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MEISSONIER
1815 1891
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MEISSONIER -
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MEISSONIER
I RICORDI - I COLLOQUI
Opera illustrata con 280 incisioni
e li tavole colorale
.Museo <ìl Lume.)
(,iA\ Il i(,i i;i<M:sr()
MEISSONIER
RIGOR] 31 K COI.l.OQUl
PRECEDITI lìA VSO STVIÌlO
SULLA VITA E SULLE OPERE
M. O. GRT-ARD
RIDUZIONE ITALIANA CON L'N Ara"ICOI,0 AGGUJNIIVO
ARTURO COLAUTTI
Sri.l.A riTTIKA MILITARI.
Dono agli Abbonati del ^ Corriere della Sera »
(ri)IZIONK FUOIU COMMKUOIO)
MILANO
riPOGRAIlA DEI. CORRll'Hl: DELLA SERA
i.St,8.
Nb
55" 5
¥ y
MEISSONIER A CAVALI O.
Ml-ISSOXIHR
M'
F.ISSOMER, un giorn».», diceva : « lo
dovrei recarmi all' Isiituto dei Gio-
vani Ciechi, per apprendere il segreto della
loro scrittura; giacche, non potendo più
dormire, trascorro le notti nel!' insonnio. a
meditare e a ricordare. Non potrei, senza
disagio, scrivere per molte ore alia luce, ma
mi dolgo di ni)n più cogliere a volo ciò
che si addensa in me nel misieru dell'om-
bra : io penso che, in colai modi >. avrei da
tempo composto interi volumi. »
E un altro giorno, limitando il campo
dei suoi pensieri: « Ah! il cumulo dei miei ri.. "di' — .-scia-
.Vffi. .'JiVr.
SCHIZZO A PENNA
E AlLACaUERULO.
MEISSONIER
mava, con dolcezza triste. — Sono come i grappoli sotto il
torchio. Il tino trabocca dclT uva ammucchiata, ma il vino
espressone è scarso. La vita I Quanto poca ne resta di real-
mente vissuta in fondo al bicchiere ! >
Or è appunto questo « realmente vissuto » eh' io vorrei
edurre dalle note famigliari còlte sulla sua bocca da mano
fedele, la mano dell'amica che fu la sua seconda moglie.
Non si ricliiegga ne una biografia compiuta, ne un apprez-
zamento ragionato della sua opera. E la semplice testimo-
nianza che di sé otfre un uomo, il quale, o nel suo studio, o di
fronte al suo quadro, a cavallo per i boschi di Saint-Germain
e di Marlv, in viaggio per Antibo, per ^"enezia, per Roma
per Firenze, per l'Olanda, per la Svizzera, o uscendo da un'e
sposizione, da un museo, dall'Istituto, sfiora, svolge, approfon
disce, a seconda delle circostanze e delle impressioni istantanee
i temi più disparati, liberamente e senz'ombra di pedanteria
Se non che, questi sparsi colloqui , or nobili e delicati
or gravi ed arguti, sinceri sempre, riavvicinati tra loro, poi
gono un complesso di ragguagli, e direm quasi, di confidenze
d'onde non pure il maestro, ma l'uomo sorge, vivo e parlante
nell'ambito cotidiano dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti
esv')^
ACaUAFORTE ORIGINALE DI MEISSOXIER.
I
FAC-SIMILIi D UN- OISHCIXO SU LliON'O PREPARATO PUR LA « CAPaXSCA IS'DIAS'A l
(PropriciA del sig. Piai.;
• LA TEMPhSTA.
LA (iloVIXEZZA
UN «RAITRO".
(Acquerello
Appartenente al sig. Spitzer.)
L
A sua infanzia era siala triste, la sua
giovinezza laboriosa e dillicile. Fu
per lui come per tutti gli artisti, i quali,
n(jn avendo trovato al focolare domestico
direzione ed aiuto, si educano da sé. .Ma
la prova ebbe questo di singolare per
.Meissonier : che ne ritemprò il carattere,
senza otfuscare le sorgenti in cui dovevano
nutrirsi la sua anima e la sua mente. l*'in
dai primi anni egli fu dolce e coraggioso
insieme.
Se « nelle lontananze della sua esi-
stenza, giù nel fondo, là dove il suo pensiero s'immergeva
MEISSONIER
come il pescatore alla ricerca delle perle, alcune date si
erano smarrite », i sentimenti che vi si riallacciavano eran re-
stati sempre gagliardi.
Egli adorava sua madre. Xel ritratto che serbava, ella
appariva una donna di volto gradevole e fine. Di spirito eletto,
amante delle arti . allieva
della signora Jacottot a
Lione, ella dipingeva assai
graziosamente sulla porcel-
lana. Meissonier non volle
mai cedere il tavolino su
cui l'aveva vista lavorare,
il tavolino ove certamente
aveva eseguito, col piombo,
un aflettuosissimo ritratto
del figlio. Intravvide ella,
in un lampo di prescienza
materna, la sua gloria fu-
tura r
l n attestato
scolastico di un
direttore del liceo
Carlomagno, dove
Ernesto faceva l'ot-
non rivelava una
yr^CU^
E^„
lava nel 1823 — egli aveva otto anni
condotta, ne un' applicazione esemplari, e né meno un valore
in ortografia che lo classificasse molto alto ; ma la rubrica
delle « osservazioni » recava: « Ernesto ha un gusto spiccato
per il disegno; la semplice vista di un'incisione, lo distrae
spesso dai doveri principali ». Convien credere che la giovane
madre si commovesse più alle prime parole della nota che a
tutto il resto, poiché ella chiuse preziosamente il certificato
nella sua scatola da colori, dove, vent'anni dopo, alla morte
del padre, Meissonier lo ritrovò, ingiallito dal tempo. Della
LA GIOVINEZZA
morte prematura di sua madre, egli aveva serbato un ricordo
dolor<3S() e puro che nessun trionfo . nessuna oioia dovevano
cancellare.
« Oggi, 21 febbraio, e l'anniversario della mia nascila
— egli diceva il giorno in cui entrava nel suo settantesimo
anno 1884. Quanto tempo! Io ho voluto, stamane, che nel-
l'ora, forse, in cui mia madre mi metteva al mondo, il mio
primo pensiero fosse per lei. Mamma cara , quante volte i
miei occhi si son riempite di lagrime al tuo ricordo! Ahimè!
io ti h«j conosciuto c<jsi poco, che è quasi per la tua assenza,
per il bisogno che sentivo di te che t'ho amata » — egli sog-
giungeva con mestizia profonda. « Quante volte ho pensato
alla dolcezza di avere una madre ! »
Nulla egli aveva dimenticato della funebre notte in cui
suo padre chiamò, lui e suo fratello, al capezzale della mori-
bonda, ne della benedizione ch'ella imparti loro « con le sue
bianche mani a lui cosi nute. quella specialmente che aveva
un segno ».
Orbene, questa non era una fuggevole impressione susci-
tata dall'anniversario. Aleissonier era lieto di custodire dentro
il suo cuore quei sentimenti.
Nato a Lione, ma condotto a Parigi a tre anni, fu quivi
educato nella regione del .\larais. serbatasi per lunghi anni
il centro della borghesia parigina ; e tino all' estrema vec-
chiezza si compiacque di ritornare alla sua culla. Dopo il
secondo matrimonio . egli compie nel quartiere una specie
di pellegrinaggio, segnando ciascuna tappa della sua infanzia
e dei suoi affetti: strada delle Vieilles-llaudiieltes. dove suo
padre, fabbricante di prodotti chimici, aveva le sue botteghe;
strada dei Blancs-.Manteaux , dove sua madre era morta, e
d'onde era stata portata, il JÒ marzo 1820 alla chiesa vicina.
Meissonier salutava teneramente l'angusta corte ov'ella aveva
sorvegliato i suoi giuochi, le finestre dell'appartamento del
terzo piano dove, quand'egli rientrava dal collegio, allacciava
MEISSONIER
il SUO dolce viso, la vecchia scala dalle balaustre di legno
giallo, e dalle travi sporgenti. « Vorrò venire un giorno — ■
diceva — a farne lo schizzo. »
Quand' egli parla
del padre, il suo ac-
cento è men vivo.
L' alletto non ne è
escluso, ma il rispetto
vi domina. Da questo
lato erano sorti gli
ostacoli alla sua voca-
zione. Papà Meissonier
era. a detta del figlio,
un uomo energico che
sapeva bene quel che
voleva. Elegantissimo
di portamento in gio-
vinezza, ricercato nel
vestire, bell'uomo e
bel cavaliere, faceva
parte di ciò che chia-
mavasi, sotto la Re-
staurazione, la società
« lyonnalsc «. In piena tradizione dei balli di Vestris, era tra i
più famosi ballerini; insieme a due o tre amici, fanatici come
lui, formava nei saloni una quadriglia dinanzi alla quale tutte
le altre danze s' interrompevano: gli intervenuti salivano sulle
sedie per ^^uardare. Oltre a ciò egli gustava la musica, suo-
nava il flauto e cantava delle romanze. Aia prima di essere
uomo mondano e amatore d'arte, papà Meissonier era un indu-
striale, e intendeva di associare i due figliuoli alla sua attività
commerciale.
La morte cosi prematura della signora Meissonier ebbe
per primo effetto di sconvolgere l' educazione del giovine
::oRTai; della casa in via
I
LA GIOVINEZZA
Ernesto. Prima di seguire i corsi del liceo Carlomagno, egli
era stato per qualche tempo ■' interno » — sua madre era già
molto malata — in un convitto di Chaillot, e l'unico ricordo
che persistesse in lui
era un senso di paura
infantile allorché, ri-
entrando la sera, nei
giorni di licenza, pas-
sava per « il bosco dei
Campi Elisi, tutto nero
e sparso di pozzan-
ghere ». Fortunata-
mente, suo padre era
legato d' amicizia , a
Grenoble, con un pro-
fessore , divenuto poi
decano della Facoltà
delle scienze, che con-
senti a ricevere il ra-
gazzo e a fargli per-
correre le classi del
collegio. Dopo un viag-
gio di quattro giorni
e di tre notti passati
nel fondo di una dili-
SCALA DELLA CASA IN' VIA DEI BLAN'CS-MAN'TEAUX.
genza, in cui una vec-
chia signora s' era impadronita del buon cantuccio prescel-
togli da suo padre, Meissonier, giunto a Lione cadde nelle
braccia dei coniugi Ferriot, che l'aspettavano. Non mai egli
provò del suo isolamento un senso più amaro. I primi mesi
della sua dimora a Grenoble non gli erano riusciti meno penosi.
Si sentiva perduto tra i nuovi compagni, perduto e quasi
umiliato di non aver come loro quel refugio della famiglia
I che solo quelli, forse, che non l'hanno possono ben valutare ».
MEISSONIER
Il Ferriot, gran gioca-
tore di trictrac e suonatore
di violino ad ore perdute,
ma anzitutto geometra e
uomo austero , lo persegui-
tava con la sua matematica
perfino nelle passeggiate.
« Xè meno una volta la si-
gnora Ferriot l'aveva acca-
rezzato o abbracciato ; né
meno una volta aveva riscal-
dato con una tenera parola
il suo povero cuore di fan-
ciullo sitibondo di affetto. »
Tuttavia, i Ferriot erano delle brave persone, ed egli li
amava. Infatti, più tardi, durante la sua giovinezza, egli
ritornerà lieto e riconoscente a Saint-Ismier — un modesto
podere da quelli posseduti alle porte di Grenoble e da essi
abitati neir estate — per
MEISSONIER PADRE (MINIATURA).
dipingere in una giornata
ridente la casetta « con la
pura luce che ne imbionda
la facciata , il giardino che
le sorride, e il magnifico ci-
presso che s'innalza vigoroso
sul cielo » ; più tardi ancora,
egli ritoccherà . quasi con
pietà figliale, i due ritratti
impalliditi dagli anni , dei
suoi vecchi ospiti.
Dopo due anni, suo pa-
dre lo richiamò a Parigi ; e,
« facendolo entrar di botto
negli affari » lo impiegò
RITRATTO DELLA SIGNORA MEISSONIER MADRE,
LA GIO\ INKZZA
<t tanto per cominciare -• a co-
piar le lettere sul libro ma-
stro. L'intervenir di un cliente,
che aveva un tiglio in collegio a
Thiais lo salvò un'altra volta.
A Thiais , Meissonier prese
amore allo studio in compagnia
di Alcide Lorenz, di Fauvel.
il futuro gran medico delle
epidemie, e di Edoardo Thier-
rv, il futuro amministratore
della Comedie-Francaise. Il
romanticismo era nel suo mas-
simo vigore. Meissonier divo-
rava di nascosto Alfredo de
^'igny, Vittor Hugo, Lamar-
tine, che lo inebbriavano. Al
ricordo delle prime sensazioni di
RITUATTO DELLA SIGNORA FLRRIOT.
(Acquistato mi 1896 in Governo.)
KITRATrO DliL SIC. FERRIOT.
Av-.iuistaio nel 1S96 Jal Museo di Rouen.j
quell'entusiasmo era congiunta
l'immagine della chiesetta di
Thiais , dove la sua anima
fluttuava nei sogni, mentre
ascoltava i canti sacri dell'or-
gano e contemplava le vetrate:
«Io ntivigava, egli dice, in
pieno ideale. »
Le grandi emozioni del
di fuori, però, non lo lasciavano
indifferente. Quando scoppiò
la rivoluzione del i83o, egli
era ancora in collegio. Emilio
.Vugier. pur lui » interno » nel
liceo Enrico IV ha raccontato
che, durante le giornate di
Luglio, ei2;li si divertiva in-
MKISSONIER
sieme a Got, suo compagno di camerata, a numerare tranquil-
lamente i colpi di cannone. Meno flemmatico del suo futuro
amico, e già sensibile, come i'u poi per tutta la vita, alle
agitazioni politiche, liberale per istinto. Meissonier volle par-
tecipare alla battaglia. « Noi eravamo — così racconta — in
uno strano stato di savraeccitazione ; da lontano, ascoltavamo
il crepitio della fucilata. In tre o quattro, risolvemmo di cori-
carci vestiti e di rialzarci , non appena la casa si sarebbe
addormentata , per giungere ai muri bassi del giardino che
dava sulla campagna, e correre a Parigi. Ma un pauroso
ci tradì. 11 prefetto di turno si avvicinò al mio letto, sollevò
le lenzuola, mi vide in completa tenuta, mi applicò un paio
di schiaffi, che mi fecero ardere di vergogna, e, senza profferir
parola, mi condusse in camera di disciplina ».
Nell'ottobre seguente, egli ritornò a Grenoble. Rinun-
ziando agli studi classici , suo padre aveva deciso di fargli
imparare la contabilità, la fisica e la chimica, le lingue mo-
derne, tutto ciò, insomma, che poteva prepararlo al com-
mercio; e lo affidò di nuovo agli ottimi Ferriot. Ma a Gre-
noble, antica capitale di provincia, fierissima del suo passato,
città di guerra e di parlamento, il commercio era negletto.
Meissonier era circondato di amici che si avviavano al foro,
alla medicina, alle lettere; egli vedeva venire dal Ferriot sol-
tanto dei giovanetti che si preparavano a entrare nelle Scuole
governative per uscirne ingegneri, marinai o militari; e gli
coceva di diventar commerciante , specie quando una voce in-
terna gli mormorava di giorno in giorno, più limpida e più
forte: « Anch'io sono pittore! »
Qual fu, in capo a un anno, il risultato di una simile
educazione forzata? Pochissima matematica — ne conviene
egli stesso; ma una lettura abbastanza ricca, l'amor vivo per
la storia, le conoscenza pratica della lingua inglese — ■ il che,
in quel tempo, era raro — delle nozioni elementari di tedesco,
l'abitudine di guardare in sé e dentro di sé, il gusto del-
LA GIOVINEZZA
l'osservazione morale, una estrema finezza di sensibilità, e
oltre a tutto questo, la passione della natura ; « o^ni specie
di amori con i bei cieli e le belle montagne del Dclfinato,
di intimità con le piccole sorgive dei prati , con i ruscelletti
limpidi correnti lungo i sentieri sulle pietruzze brillanti e i
LA CASA DbL SIG. FERRIOT A SAIN'T-ISMIER (183;).
cespugli di bèrbero accoglienti i grilli innumeri dalle alucce
rosse e azzurre listate di nero, i bei grilli da lui fugati a
sciami per vederli riscintillare al sole. »
Oh ! come ben conosceva le vallate e le creste della
vasta conca da .Malaval al Lautaret, da Grenoble a Briancon!
Con qual giubilo ardente le esplorava, andando alla ven-
tura, dormendo sul fieno delle aie, mangiando quando a Dio
piaceva ! Lo chiamavano il Montanaro ; ed egli amava quella
vita ruvida e selvaggia , piena dì sorprese gioconde. Al-
cune scene s' eran fissate nella sua mente come in un quadro.
Fra le altre, questa.
MEISSONIER
In una magnifica sera di giugno, durante le vacanze della
Pentecoste, quando il sole, declinando, incorona tutto come
di un nimbo d'oro, egli trascorreva sulle Alpi Delfinensi, a
testa nuda , i capelli ondeggianti , vestit(j di una grande
giacca, tagliata all'antica, si ch'egli vi si avviluppava come
in un mantello, nei momenti di riposo. Era giunto sull'alto
d'una roccia che sovrastava un torrente disseccato. Alcuni
bimbi giocavano su quel letto, ricercando i sassolini lucidi.
Alto , sulla punta estrema del dirupo , egli si profilava sul
cielo, silenzioso e immobile. D'un tratto, i bimbi, innalzano
gli occhi e, scorgendolo, fuggono via con grandi grida di
terrore. Che raccontarono essi al villaggio r Avrebbe forse
Meissonier, al rezzo di quel bosco ridente, la sua piccola parte
di santità e di leggenda >
Frattanto Meissonier padre, rovinato dalla rivoluzione
del i83o, lavorava energicamente a ricostruire la sua fortuna.
Non era perciò il momento di lasciar germinare una vocazione
la quale, secondo le lettere del Ferriot, non sembrava altro
che un pretesto per conchiudere a nulla.
Cosi, sul principio del 1882, Meissonier era apprendista
droghiere, in via dei Lombardi, nella casa Menier, di fronte
a quella che aveva per insegna: Al Mortaio d'oro. Spazzava la
bottega", era abilissimo nel preparare la pece di Borgogna,
a legare i pacchi, e a dire all'avventore : « E con ciò? » La
sua distrazione era di esercitarsi a tutti i giuochi di forza,
e di agilità. Alcuni anni dopo, quando abitava nell'isola
Saint-Louis, svelto, vigoroso, ardito fino all'imprudenza, pas-
sava, a furia di ganci, la Senna, dal ponte delle Tournelles al
ponte Marie, sopra burchi che facevan acqua da tutte le parti;
dava la scalata alle torri di Notre-Dame, cercando \ Aiiankè
di Vittor Hugo, e rischiava venti volte, ogni domenica, di
LA GIOVINEZZA
annegarsi o di rompersi il collo. A Poissy andava in canotto
e cavalcava con passione; era anche un assai buon nuotatore.
Tutto ciò era il frutto di un'educazione cominciata per tempo
e continuata senza riposi. Orgoglioso dei suoi muscoli, non
si rammaricava affatto, se, in via dei Lombardi, lo applau-
dissero allorché sollevava una botte di seicento libbre.
Ma un altro sentimento lo sorreggeva. Egli sentiva giun-
gere imminente la lotta, e vi si agguerriva. Aveva ripreso la
matita, di sera, all'insaputa di tutti, tanto risoluto a seguire la
sua vocazione, per quanto suo padre sembrava risoluto a
distaccamelo.
< Dammi trecento franchi — gli disse un giorno — e tu
per qualche tempo non sentirai parlare di me. — Ma che cosa
farai? — Andrò a Napoli, vi vivrò da lazzarone e troverò
certo qualche pittore che mi prenderà al suo servizio. »
Dopo aver fatto orecchie da mercante, il padre, finalmente,
consenti ad accordargli la dilazione di una settimana perche
si trovasse un maestro che garantisse della sua attitudine e
s'incaricasse della sua educazione.
Gli otto gioini eran quasi passati; e Meissonier non aveva
trovato nessuno. Una mattina prese il coraggio a due mani,
e si recò in casa di Delaroche, da lui conosciuto solo per
fama. Delaroche lavorava alla Morte di Jaiw (ìn'v. Il col-
loquio non fu lungo: le condizioni d'entrata in quello studio
erano impossibili per una borsa vuota. Tristemente se ne ri-
tornava, non sapendo a quale porta bussare, allorché, presso
il Palais-Royal, allo svolto di una strada, s'imbatte in un in-
cisore di sigilli, certo Lévesque, un amico di suo padre. « Dove
andate, con questa faccia sconsolata ?» Il poveretto gli rac-
contò allora 1' imposizione del dilemma paterno : o trovare
un professore in una settimana, o rinunziare alla sua follia.
Egli aveva uno schizzo nascosto nella fodera del cappello, ma
non aveva osato mostrarlo a Delaroche. Il Lévesque lo indi-
rizzò al passaggio Sainte-Marie . da un suo compagno. Giù-
MEISSONIER
liano Potici-, antico secondo grand prix di R^Dma, che inse-
gnava in collegi di signorine.
Un interno lugubre. Mura grigie. Nel fondo, a guisa di
scenario , Ugolino nella tonr della fame con i suoi figli.
« Se avessi un figlio — rispose Potier alla prima parola —
anzi che lasciarlo dipingere, Io farei ciabattino! > Più bene-
voli furono i Johannot, che vollero vedere il suo disegno ; ma
siccome non potevano prendere allievi, lo rimandarono da Po-
tier, suggerendogli di mostrare quel che aveva fatto. La mac-
chietta rappresentava alcuni soldati in una cantina, in atto di
bere. Dopo aver osservato, il brav" uomo cambio di umore:
« Dimenticate ciò che vi ho detto l'altro giorno. Scriverò a
vostro padre. » E lo tenne presso di sé per copiare alcune
figure accademiche su certa carta giallastra.
Per un inverno intero, Meissonier si recò tutte le mat-
tine dalla strada dei Blancs-Manteaux al passaggio Sainte-
.Marie, comprandosi, quando era in fondi, un paio di soldi
di castagne che gli riscaldavano la tasca e lo stomaco. Suo
padre gli passava un assegno di cinquanta centesimi al
giorno, più il pranzo del mercoledì, giorno destinato alle riu-
nioni di famiglia. « Come Chateaubriand , nel suo esilio a
Londra — ■ racconta Alessandro Dumas — .Meissonier pran-
zava spesso con un pane da un soldo : dtjpo di che. il mer-
coledì, quando sentiva bisogno assoluto di riprender forza,
entrava all'ora delle frutta. « Hai pranzato? — chiedeva il
padre. — -Sì, vengo solo per prendere il cafje con voi. »
Dopo alcun tempo, Potier lo presentò a Cogniet pagando
cinque mesi anticipati di studio. Poco mancò che .Meissonier
se ne andasse. Il giorno della sua entrata , un compagno,
scorgendolo, si mise a gridare: « Tò. quel piccino; ma è un
droghiere! »
<' Lo porto dunque scritto sulla fronte » pensò egli, ri-
cordando la strada dei Lombardi ! La sua fierezza di timido
si piegò ad un tratto: e se non avesse trovato modo di
LA GIOVINEZZA
lavorare a suo bell'agio in un recinto dipendente dallo studio,
forse non vi sarebbe mai più tornato. Del resto, egli non vide
Cogniet se non due volte: il giorno della sua presentazione,
e un altro giorno quando il maestro gli si avvicino per
correggerlo.
Il catalogo del Salone del 1XÓ4 e il primo che rechi il
nome di Meissonier, con questa designazione : 6W visila al
borgomastro. La Società degli Amici delle Arti aveva ac-
quistato il quadro per cento franchi, il che. per il tempo, era
molto: non si dava di più a un Decamps. II i835 fu per lui
meno fortunato. Il Piccolo Messaggero non trovò per compra-
tore altri che suo padre. Cominciava dunque costui a rico-
noscere le sue buone disposizioni r
.Meissonier principio allora il ritratto di un farmacista
della strada Jacob, grande amico della famiglia, Quesneville,
il collaboratore di Pelletier. lo scopritore del chinino. Quando,
appena terminato, portò il ritratto da! padre, l'ottimo uomo
ne fu colpito, e forse, non provò giammai un più alto sen-
timento d' orgoglio , ne anche quando sei anni dopo , rice-
vette a Parigi, in una solenne cerimonia pubblica, la prima
medaglia d'oro riportata dal figli<j. .\llora gli annunciò risolu-
tamente che r avrebbe mandato a Roma con cento franchi
al mese.
Cento franchi al mese! L'assegno era cosi forte, che si
pensò potesse bastare a due e si decise che Meissonier condu-
cesse con sé un amico. Una sola condizione era posta al viag-
gio: che il giovine si fermasse a Grenoble per fare il ritratto
dei coniugi Ferriot. Il colera, allora scoppiato in Italia, non gli
permise di oltrepassare Lione, dov'era ritornato, dopo aver
compiuto i due ritratti. Cosi dovette restar quell' inverno
colà, un inverno rigidissimo. Un incidente che gii servi più di
;6
MEISSONIER
una volta a rivelare la sua distretta, si riferisce a quel sosc-
giorno forzato.
« Voi non avete idea — diceva — ciò che e stato per
me, nella mia giovinezza, l'ambizione di un mantello! »
Suo padre aveva
per massima di la-
sciare che i figli si
avvezzassero al fred-
do. Meissonier ricor-
dava, con «un brivido
nelle ossa, » certe
vigilie di capo d'anno
quando recavasi a far
delle visite intirizzito,
con una giacca legge-
rina. all'aria gelida. Or
egli ritrovava a Lione
quelle sofferenze pun-
genti. L'amico che
r accompagnava,
Gournier, ebbe il
pensiero di commet-
tergli il ritratto al-
l'acquerello, di due sue cugine, le signorine Thibault. lìglie
di un gran fabbricante. Prezzo stabilito, novanta l'ranchi.
Immediatamente allora Meissonier ordinò il mantello dei suoi
sogni ; e l'aneddoto non sarebbe completo se non aggiungessi
ch'egli vi fece attaccare sei bottoni d'argento, e che non mai
fu più felice di quando vi si drappeggiava.
Ritornato a Parigi, trovo uno studiolo che lo aspettava:
il suo primo studio! Era una delicatezza paterna. .Ma lo
studio non dava di che vivere. l'apà Meissonier, la cui fortuna
cominciava a rifarsi, ma che si era riammogliato, aveva ridotto
l'assegno di suo figlio, da milleduecento a settecento fran-
K IT RATTO DEL SI<;. af HSX li V I 1. 1. 1 ,
(Propriit.i del Ms;. Quo^neville fii;''"-)
LA GIOVINEZZA
chi. Or fu quasi tanto diffìcile trovare lavoro quanto lo era
stato prima per trovare un maestro. E l'odissea ricominciò.
Dietro consiglio di Tony Johannot, egli si presentò da
Curmer, il quale, dopo averlo ben squadrato — « io avevo
l'aspetto di un galoppino. » — si decise, non senza rincresci-
mento, a fargli eseguire, pei la Bibbia
di Royaumont, X Eccidio if Eleazan
L' editore fu cosi soddisfatto delh
tavola . che di botto . rimpegn(
per r illustrazione di Paolo e Vii
ginia e della Caparwa indiavci. Mj
l'importanza di quel bel risul-
AUTORITRATTO DI MEISSONIER
A l8 ANNI.
tato doveva ritorcersi contro il
disgraziato principiante. Pei
allargare le sue relazioni com-
merciali, egli erasi recato dal-
l' editore Hetzel, calcolando
sull'effetto dei suoi primi la-
vori. Hetzel gli tenne questo
• indimenticabile discorso » :
« Dopo le tavole meravi-
gliose che avete fatte per Curmer, io non posso darvi le mie.
— E cosi, per aver fatto troppo bene, eccomi condannato a
morire di fame! » rispose.
Tuttavia, non era uomo da scoraggiarsi. Da allora ebbe
per massima che per piccole o grandi che fossero le cose, tutto
doveva essere perfetto. Mentre così illustrava la Capanna
indiana, trascorreva gran parte delle sue giornate nelle serre
del Museo o alla Biblioteca, per studiare le piante dei tropici
e compulsare le opere; e il direttore, vedendolo cosi assiduo,
si compiaceva di procurargliele. Tre volte alla settimana si
coricava alle sette, e si rialzava a mezzanotte per disegnare
fino alla mattina, per dedicare il resto del tempo allo studio.
Lavorava sul tavolino di sua madre, sul quale aveva inciso
,8 MEISSONIKH
queste parole del Vangelo: « Vegliate e pregate, poiché voi
non sapete in quale ora il Signore verrà. >- Ed egli osservava
il precetto " in carne come in ispirilo. >■ .. Ah! — esclamava
poi lietamente — i ladri non mi disturbavano punto! lo potevo
benissimo, uscendo la mattina, lasciar l'uscio della stanza spa-
lancato. «
Questo lavoro ininterrotto per Curmer e per Hetzel, il quale
l'aveva richiamato per associarlo alle sue imprese, sapete quanto
gli fruttò? Dal i° giugno i836 al i° aprile i83o, novemila
quattrocento e quattro franchi , secondo il conto esattissimo
ch'egli faceva dei suoi guadagni. Per lui solo, sarebbe stato
l'agiatezza. Ma si era ammogliato a ventitré anni i3 otto-
bre i838) con la sorella di un suo collega, il pittore su vetri
Steinheil. Suo padre, inviandogli per dote, insieme a sei po-
sate d'argento, un anno di assegno e un anno di fìtto gli
aveva fatto questo avvertimento : « Ora è chiaro che tu non
hai più bisogno di me: quando si mette su famiglia, gli é
perché si sente la forza di sostenerla. »
Quell'unione fu per lui molto gravosa; ma non si lamen-
tava delle sue lotte, né avrebbe voluto che lo si compiangesse.
Solo si doleva degli ostacoli che potevano nuocere alla fio-
ritura completa del suo ingegno. " Infelice?... Ma si é proprio
infelici quando si ha vent'anni. e dinanzi la vita, la passione
per l'arte, un biglietto d'entrata al Louvre, e il sole per nulla? >-
rJS^*^ :f'fm^(<Ì'^^:
ACQU.'VFORTE ORIGINALE DI .MEISSONIER.
(ToI:« dall' incisione il 'Pjsligllone di Monjìés.)
I TRE FUMATORI
(QiTJdro deliri collezione de) si». Tliicrv.)
SCHIZZO A PEMNA.
LE OPERE
I.
SE Li li Fjitrclicns ne
della giovinezza e
lon forniscono sulle opere
e della prima maturità di
Meissonier tante indicazioni quante son quelle
sugli inizi della sua vita, pur nondimeno ne
segnano il carattere con una precisione piena
d" interesse. P3gii aveva per principio fisso che un
artista, per quanti progressi abbia fatto, non deve
rinnegar mai gli sforzi dei suoi primi anni, ed
è giusto dire che. s'egli non avesse lasciato altn;
che le sue prime illustrazioni, terrebbe egual-
mente un bel posto nella storia dell'arte.
MEISSONIER
Non aveva conservato nessuna collezione; ma le ritrovava
sempre con diletto presso gli editori, o in casa degli amici.
E diceva: « Non concepirei oggi altrimenti. La mia maniera
di vedere è sempre la stessa: io non sono mutato. » 11 vero
possesso del suo ingegno data, in sostanza, da Paolo e Virginia
e dalla Capanna indiana.
In Paolo (' Virginia, Meissonier non è stato se non un
collaboratore di Tonv Johannot, ma, in verità, un collabora-
tore insigne. Johannot era stanco, scoraggiato, com'egli stesso
confessava. Le sue composizioni difettano di varietà; l'eleganza
ne è spesso volgare, la grazia molle: natura e personaggi.
tutto fondesi in una stanca dolcezza; e quando il dramma di-
vampa per un contrasto irrompente, la violenza del disegno
diviene quasi brutale. Le quarantasette vignette che formano
il contributo di Meissonier si distinguono per la fermezza e
per la sobrietà del tratto.
La Capanna indiana appartiene quasi tutta a Meissonier.
e « fu quella che finì per dargli un po' di fama ». L'opulenza
dell'interpretazione apparve meravigliosa. Da ogni linea, da
ogni parola del testo scaturiva una fioritura di lettere ornate,
di scene, di vedute, di quadri lussureggianti e lampeggianti
come la natura stessa dei tropici. Cotesta abbondanza di idee
era sorretta dalla compiutezza dell'esecuzione: non una pianta,
non una foglia di palma, di cocco, di banano o di cedro in
fiore, che non fosse stata studiata sui saggi vivi delle serre
del Museo; non un monumento, sinagoga di Amsterdam o
biblioteca del Vaticano, convento del Libano o pagoda di
Djaggernat, la cui architettura non fosse stata rilevata su do-
cumenti di autenticità incontestabile.
Meissonier vagheggiava sempre di illustrare .Molière e
La Fontaine. Egli s'era fatto di Alceste un'idea personale:
lo vedeva, non già in abito di velluto verde a ricami d'oro,
come lo rappresenta la tradizione teatrale, ma in grigio cupo
su toni di verde: il grigio, gli sembrava il solo colore che
convenisse al carattere del Misantropo.
LE OPERE 2 1
Poi che Jouaust gli ebbe chiesto di illustrare La Fontaine,
insieme avevano scelto sei favole, fra le quali le Chéne et le
Roseau, le Vieillard et les Irois Jeui/es-IJoìiiuies. Verso il 1880,
cioè nel fulgore della sua gloria, Meissonier penso di ripren-
dere queir idea. Peccato che non l' abbia eseguita ! Con
quanta potenza e con quale fascino di verità egli avrebbe tra-
dotto, nei suoi capolavori, il più squisito tra gli amanti della
natura, il più saggio tra gl'interpreti del cuore umano!
Ma ciò che forse non fu abbastanza notato, nelle ore
di gloria nascente, e la diversità dei lavori ai quali IVleis-
sonier attendeva. Non c'è quasi edizione illustrata di Curmer,
d'Hetzel, di Delloye, di Duboc'het, della quale egli non fosse
stato il cooperatore desiderato.
La critica gli rimproverava di illuderci, ritraendo i co-
stumi di altre età, e poco manco che non lo si dichiarasse
incapace a riprodurre, nel realismo del loro abbigliamento
consueto, gli uomini del suo tempo. Non dissimulava le sue
preferenze, le quali pero avevano la loro ragion d'essere, come
in seguito ci farà sapere. Tuttavia, il realismo contemporaneo,
non l'avrebbe preso alla sprovvista s'egli avesse voluto accon-
ciarvisi. Nei Francesi di pi /iti da loro stessi, per esempio, si
ritroverebbe tutte una serie di tavole dovute alla sua matita
(1840-1842). Negli schizzi a penna era valentissimo.
Sanno tutti che Balzac l'aveva chiamato a collaborare
alla Coiiièdie huiiia/ne 1842 ? Era stato stabilito che Meissonier
farebbe un ritratto del romanziere per esser posto in testa
della collezione. Questa, la base del contratto.
Nei suoi prodigiosi calcoli d' immaginazione, Balzac, col
semplice diritto di un franco prelevato su ciascuna copia ven-
duta, assicurava al pittore due milioni, a dir poco. .Non era
quella un'inverosimile apparizione delle ^I/Z/A' e una notte ^ox
un uomo che non aveva ancor visto, nelle sue mani, mille
franchi in una volta? Non pertanto, si accinse al lavoro.
« Balzac aveva una testa rabelesiana , finissima e comi-
MEISSONIER
cissima. il naso arditamente rincagnato con certe pieghe biz-
zarre, gli occhi pieni di fuoco, le labbra carnose e sensuah,
grandi anella che gli scendevano sulle spalle e sulla schiena,
senza barba... •>
II ritratto, seduto, a metà corpo, si animava, di volta in
volta, meravigliosamente. N'olle disgrazia che fosse interrotto
per alcune settimane.
Un giorno che un modello posava indossando certi cal-
zoni. " le cui pieghe
cadevano bene. " .Meis-
sonier volle tìssarli
sulla tela. I^ cominciò
lo schizzo proprio a
un angolo del quadro
<;)ve il Balzac aspettava.
Senonche i calzoni
<( disponendosi sempre
meglio " invasero la
faccia del romanziere
e finirono col coprirla.
(Juei calzoni divennero
poi quelli delV l'o/z/o con la spada. II ritratto fu sacrificato, il
contratto rotto e mai più rinnovato, e della famosa collabo-
razione non son rimasti che sei disegni.
SCHIZZO A PENNA.
.Ma se lavori di tal genere Io interessavano, non tanto
forse per il frutto ch'egli doveva trarne, quanto per le cure
delicate che vi prodigava, erano però ben lontani di soddisfare
la sua ambizione.
" No — rispondeva impaziente a coloro che lo lodavano
con indiscreto zelo ammirativo — questi messèri non rivelano
la mia natura. la quale si è rassegnata a far ciò; ma so-
gnando altre cose. -
LE OPERE
Qual'era il suo sogno? E, prima di tutto, era esso ben
chiaro?
Le liti che si agitavano allora e dividevano gli spiriti,
in letteratura, avevano, come tutti sanno, un'eco profonda
nelle arti. Il pittore Ingres reggeva la bandiera dei classici,
per usare il linguaggio del tempo , con la duplice autorità
di un carattere foggiato dalla natura per il dominio, e di
un ingegno consacrato da opere d'incontestabile maestria: il
Voto di Luigi
XIII.L-apo. -jry^jl 'f^|g
teo SI eli Omero. ^ >' " «'i ^-^
Contro di lui, ^
Delacroix a-
veva inalbe-
rato lo sten-
dardo del ro-
manticismo e
conquistato i
diritto di con-
durre la lotta
col Dante e
Virgilio , la
Strage dt Scio , Sardanapalo , 1' Uccisione del Vescovo dt
Liegi.
In verità, i due caposcuola eran separati, non tanto dal
fondo della loro dottrina, quanto dalle passioni dei loro di-
scepoli. Giacché, sono soltanto gl'ingegni secondari, i seguaci,
gli '< agitati >• come li chiamava il Delacroix, che inaspriscono e
perpetuano i dissensi; mentre i maestri sol per il grado di
elevazione cui li conduce l'ingegno loro, si riavvicinano sem-
pre e ristabiliscono il buon accordo. Il Diario di Delacroix
non ha forse rivelato quale culto egli nutrisse per Racine e
Mozart, per la grazia perfetta, la profonda armonia e la serena
bellezza dell'arte classica?
IL VECCHIO CELIBE MORENTE E DERUBATO.
(Incisione tolta dai Fr.m:.st .Ufinti .?,i .'oro sUssi. Carracr, 1841.)
24
MEISSONIER
« Né Mozart, ne Racine — egli dice — pote-
vano avere le nostre sciocche antipatie : il loro
buon senso era all'altezza del loro genio, o meglio
era il loro genio stesso. »
ir vanto di Meissonier e di aver cercato la
sua originalità;, non già in una sterile imitazione,
o nei termini di conciliazione tra gli avversari,
ma nello sviluppo del suo proprio tempera-
mento. Egli non amo giammai Ingres, che lo
Z trattava quasi da nemico; ammirava Delacroix.
"' Il romanticismo, lo sappiamo già, aveva a0a-
UN « FLOTTEUK » (Fodcralorc).
(inc.ione .oit. d.i i-v.„„„ iipi„:i scinato la sua giovinezza.
''" '°'° """■' « Ah! le belle visioni, i grandi soffi dei
vent'anni ! E i vecchi manoscritti, e le vergini su i fondi d'oro!
K i campanili gotici, e le squille sante! Io piango ancora
rileggendo certi versi, » diceva, e aveva più di sessant'anni.
Ma se quei grandi soffi avevan sollevato l'anima sua, se
egli s'era Uisciato commuovere da quelle belle visioni, nessuna
lo aveva tenuto in signoria. Di solito, si va dai maestri alla
natura. Meissonier, invece, era giunto dalla natura ai maestri.
Egli dichiarava di « non averne compreso
taluni, il Correggio, per esempio, se non in
seguito, quando era nella maturità della sua
forza — il che gli aveva permesso di
intenderli senza preconcetti, di null'altro
amante che della verità. »
Ma a che si sarebbe applicato co-
testo amore della verità naturale ? ^■
Meissonier, nelle sue concezioni
giovanili, lo collegava intimamente alla
ricerca della verità morale. Egli s'era
« cacciato nelle arti, con quest'antichis-
sima idea , che 1' arte debba servire a
moralizzare la società. " Non era una
vana teoria.
UN K FLorriìUR » (Foderalore).
lliicisione tolca du J-raìUisi dipinù
da loro tletti.)
LE OPERE 25
« Vedete — egli diceva — i miei primi saggi: VAsst^dw
di Calais , espressione del coraggio civico ; Pietro /' Ereiìiiia
predicanti' la Crociata, espressione dell'entusiasmo leligioso;
San Paolo, espressione dell'amore divino. >■
Egli aveva associati, in questa dottrina, come in una im-
presa di utilità pubblica, cinque dei suoi migliori amici: Stei-
nheil, suo cognato, Trimolet, Daumier, Daubigny e uno scul-
tore, GeoQroy Dechaumes. Allo scadere di una convenzione
che tutti avevan firmata con le loro iniziali di artisti, quattro
di loro dovevano lavorare durante un anno per fornire al
quinto i mezzi necessari per vivere, onde potesse liberamente
compiere nello stesso anno un lavoro di ordine superiore.
Cotesta associazione affittò, in via degli Amandiers, un pian-
terreno con giardino; uno studio spazioso e bene illuminato
vi fu presto in ordine. Il primo a profittare del lavoro comune
fu Trimolet; mentre gli altri provvedevano ai suoi bisogni, egli
fece un quadro rappresentante alcune Suore di carità che
dispensano la zuppa ai po\>eri. Toccò quindi a Steinheil di pro-
teggere il fuoco di Vesta. Egli compose un l 'omo pregante
sulla vetta di una montagna, assediato dai sette peccati capitali.
Dopo Steinheil, Daubigny. Quando arrivò il turno del quarto,
l'associazione era finita. Meissonier,. se n'era ritratto, subito
dopo il matrimonio, che gli creava nuovi e urgenti doveri.
Fu il pittore Chenavard che, illuminando quella vocazione
ancor dubitosa. le dette una traccia e ne decise il volo.
Chenavard era « un filosofo che aveva visto molto, molto
letto e molto rifiettulo. Aveva però la fama di scoraggiar tutti.
« Ora, un giorno, nel i83o — racconta Meissonier di cui
riassumiamo qui le parole — egli occupava il suo posto
consueto alla mia piccola tavola. Piima di pranzo, gli mostrai
26 MEISSONIER
il quadro intorno a cui lavoravo: era Gesù Cristo davanti agli
Aposto/i, tela non so da chi oggi posseduta.
Chenavard contemplò a lungo, senza muover labbro. Io
gli esposi la mia idea : le sue labbra tacevano sempre. Allora,
facendo il giro del mio studio, esaminò attentamente, ma
sempre taciturno, tutte le tele che vi erano. Il Siionatoi'e di
coìitralhìsso lo fermò. Terminata la rivista, ritorno agli Apostoli
e principiò a demolirli. « Non avrete la pretesa, penso, di rifare
■ tali cose meglio di Ragaellor' — Certamente. — Ebbene
' allora, perchè ridire meno bene ciò che e stato detto alla
' perfezione? » E conducendomi al Suonatore di contrabasso:
« Alla buon'ora, questo qua è personale ed è eccellente! >■
Poi mi accompagnò da Gleyre, col quale era in intima
amicizia. A tutto ciò che Gleyre gli mostrò: Figliuol prodigo,
cartoni di questo e di quello, egli esclamava: « Perfetto. »
Approvava tutto, lodava tutto. Io ero molto sorpreso. « Ma
.' come? avete veramente trovato tutto buono? )> gli dissi, di-
scendendo le scale. « .Mi avete udito » — rispose egli — « lodare
« qualche cosa in particolar modo, e una cosa più dell'altra? »
« Nulla dunque esce dall'ordinario, nulla è notevole li dentro. »
Compresi allora ciò che valesse la sua così vivace approva-
zione al Suonatore di cantrainisso, dopo la critica cosi acerba
agli Apostoli. »
Da quel giorno, un pittore di genere era nato alla Francia.
« Si è sempre figli di qualcheduno, ha scritto Teofìlo
Gautier. .Ma in arte si può avere un padre morto da molti
anni. Terburg, Netscher, Metzu, Brouvver, iMièris, Franz Hals,
Van Ostade, Peter de Hoogh debbono popolare la casa di
Meissonier come ritratti di antenati, senza che cotesta filia-
zione gli vieti di esser lui stesso un antenato. » L'arte olan-
dese è un genere essenzialmente nazionale. L'originalità di
Meissonier stette nell'averne fatta un'arte universale e un'arte
francese. Indipendente rispetto ai maestri che s'imponevano
in Francia, egli non lo fu meno di fronte a quelli da lui pre-
LE OPERE 27
scelti fuor della Francia. Egli non imitò; trovò e creò. Grazie
alla cura squisita e alla penetrante limpidezza dei particolari,
alla naturalezza e alla vivezza delle fisionomie, alla perfezione,
insomma, raramente eguagliabile, del suo lavoro, egli si di-
stinse dai suoi modelli per una cura più ragionata dell'insieme
e una scienza più profonda delle composizioni, per il sapore
e per la fedeltà del costume, per la ricerca, infine, nell'espres-
sione particolare, dell'espressione generale e del tipo.
I buoni Olandesi si sono sempre distinti nella pittura
minuta dei loro » interni » tranquilli. Ma quell'amore esage-
rato alle minuzie non minaccia talvolta di annebbiare 1' idea
capitale > L'esempio della RivnÙ! ììollLirna è in ciò singolar-
mente istruttivo. (Questo capolavoro, per tanti aspetti mirabile,
non sarebbe ancor oggi più rapidamente e limpidamente com-
preso, qualora l'ambiente richiedesse più lieve attenzione?
Quanto maggior diletto se la ricerca fosse minore!
.Meissonier ha sempre questo merito . che l' ambiente di
ciascuna sua minima tela sorregge, illustra il soggetto e con-
corre a farlo gustare. Non si sottrae sempre, è vero, al difetto
di prospettiva, che però sembra inerente al genere e che de-
riva un poco anche dalla sua ottica particolare.
Ma i suoi « interni » parlano; invitano a entrare in co-
munione di vita, come egli diceva, con i loro abitatori. Egli
associa il nostro al pensiero dei suoi personaggi mediante
l'intima immediata conoscenza che ci procura con quei costumi
e con quelle abitudini. Mai con Meissonier occorre chiedersi
in qual posto ci si trovi. L'artista ci risparmia ogni fatica
perchè lo s' intenda , e ci lascia liberi al piacere di ammi-
rarlo.
Se non dipinse i francesi del secolo XIX, come i pit-
tori d'Olanda riproducevano gli olandesi del tempo loro,
non fu già impotenza; gli è che non li trovava né molto inte-
ressanti, ne molto belli.
« Sapreste immaginarvi un lettore di oggi , un signore
28 MKISSONIER
moderno in veste da camera e in pantofole, le gambe accaval-
late , percorrente con occhio distratto un giornale in una
biblioteca ingombra di opuscoli e di edizioni a un franco che
non valgono né pur la spesa della rilegatura? »
La sua estetica, dunque, aveva altre esigenze, ed egli non
le celava. L'atteggiamento e il vestito erano necessari al suo
pennello.
t In ogni artista vi è, bisogna che vi sia, il fondo di un
attor comico. Si rida pure quanto si vuole; è la verità. Io
mi rivedo, giovanetto, solo nella mia stanza, ballando e pi-
roettando, allungando il passo, assumendo varie pose, drappeg-
giandomi, immaginando un personaggio o una situazione,
inventando scene che m'inebriavano mentre io le eseguivo
vivacemente. »
L'uomo, per .Meissonier. non doveva essere scompagnato
da una certa bellezza, ne la bellezza umana da una certa
eleganza esteriore.
Prima che le uniformi militari dell'Impero diventassero
lo studio privilegiato e la passione della sua tavolozza, egli
aveva pazientemente guidato le sue ricerche dalla Rinascenza
al Direttorio, dal Rc'itrc' aW Incroval>/i\ e dincora., per tutta la
vita si compiacerà di cercare i suoi modelli nel tesoro di
questa sua galleria. Massimamente, fra tutti i costumi, preferiva
r uniforme delle Guardie francesi e l'abito del borghese pa-
rigino del secolo XVIII. Perciò il corpo di guardie dei soldati
del maresciallo di Sassonia, egli >< interni » del tempo di Sedaine
e Diderot sono presi per solito da lui come fondo dei suoi
quadri. Quel costume grazioso e semplice, assestato e sciolto
insieme, aveva, ai suoi occhi, il merito di prestarsi, senza af-
fettazioni o ricercatezze a tutte le buone civetterie dell'arte,
esprimendo, nel contempo, il sentimento della vita.
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MEISSONIliR
Cosi, dunque, in Meissonier, il carattere delle foggia è
come quello dell" ambiente: esso serve all' espressione dei
personaggi, e questa
espressione è l'unico
^Lio obbiettivo. " In
irte non c'è altro d'in-
teressante — diceva
— se non quello, che
non è stato fatto an-
cora. » E in verità,
pur bene studiando,
e possibile trovare
nella straordinaria col-
lezione dei fumatori e
lettori dipinti da lui
ilal 1840 al 1860 . è
possibile trovarne due
che si rassomiglinor
« Prendete il Fuìna-
iorc — ha detto Teo-
filo Gautier. — Costui,
senza dubbio, e un
brav' uomo , vestito
d'un ampio pastiano antiquato di un grigio scialbo, con in
capo un tricorno accuratamente spazzolato, dondolante un
piede calzato da una grossa e buona scarpa a fibbia d'argento
e lucidata ci^n l'uovo; egli aspira con la llemma di una co-
scienza serena una lunga boccata di tabacco lasciandola sfug-
gire, a guisa degli avari, a nuvolette, perche il piacere duri di
più: presso di lui, sulla tavola dai piedi a spirale, posa, a
fianco della brocca il bicchiere di birra dal coperchio di sia-
(Quadro appartenente
:ROVAHLh )i.
barone KJmonJo di Rolliscliild.;
LE OPERE
gno: una intima soddisfazione raggia dal suo volto solcato da
grandi rughe piene di cifre, di abitudini ordinate e di rigida
probità: volentieri gli affideremmo la nostra cassa e i nostri
conti.
Quell'altro , vestito di
rosso, regge anche una pipa
e fa apparentemente la stessa
cosa; se non che, il vestito
gualcito . piegato con vio-
lenza , abbottonato di tra-
verso, il tricorno calcato
fin sulle sopracciglia, i ma-
nichini e il merletto dello
sparato sciupati dalla mano
convulsa, l'attitudine del
corpo spossato e febbrile, il
tic della bocca mordente la
canna d' argilla , la mano
rabbiosamente cacciata nella
tasca vuota, tutto rivela
l'avventuriero o il giuoca-
tore ridotto al verde. Evidentemente, egli dice: « A chi dia-
volo potrei chiedere un luigi, o anche uno scud<:)? »
Diversità, cotesta, tanto più interessante in quanto, mentre
quei due fumatori esprimono nello stesso tempo ciascuno uno
stato particolare, assumono un carattere generale per V am-
piezza dell' espressione e per Io stile.
Per servirci di un altro esempio, ecco due uomini ben
diversi: uno, che, ritto dinanzi a una finestra, l'occhio fisso,
il volto proteso, termina di leggere con mal contenuta pas-
sione il libro che stringe contro il petto; e l'altro che, seduto
comodamente in una larga poltrona , mentre con una mano
sorregge la fronte, tiene delicatamente con l'altra, quasi
carezzandolo, il libriccino elegante del quale Giulio Janin. da
(DM\
IL hUMATORh.
forte originale di Me
MEISSONIER
t^
bibliofilo, aveva notato la rilegatura squisita; ma quei due
lettori non rappresentan forse con eguale verità il Lettore'^'t
Meissonier idealizza in questo senso che, nell'individuo da lui
dipinto riunisce i tratti comuni che dell'atto espresso fanno
un carattere, del per-
sonaggio un tipo. I
Contadini chi' si az-
:/i/f(t/!o di Brouwer
sono d' una energia
singolarmente e-
spressiva; ma stjno
conladini fiammin-
ghi; fuor di quella
cornice non si ve-
dono più. Ma per
poco che lo sguardo
si fissi sulla Rissa,
non è possibile fi-
gurarsi una lite vio-
lenta senza vedersi
sorgere davanti la
scena tumultuosa
della quale Meisso-
nier ha espresso
senza cader nel tri-
viale la verità eterna
e universale; i corpi
convulsi dei rivali,
gli sguardi pregni di rabbia, i muscoli del collo e della faccia
tesi fino a spezzarsi, tutto quel supremo impeto di un furore
che neppur l'intervento, tra minaccioso e supplichevole dei
compagni , accorsi a dividere i due forsennati , ha potuto
domare!
Questa profondità dell'espressione generale raggiunge forse
IL FUMATORE.
(Disegno a m.tit».
LA UARRICATA (1S48).
(Esposta nel iSjO col titolo : Ricordo dttla j»r
Collezione del sig. Carlo di Beistegn
Meiisomer.
LE OPERE
35
la sua massima potenza in due tele: // Letto di morte i838)
e la Barricata 1848).
Che angoscia e che gratitudine nello sguardo di quell'in-
fermo; che fermezza e che dolcezza nella stretta di quel
monaco! La carità cristiana al capezzale dell'umanità sofferente!
IL LETTO DI MORTE.
(Museo Fodor, Amsterd.im.)
La Barricata e un dramma, e il dramma e un ricordo.
Durante le giornate di Giugno, Meissonier era capitano di
artiglieria nella guardia nazionale. L'insurrezione circondava
il palazzo Municipale , protetto dalla sua batteria. Poi che
la barricata della strada della Mortellerie fu presa d' as-
salto, egli aveva visto il suolo ricoprirsi di Ciideweri, la terra
bagnarsi di sangue. Colà aveva udito anche risuonare « la
parola terribile, che, più d'ogni altra, esprime fino a qual
punto, in quelle spaventevoli guerre per le vie, gli spiriti si
esaltino! »
■< (Questi uomini, erano tutti colpevolir domandò .Mar-
36
MF.FSSONIER
rast all'ugiciale della Guardia repubblicana. « Signor sindaco,
siatene ben certo, non c'è che un quarto d'innocenti. >•
Inspirato da questo tragico episodio, il quadro della Bar-
ricata è di per sé più che un episodio: è l'immagine della
guerra civile in tutto il suo orrore. La pugna è cessata , la
notte cala, ovunque un silenzio di morte; allo sbocco d'una
stradicciuola , alte mura annerite dalla polvere e crivellate
dalla mitraglia ; al primo piano, un mucchio di ciottoli, ultima
trincea della lotta fratricida: dietro, un ammasso di brandelli
umani.
« Quando Delacroix vide l'acqueiello nel mio studio, ne
restò cosi colpito che una tra le più grandi gioie della mia
vita , fu di regalarglielo la sera medesima. »
SCHIZZO A PENNA PER IL « 1805 ».
AaUILA SULLA SPADA DELL' IMPERATORE PER IL « 1807 ».
(Acquaforte di Meissonier (1890) per la tavola di J. Jacquet.)
II.
S'
OLFERiNo dischiuse a Meissonier un nuovo
orizzonte iSSq . e da esso ebbe origine la
sua concezione della grande epoca napoleonica.
Per invito di Napoleone III partiva alla
scopo di CI illustrare - la campagna, mentre un
redattore del Siede , Edmondo Texier, doveva
farne il racconto.
Dal Moncenisio a Milano, l' itinerario non
sembrava troppo ben regolato ; nessuno , tra i
capi, sapeva la propria via; tutte le linee erano
ingombre. Sulle grandi strade lombarde, la pol-
vere è accecante, il' caldo soffoca ; ognuno al-
loggia e si nutre come può ; bisogna disputarsi
un bicchier d'acqua per mancanza di foraggio e di avena,
.Meissonier è costretto più di una volta a sgranar nel cavo
MEISSONIER (1859).
CAMPAGNA d' ITALIA.
38 MEISSONIER
della mano qualche spiga verde per Coningham, il generoso
Coningham sul quale cavalca. Ma era mirabile veder la foga,
la Fiducia dei soldati; parevano la cavalcata degli uomini d'armi
di Carlo Vili moventi alla conquista. La varietà di quelle uni-
formi « in movimento » che sfilano sotto i suoi occhi lo en-
tusiasma.
Finalmente arriva al quartier generale ed e subito am-
messo nello stato maggiore. Due giorni dopo, al levar del
sole, il cannone tuona. È la battaglia? Intorno a Napoleone III,
si suppone sia una semplice ricognizione, forse un impegno
dell' avanguardia. Ma la cannonata si stende, sembra avanzare,
balza di poggio in poggio. Dall'alto d'una collina ove non sa
come abbia potuto salire a cavallo, e tanto meno come potrà
discenderne, Meissonier vede sloggiare un corpo di austriaci.
Per ore intere galoppano cosi davanti a lui, salendo, precipi-
tando, in mezzo al clamore e tra 'I fumo della mitraglia. D'un
tratto, un ostacolo, resiste... La posizione è conquistata...
L'Imperatore, col seguito sale sul ridotto sbarrato di morti
« lungo il viale delle more e delle viti allacciate, sotto la cui
protezione i nostri piccoli soldati avevano scavalcato l'altura
e ritrovato nella linea dei cadaveri il segno della loro rapida
marcia >>. E la vittoria? La cannonata brontola ancora; ma i
soldati si coricano per terra. E ben dunque la vittoria , la
vittoria di Solferino.
« Triste spettacolo! — esclamava il pittore molto tempo
dopo sotto un'impiessione così viva come se ancora l'avesse
dinanzi gli occhi — triste spettacolo, quello dei feriti, gli uni
irrigidentisi nel dolore, gli altri abbandonantisi alle lacrime,
vincitori e vinti disarmati dalla sofferenza e spiranti vicini,
quasi l'uno nelle braccia dell'altro!... Ovunque armi spezzate,
membra sparse, pozze di sangue dove i cavalli scivolavano,
e bisognava metter piede a terra. » ("erti ricordi lo facevano
trasalire ancora. Passando presso un gruppo di morti, un uffi-
ciale aveva raccolto un berretto d'ordinanza per offi^irglielo: il
LE OPERE
T
berretto era caduto dal sacco di un giovine luogotenente
austriaco, dal viso pallido e dolce, disteso a terra. Egli re-
trocesse inorridito. .M^lti cadaveri erano già spogliati : uno
lo colpi per la sua bellezza: era nudo fino alla cintola : un
torso antico ! Altrove in un campicello delizioso e verde
— una vera cornice per idilli — una famiglia d'italiani — di
quelli che s'eran venuti a liberare! — vecchi, donne, fan-
ciulli . piangevano sulla soglia della loro casupola in-
cendiata ». J
La sera, per un singolare contrasto, << il cielo
libero dopo un violento uragano era mirabilmente
puro, e la calma d'un bel crepuscolo estivo si
spandeva con la notte su quei piani ove poc'anzi
trecentomila uomini si toglievano accanitamente
la vita ».
Quand'egli seppe che la pace di \'illafranca
era stata firmata , mentre intorno a lui lo stato
maggiore mormorava quasi e si lagnava che la
guerra fosse terminata cosi presto: « Sia lodato
Iddio — esclamò — non vedremo più cadaveri
tra le zolle! *
Indubbiamente, bisogna ricercare in coteste
impressioni profonde la ragione del quadro di
Solferino, e unitamente, quella del modo con cui
Meissonier intendeva la rappresentazione di una battaglia. Le
grandi carneficine ripugnavano ai suoi sentimenti e alla sua
arte: giammai avrebbe dipinto la strage di Evlau. L'espres-
sion della guerra egli la cerca nel pensiero che dirige, nel
coraggio che la serve e la onora. I >a essa estrae l' idea e
r umanizza.
Al pie di una collina, una batteria e per metà rotta, mentre
un'altra si slancia; sulla scesa alcuni morti coricati tra le
erbe: al sommo la torre di Solferino: qua e là fiocchi di
fumo segnanti la marcia veemente dei cacciatori che (jccupano
SCHIZZO
D! gk.\n:atiere.
40
MEISSONIER
il cimitero e dei volteggiatori che s' impadroniscono della
montagna dei Cipressi : in faccia al colle, sur un' eminenza,
Napoleone III circondato dal suo stato maggiore, contempla
l'assalto eroico: tale
è, nella sua intenzione
voluta, il quadro che
non conserva del tea-
tro sanguinoso della
lotta se non ciò che
era indispensabile per
indicare la lotta. Egual-
mente più tardi , nei
Corazzieri . egli sce-
glierà, non l'ora del-
l'azione, ma quella che
la precede, l'ora tra
tutte grave e solenne,
in cui soldati e capi-
tani attendono silenzio-
samente immobili, que-
sti il momento di dare
il segnale supremo,
quelli il momento di
gettarsi nella mischia.
Del resto, egli stesso
ha definito la sua, di-
rem così, estetica della
guerra, quando a proposito del i8oj scrisse: « Se io ho
svolta la battaglia al secondo piano, nel fondo, gli è perche
mi occorreva farlo per accrescere l'entusiasmo dei soldati ed
esprimere il loro fanatismo per l'Imperatore giunto all'apogeo
della sua grandezza; ma non ho voluto rattristare la scena con
particolari lugubri; li ho tutti aboliti; nuli' altro che un cas-
sone smontato e del grano che non maturerà più; e basta! »
SENTINELLA.
■ Collezione del sig. Clieramy.)
LE OPERE
Questa maniera di concepire la gloria militare era in lui
nello stesso tempo cosi naturale e cosi meditata che non temeva,
singoiar cosa, di attribuirla all' Imperatore. Egli s' incolleriva
al pensiero che si accusasse Napoleone di aver detto che la
vita di duecento mila uomini valeva per lui quanto una presa
di tabacco. Avrebbe creduto di umiliailo immaginandolo pie-
'w.
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TI y?
DRAGONE IM VEDETTA.
(Appartenente al sig. Kncedler di New-York.)
namente e semplicemente felice del suo trionfo, la sera di una
battaglia sanguinosa; poteva lo spettacolo 'di tanti cadaveri
lasciarlo indifferente? Egli non ammetteva si dubitasse della
sincerità del sogno napoleonico < di un viaggio a traverso l'Eu-
ropa pacificata ». il paradosso sembra strano. Ma cosi com'è,
mentre conferma le specialissime e fermissime vedute di Meis-
sonier sulla composizione dei quadri di battaglia, spiega Io
spirito generale dell'opeia da lui consacrata all'Imperatore.
Mi;iSSOMER
« Non si può toccar questa fioura con mano insensibile
— egli disse — in un modo o nelT altro. Napoleone com-
muove violentemente: o si detesta o si ama. » Egli l'amava.
L'aveva sempre amato.
La traslazione delle ceneri, nel 1^*40, da lui seguita tra
la folla entusiasta, dal Pecq agli Invalidi, sempre in prima
fila, gli era presente quarant'anni dopo, come al primo giorno.
.Molte volte lo sollecitarono di Fare il ritratto in piedi del-
l'Imperatore. Vi si è sempre rifiutato. (Quello della J/<?////(/'/ò'6»;;.
non l'ha mai soddisfatto. Non già ch'egli non si sentisse di
rappresentarlo come fece David , in costume di parata. Ma
non sapeva vederlo isolato, entro una cornice, come un papa
o un re. Lo concepiva soltanto in azione.
Un giorno s'era divertito a disegnare la Veglia di Ma-
rengo. « Tutta la giornata aveva piovuto, come piovve a Wa-
terloo, e la sera, nella gran pianura, il giovane e brillante gene-
rale in capo dell'armata d'Italia era smontato da cavallo con
i suoi ufficiali, grondante acqua: alcuni cacciatori avevano
acceso un fuoco di sarmenti e cijnversavano lieti. « Così
aveva concepito l'episodio, e l'episodio gii piaceva. Ma non
era che un episodio. A tempo, egli ebbe l'ambizione di rias-
sumei^e la vita dell'Imperatore in cmque grandi pagine: ijpó,
180J, /8u>, jS/-/, /Sij. Alla fine della sua carriera ritornò
ancora a questo divisamento. commentando il iS/^ che aveva già
fatto, e il /ypó che era in via di fare, modificando, perfezio-
nando l'insieme della concezione. Giova leggere i partici )lari
di queste prove successive negli Eìitrelieiis\ noi ne indicheremo
solo i pensieri, riferendone i termini più caratteristici.
ijc)6. È il prinKj raggio della fortuna e della gloria. Siamo
in Italia, d'estate, a Castiglione. Albeggia. Dietro la collina,
mezzo nascosto, un partito di cavalleria. Sull'altura, una bat-
teria. Al primo piano, una profonda linea di fanti. Bonaparte
passa sulla fronte, al galoppo. Il sole che sorge illumina la sua
taccia.
LE OPERE
4?
jSoy. Friedlcind. Anniversario di .Marengo, dopo nove
anni, giorno per giorno. Il Destino ha deciso. Il mondo volge
intorno a Napoleone come intorno al suo asse. Ai suoi piedi,
un torrente d'uomini inebbriati passano gettandogli l'anima.
Egli è l'idolo, l'idolo impassibile.
NAPOLEONE I E IL SUO ST.\TO MAGGIORE.
(Museo del Luxembourg.l
fSio. Erfurt, l'ora della vertigine. Era di rito, al Con-
gresso che, ogni mattina, i sovrani, entrando nella sala, si
facessero annunziare con tutti i loro titoli , senza ometterne
alcuno. Quando avevan preso posto , la porta si richiudeva.
Dopo una pausa, si riapriva e l'usciere gridava, semplicemente:
« L'Imperatore! » E niun altro v'era che lui.
iSf^. Cielo triste, suolo devastato. Non e la ritirata di
Russia, ma la campagna di Francia. I volti abbattuti, irritati.
44 MEISSONIER
esprimono lo scoramento, lo smarrimento, il tradimento, forse.
Napoleone cammina lentamente, il corpo accasciato, ma lo
sguardi» diritto: tutto potrà risorgere, se coloro che Io seguono
condividono la sua tede.
18 1). Il Bellcrofontc'. Egli è assiso, solitario, sul cannone
chiamato il « cannone dell'Imperatore ». Dietro a lui, in di-
stanza, le sentinelle inglesi.
Ogni volta che uno di questi schemi gli ritornava alla
mente, .Meissonier si entusiasmava. La sua ammirazione era
eguale tanto pel grande organizzatore quanto per il grande
condottiero. Al ciclo dell'epopea militare egli aveva pensato di
aggiungere una pagina di gloria civica: l'Imperatore al Con-
siglio di Stato. Perciò Io aveva studiato profondamente; co-
nosceva la completezza del suo genio, pur non dissimulando
le violenze e le debolezze del suo carattere. Ma le scusava,
mal sopportando che altri se ne servisse contro la sua me-
moria. Per questo, il libro di Lanfrey l'addolorava. Lo stra-
ripare delle piccole rivelazioni accolte con esagerato favore
dalla pubblica malignità lo irritava. « Io sono meno severo
— diceva — perchè sono stato alle sorgenti vere. Per valutare
uomini sijtàtti, bisogna essere della loro altezza, o mettersi
nella loro pelle. .Napoleone orgoglioso! Diamine! è chiaro
che chi trovasi sulla vetta del Monte Bianco giudica le cose
altrimenti di quelli che stanno al basso. Si confonde l'orgo-
glio con la grandezza. Difetti e qualità, vizi e virtù, tutto,
nel genio, si misura alla stregua del genio. La Storia, nella
sua semplicità, Io vedrà come lo vedo io. »
^^^
DONNA CORICATA.
(Schizzo. I
(Quadro dtlh
LE IN'FORMAZION:.
lezione del sig. VanJerbilt, a Ne^v-Yo^k.)
IL MAESTRO
1.
S'
E e sempre interessante conoscere ciò
che un artista ha aggiunto ali opera
sua, commentandola; maggiormente lo è
quand'egli parla di sé medesimo, del suo
ingegno , del suo carattere , del suo modo
di applicar l'arte e di comprendere la
vita. Su questi punti, gli Enireliens sono
completi. .Mentre ci iniziano a tutti i
segreti del lavoro di Meissonier . con-
temporaneamente al genio del maestro,
ci rivelano la natura dell'uomo, semplice
e magnifico insieme, timido e superbo,
irruente e riflessivo, imperioso e dolce, devoto al più modesto
SCHIZZO ALL ACaUERhLLO DhL
DRAGONE dell' ARMATA DI SPAGNA.
46
MEISSONIER
dovere come alle imprese più solenni, conquistandoci con la
profondità dei suoi contrasti e la sincerità delle sue violenze.
Quantunque la sua educazione prima fosse stata spesso
interrotta e forse rimasta incompleta, tuttavia ne aveva tratto
profitto, e più tardi l'aveva ampliata e ralfinata. Era un lettore
delicato e insaziabile. Come Rubens, soleva far colazione
da solo, con un libro sotto gli occhi. Quando il suo pensiero
non era assorbito dalla traccia del pennello, o quando lavo-
rava a cose accessorie, si faceva leggere: il che egli chiamava
le sue letture di cavalletto. Dopo una giornata di lavoro, non
trovava riposo altro che in un buon libr(j.
Gustava molto Shakespeare e Goldoni, dei quali com-
prendeva la lingua. Le letterature classiche non gli erano
meno famigliari. Un giorno, a Fontainebleau , mentre prepa-
rava il Solferino, \ generali stavano riuniti, aspettando l'Im-
peratore, che aveva « posato ». « Napoleone III, tutto preso
dai suoi temi archeologici — era il momento del Cesar —
principiò a discorrere del modo con cui presso i Romani, si
piegavano gli angoli in carro. » Io gli dimostrai che la forma
della spina circolare non permetteva di fare com' egli aveva
indicato, e in mio sostegno, addussi un passo di Tacito. Fu
un avvenimento. La sera mi guardavano, e udivo mormo-
rare: '< Ha citalo Tacito! »
Non conosceva il greco, ed era per lui uno dei suoi più
vivi rammarichi. Ma ( )mero ed Eschilo erano, insieme alla
Bibbia, tra i suoi libri del capezzale.
Sulla costa d'Antibo, Omero gli faceva sognare i viaggi
di Ulisse : il più breve tra i racconti dell' Odissea lo insti-
gava a dipingere , tanto gli sembravano precisi e viventi !
L' « umanità » di Sofocle lo turbava profondamente. « Ah !
se foste entrato ieri per caso nello studio al termine della
mia giornata — scrisse a un amico — vi sarebbe, certo, parso
strano di vedere, giungendo tranquillamente, due persone tutte
esagitate dai dolori di Edipo. »
IL MAESTRO 47
Nella letteratura francese, il gran secolo era rimasto per
lui il secolo di Corneille, di .Molière e di La Fontaine.
Alessandro Dumas gli disse : « Com'è che non avete
avuto l'idea di fare un quadro rappresentante i tre poeti? —
Vi ho pensato, ma non ho osato mai. » E intanto, giudicava
quei maestri con alto intelletto. Ecco sulla signora de Sevignè
alcune linee di una squisita esattezza — egli aveva per lungo
tempo posseduto un'edizione originale delle Lcttrcs, anno-
tata dalla mano d'un suo prozio, e, con suo grande dolore,
smarrito.
« Quale fascino e quale assennatezza! Quale profondità
di vedute nella naturalezza perfetta! Xè anche la minima ci-
vetteria. Si può aprire il libro a qualunque punto, come
Montaigne e La Fontaine: vi si troverà sempre un pensiero
reso in una lingua solida, viva, saporosa, originale. » Non
meno felice e quando parla di La Fontaine. « Io non sono
mai stanco delle Favole. Come i versi si adattano al tempe-
ramento di ogni personaggio! Che profonda filosofìa e che
graziosa freschezza! E come son trattati i paesaggi! Subito,
si e in scena e con qual pienezza di gioia! »
Delacroix è un pensatore. La sua mente evocava tutti i
subietti e li spingeva fino al limite in cui, cessando l'intelli-
genza delle cose, comincia il sogno. Sogno o ragionamento,
egli erasi fatta una concezione speciale del mondo. La sua
religione era quella di .Marco Aurelio, di Spinoza e di Goethe;
consisteva per lui nella rassegnazione alle necessità ineluttabili
determinanti le leggi della vita, come quelle della morte, con-
dizioni della vita.
.Meissonier non era insensibile alle grandi questioni umane.
« Secondo la Bibbia, non e da tnjppo gran tempo che data
l'apparizione dell'uomo; milioni d'anni passarono, secondo la
scienza. Orbene, qualunque sia l'epoca di quella comparsa
sulla terra, chi determinò la sua superiorità su lutti gli altri
esserir... Che problema, cotesto! «
48 MEISSONIEK
Ma a lui bastava di averlo enunciato: spettava alle reli-
gioni risolverlo. Io non amo esplorare in quegli abissi. « Credo
in Dio semplicemente e tranquillamente « diceva. Preferiva
accettare, senza comprendere, quel che, in sostanza, nessuno
gli avrebbe spiegato mai.
« Il mistero è l'essenza di una religione; bisogna ammet-
terlo come il germe divino d'onde nasce tutto il resto, » ed
egli l'ammette. Era pigrizia spirituale? No.
« Ciò che a noi pare di qua confuso e inesplicabile, di-
verrà chiaro e logico al di là, quando i disegni di Dio sul
mondo ci saranno rivelati. >' Era la sua speranza, la sua con-
vinzione. «Taluni, studiando, diventano atei. Io diventerei
terribilmente religioso se non lo fossi di natura » — diceva
al suo amico, il dottor Robin, dopo aver osservato col micro-
scopio la perfezione degli esseri invisibili ad occhio nudo.
« Quando si considera ciò che le draghe del Taìisinan e del
Challenger hanno estratto dal fondo dei mari, tutte quelle me-
raviglie che non dovevano giammai veder la luce, tolte alle
profondità degli abissi , come sconvenire che , quanto più si
scopre della creazione, altrettanto il Creatore 's'irraggia di
nuova luce? 11 caso, a traverso i secoli, non fa certo di simili
prodigi! » Per ammirarli, rievocava l'argomentazione di Ber-
nardino di Saint-Pierre e di Fènelon. Il suo cuore entrava
per metà in tutti i suoi ragionamenti.
Gelosissimo di tale candore e diffidando di tutto ciò che
potesse appannarlo, non volle mai aprire Renan e la Vita di
Gesù. Aveva quasi sangue monastico nelle vene: il prozio che
possedeva l'edizione originale delle lettere della Sevignè era
priore di una ricca abbazia nei dintorni di Lione. I suoi
sentimenti si riallacciavano, nel più profondo della sua anima,
a ogni specie di sensazioni forti o delicate. Le « cerimonie
dei protestanti tra le i]uattro mura ignude dei loro tempi >*
lo agghiacciavano. II suono dello campane ridestava nel suo
spirito gioconde armonie.
w
I-ac-siiìiilc d'ini discgjw pei Contks Kemoi;
IL MAESTRO 49
Nel i85o, erasi recato ad Anversa. Giungendo in una
città nuova, aveva l'abitudine di girare alla ventura. — Si era
ai primi di gennaio, la neve copriva le strade, il freddo era
acuto. D'un tratto, sulla piazza di Meir, irrompe una strana
armonia, il carillon, che egli ascoltava per la prima volta.
« Dopo tanti anni, ne conservo ancora la gioia nel cuore »,
diceva nel 1876. Dieci anni più tardi, a Poissy, in un mattino
di maggio, ritrovava ed esprimeva con la stessa intensità di
accento, le stesse emozioni. « Stamane, verso le cinque, stavo
alla mia finestra , ascoltando i canti degli uccelli che salu-
tavano l'alba, quando un contrasto bizzarro mi colpi 1' orec-
chio : un poeta vi si sarebbe inspirato. L'ora suonava al mu-
nicipio in tòno secco e sottile; il vecchio orologio della chiesa,
mia vicina, a sua volta si mise a scandire il tempo, ma con
una bella voce sonora, grave e profonda: mi faceva l'effetto
d'una conclusione ììwralc. »
Per quanto questa delicatissima sensibilità religiosa lo
lasciasse indifferente alle discussioni metafisiche, altrettanto
il bisogno dell'esattezza nell'espressione della vita aveva per
tempo acuito in lui il senso della storia. Spesso ripeteva: ■. Se
non fossi stato pittore, avrei voluto essere storico. » Egli pen-
sava che solo il pittore può legare alla posterità documenti
certi, giacché lui solo vede le cose nel loro rilievo preciso.
Il passato gli appariva in ^ carne e ossa »: gli uomini si
ergevano ai suoi occhi nei loro costumi, nelle loro dimore,
sotto le loro armature , con le loro passioni. Una scena di
Shakespeare ricostruiva alla sua immaginazione la taverna di
FalstafJ'; una pagina delle Meinorie di Sully, il ponte del Cambio
di Enrico IV, il suo impiantito e le sue botteghe.
Benché fedele ai propri sentimenti, comprendeva che la
fede non era più, ne poteva essere per l'arte una sorgente
di vita. E, d'altra parte, l'idea religiosa non era stata sublimata
alla sua più nobile espressione dalla scuola italiana?" La grande
arte non comporta di simili ritorni.
Meissoiìier. .:
MEISSONIER
La Storia, invece, era entrata in sentieri novelli. Ri-
nunziando al sommario dei fatti aridi, delle cronache magre,
ella cercava di far rivivere, per mezzo dell'analisi pittorica,
la fisionomia dei secoli. Quali tesori d'inspirazione non doveva
trovare nella pittura? C'è testimonianza più spontanea, più
fedele, più espressiva dell'anima antica di quella omertà dalle
tele dei Primitivi?
« Guardate — egli diceva — la Vergine di Murano, quella
grande Vergine sola, senza bambino, le mani vuote, protese
nel mezzo del cielo d'oro a mosaico, implorante soccorso. E
il momento in cui Venezia doveva sostenere la lotta, una lotta
interminata contro la nemica di tutti i giorni, la Laguna. A
vittoria compiuta, seguì il periodo della sicurezza, del lusso,
del godimento e con esso l'epoca delle Madonne ricche e
trionfali. »
Or bene, questo contributo richiesto dalla Storia all'arte
Meissonier lo chiedeva alla storia per l'arte: « Sono due sorelle
che debbono sorreggersi ed innalzarsi a vicenda. » S'egli
avesse potuto, avrebbe dato appunto un impulso in questo senso
all'arte sua. Deplorava sempre che il museo di Versailles non
fosse stato concepito a guisa di un gran libro d'epopea nazio-
nale, in cui ogni avvenimento, descritto secondo i documenti
e nello spirito del tempo, avrebbe tenuto un posto simile a
quello che aveva occupato nel nostro svolgimento storico. Sulla
soglia di quelle gallerie. presentand(5 ciascuna un'epoca diversa,
egli immaginava, a mo' d'introduzione filosofica, la rappresenta-
zione delle principali date dell'umanità francese, cioè delle
trasformazioni per le quali l'uomo d'una volta, agricoltore,
soldato, cittadino era diventato 1' uomo dei giorni nostri.
« Noi eravamo passati e ripassati per la campagna senza
accorgerci del contadino al lavoro. — diceva. .Millet viene;
ci mostra la povera bestia da soma fissa alla gleba, ci addita
il suo lavoro spaventoso, jDerenne : e tutto ciò ci resta nelle
viscere. ■•
IL MAESTRO 53
Meissonier era stato un uditore assiduo del Conservatorio.
La sinfonia in la di Beethoven lo rapiva; egli volle che ai
suoi funerali fosse cantato l'andante. " Inesorabile come la
voce del Destino " ; mai si stancava di ascoltare il finale,
<i che aveva tante volte figurato ai suoi occhi paesaggi mi-
rabili ". " Poco fa — diceva, ascoltandolo un'altra volta.
(6 aprile 1881 io rivedevo, come un tempo a Grenoble, i
ruscelletti saltellanti, i ciuffi dei salici nel sole e lo sciame
leggiero delle libellule azzurre dal corsaletto lungo, dalle ali
iridate volitanti sull'acque. » Il fascino della musica gli faceva
trovare in essa tutto ciò che voleva, e anche trascinare gli
altri a veder ciò ch'egli vedeva. .Mutato il ritmo, e il pezzo
mutava di carattere: non ha detto Glùck che, per poco che si
precipitasse la misura, non era impossibile ballare sull'aria:
<' Che faro senza Euridice >>
Ma questa diversità, questa mobilità, questa personalità
d'impressione suscitata dalla musica ne significava per lui la
limitata potenza. L'errore di Berlioz era di volerle far espri-
mere tutto.
« Che una sinfonia ecciti un sentimento generale di estasi,
di gioia, di tristezza; che produca uno stat(D d'anima, e sta
bene; ma che voglia analizzare un'espressione, giammai. Essa
può essere una suggestione; una immagine, no. <( Avreste,
per caso, l'idea di disegnarmi per mezzo di suoni la Lettura
in casa di Diderot'^ » Giungeva a negar quasi alla letteratura
stessa il dono di rendere la vita. La descrizione letteraria va,
ritorna, cammina, invita l'immaginazione del lettore a cam-
minare con essa, fa sbocciare sotto i suoi passi una quantità
di piccole meraviglie; ma tutte codeste piccole meraviglie,
pur ammaliando il lettore, rischiano di farlo smarrire. La
pittura non ammette la concezione discorsiva e diffusa ; e la
sua superiorità, è la sua forza. In una cornice determinata,
quest'arte tratta un soggetto determinato II quadro non fa
deviare dal suo obbietto ne colui che lo contempla, ne colui
34
MEISSONIER
che l'eseguisce: esso racchiude, concentra, padroneggia il suo
pensiero.
« La mia pittura — diceva Meissonier, parlando di sé
stesso — si rifiuta alle congetture e non permette di dubi-
tare della realità della mia concezione; essa è inalienabile,
immutabile; non c'è da arrovellarsi; è così. >■
SCHIZZO A PEMMA DI MARCO, CANE DEL SAX BERNARDO.
..* %-. '■
J iU
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V..' .: isv
DRAGONI KELLA FORESTA.
(Acquerello.)
II.
4
> 1,
■■■•■■" s.
Un'ambizione sua, e forse la più ardente
era d'insegnare alla Scuola di Belle
Arti. Egli non consegui la cattedra, e ne provò
vero dolore. Amava i giovani, benché sover-
i chiamente non li praticasse; amava il lavoro;
amava l'arte sua.
II merito d'un artista, secondo il giudizio
di Carlo Gounod, e valutabile all'ossequio da
lui professato Jai maestri. Meissonier aveva
per i grandi ammirazione alta ed aperta. Ap-
passionato, entusiasta, ogni aspetto del bello
lo inebbriava. lo esaltava, " sommuoveva tutto
l'essere suo, gli dava la vertigine ».
Un giorno, gli fu riferita l'analisi di un corso di lezioni,
corso libero, in cui il professore considerava gli uomini in-
signi quali modelli pericolosi. Lo sdegno lo infiammò. « Quella
gente li ha orrore delle sommità! Vogliono condurci a una
IL RITR.^TTO DEL SERGENTE
(Disegno di Meissonier.)
56 MEISSONIER
Beauce intellettuale e morale, a non so quale pianura uniforme
verso cui gli uomini indubbiamente si sospingeranno, allorché
la fine del mondo sarà vicina; e, se non altro, l'infinita mo-
notonia di quella pianura avrà l'imponente ampiezza del mare! >
Ricordava sempre la penosa impressione provata in un'a-
scensione alpina oltre il lago, del Bourget. Ecco guadagnata
una china, ecco raggiunta una vetta; ma no, è una scala faticosa
di cime, e mai non è attinto il culmine sovrano. Non altrimenti
avviene degl'ingegni mediocri sgomentati dal genio.
« Proscrivere i maestri, i maestri eterni! Oh, la voluttà
di pensare che li abbiamo sempre amati, che li amiamo an-
cora, e che l'età, la quale tutto raggela, non ha ammorzato
la vampa di questo amore! « (1886). Ed egli determinava il
carattere loro con semplicità profonda: « .Maestro è quegli le
cui opere non fanno pensare alle opere degli altri. » Non
apparteneva al numero di quanti temono l' influsso di Roma
(Accademia di Francia) sulla indipendenza e l'originalità del-
l'ingegno francese. « Roma e necessaria — diceva — per
imparare lo stile, la nobiltà e la bellezza. »
Ma solo a sessant'anni gli avvenne di compiere questo
grande pellegrinaggio, per il quale nel i835 s'era incammi-
nato, con l'assegno mensile dei cento franchi paterni. II suo
primo disegno d'un viaggio in Olanda, sbocciato nel 1840,
non aveva sortito miglior fortuna. E sovente ne riandava le
circostanze.
In un convito d'amici, era giunta notizia di una vendita
importante di quadri bandita all'Aja. Seduta stante, fu deciso
di andarvi e di profittar dell'occasione per visitar diligente-
mente que' musei. Emilio Augier, Ponsard , John Lemoinne.
Chenavard, Delacroix dovevano essere della brigata, e una
forte ammenda era imposta a chi la facesse abortire. All'ultimo
momento, Delacroix, il quale amava solamente la sua Parigi,
mancò all'appello; il patto non fu tenuto, e Meissonier conobbe
Amsterdam solo dieci anni appresso.
IL MAESTRO 57
Vide Venezia più tardi ancora, nel 1860. Non importa:
ciò che egli ritrasse e riaddusse da queste visite troppo dif-
ferite e troppo rare, s'era stampato, per così dire, sulle sue
pupille, e non era argomento di lieto conversare che non
gliene facesse ribalenare il ricordo.
Aveva nondimeno le sue predilezioni. Poneva, ad esempio,
i Fiorentini molto al di sopra dei Veneziani. Massimamente
non tollerava che la pittura francese fosse in alcun modo
sminuita: Claudio di Lorena anzi tutto. Preferiva sopra oa,ni
cosa ritornare ai capolavori, studiarli direttamente, fuori di
ogni preconcetto di scuola , manifestando come e perche si
tosse accostato agli uni anzi che agli altri, caratterizzandoli
dall'emozione provata nel contemplarli e dalla somma d'am-
mirazione ritrattane.
Ancor qui, certamente, non convien chiedere agli Entre-
//V/w più di quanto possano dare: tòcchi rapidi, fuggevoli, ma
vibranti e precisi. Si vede, si palpa. Nessun elemento vi manca
per valutare ciò che sarebbe potuto essere il suo insegnamento
accademico.
Chi ignora l'omaggio che l' Ingres tributava a Ratfaello?
Questi, ai suoi occhi, non pure era il maggior dei maestri ;
ma « era bello, era buono, era tutto: ed era stato felice, contro
la comun sorte degli artisti, perchè di natura inviolabile >.
Profondo quanto quello d' Ingres, il culto di Meissonier
per r Urbinate non è altrettanto esclusivo. Egli avrebbe voluto .
incorniciar di diamanti la Psicìu-. il disegno ào^X Ambrosiana
gli comunicava ■ l'ebbrezza della venustà pura». Senonchè,
pur abbandonandosi voluttuosamente a questa ebrietà, l'analizza
e ne ragiona.
« Ragfaello ereditò dal genio di tutti i grandi: egli attinse il
meglio suo da ciascuno, al modo istesso con che la pecchia di-
stilla il suo mèle divino; è un'armonia sublime composta di note
conosciute; dunque non è veramente originale. Nessun quadro
di Raffaello ci fa sentire l'emozione intensa impostaci da Giotto. >-
38 MEISSONIER
Meissonier era innamorato del Corrego;io. Non lo aveva
subito capito; ma una sera che re Luigi Filippo dava al Louvre
una festa, nella « Sala quadrata >■ e nella Galleria di Rubens,
ove allora campeggiava X Antiope, cadde in estasi: e fu quella
la sua via di Damasco. « Nessuna fattura — diceva — sug-
gerisce la voglia di passar la mano sulla carne come la dolce
polpa giovenile del Correggio ».
L'entusiasmo suo per il Tiziano e un po' meno espansivo.
Il fasto di questo luminoso pennello non sempre lo seduce.
Nella Ciioconda lo stupisce soltanto la perfezione della model-
latura. Perchè nel Scppclliiìicnto « eludere la suprema difficoltà,
affogando nell'ombra il volto di Cristo? A lato di quell'ar-
razzeria magnifica, Cristo non forma più l'interesse principale
del quadro. Quel manto rosso, a quel posto, e uno sbaglio! »
L'andamento, la nobiltà, l'ampiezza di Rubens, invece, lo
esaltavano: ma son più rare le allusioni fatte da lui alle opere
del Fiammingo e non a costui vanno naturalmente i suoi
pensieri.
" .Michelangelo, Rembrandt, ecco — egli esclama — i
veri originali! Gemito — il giovine scultore napoletano suo
prediletto che aveva modellato la statuina sua , — Gemito ,
nell'ardente semplicità nativa trovò la migliore, la sola defi-
nizione che loro convenga: l'uomo della Sistina vi dice tali
cose quali ne mamma né babbo possono insegnarvi. »
Anche Meissonier aveva detto sul Pensieroso una geniale
parola. •< In qualunque luce lo collochiate, il Pensieroso pensa
sempre, e nella sua meditazione profonda, immensurabile, par
che ritorni dalla tenebra eterna. « Questo pensiero lo aveva
invaso un giorno che s'era attardato nelle tombe dei Me-
dici fino alle prime ombre crepuscolari; e ogni qual volta
il Pensieroso gli si riaij'acciava allo sguardo, quel pensiero gli
risaliva nell'anima fino a ricolmamela tutta.
.Ma Rembrandt è il suo culto, ed e culto senza confine.
r)inanzi a quei capolavori , non è più padrone di se. < Che
IL MAESTRO
39
colore! — dirà egli del maestro olandese — che impasto
meraviglioso, limpido, tluente! E il sangue stesso sotto la carne:
pungendola, scorrerà! » Fosse stato ricco, avrebbe dato un
milione, qualunque somma, pur di serbare V Indoratore dWo.
Francia.
■' Che magistero di punta! » Che disprezzo della forma
considerata dall'alto dell'ideale estetico! E che sentimento della
fisoniomia, dell'animai (_)h, la tragedia immensa del Calvario!
" La passione di Rembrandl — egli confessa — rasenta la
violenza. E agli amici invano catechizzati dalla sua ammira-
zione: K Xo, voi non potete raccapezzarvici ! — concludeva.
Bisogna essere pittore per penetrar nella carne viva di que-
st'uomo, per godere intensamente e inebbriarsi vieppiù di sif-
fatta comunione «.
Lo idolatrava, insomma; tanto che avrebbe voluto ba-
ciarne i calzari. « Altri han potuto dare baleni di genio: Rem-
brandt è il genio stesso. Dovrebbero proporre per modello
a tutti gli artisti il Bue seorlìcato del Louvre. Che giustezza
di tocco in quell'impeto furioso! Le tinte si muovono e si
dispongono secondo quell'impeto. E dipinto col fuoco. Libertà
e verità; ecco i meriti sovrani! "
Sarà facile rinvenir nel volume di tali mirabili giudizii
gittati nel discutere o nel conversare: e nel libro medesimo
converrà ricercar la dottrina sintetica da lui professata sul-
l'arte. La grazia, la forza, l'armonia, la serenità dell'arte an-
tica Io stupiscono più assai che n(jn lo commuovano. Tra
la perfezione del lavoro compiuto e l' intensità dell'emozione
raggiunta, la sua scelta e già fatta: l'idea giusta, la passione
vera, sian pure incompiutamente espresse, gli sembrano ben
superiori ad ogni finitezza di fattura.
i< Anima, anima, sempre anima! — scriveva egli —
ecco ciò che dobbiamo ripetere alla gioventù. Ogni opera d'arte
ha per obbietto l'espressione d'un sentimento. .Ma se non
provate questo sentimento voi stessi, come mai potreste inspi-
MEISSONIER
rarlo ad altri? La grandezza dei Primitivi sta nell'aver saputo
trasmettere nei riguardanti l' emozione onde le loro anime
traboccavano; emozione ingenua, brutale, incomposta, se si
vuole, ma sitfatlamente comunicativa che nessun'altra mai potè
superarla. Abbiate dunque cuore, molto cuore: avrete pure
molto ingegno... »
Forse non tornava diffìcile di aver la chiave di questo se-
greto; e Meissonier era il primo a convenirne. Più malagevole
ne riusciva l'uso, e non si faceva scrupolo di dirlo; poiché, non
meno dell'ammirazione, aveva sincero e virile l'ammonimento.
« La pittura è un'amante ruvida e fiera: non basta amarla
per esserne riamati. » E in questo argomento ripeteva il
franco linguaggio del Boileau. >■ Un calzolaio che fa buone
scarpe, un ciabattino che fa buone ciabatte, un bifolco che
guida bene i suoi buoi, un falegname che mena bene la sua
pialla son gente le mille volte più utili e più stimabili di un
cattivo pittore... Questa dichiarazione può riuscir forse cruda;
ma un medico è un medico. >'
Meissonier considerava gli artisti mediocri quali pubblici
flagelli. Tutto ciò che in pittura era mediocre, tutto ciò che
non poteva contribuire ad affinare il gusto, ad innalzare il
senso morale, sembra a lui condannabile. Adunque, nessun
incoraggiamento inconsulto : gli altri, i chiamati, gli eletti, si
cingessero i lombi di triplice fune : pero che per dipingere
occorresse intendere; per intendere, conoscere; per conoscere,
studiare. E sopra ciascuno di questi tre punti gli Evtretiens
riboccano di autorevolissimi consigli.
Ora, non è possibile intender bene un soggetto se non
risalendo primieramente alle fonti stesse della storia. « Oggi
molti dicono pacatamente: voglio fare un quadro Luigi XIII.
E vanno in biblioteca a sfogliare alcune stampe dell'epoca:
poi si mettono al cavalletto. A tale stregua, le opere d'arte
non costano fatica; però valgono quanto hanno costato. Ben
altra è la preparazione che voglia riuscire feconda. »
IL MAESTRO
Nel 1886 la Morte di -Nerone era scelta per tema del
premio Latinville. Uno fra i concorrenti, non privo di qualche
merito, rappresentava Nerone sottraentesi nell'ombra, sui ,a;ra-
dini d' una scaletta illuminata parcamente dalla luna e dalle
torcie del festino, tra le cortine socchiuse. « Una notte d'orgia,
una scala secreta e un chiaro di luna. — osservava Meissonier
— mentre è noto che Nerone fuggì al riverbero dei lampi,
la testa velata, sul cavallo del liberto, nella cui casa egli doveva
farsi sgozzare , piangendo prima sé stesso . a guisa di un
attore I » Indi, ripigliando la pagina di Svetonio, sottolineava,
col testo alla mano, tutti gli elementi drammatici della scena,
mostrando l' imperatore spaventato dalla terra che sussulta e
dal tuono che rugge. il suo corsiero che s'impenna per il cada-
vere steso lungo la strada, la raffica che smaschera il suo
livido volto, l'occhiata del pretoriano che. salutandolo, accre-
sce il suo terrore, il sentiero per cui s'avventura a scanso della
via battuta, per cespugli e canneti, la pozzanghera dove, affranto,
sitibondo, scorato, attinge col cavo della mano un sorso d'acqua
corrotta. E tale commento penetrante, serrato, d'una gran
forza evocativa, trasferisce la fantasia nostra, come il maestro
avrebbe voluto per quel concorrente, a Roma medesima, nella
Roma dei Caligola, dei Claudi e dei Neroni: risuscitandone
ai nostri occhi le violenze e le ignavie.
« Credere al proprio soggetto è la prima condizione per
il comporre » — diceva in occasione d' un altro concorso ac-
cademico, una Visione di san Fran eesco d'Assisi — e non ci si
crede che dopo avervi lungamente meditato, e lungamente
lasciato battere il proprio cuore all' unisono dei propri per-
sonaggi : non basta sognarli, bisogna viverli. «Oh. quante
notti — confessava parlando di sé — Napoleone attraversò
il mio sonno!..
Raccolta così fortemente nel suo spirito l' impressione ge-
nerale del tema, un altro lavoro incomincia: il lavoro concer-
nente l'indole del tema medesimo, ossia del momento psico-
62 MEISSONIER
logico da esprimere pittoricamente. Quindi non si tratta più
di lasciar mollemente blandire il pensiero da un sentimento
generico, giacché nulla torna tanto nocivo all'arte quanto la
fantasticheria prcjlungata. la quale la discosta dalla precisione.
La scelta d'un partito s'impone sempre. ■• lo vedo — soleva
dire — e sento i miei quadri d'un colpo; li vedo subito o
non li vedo mai. >■ E per divedere" intendeva cogliere l'ora
in che il tema propostosi raggiunge il suo più alto grado
d'intensità: l'ora della crisi.
Per precisare il suo pensiero, egli citava volontieri un paio
di esempi della sua carriera. Uno si riferisce al suo primo
quadro: ì'Assc'i//o di Calai s. L'ora più patetica, a suo credere,
non era già quella comunemente rappresentata: i sei cittadini
con la corda al collo umiliati ai piedi del re. mentre la regina
Filippina intercede per essi ( i ). Il sentimento di questa nota
intercessione diminuiva ai suoi occhi il sacrifizio. Ed ecco
in c]ual modo concepiva la scena. " I valorosi cittadini con
la corda al collo si lecano sulla pubblica piazza per annunciare
la loro risoluzione. Le donne, i fanciulli, tutti quanti abbrac-
ciano loro i ginocchi, singhiozzando. I sei partono: l'immola-
zione e in questo commiato. Più tardi il dolore sarà meno
acuto, meno cocente: un barlume di speranza avrà penetrato
i cuori. ••
Il secondo esempiij riguarda il periodo della sua piena
maturila, il duca d'Aumale gli aveva chiesto, per il castelli^ di
( 'hanlilly. un Turcnna nel momento in cui questi e colpito dalla
palla leggendaria, mentre Saint-Hilaire. mutilato d'un braccio,
grazie all'epica risposta diventa il vero eroe della scena. » E
(i) Eiloardo HI d'Inghilterr.i aveva cinto d'assedio nel 1347 la città di Calais:gli abitami,
dopo circa un anno di resistenza, sfiniti dalla fame, proposero la resa. Il Re domandò che
sci cittadini venissero in camicia con la corda al collo a presentargli le chiavi della città.
Eustachio di Saint-Pierre ed altri cinque ricchi cittadini si offersero. Ricevutili, il Re ordinò
che fossero decollati. .\ gran fatica le supplicazioni di Filippina, sua moglie, lo indussero
a perdonar loro la vita. (.V. i. T.)
IL MAESTRO 63
no, — diceva egli — se mai fo un Turenna. meglio cogliere il
momento in cui l'anima sua gli si legge tutta nel viso; cioè
all'inizio della battaglia » (i ).
A tale concepimento, elaborato e maturato con intelletto
sereno, doveva rispondere una composizione semplice e chiara.
E. forse in nessun'altra cosa le qualità eminentetemente fran-
cesi di -Meissonier si palesano con maggior gagliardia. Egli
credeva che si potesse, anzi che si dovesse riuscire intelligi-
bili a tutti. Avrebbe perdonato alla musica moderna, alla
scuola di Wagner, i suoi contrasti, le sue violenze, i suoi
eccessi, i suoi frastuoni, se mai l'avesse capita. Gli dicevano:
« Aspettate; la luce si farà. " K rispondeva: - Mentre sto
aspettando, perche mi lasciate nelle tenebrer Negli Ugonotti
uno ci si ritrova subito ". Questa perspicuità superii^re la
cercava nella semplicità; sua massima favorita era quella
stessa d'Orazio: Sit cjiiotk'is siìnp/ex. E perciò possedeva in sì
alto gradw il senso dell'ijrdine, l'istinto dell'unità.
In gioventù, Meissonier s'era dilettato, insieme agli amici,
a masticare àeW Ini se hi e Ir. e nel sonno, onde l'oppiato dolce-
mente lo cullava, egli vedeva, a volte, certe punte di foco,
e si^àtte punte danzare in cadenza . oppur comporre riu-
nendosi, disegni di mirabile simmetria. Alle udizioni del Con- \
servatorio, i più vaghi rabeschi, le più magiche spire delle
sinfonie di Havdn e di Beethoven lo infiammavano tutto d'un
desiderio strano: quello di rintracciare la " melodia centrale >'.
Egli ne spiava il ritorno: e allorquando l'orchestra la ripi-
gliava. '■ tutto l'essere suo si fondeva in un viìluttuoso acque-
tamento >'.
Or, come una sinfonia, ogni quadro pareva a lui che avesse
(i) Turennn. maresci-illo ji Luigi XIV, rimase ucciso il 27 luglio 1675, presso il vil-
laggio di Salzbach, nel Palatinato, Ja una palla di cannone, la quale t'eri gravemente anche il
generale Saint-Hilaire. E questi, al vedere la disperazione di suo figlio, disse, additandogli
Turenna morto: «Non dovete piangere :iie: niinijote iiiutto<:io questo grand' uomo, n
fV. d. T.)
Ó4 MEISSONIER
la propria « dominante >; anzi, nel quadro, la ok)minante era
sovrana ; poiché il quadro non ammette rabeschi 'e diversioni.
Egli chiamava, dunque, la pittura « l'arte delle rinuncie ».
Del resto, le antitesi, i contrasti ricercati dall'arte contem-
poranea lo irritavano come altrettante stonature.
Tutto per l'insieme. « Solo dall'armonia delle parti, solo
dall'unità d'impressione dipende la grazia delle piccole cose e
la forza delle grandij; e per atjbrzare e quest'armonia e questa
unità convien vedere e sentire il tutto nella parte: altrimenti,
nulla si ottiene. » Mai e poi mai, era da ricercare puramente
l'eletto. Di primo acchito l'eg'etto abbarbaglia ; ma ogni altra
volta l'impressione scema, e l'interesse dilegua.
< Guardate la lù'ssa 1 1). A bella prima avevo messo in
piena luce la faccia del paciere che s'Iinframmetie : essa chia-
mava troppo gli sguardi, indebolendo l'impressione dell'impeto
furioso dei due contendenti : io ci misi poi quel cappello, che
la vela d'ombra.
« Guardate le ///y6»/7//c?';:/6';//(2j;: tutti i testimoni della scena,
perfino gli usseri laggiù in fondo alla radura, fissano Desaix,
il quale scruta il volto dell'ostaggio, e questo grande unico
sguardo signoreggia i nostri.... Se volete fare solamente un
quadro pittoresco, adornatelo e infioratelo come meglio vi
piaccia : così le Donne d' Algeri di Delacroix. Ma si tratti di
un dramma, e allora bisogna che solo gli elementi suoi vi
partecipino. >■
Siffattamente approfondito 1' ambiente storico e morale
del tema . e siffattamente precisato il concetto 'dell' insieme,
egli credeva appena allora giunto il momento di afferrare il
pennello. E avrebbe forse ripetuto ciò che Racine diceva,
quando, concepito il tema, si accingeva a scrivere: « La mia
tragedia e fatta >. .Ma chi non sa a qual punto .Meissonier
spingeva la ricerca appassionata del documento autentico e
(i) Vedi pagina 63.
(2) Vedi pagina .jj.
"^ 3
sT o
Miissontcr.
MEISSONIER
la compiutezza dello « studio » prima di passare all'esecuzione
definitiva >
Meissonier possedeva una memoria di rara plasticità:
tutti i ricordi vi s'incidevano. All'età di quasi dieci anni,
aveva veduto, all'entrata di Carlo X in Parigi, gli araldi d'arme
coi loro cappelli dalle candide piume rilevati davanti, coi loro
larghi baveri, con le loro maglie di seta e gli alti stivali di
daino giallo: or bene, con pochi tratti di matita egli poteva ri-
produrli tanto a piedi che a cavallo. Il vecchio Parigi della
Ristorazione, i Campi Elisi, i lungo-Senna, la piazza di Grève,
il Parvis, la Tournelle, il Petit-Pont gli eran tutti famigliari;
ed anche, dopo le trasformazioni compiute sotto il secondo
Impero, bastava che chiudesse gli occhi per rivederne l'im-
magine fedele in ogni minimo particolare.
Questa facilità d' evocazione, però, non bastava a sod-
disfare i bisogni d'un' arte in sommo grado curante d'ogni
maggiore esattezza. .Meissonier non nuotava certamente nel-
l'abbondanza, allorché iniziò la sua collezione. Il primo og-
getto di cui l'adornò fu forse un dono del babbo: un paio di
stivaloni che datavano dal 1810. Disgraziatamente, nel 1884,
« gli stivaloni erano in gran voga ». di grand chic, come si
diceva allora. .Meissonier aveva una voglia matta di portarne
anche lui ; una voglia tanto acuta quanto quella del mantello
famoso. Egli tagHò i rovesci dei paterni stivaloni, ma il cuoio
troppo secco crepò: a più di sessant'anni li rimpiangeva an-
cora. Oh. egli avrebbe dato un occhio per l'uniforme portato
da suo padre sotto la Ristorazione quale guardia d'onore
della città di Lione: una divisa tutta bianca e orlata d'oro
alle maniche e ai risvolti !
Verso il i838 il .Mercato del Tempio era il campo con-
sueto delle sue speculazioni. Parecchie volte nella settimana,
IL MAESTRO
07
vi si recava di buon mattino all'ora dello sballaggio, prima
che giungessero altri avventori (così suo cugino Steinheil) e
comprava quante cianfrusaglie del Settecento trovava, costumi
o frammenti di costumi . alla finanziera , da borghesi o da
Guardie francesi.
Prendendo moglie, aveva portato tutto un corredo di
vecchiumi: calzoni di rovescio di. di calze di China, di scarpe
a fibbia, lunghi panciotti, marsine a tasche, cappelli di feltro,
parrucche. E quanto non poteva trovare di cucito — camicie,
manichini, collari — sua moglie glielo faceva lei, lavorando
sui modelli da lui disegnati. Accadeva a volte che, studiando
una incisione su Gravelot o un'acqua forte di Chodowiecki,
la biancheria non offrisse pieghe uguali a quelle del suo mo-
dello: e allora s'indispettiva. Un giorno, alla Biblioteca, sfo-
gliando \ Eììcuiopedia , all'articolo Lingère verificò che ai
tempi di D'Alembert e di Diderot la batista veniva tagliata
non per il dritto del filo, ma di sbieco: donde le pieghe più
fini e più molli. E fu un trionfo.
La sua passione si sviluppò con i guadagni. Il suo tem-
peramento assecondava benissimo quelle ricerche ; ed egli,
di volta in volta, vi portava ora una diplomatica pazienza ed
ora un'impetuosità entusiastica. Avvertito che, in un comu-
nello d'Indre-et-Loire, a Vernou, erano certe tappezzerie di
valore in una chiesa cadente, per le cui riparazioni urgenti
occorreva del danaro, egli parte, giunge la sera, esamina in-
sieme al curato alla luce di una candela le tappezzerie, e le
compra, a contanti.
A Poissv. il suo ferraio, figlio di un postiglione di Triel,
Achille Dault, che aveva condotto la corriera, possedeva un
finimento completo, ma non voleva venderlo. Aleissonier at-
tese l'ora favorevole, e lo comprò.
Quando incominciò X Assedio di Parigi, non ebbe pace se
(i) Ratine, sorta >ii stotTh ^ii lana di gran moda sotto l'Impero.
68 MEISSONIER
non quando s'ebbe procurato il mantello di Enrico Regnault
e il vestito di suo fratello Anselmo. Come i cacciatori di
razza, egli aveva l'odorato fine, e, con l'odoralo, le buone
Fortune. Da gran tempo cercava il modello della berlina nella
quale, insieme ai Ferriot, aveva fatto un viaggio in [svizzera.
E la trovò, mentre stava alle acque di Evian, in un piccolo
villaggio, a Saint-Gingolph. Ma, giunto in possesso dell'oggetto
agognato, occorreva ristabilirne l'uso. Egli tenne qual titolo
di onore l'aver ricostruito, nel Postiglio/ìc , certi particolari
assolutamente perduti: il porta-mantello avvolto in una pelle
di capra, la staffa tenuta dallo staffile, il cordone pendente
a sinistra. Auguravasi di potersi foggiare, come -Michelangelo,
tutti i suoi strumenti di lavoro. Così, a seconda dei casi, era
sarto, sellaio, falegname, ebanista. Per il i8r^, commise un
finimento assolutamente conforme a quello di cui era coperto,
in quel giorno, il cavallo dell'Imperatore, e ne diresse egli
stesso l'assestamento. Da un orefice, a simiglianza di un
gioiello, aveva fatto costruire sotto i suoi occhi la carrozza
delia Visita al casi ci Io: tutto si montava, si allacciava, cammi-
nava, rotolava sul tavolo del suo studio ; gli sportelli si apri-
vano: una meraviglia!
Ma questo tesoro di felici scoperte e di abili ricostru-
zioni era, per cosi dire, nulla rispetto al suo museo militare.
Le armature, le pettinature, i costumi di tutte le età e
di tutte le forme vi erano rappresentati. Possedeva una col-
lezione di armi bianche — alabarde, fioretti, spade corte, spade
lunghe, daghe, pugnali — tale da eccitare una vampata epica
di Vittor Hugo, da equipaggiare una compagnia di condijttieri
L'aveva trasportata, nel 1889, '^'^ Poissy a Parigi, per
esporla agli Invalidi, e tutti i membri della Sabrctaclic — so-
cietà di cui era presidente — sapevano che la destinava a un
museo del quale non si doveva trovare altroché il locale (i).
(i) Con decreto del novembre 1896, questo museo militare e stato concesso agli
Ins'alidi. La collezione d'armi di Meissonicr potri per ciò prendervi posto.
IL MAESTRO 69
Ognuna di queste armi aveva la sua storia. Meissonier ne
conosceva la data, l'uso, il maneggio, e sarebbe stato difiicile
ingannarlo. Un amico gli aveva serbato, come una sorpresa,
un frammento d'armatura trovato in una palude, nei dintorni di
.Metz. « unico avanzo al mondo, di un'armatura merovingia ».
I)i primo acchito. Meissonier dimostrò che quel pezzo ap-
parteneva alla corazza di un picchiere Luigi XIII.
I conservatori del Museo d'Artiglieria rendevano omaggio
alla sicurezza delle sue cognizioni tecniche e si aQRdavano al
suo giudizio.
Xon appena prese a occuparsi dell' Imperatore, ne conobbe
tutte le fonti informative. Assai prima del rigoglio della let-
teratura napoleonica, che oggi è cosi in fiore, sapeva tutto
ciò che poteva sapersi sull'Imperatore, le sue abitudini, le sue
maniere, i suoi gusti. Non forse lui ci disse che Napoleone
metteva un solo guanto; che indossava tutti i giorni un calzone
fresco di bambagino bianco, perchè il tabacco di cui abusava glie
lo anneriva presto; che portava degli stivali larghi; che aveva
dei frustini senza punta, consunti a forza di picchiare sullo
stivale; che. insolferente di togliersi le spalline, aveva dei
mantelli fatti apposta per ricoprirle; che si coricava al buio,
lanciando per la stanza tutti i suoi vestiti, porlìno l'orologio,
e non facendo accendere il lume se non quando era a letto?
Sono, certo, dei particolari poco importanti per lo storico.
ma non privi di utilità per il pittore.
Come l'hiors. .Meissonier aveva molto interrogato i vec-
chi generali sopravviventi del grande Stato-maggiore napoleo-
nico, e specialmente il duca di Mortemart; ma, sopra tutte,
egli preferiva la testimonianza degli umili e degli oscuri, di
quelli, inline, che non avevano nessun interesse a ingannarlo,
o che non avevano abbastanza ingegno per farlo. Erano così,
tra gli altri, il valletto Hubert, e più ancora un semplice pic-
chiere. Pillardeau — quel Pillardeau ch'egli nomina tante
volte e che fa meravi<>"lia notare com'egli non siasi mai divertito
70
MEISSONIER
a ritrattarlo. È vero però che il modo con cui lo descrive,
in diversi profili senza pretesa, vale quanto un ritratto. Eccone
i brani essenziali
« Questo Pillardeau era un uomo strano. Benché affatto
sciocco e privo di educazione, è stato per me un ausilio
prezioso,, quasi direi il più prezioso. Egli sapeva molte cose,
ne parlava volontieri. e non era un ciarlone; sinceramente
diceva: « Questo non lo so. qui non c'ero, quello non ho
visto )^ iM-a stalo cresciuto nella casa di Giuseppe, fratello
MODELLO D UMA CARROZZETTA LUIGI XIII.
(Eseguili sui disegni di Meissouier.ì
dell'Imperatore, a .Mortelo ntai ne, ed era addetto alle scuderie.
Avrebbe voluto essere soldato, giacche aveva la passione delle
armi . ma sua madre glie lo impedi. Non faceva che inter-
rogare i soldati sui particolari della loro vita. e. spesso,
annotava ciò che aveva udito. Più tardi, prese a collezionare
le uniformi, le armi, tutti gli oggetti militari procuratisi a gran
fatica. Più di una volta me ne ha prestati; qualche altra
me ne ha regalato. Alla sua morte, la sua famiglia ì'ecc una
vendita. Sfortunatamente, io non era presente. Pillardeau abi-
tava nei dintorni di Poissv, a ^'ernouillet. Io non fui a\'\-ertito
e la collezione andò dispersa...
« Pillardeau amava estremamente illudersi di essere stato
soldato e di farlo credere agli altri, si che l'istituzione della me-
daglia di Sant' Elena fu per lui un colpo terribile. Non avendo
il diritto di portarla, non poteva più. come prima, vestire l'uni-
IL MAESTRO
forme, per recarsi a deporre la sua corona, insieme ai veterani
il 5 maggio,, a pie' della Colonna. Gli restava però il piacere
d'indossare la divisa di un reggimento nel quale aveva vec-
chi camerati, e allora, con serietà incredibile, parlava delle
campagne alle quali il reggimento aveva partecipato. A Chan-
tilly, dove abitava prima di andare a ^'ernouillet, s'era fog-
giata, in una solìitla, una stanza militare, come l'osse quella
di un trombettiere dei dragoni in alloggio l'orzalo presso una
famiglia. 11 muro era coperto d'immagini militari, il letto asse-
stato soldatescamente, l'uniforme da trombettiere sull'attacca-
panni, le armi ben forbite e sospese; non c'era che da stender
la mano per prenderle. Sulla tavola, un pane di munizione
di cartapesta; in un angolo della camera, classificati e segnati
come in un museo, tutti i ricordi da lui posseduti della Re-
pubblica e dell'Impero....
» Si compiaceva di mettersi i galloni, d'immaginarsi 'di es-
sere ufficiale di questo o quel reggimento; e allora l'assisa
del reggimento era li pronta con l'elmo e con lutti gii acces-
sori, come se la sua ordinanza glie li pcjrgesse. Taceva vestir
da soldati con vecchie uniformi suo fratello e i nipoti, per
riceverli alla sua tavola... Era. nella sua passione, un uomo vera-
mente curioso, e, come tutti gli appassionati, di un'estrema
suscettibilità... Per ringraziarlo, in un certo capodanno, io ebbi
l'idea di mandargli una cassa piena di scelte leccornie: la
cassa fu accolla con improperi. Io d(jvetli fargli molte scuse
e riassicurarlo: k Ma, mio caro signor l'illardeau. tra amici,
si fanno di queste cose! »
Del resto, per tjuanto quei documenti fissero sapiente-
mente raccolti, non potevano fornir altro se non gli elementi
della \'ita. La vita stessa era creata da Meissonier coi suoi
s/ì////, da lui prediletti quasi più dei suoi quadri, in ragione
delle dolci ore di lavoro ritornanligli alla memoria. Krano
MKISSONIER
■' la sua carne e il suo sangue >'. Il suo ideale sarebbe state
:.- ! • 1 1(V,;. I) IN-SEGXE.
(Acquerello «1 Metropolitan Museum di New-York.)
di lar soltanto de^li schizzi, di prender qua e là delle note
vive e di ^iettarle sulla tela cosi « come Pascal gettava sulla
IL MAESTRO
carta le sue noie sparse <■. senza la falica della ci)mp<jsizione
pittorica.
r)opo la sua morie, un cerio numero di questi s///(// sono
siali riuniti in due volumi, e dimostrano con qual tenacia e
con quale audacia egli perseguisse ciò che voleva rendere. ^ e
n'ha taluni che rappresentano lo stesso soggetto ripreso tre
o quattro volle. La dilferenza consiste in un gesto più natu-
rale, in un raggio di luce meglio diretto, in un'espressione
di fisionomia, in uno sguardo, in un nonnulla; altri invece
sono stati compiuti di bollo; altri, infine, sono semplici ab-
bozzi, indispensabili per fissare un'attitudine, il movimento di
una gamba di cavallo, la posa di un cane disteso, l'assesta-
mento di un'armatura, il tòno di un volto, il profilo di un
elmo, le pieghe di un calzone di pelle o d' una gambiera. Il
suo occhio penetrante, avvolgeva e fermava lutto ciò che gli
riusciva di cogliere. « Thiers parla del lampo delle sciabole :
io lo faccio vedere ». Ma per ■< far vedere > quante ricerche,
quale coscienza, quale scrupolosità! A lui non bastava il ri-
cordo derivato da un' osservazione continua. (Quando dovè
preparare per il fSoy un angolo di campo lavoralo, si recò
in piena campagna a schizzare alcune zolle di terra. Dice-
vasi, sorridendo, negli studi dei pittori, che. per dipingere
un soldato in un campo di grano . occorresse a Meissonier
prima di acquistare il campo, poi di ricercare il soldato nelle
caserme: il che egli, del resto, non negava.
Di)po la campagna d'Italia, s'era proposto di fare una
serie di sludi sull'esercito. Uno di essi esiste ancora: sono
alcuni soldati di fanteria accampali, con l'arma al braccio: il
sergente, sul davanti, fa la chiama. Quanto agli altri sludi, egli
ne conservava i modelli nella mente. Quello dell'artiglieria
gli fu fornitojdalla batteria della Guardia comandata dal ge-
nerale .Mellinet. ferito in una guancia a .Magenta dallo scoppio
di ivì obice.
La cavalleria doveva avere un posto d'onore. Il cavallo
74
Ml-:iSSONIER
era cliveiUal<j pei" Meissonier, verso la metà della sua carriera,
il su(j studio prediletto; ed egli ne rinnovellò la scienza.
Meissonier non ignorava che gli antichi, specialmente
gli Assiri, conoscevano tutti i moti del cavallo; tuttavia, si
lusingava di averli ritrovati lui. per la prima volta, dopo gli
.\ssiri. A suo credere,
i moderni . anche i
più valorosi, non ave-
van fatto che dei ca-
valli conven7,i(jnali;
" e quei tipi arbitrari
erano cosi ben pene-
trati nel dominiij della
pittui'a. e il pubblico
vi credeva cosi supi-
namente, che gli erano
')Ccorsi molti anni di
lotta assidua per far
accettare la verità >■.
Egli si teneva al
Corrente di tutti i la-
vori che potessero
contribuire alla sua
istruzione. .Nessun na-
turalista , astronomo
o fisico seppe mai più di lui ciò che si pubblicava nei due
mondi. Nell'estate del ib>79, un giornale, la -Wr/i/n-, pubblicò
alcuni atteggiamenti di cavalli, ottenuti, diceva, da alcune
fotogi'afie americane. Molti di quei modelli furono o^erti a
Meissonier, il quale, a l'orza di lavoro, aveva finito per ren-
dersi completamente ragione del passo naturale del cavallo,
che è assai difficile a riprodurre, e del trotto che lo e men(j.
« Ma di quel diavolo di galoppo, non arrivava a esser mai
contento; aveva un bel prestarvi tutta la sua attenzione! »
LA Vi-DliTTA.
•tacine ;i S. A. R. il Duca d'Au.nale
(Galleria di Chantilly.)
IL MAESTRO
Or ecco che un americano aveva scoperto il segreto!
« Verso l'autunno del 1879, un mercante d'America gli pre-
sentò un certo signor Leland Stanford, già governatore della
California, che lo pregò di fargli il ritratto. Meissonier rifiuta.
Stanford, allora, gli parla di quelle famose fotogralle sui mo-
vimenti dei cavalli, soggiungendo che erano state eseguite da
lui. Un suo amico, anzi, raccontò che aveva anche speso per
ciò centomila dollari. E questo era una picciolezza, giacche
Stanford possedeva altre centinaia di fotografie sconosciute
in Europa e ben altrimenti interessanti ; ne aveva pure sui
movimenti dei buoi, dei cervi, dei cani, degli uomini combattenti,
lottanti, in atto di far salti mortali, ecc., ecc. « Io era in
estasi ! Non avevo più da fare con un milionario, ma con un<j
di casa. E gli promisi il ritratto. »
Però in questo, come nelle altre cose, le ricerche altrui,
anche ottenute con la macchina fotografica, non gli servivano
altro che di controllo. Lo studio diretto, anzi tutto; così che.
d'estate, abitando a Poissy, egli era sempre presente al campo
di manovre di Saint-Germain. Talvolta, quando, a un tratto,
gli appariva un movimento da gran tempo ricercato, ritornava
a spron battuto allo studio per lissarlo sulla tela, oppure
chiedeva il polsino a sua moglie per disegnarvelo a volo.
Ma come sorprendere nella lor mobilità fuggitiva tutti i
particolari del lavoro muscolare dei cavalli? Con quella inge-
gnosità di mezzi che gli era naturale, ma che più veniva acuita
dall'intensità del suo spirito analitico, costruì nel suo parco
di Poissy una piccola ferrovia lungo una pista; e seduto su
di un vagoncino, di cui alfrettava o moderava il cammino a
seconda, seguiva la corsa parallela del cavallo montato da
un domestico. In tal guisa, era giunto a scomporre e a notare
<■ perfino nei loro fremiti le andature più rapide e più difficili «.
La riflessione, poi. completava ciò che l'osservazione gli aveva
fatto vedere.
Esser pittore — soleva dire — significa essere assuefatto.
MIÌISSONIER
a una logica rigorosa, a trovare il come e il perchè, a risalire
dagli eljelti alle cause. La natura non cede i suoi segreti se
non a chi la stringe da presso. Non basta guardarla e am-
mirarla; conviene domarla. « Io sarò ingenuo, ma nello stesso
tempo son come un trapano che fora le cose da parte a parte ».
(Juale si rivelava nello stud/o, tale Meissonier era nel-
'"esecuzione definitiva dell'opera, con ancor più ardente bi-
. ..-; GIORGIO — VEN'lZIA.
(Dipinto.)
sogno di verità. Kgli lavorava, tenendo accanto gii abbozzi,
alla portata dell'occhio; ma più spesso ritornava direttamente
al modello. la natura. Per impedirgli questo consulto. « sa-
rebbe occorso rinchiuderlo ». lu"a una vera lotta che impe-
gnava con la natuia. v la sua schiava favorita e necessaria ».
«Sì. la mia schiava », ripeteva, indugiando sulla parola:
« ella deve obbedirmi; non e la mia padrona ». In fondo,
era il suo modo di tradurre l'adagio classico: homo additns
luituni'.
IL MAESTRO
In tal modo sono spiegabili le preferenze per i soggetti
che agitavano tutto il suo pensiero.
Meissonier sarebbe stato un delizioso paesista. Le sue
vedute di Venezia, di Antibo. di Évian. di l^oissv sono squi-
site. Gli è che sentiva profondamente il fascino penetrante
delle acque e dei boschi, i misteriosi silenzi dell'aurora, que-
gl' istanti divini in cui, come in una segreta armonia, il cielo
OLIVO DEL PONTHEIL IN' ANTIBO.
(Acqutrcllo.-,
e la terra sembrano congiungersi e invitare l'uomo a isolarsi
dai romori del mondo; i fascini della sera lo rapivano. « Ah!
la bellezza dei tramonti di aprile, con i lor tòni vermigli
e il liammeggiamento del cielo su cui spiccano le piccole
foglie novelle della quercia, verdi a simiglianza di perle verdi!...
Ah! gli scintillìi d'oro delle foreste in ottobre!...» Dinanzi
a questi solenni spettacoli, i suoi occhi s' inumidivano di la-
V^EISSONIEH
^rime. « (Juando bisoiinerà andarsene — diceva — dopo co-
loro che io amo. quel che di più rimpiangerò, non saranno
le città, i musei, le opere, infine, dell'uomo; ma la natura
del buon Dio , i campi , i boschi , le cose che dicono inani-
mate e che tante volte m' han fatto piangere di ammirazione.
È cosi bella la luce, è cosi bella la natura! É cosi dolce,
ammirare, o mio I)io!... Felici i paesisti!... » Kgli sentiva la
natura da poeta; e ne godeva da pittore: « poiché il pittore
ha di vantaggio sul poeta il diletto dei colori, le carezze del
pennello, le quali pri)ducono sensazioni incomparabili. »
Tuttavia, tali vivaci impressioni non avrebbero sempre
sorretto il suo ardore. Dopo aver lungamente goduto dei pae-
saggi della Svizzera, se n'era stancato; e non volle ritornar
]DÌù né ai laghi, né sulla montagna.
Lo stesso dicasi dei ritratti. (Quelli del dottor Lefevre,
di Chenavard, di Vanderbilt, del dottor (juyon. di Stanford,
di Vittorio Lefranc. di Alessandro Dumas, sono dei capola-
vori. .Meissonier pensava argutamente che non si ritrae bene
se non la persona amata o conosciuta a fondi); e confermava
la teoria con l'esempio, poiché, dei suoi ritratti, più di qua-
ranta su cinquanta sono lavori di amicizia. .\la non meno
giudiziosamente pensava che se, dopo l'intimità della posa,
come dopo una relazione contratta in viaggio, due amici, co-
noscendosi meglio, debbono affezionarsi di più, possono anche,
per la stessa ragione , intendersi meno e guastarsi. In un
momento di distretta, egli aveva avuto l'idea di dedicarsi al
ritratto; ma occorreva un eccessivo sacrifizio della sua per-
sona: e né il suo ingegno, né il suo carattere avrebbero potuto
resistere a quella troppo lunga prova.
Era veramente lieto allorché, dopo aver lungamente ma-
turato un soggetto — soggetto di genere o soggetto storico
— imprendeva il quadro. Nessun fondo preparato; nessuno
schizzo, o quasi; nessun contorno: dapprima il rilievo, in blocco,
come fa lo scultore, il contorno dopo il modellato. Nessun
IL MAESTRO
79
calcolo, insomma, di nessuna specie, né di procedimento,
né di preconcetto: obbediva all'impulso.
« Di fronte alla natura » — quante volte questa nota
ritorna sulle sue labbra nelle torme più diverse! — « io
sono come un bambino; nulla so prima; la guardo, l'asci^lio;
ella mi inebbria e mi sugge-
risce il modo di avvicinarla
e sposarla. Io mi fermo dove
capita... Son come il caccia-
tore che tira su ciò che fugge;
non amo prendere di mira il
fogliame... La matita cammina
con troppa lentezza ; mi oc-
corre il pennello che suscita
all'improvviso il punto lumino-
so... Io dipingo come il vento...
Un musicista inspirato non fa
più rapidamente vibrare i suoi
tasti. Io non mi curo se non
dell'intensità dell'espressione. »
Alcuni hann(j chiesto per-
chè la donna occupa si poco posto nella sua opera; egli
stesso ne dà la spiegazione: « Le tenerezze del pennello non
sono fatte per me. »
Per una rara concordia di qualità contrarie, cotesto im-
peto artistico non era eguagliato che dalla sua pazienza. Vio-
lento all'inizio, era tardo al compimento della sua opera Non
gli doleva riconoscere di esser giunto a quella rapidità di
concezione solo dopo quarant'anni di lavoro accanito; anzi
se ne faceva un titolo di gloria. Se non voleva che lo sforzo
apparisse nell'opera più inoltrata, nulla concepiva senza quello
sforzo, nulla che non meritasse ogni cura. Altre volte adottava
questo principio « anche per verniciarsi le scarpe», e noi sap-
piamo già che era abilissimo nel legare i pacchi. Di ogni cosa
RITRATTO DI PAUL CUENAVARD.
(.Musco J. Lione. I
8o MEISSONIER
esili notava — si può esser compiaciuti, quando la si faccia
bene. Diceva al dottor Guyon: « Io sento parlare di foto-
grafìa; ma dove andrà il piacere dell'artista, adoperandola?
Non ci sono che le cose divertenti che facciano un male
enorme. Non spiacerebbe a voi. per esempio, se in un'ope-
razione delicata il vostro istrumento andasse da solor »
« La pittura vile è la pittura di un vile » scriveva Dela-
croix; e Meissonier a sua volta: « Il meglio, nemico del bene,
è il dogma dei pigri. »
Ritoccava, ripigliava ogni suo lavoro, lo rifondeva. Il iSoy
è restato quattordici anni sul cavalletto. La sera, spossato
dalla fatica, credeva di aver trovato ciò che cercava: la
dimane , rientrando nello studio , cancellava tutto. Gli e per
questo, che, lavorando sveltamente, non sembrava svelto:
era sempre daccapo. Quanti uomini e quanti cavalli aveva
ucciso nei Dnigoìì/ per riprodurre più esattamente una gamba
o un braccio! « \\ sono là due o tre quadri l'uno suiraltr<3 »,
ond'egli chiamava certe tele le sue « tele di Penelope. » L'ap-
prossimativo lo sdegnava; e. per il bisogno di essere com-
pleto, era pronto a sacrificar tutto, il riposo, i piaceri, la sua
più legittima impazienza. Sul punto di spedire i /)n/(!;o/7/ per
l'Esposizione (i883), un dubbio lo punge: il numero di matri-
cola appostovi era esso giusto? Per tal dubbio sospende l'invio
fin che non ha verificato e cambiato. Era stato il primo ad
accorgersi che, nel Solferino, il movimento del cavallo del
primo piano, il cui cavaliere contempla un cadavere, non era
precisamente esatto; ma quando l'aveva dipinto, non « posse-
deva » ancora il cavallo! Un'uosa attaccata male gli offendeva
lo sguardo; voleva che si potesse passare il dito tra i lacci.
Questo tòcco impeccabile era la disperazione degl'incisori.
« .Mio caro confratelhj, — gli scriveva l'incisore llenriquel-
Dupont — quando uno di noi esamina un quadro, si chiede,
per prima cosa, ciò che potrebbe sopprimere; con voi. m'ac-
corgo subilo che non è possibile toglier nulla. >■
;iri.:\rro in vrrroiao leikaxc. iSSi.
(Appartenente alla sua vedova.)
Meissc
8; MrClSSONIKR
Attentissimo alla critica. Mcissonier accettava solo l'elo-
gio che si taceva da se : bisognava che l'osse contento lui.
Non mandava liiDii nulla senza la sua firma, e non firmava se
non ciò che era perfetto, ossia quella perfezione di cui aveva
l'irresistibile sentimento. .Mai stanco, mai sfiduciato, «con
delle volontà feroci, accanite, arrabbiate ». faceva gioinate di
dieci e dodici ore. in piedi, nel suo studio o all' aria aperta,
d'estate con trenta gradi di calore, e gli occhi riarsi dal sole:
d'inverno, con dieci gradi di freddo, i piedi nel fango. « Io
non credo che mi si possa accusar mai di non aver avuto
coscienza ■> — poteva giustamente esclamare. ( )i bene: di tutti
gli ammaestramenti, non era forse questo il più utile e il più
bello?
CAVALLO AL TROTTO.
(S.-h;77,. a penna.)
HRIGIONILRI.
Q'
IMMAGINE KliLIGIOb*
(Giovinezza Ji Melssor.ier. )
LUOMO
UANTO più mi avvicino al leimine della
mia vita di lavoro — scriveva Meisso-
nier a un amico — altrettanto mi allontano
dalle cose che non hanno per iscopo la verità
o il bene : e se tento di lasciare un buon nome
come pitl(ji"e. più ancora lento di lasciarlo
come uomo. >■
Cotesta preoccupazione era fissa in lui, e
lili liìitretiens ne forniscono la prova, quasi
a ogni momento della sua esistenza. Egli non
concepiva che alcuno si arrogasse il diritto di
vivere la vita da dilettante, di passarla come un
\'iaggiatorc. di rifiutare il proprio contributo
84 MEISSONIER
alla cosa pubblica; quanto a lui. poteva menar vanto di non
aver mancato mai al dovere di cui fissava cosi rigidamente
le regole.
Meissoniei" trascorse quasi tutta la sua carriera a Poissy.
Sembrava che il destino ve Io tenesse. Da giovanetto era
passato per quei luoghi con un centinaio di soldi in tasca,
un pezzo di pane sotto il braccio, e la scatola da colori tra
le mani, per recarsi a iMeulan, presso lo scultore Marocchetti;
e, quantunque le strade avessero allora l'aspetto di letamai,
serbava di tutto un dolce ricordo. Suo padre aveva divisato
di acquistar colà, sulla riva, un terreno per costruirvi un
deposito di mercanzie. Meissonier vi si stabili nel 1845, e
non se ne allontanò più, né anche quando ebbe un palazzo
di sua proprietà a Parigi. Aveva acquistato una casa che di-
pendeva dalla vecchia abbazia; e quando incominciò a rico-
struirla, trovò sotto il pavimento della camera principale, in
una bottiglia sigillata, una carta datata " dal Monastero di
San Luigi di Parigi, 1679. " Il monaco, diceva la carta, era
venuto colà « per fare certe riparazioni e rimediare al disor-
dine, per ordine del Re »; e pregava nel contempo coloro
che scoprirebbero il deposito di far dire delle messe per il
riposo della sua anima.
.Vleissonier . che aveva eseguito appuntino le intenzioni
del monaco, amava la calma di quel ritiro solitario, e a poco
a poco , di ciliegio in ciliegio , di prato in prato . ne aveva
allargata l'estensione.
Dopo il suo secondo matrimonio, andò ad abitare sulla
spiaggia, in casa della suocera, una casa fabbricala da venti
anni , secondo i suoi disegni e rallegrata da una prospettiva
bellissima: da un lato, il ponte col molino della Regina-Bianca
e con le sue vecchie arcate, a traverso le quali scorgevansi
la punta delle isole, i meandri della Senna e i profili di
Mèdan ; dall'altro, la libera campagna di Carrières, il vasto
cielo e l'orizzonte luminoso. La lieta animazione di quel pae-
L' UOMO
saggio Io giocondava tutto (i). Nel 1882, poiché il castello
delie Carrieres. Champtleury. era slato messo in vendita, egli
fu a un punto dal diventarne proprietario; giunse fino a cen-
tosettantotto mila lire, ma l'incanto sorpassò questa offerta.
Si era per altro affezionato a Poissy anche pei" il bene
che vi faceva. « Ho desiderato di essere sindaco del mio
Comune — disse un
D
\^n^/
giorno — e lo sono . 0 '
stato, poiché credevo
di riuscire utile a
qualche cosa. » A
trentaire anni , du-
rante la rivoluzione
del 1 848 , fu per es-
sere trascinato nella
vita politica. Che po-
teva guadagnarvi?
Gli sarebbe stato dif-
ficile dirlo, appunto
come in seguito con-
fessò. .Ma egli era.
come allora si diceva.
un liberale. Giovanissimo ancora, e mentre doveva guada-
gnarsi giorno per giorno la vita, un editore realista gli aveva
proposto d' illustrare una S/or/a della Varnica. « Se fossi vis-
suto in quei tempi - rispose .Meissonier — avrei combattuto
tra le file degli azzurri: non saprei perciò concepire, né espri-
mere le cose secondo il vostro sentire. Forse qualche episodio
potrei riprodurre, come ad esempio quello del generale Bon-
champ che perdona i prigionieri repubblicani; quanto al resto,
TESTA DI FR.\Ti;.
(Stilizzo ., penna.)
(i) « Oggi, 25 nuggio 1890, sentendomi debolissimo... ho pensato di dettare le
mie volontà... Desidero di essere sepolto nel cimitero di Poissy, in nn terreno gii acqui-
stato da colei che prescelsi a compagna dei miei ultimi giorni — sotto la tomba di suo
padre .\doIlo Bez.mson. » (Esìratlo ila! Icslamenlo di Meissonier).
86 MEISSON'IER
non è affiir mi(j. • Eouale rifiuto aveva dato alla richiesta del
disegno pei" una medaglia che rappresentasse Guizot alla tri-
buna nel ,y;iorno in cui l'illustre statista pronunzio la frase
famosa: <■ l^e vostre ins^iurie non giungeranno mai all'altezza
del mio disprezzo. >■ Egli ammirava l'ingegnij dell'oratore,
ma non s'entusiasmava per la sua politica, l'iesentiva immi-
nente una trasformazione sociale, e avrebbe voluto savia-
mente prepararla.
La dimane del 24 febbraio, i suoi migliori amici, Deze,
Terrier, lo stess<:) .Marrast. lo spinsero a presentarsi candidato
alla deputazione. Lamartine lo raccomandò vivamente con
questi termini: ■« uomo di cuore, patriota devoto, e nello stesso
tempo artista di genio ». Egli vi si piegò, l'unica volta in vita
sua. .Mail suo avversario vinse, ed era un notaio di l'oissv;
il signor Hezanson, amico suo, padre di colei ch'egli doveva
sposale in seconde nozze.
Pare che due questioni sopra tutte lo preoccupassero
allora: il bilancio dei culti e la riforma dell'istruzione pub-
blica. .Noi sappiamo il suo riserbo nelle discussioni metafi-
siche; ma circa la politica religiosa era, in massima, più
audace, e le idee da lui espresse su questo tema durante
il 184S. non sembra siansi modificate nel corso della sua vita.
Egli dunque alfrontava la questione dei culti « sotto due
punti di vista, uno assoluti:) e uno pratico ». • 1 )al punto di
vista assoluto — diceva — se si prescinde dal tempo e dal
paese in cui viviamo, se si astrae dai costumi, dalle abitudini,
dai diritti acquisiti, io penso che ciascun cittadino deve pagare
il suo culto, e che l'unico ufficio dello Stato deve essere di
conciliare, mediante una sorveglianza protettrice di tutti i
diritti, la liberta indi\-iduale con l'interesse collettivo. .Ma se
si considera che, a causa di una tradizion secolare, il popolo
e abituato ad annoverare la pratica religiosa tra le funzioni
pubbliche: se si pensa a quei quarantamila preti che sareb-
bero bruscamente piixali delle prebende gaiantite lon) dalla
L'HOMO 87
società, si comprende allora la necessità di una transazione
Io accetto, dunque, come risultato l'osservanza di questa mas-
sima: che ogni devoto paghi il pi-opri(ì culto: ma credo
si debba pervenire a ciò solo a piccole tappe. Senza precisar
nulla al riguardo, io indicherei un procediment<j applicato in
casi analoghi: quello cioè consistente nel cancellare dal bilancio
i pagamenti a misura che gli uffici siano vacanti per la morte
o per il ritiro di coloro che l'occupano. Anche questo potrà
sembrare troppo torte, e credr) benissimo si debbano ricer-
care altri accomodamenti... »
In fatto d'istruzione pubblica, si mostrava più rigido. Il
16 maggio 184S, proponendo un'immediata radicale riforma,
conchiudeva: " Si parla dell'Università: veramente io la
credevo morta . e se non m<jrta . assai inferma. Kra una
persona molto pedante: sopra tutto era un'aristocratica, che
abbandonava i tìgli del popolo nelle mani di istitutori gros-
solani . ripagati di soli disprezzi. P2ssa concentrava le sue
tenerezze su tre o quattro centomila privilegiati, messi al re-
gime lussuosi.) del greco e de! lalinij. Straniera alla grande
idea del 1 7* )0 . che proclamava i dii'itti di tutti a una edu-
cazione nazionale, essa considerava come contrabbando ogni
sistema liberale ed economico che tendesse ad allargare
r angusta cerchia in cui si chiudev.i. Da ciò quell'esame di
laurea e quel certificato di studi universitari posti come
una cinta doganale all'entrata delle pubbliche carriere. Ma la
rivoluzione di Febbraio ha mutalo tutto ciò. < )ggi, l'intera
nazione chiama tutti i suoi figli a gi:)dere dei benefici dell'e-
ducazione, la quale distrugge le varie distinzioni scritte nelle
nostre leggi, sostituendole con un vasto sistema di eguaglianza.
Vorrei poter mostrarvi questo sistema cosi com" e compreso
da me; indicarvi lo Stato che pone in ogni comune, a lato
del sindaco, un istitutore impartente a tutti i fanciulli un'edu-
cazione elementare. All'età di d'jdici anni, cotesti fanciulli,
preparati in quella guisa, sarebbero riuniti al capoluogo com-
88 M 1£ I S S O N I E R
partimentalc, in una grande scuola, dove maestri accurata-
mente prescelti si occuperebbero, mediante un complemento
di educazione generale, del loro sviluppo lìsico. morale e in-
tellettuale... )) Se il giudizio suir Università è severo, si dee
convenire che non è privo di giustezza. Aggiungiamo che lo
schema abbozzato da .Meissonier non difettava punto, dati i
tempi, ne di gravità, né di ampiezza, e che s'inspirava a un
sentimento democratico illuminato.
« Come colui che non può restare al suo posto, mentre
nel suo paese si svolgono grandi latti ". Meissonier, non ap-
pena scoppiata la guerra del i<Syo. erasi recato a Metz. Lo
Stato -maggiore l'accolse quasi come un nunzio di vittoria.
Eran passati soli pochi giorni, ed egli stimava la situazione
disperata. La mattina dopo Forbach e W'issembourg. scri-
veva (I) (8 agosto iSyo :
« Ah! che giorni crudeli, che angoscia! Che sarà di noi,
mio Dio! Questa lettera, forse, e l'ultima che potrà giungervi:
certo, domani, le nostre comunicazioni con Parigi saranno
interrotte, e noi saremo chiusi dentro Metz. Povera Francia,
povera patria cara! Aver nelle mani un esercito cosi bello,
così liero e cosi coraggioso, cui nulla, se condotto bene, po-
teva resistere, e farlo sterminare a brani! Xoi soffochiamo
tutti qui, di rabbia e di disperazione inesprimibili. Restare
irresoluti, quando i minuti sono tutto, scongiurare un di-
sastro per prepararne un altro, far scorrere senza frutto e
senza gloria il sangue più puro e migliore del nostro paese
diletto! La nota dei morti è cosi lunga che io non oso sve-
larla. Reggimenti interi procedono innanzi e non ritornano
più. Ah! la guerra e una vera scienza: e quando, per lunghi
(]) L.i lettera è indirizz.ita Mi signoriii.i V.. Bezanson.
L'UOMO 89
anni . si è lasciato al nemico tutto l' agio di acquistarla, e
quando noi l'abbiam dimenticata o disprezzata, bisogna restar
filosofi e non lanciarsi alla cieca in si terribili cimenti...
Ah si ! io ricorderò lungamente quei giorni di Metz e quelli
che sciaguratamente seguirann(j; poiché non vedo in che
modo si possa uscire di qui.
« Io voleva montare a cavallo, per giungere in tempo a
Verdun, a F<eims o a Soissons. Mi dicono che sarebbe impru-
dente, poiché già si mostrano sulla strada le punte della ca-
valleria nemica. Il nostro disastro e grande: tutto sembra
perduto, se non segua un miracolo. Potete bene immaginare
il mio stato; nulla ho potuto fare, nulla assolutamente: non mi
sento neanche la forza di scrivere, ed e solo per voi che fo
questo sforzo supi-emo.
« Addio per sempre ai quadri militari! (Juesti poveri
umili eroi son tuttavia sublimi , e meriterebbero pure che
qualcheduno consacrasse il suo ingegno, per grande che fosse,
a dipingerli degnamente. ( )himè! quel riverbero di gloria onde
erano una volta illuminati non sarà più.
« .Mio Dio, quanto sojfro! E qual tripudio devono pro-
vare gli altri, quei selvaggi ! Oh. l'eterna storia dei barbari
che si piopongono per fine la conquista, e degl' inciviliti che
nulTaltro desiderano se non il godimento del possesso!... \^ia.
non parliamone più...
« Perdonatemi questa lettera cosi riboccante d'angoscia,
e direi quasi di lacrime. .Ma io spero che voi sentiate e pen-
siate appunto come me. Implorate un prodigio. Io vado spesso
in chiesa, e prego con fervore cristiano...
« Farò forse domani un altro tentativo di partenza, b'orse
partiremo tutti; giacche ad ogni momento si muta risoluzione.
Stamane si doveva partire per ("halons; decidemmo di rima-
nere ancora; ma stasera si Gambiera probabilmente un'altra
volta consiglio... Ah, lo sciagurato che con la sua incapacità
ci ha a:ettati in tanto disastro !... »
MKISSONIER
Meissonier più non era e più non si sentiva che una
bocca superflua, lulli gli ufficiali lo es<jrtavan<) di rientrare
in l'arigi, dove, comunque, avrebbe potuto rendersi utile. P'.gli
riprese adunque la via del ritorno.
Partito sui primi albori dalla barriera di Sainl-Maitin —
dove aveva trovato ricovero presso una buona famiglia — in-
dossava un costume bizzarro: ampi stivaloni militari, una
giubba di stof)a bigia, il mantello ad armacollo, la sua croce
di commendatore sul petto, e nessun bagaglio. In questa
foggia stramba, ad ogni tappa e costretto di farsi riconoscere,
mostrando una caria da cui appare incaricato di una missione.
A Gravelotle , a Contlans , in tutti i villaggi lungo la
strada, l(j circondano, lo interrogano, lo minacciano: dovunque
la terribile parola di « spia » gli ronza all'orecchio. Occorre
dunque che i gendarmi, i quali da prima volevano arrestarlo,
ora lo proteggano. Negli alberghi dove discende, le fantesche
scappano non tosto lo hanno servito. In altri tempi questa
diffidenza lo avrebbe sdegnato e avvilito; oramai non sente
più che il suo dolore. Metz gli sta sempre davanti agli occhi
e nell'anima; e quasi che le amarezze presenti non bastassero,
i ricordi luminosi della campagna d'Italia gli rifioriscono nella
mente. h>gli rivede le strade pavesate dei villaggi e delle città
lombarde; livede le finestre adorne di variopinti tappeti e di
glandi bandiere; rivede la piccola pieve di Castiglione, dove
aveva pieso alk)ggio, risplendente di luce e di allegrezza, e
la gioconda faccia del vecchio curato che gli aveva offerto
una lazz;i di calle prima della partenza, e il mazzetto di mar-
gheritine e di verbene attaccatogli alla bottoniera dalla vispa
nipote del prete, tenui, ma commoventi omaggi tributati al
vincitore.
Per gran ventura, a \ erdun. egli litrova un vecchio ca-
merata di collegio, col quale aveva stretto amicizia in casa
Ferriot. e un colonnello della Guardia già di guarnigione a
Sainl-Cìermaiii. Pei' raggiungere più presto Chali^ns. si getta
L'UOMO 1)1
come un sacco in un treno di bestiame, in tondo a un car-
rozzone, sopra uno strato di pao;lia. stordito dalla confusione
immensa, tra una folla rumorosa di coscritti. Ma quale stupore
nel riveder l-'arigi cdsì calma e cosi fidente, mentre a non
più di cinquanta lei^he ruiigiva il tumulto dell'invasione! I.a
sera stessa del suo ritorno a I *oissv, eoli conobbe la disfatta
di Pìorny e, due giorni dopo, la battaglia di Gravelotte.
.Meissonier deplorò sempre di non aver scritto una cro-
naca quotidiana dell'assedio di l'arigi. Ma ebbe subito, a
Poissv, l'intenzione di compiere il suo dovere di cittadino, e
andò a trovare Trochu. « (ìenerale. ecco la situazione ili
Poissv: una prigione centrale, e neanche un soldato: datemi
la guardia nazionale, ed i(j rispondo di tutt<j. >>
Sfortunatamente, al prim<j controllo si verifico che in
tutta la città non c'era un solo fucile adoperabile; nulla di
organizzato e nulla di organizzabile per la difesa.
.Mlavvicinarsi del nemico , egli coire nuovamente da
Trochu. '< lo non posso più restarmene laggiù; — c<jsi gli
dice - e tanto meno lo posso quanto e più facile che gli
ufficiali prussiani mi usino qualche riguardo. Sono libeio; la
mia famiglia sta al sicuri); mandatemi l'ordine di lasciare il
comando dove nulla c'è da taie . e obbligatemi a ritornare
a Parigi. » Non avendo allora domicilio stabile alla capitale,
si installi 1 in via Saint-Georges, in una stanza d'affìtto cedu-
tagli da un amico.
.\ddetto in qualità di tenente-colonnello allo Stato-mag-
giore della piazza, aveva specialmente 1' incombenza d' ispe-
zionare gli avamposti e di condurvi le truppe d' operazione.
L'n giorno, sul linir di dicembre, venne nìandato ad .\rcueil-
Cachan. « Quel giorno — nanano gli Riitrclidis , - vidi
veramente piovere la morte, l-'er la lunghezza di un chilo-
metro, sopra un terreno reso sdrucciolo dai ghiacciuoli. do-
vetti recarmi da solo fino alla casa di Kaspail. avendo lasciato
il mio attendente indietro e al sicuro. Pe granate aravano il
suolo con un sibilo sinistro, che non finiva mai. »
M E I S S O N 1 E II
Meissonier era tra coloro che volevano la lotta a tutta
oltranza. Dimenticando i pericoli minaccianti dentro Parigi,
deplorava che non si cavasse miglior partito dalla Guardia
nazionale. « Voi togliete un uomo ai campi — andava ripe-
tendo negli uffici dello Stato-maggiore — e non avete fiducia
nella parte migliore dei cittadini, che si dichiarano pronti a
tutto e fino alla fine! » E quando vede approssimarsi la so-
luzione fatale, non può reprimere un grido di terrore (dome-
nica 22 gennaio 1871 . Fino a quel giorno, illudendosi di
scorgere un barlume tra le tenebre fitte, egli ha sperato. Se
a sera, piegando i" ginocchi, pregava Dio di proteggere i suoi
diletti, durante la giornata ne evitava perfino il ricordo, temendo
di cedere allo scoramento. « Oggi questo fievole barlume è
spento: oggi tutto è nero. E vicino l'istante in ,cui noi diver-
remo preda di quei selvaggi ! » Infine, la morte del pittore
E^nrico Regnault. caduto gloriosamente nella fazione di Bu-
zenval, lo prostrò.
Non perdonò mai alla Germania la sua vittoria, e meno
ancora il modo con cui ne abusò. L'aveva un tempo molto
studiata e molto amata in .Vlberto Dùrer, Holbein, Goethe.
Serbava religiosamente il ricordo d'una graziosa apparizione
della Margherita, a Carlsbad, dove erasi recato solo in bi-
roccino a bere le acque famose : « una giovinetta bionda e
scalza, che andava leggiadramente ad attingere acqua alla
fontana ».
( )r bene; tutte queste immagini soavi s'erano dileguate
dietro i \'osgi, dietro il nuovo confine della Francia. E non
vedeva più altra cosa se non « l'orrore di Saint-Cloud anne-
rito, sventrato, cadente. "
Dopo il 1871, in nessuna occasione volle ricevere il ce-
lebre MenzeI e gli altri pittori d' oltre Reno. Lo stesso
Heilbuth non rivarcò la soglia della sua casa se non dopo
essersi fatto naturalizzare francese. Nominato, all'Esposizione
di \'ienna del 1878, vice-presidente della giuria internazio-
L'UOMO 93
naie, chiese ai suoi colleghi « facoltà a titolo ufficiale e in
nome della Francia, di che gii permettessero // sacrifizio
di non stringere la mano ai tedeschi, a ditj'erenza degli altri
membri della giuria. »
Alcuni anni più tardi, gli venne offerta la croce del
Merito di Prussia : la ritìutò. Gli aveva molto doluto di sa-
pere esposto a Monaco di Baviera il suo ^-l/z/Z/w: .quadro in
cui egli s'è ritratto a cavallo insieme al figliuolo sulla strada
della Comiche. E quando, nel 1881, \anderbilt, il miliardario
americano, gli porto le I/ìJoniiazioni , riscattate a Berlino,
strinse il donatore tra le sue braccia con 1' effusione di un
uomo liberato da gravissimo peso.
La storia tuttavolta gli aveva insegnato che il mondo
non varia per una battaglia vinta o perduta: egli sapeva
che non mancavano esempi di popoli abbattuti dalla fortuna e
risorti per proprio valore. " lo prego Dio sovente: — diceva
— lo prego che non voglia considerare questo nostro paese
come l'albero del \'angelo, l'albero reciso e gettato nel fuoco,
perchè non dava più buoni frutti : lo prego più ardentemente
anctjra che susciti in ognuno di noi la forza della salvezza. •■
Per quanto egli credesse all'efficace infiusso dei grandi
uomini, non amava punto i cosi detti " salvatori ». Tributava
ad Adolfo Thiers un'ammirazione fervente: era orgoglioso di
essere stato prescelto a farne il ritratto, due giorni prima che
l'ex-presidente morisse. Non pertanto, nel 1872. era in certo
modo preoccupato nel vedere i destini della Francia com-
messi a quel vecchio di settantacinque anni. Soltanto dallo
sforzo concorde di tutti i francesi egli si aspettava la salvezza
comune. < Rimettiamoci al lavoro! » — esclamava con maschio
linguaggio sulla tomba di Regnault — ■ Il tempo incalza: non
disponiamo già dell'eternità per rifarci. >
Egli opinava che il reggimento repubblicano dm-esse con-
solidarsi sulla base di un" aristocrazia intellettuale, indipen-
dente e rispettata, uscita da tutti gli ordini della società.
(,4 MKISSONIKR
capace di dedicarsi tutta all' interesse universale " Molto e
sempre si parla della cosa pubblica — notava, non senza
acutezza — e . intanto . ciascuno pensa solo a se. Chiunque
aspiri alle funzioni di consi.Q;liere municipale, poi che fu eletto,
si lagna di doverle esercitare, e considera sciupio di tempo le
poche ore dedicate agli altri. » K risaliva alle più alte fonti
dell'abnegazione. « l'n tempo si sapeva morire: oggi la vita
umana e diventata cosa sacra: da questo sentimento rampol-
lano tutte le ignavie. »
Quanto a lui. era sempre pronto a offrire il buon esempio.
Nel 1880 gli proposero un seggio nel Senato. « Se voi me
lo portate. — rispondeva — l'accetto. Non ho mai creduto
che un artista dovesse disinteressarsi del suo paese. Ogni
cosa che concerne la Francia mi appassiona. "
Su molti problemi del giorno le sue riflessioni erano ma-
ture. In materia d'arte, avrebbe voluto difendere dall'alto della
tribuna il principio della pioprieta artistica, come lo aveva
già difeso nella commissione estraparlamentare incaricata di
esaminare il quesito. Riserbava tuttavia il maggior suo con-
tributo alla politica generale.
" Dura il mal vezzo di negare agli artisti ogni attitudine
ai pubblici negozi. Eppure, se si volesse riflettere quanta lo-
gica, quanta sapienza occorrono per fare un buon quadro! »
Egli s'interessava ai particolari dell'amministrazione militare,
e non dissimulava le sue inquietudini circa il sistema della
nazione armata, credendolo meno efhcacealla difesa del territorio
di quello che non sia un esercito ben addestrato. Nondi-
meno, poiché fu istituita la milizia territoriale, chiese, a mal-
grado dell'età, di occuparvi il suo posto. Sotto l'impressione
dell'intervento inglese in Egitto, esclamava: •> Che peccato
che non vi sia più (ìambetta col suo patriottismo e con la
sua energia! La l^'rancia avrebbe potuto rappresentare laggiù
una parte ammirevole. Se. dopo il bombardamento di Ales-
sandria, la nostia flotta vi si fosse avvicinata, noi saremmo
L'UOMO 0^
sbarcati insieme a.ii\' Inglesi e in veste di liberatori. Or dove
gli eventi vorranno farci indietreiigiare? >' E. a sentirlo, la
perdita dell' Egitto riusciva ali" influenza francese tanto grave
quanto la perdita dell'Alsazia-Lorena.
La situazione inteina della Francia nun Id preoccupava
meno. .\on tralasciava mai occasione di predicare la con-
cordia. Alla vigilia delle elezioni del 1S87 , senza alcuna
esigenza personale, s'era imposto, e non si stancava mai
di raccomandare, questo programma: • In tale decisivo mo-
mento, convien guardar le cose dall'alto, facendo ammu-
tolire qualunque spirito di setta o di consorteria. L'onore
c'impone di affermare dinanzi al paese, che ci ascolta, l'af-
fetto nostro per una Repubblica generosa, liberale, illuminata,
schiudente le braccia tutrici tantoalla Destra quanto alla Sin'stra,
larga di pari ausilio a tutti coloro che la rispettano e leal-
mente vogliono servirla. Bisogna che la logica bene intesa
dei fatti sospinga la nazione tutta in una sola volontà, a un
solo intento: fondare questa Repubblica conservatrice, amica
di tutte le libertà, fautrice di tutti i progressi, preponente i
doveri ai diritti, straniera ad ogni fanatismo e ad ogni intol-
leranza qualunque ne sia il nome e l'origine, ostile a quel
sedicente ■■ libero pensiero » che pretende incatenare il pen-
siero, garante della libertà di coscienza solo usbergo della umana
dignità, indilferente ad ogni particolar forma di culto, non
lontana dall'ammettere che lo Stato, per l'assenza di una re-
ligione ufficiale, tolga di professarne una a chiunque lo voglia.
Non più diffidenze; non più odi. E giunta l'ora di chiamare
a raccolta dai quattro punti dell'orizzonte tutti gli uomini
sinceri, tutti gii uomini di buona volontà. »
Meissonier non fu ne senatore, né deputato. Al di fuori
d'ogni idea di dovere, non gli sarebbe spiaciuto di esser l'uno
o l'altro. Le distinzioni, gli onori, le cariche non lo lasciavano
punto indifferente. .\i tempi di .Michelangelo e di Rubens,
non forse a loro e ai loro pari si affidavano la difesa e la
M I-: I S S 0 N I [i R
rappresentanza ufficiale della patria? Gli sarebbe parso cosi
naturale di essere cliiamato a qualche alta missione! Nel
compieila avrebbe certo adoperata molta finezza, e l'avrebbe
compiuta, alla maniera dei Medici, fastosamente.
I^a prova della sincerità di questo suo zelo per il pub-
blico bene l'abbiamo nella sua stessa riluttanza a sollecitare
i più umili uffici. Sindaco di Poissy. egli non disprezzava
alcun più modesto dovere della sua carica. Discuteva con gli
ingegneri del genio civile le questioni di viabilità e di ornato,
visitava le scuole pubbliche, si univa alla commissione d'e-
same per gli studi primari.
Aveva un modo speciale di intendere 1' msegnamento della
storia, e questo suo modo non era il meno giudizioso. » Si
vuol rimpinzare i ragazzi di fatti senza senso; essi rispondono
senza esitare sulla cronologia da me stesso ignorata; le date
escono loro di bocca quasi per virtù di una molla; il figliuolo
del mio giardiniere ne sa più di me; ma circa poi l'impres-
sione delle cose, circa la moralità degli avvenimenti, felice
notte! meno di nulla; nulla han veduto, nulla capito. Eppure
qual volo si potrebbe dare alle intelligenze giovanette, facen-
dole veder bene e sempre! Non c'è Comune francese che non
abbia il suo ricordo eroico degno di essere descritto, di es-
sere citato ad esempio. »
Voleva egualmente che l'insegnamento della morale, fon-
dato sulla nozione di Dio. avesse un carattere essenzialmente
pratico e aperto alle coscienze nascenti. E, naturalmente, con-
siderava il disegno quale una tra le basi dell' istruzione pri-
maria, rintracciandovi gii elementi di una lingua comune agli
interessi delle classi lavoratrici e insieme 1' occasione di un
godimento a lutti accessibile. Quando furono costrutte le
scuole di Poissy, ne sorvegliò l'esecuzione. Credeva necessario
« che i fanciulli, cosi nell'ordine fisico come in quello morale,
avessero sempre dinanzi l'aspetto dell'equilibrio e della esat-
tezza, e che le classi e i cortili otfrissero ai loro occhi un
complesso di linee pure e di angoli regolari. »
L'UOMO
E, come ai fanciulli, s'affezionava agli umili. In Antibo
gli avvien di sapere che una vecchia comare. Lucrezia, della
quale stava facendo il ritratto, versava nel più crudo bisogno,
e sul momento le assegna una modesta pensione, pagatale
sempre lino alla morte. A Poissy, una domenica. veni\-a
messo all'asta pubblica l'officina sequestrata d'un vecchio ma-
niscalco : egli passa, s'informa,
compra, rimette il pover' uomo
in possesso della sua bottega, e
per compir l'opera gli garantisce
la pigione di un anno. Cotesti
atti di beneiicenza celata e di ge-
nerosità spontanea non son rari
nella vita di Meissonier. Tutti sa-
pevano che era sempre disposto
a pagare di matita o di pennello
per un'opera pia. Più d' una volta,
in vecchiaia, espresse il voto di
acquistare lontano, nell'aperta cam-
pagna, una masseria, e di ritirar-
visi per gran parte dell'anno. « .Mi
interesserei dei poveretti, m'intratterrei con essi delle loro
cose, la sera, dopo il lavoro: li amerei, e ne sarei riamato. »
RITRATTO i)I MtlSSO.MER; l^JA-
Trattava, forse. xMeissonier. i suoi compagni d'arte e i
suoi eguali con la stessa cortesia, la stessa generosità, la stessa
dedizione? Tutto quanto gli Eniretiens ci dicono intorno a
questo punto ha un valore psicologico del più grande inte-
resse. La circostanza di mjn aver mai appartenuto ad alcuna
scuola, di non aver mai partecipato ad alcun gruppo, non
poteva non influire sull'indole sua. Lcco perche sci'b<:i sempre
una tinta di sostenutezza selvatica, propria a tutti coloro pei
q8
MEISSONIER
quali la vita si mostra sui principi inclemente. La menoma
difficoltà gli richiamava alla mente gli ostacoli altre volte in-
contrati: il menomo disinganno, tutti i suoi disinganni. Aveva
il cuore troppo sano e troppo nobile per inacerbirsi; ma si rifu-
giava e quasi s'irrigidiva
"1 in sé stesso.
Non aveva mai fre-
quentato le mostre an-
nuali; non ne ricercava gli
allori; anzi, non li com-
prendeva. Penetrato tut-
tavia dalla coscienza del
proprio valore, non gli
garbava punto che altri
lo disconoscesse. Non si
adontava, se volevano ga-
reggiare con lui, purché
fosse salvo il rispetto
dovutogli. Ma, d'innanzi
a tutto quel che a lui sem-
brava un' ingiustizia o
un'olfesa, rispondeva, a
modo dei timidi scon-
trosi, terribilmente. Ciò
che per altri sarebbe
COSTU.ME DISEGMATO DA MEISSONIER
PER l' « AVEXTDRIÉRE B DI EMILIO AUGIER.
(Collezione di Em. Augier.)
Stato dimenticanza o tra-
scuratezza, per lui era
un oltraggio. Dopo la
trionfale esposizione per il suo cinquantenario, si addolorò
moltissimo che nessuno avesse pensato a promuovere in suo
onore un banchetto. Ma , per quanto la sua collera pronta e
vivace si sfogasse in disprezzi profondi e in motti taglienti ,
altrettanto la sua sincerità buona e cortese riprendeva 1' usato
governo. Alessandro Dumas, che godeva della sua dimesti-
L' UOMO
chezza, ce ne ha lasciato alcuni esempi bellissimi. Chenavard,
il quale non lo perdette mai di vista , diceva che il gran
pittore era più di chiunque docile ai consigli ed anche ai
rimproveri. .Meissonier, ben sapendo •> che volevano gabel-
larlo per un feroce « do-
mandava soltanto < che
lo guardassero più dav-
vicino sotto quella pelle
leonina. »
E gli EìitrctÌL'ììs ce
lo mostrano appunto in
queste ore di calma. De-
votissimo e fedelissimo
ai suoi afletti, aveva in-
torno all'amicizia idee
sit)attamente alte e soavi
che né Cicerone, ne .Mon-
taigne avrebbero potuto
sconfessarle. « Voglio ab-
bastanza bene ai miei
amici per desiderare di
non vederli in alcuna
cosa fallire: li amo. anzi.
a tal punto da desiderare
di esserne invidioso.
(Quando il mio caro Ter-
rien , che si spesso mi
ritorna alla mente, m'in-
tratteneva di tante cose a me ignote, n'jn invidiavo punto la
sua dottrina: ma quando mi parlava di quelle cose che toc-
cano l'anima, e sono la scienza della vita, cose che da noi
tutti dovrebbero esser parimenti comprese, e da lui lo erano
assai meglio di me , gli serbavo quasi rancore di tale supe-
riorità, ma lo amavo anche di più. ■
COSTUME DISEGN'ATO DA MEISSONIER
PER l' « AVEKTURIÉRE » DI EMILIO AUGIER.
(Collezione di Em. Augier.)
MEISSONMER
Aveva fatto un'altra arguta osservazione: che, cioè. « nel
mondo, coloro che una volta contrassero un vero legame
finiscono sempre col riavvicinarsi: la vita disperde, ma le
circostanze riconducono le une alle altre da lungi le anime
nate sotto la medesima stella. »
Sempre gii stessi nomi gii ricorrono al labbro o alla
penna: Terrien, John Lemoinne, Ponsard, Augier... Per lui
Terrien rappresentava la coscienza; la sua. Molte affinità morali
aveva invece con Ponsard, « il figlio diletto della disgrazia; «
mentre chiamava Augier « il figlio diletto della felicità. » E
con Augier visse fraternamente, sotto lo stesso tetto, nella
stessa camera, quasi cooperando alla fortuna <\q\\ Avcnturière.
per la quale disegnò di sua mano i costumi. La morte del
celebre commediografo fu Ira i più profondi lutti della sua
vecchiezza. " Se voi sapeste ciò che ho provato oggi risalendo
i viottoli della Celle Saint-CIoud dietro il suo feretro! (27 otto-
bre 1889). Quante giornate di gi(jvinezza mi rifiorivano nel-
l'anima!... Quante volte ho varcato giocondamente quei sen-
tieri, all'rettando il passo del mio cavallo perchè arrivassi più
presto per ridere con lui ! Che orgoglio son per me questi
ricordi! Quando lo s'incontrava: « Come sta Meissonier? »
gli domandavano; ed egualmente, incontrando me, mi chie-
devano: « Come sta Emilio:'... » Era un uomo così buono,
cosi universalmente rispettato. 11 sentimento dell'onore infor-
mava tutta la sua vita; io, che l'amavo tanto, godevo assai
nel sapere eh' egli mi amasse profondamente. » Anch' io mi
trovai presso la sua salma nel piccolo cimitero. Dopo che
ebbi pronunziato le parole di addio in nome dell'Accademia
francese da me rappresentata , i miei occhi si riempirono di
lacrime, e non potetti rattenere i singhiozzi. Il suo affetto era
grande per gli amici che amava.
.Meissonier fìggeva 1' occhio nel!' avvenire. Era sempre
fiducioso, o non forse rimpiangeva i tempi passati?- l'alvolta
si domandava: » Dove andremo, mio Dio! Di anno in anno.
L'UOMO loi
tutto declina. I grandi morti scompaiono sempre più sul-
l'orizzonte; la loro gloria si sprofonda, lontano: i successori
non sorgono. L'intelligenza, l'anima, nulla hanno a che fare
col commercio che si chiama oggi pittura. E i borghesi acqui-
stano, e i pittori pullulano! È un semenzaio di opere senza
nome, effìmere come i loro autori. » La tristezza gli gonfia
il cuore di fronte a questa generazione, « sincera nelle sue
demolizioni . ma impotente a crear nulla, intenta ad abbassar
tutto, a recidere il fiore divino e a calpestarlo. »
Le esposizioni annuali gli sembravano poco propizie alla
dischiusa dell'ingegno: avrebbe voluto che divenissero trien-
nali. Se però nei suoi sfoghi familiari gli sfuggono grida
d'allarme, la disperazione non lo vince.
Sotto i suoi occhi egli vide spegnersi , in piena giovi-
nezza, due di coloro che promettevano nell'avvenire i frutti
più rigogliosi. E noto qual commovente omaggio egli ren-
desse a Enrico Regnault. Ad Antibo aveva visto Carpeau.x.
divorato dal male che doveva ucciderlo. « Che terribile spet-
tacolo, scriveva, veder questo poveretto morir solo, lontano
da sua moglie e da' suoi figli , curato da un solo vecchio
medico anche infermo! Ancora ieri l'ho visto: era disteso
sull'arena in riva al mare; parlando un'ora con lui. gli ho
procurat<j un gran piacere , mentre egli mi comunicava un
grande affanno. »
Tra i suoi amici, forse, Gemito gli era singolarmente
diletto. Gli piaceva di veder « quella buona natura innamo-
rata dell'arte e di tutto ciò che è grande, d'una gaiezza tanto
spontanea, così piena di fiducia in sé stessa, giacché non
comprendeva il male e non se ne lasciava sedurre ». Egli si
riconosceva in lui, con tutta la sua inesperienza e i suoi entu-
siasmi dei vent'anni. Ma Gemito si assonnava nella pigrizia
delle sue fantasticherie. Meissonier lo richiamava in se, lo
spronava.
Nulla mea:lio della seguente lettera rivela il cuore e lo
MEISSONIER
spirito del maestro che scriveva a Gemito poco dopo la par-
tenza di questi per l'Italia:
0 Mio caro Gemito,
« Poiché vi amo come un figlio . lasciatemi dirvi che
sono un poco inquieto... Siete voi certo di aver fatto tutti gli
sforzi che si attendevano da voi? Vi siete voi detto: Ho in-
contrato della gente che mi ha considerato come un vero
artista, devoto alla sua arte, pronto a sacrificarle tutto; che
mi ha incoraggiato, aiutato; io non ho il diritto di venir
meno a tanta fiducia?... Una grande disgrazia vi è capitata.
(Gemito aveva perduto la graziosa moglie che amava >. lo
ho ben compreso il dolore nel quale ha dovuto piombarvi.
Ma voi siete giovane, siete un artista, e solamente quelli son
degni di tale nome. che. pur col cuore spezzato e sanguinante,
trovano nell'arte loro una consolazione, nel loro dolore una
purificazione, e, debbo dirlo? un argomento di diventar grandi... »
SCHIZZO A PENNA.
IL CAN'E MARCO, ACaUERELLO (189O).
(Ullirao acquerello di Meissonier.)
GLI ULTIMI ANNI
GLI ultimi anni
minati da a;i
di Meissonier furono illu-
];randi gioie, e olfuscati da
grandi tristezze.
Le sue opere non avevano più prezzo.
Attese dagli « amatori >' dei due mondi , acqui-
state prima d'essere compiute, ogni volta che,
per avventura, una di esse usciva dalle mani del
possessore primo, era quasi messa all'incanto in
condizioni sconosciute fino allora a qualunque
artista. « Che storia quella dei miei Corazzieri\
— egli raccontava (1880). Comprati prirria per
duecentocinquanta mila franchi, poi venduti a
Bruxelles per duecentosettantacinque mila, gio-
vedì hanno otjerto al proprietario cento mila fi'anchi di be-
SCHIZZO A PENNA.
104 MKISSONIER
neficio per riscaUarli. e il p;iorno dopo li spediscono. Giunti
a Parigi, non appena è aperta la cassa in cui hanno viaggiato,
un amatore sopraggiunge, guarda e compra su due piedi per
c]uattrocento mila franchi , con queste parole gentili : < Dite
a .Meissonier che quest'opera riacquistata alla Francia non
uscirà mai dalle mie mani se non per entrare nel Louvre. »
L'amatore, primo acquirente, che per aver goduto due anni
quest'opera, ha guadagnato centomila franchi netti, senza
neppure muover dito, non ò proprio da cijmpiangcrsi ( i ). »
Scherzando sul nome, gli amici avevano chiamalo .Meissonier
.« il MoissonncLir » (^Mietitore). E in verità, senza spavalderia,
egli poteva benissimo dire, in quel momento, che se avesse
prodotto due milioni di quadri all'anno, gli avrebbe subito
venduti tutti.
Le nozze d'oro del suo cinquantenario furono un trionfo.
Solo centotrenta quadri vi furono riuniti. '> Ma ne aveva almeno
quattrocento dijj'usi per il mondo. Ah! aveva lavorato dì gran
lena! » Fuori di Francia, egli era riconosciuto, non come
il capo della scuola francese, poiché nessuna scuola francese
esisteva più, ma come i! rappresentante più autorevole e più
splendido della nostra pittura contemporanea.
Nel iSyo, al centenario di Michelangelo, fu lui che, non
senza emozione, prese la parola in nome dell'istituto, sulla
vasta piazza Horentina, ai piedi del Daiùd. Il mormorio su-
scitato dal suo passaggio gli molceva deliziosamente l'orecchio.
E, certo, in uno di quei momenti di entusiasmo, egli, dal
fondo dell'anima, esclamò: < La gloria! non ci tengo. Provo
tanta gioia ad ammirare un Rembrandt come a dire: io ne
sono l'autore! Il mio nome dovrebbe restare ignoto, e anche
sapendolo, dipingerei egualmente tutto quello che mi sento
nel cuore. » .\\a quanto era ancor più sincero, allorché diceva:
« Nessun artista prenderebbe il pennello , se pensasse che
(i) I Corallieri (1S05) npp.irtcncvano tino d.il 1SS9 .il duci >i".Vum.Tle, e fanno parte
:lla galleria di Chantilly.
RITRATTO DI GKMITO, CHE MODELLA LA STATUETTA DI MEISSOSMER N'EL SUO STUDIO A PARIGI.
(Apparleneme alla signora Gemito.)
io6 MEISSONIER
nessun essere vivente vedrebbe il suo quadro I Chiedete a
Emilio Augier se avrebbe fatto una commedia , sicuro di
aver per lettore lui solo. » Egli ebbe piena coscienza della
compiuta fioritura del suo ingegno e della sua autorità. Nei
suoi sfoghi intimi, diceva: « Tutto avrò ormai conosciuto; la
grande miseria e la grande agiatezza, i principi oscuri e la
fine luminosa.
Considerando l'insieme dei lavori eseguiti nei suoi quin-
dici ultimi anni, si nota che l'inspirazione vi si fa più ampia e
più alta. A tratti, ritorna ai soggetti di genere: la Cantatrice
è stata, per esempio, tra i più simpatici passatempi della
sua vecchiezza. Ripiglia anche i suoi temi militari: iSoj, i
Corazzieri, i Dragoni « che tanti bei giorni di sole gli hanno
rubato ». Ma gli uni non sono che il compimento dell'opera
cominciata, gli altri una specie d'intermezzo. « perchè l'anima
sua sorrida ». Il suo pensiero è più elevato. Egli " ha sete »
delle sintesi. Gli argomenti episodici lo stancano ; i piccoli par-
ticolari gli fanno orrore. Nel 1860 aveva concepito, ed era stato
novellamente preso dal desiderio di personificare la « Poesia
che s'inspira alla vita dell'umanità intiera, nutrendola d.el suo
miele divino ». « Sarebbe il Verbo che si libra sul mondo,
inebriandolo della sua voce e raccogliendo 1' incenso di tutti
gli esseri I Avrei molti bei gruppi da svolgere, dal voto degli
amanti al lauro del guerriero erto sul suo cavallo, al simbolo
dell'artista, il pittore che oflVe la sua tavolozza, lo statuario,
la sua creta. >• Però questa nota non vibrò a lungo nel suo
cuore.
La passione patriottica lo riempiva. Mai egli comprese per-
chè i maestri fiamminghi, Rubens e Rembrandt. che pui" videro
il loro paese taglieggiato, saccheggiato, devastato, non aves-
sero ritratto l'impressione di quelle spaventevoli miserie. Il
generale Faivre, rallegrandosi con lui della sua promozione
alla dignità di gran croce della Legion d'onore, si meravi-
gliava come i minimi particolari della guerra del 1870 gli
GLI ULTIMI ANNI
fossero rimasti cosi vivi nella memoria. « Io non ho nulla
dimenticato, rispondeva, né dimenticherò nulla. » E tre delle
sue più commoventi composizioni, le Ro-i'uic delle Tnileries,
il Progetto di decorazione del Pantheon, lo schizzo dell'. -i.v-
sedio di Parigi, por-
tano il segno di quel-
r unico pensiero.
Nel giugno del
1871 , egli si recava
all' Istituto insieme a
Lefuel, l'architetto del
Louvre. Passavano
dinanzi alle Tuileries
incendiate. In quella
lugubre ruina, a tra-
verso la quale appa-
riva da lungi , al di-
sopra dell'Arco del
Carosello . il carro
della Vittoria, egli fu
subitamente colpito
nello scorgere, rag-
gianti e intatti , sulle
mura calcinate, i no-
mi di xMarengo e di
Austerlitz. « Non ve-
dete voi nulla r chiese
a Lefuel. — Xo —
Ebbene, io vedo il
mio quadro. Laggiù,
è la Vittoria che se
ne va sul suo carro e ci abbandona... Se i due nomi rimasti
nelle targhe fossero stati Wagram e Lipsia , non sarebbe
la gloria indiscussa, la vera gloria. Austerlitz e Marengo
MEISSONIER MEMBRO DELL' ISTITUTO,
GRAN CROCE DELLA LEGIOM d'O.S'ORE (1S9O).
(Dall'acquaforte di Waltner.;
loS
MKISSONIER
restano scinlillanli tanti) nella storia, come tra i ruderi del
palazzo...
Gloria ììuy orimi per Jlaiuìuas iisquc stiperstcs. -..
In quel momento non pensava punto che quelle rovine eran
opera di mani criminose. Egli altro non vedeva se non il di-
sastro nazionale, di cui la guerra civile era, in vero, la conse-
guenza crudele, e, col disastro, la speranza della rivincita.
SCHIZZO DELL ALLEGORIA DEL POETA.
Lo Stesso sentimento gli suggerì il motivo di decorazione
del Pantheon. Per il posto a lui riserbato nella distribuzione
degli alfreschi. che dovevano ornare il monumento, egli va-
gheggiava di rievocare Giovanna cf Arco o Aitila.
Gli avevano proposto Santa Geno-vejfa e il vettovaglia-
ìuento miracoloso , con la stessa indicazione della leggenda:
« ... i battelli carichi di pani risalenti la Senna , il dirupo
GLI ULTIMI ANNI
109
sbarrante il fiume a ^'illeneuve-Saint-Georges e contro il quale
l'armatetta stava per rompersi, santa Genovelja protendente le
braccia, la roccia mutata in serpente ». « Non è possibile esal-
tarsi dinanzi a tali argomenti! » egli disse, e rifiutò quel tema,
senza però rinunziare al posto assegnatogli. Dopo la guerra,
poiché s'era rimesso al
lavoro, il soggetto gii
apparve sotto la figura
della Francia tirata da
due leoni e guidante il
mondo nelle vie della
civiltà e della pace,
mentre tutti i p(_)poli la
seguono: la Germania
solamente mancava al
corteo. Una volta di
più era la glorificazio-
ne del genio francese.
.Ma quantunque
r idea gli solleticasse
la mente, la mano non
correva al pennello.
« La Pace non mi en-
tusiasma , esclamava.
L' Assedio di Parigi , ecco il quadro da farsi. \'i voglio
gettar dentro tutte le nostre miserie, tutti i nostri er(.)ismi,
tutti i cuori nostri. L'assedio ci ha salvati dal disonore: ha
permesso di coordinare la resistenza delle pro\-incie; ha fatto
passar per un istante un brivido di paura tra i nemici: Ver-
sailles informi. Io non voglio morire senza aver tentato di
esprimerlo. »
E al suo ritorno a Poissv, mentre la sua casa era occu-
pata dai Prussiani, ed egli era prigioniero nel suo studio, ne
fisso la prima concezione.
rULCISELLA.
(.acquerello dcll.i collcdone della signe
MEISSONIER
Nel 1884 la riprese quasi con ebbrezza; più che voluttà,
la sua era un' ossessione , una febbre. Egli si sentiva — e
con qual gioia! — < veramente agitato dal Dio. L'abbozzo
deW Assenzio mi trasporta. » Non meno di due mesi gli erano
occorsi per tracciarlo, e le linee principali erano segnate a
grandi tratti. -< La Città di Parigi in veste di broccato d'oro,
velata d'un crespo, la mano appoggiata sul cippo; al sommo
del cippo la corona murale; al disotto della corona, lo stemma
municipale, il vascello su cui spira un uflìciale di marina;
qua e là dei morti illustri, Franchetti, il generale Renault,
Dampierre, Néverlè; di qua gli uomini dell'ambulanza e un
medico; di là una guardia nazionale reduce dagli avamposti,
ove ha fatto i suoi otto giorni di servizio, e a cui la moglie
disperata tende il cadavere del suo piccino morto di stenti;
più lungi , Enrico Regnault , 1' ultima vittima... I morti son
distesi sopra serti di palme; molte corone coprono il suolo.
Da un angolo del cielo piomba lo spettro della Fame recante
l'aquila di Prussia sul pugno, a guisa di un falconiere...
Quando , se Dio voglia , avrò compiuto il lavoro , allora mi
piegherò al riposo, poi che avrò terminato quel che voleva
fare... Chi sa? quel quadro, un giorno, sarà forse al Pan-
theon. » Egli stesso avrebbe voluto farne l'incisione:
Cotesto sentimento patriottico l'aveva ricondotto al pen-
siero, cosi dolce alla sua giovinezza, d'inspirare a un or-
dine morale qualsiasi rappresentazione d'arte. Riteneva che
solamente sei de' suoi quadri rispondessero a quel pensiero:
il Lc'tfo di morte, — La Barricata, — il iSoj, apogeo del
trionfo, il 18 14, lugubre contrapposto della vittoria,— l'.ir-
dente -preghiera, — X ■ìssedio di Parigi, e si rimproverava di
non essere stato più fedele ai suoi giuramenti. Era proprio
quello il momento di « fare dei pupazzetti, di perdersi nelle
minuzie », mentre, da ogni lato, al di dentro come al di fuori,
il dramma mugghiava? Lo stesso Pulcinella, che una volta lo
divertiva tanto, e le cui avventure, cosi briosamente dipinte,
GLI ULTIMI ANNI
ridevano lungo le scale della sua casa di Poissy, gli era ar-
gomento di scrupolo. (!^ucir incorreggibile ridanciano, c]uello
spirito forte che accoppa sua moglie, picchia il commissario,
insulta tutte le leggi divine e umane, era forse riprodotto come
avrebbe meritato? Meissonier voleva darci la sua vera fine:
« Mentre Pulcinella trionfa, in mezzo alle sue vittime, dal fondo
si sarebbe vista la .Morte toccar col dito il a,ran burlone, che
MESSA NELLA CAPPELLA MIRACOLOSA.
(San Marco, Venezia.)
la beffeggiava per tutti, facendogli scontare la sua vita piena
di monellerie. »
Leggendo un giorno le JL-Juoric di Fleuranges, e ri-
cercandovi , come di costume , qualche grande scena della
storia nazionale, l' idea di Fnì/iccsco I consacrato cavaliere
da Baiardo alia vigilia di Marigiiaiio lo colpi.
L'ingenuo e pittoresco racconto del cronista, i personaggi,
cominciando dal trombettiere Cristoforo per finire al nobile
capitano, l'ordinanza della cavalleria, scudieri, uomini d'armi.
MIÌISSONIKR
marescialli, tutto offriva al suo pennello un materiale son-
tuoso, e la scena gli sembrava, in tempi di snervamento mo-
rale, ottima a risollevare i cuori. « Sulla soglia della tenda,
Francesco I era genullesso dinanzi a Baiardo; iT capo aveva
reclino, come se si comunicasse. » All'emozione della iedeltà
cavalleresca si aggiungeva quella della pompa sacra. Gli e che
Meissonier si compiaceva ora più che mai di esprimere il sen-
timento religioso. Egli avrebbe voluto ritornare, prima di
morire, a Venezia, per dipingere una J/c'SScr di San Marco.
La Madonna del Bacio occupava sempre, nel suo studio,
il posto preferito, quello in cui, negl'intervalli di riposo, il suo
sguardo correva istintivamente, quasi ricercando l'opera pre-
diletta.
Tali concezioni . che riassume\'ano quanto .Meissonier
aveva sognato di più nobile nella sua vita, sarebbero state il
confi.)rto e lo svag<-) della sua vecchiezza, se, per eseguirle,
non avesse dovuto rinunziare a una troppo brillante esistenza.
Semplicissimo nella vita privala, senza bisogni di sorta, la
ricchezza per se slessa gli era indi[ìerente. Compassionava
quasi quei milionari, quei miliardari, così sterminatamente
ricchi che di essi non si scorgeva altro t'uoi-che il loro denaro.
« Il denaro non conferisce alcuna forma di dignità, >> e appunto
era invidioso di questa dignità nel mondo intellettuale. Se non
che, artista nell'anima, gli piacevano gli siai-zi della vita arti-
stica, e come in ogni altra cosa, vi trasl'usc tutto il suo ardore.
Aveva acquistato la sua casa di Poissy per ventiseimila
l'ranchi ; ma per i molli ingrandimenti gii era venuta a co-
stare quasi un milione. Dopo la guerra, mentre il ric'jrdo
dell'occupazione prussiana gliene rendeva odioso il soggiorno,
aveva comperato a i'arigi. nel quartiere dello spianato .Mon-
ceau, Lin terreno angolaie, e vi aveva fatto innalzare una pa-
lazzina nell(.) siile dei maestri fKìreniini. 11 possesso era il
Meissoiner.
,i| MEISSONIER
meno per lui; anzi, se oiova credergli, aveva « l'orrore della
proprietà. ■> Solo il piacere di costruire e di abbellire lo se-
duceva.
Di una pi-obità scrupolosa, probità da negoziante, come
dicevano i suoi creditori, non voleva lasciar debiti di sorta.
Di nessuno si lagnava tranne che di sé stesso. « Io che avrei
tanto bisogno di essere prosciolto di tutte le preoccupazioni
volgari, di vivere se non circondato da cose belle e per le
belle cose, lavoro sotto un cumulo di fastidì, col cuore ango-
sciato! ■> Certamente, avrebbe potuto « mercanteggiare » i suoi
< studi ->. .Ma, oltre al grande rammarico di privarsene, lo
ratteneva il desiderio di legare tutto quel tesoro alla Francia.
Invano gli avevano proposto di fare dei panorami, assicuran-
dogli un copioso introito: la scelta del tema era devoluta a
lui: la spedizione d' Flgitto, la battaglia delle Piramidi, Abou-
kir, o quello che meglio gli piacesse. .Ma egli non volle ven-
dere la sua libertà.
K meno male se la salute avesse sempre sorretto la sua
audacia I ■> La grande arte ha bisogno di vigore fisico non
meno che d'intima calma: conviene che l'artista sia felice,
perchè si riconcentri tutto nell'opera sua, la quale è mancipia
del sentimento inspiratore. - Afflitto, nel 1875, da una grave
infermità. .Meissonier ne era guarito grazie a un'abile ope-
razione e all' energia del suo temperamento. .Ma la scossa
aveva lasciato qualche traccia, e l'età faceva sentire il suo
peso. " Volere è potere » ; tale la sua massima. Per tutta la
vita, egli aveva voluto: ed ecco che i suoi organi tradivano
la sua volontà! Fino agli ultimi anni, il suo sguardo, quello
sguardo possente, restò integro. La sua mano parve sicura
sol quando era pienamente signoreggiata. « .Allorché la sento
appesantirsi, diceva nel 1880, rabbrividisco pensando agli
strumenti così necessari e cosi gravi al pittore, mentre ap-
punto il pensiero e più libero: oh quanto e amaro il declinar
dell'artista ! >
GLI ULTIMI ANNI
"S
Spesso, negli Entrctiens, insieme al grido dell' angoscia
morale erompe il grido del tormento iìsico: « Oh! l'atroce
trafittura del mio pollice destro! É un inferno! Se fossi
scrittore, detterei. Ma come fare a dipingere!... Ieri ho ten-
tato un nuovo espediente : invece dei bottoni di fuoco, bagna-
ture fredde: bisogna pur provare tutto. - (Dicembre 1887). —
E il ghiaccio non sortì miglior efjetto del fuoco.
■ Che martirio il mio! soggiunge, che stanchezza! La
mia anima e triste fino alla morte. La salute! Oh come sa-
rebbe dolce, a opera compiuta, ripo-
sarsi finalmente, guardando con animo
sicuro giungere il termine prescritto,
dinanzi alla grande opera divina, e
ripensare alle cose passate, semplice-
mente e senza amarezza, componendo
un trattato di morale estratto dal-
l'esperienza della vita! Come quei
giorni estremi sarebbero tranquilli! »
.Ma , se per avventura , cessate
le crisi dolorose, avesse potuto vivere
quei giorni tranquilli, ne avrebbe
veramente goduto? Avrebbe egli forse considerata compiuta
la propria opera? E avrebbe mai accolta l'idea del riposo?
Il riposo, solo il riposo lo uccideva !
" Quando la gente d'affari s'annoia, lascia il suo mestiere.
Ma, per gii artisti, mal suona l'ora del riposo, poiché nel
lavoro è il loro godimento... .Molte cose splendono nella mia
vita: l'amore e la gloria: ma nulla eguaglia e nulla eguaglierà
mai r irresistibile bisogno del lavoro. Talvolta i miei amici
m'hanno udito gemere sulle mie assidue fatiche; non perche
dovessi lavorare, e ben lo sapevano; ma perchè non potevo
serenamente lavorare, come avrei desiderato. » E non mai il
suo spirito era stato più fiero, il suo cuore più ardente, più
tenace la passione del suo pennello.
^^\^ /"-/an.^;-/ /«t><-.
PULCINELLA,
appartenente al doit. Lee.
ii6
MEISSONIER
Un altro zelo lo armava contro ogni debolezza. Fra le
opere che a settantadue anni, in piena inlermità, lo incatena-
vano, come ai bei giorni, al cavalletto, nessuna gli costò mag-
gior somma di sforzi quanto l'acquerello del iò\)-. Il quadro
era partito alla volta dell'America per mai più ritornarne.
.Meissonier voleva che l'Europa, insieme all'acquerello,
avesse pure la tela originale ; e per Europa intendeva la
Francia. Anche alla Francia riserbava, per adibirla a museo,
la palazzina da lui così amorosamente e sontuosamente ab-
bellita pur negli ultimi giorni, a costo di ogni maggior sacri-
ficio. Questo sogno degno di Mecenate non doveva effettuarsi.
Ma una mano pietosa ha raccolto quanto ha potuto delle sue
opere, e l'ha ofjerto alle grandi collezioni nazionali. A questo
legato si aggiunge un altro legato inalienabile: l'esempio di
una vita interamente consacrata all'Arte.
MEISSONIER.
MrJailimc Jrl si;. Challiii, dtW hlilulù (tUo).
(Museo del Lussemburgo)
Questo medigliene fu ingrandito per il sepolcro di Poissy.
IL POXTE DI POISSY.
CONA^ERSAZIONI E RICORDI ^'^
UFFICIALE
DELLA PRIMA REPUBBLICA.
(Disegno a penna.)
-Mia car.i moglie, tu sola mi hai ben conosciuto, e tu
sola potrai testimoniare veramente di me, quando
non sarò più. »
o
RAMAI sono trascorsi molti anni che
io. costantemente, penso alla mia
arte: vi ho pensato molto anche prima
di praticarla; e oggi, rievocando quel pas-
sato lontano, voglio pur rievocare i miei
pensieri di allora. Sono pensieri per me
gravi, ma non indegni, e potendo tV)rse
riuscire utili, dovrei raccoglierli. \\o torto
di abbandonarli alla ventura dei nostri col-
loqui. Non l'ho fatto, ma perchè? In ve-
(i) Le pagine che seguono sono state estratte dagli
editori, sotto il controllo della vedova dell'artista, dalle note
complete da lei coordinate e destinate alla biblioteca dell' Istituto : noi ne abbiamo tolto
alcune frasi gi.\ riprodotte nei precedenti capitoli. (X. il. T.)
ii8
MEISSONIER
rità, nulla è più dilettoso che l'accarezzare i propri pensieri,
e il lasciarsi cullare da essi ; ma non è facile rivestirli di un
abito adatto, che permetta loro di presentarsi decentemente
dinanzi alla gente. No, non è facile, massime per i pittori I
STUDIO - SALOTTO DI MEISSON'ILR A PARIGI.
A essi non vien mai perdonato di parlare del loro me-
stiere. Si dovrebbe però considerare che lo conoscono bene
— una volta, almeno, lo conoscevano — e che per eser-
citarlo, è necessario di aver pratica e riflessione.
Nei giorni nostri . in cui tutti scrivono , scolpiscono e
incidono, è più diffìcile di quanto sembri parlare al pubblico
delle cose che meglio si conoscono.
Sì, nello studio, fra amici, e dolce discorrere liberamente;
è piacevole dir loro tutto il proprio pensiero, senza nasconderlo
per nulla, leggerlo riflesso nei loro occhi, se è stato ben com-
preso, e continuare, continuare. Le obbiezioni vi danno forza
CONVERSAZIONI E RICORDI 119
novella; si fanno sforzi generosi per combattere o convincere
gli avversari; in cotesti entusiasmi si diventa quasi eloquenti.
Ma la bisogna è assai
diversa, quando si è
soli . davanti al cala-
maio, e convien pesare
le parole.
Io spero che i miei
allievi serberanno,
affermandola . quella
tradizione di onestà ,
di coscienza, di verità
contenuta nella mia
opera e da me sempre
insegnata.
Il sogno che ci
culla e ci addormenta,
che ci allontana dalla
precisione , dalla forza
e dalla grandezza, noi
l'abbiamo tutti dentro
di noi; poiché è facile,
è affascinante ed è ine-
briante. Ma quanto e l al.o:o ...l uaval:^.,^ u^!-.-oj-
aspro il risveglio!...
alio Studio).
Colui che lascia un' opera arricchisce il patiimonio glo-
rioso dell' umanità.
L'opera e una catena spirituale che allaccia colui che
r ha creata con la posterità lontana.
Lavoriamo perche tutto non si perda di noi, e perchè
coloro che ci seguiranno ritrovino 1' anima dell' artista nella
sua opera...
MEISSOMER
La mia arte prima di ogni cosa, e al disopra di ogni cosa.
Ad onta del bisogno che provo di tenerezze profonde,
io era di quelli che possono proceder da soli nella libertà
del lavoro e dell'opera; avrei potuto non ammogliarmi...
L'uomo non ha sempre bisogno di un'amica
al suo fianco. L'opera anzi tutto... Quante volte si
lavora con l'angoscia nell'anima ; eppur si lavora.
L'uomo deve innalzare la donna e tem-
prarne il carattere da bel principio. I ca-
ratteri si trasformano e si modificano .
secondo la cura che ne abbiamo.
.... I torti e gli errori della donna
provengono sempre dall'uomo. Spetta al-
l'uomo dare occupazione alla propria com-
pagna, evitando il vuoto, o impedendo che
il desiderio entri nell'anima sua. Amati
una volta, si può esserlo sempre.
Ogni uomo può tenersi questo di-
scorso: " Poiché sono unito a una donna
che ho amato, se io cesso d' amarla, la
colpa e sua; se, invece, ella non mi ama più, la colpa è mia
certamente, e io debbo adirarmi meco stesso; colei m'ap-
parteneva, io dunque poteva far tutto per lei: se ella mi
tradisce, io sono il colpevole. »
Vi son taluni per cui e indispensabile il matrimonio; per
il vero artista, no: la sua prima innamorata è la pittura; ne-
cessariamente, essa deve solfocare le altre.
La donna, la famiglia, la casa debbono essere per l'artista
altrettante vie serene per camminare liberamente nel campo
delle idee, sgombro da ogni preoccupazione volgare, di cui
altri avrà cura.
SCHIZZO
DEL PORTA-STEN'D.VRDO
LUIGI XIII.
COWERS AZIONI E RICORDI
Molti ci compiangono per il nostro soverchio lavoro ;
ma se è la vera felicità, se è la vita! Tornerebbe lo stesso
rammaricarsi per coloro che mangiano dolciumi.
Molte cose son passate nella mia vita, la gloria, l'amore;
nulla ha eguagliato mai
ed eguaglia la profon-
da, l'ardente gioia del
lavoro.
Ah ! sì. si può ben
dare questo consiglio:
Non maritate mai vo-
stra figlia a un artista;
è lo stesso che volere
la sua infelicità... L'ar-
tista non dev' essere
preso dalle cure della
famiglia: conviene che
resti libero per dedi-
carsi tutto alle esigen-
ze dell'opera sua.
Bisogna che la
sposa di un artista sap-
pia di votarsi al sacri- ,, , . , ,, ," n i,
1 l(^.iaJro dfpartcucu:^ al ^i^. .\Ussi-.iiliano Beyer, Parigi.)
fizio. Una moglie di
artista non deve interpretare la fedeltà alla stregua ristretta
dei borghesi. Se nel cielo coniugale scoppino uragani, o passino
lampi, conviene che la serenità e l'aQetto ritornino come per
l'innanzi. Se non avete il coraggio d'includere queste cose
nel vostro bilancio matrimoniale, non sposate mai un artista!
Che se poi due celebrità si associno, siate una Giorgio Sand a
fianco del vostro compagno di lavoro e d'intelletto.
Un artista degno di tal nome deve scegliere tra i due
generi di vita. S' egli ha veramente vigore , se la sua arte
MEISSONIER
vince tutto e tutto sorpassa, se la pittura è la sua innamo-
rata, non si ammogli, si abbandoni intero all'arte; conoscerà
tutte le passioni e tutte le gioie, senza smarrirvisi. ]\ia, se la
donna domini la sua volontà, e debba render l'arte una fun-
zione meccanica per ricavar danaro , artista superficiale , si
ammogli subito e diventi il marito e il padre secondo la
formola.
Sposatevi da giovani : e assai meglio se il padre possa
essere 1' amico di suo figlio. Non è bene trovarsi vecchi e
indeboliti, quando i figli diventano uomini.
Un gran dolore mi opprime ogni qualvolta un mio amico
cade in fallo; quando, cioè, avendolo creduto fiero, insensibile
alle cose che meritano il nostro disprezzo, lo veggo piegarsi.
Tristemente allora riconosco di essermi ingannato; e poiché
amo gli uomini sol per quella nobile elevazione d'animo, sento
che la mia amicizia e morta.
Peccato che lo spirito moderno sia cosi arido! Credete
che sia stato sempre così? Certo, vi furono secoli più incolti,
più barbari, più crassi ; ma sorgeva qua e là, come compenso,
un qualche genio gagliardo, mentre oggi il livello delle in-
telligenze tende sempre più ad abbassarsi.
Io mi credo esente dall' accusa di non essere stato co-
scienzioso, di non aver ascoltato un consiglio giusto, di non
aver continuamente e infaticabilmente perseguito il meglio.
Conosco alcuni che pretendono di aver sempre il giudizio
disinteressato e di criticare senz' astio. Xon è vero. Comun-
que, un vero artista sfugge raramente alle punzecchiature; ed
è veramente doloroso vedere mal compresa e dispregiata dal
primo giornalista venuto un' opera sulla quale tant' anima e
tante forze si son prodigate.
Oggi, tale o tal' altro artista si preoccuperà non tanto
del giudizio di un altro artista, quanto di quello che dirà il
profano.
Spesso, la cosi detta impressione ragionata di un critico
CONVERSAZIONI E RICORDI 123
è dovuta a un incontro fortuito. L'artista avrà bene accolto
il visitatore o il giornalista, ed allora egli diventa un feticcio:
e stato scoperto, ed è stato compreso!
Il lettore compra i giudizi nel foglio quotidiano, dove la
bella mostra l'articolo del critico. Sono rari oggi coloro che
sentono e valutano direttamente. Ai tempi dei Michelangelo
e dei Raffaello, gli artisti lavoravano pensando a quei sommi
e al loro giudizio. Gli artisti contemporanei lavorano per la
stampa e per lo svago quotidiano degli abbonati...
Io ricordo l'impressione di una salita alpina . oltre il
lago del Bourget: il terreno rotto non permetteva di abbrac-
ciare lo spazio. Ecco guadagnata una china, ecco raggiunta
una vetta ; ma no, è una scala faticosa di cime, e non e mai
attinto il culmine sovrano.
GÌ' ingegni mediocri . le anime egoistiche di oggi somi-
gliano a quelle Alpi: nulla di veramente grande, nulla di
possente , nessun sguardo d' aquila misurante 1' azzurro per
librarvisi ! Xoi non abbiamo che un sol uomo, un uomo di
settantacinque anni < ThiersI .. ("è fiducia insieme e timore
nel sentirsi fra quelle mani, le quali possono mancarci d' un
tratto.
" Ohi se Thiers avesse quarant'anni ! » odo sospirare:
r istinto di questo popolo di " borghesi » si rivela in questa
frase: « potremmo riadd'jrmentarci e riporre tutto alla cu-
stodia di un solo: >' tale il bisogno dominante.
Molto si parla della cosa pubblica, e ciascuno pensa a
tirar l'acqua al suo molino, poiché bisogna vivere. Dai piccoli
ai grandi e la stessa antifona, e noi siamo illogici, non appena
si tratti di conciliare la teoria con la pratica.
Tizio, che struggevasi di diventar consigliere comunale,
una volta nominato, si lamenta di esercitare tali l'unzioni, e
considera spreco di tempo ciò che occorre spenderne per
tutti, in nome di tutti.
Se l'Assemblea n^jn rientra a Parigi, dovrebbe riunirsi
124
MEISSONIER
in un villaggio qualunque. Se i signori deputati vivessero
di più in mezzo alla gente . gli affari sarebbero più presto
sbrigati.
\'i son cose nocive all'intelletto umano ; ma esso prende
gli alimenti che gli servono, e ne è soddisfatto; tutti i giorni,
ahimè I accade lo stesso.
Che compito nobile e delicato potrebbe avere un Presi-
dente della Repubblica, se comprendesse bene la sua situa-
1
Ml.ISbOXIl.l',
zione! Quale mirabile salotto potrebbe comporsi con le glorie
della Francia! Quanto dovrebbe egli interessarsi alle scienze,
alle arti, a tutti i nobili tentativi che onorano un paese! Un
.Mecenate al potere, quale sogno per tutti!
(Juanta tristezza nel constatare che i grandi sogni si
spengono, che non v'e più alcuna originalità vera, ne alcuna
fede profonda!
CONVERSAZIONI E RICORDI
Non più diffidenze, non più odi. É venuta l'ora di chia-
mare dai quattro punti dell'orizzonte gli uomini sinceri, perche
si consacrino al bene.
R!TR.\TTO DELLA SIGN'OR.\ MEISSON'IER. NATA BESAXZON".
Cotesti fiduciari illuminati dovranno vigilare sulle nostre
finanze compromesse da mani imprevidenti, proteggere l'agri-
coltura nostra nutrice, dare ai nostri magistrati la missione
di giudicare liberamente, guardando più in là del potere che
li elegge, solo comunicando con la giustizia eterna e pronun-
126 MEISSONIER
ziando le loro sentenze al difuori d' ogni tumulto politico ,
immuni da ogni passione di governo.
Al momento di queste elezioni i6 maggio), dalle quali
dipende l' avvenire del paese . occorre considerar le cose
dall'alto, con serenità, invocare una Repubblica aperta a tutti,
una Repubblica che stabilisca per tutti i doveri verso gli altri,
non già i diritti sopra gli altri.
Sì, noi aspiriamo a tutti i progressi possibili; noi recla-
miamo la libertà di coscienza ; noi ripudiamo quella intolle-
ranza che, col nome di libero pensiero, è la negazione della
libertà.
Noi vogliamo il rispetto dell'idea religiosa al di fuori di
ogni professione di culto, e la libertà di manifestarla.
Ci occorrono uomini che otj'rano garanzie del loro affetto
per il bene pubblico. Bisogna che questi uomini vigilino sulle
nostre finanze dilapidate. Bisogna che la magistratura sia
mancipia della giustizia, e non del potere.
Il vero reggimento repubblicano è fondato sopra un'aristo-
crazia indipendente e intelligente che possa, come in Inghil-
terra, consacrasi interamente ai doveri patriottici e alle fun-
zioni civiche.
In Francia noi siamo lavoratori e poveri.
La stampa esercitava una volta una vera influenza sulle
idee.
Nel 1848, si leggeva appassionatamente il Xational. —
Credevasi realmente allora — da quel partito — alla corru-
zione della corte di Luigi Filippo!
Come saremmo saggi, se si potesse rivivere con l'acqui-
sita esperienza I...
Io non aveva da guadagnar nulla, proprio nulla; avevo
piuttosto da perdere, gettandomi nella rivoluzione; mi domando
ancora perche mi ci sia mischiato.
CONVERSAZIONI E RICORDI
Gli uomini provvidenziali sorgono al momento in cui
sono necessari. Noi forse , speriamolo . ne avremo per la
Francia.
Se si consideri la vanità umana, e quel che otfre tutti i
giorni, quanta piccolezza in coloro che s'immaginano di es-
sere grandi!
Ecco un uomo come Flaubert che si abbandona profon-
damente allo studio della bestia umana, e ne aduna i segni
caratteristici quale un tesoro: e mi dicono che anche lui è
dolente di non essere abbastanza decorato I
E deplorevole che si voglia dare un colore politico alle
esequie nazionali di Hugo.
È così nobile tributare un tale omaggio alle lettere; tutti
quelli che pensano e che producono dovrebbero esserne su-
perbi.
Il sentimento che signoreggia tutta la vita di Napoleone
è l'odio contro l'Inghilterra, lì'ficiale di marina, e tagliato
per la guerra navale, egli avrebbe voluto combattere l'Inglese
sul suo elemento. Non potendolo, fece la guerra con la Russia,
con la Prussia; dichiarò il blocco continentale ; tutto appunto
per colpir 1' Inghilterra.
Sapreste immaginare un chirurgo, per abile che sia, che
non volesse eliminati dal uKjndo ne le malattie, né il dolore,
né le operazioni , e che, trovandosi di fronte a un bel caso,
operasse l'infermo per amore dell'arte, quando potrebbe gua-
rirlo senza bisturi?
Io credo Napoleone sincero quando parlava del suo sogno
di un viaggio attraverso l'Europa pacificata.
Credo anche non avrebbe mai pensato al divorzio, se
avesse avuto figli da Giuseppina: era troppo giovane ancora
per adottare un erede presuntivo.
128
MEISSONIER
Il curato, nel suo sermone di do-
menica, ha avuto torto di dire che Na-
poleone fu il distruttore della Chiesa.
Non è slato invece lui che ne ria-
perse le porte? E non forse ne riconobbe
la forza, chiedendone l'acquiescenza all'ordine
novello >
Che intuito aveva l' Imperatore e della
situazione e dell'avvenire, quand'egli prepo-
neva a ogni altra cosa, il suo titolo di Protet-
tore della Lega renana! Egli sentiva le mi-
nacce del Nord , e voleva a ogni costo cin-
gere la Francia di una Confederazione da lui
guidata.
Gli rimproverano di aver lanciato le sue
aquile ai quattro canti dell'orizzonte, di aver
dato tutti i tr(jni ai suoi fratelli! (^ual cosa più naturale e più
razionale del confidare nei congiunti ! >.^
Certi storici, seguendo l'andazzo f
dei nostri giorni, negano il genio pò- (
litico all'Imperatore: e tuttavia che
senso aveva egli del presente e del
futuro !
UFFICIALE DELLA
PRIMA REPUBBLICA.
(Scl.izzo a penna. 1
\
v.^":^-
"-<
---^\
Ricorre la moda , e già da pa-
recchi anni , di demolire il grande
Imperatore. Che salvatore benedetto
sarebbe per noi nelle circostanze pre- ^^^
senti ! L'istinto di questo paese e di
ricercare un padrone e di conse-
gnargli le briglie...
11 cijlpo di Stato del 2 Decem-
bre, non e. ahimè! il risultato di una
sola volontà, di una sola audacia: e l'opera di tutti i nostri
consensi, di tutte le nostre debolezze.
NAPOLEONE.
(Schizzo.)
CONVERSAZIONI li RICORDI
Avete letto i! romanzo di l''rckmann-Chatrian: Ilisloirc
d'ini Pavsaiì? Mio L)io! quanto mi e parso noioso; come
stanca! C'era tuttavia da
far qualche cosa di bello
con quel titolo. Pare la
storia , la grande storia
della Repubblica. Ma con
quei mezzAicci , sempre
gli stessi, è cosa scorag-
giante; oh, come un'anima
entusiasta associando la
sua grande passione a
quelle cose grandi le di-
rebbe meglio di un vec-
chio agricoltore !
Ahi Che meraviglia.
La I^'ontaine ! 11 verso e
sempre adattato alla for-
ma del racconio, e si
atteggia sempre secondo
lo spirito di esso. Allor-
ché io illustravo i Coiites
Rcììiois, cercavo invano
un soggetto che non fosse
quello del racconto; e so
lo trovavo non riescivo ad
esprimere il sentimento
del poeta.
Quanto mi piacerebbe illustrare La l'"ontaine!
N.\POLEO\l .
iColicjioiie del sig. Chcra
\\ son milionaii o miliardari che hanno una potenza
grandissima, e sia; ma avessero tutte le qualità possibili,
sarebbero assorbiti dal loro danaro, come la luce di una can-
MEISSONIER
dela dal sole. Essi pesano di un oeso
enorme in lutti i ne.a:ozi umani, ma non
ne hanno alcuno nelle cose di pura in-
tellettualità.
Quando i Caldei , accampati sotto le
stelle, vedevano il sole sor^jere e tramon-
tare tutti i .2;iorni in due punti opposti,
si saran forse chiesti dove andasse...
Io m'inchino, in materia di religione,
dinanzi alla 1^-ovvidenza dalle vie impene-
trabili. Sia fatta la sua volontà !
Le epoche dei creatori non sono
quelle dei notomisti; gli è quando non vi
son più forme nuove che si scava nel passato e se ne raccol-
gono gli avanzi.
ACQUAFORTE OIÌIGIM.VLE
PER LE «DUE PER MICI
Io non voglio penetrare nei misteii della religione. Credo
in Dio fermamente e semplicemente. Non ho voluto leggere
Renan e la [7/(/ e// Orsa. Amo più accettare senza com-
prendere quel che in sostanza non mi sarà mai spiegato. In
tutte le religioni , in tutte le mitologie stesse, gli dei sono
concepiti in un mistero che non si riallaccia alla legge natu-
rale,... Minerva, i semidei, usciti dal connubio di Giove con
una mortale. Il mistero è l'essenza vitale di una religione ;
bisogna ammetterlo come il germe divino dal quale esce tutto
il resto.
Ovunque, le creature incoscienti applicano l'assioma: l.a
forza opprime i! diritto. \'edete, quella grande quercia sojlbca
le altre. Cosi, di tutto. Nell'uomo, solamente, noi troviamo
l'idea divina di giustizia.
Io non credo che si acquisti la fede con la critica e col
CONVERSAZIONI E RICORDI
131
ragionamento, giacche
sulla soglia di ogni reli-
gione, il ragionamento
e sottoposto al mistero,
cioè all' inesplicabile.
Gli sterili e gli
inetti non inspirano al-
cuna pietà ; essi preten-
dono di non aver tro-
vato i loro momenti
buoni ; nulla avrebbero
fatto egualmente.
IL PtRGOL.\TO.
(Illustrazione dei Coiiifs Xémois.)
Xon mancano persone che hanno la mania di Ibggiarsi
la religione a modo loro.
.Ma i preti debbono sottomettersi alla regola inflessibile,
come soldati; per poco che cedano un istante, sono perduti.
Spesso travalicano, nonijstante la stretta diga che li ricopre;
se tolgono una pietra, l'acqua passerà.
Il celibato dei preti
e Ira le bellezze, tra le
forze del cattolicismo,
e per me. sempre più
ammirabile.
La libertà perfetta
della devozione! sem-
pre, dovunque !
L'hnperatore, che
se ne intendeva , vo-
leva il celibato delle
sue guardie, perchè fos-
sero sempre pronte a
partire e a sacrificarsi.
.wièsLi
L INGENUA CONFESSIONE.
(Ulnstraiione dei CoKles Simcis.)
132
MEISSONIER
Allorché si parla dell' insegnamento morale e laico da
impartire nell'Università in nome della coscienza, io penso
GLI APPASSIONATI DI PITTURA.
(Collezione del bjrons llotlinguer.)
che la morale, che è di natura divina, dovrebbe insegnarsi
agli uomini nel nome di iJio. sotto una qualunque forma
confessionale, ma col sacerdozio...
CONVERSAZIONI li RICORDI
133
Ho in ciò la fiducia, la certezza di un fanciullo, e spero
essere in tempo, prima di menare, a chiamare un prete...
I popoli hanno
bisogno di una ragione
sociale religiosa; e per
ottenere pronti sacri-
fizi e veri sentimenti
fraterni , giova ricon-
dursi ai richiami del-
l'ideale divino.il quale,
dischiudendo il ciclo,
può solo riconciliare
quaggiù il povero col
ricco, e consolare co-
loro che piangono con
r unico farmaco : la
speranza.
DICHL-iRAZION'E D A.MORE.
(Scl.izzo dip.nio.l
Non è esatto che
la concezione imper-
fetta della Divinità, la quale riempie tutto il mio essere, debba
significare la pigrizia di uno spirito che si rifiuta di cercare
filosoficamente la verità. Io mi sento impotente, come tutti ,
a penetrare il mistero, e m' inchino nella fede di Dio.
Una forza iniziale ha creato il moto dell'universo. L'uomo
cercherà sempre ciuesta forza, senza trovarla mai. Io ammiro
gli uomini che si danno tranquillamente a questa ricerca.
lo spero, ed è probabile, che. nei minuti precedenti la
morte, vi sia la perdita della coscienza. Allrjrche si ama. la
morte e terribile.
.Maestro è colui le cui opere non fanno pensare a quelle
cleoii altri.
'34
MEISSONIER
(Al Luuz're.J Che diversità di grandezza tra la fantasia
e la concezione dei due popoli. Sentesi nella Siinge egiziana
la forza immutabile, la solennità del tempo, mentre invece i
mostri giganteschi di Assiria sfiorano il ridicolo.
IL VIN'O DEL CUR.\TO.
(Quidro della collezione del sig. Vasnier, a Èpe;
I possenti bassorilievi portati da Dieulafoy sono un mo-
dello unico. Rappresentano, in una serie di mattoni smaltali.
alcuni ritratti del tempo di Dario; grandi arcieri d'una purezza
rara di profilo, con particolari meravigliosi e ricami squisiti
fin sulla correggia dei turcassi. Che fortuna vederli ricostituiti
al Louvre nel loro insieme armonioso!...
Io pongo al disopra dell'esecuzione perfetta, l'intensità
del pensiero espresso.
Sopra tutte, prediligo la scuola fiorentina. Che opera
CONVERSAZIONI E RICORDI
■33
quella di Signorelli I Da lung;hi anni vagheggio il desiderio
di andare a Orvieto.
\'orrei fare qualche cosa sui .Medici, nel mezzo di quella
civiltà creata da loro, e nella li)ro corte di artisti e di dotti.
Giotto e Rembrandt si danno , a traverso i secoli . la
mano. E la stessa commozione , sincera . profonda . in con-
spetto della natura, senza le gravi leggi dell'antichità.
Sarebbe interessante studiare p.er quali cause l'influenza
del gusto e dell' armonia perfetta di Raffaello sia giunta a
sostituire forzatamente la bellezza disciplinata delle cose al sen-
timento drammatico dei'ivatu dalla natura. Di tal che. puu
dirsi, che quanto più il gusto si e perfezionato, altrettanto il
sentimento drammatico è venuto meno.
Giotto in un certo senso, e grandemente moderno; egli
ha spinto l'impressione del patetico, del sentimentale fino ai
limiti estremi; nessun moderno lo ciiuaglia sotto tale aspetto.
136
MEISSONIER
Un quadro deve avere un carattere speciale, quale nes-
sun'altra opera d'arte può avere.
l^sso torma per se solo un tutto, il cui contrassegno e
l'unicità, la cui po-
tenza e immediata,
percepita senza ausili
di sorta.
Fra tutte le opere
d'arte, solo il quadro
può far dire al suo
proprietario di posse-
dere una cosa vera-
mente unica, impos-
sibile a riprodursi,
anche se il riprodut-
tore fosse r autore
medesimo.
\'orrei sapere qual
pittore osi sostenere
che dell'. -l////(^y^t' del
Correggio, della Gio-
conda di Leonardo o
dei Sindaci di Rem-
brand t possa t'arsi una
copia^perfetta. Credete
l'orse che la copia del
Martirio di San Pie-
tro del Tiziano, bru-
ciata a Venezia, pochi
anni fa, quantunque bellissima, possa sostituire il quadro di
San Giovanni e J\roI()ì
IL BURLON'E.
Olle del sig. CluucharJ.)
Nessun RaD'aello ci fa provare la commozione intensa
di Giotto; ma. viceversa, nulla può eguagliare l'ebrietà della
bellezza pura emanante da Ralfaello.
CONVKHSAZIONI F. RICORDI
'37
Tra la Comunione di San Giroìanio . del iJomenichino .
e la Trasfigurazione , di [vallacll') a Roma, occorre molta
pratica per vedere con quanta fatica e dipinta l'una e con
quanto amore l'altra.
Può dirsi che 1' impressione C(jmunicata da certi piccoli
stupendi disegni (come quella meraviglia della Psiche al Louvre)
SCHI/.7.0 .X FEMN'.\.
si riproduca più fortemente in noi dinanzi al disegno acca-
rezzato con la stessa cura da Kalfaello.
Quale insegnamento, per un pittore, cotesto disegno di
Milano, quando scorgesi il maestro della grazia — così vera-
mente maestro che nessuno ha mai potuto non che sorpas-
sare, raggiungere — correggere e ricorreggere tutti i contorni
della sua opera con si ardente e scrupoloso amore! L'im-
pressione che vi si riceve, non e a;ià l'impressione prodotta
<8
MEISSONIER
dalla bellezza dell'opera, l'ammirazione per l'armonia magni-
fica e per la meravigliosa scelta degli abiti; ma è la sensa-
zione di trovarsi di iVonte a Ralfaello stesso intento a lavorare.
a ritoccare i profili, di vedere, quasi vivendo nella sua intimità,
ogni segno della sua matita.
Nell'aflresco. ad onta dell'abilità, il calore manca, mentre
là. nW AìiihrosidUd, si resta commossi fin nel fondo dell'anima!...
SCHIZZO PtR LA « VES'UTA Db ,Lt ABITAMT! AL CASTLLLO
Negli antichi predomina il sentimento della forma, con
Michelangelo, per la prima volta, l'anima trionfa.
Rembrandt pur nell'audacia e la sincerità stessa.
Vj Indoratori' di Rembrandt e il più straordinario ritratto
fra quanti egli ha dipinto. L' ha fatto non dirò col maggior
amore del modello, giacche esiste quello di Saskia, ma cer-
tamente col desiderio acuto di riprodurre la vita stessa. Ah!
come felicemente vi è riuscito! Non sembra che la pittura
di questo mirabile ritratto debba cedere, come la carne, sotto
CONVERSAZIONI E RICORDI 139
la pressione del dilo, e che. per caso ferendola, si debba
vedere il sangue sgorgare? Quanta bellezza, mio Dio: che
peccato di non poterlo acquistare per il [^ouvre I
10 pongo Rembrandl alla testa dei moderni e al disopra
di tutti. Il Correggio, solo, a volte, ha dipinto come lui (guar-
date X Antiope, la testa di Santa Caterina nell' altro quadro).
Rembrandt non ha ricercato la bellezza plastica come gli Ita-
liani, ma ha scoperto le anime, le ha comprese e le ha tra-
sfigurate nella sua luce meravigliosa. VJ - Iniaìì/c del Tiziano
e più bella della Sasl'Uì di Rembrandt: non pertanto, io pre-
ferisco quest' ultima.
11 cielo olandese ha bellezze mirabili, quali assai rara-
mente ha il cielo di Parigi. Noi non abbiamo quelle grandi
nuvole bianche, ininterrotte, immobili; le nostre sono sfran-
giate dal vento.
Si può copiar bene gli Italiani, ma Rembrandt, mai!
Taluno mi chiedeva se era possibile ingannarsi di fronte
a una copia della sua opera; mai. Io ricordo tutti i disegni
da me fatti, ma sono forse il pittore più inadatto a copiare,
perchè non ho metodo, non ho il procedimento eguale a tale
o tal'altro. i quali disegnano regolarmente, sapendo bene dove
vanno e come dipingeranno sempre. Di faccia alla natura, io
non so nulla prima, la guardo, 1' ascolto, essa m' entusiasma
e mi suggerisce quel che occorre fare, come debbo tentarla
e sposarla.
Tutta l'opera mia dimostra il mio desiderio di riprodurre
l'uomo anzi tutto; vorrei cento volte più aver fatto i Discepoli
(il Emmaus che non X.\ìiliopi\
L'uomo e più bello della donna. Le tenerezze del pen-
140
MEISSONIEK
nello non sono per me, ne per il mio desiderio. Guardate
.Michelanoelo nella sua virilità...
kH
y.*.jj^
«ÈPn
ìjt^-fizilk'
M
P?cl
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II
Al Louvre, nella Santa Caterina del Correggio — all' in-
fuori della manica piegata sulla spalla, e del collo della Vergine
— ogni cosa e mira-
bile. Che squisita nota
quel delicatissimo er-
rore del bambino, al
quale dicono, sorri-
dendo : " Su . mettilo
tu!... » e che non sa
come infilare 1' anello
al mignolo di Caterina
genuflessa...
I Risulta evidente
che c'è troppa distanza
dal naso all'occhio nel
volto della vergine.)
Z i'f (^OV I- ■
t /ÌfKi-f Oh^
SCHIZZO SOPRA un' INTESTAZIONE DI LETTERA.
Che magnifica ar-
monia nelle ^Nozze di
Cana di Veronese! Un
volto laggiù , a sini-
stra , somiglia straor-
dinariamente a mio
padre...)
Tutto tramonta oggi intorno a noi. Ah! come vorrei
presentire nell'arte una gloria novella!... L'aneddoto del Tiziano
mi ritorna ancora al pensiero. Narrasi che, vedendo passare il
Veronese, salutasse per primo il giovanetto, dicendogli, di
fronte alla sua confusione:
' Io saluto in voi la pittura dell'avvenire... »
IL SL-(1>;.i-I,iKL M I I.AUrO.
(Qaadro JeU.1 ccllezionc del sig. Tliiéry, Pi
142 MEISSONIER
Veronese! Che opera spontanea, ampia, serena! E come
un largo fiume che scorra senza incontrare ostacoli.
Il Tiziano e più ricercato, più raffinato, ma in che modo
sa presentare le cose!
Indubbiamente, i pittori italiani, \"eronese e gli altri, non
si preoccupavano per le loro scene bibliche, delle ricerche
arcaiche e del famoso colore locale, come si fa adesso: ma
avevano (o almeno lo si può supporre dalle loro opere) la
credenza che, poiché la Santa Scrittura si applica a tutti i
tempi, potevasi, adottando un medesimo costume per le figure
consacrate dalla tradizione, circondarle della folla contempo-
ranea al pittore stesso. Hanno sempre fatto cosi. Nelle -Xozze
di Cana, sono i gentiluomini amici del Veronese, ma il ("risto
e sempre vestito egualmente, e la Vergine anche, e gli Apo-
stoli... Si esclama subito: Fxcolil... e impossibile ingannarsi.
Nessuna deroga da questa tradizione...
Nel ScppeUlmcnto del Tiziano al Louvre, le due donne
sono sublimi ! ma perchè aver sfuggito la difficoltà suprema,
annegando il volto di Cristo, nell'ombra? Esso cessa d'essere
interessante a lato di quel magnifico panneggiamento rosso.
Solo la nota morale dominante deve essere colpita; bisogna
saper sacrificare le bellezze parziali alla bellezza dell'insieme.
Non son forse ridicole , come idea . queste donne del
mirabile Giorgione, nude, in aperta campagna davanti ai suo-
natori di fiauto ! Se oggi si concepisse e si facesse un quadro
così, vi riderebbero in faccia.
Quei maestri avevan forse tanto genio perche appunto
mancavano di buon senso!
Ah! il quadro della Trinità di Rubens ad .Anversa!
mancò poco, sapete, eh" io non Io trovassi ridicolo. (Quell'uomo
CONVIiRSAZIONI E RICORDI
^w-
twr-
1
ì
^'
T
(<^
fu assai fortunato! Tra le corporazioni e le chiese, era una
gara a cini avesse il più bel Rubens!
Oggi Io spirito critico, quello spirito di cui parla l'Vo-
mentin, è il peggiore nostro nemico. Noi ne siamo tutti chi
più chi meno penetrati. Ed è la morte dell' opera. Esso raf-
fredda lo slancio spontaneo, e per esso la fantasia non serve
più a nulla. Come fu for-
tunato Rubens! A che cosa
serviamo noi adesso >
La Gioco/? (fa è la per-
fezione del disegno!
Il nostro Salone Qua-
drato del Louvre sarebbe
completo se vi fossero la
Madonna di San Sisto, una
delle Veneri del Tiziano un crociato.
(Schizzo a n,a,iu.)
che sono a rirenze, la
Guerra e la Pace di Rubens, di Firenze i oppure il San Gia-
como di Anversa 1 e un Alberto E)ùrer. Allora non avremmo
nulla, proprio nulla da desiderare.
Se io copiassi il Claudio di Lorena del Louvre, mi sembre-
rebbe d'impazzire! Tutto sparisce, nel godimento intenso della
maniera di quest'artista. Ci troviamo veramente in un paese
d'incanto, sopraffatti dall'ebbrezza degli occhi!
Che meraviglioso colore opalino. Sembra, tanto è fluido
quel mare, che le onde mutino sotto gli sguardi.
Le figure (che, del resto, non sono sue) non si staccano
con eguale evidenza sull'atmosfera; solo i due uomini che
lottano ne sono circonfusi.
Claudio dipingeva a memoria, forse dagli schizzi. Egli
serbava la luce nell'anima sua; e riproduceva liberamente la
'44
M E I S S O N I K f^
sua impressione ideale. Di qui 1' incomparabile lascino della
IL Moi.(i\-i;ia.LisTA.
(Quadro della collezione del sig. Kraffl.)
sua opera; e la natura lillrata dal suo genio. L'acqua tremi
laute su cui si spande l'ombra trasparente, che meraviglia!
Kembrandt! Claudio di Lorena! il Correaieio! il Tiziam
11^^
Napoleone.
(Schizzo della maschera di Napoleone.)
CONVERSAZIONI E RICORDI
'45
FAC-SIMILE D UN DISEGNO ILLUSTRANTE LE « DONNE E LA SPADA » DI E. DEAUMONT.
(Collezione del sig. Davide King (junior) Stati Uniti.)
germogli luminosi di una stessa zolla. Non mai in essi si
sente la linea secca, precisa e ferma del disegno. E difficile,
Meisiomer. i j
146 MEISSONIER
per esempio, spiegare a un profano in che consista precisa-
mente quel che si chiama X esecuzione. Solo paragonando le
opere stesse, si può comprendere, e rendersi ragione delle
diversità di fattura.
Perciò questa donna di ("louet e ben eseguita; ma non
attrae; l'anello suo è di una verità assoluta, ma è un anello
che adorna un dito incerto, mal disegnalo; v'hanno inoltre
particolari benissimo fatti, ma perfettamente stucchevoli.
Si vede che Gian Bellini è uno studioso dei drappeggia-
menti antichi. Egli ha dovuto fare le sue figure con la creta,
fuor della natura, giacché il disegno è assolutamente illogico.
Se si spogliassero, ad esempio, i due santi, di San Zaccaria,
a Venezia, si troverebbe tra le loro gambe tanto spazio da
farvi passare un vascello. Il mantello del santo, in rosso, non
si modella affatto su d'un corpo reale. Guardate, non c'è che
una gran piega nel mezzo; lo spazio liscio tino all'orlatura
del mantello avrebbe potuto giovarsi di pieghe bellissime.
Se la Vergine si alzasse , avrebbe un busto da bambola e
delle gambe da gigante.
Malgrado ciò, si resta sbalorditi dall'ineguagliabile eifetto
che questa \'ergine produce; ed è da chiedersi se i suoi me-
desimi errori non provochino appunto tale eifetto. Eppur no,
con un miglior disegno, ogni cosa avrebbe guadagnato di più.
Tuttavia , forse . questo è il più bel quadro di Gian
Bellini. Da quando si dipinge, non si è mai così mirabil-
mente trattata 1' architettura. Guardate il valore dei toni, la
prospettiva del fondo, la finezza degli elfetti,... quel lembo
marmoreo; e che spazio, che aria tra l'altare e il muro ! Oh,
la deliziosa figura della Maddalena, con la sua veste di broc-
cato azzurro e oro!...
Hanno ben detto che Michelangelo faceva della scultura
nella pittura e viceversa... \'' ha nelle sue statue certi effetti
d'ombra necessari, voluti, la cui eliminazione muterebbe il
carattere dell'opera.
CONVERSAZIONI E RICORDI 147
I Greci non conoscevano le luci preparate: in essi, tutto
avviene in piena luce, tutto è fatto per la luce libera...
In qualunque luce si ponga, il Pensieroso medita sempre
gravemente seduto sopra una tomba; nella sua meditazione
profonda , immisurabile , egli sembra ritornare dall' ombra
eterna...
Ecco il mio rapporto sull'invio da Roma di X..., al-
lievo, ecc.
< Una ■visione di San Francesco d' Assisi. » In questo
quadro la faccia scarna, ardente, geniale di San Francesco
è notevolissima. Mentre il suo giovine compagno, disteso
sulla paglia, continua a dormire, egli si solleva e guarda fisa-
mente, amorosamente il volto sereno e dolce, trasfigurato dal
sole, di un pastore adolescente in atto di rientrar nella stalla,,
suonando la zampogna.
II volto del giovane frate, la cui volgarità fa contrasto
col volto del santo, è assai bello: e impossibile dormir più
saporitamente e più semplicemente.
I montoni che vanno a ber nella conca sono ben resi,
e il luogo in cui si svolge la scena è ottimamente scelto. Tutto
e a posto, in un senso moderno, realista, esente d'ogni tri-
vialità!
Ma e proprio in tal modo che si doveva trattare il volto
di San Francesco d'Assisi? E conveniva forse rappresentare
questo santo così profondamente, cosi pienamente credente,
come la vittima di un' allucinazione > L'espressione datagli
da X... è assai forte, e colpisce, senza dubbio; ma è quella
che bisognava dargli? Sembra che nell'espressione di questo
santo, la cui vita, come narra la leggenda, era solo una
lunga estasi, lo smarrimento debba essere escluso, per dar
luogo al rapimento e all'adorazione!
Occorre si senta, negli invi degli allievi di Roma, il ri-
MEISSONIER
sultato dei forti studi da essi cercati in Italia. Alcuni tra questi
giovani non sembrano affatto penetrati dalla bellezza, dalla
purezza e dalla forza della natura in mezzo a cui vivono.
Sembra che non la contemplino punto; che i loro occhi siano
volti da un'altra parte; che siano piuttosto preoccupati di
cogliere la maniera con cui tale o tal'altro pittore ha inter-
pretato la natura, anzi che interpretare essi medesimi la na-
tura con sincerità e con la maniera che loro sia propria.
Quanti pittori preferiscono il procedimento cosi detto abile,
invece di studiare scrupolosamente la natura!
Ai giovani si dovrebbe dire : « Penetratevi bene di una
tal cosa, e abbiatela sempre nel pensiero. Ogni opera d'arte,
plastica o musicale, e l'espressione di un sentinieuto comu-
nicabile a colui che guarda o ascolta: se voi stessi non pro-
vate tal sentimento, come sperate che altri lo provi?
Se componete più con 1' intelletto che con l' anima .
sarete guardati, uditi con curiosità, anzi che con emozione;
poiché non sarete nella verità. Ma se volete saturarvi del
vostro soggetto , se lo amate , se lo comprendete , voi vi
metterete al posto dei vostri personaggi . penserete , agirete
come essi ; e da cotesto sentimento vero sgorgherà la verità
del gesto, dell'espressione plastica o musicale. Ecco il segreto.
Non è molto difficile a trovarsi; forse lo è più a mettersi in
pratica. Per comporre con anima, bisogna averne, e io credo
che si abbia per solito più ingegno. Abbiate, dunque, molta
anima ; vi assicuro che avrete sempre molto ingegno... " E
patatì... e patata... bisognerebbe parlar sempre in questo senso,
senza troppa speranza di convincere i giovani trionfatori da
noi premiati all'Istituto; benché nulla siavi di più grato che
dire delle cose giuste, anche quando si sa che non saranno
ascoltate. Or nelle nostre solennità, sotto la Cupola, è proprio
questo il caso.
Scegliendo per suo tema San Francesco. X... ha imma-
ginato una specie di apparizione, della i]uale non v' e traccia
CONVERSAZIONI E RICORDI
'49
nella vita del santo, e, volendo conciliare il sopraiinatitrale
e la realtà, non ha comunicato allo spettatore lo stesso sen-
timento che quella apparizione inspira al personagi2;io del
quadro. Per questi e un'apparizione divina; per t]uello non
è che un pastore... e l'aureola, che per il santo e il segno
del soprannaturale, resta per lo spettatore un raggio di sole
che, scherzando tra i capelli biondi, li illumina tutti...
Il pittore ha incontrato cosi nella sua interpretazione uno
scoglio da lui non
saputo evitare; e,
non avendo osato
affrontare audace-
mente il soggetto o
in un senso o nell'al-
tro, è rimasto incerto,
senza soddisfar com-
pletamente né il sen-
timento religioso, ne
quello profano, quasi
tentennando tra un
quadro di genere e
un quadro di stile.
Bisogna sfuggire le interpretazioni doppie. L'artista deve
addurre con sé, nel suo sentimento, l'osservatore, e non gli é
permesso ambiguità di sorta sul signilìcato della sua concezione.
Come già abbiamo detto , con quell' aureola che i pittori
mettono solo alle figure divine o sacre, si afferma il miracolo:
se non che tutto il resto del quadro sjmbra smentirlo.
Senza dubbio, il soggetto era bello. l'oche figure sono
cosi compiutamente interessanti come quella di San P'rancesco
d'Assisi : essa è veramente degna di adorazione nella sua
purezza, nella sua semplicità, nella sua fede ardente!
Il pittore non poteva dubitare di questa fede; doveva
sapere l'intenso amore della Divinità, che dal santo si diffon-
(Riprodu
SCABINI.
icquaforte di Pe
150 MEISSONIER
•deva su tutte le creature e gli suggeriva di chiamar gli uc-
celletti : « fratelli miei! » e il lupo, terrore di Gubbio: » fra-
tello lupo! »
Se il pittore avesse rappresentato il santo in estasi, di-
nanzi ad un'apparizione dit'ina e non incerta, avrebbe fatto
una composizione magistrale.
Credere al suo soggetto ed amarlo e la prima condizione
per comporre bene; altrimenti si e condannati a creare opere
secondarie, che non possono appassionare alcuno.
Non devesi dimenticare che la copia degli allievi di Roma
è chiesta principalmente come studio profondo di un tema:
colui che sceglie un maestro perchè l'ama, deve, mentre lo
studia, penetrarlo e tentare di sorprenderne i segreti.
Sonvi pittori che attraversano l'Oriente, e vi s'immergono
a lungo, senza però che il sole e la luce ardente pervadano
mai l'opera loro.
Talvolta le tendenze di un artista sono pregiudicate dalla
scelta del maestro. Così un allievo di Delaroche vede sempre
un po', come lui, il lato episodico delle cose; il suo spirito
non si allarga mai ; egli non comprende e non sorprende mai
il punto culminante, dominante del tema; sono sempre le
piccole cose vicine che lo attraggono... Dovrebbe rendere
VanijJUì di colui che rappresenta; ma non la vede.
Il protestantismo non è punto favorevole alle arti, ^'edi
quel che la Germania ha prodotto. Che impotenza, che affa-
stellamento di cose per dire un bel nulla! Kaulbach e gli
altri! Ricordati dei cartoni dell'Esposizione di Monaco: è
una vera inondazione di idee! A Berlino i muri delle scalinate
sono coperti di figure gigantesche, che non hanno senso co-
mune. Noi siamo più sinceri qui e non inganniamo nessuno.
Non sempi'e il vino e ottimo: spesso e dell'aspretto, ma questo
lo si serve com'è.
CONVERSAZIONI E RICORDI 151
Qinndo rividi l' altro giorno IJ uccisione del Vescovo
di Liegi del Delacroix, non ebbi l'impressione delle altre
volte. Non c'è folla, non teste, l'una dietro l'altra, che guar-
dino ardentemente; nessuno si solleva per osservare con la
naturale avidità umana, nessuno che si urti; ognuno ha come
il suo piccolo vano per contemplar comodamente quello che
accade.
Le antitesi, oggi di moda, mi sembrano dannose in pit-
tura. Tutto deve concorrere nel quadro all'impressione gene-
rale. Il cielo deve armonizzarsi con le idee, la natura accor-
darsi con l'uomo. In molti casi, quest'unione avviene da sé.
Per quanto gli altri bassorilievi dell'Arco di Trionfo siano
sciocchi e pesanti, altrettanto quello di Rude e ammirevole
per il suo vigore e la sua bella armonia... Ah ! quel Genio
della giierraX che collera vi caccia nel cuore! e come vi entu-
siasma !
Ero giovanissimo quando ho visto Marocchetti lavorare
intorno alla Pace dall'altro fianco.
Mi ricordo di esser passato colà con un amico, andando
a piedi tino a \'aux presso Meulan, in casa del Marocchetti
di sua proprietà: avevo 5 franchi in tasca, del pane e la
scatola da colori in mano. Cosi traversai la prima volta
Poissv, senza pensare, certo, di andarmici un giorno a sta-
bilire.
Il quadro di .Mackart è rigido. Come mai? Perche un
quadro palpiti, abbia vita, bisogna che nel momento scelto ed
espresso dal pittore vi si senta tutta 1' anima anteriore dei
personaggi.
Rembrandt. questo genio di cui vorrei baciare piamente
i calzari — tanto 1' addirò — lo ha sempre meravigliosamente
compreso. Nulla d'inutile nelle sue opere: tutto concorre
MEISSONIER
all'azione. Nei Discepoli d'Einiiiaus, ai quali noi ritorniamo
sempre, il fanciullo che porta il piatto, e che sembrerebbe
accessorio, a,egiunge una nota di più. Si sente che la verità
fu sorpresa, e che il
pittore ebbe la visio-
ne immediata.
Le tendenze della
pittura moderna sono
deplorevoli sotto tutti
i rapporti. L'assenza
di idee e grande; ma
in tale nullità inven-
tiva , i procedimenti
e gli effetti talvolta
stupiscono. Molti pit-
tori oggi sono virtuosi
del pennello, non già
compositori.
Il secolo che s'a-
vanza è tutto pieno
di restaura tori — l'e-
rudizione in architet-
e di critici letterari, di coloro, cioè, che
Doro LA COLAZIONE.
(Quadro della collezione del barone Sprin
tura è profonda
vivono a spese degli altri, e non esisterebbero senza i crea-
tori dei quali discorrono.
Si ripiglia, si restaura, si commenta, si analizza: non si
producono più grandi opere, come ai tempi della fede. Oggi
le cattedrali non sorgerebbero più per devozione di anime.
-Molta scienza, molto ingegno, molla tecnica; ma idee, poche
o punte.
L'artista deve restare nel suo studio, nel cjuale è re. Che
CONVERSAZIONI E RICORDI
può fare nei salotti, dove, senza amarlo, si fanno belli della
sua presenza quando è celebre, ammanendolo agli invitali?
La conversazione mondana è effimera come un volo errante
di mosche: interrotto sempre senza un possibile svolgimento,
il pensiero di coloro che si cacciano a
■' - -f»
parlar d'arte è spesso assai lontano dal-
l'argomento, prima della risposta.
Bisogna lasciar dire, senza turbarsi
di nulla, quando si ha la propria co-
scienza per se. Un uomo in procinto di
salire non deve curarsi dei
botoletti arrabbiati, in fondo
alla scala.
BUSTO DI MEISSON-IER.
Bronzo di Siint-Marceaux mentre Meissonicr era in v
Ordinato in marrao dallo Stato per l'Istituto.)
Bisogna sempre e a
qualunque ora presentarsi
al pubblico con eleganza.
Devesi cercar sempre la
verità nell'arte; ma, ohimè!
non si può sempre tro-
varla...
Essa non esiste nel re-
gno infinito delle speculazioni intellettuali: ma è nei cuori,
e deve uscire da essi. (Queste semplici parole in arte riassu-
mono tutto. Parlando dei maestri, bisogna dire semplicemente
ai giovani: amateli, ed essi vi ameranno, e ve lo mostreranno
col rendervi forti.
La più alta espressione religiosa è stata raggiunta; la
miniera venne frugata, sfruttata in tutti i sensi. Bisogna ora
cercare altri filoni, nel dominio della storia: bisogna aprire la
strada e camminare; l'avvenire è là.
Ognuno corre all'impazzata: i quadri sono pieni di ana-
,54 MEISSONIER
cronismi, perchè gli artisti lavorano alla cieca, consultando
libri, e leggendovi episodi a casaccio.
Se tutti studiassero cr)n ardore e con coscienza 1' epoca
prescelta, che tesoro di verità si potrebbe comunicare alla
folla! a quale opera magnifica, solida, possente si consacre-
rebbero tutti, secondo le forze loro I
Invece di aver lo spettacolo di un concerto, di un' ar-
monia, di una, direi quasi, confraternita di pittori, si ha il
caos, in cui ognuno s'imbraga.
Una volta, l'uomo aveva il rispetto di sé medesimo; re-
golava la sua andatura e ci teneva: bastava che s'indugiasse
in movimento naturale per essere compreso e preso dall'ar-
tista. Nei quadri di allora il gesto felice, l'attitudine armo-
niosa, passando nello studio del pittore, non erano una posa
ricercata; erano propri del tempo, una parte del buon vecchio
tempo! Secondo me, quanto e meritato questo titolo! Le mie
abitudini e il mio carattere sono di un altro secolo...
Noi facciamo grandi sforzi per credere; e, ahimè, nella
maggior parte dei casi, la fede è morta. Oggi, la sola cosa
che la pittura può fare è di oflVire al popolo, con preci-
sione, i fatti storici, ^'ersailles avrebbe dovuto essere un vi-
vaio di polloni piantati per la Storia di Francia: ogni fatto
importante messo bene in luce, ogni altro di poca entità, nel-
l'ombra. Se una commissione avesse fatto una scelta giudiziosa
di episodi, si sarebbe entrati a ^'ersailles come nella storia
nazionale, e la si sarebbe vissuta. Supponete che sia stata
fondata una scuola di pittura a simiglianza della Scuola delle
Carte: che incomparabile museo! Nessuna ricerca arcaica; una
semplice rappresentazione delle cose segnanti le tappe del-
l'umanità francese. (Questo, ad esempio, il misero contadino del
tempo di \'auban; e questi, i nostri contadini d'oggi nella
loro relativa agiatezza e nei campicelli di loro proprietà !
CONVERSAZIONI E RICORDI
(3r bene, cotesta visione delle epoche manca completa-
mente.
L'ufficio della pittura è di porgere ausilio alla storia.
Thiers parla del lampo delle sciabole! E quel lampo il pit-
tore deve inciderselo nel pensiero.
\'isto che noi non possiamo esprimere più nulla, in fatto
di sentimento religioso, giacché non crediamo più a nulla, se
io fossi ministro delle Belle Arti, vorrei dare un forte impulso
alla pittura storica.
Chenavard aveva proposto di decorare il chiostro degli
Invalidi appunto di tali pitture; ma sarebbe stata una sin-
tesi troppo forte, riserbata solo agl'ingegni superiori.
\^orrei che nei collegi la base dell' istruzione fosse il
disegno: è la lingua universale e quella che può esprimere
tutto. Un qualunque tratto informe ci dà un' idea più precisa
delle cose che non la frase più armoniosa. Il disegno è la
verità assoluta, e da per tutto dovrebbero insegnare 1a più
meravigliosa di tutte le lingue.
Oggi la storia ha abbandonato i fatti aridi, le date secche,
per far rivivere col mezzo dei particolari la fisionomia dei
secoli. La pittura segue una via parallela. Qual raddoppiato
diletto per un pittore che legga una pagina di storia! Io. che ho
studiato nelle loro epoche l'architettura, la suppel'ettile, il co-
stume, quando rievoco un fatto storico, lo vedo in carne ed
ossa; la scena si ricostruisce in un baleno sotto i miei occhi,
come appunto si svolse. Tutto segue realmente, immediata-
mente dinanzi a me; io entro di botto in scena, veggo gli uo-
mini o in arme o nella loro foggia, con le faccie che avevano
allora; è un'incarnazione ardente involontaria che mi dà sen-
sazioni diverse dalle vostre. Le loro case, i loro mobili,
le loro abitudini, tutto mi e famigliare e noto: io penetro nei
loro sentimenti e li comprendo; l'assimilazione e rapida, pro-
fonda, incancellabile. Quel che appena s'inscrive in altre menti,
156 MEISSONIER
durante la lettura, in noi s'incide per sempre, se però siamo
veramente preparati, e l'opera germini da un buon terreno.
C'è da fare una domanda suscettibile di discussione pro-
fonda.
Può dirsi che l'arte, all'inizio, altro non sia se non una
manifestazione delle cose posseduta dall'artista nell'anima;
l'arte ingenua e inesperta rende allora assai bene la passione,
e l'espressione domina tutto. Or quanto più l'emozione scema,
tanto più l'arte raggiunge la perfezione e il suo bello equilibrio.
Quale problema! [>' arte deve avere per intento di som-
muovere le passioni? o non piuttosto deve metterci innanzi
al bello assoluto?
Mentre vive , 1' uomo deve lasciare veder solo le cose
compiute. Il pittore riempie i suoi quadri di quanto più può;
e non deve mostrare al pubblico i mezzi, gli studi, a lui
necessari per l' opera sua.
Dopo morto, ahimè! è altra cosa; si fa allora quel che si
vuole, senza troppo rispettare la sua volontà.
Ha un bel celebrare il poeta il suo soggetto: la vita è
sempre incompleta, mentre col genio del pittore l'anima intera
continua a vibrare negli occhi amati.
Il misterioso sorriso... non dileguerà mai... vi resterà
sempre...
Una fisionomia in cui l' anima traspiri vai più di ogni
cosa...
11 nudo e quel che v'ha di più bello al mondo...
Durante l'esecuzione, bisogna che il sogno sentilo sia più
forte di qualunque meglio ottenuta espressione.
CONVERSAZIONI E RICORDI
È doloroso dirsi che si ò troppo vissuto, poi che non si
scorgono anime elette salire all' orizzonte : oggi, gli dei ve-
ramente se ne vanno, non sono più compresi, ma derisi.
(Leg»
L ATTESA .
cnto dall'autore al museo dei Lussemburgo.)
Questo secolo nulla avrà di originale: esso copia tutto
da quei secoli che ebbero un' impronta speciale.
Nel secolo XM non sarebbe mai sorta 1' idea di co-
struire un palazzo che non fosse nello stile dell'epoca; lo
stesso dicasi dei tempi di Luigi XIII e di Luigi Xl^^ Una
,58 MEISSONIER
volta si cacciavano nelle soffitte tutti i mobili di un' altra
epoca, e s'inventava un'arte personale. Oggi si pesca a destra,
a sinistra, indietro, secondo la fantasia del proprietario e del-
l'architetto. Noi non abbiamo architettura; è l'epoca delle sta-
zioni ferroviarie e dei grandi mercati ; e 1' età del ferro ado-
perato dovunque.
Perchè il fatto, oggi cosi semplice, di copiar fedelmente
gli oggetti posti dinanzi ai propri occhi , non è stato dagli
artisti, e per sì lunghi anni, compreso?
Non sembra, tuttavia, che in causa di una volontà deter-
minata non si copi la natura; poiché s'incontra sempre, anche
nelle opere di coloro che se ne sono allontanati di più, gesti,
espressioni, particolari d'ogni specie i quali mostrano com'essa
sia stata consultata; oltre a che, si posson sempre più chiara-
mente riconoscere e seguire, quasi grado a grado, gli sforzi
fatti per maggiormente accostarvisi.
Nei più antichi monumenti dell'arte, di scultura, mosaico,
pittura sul vetro o affresco . per quanto barbarici appari-
scano , troviamo sempre 1' impronta della natura : 1' osser-
vazione è ingenua , umile anzi. Si può dire eh' essa sia
eguale alla nostra? No, certo; poiché quel che ci preoccupa,
quel che noi tentiamo di rendere, é anzi tutto il punto sa-
liente delle cose, la loro verità, la loro vita... Noi quasi
vogliamo che il marmo possa cedere sotto il dito quasi fosse
carne! noi vogliamo far credere che l'ammirabile intonazione
di certe pitture derivi non dal colore, ma dal sangue.
.Ma può supporsi che Leonardo, il Tiziano, il Correggio
e Rembrandt, questi maghi divini, non abbiano avuto an-
ch'essi, prima d' ogni altro desiderio, quello di lottare con la
natura, per strapparle il segreto della vita, e dalla lotta non
siano usciti quasi vittoriosi?
Chi é tra noi colui , che, commosso dall' incomparabile
ritratto rembrandtiano chiamato non si sa perché \ Indoratore,.
CONVERSAZIONI E RICORDI
139
e da noi non saputo conservare alla Francia, non abbia
pensato come, pungendo la tela, ne uscirebbe una goccia di
sangue? La verità e che i primi artisti ingenui pensavano
sopratutto al dramma. Più contemplai le opere loro, e più
ne ritrassi il convincimento profondo che essi erano stati
penetrati e soggiogati dal loro soggetto, e che cercarono di
far entrare nell' anima degli spettatori 1' emozione ond' erano
pieni; un'emozione vibrante, vergine, brutale, smodata se
vuoisi, ma cosi imperiosa che nessuno mai ha potuto egua-
gliarli.
Qual'effetto, dunque, dovevano produrre quelle pitture in
coloro che credevano sinceramente alle cose rappresentate,
quando noi — ■ privi di quella fede — ■ ne restiamo così profon-
damente turbati e commossi ?
Gli storici han troppo trascurato, nei loro scritti, l'in-
fluenza delle opere d' arte sull' anima dei contemporanei. In
certe epoche, esse erano 1' espressione cosi fedele dei senti-
menti umani , che vi si sarebbero potuto attingere indica-
zioni assai precise su ciò che noi oggi chiamiamo gli 1 stati
d'anima >■ .
Spesso da un paesaggio, a prima vista insignificante,
rampolla in certe ore una poesia squisita, un sentimento di
calma profondo, delizioso. Si pensa che. stando colà, l'anima
si aprirebbe, si avrebbe il senso di un'ejjusione nella natura.
Felici i paesisti!...
L'artista soffre morte e passione, quando non può ren-
dere quel che sente , quando riconosce la sua impotenza e
trova inespresso il suo sentimento intimo nella forma rag-
giunta.
Trovarsi di fronte al Bello, è come ricevere una grande
scossa inebbriante. Solo l' artista, questo creatore, conosce le
profonde gioie del concepimento e della produzione !
Lavalieve del tempo di Luigi XIII.
(Schizzo per il quadro " 1,'arrivo degli ospiti al castello „.|
Matita e biacca.
CONVERSAZIONI E RICORDI
IL LETTORI- IIIANCO.
(Quadro della collezione del sig. Chaudurd.)
Che inesprimibile diletto riaccarezzare la linea e la natura,
in uno slancio d'ammirazione, in un impeto di verità!
Meissoiiier.
MEISSONIER
Risogna saper portare — ■ il che è raro — un abito con
la naturalezza e la disinvoltura dell'epoca. Bisogna saper av-
volgersi, occorrendo, in un mantello di velluto, portare cappa
e spada, mettersi il tòcco in modo ch'esso abbia un carattere
da X\'I secolo.
(Quante volte ho detto ai giovani che dipingono con grande
ingegno cose inutili : « Noi non abbiamo altra ragion d'essere
se non che d' insegnare agli altri il modo di guardare e di
ammirare, di scernere quel che è bello ed elegante. Così,
il tale... è un pittore asino, ma è un ricercatore; ha dipinto
pezzi inimitabili, ma soltanto dei pezzi. » Roma è necessaria
per apprendervi lo stile, la nobiltà e la bellezza.
E un vero piacere lavorare all'aria libera: i paesisti tran-
quilli sono gente felice; non hanno le nostre nervosità...
I viaggi servono a chiunque voglia ammazzare il tempo,
o anche agii scrittori e ai poeti che utilizzano ciò che
vedono nel lor passaggio. Dicesi che Lamartine componesse
versi cavalcando; ma un pittore non può viaggiare senza
fermarsi. Come fare un' opera, se la mente non si riposa in
qualche luogo?
Un giorno M . . . mi mostrava la sua composizione : un
Sansone, un gigante seduto tristemente presso la gran mola,
stuzzicato da lontano con una pertica da due filistei timorosi
di avvicinarglisi... « Capirete, gli dissi, che voi fate al rovescio
della vera lezione. La virtù, la forza di Sansone risiedevano
nella sua capellatura: or se questa venga recisa, e Sansone
ridotto in schiavitù, egli non è più un gigante, ma un uomo
comune, col quale tutti i codardi potrebbero schei'zare, beffeg-
giandolo, come si farebbe con un leone privato degli artigli.
Bisognava che i vostri filistei fossero dei fanciulli. Da lungi
allora, essi ben possono molestar Sansone, con la punta della
CONVERSAZIONI E RICORDI » i6-.
pertica , quasi un enorme molosso. Lo so , caro mio , voi
pretendete di fare la pittura realista: ma vojaltri giovani
non sapete comporre. Per ben comporre, giova meditar lun-
gamente il proprio tema, esaminarlo in tutti i sensi, e affer-
rarne , come dicevasi durante l'assedio, il momento psico-
logico, cioè il punto culminante, quello che sarà la dominante
del quadro e nel quale i sentimenti e 1' azione raggiungano
il loro culmine drammatico.
« Poniamo, a mo' d'esempio, la morte di Virginia. Voi
mi mostrerete le vostre osterie; le vostre botteghe da beccaio,
e saranno certamente veri, ma io vedrò troppe cose. Pensate
che Appio e entrato colà in un baleno, solo per afferrare il
coltello ; mi rappresenterete quindi questo personaggio prin-
cipale, l'eroe, nascosto dalla folla, la quale però me ne lascerà
scorgere il braccio armato, non già il volto, mentre Virginia,
morta, giace sola in un canto.
H (guanto alle donne che son colà, non capite che,
vedendo la fanciulla ferita, debbano occuparsi solo di lei.
cercare disperatamente in tutti i modi di rianimarla, di soccor-
rerla, di salvarla, mentre invece gli uomini ascoltano le parole
vendicatrici di Appio? In tal momento che cosa serve a quelle
donne il patriottismo e il resto?-"... \'irginia è colpita a morte.
(Juelle donne debbono assolutamente stare intorno a lei, e voi
me ne fareste vedere il cadavere abbandonato? E impossibile.
Quanto poi al difensore di \'irginia. al suo fidanzato, voi, forse,
gli fareste torcere le mani dalla disperazione: anche questo è falso.
Egli deve accorrere a lei, cercare ardentemente di salvarla,
fuggir anche, dopo, sentendola morta,... correre presso il
padre. Costui, infine, deve sostenere con un braccio il corpo
insanguinato della figlia, e levar, con l'altro, il coltello rosso
di sangue, mentre invoca dai Romani l'odio contro il tiranno!
n Ecco la vera scena... Virginia e completamente passiva:
non lo dimenticate. Non e lei che agisce; ella subisce. Ah!
se suo padre le avesse detto: « Bisogna morire ». ed ella si
164
MEISSONIER
LA SENNA A POISSY : MEISSOXIER A CAVALLO IN' LONTAXANZA.
(•Quadro della collezioue del sig. X....)
fosse colpita da se, o avesse volontariamente offerto il petto
al coltello — allora ella agiva, faceva atto di
volontà; ma lì, ripeto, ella non consente, su-
bisce... »
Bisogna sempre che la parte principale
di un tema emerga ; è regola immutabile. Per
farmi meglio comprendere, sono costretto a
parlar di me...
Nel j8oy , l'Imperatore e immobile nel
secondo piano; il torrente umano passa;...
ma è lui, l'immobile;... che si scorge per il
primo è lui che domina tutta la scena.
Nel 181^ , per ottenere un beli' egetto ,
mi son posto a tre passi dall'Imperatore. La
distanza, allora, scemava bruscamente, e il
volto dell'Imperatore s'ingrandiva. Se mi fossi
messo più lontano, tutto sarebbe andato per-
GEXTILUOMO
LUIGI XIII.
CONVERSAZIONI E RICORDI
duto; ma il terreno studiato, visto con immediatezza, rende
l'effetto più impressionante.
LA BETTOLA DEL VILLAGGIO.
(Quadro della collezione del sig. Chaochard, Parigi.)
Gli Edelinck, i vecchi incisori d'un tempo, conoscevano
a fondo il loro mestiere; avevano una solida base d'istruzione.
Oggi i giovani intraprendono, non arrossendo affatto, le cose
più diffìcili senza saper disegnare; osano tutto.
In certi giorni nulla soddisfa ; in altri tutto e' inebbria. In
fatto d'arte, ogni cosa dipende dalle disposizioni intime del-
l'artista.
Se noi siamo veramente innamorati della nostra arte,
raggiungendo maggiore abilità, produrremo meno, poiché diven-
teremo più diffìcili.
Xon temo mai di perdere giornate intere di lavoro e di
ricominciare, per sentirmi soddisfatto, per tentare il meglio!
i66
MEISSONIER
Ah! questo ìueglio. che noi sentiamo nell'anima e senza
il quale un vero artista non è mai contento di se...
Gli altri possono approvare, ammirare: e nulla, di fronte
al sentimento di ciò che deve essere fatto.
In pittura, «-bisogna schivare i sog-
getti letterari. La cosa rappresentata,
l'azione, il dramma prescelto deve com-
muovere e colpire immediatamente,
senza l'ausilio di leggende illustrative.
Non mi si parli di quelle opere
d'arte che si sottraggono al pubblico, e
sono serbate soltanto ai concorsi acca-
demici!... lo hu sempre combattuto questo
principio, pretendendo di avere un'opi-
nione mia sulla musica, pur non cono-
scendone la tecnica, come, a sua volta,
un musicista può avere la sua sulla pit-
tura, ecc. Le cinque classi dell' Istituto sono giustamente con-
vocate per un voto comune. E che! un pittore, un musicista
dovrebbe comporre solo per i suoi simili? Evvia! Io voglio
ritornar cento e cento volte all'opera che avrà parlato alla
mia anima; ma non mi curo di studiare faticosamente le cose
oscure, se il loro senso non mi si e a bella prima rivelato.
Ricorderò sempre l'impressione straordinaria, gagliarda,
che mi produsse x\q\X Af ricami il canto dei violini all'unisono...
» Che stupidaggine! mi han detto poi alcuni musicisti.
Che cosa più semplice di questa?- » Ottimamente; senonche
bisognava saper raggiungere quel prodigioso effetto cosi sem-
plice.
SCHIZZO A PKN'N'A.
Quando io seguo un motivo musicale, esso mi si disegna
CONVERSAZIONI K RICORDI
nell'anima, svegliando forme e paesaggi. Cosi, ascollando la
Sinfonia in la di lioethoven, la mia preferita, la mia passione,
io vedevo un paesaggio ellenico sorridere al sole, bacini di
acqua trasparenti sui quali volavano libellule, o anche schiere
di ninfe natanti, o sorreggentisi per mano.
Spesso bevevamo
il a Si lì idi all'albergo
Pimodan, da Boissard,
all' isola San Luigi.
Lo prendevamo a di-
giuno, poiché era dan-
noso mangiare prima.
Or io ricordo precisa-
mente le sensazioni
prodottemi, in quello
stato, dalla musica
Ogni suono assumeva
la forma tangibile di
punti incandescenti,
che poi si congiunge-
vano in disegni armo-
niosi e simmetrici. Io
mi chiedeva con ango-
scia : « In questa c-
brietà, la mia fantasia
è duncjue spenta?...
Sempre quella sim-
metria, sempre quel
ritmo! » Chiudevo le fmestre per non slanciarmi fuori, giacche
avevo sempre avuto la sensazione deliziosa d'uno svapora-
mento della materia e del peso...
Il fondo della natura si svela però in questo stato di
eccitazione artificiale, lo ho bisogno , infatti . di trovar 1' ar-
monia, l'accordo perfetto, in ogni cosa, e mai mi stanco di
IL IU.MaTORE.
(Quadro della collezione del sig. Cbauchard.)
i68
MEISSONIER
ricercarli... E mi compiaccio di far bene, di fare nel miglior
modo possibile le piccole cose come le grandi, tutto.
GLI APPASSIONATI DI PITTURA.
Di rroprieU del duca d'Autiijis (;G»lleri.i di Cli.intilly).
Restiamo ognuno nel nostro campo ; è sempre abba-
stanza vasto perchè se ne debba uscire. Se il letterato vuol
fare un paesaggio come noialtri . vi si perde dentro. Oggi,
CONVERSAZIONI E RICORDI
i6r)
nella Re-vac , trovo un articolo dove c'è molta confusione
di parole; vi si parla, ad esempio, della «plasticità dei
suoni ». Sfido la musica a disegnare la Lettura in casa
di Diderotl... Il letterato, evidentemente, me ne farà la de-
scrizione; ma, fosse pur la più minuziosa del mondo, farà
immaginare sempre una cosa diversa dal quadro reale. Vice.
IL DECAMERONE.
colleziont di liJy Vilhu-e, Londra.)
versa, io, pittore non posso rappresentare il Oiùii moitrùt:
di Corneille. Xe potrò rendere le conseguenze, ossia Orazio
che fugge , q.cq.. , ma giammai la frase cosi laconica , cosi
eroica...
Come si sta bene, nell'ombra di un palchetto, ad assa-
porare, senza essere turbati, la musica di Beethoven!...
Ah! quella Sinfonia in la! E rimasta sempre la mia pas-
sione, benché molti anni siano scorsi da che l'udii la prima
MEISSONIER
volta... fi). Che accenti
l'alali , penetranti . in
queir andanle inesora-
bile, che vi all'erra l'a-
nima e la strazia, quasi
l'osse la marcia del de-
stino! Indi, nelle gaiezze
fosforescenti e capric-
ciose àoX Jiiialc, tutte le
impressioni della giovi-
nezza mi si ridestano.
Stasera, come sempre, quei suoni rievocano agli occhi miei
i deliziosi paesaggi della mia infanzia, della mia giovinezza,
nel Delfinato.... a Grenoble...
PAESAGGIO.
(Sdiizzo all'aquerello.)
Oh! gli ammirabili frammenti di Pergolese ascoltati po-
c'anzi!... E il vecchio Bach! Nulla ci innalza più della Bellezza
serena e profonda!...
l'ALSACGIO.
(Scliijzo 3ll'a,:^iu<:rdIo.)
(i) ilssa fu oscguit.i ai hiiicrali di .Mcissojiier alla .M.iJdalcna (3 febbraio 1S91).
CONVERSAZIONI E RICORDI
Per ascoltare la musica, occorre che io mi abitui a non
seguire le parole di un libretto: altrimenti la musica, che già
mi vinceva, mi annoia, perche non corrisponde più al mio senti-
mento, a ciò che stava
per farmi sognare.
In tutti i paradisi
immaginati voi vedete
sempre gli angeli can-
tare o suonare , mai
dipingere ; locche ri-
chiederebbe riflessio-
ne e logica. Da tempo
immemorabile si e
varcato il segno, pre-
tendendo che la musica
esprima tutto. Berlioz
era tra questi. Conten-
tatevi di un sentimento
generale di estasi, di
tristezza, ecc., ma non
specificate troppo. Xel
parossismo supremo,
è sempre impossibile
esprimere compiuta-
mente un sentimento;
non posso dunque (Q.adro .pparle„.iura'. ^.«^ Arili J ll^.p,-, Par,.,.)
mettermi a cantarlo.
E concepibile un uomo che, sotto l'urto di una grande emo-
zione, si fermi a fare un'analisi o a pronunziare un discorso r
La musica può esprimere solo gli « stati d'anima »: allorché
analizza, esorbita dal suo scopo. Se volete contarmi che, per
mezzo dei suoni , io posso vedere tale o tal' altra persona .
addio, non vi seguirò più. Un'arte non può invadere il campo
dell'altra.
MEISSONIER
< Quando compongo un'opera, diceva Glùck, io dimentico
tutto, mi metto al posto dei miei personaggi . e il cuore mi
suggerisce ciò che debbono cantare... »
\
Chiedete alla Biblioteca l'opera di Cho-
dowiecki. Non c'è libro di quell'epoca che
dica tanto; l'autore vi si è dipinto con la sua
famiglia. La dedica è caratteristica: « Dedi-
cata a suo padre dall'umilissimo servitore
e figlio ».
Io l'ho molto amato
e studiato. Egli era di
una semplicità sorpren-
^ dente e af}ascinante. E lo
fjff amo ancora egualmente;
non e già un maestro
necessario a conoscersi,
ed è perciò che non ne
ho parlato fin qui; ma
mi è piaciuto e mi ha
dilettato. Sfogliandolo, vi
s'impara più che non in venti volumi. E il ritratto fedele di
tutta un'epoca; le piccole figure vi occupano poco posto.
Molte volte l'ho detto: per quanto abili si possa essere
nella tecnica, pensate che nell'arte vi è ben altra cosa, una
cosa di che molti giovani neppure sospettano.
Certamente, il disegno e il colore mi commovono: però
io credo di commovermi ancor più forse alla forma.
SCHIZZO A PENNA.
Lavorando in piccole proporzioni, occorre maggiormente
esprimere il rilievo; lavorando in più grandi, e necessario
attenuarlo, distruggerlo quasi. Il procedimento è necessario;
giacché sarebbe insopportabile trattare una figura grande al
naturale, come una marionetta.
CONVERSAZIONI E RICORDI
'73
Se dipingo una mano , ne resto soddisfatto sol quando
vedo che e carne veramente; e mi ci accanisco Imo a che la
sento tale sotto il pennello, lo lavoro la mano a intervalli;
poiché essa, non appena resti immota, perde il suo bel co-
lorito, e il sangue non circola più.
I ritratti, invece, bisogna farli rapidamente, poiché, indu-
giandovisi, non si ritro-
vano più : la persona
cambia faccia e si mo-
difica...
Per r operazi<jne
cosi detta di svernicia-
tura, non usar mai ac-
quavite o una qualun-
que essenza; ricorrere
solo al lieve e paziente
sfregamento del dito. .
Non mi piace che
altri mi sottolinei le
cose; esse debbono
colpirmi da loro. Io
amo la chiarezza , la
brevità del pensiero,
sotto l'armonia della
rOl ma. (Oi.i.lro n^na ,-nll..7lnr,, ,ì,ì 5
^Affrontate un tema sol quando l'avrete vissuto, quando
conoscerete i pensieri dei vostri personaggi, quando vi sarete
impregnato della loro vita.
Xo, no. e un errore pensare che la miseria sia necessaria
alle vocazioni; i lunghi ostacoli materiali provocati dall' op-
'74
MEISSONIER
posizione di mio padre alla mia. mi
gettarono, checche si dica, fuor della
mia strada, e mi fecero perdere un
tempo prezioso che ritardò tutta la
mia vita.
Io credo di poter sentire e di
saper esprimere la nota « dominante »
che sorge da molteplici gruppi, e
di darle tutta l'importanza necessaria,
in correlazione con tutto 1' insieme.
In un tema comune, ciò che forma
il fascino delle cose piccole, è appunto
la loro intima e profonda armonia;
tutto deve avvolgersi in un'atmosfera
omogenea di cui lo spettatore sarà penetrato. Non bisogna mai
ricercare il solo efj'etto; perche, per la pi ima volta, si rimane
colpiti; alle altre, l'interesse scema, l'emozione cade. Perche
gonfiare, fuor del suo ambiente, un tema usuale della vita
comune ? Una contadina dei nostri giorni non è una figurina
greca. Se voi volete concederle l'incesso di questa, sbagliate :
spogliatela allora del suo abito, e copritela di un peplo.
La maniera di vedere il soggetto costituisce l'artista.
SA\'SOME.
(Schizzo > penna.)
Un modello, è un manichino intelligente; occorrendo, noi
ne alteriamo il tipo, lo trasformiamo per mezzo dell'abito.
Che piacere dipingere quando si è in vena, con un buon
modello di fronte !
Io non liempio un contorno, ma procedo come lo scul-
tore, cercando il rilievo.
E difficile cosa segnare nettamente un contorno senza
rigidezza.
CONVERSAZIONI E RICORDI
'75
La fattura dei ri-
tratti differisce comple-
tamente l'unadall'altra.
secondo la natura del
modello: ogni fattura
conviene al tempeia-
mento della persona.
( )h ! come e diffì-
cile dipingere questo
angolo dell'occhio!
Sarebbe m o 1 1 o
utile servirsi delle due
mani ; i fanciulli do-
vrebbero essere abi-
tuati a ciò. Spesso
cerchiamo un movi-
mento su noi stessi.
In tal guisa io ho
potuto, all'occorrenza,
disegnare con la sinistra, facendo il mio ritratto.
IL PITTORI;.
(Schizzo.)
I pittori sono
j sempre più o meno
commedianti. Essi
I
! hanno l'istinto della
posa e del gesto : sen-
za di che, non potreb-
bero ne sentire . né
cercare . né indicare
quel che loro occorre.
.Mi hanno chiesto
dei disegni e degli
schizzi per l' Esposi-
zione delle l)ellc Arti.
SIikHo per gli- " Evaiigclisli „.
(Saxguig.na.I
Museo del Lussemburgo.
CONVERSAZIONI E RICORDI
Ho scritto cosi a Gcròmc:
« Non è già un capriccio
che mi ha fatto richiudere
ieri il mio povero quader-
no, mentre ier l'ahro ve
lo avevo mostrato cosi
liberamente. Ho sempre
avuto questa massima se-
vera , che si debba mo-
strare , quando si è in
vita , solamente 1' opera
compiuta, e non i mezzi
con cui è stata fatta... Solo
dopo aver molto esitato, mi son linahnente deciso... Ma le
vostre richieste urgevano, e poi-
ché mi dorrebbe darvi un rifiuto,
vi rimetto, perchè ne fac-
ciate quell'uso che cre-
dete, tutti questi schizzi
tatti per non importa chi.
con mjn importa che
cosa...
ACQUAFORTE ORIGl.VALE.
RITRATTO DI BA.MIilSO.
(Diseguo appartenente al sig. Batta.)
Ardua cosa e il di-
pingere la mano, poiché
accade di raro eh' essa
riprenda la prima posi-
zione ; talvolta mentre è
già quasi disegnata e la si
ripiglia, la posa e diversa;
tal'altra si trova una posa mi-
gliore, e si è daccapo.
\^oi non immaginate quanto
sia divertente il modellar con
Mtissonier.
178
MEISSUNIER
la creta. Ricordo che. stando a Poissy un dopo -pranzo
intento a modellare, mi chiesi a un punto che cosa signifi-
IL GABINETTO DI LAVORO.
iQindro dcllA collezione del barone Springcr, Vienna.)
casse quel biancore che invadeva lo studio. Erano le tre del
mattino. L'alba mi sorprendeva al lavoro, senza che me ne
accorgessi...
CONVERSAZIONI E RICORDI
'79'
Che disperazione in questi mesi veder la luce morire
proprio nel momento migliore, quando tutto e preparato, ben
impastato, e gli ultimi tòcchi stanno per produrre 1' effetto
sicuro !
Io comprendo periettamente la scorrettezza dei disegni
di Delacroix ; li ammiro e li
amo: sono lampi di genio! Ma
Remhrandt, ecco l'uomo in-
tero !
Nel i836, io non esistevo
ancora all'arte, ero un povero
ignoto: non guadagnavo nulla,
e avevo bisogno di guadagnare.
Curmer faceva allora una nuo-
va edizione della Capanna in-
diana : pubblicava con certi
orrendi disegni la Bibbia di
Rovaumont, seguita dai Van-
geli, e una specie di storia
antica , tolta da una cattiva
edizione del XVIII secolo. In-
stigato da un amico, andai a
trovarlo per proporgli alcuni
disegni. Naturalmente, mi li-
cenziò; io avevo l'aspetto di un
fattorino. Era'pero un problema
vitale per me; e poiché Tony Johannot era potentissimo nel
ramo illustrazioni, parlai con lui. Qualche giorno prima, avevo
nìodellato la maschera dei johannot ; poiché io e i miei compagni
avevamo la mania di mijdellarci a vicenda. L' imprudente
Curmer s'interessò ai particolari di quelle modellature. Io lo
acchiappai a volo. « Signor Curmer. volete che vi modelli ? »
DUROC.
i8o
MEISSONIER
Egli accettò e m' indicò contemporaneamente una compo-
sizione da trattare: Eleazaro trucidato. Pochi giorni dopo glie
IL PITTORE D IXSEGXE.
CCoIleiione di lajy Wallace, Londra.)
la portai, e mi dette quaranta franchi per lare un « legno >' :
i mici primi quaranta franchi I Dopo quello, ne ebbe un se-
CONVERSAZIONI E RICORDI
condo, poi altri quattro. Feci anche un Marat per la Rivo-
luzione di Thiers. e due o tre altri disegni, fra i quali una
Presa della Basticìio.
KITRATTO DEL PROFESSORE GL'-i
Se avessi tempo, mi piacerebbe moltissimo fare un San-
sone. Il tema è bello. Io suppongo che Sansone abbia comu-
nicato ai nemici un terrore profondo, tutto abbattendo e la-
l82
MEISSONIER
-. /r^y
SCHIZZO A PENNA.
sciando dietro di se un solco di morioondi, I F'ilistei non
sanno come sfuggire alla collera sua: e si nascondono, e si
difendono la testa istintivamente. Sansone
e come un mietitore che falci le spighe:
il tema mi pare originale.
.... Oggi, con un modello, ho
I icercato le nuove figure del gruppo
di Sansone... Mi piacerebbe ripren-
dere un quadro della mia giovi-
nezza... Ahimè I avrò il tempo di
farlo?...
Già da quarant' anni l'abbozzo
del Sansone è stato eseguito. L' e-
roe ha abbattuto tutti : ne resta solo un piccolo gruppo...
Vorrei fare un quadro di cui lo schizzo fu già dato a.... e
che sarebbe interessantissimo a trattare: un infermo e nel
suo letto; il medico lo visita ascoltandone le pulsazioni; i
parenti, gli amici le cui fisionomie dilferenti rivelano lo stato
degli animi, sono intorno, intenti a leggere la verità negh
■occhi del medico, che guarda denln^, capite, nelle profondità
della sua diagnosi...
Quanto sarebbero gioconde sulla
vecchia scala di Losanna, queste due ^^fe
figurine ! La giovinetta,
cosi come l'ho sognata
da prima , discendeva '—
semplice e diritta . nel
vago fascino del suo
cuore , al braccio del
giovane. Oggi . è in-
vece una donna inna-
morata che si curva
sull'amante. Chi ci t(jglie di credere che sia Gian Giacomo?
2;^J^-.Ì,.
?>^ ■ ■
.MEISSONIER A CAVALLO.
(Schizzo .1 pcnn.i.)
CONVERSAZIONI E RICORDI
'«3
La quartina di Gautier sul
mio quadretto della Car?'oz-~a
mi ritorna alla mente , men-
tre cavalco sulla strada che
poi riprodussi. Mosselmann.
il fratello della signora Lehon.
volendo Fare un regalo a una
sua nipote che si maritava,
mi aveva chiesto quel qua-
dretto; lo pagò ciò che volle:
duemila franchi...
Si pensò che i versi, innocentissimi del resto, non pote-
SCHI7.ZO A r-ES'.s'A.
/3(./^^'2a~/J Mai^tj <j« an nt >n,J ,, ero maa^pi^
fUj p'"> •■^àl v,J<M,>J ^„;/l'r«ya ù,i,:jan^J
vano mettersi in una cesta nuziale e alla sposa oljVirono il
quadro senza la quartina.
Due cose mi S()n promesso di non fare più: promettere
anticipatamente un quadro , e non interromperlo una volta
incominciato.
Nella Rissa, ogni cosa e compiuta; vi si scorge la qua-
lità della seta, del velluto; ma il quadro attrae! Quei parti-
colari sono così accarezzati e finiti solo per me; si notano
appena dopo l'impressione generale.
Il fondo (il muro mi costò qualche fatica: m'era riuscito
in tal modo che, quasi direi, pareva non esistesse...
L'incisione della Rissa e fatta con calore e con dolcezza
insieme: siamo lontani con essa dai traiti sinceri, ma, tanto
.84
MEISSONIER
RITRATTO DI ALESSANDRO DUMAS FIGLIO. LEGATO AL MUSEO DEL LOUVRE.
monotoni, di certe incisioni. La mia preoccupazione costante,
nella pittura, e eli far si che cose accessorie siano apprezzate
dopo le principali.
CONVERSAZIONI E RICORDI
Oggi, non si legge più. Se dovessi rispondere all'accusa
di aver moltiplicato i miei LcttùrL di epoca diversa dalla
nostra, direi: « Gli è che. allora, i lettori erano assai più nu-
merosi, leggevano veramente, reggendo delicatamente il vo-
lume da dilettanti innamorati dei buoni libri e delle belle
rileoature. »
1 diritti doganali sulle
opere d'arte francese en-
tranti in America mi sem-
brano iniqui; noi diamo agli
Americani gratuitamente, e
senza limite di età, l'in-
segnamento della Scuola
delle belle arti, la quale,
per noi, francesi, si chiude
a trent'anni; e l'America ■
ricambia la nostra ospitalità
nei nostri studi . generosa-
mente aperti, con quel da-
zio iniquo e unico sull' en-
trata delle opere d'arte! Ho
visto, a Parigi, certi Ame-
ricani, i quali, vergognan-
dosene un po', volevano protestare. Per consolarmi, mi han
detto che quella legge sarebbe abolita; invece, niente aljatto;
essa funziona perfettamente e vigerà ancora. Ah ! come
avremmo ragione di dire: « Benissimo! seguitate; ma poi-
ché noi siamo egualmente liberi , uscite dalle nostre Scuole,
dalle nostre Esposizioni, dalla nostra ospitalità artistica, che
vi arricchisce a nostre spese. »
MEISSONIER AL LAVORO.
(Schizzo.)
^'edete, cara amica, io conosco intimamente l'Imperatore!
e non sono così severo per lui come il signor lung.
i86
MEISSONIER
Ho sognato di far 1' epopea intiera di Napoleone — il
ciclo completo tino alle tappe ultime.
Si potrebbe anche fare un -Xcipo-
leone del Consiglio di Stato.
\oxk€\ dipingere Er-
^>
SCHIZZO A PEXXA PER « SANSONE ».
turi — nel momento m
cui l'uomo è inebriato, e
la testa gli vacilla.
Un vecchio usciere,
che ho ancor visto a
Bruxelles, quello stesso
che annunziava i Sovrani, non omettendo nessuna litanietta
dei titoli, mi suggerì casualmente l'etjetto impressionante di
un quadro, narrandomi che. dopo una pausa, egli annun-
ziava: X Imperatore !
Mentre dipingevo il .Napoleone, mi fu detto che, in via
Miromesnil, avrei potuto trovare Hubert, il vecchio cameriere
dell'Imperatore, pronto a darmi ragguagli preziosi. Infatti,
quand'io gli chiesi se riproducevo realmente le mosse e le
/
^-••-^'
Bs
i k;.
i^->/^
abitudini di Napoleone,
mi disse che Sua Maestà
non voleva perdere un \\^\,^?}^f^\,
minuto per alzarsi le
spalline, e rovesciarle,
come allora si faceva,
sul petto, prima di in-
filare il cappotto, ma
che indossava una redin-
gote fatta in modo da
passar sopra le spalline.
Hubert mi racconto anche che Sua Maestà, rientrando
nella sua stanza, la sera, per spogliarsi, cantava sempre
SCHIZZO A PENNA PER « SANSONE ».
Veillons au salut de 1' Empire!
i88
MEISSONIER
sbottonandosi e lanciando i suoi indumenti per la stanza, giubba,
orologio, cappello e il resto, così a caso, nell'oscurità. L'Im-
peratore — egli soggiungeva — prendeva tabacco, ma avvici-
nava la presa solo all'orlo delle narici; si che, quando era rimasto
un quarto d'ora in qualche posto, poteva raccogliersene colà
una tabacchiera piena.
P 'Mf' Avendo di sé molta cura,
ì'' 'Ti' raffinatissimo per la sua
persona, anche molto
civettuolo, Napoleone
indossava tutti i giorni
calzoni bianchi. Il vec-
chio duca di iMortemart
mi ha pur dato una
quantità di particolari
preziosi.
Il gesto del mio
Bonaparte è ancora in-
certo...
Salutare la ban-
diera, una magnifica
idea ! Quel gesto impe-
rioso mostrava l'intera
testa; ma, così facendo,
la faccia di Napoleone
resta immota ; il suo
(Quadro ddia collezione del sig. * * *.) sguardo profoodo. aunc-
gato nelle regioni del
genio e del futuro, si perde, se guardi un punto fisso, sia pur
quello designato dal glorioso emblema della patria.
Nel mio schizzo del fypó , 1' uomo eccelso e fatale
passa, in mezzo al delirio umano, impassibile, tutto chiuso
nel suo sogno interiore, guardando il presente, ma scrutando
nell'avvenire. Giova quindi che egli passi col cappello sul
FUMATORE.
CONVERSAZIONI E RICORDI
i8q
capo, eretto, null'altro scorgendo se non la sua inlima idea,
dato tutto alla sua visione...
Con questo sentimento l'ho appunto sbozzato da prima.
Il quadro solo accennato di Bonaparte in Italia, con i suoi
generali. Berthier. .Murat, Duroc e altri ufficiali, si svolge nel
179Ó o nel 1798, prima del Consolato, al principio della cam-
pagna d' Italia (esso
era destinato a tare
riscontro al iSoy). Ci
sarebbero colà una bat-
teria di artiglieria, una
seconda linea di t^anti,
una riserva di caval-
leria, una batteria in
posizione : vorrei an-
che riprodurre i movi-
menti dell'artiglieria:
il momento, l'alba !
Questo quadro e
il primo della serie
napoleonica da me con-
cepita. La giovinezza
vi trionfa ! è il mat-
tino, è l'aurora, e il
principio della sua glo-
ria. Il secondo è 18 oy,
il terzo jS/^.
Nel iy(jó o lypS le figure sono terzine nello schizzo
(volevo farlo di 2"',5<:i, come il JÒ'oy .
10 non credo che i pensieri di un Napoleone siano quelli
di un brav' uomo qualunque o d' un commesso di negozio.
Spesso tuttavia si confonde l'orgoglio con la grandezza.
11 mio sogno, che non ho più avuto tempo di compiere,
era di fare il Ciclo napoleonico in cinque quadri :
GIAN GIACOMO KOUiStAU IN'NA.MORATO.
'>>^^
!è'. A.
/
i^>^
>^^^
ACaUEFORTI ORIGIKALI.
CONVERSAZIONI E RICORDI
191
l'jgó, l'ultimo abbozzato, è viceversa il primo. Ancora
non e stato interamente concepito. Siamo in Italia , d'estate,
la mattina di Castiglione, verso l'epoca di Montenotte... Vi
sarà una batteria di artiglieria salita di dosso sull'altura,...
una seconda linea più innanzi. IJonaparte passa, galoppando.
Io vorrei che il sole sorgesse . .
davanti a lui perchè illumini
la sua faccia. Naturalmente, la
polvere 1 pensate alle strade
percorse da noi in Italia) na-
sconderà certo molte cose .
ma possianìo ben immaginare
che l'imperatore galoppi sulle
praterie.
Io lo concepisco là, in
azioì/c. .Ma non è ancora il per-
no, direi quasi, scultoreo del
18 oj. Nel 180-, ogni cosa volge
intorno a lui ; un Hutto d' uo-
mini inebriati passa ai piedi
dell' Imperatore immobile, men-
tre che nel 1796, egli stesso
è in moto.
Xel Frlcdland , ad onta
della sua gloria, Napoleone fa
ancora parte della nazione;
tutto e gaio, tutto sorride: è l'apogeo fortunato.
Erfurt 1810Ì sarebbe stato il quadro della vertigine: è
il momento in cui l'Imperatore si perde pel suo orgoglio in
quel corteo di re. Il quadro e attraente, e spesso ho pen-
sato di farlo.
181-J., è la Campagna di Francia, non già la « Ritirata
di Russia 1). come qualche volta vien detto. .Nessuno crede
più in Lui. Il dubbio e soppraggiunto. Egli solo pensa che
tutto, forse, non e perduto.
SUOVATORE DI VIOLA.
(Disegno a matiu.)
Meis.'omer.
'94
MEISSONIER
iSij. » da Farsi «, sarebbe il BcUerofoiite; Egli è solo...
sulla nave che lo trasporta , vigilato da una sentinella in-
glese...
Ogni qualvolta ho dovuto eseguire un soggetto determi-
nato, precisato e già battezzato, il quadro mi e riescito fastidioso,
indifferente, come lo e per me. ad esem-
pio, quel ■Xapoleone che mi hanno com-
prato a Londra, ma al quale occorre un
titolo esatto per la vendita. Eckmùhl e la
sola battaglia, forse, che potrebbe adattarsi
al quadro e alla carica dei corazzieri ; ma
il titolo non e ancor definitivo, fo continue
ricerche al ministero della Guerra, consulto
tutti i documenti.
Chcnavard mi ha sconsigliato di fare
un Ariosto intento a leggere i suoi versi ;
ne avevo già fatto lo schizzo. « Gli Ita-
liani han fatto queste cose meglio di
quanto si possa oggi fare ». egli mi dice\'a.
Dopo esser vissuto a \"enezia , son di-
ventato italiano come mai lo ero stato
fin' allora; son tutto penetrato dall'aria del paese. Nondimeno
non penso più ai temi episodici: il mio spirito di artista ha
bisogno di sintesi. Sogno perciò di riprendere il Poeta, colui
che s' inspira alla vita dell'umanità tutta quanta, e la nutre
del suo miele divinj.
(J^-x^
USSARO.
{Riproduzione d' un' acquaforie
originale.)
" Caro signore (I, se ho tardato a scrivervi, gli è perchè
la mia lettera doveva essere come un ultimo addio al mio
lavoro, l'atto della separazione definitiva. Comprenderete come
1) Lettera iiiJirizzat.i .il signor Stew.irJ, di N'cw-Vorl;. con-.pr.itore de! 1^07
CONVERSAZIONI E RICORDI
io non abbia voluto far ciò se non all' ukimo istante . e per
quanto mi compiaccia di sapere il mio quadro nelle vostre
mani . pur provo dolore nel distaccarmene , dopo eh' esso è
stato per tanto tempo la vita del mio studio. Tra poco v
giungerà; accoglietelo come un amico, ma non di quegl
amici che a bella prima piacciono e poi si dimenticano, s
bene come quelli che
tanto più si amano
quanto più si cono-
scono. Lasciatemi cre-
dere che, osservando
questo lavoro, dove
ho messo tutta la mia
scienza e tutta la mia
esperienza, il diletto
vostro possa sempre
più crescere.
« Io son convinto,
e lo dico con un certo
orgoglio, che questo
quadro è di quelH cui
il tempo aggiungerà
valore.
(Qualunque cosa
avran detto sul suo
merito passerà; ma
esso resterà per l'o-
nore di entrambi.
" Benché il mio quadro si difenda da sé, benché migliaia
di persone che si sono at)bllate per vederlo abbian fatto giu-
stizia di certi malevoli apprezzamenti, serbo il diritto, poiché
l'ho compiuto con tanta coscienza e tanta sincerità, di difen-
derlo e d' illustrarlo.
" Ciò sembrerà strano, eppur bisogna farlo; giacché, per
UM LETTORE.
196
MEISSONIEH
quanto chiara sia l'idea inspiratrice, taluni si son dilettati a
non vederla bene e a cercarne un'altra.
« lo non ho voluto dipingere una battaglia: ho sol voluto
CONVERSAZIONI E RICORDI
dipingere Napoleone nel culmine della sua gloria: ho voluto
dipingere l'amore, l'adorazione dei soldati pel grande capi-
tano, nel quale hanno tanta fede, e per il quale sono pronti
a morire...
« Nel 1814, ho riprodotto la line impressionante del regno
imperiale: l'atteggiamento di quegli uomini ebbri un tempo
d'entusiasmo, e allora stanchi, scorati, non più fiduciosi nel
lor capo invincibile. La mia tavolozza non aveva allora colori
abbastanza tristi! Ma oggi, nel 180 j, ho voluto che tutto fosse
luce. In quel momento trionfale nessuna luce mi pareva de-
gnamente sfolgorante. Né meno un'ombra doveva traversare
il volto imperiale e togliergli il carattere epico da me voluto
conferirgli.
« La battaglia, già impegnata, era necessaria per accrescere
l'entusiasmo nei soldati, e far sentire la scena; ma non ho voluto
riprodurre particolari lugubri, e li ho tutti scartati; nient'altro
MEISSONIER
che un cassone smontato e del grano che non maturerà più!
e basta.
.; I soldati e il capo sono gli uni di fronte all'altro; quelli
SCHIZZO DEL « CANTO >>.
(Mi.sco del Lussemburgo.— (Leg.Mo a! Louvre da Me
proclamano la loro devozione; questi, immobile, arbitro della
volontà delle masse, li saluta. Egli e ìoiv si sono compresi.
Tale e l'idea naia dal mio cervello senza tentennamenti, di
CONVERSAZIONI K RICORDI
primo getto ; idea che, benché laboriosamente eseguita, è sem-
pre rimasta per me cosi tattamcnte chiara che non 1' ho mai
minimamente modificata.
(Legato per lestamento alla vedeva Meissonicr.)
« (guanto all'esecuzione, solo un pittore, e un pittore di
molta esperienza, potrebbe dire quanto tempo e quanto lavoro
sia occorso per coordinare in un tutto armonico tanti eie-
sTUUlO DI DRAPPEGGIO PER IL « CAMTO ».
PERCHÈ TARDARE .•'
(Quadro della collezione del sig. X. X.)
MEISSONIER
menti disparati; eoili solo potrebbe dire quanto l'osse difficile
tarlo con tanta severità, abbandonando gli artifici che spesso
mascherano tanta debolezza. Quelle spighe verdi ne sono una
prova. (Quante difficoltà avrei evitalo, se le avessi sostituite
con la polvere, la quale nasconde tante cose!
» \c l'ho detto cominciando: lasciate che ve lo ripeta: ho
fede nel mio lavoro, il tempo lo consoliderà sempre più, e, ne
son certo, il vostro aQFetto
illuminato lo protegge-
rà, occorrendo.
« Ed ora, caro signo-
re, fate che io termini,
offrendovi il mio ritratto.
\'oi ne avete desiderato
uno , io son lieto di
averlo fatto da me per
voi: esso vi parlerà di
me con più intimità e vi
ricorderà quanto io vi
sia devoto.
SCHIZZO A l'EXS'A.
0 E. .Meissoxif.r.
Se il /Soj produce 1' eflelto di un orizzonte sconfinati!
e di masse umane innumerevoli, gli è perche ho messo sul
terreno solamente uomini, e non piccoli particolari , un pae-
saggio arborato, ecc.... L'azione può risultar molto nel quadro,
mentre nei panorami ciò che più vuol vibrare s' immobilizza
e s'irrigidisce in modo irritante, coi particolari troppo precisi
della campagna o delle cose ambienti.
Un cavallo al galoppo, come quello del iSoy, vi riusci-
rebbe insojlribile visto sempre allo stesso punto ; invece, tutto
ciò che ò in istato di liposo vien facilmente accolto dallo
spettatore, ed e gustati) con tutt'agio.
(niardatc . nel boi panorama di Kezonville . i soldati in
CONVERSAZIONI F. RICORDI
riposo del Detaille, d'un elj'etto così leg.^iadro. e l'impressione
quasi tormentosa del cavallo al galoppo, presso la ('roce:
Guardate poi , dalla parte di Neuville, la linea dei corazzieri,
e sentite 1' impiessione profonda emanante dai fei'iti e dai
morti.
Non si tanno concessioni ai panorami: ogni cosa deve
essere assolutamente
improntata alla realtà,
d' una possibilità as-
soluta e sempre allo
stesso posto.
Il /8oy, prima di
partire per l'America,
è stato esposto per
pochissimi giorni al
circolo di piazza \'en-
dòme. 11 /Soy e il
rovescio del /e^V./: io
vi voleva esprimere
il momento della pie-
na liducia nell'lmpe-
rator vittorioso!
Ne! lyoó, appe-
na sbozzato, e ancora
il generale Bonaparte
all' inizio della sua
fortuna, quando paga
di persona: nel iSoy, egli ha finito di agire.
/S()y e una battaglia qualunque , sia pure Fiiedland. Il
diffìcile era di fare l'Imperatore impassibile, in mezzo all' in-
furiar della lotta.
SCHIZZO .X l'EKV.'
Per il iSoj , ogni cavallo, come ogni uomo, ha la sua
MEISSONIER
MUSA D A X Z A N' T E .
(Modellino di curi.)
brava cartella di studi : per
amore di verità , ricomincio
spesso ciò che ho già com-
piuto. Io abbozzo sovra un
pezzo di carta rigida, per veder
bene ciò che convenga fare
definitivamente ; poi rapida-
mente dipingo.
Per incidere il iSi)", non
avendo più documenti baste-
voli (il quadro è in America)
ho voluto farne una riprodu-
zione all'acquerello; ma quanti
mutamenti ho introdotto nelle
mosse dei cavalli e nelle fi-
gure! Allora rifo nuovi studi,
e li paragono ai vecchi.
Il brusco decrescere degli uomini allineati è tra gii effetti
prefissi del mio fSi.^.
Un altro, forse, avrebbe
cercato di mostrare
quante più figure era
possibile; ma io ho pre-
ferito che esse scompa-
rissero in lontananza, a
perdita di vista. L'Impe-
ratore, allora, s'ingran-
disce, e diventa la figura
più impressionante nel
corteo dei suoi mare-
scialli , anch'essi cos
singolari, cosi personal
nelle loro abitudini
SCHIZZO PER « UN'A LEZIOXE DI DISEGMO
(1856).
CONVERSAZIONI E RICORDI
Ney, ad esempio, che non s'infilava mai le maniche del suo
cappotto. A poca distanza, la fanteria, marcia in linea paral-
lela, coi tamburi innanzi; per piccoli che siano ,uli occhi di
quei tamburini, si veggon brillare.
Osservate quello, in prima lila. che batte senza osar di
volgere il capo, ma che però guarda di lato l'Imperatore sul
suo bianco cavallo. Xey, e dietro di lui: egli non infila, come
dicevo, le maniche della sua
giacca. Mi han dato questa
particolare e l'ho raccolto in-
sieme ad altri, che conferiscono
tanto carattere e tanta vita,
dalla bocca di testimoni ocu-
lari. Il bel Flahaut, sempre É^j _
elegante, e sulltj stesso piano.
Nel /ò'/./,il personaggio
che porta la giacca sulle spalle
è il maresciallo Ney, principe
della Moskowa: il secondo e il
maresciallo Berthier. principe
di Wagram; il terzo è il ge-
nerale conte di Flahaut, uffi-
ciale d'ordinanza di Sua Mae-
stà. Dietro il maresciallo Ney.
è il generale Drouot (quello che dorme stanco da
sul suo cavallo, non e un ritratto).
GENTILUO.MO LUIGI XIII.
QujJro della collezione di sir James
la iatica
Quante volte avvien d'incontrare per caso un documento
prezioso! Un giorno, io viaggio in ferrovia con un ufficiale sa-
nitario, che mi parla della battaglia di Lipsia, alla quale aveva
assistito, della paglia e perfino dei trucioli di cui bisognava
servirsi come tappeto. Egli api^ar teneva al corpo del mare-
sciallo Nev. « Io lo vedo ancora » mi diceva « con le maniche
206
MEISSONIER
non infilate , e con le piume del cappello sempre sudicie. »
Rincasando, io feci il mio maresciallo Xey (1814) appunto
col particolare caratteristico delle maniche.
lo solo conosco una quantità di cose interessanti sull'Im-
peratore : torna più utile, su certi punti, interrogare il lustra-
scarpe di tal e'enerale, che non il generale stesso.
Dipinsi lo schiz-
zo di Parigi, mentre
la mia casa era invasa
dal nemico, ed io mi
era richiuso nel mio
studio. Kra la mia ven-
detta! In tale schizzo.
ia mano dell'ufficiale
di marina stringe pa-
ternamente la testa
del fido marinaio mor-
to presso di lui...
Nel Solferino ,
tutti i personaggi sono
altrettanti ritratti: Ma-
gnan, Leboeuf, .Mas-
sue, Fleury, Saint-Jean
d'Angelv. Rose e tutti
IL PITTORE.
quanti. .\nch'io vi sono, indietro, a sinistra.
Misi men di due mesi a far questo schizzo (\q\X Assediù
di Parigi, cioè ali" ultimo momento, nella lebbre ininterrotta,
sospinto dalla mia esposizione... Converrebbe rimetterci un
po' di armonia, un po' di legame: tranne per il v<jlto di
Regnault morente (eccone lo schizzo su carta velina 1 non ho
fatto un solo studio di figura...
CONVERSAZIONI E RICORDI
207
Questa notte ho abbozzato mentalmente il progetto del-
l'Assedio di Parigi, in guisa diversa dalla prima concezione.
VEXEZIAN'I (palazzo MEISSONIER A PARIGI, SGALA DELLO STUD:o).
(■Quadro dcllj collezione del sig. M.irinoni.)
La Francia ferita, con le armi spezzate, vede disperatamente
in lontananza trapassate da soldati sassoni e bavaresi le sue
20S
MEISSOMER
Provincie, invano disperatamente lottanti. Le Provincie si
aggrappano alla Francia, la quale non può salvare Parigi.
La Città ò ritta, la testa coperta da una pelle di leone,
LA GUIDA,
della baronessa Dunicsiiil.)
le membra ravvolte in luni^a veste magnifica. Intorno a lei, la
Miseria, la Carestia, la .Morte l figliuoletti spirano sui seni
esausti delle madri loro. Fra i moiti. Regnault, ecc.
Studio di ìiuìiio.
ISanguigna.i
Collezione della signora Meissonier.
CONVERSAZIONI E RICORDI
Spero di esser libero quest' anno e di dedicarmi tutto
all' A ssl'cÙ'o di Parigi\ è desso l'espressione dell'onore civico;
In resistenza.
GIOVIXE CHE SCRIVE UNA LETTERA.
(Quadro della collezione del sig. di Beistegui.)
Io era stato designato per chiedere il corpo di Regnault
ai Prussiani. Proprio il giorno innanzi, avevo parlato con lui.
Meissonier. 1 4
MEISSONIER
I Prussiani si sono mostrati ostilissimi. Impedivano che
si entrasse nelle loro linee; prendevano le nostre barelle, e ci
portavano i nostri morti; noi avevamo fatto scavare una fossa;
dei soldati ada,G,iativi notavamo i numeri di matricola. F^er
tutto il giorno non abbiamo fatto altro che seppellire. Quando
si presentava il cadavere di una guardia nazionale, lo si met-
teva in una stuoia per renderlo alla famiglia.
E
- -^ -^■^'-1
LA VIGILIA DI MARENGO.
Io vorrei incidere il quadro dell' Asseaio. La mia inten-
zione , quando feci questo schizzo , era di eseguire un gran
quadro. Non voglio abbandonare quest'.-J.s-.s"(v//(; di Parigi, che
ci salvò dal disonore, senza aver tentato di esprimere questa
verità: tale è la mia ambizione.
L'assedio permise la resistenza: a volte, fece conoscere
il panico anche al nemico: lo si vide a \"ersailles.
I Tedeschi non si contentano di vane parole: invasero la
Francia, allorquando non e' era esercito . non e' era governo,
non c'era più nulla. Oggi, però, dopo che i l-'rancesi han
CONVERSAZIONI E RICORDI
ripreso possesso di sé, non oserebbero ricominciare. Ed è
appunto l'assedio di Parigi che ci dà questa liducia.
STUDIO PER U\- DRAGOKE DELLA « GUIDA
(Museo del Lussembargo.)
Huel quadro della Madonna dcL Bacio, è il mio amore!
Non lo venderei a nessun prezzo ! Se si bruciasse . sarebbe
lo stesso che strapparmi un lembo di pelle!...
A volle, per lavorare dentro San Marco, ero in tenebre
MEISSONIER
SÌ folte che , spesso , andavo alla luce per vedere il mio
quadro della JMadonna del Bacio, e osservare ciò che avevo
dipinto nell'ombra: volevo indicare nel gesto della donna
pregante con tanto ardore il tormento della sua passione;
quel placido prete, capi-
tato un giorno per caso,
mi offerse . senza che
menomamente lo sospet-
tasse, il contrasto da me
prestamente alferrato.
In queste crisi epa-
tiche, di cui , dopo sei
mesi di requie, soji^ro
tanto ancora . i medici
mi ordinano il riposo,
la pace dell'anima.... la
gioia, la tranquillità della
vita morale. Io sono stan-
co, stordito dal dolore;
e credo che non ne avrò
per lungi) tempo ancora.
Ah I i bei sogni
d' arte della nostra gio-
vinezza! Giacché l'arte
deve avere uno scopo,
deve essere un insegna-
mento morale, (^come nel
quadro dei Borglìcsi di
Caìais) deve esprimere
gii alti pensieri, le devozioni grandi, i nobili esempi. Ilo sei
quadri che rispondono a questo mio ideale:
Il Malato e il Prete \
STUDIO DI DRAGONE PER LA « GUIDA ».
(Acquerello delU collezione del sig. Gastone Lebreto
Jireltore del museo di Rouen.)
CONVERSAZIONI E RICORDI
Il iSoj, apogeo del trionfo ;
Il i8i^, rovescio lugubre della vittoria ;
La Barricata nel fS-/.S, l'onore e la guerra civile;
L'Assedio di Parigi, la difesa della Patria ;
E finalmente l'Ardente preghiera, da me prediletta forse
sopra ogni altra mia cosa , quella Vergine di San Marco,
per cui tu mi fosti modella a Venezia, come per la Città di
Parigi vìqW ^Assedio .
Talvolta, il cuore ha certi arcani presentimenti ; si sente
che la felicità non può durare ;... non vorremmo mai abban-
donare,... mai perdere quanto si ama.
11 sentimento della gloria e della posterità non basta,
quando non siamo più, a consolarci delle miserie del tragitto.
II tempo rimette al posto loro e nel loro giusto valore tutte
le anime. II valore reale di un uomo non può essere valutato
se non alla sua morte, quando le voci dell'amicizia si spen-
gono sul pizzico delle ceneri ultime, dopo i discorsi sulla
tomba, affettuosi od officiali : allora il monumento o crolla, o
resiste glorioso, inondato di ammirazioni e di luce.
La mia vita e trascorsa nella ricerca della verità. Quan-
d' io debbo giudicare, non osservo soltanto dal mio punto di
vista; ma cerco d'indovinare quello degli altri; voglio com-
prendere la ragione e il movente dei loro atti.
\^olere è potere! É questo l'assioma di tutta la mia vita:
io ho sempre -z'oluto.
In quei tempi, ignoti ai fotografi, i documenti eran poco
numerosi. Io mi recava durante il giorno nelle serre del Giar-
dino delle Piante, e mi mettevo di fronte alle piante dei tro-
pici; per disegnare, mi restava solo la notte.
214
MEISSONIER
Come ben ricordo la nostra giovanezza e le nostre aspi-
razioni d'arte!
Ah! come rimpiango il tempo perduto, quel tempo che
non si può riguadagnare mai più I La mia opera sarebbe stata
compiuta molti anni prima, se mio padre, fin dal principio,
STUDIO e: corazzieri per « 1807 ».
avesse approvato e compreso la mia vocazione... Quante mi-
serie mi e occorso traversare! Dovevo guadagnare il pane
quotidiano; mi coricavo, anche ammogliato, alle sei della
sera, per rialzarmi a mezzanotte e lavorare fino alle otto
del mattino. Alle otto la giornata era guadagnata; ero pa-
drone di me, e lavoravo fino alla sera intorno al quadro per
r {esposizione.
■ ^'^.É^J
2l6
MEISSONIER
Mio padre, per dono di nozze, mi pagò un anno di fitto,
settecento franchi circa, e sei posate d'argento, con queste
parole: •' E cliiaro adesso che tu non hai più bisogno di me;
perchè credo che. quando uno mette su famigHa, deve sen-
tirsi in grado di sostenerla ». Più tardi, a mia volta, io rifiutai
tutto. Mio padre era orgoglioso, ed io pure...
Nel 1845, mio pa-
dre mori ricco, data
la condizione dei tem-
pi, lasciando una for-
tuna di circa un mi-
lione duecento mila
franchi... Mio fratello
Gabriele, impiegato
nella casa, ma non so-
cio, s' era separato da
lui e aveva fondato
uno stabilimento in
Russia.
Più ci avvicinia-
mo alla line, e più ri-
cordiamo il punto di
partenza. Alcuni tra
noi avevano la costan-
te preoccupazione dei
vecchi manoscritti e
delle N'ergini su fondi d'oro: l'idea religiosa dominava la
loro vita. Si era in pieno Faust e Margherita (noi allora era-
vamo... molto gotici I. Credevamo realmente alla margheritina
sfogliata ? Si dipingeva, pensando a Lamartine (spesso sulla
montagna). Dio! quante lagrime ho versato in giovanezza per
questo... Adesso, molte cose sono invecchiate, specie le agu-
glie gotiche e i concerti sacri I Iluml .Ma non imporla; io
piango ancora leggendo, quei versi.
UN CORAZZIERE.
(Schizzo per iS.ìj.)
CONVERSAZIONI E RICORDI
217
Mentre en^ in pensione a Thiais , con mio fratello Ga-
briele e con 1^'auvel, (diventato poi medico il i83o scoppiò.
— Avevo quindici anni — si era in uno stato di sovreccita-
zione incredibile!...
In quelle terribili
giornate rivoluzionarie,
i caratteri si rivelavano
per mezzo di frasi o
ingenue o irritanti. 11
mio sarto, ad esempio,
certo Chevreuil, che io
lasciai appunto a ca-
gione delle sue parole
nel 1848, mi disse:
« Mi piace molto la cac-
cia all' uomo ! »
Terrien fu testimo-
ne di un altro fatto ab-
bominevole : una sen-
tinella montava la
guardia in un luogo e-
sposto ; una guardia na-
zionale sopraggiunge ,
afflitta . col fucile in
mano: « Io non isbaglio
mai un colpo, e non
ancora mi è capitato di
farne uno. » — « Non
sbagliate mai il colpo' -
Allora, mettetevi li, sull'angolo di quella casa: ogni volta
che io mi scopro, un uomo e una canna di fucile compaiono
e mirano: or io mi mostrerò, state attento I » La sentinella
fece qualche passo. L'insorto apparve, e 1'" amatore » non
fallì il suo colpo.
UN'A aVlDA.
(•Schizzo a matita
disse la sentinella — ne siete certo?
2l8
MEISSONIER
"ALLO MORLSTh.
o per VAisid.o J! l'ari;i.)
Chenavard mi di-
ceva di non aver nnai
capito cosa fosse la
folla se non ai funerali
della signora Blanc.
Luigi Blanc e un so-
gnatore ; ma un one-
sto : gli operai lo ama-
no, e benché non abbia
mai ottenuto nulla per
loro, e l'uomo nato per
essi; fanno assegnamento su di lui per l'avvenire, e a un
suo cenno accorrerebbero in folla innumerevole. \'ittor Hugo,
che camminava in prima fila con Luigi Blanc. gli batteva, di
tratto in tratto, sulla spalla: « ^'ia, coraggio, amico mio! », gli
diceva con voce forte; « la morte e nulla: pochi giorni ancora,
e ci si ritrova tutti ». ecc., indi, volgendosi verso Chenavard:
« Come siete diventato
bianco ! », gli diceva
sottovoce. Ed è cosi
che se ne vanno tutti
i cortei funebri : i pri-
mi, o piangono o sono
veramente accasciati ,
e tale angoscia di fila
in fila svanisce più
presto dei cerchietti
neli' acqua momenta-
neamente turbata. Si
comincia con parlare
del morto, e si finisce
con ridere di un'altra
cosa. Ne ho visto un
esempio i mpressio- (Sn.d,o per ....a t,g,jra dcir.<.i,,(.o j. t^r.
SCHIZZI A MATITA PER l' « ASSEDIO DI PARIGI ».
MEISSONIER
nante, quasi raro, ed io vi era. X . . . mio vecchio amico e
medico, amava, credo, da molto tempo la moglie dell'am-
miraglio Z... Alla morte di questi, egli la sposò. Del primo
matrimonio restava un figliuolo adorato e veramente simpa-
tico; morì a diciannove anni, di morte quasi subitanea; e fu
cosi terribile e violento cordoglio che noi tutti, amici, ne
fummo penetrati; il poveretto fu seppellito a Choisy.
Tre giorni dopo, munito di un permesso della polizia,
il padrigno venne a trovar me a Y... . e ci chiese di andar
con lui a Choisy per assistere allo scoprimento della bara
e cercar di prendere, sui tratti del morto, la maschera che
con suo gran dol'jre. gli mancava.
Partimmo in una carrozza, portando alcuni sacchetti di
gesso e tutto l'occorrente per l'operazione. Eravamo atterriti
nel vedere il dottore con una spada in mano, quella dell'am-
miraglio Z..., in tale stato di abbattimento che non osavamo
pensare a ciò che sarebbe potuto accadere... La natura, talvolta,
sembra associarsi agli atti della vita con misteriosa simpatia:
entrando nel cimitero, il giorno declinava con toni strani. Il
becchino estrasse il feretro , lo aprimmo; il corpo era già
cosi disfatto che dovemmo rinunziare al nostro proposito; si
rinchiodò la bara, dopo che il dottore vi ebbe deposto la
spada dell'ammiraglio; sapemmo allora perchè 1' aveva por-
tata ! Uscimmo dal cimitero, col cuore un po' sollevato da
quell'atto, ma ancor tutto chiuso dalla tristezza di quella gior-
nata mortuaria. Era tardi ; tutti e tre, naturalmente, eravamo a
digiuno; ma chi avrebbe pensato allora a mangiare? Tuttavia,
lungo il cammino, vedemmo un ristorante allora molto in
voga. Ci facemmo servire un pranzo , che sulle prime ci
parve dovesse restare inlatto; ma l'appetito vien mangiando.
La vita, poco a poco, riprese il sopravvento; e uscendo,
avevamo tutti l'aspetto di gente che abbia giocondamente
pranzato, cui non turbi nessun ricordo di cimitero.
CON^'ERSAZIONI E lUCORDI
L'Imperatore era severissimo, ma dopo diventava dolce.
Allorché dava un ordine di ^atl^!^lia . non ammetteva esi-
LA PREGHIERA ARDENTE.
tazioni di sorta: l'ufficiale chiamato si avanzava, col cappello
in mano, e doveva ripetere parola per parola l'ordine dato:
MEISSONIER
I.E ROVl;>t JiLLE TJiLLtRIE. — MAGGIO 1S7I.
se esitava: « Senza intelligenza » diceva 1' Imperatore; « a un.
altro ! »
CONVERSAZIONI E RICORDI 223
Mortemart raccontava che a 1 la2;uenau si doveva traver-
sare una foresta.
« Il luogo è paludoso, difficile ». volle egli giustificarsi.
« Non è vero », disse l'Imperatore impetuosamente. Kgli sen-
tiva che, per gli uomini ascoltanti dietro di lui. non dovevano
esserci ostacoli.
10 non so perchè oggi, a cavallo, questi orizzonti di
Marly mi ricordino Solferino.
Impossibile formarsi un'idea di quella giornata con quelle
inondazioni di uomini. M'ero rifugiato in una piccola fattoria;
mentre mettevo il piede fuori , I' uragano scoppiò. Sotto la
tettoia dell' ingresso, alcuni soldati di linea , seduti su certe
travi, vigilavano parecchi prigionieri austriaci. Scambiai con
quei poveri diavoli poche parole in tedesco. Poi qualcuno
andò a cercare nel granaio un po' di fieno per la mia cavalla,
che non ne poteva più. Più lontano, un sergente voleva ripa-
rarla, insieme a me, in una stanza piena di feriti: non occorre
dire che rifiutai. Uscii, solo, per raggiungere l'Imperatore. Ai
cavalli non piace calpestare i corpi , e ovunque erano cada-
veri ; talvolta udivo gridare: «Badate alle baionette; i cavalli
possono restarne feriti ! >■
11 primo uomo' colpito produce una violenta emozione.
Poi vi ci si abitua. Uno zuavo in calzoni di tela grigia si
trascinava su una strada: non era mortalmente ferito, poiché
camminava ancora, ma i calzoni diventavan rossi di sangue...
In un'ambulanza provvisoria, i chirurgi giravano in mezzo ai
feriti, portati colà da ogni parte. Passando, io salutava ri-
spettosamente quei miseri...
II caldo accasciava. Verso mezzogiorno . m' ero addor-
mentato a pie' di un albero, con le briglie della mia Coningham
passate nel braccio. Svegliandomi, in una scodella, foggiata con
le suola di un povero morto, le apprestai un po' di grano:
la bestia, nauseata, lo rifiutò...
224
MEISSONIER
Un ufficiale mi disse, passando : « Prendete questo ber-
retto: vi farà comodo .'>. Quel berretto era caduto dal sacco
di un giovane utlìciale austriaco, un bel giovanotto disteso,
pallido, tra i morti... L' idea mi fece orrore...
A Brescia, avevo potuto trovare una bellissima stanza, al-
l'albergo della Posta;
dovevo attraversare
quelle degli altri per
giungervi ; ma, in com-
penso, vi si stava libe-
ramente. Però, tutto
era aperto a tutti. Mi
ricordo di un giovane
bellissimo, un Croato
che dormiva profon-
damente sul suo letto
intieramente nudo...
Quanto al pran-
zo, era preso d'assalto
nella cucina. Uno dei
nostii vi laceva buona
guardia; ma non ap-
pena voltava la schie-
na, uno zuavo, sveltis-
simo, s' impadroniva
della marmitta con le
SCHIZZO DI PAESAGGIO.
patate.
Nella stanza di un intendente avevamo bevuto dello
champagne gelato; ogni furto era legittimo in quel disordine...
Che singolare aspetto quello dei villaggi all'ingresso delle
tiuppe francesi I Le case erano imbandierate: le vesti degli
abitanti, le gonne da festa, i fazzoletti fiammanti, le cortine,
tutto assumeva un tono di solennità per onorarci! L'entu-
siasmo diventava delirio.
Stìtdio per ima figura del " Sansone „.
(Disegno a lapis e a cinabro - Colicz. del big. Jean Gigol'.n.)
Meissonter.
MEISSONIER
Si, tulVà la campagna d'Italia è vibrante: peccato non ne
abbia preso molti schizzi, o scritto tutti i ricordi 1...
Spesso una vittoria e conosciuta solo dopo la battaglia,
senza che nel momento stesso se ne sia avuta la minima
impressione trionfale. Ho potuto vederlo a Solferino, dove
ero nel gruppo dell' Imperatore. Al calai' del giorno , verso
le otto di sera, quando gli Austriaci in rotta fuggivano lon-
tano. l'Imperatore, seguito da noi. sali sulla collina per rag-
giungere un varco denso di morti. Giungendovi, odo an-
cora Castelnau gridare : << Badate ai cavalli ! » (a cagione
del fucile».
Si conosceva allora cosi poco il risultato finale, che l'Im-
peratore, avendo interrogato il suo Stato-maggiore sul bron-
tolio delle cannonate persistenti ancora, nulla da lui potè sapere.
Se ci fossimo serviti allora della cavalleria fresca . che
non aveva partecipato alla lotta, gli Austriaci accavallantisi
per terrore nel celere passaggio del .Mincio, i cui ponti erano
distrutti, sarebbero rimasti fulminati.
Io non so se il fatto sia vero: certo ci fu narrato laggiù,
nelle strade di non ricordo più qual villaggio, che l'impera-
tore d'Austria, per l'ira di quella terribile fuga del suo esercito
in rotta, in quell' affollarsi tumultuoso dei fuggitivi, avesse
sciabolato un uomo che gl'impediva il passo.
La vittoria . come ho detto . era cosi poco nota che ,
avendo chiesto a Castelnau dove si prenderebbe alloggio la
sera, egli mi rispose: « Siamo obbligati di coricarci (////; al-
trimenti, si direbbe a Parigi che siamo stati battuti. »
Fleury. Castelnau ed io discendemmo su Cavriana. Ri-
vedo la città, una di quelle cittadine d'Italia costrutte sovra
un'altura fiancheggiata da muraglie, con al sommo il castello
proteggente le case raggruppate all'intorno. Il cortile nel quale
entrammo era ad arcate, lo reggeva i tre cavalli, mentre gli
altri cercavano di prender piede nella confusione dell'accam-
CONVERSAZIONI E RICORDI
227
pamento. Si trov(i) alla perfine un po' di fieno e un po' d'acqua
per i nostri cavalli; e io corsi, a mia volta, a bere una cosa
rara: un bicchiere d'acqua fresca fattomi serbare da Castelnau.
Con quel caldo, dopo la pugna, è impossibile descrivere
la rabbia del bere: si faceva a chi primo portasse via un
bicchier d'acqua. Mi ricordo di un posto, ove gli uomini
avevan bevuto per tutta la notte: al mattino si scoperse
ch'era colmo di cadaveri.
.Molti morti erano spogliati. L'no di essi mi colpi per la
sua bellezza. Era nudo fino alla cintola: mirabile il torso.
Che tristezza annientar forme si belle!
A Grenoble, nella mia gioventù, ho assistito, ma volgendo
il capo all'ultimo momento, a una duplice esecuzione capitale.
Avevo per maestro d' inglese un giovanotto , che si prepa-
rava a diventar c/c'rgvi/idì? . e che credeva utile assuefarsi a
tutto: egli condusse due o tre allievi, tra cui me, a quell'ese-
cuzione. 11 patibolo era una grande macchina... \"edo ancora
uno dei due condannati schermirsi , correndo intorno alla
ghigliottina: sono ricordi incancellabili di orrore...
-Ma giammai l' impressione della morte violenta mi ha
tanto colpito come nel 1848. Una mattina, nella luce fredda
dell'alba grigia, vidi sboccare da una strada oggi demolita,
presso l'Hotel de Ville, un gruppo d' uomini sospingenti un
prigioniero che si dibatteva: era un bel giovane, grande, pieno
di vita, un vero modello. Giungevano presso a me; quando,
bruscamente, colui, trattato come un ribelle, ricevette una palla,
che lo fece stramazzare rigido. Vedo ancora quel trapasso
rapido . sinistro , dalla vita alla morte. Le sue mani percos-
sero un po' i fianchi ; poi più nulla. Lo portaron via come
una cosa tloscia, un cencio umano che pendeva in tutti i sensi.
Quanto romore qui per questo suicidio e questo dramma
amoroso! Ecco dove siam pervenuti! Quei due colpi di pistola
228 MEISSONIER
sono un avvenimento! Una volta si moriva facilmente: ora
la vita umana diventa cosa sacra, ed è questo sentimento
che genera la vigliaccheria e soffoca il dovere.
É singolare come la morte dell'uomo produca poco effetto
nella natura, come anzi si sembri bruita ! I cadaveri poi sono
tanti cenci sporchi, inutili.
La morte dell' uomo ripiglia la sua importanza , la sua
grandezza e la sua emotività profonda . allorché esso spira
nel suo àmbito famigliare, nella sua casa, in mezzo ai suoi.
Allora ogni cosa è colpita da quell' agonia , ogni cosa ne è
penetrata, ogni cosa si vuota e s'infosca: e un' anima che se
ne va
Sul campo di battaglia — com'io vidi nel 1870 — la
personalità scompare : il cadavere non e se non una cosa
sconosciuta, perduta in un campo sterminato.
Ho assistito, a Metz, a un duello a morte, in qualità di
padrino, insieme ad Augier. ("he cosa terribile vedere un
uomo trapassar subitamente dalla vita rigogliosa alla morte!
Egli aveva il polmone attraversato dalla spada ; un gorgoglio
s'udi, poi uno zampillo di sangue, grosso come un cannello
di penna, gli sfuggi dalle labbra: cadde, sorretto dai suoi
padrini : due volte le sue mani batterono il suolo, reggendo
sempre la spada; poi, la fine: era morto!
Si, ho conosciuto Balzac, che sbalordiva per la sua fan-
tasia e per il suo orgoglio, un orgoglio immenso e sincero.
Ne avevo già felicemente tracciato il ritratto, come pur quello
del dottor Lefèvre ; ma, per gran disgrazia, dipinsi sulla stessa
tela un'altra cosa. Ora il mio Balzac sta sotto uno de' miei
migliori quadri, attualmente nel Belgio: 1' I'oììio che sceglie
una spada.
Facevo quel ritratto per l'editore di Balzac, e questi.
CONVERSAZIONI E RICORDI
ROBERTO FLEURY.
(Schizzo fatto all'Istitutt
con la maggior buona fede del mondo , scontava già i due
milioni che avrebbero do-
vuto toccarmi con la tira-
tura colossale delle sue
opere, a due franchi di
beneficio per ogni copia,
come mi diceva.
Era però affetto da
una certa bizzarra avari-
zia : rHetzel ne sa molti
esempi, l'Hetzel che trat-
tava sempre con lui per
la Comédie Jmmaine, della
quale era imminente la
pubblicazione. Balzac an-
dava a prenderlo in un
carrozzino da nolo, nuovo lusso del momento, faceva le corse
che voleva, e lasciava che HetzeI,
invariabilmente, pagasse il coc-
chiere !
.Molti anni fa, molti ! — anni
già finiti quando ero ancor gio-
vine — esisteva un' arte uffi-
ciale. Lo Stato non 1' ha quasi
più riconosciuta dal giorno in
cui acquistava la Barca di Dante,
\ Eccidio di Chio, la Medea, ecc.,
ordinava la Battaglia di Tail-
lebourg. e incaricava Delacroix
delle più belle decorazioni che
siano mai state fatte : la biblio-
teca della Camera, quella del
Senato, il soffitto della galleria d'Apollo! (Quest'opera, fra
(Schii
l'Istituto.)
230
MEISSONIER
tutte mirabile, non data da ieri: rivolgendosi a quell'uomo
di genio, lo Stato rompeva la tradizione consacrata.
Quando, ventinove anni Fa. ebbi l'onore di entrare all'I-
stituto (nel i86[) la maggioranza dell'Accademia, accogliendo
nel suo seno un pittore di ge-
nere . che non aveva nel suo
bagaglio artistico se non qualche
figurina, rompeva anche quella
tradizione ; e come poi ha mo-
strato un sentimento cosi parti-
giano, chiamando Geròme, Hon-
nat, Breton, Delaunay, Gustavo
Moreau. llenner?...
Allorché Fau servi d'inter-
mediario tra Delahante e me
per il /eV/y. io dichiarai che nun
mai avrei rinunciato alla popo-
larità, alla pubblicità del mio lavoro. Sarebbe stato come
rinunziare alla cosa cui tengo maggiormente, e per la quale
sempre lavoro. Tal movente e per noi assai più torte che
non sia il fascino del danaro.
E come se voi vi lusingaste di far accettare da una bella
donna — qualunque siano le comodità e gli agi che le assi-
curereste — il patto di non mostrarsi mai in pubblico.
Se Augier, per le sue commedie, accettasse quest' obbligo,
nonostante l'equo desiderio di un onesto guadagno, pur fa-
cendo del suo meglio, nulla produrrebbe di buono, se non
sentisse lo stimolo irresistibile del pubblico suffragio.
IL BARONE TAYLOR.
(Schizzo fatto all' Istituto.)
l*er quanto sien grandi i progressi latti, non bisogna sde-
gnare nella maturità le opere anteriori e gli sforzi della gio-
vanezza.
Per questo io reclamerò sempre con energia il diritto
CONVERSAZIONI E RICORDI
d'impedire ogni copia o riproduzione dei nostri lavori; terrò
per illegittima la pretesa d'impedire al nastro acquirente di
far dell'opera acquistata l'uso che gli talenti, l'agli potrà Farne
una mostra da bottega, nasconderla o distruggerla liberamente,
senza che alcuno possa protestare. Ma il diritl<j di riprodu-
zione è altra cosa. Io permetto che mi uccidane, non già che
mi sfregino!
Da gran tempo invochiamo una protezione legale. X'errà
giorno, a Dio piacendo, che ci sarà data.
Oggi il regime cui sottostiamo non e più lo sfrutta-
mento: e il ladrocinio. Chiedendo un rimedio al male, bisogna
chiamarlo col suo nome. (Jggi s' incidono le cose nostre, e
spesso Dio sa come! senza neanche chiedercene il permesso.
K che giovar* L'incisore, senza vergogna alcuna, espone e
vende quell'incisione.
L'editore fa lo stesso, ovvero, se crede necessaria una
licenza, la domanda al proprietario, non all' artista. Io posso
citare un fatto. Un editore ordina l'incisione di uno de' miei
quadri e la mette in vendita; io protesto. " Signore, egli mi
dice, ho il permesso del proprietario: ecco la lettera. » — " .Ma
il proprietario non poteva darvene licenza. « — « Questo non mi
riguarda ; io sono in regola ; se volete , fate un processo al
proprietario del quadro. » E tutto questo bel discorso nelle
forme più gentili. Penserete che io non poteva querelarmi
col proprietario del mio quadro , e la tiratura seguito.
Nel libro del Capitano Coignct, si trovan(j cose magni-
fiche di realtà, scene d'una verità assoluta. ()gni particolare
è di grande naturalezza: la vigilia di .Marengo, ad esempio,
quando i cacciatori portano i sarmenti per far fuoco al Primo
Console. E sul primo assedio di .Magonza, pur nel quale noi
francesi ci coprimmo di gloria, vi son tre o quattro pagine
superbe.
Gouvion Saint-Cvr ne racconta mirabilia! I nostri sol-
Ì32
MEISSONIER
dati eran costretti a dissotterar le sementi ; rubacchiavano
anche per vivere; eran uomini fierissimi e bellissimi.
Il maresciallo Rec^-naud de Saint-Jean d'Angely mi disse,
un Gfiorno che andai a visitarlo, che il suo frustino con-
SAVOLkOK'L..
(QuiJro Jella collezione del duca Ji Morny.)
sunto alla cima e sempre agganciato dietro a lui, era invece
dell'Imperatore: l'aveva questi così consunto sul suo stivale
nei moti d'impazienza.
CONNERSAZIONI E RICORDI
233
Il vecchio Carafa, il musicista, mi narrò che, in un certo
giorno di battagHa, egH aveva afferrato il famoso pennacchio
di Murat , cacciandoselo prudentemente in tasca per non
far da richiamo alle
palle...
Egli morì durante
l'assedio del 1870, e,
cosa spaventosa , sua
moglie era morta sot-
to i suoi occhi, al suo
fianco, nella stessa ca-
mera , senza eh' egli
potesse chiamar soc-
corso: era paralitico I...
Poiché Popò t te, il
suo vecchio cavallo
prediletto, non poteva
più camminare, gli
aveva fatto fabbricare
ferri appositi . vere
scarpe d'invalido.
Niente più stupido
e niente più bello del
cavallo. Se volesse ri-
flettere e adoperar la
sua forza, non si po-
trebbe domarlo; e tuttavia si fa montare, e sopporta l'uomo
sul dorso.
Pero e di una memoria veramente meravigliosa. Io
andava spesso a pranzo al castello Duval , da Fould , nella
foresta di Saint-Germain. Allora non avevo carrozza; ritornavo
a cavallo, e lasciavo che l'animale riconoscesse da solo il suo
cammino nell'ombra degli alberi: eppure ritrovava sempre la
strada buona.
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UFFICIALE.
gno .:ra.-q„erello.)
234 MEISSONIER
Il mio cavallo Ri-i'oli aveva una gran memoria. Una
quercia era stata abbattuta, fuor della strada, nella foresta,
in mezzo ad alti cespugli che la nascondevano. Eravamo
stati una volta a vederla e ad ammirarla. Poco tempo dopo,
passando pel viale, Rii'oli s'inoltrò tra le fratte, e senza esi-
tare, giunse dinanzi all'albero caduto.
L'anno seguente, la quercia era tagliata, portata via, e lo
stesso luogo , poiché i cespugli erano stati abbattuti . aveva
mutato aspetto. Noi facemmo allora 1' esperimenti! di lasciare
al cavallo le briglie: e. con mio grande stupore, andò diritto
al posto senza sbagliarsi.
l"n' Esposizione e sempre un'opera patri(jltica.
Noi dobbiamo recarvi quanto è di più puro in noi..., e
poiché l'opera nostra, uscita dalla nostra anima e dalle nostre
mani, e unica, ci auguriamo di non esporla fra i prodotti di
semplice industria, che una volta ottenuti possono rifarsi
identici all'infinito: la differenza è evidente e comprensibile.
(Quando 1' industriale è fortunato, può aumentare il nu-
mero delle sue macchine, ingrandir l'officina, raddoppiare
la mano d' opera ; la sua produzione cresce sempre in rag-
guaglio della richiesta. Per noi. è tutto l'opposto: il vero
artista, che concepisce ed eseguisce da solo, non aumenta la
sua produzione con la fama; forse accade, anzi, il contrario.
Per molto tempo io esercitai le funzioni di giurato al
Salon. ( )ltre lo spreco d'un tempo prezioso, esse altro non
procurano di solito se non rammarichi, rimproveri e stanchezza
estrema. Il rifiuto d'un quadro può impedirne la vendita. E,
più che una ferita all'amor proprio, potrebbe cagionare la ro-
vina d'un povero artista, che per condurre a termine l'opera
sua ha speso al di là de' suoi mezzi.
Henche tali ostacoli sieno oi'mai molto lontani per me,
tuttavia non li ho mai dimenticati.
Kifiutando un quadro, ho detto sempre con dolore: no.
CONVERSAZIONI E RICORDI
235
Non potrei ora restarmene più a lungo in Isvizzera; ho
bisogno di contemplare nel tempo • istesso anche l'opera
umana; ed è perciò che ritorno con tanta gioia in Italia.
() \"enezia! Rivederti e un diletto sempre più vivo per
me. Tutto laggiù instiga lo spirito. Non si ha che il rimpianto
di non poter rendere
tutto quel che vi blan-
disce e v' incanta...
Ricordatevi che.
per quanto ingegno uno
possegga, in qualunque
urgenza di denaro si
trovi . non deve mai
lasciar sospettare agli
acquirenti che abbia bi-
sogno di loro e voglia
di vendere.
10 ho sempre agito
cosi, fin dall'inizio della
mia carriera.
Lavoravo allora a
uno dei miei quadretti :
Un lettore bruciato poi in Inghilterra); mia moglie era pros-
sima al parto..., e mancavamo di denaro.
11 dottor (/erise venne per acquistare questo Lettore
per conto d' un dilettante inglese, il cui nome, adesso, mi
sfugge , e che era socio di Labouchere-Mallet. Gli chiesi
duemila lire. Egli protestò: il prezzo gli sembrava eccessivo.
« Ma se è piccolissimo, questo quadro! » diceva.
« É possibile; ma io ci ho lavorato con cura. D'altra
parte, solo le incisioni in legno e le illustrazioni mi danno da
vivere. Se dipingo qualche volta, è per gusto; vuol dire che
terrò nello studio questo quadretto ; non ci occuperà molto
posto.
ìtudio di cavallo.
(Disegno a matita.)
236
MEISSONIER
'i^-
:%
Allora egli fece lo sforzo, enor-
me per quei tempi, d' offrirmi mille
e cinquecento franchi.
lo acconsentii, ma ad un patto,
che venne accettato : « Sono in
procinto di fargli \ix\ pendant , gli
dissi : lo prendereste alle stesse con-
dizioni? « (Questo pendant, natural-
mente, non venne mai eseguito.
(il) che quei mille e cinque-
cento franchi contanti rappresenta-
vano per i miei bisogni domestici,
lo'lascio immaoinare.. .
j " 'i L'altra sera, al circolo, Halevy
I e altri applaudivano agli articoli
I contro Napoleone, e tra molte cose
stupefacenti, sostenevano che Thiers
GUIDA. avesse voluto rendere un cattivo
(Schizzo a matita.) . / . . .,. ,
servigio a re Luigi rihppo. lacendo
restituire a Parigi le ceneri dell'Imperatore.
Io protestai: era come voler dimenticare o disconoscere
la verità.
Nel 1840, avevo venticinque anni; non leggevo giornali,
e non m'occupavo punto di politica. Andai con un amico in
ferrovia al Pecq, al disotto di San Germano 'il binario non
giungeva ancora fin là) per veder passare gii avanzi dell' Im-
peratore, trasportati in battello a vapore dall'Havre a Parigi.
V'era una folla enor-
me : i vagoni erano tal- |^)
mente gremiti, e s'andava
con tanta lentezza in quel
tempo, che certi burloni
gridavano : " \'olete che
spingiamo il trenor "
«-Aà
238 MEISSONIER
Oh , lo spettacolo offerto da quei figli di re e da quei
generali in grande uniforme sul ponte del battello , intorno
alla bara !...
Eravamo in preda a tale entusiasmo che io proposi, per
rivedere ancora una volta il corteo, di correre a traverso i
campi e raggiungerlo a Bezons.
Ed eccoci in cammino per Bezons. senza aver mangiato
dal mattino. Dopo la nuova sfilata , non essendone ancor
sazi, io grido: « Andiamo a vederlo ancora! » E ripartiamo,
sempre a stomaco vuoto, per Asnières!...
Là, come dovunque, la folla era considerevole; ma nulla
c'era da mangiare, tutte le trattorie erano state saccheggiate, e
invaso ogni locale che potesse proteggere contro il gran freddo.
Petrus Borei, che ci aveva la sua casetta, se l'era vista pren-
dere d'assalto.
Non cercavamo ricovero; ma, finalmente, potemmo pro-
curarci un tozzo di pane.
La signora di .Mortemart . nella sua qualità di dama di
palazzo, era una sera alla Malmaison con .Monge, Laplace ed
altri intimi. L'Imperatore, felice in quell'ambiente familiare,
vi si mostrava gentile e amabilissimo. E poiché gli parlavano
della sua gloria: « Si, disse egli, ma verrà giorno in cui
vedrò il precipizio, e non potrò più fermarmi; salirò cosi alto
da averne le vertigini ». La signora di .Mortemart rimase tanto
colpita da quelle parole e dall'accento col quale l' Imperatore
le aveva proferite, che. uscendo dalla sala, le narro a suo
figlio, il quale le annotò immediatamente. Egli stesso me le
ha poi ripetute.
Nel i8o5 e nel 1807, cioè all'epoca di b'riedland. l'Impe-
ratore non aveva ancora commesso uno sbaglio. Dal 1S08
data il primo, cioè la quistione di Spagna.
X... e una figura d'altri tempi, divertente e sincera, d'una
fisionomia speciale: mi fa l'effetto d'un gentiluomo della Eronda...
CONVERSAZIONI E RICORDI 239
E una tempra di ferro, coraggioso fino alla follia, tran-
quillo in mezzo al fuoco e alla mitraglia, come nei sentieri
d'un bosco. Niente lo arresta...
L'aspetto, la testa, il linguaggio, tutto in lui concorre a
suscitare la stessa impressione.
A Sedan (cosi mi narrava un suo amico) egli era stato
sublime. La sua allocuzione fu un impeto, un grido ! A' suoi
uomini: « \"oi siete cacciatori — disse — tutti cacciatori!
Avanti ! Tutto per 1' onore I " E furono eroi , e ritornarono
decimati.
Quanto mi piace la vostra fantasiosa dimora in riva al
fiume! Entrandovi, ogni cosa, mi accarezza lo sguardo. I
fiori , la tonalità degli oggetti , il modo onde sono disposti,
tutto mi piace e mi suade a dipingere. Che cornice al pae-
saggio quello specchio senza pàtina del camino e il gran vano
della finestra che dà sul loggiato! Ovunque, il vasto cielo e
l'orizzonte luminosij... In conspetto di questo paesaga;io mirabile,
non si vorrebbe morir mai. .\ndarsene. ohimè! dire addio!...
Possedendo ora una palazzetta a Parigi , non abito più
molto la casa di Poissy. Ci vado due volte la settimana. Se
dovessi lasciarla, sognerei di aver lontano, assai lontano, in
piena campagna, un podere per passarvi i mesi caldi, discosto
da tutti, interessandomi dei poveretti, e rendendoli felici intorno
a me.
Leggiamo un po' di Liil Bìas. Mi piace tanto , che se
fossi più giovane, vorrei andare per sei mesi in Ispagna. vivere
alla ventura, in mezzo al suo popolo, per inspirarmi e illu-
'strare il libro...
Poiché mi inviano questa nuova edizione dei Miserabili.
rileggiamone un poco. (Queste descrizioni della povertà di
240
MEISSONIER
xMario mi ricordano la mia,... i miei pranzi a venti centesimi,
una cattiva scodella di brodo e le patate fritte comprate in
istrada, uscendo,... ma il tutto era condito di conversazioni
idealistiche con gli amici... Ci occupavamo soltanto d'artt' e
di senlimcnto.
Ascoltandovi cantare l'altra ^ra i lieder di Schumann,
rivedevo nel passato quella Germania da noi tutti lungamente
.1 riMA ABITAZION'L 1)1 MUISSONIER A ITISSV SULLA SPOS'DA DELLA SLXN^
amata. Quand<j mi recavo alla i^ihlioteca. chiedevo sempre
stampe di Alberto Dùrer o d'Holbein...
Quanta gioia e nel discorrere con la donna Amata di tutti
gli argomenti più delicati dello spirito e dell'animai
.\desso che non le ho più. ahimè! posso ben parlare
della forza e dell'agilità di quando ero giovane: tutti gli eser-
cizi del corpo mi piacevano e mi appassionavano, il cammi-
CONVERSAZIONI E RICORDI
241
nare, il nuoto, l' equitazione . la scherma, il giuoco delle
bocce, ecc.
STRADA DEL QUERCETO IK ANTIBO (SIGNORINA BEZANSON. SIGN'o: .\ .\'.l:s
Tre giorni prima della sua morte, andai a visitare Orazio
Meissonier. 1 6
242 MEISSONIER
Vernet: era a letto; mi fece il disegno della bocca dell'Im-
peratore.
Senza dipingere , il riposo mi riuscirebbe in ogni dove
insopportabile; ma l'ideale sarebbe di fare schizzi, di prender
note dal vero qua e là. senza la fatica della costruzione con-
tinua del quadro.
Pascal non lasciò altra cosa che alcune note sparse,... le
più care di tutte.
Ogni studio rida il sentimento felice dell'ora nella quale
fu compiuto.
Dicevo al Consiglio -Municipale che le nostre scuole do-
vrebbero avere un aspetto serio e degno di loro, mentre nel
disegno hanno la fisionomia di stabilimenti temporanei. La
disposizione dei cortili angusti e irregolari sarà sempre cattiva.
Le più crudeli burle nei nostri studi erano di moda ai
tempi della mia gioventù: taluni perfino ne morivano. Dalla
casa di Pujol, adocchiammo un giorno in istrada un venditore
di ferravecchie, e lo invitammo a salire, come per vendergli
qualche cosa. Egli e fermato sulla scala da uno dei nostri,
e mentre chiacchierano tra di loro, in un batter d'occhio
Io studio è immerso nell' oscurità. Il modello si atteggia da
carnefice con la scure alzata: un corpo giace ai suoi piedi,
e una testa, che sembra staccata dal busto nella penombra
incerta d'un filo di luce e nuotante in una pozza di color ver-
miglio sparso per terra; simultaneamente si smonta in fretta uno
scheletro e se ne riuniscono le ossa in un mucchio. Il brav'uo-
mo è fatto allora salire. Spaventato, vorrebbe fuggire: supplica
e gii si comanda di portar via il cadavere; ed eccolo dibattersi
in preda a un terrore indicibile. .Mentre sta per cedere, ine-
CONVERSAZIONI E RICORDI
243
hetito, ma forse in procinto di scoprire la burla, 2:li diciamo:
'< Ritornerai a prenderlo questa sera. Per adesso metti queste
ossa nel tuo sacco, e vattene. » Egli sviene; e siccome Io
svenimento si prolungava in modo inquietante, si demolisce
in fretta l'apparato, si rifa la luce, e quando la vittima ritorna
in sé: « Dove diamine avete visto questo cadavere? Ma guar-
date dunque dove siete! » Niente valse a convincerlo, e il po-
veretto rimase tre mesi all'ospedale con una febbre cerebrale.
Un mio amico corse il rischio di ferirsi gravemente, forse
anche d'uccidersi. Egli fu costretto una notte a spiccare un
enorme salto da un granaio, dal quale avevano tolto via la
scala, dopo aver ammucchiato a terra certi grandi sgabelli
da studio con le gambe in aria.
(Quando si sa resistere alle prime burle, non si ha più
pace. Nello studio di non so chi. uno dei perseguitati, che
non voleva arrendersi facilmente, trovava ogni giorno la sua
tela a lembi e i suoi utensili spezzati. Infine, egli fu preso
datai furore che una mattina, recatosi nello studio prima degli
altri, sfondò tutti i quadri, spezzai) tutti gli sgabelli; e, trin-
ceratosi fieramente col coltello in pugno dietro l'ammasso dei
rottami, fece indietreggiare i suoi tormentatori.
Un altro, meno energico e meno fortunato, ebbe le reni
spezzate da una pietrata.
Per conto mio , conoscendo 1' uso , subii tutto paziente-
mente.
Al mio ingresso nello studio di Coignet , dove dovevo
restar solo quattro o cinque mesi, le facezie abituali imper-
versavano: " Oh! come è brutto!... Ma parla dunque!... lasciate
sentire... No, sta zitto... Canta almeno, se non puoi parlare. »
— " Signori! « dissi io, profittando d'un istante di calma, < se io
mi ci metto, sarà una cosa tanto spaventevole, ve lo prevengo,
che ne avrete fin sopra i capelli ». E cosi fu fatto. Contem-
poraneamente versai la somma (non avendo denaro, avevo
chiesto un prestito) per il punch rituale, e tutto fini.
244
MEISSONIER
Il general Cialdini mi raccontava , a Évian , il terribile
cerimoniale della casa di Savoja , la più antica casa reale
d'Europa. Quando re Vittorio Emanuele fu condannato dai
medici, tutta la corte sfilò d'innanzi a lui, salutandolo per
r ultima volta. Il Re, che offriva tanti tratti comuni col nostro
Enrico lY per il coraggio
e la galanteria, aveva già
avuta un' ostinata febbre
scarlattina, che lo sot)b-
cava. Egli allora aveva
per suo aiutante Cialdini,
da lui molto amato. Già
in questa occasione si era
sfilato cosi dinanzi a lui;
poi il suo medico, dispe-
rato, vedendo sulla tavola
una bottiglia di xeres
bianco, glie l' aveva fatta
trangugiare , e cosi lo
aveva salvato. La matti-
na seguente . sveglian-
dosi, il Re stesso lo rico-
nobbe, e baciò Cialdini, il
quale avrebbe in verità
fatto a meno di quella
testimonianza d' a0etto ,
temendo di buscarsi le
pustole dell' eruzione cu-
tanea.
Il Re fece col pollice sulla sua bocca l'alto del bevitore,
per spiegare bruscamente la sua salvezza. Cialdini , infatti ,
ebbe col bacio reale le pustole della febbre: e il ricordo
gliene resto nella memoria.
\'ittorio Emanuele non voleva che il principe ereditario
COSTUME DISEGN'ATO DA MEISSONIER
PER l' « AVENTURIÉRE " DI EMILIO AUGIER.
CONVERSAZIONI E RICORDI
245
entrasse nel suo consiglio, e fosse messo al corrente degli affari
di Stato. Cavour non poteva neanche ottenere per lui, ben-
ché fosse di etichetta a quella età, il gran cordone che si dà
all'erede della Corona. « \ì cedo tutto il resto » diceva il
Re, « ma non voglio che alcuno si immischi delle mie faccende
di famiglia. »
Cosi è che, fino alla
morte di suo padre, Um-
berto non assistette mai
a un consiglio.
Durante l'ultima ma-
lattia, quando il Re fu irri-
mediabilmente spacciato,
dopo la comunione la fa-
tale cerimonia della sfi-
lata d'addio ricominciò.
Il Re venne adagiato
in una poltrona ; tutti
passarono dinanzi a lui,
salutandolo con le lagri-
me agli occhi . e Cial-
dini mi narrava che a
tutti egli rendeva il sa-
luto... ^-.
. . . Quanto è meglio
tuffarsi in questa limpi-
da luce del Mezzogiorno,
invece di passeggiare co-
me tanti gnomi nella nebbia. L' aspetto d'Antibo e tra i
più giocondi spettacoli offerti dalla natura! Si sognano i va-
scelli di Ulisse , in cospetto di questo splendido mare d'una
tinta immutabile come quella del cielo! La linea dei monti
è pura, certamente, come quella della Grecia...
COSTUME DISEGNATO DA .MEISSOXIER
PER l' « AVEN'TURIÈRE » DI EMILIO AUGIER.
246
MEISSONIER
Che singoiar cosa è quella specie di sprezzo nel quale
ci si drappeggia oggi per tutto ciò che non sia la nostra spe-
cialità! Al tempo di Michelangelo e di Rubens, viceversa,
erano essi chiamati alla difesa strategica di Firenze o alla
rappresentanza uiììciale della patria
L' altro giorno , a proposito del Senato , di cui mi par-
lavano , X ... ambasciatore andato a male, diceva col
GONDOLIERI A VENEZIA.
(Acquerello.)
suo sorriso scimmiesco: « E vero che Rubens fu ambascia-
tore > " Quante riflessioni io faceva su di lui durante la sua
riflessione !
Ho scritto oggi al Prefetto, il quale mi preveniva d'avere
scelto un altro candidato, visto che il signor Turcan scul-
tore, raccomandatogli da me per un posto d' ispettore di
disegno nelle scuole comunali di Parigi . non possedeva il
certificato d'abilitazione richiesto dal regolamento.
CONVERSAZIONI E RICORDI
-47
Rispondo al Prefetto che « nella mia ignoranza in materia
d'amministrazione, domando il permesso di stupirmi che un
artista di merito considerevole, il quale ottenne con un la-
voro perfetto il premio d' onore al Salon, si trovi nella ne-
cessità di possedere un certificato d'idoneità all'insegnamento
del disegno. Avrei creduto che il valore dell'opera sua potesse
supplire alla mancanza di questo certificalo: del resto, io stesso
non ho l'onore di possederlo... »
VES'EZIA, IL CAXAL GRANDE.
(Veduta presa dalla casa Fumagalli, abitata da Me
Il duca d' .\umale a pranzo, l'altra sera, esprimeva il
rimpianto di non aver scritto molte cose narrate dal Re suo
padre: egli ricordava, tra molti altri, un aneddoto d'America.
11 duca d'Orleans, giovane allora, fu ricevuto a \\'ashington,
alla Casa Bianca; e vedendo il Presidente passeggiare assai
di buon'ora nel giardino: » W alzate molto per tempo? >
gli domandò il Principe.
— « Si, ma dormo benissimo. E sapete percher l'erche ho
la coscienza, giovanotto, di non aver mai scritto in vita mia
una linea che potesse compromettermi... >
MEISSONIER
Il duca di .Morny non era più tornato, né aveva parlato più
del quadro: Gli Amatori à?[. lui desiderati. Un 2:ii'>rnn. (lualche
I BRAVI.
(Qi;adro doll.i collezione di bdy Wallace.)
mese prima dell" l'esposizione, vidi entrare nel mio studii.) una
persona mandata da lui, la quale mi domando con tono arro-
gante se io pensassi al quadro del Duca, e se vi lavorassi.
O D
MEISSONIER
L'impertinenza di quell'individuo nfi'irritò talmente che
gli mostrai il quadro incompiuto, dicendogli: « E ancora allo
stesso punto, come vedete, e resterà sempre là per il duca di
Morny, che non lo avrà mai; diteglielo da parte mia. " Ebbi
cosi diversi dissapori con lui: debbo però dire che egli ritornò
pel primo da me.
Più tardi egli mi fece una riflessione assai curiosa, mas-
sime da parte sua, a proposito d'uno dei miei quadri. Io vo-
leva fare i Due Bravi dietro una porta, pronti ad assassinare
colui che fosse per uscire, e dall' altro lato gii addii del Si-
gnore e della Dama: 1' uomo stringe con mano ferma la sua
spada , ciò che rassicura lo spettatore . e con 1' altro braccio
la donna, baciandola appassionatamente sulla bocca. 11 Duca
mi disse : >■ Caro mio , non fateli baciare così ; non si usa
nella buona società I » Non è vero che e graziosa in bocca
sua questa riflessione >
Quante volte avrò detto o inteso dire che mi riposerei
del 7'iposo, rimettendomi ardentemente al lavoro I... In viaggio,
difatti, lo avete visto spesso, non e vero?
Come ho lavorato con passione nel canaletto di San
Gervasio e Protasio, dove ci fermavamo a N'enezia coi nostri
gondolieri! Dirimpetto a noi rabberciavano alcune gondole
tirate a secco, e mi dicevo sempre che quel cantuccio ameno
e tranquillo rassomigliava all'Olanda; ne avevo fatto anzi uno
studio di gran lena, che come tanti altri e per noi un ricordo
dei giorni felici e brevi.
Il monumento a Federico il. di Rauch, a Berlino, e un'o-
pera bellissima: su di un allo piedistallo il vecchio re in
tricorno: a' suoi piedi, ai quattro angoli, i suoi generali, i
suoi filosofi. L'esecuzione e cattiva; ma l'idea e la disposi-
zione sono magnifiche.
CONVERSAZIONI E RICORDI
Che Tavoletta quella della palla del principino! Si era
tornati di buon ora; il caldo era grande quel a;iorno: s'andava
in cerca di notizie.
Dal cortile della l-*retettui-a si vedeva il salone del pian-
terreno, che precedeva le sale dell'Imperatore: tutti gli uffi-
ciali e aiutanti di campo sedevano, al fresco, senza uniforme,
coi loro chiassosi pantaloni cremisi a fascia d'oro.
« Dio mio! « si ripeteva. « come è stato valoroso il prin-
cipino ! " Una palla morta era caduta presso di lui. Quella
sera stessa, venivano portati alla stazione i feriti di Forbach;
li ho ancora dinanzi agii occhi!...
Io era destinato, certo, a dipingere soltanto la vittoria.
polche Neuville ha trattato i temi della disfatta. W ero tut-
tavia recato a .Metz per dipingere ben altre cose.
L'indomani mattina, andai al palazzo dell'Imperatore,
dove alloggiava il maresciallo Lebiicuf col suo Stato-maggiore.
Vi regnava una confusione indescrivibile; non so più qual
ufficiale era là con sua moglie, la nutrice e il bambino! Io
voleva anche vedere un mio congiunto a \'anson o Fay, per
sapere se il terribile Jarras avesse alfine acconsentito ad am-
mettere Luciano Gros nell'ufficio di Stato-maggiore; e questo
tre o quattro giorni dopo Forbach.
-Mentre salivo, il maresciallo Lebceuf, Io vedo ancora,
scendeva: una specie di « vittoria >• lo aspettava giù. « Ebbene!
siete qui », mi disse, <• io non vi \'edrò. sapete: ma venite a
colazione da me sempre che vi piaccia. Intanto, volete salire
con me? ^"ado alla Prefettura. dall'Imperatore. •
Montai nella « vittoria. » e ricordo la grande sua agitazione
e lo stupore profondo in me suscitato. Mentre egli parlava,
pensavo tra me: « Ecco il capo dell'esercito che traversa
con me tutta la città, e. lungi dal rassicurare con la sua calma
la gente già turbata, vuol turbarla vieppiù, lasciandole scor-
gere quanto sia avvilito egli stesso. ■■ i^gli mi parlava del
disordine nel comando, ed io gli diceva: " Ma. mio car(;
MEISSONIER
Maresciallo, credevo che aveste preparato tutto ciò da un
pezzo?... che voi foste veramente il capo eQTettivo, col vostro
titolo di capo dello Stato-maggiore generale, e che l'Impe-
ratore si fosse riserhato solo il comando nominale, per non
eccitare la gelosia di tutti gli aspiranti al comando su-
premo ?... »
— ' -Ma no, ma no, " mi rispose, « v'ingannate! E lui che
comanda e che vuol comandare. Vuol fare la guerra, e ha
paura di vedere i morti ! »
Lo lasciai alla porta della Prefettura: egli discese ed io
me ne andai col cuore gonfio e sgomento. Vi erano là tut-
tavia molte brave persone, ben devote ancora. N'idi, ad esempio,
passare per via. recantesi alla corvée dell'acqua, Filippo di
Bourgoin, scudiero dell' Imperatore: aveva deposto il suo bel-
l'uniforme delle Cento guardie per tornare , come gli altri ,
semplice soldato.
Quando tornai a .Metz, nel 1870. durante la guerra
(avevo già fatto il viaggio una volta a cagion d'un duello, nel
quale funsi da padrino insieme ad Augier), avevo per ospite
l'ingegnere Prootch . un amico dei miei amici. Ma, al mio
giungere, egli non sapeva più dove alloggiarmi. Trovai certi
camerati all' albergo. Uno di loro portava degli ordini a
Frossard. Fra ammirato dell'ordine scorto nel corpo di Fros-
sard; l'opposto, diceva, della baraonda di .Metz.
Fu allora che incontrai Lambert, un amico di jadin, luogo-
tenente delle caccie imperiali, che apparteneva a un reggimento
di tiragliatori. Fra pervenuto al grado di capo-squadrone senza
esser mai stato al reggimento, e allora ripigliava, a Metz, il suo
servizio. Questo Lambert mi disse: « Io lascio il mio alloggio
per tre giorni ; se lo volete, pigliatelo. » Fra in casa di povera
gente ; una cameretta che affacciava sul fiume... Quando partii
solo da -Metz, qualche giorno più tardi, quei poveretti mi dis-
sero affettuosamente addio insieme a certi pescatori delle vici-
nanze, che già mi volevano bene... .Mi misi in cammino all'alba.
CONVERSAZIONI E RICORDI
GLI AMATORI D INCISIONI.
(Quadro delU collezione di lady WalUce.)
alle tre del mattino. (Questa partenza fu lugubre: nessuno con
me; tempo triste. \'edo ancora la nebbia, la città deserta, il
Ponte dei Morti, che doveva, ahimè! vederne passar tanti,
234
MEISSONIER
e la prima colonna ripiegantesi su .Metz! C'incrociamo; poscia
io continuo a cavalcar solo.
Il tempo, snebbiato, s'era messo al bello; si vedeva il
corso della .Mosella, la cattedrale, poi la città che s'ingran-
diva e s' ergeva a misura che mi allontanavo io , col cuore
stretto.
Indossavo un costume bizzarro: stivaloni, una specie di
camiciotto di stotfa grigia, il mantello ad armacollo, la mia
croce di commendatore sul petto, e niente bagagli : li avevo
lasciati a Prootch.
Avevo solamente le mie bisaccie. e dentro I' occorrente
per lavarmi. In tale strana acconciatura, con le inquietiludini
di quei giorni, c'era da farsi pigliare per uno spione.
Arrivando a Gravelotte, andai diritto dai gendarmi, che
stavano seduti alla porta d'un albergo: chiesi loro di rifornirmi
di provvigioni, e offrii qualche bicchierino: tutto questo in
silenzio. Essi mi guardavano senza parlare. Uno di loro tuttavia
chiese notizie di .Metz. « Tristissime! », risposi. .Mi feci indi-
care la via di Conflans, e mi rimisi in sella. .\lla fattoria di
.Mosca, a cento metri dalla strada, c'era un cavallo scappato:
una donna uscì e mi scorse: « Signore, quali nuove >... —
'< Oh! mia povera donna, nascondete presto tutto quel che
potrete. » Pochi momenti dopo — io era smontato per andare
a piedi e lasciar riposar un poco il mio cavallo — odo dietro
di me un galoppo. Era un gendarme , che mi si accosta.
i Dove andate? Le vostre carte? » — < .Ma poco fa mi avete
veduto. » — ■< Si, ma il brigadiere dice che abbiamo avuto
torto di lasciarvi partire, senza prima interrogarvi... Scusatemi,
signore, in tempi simili, sapete pure che non si sa mai con chi
si ha da fare. - — " Avete ragione; io stesso mi sono pre-
sentato a voi a Gravelotte. meravigliandomi di non esseie
interrogato. >•
Capitiamo a un alberguccio. Io vado ad attaccare il mio
cavallo in scuderia. In questo mentre la gente s' era ag-
CONVERSAZIONI E RICORDI
^SS
gruppata. e m'osservava con piglio ostile, pronunciando a
bassa voce le parole Metz e spione. Il maresciallo d'alloggio,
prevenuto, giunge finalmente. Io gli tendo le mie carte. Egli
legge: « // sig. Me isso n ter tncartcato di tLna missione spe-
ciale " : sotto c'è il timbro dello Stato-maggiore. Il brav'uomo
vuole incominciare l'interrogatorio. « Scusate, gli dico, voi
esorbitate dalle vostre attribuzioni: non pretenderete già che.
incaricato di una missione segreta, ve la racconti qui. »
Pagato l'albergatore, partii al galoppo, seguito da lunghi
sguardi di diffidenza. Ero accasciato. Ah! quelle lunghe strade,
fiancheggiate di pioppi a perdita di vista, io le rivedrò sempre.
E rivedo anche, nei campi di grano, la giovanetta della casa
e le sue sorelline recanti la zuppa ai falciatori lontani: un
cantuccio ridente in quell'immenso lutto. Finalmente, giungo a
Conflans, all' albergo del Cigno, per cui avevo raccomanda-
zioni.
Erano le quattro e mezzo di sera. Mi fo indicare la
scuderia, vi porto la mia Coningliaiii, la mia bellissima e ge-
nerosa giumenta. Riesco per sgranchirmi le gambe, e rientro
per il pranzo delle sei. Erano soltanto le cinque: ond'io dico
alla fantesca, spaurita: « Sono molto stanco, verrete a sve-
gliarmi . cercherò di dormire. » Cominciavo ad appisolarmi,
allorché, d'un tratto, la porta s'apre, e la donna mi grida, ma
molto discosto , con un' espression di terrore : « Il pranzo è
pronto! » e scappa. (Evidentemente, ero ancora, ad onta di
tutto, un argomento di suspicione e di odio.) La mattina dopo,
alle quattro, riparto. Ancora due gendarmi... .\li fermano, e
dalli con le mie carte. Chieggo se sono sulla strada di ^'erdun:
« In due ore giungerete colà. •> La strada sull' altipiano è
magnifica.
Entro in \'erdun. > Chi sarà mai costui che viaggia solo!-.. »
Sento dietro di me, intorno a me, sguardi ostili. E)iscendo al-
l'albergo dei Tre Mori, umiliato per quella diffidenza, benché
un sentimento vincesse in me tutti gli altri: quello del dolore.
2s6
MEISSONIER
Ho sempre negli occhi e nell'anima Metz. Bisogna tuttavia farla
finita con tutti questi ostacoli , e trovar modo di rientrare
presto a Parigi. Mi ricordo confusamente di un compagno
da me conosciuto a Gienoble in casa Ferriot, ed ora ispettore
forestale a ^"erdun. E di W ailly. Ma mi riconoscerà egli dopo
vent'anni r... M'infrjrmo: « Dove dimorar » — " E passato poco
fa: ma ritornerà presto. " N'adendoci, cadiamo nelle braccia
r uno dell'altro. Egli mi conduce in casa sua , e di là alla
cittadella, dal generale che mi ha fatto chiamare.
Il generale e un vecchio colonnello della Guardia , già
di guarnigione a Saint-Germain; e. poiché io aveva assistito
assiduamente alle manovre, tutti gli ufficiali mi conoscevano.
Il colonnello, di cui non ricordo il nome, faceva assai spesso
entrar la musica del reggimento nel giardino di Poissy, presso
Io cìialcl \ e fumava la pipa in mia compagnia. Appena lo
vedo. ea;li mi si "etta al collo. Il venerale m'interroga. — •
Petto di cavallo.
(Disegno a matita nera e bianca.
Museo del Lussemburgo.
CONVERSAZIONI E RICORDI
Ahimè! quante tristezze da narrar-
gli ! — Mi conduce a passeggio,
sempre interrogandomi , per tutta
la città, e. infine, egli stesso pone
termine al mio esodo d'accordo
col capo-stazione.
Un ussero fu distaccato per
ricondurre Coning/hini a piccole
tappe a Poissy : vi pervenne otto
giorni dopo. Per giungere a Chà-
lons. dovetti salire in un treno di
bestiame, ("he disordine! Che mi-
SCHIZZO A PEN'S'A.
M EISSONIER.
(-Disegno a penna.)
scela confusa e vociferante
di coscritti! E che stupore
nel ritrovar Parigi cosi tran-
quilla, mentre a meno di cin-
quanta leghe ogni cosa era
già penetrata dal tumulto
dell'invasione !
La sera , rientrato a
F^arigi, si avea la notizia di
Borny e. due giorni dopo,
di Gravclolte...
Spettacolo impressio-
nante quello delle maree po-
polari ! Kicordo che. il q set-
tembre 1870, recatomi da
(/ezanne, deputato ivia di
Romai noi eravamo avviliti,
accasciati i^er una spavente-
Meisionicr.
138 MEISSONIER
vole notizia: la seconda edizione della cattività dell'intero
esercito a Sedan!...
Usciamo, discendiamo sui Boulcx'ards. La folla compatta
ingombrava i marciapiedi, ma senza disordine, procedendo al
grido di: viva la Repubblica! Nessun senso di tristezza: nul-
l'altro che la gioia di veder quelF uomo abbattuto, e la fiducia,
r istinto cieco che la Repubblica era la salute...
Noi rimanemmo da prima stupefatti di quel contrasto con
le condizioni del nostro spirito. Poi riconoscemmo che, infine,
essi avevano ragione e noi torto: altri, con la nostra dispe-
razione nell'anima, avrebbe forse spalancato le porte della città.
I loro sentimenti di letizia e di esaltazione significavano la
resistenza, esprimevano l'onore!...
Durante la Comune, il 18 marzo, di faccia all'Opera, sul
BoLilevdì'd, poiché m'accingevo a ragionare con un gruppo
di operai irragionevoli, che mi bersagliavano di stupidità, un
d'essi gridò, indicandomi: « Lasciate quest'uomo; non sapete
dunque che egli guadagna cento mila franchi con la sua
mano?... — Ah! ah! li ruba dunque? — \o! no! li gua-
dagna », e mi rivelò e mi nominò. Io non mi aspettava
proprio di essere indicato e commentato in quel posto. Lo
stesso giorno, salii fino a Montmartre, passando per quella
strada dei Rosai, ove poco stante furono fucilati i generali
Lecomte e Clemente Thomas.
Nel 1870, il 3i ottobre, andai a visitare al Palazzo di
Città il generale Schmitz. « C'è del torbido ». mi disse. .Mi
vestii da borghese, e, due ore dopo, il Palazzo di Città era
in ebollizione. Che spettacolo strano! 11 popolo aveva riem-
pito tutte le sale.
In quel momento non vidi i membri del Governo Prov-
visorio, ma nel corridoio incontrai Floquet, che si dava il
piglio di un trionfatore, seguito dalla canaglia... Egli era ag-
CONVERSAZIONI E RICORDI 259
giunto del sindaco. Giunge nel suo gabinetto, siede al tavolino
e dice : '< Quando un governo non sa dare ordini, ha quel
che si merita. »
Finalmente, entro nella sala delle Feste. Carte volavano,
gente si arrampicava sui tavolini, si compilavano liste, e se
ne stava approvando una. Era giuocoforza scavalcare i mobili
per giungere alla sala; grappoli umani parevano appesi alla
scala famosa in tutte le nostre rivoluzioni , e tuttavia si ele-
gante : salivano anche arrampicandosi esteriormente. Alle
quattro di sera, cadendo la notte, io prendo un vaporino sulla
Senna e vado a informar di tutto Schmitz.
Dopo pranzo, mi reco allo Stato-maggiore. Come era biz-
zarro l'aspetto di Parigi !... Fino a quel momento, il popolo
aveva fraternizzato; ma, quel giorno, una diffidenza sorda flut-
tuava nell'aria...
Avevano ordinato alle truppe di recarsi in piazza Ven-
dòme. La piazza si copriva di gente, nell'ombra. Non si era
ancor risoluto di maixiare sul F*alazzu di Città. Ferry, sui
gradini della scala, tiene un discorso: « Che ciascuno di voi
conduca un battaglione! » .Vllora quel gigantone di Adam
mi porge il braccio: e noi marciammo insieme, alla testa del
battaglione, lungo la riva.
Dal Chàtelet in poi si temeva di esser presi a fucilate.
Giunti sulla piazza, ci fecero accampare. Il Palazzo di Città
illuminato sembrava una fornace! Fino a quel punto, la nostra
marcia nelle tenebre era stata sorprendente. Noi. di fuori, igno-
ravamo assolutamente quel che avveniva dentro il Palazzo,
ma si sapeva che il governo era in pericolo di morte.
Al principio dell'assedio avevano regalato un cavallo a
Trochu: egli rispose con cinque pagine di ringraziamenti.
Accade veramente a certi spiriti come ai miopi , i quali ve-
dono perfettamente tutti i piccoli particolari, ma di là dalla
26o MEISSONIER
debole portata della loro vista, per bello che sia lo spettacolo,
nulla possono scernere. Nondimeno la miopia si corregge con
gli occhiali; ma quegli spiriti chi li corregge >
Che m'importa che l'uomo di cui parliamo sia onesto e
virtuoso? È egli utile per la guerra? Non già ch'io disprezzi
la virtù, Dio buono! Ma oggi è il superfluo. Quel che a noi
occorre, prima d'ogni altra cosa, e la volontà.
Non oljriteci il doloroso spettacolo delle vostre esitanze,
delle vostre liti colpevoli, tanto colpevoli che sembrano tradi-
menti.
Non fate che, ogni qualvolta ci avviciniamo a voi pieni
di fiducia e desiderosi di averne anche di più, siamo poi co-
stretti ad abbandonarvi pieni d' inquietudine e di scoraggia-
mento.
Voi dite di aver cattive truppe, e di non poter fare asse-
gnamento su di esse: nessuno ve lo contesta. .Ma non sapete,
però, che i buoni soldati son fatti dai buoni generali ? Ricor-
date la nostra storia, o voi che pretendete di averla scritta.
10 sono un militare d' occasione ; han voluto conferirmi
un grado. Considerate sul serio questi galloni . e lasciateci
apprendere il mestiere. Questo mestiere e il vostro, sia. Ma
se voi non lo fate, perchè non lasciarcelo fare come potremmo?
A sostituir l'esperienza basta, se non altro, il coraggio.
... In certi casi, bisogna saper morire, bisogna farsi saltar
le cervella. Che mai può essere un generale che rispetta
tanto la sua vita da firmare un contratto con cotesti miserabili
della Comune ?
(Da Parigi, alla tine dell'assedio, gennaio 1871).
11 mio cuore è pieno di angoscia e di terrore! Io sono
annichilito. Fino ad oggi, credendo di scorgere una fiamma
in fondo al nero sotterraneo, ho camminato senza quasi ba-
dare alle altre cose oscure. La sera, inginocchiandomi, pre-
CONVERSAZIONI E RICORDI
261
i'^.
gavo ardentemente Iddio di proteggere i miei cari; nel giorno
osavo appena ricercare i loro pensieri, nella tema di diventar
vile... Ma oggi, ecco, quella fiamma s'è spenta; tutto intorno
a noi e buio. Da qual parte rivolgerci ? Si avvicina il mo-
mento in cui saremo alla mercè di questi selvaggi.
I nostri ultimi viveri sono alla fine; la miseria è atroce.
II ig gennaio, abbiamo
fatto una sortita; e. come sem-
pre, con esito deplorevole.
Non mai capi sono stati
più incapaci e più deboli; non
hanno avuto fiducia in sé stessi,
e per questo non ne hanno punto
in noi. Ciò non ostante abbiam
tatto i maggiori sforzi, e sarem-
mo pronti a farne ancora, se i
nostri capi non ci si mostras-
sero tanto scoraggiati.
Abbiam tutto tentato per
rianimarli. Abbiam detto loi'o:
« Osate ! Comandateci vigoro-
samente, e sarete obbediti con
devozione. » Ma no, è sempre
la stessa cosa; nulla essi ascol-
tano e nulla vogliono ascoltare.
-^.
THIERS.
0 a! suo le
« Io non so , o signore , dicevo a X.... quali veiamente
siano i sentimenti di Dumas. Un Tedesco chiese di rinviargli
un manoscritto del padre. Non so se il patriottismo di Du-
mas sia feroce come il mio: io risponderei no, e non accet-
terei ne il regalo , ne la visita del Tedesco. .Mai , dopo la
guerra, un Tedesco ha rimesso o rimetterà piede in casa mia.
L'altra sera, al pranzo della Pace sociale, ho molto sof-
ferto, ascoltando il racconto entusiastico di un recente viaggio
202 MKISSONIER
in Germania. Si diffusero sulle virtù private dei Tedeschi, e
sul linire fecero entrare uno scienziato tedesco. Se avessi
potuto farlo senza otjendere alcuno . mi sarei alzato e sarei
andato via.
Si parlo, fra altro, dell'accoglienza calorosa trovata dai
Francesi laggiù. Slido io! Nulla riesce più grave ai Tedeschi
dell'orrore in cui li abbiamo e li avremo sempre.
Se riottenessimo l'Alsazia e la Lorena, oh ! allora stringerei
loi"o la mano; ma senza questo, no! — Quando scoppiò la
guerra, Ed..., di Francoforte, mio cugino da parte degli Stei-
nheil , venne , come di consueto , una sera a pranzo da noi :
" Capirete, gli dissi, che mi riesce impossibile rivedervi in
questo momento: in ciò che sta per accadere non avremo
né le stesse gioie , né gli stessi dolori ; addio ! » e gii mo-
strai la porta.
A Poissy , quando i Prussiani erano in casa mia. sul
finir dell'assedio, volli un giorno scendere dallo studio, dove
m' ero chiuso , nel mio giardino per prendere una boccata
d'aria. I Prussiani erano a tavola; se non che un ufficiale,
avvertito , usci subito dalla sala da pranzo, e voleva cortese-
mente entrare in discorso... « Voi siete i padi'oni. Signore, io
non ho nulla da dirvi ». e risalii immantinente.
Quando, pochi giorni dopo, uscii da Parigi con un salva-
condotto, per recarmi a riveder la mia famiglia dimorante a
Nizza, a Villeneuve-Saint-Georges un giovane ufficiale, che
rivedeva i passaporti, accorse allo sportello della mia car-
rozza. Era un direttore delle belle arti di Berlino . e si
mostrò felice di aver còlto quell' occasione per conoscermi.
« 11 momento e scelto male, signore », e mi rincantucciai.
Costoro non hanno alcun tatto, ne alcun senso delle cose: la
nostra attitudine di fronte ad essi li ferisce e li stupisce.
Il pittore Heilbuth, mio amico, volle rivedermi dopo la
guerra.
« E finita, gii dissi, non è più possibile.! » Più tardi.
CONVERSAZIONI E RICORDI 26^
quand'egli si fece naturalizzare, io gli tesi ambe le mani!
Menzel. e tutti gli altri coi quali m'ero legato, ascrivevano
a onore essere ricevuti da me : dopo il 1871 non li ho riveduti
né li rivedrò mai più.
Quanto poi alle virtù domestiche, di cui tanto si parla da
loro, esse son forse più rare a Parigi; ma nella Francia, in
provincia, grazie a Dio, esistono ancora; e noi ne conosciamo
moltissimi esempi...
Bisognerebbe, forse, rinunciare al principio della nazione
armata e ritornare all' idea di un esercito vero. I rimpiazzi
erano un'istituzione eccellente. Ponete accanto un marinaio
e un muratore: sono forse temperamenti uguali? Al primo la
gagliardia per disfidar 1' uragano , all' altro la sua piccola
bisogna regolare e calma; or bene, paragonateli un poco, nel
giorno della battaglia.
Un sabato, Thiers era venuto da Saint-Germain a Poissy,
ma non mi trovò; egli aveva massimamente notato la linea
dei corazzieri nel quadro cui lavoravo iiSoj e il ritratto del
dottor Lefevre mio vecchio amico. Thiers abitava nel padi-
glione Enrico W. Gli feci passare un biglietto. Dopo pochi
istanti egli venne. « Passeggiamo sulla terrazza », mi disse,
e discendemmo. Camminando , egli si fermava a tratti per
discorrere. F^arlò prima di me, per quanto io cercassi di sviare
il discorso: disse della sua visita al mio studio, della sua
ammirazione per il mio ingegno , della sua fiducia assoluta
nella posterità a mio riguardo. « Non mutate per nulla la
vostra maniera, soggiunse, andate sempre diritto pel vostro
cammino, senza curarvi dei critici. »
In fondo. Thiers non se ne intendeva: non ha mai capito
nulla in DelacroixI... Più volte, parlandomi di Delacroi.x e
d' Ingres, diceva di quest' ultimo: « È un domestico sciocco! «
.Mi premeva nondimeno di vederlo scendere sul terreno pò-
264
MKISSOXIER
litico. Appena v'ebbe posto piede , vi si distese ; sicché voi
lo sapete, non e' è che da ascoltarlo.
Parlandomi dell'assedio, mi disse che. se la difesa eroica
di l\irig"i nel li^yo, aveva salvato l'onore della capitale di
Francia, era stata tuttavia un'aggravante per le condizioni della
pace, e che, se la resistenza fosse stata meno lunga, avrebbe
potuto, a un dato mo-
mento, serbare Metz
alla Francia...
Da tempo, pare,
dopo che Bonnat ave-
va fatto il suo ritratto
ufficiale, Thiers ne vo-
lesse da me uno più
intimo: era questo un
suo vivo desiderio. I)o-
veva ritornare da me il
martedì per parlarne :
il lunedi era morto !
Coni' è bizzarro
questo concatenamen-
to di circostanze, che
lo conducono a Saint-
Gcrniain . nelle mie
vicinanze . gli fanno
pensare al suo ritratto,
e poi. mentre appunto il suo desiderio sta per essere sod-
disfatto, conducono me al suo letto di morie per farglielo!...
Io gli ho dato, per così dire, il saluto ultimo in quella
conversazione domenicale, sulla terrazza di Saint-Gcrmain, e
l'ho ancor per ultimo salutato nella contemplazione suprema
delle ore funebri,... quando, in piedi, rimpetto a lui. per tre
ore, lo ritraevo sotto la maschera della morte! Ilo abbracciato
la sua fronte gelida, e quando, al mattino, i raggi del sole l'han
STATUA DI ML
CONVERSAZIONI E RICORDI
carezzato un' ultima volta, ho fatto si che lo circondassero
tutto, per dipingerlo meglio.
Quanti pensieri mi hanno allraversato la mente durante
quel lavorol L'idea di un quadro glorioso, allegorico sorgeva
nella mia anima... L'enigma dell'eternità era là. su quel volto,
dinanzi a me; io era penetrato da quella comunione misteriosa
e spaventosa della morte...
ESTERN'O DEL PALAZZO .MEISSONIER A PARIGI.
Il quadro allegorico poteva essere concepito in due modi,
ma sempre serbando intatta la faccia del morto. 'I\itte le per-
sonitìcazioni dell'intelligenza e del genio sarebbero sfilate, come
un corteo antico, dinanzi a Thiers : 1' esercito raffigurato da
un milite; il popolo, da un operaio... Oppure, nella camera
ardente, una sola figura, la grande figura della Francia, della
Patria, immobile, contemplante l'estinto, oppressa dal do-
lore, senza corona.
Al suo funerale, al passaggio del carro, voi udiste il
266 MEISSONIKR
grido: « ^'iva la Repubblica! » Era un grido erompente da
tulli i petti, che saliva come un sospiro, un immenso sospiro,
di cui l'onda sonora moriva per riecheggiare più alto.
Al modo di Lamartine, i versi del quale alfascinarono la
mia giovinezza , io amo la natura. Al par di lui ho amato
solingamente il cielo, le montagne e i boschi... (Jhl gli scin-
tillìi d'oro della foresta. Com' è bella la terra, e com'io vorrei
popolar di opere il tempo, che non e più tanto lungo innanzi
a me. Ah. poter vivere ancora !
Mio fratello e morto repentinamente. Ho tentato, giacché
non avevo sotto mano altra cosa se non una matita, di ritrarre
la sua ultima immagine.
Lo seppellisc(jno martedì alla Maddalena. Quando verrà
il mio turno, vorrei anch' io essere portato colà (i). I sacri
uffici vi son regolati con bellissimo ordine, e le voci stupen-
damente vi recitano le magnifiche preghiere cattoliche..
Sessant'anni ! che punto! E l'incertezza del tempo che
resta lungo o breve, a seconda di color(j che lo giudicano, o
trascurandolo, o servendosene.
Però, contemplando dietro di me gii anni trascorsi, ho
pur qualche gioia nel vedervi 1' opera mia crescere sempre
nell'estimazione di tutti.
Io non ho saputo assicurarmi il riposo, che pur mi sarebbe
tanto necessario, per dispensare in opere ideali ciò che mi
resta dell'antica energia. Ho mollo camminato, e comincio a
essere molto stanco! Ho scritto stamane che i miei amici,
a volte, ascoltavano i miei lamenti: or bene, io 'non mi la-
(i) .\ll.i Maddalena, infatti, martedì 3 febbraio 1S91 , seguirono i funerali di
Meissonier.
CONVERSAZIONI E RICORDI
mentavo punto perchè dovessi lavorare ; ma perchè non po-
tevo farlo, come avrei voluto, con ampiezza e con serenità.
Oh! come vorrei rinvenire un mezzo per allontanare da
me le cure degli affari! Che penoso fardello! ^ eggo tutto
nero. E nessuna speranza accompagna le mie visioni !
L'idea del riposo . per un artista , è un grosso errore
borghese: soltanto gli uomini d' aljari, lasciando un mestiere
i 11 IH^
PALAZZINA MEISSON'IER : IL CHIOSTRO.
noioso, han bisogno di godere e di respirare; ma i privi-
legiati, i felici, gli artisti, conoscono solo nella vita un tempo
perfetto, il lavoro; l'ora forzata del riposo suona sempre in-
grata per essi ; per essi il lavoro è la sola gioia, la suprema
gioia ! Le stesse visite de' più cari amici tornano fastidiose,
in certi momenti di entusiasmo...
Invecchiando , io lavoro assai più che ne' miei tempi
migliori...
Oh! come si dev'essere felici, respirando la primavera in
campagna! Non mi restano più troppi giorni . e non ne
268
MEISSONIER
ho goduto uno solo. Morirò col desiderio incessante del
riposo...
Bisogna aver lavorato con alacrità tutta la vita , per
sapere a che segno sia dolce il riposo!
Io morrò con la matita in mano, senza aver mai potuto
veramente riposare un poco. Sono stato sempre richiamato
UM AN'GOLO DELLO STUDIO DI MEISSO>JIER A PARIGI.
alla catena, di giorno in giorno, d' ora in ora , senza tregua
e senza riposo, libero mai...
Chiedo a Dio altri cinque anni di lavoro; poi due o tre
anni di riposo, per finire.
Adoro il suono delle campane, specialmente della cam-
pana di qui, dal timbro dolce, sonoro e gagliardo. Stando
presso la chiesa, l'ascolto a tutte le ore nella mia stanza, e
ne son come cullato.
CONVERSAZIONI E RICORDI
269
CORTILE DELLA PALAZilN'A MEISSONiER A PARIGI : FACCIATA DELLO STUDIO.
Gli uomini della mia età si riposano! Essi lo possono;
io no. Son pieno di turbamenti d'ogni sorta; soifro nel
mio pensiero.
MEISSONIER
Tu conosci quelle cose inesprimibili che ci passano in
certi giorni nell'anima. Lavorando poco fa con la piccina, mi
son sentito cosi triste che le ho detto di scendere un po' nel
giardino, per restar solo a piangere. Ho dentro di me un'an-
goscia indicibile...
Che amara tristezza ! .Mentre appunto dovrei essere
libero alfine, indipendente per il danaro almeno, le inquie-
tudini , gli ostacoli si addensano da ogni lato. Non vedo
la liberazione. Son giunto al termine della mia esistenza,
come Rembrandt. Se non che egli si rovinava nell'acquistar
cose belle, e io a mettere pietra su pietra. Ah! come vorrei
o0rire la mia casa di Parigi per un'opera pia. per un museo,
per una scuola d'arte: tutto corrisponde a cotesta idea, per-
fino i particolari dell'architettura.
Quest'acquerello del iSoj sarà la mia morte; esso mi
ucciderà; mi domando se potrò condurlo a termine. Oh!
come sono stanco, povera amica mia! Questo i8oy mi avrà
tolto tre o quattro anni di vita; non ne posso più; questo
accanito lavoro mi ucciderà. Vedete: alla mia età. settantadue
anni, non posso riposare un'ora sola, l miei pensieri non mi
suggeriscono, come a Chenavard. la rassegnazione platonica,
l'indifferenza terrena. Son disperato; ma le mie idee volano
in alto, sempre più verso Dio. Son giunto al termine di ogni
cosa e della vita; ma che amaro rimpianto di non aver po-
tuto esprimere, nel tempo giovanile e nel tempo della virilità,
quel che io voleva...
Stamane, rincasando, mi son cotte col gas due uova al
piatto per la colazione: riassesto un po' il mio studio, mi
curvo sui cartoni per cercare i disegni. Subitamente mi viene
un capogiro, e chiamo! Corrono a cercare un medico del
quartiere, poi altri... Blondeau e Guyon; mi applicano se-
CONVERSAZIONI E RICORDI
Ì71
napismi. Temevo una congestione...: era invece un' immensa
stanchezza, dalla quale son condannato, ahimè! al riposo
forzato di quindici giorni.
Sto bene, si; ma non so... questo dolore avrà qualche
strascico,... mi fa temere per l'avvenire. .M' han detto che il
nervo pereumogastrico è stanco,... non so. ma quando cam-
mino un po' troppo svelto, il dolore mi riatjerra al petto...
Ahi io soffriva sifjattamente agli occhi, stamane, per
l'eccessivo lavoro, che temevo di finir cieco. E cosi bella la
luce! E cosi affascinante la natura! Guardare, am.mirare è
cosi delizioso, mio Dio!
Alla mia età . converrebbe lavorare tranquillamente ,
senza punture nelle reni; converrebbe che il riposo , dopo
una giornata di lavoro, fosse lieto e completo, e si potesse
vivere felicemente, in tutta pace, solo curando l'arte e il la-
voro che bastano a tenermi in forze.
Il mio stato d'animo si fa sempre più triste: me ne
avvedo e ne ho paura. Vorrei sottrarmene e non lo posso, e
la collera vieppiù mi morde.
Se potessi lavorare come vorrei . sento che ne avrei
ancor tutta la forza !
Quanto è crudele, all'età mia, di dover lavorare a cose
ingrate, per raggiungere poi la libertà dopo aver guada-
gnato quanto mi occorre per vivere) di lavorare a piacer mio!
Tutto ciò che non e la mia arte mi torna indifferente; non ho
mai vissuto che per essa ; in essa il mio ideale e la mia fe-
licità. Tu mi comprendi, tu. mia diletta...
Come le tristezze , le difficoltà , gli ostacoli della via
sorgono tristamente nell'anima!... Giunge un momento in cui
si conoscono soltanto le profonde stanchezze dei risvegli al
mattino e l'assidua monotonia delle giornate...
MEISSONIER
SALI 11 IO A PIANTERRENO. PALAZZIN'A MEISSOXIER A PARIGI.
Quando sento talvolta la mia mano appesantirsi, rabbrivi-
disco pensando al peso degli strumenti neccssaii per dipingere.
Quanto è amara e oscura la decadenza delle forze in un
artista I
Sono stanco moralmente, ma il lavoro felicemente av-
viato non istanca mai.
Non si sentono
allora ne le ore, né i
giorni : il tempo pare
troppo breve.
Nulla potrà espri-
mere esattamente il
mio ribrezzo , se mi
^ rimettessi a fare dei
FOCOl ARE 1)1 CAMINETTO PER LO STCDIO DI MEISSONIER, PARIGI. pUpaZZl pCr VlVCrS.
». ;9
Cavaliere del tcìnpo di Luigi XIII arricciantcsi i baffi.
(Disegno a penna.)
Collezione della signora JIeissonier.
CONVIiRSAZlONl K KICURDI
^73
. tR IL CAMIMETTil IJLL
(Non sscgu.to.)
Ah! poter essere indipendente per fare solo cose nobili e
degne.
'l'utte coteste figurine del Ciìs/l'I/o ora mi stancano.
(Quando sarò liberato da tutti questi quadri . nulla più
avrò da fare intorno a me. Abbozzerò solo quel che mi piacerà.
Fontarabia e Irun, città piene di carattere, e tanto vicine
a noi. Non ci si mette più d'un giorno per raggiungere il con-
fine. I cornicioni di legno delle case sono ammirevoli. Ma
gli abitanti! Tutti mendicano, anche i ragazzi di famiglia.
Qui lo stendere la mano e una costumanza.
Meissonicr. 18
274
MEISSONIER
Le donne, come in Italia, si pettinano le loro bellissime
capigliature in piena strada, tra il sudiciume. La chiesa d'Irun
e vuota; non una sedia, non un ornamento; la navata si
avviluppa d'ombre misteriose. Solo nel coro, al disopra del-
l'altare, raggia e fiammeggia un immenso drappo d' oro, con
ejfetto straordinario.
Era una domenica: sulla piazza si ballava, un sonatore
di piifero e un tamburino si avanzano gravemente nel sagrato,
e fanno due o tre mosse solenni . per annunciare l'apertura
del ballo.
Alla mia età . non desidero viaggiar più. Se avessi un
tappeto incantato per trasportarmi a volo, forse andrei qua e
là per mio studio. Ma, come il Doria di Genova, che aveva
inscritto il motto sul suo palazzo, preferisco il riposo di una
casa intelligente e ordinata. Non cerco più le avventure dei
ricoveri ambigui...
Oh! fanciulla mia. la vita, il cumulo dei ricordi son
come i grappoli sotto il torchio. 11 tino trabocca dell'uva am-
mucchiata , ma il vino espresso è scarso. La vita! Quanto
poca ne resta di realmente vissuta in fondo al bicchiere I...
CON'VERSAZIONE A CAVALLO.
CAVALIERE LUIGI XIII.
; A^quere^o appartenente al sig. Bernheim
LA PITTURA EPICA
I. i
L' INSIGNE maestro , del quale
altri ha fin qui tessuto la-
vita feconda e illustrato l'arte pò-?
derosa . fu certamente un grande
poligrafo. Pochi ingegni più del
suo faccettati : poche opere più
varie della sua. l'gual mente ammi-
revole nel paesaggio, nel ritratto,
nella pittura intima e nel quadro
storico , egli trattava con pari pe-
rizia i temi più disparati, e raggiun-
ME.SSOMER (iS6i). geva con sicurezza pari gii et]etti
più dissomiglianti.
Gianluigi Ernesto Meissonier meriterebbe di essere chia-
276
MEISSONIER
malo il CoLisin della pittura; tanto l'eclettismo suo lo eman-
cipava da ogni servaggio di consuetudine, da ogni pregiudizio
di scuola. E cosi l'ingente opera sua, progenie d'un lavoro
indefesso, — « il lavoro per il lavoro », com'egli soleva dire —
offre tutti gli aspetti della natura e i momenti tutti della vita.
Solamente Tiziano e Rubens, lavoratori grandissimi, benché
grandissimi artisti . possono contendergli il merito e il
vanto della fecondità
vitale: quella per cui
le opere non pur na-
scono, ma durano e
s' insemprano.
Un genere tutta-
via, fra tanti saltuaria-
mente accarezzati, era
il suo prediletto ; e da
questo egli edusse la
maggior sua rinonian-
za, e per questo rivi-
vrà nei tempi lontani.
L' indole sua grave e
r ingegno pensoso e
l'estro inebriato lo
traevano alla Storia,
come a nutrice di aiti
pensieri, come a originai fonte d'inspiiazione. E dalle antiche
carte e dalle recenti egli attinse le sue più ampie visioni, e le
tradusse nelle sue più nobili tele.
La teoria dell' arte professata da Meissonier non deve
essere ignota a chi con qualche amore percorse le precedenti
pagine, massime quelle degli Enlrcticns. Per lui, come per
il Poeta nostro, l'Arte non può esser fine a sé stessa. D'ori-
gine forse divina, o per lo meno altissimamente umana, ella
ha un contenuto ideale; ma come esplicarlo, ove nr)n si pro-
ponga un civile divisamento?
LAVANDAIE d' ANTIBO.
(Dipinto. — Museo del Lussemburgo.)
■:.1T;:..1T0 j; :iLi jìo;: ; l.. ^iù-'-J-
(Acquerello Del Museo di Valenciennes.)
2^8 MiiISSONIER
Non solo agli occhi delle genti la bellissima deve parlare
il linguaggio della verità: l'anima immensa delle moltitudini
pur domanda la parte sua d'emozione. L'ampia tavolozza
del bosco, del monte, del mare non forse basta ; né forse basta
il vario aspetto del campo o l'intima poesia della casa. Ben
altri spettacoli invoca la religion delle memorie; ben altre
contemplazioni attende la santa curiosità del passato.
' Or solo la pittura storica, rievocando i secoli consunti
e ricostruendo le civiltà sepolte, può dissetar la brama incon-
cussa della immortalità apparente, madre primissima delle tre
arti figurative. Che se il bello altro non sia se non il resul-
tato della rappresentazione felice, e la pittorica musa non
conosca argomento futile o indegno, e basti la intelleitual
copia del vero a gloriare un artista, sì che la Varca ori-
nante di Paolo Potter esteticamente valga la Gioconda o la
Fornarina, perche mai la nobiltà del tema non dovrebbe con-
ferire nobiltà maggiore al maestro, che concordar sapesse le
ragioni dell'arte e quelle superiori del sentimento >
; Non v'ha più acconcio terreno per codesto accordo fuor
della Storia, la quale è anch'essa vita vissuta e rivivente,
azione dunque e memoria, moto e idea, specchio del tempo
e monito all'avvenire, sintesi e analisi della umanità. E qual
rtiai momento della storia orrendamente più bello e pittorica-
ihente più vario se non la battaglia . teatro e dramma dei
]iopoli, con le passioni sue enormi e con le sue mutevoli
facce; la battaglia tumultuosa e fiammante, che al vigile pen-
nello ojl're il paesaggio, il costume, la figura, il ritratto,
il cavallo, tutti i generi insieme e tutti gli eO'ctti r
In ogni tempo, presso ogni popolo l'indomita speranza
della « seconda vita nella posterità, » — come lucidamente
dal Carlvle vien chiamata la gloria — inspirava le tre arti co-
gnate. Ancora nelle cune originali delle civiltà primigenie le
magnifiche ruine dei templi votivi, degli archi gloriosi, delle
mura lutrici. delle colonne istoriale testificano d'innanzi al vec-
LA PITTURA EPICA
chio sole e contro il famelico oblio imprese e gesta degnis-
sime di perenne menzione.
Non sorella, ma figlia delle grafiche muse e la storia:
tal che la bassa scultura e la pittura murale, favellanti alla
fantasia non men che alla memoria, precedendo la invenzion
dei caratteri, si come
pur vogliono la etimo-
logia della parola greci
e r uso comune dell i
italica, [istorein, isto-
riare) generavano I ;
orale leggenda e li
storica prosa.
E, come dalle ii-
fantili figure dei ger<>^
glifici, disciolto il sim-
bolo ieratico, nacquero
le prime scritture de-
motiche; cosi dai timid i
bassorilievi e dai di-
pinti iniziali derivai
dovevano le croniche
prime. Senza le « fonti
mute » degli anticlii
musaici ed affreschi,
senza le alluminature
e le arazzerle medie-
vali, non sarebbe surta
né rinata la storia: dipintura ancor essa d'uomini e di cose
e di tempi, sol che al debile pennello vien sostituito il calamo
possente, e al vago stil delle figure si aggiunge quello ben
altrimenti efficace delle parole. E. tuttavia, nelle camere sepol-
crali di Beni-Hassan, di Karnak. di Phile, come tra i ruderi
dei palagi ninivei e babilonici, l'Oriente dissepolto rivive ai
nostri attoniti sguardi la sua primissima vita.
K >4APOLEO>JE CIVILI, VENEZIA, IL I4 OTTOBRE iS
(Collezione della vedova Meissonier.)
LE ORDINANZE (ENTRATA DELL"a1ìHa:IA DI POISSY) (1S69).
(Quadro dtUa collezione del sig. Tliicry, Parigi.)
282 MEISSON'IER
L'arte pittorica, adunque, poi eh' ebbe varcata l'infanzia
della ornamentazione, fu primamente suggeritrice per divenir po-
scia sussidiaria della poesia e della storia, passando a gradi dalla
reminiscenza al commento, dal simbolo al fatto, dal partico-
lare alla sintesi, dal racconto alla critica, dalla visione alla
verità. L'orgoglio indisseiabile dei principi e la vanità scon-
finata dei popoli dovevano suscitare un'arte tutta adulatoria, la
quale, parlando del passato al presente e di questo all' avve-
nire, lustro aggiungesse ai reggimenti e arricchisse l'ideai pa-
trimonio delle nazioni.
Vivere ancora, vivere sempre, nella memoria se non
nella natura, fissando col pennello e col martello i nomi, i
fatti, i momenti memorabili: tale l'anelito immenso e costante
delle umane generazioni. Considerate nella origine loro, la
pittura storica sta alla storia scritta come la vanità all'orgoglio
di un popolo. Nel libro si esalta esso e si giustifica: nel qua-
dro si ammira e quasi si pavoneggia. Si che, da quella Pugna
dei Magnesiaci di Bularco, che fu acquistata a peso d'oro da
re Candaule di Lidia, ed era il più vetusto dei quadri sto-
rici propriamente detti, fino alle recenti tele del Meissonier,
la dipintura epica altro non fu se non una diuturna piag-
geria politica, un tributo di ammirazione spontanea offerto da
ogni gente a se stessa.
Non appena l'ingegno greco, passando dalla pittura ce-
ramica a quella murale , conobbe il magistero e il fascino
della grande figurazione, volle celebrar coi colori le più
belle imprese della guerra iliaca e delle mediche: e. se Po-
lignoto decorava con le famose sue Riiine cf I/io la Le-
schide di Delfo, Micone e Panemo, fratello di Fidia, di-
pingevano la Battaglia di Maratona , gli eroi della quale
eran vivi nei portici giocondi del Pecile: civico monumento,
museo insieme e ambulatorio, dove l'arte pittorica trionfava,
mentre il Partenone parea sacro alla sua più austera sorella.
Così Agiaofone l'alììgurava le non sempre nobii gesta di
LA PllTURA El'iCA 28 <
Alcibiade, quando appunto Panfilo, maestro di Apelle, ritraeva
i fatti principali della guerra peloponnesiaca, a' quali aveva
assistito; e così Protogene, l'emulo maggiore di Apelle. il « su-
blime patetico » qual veniva chiamato dallo Stagirita. dipinse
il Sacco d'una città e una Battaglia tfArbcla, che forse e la
stessa riprodotta nel meraviglioso musaico tolto alla casa del
Fauno in Pompei. E il divino Apelle medesimo, il Raffaello
dell' antichità, se non colori scene di battaglie del grand'evo
macedonico, affìgiò mirabilmente Alessandro e i suoi generali.
Un di costoro, Eumene, faceva illustrar da Piromaco le sue
vittorie nella reggia di Pergamo: e, più tardi, lo stesso seve-
rissimo Arato avea da Timante di Sicione copiosa adulazion
di pennello. Ma che potevano artisti ignari d'ogni norma
prospettica r
I Romani, per quanto alieni dalle arti figurative, ma vaghis-
simi di pubbliche pompe, non seppero a lungo disdegnare i
lenocini della pittura marziale; e il popolo più forte e men
modesto della terra si rivolse agli artisti greci per rinsaldar
la memoria della sua grandissima impresa: la conquista del
mondo conosciuto. Fabio Pittore raffigurava bensì nel tempio
della Salute le prime lotte e le prime fortune di Roma, e già
\'alerio xMassimo Messala esposto avea nella Curia Ostilia
una dipintura della battaglia da lui vinta in Sicilia contro i
Cartaginesi di Erone. Nondimeno di Grecia si dovette chia-
mar Metrodoro, affinchè dipingesse su amplissime targhe le
vittorie romane contro i greci medesimi, per il trionfo del
console Paolo Emilio: e son noti i litigi tra i due Scipioni
per il quadro trionfale immodestamente esposto nel Foro dal-
l'Asiatico. Senonche i Romani, sempre pensosi della posterità,
alle tavole preferirono il marmo e il bronzo ; talché alle lor
colonne istoriate e ai loro memori archi ricchissimi di bassori-
lievi affidarono il ricordo della virtù propria e delTaltrui sog-
gezione.
Nell'evo barbarico con la pittura cade insieme la scrittura
storica; sicché, nella universale ionoranza. la storia deve ta-
284
MEISSONIER
ticosamente rifare il cammino fornito, dal rozzo bassorilievo
e dal musaico ingenuo risalendo alla statua e al quadro. E
appena van menzionate le figurazioni fatte eseguire nel suo
palagio da Basilio il .Macedone per celebrar le vittorie contro
bulgari e saraceni . e quelle onde Carlomagno volle in Acqui-
sgrana illustrate le gesta Del per Franeos, e le altre dal-
l'imperatore Enrico I
ordinate per il suo ca-
stello di Merseburgo.
Nei primi secoli
dell'età di ferro la pit-
tura ritenta gli antichi
passi nei tre modi del
musaico, del trapunto,
della miniatura, senza
parlar della porcellana
e del vetro : e già nei
mutoli chiostri più mu-
toli frati preparano le
imminenti riscosse del-
l'arte marziale, con
infinita pazienza allu-
minando poemi caval-
lereschi e racconti e-
roici , come in quel
mirabile Ilortus dell-
cianuìi del dodicesimo
secolo, prezioso cimelio della biblioteca di Strasburgo, e nella
Istoria di Alessandro il Grande vanto e decoro della città di
i-Jruxelles. Ma l'artifizio della prospettiva rimane un mistero.
La Rinascenza, dedita tutta ai temi religiosi con inclina-
zione profana e ai profani con sentimento mistico, poco ama
la pittura storica e anche meno la epica. Ben di rado i mae-
stri italiani del Quattrocento dipingono belliche scene o ludi
IL BIGLIETTO AMOROSO.
("Di proprie^ della baronessa Dnmesnil, Pan
LA PITTURA EPICA
marziali. Jacopo d'Avanzi, imitatordi Giotto, istoria de' trionfi
di Roma imperiale la cappella di S Giacomo nella basilica
patavina del Santo: argomenti trattati poi, ma con ben altro
magistero, dal Mantegna. Degli altri quattrocentisti sarà me-
glio tacere, tranne del Carpaccio e di Gian Bellini a \'enezia
e degli umbri primi-
tivi raccolti nella gal-
leria di Perugia.
Nel Cinquecento
nostro la pittura clas-
sico-militare si atferm
e s' impone. Il somm-
Leonardo non disde-
gna di raffigurare u:
urto di cavalleria Ral-
faello dipinge al Vati-
cano una Bdttir^ì/u
d' Ostia e disegna la
Vittoria di Costantino
su Massenzio , magi-
stralmente colorita poi
dall'alunno suo Giuliij
Romano. Questi pure
compone, nel suo stile
fantasioso a un tempi >
e drammatico , vari
quadri di guerra: chi
ignoragli splendidi cartoni del Louvre^ l)ue veri specialisti del
genere otjVe il secolo aureo: Polidoro Caldara, buon dipintor
di battaglie con un far nobile ed ampio: e Paolo Uccello,
grande amator di cavalli, arditamente riprodotti sulla tela
con una punta di ni'jderno realismo. E taciamo i X'eneziani,
de' quali discorreremo più innanzi.
Similmente, in Alemagna il secolo W'I vede i migliori
IL lJlbti,\ArOKH.
(Collezione del si». ChiuclurJ.)
MEISSONIKR
pennelli consacrarsi alla illustrazione di oeste amiche e mo-
derne. Dell'AUdorier la pinacoteca di Monaco accoglie una Bat-
taglia d' ^Ar bela, soggetto ricorrente in questo genere di pittura,
e una Battaglia tra Carlo il Temerario e Massimiliano I. Per
questo imperatore il Durerò disegna i cart()ni che servir
devono al dedicatogli arco trionfale, e Hans Schautfelein
dipinge una Vittoria
degli Etrei sugli A-
ìiialeciti con anacro-
nismi strani di armi
e di fogge. Holbein
il giovane decora
delle vittorie elveti-
che la casa di Marten-
stein. bali di Lucerna.
E mentre Hans Se-
bald Beham incide
\' Assedio di Rodi e
quello di Wolfenbùt-
tel , Hondius juniore
immagina la sua Al-
legoria della guerra:
satira precoce del
militarismo, che sem-
bra inspirata da un
odierno congresso
per la pace.
Contemporaneamente, Fiamminghi e Olandesi, i quali
paiono da natura meglio chiamati a trattar questi temi riboc-
canti di particolari episodici, sospingono i progressi della tec-
nica, raggiungendo novella perizia nella prospettiva e nello
sceneggio. I due Breughel, magnifici ignoranti, attingono nella
Bibbia i loro guerreschi motivi, con gran disprezzo tuttavia d'ogni
senso storico, camulfando da tessitori olandesi gli eroi d'I-
MEISSON'UiU i:Hl-; lavora al aL'AORO DLL
LA PITTURA EPICA
287
sraele. I grandi cartoni colorati del ^'ermeven. pittore cesareo
di Carlo X, intorno alla impresa di Tunisi serveranno a tra-
pungere i celebri arazzi decoranti tuttora le sale di Schoen-
brunn. E con Sebastiano Vranck la pittuia militare, peranco
impacciata e confusa, si snoda in fiera e lucida ampiezza.
Ma ecco Venezia opulenta e fastosa; ed ecco quindi l'O-
landa libera e ricca. [>e due grandi repubbliche marinare,
che tante somiglianze offrono nell'anima mercantile ed eroica.
(Acquerello appartenente alla
di pari amore amano il traffico e l'arte, il guadagno e la fama.
L' una imperatrice d'Oriente, l'altra signora delle Indie; quella
nemica di Genova, del papa, dell'imperatore, del sultano,
l'altra volta a volta emula di Spagna, di Francia, d'Inghil-
terra; entrambe avide di lucri e di glorie, memori del ieri,
pensose del domani, curanti dell'avvenire. K, come i merca-
tanti rifatti dell' Adriatico . cosi più tardi quelli del nordico
mare vorranno e vedranno, nelle guerresche pitture adornanti i
TROMBETTA LUIGI XIII CHE SUON'A IL BUTTASELLA.
(Appartenente al sig. Bernlieira juniore, perito.)
MEISSONIER
civici loro palagi , documenti tenaci di troppo fuggevole
grandezza, securo promesse di secolar vita ideale.
La \'enezia del 5oo ò tutta una fioritura di quadri sto-
rici, dovuti ai suoi più preclari pennelli. Come già il Pecile
di Atene, cosi il F^alazzo ducale divien pubblica scuola di
storia patria, instituto di civile ammonimento. E, mentre i
maestri fiorentini e romani del gran secolo recano pur nella
pittura epica la glaciale compostezza e la
rigida maestà del loro stile quasi togato,
i veneziani all'incontro nei temi eroici veg-
gono occasioni bellissime d'impeto, di ar-
denza , di sincerità. Così Paolo, e il vecchio
Palma, e il Pesarese, e Giulio dal Moro,
e Pietro Liberi . e Andrea .Michieli , ed
5.fc' altri molti illustrano le maggiori imprese
di San Marco contro bizantini , genovesi,
osmani; precipuamente quelle della quarta
Crociata, per cui si dischiuse a Venezia il
Levante, e quella conquista di Costantino-
poli , che parve ed era prodigio di medi-
tato ardimento.
A tutti superiore il Tint^retto nelle
sue sei grandi tele marziali, onde il moto
e il colore, la perizia e l'audacia disgradano ancora ogni
confronto; abilmente, ma tiepidamente imitato dal figlio Do-
menico, massime nella Presa di Costantinopoli, vera pietra di
paragone ai pittori ufficiali della Serenissima. Sol da Fran-
cesco Bassano è vinto il vecchio Robusti nell'amor della esat-
tezza e nello studio dei particolari ; si che con questo men
caldo, ma più diligente maestro la pittura militare acquista
un'indole episodica fino a lui sconosciuta, e però si riallaccia
all'arte nuova con la formola della « parte per il tutto ». pro-
fessata dai successivi pittori d' Olanda e rifiorente ai giorni
nostri nelle opere appunto di Ernesto .Meissonier.
SCHIZZO A PEN'XA.
LA PITTURA EPICA 29?
Agli Olandesi, mercatanti e marinari di nascita, non bastò
vincere le grandi tenzoni nell'impari duello per l'egemonia
oceanica con le tre potenze marittime d'Occidente: vollero
pure ricontemplarle e vagheggiarvisi sulla tela. E, poiché la
lunga dimestichezza del mare e il paziente amor della nave
e l'abito diuturno dell'osservazione, tanto valorosi architetti
preparavano quanto diligenti pittori navali, nessuna meravi-
glia se nel quadro nautico attingessero somma perizia e ri-
putazione.
Già Cornelio Vroom avea dipinto una Disfatta dell' Ar-
mada; ma Guglielmo van der Velde, conoscendo profonda-
mente la struttura e la manovra navale, lo superò di gran
lunga nello sceneggiar le battaglie del 1Ó66 tra le flotte d'In-
ghilterra e d'Olanda; tal che re Carlo II lo volle seco a
Londra, dove fu raggiunto dal figliuolo ed emulo suo Gu-
glielmo il Giovane, men robusto, ma più perfetto e più efficace,
perchè penetrato di quella che il Taine chiamava « romanità
del mare ». ossia la visione del mare calmo e quasi augusto
durante l'infuriar della pugna, si come singolarmente appare
dai due suoi capolavori 1// « Priiicc Rovai » e Quattro va-
scelli catturati) nel museo di Amsterdam. Suoi imitatori abi-
lissimi furono Zeeman Battaglia navale di Livorno) e Abramo
Stork Conibattiniento navale) con navi incese e sante-barbare
esplodenti. Così la piccola, ma libera patria dei Ruyter e dei
Tromp, nella gloria e nella pittura navale, onorava l'arte e
sé stessa.
Le grandi nazioni militari e marinare dell' Occidente
non ebbero, nel secolo d'oro, una pittura epica. La povertà
dell'Inghilterra in questo vergine campo non può destare sor-
presa, ove si pensi che la grande isola non peranco era con-
quistata all'arte. La Francia istessa, tutta intenta alle sue effì-
mere spedizioni e alle sue lotte intestine, non aveva tempo
né agio di mutar la spada in pennello; e solo più tardi doveva
rivalersene a usura.
292 MEISSONIER
La reluttanza della Spagna per quest'arte marziale, della
Spagna signoreggiante oltre cent'anni i due mondi, è tuttavia
argomento di lontano stupore. Non forse la sua storia era
un canto solo di battaglia > non forse aveva essa raggiunto,
nelle arti belle come nelle lettere, la maggior sua fioritura? ne
s'imponeva al mondo coi quadri e coi libri non men che
con le armi vittrici?
Eppure la scuola iberica novera pochissime tele militari;
né s'intende perchè il Ribera e lo Zurbaran, coloristi magnifici
e amatori di scorci arditi e di mosse sapienti, non abbian
dato alcun saggio del loro grande valore in cotal genere di
pittura. Venturosamente, la Spagna ha un capolavoro, uno
solo, ma sufficiente; \di Resa di Brcda àe\ sommo Velasquez,
rex regiim. Lo stesso tema fu poi trattato da altri, tra cui
José Leonardo; ma il quadro di \^elasquez. superando quelli
del Tintoretto e del \'eronese. mirabilmente colma ogni la-
cuna.
II.
Il Seicento! Ècco l'età maggiore della pittura epica, mas-
simamente in Italia e nei F^aesi Bassi. Son codeste appunto le
contrade più disputate dalla gelosia delle grandi potenze euro-
pee: nell'ampia valle del Po, come lungo le rive della Schelda.
del Reno e della Mosa, si contendono esse il primato politico.
Nelle lunghissime guerre di successione, tra le improvvise
alleanze e i non men rapidi abbandoni, i campi batavi e
lombardi brulicano d'eserciti, ingrassano di cadaveri. Intrighi
di gabinetto, cupidigie di ministri, bizze di cortigiane ne fanno
altrettanti cimiteri internazionali; sì che l'estro dei pittori
contemporanei dall'assiduo formidato spettacolo é fortemente
colpito, e a ogni bellica fazione corrisponde un quadro no-
vello, e le civiche e regie pinacoteche, per vanità di principe.
per desiderio di popolo, si att'ollano di tele marziali.
LA PITTURA EPICA 293
Senonchè due sono i modi d'intendere e d'interpretar
la battaglia: l'insieme o l'episodio, l'ordine o il tumulto, la
calma o l'impeto: in altri termini, il quadro di ragionamento
o il quadro d'impulso. Insomma, due maniere e due scuole:
la scuola strategica e la scuola impressionista: questa pecu-
liare ai pittori italiani e francesi, quella a olandesi e liam-
minghi.
I progressi della dottrina e della pratica militare non
dovevano tardar troppo a rispecchiarsi in questa branca tra
estetica e scientifica dell' arte. Al pittor zelante non basta
più riprodur la figura sovrana o l'episodio precipuo del fatto
d' arme : gli conviene oramai delinear le schiere e le mosse
dei combattenti, secondo i giusti criteri e i fedeli aspetti della
guerra reale. In altre parole, l'artista deve mostrarsi padrone
della materia: essere, cioè, buon colorista e tattico discieto :
conoscere le ordinanze, le evoluzioni, 1' effetto delle armi e il
resultato degli urti: tutto questo non già con geometrica fred-
dezza, ma con la foga della passione, nella febbre della fan-
tasia. Dipintura malagevole e ingrata, come quella che do-
vrebbe rendere la verità istantanea e insieme la fisionomia
storica della battaglia attraverso il temperamento dell'artista
ritraente di maniera o a memoria.
Già sul cader del 5oo incisori toscani , chiamati da
Caterina, avevano introdotto in Francia le cosi dette ■zuies ca-
Z'alières: panorami in rilievo e d'insieme o, come suol dirsi,
a volo d' uccello delle non infrequenti battaglie nelle guerre
religiose sotto i tre ultimi Enrichi ; si che da Stefano della
Bella il cardinal Richelieu aveva fatti incidere in siffatto modo
gli assedi memorabili del suo tempo. Ma solo più tardi, du-
rante il regno del Re-Sole, da queste embrionali stratografie
fiorir dovevano le grandi tele militari dei Wouverman. dei
van der Meulen, degli Huchtenburg.
La Francia, benché bellicosissima, ha gloria, non pittura
militare anc(jra ; tal che all'Italia chiede incisori e dipintori
2Q4 MEISSONIER
all'Olanda: e se un grande specialista le nasce, deve costui
con altri minori valicare le Alpi, là dove frequenza di pu-
gne e larghezza di corti alimentano e incoraggiano le raf-
figurazioni marziali. E, come la diversità degl'istinti e dei
climi domanda, francesi e fiamminghi in Italia divengono
pittori d'impressione, mentre gli olandesi in Francia si fan
quasi accademici.
L'Italia secentista ha tre sotto-scuole: la fiamminga, la
napoletana e quella del Borgognone. Pietro van Laar, più
conosciuto col nome di « Bamboccio » e Antonio Molvn detto
« il Tempesta », pittori episodici per i quali la battaglia è sol
pretesto al paesaggio, vi suscitano imitatori ed emuli, tra cui
il bolognese Cerquozzi, sopiannomato « .Michelangelo delle
battaglie ».
Napoli vantava in Aniello Falcone, studiosissimo delle
armature e delle fogge, il suo Giulio Romano : e veramente
la sua Vittoi'ia di Costanlino su Massenzio richiama il quadro
omonimo del miglior scolaro di Raffaello. Ma il genio bol-
lente di Salvator Rosa balza, irrompe, illumina, esplode; e non
mai la pittura epica ebbe, ne avrà maggior impelo e audacia
e scompiglio e calore; sicché nei pochi suoi quadri anonimi,
dipinti tutti di maniera o, a meglio dire, d'intuito, la fantasia
assume parvenze di verità, e nell'ardimento dei gruppi e nel-
l'opposizion dei colori freme e divampa la torrida febbre della
battaglia, e la vita istessa della storia meravigliosamente tra-
luce. Salvatore non lasciò discepoli, ne lo poteva: come negli
eccessi è caratteristico, così nei pregi suoi è personale ; inimi-
tabile, sempre.
Non ugualmente Giacomo Courtois, detto « il Borgo-
gnone», artista-soldato che. sceso tra noi guerreggiando e di-
pingendo, creò numerosissima scuola. Come Salvator Rosa,
pur egli è uno specialista della mischia ; ma il suo stile è più
calmo, la sua tavolozza più mite, il fare più arguto e leggiero;
ma lo slancio del suo pennello non va disgiunto da una certa
LA PITTURA EPICA
29S
consuetudine viziosa, per cui sempre ripete gli stessi motivi
e gli episodi stessi ; ma I' esattezza dei particolai'i còlti sul
fatto non basta a darci l' illusione della realtà, tal che i suoi
quadri son veri e falsi ad un tempo. Piccoli quadri questi suoi,
ma eloquenti ; ed egli col facile pennello ne popolava tutte le
corti, iniziando quasi un genere tra l'eroico e il decorativo :
accusa non affatto gratuita, cui non tolgono gravità le lodi
esagerate del \iardot. il quale lo dichiara « primo tra i
primi . »
Dei moltissimi suoi discepoli e imitatori si salvano per una
certa personal freschezza d'impressione Francesco Monti di
Brescia, detto per l'appunto " il Brescianino delle battaglie »
e lo Spolverini di Parma, il quale esagerava i difetti del
maestri >: degli altri, ossia dei romani Giannizzero, Bruni. Gra-
ziano, del veronese Calza e del Canti mantovano, basti ricor-
dar solo il nome.
Così, mentre i due ultimi classici, il Cortone e Luca
Giordano, l'uno con \a. Batùigl/ir ifArbcìa, vxproóoiidi poi dal
Lebrun . l'altro con quella degli Ebrei coìitro Aiìidlcciti . si
ostinavano a trattare i più annosi argomenti biblici e profani,
(il Giordano, veramente, dipinse a Madrid una Presa di
S. Quintino e alcuni episodi della guerra di Granata) questi
giovani nostri s' infiammavano tutti per la verità d' un amor
novo e foriero del moderno realismo.
Il grand' evo belligero di Luigi Xl\', — l'evo dei Conde,
dei \'auhan. dei lurenna. dei Montecuccoli. dei Marlborough,
degli Eugeni, — pittoricamente parlando, è pressoché tutto
sfruttato da maestri olandesi e fiamminghi. I Paesi Bassi,
contesi tra Francia. Austria. Inghilterra, corsi da tutte le
soldatesche d' Europa, vilipesi in ogni loio dritto, della indi-
pendenza e della gloria recenti serban solo la satira e la
pittura. Ma. perduta la civile dignità, il pennello batavo e belga
può solo illustrar le vittorie straniere, massime quelle del re
di Francia, il quale molto ama, e molto remunera tal sorta
di adulazione.
296
MEISSONIER
Le brillanti e solide qualità dimostrate dagli artisti fiam-
minghi e olandesi nella pittura intima e campestre si rinfjTer-
mano e si rassodano in quella militare. Sovrano è in loro il
senso della verità e lo studio dell'esattezza: si che la scena
guerresca bellamente armonizza con lo sfondo, e la luce pe-
netra il quadro, e l'aria vi circola liberamente.
Il più chiaro di questi sinceri maestri è indubbiamente
Philipp© W'ouwerman,
autore di quadri amplis-
simi e minuti , il quale
dipinse in islile largo e
securo battaglie vere e
fantastiche, sovra ogni
cosa amoroso del cavallo
da lui mirabilmente ri-
tratto, tanto che i suoi
scontri di cavalleria son
modelli del genere, dif-
ficilissimo fra tutti. Altri
buoni dipintori di cavalli
e cavalieri erano di quel
tempo Pietro Molyn il
Vecchio, padre del no-
stro Tempesta, i fratelli
Palamedes, Eglon van
der Xeer, Gian Cornelio Verbeck, Dirk Storp, che lunga-
mente dimorava in Ispagna, e massimamente Giovanni van
Huchtenburg, il quale recossi alla corte di Francia, ove conobbe
l'altro celebre suo concittadino van der Meulen, e donde pas-
sava disgustato ai nemici del gran Re, facendosi illustratore
delle vittorie di Eugenio, giusta i prospetti di battaglia in-
viatigli dal principe stesso, [.'immenso suo quadro /Jcrssedw di
Akiinur (1695), occupante tutta una parete nel Belvedere di
X'ienna, è certamente un capolavoro di evidenza e di accu-
ratezza, benché nel complesso d'e||etto soverchiamente teatrale.
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MEISSONIER (1.S78).
LA PITTURA EPICA
297
Né van dimenticati, tra i fiamminghi, Jacopo Jordaens
magnifico nel Trionfo dello statholdcr Fed. Enrico di Nassau,
Bonaventura F^eters egregio nelle fazioni notturne, Gaspare
van Eyck dipintor navale pur esso, Roberto van Hoecke
d'Anversa studioso delle marcie e dei bivacchi in quadret-
tini argutissimi; e men degli altri Pietro Snavers, ottimo nell'ag-
gruppar le figure e negli etfetti prospettici, la cui grande repu-
tazione doveva offuscarsi dinanzi a quella del discepolo suo
Gian-Anton Francesco van der .Meulen , pittore di Sua So-
lare .Maestà.
SCHIZZO A PEWA.
Neramente, Luigi XI\' aveva il suo pittor favorito in
Carlo Lebrun, mediocre ingegno estolto dai cortigiani alle
stelle, e gridato perfino rivale di .Michelangelo. Senonchè costui,
materiato di classicità, disdegnava le assise e le armi moderne,
dedito tutto a istoriare in tele scialbe e macchinose le vittorie
d'Alessandro .Magno {Passaggio del Granico, Battaglia d'-Ar-
hcla , Alessandro e Poro, Entrata in Babilonia): monumenti
di enfasi e di falsità, vecchi melodrammi colorati. Ora, benché
in tali quadri accademici sotto le figure del .Macedone trasparisse
quella di Luigi, e le vittorie della guerra asiatica accennas-
sero a quelle della campagna di Fiandra, l'ambizioso monarca
2q8 MEISSONIER
non poteva compiacersi troppo di pitture tanto oscuramente
allusive.
Quando van der .Meuien giunse a ^'ersaglia sotto gli
auspici dell'astuto Louvois, meravigliando quella corte tra
militare e galante con gli ampi suoi quadri dipinti a toni ver-
migli, in cui la valentia dell'artista si disposava alla fedeltà
del competente, il bellicosissimo Re stimò di aver trovato il
migliore suo panegirista. E, veramente, quelle composizioni
vaste e sapienti, accurate e perspicue, magnifici panorami di
battaglia riprodotti dal vero, come, ad esempio. V Assedio d' Ou-
denarde, la Presa di Va/eneieìii/es, \ Aeeanipamento dinanzi a
Toiirnay e la Baltagìia di Casse/, meritavano fosse per lui
instituita la carica di « pittore delle conquiste del Re. »
Fu van der Meuien capo della scuola strategica fran-
cese, mentre appunto in Italia il Borgognone fondava quella
pittoi"esca: e tra queste due maniere si divide la pittura epica
del Settecento. Dal primo discendono Giambattista Martin
seniore, detto « Martin delle battaglie ». suo allievo ed erede,
peritissimo nel dipingere investimenti ed espugnazioni di
piazze forti (il miglior suo quadro è queW , Issedio di Fri-
Inirgo, che al Louvre richiama l'attenzione pur dei profani ;
Pietro Dionigi Martin juniore . altro buon dipintor polior-
cetico , Giambattista Lecomte, Giovanni Bonnart
Al Borgognone, da lui conosciuto in Italia, si riallaccia
invece Giuseppe Parrocel, autore di tiuadri caldi ma non lu-
cidi, come V Assedio di Maeslriclil e il Combattimento di
Lenze, ne' quali l'impeto aljbga nel disordine; mentre suo
figlio Carlo e il nipote Ignazio, valorosi specialmente nel
cavallo , si accostano al fare ampio e sereno dei van der
.Meuien.
E a questo più tardi, mentre nel nuovo regno cortigia-
nesco la marzial fortuna della I-'rancia impallidisce, ritornano
il ^^erdussen con \ -ìssedio di Saint-Guilhain e il Casanova
con la Battaglia di l^ens: il primo singolarmente abile nelle
LA PITTURA EPICA
brevi scene episodiche; l'altro neile mosse della cavalleria,
rese con notevole slancio non disgiunto tuttavia da qualche
confusione.
Uno scolare appunto del Casanova, il Loutherbourg. chia-
mato a Londra, inaugura la pittura militare d' Inghilterra,
dipingendo con minor foga, ma con più giusto colorito, tra
le molte pugne navali, quella Ballaglia del Nilo, che fu ripro-
dotta e dil1"usa dal bulino di Giacomo Fittler. Ed ecco Be-
niamino West, Giuseppe ^^'right. bVancis Hayman. ed altri
pochi, Hno a William Allan. autore del Waterloo famoso ac-
quistato da lord Wellington, illustratori tutti delle guei're
marittime e coloniali sotto gli ultimi Giorgi.
Se l'età di Luigi XI\' è il meriggio della gloria francese,
onde il monarcato s'illumina tutto, e Io spirito militare trionfa,
quella dei reggenti e dei re successivi, dissoluti o ignavi,
deboli sempre, è il crepuscolo suo. Non infrequenti le guerre
di gabinetto: ma scai'si gii eserciti e dubbi gli allori. E, poiché
la pittura militare segue come ancella la gloria, anch'essa
dunque si arresta sulla via trionfale . invano risospinta dalle
tarde e infeconde fortune dei Lu.xembourg e dei .Maurizi.
Fontenay e una bella frase più assai che una grande vittoria:
l'onta di Kossbach sempre rimane invendicata.
Ma ecco la Rivoluzione; ecco l'uman terremoto. La mo-
narchia precipita, e sorge il popolo: l'esercito stanziale si
dissolve, e si forma le nazione armata: l'ossequio dinastico
dilegua, e nasce l'idea patriottica: c'è un uomo di meno
e un concetto di più: non si dice più ■■ il re di b" rancia ».
ma « la Francia » soltanto.
L'Scì è la sommossa: il ()2 e la guerra. La Repubblica
regicida, assalita in nome del diritto divino da tutte le corti
coalizzate, e costretta a difendersi. La leva in massa fa d'ogni
cittadino un milite, e il milite diverrà presto soldato, ^'almv
è un battesimo di fuoco: Rivoli sarà la confermazione. La
Rivtjluzione politica diventa così militare: così la democrazia
300 MEISSONIER
prepara l'avvento del cesarismo. Un generale trionfi, e l'im-
pero si farà da sé.
Il fenomeno del Còrso esplode. All'eco delle prodigiose
vittorie d'Italia, la fiamma antica della gloria riaccende d'un
subito il popolo più marzia! della terra: il popolo dei poemi
cavallereschi e delle crociate; il popolo della Pulzella, del
Bearnese, del Re-Sole. E l'astro crinito di Honaparte irradia
per diciott'anni la Francia di luce non mai veduta.
Questo abnorme macellatore di popoli, questo ambizioso
sublime, questo immane egoista, che riassume il genio tutto
della Rivoluzione e ne chiude il ciclo fatale, innamora la
Francia come un maschio possente, come un iddio armato.
Non più la riscossa legittima, non più la giusta difesa: è la
guerra per la guerra, la conquista per la conquista : e gli
eroici sanscLilottcs, dimenticata l'origine propria sotto l'assisa
fiammante della Guardia, seguono il divo Imperatore attra-
verso l'Europa in fantastica marcia macabra: e la grande
nazione, briaca di epico orgoglio, fascinata dal sogno del-
l'imperio universale, immola alla superbia del trionfatore ple-
beo tutta sé stessa.
(Quindici anni durano, da Marengo a Waterloo, il Conso-
lato e l'Impero; ma son quindici canti d'una sanguinosa epopea
quale in cosi breve spazio non ebbe Roma invincibile, b^ppure,
in tanto tumulto d'armi e in tanta messe di lauri, l'arte quasi
stupefatta o sbigottita si tace o si accinge; e le vittorie cam-
pali non infiammano soverchiamente gli estri pittorici, e ai ca-
polavori della strategia non rispondono quei del pennello, e
sembra che a .Napoleone, men fortunato in questo di Luigi .\1\\
manchi ancora un grafico apologista veramente degno di lui.
La Rivoluzione possiede bensì il suo dipintore ufficiale:
Jacopo Luigi David. .Ma questi é un classico, un romano della
Convenzione con e senza doppio senso, l'illustrator di Plu-
tarco e di Livio, un Lebrun repubblicano. 1 suoi quadri enormi e
vacui dalle tinte grigie o vinose, più che l'elogio dell'antica
LA PITTURA EPICA 301
virtù, esprimono quello del manierismo storico. Che se nella sua
mente Bruto secondo e Tiberio Gracco simboleggiano .Marat
e Desmoulins, nella barocca significazione non la democrazia
trionfa, ma la volgarità, quando non sia la cortigianeria, come
neli' Incoronazione.
Le prime vittorie della Repubblica meritano appena l'o-
maggio di alcune mediocri « stratografie » a modo delle z'iws
cavalièrcs del 5oo. Due generali. Lejeune a Beuler d'Albe,
schizzano panorami della salutar giornata di \'almy. Più fortu-
nata è .Marengo, che trova un degno commentatore in Carlo
\'ernet. al quale in un'ampia, ma fredda composizione riesce
di coonestare l'esigenza strategica con la ragion pura del bello.
Austerlitz, la battaglia-modello, e celebrata da Gerard, pittore
più analitico che non sintetico, in quadro fin troppo vasto, che
offre buona collezion di ritratti. Le vittorie della campagna
d'Egitto e di Siria appartengono al pennello di Gros, artista
più baldo e focoso, innamorato dell'episodio meglio che del-
l' insieme, poeta tragico del colore, massime in quella Batta-
glia d'Alnikir, che è pagina di storia vissuta. Cosi la magni-
fica epopea napoleonica, cresce, sale, precipita, senza che alcun
artista sappia fissarla sulla tela: e le somme imprese dell'Im-
peratore vengono abbandonate dal pennello alla matita, da
Gerard a Charlet.
La Ristorazione non ha pittura militare, perche non ha
quasi politica estera. Le tre spedizioni di Spagna, di .Morea
e d'Algeri son sacre alla geniale litografia di Raget. Gericault,
autore della Zattera famosa, ritrae bensì soldati a piedi e
massimamente a cavallo: ma e pittura da Campo di .Marte,
senz'altro pensiero che la rassomiglianza. Ed ecco, nella rie-
vocazione del gran Còrso dopo il "3o, apparire Grazio \'ernet,
figliuolo di Carlo.
In questo artista, che dicor in questo specialista si rias-
sume il genio di due scuole e di due epoche. Continuatore
e perfezionatore di Gerard e di Gres, egli e per eccellenza
302
MEISSONIER
un eclettico. II suo stile è insieme drammatico e strategico.
Il personaggio nell'avvenimento, e l'episodio nell'azione: tale
la sua disciplina. Per esso il campo e una scena, la battaglia
una rappresentazione, protagonista l'Imperatore, personaggi
secondari i marescialli, coro l'esercito. E non si dice, infatti,
« teatro della guerra? » Insomma, Orazio è il van der .Meulen
dell' 800; ma un van der .Meulen visto attraverso l'impeto
del Borgognone e la fantasia di Salvatore.
Chi non ricorda la fortuna iniziale dei quattro primi suoi
quadri { Jenia-ppes, Valiny, ^ ìrcole e Montììiirail) proibiti dal
timido governo di Luglio, non per anche convertito al culto
napoleonico? E chi ignora che. pochi anni appresso, poteva
egli tappezzar di quelle e d'altre tele i muri delle « Gallerie
storiche ». appositamente instituite a \'ersailles: sorta di Pan-
theon patriottico, in cui le generazioni francesi veggono ripro-
dotta in ogni sua più caratteristica cifra la gran leggenda im-
periale?
Più abile che forte, più largo che profondo, egli è il
Thiers della pittura civica : pittura ineguale e imperfetta, ma
ricca di sorprese e d'emozioni, varia d'episodi e di par-
ticolari: scenografia sovente, ma grande, opulenta, efficace
scenografia . che seduce l'estro e parla al cuore e inebbria
la mente: immagine viva delle battaglie fiammanti, vision
gloriosa della patria, richiamo insieme e promessa, storia a
un tempo e poema, monumento sempre.
Lecito era credere che l'età napoleonica avesse esaurito
ogni contenuto suo figurativo, e che. d'innanzi alla grandiosa
illustrazion pittorica dei due Vernet , ogni altro più audace
pennello si sarebbe ritratto sgomento. L' Imperatore, abban-
donato dall'Arte, apparteneva alla Storia, ossia alla giustizia.
Dopo trent'anni. sorgeva .Meissonier....
LA PITTURA EPICA
III.
L' età nostra volge poco propizia alla pittura istorica in
genere e alla militare in ispecie. Tranne in Francia, dove
anche l'arte è politicante, per non dire chau-i'iiw, e alcun poco
in Germania e in Russia, nazioni ancor soldatesche, i vi-
venti pittori di battaglie possono noverarsi sulle dita.
Non già che manchino agli artisti occasioni e argomenti
di coltivare questo peculiar campo dell'arte. Nonostante la
crescente diffusione dei principi umanitari e la propaganda
assidua per l'arbitrato internazionale, non infrequenti sono
le guerre: imprese coloniali e lotte intestine, duelli di popolo
e giudizi di l)io....
\'ivaci durano le memorie della terza campagna d'(J-
riente, e mugge peranco nell'aere il rombo delle battaglie
di Francia, non ultime forse alla millenaria inimicizia tra le
genti tentone e celte. E quai temi più nobili, più forti e più
vari di quelli offerti nel secolo nostri) dalle grandi levate di
popolo per la conquista della indipendenza o la ditesa della
nazionalità: la Spagna, la Grecia, il Belgio, la [Janimarca,
la Serbia — e l'agonia polacca, e la immolazione magiara, e
il risorgimento italico, in che il poema si disposa alla storia,
e la leggenda è sorella della realtà ?
Non giova. Nelle scuole e più ancor negli studioli
è invalso il vezzo di considerare la pittura storica quale
inutile ciarpame accademico, qual vieto trastullo ufficiale. I
migliori ingegni rifuggono da cosifatto genere che, tutti gli
altri abbracciando, a nessuno appartiene. Nel nostro paese
massimamente, benché vi traesse i natali e vi attingesse le
cime più alte, tranne qualche rara o mediocre eccezione, i
giovani pennelli ignorano perfino che sia e a che serva. E
così la pittura nostra, come del resto la politica istessa, si
304
MEISSONIER
palesa e si dichiara antimilitare per eccellenza, o come, con
parola tolta alla sartoria . direbbesi " civile » ; seppur tale
parola non suonasse sarcasmo per arte spoglia appunto di
ogni civile finalità: l'idea vivificante di cui sempre parlava
e dalla quale tutto era compenetrato Meissonier.
Questo abbandono o, meglio ancora, questa lepugnanza
(poiché non mai la pittura
epica raccolse nel bel
Paese soverchio numero
di cultori i non e effetto di
voga o di capriccio. Re-
mote ne sono le origini
e complesse le ragioni:
si che il fatto appare de-
gno di esame.
Anzi tutto, gli artisti
contemporanei si sentono
sgomenti d' innanzi alle
tecniche difficoltà del gran
quadro rappresentativo.
È passato il tempo felice
in che i signori del pen-
nello abbracciavano, come
in sintesi estetica . non
pur tutte le arti figurative,
ma tutti i rami di ogni
singola disciplina. Cosi,
nelle grandi magnifiche tele d' indole storica e religiosa, i
maestri più insigni del Cinquecento esplicavano tutte le doti
più varie della esuberante loro natura; tal che dalla concorde
molteplicità degli attributi e degli sforzi re.^ultava l'ejìetto
meraviglioso, il valor complesso del quadro. Tutti, anche gli
scolari, anche i minori . erano insieme ritrattisti e i:iaesisti,
e insieme trattavan<j la figura e l'architettura, il costume e
SCHIZZO LUIGI XIII.
(.V.,aerello.)
LA PITTURA EPICA
303
l'ambiente, il principale e l'accessorio, l'eroe e la moltitudine,
l'uomo e il quadrupede, l'avvenimento e l'episodio.
Oggi, nella mediocrazia imperante, per la pochezza delle
facoltà native e per la povertà degi' insegnamenti ul'Hciali.
ogni arte s'è dovuta non soltanto singolarizzare, ma suddivi-
dere puranco. I grandi intelletti poliedrici di Leonardo, di
Raflàello, di Michelangelo, del "Fiziano. del 'i'intoretto, del
Veronese, a tacer di altri, seppur fos- ^
sero ancora possibili, in tanto deca-
dimento parrebbero mostruosi. I pit-
tori del nostro tempo si slbrzan tutti
di raggiungere alcun grado di eccel-
lenza in una sola branca dell'arie,
che paia meglio appropriala al loro
ingegno unilatere : e l'uno si dedica
tutto al paesaggio, l'altro al ritrailo.
il terzo alla natura morta: e abbiam
pure una pittura botanica e un'altra
zootecnica, esclusivamente. K. poiché
l'analisi Irionta, artista e oramai si-
nonimo di « specialista » : un uomo,
cioè, che sa dipingere mediocremente
solo una cosa.
Ora. in tale limitatezza di attitu-
dini e in tanta angustia di concepi-
menti, la pittura storica, come quella che nella immensa va-
rietà sua contiene tutte le sotlospccie dell'arte, non invila, ma
discosta gì' ingegni incolli e i timidi pennelli. Troppa cono-
scenza del passato, troppo studio del costume, troppa osser-
vazion dei particolari, troppa perizia nella prospettiva, troppa
familiarità con l'architettura e col paesaggio questo genere
esige imperiosamente.
E che dir del quadro militare, nell'ardente trambusto della
■battaglia, tra l'infierir delle belliche furie, con tutte le con-
Meissoiiicr, 20
SCHIZZO LUIGI XIII.
3o6 MEISSONIER
vulsioni del disea:no e le crudezze tutte del colore, in cui
dallo scompiglio convien trarre 1' ordine, e dall' impeto la
chiarezza, e dalla violenza la sincerità? Non è di tutti il senso
visivo della battaglia nell'ordine suo prospettico e nel suo svi-
luppo stratografico; non di tutti è l'affermazion trionfale dell'e-
pisodio caratteristico nell'ampiezza e nella pienezza della scena
strategica. E perchè stupire, se i pittori d'oggigiorno, chiusi in
una formola . ligi a una categoria, fieri d'una specialità, ri-
fuggano da questa che non invano fu chiamata grande arte,
poiché aduna e comprende tutti i generi e tutti gli ostacoli?
Basterebbe Io studio del cavallo aggiungentesi a quello della
figura umana e la dimestichezza con le manovre tattiche com-
plicante le movenze delle persone, per disamorarli di tale
universalismo pittorico concesso a pochissimi eletti.
Secondariamente, si tratta di un fenomeno politico, perchè
politico è il carattere e l'intento di cotal genere d'arte. La
pittura militare, illustrando e perpetuando le gesta dei prin-
cipi e degli eroi , contrae non so quale indole cortigiana,
sia pur libera espressione d'intelletto amoroso della gloria e
non venal frutto di regio favore. Ora, nel trionfo dei principi
democratici onde il secolo cadente è tutto governato, questa
pittura di ufliciale parvenza urta e ferisce l' istintivo orgoglio
di artisti schivi d'ogni più lieve sudditanza e incapaci d'ogni
men grave adulazione. Anche la pittura, al modo istesso della
poesia, ebbe i suoi maestri cesarei ; ma oggi i van der W elde.
i van der Meulen , i Lebrun non sarebbero possibili , dopo
che nelle corti fu abolita la carica di « pittore delle conquiste
di Sua Maestà ".
Certamente, oggi ai re subentrano i popoli; e dei popoli
è la nuova gloria marziale, se vera gloria debba chiamarsi ;
e i popoli, nella lor sovranità apparente e burlesca, hanno pur
essi adulatori di rima e di pennello, più numerosi forse e
meglio retribuiti. Anche l'artista può essere soldato; anche il
pennello sa dimostrarsi cittadino. Tale veramente era quel
LA PITTURA EPICA
307
di .Meissonier. repubblicano in politica e bonapartista in arte,
perchè ovunque e mai sempre francese. Pittura, adunque civile,
non cortigiana la sua, più che alla fortuna di un uomo inneg-
giante alla gloria immarcescibile della Patria.
Ma ecco appunto un'altra onda di sentimenti nuovi tra-
volgere il concetto meissoniano. L'invasione delle idee uma-
nitarie, dietro la formola stolidamente felice di « Guerra alla
guerra » ha inferto un gravissimo colpo alla pittura epica.
Il parlamentarismo ha ucciso o per lo men disarmato il mi-
litarismo. Il tramutarsi degli eserciti stanziali in nazioni armate
rende antipatica, se non pur risibile, la milizia. Il perfezio-
namento, infine, delle armi da fuoco, accresciuta la terribilità
della guerra, ne cancella quasi ogni poesia.
Il concetto medesimo di nazione e di patria, nell'età del
telegrafo e della vaporiera, s'è ampliato, e con l'ampliarsi per
cosi dir si dissolve; e l'astio secolare tra popoli vicini, ove
da novi oltraggi e da recenti lutti non venga rinfocolato, scema
nell'assiduità dei traffici e nel fervor delle arti ogni giorno:
onde il civile ufficio della pittura, bellamente sorriso trent'anni
addietro a Ernesto Meissonier. più non accende la generazion
nuova conquistata al sogno Kantiano della pace perpetua. E
non estranea a codesta reluttanza appare ugualmente la fre-
quenza delle mostre universali: pacifici ludi ove le arti, me-
glio ancor che le industrie, aQ^ermano nella parentela delle
nazioni la propria.
Qual meraviglia, adunque, che i giovani, già respiranti
gli effluvi della promessa primavera , rifuggano dal celebrar
col pennello ogni crudele immolazione di popoli, ogni vana
ecatombe d'innocenti, avvengan queste oramai per impulsi par-
lamentari prima che per dinastici interessi, per orgoglio o pre-
giudizio di genti anzi che per intrigo o vanità di ministri >
A meno che. come vuoisi faccia apostolicamente il russo \ e-
reschaghin, non imprendano a trattar bellici soggetti col pro-
posito deliberato di combattere la guerra, ritraendone coi men
MEISSONIER
falsi colori gli aspetti più lividi e più crudi, sì da indurne
orrore o disgusto: equivoco apostolato mirante forse all'an-
nua! premio del lascito Nobel, onde I' inventor della dina-
mite s' illuse, morendo, di pagare il prezzo de' suoi chimici
rimorsi.
Ma v'ha di meglio e di più. La decadenza delle idee
romantiche nelle lettere non poteva, non doveva rimanere un
fatto solitario. Reciproca più assai che non sembri e l'azione
delle multiple arti : concomitante
ne e lo sviluppo; simultaneo, il
cammino. Queste ancelle dell'Ideale
non disobbediscono alla legge del
tempo, che le sospinge e le involve
e le trasforma, sia pur deforman-
dole.
Il crepuscolo della pittura mi-
litare, almeno nelle minori nazioni
latine, coincide, adunque, con l'av-
vento del naturalismo letterario.
% Per intendere pienamente l'oscuro
l'jnomeno, converrebbe rievocar le
cause cui dobbiamo la fine incom-
pianta, ma non immatura del ro-
MEisso.iER (Ballo delle Tuiieries, IS66). ^^^^^^^ ^ j^j ^..^^ìma storico , va-
namente oggi rievocato.
Il pennello abbandonava la storia, dopo che la penna
aveva abbandonato la tragedia . e non per dissimile spinta.
-Anche la tragedia avrebbe voluto essere una storica dipintura,
ricopiando i costumi, i caratteii. le passioni, le idee di un
àmbito e di un secolo determinati. E per gran tempo tale
s'era creduta e spacciata; ma, finalmente, l'incanto non potè
resistere all'esame della ragion positiva: e fu riconosciuto che,
se la cornice era buona, il quadro era falso.
11 medesimo disinganno doveva incogliere la pittura sto-
DRAGONE IN" Vedetta.
(Acquerello della coltezione del sig. Missimiliino Beyer.)
MEISSONIER
rica , ossij la tragedia colorata. Il sentimento della verità
venne a cozzar contro quello della verosimiglianza: il concetto
assoluto della esattezza prese la mano a quello tutto relativo
della intuizione. La formola o scolastica o volontaria mostro,
a modo di un vecchio abito, la trama. E il quadro storico,
come il romanzo e il dramma dello stesso nome, parve un
abuso della fantasia, un arbitrio del sentimento, un anacro-
nismo estetico; parve, ed era forse, menzogna convenzionale,
delitto di lesa sincerità, arte contro natura.
[\
h. \'eramente, a volerla giudicare con gli angusti criteri
realistici del tempo nostro, questa grandiosa e pretenziosa forma
dell'arte figurativa non regge la prova dell'analisi. Il metodo
sperimentale, passando dal severo dominio delle scienze al
giocondo reame delle arti, non perde alcuno de' suoi diritti.
Il Bello, non men del \"ero . riconosce la giurisprudenza del-
l'esame, ammette il controllo della vita.
Per la critica nuova, la sincerità e patto si7w qua non del-
l'opera d'arte. Il diletto estetico e figlio naturale della verità,
non di una « maniera >' più o meno eletta ed accetta: l'emo-
zione discende bensì dalla sorpresa, ma codesta sorpresa deve
restar nell'ordine dei fatti naturali, e naturalmente va prepa-
rata ed espressa. Né basta che l'opera magistrale sia verosi-
mile: convien che sia vera, e tanto nei particolari quanto
nell'insieme, si nel concetto come nell'esecuzione.
Ora, la pittura istorica esce per indole e legge sua dalla
categoria delle realtà riproducibili. Trattisi pur di tema con-
temporaneo, di fatto recente, o, come oggi dicono, di « attua-
lità » ; siano le figure di persone famose e ancor viventi; abbia
l'artista assistito alla scena, e conosca i luoghi pienamente,
che giova? Ey;li ci darà buona scelta di ritratti , e gran
LA PITTURA EPICA
311
IL FIGLIUOL PRODIGO.
(Schi7.™ a penna.)
copia di armi e di fogge , e
magari uno sfondo preciso di
paesaggio. xMa, se la memoria
lo soccorra nell'ordine dei per-
sonaggi, potrà egualmente sus-
sidiarlo nell'attitudine loro.
nella loro espressione? Non e
profano che non intenda le dif-
ficoltà di ritrarre dal vero. Ep-
pure il personaggio oggi ritratto
non e più quello di ieri; l'eroe riprodotto nella calma e un
altro uomo; si otterrà la comune rassomiglianza della persona,
non la fisionomia dell'avvenimento. In altri termini, il quadro
resulterà psicologicamente errato, ossia storicamente falso.
Se tanto si può obbiettare alla rappresentazion grafica
dei fatti e degli uomini dei nostri giorni, che dir mai di
gesta remote e di persone da lungo scomparse? Molto
può r intuito del genio, che. travalicando il suo tempo, rie-
difica miracolosamente il passato, massime se il lungo studio
lo aiuti e il grande amor lo sospinga. E molto può ancora
il comun senso storico , per il quale uomini di una classe
o di una generazione, allo stesso modo educati, nello stesso
modo vedono e sentono la storia: fenomeno di approssima-
zione, cui dobbiamo il pregiudizio del » color locale » e del
« clima storico »; si che il meschino spediente delle lunghe tube
ne\VA/(ia basta a rievocare il
fantasma canoro del vetustissimo
Egitto , e basta qualche nota
suppellettile o qualche arma spe-
ciale a richiamar nei pittori
olandesi e fiamminghi la visione
pittorica di Terrasanta o di Roma,
benché i patfuti lor personaggi
IL BUON' S.AMARITANO. ^ ,-,- • I 1 c: ■
f<: ^w . , ., n, ^ vestano i gotfi panni del bei-
(bchizzo 1 penna.) r^ 1
312
MEISSONIER
cento. Che dicor Noììicii sujficit, come atTermavano i santi
F^adri: basta il titolo solo del quadro, massimamente se reli-
gioso, poiché non ha occhi la fede, e più percepisce quanto
è più cieca.
Ogni pittura storica è però di nascita sua convenzio-
nale, se non addirittura
bugiarda. Tutt'al più può
essa ammannirci una ve-
rità approssimativa, ch'e
quanto dire una mezza
menzogna. O il pittore
dipinge a memoria , e
in tal caso non può tutto
ricordare e riprodur fe-
delmente; o inventa, e
allora inganna prima se
stesso per ingannar po-
scia gli altri. Per quanto
geniale la sua composi-
zione riesca nell'ordine e
nell'atteggiamento delle
figure, non sarà mai
troppo vera. Xon basta
acconciare un vile mo-
dello da Cesare o da
^*ompeo, per far si che
Cesare e Pompeo risor-
gano d'innanzi a noi viventi e parlanti. Come e perchè illu-
dere, adunque?"
Ogni secolo intende e rende diversamente la storia, so-
stituendo l'anima propria all'altrui: talché ogni interpretazione
o raffigurazione storica torna arbitraria e gratuita. Anzi, pro-
cedendo per assurdo, potrebbesi condensare il nostro ragio-
namento in questa proposizion negativa: non esistere pittura
L UOMO DALLA SPADA.
(Acquaforte originale.)
LA PITTURA EPICA
isterica veramente tale, ma solo una scenografia della storia.
(Qualunque la disposizione dei personaggi e delle moltitudini
nel quadro, non potrà essa non parere accademica o teatrale,
come quella che non l'immagine della morta e inaOerrabilc
realtà, ma il resultato sia del ragionamento o del capriccio
di un artista, operante fuor del momento e del luogo, obbe-
diente a un' ottica diversa e fallace , arbitro assoluto della
esecuzione . auto-impresario
della « messa in iscena »,
vittima prima della propria
illusione.
Insomma, il quadro sto-
rico sta alla storia come il
teatro alla vita: ed è tanto
vero quanto lo può essere
un ballo in costume. \'eg-
gonsi e ammiransi le ma-
gniliche armi e le bellissime
vesti e le attitudini solenni ;
ma dove le passioni e le
anime >
(Jucste insite debolezze
e queste deficienze irrepa-
rabili della pittura storica
vieppiù si allargano e si aggravano sul campo dell' epica.
L'n argomento calmo e solenne, quale ad esempio una inco-
ronazione, un ritorno trionfale, l'arrivo d' un' ambasceria, la
stipulazion di un trattato . una qualsiasi cerimonia officiale,
insomma , può concedere all'artista alcuna serenità di conce-
pimento e alcuna fedeltà di riproduzione.
Scenografia sempre e dovunque; ma la scena, amorosa-
mente rievocata e ricostrutta che sia, potrà porgere qualche
verisimiglianza, se non nei peculiari caratteri, almeno nelle
ampie linee e nelle tonalità dilfuse. .\ulla vieta al pittore
MEISSOKIER (iSyS)-
314 MEISSONIER
di riunire e raggruppare saggiamente tutti gli elementi
necessari del quadro. traend(") il miglior vantaggio dai suoi
modelli nel più acconcio modo aggiustati e disposti ; come
accade, ad esempio, nelle grandi tele rappresentative del Ge-
ròme , del Kaulbach , del Mackart , dove il verosimile non
lascia forse rimpiangere il vero. La suggestione spontanea del
costume, dell' architettura, del paesaggio — di tutto ciò che
conferisce al cosi detto « color locale > — ben più che il
magistero istesso della fattura, potrà determinare o accrescere
l'effetto prefisso.
Ma la battaglia e azione, e moto, e disordine, e caos; la
battaglia è mutevole come il mare, e poliforme come la tem-
pesta; la battaglia, cozzo di due eserciti o meglio di due genti,
è l'infuriar di due collere immense; la battaglia e l'umano
cataclisma, il dramma collettivo. Neil' immane tumulto, nella
convulsione orrenda, nella formidabile molteplicità, quale dei
cento suoi aspetti scegliere, e qual cogliere de' suoi cento
momenti ? Come riprodurre nel sanguinoso turbine gì' inso-
spettabili effetti di luce al corruscar delle armi e delle arma-
ture, sotto il sole allo o nel fuoco mortifero, tra nembi di
polve, tra nugoli di lumor E m qual modo mai, nell'oscillar
confuso delle felangi . qual di spighe agitate dalla bufera, tra
l'onda incalzante o fuggente dei fanti e dei cavalli, rendere
la verità istantanea degli atti, dei moti, dei volti, degli animi,
e il concitato imperio,
e il celere obbedir !-
Inutilmente valorosi principi del pennello, per zelo d'arte
o per anelilo di verità, vollero assistere, e non da lunge. alla
scena gi'andiosa e terribile, per poi con fedeltà di testimoni
oculari perpetuarne i tratti salienti, le caratteristiche note sulla
tela. E non meno inutilmente altri più scrupolosi maestri, non
che assistere, parlecipai-ono alia battaglia, impugnando il mo-
schetto per indi poter viemmeglio impugnare il pennello,
LA PITTURA EPICA
3'5
men tementi del pericolo che non della falsità, pronti a disfi-
dare la morte prima che cedere alla convenzione.
Così il fiammingo Gian Cornelio Vermeven. chiamato
in Ispagna da Carlo \\ partecipava quale alfiere all'impresa
disgraziata di Tunisi, per indi raffigurare, giusta i cartoni di-
segnati sui luoghi, le più che dubbie vittorie dell'Imperatore.
Così Giacomo Courtois, seguiti in Italia gli eserciti francesi,
assisteva a molte battaglie in quelle interminabili guerre di
successione, studiando e ritraendo dal vero tipi e costumi,
paesi e castella, manovre e combattimenti. Così i due van
der Velde, illustratori delle guerre marittime d'Olanda e d'In-
ghilterra, salivano a bordo dei vascelli per aver l'esatta visione
della battaglia navale: e, mentre il padre otteneva dal governo
olandese un brick armato che lo portasse ovunque tuonava
il cannone, il figlio non temeva di affidarsi a fragile schifo per
meglio considerare la pugna, che suggerirgli potesse il suo
capolavoro.
Medesimamente van der Meulen, che meritò d'essere chia-
mato il più fedele istoriografo di Luigi Xn\ seguiva in alcune
campagne gli eserciti del gran Re; e il suo miglior scolaro
Giambattista Martin, soprannominato « delle Battaglie » -stu-
diava l'arte della fortificazione alla scuola pratica di \'auban.
nei lunghi numerosi assedi di quel tempo bellicosissimo. Lo
stesso dicasi dei Parrucel. egregi dipintori di cavalli e di cava-
lieri, secondo lo stile di van der Meulen: Carlo accompagnando
re Luigi XV alla guerra di Fiandra, Ignazio seguendo il
principe Eugenio di Savoia contro tui'chi e contro francesi.
Xe va dimenticato Gros, ammesso per protezione di Giu-
seppina nello stato-maggiore di Buonaparte in Italia e in Egitto,
come il venerando MenzeI al quartier generale di re Gu-
glielmo nel 1870, e come l' ancor vivente \'ereschaghin a
quello del secondo Alessandro durante l'ultima impresa d'U-
riente. E Meissonier medesimo non assisteva forse tra il
seguito di Xapoleone HI a tutta la campagna d' Italia, e non
■3i6 MEISSONIKR
forse prendeva parte qual comandante di battaglione alla difesa
di Parigi, traendo dall'una e dall'altra bellica scena utili ele-
menti per due tra' suoi quadri migliori >
Indubbiamente, codesti nobili artisti otfersero un insigne
esempio di personale abnegazione e di amor disinteressato
dell'arte. Eppure la critica non saprebbe ancor dire quanto la
visione diretta della battaglia abbia giovato all' evidenza della
pittura. 1 loro quadri ci mostrano che cosa videro; ma come
videro essi? La battaglia, magari una fase della battaglia,
si svolse veramente quale ci fu rappresentata?- L' impeto della
pugna, il morso del pericolo, la nausea del sangue, il rac-
capriccio della strage, lo stordimento del tumulto, non fecero
lor velo agii occhi, non turbarono la loro percezion solitaria,
massime allorquando da testimoni mutavansi in attori?
Certo, in si [latta riproduzione di battaglie vedute e vis-
sute, i particolari, curati con singolo amore da codesti veri
specialisti dell'arte, sono ammirevoli e irreprensibili: l'esat-
tezza scrupolosa delle armi, delle uniformi, dei quadrupedi, dei
finimenti, delle salmerie, delle evoluzioni non potrebbe esser
maggiore.
Cosi i vascelli dei due van der N'elde sembrano dise-
gnati da un architetto navale, come lo piazze torti e le trincee
d'assedio nei due .Marlin paiono squadrate da ufficiali del
genio, mentre si giurerebbe che i cavalli dei tre Parrocel
escono appena di stalla, tanto son veri e vivi. Senonchè la
verità tecnica non e la verità storica e men che mai quella
psichica.
Solitamente, questi quadri di tanto paziente lavoro, nei
quali non sappiamo se più ammirar lo studio dei particolari o
la disposizione dell'insieme, son privi della qualità essenziale
in tal genere d'arte: l'energia suggestiva. O per zelo di sover-
chia sincerità appaiono troppo confusi, e allora la difficoltà
d'intendere l'azione non tarda a faticar gli occhi e la mente:
o son troppo sapientemente ordinali, e allora ci lasciano freddi.
LA PITTURA EPICA 317
e la freddezza e anche pe,2;s;iore della stanchezza. Insomma,
nell'un caso e nell'altro, difetto di persuasione o difetto di
commozione, senza la quale non è interessamento che valga; si
che r unico eQfetto scenografico di tali prelese riproduzioni dal
vero è il richiamar l' antico dettato : Multa ex studio, ex animo
pauca Ed ecco in queste epiche sceneggiature mancar per
l'appunto la desiderata psicologia della guerra: il furor tra-
gico, l'anima ardente, il sublime aljlato della pugna. A che,
dunque, la dote tanto vantata della immediatezza, e a che la
famosa « ottica della battaglia » ?
Anzi, a ben guardare, se una qualche emozione ne scatu-
risca, ben più efficaci riescono i quadri di fantasia che non
quelli di studio. Le battaglie sempre anonime e sovente immagi-
narie di Salvatore, di Wouwerman, del Borgognone ottengono
con r impeto e col disordine stesso eljetti non raggiungibili
mai da' più sinceri e scrupolosi dipintori de -visu : tanto che
a questi si potrebbe estendere il rimprovero già mosso al
Brescianino 'c delle Battaglie »: che, cioè, i suoi soldati minac-
ciassero soltanto, mentre quelli del parmense Spolverini, altro
imitator del Borgognone, uccidevano veramente: e Io Spol-
verini dipingeva appunto di maniera. Riprova codesta di
quanto, in siffatto ed altri generi di pittura troppo asserviti
alla ricerca af|annosa del vero, l'intuito superi l'osserva-
zione, e la fantasia vinca la fedeltà, quando sia governata
dalla chiaroveggenza del genio. Cosi messer Ludovico, il
quale non aveva mai veduto una tempesta di mare, ne de-
scrisse oltre venti in magnifica guisa, e ciascuna diversamente
bella dall'altra, nel suo poema immortale.
Qual meraviglia, dopo cosi fatta disamina, che i più insigni
quadri di battaglia appartengano a maestri curanti della fattura
più assai che della esattezza, e meglio obbedienti alle ragioni
dell'arte che non a quelle della storiar La Vittoria di Co-
stantino sopra Massenzio disegnata da Kaljaello e dipinta da
Giulio Romano, e la Battaglia di Lepanto del Tintoretto
3.8
MEISSONIER
miseramente arsa nel Palazzo duca! di Venezia, e le Gesta
di Decto Mas del Rubens nel iimseo di Vienna, massime
quella Resa di Breda del \"elasquez che è storia insieme e
poema, confortano 1' asserto nostro di fulgide prove.
E. nondimeno, tanto acuto è il fascino della difficoltà, e
tanto acre la bramosia del trionfo, che i maggiori artisti della
Rinascenza tentavano con la voluttà dei forti questo genere
ingrato e periglioso. Occorre, oltre i già mentovati, nominare
il Durerò, e Holbein il Giovane, e [Palma il
\'ecchio , e il ("aliari. e il Mantegna. e il
Poussin, e Luca Giordano? Che se nessuno,
pur tra i maggiori, attinse la cima della sto-
rica verità o raggiunse il sommo grado della
naturale efficacia, parecchi tuttavia vi si ac-
costarono; e non fu lieve impresa, né tenue
conseguimento.
E poiché, in questa ostinata caccia al-
l'irreproducibile, dal sublime al grottesco
e brevissimo passo, non s'inalberi il lettore,
se noi diremo che le battaglie quasi umo-
ristiche di Breguel il \'ecchio contengano
maggior somma di umana verità che non le
seriissime tele dei van der .Meulen od an-
che dei \'ernet; in ispecie quella Piigjnr di Sanile contro i
Filistei, che può far degno riscontro alla Battaglia dei Grassi
contro i Magri del medesimo autore.
Più venturosi furono i timidi o i modesti o gli accorti :
coloro, cioè, che, pur volendo giovarsi delle armi e delle as-
sise per varietà dilettosa di colore, e con fatica infinitamente
più lieve, evitarono il campo di battaglia per soffermarsi al
bivacco, o indugiar nella caserma, dandoci non già grandi
scene epiche, ma quadretti militari d'un sapore arguto e leg-
giero : pittura caratteristica o episodica che va ascritta al
« genere » propriamente detto. FVimo in codesta specialità il
SCHIZZO PER I 1-RANCESI
DIPINTI DA LORO STESSI.
LA PITTURA EPICA
319
tedesco Hans Sebald l:!eham, ultimi il francese Detaille e il
nostro compianto L)e Albertis : sommi tuttavia gli umoristi
de' Paesi Bassi, come Johann van Breda. Jan Meel, Terburg,
van Maas e sovra tutti \\'ou\verman. osservatori acuti e pazienti
della vita marziale nelle marcie e nelle tappe, nelle fatiche e
nelle gioie: pittura elegante insieme e gagliarda, seria e taceta,
superficiale e suggestiva, la quale manda ad efletto il duplice
postulato del buon A\ontaigne : naturaliser Fart et arliallser
la nature. .Ma non timido, ne modesto, benché accortissimo
sempre, si fu Rembrandt . l'immensurabile Rembrandt , al
quale dobbiamo il maggior capolavoro di questo genere
ibrido, non abbastanza guerresco, ne pacifico abbastanza:
dico quella maravigliosa Ronda di notte, che rimarrà espres-
sione ultima della pittura militare d'ogni tempo e d'ogni paese.
.Meissonier, chiamato dalla gran voce della patria a illu-
strar l'epopea napoleonica, questo sapeva, questo sentiva.
E, grazie al buon giudizio, che in lui non si scompagnava
mai dal grande ingegno, evito di consumar le sue forze nel-
l'impari duello con l'impossibile. E, anzi che ritrar la guerra
nella sua indipingibile furia, nella disfidante sua varietà, co-
glier ne volle piuttosto l' intimo significato. Come Bonaparte
aveva girato le Alpi, cosi egli girava le difficoltà, per non
dire le impossibilità, dell'arte. Bene egli Ìq.cq., e ben gli tornò.
Non si potrà forse dire di lui quel che il nostro Lanzi
diceva di Giacomo Courtois: « egli portò l'arte sua ad
altezza non peranco raggiunta ne prima ne poi ». Certamente,
però, egli vide e senti e ritrasse in personal modo la battaglia.
Nel Borgognone appunto, come in Salvatore e nel Ca-
sanova, tutto il quadro è una mischia senza nome né parte:
un confuso nembo di cavalieri, cozzantisi e afferrantisi e mor-
dentisi tra spessi lampi di sciabole e di pistole: il cannone
e appena sottinteso nel vermiglio velo dell'orizzonte, quasi
rossor di tramonto in un paesaggio : pugne tumultuarie di
mera fantasia che. ripetendosi sempre, diventa maniera.
< z
322 MEISSONIER
In van der Meuien e in Huchtenburg regina è la stra-
tegia; la battaglia regolare, cioè, nel suo chiaro disegno e
nel razionai suo svolgimento : troppa dottrina e poca fantasia.
In Gerard e Gros, e sovente pure in Vernet, protago-
nista è l'episodio caratteristico coi tipici suoi personaggi, ai
quali ogni altra cosa è sacrificata: piitura di grande unità
e di securo effetto, ma a lungo andare
monotona e artificiosa.
Meissonier, nel geniale eclettismo
suo, volle studiare e attingere tutti gli
effetti, ora trattando l'eroe ed or l'epi-
sodio, quando il ritratto e quando il
paese ; per modo che nel suo ciclo
SCHIZZO A PEN-N'A. napoleouico è condensata la pittura
militare dei tre ultimi secoli, e l'opera
sua si riallaccia ai Fiamminghi, per risalire al nostro Francesco
Bassano, primo dipintor episodico.
Così, mentre in Jena (1806) Napoleone è lumeggiato nel-
l'apogeo del suo genio e nel solstizio della sua gloria, im-
moto sul cavallo immobile, contemplante la pugna lontana,
rigido e muto come il Fatalismo; m Aiisterlitz ( i8oj) q^\ e
assente dagli occhi, ma più che mai presente alle anime, si
che una linea sola di corazzieri aspettanti il cenno della ca-
rica risolutiva basta a dar la visione della battaglia tutta nel
momento supremo. Frlcdland ( iSoj) è la « cavalcata della
morte », e l'eroica follia d'innanzi a Cesare trionfante: jSi^
è la marcia verso l'ignoto, il giorno del disinganno ultimo, il
crepuscolo dell' Invincibile, il principio della fine.
Più che strategica dimostrazione, sintesi morale; più che
tattica, psicologia colorata: si che dalla visione esce il sim-
bolo, e da questo balena la storica verità. l\ pathos uQWvpos:
tale l'essenza e la significazion morale di quest'arte amorosa
e feconda. Non, adunque, lo svolgimento o l'episodio principale
della battaglia; ma l'amplissima linea e l'ansia sublime della
LA PITTURA EPICA 323
fase critica, ma l'aspettazione dell'esito nell'ora segnata dal
destino: pittura quasi fatalistica, densa di sottintesi e di vati-
cini , che nelle sue calme solenni e paurose suade al tempo
istesso la meditazione e la rassegnazione.
V.
Gianluigi Ernesto Meissonier si atjacciò all'arte, allorché la
leggenda napoleonica rifioriva, grazie alla stolta illusione del
governo di Luglio, il quale credeva di servirsene come di
arme contro gli avanzi del legittimismo , e preparava invece
r avvento del secondo Impero, la bara a sé stesso. Nell'aria
« era un acuto sentor di violette e un ronzio sommesso di
api, » per adoprare il linguaggio allegorico del tempo; poiché
api e violette erano emblemi bonapartisti.
Le mirabili litografie dello ("harlet e del Raffet insieme
alle tele impressionanti di Gerard, di Gros e di Vernet illustra-
vano ia vita dell' Imperatore, mentre Adolfo Thiers gli ergeva
con la sua storia ponderosa monumento men caduco, forse,
della bronzea Colonna cantata da \'ittor Hugo.
La mania napoleonica, in pieno orleanismo, toccava l'ul-
timo grado della imprudenza con la traslazione delle ceneri
del Còrso: ed è assai caratteristico, negli Entrctiens, il rac-
conto di tale avvenimento, che nell'animo di Meissonier la-
sciava un senso indelebile di commozione, quasi religiosa.
Imperocché nessuno più intensamente di lui senti la mistica
poesia della Latria, religione delle anime virili.
Alla pittura eroica egli era già da tempo apparecchiato
e temprato. La passione sua per le armi e per i costumi lo
predisponeva a cotal genere di arte. Aveva studiato amoro-
samente il cavallo, si che ne conosceva ogni mossa ed
ogni andatura: difficilissimo studio perfezionato sui campi di
manovra ben più che nelle scuole di equitazione. E poiché
il cavallo è « l'anima delle battaglie, » e del cavallo egli pos-
324 MEISSONIER
sedeva meravigliosamente la tecnica, così, prima ancor di
decidersi, era pittor militare.
Aveva già fatto un lungo tirocinio, disegnando belliche
scene o figure marziali per libri e periodici illustrati; e già
alcune sue tele di epico argomento avean richiamato l' at-
tenzione dei critici, ed eran giudicate meritevoli di appartenere
a quelle « Gallerie storiche » aperte in \"ersaglia dal mini-
stero Guizot per eccitare appunto i giovani alla pittura ci-
vica. E i giovani rispondevano con entusiasmo, ed eran nomi
sacri alla gloria: Delacroix , Roqueplan, Ary ScheOTer, Fra-
gonard , Delaroche , Decamps . Boulanger, Protais, ed altri
minori.
Scoppiata la guerra d'Italia, Meissonier, non più ignoto
e non celebre ancora , volle seguire lo stato-maggiore di
Napoleone III: e dalla breve campagna ritraeva impressioni
e ammaestramenti profondi, frutto dei quali è il suo Sol-
ferino. .Ma un' altra guerra più lunga e men felice doveva
spronarlo alla grande impresa del » ciclo napoleonico », al-
lunga fatica delle « (Quattro battaglie ». L'acre umiliazione
della sconfitta gli suggerisce, nell'immane catastrofe del "70,
la nobilissima idea. Egli ascolta nel proprio cuore i gemiti della
patria mutila e vinta, e abbruna il suo pensiero delle gra-
maglie istesse onde si veste la Francia.
Come Orazio Vernet sotto il governo di Luglio, egli
così sotto quel di Settembre commenterà novellamente e ful-
gidamente r immensa epopea napoleonica. Libero cittadino,
farà l'apoteosi del militarismo imperiale: democratico di sen-
tire se non d'istinto e di costume, parrà nelle opere sue cesa-
riano. Che monta, se sarà sempre e più che mai francese?
Piccoli quadri pur questi, m.a grandi di proposito e di
valore, in cui la fattura pienamente risponde al concetto, e
questo al sentimento universale. l'ittura di conforto e di spe-
ranza codesta: conforto nella disfatta, e speranza della riabili-
tazione. Però che, non osando vendicarsi ancora con le armi,
",26 MEISSONIER
la Francia si vendichi già con le rime e con le tavolozze: ed
oggi ancora ai giambi infocati di Deroulède e di Richepin
s'aggiungono i quadretti suggestivi di Xeuville e di Detaille;
questi e quelli son araldi della memoria, nemici all'oblio,
fomiti d'odio e auguri di riscossa.
Meissonier, poi che troppo dolorosa gli riusciva la ri-
produzione dei recenti disastri, guarda indietro per risalire
più alto. iSoj, iSoó, iSoy i8og — • ossia Austerlitz , Jena,
Friedland, Wagram — non sono semplicemente quadri di
battaglia: sono, anzi tutto, quadri di vendetta. Con essi egli
volle rievocare agli occhi della Francia le visioni dell'antica
fortuna; volle egli con essi richiamar sulla triplice bandiera
repubblicana il sorriso astrale della vittoria.
Considerato si fattamente, il gran pittore francese assume
più nobile aspetto e veste più solenne. Egli è veramente l'in-
terprete della gloria, il confortator della sventura nazionale.
La Francia a lui deve questo nuovo altare votivo, questo
nuovo monumento espiatorio. Fgli le dice, come Thiers e
come Hugo: Sou-z'icìis-toi!
Nei momenti di maggiore abbattimento morale , quasi
dispregiando i suoi più graziosi quadretti di genere , dipinti
solo « per vivere », Meissonier esagerava forse l'austerità
del proprio concetto. La « grande arte » è vana parola, se la
consideriamo nel proposito suo anzi che nell' esecuzione. La
vera grandezza sta nella bellezza : questa soltanto ha ragione:
questa sol regna per diritto divino. Un buon ritratto può
dunque valere più che cento vastissime tele storiche o religiose.
La meravigliosa sua piccola Guida, nella intensità pro-
fonda del momento e del significato, non vince forse in sug-
gestione le enormi battaglie del \\'ou\verman, del van der
Meulen e dello Iluchtenburg, alcune delle quali misurano per-
fino 2 metri e 5o di larghezza per oltre uno di altezza?
Ma non mentiva, no, l'istinto securo del maestro, allorché
deplorava di avere sprecato il suo tempo migliore a schizzar
LA PITTURA EPICA
Q^iy quQx petits bon/!Oiiniics,\ quali tuttavia gli avean dischiuso
le porte dell' Accademia. Fatidica voce gli suggeriva nella
coscienza che per altre opere, se non di mole, maggiori d' in-
tento, sarebbe egli ammesso nell'Instituto superior della Gloria.
E, veramente, Meissonier resterà nella grata ammirazione
dei posteri quale un malioso evocator del passato, quale un
gagliardo commentatore di storie: tal che nessuno meglio di
lui meritò la propria fortuna, come C. A. Dufresnoy, il Fiacco
della pittura, cantava nella sua J)c • irte gra[)liica:
Condignae pulchrorum operum mercedis in aevum.
I suoi quadri di genere, soverchiamente numerosi, benché
sempre squisiti, e degni d'essere chiamati, come taluni del
Borgognone, «piccole grandi tele», sarebbero bastati appena
a farne un falso «immortale ». Egli, invece, lungamente trion-
ferà nelle sue tele militari, onde la meravigliosa epifania na-
poleonica ebbe nuovo risalto e nuovo fervore. E, per quanto
nelle copiose opere sue possa egli parere variamente felice,
l'avvenire vedrà in lui soltanto lo specialista della gran leg-
genda imperiale.
Che se l'antecessore Orazio \'ernet. per la immaginosa e
farragginosa interpretazione dell'eroico quindicennio, meritava
di esser chiamato l'Alessandro Dumas della pittura francese,
egli per la sincerità sua grande e l'accuratezza maggiore
potrà sembrarne il Gautier.
Profetica tavolozza la sua! Poiché, nella imminenza della
fotografia a colori, tutti i generi oggi più favoriti dell'arte
pittorica paion sacri alla morte. Già il paesaggio, sussidiato
e invilito insieme dal daguerrotipo , perde ogni giorno più
merito e valore: già il ritratto, ristretto nei limiti del colo-
rito, non offre più alcuna sincerità nel disegno: e che sarà
mai del quadretto di « genere », allorché ogni fotografo dilet-
tante potrà comporne a suo grado con 1' ausilio della mac-
china coloritrice ?
328
MEISSONIER
Rimarrà, dunque, semplicemente la grande arte oggi ancor
rinnegata o vilipesa: e sole pitture sorviventi saranno la sto-
rica, l'allegorica, la mistica e l'ornamentale; ossiano le pitture
di reminiscenza o di immaginazione, sole positive d'innanzi
alle « negative ». E, poiché la natura e la vita saran certamente
dominate dalla macchina, al pennello resterà unico refugio e
unico reame l'Ideale. In altre parole, l'arte dei colori verrà
ricondotta alle origini prime , quando aveva importanza di
civile e morale insegnamento, e, come avvertiva il \\'inkel-
mann, nobile suo ufficio era quello di commuovere dilettando,
non di dilettar solamente, affinchè
Indocti discant, ainent iiicminissc periti.
Allora, non ostanti le deficienze e le ineloquenze loro
nella psicologica falsità, con ben altri occhi saran contem-
plati i quadri di battaglia, documenti preziosi del tempo che
non e più , testimonianze irrefragabili dell'umana tragedia,
mute fonti della storia avvenire, in cui si rispecchieranno le
civiltà trapassale. Disparissero pure i volumi di Jomini . di
Clausewitz, di Thiers, basterebbero i dipinti superstiti di .Meis-
sonier per ricomporre in nova luminosa leggenda il gran Ce-
sare còrso agli attoniti sguardi della posterità. E a questa
lavorando pensava, e da questa otterrà piena giustizia l'insi-
gne maestro nel presente volume lumeggiato, poeta del colore,
pensator della linea, storico del sentimento, artista insieme
e cittadino.
Arturo Colautti.
SCHIZZO PER I FRANCESI DIPINTI DA LORO STESSI.
GEN'ERALE E
AIUTANTE DI CAMPO.
(Metropolitan Mu
STRADA DELLA SALICE (aXTIBO).
n, Ksvv-Yorli.)
APPENDICE
MEISSONIER ("1870-1871).
Luogotenente-colonnello dello Stato-r:
della guardia nazionale.
DISCORSO DI MEISSONIER
TENUTO A FIRENZE IL I3 SETTEMBRE 1875 PER LA
COMMEMORAZIONE DEL
IV CENTENARIO DI MICHELANGELO
Signori,
Io vengo, in nome dell'Accademia di Belle
Arti dell'Istituto di Francia, a ringra-
ziare I-"irenze di averla invitata a questa festa
ilata in onore di Michelangelo.
L'Accademia, orgogliosa di rendere un
pubblico omaggio a questo genio divino, ci
ha inviati a rappresentarla; ed è a me , cosi
poco esperto nell'arte oratoria, che è aftìdato
l'alto e difticile incarico di parlare in suo
nome, e di esprimere la sua ammirazione pro-
fonda per quest'uomo così grande, e nel quale
non c'è quasi più nulla di umano.
330
MEISSONIER
L'Accademia mi compatirà, in grazia della mia sincerità, se non trovo parole
degne di essa per parlare di questo illustre fra gli illustri, toccato, possiamo dirlo
con orgoglio, dal dito di Dio, perchè egli fosse non solamente la nostra gioia,
ma anche il nostro maestro.
Sì, o grande Michelangelo! il dito divino ti ha toccato!
Negli affreschi della Cappella Sistina, pari, nella loro sublime grandezza, alla
Bibbia, eri tu che dipingevi
te stesso in Adamo animato
dal soffio del Creatore ! Il
suo dito non si è forse posato
sulla tua fronte? Il tuo sguar-
do non è rivolto a Lui ? È
adunque proprio la tua mano
che Egli deve toccare , per
renderla degna di esprimere
il tuo pensiero.
E nella statua del Pen-
siero, lasciami dimenticare il
duca d'Urbino, e permettimi
di veder te, genio possente,
ascoltante, nell'ombra della
meditazione , il tuo pensiero
che si eleva al disopra del
nostro mondo !
Sì, ancora una volta, tu
fosti toccato dal dito divino :
e nessuno al mondo lo sarà
mai al pari di te !
Tu sei e resterai l'esem-
plare eterno del grandioso e
del sublime. Perciò tu appar-
tieni a tutti, e gli uomini
sono orgogliosi di te !
Ma gloriosa è pure Fi-
renze, tua patria!
Fortunata Firenze ! Di questa bella Italia, di questa terra delle Arti, tu sei
il giardino! Tu non sei soltanto la città dei più bei fiori della natura, tu sei la
città dei più bei fiori dello spirito umano. Tu sei la città del rinascimento delle
lettere, delle arti, delle scienze 1
Non posso ricordare tutti i tuoi figli.
Tu hai Dante, il Petrarca, e prima di Galileo hai colui che onoriamo oggi
così devotamente.
CAVALIERE DISEGNATO SOPRA UN MURO DELLA VILLA GARNIEIÌ,
A BORDIGHERA.
APPENDICE
33'
Sotto a questo cielo incantevole, in mezzo
a questa natura la cui serena bellezza è in-
comparabile, non eri tu proprio degna di es-
serne la culla ?
Che tu sia sempre felice, o città, di cui
non si pronuncia giammai il nome senza
pensare a tutto ciò che è bello e buono,
come si faceva già una volta di Atenei
Tu meriti di esserlo, non soltanto perchè
hai dato la vita a tutti questi grandi geni, ma
perchè ne hai conservato il culto ; ed oggi
tu onori il più grande di tutti con una festa
che è tutta gioia, senza lagrime nascoste,
senza singhiozzi repressi !
È la festa del genio e della virtù, perché
non è solamente quella di un grande artista,
ma è anche quella di un gran cittadino.
Italia, che noi Francesi amiamo tutti, sii
prospera e felice I
STATUETTA DI MEISSONIER, 187S.
(Uà Gemito.)
Firenze , che noi ar-
tisti adoriamo, sii prospera
e felice !
Accogli questo voto di
Francesi venuti per intrec-
ciare, assieme coi tuoi figli,
in questo nuovo centenario,
una corona a Michelangelo
immortale.
DISEGNO A PENMA.
(AppartCDcnte al dottor Dachastelet.)
332 MEISSONIER
/^x^Y^ /- </^ Yo
FAC-SIMILE DELLA LETTERA DI RINGRAZIAMENTO DI MEISSONIER AL DUCA DAU.NULE,
IN OCCASIONE DELLA SUA NOMINA A GRANDE UFFICIALE DELLA LFGION d'oNORE.
APPENDICE
333
DISCORSO DI MEISSONIER
PRESIDENTE DELL ACCADEML\ DI BELLE ARTI.
Lillo mila seduta pubblica annuale del l'accademia di Belle ^4111 il 2S ollobre iSyó.
Signori,
È un dovere per noi l'aprire questa seduta, la nostra festa di famiglia, come
la chiamava uno dei miei
predecessori-, segnalando il
nome della contessa di Caen.
Prima di poterle rendere
questa testimonianza di gra-
titudine, l'Accademia, sua
erede universale, ha dovuto
appianare molte difficoltà, su-
perare molti ostacoli; la vo-
stra commissione, il vostio
segretario perpetuo, vi hanno
prodigato tutte le cure, e voi
ne li avete elogiati in una
delle vostre sedute; ma non
mi perdonereste certamente
se mi lasciassi sfuggire questa
occasione per farlo pubblica-
mente.
Un decreto emanato dal
signor Maresciallo Presidente
della Repubblica, ha sanzio-
nato le deliberazioni prese ;
e, se devono trascorrere an-
cora degli anni prima che
quelli che verranno dopo di
noi possano godere intera-
mente delle generose dispo-
sizioni testamentarie della
donatrice, ho la soddisfazione di annunciare che l'Accademia vede come possibile
fin d'ora la realizzazione della parte più interessante della fondazione, quella
cioè che riguarda i giovani pittori, scultori e architetti, che avranno compiuti i
loro studi all'Accademia di Francia a Roma.
SCHIZZO DI PAESAGGIO.
334
MEISSONIER
« Ecco, dice la signora di Caen nel suo testamento, la istituzione che voglio
fondare :
« Tutti gli artisti, pittori, scultori, architetti mandati a Roma dal governo,
avranno durante tre anni, dopo compiuti i loro studi colà, una rendita. Questa
sarà da 4000 franchi per i pittori e scultori. Gli architetti, che hanno meno di-
spendio per i loro lavori, non avranno che 3000 franchi.
« Gli artisti pittori, ai quali verrà dato questa rendita, saranno obbligati,
nello spazio di tre anni, di fare un lavoro per il museo che voglio formare. Gli
scultori pure faranno un lavoro, e così gli architetti.
'< La maggior parte dei giovani, alla
fine dei loro tre anni a Roma , hanno
una commissione dal governo ; ma si dà
a loro il soggetto; è quello che voglio
evitare, perchè è un ostacolo al genio;
ciascuno farà ciò che amerà meglio; in
nessun caso verrà dato il soggetto.
« Se un giovane, scultore o pittore,
fa un lavoro grandioso, il comitato eletto
dall'Istituto gli potrà accordare una som-
ma di 5000 lire, ma non di più.
« Non dò che una somma di 4000
e di 3000 franchi, perchè è sufriciente per
far fronte a tutti i bisogni.
'< Se Dio mi lascia su questa terra,
iicomincerò quest'opera; ma desidero
vivamente, e prego il governo di volermi
facilitare l'esecuzione. «
Signori, il carattere delle istituzioni
buone si è quello di formare da sé stesse
l'elogio perpetuo del fondatore. Queste
righe che vi leggo, che sono la base ben
semplice d'una istituzione di grande im-
portanza, non formano da sé sole il più
grande elogio della signora di Caen ? Che cosa si potrebbe aggiungere di più per
mettere in luce il suo amore per le arti, questa sorgente delle più nobili com-
piacenze, che facesse meglio apprezzare la sua affettuosa quanto illuminata sol-
lecitudine per quelli che si sono rivelati, al primo successo, pieni di ardimento?
Atfcttuosa e illuminata sollecitudine 1 Conscia che il vigore deve espandersi
pienamente in una giovane pianta, essa ho provveduto perchè niente ne arre-
stasse lo slancio, mettendo al coperto dal bisogno, durante questi anni decisivi,
perchè godano del lavoro, non del riposo, coloro ch'ella crede i più degni, essendo
eletti da voi. Come ha ben compreso questo cuore di donna, ciò che la ristret-
(Di.
GENTILUOMO LUIGI XIII.
■no appartenerne al si». Cb. Edn
APPENDICE- 335
tezza dei mezzi, in questo momento della vita, ha di crudele per coloro che. do-
tati di vera vocazione, pieni di forza e di coraggio, si son visti, non dirò arrestati
percViè le vocazioni non si arrestano, ma ritardati dalle difficoltà materiali della
vita, e deploranti non gli sforzi fatti per superarle, ma il tempo che fugge, del
quale avrebbero potuto fare ben altro uso migliore 1
Dio non volle ch'ella incominciasse la sua opera! Siamo noi che dobbiamo
incominciarla oggi, ed è con amore geloso che la cureremo. E il nostro preciso
mandato; e lo adempiremo fedelmente.
Voi, signori laureati, ne avete un altro, che si può dire bellissimo, e che
adempirete altrettanto fedelmente.
Di questa liberalità di cui voi siete l'oggetto, la donatrice, onorandosi, vi dà
modo di onorare voi stessi accettandola. La signora di Caen non \i fa già un dono
gratuito ; a studio terminato ella vi chiede un'opera che riveli che la buona se-
mente ha germogliato; facendo ogni sforzo per provarlo, non volendo nessuno
venir meno al proprio compito, voi consacrerete il suo nome illustrando il
vostro.
In questa Scuola di Belle Arti, cui l'abile ed amato suo direttore va miglio-
rando ogni giorno di più, in modo che essa non teme rivali, voi avete fra i pari
vostri un posto, ove l'opera vostra d'oggi starà per sempre; quella che farete,
quando ne sarà venuto il momento, avrà il suo, stabilmente, nel Museo Caen.
Voi sarete fra i vostri eguali, e l'opera che esporrete, ideata nella piena libertà
del vostro spirito, eseguita a vostro bell'agio, nella pienezza della vostra forza,
sarà una parte gloriosa del monumento che accrescerà continuamente l'onore
dell'arte francese.
Se Roma vi spinge ai più grandi tentativi, altrettanto fa con voi la contessa
di Caen. Voi non potrete sottrarvene; e, quale che sia l'opera fatta, suonata l'ora,
porrete nel museo che porterà il suo nome, il vostro capolavoro, l'opera d'am-
missione, come si diceva nell'antica Accademia che avrete fatto nei primordi della
vostra carriera, ed al quale vi richiamereie quando, alla vostra volta, verrete a
chiedere questo posto che occupiamo noi... e che conserveremo più a lungo che
ci sarà possibile.
Per quanto orgogliosi possiate essere, per avere riportato una vittoria difficile,
perchè tutti i combattenti hanno fatto il loro dovere, l'Accademia si compiace di
riconoscerlo, l'opera d'oggi è il primo passo, limite che segna il punto di par-
tenza, e non già ancora, e voi lo sapete, il miglio d'oro di Roma che segnava
l'arrivo. Rammentatevi, che fra sette anni, sarete obbligali di piantarne un altro
immutabile, che segnerà il cammino percorso.
Sette anni! Quando li abbiamo dinanzi a noi, nella nostra vita così breve,
sono lunghi. Metteteli a profitto, affinchè più tardi, volgendovi indietro trovandoli
brevi, non abbiate l'amaro rimpianto di averne perduto un istante, d'aver sciupato
pazzamente il tesoro della giovinezza di cui siete ancora nel pieno vigore da
sembrarvi inesauribile. Il tempo è prezioso, specialmente per noi artisti, che non
336
MEISSONIER
possiamo spiegare il nostro pensiero senza i
docili servi, l'occhio e la mano, che possono
essere stanchi quando il pensiero si sarà latto
pili forte ed esigente.
Allo sforzo di ogni giorno succeda un altro
sforzo. Non arrestatevi mai, credendo di sapere,
perchè, ahimè! noi non sappiamo nulla! Ciò
che noi impariamo, ci apprende quello che ci
rimane da imparare ancora.
Nel paese ove andate, nel paese, sogno
incessante di quelli che non l' hanno veduto,
ricordo perenne di quelli che hanno avuto
la fortuna di vederlo, voi penserete a questi
consigli, quando, al cospetto di quei divini mae-
stri, apprenderete quali cure grandissime con-
MEissoN'iER IN UNIFORME, CAMPAGNA sacravauo alle opere loro, saprete come geni
d' ITALIA (1859). orgogliosi e grandi erano umili davanti alla
loro arte, e come inseguissero senza posa l'ideale
che avevano innanzi a loro.... persuasi di non averlo mai raggiunto.
Vivendo nei luoghi dove essi han vissuto, dove tutto ancora parla di loro,
se sentirete l'amore ed il rispetto che gli son dovuti, crederete di vederli in per-
sona. Essi vi parleranno, e, degnandosi di aiutarvi, vi guideranno nel buon cam-
mino, scostandovi dalle facili vie ove il posto
fatto non lascia traccia alcuna: la impronta e
fatta sulla polvere che il primo soffio di vento
disperde.
Si dice che nello scorso secolo, quando
il pittore Vieii accompagnava al haroccio i
suoi scolari che partivano per Roma, mentre
si allontanavano non cessava di far loro que-
st' ultima raccomandazione : « Non dimenti-
cate sopratutto la mia maniera. »
Per quanto i vostri illustri professori
avi ebbero il diritto di farvi una simile racco-
mandazione, non saranno certamente queste
le ultime parole che vi dirigeranno.
Ciò che vi diranno, con la intera Acca-
demia, sarà: « Non dimenticate, innanzi tutto,
che avendo l'onore di essere artisti francesi,
dovrete dare buon esempio a tutti e da per
tutto )>.
MEISSON'IER (1S60).
m^ -e
,4'
S a
''^
§ /
"'as»
Meissonier.
338 MEISSONIER
DISCORSO DI MEISSONIER
Vronuncidio ai funerali ili PERRAUD, membro del!' hliltito, il } novembre iSj6.
SiGNOIU,
La morte viene alla sua ora, non già a quella che crediamo noi.
Nessuno di noi avrebbe pensato che l'eminente artista, di cui accompagniamo
oggi con rispetto la spoglia mortale, ci avrebbe abbandonati così presto, mentre,
pochi giorni addietro, ancora pieno di vigore, faceva scorrere sul marmo il suo
scalpello sicuro e delicato.
Si seppe appena del male che lo colpiva, che egli non era più, e che nessuno
avrebbe stretta più la mano di quest'amico franco e leale, questa mano d'artista
abile e forte, che lascia incompiuta l'opera incominciata. È un amico fedele che
la compirà pietosamente, perchè essa sarà apprezzata fra le migliori di colui che
scende a dormire l'eterno sonno presso la diletta compagna dei suoi ultimi anni.
Chi ha vissuto bene porta al di là una speranza; chi lascia un'opera quaggiù,
aumentando il patrimonio glorioso dell'umanità, si prepara un nome imperituro.
Colui che scende oggi nella tomba ha bene vissuto, ed ha compiuto il suo
compito d'artista.
Giovanni Giuseppe'Perraud, membro dell' Istituto, officiale della Legion d'o-
nore, è nato nel Jura a Monav, il 2(3 aprile iSio-
Egli non conobbe la gloria che dopo i tempi diftìcili: nessuna prova gli fu
risparmiata: il suo coraggio era all'altezza di tutte le prove; e tutte seppe egli
superarle.
Figlio di un povero vignaiolo, fa presso un falegname il noviziato per im-
parare un mestiere utile: ma la sua vocazione si fa sentire, il suo padrone la
intuisce e lo incita a seguirla, consigliandolo di andare a Lione per entrare nella
scuola delle Belle Arti.
Perraud non ha mezzi, ma egli sa lavorare ; si reca senza indugio a Lione,
e là, presso un fabbricante di mobili, scolpendo in legno degli ornati, divide in
due parti la sua giornata di lavoro, una per vivere, l'altra per imparare.
All'Accademia di Lione egli riporta ben presto il premio di scoltura; ma
questa Scuola non gli basta più; egli sogna quella delle Belle Arti di Parigi.
Dio sa quali privazioni s'impose allora per accumulare la piccola somma ne-
cessaria al suo viaggio; bisogna ch'egli arrivi a Parigi, e ch'egli vi arrivi scono-
sciuto, senza raccomandazioni. Che importa? Egli ha un mestiere; potrà vivere
e realizzare il suo sogno.
In fatti egli trova del lavoro presso i fabbricanti del sobborgo; poi, riuscendo
a farsi accettare nello studio diretto allora dai signori Ramey e DumonT, lavora
APPENDICE
con tanto ardore, che un anno appena è trascorso, ed egli ottiene alla Scuola di
Belle Arti una prima medaglia.
(ìualche tempo dopo, il suo dipartimento gli assegna una piccola pensione.
I suoi sforzi raddoppiano. Nel 1S4-, al concorso per il gran premio di Roma,
riporta splendidamente quello di scultura, ed alla gioia del trionfo si unisce
quella ancor maggiore di potersi dare tutto intiero all'arte sua.
Vi si consacra con tutto l'ardore, e ne dà prova mandando in Francia prima
i bassorilievi degli Adiiii, poi la statua di Adamo, che gli frutta all' Esposizione
del 1855 una medaglia di prima classe.
Nel 1863 egli espone un'opera completa, la Fauna, che si chiama pure la
Infanzia, di Bacco; ne è ricompensato
colla medaglia d'onore, che gli viene
ridata una seconda volta , con mag-
gior gloria, alla Esposizione universale
del 1867.
Nel 1860 manda al Salone la statua
della Dispera:;ione , e per la terza volta
ne riporta la medaglia d'onore.
Voi vedete che questo valent'uomo,
che s'è aperta la sua via con perseverante
coraggio, era pieno di meriti; ma l'Isti-
tuto non aveva atteso anche quest'ultimo
successo per aprirgli le porte; da tre anni
egli vi era giù entrato con onore.
Allora, avendo senza tregua consa-
crata la sua vita al lavoro, avendo molto
e coraggiosamente lottato, dovendo con-
tinuare la lotta, (ferchè s'egli aveva la fama non aveva già il riposo), trovò la
compagna che doveva condividere con lui sue gioie ed i suoi dolori.
L'asprezza della vita lascia sovente la sua traccia sul viso di coloro che, soli
e senza aiuti, hanno attraversato dei periodi dolorosi: chi tratta con tali uomini.
li trova rudi, mentre non sono che timidi, perchè celano un'anima tenera e de-
licata che il timore solo impedisce di svelare: queste anime han tesori di tene-
rezza per chi sa loro infondere della confidenza e sa trovare il modo di avvicinarsi
ad esse.
Tale era l'anima di Perraud. Sua moglie lo ha compreso, e, addolcendo colla
sua grazia e colla sua amabilità ciò che poteva esservi di ruvido in quest'uomo (che,
pur non avendo mai cessato di lavorare con onore, non aveva ancora il riposo
al quale aveva diritto], ella lo seppe rendere felice, così felice, che da un anno
appena, che questa felicità conosciuta si tardi gli è mancata, si è trovato più solo
e più sconsolato che mai. La ferita era stata troppo profonda per poterne guarire
e quella ferita non cessò mai di sanguinare. Egli ha dovuto soccombere.
340
MEISSONIER
Oggi gli diamo l'estremo addio; ma in questo addio, che mandiamo all'uomo
scomparso, pensiamo che l'artista sopravvive nella sua opera; ed è questa l'inde-
struttibile catena spirituale che lega per sempre alla lontana posterità colui che
l'ha creata.
Presso la spoglia terrena del nostro amico, questa nobile convinzione è un
desiderio, è un conforto.
Lavoriamo per non morire tutti, e perchè quelli che si chineranno alla loro
volta sulla nostra tomba, come facciamo oggi, possano inviarci un glorioso addio
e ritrovare domani nell'opera sua l'anima di colui che hanno pianto.
In nome dell'Istituto addio, Perraud, addio! addio!
LETTERA. DI MEISSONIER
AL GOVERNATORE DI PARIGI
PER SOLLECITARE LA SUA A5L\IISS[0NE
nell'esercito TERRITOUULE.
Signor Governatore,
Io ebbi l'onore di chiedervi di
entrare nell'armata territoriale, con
un grado che mi permetta di adem-
piere utilmente il mio dovere, dedi-
candomi alla difesa della patria, se
Dio voglia che ciò non avvenga!)
questa difesa fosse di nuovo neces-
saria. Voi mi avete chiesto di inviarvi
una relazione riguardo alla posizione
che ho occupata durante la guerra.
Sebbene sia mio desiderio di farla
brevissima, temo di riuscire un po'
più lungo di quello che vorrei e ve
ne domando fin d'ora perdono.
Nel luglio 1870 partii per Metz, affine di partecipare a! la campagna, come
avevo fatto in Italia nel 1859. Gli uftìciali di Stato-maggiore, miei amici, mi pre-
sero in loro compagnia, col consenso del generale Leboeuf; ma, giunto appena il
mio cavallo, le disposizioni prese per marciare in avanti cangiarono; l'armata si
ripiegava su Metz. Gli avvenimenti si facevano minacciosi. Malgrado il dispiacere
che provavo nel lasciare i miei amici in simile momento, essi mi decisero a
ripartire, lo arrischiavo di riuscire inutile, anzi di imbarazzo, a Metz, mentre la
MEISSONIER
CHE LAVORA AL aUADRO DI « SOLFERINO )) (lS6o).
APPENDICE
34'
mia presenza poteva giovare a Poissy, nel paese in cui abitavo, ove potevo eserci-
tare una qualche influenza.
Essi mi decisero dunque a partire.
La linea di Parigi essendo tagliata, presi, fin che c'era tempo, la strada di
Verdun, traversando solo, a cavallo, i campi di Gravelotte, ove, quattro giorni
dopo, tanti valorosi soldati dovevano restar morti.
Arrivai a casa mia, a Poissy; col Sindaco, organizzai sollecitamente la guardia
nazionale, di cui mi venne dato il comando. Con essa potei fare del bene, tanto
per la sicurezza generale dei dintorni come per la guardia della casa centrale,
nella quale erano rinchiusi da 1200 a 1300 prigionieri, fra i quali alcuni malfattori
della peggior specie.
Non un soldato era rimasto a Poissy, essendo stato richiamato il battaglione
addetto ordinariamente al servizio centrale. Dopo
il disastro di Sedan, visto che l' avvicinarsi del
nemico era imminente, dovetti constatare con do-
lore, quantunque non potesse essere altrimenti, che
la fiducia abbandonava i miei uomini. Forse avrei
potuto trattenerli ancora, se avessero potato sa-
pere che ci fossero truppe non lontane; ma non
avendo che un numero insufficiente di fucili a
pistone, in una città aperta proprio sulla linea
d'avanzamento dell'esercito nemico, compresi che
non si poteva pretendere da essi resistenza.
Ma c'era almeno un'altra cosa che potevano
fare, e di cui comprendevano la necessità, e da cui
non si doveva distrarli. Corsi a Parigi dal generale
Trochu per ispiegargli la situazione.
Egli mi diede l'ordine di consacrare esclusi- '-■ ■' ',■ ■
vamente alla sicurezza della casa centrale di Poissy
la guardia nazionale, al patriottismo ed alla abnegazione della quale egli faceva
appello.
Il servizio fu fatto diligentemente durante tutta la guerra, e malgrado alcuni
tentativi di rivolta, l'ordine vi fu sempre mantenuto.
Dopo aver provveduto ai miei uomini pensai a me; feci osservare che non
era ammissibile che potessi restare al comando di Poissv, ove un capitano poteva
bastare; e in ogni caso, siccome ero certo che la mia casa sarebbe stata occupata
dagli officiali nemici, non mi conveniva di star a sentire in mezzo a loro il can-
none che tirava su Parigi. Era là, a Parigi, che volevo andarmi a rinchiudere
con quelli che combattevano. Se molli uscivano di quelli che dovevano rimanere,
altri entravano; ed io volevo essere fra quelli che andavano a fare il loro dovere.
Le mie ragioni furono trovate buone; e mi si diede un grado di luogote-
nente-colonnello nella guardia nazionale di Parigi Stato-maggiore}.
M2
MEISSONIER
Alla prima notizia dell' avA'icinarsi del nemico, per essere libero delle mie
azioni, e allontanare il più possibile da me le preoccupazioni estranee al mio do-
vere, avevo fatto partire per la Normandia mia moglie, i miei figliuoli, e tutte le
donne della mia casa. Avevo mandato a Caen tre dei miei cavalli; precauzione
inutile perchè furono requisiti là per l'armata della Loira.
Avevo fatto nella mia tenuta dei nascondigli impenetrabili a questi stessi
signori, tanto ci avevo messo della mia cura d' artista. Vi avevo deposto parte
della mia argenteria, dei gioielli, e la mia
collezione d'armi.
In Inghilterra avevo spedito tutti i miei
quadri ed i miei studi.
Infine, lasciando a guardia della casa
(nella quale non credevo di rientrare mai
più, alcuni fedeli servitori, cocchieri e came-
rieri, ne baciai la soglia e presi, a cavallo,
la via di Parigi, ove durante tutto V assedio
feci il mio servizio con amore, zelo, ed ab-
negazione.
Non fu sempre inutile, e non dipese
da. me se più utile non potè essere.
Mettetemi , signor Governatore , nella
possibilità di farlo ancora ; e ve ne sarò pro-
I jndamente grato. Chiedo scusa di nuovo
Iella lunghezza di questa lettera.
E. Meissonier.
MEISSOMir.R MEMBRO DELL'ISTITUTO (lS6l).
DISCORSO DI MEISSONIER
Membro dell' Istillilo, vke-prcsiiìcnle dell' Auadeinia di 'Belle ^4iii,
ALLA INAUGURAZIONE DEL MONUMENTO DI PAOLO BAUDRV, MEMBRO DELL'ISTITUTO
AL CIMITERO DEL PL:RE-LACHAISE.
SiONom.
In una delle sue lettere, il grande artista al quale, in nome dell'Istituto, io
rendo il supremo omaggio, scriveva: « Io ricorderò sempre la notte della mia
partenza, quella notte fredda, piovosa, che mi trasportava con se nella sua tri-
stezza ed oscurità, quella notte nella quale passando innanzi alla statua di Travot,
giurai a me stesso, colla mano sul petto, con entusiasmo, di ritornare uomo, e
uomo di talento. »
APPENDICI-:
34?
Il giuramento d'esser uomo egli lo ha pienamente mantenuto. I consigli
eh' egli dava al suo caro Ambrogio, ancora fanciullo, perchè diventasse libero e
veramente nobile, li ha seguiti egli stesso. Quei consigli erano, convien dirlo,
il manuale dell'uomo onesto.
Egli aveva giurato a sé stesso di aver del talento, ed ebbe del genio.
Conscio delle speranze che, giovinetto ancora, aveva fatto sorgere, certo di
non deluderle, perchè sicuro della sua volontà, l'occhio sempre fisso al suo ideale,
non ebbe mai un momento di stanchczz;\. Che c;li impn- - ,; 'rllc dilhcoltù n-a-
teriali della vita? Egli aveva la giovi-
nezza, la fede in se stesso, e quelli
che lo amavano contavano su lui.
Giunto in Italia, il paese dei som-
mi maestri, imparò da loro perche li
amava, delle cose che nessuno ha mai
potuto dire in modo uguale, li amò
con passione, con adorazione; chie-
dendo ardentemente ad essi il loro
segreto. Ah ! lasciate o signori . che vi
ci:i ancora una lettera, che meglio di
tutto, vi esprimerà questo ardore,
questo culto.
Egli arriva a Perugia e parla di
Raffaello: « Ed io, dice egli, oscuro
e sconosciuto, vengo ad aumentare il
numero dei pellegrini che vanno cer
cando e baciando le orme di questo
genio divino; egli, dal cielo deve ve-
dere la commozione, la traccia pro-
fonda di ammirazione e di entusiasmo che lasciò la sua vita in questo mondo;
avrà ancora, presso Dio, la facoltà di poter disporre delle sue doti ammirabili
per le quali fu tanto amato quaggiù r Ch'egli mi faccia per l'avvenire la ele-
mosina d'un solo, ultimo dei suoi tesori! »
E questo egli lo ebbe largamente; quei geni immortali gli hanno parlato, e
dalla comunione con essi ne uscì agguerrito, non servile, pieno di torze nuove,
ma restando francese, sempre e tutto francese.
Si, Baudry è nostro. Per quanto amante dell' Italia, le sue opere ci appar-
tengono; sono nostre per la grazia della composizione, grazia piena di eleganza
e di spirito, per l'ordine chiaro e ritmico, per il colore dolce, limpido, aereo, che
rivela cosi bene il suo ideale, per la verità delle pose e dei gesti, cosi vivi, spon-
tanei, naturali, d'una disinvoltura un po' libera che a noi piace, a noi nemici
della posa.
Voi le conoscete tutte le sue belle opere; permettete che ne ometta l'elogio:
.MEISSON'IER (l86j).
344
iMEISSONIER
sarebbe troppo lungo, e poi non lo fate già voi stessi venendo oggi qui a ren-
dergli omaggio? Non ho che una parola sola da dire con voi: ahimé! L'ora fatale
è suonata troppo presto: questa mente, che poteva concepire ancora tante belle
cose, s'è spenta, questa mano così abile per eseguirle s'è irrigidita.
Egli è passato all'immortalità e non avrà ora che dei gloriosi anniversari;
l'anima sua è rimasta nelle sue opere; è là che lo ritroveranno quelli che lo
amarono.
Gli artisti veri lasciano alla posterità una sorgente viva; quello che fecero
resta come insegnamento e come
esempio.
La più elevata ricompensa
dell'uomo quaggiù, è il pensiero
delle simpatie infinite che fiori-
scono dopo la sua morte, intrec-
ciandogli una catena di amici e
di discepoli attraverso il tempo.
Verrà un giorno in cui i
figli di Baudry si glorieranno
di un tal padre, e saranno felici
di esclamare: Quest'uomo, di cui
portiamo il nome, era un grande
artista , una gloria del nostro
paese, un ottimo cittadino. Negli
infausti giorni della invasione
della patria, egli ha condiviso
il pericolo comune; i suoi amici
volevano sottramelo, ma egli vi
si è vigorosamente rifiutato.
Ahimè! quando vent'anni
addietro, durante il suo sog-
giorno in Italia, lo proponevo, a sua insaputa, ai voti dell' Ltituto, potevo mai
pensare che io, di lui più vecchio di tanti anni, sarei venuto oggi, a nome dei
suoi colleghi, a rendergli il supremo omaggio ai piedi di questo monumento
consacrato dall'amicizia e dall'ammirazione?
Sia lode a coloro che l'hanno innalzato. L'affetto filiale d' un fratello poteva
solo tracciarne le linee, l'amicizia più tenera poteva solo eseguirlo!
Mercic, in questa immagine della gloria inspirata da Baudry voi pensavate alla
gloria di lui; ma in questa immagine del dolore, è il vostro dolore che voi avete
espresso ; e voi Dubois, in questo bronzo imperituro, ritratto dell'amico sì caro,
lo fate vivere eternamente.
Grazie in nome della vedova, in nome dei figli, in nome dell'Istituto, in nome
dell' arte francese.
MEISSONIER (1S69).
STUDIO PER I GIUOCATORI DI BOCCIE.
(Disegno a matita. — Museo del Lussemburgo.)
346 MEISSONIER
COiMMEMORAZIONE DI MEISSONIER
LETTA DAL CONTE ENRICO DELABORDE
NELLA SLDUTA PUliRLICA ANNUALE DELL' ACCADEMIA DI BELLE ARTI
2f> Ollohrc lSt)3.
Sir.NOIU,
Meissonier, nei suoi primi anni, aveva incontrate delle difricoltà e passati
difficili momenti; ma trascorso questo periodo di prova, la sua vita s'è svolta,
durante un mezzo secolo, nello splendore d'una gloria senza eclisse, nel possesso
sempre più assicurato del Successo, di tutti i generi dell'ammirazione sotto tutte
le forme. In nessuna epoca, nessun pittore francese vide la sua persona distinta
con tante alte onorificenze, le sue opere ricercate con maggior fervore, i suoi
interessi materiali tanto ben favoriti dall'acquisto a prezzi così elevati di ogni
opera del suo pennello. Tutto fu eccezionale in questa brillante esistenza, tanto
l'omaggio continuo da cui fu circondata, quanto l'emozione unanime che, all'estero,
come in Francia ne ha accompagnata la morte.
E frattanto, chi non penserebbe di attribuire questi privilegi straordinari alla
influenza d'una benigna stella? No; se l'artista ha goduto d'una felicità così co-
stante, si fu perchè ha saputo costantemente meritarla. In ogni tempo egli ebbe
la rara forza morale di commisurare scrupolosamente le sue imprese colle sue
facoltà; di non sognare, di non concepire, di non produrre che ciò che era in
rapporto esatto con la natura delle sue doti, e — coraggio più lodevole ancora
— non ha cessato mai di opporre una resistenza invincibile alle suggestioni della
fiducia in se stesso, che spinge molte volte 1' artista diventato maestro a mettere
in pericolo, colla temerità, la sua fama ed il suo talento. Meissonier, in tutto il
periodo della sua carriera, non ha mai esposto al pubblico un'opera sola che
non fosse condotta a quella perfezione oltre la quale egli giudicava non ci fosse
più alcuno sforzo da fare, alcun miglioramento di dettaglio da tentare.
La passione rispettosa per la sua arte, e per tutti i doveri ch'essa impone, la
ricerca della perfezione ad ogni costo, in una parola, il bisogno di soddisfare la
sua coscienza, — ecco ciò che animava l' illustre collega che abbiamo perduto, e
ciò che giustifica l'autorità del suo nome ; ecco ciò che spiegherebbe anche agli
spiriti più fatalisti, l'apparente predilezione che la fortuna ebbe per lui.
Da qui appunto proviene, nei riguardi del loro valore intrinseco, la meravi-
gliosa uguaglianza in tutti i lavori da lui compiuti. Sovente, nell'insieme delle
opere d'un maestro se ne trova qualcuna che, meglio delle altre, sembra riassu-
mere le qualità essenziali del suo genio, il carattere della sua maniera, e questo
APPENDICE
347
i'A^]
SEPOLCRO DI MEISSONIER, CIMITERO DI POISSY.
perciò costituisce, a parlare esattamente, il suo capolavoro. Una volta dichiarato
tale, questo diventa per il pubblico l'oggetto d'una preferenza esclusiva, quasi
officiale; tanto che, malgrado i titoli che ha potuto acquistarli altrove, il pittore
che lo ha fatto non è più, seguendo la formula comune, che il pittore di questa
opera unica. Con Meissonier le cose stanno in altri termini. L'invariabile eleva-
348
MEISSONIER
MEISSONIER
CHE FA UN MODELLO IM CERA(iS7i).
Il vero si è, che, la condizione a
cui dovette assoggettarsi in quel
tempo non era affatto causata da
angustie famigliari. Tale condi-
zione gli fu imposta unicamente
dalla volontà di suo padre, fabbri-
catore di prodotti chimici, con
l'intendimento di apparecchiarsi
nel figliuolo un successore, collo-
candolo intanto, come apprendista,
presso una persona del suo me-
stiere, o d'un mestiere simile.
Fino allora, malgrado i segni
non dubbi d' una vocazione spe-
ciale, la vita del fanciullo proce-
deva un po' all'avventura. Trasfe-
rito da Lione, ove era nato il
21 gennaio 1815, a Parigi, ove i
suoi parenti venivano a stabilirsi,
aveva continuato , ne bene né
tezza del suo ingegno mantiene ad uguale
livello tutti i suoi lavori, ed errerebbe
colui che cercasse di stabilire quello che
lo onora di più. come colui che ten-
tasfe constatare in qualche altro o negli-
genze o segni di decadenza.
Dissi già, che prima di entrare nella
carriera che doveva percorrere, durante
cinquanta anni, di trionfo in trionfo, il
Meis?onier ebbe a sostenere delle prove
un po' difticili. Non è già che tutto il
male derivasse a lui, come a molti altri,
dai mezzi di fortuna un po' scarsi, per
quante ipotesi siar.si potute fare e spar-
gere a tale riguardo. Infatti, una specie
di leggenda, si è a poco a poco diffusa,
leggenda che rappresenta il futuro pit-
tore, appena adolescente, forzato a chiu-
dersi nella bottega d'un droghiere nella
via dei Lombardi, a Parigi, per gua-
dagnarsi giorno per giorno il pane che
i suoi parenti non gli potevano dare.
M^issoN'iER (1S72).
APPENDICE
349
male, i suoi studi classici, ora
negli istituti pubblici della ca-
pitale, ora dopo la morte di sua
madre, a Grenoble nella casa di
un professore che si era incari-
cato di insegnargli le matema-
tiche. Poco dopo suo padre lo
richiamò qui per t'arigli conti-
nuare di nuovo gli studi letterari.
^ salvo a rimandarlo a Grenoble
bentosto perchè riprendesse e
continuasse durante due anni
gli studi scientifici da cui lo si
aveva alternativamente tolto e
rimesso.
Tali tentativi, per quanto
allora arrischiati, per quanto fos-
sero in contraddizione fra loro.
non ispegnevano in colui che li
subiva una speranza indomabile
nell'avvenire. Egli voleva essere
pittore, sentiva che un giorno lo
.MEISSOXIER NEL GIARDINO DI POISSY (iS;*^].
J1EISS0M2ER NEL GIARDI.-JO DI POISSY (1S78).
sarebbe diventato, mentre attendeva, con una
pazienza relativa, agli incarichi estranei
all'arte che Io chiamava a sé. Fu
allora che, ritornato in famiglia dopo
un ultimo soggiorno a Grenoble, iMeis-
sDuier. in età di diciassette anni, si
vide condannato a scrivere dalla mat-
tina alla sera lettere commerciali, e.
ii:)po qualche mese passare dalla teoria
alla pratica, in qualità di apprendista
presso quel mercante di droghe di
cui si è parlato.
Frattanto, presso costui, come
lima in casa di suo padre, venuta
1 sera, si sbarazzava delle ingrate
occupazioni che avevano occupato la
sua giornata. Chiuso nella sua piccola
stanza, colla porta sbarrata, disegnava
parecchie ore, prolungando la sua ve-
glia magari fino all'alba, disegnando,
sebbene privo di esperienza tecnica.
350
MEISSONIER
UGOLINO. — SCHIZZO A PEN'NA.
tatto quello che gli sug-
geriva la sua fantasia fer-
vidissima ed un particolare
spirito di osservazione.
Egli riuscì così bene, che
suo padre finì coU'accon-
discendere alla inclinazio-
ne di lui con questo patto :
t( Sia pure — gli disse,
dopo UE colloquio in cui
il giovane s'è mostrato più
risoluto che mai; — pro-
vati nella pittura; ma bada
che io ti concedo una settimana per trovarti un maestro, ed un anno per spe-
rimentare il tuo ingegno; dopo il quale periodo, se non sei riuscito, io, ritiro il
mio consenso, e tu ritorni al tuo banco. »
11 tempo era breve ed il patto rigoroso. Non importa: Meissonier aveva
ottenuto ciò che desiderava per il momento, — il diritto di darsi tutto intiero
ai suoi studi, di fare professione di artista pubblicamente, non nel segreto delle
sue vedile, ma alla luce del sole, in uno studio, sotto la direzione d'un maestro.
Ora, chi sarà costui? Un pittore del tutto dimenticato al giorno d'oggi, Giuliano
Pothier, di cui Meissonier si rammentava di averlo sentito nominare da un
amico di famiglia. Tanto ba-
stò per presentarsi a lui, senza
altra raccomandazione che un
piccolo disegno nascosto en-
tro la fodera del suo cappello,
aspettando il momento op-
portuno per presentarlo come
saggio della sua abilità. L'ac-
coglienza, disgraziatamente,
fu tale da deludere le sue
speranze. L'uomo al quale
si presentava per avere degli
incoraggiamenti non fece che
scoraggiarlo, citando sé stc-
come esempio della delusion.
riservata agli artisti che si
avventurano nella carriera
delle arti : « Voi aspirate a
diventar pittore? — gli disse.
^4
— Credete a me, è un misero
SONIliR SUL RIVOLI, SUO ULTIMO CAVALLO DA SF.I.LA (1S78).
APPENDICE
mestiere. Ebbi ancli'io alla vostra età le stesse illusioni; ma da allora in poi,
quanti disinganni, quanti sforzi infruttuosi per uscire dalla mediocrità e dalla
miseria! Una' sorte pari alla mia forse vi attenderebbe; ed io non voglio con-
tribuire a prepararvela. »
Queste obbiezioni, naturalmente, non iscossero per nulla le risoluzioni di
Meissonier. Esse non valsero che a fargli comprendere la necessità di cercare
altrove un maestro più accondiscendente. L'amico, dietro le cui indicazioni aveva
fatto quel primo tentativo, lo incontrò l'indomani: < E così — gli disse — che
cosa ha detto il signor Po-
thier del tuo disegno ? —
Del mio disegno ? Ma lo
non osai di mostrarglielo,
respinto come fui dalle pri-
me parole che accennavano
allo scopo della mia visita.
— Avesti torto; prima di
darti per vinto ritorna dal
tuo giudice, e questa volta
esponi la tua causa colla
carta alla mano. »
Meissonier obbedì. Si
recò nuovamente dal Pl-
thier e gli presentò, con la
maggior calma possibile, il
disegno da cui dipendeva il
suo destino.
Dopo averlo esaminata
un poco : « Di dove lo avete
preso ? » chiese il suo inter-
locutore ; e, dietro risposta
che il lavoro era del tutto
originale : « Francamente,
— ripigliò — devo ritrat-
tarmi. Dimenticate il mio
rifiuto dell'altro ieri e venite a prendere qui, quando volete, il vostro posto. »
Meissonier profittò subito del permesso, e non cessò, da quel momento, di
lavorare, con ansiosa attenzione, per apprendere dal maestro tutto quello che
poteva insegnargli. Egli vi riuscì così presto e così pienamente, che il maestro
stesso sentendo, davanti ad un simile allievo, le sue forze quasi esaurite, fu il
primo a consigliargli di acconciarsi presso un artista di maggior valore ; e ge-
nerosamente gli procurò il modo di entrare nello studio di Leone Cogniet. In
breve, il periodo di tempo fissato dal padre del Meissnnier, era quasi trascorso.
.MEISSONIER NEL SUO STUDIO DI PARIGI (I>y ').
352
MEISSONIER
e le prove erano pronte; il giovane pittore s'era acquistata anche una certa
notorietà come disegnatore di vignette per ornamento di libri e di pubblicazioni
musicali, di moda allora nei salotti.
IL RITRATTO DEL SERGENTE (iSy;]).
(Collezione del barone Sclua-r.)
Erano trascorsi appena quattro o cinque anni, ed i quadri successivamente
esposti da lui — Borghesi fiamminghi , Giocatori di scacchi, il Messaggero e
sopratutto nel 1838 quel piccolo capolavoro di espressione e di sentimento, Un
religioso che conforta un moribondo (") — finirono coli' attirare sul nome di lui
fi) Acquistato dapprima d.il duca d'Oi:
Uh gentiluomo del tempo di Luigi XV .
(Pek les femmes el l'épée di Ed. de Beaumont. t
Collezione del si?. Beyek.
APPENDICE
353
^"^■IS
IL BIBLIOFILO.
l'attenzione del pubblico. Ma questo nome non era
più soltanto il suo, e le difficoltà materiali della sua
posizione erano naturalmente aumentate. Ammogliato
a ventitré anni, colla sorella di un suo compaf^no.
la signora Steinheil, che doveva più tardi farsi co-
noscere quale valente pittrice sul vetro, egli aveva
dovuto lottare prima per raggiungere quella meta,
vincendo presso suo padre delle resistenze simili a
quelle incontrate per la sua vocazione, colla diffe-
renza che questa volta le obbiezioni non provenivano
che dalla sua età troppo giovanile. L'accordo però
fu presto raggiunto, ma colla condizione che Meisso-
nier non riceverebbe da suo padre che il modesto
stipendio che aveva ricevuto fino allora, e provvede-
rebbe da se per sopperire ai bisogni della sua fa-
miglia : bisoe;ni che aumentarono ben tosto colla
nascita di una liglia e di un tiglio, destinato questo
a diventar pittore egli pure.
Tali circostanze costrinsero Meissonier ad accettare lavori di scarso profitto
come, per esempio, quattro copie di ritratti antichi fatti per il museo di Ver-
sailles, tratti da mediocrissimi originali. Da ciò trasse però insegnamenti preziosi
dal punto di vista dell'esperienza tecnica e della diversità dei mezzi di cui può
disporre il talento. Chi sa, se senza essere costretto dalle circostanze, Meissonier
non si fosse una volta deciso di lasciare il pennello
per la matita di disegnatore, o per la punta d'incisore
all'acquaforte? Noi avremmo guadagnato qualche qua-
dro di più; ma non avremmo quella serie di piccoli
disegni finissimi che iniziavano nel 1838 le illustrazioni
di "Paolo e Virginia, della Capanna indiana e che
dovevano completare più tardi vignette, sì avidamente
ricercate del volume intitolato: Contes réinois ?
Comunque sia, ed a qualsiasi causa si debba attri-
buire ciò. le opere eseguite da Meissonier prima dei
trent'anni spiegano e giustificano chiaramente la sua
fama quanto quelle venute in seguito. Non è forse
nella natura degli artisti profondamente vigorosi il
manifestare fin dal principio la loro forza poderosa e
di mostrarsi, per cosi dire tutti di un pezzo? Ingres si
era rivelato intieramente nei suoi primi ritratti e nel
suo Edipo, come Gros nel suo Combattimento di Xa-
:;aret e Ge'ricault nel suo Cacciatore a cavallo. Dela-
croix non contava ancora ventiquattro anni allorché riassumeva nel suo "Dante
Meissonier. 23
SCHIZZO A MATITA.
354
MEISSONIER
le qualità caratteristiche del pittore di Medea e della Barca di Don Giovanni:
Meissonier fu un altro esempio di precoce maturità. Uno spirito sano racchiuso
fino all'ultimo i^iorno in un organismo delicatissimo, un sentimento deciso, coa-
diuvato da una meravigliosa chiaroveggenza dello sguardo, e da un' abilità altret-
tanto prodigiosa nella pratica — ecco ciò che risulta con pari evidenza da tutti
i lavori fregiati del suo nome, a qualunque epoca essi appartengano.
È naturale che, passati gli anni della prima giovinezza, l'artista abbia mutati
i temi delle sue composizioni. Ai Fiimntori.^'i Suonatori di violoncello, ai Lettori,
nel loro gabinetto di studio,
od ai Giocatori di boccie
all'osteria, verranno sosti-
tuite immagini più compli-
cate, scene energiche tino al-
l'estrema violenza, come la
Rissa, epiche per la gran-
dezza degli avvenimenti che
richiamano, come il quadro
meritamente celebre intito-
lato 1S14, oppure, all'occa-
fione, finamente allegre co-
me : il Pittore d'inses^ne od
il liitratto del Ser^rente;
ma, la maniera — per usare
questa parola nel senso di
modo personale del pittore
neir interpretare i fenomeni
della linea e del colore —
la maniera non muterà mai.
Da per tutto e sempre, cam-
minerà sopra un fondo di
sincerila e con uno scrupolo
inalterabile di esattezza.
Meissonier, infatti — e
chi si sognerebbe di negare
ciò? — non fu né il primo né il solo a dimostrare meriti di questo genere.
Prima di lui, e, qualche volta con più facilità e larghezza nell'esecuzione i
« piccoli maestri » olandesi del XVll secolo avevano avuto questo verismo inge-
gnoso, questa immaginazione dell'occhio, di modo che colla scelta di certi effetti
dichiarassero, colla evidenza data a certe forme e a certi toni, viene mutato
il significato pittoresco delle cose, e ne sono vivificate le apparenze in modo,
da rendere interessante persino una veste sciupata dall' uso, un giuoco di luce
sui mobili dei quali è fornita la stanza; ma non era forse a codesti modesti
risultati che, anche i più eminenti fra loro, si accontentavano di giungere?
SCHIZZO A MATITA.
APPENDICE
3S5
Eccettuato Rembrandt,
che fu alla sua volta pratico
ammirabile, pittore per ec-
cellenza dell' animo e dei
suoi misteri, i pittori olan-
desi si preoccupavano poco
del significato morale che
potevano avere le scene
riprodotte. Metsu, Terburg
stesso, non erano persuasi
di aver adempito al loro
compito quando avevano
rappresentato — alla per-
fezione, è vero — questi.
Una donna clic sbuccia una
mela;, od Un militare che
offre delle monete d'oro ad
lina donna , l' altro , Una
sii:: nora al cembalo, od Una
siisnora che accetta dei rin-
SCHIZZO A .MATITA.
STIVALE DI CORAZZIERE {iSoy).
(Schizzo a penna.)
freschi'^ Le ambizioni di Meis-
sonier non sono, a dir vero, così
limitate. Essendosi egli applicato,
ed essendo riuscito, a ritrarre con
perfetta rassomiglianza gli oggetti
e le persone prese a modello,
non si è limitato a questa imi-
tazione esteriore, nemmeno là
dove i soggetti dei suoi quadri
hanno un carattere semplice-
mente domestico. Colla eloquenza
persuasiva della posa e del gesto,
coir espressione direi quasi tra-
sparente del viso, le figure uscite
dal suo pennello riferiscono al
nostro spirito i sentimenti che le
animano, nella stessa maniera
colla quale persuadono i nostri
occhi.
Vuole, per citare un esempio.
Meissonier farci testimoni d' Una
cnnfìdcnja. cioè a dire di un
356
MEISSONIER
colloquio fra due uomini, di cui il più giovane informa l'altro, colla lettura
d'una lettera, di qualche avventura intima, di qualche tenero segreto del cuore?
La foga del primo nel rivelare la sua gioia o le sue speranze, la vivacità insi-
nuante con la quale fa spiccare dal movimento della persona e delle labbra
le informazioni che dà al suo compagno , mentre questi ascolta freddamente
le appassionate confidenze e
ne calcola a parte le conse-
guenze — tutto questo fine
contrasto fra ciò che pensano
e sentono i due attori della
scena è analizzato e reso con
la perspicacia d'un moralista
ed il brio di un poeta. Altra
volta è uno scrittore che , a
corto di idee e di vocabili
per formularle, seduto davanti
al suo tavolo da lavoro, curvo
sulla carta, eccita l' inspira-
zione restia mordendo lebarbe
della penna, interrogando con
lo sguardo ansioso quel foglio
muto che vorrebbe far par-
lare ad ogni costo.
Al contrario, e come per
l'are il contrapposto di questa
figura penosa, nota ai lette-
rati di tutti i gradi — forse,
chi lo sa? anche agli accade-
mici, — Meissonier ci fa ve-
dere in un'altra tela uno scrit-
tore in atto di rileggere con
ima beata soddisfazione la
pagina che ha scritto. Il corpo
mollemente steso su d' una
poltrona, la testa chinata al-
l'indietro, l'occhio carezzevole,
sorride a sé stesso, davanti
al suo lavoro, pago delle bellezze che giudica di avervi profuse. Quanti esempt,
non fornirebbero i quadri ed i disegni del pittore, per rivelare la di lui abilità
nello scrutare e tradurre le più delicate emozioni dello spirito e del cuore!
E presso a questi tratti di finezza, quanti altri ce ne sarebbero, pronti a testi-
moniare vivamente il vigore del pensiero all'altezza dei soggetti più drammatici,
SULLA TERRAZZA,
■igi, palazzo Mcissoni.
APPENDICE
33;
più terribili, anzi e in ragione del significato sinistro, atti a scoraggiare ogni
pennello!
Ne volete una prova ? Rammentate quel quadro così profondamente impres-
sionante, potente, a prima vista, malgrado le sue piccole dimensioni, che fu
inspirato a Meissonier dalle giornate del giugno 1848, che ha il titolo di
1{icorJi della guerra civile, e che figurava alla Esposizione del 1850; immagine
fedele senza concessioni, tragica fino all'orrore; la fine d'una lotta sostenuta da
ambo le parti con cupa intrepidezza, — qui con l'energia disperata dell'odio, là
con la rassegnazione dolorosa di compiere
un dovere. Nel momento colto del pittore
la pugna fratricida è alla fine. Un tetro
silenzio regna in questa via, dove fino a
poco fa risuonavano i colpi di fucile; sulla
barricata in rovina i difensori sono caduti
fulminati, e questa è sparsa dei loro cada-
veri. Quale spettacolo e quale lezione!
Ahimè! vent'anni più tardi, altri avve-
nimenti di storia contemporanea forniranno
a Meissonier il soggetto d'una scena assai
lugubre; ma almeno non consacrerà in quei
ricordi la guerra civile. La meravigliosa
composizione, metà pittoresca relazione, metà
evocazione poetica, nella quale ha riassunto,
tanto le miserie quanto la grandezza di Pa-
rigi assediata nel 1870, non ci mostra, grazie
a Dio, che degli uomini caduti valorosamente
per la difesa della stessa causa; quante vit-
time del patriottismo comune, le une igno-
rate, le altre ornai celebri, come il giovane
Enrico Regnault ! In questa confusione di
cadaveri, di tutte le età, di tutte le condi-
zioni, vestita di tutti i costumi. — dall'uni-
forme dell' ufficiale fino alla giacca del marinaio, dal capotto del volontario alla
sottana del seminarista o del prete, ferito mentre soccorreva un moribondo, —
in questa folla di eroi, vinti, aggruppati intorno alla figura allegorica di Parigi,
chi vorrebbe o non saprebbe vedere che il solo ricordo delle nostre sciagure e
delle nostre perdite, invece d'una esortazione che ci inciti a trarre da tale spet-
tacolo alti insegnamenti?
Non sarebbe certo uno di questi morti che tornerebbe alla vita per iscrivere
col suo dito di cadavere, — come nella scena dipinta dal pennello di Goya i
Disastri della guerra — quella parola spaventosa ed empia : Nada (nulla), per
testificare il nulla delle sante aspirazioni delle spirito di sacrificio, della devo-
zione al proprio paese.
SCHIZZO PER UM PERSOX'AGGIO DELLA
« VISITA DEGLI ABITANTI AL CASTELLO ».
MEISSONIER
Se uno di loro rivivesse un istante, per un miracolo, ciò sarebbe, al con-
trario, per parlarci della gloria in cui è entrato, e per incitare 1' animo nostro,
non con parole di sfiducia desolante, ma con generoso incoraggiamento a ture
ed a sperare.
La grandiosa composizione ideata da Meissonier restò sempre un abbozzo,
quantunque il pittore avesse avuto la idea di farne un quadro, ed un quadro di
vaste dimensioni. Un giorno
/
ebbe pure il pensiero di ese-
guire il suo lavoro sopra un
muro del Panteon; ma que-
sto progetto, accolto dappri-
ma favorevolmente dall'Am-
ministrazione delle Belle .A.rii,
fu poscia abbandonato, e
convenne quindi attendere
un'altra occasione che non
doveva più presentarsi, per
estrinsecarlo in altro modo.
Ciò avvenne a Meissonier
anche con altri progetti di
carattere diverso, e a lui sin-
golarmente cari; per esempio,
quello — il che forse recherà
meraviglia — di rappresen-
tare in una gran tela un certo
Combattimento di Sansone
contro i Filistei, per il quale
egli eveva da lungo tempo
raccolto molto materiale e
disegnato e dipinto parecchi
studi. Non gli fu dato nep-
pure e ciò è ancora più de-
plorevole, di completare ciò
ch'egli chiamava il suo: «Ciclo napoleonico », cioè a dire una serie di cinque
scene, corrispondenti ciascuna ad una fase caratteristica della vita del generale
Bonaparte, o della vita dell'Imperatore. Di cinque scene, due soltanto — quelle
intitolate iSo- e iS'i_/. — furono svolte, e si sa con quale successo; ed in man-
canza dei quadri per la cui esecuzione mancò il tempo, da alcune note di Meisso-
nier stesso si potrà capire ciò che sarebbe stato l'insieme del lavoro, oppure
quali erano le idee che egli voleva estrinsecare.
Infatti, in alcune note, scritte ogni giorno dopo la conversazione quotidiana,
da colei che, dopo il secondo matrimonio del pittore, fu la compagna dei suoi
i
SCHIZZO A MATITA.
APPENDICE
359
ultimi anni ed ora è votata al culto dèlia sua memoria, figura un curioso pro-
gramma che la fantasia di Meissonier avrebbe voluto condurre a (ine.
«Il mio sogno, diceva esjli, sarebbe di riassumere in cinque quadri la storia
di Napoleone. Ho- già sbozzato quello che, per ordine cronologico, dovrebbe
essere il primo: Castig!ioiTe-{r-r)6): ÈmI mattino di una giornata d'estate, come
il giovane generale è sull'aurora della sua gloria. Voglio che il sole si levi in
faccia a lui per illuminarlo... Se volessi togliere un poco le difficoltà, mi servirei
della polvere che potrebbe essere in aria in quel giorno (ti agosto); ma ci tengo,
riguardo al soggetto, di mettere
tutto in piena luce. Scelsi perciò
una prateria per porvi Bonaparte
e le truppe, davanti alle quali
egli passa al galoppo sul suo
cavallo.
« In questo primo quadro
del ciclo rappresento il mio eroe
in azione. Egli non è raffigu-
rato, come nel quadro del rSoj.
sulla cui base scolpita domina il
trionfatore immobile , ai piedi
del quale si precipita una fiu-
mana di gente ebbra della sua
gloria, che a pieni polmoni grida
gli evviva; all'epoca stessa di
Friedland, cioè a dire all'apogeo
della sua potenza e della sua
fortuna. Napoleone non si era
ancora isolato dalla sua nazione,
ma continuava ad essere tutt'uno
con essa, ed a vivere in mezzo
dei suoi soldati.
< Il quadro di Erfiirt {iSin)
che non ho potuto fare, avrebbe
segnato il momento in cui l'orgoglio, in mezzo alla sua pompa di re, lo tradisce
e lo perde. Avevo ricevuto la impressione penosa della scena ascoltando il rac-
conto di un testimonio, un vecchio servitore, che mi narrava l'effetto prodotto,
quando tutti i Sovrani annunciati successivamente a lui senza ommettere nessun
titolo si radunavano in un salone del palazzo ; la porta si apriva un' ultima
volta; e non si udiva che questa sola parola: « L'Imperatore ! »
' Nel mio 1S14 ho indicato, sotto forma di un episodio, la fisionomia gene-
rale e le conseguenze prossime della campagna di Francia. Coloro che, sotto un
cielo triste e su un terreno scabroso seguono Napoleone, ridotto a difendersi, si sen-
iJtLLISO DELLA STATUA J)I MEISSOSII^R A PARIGI.
36o MEISSONIER
tono più o meno invasi dal dubbio; ben presto essi non gli prestarono più
fede...
« Il quinto ed ultimo quadro 1' ho nell'anima. Napoleone sarà solo, sul da-
vanti, sul ponte del Bellerofonte. Dietro a lui. un po' lontano, qualche sentinella
inglese : in faccia un mare senza sponde ed il cielo.
STATUA DI MEISSOXIER A rOISSY.
Di Fremici, dell'hlituto. (Inaugurala il 2$ novembre iSj^.)
Come si vede — ed altri frammenti delle stesse « Note » finirebbero di
dimostrarlo — Meissonier non si decideva a incominciare un'opera se non dopo
di averne profondamente studiato il significato intimo che questa doveva avere.
La sua mente aveva già approfondito il soggetto prima che la mano ne avesse
tracciato il disegno sulla tela; ma in tutto ciò che riguardava l'esecuzione pro-
priamente detta, la verità delle forme o degli effetti parziali, fino alla più rigo-
rosa purezza di stile, mai. fino agli ultimi tempi, egli non si teneva abbastanza
APPENDICE
sicuro di se stesso, della sua esperienza, per quanto provata essa fosse. Da ciò
proviene il numero quasi incancolabile degli «studi» lasciati che corrispondono
a ciascuno dei suoi quadri; gli uni in pittura o disegno accuratamente finiti, gli
ARALDO DI MURCIE.
(Disegno latto per la catastrofe di Mu
altri sotto forma di macchiette modellate, con scrupolosa precisione, in cera; da
ciò provengono infine, le modificazioni incessanti che faceva nei suoi quadri,
mentre erano ormai in lavoro, non già per mutare l'ordine generale, d'una com-
Meissonier.
PULCINELLA ALLA ROSA.
(Ac^ucttllo JelU collezione del s.g. Bevcr.)
A l'PKNDICE
posizione seriamente pen-
sata e alla quale ci teneva,
ma per migliorare fino alla
perfezione della quale sen-
tiva insaziabile bisogno ,
certi dettagli del tutto se-
condari, che nessun altro
avrebbe forse curato. Quan-
te volte, sotto il peso di
questa sete del meglio . è
accaduto a Meissonier di
sacrificare delle parti già
dipinte, e magistralmente
dipinte, per riparare a qual-
che impercettibile imperfe-
zione che gli turbava la
coscienza , si fosse anche
trattato di accorciare Io sti-
vale d'un cavaliere, o di
mutare all'ultimo piano la
zampa d'un cavallo !
Il cavallo: come si può
pronunciure questo nome
senza ricordare, almeno di
passaggio, i progressi intro-
dotti da Meissonier nella imitazione di un modello che i
STATUA DI MEISSON'IER A PARIGI.
MEISSONIER.
randi maestri del
X\'l secolo avevano compreso così imperfetta-
mente, e che. dopo di loro, degli eminenti pittori
francesi si erano accontentati di esaminare, quale
da un punto di vista puramente epico, come Gres,
quale, come Vernet e Ge'ricault, con una perce-
zione più esatta della eleganza e della bellezza
delle forme, piuttosto che delle condizioni neces-
sarie dei suoi movimenti ? Non fu Meissonier,
che. per primo, riuscì a conciliare su questo punto
l'intelligenza scientifica ed il sentimento pitto-
rico ? Egli stesso ci teneva a farlo risaltare; e
forse, di tutti i meriti che possedeva, questo era
quello di cui si compiaceva di più « È strano!
— diveva un giorno — gli antichi soltanto , e
specialmente gli Assiri, avevano trovato il mo-
vimento giusto del cavallo. Io credo di essere
364
MEISSONIER
stato il primo, dopo di loro, a ritrovarlo nuovamente. Tutti i moderni, anche
i più abili pittori, non lianno fatto che dei cavalli convenzionali, e questi tipi
arbitrari erano divenuti così comuni nella pittura, che il pubblico ci credeva
così pienamente, sulla asserzione del quadro, che mi ci volle molto tempo e
molta perseveranza per toglierlo dall'errore. » E fu con singolare costanza che
Meissonier tendeva alla soluzione di tale problema; scomporre e analizzare i
movimenti del cavallo, in
modo, da poterne poi rico-
struire con sicurezza il movi-
mento più rapido, l'imma-
gine più fugace. Ciò gli co-
stava poca fatica, dopo fatti
gli studi anatomici più pro-
fondi e gli studi sulla natura
viva tino ad usare dei mezzi
veramente straordinari come
— per esempio — la costru-
zione, nel suo parco di Poissy
d'una ferrovia, in pendio,
sulla quale scivolava una
slitta su cui egli stava se-
duto, osservando intanto col
suo occhio di lince, la corsa
d'un cavallo che, montato
da un domestico, correva su
una linea parallela a quella
liella slitta.
A che giova, del resto,
l'enumerare i mezzi dei quali
il maestro si è servito per
arrivare a possedere certi
secreti della tecnica ? C è
forse bisogno di rilevare ad
ima ad una le prove del suo
talento, per ispiegarsene l'es-
senza ed apprezzarne il va-
lore? È meglio considerare l'insieme dei risultati ottenuti. Che ci può essere
di più significativo in se stesso, e, nel tempo stesso, che cosa di più atto a tar
giustizia di certe pretese che tentano di erigersi, accanto a noi. a sistema
estetico '^
Noi vediamo al giorno d'oggi certi strani innovatori i quali, in buona tede
o meno, si arrogano il diritto di esaltare come progresso l'assenza d'immogina-
IL LETTORE.
(Collezione del sig. Thiéry.)
APPENDICE
365
IL LETTORE ROSA.
(QoaJro delli collezione del sig. de Besteigui.)
zione, di gusto, e di sapere : che, col pretesto di ringiovanire l'arte, affettano di
rinnegarne i principi più elementari, di sdegnarne le tradizioni più necessarie;
e tali dottrine, se avessero per disgrazia a prender piede, non riuscirebbero che
366
MEISSONIER
UM POETA.
(Quadro della collezione del
alla rovina della nostra scuola. Che il pericolo sia più apparente che reale, ne
sono convinto; ma è già di troppo dover constatare simili tentativi, e difendere
da questi, coll'autorità stessa^ di Meissonier. i maestri che lo hanno preceduto,
nel nostro paefe! ;
APPENDICE
367
L' uno è indivisibile dall' altro. Per quanto decisamente personali sieno le
opere del nostro illustre collega, esse risentaino in fondo le inspirazioni nazionali
ed il genio francese. È certo che se non si volesse considerare che la natura dei
^Quadro appartene
soggetti scelti, e le forme preterite per riprodurle, si riuscirebbe a stento ad as-
similare quadri, di carattere la maggior parte famigliare, che ha lasciato Meis-
sonier con le grandi tele dei pittori di storia che si son succeduti nella nostra
scuola. Tuttavia, questi suoi predecessori, non hanno forse, parecchie volte ricorso
368 MEISSONIER
a quei sottointesi ingegnosi che preannunciano l'epilogo della scena rappresentata,
oppure la continuano portandone il significato al di là del punto al quale arri-
vano gli ocelli? Quando Poussin raggruppa quei giovani e felici Pastori d'Arcadia
intorno ad una tomba alla quale penseranno poi melanconicamente o, — per
prendere un esempio meno lontano — quando Paolo Delaroche ci fa vedere i
Figli di Edoardo, che intuiscono attraverso il muro la morte che si avvicina,
non doveva egli servirsi degli stessi mezzi che dnveva usare alla sua volta,
Meissonier, quando ci mostra col fatto presente, quello che deve accadere poi,
col suo meraviglioso quadro i Coraj^ieri, custodito nel castello di Chantilly ?
immagine eloquentissima della guerra, ma della guerra nella maestà dell'ora
che precede la pugna, quando colla stessa coscienza virile del loro dovere, tutti,
capi e soldati attendono silenziosi ed immobili, quelli il momento di dare il se-
gnale supremo, questi il momento di slanciarsi ?
In ogni modo, per istabilire la derivazione del talento di Meissonier, non
basterebbero i tratti di rassomiglianza che egli ha col tipo di quei talenti limpidi
e chiari come la nostra lingua, ai quali serve d' etichetta comune il nome dei
Clouet, e. in un altro genere di lavori, con la grazia e la finezza dei pittori e
disegnatori del XVIII secolo, da Chardin fino a Moreau ? Sarebbe certamente su-
perilo il ripetere che Meissonier fu più abile e sapiente di qualsiasi di essi; ma
tuttavia si può sempre confrontarlo con essi, senza che la sua gloria ne sia di-
minuita, o sia compromessa la verità.
In quanto agli esempì ch'egli ci lascia nella sua vita di artista, egli impone
a tutti il rispetto. Pur tacendo della sua importanza eccezionale e della sua fama,
questa esistenza assiduamente studiosa, in mezzo al successo più clamoroso, an-
cora nei suoi ultimi anni sotto le strette più acute delle sofferenze fisiche, questa
vita, dico, clie la passione dell'arte e del lavoro occupò intieramente, fornirebbe
ampia materia alla lode, quanto le opere che ci ha lasciate. Il meno che si possa
dire di lui si è, che in nessun momento della sua vita egli ebbe scoraggiamenti,
che mostrò sempre una scrupolosa docilità alle esigenze della sua coscienza, e
che, già celebre fin dalla giovinezza, ebbe sempre, fino al suo ultimo giorno, la
stessa forza di volontà e lo stesso zelo come avesse avuto ancora bisogno di farsi
un nome.
INDICE DELLE MATERIE
Meissonier . . .
La giovinezza .
Le Opere . .
11 Maestro . .
L' Uomo . . .
Gli ultimi anni
Conversazioni e Ricordi
La Pittura epica . .
PROGETTO DI FRA\'COI)OLLO.
Appendice
Discorso di Meissonier tenuto a Firenze il 13 set-
tembre 1875 per la commemorazione del IV Centenario di Michelangelo
Fac-simile della lettera di ringraziamento di Meissonier al Duca d'Aumale
in occasione della sua nomina a Grande Ufficiale della Legion d'Onore
Discorso di Meissonier presidente dell'Accademia di Belle Arti. Letto nella
seduta pubblica annuale dell'Accademia di Belle Arti il 28 ottobre 1876
Discorso di Meissonier pronunciato ai funerali di Perraud. membro dell'Isti-
tuto, il 3 novembre 1876
Lettera di Meissonier al Governatore di Parigi per sollecitare la sua ammis-
sione nell'esercito territoriale
Discorso di Meissonier membro dell'Istituto, vice-presidente dell'Accademia
di Belle Arti alla inaugurazione del monumento di Paolo Baudry.
membro dell' Istituto, al Cimitero del Père-Lachaise
Commemorazione di Meissonier letta dal conte Enrico Delaborde. nella
seduta pubblica annuale dell'Accademia di Belle Ani, il 29 ottobre 1892
Indice delle materie
I
3
'9
43
83
103
117
275
329
329
332
333
338
340
343
346
369
ND Meissonier, Jean Louis Ernest
553 Gian-Luigi-Ernesto Meissoraa:
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