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Full text of "Gian-Luigi-Ernesto Meissonier; ricordi e colloqui preceduti da uno studio sulla vita e sulle opere. Dettata da M.O. Gréard. Riduzione italiana con un articolo aggiuntivo di Arturo Colautti sulla pittura militare"

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MEISSONIER 


1815  1891 


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MEISSONIER    - 


1815-189 


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MEISSONIER 

I   RICORDI  -  I  COLLOQUI 


Opera  illustrata  con  280  incisioni 
e  li  tavole  colorale 


.Museo  <ìl   Lume.) 


(,iA\  Il  i(,i  i;i<M:sr() 

MEISSONIER 

RIGOR]  31    K    COI.l.OQUl 

PRECEDITI  lìA  VSO  STVIÌlO 

SULLA  VITA  E  SULLE  OPERE 
M.   O.   GRT-ARD 

RIDUZIONE    ITALIANA    CON    L'N    Ara"ICOI,0    AGGUJNIIVO 
ARTURO  COLAUTTI 

Sri.l.A  riTTIKA  MILITARI. 
Dono   agli  Abbonati    del    ^   Corriere   della   Sera  » 

(ri)IZIONK     FUOIU     COMMKUOIO) 


MILANO 

riPOGRAIlA    DEI.    CORRll'Hl:   DELLA   SERA 

i.St,8. 


Nb 
55"  5 


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MEISSONIER    A   CAVALI  O. 


Ml-ISSOXIHR 


M' 


F.ISSOMER,  un  giorn».»,  diceva  :  «  lo 
dovrei  recarmi  all'  Isiituto  dei  Gio- 
vani Ciechi,  per  apprendere  il  segreto  della 
loro  scrittura;  giacche,  non  potendo  più 
dormire,  trascorro  le  notti  nel!' insonnio.  a 
meditare  e  a  ricordare.  Non  potrei,  senza 
disagio,  scrivere  per  molte  ore  alia  luce,  ma 
mi  dolgo  di  ni)n  più  cogliere  a  volo  ciò 
che  si  addensa  in  me  nel  misieru  dell'om- 
bra :  io  penso  che,  in  colai  modi  >.  avrei  da 
tempo  composto  interi  volumi.  » 

E  un  altro  giorno,  limitando  il  campo 
dei  suoi  pensieri:   «  Ah!  il  cumulo  dei  miei  ri.. "di'  —  .-scia- 

.Vffi.  .'JiVr. 


SCHIZZO      A      PENNA 
E   AlLACaUERULO. 


MEISSONIER 


mava,  con  dolcezza  triste.  —  Sono  come  i  grappoli  sotto  il 
torchio.  Il  tino  trabocca  dclT  uva  ammucchiata,  ma  il  vino 
espressone  è  scarso.  La  vita  I  Quanto  poca  ne  resta  di  real- 
mente vissuta  in  fondo  al  bicchiere  !  > 

Or  è  appunto  questo  «  realmente  vissuto  »  eh'  io  vorrei 
edurre  dalle  note  famigliari  còlte  sulla  sua  bocca  da  mano 
fedele,  la  mano  dell'amica  che  fu  la  sua  seconda  moglie. 

Non  si  ricliiegga  ne  una  biografia  compiuta,  ne  un  apprez- 
zamento ragionato  della  sua  opera.  E  la  semplice  testimo- 
nianza che  di  sé  otfre  un  uomo,  il  quale,  o  nel  suo  studio,  o  di 
fronte  al  suo  quadro,  a  cavallo  per  i  boschi  di  Saint-Germain 
e  di  Marlv,  in  viaggio  per  Antibo,  per  ^"enezia,  per  Roma 
per  Firenze,  per  l'Olanda,  per  la  Svizzera,  o  uscendo  da  un'e 
sposizione,  da  un  museo,  dall'Istituto,  sfiora,  svolge,  approfon 
disce,  a  seconda  delle  circostanze  e  delle  impressioni  istantanee 
i  temi  più  disparati,  liberamente  e  senz'ombra  di  pedanteria 

Se  non  che,  questi  sparsi  colloqui ,  or  nobili  e  delicati 
or  gravi  ed  arguti,  sinceri  sempre,  riavvicinati  tra  loro,  poi 
gono  un  complesso  di  ragguagli,  e  direm  quasi,  di  confidenze 
d'onde  non  pure  il  maestro,  ma  l'uomo  sorge,  vivo  e  parlante 
nell'ambito  cotidiano  dei  suoi  pensieri  e  dei  suoi    sentimenti 


esv')^ 


ACaUAFORTE    ORIGINALE    DI    MEISSOXIER. 


I 


FAC-SIMILIi  D  UN-  OISHCIXO  SU  LliON'O  PREPARATO  PUR  LA  «  CAPaXSCA  IS'DIAS'A  l 
(PropriciA  del  sig.  Piai.; 


•  LA  TEMPhSTA. 


LA    (iloVIXEZZA 


UN     «RAITRO". 

(Acquerello 
Appartenente  al  sig.  Spitzer.) 


L 


A  sua  infanzia  era  siala  triste,  la  sua 
giovinezza  laboriosa  e  dillicile.  Fu 
per  lui  come  per  tutti  gli  artisti,  i  quali, 
n(jn  avendo  trovato  al  focolare  domestico 
direzione  ed  aiuto,  si  educano  da  sé.  .Ma 
la  prova  ebbe  questo  di  singolare  per 
.Meissonier  :  che  ne  ritemprò  il  carattere, 
senza  otfuscare  le  sorgenti  in  cui  dovevano 
nutrirsi  la  sua  anima  e  la  sua  mente.  l*'in 
dai  primi  anni  egli  fu  dolce  e  coraggioso 
insieme. 

Se  «  nelle  lontananze  della  sua  esi- 
stenza, giù  nel  fondo,  là  dove    il    suo    pensiero   s'immergeva 


MEISSONIER 


come  il  pescatore  alla  ricerca  delle  perle,  alcune  date  si 
erano  smarrite  »,  i  sentimenti  che  vi  si  riallacciavano  eran  re- 
stati sempre  gagliardi. 

Egli  adorava   sua  madre.    Xel    ritratto  che  serbava,   ella 
appariva  una  donna  di  volto  gradevole  e  fine.  Di  spirito  eletto, 

amante  delle  arti  .  allieva 
della  signora  Jacottot  a 
Lione,  ella  dipingeva  assai 
graziosamente  sulla  porcel- 
lana. Meissonier  non  volle 
mai  cedere  il  tavolino  su 
cui  l'aveva  vista  lavorare, 
il  tavolino  ove  certamente 
aveva  eseguito,  col  piombo, 
un  aflettuosissimo  ritratto 
del  figlio.  Intravvide  ella, 
in  un  lampo  di  prescienza 
materna,  la  sua  gloria  fu- 
tura r 

l  n  attestato 
scolastico  di  un 
direttore  del  liceo 
Carlomagno,  dove 
Ernesto  faceva  l'ot- 
non    rivelava    una 


yr^CU^ 


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lava  nel  1823  —  egli  aveva  otto  anni 
condotta,  ne  un'  applicazione  esemplari,  e  né  meno  un  valore 
in  ortografia  che  lo  classificasse  molto  alto  ;  ma  la  rubrica 
delle  «  osservazioni  »  recava:  «  Ernesto  ha  un  gusto  spiccato 
per  il  disegno;  la  semplice  vista  di  un'incisione,  lo  distrae 
spesso  dai  doveri  principali  ».  Convien  credere  che  la  giovane 
madre  si  commovesse  più  alle  prime  parole  della  nota  che  a 
tutto  il  resto,  poiché  ella  chiuse  preziosamente  il  certificato 
nella  sua  scatola  da  colori,  dove,  vent'anni  dopo,  alla  morte 
del  padre,  Meissonier  lo  ritrovò,  ingiallito  dal    tempo.   Della 


LA   GIOVINEZZA 


morte  prematura  di  sua  madre,  egli  aveva  serbato  un  ricordo 
dolor<3S()  e  puro  che  nessun  trionfo .  nessuna  oioia  dovevano 
cancellare. 

«  Oggi,  21  febbraio,  e  l'anniversario  della  mia  nascila 
—  egli  diceva  il  giorno  in  cui  entrava  nel  suo  settantesimo 
anno  1884.  Quanto  tempo!  Io  ho  voluto,  stamane,  che  nel- 
l'ora, forse,  in  cui  mia  madre  mi  metteva  al  mondo,  il  mio 
primo  pensiero  fosse  per  lei.  Mamma  cara  ,  quante  volte  i 
miei  occhi  si  son  riempite  di  lagrime  al  tuo  ricordo!  Ahimè! 
io  ti  h«j  conosciuto  c<jsi  poco,  che  è  quasi  per  la  tua  assenza, 
per  il  bisogno  che  sentivo  di  te  che  t'ho  amata  »  —  egli  sog- 
giungeva con  mestizia  profonda.  «  Quante  volte  ho  pensato 
alla  dolcezza  di  avere  una  madre  !  » 

Nulla  egli  aveva  dimenticato  della  funebre  notte  in  cui 
suo  padre  chiamò,  lui  e  suo  fratello,  al  capezzale  della  mori- 
bonda, ne  della  benedizione  ch'ella  imparti  loro  «  con  le  sue 
bianche  mani  a  lui  cosi  nute.  quella  specialmente  che  aveva 
un  segno  ». 

Orbene,  questa  non  era  una  fuggevole  impressione  susci- 
tata dall'anniversario.  Aleissonier  era  lieto  di  custodire  dentro 
il   suo  cuore  quei  sentimenti. 

Nato  a  Lione,  ma  condotto  a  Parigi  a  tre  anni,  fu  quivi 
educato  nella  regione  del  .\larais.  serbatasi  per  lunghi  anni 
il  centro  della  borghesia  parigina  ;  e  tino  all'  estrema  vec- 
chiezza si  compiacque  di  ritornare  alla  sua  culla.  Dopo  il 
secondo  matrimonio .  egli  compie  nel  quartiere  una  specie 
di  pellegrinaggio,  segnando  ciascuna  tappa  della  sua  infanzia 
e  dei  suoi  affetti:  strada  delle  Vieilles-llaudiieltes.  dove  suo 
padre,  fabbricante  di  prodotti  chimici,  aveva  le  sue  botteghe; 
strada  dei  Blancs-.Manteaux ,  dove  sua  madre  era  morta,  e 
d'onde  era  stata  portata,  il  JÒ  marzo  1820  alla  chiesa  vicina. 
Meissonier  salutava  teneramente  l'angusta  corte  ov'ella  aveva 
sorvegliato  i  suoi  giuochi,  le  finestre  dell'appartamento  del 
terzo  piano  dove,  quand'egli  rientrava  dal  collegio,  allacciava 


MEISSONIER 


il  SUO  dolce  viso,  la  vecchia  scala  dalle  balaustre  di  legno 
giallo,  e  dalle  travi  sporgenti.  «  Vorrò  venire  un  giorno  — ■ 
diceva  —  a  farne  lo  schizzo.  » 

Quand'  egli  parla 
del  padre,  il  suo  ac- 
cento è  men  vivo. 
L' alletto  non  ne  è 
escluso,  ma  il  rispetto 
vi  domina.  Da  questo 
lato  erano  sorti  gli 
ostacoli  alla  sua  voca- 
zione. Papà  Meissonier 
era.  a  detta  del  figlio, 
un  uomo  energico  che 
sapeva  bene  quel  che 
voleva.  Elegantissimo 
di  portamento  in  gio- 
vinezza, ricercato  nel 
vestire,  bell'uomo  e 
bel  cavaliere,  faceva 
parte  di  ciò  che  chia- 
mavasi,  sotto  la  Re- 
staurazione, la  società 
«  lyonnalsc  «.  In  piena  tradizione  dei  balli  di  Vestris,  era  tra  i 
più  famosi  ballerini;  insieme  a  due  o  tre  amici,  fanatici  come 
lui,  formava  nei  saloni  una  quadriglia  dinanzi  alla  quale  tutte 
le  altre  danze  s'  interrompevano:  gli  intervenuti  salivano  sulle 
sedie  per  ^^uardare.  Oltre  a  ciò  egli  gustava  la  musica,  suo- 
nava il  flauto  e  cantava  delle  romanze.  Aia  prima  di  essere 
uomo  mondano  e  amatore  d'arte,  papà  Meissonier  era  un  indu- 
striale, e  intendeva  di  associare  i  due  figliuoli  alla  sua  attività 
commerciale. 

La  morte  cosi  prematura  della  signora  Meissonier  ebbe 
per    primo    effetto    di    sconvolgere  l' educazione   del    giovine 


::oRTai;  della  casa  in  via 


I 


LA    GIOVINEZZA 


Ernesto.  Prima  di  seguire  i  corsi  del  liceo  Carlomagno,  egli 
era  stato  per  qualche  tempo  ■'  interno  »  —  sua  madre  era  già 
molto  malata  —  in  un  convitto  di  Chaillot,  e  l'unico  ricordo 
che  persistesse  in  lui 
era  un  senso  di  paura 
infantile  allorché,  ri- 
entrando la  sera,  nei 
giorni  di  licenza,  pas- 
sava per  «  il  bosco  dei 
Campi  Elisi,  tutto  nero 
e  sparso  di  pozzan- 
ghere ».  Fortunata- 
mente, suo  padre  era 
legato  d'  amicizia  ,  a 
Grenoble,  con  un  pro- 
fessore ,  divenuto  poi 
decano  della  Facoltà 
delle  scienze,  che  con- 
senti a  ricevere  il  ra- 
gazzo e  a  fargli  per- 
correre le  classi  del 
collegio.  Dopo  un  viag- 
gio di  quattro  giorni 
e  di  tre  notti  passati 
nel  fondo  di  una  dili- 


SCALA    DELLA    CASA   IN'    VIA    DEI    BLAN'CS-MAN'TEAUX. 


genza,  in  cui  una  vec- 
chia signora  s' era  impadronita  del  buon  cantuccio  prescel- 
togli da  suo  padre,  Meissonier,  giunto  a  Lione  cadde  nelle 
braccia  dei  coniugi  Ferriot,  che  l'aspettavano.  Non  mai  egli 
provò  del  suo  isolamento  un  senso  più  amaro.  I  primi  mesi 
della  sua  dimora  a  Grenoble  non  gli  erano  riusciti  meno  penosi. 
Si  sentiva  perduto  tra  i  nuovi  compagni,  perduto  e  quasi 
umiliato  di  non  aver  come  loro  quel  refugio  della  famiglia 
I  che  solo  quelli,  forse,  che  non  l'hanno  possono  ben  valutare  ». 


MEISSONIER 


Il  Ferriot,  gran  gioca- 
tore di  trictrac  e  suonatore 
di  violino  ad  ore  perdute, 
ma  anzitutto  geometra  e 
uomo  austero ,  lo  persegui- 
tava con  la  sua  matematica 
perfino  nelle  passeggiate. 
«  Xè  meno  una  volta  la  si- 
gnora Ferriot  l'aveva  acca- 
rezzato o  abbracciato  ;  né 
meno  una  volta  aveva  riscal- 
dato con  una  tenera  parola 
il  suo  povero  cuore  di  fan- 
ciullo sitibondo  di  affetto.  » 
Tuttavia,  i  Ferriot  erano  delle  brave  persone,  ed  egli  li 
amava.  Infatti,  più  tardi,  durante  la  sua  giovinezza,  egli 
ritornerà  lieto  e  riconoscente  a  Saint-Ismier  —  un  modesto 
podere  da  quelli  posseduti  alle  porte  di  Grenoble  e  da  essi 
abitati     neir  estate     —    per 


MEISSONIER    PADRE    (MINIATURA). 


dipingere  in  una  giornata 
ridente  la  casetta  «  con  la 
pura  luce  che  ne  imbionda 
la  facciata ,  il  giardino  che 
le  sorride,  e  il  magnifico  ci- 
presso che  s'innalza  vigoroso 
sul  cielo  »  ;  più  tardi  ancora, 
egli  ritoccherà  .  quasi  con 
pietà  figliale,  i  due  ritratti 
impalliditi  dagli  anni  ,  dei 
suoi  vecchi  ospiti. 

Dopo  due  anni,  suo  pa- 
dre lo  richiamò  a  Parigi  ;  e, 
«  facendolo  entrar  di  botto 
negli    affari   »    lo    impiegò 


RITRATTO    DELLA   SIGNORA   MEISSONIER   MADRE, 


LA   GIO\  INKZZA 


<t  tanto  per  cominciare  -•  a  co- 
piar le  lettere  sul  libro  ma- 
stro. L'intervenir  di  un  cliente, 
che  aveva  un  tiglio  in  collegio  a 
Thiais  lo  salvò  un'altra  volta. 
A  Thiais  ,  Meissonier  prese 
amore  allo  studio  in  compagnia 
di  Alcide  Lorenz,  di  Fauvel. 
il  futuro  gran  medico  delle 
epidemie,  e  di  Edoardo  Thier- 
rv,  il  futuro  amministratore 
della  Comedie-Francaise.  Il 
romanticismo  era  nel  suo  mas- 
simo vigore.  Meissonier  divo- 
rava di  nascosto  Alfredo  de 
^'igny,  Vittor  Hugo,  Lamar- 
tine,  che  lo  inebbriavano.  Al 
ricordo  delle  prime  sensazioni  di 


RITUATTO    DELLA   SIGNORA    FLRRIOT. 
(Acquistato  mi    1896  in  Governo.) 


KITRATrO    DliL    SIC.    FERRIOT. 
Av-.iuistaio  nel   1S96  Jal  Museo  di  Rouen.j 

quell'entusiasmo  era  congiunta 
l'immagine  della  chiesetta  di 
Thiais ,  dove  la  sua  anima 
fluttuava  nei  sogni,  mentre 
ascoltava  i  canti  sacri  dell'or- 
gano e  contemplava  le  vetrate: 
«Io  ntivigava,  egli  dice,  in 
pieno  ideale.   » 

Le  grandi  emozioni  del 
di  fuori,  però,  non  lo  lasciavano 
indifferente.  Quando  scoppiò 
la  rivoluzione  del  i83o,  egli 
era  ancora  in  collegio.  Emilio 
.Vugier.  pur  lui  »  interno  »  nel 
liceo  Enrico  IV  ha  raccontato 
che,  durante  le  giornate  di 
Luglio,  ei2;li    si    divertiva   in- 


MKISSONIER 


sieme  a  Got,  suo  compagno  di  camerata,  a  numerare  tranquil- 
lamente i  colpi  di  cannone.  Meno  flemmatico  del  suo  futuro 
amico,  e  già  sensibile,  come  i'u  poi  per  tutta  la  vita,  alle 
agitazioni  politiche,  liberale  per  istinto.  Meissonier  volle  par- 
tecipare alla  battaglia.  «  Noi  eravamo  —  così  racconta  —  in 
uno  strano  stato  di  savraeccitazione  ;  da  lontano,  ascoltavamo 
il  crepitio  della  fucilata.  In  tre  o  quattro,  risolvemmo  di  cori- 
carci vestiti  e  di  rialzarci ,  non  appena  la  casa  si  sarebbe 
addormentata ,  per  giungere  ai  muri  bassi  del  giardino  che 
dava  sulla  campagna,  e  correre  a  Parigi.  Ma  un  pauroso 
ci  tradì.  11  prefetto  di  turno  si  avvicinò  al  mio  letto,  sollevò 
le  lenzuola,  mi  vide  in  completa  tenuta,  mi  applicò  un  paio 
di  schiaffi,  che  mi  fecero  ardere  di  vergogna,  e,  senza  profferir 
parola,  mi  condusse  in  camera  di  disciplina  ». 

Nell'ottobre  seguente,  egli  ritornò  a  Grenoble.  Rinun- 
ziando agli  studi  classici ,  suo  padre  aveva  deciso  di  fargli 
imparare  la  contabilità,  la  fisica  e  la  chimica,  le  lingue  mo- 
derne, tutto  ciò,  insomma,  che  poteva  prepararlo  al  com- 
mercio; e  lo  affidò  di  nuovo  agli  ottimi  Ferriot.  Ma  a  Gre- 
noble, antica  capitale  di  provincia,  fierissima  del  suo  passato, 
città  di  guerra  e  di  parlamento,  il  commercio  era  negletto. 
Meissonier  era  circondato  di  amici  che  si  avviavano  al  foro, 
alla  medicina,  alle  lettere;  egli  vedeva  venire  dal  Ferriot  sol- 
tanto dei  giovanetti  che  si  preparavano  a  entrare  nelle  Scuole 
governative  per  uscirne  ingegneri,  marinai  o  militari;  e  gli 
coceva  di  diventar  commerciante  ,  specie  quando  una  voce  in- 
terna gli  mormorava  di  giorno  in  giorno,  più  limpida  e  più 
forte:   «  Anch'io  sono  pittore!  » 

Qual  fu,  in  capo  a  un  anno,  il  risultato  di  una  simile 
educazione  forzata?  Pochissima  matematica  —  ne  conviene 
egli  stesso;  ma  una  lettura  abbastanza  ricca,  l'amor  vivo  per 
la  storia,  le  conoscenza  pratica  della  lingua  inglese  — ■  il  che, 
in  quel  tempo,  era  raro  —  delle  nozioni  elementari  di  tedesco, 
l'abitudine  di  guardare  in   sé  e    dentro  di  sé,    il    gusto    del- 


LA    GIOVINEZZA 


l'osservazione  morale,  una  estrema  finezza  di  sensibilità,  e 
oltre  a  tutto  questo,  la  passione  della  natura  ;  «  o^ni  specie 
di  amori  con  i  bei  cieli  e  le  belle  montagne  del  Dclfinato, 
di  intimità  con  le  piccole  sorgive  dei  prati ,  con  i  ruscelletti 
limpidi    correnti    lungo   i  sentieri  sulle  pietruzze  brillanti  e  i 


LA    CASA    DbL   SIG.    FERRIOT    A    SAIN'T-ISMIER    (183;). 

cespugli  di  bèrbero  accoglienti  i  grilli  innumeri  dalle  alucce 
rosse  e  azzurre  listate  di  nero,  i  bei  grilli  da  lui  fugati  a 
sciami  per  vederli  riscintillare  al  sole.  » 

Oh  !  come  ben  conosceva  le  vallate  e  le  creste  della 
vasta  conca  da  .Malaval  al  Lautaret,  da  Grenoble  a  Briancon! 
Con  qual  giubilo  ardente  le  esplorava,  andando  alla  ven- 
tura, dormendo  sul  fieno  delle  aie,  mangiando  quando  a  Dio 
piaceva  !  Lo  chiamavano  il  Montanaro  ;  ed  egli  amava  quella 
vita  ruvida  e  selvaggia ,  piena  dì  sorprese  gioconde.  Al- 
cune scene  s'  eran  fissate  nella  sua  mente  come  in  un  quadro. 
Fra  le  altre,  questa. 


MEISSONIER 


In  una  magnifica  sera  di  giugno,  durante  le  vacanze  della 
Pentecoste,  quando  il  sole,  declinando,  incorona  tutto  come 
di  un  nimbo  d'oro,  egli  trascorreva  sulle  Alpi  Delfinensi,  a 
testa  nuda ,  i  capelli  ondeggianti  ,  vestit(j  di  una  grande 
giacca,  tagliata  all'antica,  si  ch'egli  vi  si  avviluppava  come 
in  un  mantello,  nei  momenti  di  riposo.  Era  giunto  sull'alto 
d'una  roccia  che  sovrastava  un  torrente  disseccato.  Alcuni 
bimbi  giocavano  su  quel  letto,  ricercando  i  sassolini  lucidi. 
Alto ,  sulla  punta  estrema  del  dirupo ,  egli  si  profilava  sul 
cielo,  silenzioso  e  immobile.  D'un  tratto,  i  bimbi,  innalzano 
gli  occhi  e,  scorgendolo,  fuggono  via  con  grandi  grida  di 
terrore.  Che  raccontarono  essi  al  villaggio  r  Avrebbe  forse 
Meissonier,  al  rezzo  di  quel  bosco  ridente,  la  sua  piccola  parte 
di  santità  e  di  leggenda > 


Frattanto  Meissonier  padre,  rovinato  dalla  rivoluzione 
del  i83o,  lavorava  energicamente  a  ricostruire  la  sua  fortuna. 
Non  era  perciò  il  momento  di  lasciar  germinare  una  vocazione 
la  quale,  secondo  le  lettere  del  Ferriot,  non  sembrava  altro 
che  un  pretesto  per  conchiudere  a  nulla. 

Cosi,  sul  principio  del  1882,  Meissonier  era  apprendista 
droghiere,  in  via  dei  Lombardi,  nella  casa  Menier,  di  fronte 
a  quella  che  aveva  per  insegna:  Al  Mortaio  d'oro.  Spazzava  la 
bottega",  era  abilissimo  nel  preparare  la  pece  di  Borgogna, 
a  legare  i  pacchi,  e  a  dire  all'avventore  :  «  E  con  ciò?  »  La 
sua  distrazione  era  di  esercitarsi  a  tutti  i  giuochi  di  forza, 
e  di  agilità.  Alcuni  anni  dopo,  quando  abitava  nell'isola 
Saint-Louis,  svelto,  vigoroso,  ardito  fino  all'imprudenza,  pas- 
sava, a  furia  di  ganci,  la  Senna,  dal  ponte  delle  Tournelles  al 
ponte  Marie,  sopra  burchi  che  facevan  acqua  da  tutte  le  parti; 
dava  la  scalata  alle  torri  di  Notre-Dame,  cercando  \ Aiiankè 
di  Vittor   Hugo,   e   rischiava   venti  volte,    ogni  domenica,  di 


LA  GIOVINEZZA 


annegarsi  o  di  rompersi  il  collo.  A  Poissy  andava  in  canotto 
e  cavalcava  con  passione;  era  anche  un  assai  buon  nuotatore. 
Tutto  ciò  era  il  frutto  di  un'educazione  cominciata  per  tempo 
e  continuata  senza  riposi.  Orgoglioso  dei  suoi  muscoli,  non 
si  rammaricava  affatto,  se,  in  via  dei  Lombardi,  lo  applau- 
dissero allorché  sollevava  una  botte  di  seicento  libbre. 

Ma  un  altro  sentimento  lo  sorreggeva.  Egli  sentiva  giun- 
gere imminente  la  lotta,  e  vi  si  agguerriva.  Aveva  ripreso  la 
matita,  di  sera,  all'insaputa  di  tutti,  tanto  risoluto  a  seguire  la 
sua  vocazione,  per  quanto  suo  padre  sembrava  risoluto  a 
distaccamelo. 

<  Dammi  trecento  franchi  —  gli  disse  un  giorno  —  e  tu 
per  qualche  tempo  non  sentirai  parlare  di  me.  —  Ma  che  cosa 
farai?  —  Andrò  a  Napoli,  vi  vivrò  da  lazzarone  e  troverò 
certo  qualche  pittore  che  mi  prenderà  al  suo  servizio.  » 

Dopo  aver  fatto  orecchie  da  mercante,  il  padre,  finalmente, 
consenti  ad  accordargli  la  dilazione  di  una  settimana  perche 
si  trovasse  un  maestro  che  garantisse  della  sua  attitudine  e 
s'incaricasse  della  sua  educazione. 

Gli  otto  gioini  eran  quasi  passati;  e  Meissonier  non  aveva 
trovato  nessuno.  Una  mattina  prese  il  coraggio  a  due  mani, 
e  si  recò  in  casa  di  Delaroche,  da  lui  conosciuto  solo  per 
fama.  Delaroche  lavorava  alla  Morte  di  Jaiw  (ìn'v.  Il  col- 
loquio non  fu  lungo:  le  condizioni  d'entrata  in  quello  studio 
erano  impossibili  per  una  borsa  vuota.  Tristemente  se  ne  ri- 
tornava, non  sapendo  a  quale  porta  bussare,  allorché,  presso 
il  Palais-Royal,  allo  svolto  di  una  strada,  s'imbatte  in  un  in- 
cisore di  sigilli,  certo  Lévesque,  un  amico  di  suo  padre.  «  Dove 
andate,  con  questa  faccia  sconsolata  ?»  Il  poveretto  gli  rac- 
contò allora  1'  imposizione  del  dilemma  paterno  :  o  trovare 
un  professore  in  una  settimana,  o  rinunziare  alla  sua  follia. 
Egli  aveva  uno  schizzo  nascosto  nella  fodera  del  cappello,  ma 
non  aveva  osato  mostrarlo  a  Delaroche.  Il  Lévesque  lo  indi- 
rizzò al   passaggio  Sainte-Marie .  da   un  suo  compagno.  Giù- 


MEISSONIER 


liano  Potici-,  antico  secondo  grand  prix  di  R^Dma,  che  inse- 
gnava in  collegi  di  signorine. 

Un  interno  lugubre.  Mura  grigie.  Nel  fondo,  a  guisa  di 
scenario ,  Ugolino  nella  tonr  della  fame  con  i  suoi  figli. 
«  Se  avessi  un  figlio  —  rispose  Potier  alla  prima  parola  — 
anzi  che  lasciarlo  dipingere,  Io  farei  ciabattino!  >  Più  bene- 
voli furono  i  Johannot,  che  vollero  vedere  il  suo  disegno  ;  ma 
siccome  non  potevano  prendere  allievi,  lo  rimandarono  da  Po- 
tier, suggerendogli  di  mostrare  quel  che  aveva  fatto.  La  mac- 
chietta rappresentava  alcuni  soldati  in  una  cantina,  in  atto  di 
bere.  Dopo  aver  osservato,  il  brav"  uomo  cambio  di  umore: 
«  Dimenticate  ciò  che  vi  ho  detto  l'altro  giorno.  Scriverò  a 
vostro  padre.  »  E  lo  tenne  presso  di  sé  per  copiare  alcune 
figure  accademiche  su  certa  carta  giallastra. 

Per  un  inverno  intero,  Meissonier  si  recò  tutte  le  mat- 
tine dalla  strada  dei  Blancs-Manteaux  al  passaggio  Sainte- 
.Marie,  comprandosi,  quando  era  in  fondi,  un  paio  di  soldi 
di  castagne  che  gli  riscaldavano  la  tasca  e  lo  stomaco.  Suo 
padre  gli  passava  un  assegno  di  cinquanta  centesimi  al 
giorno,  più  il  pranzo  del  mercoledì,  giorno  destinato  alle  riu- 
nioni di  famiglia.  «  Come  Chateaubriand ,  nel  suo  esilio  a 
Londra  — ■  racconta  Alessandro  Dumas  —  .Meissonier  pran- 
zava spesso  con  un  pane  da  un  soldo  :  dtjpo  di  che.  il  mer- 
coledì, quando  sentiva  bisogno  assoluto  di  riprender  forza, 
entrava  all'ora  delle  frutta.  «  Hai  pranzato? —  chiedeva  il 
padre. — -Sì,  vengo  solo  per  prendere  il  cafje  con  voi.  » 

Dopo  alcun  tempo,  Potier  lo  presentò  a  Cogniet  pagando 
cinque  mesi  anticipati  di  studio.  Poco  mancò  che  .Meissonier 
se  ne  andasse.  Il  giorno  della  sua  entrata ,  un  compagno, 
scorgendolo,  si  mise  a  gridare:  «  Tò.  quel  piccino;  ma  è  un 
droghiere!  » 

<'  Lo  porto  dunque  scritto  sulla  fronte  »  pensò  egli,  ri- 
cordando la  strada  dei  Lombardi  !  La  sua  fierezza  di  timido 
si  piegò  ad   un    tratto:   e    se    non    avesse    trovato    modo    di 


LA   GIOVINEZZA 


lavorare  a  suo  bell'agio  in  un  recinto  dipendente  dallo  studio, 
forse  non  vi  sarebbe  mai  più  tornato.  Del  resto,  egli  non  vide 
Cogniet  se  non  due  volte:  il  giorno  della  sua  presentazione, 
e  un  altro  giorno  quando  il  maestro  gli  si  avvicino  per 
correggerlo. 


Il  catalogo  del  Salone  del  1XÓ4  e  il  primo  che  rechi  il 
nome  di  Meissonier,  con  questa  designazione  :  6W  visila  al 
borgomastro.  La  Società  degli  Amici  delle  Arti  aveva  ac- 
quistato il  quadro  per  cento  franchi,  il  che.  per  il  tempo,  era 
molto:  non  si  dava  di  più  a  un  Decamps.  II  i835  fu  per  lui 
meno  fortunato.  Il  Piccolo  Messaggero  non  trovò  per  compra- 
tore altri  che  suo  padre.  Cominciava  dunque  costui  a  rico- 
noscere le  sue  buone  disposizioni  r 

.Meissonier  principio  allora  il  ritratto  di  un  farmacista 
della  strada  Jacob,  grande  amico  della  famiglia,  Quesneville, 
il  collaboratore  di  Pelletier.  lo  scopritore  del  chinino.  Quando, 
appena  terminato,  portò  il  ritratto  da!  padre,  l'ottimo  uomo 
ne  fu  colpito,  e  forse,  non  provò  giammai  un  più  alto  sen- 
timento d' orgoglio ,  ne  anche  quando  sei  anni  dopo ,  rice- 
vette a  Parigi,  in  una  solenne  cerimonia  pubblica,  la  prima 
medaglia  d'oro  riportata  dal  figli<j.  .\llora  gli  annunciò  risolu- 
tamente che  r  avrebbe  mandato  a  Roma  con  cento  franchi 
al  mese. 

Cento  franchi  al  mese!  L'assegno  era  cosi  forte,  che  si 
pensò  potesse  bastare  a  due  e  si  decise  che  Meissonier  condu- 
cesse con  sé  un  amico.  Una  sola  condizione  era  posta  al  viag- 
gio: che  il  giovine  si  fermasse  a  Grenoble  per  fare  il  ritratto 
dei  coniugi  Ferriot.  Il  colera,  allora  scoppiato  in  Italia,  non  gli 
permise  di  oltrepassare  Lione,  dov'era  ritornato,  dopo  aver 
compiuto  i  due  ritratti.  Cosi  dovette  restar  quell'  inverno 
colà,  un  inverno  rigidissimo.  Un  incidente  che  gii  servi  più  di 


;6 


MEISSONIER 


una   volta  a  rivelare  la  sua  distretta,  si  riferisce   a   quel  sosc- 
giorno  forzato. 

«  Voi  non  avete  idea  —  diceva  —  ciò   che   e  stato  per 
me,  nella  mia  giovinezza,  l'ambizione  di  un  mantello!  » 

Suo  padre  aveva 
per    massima    di    la- 
sciare   che    i   figli   si 
avvezzassero  al  fred- 
do. Meissonier  ricor- 
dava, con  «un  brivido 
nelle    ossa,    »     certe 
vigilie  di  capo  d'anno 
quando  recavasi  a  far 
delle  visite  intirizzito, 
con  una  giacca  legge- 
rina.  all'aria  gelida. Or 
egli  ritrovava  a  Lione 
quelle  sofferenze  pun- 
genti.   L'amico    che 
r  accompagnava, 
Gournier,     ebbe     il 
pensiero  di  commet- 
tergli   il    ritratto    al- 
l'acquerello, di  due  sue  cugine,    le  signorine  Thibault.  lìglie 
di   un   gran    fabbricante.    Prezzo    stabilito,    novanta    l'ranchi. 
Immediatamente  allora  Meissonier  ordinò  il  mantello  dei  suoi 
sogni  ;  e  l'aneddoto  non  sarebbe  completo  se  non  aggiungessi 
ch'egli  vi  fece  attaccare  sei  bottoni  d'argento,  e  che  non  mai 
fu  più  felice  di  quando  vi  si  drappeggiava. 

Ritornato  a  Parigi,  trovo  uno  studiolo  che  lo  aspettava: 
il  suo  primo  studio!  Era  una  delicatezza  paterna.  .Ma  lo 
studio  non  dava  di  che  vivere.  l'apà  Meissonier,  la  cui  fortuna 
cominciava  a  rifarsi,  ma  che  si  era  riammogliato,  aveva  ridotto 
l'assegno  di  suo  figlio,  da    milleduecento    a    settecento   fran- 


K  IT  RATTO    DEL    SI<;.    af  HSX  li  V  I  1. 1.  1  , 
(Propriit.i  del  Ms;.   Quo^neville  fii;''"-) 


LA    GIOVINEZZA 


chi.  Or  fu  quasi  tanto    diffìcile  trovare    lavoro  quanto  lo  era 
stato  prima  per  trovare  un  maestro.  E  l'odissea  ricominciò. 

Dietro   consiglio   di    Tony  Johannot,  egli  si  presentò  da 
Curmer,  il  quale,  dopo   averlo    ben  squadrato  —   «  io  avevo 
l'aspetto  di   un  galoppino.  »  —  si  decise,  non  senza   rincresci- 
mento, a  fargli  eseguire,  pei  la  Bibbia 
di  Royaumont,  X  Eccidio  if  Eleazan 
L'  editore    fu    cosi    soddisfatto    delh 
tavola  .    che    di     botto  .     rimpegn( 
per    r  illustrazione    di    Paolo    e    Vii 
ginia  e   della  Caparwa    indiavci.  Mj 
l'importanza  di  quel  bel  risul- 


AUTORITRATTO    DI    MEISSONIER 
A    l8    ANNI. 


tato  doveva  ritorcersi  contro  il 
disgraziato  principiante.  Pei 
allargare  le  sue  relazioni  com- 
merciali, egli  erasi  recato  dal- 
l' editore  Hetzel,  calcolando 
sull'effetto  dei  suoi  primi  la- 
vori. Hetzel  gli  tenne  questo 
•  indimenticabile  discorso  »  : 
«  Dopo  le  tavole  meravi- 
gliose che  avete  fatte  per  Curmer,  io  non  posso  darvi  le  mie. 
—  E  cosi,  per  aver  fatto  troppo  bene,  eccomi  condannato  a 
morire  di  fame!  »   rispose. 

Tuttavia,  non  era  uomo  da  scoraggiarsi.  Da  allora  ebbe 
per  massima  che  per  piccole  o  grandi  che  fossero  le  cose,  tutto 
doveva  essere  perfetto.  Mentre  così  illustrava  la  Capanna 
indiana,  trascorreva  gran  parte  delle  sue  giornate  nelle  serre 
del  Museo  o  alla  Biblioteca,  per  studiare  le  piante  dei  tropici 
e  compulsare  le  opere;  e  il  direttore,  vedendolo  cosi  assiduo, 
si  compiaceva  di  procurargliele.  Tre  volte  alla  settimana  si 
coricava  alle  sette,  e  si  rialzava  a  mezzanotte  per  disegnare 
fino  alla  mattina,  per  dedicare  il  resto  del  tempo  allo  studio. 
Lavorava  sul  tavolino  di  sua  madre,  sul  quale  aveva    inciso 


,8  MEISSONIKH 


queste  parole  del  Vangelo:  «  Vegliate  e  pregate,  poiché  voi 
non  sapete  in  quale  ora  il  Signore  verrà.  >-  Ed  egli  osservava 
il  precetto  "  in  carne  come  in  ispirilo.  >■  ..  Ah!  —  esclamava 
poi  lietamente —  i  ladri  non  mi  disturbavano  punto!  lo  potevo 
benissimo,  uscendo  la  mattina,  lasciar  l'uscio  della  stanza  spa- 
lancato. « 

Questo  lavoro  ininterrotto  per  Curmer  e  per  Hetzel,  il  quale 
l'aveva  richiamato  per  associarlo  alle  sue  imprese,  sapete  quanto 
gli  fruttò?  Dal  i°  giugno  i836  al  i°  aprile  i83o,  novemila 
quattrocento  e  quattro  franchi ,  secondo  il  conto  esattissimo 
ch'egli  faceva  dei  suoi  guadagni.  Per  lui  solo,  sarebbe  stato 
l'agiatezza.  Ma  si  era  ammogliato  a  ventitré  anni  i3  otto- 
bre i838)  con  la  sorella  di  un  suo  collega,  il  pittore  su  vetri 
Steinheil.  Suo  padre,  inviandogli  per  dote,  insieme  a  sei  po- 
sate d'argento,  un  anno  di  assegno  e  un  anno  di  fìtto  gli 
aveva  fatto  questo  avvertimento  :  «  Ora  è  chiaro  che  tu  non 
hai  più  bisogno  di  me:  quando  si  mette  su  famiglia,  gli  é 
perché  si  sente  la  forza  di  sostenerla.  » 

Quell'unione  fu  per  lui  molto  gravosa;  ma  non  si  lamen- 
tava delle  sue  lotte,  né  avrebbe  voluto  che  lo  si  compiangesse. 
Solo  si  doleva  degli  ostacoli  che  potevano  nuocere  alla  fio- 
ritura completa  del  suo  ingegno.  "  Infelice?...  Ma  si  é  proprio 
infelici  quando  si  ha  vent'anni.  e  dinanzi  la  vita,  la  passione 
per  l'arte,  un  biglietto  d'entrata  al  Louvre,  e  il  sole  per  nulla?  >- 


rJS^*^  :f'fm^(<Ì'^^: 


ACQU.'VFORTE     ORIGINALE     DI      .MEISSONIER. 
(ToI:«  dall'  incisione  il  'Pjsligllone  di  Monjìés.) 


I    TRE   FUMATORI 
(QiTJdro  deliri  collezione  de)  si».  Tliicrv.) 


SCHIZZO    A   PEMNA. 


LE    OPERE 
I. 


SE  Li  li  Fjitrclicns  ne 
della  giovinezza  e 


lon  forniscono  sulle  opere 
e  della  prima  maturità  di 
Meissonier  tante  indicazioni  quante  son  quelle 
sugli  inizi  della  sua  vita,  pur  nondimeno  ne 
segnano  il  carattere  con  una  precisione  piena 
d"  interesse.  P3gii  aveva  per  principio  fisso  che  un 
artista,  per  quanti  progressi  abbia  fatto,  non  deve 
rinnegar  mai  gli  sforzi  dei  suoi  primi  anni,  ed 
è  giusto  dire  che.  s'egli  non  avesse  lasciato  altn; 
che  le  sue  prime  illustrazioni,  terrebbe  egual- 
mente un   bel   posto  nella  storia  dell'arte. 


MEISSONIER 


Non  aveva  conservato  nessuna  collezione;  ma  le  ritrovava 
sempre  con  diletto  presso  gli  editori,  o  in  casa  degli  amici. 
E  diceva:  «  Non  concepirei  oggi  altrimenti.  La  mia  maniera 
di  vedere  è  sempre  la  stessa:  io  non  sono  mutato.  »  11  vero 
possesso  del  suo  ingegno  data,  in  sostanza,  da  Paolo  e  Virginia 
e  dalla  Capanna  indiana. 

In  Paolo  ('  Virginia,  Meissonier  non  è  stato  se  non  un 
collaboratore  di  Tonv  Johannot,  ma,  in  verità,  un  collabora- 
tore insigne.  Johannot  era  stanco,  scoraggiato,  com'egli  stesso 
confessava.  Le  sue  composizioni  difettano  di  varietà;  l'eleganza 
ne  è  spesso  volgare,  la  grazia  molle:  natura  e  personaggi. 
tutto  fondesi  in  una  stanca  dolcezza;  e  quando  il  dramma  di- 
vampa per  un  contrasto  irrompente,  la  violenza  del  disegno 
diviene  quasi  brutale.  Le  quarantasette  vignette  che  formano 
il  contributo  di  Meissonier  si  distinguono  per  la  fermezza  e 
per  la  sobrietà  del   tratto. 

La  Capanna  indiana  appartiene  quasi  tutta  a  Meissonier. 
e  «  fu  quella  che  finì  per  dargli  un  po'  di  fama  ».  L'opulenza 
dell'interpretazione  apparve  meravigliosa.  Da  ogni  linea,  da 
ogni  parola  del  testo  scaturiva  una  fioritura  di  lettere  ornate, 
di  scene,  di  vedute,  di  quadri  lussureggianti  e  lampeggianti 
come  la  natura  stessa  dei  tropici.  Cotesta  abbondanza  di  idee 
era  sorretta  dalla  compiutezza  dell'esecuzione:  non  una  pianta, 
non  una  foglia  di  palma,  di  cocco,  di  banano  o  di  cedro  in 
fiore,  che  non  fosse  stata  studiata  sui  saggi  vivi  delle  serre 
del  Museo;  non  un  monumento,  sinagoga  di  Amsterdam  o 
biblioteca  del  Vaticano,  convento  del  Libano  o  pagoda  di 
Djaggernat,  la  cui  architettura  non  fosse  stata  rilevata  su  do- 
cumenti di  autenticità  incontestabile. 

Meissonier  vagheggiava  sempre  di  illustrare  .Molière  e 
La  Fontaine.  Egli  s'era  fatto  di  Alceste  un'idea  personale: 
lo  vedeva,  non  già  in  abito  di  velluto  verde  a  ricami  d'oro, 
come  lo  rappresenta  la  tradizione  teatrale,  ma  in  grigio  cupo 
su  toni  di  verde:  il  grigio,  gli  sembrava  il  solo  colore  che 
convenisse  al  carattere  del  Misantropo. 


LE    OPERE  2  1 

Poi  che  Jouaust  gli  ebbe  chiesto  di  illustrare  La  Fontaine, 
insieme  avevano  scelto  sei  favole,  fra  le  quali  le  Chéne  et  le 
Roseau,  le  Vieillard  et  les  Irois  Jeui/es-IJoìiiuies.  Verso  il  1880, 
cioè  nel  fulgore  della  sua  gloria,  Meissonier  penso  di  ripren- 
dere queir  idea.  Peccato  che  non  l' abbia  eseguita  !  Con 
quanta  potenza  e  con  quale  fascino  di  verità  egli  avrebbe  tra- 
dotto, nei  suoi  capolavori,  il  più  squisito  tra  gli  amanti  della 
natura,  il  più  saggio  tra  gl'interpreti  del  cuore  umano! 

Ma  ciò  che  forse  non  fu  abbastanza  notato,  nelle  ore 
di  gloria  nascente,  e  la  diversità  dei  lavori  ai  quali  IVleis- 
sonier  attendeva.  Non  c'è  quasi  edizione  illustrata  di  Curmer, 
d'Hetzel,  di  Delloye,  di  Duboc'het,  della  quale  egli  non  fosse 
stato  il  cooperatore  desiderato. 

La  critica  gli  rimproverava  di  illuderci,  ritraendo  i  co- 
stumi di  altre  età,  e  poco  manco  che  non  lo  si  dichiarasse 
incapace  a  riprodurre,  nel  realismo  del  loro  abbigliamento 
consueto,  gli  uomini  del  suo  tempo.  Non  dissimulava  le  sue 
preferenze,  le  quali  pero  avevano  la  loro  ragion  d'essere,  come 
in  seguito  ci  farà  sapere.  Tuttavia,  il  realismo  contemporaneo, 
non  l'avrebbe  preso  alla  sprovvista  s'egli  avesse  voluto  accon- 
ciarvisi.  Nei  Francesi  di  pi /iti  da  loro  stessi,  per  esempio,  si 
ritroverebbe  tutte  una  serie  di  tavole  dovute  alla  sua  matita 
(1840-1842).   Negli   schizzi  a   penna  era  valentissimo. 

Sanno  tutti  che  Balzac  l'aveva  chiamato  a  collaborare 
alla  Coiiièdie  huiiia/ne  1842  ?  Era  stato  stabilito  che  Meissonier 
farebbe  un  ritratto  del  romanziere  per  esser  posto  in  testa 
della  collezione.  Questa,  la  base  del  contratto. 

Nei  suoi  prodigiosi  calcoli  d' immaginazione,  Balzac,  col 
semplice  diritto  di  un  franco  prelevato  su  ciascuna  copia  ven- 
duta,  assicurava  al  pittore  due  milioni,  a  dir  poco.  .Non  era 
quella  un'inverosimile  apparizione  delle  ^I/Z/A'  e  una  notte  ^ox 
un  uomo  che  non  aveva  ancor  visto,  nelle  sue  mani,  mille 
franchi  in  una  volta?  Non  pertanto,  si  accinse  al  lavoro. 

«  Balzac  aveva  una  testa   rabelesiana  ,    finissima   e  comi- 


MEISSONIER 


cissima.  il  naso  arditamente  rincagnato  con  certe  pieghe  biz- 
zarre, gli  occhi  pieni  di  fuoco,  le  labbra  carnose  e  sensuah, 
grandi  anella  che  gli  scendevano  sulle  spalle  e  sulla  schiena, 
senza  barba...  •> 

II  ritratto,  seduto,  a  metà  corpo,  si  animava,  di  volta  in 
volta,  meravigliosamente.  N'olle  disgrazia  che  fosse  interrotto 
per  alcune  settimane. 

Un  giorno  che  un  modello  posava  indossando  certi  cal- 
zoni. "  le  cui  pieghe 
cadevano  bene.  "  .Meis- 
sonier  volle  tìssarli 
sulla  tela.  I^  cominciò 
lo  schizzo  proprio  a 
un  angolo  del  quadro 
<;)ve  il  Balzac  aspettava. 
Senonche  i  calzoni 
<(  disponendosi  sempre 
meglio  "  invasero  la 
faccia  del  romanziere 
e  finirono  col  coprirla. 
(Juei  calzoni  divennero 
poi  quelli  delV l'o/z/o  con  la  spada.  II  ritratto  fu  sacrificato,  il 
contratto  rotto  e  mai  più  rinnovato,  e  della  famosa  collabo- 
razione  non  son   rimasti   che  sei   disegni. 


SCHIZZO    A    PENNA. 


.Ma  se  lavori  di  tal  genere  Io  interessavano,  non  tanto 
forse  per  il  frutto  ch'egli  doveva  trarne,  quanto  per  le  cure 
delicate  che  vi  prodigava,  erano  però  ben  lontani  di  soddisfare 
la  sua  ambizione. 

"  No  —  rispondeva  impaziente  a  coloro  che  lo  lodavano 
con  indiscreto  zelo  ammirativo  —  questi  messèri  non  rivelano 
la  mia  natura.  la  quale  si  è  rassegnata  a  far  ciò;  ma  so- 
gnando altre  cose.   - 


LE    OPERE 


Qual'era  il  suo  sogno?  E,  prima  di  tutto,  era  esso  ben 
chiaro? 

Le  liti  che  si  agitavano  allora  e  dividevano  gli  spiriti, 
in  letteratura,  avevano,  come  tutti  sanno,  un'eco  profonda 
nelle  arti.  Il  pittore  Ingres  reggeva  la  bandiera  dei  classici, 
per  usare  il  linguaggio  del  tempo ,  con  la  duplice  autorità 
di  un  carattere  foggiato  dalla  natura  per  il  dominio,  e  di 
un  ingegno  consacrato  da  opere  d'incontestabile  maestria:  il 
Voto  di  Luigi 

XIII.L-apo.     -jry^jl    'f^|g 
teo  SI  eli  Omero.        ^  >'  "      «'i    ^-^ 
Contro  di  lui,  ^ 
Delacroix   a- 
veva    inalbe- 
rato   lo    sten- 
dardo  del   ro- 
manticismo   e 
conquistato    i 
diritto  di  con- 
durre  la  lotta 
col    Dante   e 
Virgilio ,  la 

Strage  dt   Scio  ,   Sardanapalo  ,    1'  Uccisione  del    Vescovo    dt 
Liegi. 

In  verità,  i  due  caposcuola  eran  separati,  non  tanto  dal 
fondo  della  loro  dottrina,  quanto  dalle  passioni  dei  loro  di- 
scepoli. Giacché,  sono  soltanto  gl'ingegni  secondari,  i  seguaci, 
gli  '<  agitati  >•  come  li  chiamava  il  Delacroix,  che  inaspriscono  e 
perpetuano  i  dissensi;  mentre  i  maestri  sol  per  il  grado  di 
elevazione  cui  li  conduce  l'ingegno  loro,  si  riavvicinano  sem- 
pre e  ristabiliscono  il  buon  accordo.  Il  Diario  di  Delacroix 
non  ha  forse  rivelato  quale  culto  egli  nutrisse  per  Racine  e 
Mozart,  per  la  grazia  perfetta,  la  profonda  armonia  e  la  serena 
bellezza  dell'arte  classica? 


IL   VECCHIO    CELIBE   MORENTE    E   DERUBATO. 
(Incisione  tolta  dai  Fr.m:.st  .Ufinti  .?,i    .'oro  sUssi.   Carracr,    1841.) 


24 


MEISSONIER 


«  Né  Mozart,  ne  Racine  —  egli  dice  —  pote- 
vano avere  le  nostre  sciocche  antipatie  :  il  loro 
buon  senso  era  all'altezza  del  loro  genio,  o  meglio 
era  il  loro  genio  stesso.  » 

ir  vanto   di    Meissonier    e  di  aver   cercato  la 
sua  originalità;,  non  già  in  una  sterile  imitazione, 
o  nei    termini   di    conciliazione    tra    gli   avversari, 
ma    nello  sviluppo  del    suo   proprio   tempera- 
mento. Egli  non  amo  giammai  Ingres,  che  lo 
Z         trattava  quasi  da  nemico;  ammirava  Delacroix. 
"'  Il  romanticismo,  lo  sappiamo  già,  aveva  a0a- 

UN  «  FLOTTEUK  »  (Fodcralorc). 

(inc.ione  .oit.  d.i  i-v.„„„  iipi„:i  scinato  la  sua  giovinezza. 

''" '°'°  """■'  «  Ah!  le  belle  visioni,  i  grandi    soffi  dei 

vent'anni  !  E  i  vecchi  manoscritti,  e  le  vergini  su  i  fondi  d'oro! 
K  i  campanili  gotici,  e  le  squille  sante!  Io  piango  ancora 
rileggendo  certi  versi,  »   diceva,  e  aveva   più  di  sessant'anni. 

Ma  se  quei  grandi  soffi  avevan  sollevato  l'anima  sua,  se 
egli  s'era  Uisciato  commuovere  da  quelle  belle  visioni,  nessuna 
lo  aveva  tenuto  in  signoria.  Di  solito,  si  va  dai  maestri  alla 
natura.  Meissonier,  invece,  era  giunto  dalla  natura  ai  maestri. 
Egli  dichiarava  di  «  non  averne  compreso 
taluni,  il  Correggio,  per  esempio,  se  non  in 
seguito,  quando  era  nella  maturità  della  sua 
forza  —  il  che  gli  aveva  permesso  di 
intenderli  senza  preconcetti,  di  null'altro 
amante  che  della  verità.  » 

Ma  a  che  si  sarebbe  applicato  co- 
testo amore  della  verità  naturale  ?  ^■ 

Meissonier,  nelle  sue  concezioni 
giovanili,  lo  collegava  intimamente  alla 
ricerca  della  verità  morale.  Egli  s'era 
«  cacciato  nelle  arti,  con  quest'antichis- 
sima idea ,  che  1'  arte  debba  servire  a 
moralizzare  la  società.  "  Non  era  una 
vana  teoria. 


UN    K  FLorriìUR  »    (Foderalore). 

lliicisione  tolca  du  J-raìUisi  dipinù 
da  loro  tletti.) 


LE   OPERE  25 

«  Vedete  —  egli  diceva  —  i  miei  primi  saggi:  VAsst^dw 
di  Calais ,  espressione  del  coraggio  civico  ;  Pietro  /'  Ereiìiiia 
predicanti'  la  Crociata,  espressione  dell'entusiasmo  leligioso; 
San  Paolo,  espressione  dell'amore  divino.  >■ 

Egli  aveva  associati,  in  questa  dottrina,  come  in  una  im- 
presa di  utilità  pubblica,  cinque  dei  suoi  migliori  amici:  Stei- 
nheil,  suo  cognato,  Trimolet,  Daumier,  Daubigny  e  uno  scul- 
tore, GeoQroy  Dechaumes.  Allo  scadere  di  una  convenzione 
che  tutti  avevan  firmata  con  le  loro  iniziali  di  artisti,  quattro 
di  loro  dovevano  lavorare  durante  un  anno  per  fornire  al 
quinto  i  mezzi  necessari  per  vivere,  onde  potesse  liberamente 
compiere  nello  stesso  anno  un  lavoro  di  ordine  superiore. 
Cotesta  associazione  affittò,  in  via  degli  Amandiers,  un  pian- 
terreno con  giardino;  uno  studio  spazioso  e  bene  illuminato 
vi  fu  presto  in  ordine.  Il  primo  a  profittare  del  lavoro  comune 
fu  Trimolet;  mentre  gli  altri  provvedevano  ai  suoi  bisogni,  egli 
fece  un  quadro  rappresentante  alcune  Suore  di  carità  che 
dispensano  la  zuppa  ai po\>eri.  Toccò  quindi  a  Steinheil  di  pro- 
teggere il  fuoco  di  Vesta.  Egli  compose  un  l 'omo  pregante 
sulla  vetta  di  una  montagna,  assediato  dai  sette  peccati  capitali. 
Dopo  Steinheil,  Daubigny.  Quando  arrivò  il  turno  del  quarto, 
l'associazione  era  finita.  Meissonier,.  se  n'era  ritratto,  subito 
dopo  il  matrimonio,  che  gli  creava  nuovi  e  urgenti  doveri. 


Fu  il  pittore  Chenavard  che,  illuminando  quella  vocazione 
ancor  dubitosa.  le  dette  una  traccia  e  ne  decise  il  volo. 

Chenavard  era  «  un  filosofo  che  aveva  visto  molto,  molto 
letto  e  molto  rifiettulo.  Aveva  però  la  fama  di  scoraggiar  tutti. 
«  Ora,  un  giorno,  nel  i83o  —  racconta  Meissonier  di  cui 
riassumiamo  qui  le  parole  —  egli  occupava  il  suo  posto 
consueto  alla   mia  piccola  tavola.  Piima  di   pranzo,  gli  mostrai 


26  MEISSONIER 


il  quadro  intorno  a  cui  lavoravo:  era  Gesù  Cristo  davanti  agli 
Aposto/i,  tela  non  so  da  chi  oggi  posseduta. 

Chenavard  contemplò  a  lungo,  senza  muover  labbro.  Io 
gli  esposi  la  mia  idea  :  le  sue  labbra  tacevano  sempre.  Allora, 
facendo  il  giro  del  mio  studio,  esaminò  attentamente,  ma 
sempre  taciturno,  tutte  le  tele  che  vi  erano.  Il  Siionatoi'e  di 
coìitralhìsso  lo  fermò.  Terminata  la  rivista,  ritorno  agli  Apostoli 
e  principiò  a  demolirli.  «  Non  avrete  la  pretesa,  penso,  di  rifare 
■  tali  cose  meglio  di  Ragaellor'  —  Certamente.  —  Ebbene 
'  allora,  perchè  ridire  meno  bene  ciò  che  e  stato  detto  alla 
'  perfezione?  »  E  conducendomi  al  Suonatore  di  contrabasso: 
«  Alla  buon'ora,  questo  qua  è  personale  ed  è  eccellente!  >■ 

Poi  mi  accompagnò  da  Gleyre,  col  quale  era  in  intima 
amicizia.  A  tutto  ciò  che  Gleyre  gli  mostrò:  Figliuol  prodigo, 
cartoni  di  questo  e  di  quello,  egli  esclamava:  «  Perfetto.  » 
Approvava  tutto,  lodava  tutto.  Io  ero  molto  sorpreso.  «  Ma 
.'  come?  avete  veramente  trovato  tutto  buono?  )>  gli  dissi,  di- 
scendendo le  scale.  «  .Mi  avete  udito  »  —  rispose  egli —  «  lodare 
«  qualche  cosa  in  particolar  modo,  e  una  cosa  più  dell'altra?  » 
«  Nulla  dunque  esce  dall'ordinario,  nulla  è  notevole  li  dentro.  » 
Compresi  allora  ciò  che  valesse  la  sua  così  vivace  approva- 
zione al  Suonatore  di  cantrainisso,  dopo  la  critica  cosi  acerba 
agli  Apostoli.  » 

Da  quel  giorno,  un  pittore  di  genere  era  nato  alla  Francia. 

«  Si  è  sempre  figli  di  qualcheduno,  ha  scritto  Teofìlo 
Gautier.  .Ma  in  arte  si  può  avere  un  padre  morto  da  molti 
anni.  Terburg,  Netscher,  Metzu,  Brouvver,  iMièris,  Franz  Hals, 
Van  Ostade,  Peter  de  Hoogh  debbono  popolare  la  casa  di 
Meissonier  come  ritratti  di  antenati,  senza  che  cotesta  filia- 
zione gli  vieti  di  esser  lui  stesso  un  antenato.  »  L'arte  olan- 
dese è  un  genere  essenzialmente  nazionale.  L'originalità  di 
Meissonier  stette  nell'averne  fatta  un'arte  universale  e  un'arte 
francese.  Indipendente  rispetto  ai  maestri  che  s'imponevano 
in  Francia,  egli  non  lo  fu  meno  di  fronte  a  quelli  da  lui  pre- 


LE    OPERE  27 

scelti  fuor  della  Francia.  Egli  non  imitò;  trovò  e  creò.  Grazie 
alla  cura  squisita  e  alla  penetrante  limpidezza  dei  particolari, 
alla  naturalezza  e  alla  vivezza  delle  fisionomie,  alla  perfezione, 
insomma,  raramente  eguagliabile,  del  suo  lavoro,  egli  si  di- 
stinse dai  suoi  modelli  per  una  cura  più  ragionata  dell'insieme 
e  una  scienza  più  profonda  delle  composizioni,  per  il  sapore 
e  per  la  fedeltà  del  costume,  per  la  ricerca,  infine,  nell'espres- 
sione particolare,  dell'espressione  generale  e  del  tipo. 

I  buoni  Olandesi  si  sono  sempre  distinti  nella  pittura 
minuta  dei  loro  »  interni  »  tranquilli.  Ma  quell'amore  esage- 
rato alle  minuzie  non  minaccia  talvolta  di  annebbiare  1'  idea 
capitale >  L'esempio  della  RivnÙ!  ììollLirna  è  in  ciò  singolar- 
mente istruttivo.  (Questo  capolavoro,  per  tanti  aspetti  mirabile, 
non  sarebbe  ancor  oggi  più  rapidamente  e  limpidamente  com- 
preso, qualora  l'ambiente  richiedesse  più  lieve  attenzione? 
Quanto  maggior  diletto  se  la  ricerca  fosse  minore! 

.Meissonier  ha  sempre  questo  merito .  che  l' ambiente  di 
ciascuna  sua  minima  tela  sorregge,  illustra  il  soggetto  e  con- 
corre a  farlo  gustare.  Non  si  sottrae  sempre,  è  vero,  al  difetto 
di  prospettiva,  che  però  sembra  inerente  al  genere  e  che  de- 
riva un  poco  anche  dalla  sua  ottica  particolare. 

Ma  i  suoi  «  interni  »  parlano;  invitano  a  entrare  in  co- 
munione di  vita,  come  egli  diceva,  con  i  loro  abitatori.  Egli 
associa  il  nostro  al  pensiero  dei  suoi  personaggi  mediante 
l'intima  immediata  conoscenza  che  ci  procura  con  quei  costumi 
e  con  quelle  abitudini.  Mai  con  Meissonier  occorre  chiedersi 
in  qual  posto  ci  si  trovi.  L'artista  ci  risparmia  ogni  fatica 
perchè  lo  s'  intenda  ,  e  ci  lascia  liberi  al  piacere  di  ammi- 
rarlo. 

Se  non  dipinse  i  francesi  del  secolo  XIX,  come  i  pit- 
tori d'Olanda  riproducevano  gli  olandesi  del  tempo  loro, 
non  fu  già  impotenza;  gli  è  che  non  li  trovava  né  molto  inte- 
ressanti, ne  molto  belli. 

«  Sapreste   immaginarvi  un    lettore  di  oggi ,   un  signore 


28  MKISSONIER 


moderno  in  veste  da  camera  e  in  pantofole,  le  gambe  accaval- 
late ,  percorrente  con  occhio  distratto  un  giornale  in  una 
biblioteca  ingombra  di  opuscoli  e  di  edizioni  a  un  franco  che 
non  valgono  né  pur  la  spesa  della  rilegatura?  » 

La  sua  estetica,  dunque,  aveva  altre  esigenze,  ed  egli  non 
le  celava.  L'atteggiamento  e  il  vestito  erano  necessari  al  suo 
pennello. 

t  In  ogni  artista  vi  è,  bisogna  che  vi  sia,  il  fondo  di  un 
attor  comico.  Si  rida  pure  quanto  si  vuole;  è  la  verità.  Io 
mi  rivedo,  giovanetto,  solo  nella  mia  stanza,  ballando  e  pi- 
roettando, allungando  il  passo,  assumendo  varie  pose,  drappeg- 
giandomi, immaginando  un  personaggio  o  una  situazione, 
inventando  scene  che  m'inebriavano  mentre  io  le  eseguivo 
vivacemente.  » 

L'uomo,  per  .Meissonier.  non  doveva  essere  scompagnato 
da  una  certa  bellezza,  ne  la  bellezza  umana  da  una  certa 
eleganza  esteriore. 

Prima  che  le  uniformi  militari  dell'Impero  diventassero 
lo  studio  privilegiato  e  la  passione  della  sua  tavolozza,  egli 
aveva  pazientemente  guidato  le  sue  ricerche  dalla  Rinascenza 
al  Direttorio,  dal  Rc'itrc'  aW  Incroval>/i\  e  dincora.,  per  tutta  la 
vita  si  compiacerà  di  cercare  i  suoi  modelli  nel  tesoro  di 
questa  sua  galleria.  Massimamente,  fra  tutti  i  costumi,  preferiva 
r  uniforme  delle  Guardie  francesi  e  l'abito  del  borghese  pa- 
rigino del  secolo  XVIII.  Perciò  il  corpo  di  guardie  dei  soldati 
del  maresciallo  di  Sassonia, egli  ><  interni  »  del  tempo  di  Sedaine 
e  Diderot  sono  presi  per  solito  da  lui  come  fondo  dei  suoi 
quadri.  Quel  costume  grazioso  e  semplice,  assestato  e  sciolto 
insieme,  aveva,  ai  suoi  occhi,  il  merito  di  prestarsi,  senza  af- 
fettazioni o  ricercatezze  a  tutte  le  buone  civetterie  dell'arte, 
esprimendo,  nel  contempo,   il   sentimento  della  vita. 


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MEISSONIliR 


Cosi,  dunque,  in  Meissonier,  il    carattere  delle  foggia  è 
come    quello    dell"  ambiente:    esso    serve    all'  espressione    dei 

personaggi,  e  questa 
espressione  è  l'unico 
^Lio  obbiettivo.  "  In 
irte  non  c'è  altro  d'in- 
teressante —  diceva 
—  se  non  quello,  che 
non  è  stato  fatto  an- 
cora. »  E  in  verità, 
pur  bene  studiando, 
e  possibile  trovare 
nella  straordinaria  col- 
lezione dei  fumatori  e 
lettori  dipinti  da  lui 
ilal  1840  al  1860  .  è 
possibile  trovarne  due 
che  si  rassomiglinor 
«  Prendete  il  Fuìna- 
iorc  —  ha  detto  Teo- 
filo Gautier.  —  Costui, 
senza  dubbio,  e  un 
brav'  uomo  ,  vestito 
d'un  ampio  pastiano  antiquato  di  un  grigio  scialbo,  con  in 
capo  un  tricorno  accuratamente  spazzolato,  dondolante  un 
piede  calzato  da  una  grossa  e  buona  scarpa  a  fibbia  d'argento 
e  lucidata  ci^n  l'uovo;  egli  aspira  con  la  llemma  di  una  co- 
scienza serena  una  lunga  boccata  di  tabacco  lasciandola  sfug- 
gire, a  guisa  degli  avari,  a  nuvolette,  perche  il  piacere  duri  di 
più:  presso  di  lui,  sulla  tavola  dai  piedi  a  spirale,  posa,  a 
fianco  della  brocca  il   bicchiere  di  birra  dal  coperchio  di  sia- 


(Quadro  appartenente 


:ROVAHLh   )i. 

barone  KJmonJo  di  Rolliscliild.; 


LE    OPERE 


gno:  una  intima  soddisfazione  raggia  dal  suo  volto  solcato  da 
grandi  rughe  piene  di  cifre,  di  abitudini  ordinate  e  di  rigida 
probità:  volentieri  gli  affideremmo  la  nostra  cassa  e  i  nostri 
conti. 

Quell'altro  ,  vestito  di 
rosso,  regge  anche  una  pipa 
e  fa  apparentemente  la  stessa 
cosa;  se  non  che,  il  vestito 
gualcito .  piegato  con  vio- 
lenza ,  abbottonato  di  tra- 
verso, il  tricorno  calcato 
fin  sulle  sopracciglia,  i  ma- 
nichini e  il  merletto  dello 
sparato  sciupati  dalla  mano 
convulsa,  l'attitudine  del 
corpo  spossato  e  febbrile,  il 
tic  della  bocca  mordente  la 
canna  d' argilla ,  la  mano 
rabbiosamente  cacciata  nella 
tasca  vuota,  tutto  rivela 
l'avventuriero  o  il  giuoca- 
tore  ridotto  al  verde.  Evidentemente,  egli  dice:  «  A  chi  dia- 
volo potrei  chiedere  un  luigi,  o  anche  uno  scud<:)?  » 

Diversità,  cotesta,  tanto  più  interessante  in  quanto,  mentre 
quei  due  fumatori  esprimono  nello  stesso  tempo  ciascuno  uno 
stato  particolare,  assumono  un  carattere  generale  per  V  am- 
piezza dell'  espressione  e  per  Io  stile. 

Per  servirci  di  un  altro  esempio,  ecco  due  uomini  ben 
diversi:  uno,  che,  ritto  dinanzi  a  una  finestra,  l'occhio  fisso, 
il  volto  proteso,  termina  di  leggere  con  mal  contenuta  pas- 
sione il  libro  che  stringe  contro  il  petto;  e  l'altro  che,  seduto 
comodamente  in  una  larga  poltrona ,  mentre  con  una  mano 
sorregge  la  fronte,  tiene  delicatamente  con  l'altra,  quasi 
carezzandolo,  il  libriccino  elegante  del  quale  Giulio  Janin.  da 


(DM\ 


IL    hUMATORh. 
forte  originale  di   Me 


MEISSONIER 


t^ 


bibliofilo,  aveva  notato  la  rilegatura  squisita;  ma  quei  due 
lettori  non  rappresentan  forse  con  eguale  verità  il  Lettore'^'t 
Meissonier  idealizza  in  questo  senso  che,  nell'individuo  da  lui 
dipinto    riunisce  i   tratti  comuni  che  dell'atto    espresso   fanno 

un  carattere,  del  per- 
sonaggio un  tipo.  I 
Contadini  chi'  si  az- 
:/i/f(t/!o  di  Brouwer 
sono  d'  una  energia 
singolarmente  e- 
spressiva;  ma  stjno 
conladini  fiammin- 
ghi; fuor  di  quella 
cornice  non  si  ve- 
dono più.  Ma  per 
poco  che  lo  sguardo 
si  fissi  sulla  Rissa, 
non  è  possibile  fi- 
gurarsi una  lite  vio- 
lenta senza  vedersi 
sorgere  davanti  la 
scena  tumultuosa 
della  quale  Meisso- 
nier ha  espresso 
senza  cader  nel  tri- 
viale la  verità  eterna 
e  universale;  i  corpi 
convulsi  dei  rivali, 
gli  sguardi  pregni  di  rabbia,  i  muscoli  del  collo  e  della  faccia 
tesi  fino  a  spezzarsi,  tutto  quel  supremo  impeto  di  un  furore 
che  neppur  l'intervento,  tra  minaccioso  e  supplichevole  dei 
compagni  ,  accorsi  a  dividere  i  due  forsennati  ,  ha  potuto 
domare! 

Questa  profondità  dell'espressione  generale  raggiunge  forse 


IL    FUMATORE. 
(Disegno     a    m.tit». 


LA    UARRICATA    (1S48). 
(Esposta  nel   iSjO  col  titolo  :  Ricordo  dttla  j»r 
Collezione  del  sig.  Carlo  di  Beistegn 


Meiisomer. 


LE   OPERE 


35 


la  sua  massima  potenza  in  due  tele:  //  Letto  di  morte    i838) 
e  la  Barricata    1848). 

Che  angoscia  e  che  gratitudine  nello  sguardo  di  quell'in- 
fermo; che  fermezza  e  che  dolcezza  nella  stretta  di  quel 
monaco!  La  carità  cristiana  al  capezzale  dell'umanità  sofferente! 


IL     LETTO     DI     MORTE. 
(Museo  Fodor,  Amsterd.im.) 


La  Barricata  e  un  dramma,  e  il  dramma  e  un  ricordo. 
Durante  le  giornate  di  Giugno,  Meissonier  era  capitano  di 
artiglieria  nella  guardia  nazionale.  L'insurrezione  circondava 
il  palazzo  Municipale  ,  protetto  dalla  sua  batteria.  Poi  che 
la  barricata  della  strada  della  Mortellerie  fu  presa  d' as- 
salto, egli  aveva  visto  il  suolo  ricoprirsi  di  Ciideweri,  la  terra 
bagnarsi  di  sangue.  Colà  aveva  udito  anche  risuonare  «  la 
parola  terribile,  che,  più  d'ogni  altra,  esprime  fino  a  qual 
punto,  in  quelle  spaventevoli  guerre  per  le  vie,  gli  spiriti  si 
esaltino!   » 

■<  (Questi  uomini,  erano  tutti  colpevolir      domandò   .Mar- 


36 


MF.FSSONIER 


rast  all'ugiciale  della  Guardia  repubblicana.  «  Signor  sindaco, 
siatene  ben  certo,  non  c'è  che  un  quarto  d'innocenti.  >• 

Inspirato  da  questo  tragico  episodio,  il  quadro  della  Bar- 
ricata è  di  per  sé  più  che  un  episodio:  è  l'immagine  della 
guerra  civile  in  tutto  il  suo  orrore.  La  pugna  è  cessata ,  la 
notte  cala,  ovunque  un  silenzio  di  morte;  allo  sbocco  d'una 
stradicciuola  ,  alte  mura  annerite  dalla  polvere  e  crivellate 
dalla  mitraglia  ;  al  primo  piano,  un  mucchio  di  ciottoli,  ultima 
trincea  della  lotta  fratricida:  dietro,  un  ammasso  di  brandelli 
umani. 

«  Quando  Delacroix  vide  l'acqueiello  nel  mio  studio,  ne 
restò  cosi  colpito  che  una  tra  le  più  grandi  gioie  della  mia 
vita ,  fu  di  regalarglielo  la  sera  medesima.  » 


SCHIZZO    A    PENNA    PER    IL    «  1805   ». 


AaUILA   SULLA   SPADA   DELL'  IMPERATORE    PER    IL    «  1807  ». 
(Acquaforte  di  Meissonier  (1890)  per  la  tavola  di  J.  Jacquet.) 


II. 


S' 


OLFERiNo  dischiuse  a  Meissonier  un  nuovo 
orizzonte  iSSq  .  e  da  esso  ebbe  origine  la 
sua  concezione  della  grande  epoca  napoleonica. 
Per  invito  di  Napoleone  III  partiva  alla 
scopo  di  CI  illustrare  -  la  campagna,  mentre  un 
redattore  del  Siede ,  Edmondo  Texier,  doveva 
farne  il  racconto. 

Dal  Moncenisio  a  Milano,  l' itinerario  non 
sembrava  troppo  ben  regolato  ;  nessuno ,  tra  i 
capi,  sapeva  la  propria  via;  tutte  le  linee  erano 
ingombre.  Sulle  grandi  strade  lombarde,  la  pol- 
vere è  accecante,  il'  caldo  soffoca  ;  ognuno  al- 
loggia e  si  nutre  come  può  ;  bisogna  disputarsi 
un  bicchier  d'acqua  per  mancanza  di  foraggio  e  di  avena, 
.Meissonier  è  costretto  più    di    una  volta   a    sgranar  nel  cavo 


MEISSONIER  (1859). 
CAMPAGNA      d'  ITALIA. 


38  MEISSONIER 


della  mano  qualche  spiga  verde  per  Coningham,  il  generoso 
Coningham  sul  quale  cavalca.  Ma  era  mirabile  veder  la  foga, 
la  Fiducia  dei  soldati;  parevano  la  cavalcata  degli  uomini  d'armi 
di  Carlo  Vili  moventi  alla  conquista.  La  varietà  di  quelle  uni- 
formi «  in  movimento  »  che  sfilano  sotto  i  suoi  occhi  lo  en- 
tusiasma. 

Finalmente  arriva  al  quartier  generale  ed  e  subito  am- 
messo nello  stato  maggiore.  Due  giorni  dopo,  al  levar  del 
sole,  il  cannone  tuona.  È  la  battaglia?  Intorno  a  Napoleone  III, 
si  suppone  sia  una  semplice  ricognizione,  forse  un  impegno 
dell'  avanguardia.  Ma  la  cannonata  si  stende,  sembra  avanzare, 
balza  di  poggio  in  poggio.  Dall'alto  d'una  collina  ove  non  sa 
come  abbia  potuto  salire  a  cavallo,  e  tanto  meno  come  potrà 
discenderne,  Meissonier  vede  sloggiare  un  corpo  di  austriaci. 
Per  ore  intere  galoppano  cosi  davanti  a  lui,  salendo,  precipi- 
tando, in  mezzo  al  clamore  e  tra 'I  fumo  della  mitraglia.  D'un 
tratto,  un  ostacolo,  resiste...  La  posizione  è  conquistata... 
L'Imperatore,  col  seguito  sale  sul  ridotto  sbarrato  di  morti 
«  lungo  il  viale  delle  more  e  delle  viti  allacciate,  sotto  la  cui 
protezione  i  nostri  piccoli  soldati  avevano  scavalcato  l'altura 
e  ritrovato  nella  linea  dei  cadaveri  il  segno  della  loro  rapida 
marcia  >>.  E  la  vittoria?  La  cannonata  brontola  ancora;  ma  i 
soldati  si  coricano  per  terra.  E  ben  dunque  la  vittoria ,  la 
vittoria  di  Solferino. 

«  Triste  spettacolo!  —  esclamava  il  pittore  molto  tempo 
dopo  sotto  un'impiessione  così  viva  come  se  ancora  l'avesse 
dinanzi  gli  occhi  —  triste  spettacolo,  quello  dei  feriti,  gli  uni 
irrigidentisi  nel  dolore,  gli  altri  abbandonantisi  alle  lacrime, 
vincitori  e  vinti  disarmati  dalla  sofferenza  e  spiranti  vicini, 
quasi  l'uno  nelle  braccia  dell'altro!...  Ovunque  armi  spezzate, 
membra  sparse,  pozze  di  sangue  dove  i  cavalli  scivolavano, 
e  bisognava  metter  piede  a  terra.  »  ("erti  ricordi  lo  facevano 
trasalire  ancora.  Passando  presso  un  gruppo  di  morti,  un  uffi- 
ciale aveva  raccolto  un  berretto  d'ordinanza  per  offi^irglielo:  il 


LE    OPERE 


T 


berretto  era  caduto  dal  sacco  di  un  giovine  luogotenente 
austriaco,  dal  viso  pallido  e  dolce,  disteso  a  terra.  Egli  re- 
trocesse inorridito.  .M^lti  cadaveri  erano  già  spogliati  :  uno 
lo  colpi  per  la  sua  bellezza:  era  nudo  fino  alla  cintola  :  un 
torso  antico  !  Altrove  in  un  campicello  delizioso  e  verde 
—  una  vera  cornice  per  idilli  —  una  famiglia  d'italiani  — di 
quelli  che  s'eran  venuti  a  liberare!  —  vecchi,  donne,  fan- 
ciulli .  piangevano  sulla  soglia  della  loro  casupola  in- 
cendiata ».  J 

La  sera,  per  un  singolare  contrasto,  <<  il  cielo 
libero  dopo  un  violento  uragano  era  mirabilmente 
puro,  e  la  calma  d'un  bel  crepuscolo  estivo  si 
spandeva  con  la  notte  su  quei  piani  ove  poc'anzi 
trecentomila  uomini  si  toglievano  accanitamente 
la  vita  ». 

Quand'egli  seppe  che  la  pace  di  \'illafranca 
era  stata  firmata  ,  mentre  intorno  a  lui  lo  stato 
maggiore  mormorava  quasi  e  si  lagnava  che  la 
guerra  fosse  terminata  cosi  presto:  «  Sia  lodato 
Iddio  —  esclamò  —  non  vedremo  più  cadaveri 
tra  le  zolle!  * 

Indubbiamente,  bisogna  ricercare  in  coteste 
impressioni  profonde  la  ragione  del  quadro  di 
Solferino,  e  unitamente,  quella  del  modo  con  cui 
Meissonier  intendeva  la  rappresentazione  di  una  battaglia.  Le 
grandi  carneficine  ripugnavano  ai  suoi  sentimenti  e  alla  sua 
arte:  giammai  avrebbe  dipinto  la  strage  di  Evlau.  L'espres- 
sion  della  guerra  egli  la  cerca  nel  pensiero  che  dirige,  nel 
coraggio  che  la  serve  e  la  onora.  I  >a  essa  estrae  l' idea  e 
r  umanizza. 

Al  pie  di  una  collina,  una  batteria  e  per  metà  rotta,  mentre 
un'altra  si  slancia;  sulla  scesa  alcuni  morti  coricati  tra  le 
erbe:  al  sommo  la  torre  di  Solferino:  qua  e  là  fiocchi  di 
fumo  segnanti  la  marcia  veemente  dei  cacciatori  che  (jccupano 


SCHIZZO 

D!  gk.\n:atiere. 


40 


MEISSONIER 


il  cimitero  e  dei  volteggiatori  che  s' impadroniscono  della 
montagna  dei  Cipressi  :  in  faccia  al  colle,  sur  un'  eminenza, 
Napoleone  III   circondato  dal  suo  stato  maggiore,  contempla 

l'assalto  eroico:  tale 
è,  nella  sua  intenzione 
voluta,  il  quadro  che 
non  conserva  del  tea- 
tro sanguinoso  della 
lotta  se  non  ciò  che 
era  indispensabile  per 
indicare  la  lotta.  Egual- 
mente più  tardi ,  nei 
Corazzieri .  egli  sce- 
glierà, non  l'ora  del- 
l'azione, ma  quella  che 
la  precede,  l'ora  tra 
tutte  grave  e  solenne, 
in  cui  soldati  e  capi- 
tani attendono  silenzio- 
samente immobili,  que- 
sti il  momento  di  dare 
il  segnale  supremo, 
quelli  il  momento  di 
gettarsi  nella  mischia. 
Del  resto,  egli  stesso 
ha  definito  la  sua,  di- 
rem  così,  estetica  della 
guerra,  quando  a  proposito  del  i8oj  scrisse:  «  Se  io  ho 
svolta  la  battaglia  al  secondo  piano,  nel  fondo,  gli  è  perche 
mi  occorreva  farlo  per  accrescere  l'entusiasmo  dei  soldati  ed 
esprimere  il  loro  fanatismo  per  l'Imperatore  giunto  all'apogeo 
della  sua  grandezza;  ma  non  ho  voluto  rattristare  la  scena  con 
particolari  lugubri;  li  ho  tutti  aboliti;  nuli' altro  che  un  cas- 
sone smontato  e  del  grano  che  non  maturerà  più;  e  basta!  » 


SENTINELLA. 
■  Collezione  del  sig.  Clieramy.) 


LE    OPERE 


Questa  maniera  di  concepire  la  gloria  militare  era  in  lui 
nello  stesso  tempo  cosi  naturale  e  cosi  meditata  che  non  temeva, 
singoiar  cosa,  di  attribuirla  all'  Imperatore.  Egli  s' incolleriva 
al  pensiero  che  si  accusasse  Napoleone  di  aver  detto  che  la 
vita  di  duecento  mila  uomini  valeva  per  lui  quanto  una  presa 
di  tabacco.  Avrebbe  creduto  di  umiliailo  immaginandolo  pie- 


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TI  y? 

DRAGONE    IM    VEDETTA. 
(Appartenente  al  sig.  Kncedler  di  New-York.) 


namente  e  semplicemente  felice  del  suo  trionfo,  la  sera  di  una 
battaglia  sanguinosa;  poteva  lo  spettacolo  'di  tanti  cadaveri 
lasciarlo  indifferente?  Egli  non  ammetteva  si  dubitasse  della 
sincerità  del  sogno  napoleonico  <  di  un  viaggio  a  traverso  l'Eu- 
ropa pacificata  ».  il  paradosso  sembra  strano.  Ma  cosi  com'è, 
mentre  conferma  le  specialissime  e  fermissime  vedute  di  Meis- 
sonier  sulla  composizione  dei  quadri  di  battaglia,  spiega  Io 
spirito  generale  dell'opeia  da  lui  consacrata  all'Imperatore. 


Mi;iSSOMER 


«  Non  si  può  toccar  questa  fioura  con  mano  insensibile 
—  egli  disse  —  in  un  modo  o  nelT  altro.  Napoleone  com- 
muove violentemente:  o  si  detesta  o  si  ama.  »  Egli  l'amava. 
L'aveva  sempre  amato. 

La  traslazione  delle  ceneri,  nel  1^*40,  da  lui  seguita  tra 
la  folla  entusiasta,  dal  Pecq  agli  Invalidi,  sempre  in  prima 
fila,  gli  era  presente  quarant'anni  dopo,  come  al  primo  giorno. 
.Molte  volte  lo  sollecitarono  di  Fare  il  ritratto  in  piedi  del- 
l'Imperatore. Vi  si  è  sempre  rifiutato.  (Quello  della  J/<?////(/'/ò'6»;;. 
non  l'ha  mai  soddisfatto.  Non  già  ch'egli  non  si  sentisse  di 
rappresentarlo  come  fece  David ,  in  costume  di  parata.  Ma 
non  sapeva  vederlo  isolato,  entro  una  cornice,  come  un  papa 
o  un  re.  Lo  concepiva  soltanto  in  azione. 

Un  giorno  s'era  divertito  a  disegnare  la  Veglia  di  Ma- 
rengo. «  Tutta  la  giornata  aveva  piovuto,  come  piovve  a  Wa- 
terloo, e  la  sera,  nella  gran  pianura,  il  giovane  e  brillante  gene- 
rale in  capo  dell'armata  d'Italia  era  smontato  da  cavallo  con 
i  suoi  ufficiali,  grondante  acqua:  alcuni  cacciatori  avevano 
acceso  un  fuoco  di  sarmenti  e  cijnversavano  lieti.  «  Così 
aveva  concepito  l'episodio,  e  l'episodio  gii  piaceva.  Ma  non 
era  che  un  episodio.  A  tempo,  egli  ebbe  l'ambizione  di  rias- 
sumei^e  la  vita  dell'Imperatore  in  cmque  grandi  pagine:  ijpó, 
180J,  /8u>,  jS/-/,  /Sij.  Alla  fine  della  sua  carriera  ritornò 
ancora  a  questo  divisamento.  commentando  il  iS/^  che  aveva  già 
fatto,  e  il  /ypó  che  era  in  via  di  fare,  modificando,  perfezio- 
nando l'insieme  della  concezione.  Giova  leggere  i  partici )lari 
di  queste  prove  successive  negli  Eìitrelieiis\  noi  ne  indicheremo 
solo  i  pensieri,  riferendone  i  termini  più  caratteristici. 

ijc)6.  È  il  prinKj  raggio  della  fortuna  e  della  gloria.  Siamo 
in  Italia,  d'estate,  a  Castiglione.  Albeggia.  Dietro  la  collina, 
mezzo  nascosto,  un  partito  di  cavalleria.  Sull'altura,  una  bat- 
teria. Al  primo  piano,  una  profonda  linea  di  fanti.  Bonaparte 
passa  sulla  fronte,  al  galoppo.  Il  sole  che  sorge  illumina  la  sua 
taccia. 


LE    OPERE 


4? 


jSoy.  Friedlcind.  Anniversario  di  .Marengo,  dopo  nove 
anni,  giorno  per  giorno.  Il  Destino  ha  deciso.  Il  mondo  volge 
intorno  a  Napoleone  come  intorno  al  suo  asse.  Ai  suoi  piedi, 
un  torrente  d'uomini  inebbriati  passano  gettandogli  l'anima. 
Egli  è  l'idolo,   l'idolo  impassibile. 


NAPOLEONE    I    E    IL   SUO    ST.\TO   MAGGIORE. 
(Museo  del    Luxembourg.l 

fSio.  Erfurt,  l'ora  della  vertigine.  Era  di  rito,  al  Con- 
gresso che,  ogni  mattina,  i  sovrani,  entrando  nella  sala,  si 
facessero  annunziare  con  tutti  i  loro  titoli  ,  senza  ometterne 
alcuno.  Quando  avevan  preso  posto ,  la  porta  si  richiudeva. 
Dopo  una  pausa,  si  riapriva  e  l'usciere  gridava,  semplicemente: 
«  L'Imperatore!  »   E  niun  altro  v'era  che  lui. 

iSf^.  Cielo  triste,  suolo  devastato.  Non  e  la  ritirata  di 
Russia,  ma  la  campagna  di  Francia.  I  volti   abbattuti,  irritati. 


44  MEISSONIER 


esprimono  lo  scoramento,  lo  smarrimento,  il  tradimento,  forse. 
Napoleone  cammina  lentamente,  il  corpo  accasciato,  ma  lo 
sguardi»  diritto:  tutto  potrà  risorgere,  se  coloro  che  Io  seguono 
condividono  la  sua  tede. 

18 1).  Il  Bellcrofontc'.  Egli  è  assiso,  solitario,  sul  cannone 
chiamato  il  «  cannone  dell'Imperatore  ».  Dietro  a  lui,  in  di- 
stanza, le  sentinelle  inglesi. 

Ogni  volta  che  uno  di  questi  schemi  gli  ritornava  alla 
mente,  .Meissonier  si  entusiasmava.  La  sua  ammirazione  era 
eguale  tanto  pel  grande  organizzatore  quanto  per  il  grande 
condottiero.  Al  ciclo  dell'epopea  militare  egli  aveva  pensato  di 
aggiungere  una  pagina  di  gloria  civica:  l'Imperatore  al  Con- 
siglio di  Stato.  Perciò  Io  aveva  studiato  profondamente;  co- 
nosceva la  completezza  del  suo  genio,  pur  non  dissimulando 
le  violenze  e  le  debolezze  del  suo  carattere.  Ma  le  scusava, 
mal  sopportando  che  altri  se  ne  servisse  contro  la  sua  me- 
moria. Per  questo,  il  libro  di  Lanfrey  l'addolorava.  Lo  stra- 
ripare delle  piccole  rivelazioni  accolte  con  esagerato  favore 
dalla  pubblica  malignità  lo  irritava.  «  Io  sono  meno  severo 
—  diceva  —  perchè  sono  stato  alle  sorgenti  vere.  Per  valutare 
uomini  sijtàtti,  bisogna  essere  della  loro  altezza,  o  mettersi 
nella  loro  pelle.  .Napoleone  orgoglioso!  Diamine!  è  chiaro 
che  chi  trovasi  sulla  vetta  del  Monte  Bianco  giudica  le  cose 
altrimenti  di  quelli  che  stanno  al  basso.  Si  confonde  l'orgo- 
glio con  la  grandezza.  Difetti  e  qualità,  vizi  e  virtù,  tutto, 
nel  genio,  si  misura  alla  stregua  del  genio.  La  Storia,  nella 
sua  semplicità,  Io  vedrà  come  lo  vedo  io.  » 


^^^ 


DONNA      CORICATA. 
(Schizzo.  I 


(Quadro  dtlh 


LE    IN'FORMAZION:. 
lezione  del  sig.  VanJerbilt,  a  Ne^v-Yo^k.) 


IL    MAESTRO 
1. 


S' 


E  e  sempre    interessante    conoscere  ciò 
che  un  artista    ha    aggiunto   ali  opera 
sua,    commentandola;    maggiormente   lo    è 
quand'egli  parla  di    sé  medesimo,  del  suo 
ingegno ,    del  suo  carattere ,  del  suo   modo 
di  applicar  l'arte  e  di  comprendere  la 
vita.  Su  questi  punti,  gli  Enireliens  sono 
completi.    .Mentre  ci  iniziano  a  tutti    i 
segreti  del  lavoro  di    Meissonier .  con- 
temporaneamente al  genio  del  maestro, 
ci  rivelano  la  natura  dell'uomo,  semplice 
e  magnifico  insieme,  timido  e  superbo, 
irruente  e  riflessivo,  imperioso  e  dolce,  devoto  al  più  modesto 


SCHIZZO    ALL  ACaUERhLLO    DhL 
DRAGONE    dell'  ARMATA    DI    SPAGNA. 


46 


MEISSONIER 


dovere  come  alle  imprese  più  solenni,  conquistandoci  con  la 
profondità  dei  suoi  contrasti  e  la  sincerità  delle  sue  violenze. 

Quantunque  la  sua  educazione  prima  fosse  stata  spesso 
interrotta  e  forse  rimasta  incompleta,  tuttavia  ne  aveva  tratto 
profitto,  e  più  tardi  l'aveva  ampliata  e  ralfinata.  Era  un  lettore 
delicato  e  insaziabile.  Come  Rubens,  soleva  far  colazione 
da  solo,  con  un  libro  sotto  gli  occhi.  Quando  il  suo  pensiero 
non  era  assorbito  dalla  traccia  del  pennello,  o  quando  lavo- 
rava a  cose  accessorie,  si  faceva  leggere:  il  che  egli  chiamava 
le  sue  letture  di  cavalletto.  Dopo  una  giornata  di  lavoro,  non 
trovava  riposo  altro  che  in   un  buon   libr(j. 

Gustava  molto  Shakespeare  e  Goldoni,  dei  quali  com- 
prendeva la  lingua.  Le  letterature  classiche  non  gli  erano 
meno  famigliari.  Un  giorno,  a  Fontainebleau  ,  mentre  prepa- 
rava il  Solferino,  \  generali  stavano  riuniti,  aspettando  l'Im- 
peratore, che  aveva  «  posato  ».  «  Napoleone  III,  tutto  preso 
dai  suoi  temi  archeologici  —  era  il  momento  del  Cesar  — 
principiò  a  discorrere  del  modo  con  cui  presso  i  Romani,  si 
piegavano  gli  angoli  in  carro.  »  Io  gli  dimostrai  che  la  forma 
della  spina  circolare  non  permetteva  di  fare  com'  egli  aveva 
indicato,  e  in  mio  sostegno,  addussi  un  passo  di  Tacito.  Fu 
un  avvenimento.  La  sera  mi  guardavano,  e  udivo  mormo- 
rare:  '<  Ha  citalo  Tacito!  » 

Non  conosceva  il  greco,  ed  era  per  lui  uno  dei  suoi  più 
vivi  rammarichi.  Ma  (  )mero  ed  Eschilo  erano,  insieme  alla 
Bibbia,  tra  i  suoi  libri  del  capezzale. 

Sulla  costa  d'Antibo,  Omero  gli  faceva  sognare  i  viaggi 
di  Ulisse  :  il  più  breve  tra  i  racconti  dell'  Odissea  lo  insti- 
gava  a  dipingere ,  tanto  gli  sembravano  precisi  e  viventi  ! 
L'  «  umanità  »  di  Sofocle  lo  turbava  profondamente.  «  Ah  ! 
se  foste  entrato  ieri  per  caso  nello  studio  al  termine  della 
mia  giornata  —  scrisse  a  un  amico  —  vi  sarebbe,  certo,  parso 
strano  di  vedere,  giungendo  tranquillamente,  due  persone  tutte 
esagitate  dai  dolori  di  Edipo.  » 


IL    MAESTRO  47 


Nella  letteratura  francese,  il  gran  secolo  era  rimasto  per 
lui  il  secolo  di  Corneille,  di  .Molière  e  di  La  Fontaine. 

Alessandro  Dumas  gli  disse  :  «  Com'è  che  non  avete 
avuto  l'idea  di  fare  un  quadro  rappresentante  i  tre  poeti?  — 
Vi  ho  pensato,  ma  non  ho  osato  mai.  »  E  intanto,  giudicava 
quei  maestri  con  alto  intelletto.  Ecco  sulla  signora  de  Sevignè 
alcune  linee  di  una  squisita  esattezza  —  egli  aveva  per  lungo 
tempo  posseduto  un'edizione  originale  delle  Lcttrcs,  anno- 
tata dalla  mano  d'un  suo  prozio,  e,  con  suo  grande  dolore, 
smarrito. 

«  Quale  fascino  e  quale  assennatezza!  Quale  profondità 
di  vedute  nella  naturalezza  perfetta!  Xè  anche  la  minima  ci- 
vetteria. Si  può  aprire  il  libro  a  qualunque  punto,  come 
Montaigne  e  La  Fontaine:  vi  si  troverà  sempre  un  pensiero 
reso  in  una  lingua  solida,  viva,  saporosa,  originale.  »  Non 
meno  felice  e  quando  parla  di  La  Fontaine.  «  Io  non  sono 
mai  stanco  delle  Favole.  Come  i  versi  si  adattano  al  tempe- 
ramento di  ogni  personaggio!  Che  profonda  filosofìa  e  che 
graziosa  freschezza!  E  come  son  trattati  i  paesaggi!  Subito, 
si  e  in  scena  e  con  qual  pienezza  di  gioia!  » 

Delacroix  è  un  pensatore.  La  sua  mente  evocava  tutti  i 
subietti  e  li  spingeva  fino  al  limite  in  cui,  cessando  l'intelli- 
genza delle  cose,  comincia  il  sogno.  Sogno  o  ragionamento, 
egli  erasi  fatta  una  concezione  speciale  del  mondo.  La  sua 
religione  era  quella  di  .Marco  Aurelio,  di  Spinoza  e  di  Goethe; 
consisteva  per  lui  nella  rassegnazione  alle  necessità  ineluttabili 
determinanti  le  leggi  della  vita,  come  quelle  della  morte,  con- 
dizioni della  vita. 

.Meissonier  non  era  insensibile  alle  grandi  questioni  umane. 
«  Secondo  la  Bibbia,  non  e  da  tnjppo  gran  tempo  che  data 
l'apparizione  dell'uomo;  milioni  d'anni  passarono,  secondo  la 
scienza.  Orbene,  qualunque  sia  l'epoca  di  quella  comparsa 
sulla  terra,  chi  determinò  la  sua  superiorità  su  lutti  gli  altri 
esserir...  Che  problema,  cotesto!  « 


48  MEISSONIEK 


Ma  a  lui  bastava  di  averlo  enunciato:  spettava  alle  reli- 
gioni risolverlo.  Io  non  amo  esplorare  in  quegli  abissi.  «  Credo 
in  Dio  semplicemente  e  tranquillamente  «  diceva.  Preferiva 
accettare,  senza  comprendere,  quel  che,  in  sostanza,  nessuno 
gli  avrebbe  spiegato  mai. 

«  Il  mistero  è  l'essenza  di  una  religione;  bisogna  ammet- 
terlo come  il  germe  divino  d'onde  nasce  tutto  il  resto,  »  ed 
egli  l'ammette.  Era  pigrizia  spirituale?  No. 

«  Ciò  che  a  noi  pare  di  qua  confuso  e  inesplicabile,  di- 
verrà chiaro  e  logico  al  di  là,  quando  i  disegni  di  Dio  sul 
mondo  ci  saranno  rivelati.  >'  Era  la  sua  speranza,  la  sua  con- 
vinzione. «Taluni,  studiando,  diventano  atei.  Io  diventerei 
terribilmente  religioso  se  non  lo  fossi  di  natura  »  —  diceva 
al  suo  amico,  il  dottor  Robin,  dopo  aver  osservato  col  micro- 
scopio la  perfezione  degli  esseri  invisibili  ad  occhio  nudo. 

«  Quando  si  considera  ciò  che  le  draghe  del  Taìisinan  e  del 
Challenger  hanno  estratto  dal  fondo  dei  mari,  tutte  quelle  me- 
raviglie che  non  dovevano  giammai  veder  la  luce,  tolte  alle 
profondità  degli  abissi ,  come  sconvenire  che ,  quanto  più  si 
scopre  della  creazione,  altrettanto  il  Creatore  's'irraggia  di 
nuova  luce?  11  caso,  a  traverso  i  secoli,  non  fa  certo  di  simili 
prodigi!  »  Per  ammirarli,  rievocava  l'argomentazione  di  Ber- 
nardino di  Saint-Pierre  e  di  Fènelon.  Il  suo  cuore  entrava 
per  metà  in  tutti  i  suoi  ragionamenti. 

Gelosissimo  di  tale  candore  e  diffidando  di  tutto  ciò  che 
potesse  appannarlo,  non  volle  mai  aprire  Renan  e  la  Vita  di 
Gesù.  Aveva  quasi  sangue  monastico  nelle  vene:  il  prozio  che 
possedeva  l'edizione  originale  delle  lettere  della  Sevignè  era 
priore  di  una  ricca  abbazia  nei  dintorni  di  Lione.  I  suoi 
sentimenti  si  riallacciavano,  nel  più  profondo  della  sua  anima, 
a  ogni  specie  di  sensazioni  forti  o  delicate.  Le  «  cerimonie 
dei  protestanti  tra  le  i]uattro  mura  ignude  dei  loro  tempi  >* 
lo  agghiacciavano.  II  suono  dello  campane  ridestava  nel  suo 
spirito  gioconde  armonie. 


w 


I-ac-siiìiilc  d'ini  discgjw  pei  Contks  Kemoi; 


IL    MAESTRO  49 


Nel  i85o,  erasi  recato  ad  Anversa.  Giungendo  in  una 
città  nuova,  aveva  l'abitudine  di  girare  alla  ventura.  —  Si  era 
ai  primi  di  gennaio,  la  neve  copriva  le  strade,  il  freddo  era 
acuto.  D'un  tratto,  sulla  piazza  di  Meir,  irrompe  una  strana 
armonia,  il  carillon,  che  egli  ascoltava  per  la  prima  volta. 

«  Dopo  tanti  anni,  ne  conservo  ancora  la  gioia  nel  cuore  », 
diceva  nel  1876.  Dieci  anni  più  tardi,  a  Poissy,  in  un  mattino 
di  maggio,  ritrovava  ed  esprimeva  con  la  stessa  intensità  di 
accento,  le  stesse  emozioni.  «  Stamane,  verso  le  cinque,  stavo 
alla  mia  finestra  ,  ascoltando  i  canti  degli  uccelli  che  salu- 
tavano l'alba,  quando  un  contrasto  bizzarro  mi  colpi  1'  orec- 
chio :  un  poeta  vi  si  sarebbe  inspirato.  L'ora  suonava  al  mu- 
nicipio in  tòno  secco  e  sottile;  il  vecchio  orologio  della  chiesa, 
mia  vicina,  a  sua  volta  si  mise  a  scandire  il  tempo,  ma  con 
una  bella  voce  sonora,  grave  e  profonda:  mi  faceva  l'effetto 
d'una  conclusione  ììwralc.  » 

Per  quanto  questa  delicatissima  sensibilità  religiosa  lo 
lasciasse  indifferente  alle  discussioni  metafisiche,  altrettanto 
il  bisogno  dell'esattezza  nell'espressione  della  vita  aveva  per 
tempo  acuito  in  lui  il  senso  della  storia.  Spesso  ripeteva:  ■.  Se 
non  fossi  stato  pittore,  avrei  voluto  essere  storico.  »  Egli  pen- 
sava che  solo  il  pittore  può  legare  alla  posterità  documenti 
certi,  giacché  lui  solo  vede  le  cose  nel  loro  rilievo  preciso. 

Il  passato  gli  appariva  in  ^  carne  e  ossa  »:  gli  uomini  si 
ergevano  ai  suoi  occhi  nei  loro  costumi,  nelle  loro  dimore, 
sotto  le  loro  armature ,  con  le  loro  passioni.  Una  scena  di 
Shakespeare  ricostruiva  alla  sua  immaginazione  la  taverna  di 
FalstafJ';  una  pagina  delle  Meinorie  di  Sully,  il  ponte  del  Cambio 
di  Enrico  IV,  il  suo  impiantito  e  le  sue  botteghe. 

Benché  fedele  ai  propri  sentimenti,  comprendeva  che  la 
fede  non  era  più,  ne  poteva  essere  per  l'arte  una  sorgente 
di  vita.  E,  d'altra  parte,  l'idea  religiosa  non  era  stata  sublimata 
alla  sua  più  nobile  espressione  dalla  scuola  italiana?"  La  grande 
arte  non  comporta  di  simili  ritorni. 

Meissoiìier.  .: 


MEISSONIER 


La  Storia,  invece,  era  entrata  in  sentieri  novelli.  Ri- 
nunziando al  sommario  dei  fatti  aridi,  delle  cronache  magre, 
ella  cercava  di  far  rivivere,  per  mezzo  dell'analisi  pittorica, 
la  fisionomia  dei  secoli.  Quali  tesori  d'inspirazione  non  doveva 
trovare  nella  pittura?  C'è  testimonianza  più  spontanea,  più 
fedele,  più  espressiva  dell'anima  antica  di  quella  omertà  dalle 
tele  dei  Primitivi? 

«  Guardate  —  egli  diceva  —  la  Vergine  di  Murano,  quella 
grande  Vergine  sola,  senza  bambino,  le  mani  vuote,  protese 
nel  mezzo  del  cielo  d'oro  a  mosaico,  implorante  soccorso.  E 
il  momento  in  cui  Venezia  doveva  sostenere  la  lotta,  una  lotta 
interminata  contro  la  nemica  di  tutti  i  giorni,  la  Laguna.  A 
vittoria  compiuta,  seguì  il  periodo  della  sicurezza,  del  lusso, 
del  godimento  e  con  esso  l'epoca  delle  Madonne  ricche  e 
trionfali.  » 

Or  bene,  questo  contributo  richiesto  dalla  Storia  all'arte 
Meissonier  lo  chiedeva  alla  storia  per  l'arte:  «  Sono  due  sorelle 
che  debbono  sorreggersi  ed  innalzarsi  a  vicenda.  »  S'egli 
avesse  potuto,  avrebbe  dato  appunto  un  impulso  in  questo  senso 
all'arte  sua.  Deplorava  sempre  che  il  museo  di  Versailles  non 
fosse  stato  concepito  a  guisa  di  un  gran  libro  d'epopea  nazio- 
nale, in  cui  ogni  avvenimento,  descritto  secondo  i  documenti 
e  nello  spirito  del  tempo,  avrebbe  tenuto  un  posto  simile  a 
quello  che  aveva  occupato  nel  nostro  svolgimento  storico.  Sulla 
soglia  di  quelle  gallerie.  presentand(5  ciascuna  un'epoca  diversa, 
egli  immaginava,  a  mo'  d'introduzione  filosofica,  la  rappresenta- 
zione delle  principali  date  dell'umanità  francese,  cioè  delle 
trasformazioni  per  le  quali  l'uomo  d'una  volta,  agricoltore, 
soldato,  cittadino  era  diventato  1'  uomo  dei  giorni  nostri. 
«  Noi  eravamo  passati  e  ripassati  per  la  campagna  senza 
accorgerci  del  contadino  al  lavoro.  —  diceva.  .Millet  viene; 
ci  mostra  la  povera  bestia  da  soma  fissa  alla  gleba,  ci  addita 
il  suo  lavoro  spaventoso,  jDerenne  :  e  tutto  ciò  ci  resta  nelle 
viscere.  ■• 


IL   MAESTRO  53 


Meissonier  era  stato  un  uditore  assiduo  del  Conservatorio. 
La  sinfonia  in  la  di  Beethoven  lo  rapiva;  egli  volle  che  ai 
suoi  funerali  fosse  cantato  l'andante.  "  Inesorabile  come  la 
voce  del  Destino  "  ;  mai  si  stancava  di  ascoltare  il  finale, 
<i  che  aveva  tante  volte  figurato  ai  suoi  occhi  paesaggi  mi- 
rabili ".  "  Poco  fa  —  diceva,  ascoltandolo  un'altra  volta. 
(6  aprile  1881  io  rivedevo,  come  un  tempo  a  Grenoble,  i 
ruscelletti  saltellanti,  i  ciuffi  dei  salici  nel  sole  e  lo  sciame 
leggiero  delle  libellule  azzurre  dal  corsaletto  lungo,  dalle  ali 
iridate  volitanti  sull'acque.  »  Il  fascino  della  musica  gli  faceva 
trovare  in  essa  tutto  ciò  che  voleva,  e  anche  trascinare  gli 
altri  a  veder  ciò  ch'egli  vedeva.  .Mutato  il  ritmo,  e  il  pezzo 
mutava  di  carattere:  non  ha  detto  Glùck  che,  per  poco  che  si 
precipitasse  la  misura,  non  era  impossibile  ballare  sull'aria: 
<'  Che  faro  senza  Euridice  >> 

Ma  questa  diversità,  questa  mobilità,  questa  personalità 
d'impressione  suscitata  dalla  musica  ne  significava  per  lui  la 
limitata  potenza.  L'errore  di  Berlioz  era  di  volerle  far  espri- 
mere tutto. 

«  Che  una  sinfonia  ecciti  un  sentimento  generale  di  estasi, 
di  gioia,  di  tristezza;  che  produca  uno  stat(D  d'anima,  e  sta 
bene;  ma  che  voglia  analizzare  un'espressione,  giammai.  Essa 
può  essere  una  suggestione;  una  immagine,  no.  <(  Avreste, 
per  caso,  l'idea  di  disegnarmi  per  mezzo  di  suoni  la  Lettura 
in  casa  di  Diderot'^  »  Giungeva  a  negar  quasi  alla  letteratura 
stessa  il  dono  di  rendere  la  vita.  La  descrizione  letteraria  va, 
ritorna,  cammina,  invita  l'immaginazione  del  lettore  a  cam- 
minare con  essa,  fa  sbocciare  sotto  i  suoi  passi  una  quantità 
di  piccole  meraviglie;  ma  tutte  codeste  piccole  meraviglie, 
pur  ammaliando  il  lettore,  rischiano  di  farlo  smarrire.  La 
pittura  non  ammette  la  concezione  discorsiva  e  diffusa  ;  e  la 
sua  superiorità,  è  la  sua  forza.  In  una  cornice  determinata, 
quest'arte  tratta  un  soggetto  determinato  II  quadro  non  fa 
deviare  dal  suo  obbietto  ne  colui  che  lo  contempla,   ne  colui 


34 


MEISSONIER 


che  l'eseguisce:   esso  racchiude,  concentra,  padroneggia  il  suo 
pensiero. 

«  La  mia  pittura  —  diceva  Meissonier,  parlando  di  sé 
stesso  —  si  rifiuta  alle  congetture  e  non  permette  di  dubi- 
tare della  realità  della  mia  concezione;  essa  è  inalienabile, 
immutabile;  non  c'è  da  arrovellarsi;  è  così.  >■ 


SCHIZZO    A    PEMMA    DI    MARCO,    CANE    DEL   SAX    BERNARDO. 


..*    %-.  '■ 


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DRAGONI    KELLA   FORESTA. 
(Acquerello.) 


II. 


4 

>    1, 


■■■•■■"       s. 


Un'ambizione  sua,  e  forse  la  più  ardente 
era    d'insegnare   alla   Scuola  di    Belle 
Arti.  Egli  non  consegui  la  cattedra,  e  ne  provò 
vero  dolore.  Amava  i  giovani,  benché  sover- 
i      chiamente  non  li  praticasse;  amava  il   lavoro; 


amava  l'arte  sua. 

II  merito  d'un  artista,  secondo  il  giudizio 
di  Carlo  Gounod,  e  valutabile  all'ossequio  da 
lui  professato  Jai  maestri.  Meissonier  aveva 
per  i  grandi  ammirazione  alta  ed  aperta.  Ap- 
passionato, entusiasta,  ogni  aspetto  del  bello 
lo  inebbriava.  lo  esaltava,  "  sommuoveva  tutto 
l'essere  suo,  gli  dava  la  vertigine  ». 

Un  giorno,  gli  fu  riferita  l'analisi  di  un  corso  di  lezioni, 
corso  libero,  in  cui  il  professore  considerava  gli  uomini  in- 
signi quali  modelli  pericolosi.  Lo  sdegno  lo  infiammò.  «  Quella 
gente  li   ha    orrore  delle  sommità!  Vogliono  condurci  a  una 


IL  RITR.^TTO  DEL  SERGENTE 
(Disegno  di  Meissonier.) 


56  MEISSONIER 


Beauce  intellettuale  e  morale,  a  non  so  quale  pianura  uniforme 
verso  cui  gli  uomini  indubbiamente  si  sospingeranno,  allorché 
la  fine  del  mondo  sarà  vicina;  e,  se  non  altro,  l'infinita  mo- 
notonia di  quella  pianura  avrà  l'imponente  ampiezza  del  mare!  > 

Ricordava  sempre  la  penosa  impressione  provata  in  un'a- 
scensione alpina  oltre  il  lago,  del  Bourget.  Ecco  guadagnata 
una  china,  ecco  raggiunta  una  vetta;  ma  no,  è  una  scala  faticosa 
di  cime,  e  mai  non  è  attinto  il  culmine  sovrano.  Non  altrimenti 
avviene  degl'ingegni  mediocri  sgomentati  dal  genio. 

«  Proscrivere  i  maestri,  i  maestri  eterni!  Oh,  la  voluttà 
di  pensare  che  li  abbiamo  sempre  amati,  che  li  amiamo  an- 
cora, e  che  l'età,  la  quale  tutto  raggela,  non  ha  ammorzato 
la  vampa  di  questo  amore!  «  (1886).  Ed  egli  determinava  il 
carattere  loro  con  semplicità  profonda:  «  .Maestro  è  quegli  le 
cui  opere  non  fanno  pensare  alle  opere  degli  altri.  »  Non 
apparteneva  al  numero  di  quanti  temono  l' influsso  di  Roma 
(Accademia  di  Francia)  sulla  indipendenza  e  l'originalità  del- 
l'ingegno francese.  «  Roma  e  necessaria  —  diceva  —  per 
imparare  lo  stile,  la  nobiltà  e  la   bellezza.  » 

Ma  solo  a  sessant'anni  gli  avvenne  di  compiere  questo 
grande  pellegrinaggio,  per  il  quale  nel  i835  s'era  incammi- 
nato, con  l'assegno  mensile  dei  cento  franchi  paterni.  II  suo 
primo  disegno  d'un  viaggio  in  Olanda,  sbocciato  nel  1840, 
non  aveva  sortito  miglior  fortuna.  E  sovente  ne  riandava  le 
circostanze. 

In  un  convito  d'amici,  era  giunta  notizia  di  una  vendita 
importante  di  quadri  bandita  all'Aja.  Seduta  stante,  fu  deciso 
di  andarvi  e  di  profittar  dell'occasione  per  visitar  diligente- 
mente que'  musei.  Emilio  Augier,  Ponsard ,  John  Lemoinne. 
Chenavard,  Delacroix  dovevano  essere  della  brigata,  e  una 
forte  ammenda  era  imposta  a  chi  la  facesse  abortire.  All'ultimo 
momento,  Delacroix,  il  quale  amava  solamente  la  sua  Parigi, 
mancò  all'appello;  il  patto  non  fu  tenuto,  e  Meissonier  conobbe 
Amsterdam  solo  dieci  anni  appresso. 


IL    MAESTRO  57 


Vide  Venezia  più  tardi  ancora,  nel  1860.  Non  importa: 
ciò  che  egli  ritrasse  e  riaddusse  da  queste  visite  troppo  dif- 
ferite e  troppo  rare,  s'era  stampato,  per  così  dire,  sulle  sue 
pupille,  e  non  era  argomento  di  lieto  conversare  che  non 
gliene  facesse  ribalenare  il  ricordo. 

Aveva  nondimeno  le  sue  predilezioni.  Poneva,  ad  esempio, 
i  Fiorentini  molto  al  di  sopra  dei  Veneziani.  Massimamente 
non  tollerava  che  la  pittura  francese  fosse  in  alcun  modo 
sminuita:  Claudio  di  Lorena  anzi  tutto.  Preferiva  sopra  oa,ni 
cosa  ritornare  ai  capolavori,  studiarli  direttamente,  fuori  di 
ogni  preconcetto  di  scuola ,  manifestando  come  e  perche  si 
tosse  accostato  agli  uni  anzi  che  agli  altri,  caratterizzandoli 
dall'emozione  provata  nel  contemplarli  e  dalla  somma  d'am- 
mirazione ritrattane. 

Ancor  qui,  certamente,  non  convien  chiedere  agli  Entre- 
//V/w  più  di  quanto  possano  dare:  tòcchi  rapidi,  fuggevoli,  ma 
vibranti  e  precisi.  Si  vede,  si  palpa.  Nessun  elemento  vi  manca 
per  valutare  ciò  che  sarebbe  potuto  essere  il  suo  insegnamento 
accademico. 

Chi  ignora  l'omaggio  che  l' Ingres  tributava  a  Ratfaello? 
Questi,  ai  suoi  occhi,  non  pure  era  il  maggior  dei  maestri  ; 
ma  «  era  bello,  era  buono,  era  tutto:  ed  era  stato  felice,  contro 
la  comun  sorte  degli  artisti,  perchè  di  natura  inviolabile  >. 

Profondo  quanto  quello  d' Ingres,  il  culto  di  Meissonier 
per  r  Urbinate  non  è  altrettanto  esclusivo.  Egli  avrebbe  voluto  . 
incorniciar  di  diamanti  la  Psicìu-.  il  disegno  ào^X Ambrosiana 
gli  comunicava  ■  l'ebbrezza  della  venustà  pura».  Senonchè, 
pur  abbandonandosi  voluttuosamente  a  questa  ebrietà,  l'analizza 
e  ne  ragiona. 

«  Ragfaello  ereditò  dal  genio  di  tutti  i  grandi:  egli  attinse  il 
meglio  suo  da  ciascuno,  al  modo  istesso  con  che  la  pecchia  di- 
stilla il  suo  mèle  divino;  è  un'armonia  sublime  composta  di  note 
conosciute;  dunque  non  è  veramente  originale.  Nessun  quadro 
di  Raffaello  ci  fa  sentire  l'emozione  intensa  impostaci  da  Giotto.  >- 


38  MEISSONIER 


Meissonier  era  innamorato  del  Corrego;io.  Non  lo  aveva 
subito  capito;  ma  una  sera  che  re  Luigi  Filippo  dava  al  Louvre 
una  festa,  nella  «  Sala  quadrata  >■  e  nella  Galleria  di  Rubens, 
ove  allora  campeggiava  X Antiope,  cadde  in  estasi:  e  fu  quella 
la  sua  via  di  Damasco.  «  Nessuna  fattura  —  diceva  —  sug- 
gerisce la  voglia  di  passar  la  mano  sulla  carne  come  la  dolce 
polpa  giovenile  del  Correggio  ». 

L'entusiasmo  suo  per  il  Tiziano  e  un  po'  meno  espansivo. 
Il  fasto  di  questo  luminoso  pennello  non  sempre  lo  seduce. 
Nella  Ciioconda  lo  stupisce  soltanto  la  perfezione  della  model- 
latura. Perchè  nel  Scppclliiìicnto  «  eludere  la  suprema  difficoltà, 
affogando  nell'ombra  il  volto  di  Cristo?  A  lato  di  quell'ar- 
razzeria  magnifica,  Cristo  non  forma  più  l'interesse  principale 
del  quadro.  Quel  manto  rosso,  a  quel  posto,  e  uno  sbaglio!  » 
L'andamento,  la  nobiltà,  l'ampiezza  di  Rubens,  invece,  lo 
esaltavano:  ma  son  più  rare  le  allusioni  fatte  da  lui  alle  opere 
del  Fiammingo  e  non  a  costui  vanno  naturalmente  i  suoi 
pensieri. 

"  .Michelangelo,  Rembrandt,  ecco  —  egli  esclama  —  i 
veri  originali!  Gemito  —  il  giovine  scultore  napoletano  suo 
prediletto  che  aveva  modellato  la  statuina  sua ,  —  Gemito , 
nell'ardente  semplicità  nativa  trovò  la  migliore,  la  sola  defi- 
nizione che  loro  convenga:  l'uomo  della  Sistina  vi  dice  tali 
cose  quali  ne  mamma  né  babbo  possono  insegnarvi.  » 

Anche  Meissonier  aveva  detto  sul  Pensieroso  una  geniale 
parola.  •<  In  qualunque  luce  lo  collochiate,  il  Pensieroso  pensa 
sempre,  e  nella  sua  meditazione  profonda,  immensurabile,  par 
che  ritorni  dalla  tenebra  eterna.  «  Questo  pensiero  lo  aveva 
invaso  un  giorno  che  s'era  attardato  nelle  tombe  dei  Me- 
dici fino  alle  prime  ombre  crepuscolari;  e  ogni  qual  volta 
il  Pensieroso  gli  si  riaij'acciava  allo  sguardo,  quel  pensiero  gli 
risaliva  nell'anima  fino  a  ricolmamela  tutta. 

.Ma  Rembrandt  è  il  suo  culto,  ed  e  culto  senza  confine. 
r)inanzi  a  quei  capolavori ,  non   è   più    padrone  di  se.    <  Che 


IL    MAESTRO 


39 


colore!  —  dirà  egli  del  maestro  olandese  —  che  impasto 
meraviglioso,  limpido,  tluente!  E  il  sangue  stesso  sotto  la  carne: 
pungendola,  scorrerà!  »  Fosse  stato  ricco,  avrebbe  dato  un 
milione,  qualunque  somma,  pur  di  serbare  V Indoratore  dWo. 
Francia. 

■'  Che  magistero  di  punta!  »  Che  disprezzo  della  forma 
considerata  dall'alto  dell'ideale  estetico!  E  che  sentimento  della 
fisoniomia,  dell'animai  (_)h,  la  tragedia  immensa  del  Calvario! 
"  La  passione  di  Rembrandl  —  egli  confessa  —  rasenta  la 
violenza.  E  agli  amici  invano  catechizzati  dalla  sua  ammira- 
zione: K  Xo,  voi  non  potete  raccapezzarvici  !  —  concludeva. 
Bisogna  essere  pittore  per  penetrar  nella  carne  viva  di  que- 
st'uomo, per  godere  intensamente  e  inebbriarsi  vieppiù  di  sif- 
fatta comunione  «. 

Lo  idolatrava,  insomma;  tanto  che  avrebbe  voluto  ba- 
ciarne i  calzari.  «  Altri  han  potuto  dare  baleni  di  genio:  Rem- 
brandt  è  il  genio  stesso.  Dovrebbero  proporre  per  modello 
a  tutti  gli  artisti  il  Bue  seorlìcato  del  Louvre.  Che  giustezza 
di  tocco  in  quell'impeto  furioso!  Le  tinte  si  muovono  e  si 
dispongono  secondo  quell'impeto.  E  dipinto  col  fuoco.  Libertà 
e  verità;  ecco  i  meriti  sovrani!  " 

Sarà  facile  rinvenir  nel  volume  di  tali  mirabili  giudizii 
gittati  nel  discutere  o  nel  conversare:  e  nel  libro  medesimo 
converrà  ricercar  la  dottrina  sintetica  da  lui  professata  sul- 
l'arte. La  grazia,  la  forza,  l'armonia,  la  serenità  dell'arte  an- 
tica Io  stupiscono  più  assai  che  n(jn  lo  commuovano.  Tra 
la  perfezione  del  lavoro  compiuto  e  l' intensità  dell'emozione 
raggiunta,  la  sua  scelta  e  già  fatta:  l'idea  giusta,  la  passione 
vera,  sian  pure  incompiutamente  espresse,  gli  sembrano  ben 
superiori  ad  ogni  finitezza  di  fattura. 

i<  Anima,  anima,  sempre  anima!  —  scriveva  egli  — 
ecco  ciò  che  dobbiamo  ripetere  alla  gioventù.  Ogni  opera  d'arte 
ha  per  obbietto  l'espressione  d'un  sentimento.  .Ma  se  non 
provate  questo  sentimento  voi  stessi,  come  mai  potreste  inspi- 


MEISSONIER 


rarlo  ad  altri?  La  grandezza  dei  Primitivi  sta  nell'aver  saputo 
trasmettere  nei  riguardanti  l' emozione  onde  le  loro  anime 
traboccavano;  emozione  ingenua,  brutale,  incomposta,  se  si 
vuole,  ma  sitfatlamente  comunicativa  che  nessun'altra  mai  potè 
superarla.  Abbiate  dunque  cuore,  molto  cuore:  avrete  pure 
molto  ingegno...  » 

Forse  non  tornava  diffìcile  di  aver  la  chiave  di  questo  se- 
greto; e  Meissonier  era  il  primo  a  convenirne.  Più  malagevole 
ne  riusciva  l'uso,  e  non  si  faceva  scrupolo  di  dirlo;  poiché,  non 
meno  dell'ammirazione,  aveva  sincero  e  virile  l'ammonimento. 

«  La  pittura  è  un'amante  ruvida  e  fiera:  non  basta  amarla 
per  esserne  riamati.  »  E  in  questo  argomento  ripeteva  il 
franco  linguaggio  del  Boileau.  >■  Un  calzolaio  che  fa  buone 
scarpe,  un  ciabattino  che  fa  buone  ciabatte,  un  bifolco  che 
guida  bene  i  suoi  buoi,  un  falegname  che  mena  bene  la  sua 
pialla  son  gente  le  mille  volte  più  utili  e  più  stimabili  di  un 
cattivo  pittore...  Questa  dichiarazione  può  riuscir  forse  cruda; 
ma  un  medico  è  un  medico.  >' 

Meissonier  considerava  gli  artisti  mediocri  quali  pubblici 
flagelli.  Tutto  ciò  che  in  pittura  era  mediocre,  tutto  ciò  che 
non  poteva  contribuire  ad  affinare  il  gusto,  ad  innalzare  il 
senso  morale,  sembra  a  lui  condannabile.  Adunque,  nessun 
incoraggiamento  inconsulto  :  gli  altri,  i  chiamati,  gli  eletti,  si 
cingessero  i  lombi  di  triplice  fune  :  pero  che  per  dipingere 
occorresse  intendere;  per  intendere,  conoscere;  per  conoscere, 
studiare.  E  sopra  ciascuno  di  questi  tre  punti  gli  Evtretiens 
riboccano  di  autorevolissimi  consigli. 

Ora,  non  è  possibile  intender  bene  un  soggetto  se  non 
risalendo  primieramente  alle  fonti  stesse  della  storia.  «  Oggi 
molti  dicono  pacatamente:  voglio  fare  un  quadro  Luigi  XIII. 
E  vanno  in  biblioteca  a  sfogliare  alcune  stampe  dell'epoca: 
poi  si  mettono  al  cavalletto.  A  tale  stregua,  le  opere  d'arte 
non  costano  fatica;  però  valgono  quanto  hanno  costato.  Ben 
altra  è  la  preparazione  che  voglia  riuscire  feconda.  » 


IL    MAESTRO 


Nel  1886  la  Morte  di  -Nerone  era  scelta  per  tema  del 
premio  Latinville.  Uno  fra  i  concorrenti,  non  privo  di  qualche 
merito,  rappresentava  Nerone  sottraentesi  nell'ombra,  sui  ,a;ra- 
dini  d'  una  scaletta  illuminata  parcamente  dalla  luna  e  dalle 
torcie  del  festino,  tra  le  cortine  socchiuse.  «  Una  notte  d'orgia, 
una  scala  secreta  e  un  chiaro  di  luna.  —  osservava  Meissonier 
—  mentre  è  noto  che  Nerone  fuggì  al  riverbero  dei  lampi, 
la  testa  velata,  sul  cavallo  del  liberto,  nella  cui  casa  egli  doveva 
farsi  sgozzare ,  piangendo  prima  sé  stesso .  a  guisa  di  un 
attore I  »  Indi,  ripigliando  la  pagina  di  Svetonio,  sottolineava, 
col  testo  alla  mano,  tutti  gli  elementi  drammatici  della  scena, 
mostrando  l' imperatore  spaventato  dalla  terra  che  sussulta  e 
dal  tuono  che  rugge.  il  suo  corsiero  che  s'impenna  per  il  cada- 
vere steso  lungo  la  strada,  la  raffica  che  smaschera  il  suo 
livido  volto,  l'occhiata  del  pretoriano  che.  salutandolo,  accre- 
sce il  suo  terrore,  il  sentiero  per  cui  s'avventura  a  scanso  della 
via  battuta,  per  cespugli  e  canneti,  la  pozzanghera  dove,  affranto, 
sitibondo,  scorato,  attinge  col  cavo  della  mano  un  sorso  d'acqua 
corrotta.  E  tale  commento  penetrante,  serrato,  d'una  gran 
forza  evocativa,  trasferisce  la  fantasia  nostra,  come  il  maestro 
avrebbe  voluto  per  quel  concorrente,  a  Roma  medesima,  nella 
Roma  dei  Caligola,  dei  Claudi  e  dei  Neroni:  risuscitandone 
ai  nostri  occhi    le  violenze  e  le  ignavie. 

«  Credere  al  proprio  soggetto  è  la  prima  condizione  per 
il  comporre  »  —  diceva  in  occasione  d' un  altro  concorso  ac- 
cademico, una  Visione  di  san  Fran eesco  d'Assisi —  e  non  ci  si 
crede  che  dopo  avervi  lungamente  meditato,  e  lungamente 
lasciato  battere  il  proprio  cuore  all'  unisono  dei  propri  per- 
sonaggi :  non  basta  sognarli,  bisogna  viverli.  «Oh.  quante 
notti  —  confessava  parlando  di  sé  —  Napoleone  attraversò 
il  mio  sonno!.. 

Raccolta  così  fortemente  nel  suo  spirito  l' impressione  ge- 
nerale del  tema,  un  altro  lavoro  incomincia:  il  lavoro  concer- 
nente l'indole  del  tema  medesimo,  ossia  del   momento  psico- 


62  MEISSONIER 


logico  da  esprimere  pittoricamente.  Quindi  non  si  tratta  più 
di  lasciar  mollemente  blandire  il  pensiero  da  un  sentimento 
generico,  giacché  nulla  torna  tanto  nocivo  all'arte  quanto  la 
fantasticheria  prcjlungata.  la  quale  la  discosta  dalla  precisione. 
La  scelta  d'un  partito  s'impone  sempre.  ■•  lo  vedo  —  soleva 
dire  —  e  sento  i  miei  quadri  d'un  colpo;  li  vedo  subito  o 
non  li  vedo  mai.  >■  E  per  divedere"  intendeva  cogliere  l'ora 
in  che  il  tema  propostosi  raggiunge  il  suo  più  alto  grado 
d'intensità:  l'ora  della  crisi. 

Per  precisare  il  suo  pensiero,  egli  citava  volontieri  un  paio 
di  esempi  della  sua  carriera.  Uno  si  riferisce  al  suo  primo 
quadro:  ì'Assc'i//o  di  Calai s.  L'ora  più  patetica,  a  suo  credere, 
non  era  già  quella  comunemente  rappresentata:  i  sei  cittadini 
con  la  corda  al  collo  umiliati  ai  piedi  del  re.  mentre  la  regina 
Filippina  intercede  per  essi  (  i  ).  Il  sentimento  di  questa  nota 
intercessione  diminuiva  ai  suoi  occhi  il  sacrifizio.  Ed  ecco 
in  c]ual  modo  concepiva  la  scena.  "  I  valorosi  cittadini  con 
la  corda  al  collo  si  lecano  sulla  pubblica  piazza  per  annunciare 
la  loro  risoluzione.  Le  donne,  i  fanciulli,  tutti  quanti  abbrac- 
ciano loro  i  ginocchi,  singhiozzando.  I  sei  partono:  l'immola- 
zione e  in  questo  commiato.  Più  tardi  il  dolore  sarà  meno 
acuto,  meno  cocente:  un  barlume  di  speranza  avrà  penetrato 
i  cuori.  •• 

Il  secondo  esempiij  riguarda  il  periodo  della  sua  piena 
maturila,  il  duca  d'Aumale  gli  aveva  chiesto,  per  il  castelli^  di 
( 'hanlilly.  un  Turcnna  nel  momento  in  cui  questi  e  colpito  dalla 
palla  leggendaria,  mentre  Saint-Hilaire.  mutilato  d'un  braccio, 
grazie  all'epica  risposta  diventa  il  vero  eroe  della  scena.  »  E 


(i)  Eiloardo  HI  d'Inghilterr.i  aveva  cinto  d'assedio  nel  1347  la  città  di  Calais:gli  abitami, 
dopo  circa  un  anno  di  resistenza,  sfiniti  dalla  fame,  proposero  la  resa.  Il  Re  domandò  che 
sci  cittadini  venissero  in  camicia  con  la  corda  al  collo  a  presentargli  le  chiavi  della  città. 
Eustachio  di  Saint-Pierre  ed  altri  cinque  ricchi  cittadini  si  offersero.  Ricevutili,  il  Re  ordinò 
che  fossero  decollati.  .\  gran  fatica  le  supplicazioni  di  Filippina,  sua  moglie,  lo  indussero 
a  perdonar  loro  la  vita.  (.V.  i.  T.) 


IL    MAESTRO  63 


no,  —  diceva  egli  —  se  mai  fo  un  Turenna.  meglio  cogliere  il 
momento  in  cui  l'anima  sua  gli  si  legge  tutta  nel  viso;  cioè 
all'inizio  della  battaglia  »  (i  ). 

A  tale  concepimento,  elaborato  e  maturato  con  intelletto 
sereno,  doveva  rispondere  una  composizione  semplice  e  chiara. 
E.  forse  in  nessun'altra  cosa  le  qualità  eminentetemente  fran- 
cesi di  -Meissonier  si  palesano  con  maggior  gagliardia.  Egli 
credeva  che  si  potesse,  anzi  che  si  dovesse  riuscire  intelligi- 
bili a  tutti.  Avrebbe  perdonato  alla  musica  moderna,  alla 
scuola  di  Wagner,  i  suoi  contrasti,  le  sue  violenze,  i  suoi 
eccessi,  i  suoi  frastuoni,  se  mai  l'avesse  capita.  Gli  dicevano: 
«  Aspettate;  la  luce  si  farà.  "  K  rispondeva:  -  Mentre  sto 
aspettando,  perche  mi  lasciate  nelle  tenebrer  Negli  Ugonotti 
uno  ci  si  ritrova  subito  ".  Questa  perspicuità  superii^re  la 
cercava  nella  semplicità;  sua  massima  favorita  era  quella 
stessa  d'Orazio:  Sit  cjiiotk'is siìnp/ex.  E  perciò  possedeva  in  sì 
alto  gradw  il  senso  dell'ijrdine,   l'istinto  dell'unità. 

In  gioventù,  Meissonier  s'era  dilettato,  insieme  agli  amici, 
a  masticare  àeW  Ini  se  hi  e  Ir.  e  nel  sonno,  onde  l'oppiato  dolce- 
mente lo  cullava,  egli  vedeva,  a  volte,  certe  punte  di  foco, 
e  si^àtte  punte  danzare  in  cadenza .  oppur  comporre  riu- 
nendosi, disegni  di  mirabile  simmetria.  Alle  udizioni  del  Con-  \ 
servatorio,  i  più  vaghi  rabeschi,  le  più  magiche  spire  delle 
sinfonie  di  Havdn  e  di  Beethoven  lo  infiammavano  tutto  d'un 
desiderio  strano:  quello  di  rintracciare  la  "  melodia  centrale  >'. 
Egli  ne  spiava  il  ritorno:  e  allorquando  l'orchestra  la  ripi- 
gliava. '■  tutto  l'essere  suo  si  fondeva  in  un  viìluttuoso  acque- 
tamento  >'. 

Or,  come  una  sinfonia,  ogni  quadro  pareva  a  lui  che  avesse 


(i)  Turennn.  maresci-illo  ji  Luigi  XIV,  rimase  ucciso  il  27  luglio  1675,  presso  il  vil- 
laggio di  Salzbach,  nel  Palatinato,  Ja  una  palla  di  cannone,  la  quale  t'eri  gravemente  anche  il 
generale  Saint-Hilaire.  E  questi,  al  vedere  la  disperazione  di  suo  figlio,  disse,  additandogli 
Turenna  morto:  «Non  dovete  piangere  :iie:  niinijote  iiiutto<:io  questo   grand' uomo,  n 

fV.  d.  T.) 


Ó4  MEISSONIER 


la  propria  «  dominante  >;  anzi,  nel  quadro,  la  ok)minante  era 
sovrana  ;  poiché  il  quadro  non  ammette  rabeschi 'e  diversioni. 
Egli  chiamava,  dunque,  la  pittura  «  l'arte  delle  rinuncie  ». 
Del  resto,  le  antitesi,  i  contrasti  ricercati  dall'arte  contem- 
poranea lo  irritavano  come  altrettante  stonature. 

Tutto  per  l'insieme.  «  Solo  dall'armonia  delle  parti,  solo 
dall'unità  d'impressione  dipende  la  grazia  delle  piccole  cose  e 
la  forza  delle  grandij;  e  per  atjbrzare  e  quest'armonia  e  questa 
unità  convien  vedere  e  sentire  il  tutto  nella  parte:  altrimenti, 
nulla  si  ottiene.  »  Mai  e  poi  mai,  era  da  ricercare  puramente 
l'eletto.  Di  primo  acchito  l'eg'etto  abbarbaglia  ;  ma  ogni  altra 
volta  l'impressione  scema,  e  l'interesse  dilegua. 

<  Guardate  la  lù'ssa  1 1).  A  bella  prima  avevo  messo  in 
piena  luce  la  faccia  del  paciere  che  s'Iinframmetie  :  essa  chia- 
mava troppo  gli  sguardi,  indebolendo  l'impressione  dell'impeto 
furioso  dei  due  contendenti  :  io  ci  misi  poi  quel  cappello,  che 
la  vela  d'ombra. 

«  Guardate  le  ///y6»/7//c?';:/6';//(2j;:  tutti  i  testimoni  della  scena, 
perfino  gli  usseri  laggiù  in  fondo  alla  radura,  fissano  Desaix, 
il  quale  scruta  il  volto  dell'ostaggio,  e  questo  grande  unico 
sguardo  signoreggia  i  nostri....  Se  volete  fare  solamente  un 
quadro  pittoresco,  adornatelo  e  infioratelo  come  meglio  vi 
piaccia  :  così  le  Donne  d' Algeri  di  Delacroix.  Ma  si  tratti  di 
un  dramma,  e  allora  bisogna  che  solo  gli  elementi  suoi  vi 
partecipino.  >■ 

Siffattamente  approfondito  1'  ambiente  storico  e  morale 
del  tema .  e  siffattamente  precisato  il  concetto  'dell'  insieme, 
egli  credeva  appena  allora  giunto  il  momento  di  afferrare  il 
pennello.  E  avrebbe  forse  ripetuto  ciò  che  Racine  diceva, 
quando,  concepito  il  tema,  si  accingeva  a  scrivere:  «  La  mia 
tragedia  e  fatta  >.  .Ma  chi  non  sa  a  qual  punto  .Meissonier 
spingeva    la   ricerca   appassionata  del  documento    autentico  e 


(i)  Vedi  pagina  63. 
(2)  Vedi  pagina  .jj. 


"^   3 

sT         o 


Miissontcr. 


MEISSONIER 


la  compiutezza  dello   «  studio  »  prima  di  passare  all'esecuzione 
definitiva  > 


Meissonier  possedeva  una  memoria  di  rara  plasticità: 
tutti  i  ricordi  vi  s'incidevano.  All'età  di  quasi  dieci  anni, 
aveva  veduto,  all'entrata  di  Carlo  X  in  Parigi,  gli  araldi  d'arme 
coi  loro  cappelli  dalle  candide  piume  rilevati  davanti,  coi  loro 
larghi  baveri,  con  le  loro  maglie  di  seta  e  gli  alti  stivali  di 
daino  giallo:  or  bene,  con  pochi  tratti  di  matita  egli  poteva  ri- 
produrli  tanto  a  piedi  che  a  cavallo.  Il  vecchio  Parigi  della 
Ristorazione,  i  Campi  Elisi,  i  lungo-Senna,  la  piazza  di  Grève, 
il  Parvis,  la  Tournelle,  il  Petit-Pont  gli  eran  tutti  famigliari; 
ed  anche,  dopo  le  trasformazioni  compiute  sotto  il  secondo 
Impero,  bastava  che  chiudesse  gli  occhi  per  rivederne  l'im- 
magine fedele  in  ogni  minimo  particolare. 

Questa  facilità  d' evocazione,  però,  non  bastava  a  sod- 
disfare i  bisogni  d'un' arte  in  sommo  grado  curante  d'ogni 
maggiore  esattezza.  .Meissonier  non  nuotava  certamente  nel- 
l'abbondanza, allorché  iniziò  la  sua  collezione.  Il  primo  og- 
getto di  cui  l'adornò  fu  forse  un  dono  del  babbo:  un  paio  di 
stivaloni  che  datavano  dal  1810.  Disgraziatamente,  nel  1884, 
«  gli  stivaloni  erano  in  gran  voga  ».  di  grand  chic,  come  si 
diceva  allora.  .Meissonier  aveva  una  voglia  matta  di  portarne 
anche  lui  ;  una  voglia  tanto  acuta  quanto  quella  del  mantello 
famoso.  Egli  tagHò  i  rovesci  dei  paterni  stivaloni,  ma  il  cuoio 
troppo  secco  crepò:  a  più  di  sessant'anni  li  rimpiangeva  an- 
cora. Oh.  egli  avrebbe  dato  un  occhio  per  l'uniforme  portato 
da  suo  padre  sotto  la  Ristorazione  quale  guardia  d'onore 
della  città  di  Lione:  una  divisa  tutta  bianca  e  orlata  d'oro 
alle   maniche   e  ai  risvolti  ! 

Verso  il  i838  il  .Mercato  del  Tempio  era  il  campo  con- 
sueto delle  sue  speculazioni.  Parecchie  volte  nella  settimana, 


IL    MAESTRO 


07 


vi  si  recava  di  buon  mattino  all'ora  dello  sballaggio,  prima 
che  giungessero  altri  avventori  (così  suo  cugino  Steinheil)  e 
comprava  quante  cianfrusaglie  del  Settecento  trovava,  costumi 
o  frammenti  di  costumi  .  alla  finanziera  ,  da  borghesi  o  da 
Guardie  francesi. 

Prendendo  moglie,  aveva  portato  tutto  un  corredo  di 
vecchiumi:  calzoni  di  rovescio  di.  di  calze  di  China,  di  scarpe 
a  fibbia,  lunghi  panciotti,  marsine  a  tasche,  cappelli  di  feltro, 
parrucche.  E  quanto  non  poteva  trovare  di  cucito  —  camicie, 
manichini,  collari  —  sua  moglie  glielo  faceva  lei,  lavorando 
sui  modelli  da  lui  disegnati.  Accadeva  a  volte  che,  studiando 
una  incisione  su  Gravelot  o  un'acqua  forte  di  Chodowiecki, 
la  biancheria  non  offrisse  pieghe  uguali  a  quelle  del  suo  mo- 
dello: e  allora  s'indispettiva.  Un  giorno,  alla  Biblioteca,  sfo- 
gliando \  Eììcuiopedia ,  all'articolo  Lingère  verificò  che  ai 
tempi  di  D'Alembert  e  di  Diderot  la  batista  veniva  tagliata 
non  per  il  dritto  del  filo,  ma  di  sbieco:  donde  le  pieghe  più 
fini  e  più  molli.   E  fu  un   trionfo. 

La  sua  passione  si  sviluppò  con  i  guadagni.  Il  suo  tem- 
peramento assecondava  benissimo  quelle  ricerche  ;  ed  egli, 
di  volta  in  volta,  vi  portava  ora  una  diplomatica  pazienza  ed 
ora  un'impetuosità  entusiastica.  Avvertito  che,  in  un  comu- 
nello  d'Indre-et-Loire,  a  Vernou,  erano  certe  tappezzerie  di 
valore  in  una  chiesa  cadente,  per  le  cui  riparazioni  urgenti 
occorreva  del  danaro,  egli  parte,  giunge  la  sera,  esamina  in- 
sieme al  curato  alla  luce  di  una  candela  le  tappezzerie,  e  le 
compra,  a  contanti. 

A  Poissv.  il  suo  ferraio,  figlio  di  un  postiglione  di  Triel, 
Achille  Dault,  che  aveva  condotto  la  corriera,  possedeva  un 
finimento  completo,  ma  non  voleva  venderlo.  Aleissonier  at- 
tese l'ora  favorevole,  e  lo  comprò. 

Quando  incominciò  X Assedio  di  Parigi,  non  ebbe  pace  se 


(i)  Ratine,  sorta  >ii  stotTh  ^ii  lana  di  gran  moda  sotto  l'Impero. 


68  MEISSONIER 


non  quando  s'ebbe  procurato  il  mantello  di  Enrico  Regnault 
e  il  vestito  di  suo  fratello  Anselmo.  Come  i  cacciatori  di 
razza,  egli  aveva  l'odorato  fine,  e,  con  l'odoralo,  le  buone 
Fortune.  Da  gran  tempo  cercava  il  modello  della  berlina  nella 
quale,  insieme  ai  Ferriot,  aveva  fatto  un  viaggio  in  [svizzera. 
E  la  trovò,  mentre  stava  alle  acque  di  Evian,  in  un  piccolo 
villaggio,  a  Saint-Gingolph.  Ma,  giunto  in  possesso  dell'oggetto 
agognato,  occorreva  ristabilirne  l'uso.  Egli  tenne  qual  titolo 
di  onore  l'aver  ricostruito,  nel  Postiglio/ìc ,  certi  particolari 
assolutamente  perduti:  il  porta-mantello  avvolto  in  una  pelle 
di  capra,  la  staffa  tenuta  dallo  staffile,  il  cordone  pendente 
a  sinistra.  Auguravasi  di  potersi  foggiare,  come  -Michelangelo, 
tutti  i  suoi  strumenti  di  lavoro.  Così,  a  seconda  dei  casi,  era 
sarto,  sellaio,  falegname,  ebanista.  Per  il  i8r^,  commise  un 
finimento  assolutamente  conforme  a  quello  di  cui  era  coperto, 
in  quel  giorno,  il  cavallo  dell'Imperatore,  e  ne  diresse  egli 
stesso  l'assestamento.  Da  un  orefice,  a  simiglianza  di  un 
gioiello,  aveva  fatto  costruire  sotto  i  suoi  occhi  la  carrozza 
delia  Visita  al  casi  ci  Io:  tutto  si  montava,  si  allacciava,  cammi- 
nava, rotolava  sul  tavolo  del  suo  studio  ;  gli  sportelli  si  apri- 
vano: una  meraviglia! 

Ma  questo  tesoro  di  felici  scoperte  e  di  abili  ricostru- 
zioni  era,   per  cosi    dire,   nulla  rispetto  al  suo  museo  militare. 

Le  armature,  le  pettinature,  i  costumi  di  tutte  le  età  e 
di  tutte  le  forme  vi  erano  rappresentati.  Possedeva  una  col- 
lezione di  armi  bianche  —  alabarde,  fioretti,  spade  corte,  spade 
lunghe,  daghe,  pugnali  —  tale  da  eccitare  una  vampata  epica 
di  Vittor  Hugo,  da  equipaggiare  una  compagnia  di  condijttieri 

L'aveva  trasportata,  nel  1889,  '^'^  Poissy  a  Parigi,  per 
esporla  agli  Invalidi,  e  tutti  i  membri  della  Sabrctaclic  —  so- 
cietà di  cui  era  presidente  —  sapevano  che  la  destinava  a  un 
museo  del  quale  non  si  doveva  trovare  altroché  il  locale  (i). 


(i)  Con  decreto  del  novembre  1896,   questo   museo   militare   e   stato    concesso   agli 
Ins'alidi.  La  collezione  d'armi  di  Meissonicr  potri  per  ciò  prendervi  posto. 


IL    MAESTRO  69 


Ognuna  di  queste  armi  aveva  la  sua  storia.  Meissonier  ne 
conosceva  la  data,  l'uso,  il  maneggio,  e  sarebbe  stato  difiicile 
ingannarlo.  Un  amico  gli  aveva  serbato,  come  una  sorpresa, 
un  frammento  d'armatura  trovato  in  una  palude,  nei  dintorni  di 
.Metz.  «  unico  avanzo  al  mondo,  di  un'armatura  merovingia  ». 
I)i  primo  acchito.  Meissonier  dimostrò  che  quel  pezzo  ap- 
parteneva alla  corazza  di  un  picchiere  Luigi  XIII. 

I  conservatori  del  Museo  d'Artiglieria  rendevano  omaggio 
alla  sicurezza  delle  sue  cognizioni  tecniche  e  si  aQRdavano  al 
suo  giudizio. 

Xon  appena  prese  a  occuparsi  dell'  Imperatore,  ne  conobbe 
tutte  le  fonti  informative.  Assai  prima  del  rigoglio  della  let- 
teratura napoleonica,  che  oggi  è  cosi  in  fiore,  sapeva  tutto 
ciò  che  poteva  sapersi  sull'Imperatore,  le  sue  abitudini,  le  sue 
maniere,  i  suoi  gusti.  Non  forse  lui  ci  disse  che  Napoleone 
metteva  un  solo  guanto;  che  indossava  tutti  i  giorni  un  calzone 
fresco  di  bambagino  bianco,  perchè  il  tabacco  di  cui  abusava  glie 
lo  anneriva  presto;  che  portava  degli  stivali  larghi;  che  aveva 
dei  frustini  senza  punta,  consunti  a  forza  di  picchiare  sullo 
stivale;  che.  insolferente  di  togliersi  le  spalline,  aveva  dei 
mantelli  fatti  apposta  per  ricoprirle;  che  si  coricava  al  buio, 
lanciando  per  la  stanza  tutti  i  suoi  vestiti,  porlìno  l'orologio, 
e  non  facendo  accendere  il  lume  se  non  quando  era  a  letto? 
Sono,  certo,  dei  particolari  poco  importanti  per  lo  storico. 
ma  non  privi  di  utilità  per  il  pittore. 

Come  l'hiors.  .Meissonier  aveva  molto  interrogato  i  vec- 
chi generali  sopravviventi  del  grande  Stato-maggiore  napoleo- 
nico, e  specialmente  il  duca  di  Mortemart;  ma,  sopra  tutte, 
egli  preferiva  la  testimonianza  degli  umili  e  degli  oscuri,  di 
quelli,  inline,  che  non  avevano  nessun  interesse  a  ingannarlo, 
o  che  non  avevano  abbastanza  ingegno  per  farlo.  Erano  così, 
tra  gli  altri,  il  valletto  Hubert,  e  più  ancora  un  semplice  pic- 
chiere. Pillardeau  —  quel  Pillardeau  ch'egli  nomina  tante 
volte  e  che  fa  meravi<>"lia  notare  com'egli  non  siasi  mai  divertito 


70 


MEISSONIER 


a  ritrattarlo.  È  vero  però  che  il  modo  con  cui  lo  descrive, 
in  diversi  profili  senza  pretesa,  vale  quanto  un  ritratto.  Eccone 
i  brani  essenziali 

«  Questo  Pillardeau  era  un  uomo  strano.  Benché  affatto 
sciocco  e  privo  di  educazione,  è  stato  per  me  un  ausilio 
prezioso,,  quasi  direi  il  più  prezioso.  Egli  sapeva  molte  cose, 
ne  parlava  volontieri.  e  non  era  un  ciarlone;  sinceramente 
diceva:  «  Questo  non  lo  so.  qui  non  c'ero,  quello  non  ho 
visto  )^    iM-a  stalo   cresciuto  nella   casa  di  Giuseppe,  fratello 


MODELLO    D    UMA   CARROZZETTA    LUIGI    XIII. 
(Eseguili  sui  disegni  di  Meissouier.ì 


dell'Imperatore,  a  .Mortelo ntai ne,  ed  era  addetto  alle  scuderie. 
Avrebbe  voluto  essere  soldato,  giacche  aveva  la  passione  delle 
armi .  ma  sua  madre  glie  lo  impedi.  Non  faceva  che  inter- 
rogare i  soldati  sui  particolari  della  loro  vita.  e.  spesso, 
annotava  ciò  che  aveva  udito.  Più  tardi,  prese  a  collezionare 
le  uniformi,  le  armi,  tutti  gli  oggetti  militari  procuratisi  a  gran 
fatica.  Più  di  una  volta  me  ne  ha  prestati;  qualche  altra 
me  ne  ha  regalato.  Alla  sua  morte,  la  sua  famiglia  ì'ecc  una 
vendita.  Sfortunatamente,  io  non  era  presente.  Pillardeau  abi- 
tava nei  dintorni  di  Poissv,  a  ^'ernouillet.  Io  non  fui  a\'\-ertito 
e  la  collezione  andò  dispersa... 

«  Pillardeau  amava  estremamente  illudersi  di  essere  stato 
soldato  e  di  farlo  credere  agli  altri,  si  che  l'istituzione  della  me- 
daglia di  Sant'  Elena  fu  per  lui  un  colpo  terribile.  Non  avendo 
il  diritto  di  portarla,  non  poteva  più.  come  prima,  vestire  l'uni- 


IL  MAESTRO 


forme,  per  recarsi  a  deporre  la  sua  corona,  insieme  ai  veterani 
il  5  maggio,,  a  pie' della  Colonna.  Gli  restava  però  il  piacere 
d'indossare  la  divisa  di  un  reggimento  nel  quale  aveva  vec- 
chi camerati,  e  allora,  con  serietà  incredibile,  parlava  delle 
campagne  alle  quali  il  reggimento  aveva  partecipato.  A  Chan- 
tilly, dove  abitava  prima  di  andare  a  ^'ernouillet,  s'era  fog- 
giata, in  una  solìitla,  una  stanza  militare,  come  l'osse  quella 
di  un  trombettiere  dei  dragoni  in  alloggio  l'orzalo  presso  una 
famiglia.  11  muro  era  coperto  d'immagini  militari,  il  letto  asse- 
stato soldatescamente,  l'uniforme  da  trombettiere  sull'attacca- 
panni, le  armi  ben  forbite  e  sospese;  non  c'era  che  da  stender 
la  mano  per  prenderle.  Sulla  tavola,  un  pane  di  munizione 
di  cartapesta;  in  un  angolo  della  camera,  classificati  e  segnati 
come  in  un  museo,  tutti  i  ricordi  da  lui  posseduti  della  Re- 
pubblica e  dell'Impero.... 

»  Si  compiaceva  di  mettersi  i  galloni,  d'immaginarsi  'di  es- 
sere ufficiale  di  questo  o  quel  reggimento;  e  allora  l'assisa 
del  reggimento  era  li  pronta  con  l'elmo  e  con  lutti  gii  acces- 
sori, come  se  la  sua  ordinanza  glie  li  pcjrgesse.  Taceva  vestir 
da  soldati  con  vecchie  uniformi  suo  fratello  e  i  nipoti,  per 
riceverli  alla  sua  tavola...  Era.  nella  sua  passione,  un  uomo  vera- 
mente curioso,  e,  come  tutti  gli  appassionati,  di  un'estrema 
suscettibilità...  Per  ringraziarlo,  in  un  certo  capodanno,  io  ebbi 
l'idea  di  mandargli  una  cassa  piena  di  scelte  leccornie:  la 
cassa  fu  accolla  con  improperi.  Io  d(jvetli  fargli  molte  scuse 
e  riassicurarlo:  k  Ma,  mio  caro  signor  l'illardeau.  tra  amici, 
si  fanno  di  queste  cose!  » 


Del  resto,  per  tjuanto  quei  documenti  fissero  sapiente- 
mente raccolti,  non  potevano  fornir  altro  se  non  gli  elementi 
della  \'ita.  La  vita  stessa  era  creata  da  Meissonier  coi  suoi 
s/ì////,  da  lui  prediletti  quasi  più  dei  suoi  quadri,  in  ragione 
delle   dolci    ore   di    lavoro  ritornanligli    alla  memoria.    Krano 


MKISSONIER 


■'   la  sua  carne  e  il  suo  sangue  >'.   Il   suo  ideale  sarebbe  state 


:.-    !  •  1  1(V,;.    I)    IN-SEGXE. 
(Acquerello  «1  Metropolitan  Museum  di  New-York.) 


di  lar  soltanto  de^li  schizzi,  di    prender  qua   e   là  delle  note 
vive  e  di  ^iettarle  sulla  tela  cosi   «  come  Pascal  gettava  sulla 


IL   MAESTRO 


carta  le  sue  noie  sparse  <■.  senza  la  falica  della  ci)mp<jsizione 
pittorica. 

r)opo  la  sua  morie,  un  cerio  numero  di  questi  s///(//  sono 
siali  riuniti  in  due  volumi,  e  dimostrano  con  qual  tenacia  e 
con  quale  audacia  egli  perseguisse  ciò  che  voleva  rendere.  ^  e 
n'ha  taluni  che  rappresentano  lo  stesso  soggetto  ripreso  tre 
o  quattro  volle.  La  dilferenza  consiste  in  un  gesto  più  natu- 
rale, in  un  raggio  di  luce  meglio  diretto,  in  un'espressione 
di  fisionomia,  in  uno  sguardo,  in  un  nonnulla;  altri  invece 
sono  stati  compiuti  di  bollo;  altri,  infine,  sono  semplici  ab- 
bozzi, indispensabili  per  fissare  un'attitudine,  il  movimento  di 
una  gamba  di  cavallo,  la  posa  di  un  cane  disteso,  l'assesta- 
mento di  un'armatura,  il  tòno  di  un  volto,  il  profilo  di  un 
elmo,  le  pieghe  di  un  calzone  di  pelle  o  d'  una  gambiera.  Il 
suo  occhio  penetrante,  avvolgeva  e  fermava  lutto  ciò  che  gli 
riusciva  di  cogliere.  «  Thiers  parla  del  lampo  delle  sciabole  : 
io  lo  faccio  vedere  ».  Ma  per  ■<  far  vedere  >  quante  ricerche, 
quale  coscienza,  quale  scrupolosità!  A  lui  non  bastava  il  ri- 
cordo derivato  da  un'  osservazione  continua.  (Quando  dovè 
preparare  per  il  fSoy  un  angolo  di  campo  lavoralo,  si  recò 
in  piena  campagna  a  schizzare  alcune  zolle  di  terra.  Dice- 
vasi,  sorridendo,  negli  studi  dei  pittori,  che.  per  dipingere 
un  soldato  in  un  campo  di  grano  .  occorresse  a  Meissonier 
prima  di  acquistare  il  campo,  poi  di  ricercare  il  soldato  nelle 
caserme:   il   che  egli,  del  resto,  non  negava. 

Di)po  la  campagna  d'Italia,  s'era  proposto  di  fare  una 
serie  di  sludi  sull'esercito.  Uno  di  essi  esiste  ancora:  sono 
alcuni  soldati  di  fanteria  accampali,  con  l'arma  al  braccio:  il 
sergente,  sul  davanti,  fa  la  chiama.  Quanto  agli  altri  sludi,  egli 
ne  conservava  i  modelli  nella  mente.  Quello  dell'artiglieria 
gli  fu  fornitojdalla  batteria  della  Guardia  comandata  dal  ge- 
nerale .Mellinet.  ferito  in  una  guancia  a  .Magenta  dallo  scoppio 
di  ivì  obice. 

La  cavalleria  doveva  avere  un  posto  d'onore.  Il   cavallo 


74 


Ml-:iSSONIER 


era  cliveiUal<j  pei"  Meissonier,  verso  la  metà  della  sua  carriera, 
il  su(j  studio  prediletto;  ed  egli  ne  rinnovellò  la  scienza. 

Meissonier  non  ignorava  che  gli  antichi,  specialmente 
gli  Assiri,  conoscevano  tutti  i  moti  del  cavallo;  tuttavia,  si 
lusingava  di  averli  ritrovati   lui.   per  la  prima  volta,  dopo  gli 

.\ssiri.  A  suo  credere, 
i  moderni  .  anche  i 
più  valorosi,  non  ave- 
van  fatto  che  dei  ca- 
valli conven7,i(jnali; 
"  e  quei  tipi  arbitrari 
erano  cosi  ben  pene- 
trati nel  dominiij  della 
pittui'a.  e  il  pubblico 
vi  credeva  cosi  supi- 
namente, che  gli  erano 
')Ccorsi  molti  anni  di 
lotta  assidua  per  far 
accettare  la  verità  >■. 
Egli  si  teneva  al 
Corrente  di  tutti  i  la- 
vori che  potessero 
contribuire  alla  sua 
istruzione.  .Nessun  na- 
turalista ,  astronomo 
o  fisico  seppe  mai  più  di  lui  ciò  che  si  pubblicava  nei  due 
mondi.  Nell'estate  del  ib>79,  un  giornale,  la  -Wr/i/n-,  pubblicò 
alcuni  atteggiamenti  di  cavalli,  ottenuti,  diceva,  da  alcune 
fotogi'afie  americane.  Molti  di  quei  modelli  furono  o^erti  a 
Meissonier,  il  quale,  a  l'orza  di  lavoro,  aveva  finito  per  ren- 
dersi completamente  ragione  del  passo  naturale  del  cavallo, 
che  è  assai  difficile  a  riprodurre,  e  del  trotto  che  lo  e  men(j. 
«  Ma  di  quel  diavolo  di  galoppo,  non  arrivava  a  esser  mai 
contento;  aveva  un  bel  prestarvi  tutta  la  sua  attenzione!  » 


LA   Vi-DliTTA. 
•tacine  ;i  S.  A.  R.   il  Duca  d'Au.nale 
(Galleria  di  Chantilly.) 


IL   MAESTRO 


Or  ecco  che  un  americano  aveva  scoperto  il  segreto! 
«  Verso  l'autunno  del  1879,  un  mercante  d'America  gli  pre- 
sentò un  certo  signor  Leland  Stanford,  già  governatore  della 
California,  che  lo  pregò  di  fargli  il  ritratto.  Meissonier  rifiuta. 
Stanford,  allora,  gli  parla  di  quelle  famose  fotogralle  sui  mo- 
vimenti dei  cavalli,  soggiungendo  che  erano  state  eseguite  da 
lui.  Un  suo  amico,  anzi,  raccontò  che  aveva  anche  speso  per 
ciò  centomila  dollari.  E  questo  era  una  picciolezza,  giacche 
Stanford  possedeva  altre  centinaia  di  fotografie  sconosciute 
in  Europa  e  ben  altrimenti  interessanti  ;  ne  aveva  pure  sui 
movimenti  dei  buoi,  dei  cervi,  dei  cani,  degli  uomini  combattenti, 
lottanti,  in  atto  di  far  salti  mortali,  ecc.,  ecc.  «  Io  era  in 
estasi  !  Non  avevo  più  da  fare  con  un  milionario,  ma  con  un<j 
di  casa.  E  gli  promisi  il  ritratto.  » 

Però  in  questo,  come  nelle  altre  cose,  le  ricerche  altrui, 
anche  ottenute  con  la  macchina  fotografica,  non  gli  servivano 
altro  che  di  controllo.  Lo  studio  diretto,  anzi  tutto;  così  che. 
d'estate,  abitando  a  Poissy,  egli  era  sempre  presente  al  campo 
di  manovre  di  Saint-Germain.  Talvolta,  quando,  a  un  tratto, 
gli  appariva  un  movimento  da  gran  tempo  ricercato,  ritornava 
a  spron  battuto  allo  studio  per  lissarlo  sulla  tela,  oppure 
chiedeva  il  polsino  a  sua  moglie  per  disegnarvelo  a  volo. 

Ma  come  sorprendere  nella  lor  mobilità  fuggitiva  tutti  i 
particolari  del  lavoro  muscolare  dei  cavalli?  Con  quella  inge- 
gnosità di  mezzi  che  gli  era  naturale,  ma  che  più  veniva  acuita 
dall'intensità  del  suo  spirito  analitico,  costruì  nel  suo  parco 
di  Poissy  una  piccola  ferrovia  lungo  una  pista;  e  seduto  su 
di  un  vagoncino,  di  cui  alfrettava  o  moderava  il  cammino  a 
seconda,  seguiva  la  corsa  parallela  del  cavallo  montato  da 
un  domestico.  In  tal  guisa,  era  giunto  a  scomporre  e  a  notare 
<■  perfino  nei  loro  fremiti  le  andature  più  rapide  e  più  difficili  «. 
La  riflessione,  poi.  completava  ciò  che  l'osservazione  gli  aveva 
fatto  vedere. 

Esser  pittore  —  soleva  dire  —  significa  essere  assuefatto. 


MIÌISSONIER 


a  una  logica  rigorosa,  a  trovare  il  come  e  il  perchè,  a  risalire 
dagli  eljelti  alle  cause.  La  natura  non  cede  i  suoi  segreti  se 
non  a  chi  la  stringe  da  presso.  Non  basta  guardarla  e  am- 
mirarla; conviene  domarla.  «  Io  sarò  ingenuo,  ma  nello  stesso 
tempo  son  come  un  trapano  che  fora  le  cose  da  parte  a  parte  ». 


(Juale  si  rivelava   nello   stud/o,  tale    Meissonier   era  nel- 
'"esecuzione   definitiva    dell'opera,  con    ancor    più  ardente  bi- 


.  ..-;    GIORGIO    —    VEN'lZIA. 
(Dipinto.) 

sogno  di  verità.  Kgli  lavorava,  tenendo  accanto  gii  abbozzi, 
alla  portata  dell'occhio;  ma  più  spesso  ritornava  direttamente 
al  modello.  la  natura.  Per  impedirgli  questo  consulto.  «  sa- 
rebbe occorso  rinchiuderlo  ».  lu"a  una  vera  lotta  che  impe- 
gnava con  la  natuia.  v  la  sua  schiava  favorita  e  necessaria  ». 
«Sì.  la  mia  schiava  »,  ripeteva,  indugiando  sulla  parola: 
«  ella  deve  obbedirmi;  non  e  la  mia  padrona  ».  In  fondo, 
era  il  suo  modo  di  tradurre  l'adagio  classico:  homo  additns 
luituni'. 


IL   MAESTRO 


In  tal  modo  sono  spiegabili  le  preferenze  per  i  soggetti 
che  agitavano  tutto  il  suo  pensiero. 

Meissonier  sarebbe  stato  un  delizioso  paesista.  Le  sue 
vedute  di  Venezia,  di  Antibo.  di  Évian.  di  l^oissv  sono  squi- 
site. Gli  è  che  sentiva  profondamente  il  fascino  penetrante 
delle  acque  e  dei  boschi,  i  misteriosi  silenzi  dell'aurora,  que- 
gl' istanti  divini  in  cui,  come  in   una  segreta  armonia,  il  cielo 


OLIVO    DEL   PONTHEIL    IN'    ANTIBO. 
(Acqutrcllo.-, 


e  la  terra  sembrano  congiungersi  e  invitare  l'uomo  a  isolarsi 
dai  romori  del  mondo;  i  fascini  della  sera  lo  rapivano.  «  Ah! 
la  bellezza  dei  tramonti  di  aprile,  con  i  lor  tòni  vermigli 
e  il  liammeggiamento  del  cielo  su  cui  spiccano  le  piccole 
foglie  novelle  della  quercia,  verdi  a  simiglianza  di  perle  verdi!... 
Ah!  gli  scintillìi  d'oro  delle  foreste  in  ottobre!...»  Dinanzi 
a  questi  solenni  spettacoli,  i  suoi   occhi  s'  inumidivano  di  la- 


V^EISSONIEH 


^rime.  «  (Juando  bisoiinerà  andarsene  —  diceva  —  dopo  co- 
loro che  io  amo.  quel  che  di  più  rimpiangerò,  non  saranno 
le  città,  i  musei,  le  opere,  infine,  dell'uomo;  ma  la  natura 
del  buon  Dio  ,  i  campi  ,  i  boschi  ,  le  cose  che  dicono  inani- 
mate e  che  tante  volte  m'  han  fatto  piangere  di  ammirazione. 
È  cosi  bella  la  luce,  è  cosi  bella  la  natura!  É  cosi  dolce, 
ammirare,  o  mio  I)io!...  Felici  i  paesisti!...  »  Kgli  sentiva  la 
natura  da  poeta;  e  ne  godeva  da  pittore:  «  poiché  il  pittore 
ha  di  vantaggio  sul  poeta  il  diletto  dei  colori,  le  carezze  del 
pennello,   le  quali   pri)ducono  sensazioni  incomparabili.  » 

Tuttavia,  tali  vivaci  impressioni  non  avrebbero  sempre 
sorretto  il  suo  ardore.  Dopo  aver  lungamente  goduto  dei  pae- 
saggi della  Svizzera,  se  n'era  stancato;  e  non  volle  ritornar 
]DÌù  né  ai  laghi,  né  sulla  montagna. 

Lo  stesso  dicasi  dei  ritratti.  (Quelli  del  dottor  Lefevre, 
di  Chenavard,  di  Vanderbilt,  del  dottor  (juyon.  di  Stanford, 
di  Vittorio  Lefranc.  di  Alessandro  Dumas,  sono  dei  capola- 
vori. .Meissonier  pensava  argutamente  che  non  si  ritrae  bene 
se  non  la  persona  amata  o  conosciuta  a  fondi);  e  confermava 
la  teoria  con  l'esempio,  poiché,  dei  suoi  ritratti,  più  di  qua- 
ranta su  cinquanta  sono  lavori  di  amicizia.  .\la  non  meno 
giudiziosamente  pensava  che  se,  dopo  l'intimità  della  posa, 
come  dopo  una  relazione  contratta  in  viaggio,  due  amici,  co- 
noscendosi meglio,  debbono  affezionarsi  di  più,  possono  anche, 
per  la  stessa  ragione ,  intendersi  meno  e  guastarsi.  In  un 
momento  di  distretta,  egli  aveva  avuto  l'idea  di  dedicarsi  al 
ritratto;  ma  occorreva  un  eccessivo  sacrifizio  della  sua  per- 
sona: e  né  il  suo  ingegno,  né  il  suo  carattere  avrebbero  potuto 
resistere  a  quella  troppo  lunga  prova. 

Era  veramente  lieto  allorché,  dopo  aver  lungamente  ma- 
turato un  soggetto  —  soggetto  di  genere  o  soggetto  storico 
—  imprendeva  il  quadro.  Nessun  fondo  preparato;  nessuno 
schizzo,  o  quasi;  nessun  contorno:  dapprima  il  rilievo,  in  blocco, 
come  fa    lo   scultore,    il   contorno  dopo  il  modellato.  Nessun 


IL   MAESTRO 


79 


calcolo,  insomma,  di  nessuna   specie,   né   di    procedimento, 
né  di  preconcetto:  obbediva  all'impulso. 

«  Di  fronte  alla  natura  »  —  quante  volte  questa  nota 
ritorna  sulle  sue  labbra  nelle  torme  più  diverse!  —  «  io 
sono  come  un  bambino;  nulla  so  prima;  la  guardo,  l'asci^lio; 
ella  mi  inebbria  e  mi  sugge- 
risce il  modo  di  avvicinarla 
e  sposarla.  Io  mi  fermo  dove 
capita...  Son  come  il  caccia- 
tore che  tira  su  ciò  che  fugge; 
non  amo  prendere  di  mira  il 
fogliame...  La  matita  cammina 
con  troppa  lentezza  ;  mi  oc- 
corre il  pennello  che  suscita 
all'improvviso  il  punto  lumino- 
so... Io  dipingo  come  il  vento... 
Un  musicista  inspirato  non  fa 
più  rapidamente  vibrare  i  suoi 
tasti.  Io  non  mi  curo  se  non 
dell'intensità  dell'espressione.  » 
Alcuni  hann(j  chiesto  per- 
chè la  donna  occupa  si  poco  posto  nella  sua  opera;  egli 
stesso  ne  dà  la  spiegazione:  «  Le  tenerezze  del  pennello  non 
sono  fatte  per  me.  » 

Per  una  rara  concordia  di  qualità  contrarie,  cotesto  im- 
peto artistico  non  era  eguagliato  che  dalla  sua  pazienza.  Vio- 
lento all'inizio,  era  tardo  al  compimento  della  sua  opera  Non 
gli  doleva  riconoscere  di  esser  giunto  a  quella  rapidità  di 
concezione  solo  dopo  quarant'anni  di  lavoro  accanito;  anzi 
se  ne  faceva  un  titolo  di  gloria.  Se  non  voleva  che  lo  sforzo 
apparisse  nell'opera  più  inoltrata,  nulla  concepiva  senza  quello 
sforzo,  nulla  che  non  meritasse  ogni  cura.  Altre  volte  adottava 
questo  principio  «  anche  per  verniciarsi  le  scarpe»,  e  noi  sap- 
piamo già  che  era  abilissimo  nel  legare  i  pacchi.  Di  ogni  cosa 


RITRATTO    DI    PAUL    CUENAVARD. 
(.Musco  J.  Lione.  I 


8o  MEISSONIER 


esili  notava  —  si  può  esser  compiaciuti,  quando  la  si  faccia 

bene.  Diceva  al  dottor  Guyon:  «  Io  sento  parlare  di  foto- 
grafìa; ma  dove  andrà  il  piacere  dell'artista,  adoperandola? 
Non  ci  sono  che  le  cose  divertenti  che  facciano  un  male 
enorme.  Non  spiacerebbe  a  voi.  per  esempio,  se  in  un'ope- 
razione delicata  il  vostro  istrumento  andasse  da  solor  » 

«  La  pittura  vile  è  la  pittura  di  un  vile  »  scriveva  Dela- 
croix;  e  Meissonier  a  sua  volta:  «  Il  meglio,  nemico  del  bene, 
è  il  dogma  dei  pigri.  » 

Ritoccava,  ripigliava  ogni  suo  lavoro,  lo  rifondeva.  Il  iSoy 
è  restato  quattordici  anni  sul  cavalletto.  La  sera,  spossato 
dalla  fatica,  credeva  di  aver  trovato  ciò  che  cercava:  la 
dimane  ,  rientrando  nello  studio  ,  cancellava  tutto.  Gli  e  per 
questo,  che,  lavorando  sveltamente,  non  sembrava  svelto: 
era  sempre  daccapo.  Quanti  uomini  e  quanti  cavalli  aveva 
ucciso  nei  Dnigoìì/  per  riprodurre  più  esattamente  una  gamba 
o  un  braccio!  «  \\  sono  là  due  o  tre  quadri  l'uno  suiraltr<3  », 
ond'egli  chiamava  certe  tele  le  sue  «  tele  di  Penelope.  »  L'ap- 
prossimativo lo  sdegnava;  e.  per  il  bisogno  di  essere  com- 
pleto, era  pronto  a  sacrificar  tutto,  il  riposo,  i  piaceri,  la  sua 
più  legittima  impazienza.  Sul  punto  di  spedire  i  /)n/(!;o/7/  per 
l'Esposizione  (i883),  un  dubbio  lo  punge:  il  numero  di  matri- 
cola appostovi  era  esso  giusto?  Per  tal  dubbio  sospende  l'invio 
fin  che  non  ha  verificato  e  cambiato.  Era  stato  il  primo  ad 
accorgersi  che,  nel  Solferino,  il  movimento  del  cavallo  del 
primo  piano,  il  cui  cavaliere  contempla  un  cadavere,  non  era 
precisamente  esatto;  ma  quando  l'aveva  dipinto,  non  «  posse- 
deva »  ancora  il  cavallo!  Un'uosa  attaccata  male  gli  offendeva 
lo  sguardo;  voleva  che  si  potesse  passare  il  dito  tra  i  lacci. 
Questo  tòcco  impeccabile  era  la  disperazione  degl'incisori. 

«  .Mio  caro  confratelhj,  —  gli  scriveva  l'incisore  llenriquel- 
Dupont  —  quando  uno  di  noi  esamina  un  quadro,  si  chiede, 
per  prima  cosa,  ciò  che  potrebbe  sopprimere;  con  voi.  m'ac- 
corgo subilo  che  non  è  possibile  toglier  nulla.  >■ 


;iri.:\rro  in  vrrroiao  leikaxc.  iSSi. 

(Appartenente  alla  sua  vedova.) 


Meissc 


8;  MrClSSONIKR 

Attentissimo  alla  critica.  Mcissonier  accettava  solo  l'elo- 
gio che  si  taceva  da  se  :  bisognava  che  l'osse  contento  lui. 
Non  mandava  liiDii  nulla  senza  la  sua  firma,  e  non  firmava  se 
non  ciò  che  era  perfetto,  ossia  quella  perfezione  di  cui  aveva 
l'irresistibile  sentimento.  .Mai  stanco,  mai  sfiduciato,  «con 
delle  volontà  feroci,  accanite,  arrabbiate  ».  faceva  gioinate  di 
dieci  e  dodici  ore.  in  piedi,  nel  suo  studio  o  all'  aria  aperta, 
d'estate  con  trenta  gradi  di  calore,  e  gli  occhi  riarsi  dal  sole: 
d'inverno,  con  dieci  gradi  di  freddo,  i  piedi  nel  fango.  «  Io 
non  credo  che  mi  si  possa  accusar  mai  di  non  aver  avuto 
coscienza  ■>  —  poteva  giustamente  esclamare.  (  )i  bene:  di  tutti 
gli  ammaestramenti,  non  era  forse  questo  il  più  utile  e  il  più 
bello? 


CAVALLO    AL    TROTTO. 
(S.-h;77,.  a  penna.) 


HRIGIONILRI. 


Q' 


IMMAGINE     KliLIGIOb* 
(Giovinezza  Ji   Melssor.ier.  ) 


LUOMO 


UANTO  più  mi  avvicino  al  leimine  della 
mia  vita  di  lavoro  —  scriveva  Meisso- 
nier  a  un  amico  —  altrettanto  mi  allontano 
dalle  cose  che  non  hanno  per  iscopo  la  verità 
o  il  bene  :  e  se  tento  di  lasciare  un  buon  nome 
come  pitl(ji"e.  più  ancora  lento  di  lasciarlo 
come  uomo.  >■ 

Cotesta  preoccupazione  era  fissa  in  lui,  e 
lili  liìitretiens  ne  forniscono  la  prova,  quasi 
a  ogni  momento  della  sua  esistenza.  Egli  non 
concepiva  che  alcuno  si  arrogasse  il  diritto  di 
vivere  la  vita  da  dilettante,  di  passarla  come  un 
\'iaggiatorc.  di   rifiutare    il   proprio    contributo 


84  MEISSONIER 


alla  cosa  pubblica;  quanto  a  lui.  poteva  menar  vanto  di  non 
aver  mancato  mai  al  dovere  di  cui  fissava  cosi  rigidamente 
le  regole. 

Meissoniei"  trascorse  quasi  tutta  la  sua  carriera  a  Poissy. 
Sembrava  che  il  destino  ve  Io  tenesse.  Da  giovanetto  era 
passato  per  quei  luoghi  con  un  centinaio  di  soldi  in  tasca, 
un  pezzo  di  pane  sotto  il  braccio,  e  la  scatola  da  colori  tra 
le  mani,  per  recarsi  a  iMeulan,  presso  lo  scultore  Marocchetti; 
e,  quantunque  le  strade  avessero  allora  l'aspetto  di  letamai, 
serbava  di  tutto  un  dolce  ricordo.  Suo  padre  aveva  divisato 
di  acquistar  colà,  sulla  riva,  un  terreno  per  costruirvi  un 
deposito  di  mercanzie.  Meissonier  vi  si  stabili  nel  1845,  e 
non  se  ne  allontanò  più,  né  anche  quando  ebbe  un  palazzo 
di  sua  proprietà  a  Parigi.  Aveva  acquistato  una  casa  che  di- 
pendeva dalla  vecchia  abbazia;  e  quando  incominciò  a  rico- 
struirla, trovò  sotto  il  pavimento  della  camera  principale,  in 
una  bottiglia  sigillata,  una  carta  datata  "  dal  Monastero  di 
San  Luigi  di  Parigi,  1679.  "  Il  monaco,  diceva  la  carta,  era 
venuto  colà  «  per  fare  certe  riparazioni  e  rimediare  al  disor- 
dine, per  ordine  del  Re  »;  e  pregava  nel  contempo  coloro 
che  scoprirebbero  il  deposito  di  far  dire  delle  messe  per  il 
riposo  della  sua  anima. 

.Vleissonier .  che  aveva  eseguito  appuntino  le  intenzioni 
del  monaco,  amava  la  calma  di  quel  ritiro  solitario,  e  a  poco 
a  poco  ,  di  ciliegio  in  ciliegio  ,  di  prato  in  prato  .  ne  aveva 
allargata  l'estensione. 

Dopo  il  suo  secondo  matrimonio,  andò  ad  abitare  sulla 
spiaggia,  in  casa  della  suocera,  una  casa  fabbricala  da  venti 
anni ,  secondo  i  suoi  disegni  e  rallegrata  da  una  prospettiva 
bellissima:  da  un  lato,  il  ponte  col  molino  della  Regina-Bianca 
e  con  le  sue  vecchie  arcate,  a  traverso  le  quali  scorgevansi 
la  punta  delle  isole,  i  meandri  della  Senna  e  i  profili  di 
Mèdan  ;  dall'altro,  la  libera  campagna  di  Carrières,  il  vasto 
cielo  e  l'orizzonte  luminoso.  La  lieta  animazione  di  quel  pae- 


L'  UOMO 


saggio  Io  giocondava  tutto  (i).  Nel  1882,  poiché  il  castello 
delie  Carrieres.  Champtleury.  era  slato  messo  in  vendita,  egli 
fu  a  un  punto  dal  diventarne  proprietario;  giunse  fino  a  cen- 
tosettantotto  mila  lire,  ma  l'incanto  sorpassò  questa  offerta. 
Si  era  per  altro  affezionato  a  Poissy  anche  pei"  il  bene 
che  vi  faceva.  «  Ho  desiderato  di  essere  sindaco  del  mio 
Comune  —  disse  un 


D 


\^n^/ 


giorno  —   e  lo   sono  .    0  ' 

stato,  poiché  credevo 
di  riuscire  utile  a 
qualche  cosa.  »  A 
trentaire  anni  ,  du- 
rante la  rivoluzione 
del  1 848 ,  fu  per  es- 
sere trascinato  nella 
vita  politica.  Che  po- 
teva guadagnarvi? 
Gli  sarebbe  stato  dif- 
ficile dirlo,  appunto 
come  in  seguito  con- 
fessò. .Ma  egli  era. 
come  allora  si  diceva. 

un  liberale.  Giovanissimo  ancora,  e  mentre  doveva  guada- 
gnarsi giorno  per  giorno  la  vita,  un  editore  realista  gli  aveva 
proposto  d' illustrare  una  S/or/a  della  Varnica.  «  Se  fossi  vis- 
suto in  quei  tempi  -  rispose  .Meissonier  —  avrei  combattuto 
tra  le  file  degli  azzurri:  non  saprei  perciò  concepire,  né  espri- 
mere le  cose  secondo  il  vostro  sentire.  Forse  qualche  episodio 
potrei  riprodurre,  come  ad  esempio  quello  del  generale  Bon- 
champ  che  perdona  i  prigionieri  repubblicani;  quanto  al  resto, 


TESTA     DI     FR.\Ti;. 
(Stilizzo  .,  penna.) 


(i)  «  Oggi,  25  nuggio  1890,  sentendomi  debolissimo...  ho  pensato  di  dettare  le 
mie  volontà...  Desidero  di  essere  sepolto  nel  cimitero  di  Poissy,  in  nn  terreno  gii  acqui- 
stato da  colei  che  prescelsi  a  compagna  dei  miei  ultimi  giorni  —  sotto  la  tomba  di  suo 
padre  .\doIlo  Bez.mson.  »  (Esìratlo  ila!  Icslamenlo  di  Meissonier). 


86  MEISSON'IER 


non  è  affiir  mi(j.  •  Eouale  rifiuto  aveva  dato  alla  richiesta  del 
disegno  pei"  una  medaglia  che  rappresentasse  Guizot  alla  tri- 
buna nel  ,y;iorno  in  cui  l'illustre  statista  pronunzio  la  frase 
famosa:  <■  l^e  vostre  ins^iurie  non  giungeranno  mai  all'altezza 
del  mio  disprezzo.  >■  Egli  ammirava  l'ingegnij  dell'oratore, 
ma  non  s'entusiasmava  per  la  sua  politica,  l'iesentiva  immi- 
nente una  trasformazione  sociale,  e  avrebbe  voluto  savia- 
mente prepararla. 

La  dimane  del  24  febbraio,  i  suoi  migliori  amici,  Deze, 
Terrier,  lo  stess<:)  .Marrast.  lo  spinsero  a  presentarsi  candidato 
alla  deputazione.  Lamartine  lo  raccomandò  vivamente  con 
questi  termini:  ■«  uomo  di  cuore,  patriota  devoto,  e  nello  stesso 
tempo  artista  di  genio  ».  Egli  vi  si  piegò,  l'unica  volta  in  vita 
sua.  .Mail  suo  avversario  vinse,  ed  era  un  notaio  di  l'oissv; 
il  signor  Hezanson,  amico  suo,  padre  di  colei  ch'egli  doveva 
sposale  in  seconde  nozze. 

Pare  che  due  questioni  sopra  tutte  lo  preoccupassero 
allora:  il  bilancio  dei  culti  e  la  riforma  dell'istruzione  pub- 
blica. .Noi  sappiamo  il  suo  riserbo  nelle  discussioni  metafi- 
siche; ma  circa  la  politica  religiosa  era,  in  massima,  più 
audace,  e  le  idee  da  lui  espresse  su  questo  tema  durante 
il  184S.  non  sembra  siansi  modificate  nel  corso  della  sua  vita. 
Egli  dunque  alfrontava  la  questione  dei  culti  «  sotto  due 
punti  di  vista,  uno  assoluti:)  e  uno  pratico  ».  •  1  )al  punto  di 
vista  assoluto  —  diceva  —  se  si  prescinde  dal  tempo  e  dal 
paese  in  cui  viviamo,  se  si  astrae  dai  costumi,  dalle  abitudini, 
dai  diritti  acquisiti,  io  penso  che  ciascun  cittadino  deve  pagare 
il  suo  culto,  e  che  l'unico  ufficio  dello  Stato  deve  essere  di 
conciliare,  mediante  una  sorveglianza  protettrice  di  tutti  i 
diritti,  la  liberta  indi\-iduale  con  l'interesse  collettivo.  .Ma  se 
si  considera  che,  a  causa  di  una  tradizion  secolare,  il  popolo 
e  abituato  ad  annoverare  la  pratica  religiosa  tra  le  funzioni 
pubbliche:  se  si  pensa  a  quei  quarantamila  preti  che  sareb- 
bero bruscamente  piixali   delle  prebende  gaiantite    lon)  dalla 


L'HOMO  87 

società,  si  comprende  allora  la  necessità  di  una  transazione 
Io  accetto,  dunque,  come  risultato  l'osservanza  di  questa  mas- 
sima: che  ogni  devoto  paghi  il  pi-opri(ì  culto:  ma  credo 
si  debba  pervenire  a  ciò  solo  a  piccole  tappe.  Senza  precisar 
nulla  al  riguardo,  io  indicherei  un  procediment<j  applicato  in 
casi  analoghi:  quello  cioè  consistente  nel  cancellare  dal  bilancio 
i  pagamenti  a  misura  che  gli  uffici  siano  vacanti  per  la  morte 
o  per  il  ritiro  di  coloro  che  l'occupano.  Anche  questo  potrà 
sembrare  troppo  torte,  e  credr)  benissimo  si  debbano  ricer- 
care altri  accomodamenti...  » 

In  fatto  d'istruzione  pubblica,  si  mostrava  più  rigido.  Il 
16  maggio  184S,  proponendo  un'immediata  radicale  riforma, 
conchiudeva:  "  Si  parla  dell'Università:  veramente  io  la 
credevo  morta  .  e  se  non  m<jrta  .  assai  inferma.  Kra  una 
persona  molto  pedante:  sopra  tutto  era  un'aristocratica,  che 
abbandonava  i  tìgli  del  popolo  nelle  mani  di  istitutori  gros- 
solani .  ripagati  di  soli  disprezzi.  P2ssa  concentrava  le  sue 
tenerezze  su  tre  o  quattro  centomila  privilegiati,  messi  al  re- 
gime lussuosi.)  del  greco  e  de!  lalinij.  Straniera  alla  grande 
idea  del  1 7*  )0 .  che  proclamava  i  dii'itti  di  tutti  a  una  edu- 
cazione nazionale,  essa  considerava  come  contrabbando  ogni 
sistema  liberale  ed  economico  che  tendesse  ad  allargare 
r  angusta  cerchia  in  cui  si  chiudev.i.  Da  ciò  quell'esame  di 
laurea  e  quel  certificato  di  studi  universitari  posti  come 
una  cinta  doganale  all'entrata  delle  pubbliche  carriere.  Ma  la 
rivoluzione  di  Febbraio  ha  mutalo  tutto  ciò.  <  )ggi,  l'intera 
nazione  chiama  tutti  i  suoi  figli  a  gi:)dere  dei  benefici  dell'e- 
ducazione, la  quale  distrugge  le  varie  distinzioni  scritte  nelle 
nostre  leggi,  sostituendole  con  un  vasto  sistema  di  eguaglianza. 
Vorrei  poter  mostrarvi  questo  sistema  cosi  com"  e  compreso 
da  me;  indicarvi  lo  Stato  che  pone  in  ogni  comune,  a  lato 
del  sindaco,  un  istitutore  impartente  a  tutti  i  fanciulli  un'edu- 
cazione elementare.  All'età  di  d'jdici  anni,  cotesti  fanciulli, 
preparati  in  quella  guisa,  sarebbero  riuniti  al  capoluogo  com- 


88  M  1£  I  S  S  O  N  I  E  R 


partimentalc,  in  una  grande  scuola,  dove  maestri  accurata- 
mente prescelti  si  occuperebbero,  mediante  un  complemento 
di  educazione  generale,  del  loro  sviluppo  lìsico.  morale  e  in- 
tellettuale... ))  Se  il  giudizio  suir  Università  è  severo,  si  dee 
convenire  che  non  è  privo  di  giustezza.  Aggiungiamo  che  lo 
schema  abbozzato  da  .Meissonier  non  difettava  punto,  dati  i 
tempi,  ne  di  gravità,  né  di  ampiezza,  e  che  s'inspirava  a  un 
sentimento  democratico  illuminato. 


«  Come  colui  che  non  può  restare  al  suo  posto,  mentre 
nel  suo  paese  si  svolgono  grandi  latti  ".  Meissonier,  non  ap- 
pena scoppiata  la  guerra  del  i<Syo.  erasi  recato  a  Metz.  Lo 
Stato -maggiore  l'accolse  quasi  come  un  nunzio  di  vittoria. 
Eran  passati  soli  pochi  giorni,  ed  egli  stimava  la  situazione 
disperata.  La  mattina  dopo  Forbach  e  W'issembourg.  scri- 
veva (I)  (8  agosto   iSyo  : 

«  Ah!  che  giorni  crudeli,  che  angoscia!  Che  sarà  di  noi, 
mio  Dio!  Questa  lettera,  forse,  e  l'ultima  che  potrà  giungervi: 
certo,  domani,  le  nostre  comunicazioni  con  Parigi  saranno 
interrotte,  e  noi  saremo  chiusi  dentro  Metz.  Povera  Francia, 
povera  patria  cara!  Aver  nelle  mani  un  esercito  cosi  bello, 
così  liero  e  cosi  coraggioso,  cui  nulla,  se  condotto  bene,  po- 
teva resistere,  e  farlo  sterminare  a  brani!  Xoi  soffochiamo 
tutti  qui,  di  rabbia  e  di  disperazione  inesprimibili.  Restare 
irresoluti,  quando  i  minuti  sono  tutto,  scongiurare  un  di- 
sastro per  prepararne  un  altro,  far  scorrere  senza  frutto  e 
senza  gloria  il  sangue  più  puro  e  migliore  del  nostro  paese 
diletto!  La  nota  dei  morti  è  cosi  lunga  che  io  non  oso  sve- 
larla. Reggimenti  interi  procedono  innanzi  e  non  ritornano 
più.  Ah!  la  guerra  e  una  vera  scienza:  e  quando,  per  lunghi 


(])  L.i  lettera  è  indirizz.ita  Mi  signoriii.i  V..  Bezanson. 


L'UOMO  89 

anni  .  si  è  lasciato  al  nemico  tutto  l' agio  di  acquistarla,  e 
quando  noi  l'abbiam  dimenticata  o  disprezzata,  bisogna  restar 
filosofi  e  non  lanciarsi  alla  cieca  in  si  terribili  cimenti... 
Ah  si  !  io  ricorderò  lungamente  quei  giorni  di  Metz  e  quelli 
che  sciaguratamente  seguirann(j;  poiché  non  vedo  in  che 
modo  si  possa  uscire  di  qui. 

«  Io  voleva  montare  a  cavallo,  per  giungere  in  tempo  a 
Verdun,  a  F<eims  o  a  Soissons.  Mi  dicono  che  sarebbe  impru- 
dente, poiché  già  si  mostrano  sulla  strada  le  punte  della  ca- 
valleria nemica.  Il  nostro  disastro  e  grande:  tutto  sembra 
perduto,  se  non  segua  un  miracolo.  Potete  bene  immaginare 
il  mio  stato;  nulla  ho  potuto  fare,  nulla  assolutamente:  non  mi 
sento  neanche  la  forza  di  scrivere,  ed  e  solo  per  voi  che  fo 
questo  sforzo  supi-emo. 

«  Addio  per  sempre  ai  quadri  militari!  (Juesti  poveri 
umili  eroi  son  tuttavia  sublimi  ,  e  meriterebbero  pure  che 
qualcheduno  consacrasse  il  suo  ingegno,  per  grande  che  fosse, 
a  dipingerli  degnamente.  (  )himè!  quel  riverbero  di  gloria  onde 
erano  una  volta   illuminati   non  sarà  più. 

«  .Mio  Dio,  quanto  sojfro!  E  qual  tripudio  devono  pro- 
vare gli  altri,  quei  selvaggi  !  Oh.  l'eterna  storia  dei  barbari 
che  si  piopongono  per  fine  la  conquista,  e  degl' inciviliti  che 
nulTaltro  desiderano  se  non  il  godimento  del  possesso!...  \^ia. 
non  parliamone  più... 

«  Perdonatemi  questa  lettera  cosi  riboccante  d'angoscia, 
e  direi  quasi  di  lacrime.  .Ma  io  spero  che  voi  sentiate  e  pen- 
siate appunto  come  me.  Implorate  un  prodigio.  Io  vado  spesso 
in  chiesa,  e  prego  con   fervore  cristiano... 

«  Farò  forse  domani  un  altro  tentativo  di  partenza,  b'orse 
partiremo  tutti;  giacche  ad  ogni  momento  si  muta  risoluzione. 
Stamane  si  doveva  partire  per  ("halons;  decidemmo  di  rima- 
nere ancora;  ma  stasera  si  Gambiera  probabilmente  un'altra 
volta  consiglio...  Ah,  lo  sciagurato  che  con  la  sua  incapacità 
ci  ha  a:ettati  in  tanto  disastro  !...  » 


MKISSONIER 


Meissonier  più  non  era  e  più  non  si  sentiva  che  una 
bocca  superflua,  lulli  gli  ufficiali  lo  es<jrtavan<)  di  rientrare 
in  l'arigi,  dove,  comunque,  avrebbe  potuto  rendersi  utile.  P'.gli 
riprese  adunque  la  via  del  ritorno. 

Partito  sui  primi  albori  dalla  barriera  di  Sainl-Maitin  — 
dove  aveva  trovato  ricovero  presso  una  buona  famiglia  —  in- 
dossava un  costume  bizzarro:  ampi  stivaloni  militari,  una 
giubba  di  stof)a  bigia,  il  mantello  ad  armacollo,  la  sua  croce 
di  commendatore  sul  petto,  e  nessun  bagaglio.  In  questa 
foggia  stramba,  ad  ogni  tappa  e  costretto  di  farsi  riconoscere, 
mostrando  una  caria  da  cui  appare  incaricato  di   una  missione. 

A  Gravelotle  ,  a  Contlans ,  in  tutti  i  villaggi  lungo  la 
strada,  l(j  circondano,  lo  interrogano,  lo  minacciano:  dovunque 
la  terribile  parola  di  «  spia  »  gli  ronza  all'orecchio.  Occorre 
dunque  che  i  gendarmi,  i  quali  da  prima  volevano  arrestarlo, 
ora  lo  proteggano.  Negli  alberghi  dove  discende,  le  fantesche 
scappano  non  tosto  lo  hanno  servito.  In  altri  tempi  questa 
diffidenza  lo  avrebbe  sdegnato  e  avvilito;  oramai  non  sente 
più  che  il  suo  dolore.  Metz  gli  sta  sempre  davanti  agli  occhi 
e  nell'anima;  e  quasi  che  le  amarezze  presenti  non  bastassero, 
i  ricordi  luminosi  della  campagna  d'Italia  gli  rifioriscono  nella 
mente.  h>gli  rivede  le  strade  pavesate  dei  villaggi  e  delle  città 
lombarde;  livede  le  finestre  adorne  di  variopinti  tappeti  e  di 
glandi  bandiere;  rivede  la  piccola  pieve  di  Castiglione,  dove 
aveva  pieso  alk)ggio,  risplendente  di  luce  e  di  allegrezza,  e 
la  gioconda  faccia  del  vecchio  curato  che  gli  aveva  offerto 
una  lazz;i  di  calle  prima  della  partenza,  e  il  mazzetto  di  mar- 
gheritine e  di  verbene  attaccatogli  alla  bottoniera  dalla  vispa 
nipote  del  prete,  tenui,  ma  commoventi  omaggi  tributati  al 
vincitore. 

Per  gran  ventura,  a  \  erdun.  egli  litrova  un  vecchio  ca- 
merata di  collegio,  col  quale  aveva  stretto  amicizia  in  casa 
Ferriot.  e  un  colonnello  della  Guardia  già  di  guarnigione  a 
Sainl-Cìermaiii.   Pei'  raggiungere  più  presto  Chali^ns.  si  getta 


L'UOMO  1)1 

come  un  sacco  in  un  treno  di  bestiame,  in  tondo  a  un  car- 
rozzone, sopra  uno  strato  di  pao;lia.  stordito  dalla  confusione 
immensa,  tra  una  folla  rumorosa  di  coscritti.  Ma  quale  stupore 
nel  riveder  l-'arigi  cdsì  calma  e  cosi  fidente,  mentre  a  non 
più  di  cinquanta  lei^he  ruiigiva  il  tumulto  dell'invasione!  I.a 
sera  stessa  del  suo  ritorno  a  I  *oissv,  eoli  conobbe  la  disfatta 
di    Pìorny  e,   due  giorni  dopo,   la  battaglia  di   Gravelotte. 

.Meissonier  deplorò  sempre  di  non  aver  scritto  una  cro- 
naca quotidiana  dell'assedio  di  l'arigi.  Ma  ebbe  subito,  a 
Poissv,  l'intenzione  di  compiere  il  suo  dovere  di  cittadino,  e 
andò  a  trovare  Trochu.  «  (ìenerale.  ecco  la  situazione  ili 
Poissv:  una  prigione  centrale,  e  neanche  un  soldato:  datemi 
la  guardia  nazionale,  ed   i(j  rispondo  di   tutt<j.  >> 

Sfortunatamente,  al  prim<j  controllo  si  verifico  che  in 
tutta  la  città  non  c'era  un  solo  fucile  adoperabile;  nulla  di 
organizzato  e   nulla  di  organizzabile  per  la  difesa. 

.Mlavvicinarsi  del  nemico  ,  egli  coire  nuovamente  da 
Trochu.  '<  lo  non  posso  più  restarmene  laggiù;  —  c<jsi  gli 
dice  -  e  tanto  meno  lo  posso  quanto  e  più  facile  che  gli 
ufficiali  prussiani  mi  usino  qualche  riguardo.  Sono  libeio;  la 
mia  famiglia  sta  al  sicuri);  mandatemi  l'ordine  di  lasciare  il 
comando  dove  nulla  c'è  da  taie .  e  obbligatemi  a  ritornare 
a  Parigi.  »  Non  avendo  allora  domicilio  stabile  alla  capitale, 
si  installi  1  in  via  Saint-Georges,  in  una  stanza  d'affìtto  cedu- 
tagli da  un  amico. 

.\ddetto  in  qualità  di  tenente-colonnello  allo  Stato-mag- 
giore della  piazza,  aveva  specialmente  1'  incombenza  d'  ispe- 
zionare gli  avamposti  e  di  condurvi  le  truppe  d'  operazione. 
L'n  giorno,  sul  linir  di  dicembre,  venne  nìandato  ad  .\rcueil- 
Cachan.  «  Quel  giorno  —  nanano  gli  Riitrclidis ,  -  vidi 
veramente  piovere  la  morte,  l-'er  la  lunghezza  di  un  chilo- 
metro, sopra  un  terreno  reso  sdrucciolo  dai  ghiacciuoli.  do- 
vetti recarmi  da  solo  fino  alla  casa  di  Kaspail.  avendo  lasciato 
il  mio  attendente  indietro  e  al  sicuro.  Pe  granate  aravano  il 
suolo  con  un  sibilo  sinistro,  che  non  finiva  mai.  » 


M  E I S  S  O  N  1  E  II 


Meissonier  era  tra  coloro  che  volevano  la  lotta  a  tutta 
oltranza.  Dimenticando  i  pericoli  minaccianti  dentro  Parigi, 
deplorava  che  non  si  cavasse  miglior  partito  dalla  Guardia 
nazionale.  «  Voi  togliete  un  uomo  ai  campi  —  andava  ripe- 
tendo negli  uffici  dello  Stato-maggiore  —  e  non  avete  fiducia 
nella  parte  migliore  dei  cittadini,  che  si  dichiarano  pronti  a 
tutto  e  fino  alla  fine!  »  E  quando  vede  approssimarsi  la  so- 
luzione fatale,  non  può  reprimere  un  grido  di  terrore  (dome- 
nica 22  gennaio  1871  .  Fino  a  quel  giorno,  illudendosi  di 
scorgere  un  barlume  tra  le  tenebre  fitte,  egli  ha  sperato.  Se 
a  sera,  piegando  i"  ginocchi,  pregava  Dio  di  proteggere  i  suoi 
diletti,  durante  la  giornata  ne  evitava  perfino  il  ricordo,  temendo 
di  cedere  allo  scoramento.  «  Oggi  questo  fievole  barlume  è 
spento:  oggi  tutto  è  nero.  E  vicino  l'istante  in  ,cui  noi  diver- 
remo preda  di  quei  selvaggi  !  »  Infine,  la  morte  del  pittore 
E^nrico  Regnault.  caduto  gloriosamente  nella  fazione  di  Bu- 
zenval,  lo  prostrò. 

Non  perdonò  mai  alla  Germania  la  sua  vittoria,  e  meno 
ancora  il  modo  con  cui  ne  abusò.  L'aveva  un  tempo  molto 
studiata  e  molto  amata  in  .Vlberto  Dùrer,  Holbein,  Goethe. 
Serbava  religiosamente  il  ricordo  d'una  graziosa  apparizione 
della  Margherita,  a  Carlsbad,  dove  erasi  recato  solo  in  bi- 
roccino a  bere  le  acque  famose  :  «  una  giovinetta  bionda  e 
scalza,  che  andava  leggiadramente  ad  attingere  acqua  alla 
fontana  ». 

(  )r  bene;  tutte  queste  immagini  soavi  s'erano  dileguate 
dietro  i  \'osgi,  dietro  il  nuovo  confine  della  Francia.  E  non 
vedeva  più  altra  cosa  se  non  «  l'orrore  di  Saint-Cloud  anne- 
rito, sventrato,  cadente.  " 

Dopo  il  1871,  in  nessuna  occasione  volle  ricevere  il  ce- 
lebre MenzeI  e  gli  altri  pittori  d' oltre  Reno.  Lo  stesso 
Heilbuth  non  rivarcò  la  soglia  della  sua  casa  se  non  dopo 
essersi  fatto  naturalizzare  francese.  Nominato,  all'Esposizione 
di    \'ienna   del    1878,  vice-presidente  della   giuria    internazio- 


L'UOMO  93 

naie,  chiese  ai  suoi  colleghi  «  facoltà  a  titolo  ufficiale  e  in 
nome  della  Francia,  di  che  gii  permettessero  //  sacrifizio 
di  non  stringere  la  mano  ai  tedeschi,  a  ditj'erenza  degli  altri 
membri  della  giuria.  » 

Alcuni  anni  più  tardi,  gli  venne  offerta  la  croce  del 
Merito  di  Prussia  :  la  ritìutò.  Gli  aveva  molto  doluto  di  sa- 
pere esposto  a  Monaco  di  Baviera  il  suo  ^-l/z/Z/w:  .quadro  in 
cui  egli  s'è  ritratto  a  cavallo  insieme  al  figliuolo  sulla  strada 
della  Comiche.  E  quando,  nel  1881,  \anderbilt,  il  miliardario 
americano,  gli  porto  le  I/ìJoniiazioni ,  riscattate  a  Berlino, 
strinse  il  donatore  tra  le  sue  braccia  con  1'  effusione  di  un 
uomo  liberato  da  gravissimo  peso. 

La  storia  tuttavolta  gli  aveva  insegnato  che  il  mondo 
non  varia  per  una  battaglia  vinta  o  perduta:  egli  sapeva 
che  non  mancavano  esempi  di  popoli  abbattuti  dalla  fortuna  e 
risorti  per  proprio  valore.  "  lo  prego  Dio  sovente:  —  diceva 
—  lo  prego  che  non  voglia  considerare  questo  nostro  paese 
come  l'albero  del  \'angelo,  l'albero  reciso  e  gettato  nel  fuoco, 
perchè  non  dava  più  buoni  frutti  :  lo  prego  più  ardentemente 
anctjra  che  susciti  in  ognuno  di  noi  la  forza  della  salvezza.  •■ 

Per  quanto  egli  credesse  all'efficace  infiusso  dei  grandi 
uomini,  non  amava  punto  i  cosi  detti  "  salvatori  ».  Tributava 
ad  Adolfo  Thiers  un'ammirazione  fervente:  era  orgoglioso  di 
essere  stato  prescelto  a  farne  il  ritratto,  due  giorni  prima  che 
l'ex-presidente  morisse.  Non  pertanto,  nel  1872.  era  in  certo 
modo  preoccupato  nel  vedere  i  destini  della  Francia  com- 
messi a  quel  vecchio  di  settantacinque  anni.  Soltanto  dallo 
sforzo  concorde  di  tutti  i  francesi  egli  si  aspettava  la  salvezza 
comune.  <  Rimettiamoci  al  lavoro!  »  — esclamava  con  maschio 
linguaggio  sulla  tomba  di  Regnault —  ■  Il  tempo  incalza:  non 
disponiamo  già  dell'eternità  per  rifarci.  > 

Egli  opinava  che  il  reggimento  repubblicano  dm-esse  con- 
solidarsi sulla  base  di  un"  aristocrazia  intellettuale,  indipen- 
dente  e   rispettata,    uscita   da    tutti    gli   ordini    della   società. 


(,4  MKISSONIKR 

capace  di  dedicarsi  tutta  all'  interesse  universale  "  Molto  e 
sempre  si  parla  della  cosa  pubblica  —  notava,  non  senza 
acutezza  —  e  .  intanto  .  ciascuno  pensa  solo  a  se.  Chiunque 
aspiri  alle  funzioni  di  consi.Q;liere  municipale,  poi  che  fu  eletto, 
si  lagna  di  doverle  esercitare,  e  considera  sciupio  di  tempo  le 
poche  ore  dedicate  agli  altri.  »  K  risaliva  alle  più  alte  fonti 
dell'abnegazione.  «  l'n  tempo  si  sapeva  morire:  oggi  la  vita 
umana  e  diventata  cosa  sacra:  da  questo  sentimento  rampol- 
lano tutte  le  ignavie.  » 

Quanto  a  lui.  era  sempre  pronto  a  offrire  il  buon  esempio. 
Nel  1880  gli  proposero  un  seggio  nel  Senato.  «  Se  voi  me 
lo  portate.  —  rispondeva  —  l'accetto.  Non  ho  mai  creduto 
che  un  artista  dovesse  disinteressarsi  del  suo  paese.  Ogni 
cosa  che  concerne  la  Francia  mi  appassiona.  " 

Su  molti  problemi  del  giorno  le  sue  riflessioni  erano  ma- 
ture. In  materia  d'arte,  avrebbe  voluto  difendere  dall'alto  della 
tribuna  il  principio  della  pioprieta  artistica,  come  lo  aveva 
già  difeso  nella  commissione  estraparlamentare  incaricata  di 
esaminare  il  quesito.  Riserbava  tuttavia  il  maggior  suo  con- 
tributo alla  politica  generale. 

"  Dura  il  mal  vezzo  di  negare  agli  artisti  ogni  attitudine 
ai  pubblici  negozi.  Eppure,  se  si  volesse  riflettere  quanta  lo- 
gica, quanta  sapienza  occorrono  per  fare  un  buon  quadro!  » 
Egli  s'interessava  ai  particolari  dell'amministrazione  militare, 
e  non  dissimulava  le  sue  inquietudini  circa  il  sistema  della 
nazione  armata,  credendolo  meno  efhcacealla  difesa  del  territorio 
di  quello  che  non  sia  un  esercito  ben  addestrato.  Nondi- 
meno, poiché  fu  istituita  la  milizia  territoriale,  chiese,  a  mal- 
grado dell'età,  di  occuparvi  il  suo  posto.  Sotto  l'impressione 
dell'intervento  inglese  in  Egitto,  esclamava:  •>  Che  peccato 
che  non  vi  sia  più  (ìambetta  col  suo  patriottismo  e  con  la 
sua  energia!  La  l^'rancia  avrebbe  potuto  rappresentare  laggiù 
una  parte  ammirevole.  Se.  dopo  il  bombardamento  di  Ales- 
sandria,  la   nostia  flotta  vi    si   fosse  avvicinata,   noi    saremmo 


L'UOMO  0^ 

sbarcati  insieme  a.ii\'  Inglesi  e  in  veste  di  liberatori.  Or  dove 
gli  eventi  vorranno  farci  indietreiigiare?  >'  E.  a  sentirlo,  la 
perdita  dell'  Egitto  riusciva  ali"  influenza  francese  tanto  grave 
quanto  la  perdita  dell'Alsazia-Lorena. 

La  situazione  inteina  della  Francia  nun  Id  preoccupava 
meno.  .\on  tralasciava  mai  occasione  di  predicare  la  con- 
cordia. Alla  vigilia  delle  elezioni  del  1S87  ,  senza  alcuna 
esigenza  personale,  s'era  imposto,  e  non  si  stancava  mai 
di  raccomandare,  questo  programma:  •  In  tale  decisivo  mo- 
mento, convien  guardar  le  cose  dall'alto,  facendo  ammu- 
tolire qualunque  spirito  di  setta  o  di  consorteria.  L'onore 
c'impone  di  affermare  dinanzi  al  paese,  che  ci  ascolta,  l'af- 
fetto nostro  per  una  Repubblica  generosa,  liberale,  illuminata, 
schiudente  le  braccia  tutrici  tantoalla  Destra  quanto  alla  Sin'stra, 
larga  di  pari  ausilio  a  tutti  coloro  che  la  rispettano  e  leal- 
mente vogliono  servirla.  Bisogna  che  la  logica  bene  intesa 
dei  fatti  sospinga  la  nazione  tutta  in  una  sola  volontà,  a  un 
solo  intento:  fondare  questa  Repubblica  conservatrice,  amica 
di  tutte  le  libertà,  fautrice  di  tutti  i  progressi,  preponente  i 
doveri  ai  diritti,  straniera  ad  ogni  fanatismo  e  ad  ogni  intol- 
leranza qualunque  ne  sia  il  nome  e  l'origine,  ostile  a  quel 
sedicente  ■■  libero  pensiero  »  che  pretende  incatenare  il  pen- 
siero, garante  della  libertà  di  coscienza  solo  usbergo  della  umana 
dignità,  indilferente  ad  ogni  particolar  forma  di  culto,  non 
lontana  dall'ammettere  che  lo  Stato,  per  l'assenza  di  una  re- 
ligione ufficiale,  tolga  di  professarne  una  a  chiunque  lo  voglia. 
Non  più  diffidenze;  non  più  odi.  E  giunta  l'ora  di  chiamare 
a  raccolta  dai  quattro  punti  dell'orizzonte  tutti  gli  uomini 
sinceri,  tutti  gii   uomini  di   buona  volontà.  » 

Meissonier  non  fu  ne  senatore,  né  deputato.  Al  di  fuori 
d'ogni  idea  di  dovere,  non  gli  sarebbe  spiaciuto  di  esser  l'uno 
o  l'altro.  Le  distinzioni,  gli  onori,  le  cariche  non  lo  lasciavano 
punto  indifferente.  .\i  tempi  di  .Michelangelo  e  di  Rubens, 
non   forse  a  loro  e    ai    loro    pari    si  affidavano    la  difesa  e  la 


M  I-:  I S  S  0  N  I  [i  R 


rappresentanza  ufficiale  della  patria?  Gli  sarebbe  parso  cosi 
naturale  di  essere  cliiamato  a  qualche  alta  missione!  Nel 
compieila  avrebbe  certo  adoperata  molta  finezza,  e  l'avrebbe 
compiuta,  alla  maniera  dei  Medici,  fastosamente. 

I^a  prova  della  sincerità  di  questo  suo  zelo  per  il  pub- 
blico bene  l'abbiamo  nella  sua  stessa  riluttanza  a  sollecitare 
i  più  umili  uffici.  Sindaco  di  Poissy.  egli  non  disprezzava 
alcun  più  modesto  dovere  della  sua  carica.  Discuteva  con  gli 
ingegneri  del  genio  civile  le  questioni  di  viabilità  e  di  ornato, 
visitava  le  scuole  pubbliche,  si  univa  alla  commissione  d'e- 
same per  gli  studi  primari. 

Aveva  un  modo  speciale  di  intendere  1'  msegnamento  della 
storia,  e  questo  suo  modo  non  era  il  meno  giudizioso.  »  Si 
vuol  rimpinzare  i  ragazzi  di  fatti  senza  senso;  essi  rispondono 
senza  esitare  sulla  cronologia  da  me  stesso  ignorata;  le  date 
escono  loro  di  bocca  quasi  per  virtù  di  una  molla;  il  figliuolo 
del  mio  giardiniere  ne  sa  più  di  me;  ma  circa  poi  l'impres- 
sione delle  cose,  circa  la  moralità  degli  avvenimenti,  felice 
notte!  meno  di  nulla;  nulla  han  veduto,  nulla  capito.  Eppure 
qual  volo  si  potrebbe  dare  alle  intelligenze  giovanette,  facen- 
dole veder  bene  e  sempre!  Non  c'è  Comune  francese  che  non 
abbia  il  suo  ricordo  eroico  degno  di  essere  descritto,  di  es- 
sere citato  ad  esempio.  » 

Voleva  egualmente  che  l'insegnamento  della  morale,  fon- 
dato sulla  nozione  di  Dio.  avesse  un  carattere  essenzialmente 
pratico  e  aperto  alle  coscienze  nascenti.  E,  naturalmente,  con- 
siderava il  disegno  quale  una  tra  le  basi  dell'  istruzione  pri- 
maria, rintracciandovi  gii  elementi  di  una  lingua  comune  agli 
interessi  delle  classi  lavoratrici  e  insieme  1'  occasione  di  un 
godimento  a  lutti  accessibile.  Quando  furono  costrutte  le 
scuole  di  Poissy,  ne  sorvegliò  l'esecuzione.  Credeva  necessario 
«  che  i  fanciulli,  cosi  nell'ordine  fisico  come  in  quello  morale, 
avessero  sempre  dinanzi  l'aspetto  dell'equilibrio  e  della  esat- 
tezza, e  che  le  classi  e  i  cortili  otfrissero  ai  loro  occhi  un 
complesso  di  linee  pure  e  di  angoli  regolari.  » 


L'UOMO 


E,  come  ai  fanciulli,  s'affezionava  agli  umili.  In  Antibo 
gli  avvien  di  sapere  che  una  vecchia  comare.  Lucrezia,  della 
quale  stava  facendo  il  ritratto,  versava  nel  più  crudo  bisogno, 
e  sul  momento  le  assegna  una  modesta  pensione,  pagatale 
sempre  lino  alla  morte.  A  Poissy,  una  domenica.  veni\-a 
messo  all'asta  pubblica  l'officina  sequestrata  d'un  vecchio  ma- 
niscalco :  egli  passa,  s'informa, 
compra,  rimette  il  pover' uomo 
in  possesso  della  sua  bottega,  e 
per  compir  l'opera  gli  garantisce 
la  pigione  di  un  anno.  Cotesti 
atti  di  beneiicenza  celata  e  di  ge- 
nerosità spontanea  non  son  rari 
nella  vita  di  Meissonier.  Tutti  sa- 
pevano che  era  sempre  disposto 
a  pagare  di  matita  o  di  pennello 
per  un'opera  pia.  Più  d'  una  volta, 
in  vecchiaia,  espresse  il  voto  di 
acquistare  lontano,  nell'aperta  cam- 
pagna, una  masseria,  e  di  ritirar- 
visi  per  gran  parte  dell'anno.  «  .Mi 
interesserei  dei  poveretti,  m'intratterrei  con  essi  delle  loro 
cose,  la  sera,  dopo  il  lavoro:  li  amerei,   e  ne  sarei  riamato.  » 


RITRATTO    i)I    MtlSSO.MER;    l^JA- 


Trattava,  forse.  xMeissonier.  i  suoi  compagni  d'arte  e  i 
suoi  eguali  con  la  stessa  cortesia,  la  stessa  generosità,  la  stessa 
dedizione?  Tutto  quanto  gli  Eniretiens  ci  dicono  intorno  a 
questo  punto  ha  un  valore  psicologico  del  più  grande  inte- 
resse. La  circostanza  di  mjn  aver  mai  appartenuto  ad  alcuna 
scuola,  di  non  aver  mai  partecipato  ad  alcun  gruppo,  non 
poteva  non  influire  sull'indole  sua.  Lcco  perche  sci'b<:i  sempre 
una  tinta  di  sostenutezza  selvatica,  propria  a  tutti  coloro  pei 


q8 


MEISSONIER 


quali  la  vita  si  mostra  sui  principi  inclemente.  La  menoma 
difficoltà  gli  richiamava  alla  mente  gli  ostacoli  altre  volte  in- 
contrati: il  menomo  disinganno,  tutti  i  suoi  disinganni.  Aveva 
il  cuore  troppo  sano  e  troppo  nobile  per  inacerbirsi;  ma  si  rifu- 
giava e  quasi  s'irrigidiva 
"1      in  sé  stesso. 

Non  aveva  mai  fre- 
quentato le  mostre  an- 
nuali; non  ne  ricercava  gli 
allori;  anzi,  non  li  com- 
prendeva. Penetrato  tut- 
tavia dalla  coscienza  del 
proprio  valore,  non  gli 
garbava  punto  che  altri 
lo  disconoscesse.  Non  si 
adontava,  se  volevano  ga- 
reggiare con  lui,  purché 
fosse  salvo  il  rispetto 
dovutogli.  Ma,  d'innanzi 
a  tutto  quel  che  a  lui  sem- 
brava un'  ingiustizia  o 
un'olfesa,  rispondeva,  a 
modo  dei  timidi  scon- 
trosi, terribilmente.  Ciò 
che    per    altri     sarebbe 


COSTU.ME    DISEGMATO    DA   MEISSONIER 

PER     l'  «   AVEXTDRIÉRE    B     DI     EMILIO     AUGIER. 

(Collezione  di  Em.   Augier.) 


Stato  dimenticanza  o  tra- 
scuratezza, per  lui  era 
un  oltraggio.  Dopo  la 
trionfale  esposizione  per  il  suo  cinquantenario,  si  addolorò 
moltissimo  che  nessuno  avesse  pensato  a  promuovere  in  suo 
onore  un  banchetto.  Ma ,  per  quanto  la  sua  collera  pronta  e 
vivace  si  sfogasse  in  disprezzi  profondi  e  in  motti  taglienti , 
altrettanto  la  sua  sincerità  buona  e  cortese  riprendeva  1' usato 
governo.  Alessandro    Dumas,  che   godeva  della   sua  dimesti- 


L'  UOMO 


chezza,  ce  ne  ha  lasciato  alcuni  esempi  bellissimi.  Chenavard, 
il  quale  non  lo  perdette  mai  di  vista ,  diceva  che  il  gran 
pittore  era  più  di  chiunque  docile  ai  consigli  ed  anche  ai 
rimproveri.  .Meissonier,  ben  sapendo  •>  che  volevano  gabel- 
larlo per  un  feroce  «  do- 
mandava soltanto  <  che 
lo  guardassero  più  dav- 
vicino  sotto  quella  pelle 
leonina.  » 

E  gli  EìitrctÌL'ììs  ce 
lo  mostrano  appunto  in 
queste  ore  di  calma.  De- 
votissimo e  fedelissimo 
ai  suoi  afletti,  aveva  in- 
torno all'amicizia  idee 
sit)attamente  alte  e  soavi 
che  né  Cicerone,  ne  .Mon- 
taigne avrebbero  potuto 
sconfessarle.  «  Voglio  ab- 
bastanza bene  ai  miei 
amici  per  desiderare  di 
non  vederli  in  alcuna 
cosa  fallire:  li  amo.  anzi. 
a  tal  punto  da  desiderare 
di  esserne  invidioso. 
(Quando  il  mio  caro  Ter- 
rien ,  che  si  spesso  mi 
ritorna  alla  mente,  m'in- 
tratteneva di  tante  cose  a  me  ignote,  n'jn  invidiavo  punto  la 
sua  dottrina:  ma  quando  mi  parlava  di  quelle  cose  che  toc- 
cano l'anima,  e  sono  la  scienza  della  vita,  cose  che  da  noi 
tutti  dovrebbero  esser  parimenti  comprese,  e  da  lui  lo  erano 
assai  meglio  di  me  ,  gli  serbavo  quasi  rancore  di  tale  supe- 
riorità, ma  lo  amavo  anche  di  più.   ■ 


COSTUME    DISEGN'ATO    DA    MEISSONIER 

PER    l'  «  AVEKTURIÉRE   »    DI    EMILIO    AUGIER. 

(Collezione  di  Em.  Augier.) 


MEISSONMER 


Aveva  fatto  un'altra  arguta  osservazione:  che,  cioè.  «  nel 
mondo,  coloro  che  una  volta  contrassero  un  vero  legame 
finiscono  sempre  col  riavvicinarsi:  la  vita  disperde,  ma  le 
circostanze  riconducono  le  une  alle  altre  da  lungi  le  anime 
nate  sotto  la  medesima  stella.  » 

Sempre  gii  stessi  nomi  gii  ricorrono  al  labbro  o  alla 
penna:  Terrien,  John  Lemoinne,  Ponsard,  Augier...  Per  lui 
Terrien  rappresentava  la  coscienza;  la  sua.  Molte  affinità  morali 
aveva  invece  con  Ponsard,  «  il  figlio  diletto  della  disgrazia;  « 
mentre  chiamava  Augier  «  il  figlio  diletto  della  felicità.  »  E 
con  Augier  visse  fraternamente,  sotto  lo  stesso  tetto,  nella 
stessa  camera,  quasi  cooperando  alla  fortuna  <\q\\ Avcnturière. 
per  la  quale  disegnò  di  sua  mano  i  costumi.  La  morte  del 
celebre  commediografo  fu  Ira  i  più  profondi  lutti  della  sua 
vecchiezza.  "  Se  voi  sapeste  ciò  che  ho  provato  oggi  risalendo 
i  viottoli  della  Celle  Saint-CIoud  dietro  il  suo  feretro!  (27  otto- 
bre 1889).  Quante  giornate  di  gi(jvinezza  mi  rifiorivano  nel- 
l'anima!... Quante  volte  ho  varcato  giocondamente  quei  sen- 
tieri, all'rettando  il  passo  del  mio  cavallo  perchè  arrivassi  più 
presto  per  ridere  con  lui  !  Che  orgoglio  son  per  me  questi 
ricordi!  Quando  lo  s'incontrava:  «  Come  sta  Meissonier?  » 
gli  domandavano;  ed  egualmente,  incontrando  me,  mi  chie- 
devano: «  Come  sta  Emilio:'...  »  Era  un  uomo  così  buono, 
cosi  universalmente  rispettato.  11  sentimento  dell'onore  infor- 
mava tutta  la  sua  vita;  io,  che  l'amavo  tanto,  godevo  assai 
nel  sapere  eh'  egli  mi  amasse  profondamente.  »  Anch'  io  mi 
trovai  presso  la  sua  salma  nel  piccolo  cimitero.  Dopo  che 
ebbi  pronunziato  le  parole  di  addio  in  nome  dell'Accademia 
francese  da  me  rappresentata  ,  i  miei  occhi  si  riempirono  di 
lacrime,  e  non  potetti  rattenere  i  singhiozzi.  Il  suo  affetto  era 
grande  per  gli  amici  che  amava. 

.Meissonier  fìggeva  1'  occhio  nel!'  avvenire.  Era  sempre 
fiducioso,  o  non  forse  rimpiangeva  i  tempi  passati?-  l'alvolta 
si  domandava:   »  Dove  andremo,  mio  Dio!  Di  anno   in  anno. 


L'UOMO  loi 

tutto  declina.  I  grandi  morti  scompaiono  sempre  più  sul- 
l'orizzonte; la  loro  gloria  si  sprofonda,  lontano:  i  successori 
non  sorgono.  L'intelligenza,  l'anima,  nulla  hanno  a  che  fare 
col  commercio  che  si  chiama  oggi  pittura.  E  i  borghesi  acqui- 
stano, e  i  pittori  pullulano!  È  un  semenzaio  di  opere  senza 
nome,  effìmere  come  i  loro  autori.  »  La  tristezza  gli  gonfia 
il  cuore  di  fronte  a  questa  generazione,  «  sincera  nelle  sue 
demolizioni .  ma  impotente  a  crear  nulla,  intenta  ad  abbassar 
tutto,  a  recidere  il   fiore  divino  e  a  calpestarlo.  » 

Le  esposizioni  annuali  gli  sembravano  poco  propizie  alla 
dischiusa  dell'ingegno:  avrebbe  voluto  che  divenissero  trien- 
nali. Se  però  nei  suoi  sfoghi  familiari  gli  sfuggono  grida 
d'allarme,  la  disperazione  non  lo  vince. 

Sotto  i  suoi  occhi  egli  vide  spegnersi ,  in  piena  giovi- 
nezza, due  di  coloro  che  promettevano  nell'avvenire  i  frutti 
più  rigogliosi.  E  noto  qual  commovente  omaggio  egli  ren- 
desse a  Enrico  Regnault.  Ad  Antibo  aveva  visto  Carpeau.x. 
divorato  dal  male  che  doveva  ucciderlo.  «  Che  terribile  spet- 
tacolo, scriveva,  veder  questo  poveretto  morir  solo,  lontano 
da  sua  moglie  e  da'  suoi  figli ,  curato  da  un  solo  vecchio 
medico  anche  infermo!  Ancora  ieri  l'ho  visto:  era  disteso 
sull'arena  in  riva  al  mare;  parlando  un'ora  con  lui.  gli  ho 
procurat<j  un  gran  piacere  ,  mentre  egli  mi  comunicava  un 
grande  affanno.  » 

Tra  i  suoi  amici,  forse,  Gemito  gli  era  singolarmente 
diletto.  Gli  piaceva  di  veder  «  quella  buona  natura  innamo- 
rata dell'arte  e  di  tutto  ciò  che  è  grande,  d'una  gaiezza  tanto 
spontanea,  così  piena  di  fiducia  in  sé  stessa,  giacché  non 
comprendeva  il  male  e  non  se  ne  lasciava  sedurre  ».  Egli  si 
riconosceva  in  lui,  con  tutta  la  sua  inesperienza  e  i  suoi  entu- 
siasmi dei  vent'anni.  Ma  Gemito  si  assonnava  nella  pigrizia 
delle  sue  fantasticherie.  Meissonier  lo  richiamava  in  se,  lo 
spronava. 

Nulla  mea:lio   della  seguente  lettera    rivela  il  cuore  e  lo 


MEISSONIER 


spirito  del  maestro  che  scriveva  a  Gemito  poco  dopo  la  par- 
tenza di  questi  per  l'Italia: 

0  Mio  caro  Gemito, 

«  Poiché  vi  amo  come  un  figlio .  lasciatemi  dirvi  che 
sono  un  poco  inquieto...  Siete  voi  certo  di  aver  fatto  tutti  gli 
sforzi  che  si  attendevano  da  voi?  Vi  siete  voi  detto:  Ho  in- 
contrato della  gente  che  mi  ha  considerato  come  un  vero 
artista,  devoto  alla  sua  arte,  pronto  a  sacrificarle  tutto;  che 
mi  ha  incoraggiato,  aiutato;  io  non  ho  il  diritto  di  venir 
meno  a  tanta  fiducia?...  Una  grande  disgrazia  vi  è  capitata. 
(Gemito  aveva  perduto  la  graziosa  moglie  che  amava  >.  lo 
ho  ben  compreso  il  dolore  nel  quale  ha  dovuto  piombarvi. 
Ma  voi  siete  giovane,  siete  un  artista,  e  solamente  quelli  son 
degni  di  tale  nome.  che.  pur  col  cuore  spezzato  e  sanguinante, 
trovano  nell'arte  loro  una  consolazione,  nel  loro  dolore  una 
purificazione,  e,  debbo  dirlo?  un  argomento  di  diventar  grandi...  » 


SCHIZZO   A   PENNA. 


IL    CAN'E    MARCO,    ACaUERELLO    (189O). 
(Ullirao  acquerello  di  Meissonier.) 


GLI  ULTIMI  ANNI 


GLI  ultimi  anni 
minati    da    a;i 


di   Meissonier   furono    illu- 
];randi   gioie,    e   olfuscati  da 
grandi   tristezze. 

Le  sue  opere  non  avevano  più  prezzo. 
Attese  dagli  «  amatori  >'  dei  due  mondi ,  acqui- 
state prima  d'essere  compiute,  ogni  volta  che, 
per  avventura,  una  di  esse  usciva  dalle  mani  del 
possessore  primo,  era  quasi  messa  all'incanto  in 
condizioni  sconosciute  fino  allora  a  qualunque 
artista.  «  Che  storia  quella  dei  miei  Corazzieri\ 
—  egli  raccontava  (1880).  Comprati  prirria  per 
duecentocinquanta  mila  franchi,  poi  venduti  a 
Bruxelles  per  duecentosettantacinque  mila,  gio- 
vedì hanno  otjerto  al    proprietario    cento  mila  fi'anchi  di  be- 


SCHIZZO    A   PENNA. 


104  MKISSONIER 


neficio  per  riscaUarli.  e  il  p;iorno  dopo  li  spediscono.  Giunti 
a  Parigi,  non  appena  è  aperta  la  cassa  in  cui  hanno  viaggiato, 
un  amatore  sopraggiunge,  guarda  e  compra  su  due  piedi  per 
c]uattrocento  mila  franchi  ,  con  queste  parole  gentili  :  <  Dite 
a  .Meissonier  che  quest'opera  riacquistata  alla  Francia  non 
uscirà  mai  dalle  mie  mani  se  non  per  entrare  nel  Louvre.  » 
L'amatore,  primo  acquirente,  che  per  aver  goduto  due  anni 
quest'opera,  ha  guadagnato  centomila  franchi  netti,  senza 
neppure  muover  dito,  non  ò  proprio  da  cijmpiangcrsi  (  i  ).  » 
Scherzando  sul  nome,  gli  amici  avevano  chiamalo  .Meissonier 
.«  il  MoissonncLir  »  (^Mietitore).  E  in  verità,  senza  spavalderia, 
egli  poteva  benissimo  dire,  in  quel  momento,  che  se  avesse 
prodotto  due  milioni  di  quadri  all'anno,  gli  avrebbe  subito 
venduti   tutti. 

Le  nozze  d'oro  del  suo  cinquantenario  furono  un  trionfo. 
Solo  centotrenta  quadri  vi  furono  riuniti.  '>  Ma  ne  aveva  almeno 
quattrocento  dijj'usi  per  il  mondo.  Ah!  aveva  lavorato  dì  gran 
lena!  »  Fuori  di  Francia,  egli  era  riconosciuto,  non  come 
il  capo  della  scuola  francese,  poiché  nessuna  scuola  francese 
esisteva  più,  ma  come  i!  rappresentante  più  autorevole  e  più 
splendido  della  nostra  pittura  contemporanea. 

Nel  iSyo,  al  centenario  di  Michelangelo,  fu  lui  che,  non 
senza  emozione,  prese  la  parola  in  nome  dell'istituto,  sulla 
vasta  piazza  Horentina,  ai  piedi  del  Daiùd.  Il  mormorio  su- 
scitato dal  suo  passaggio  gli  molceva  deliziosamente  l'orecchio. 
E,  certo,  in  uno  di  quei  momenti  di  entusiasmo,  egli,  dal 
fondo  dell'anima,  esclamò:  <  La  gloria!  non  ci  tengo.  Provo 
tanta  gioia  ad  ammirare  un  Rembrandt  come  a  dire:  io  ne 
sono  l'autore!  Il  mio  nome  dovrebbe  restare  ignoto,  e  anche 
sapendolo,  dipingerei  egualmente  tutto  quello  che  mi  sento 
nel  cuore.  »  .\\a  quanto  era  ancor  più  sincero,  allorché  diceva: 
«  Nessun    artista    prenderebbe    il  pennello  ,    se    pensasse  che 


(i)  I   Corallieri  (1S05)  npp.irtcncvano  tino  d.il   1SS9  .il  duci  >i".Vum.Tle,  e  fanno  parte 
:lla  galleria  di  Chantilly. 


RITRATTO  DI  GKMITO,  CHE  MODELLA  LA  STATUETTA  DI  MEISSOSMER  N'EL  SUO  STUDIO  A  PARIGI. 
(Apparleneme  alla  signora  Gemito.) 


io6  MEISSONIER 


nessun  essere  vivente  vedrebbe  il  suo  quadro  I  Chiedete  a 
Emilio  Augier  se  avrebbe  fatto  una  commedia ,  sicuro  di 
aver  per  lettore  lui  solo.  »  Egli  ebbe  piena  coscienza  della 
compiuta  fioritura  del  suo  ingegno  e  della  sua  autorità.  Nei 
suoi  sfoghi  intimi,  diceva:  «  Tutto  avrò  ormai  conosciuto;  la 
grande  miseria  e  la  grande  agiatezza,  i  principi  oscuri  e  la 
fine  luminosa. 

Considerando  l'insieme  dei  lavori  eseguiti  nei  suoi  quin- 
dici ultimi  anni,  si  nota  che  l'inspirazione  vi  si  fa  più  ampia  e 
più  alta.  A  tratti,  ritorna  ai  soggetti  di  genere:  la  Cantatrice 
è  stata,  per  esempio,  tra  i  più  simpatici  passatempi  della 
sua  vecchiezza.  Ripiglia  anche  i  suoi  temi  militari:  iSoj,  i 
Corazzieri,  i  Dragoni  «  che  tanti  bei  giorni  di  sole  gli  hanno 
rubato  ».  Ma  gli  uni  non  sono  che  il  compimento  dell'opera 
cominciata,  gli  altri  una  specie  d'intermezzo.  «  perchè  l'anima 
sua  sorrida  ».  Il  suo  pensiero  è  più  elevato.  Egli  "  ha  sete  » 
delle  sintesi.  Gli  argomenti  episodici  lo  stancano  ;  i  piccoli  par- 
ticolari gli  fanno  orrore.  Nel  1860  aveva  concepito,  ed  era  stato 
novellamente  preso  dal  desiderio  di  personificare  la  «  Poesia 
che  s'inspira  alla  vita  dell'umanità  intiera,  nutrendola  d.el  suo 
miele  divino  ».  «  Sarebbe  il  Verbo  che  si  libra  sul  mondo, 
inebriandolo  della  sua  voce  e  raccogliendo  1'  incenso  di  tutti 
gli  esseri  I  Avrei  molti  bei  gruppi  da  svolgere,  dal  voto  degli 
amanti  al  lauro  del  guerriero  erto  sul  suo  cavallo,  al  simbolo 
dell'artista,  il  pittore  che  oflVe  la  sua  tavolozza,  lo  statuario, 
la  sua  creta.  >•  Però  questa  nota  non  vibrò  a  lungo  nel  suo 
cuore. 

La  passione  patriottica  lo  riempiva.  Mai  egli  comprese  per- 
chè i  maestri  fiamminghi,  Rubens  e  Rembrandt.  che  pui"  videro 
il  loro  paese  taglieggiato,  saccheggiato,  devastato,  non  aves- 
sero ritratto  l'impressione  di  quelle  spaventevoli  miserie.  Il 
generale  Faivre,  rallegrandosi  con  lui  della  sua  promozione 
alla  dignità  di  gran  croce  della  Legion  d'onore,  si  meravi- 
gliava come  i    minimi    particolari    della   guerra   del    1870  gli 


GLI   ULTIMI  ANNI 


fossero  rimasti  cosi  vivi  nella  memoria.  «  Io  non  ho  nulla 
dimenticato,  rispondeva,  né  dimenticherò  nulla.  »  E  tre  delle 
sue  più  commoventi  composizioni,  le  Ro-i'uic  delle  Tnileries, 
il  Progetto  di  decorazione  del  Pantheon,  lo  schizzo  dell'. -i.v- 
sedio  di  Parigi,  por- 
tano il  segno  di  quel- 
r  unico  pensiero. 

Nel  giugno  del 
1871  ,  egli  si  recava 
all'  Istituto  insieme  a 
Lefuel,  l'architetto  del 
Louvre.  Passavano 
dinanzi  alle  Tuileries 
incendiate.  In  quella 
lugubre  ruina,  a  tra- 
verso la  quale  appa- 
riva da  lungi ,  al  di- 
sopra dell'Arco  del 
Carosello  .  il  carro 
della  Vittoria,  egli  fu 
subitamente  colpito 
nello  scorgere,  rag- 
gianti e  intatti ,  sulle 
mura  calcinate,  i  no- 
mi di  xMarengo  e  di 
Austerlitz.  «  Non  ve- 
dete voi  nulla  r  chiese 
a  Lefuel.  —  Xo  — 
Ebbene,  io  vedo  il 
mio  quadro.  Laggiù, 
è  la  Vittoria  che  se 
ne  va  sul  suo  carro  e  ci  abbandona...  Se  i  due  nomi  rimasti 
nelle  targhe  fossero  stati  Wagram  e  Lipsia ,  non  sarebbe 
la    gloria    indiscussa,    la    vera  gloria.   Austerlitz   e    Marengo 


MEISSONIER   MEMBRO    DELL'  ISTITUTO, 

GRAN    CROCE    DELLA    LEGIOM    d'O.S'ORE    (1S9O). 

(Dall'acquaforte  di  Waltner.; 


loS 


MKISSONIER 


restano   scinlillanli   tanti)  nella    storia,    come   tra   i  ruderi  del 
palazzo... 

Gloria  ììuy orimi  per  Jlaiuìuas  iisquc  stiperstcs.  -.. 

In  quel  momento  non  pensava  punto  che  quelle  rovine  eran 
opera  di  mani  criminose.  Egli  altro  non  vedeva  se  non  il  di- 
sastro nazionale,  di  cui  la  guerra  civile  era,  in  vero,  la  conse- 
guenza crudele,  e,  col  disastro,  la  speranza  della  rivincita. 


SCHIZZO    DELL  ALLEGORIA    DEL    POETA. 


Lo  Stesso  sentimento  gli  suggerì  il  motivo  di  decorazione 
del  Pantheon.  Per  il  posto  a  lui  riserbato  nella  distribuzione 
degli  alfreschi.  che  dovevano  ornare  il  monumento,  egli  va- 
gheggiava di  rievocare  Giovanna  cf  Arco  o  Aitila. 

Gli  avevano  proposto  Santa  Geno-vejfa  e  il  vettovaglia- 
ìuento  miracoloso ,  con  la  stessa  indicazione  della  leggenda: 
«  ...  i  battelli  carichi    di    pani    risalenti    la    Senna ,    il    dirupo 


GLI   ULTIMI    ANNI 


109 


sbarrante  il  fiume  a  ^'illeneuve-Saint-Georges  e  contro  il  quale 
l'armatetta  stava  per  rompersi,  santa  Genovelja  protendente  le 
braccia,  la  roccia  mutata  in  serpente  ».  «  Non  è  possibile  esal- 
tarsi dinanzi  a  tali  argomenti!  »  egli  disse,  e  rifiutò  quel  tema, 
senza  però  rinunziare  al  posto  assegnatogli.  Dopo  la  guerra, 
poiché  s'era  rimesso  al 
lavoro,  il  soggetto  gii 
apparve  sotto  la  figura 
della  Francia  tirata  da 
due  leoni  e  guidante  il 
mondo  nelle  vie  della 
civiltà  e  della  pace, 
mentre  tutti  i  p(_)poli  la 
seguono:  la  Germania 
solamente  mancava  al 
corteo.  Una  volta  di 
più  era  la  glorificazio- 
ne del  genio  francese. 
.Ma  quantunque 
r  idea  gli  solleticasse 
la  mente,  la  mano  non 
correva  al  pennello. 
«  La  Pace  non  mi  en- 
tusiasma ,  esclamava. 
L' Assedio  di  Parigi ,  ecco  il  quadro  da  farsi.  \'i  voglio 
gettar  dentro  tutte  le  nostre  miserie,  tutti  i  nostri  er(.)ismi, 
tutti  i  cuori  nostri.  L'assedio  ci  ha  salvati  dal  disonore:  ha 
permesso  di  coordinare  la  resistenza  delle  pro\-incie;  ha  fatto 
passar  per  un  istante  un  brivido  di  paura  tra  i  nemici:  Ver- 
sailles informi.  Io  non  voglio  morire  senza  aver  tentato  di 
esprimerlo.  » 

E  al  suo  ritorno  a  Poissv,  mentre  la  sua  casa  era  occu- 
pata dai  Prussiani,  ed  egli  era  prigioniero  nel  suo  studio,  ne 
fisso  la  prima  concezione. 


rULCISELLA. 
(.acquerello  dcll.i  collcdone  della  signe 


MEISSONIER 


Nel  1884  la  riprese  quasi  con  ebbrezza;  più  che  voluttà, 
la  sua  era  un'  ossessione ,  una  febbre.  Egli  si  sentiva  —  e 
con  qual  gioia!  —  <  veramente  agitato  dal  Dio.  L'abbozzo 
deW Assenzio  mi  trasporta.  »  Non  meno  di  due  mesi  gli  erano 
occorsi  per  tracciarlo,  e  le  linee  principali  erano  segnate  a 
grandi  tratti.  -<  La  Città  di  Parigi  in  veste  di  broccato  d'oro, 
velata  d'un  crespo,  la  mano  appoggiata  sul  cippo;  al  sommo 
del  cippo  la  corona  murale;  al  disotto  della  corona,  lo  stemma 
municipale,  il  vascello  su  cui  spira  un  uflìciale  di  marina; 
qua  e  là  dei  morti  illustri,  Franchetti,  il  generale  Renault, 
Dampierre,  Néverlè;  di  qua  gli  uomini  dell'ambulanza  e  un 
medico;  di  là  una  guardia  nazionale  reduce  dagli  avamposti, 
ove  ha  fatto  i  suoi  otto  giorni  di  servizio,  e  a  cui  la  moglie 
disperata  tende  il  cadavere  del  suo  piccino  morto  di  stenti; 
più  lungi  ,  Enrico  Regnault  ,  1'  ultima  vittima...  I  morti  son 
distesi  sopra  serti  di  palme;  molte  corone  coprono  il  suolo. 
Da  un  angolo  del  cielo  piomba  lo  spettro  della  Fame  recante 
l'aquila  di  Prussia  sul  pugno,  a  guisa  di  un  falconiere... 
Quando  ,  se  Dio  voglia  ,  avrò  compiuto  il  lavoro  ,  allora  mi 
piegherò  al  riposo,  poi  che  avrò  terminato  quel  che  voleva 
fare...  Chi  sa?  quel  quadro,  un  giorno,  sarà  forse  al  Pan- 
theon. »   Egli  stesso  avrebbe  voluto  farne  l'incisione: 

Cotesto  sentimento  patriottico  l'aveva  ricondotto  al  pen- 
siero, cosi  dolce  alla  sua  giovinezza,  d'inspirare  a  un  or- 
dine morale  qualsiasi  rappresentazione  d'arte.  Riteneva  che 
solamente  sei  de'  suoi  quadri  rispondessero  a  quel  pensiero: 
il  Lc'tfo  di  morte,  —  La  Barricata,  —  il  iSoj,  apogeo  del 
trionfo,  il  18 14,  lugubre  contrapposto  della  vittoria,—  l'.ir- 
dente  -preghiera,  —  X  ■ìssedio  di  Parigi,  e  si  rimproverava  di 
non  essere  stato  più  fedele  ai  suoi  giuramenti.  Era  proprio 
quello  il  momento  di  «  fare  dei  pupazzetti,  di  perdersi  nelle 
minuzie  »,  mentre,  da  ogni  lato,  al  di  dentro  come  al  di  fuori, 
il  dramma  mugghiava?  Lo  stesso  Pulcinella,  che  una  volta  lo 
divertiva  tanto,  e  le  cui  avventure,  cosi  briosamente  dipinte, 


GLI  ULTIMI  ANNI 


ridevano  lungo  le  scale  della  sua  casa  di  Poissy,  gli  era  ar- 
gomento di  scrupolo.  (!^ucir  incorreggibile  ridanciano,  c]uello 
spirito  forte  che  accoppa  sua  moglie,  picchia  il  commissario, 
insulta  tutte  le  leggi  divine  e  umane,  era  forse  riprodotto  come 
avrebbe  meritato?  Meissonier  voleva  darci  la  sua  vera  fine: 
«  Mentre  Pulcinella  trionfa,  in  mezzo  alle  sue  vittime,  dal  fondo 
si  sarebbe  vista  la  .Morte  toccar  col  dito  il  a,ran  burlone,  che 


MESSA   NELLA    CAPPELLA   MIRACOLOSA. 
(San  Marco,  Venezia.) 


la  beffeggiava  per  tutti,  facendogli  scontare  la  sua  vita  piena 
di  monellerie.   » 

Leggendo  un  giorno  le  JL-Juoric  di  Fleuranges,  e  ri- 
cercandovi ,  come  di  costume ,  qualche  grande  scena  della 
storia  nazionale,  l' idea  di  Fnì/iccsco  I  consacrato  cavaliere 
da  Baiardo  alia  vigilia  di  Marigiiaiio  lo  colpi. 

L'ingenuo  e  pittoresco  racconto  del  cronista,  i  personaggi, 
cominciando  dal  trombettiere  Cristoforo  per  finire  al  nobile 
capitano,  l'ordinanza  della  cavalleria,  scudieri,  uomini  d'armi. 


MIÌISSONIKR 


marescialli,  tutto  offriva  al  suo  pennello  un  materiale  son- 
tuoso, e  la  scena  gli  sembrava,  in  tempi  di  snervamento  mo- 
rale, ottima  a  risollevare  i  cuori.  «  Sulla  soglia  della  tenda, 
Francesco  I  era  genullesso  dinanzi  a  Baiardo;  iT  capo  aveva 
reclino,  come  se  si  comunicasse.  »  All'emozione  della  iedeltà 
cavalleresca  si  aggiungeva  quella  della  pompa  sacra.  Gli  e  che 
Meissonier  si  compiaceva  ora  più  che  mai  di  esprimere  il  sen- 
timento religioso.  Egli  avrebbe  voluto  ritornare,  prima  di 
morire,  a  Venezia,  per  dipingere  una  J/c'SScr  di  San  Marco. 
La  Madonna  del  Bacio  occupava  sempre,  nel  suo  studio, 
il  posto  preferito,  quello  in  cui,  negl'intervalli  di  riposo,  il  suo 
sguardo  correva  istintivamente,  quasi  ricercando  l'opera  pre- 
diletta. 


Tali  concezioni  .  che  riassume\'ano  quanto  .Meissonier 
aveva  sognato  di  più  nobile  nella  sua  vita,  sarebbero  state  il 
confi.)rto  e  lo  svag<-)  della  sua  vecchiezza,  se,  per  eseguirle, 
non  avesse  dovuto  rinunziare  a  una  troppo  brillante  esistenza. 
Semplicissimo  nella  vita  privala,  senza  bisogni  di  sorta,  la 
ricchezza  per  se  slessa  gli  era  indi[ìerente.  Compassionava 
quasi  quei  milionari,  quei  miliardari,  così  sterminatamente 
ricchi  che  di  essi  non  si  scorgeva  altro  t'uoi-che  il  loro  denaro. 
«  Il  denaro  non  conferisce  alcuna  forma  di  dignità,  >>  e  appunto 
era  invidioso  di  questa  dignità  nel  mondo  intellettuale.  Se  non 
che,  artista  nell'anima,  gli  piacevano  gli  siai-zi  della  vita  arti- 
stica, e  come  in  ogni  altra  cosa,  vi  trasl'usc  tutto  il  suo  ardore. 

Aveva  acquistato  la  sua  casa  di  Poissy  per  ventiseimila 
l'ranchi  ;  ma  per  i  molli  ingrandimenti  gii  era  venuta  a  co- 
stare quasi  un  milione.  Dopo  la  guerra,  mentre  il  ric'jrdo 
dell'occupazione  prussiana  gliene  rendeva  odioso  il  soggiorno, 
aveva  comperato  a  i'arigi.  nel  quartiere  dello  spianato  .Mon- 
ceau,  Lin  terreno  angolaie,  e  vi  aveva  fatto  innalzare  una  pa- 
lazzina nell(.)    siile   dei    maestri    fKìreniini.    11    possesso    era  il 


Meissoiner. 


,i|  MEISSONIER 


meno  per  lui;  anzi,  se  oiova  credergli,  aveva  «  l'orrore  della 
proprietà.  ■>  Solo  il  piacere  di  costruire  e  di  abbellire  lo  se- 
duceva. 

Di  una  pi-obità  scrupolosa,  probità  da  negoziante,  come 
dicevano  i  suoi  creditori,  non  voleva  lasciar  debiti  di  sorta. 
Di  nessuno  si  lagnava  tranne  che  di  sé  stesso.  «  Io  che  avrei 
tanto  bisogno  di  essere  prosciolto  di  tutte  le  preoccupazioni 
volgari,  di  vivere  se  non  circondato  da  cose  belle  e  per  le 
belle  cose,  lavoro  sotto  un  cumulo  di  fastidì,  col  cuore  ango- 
sciato! ■>  Certamente,  avrebbe  potuto  «  mercanteggiare  »  i  suoi 
<  studi  ->.  .Ma,  oltre  al  grande  rammarico  di  privarsene,  lo 
ratteneva  il  desiderio  di  legare  tutto  quel  tesoro  alla  Francia. 
Invano  gli  avevano  proposto  di  fare  dei  panorami,  assicuran- 
dogli un  copioso  introito:  la  scelta  del  tema  era  devoluta  a 
lui:  la  spedizione  d'  Flgitto,  la  battaglia  delle  Piramidi,  Abou- 
kir,  o  quello  che  meglio  gli  piacesse.  .Ma  egli  non  volle  ven- 
dere la  sua  libertà. 

K  meno  male  se  la  salute  avesse  sempre  sorretto  la  sua 
audacia  I  ■>  La  grande  arte  ha  bisogno  di  vigore  fisico  non 
meno  che  d'intima  calma:  conviene  che  l'artista  sia  felice, 
perchè  si  riconcentri  tutto  nell'opera  sua,  la  quale  è  mancipia 
del  sentimento  inspiratore.  -  Afflitto,  nel  1875,  da  una  grave 
infermità.  .Meissonier  ne  era  guarito  grazie  a  un'abile  ope- 
razione e  all'  energia  del  suo  temperamento.  .Ma  la  scossa 
aveva  lasciato  qualche  traccia,  e  l'età  faceva  sentire  il  suo 
peso.  "  Volere  è  potere  »  ;  tale  la  sua  massima.  Per  tutta  la 
vita,  egli  aveva  voluto:  ed  ecco  che  i  suoi  organi  tradivano 
la  sua  volontà!  Fino  agli  ultimi  anni,  il  suo  sguardo,  quello 
sguardo  possente,  restò  integro.  La  sua  mano  parve  sicura 
sol  quando  era  pienamente  signoreggiata.  «  .Allorché  la  sento 
appesantirsi,  diceva  nel  1880,  rabbrividisco  pensando  agli 
strumenti  così  necessari  e  cosi  gravi  al  pittore,  mentre  ap- 
punto il  pensiero  e  più  libero:  oh  quanto  e  amaro  il  declinar 
dell'artista  !  > 


GLI  ULTIMI  ANNI 


"S 


Spesso,  negli  Entrctiens,  insieme  al  grido  dell'  angoscia 
morale  erompe  il  grido  del  tormento  iìsico:  «  Oh!  l'atroce 
trafittura  del  mio  pollice  destro!  É  un  inferno!  Se  fossi 
scrittore,  detterei.  Ma  come  fare  a  dipingere!...  Ieri  ho  ten- 
tato un  nuovo  espediente  :  invece  dei  bottoni  di  fuoco,  bagna- 
ture fredde:  bisogna  pur  provare  tutto.  -  (Dicembre  1887). — 
E  il  ghiaccio  non  sortì  miglior  efjetto  del  fuoco. 

■  Che  martirio  il  mio!  soggiunge,  che  stanchezza!  La 
mia  anima  e  triste  fino  alla  morte.  La  salute!  Oh  come  sa- 
rebbe dolce,  a  opera  compiuta,  ripo- 
sarsi finalmente,  guardando  con  animo 
sicuro  giungere  il  termine  prescritto, 
dinanzi  alla  grande  opera  divina,  e 
ripensare  alle  cose  passate,  semplice- 
mente e  senza  amarezza,  componendo 
un  trattato  di  morale  estratto  dal- 
l'esperienza  della  vita!  Come  quei 
giorni  estremi  sarebbero  tranquilli!  » 

.Ma  ,  se  per  avventura  ,  cessate 
le  crisi  dolorose,  avesse  potuto  vivere 
quei  giorni  tranquilli,  ne  avrebbe 
veramente  goduto?  Avrebbe  egli  forse  considerata  compiuta 
la  propria  opera?  E  avrebbe  mai  accolta  l'idea  del  riposo? 
Il  riposo,  solo  il  riposo  lo  uccideva  ! 

"  Quando  la  gente  d'affari  s'annoia,  lascia  il  suo  mestiere. 
Ma,  per  gii  artisti,  mal  suona  l'ora  del  riposo,  poiché  nel 
lavoro  è  il  loro  godimento...  .Molte  cose  splendono  nella  mia 
vita:  l'amore  e  la  gloria:  ma  nulla  eguaglia  e  nulla  eguaglierà 
mai  r  irresistibile  bisogno  del  lavoro.  Talvolta  i  miei  amici 
m'hanno  udito  gemere  sulle  mie  assidue  fatiche;  non  perche 
dovessi  lavorare,  e  ben  lo  sapevano;  ma  perchè  non  potevo 
serenamente  lavorare,  come  avrei  desiderato.  »  E  non  mai  il 
suo  spirito  era  stato  più  fiero,  il  suo  cuore  più  ardente,  più 
tenace  la  passione  del  suo  pennello. 


^^\^ /"-/an.^;-/  /«t><-. 


PULCINELLA, 
appartenente  al   doit.   Lee. 


ii6 


MEISSONIER 


Un  altro  zelo  lo  armava  contro  ogni  debolezza.  Fra  le 
opere  che  a  settantadue  anni,  in  piena  inlermità,  lo  incatena- 
vano, come  ai  bei  giorni,  al  cavalletto,  nessuna  gli  costò  mag- 
gior somma  di  sforzi  quanto  l'acquerello  del  iò\)-.  Il  quadro 
era  partito  alla  volta  dell'America  per  mai  più   ritornarne. 

.Meissonier  voleva  che  l'Europa,  insieme  all'acquerello, 
avesse  pure  la  tela  originale  ;  e  per  Europa  intendeva  la 
Francia.  Anche  alla  Francia  riserbava,  per  adibirla  a  museo, 
la  palazzina  da  lui  così  amorosamente  e  sontuosamente  ab- 
bellita pur  negli  ultimi  giorni,  a  costo  di  ogni  maggior  sacri- 
ficio. Questo  sogno  degno  di  Mecenate  non  doveva  effettuarsi. 
Ma  una  mano  pietosa  ha  raccolto  quanto  ha  potuto  delle  sue 
opere,  e  l'ha  ofjerto  alle  grandi  collezioni  nazionali.  A  questo 
legato  si  aggiunge  un  altro  legato  inalienabile:  l'esempio  di 
una  vita  interamente  consacrata  all'Arte. 


MEISSONIER. 

MrJailimc  Jrl  si;.  Challiii,  dtW  hlilulù  (tUo). 

(Museo  del  Lussemburgo) 

Questo  medigliene  fu  ingrandito  per  il  sepolcro  di  Poissy. 


IL   POXTE    DI    POISSY. 


CONA^ERSAZIONI  E  RICORDI  ^'^ 


UFFICIALE 

DELLA    PRIMA  REPUBBLICA. 

(Disegno  a  penna.) 


-Mia  car.i  moglie,  tu  sola  mi  hai  ben  conosciuto,  e  tu 
sola  potrai  testimoniare  veramente  di  me,  quando 
non  sarò  più.  » 


o 


RAMAI  sono  trascorsi  molti  anni  che 
io.  costantemente,  penso  alla  mia 
arte:  vi  ho  pensato  molto  anche  prima 
di  praticarla;  e  oggi,  rievocando  quel  pas- 
sato lontano,  voglio  pur  rievocare  i  miei 
pensieri  di  allora.  Sono  pensieri  per  me 
gravi,  ma  non  indegni,  e  potendo  tV)rse 
riuscire  utili,  dovrei  raccoglierli.  \\o  torto 
di  abbandonarli  alla  ventura  dei  nostri  col- 
loqui. Non  l'ho  fatto,  ma  perchè?  In  ve- 


(i)  Le  pagine  che  seguono  sono  state  estratte  dagli 
editori,  sotto  il  controllo  della  vedova  dell'artista,  dalle  note 
complete  da  lei  coordinate  e  destinate  alla  biblioteca  dell' Istituto  :  noi  ne  abbiamo  tolto 
alcune  frasi  gi.\  riprodotte  nei  precedenti  capitoli.  (X.  il.  T.) 


ii8 


MEISSONIER 


rità,  nulla  è  più  dilettoso  che  l'accarezzare  i  propri  pensieri, 
e  il  lasciarsi  cullare  da  essi  ;  ma  non  è  facile  rivestirli  di  un 
abito  adatto,  che  permetta  loro  di  presentarsi  decentemente 
dinanzi    alla   gente.  No,  non   è  facile,  massime  per  i  pittori I 


STUDIO    -    SALOTTO    DI    MEISSON'ILR    A    PARIGI. 


A  essi  non  vien  mai  perdonato  di  parlare  del  loro  me- 
stiere. Si  dovrebbe  però  considerare  che  lo  conoscono  bene 
—  una  volta,  almeno,  lo  conoscevano  —  e  che  per  eser- 
citarlo, è  necessario  di  aver  pratica  e  riflessione. 


Nei  giorni  nostri  .  in  cui  tutti  scrivono ,  scolpiscono  e 
incidono,  è  più  diffìcile  di  quanto  sembri  parlare  al  pubblico 
delle  cose  che  meglio  si  conoscono. 

Sì,  nello  studio,  fra  amici,  e  dolce  discorrere  liberamente; 
è  piacevole  dir  loro  tutto  il  proprio  pensiero,  senza  nasconderlo 
per  nulla,  leggerlo  riflesso  nei  loro  occhi,  se  è  stato  ben  com- 
preso, e  continuare,  continuare.  Le  obbiezioni  vi  danno  forza 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI  119 


novella;  si  fanno  sforzi  generosi  per  combattere  o  convincere 
gli  avversari;  in  cotesti  entusiasmi  si  diventa  quasi  eloquenti. 
Ma  la  bisogna  è  assai 
diversa,  quando  si  è 
soli .  davanti  al  cala- 
maio, e  convien  pesare 
le  parole. 

Io  spero  che  i  miei 
allievi  serberanno, 
affermandola  .  quella 
tradizione  di  onestà , 
di  coscienza,  di  verità 
contenuta  nella  mia 
opera  e  da  me  sempre 
insegnata. 

Il  sogno  che  ci 
culla  e  ci  addormenta, 
che  ci  allontana  dalla 
precisione  ,  dalla  forza 
e  dalla  grandezza,  noi 
l'abbiamo  tutti  dentro 
di  noi;  poiché  è  facile, 
è  affascinante  ed  è  ine- 
briante. Ma  quanto  e  l  al.o:o  ...l  uaval:^.,^  u^!-.-oj- 
aspro  il  risveglio!... 


alio  Studio). 


Colui  che  lascia  un'  opera  arricchisce  il  patiimonio  glo- 
rioso dell'  umanità. 

L'opera  e  una  catena  spirituale  che  allaccia  colui  che 
r  ha  creata  con  la  posterità  lontana. 

Lavoriamo  perche  tutto  non  si  perda  di  noi,  e  perchè 
coloro  che  ci  seguiranno  ritrovino  1'  anima  dell'  artista  nella 
sua  opera... 


MEISSOMER 


La  mia  arte  prima  di  ogni  cosa,  e  al  disopra  di  ogni  cosa. 

Ad  onta  del  bisogno  che  provo  di  tenerezze  profonde, 
io  era  di  quelli  che  possono  proceder  da  soli  nella  libertà 
del  lavoro  e  dell'opera;  avrei  potuto  non  ammogliarmi... 

L'uomo  non  ha  sempre  bisogno  di  un'amica 
al  suo  fianco.  L'opera  anzi  tutto...  Quante  volte  si 
lavora  con  l'angoscia  nell'anima  ;  eppur  si  lavora. 


L'uomo  deve  innalzare  la  donna  e  tem- 
prarne il  carattere  da  bel  principio.  I  ca- 
ratteri si  trasformano  e  si  modificano  . 
secondo  la  cura  che  ne  abbiamo. 


....  I  torti  e  gli  errori  della  donna 
provengono  sempre  dall'uomo.  Spetta  al- 
l'uomo dare  occupazione  alla  propria  com- 
pagna, evitando  il  vuoto,  o  impedendo  che 
il  desiderio  entri  nell'anima  sua.  Amati 
una  volta,  si  può   esserlo  sempre. 

Ogni  uomo  può  tenersi  questo  di- 
scorso: "  Poiché  sono  unito  a  una  donna 
che  ho  amato,  se  io  cesso  d' amarla,  la 
colpa  e  sua;  se,  invece,  ella  non  mi  ama  più,  la  colpa  è  mia 
certamente,  e  io  debbo  adirarmi  meco  stesso;  colei  m'ap- 
parteneva, io  dunque  poteva  far  tutto  per  lei:  se  ella  mi 
tradisce,  io  sono  il  colpevole.  » 

Vi  son  taluni  per  cui  e  indispensabile  il  matrimonio;  per 
il  vero  artista,  no:  la  sua  prima  innamorata  è  la  pittura;  ne- 
cessariamente, essa  deve  solfocare  le  altre. 

La  donna,  la  famiglia,  la  casa  debbono  essere  per  l'artista 
altrettante  vie  serene  per  camminare  liberamente  nel  campo 
delle  idee,  sgombro  da  ogni  preoccupazione  volgare,  di  cui 
altri  avrà  cura. 


SCHIZZO 

DEL    PORTA-STEN'D.VRDO 

LUIGI    XIII. 


COWERS AZIONI  E  RICORDI 


Molti  ci  compiangono  per  il  nostro  soverchio  lavoro  ; 
ma  se  è  la  vera  felicità,  se  è  la  vita!  Tornerebbe  lo  stesso 
rammaricarsi  per  coloro  che  mangiano  dolciumi. 

Molte  cose  son  passate  nella  mia  vita,  la  gloria,  l'amore; 
nulla  ha  eguagliato  mai 
ed  eguaglia  la  profon- 
da, l'ardente  gioia  del 
lavoro. 

Ah  !  sì.  si  può  ben 
dare  questo  consiglio: 
Non  maritate  mai  vo- 
stra figlia  a  un  artista; 
è  lo  stesso  che  volere 
la  sua  infelicità...  L'ar- 
tista non  dev'  essere 
preso  dalle  cure  della 
famiglia:  conviene  che 
resti  libero  per  dedi- 
carsi tutto  alle  esigen- 
ze dell'opera  sua. 

Bisogna  che  la 
sposa  di  un  artista  sap- 
pia di  votarsi  al  sacri-  ,,   ,         .         ,      ,,      ,"      n      i, 

1  l(^.iaJro  dfpartcucu:^  al  ^i^.   .\Ussi-.iiliano   Beyer,   Parigi.) 

fizio.    Una    moglie    di 

artista  non  deve  interpretare  la  fedeltà  alla  stregua  ristretta 
dei  borghesi.  Se  nel  cielo  coniugale  scoppino  uragani,  o  passino 
lampi,  conviene  che  la  serenità  e  l'aQetto  ritornino  come  per 
l'innanzi.  Se  non  avete  il  coraggio  d'includere  queste  cose 
nel  vostro  bilancio  matrimoniale,  non  sposate  mai  un  artista! 
Che  se  poi  due  celebrità  si  associno,  siate  una  Giorgio  Sand  a 
fianco  del  vostro  compagno  di  lavoro  e  d'intelletto. 

Un  artista  degno  di  tal  nome  deve   scegliere   tra   i    due 
generi  di  vita.  S'  egli    ha    veramente    vigore  ,  se  la  sua  arte 


MEISSONIER 


vince  tutto  e  tutto  sorpassa,  se  la  pittura  è  la  sua  innamo- 
rata, non  si  ammogli,  si  abbandoni  intero  all'arte;  conoscerà 
tutte  le  passioni  e  tutte  le  gioie,  senza  smarrirvisi.  ]\ia,  se  la 
donna  domini  la  sua  volontà,  e  debba  render  l'arte  una  fun- 
zione meccanica  per  ricavar  danaro ,  artista  superficiale ,  si 
ammogli  subito  e  diventi  il  marito  e  il  padre  secondo  la 
formola. 

Sposatevi  da  giovani  :  e  assai  meglio  se  il  padre  possa 
essere  1'  amico  di  suo  figlio.  Non  è  bene  trovarsi  vecchi  e 
indeboliti,  quando  i  figli  diventano  uomini. 

Un  gran  dolore  mi  opprime  ogni  qualvolta  un  mio  amico 
cade  in  fallo;  quando,  cioè,  avendolo  creduto  fiero,  insensibile 
alle  cose  che  meritano  il  nostro  disprezzo,  lo  veggo  piegarsi. 

Tristemente  allora  riconosco  di  essermi  ingannato;  e  poiché 
amo  gli  uomini  sol  per  quella  nobile  elevazione  d'animo,  sento 
che  la  mia  amicizia  e  morta. 

Peccato  che  lo  spirito  moderno  sia  cosi  arido!  Credete 
che  sia  stato  sempre  così?  Certo,  vi  furono  secoli  più  incolti, 
più  barbari,  più  crassi  ;  ma  sorgeva  qua  e  là,  come  compenso, 
un  qualche  genio  gagliardo,  mentre  oggi  il  livello  delle  in- 
telligenze tende  sempre  più  ad  abbassarsi. 

Io  mi  credo  esente  dall'  accusa  di  non  essere  stato  co- 
scienzioso, di  non  aver  ascoltato  un  consiglio  giusto,  di  non 
aver  continuamente  e  infaticabilmente  perseguito  il  meglio. 

Conosco  alcuni  che  pretendono  di  aver  sempre  il  giudizio 
disinteressato  e  di  criticare  senz'  astio.  Xon  è  vero.  Comun- 
que, un  vero  artista  sfugge  raramente  alle  punzecchiature;  ed 
è  veramente  doloroso  vedere  mal  compresa  e  dispregiata  dal 
primo  giornalista  venuto  un'  opera  sulla  quale  tant'  anima  e 
tante  forze  si  son  prodigate. 

Oggi,  tale  o  tal'  altro  artista  si  preoccuperà  non  tanto 
del  giudizio  di  un  altro  artista,  quanto  di  quello  che  dirà  il 
profano. 

Spesso,  la  cosi  detta  impressione  ragionata  di  un  critico 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI  123 

è  dovuta  a  un  incontro  fortuito.  L'artista  avrà  bene  accolto 
il  visitatore  o  il  giornalista,  ed  allora  egli  diventa  un  feticcio: 
e  stato  scoperto,  ed  è  stato  compreso! 

Il  lettore  compra  i  giudizi  nel  foglio  quotidiano,  dove  la 
bella  mostra  l'articolo  del  critico.  Sono  rari  oggi  coloro  che 
sentono  e  valutano  direttamente.  Ai  tempi  dei  Michelangelo 
e  dei  Raffaello,  gli  artisti  lavoravano  pensando  a  quei  sommi 
e  al  loro  giudizio.  Gli  artisti  contemporanei  lavorano  per  la 
stampa  e  per  lo  svago  quotidiano  degli  abbonati... 

Io  ricordo  l'impressione  di  una  salita  alpina .  oltre  il 
lago  del  Bourget:  il  terreno  rotto  non  permetteva  di  abbrac- 
ciare lo  spazio.  Ecco  guadagnata  una  china,  ecco  raggiunta 
una  vetta  ;  ma  no,  è  una  scala  faticosa  di  cime,  e  non  e  mai 
attinto  il  culmine  sovrano. 

GÌ'  ingegni  mediocri  .  le  anime  egoistiche  di  oggi  somi- 
gliano a  quelle  Alpi:  nulla  di  veramente  grande,  nulla  di 
possente  ,  nessun  sguardo  d'  aquila  misurante  1'  azzurro  per 
librarvisi  !  Xoi  non  abbiamo  che  un  sol  uomo,  un  uomo  di 
settantacinque  anni  <  ThiersI  ..  ("è  fiducia  insieme  e  timore 
nel  sentirsi  fra  quelle  mani,  le  quali  possono  mancarci  d' un 
tratto. 

"  Ohi  se  Thiers  avesse  quarant'anni  !  »  odo  sospirare: 
r  istinto  di  questo  popolo  di  "  borghesi  »  si  rivela  in  questa 
frase:  «  potremmo  riadd'jrmentarci  e  riporre  tutto  alla  cu- 
stodia  di  un  solo:  >'   tale  il  bisogno  dominante. 

Molto  si  parla  della  cosa  pubblica,  e  ciascuno  pensa  a 
tirar  l'acqua  al  suo  molino,  poiché  bisogna  vivere.  Dai  piccoli 
ai  grandi  e  la  stessa  antifona,  e  noi  siamo  illogici,  non  appena 
si  tratti  di  conciliare  la  teoria  con  la  pratica. 

Tizio,  che  struggevasi  di  diventar  consigliere  comunale, 
una  volta  nominato,  si  lamenta  di  esercitare  tali  l'unzioni,  e 
considera  spreco  di  tempo  ciò  che  occorre  spenderne  per 
tutti,   in  nome  di   tutti. 

Se  l'Assemblea  n^jn  rientra  a  Parigi,  dovrebbe  riunirsi 


124 


MEISSONIER 


in  un  villaggio  qualunque.  Se  i  signori  deputati  vivessero 
di  più  in  mezzo  alla  gente  .  gli  affari  sarebbero  più  presto 
sbrigati. 

\'i  son  cose  nocive  all'intelletto  umano  ;  ma  esso  prende 
gli  alimenti  che  gli  servono,  e  ne  è  soddisfatto;  tutti  i  giorni, 
ahimè  I  accade  lo  stesso. 

Che  compito  nobile  e  delicato  potrebbe  avere  un  Presi- 
dente della  Repubblica,  se  comprendesse  bene    la    sua   situa- 


1 


Ml.ISbOXIl.l', 


zione!  Quale  mirabile  salotto  potrebbe  comporsi  con  le  glorie 
della  Francia!  Quanto  dovrebbe  egli  interessarsi  alle  scienze, 
alle  arti,  a  tutti  i  nobili  tentativi  che  onorano  un  paese!  Un 
.Mecenate  al  potere,  quale  sogno  per  tutti! 

(Juanta  tristezza  nel  constatare  che  i  grandi  sogni  si 
spengono,  che  non  v'e  più  alcuna  originalità  vera,  ne  alcuna 
fede  profonda! 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


Non  più  diffidenze,  non  più  odi.  É  venuta  l'ora  di  chia- 
mare dai  quattro  punti  dell'orizzonte  gli  uomini  sinceri,  perche 
si  consacrino  al  bene. 


R!TR.\TTO    DELLA    SIGN'OR.\    MEISSON'IER.    NATA    BESAXZON". 


Cotesti  fiduciari  illuminati  dovranno  vigilare  sulle  nostre 
finanze  compromesse  da  mani  imprevidenti,  proteggere  l'agri- 
coltura nostra  nutrice,  dare  ai  nostri  magistrati  la  missione 
di  giudicare  liberamente,  guardando  più  in  là  del  potere  che 
li  elegge,  solo  comunicando  con  la  giustizia  eterna  e  pronun- 


126  MEISSONIER 


ziando  le  loro   sentenze   al    difuori    d'  ogni    tumulto   politico  , 
immuni  da  ogni  passione  di  governo. 

Al  momento  di  queste  elezioni  i6  maggio),  dalle  quali 
dipende  l' avvenire  del  paese .  occorre  considerar  le  cose 
dall'alto,  con  serenità,  invocare  una  Repubblica  aperta  a  tutti, 
una  Repubblica  che  stabilisca  per  tutti  i  doveri  verso  gli  altri, 
non  già  i  diritti  sopra  gli  altri. 

Sì,  noi  aspiriamo  a  tutti  i  progressi  possibili;  noi  recla- 
miamo la  libertà  di  coscienza  ;  noi  ripudiamo  quella  intolle- 
ranza che,  col  nome  di  libero  pensiero,  è  la  negazione  della 
libertà. 

Noi  vogliamo  il  rispetto  dell'idea  religiosa  al  di  fuori  di 
ogni  professione  di  culto,  e  la  libertà  di  manifestarla. 

Ci  occorrono  uomini  che  otj'rano  garanzie  del  loro  affetto 
per  il  bene  pubblico.  Bisogna  che  questi  uomini  vigilino  sulle 
nostre  finanze  dilapidate.  Bisogna  che  la  magistratura  sia 
mancipia  della  giustizia,  e  non  del  potere. 

Il  vero  reggimento  repubblicano  è  fondato  sopra  un'aristo- 
crazia indipendente  e  intelligente  che  possa,  come  in  Inghil- 
terra, consacrasi  interamente  ai  doveri  patriottici  e  alle  fun- 
zioni civiche. 

In  Francia  noi  siamo  lavoratori  e  poveri. 

La  stampa  esercitava  una  volta  una  vera  influenza  sulle 
idee. 

Nel  1848,  si  leggeva  appassionatamente  il  Xational.  — 
Credevasi  realmente  allora  —  da  quel  partito  —  alla  corru- 
zione della  corte  di   Luigi  Filippo! 

Come  saremmo  saggi,  se  si  potesse  rivivere  con  l'acqui- 
sita esperienza  I... 

Io  non  aveva  da  guadagnar  nulla,  proprio  nulla;  avevo 
piuttosto  da  perdere,  gettandomi  nella  rivoluzione;  mi  domando 
ancora  perche  mi  ci  sia  mischiato. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


Gli  uomini  provvidenziali  sorgono  al  momento  in  cui 
sono  necessari.  Noi  forse ,  speriamolo  .  ne  avremo  per  la 
Francia. 

Se  si  consideri  la  vanità  umana,  e  quel  che  otfre  tutti  i 
giorni,  quanta  piccolezza  in  coloro  che  s'immaginano  di  es- 
sere grandi! 

Ecco  un  uomo  come  Flaubert  che  si  abbandona  profon- 
damente allo  studio  della  bestia  umana,  e  ne  aduna  i  segni 
caratteristici  quale  un  tesoro:  e  mi  dicono  che  anche  lui  è 
dolente  di  non  essere  abbastanza  decorato  I 

E  deplorevole  che  si  voglia  dare  un  colore  politico  alle 
esequie  nazionali  di  Hugo. 

È  così  nobile  tributare  un  tale  omaggio  alle  lettere;  tutti 
quelli  che  pensano  e  che  producono  dovrebbero  esserne  su- 
perbi. 

Il  sentimento  che  signoreggia  tutta  la  vita  di  Napoleone 
è  l'odio  contro  l'Inghilterra,  lì'ficiale  di  marina,  e  tagliato 
per  la  guerra  navale,  egli  avrebbe  voluto  combattere  l'Inglese 
sul  suo  elemento.  Non  potendolo,  fece  la  guerra  con  la  Russia, 
con  la  Prussia;  dichiarò  il  blocco  continentale  ;  tutto  appunto 
per  colpir  1'  Inghilterra. 

Sapreste  immaginare  un  chirurgo,  per  abile  che  sia,  che 
non  volesse  eliminati  dal  uKjndo  ne  le  malattie,  né  il  dolore, 
né  le  operazioni  ,  e  che,  trovandosi  di  fronte  a  un  bel  caso, 
operasse  l'infermo  per  amore  dell'arte,  quando  potrebbe  gua- 
rirlo senza  bisturi? 

Io  credo  Napoleone  sincero  quando  parlava  del  suo  sogno 
di  un  viaggio  attraverso  l'Europa  pacificata. 

Credo  anche  non  avrebbe  mai  pensato  al  divorzio,  se 
avesse  avuto  figli  da  Giuseppina:  era  troppo  giovane  ancora 
per  adottare  un  erede  presuntivo. 


128 


MEISSONIER 


Il  curato,  nel    suo   sermone  di  do- 
menica, ha  avuto  torto  di  dire  che  Na- 
poleone fu    il   distruttore    della    Chiesa. 
Non  è  slato  invece  lui   che  ne  ria- 
perse   le  porte?    E    non    forse   ne    riconobbe 
la  forza,  chiedendone  l'acquiescenza  all'ordine 
novello  > 

Che  intuito  aveva  l' Imperatore  e  della 
situazione  e  dell'avvenire,  quand'egli  prepo- 
neva a  ogni  altra  cosa,  il  suo  titolo  di  Protet- 
tore della  Lega  renana!  Egli  sentiva  le  mi- 
nacce del  Nord ,  e  voleva  a  ogni  costo  cin- 
gere la  Francia  di  una  Confederazione  da  lui 
guidata. 

Gli  rimproverano  di  aver  lanciato  le  sue 
aquile  ai  quattro  canti  dell'orizzonte,  di  aver 
dato  tutti  i  tr(jni  ai  suoi  fratelli!  (^ual  cosa  più  naturale  e  più 
razionale  del  confidare  nei  congiunti  !  >.^ 

Certi  storici,  seguendo  l'andazzo  f 

dei   nostri  giorni,  negano  il  genio  pò-  ( 

litico  all'Imperatore:  e  tuttavia  che 
senso  aveva  egli  del  presente  e  del 
futuro  ! 


UFFICIALE    DELLA 

PRIMA    REPUBBLICA. 

(Scl.izzo  a  penna. 1 


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v.^":^- 


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---^\ 


Ricorre  la  moda ,  e  già  da  pa- 
recchi anni ,  di  demolire  il  grande 
Imperatore.  Che  salvatore  benedetto 
sarebbe  per  noi  nelle  circostanze  pre-  ^^^ 
senti  !  L'istinto  di  questo  paese  e  di 
ricercare  un  padrone  e  di  conse- 
gnargli le  briglie... 

11  cijlpo  di  Stato  del   2   Decem- 
bre,  non  e.  ahimè!  il  risultato  di  una 
sola  volontà,  di  una  sola  audacia:  e  l'opera  di  tutti  i  nostri 
consensi,  di  tutte  le  nostre  debolezze. 


NAPOLEONE. 
(Schizzo.) 


CONVERSAZIONI  li  RICORDI 


Avete  letto  i!  romanzo  di  l''rckmann-Chatrian:  Ilisloirc 
d'ini  Pavsaiì?  Mio  L)io!  quanto  mi  e  parso  noioso;  come 
stanca!  C'era  tuttavia  da 
far  qualche  cosa  di  bello 
con  quel  titolo.  Pare  la 
storia ,  la  grande  storia 
della  Repubblica.  Ma  con 
quei  mezzAicci ,  sempre 
gli  stessi,  è  cosa  scorag- 
giante; oh,  come  un'anima 
entusiasta  associando  la 
sua  grande  passione  a 
quelle  cose  grandi  le  di- 
rebbe meglio  di  un  vec- 
chio agricoltore  ! 

Ahi  Che  meraviglia. 
La  I^'ontaine  !  11  verso  e 
sempre  adattato  alla  for- 
ma del  racconio,  e  si 
atteggia  sempre  secondo 
lo  spirito  di  esso.  Allor- 
ché io  illustravo  i  Coiites 
Rcììiois,  cercavo  invano 
un  soggetto  che  non  fosse 
quello  del  racconto;  e  so 
lo  trovavo  non  riescivo  ad 
esprimere  il  sentimento 
del  poeta. 

Quanto  mi  piacerebbe  illustrare  La  l'"ontaine! 


N.\POLEO\l  . 
iColicjioiie  del   sig.   Chcra 


\\  son  milionaii  o  miliardari  che  hanno  una  potenza 
grandissima,  e  sia;  ma  avessero  tutte  le  qualità  possibili, 
sarebbero  assorbiti  dal  loro  danaro,  come  la  luce  di  una  can- 


MEISSONIER 


dela  dal  sole.  Essi  pesano  di  un  oeso 
enorme  in  lutti  i  ne.a:ozi  umani,  ma  non 
ne  hanno  alcuno  nelle  cose  di  pura  in- 
tellettualità. 

Quando  i  Caldei ,  accampati  sotto  le 
stelle,  vedevano  il  sole  sor^jere  e  tramon- 
tare tutti  i  .2;iorni  in  due  punti  opposti, 
si  saran  forse  chiesti  dove  andasse... 

Io  m'inchino,  in  materia  di  religione, 
dinanzi  alla  1^-ovvidenza  dalle  vie  impene- 
trabili.  Sia  fatta  la  sua  volontà  ! 

Le  epoche  dei  creatori  non  sono 
quelle  dei  notomisti;  gli  è  quando  non  vi 
son  più  forme  nuove  che  si  scava  nel  passato  e  se  ne  raccol- 
gono gli  avanzi. 


ACQUAFORTE  OIÌIGIM.VLE 
PER     LE     «DUE     PER MICI 


Io  non  voglio  penetrare  nei  misteii  della  religione.  Credo 
in  Dio  fermamente  e  semplicemente.  Non  ho  voluto  leggere 
Renan  e  la  [7/(/  e//  Orsa.  Amo  più  accettare  senza  com- 
prendere quel  che  in  sostanza  non  mi  sarà  mai  spiegato.  In 
tutte  le  religioni  ,  in  tutte  le  mitologie  stesse,  gli  dei  sono 
concepiti  in  un  mistero  che  non  si  riallaccia  alla  legge  natu- 
rale,... Minerva,  i  semidei,  usciti  dal  connubio  di  Giove  con 
una  mortale.  Il  mistero  è  l'essenza  vitale  di  una  religione  ; 
bisogna  ammetterlo  come  il  germe  divino  dal  quale  esce  tutto 
il  resto. 

Ovunque,  le  creature  incoscienti  applicano  l'assioma:  l.a 
forza  opprime  i!  diritto.  \'edete,  quella  grande  quercia  sojlbca 
le  altre.  Cosi,  di  tutto.  Nell'uomo,  solamente,  noi  troviamo 
l'idea  divina  di  giustizia. 


Io  non  credo  che  si  acquisti  la  fede  con  la  critica  e  col 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


131 


ragionamento,  giacche 
sulla  soglia  di  ogni  reli- 
gione, il  ragionamento 
e  sottoposto  al  mistero, 
cioè  all'  inesplicabile. 

Gli  sterili  e  gli 
inetti  non  inspirano  al- 
cuna pietà  ;  essi  preten- 
dono di  non  aver  tro- 
vato i  loro  momenti 
buoni  ;  nulla  avrebbero 
fatto  egualmente. 


IL   PtRGOL.\TO. 
(Illustrazione  dei  Coiiifs  Xémois.) 


Xon  mancano  persone  che  hanno  la  mania  di  Ibggiarsi 
la  religione  a  modo  loro. 

.Ma  i  preti  debbono  sottomettersi  alla  regola  inflessibile, 
come  soldati;  per  poco  che  cedano  un  istante,  sono  perduti. 
Spesso  travalicano,  nonijstante  la  stretta  diga  che  li  ricopre; 
se  tolgono  una  pietra,  l'acqua  passerà. 

Il  celibato  dei  preti 
e  Ira  le  bellezze,  tra  le 
forze  del  cattolicismo, 
e  per  me.  sempre  più 
ammirabile. 

La  libertà  perfetta 
della  devozione!  sem- 
pre, dovunque  ! 

L'hnperatore,  che 
se  ne  intendeva ,  vo- 
leva il  celibato  delle 
sue  guardie,  perchè  fos- 
sero sempre  pronte  a 
partire  e  a   sacrificarsi. 


.wièsLi 


L   INGENUA   CONFESSIONE. 
(Ulnstraiione     dei     CoKles    Simcis.) 


132 


MEISSONIER 


Allorché   si    parla  dell'  insegnamento  morale   e    laico  da 
impartire  nell'Università  in  nome    della   coscienza,  io  penso 


GLI     APPASSIONATI     DI     PITTURA. 
(Collezione  del  bjrons  llotlinguer.) 


che  la  morale,  che  è  di  natura  divina,  dovrebbe  insegnarsi 
agli  uomini  nel  nome  di  iJio.  sotto  una  qualunque  forma 
confessionale,   ma  col  sacerdozio... 


CONVERSAZIONI  li  RICORDI 


133 


Ho  in  ciò  la  fiducia,  la  certezza  di   un   fanciullo,  e  spero 
essere  in  tempo,  prima  di   menare,  a  chiamare  un  prete... 

I  popoli  hanno 
bisogno  di  una  ragione 
sociale  religiosa;  e  per 
ottenere  pronti  sacri- 
fizi e  veri  sentimenti 
fraterni  ,  giova  ricon- 
dursi ai  richiami  del- 
l'ideale divino.il  quale, 
dischiudendo  il  ciclo, 
può  solo  riconciliare 
quaggiù  il  povero  col 
ricco,  e  consolare  co- 
loro che  piangono  con 
r  unico  farmaco  :  la 
speranza. 


DICHL-iRAZION'E    D  A.MORE. 
(Scl.izzo  dip.nio.l 


Non  è  esatto  che 
la  concezione  imper- 
fetta della  Divinità,  la  quale  riempie  tutto  il  mio  essere,  debba 
significare  la  pigrizia  di  uno  spirito  che  si  rifiuta  di  cercare 
filosoficamente  la  verità.  Io  mi  sento  impotente,  come  tutti  , 
a    penetrare  il   mistero,  e  m' inchino  nella  fede  di   Dio. 

Una  forza  iniziale  ha  creato  il  moto  dell'universo.  L'uomo 
cercherà  sempre  ciuesta  forza,  senza  trovarla  mai.  Io  ammiro 
gli  uomini  che  si  danno  tranquillamente  a  questa  ricerca. 

lo  spero,  ed  è  probabile,  che.  nei  minuti  precedenti  la 
morte,  vi  sia  la  perdita  della  coscienza.  Allrjrche  si  ama.  la 
morte  e  terribile. 

.Maestro  è  colui  le  cui  opere  non  fanno  pensare  a  quelle 
cleoii  altri. 


'34 


MEISSONIER 


(Al  Luuz're.J  Che  diversità  di  grandezza  tra  la  fantasia 
e  la  concezione  dei  due  popoli.  Sentesi  nella  Siinge  egiziana 
la  forza  immutabile,  la  solennità  del  tempo,  mentre  invece  i 
mostri  giganteschi  di  Assiria  sfiorano  il   ridicolo. 


IL   VIN'O    DEL   CUR.\TO. 
(Quidro   della   collezione  del  sig.  Vasnier,  a  Èpe; 


I  possenti  bassorilievi  portati  da  Dieulafoy  sono  un  mo- 
dello unico.  Rappresentano,  in  una  serie  di  mattoni  smaltali. 
alcuni  ritratti  del  tempo  di  Dario;  grandi  arcieri  d'una  purezza 
rara  di  profilo,  con  particolari  meravigliosi  e  ricami  squisiti 
fin  sulla  correggia  dei  turcassi.  Che  fortuna  vederli  ricostituiti 
al  Louvre  nel  loro  insieme  armonioso!... 


Io  pongo  al  disopra    dell'esecuzione  perfetta,   l'intensità 
del   pensiero  espresso. 

Sopra    tutte,  prediligo    la    scuola  fiorentina.   Che    opera 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


■33 


quella  di  Signorelli  I   Da   lung;hi    anni    vagheggio   il   desiderio 
di  andare  a  Orvieto. 

\'orrei  fare  qualche  cosa  sui  .Medici,  nel  mezzo  di  quella 
civiltà  creata  da  loro,   e  nella  li)ro  corte  di  artisti  e  di  dotti. 


Giotto  e  Rembrandt  si  danno  ,  a  traverso  i  secoli  .  la 
mano.  E  la  stessa  commozione  ,  sincera  .  profonda  .  in  con- 
spetto della  natura,  senza  le  gravi  leggi  dell'antichità. 

Sarebbe  interessante  studiare  p.er  quali  cause  l'influenza 
del  gusto  e  dell'  armonia  perfetta  di  Raffaello  sia  giunta  a 
sostituire  forzatamente  la  bellezza  disciplinata  delle  cose  al  sen- 
timento drammatico  dei'ivatu  dalla  natura.  Di  tal  che.  puu 
dirsi,  che  quanto  più  il  gusto  si  e  perfezionato,  altrettanto  il 
sentimento  drammatico  è  venuto  meno. 

Giotto  in  un  certo  senso,  e  grandemente  moderno;  egli 
ha  spinto  l'impressione  del  patetico,  del  sentimentale  fino  ai 
limiti  estremi;  nessun  moderno  lo  ciiuaglia  sotto  tale  aspetto. 


136 


MEISSONIER 


Un  quadro  deve  avere  un  carattere   speciale,   quale  nes- 

sun'altra  opera  d'arte  può  avere. 

l^sso  torma  per  se  solo    un  tutto,  il    cui   contrassegno  e 

l'unicità,  la  cui  po- 
tenza e  immediata, 
percepita  senza  ausili 
di  sorta. 

Fra  tutte  le  opere 
d'arte,  solo  il  quadro 
può  far  dire  al  suo 
proprietario  di  posse- 
dere una  cosa  vera- 
mente unica,  impos- 
sibile a  riprodursi, 
anche  se  il  riprodut- 
tore fosse  r  autore 
medesimo. 

\'orrei  sapere  qual 
pittore  osi  sostenere 
che  dell'. -l////(^y^t'  del 
Correggio,  della  Gio- 
conda di  Leonardo  o 
dei  Sindaci  di  Rem- 
brand  t  possa  t'arsi  una 
copia^perfetta.  Credete 
l'orse  che  la  copia  del 
Martirio  di  San  Pie- 
tro del  Tiziano,  bru- 
ciata a  Venezia,  pochi 

anni  fa,  quantunque  bellissima,  possa  sostituire  il  quadro    di 

San  Giovanni  e  J\roI()ì 


IL    BURLON'E. 
Olle  del  sig.  CluucharJ.) 


Nessun  RaD'aello  ci  fa  provare  la  commozione  intensa 
di  Giotto;  ma.  viceversa,  nulla  può  eguagliare  l'ebrietà  della 
bellezza  pura  emanante  da  Ralfaello. 


CONVKHSAZIONI  F.  RICORDI 


'37 


Tra  la  Comunione  di  San  Giroìanio  .  del  iJomenichino  . 
e  la  Trasfigurazione ,  di  [vallacll')  a  Roma,  occorre  molta 
pratica  per  vedere  con  quanta  fatica  e  dipinta  l'una  e  con 
quanto  amore  l'altra. 

Può  dirsi  che  1'  impressione  C(jmunicata  da  certi  piccoli 
stupendi  disegni  (come  quella  meraviglia  della  Psiche  al  Louvre) 


SCHI/.7.0    .X    FEMN'.\. 


si  riproduca  più   fortemente    in    noi    dinanzi   al  disegno  acca- 
rezzato con  la  stessa  cura  da   Kalfaello. 

Quale  insegnamento,  per  un  pittore,  cotesto  disegno  di 
Milano,  quando  scorgesi  il  maestro  della  grazia  —  così  vera- 
mente maestro  che  nessuno  ha  mai  potuto  non  che  sorpas- 
sare, raggiungere  —  correggere  e  ricorreggere  tutti  i  contorni 
della  sua  opera  con  si  ardente  e  scrupoloso  amore!  L'im- 
pressione che  vi  si  riceve,  non  e  a;ià   l'impressione    prodotta 


<8 


MEISSONIER 


dalla  bellezza  dell'opera,  l'ammirazione  per  l'armonia  magni- 
fica e  per  la  meravigliosa  scelta  degli  abiti;  ma  è  la  sensa- 
zione di  trovarsi  di  iVonte  a  Ralfaello  stesso  intento  a  lavorare. 
a  ritoccare  i  profili,  di  vedere,  quasi  vivendo  nella  sua  intimità, 
ogni  segno  della  sua  matita. 

Nell'aflresco.  ad  onta  dell'abilità,  il  calore  manca,  mentre 
là.  nW AìiihrosidUd,  si  resta  commossi  fin  nel  fondo  dell'anima!... 


SCHIZZO    PtR    LA    «  VES'UTA    Db  ,Lt    ABITAMT!    AL    CASTLLLO 


Negli  antichi  predomina  il  sentimento  della  forma,  con 
Michelangelo,  per  la  prima  volta,  l'anima  trionfa. 

Rembrandt  pur  nell'audacia  e  la  sincerità  stessa. 

Vj Indoratori'  di  Rembrandt  e  il  più  straordinario  ritratto 
fra  quanti  egli  ha  dipinto.  L'  ha  fatto  non  dirò  col  maggior 
amore  del  modello,  giacche  esiste  quello  di  Saskia,  ma  cer- 
tamente col  desiderio  acuto  di  riprodurre  la  vita  stessa.  Ah! 
come  felicemente  vi  è  riuscito!  Non  sembra  che  la  pittura 
di  questo  mirabile  ritratto  debba  cedere,  come  la  carne,  sotto 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI  139 

la  pressione  del  dilo,  e  che.  per  caso  ferendola,  si  debba 
vedere  il  sangue  sgorgare?  Quanta  bellezza,  mio  Dio:  che 
peccato  di  non  poterlo  acquistare  per  il   [^ouvre  I 

10  pongo  Rembrandl  alla  testa  dei  moderni  e  al  disopra 
di  tutti.  Il  Correggio,  solo,  a  volte,  ha  dipinto  come  lui  (guar- 
date X Antiope,  la  testa  di  Santa  Caterina  nell'  altro  quadro). 
Rembrandt  non  ha  ricercato  la  bellezza  plastica  come  gli  Ita- 
liani, ma  ha  scoperto  le  anime,  le  ha  comprese  e  le  ha  tra- 
sfigurate nella  sua  luce  meravigliosa.  VJ  -  Iniaìì/c  del  Tiziano 
e  più  bella  della  Sasl'Uì  di  Rembrandt:  non  pertanto,  io  pre- 
ferisco quest'  ultima. 

11  cielo  olandese  ha  bellezze  mirabili,  quali  assai  rara- 
mente ha  il  cielo  di  Parigi.  Noi  non  abbiamo  quelle  grandi 
nuvole  bianche,  ininterrotte,  immobili;  le  nostre  sono  sfran- 
giate dal  vento. 

Si  può  copiar  bene  gli   Italiani,  ma  Rembrandt,  mai! 

Taluno  mi  chiedeva  se  era  possibile  ingannarsi  di  fronte 
a  una  copia  della  sua  opera;  mai.  Io  ricordo  tutti  i  disegni 
da  me  fatti,  ma  sono  forse  il  pittore  più  inadatto  a  copiare, 
perchè  non  ho  metodo,  non  ho  il  procedimento  eguale  a  tale 
o  tal'altro.  i  quali  disegnano  regolarmente,  sapendo  bene  dove 
vanno  e  come  dipingeranno  sempre.  Di  faccia  alla  natura,  io 
non  so  nulla  prima,  la  guardo,  1'  ascolto,  essa  m'  entusiasma 
e  mi  suggerisce  quel  che  occorre  fare,  come  debbo  tentarla 
e  sposarla. 

Tutta  l'opera  mia  dimostra  il  mio  desiderio  di  riprodurre 
l'uomo  anzi  tutto;  vorrei  cento  volte  più  aver  fatto  i  Discepoli 
(il  Emmaus  che  non  X.\ìiliopi\ 

L'uomo  e  più  bello  della  donna.   Le    tenerezze    del   pen- 


140 


MEISSONIEK 


nello  non  sono  per    me,  ne    per    il    mio   desiderio.  Guardate 
.Michelanoelo  nella  sua  virilità... 


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II 

Al  Louvre,  nella  Santa  Caterina  del  Correggio  —  all' in- 
fuori della  manica  piegata  sulla  spalla,  e  del  collo  della  Vergine 

—  ogni  cosa  e  mira- 
bile. Che  squisita  nota 
quel  delicatissimo  er- 
rore del  bambino,  al 
quale  dicono,  sorri- 
dendo :  "  Su .  mettilo 
tu!...  »  e  che  non  sa 
come  infilare  1'  anello 
al  mignolo  di  Caterina 
genuflessa... 

I  Risulta  evidente 
che  c'è  troppa  distanza 
dal  naso  all'occhio  nel 
volto  della  vergine.) 


Z  i'f      (^OV  I-  ■ 


t  /ÌfKi-f  Oh^ 


SCHIZZO    SOPRA    un'  INTESTAZIONE    DI    LETTERA. 


Che  magnifica  ar- 
monia nelle  ^Nozze  di 
Cana  di  Veronese!  Un 
volto  laggiù  ,  a  sini- 
stra ,  somiglia  straor- 
dinariamente a  mio 
padre...) 


Tutto  tramonta  oggi  intorno  a  noi.  Ah!  come  vorrei 
presentire  nell'arte  una  gloria  novella!...  L'aneddoto  del  Tiziano 
mi  ritorna  ancora  al  pensiero.  Narrasi  che,  vedendo  passare  il 
Veronese,  salutasse  per  primo  il  giovanetto,  dicendogli,  di 
fronte  alla  sua  confusione: 

'  Io  saluto  in  voi  la  pittura  dell'avvenire...  » 


IL    SL-(1>;.i-I,iKL     M     I  I.AUrO. 
(Qaadro  JeU.1  ccllezionc  del  sig.  Tliiéry,   Pi 


142  MEISSONIER 


Veronese!  Che  opera  spontanea,  ampia,  serena!  E  come 
un  largo  fiume  che  scorra  senza  incontrare  ostacoli. 

Il  Tiziano  e  più  ricercato,  più  raffinato,  ma  in  che  modo 
sa  presentare  le  cose! 

Indubbiamente,  i  pittori  italiani,  \"eronese  e  gli  altri,  non 
si  preoccupavano  per  le  loro  scene  bibliche,  delle  ricerche 
arcaiche  e  del  famoso  colore  locale,  come  si  fa  adesso:  ma 
avevano  (o  almeno  lo  si  può  supporre  dalle  loro  opere)  la 
credenza  che,  poiché  la  Santa  Scrittura  si  applica  a  tutti  i 
tempi,  potevasi,  adottando  un  medesimo  costume  per  le  figure 
consacrate  dalla  tradizione,  circondarle  della  folla  contempo- 
ranea al  pittore  stesso.  Hanno  sempre  fatto  cosi.  Nelle  -Xozze 
di  Cana,  sono  i  gentiluomini  amici  del  Veronese,  ma  il  ("risto 
e  sempre  vestito  egualmente,  e  la  Vergine  anche,  e  gli  Apo- 
stoli... Si  esclama  subito:  Fxcolil...  e  impossibile  ingannarsi. 
Nessuna  deroga  da  questa  tradizione... 

Nel  ScppeUlmcnto  del  Tiziano  al  Louvre,  le  due  donne 
sono  sublimi  !  ma  perchè  aver  sfuggito  la  difficoltà  suprema, 
annegando  il  volto  di  Cristo,  nell'ombra?  Esso  cessa  d'essere 
interessante  a  lato  di  quel  magnifico  panneggiamento  rosso. 

Solo  la  nota  morale  dominante  deve  essere  colpita;  bisogna 
saper  sacrificare  le  bellezze  parziali  alla  bellezza  dell'insieme. 

Non  son  forse  ridicole ,  come  idea .  queste  donne  del 
mirabile  Giorgione,  nude,  in  aperta  campagna  davanti  ai  suo- 
natori di  fiauto  !  Se  oggi  si  concepisse  e  si  facesse  un  quadro 
così,  vi  riderebbero  in  faccia. 

Quei  maestri  avevan  forse  tanto  genio  perche  appunto 
mancavano  di  buon  senso! 

Ah!  il  quadro  della  Trinità  di  Rubens  ad  .Anversa! 
mancò  poco,  sapete,  eh"  io  non  Io  trovassi  ridicolo.  (Quell'uomo 


CONVIiRSAZIONI  E  RICORDI 


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fu  assai  fortunato!  Tra  le  corporazioni  e  le  chiese,  era  una 
gara  a  cini  avesse  il  più  bel  Rubens! 

Oggi  Io  spirito  critico,  quello  spirito  di  cui  parla  l'Vo- 
mentin,  è  il  peggiore  nostro  nemico.  Noi  ne  siamo  tutti  chi 
più  chi  meno  penetrati.  Ed  è  la  morte  dell'  opera.  Esso  raf- 
fredda lo  slancio  spontaneo,  e  per  esso  la  fantasia  non  serve 
più  a  nulla.  Come  fu  for- 
tunato Rubens!  A  che  cosa 
serviamo  noi  adesso  > 

La  Gioco/? (fa  è  la  per- 
fezione del  disegno! 

Il  nostro  Salone  Qua- 
drato del  Louvre  sarebbe 
completo  se  vi  fossero  la 
Madonna  di  San  Sisto,  una 
delle    Veneri   del    Tiziano  un  crociato. 

(Schizzo  a  n,a,iu.) 

che   sono    a   rirenze,    la 

Guerra  e  la  Pace  di  Rubens,  di  Firenze  i oppure  il  San  Gia- 
como di  Anversa  1  e  un  Alberto  E)ùrer.  Allora  non  avremmo 
nulla,  proprio  nulla  da  desiderare. 

Se  io  copiassi  il  Claudio  di  Lorena  del  Louvre,  mi  sembre- 
rebbe d'impazzire!  Tutto  sparisce,  nel  godimento  intenso  della 
maniera  di  quest'artista.  Ci  troviamo  veramente  in  un  paese 
d'incanto,  sopraffatti  dall'ebbrezza  degli  occhi! 

Che  meraviglioso  colore  opalino.  Sembra,  tanto  è  fluido 
quel  mare,  che  le  onde  mutino  sotto  gli  sguardi. 

Le  figure  (che,  del  resto,  non  sono  sue)  non  si  staccano 
con  eguale  evidenza  sull'atmosfera;  solo  i  due  uomini  che 
lottano  ne  sono  circonfusi. 

Claudio  dipingeva  a  memoria,  forse  dagli  schizzi.  Egli 
serbava  la  luce  nell'anima  sua;  e  riproduceva  liberamente  la 


'44 


M  E I S  S  O  N I  K  f^ 


sua  impressione  ideale.  Di  qui  1'  incomparabile   lascino   della 


IL  Moi.(i\-i;ia.LisTA. 

(Quadro  della  collezione  del  sig.   Kraffl.) 


sua  opera;  e  la  natura  lillrata  dal   suo  genio.  L'acqua  tremi 

laute  su  cui  si  spande  l'ombra  trasparente,  che  meraviglia! 

Kembrandt!  Claudio  di  Lorena!  il  Correaieio!  il  Tiziam 


11^^ 


Napoleone. 

(Schizzo  della  maschera  di  Napoleone.) 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


'45 


FAC-SIMILE    D    UN    DISEGNO   ILLUSTRANTE    LE    «   DONNE    E    LA    SPADA  »    DI    E.    DEAUMONT. 
(Collezione  del  sig.   Davide  King  (junior)  Stati  Uniti.) 

germogli    luminosi    di    una    stessa  zolla.   Non   mai    in  essi  si 
sente  la  linea  secca,  precisa  e  ferma  del  disegno.  E  difficile, 

Meisiomer.  i  j 


146  MEISSONIER 


per  esempio,  spiegare  a  un  profano  in  che  consista  precisa- 
mente quel  che  si  chiama  X esecuzione.  Solo  paragonando  le 
opere  stesse,  si  può  comprendere,  e  rendersi  ragione  delle 
diversità  di  fattura. 

Perciò  questa  donna  di  ("louet  e  ben  eseguita;  ma  non 
attrae;  l'anello  suo  è  di  una  verità  assoluta,  ma  è  un  anello 
che  adorna  un  dito  incerto,  mal  disegnalo;  v'hanno  inoltre 
particolari  benissimo  fatti,  ma  perfettamente  stucchevoli. 

Si  vede  che  Gian  Bellini  è  uno  studioso  dei  drappeggia- 
menti antichi.  Egli  ha  dovuto  fare  le  sue  figure  con  la  creta, 
fuor  della  natura,  giacché  il  disegno  è  assolutamente  illogico. 
Se  si  spogliassero,  ad  esempio,  i  due  santi,  di  San  Zaccaria, 
a  Venezia,  si  troverebbe  tra  le  loro  gambe  tanto  spazio  da 
farvi  passare  un  vascello.  Il  mantello  del  santo,  in  rosso,  non 
si  modella  affatto  su  d'un  corpo  reale.  Guardate,  non  c'è  che 
una  gran  piega  nel  mezzo;  lo  spazio  liscio  tino  all'orlatura 
del  mantello  avrebbe  potuto  giovarsi  di  pieghe  bellissime. 
Se  la  Vergine  si  alzasse  ,  avrebbe  un  busto  da  bambola  e 
delle  gambe  da  gigante. 

Malgrado  ciò,  si  resta  sbalorditi  dall'ineguagliabile  eifetto 
che  questa  \'ergine  produce;  ed  è  da  chiedersi  se  i  suoi  me- 
desimi errori  non  provochino  appunto  tale  eifetto.  Eppur  no, 
con  un  miglior  disegno,  ogni  cosa  avrebbe  guadagnato  di  più. 

Tuttavia ,  forse .  questo  è  il  più  bel  quadro  di  Gian 
Bellini.  Da  quando  si  dipinge,  non  si  è  mai  così  mirabil- 
mente trattata  1'  architettura.  Guardate  il  valore  dei  toni,  la 
prospettiva  del  fondo,  la  finezza  degli  elfetti,...  quel  lembo 
marmoreo;  e  che  spazio,  che  aria  tra  l'altare  e  il  muro  !  Oh, 
la  deliziosa  figura  della  Maddalena,  con  la  sua  veste  di  broc- 
cato azzurro  e  oro!... 

Hanno  ben  detto  che  Michelangelo  faceva  della  scultura 
nella  pittura  e  viceversa...  \'' ha  nelle  sue  statue  certi  effetti 
d'ombra  necessari,  voluti,  la  cui  eliminazione  muterebbe  il 
carattere  dell'opera. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI  147 

I  Greci  non  conoscevano  le  luci  preparate:  in  essi,  tutto 
avviene  in  piena  luce,  tutto  è  fatto  per  la  luce  libera... 

In  qualunque  luce  si  ponga,  il  Pensieroso  medita  sempre 
gravemente  seduto  sopra  una  tomba;  nella  sua  meditazione 
profonda ,  immisurabile ,  egli  sembra  ritornare  dall'  ombra 
eterna... 

Ecco  il  mio  rapporto  sull'invio  da  Roma  di  X...,  al- 
lievo, ecc. 

<  Una  ■visione  di  San  Francesco  d' Assisi.  »  In  questo 
quadro  la  faccia  scarna,  ardente,  geniale  di  San  Francesco 
è  notevolissima.  Mentre  il  suo  giovine  compagno,  disteso 
sulla  paglia,  continua  a  dormire,  egli  si  solleva  e  guarda  fisa- 
mente, amorosamente  il  volto  sereno  e  dolce,  trasfigurato  dal 
sole,  di  un  pastore  adolescente  in  atto  di  rientrar  nella  stalla,, 
suonando  la  zampogna. 

II  volto  del  giovane  frate,  la  cui  volgarità  fa  contrasto 
col  volto  del  santo,  è  assai  bello:  e  impossibile  dormir  più 
saporitamente  e  più  semplicemente. 

I  montoni  che  vanno  a  ber  nella  conca  sono  ben  resi, 
e  il  luogo  in  cui  si  svolge  la  scena  è  ottimamente  scelto.  Tutto 
e  a  posto,  in  un  senso  moderno,  realista,  esente  d'ogni  tri- 
vialità! 

Ma  e  proprio  in  tal  modo  che  si  doveva  trattare  il  volto 
di  San  Francesco  d'Assisi?  E  conveniva  forse  rappresentare 
questo  santo  così  profondamente,  cosi  pienamente  credente, 
come  la  vittima  di  un' allucinazione  >  L'espressione  datagli 
da  X...  è  assai  forte,  e  colpisce,  senza  dubbio;  ma  è  quella 
che  bisognava  dargli?  Sembra  che  nell'espressione  di  questo 
santo,  la  cui  vita,  come  narra  la  leggenda,  era  solo  una 
lunga  estasi,  lo  smarrimento  debba  essere  escluso,  per  dar 
luogo  al  rapimento  e  all'adorazione! 

Occorre  si  senta,  negli    invi  degli  allievi    di  Roma,  il  ri- 


MEISSONIER 


sultato  dei  forti  studi  da  essi  cercati  in  Italia.  Alcuni  tra  questi 
giovani  non  sembrano  affatto  penetrati  dalla  bellezza,  dalla 
purezza  e  dalla  forza  della  natura  in  mezzo  a  cui  vivono. 
Sembra  che  non  la  contemplino  punto;  che  i  loro  occhi  siano 
volti  da  un'altra  parte;  che  siano  piuttosto  preoccupati  di 
cogliere  la  maniera  con  cui  tale  o  tal'altro  pittore  ha  inter- 
pretato la  natura,  anzi  che  interpretare  essi  medesimi  la  na- 
tura con  sincerità  e  con  la  maniera  che  loro  sia  propria. 

Quanti  pittori  preferiscono  il  procedimento  cosi  detto  abile, 
invece  di  studiare  scrupolosamente  la  natura! 

Ai  giovani  si  dovrebbe  dire  :  «  Penetratevi  bene  di  una 
tal  cosa,  e  abbiatela  sempre  nel  pensiero.  Ogni  opera  d'arte, 
plastica  o  musicale,  e  l'espressione  di  un  sentinieuto  comu- 
nicabile a  colui  che  guarda  o  ascolta:  se  voi  stessi  non  pro- 
vate tal   sentimento,   come  sperate  che  altri  lo  provi? 

Se  componete  più  con  1'  intelletto  che  con  l' anima . 
sarete  guardati,  uditi  con  curiosità,  anzi  che  con  emozione; 
poiché  non  sarete  nella  verità.  Ma  se  volete  saturarvi  del 
vostro  soggetto ,  se  lo  amate ,  se  lo  comprendete ,  voi  vi 
metterete  al  posto  dei  vostri  personaggi  .  penserete  ,  agirete 
come  essi  ;  e  da  cotesto  sentimento  vero  sgorgherà  la  verità 
del  gesto,  dell'espressione  plastica  o  musicale.  Ecco  il  segreto. 
Non  è  molto  difficile  a  trovarsi;  forse  lo  è  più  a  mettersi  in 
pratica.  Per  comporre  con  anima,  bisogna  averne,  e  io  credo 
che  si  abbia  per  solito  più  ingegno.  Abbiate,  dunque,  molta 
anima  ;  vi  assicuro  che  avrete  sempre  molto  ingegno...  "  E 
patatì...  e  patata...  bisognerebbe  parlar  sempre  in  questo  senso, 
senza  troppa  speranza  di  convincere  i  giovani  trionfatori  da 
noi  premiati  all'Istituto;  benché  nulla  siavi  di  più  grato  che 
dire  delle  cose  giuste,  anche  quando  si  sa  che  non  saranno 
ascoltate.  Or  nelle  nostre  solennità,  sotto  la  Cupola,  è  proprio 
questo  il  caso. 

Scegliendo  per  suo  tema  San  Francesco.  X...  ha  imma- 
ginato una  specie  di  apparizione,  della  i]uale  non  v'  e  traccia 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


'49 


nella  vita  del  santo,  e,  volendo  conciliare  il  sopraiinatitrale 
e  la  realtà,  non  ha  comunicato  allo  spettatore  lo  stesso  sen- 
timento che  quella  apparizione  inspira  al  personagi2;io  del 
quadro.  Per  questi  e  un'apparizione  divina;  per  t]uello  non 
è  che  un  pastore...  e  l'aureola,  che  per  il  santo  e  il  segno 
del  soprannaturale,  resta  per  lo  spettatore  un  raggio  di  sole 
che,  scherzando  tra  i  capelli  biondi,  li  illumina  tutti... 

Il  pittore  ha  incontrato  cosi  nella  sua  interpretazione  uno 
scoglio  da  lui  non 
saputo  evitare;  e, 
non  avendo  osato 
affrontare  audace- 
mente il  soggetto  o 
in  un  senso  o  nell'al- 
tro, è  rimasto  incerto, 
senza  soddisfar  com- 
pletamente né  il  sen- 
timento religioso,  ne 
quello  profano,  quasi 
tentennando  tra  un 
quadro  di  genere  e 
un  quadro  di  stile. 

Bisogna  sfuggire  le  interpretazioni  doppie.  L'artista  deve 
addurre  con  sé,  nel  suo  sentimento,  l'osservatore,  e  non  gli  é 
permesso  ambiguità  di  sorta  sul  signilìcato  della  sua  concezione. 
Come  già  abbiamo  detto ,  con  quell'  aureola  che  i  pittori 
mettono  solo  alle  figure  divine  o  sacre,  si  afferma  il  miracolo: 
se  non  che  tutto  il  resto  del  quadro  sjmbra   smentirlo. 

Senza  dubbio,  il  soggetto  era  bello.  l'oche  figure  sono 
cosi  compiutamente  interessanti  come  quella  di  San  P'rancesco 
d'Assisi  :  essa  è  veramente  degna  di  adorazione  nella  sua 
purezza,  nella  sua  semplicità,  nella  sua  fede  ardente! 

Il  pittore  non  poteva  dubitare  di  questa  fede;  doveva 
sapere  l'intenso  amore  della  Divinità,  che  dal  santo  si  diffon- 


(Riprodu 


SCABINI. 
icquaforte  di   Pe 


150  MEISSONIER 


•deva  su  tutte  le  creature  e  gli  suggeriva  di  chiamar  gli  uc- 
celletti :  «  fratelli  miei!  »  e  il  lupo,  terrore  di  Gubbio:  »  fra- 
tello lupo!  » 

Se  il  pittore  avesse  rappresentato  il  santo  in  estasi,  di- 
nanzi ad  un'apparizione  dit'ina  e  non  incerta,  avrebbe  fatto 
una  composizione  magistrale. 

Credere  al  suo  soggetto  ed  amarlo  e  la  prima  condizione 
per  comporre  bene;  altrimenti  si  e  condannati  a  creare  opere 
secondarie,  che  non  possono  appassionare  alcuno. 

Non  devesi  dimenticare  che  la  copia  degli  allievi  di  Roma 
è  chiesta  principalmente  come  studio  profondo  di  un  tema: 
colui  che  sceglie  un  maestro  perchè  l'ama,  deve,  mentre  lo 
studia,  penetrarlo  e  tentare  di  sorprenderne  i  segreti. 

Sonvi  pittori  che  attraversano  l'Oriente,  e  vi  s'immergono 
a  lungo,  senza  però  che  il  sole  e  la  luce  ardente  pervadano 
mai  l'opera  loro. 

Talvolta  le  tendenze  di  un  artista  sono  pregiudicate  dalla 
scelta  del  maestro.  Così  un  allievo  di  Delaroche  vede  sempre 
un  po',  come  lui,  il  lato  episodico  delle  cose;  il  suo  spirito 
non  si  allarga  mai  ;  egli  non  comprende  e  non  sorprende  mai 
il  punto  culminante,  dominante  del  tema;  sono  sempre  le 
piccole  cose  vicine  che  lo  attraggono...  Dovrebbe  rendere 
VanijJUì  di  colui  che  rappresenta;  ma  non  la  vede. 

Il  protestantismo  non  è  punto  favorevole  alle  arti,  ^'edi 
quel  che  la  Germania  ha  prodotto.  Che  impotenza,  che  affa- 
stellamento di  cose  per  dire  un  bel  nulla!  Kaulbach  e  gli 
altri!  Ricordati  dei  cartoni  dell'Esposizione  di  Monaco:  è 
una  vera  inondazione  di  idee!  A  Berlino  i  muri  delle  scalinate 
sono  coperti  di  figure  gigantesche,  che  non  hanno  senso  co- 
mune. Noi  siamo  più  sinceri  qui  e  non  inganniamo  nessuno. 
Non  sempi'e  il  vino  e  ottimo:  spesso  e  dell'aspretto,  ma  questo 
lo  si  serve  com'è. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI  151 


Qinndo  rividi  l' altro  giorno  IJ  uccisione  del  Vescovo 
di  Liegi  del  Delacroix,  non  ebbi  l'impressione  delle  altre 
volte.  Non  c'è  folla,  non  teste,  l'una  dietro  l'altra,  che  guar- 
dino ardentemente;  nessuno  si  solleva  per  osservare  con  la 
naturale  avidità  umana,  nessuno  che  si  urti;  ognuno  ha  come 
il  suo  piccolo  vano  per  contemplar  comodamente  quello  che 
accade. 

Le  antitesi,  oggi  di  moda,  mi  sembrano  dannose  in  pit- 
tura. Tutto  deve  concorrere  nel  quadro  all'impressione  gene- 
rale. Il  cielo  deve  armonizzarsi  con  le  idee,  la  natura  accor- 
darsi  con  l'uomo.   In   molti   casi,   quest'unione  avviene    da  sé. 

Per  quanto  gli  altri  bassorilievi  dell'Arco  di  Trionfo  siano 
sciocchi  e  pesanti,  altrettanto  quello  di  Rude  e  ammirevole 
per  il  suo  vigore  e  la  sua  bella  armonia...  Ah  !  quel  Genio 
della  giierraX  che  collera  vi  caccia  nel  cuore!  e  come  vi  entu- 
siasma ! 

Ero  giovanissimo  quando  ho  visto  Marocchetti  lavorare 
intorno  alla  Pace  dall'altro  fianco. 

Mi  ricordo  di  esser  passato  colà  con  un  amico,  andando 
a  piedi  tino  a  \'aux  presso  Meulan,  in  casa  del  Marocchetti 
di  sua  proprietà:  avevo  5  franchi  in  tasca,  del  pane  e  la 
scatola  da  colori  in  mano.  Cosi  traversai  la  prima  volta 
Poissv,  senza  pensare,  certo,  di  andarmici  un  giorno  a  sta- 
bilire. 

Il  quadro  di  .Mackart  è  rigido.  Come  mai?  Perche  un 
quadro  palpiti,  abbia  vita,  bisogna  che  nel  momento  scelto  ed 
espresso  dal  pittore  vi  si  senta  tutta  1'  anima  anteriore  dei 
personaggi. 

Rembrandt.  questo  genio  di  cui  vorrei  baciare  piamente 
i  calzari  —  tanto  1'  addirò  —  lo  ha  sempre  meravigliosamente 
compreso.    Nulla    d'inutile    nelle   sue   opere:    tutto    concorre 


MEISSONIER 


all'azione.  Nei  Discepoli  d'Einiiiaus,  ai  quali  noi  ritorniamo 
sempre,  il  fanciullo  che  porta  il  piatto,  e  che  sembrerebbe 
accessorio,  a,egiunge  una  nota  di   più.  Si  sente  che  la  verità 

fu  sorpresa,  e  che  il 
pittore  ebbe  la  visio- 
ne immediata. 

Le  tendenze  della 
pittura  moderna  sono 
deplorevoli  sotto  tutti 
i  rapporti.  L'assenza 
di  idee  e  grande;  ma 
in  tale  nullità  inven- 
tiva ,  i  procedimenti 
e  gli  effetti  talvolta 
stupiscono.  Molti  pit- 
tori oggi  sono  virtuosi 
del  pennello,  non  già 
compositori. 

Il  secolo  che  s'a- 
vanza   è    tutto   pieno 
di  restaura  tori  —  l'e- 
rudizione in  architet- 
e  di  critici  letterari,  di  coloro,  cioè,   che 


Doro    LA    COLAZIONE. 
(Quadro  della  collezione  del  barone  Sprin 


tura  è  profonda 
vivono   a  spese  degli  altri,  e  non  esisterebbero  senza  i  crea- 
tori dei  quali   discorrono. 

Si  ripiglia,  si  restaura,  si  commenta,  si  analizza:  non  si 
producono  più  grandi  opere,  come  ai  tempi  della  fede.  Oggi 
le  cattedrali  non  sorgerebbero  più  per  devozione  di  anime. 
-Molta  scienza,  molto  ingegno,  molla  tecnica;  ma  idee,  poche 
o  punte. 


L'artista  deve  restare  nel  suo  studio,  nel  cjuale  è  re.  Che 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


può  fare  nei  salotti,  dove,  senza  amarlo,  si  fanno  belli  della 
sua  presenza  quando  è  celebre,  ammanendolo  agli  invitali? 
La  conversazione  mondana  è  effimera  come  un  volo  errante 
di  mosche:  interrotto  sempre  senza  un  possibile  svolgimento, 

il  pensiero  di  coloro  che  si  cacciano  a 

■'  -  -f» 
parlar  d'arte  è  spesso  assai  lontano  dal- 
l'argomento,  prima  della  risposta. 

Bisogna  lasciar  dire,  senza  turbarsi 
di   nulla,    quando   si  ha    la  propria  co- 
scienza per  se.  Un  uomo  in  procinto  di 
salire  non  deve   curarsi  dei 
botoletti  arrabbiati,  in  fondo 
alla  scala. 


BUSTO    DI    MEISSON-IER. 
Bronzo  di  Siint-Marceaux  mentre  Meissonicr  era  in  v 
Ordinato  in  marrao  dallo  Stato  per  l'Istituto.) 


Bisogna  sempre  e  a 
qualunque  ora  presentarsi 
al  pubblico  con  eleganza. 

Devesi  cercar  sempre  la 
verità  nell'arte;  ma,  ohimè! 
non  si  può  sempre  tro- 
varla... 

Essa  non  esiste  nel  re- 
gno infinito  delle  speculazioni  intellettuali:  ma  è  nei  cuori, 
e  deve  uscire  da  essi.  (Queste  semplici  parole  in  arte  riassu- 
mono tutto.  Parlando  dei  maestri,  bisogna  dire  semplicemente 
ai  giovani:  amateli,  ed  essi  vi  ameranno,  e  ve  lo  mostreranno 
col  rendervi  forti. 

La  più  alta  espressione  religiosa  è  stata  raggiunta;  la 
miniera  venne  frugata,  sfruttata  in  tutti  i  sensi.  Bisogna  ora 
cercare  altri  filoni,  nel  dominio  della  storia:  bisogna  aprire  la 
strada  e  camminare;  l'avvenire  è  là. 


Ognuno  corre  all'impazzata:  i  quadri  sono  pieni   di  ana- 


,54  MEISSONIER 


cronismi,  perchè  gli  artisti  lavorano  alla  cieca,  consultando 
libri,  e  leggendovi  episodi  a  casaccio. 

Se  tutti  studiassero  cr)n  ardore  e  con  coscienza  1'  epoca 
prescelta,  che  tesoro  di  verità  si  potrebbe  comunicare  alla 
folla!  a  quale  opera  magnifica,  solida,  possente  si  consacre- 
rebbero tutti,  secondo  le  forze  loro  I 

Invece  di  aver  lo  spettacolo  di  un  concerto,  di  un'  ar- 
monia, di  una,  direi  quasi,  confraternita  di  pittori,  si  ha  il 
caos,  in  cui  ognuno  s'imbraga. 

Una  volta,  l'uomo  aveva  il  rispetto  di  sé  medesimo;  re- 
golava la  sua  andatura  e  ci  teneva:  bastava  che  s'indugiasse 
in  movimento  naturale  per  essere  compreso  e  preso  dall'ar- 
tista. Nei  quadri  di  allora  il  gesto  felice,  l'attitudine  armo- 
niosa, passando  nello  studio  del  pittore,  non  erano  una  posa 
ricercata;  erano  propri  del  tempo,  una  parte  del  buon  vecchio 
tempo!  Secondo  me,  quanto  e  meritato  questo  titolo!  Le  mie 
abitudini  e  il  mio  carattere  sono  di  un  altro  secolo... 

Noi  facciamo  grandi  sforzi  per  credere;  e,  ahimè,  nella 
maggior  parte  dei  casi,  la  fede  è  morta.  Oggi,  la  sola  cosa 
che  la  pittura  può  fare  è  di  oflVire  al  popolo,  con  preci- 
sione, i  fatti  storici,  ^'ersailles  avrebbe  dovuto  essere  un  vi- 
vaio di  polloni  piantati  per  la  Storia  di  Francia:  ogni  fatto 
importante  messo  bene  in  luce,  ogni  altro  di  poca  entità,  nel- 
l'ombra. Se  una  commissione  avesse  fatto  una  scelta  giudiziosa 
di  episodi,  si  sarebbe  entrati  a  ^'ersailles  come  nella  storia 
nazionale,  e  la  si  sarebbe  vissuta.  Supponete  che  sia  stata 
fondata  una  scuola  di  pittura  a  simiglianza  della  Scuola  delle 
Carte:  che  incomparabile  museo!  Nessuna  ricerca  arcaica;  una 
semplice  rappresentazione  delle  cose  segnanti  le  tappe  del- 
l'umanità francese.  (Questo,  ad  esempio,  il  misero  contadino  del 
tempo  di  \'auban;  e  questi,  i  nostri  contadini  d'oggi  nella 
loro   relativa  agiatezza  e  nei  campicelli  di   loro  proprietà  ! 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


(3r  bene,  cotesta  visione  delle  epoche  manca  completa- 
mente. 

L'ufficio  della  pittura  è  di  porgere  ausilio  alla  storia. 
Thiers  parla  del  lampo  delle  sciabole!  E  quel  lampo  il  pit- 
tore deve  inciderselo  nel   pensiero. 

\'isto  che  noi  non  possiamo  esprimere  più  nulla,  in  fatto 
di  sentimento  religioso,  giacché  non  crediamo  più  a  nulla,  se 
io  fossi  ministro  delle  Belle  Arti,  vorrei  dare  un  forte  impulso 
alla  pittura  storica. 

Chenavard  aveva  proposto  di  decorare  il  chiostro  degli 
Invalidi  appunto  di  tali  pitture;  ma  sarebbe  stata  una  sin- 
tesi troppo  forte,  riserbata  solo  agl'ingegni  superiori. 

\^orrei  che  nei  collegi  la  base  dell'  istruzione  fosse  il 
disegno:  è  la  lingua  universale  e  quella  che  può  esprimere 
tutto.  Un  qualunque  tratto  informe  ci  dà  un'  idea  più  precisa 
delle  cose  che  non  la  frase  più  armoniosa.  Il  disegno  è  la 
verità  assoluta,  e  da  per  tutto  dovrebbero  insegnare  1a  più 
meravigliosa  di  tutte  le  lingue. 

Oggi  la  storia  ha  abbandonato  i  fatti  aridi,  le  date  secche, 
per  far  rivivere  col  mezzo  dei  particolari  la  fisionomia  dei 
secoli.  La  pittura  segue  una  via  parallela.  Qual  raddoppiato 
diletto  per  un  pittore  che  legga  una  pagina  di  storia!  Io.  che  ho 
studiato  nelle  loro  epoche  l'architettura,  la  suppel'ettile,  il  co- 
stume, quando  rievoco  un  fatto  storico,  lo  vedo  in  carne  ed 
ossa;  la  scena  si  ricostruisce  in  un  baleno  sotto  i  miei  occhi, 
come  appunto  si  svolse.  Tutto  segue  realmente,  immediata- 
mente dinanzi  a  me;  io  entro  di  botto  in  scena,  veggo  gli  uo- 
mini o  in  arme  o  nella  loro  foggia,  con  le  faccie  che  avevano 
allora;  è  un'incarnazione  ardente  involontaria  che  mi  dà  sen- 
sazioni diverse  dalle  vostre.  Le  loro  case,  i  loro  mobili, 
le  loro  abitudini,  tutto  mi  e  famigliare  e  noto:  io  penetro  nei 
loro  sentimenti  e  li  comprendo;  l'assimilazione  e  rapida,  pro- 
fonda, incancellabile.  Quel  che  appena  s'inscrive  in  altre  menti, 


156  MEISSONIER 


durante  la  lettura,  in  noi  s'incide  per  sempre,   se  però  siamo 
veramente  preparati,  e  l'opera  germini  da  un  buon  terreno. 

C'è  da  fare  una  domanda  suscettibile  di  discussione  pro- 
fonda. 

Può  dirsi  che  l'arte,  all'inizio,  altro  non  sia  se  non  una 
manifestazione  delle  cose  posseduta  dall'artista  nell'anima; 
l'arte  ingenua  e  inesperta  rende  allora  assai  bene  la  passione, 
e  l'espressione  domina  tutto.  Or  quanto  più  l'emozione  scema, 
tanto  più  l'arte  raggiunge  la  perfezione  e  il  suo  bello  equilibrio. 

Quale  problema!  [>' arte  deve  avere  per  intento  di  som- 
muovere le  passioni?  o  non  piuttosto  deve  metterci  innanzi 
al  bello  assoluto? 

Mentre  vive ,  1'  uomo  deve  lasciare  veder  solo  le  cose 
compiute.  Il  pittore  riempie  i  suoi  quadri  di  quanto  più  può; 
e  non  deve  mostrare  al  pubblico  i  mezzi,  gli  studi,  a  lui 
necessari  per  l' opera  sua. 

Dopo  morto,  ahimè!  è  altra  cosa;  si  fa  allora  quel  che  si 
vuole,  senza  troppo  rispettare  la  sua  volontà. 

Ha  un  bel  celebrare  il  poeta  il  suo  soggetto:  la  vita  è 
sempre  incompleta,  mentre  col  genio  del  pittore  l'anima  intera 
continua  a  vibrare  negli  occhi  amati. 

Il  misterioso  sorriso...  non  dileguerà  mai...  vi  resterà 
sempre... 

Una  fisionomia  in  cui  l' anima  traspiri  vai  più  di  ogni 
cosa... 

11  nudo  e  quel  che  v'ha  di  più  bello  al  mondo... 

Durante  l'esecuzione,  bisogna  che  il  sogno  sentilo  sia  più 
forte  di  qualunque  meglio  ottenuta  espressione. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


È  doloroso  dirsi  che  si  ò  troppo  vissuto,  poi  che  non  si 
scorgono  anime  elette  salire  all'  orizzonte  :  oggi,  gli  dei  ve- 
ramente se  ne  vanno,  non  sono  più  compresi,  ma  derisi. 


(Leg» 


L   ATTESA . 
cnto  dall'autore  al  museo  dei  Lussemburgo.) 


Questo  secolo  nulla  avrà  di  originale:  esso  copia  tutto 
da  quei  secoli  che  ebbero  un'  impronta  speciale. 

Nel  secolo  XM  non  sarebbe  mai  sorta  1'  idea  di  co- 
struire un  palazzo  che  non  fosse  nello  stile  dell'epoca;  lo 
stesso  dicasi  dei  tempi    di  Luigi  XIII  e  di  Luigi    Xl^^    Una 


,58  MEISSONIER 


volta  si  cacciavano  nelle  soffitte  tutti  i  mobili  di  un'  altra 
epoca,  e  s'inventava  un'arte  personale.  Oggi  si  pesca  a  destra, 
a  sinistra,  indietro,  secondo  la  fantasia  del  proprietario  e  del- 
l'architetto. Noi  non  abbiamo  architettura;  è  l'epoca  delle  sta- 
zioni ferroviarie  e  dei  grandi  mercati  ;  e  1'  età  del  ferro  ado- 
perato dovunque. 

Perchè  il  fatto,  oggi  cosi  semplice,  di  copiar  fedelmente 
gli  oggetti  posti  dinanzi  ai  propri  occhi ,  non  è  stato  dagli 
artisti,  e  per  sì  lunghi  anni,  compreso? 

Non  sembra,  tuttavia,  che  in  causa  di  una  volontà  deter- 
minata non  si  copi  la  natura;  poiché  s'incontra  sempre,  anche 
nelle  opere  di  coloro  che  se  ne  sono  allontanati  di  più,  gesti, 
espressioni,  particolari  d'ogni  specie  i  quali  mostrano  com'essa 
sia  stata  consultata;  oltre  a  che,  si  posson  sempre  più  chiara- 
mente riconoscere  e  seguire,  quasi  grado  a  grado,  gli  sforzi 
fatti  per  maggiormente  accostarvisi. 

Nei  più  antichi  monumenti  dell'arte,  di  scultura,  mosaico, 
pittura  sul  vetro  o  affresco .  per  quanto  barbarici  appari- 
scano ,  troviamo  sempre  1'  impronta  della  natura  :  1'  osser- 
vazione è  ingenua ,  umile  anzi.  Si  può  dire  eh'  essa  sia 
eguale  alla  nostra?  No,  certo;  poiché  quel  che  ci  preoccupa, 
quel  che  noi  tentiamo  di  rendere,  é  anzi  tutto  il  punto  sa- 
liente delle  cose,  la  loro  verità,  la  loro  vita...  Noi  quasi 
vogliamo  che  il  marmo  possa  cedere  sotto  il  dito  quasi  fosse 
carne!  noi  vogliamo  far  credere  che  l'ammirabile  intonazione 
di  certe  pitture  derivi  non  dal  colore,  ma  dal  sangue. 

.Ma  può  supporsi  che  Leonardo,  il  Tiziano,  il  Correggio 
e  Rembrandt,  questi  maghi  divini,  non  abbiano  avuto  an- 
ch'essi, prima  d'  ogni  altro  desiderio,  quello  di  lottare  con  la 
natura,  per  strapparle  il  segreto  della  vita,  e  dalla  lotta  non 
siano  usciti  quasi  vittoriosi? 

Chi  é  tra  noi  colui ,  che,  commosso  dall'  incomparabile 
ritratto  rembrandtiano  chiamato  non  si  sa  perché  \ Indoratore,. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


139 


e  da  noi  non  saputo  conservare  alla  Francia,  non  abbia 
pensato  come,  pungendo  la  tela,  ne  uscirebbe  una  goccia  di 
sangue?  La  verità  e  che  i  primi  artisti  ingenui  pensavano 
sopratutto  al  dramma.  Più  contemplai  le  opere  loro,  e  più 
ne  ritrassi  il  convincimento  profondo  che  essi  erano  stati 
penetrati  e  soggiogati  dal  loro  soggetto,  e  che  cercarono  di 
far  entrare  nell'  anima  degli  spettatori  1'  emozione  ond'  erano 
pieni;  un'emozione  vibrante,  vergine,  brutale,  smodata  se 
vuoisi,  ma  cosi  imperiosa  che  nessuno  mai  ha  potuto  egua- 
gliarli. 

Qual'effetto,  dunque,  dovevano  produrre  quelle  pitture  in 
coloro  che  credevano  sinceramente  alle  cose  rappresentate, 
quando  noi  — ■  privi  di  quella  fede  — ■  ne  restiamo  così  profon- 
damente turbati  e  commossi  ? 

Gli  storici  han  troppo  trascurato,  nei  loro  scritti,  l'in- 
fluenza delle  opere  d'  arte  sull'  anima  dei  contemporanei.  In 
certe  epoche,  esse  erano  1'  espressione  cosi  fedele  dei  senti- 
menti umani ,  che  vi  si  sarebbero  potuto  attingere  indica- 
zioni assai  precise  su  ciò  che  noi  oggi  chiamiamo  gli  1  stati 
d'anima  >■ . 

Spesso  da  un  paesaggio,  a  prima  vista  insignificante, 
rampolla  in  certe  ore  una  poesia  squisita,  un  sentimento  di 
calma  profondo,  delizioso.  Si  pensa  che.  stando  colà,  l'anima 
si  aprirebbe,  si  avrebbe  il  senso  di  un'ejjusione  nella  natura. 
Felici  i  paesisti!... 

L'artista  soffre  morte  e  passione,  quando  non  può  ren- 
dere quel  che  sente ,  quando  riconosce  la  sua  impotenza  e 
trova  inespresso  il  suo  sentimento  intimo  nella  forma  rag- 
giunta. 

Trovarsi  di  fronte  al  Bello,  è  come  ricevere  una  grande 
scossa  inebbriante.  Solo  l' artista,  questo  creatore,  conosce  le 
profonde  gioie  del  concepimento  e  della  produzione  ! 


Lavalieve  del  tempo  di  Luigi  XIII. 

(Schizzo  per  il  quadro  "  1,'arrivo  degli  ospiti  al  castello  „.| 
Matita  e  biacca. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


IL    LETTORI-    IIIANCO. 
(Quadro  della  collezione  del  sig.  Chaudurd.) 


Che  inesprimibile  diletto  riaccarezzare  la  linea  e  la  natura, 
in  uno  slancio  d'ammirazione,  in  un  impeto  di  verità! 


Meissoiiier. 


MEISSONIER 


Risogna  saper  portare  — ■  il  che  è  raro  —  un  abito  con 
la  naturalezza  e  la  disinvoltura  dell'epoca.  Bisogna  saper  av- 
volgersi, occorrendo,  in  un  mantello  di  velluto,  portare  cappa 
e  spada,  mettersi  il  tòcco  in  modo  ch'esso  abbia  un  carattere 
da  X\'I  secolo. 

(Quante  volte  ho  detto  ai  giovani  che  dipingono  con  grande 
ingegno  cose  inutili  :  «  Noi  non  abbiamo  altra  ragion  d'essere 
se  non  che  d'  insegnare  agli  altri  il  modo  di  guardare  e  di 
ammirare,  di  scernere  quel  che  è  bello  ed  elegante.  Così, 
il  tale...  è  un  pittore  asino,  ma  è  un  ricercatore;  ha  dipinto 
pezzi  inimitabili,  ma  soltanto  dei  pezzi.  »  Roma  è  necessaria 
per  apprendervi  lo  stile,  la  nobiltà  e  la  bellezza. 

E  un  vero  piacere  lavorare  all'aria  libera:  i  paesisti  tran- 
quilli sono  gente  felice;  non   hanno  le  nostre  nervosità... 

I  viaggi  servono  a  chiunque  voglia  ammazzare  il  tempo, 
o  anche  agii  scrittori  e  ai  poeti  che  utilizzano  ciò  che 
vedono  nel  lor  passaggio.  Dicesi  che  Lamartine  componesse 
versi  cavalcando;  ma  un  pittore  non  può  viaggiare  senza 
fermarsi.  Come  fare  un'  opera,  se  la  mente  non  si  riposa  in 
qualche  luogo? 

Un  giorno  M . . .  mi  mostrava  la  sua  composizione  :  un 
Sansone,  un  gigante  seduto  tristemente  presso  la  gran  mola, 
stuzzicato  da  lontano  con  una  pertica  da  due  filistei  timorosi 
di  avvicinarglisi...  «  Capirete,  gli  dissi,  che  voi  fate  al  rovescio 
della  vera  lezione.  La  virtù,  la  forza  di  Sansone  risiedevano 
nella  sua  capellatura:  or  se  questa  venga  recisa,  e  Sansone 
ridotto  in  schiavitù,  egli  non  è  più  un  gigante,  ma  un  uomo 
comune,  col  quale  tutti  i  codardi  potrebbero  schei'zare,  beffeg- 
giandolo, come  si  farebbe  con  un  leone  privato  degli  artigli. 
Bisognava  che  i  vostri  filistei  fossero  dei  fanciulli.  Da  lungi 
allora,  essi  ben  possono  molestar  Sansone,  con  la  punta  della 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI  »    i6-. 


pertica ,  quasi  un  enorme  molosso.  Lo  so ,  caro  mio ,  voi 
pretendete  di  fare  la  pittura  realista:  ma  vojaltri  giovani 
non  sapete  comporre.  Per  ben  comporre,  giova  meditar  lun- 
gamente il  proprio  tema,  esaminarlo  in  tutti  i  sensi,  e  affer- 
rarne ,  come  dicevasi  durante  l'assedio,  il  momento  psico- 
logico, cioè  il  punto  culminante,  quello  che  sarà  la  dominante 
del  quadro  e  nel  quale  i  sentimenti  e  1'  azione  raggiungano 
il  loro  culmine  drammatico. 

«  Poniamo,  a  mo'  d'esempio,  la  morte  di  Virginia.  Voi 
mi  mostrerete  le  vostre  osterie;  le  vostre  botteghe  da  beccaio, 
e  saranno  certamente  veri,  ma  io  vedrò  troppe  cose.  Pensate 
che  Appio  e  entrato  colà  in  un  baleno,  solo  per  afferrare  il 
coltello  ;  mi  rappresenterete  quindi  questo  personaggio  prin- 
cipale, l'eroe,  nascosto  dalla  folla,  la  quale  però  me  ne  lascerà 
scorgere  il  braccio  armato,  non  già  il  volto,  mentre  Virginia, 
morta,  giace  sola  in  un  canto. 

H  (guanto  alle  donne  che  son  colà,  non  capite  che, 
vedendo  la  fanciulla  ferita,  debbano  occuparsi  solo  di  lei. 
cercare  disperatamente  in  tutti  i  modi  di  rianimarla,  di  soccor- 
rerla, di  salvarla,  mentre  invece  gli  uomini  ascoltano  le  parole 
vendicatrici  di  Appio?  In  tal  momento  che  cosa  serve  a  quelle 
donne  il  patriottismo  e  il  resto?-"...  \'irginia  è  colpita  a  morte. 
(Juelle  donne  debbono  assolutamente  stare  intorno  a  lei,  e  voi 
me  ne  fareste  vedere  il  cadavere  abbandonato?  E  impossibile. 
Quanto  poi  al  difensore  di  \'irginia.  al  suo  fidanzato,  voi,  forse, 
gli  fareste  torcere  le  mani  dalla  disperazione:  anche  questo  è  falso. 
Egli  deve  accorrere  a  lei,  cercare  ardentemente  di  salvarla, 
fuggir  anche,  dopo,  sentendola  morta,...  correre  presso  il 
padre.  Costui,  infine,  deve  sostenere  con  un  braccio  il  corpo 
insanguinato  della  figlia,  e  levar,  con  l'altro,  il  coltello  rosso 
di  sangue,  mentre  invoca  dai  Romani  l'odio  contro  il  tiranno! 

n  Ecco  la  vera  scena...  Virginia  e  completamente  passiva: 
non  lo  dimenticate.  Non  e  lei  che  agisce;  ella  subisce.  Ah! 
se  suo  padre  le  avesse  detto:   «  Bisogna   morire  ».  ed  ella  si 


164 


MEISSONIER 


LA    SENNA    A   POISSY  :    MEISSOXIER   A    CAVALLO    IN'    LONTAXANZA. 
(•Quadro  della  collezioue  del  sig.   X....) 


fosse  colpita  da  se,  o  avesse  volontariamente  offerto  il  petto 
al  coltello    —  allora  ella  agiva,  faceva  atto  di 
volontà;   ma  lì,  ripeto,  ella  non  consente,  su- 
bisce... » 

Bisogna  sempre  che  la  parte  principale 
di  un  tema  emerga  ;  è  regola  immutabile.  Per 
farmi  meglio  comprendere,  sono  costretto  a 
parlar  di  me... 

Nel  j8oy  ,  l'Imperatore  e  immobile  nel 
secondo  piano;  il  torrente  umano  passa;... 
ma  è  lui,  l'immobile;...  che  si  scorge  per  il 
primo   è  lui  che  domina  tutta  la  scena. 

Nel  181^  ,  per  ottenere  un  beli'  egetto  , 
mi  son  posto  a  tre  passi  dall'Imperatore.  La 
distanza,  allora,  scemava  bruscamente,  e  il 
volto  dell'Imperatore  s'ingrandiva.  Se  mi  fossi 
messo  più  lontano,  tutto  sarebbe  andato  per- 


GEXTILUOMO 
LUIGI  XIII. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


duto;  ma   il  terreno   studiato,  visto  con  immediatezza,  rende 
l'effetto  più  impressionante. 


LA   BETTOLA    DEL   VILLAGGIO. 
(Quadro  della  collezione  del  sig.  Chaochard,  Parigi.) 


Gli  Edelinck,  i  vecchi  incisori  d'un  tempo,  conoscevano 
a  fondo  il  loro  mestiere;  avevano  una  solida  base  d'istruzione. 
Oggi  i  giovani  intraprendono,  non  arrossendo  affatto,  le  cose 
più  diffìcili  senza  saper  disegnare;  osano  tutto. 

In  certi  giorni  nulla  soddisfa  ;  in  altri  tutto  e' inebbria.  In 
fatto  d'arte,  ogni  cosa  dipende  dalle  disposizioni  intime  del- 
l'artista. 

Se  noi  siamo  veramente  innamorati  della  nostra  arte, 
raggiungendo  maggiore  abilità,  produrremo  meno,  poiché  diven- 
teremo più  diffìcili. 

Xon  temo  mai  di  perdere  giornate  intere  di  lavoro  e  di 
ricominciare,  per  sentirmi  soddisfatto,  per  tentare  il  meglio! 


i66 


MEISSONIER 


Ah!  questo  ìueglio.  che  noi  sentiamo  nell'anima  e  senza 
il  quale  un  vero  artista  non  è  mai  contento  di  se... 

Gli  altri  possono  approvare,  ammirare:  e  nulla,  di  fronte 
al  sentimento  di  ciò  che  deve  essere  fatto. 

In  pittura, «-bisogna  schivare  i  sog- 
getti letterari.  La  cosa  rappresentata, 
l'azione,  il  dramma  prescelto  deve  com- 
muovere e  colpire  immediatamente, 
senza   l'ausilio   di    leggende  illustrative. 

Non  mi  si  parli  di  quelle  opere 
d'arte  che  si  sottraggono  al  pubblico,  e 
sono  serbate  soltanto  ai  concorsi  acca- 
demici!... lo  hu  sempre  combattuto  questo 
principio,  pretendendo  di  avere  un'opi- 
nione mia  sulla  musica,  pur  non  cono- 
scendone la  tecnica,  come,  a  sua  volta, 
un  musicista  può  avere  la  sua  sulla  pit- 
tura, ecc.  Le  cinque  classi  dell'  Istituto  sono  giustamente  con- 
vocate per  un  voto  comune.  E  che!  un  pittore,  un  musicista 
dovrebbe  comporre  solo  per  i  suoi  simili?  Evvia!  Io  voglio 
ritornar  cento  e  cento  volte  all'opera  che  avrà  parlato  alla 
mia  anima;  ma  non  mi  curo  di  studiare  faticosamente  le  cose 
oscure,  se  il    loro  senso  non  mi  si  e  a  bella  prima  rivelato. 

Ricorderò  sempre  l'impressione  straordinaria,  gagliarda, 
che  mi  produsse  x\q\X Af ricami  il  canto  dei  violini  all'unisono... 

»  Che  stupidaggine!  mi  han  detto  poi  alcuni  musicisti. 
Che  cosa  più  semplice  di  questa?-  »  Ottimamente;  senonche 
bisognava  saper  raggiungere  quel  prodigioso  effetto  cosi  sem- 
plice. 


SCHIZZO    A    PKN'N'A. 


Quando  io  seguo  un  motivo  musicale,  esso  mi  si  disegna 


CONVERSAZIONI  K  RICORDI 


nell'anima,  svegliando  forme  e  paesaggi.  Cosi,  ascollando  la 
Sinfonia  in  la  di  lioethoven,  la  mia  preferita,  la  mia  passione, 
io  vedevo  un  paesaggio  ellenico  sorridere  al  sole,  bacini  di 
acqua  trasparenti  sui  quali  volavano  libellule,  o  anche  schiere 
di  ninfe  natanti,  o  sorreggentisi  per  mano. 

Spesso  bevevamo 
il  a  Si  lì  idi  all'albergo 
Pimodan,  da  Boissard, 
all'  isola  San  Luigi. 
Lo  prendevamo  a  di- 
giuno, poiché  era  dan- 
noso mangiare  prima. 
Or  io  ricordo  precisa- 
mente le  sensazioni 
prodottemi,  in  quello 
stato,  dalla  musica 
Ogni  suono  assumeva 
la  forma  tangibile  di 
punti  incandescenti, 
che  poi  si  congiunge- 
vano in  disegni  armo- 
niosi e  simmetrici.  Io 
mi  chiedeva  con  ango- 
scia :  «  In  questa  c- 
brietà,  la  mia  fantasia 
è  duncjue  spenta?... 
Sempre  quella  sim- 
metria,   sempre    quel 

ritmo!  »  Chiudevo  le  fmestre  per  non  slanciarmi  fuori,  giacche 
avevo  sempre  avuto  la  sensazione  deliziosa  d'uno  svapora- 
mento della  materia  e  del  peso... 

Il  fondo  della  natura  si  svela  però  in  questo  stato  di 
eccitazione  artificiale,  lo  ho  bisogno  ,  infatti  .  di  trovar  1'  ar- 
monia, l'accordo  perfetto,  in  ogni  cosa,  e  mai    mi  stanco  di 


IL    IU.MaTORE. 
(Quadro  della  collezione  del  sig.  Cbauchard.) 


i68 


MEISSONIER 


ricercarli...  E  mi  compiaccio  di  far  bene,  di  fare  nel    miglior 
modo  possibile  le  piccole  cose  come  le  grandi,  tutto. 


GLI   APPASSIONATI    DI    PITTURA. 
Di  rroprieU  del  duca  d'Autiijis  (;G»lleri.i  di  Cli.intilly). 


Restiamo  ognuno  nel  nostro  campo  ;  è  sempre  abba- 
stanza vasto  perchè  se  ne  debba  uscire.  Se  il  letterato  vuol 
fare  un    paesaggio  come  noialtri  .    vi    si    perde  dentro.  Oggi, 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


i6r) 


nella  Re-vac ,  trovo  un  articolo  dove  c'è  molta  confusione 
di  parole;  vi  si  parla,  ad  esempio,  della  «plasticità  dei 
suoni  ».  Sfido  la  musica  a  disegnare  la  Lettura  in  casa 
di  Diderotl...  Il  letterato,  evidentemente,  me  ne  farà  la  de- 
scrizione; ma,  fosse  pur  la  più  minuziosa  del  mondo,  farà 
immaginare  sempre  una  cosa  diversa  dal  quadro  reale.  Vice. 


IL   DECAMERONE. 

colleziont  di  liJy  Vilhu-e,  Londra.) 


versa,  io,  pittore  non  posso  rappresentare  il  Oiùii  moitrùt: 
di  Corneille.  Xe  potrò  rendere  le  conseguenze,  ossia  Orazio 
che  fugge ,  q.cq..  ,  ma  giammai  la  frase  cosi  laconica  ,  cosi 
eroica... 


Come  si  sta  bene,  nell'ombra  di  un  palchetto,  ad  assa- 
porare, senza  essere  turbati,  la  musica  di  Beethoven!... 
Ah!  quella  Sinfonia  in  la!  E  rimasta  sempre  la  mia  pas- 
sione, benché  molti  anni  siano  scorsi  da  che  l'udii  la  prima 


MEISSONIER 


volta...  fi).   Che  accenti 
l'alali  ,      penetranti  .     in 
queir  andanle    inesora- 
bile,  che  vi  all'erra  l'a- 
nima e  la  strazia,  quasi 
l'osse  la  marcia  del  de- 
stino! Indi,  nelle  gaiezze 
fosforescenti    e    capric- 
ciose àoX  Jiiialc,  tutte  le 
impressioni  della  giovi- 
nezza  mi   si   ridestano. 
Stasera,  come  sempre,  quei  suoni  rievocano  agli  occhi  miei 
i  deliziosi  paesaggi  della  mia    infanzia,    della  mia  giovinezza, 
nel   Delfinato....  a  Grenoble... 


PAESAGGIO. 
(Sdiizzo  all'aquerello.) 


Oh!  gli  ammirabili  frammenti  di  Pergolese  ascoltati  po- 
c'anzi!... E  il  vecchio  Bach!  Nulla  ci  innalza  più  della  Bellezza 
serena  e  profonda!... 


l'ALSACGIO. 
(Scliijzo  3ll'a,:^iu<:rdIo.) 


(i)  ilssa  fu  oscguit.i  ai  hiiicrali  di  .Mcissojiier  alla  .M.iJdalcna  (3  febbraio   1S91). 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


Per  ascoltare  la  musica,  occorre  che  io  mi  abitui  a  non 
seguire  le  parole  di  un  libretto:  altrimenti  la  musica,  che  già 
mi  vinceva,  mi  annoia,  perche  non  corrisponde  più  al  mio  senti- 
mento, a  ciò  che  stava 
per  farmi  sognare. 

In  tutti  i  paradisi 
immaginati  voi  vedete 
sempre  gli  angeli  can- 
tare o  suonare  ,  mai 
dipingere  ;  locche  ri- 
chiederebbe riflessio- 
ne e  logica.  Da  tempo 
immemorabile  si  e 
varcato  il  segno,  pre- 
tendendo che  la  musica 
esprima  tutto.  Berlioz 
era  tra  questi.  Conten- 
tatevi di  un  sentimento 
generale  di  estasi,  di 
tristezza,  ecc.,  ma  non 
specificate  troppo.  Xel 
parossismo  supremo, 
è  sempre  impossibile 
esprimere  compiuta- 
mente un  sentimento; 

non        posso        dunque  (Q.adro  .pparle„.iura'.   ^.«^  Arili  J   ll^.p,-,    Par,.,.) 

mettermi    a    cantarlo. 

E  concepibile  un  uomo  che,  sotto  l'urto  di  una  grande  emo- 
zione, si  fermi  a  fare  un'analisi  o  a  pronunziare  un  discorso  r 
La  musica  può  esprimere  solo  gli  «  stati  d'anima  »:  allorché 
analizza,  esorbita  dal  suo  scopo.  Se  volete  contarmi  che,  per 
mezzo  dei  suoni ,  io  posso  vedere  tale  o  tal'  altra  persona  . 
addio,  non  vi  seguirò  più.  Un'arte  non  può  invadere  il  campo 
dell'altra. 


MEISSONIER 


<  Quando  compongo  un'opera,  diceva  Glùck,  io  dimentico 
tutto,  mi  metto  al  posto  dei  miei  personaggi .  e  il  cuore  mi 
suggerisce  ciò  che  debbono  cantare...  » 


\ 


Chiedete  alla  Biblioteca  l'opera  di  Cho- 
dowiecki.  Non  c'è  libro  di  quell'epoca  che 
dica  tanto;  l'autore  vi  si  è  dipinto  con  la  sua 
famiglia.  La  dedica  è  caratteristica:  «  Dedi- 
cata a  suo  padre  dall'umilissimo  servitore 
e  figlio  ». 

Io  l'ho  molto  amato 

e    studiato.    Egli    era  di 

una    semplicità    sorpren- 

^  dente  e  af}ascinante.  E  lo 

fjff       amo  ancora  egualmente; 

non    e    già    un    maestro 

necessario  a   conoscersi, 

ed    è   perciò  che  non  ne 

ho    parlato    fin  qui;  ma 

mi    è    piaciuto   e   mi  ha 

dilettato.  Sfogliandolo,  vi 

s'impara  più  che  non   in  venti  volumi.  E  il  ritratto  fedele  di 

tutta  un'epoca;  le  piccole  figure  vi  occupano  poco  posto. 

Molte  volte  l'ho  detto:  per  quanto  abili  si  possa  essere 
nella  tecnica,  pensate  che  nell'arte  vi  è  ben  altra  cosa,  una 
cosa  di  che  molti  giovani  neppure  sospettano. 

Certamente,  il  disegno  e  il  colore  mi  commovono:  però 
io  credo  di  commovermi  ancor  più  forse  alla  forma. 


SCHIZZO    A    PENNA. 


Lavorando  in  piccole  proporzioni,  occorre  maggiormente 
esprimere  il  rilievo;  lavorando  in  più  grandi,  e  necessario 
attenuarlo,  distruggerlo  quasi.  Il  procedimento  è  necessario; 
giacché  sarebbe  insopportabile  trattare  una  figura  grande  al 
naturale,  come  una  marionetta. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


'73 


Se  dipingo  una  mano  ,  ne  resto  soddisfatto  sol  quando 
vedo  che  e  carne  veramente;  e  mi  ci  accanisco  Imo  a  che  la 
sento  tale  sotto  il  pennello,  lo  lavoro  la  mano  a  intervalli; 
poiché  essa,  non  appena  resti  immota,  perde  il  suo  bel  co- 
lorito, e  il  sangue  non  circola  più. 

I  ritratti,  invece,  bisogna  farli  rapidamente,  poiché,  indu- 
giandovisi,  non  si  ritro- 
vano più  :    la  persona 
cambia  faccia  e  si  mo- 
difica... 

Per  r  operazi<jne 
cosi  detta  di  svernicia- 
tura, non  usar  mai  ac- 
quavite o  una  qualun- 
que essenza;  ricorrere 
solo  al  lieve  e  paziente 
sfregamento  del  dito.  . 

Non  mi  piace  che 
altri  mi  sottolinei  le 
cose;  esse  debbono 
colpirmi  da  loro.  Io 
amo  la  chiarezza ,  la 
brevità  del  pensiero, 
sotto    l'armonia    della 

rOl   ma.  (Oi.i.lro    n^na    ,-nll..7lnr,,    ,ì,ì    5 


^Affrontate  un  tema  sol  quando  l'avrete  vissuto,  quando 
conoscerete  i  pensieri  dei  vostri  personaggi,  quando  vi  sarete 
impregnato  della  loro  vita. 


Xo,  no.  e  un  errore  pensare  che  la  miseria  sia  necessaria 
alle  vocazioni;    i  lunghi   ostacoli  materiali   provocati    dall' op- 


'74 


MEISSONIER 


posizione  di  mio  padre  alla  mia.  mi 
gettarono,  checche  si  dica,  fuor  della 
mia  strada,  e  mi  fecero  perdere  un 
tempo  prezioso  che  ritardò  tutta  la 
mia  vita. 

Io  credo  di  poter  sentire  e  di 
saper  esprimere  la  nota  «  dominante  » 
che  sorge  da  molteplici  gruppi,  e 
di  darle  tutta  l'importanza  necessaria, 
in  correlazione  con  tutto  1'  insieme. 
In  un  tema  comune,  ciò  che  forma 
il  fascino  delle  cose  piccole,  è  appunto 
la  loro  intima  e  profonda  armonia; 
tutto  deve  avvolgersi  in  un'atmosfera 
omogenea  di  cui  lo  spettatore  sarà  penetrato.  Non  bisogna  mai 
ricercare  il  solo  efj'etto;  perche,  per  la  pi  ima  volta,  si  rimane 
colpiti;  alle  altre,  l'interesse  scema,  l'emozione  cade.  Perche 
gonfiare,  fuor  del  suo  ambiente,  un  tema  usuale  della  vita 
comune  ?  Una  contadina  dei  nostri  giorni  non  è  una  figurina 
greca.  Se  voi  volete  concederle  l'incesso  di  questa,  sbagliate  : 
spogliatela  allora  del  suo  abito,  e  copritela  di  un  peplo. 
La  maniera  di  vedere  il  soggetto  costituisce  l'artista. 


SA\'SOME. 
(Schizzo  >    penna.) 


Un  modello,  è  un  manichino  intelligente;  occorrendo,  noi 
ne  alteriamo  il  tipo,  lo  trasformiamo  per  mezzo  dell'abito. 

Che  piacere  dipingere  quando  si  è  in  vena,  con  un  buon 
modello  di  fronte  ! 


Io  non  liempio  un  contorno,  ma  procedo  come  lo  scul- 
tore, cercando  il  rilievo. 

E  difficile  cosa  segnare  nettamente  un  contorno  senza 
rigidezza. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


'75 


La  fattura  dei  ri- 
tratti differisce  comple- 
tamente l'unadall'altra. 
secondo  la  natura  del 
modello:  ogni  fattura 
conviene  al  tempeia- 
mento   della    persona. 

(  )h  !  come  e  diffì- 
cile dipingere  questo 
angolo  dell'occhio! 

Sarebbe  m  o  1 1  o 
utile  servirsi  delle  due 
mani  ;  i  fanciulli  do- 
vrebbero essere  abi- 
tuati a  ciò.  Spesso 
cerchiamo  un  movi- 
mento su  noi  stessi. 

In  tal  guisa  io  ho 
potuto,  all'occorrenza, 
disegnare  con  la  sinistra,  facendo  il  mio  ritratto. 


IL     PITTORI;. 
(Schizzo.) 


I     pittori     sono 
j    sempre    più    o    meno 

commedianti.     Essi 

I 

!  hanno  l'istinto  della 
posa  e  del  gesto  :  sen- 
za di  che,  non  potreb- 
bero ne  sentire  .  né 
cercare .  né  indicare 
quel  che  loro  occorre. 
.Mi  hanno  chiesto 
dei  disegni  e  degli 
schizzi  per  l' Esposi- 
zione delle  l)ellc  Arti. 


SIikHo  per  gli-  "  Evaiigclisli  „. 

(Saxguig.na.I 
Museo  del  Lussemburgo. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


Ho  scritto  cosi  a  Gcròmc: 
«  Non  è  già  un  capriccio 
che  mi  ha  fatto  richiudere 
ieri  il  mio  povero  quader- 
no, mentre  ier  l'ahro  ve 
lo  avevo  mostrato  cosi 
liberamente.  Ho  sempre 
avuto  questa  massima  se- 
vera ,  che  si  debba  mo- 
strare ,  quando  si  è  in 
vita  ,  solamente  1'  opera 
compiuta,  e  non  i  mezzi 
con  cui  è  stata  fatta...  Solo 

dopo   aver  molto  esitato,  mi    son    linahnente  deciso...   Ma  le 

vostre  richieste  urgevano,  e  poi- 
ché mi  dorrebbe  darvi  un  rifiuto, 
vi  rimetto,  perchè  ne  fac- 
ciate quell'uso  che  cre- 
dete, tutti  questi  schizzi 
tatti  per  non  importa  chi. 
con  mjn  importa  che 
cosa... 


ACQUAFORTE    ORIGl.VALE. 


RITRATTO    DI    BA.MIilSO. 
(Diseguo  appartenente  al  sig.  Batta.) 


Ardua  cosa  e  il  di- 
pingere la  mano,  poiché 
accade  di  raro  eh'  essa 
riprenda  la  prima  posi- 
zione ;  talvolta  mentre  è 
già  quasi  disegnata  e  la  si 
ripiglia,  la  posa  e  diversa; 
tal'altra  si  trova  una  posa  mi- 
gliore, e  si  è  daccapo. 

\^oi  non  immaginate  quanto 
sia  divertente    il   modellar  con 


Mtissonier. 


178 


MEISSUNIER 


la   creta.    Ricordo    che.    stando   a    Poissy    un    dopo -pranzo 
intento  a    modellare,  mi  chiesi  a    un  punto  che  cosa   signifi- 


IL    GABINETTO    DI    LAVORO. 
iQindro  dcllA  collezione  del  barone  Springcr,   Vienna.) 


casse  quel  biancore  che  invadeva  lo  studio.  Erano  le  tre  del 
mattino.  L'alba  mi  sorprendeva  al  lavoro,  senza  che  me  ne 
accorgessi... 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


'79' 


Che  disperazione  in  questi  mesi  veder  la  luce  morire 
proprio  nel  momento  migliore,  quando  tutto  e  preparato,  ben 
impastato,  e  gli  ultimi  tòcchi  stanno  per  produrre  1'  effetto 
sicuro  ! 


Io  comprendo  periettamente   la    scorrettezza   dei    disegni 
di  Delacroix  ;  li    ammiro   e  li 
amo:  sono  lampi  di  genio!  Ma 
Remhrandt,    ecco    l'uomo  in- 
tero ! 

Nel  i836,  io  non  esistevo 
ancora  all'arte,  ero  un  povero 
ignoto:  non  guadagnavo  nulla, 
e  avevo  bisogno  di  guadagnare. 
Curmer  faceva  allora  una  nuo- 
va edizione  della  Capanna  in- 
diana :  pubblicava  con  certi 
orrendi  disegni  la  Bibbia  di 
Rovaumont,  seguita  dai  Van- 
geli, e  una  specie  di  storia 
antica ,  tolta  da  una  cattiva 
edizione  del  XVIII  secolo.  In- 
stigato  da  un  amico,  andai  a 
trovarlo  per  proporgli  alcuni 
disegni.  Naturalmente,  mi  li- 
cenziò; io  avevo  l'aspetto  di  un 
fattorino.  Era'pero  un  problema 

vitale  per  me;  e  poiché  Tony  Johannot  era  potentissimo  nel 
ramo  illustrazioni,  parlai  con  lui.  Qualche  giorno  prima,  avevo 
nìodellato  la  maschera  dei  johannot  ;  poiché  io  e  i  miei  compagni 
avevamo  la  mania  di  mijdellarci  a  vicenda.  L' imprudente 
Curmer  s'interessò  ai  particolari  di  quelle  modellature.  Io  lo 
acchiappai  a  volo.   «  Signor  Curmer.  volete  che  vi  modelli  ?  » 


DUROC. 


i8o 


MEISSONIER 


Egli  accettò  e  m' indicò  contemporaneamente  una  compo- 
sizione da  trattare:  Eleazaro  trucidato.  Pochi  giorni  dopo  glie 


IL    PITTORE    D    IXSEGXE. 
CCoIleiione  di  lajy  Wallace,  Londra.) 


la  portai,  e  mi  dette  quaranta  franchi  per  lare  un   «  legno  >'  : 
i   mici   primi  quaranta  franchi  I   Dopo   quello,    ne  ebbe   un   se- 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


condo,  poi  altri  quattro.  Feci  anche  un  Marat  per  la  Rivo- 
luzione di  Thiers.  e  due  o  tre  altri  disegni,  fra  i  quali  una 
Presa  della  Basticìio. 


KITRATTO    DEL   PROFESSORE    GL'-i 


Se  avessi  tempo,  mi  piacerebbe  moltissimo  fare  un  San- 
sone. Il  tema  è  bello.  Io  suppongo  che  Sansone  abbia  comu- 
nicato ai  nemici  un  terrore  profondo,   tutto   abbattendo   e  la- 


l82 


MEISSONIER 


-.   /r^y 


SCHIZZO   A    PENNA. 


sciando  dietro    di   se    un   solco   di   morioondi,   I    F'ilistei  non 

sanno  come  sfuggire  alla  collera  sua:  e  si    nascondono,  e  si 

difendono  la  testa  istintivamente.   Sansone 

e  come   un    mietitore   che    falci  le  spighe: 

il  tema  mi  pare  originale. 

....  Oggi,  con  un  modello,  ho 
I  icercato  le  nuove  figure  del  gruppo 
di  Sansone...  Mi  piacerebbe  ripren- 
dere un  quadro  della  mia  giovi- 
nezza... Ahimè  I  avrò  il  tempo  di 
farlo?... 

Già  da  quarant'  anni  l'abbozzo 
del  Sansone  è  stato  eseguito.  L'  e- 
roe    ha   abbattuto   tutti  :    ne    resta  solo    un    piccolo   gruppo... 

Vorrei  fare  un  quadro  di  cui  lo  schizzo  fu  già  dato  a....  e 
che  sarebbe  interessantissimo  a  trattare:  un  infermo  e  nel 
suo  letto;  il  medico  lo  visita  ascoltandone  le  pulsazioni;  i 
parenti,  gli  amici  le  cui  fisionomie  dilferenti  rivelano  lo  stato 
degli  animi,  sono  intorno,  intenti  a  leggere  la  verità  negh 
■occhi  del  medico,  che  guarda  denln^,  capite,  nelle  profondità 
della  sua  diagnosi... 

Quanto  sarebbero  gioconde  sulla 
vecchia  scala  di  Losanna,  queste  due  ^^fe 
figurine  !  La  giovinetta, 
cosi  come  l'ho  sognata 
da    prima  ,    discendeva       '— 
semplice  e  diritta  .  nel 
vago    fascino    del    suo 
cuore ,    al    braccio    del 
giovane.    Oggi .    è    in- 
vece una   donna    inna- 
morata   che    si     curva 
sull'amante.  Chi  ci  t(jglie  di  credere  che  sia  Gian  Giacomo? 


2;^J^-.Ì,. 


?>^    ■    ■ 


.MEISSONIER   A    CAVALLO. 
(Schizzo  .1  pcnn.i.) 


CONVERSAZIONI  E   RICORDI 


'«3 


La  quartina  di  Gautier  sul 
mio  quadretto  della  Car?'oz-~a 
mi  ritorna  alla  mente ,  men- 
tre cavalco  sulla  strada  che 
poi  riprodussi.  Mosselmann. 
il  fratello  della  signora  Lehon. 
volendo  Fare  un  regalo  a  una 
sua  nipote  che  si  maritava, 
mi  aveva  chiesto  quel  qua- 
dretto; lo  pagò  ciò  che  volle: 
duemila  franchi... 

Si  pensò  che  i  versi,  innocentissimi  del  resto,  non  pote- 


SCHI7.ZO    A    r-ES'.s'A. 


/3(./^^'2a~/J  Mai^tj   <j«  an  nt  >n,J ,, ero maa^pi^ 
fUj  p'">    •■^àl    v,J<M,>J    ^„;/l'r«ya  ù,i,:jan^J 


vano   mettersi   in   una  cesta  nuziale    e  alla   sposa  oljVirono  il 
quadro  senza  la  quartina. 


Due  cose  mi  S()n  promesso  di  non  fare  più:  promettere 
anticipatamente  un  quadro ,  e  non  interromperlo  una  volta 
incominciato. 

Nella  Rissa,  ogni  cosa  e  compiuta;  vi  si  scorge  la  qua- 
lità della  seta,  del  velluto;  ma  il  quadro  attrae!  Quei  parti- 
colari sono  così  accarezzati  e  finiti  solo  per  me;  si  notano 
appena  dopo  l'impressione  generale. 

Il  fondo  (il  muro  mi  costò  qualche  fatica:  m'era  riuscito 
in  tal  modo  che,  quasi  direi,  pareva  non  esistesse... 

L'incisione  della  Rissa  e  fatta  con  calore  e  con  dolcezza 
insieme:  siamo  lontani    con   essa  dai  traiti  sinceri,  ma,  tanto 


.84 


MEISSONIER 


RITRATTO    DI    ALESSANDRO    DUMAS   FIGLIO.    LEGATO    AL    MUSEO    DEL    LOUVRE. 


monotoni,  di  certe  incisioni.  La  mia  preoccupazione  costante, 
nella  pittura,  e  eli  far  si  che  cose  accessorie  siano  apprezzate 
dopo  le  principali. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


Oggi,  non  si  legge  più.  Se  dovessi  rispondere  all'accusa 
di  aver  moltiplicato  i  miei  LcttùrL  di  epoca  diversa  dalla 
nostra,  direi:  «  Gli  è  che.  allora,  i  lettori  erano  assai  più  nu- 
merosi, leggevano  veramente,  reggendo  delicatamente  il  vo- 
lume da  dilettanti  innamorati  dei  buoni  libri  e  delle  belle 
rileoature.  » 


1  diritti  doganali  sulle 
opere  d'arte  francese  en- 
tranti in  America  mi  sem- 
brano iniqui;  noi  diamo  agli 
Americani  gratuitamente,  e 
senza  limite  di  età,  l'in- 
segnamento della  Scuola 
delle  belle  arti,  la  quale, 
per  noi,  francesi,  si  chiude 
a  trent'anni;  e  l'America  ■ 
ricambia  la  nostra  ospitalità 
nei  nostri  studi .  generosa- 
mente aperti,  con  quel  da- 
zio iniquo  e  unico  sull'  en- 
trata delle  opere  d'arte!  Ho 
visto,  a  Parigi,  certi  Ame- 
ricani, i  quali,  vergognan- 
dosene un  po',  volevano  protestare.  Per  consolarmi,  mi  han 
detto  che  quella  legge  sarebbe  abolita;  invece,  niente  aljatto; 
essa  funziona  perfettamente  e  vigerà  ancora.  Ah  !  come 
avremmo  ragione  di  dire:  «  Benissimo!  seguitate;  ma  poi- 
ché noi  siamo  egualmente  liberi ,  uscite  dalle  nostre  Scuole, 
dalle  nostre  Esposizioni,  dalla  nostra  ospitalità  artistica,  che 
vi  arricchisce  a  nostre  spese.  » 


MEISSONIER    AL   LAVORO. 
(Schizzo.) 


^'edete,  cara  amica,  io  conosco  intimamente  l'Imperatore! 
e  non  sono  così  severo  per  lui  come  il  signor  lung. 


i86 


MEISSONIER 


Ho  sognato   di    far  1'  epopea    intiera   di  Napoleone  —  il 
ciclo  completo  tino  alle  tappe  ultime. 

Si    potrebbe   anche    fare    un     -Xcipo- 
leone  del  Consiglio  di  Stato. 

\oxk€\  dipingere  Er- 


^> 


SCHIZZO    A   PEXXA    PER    «  SANSONE  ». 


turi  —  nel  momento  m 
cui  l'uomo  è  inebriato,  e 
la  testa  gli  vacilla. 

Un  vecchio  usciere, 
che  ho  ancor  visto  a 
Bruxelles,  quello  stesso 
che  annunziava  i  Sovrani,  non  omettendo  nessuna  litanietta 
dei  titoli,  mi  suggerì  casualmente  l'etjetto  impressionante  di 
un  quadro,  narrandomi  che.  dopo  una  pausa,  egli  annun- 
ziava: X  Imperatore  ! 

Mentre  dipingevo  il  .Napoleone,  mi  fu  detto  che,  in  via 
Miromesnil,  avrei  potuto  trovare  Hubert,  il  vecchio  cameriere 
dell'Imperatore,  pronto  a  darmi  ragguagli  preziosi.  Infatti, 
quand'io  gli   chiesi    se    riproducevo    realmente    le  mosse  e  le 


/ 


^-••-^' 

Bs 


i  k;. 


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abitudini  di  Napoleone, 
mi  disse  che  Sua  Maestà 
non  voleva  perdere  un  \\^\,^?}^f^\, 
minuto  per  alzarsi  le 
spalline,  e  rovesciarle, 
come  allora  si  faceva, 
sul  petto,  prima  di  in- 
filare il  cappotto,  ma 
che  indossava  una  redin- 
gote fatta  in  modo  da 
passar  sopra  le  spalline. 

Hubert  mi  racconto  anche   che   Sua    Maestà,  rientrando 
nella  sua  stanza,  la  sera,  per  spogliarsi,  cantava  sempre 


SCHIZZO    A    PENNA    PER    «  SANSONE  ». 


Veillons  au  salut  de  1'  Empire! 


i88 


MEISSONIER 


sbottonandosi  e  lanciando  i  suoi  indumenti  per  la  stanza,  giubba, 
orologio,  cappello  e  il  resto,  così  a  caso,  nell'oscurità.  L'Im- 
peratore —  egli  soggiungeva  —  prendeva  tabacco,  ma  avvici- 
nava la  presa  solo  all'orlo  delle  narici;  si  che, quando  era  rimasto 
un  quarto  d'ora  in  qualche  posto,  poteva  raccogliersene  colà 

una  tabacchiera  piena. 
P  'Mf'      Avendo  di  sé  molta  cura, 

ì''  'Ti'       raffinatissimo  per  la  sua 

persona,  anche  molto 
civettuolo,  Napoleone 
indossava  tutti  i  giorni 
calzoni  bianchi.  Il  vec- 
chio duca  di  iMortemart 
mi  ha  pur  dato  una 
quantità  di  particolari 
preziosi. 

Il  gesto  del  mio 
Bonaparte  è  ancora  in- 
certo... 

Salutare  la  ban- 
diera, una  magnifica 
idea  !  Quel  gesto  impe- 
rioso mostrava  l'intera 
testa;  ma,  così  facendo, 
la  faccia  di  Napoleone 
resta  immota  ;  il  suo 
(Quadro  ddia  collezione  del  sig.  *  *  *.)  sguardo  profoodo.  aunc- 

gato  nelle  regioni  del 
genio  e  del  futuro,  si  perde,  se  guardi  un  punto  fisso,  sia  pur 
quello  designato  dal  glorioso  emblema  della  patria. 

Nel  mio  schizzo  del  fypó ,  1'  uomo  eccelso  e  fatale 
passa,  in  mezzo  al  delirio  umano,  impassibile,  tutto  chiuso 
nel  suo  sogno  interiore,  guardando  il  presente,  ma  scrutando 
nell'avvenire.  Giova   quindi    che    egli  passi    col    cappello  sul 


FUMATORE. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


i8q 


capo,  eretto,  null'altro  scorgendo  se  non  la   sua    inlima  idea, 
dato  tutto  alla  sua  visione... 

Con  questo  sentimento  l'ho  appunto  sbozzato  da  prima. 

Il  quadro  solo  accennato  di  Bonaparte  in  Italia,  con  i  suoi 
generali.  Berthier.  .Murat,  Duroc  e  altri  ufficiali,  si  svolge  nel 
179Ó  o  nel  1798,  prima  del  Consolato,  al  principio  della  cam- 
pagna d'  Italia  (esso 
era  destinato  a  tare 
riscontro  al  iSoy).  Ci 
sarebbero  colà  una  bat- 
teria di  artiglieria,  una 
seconda  linea  di  t^anti, 
una  riserva  di  caval- 
leria, una  batteria  in 
posizione  :  vorrei  an- 
che riprodurre  i  movi- 
menti dell'artiglieria: 
il  momento,  l'alba  ! 

Questo  quadro  e 
il  primo  della  serie 
napoleonica  da  me  con- 
cepita. La  giovinezza 
vi  trionfa  !  è  il  mat- 
tino, è  l'aurora,  e  il 
principio  della  sua  glo- 
ria. Il  secondo  è  18 oy, 
il  terzo  jS/^. 

Nel  iy(jó  o  lypS  le  figure  sono  terzine  nello  schizzo 
(volevo  farlo  di  2"',5<:i,  come  il   JÒ'oy  . 

10  non  credo  che  i  pensieri  di  un  Napoleone  siano  quelli 
di  un  brav'  uomo  qualunque  o  d' un  commesso  di  negozio. 
Spesso  tuttavia  si  confonde  l'orgoglio  con  la  grandezza. 

11  mio  sogno,  che  non  ho  più  avuto  tempo  di  compiere, 
era  di  fare  il  Ciclo  napoleonico  in  cinque  quadri  : 


GIAN    GIACOMO    KOUiStAU    IN'NA.MORATO. 


'>>^^ 


!è'.  A. 


/ 


i^>^ 


>^^^ 


ACaUEFORTI    ORIGIKALI. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


191 


l'jgó,  l'ultimo  abbozzato,  è  viceversa  il  primo.  Ancora 
non  e  stato  interamente  concepito.  Siamo  in  Italia ,  d'estate, 
la  mattina  di  Castiglione,  verso  l'epoca  di  Montenotte...  Vi 
sarà  una  batteria  di  artiglieria  salita  di  dosso  sull'altura,... 
una  seconda  linea  più  innanzi.  IJonaparte  passa,  galoppando. 
Io  vorrei  che    il  sole    sorgesse    .  . 

davanti  a  lui  perchè  illumini 
la  sua  faccia.  Naturalmente,  la 
polvere  1  pensate  alle  strade 
percorse  da  noi  in  Italia)  na- 
sconderà certo  molte  cose . 
ma  possianìo  ben  immaginare 
che  l'imperatore  galoppi  sulle 
praterie. 

Io  lo  concepisco  là,  in 
azioì/c.  .Ma  non  è  ancora  il  per- 
no,  direi  quasi,  scultoreo  del 
18 oj.  Nel  180-,  ogni  cosa  volge 
intorno  a  lui  ;  un  Hutto  d'  uo- 
mini inebriati  passa  ai  piedi 
dell'  Imperatore  immobile,  men- 
tre che  nel  1796,  egli  stesso 
è  in  moto. 

Xel  Frlcdland ,  ad  onta 
della  sua  gloria,  Napoleone  fa 
ancora  parte  della  nazione; 
tutto  e  gaio,  tutto  sorride:  è  l'apogeo  fortunato. 

Erfurt  1810Ì  sarebbe  stato  il  quadro  della  vertigine:  è 
il  momento  in  cui  l'Imperatore  si  perde  pel  suo  orgoglio  in 
quel  corteo  di  re.  Il  quadro  e  attraente,  e  spesso  ho  pen- 
sato di  farlo. 

181-J.,  è  la  Campagna  di  Francia,  non  già  la  «  Ritirata 
di  Russia  1).  come  qualche  volta  vien  detto.  .Nessuno  crede 
più  in  Lui.  Il  dubbio  e  soppraggiunto.  Egli  solo  pensa  che 
tutto,  forse,  non  e  perduto. 


SUOVATORE   DI    VIOLA. 
(Disegno  a  matiu.) 


Meis.'omer. 


'94 


MEISSONIER 


iSij.  »  da  Farsi  «,  sarebbe  il  BcUerofoiite;  Egli  è  solo... 
sulla  nave  che  lo  trasporta ,  vigilato  da  una  sentinella  in- 
glese... 


Ogni  qualvolta  ho  dovuto  eseguire  un  soggetto  determi- 
nato, precisato  e  già  battezzato,  il  quadro  mi  e  riescito  fastidioso, 
indifferente,  come  lo  e  per  me.  ad  esem- 
pio, quel  ■Xapoleone  che  mi  hanno  com- 
prato a  Londra,  ma  al  quale  occorre  un 
titolo  esatto  per  la  vendita.  Eckmùhl  e  la 
sola  battaglia,  forse,  che  potrebbe  adattarsi 
al  quadro  e  alla  carica  dei  corazzieri  ;  ma 
il  titolo  non  e  ancor  definitivo,  fo  continue 
ricerche  al  ministero  della  Guerra,  consulto 
tutti  i  documenti. 

Chcnavard  mi  ha  sconsigliato  di  fare 
un  Ariosto  intento  a  leggere  i  suoi  versi  ; 
ne  avevo  già  fatto  lo  schizzo.  «  Gli  Ita- 
liani han  fatto  queste  cose  meglio  di 
quanto  si  possa  oggi  fare  ».  egli  mi  dice\'a. 
Dopo  esser  vissuto  a  \"enezia  ,  son  di- 
ventato italiano  come  mai  lo  ero  stato 
fin' allora;  son  tutto  penetrato  dall'aria  del  paese.  Nondimeno 
non  penso  più  ai  temi  episodici:  il  mio  spirito  di  artista  ha 
bisogno  di  sintesi.  Sogno  perciò  di  riprendere  il  Poeta,  colui 
che  s' inspira  alla  vita  dell'umanità  tutta  quanta,  e  la  nutre 
del  suo  miele  divinj. 


(J^-x^ 


USSARO. 

{Riproduzione  d' un' acquaforie 

originale.) 


"  Caro  signore  (I,  se  ho  tardato  a  scrivervi,  gli  è  perchè 
la  mia  lettera  doveva  essere  come  un  ultimo  addio  al  mio 
lavoro,  l'atto  della  separazione  definitiva.  Comprenderete  come 


1)  Lettera  iiiJirizzat.i  .il  signor  Stew.irJ,  di  N'cw-Vorl;.  con-.pr.itore  de!  1^07 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


io  non  abbia  voluto  far  ciò  se  non  all' ukimo  istante .    e  per 
quanto  mi  compiaccia   di   sapere    il    mio  quadro  nelle  vostre 
mani  .  pur  provo  dolore  nel  distaccarmene  ,  dopo    eh'  esso  è 
stato  per  tanto  tempo   la    vita    del    mio   studio.  Tra  poco  v 
giungerà;  accoglietelo    come    un    amico,    ma    non    di  quegl 
amici  che  a  bella  prima  piacciono    e    poi    si    dimenticano,  s 
bene  come  quelli  che 
tanto    più    si    amano 
quanto    più     si    cono- 
scono. Lasciatemi  cre- 
dere che,  osservando 
questo    lavoro,    dove 
ho  messo  tutta  la  mia 
scienza  e  tutta  la  mia 
esperienza,  il    diletto 
vostro  possa    sempre 
più  crescere. 

«  Io  son  convinto, 
e  lo  dico  con  un  certo 
orgoglio,  che  questo 
quadro  è  di  quelH  cui 
il  tempo  aggiungerà 
valore. 

(Qualunque  cosa 
avran  detto  sul  suo 
merito  passerà;  ma 
esso  resterà  per  l'o- 
nore di  entrambi. 

"  Benché  il  mio  quadro  si  difenda  da  sé,  benché  migliaia 
di  persone  che  si  sono  at)bllate  per  vederlo  abbian  fatto  giu- 
stizia di  certi  malevoli  apprezzamenti,  serbo  il  diritto,  poiché 
l'ho  compiuto  con  tanta  coscienza  e  tanta  sincerità,  di  difen- 
derlo e  d'  illustrarlo. 

"  Ciò  sembrerà  strano,  eppur  bisogna  farlo;  giacché,  per 


UM     LETTORE. 


196 


MEISSONIEH 


quanto  chiara  sia  l'idea  inspiratrice,  taluni  si  son    dilettati  a 
non  vederla  bene  e  a  cercarne  un'altra. 

«  lo  non  ho  voluto  dipingere  una  battaglia:  ho  sol  voluto 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


dipingere  Napoleone  nel  culmine  della  sua  gloria:  ho  voluto 
dipingere  l'amore,  l'adorazione  dei  soldati  pel  grande  capi- 
tano, nel  quale  hanno  tanta  fede,  e  per  il  quale  sono  pronti 
a  morire... 

«  Nel  1814,  ho  riprodotto  la  line  impressionante  del  regno 
imperiale:  l'atteggiamento  di  quegli  uomini  ebbri  un  tempo 
d'entusiasmo,  e  allora  stanchi,  scorati,  non  più  fiduciosi  nel 


lor  capo  invincibile.  La  mia  tavolozza  non  aveva  allora  colori 
abbastanza  tristi!  Ma  oggi,  nel  180 j,  ho  voluto  che  tutto  fosse 
luce.  In  quel  momento  trionfale  nessuna  luce  mi  pareva  de- 
gnamente sfolgorante.  Né  meno  un'ombra  doveva  traversare 
il  volto  imperiale  e  togliergli  il  carattere  epico  da  me  voluto 
conferirgli. 

«  La  battaglia,  già  impegnata,  era  necessaria  per  accrescere 
l'entusiasmo  nei  soldati,  e  far  sentire  la  scena;  ma  non  ho  voluto 
riprodurre  particolari  lugubri,  e  li  ho  tutti  scartati;  nient'altro 


MEISSONIER 


che  un  cassone  smontato  e  del  grano  che  non  maturerà  più! 
e  basta. 

.;  I  soldati  e  il  capo  sono  gli  uni  di  fronte  all'altro;  quelli 


SCHIZZO    DEL    «  CANTO  >>. 
(Mi.sco  del  Lussemburgo.—   (Leg.Mo  a!    Louvre  da   Me 


proclamano  la  loro  devozione;  questi,  immobile,  arbitro  della 
volontà  delle  masse,  li  saluta.  Egli  e  ìoiv  si  sono  compresi. 
Tale  e  l'idea  naia  dal    mio    cervello    senza    tentennamenti,  di 


CONVERSAZIONI  K  RICORDI 


primo  getto  ;  idea  che,  benché  laboriosamente  eseguita,  è  sem- 
pre rimasta  per  me  cosi  tattamcnte  chiara  che  non  1'  ho  mai 
minimamente  modificata. 


(Legato  per  lestamento  alla  vedeva   Meissonicr.) 


«  (guanto  all'esecuzione,  solo  un  pittore,  e  un  pittore  di 
molta  esperienza,  potrebbe  dire  quanto  tempo  e  quanto  lavoro 
sia  occorso    per    coordinare    in    un   tutto   armonico  tanti  eie- 


sTUUlO    DI    DRAPPEGGIO    PER  IL    «  CAMTO  ». 


PERCHÈ    TARDARE  .•' 
(Quadro  della  collezione  del  sig.  X.  X.) 


MEISSONIER 


menti  disparati;  eoili  solo  potrebbe  dire  quanto  l'osse  difficile 
tarlo  con  tanta  severità,  abbandonando  gli  artifici  che  spesso 
mascherano  tanta  debolezza.  Quelle  spighe  verdi  ne  sono  una 
prova.  (Quante  difficoltà  avrei  evitalo,  se  le  avessi  sostituite 
con  la  polvere,  la  quale  nasconde  tante  cose! 

»  \c  l'ho  detto  cominciando:  lasciate  che  ve  lo  ripeta:  ho 
fede  nel  mio  lavoro,  il  tempo  lo  consoliderà  sempre  più,  e,  ne 

son  certo,  il  vostro  aQFetto 
illuminato  lo  protegge- 
rà, occorrendo. 

«  Ed  ora,  caro  signo- 
re, fate  che  io  termini, 
offrendovi  il  mio  ritratto. 
\'oi  ne  avete  desiderato 
uno ,  io  son  lieto  di 
averlo  fatto  da  me  per 
voi:  esso  vi  parlerà  di 
me  con  più  intimità  e  vi 
ricorderà  quanto  io  vi 
sia  devoto. 


SCHIZZO    A    l'EXS'A. 


0  E.  .Meissoxif.r. 


Se  il  /Soj  produce  1'  eflelto  di  un  orizzonte  sconfinati! 
e  di  masse  umane  innumerevoli,  gli  è  perche  ho  messo  sul 
terreno  solamente  uomini,  e  non  piccoli  particolari ,  un  pae- 
saggio arborato,  ecc....  L'azione  può  risultar  molto  nel  quadro, 
mentre  nei  panorami  ciò  che  più  vuol  vibrare  s' immobilizza 
e  s'irrigidisce  in  modo  irritante,  coi  particolari  troppo  precisi 
della  campagna  o  delle  cose  ambienti. 

Un  cavallo  al  galoppo,  come  quello  del  iSoy,  vi  riusci- 
rebbe insojlribile  visto  sempre  allo  stesso  punto  ;  invece,  tutto 
ciò  che  ò  in  istato  di  liposo  vien  facilmente  accolto  dallo 
spettatore,  ed  e  gustati)  con  tutt'agio. 

(niardatc  .  nel   boi  panorama  di   Kezonville  .  i   soldati  in 


CONVERSAZIONI  F.  RICORDI 


riposo  del  Detaille,  d'un  elj'etto  così  leg.^iadro.  e  l'impressione 
quasi  tormentosa  del  cavallo  al  galoppo,  presso  la  ('roce: 
Guardate  poi  ,  dalla  parte  di  Neuville,  la  linea  dei  corazzieri, 
e  sentite  1'  impiessione  profonda  emanante  dai  fei'iti  e  dai 
morti. 

Non  si  tanno  concessioni  ai  panorami:  ogni  cosa  deve 
essere  assolutamente 
improntata  alla  realtà, 
d'  una  possibilità  as- 
soluta e  sempre  allo 
stesso  posto. 

Il  /8oy,  prima  di 
partire  per  l'America, 
è  stato  esposto  per 
pochissimi  giorni  al 
circolo  di  piazza  \'en- 
dòme.  11  /Soy  e  il 
rovescio  del /e^V./:  io 
vi  voleva  esprimere 
il  momento  della  pie- 
na liducia  nell'lmpe- 
rator  vittorioso! 

Ne!  lyoó,  appe- 
na sbozzato,  e  ancora 
il  generale  Bonaparte 
all'  inizio  della  sua 
fortuna,  quando  paga 
di    persona:  nel    iSoy,  egli    ha  finito  di  agire. 

/S()y  e  una  battaglia  qualunque  ,  sia  pure  Fiiedland.  Il 
diffìcile  era  di  fare  l'Imperatore  impassibile,  in  mezzo  all' in- 
furiar della  lotta. 


SCHIZZO    .X    l'EKV.' 


Per  il  iSoj ,  ogni  cavallo,  come  ogni  uomo,   ha  la  sua 


MEISSONIER 


MUSA     D  A  X  Z  A  N'  T  E . 
(Modellino  di   curi.) 


brava  cartella  di  studi  :  per 
amore  di  verità ,  ricomincio 
spesso  ciò  che  ho  già  com- 
piuto. Io  abbozzo  sovra  un 
pezzo  di  carta  rigida,  per  veder 
bene  ciò  che  convenga  fare 
definitivamente  ;  poi  rapida- 
mente dipingo. 

Per  incidere  il  iSi)",  non 
avendo  più  documenti  baste- 
voli  (il  quadro  è  in  America) 
ho  voluto  farne  una  riprodu- 
zione all'acquerello;  ma  quanti 
mutamenti  ho  introdotto  nelle 
mosse  dei  cavalli  e  nelle  fi- 
gure! Allora  rifo  nuovi  studi, 
e  li  paragono  ai  vecchi. 


Il  brusco  decrescere  degli  uomini  allineati  è  tra  gii  effetti 
prefissi  del  mio  fSi.^. 
Un  altro,  forse,  avrebbe 
cercato  di  mostrare 
quante  più  figure  era 
possibile;  ma  io  ho  pre- 
ferito che  esse  scompa- 
rissero in  lontananza,  a 
perdita  di  vista.  L'Impe- 
ratore, allora,  s'ingran- 
disce, e  diventa  la  figura 
più  impressionante  nel 
corteo  dei  suoi  mare- 
scialli ,  anch'essi  cos 
singolari,  cosi  personal 
nelle     loro     abitudini 


SCHIZZO   PER    «  UN'A    LEZIOXE    DI    DISEGMO 


(1856). 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


Ney,  ad  esempio,  che  non  s'infilava  mai  le  maniche  del  suo 
cappotto.  A  poca  distanza,  la  fanteria,  marcia  in  linea  paral- 
lela, coi  tamburi  innanzi;  per  piccoli  che  siano  ,uli  occhi  di 
quei   tamburini,  si  veggon  brillare. 

Osservate  quello,  in  prima  lila.  che  batte  senza  osar  di 
volgere  il  capo,  ma  che  però  guarda  di  lato  l'Imperatore  sul 
suo  bianco  cavallo.  Xey,  e  dietro  di  lui:  egli  non  infila,  come 
dicevo,  le  maniche  della  sua 
giacca.  Mi  han  dato  questa 
particolare  e  l'ho  raccolto  in- 
sieme ad  altri,  che  conferiscono 
tanto  carattere  e  tanta  vita, 
dalla  bocca  di  testimoni  ocu- 
lari. Il  bel  Flahaut,  sempre  É^j  _ 
elegante,  e  sulltj  stesso  piano. 


Nel  /ò'/./,il  personaggio 
che  porta  la  giacca  sulle  spalle 
è  il  maresciallo  Ney,  principe 
della  Moskowa:  il  secondo  e  il 
maresciallo  Berthier.  principe 
di  Wagram;  il  terzo  è  il  ge- 
nerale conte  di  Flahaut,  uffi- 
ciale d'ordinanza  di  Sua  Mae- 
stà. Dietro  il  maresciallo  Ney. 

è    il    generale    Drouot   (quello  che   dorme  stanco   da 
sul   suo  cavallo,  non  e  un  ritratto). 


GENTILUO.MO    LUIGI    XIII. 
QujJro  della  collezione  di  sir  James 


la  iatica 


Quante  volte  avvien  d'incontrare  per  caso  un  documento 
prezioso!  Un  giorno,  io  viaggio  in  ferrovia  con  un  ufficiale  sa- 
nitario, che  mi  parla  della  battaglia  di  Lipsia,  alla  quale  aveva 
assistito,  della  paglia  e  perfino  dei  trucioli  di  cui  bisognava 
servirsi  come  tappeto.  Egli  api^ar teneva  al  corpo  del  mare- 
sciallo Nev.  «  Io  lo  vedo  ancora  »  mi  diceva  «  con  le  maniche 


206 


MEISSONIER 


non  infilate  ,  e  con  le  piume  del  cappello  sempre  sudicie.  » 
Rincasando,  io  feci  il  mio  maresciallo  Xey  (1814)  appunto 
col  particolare  caratteristico  delle  maniche. 

lo  solo  conosco  una  quantità  di  cose  interessanti  sull'Im- 
peratore :  torna  più  utile,  su  certi  punti,  interrogare  il  lustra- 
scarpe di   tal  e'enerale,  che  non   il  generale  stesso. 


Dipinsi  lo  schiz- 
zo di  Parigi,  mentre 
la  mia  casa  era  invasa 
dal  nemico,  ed  io  mi 
era  richiuso  nel  mio 
studio.  Kra  la  mia  ven- 
detta! In  tale  schizzo. 
ia  mano  dell'ufficiale 
di  marina  stringe  pa- 
ternamente la  testa 
del  fido  marinaio  mor- 
to presso  di  lui... 

Nel  Solferino , 
tutti  i  personaggi  sono 
altrettanti  ritratti:  Ma- 
gnan,  Leboeuf,  .Mas- 
sue,  Fleury,  Saint-Jean 
d'Angelv.  Rose  e  tutti 


IL    PITTORE. 


quanti.    .\nch'io  vi  sono,  indietro,    a  sinistra. 


Misi  men  di  due  mesi  a  far  questo  schizzo  (\q\X  Assediù 
di  Parigi,  cioè  ali"  ultimo  momento,  nella  lebbre  ininterrotta, 
sospinto  dalla  mia  esposizione...  Converrebbe  rimetterci  un 
po'  di  armonia,  un  po'  di  legame:  tranne  per  il  v<jlto  di 
Regnault  morente  (eccone  lo  schizzo  su  carta  velina  1  non  ho 
fatto  un  solo  studio  di  figura... 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


207 


Questa  notte  ho  abbozzato  mentalmente  il   progetto  del- 
l'Assedio di  Parigi,  in  guisa  diversa  dalla  prima  concezione. 


VEXEZIAN'I    (palazzo    MEISSONIER   A   PARIGI,    SGALA    DELLO    STUD:o). 
(■Quadro  dcllj  collezione  del  sig.  M.irinoni.) 

La  Francia  ferita,  con  le  armi  spezzate,  vede  disperatamente 
in  lontananza  trapassate  da  soldati  sassoni  e  bavaresi   le  sue 


20S 


MEISSOMER 


Provincie,    invano    disperatamente    lottanti.    Le    Provincie   si 
aggrappano  alla  Francia,  la  quale  non  può  salvare  Parigi. 
La  Città  ò  ritta,  la  testa  coperta  da  una  pelle  di   leone, 


LA    GUIDA, 
della  baronessa  Dunicsiiil.) 


le  membra  ravvolte  in  luni^a  veste  magnifica.  Intorno  a  lei,  la 
Miseria,  la  Carestia,  la  .Morte  l  figliuoletti  spirano  sui  seni 
esausti  delle  madri  loro.  Fra  i  moiti.  Regnault,  ecc. 


Studio  di  ìiuìiio. 

ISanguigna.i 
Collezione  della  signora  Meissonier. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


Spero  di  esser  libero  quest'  anno  e  di  dedicarmi  tutto 
all' A  ssl'cÙ'o  di  Parigi\  è  desso  l'espressione  dell'onore  civico; 
In   resistenza. 


GIOVIXE    CHE     SCRIVE     UNA    LETTERA. 
(Quadro  della  collezione  del  sig.  di  Beistegui.) 


Io  era  stato  designato  per  chiedere  il  corpo  di  Regnault 
ai  Prussiani.  Proprio  il  giorno  innanzi,  avevo  parlato  con  lui. 

Meissonier.  1 4 


MEISSONIER 


I  Prussiani  si  sono  mostrati  ostilissimi.  Impedivano  che 
si  entrasse  nelle  loro  linee;  prendevano  le  nostre  barelle,  e  ci 
portavano  i  nostri  morti;  noi  avevamo  fatto  scavare  una  fossa; 
dei  soldati  ada,G,iativi  notavamo  i  numeri  di  matricola.  F^er 
tutto  il  giorno  non  abbiamo  fatto  altro  che  seppellire.  Quando 
si  presentava  il  cadavere  di  una  guardia  nazionale,  lo  si  met- 
teva in  una  stuoia  per  renderlo  alla  famiglia. 


E 


-  -^  -^■^'-1 


LA   VIGILIA    DI    MARENGO. 


Io  vorrei  incidere  il  quadro  dell'  Asseaio.  La  mia  inten- 
zione ,  quando  feci  questo  schizzo  ,  era  di  eseguire  un  gran 
quadro.  Non  voglio  abbandonare  quest'.-J.s-.s"(v//(;  di  Parigi,  che 
ci  salvò  dal  disonore,  senza  aver  tentato  di  esprimere  questa 
verità:  tale  è  la  mia  ambizione. 

L'assedio  permise  la  resistenza:  a  volte,  fece  conoscere 
il  panico  anche  al  nemico:  lo  si  vide  a  \"ersailles. 

I  Tedeschi  non  si  contentano  di  vane  parole:  invasero  la 
Francia,  allorquando  non  e'  era  esercito  .  non  e'  era  governo, 
non   c'era   più   nulla.    Oggi,  però,  dopo  che  i   l-'rancesi  han 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


ripreso  possesso  di    sé,    non    oserebbero    ricominciare.  Ed  è 
appunto  l'assedio  di  Parigi  che  ci  dà  questa  liducia. 


STUDIO   PER    U\-    DRAGOKE   DELLA    «  GUIDA 
(Museo  del  Lussembargo.) 


Huel  quadro  della  Madonna  dcL  Bacio,  è  il  mio  amore! 
Non  lo  venderei  a  nessun  prezzo  !  Se  si  bruciasse  .  sarebbe 
lo  stesso  che  strapparmi  un  lembo  di  pelle!... 


A  volle,  per  lavorare  dentro  San  Marco,    ero    in    tenebre 


MEISSONIER 


SÌ  folte  che ,  spesso ,  andavo  alla  luce  per  vedere  il  mio 
quadro  della  JMadonna  del  Bacio,  e  osservare  ciò  che  avevo 
dipinto  nell'ombra:  volevo  indicare  nel  gesto  della  donna 
pregante   con    tanto    ardore    il    tormento    della  sua  passione; 

quel  placido  prete,  capi- 
tato un  giorno  per  caso, 
mi  offerse .  senza  che 
menomamente  lo  sospet- 
tasse, il  contrasto  da  me 
prestamente  alferrato. 

In  queste  crisi  epa- 
tiche, di  cui ,  dopo  sei 
mesi  di  requie,  soji^ro 
tanto  ancora .  i  medici 
mi  ordinano  il  riposo, 
la  pace  dell'anima....  la 
gioia,  la  tranquillità  della 
vita  morale.  Io  sono  stan- 
co, stordito  dal  dolore; 
e  credo  che  non  ne  avrò 
per  lungi)  tempo  ancora. 

Ah  I  i  bei  sogni 
d'  arte  della  nostra  gio- 
vinezza! Giacché  l'arte 
deve  avere  uno  scopo, 
deve  essere  un  insegna- 
mento morale,  (^come  nel 
quadro  dei  Borglìcsi  di 
Caìais)  deve    esprimere 

gii  alti  pensieri,  le  devozioni  grandi,  i  nobili  esempi.  Ilo  sei 

quadri  che  rispondono  a  questo  mio  ideale: 
Il  Malato  e  il  Prete  \ 


STUDIO    DI    DRAGONE   PER    LA    «  GUIDA  ». 

(Acquerello  delU  collezione  del  sig.  Gastone  Lebreto 

Jireltore  del  museo  di  Rouen.) 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


Il  iSoj,  apogeo  del  trionfo  ; 

Il  i8i^,  rovescio  lugubre  della  vittoria  ; 

La  Barricata  nel  fS-/.S,  l'onore  e  la  guerra  civile; 

L'Assedio  di  Parigi,  la  difesa  della  Patria  ; 

E  finalmente  l'Ardente  preghiera,  da  me  prediletta  forse 
sopra  ogni  altra  mia  cosa ,  quella  Vergine  di  San  Marco, 
per  cui  tu  mi  fosti  modella  a  Venezia,  come  per  la  Città  di 
Parigi  vìqW  ^Assedio . 

Talvolta,  il  cuore  ha  certi  arcani  presentimenti  ;  si  sente 
che  la  felicità  non  può  durare  ;...  non  vorremmo  mai  abban- 
donare,... mai  perdere  quanto  si  ama. 

11  sentimento  della  gloria  e  della  posterità  non  basta, 
quando  non  siamo  più,  a  consolarci  delle  miserie  del  tragitto. 

II  tempo  rimette  al  posto  loro  e  nel  loro  giusto  valore  tutte 
le  anime.  II  valore  reale  di  un  uomo  non  può  essere  valutato 
se  non  alla  sua  morte,  quando  le  voci  dell'amicizia  si  spen- 
gono sul  pizzico  delle  ceneri  ultime,  dopo  i  discorsi  sulla 
tomba,  affettuosi  od  officiali  :  allora  il  monumento  o  crolla,  o 
resiste  glorioso,  inondato  di  ammirazioni  e  di  luce. 

La  mia  vita  e  trascorsa  nella  ricerca  della  verità.  Quan- 
d'  io  debbo  giudicare,  non  osservo  soltanto  dal  mio  punto  di 
vista;  ma  cerco  d'indovinare  quello  degli  altri;  voglio  com- 
prendere la  ragione  e  il  movente  dei  loro  atti. 

\^olere  è  potere!  É  questo  l'assioma  di  tutta  la  mia  vita: 
io  ho  sempre  -z'oluto. 

In  quei  tempi,  ignoti  ai  fotografi,  i  documenti  eran  poco 
numerosi.  Io  mi  recava  durante  il  giorno  nelle  serre  del  Giar- 
dino delle  Piante,  e  mi  mettevo  di  fronte  alle  piante  dei  tro- 
pici; per  disegnare,  mi   restava   solo  la  notte. 


214 


MEISSONIER 


Come  ben  ricordo  la  nostra  giovanezza  e  le  nostre  aspi- 
razioni d'arte! 

Ah!  come  rimpiango  il  tempo  perduto,  quel  tempo  che 
non  si  può  riguadagnare  mai  più  I  La  mia  opera  sarebbe  stata 
compiuta  molti  anni    prima,  se   mio  padre,  fin  dal   principio, 


STUDIO  e:  corazzieri  per  «  1807  ». 


avesse  approvato  e  compreso  la  mia  vocazione...  Quante  mi- 
serie mi  e  occorso  traversare!  Dovevo  guadagnare  il  pane 
quotidiano;  mi  coricavo,  anche  ammogliato,  alle  sei  della 
sera,  per  rialzarmi  a  mezzanotte  e  lavorare  fino  alle  otto 
del  mattino.  Alle  otto  la  giornata  era  guadagnata;  ero  pa- 
drone di  me,  e  lavoravo  fino  alla  sera  intorno  al  quadro  per 
r  {esposizione. 


■  ^'^.É^J 


2l6 


MEISSONIER 


Mio  padre,  per  dono  di  nozze,  mi  pagò  un  anno  di  fitto, 
settecento  franchi  circa,  e  sei  posate  d'argento,  con  queste 
parole:  •'  E  cliiaro  adesso  che  tu  non  hai  più  bisogno  di  me; 
perchè  credo  che.  quando  uno  mette  su  famigHa,  deve  sen- 
tirsi in  grado  di  sostenerla  ».  Più  tardi,  a  mia  volta,  io  rifiutai 
tutto.  Mio  padre  era  orgoglioso,  ed  io  pure... 

Nel  1845,  mio  pa- 
dre mori  ricco,  data 
la  condizione  dei  tem- 
pi, lasciando  una  for- 
tuna di  circa  un  mi- 
lione duecento  mila 
franchi...  Mio  fratello 
Gabriele,  impiegato 
nella  casa,  ma  non  so- 
cio, s' era  separato  da 
lui  e  aveva  fondato 
uno  stabilimento  in 
Russia. 

Più  ci  avvicinia- 
mo alla  line,  e  più  ri- 
cordiamo il  punto  di 
partenza.  Alcuni  tra 
noi  avevano  la  costan- 
te preoccupazione  dei 
vecchi  manoscritti  e 
delle  N'ergini  su  fondi  d'oro:  l'idea  religiosa  dominava  la 
loro  vita.  Si  era  in  pieno  Faust  e  Margherita  (noi  allora  era- 
vamo... molto  gotici  I.  Credevamo  realmente  alla  margheritina 
sfogliata  ?  Si  dipingeva,  pensando  a  Lamartine  (spesso  sulla 
montagna).  Dio!  quante  lagrime  ho  versato  in  giovanezza  per 
questo...  Adesso,  molte  cose  sono  invecchiate,  specie  le  agu- 
glie  gotiche  e  i  concerti  sacri  I  Iluml  .Ma  non  imporla;  io 
piango  ancora  leggendo,  quei  versi. 


UN      CORAZZIERE. 
(Schizzo  per  iS.ìj.) 


CONVERSAZIONI   E  RICORDI 


217 


Mentre  en^  in  pensione  a  Thiais  ,  con  mio  fratello  Ga- 
briele e  con  1^'auvel,  (diventato  poi  medico  il  i83o  scoppiò. 
—  Avevo  quindici  anni  —  si  era  in  uno  stato  di  sovreccita- 
zione incredibile!... 

In  quelle  terribili 
giornate  rivoluzionarie, 
i  caratteri  si  rivelavano 
per  mezzo  di  frasi  o 
ingenue  o  irritanti.  11 
mio  sarto,  ad  esempio, 
certo  Chevreuil,  che  io 
lasciai  appunto  a  ca- 
gione delle  sue  parole 
nel  1848,  mi  disse: 
«  Mi  piace  molto  la  cac- 
cia all'  uomo  !  » 

Terrien  fu  testimo- 
ne di  un  altro  fatto  ab- 
bominevole  :  una  sen- 
tinella montava  la 
guardia  in  un  luogo  e- 
sposto  ;  una  guardia  na- 
zionale sopraggiunge  , 
afflitta  .  col  fucile  in 
mano:  «  Io  non  isbaglio 
mai  un  colpo,  e  non 
ancora  mi  è  capitato  di 
farne  uno.  »  —  «  Non 
sbagliate  mai  il  colpo'  - 
Allora,  mettetevi  li,  sull'angolo  di  quella  casa:  ogni  volta 
che  io  mi  scopro,  un  uomo  e  una  canna  di  fucile  compaiono 
e  mirano:  or  io  mi  mostrerò,  state  attento I  »  La  sentinella 
fece  qualche  passo.  L'insorto  apparve,  e  1'"  amatore  »  non 
fallì  il  suo  colpo. 


UN'A    aVlDA. 
(•Schizzo    a    matita 


disse  la  sentinella  —  ne  siete  certo? 


2l8 


MEISSONIER 


"ALLO    MORLSTh. 

o  per  VAisid.o  J!  l'ari;i.) 


Chenavard  mi  di- 
ceva di  non  aver  nnai 
capito  cosa  fosse  la 
folla  se  non  ai  funerali 
della  signora  Blanc. 
Luigi  Blanc  e  un  so- 
gnatore ;  ma  un  one- 
sto :  gli  operai  lo  ama- 
no, e  benché  non  abbia 
mai  ottenuto  nulla  per 
loro,  e  l'uomo  nato  per 
essi;  fanno  assegnamento  su  di  lui  per  l'avvenire,  e  a  un 
suo  cenno  accorrerebbero  in  folla  innumerevole.  \'ittor  Hugo, 
che  camminava  in  prima  fila  con  Luigi  Blanc.  gli  batteva,  di 
tratto  in  tratto,  sulla  spalla:  «  ^'ia,  coraggio,  amico  mio!  »,  gli 
diceva  con  voce  forte;  «  la  morte  e  nulla:  pochi  giorni  ancora, 
e  ci  si  ritrova  tutti  ».  ecc.,  indi,  volgendosi  verso  Chenavard: 
«  Come  siete  diventato 
bianco  !  »,  gli  diceva 
sottovoce.  Ed  è  cosi 
che  se  ne  vanno  tutti 
i  cortei  funebri  :  i  pri- 
mi, o  piangono  o  sono 
veramente  accasciati , 
e  tale  angoscia  di  fila 
in  fila  svanisce  più 
presto  dei  cerchietti 
neli'  acqua  momenta- 
neamente turbata.  Si 
comincia  con  parlare 
del  morto,  e  si  finisce 
con  ridere  di  un'altra 
cosa.  Ne  ho  visto  un 
esempio     i  mpressio-  (Sn.d,o  per  ....a  t,g,jra  dcir.<.i,,(.o  j.  t^r. 


SCHIZZI    A   MATITA   PER    l'  «  ASSEDIO    DI    PARIGI  ». 


MEISSONIER 


nante,  quasi  raro,  ed  io  vi  era.  X . . .  mio  vecchio  amico  e 
medico,  amava,  credo,  da  molto  tempo  la  moglie  dell'am- 
miraglio Z...  Alla  morte  di  questi,  egli  la  sposò.  Del  primo 
matrimonio  restava  un  figliuolo  adorato  e  veramente  simpa- 
tico; morì  a  diciannove  anni,  di  morte  quasi  subitanea;  e  fu 
cosi  terribile  e  violento  cordoglio  che  noi  tutti,  amici,  ne 
fummo  penetrati;  il  poveretto  fu  seppellito  a  Choisy. 

Tre  giorni  dopo,  munito  di  un  permesso  della  polizia, 
il  padrigno  venne  a  trovar  me  a  Y... .  e  ci  chiese  di  andar 
con  lui  a  Choisy  per  assistere  allo  scoprimento  della  bara 
e  cercar  di  prendere,  sui  tratti  del  morto,  la  maschera  che 
con  suo  gran  dol'jre.  gli  mancava. 

Partimmo  in  una  carrozza,  portando  alcuni  sacchetti  di 
gesso  e  tutto  l'occorrente  per  l'operazione.  Eravamo  atterriti 
nel  vedere  il  dottore  con  una  spada  in  mano,  quella  dell'am- 
miraglio Z...,  in  tale  stato  di  abbattimento  che  non  osavamo 
pensare  a  ciò  che  sarebbe  potuto  accadere...  La  natura,  talvolta, 
sembra  associarsi  agli  atti  della  vita  con  misteriosa  simpatia: 
entrando  nel  cimitero,  il  giorno  declinava  con  toni  strani.  Il 
becchino  estrasse  il  feretro ,  lo  aprimmo;  il  corpo  era  già 
cosi  disfatto  che  dovemmo  rinunziare  al  nostro  proposito;  si 
rinchiodò  la  bara,  dopo  che  il  dottore  vi  ebbe  deposto  la 
spada  dell'ammiraglio;  sapemmo  allora  perchè  1'  aveva  por- 
tata !  Uscimmo  dal  cimitero,  col  cuore  un  po'  sollevato  da 
quell'atto,  ma  ancor  tutto  chiuso  dalla  tristezza  di  quella  gior- 
nata mortuaria.  Era  tardi  ;  tutti  e  tre,  naturalmente,  eravamo  a 
digiuno;  ma  chi  avrebbe  pensato  allora  a  mangiare?  Tuttavia, 
lungo  il  cammino,  vedemmo  un  ristorante  allora  molto  in 
voga.  Ci  facemmo  servire  un  pranzo ,  che  sulle  prime  ci 
parve  dovesse  restare  inlatto;  ma  l'appetito  vien  mangiando. 
La  vita,  poco  a  poco,  riprese  il  sopravvento;  e  uscendo, 
avevamo  tutti  l'aspetto  di  gente  che  abbia  giocondamente 
pranzato,  cui  non  turbi  nessun  ricordo  di  cimitero. 


CON^'ERSAZIONI  E  lUCORDI 


L'Imperatore  era  severissimo,  ma  dopo  diventava  dolce. 
Allorché    dava  un    ordine  di    ^atl^!^lia  .  non    ammetteva    esi- 


LA   PREGHIERA   ARDENTE. 


tazioni  di  sorta:  l'ufficiale  chiamato  si  avanzava,  col  cappello 
in  mano,  e  doveva  ripetere  parola  per  parola  l'ordine  dato: 


MEISSONIER 


I.E    ROVl;>t    JiLLE    TJiLLtRIE.  —   MAGGIO    1S7I. 


se  esitava:   «  Senza  intelligenza  »  diceva  1'  Imperatore;  «  a  un. 
altro  !  » 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI  223 

Mortemart  raccontava  che  a  1  la2;uenau  si  doveva  traver- 
sare una  foresta. 

«  Il  luogo  è  paludoso,  difficile  ».  volle  egli  giustificarsi. 
«  Non  è  vero  »,  disse  l'Imperatore  impetuosamente.  Kgli  sen- 
tiva che,  per  gli  uomini  ascoltanti  dietro  di  lui.  non  dovevano 
esserci  ostacoli. 

10  non  so  perchè  oggi,  a  cavallo,  questi  orizzonti  di 
Marly  mi  ricordino  Solferino. 

Impossibile  formarsi  un'idea  di  quella  giornata  con  quelle 
inondazioni  di  uomini.  M'ero  rifugiato  in  una  piccola  fattoria; 
mentre  mettevo  il  piede  fuori  ,  I'  uragano  scoppiò.  Sotto  la 
tettoia  dell'  ingresso,  alcuni  soldati  di  linea ,  seduti  su  certe 
travi,  vigilavano  parecchi  prigionieri  austriaci.  Scambiai  con 
quei  poveri  diavoli  poche  parole  in  tedesco.  Poi  qualcuno 
andò  a  cercare  nel  granaio  un  po'  di  fieno  per  la  mia  cavalla, 
che  non  ne  poteva  più.  Più  lontano,  un  sergente  voleva  ripa- 
rarla, insieme  a  me,  in  una  stanza  piena  di  feriti:  non  occorre 
dire  che  rifiutai.  Uscii,  solo,  per  raggiungere  l'Imperatore.  Ai 
cavalli  non  piace  calpestare  i  corpi ,  e  ovunque  erano  cada- 
veri ;  talvolta  udivo  gridare:  «Badate  alle  baionette;  i  cavalli 
possono  restarne  feriti  !  >■ 

11  primo  uomo'  colpito  produce  una  violenta  emozione. 
Poi  vi  ci  si  abitua.  Uno  zuavo  in  calzoni  di  tela  grigia  si 
trascinava  su  una  strada:  non  era  mortalmente  ferito,  poiché 
camminava  ancora,  ma  i  calzoni  diventavan  rossi  di  sangue... 
In  un'ambulanza  provvisoria,  i  chirurgi  giravano  in  mezzo  ai 
feriti,  portati  colà  da  ogni  parte.  Passando,  io  salutava  ri- 
spettosamente quei  miseri... 

II  caldo  accasciava.  Verso  mezzogiorno  .  m'  ero  addor- 
mentato a  pie'  di  un  albero,  con  le  briglie  della  mia  Coningham 
passate  nel  braccio.  Svegliandomi,  in  una  scodella,  foggiata  con 
le  suola  di  un  povero  morto,  le  apprestai  un  po'  di  grano: 
la  bestia,  nauseata,  lo  rifiutò... 


224 


MEISSONIER 


Un  ufficiale  mi  disse,  passando  :  «  Prendete  questo  ber- 
retto: vi  farà  comodo  .'>.  Quel  berretto  era  caduto  dal  sacco 
di  un  giovane  utlìciale  austriaco,  un  bel  giovanotto  disteso, 
pallido,  tra  i  morti...  L' idea  mi  fece  orrore... 

A  Brescia,  avevo  potuto  trovare  una  bellissima  stanza,  al- 
l'albergo della  Posta; 
dovevo  attraversare 
quelle  degli  altri  per 
giungervi  ;  ma,  in  com- 
penso, vi  si  stava  libe- 
ramente. Però,  tutto 
era  aperto  a  tutti.  Mi 
ricordo  di  un  giovane 
bellissimo,  un  Croato 
che  dormiva  profon- 
damente sul  suo  letto 
intieramente   nudo... 

Quanto  al  pran- 
zo, era  preso  d'assalto 
nella  cucina.  Uno  dei 
nostii  vi  laceva  buona 
guardia;  ma  non  ap- 
pena voltava  la  schie- 
na, uno  zuavo,  sveltis- 
simo, s'  impadroniva 
della  marmitta  con  le 


SCHIZZO    DI    PAESAGGIO. 


patate. 

Nella  stanza  di  un  intendente  avevamo  bevuto  dello 
champagne  gelato;  ogni  furto  era  legittimo  in  quel  disordine... 

Che  singolare  aspetto  quello  dei  villaggi  all'ingresso  delle 
tiuppe  francesi  I  Le  case  erano  imbandierate:  le  vesti  degli 
abitanti,  le  gonne  da  festa,  i  fazzoletti  fiammanti,  le  cortine, 
tutto  assumeva  un  tono  di  solennità  per  onorarci!  L'entu- 
siasmo diventava  delirio. 


Stìtdio  per  ima  figura  del  "  Sansone  „. 
(Disegno  a  lapis  e  a  cinabro  -  Colicz.  del  big.  Jean  Gigol'.n.) 


Meissonter. 


MEISSONIER 


Si,  tulVà  la  campagna  d'Italia  è  vibrante:  peccato  non  ne 
abbia  preso  molti  schizzi,  o  scritto  tutti   i    ricordi  1... 

Spesso  una  vittoria  e  conosciuta  solo  dopo  la  battaglia, 
senza  che  nel  momento  stesso  se  ne  sia  avuta  la  minima 
impressione  trionfale.  Ho  potuto  vederlo  a  Solferino,  dove 
ero  nel  gruppo  dell'  Imperatore.  Al  calai'  del  giorno  ,  verso 
le  otto  di  sera,  quando  gli  Austriaci  in  rotta  fuggivano  lon- 
tano. l'Imperatore,  seguito  da  noi.  sali  sulla  collina  per  rag- 
giungere un  varco  denso  di  morti.  Giungendovi,  odo  an- 
cora Castelnau  gridare  :  <<  Badate  ai  cavalli  !  »  (a  cagione 
del  fucile». 

Si  conosceva  allora  cosi  poco  il  risultato  finale,  che  l'Im- 
peratore, avendo  interrogato  il  suo  Stato-maggiore  sul  bron- 
tolio delle  cannonate  persistenti  ancora,  nulla  da  lui  potè  sapere. 

Se  ci  fossimo  serviti  allora  della  cavalleria  fresca  .  che 
non  aveva  partecipato  alla  lotta,  gli  Austriaci  accavallantisi 
per  terrore  nel  celere  passaggio  del  .Mincio,  i  cui  ponti  erano 
distrutti,  sarebbero  rimasti  fulminati. 

Io  non  so  se  il  fatto  sia  vero:  certo  ci  fu  narrato  laggiù, 
nelle  strade  di  non  ricordo  più  qual  villaggio,  che  l'impera- 
tore d'Austria,  per  l'ira  di  quella  terribile  fuga  del  suo  esercito 
in  rotta,  in  quell' affollarsi  tumultuoso  dei  fuggitivi,  avesse 
sciabolato  un  uomo  che  gl'impediva  il  passo. 

La  vittoria  .  come  ho  detto  .  era  cosi  poco  nota  che , 
avendo  chiesto  a  Castelnau  dove  si  prenderebbe  alloggio  la 
sera,  egli  mi  rispose:  «  Siamo  obbligati  di  coricarci  (////;  al- 
trimenti, si  direbbe  a  Parigi  che  siamo  stati  battuti.  » 

Fleury.  Castelnau  ed  io  discendemmo  su  Cavriana.  Ri- 
vedo la  città,  una  di  quelle  cittadine  d'Italia  costrutte  sovra 
un'altura  fiancheggiata  da  muraglie,  con  al  sommo  il  castello 
proteggente  le  case  raggruppate  all'intorno.  Il  cortile  nel  quale 
entrammo  era  ad  arcate,  lo  reggeva  i  tre  cavalli,  mentre  gli 
altri   cercavano  di  prender  piede  nella  confusione  dell'accam- 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


227 


pamento.  Si  trov(i)  alla  perfine  un  po'  di  fieno  e  un  po' d'acqua 
per  i  nostri  cavalli;  e  io  corsi,  a  mia  volta,  a  bere  una  cosa 
rara:  un  bicchiere  d'acqua  fresca  fattomi  serbare  da  Castelnau. 

Con  quel  caldo,  dopo  la  pugna,  è  impossibile  descrivere 
la  rabbia  del  bere:  si  faceva  a  chi  primo  portasse  via  un 
bicchier  d'acqua.  Mi  ricordo  di  un  posto,  ove  gli  uomini 
avevan  bevuto  per  tutta  la  notte:  al  mattino  si  scoperse 
ch'era  colmo  di  cadaveri. 

.Molti  morti  erano  spogliati.  L'no  di  essi  mi  colpi  per  la 
sua  bellezza.  Era  nudo  fino  alla  cintola:  mirabile  il  torso. 
Che  tristezza  annientar  forme  si  belle! 

A  Grenoble,  nella  mia  gioventù,  ho  assistito,  ma  volgendo 
il  capo  all'ultimo  momento,  a  una  duplice  esecuzione  capitale. 
Avevo  per  maestro  d' inglese  un  giovanotto ,  che  si  prepa- 
rava a  diventar  c/c'rgvi/idì?  .  e  che  credeva  utile  assuefarsi  a 
tutto:  egli  condusse  due  o  tre  allievi,  tra  cui  me,  a  quell'ese- 
cuzione. 11  patibolo  era  una  grande  macchina...  \"edo  ancora 
uno  dei  due  condannati  schermirsi  ,  correndo  intorno  alla 
ghigliottina:  sono  ricordi  incancellabili  di  orrore... 

-Ma  giammai  l' impressione  della  morte  violenta  mi  ha 
tanto  colpito  come  nel  1848.  Una  mattina,  nella  luce  fredda 
dell'alba  grigia,  vidi  sboccare  da  una  strada  oggi  demolita, 
presso  l'Hotel  de  Ville,  un  gruppo  d'  uomini  sospingenti  un 
prigioniero  che  si  dibatteva:  era  un  bel  giovane,  grande,  pieno 
di  vita,  un  vero  modello.  Giungevano  presso  a  me;  quando, 
bruscamente,  colui,  trattato  come  un  ribelle,  ricevette  una  palla, 
che  lo  fece  stramazzare  rigido.  Vedo  ancora  quel  trapasso 
rapido  .  sinistro  ,  dalla  vita  alla  morte.  Le  sue  mani  percos- 
sero un  po'  i  fianchi  ;  poi  più  nulla.  Lo  portaron  via  come 
una  cosa  tloscia,  un  cencio  umano  che  pendeva  in  tutti  i  sensi. 

Quanto  romore  qui  per  questo  suicidio  e  questo  dramma 
amoroso!  Ecco  dove  siam  pervenuti!  Quei  due  colpi  di  pistola 


228  MEISSONIER 


sono  un  avvenimento!  Una  volta  si  moriva  facilmente:  ora 
la  vita  umana  diventa  cosa  sacra,  ed  è  questo  sentimento 
che  genera  la  vigliaccheria  e  soffoca  il  dovere. 

É  singolare  come  la  morte  dell'uomo  produca  poco  effetto 
nella  natura,  come  anzi  si  sembri  bruita  !  I  cadaveri  poi  sono 
tanti  cenci  sporchi,  inutili. 

La  morte  dell'  uomo  ripiglia  la  sua  importanza  ,  la  sua 
grandezza  e  la  sua  emotività  profonda .  allorché  esso  spira 
nel  suo  àmbito  famigliare,  nella  sua  casa,  in  mezzo  ai  suoi. 
Allora  ogni  cosa  è  colpita  da  quell'  agonia  ,  ogni  cosa  ne  è 
penetrata,  ogni  cosa  si  vuota  e  s'infosca:  e  un' anima  che  se 
ne  va 

Sul  campo  di  battaglia  —  com'io  vidi  nel  1870  —  la 
personalità  scompare  :  il  cadavere  non  e  se  non  una  cosa 
sconosciuta,  perduta  in  un  campo  sterminato. 

Ho  assistito,  a  Metz,  a  un  duello  a  morte,  in  qualità  di 
padrino,  insieme  ad  Augier.  ("he  cosa  terribile  vedere  un 
uomo  trapassar  subitamente  dalla  vita  rigogliosa  alla  morte! 
Egli  aveva  il  polmone  attraversato  dalla  spada  ;  un  gorgoglio 
s'udi,  poi  uno  zampillo  di  sangue,  grosso  come  un  cannello 
di  penna,  gli  sfuggi  dalle  labbra:  cadde,  sorretto  dai  suoi 
padrini  :  due  volte  le  sue  mani  batterono  il  suolo,  reggendo 
sempre  la  spada;  poi,  la  fine:   era  morto! 

Si,  ho  conosciuto  Balzac,  che  sbalordiva  per  la  sua  fan- 
tasia e  per  il  suo  orgoglio,  un  orgoglio  immenso  e  sincero. 
Ne  avevo  già  felicemente  tracciato  il  ritratto,  come  pur  quello 
del  dottor  Lefèvre  ;  ma,  per  gran  disgrazia,  dipinsi  sulla  stessa 
tela  un'altra  cosa.  Ora  il  mio  Balzac  sta  sotto  uno  de'  miei 
migliori  quadri,  attualmente  nel  Belgio:  1'  I'oììio  che  sceglie 
una  spada. 

Facevo  quel    ritratto    per    l'editore   di  Balzac,  e  questi. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


ROBERTO   FLEURY. 
(Schizzo  fatto  all'Istitutt 


con  la  maggior  buona  fede  del    mondo  ,    scontava   già  i  due 

milioni  che  avrebbero  do- 
vuto toccarmi  con  la  tira- 
tura colossale  delle  sue 
opere,  a  due  franchi  di 
beneficio  per  ogni  copia, 
come  mi  diceva. 

Era  però  affetto  da 
una  certa  bizzarra  avari- 
zia :  rHetzel  ne  sa  molti 
esempi,  l'Hetzel  che  trat- 
tava sempre  con  lui  per 
la  Comédie  Jmmaine,  della 
quale  era  imminente  la 
pubblicazione.  Balzac  an- 
dava a  prenderlo  in  un 
carrozzino  da  nolo,  nuovo  lusso  del  momento,  faceva  le  corse 
che  voleva,  e  lasciava  che  HetzeI, 
invariabilmente,  pagasse  il  coc- 
chiere ! 


.Molti  anni  fa,  molti  !  —  anni 
già  finiti  quando  ero  ancor  gio- 
vine —  esisteva  un'  arte  uffi- 
ciale. Lo  Stato  non  1'  ha  quasi 
più  riconosciuta  dal  giorno  in 
cui  acquistava  la  Barca  di  Dante, 
\ Eccidio  di  Chio,  la  Medea,  ecc., 
ordinava  la  Battaglia  di  Tail- 
lebourg.  e  incaricava  Delacroix 
delle  più  belle  decorazioni  che 
siano  mai  state  fatte  :  la  biblio- 
teca della  Camera,  quella  del 
Senato,    il  soffitto   della   galleria   d'Apollo!    (Quest'opera,  fra 


(Schii 


l'Istituto.) 


230 


MEISSONIER 


tutte  mirabile,  non  data  da  ieri:  rivolgendosi    a   quell'uomo 
di  genio,  lo  Stato  rompeva  la  tradizione  consacrata. 

Quando,  ventinove  anni  Fa.  ebbi  l'onore  di  entrare  all'I- 
stituto (nel   i86[)  la  maggioranza  dell'Accademia,  accogliendo 

nel  suo  seno  un  pittore  di  ge- 
nere .  che  non  aveva  nel  suo 
bagaglio  artistico  se  non  qualche 
figurina,  rompeva  anche  quella 
tradizione  ;  e  come  poi  ha  mo- 
strato un  sentimento  cosi  parti- 
giano, chiamando  Geròme,  Hon- 
nat,  Breton,  Delaunay,  Gustavo 
Moreau.   llenner?... 

Allorché  Fau  servi  d'inter- 
mediario tra  Delahante  e  me 
per  il  /eV/y.  io  dichiarai  che  nun 
mai  avrei  rinunciato  alla  popo- 
larità, alla  pubblicità  del  mio  lavoro.  Sarebbe  stato  come 
rinunziare  alla  cosa  cui  tengo  maggiormente,  e  per  la  quale 
sempre  lavoro.  Tal  movente  e  per  noi  assai  più  torte  che 
non  sia  il  fascino  del  danaro. 

E  come  se  voi  vi  lusingaste  di  far  accettare  da  una  bella 
donna  —  qualunque  siano  le  comodità  e  gli  agi  che  le  assi- 
curereste —  il  patto  di  non  mostrarsi  mai  in  pubblico. 

Se  Augier,  per  le  sue  commedie,  accettasse  quest'  obbligo, 
nonostante  l'equo  desiderio  di  un  onesto  guadagno,  pur  fa- 
cendo del  suo  meglio,  nulla  produrrebbe  di  buono,  se  non 
sentisse  lo  stimolo  irresistibile  del  pubblico  suffragio. 


IL   BARONE   TAYLOR. 
(Schizzo  fatto  all'  Istituto.) 


l*er  quanto  sien  grandi  i  progressi  latti,  non  bisogna  sde- 
gnare nella  maturità  le  opere  anteriori  e  gli  sforzi  della  gio- 
vanezza. 

Per   questo  io  reclamerò  sempre    con    energia    il    diritto 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


d'impedire  ogni  copia  o  riproduzione  dei  nostri  lavori;  terrò 
per  illegittima  la  pretesa  d'impedire  al  nastro  acquirente  di 
far  dell'opera  acquistata  l'uso  che  gli  talenti,  l'agli  potrà  Farne 
una  mostra  da  bottega,  nasconderla  o  distruggerla  liberamente, 
senza  che  alcuno  possa  protestare.  Ma  il  diritl<j  di  riprodu- 
zione è  altra  cosa.  Io  permetto  che  mi  uccidane,  non  già  che 
mi  sfregino! 

Da  gran  tempo  invochiamo  una  protezione  legale.  X'errà 
giorno,  a  Dio  piacendo,  che  ci  sarà  data. 

Oggi  il  regime  cui  sottostiamo  non  e  più  lo  sfrutta- 
mento: e  il  ladrocinio.  Chiedendo  un  rimedio  al  male,  bisogna 
chiamarlo  col  suo  nome.  (Jggi  s' incidono  le  cose  nostre,  e 
spesso  Dio  sa  come!  senza  neanche  chiedercene  il  permesso. 
K  che  giovar*  L'incisore,  senza  vergogna  alcuna,  espone  e 
vende  quell'incisione. 

L'editore  fa  lo  stesso,  ovvero,  se  crede  necessaria  una 
licenza,  la  domanda  al  proprietario,  non  all'  artista.  Io  posso 
citare  un  fatto.  Un  editore  ordina  l'incisione  di  uno  de'  miei 
quadri  e  la  mette  in  vendita;  io  protesto.  "  Signore,  egli  mi 
dice,  ho  il  permesso  del  proprietario:  ecco  la  lettera.  »  —  "  .Ma 
il  proprietario  non  poteva  darvene  licenza.  «  —  «  Questo  non  mi 
riguarda  ;  io  sono  in  regola  ;  se  volete  ,  fate  un  processo  al 
proprietario  del  quadro.  »  E  tutto  questo  bel  discorso  nelle 
forme  più  gentili.  Penserete  che  io  non  poteva  querelarmi 
col   proprietario  del  mio  quadro  ,    e  la  tiratura  seguito. 

Nel  libro  del  Capitano  Coignct,  si  trovan(j  cose  magni- 
fiche di  realtà,  scene  d'una  verità  assoluta.  ()gni  particolare 
è  di  grande  naturalezza:  la  vigilia  di  .Marengo,  ad  esempio, 
quando  i  cacciatori  portano  i  sarmenti  per  far  fuoco  al  Primo 
Console.  E  sul  primo  assedio  di  .Magonza,  pur  nel  quale  noi 
francesi  ci  coprimmo  di  gloria,  vi  son  tre  o  quattro  pagine 
superbe. 

Gouvion    Saint-Cvr  ne  racconta    mirabilia!   I    nostri    sol- 


Ì32 


MEISSONIER 


dati    eran    costretti    a    dissotterar   le  sementi  ;  rubacchiavano 
anche  per  vivere;  eran  uomini  fierissimi  e  bellissimi. 

Il  maresciallo  Rec^-naud  de  Saint-Jean  d'Angely  mi  disse, 
un   Gfiorno   che   andai    a  visitarlo,   che   il    suo    frustino    con- 


SAVOLkOK'L.. 
(QuiJro  Jella  collezione  del  duca  Ji   Morny.) 


sunto  alla  cima  e  sempre  agganciato  dietro  a  lui,  era  invece 
dell'Imperatore:  l'aveva  questi  così  consunto  sul  suo  stivale 
nei  moti  d'impazienza. 


CONNERSAZIONI  E  RICORDI 


233 


Il  vecchio  Carafa,  il  musicista,  mi  narrò  che,  in  un  certo 
giorno  di  battagHa,  egH  aveva  afferrato  il  famoso  pennacchio 
di  Murat ,  cacciandoselo  prudentemente  in  tasca  per  non 
far  da  richiamo  alle 
palle... 

Egli  morì  durante 
l'assedio  del  1870,  e, 
cosa  spaventosa ,  sua 
moglie  era  morta  sot- 
to i  suoi  occhi,  al  suo 
fianco,  nella  stessa  ca- 
mera ,  senza  eh'  egli 
potesse  chiamar  soc- 
corso: era  paralitico  I... 

Poiché  Popò t te,  il 
suo  vecchio  cavallo 
prediletto,  non  poteva 
più  camminare,  gli 
aveva  fatto  fabbricare 
ferri  appositi  .  vere 
scarpe  d'invalido. 

Niente  più  stupido 
e  niente  più  bello  del 
cavallo.  Se  volesse  ri- 
flettere e  adoperar  la 
sua  forza,  non  si  po- 
trebbe domarlo;  e  tuttavia  si  fa  montare,  e  sopporta  l'uomo 
sul  dorso. 

Pero  e  di  una  memoria  veramente  meravigliosa.  Io 
andava  spesso  a  pranzo  al  castello  Duval  ,  da  Fould  ,  nella 
foresta  di  Saint-Germain.  Allora  non  avevo  carrozza;  ritornavo 
a  cavallo,  e  lasciavo  che  l'animale  riconoscesse  da  solo  il  suo 
cammino  nell'ombra  degli  alberi:  eppure  ritrovava  sempre  la 
strada  buona. 


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UFFICIALE. 
gno  .:ra.-q„erello.) 


234  MEISSONIER 


Il  mio  cavallo  Ri-i'oli  aveva  una  gran  memoria.  Una 
quercia  era  stata  abbattuta,  fuor  della  strada,  nella  foresta, 
in  mezzo  ad  alti  cespugli  che  la  nascondevano.  Eravamo 
stati  una  volta  a  vederla  e  ad  ammirarla.  Poco  tempo  dopo, 
passando  pel  viale,  Rii'oli  s'inoltrò  tra  le  fratte,  e  senza  esi- 
tare, giunse  dinanzi  all'albero  caduto. 

L'anno  seguente,  la  quercia  era  tagliata,  portata  via,  e  lo 
stesso  luogo  ,  poiché  i  cespugli  erano  stati  abbattuti  .  aveva 
mutato  aspetto.  Noi  facemmo  allora  1'  esperimenti!  di  lasciare 
al  cavallo  le  briglie:  e.  con  mio  grande  stupore,  andò  diritto 
al   posto  senza  sbagliarsi. 

l"n'  Esposizione  e  sempre  un'opera  patri(jltica. 

Noi  dobbiamo  recarvi  quanto  è  di  più  puro  in  noi...,  e 
poiché  l'opera  nostra,  uscita  dalla  nostra  anima  e  dalle  nostre 
mani,  e  unica,  ci  auguriamo  di  non  esporla  fra  i  prodotti  di 
semplice  industria,  che  una  volta  ottenuti  possono  rifarsi 
identici  all'infinito:  la  differenza  è  evidente   e  comprensibile. 

(Quando  1'  industriale  è  fortunato,  può  aumentare  il  nu- 
mero delle  sue  macchine,  ingrandir  l'officina,  raddoppiare 
la  mano  d'  opera  ;  la  sua  produzione  cresce  sempre  in  rag- 
guaglio della  richiesta.  Per  noi.  è  tutto  l'opposto:  il  vero 
artista,  che  concepisce  ed  eseguisce  da  solo,  non  aumenta  la 
sua  produzione  con  la  fama;  forse  accade,  anzi,  il  contrario. 

Per  molto  tempo  io  esercitai  le  funzioni  di  giurato  al 
Salon.  (  )ltre  lo  spreco  d'un  tempo  prezioso,  esse  altro  non 
procurano  di  solito  se  non  rammarichi,  rimproveri  e  stanchezza 
estrema.  Il  rifiuto  d'un  quadro  può  impedirne  la  vendita.  E, 
più  che  una  ferita  all'amor  proprio,  potrebbe  cagionare  la  ro- 
vina d'un  povero  artista,  che  per  condurre  a  termine  l'opera 
sua  ha  speso  al  di  là  de'  suoi  mezzi. 

Henche  tali  ostacoli  sieno  oi'mai  molto  lontani  per  me, 
tuttavia  non   li   ho  mai  dimenticati. 

Kifiutando  un  quadro,  ho  detto  sempre   con  dolore:  no. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


235 


Non  potrei  ora  restarmene  più  a  lungo  in  Isvizzera;  ho 
bisogno  di  contemplare  nel  tempo  •  istesso  anche  l'opera 
umana;   ed  è  perciò  che  ritorno  con  tanta  gioia  in   Italia. 

()  \"enezia!  Rivederti  e  un  diletto  sempre  più  vivo  per 
me.  Tutto  laggiù  instiga  lo  spirito.  Non  si  ha  che  il  rimpianto 
di  non  poter  rendere 
tutto  quel  che  vi  blan- 
disce e  v'  incanta... 

Ricordatevi  che. 
per  quanto  ingegno  uno 
possegga,  in  qualunque 
urgenza  di  denaro  si 
trovi .  non  deve  mai 
lasciar  sospettare  agli 
acquirenti  che  abbia  bi- 
sogno di  loro  e  voglia 
di  vendere. 

10  ho  sempre  agito 
cosi,  fin  dall'inizio  della 
mia  carriera. 

Lavoravo  allora  a 
uno  dei  miei  quadretti  : 

Un  lettore    bruciato  poi  in   Inghilterra);  mia  moglie  era  pros- 
sima al  parto...,  e  mancavamo  di  denaro. 

11  dottor  (/erise  venne  per  acquistare  questo  Lettore 
per  conto  d'  un  dilettante  inglese,  il  cui  nome,  adesso,  mi 
sfugge ,  e  che  era  socio  di  Labouchere-Mallet.  Gli  chiesi 
duemila  lire.  Egli  protestò:  il  prezzo  gli  sembrava  eccessivo. 
«  Ma  se  è  piccolissimo,  questo  quadro!  »  diceva. 

«  É  possibile;  ma  io  ci  ho  lavorato  con  cura.  D'altra 
parte,  solo  le  incisioni  in  legno  e  le  illustrazioni  mi  danno  da 
vivere.  Se  dipingo  qualche  volta,  è  per  gusto;  vuol  dire  che 
terrò  nello  studio  questo  quadretto  ;  non  ci  occuperà  molto 
posto. 


ìtudio    di    cavallo. 

(Disegno  a  matita.) 


236 


MEISSONIER 


'i^- 


:% 


Allora  egli  fece  lo  sforzo,  enor- 
me per  quei  tempi,  d'  offrirmi  mille 
e  cinquecento  franchi. 

lo  acconsentii,  ma  ad  un  patto, 
che  venne  accettato  :  «  Sono  in 
procinto  di  fargli  \ix\  pendant ,  gli 
dissi  :  lo  prendereste  alle  stesse  con- 
dizioni? «  (Questo  pendant,  natural- 
mente, non  venne  mai  eseguito. 

(il)  che  quei  mille  e  cinque- 
cento franchi  contanti  rappresenta- 
vano per  i  miei  bisogni  domestici, 
lo'lascio  immaoinare.. . 


j      "     'i  L'altra  sera,  al  circolo,  Halevy 

I  e    altri    applaudivano    agli     articoli 

I  contro  Napoleone,  e  tra  molte  cose 

stupefacenti,  sostenevano  che  Thiers 
GUIDA.  avesse   voluto    rendere    un    cattivo 

(Schizzo  a  matita.)  .      /  .      .      .,.  , 

servigio  a  re  Luigi   rihppo.  lacendo 
restituire  a  Parigi  le  ceneri  dell'Imperatore. 

Io  protestai:  era  come  voler  dimenticare  o  disconoscere 
la  verità. 

Nel  1840,  avevo  venticinque  anni;  non  leggevo  giornali, 
e  non  m'occupavo  punto  di  politica.  Andai  con  un  amico  in 
ferrovia  al  Pecq,  al  disotto  di  San  Germano  'il  binario  non 
giungeva  ancora  fin  là)  per  veder  passare  gii  avanzi  dell'  Im- 
peratore, trasportati  in  battello  a  vapore  dall'Havre  a  Parigi. 

V'era  una  folla  enor- 
me :  i  vagoni  erano  tal-  |^) 
mente  gremiti,  e  s'andava 
con  tanta  lentezza  in  quel 
tempo,  che  certi  burloni 
gridavano  :  "  \'olete  che 
spingiamo  il  trenor  " 


«-Aà 


238  MEISSONIER 


Oh ,  lo  spettacolo  offerto  da  quei  figli  di  re  e  da  quei 
generali  in  grande  uniforme  sul  ponte  del  battello  ,  intorno 
alla  bara  !... 

Eravamo  in  preda  a  tale  entusiasmo  che  io  proposi,  per 
rivedere  ancora  una  volta  il  corteo,  di  correre  a  traverso  i 
campi  e  raggiungerlo  a  Bezons. 

Ed  eccoci  in  cammino  per  Bezons.  senza  aver  mangiato 
dal  mattino.  Dopo  la  nuova  sfilata ,  non  essendone  ancor 
sazi,  io  grido:  «  Andiamo  a  vederlo  ancora!  »  E  ripartiamo, 
sempre  a  stomaco  vuoto,  per  Asnières!... 

Là,  come  dovunque,  la  folla  era  considerevole;  ma  nulla 
c'era  da  mangiare,  tutte  le  trattorie  erano  state  saccheggiate,  e 
invaso  ogni  locale  che  potesse  proteggere  contro  il  gran  freddo. 
Petrus  Borei,  che  ci  aveva  la  sua  casetta,  se  l'era  vista  pren- 
dere d'assalto. 

Non  cercavamo  ricovero;  ma,  finalmente,  potemmo  pro- 
curarci un  tozzo  di   pane. 

La  signora  di  .Mortemart .  nella  sua  qualità  di  dama  di 
palazzo,  era  una  sera  alla  Malmaison  con  .Monge,  Laplace  ed 
altri  intimi.  L'Imperatore,  felice  in  quell'ambiente  familiare, 
vi  si  mostrava  gentile  e  amabilissimo.  E  poiché  gli  parlavano 
della  sua  gloria:  «  Si,  disse  egli,  ma  verrà  giorno  in  cui 
vedrò  il  precipizio,  e  non  potrò  più  fermarmi;  salirò  cosi  alto 
da  averne  le  vertigini  ».  La  signora  di  .Mortemart  rimase  tanto 
colpita  da  quelle  parole  e  dall'accento  col  quale  l' Imperatore 
le  aveva  proferite,  che.  uscendo  dalla  sala,  le  narro  a  suo 
figlio,  il  quale  le  annotò  immediatamente.  Egli  stesso  me  le 
ha  poi  ripetute. 

Nel  i8o5  e  nel  1807,  cioè  all'epoca  di  b'riedland.  l'Impe- 
ratore non  aveva  ancora  commesso  uno  sbaglio.  Dal  1S08 
data  il  primo,  cioè  la  quistione  di  Spagna. 

X...  e  una  figura  d'altri  tempi,  divertente  e  sincera,  d'una 
fisionomia  speciale:  mi  fa  l'effetto  d'un  gentiluomo  della  Eronda... 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI  239 

E  una  tempra  di  ferro,  coraggioso  fino  alla  follia,  tran- 
quillo in  mezzo  al  fuoco  e  alla  mitraglia,  come  nei  sentieri 
d'un  bosco.  Niente  lo  arresta... 

L'aspetto,  la  testa,  il  linguaggio,  tutto  in  lui  concorre  a 
suscitare  la  stessa  impressione. 

A  Sedan  (cosi  mi  narrava  un  suo  amico)  egli  era  stato 
sublime.  La  sua  allocuzione  fu  un  impeto,  un  grido  !  A'  suoi 
uomini:  «  \"oi  siete  cacciatori  —  disse  —  tutti  cacciatori! 
Avanti  !  Tutto  per  1'  onore  I  "  E  furono  eroi ,  e  ritornarono 
decimati. 

Quanto  mi  piace  la  vostra  fantasiosa  dimora  in  riva  al 
fiume!  Entrandovi,  ogni  cosa,  mi  accarezza  lo  sguardo.  I 
fiori ,  la  tonalità  degli  oggetti ,  il  modo  onde  sono  disposti, 
tutto  mi  piace  e  mi  suade  a  dipingere.  Che  cornice  al  pae- 
saggio quello  specchio  senza  pàtina  del  camino  e  il  gran  vano 
della  finestra  che  dà  sul  loggiato!  Ovunque,  il  vasto  cielo  e 
l'orizzonte  luminosij...  In  conspetto  di  questo  paesaga;io  mirabile, 
non  si  vorrebbe  morir  mai.   .\ndarsene.  ohimè!  dire  addio!... 

Possedendo  ora  una  palazzetta  a  Parigi ,  non  abito  più 
molto  la  casa  di  Poissy.  Ci  vado  due  volte  la  settimana.  Se 
dovessi  lasciarla,  sognerei  di  aver  lontano,  assai  lontano,  in 
piena  campagna,  un  podere  per  passarvi  i  mesi  caldi,  discosto 
da  tutti,  interessandomi  dei  poveretti,  e  rendendoli  felici  intorno 
a  me. 

Leggiamo  un  po'  di  Liil  Bìas.  Mi  piace  tanto  ,  che  se 
fossi  più  giovane,  vorrei  andare  per  sei  mesi  in  Ispagna.  vivere 
alla  ventura,  in  mezzo  al  suo  popolo,  per  inspirarmi  e  illu- 
'strare  il  libro... 

Poiché  mi  inviano  questa  nuova  edizione  dei  Miserabili. 
rileggiamone    un    poco.  (Queste  descrizioni    della    povertà    di 


240 


MEISSONIER 


xMario  mi  ricordano  la  mia,...  i  miei  pranzi  a  venti  centesimi, 
una  cattiva  scodella  di  brodo  e  le  patate  fritte  comprate  in 
istrada,  uscendo,...  ma  il  tutto  era  condito  di  conversazioni 
idealistiche  con  gli  amici...  Ci  occupavamo  soltanto  d'artt'  e 
di  senlimcnto. 

Ascoltandovi  cantare  l'altra   ^ra   i   lieder  di  Schumann, 
rivedevo  nel  passato  quella  Germania  da  noi  tutti  lungamente 


.1  riMA    ABITAZION'L    1)1    MUISSONIER    A    ITISSV    SULLA    SPOS'DA    DELLA    SLXN^ 


amata.    Quand<j  mi  recavo  alla    i^ihlioteca.    chiedevo    sempre 
stampe  di  Alberto  Dùrer  o  d'Holbein... 

Quanta  gioia  e  nel  discorrere  con  la  donna  Amata  di  tutti 
gli  argomenti  più  delicati  dello  spirito  e  dell'animai 

.\desso  che  non  le  ho  più.  ahimè!  posso  ben  parlare 
della  forza  e  dell'agilità  di  quando  ero  giovane:  tutti  gli  eser- 
cizi del  corpo  mi  piacevano  e  mi  appassionavano,   il  cammi- 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


241 


nare,    il    nuoto,    l' equitazione .    la    scherma,    il    giuoco   delle 
bocce,  ecc. 


STRADA   DEL    QUERCETO    IK    ANTIBO    (SIGNORINA    BEZANSON.    SIGN'o:  .\   .\'.l:s 


Tre  giorni  prima  della  sua  morte,  andai  a  visitare  Orazio 

Meissonier.  1 6 


242  MEISSONIER 


Vernet:  era  a  letto;  mi  fece  il  disegno  della  bocca   dell'Im- 
peratore. 

Senza  dipingere  ,  il  riposo  mi  riuscirebbe  in  ogni  dove 
insopportabile;  ma  l'ideale  sarebbe  di  fare  schizzi,  di  prender 
note  dal  vero  qua  e  là.  senza  la  fatica  della  costruzione  con- 
tinua del  quadro. 

Pascal  non  lasciò  altra  cosa  che  alcune  note  sparse,...  le 
più  care  di  tutte. 

Ogni  studio  rida  il  sentimento  felice  dell'ora  nella  quale 
fu  compiuto. 

Dicevo  al  Consiglio  -Municipale  che  le  nostre  scuole  do- 
vrebbero avere  un  aspetto  serio  e  degno  di  loro,  mentre  nel 
disegno  hanno  la  fisionomia  di  stabilimenti  temporanei.  La 
disposizione  dei  cortili  angusti  e  irregolari  sarà  sempre  cattiva. 

Le  più  crudeli  burle  nei  nostri  studi  erano  di  moda  ai 
tempi  della  mia  gioventù:  taluni  perfino  ne  morivano.  Dalla 
casa  di  Pujol,  adocchiammo  un  giorno  in  istrada  un  venditore 
di  ferravecchie,  e  lo  invitammo  a  salire,  come  per  vendergli 
qualche  cosa.  Egli  e  fermato  sulla  scala  da  uno  dei  nostri, 
e  mentre  chiacchierano  tra  di  loro,  in  un  batter  d'occhio 
Io  studio  è  immerso  nell'  oscurità.  Il  modello  si  atteggia  da 
carnefice  con  la  scure  alzata:  un  corpo  giace  ai  suoi  piedi, 
e  una  testa,  che  sembra  staccata  dal  busto  nella  penombra 
incerta  d'un  filo  di  luce  e  nuotante  in  una  pozza  di  color  ver- 
miglio sparso  per  terra;  simultaneamente  si  smonta  in  fretta  uno 
scheletro  e  se  ne  riuniscono  le  ossa  in  un  mucchio.  Il  brav'uo- 
mo  è  fatto  allora  salire.  Spaventato,  vorrebbe  fuggire:  supplica 
e  gii  si  comanda  di  portar  via  il  cadavere;  ed  eccolo  dibattersi 
in  preda  a  un  terrore  indicibile.  .Mentre  sta  per  cedere,  ine- 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


243 


hetito,  ma  forse  in  procinto  di  scoprire  la  burla,  2:li  diciamo: 
'<  Ritornerai  a  prenderlo  questa  sera.  Per  adesso  metti  queste 
ossa  nel  tuo  sacco,  e  vattene.  »  Egli  sviene;  e  siccome  Io 
svenimento  si  prolungava  in  modo  inquietante,  si  demolisce 
in  fretta  l'apparato,  si  rifa  la  luce,  e  quando  la  vittima  ritorna 
in  sé:  «  Dove  diamine  avete  visto  questo  cadavere?  Ma  guar- 
date dunque  dove  siete!  »  Niente  valse  a  convincerlo,  e  il  po- 
veretto rimase  tre  mesi  all'ospedale  con  una  febbre  cerebrale. 

Un  mio  amico  corse  il  rischio  di  ferirsi  gravemente,  forse 
anche  d'uccidersi.  Egli  fu  costretto  una  notte  a  spiccare  un 
enorme  salto  da  un  granaio,  dal  quale  avevano  tolto  via  la 
scala,  dopo  aver  ammucchiato  a  terra  certi  grandi  sgabelli 
da  studio  con  le  gambe  in  aria. 

(Quando  si  sa  resistere  alle  prime  burle,  non  si  ha  più 
pace.  Nello  studio  di  non  so  chi.  uno  dei  perseguitati,  che 
non  voleva  arrendersi  facilmente,  trovava  ogni  giorno  la  sua 
tela  a  lembi  e  i  suoi  utensili  spezzati.  Infine,  egli  fu  preso 
datai  furore  che  una  mattina,  recatosi  nello  studio  prima  degli 
altri,  sfondò  tutti  i  quadri,  spezzai)  tutti  gli  sgabelli;  e,  trin- 
ceratosi fieramente  col  coltello  in  pugno  dietro  l'ammasso  dei 
rottami,  fece  indietreggiare  i  suoi  tormentatori. 

Un  altro,  meno  energico  e  meno  fortunato,  ebbe  le  reni 
spezzate  da  una  pietrata. 

Per  conto  mio  ,  conoscendo  1'  uso  ,  subii  tutto  paziente- 
mente. 

Al  mio  ingresso  nello  studio  di  Coignet ,  dove  dovevo 
restar  solo  quattro  o  cinque  mesi,  le  facezie  abituali  imper- 
versavano: "  Oh!  come  è  brutto!...  Ma  parla  dunque!...  lasciate 
sentire...  No,  sta  zitto...  Canta  almeno,  se  non  puoi  parlare.  » 
—  "  Signori!  «  dissi  io,  profittando  d'un  istante  di  calma,  <  se  io 
mi  ci  metto,  sarà  una  cosa  tanto  spaventevole,  ve  lo  prevengo, 
che  ne  avrete  fin  sopra  i  capelli  ».  E  cosi  fu  fatto.  Contem- 
poraneamente versai  la  somma  (non  avendo  denaro,  avevo 
chiesto  un  prestito)  per  il  punch  rituale,  e  tutto  fini. 


244 


MEISSONIER 


Il  general  Cialdini  mi  raccontava  ,  a  Évian  ,  il  terribile 
cerimoniale  della  casa  di  Savoja ,  la  più  antica  casa  reale 
d'Europa.  Quando  re  Vittorio  Emanuele  fu  condannato  dai 
medici,  tutta  la  corte  sfilò  d'innanzi  a  lui,  salutandolo  per 
r  ultima  volta.  Il  Re,  che  offriva  tanti  tratti  comuni  col  nostro 

Enrico  lY  per  il  coraggio 
e  la  galanteria,  aveva  già 
avuta  un'  ostinata  febbre 
scarlattina,  che  lo  sot)b- 
cava.  Egli  allora  aveva 
per  suo  aiutante  Cialdini, 
da  lui  molto  amato.  Già 
in  questa  occasione  si  era 
sfilato  cosi  dinanzi  a  lui; 
poi  il  suo  medico,  dispe- 
rato, vedendo  sulla  tavola 
una  bottiglia  di  xeres 
bianco,  glie  l' aveva  fatta 
trangugiare ,  e  cosi  lo 
aveva  salvato.  La  matti- 
na seguente .  sveglian- 
dosi, il  Re  stesso  lo  rico- 
nobbe, e  baciò  Cialdini,  il 
quale  avrebbe  in  verità 
fatto  a  meno  di  quella 
testimonianza  d'  a0etto  , 
temendo  di  buscarsi  le 
pustole  dell'  eruzione  cu- 
tanea. 
Il  Re  fece  col  pollice  sulla  sua  bocca  l'alto  del  bevitore, 
per  spiegare  bruscamente  la  sua  salvezza.  Cialdini  ,  infatti  , 
ebbe  col  bacio  reale  le  pustole  della  febbre:  e  il  ricordo 
gliene  resto  nella  memoria. 

\'ittorio  Emanuele  non  voleva  che  il  principe  ereditario 


COSTUME    DISEGN'ATO    DA    MEISSONIER 
PER    l'  «  AVENTURIÉRE  "     DI     EMILIO     AUGIER. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


245 


entrasse  nel  suo  consiglio,  e  fosse  messo  al  corrente  degli  affari 
di  Stato.  Cavour  non  poteva  neanche  ottenere  per  lui,  ben- 
ché fosse  di  etichetta  a  quella  età,  il  gran  cordone  che  si  dà 
all'erede  della  Corona.  «  \ì  cedo  tutto  il  resto  »  diceva  il 
Re,  «  ma  non  voglio  che  alcuno  si  immischi  delle  mie  faccende 
di  famiglia.  » 

Cosi  è  che,  fino  alla 
morte  di  suo  padre,  Um- 
berto non  assistette  mai 
a  un  consiglio. 

Durante  l'ultima  ma- 
lattia, quando  il  Re  fu  irri- 
mediabilmente  spacciato, 
dopo  la  comunione  la  fa- 
tale cerimonia  della  sfi- 
lata d'addio  ricominciò. 

Il  Re  venne  adagiato 
in  una  poltrona  ;  tutti 
passarono  dinanzi  a  lui, 
salutandolo  con  le  lagri- 
me agli  occhi  .  e  Cial- 
dini  mi  narrava  che  a 
tutti  egli  rendeva  il  sa- 
luto...  ^-. 

. . .  Quanto  è  meglio 
tuffarsi  in  questa  limpi- 
da luce  del  Mezzogiorno, 
invece  di  passeggiare  co- 
me tanti  gnomi  nella  nebbia.  L' aspetto  d'Antibo  e  tra  i 
più  giocondi  spettacoli  offerti  dalla  natura!  Si  sognano  i  va- 
scelli di  Ulisse  ,  in  cospetto  di  questo  splendido  mare  d'una 
tinta  immutabile  come  quella  del  cielo!  La  linea  dei  monti 
è  pura,  certamente,  come  quella  della  Grecia... 


COSTUME    DISEGNATO    DA    .MEISSOXIER 
PER    l'  «  AVEN'TURIÈRE  »    DI    EMILIO   AUGIER. 


246 


MEISSONIER 


Che  singoiar  cosa  è  quella  specie  di  sprezzo  nel  quale 
ci  si  drappeggia  oggi  per  tutto  ciò  che  non  sia  la  nostra  spe- 
cialità! Al  tempo  di  Michelangelo  e  di  Rubens,  viceversa, 
erano  essi  chiamati  alla  difesa  strategica  di  Firenze  o  alla 
rappresentanza  uiììciale  della  patria 

L'  altro  giorno  ,  a  proposito  del  Senato  ,  di  cui  mi  par- 
lavano ,    X  ...     ambasciatore     andato    a    male,    diceva    col 


GONDOLIERI    A   VENEZIA. 

(Acquerello.) 


suo  sorriso  scimmiesco:  «  E  vero  che  Rubens  fu  ambascia- 
tore >  "  Quante  riflessioni  io  faceva  su  di  lui  durante  la  sua 
riflessione  ! 


Ho  scritto  oggi  al  Prefetto,  il  quale  mi  preveniva  d'avere 
scelto  un  altro  candidato,  visto  che  il  signor  Turcan  scul- 
tore, raccomandatogli  da  me  per  un  posto  d'  ispettore  di 
disegno  nelle  scuole  comunali  di  Parigi  .  non  possedeva  il 
certificato  d'abilitazione   richiesto  dal  regolamento. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


-47 


Rispondo  al  Prefetto  che  «  nella  mia  ignoranza  in  materia 
d'amministrazione,  domando  il  permesso  di  stupirmi  che  un 
artista  di  merito  considerevole,  il  quale  ottenne  con  un  la- 
voro perfetto  il  premio  d'  onore  al  Salon,  si  trovi  nella  ne- 
cessità di  possedere  un  certificato  d'idoneità  all'insegnamento 
del  disegno.  Avrei  creduto  che  il  valore  dell'opera  sua  potesse 
supplire  alla  mancanza  di  questo  certificalo:  del  resto,  io  stesso 
non  ho  l'onore  di  possederlo...  » 


VES'EZIA,    IL   CAXAL   GRANDE. 
(Veduta  presa  dalla  casa  Fumagalli,  abitata  da  Me 


Il  duca  d' .\umale  a  pranzo,  l'altra  sera,  esprimeva  il 
rimpianto  di  non  aver  scritto  molte  cose  narrate  dal  Re  suo 
padre:  egli  ricordava,  tra  molti  altri,  un  aneddoto  d'America. 

11  duca  d'Orleans,  giovane  allora,  fu  ricevuto  a  \\'ashington, 
alla  Casa  Bianca;  e  vedendo  il  Presidente  passeggiare  assai 
di  buon'ora  nel  giardino:  »  W  alzate  molto  per  tempo?  > 
gli  domandò  il  Principe. 

—  «  Si,  ma  dormo  benissimo.  E  sapete  percher  l'erche  ho 
la  coscienza,  giovanotto,  di  non  aver  mai  scritto  in  vita  mia 
una  linea  che  potesse  compromettermi...  > 


MEISSONIER 


Il  duca  di  .Morny  non  era  più  tornato,  né  aveva  parlato  più 
del   quadro:  Gli  Amatori  à?[.  lui  desiderati.  Un  2:ii'>rnn.  (lualche 


I     BRAVI. 
(Qi;adro  doll.i  collezione  di  bdy  Wallace.) 


mese  prima  dell"  l'esposizione,  vidi  entrare  nel  mio  studii.)  una 
persona  mandata  da  lui,  la  quale  mi  domando  con  tono  arro- 
gante se  io  pensassi  al  quadro    del  Duca,  e   se  vi    lavorassi. 


O   D 


MEISSONIER 


L'impertinenza  di  quell'individuo  nfi'irritò  talmente  che 
gli  mostrai  il  quadro  incompiuto,  dicendogli:  «  E  ancora  allo 
stesso  punto,  come  vedete,  e  resterà  sempre  là  per  il  duca  di 
Morny,  che  non  lo  avrà  mai;  diteglielo  da  parte  mia.  "  Ebbi 
cosi  diversi  dissapori  con  lui:  debbo  però  dire  che  egli  ritornò 
pel  primo  da  me. 

Più  tardi  egli  mi  fece  una  riflessione  assai  curiosa,  mas- 
sime da  parte  sua,  a  proposito  d'uno  dei  miei  quadri.  Io  vo- 
leva fare  i  Due  Bravi  dietro  una  porta,  pronti  ad  assassinare 
colui  che  fosse  per  uscire,  e  dall'  altro  lato  gii  addii  del  Si- 
gnore e  della  Dama:  1'  uomo  stringe  con  mano  ferma  la  sua 
spada  ,  ciò  che  rassicura  lo  spettatore  .  e  con  1'  altro  braccio 
la  donna,  baciandola  appassionatamente  sulla  bocca.  11  Duca 
mi  disse  :  >■  Caro  mio  ,  non  fateli  baciare  così  ;  non  si  usa 
nella  buona  società  I  »  Non  è  vero  che  e  graziosa  in  bocca 
sua   questa  riflessione  > 

Quante  volte  avrò  detto  o  inteso  dire  che  mi  riposerei 
del  7'iposo,  rimettendomi  ardentemente  al  lavoro  I...  In  viaggio, 
difatti,  lo  avete  visto  spesso,  non  e  vero? 

Come  ho  lavorato  con  passione  nel  canaletto  di  San 
Gervasio  e  Protasio,  dove  ci  fermavamo  a  N'enezia  coi  nostri 
gondolieri!  Dirimpetto  a  noi  rabberciavano  alcune  gondole 
tirate  a  secco,  e  mi  dicevo  sempre  che  quel  cantuccio  ameno 
e  tranquillo  rassomigliava  all'Olanda;  ne  avevo  fatto  anzi  uno 
studio  di  gran  lena,  che  come  tanti  altri  e  per  noi  un  ricordo 
dei  giorni  felici  e  brevi. 

Il  monumento  a  Federico  il.  di  Rauch,  a  Berlino,  e  un'o- 
pera bellissima:  su  di  un  allo  piedistallo  il  vecchio  re  in 
tricorno:  a'  suoi  piedi,  ai  quattro  angoli,  i  suoi  generali,  i 
suoi  filosofi.  L'esecuzione  e  cattiva;  ma  l'idea  e  la  disposi- 
zione sono  magnifiche. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


Che  Tavoletta  quella  della  palla  del  principino!  Si  era 
tornati  di  buon  ora;  il  caldo  era  grande  quel  a;iorno:  s'andava 
in  cerca  di  notizie. 

Dal  cortile  della  l-*retettui-a  si  vedeva  il  salone  del  pian- 
terreno, che  precedeva  le  sale  dell'Imperatore:  tutti  gli  uffi- 
ciali e  aiutanti  di  campo  sedevano,  al  fresco,  senza  uniforme, 
coi   loro  chiassosi  pantaloni  cremisi  a  fascia  d'oro. 

«  Dio  mio!  «  si  ripeteva.  «  come  è  stato  valoroso  il  prin- 
cipino !  "  Una  palla  morta  era  caduta  presso  di  lui.  Quella 
sera  stessa,  venivano  portati  alla  stazione  i  feriti  di  Forbach; 
li  ho  ancora  dinanzi  agii  occhi!... 

Io  era  destinato,  certo,  a  dipingere  soltanto  la  vittoria. 
polche  Neuville  ha  trattato  i  temi  della  disfatta.  W  ero  tut- 
tavia recato  a  .Metz  per  dipingere  ben  altre  cose. 

L'indomani  mattina,  andai  al  palazzo  dell'Imperatore, 
dove  alloggiava  il  maresciallo  Lebiicuf  col  suo  Stato-maggiore. 
Vi  regnava  una  confusione  indescrivibile;  non  so  più  qual 
ufficiale  era  là  con  sua  moglie,  la  nutrice  e  il  bambino!  Io 
voleva  anche  vedere  un  mio  congiunto  a  \'anson  o  Fay,  per 
sapere  se  il  terribile  Jarras  avesse  alfine  acconsentito  ad  am- 
mettere Luciano  Gros  nell'ufficio  di  Stato-maggiore;  e  questo 
tre  o  quattro  giorni  dopo  Forbach. 

-Mentre  salivo,  il  maresciallo  Lebceuf,  Io  vedo  ancora, 
scendeva:  una  specie  di  «  vittoria  >•  lo  aspettava  giù.  «  Ebbene! 
siete  qui  »,  mi  disse,  <•  io  non  vi  \'edrò.  sapete:  ma  venite  a 
colazione  da  me  sempre  che  vi  piaccia.  Intanto,  volete  salire 
con  me?  ^"ado  alla  Prefettura.  dall'Imperatore.  • 

Montai  nella  «  vittoria.  »  e  ricordo  la  grande  sua  agitazione 
e  lo  stupore  profondo  in  me  suscitato.  Mentre  egli  parlava, 
pensavo  tra  me:  «  Ecco  il  capo  dell'esercito  che  traversa 
con  me  tutta  la  città,  e.  lungi  dal  rassicurare  con  la  sua  calma 
la  gente  già  turbata,  vuol  turbarla  vieppiù,  lasciandole  scor- 
gere quanto  sia  avvilito  egli  stesso.  ■■  i^gli  mi  parlava  del 
disordine  nel  comando,    ed    io   gli    diceva:    "  Ma.   mio   car(; 


MEISSONIER 


Maresciallo,  credevo  che  aveste  preparato  tutto  ciò  da  un 
pezzo?...  che  voi  foste  veramente  il  capo  eQTettivo,  col  vostro 
titolo  di  capo  dello  Stato-maggiore  generale,  e  che  l'Impe- 
ratore si  fosse  riserhato  solo  il  comando  nominale,  per  non 
eccitare  la  gelosia  di  tutti  gli  aspiranti  al  comando  su- 
premo ?...  » 

—  '  -Ma  no,  ma  no,  "  mi  rispose,  «  v'ingannate!  E  lui  che 
comanda  e  che  vuol  comandare.  Vuol  fare  la  guerra,  e  ha 
paura  di  vedere  i  morti  !  » 

Lo  lasciai  alla  porta  della  Prefettura:  egli  discese  ed  io 
me  ne  andai  col  cuore  gonfio  e  sgomento.  Vi  erano  là  tut- 
tavia molte  brave  persone,  ben  devote  ancora.  N'idi,  ad  esempio, 
passare  per  via.  recantesi  alla  corvée  dell'acqua,  Filippo  di 
Bourgoin,  scudiero  dell' Imperatore:  aveva  deposto  il  suo  bel- 
l'uniforme delle  Cento  guardie  per  tornare  ,  come  gli  altri  , 
semplice  soldato. 

Quando  tornai  a  .Metz,  nel  1870.  durante  la  guerra 
(avevo  già  fatto  il  viaggio  una  volta  a  cagion  d'un  duello,  nel 
quale  funsi  da  padrino  insieme  ad  Augier),  avevo  per  ospite 
l'ingegnere  Prootch  .  un  amico  dei  miei  amici.  Ma,  al  mio 
giungere,  egli  non  sapeva  più  dove  alloggiarmi.  Trovai  certi 
camerati  all'  albergo.  Uno  di  loro  portava  degli  ordini  a 
Frossard.  Fra  ammirato  dell'ordine  scorto  nel  corpo  di  Fros- 
sard;  l'opposto,  diceva,  della  baraonda  di  .Metz. 

Fu  allora  che  incontrai  Lambert,  un  amico  di  jadin,  luogo- 
tenente delle  caccie  imperiali,  che  apparteneva  a  un  reggimento 
di  tiragliatori.  Fra  pervenuto  al  grado  di  capo-squadrone  senza 
esser  mai  stato  al  reggimento,  e  allora  ripigliava,  a  Metz,  il  suo 
servizio.  Questo  Lambert  mi  disse:  «  Io  lascio  il  mio  alloggio 
per  tre  giorni  ;  se  lo  volete,  pigliatelo.  »  Fra  in  casa  di  povera 
gente  ;  una  cameretta  che  affacciava  sul  fiume...  Quando  partii 
solo  da  -Metz,  qualche  giorno  più  tardi,  quei  poveretti  mi  dis- 
sero affettuosamente  addio  insieme  a  certi  pescatori  delle  vici- 
nanze, che  già  mi  volevano  bene...  .Mi  misi  in  cammino  all'alba. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


GLI   AMATORI   D    INCISIONI. 
(Quadro  delU  collezione  di  lady  WalUce.) 


alle  tre  del  mattino.  (Questa  partenza  fu  lugubre:  nessuno  con 
me;  tempo  triste.  \'edo  ancora  la  nebbia,  la  città  deserta,  il 
Ponte  dei  Morti,  che  doveva,  ahimè!   vederne   passar   tanti, 


234 


MEISSONIER 


e  la  prima  colonna  ripiegantesi  su  .Metz!  C'incrociamo;  poscia 
io  continuo  a  cavalcar  solo. 

Il  tempo,  snebbiato,  s'era  messo  al  bello;  si  vedeva  il 
corso  della  .Mosella,  la  cattedrale,  poi  la  città  che  s'ingran- 
diva e  s'  ergeva  a  misura  che  mi  allontanavo  io  ,  col  cuore 
stretto. 

Indossavo  un  costume  bizzarro:  stivaloni,  una  specie  di 
camiciotto  di  stotfa  grigia,  il  mantello  ad  armacollo,  la  mia 
croce  di  commendatore  sul  petto,  e  niente  bagagli  :  li  avevo 
lasciati  a  Prootch. 

Avevo  solamente  le  mie  bisaccie.  e  dentro  I'  occorrente 
per  lavarmi.  In  tale  strana  acconciatura,  con  le  inquietiludini 
di  quei  giorni,  c'era  da  farsi  pigliare  per  uno  spione. 

Arrivando  a  Gravelotte,  andai  diritto  dai  gendarmi,  che 
stavano  seduti  alla  porta  d'un  albergo:  chiesi  loro  di  rifornirmi 
di  provvigioni,  e  offrii  qualche  bicchierino:  tutto  questo  in 
silenzio.  Essi  mi  guardavano  senza  parlare.  Uno  di  loro  tuttavia 
chiese  notizie  di  .Metz.  «  Tristissime!  »,  risposi.  .Mi  feci  indi- 
care la  via  di  Conflans,  e  mi  rimisi  in  sella.  .\lla  fattoria  di 
.Mosca,  a  cento  metri  dalla  strada,  c'era  un  cavallo  scappato: 
una  donna  uscì  e  mi  scorse:  «  Signore,  quali  nuove >...  — 
'<  Oh!  mia  povera  donna,  nascondete  presto  tutto  quel  che 
potrete.  »  Pochi  momenti  dopo  —  io  era  smontato  per  andare 
a  piedi  e  lasciar  riposar  un  poco  il  mio  cavallo  —  odo  dietro 
di  me  un  galoppo.  Era  un  gendarme ,  che  mi  si  accosta. 
i  Dove  andate?  Le  vostre  carte?  »  —  <  .Ma  poco  fa  mi  avete 
veduto.  »  —  ■<  Si,  ma  il  brigadiere  dice  che  abbiamo  avuto 
torto  di  lasciarvi  partire,  senza  prima  interrogarvi...  Scusatemi, 
signore,  in  tempi  simili,  sapete  pure  che  non  si  sa  mai  con  chi 
si  ha  da  fare.  -  —  "  Avete  ragione;  io  stesso  mi  sono  pre- 
sentato a  voi  a  Gravelotte.  meravigliandomi  di  non  esseie 
interrogato.  >• 

Capitiamo  a  un  alberguccio.  Io  vado  ad  attaccare  il  mio 
cavallo    in    scuderia.    In    questo    mentre   la    gente    s'  era  ag- 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


^SS 


gruppata.  e  m'osservava  con  piglio  ostile,  pronunciando  a 
bassa  voce  le  parole  Metz  e  spione.  Il  maresciallo  d'alloggio, 
prevenuto,  giunge  finalmente.  Io  gli  tendo  le  mie  carte.  Egli 
legge:  « //  sig.  Me  isso  n  ter  tncartcato  di  tLna  missione  spe- 
ciale "  :  sotto  c'è  il  timbro  dello  Stato-maggiore.  Il  brav'uomo 
vuole  incominciare  l'interrogatorio.  «  Scusate,  gli  dico,  voi 
esorbitate  dalle  vostre  attribuzioni:  non  pretenderete  già  che. 
incaricato  di  una  missione  segreta,  ve  la  racconti  qui.  » 

Pagato  l'albergatore,  partii  al  galoppo,  seguito  da  lunghi 
sguardi  di  diffidenza.  Ero  accasciato.  Ah!  quelle  lunghe  strade, 
fiancheggiate  di  pioppi  a  perdita  di  vista,  io  le  rivedrò  sempre. 
E  rivedo  anche,  nei  campi  di  grano,  la  giovanetta  della  casa 
e  le  sue  sorelline  recanti  la  zuppa  ai  falciatori  lontani:  un 
cantuccio  ridente  in  quell'immenso  lutto.  Finalmente,  giungo  a 
Conflans,  all'  albergo  del  Cigno,  per  cui  avevo  raccomanda- 
zioni. 

Erano  le  quattro  e  mezzo  di  sera.  Mi  fo  indicare  la 
scuderia,  vi  porto  la  mia  Coningliaiii,  la  mia  bellissima  e  ge- 
nerosa giumenta.  Riesco  per  sgranchirmi  le  gambe,  e  rientro 
per  il  pranzo  delle  sei.  Erano  soltanto  le  cinque:  ond'io  dico 
alla  fantesca,  spaurita:  «  Sono  molto  stanco,  verrete  a  sve- 
gliarmi .  cercherò  di  dormire.  »  Cominciavo  ad  appisolarmi, 
allorché,  d'un  tratto,  la  porta  s'apre,  e  la  donna  mi  grida,  ma 
molto  discosto  ,  con  un'  espression  di  terrore  :  «  Il  pranzo  è 
pronto!  »  e  scappa.  (Evidentemente,  ero  ancora,  ad  onta  di 
tutto,  un  argomento  di  suspicione  e  di  odio.)  La  mattina  dopo, 
alle  quattro,  riparto.  Ancora  due  gendarmi...  .\li  fermano,  e 
dalli  con  le  mie  carte.  Chieggo  se  sono  sulla  strada  di  ^'erdun: 
«  In  due  ore  giungerete  colà.  •>  La  strada  sull'  altipiano  è 
magnifica. 

Entro  in  \'erdun.  >  Chi  sarà  mai  costui  che  viaggia  solo!-..  » 
Sento  dietro  di  me,  intorno  a  me,  sguardi  ostili.  E)iscendo  al- 
l'albergo dei  Tre  Mori,  umiliato  per  quella  diffidenza,  benché 
un  sentimento  vincesse  in  me  tutti  gli  altri:  quello  del  dolore. 


2s6 


MEISSONIER 


Ho  sempre  negli  occhi  e  nell'anima  Metz.  Bisogna  tuttavia  farla 
finita  con  tutti  questi  ostacoli  ,  e  trovar  modo  di  rientrare 
presto  a  Parigi.  Mi  ricordo  confusamente  di  un  compagno 
da  me  conosciuto  a  Gienoble  in  casa  Ferriot,  ed  ora  ispettore 
forestale  a  ^"erdun.  E  di  W  ailly.  Ma  mi  riconoscerà  egli  dopo 
vent'anni  r...  M'infrjrmo:  «  Dove  dimorar  »  —  "  E  passato  poco 
fa:  ma  ritornerà  presto.  "    N'adendoci,   cadiamo    nelle  braccia 


r  uno  dell'altro.  Egli  mi   conduce    in  casa  sua  ,    e    di   là    alla 
cittadella,  dal  generale  che  mi  ha  fatto  chiamare. 

Il  generale  e  un  vecchio  colonnello  della  Guardia  ,  già 
di  guarnigione  a  Saint-Germain;  e.  poiché  io  aveva  assistito 
assiduamente  alle  manovre,  tutti  gli  ufficiali  mi  conoscevano. 
Il  colonnello,  di  cui  non  ricordo  il  nome,  faceva  assai  spesso 
entrar  la  musica  del  reggimento  nel  giardino  di  Poissy,  presso 
Io  cìialcl \  e  fumava  la  pipa  in  mia  compagnia.  Appena  lo 
vedo.  ea;li  mi  si  "etta  al    collo.    Il    venerale   m'interroga.  — • 


Petto  di  cavallo. 

(Disegno  a  matita  nera  e  bianca. 
Museo  del  Lussemburgo. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


Ahimè!  quante  tristezze  da  narrar- 
gli !  —  Mi  conduce  a  passeggio, 
sempre  interrogandomi ,  per  tutta 
la  città,  e.  infine,  egli  stesso  pone 
termine  al  mio  esodo  d'accordo 
col  capo-stazione. 

Un  ussero  fu  distaccato  per 
ricondurre  Coning/hini  a  piccole 
tappe  a  Poissy  :  vi  pervenne  otto 
giorni  dopo.  Per  giungere  a  Chà- 
lons.  dovetti  salire  in  un  treno  di 
bestiame,  ("he  disordine!   Che  mi- 


SCHIZZO    A    PEN'S'A. 


M  EISSONIER. 
(-Disegno    a    penna.) 


scela  confusa  e  vociferante 
di  coscritti!  E  che  stupore 
nel  ritrovar  Parigi  cosi  tran- 
quilla, mentre  a  meno  di  cin- 
quanta leghe  ogni  cosa  era 
già  penetrata  dal  tumulto 
dell'invasione  ! 

La  sera  ,  rientrato  a 
F^arigi,  si  avea  la  notizia  di 
Borny  e.  due  giorni  dopo, 
di  Gravclolte... 


Spettacolo  impressio- 
nante quello  delle  maree  po- 
polari !  Kicordo  che.  il  q  set- 
tembre 1870,  recatomi  da 
(/ezanne,  deputato  ivia  di 
Romai  noi  eravamo  avviliti, 
accasciati  i^er  una  spavente- 


Meisionicr. 


138  MEISSONIER 


vole  notizia:  la  seconda  edizione  della  cattività  dell'intero 
esercito  a  Sedan!... 

Usciamo,  discendiamo  sui  Boulcx'ards.  La  folla  compatta 
ingombrava  i  marciapiedi,  ma  senza  disordine,  procedendo  al 
grido  di:  viva  la  Repubblica!  Nessun  senso  di  tristezza:  nul- 
l'altro  che  la  gioia  di  veder  quelF uomo  abbattuto,  e  la  fiducia, 
r  istinto  cieco  che  la  Repubblica  era  la  salute... 

Noi  rimanemmo  da  prima  stupefatti  di  quel  contrasto  con 
le  condizioni  del  nostro  spirito.  Poi  riconoscemmo  che,  infine, 
essi  avevano  ragione  e  noi  torto:  altri,  con  la  nostra  dispe- 
razione nell'anima,  avrebbe  forse  spalancato  le  porte  della  città. 
I  loro  sentimenti  di  letizia  e  di  esaltazione  significavano  la 
resistenza,  esprimevano  l'onore!... 

Durante  la  Comune,  il  18  marzo,  di  faccia  all'Opera,  sul 
BoLilevdì'd,  poiché  m'accingevo  a  ragionare  con  un  gruppo 
di  operai  irragionevoli,  che  mi  bersagliavano  di  stupidità,  un 
d'essi  gridò,  indicandomi:  «  Lasciate  quest'uomo;  non  sapete 
dunque  che  egli  guadagna  cento  mila  franchi  con  la  sua 
mano?...  —  Ah!  ah!  li  ruba  dunque?  —  \o!  no!  li  gua- 
dagna »,  e  mi  rivelò  e  mi  nominò.  Io  non  mi  aspettava 
proprio  di  essere  indicato  e  commentato  in  quel  posto.  Lo 
stesso  giorno,  salii  fino  a  Montmartre,  passando  per  quella 
strada  dei  Rosai,  ove  poco  stante  furono  fucilati  i  generali 
Lecomte  e  Clemente  Thomas. 

Nel  1870,  il  3i  ottobre,  andai  a  visitare  al  Palazzo  di 
Città  il  generale  Schmitz.  «  C'è  del  torbido  ».  mi  disse.  .Mi 
vestii  da  borghese,  e,  due  ore  dopo,  il  Palazzo  di  Città  era 
in  ebollizione.  Che  spettacolo  strano!  11  popolo  aveva  riem- 
pito tutte  le  sale. 

In  quel  momento  non  vidi  i  membri  del  Governo  Prov- 
visorio, ma  nel  corridoio  incontrai  Floquet,  che  si  dava  il 
piglio  di  un  trionfatore,  seguito  dalla  canaglia...  Egli  era  ag- 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI  259 


giunto  del  sindaco.  Giunge  nel  suo  gabinetto,  siede  al  tavolino 
e  dice  :  '<  Quando  un  governo  non  sa  dare  ordini,  ha  quel 
che  si  merita.  » 

Finalmente,  entro  nella  sala  delle  Feste.  Carte  volavano, 
gente  si  arrampicava  sui  tavolini,  si  compilavano  liste,  e  se 
ne  stava  approvando  una.  Era  giuocoforza  scavalcare  i  mobili 
per  giungere  alla  sala;  grappoli  umani  parevano  appesi  alla 
scala  famosa  in  tutte  le  nostre  rivoluzioni  ,  e  tuttavia  si  ele- 
gante :  salivano  anche  arrampicandosi  esteriormente.  Alle 
quattro  di  sera,  cadendo  la  notte,  io  prendo  un  vaporino  sulla 
Senna  e  vado  a  informar  di  tutto  Schmitz. 

Dopo  pranzo,  mi  reco  allo  Stato-maggiore.  Come  era  biz- 
zarro l'aspetto  di  Parigi  !...  Fino  a  quel  momento,  il  popolo 
aveva  fraternizzato;  ma,  quel  giorno,  una  diffidenza  sorda  flut- 
tuava nell'aria... 

Avevano  ordinato  alle  truppe  di  recarsi  in  piazza  Ven- 
dòme.  La  piazza  si  copriva  di  gente,  nell'ombra.  Non  si  era 
ancor  risoluto  di  maixiare  sul  F*alazzu  di  Città.  Ferry,  sui 
gradini  della  scala,  tiene  un  discorso:  «  Che  ciascuno  di  voi 
conduca  un  battaglione!  »  .Vllora  quel  gigantone  di  Adam 
mi  porge  il  braccio:  e  noi  marciammo  insieme,  alla  testa  del 
battaglione,   lungo  la  riva. 

Dal  Chàtelet  in  poi  si  temeva  di  esser  presi  a  fucilate. 
Giunti  sulla  piazza,  ci  fecero  accampare.  Il  Palazzo  di  Città 
illuminato  sembrava  una  fornace!  Fino  a  quel  punto,  la  nostra 
marcia  nelle  tenebre  era  stata  sorprendente.  Noi.  di  fuori,  igno- 
ravamo assolutamente  quel  che  avveniva  dentro  il  Palazzo, 
ma  si  sapeva  che  il  governo  era  in  pericolo  di  morte. 

Al  principio  dell'assedio  avevano  regalato  un  cavallo  a 
Trochu:  egli  rispose  con  cinque  pagine  di  ringraziamenti. 
Accade  veramente  a  certi  spiriti  come  ai  miopi ,  i  quali  ve- 
dono perfettamente  tutti  i  piccoli  particolari,   ma  di  là  dalla 


26o  MEISSONIER 


debole  portata  della  loro  vista,  per  bello  che  sia  lo  spettacolo, 
nulla  possono  scernere.  Nondimeno  la  miopia  si  corregge  con 
gli  occhiali;  ma  quegli  spiriti  chi  li  corregge  > 

Che  m'importa  che  l'uomo  di  cui  parliamo  sia  onesto  e 
virtuoso?  È  egli  utile  per  la  guerra?  Non  già  ch'io  disprezzi 
la  virtù,  Dio  buono!  Ma  oggi  è  il  superfluo.  Quel  che  a  noi 
occorre,  prima  d'ogni  altra  cosa,  e  la  volontà. 

Non  oljriteci  il  doloroso  spettacolo  delle  vostre  esitanze, 
delle  vostre  liti  colpevoli,  tanto  colpevoli  che  sembrano  tradi- 
menti. 

Non  fate  che,  ogni  qualvolta  ci  avviciniamo  a  voi  pieni 
di  fiducia  e  desiderosi  di  averne  anche  di  più,  siamo  poi  co- 
stretti ad  abbandonarvi  pieni  d'  inquietudine  e  di  scoraggia- 
mento. 

Voi  dite  di  aver  cattive  truppe,  e  di  non  poter  fare  asse- 
gnamento su  di  esse:  nessuno  ve  lo  contesta.  .Ma  non  sapete, 
però,  che  i  buoni  soldati  son  fatti  dai  buoni  generali  ?  Ricor- 
date la  nostra  storia,  o  voi  che  pretendete  di  averla  scritta. 

10  sono  un  militare  d'  occasione  ;  han  voluto  conferirmi 
un  grado.  Considerate  sul  serio  questi  galloni .  e  lasciateci 
apprendere  il  mestiere.  Questo  mestiere  e  il  vostro,  sia.  Ma 
se  voi  non  lo  fate,  perchè  non  lasciarcelo  fare  come  potremmo? 
A  sostituir  l'esperienza  basta,  se  non  altro,  il  coraggio. 

...  In  certi  casi,  bisogna  saper  morire,  bisogna  farsi  saltar 
le  cervella.  Che  mai  può  essere  un  generale  che  rispetta 
tanto  la  sua  vita  da  firmare  un  contratto  con  cotesti  miserabili 
della  Comune  ? 

(Da  Parigi,  alla  tine  dell'assedio,  gennaio   1871). 

11  mio  cuore  è  pieno  di  angoscia  e  di  terrore!  Io  sono 
annichilito.  Fino  ad  oggi,  credendo  di  scorgere  una  fiamma 
in  fondo  al  nero  sotterraneo,  ho  camminato  senza  quasi  ba- 
dare alle  altre  cose  oscure.  La    sera,  inginocchiandomi,  pre- 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


261 


i'^. 


gavo  ardentemente  Iddio  di  proteggere  i  miei  cari;  nel  giorno 
osavo  appena  ricercare  i  loro  pensieri,  nella  tema  di  diventar 
vile...  Ma  oggi,  ecco,  quella  fiamma  s'è  spenta;  tutto  intorno 
a  noi  e  buio.  Da  qual  parte  rivolgerci  ?  Si  avvicina  il  mo- 
mento in  cui  saremo  alla  mercè  di  questi  selvaggi. 

I  nostri  ultimi  viveri  sono  alla  fine;  la  miseria  è  atroce. 

II  ig  gennaio,  abbiamo 
fatto  una  sortita;  e.  come  sem- 
pre, con  esito  deplorevole. 

Non  mai  capi  sono  stati 
più  incapaci  e  più  deboli;  non 
hanno  avuto  fiducia  in  sé  stessi, 
e  per  questo  non  ne  hanno  punto 
in  noi.  Ciò  non  ostante  abbiam 
tatto  i  maggiori  sforzi,  e  sarem- 
mo pronti  a  farne  ancora,  se  i 
nostri  capi  non  ci  si  mostras- 
sero tanto  scoraggiati. 

Abbiam  tutto  tentato  per 
rianimarli.  Abbiam  detto  loi'o: 
«  Osate  !  Comandateci  vigoro- 
samente, e  sarete  obbediti  con 
devozione.  »  Ma  no,  è  sempre 
la  stessa  cosa;  nulla  essi  ascol- 
tano e  nulla  vogliono  ascoltare. 


-^. 


THIERS. 

0  a!  suo  le 


«  Io  non  so  ,  o  signore  ,  dicevo  a  X....  quali  veiamente 
siano  i  sentimenti  di  Dumas.  Un  Tedesco  chiese  di  rinviargli 
un  manoscritto  del  padre.  Non  so  se  il  patriottismo  di  Du- 
mas sia  feroce  come  il  mio:  io  risponderei  no,  e  non  accet- 
terei ne  il  regalo ,  ne  la  visita  del  Tedesco.  .Mai  ,  dopo  la 
guerra,  un  Tedesco  ha  rimesso  o  rimetterà  piede  in  casa  mia. 

L'altra  sera,  al  pranzo  della  Pace  sociale,  ho  molto  sof- 
ferto, ascoltando  il  racconto  entusiastico  di  un  recente  viaggio 


202  MKISSONIER 


in  Germania.  Si  diffusero  sulle  virtù  private  dei  Tedeschi,  e 
sul  linire  fecero  entrare  uno  scienziato  tedesco.  Se  avessi 
potuto  farlo  senza  otjendere  alcuno  .  mi  sarei  alzato  e  sarei 
andato  via. 

Si  parlo,  fra  altro,  dell'accoglienza  calorosa  trovata  dai 
Francesi  laggiù.  Slido  io!  Nulla  riesce  più  grave  ai  Tedeschi 
dell'orrore  in  cui  li  abbiamo  e  li  avremo  sempre. 

Se  riottenessimo  l'Alsazia  e  la  Lorena,  oh  !  allora  stringerei 
loi"o  la  mano;  ma  senza  questo,  no!  —  Quando  scoppiò  la 
guerra,  Ed...,  di  Francoforte,  mio  cugino  da  parte  degli  Stei- 
nheil  ,  venne  ,  come  di  consueto  ,  una  sera  a  pranzo  da  noi  : 
"  Capirete,  gli  dissi,  che  mi  riesce  impossibile  rivedervi  in 
questo  momento:  in  ciò  che  sta  per  accadere  non  avremo 
né  le  stesse  gioie  ,  né  gli  stessi  dolori  ;  addio  !  »  e  gii  mo- 
strai la  porta. 

A  Poissy  ,  quando  i  Prussiani  erano  in  casa  mia.  sul 
finir  dell'assedio,  volli  un  giorno  scendere  dallo  studio,  dove 
m'  ero  chiuso ,  nel  mio  giardino  per  prendere  una  boccata 
d'aria.  I  Prussiani  erano  a  tavola;  se  non  che  un  ufficiale, 
avvertito  ,  usci  subito  dalla  sala  da  pranzo,  e  voleva  cortese- 
mente entrare  in  discorso...  «  Voi  siete  i  padi'oni.  Signore,  io 
non  ho  nulla  da  dirvi  ».  e  risalii  immantinente. 

Quando,  pochi  giorni  dopo,  uscii  da  Parigi  con  un  salva- 
condotto, per  recarmi  a  riveder  la  mia  famiglia  dimorante  a 
Nizza,  a  Villeneuve-Saint-Georges  un  giovane  ufficiale,  che 
rivedeva  i  passaporti,  accorse  allo  sportello  della  mia  car- 
rozza. Era  un  direttore  delle  belle  arti  di  Berlino .  e  si 
mostrò  felice  di  aver  còlto  quell'  occasione  per  conoscermi. 
«  11  momento  e  scelto  male,  signore  »,  e  mi  rincantucciai. 
Costoro  non  hanno  alcun  tatto,  ne  alcun  senso  delle  cose:  la 
nostra  attitudine  di  fronte  ad  essi  li  ferisce  e  li  stupisce. 

Il  pittore  Heilbuth,  mio  amico,  volle  rivedermi  dopo  la 
guerra. 

«  E  finita,    gii    dissi,   non  è  più  possibile.!  »    Più  tardi. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI  26^ 


quand'egli  si  fece  naturalizzare,  io  gli  tesi  ambe  le  mani! 
Menzel.  e  tutti  gli  altri  coi  quali  m'ero  legato,  ascrivevano 
a  onore  essere  ricevuti  da  me  :  dopo  il  1871  non  li  ho  riveduti 
né  li  rivedrò  mai   più. 

Quanto  poi  alle  virtù  domestiche,  di  cui  tanto  si  parla  da 
loro,  esse  son  forse  più  rare  a  Parigi;  ma  nella  Francia,  in 
provincia,  grazie  a  Dio,  esistono  ancora;  e  noi  ne  conosciamo 
moltissimi  esempi... 

Bisognerebbe,  forse,  rinunciare  al  principio  della  nazione 
armata  e  ritornare  all'  idea  di  un  esercito  vero.  I  rimpiazzi 
erano  un'istituzione  eccellente.  Ponete  accanto  un  marinaio 
e  un  muratore:  sono  forse  temperamenti  uguali?  Al  primo  la 
gagliardia  per  disfidar  1'  uragano ,  all'  altro  la  sua  piccola 
bisogna  regolare  e  calma;  or  bene,  paragonateli  un  poco,  nel 
giorno  della  battaglia. 

Un  sabato,  Thiers  era  venuto  da  Saint-Germain  a  Poissy, 
ma  non  mi  trovò;  egli  aveva  massimamente  notato  la  linea 
dei  corazzieri  nel  quadro  cui  lavoravo  iiSoj  e  il  ritratto  del 
dottor  Lefevre  mio  vecchio  amico.  Thiers  abitava  nel  padi- 
glione Enrico  W.  Gli  feci  passare  un  biglietto.  Dopo  pochi 
istanti  egli  venne.  «  Passeggiamo  sulla  terrazza  »,  mi  disse, 
e  discendemmo.  Camminando ,  egli  si  fermava  a  tratti  per 
discorrere.  F^arlò  prima  di  me,  per  quanto  io  cercassi  di  sviare 
il  discorso:  disse  della  sua  visita  al  mio  studio,  della  sua 
ammirazione  per  il  mio  ingegno  ,  della  sua  fiducia  assoluta 
nella  posterità  a  mio  riguardo.  «  Non  mutate  per  nulla  la 
vostra  maniera,  soggiunse,  andate  sempre  diritto  pel  vostro 
cammino,  senza  curarvi  dei  critici.  » 

In  fondo.  Thiers  non  se  ne  intendeva:  non  ha  mai  capito 
nulla  in  DelacroixI...  Più  volte,  parlandomi  di  Delacroi.x  e 
d'  Ingres,  diceva  di  quest'  ultimo:  «  È  un  domestico  sciocco!  « 
.Mi  premeva  nondimeno  di  vederlo  scendere  sul    terreno  pò- 


264 


MKISSOXIER 


litico.  Appena  v'ebbe  posto  piede  ,  vi  si  distese  ;    sicché  voi 
lo  sapete,  non  e'  è  che  da  ascoltarlo. 

Parlandomi  dell'assedio,  mi  disse  che.  se  la  difesa  eroica 
di  l\irig"i  nel  li^yo,  aveva  salvato  l'onore  della  capitale  di 
Francia,  era  stata  tuttavia  un'aggravante  per  le  condizioni  della 
pace,  e  che,  se  la  resistenza  fosse  stata  meno  lunga,  avrebbe 

potuto,  a  un  dato  mo- 
mento, serbare  Metz 
alla  Francia... 

Da  tempo,  pare, 
dopo  che  Bonnat  ave- 
va fatto  il  suo  ritratto 
ufficiale,  Thiers  ne  vo- 
lesse da  me  uno  più 
intimo:  era  questo  un 
suo  vivo  desiderio.  I)o- 
veva  ritornare  da  me  il 
martedì  per  parlarne  : 
il  lunedi  era  morto  ! 
Coni'  è  bizzarro 
questo  concatenamen- 
to di  circostanze,  che 
lo  conducono  a  Saint- 
Gcrniain  .  nelle  mie 
vicinanze .  gli  fanno 
pensare  al  suo  ritratto, 
e  poi.  mentre  appunto  il  suo  desiderio  sta  per  essere  sod- 
disfatto, conducono  me  al  suo  letto  di  morie  per  farglielo!... 
Io  gli  ho  dato,  per  così  dire,  il  saluto  ultimo  in  quella 
conversazione  domenicale,  sulla  terrazza  di  Saint-Gcrmain,  e 
l'ho  ancor  per  ultimo  salutato  nella  contemplazione  suprema 
delle  ore  funebri,...  quando,  in  piedi,  rimpetto  a  lui.  per  tre 
ore,  lo  ritraevo  sotto  la  maschera  della  morte!  Ilo  abbracciato 
la  sua  fronte  gelida,  e  quando,  al  mattino,  i  raggi  del  sole  l'han 


STATUA    DI    ML 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


carezzato  un'  ultima  volta,  ho  fatto    si    che    lo  circondassero 
tutto,  per  dipingerlo  meglio. 

Quanti  pensieri  mi  hanno  allraversato  la  mente  durante 
quel  lavorol  L'idea  di  un  quadro  glorioso,  allegorico  sorgeva 
nella  mia  anima...  L'enigma  dell'eternità  era  là.  su  quel  volto, 
dinanzi  a  me;  io  era  penetrato  da  quella  comunione  misteriosa 
e  spaventosa  della  morte... 


ESTERN'O    DEL    PALAZZO    .MEISSONIER    A    PARIGI. 


Il  quadro  allegorico  poteva  essere  concepito  in  due  modi, 
ma  sempre  serbando  intatta  la  faccia  del  morto.  'I\itte  le  per- 
sonitìcazioni  dell'intelligenza  e  del  genio  sarebbero  sfilate,  come 
un  corteo  antico,  dinanzi  a  Thiers  :  1'  esercito  raffigurato  da 
un  milite;  il  popolo,  da  un  operaio...  Oppure,  nella  camera 
ardente,  una  sola  figura,  la  grande  figura  della  Francia,  della 
Patria,  immobile,  contemplante  l'estinto,  oppressa  dal  do- 
lore, senza  corona. 

Al    suo    funerale,  al    passaggio    del  carro,  voi   udiste    il 


266  MEISSONIKR 


grido:  «  ^'iva  la  Repubblica!  »  Era  un  grido  erompente  da 
tulli  i  petti,  che  saliva  come  un  sospiro,  un  immenso  sospiro, 
di    cui  l'onda  sonora  moriva  per  riecheggiare  più  alto. 

Al  modo  di  Lamartine,  i  versi  del  quale  alfascinarono  la 
mia  giovinezza  ,  io  amo  la  natura.  Al  par  di  lui  ho  amato 
solingamente  il  cielo,  le  montagne  e  i  boschi...  (Jhl  gli  scin- 
tillìi d'oro  della  foresta.  Com'  è  bella  la  terra,  e  com'io  vorrei 
popolar  di  opere  il  tempo,  che  non  e  più  tanto  lungo  innanzi 
a   me.  Ah.  poter  vivere  ancora  ! 

Mio  fratello  e  morto  repentinamente.  Ho  tentato,  giacché 
non  avevo  sotto  mano  altra  cosa  se  non  una  matita,  di  ritrarre 
la  sua  ultima  immagine. 

Lo  seppellisc(jno  martedì  alla  Maddalena.  Quando  verrà 
il  mio  turno,  vorrei  anch'  io  essere  portato  colà  (i).  I  sacri 
uffici  vi  son  regolati  con  bellissimo  ordine,  e  le  voci  stupen- 
damente vi  recitano  le  magnifiche  preghiere  cattoliche.. 

Sessant'anni  !  che  punto!  E  l'incertezza  del  tempo  che 
resta  lungo  o  breve,  a  seconda  di  color(j  che  lo  giudicano,  o 
trascurandolo,  o  servendosene. 

Però,  contemplando  dietro  di  me  gii  anni  trascorsi,  ho 
pur  qualche  gioia  nel  vedervi  1'  opera  mia  crescere  sempre 
nell'estimazione  di   tutti. 

Io  non  ho  saputo  assicurarmi  il  riposo,  che  pur  mi  sarebbe 
tanto  necessario,  per  dispensare  in  opere  ideali  ciò  che  mi 
resta  dell'antica  energia.  Ho  mollo  camminato,  e  comincio  a 
essere  molto  stanco!  Ho  scritto  stamane  che  i  miei  amici, 
a  volte,  ascoltavano  i   miei    lamenti:  or  bene,  io  'non   mi  la- 


(i)    .\ll.i    Maddalena,    infatti,    martedì    3    febbraio    1S91  ,    seguirono   i    funerali    di 
Meissonier. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


mentavo  punto  perchè  dovessi  lavorare  ;  ma  perchè  non   po- 
tevo farlo,  come  avrei  voluto,  con  ampiezza   e  con  serenità. 

Oh!  come  vorrei  rinvenire  un  mezzo  per  allontanare  da 
me  le  cure  degli  affari!  Che  penoso  fardello!  ^  eggo  tutto 
nero.  E  nessuna  speranza  accompagna  le  mie  visioni  ! 

L'idea  del  riposo  .  per  un  artista ,  è  un  grosso  errore 
borghese:  soltanto  gli  uomini  d' aljari,  lasciando  un  mestiere 


i  11  IH^ 


PALAZZINA    MEISSON'IER  :    IL    CHIOSTRO. 


noioso,  han  bisogno  di  godere  e  di  respirare;  ma  i  privi- 
legiati, i  felici,  gli  artisti,  conoscono  solo  nella  vita  un  tempo 
perfetto,  il  lavoro;  l'ora  forzata  del  riposo  suona  sempre  in- 
grata per  essi  ;  per  essi  il  lavoro  è  la  sola  gioia,  la  suprema 
gioia  !  Le  stesse  visite  de'  più  cari  amici  tornano  fastidiose, 
in  certi  momenti  di  entusiasmo... 


Invecchiando ,  io    lavoro    assai    più    che   ne'  miei  tempi 
migliori... 

Oh!  come  si  dev'essere  felici,  respirando  la  primavera  in 
campagna!    Non    mi    restano    più    troppi    giorni  .    e    non  ne 


268 


MEISSONIER 


ho    goduto    uno    solo.    Morirò    col    desiderio    incessante  del 
riposo... 

Bisogna    aver    lavorato    con   alacrità   tutta   la   vita ,    per 
sapere  a  che  segno  sia  dolce  il  riposo! 

Io  morrò  con  la  matita  in  mano,  senza  aver  mai  potuto 
veramente  riposare  un   poco.    Sono    stato    sempre   richiamato 


UM    AN'GOLO    DELLO    STUDIO    DI    MEISSO>JIER    A   PARIGI. 

alla  catena,  di  giorno  in  giorno,  d'  ora  in  ora  ,  senza   tregua 
e  senza  riposo,  libero  mai... 

Chiedo  a  Dio  altri  cinque  anni  di  lavoro;  poi  due  o  tre 
anni  di  riposo,   per  finire. 


Adoro  il  suono  delle  campane,  specialmente  della  cam- 
pana di  qui,  dal  timbro  dolce,  sonoro  e  gagliardo.  Stando 
presso  la  chiesa,  l'ascolto  a  tutte  le  ore  nella  mia  stanza,  e 
ne  son  come  cullato. 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


269 


CORTILE   DELLA    PALAZilN'A   MEISSONiER    A   PARIGI  :    FACCIATA   DELLO    STUDIO. 


Gli  uomini  della  mia  età  si  riposano!  Essi  lo  possono; 
io  no.  Son  pieno  di  turbamenti  d'ogni  sorta;  soifro  nel 
mio  pensiero. 


MEISSONIER 


Tu  conosci  quelle  cose  inesprimibili  che  ci  passano  in 
certi  giorni  nell'anima.  Lavorando  poco  fa  con  la  piccina,  mi 
son  sentito  cosi  triste  che  le  ho  detto  di  scendere  un  po'  nel 
giardino,  per  restar  solo  a  piangere.  Ho  dentro  di  me  un'an- 
goscia indicibile... 

Che  amara  tristezza  !  .Mentre  appunto  dovrei  essere 
libero  alfine,  indipendente  per  il  danaro  almeno,  le  inquie- 
tudini ,  gli  ostacoli  si  addensano  da  ogni  lato.  Non  vedo 
la  liberazione.  Son  giunto  al  termine  della  mia  esistenza, 
come  Rembrandt.  Se  non  che  egli  si  rovinava  nell'acquistar 
cose  belle,  e  io  a  mettere  pietra  su  pietra.  Ah!  come  vorrei 
o0rire  la  mia  casa  di  Parigi  per  un'opera  pia.  per  un  museo, 
per  una  scuola  d'arte:  tutto  corrisponde  a  cotesta  idea,  per- 
fino i   particolari  dell'architettura. 

Quest'acquerello  del  iSoj  sarà  la  mia  morte;  esso  mi 
ucciderà;  mi  domando  se  potrò  condurlo  a  termine.  Oh! 
come  sono  stanco,  povera  amica  mia!  Questo  i8oy  mi  avrà 
tolto  tre  o  quattro  anni  di  vita;  non  ne  posso  più;  questo 
accanito  lavoro  mi  ucciderà.  Vedete:  alla  mia  età.  settantadue 
anni,  non  posso  riposare  un'ora  sola,  l  miei  pensieri  non  mi 
suggeriscono,  come  a  Chenavard.  la  rassegnazione  platonica, 
l'indifferenza  terrena.  Son  disperato;  ma  le  mie  idee  volano 
in  alto,  sempre  più  verso  Dio.  Son  giunto  al  termine  di  ogni 
cosa  e  della  vita;  ma  che  amaro  rimpianto  di  non  aver  po- 
tuto esprimere,  nel  tempo  giovanile  e  nel  tempo  della  virilità, 
quel  che  io  voleva... 

Stamane,  rincasando,  mi  son  cotte  col  gas  due  uova  al 
piatto  per  la  colazione:  riassesto  un  po'  il  mio  studio,  mi 
curvo  sui  cartoni  per  cercare  i  disegni.  Subitamente  mi  viene 
un  capogiro,  e  chiamo!  Corrono  a  cercare  un  medico  del 
quartiere,    poi    altri...    Blondeau   e  Guyon;    mi   applicano  se- 


CONVERSAZIONI  E  RICORDI 


Ì71 


napismi.  Temevo  una  congestione...:  era  invece  un'  immensa 
stanchezza,  dalla  quale  son  condannato,  ahimè!  al  riposo 
forzato  di  quindici  giorni. 

Sto  bene,  si;  ma  non  so...  questo  dolore  avrà  qualche 
strascico,...  mi  fa  temere  per  l'avvenire.  .M'  han  detto  che  il 
nervo  pereumogastrico  è  stanco,...  non  so.  ma  quando  cam- 
mino un  po'  troppo  svelto,  il  dolore  mi  riatjerra  al  petto... 

Ahi  io  soffriva  sifjattamente  agli  occhi,  stamane,  per 
l'eccessivo  lavoro,  che  temevo  di  finir  cieco.  E  cosi  bella  la 
luce!  E  cosi  affascinante  la  natura!  Guardare,  am.mirare  è 
cosi  delizioso,  mio  Dio! 

Alla  mia  età  .  converrebbe  lavorare  tranquillamente , 
senza  punture  nelle  reni;  converrebbe  che  il  riposo ,  dopo 
una  giornata  di  lavoro,  fosse  lieto  e  completo,  e  si  potesse 
vivere  felicemente,  in  tutta  pace,  solo  curando  l'arte  e  il  la- 
voro che  bastano  a  tenermi  in  forze. 

Il  mio  stato  d'animo  si  fa  sempre  più  triste:  me  ne 
avvedo  e  ne  ho  paura.  Vorrei  sottrarmene  e  non  lo  posso,  e 
la  collera  vieppiù  mi  morde. 

Se  potessi  lavorare  come  vorrei  .  sento  che  ne  avrei 
ancor  tutta  la  forza  ! 

Quanto  è  crudele,  all'età  mia,  di  dover  lavorare  a  cose 
ingrate,  per  raggiungere  poi  la  libertà  dopo  aver  guada- 
gnato quanto  mi  occorre  per  vivere)  di  lavorare  a  piacer  mio! 
Tutto  ciò  che  non  e  la  mia  arte  mi  torna  indifferente;  non  ho 
mai  vissuto  che  per  essa  ;  in  essa  il  mio  ideale  e  la  mia  fe- 
licità. Tu  mi  comprendi,  tu.  mia  diletta... 

Come  le  tristezze ,  le  difficoltà ,  gli  ostacoli  della  via 
sorgono  tristamente  nell'anima!...  Giunge  un  momento  in  cui 
si  conoscono  soltanto  le  profonde  stanchezze  dei  risvegli  al 
mattino  e  l'assidua  monotonia  delle  giornate... 


MEISSONIER 


SALI  11  IO    A    PIANTERRENO.    PALAZZIN'A   MEISSOXIER    A    PARIGI. 

Quando  sento  talvolta  la  mia  mano  appesantirsi,  rabbrivi- 
disco pensando  al  peso  degli  strumenti  neccssaii  per  dipingere. 

Quanto  è  amara  e  oscura  la  decadenza  delle  forze  in  un 
artista  I 


Sono  stanco  moralmente,  ma    il    lavoro   felicemente  av- 
viato non  istanca  mai. 

Non  si  sentono 
allora  ne  le  ore,  né  i 
giorni  :  il  tempo  pare 
troppo  breve. 

Nulla  potrà  espri- 
mere   esattamente    il 
mio  ribrezzo ,  se  mi 
^  rimettessi  a  fare  dei 

FOCOl  ARE  1)1  CAMINETTO  PER  LO  STCDIO  DI  MEISSONIER,  PARIGI.    pUpaZZl         pCr       VlVCrS. 


».   ;9 


Cavaliere  del  tcìnpo  di  Luigi  XIII  arricciantcsi  i  baffi. 

(Disegno  a  penna.) 
Collezione  della  signora  JIeissonier. 


CONVIiRSAZlONl  K  KICURDI 


^73 


.  tR    IL    CAMIMETTil    IJLL 
(Non  sscgu.to.) 


Ah!    poter    essere  indipendente    per    fare    solo  cose    nobili    e 
degne. 

'l'utte  coteste  figurine  del   Ciìs/l'I/o  ora  mi  stancano. 

(Quando    sarò  liberato  da  tutti    questi    quadri .    nulla    più 
avrò  da  fare  intorno  a  me.  Abbozzerò  solo  quel  che  mi  piacerà. 


Fontarabia  e  Irun,  città  piene  di  carattere,  e  tanto  vicine 
a  noi.  Non  ci  si  mette  più  d'un  giorno  per  raggiungere  il  con- 
fine. I  cornicioni  di  legno  delle  case  sono  ammirevoli.  Ma 
gli  abitanti!  Tutti  mendicano,  anche  i  ragazzi  di  famiglia. 
Qui  lo  stendere  la  mano  e  una  costumanza. 

Meissonicr.  18 


274 


MEISSONIER 


Le  donne,  come  in  Italia,  si  pettinano  le  loro  bellissime 
capigliature  in  piena  strada,  tra  il  sudiciume.  La  chiesa  d'Irun 
e  vuota;  non  una  sedia,  non  un  ornamento;  la  navata  si 
avviluppa  d'ombre  misteriose.  Solo  nel  coro,  al  disopra  del- 
l'altare, raggia  e  fiammeggia  un  immenso  drappo  d'  oro,  con 
ejfetto  straordinario. 

Era  una  domenica:  sulla  piazza  si  ballava,  un  sonatore 
di  piifero  e  un  tamburino  si  avanzano  gravemente  nel  sagrato, 
e  fanno  due  o  tre  mosse  solenni  .  per  annunciare  l'apertura 
del  ballo. 

Alla  mia  età  .  non  desidero  viaggiar  più.  Se  avessi  un 
tappeto  incantato  per  trasportarmi  a  volo,  forse  andrei  qua  e 
là  per  mio  studio.  Ma,  come  il  Doria  di  Genova,  che  aveva 
inscritto  il  motto  sul  suo  palazzo,  preferisco  il  riposo  di  una 
casa  intelligente  e  ordinata.  Non  cerco  più  le  avventure  dei 
ricoveri  ambigui... 

Oh!  fanciulla  mia.  la  vita,  il  cumulo  dei  ricordi  son 
come  i  grappoli  sotto  il  torchio.  11  tino  trabocca  dell'uva  am- 
mucchiata ,  ma  il  vino  espresso  è  scarso.  La  vita!  Quanto 
poca  ne  resta  di  realmente  vissuta  in  fondo  al  bicchiere  I... 


CON'VERSAZIONE    A    CAVALLO. 


CAVALIERE   LUIGI   XIII. 
;  A^quere^o  appartenente  al  sig.  Bernheim 


LA  PITTURA  EPICA 


I.  i 

L' INSIGNE  maestro  ,  del  quale 
altri  ha  fin  qui  tessuto  la- 
vita  feconda  e  illustrato  l'arte  pò-? 
derosa .  fu  certamente  un  grande 
poligrafo.  Pochi  ingegni  più  del 
suo  faccettati  :  poche  opere  più 
varie  della  sua.  l'gual mente  ammi- 
revole nel  paesaggio,  nel  ritratto, 
nella  pittura  intima  e  nel  quadro 
storico ,  egli  trattava  con  pari  pe- 
rizia i  temi  più  disparati,  e  raggiun- 
ME.SSOMER  (iS6i).  geva  con  sicurezza  pari   gii  et]etti 

più  dissomiglianti. 
Gianluigi  Ernesto  Meissonier  meriterebbe  di  essere  chia- 


276 


MEISSONIER 


malo  il  CoLisin  della  pittura;  tanto  l'eclettismo  suo  lo  eman- 
cipava da  ogni  servaggio  di  consuetudine,  da  ogni  pregiudizio 
di  scuola.  E  cosi  l'ingente  opera  sua,  progenie  d'un  lavoro 
indefesso,  —  «  il  lavoro  per  il  lavoro  »,  com'egli  soleva  dire  — 
offre  tutti  gli  aspetti  della  natura  e  i  momenti  tutti  della  vita. 
Solamente  Tiziano  e  Rubens,  lavoratori  grandissimi,  benché 
grandissimi     artisti  .     possono    contendergli     il    merito    e    il 

vanto  della  fecondità 
vitale:  quella  per  cui 
le  opere  non  pur  na- 
scono, ma  durano  e 
s'  insemprano. 

Un  genere  tutta- 
via, fra  tanti  saltuaria- 
mente accarezzati,  era 
il  suo  prediletto  ;  e  da 
questo  egli  edusse  la 
maggior  sua  rinonian- 
za,  e  per  questo  rivi- 
vrà nei  tempi  lontani. 
L' indole  sua  grave  e 
r  ingegno  pensoso  e 
l'estro  inebriato  lo 
traevano  alla  Storia, 
come  a  nutrice  di  aiti 
pensieri,  come  a  originai  fonte  d'inspiiazione.  E  dalle  antiche 
carte  e  dalle  recenti  egli  attinse  le  sue  più  ampie  visioni,  e  le 
tradusse  nelle  sue  più  nobili  tele. 

La  teoria  dell'  arte  professata  da  Meissonier  non  deve 
essere  ignota  a  chi  con  qualche  amore  percorse  le  precedenti 
pagine,  massime  quelle  degli  Enlrcticns.  Per  lui,  come  per 
il  Poeta  nostro,  l'Arte  non  può  esser  fine  a  sé  stessa.  D'ori- 
gine forse  divina,  o  per  lo  meno  altissimamente  umana,  ella 
ha  un  contenuto  ideale;  ma  come  esplicarlo,  ove  nr)n  si  pro- 
ponga un  civile  divisamento? 


LAVANDAIE     d' ANTIBO. 
(Dipinto.  —  Museo  del  Lussemburgo.) 


■:.1T;:..1T0    j;    :iLi  jìo;:  ;  l..    ^iù-'-J- 

(Acquerello  Del  Museo  di  Valenciennes.) 


2^8  MiiISSONIER 


Non  solo  agli  occhi  delle  genti  la  bellissima  deve  parlare 
il  linguaggio  della  verità:  l'anima  immensa  delle  moltitudini 
pur  domanda  la  parte  sua  d'emozione.  L'ampia  tavolozza 
del  bosco,  del  monte,  del  mare  non  forse  basta  ;  né  forse  basta 
il  vario  aspetto  del  campo  o  l'intima  poesia  della  casa.  Ben 
altri  spettacoli  invoca  la  religion  delle  memorie;  ben  altre 
contemplazioni  attende  la  santa  curiosità  del  passato. 
'  Or  solo  la  pittura  storica,  rievocando  i  secoli  consunti 
e  ricostruendo  le  civiltà  sepolte,  può  dissetar  la  brama  incon- 
cussa della  immortalità  apparente,  madre  primissima  delle  tre 
arti  figurative.  Che  se  il  bello  altro  non  sia  se  non  il  resul- 
tato della  rappresentazione  felice,  e  la  pittorica  musa  non 
conosca  argomento  futile  o  indegno,  e  basti  la  intelleitual 
copia  del  vero  a  gloriare  un  artista,  sì  che  la  Varca  ori- 
nante di  Paolo  Potter  esteticamente  valga  la  Gioconda  o  la 
Fornarina,  perche  mai  la  nobiltà  del  tema  non  dovrebbe  con- 
ferire nobiltà  maggiore  al  maestro,  che  concordar  sapesse  le 
ragioni  dell'arte  e  quelle  superiori  del  sentimento  > 
;  Non  v'ha  più  acconcio  terreno  per  codesto  accordo  fuor 
della  Storia,  la  quale  è  anch'essa  vita  vissuta  e  rivivente, 
azione  dunque  e  memoria,  moto  e  idea,  specchio  del  tempo 
e  monito  all'avvenire,  sintesi  e  analisi  della  umanità.  E  qual 
rtiai  momento  della  storia  orrendamente  più  bello  e  pittorica- 
ihente  più  vario  se  non  la  battaglia  .  teatro  e  dramma  dei 
]iopoli,  con  le  passioni  sue  enormi  e  con  le  sue  mutevoli 
facce;  la  battaglia  tumultuosa  e  fiammante,  che  al  vigile  pen- 
nello ojl're  il  paesaggio,  il  costume,  la  figura,  il  ritratto, 
il   cavallo,   tutti   i  generi  insieme   e  tutti  gli  eO'ctti  r 

In  ogni  tempo,  presso  ogni  popolo  l'indomita  speranza 
della  «  seconda  vita  nella  posterità,  »  —  come  lucidamente 
dal  Carlvle  vien  chiamata  la  gloria  —  inspirava  le  tre  arti  co- 
gnate. Ancora  nelle  cune  originali  delle  civiltà  primigenie  le 
magnifiche  ruine  dei  templi  votivi,  degli  archi  gloriosi,  delle 
mura  lutrici.  delle  colonne  istoriale  testificano  d'innanzi  al  vec- 


LA  PITTURA  EPICA 


chio  sole  e  contro  il  famelico  oblio  imprese  e   gesta    degnis- 
sime di   perenne  menzione. 

Non  sorella,  ma  figlia  delle  grafiche  muse  e  la  storia: 
tal  che  la  bassa  scultura  e  la  pittura  murale,  favellanti  alla 
fantasia  non  men  che  alla  memoria,  precedendo  la  invenzion 
dei  caratteri,  si  come 


pur  vogliono  la  etimo- 
logia della  parola  greci 
e  r  uso  comune  dell  i 
italica,  [istorein,  isto- 
riare) generavano  I  ; 
orale  leggenda  e  li 
storica  prosa. 

E,  come  dalle  ii- 
fantili  figure  dei  ger<>^ 
glifici,  disciolto  il  sim- 
bolo ieratico,  nacquero 
le  prime  scritture  de- 
motiche; cosi  dai  timid  i 
bassorilievi  e  dai  di- 
pinti iniziali  derivai 
dovevano  le  croniche 
prime.  Senza  le  «  fonti 
mute  »  degli  anticlii 
musaici  ed  affreschi, 
senza  le  alluminature 
e  le  arazzerle  medie- 
vali, non  sarebbe  surta 

né  rinata  la  storia:  dipintura  ancor  essa  d'uomini  e  di  cose 
e  di  tempi,  sol  che  al  debile  pennello  vien  sostituito  il  calamo 
possente,  e  al  vago  stil  delle  figure  si  aggiunge  quello  ben 
altrimenti  efficace  delle  parole.  E.  tuttavia,  nelle  camere  sepol- 
crali di  Beni-Hassan,  di  Karnak.  di  Phile,  come  tra  i  ruderi 
dei  palagi  ninivei  e  babilonici,  l'Oriente  dissepolto  rivive  ai 
nostri  attoniti  sguardi   la  sua  primissima  vita. 


K    >4APOLEO>JE    CIVILI,    VENEZIA,    IL    I4    OTTOBRE    iS 
(Collezione  della  vedova  Meissonier.) 


LE   ORDINANZE    (ENTRATA    DELL"a1ìHa:IA    DI    POISSY)    (1S69). 
(Quadro  dtUa  collezione  del  sig.  Tliicry,   Parigi.) 


282  MEISSON'IER 


L'arte  pittorica,  adunque,  poi  eh' ebbe  varcata  l'infanzia 
della  ornamentazione,  fu  primamente  suggeritrice  per  divenir  po- 
scia sussidiaria  della  poesia  e  della  storia,  passando  a  gradi  dalla 
reminiscenza  al  commento,  dal  simbolo  al  fatto,  dal  partico- 
lare alla  sintesi,  dal  racconto  alla  critica,  dalla  visione  alla 
verità.  L'orgoglio  indisseiabile  dei  principi  e  la  vanità  scon- 
finata dei  popoli  dovevano  suscitare  un'arte  tutta  adulatoria,  la 
quale,  parlando  del  passato  al  presente  e  di  questo  all'  avve- 
nire, lustro  aggiungesse  ai  reggimenti  e  arricchisse  l'ideai  pa- 
trimonio delle  nazioni. 

Vivere  ancora,  vivere  sempre,  nella  memoria  se  non 
nella  natura,  fissando  col  pennello  e  col  martello  i  nomi,  i 
fatti,  i  momenti  memorabili:  tale  l'anelito  immenso  e  costante 
delle  umane  generazioni.  Considerate  nella  origine  loro,  la 
pittura  storica  sta  alla  storia  scritta  come  la  vanità  all'orgoglio 
di  un  popolo.  Nel  libro  si  esalta  esso  e  si  giustifica:  nel  qua- 
dro si  ammira  e  quasi  si  pavoneggia.  Si  che,  da  quella  Pugna 
dei  Magnesiaci  di  Bularco,  che  fu  acquistata  a  peso  d'oro  da 
re  Candaule  di  Lidia,  ed  era  il  più  vetusto  dei  quadri  sto- 
rici propriamente  detti,  fino  alle  recenti  tele  del  Meissonier, 
la  dipintura  epica  altro  non  fu  se  non  una  diuturna  piag- 
geria politica,  un  tributo  di  ammirazione  spontanea  offerto  da 
ogni  gente  a  se  stessa. 

Non  appena  l'ingegno  greco,  passando  dalla  pittura  ce- 
ramica a  quella  murale  ,  conobbe  il  magistero  e  il  fascino 
della  grande  figurazione,  volle  celebrar  coi  colori  le  più 
belle  imprese  della  guerra  iliaca  e  delle  mediche:  e.  se  Po- 
lignoto  decorava  con  le  famose  sue  Riiine  cf  I/io  la  Le- 
schide  di  Delfo,  Micone  e  Panemo,  fratello  di  Fidia,  di- 
pingevano la  Battaglia  di  Maratona  ,  gli  eroi  della  quale 
eran  vivi  nei  portici  giocondi  del  Pecile:  civico  monumento, 
museo  insieme  e  ambulatorio,  dove  l'arte  pittorica  trionfava, 
mentre  il  Partenone  parea  sacro  alla  sua  più  austera  sorella. 
Così    Agiaofone    l'alììgurava    le    non    sempre    nobii    gesta    di 


LA  PllTURA  El'iCA  28  < 


Alcibiade,  quando  appunto  Panfilo,  maestro  di  Apelle,  ritraeva 
i  fatti  principali  della  guerra  peloponnesiaca,  a'  quali  aveva 
assistito;  e  così  Protogene,  l'emulo  maggiore  di  Apelle.  il  «  su- 
blime patetico  »  qual  veniva  chiamato  dallo  Stagirita.  dipinse 
il  Sacco  d'una  città  e  una  Battaglia  tfArbcla,  che  forse  e  la 
stessa  riprodotta  nel  meraviglioso  musaico  tolto  alla  casa  del 
Fauno  in  Pompei.  E  il  divino  Apelle  medesimo,  il  Raffaello 
dell'  antichità,  se  non  colori  scene  di  battaglie  del  grand'evo 
macedonico,  affìgiò  mirabilmente  Alessandro  e  i  suoi  generali. 
Un  di  costoro,  Eumene,  faceva  illustrar  da  Piromaco  le  sue 
vittorie  nella  reggia  di  Pergamo:  e,  più  tardi,  lo  stesso  seve- 
rissimo Arato  avea  da  Timante  di  Sicione  copiosa  adulazion 
di  pennello.  Ma  che  potevano  artisti  ignari  d'ogni  norma 
prospettica  r 

I  Romani,  per  quanto  alieni  dalle  arti  figurative,  ma  vaghis- 
simi di  pubbliche  pompe,  non  seppero  a  lungo  disdegnare  i 
lenocini  della  pittura  marziale;  e  il  popolo  più  forte  e  men 
modesto  della  terra  si  rivolse  agli  artisti  greci  per  rinsaldar 
la  memoria  della  sua  grandissima  impresa:  la  conquista  del 
mondo  conosciuto.  Fabio  Pittore  raffigurava  bensì  nel  tempio 
della  Salute  le  prime  lotte  e  le  prime  fortune  di  Roma,  e  già 
\'alerio  xMassimo  Messala  esposto  avea  nella  Curia  Ostilia 
una  dipintura  della  battaglia  da  lui  vinta  in  Sicilia  contro  i 
Cartaginesi  di  Erone.  Nondimeno  di  Grecia  si  dovette  chia- 
mar Metrodoro,  affinchè  dipingesse  su  amplissime  targhe  le 
vittorie  romane  contro  i  greci  medesimi,  per  il  trionfo  del 
console  Paolo  Emilio:  e  son  noti  i  litigi  tra  i  due  Scipioni 
per  il  quadro  trionfale  immodestamente  esposto  nel  Foro  dal- 
l'Asiatico. Senonche  i  Romani,  sempre  pensosi  della  posterità, 
alle  tavole  preferirono  il  marmo  e  il  bronzo  ;  talché  alle  lor 
colonne  istoriate  e  ai  loro  memori  archi  ricchissimi  di  bassori- 
lievi affidarono  il  ricordo  della  virtù  propria  e  delTaltrui  sog- 
gezione. 

Nell'evo  barbarico  con  la  pittura  cade  insieme  la  scrittura 
storica;  sicché,  nella  universale  ionoranza.  la    storia  deve  ta- 


284 


MEISSONIER 


ticosamente  rifare  il  cammino  fornito,  dal  rozzo  bassorilievo 
e  dal  musaico  ingenuo  risalendo  alla  statua  e  al  quadro.  E 
appena  van  menzionate  le  figurazioni  fatte  eseguire  nel  suo 
palagio  da  Basilio  il  .Macedone  per  celebrar  le  vittorie  contro 
bulgari  e  saraceni .  e  quelle  onde  Carlomagno  volle  in  Acqui- 
sgrana  illustrate  le  gesta  Del  per  Franeos,  e  le  altre  dal- 
l'imperatore Enrico  I 
ordinate  per  il  suo  ca- 
stello di  Merseburgo. 
Nei  primi  secoli 
dell'età  di  ferro  la  pit- 
tura ritenta  gli  antichi 
passi  nei  tre  modi  del 
musaico,  del  trapunto, 
della  miniatura,  senza 
parlar  della  porcellana 
e  del  vetro  :  e  già  nei 
mutoli  chiostri  più  mu- 
toli frati  preparano  le 
imminenti  riscosse  del- 
l'arte  marziale,  con 
infinita  pazienza  allu- 
minando poemi  caval- 
lereschi e  racconti  e- 
roici  ,  come  in  quel 
mirabile  Ilortus  dell- 
cianuìi  del  dodicesimo 
secolo,  prezioso  cimelio  della  biblioteca  di  Strasburgo,  e  nella 
Istoria  di  Alessandro  il  Grande  vanto  e  decoro  della  città  di 
i-Jruxelles.  Ma  l'artifizio  della  prospettiva  rimane  un  mistero. 
La  Rinascenza,  dedita  tutta  ai  temi  religiosi  con  inclina- 
zione profana  e  ai  profani  con  sentimento  mistico,  poco  ama 
la  pittura  storica  e  anche  meno  la  epica.  Ben  di  rado  i  mae- 
stri italiani  del  Quattrocento  dipingono  belliche   scene    o  ludi 


IL   BIGLIETTO   AMOROSO. 
("Di  proprie^  della  baronessa  Dnmesnil,  Pan 


LA  PITTURA  EPICA 


marziali.  Jacopo  d'Avanzi,  imitatordi  Giotto,  istoria  de' trionfi 
di  Roma  imperiale  la  cappella  di  S  Giacomo  nella  basilica 
patavina  del  Santo:  argomenti  trattati  poi,  ma  con  ben  altro 
magistero,  dal  Mantegna.  Degli  altri  quattrocentisti  sarà  me- 
glio tacere,  tranne  del  Carpaccio  e  di  Gian  Bellini  a  \'enezia 
e  degli  umbri  primi- 
tivi raccolti  nella  gal- 
leria di  Perugia. 

Nel  Cinquecento 
nostro  la  pittura  clas- 
sico-militare si  atferm 
e  s' impone.  Il  somm- 
Leonardo  non  disde- 
gna di  raffigurare  u: 
urto  di  cavalleria  Ral- 
faello  dipinge  al  Vati- 
cano una  Bdttir^ì/u 
d' Ostia  e  disegna  la 
Vittoria  di  Costantino 
su  Massenzio ,  magi- 
stralmente colorita  poi 
dall'alunno  suo  Giuliij 
Romano.  Questi  pure 
compone,  nel  suo  stile 
fantasioso  a  un  tempi  > 
e  drammatico  ,  vari 
quadri    di   guerra:  chi 

ignoragli  splendidi  cartoni  del  Louvre^  l)ue  veri  specialisti  del 
genere  otjVe  il  secolo  aureo:  Polidoro  Caldara,  buon  dipintor 
di  battaglie  con  un  far  nobile  ed  ampio:  e  Paolo  Uccello, 
grande  amator  di  cavalli,  arditamente  riprodotti  sulla  tela 
con  una  punta  di  ni'jderno  realismo.  E  taciamo  i  X'eneziani, 
de'  quali  discorreremo  più  innanzi. 

Similmente,  in  Alemagna  il  secolo  W'I   vede    i  migliori 


IL    lJlbti,\ArOKH. 
(Collezione  del  si».  ChiuclurJ.) 


MEISSONIKR 


pennelli  consacrarsi  alla  illustrazione  di  oeste  amiche  e  mo- 
derne. Dell'AUdorier  la  pinacoteca  di  Monaco  accoglie  una  Bat- 
taglia d'  ^Ar  bela,  soggetto  ricorrente  in  questo  genere  di  pittura, 
e  una  Battaglia  tra  Carlo  il  Temerario  e  Massimiliano  I.  Per 
questo  imperatore  il  Durerò  disegna  i  cart()ni  che  servir 
devono   al    dedicatogli    arco    trionfale,    e    Hans    Schautfelein 

dipinge  una  Vittoria 
degli  Etrei  sugli  A- 
ìiialeciti  con  anacro- 
nismi strani  di  armi 
e  di  fogge.  Holbein 
il  giovane  decora 
delle  vittorie  elveti- 
che la  casa  di  Marten- 
stein.  bali  di  Lucerna. 
E  mentre  Hans  Se- 
bald  Beham  incide 
\'  Assedio  di  Rodi  e 
quello  di  Wolfenbùt- 
tel ,  Hondius  juniore 
immagina  la  sua  Al- 
legoria della  guerra: 
satira  precoce  del 
militarismo,  che  sem- 
bra inspirata  da  un 
odierno  congresso 
per  la  pace. 

Contemporaneamente,  Fiamminghi  e  Olandesi,  i  quali 
paiono  da  natura  meglio  chiamati  a  trattar  questi  temi  riboc- 
canti di  particolari  episodici,  sospingono  i  progressi  della  tec- 
nica, raggiungendo  novella  perizia  nella  prospettiva  e  nello 
sceneggio.  I  due  Breughel,  magnifici  ignoranti,  attingono  nella 
Bibbia  i  loro  guerreschi  motivi,  con  gran  disprezzo  tuttavia  d'ogni 
senso  storico,  camulfando   da    tessitori   olandesi    gli    eroi  d'I- 


MEISSON'UiU    i:Hl-;    lavora    al    aL'AORO    DLL 


LA  PITTURA  EPICA 


287 


sraele.  I  grandi  cartoni  colorati  del  ^'ermeven.  pittore  cesareo 
di  Carlo  X,  intorno  alla  impresa  di  Tunisi  serveranno  a  tra- 
pungere i  celebri  arazzi  decoranti  tuttora  le  sale  di  Schoen- 
brunn.  E  con  Sebastiano  Vranck  la  pittuia  militare,  peranco 
impacciata  e  confusa,  si  snoda  in  fiera  e  lucida  ampiezza. 

Ma  ecco  Venezia  opulenta  e  fastosa;  ed  ecco  quindi  l'O- 
landa libera  e  ricca.  [>e  due  grandi  repubbliche  marinare, 
che  tante  somiglianze  offrono  nell'anima  mercantile  ed  eroica. 


(Acquerello  appartenente  alla 


di  pari  amore  amano  il  traffico  e  l'arte,  il  guadagno  e  la  fama. 
L' una  imperatrice  d'Oriente,  l'altra  signora  delle  Indie;  quella 
nemica  di  Genova,  del  papa,  dell'imperatore,  del  sultano, 
l'altra  volta  a  volta  emula  di  Spagna,  di  Francia,  d'Inghil- 
terra; entrambe  avide  di  lucri  e  di  glorie,  memori  del  ieri, 
pensose  del  domani,  curanti  dell'avvenire.  K,  come  i  merca- 
tanti rifatti  dell' Adriatico  .  cosi  più  tardi  quelli  del  nordico 
mare  vorranno  e  vedranno,  nelle  guerresche  pitture  adornanti  i 


TROMBETTA   LUIGI    XIII    CHE    SUON'A   IL    BUTTASELLA. 
(Appartenente  al  sig.  Bernlieira  juniore,  perito.) 


MEISSONIER 


civici    loro    palagi  ,    documenti    tenaci    di    troppo    fuggevole 
grandezza,  securo  promesse  di  secolar  vita  ideale. 

La  \'enezia  del  5oo  ò  tutta  una  fioritura  di  quadri  sto- 
rici, dovuti  ai  suoi  più  preclari  pennelli.  Come  già  il  Pecile 
di  Atene,  cosi  il  F^alazzo  ducale  divien  pubblica  scuola  di 
storia  patria,  instituto  di  civile  ammonimento.  E,  mentre  i 
maestri  fiorentini  e  romani  del  gran  secolo  recano  pur  nella 
pittura  epica  la  glaciale  compostezza  e  la 
rigida  maestà  del  loro  stile  quasi  togato, 
i  veneziani  all'incontro  nei  temi  eroici  veg- 
gono occasioni  bellissime  d'impeto,  di  ar- 
denza ,  di  sincerità.  Così  Paolo,  e  il  vecchio 
Palma,  e  il  Pesarese,  e  Giulio  dal  Moro, 
e  Pietro  Liberi .  e  Andrea  .Michieli ,  ed 
5.fc'  altri  molti  illustrano  le  maggiori  imprese 
di  San  Marco  contro  bizantini ,  genovesi, 
osmani;  precipuamente  quelle  della  quarta 
Crociata,  per  cui  si  dischiuse  a  Venezia  il 
Levante,  e  quella  conquista  di  Costantino- 
poli ,  che  parve  ed  era  prodigio  di  medi- 
tato ardimento. 

A  tutti  superiore  il  Tint^retto  nelle 
sue  sei  grandi  tele  marziali,  onde  il  moto 
e  il  colore,  la  perizia  e  l'audacia  disgradano  ancora  ogni 
confronto;  abilmente,  ma  tiepidamente  imitato  dal  figlio  Do- 
menico, massime  nella  Presa  di  Costantinopoli,  vera  pietra  di 
paragone  ai  pittori  ufficiali  della  Serenissima.  Sol  da  Fran- 
cesco Bassano  è  vinto  il  vecchio  Robusti  nell'amor  della  esat- 
tezza e  nello  studio  dei  particolari  ;  si  che  con  questo  men 
caldo,  ma  più  diligente  maestro  la  pittura  militare  acquista 
un'indole  episodica  fino  a  lui  sconosciuta,  e  però  si  riallaccia 
all'arte  nuova  con  la  formola  della  «  parte  per  il  tutto  ».  pro- 
fessata dai  successivi  pittori  d'  Olanda  e  rifiorente  ai  giorni 
nostri  nelle  opere  appunto  di  Ernesto  .Meissonier. 


SCHIZZO   A   PEN'XA. 


LA  PITTURA  EPICA  29? 


Agli  Olandesi,  mercatanti  e  marinari  di  nascita,  non  bastò 
vincere  le  grandi  tenzoni  nell'impari  duello  per  l'egemonia 
oceanica  con  le  tre  potenze  marittime  d'Occidente:  vollero 
pure  ricontemplarle  e  vagheggiarvisi  sulla  tela.  E,  poiché  la 
lunga  dimestichezza  del  mare  e  il  paziente  amor  della  nave 
e  l'abito  diuturno  dell'osservazione,  tanto  valorosi  architetti 
preparavano  quanto  diligenti  pittori  navali,  nessuna  meravi- 
glia se  nel  quadro  nautico  attingessero  somma  perizia  e  ri- 
putazione. 

Già  Cornelio  Vroom  avea  dipinto  una  Disfatta  dell'  Ar- 
mada;  ma  Guglielmo  van  der  Velde,  conoscendo  profonda- 
mente la  struttura  e  la  manovra  navale,  lo  superò  di  gran 
lunga  nello  sceneggiar  le  battaglie  del  1Ó66  tra  le  flotte  d'In- 
ghilterra e  d'Olanda;  tal  che  re  Carlo  II  lo  volle  seco  a 
Londra,  dove  fu  raggiunto  dal  figliuolo  ed  emulo  suo  Gu- 
glielmo il  Giovane,  men  robusto,  ma  più  perfetto  e  più  efficace, 
perchè  penetrato  di  quella  che  il  Taine  chiamava  «  romanità 
del  mare  ».  ossia  la  visione  del  mare  calmo  e  quasi  augusto 
durante  l'infuriar  della  pugna,  si  come  singolarmente  appare 
dai  due  suoi  capolavori  1//  «  Priiicc  Rovai  »  e  Quattro  va- 
scelli catturati)  nel  museo  di  Amsterdam.  Suoi  imitatori  abi- 
lissimi furono  Zeeman  Battaglia  navale  di  Livorno)  e  Abramo 
Stork  Conibattiniento  navale)  con  navi  incese  e  sante-barbare 
esplodenti.  Così  la  piccola,  ma  libera  patria  dei  Ruyter  e  dei 
Tromp,  nella  gloria  e  nella  pittura  navale,  onorava  l'arte  e 
sé  stessa. 

Le  grandi  nazioni  militari  e  marinare  dell'  Occidente 
non  ebbero,  nel  secolo  d'oro,  una  pittura  epica.  La  povertà 
dell'Inghilterra  in  questo  vergine  campo  non  può  destare  sor- 
presa, ove  si  pensi  che  la  grande  isola  non  peranco  era  con- 
quistata all'arte.  La  Francia  istessa,  tutta  intenta  alle  sue  effì- 
mere spedizioni  e  alle  sue  lotte  intestine,  non  aveva  tempo 
né  agio  di  mutar  la  spada  in  pennello;  e  solo  più  tardi  doveva 
rivalersene  a  usura. 


292  MEISSONIER 

La  reluttanza  della  Spagna  per  quest'arte  marziale,  della 
Spagna  signoreggiante  oltre  cent'anni  i  due  mondi,  è  tuttavia 
argomento  di  lontano  stupore.  Non  forse  la  sua  storia  era 
un  canto  solo  di  battaglia  >  non  forse  aveva  essa  raggiunto, 
nelle  arti  belle  come  nelle  lettere,  la  maggior  sua  fioritura?  ne 
s'imponeva  al  mondo  coi  quadri  e  coi  libri  non  men  che 
con  le  armi  vittrici? 

Eppure  la  scuola  iberica  novera  pochissime  tele  militari; 
né  s'intende  perchè  il  Ribera  e  lo  Zurbaran,  coloristi  magnifici 
e  amatori  di  scorci  arditi  e  di  mosse  sapienti,  non  abbian 
dato  alcun  saggio  del  loro  grande  valore  in  cotal  genere  di 
pittura.  Venturosamente,  la  Spagna  ha  un  capolavoro,  uno 
solo,  ma  sufficiente;  \di  Resa  di  Brcda  àe\  sommo  Velasquez, 
rex  regiim.  Lo  stesso  tema  fu  poi  trattato  da  altri,  tra  cui 
José  Leonardo;  ma  il  quadro  di  \^elasquez.  superando  quelli 
del  Tintoretto  e  del  \'eronese.  mirabilmente  colma  ogni  la- 
cuna. 

II. 

Il  Seicento!  Ècco  l'età  maggiore  della  pittura  epica,  mas- 
simamente in  Italia  e  nei  F^aesi  Bassi.  Son  codeste  appunto  le 
contrade  più  disputate  dalla  gelosia  delle  grandi  potenze  euro- 
pee: nell'ampia  valle  del  Po,  come  lungo  le  rive  della  Schelda. 
del  Reno  e  della  Mosa,  si  contendono  esse  il  primato  politico. 
Nelle  lunghissime  guerre  di  successione,  tra  le  improvvise 
alleanze  e  i  non  men  rapidi  abbandoni,  i  campi  batavi  e 
lombardi  brulicano  d'eserciti,  ingrassano  di  cadaveri.  Intrighi 
di  gabinetto,  cupidigie  di  ministri,  bizze  di  cortigiane  ne  fanno 
altrettanti  cimiteri  internazionali;  sì  che  l'estro  dei  pittori 
contemporanei  dall'assiduo  formidato  spettacolo  é  fortemente 
colpito,  e  a  ogni  bellica  fazione  corrisponde  un  quadro  no- 
vello, e  le  civiche  e  regie  pinacoteche,  per  vanità  di  principe. 
per  desiderio  di  popolo,  si  att'ollano  di  tele  marziali. 


LA  PITTURA  EPICA  293 


Senonchè  due  sono  i  modi  d'intendere  e  d'interpretar 
la  battaglia:  l'insieme  o  l'episodio,  l'ordine  o  il  tumulto,  la 
calma  o  l'impeto:  in  altri  termini,  il  quadro  di  ragionamento 
o  il  quadro  d'impulso.  Insomma,  due  maniere  e  due  scuole: 
la  scuola  strategica  e  la  scuola  impressionista:  questa  pecu- 
liare ai  pittori  italiani  e  francesi,  quella  a  olandesi  e  liam- 
minghi. 

I  progressi  della  dottrina  e  della  pratica  militare  non 
dovevano  tardar  troppo  a  rispecchiarsi  in  questa  branca  tra 
estetica  e  scientifica  dell'  arte.  Al  pittor  zelante  non  basta 
più  riprodur  la  figura  sovrana  o  l'episodio  precipuo  del  fatto 
d' arme  :  gli  conviene  oramai  delinear  le  schiere  e  le  mosse 
dei  combattenti,  secondo  i  giusti  criteri  e  i  fedeli  aspetti  della 
guerra  reale.  In  altre  parole,  l'artista  deve  mostrarsi  padrone 
della  materia:  essere,  cioè,  buon  colorista  e  tattico  discieto  : 
conoscere  le  ordinanze,  le  evoluzioni,  1'  effetto  delle  armi  e  il 
resultato  degli  urti:  tutto  questo  non  già  con  geometrica  fred- 
dezza, ma  con  la  foga  della  passione,  nella  febbre  della  fan- 
tasia. Dipintura  malagevole  e  ingrata,  come  quella  che  do- 
vrebbe rendere  la  verità  istantanea  e  insieme  la  fisionomia 
storica  della  battaglia  attraverso  il  temperamento  dell'artista 
ritraente  di  maniera  o  a  memoria. 

Già  sul  cader  del  5oo  incisori  toscani  ,  chiamati  da 
Caterina,  avevano  introdotto  in  Francia  le  cosi  dette  ■zuies  ca- 
Z'alières:  panorami  in  rilievo  e  d'insieme  o,  come  suol  dirsi, 
a  volo  d'  uccello  delle  non  infrequenti  battaglie  nelle  guerre 
religiose  sotto  i  tre  ultimi  Enrichi  ;  si  che  da  Stefano  della 
Bella  il  cardinal  Richelieu  aveva  fatti  incidere  in  siffatto  modo 
gli  assedi  memorabili  del  suo  tempo.  Ma  solo  più  tardi,  du- 
rante il  regno  del  Re-Sole,  da  queste  embrionali  stratografie 
fiorir  dovevano  le  grandi  tele  militari  dei  Wouverman.  dei 
van  der  Meulen,  degli  Huchtenburg. 

La  Francia,  benché  bellicosissima,  ha  gloria,  non  pittura 
militare    anc(jra  ;  tal    che    all'Italia  chiede  incisori  e  dipintori 


2Q4  MEISSONIER 


all'Olanda:  e  se  un  grande  specialista  le  nasce,  deve  costui 
con  altri  minori  valicare  le  Alpi,  là  dove  frequenza  di  pu- 
gne e  larghezza  di  corti  alimentano  e  incoraggiano  le  raf- 
figurazioni marziali.  E,  come  la  diversità  degl'istinti  e  dei 
climi  domanda,  francesi  e  fiamminghi  in  Italia  divengono 
pittori  d'impressione,  mentre  gli  olandesi  in  Francia  si  fan 
quasi  accademici. 

L'Italia  secentista  ha  tre  sotto-scuole:  la  fiamminga,  la 
napoletana  e  quella  del  Borgognone.  Pietro  van  Laar,  più 
conosciuto  col  nome  di  «  Bamboccio  »  e  Antonio  Molvn  detto 
«  il  Tempesta  »,  pittori  episodici  per  i  quali  la  battaglia  è  sol 
pretesto  al  paesaggio,  vi  suscitano  imitatori  ed  emuli,  tra  cui 
il  bolognese  Cerquozzi,  sopiannomato  «  .Michelangelo  delle 
battaglie  ». 

Napoli  vantava  in  Aniello  Falcone,  studiosissimo  delle 
armature  e  delle  fogge,  il  suo  Giulio  Romano  :  e  veramente 
la  sua  Vittoi'ia  di  Costanlino  su  Massenzio  richiama  il  quadro 
omonimo  del  miglior  scolaro  di  Raffaello.  Ma  il  genio  bol- 
lente di  Salvator  Rosa  balza,  irrompe,  illumina,  esplode;  e  non 
mai  la  pittura  epica  ebbe,  ne  avrà  maggior  impelo  e  audacia 
e  scompiglio  e  calore;  sicché  nei  pochi  suoi  quadri  anonimi, 
dipinti  tutti  di  maniera  o,  a  meglio  dire,  d'intuito,  la  fantasia 
assume  parvenze  di  verità,  e  nell'ardimento  dei  gruppi  e  nel- 
l'opposizion  dei  colori  freme  e  divampa  la  torrida  febbre  della 
battaglia,  e  la  vita  istessa  della  storia  meravigliosamente  tra- 
luce. Salvatore  non  lasciò  discepoli,  ne  lo  poteva:  come  negli 
eccessi  è  caratteristico,  così  nei  pregi  suoi  è  personale  ;  inimi- 
tabile, sempre. 

Non  ugualmente  Giacomo  Courtois,  detto  «  il  Borgo- 
gnone», artista-soldato  che.  sceso  tra  noi  guerreggiando  e  di- 
pingendo, creò  numerosissima  scuola.  Come  Salvator  Rosa, 
pur  egli  è  uno  specialista  della  mischia  ;  ma  il  suo  stile  è  più 
calmo,  la  sua  tavolozza  più  mite,  il  fare  più  arguto  e  leggiero; 
ma  lo  slancio  del  suo  pennello  non  va  disgiunto  da  una  certa 


LA  PITTURA  EPICA 


29S 


consuetudine  viziosa,  per  cui  sempre  ripete  gli  stessi  motivi 
e  gli  episodi  stessi  ;  ma  I'  esattezza  dei  particolai'i  còlti  sul 
fatto  non  basta  a  darci  l' illusione  della  realtà,  tal  che  i  suoi 
quadri  son  veri  e  falsi  ad  un  tempo.  Piccoli  quadri  questi  suoi, 
ma  eloquenti  ;  ed  egli  col  facile  pennello  ne  popolava  tutte  le 
corti,  iniziando  quasi  un  genere  tra  l'eroico  e  il  decorativo  : 
accusa  non  affatto  gratuita,  cui  non  tolgono  gravità  le  lodi 
esagerate  del  \iardot.  il  quale  lo  dichiara  «  primo  tra  i 
primi .  » 

Dei  moltissimi  suoi  discepoli  e  imitatori  si  salvano  per  una 
certa  personal  freschezza  d'impressione  Francesco  Monti  di 
Brescia,  detto  per  l'appunto  "  il  Brescianino  delle  battaglie  » 
e  lo  Spolverini  di  Parma,  il  quale  esagerava  i  difetti  del 
maestri >:  degli  altri,  ossia  dei  romani  Giannizzero,  Bruni.  Gra- 
ziano, del  veronese  Calza  e  del  Canti  mantovano,  basti  ricor- 
dar solo  il   nome. 

Così,  mentre  i  due  ultimi  classici,  il  Cortone  e  Luca 
Giordano,  l'uno  con  \a.  Batùigl/ir  ifArbcìa,  vxproóoiidi  poi  dal 
Lebrun  .  l'altro  con  quella  degli  Ebrei  coìitro  Aiìidlcciti .  si 
ostinavano  a  trattare  i  più  annosi  argomenti  biblici  e  profani, 
(il  Giordano,  veramente,  dipinse  a  Madrid  una  Presa  di 
S.  Quintino  e  alcuni  episodi  della  guerra  di  Granata)  questi 
giovani  nostri  s'  infiammavano  tutti  per  la  verità  d'  un  amor 
novo   e  foriero  del  moderno  realismo. 

Il  grand'  evo  belligero  di  Luigi  Xl\',  —  l'evo  dei  Conde, 
dei  \'auhan.  dei  lurenna.  dei  Montecuccoli.  dei  Marlborough, 
degli  Eugeni, —  pittoricamente  parlando,  è  pressoché  tutto 
sfruttato  da  maestri  olandesi  e  fiamminghi.  I  Paesi  Bassi, 
contesi  tra  Francia.  Austria.  Inghilterra,  corsi  da  tutte  le 
soldatesche  d' Europa,  vilipesi  in  ogni  loio  dritto,  della  indi- 
pendenza e  della  gloria  recenti  serban  solo  la  satira  e  la 
pittura.  Ma.  perduta  la  civile  dignità,  il  pennello  batavo  e  belga 
può  solo  illustrar  le  vittorie  straniere,  massime  quelle  del  re 
di  Francia,  il  quale  molto  ama,  e  molto  remunera  tal  sorta 
di  adulazione. 


296 


MEISSONIER 


Le  brillanti  e  solide  qualità  dimostrate  dagli  artisti  fiam- 
minghi e  olandesi  nella  pittura  intima  e  campestre  si  rinfjTer- 
mano  e  si  rassodano  in  quella  militare.  Sovrano  è  in  loro  il 
senso  della  verità  e  lo  studio  dell'esattezza:  si  che  la  scena 
guerresca  bellamente  armonizza  con  lo  sfondo,  e  la  luce  pe- 
netra il  quadro,  e  l'aria  vi  circola  liberamente. 

Il  più  chiaro  di    questi    sinceri    maestri   è  indubbiamente 

Philipp©  W'ouwerman, 
autore  di  quadri  amplis- 
simi e  minuti ,  il  quale 
dipinse  in  islile  largo  e 
securo  battaglie  vere  e 
fantastiche,  sovra  ogni 
cosa  amoroso  del  cavallo 
da  lui  mirabilmente  ri- 
tratto, tanto  che  i  suoi 
scontri  di  cavalleria  son 
modelli  del  genere,  dif- 
ficilissimo fra  tutti.  Altri 
buoni  dipintori  di  cavalli 
e  cavalieri  erano  di  quel 
tempo  Pietro  Molyn  il 
Vecchio,  padre  del  no- 
stro Tempesta,  i  fratelli 
Palamedes,  Eglon  van 
der  Xeer,  Gian  Cornelio  Verbeck,  Dirk  Storp,  che  lunga- 
mente dimorava  in  Ispagna,  e  massimamente  Giovanni  van 
Huchtenburg,  il  quale  recossi  alla  corte  di  Francia,  ove  conobbe 
l'altro  celebre  suo  concittadino  van  der  Meulen,  e  donde  pas- 
sava disgustato  ai  nemici  del  gran  Re,  facendosi  illustratore 
delle  vittorie  di  Eugenio,  giusta  i  prospetti  di  battaglia  in- 
viatigli dal  principe  stesso,  [.'immenso  suo  quadro  /Jcrssedw  di 
Akiinur  (1695),  occupante  tutta  una  parete  nel  Belvedere  di 
X'ienna,  è  certamente  un  capolavoro  di  evidenza  e  di  accu- 
ratezza, benché  nel  complesso  d'e||etto  soverchiamente  teatrale. 


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MEISSONIER    (1.S78). 


LA  PITTURA  EPICA 


297 


Né  van  dimenticati,  tra  i  fiamminghi,  Jacopo  Jordaens 
magnifico  nel  Trionfo  dello  statholdcr  Fed.  Enrico  di  Nassau, 
Bonaventura  F^eters  egregio  nelle  fazioni  notturne,  Gaspare 
van  Eyck  dipintor  navale  pur  esso,  Roberto  van  Hoecke 
d'Anversa  studioso  delle  marcie  e  dei  bivacchi  in  quadret- 
tini argutissimi;  e  men  degli  altri  Pietro  Snavers,  ottimo  nell'ag- 
gruppar  le  figure  e  negli  etfetti  prospettici,  la  cui  grande  repu- 
tazione doveva  offuscarsi  dinanzi  a  quella  del  discepolo  suo 
Gian-Anton  Francesco  van  der  .Meulen ,  pittore  di  Sua  So- 
lare .Maestà. 


SCHIZZO    A    PEWA. 


Neramente,  Luigi  XI\'  aveva  il  suo  pittor  favorito  in 
Carlo  Lebrun,  mediocre  ingegno  estolto  dai  cortigiani  alle 
stelle,  e  gridato  perfino  rivale  di  .Michelangelo.  Senonchè costui, 
materiato  di  classicità,  disdegnava  le  assise  e  le  armi  moderne, 
dedito  tutto  a  istoriare  in  tele  scialbe  e  macchinose  le  vittorie 
d'Alessandro  .Magno  {Passaggio  del  Granico,  Battaglia  d'-Ar- 
hcla  ,  Alessandro  e  Poro,  Entrata  in  Babilonia):  monumenti 
di  enfasi  e  di  falsità,  vecchi  melodrammi  colorati.  Ora,  benché 
in  tali  quadri  accademici  sotto  le  figure  del  .Macedone  trasparisse 
quella  di  Luigi,  e  le  vittorie  della  guerra  asiatica  accennas- 
sero a  quelle  della  campagna  di  Fiandra,  l'ambizioso  monarca 


2q8  MEISSONIER 


non  poteva  compiacersi  troppo  di  pitture  tanto  oscuramente 
allusive. 

Quando  van  der  .Meuien  giunse  a  ^'ersaglia  sotto  gli 
auspici  dell'astuto  Louvois,  meravigliando  quella  corte  tra 
militare  e  galante  con  gli  ampi  suoi  quadri  dipinti  a  toni  ver- 
migli, in  cui  la  valentia  dell'artista  si  disposava  alla  fedeltà 
del  competente,  il  bellicosissimo  Re  stimò  di  aver  trovato  il 
migliore  suo  panegirista.  E,  veramente,  quelle  composizioni 
vaste  e  sapienti,  accurate  e  perspicue,  magnifici  panorami  di 
battaglia  riprodotti  dal  vero,  come,  ad  esempio.  V Assedio  d'  Ou- 
denarde,  la  Presa  di  Va/eneieìii/es,  \ Aeeanipamento  dinanzi  a 
Toiirnay  e  la  Baltagìia  di  Casse/,  meritavano  fosse  per  lui 
instituita  la  carica  di    «    pittore  delle  conquiste  del   Re.   » 

Fu  van  der  Meuien  capo  della  scuola  strategica  fran- 
cese, mentre  appunto  in  Italia  il  Borgognone  fondava  quella 
pittoi"esca:  e  tra  queste  due  maniere  si  divide  la  pittura  epica 
del  Settecento.  Dal  primo  discendono  Giambattista  Martin 
seniore,  detto  «  Martin  delle  battaglie  ».  suo  allievo  ed  erede, 
peritissimo  nel  dipingere  investimenti  ed  espugnazioni  di 
piazze  forti  (il  miglior  suo  quadro  è  queW ,  Issedio  di  Fri- 
Inirgo,  che  al  Louvre  richiama  l'attenzione  pur  dei  profani  ; 
Pietro  Dionigi  Martin  juniore .  altro  buon  dipintor  polior- 
cetico  ,  Giambattista  Lecomte,  Giovanni  Bonnart 

Al  Borgognone,  da  lui  conosciuto  in  Italia,  si  riallaccia 
invece  Giuseppe  Parrocel,  autore  di  tiuadri  caldi  ma  non  lu- 
cidi, come  V  Assedio  di  Maeslriclil  e  il  Combattimento  di 
Lenze,  ne'  quali  l'impeto  aljbga  nel  disordine;  mentre  suo 
figlio  Carlo  e  il  nipote  Ignazio,  valorosi  specialmente  nel 
cavallo  ,  si  accostano  al  fare  ampio  e  sereno  dei  van  der 
.Meuien. 

E  a  questo  più  tardi,  mentre  nel  nuovo  regno  cortigia- 
nesco la  marzial  fortuna  della  I-'rancia  impallidisce,  ritornano 
il  ^^erdussen  con  \  -ìssedio  di  Saint-Guilhain  e  il  Casanova 
con  la  Battaglia  di  l^ens:  il   primo  singolarmente  abile  nelle 


LA  PITTURA  EPICA 


brevi  scene  episodiche;  l'altro  neile  mosse  della  cavalleria, 
rese  con  notevole  slancio  non  disgiunto  tuttavia  da  qualche 
confusione. 

Uno  scolare  appunto  del  Casanova,  il  Loutherbourg.  chia- 
mato a  Londra,  inaugura  la  pittura  militare  d'  Inghilterra, 
dipingendo  con  minor  foga,  ma  con  più  giusto  colorito,  tra 
le  molte  pugne  navali,  quella  Ballaglia  del  Nilo,  che  fu  ripro- 
dotta e  dil1"usa  dal  bulino  di  Giacomo  Fittler.  Ed  ecco  Be- 
niamino West,  Giuseppe  ^^'right.  bVancis  Hayman.  ed  altri 
pochi,  Hno  a  William  Allan.  autore  del  Waterloo  famoso  ac- 
quistato da  lord  Wellington,  illustratori  tutti  delle  guei're 
marittime  e  coloniali  sotto  gli   ultimi  Giorgi. 

Se  l'età  di  Luigi  XI\'  è  il  meriggio  della  gloria  francese, 
onde  il  monarcato  s'illumina  tutto,  e  Io  spirito  militare  trionfa, 
quella  dei  reggenti  e  dei  re  successivi,  dissoluti  o  ignavi, 
deboli  sempre,  è  il  crepuscolo  suo.  Non  infrequenti  le  guerre 
di  gabinetto:  ma  scai'si  gii  eserciti  e  dubbi  gli  allori.  E,  poiché 
la  pittura  militare  segue  come  ancella  la  gloria,  anch'essa 
dunque  si  arresta  sulla  via  trionfale  .  invano  risospinta  dalle 
tarde  e  infeconde  fortune  dei  Lu.xembourg  e  dei  .Maurizi. 
Fontenay  e  una  bella  frase  più  assai  che  una  grande  vittoria: 
l'onta  di  Kossbach  sempre  rimane  invendicata. 

Ma  ecco  la  Rivoluzione;  ecco  l'uman  terremoto.  La  mo- 
narchia precipita,  e  sorge  il  popolo:  l'esercito  stanziale  si 
dissolve,  e  si  forma  le  nazione  armata:  l'ossequio  dinastico 
dilegua,  e  nasce  l'idea  patriottica:  c'è  un  uomo  di  meno 
e  un  concetto  di  più:  non  si  dice  più  ■■  il  re  di  b" rancia  ». 
ma   «  la  Francia  »   soltanto. 

L'Scì  è  la  sommossa:  il  ()2  e  la  guerra.  La  Repubblica 
regicida,  assalita  in  nome  del  diritto  divino  da  tutte  le  corti 
coalizzate,  e  costretta  a  difendersi.  La  leva  in  massa  fa  d'ogni 
cittadino  un  milite,  e  il  milite  diverrà  presto  soldato,  ^'almv 
è  un  battesimo  di  fuoco:  Rivoli  sarà  la  confermazione.  La 
Rivtjluzione  politica  diventa  così  militare:  così  la  democrazia 


300  MEISSONIER 


prepara  l'avvento  del  cesarismo.  Un  generale  trionfi,  e  l'im- 
pero si  farà  da  sé. 

Il  fenomeno  del  Còrso  esplode.  All'eco  delle  prodigiose 
vittorie  d'Italia,  la  fiamma  antica  della  gloria  riaccende  d'un 
subito  il  popolo  più  marzia!  della  terra:  il  popolo  dei  poemi 
cavallereschi  e  delle  crociate;  il  popolo  della  Pulzella,  del 
Bearnese,  del  Re-Sole.  E  l'astro  crinito  di  Honaparte  irradia 
per  diciott'anni  la  Francia  di  luce  non  mai  veduta. 

Questo  abnorme  macellatore  di  popoli,  questo  ambizioso 
sublime,  questo  immane  egoista,  che  riassume  il  genio  tutto 
della  Rivoluzione  e  ne  chiude  il  ciclo  fatale,  innamora  la 
Francia  come  un  maschio  possente,  come  un  iddio  armato. 
Non  più  la  riscossa  legittima,  non  più  la  giusta  difesa:  è  la 
guerra  per  la  guerra,  la  conquista  per  la  conquista  :  e  gli 
eroici  sanscLilottcs,  dimenticata  l'origine  propria  sotto  l'assisa 
fiammante  della  Guardia,  seguono  il  divo  Imperatore  attra- 
verso l'Europa  in  fantastica  marcia  macabra:  e  la  grande 
nazione,  briaca  di  epico  orgoglio,  fascinata  dal  sogno  del- 
l'imperio universale,  immola  alla  superbia  del  trionfatore  ple- 
beo tutta  sé  stessa. 

(Quindici  anni  durano,  da  Marengo  a  Waterloo,  il  Conso- 
lato e  l'Impero;  ma  son  quindici  canti  d'una  sanguinosa  epopea 
quale  in  cosi  breve  spazio  non  ebbe  Roma  invincibile,  b^ppure, 
in  tanto  tumulto  d'armi  e  in  tanta  messe  di  lauri,  l'arte  quasi 
stupefatta  o  sbigottita  si  tace  o  si  accinge;  e  le  vittorie  cam- 
pali non  infiammano  soverchiamente  gli  estri  pittorici,  e  ai  ca- 
polavori della  strategia  non  rispondono  quei  del  pennello,  e 
sembra  che  a  .Napoleone,  men  fortunato  in  questo  di  Luigi  .\1\\ 
manchi  ancora  un  grafico  apologista  veramente  degno  di  lui. 

La  Rivoluzione  possiede  bensì  il  suo  dipintore  ufficiale: 
Jacopo  Luigi  David.  .Ma  questi  é  un  classico,  un  romano  della 
Convenzione  con  e  senza  doppio  senso,  l'illustrator  di  Plu- 
tarco e  di  Livio,  un  Lebrun  repubblicano.  1  suoi  quadri  enormi  e 
vacui  dalle  tinte  grigie  o  vinose,  più  che  l'elogio  dell'antica 


LA  PITTURA  EPICA  301 


virtù,  esprimono  quello  del  manierismo  storico.  Che  se  nella  sua 
mente  Bruto  secondo  e  Tiberio  Gracco  simboleggiano  .Marat 
e  Desmoulins,  nella  barocca  significazione  non  la  democrazia 
trionfa,  ma  la  volgarità,  quando  non  sia  la  cortigianeria,  come 
neli'  Incoronazione. 

Le  prime  vittorie  della  Repubblica  meritano  appena  l'o- 
maggio di  alcune  mediocri  «  stratografie  »  a  modo  delle  z'iws 
cavalièrcs  del  5oo.  Due  generali.  Lejeune  a  Beuler  d'Albe, 
schizzano  panorami  della  salutar  giornata  di  \'almy.  Più  fortu- 
nata è  .Marengo,  che  trova  un  degno  commentatore  in  Carlo 
\'ernet.  al  quale  in  un'ampia,  ma  fredda  composizione  riesce 
di  coonestare  l'esigenza  strategica  con  la  ragion  pura  del  bello. 
Austerlitz,  la  battaglia-modello,  e  celebrata  da  Gerard,  pittore 
più  analitico  che  non  sintetico,  in  quadro  fin  troppo  vasto,  che 
offre  buona  collezion  di  ritratti.  Le  vittorie  della  campagna 
d'Egitto  e  di  Siria  appartengono  al  pennello  di  Gros,  artista 
più  baldo  e  focoso,  innamorato  dell'episodio  meglio  che  del- 
l' insieme,  poeta  tragico  del  colore,  massime  in  quella  Batta- 
glia d'Alnikir,  che  è  pagina  di  storia  vissuta.  Cosi  la  magni- 
fica epopea  napoleonica,  cresce,  sale,  precipita,  senza  che  alcun 
artista  sappia  fissarla  sulla  tela:  e  le  somme  imprese  dell'Im- 
peratore vengono  abbandonate  dal  pennello  alla  matita,  da 
Gerard  a  Charlet. 

La  Ristorazione  non  ha  pittura  militare,  perche  non  ha 
quasi  politica  estera.  Le  tre  spedizioni  di  Spagna,  di  .Morea 
e  d'Algeri  son  sacre  alla  geniale  litografia  di  Raget.  Gericault, 
autore  della  Zattera  famosa,  ritrae  bensì  soldati  a  piedi  e 
massimamente  a  cavallo:  ma  e  pittura  da  Campo  di  .Marte, 
senz'altro  pensiero  che  la  rassomiglianza.  Ed  ecco,  nella  rie- 
vocazione del  gran  Còrso  dopo  il  "3o,  apparire  Grazio  \'ernet, 
figliuolo  di  Carlo. 

In  questo  artista,  che  dicor  in  questo  specialista  si  rias- 
sume il  genio  di  due  scuole  e  di  due  epoche.  Continuatore 
e  perfezionatore  di  Gerard  e  di  Gres,  egli  e    per   eccellenza 


302 


MEISSONIER 


un  eclettico.  II  suo  stile  è  insieme  drammatico  e  strategico. 
Il  personaggio  nell'avvenimento,  e  l'episodio  nell'azione:  tale 
la  sua  disciplina.  Per  esso  il  campo  e  una  scena,  la  battaglia 
una  rappresentazione,  protagonista  l'Imperatore,  personaggi 
secondari  i  marescialli,  coro  l'esercito.  E  non  si  dice,  infatti, 
«  teatro  della  guerra?  »  Insomma,  Orazio  è  il  van  der  .Meulen 
dell' 800;  ma  un  van  der  .Meulen  visto  attraverso  l'impeto 
del  Borgognone  e  la  fantasia  di  Salvatore. 

Chi  non  ricorda  la  fortuna  iniziale  dei  quattro  primi  suoi 
quadri  { Jenia-ppes,  Valiny,  ^  ìrcole  e  Montììiirail)  proibiti  dal 
timido  governo  di  Luglio,  non  per  anche  convertito  al  culto 
napoleonico?  E  chi  ignora  che.  pochi  anni  appresso,  poteva 
egli  tappezzar  di  quelle  e  d'altre  tele  i  muri  delle  «  Gallerie 
storiche  ».  appositamente  instituite  a  \'ersailles:  sorta  di  Pan- 
theon patriottico,  in  cui  le  generazioni  francesi  veggono  ripro- 
dotta in  ogni  sua  più  caratteristica  cifra  la  gran  leggenda  im- 
periale? 

Più  abile  che  forte,  più  largo  che  profondo,  egli  è  il 
Thiers  della  pittura  civica  :  pittura  ineguale  e  imperfetta,  ma 
ricca  di  sorprese  e  d'emozioni,  varia  d'episodi  e  di  par- 
ticolari: scenografia  sovente,  ma  grande,  opulenta,  efficace 
scenografia  .  che  seduce  l'estro  e  parla  al  cuore  e  inebbria 
la  mente:  immagine  viva  delle  battaglie  fiammanti,  vision 
gloriosa  della  patria,  richiamo  insieme  e  promessa,  storia  a 
un  tempo  e  poema,  monumento  sempre. 

Lecito  era  credere  che  l'età  napoleonica  avesse  esaurito 
ogni  contenuto  suo  figurativo,  e  che.  d'innanzi  alla  grandiosa 
illustrazion  pittorica  dei  due  Vernet ,  ogni  altro  più  audace 
pennello  si  sarebbe  ritratto  sgomento.  L'  Imperatore,  abban- 
donato dall'Arte,  apparteneva  alla  Storia,  ossia  alla  giustizia. 

Dopo  trent'anni.  sorgeva  .Meissonier.... 


LA  PITTURA  EPICA 


III. 


L' età  nostra  volge  poco  propizia  alla  pittura  istorica  in 
genere  e  alla  militare  in  ispecie.  Tranne  in  Francia,  dove 
anche  l'arte  è  politicante,  per  non  dire  chau-i'iiw,  e  alcun  poco 
in  Germania  e  in  Russia,  nazioni  ancor  soldatesche,  i  vi- 
venti pittori  di  battaglie  possono   noverarsi  sulle  dita. 

Non  già  che  manchino  agli  artisti  occasioni  e  argomenti 
di  coltivare  questo  peculiar  campo  dell'arte.  Nonostante  la 
crescente  diffusione  dei  principi  umanitari  e  la  propaganda 
assidua  per  l'arbitrato  internazionale,  non  infrequenti  sono 
le  guerre:  imprese  coloniali  e  lotte  intestine,  duelli  di  popolo 
e   giudizi  di  l)io.... 

\'ivaci  durano  le  memorie  della  terza  campagna  d'(J- 
riente,  e  mugge  peranco  nell'aere  il  rombo  delle  battaglie 
di  Francia,  non  ultime  forse  alla  millenaria  inimicizia  tra  le 
genti  tentone  e  celte.  E  quai  temi  più  nobili,  più  forti  e  più 
vari  di  quelli  offerti  nel  secolo  nostri)  dalle  grandi  levate  di 
popolo  per  la  conquista  della  indipendenza  o  la  ditesa  della 
nazionalità:  la  Spagna,  la  Grecia,  il  Belgio,  la  [Janimarca, 
la  Serbia  —  e  l'agonia  polacca,  e  la  immolazione  magiara,  e 
il  risorgimento  italico,  in  che  il  poema  si  disposa  alla  storia, 
e  la  leggenda  è  sorella  della  realtà  ? 

Non  giova.  Nelle  scuole  e  più  ancor  negli  studioli 
è  invalso  il  vezzo  di  considerare  la  pittura  storica  quale 
inutile  ciarpame  accademico,  qual  vieto  trastullo  ufficiale.  I 
migliori  ingegni  rifuggono  da  cosifatto  genere  che,  tutti  gli 
altri  abbracciando,  a  nessuno  appartiene.  Nel  nostro  paese 
massimamente,  benché  vi  traesse  i  natali  e  vi  attingesse  le 
cime  più  alte,  tranne  qualche  rara  o  mediocre  eccezione,  i 
giovani  pennelli  ignorano  perfino  che  sia  e  a  che  serva.  E 
così  la   pittura    nostra,    come   del    resto   la  politica  istessa,    si 


304 


MEISSONIER 


palesa  e  si  dichiara  antimilitare  per  eccellenza,  o  come,  con 
parola  tolta  alla  sartoria  .  direbbesi  "  civile  »  ;  seppur  tale 
parola  non  suonasse  sarcasmo  per  arte  spoglia  appunto  di 
ogni  civile  finalità:  l'idea  vivificante  di  cui  sempre  parlava 
e  dalla  quale  tutto  era  compenetrato  Meissonier. 

Questo  abbandono  o,  meglio  ancora,  questa   lepugnanza 

(poiché  non  mai  la  pittura 
epica  raccolse  nel  bel 
Paese  soverchio  numero 
di  cultori  i  non  e  effetto  di 
voga  o  di  capriccio.  Re- 
mote ne  sono  le  origini 
e  complesse  le  ragioni: 
si  che  il  fatto  appare  de- 
gno di  esame. 

Anzi  tutto,  gli  artisti 
contemporanei  si  sentono 
sgomenti  d' innanzi  alle 
tecniche  difficoltà  del  gran 
quadro  rappresentativo. 
È  passato  il  tempo  felice 
in  che  i  signori  del  pen- 
nello abbracciavano,  come 
in  sintesi  estetica  .  non 
pur  tutte  le  arti  figurative, 
ma  tutti  i  rami  di  ogni 
singola  disciplina.  Cosi, 
nelle  grandi  magnifiche  tele  d' indole  storica  e  religiosa,  i 
maestri  più  insigni  del  Cinquecento  esplicavano  tutte  le  doti 
più  varie  della  esuberante  loro  natura;  tal  che  dalla  concorde 
molteplicità  degli  attributi  e  degli  sforzi  re.^ultava  l'ejìetto 
meraviglioso,  il  valor  complesso  del  quadro.  Tutti,  anche  gli 
scolari,  anche  i  minori  .  erano  insieme  ritrattisti  e  i:iaesisti, 
e  insieme  trattavan<j  la  figura  e   l'architettura,  il    costume  e 


SCHIZZO    LUIGI     XIII. 
(.V.,aerello.) 


LA  PITTURA  EPICA 


303 


l'ambiente,  il  principale  e  l'accessorio,  l'eroe  e  la  moltitudine, 
l'uomo  e  il  quadrupede,   l'avvenimento  e  l'episodio. 

Oggi,  nella  mediocrazia  imperante,  per  la  pochezza  delle 
facoltà  native  e  per  la  povertà  degi'  insegnamenti  ul'Hciali. 
ogni  arte  s'è  dovuta  non  soltanto  singolarizzare,  ma  suddivi- 
dere puranco.  I  grandi  intelletti  poliedrici  di  Leonardo,  di 
Raflàello,  di  Michelangelo,  del  "Fiziano.  del  'i'intoretto,  del 
Veronese,  a  tacer  di  altri,  seppur  fos-  ^ 

sero  ancora  possibili,  in  tanto  deca- 
dimento parrebbero  mostruosi.  I  pit- 
tori del  nostro  tempo  si  slbrzan  tutti 
di  raggiungere  alcun  grado  di  eccel- 
lenza in  una  sola  branca  dell'arie, 
che  paia  meglio  appropriala  al  loro 
ingegno  unilatere  :  e  l'uno  si  dedica 
tutto  al  paesaggio,  l'altro  al  ritrailo. 
il  terzo  alla  natura  morta:  e  abbiam 
pure  una  pittura  botanica  e  un'altra 
zootecnica,  esclusivamente.  K.  poiché 
l'analisi  Irionta,  artista  e  oramai  si- 
nonimo di  «  specialista  »  :  un  uomo, 
cioè,  che  sa  dipingere  mediocremente 
solo  una  cosa. 

Ora.  in  tale  limitatezza  di  attitu- 
dini e  in  tanta  angustia  di  concepi- 
menti, la  pittura  storica,  come  quella  che  nella  immensa  va- 
rietà sua  contiene  tutte  le  sotlospccie  dell'arte,  non  invila,  ma 
discosta  gì'  ingegni  incolli  e  i  timidi  pennelli.  Troppa  cono- 
scenza del  passato,  troppo  studio  del  costume,  troppa  osser- 
vazion  dei  particolari,  troppa  perizia  nella  prospettiva,  troppa 
familiarità  con  l'architettura  e  col  paesaggio  questo  genere 
esige  imperiosamente. 

E  che  dir  del  quadro  militare,  nell'ardente  trambusto  della 
■battaglia,    tra  l'infierir  delle  belliche  furie,  con  tutte   le  con- 

Meissoiiicr,  20 


SCHIZZO    LUIGI    XIII. 


3o6  MEISSONIER 


vulsioni  del  disea:no  e  le  crudezze  tutte  del  colore,  in  cui 
dallo  scompiglio  convien  trarre  1'  ordine,  e  dall'  impeto  la 
chiarezza,  e  dalla  violenza  la  sincerità?  Non  è  di  tutti  il  senso 
visivo  della  battaglia  nell'ordine  suo  prospettico  e  nel  suo  svi- 
luppo stratografico;  non  di  tutti  è  l'affermazion  trionfale  dell'e- 
pisodio caratteristico  nell'ampiezza  e  nella  pienezza  della  scena 
strategica.  E  perchè  stupire,  se  i  pittori  d'oggigiorno,  chiusi  in 
una  formola  .  ligi  a  una  categoria,  fieri  d'una  specialità,  ri- 
fuggano da  questa  che  non  invano  fu  chiamata  grande  arte, 
poiché  aduna  e  comprende  tutti  i  generi  e  tutti  gli  ostacoli? 
Basterebbe  Io  studio  del  cavallo  aggiungentesi  a  quello  della 
figura  umana  e  la  dimestichezza  con  le  manovre  tattiche  com- 
plicante le  movenze  delle  persone,  per  disamorarli  di  tale 
universalismo  pittorico  concesso  a  pochissimi  eletti. 

Secondariamente,  si  tratta  di  un  fenomeno  politico,  perchè 
politico  è  il  carattere  e  l'intento  di  cotal  genere  d'arte.  La 
pittura  militare,  illustrando  e  perpetuando  le  gesta  dei  prin- 
cipi e  degli  eroi  ,  contrae  non  so  quale  indole  cortigiana, 
sia  pur  libera  espressione  d'intelletto  amoroso  della  gloria  e 
non  venal  frutto  di  regio  favore.  Ora,  nel  trionfo  dei  principi 
democratici  onde  il  secolo  cadente  è  tutto  governato,  questa 
pittura  di  ufliciale  parvenza  urta  e  ferisce  l' istintivo  orgoglio 
di  artisti  schivi  d'ogni  più  lieve  sudditanza  e  incapaci  d'ogni 
men  grave  adulazione.  Anche  la  pittura,  al  modo  istesso  della 
poesia,  ebbe  i  suoi  maestri  cesarei  ;  ma  oggi  i  van  der  W  elde. 
i  van  der  Meulen ,  i  Lebrun  non  sarebbero  possibili ,  dopo 
che  nelle  corti  fu  abolita  la  carica  di  «  pittore  delle  conquiste 
di  Sua  Maestà  ". 

Certamente,  oggi  ai  re  subentrano  i  popoli;  e  dei  popoli 
è  la  nuova  gloria  marziale,  se  vera  gloria  debba  chiamarsi  ; 
e  i  popoli,  nella  lor  sovranità  apparente  e  burlesca,  hanno  pur 
essi  adulatori  di  rima  e  di  pennello,  più  numerosi  forse  e 
meglio  retribuiti.  Anche  l'artista  può  essere  soldato;  anche  il 
pennello    sa  dimostrarsi    cittadino.    Tale  veramente    era  quel 


LA  PITTURA  EPICA 


307 


di  .Meissonier.  repubblicano  in  politica  e  bonapartista  in  arte, 
perchè  ovunque  e  mai  sempre  francese.  Pittura,  adunque  civile, 
non  cortigiana  la  sua,  più  che  alla  fortuna  di  un  uomo  inneg- 
giante alla  gloria  immarcescibile  della  Patria. 

Ma  ecco  appunto  un'altra  onda  di  sentimenti  nuovi  tra- 
volgere il  concetto  meissoniano.  L'invasione  delle  idee  uma- 
nitarie, dietro  la  formola  stolidamente  felice  di  «  Guerra  alla 
guerra  »  ha  inferto  un  gravissimo  colpo  alla  pittura  epica. 
Il  parlamentarismo  ha  ucciso  o  per  lo  men  disarmato  il  mi- 
litarismo. Il  tramutarsi  degli  eserciti  stanziali  in  nazioni  armate 
rende  antipatica,  se  non  pur  risibile,  la  milizia.  Il  perfezio- 
namento, infine,  delle  armi  da  fuoco,  accresciuta  la  terribilità 
della  guerra,  ne  cancella  quasi  ogni  poesia. 

Il  concetto  medesimo  di  nazione  e  di  patria,  nell'età  del 
telegrafo  e  della  vaporiera,  s'è  ampliato,  e  con  l'ampliarsi  per 
cosi  dir  si  dissolve;  e  l'astio  secolare  tra  popoli  vicini,  ove 
da  novi  oltraggi  e  da  recenti  lutti  non  venga  rinfocolato,  scema 
nell'assiduità  dei  traffici  e  nel  fervor  delle  arti  ogni  giorno: 
onde  il  civile  ufficio  della  pittura,  bellamente  sorriso  trent'anni 
addietro  a  Ernesto  Meissonier.  più  non  accende  la  generazion 
nuova  conquistata  al  sogno  Kantiano  della  pace  perpetua.  E 
non  estranea  a  codesta  reluttanza  appare  ugualmente  la  fre- 
quenza delle  mostre  universali:  pacifici  ludi  ove  le  arti,  me- 
glio ancor  che  le  industrie,  aQ^ermano  nella  parentela  delle 
nazioni   la  propria. 

Qual  meraviglia,  adunque,  che  i  giovani,  già  respiranti 
gli  effluvi  della  promessa  primavera  ,  rifuggano  dal  celebrar 
col  pennello  ogni  crudele  immolazione  di  popoli,  ogni  vana 
ecatombe  d'innocenti,  avvengan  queste  oramai  per  impulsi  par- 
lamentari prima  che  per  dinastici  interessi,  per  orgoglio  o  pre- 
giudizio di  genti  anzi  che  per  intrigo  o  vanità  di  ministri  > 
A  meno  che.  come  vuoisi  faccia  apostolicamente  il  russo  \  e- 
reschaghin,  non  imprendano  a  trattar  bellici  soggetti  col  pro- 
posito deliberato  di  combattere  la  guerra,  ritraendone  coi  men 


MEISSONIER 


falsi  colori  gli  aspetti  più  lividi  e  più  crudi,  sì  da  indurne 
orrore  o  disgusto:  equivoco  apostolato  mirante  forse  all'an- 
nua! premio  del  lascito  Nobel,  onde  I'  inventor  della  dina- 
mite s'  illuse,  morendo,  di  pagare  il  prezzo  de'  suoi  chimici 
rimorsi. 

Ma  v'ha  di  meglio  e  di  più.  La  decadenza  delle  idee 
romantiche  nelle  lettere  non  poteva,  non  doveva  rimanere  un 
fatto  solitario.  Reciproca  più  assai  che  non  sembri  e  l'azione 

delle  multiple  arti  :  concomitante 
ne  e  lo  sviluppo;  simultaneo,  il 
cammino.  Queste  ancelle  dell'Ideale 
non  disobbediscono  alla  legge  del 
tempo,  che  le  sospinge  e  le  involve 
e  le  trasforma,  sia  pur  deforman- 
dole. 

Il  crepuscolo  della  pittura  mi- 
litare, almeno  nelle  minori  nazioni 
latine,  coincide,  adunque,  con  l'av- 
vento del  naturalismo  letterario. 
%  Per  intendere  pienamente  l'oscuro 
l'jnomeno,  converrebbe  rievocar  le 
cause  cui  dobbiamo  la  fine  incom- 
pianta, ma  non  immatura  del  ro- 
MEisso.iER  (Ballo  delle  Tuiieries,  IS66).  ^^^^^^^  ^  j^j  ^..^^ìma  storico ,  va- 
namente oggi  rievocato. 
Il  pennello  abbandonava  la  storia,  dopo  che  la  penna 
aveva  abbandonato  la  tragedia .  e  non  per  dissimile  spinta. 
-Anche  la  tragedia  avrebbe  voluto  essere  una  storica  dipintura, 
ricopiando  i  costumi,  i  caratteii.  le  passioni,  le  idee  di  un 
àmbito  e  di  un  secolo  determinati.  E  per  gran  tempo  tale 
s'era  creduta  e  spacciata;  ma,  finalmente,  l'incanto  non  potè 
resistere  all'esame  della  ragion  positiva:  e  fu  riconosciuto  che, 
se  la  cornice  era  buona,  il  quadro  era  falso. 

11   medesimo  disinganno  doveva  incogliere  la  pittura  sto- 


DRAGONE  IN"  Vedetta. 

(Acquerello  della  coltezione  del  sig.  Missimiliino  Beyer.) 


MEISSONIER 


rica ,  ossij  la  tragedia  colorata.  Il  sentimento  della  verità 
venne  a  cozzar  contro  quello  della  verosimiglianza:  il  concetto 
assoluto  della  esattezza  prese  la  mano  a  quello  tutto  relativo 
della  intuizione.  La  formola  o  scolastica  o  volontaria  mostro, 
a  modo  di  un  vecchio  abito,  la  trama.  E  il  quadro  storico, 
come  il  romanzo  e  il  dramma  dello  stesso  nome,  parve  un 
abuso  della  fantasia,  un  arbitrio  del  sentimento,  un  anacro- 
nismo estetico;  parve,  ed  era  forse,  menzogna  convenzionale, 
delitto  di  lesa  sincerità,  arte  contro  natura. 


[\ 


h.  \'eramente,  a  volerla  giudicare  con  gli  angusti  criteri 
realistici  del  tempo  nostro,  questa  grandiosa  e  pretenziosa  forma 
dell'arte  figurativa  non  regge  la  prova  dell'analisi.  Il  metodo 
sperimentale,  passando  dal  severo  dominio  delle  scienze  al 
giocondo  reame  delle  arti,  non  perde  alcuno  de'  suoi  diritti. 
Il  Bello,  non  men  del  \"ero .  riconosce  la  giurisprudenza  del- 
l'esame, ammette  il  controllo  della  vita. 

Per  la  critica  nuova,  la  sincerità  e  patto  si7w  qua  non  del- 
l'opera  d'arte.  Il  diletto  estetico  e  figlio  naturale  della  verità, 
non  di  una  «  maniera  >'  più  o  meno  eletta  ed  accetta:  l'emo- 
zione discende  bensì  dalla  sorpresa,  ma  codesta  sorpresa  deve 
restar  nell'ordine  dei  fatti  naturali,  e  naturalmente  va  prepa- 
rata ed  espressa.  Né  basta  che  l'opera  magistrale  sia  verosi- 
mile: convien  che  sia  vera,  e  tanto  nei  particolari  quanto 
nell'insieme,  si  nel  concetto  come   nell'esecuzione. 

Ora,  la  pittura  istorica  esce  per  indole  e  legge  sua  dalla 
categoria  delle  realtà  riproducibili.  Trattisi  pur  di  tema  con- 
temporaneo, di  fatto  recente,  o,  come  oggi  dicono,  di  «  attua- 
lità »  ;  siano  le  figure  di  persone  famose  e  ancor  viventi;  abbia 
l'artista  assistito  alla  scena,  e  conosca  i  luoghi  pienamente, 
che   giova?    Ey;li    ci    darà    buona    scelta    di   ritratti  ,    e    gran 


LA  PITTURA  EPICA 


311 


IL   FIGLIUOL    PRODIGO. 
(Schi7.™  a   penna.) 


copia  di  armi  e  di  fogge ,  e 
magari  uno  sfondo  preciso  di 
paesaggio.  xMa,  se  la  memoria 
lo  soccorra  nell'ordine  dei  per- 
sonaggi, potrà  egualmente  sus- 
sidiarlo nell'attitudine  loro. 
nella  loro  espressione?  Non  e 
profano  che  non  intenda  le  dif- 
ficoltà di  ritrarre  dal  vero.  Ep- 
pure il  personaggio  oggi  ritratto 
non  e  più  quello  di  ieri;  l'eroe  riprodotto  nella  calma  e  un 
altro  uomo;  si  otterrà  la  comune  rassomiglianza  della  persona, 
non  la  fisionomia  dell'avvenimento.  In  altri  termini,  il  quadro 
resulterà  psicologicamente  errato,  ossia  storicamente  falso. 

Se  tanto  si  può  obbiettare  alla  rappresentazion  grafica 
dei  fatti  e  degli  uomini  dei  nostri  giorni,  che  dir  mai  di 
gesta  remote  e  di  persone  da  lungo  scomparse?  Molto 
può  r  intuito  del  genio,  che.  travalicando  il  suo  tempo,  rie- 
difica miracolosamente  il  passato,  massime  se  il  lungo  studio 
lo  aiuti  e  il  grande  amor  lo  sospinga.  E  molto  può  ancora 
il  comun  senso  storico ,  per  il  quale  uomini  di  una  classe 
o  di  una  generazione,  allo  stesso  modo  educati,  nello  stesso 
modo  vedono  e  sentono  la  storia:  fenomeno  di  approssima- 
zione, cui  dobbiamo  il  pregiudizio  del  »  color  locale  »  e  del 
«  clima  storico  »;  si  che  il  meschino  spediente  delle  lunghe  tube 

ne\VA/(ia  basta  a  rievocare  il 
fantasma  canoro  del  vetustissimo 
Egitto  ,  e  basta  qualche  nota 
suppellettile  o  qualche  arma  spe- 
ciale a  richiamar  nei  pittori 
olandesi  e  fiamminghi  la  visione 
pittorica  di  Terrasanta  o  di  Roma, 
benché    i   patfuti    lor  personaggi 

IL   BUON'    S.AMARITANO.  ^  ,-,-  •         I      1       c:      ■ 

f<:  ^w . , .,  n,  ^  vestano    i    gotfi    panni    del    bei- 

(bchizzo  1  penna.)  r^  1 


312 


MEISSONIER 


cento.  Che  dicor  Noììicii  sujficit,  come  atTermavano  i  santi 
F^adri:  basta  il  titolo  solo  del  quadro,  massimamente  se  reli- 
gioso, poiché  non  ha  occhi  la  fede,  e  più  percepisce  quanto 
è  più  cieca. 

Ogni  pittura  storica  è  però  di  nascita  sua  convenzio- 
nale, se  non  addirittura 
bugiarda.  Tutt'al  più  può 
essa  ammannirci  una  ve- 
rità approssimativa,  ch'e 
quanto  dire  una  mezza 
menzogna.  O  il  pittore 
dipinge  a  memoria  ,  e 
in  tal  caso  non  può  tutto 
ricordare  e  riprodur  fe- 
delmente; o  inventa,  e 
allora  inganna  prima  se 
stesso  per  ingannar  po- 
scia gli  altri.  Per  quanto 
geniale  la  sua  composi- 
zione riesca  nell'ordine  e 
nell'atteggiamento  delle 
figure,  non  sarà  mai 
troppo  vera.  Xon  basta 
acconciare  un  vile  mo- 
dello da  Cesare  o  da 
^*ompeo,  per  far  si  che 
Cesare  e  Pompeo  risor- 
gano d'innanzi  a  noi  viventi  e  parlanti.  Come  e  perchè  illu- 
dere, adunque?" 

Ogni  secolo  intende  e  rende  diversamente  la  storia,  so- 
stituendo l'anima  propria  all'altrui:  talché  ogni  interpretazione 
o  raffigurazione  storica  torna  arbitraria  e  gratuita.  Anzi,  pro- 
cedendo per  assurdo,  potrebbesi  condensare  il  nostro  ragio- 
namento in  questa  proposizion   negativa:  non  esistere  pittura 


L    UOMO   DALLA   SPADA. 
(Acquaforte  originale.) 


LA  PITTURA   EPICA 


isterica  veramente  tale,  ma  solo  una  scenografia  della  storia. 
(Qualunque  la  disposizione  dei  personaggi  e  delle  moltitudini 
nel  quadro,  non  potrà  essa  non  parere  accademica  o  teatrale, 
come  quella  che  non  l'immagine  della  morta  e  inaOerrabilc 
realtà,  ma  il  resultato  sia  del  ragionamento  o  del  capriccio 
di  un  artista,  operante  fuor  del  momento  e  del  luogo,  obbe- 
diente a  un'  ottica  diversa  e  fallace  ,  arbitro  assoluto  della 
esecuzione .  auto-impresario 
della  «  messa  in  iscena  », 
vittima  prima  della  propria 
illusione. 

Insomma,  il  quadro  sto- 
rico sta  alla  storia  come  il 
teatro  alla  vita:  ed  è  tanto 
vero  quanto  lo  può  essere 
un  ballo  in  costume.  \'eg- 
gonsi  e  ammiransi  le  ma- 
gniliche  armi  e  le  bellissime 
vesti  e  le  attitudini  solenni  ; 
ma  dove  le  passioni  e  le 
anime  > 

(Jucste  insite  debolezze 
e  queste  deficienze  irrepa- 
rabili   della    pittura   storica 

vieppiù  si  allargano  e  si  aggravano  sul  campo  dell'  epica. 
L'n  argomento  calmo  e  solenne,  quale  ad  esempio  una  inco- 
ronazione, un  ritorno  trionfale,  l'arrivo  d' un' ambasceria,  la 
stipulazion  di  un  trattato .  una  qualsiasi  cerimonia  officiale, 
insomma  ,  può  concedere  all'artista  alcuna  serenità  di  conce- 
pimento e  alcuna  fedeltà  di  riproduzione. 

Scenografia  sempre  e  dovunque;  ma  la  scena,  amorosa- 
mente rievocata  e  ricostrutta  che  sia,  potrà  porgere  qualche 
verisimiglianza,  se  non  nei  peculiari  caratteri,  almeno  nelle 
ampie   linee    e    nelle    tonalità  dilfuse.    .\ulla    vieta    al  pittore 


MEISSOKIER    (iSyS)- 


314  MEISSONIER 


di  riunire  e  raggruppare  saggiamente  tutti  gli  elementi 
necessari  del  quadro.  traend(")  il  miglior  vantaggio  dai  suoi 
modelli  nel  più  acconcio  modo  aggiustati  e  disposti  ;  come 
accade,  ad  esempio,  nelle  grandi  tele  rappresentative  del  Ge- 
ròme ,  del  Kaulbach  ,  del  Mackart ,  dove  il  verosimile  non 
lascia  forse  rimpiangere  il  vero.  La  suggestione  spontanea  del 
costume,  dell'  architettura,  del  paesaggio  —  di  tutto  ciò  che 
conferisce  al  cosi  detto  «  color  locale  >  —  ben  più  che  il 
magistero  istesso  della  fattura,  potrà  determinare  o  accrescere 
l'effetto  prefisso. 

Ma  la  battaglia  e  azione,  e  moto,  e  disordine,  e  caos;  la 
battaglia  è  mutevole  come  il  mare,  e  poliforme  come  la  tem- 
pesta; la  battaglia,  cozzo  di  due  eserciti  o  meglio  di  due  genti, 
è  l'infuriar  di  due  collere  immense;  la  battaglia  e  l'umano 
cataclisma,  il  dramma  collettivo.  Neil'  immane  tumulto,  nella 
convulsione  orrenda,  nella  formidabile  molteplicità,  quale  dei 
cento  suoi  aspetti  scegliere,  e  qual  cogliere  de'  suoi  cento 
momenti  ?  Come  riprodurre  nel  sanguinoso  turbine  gì'  inso- 
spettabili effetti  di  luce  al  corruscar  delle  armi  e  delle  arma- 
ture, sotto  il  sole  allo  o  nel  fuoco  mortifero,  tra  nembi  di 
polve,  tra  nugoli  di  lumor  E  m  qual  modo  mai,  nell'oscillar 
confuso  delle  felangi .  qual  di  spighe  agitate  dalla  bufera,  tra 
l'onda  incalzante  o  fuggente  dei  fanti  e  dei  cavalli,  rendere 
la  verità  istantanea  degli  atti,  dei  moti,  dei  volti,  degli  animi, 

e  il  concitato  imperio, 
e  il  celere  obbedir  !- 

Inutilmente  valorosi  principi  del  pennello,  per  zelo  d'arte 
o  per  anelilo  di  verità,  vollero  assistere,  e  non  da  lunge.  alla 
scena  gi'andiosa  e  terribile,  per  poi  con  fedeltà  di  testimoni 
oculari  perpetuarne  i  tratti  salienti,  le  caratteristiche  note  sulla 
tela.  E  non  meno  inutilmente  altri  più  scrupolosi  maestri,  non 
che  assistere,  parlecipai-ono  alia  battaglia,  impugnando  il  mo- 
schetto   per    indi    poter    viemmeglio    impugnare    il    pennello, 


LA  PITTURA  EPICA 


3'5 


men  tementi  del  pericolo  che  non  della  falsità,  pronti  a  disfi- 
dare la  morte  prima  che  cedere  alla  convenzione. 

Così  il  fiammingo  Gian  Cornelio  Vermeven.  chiamato 
in  Ispagna  da  Carlo  \\  partecipava  quale  alfiere  all'impresa 
disgraziata  di  Tunisi,  per  indi  raffigurare,  giusta  i  cartoni  di- 
segnati sui  luoghi,  le  più  che  dubbie  vittorie  dell'Imperatore. 
Così  Giacomo  Courtois,  seguiti  in  Italia  gli  eserciti  francesi, 
assisteva  a  molte  battaglie  in  quelle  interminabili  guerre  di 
successione,  studiando  e  ritraendo  dal  vero  tipi  e  costumi, 
paesi  e  castella,  manovre  e  combattimenti.  Così  i  due  van 
der  Velde,  illustratori  delle  guerre  marittime  d'Olanda  e  d'In- 
ghilterra, salivano  a  bordo  dei  vascelli  per  aver  l'esatta  visione 
della  battaglia  navale:  e,  mentre  il  padre  otteneva  dal  governo 
olandese  un  brick  armato  che  lo  portasse  ovunque  tuonava 
il  cannone,  il  figlio  non  temeva  di  affidarsi  a  fragile  schifo  per 
meglio  considerare  la  pugna,  che  suggerirgli  potesse  il  suo 
capolavoro. 

Medesimamente  van  der  Meulen,  che  meritò  d'essere  chia- 
mato il  più  fedele  istoriografo  di  Luigi  Xn\  seguiva  in  alcune 
campagne  gli  eserciti  del  gran  Re;  e  il  suo  miglior  scolaro 
Giambattista  Martin,  soprannominato  «  delle  Battaglie  » -stu- 
diava l'arte  della  fortificazione  alla  scuola  pratica  di  \'auban. 
nei  lunghi  numerosi  assedi  di  quel  tempo  bellicosissimo.  Lo 
stesso  dicasi  dei  Parrucel.  egregi  dipintori  di  cavalli  e  di  cava- 
lieri, secondo  lo  stile  di  van  der  Meulen:  Carlo  accompagnando 
re  Luigi  XV  alla  guerra  di  Fiandra,  Ignazio  seguendo  il 
principe  Eugenio  di  Savoia  contro  tui'chi   e    contro   francesi. 

Xe  va  dimenticato  Gros,  ammesso  per  protezione  di  Giu- 
seppina nello  stato-maggiore  di  Buonaparte  in  Italia  e  in  Egitto, 
come  il  venerando  MenzeI  al  quartier  generale  di  re  Gu- 
glielmo nel  1870,  e  come  l' ancor  vivente  \'ereschaghin  a 
quello  del  secondo  Alessandro  durante  l'ultima  impresa  d'U- 
riente.  E  Meissonier  medesimo  non  assisteva  forse  tra  il 
seguito  di  Xapoleone  HI  a  tutta  la  campagna  d' Italia,  e  non 


■3i6  MEISSONIKR 


forse  prendeva  parte  qual  comandante  di  battaglione  alla  difesa 
di  Parigi,  traendo  dall'una  e  dall'altra  bellica  scena  utili  ele- 
menti per  due  tra'  suoi  quadri  migliori  > 

Indubbiamente,  codesti  nobili  artisti  otfersero  un  insigne 
esempio  di  personale  abnegazione  e  di  amor  disinteressato 
dell'arte.  Eppure  la  critica  non  saprebbe  ancor  dire  quanto  la 
visione  diretta  della  battaglia  abbia  giovato  all' evidenza  della 
pittura.  1  loro  quadri  ci  mostrano  che  cosa  videro;  ma  come 
videro  essi?  La  battaglia,  magari  una  fase  della  battaglia, 
si  svolse  veramente  quale  ci  fu  rappresentata?-  L' impeto  della 
pugna,  il  morso  del  pericolo,  la  nausea  del  sangue,  il  rac- 
capriccio della  strage,  lo  stordimento  del  tumulto,  non  fecero 
lor  velo  agii  occhi,  non  turbarono  la  loro  percezion  solitaria, 
massime  allorquando  da  testimoni   mutavansi  in  attori? 

Certo,  in  si  [latta  riproduzione  di  battaglie  vedute  e  vis- 
sute, i  particolari,  curati  con  singolo  amore  da  codesti  veri 
specialisti  dell'arte,  sono  ammirevoli  e  irreprensibili:  l'esat- 
tezza scrupolosa  delle  armi,  delle  uniformi,  dei  quadrupedi,  dei 
finimenti,  delle  salmerie,  delle  evoluzioni  non  potrebbe  esser 
maggiore. 

Cosi  i  vascelli  dei  due  van  der  N'elde  sembrano  dise- 
gnati da  un  architetto  navale,  come  lo  piazze  torti  e  le  trincee 
d'assedio  nei  due  .Marlin  paiono  squadrate  da  ufficiali  del 
genio,  mentre  si  giurerebbe  che  i  cavalli  dei  tre  Parrocel 
escono  appena  di  stalla,  tanto  son  veri  e  vivi.  Senonchè  la 
verità  tecnica  non  e  la  verità  storica  e  men  che  mai  quella 
psichica. 

Solitamente,  questi  quadri  di  tanto  paziente  lavoro,  nei 
quali  non  sappiamo  se  più  ammirar  lo  studio  dei  particolari  o 
la  disposizione  dell'insieme,  son  privi  della  qualità  essenziale 
in  tal  genere  d'arte:  l'energia  suggestiva.  O  per  zelo  di  sover- 
chia sincerità  appaiono  troppo  confusi,  e  allora  la  difficoltà 
d'intendere  l'azione  non  tarda  a  faticar  gli  occhi  e  la  mente: 
o  son  troppo  sapientemente  ordinali,  e  allora  ci  lasciano  freddi. 


LA  PITTURA  EPICA  317 


e  la  freddezza  e  anche  pe,2;s;iore  della  stanchezza.  Insomma, 
nell'un  caso  e  nell'altro,  difetto  di  persuasione  o  difetto  di 
commozione,  senza  la  quale  non  è  interessamento  che  valga;  si 
che  r  unico  eQfetto  scenografico  di  tali  prelese  riproduzioni  dal 
vero  è  il  richiamar  l' antico  dettato  :  Multa  ex  studio,  ex  animo 

pauca Ed    ecco  in  queste  epiche  sceneggiature  mancar  per 

l'appunto  la  desiderata  psicologia  della  guerra:  il  furor  tra- 
gico, l'anima  ardente,  il  sublime  aljlato  della  pugna.  A  che, 
dunque,  la  dote  tanto  vantata  della  immediatezza,  e  a  che  la 
famosa   «  ottica  della  battaglia   »  ? 

Anzi,  a  ben  guardare,  se  una  qualche  emozione  ne  scatu- 
risca, ben  più  efficaci  riescono  i  quadri  di  fantasia  che  non 
quelli  di  studio.  Le  battaglie  sempre  anonime  e  sovente  immagi- 
narie di  Salvatore,  di  Wouwerman,  del  Borgognone  ottengono 
con  r  impeto  e  col  disordine  stesso  eljetti  non  raggiungibili 
mai  da'  più  sinceri  e  scrupolosi  dipintori  de  -visu  :  tanto  che 
a  questi  si  potrebbe  estendere  il  rimprovero  già  mosso  al 
Brescianino  'c  delle  Battaglie  »:  che,  cioè,  i  suoi  soldati  minac- 
ciassero soltanto,  mentre  quelli  del  parmense  Spolverini,  altro 
imitator  del  Borgognone,  uccidevano  veramente:  e  Io  Spol- 
verini dipingeva  appunto  di  maniera.  Riprova  codesta  di 
quanto,  in  siffatto  ed  altri  generi  di  pittura  troppo  asserviti 
alla  ricerca  af|annosa  del  vero,  l'intuito  superi  l'osserva- 
zione, e  la  fantasia  vinca  la  fedeltà,  quando  sia  governata 
dalla  chiaroveggenza  del  genio.  Cosi  messer  Ludovico,  il 
quale  non  aveva  mai  veduto  una  tempesta  di  mare,  ne  de- 
scrisse oltre  venti  in  magnifica  guisa,  e  ciascuna  diversamente 
bella  dall'altra,  nel  suo  poema  immortale. 

Qual  meraviglia,  dopo  cosi  fatta  disamina,  che  i  più  insigni 
quadri  di  battaglia  appartengano  a  maestri  curanti  della  fattura 
più  assai  che  della  esattezza,  e  meglio  obbedienti  alle  ragioni 
dell'arte  che  non  a  quelle  della  storiar  La  Vittoria  di  Co- 
stantino sopra  Massenzio  disegnata  da  Kaljaello  e  dipinta  da 
Giulio  Romano,    e  la   Battaglia    di   Lepanto    del  Tintoretto 


3.8 


MEISSONIER 


miseramente  arsa  nel  Palazzo  duca!  di  Venezia,  e  le  Gesta 
di  Decto  Mas  del  Rubens  nel  iimseo  di  Vienna,  massime 
quella  Resa  di  Breda  del  \"elasquez  che  è  storia  insieme  e 
poema,  confortano  1'  asserto  nostro  di  fulgide  prove. 

E.  nondimeno,  tanto  acuto  è  il  fascino  della  difficoltà,  e 
tanto  acre  la  bramosia  del  trionfo,  che  i  maggiori  artisti  della 
Rinascenza  tentavano  con  la  voluttà  dei  forti  questo  genere 
ingrato  e  periglioso.  Occorre,  oltre  i  già  mentovati,  nominare 
il  Durerò,  e  Holbein  il  Giovane,  e  [Palma  il 
\'ecchio ,  e  il  ("aliari.  e  il  Mantegna.  e  il 
Poussin,  e  Luca  Giordano?  Che  se  nessuno, 
pur  tra  i  maggiori,  attinse  la  cima  della  sto- 
rica verità  o  raggiunse  il  sommo  grado  della 
naturale  efficacia,  parecchi  tuttavia  vi  si  ac- 
costarono; e  non  fu  lieve  impresa,  né  tenue 
conseguimento. 

E  poiché,  in   questa  ostinata  caccia  al- 
l'irreproducibile,  dal    sublime   al   grottesco 
e  brevissimo  passo,  non  s'inalberi  il  lettore, 
se  noi  diremo  che   le  battaglie   quasi  umo- 
ristiche   di   Breguel  il   \'ecchio  contengano 
maggior  somma  di  umana  verità  che  non  le 
seriissime  tele  dei  van  der    .Meulen   od  an- 
che dei  \'ernet;  in    ispecie  quella  Piigjnr  di  Sanile   contro  i 
Filistei,  che  può   far  degno  riscontro  alla  Battaglia  dei  Grassi 
contro  i  Magri  del  medesimo  autore. 

Più  venturosi  furono  i  timidi  o  i  modesti  o  gli  accorti  : 
coloro,  cioè,  che,  pur  volendo  giovarsi  delle  armi  e  delle  as- 
sise per  varietà  dilettosa  di  colore,  e  con  fatica  infinitamente 
più  lieve,  evitarono  il  campo  di  battaglia  per  soffermarsi  al 
bivacco,  o  indugiar  nella  caserma,  dandoci  non  già  grandi 
scene  epiche,  ma  quadretti  militari  d'un  sapore  arguto  e  leg- 
giero :  pittura  caratteristica  o  episodica  che  va  ascritta  al 
«  genere  »   propriamente  detto.  FVimo  in  codesta  specialità  il 


SCHIZZO     PER     I     1-RANCESI 
DIPINTI  DA  LORO  STESSI. 


LA  PITTURA  EPICA 


319 


tedesco  Hans  Sebald  l:!eham,  ultimi  il  francese  Detaille  e  il 
nostro  compianto  L)e  Albertis  :  sommi  tuttavia  gli  umoristi 
de'  Paesi  Bassi,  come  Johann  van  Breda.  Jan  Meel,  Terburg, 
van  Maas  e  sovra  tutti  \\'ou\verman.  osservatori  acuti  e  pazienti 
della  vita  marziale  nelle  marcie  e  nelle  tappe,  nelle  fatiche  e 
nelle  gioie:  pittura  elegante  insieme  e  gagliarda,  seria  e  taceta, 
superficiale  e  suggestiva,  la  quale  manda  ad  efletto  il  duplice 
postulato  del  buon  A\ontaigne  :  naturaliser  Fart  et  arliallser 
la  nature.  .Ma  non  timido,  ne  modesto,  benché  accortissimo 
sempre,  si  fu  Rembrandt  .  l'immensurabile  Rembrandt ,  al 
quale  dobbiamo  il  maggior  capolavoro  di  questo  genere 
ibrido,  non  abbastanza  guerresco,  ne  pacifico  abbastanza: 
dico  quella  maravigliosa  Ronda  di  notte,  che  rimarrà  espres- 
sione ultima  della  pittura  militare  d'ogni  tempo  e  d'ogni  paese. 

.Meissonier,  chiamato  dalla  gran  voce  della  patria  a  illu- 
strar l'epopea  napoleonica,  questo  sapeva,  questo  sentiva. 
E,  grazie  al  buon  giudizio,  che  in  lui  non  si  scompagnava 
mai  dal  grande  ingegno,  evito  di  consumar  le  sue  forze  nel- 
l'impari duello  con  l'impossibile.  E,  anzi  che  ritrar  la  guerra 
nella  sua  indipingibile  furia,  nella  disfidante  sua  varietà,  co- 
glier ne  volle  piuttosto  l' intimo  significato.  Come  Bonaparte 
aveva  girato  le  Alpi,  cosi  egli  girava  le  difficoltà,  per  non 
dire  le  impossibilità,  dell'arte.  Bene  egli  Ìq.cq.,  e  ben  gli   tornò. 

Non  si  potrà  forse  dire  di  lui  quel  che  il  nostro  Lanzi 
diceva  di  Giacomo  Courtois:  «  egli  portò  l'arte  sua  ad 
altezza  non  peranco  raggiunta  ne  prima  ne  poi  ».  Certamente, 
però,  egli  vide  e  senti  e  ritrasse  in  personal  modo  la  battaglia. 

Nel  Borgognone  appunto,  come  in  Salvatore  e  nel  Ca- 
sanova, tutto  il  quadro  è  una  mischia  senza  nome  né  parte: 
un  confuso  nembo  di  cavalieri,  cozzantisi  e  afferrantisi  e  mor- 
dentisi  tra  spessi  lampi  di  sciabole  e  di  pistole:  il  cannone 
e  appena  sottinteso  nel  vermiglio  velo  dell'orizzonte,  quasi 
rossor  di  tramonto  in  un  paesaggio  :  pugne  tumultuarie  di 
mera  fantasia  che.  ripetendosi  sempre,  diventa  maniera. 


<    z 


322  MEISSONIER 


In  van  der  Meuien  e  in  Huchtenburg  regina  è  la  stra- 
tegia; la  battaglia  regolare,  cioè,  nel  suo  chiaro  disegno  e 
nel  razionai  suo  svolgimento  :  troppa  dottrina  e  poca  fantasia. 
In  Gerard  e  Gros,  e  sovente  pure  in  Vernet,  protago- 
nista è  l'episodio  caratteristico  coi  tipici  suoi  personaggi,  ai 
quali  ogni  altra  cosa  è  sacrificata:  piitura  di  grande  unità 
e  di  securo  effetto,  ma  a  lungo  andare 
monotona  e  artificiosa. 

Meissonier,  nel  geniale  eclettismo 
suo,  volle  studiare  e  attingere  tutti  gli 
effetti,  ora  trattando  l'eroe  ed  or  l'epi- 
sodio, quando  il  ritratto  e  quando  il 
paese  ;  per  modo  che  nel  suo  ciclo 
SCHIZZO  A  PEN-N'A.  napoleouico  è    condensata    la    pittura 

militare  dei  tre  ultimi  secoli,  e  l'opera 
sua  si  riallaccia  ai  Fiamminghi,  per  risalire  al  nostro  Francesco 
Bassano,  primo  dipintor  episodico. 

Così,  mentre  in  Jena  (1806)  Napoleone  è  lumeggiato  nel- 
l'apogeo del  suo  genio  e  nel  solstizio  della  sua  gloria,  im- 
moto sul  cavallo  immobile,  contemplante  la  pugna  lontana, 
rigido  e  muto  come  il  Fatalismo;  m  Aiisterlitz  ( i8oj)  q^\  e 
assente  dagli  occhi,  ma  più  che  mai  presente  alle  anime,  si 
che  una  linea  sola  di  corazzieri  aspettanti  il  cenno  della  ca- 
rica risolutiva  basta  a  dar  la  visione  della  battaglia  tutta  nel 
momento  supremo.  Frlcdland  ( iSoj)  è  la  «  cavalcata  della 
morte  »,  e  l'eroica  follia  d'innanzi  a  Cesare  trionfante:  jSi^ 
è  la  marcia  verso  l'ignoto,  il  giorno  del  disinganno  ultimo,  il 
crepuscolo  dell'  Invincibile,  il  principio  della  fine. 

Più  che  strategica  dimostrazione,  sintesi  morale;  più  che 
tattica,  psicologia  colorata:  si  che  dalla  visione  esce  il  sim- 
bolo, e  da  questo  balena  la  storica  verità.  l\  pathos  uQWvpos: 
tale  l'essenza  e  la  significazion  morale  di  quest'arte  amorosa 
e  feconda.  Non,  adunque,  lo  svolgimento  o  l'episodio  principale 
della  battaglia;  ma  l'amplissima  linea  e  l'ansia  sublime  della 


LA  PITTURA  EPICA  323 


fase  critica,  ma  l'aspettazione  dell'esito  nell'ora  segnata  dal 
destino:  pittura  quasi  fatalistica,  densa  di  sottintesi  e  di  vati- 
cini ,  che  nelle  sue  calme  solenni  e  paurose  suade  al  tempo 
istesso  la  meditazione  e  la  rassegnazione. 

V. 

Gianluigi  Ernesto  Meissonier  si  atjacciò  all'arte,  allorché  la 
leggenda  napoleonica  rifioriva,  grazie  alla  stolta  illusione  del 
governo  di  Luglio,  il  quale  credeva  di  servirsene  come  di 
arme  contro  gli  avanzi  del  legittimismo  ,  e  preparava  invece 
r  avvento  del  secondo  Impero,  la  bara  a  sé  stesso.  Nell'aria 
«  era  un  acuto  sentor  di  violette  e  un  ronzio  sommesso  di 
api,  »  per  adoprare  il  linguaggio  allegorico  del  tempo;  poiché 
api  e  violette  erano  emblemi  bonapartisti. 

Le  mirabili  litografie  dello  ("harlet  e  del  Raffet  insieme 
alle  tele  impressionanti  di  Gerard,  di  Gros  e  di  Vernet  illustra- 
vano ia  vita  dell'  Imperatore,  mentre  Adolfo  Thiers  gli  ergeva 
con  la  sua  storia  ponderosa  monumento  men  caduco,  forse, 
della  bronzea  Colonna   cantata  da   \'ittor  Hugo. 

La  mania  napoleonica,  in  pieno  orleanismo,  toccava  l'ul- 
timo grado  della  imprudenza  con  la  traslazione  delle  ceneri 
del  Còrso:  ed  è  assai  caratteristico,  negli  Entrctiens,  il  rac- 
conto di  tale  avvenimento,  che  nell'animo  di  Meissonier  la- 
sciava un  senso  indelebile  di  commozione,  quasi  religiosa. 
Imperocché  nessuno  più  intensamente  di  lui  senti  la  mistica 
poesia  della  Latria,  religione  delle  anime  virili. 

Alla  pittura  eroica  egli  era  già  da  tempo  apparecchiato 
e  temprato.  La  passione  sua  per  le  armi  e  per  i  costumi  lo 
predisponeva  a  cotal  genere  di  arte.  Aveva  studiato  amoro- 
samente il  cavallo,  si  che  ne  conosceva  ogni  mossa  ed 
ogni  andatura:  difficilissimo  studio  perfezionato  sui  campi  di 
manovra  ben  più  che  nelle  scuole  di  equitazione.  E  poiché 
il  cavallo  è  «  l'anima  delle  battaglie,  »  e  del  cavallo  egli  pos- 


324  MEISSONIER 


sedeva  meravigliosamente  la  tecnica,  così,  prima  ancor  di 
decidersi,  era  pittor  militare. 

Aveva  già  fatto  un  lungo  tirocinio,  disegnando  belliche 
scene  o  figure  marziali  per  libri  e  periodici  illustrati;  e  già 
alcune  sue  tele  di  epico  argomento  avean  richiamato  l' at- 
tenzione dei  critici,  ed  eran  giudicate  meritevoli  di  appartenere 
a  quelle  «  Gallerie  storiche  »  aperte  in  \"ersaglia  dal  mini- 
stero Guizot  per  eccitare  appunto  i  giovani  alla  pittura  ci- 
vica. E  i  giovani  rispondevano  con  entusiasmo,  ed  eran  nomi 
sacri  alla  gloria:  Delacroix  ,  Roqueplan,  Ary  ScheOTer,  Fra- 
gonard  ,  Delaroche  ,  Decamps  .  Boulanger,  Protais,  ed  altri 
minori. 

Scoppiata  la  guerra  d'Italia,  Meissonier,  non  più  ignoto 
e  non  celebre  ancora ,  volle  seguire  lo  stato-maggiore  di 
Napoleone  III:  e  dalla  breve  campagna  ritraeva  impressioni 
e  ammaestramenti  profondi,  frutto  dei  quali  è  il  suo  Sol- 
ferino.  .Ma  un'  altra  guerra  più  lunga  e  men  felice  doveva 
spronarlo  alla  grande  impresa  del  »  ciclo  napoleonico  »,  al- 
lunga fatica  delle  «  (Quattro  battaglie  ».  L'acre  umiliazione 
della  sconfitta  gli  suggerisce,  nell'immane  catastrofe  del  "70, 
la  nobilissima  idea.  Egli  ascolta  nel  proprio  cuore  i  gemiti  della 
patria  mutila  e  vinta,  e  abbruna  il  suo  pensiero  delle  gra- 
maglie istesse  onde  si  veste  la  Francia. 

Come  Orazio  Vernet  sotto  il  governo  di  Luglio,  egli 
così  sotto  quel  di  Settembre  commenterà  novellamente  e  ful- 
gidamente r  immensa  epopea  napoleonica.  Libero  cittadino, 
farà  l'apoteosi  del  militarismo  imperiale:  democratico  di  sen- 
tire se  non  d'istinto  e  di  costume,  parrà  nelle  opere  sue  cesa- 
riano.  Che  monta,  se  sarà  sempre  e  più   che   mai    francese? 

Piccoli  quadri  pur  questi,  m.a  grandi  di  proposito  e  di 
valore,  in  cui  la  fattura  pienamente  risponde  al  concetto,  e 
questo  al  sentimento  universale.  l'ittura  di  conforto  e  di  spe- 
ranza codesta:  conforto  nella  disfatta,  e  speranza  della  riabili- 
tazione. Però  che,  non  osando  vendicarsi  ancora  con  le  armi, 


",26  MEISSONIER 


la  Francia  si  vendichi  già  con  le  rime  e  con  le  tavolozze:  ed 
oggi  ancora  ai  giambi  infocati  di  Deroulède  e  di  Richepin 
s'aggiungono  i  quadretti  suggestivi  di  Xeuville  e  di  Detaille; 
questi  e  quelli  son  araldi  della  memoria,  nemici  all'oblio, 
fomiti  d'odio  e  auguri  di  riscossa. 

Meissonier,  poi  che  troppo  dolorosa  gli  riusciva  la  ri- 
produzione dei  recenti  disastri,  guarda  indietro  per  risalire 
più  alto.  iSoj,  iSoó,  iSoy  i8og  — •  ossia  Austerlitz  ,  Jena, 
Friedland,  Wagram  —  non  sono  semplicemente  quadri  di 
battaglia:  sono,  anzi  tutto,  quadri  di  vendetta.  Con  essi  egli 
volle  rievocare  agli  occhi  della  Francia  le  visioni  dell'antica 
fortuna;  volle  egli  con  essi  richiamar  sulla  triplice  bandiera 
repubblicana  il  sorriso  astrale  della  vittoria. 

Considerato  si  fattamente,  il  gran  pittore  francese  assume 
più  nobile  aspetto  e  veste  più  solenne.  Egli  è  veramente  l'in- 
terprete della  gloria,  il  confortator  della  sventura  nazionale. 
La  Francia  a  lui  deve  questo  nuovo  altare  votivo,  questo 
nuovo  monumento  espiatorio.  Fgli  le  dice,  come  Thiers  e 
come   Hugo:  Sou-z'icìis-toi! 

Nei  momenti  di  maggiore  abbattimento  morale ,  quasi 
dispregiando  i  suoi  più  graziosi  quadretti  di  genere  ,  dipinti 
solo  «  per  vivere  »,  Meissonier  esagerava  forse  l'austerità 
del  proprio  concetto.  La  «  grande  arte  »  è  vana  parola,  se  la 
consideriamo  nel  proposito  suo  anzi  che  nell'  esecuzione.  La 
vera  grandezza  sta  nella  bellezza  :  questa  soltanto  ha  ragione: 
questa  sol  regna  per  diritto  divino.  Un  buon  ritratto  può 
dunque  valere  più  che  cento  vastissime  tele  storiche  o  religiose. 

La  meravigliosa  sua  piccola  Guida,  nella  intensità  pro- 
fonda del  momento  e  del  significato,  non  vince  forse  in  sug- 
gestione le  enormi  battaglie  del  \\'ou\verman,  del  van  der 
Meulen  e  dello  Iluchtenburg,  alcune  delle  quali  misurano  per- 
fino 2  metri  e  5o  di  larghezza  per  oltre  uno  di  altezza? 

Ma  non  mentiva,  no,  l'istinto  securo  del  maestro,  allorché 
deplorava  di  avere  sprecato  il  suo  tempo  migliore  a  schizzar 


LA  PITTURA  EPICA 


Q^iy  quQx  petits  bon/!Oiiniics,\  quali  tuttavia  gli  avean  dischiuso 
le  porte  dell'  Accademia.  Fatidica  voce  gli  suggeriva  nella 
coscienza  che  per  altre  opere,  se  non  di  mole,  maggiori  d'  in- 
tento, sarebbe  egli  ammesso  nell'Instituto  superior  della  Gloria. 
E,  veramente,  Meissonier  resterà  nella  grata  ammirazione 
dei  posteri  quale  un  malioso  evocator  del  passato,  quale  un 
gagliardo  commentatore  di  storie:  tal  che  nessuno  meglio  di 
lui  meritò  la  propria  fortuna,  come  C.  A.  Dufresnoy,  il  Fiacco 
della  pittura,  cantava  nella  sua  J)c  •  irte  gra[)liica: 

Condignae  pulchrorum  operum  mercedis  in  aevum. 

I  suoi  quadri  di  genere,  soverchiamente  numerosi,  benché 
sempre  squisiti,  e  degni  d'essere  chiamati,  come  taluni  del 
Borgognone,  «piccole  grandi  tele»,  sarebbero  bastati  appena 
a  farne  un  falso  «immortale  ».  Egli,  invece,  lungamente  trion- 
ferà nelle  sue  tele  militari,  onde  la  meravigliosa  epifania  na- 
poleonica ebbe  nuovo  risalto  e  nuovo  fervore.  E,  per  quanto 
nelle  copiose  opere  sue  possa  egli  parere  variamente  felice, 
l'avvenire  vedrà  in  lui  soltanto  lo  specialista  della  gran  leg- 
genda imperiale. 

Che  se  l'antecessore  Orazio  \'ernet.  per  la  immaginosa  e 
farragginosa  interpretazione  dell'eroico  quindicennio,  meritava 
di  esser  chiamato  l'Alessandro  Dumas  della  pittura  francese, 
egli  per  la  sincerità  sua  grande  e  l'accuratezza  maggiore 
potrà  sembrarne  il  Gautier. 

Profetica  tavolozza  la  sua!  Poiché,  nella  imminenza  della 
fotografia  a  colori,  tutti  i  generi  oggi  più  favoriti  dell'arte 
pittorica  paion  sacri  alla  morte.  Già  il  paesaggio,  sussidiato 
e  invilito  insieme  dal  daguerrotipo ,  perde  ogni  giorno  più 
merito  e  valore:  già  il  ritratto,  ristretto  nei  limiti  del  colo- 
rito, non  offre  più  alcuna  sincerità  nel  disegno:  e  che  sarà 
mai  del  quadretto  di  «  genere  »,  allorché  ogni  fotografo  dilet- 
tante potrà  comporne  a  suo  grado  con  1'  ausilio  della  mac- 
china coloritrice  ? 


328 


MEISSONIER 


Rimarrà,  dunque,  semplicemente  la  grande  arte  oggi  ancor 
rinnegata  o  vilipesa:  e  sole  pitture  sorviventi  saranno  la  sto- 
rica, l'allegorica,  la  mistica  e  l'ornamentale;  ossiano  le  pitture 
di  reminiscenza  o  di  immaginazione,  sole  positive  d'innanzi 
alle  «  negative  ».  E,  poiché  la  natura  e  la  vita  saran  certamente 
dominate  dalla  macchina,  al  pennello  resterà  unico  refugio  e 
unico  reame  l'Ideale.  In  altre  parole,  l'arte  dei  colori  verrà 
ricondotta  alle  origini  prime  ,  quando  aveva  importanza  di 
civile  e  morale  insegnamento,  e,  come  avvertiva  il  \\'inkel- 
mann,  nobile  suo  ufficio  era  quello  di  commuovere  dilettando, 
non  di  dilettar  solamente,  affinchè 

Indocti  discant,  ainent  iiicminissc  periti. 

Allora,  non  ostanti  le  deficienze  e  le  ineloquenze  loro 
nella  psicologica  falsità,  con  ben  altri  occhi  saran  contem- 
plati i  quadri  di  battaglia,  documenti  preziosi  del  tempo  che 
non  e  più  ,  testimonianze  irrefragabili  dell'umana  tragedia, 
mute  fonti  della  storia  avvenire,  in  cui  si  rispecchieranno  le 
civiltà  trapassale.  Disparissero  pure  i  volumi  di  Jomini .  di 
Clausewitz,  di  Thiers,  basterebbero  i  dipinti  superstiti  di  .Meis- 
sonier  per  ricomporre  in  nova  luminosa  leggenda  il  gran  Ce- 
sare còrso  agli  attoniti  sguardi  della  posterità.  E  a  questa 
lavorando  pensava,  e  da  questa  otterrà  piena  giustizia  l'insi- 
gne maestro  nel  presente  volume  lumeggiato,  poeta  del  colore, 
pensator  della  linea,  storico  del  sentimento,  artista  insieme 
e  cittadino. 

Arturo  Colautti. 


SCHIZZO    PER    I    FRANCESI    DIPINTI    DA    LORO    STESSI. 


GEN'ERALE    E 


AIUTANTE    DI    CAMPO. 
(Metropolitan  Mu 


STRADA    DELLA    SALICE    (aXTIBO). 
n,  Ksvv-Yorli.) 


APPENDICE 


MEISSONIER   ("1870-1871). 
Luogotenente-colonnello  dello  Stato-r: 
della   guardia  nazionale. 


DISCORSO  DI  MEISSONIER 

TENUTO  A   FIRENZE  IL    I3   SETTEMBRE    1875    PER  LA 

COMMEMORAZIONE  DEL 
IV  CENTENARIO  DI  MICHELANGELO 

Signori, 

Io  vengo,  in  nome  dell'Accademia  di  Belle 
Arti  dell'Istituto  di  Francia,  a  ringra- 
ziare I-"irenze  di  averla  invitata  a  questa  festa 
ilata  in  onore  di  Michelangelo. 

L'Accademia,  orgogliosa  di  rendere  un 
pubblico  omaggio  a  questo  genio  divino,  ci 
ha  inviati  a  rappresentarla;  ed  è  a  me ,  cosi 
poco  esperto  nell'arte  oratoria,  che  è  aftìdato 
l'alto  e  difticile  incarico  di  parlare  in  suo 
nome,  e  di  esprimere  la  sua  ammirazione  pro- 
fonda per  quest'uomo  così  grande,  e  nel  quale 
non  c'è  quasi  più  nulla  di  umano. 


330 


MEISSONIER 


L'Accademia  mi  compatirà,  in  grazia  della  mia  sincerità,  se  non  trovo  parole 
degne  di  essa  per  parlare  di  questo  illustre  fra  gli  illustri,  toccato,  possiamo  dirlo 
con  orgoglio,  dal  dito  di  Dio,  perchè  egli  fosse  non  solamente  la  nostra  gioia, 
ma  anche  il  nostro  maestro. 

Sì,  o  grande  Michelangelo!  il  dito  divino  ti  ha  toccato! 
Negli  affreschi  della  Cappella  Sistina,  pari,  nella  loro  sublime  grandezza,  alla 

Bibbia,  eri  tu  che  dipingevi 
te  stesso  in  Adamo  animato 
dal  soffio  del  Creatore  !  Il 
suo  dito  non  si  è  forse  posato 
sulla  tua  fronte?  Il  tuo  sguar- 
do non  è  rivolto  a  Lui  ?  È 
adunque  proprio  la  tua  mano 
che  Egli  deve  toccare ,  per 
renderla  degna  di  esprimere 
il  tuo  pensiero. 

E  nella  statua  del  Pen- 
siero, lasciami  dimenticare  il 
duca  d'Urbino,  e  permettimi 
di  veder  te,  genio  possente, 
ascoltante,  nell'ombra  della 
meditazione  ,  il  tuo  pensiero 
che  si  eleva  al  disopra  del 
nostro  mondo  ! 

Sì,  ancora  una  volta,  tu 
fosti  toccato  dal  dito  divino  : 
e  nessuno  al  mondo  lo  sarà 
mai  al  pari  di  te  ! 

Tu  sei  e  resterai  l'esem- 
plare eterno  del  grandioso  e 
del  sublime.  Perciò  tu  appar- 
tieni a  tutti,  e  gli  uomini 
sono  orgogliosi  di  te  ! 

Ma  gloriosa  è  pure  Fi- 
renze, tua  patria! 
Fortunata  Firenze  !  Di  questa  bella  Italia,  di  questa  terra  delle  Arti,  tu  sei 
il  giardino!  Tu  non  sei  soltanto  la  città  dei  più  bei  fiori  della    natura,  tu  sei  la 
città  dei  più  bei  fiori  dello  spirito  umano.  Tu  sei  la  città  del  rinascimento  delle 
lettere,  delle  arti,  delle  scienze  1 

Non  posso  ricordare  tutti  i  tuoi  figli. 

Tu  hai  Dante,  il  Petrarca,  e  prima  di  Galileo  hai  colui  che  onoriamo  oggi 
così  devotamente. 


CAVALIERE    DISEGNATO  SOPRA  UN  MURO    DELLA    VILLA    GARNIEIÌ, 
A    BORDIGHERA. 


APPENDICE 


33' 


Sotto  a  questo  cielo  incantevole,  in  mezzo 
a  questa  natura  la  cui  serena  bellezza  è  in- 
comparabile, non  eri  tu  proprio  degna  di  es- 
serne la  culla  ? 

Che  tu  sia  sempre  felice,  o  città,  di  cui 
non  si  pronuncia  giammai  il  nome  senza 
pensare  a  tutto  ciò  che  è  bello  e  buono, 
come  si  faceva  già  una  volta  di  Atenei 

Tu  meriti  di  esserlo,  non  soltanto  perchè 
hai  dato  la  vita  a  tutti  questi  grandi  geni,  ma 
perchè  ne  hai  conservato  il  culto  ;  ed  oggi 
tu  onori  il  più  grande  di  tutti  con  una  festa 
che  è  tutta  gioia,  senza  lagrime  nascoste, 
senza  singhiozzi  repressi  ! 

È  la  festa  del  genio  e  della  virtù,  perché 
non  è  solamente  quella  di  un  grande  artista, 
ma  è  anche  quella  di  un  gran  cittadino. 

Italia,  che  noi  Francesi  amiamo  tutti,  sii 
prospera  e  felice  I 


STATUETTA   DI   MEISSONIER,    187S. 
(Uà  Gemito.) 

Firenze ,  che  noi  ar- 
tisti adoriamo,  sii  prospera 
e  felice  ! 

Accogli  questo  voto  di 
Francesi  venuti  per  intrec- 
ciare, assieme  coi  tuoi  figli, 
in  questo  nuovo  centenario, 
una  corona  a  Michelangelo 
immortale. 


DISEGNO    A   PENMA. 
(AppartCDcnte  al  dottor  Dachastelet.) 


332  MEISSONIER 


/^x^Y^  /-  </^  Yo 


FAC-SIMILE   DELLA    LETTERA    DI    RINGRAZIAMENTO    DI   MEISSONIER    AL    DUCA    DAU.NULE, 
IN  OCCASIONE  DELLA  SUA  NOMINA    A   GRANDE    UFFICIALE  DELLA    LFGION  d'oNORE. 


APPENDICE 


333 


DISCORSO  DI  MEISSONIER 


PRESIDENTE  DELL    ACCADEML\    DI    BELLE    ARTI. 

Lillo  mila  seduta  pubblica  annuale  del  l'accademia  di  Belle  ^4111  il  2S  ollobre  iSyó. 
Signori, 

È  un  dovere  per  noi  l'aprire  questa  seduta,  la  nostra  festa  di  famiglia,  come 
la    chiamava    uno   dei    miei 
predecessori-,    segnalando    il 
nome  della  contessa  di  Caen. 

Prima  di  poterle  rendere 
questa  testimonianza  di  gra- 
titudine, l'Accademia,  sua 
erede  universale,  ha  dovuto 
appianare  molte  difficoltà,  su- 
perare molti  ostacoli;  la  vo- 
stra commissione,  il  vostio 
segretario  perpetuo,  vi  hanno 
prodigato  tutte  le  cure,  e  voi 
ne  li  avete  elogiati  in  una 
delle  vostre  sedute;  ma  non 
mi  perdonereste  certamente 
se  mi  lasciassi  sfuggire  questa 
occasione  per  farlo  pubblica- 
mente. 

Un  decreto  emanato  dal 
signor  Maresciallo  Presidente 
della  Repubblica,  ha  sanzio- 
nato le  deliberazioni  prese  ; 
e,  se  devono  trascorrere  an- 
cora degli  anni  prima  che 
quelli  che  verranno  dopo  di 
noi  possano  godere  intera- 
mente delle  generose  dispo- 
sizioni   testamentarie     della 

donatrice,  ho  la  soddisfazione  di  annunciare  che  l'Accademia  vede  come  possibile 
fin  d'ora  la  realizzazione  della  parte  più  interessante  della  fondazione,  quella 
cioè  che  riguarda  i  giovani  pittori,  scultori  e  architetti,  che  avranno  compiuti  i 
loro  studi  all'Accademia  di  Francia  a  Roma. 


SCHIZZO    DI    PAESAGGIO. 


334 


MEISSONIER 


«  Ecco,  dice  la  signora  di  Caen  nel  suo  testamento,  la  istituzione  che  voglio 
fondare  : 

«  Tutti  gli  artisti,  pittori,  scultori,  architetti  mandati  a  Roma  dal  governo, 
avranno  durante  tre  anni,  dopo  compiuti  i  loro  studi  colà,  una  rendita.  Questa 
sarà  da  4000  franchi  per  i  pittori  e  scultori.  Gli  architetti,  che  hanno  meno  di- 
spendio per  i  loro  lavori,  non  avranno  che  3000  franchi. 

«  Gli  artisti  pittori,  ai  quali  verrà  dato  questa  rendita,  saranno  obbligati, 
nello  spazio  di  tre  anni,  di  fare  un  lavoro  per  il  museo  che  voglio  formare.  Gli 
scultori  pure  faranno  un  lavoro,  e  così  gli  architetti. 

'<  La  maggior  parte  dei  giovani,  alla 
fine  dei  loro  tre  anni  a  Roma ,  hanno 
una  commissione  dal  governo  ;  ma  si  dà 
a  loro  il  soggetto;  è  quello  che  voglio 
evitare,  perchè  è  un  ostacolo  al  genio; 
ciascuno  farà  ciò  che  amerà  meglio;  in 
nessun  caso  verrà  dato  il  soggetto. 

«  Se  un  giovane,  scultore  o  pittore, 
fa  un  lavoro  grandioso,  il  comitato  eletto 
dall'Istituto  gli  potrà  accordare  una  som- 
ma di  5000  lire,  ma  non  di  più. 

«  Non  dò  che  una  somma  di  4000 
e  di  3000  franchi,  perchè  è  sufriciente  per 
far  fronte  a  tutti  i  bisogni. 

'<  Se  Dio  mi  lascia  su  questa  terra, 
iicomincerò  quest'opera;  ma  desidero 
vivamente,  e  prego  il  governo  di  volermi 
facilitare  l'esecuzione.  « 

Signori,  il  carattere  delle  istituzioni 
buone  si  è  quello  di  formare  da  sé  stesse 
l'elogio  perpetuo  del  fondatore.  Queste 
righe  che  vi  leggo,  che  sono  la  base  ben 
semplice  d'una  istituzione  di  grande  im- 
portanza, non  formano  da  sé  sole  il  più 
grande  elogio  della  signora  di  Caen  ?  Che  cosa  si  potrebbe  aggiungere  di  più  per 
mettere  in  luce  il  suo  amore  per  le  arti,  questa  sorgente  delle  più  nobili  com- 
piacenze, che  facesse  meglio  apprezzare  la  sua  affettuosa  quanto  illuminata  sol- 
lecitudine per  quelli  che  si  sono  rivelati,  al  primo  successo,  pieni  di  ardimento? 
Atfcttuosa  e  illuminata  sollecitudine  1  Conscia  che  il  vigore  deve  espandersi 
pienamente  in  una  giovane  pianta,  essa  ho  provveduto  perchè  niente  ne  arre- 
stasse lo  slancio,  mettendo  al  coperto  dal  bisogno,  durante  questi  anni  decisivi, 
perchè  godano  del  lavoro,  non  del  riposo,  coloro  ch'ella  crede  i  più  degni,  essendo 
eletti  da  voi.  Come  ha  ben  compreso  questo  cuore  di  donna,  ciò  che  la  ristret- 


(Di. 


GENTILUOMO    LUIGI    XIII. 
■no   appartenerne  al   si».   Cb.  Edn 


APPENDICE-  335 


tezza  dei  mezzi,  in  questo  momento  della  vita,  ha  di  crudele  per  coloro  che.  do- 
tati di  vera  vocazione,  pieni  di  forza  e  di  coraggio,  si  son  visti,  non  dirò  arrestati 
percViè  le  vocazioni  non  si  arrestano,  ma  ritardati  dalle  difficoltà  materiali  della 
vita,  e  deploranti  non  gli  sforzi  fatti  per  superarle,  ma  il  tempo  che  fugge,  del 
quale  avrebbero  potuto  fare  ben  altro  uso  migliore  1 

Dio  non  volle  ch'ella  incominciasse  la  sua  opera!  Siamo  noi  che  dobbiamo 
incominciarla  oggi,  ed  è  con  amore  geloso  che  la  cureremo.  E  il  nostro  preciso 
mandato;  e  lo  adempiremo  fedelmente. 

Voi,  signori  laureati,  ne  avete  un  altro,  che  si  può  dire  bellissimo,  e  che 
adempirete  altrettanto  fedelmente. 

Di  questa  liberalità  di  cui  voi  siete  l'oggetto,  la  donatrice,  onorandosi,  vi  dà 
modo  di  onorare  voi  stessi  accettandola.  La  signora  di  Caen  non  \i  fa  già  un  dono 
gratuito  ;  a  studio  terminato  ella  vi  chiede  un'opera  che  riveli  che  la  buona  se- 
mente ha  germogliato;  facendo  ogni  sforzo  per  provarlo,  non  volendo  nessuno 
venir  meno  al  proprio  compito,  voi  consacrerete  il  suo  nome  illustrando  il 
vostro. 

In  questa  Scuola  di  Belle  Arti,  cui  l'abile  ed  amato  suo  direttore  va  miglio- 
rando ogni  giorno  di  più,  in  modo  che  essa  non  teme  rivali,  voi  avete  fra  i  pari 
vostri  un  posto,  ove  l'opera  vostra  d'oggi  starà  per  sempre;  quella  che  farete, 
quando  ne  sarà  venuto  il  momento,  avrà  il  suo,  stabilmente,  nel  Museo  Caen. 
Voi  sarete  fra  i  vostri  eguali,  e  l'opera  che  esporrete,  ideata  nella  piena  libertà 
del  vostro  spirito,  eseguita  a  vostro  bell'agio,  nella  pienezza  della  vostra  forza, 
sarà  una  parte  gloriosa  del  monumento  che  accrescerà  continuamente  l'onore 
dell'arte  francese. 

Se  Roma  vi  spinge  ai  più  grandi  tentativi,  altrettanto  fa  con  voi  la  contessa 
di  Caen.  Voi  non  potrete  sottrarvene;  e,  quale  che  sia  l'opera  fatta,  suonata  l'ora, 
porrete  nel  museo  che  porterà  il  suo  nome,  il  vostro  capolavoro,  l'opera  d'am- 
missione, come  si  diceva  nell'antica  Accademia  che  avrete  fatto  nei  primordi  della 
vostra  carriera,  ed  al  quale  vi  richiamereie  quando,  alla  vostra  volta,  verrete  a 
chiedere  questo  posto  che  occupiamo  noi...  e  che  conserveremo  più  a  lungo  che 
ci  sarà  possibile. 

Per  quanto  orgogliosi  possiate  essere,  per  avere  riportato  una  vittoria  difficile, 
perchè  tutti  i  combattenti  hanno  fatto  il  loro  dovere,  l'Accademia  si  compiace  di 
riconoscerlo,  l'opera  d'oggi  è  il  primo  passo,  limite  che  segna  il  punto  di  par- 
tenza, e  non  già  ancora,  e  voi  lo  sapete,  il  miglio  d'oro  di  Roma  che  segnava 
l'arrivo.  Rammentatevi,  che  fra  sette  anni,  sarete  obbligali  di  piantarne  un  altro 
immutabile,  che  segnerà  il  cammino  percorso. 

Sette  anni!  Quando  li  abbiamo  dinanzi  a  noi,  nella  nostra  vita  così  breve, 
sono  lunghi.  Metteteli  a  profitto,  affinchè  più  tardi,  volgendovi  indietro  trovandoli 
brevi,  non  abbiate  l'amaro  rimpianto  di  averne  perduto  un  istante,  d'aver  sciupato 
pazzamente  il  tesoro  della  giovinezza  di  cui  siete  ancora  nel  pieno  vigore  da 
sembrarvi  inesauribile.  Il  tempo  è  prezioso,  specialmente  per  noi  artisti,  che  non 


336 


MEISSONIER 


possiamo  spiegare  il  nostro  pensiero  senza  i 
docili  servi,  l'occhio  e  la  mano,  che  possono 
essere  stanchi  quando  il  pensiero  si  sarà  latto 
pili  forte  ed  esigente. 

Allo  sforzo  di  ogni  giorno  succeda  un  altro 
sforzo.  Non  arrestatevi  mai,  credendo  di  sapere, 
perchè,  ahimè!  noi  non  sappiamo  nulla!  Ciò 
che  noi  impariamo,  ci  apprende  quello  che  ci 
rimane  da  imparare  ancora. 

Nel  paese  ove  andate,  nel  paese,  sogno 
incessante  di  quelli  che  non  l' hanno  veduto, 
ricordo  perenne  di  quelli  che  hanno  avuto 
la  fortuna  di  vederlo,  voi  penserete  a  questi 
consigli,  quando,  al  cospetto  di  quei  divini  mae- 
stri, apprenderete  quali  cure  grandissime  con- 
MEissoN'iER  IN  UNIFORME,  CAMPAGNA  sacravauo  alle  opere  loro,  saprete  come  geni 
d' ITALIA  (1859).  orgogliosi  e   grandi  erano  umili   davanti    alla 

loro  arte,  e  come  inseguissero  senza  posa  l'ideale 
che  avevano  innanzi  a  loro....  persuasi  di   non  averlo  mai  raggiunto. 

Vivendo  nei  luoghi  dove  essi  han  vissuto,  dove  tutto  ancora  parla  di  loro, 
se  sentirete  l'amore  ed  il  rispetto  che  gli  son  dovuti,  crederete  di  vederli  in  per- 
sona. Essi  vi  parleranno,  e,  degnandosi  di  aiutarvi,  vi  guideranno  nel  buon  cam- 
mino, scostandovi  dalle  facili  vie  ove  il  posto 
fatto  non  lascia  traccia  alcuna:  la  impronta  e 
fatta  sulla  polvere  che  il  primo  soffio  di  vento 
disperde. 

Si  dice  che  nello  scorso  secolo,  quando 
il  pittore  Vieii  accompagnava  al  haroccio  i 
suoi  scolari  che  partivano  per  Roma,  mentre 
si  allontanavano  non  cessava  di  far  loro  que- 
st'  ultima  raccomandazione  :  «  Non  dimenti- 
cate sopratutto  la  mia  maniera.  » 

Per  quanto  i  vostri  illustri  professori 
avi  ebbero  il  diritto  di  farvi  una  simile  racco- 
mandazione, non  saranno  certamente  queste 
le   ultime  parole  che  vi  dirigeranno. 

Ciò  che  vi  diranno,  con  la  intera  Acca- 
demia, sarà:  «  Non  dimenticate,  innanzi  tutto, 
che  avendo  l'onore  di  essere  artisti  francesi, 
dovrete  dare  buon  esempio  a  tutti  e  da  per 
tutto  )>. 

MEISSON'IER    (1S60). 


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Meissonier. 


338  MEISSONIER 


DISCORSO  DI  MEISSONIER 

Vronuncidio  ai  funerali  ili  PERRAUD,  membro  del!' hliltito,  il  }  novembre  iSj6. 

SiGNOIU, 

La  morte  viene  alla  sua  ora,  non  già  a  quella  che  crediamo  noi. 

Nessuno  di  noi  avrebbe  pensato  che  l'eminente  artista,  di  cui  accompagniamo 
oggi  con  rispetto  la  spoglia  mortale,  ci  avrebbe  abbandonati  così  presto,  mentre, 
pochi  giorni  addietro,  ancora  pieno  di  vigore,  faceva  scorrere  sul  marmo  il  suo 
scalpello  sicuro  e  delicato. 

Si  seppe  appena  del  male  che  lo  colpiva,  che  egli  non  era  più,  e  che  nessuno 
avrebbe  stretta  più  la  mano  di  quest'amico  franco  e  leale,  questa  mano  d'artista 
abile  e  forte,  che  lascia  incompiuta  l'opera  incominciata.  È  un  amico  fedele  che 
la  compirà  pietosamente,  perchè  essa  sarà  apprezzata  fra  le  migliori  di  colui  che 
scende  a  dormire  l'eterno  sonno  presso  la  diletta  compagna  dei  suoi  ultimi  anni. 

Chi  ha  vissuto  bene  porta  al  di  là  una  speranza;  chi  lascia  un'opera  quaggiù, 
aumentando  il  patrimonio  glorioso  dell'umanità,  si  prepara  un  nome  imperituro. 

Colui  che  scende  oggi  nella  tomba  ha  bene  vissuto,  ed  ha  compiuto  il  suo 
compito  d'artista. 

Giovanni  Giuseppe'Perraud,  membro  dell'  Istituto,  officiale  della  Legion  d'o- 
nore, è  nato  nel  Jura  a  Monav,  il  2(3  aprile  iSio- 

Egli  non  conobbe  la  gloria  che  dopo  i  tempi  diftìcili:  nessuna  prova  gli  fu 
risparmiata:  il  suo  coraggio  era  all'altezza  di  tutte  le  prove;  e  tutte  seppe  egli 
superarle. 

Figlio  di  un  povero  vignaiolo,  fa  presso  un  falegname  il  noviziato  per  im- 
parare un  mestiere  utile:  ma  la  sua  vocazione  si  fa  sentire,  il  suo  padrone  la 
intuisce  e  lo  incita  a  seguirla,  consigliandolo  di  andare  a  Lione  per  entrare  nella 
scuola  delle  Belle  Arti. 

Perraud  non  ha  mezzi,  ma  egli  sa  lavorare  ;  si  reca  senza  indugio  a  Lione, 
e  là,  presso  un  fabbricante  di  mobili,  scolpendo  in  legno  degli  ornati,  divide  in 
due  parti  la  sua  giornata  di  lavoro,  una  per  vivere,  l'altra  per  imparare. 

All'Accademia  di  Lione  egli  riporta  ben  presto  il  premio  di  scoltura;  ma 
questa  Scuola  non  gli  basta  più;  egli  sogna  quella  delle  Belle  Arti  di  Parigi. 

Dio  sa  quali  privazioni  s'impose  allora  per  accumulare  la  piccola  somma  ne- 
cessaria al  suo  viaggio;  bisogna  ch'egli  arrivi  a  Parigi,  e  ch'egli  vi  arrivi  scono- 
sciuto, senza  raccomandazioni.  Che  importa?  Egli  ha  un  mestiere;  potrà  vivere 
e  realizzare  il  suo  sogno. 

In  fatti  egli  trova  del  lavoro  presso  i  fabbricanti  del  sobborgo;  poi,  riuscendo 
a  farsi  accettare  nello  studio  diretto  allora  dai  signori  Ramey  e  DumonT,  lavora 


APPENDICE 


con  tanto  ardore,  che  un  anno  appena  è  trascorso,  ed  egli   ottiene  alla  Scuola  di 
Belle  Arti  una  prima  medaglia. 

(ìualche  tempo  dopo,  il  suo  dipartimento  gli  assegna  una  piccola  pensione. 

I  suoi  sforzi  raddoppiano.  Nel  1S4-,  al  concorso  per  il  gran  premio  di  Roma, 
riporta  splendidamente  quello  di  scultura,  ed  alla  gioia  del  trionfo  si  unisce 
quella  ancor  maggiore  di  potersi  dare  tutto  intiero  all'arte  sua. 

Vi  si  consacra  con  tutto  l'ardore,  e  ne  dà  prova  mandando  in  Francia  prima 
i  bassorilievi  degli  Adiiii,  poi  la  statua  di  Adamo,  che  gli  frutta  all'  Esposizione 
del  1855  una  medaglia  di  prima  classe. 

Nel  1863  egli  espone  un'opera  completa,  la  Fauna,  che  si  chiama  pure  la 
Infanzia,  di  Bacco;  ne  è  ricompensato 
colla  medaglia  d'onore,  che  gli  viene 
ridata  una  seconda  volta  ,  con  mag- 
gior gloria,  alla  Esposizione  universale 
del  1867. 

Nel  1860  manda  al  Salone  la  statua 
della  Dispera:;ione ,  e  per  la  terza  volta 
ne  riporta  la  medaglia  d'onore. 

Voi  vedete  che  questo  valent'uomo, 
che  s'è  aperta  la  sua  via  con  perseverante 
coraggio,  era  pieno  di  meriti;  ma  l'Isti- 
tuto non  aveva  atteso  anche  quest'ultimo 
successo  per  aprirgli  le  porte;  da  tre  anni 
egli  vi  era  giù  entrato  con  onore. 

Allora,  avendo  senza  tregua  consa- 
crata la  sua  vita  al  lavoro,  avendo  molto 
e  coraggiosamente  lottato,  dovendo  con- 
tinuare la  lotta,  (ferchè   s'egli  aveva   la  fama  non  aveva   già  il  riposo),   trovò   la 
compagna  che  doveva  condividere   con  lui  sue  gioie  ed  i  suoi  dolori. 

L'asprezza  della  vita  lascia  sovente  la  sua  traccia  sul  viso  di  coloro  che,  soli 
e  senza  aiuti,  hanno  attraversato  dei  periodi  dolorosi:  chi  tratta  con  tali  uomini. 
li  trova  rudi,  mentre  non  sono  che  timidi,  perchè  celano  un'anima  tenera  e  de- 
licata che  il  timore  solo  impedisce  di  svelare:  queste  anime  han  tesori  di  tene- 
rezza per  chi  sa  loro  infondere  della  confidenza  e  sa  trovare  il  modo  di  avvicinarsi 
ad  esse. 

Tale  era  l'anima  di  Perraud.  Sua  moglie  lo  ha  compreso,  e,  addolcendo  colla 
sua  grazia  e  colla  sua  amabilità  ciò  che  poteva  esservi  di  ruvido  in  quest'uomo  (che, 
pur  non  avendo  mai  cessato  di  lavorare  con  onore,  non  aveva  ancora  il  riposo 
al  quale  aveva  diritto],  ella  lo  seppe  rendere  felice,  così  felice,  che  da  un  anno 
appena,  che  questa  felicità  conosciuta  si  tardi  gli  è  mancata,  si  è  trovato  più  solo 
e  più  sconsolato  che  mai.  La  ferita  era  stata  troppo  profonda  per  poterne  guarire 
e  quella  ferita  non  cessò  mai  di  sanguinare.  Egli  ha  dovuto  soccombere. 


340 


MEISSONIER 


Oggi  gli  diamo  l'estremo  addio;  ma  in  questo  addio,  che  mandiamo  all'uomo 
scomparso,  pensiamo  che  l'artista  sopravvive  nella  sua  opera;  ed  è  questa  l'inde- 
struttibile  catena  spirituale  che  lega  per  sempre  alla  lontana  posterità  colui  che 
l'ha  creata. 

Presso  la  spoglia  terrena  del  nostro  amico,  questa  nobile  convinzione  è  un 
desiderio,  è  un  conforto. 

Lavoriamo  per  non  morire  tutti,  e  perchè  quelli  che  si  chineranno  alla  loro 
volta  sulla  nostra  tomba,  come  facciamo  oggi,  possano  inviarci  un  glorioso  addio 
e  ritrovare  domani  nell'opera  sua  l'anima  di  colui  che  hanno  pianto. 

In  nome  dell'Istituto  addio,  Perraud,  addio!  addio! 


LETTERA.  DI  MEISSONIER 
AL    GOVERNATORE   DI  PARIGI 

PER  SOLLECITARE  LA  SUA  A5L\IISS[0NE 
nell'esercito  TERRITOUULE. 

Signor  Governatore, 

Io  ebbi  l'onore  di  chiedervi  di 
entrare  nell'armata  territoriale,  con 
un  grado  che  mi  permetta  di  adem- 
piere utilmente  il  mio  dovere,  dedi- 
candomi alla  difesa  della  patria,  se 
Dio  voglia  che  ciò  non  avvenga!) 
questa  difesa  fosse  di  nuovo  neces- 
saria. Voi  mi  avete  chiesto  di  inviarvi 
una  relazione  riguardo  alla  posizione 
che  ho  occupata  durante  la  guerra. 
Sebbene  sia  mio  desiderio  di  farla 
brevissima,  temo  di  riuscire  un  po' 
più  lungo  di  quello  che  vorrei  e  ve 
ne  domando  fin  d'ora  perdono. 
Nel  luglio  1870  partii  per  Metz,  affine  di  partecipare  a! la  campagna,  come 
avevo  fatto  in  Italia  nel  1859.  Gli  uftìciali  di  Stato-maggiore,  miei  amici,  mi  pre- 
sero in  loro  compagnia,  col  consenso  del  generale  Leboeuf;  ma,  giunto  appena  il 
mio  cavallo,  le  disposizioni  prese  per  marciare  in  avanti  cangiarono;  l'armata  si 
ripiegava  su  Metz.  Gli  avvenimenti  si  facevano  minacciosi.  Malgrado  il  dispiacere 
che  provavo  nel  lasciare  i  miei  amici  in  simile  momento,  essi  mi  decisero  a 
ripartire,  lo  arrischiavo  di  riuscire  inutile,  anzi  di   imbarazzo,  a  Metz,  mentre  la 


MEISSONIER 
CHE  LAVORA  AL  aUADRO  DI  «  SOLFERINO  ))    (lS6o). 


APPENDICE 


34' 


mia  presenza  poteva  giovare  a  Poissy,  nel  paese  in  cui  abitavo,  ove  potevo  eserci- 
tare una  qualche  influenza. 

Essi  mi  decisero  dunque  a  partire. 

La  linea  di  Parigi  essendo  tagliata,  presi,  fin  che  c'era  tempo,  la  strada  di 
Verdun,  traversando  solo,  a  cavallo,  i  campi  di  Gravelotte,  ove,  quattro  giorni 
dopo,  tanti  valorosi  soldati  dovevano  restar  morti. 

Arrivai  a  casa  mia,  a  Poissy;  col  Sindaco,  organizzai  sollecitamente  la  guardia 
nazionale,  di  cui  mi  venne  dato  il  comando.  Con  essa  potei  fare  del  bene,  tanto 
per  la  sicurezza  generale  dei  dintorni  come  per  la  guardia  della  casa  centrale, 
nella  quale  erano  rinchiusi  da  1200  a  1300  prigionieri,  fra  i  quali  alcuni  malfattori 
della  peggior  specie. 

Non  un  soldato  era  rimasto  a  Poissy,  essendo  stato  richiamato  il  battaglione 
addetto  ordinariamente  al  servizio  centrale.  Dopo 
il  disastro  di  Sedan,  visto  che  l' avvicinarsi  del 
nemico  era  imminente,  dovetti  constatare  con  do- 
lore, quantunque  non  potesse  essere  altrimenti,  che 
la  fiducia  abbandonava  i  miei  uomini.  Forse  avrei 
potuto  trattenerli  ancora,  se  avessero  potato  sa- 
pere che  ci  fossero  truppe  non  lontane;  ma  non 
avendo  che  un  numero  insufficiente  di  fucili  a 
pistone,  in  una  città  aperta  proprio  sulla  linea 
d'avanzamento  dell'esercito  nemico,  compresi  che 
non  si  poteva  pretendere  da  essi  resistenza. 

Ma  c'era  almeno  un'altra  cosa  che  potevano 
fare,  e  di  cui  comprendevano  la  necessità,  e  da  cui 
non  si  doveva  distrarli.  Corsi  a  Parigi  dal  generale 
Trochu  per  ispiegargli  la  situazione. 

Egli  mi  diede  l'ordine  di  consacrare  esclusi-  '-■  ■'  ',■        ■ 

vamente  alla  sicurezza  della  casa  centrale  di  Poissy 

la  guardia  nazionale,  al  patriottismo  ed   alla  abnegazione  della  quale  egli  faceva 
appello. 

Il  servizio  fu  fatto  diligentemente  durante  tutta  la  guerra,  e  malgrado  alcuni 
tentativi  di  rivolta,  l'ordine  vi  fu  sempre  mantenuto. 

Dopo  aver  provveduto  ai  miei  uomini  pensai  a  me;  feci  osservare  che  non 
era  ammissibile  che  potessi  restare  al  comando  di  Poissv,  ove  un  capitano  poteva 
bastare;  e  in  ogni  caso,  siccome  ero  certo  che  la  mia  casa  sarebbe  stata  occupata 
dagli  officiali  nemici,  non  mi  conveniva  di  star  a  sentire  in  mezzo  a  loro  il  can- 
none che  tirava  su  Parigi.  Era  là,  a  Parigi,  che  volevo  andarmi  a  rinchiudere 
con  quelli  che  combattevano.  Se  molli  uscivano  di  quelli  che  dovevano  rimanere, 
altri  entravano;  ed  io  volevo  essere  fra  quelli  che  andavano  a  fare  il  loro  dovere. 

Le  mie  ragioni  furono  trovate  buone;  e  mi  si  diede  un  grado  di  luogote- 
nente-colonnello nella  guardia  nazionale  di  Parigi    Stato-maggiore}. 


M2 


MEISSONIER 


Alla  prima  notizia  dell'  avA'icinarsi  del  nemico,  per  essere  libero  delle  mie 
azioni,  e  allontanare  il  più  possibile  da  me  le  preoccupazioni  estranee  al  mio  do- 
vere, avevo  fatto  partire  per  la  Normandia  mia  moglie,  i  miei  figliuoli,  e  tutte  le 
donne  della  mia  casa.  Avevo  mandato  a  Caen  tre  dei  miei  cavalli;  precauzione 
inutile  perchè  furono  requisiti  là  per  l'armata  della  Loira. 

Avevo  fatto  nella  mia  tenuta  dei  nascondigli  impenetrabili  a  questi  stessi 
signori,  tanto  ci  avevo  messo  della  mia   cura   d'  artista.   Vi   avevo   deposto  parte 

della   mia   argenteria,   dei  gioielli,  e  la  mia 
collezione  d'armi. 

In  Inghilterra  avevo  spedito  tutti  i  miei 
quadri  ed  i  miei  studi. 

Infine,  lasciando  a  guardia  della  casa 
(nella  quale  non  credevo  di  rientrare  mai 
più,  alcuni  fedeli  servitori,  cocchieri  e  came- 
rieri, ne  baciai  la  soglia  e  presi,  a  cavallo, 
la  via  di  Parigi,  ove  durante  tutto  V  assedio 
feci  il  mio  servizio  con  amore,  zelo,  ed  ab- 
negazione. 

Non  fu  sempre  inutile,  e  non  dipese 
da.  me  se  più  utile  non  potè  essere. 

Mettetemi ,  signor  Governatore  ,  nella 
possibilità  di  farlo  ancora  ;  e  ve  ne  sarò  pro- 
I  jndamente  grato.  Chiedo  scusa  di  nuovo 
Iella  lunghezza  di  questa  lettera. 

E.  Meissonier. 


MEISSOMir.R  MEMBRO  DELL'ISTITUTO  (lS6l). 


DISCORSO  DI  MEISSONIER 

Membro  dell'  Istillilo,  vke-prcsiiìcnle  dell' Auadeinia  di  'Belle  ^4iii, 

ALLA    INAUGURAZIONE   DEL    MONUMENTO    DI    PAOLO   BAUDRV,    MEMBRO    DELL'ISTITUTO 
AL   CIMITERO   DEL   PL:RE-LACHAISE. 


SiONom. 

In  una  delle  sue  lettere,  il  grande  artista  al  quale,  in  nome  dell'Istituto,  io 
rendo  il  supremo  omaggio,  scriveva:  «  Io  ricorderò  sempre  la  notte  della  mia 
partenza,  quella  notte  fredda,  piovosa,  che  mi  trasportava  con  se  nella  sua  tri- 
stezza ed  oscurità,  quella  notte  nella  quale  passando  innanzi  alla  statua  di  Travot, 
giurai  a  me  stesso,  colla  mano  sul  petto,  con  entusiasmo,  di  ritornare  uomo,  e 
uomo  di  talento.  » 


APPENDICI-: 


34? 


Il  giuramento  d'esser  uomo  egli  lo  ha  pienamente  mantenuto.  I  consigli 
eh'  egli  dava  al  suo  caro  Ambrogio,  ancora  fanciullo,  perchè  diventasse  libero  e 
veramente  nobile,  li  ha  seguiti  egli  stesso.  Quei  consigli  erano,  convien  dirlo, 
il  manuale  dell'uomo  onesto. 

Egli  aveva  giurato  a  sé  stesso  di  aver  del  talento,  ed  ebbe  del  genio. 

Conscio  delle  speranze  che,  giovinetto  ancora,  aveva  fatto  sorgere,  certo  di 
non  deluderle,  perchè  sicuro  della  sua  volontà,  l'occhio  sempre  fisso  al  suo  ideale, 
non  ebbe  mai  un  momento  di  stanchczz;\.  Che  c;li  impn- -  ,;  'rllc  dilhcoltù  n-a- 
teriali  della  vita?  Egli  aveva  la  giovi- 
nezza, la  fede  in  se  stesso,  e  quelli 
che  lo  amavano  contavano  su  lui. 

Giunto  in  Italia,  il  paese  dei  som- 
mi maestri,  imparò  da  loro  perche  li 
amava,  delle  cose  che  nessuno  ha  mai 
potuto  dire  in  modo  uguale,  li  amò 
con  passione,  con  adorazione;  chie- 
dendo ardentemente  ad  essi  il  loro 
segreto.  Ah  !  lasciate  o  signori .  che  vi 
ci:i  ancora  una  lettera,  che  meglio  di 
tutto,  vi  esprimerà  questo  ardore, 
questo  culto. 

Egli  arriva  a  Perugia  e  parla  di 
Raffaello:  «   Ed  io,  dice   egli,  oscuro 
e  sconosciuto,  vengo  ad   aumentare  il 
numero  dei  pellegrini  che  vanno  cer 
cando  e   baciando  le    orme  di  questo 
genio  divino;  egli,  dal  cielo  deve  ve- 
dere la    commozione,  la  traccia  pro- 
fonda di  ammirazione  e  di  entusiasmo  che  lasciò  la  sua  vita  in   questo  mondo; 
avrà   ancora,  presso  Dio,  la  facoltà  di  poter  disporre  delle  sue  doti  ammirabili 
per  le  quali  fu  tanto  amato  quaggiù  r   Ch'egli   mi    faccia    per  l'avvenire  la  ele- 
mosina d'un  solo,  ultimo  dei  suoi  tesori!  » 

E  questo  egli  lo  ebbe  largamente;  quei  geni  immortali  gli  hanno  parlato,  e 
dalla  comunione  con  essi  ne  uscì  agguerrito,  non  servile,  pieno  di  torze  nuove, 
ma  restando  francese,  sempre  e  tutto  francese. 

Si,  Baudry  è  nostro.  Per  quanto  amante  dell'  Italia,  le  sue  opere  ci  appar- 
tengono; sono  nostre  per  la  grazia  della  composizione,  grazia  piena  di  eleganza 
e  di  spirito,  per  l'ordine  chiaro  e  ritmico,  per  il  colore  dolce,  limpido,  aereo,  che 
rivela  cosi  bene  il  suo  ideale,  per  la  verità  delle  pose  e  dei  gesti,  cosi  vivi,  spon- 
tanei, naturali,  d'una  disinvoltura  un  po'  libera  che  a  noi  piace,  a  noi  nemici 
della  posa. 

Voi  le  conoscete    tutte  le  sue  belle  opere;  permettete  che  ne  ometta  l'elogio: 


.MEISSON'IER    (l86j). 


344 


iMEISSONIER 


sarebbe  troppo  lungo,  e  poi  non  lo  fate  già  voi  stessi  venendo  oggi  qui  a  ren- 
dergli omaggio?  Non  ho  che  una  parola  sola  da  dire  con  voi:  ahimé!  L'ora  fatale 
è  suonata  troppo  presto:  questa  mente,  che  poteva  concepire  ancora  tante  belle 
cose,  s'è  spenta,  questa  mano  così  abile  per  eseguirle  s'è  irrigidita. 

Egli  è  passato  all'immortalità  e  non  avrà  ora  che  dei  gloriosi  anniversari; 
l'anima  sua  è  rimasta  nelle  sue  opere;  è  là  che  lo  ritroveranno  quelli  che  lo 
amarono. 

Gli  artisti  veri   lasciano   alla  posterità   una  sorgente  viva;  quello   che  fecero 

resta  come  insegnamento  e  come 
esempio. 

La  più  elevata  ricompensa 
dell'uomo  quaggiù,  è  il  pensiero 
delle  simpatie  infinite  che  fiori- 
scono dopo  la  sua  morte,  intrec- 
ciandogli una  catena  di  amici  e 
di  discepoli  attraverso  il  tempo. 
Verrà  un  giorno  in  cui  i 
figli  di  Baudry  si  glorieranno 
di  un  tal  padre,  e  saranno  felici 
di  esclamare:  Quest'uomo,  di  cui 
portiamo  il  nome,  era  un  grande 
artista ,  una  gloria  del  nostro 
paese,  un  ottimo  cittadino.  Negli 
infausti  giorni  della  invasione 
della  patria,  egli  ha  condiviso 
il  pericolo  comune;  i  suoi  amici 
volevano  sottramelo,  ma  egli  vi 
si  è  vigorosamente  rifiutato. 

Ahimè!  quando  vent'anni 
addietro,  durante  il  suo  sog- 
giorno in  Italia,  lo  proponevo,  a  sua  insaputa,  ai  voti  dell' Ltituto,  potevo  mai 
pensare  che  io,  di  lui  più  vecchio  di  tanti  anni,  sarei  venuto  oggi,  a  nome  dei 
suoi  colleghi,  a  rendergli  il  supremo  omaggio  ai  piedi  di  questo  monumento 
consacrato  dall'amicizia  e  dall'ammirazione? 

Sia  lode  a  coloro  che  l'hanno  innalzato.  L'affetto  filiale  d'  un  fratello  poteva 
solo  tracciarne  le  linee,  l'amicizia  più  tenera  poteva  solo  eseguirlo! 

Mercic,  in  questa  immagine  della  gloria  inspirata  da  Baudry  voi  pensavate  alla 
gloria  di  lui;  ma  in  questa  immagine  del  dolore,  è  il  vostro  dolore  che  voi  avete 
espresso  ;  e  voi  Dubois,  in  questo  bronzo  imperituro,  ritratto  dell'amico  sì  caro, 
lo  fate  vivere  eternamente. 

Grazie  in  nome  della  vedova,  in  nome  dei  figli,  in  nome  dell'Istituto,  in  nome 
dell'  arte  francese. 


MEISSONIER   (1S69). 


STUDIO    PER   I    GIUOCATORI   DI    BOCCIE. 
(Disegno    a    matita.    —    Museo    del    Lussemburgo.) 


346  MEISSONIER 


COiMMEMORAZIONE  DI  MEISSONIER 
LETTA  DAL  CONTE  ENRICO  DELABORDE 

NELLA     SLDUTA     PUliRLICA     ANNUALE     DELL' ACCADEMIA     DI      BELLE     ARTI 
2f>    Ollohrc  lSt)3. 

Sir.NOIU, 

Meissonier,  nei  suoi  primi  anni,  aveva  incontrate  delle  difricoltà  e  passati 
difficili  momenti;  ma  trascorso  questo  periodo  di  prova,  la  sua  vita  s'è  svolta, 
durante  un  mezzo  secolo,  nello  splendore  d'una  gloria  senza  eclisse,  nel  possesso 
sempre  più  assicurato  del  Successo,  di  tutti  i  generi  dell'ammirazione  sotto  tutte 
le  forme.  In  nessuna  epoca,  nessun  pittore  francese  vide  la  sua  persona  distinta 
con  tante  alte  onorificenze,  le  sue  opere  ricercate  con  maggior  fervore,  i  suoi 
interessi  materiali  tanto  ben  favoriti  dall'acquisto  a  prezzi  così  elevati  di  ogni 
opera  del  suo  pennello.  Tutto  fu  eccezionale  in  questa  brillante  esistenza,  tanto 
l'omaggio  continuo  da  cui  fu  circondata,  quanto  l'emozione  unanime  che,  all'estero, 
come  in  Francia  ne  ha  accompagnata  la  morte. 

E  frattanto,  chi  non  penserebbe  di  attribuire  questi  privilegi  straordinari  alla 
influenza  d'una  benigna  stella?  No;  se  l'artista  ha  goduto  d'una  felicità  così  co- 
stante, si  fu  perchè  ha  saputo  costantemente  meritarla.  In  ogni  tempo  egli  ebbe 
la  rara  forza  morale  di  commisurare  scrupolosamente  le  sue  imprese  colle  sue 
facoltà;  di  non  sognare,  di  non  concepire,  di  non  produrre  che  ciò  che  era  in 
rapporto  esatto  con  la  natura  delle  sue  doti,  e  —  coraggio  più  lodevole  ancora 
—  non  ha  cessato  mai  di  opporre  una  resistenza  invincibile  alle  suggestioni  della 
fiducia  in  se  stesso,  che  spinge  molte  volte  1'  artista  diventato  maestro  a  mettere 
in  pericolo,  colla  temerità,  la  sua  fama  ed  il  suo  talento.  Meissonier,  in  tutto  il 
periodo  della  sua  carriera,  non  ha  mai  esposto  al  pubblico  un'opera  sola  che 
non  fosse  condotta  a  quella  perfezione  oltre  la  quale  egli  giudicava  non  ci  fosse 
più  alcuno  sforzo  da  fare,  alcun  miglioramento  di  dettaglio  da  tentare. 

La  passione  rispettosa  per  la  sua  arte,  e  per  tutti  i  doveri  ch'essa  impone,  la 
ricerca  della  perfezione  ad  ogni  costo,  in  una  parola,  il  bisogno  di  soddisfare  la 
sua  coscienza,  —  ecco  ciò  che  animava  l' illustre  collega  che  abbiamo  perduto,  e 
ciò  che  giustifica  l'autorità  del  suo  nome  ;  ecco  ciò  che  spiegherebbe  anche  agli 
spiriti  più  fatalisti,  l'apparente  predilezione  che  la  fortuna  ebbe  per  lui. 

Da  qui  appunto  proviene,  nei  riguardi  del  loro  valore  intrinseco,  la  meravi- 
gliosa uguaglianza  in  tutti  i  lavori  da  lui  compiuti.  Sovente,  nell'insieme  delle 
opere  d'un  maestro  se  ne  trova  qualcuna  che,  meglio  delle  altre,  sembra  riassu- 
mere le  qualità  essenziali  del  suo  genio,  il  carattere  della  sua    maniera,  e  questo 


APPENDICE 


347 


i'A^] 


SEPOLCRO   DI    MEISSONIER,    CIMITERO    DI  POISSY. 


perciò  costituisce,  a  parlare  esattamente,  il  suo  capolavoro.  Una  volta  dichiarato 
tale,  questo  diventa  per  il  pubblico  l'oggetto  d'una  preferenza  esclusiva,  quasi 
officiale;  tanto  che,  malgrado  i  titoli  che  ha  potuto  acquistarli  altrove,  il  pittore 
che  lo  ha  fatto  non  è  più,  seguendo  la  formula  comune,  che  il  pittore  di  questa 
opera  unica.  Con  Meissonier  le  cose  stanno  in  altri  termini.  L'invariabile  eleva- 


348 


MEISSONIER 


MEISSONIER 
CHE  FA   UN    MODELLO    IM    CERA(iS7i). 


Il  vero  si  è,  che,  la  condizione  a 
cui  dovette  assoggettarsi  in  quel 
tempo  non  era  affatto  causata  da 
angustie  famigliari.  Tale  condi- 
zione gli  fu  imposta  unicamente 
dalla  volontà  di  suo  padre,  fabbri- 
catore di  prodotti  chimici,  con 
l'intendimento  di  apparecchiarsi 
nel  figliuolo  un  successore,  collo- 
candolo intanto,  come  apprendista, 
presso  una  persona  del  suo  me- 
stiere, o  d'un  mestiere  simile. 

Fino  allora,  malgrado  i  segni 
non  dubbi  d' una  vocazione  spe- 
ciale, la  vita  del  fanciullo  proce- 
deva un  po'  all'avventura.  Trasfe- 
rito da  Lione,  ove  era  nato  il 
21  gennaio  1815,  a  Parigi,  ove  i 
suoi  parenti  venivano  a  stabilirsi, 
aveva    continuato ,    ne    bene    né 


tezza  del  suo  ingegno  mantiene  ad  uguale 
livello  tutti  i  suoi  lavori,  ed  errerebbe 
colui  che  cercasse  di  stabilire  quello  che 
lo  onora  di  più.  come  colui  che  ten- 
tasfe  constatare  in  qualche  altro  o  negli- 
genze o  segni  di  decadenza. 

Dissi  già,  che  prima  di  entrare  nella 
carriera  che  doveva  percorrere,  durante 
cinquanta  anni,  di  trionfo  in  trionfo,  il 
Meis?onier  ebbe  a  sostenere  delle  prove 
un  po' difticili.  Non  è  già  che  tutto  il 
male  derivasse  a  lui,  come  a  molti  altri, 
dai  mezzi  di  fortuna  un  po'  scarsi,  per 
quante  ipotesi  siar.si  potute  fare  e  spar- 
gere a  tale  riguardo.  Infatti,  una  specie 
di  leggenda,  si  è  a  poco  a  poco  diffusa, 
leggenda  che  rappresenta  il  futuro  pit- 
tore, appena  adolescente,  forzato  a  chiu- 
dersi nella  bottega  d'un  droghiere  nella 
via  dei  Lombardi,  a  Parigi,  per  gua- 
dagnarsi giorno  per  giorno  il  pane  che 
i    suoi    parenti    non   gli    potevano   dare. 


M^issoN'iER  (1S72). 


APPENDICE 


349 


male,  i  suoi  studi  classici,  ora 
negli  istituti  pubblici  della  ca- 
pitale, ora  dopo  la  morte  di  sua 
madre,  a  Grenoble  nella  casa  di 
un  professore  che  si  era  incari- 
cato di  insegnargli  le  matema- 
tiche. Poco  dopo  suo  padre  lo 
richiamò  qui  per  t'arigli  conti- 
nuare di  nuovo  gli  studi  letterari. 
^  salvo  a  rimandarlo  a  Grenoble 
bentosto  perchè  riprendesse  e 
continuasse  durante  due  anni 
gli  studi  scientifici  da  cui  lo  si 
aveva  alternativamente  tolto  e 
rimesso. 

Tali  tentativi,  per  quanto 
allora  arrischiati,  per  quanto  fos- 
sero in  contraddizione  fra  loro. 
non  ispegnevano  in  colui  che  li 
subiva  una  speranza  indomabile 
nell'avvenire.  Egli  voleva  essere 
pittore,    sentiva  che  un  giorno  lo 


.MEISSOXIER   NEL   GIARDINO    DI    POISSY    (iS;*^]. 


J1EISS0M2ER   NEL   GIARDI.-JO    DI    POISSY    (1S78). 

sarebbe  diventato,  mentre  attendeva,  con  una 
pazienza  relativa,  agli  incarichi  estranei 
all'arte  che  Io  chiamava  a  sé.  Fu 
allora  che,  ritornato  in  famiglia  dopo 
un  ultimo  soggiorno  a  Grenoble,  iMeis- 
sDuier.  in  età  di  diciassette  anni,  si 
vide  condannato  a  scrivere  dalla  mat- 
tina alla  sera  lettere  commerciali,  e. 
ii:)po  qualche  mese  passare  dalla  teoria 
alla  pratica,  in  qualità  di  apprendista 
presso  quel  mercante  di  droghe  di 
cui  si  è  parlato. 

Frattanto,  presso  costui,  come 
lima  in  casa  di  suo  padre,  venuta 
1  sera,  si  sbarazzava  delle  ingrate 
occupazioni  che  avevano  occupato  la 
sua  giornata.  Chiuso  nella  sua  piccola 
stanza,  colla  porta  sbarrata,  disegnava 
parecchie  ore,  prolungando  la  sua  ve- 
glia magari  fino  all'alba,  disegnando, 
sebbene  privo    di    esperienza  tecnica. 


350 


MEISSONIER 


UGOLINO.    —    SCHIZZO   A   PEN'NA. 


tatto  quello  che  gli  sug- 
geriva la  sua  fantasia  fer- 
vidissima ed  un  particolare 
spirito  di  osservazione. 
Egli  riuscì  così  bene,  che 
suo  padre  finì  coU'accon- 
discendere  alla  inclinazio- 
ne di  lui  con  questo  patto  : 
t(  Sia  pure  —  gli  disse, 
dopo  UE  colloquio  in  cui 
il  giovane  s'è  mostrato  più 
risoluto  che  mai;  — pro- 
vati nella  pittura;  ma  bada 
che  io  ti  concedo  una  settimana  per  trovarti  un  maestro,  ed  un  anno  per  spe- 
rimentare il  tuo  ingegno;  dopo  il  quale  periodo,  se  non  sei  riuscito,  io,  ritiro  il 
mio  consenso,  e  tu  ritorni  al  tuo  banco.  » 

11  tempo  era  breve  ed  il  patto  rigoroso.  Non  importa:  Meissonier  aveva 
ottenuto  ciò  che  desiderava  per  il  momento,  —  il  diritto  di  darsi  tutto  intiero 
ai  suoi  studi,  di  fare  professione  di  artista  pubblicamente,  non  nel  segreto  delle 
sue  vedile,  ma  alla  luce  del  sole,  in  uno  studio,  sotto  la  direzione  d'un  maestro. 
Ora,  chi  sarà  costui?  Un  pittore  del  tutto  dimenticato  al  giorno  d'oggi,  Giuliano 
Pothier,  di  cui  Meissonier  si  rammentava  di  averlo  sentito  nominare  da  un 
amico  di  famiglia.  Tanto  ba- 
stò per  presentarsi  a  lui,  senza 
altra  raccomandazione  che  un 
piccolo  disegno  nascosto  en- 
tro la  fodera  del  suo  cappello, 
aspettando  il  momento  op- 
portuno per  presentarlo  come 
saggio  della  sua  abilità.  L'ac- 
coglienza, disgraziatamente, 
fu  tale  da  deludere  le  sue 
speranze.  L'uomo  al  quale 
si  presentava  per  avere  degli 
incoraggiamenti  non  fece  che 
scoraggiarlo,  citando  sé  stc- 
come  esempio  della  delusion. 
riservata  agli  artisti  che  si 
avventurano  nella  carriera 
delle  arti  :  «  Voi  aspirate  a 
diventar  pittore? — gli  disse. 


^4 


—  Credete  a  me,  è  un  misero 


SONIliR  SUL  RIVOLI,  SUO  ULTIMO  CAVALLO  DA  SF.I.LA  (1S78). 


APPENDICE 


mestiere.  Ebbi  ancli'io  alla  vostra  età  le  stesse  illusioni;  ma  da  allora  in  poi, 
quanti  disinganni,  quanti  sforzi  infruttuosi  per  uscire  dalla  mediocrità  e  dalla 
miseria!  Una' sorte  pari  alla  mia  forse  vi  attenderebbe;  ed  io  non  voglio  con- 
tribuire a  prepararvela.  » 

Queste  obbiezioni,  naturalmente,  non  iscossero  per  nulla  le  risoluzioni  di 
Meissonier.  Esse  non  valsero  che  a  fargli  comprendere  la  necessità  di  cercare 
altrove  un  maestro  più  accondiscendente.  L'amico,  dietro  le  cui  indicazioni  aveva 
fatto  quel  primo  tentativo,  lo  incontrò  l'indomani:  <  E  così  —  gli  disse  —  che 
cosa  ha  detto  il  signor  Po- 
thier  del  tuo  disegno  ?  — 
Del  mio  disegno  ?  Ma  lo 
non  osai  di  mostrarglielo, 
respinto  come  fui  dalle  pri- 
me parole  che  accennavano 
allo  scopo  della  mia  visita. 

—  Avesti  torto;  prima  di 
darti  per  vinto  ritorna  dal 
tuo  giudice,  e  questa  volta 
esponi  la  tua  causa  colla 
carta  alla  mano.  » 

Meissonier  obbedì.  Si 
recò  nuovamente  dal  Pl- 
thier  e  gli  presentò,  con  la 
maggior  calma  possibile,  il 
disegno  da  cui  dipendeva  il 
suo  destino. 

Dopo  averlo  esaminata 
un  poco  :  «  Di  dove  lo  avete 
preso  ?  »  chiese  il  suo  inter- 
locutore ;  e,  dietro  risposta 
che  il  lavoro  era  del  tutto 
originale  :    «  Francamente, 

—  ripigliò  —  devo  ritrat- 
tarmi.  Dimenticate  il  mio 

rifiuto  dell'altro  ieri  e  venite  a  prendere  qui,  quando  volete,  il  vostro  posto.  » 
Meissonier  profittò  subito  del  permesso,  e  non  cessò,  da  quel  momento,  di 
lavorare,  con  ansiosa  attenzione,  per  apprendere  dal  maestro  tutto  quello  che 
poteva  insegnargli.  Egli  vi  riuscì  così  presto  e  così  pienamente,  che  il  maestro 
stesso  sentendo,  davanti  ad  un  simile  allievo,  le  sue  forze  quasi  esaurite,  fu  il 
primo  a  consigliargli  di  acconciarsi  presso  un  artista  di  maggior  valore  ;  e  ge- 
nerosamente gli  procurò  il  modo  di  entrare  nello  studio  di  Leone  Cogniet.  In 
breve,     il  periodo  di  tempo  fissato  dal  padre  del  Meissnnier,  era  quasi  trascorso. 


.MEISSONIER   NEL   SUO    STUDIO    DI   PARIGI    (I>y  '). 


352 


MEISSONIER 


e  le  prove  erano  pronte;  il  giovane  pittore  s'era  acquistata  anche  una  certa 
notorietà  come  disegnatore  di  vignette  per  ornamento  di  libri  e  di  pubblicazioni 
musicali,  di  moda  allora  nei  salotti. 


IL    RITRATTO    DEL    SERGENTE    (iSy;]). 
(Collezione  del  barone  Sclua-r.) 


Erano  trascorsi  appena  quattro  o  cinque  anni,  ed  i  quadri  successivamente 
esposti  da  lui  —  Borghesi  fiamminghi ,  Giocatori  di  scacchi,  il  Messaggero  e 
sopratutto  nel  1838  quel  piccolo  capolavoro  di  espressione  e  di  sentimento,  Un 
religioso  che  conforta  un  moribondo  (")  —  finirono  coli' attirare  sul   nome  di  lui 


fi)  Acquistato   dapprima  d.il  duca    d'Oi: 


Uh  gentiluomo  del  tempo  di  Luigi  XV . 

(Pek  les  femmes  el  l'épée  di  Ed.  de  Beaumont.  t 
Collezione  del  si?.  Beyek. 


APPENDICE 


353 


^"^■IS 


IL    BIBLIOFILO. 


l'attenzione  del  pubblico.  Ma  questo  nome  non  era 
più  soltanto  il  suo,  e  le  difficoltà  materiali  della  sua 
posizione  erano  naturalmente  aumentate.  Ammogliato 
a  ventitré  anni,  colla  sorella  di  un  suo  compaf^no. 
la  signora  Steinheil,  che  doveva  più  tardi  farsi  co- 
noscere quale  valente  pittrice  sul  vetro,  egli  aveva 
dovuto  lottare  prima  per  raggiungere  quella  meta, 
vincendo  presso  suo  padre  delle  resistenze  simili  a 
quelle  incontrate  per  la  sua  vocazione,  colla  diffe- 
renza che  questa  volta  le  obbiezioni  non  provenivano 
che  dalla  sua  età  troppo  giovanile.  L'accordo  però 
fu  presto  raggiunto,  ma  colla  condizione  che  Meisso- 
nier  non  riceverebbe  da  suo  padre  che  il  modesto 
stipendio  che  aveva  ricevuto  fino  allora,  e  provvede- 
rebbe  da  se  per  sopperire  ai  bisogni  della  sua  fa- 
miglia :  bisoe;ni  che  aumentarono  ben  tosto  colla 
nascita  di  una  liglia  e  di  un  tiglio,  destinato  questo 
a  diventar  pittore  egli  pure. 

Tali  circostanze  costrinsero  Meissonier  ad  accettare  lavori  di  scarso  profitto 
come,  per  esempio,  quattro  copie  di  ritratti  antichi  fatti  per  il  museo  di  Ver- 
sailles, tratti  da  mediocrissimi  originali.  Da  ciò  trasse  però  insegnamenti  preziosi 
dal  punto  di  vista  dell'esperienza  tecnica  e  della  diversità  dei  mezzi  di  cui  può 
disporre  il  talento.  Chi  sa,  se  senza  essere  costretto  dalle  circostanze,  Meissonier 
non  si  fosse  una  volta  deciso  di  lasciare  il  pennello 
per  la  matita  di  disegnatore,  o  per  la  punta  d'incisore 
all'acquaforte?  Noi  avremmo  guadagnato  qualche  qua- 
dro di  più;  ma  non  avremmo  quella  serie  di  piccoli 
disegni  finissimi  che  iniziavano  nel  1838  le  illustrazioni 
di  "Paolo  e  Virginia,  della  Capanna  indiana  e  che 
dovevano  completare  più  tardi  vignette,  sì  avidamente 
ricercate  del  volume  intitolato:  Contes  réinois  ? 

Comunque  sia,  ed  a  qualsiasi  causa  si  debba  attri- 
buire ciò.  le  opere  eseguite  da  Meissonier  prima  dei 
trent'anni  spiegano  e  giustificano  chiaramente  la  sua 
fama  quanto  quelle  venute  in  seguito.  Non  è  forse 
nella  natura  degli  artisti  profondamente  vigorosi  il 
manifestare  fin  dal  principio  la  loro  forza  poderosa  e 
di  mostrarsi,  per  cosi  dire  tutti  di  un  pezzo?  Ingres  si 
era  rivelato  intieramente  nei  suoi  primi  ritratti  e  nel 
suo  Edipo,  come  Gros  nel  suo  Combattimento  di  Xa- 
:;aret  e  Ge'ricault  nel  suo  Cacciatore  a  cavallo.  Dela- 
croix  non  contava  ancora  ventiquattro  anni  allorché  riassumeva  nel  suo  "Dante 
Meissonier.  23 


SCHIZZO   A    MATITA. 


354 


MEISSONIER 


le  qualità  caratteristiche  del  pittore  di  Medea  e  della  Barca  di  Don  Giovanni: 
Meissonier  fu  un  altro  esempio  di  precoce  maturità.  Uno  spirito  sano  racchiuso 
fino  all'ultimo  i^iorno  in  un  organismo  delicatissimo,  un  sentimento  deciso,  coa- 
diuvato da  una  meravigliosa  chiaroveggenza  dello  sguardo,  e  da  un'  abilità  altret- 
tanto prodigiosa  nella  pratica  —  ecco  ciò  che  risulta  con  pari  evidenza  da  tutti 
i  lavori  fregiati  del  suo  nome,  a  qualunque  epoca  essi  appartengano. 

È  naturale  che,  passati  gli  anni  della  prima  giovinezza,  l'artista  abbia  mutati 
i  temi  delle  sue  composizioni.  Ai  Fiimntori.^'i  Suonatori  di  violoncello,  ai  Lettori, 

nel  loro  gabinetto  di  studio, 
od  ai  Giocatori  di  boccie 
all'osteria,  verranno  sosti- 
tuite immagini  più  compli- 
cate, scene  energiche  tino  al- 
l'estrema violenza,  come  la 
Rissa,  epiche  per  la  gran- 
dezza degli  avvenimenti  che 
richiamano,  come  il  quadro 
meritamente  celebre  intito- 
lato 1S14,  oppure,  all'occa- 
fione,  finamente  allegre  co- 
me :  il  Pittore  d'inses^ne  od 
il  liitratto  del  Ser^rente; 
ma,  la  maniera  —  per  usare 
questa  parola  nel  senso  di 
modo  personale  del  pittore 
neir  interpretare  i  fenomeni 
della  linea  e  del  colore  — 
la  maniera  non  muterà  mai. 
Da  per  tutto  e  sempre,  cam- 
minerà sopra  un  fondo  di 
sincerila  e  con  uno  scrupolo 
inalterabile  di  esattezza. 

Meissonier,  infatti  —  e 
chi  si  sognerebbe  di  negare 
ciò?  —  non  fu  né  il  primo  né  il  solo  a  dimostrare  meriti  di  questo  genere. 
Prima  di  lui,  e,  qualche  volta  con  più  facilità  e  larghezza  nell'esecuzione  i 
«  piccoli  maestri  »  olandesi  del  XVll  secolo  avevano  avuto  questo  verismo  inge- 
gnoso, questa  immaginazione  dell'occhio,  di  modo  che  colla  scelta  di  certi  effetti 
dichiarassero,  colla  evidenza  data  a  certe  forme  e  a  certi  toni,  viene  mutato 
il  significato  pittoresco  delle  cose,  e  ne  sono  vivificate  le  apparenze  in  modo, 
da  rendere  interessante  persino  una  veste  sciupata  dall'  uso,  un  giuoco  di  luce 
sui  mobili  dei  quali  è  fornita  la  stanza;  ma  non  era  forse  a  codesti  modesti 
risultati  che,  anche  i  più  eminenti  fra  loro,  si  accontentavano  di  giungere? 


SCHIZZO    A    MATITA. 


APPENDICE 


3S5 


Eccettuato  Rembrandt, 
che  fu  alla  sua  volta  pratico 
ammirabile,  pittore  per  ec- 
cellenza dell'  animo  e  dei 
suoi  misteri,  i  pittori  olan- 
desi si  preoccupavano  poco 
del  significato  morale  che 
potevano  avere  le  scene 
riprodotte.  Metsu,  Terburg 
stesso,  non  erano  persuasi 
di  aver  adempito  al  loro 
compito  quando  avevano 
rappresentato  —  alla  per- 
fezione, è  vero  —  questi. 
Una  donna  clic  sbuccia  una 
mela;,  od  Un  militare  che 
offre  delle  monete  d'oro  ad 
lina  donna  ,  l' altro  ,  Una 
sii::  nora  al  cembalo,  od  Una 
siisnora  che  accetta  dei  rin- 


SCHIZZO   A   .MATITA. 


STIVALE    DI    CORAZZIERE    {iSoy). 
(Schizzo  a  penna.) 


freschi'^  Le  ambizioni  di  Meis- 
sonier  non  sono,  a  dir  vero,  così 
limitate.  Essendosi  egli  applicato, 
ed  essendo  riuscito,  a  ritrarre  con 
perfetta  rassomiglianza  gli  oggetti 
e  le  persone  prese  a  modello, 
non  si  è  limitato  a  questa  imi- 
tazione esteriore,  nemmeno  là 
dove  i  soggetti  dei  suoi  quadri 
hanno  un  carattere  semplice- 
mente domestico.  Colla  eloquenza 
persuasiva  della  posa  e  del  gesto, 
coir  espressione  direi  quasi  tra- 
sparente del  viso,  le  figure  uscite 
dal  suo  pennello  riferiscono  al 
nostro  spirito  i  sentimenti  che  le 
animano,  nella  stessa  maniera 
colla  quale  persuadono  i  nostri 
occhi. 

Vuole,  per  citare  un  esempio. 
Meissonier  farci  testimoni  d'  Una 
cnnfìdcnja.   cioè    a    dire    di    un 


356 


MEISSONIER 


colloquio  fra  due  uomini,  di  cui  il  più  giovane  informa  l'altro,  colla  lettura 
d'una  lettera,  di  qualche  avventura  intima,  di  qualche  tenero  segreto  del  cuore? 
La  foga  del  primo  nel  rivelare  la  sua  gioia  o  le  sue  speranze,  la  vivacità  insi- 
nuante con  la  quale  fa  spiccare  dal  movimento  della  persona  e  delle  labbra 
le    informazioni   che    dà  al    suo  compagno ,  mentre   questi    ascolta  freddamente 

le  appassionate  confidenze  e 
ne  calcola  a  parte  le  conse- 
guenze —  tutto  questo  fine 
contrasto  fra  ciò  che  pensano 
e  sentono  i  due  attori  della 
scena  è  analizzato  e  reso  con 
la  perspicacia  d'un  moralista 
ed  il  brio  di  un  poeta.  Altra 
volta  è  uno  scrittore  che ,  a 
corto  di  idee  e  di  vocabili 
per  formularle,  seduto  davanti 
al  suo  tavolo  da  lavoro,  curvo 
sulla  carta,  eccita  l' inspira- 
zione restia  mordendo lebarbe 
della  penna,  interrogando  con 
lo  sguardo  ansioso  quel  foglio 
muto  che  vorrebbe  far  par- 
lare ad  ogni  costo. 

Al  contrario,  e  come  per 
l'are  il  contrapposto  di  questa 
figura  penosa,  nota  ai  lette- 
rati di  tutti  i  gradi  —  forse, 
chi  lo  sa?  anche  agli  accade- 
mici, —  Meissonier  ci  fa  ve- 
dere in  un'altra  tela  uno  scrit- 
tore in  atto  di  rileggere  con 
ima  beata  soddisfazione  la 
pagina  che  ha  scritto.  Il  corpo 
mollemente  steso  su  d' una 
poltrona,  la  testa  chinata  al- 
l'indietro,  l'occhio  carezzevole, 
sorride  a  sé  stesso,  davanti 
al  suo  lavoro,  pago  delle  bellezze  che  giudica  di  avervi  profuse.  Quanti  esempt, 
non  fornirebbero  i  quadri  ed  i  disegni  del  pittore,  per  rivelare  la  di  lui  abilità 
nello  scrutare  e  tradurre  le  più  delicate  emozioni  dello  spirito  e  del  cuore! 
E  presso  a  questi  tratti  di  finezza,  quanti  altri  ce  ne  sarebbero,  pronti  a  testi- 
moniare vivamente  il  vigore  del  pensiero  all'altezza  dei  soggetti  più  drammatici, 


SULLA   TERRAZZA, 
■igi,  palazzo  Mcissoni. 


APPENDICE 


33; 


più  terribili,  anzi  e   in  ragione  del  significato  sinistro,  atti    a    scoraggiare  ogni 
pennello! 

Ne  volete  una  prova  ?  Rammentate  quel  quadro  così  profondamente  impres- 
sionante, potente,  a  prima  vista,  malgrado  le  sue  piccole  dimensioni,  che  fu 
inspirato  a  Meissonier  dalle  giornate  del  giugno  1848,  che  ha  il  titolo  di 
1{icorJi  della  guerra  civile,  e  che  figurava  alla  Esposizione  del  1850;  immagine 
fedele  senza  concessioni,  tragica  fino  all'orrore;  la  fine  d'una  lotta  sostenuta  da 
ambo  le  parti  con  cupa  intrepidezza,  —  qui  con  l'energia  disperata  dell'odio,  là 
con  la  rassegnazione  dolorosa  di  compiere 
un  dovere.  Nel  momento  colto  del  pittore 
la  pugna  fratricida  è  alla  fine.  Un  tetro 
silenzio  regna  in  questa  via,  dove  fino  a 
poco  fa  risuonavano  i  colpi  di  fucile;  sulla 
barricata  in  rovina  i  difensori  sono  caduti 
fulminati,  e  questa  è  sparsa  dei  loro  cada- 
veri. Quale  spettacolo  e  quale  lezione! 

Ahimè!  vent'anni  più  tardi,  altri  avve- 
nimenti di  storia  contemporanea  forniranno 
a  Meissonier  il  soggetto  d'una  scena  assai 
lugubre;  ma  almeno  non  consacrerà  in  quei 
ricordi  la  guerra  civile.  La  meravigliosa 
composizione,  metà  pittoresca  relazione,  metà 
evocazione  poetica,  nella  quale  ha  riassunto, 
tanto  le  miserie  quanto  la  grandezza  di  Pa- 
rigi assediata  nel  1870,  non  ci  mostra,  grazie 
a  Dio,  che  degli  uomini  caduti  valorosamente 
per  la  difesa  della  stessa  causa;  quante  vit- 
time del  patriottismo  comune,  le  une  igno- 
rate, le  altre  ornai  celebri,  come  il  giovane 
Enrico  Regnault  !  In  questa  confusione  di 
cadaveri,  di  tutte  le  età,  di  tutte  le  condi- 
zioni, vestita  di  tutti  i  costumi. —  dall'uni- 
forme dell'  ufficiale  fino  alla  giacca  del  marinaio,  dal  capotto  del  volontario  alla 
sottana  del  seminarista  o  del  prete,  ferito  mentre  soccorreva  un  moribondo,  — 
in  questa  folla  di  eroi,  vinti,  aggruppati  intorno  alla  figura  allegorica  di  Parigi, 
chi  vorrebbe  o  non  saprebbe  vedere  che  il  solo  ricordo  delle  nostre  sciagure  e 
delle  nostre  perdite,  invece  d'una  esortazione  che  ci  inciti  a  trarre  da  tale  spet- 
tacolo alti  insegnamenti? 

Non  sarebbe  certo  uno  di  questi  morti  che  tornerebbe  alla  vita  per  iscrivere 
col  suo  dito  di  cadavere,  —  come  nella  scena  dipinta  dal  pennello  di  Goya  i 
Disastri  della  guerra  —  quella  parola  spaventosa  ed  empia  :  Nada  (nulla),  per 
testificare  il  nulla  delle  sante  aspirazioni  delle  spirito  di  sacrificio,  della  devo- 
zione al  proprio  paese. 


SCHIZZO  PER  UM  PERSOX'AGGIO  DELLA 
«  VISITA   DEGLI   ABITANTI  AL   CASTELLO  ». 


MEISSONIER 


Se  uno  di  loro  rivivesse  un  istante,  per  un  miracolo,  ciò  sarebbe,  al  con- 
trario, per  parlarci  della  gloria  in  cui  è  entrato,  e  per  incitare  1'  animo  nostro, 
non  con  parole  di  sfiducia  desolante,  ma  con  generoso  incoraggiamento  a  ture 
ed  a  sperare. 

La  grandiosa  composizione  ideata  da  Meissonier  restò  sempre  un  abbozzo, 
quantunque  il  pittore  avesse  avuto  la  idea  di  farne  un  quadro,  ed  un  quadro  di 

vaste  dimensioni.  Un  giorno 


/ 


ebbe  pure  il  pensiero  di  ese- 
guire il  suo  lavoro  sopra  un 
muro  del  Panteon;  ma  que- 
sto progetto,  accolto  dappri- 
ma favorevolmente  dall'Am- 
ministrazione delle  Belle  .A.rii, 
fu  poscia  abbandonato,  e 
convenne  quindi  attendere 
un'altra  occasione  che  non 
doveva  più  presentarsi,  per 
estrinsecarlo  in  altro  modo. 
Ciò  avvenne  a  Meissonier 
anche  con  altri  progetti  di 
carattere  diverso,  e  a  lui  sin- 
golarmente cari;  per  esempio, 
quello  —  il  che  forse  recherà 
meraviglia  —  di  rappresen- 
tare in  una  gran  tela  un  certo 
Combattimento  di  Sansone 
contro  i  Filistei,  per  il  quale 
egli  eveva  da  lungo  tempo 
raccolto  molto  materiale  e 
disegnato  e  dipinto  parecchi 
studi.  Non  gli  fu  dato  nep- 
pure e  ciò  è  ancora  più  de- 
plorevole, di  completare  ciò 
ch'egli  chiamava  il  suo:  «Ciclo  napoleonico  »,  cioè  a  dire  una  serie  di  cinque 
scene,  corrispondenti  ciascuna  ad  una  fase  caratteristica  della  vita  del  generale 
Bonaparte,  o  della  vita  dell'Imperatore.  Di  cinque  scene,  due  soltanto  —  quelle 
intitolate  iSo-  e  iS'i_/.  —  furono  svolte,  e  si  sa  con  quale  successo;  ed  in  man- 
canza dei  quadri  per  la  cui  esecuzione  mancò  il  tempo,  da  alcune  note  di  Meisso- 
nier stesso  si  potrà  capire  ciò  che  sarebbe  stato  l'insieme  del  lavoro,  oppure 
quali  erano  le  idee  che  egli  voleva  estrinsecare. 

Infatti,  in  alcune  note,  scritte  ogni  giorno  dopo  la  conversazione  quotidiana, 
da  colei  che,  dopo  il  secondo  matrimonio  del  pittore,  fu  la  compagna  dei   suoi 


i 


SCHIZZO   A    MATITA. 


APPENDICE 


359 


ultimi  anni  ed  ora  è  votata  al  culto  dèlia  sua  memoria,  figura  un  curioso  pro- 
gramma che  la  fantasia  di  Meissonier  avrebbe  voluto  condurre  a  (ine. 

«Il  mio  sogno,  diceva  esjli,  sarebbe  di  riassumere  in  cinque  quadri  la  storia 
di  Napoleone.  Ho- già  sbozzato  quello  che,  per  ordine  cronologico,  dovrebbe 
essere  il  primo:  Castig!ioiTe-{r-r)6):  ÈmI  mattino  di  una  giornata  d'estate,  come 
il  giovane  generale  è  sull'aurora  della  sua  gloria.  Voglio  che  il  sole  si  levi  in 
faccia  a  lui  per  illuminarlo...  Se  volessi  togliere  un  poco  le  difficoltà,  mi  servirei 
della  polvere  che  potrebbe  essere  in  aria  in  quel  giorno  (ti  agosto);  ma  ci  tengo, 
riguardo  al  soggetto,  di  mettere 
tutto  in  piena  luce.  Scelsi  perciò 
una  prateria  per  porvi  Bonaparte 
e  le  truppe,  davanti  alle  quali 
egli  passa  al  galoppo  sul  suo 
cavallo. 

«  In  questo  primo  quadro 
del  ciclo  rappresento  il  mio  eroe 
in  azione.  Egli  non  è  raffigu- 
rato, come  nel  quadro  del  rSoj. 
sulla  cui  base  scolpita  domina  il 
trionfatore  immobile ,  ai  piedi 
del  quale  si  precipita  una  fiu- 
mana di  gente  ebbra  della  sua 
gloria,  che  a  pieni  polmoni  grida 
gli  evviva;  all'epoca  stessa  di 
Friedland,  cioè  a  dire  all'apogeo 
della  sua  potenza  e  della  sua 
fortuna.  Napoleone  non  si  era 
ancora  isolato  dalla  sua  nazione, 
ma  continuava  ad  essere  tutt'uno 
con  essa,  ed  a  vivere  in  mezzo 
dei  suoi  soldati. 

<  Il  quadro  di  Erfiirt  {iSin) 
che  non  ho  potuto  fare,  avrebbe 

segnato  il  momento  in  cui  l'orgoglio,  in  mezzo  alla  sua  pompa  di  re,  lo  tradisce 
e  lo  perde.  Avevo  ricevuto  la  impressione  penosa  della  scena  ascoltando  il  rac- 
conto di  un  testimonio,  un  vecchio  servitore,  che  mi  narrava  l'effetto  prodotto, 
quando  tutti  i  Sovrani  annunciati  successivamente  a  lui  senza  ommettere  nessun 
titolo  si  radunavano  in  un  salone  del  palazzo  ;  la  porta  si  apriva  un'  ultima 
volta;  e  non  si  udiva  che  questa  sola  parola:  «  L'Imperatore  !  » 

'  Nel  mio  1S14  ho  indicato,  sotto  forma  di  un  episodio,  la  fisionomia  gene- 
rale e  le  conseguenze  prossime  della  campagna  di  Francia.  Coloro  che,  sotto  un 
cielo  triste  e  su  un  terreno  scabroso  seguono  Napoleone,  ridotto  a  difendersi,  si  sen- 


iJtLLISO    DELLA    STATUA    J)I    MEISSOSII^R    A    PARIGI. 


36o  MEISSONIER 


tono   più    o  meno    invasi    dal  dubbio;  ben  presto    essi    non    gli  prestarono   più 
fede... 

«  Il  quinto  ed  ultimo  quadro  1'  ho  nell'anima.  Napoleone  sarà  solo,  sul  da- 
vanti, sul  ponte  del  Bellerofonte.  Dietro  a  lui.  un  po'  lontano,  qualche  sentinella 
inglese  :  in  faccia  un  mare  senza  sponde  ed  il  cielo. 


STATUA   DI    MEISSOXIER    A    rOISSY. 
Di  Fremici,  dell'hlituto.  (Inaugurala  il    2$   novembre   iSj^.) 

Come  si  vede  —  ed  altri  frammenti  delle  stesse  «  Note  »  finirebbero  di 
dimostrarlo  —  Meissonier  non  si  decideva  a  incominciare  un'opera  se  non  dopo 
di  averne  profondamente  studiato  il  significato  intimo  che  questa  doveva  avere. 
La  sua  mente  aveva  già  approfondito  il  soggetto  prima  che  la  mano  ne  avesse 
tracciato  il  disegno  sulla  tela;  ma  in  tutto  ciò  che  riguardava  l'esecuzione  pro- 
priamente detta,  la  verità  delle  forme  o  degli  effetti  parziali,  fino  alla  più  rigo- 
rosa purezza  di  stile,  mai.  fino  agli  ultimi  tempi,  egli  non  si  teneva  abbastanza 


APPENDICE 


sicuro  di  se  stesso,  della  sua  esperienza,  per  quanto  provata  essa  fosse.  Da  ciò 
proviene  il  numero  quasi  incancolabile  degli  «studi»  lasciati  che  corrispondono 
a  ciascuno  dei  suoi  quadri;  gli  uni  in  pittura  o  disegno  accuratamente  finiti,  gli 


ARALDO    DI    MURCIE. 
(Disegno  latto  per  la  catastrofe  di  Mu 


altri  sotto  forma  di  macchiette  modellate,  con  scrupolosa  precisione,  in  cera;  da 
ciò  provengono  infine,  le  modificazioni  incessanti  che  faceva  nei  suoi  quadri, 
mentre  erano  ormai  in  lavoro,  non  già  per  mutare  l'ordine  generale,  d'una  com- 

Meissonier. 


PULCINELLA    ALLA    ROSA. 
(Ac^ucttllo  JelU  collezione  del  s.g.  Bevcr.) 


A  l'PKNDICE 


posizione  seriamente  pen- 
sata e  alla  quale  ci  teneva, 
ma  per  migliorare  fino  alla 
perfezione  della  quale  sen- 
tiva insaziabile  bisogno  , 
certi  dettagli  del  tutto  se- 
condari, che  nessun  altro 
avrebbe  forse  curato.  Quan- 
te volte,  sotto  il  peso  di 
questa  sete  del  meglio .  è 
accaduto  a  Meissonier  di 
sacrificare  delle  parti  già 
dipinte,  e  magistralmente 
dipinte,  per  riparare  a  qual- 
che impercettibile  imperfe- 
zione che  gli  turbava  la 
coscienza ,  si  fosse  anche 
trattato  di  accorciare  Io  sti- 
vale d'un  cavaliere,  o  di 
mutare  all'ultimo  piano  la 
zampa  d'un  cavallo  ! 

Il  cavallo:  come  si  può 
pronunciure  questo  nome 
senza  ricordare,  almeno  di 
passaggio,  i  progressi  intro- 
dotti da  Meissonier    nella    imitazione    di    un    modello   che  i 


STATUA    DI   MEISSON'IER   A   PARIGI. 


MEISSONIER. 


randi  maestri  del 
X\'l  secolo  avevano  compreso  così  imperfetta- 
mente, e  che.  dopo  di  loro,  degli  eminenti  pittori 
francesi  si  erano  accontentati  di  esaminare,  quale 
da  un  punto  di  vista  puramente  epico,  come  Gres, 
quale,  come  Vernet  e  Ge'ricault,  con  una  perce- 
zione più  esatta  della  eleganza  e  della  bellezza 
delle  forme,  piuttosto  che  delle  condizioni  neces- 
sarie dei  suoi  movimenti  ?  Non  fu  Meissonier, 
che.  per  primo,  riuscì  a  conciliare  su  questo  punto 
l'intelligenza  scientifica  ed  il  sentimento  pitto- 
rico ?  Egli  stesso  ci  teneva  a  farlo  risaltare;  e 
forse,  di  tutti  i  meriti  che  possedeva,  questo  era 
quello  di  cui  si  compiaceva  di  più  «  È  strano! 
—  diveva  un  giorno  —  gli  antichi  soltanto ,  e 
specialmente  gli  Assiri,  avevano  trovato  il  mo- 
vimento   giusto    del    cavallo.   Io  credo  di  essere 


364 


MEISSONIER 


stato  il  primo,  dopo  di  loro,  a  ritrovarlo  nuovamente.  Tutti  i  moderni,  anche 
i  più  abili  pittori,  non  lianno  fatto  che  dei  cavalli  convenzionali,  e  questi  tipi 
arbitrari  erano  divenuti  così  comuni  nella  pittura,  che  il  pubblico  ci  credeva 
così  pienamente,  sulla  asserzione  del  quadro,  che  mi  ci  volle  molto  tempo  e 
molta  perseveranza  per  toglierlo  dall'errore.  »  E  fu  con  singolare  costanza  che 
Meissonier    tendeva  alla  soluzione  di    tale  problema;   scomporre    e    analizzare    i 

movimenti  del  cavallo,  in 
modo,  da  poterne  poi  rico- 
struire con  sicurezza  il  movi- 
mento più  rapido,  l'imma- 
gine più  fugace.  Ciò  gli  co- 
stava poca  fatica,  dopo  fatti 
gli  studi  anatomici  più  pro- 
fondi e  gli  studi  sulla  natura 
viva  tino  ad  usare  dei  mezzi 
veramente  straordinari  come 
—  per  esempio  —  la  costru- 
zione, nel  suo  parco  di  Poissy 
d'una  ferrovia,  in  pendio, 
sulla  quale  scivolava  una 
slitta  su  cui  egli  stava  se- 
duto, osservando  intanto  col 
suo  occhio  di  lince,  la  corsa 
d'un  cavallo  che,  montato 
da  un  domestico,  correva  su 
una  linea  parallela  a  quella 
liella  slitta. 

A  che  giova,  del  resto, 
l'enumerare  i  mezzi  dei  quali 
il  maestro  si  è  servito  per 
arrivare  a  possedere  certi 
secreti  della  tecnica  ?  C  è 
forse  bisogno  di  rilevare  ad 
ima  ad  una  le  prove  del  suo 
talento,  per  ispiegarsene  l'es- 
senza ed  apprezzarne  il  va- 
lore? È  meglio  considerare  l'insieme  dei  risultati  ottenuti.  Che  ci  può  essere 
di  più  significativo  in  se  stesso,  e,  nel  tempo  stesso,  che  cosa  di  più  atto  a  tar 
giustizia  di  certe  pretese  che  tentano  di  erigersi,  accanto  a  noi.  a  sistema 
estetico  '^ 

Noi  vediamo  al  giorno  d'oggi  certi  strani  innovatori  i  quali,  in  buona  tede 
o  meno,  si  arrogano  il  diritto  di  esaltare  come  progresso  l'assenza  d'immogina- 


IL    LETTORE. 
(Collezione  del  sig.  Thiéry.) 


APPENDICE 


365 


IL   LETTORE    ROSA. 
(QoaJro  delli  collezione   del  sig.  de  Besteigui.) 


zione,  di  gusto,  e  di  sapere  :  che,  col  pretesto  di  ringiovanire  l'arte,  affettano  di 
rinnegarne  i  principi  più  elementari,  di  sdegnarne  le  tradizioni  più  necessarie; 
e  tali  dottrine,  se  avessero  per  disgrazia  a  prender  piede,  non  riuscirebbero  che 


366 


MEISSONIER 


UM   POETA. 
(Quadro  della  collezione  del 


alla  rovina  della  nostra  scuola.  Che  il  pericolo  sia  più  apparente  che  reale,  ne 
sono  convinto;  ma  è  già  di  troppo  dover  constatare  simili  tentativi,  e  difendere 
da  questi,  coll'autorità  stessa^  di  Meissonier.  i  maestri  che  lo  hanno  preceduto, 
nel  nostro  paefe!  ; 


APPENDICE 


367 


L'  uno  è  indivisibile  dall'  altro.  Per  quanto  decisamente  personali  sieno  le 
opere  del  nostro  illustre  collega,  esse  risentaino  in  fondo  le  inspirazioni  nazionali 
ed  il  genio  francese.  È  certo  che  se  non  si  volesse  considerare  che  la  natura  dei 


^Quadro  appartene 


soggetti  scelti,  e  le  forme  preterite  per  riprodurle,  si  riuscirebbe  a  stento  ad  as- 
similare quadri,  di  carattere  la  maggior  parte  famigliare,  che  ha  lasciato  Meis- 
sonier  con  le  grandi  tele  dei  pittori  di  storia  che  si  son  succeduti  nella  nostra 
scuola.  Tuttavia,  questi  suoi  predecessori,  non  hanno  forse,  parecchie  volte  ricorso 


368  MEISSONIER 


a  quei  sottointesi  ingegnosi  che  preannunciano  l'epilogo  della  scena  rappresentata, 
oppure  la  continuano  portandone  il  significato  al  di  là  del  punto  al  quale  arri- 
vano gli  ocelli?  Quando  Poussin  raggruppa  quei  giovani  e  felici  Pastori  d'Arcadia 
intorno  ad  una  tomba  alla  quale  penseranno  poi  melanconicamente  o,  —  per 
prendere  un  esempio  meno  lontano  —  quando  Paolo  Delaroche  ci  fa  vedere  i 
Figli  di  Edoardo,  che  intuiscono  attraverso  il  muro  la  morte  che  si  avvicina, 
non  doveva  egli  servirsi  degli  stessi  mezzi  che  dnveva  usare  alla  sua  volta, 
Meissonier,  quando  ci  mostra  col  fatto  presente,  quello  che  deve  accadere  poi, 
col  suo  meraviglioso  quadro  i  Coraj^ieri,  custodito  nel  castello  di  Chantilly  ? 
immagine  eloquentissima  della  guerra,  ma  della  guerra  nella  maestà  dell'ora 
che  precede  la  pugna,  quando  colla  stessa  coscienza  virile  del  loro  dovere,  tutti, 
capi  e  soldati  attendono  silenziosi  ed  immobili,  quelli  il  momento  di  dare  il  se- 
gnale supremo,  questi  il     momento  di  slanciarsi  ? 

In  ogni  modo,  per  istabilire  la  derivazione  del  talento  di  Meissonier,  non 
basterebbero  i  tratti  di  rassomiglianza  che  egli  ha  col  tipo  di  quei  talenti  limpidi 
e  chiari  come  la  nostra  lingua,  ai  quali  serve  d'  etichetta  comune  il  nome  dei 
Clouet,  e.  in  un  altro  genere  di  lavori,  con  la  grazia  e  la  finezza  dei  pittori  e 
disegnatori  del  XVIII  secolo,  da  Chardin  fino  a  Moreau  ?  Sarebbe  certamente  su- 
perilo il  ripetere  che  Meissonier  fu  più  abile  e  sapiente  di  qualsiasi  di  essi;  ma 
tuttavia  si  può  sempre  confrontarlo  con  essi,  senza  che  la  sua  gloria  ne  sia  di- 
minuita, o  sia  compromessa  la  verità. 

In  quanto  agli  esempì  ch'egli  ci  lascia  nella  sua  vita  di  artista,  egli  impone 
a  tutti  il  rispetto.  Pur  tacendo  della  sua  importanza  eccezionale  e  della  sua  fama, 
questa  esistenza  assiduamente  studiosa,  in  mezzo  al  successo  più  clamoroso,  an- 
cora nei  suoi  ultimi  anni  sotto  le  strette  più  acute  delle  sofferenze  fisiche,  questa 
vita,  dico,  clie  la  passione  dell'arte  e  del  lavoro  occupò  intieramente,  fornirebbe 
ampia  materia  alla  lode,  quanto  le  opere  che  ci  ha  lasciate.  Il  meno  che  si  possa 
dire  di  lui  si  è,  che  in  nessun  momento  della  sua  vita  egli  ebbe  scoraggiamenti, 
che  mostrò  sempre  una  scrupolosa  docilità  alle  esigenze  della  sua  coscienza,  e 
che,  già  celebre  fin  dalla  giovinezza,  ebbe  sempre,  fino  al  suo  ultimo  giorno,  la 
stessa  forza  di  volontà  e  lo  stesso  zelo  come  avesse  avuto  ancora  bisogno  di  farsi 
un  nome. 


INDICE  DELLE  MATERIE 


Meissonier  .  .  . 
La  giovinezza  . 
Le  Opere  .  . 
11  Maestro  .  . 
L' Uomo  .  .  . 
Gli  ultimi  anni 


Conversazioni  e  Ricordi 
La  Pittura  epica      .     . 


PROGETTO  DI  FRA\'COI)OLLO. 


Appendice 

Discorso  di  Meissonier  tenuto  a  Firenze  il  13  set- 
tembre 1875  per  la  commemorazione  del  IV  Centenario  di  Michelangelo 

Fac-simile  della  lettera  di  ringraziamento  di  Meissonier  al  Duca  d'Aumale 
in  occasione  della  sua  nomina  a  Grande  Ufficiale  della  Legion  d'Onore 

Discorso  di  Meissonier  presidente  dell'Accademia  di  Belle  Arti.  Letto  nella 
seduta  pubblica  annuale  dell'Accademia  di  Belle  Arti  il  28  ottobre  1876 

Discorso  di  Meissonier  pronunciato  ai  funerali  di  Perraud.  membro  dell'Isti- 
tuto, il  3  novembre   1876 

Lettera  di  Meissonier  al  Governatore  di  Parigi  per  sollecitare  la  sua  ammis- 
sione nell'esercito  territoriale 

Discorso  di  Meissonier  membro  dell'Istituto,  vice-presidente  dell'Accademia 
di  Belle  Arti  alla  inaugurazione  del  monumento  di  Paolo  Baudry. 
membro  dell'  Istituto,  al  Cimitero  del  Père-Lachaise 

Commemorazione  di  Meissonier  letta  dal  conte  Enrico  Delaborde.  nella 
seduta  pubblica  annuale  dell'Accademia  di  Belle  Ani,  il  29  ottobre  1892 

Indice  delle  materie 


I 

3 

'9 
43 
83 
103 

117 

275 

329 

329 

332 

333 
338 
340 

343 

346 
369 


ND     Meissonier,  Jean  Louis  Ernest 
553       Gian-Luigi-Ernesto  Meissoraa: 


^^i3;^■'^^ 


•■       ^    ■      .  -  -    e     ^-^    -i'r 


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