all' ultimo £l' presa -eon ùo 
laccio. Essendo presa., dotnasdd di gratta ài 
gallo, che gli. poif'asae un eccetto per tagliar 
E.laGcioy^^vei'o 4ÌOÌI dicesse niente af padro^ 
te, iniin che taglia^ il laccio xoa i denti . 
11 gallo promise fate- uno e i* altro . IVIa subì* 
%o disse al padrone esser presa la ^volpe^ alla 
quale ei eorse con un iMStone , e rammazzqs 
ed ella morendo disse: o passa! io mi son 
ISdati del gadto» al quale ho ammazzate taulte 
mogli ! 

SenteffiLS Jtiiér fivifim» 
Là laVola significa > che non ci dobbiamo 
QUI ftlar di quelli , ì <}uali abbiamo of&si . 

. Dei' 



^0 F A Vf) L E 

A. Vella-^aUtna y e de puìcsHt. $4^. 
vendo la gallina molti puldini^ aodavasio 
per piazei pascendo come è loro 4:o$tume » e 
<;ome la gaUiaa vedeva U nibbio j li ckiaiiiava^ 
e copriva sotto Tali, e con questa arte li guar- 
dava dal nibbio. Una volta volando il tiibhrio 
per l'aria, ella chiamò tuttVi pulcini, che ve^ 
Bisserò « coprirsi sQtto. le ^ue ali, <^uelli , che 
obbedirono fu|:ono. s^vi , ma (juelli che^ aon 
V>Ìlc£0 v^jìire furono presi dalni^bbio. 
Senterrgfé delUi -fsvoU. 
Là hvoU dinota, <;he quelli, die tnóa op*- 
bediscoQo a^suoi parenti , capitano mak . 

E Del lupo , e della volpe . 547. 

sseodo preso il lupo in wxà lossa, la volpe 
Jp vide, e be&ggiavilo iotònio alia /ossa , e 
cQ^i stando^ ancora. «Ha vi cascò dentro -y e disse 
U lupo: io ittuojo contento poiché qaeUa, die 
si rideva della mia morte ella accora morità . 
Sentenx^ dell^ ft^v^a . 

Xua fdvola significa, che chi si callci^a del 
ìgasX cp altri qualche vqlta patisce ^et òtcde^ 
simo. . . 

1 X>tir or^mo , i del t^po • 34S. 

JLjortolftno aveva preso j>el suo orto mi to- 
po, e volendola am.mazzajpe r disse il topo.* 
npil m i ammazzare^ poicliè io «(|n tuo servo , 
e. ti cavo 1^ erto, senza danari > e mai parto dal 
iuq^ecrei^. Rispose i^ectolano; ciò che fai> 
lo &i per tjita utilità) però TO^io» che tu 
mitoja ad ogni modo . 

SeMen»0 delle favola , 

Qqjcsta favola significa , clre si deve coifsicle- 
rare F animo di una persona, e non 1* opera. 

FI>tlla volpe presa dal cane . 54^. 
ipse la volpe esser paduta.iu mezzo di uà 
prato , accioccnè gli uccelli vi andassero ap- 
presso , ed ella li potesse prendere , è man* 
giasli . Passò ^ il caae , e vedendola in quel 
modo distesa in terra subito cosse^eraanoaz- 

20 



D t ESDI? O. *^ 

eò, e U meschina cUss< : voleodo ìx> gabbam 
altri p $òno stata gabbatalo* e perciò ionviQjo. . 

La £vela significa > che quelli •(;jh,^ cercane 
gabbare gli al ^i , non si deypno dolere > se sono 
gabbati essi jnedesimi • , 

AD/ un orso-, e sttf^, moglie . 3J0. 
vendo combattuto T orso con la moglie -^ 
le avea cavato un occKio con 1* unghie » e «K 
questo mal contento, e. pentito, *si tagliò tutte 
h unghie» e disse iiUa moglie: ^co> cheiear* 
ixÀfChe ti hanno ofleso, no gittate via. Ri- 
spose Torsa: a me {jpco importa x questo tu d<> 
Ve vi &rlo prima^ che m' avessi caviitp Focchioi. 
Sentenza dell» févoU^ .^ ... \ 
La ia^yàU , dimostra , che poiché l' uot^o ^ 
ofFeso> pocc^ gli vaie, se si pente .colui >• che 
Fha pjffeso, perché F ingiuria e già fatta « 

A- 1>9Ì Ifcney t dèi etrv4it 551* 
1 leone era morta, la f^ogpe, e^ tutti gli 
aaimSiH con lui si dolsero, eccetto ii cervo» 
che xjon si 4<^Ise > perchè gli ayeva ^mmazzofi 
i suoi figliuoli* Il che yed^o il l^one, chia- 
mò il cerva, e gli disse; iie|;phè pop a* gra. coa* 
doluto anche egli-delli mor|e della regina.. f], 
cervo cispose: noi dobbia^mo^ tSlUgt^ùtcìidkìsk^ 
morte di vostra moglie , perchè Jili .'ha détto 
in sogno a^.^e gli I^eti F iiBmiài mandòla ne* cam- 
pi elirì, dove e perpetuo, godet^^ « felicità, e 
che si d^ole e$$«-e stata così lungo tempo in 
questa vita. Il leonie gli «redè, e perdonò- ai 
cervo. 

i^tntenx,»\dtlh. fitVifid ^ *t* *^. 
La iaTol^ significa , cheli' uomo >5aV]o deve - 
fingere ogni esecu^Uone > pdr levaci dal lìirofe 
del tira&no.» ' -. ' \ 



A 



. Ihl piiifoèt^ e del ^m • 5.51. 



veva un'Uomo bn^poHtf^O' pieno di galli* 
ae, si dimenticò ona notte di fbitìAexc la poi- 

L u 



t4i FAVOLE 

ta del poliajo . Yettne la volpe > ed ammana 
. tutte le galline • La mattina il padrone sdegoa« 
to per il gran danno ch'aveva patito > diede 
inotte busse al cane^ che era stato negligente 
in guardarle, ed il cane disse: padrone, turni 
batti a torto. Se tu sei stato negligente ia 
guardare le galline) dalle quali avevi grande 
utilità, lasciando la porta aperta, che ne pos- 
so far io ? 

"SiMenxa delìs fwvoh. 
La favola significa , che se il padrone é ne*- 
gligente in guardai le cose sue, non dee avene 
speranza, che i famigliari le guardino. 

L1>tU§ volpe > e ^ m$s gsiit'fts cèioceié •555. 
a volpe trovò una gaNina chiocqia. jn casa 
di un villano, volendola mangiare, disse la gal* 
lina: non mi ammazzare, che io son magra» 
ttia aspetta , che nascano i miei pulcini > che 
saranno pia tenerelli , e li potrai meglio gode 
re • Rispose la vol|>e : io sarei ben pazza se eoa 
ìsperienza dd tuoi figliuoli lasciassi te, che 
ho nelle mani • Sentenza deUm févdm • 

La &vda significa , che queUo é un graa 
pazzo , ^he {ascia le cose eerte per T incerte . 
ìr7 pel fiSHt^ e dtlF inino. ^^4. 

Y edendoii il eane non esser pan al lupo, 
determinò trovarsi un compagno che T ajuta^ 
$e} e vedendo l'asino, che portava il basito 
glande, |H pareva , die quello fesse un'arma- 
tura assai buona, e sentendo , eh' egli aveva griD 
voce , credette, ehe ^tt molto valente s oodt 
to^iendolp per compagina', anttò insieme con 
lui ad al^ontare il lupo, L* asino veduto 11 
lupo, suSlto faggi, e lasciò il cane soio. 
Sint€ns$0 Jelis fsvolé , 
La &vola siffni^a , che non ilobbiamo giit- 
dicar la virtild'ii^ uomo dalla grandezza dei* 
le parole^ n^ del ^otpo • 

S^i mn Ì$p9 , f du€ emmi • M, 
aadp -ttii lupo so^ «a coUci tiae dseoh 

ni. 



DI ESOPO. t45 

ììì j che guardando hq gregge di pecore com- 
bntteva&o insieme, e pensando, che allora fos- 
se tempo d' assaltar le pecore , subito corse ni 
gregge, € ne portò via un». Il che vedendo i 
dui lasciarono subito il loro combattere , e cor> 
sero dietro ai Itipo, ^ tolsero la pecora, e 
gli diedero molti tnottrsì , cHtpodocb^ appena 
campò la vita, -e trovandolo un altro lupo lo 
riprese, dicendo: ch'egli era stato matto ad 
assaltare il gregge^ aove eran due «cani cosi 
Valenti , ed egli rispose ; io mi son gabbato» 
perché combattevano insieme : e T attto rispose : 
quando due combattono insieme, e veggono un* 
inimico comune , subito s' accordano tra loro « 

* SettunzA Jeiis favole . 
Iia'&vola vuol dimostrare-quanto óommovefini» 
micieia , che natoralmente alcuno iiacon un altra 

UDÌ un -povwf verno t ed un Mtim, 35^ 
n pover* uomo aveva solaBieBte ' àn asino, 
e una botte di vino , « avendo 'maritata una 
sua figliuola » le aveva promesso ib ckjte tanto 
^anto avrebbe potuto vendere qtiella botte di 
vino , e queir asino . l«a notte seguente alle 
nozze, *!' asino mori , e dando de* calci ixlla 
botte ;, h ruppe, ed il vino si Verlò. 

StntefiXS delia fsvaUJ • 
I41 '&vola ci vuole avvertire , cKe non dob- 
biamo fondare le nostre speranze in queste co- 
se del mondo, che sono si figgili • 
O Velia psaaf-e dtÌj;iaulo, 3^7. 

Oentendo ia pica frale frondi il cuculo , peci* 
6Ò, Ac fosse lo sparviero ,- e si mise a Iuj« 
gire. Gli altri uccelli, v^dsodda fi^gire iftdi" 
leggiavano , ed elb disse-) io voglio più presto , 
che voi di me vi ridiale, che gli amici piangono . 

Sentenza deUa favola . 
La favola diaotasttaóto l'upmo deve stare av<* 
vertito di non cadere in mano di qualche tiiran- 
•no 'Cfae non gli perdoni , né jdla roba , né aihi 
vita a cnde oe carni danno a se stesso > ed a^ suoi 
aoùcj. La P# 



144- F A ;V O L E 

Avi un astn9, t u» Mfvo . 3f S. ^ 
vendo un servo maligao in odio l' asino- 
dei padroQCt io gittò da una gran ripa» e T 
aoiióazzò-y disse poi al padipne che. da lui era 
irascato.. Il padcooe essendo povero» e non a- 
'vendo denari p^er compilarne un akro» ciò che 
solflva fice rasino fece /aj;e ai servo. Il qua! 
<iolendosi di si ^ran fati^sa > diceva fra ^e liitede- 
siino : ciò che patisco , lo patisco giustamente , 
percjìé ho ammazzato quello che mi levava 
•questa fatica . • Sen$enKt^ dtlh fvuoU , 

Cosi, i -f^oA spesse volte per levarsi utt ^so 
d'adc^osso > «e . i>e mettoao un n^ggiore . 

I'Diì p$rco9 e ^*^« petore . 35^. ^ 

1 porco era ripreso dàlie pecore »^e essen- 
cb ben fioekito, ed accarezzato d^ padrone, 
non facea alcun frutto, ^ come £u;evdoo lo- 
^o, che di -continuo davaòo latte» e lana . 
Bispose il porCD: il padrone non mi fa queste 
«erezze seni^ 'propositi , perchè come sarò 
morto avfii frutto da me. 

' SentefìKs delU favttU. 

La favola significa, che niuno dura &tica 
senza ^eranza d* alcun premio . 

V2>/ un tnwìo icéun torUo\ $60. 
edendo il merlo un nibbio che volava stri- 
dendo e volteggiando, come è suo costume» 
disse al tordo: vedi il nibbio conae va forte- 
mente minacciando? Io temo assai . il suo fii* 
rore* rispose.il tordo : non temer questo strepi- 
to > percbì: queste minacele si spargeranno iu 
qualche sónrio; ovvero in impulcino; abbiamo 
da temer più lo sparviero, le cut unghie pei* 
ma s<^iamo che la voce . 

''''* Sentenza ' dell* fa^là . 

La favola significa che dobbiamo temere più 
inquieti, e taciti, che i parabolani, che ba- 
rano di parole, 

CB# due galli. 3^1. 
ombattevanù due gaSUi imieaie, ed ano r6- 

sto 



\ 



D I E S OPOv ^ t4f 

sto superato y e F altro vincitore. Il Tenta si 
parti) e4 andò a stare co*pairotù> doVedicon* 
tiauo sì esercitava a combattere, ed a sapere 
schivar i colpi , ed of&ndere l'inimico . Pòscia 
andò un giorno a trovare il suo nemico^ H 
quale era snervato per il troppo coito, e fa- 
ciljiief)^ lo supero. 

Sentenxs dell» fgvalSf 
La favola sigili fica» chr ni\iiui cos» indebo- 
lisce ì soldati pili , c^e il coito > e la desueto* 
cfìne dèi combattere. 

ED ì un li bercile y $'d ukuni ladroni , l^%, 
ssendòsi un uomo liberale incontritq per via^ 
gio n alcuni ladroni, uno di loro Io vfrieàammaa^ 
zare . Il che vedendoun aitco gli disse: nonio an> 
mazziamo, perch'e liberale, e fni; ricorde essere , 
stato in casa sua alloggiato , e «ben trattato. 
Sentenxa^delh févoU, 
La favolai dimostra quanto vaglk il far sen^ 
pre ad ogauno cortesia . 
1 T Del padrone , e de cani . $6$. 

Vy no aveva molti cani , tra* quali uno morsióS* 
il figliuolo del- padrone, on^'egli ne mori /ed 
il padrone di ciò sdegnato ammazzò non solo- 
quel cane, ma ancora tutti gli^altri» 
Sentenza della favola • 
La favola significa, che un ci^mpagno cstttì^' 
vo é rovina di tutti gli altri .- 

UD4un^ villano y edelVapi. 3^4.- 
n villano fu punto da un* ape, e diceva, 
com'è possibile, che da un ape esca un fuoco 
tanto soave, e uno stimolo tanto amara? Ri- 
spose r ape : quanto più io son dolce f tanto^ 
pili son amara quando io voglio. 
Sentenza dellk favola • 
La favola dimostra, che quando uno è pid 
beneficato , meno può tollerare ingiuria . 
D/ Ui9 giovane , cl^e voleva pigliar moglie . $6^^ 

Volendo un giovine pigliar moglie ,' e ve»- 
nendo all'atto dell'anello, quando fu di« 

L y man^ 



%i6 f A y O L E 

mandtlo» se voleva pigliare madonna tale , si 
voltò a*clxco«taati dicendo : o amici , quando si 
sternuta, dove non è alcìm pericolo > si dice 
Iddio r ajuti ; or perchè in questo caso dove 
è maggior .pericolo non dire cosa alcuna? 
Sentenza deiìm fsvoU . 

La favola significai che quelli che pigiano 
mc^Iie incQtroQo in gran pericolo. 
*T I P# sw»fi4« AVtv§ ascoso un tesoro . ^67, 
KJ-nQ aveva asfDOSO un tesoro in una selva > e 
ninno lo sapeva.» se non un suo compare, ed 
esso, n^H^. tutto ik tesoro. Tornando^ il padro* 
«e, e non.tspwin^ il tesoci», pensò, che- il 
opmpare lo^ avesse rubato,. e andò a tiovarlo, 
e dìssegli } domani voglio , che andiamo a set- 
.tcrrar mille altri scudi ,. doY^ riposa il tesxiro^ 
Il compare yi andò, la nptte, ivi rimise quel 
tesoro , che ^veva levato > acciocché cohii met* 
lesse que'mille scudi , ed egU togliesse ogni cosi 
insieme^ Andò l'uomo., trovò il tesoro,. e portel- 
lo a casa*, dipoi ttovò il coniare , edisseglir 
traditore, mancator di /eide, a tuo dispetto i» 
ho avuto il mio tesoro, ilcompare bemito noa 
SQppe negare, e confessò ogni cosa.. 
Sentenauh delU favola- ^ 

Però volgarmente si dice:, chi tutto Tuo!t>, 
tutto perde « 

IDel pafipasallo . ^& 
1 pappagalb era tenuto in prezzo in casa di un 
principe y^ e gli altri uccelli maravigliandosi gli 
(dissero, perchè se gli faceva questo onore? Kl 
egli rispose: perchj io imito le parole dfll'uo' 
mó , e ':park> come T uomo .. 

SgntenxA della favols-» 
hsL hyoh significa , che dobbiamo impar^ le 

SieDze liberaUtf acciocché sianso tenuti in prezzo. 
? . Vi un filosofa hattvtjo . Jj^ìa. 

jssendo un filosofo percosso con un pugno di 
m9y^ non $qIo $1 commosse « m%> ancoragli die 



D I E S OP 0. %j7 

damn» di che ognuno si maraviglkiTa > dicefi- 
do : che raeritaTa esser o&so da ognuìM » ed 
egli rispose: siete pazzi , a qaesto •niojo htò 
le mìe vendette . Colui eh' «bbe quelli daoati , 
battè uh altro» pensando avef degli altri dana- 
ri , e fa ammazzato -, onde il filosof».^ disse : 
Vedete amici miei y che pedonando l' ingkiria 
si vendica acerbamente* con mena fatica. 
Sentenze della fav^* 
La iavola dimostra > che il piàddh roift 
il perdonare nuoce pm al malfattole, clie b 
Tendetta che cotitra di esso si péfisa lart. 

Q2>f/ iufy e di Qsovi • ^^l* * 
uando fu creato il bue» non ai^va ooia»» 
ea egli dimandò a Giove* che gii desse ir cor- 
na > per difendersi : gliele concesse, com*a motti 
altri animali : oflde avvenne che & pccso eoa 
le funi» e ^ legato» e messo all'àraitto. ' 
Sentenxjt ditta favola . 
La iavola dinota» che non si deve dimanda* 
re a Dio» sé non quei che a Jui piace »petchè 
qualche volta dimandiamo cose» che son cen- 
tra di noi . 

Vi un pairt veqeAio » ed un fgHo * 371. 



A 



veva un figliuolo scacciato il padre di ca» 

sa» ed egli andò all' ospitale. Passando un gior* 
no di là il figliuolo» gli disse il padrone.: di 

Srazia figliuolo» mandami un.pajo di lenzuola 
ella mia roba» che con tanta &tica ho acqui* 
stata . Egli mosso a compassione gliel^ mandò 
per un suo figliuolo» dicendogli che gli portas* 
st all'avo. Ed egli ne portò un solo. Sapendo 
questo il padre » gli dimandò , perché S^if^*^ ^' 
veva portato uno solo? ed egli rispose :mo ne 
soglio serbare uno per tc> quando anderai stll' 
ospitale , come vi è egli al presente . 
Sentenza della favola . 
Questa &vola ammonisce tutti i figliuoli a 

L 4 por- 



y 



x^%- F A/Xn D L B . . ^ 

portai rlvterehte ai patirei e madre > iwerdiè è 
impossibile, chtiqtietto che il figliuolo a' k^- - 
renti £s , non se gli ricompeflsi da* suoi, proprj 
fìgliaoli., o«bene^ armale, che sta. 
'pi tmfm^iulhy cB^ tt^n vfiJtvA ijnpsrare. yj 3» 




n ^nciallo non volando impataf^> mai non- 
volle dire:-*^ Disse il sao maestro: si e gran 
cosa, a dire «^Qoello -tacendo sempre, mai 
BOA' la volle dire ^Poscia aìeuot suoi uguali:, 
dkevano: perchè- non vuoi dire j^ che è così- 
poca ^ica?Ed egli rispose : scredi tu che io 
non Sappia dice « ? ma come avrò detto i» , sa- 
ri- bisogno ^Ire^ ff^ e tutto- l'alfabeto, e 
cosi' la cosa aoderà- in lungo . . ' 

Stttunzà deila.favafs. 
La favola significa, che non bisogna obbli- 
garsi »' piccole' cose , per non dover- esse* sog-v 
getto a maggiori . 

Di un» pecoY» presa M.lup^, 374» 



u. 



_ na pecora* pfesa dal lupo non fece motto > 
e per sua buona sorte scampò . Poi essendo 
presa da un cane gridava tanto forte , che *1 
pastore la sentì, e corse, e la tolse di bocca al 
cime: poscia dimandò il pastore perchè quanrla 
fa presa dal kxpo non grida va « e q^uàndo iiipre-. 
sa dal cane gridava così forte? Rispose ella: io^. 
aveva pili dstidio esser ofSrsa-dal cane, che «dal 
lupo , perchè il lupo e naturaltnente nostro ne- 
mico, ed il cane guardiano di casa, & |)erò era^ 
fòrza , eh' io grandemente me ne dolessi . 
SemèuuM della favaU . 

La fafvela dimostra quanto sieno amare le 
offese , che si ricevono da obi dalfe mani d'al- 
tri doveva salvarsi. 

X Della cornacchia y e del cervo * 375. 

JLja cornacchia aveva invidia al corvo, p^chc 
gli uomini con quello prendevano gli avgorj-, 
e però era creduto conoscere le cose future. 

V.cr. ' 



or ESOPO; t^p^ 

Vedendo ella alcuni viandanti, cbe passavano > 
volò -sopra una' pianta , comineió a griichiare 
fortemetfle, ed essi rivollandoti Tidero, eh* 
era una cornacchia, ed ttno di loro disse: an- 
diamo, eh' ella: è una cornacchia, che Jia gri* 
dato, e non ha aaguria- alcuno. 
Sentenza* deìU favóh . 
La'fàvohi signt^ca, che quelli, che vogiioao 
contendere coi ntaggiori di loro , oltre che noi^ 
possono firsigli uguali , spesso dannò da tide<^ 
re agli altri , - * 

L Delia coYttacehsa., e del cane . 37^. 

a cornacchia ^rificsindo a IV^inerva , inrU 
tò it Cane a mangiar seco , ed esso a quella < 
disse : perchè Vuoi fu sacrificare- indarno aven- 
doti la Dea in odio, talché negli augurj aa- 
cora t'ha tolta la fede? Ella disse-: e però lik~ 
sacrìfico acciocché me la riconci Hi % . . 
Semenza deìla- fàifola . 
La favola significa, che molti cercano da^^ 
piacere a' loc nemici per riconciliarseli . 

UI>/ UH CQTVo , e di un serpente . 377. 
n corvo armato vide un secpente, «he. 
dormiva al sole, e volato là lo prese per man-- 
giarselo, ed il serpente rivoltandosi lo morse^^ 
ed il corvo morendo, disse: ai me misero, che' 
per questo poco cibo perdo la vita. 
Sentenza della favola. 
La favola dimostra quell'uomo^ il quale pet^ 
cupidità di guadagno, va in pericolo della vita • 

Udì una cùrnaefikia , e delle colombe , 378. 
na cornacahia vedendo alcune colombe dò-' 
mestiche in un colombaio esser ben pasciute » - 
s'imbianchì, ed andò in quel colombaia per 
viver con quelle colombe . Le colombe, men- 
tii che la cornacchia tacque, si pensarono^- 
eh' ella fosse una colomba , e làsciaronla starei 
ma quando cominciò, a grìd^are, ler conobbero^' 
nou esser della loro specie « e la 'cacciarono da^ 

-L y lo-J 



i|Q FAVOLE 

loro cpnsot^io biattendola,. EUa rilornà ai^e s^ 
%rc ^QKiacchie, le ^ua|i non coóosceodola,, pefi 
cf^c aveva «ititato il dolore , la scacciarono ài 
se, e cosi volendo esK< 4i 4ì>i6 cofnpagnicj 
perde r una ^ V altra . 

. La fàvola dinota coloso.} che come si dyee 
per prpverbip >' si s&>rz.ino tenere u|i piede in 
4qc staffe, ed airuUlipo'nè in qmtsta^ ne iti 
quella Ip fermano . 

vJna. cornacchia fii presa da uh uomo if qua'^ 
4c;la legò, per uà piede, e la teneva in, casa , 
^ascejadqla. Quella incresc^ole.. vivere fra gii 
ùpipini > njiggi c<)Q- U corda kgata a) pied^ > e 
rUoiTQÒ al.s^ nidq.. Ed ^sendpsel^ intricata 
ta corda a un raja^ò,4* uo,^ affeeroL, noa^ potete 
dìpsi partire, pei;, andiar a ' cercar 'da^ matj^iarcx 
s^ he niòri ai £ime> e tnor-endo. diceva fra se 
ijiedcjiinaroinaè misefa, non sò£Eèrendo'.io vi- 
vere in ^ryìlàiappri^ssp agir . uoipi^nx , incauta*, 
mentf . mi soivo^. pj;^vata,dì vita . 

La fayob . fignifica I che alcuni, volendosi, 
liberare da uh pericolo^ inediocce, casi^p io i}fi. 
^giorc,. ; I ' ^ * . 



u. 



..^ . lupo, trovò un caqe, e Ip salutò, poscia 

S'i dimaodQ.xòme &cey^ ad, esser co;!,) grasso, 
isse ii cane: lo.vjv.o in. casa^ d.' un . padrone 
che^ non : Oli lascia, mancar da mangiare.. Hisse 
il lupo': in vero 'tu sei. £^Ìic^, avendo cosl:.buon 
padrone, ancpjca ipi 4o Servirei vjoientieri. Dis- 
se il , cane : se ttf vqlessi lasciar quella tua capar 
cita,' io ti far^i accattare al mict padrooe. II 
liipo disse : quésto lo f^rò . lascia guardando il 
Ivpo il cane vide ch'aveva il colio pelato, e dis* 
se : che yuol dire , che tu 4ìai il collo, pelato ? ed il 
fané rispose i queUp ^ il legame , perche il gior* 

no 



D I ESOPO. ifi ^ 

no io sto legato > ed il lupo rispose: se la co- 
sa sta cosi 9 io non istimo tanto l'anrìcixkr di 
questo tuo padioné i che io voglia spogliarmi 
a«lla libertà . 

Stnnnts dtllm fé'OQÌa . 
La £ivola dimostra» che là libertà 2 sopr» 
ogni altra cosa preziosa > ed anaabile. 



I 



1 leopardo avendo fame» è non avendo men^' 
te che mangiare 3 vide svk un albero àlqjuante 
si mie > t non potendo sormontarvi ,' finse esser 
morto . Le: simie ciò vedendo discesero dati*, 
albero, e cominciaio:«o andargli .^Intorno, ed 
egli con destrezza ne prese una, e la mangiò, 
Stmenzé dtlU fsnjoU , 

Qbelio, che con la forza del corpo ci è vie- 
tato di fare , <linota la iavola > essersi da £ire 
con r ingegno . 

D^la tartaruga > e dtlU réne ; 58 1 ^ 



L 



la tartaruga vedendo le- rane saltar cosi bè- 
ne > accasò la natura, che areta Bitta le raOfr 
così agili, e lei cosi tarda, ed aggravata da' 
cotanto peso. Ma vedendo poi le «me esser 
mangiate a una a oda d^la cicogna, ricreata' 
alqaai^, diceva: or non sono io pazza, dsui- 
nando la natura, che m' ha fitto* cosi bene ar- 
mata, talché non sono sottoposta a cotesti pe- 
ricoli ? ■ 

Sentenza della- f§v»lé* 
Èa favola c'insegna ad esser contenti de! do* 
ni da Dio datici , e dalla natota . 

Delle gkire . 38^ 



L 



it ghire consultarono fra loro di gii tare a 
terra una quercia, rosicandole tutte fe radici- 
co' denti , acciocché- non avessero causa di ascen- 
dere si a|[evolmente , e pascersi delle ghiande r 
ma la più prudente di loro disse : se noi or 

L 6 am- 



ifi. ^ PAVONE 

^maia^iiAmo la nostra outrtce> ufk altzo aoo<». 
chi ci darà da mangiare?. . 

SentenxM àtUà favole. 
La fitYola significa, che 1* uomo pradeate de^ 
v£ considerare \ non. solamente ifieinpo ptesen* 
te , ma ancora il d&titlo , 

Del €4119 9 * ^l psdréne, 384, 

V/ n gentirnomo aveva un cane^ il quale ac> 
ciocché io amasse , sempre lo pasceva colle sue 
mani , e colle sue mani lo scioglieva» e* qtisttdo 
voleva lo faceva legare, e battere da un servo >. 
acciocché il bene^ paresse .^eyer dal , padrone , . 
<;d il male dal servo. Il cane . increscendoglc 
essere ogni tratto legato > e battuto , se ne fug« 
gi^ ed essendo ripreso dal paoSfone come in- 
grato, che fosse ti^gito^da Ini, il quale >lo a- 
mava, e pasceva così amorevolmente, e mai 
non Io batteva > né lo legava , j:ispose : io re- 
puto aver ricevuto da te il nMle, che il tuo 
servo m* ha fatto per tuo comandamento . 
Sentenza deUm fsvelm. 
La favola significa > ch&'l mak si ha^ da at-s 
tribuii;^ a quello, il quale n* è causa. 
Dei f orso y è- bielle, api, 3*f. 

Vjn cp^o, andando àpj^cessd all^ celle delf* 
api , fu popto da un' ape ; egH entrò ' in tanta 
coifera, ch^ coti l'unghie ruppe tutti i suoi, 
abitacoli, e le api, vedendosi rompere le su« 
case» es^er loro tdto il «uo cibo, ed ammaz»^ 
zati i figliuoli, addandogli addosso, tutte a uq 
tratto quasi ran»maz;taronO', ed egli appena 
scampandogli delle mani, disse: meglio er3 
assai per me tollerare ìa punta d* un' ape , che 
provocarle tutte contro "di me . 

Sefitenzé^ delia favola . 
Questa àvola dinota esser manco male sof- 
ferir r ingiuria d' un solo, che volendo, punir 
quello , farsf ra<ilti nemici . 

DeW, 



L^ 2>f//' ucoellmvrey 9 degli tmélli . ^%6. . 
uccellatore aveva ttse le teli per picndecer: 
gli uccelli, ed avendo^ sparso in terra molta 
esca per tirarli nella rete.» veooeco alcitfil uc- 
,c^ili a fnangtarlia . U occcUaitoreo peccbègli pa«r 
r^yano; pochi noo volle ^rase la Mt« , aspeffesm- 
do > che or ^«Disteso più assai . Coloro av^- 
do mangiato assai se ne Volarono via . Yeneii'-. 
òo degli altri a mangiare, l'uccellatore pari- 
mente non li voleva pigliare, parche erano po«> 
c\à^tà essi similmente, avendo loangiato, vo- 
larono, via : CQsL fece lutto. U giorno , .. semjtte.; 
addandone 9 e venendone 3. aspettandone sempre : 
r. uccellatore maggior pteda, finalmente &cen«> 
di>$i notte , ed avendo 1* uccellatore perduta la . 
speranza: di preinderne molti, tirò la rete, e ne 
prese un solo i cho' era. rimase beila >via , . 
Semenza deÙM-finfoU* 

Qiicsta fiivoia significa > .che quei» xhe vo- 
gliono prender ogni xosaj spesse volt^ appeoaf 
i^gliana li poco* 

T T DI dué.,cénf0Ut , ìB?* - 

kJ n soldato aveva un buon cavallo , e ne 
eomperò un altro non uguale a quello di bon* 
XSL y e lo nodriva più deUcsilamente ,e eoa mag- 
gior; diligenza , che 1 prinx) . Questo ukimo^ 
disse al. primo: perchè «ausa il padrone ì^. 
maggior cura di mci che -di te, il quale sei 
più forte e più veloce di mei e qqeUo rispo- 
se: r usan2a degli uomini -è. di es$er. più be* 
;)ig[ni a' nuovi ospiti, che ai più vecchi. 
S^tenXS dilh favoÌ0 , 

Questa favola dimostra rinttabilltà degli uo- . 
miai, i quali sogliono tioteporre le cose nuo^ 
Ve , ancorché siano peggiori , alle vecchie . 

IDel pt^coj e dei c/me, J88. v 
Ijjorco si mara^gliava, che H cane acca^ 
rezzava il padrone, dal quale era stata insti-' 
tuito oeirarte^di ucceibtore con molte bat- 
titure', al quale il cane disse : per mezac^., 
. 5 ' ^ ' di. , 



«9 



\ 



1J4 FAVOLE 

di qaeUe bittilute lo^maDgio carni di Itfpri e 
l^enùct . 

SentemZét deUa fgvoh» 

Questa hyoh e* ioségna , che d<^bianio psr- 
aietìfeiBente tollerate Je battiture de maestri , 
perchè sogliono esser causa di molti beni. « 

IDil $ré¥ey e de buoi , l%9' 
I traue er» tirato da* buoi su d' un carro^ e 
diceva' a* buoi turche non correte pigri > tr- 
rando cosi poco peso? QuetH risposero: noi 
p{«$to lascieremo ii nostro peso, e t^upér sem- 
pre ne ricemai una, né Io deporrai an che tu 
non ti rompi. 11 trave si dolse» i^ più ebbe 
fttdire di provocare i buoi . 

Sentenzi»^ deil» ftntùltr^ 
Quest» &vola avvisa ogni uno a non* vofer 
iiisultate i miseri nelle lóro calamità > poten*- 
do ciascuno esser sottoposto a maggiori • 
'2^i un f$ncmlh y e d un cardellino . 5^0.. 




_^ n fanciullo aveva un cardellino > die gli era 
. moko caro 9 fi qiiale avendo un* giorno trovata 
kt gabbia arperta, se se. £iggK II fanciullo .se- 
guitandolo io chiamava » ciie volesse ritornare 
nella g^bia , e dicendo egli non volere» il putto 
gli d&et perché, non voleva ? Ed esso rispose ^ 
per vokr viver.e* a^ mio modo, e non al tuo. 
Sentenzia delUfmfólé, 
La favpla significa > la libertà delia vita es- 
sere da anteporre «.tutte le delizie di questo: 
mondo.. -- 

E "Di un leùnt'y e del topa, 3^1. 

ssendo il. leone stato preso< in un lacc^ 
pregò un topo > che gli volesse co' denti xd> 
^sicchiare il laccio, promettendogli in luogo di 
tant« benefìcio, &rgli qualunque piacere g^i 
avesse^ dimandato, lì topo prontamente gli ro« 
sicchiò il laccio , poscia dimandò al leone da 
Iiii posto in libertà, che gli vdcisc dar sua^ 
Sgliupla per moglie. Egli per. fergli. cosa gra- 
ta. 



Dir BSOFO, t^^ 

U eficb diede, ei andando h leoifessa. »' titv 
Vare il marito > a caso aen vedcndol^v gli po»> 
se un piede addosso > e V am-Boaazò'. 
Sentenza, d$lU ùvei» , ^ 
La fàTola a)gaifica> chr im^imonj; Toglio^ 
oa essere uguali.. ^^--^^_^ • 

a cera^ s' attri^taya fv^h'nsL mòtte, e ad^ 
ogni mioima punta penetrabile:^ vedendo h 
quadrelli fiktti dk £ingo molto più moHi , cht- 
la cera > col calQc del Aioco yenir a tanta dures^ 
spa> che ducano moki secoli', per conseguir: ia^ 
medesima durezza si. gittò nel fuoco, ma subi^ 
Ip fìi lique&tta^dal luoco e ridotta a niente.. 
Sentenza: dellék fevoU , 
Qqes|a favola ne avvisa, die^-non cogliamo > 
riòercar quelle cos<;, c^ cisono negate dalla 
natura. 

UDÌ un fiume, e del sua font», 5^1^ é 
n ^ume diceva al suo fonte: oh pigro v 
p,erc[ìéstaì.tu immobile, né bai alcun ^ peaèe?- 
IO di continuo produco tanti pésci cosi belli , 
e buoni , e corro per le valli > dove &ccio ral-^ 
^grare gli udmiiù , e le c^mipagoe. >. tu sempre 
pari, esser mocti^. Il.£onto sdegnato per- le pa- 
role del fiume, ritenne di scalufìxe, sé man- 
dava più acque nel- fiume,, e allora fu privo, 
dei pesici, dWraq^ua, e si. ridusse a nulla. 
Se^tenx.»^ dell^favoUg. 
lia favola é contra quelli > che attribuiscono^ 
il bene, che hanno^ a se, e non^ a. Dio , il' 
^ale é, fonte di ogni cosa.. 

Vi un, lupo vestéipK.dé pteoté . 55)4? 

,.^^11 liipo . s'era posto la pelle di. una pc-. 
co.z;^ f e^ er^ andato in un gregge con le pe« 
core, ed^Q^ni;di.ne ammazzava qualeuna» e 
se la mangiava ^ Accocgepdosi di questo il pa« 
drone ammazzò il lupo, Cr cosi coperto del- 
la pelle della pecora r.appipcj^.ad^un albcroal-> 

tis.- 



tissima, e interrogando i^stori, perche ave* 
ya appiccata la pecora ^' albero , ^ispoadtera r 
Ì3L pelle come vedete» è òeft di pecora» fkiaie 
opere sue erano di kipo. 

Senteftzs delia favok. 
La favola sigAi/Tca > che non si . devono giu- 
dicare gli uomini dadU' abito > ma dalle opere » 
pecche molti sotto vestimenti di' pecora sona 
lupi rapaci . 

IDel carretto ffe .^^^^ 
1 carrettone domandò alia carretta ,* per qiial 
cagione la pecgior ruota facesse più strepijo 
delle altre . Exl essa rispose r perché gì' infermi, 
sempre sono £istidiosi. ^ 

Sefitenzjf della favùla^ 
Questa favola significa , che il male fa gli 
uomini fastidiosi. 

L^Df/Al ^olpe. if6; 
a volpe volendo andate in una ca^a » neliji 
quale aveva sentito essete le galline T desidera- 
va che'l buco» per il quale«ssa voleva entrare, 
s'allargasse» ed essendovi poi entrata > avendo 
portalo fiu^a la gallina, desidetava , che ìLbuco 
si stringesse, acciocché il cane non la potesse 
seguire, il quale le veniva dietro gridando « 
àenrensba della favola. 
La favola dimostra , che i mortali secondo i 
loro Comodi mutano la volontà , e i desiderj » 

L9 ^ JDf /r olfvà , e della zucca . 3^7. 
oliva si maravigliava mc^tò, che una zuc- 
ca , che le era, liata appresso , in tre mesi tanto 
fosse cresciuta, che avesse superata lei, chVra 
stata ve9t' anni ivi piantata. Ma essendosi c^a 
la venuta dell'inverno seccata la zucca, disse 
air oliva: io vero non s'ha d'av«r invidia a 
quei , che crescono cosi presto , essendo loro 
ancora cosi presto apparecchiata la morte « 
Sentenzia della favola , 
La favola dichiara, che le cose troppo af- 
fceltate.non son durabili . 

DÀ 



DI ESOPO. 1J57 

p/ uftéh volpe catktta in un poZAo • 3:^8. 

sbendo una volpe caduta in un pozzo , e* 
quasi sommersa , ^yegava un lupo,, cbe stava 
di sopra nella tiva ' del pozzo > che jnandasse: 
giù una corda, ^ indi la cavasse. Il lupo 'dìs-* 
se» come facesti tu a cader laggiù.^ e la volpe 
gli disse :%adessi> non è tem^po di raccont^Tte- 
lo; come, tu mi avrai qioiodt cavato, ti diiÀ. 
conte la -cosa é^ passato.'. « . 

La Invola sigaifita, che qmnéo uno è in pe-' 
rkolo della vita-, - non s* ha da consumare il; 
tvn^o^in ciance, ma^ si ha dr ajulare pìÀprcr 
sto, che si può. 

UDd gatto y e. del formaggio . 3^^ 
n uomo aveva un pez2u> -dì formaggio ìw 
una cassa , ed avvedendosi che un sorcio er»^ 
neiiai cassa , e rodeva, il formaggio , pose UQ>> 

f^tto^noi^a cassa, accioc^kè pigliasse il sorcio.' 
1 g^o avencio presa, e maagkto il sorcio >, 
mangio ancora tutto il formaggio . 
Somenzi della favola.» 
Riprende la favola 1* inavvertenza di nioUj > 
che per rimediare ad uà danno, incorrono ih* 
un altro maggiore . 

I^i un cane-i cAa tnnev^ la^ pioggia.* 



u. 



_ n cane ogni voltaiche pioveva.fion usciva di. 
casa, e domandato da un altro caiie, perchè^ 
npnuisciva, rispose: io una volta fisi tocco dali* 
acqua bollente, là quale mt pelà^ la svrhiena , e 
però temo ancoca la fredda.. ^ 

SenunTua della favola- . 
La favola dimostra,. che chi ha- patito lua- 
g gtàvi> teme ancora. i leggieri. 



1 t K E . 



TA 



>. 



15S 

TAVOLA DELLE FAVOLE. 

rsvoU ?rima . Della volpe e del becco . x 
della volpe , e del leopardo . '^ di una gatta 
e Venere . 4 d'un contadino , e de' suoi figliuo- 
li . 5 di una donna > e una sallina . 6 di due 
gioram . 7 di due amici > ed un orso . 8 della 
canna ,-e dell' oliva, pdi un trombetta, zodian 
cane> ed un macellaro. 1 1 ' dell' asino , e del 
lupo* Il di un medico» e d'uOr infermo. 15 
del mate e di un pastore. 14 della volpe > e 
del leone, xf de* galli, e.k starna. 1^ di una 
volpe, ed una testa di lupo di marmo. 17 di 
un carbonaro, ed lin netta panni . 18 di un 
uomo borioso, i^ di Apollo, e d'un uomo* 
zo di un pescitore , ed un pesce picciolo, ix 
di un asino, ed un cavallo. 15 di un satiro» 
ed un uomo . 14 di un uomo aionicato da un 
cane . 1; del tonno e del delfino. ^6 di un uc- 
cellatore , ed un palombo . xy d' un indovinato 
re . x8 d' un uccellatore e d* un merlo « %9 di 
6tov<, ed un viandante. 30 d'un figUo e 
della madre •, 31 d' un figlio ed un padre . ^2. 
di un calvo . 33 di uno, che prometteva agli 
Dei cose impossibili. 34 di due rane. 3f di 
un cane e di un gallo. 3^ di un Orso ed un 
leone. 37 della nottola 4 spino e mergo , 3S 
del pavone e della gaza .' 3^ di uno scbiratto ed 
una ^^o^pe^-^ di.una^ lodola. 41 di un cer- 
viotto . 4» di un avaro . 43 dell' oche e gene. 
44 aella tartaruga e dell'aquila. 45 d'una cerva. 
4^ di una ce^va ed un leone. 47 di una cerva 
èi. una vite. 48 dell' asino, il leone ed il gal- 
lo. 49 di un cane ed un ortolano, ja di un 
porco ed un cane . 5 1 della porca e della cagna . 
51 del serpente e del granchio . 53 del pasto- 
re e del lupo. 54 del leone e del lupo. 5f di 
un ubriaco e della sua donna . 5^ di utt cigno 



«d un'oca. 57 del moro. 58 della rcndinelfa,'^ 
e della cornacchia . 5P delia civetta e della not- 
tola . 60 delle lumache . 6i di una vedova e 
delle fantesche. €z di una donna incantatrice. 
6% di un villano e della fortuna. -^4 c^ due 
pellegrini . ^ 5^ di dtie^ rane . 66 dclf àpi . 6j 
dell'alcione. ^8 di lìn pescatore. 69 di una 
simia e di un delfino . 70 òtWt mosche . 71 di 
Mercurio ed »no statuario. 71 di Mercurìo • 
Tiresìa indovinatore. 7j di due cani. 74 del 
marito e la moglie . 75 dell* agnello ed il lu- 
po. 76 del granchio eia volpe. 77 di unoiusi- 
co ignorante. 78 dei ladri. 79 di Mereiaio e^ 
il sarto. Scrdi Giove. 81 di Giove e gli ani- 
mali . %% del lupo e della pecora . 83 dei^e lepri. 
84 deÙa formica . 8:^ della nottola e della dk>n- 
noia. %6 dei pellegrini. 87 dell* asino salvati «^ 
co. 88 degli asini. 8^ dell' àsino e della volpe. 
50 dell'asino e le rane. -51 dell'asino ed il 
corvo. 51 dell'asino e la volpe. 9^ della gal- 
lina, e la rondinella. 54 del caaHnello..^5 del 
serpente . 96 della colomba . ^7 della colomb» 
e della cornacchia . 9^ di un uomo ricco . 9^ 
di uh pastore . i<^o di un pastore e Giove .. 
lot dell' aqaih . . 10^ dei verme e k vólpe . 
103 di una gdlina che faceva Tova d'oro . 104 
del lupo> ed una vecchia . loc del leone ed il 
pulce. 10^ dei gallo. 107 dei lupo e deir 
agnello. 108 del sorcio e ta rana . xo% del ca* 
se e r ombra sua. 1,10 del leone ed altri ani- 
mali. Ili del lupo e la- grua. i>at del. vi/lano 
e del serpente, ir 13 dell' asino ed il porco ciò- 
ghiaie. 114 del sorcia domestico ed iK selva- 
tico. 115 dell'aquila e la cornacchia. 11^ det 
corvo e là volpe. 117 del leone invecchiato. 
«ii8 del cane e l'asino, iij^ dèi leofte ed il 
sorcio. ^'110 del niU>io. i&i delle IdndioeUa. ed 
altri uccelli, ixr' delle rane ed il loro re. it$ 
delb colombe y e lo sparviero. 124 del ladro 
ed il cat^. 12 { del lu$o e ^a poMa, ix^ del 



parto dd moi^. ii7 «ti nn'àme-TeccIiro spte2»> 
zato .dal padrone . itS delle, lepri , che teme-' 
vatao senza causa. 1x9 del capretta e del ìa^ 
pò. ijo del cervo e della pecora, rji del vil- 
lano e del serpente^ I3z della volpe e la ci^ 
CQgna . IJ3 dd aorro. 134 della mosca e del- 
1a ^rmica* 13^5 delle rane e del leone, i^^ 
del cavallo e del bqe .:I37 del cavallo e v-lell' 
asino. 153 degK uccelli e degli animali da 
^Dattc9 p«dt. 13P del hrpo e della volp' . 140 
del cérvor. 141 del serpente e della lima^. i4e 
dèi lupi e dtlle pecore . 143^ della selva e del 
Villano i 144 dì tutti i meiilbri del corpo e 
dèi ventre. 145 delU sìmij e li volpe. 14^ 
del. cervo « dei buoi. 147 del leone e det- 
la volpe . 148 della rolp^ e la donnola i 
145^ .del cavallo e del corvo . lyo della 
volpe e dèir aquila , if i del villano , e 
delia cicogna . ifi dd^ gatto - e del gat^ 
lo. 1^3 del cane e della pecora. 154 dell" 
agnello e del lupo. 15$ di un fanciullo e d'at' 
euoi Yillani. if^ delF aquila e del corvo. 157^ 
del cane e del bue. 158 della cornacchia e del* 
la pecova. 1.59. del pavone e del resignuolo-; 
1^0 della donnola e de*sorei. i(?i favola del 
Mantovano, ii^^ del leone e della rana. 1^5 
della formica. £^4 dei leone/ dell'asino e del- 
la volpe, itff» cfeir asinelio e del lupo. t64 
deir asinpv 1^' dell' »ino e del cavallo . idS 
dd leone e delta capra. 16% deM' avoltojo e 
éegU. altri iKcelIi . 170 di Giove e della si- 
ma. TT^della^ formica e della cicala. 171 del 
becco o*del toro. 173 del* eambaro, madre e 
Cglio. Ì74 di un cane mordace. 175 di due 
pigni. I7tf del paTone e della gruà. 177 della: 
tigr^ e del cacciatore . 178 dei tori e ad leo- 
ne . 179 Tifile e gli spini'." i«t) defl* uccello 
e suoi figli. '181 deiravaroe dell* invidioso; 
i<8z della cornacchia assetata. 18^3 del leone e' 
ddL cacciatore . .i<84 d'un fanciulla e d' dn la^ 

dro. 



èro. 1^*5 d'ini YiSdito « un gioTcaco . tft€ 
d* un -porco e un villano. 1^87 di untoioe un 
sorcio. 188 d'un villano e d' Eccole. 18^ del- 
ia simiac di due figli . 1^0 d'un bue e d'uà 
giovenco. ^91 d'un cane e d'un bòne. 19V 
eie' pesci. 193 deir aqui/a e della volpe. 194 
del rosignucdo e lo suarviero. 1.^5 d* una voi- 
|»e isenza coda, i^a^- della volpe e lo spino. 197 
della volpe e de' cacciatori . i^^.d'an uomo e 
^' un. idolo di legno. .1^9 d'un cade cbi^unato 
a cena, zoo d' un yiUano . 2.01 d^ un peccato** 
re .' lot d* alcuiù pescatori . 105 d' un povec*, 
uomo infermo. 104 d^ alcuni pescatori « lOf 
<t* un vecchio 9 che diiamay;a la morte . io< 
d' una dònna e d' un medico . 107 di òwt ne*- 
jnici . zo8 d' un fanciullo e della fortana^. 109 
^ei sorci e d' un ^atto< . .£i.o della . siutia e U 
volpe. Ili del corvo. &zt .d' un iabbto e un 
xane. ^15 d* una mula. xi4 d'un medico., 
AI 5 del Castore. .iin6 d'oncanc etm lupo-. 117 
del leone 9 dei toro, 118 d'un^eone innamorato 
della figlia. d'un villano, zi^ \iella leonessa e 
della volpe. '2.10 dd lupo e dell' agodLio . rix di 
^e galli, ixa dell' api /e: di Giove. xs3 della 
ijftKCa.e.delIa pentqla «-^ì4 d'un giuocatore e 
4ina rond. 115 d'un legnaiuolo e Mercurio^ 
xt^ del serpente p uo villano. 117 d' una gai- 
dina, e Una volpe. iz% d' una volpe. 11 «^ d'ittt 
ìfihcittUo e d'uno scorpione. x$o d'«n uccelkt- 
^tore'Q d'una pernice « 151 d'unpuke.. z}t d'un 
marito e d' una^ moglie. 133 'd^ un asino « due 
'viandanti .2^34 della civetta • e degli altri uc** 
•celli. 2.35 della zucca, z^é del corno e dei 
^opì. 2,37 Favola d' A rione .^ d'un delfino. 13^ 
.del ragno e della podagra, a 39 di un sorcio 
iiato in una cesta . 140 d^ un vilkno . X4i 
txi' uno sparviero , - che s^uitava un colombo^ 
>^4i del ragno e della xeodiac « X43. <i' nt vii^- 
lano che voleva passare un torreate . . £44 del- 
la colomba e deUa; pica. 2^45 del cacato -e dello 

spai- 



;' 



X 



1^1 

sparviero. 14^ deli' a$iiia e del vitella. 147 
della voip& e di alcune dofioe. 148 dei cap* 
poni grassi e d' iin magro . * 14^ d' UII9 tirato 
aa buoi « 2,50 degU alberi brutti. ^51 dei ci- 
gno e dftiia cicogna. 151 d'una donna che 
piangea il marito .153 del {«avone e d' un sol- 
dato. tf4 d'un tordo preso dal vischio. 155 
d* uà avaro e dei po^li^. 15^ d'un avaro e d'uà 
campo fertile . :.f7 d'-uha moglie e d^un mari* 
lo. sb^S deti'aquila, dello sparviero e del nib* 
hio. 155» d* lui pazzo. t6o d'^on pastore e sua 
moglie . 171 d'un porcello .. x6z d* un villa- 
na; %6.^ d'un lupo invecchiato. zS^ d'una 
volpe e d'.un vìMaso. itff di due porci. 166 
dd consiglio de' sorci . x6f à* un soldato . x6S 
éek bifolco e dei buoi. 16^ della fortuna e 
cicunuoQiQ'. 170 d'una moglie savia e d'un aia* 
rito passo. 271 d'una meretriee. 17 1 d'una 
mosca . 17^ dell' anguilla e del serpente, 174 
deU' asino» simia e talpa. 275 dei pesci, a?^ 
degli aninoali e gli uccdli. 177 d'un' avaro* 
Z7^ d* un i^iovaioo ed un vcccaio . xyp d* un 
vecchio ed una fiinciulia . ito dell* aquila e ia 
pica. aSi del tordo» e la rondine. iSx d'un 
villano ed un sorcio. 18 1 «i'iin servo. 184 
dei cani. 185 del demonio ' ed una vecchia. 
48^ della uP4ipa. X87 d'un geloso. %|8 óéi 
fiprco e del cavallo. i9p d'im eremita e un 
soldato . xsio d' un villano jche volle diventar 
jSoMato. X9i deU'asino e del bulibne. x$x de- 

Sli uccelli. X93 d^la moglie e del marito. X94, 
*4iQ figlio e la madre morta, 1^5 d* un ge- 
loso e sua moglie. x$6 d' un tedesco che non 
voleva cristeri • X97 dell* asino e f lupi ^ i^8 
«della. noce» l'asino e la donna, xff^i aeil'asino, 
300 dei sorci e il gatto . 301 dell' asino che 
aveva un padton inarato . 301 d' un lupo e un 
riccio. 303 dei sorcio e del nibbio. 304 della 
tattaniga e Giove . 305 dd riccio e del serpen- 
te. 30^ ddb lepre e.deUnfrolpe . 307 d'un vii- 

la* 



-lànv e 6» poèta . 308 tf un padre e d' un fi* 
gHtiold. 30^ d'un pastora e un cane. 510 d'un 
iiaontone'-e tta4ora, 311 d'una vedova .e < un 
asino verde, 311 dtiraquih e del coniglio . 
315 dei (uccio e' del delfino* 314 della pecora 
e del pastore i 31 s d'-uno ciie provò i suoi . 
31^ della ifelpe ^e del cane . 317 della volpe* 
$fÈ de*eavalli. ' $19 àfìm villano e d'un 
agnello •• 3x0 d'un giovine > e un lupo. 311 
d'ui^ vecchio e un giovine. 34. ^ del rosìgnuolo 
«* lo sparviero. 313 -deli* ape e dei pulce* 
324 del leone, l'asino e la lepK . 315 degli 
sparvieri che insieme combattevano. 31^ d'un 
marito e una moglie . 3x7 d'un podestà che 
aveva rubato. 318 d'un vecchio e della mor- 
te. ^19 d* an avaro e suoi 'danari. 330 d'un 
rìccio e la Fortuna. 331 d'un marito e la mo* 
glie. 331 del pappagallo. 333 dell'aquila e del 
pavone^ 334 dei cane e '4' asino. 335 d'un 
poyet' uomo che trova un tesoro*. 335 della 
virtà e de' dinari. 337 «dell'aquila e'i gufo. 
338 dell'asino e del porco. 33^ d'un marito. 
340 del gallo. 341 del porco cinghiale e l'a- 
sino. 341 d'un uccellatore e un suo fanciullo. 
343 del tordo e del gambero . 344 di un gra- 
matico e un asino • 345 d* un lupo invecchia* 
to. 34^ d'un uomo e un serpente. 347 <1* un 
gallo e una volpe . 34ÌB della gallina e de* pul* 
Cini. 34^ del lupo e della volpe . 3 50 dell'orto- 
lano e del topo. 351 della volpe presa dal ca- 
ne. 35£ d* un erse e sua moglie . 35^ dei leor 
ne < del corvo. 3^4 del padrone, e oel cane. 
3^5 della volpe ed una gallina chioccia. 35^ 
del cane e l'asino. 357 d'un lupo e due cani. 
358 d'un pover'uomo e un asino. 35^ della 
pica e del cueolo . 3^0 d* un asino A un ser- 
vo . $61 del porco e delle pecpre . 3^1 d'un mer- 
lo e del tordo. 3^3 di due galli . 3^4 d'un li- 
berale e d* alcuni ladroni . 3^5 del padrone e 
de' cani . ^ à' m villano e 1- api . 3^7 d' no 

gio-