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Full text of "Giornale Arcadico di Scienze / Lettere ed Arti"

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^'li'^^ 


GIORNALE 


DI  SCIENZE  LETTERE  ED  ARTI 

TOMO    LII. 

OTTOBRE,  NOVEMBRE,  E  DICEMBRE 

1851 


ROMA 

NELLA    STAMPERIA    DEL    GIORNALE 
PRESSO   AiVTONlO    BOULZALER 

1351 


SCIENZE 


Proposta  di  un  nuovo  perimetro  per  misurare  il 
bacino  muliebre  :  di  Baldassarre  Chimenz  dottore 
in  chirurgia. 


JL-igli  è  tempo  di  ascoltar  la  voce  delV esperienza^ 
disse  il  chiarissi  ino  sig.  prof.  Asdrubali  nel  parlare 
dei  vizi  di  conformazione  del  bacino.  È  tempo  di 
convenire  con  questo  ostetricante  analitico,  che  mal- 
grado gli  sforzi  degli  ostetrici  moderni  questo  oscu- 
ro argomento  segue  ad  implorare  ancora  de'  nuovi 
lumi  per  evitare  i  funesti  errori  ,  ne'  quali  ci  conduce 
troppo  spesso  il  modo  fino  ad  oggi  usato  nell'  esa- 
me del  bacino  viziato  nell'  interno. 

Difatti ,  quantunque  sia  stato  riconosciuto  dai 
tempi  più  remoti  che  le  difformità  del  bacino  nel- 
la donna  oppongono  alcune  volte  delle  difficolta  in- 
sormontabili al  parto  per  le  vie  naturali ,  la  pel- 
vimetria ,  ossia  l'arte  di  misurare  il  bacino,  non  ri- 
monta  pressoché  al  di   Ik   di   un   mezzo   secolo. 

Avanti  Bandelocque  e  Coutulì.,  i  primi  che  vi 
fecero  l'applicazione  di  uno  stromento  ,  la  mano  era 
l'unico  pclvimetro  di  cui  i  coltivatori  della  scienza 
ostetrica  si  servirono  per  riconoscere  la  natura  e 
l'estensione  dell'  ostacolo  che  molestava  o  intercet- 
tava il  proscguimcnLo  dell'  operazione.  GÌ'  istromenti 

1* 


4  Scienze 

dei  due  autori  nominati  sono  stati  modificati,  o  imi- 
tati in  Germania ,  in  Inghilterra ,  e  nella  nostra  Ita- 
lia. Oltre  a  questi  ne  furono  immaginati  degli  al- 
tri ,  che  quantunque  oftrano  in  certi  casi  alcuni  van- 
taggi ,  lasciano  tutti  una  qualche  incertezza  nei  ri- 
sullamenti ,  che    presenta   la   loro   applicazione. 

Quando  si  considera  la  forma  di  tali  istromen- 
ti ,  la  disposizione  delle  parti  sulle  quali  si  propo- 
ne di  farli  agire,  le  diverso  circostanze  ,  in  cui  si  è 
tentato  di  farne  uso ,  ninno  rimarra  sorpreso  della 
dimenticanza    in    cui  meritamente   sono    caduti. 

L'osservazione  ha  fatto  conoscere  che  il  diame- 
tro sacro-pubiano  e  quello  che  trovasi  più  di  soven- 
te alterato  nella  sua  forma  ,  e  nelle  sue  dimensioni  ; 
eppure  su  questi  due  punti  opposti  del  Lacino  (l'an- 
golo sacro-ventrale  ,  e  la  simllsi  dei  puhi)  si  è  fat- 
ta l'applicazione  di  un  apparato  di  misure.  Gli  uni 
si  sono  contentati  di  misurare  il  bacino  all'  ester- 
no ,  gli  altri  air  interno  dalla  parte  della  vagina. 
Esaminiamo  prima  lo  stromento  di  Coutidì ,  e  ne 
prenderemo  le  descrizioni  datene  dal  professore  De- 
sarmeaiix  ^  e  vedremo  nel  medesimo  tempo  quale  sia 
l'opinione  di  cosi  buon  giudice  in  silTalta  materia. 
Il  pehimetro  di  Coutidì,  che  ha  goduto  una  grande 
riputazione,  è  un'  imitazione  di  uno  stromento  di  cui 
si  servon  i  calzolai  per  misurare  la  lunghezza  del 
piede.  Tal  istromento  è  destinato  ad  essere  introdot- 
to nella  vagina  :  esso  vien  formato  da  due  spranghet- 
te  di  ferro  che  sdrucciolano  l'una  sopra  dell'  altra, 
ed  ha  ciascuna  alla  sua  estremità  una  piastrina  fis- 
sata ad  angolo  retto.  Nel  fare  scorrere  l'una  sopra 
l'altra  queste  due  piccolo  sprasighc,  le  due  piastrine 
si  allontanano  :  mentre  una  di  esse  deve  fissarsi  so- 
pra l'angolo  sacro-vertebrale,  nel  tempo  che  l'altra  sì 
porterà  dietro  la  simlìsi    dei    pubi.    Una    scala   lineala 


Nuovo  Pelv^ietro  5 

a  gradi  sopra  una  delle  sprangliette  indica  il  grado 
di  lontananza  delle  piastrine  ,  e  da  in  questo  modo 
la  misura  del  diametro  antero-posteriore.  Oltre  gli 
inconvenienti  che  si  attribuiscono  a  questo  stroraen- 
to  ,  e  che  consistono  nella  difficolta  che  la  sua  ap- 
plicazione incontra  a  motivo  della  sensibilità  ,  e  del- 
la resistenza  delle  pareti  della  vagina  ,  non  che  nel- 
lo spargimento  che  il  collo  dell'  utero  forma  nello 
stretto  superiore  ;  ve  ne  ha  uno  al  quale  ninno  ha 
pensato ,  e  che  rende  questo  istromcnto  inapplicabi- 
le nella  più  frequente  parte  dei  casi  ,  pei  quali  esso 
è  destinato.  Tal  inconveniente  si  è ,  che  a  motivo 
della  tortuosità  ,  che  fa  d'uopo  dargli  ,  l'angolo  for- 
mato dalla  riunione  della  piastrina  posteriore  coli* 
anteriore  che  la  sostiene  appoggia  contro  la  parte  del 
sacro  ,  e  la  piastrina  resta  più  o  meno  lontana  dall' 
angolo  sacro-vertebrale. 

//  gran  pehnmetro  di  Stein,  specie  di  molletta  in 
anelli  a  catena  di  cui  le  aste  sono  leggermente  in- 
curvate a  forma  di  becco  ,  offre  i  medesimi  vizi  nel- 
la costruzione  ,  e  nella  applicazione  i  medesimi  in- 
convenienti. 

Non  converrebbe  adunque  far  ricorso  a  ninno  di 
questi  istroraenti  per  misurare  il  bacino  all'  interno 
dalla  parte  della  vagina,  specialmente  in  donna  gio- 
vane, che  avendo  qualche  vizio  ,  o  deformità  voles- 
se sentire  il  giudizio  di  un  professore  ostetrico  per  co- 
noscere a  tempo ,  se  fosse  possibile  divenir  madre 
senza  esporre  la  sua  vita  ,  e  quella  della  prole.  Ma 
come  potrebbe  in  questo  caso  tentarsi  l'applicazione 
di  uno  stromento  ,  la  cui  immissione  dee  produrre 
un  forte  lialzo  di  molti  pollici  nella  parete  della  va- 
gina ?  E  non  sarebbe  esporre  la  paziente  a  indispen- 
sabili atroci  dolori  ,  che  accompagnerebjjero  la  lace- 
razione dell'  orificio  ,  e  della  parte  posteriore  del  con- 


6  Scienze 

dotto  vaginale  ?  Certamente  che  in  una  giovane  si  po- 
trebbe, senza  pericolo  di  alterare  l'integrità  delle  par- 
ti, introdurre  nella  vagina  il  pelviinetro  a  catena  di 
Stein ,  quello  di  Aitken  che  non  è  se  non  una  ten- 
ta di  donna  divisa  in  gradi  sopra  uno  dei  suoi  lati, 
o  il  perimetro  digitale  del  nostro  emerito  professore 
Asdruhali^  specie  di  ditale,  ossia  cono,  allungato  egual- 
mente ,  diviso  in  gradi  sopra  uno  dei  suoi  lati.  Ma 
benché  sia  ingegnoso  l'istromento  applicato  dalla  par- 
te della  vagina  in  una  donna  non  gravida,  esso  in- 
contrerà, sempre  una  barriera  insormontabile  per  giun- 
gere alla  prominenza  sacra-vertebrale  :  questo  è  (co- 
me si  è  osservato)  la  presenza  dell'  utero  ,  lo  spar- 
gimento del  suo  collo,  la  parete  posteriore  della  va- 
gina. Pare  che  gli  inventori  degli  stromenti  da  noi 
esaminati  abbian  del  tutto  scordato  l'esistenza  e  la 
disposizione  di  questi  organi  nel  bacino  :  si  direb- 
be che  non  hanno  mai  veduto  questa  zona  ossea  che 
nello  scheletro  :  tanto  sono  male  adatti  alle  parti  gli 
stromenti  che  ci  han  lasciato  per  misurare  le  dimen- 
sioni   di  essa. 

Gli  stromenti  di  Stein  ,  di  Aitken  ,  di  Asdrii- 
hali  presentano  più  vantaggi  nella  donna  incinta  , 
e  nelle  doglie  del  parto.  L'introduzione  di  questi  of- 
fre ,  è  vero ,  meno  difficolta  nella  circostanza  testò 
mentovata,  perche  allora  la  vagina  è  flessibile  ,  più 
o  meno  allungata,  ed  è  suscettibile  di  prestarsi  ad  una 
estensione  meccanica  di  una  certa  durata.  Pertanto 
come  la  forma  degli  stromenti  conosciuti  finora  non 
è  in  rapporto  colle  incurvature  e  le  dimensioni  del 
bacino ,  ne  colla  disposizione  delle  parti  situate  in 
questa  cavita  ossea,  essi  non  potrebbero  dare  dei  ri- 
sultamenti  positivi  come  l'hanno  con  molto  criterio 
osservato  i  più   esperimentati  pratici. 

Che  se  i  peh'imetri  rettilinei  degli  autori  che  ab- 


Nuovo  Pelyimetro  7 

Jblamo  nominato  non  possono  applicarsi  senza  incon- 
venienti, ne  seguirebbe  perciò  che  presentassero  più 
vantaggi  che  il  dito  indicatore  bene  esercitato  ali* 
esplorazione  di  queste  parti  ?  Questa  proposizione  è 
oggidì    divenuta    oggetto    di   qualche    controversia. 

Suppongasi  che  le  doglie  del  parto  siano  sta- 
bilite da  un  certo  tempo  in  una  donna  deforme,  che 
la  testa  del  feto ,  o  un  forte  tumore  della  cute  co- 
perto di  peli  siasi  introdotto  nel  distretto  superiore, 
come  si  potrebbe  giungere  all'  angolo  sacro-vertebrale 
con  tali  pelvimetri  in  questione  ?  Il  dito  ,  l'introdu- 
zione puranco  di  tutta  la  mano,  non  offrirebbe  in 
queste  ultime  circostanze  che  dei  risultati  o  dub- 
biosi ,  o  affatto  inutili ,  poiché  sarebbe  impossibile 
questo  modo  di  arrivare  all'  angolo  sacro-vertebrale, 
avanti  il  quale  si  troverebbe  la  parte  imbarazzata. 
Questi  r&ezzi  non  potrebbero  neppure  esser  tentati  nel 
caso  ,  ove  il  tronco  della  creatura  occupasse  inte- 
ramente l'escavazione  del  bacino  ;  sia  che  avesse  pre- 
sentato le  natiche  ,  o  i  piedi ,  o  fosse  stato  portato 
in  tal  situazione  in  seguito  dell'  estrazione  di  queste 
estremità. 

Farò  manifestamente  conoscere  che  tutte  queste 
difficolta  potrebbero  sparire  col  pelvimetro  che  sarò 
per  proporre.  Il  dito  non  è  dunque  (  come  lo  assi- 
cura la  maggior  parte  dei  pratici  )  il  miglior  pel- 
vimetro, mentre  se  secondo  essi  quello  solo  sente,  e 
può  reuder  conto  di  ciò  che  ha  incontrato  nell'inter- 
no del  bacino  :  essi  converranno  pure  che  questo 
istromento  (  il  dito  )  non  può  sempre  scoprire  ciò  che 
ha  luogo  nel  bacino ,  e  che  per  conseguenza  non 
può  render  conto  di  ciò  che  non  ha  toccato  :  e  tut- 
to questo  avviene  il  più  delle  volte.  Per  clii  si  da 
cura  di  riflettere  ,  è  cliiarissimo  che  il  dito  e  un 
istromento  troppo  vario  nelle   sue  dimensioni  per  cs- 


8  Scienze 

sere  di  im  egiial  vantaggio  per  tutti  quelli  che  ne 
fanno  rapplicazione  nel  caso  in  cui  siamo.  Nelle 
persone  che  lianno  la  mano  corta  e  grassa  ,  l'indi- 
ce isolato  dalle  altre  dita  piegate  della  stessa  mano 
non  arriva  al  più  che  a  due  pollici  di  distanza  dall* 
ingresso  della  vagina  ,  o  dell'  orlo  inferiore  della  sira- 
fisi  dei  pubi.  Ma  non  bisognerebbe  che  una  sola  linea 
per  arrivare  alla  base  del  sacro  :  e  ciò  varrebbe  co- 
me trenta,  poiché  l'occhio  non  saprebbe  qui  riempir 
l'intervallo  per  approssimazione,  come  accade  nel  mi- 
surare l'estensione  di  un  corpo  che  si  vede.  Così  quelli 
che  ammettono  che  lo  stretto  antero-posteriore  del  ba- 
cino ha  le  dimensioni  richieste  ogni  volta  che  non 
si  può  arrivare  allo  sporgi  mento  sacro-vertebrale,  si 
espongono  a  cadere  in  questi  abbagli ,  di  che  sia- 
mo stati  testimoni .  Qualche  fatto,  che  ho  avuto  l'oc- 
casione di  osservare  su  questo  oggetto,  avrà  il  suo  luo- 
go altrove. 

Quelli  che  non  vogliono  altro  pelvimetro  che  il 
dito,  o  la  mano,  operano  nel  modo  seguente  per  mi- 
surare l'estensione  del  diametro  antero-posteriore.  Il 
dito  indicatore  introdotto  nella  vagina  va  a  pigiare 
la  sua  estremità  sopra  l'angolo  sacro-vertebrale  ;  nel 
medesimo  tempo  si  rialza  la  giuntura  della  mano  di 
modo  che  il  lato  radiale  del  dito  tocca  l'orlo  infe- 
riore della  sim/lsi  dei  pubi  ;  con  un  dito  dell'  altra 
mano  si  segna  il  luogo  in  contatto  coli'  orlo  inferio- 
re della  simfisi.  Per  aver  la  lunghezza  del  diametro  si 
misura  lo  spazio  tra  la  punta  del  dito  ,  e  la  parte 
della  giuntura  che  appoggiava  sotto  l'orlo  inferiore 
della  simfisi  pubiana.  Ma  come  la  linea,  che  si  sten- 
de dall'  angolo  sacro-vertebrale  all'  orlo  inferiore  del- 
la simfisi  dei  pubi,  è  più  lunga  che  quella  che  si 
stende  dall'  istesso  punto  del  sacrum  all'  orlo  supu- 
biano  della  medesima  simfisi  ,  bisogna  dunque  per  ot» 


Nuovo  Pelvimetro  9 

leiiere  un  risultaraento  esatto  fare  una  deduzione  so- 
pra della  lunghezza  di  questa  linea  inclinata  ,  o  in- 
curvata. E  quanto  se  ne  dedurrebbe  ?  Baudelocque  di- 
ce un  mezzo  jjollice  :  ^Ij'oiiso  Leroy  voleva  che  la 
deduzione  non  fosse  che  di  tre  linee.  SulFautorita  di 
quale  dei  due  nominati  autori  si  dovrà  fondare  uà 
esatto   giudizio  ? 

Questi  due  celebri  ostetricanti  potevano  bene ,  se- 
condo le  circostanze,  aver  ambedue  ragione;  di  fatti  l'or- 
lo inferiore  della  simfisi  dei  pubi  di  un  bacino  defor- 
me non  può  forse  trovarsi  piiì  o  meno  vario,  o  den- 
so in  diverse  persone  ì  La  misura  presa  col  dito  non 
essendo  segnata  sul  suo  orlo  radiale  che  all'  esterno 
della  simfisi,  la  differenza  di  grossezza  di  questa  sim- 
fisi deve  necessariamente  mettere  delle  differenze  nel- 
la lunghezza  del  diametro  e  nella  deduzione  che  far 
se  ne  deve  !  Questa  objezione  non  è  la  sola  che  si 
possa  opporre  a  questo  modo  di  misura.  Le  defor- 
mità del  bacino  non  consistono  solo  nell'  accostamen- 
to tra  esse  delle  sue  pareti  antero-posteriori  :  la  sim- 
fisi del  pubi  può  avere  acquistata  maggiore  lunghez- 
za ,  essere  molto  più  bassa  ,  e  dare  in  conseguenza 
al  diametro  sacro-pubiano  una  estensione  più  grande 
che  non  l'ha  realmente.  La  simfisi  stessa  può  essere 
più  ,  o  meno  deviata  dalla  linea  media  del  corpo, 
come  l'abbiamo  veduto  in  un  caso  che  necessitava  la 
simfiseotomia  ,  ove  hanno  segato  uno  dei  pubi  cre- 
dendo di  trattare  una  simfisi  ossificata  ,  e  nella  qua- 
le non  ora  incurvata  che  di  dieci  linee.  L'angolo  sa- 
cro-vertebrale ,  più  inclinato  da  un  lato  del  baci- 
no, da  egualmente  una  differenza  nei  risultati  dell' 
esame   manuale  ordinario. 

Tutti  i  pratici  concederanno  dunque  che  il  di- 
to, come  istromento  metrico  del  bacino,  è  sovente  in- 
sufficiente, e  che  non  si  deve  tentare  di  introdurre  la 


10  Scienze 

mano  intera  nella  vagina  che  durante  il  travaglia 
del  parto.  Il  compasso  di  grossezza  di  Baudelocque  è 
il  medesimo  di  quello,  di  cui  si  servivano  da  gran  tem- 
po nelle  fabbriche  di  oggetti  o  vasi  di  forma  ro- 
tonda. Questo  compasso  centinaio  ,  ed  allacciato  al- 
le sue  due  estremità,  si  applica  all'  esteriore  del  ba- 
cino. Allorché  si  vuol  conoscere  l'estensione  dello 
stretto  addominale,  si  misura  con  questo  compasso  la 
distanza  che  si  trova  tra  una  spina  anteriore  ,  e  su- 
periore di  ogni  osso  innominato.  Per  conoscere  poi 
le  dimensioni  dello  stretto  addominale  nel  suo  dia- 
metro sacro-pubiano  ,  si  applica  un'asta  del  compas- 
so al  disotto  dell'  appofisi  spinosa  dell'  ultima  ver- 
tebra lombare  ,   e  l'altra  sopra  la  regione  dei    pubi. 

Un  quadrante  a  gradi  indica  l'estensione  di  que- 
sto diametro. 

„  Meno  imperfetto  di  tutti  quelli  che  esistono, 
,,  dice  il  surriferito  professore  Desormeaux ,  questo 
,,  istromento  non  presenta  il  grado  di  certezza  che 
,,  il  suo    autore  avea  promesso.  „ 

Difatti  per  ottenere  il  grado  di  estenzione  del 
diametro  sacro-pubiano  (  Tistromento  già  nominato  ) 
il  sig.  Baudelocque  deduce  tre  pollici  per  la  gros- 
sezza delle  ossa  ,  e  degli  integumenti  di  questa  re- 
gione del  bacino ,  due  pollici  e  mezzo  per  la  ba- 
se del  sacrum  ,  e  sei  linee  per  la  grossezza  dei  pubi. 
Neir  insistere  di  più  sopra  queste  esperienze  Baude- 
locque avrebbe  riconosciuto  che  le  ossa  ,  e  i  tessuti 
cutanei  delle  regioni  sacro  e  pubiana  presentano  nei 
diversi  individui  delle  varietà  nella  loro  grossezza,  che 
non  permettono  di  ammettere  tal  deduzione  rigo- 
rosa di  tre  pollici  stabilita  da  questo  esimio  prati- 
co. Ben  si  sa  (  come  molti  lo  hanno  osservato  )  che 
la  grassezza  nei  rachitici  non  è  mai  considerevolis- 
sima ,  ma  peraltro  il  sistema  muscolare  è  spesse  voi- 


Nuovo  Pelvimetro  ^I 

te  più  marcato  ,  il  tessuto  cellulare  è  più  abbon- 
dante in  una  persona  ,  piuttosto  che  nell'  altra.  Si 
sono  vellute  delle  donne  che  presentavano  delle  eso- 
stosi in  diversi  punti  della  cavità  ossea,  ove  un'af- 
fezione di  questa  natura  poteva  accompagnarsi  con 
un  certo  grado  di  pinguedine.  Ciò  sarebbe  d'altron- 
de un  mettersi  in  opposizione  formale  coi  fatti,  so- 
stenendo che  la  rachitide  non  produce  mai  sul  ba- 
cino degli  sviluppi  al  di  la  di  una  dimensione  data. 
Ho  avuto  occasione  di  misurare  un  certo  numero  di 
bacini  viziati  in  diverse  maniere  e  in  diversi  gra- 
di, che  presentavano  nella  grossezza  delle  pareti  in 
questione  da  quattro  fino  a  dodici  linee  in  più  o  in 
meno  dei  tre  pollici  assegnati  da  Baudelocque  ,  ora 
su  i  pubi,  ora  sulla  base  del  sacrum,  ora  sopra  que- 
ste due  parti  ossee,  nel  tempo  istesso  che  si  riscon- 
trava palesemente  una  marcata  differenza  nelle  gros- 
sezze, ora  egualmente  si  vedeva  la  direzione  obliqua 
dell'angolo  sacro-ventebrale,  che  avea  dato  luogo  all'er- 
rore di  diagnostica  profferita  durante  la  vita  di  una 
persona.  Sopra  più  di  cento  bacini  ben  conformati  , 
ricoperti  di  tutti  i  loro  tessuti  che  la  malattia  non 
avea  avuto  tempo  di  alterare  ,  si  è  osservato  che  vi 
erano  delle  differenze  non  meno  considerevoli  sul  vo- 
lume e  sulla  grossezza  delle  parti  che  formano  il  dia- 
metro  antero-posteriore   dello    stretto    addominale. 

La  natura  segue  un  andamento  regolare  nel  mo- 
do dello  sviluppo  dei  nostri  corpi,  e  delle  parti  che 
lo  compongono  :  essa  però  non  ha  assegnato  limiti 
precisi  alla  loro  estenzione.  Cosi  generalmente  il  ba- 
cino è  di  un  volume  ,  di  una  capacita  ,  e  di  una 
estensione  relativamente  al  volume  e  all'  estenzio- 
ne delle  ossa  delle  altre  parti  del  corpo.  Come  gli 
sfaceli ,  le  affezioni  morbose  che  s'impadroniscono  di 
tutti    i  nostri    tessuti   varrebbero  a    determinare  ma- 


12  S    e   I    E    X    Z    E 

tematicamente   il  volume  ,  a  cui   giugner  potrebbero, 
e  lo  spazio   che    debbono   occupare  ? 

La  misura  col  solo  mezzo  del  compasso  di  gros- 
sezza non  saprebbe  dunque  indicare  in  modo  esatto 
la  grossezza  dei  tessuti  che  formano,  per  mezzo  dei 
loro  respettivi  rapporti,  il  diametro  sacro-pubiano  ;  ed 
ancora  meno  dichiarare  lo  stato  interno  della  cavita 
pelviana.  Si  vede  ancora  assai  sovente  il  bacino  pre- 
sentare all'  esterno  tutti  i  caratteri  di  una  perfetta 
conformazione,  e  nel  modo  stesso  nascondere  all'  in- 
terno un  esostosi  ,  un  tumore  steatomatoso  che  occu- 
pano una  pai'te  più  o  meno  estesa  degli  stretti  o 
della  escavazione  delia  zona  pelviana:  disposizione  che 
diviene  causa  di  parti  lunghi,  difficili,  e  qualche  vol- 
ta impossìbili,  come  si  è  veduto  in  molti  casi,  e  co- 
me se  ne  riscontrano  replicatamente  numerosi  presso 
gli  scrittori   dei    trattati   dei  parti. 

Descrizione  delV  intropehimetro  ,  e  del  compasso 
di  grossezza. 

Questo  istromento  in  acciajo  forbito  viene  com- 
posto di  tre  \  ezzi  principali  :  due  grandi  di  dodici 
pollici  di  lunghezza  colle  loro  incurvature  ,  e  una 
piccola  di  sette  pollici  compresovi  il  suo  manubrio. 
Con  questi  tre  pezzi  formiamo  due  istromenti  distin- 
ti e  separati  ,  che  formano  un  complesso  di  misura 
del  bacino  .  L' uno  ha  due  pezzi  ricurvi  verso  il 
loro  terzo  inferiore  :  essi  sono  eguali  per  la  lunghez- 
za e  il  volume,  e  non  differiscono  per  la  forma  che 
nelle  loro  estremità,  superiori  :  rappresentando  il  pel- 
vimetro  esterno ,  o  compasso  di  grossezza  diviso  in 
gradi  sopra  uno  de'  suoi  lati  :  e  il  terzo  pezzo  ne 
compone   il  pelvimetro  interno. 

Questo  stromcnlu,  come  abbiamo  detto  ,  e  coni- 


Nuovo  Pelvimetro  43^ 

posto  òì  due  pezzi  che  sì  riuniscono  ,  e  si  separano 
ad  arbitrio  dulie  loro  estremità  dritte  ,  o  superici  i. 
L'uno  porta  un  vano ,  o  taglio  destinato  a  ricevere 
l'estremità  dell'  altro  pezzo  :  questo  vano  è  sovrap- 
posto ad  una  vite  di  pressione  che  serve  a  mantene- 
re nel  posto  il  pezzo  che  riceve,  di  modo  che  i  due 
piedi  del  compasso  possono  esser  separati  Funo  dall' 
altro  secondo  il  bisogno.  Se  ne  fa  uso  come  quello 
di  Baudelocque  per  misurare  il   bacino   all'  esterno. 

Descrizione  del  nuoi'o  perimetro. 

Del  pezzo  diviso  in  gradi  sulla  sua  lunghezza 
noi  ci  serviamo  per  formare  coli'  altro  piccolo  pez- 
zo l'istromento  che  proponiamo  per  misurare  il  ba- 
cino all'  interno.  Come  è  nel  rectum  che  noi  intro- 
duciamo questo  pezzo,  così  gli  diamo  il  nome  di  in- 
testinale. L'asta  a  capo  movibile,  che  sostiene  il  qua- 
drante ,  ha  il   nome  di   pezzo   del  quadrante. 

Il  terzo  pezzo,  il  piiì  corto  ricurvo  in  due  lati 
opposti,  presenta  nel  mezzo  della  sua  incurvatura  un 
intaglio  destinato  a  ricevere  il  pezzo  intestinale  so- 
pra di  cui  si  fa  scorrere,  secondo  il  bisogno  che  si 
ha  di  allontanarlo,  o  di  approssimarlo  al  centro  del  pez- 
zo. Esso  si  trova  fissato  nella  sua  posizione  dal  pez- 
zo destinato  a  ricoprire  che  l'iraane  al  suo  fianco  ,  e 
dalla    vite  di    pressione  che   termina  il   manico. 

Questo  piccolo  pezzo  ha  due  estremità,  l'una  fatta 
a  becco  di  anitra,  l'altru  che  serve  di  manico  è  ter- 
minata a  forma  di  trifoglio  ;  all'estremità  a  becco  di 
anitra,  essendo  quella  che  debb'  essere  introdotta  nella 
vagina  ,   abbiamo  dato  il  nome  di  pezzo  vaginale. 


44  Scienze 

Maniera  d'applicare  il  perimetro. 

Sgombrato  totalmente  il  retto  con  cristiere  leg- 
germente purgativo,  o  col  mezzo  di  una  doccia  ascen- 
dente, si  fa  giacere  la  persona  da  esaminare  come  se 
si  dovesse  applicare    il  forcipe. 

Essa  deve  essere  appianata  sulla  sponda  di  un 
letto  ,  le  coscie  allontanate  l'una  dall'  altra  ,  e  le  na- 
tiche più  elevate  del  petto.  Si  prende  il  pezzo  in- 
testinale dalla  manca ,  s'inclina  il  manico  dalla  par- 
te dell'inguine  diritto  della  donna,  e  si  presenta  all' 
ano  l'estremità  rotonda  di  questo  pezzo.  Si  introdu- 
ce prima  all'  ingresso  dell'  ano  la  punta  dell'  indice 
della  mano  destra  ,  e  si  fa  sdrucciolare  su  quel  dito 
restremita  dell'  istromento,  che  deve  essere  spalmato 
di  una  materia  oleosa.  Sovente  accade  che  una  con- 
trazione spasmodica  s'impadronisce  dell'  ano  nel  mo- 
mento in  cui  si  propone  di  applicare  questo  pezzo 
di  stromento  ;  ma  una  volta  che  esso  ha  oltrepassato 
lo  sfintere  ,  si  abbassa  il  manico  che  si  riporta  dalla 
dritta  sul  davanti  della  donna  nella  direzione  della 
linea  media  della  vulva  :  allora  spingcsi  l'istromento 
dal  basso  in  alto  nella  stessa  direzione,  secondo  l'asse 
dello  stretto  inferiore   del  bacino. 

Le  pareti  molli  del  retto  ,  l'eccessiva  ampiezza 
di  questo  intestino  nella  maggior  parte  delle  donne, 
rendono  questa  operazione  molto  facile.  Pertanto  bi- 
sogna sempre  aver  l'attenzione  di  dirigere  il  pezzo 
intestinale  con  lentezza  e  circospezione,  allinc  di  po- 
ter giudicare  la  natura  ,  l'esten/ione  e  il  luogo  dell' 
ostacolo  che  potrebbe  nuocere  al  parto;  come  le  tan- 
te volte  si  è  veduto,  che  l'intestino  retto  è  situato 
a  dritta  nelle  persone  ben  costituite:  la  quale  situazio- 
ne   polrcbbcsi     rincontrare    in     un    bacino   dillbrmc  , 


Nuovo  Pelvimetro  15 

e  così  contribuire  per  sua  natura  al  cangiamento  eli 
direzione  cleir  intestino.  Sarebbe  dunque  prudentissi- 
raa  cosa,  prima  di  ricorrere  ai  mezzi  di  evacuare  Tin- 
testino  retto  ,  di  assicurarsi  dalla  parte  della  vagina 
attraverso  la  parte  posteriore  di  questo  canale  se  Tin- 
testino  è  situato  a  destra  o  a  sinistra  :  perche  se 
discendesse  a  dritta  dell'  angolo  sacro-vertebrale  bi- 
sognerebbe aver  l'attenzione  di  dirigere  lo  stromen- 
to  dalla  parte  ove  si  trovasse  situato  questo  canale, 
cioè  dalla  sinistra  alla  destra  della  donna ,  in  vece  di 
diritta  a  sinistra  come  l'abbiamo  raccomandato  pei  ca- 
si ordinar].  Ma  torniamo  al  pezzo  dello  stromento 
lasciato  nel  rectum. 

Si  sostiene  con  una  mano  il  manico  del  pezzo 
intestinale  per  conservarlo  in  rapporto  coli'  angolo  sa- 
cro-vertebrale col  quale  deve  essere  appoggiato ,  e  si 
usa  l'altra  mano  per  l'introduzione  del  pezzo  vagi- 
nale. Questo  pezzo  s'introduce  nella  vagina,  e  a  drit- 
ta del  pezzo  rettale,  di  modo  che  questo  possa  esse- 
re ricevuto  nell'  intaglio  praticato  nel  centro  del  pez- 
zo  vaginale. 

Quando  i  due  pezzi  sono  introdotti,  bisogna  as- 
sicurarsi di  nuovo  della  situazione  ove  si  trova  il 
pezzo  intestinale  collo  spinger  di  basso  in  alto  nel- 
la direzione  dell'angolo  sacro-vertebrale,  in  cui  l'estre- 
mità dell'  istromento  deve  ritrovare  il  suo  punto  d'ap- 
poggio. Si  mette  il  pezzo  vaginale  dietro  il  pube  ,  e 
vi  si  mantiene,  dandone  una  stretta  della  vite  di  pres- 
sione che  sovrappone  al  manico  :  e  con  questo  ba- 
sta di  volgere  il  manico  da  sinistra  a  destra.  Si  ab- 
bassa di  poi  il  pezzo  che  ricopre  ,  il  quale  concor- 
re a  mantenere  l'apparato  nel  grado  di  allungamen- 
to ove  l'hanno  fissato.  Si  consulta  allora  la  scala  a 
gradi  delineata  sulla  lunghezza  del  pezzo  rettale  :  es- 
sa da  la  misura  del  diametro  senza  che  vi  sia  biso- 
gno   di  far  la  minima   deduzione. 


i6  Scienze 

Allorché  si  vorranno  conoscere  le  dimensioni  di 
uno  de'  diametri  obliqui ,  supponiamo  l'istromento  co- 
me h  stato  detto  ,  s'inclinerà  il  manico  del  pezzo  in- 
testinale verso  la  coscia  diritta  della  donna;  l'incur- 
vatura di  questo  pcizo  sarà  situata  incontro  la  sim- 
fisi  sacro-iliaca  sinistra  ,  ed  il  pezzo  vaginale  dietro 
il  pube   destro. 

Ma  e  importacte  di  assicusarsi  di  nuovo  se  i  pez- 
zi nascosti  hanno  un  punto  d'appoggio  sulla  parete 
del  bacino  colla  quale  essi  si  trovano  in  rapporto  , 
si  potrà  ciò  conoscere  con  allontansi'e  l'un  dall'  al- 
tro questi  due  pezzi  dell'  istromcnto  tanto  che  la  con- 
formazione del  bacino  potrà  permetterlo.  Si  vuol  co- 
noscere dopo  il  diametro  coxo-pubiano  ?  Basta  di  ri- 
tirare l'istromento  di  modo  da  rimettere  il  pezzo  in- 
testinale nella  linea  media  del  sacrum.  Quando  l'estre- 
mità del  pezzo  intestinale  appoggia  sul  coccige  (di 
cui  è  facile  assicurarsi  col  mezzo  di  un  dito  messo 
air  esterno  sulla  regione  coxale  del  bacino  )  si  al- 
lontanano l'un  dall'  altro  i  due  pezzi  ,  e  dopo  aver- 
li portati  al  loro  piii  alto  grado  di  apertura  nella 
posizione  ove  si  trovano,  si  consulta  la  scala  divisa 
in  gradi  per  sapere  ciò  che  essa  dà  di  estensione  al 
diametro    coxo-pubiano. 

Si  è  dovuto  vedere  che  queste  operazioni  sono 
più  pronte  ad  eseguirsi  che  ad  esser  descritte,  e  che  que- 
sto istromento  può  applicarsi  egualmente  bene  tanto 
sopra  una  zitella  quanto  in  una  donna  coniugata,  in- 
cinta ,  e  nel  travaglio  del  parto  ,  poiché  il  pezzo  più 
lungo ,  e  più  centinato  non  agisce  in  tutti  i  casi  che 
nel  rectum  dietro  la  vagina  e  l'utero.  Il  pezzo  va- 
gino-pubiano ,  molto  corto  ,  sottile  ,  ed  assai  stretto 
per  penetrare  nell'  orificio  della  vagina  allorché  sa- 
rebbe questa  ancora  provveduta  della  membrana  ime- 
nea,  non  potrebbe  cagionar  dolori  per  la  sua  intro- 
duzione in  questo   canale. 


Nuovo  Pelvimetko  -17 

Ma  il  nostro  pelvimetro  saia  di  una  applicazio- 
ne mollo  facile  dalla  parte  della  vagina  nei  casi  di 
gravidanza  avanzata,  ove  questo  canale  è  moltissimo 
ed  assai  prolungato  ;  nel  caso  in  fine  ove  l'escava- 
zione  è  totalmente  libera  si  ottiene  in  un  modo  si- 
curo il  grado  di  estensione,  non  solo  del  diametro 
sacro-pubiano  ,  ma  quello  degli  altri  diametri  siasi 
obliqui ,    o   diretti   di  questa  cavità  ossea. 

Il  punto  essenziale,  dice  l'egregio  Capuron,  è  di 
determinare  il  rapporto  del  bacino  colla  testa  della 
creatura  .-  ora  come  si  potrebbe  valutare  la  misura  di 
questi   due  termini   di  paragone  ? 

La  questione  non  e  senza  dubbio  facile  a  risolver- 
si ;  pertanto  l'istromento  che  proponiamo,  applicato  se- 
condo il  nostro  metodo,  non  potrebbe  esso  in  qual- 
che circostanza  servire  di  cefalometro  quando  il  fe- 
to presenta  la  testa  ?  Suppongasi  che  la  regione  che 
SI  presenta  della  testa  sarebbe  stata  riconosciuta,  co- 
me si  può  far  promuovere  il  pezzo  intestinale  sulla 
meta  della  cavita  sinistra  del  bacino  quando  esso  è 
introdotto  nel  rectum  ,  si  potrà  ottenere  con  qualche 
certezza  su  questa  parte  della  cavità  pelviana  ,  sulle 
sue  dimensioni ,  sulla  estensione  dei  corpi  che  i  due 
pezzi  dell' istroraento  si  possono  fra  loro  abbracciare 
facendo  alcune  modificazioni  all'  istroraento  che  si  po- 
trebbe applicare  dalla  parte  della  vagina  per  servi- 
re durante  il  travaglio  del  parto  per  misurare  la  te- 
sta del   feto. 

Ma  tal  quale  è  oggi  ,  ed  applicato  secondo  il  me- 
todo che  ho  descritto  (  il  pezzo  intestinale  nel  rectum) 
questo  istroraento  può  esser  utilissimo  nei  casi  di  af- 
fezione di  utero  ,  cosicché  riavvicinando  i  due  pezzi 
dell' istroraento  dopo  la  loro  applicazione  potrebbe- 
si  riunire  come  fra  due  mollette  l'utero  ,  un  polipo, 
un  sarcoma,  un  tumore  qualunque  c.licche  si  trovas- 
G.A.T.LII.  2 


18  Scienze 

re  situato   nella  vagina ,    o   nella   grossezza    del    tes- 
suto  retto-vaginale. 

Simile  conoscenza  sul  volume  del  corpo  delFute- 
ro  non  sarebbe  senza  importanza  nei  casi  ove  il  col- 
lo di  questo  viscere  è  danneggiato,  facendo  incorag- 
gire  un  operatore  a  farne  l'apertura  :  perchè  un'ope- 
razione di  tal  natura  non  può  promettere  un  felice 
esito  stante  che  il  corpo  dell'utero ,  e  suoi  annessi  sono 
nello  stato  normale ,  ed  ognuno  azzarda  con  intre- 
pidezza come  in  questa  popolosa  capitale  sovente  si 
osserva. 

Nel  caso  di  retroversione  di  utero,  l'applicazio- 
ne del  pezzo  intestinale  sarebbe  di  una  non  lieve  ri- 
sorsa per  aiutare  a  rimettere  il  fondo  di  quel  visce- 
re nella  sua  naturale  posizione.  I  mezzi  proposti  lino 
«  questo  punto  per  facilitare  questa  operazione  sona 
rimasti    quasi  sempre  inefficaci ,  e  nell'  oscurità. 

Nelle  mani  dei  valenti  litotomisti  qucst'istromento  non 
potrebbe  egli  forse  servire  a  far  conoscere  il  volume 
di  una  pietra  esistente  nel  cavo  della  vescica  .'*  Il 
pezzo  intestinale  sarebbe  introdotto  nel  rcctum ,  si 
applicherebbe  il  pezzo  vaginale  su  i  pubi  nell'uomo, 
facendone  la  deduzione  di  quattro  linee  per  la  gros- 
sezza di  questa  ragione  del  bacino  :  si  potrebbe  ac- 
cordare a  quest'  ultimo  pezzo  del  vosero  istromento 
(la  vaginale)  la  forma  e  il  volume  che  converreb- 
be per  introdurlo  nell'  uretra  ,  e  per  fissarlo  al  pez- 
zo intestinale  per  ottenerne  quindi  il  desiderato  in- 
tento. 

Ben  sappiamo  che  tal  istromento  non  può  para- 
gonarsi col  lilomctro  contenuto  nell'  ingegnoso  ap- 
parato   per  ridurre   ia   pezzi    la   pietra    nella    vescica. 


rd 


Riflessioni  intorno  il  cholera  morbus  negli  animali 
hruti^  ili  Niccola  De  Angelis  pubblico  professore  di 
clinica  e  di  chirurgia  veterinaria  nelf  archigin- 
nasio romano  ,  perito  veterinario  della  sacra  con- 
sulta e  della  grascia  ,  veterinario  capo  delle  scu- 
derie pontificie ,  del  corpo  delle  guardie  nobili ,  e 
comprimario  dello  stabilimento  di  mattazione. 


D 


opo  i  travagli  di  uomini  sorami  intorno  le  malal-' 
tie  contagiose  ,  messe  specialmente  in  isfolgorante  lu- 
ce in  Italia  ,  dove  prima  di  ogni  altra  nazione  (1  ) 
fin  dal  secolo  sestodecimo  ,  l'immortal  Fracastoro 
provò  con  inconcussi  modi  la  loro  esistenza  ,  sarei 
io  troppo  ardimentoso  d'intertenerrai  in  cosillatlo  ar- 
gomento. SeralDrercLbe  eziandio  accrescersi  l'ardimen- 
to mio  in  considerando  l'opera  dottissima  pubblica- 
ta da  pochi  anni  sulle  malattie  contagiose  degli  ani- 
mali domestici  dal  chiarissimo  signor  professor  Me- 
taxà ,  celebre  ancora  per  altre  produzioni  nelle  na- 
turali scienze.   Ne   di   minor  pregio   si  è  il   lavoro  del 


(i)  L'Italia,  maestra  in  ogni  genere  di  sapere,  anche  nel- 
la veterinaria  fu  la  prima  a  dislinguersi  con  ire  famosi  vete- 
rinari. Essi  furono  Giordano  HitJJo  calabrese  vissuto  nel  prin- 
cipio del  secolo  i5.",  Lorenzo  Elisio  l'omano  sul  fine  di  dello 
secolo,  e  circa  la  medesima  epoca  fiori  Pietro  Crescenzio  bo- 
lognese: percioccliè  la  veterinaria  deve  a  questi  tre  italiani 
interamente  la  sua  conservazione  nei  tempi  di  oscurità  e  di 
barbarie.   Sletaxà,  mulallic   conlugiosc  degli  animali   domestici. 

2^ 


20  Scienze 

chiarissimo  signor  dottor  Cappello  intorno  i  contagi, 
di  cui  trovasi  im  limpidissimo  sunto  nel  suo  primo 
ragionamento  della  febbre  pestilenziale  colerica  ,  ad 
oggetto  d'illuminare  le  persone  ,  che  non  fossero  ,  o 
non  approfondissero  l'arte  salutare,  dimostrando  loro, 
che  tutti  appunto  racchiudonsi  i  caratteri  di  conta- 
gio nel  cholera  indico ,  che  da  tre  lustri  in  ragion 
composta  delle  comunicazioni  e  delle  disposizioni  me- 
na strage  di  contrada  in  contrada ,  in  cui  talvolta 
si  rimase  sporadico ,  talvolta  tornò  novamente  a  fla- 
gellare ,  conforme  ne  insegna  la  storia  tracciata  ap- 
presso officiali  relazioni.  Perlochè  non  solo  i  professo- 
ri dell'  arte  medica ,  ma  i  governi ,  che  in  sì  lut- 
tuose emergenze  sono  i  veri  medici ,  non  risparmia- 
rono ,  ne  risparmiano  cure  e  spese  per  resistere  all' 
indomito  morbo ,  che,  laddove  più  infuria ,  invade 
eziandio  animali  di  ogni  organizzazione.  E  appunta 
nella  lettura  de'  pubblici  fogli  ,  che  caddemi  più  fiate 
sott'  occhio  ,  che  il  cholera  asiatico  non  solo  attac- 
ca la  più  nobile  specie  organica,  quale  si  è  l'uomo, 
ma  distende  ancora  nelle  specie  de'  bruti  le  micidia- 
lissirae  sue  propagini.  Vieppiù  adunque  non  sembra 
avverarsi  la  sentenza  di  chi  scrisse  ,  che  i  morbi  at- 
taccaticci da  una  specie  all'  altra  non  osservansi  che 
in  una  sola  circostanza ,  quale  si  è  quella  dell'  an- 
trace pestilenziale.  Ma  fiso  il  mio  pensiero ,  che  la 
medicina  si  umana,  come  veterinaria  discender  debba 
non  da  soli  principii  teoretici  ed  astratti  ,  ma  dall' 
osservazione  e  dai  fatti  reiterati  in  più  tempi  ed 
in  più  luoghi ,  quindi  è ,  che  raoltiplici  essendo  i  fat- 
ti che  contestano  ,  che  il  cholera  orientale  non  so- 
lo nel  luogo  nativo ,  ma  fino  nel  centro  di  Europa 
propagossi  negli  animali  bruii  ,  perciò  bisogna  con- 
chiudere ,  che  alcuni  morlji  contagiosi  ,  se  vi  con- 
corrino  generali  e    individuali    disposizioni  ,  si  dillòu- 


ChotEftA  Morbus  2f 

dono  dà  Una  s|iecie  all'  altra  ,  conforme  e  «lei  clio- 
lera  asiatico  ,  che  passa  nelle  diverse  specie  animali. 
Per  un  maggiore  schiarimento  non  dee  tralasciarsi  an- 
fcora ,  come  nel  colerico  contagio  manifestisi  in  al- 
cuni casi  l'antrace  ,  che  generalmente  manca  ,  per  la 
probabile  ragione ,  che  esercente  l'attivissima  forza 
sua  il  contagio  colerico  nei  doviziosissimi  nervi  del 
sistema  gastro-enterico,  ne  distrugge  la  vitalità  :  di  mo- 
do che  non  puossi  dalla  natura  reagire  per  far  mo- 
stra di  un  bubouc  ,  o  di  un'  eruzione  qualunque.  Po- 
frebbesi  per  verità  obbiettare  ,  che  i  casi  d'antrace  re- 
gistrati dagli  autori  nel  cholera  orientale  potrebbono 
formare  l'eccezione  della  regola ,  perciocché  per  i  po- 
chi esempi  ,  che  leggonsi  negli  annali  universali  di 
medicina  (1831-32)  sul  male  in  quistione,  non  debba 
questo  reputarsi  dell'  indole  della  peste  bubonica.  Che 
se  comunemente  non  si  dimostrano  i  genuini  caratle- 
l'i  della  medesima  ,  vuoisi  tuttavia  ripetere  ,  che  con- 
tro i  fatti  non  giova  contrasto  di  sorta.  D'altronde  ri- 
spetto al  passaggio  da  una  specie  all'  altra  di  mail 
contagiosi  ammessi  da  alcuni  scrittori  ,  come  si  è  det- 
to ,  per  il  solo  antrace  pestilenziale ,  se  ne  presenta 
un  fatto  luminosissimo  nel  benefico  contagio  vaccini- 
co ,  che  per  innesto  dalla  vacca  comunicasi  all'  uo- 
mo ,  e  dall'  uomo  torna  a  comunicarsi  col  detto  in- 
nesto nelle  specie  brute.  Potrebbe  inoltre  da  taluno 
mettersi  in  avanti  l'onibile  morbo  della  idrofobia,  se 
il  prclodato  signor  dottor  Coppello  con  inconcussi  espe- 
rimenti, convalidati  da  una  serie  di  osservazioni  con- 
tinuate insino  a  questi  ultimi  d\  ,  non  avesse  tolto  la 
idrofobia  dal  novero  de'  contagi ,  e  con  molto  suo  plau- 
so collocatala  invece  in  quello  dei  veleni  propriamen- 
te detti.  Ma  tralasciando  questa  discussione  ,  che  po- 
trebbe appoggiarsi  con  altri  numerosi  fatti ,  discen- 
do io    alla  slorica   narrazione  ,   avvertendo  chi    legge. 


22  Scienze 

che  non  lutti  mi  si  e  conceduto  di  raccogliere  i  fat- 
ti in  j)rova  dell'  assunto  mio  ,  ma  che  pme  essi  sa- 
ranno tali ,  quali  dimostreranno  a  chiare  note  ,  che 
il  cholera  è  siffattamente  contagioso  ,  che  dall'  uomo 
si  trasmette  negli  animali  bruti.  Per  il  che  ho  io  esti- 
mato cosa  utile  di  avvertirne  il  pubblico,  affinchè, 
se  l'infortunio  si  desse  di  vedere  in  questa  capitale 
importato  il  cholera  morbus ,  si  potessero  dal  nostro 
paterno  governo  aggiungere ,  per  gli  animali  dome- 
stici ,  que'  provvedimenti  che  esige  una  pericolosis- 
sima malattia  come  il  cholera  ,  il  quale  ,  per  la  in- 
contrastabile ragione ,  con  cui  invase  successivamente^. 
senza  causa  manifesta .,  senza  distinzione  di  luoghi , 
di  stagione  ,  di  età  ,  di  sesso ,  di  condizione  ,  e  per 
l'argomento  nostro  ,  senza  distinzione  di  specie  ,  de- 
ve vieppiù  sempre  risvegliare  l'attenzione  governativa. 
E  merce  di  essa  che  potranno  completarsi  que'  sani- 
tari regolamenti,  che  ammettano  per  fondamentale  prin- 
cipio ,  che  il  cholera  morbus  asiatico  per  immediato 
e  mediato  contatto  è  trasmissibile  non  solo  ,  come  si 
disse  ,  da  uomo  ad  uomo ,  ma  ,  dove  imperversa,  si  ^ 
trasmette  ancora  nelle  specie  brute  ,  conforme  ne  por- 
gono  luminosa   prova  i  seguenti   fatti. 

Nei  rapporti  ufficiali  delle  Indie  leggesi  ,  che  il 
cliolcra  morbus  ivi  riprodottosi  nel  1827  con  intensa  . 
strage  umana  ,  ne  fece  consimile  in  ogni  specie  di 
animali  bruti.  Per  la  qual  cosa  i  superstiziosi  indiani 
ripetevano  questo  castigo,  non  osservato  nelle  prece- 
denti crassazioni  della  febbre  pestilenziale  colerica , 
dallo  sdegno  de'  numi  per  la  cessazione  d'immolar  lo- 
ro le  umane  vittime  (1).  Quando  già  nei  governi  dell' 
impero  russo  serpeggiava   questa    nuova   peste  ,  ed   in 


(i)  Oibliolcque  uuivcrsclle,  oclobre    i83i. 


CnOtERA    MORBUS  2S 

alcitnì  Con  molta  strage ,  a  Taiigarof  furono  veduti 
morire  a  stormo  del  dominante  contagio  gli  uccel- 
li (1).  Era  il  male  parimenti  nel  suo  dominio,  quan- 
do nella  vecchia  capitale  dell'  accennalo  impero  mo-^ 
livano  di  cholera  animali  di  ogni  specie  ^  inclusive 
i  gallinacci  ,  perciocché  opinavasi  da  que'  medici  , 
che  i  polli  d*India  per  la  propria  etimologia  erano  a 
preferenza  attaccali  dal  morbo  colerico  (2).  La  com- 
missione sanitaria  di  P^enezta^  che  per  sovrano  co- 
mando pertossi  in  Galizia  ad  effetto  di  studiare  la 
colerica  peste  ,  riferisce ,  che  nell'  infuriare  il  male 
iieir  umana  specie,  attaccava  ancora  gatti ,  cani ,  vac- 
che ,  galline  ,  e  simili  (3).  La  commissione  sanitaria 
lombarda  ,  che  inviossi  per  lo  stesso  scopo  nell'  im- 
pero austriaco  ,  ha  registrato ,  che  presso  Leopoli  ca- 
pitale della  Galizia  furono  affetti  di  cholera  i  ca- 
valli ,  i  cani ,  e  gli  uccelli.  In  Vienna  medesima  vi- 
dersi  morire  del  morbo  in  discorso  quantità  di  stor- 
ni (4).  Nella  ricorrenza  di  questa  pestilenza  osservos- 
si  a  Berlino  grande  mortalità  di  galline  e  di  pie- 
cioni  ;  nei  dintorni  poi  di  quella  capitale  un  graa 
numero  di  stagni  e  di  laghi  furono  per  morte  coni-» 
pletamente  orbati  di  pesce.  Nel  circolo  di  Marien^ 
iverder  videsi  lo  stesso  fenomeno;  che  anzi  furono  em- 
piute quaranta  grosse  botti  di  animali  aquatici ,  e  po- 
scia con  cautele  opportune  sepolti ,  ad  oggetto  di  ri- 
Movere  le  mofetichc  esalazioni  ,  che  gik   incomincia- 


(i)  Id.  ih.  novembre   i8di. 

(2)  Cappello  ,  I.   ragionamento    della    febbre    pestilenziale 
cliolcrica  pag.  ^o  nòta. 

(0)  Annali  universali  di  medicina  voi.   60  png,  aSy. 
(4)  Id.  voi,   61   pag.  aa. 


24  S  e  I  E  N  a  E 

vano  a  svolgersi  (1).  Ne'  fogli  di  Francia  narrasi  che 
un  morbo  simile  al  cholera  asiatico  sviluppossi ,  fa- 
cendone molta  strage,  negli  animali  domestici,  e  pre- 
cisamente nei  cavalli ,  e  nelle  bestie  da  corna  nel  cir- 
condario di  Burhon-J^anclea.  Nella  lingua  e  nelle 
labbra  di  questi  animali  rimarcaronsi  vescichette  ne- 
riccie ,  morendo  l'animale  quasi  immediatamente  con 
intensa  nevrosi  (2).  Dai  fogli  suddetti  rilevasi  anco- 
ra ,  che  in  una  tornata  dell'  accademia  di  medicina 
di  Parigi  rendevasi  conto  di  un'  epidemia  nei  volatili 
nelle  vicinanze  di  quella  capitale,  e  l'autossia  dei  me- 
desimi aveva  manifestate  evidenti  lesioni  del  tubo  en- 
terico, ed  un  mirabile  alteramento  nella  pelle.  A  Bour- 
get  scrivesi  di  essersi  osservato  lo  stesso  micidial  fe- 
nomeno. A  Comicul  finalmente  si  è  sviluppato  con- 
simil  morbo  nelle  galline,  dimodoché  il  maire  ha  proi- 
bito  la   vendita    di    ogni  sorta   di  volatili  (3). 

Si  racconta  nella  biblioteca  universale,  che  l'anda- 
mento del  cholera  nel  cavallo  eccita  negli  astanti 
grande  commiserazione  ,  stante  la  privazione  del  vo- 
mito per  la   sua   propria   organizzazione. 

Dopo  questi  fatti  nessuno  ,  se  io  non  m'inganno, 
potrà  negare  il  passaggio  del  dominante  morbo  in  ogni 
specie  animale.  Quindi  ragion  vuole,  che  anche  i  pro- 
fessori di  'veterinaria ,  nel  sinistro  evento  ,  sieno  vi- 
gilanti per  suggerire  quei  più  convenevoli  mezzi,  sia 
nella  profilassi ,  sia  nella  cura  risguardante  gli  ani- 
mali domestici.  Né  vuoisi  obbliare  ,  come  fra  le  sa- 
nitarie cautele  debba  aversi  in  somma  considerazio- 
ne di   tenere   riguardati  i   medesimi   nei  luoghi  ,    ove 


(i)  Biblioteqiie  univ.  decernbre  i83i    pag.  ^i6. 

(a)  Diario  di  Roma    18    aprile  i832. 

(3j  Noliiie  del  giorno,  Roma    io  maggio   i85a. 


Gholera  morbus  25 

serpeggia  il  contagioso  cholera  ,  non  solo  per  la  lo- 
ro incolumità ,  ma  soprattutto  perchè  non  divengano 
conduttori  del  contagio ,  disseminandolo  nella  razza 
umana.  A  tal' effetto  nell'invasione  del  contagio  deb- 
bono il  più  possibilmente  ritenersi  in  luoghi  separa- 
ti. Diventa  indispensabile  il  sequestro  di  delti  ani- 
mali, se  si  svolgesse  fra  di  loro  il  contagio.  I  piccioli 
animali  domestici  in  siffatti  casi  vanno  tutti  distrutti, 
e  sepolti  con  calce  viva  ,  persuadendo  il  sommo  pe- 
ricolo in  insinuanti  e  convincenti  ragioni  alla  pove- 
ra gente  ,  capace  ,  per  ignoranza  ,  di  mangiarne  clan- 
destinamente le  carni. 

I  luoghi  dunque  abitati  dagli  animali  si  procu- 
reranno ventilati ,  e  ben  nettati  una  e  due  volte  il 
giorno  dagli  escrementi  ,  ed  altre  sozzure  da  traspor- 
tarsi in  siti  designati  nei  sanitarj  regolamenti  della 
sacra  Consulta,  Inoltre  netterassi  eziandio  colf  acqua 
pura  l'insudiciato  suolo  :  e  giova  avvertire ,  che  non 
vi  rimanga  di  detto  liquido  ,  il  quale  con  somma  fa- 
cilita si  saturarebbe  di  principj  eterogenei  ,  d'onde 
ne  verrebbero  le  mofetiche  esalazioni  :  congiunte  que- 
ste coir  accresciuta  igrometria,  darebbero  maggior  op- 
portunità, a  contrarre  il  morbo.  Consta  da  esatte  os- 
servazioni quanto  predispongano  alla  contrazione  del 
diolera  morbus  i  luoghi  umidi.  Nel  nostro  cielo  di- 
pende appunto  dagli  svariati  eccessi  di  temperatura  e 
di  umidita  il  genio  endemico  delle  febbri  di  periodo, 
come  non  ha  guari  confermavalo  nella  sua  dotta  me- 
moria il  chiarissimo  signor  professor  Folcili;  teste  an- 
cora questo  dottissimo  professore  dal  caldo  umido  ri- 
peteva principalmente  l'influenza  epidemica  reumati- 
ca catarrale  dell'  anno  decorso.  Or  dunque  se  coli' 
indole  del  clima  vi  si  congiunga  l'artificiale  umidita, 
maggior  ansa  darassi  al  contagio.  Per  gli  stessi  prin- 
cipj non  devesi   eccedere  nel  lavare  con  acqua  le  va- 


26^  S    e    i    E    N    Z    tì 

rie  parti  del  corpo  ,  speclnliiiciilc  ciucile  delle  gatil^ 
Le  dei  cavalli ,  contribuendo  ancor  questo  eccesso  ad 
arrestare  l'insensibil  traspiro.  I  cavalli  da  lavoro  de- 
vono bene  asciugarsi  dal  sudore  ^  e  coprirsi  poscia 
con  drappo  di  lana.  Corrispondente  dovrà  essere  il 
regime  dietetico  ,  mentre  si  userà  la  diligenza  ,  per- 
chè il  foraggio  sia  scelto  e  sano.  E  qui  vuoisi  da  me 
ripetere  ciò  che  reiterate  volte  ho  inculcato  ,  che  si 
desistesse  dal  nocevole  uso  di  aderbare  in  scuderia 
i  cavalli ,  prorompendone  per  questo  effetto  non  pò-» 
dii  morbi  esterni  ed  interni.  Imperocché  nei  cavalli 
specialmente  di  scuderia  debbono  per  l'aderbamento 
ripetersi  numerosi  e  frequenti  flogistici  morbi ,  le 
intumescenze  dei  membri  locomotori  ,  le  ostinate  zop- 
pie  ,  le  coliche  ,  e  molte  altre  malattie  che  sogliono 
manifestarsi  ricU'  epoca  ,  o  saccessivamentc  all'  accen- 
nato aderbamento.  Imperocché  una  matura  esperienza 
mi  ha  dimostrato  ,  che  gli  animali  nel  libero  pasco- 
lo scelgono  le  erbe  salubri  e  tenere  ,  le  quali  per  la 
freschezza  ancora  racchiudono  appositi  elementi  nu- 
tritivi. Per  contrario  l'erba  che  somministrasi  ai  ca- 
valli di  scuderia  è  afFascinata  di  buone  e  di  cat- 
tive erbe  ,  che  per  la  privazione  ,  in  cui  i  medésimi 
èrano  delle  erbe  fresche  ,  divorano  cori  ingorda  avi- 
dita.  È  ben  noto  che  simili  specie  di  erbe,  oltre  all' 
essere  più  dure  ,  fiorite ,  e  talor  anche  invecchiate  , 
contengono  principj  mal  sani  ,  conforme  risulta  da 
chimiche  analisi  da  uomini  insigni  replicatamente  in- 
stituite.  Ne  taluno  creda  ,  che  con  questo  igienico 
precetto  intenda  io  porre  in  disuso  nell'  opportuna 
stagione  la  gramigna  e  la  indivia ,  che  sono  erbe  re- 
putate giustamente  salubri.  Ottimo  poi  sarebbe  ,  che 
agli  animali  tenuti  nel  pascolo  si  scegliessero  pr&^ 
terie  asciutte  ,  nel  qual  caso  ,  per  la  buona  qualità, 
dell'erbe,  vanno    preferite  le   praterie    montuose,    o' 


CuOLERA    MORBUS  27 

degli  alti-piani.  Moltissima  attenzione  meritano  i  ri- 
coveri (Jellc  pubbliche  vie  della  campagna  romana  , 
come  sono  le  osterie,  le  depositerie,  gli  alberghi  etc. 
I  medesimi  osservansi  comunemente  non  ventilati,  col- 
mi ,  per  COSI- dire  ,  di  letame,  e  di  ogni  sozziu'a  ; 
d'onde  divengono  fomiti  assai  favorevoli  alla  propa-, 
gazione  del  contagio  ,  e  talora  lo  racchiudono  per 
la  dimora  di  animali  malati ,  o  di  animali  provenien- 
ti da  luoghi  sospetti.  Massima  perciò  debb'  essere  la 
vigilanza  sanitaria  ,  perchè  quivi  si  eseguano  immau-, 
cabilmente  le  opportune  discipline  di  sanità.  La  pro- 
filassi individuale  ne'  grandi  animali  domestici  (  ca- 
valli ,  bovi  etc.)  aggirerassi  almeno  per  10  giorni, 
ed  in  ogni  di  ,  ncU'  uso  delle  cosi  dette  polveri  tem- 
peranti e  diuretiche,  come  cremor  di  tartaro,  e  nitra- 
to di  potassa.  Mezz'  oncia  di  cremor  di  tartaro  con 
due  ottave  di  nitro  formerà  la  profilattica  cura  del 
cavallo  ,  e  doppia  sarà  la  dose  nei  bovi.  Ne  sarà  di- 
sutile somministrargli  più  volte  al  di  le  acque  chia- 
mate bianche  dai  ycteriuarj  ,  e  beverone  dal  volgo  , 
risultante  di  acqua  con  farina  di  grano.  Opportune 
inoltre  saranno  le  fregagioni  secche  praticate  con  pan- 
no di  lana  lungo  la  spina  dorsale.  Alle  bestie  la- 
nute ,  che  sono  al  pascolo  ,  sarà  giovevole  sommini- 
strare per  circa  1 0  giorni  due  once  di  sale  comu- 
ne ,  il  quale  sarà  accresciuto  agli  altri  animali  in 
ragione  della  loro  mole.  Colla  piti  possibile  nettez- 
za dovranno  finalmente  tenersi  gli  abbeverato]  per  gli 
animali  domestici  ,  che  sono  al  pascolo  ,  procurando 
ancora ,  che  ,  immediatamente  dopo  una  pioggia  ,  non 
sieno  i  medesimi  abbeverati.  Che  se  sgraziatamente 
1  importato  cholcra  morbus  si  manifestasse  negli  ani- 
mali domestici  ,  vuoisi  rammentare  che  la  cura  dcbbe 
praticarsi  dal  complesso  di  quanto  può  presentarsi 
sotto  l'occhio  clinico.  In  mancanza  poi  di  dcllaglialc 


2IÈ>  Scienze 

relazioni  si  diagnostiche  ,  come  terapeutiche  intorno 
il  cholera  asiatico  degli  animali  bruti  ,  fa  di  mestie- 
ri aver  in  vista  ciò  che  venne  considerato,  ed  ado- 
perato nella  specie  umana.  Non  sarà  tuttavia  spregie- 
vole ,  che  io  dica  in  iscoicio  la  storia  del  male  ,  co- 
me si  manifesta  nell'  uomo.  Ed  in  primo  luogo  quanti 
furono  medici  in  Europa  che  osservarono  la  malat- 
tìa, tanti  convennero  dell'  identità  della  medesima  col 
cholera  delle  Indie  :  e  ne  convennero  inclusive  i  me- 
dici ,  che  cola  piiì  fiate  ebbero  largo  campo  di  ve- 
derla e  di  curarla.  I  suoi  sintomi  precursori  sono  do- 
lor gravati vo  di  testa  ,  moti  vertiginosi  ,  singolare 
sensazione  di  pienezza  nella  regione  del  centro  della 
vita  organica  con  qualche  fremito  del  nobilissimo 
viscere  che  vi  si  racchiude,  ansieth,  sete,  dolore  nel 
sistema  digestivo  ,  tensioni  alquanto  dolenti  nell'  e- 
stremita,  e  nella  spina  dorsale.  Succedono  a  questi 
sintomi  l'ansietà  massima  ,  la  somma  prostrazione  del- 
le forze  con  singolare  stringimento  al  petto  ed  agli 
ipocondrj  ;  vomiti  di  una  materia  bianco-bigia  ,  vi- 
scida,  simile  all'acqua  di  riso,  rade  volte  gialliccia; 
di  color  di  cafFè  ,  di  verderame,  nere,  e  commiste  a 
vermi  sono  le  alvine  dejezioni  con  un  odore  suo  pro- 
prio. La  fisonomia  più  facile  a  concepirsi  che  a  de- 
scriversi è  cholerica  ,  e  distinguesi  col  nome  di  fac- 
cia colerica;  languenti,  e  profondi  nell'orbita  sono  gli 
occhi ,  circolari  macchie  livide  mostransi  nelle  pal- 
pebre ;  triste  e  smunta  sempre  più  diviene  la  fiso- 
nomia ,  ceruleo  (cianosi)  è  il  color  della  faccia  ,  un 
freddo  marmoreo  invade  tutte  le  estremità,  il  naso, 
e  le  orecchie;  quelle  inoltre  si  fanno  livide  con  forti 
spasmodici  convellimenti.  Talora  questi  veggonsi  an- 
cora nei  muscoli  esteriori  di  altre  parti  del  corpo. 
Le  forze  universali  si  deprimono  in  ragione  delle  al- 
vine e  stomatiche  evacuazioni  ;    che   se  per  caso   ri- 


CnOLERA    MORBUS  29 

manessero  soppresse ,  maggiori  j.Vi verrebbero  i  cram- 
pi ,  e  tutto  il  corredo  di  uà'  intensa  nevrosi  si  mani- 
festerebbe ;  le  orine  ancora  sono  sempre  soppresse  : 
difficile  in  questo  stato  e  l'uscita  del  sangue  ,  e  cre- 
scendo la  narrata  sintomatologia  ,  il  malato  sen  muo- 
re. Se  poi  questo  stato  riesca  di  superarsi  ,  e  succeda 
una  reazione,  sia  per  la  propria  naturai  costituzione, 
sia  per  opera  dell'  arte,  si  può  concepire  un'aura  di 
speranza;  questa  si  accresce,  se  manifestasi  movimen- 
to ne' polsi,  calore,  sudore,  se  fluiscono  le  orine,  e 
gialle  divengono  le  intestinali  dejezioni.  Talora  però  il 
male  assume  il  carattere  di  tifo,  associandovisi  sovente 
svariate  eruzioni ,  onde  il  pericolo  di  morte  avviene 
spesso  dopo  questo  novello  apparato.  Poiché  varii  sono 
i  metodi  di  cura  ,  io  non  terrò  discorso  sopra  i  me- 
desimi ;  ma  per  l'obbietto  che  io  ho  impreso  a  trat- 
tare ,  puossi  a  un  dipresso  desumere  ,  che  il  meto- 
do di  cura  debbe  esser  dapprima  deprimente  e  rin- 
frescante ,  poscia  calmante  ,  se  la  patognomonica  ne- 
vrosi prevalga  nel  decorso  della  malattia.  Perciò  le 
cacciate  di  sangue  generali  e  locali  colle  bevande 
rifrescative  sopra  descritte  saranno  conducenti  a  sal- 
vare alcuni  dei  grossi  animali  domestici  attaccati  dal 
feroce  malore.  I  narcotici  ,  gli  oppiati ,  il  giusquia- 
mo ,  la  belladonna  ,  potranno  a  seconda  de'  casi  più  o 
meno  convenire  ,  onde  adempiere  le  generali  terapeu- 
tiche prescrizioni  di  questo  morbo  (1).    Né  deve  omet- 


(i)  La  clinica  osservazioae  deve  essere  per  altro  la  guida 
verace  per  giudicare  non  esclusivamente ,  come  s'insegna  in 
alcune  scuole  ,  ma  dal  complesso  del  tutto  insieme,  come  si 
è  superiormente  accennato.  É  sopra  queste  basi  inconcusse ,  che  ' 
non  ha  guari  il  chiarissimo  Lessona  ,  professore  della  regia 
scuola    veterinaria  di  Torino,  istituì  l'apposito  metodo  di  cura 


so  Scienze 

tersi  l'uso  giovevole  delle  fumigazioni  acide  ,  spe^ 
cialiueute  quelle  fatle  coli' acido  muriatico  ossigenato 
(  Cloro  ) .  Somma  poi  è  la  loro  utilità  per  le  ne- 
cessarie espurgazioni  dei  luoghi  e  delle  robe  in- 
fette. Quanto  poi  si  disse  sopra  sul  sotterramento  con 
calce  viva  dei  piccioli  animali  domestici  ,  altrettan- 
to devesi  praticare  negli  animali  grossi.  Che  se  nelle 
vedute  igieniche  si  è  sopra  raccomandato  un  foraggio 
scelto  e  salubre ,  maggiormente  dovrà  praticarsi  nella 
convalescenza  di  quegli  animali ,  che  fortunatamente 
scampassero  dalla  formidabile  malattia.  Ognuno  poi 
apertamente  si  avvede  ,  che  dopo  la  guai'igione  non 
breve  dev'  essere  il  loro  riposo  ;  non  sieno  perciò  sot- 
toposti alle  respettive  fatiche  ,  finche  non  abbiano  ria- 
cquistata la  perfetta  normalità. 


Istituto  de  sordo-muti  di  Siena.  Terzo  rapporto  an- 
nuale del  pio  istituto  dei  sordo-muti  stabilito  e 
mantenuto  in  Siena  da  spontanee  oblazioni^  dal  1" 
luglio  1830  al  30  giugno  4831.  Siena  1831,  8". 


Jl  terzo  rapporto  annuale  di  questo  pio  istituto  ci 
è  stato  trasmesso  dal  benemerito  direttore  del  mede- 
simo ,  prof.  Grottanelli  de'  Santi.  Noi  gli  rendia- 
mo grazie ,  per  averci  fatto  conoscere  un  documento 
prezioso  per  la  storia  della  filantropia,  il  quale  prova 


ia  uà  epidemico  mlcidlal  morbo ,  che  serpeggiò  in  un  luogo 
del  Piemonte  nel  luglio  ed  agosto  i825.  Storia  della  morli- 
fora  nuxlcUUache  serpeggiò  fra  le  bestie  bovine  ce.  Torino  i^-ì"]. 


Istituto  de  sordo-muti  8t 

ciò  che  possane  ia  i»rcve  tempo  gli  sforzi  di  pochi 
iiulivicki   animati   di    vero   zelo  pel   pubblico    bene. 

Fino  al  1S28  il  pietoso  pensiero  d'istruire  i  sor- 
do-muti non  viveva  in  Siena  che  nell'  animo  dell'  ot- 
timo padre  Tommaso  Pendola  delle  scuole  pie  ad- 
detto ai  nob.  collegio  Tolomei  di  quella  citta.  Egli 
aveva  appreso  dal  celebre  P,  Assarotti  suo  concitta- 
dino e  confratello  le  teorie  di  quell'  insegnamento , 
e  per  circa  tre  anni  ne  aveva  fatto  privatamente 
qualche  felice  applicazione  consecrandovi  le  poche 
ore ,  le  quali  sopravanzavano  alle  sue  scolastiche  cure. 

Nel  luglio  del  medesimo  anno  ,  questo  religioso 
animato  dalle  istanze  di  molti  personaggi  ragguar- 
devoli per  dignità  e  per  dottrina  ,  e  sostenuto  prin- 
cipalmente dalla  operazione  del  professore  Stanislao 
GrottancUi  ,  formò  il  progetto  di  aprire  una  scuola 
pe'  sordo-muti  ,  che  venisse  sostenuta  dalla  benefi- 
cenza e  dall'  amor  patrio  degli  abitanti  di  Siena.  Le 
oblazioni  dovevono  essere  di  due  specie.  1"  Elemosi- 
na annuale  pel  corso  almeno  di  anni  cinque  ;  tanti 
essendo  presso  a  poco  necessarj  per  restituire  alla 
società,  un  sordo-muto  istruito.  2°  Elemosina  per  una 
sola  volta  onde  erigere  quel  pio  istituto.  -  Il  P.  T. 
Pendola  si  obbligava  di  continuare  gratuitamente  a 
dirigere  tutto  il  sistema  di  ammaestramento  ;  il  sordo- 
muto Pandolfo  del  Guerra,  già  da  qualche  tempo  istrui- 
to, doveva,  appresso  giusta  retribuzione,  assumere  parte 
del  pratico  insegnamento;  e  il  prof.  Grottanelli,  ac- 
cettando la  direzione  economica,  si  ofl'riva  di  racco- 
gliere le  oblazioni ,  promettendo  poi  di  dare  annual- 
mente conto  ai  contribuenti  dell'  introito  e  delle  spe- 
se fatte. 

Si  stabilivano  alcune  leggi  fondamentali  ad  imi- 
tazione di  quelle  di  simili  istituti  di  carità,  esistenti 
in  Inghilterra  ed  in  Francia  :  e  queste  leggi    essendcì 


àS  Scienze 

state   approvate   dal   sovrano  ,   fu  data   pubblicità  al 

progetto. 

Non  appena  ammontavano  a  900  lire  toscane  le 
oblazioni  annuali  ottenute  dalla  pietà  de'sanesi,  che 
già  nel  principio  di  agosto  aprivasi  l'istituto  ,  e  co- 
minciava la  scuola  con  quattro  sordo-muti.  Questi 
non  potevano  gratuitamente  godere  che  la  sola  istru- 
zione ;  ma  non  ancora  terminava  il  mese  ,  quando 
Leopoldo  II  ordinava  che  dalla  sua  privata  cassa  fos- 
sero passate  lir.  100  al  mese  nelle  mani  del  diret- 
tore, coir  obbligo  di  fondare  un  posto  d'intiero  man- 
tenimento a  favore  di  un  sordo -muto  ,  proposto  dal 
sovrano  medesimo.  L'istituto  gareggiando  in  genero- 
sita  col  principe  fondava  due  altri  simili  posti ,  e  le 
sue  rendite  ascendevano  sul  finire  di  quel  primo  an- 
no ad  oltre  3000  lire.  Nel  secondo  ar^no  la  scuola 
contò  dieci  alunni ,  quattro  de'  quali  vennero  inte- 
ramente mantenuti  ,  mentre  sei  ricevettero  gratuita- 
mente ,   oltre   l'istruzione ,  anche  il  vestiario. 

Fino  a  quest'  epoca  que'  sordo-muti  ,  che  gode- 
vano dell'  intero  mantenimento,  venivano  collocati  a 
dozzina  in  famiglie  diverse;  ma  quantunque  queste  fa- 
cessero a  gara  nel  ben  trattare  e  custodire  quegl'  in- 
felici ,  pure  sentivasi  quanto  sarebbe  stato  desidera- 
bile il  poterli  riunire  in  convitto.  Questo  voto  è  ora 
adempito.  La  società  ha  acquistato  a  tenue  prezzo,  e 
pagabile  a  rate  ,  un  locale  ove  sono  non  meno  di 
quarantotto  camerette ,  e  che  però  si  può  rendere  ca- 
pace di  sopra  venti  alunni  maschi  ed  altrettante  fem- 
mine, oltre  il  comodo  per  la  scuola  e  per  le  persone 
d'indispensabile  assistenza  ,  non  che  due  botteghe  , 
una  delle  quali  di  sarto  ,  e  l'altra  di  calzolaio  ,  ove 
gli  alunni  imparano  questi  mestieri.  Nel  quarto  rap- 
porto verrà  dato  il  regolamento  interno  della  casa  di 
convitto  9  ma  frattanto  il  direttore  economico  annun- 


IsTiTiTO  de\sordo-muti  33 

zia  „  clie  prenderà  a  manteaere  per  interesse  di  par- 
ticolari quei  sordo-muti  che  venissero  presentati  non 
minori  di  anni  5  e  non  maggiori  di  anni  14  per  una 
lira  al  giorno^  tutto  compreso  ^^ .  Speriamo  che  que- 
sto annunzio  non  desterà  in  chi  l'ascolta  una  steri- 
le sorpresa,  relativa  alla  economia  dell'  istituto  ,  ma 
che  invece  animerà  le  persone  benefiche  ad  occupar- 
si di  rintracciare  qualche  povero  sordo-muto  ,  ed  af- 
fidarlo alla  filantropia  de'  sanesi.  Qnanto  facile  sa- 
rebbe alle  comunità  di  provvedere  in  siuiil  guisa  alla 
sorte  di  quegli  infelici ,  che  così  crescono  nel  loro 
seno ,  di  peso  a  se  stessi  ed   alla  società  ! 

,,  In  un  secolo  in  cui  tanto  si  parla  di  filantro- 
„  pia ,  non  vi  è  altro  modo  di  distinguere  i  sedicenti 
„  filantropi  dagli  uomini  animati  da  vero  amore  del 
„  prossimo,  che  il  fatto.  In  mezzo  alla  civil  società, 
„  nella  quale  gli  uomini  sono  non  di  rado  invitati 
„  ad  elargire  per  ostentazione  ,  per  onor  della  clas- 
„  se  ,  e  d'altronde  spesso  obbligati  dall'insistenza  di 
„  non  pochi  postulanti  ne  bisognosi,  ne  morali,  non 
„  vi  è  altro  mezzo  per  meritare  il  nome  di  vero  bc- 
„  nefattore  ,  fuorché  il  fare  delle  carità  ragionate.  - 
•)->  Quegli  stabilimenti  per  i  poveri  ,  ove  chi  dirige  , 
„  chi  assiste  ,  non  solo  presta  gratuitamente  l'opera 
„  sua,  ma  contribuisce  del  proprio  ;  ove  ciascun  e  n- 
„  tribucnte  può  entrare  successivamente  a  far  parte 
„  della  amministrazione,  ed  ha  ogni  anno  un  rendi- 
„  conto ,  che  la  pubblica  opinione  ha  dichiarato  pre- 
„  ciso  ed  esatto ,  saranno  tra  i  primi  a  dare  alla  so- 
„  cicta  una  garanzia,  che  l'elemosina  ricevuta  fu  ra- 
„  zionale. ,,  -  Così  termina  il  rapporto  economico  che 
abbiamo  sott'  occhio,  e  noi  crediamo  queste  parole 
degne  di  universale  attenzione.  -  Intorno  poi  al  rap- 
porto intellettuale  e  morale  ,  noi  ci  contenteremo  di 
dire  esser  per  ogni  modo  soddisfacenti  i  risultali  di 
(i.A.T.LlI.  3 


34  Scienze 

«[uesto  suo  stabilimento  ,  e  conispoiidenti  allo  zelo  dell' 
indefesso  P.  T.  Pendola.  Noi  speriamo  leggere  in  bre- 
ve neirAntologia  un  ragguaglio  da  lui  medesimo  sci-il- 
to  di  quanta  concerne  l'opera  sua  ,  onde  a  quello  .ri- 
correranno que'  nostri  lettori  che  volessero  averne  pie- 
na contezza  ;  ma  giacche  invoca  la  testimonianza  di 
quelle  persone  che  visitarono  l'istituto,  noi  con  pia- 
cere ne  coglieremo  l'occasione  di  dire ,  che  avendolo 
veduto  ne'  suoi  principj ,  ed  essendo  poi  recentemente 
tornati  a  vederlo  ne' suoi  progressi  ,  siamo  rimasti  ma- 
ravigliati del  suo  rapido  sviluppo.  Nel  trattenerci  in 
esso  ci  tornavano  in  mente  quelle  ore  che  ,  anni  ad- 
dietro ,  avevamo  con  tanto  interesse  passate  in  Genova 
neir  istituto  del  padre  Assarotti .  E  se  questo  per  il 
numero  degli  alunni  de'  due  sessi ,  e  per  il  ben  re- 
golato convitto  presentava  l'aspetto  d'impresa  matu- 
rata dal  tempo  ;  quello  di  Siena  dimostrava  nel  suo 
precoce  sviluppo  un  vigore  di  gioventù  fecondo  d'ogni 
bella  speranza  ;  quello  di  Genova  era  già  coronato  di 
pieno  successo  ;  quello  di  Siena  non  lasciava  dub- 
bioso il  suo  conseguimento.  E  se  alla  ricordanza  del 
primo  univasi  il  mesto  pensiero  che  colla  morte  del 
degno  vecchio  che  vi  presiedeva  potevano  risultarne 
per  l'istituto  stesso  le  più  fatali  conseguenze;  la  vi- 
sta di  quello  di  Siena  non  ispirava  per  contro  che  la 
piij.  ferma  fiducia  nell'  avvenire  ,  appoggiata  non  solo 
alla  gioventù  del  direttore  ,  ma  più  ancora  alla  il- 
luminata cooperazione  d'un  ben  istituito  comitato  con- 
servatore liberamente  scelto  noi  seno  di  quella  società 
di  benefici  cittadini,  la  cui  unione  presenta  in  se  stessa 
la  più  bella  e  sicura  garanzia. 


35 


Ètudes  statistiques  sur  Rome  etc.  Studi  statistici  su 
Roma  e  la  parte  occidentale  degli  stati  romani  ec. 
del  conte  di  Tournon  prefetto  del  dipartimento  di 
Roma  negli  anni  1810-14.  Parigi  1831.  Due  volumi 
in  8°  con  un  terzo  di  piante. 

ARTICOLO   I. 

JLia  prima  considerazione  che  ci  cadde  in  pensiero 
nel  toglierci  in  mano  l'opera  del  sig.  di  Tournon 
fu  che ,  sebbene  importantissima  ella  sia  una  statistica 
di  Roma  e  parte  si  ragguardevole  de'  dominj  romani; 
nondimeno  debba  riuscire  di  poca  utilità,  pubblica- 
ta diciassette  anni  dapoichè  fu  scritta.  Il  Say  nel 
discorso  preliminare  all'  economia  politica  e  qual  - 
che  altro  economista  posero  in  dubbio  l'utilità  delle 
statistiche,  allegando  che  s'esse  sono  veraci  nel  mo- 
mento in  che  si  scrivono,  non  sono  però  tali  allor- 
ché leggonsi  ,  variando  d'ora  in  ora  gli  elementi  sta- 
tistici. 11  Gioja  però  toglie  sottilmente  a  considerare 
cotesta  proposizione,  e  spende  molte  pagine  del  di- 
scorso preliminare  alla  sua  filosofia  dalla  statistica  a 
confutarla.  Egli  prova  con  quell'  immensa  erudizione 
ed  ordinato  raziocinio  che  lo  segnala  :  esservi  fra  gli 
clementi  statistici,  moltissimi  di  somma  importanza, 
che  sono  immutabili  :;  altri  che  non  cangiano  se  con 
che  al  volgere  di  più  secoli  ;  altri  ,  che  sebben  can- 
giano ogni  anno  ,  non  per  tanto  son  disutili  a  cono- 
scersi ;  altri  finalmente  che  variano  ogni  mese  ,  ogni 
di ,  anzi  ogn  istante  :  i  quali  tutti  non  si  debbono 
confondere  [e  porre  cosi  a  fascio ,  dichiarandoli  as- 
solutamente inutili.  Cotesto  ragionamento  del  Gioja  può 

3* 


36  Scienze 

servire  in  gran  parte  di  difesa  alla  tarda  pubblica- 
zione dello  scritto  fraaccse  :  che  noi  però  ci  tenghia- 
mo  carissimo;  perchè  quasi  unico  in  questo  genere  di 
studi  sulle  cose  nostre.  Imperocché  sebbene  v'abbia 
dovizia  d'opere  sulla  città  eterna  quanto  a'suoi  mo- 
numenti antichi  e  moderni ,  musei ,  statue  ,  pitture , 
ceremonie  ecclesiastiche,  pratiche  della  sua  curia  ed 
altrettali  cose:  nondimeno  v'  ha  gran  difetto  di  iscritti 
in  ciò  che  spetta  la  produzione  ,  l'industria ,  il  com- 
mercio, l'amministrazione  ed  i  pubblici  stabilimenti.  Il 
sig.  di  Tournon  si  adoperò  di  riempiere  questa  la- 
guna. Egli,  stato  prefetto  dal  dipartimento  romano  a 
tempo  dell'impero  francese,  studiò  l'indole  de' popoli 
che  gli  erano  aflidati ,  e  le  sue  considerazioni  assai 
volte  profonde  faimo  conoscere  eh'  è  cosa  molto  utile 
udir  lezioni  da'  filosofi  pratici.  Nuovo  argomento  di 
stima  e  di  gratitudine  è  l'aver  lui  scritto  di  noi  con 
verità  ed  amore  :  non  come  pur  troppo  sogliono  molti 
stranieri  che  male  istrutti  della  nostra  lingua  cor- 
rendo in  poche  settimane  dalle  Alpi  al  Lilibeo  ,  gui- 
dati per  lo  più  non  da  altri  che  da  qualche  igno- 
rante famiglio,  tornano  in  patria  ,  scrivono  di  noi  per 
lo  più  cose  false  ed  assai  volto  ingiuriose.  Il  sig.  di 
Tournon ,  in  quattr'  anni  che  fu  tra  noi ,  ebbe  agio  di 
conoscere  addentro  le  nostre  cose  e  ne  scrisse  con 
quella  schiettezza  che  è  propria  di  un  saggio  osserva- 
tore. 

Conosciuto  lo  spirito  che  animò  la  penna  dal  sig.  di 
Tournon  (  cosa  importantissima  a  volere  ben  giudi- 
care d'uno  scrittore)  diremo  ch'egli  part\  la  sua  opera 
in  cinque  libri.  Nel  primo  trattò  la  topografia ,  e  fece 
una  descrizione  di  tutto  il  territorio  che  comprendeva 
il  dipartimento  di  Roma,  noverandove  la  forza  e  lu 
popolazione.  Nel  secondo  discorse  la  cultura  di  que- 
sto paese,  i  prodotti    e  le  spese.  Nel   terzo    tolse  a  con- 


Statìstica  di  Roma  37 

siderare  ritiduslria  e  il  commercio.  Nel  rjnnrlo  il  gover- 
no ,  rammiiiistrazion  della  giustizia,  la  polizia,  gl'isti- 
tuti pubblici.  Nel  quinto  finalmente  disse  delle  stra- 
de ,  de'  ponti ,  degli  acquedotti  e  di  tutti  i  lavori  ese- 
guiti e  disegnati  dall'  amniinistiazion  francese.  IVoi 
renderemo  brevemente  conto  delle  cose  più  princi- 
pali ,  che  leggonsi   in    questi    studi  statistici. 

L'antico  dipartimento  di  Roma  occupava  gran  tratto 
dell'  Italia  centrale.  Esso  avea  per  limiti  la  Toscana  , 
l'Umbria,  il  regno  di  Napoli  ed  il  mare.  Abbraccia- 
va sei  delle  attuali  provincie  dello  stato  pontificio:  cioè 
Roma  e  sua  coraarca  ,  la  legazion  di  Velletri  ossia  la 
Marittima,  le  delegazioni  di  Prosinone,  ossia  campagna  , 
di  Rieti  ossia  Sabina  ,  di  Viterbo  e  Civitavecchia  ossia 
il  patrimonio  di  S.  Pietro.  Questo  vasto  paese  si  com- 
prende fra  i  42"  45'  23"  e  4r  18'  e  U  di  latitudine 
settentrionale:  fra  i  29°  28'  40"  e  di  30°  54'  27"  di  lon  ■ 
gitudine  orientale,  fissando  il  primo  meridiano  all'  iso- 
la del  Ferro.  Roma  è  pressoché  nel  centro  di  questa  re- 
gione che  si  stende  in  forma  di  un  quadrilatero  allunga- 
to cioè  sotto  il  41'°  53',  54"  di  latitudine,  e  30°,  9',  30" 
di  longitudine.  La  maggior  lunghezza  da  S.  Lorenzo 
a  Terracina  sono  miglia  ISOè  di  14,  1  a  grado,  e  la 
maggior  larghezza  da  Civitavecchia  ai  confini  napo- 
letani 69  miglia.  La  total  superficie  6000  miglia  qua- 
drate, o  rubbia  736  ,  000  :  della  quale  parte  è  mon- 
tuosa ,  parte  è  piana 

La  montuosa  si  compone  di  rocce  vulcaniche  e 
calcaree.  Imperocché  calcarei  sono  gli  Appennini  che 
corrono  paralleli  alla  riva  del  mare,  e  partiscono  lo 
stato  della  chiesa  del  regno  di  Napoli:  o  calcarei  sono 
1  monti  Lepini  che  si  distendono  nella  medesima  di- 
rezione: laddove  vulcanici  sono  i  monti  Cimini  che  dal 
mare  si  diligono  verso  gli  Appennini,  non  che  i  monti 
Albani  quasi  loro  paralleli.  Quindi  l'A.  divide  il  paese 


38  Scienze 

di  clie  tratta  in  tre  vasti  bacini,  ed  in  altrettanto  vallate. 
Il  primo  al  nord  determinato  dalla  Toscana  ,  dai  monti 
Gimini,  dal  Tevere  e  dal  mare,  ed  ha  per. scolo  il  lago 
di  Bolsena  ed  il  fiumicello  Marta  :  il  secondo  nel  centro , 
che  ha  per  limiti  j  Cimini  gli  Albani  gli  Appennini  ed 
il  mare  :  ov'  è  per  iscolatorc  il  Tevere  :  il  terzo  a 
mezzogiorno  fra  gli  Albani  i  Lepini  ed  il  mare,  ove 
sono  le  paludi  pontine.  Le  tre  vallate  son  quelle  del 
Sacco  ,  dell'  Aniene  e  della  Nera. 

Il  bacino  sottentrionale  ha  il  lago  di  Bolsena, 
cir  è  il  più  vasto  recipiente  di  questa  parte  dello  stato 
pontificio,  ed  occupa  colle  sue  acque  8620  rubbia  d'esten- 
sione. Esso  ha  d' intorno  boschi  e  terreni  diligente- 
mente coltivati.  Dalle  sue  acque  s'alzano  due  isole  abi- 
tate ,  cioè  quella  di  Marta  e  la  Bisentina  ove  nel  535 
fu  esiliata  e  morì,  per  ordine  del  secondo  suo  sposo 
Teodato  ,  la  regina  de'  goti  Amalasunta  figlia  del  gran 
Teodorico  e  madre  di  Atalarico-  Il  lago  porge  ot- 
tima pescagione  segnatamente  di  anguille  d'una  gros- 
sezza singolare  e  gustosissime.  Il  fiumicello  Marta 
ne  porta  al  mare  le  acque  dopo  un  corso  di  i3  le- 
ghe e  mezzo.  Bolsena  è  posta  sul  lago  del  suo  nome 
in  luogo  forte,  già  Vulsinio ,  citta  principalissima  dell' 
Etruria ,  ricca  e  popolosa.  Il  piacere  che  si  ha  nella 
veduta  bellissima  del  lago  e  delle  pianure  e  monta- 
gne, che  s'alternano  in  variatissima  maniera  dove  bo* 
schive  ,  dove  coperte  d'oliveti  e  di  vigne,  viene  in- 
torbidato dal  pensiero  che  que'  luoghi  sieno  nell'  estate 
assai  malsani  segnatamente  nelleparti  piiì  basse-  S.  Lo- 
renzo nuovo,  villaggio  posto  sul  confine  dello  stalo  in 
luogo  elevato ,  fu  costrutto  dai  fondamenti  per  opera  del 
pontefice  Pio  VI,  onde  trasportarvi  tutti  gli  abitanti 
di  S.  Lorenzo  Vecchio  che  perivano  per  la  mal'  aria 
della  valle.  Il  slg.  di  Tournon  dice  che  l'istoria  di 
questa  borgata  onora  quel  pontefice  assai  più  che  qua- 


SfATisTicA  DI  Roma  30 

lunqiie  arco  trionfale  :  essa  è  ini  monumento  eterno 
della  sua  beneficenza,  il  quale  innalzasi  sulla  soglia  rae- 
desìna  di  quegli  stati  che  resse.  La  via  ,  dopo  S.  Lo- 
renzo, si  ricopre  d'un  ghiaja  vulcanica  detta  rapillo  che 
assorbe  facilmente  Tumidita  e  da  scolo  alle  acque.  Essa 
abbonda  in  queste  contrade  ed  è  attissima  a  ben  con- 
servare le   viei 

Nel  centro  del  bacino  sopra  un  cono  vulcanico 
e  Montefìascone  ^  1'  antico  Falisco.  La  cupola  della 
Sua  catedrale ,  che  torreggia  altissima,  scernesi  per  lun- 
go tratto.  I  bevitori  di  vino  vi  si  fermano  assai  vo- 
lentieri, poiché  ne  produce  di  squisitissimo.  Sulla  som- 
ini  là  di  questo  monte  vedesi  attorno  attorno  l'antica 
Etruria.  AH'  oriente  di  Montefìascone  in  piano  argillo- 
so e  locata  Bagnorea.  Capo  di  monte  è  sopra  un  pro- 
montorio assai  pittoresco  non  lungi  dal  iiumicello  Mar- 
ta* Valentani  è  anch'  egli  posto  sopra  vnia  eminenza 
presso  la  Toscana  :  all'  occidente  di  Valentano  sten^ 
desi  un  piano  vulcanico  arido  e  petroso.  Canino  sorge 
ove  la  pianura  stendesi  verso  il  mare:  e  cotesta  pia- 
nura, tagliata  del  fiumicello  Fiova,  è  tutta  tristissima 
per  l'aria  malvagia.  La  porzione  che  si  comprende 
nella  Toscana  ha  il  medesimo  aspetto  ,  la  medesima 
mancanza  di  abitanti ,  la  medesima  cultura  :  tanto  è 
vero  che  le  medesime  cause  producono  i  medesimi  effetti. 
Ciò  che  il  sig.  di  Tournon  ha  voluto  appositamente 
notare  i  perchè  non  si  creda  cosi  di  leggeri  ad  alcuni 
viaggiatori,  i  quali  quanto  innalzano  l'aniministrazion 
toscana  ,  altrettanto  deprimono  la  nostra.  Ch'  essi  per- 
corrano le  maremme  di  Grossetto  e  di  Volterra,  e  ci  di- 
cano in  che  mai  si   deffercnziano    delle   romane. 

Sulla  Fiora ,  che  ha  circa  trentacinque  miglia  di 
corso,  è  fabbricata  Mantalto  la  quale  offerisce  alle 
greggi  ottimi  pascoli  invernali.  Toscanella  è  sulla  Mal- 
te nel   mezzo  di  ricco  territorio  ,  munita  di  torri    e  for- 


40  Scienze 

tificazioni.  Immensi  vantaggi  essa  ritrancbbe  dal  ren- 
der navigabile  quel  fiume.  Corneto  di  la  della  Marta 
giace  nel  mezzo  di  una  grande  e  variata  cultura  ,  e 
secondo  l'A.  sarebbe  esso  il  luogo  piiì  opportuno  a 
studiar  bene  la  nostra  maniera  di  coltivazione  si  poco 
conosciuta.  Fra  Corneto  e  il  mare  sono  le  saline,  che 
forniscono  gran  parte  di  tale  al  consumo  delle  pro- 
vincie  che  descriviamo.  Il  sale  s'imbarca  in  un  pic- 
colo porto  chiamato  dementino^  difeso  da  un  raolo. 
II  rimanente  dellas  piaggia  ha  tratto  tratto  alquante  torri 
ben  solide  ,  ove  sono  uno  o  due  pezzi  di  cannone  ed 
alcuni  soldati  di  guarnigione  per  assicurar  la  costa  dalle 
incursioni  barbariche.  Cotesti  luoghi  erano  abitati  da' 
Tarquinj ,  popoli  etruschi  di  cui  sono  stati  scoperti  mo- 
numenti importantissimi,  già  descritti  negli  Annali  dell' 
istituto  di  corrispondenza  archeologica  non  ha  molto 
fondata  in  Roma.  Andando  da  Corneto  verso  le  monta- 
gne havvi  Monte  romano  ,  villaggio  recentemente  for- 
mato sopra  una  vasta  proprietà  di  S.  Spirito  che  man- 
dò  ad    abitarlo    una   piccola    colonia   di   projetti. 

A  piedi  del  Cimino  è  costrutto  Viterbo  sopra  un 
terreno  rapidamente  inclinato  verso  sottentrione  ,  citta 
ne'  bassi  tempi  molto  ragguardevole.  Vi  fiorisce  la  cnl- 
cultura  delle  vite  e  degli  olivi  ,  non  che  qualche  fab- 
brica di  panni.  Bagna] a  è  a  piccol  tratto  da  Viter- 
bo verso  la  parte  orientale  del  bacino.  Soriano,  ap- 
partenente alle  famiglie  Albani,  è  locato  sul  princi- 
pio della  pianura  attorno  un  masso  di  rocce  isolate. 
Dal  pendio  del  Cimino  col  Tevere  il  piano  è  argil- 
loso ,  poco  fertile  e  coperto  di  boschi.  Fra  i  molti  vil- 
laggi di  questa  contrada  è  notabile  Vitorchiano  che 
in  premio  di  sua  fedeltà  col  popolo  romano  ha  il  pri- 
vilegio di  dare  al  senato  quc'  famigli  che  chiamansi 
fedeli  del  campidoglio. 

lì   bacino   centrale  si  suddivide   doli'  k.  in  parto 


Statistica  di  Roma  41 

occidentale    o    riva  dritta  del   Tevere  ,   in  orientale  o 
riva   sinistra. 

Il  bacino  del  lago  di  Bolsena  fin  qui  descritto  è 
separato  da  quello  del  Tevere  per  mezzo  del  monte  Ci- 
mino. Giunto  il  viaggiatore  sul  Cimino ,  portando  il 
guardo  verso  il  mezzogiorno,  vede  attraverso  degli  al- 
beri che  coprono  la  montagna  il  Lazio  la  Sabina  i 
colli  Algidi  ed  Albani  ,  tutto  insomma  il  paese  che 
per  cinque  secoli  fu  insanguinato  dalle  vittorie  ro- 
mane. La  via  percorre  i  fianchi  della  montagna.  Il 
lago  di  Vico  già  Cimino  è  uno  de'  molti  scolatoi  di 
questa  contrada.  Un  Farnese  duca  di  Castro  e  Ron- 
ciglione  aperse  un  emissario  che  mena  in  una  valle 
le  sue  acque  soprabbondanti,  ne  mantiene  il  pelo  uguale 
e  produce  una  forza  motrice  assai  notabile.  I  terreni 
della  valle  presentano  una  cultura  floridissima.  Non  pun- 
to dissimile  è  la  cultura  del  territorio  de'  Ronciglio- 
ne  ,  abbellita  dalla  potenza  di  Farnesi  suoi  duchi.  Il 
borgo  di  Caprarola  è  famosissimo  pel  gran  palazzo  pen- 
tagono del  Vignola.  I  villaggi  di  Canapino,  Valerano, 
Carbognano  fino  a  Vignanello  sono  in  suolo  fertile  e 
coltivato.  Ma  da  Vignanello  in  poi  l'aria  malsana  spo- 
pola e  diserta  le  campagne.  In  questo  piano  v'  han- 
no Bassauo  ,  Bassanello  ,  Gallese  ,  Cerchiano  ed  Orte 
posto  la  dove  il  Tevere  divien  navigabile.  Seguitan- 
do la  riva  destra  del  Tevere  godesi  il  vario  aspetto 
della  valle  della  Nera  che  si  apre  fra  i  monti  dell* 
Umbria  ,  e  quindi  i  bei  colli  ove  siedono  Otricoli, 
Magliano,  Calvi.  Da  ultima  è  la  pianura  cui  frammezzo 
scorre  il  Tevere.  Principal  montagna  di  essa  è  il  Solat- 
ie alto  dal  livello  del  mare  760  metri,  il  cui  noc- 
ciolo è  calcareo.  Nella  pianura  a  mezzodi  del  Sjrattc 
evvi  Sant-Oreste,  Rignano,  Givitella  S.  Paolo.-  all'  orien- 
te presso  il  Tevere  ,  Nazzano  ,  Torrita  ,  Filaciano  e 
Pongano ,  all'  occidente   Calcata  e   Stabbia.    Appresso 


U2  Scienza 

e  Morlupo  e  Castclnuovo  di  Porto  e  più  vicino  al 
fiume  il  villaggio  di  Piano.  Givitacastellana  è  ben  co^ 
strutta  sopra  una  rocca  vulcanica  :  ha  mura  alte  da  dieci 
a  dodici  metri,  ed  è  naturalmente  difesa  da  una  lar- 
ga e  profonda  fossa.  Essa  fu  l'acropoli  di  Faleria.  Ne- 
pi,  or  piccola  citta,  già  importante  citta  della  con- 
federazione etrusca ,  è  anch'  essa  posta  sopra  un'  emi- 
nenza. Monterosi  è  l'estrema  fimbria  della  catena  de' 
Ciminl.  A  due  leghe  è  Sutri  dove  rimane  un  anfiteatro 
cavato  nella  roccia  vulcanica.  Al  sottentrione  di  Su- 
tri,  posti  sulla  estrema  fimbria  cimina',  sono  Viano, 
Capranica  ,  Barbcrano  e  più  a  basso  in  bella  vallate 
Bassan  di  Sutri.  Oriolo  della  famiglia  Alieri  è  me- 
desimamente locato  sopra  vaga  pianura.  A  piccola  di- 
stanza da  Oriolo  è  Monte  Virginio,  termine  dei  Ciraini. 
Quivi  finisce  la  piccola  cultura  ed  incomincia  quella 
de'lati  fondi.  Imperocché ,  coni'  è  naturale  ,  dove  l'aria 
malvagia  uccide  la  popolazione  non  possono  prospe- 
rare ne    le   vigne    ne    gli  oliveti. 

Il  lago  di  Bracciano,  che  giace  presso  il  castello 
di  questo  nome ,  fu  dagli  antichi  detto  sabatino-  Esso 
ha  ventidue  miglia  di  circonferenza  ,  una  superficie 
di  2,T00  rubbia,  e  le  sue  rive  s'innalzano  sul  mare 
di  145  metri.  Ha  le  acque  poco  profonde  e  nutrisce 
una  numerosa  schiera  di  pesci  ,  fra'  quali  son  repu- 
tate assai  le  anguille.  In  questo  torno  è  Anguillara. 
II  fiumicello  Arrone,  che  scorrendo  cotesto  tratto  di 
paese  va  a  metter  foce  nel  terreno  fra  Palo  e  Mac- 
carese  ,  quando  si  rendesse  navigabile  ne  sviluppe- 
rebbe a  meraviglia  la  cultura  e  l'industria.  Dirigendo- 
si a  mezzodì  ,  scorgousi  valloni  profondi  infra  rocce 
vulcaniche  coperte  da  rade  boscaglie.  Un  altro  Ia- 
go era  a  Baccano  ,  dieciotto  miglia  da  Roma ,  che 
cagionando  morti  per  le  sue  pestifere  esalazioni ,  fu 
da  papa  Alessandro  VII,  incanalato  nel  ruscello  della 


Statistica  di  Roma  43 

Valca  ,  che  glttasi  nel  Tevere.  A  Baccano  raggiun- 
gesi  la  via  Cassia  che  mena  di  qui  alla  Storta.  Non 
lungi  sopra  collina  naturalmente  forte  era  Vejo,  gran 
rivale  di  Roma  ,  la  cui  positura  fu  accertata  dagli 
scavi  fatti  per  i  sigg.  Giorgi  nel  ISIO.  Seguitando 
la  via,  ove  la  valle  del  Tevere  più  si  dilata,  sorgesi 
Roma  da'  sette  colli.  Vedi  il  monte  Mario  coronato 
di  cipressi,  e  le  foreste  e  i  pini  delle  ville  Borghesi 
e  Parafili  :  vedi  torri  ,  campanili,  palagi,  cupole  fra 
le  quali  spiccasi  suhliraissima  la  vaticana,  d'onde  trion- 
fante innalzasi  sulla  citta  de'  Cesari  la  croce  di  Ge- 
sù Cristo.  Alla  destra  del  Tevere  è  il  monte  Mario 
alto  146  metri  di  formazione  marina  ;  siccome  mani- 
festasi dalle  molte  conchiglie  a  diversi  strati  ritro- 
vate. Esso  determina  a  settentrione  la  vallata  del  Te- 
vere. Quella  parte  di  tal  vallata  che  giace  a  libec- 
cio del  colle  appellasi  f^al  et  Inferno  :  quivi  è  che 
l'amministrazion  francese  disegnava  un  campo  santo, 
onde  purgare  i  tempj  dal  fetor  de'  cadaveri.  Traver- 
sata la  f^al  d'Inferno  sorgono  i  colli  Vaticano  e  Gia- 
nicolo,  e  quello  spazio  che  Leon  IH  nell'  anno  848 
cinse  di  mura  perchè  il  sepolcro  di  S.  Pietro  fosse 
difeso  dalle  incursioni  saracine.  Entrasi  quinci  nell' 
Amelia  ,  antica  via  consolare  ,  che  trapassa  le  più 
vaghe  e  pingui  tenute  della  campagna  romana  ,  fra 
le  quali  è  notabile  l'immenso  e  fertile  castel  di  Gui- 
do ,  proprietà  di  S.  Spirito  ,  Palidoro  che  medesima- 
mente gli  appartiene,  e  Torrimpietra  della  famiglia 
Falconieri.  Abbandonando  alquanto  l'Aurclia  vassi  a 
Ceri  terra  degli  Odcscalchi,  ed  a  Cerveteri  feudo  de'Ru- 
sj)oli.  Da  Cerveteri  il  suolo  s'innalza  bruscamente  a 
settentrione,  e  foggiasi  in  coni  separati  da  larghe  e 
profonde  vallate.  Sopra  un  di  questi  coni  è  il  borgo 
della  Tolfa,  e  dappoi  rAllumiere,  ove  molte  centi- 
naja  d'uomini  travagliano  all'  escavazion  dell'  allume, 


44  Scienze 

noto  in  commercio  col  nome  di  allume  romano.  Siit 
mare  è  Civitaveccliia  piccola  ma  graziosa  e  commer- 
ciante citta  ,  posta  la  dove  era  Centum  Cellae  de- 
lizia dell'  imperator  Trajano  ,  che  vi  fé'  costruire  un 
porto.  Seguendo  la  costa  del  mare  evvi  S.  Marinella, 
anticamente  Castrum  Noviim.,  S.  Severa  Pjrgos,  Palo, 
Alsium.,  e  Maccarese  tutti  luoghi  assai  pingui ,  ma 
però  insalubri.  A  Palo  vengono  meno  le  colline  della 
Tolfa  ed  incomincia  un  suolo  formato  dai  depositi 
del  Tevere.  Cotesto  fiume  nato  dalle  montagne  tosca- 
ne, dopo  aver  corso  una  via  di  150  miglia  con  acque 
torbide  e  lente,  compartesi  in  due  branche,  che  la- 
sciano di  mezzo  un'  isola  ,  chiamata  sacra.  Il  brac- 
cio destro  o  boreale  sia  formato  dalla  natura ,  sia  dall' 
arte  ,  è  solo  navigabile  :  imperatori  e  papi  vi  trava- 
gliarono ,  poiché  egli  è  un  canale  importantissimo  pel 
commercio  di  Roma.  Le  rive ,  ove  scaricasi  nel  ma- 
re, vanno  continuamente  distendendosi,  tantoché  le  tor- 
ri, che  non  ha  molto  erano  sul  mare,  ora  vi  sono 
discoste  di  qualche  centinajo  di  metri.  Fiumicino  , 
villaggio  recentemente  costrutto,  è  sulla  destra  bran- 
ca navigabile  :  Ostia  sulla  sinistra  :  Porto  h  più  ad- 
dentro dalla    parte  di  Fiumicino. 

Descritta  la  riva  destra  del  Tevere,  procede  l'A. 
alla   manca  ossia   orientale. 

Uscendo  la  porta  S.  Paolo  di  Roma  percorresi  la 
via  Ostiense,  e  si  giunge  appunto  all'  antica  Ostia,  do- 
ve Anco  Marzio  fondò  un  porto  ,  restaurato  da  Clau- 
dio ,  a])bandonato  affatto  dopoché  Trajano  formò  l'al- 
tro sul  braccio  destro  del  fiume.  Oggi  Ostia  si  abita 
da  poche  e  miserabili  famiglie.  Vicin  d'Ostia  è  Ca- 
stel Fusano  de'  Chigi  :  in  questo  torno  furono  già  Fi- 
cana  e  Tellena  soggiogate  da  Anco  Marzio.  Appres- 
so Pratica  e  la  foresta  già  sacra  ad  Enea,  terminata 
dal  Numico  or  futm£  torto.,  che  separava  i  Uuloli  du' 


Statistica,  di  Rom\  45 

Laureati.  Di  la  dal  fiumicello  e  Ardea,  posta  su  co- 
no vulcanico  già  metropoli  de'  Rutoli,  or  piccolo  vil- 
laggio.  Lasciando   il   mare  e  dirigendosi  ai  colli  al- 
bani torna  a  godersi  il  vago  aspetto   di  vigne  ed  oli- 
veti,  ed  uno  suolo  ben  coltivato  che  ti  rinfranca  dalla 
monotonia    della   bassa   campagna.  Quivi  hai    TAricia 
che    alzasi  a   lato  di  vaghissima  pianura  :  quivi  Gen- 
sano  che  con  Nemi  coronano  il  lago  di  Diana  :    qui- 
vi  Albano  ,  castel   Gandolfo  ,  Marino   attorno  all'  al- 
tro lago  ,  sul  quale  sovrasta  il  monte  Albano  per  930 
metri    elevato  sul   mare.   Dal    monte    Albano   oltre   i 
luoghi  già  detti  scorgi  dove  su  colli,  dove  in  pianu- 
ra Frascati,  Rocca  di  Papa,  i  Monti  Compatri  e  Por- 
zio ,  Rocca  Priora  e  tutto  quanto  quel  paese  che  gli 
antichi  chiamarono   Lazio.   Il   lago  Albano,  che  s'in- 
nalza sul  livello  del  mare  306  metri,   è  notabile  per 
Y emissario  aperto  da'  romani  attraverso  del  monte  Tan- 
no 336  :  opera   che  dopo  23   secoli  attesta  il  poten- 
te volere  di    quel    gran    popolo.    Tutto  questo  tratto 
di   paese   è   vulcanico.  Dalla  Colonna  ,  che  giace  suU* 
estrema   punta  di  queste  rocce,  scendesi  al   piano,  ed 
incontransi  i   villaggi  di  Lugnano  e  Zagarolo:  e  quin- 
di  sopra    un  suolo,  che   gradatamente    estollesi   verso 
l'oriente  ,  Palcstrina  in  luogo  sterile  di  prodotti,  ma 
ricco  d'anticaglie.  Presso  Palestrina  è  Poli,  Della  Ca- 
tena e  Monte  Spaccato   notabile  per   due    crepature  , 
delle  quali  una  è   larga  un  metro   e   profonda  cento 
metri.  Procedendo  da  cotesti  luoghi  giungesi  all' Anie- 
ne,  che  si  passa  d'aprcsso  Tivoli  sul  ponte  Lucano  co- 
si detto,   perchè  costrutto   da  M.  Plauzio  Lucano  un 
secolo  innanzi  Cristo.    La   riva    destra    dell' Aniene   o 
Teverone   distendesi   in   un  piano   vasto   ed  arido  che 
fornisce  da  molti  secoli  alle  fabbriche  romane  il  tra- 
vertino ,   prodotto  di  depositi  calcarei  d'acqua  dolce. 
Alquanti  laghetti  solforosi  occupano  qua  e  là  cotesto 


AB  Scienze 

spazio  le  loro  acque  appellate  albulae  :  dagli  an- 
tichi si  tennero  per  medicinali  ,  ma  or  non  si  repu- 
tano tali.  Di  la  del  canale  delle  albule  la  pianura  , 
attraversata  dalla  via  romana ,  è  tutt'  arida  ed  infe- 
conda. L'Aniene  si  trapassa  piiì  presso  Roma  sopra 
im  ponte  ,  che  tolse  il  nome  da  Mammea  madre  di 
Alessandro  Severo. 

Dopo  il  ponte  Lucano  siamo  in  Sabina.  Monti- 
celli ,  S,  Angelo  ,  monte  Gennaro  e  la  grossa  terra 
di  Palombara  si  presentano  i  primi  da  questo  lato. 
Ma  indarno  vi  cerchi  Curi  l'antica  metropoli  della  Sa- 
tina ,  i  cni  abitanti  Virgilio  chiama  prisci  quiritest 
il  povero  borgo  di  Garrese  ne  tiene  forse  il  luogo. 
La  Sabina  ha  un'  indole  tutta  propria  cosi  negli  abi- 
tanti ,  come  nel  suolo  :  vi  vedi  una  singolare  atti- 
vita  ,  variata  cultura  ,  paesi  disseminati  or  su  punte 
adunche ,  or  su  coste  allargate ,  ora  in  valli  profon- 
de :  ma  da  per  tutto  olivo  ,  vite  ,  granaglie.  Monte 
Rotondo  ,  Poggio  Mirteto  ,  Magliano  meritano  parti- 
colar  considerazione. 

Il  bacino  meridionale  o  delle  paludi  pontine  è 
limitato  a  borea  dai  monti  albani  ,  algidi  ed  arterai- 
sii,  a  levante  dai  lepini  ,  a  ponente  e  mezzodì  dalle 
frontiere  napoletane  e  dal  mare.  Questo  paese,  abitalo 
dai  volsci,  è  nella  sua  lunghezza  tagliato  dall'Appia 
famosissima  via  consolare. 

Velletri,  difesa  a  nord  dal  verdeggiante  Artemi- 
sio, è  citta  principalissima  in  questa  contrada  tutta 
piantata  di  vigne.  Civitalavinia,  parimenti  ferace  di 
vini,  è  a  piccolo  tratto  da  VcUctri.  Dappresso  e  Ci- 
sterna ,  villaggio  malinconico  :  il  cui  territorio  a  mez- 
zodì è  piano  argilloso  e  soventi  volte  coperto  d'acque. 
I  due  Vasti  lenimenti  di  Campomorto  e  Conca  oc- 
cupano un  ampio  tratto  assai  fertile  ,  ma  intristito 
dall'  aria    malvagia.   Di    la   da   una  foresta ,    in  suolo 


Statistica  di  Roma  ,  47 

ineguale  e  di  languida  vegetazione  e  Porto  d'Anzo  con 
piccolo    molo   fabbricato  da   Innocenzo  XII  :  stazione 
che  sareJiòe  importantissima,  perchè  la  sola  che  si  ab- 
bia fra  Gaeta  e  Civitavecchia  ,  dalle  quali  dista  egual- 
mente.  Nettuno   è   a  due  miglia  da  Porto  d'Anzo.  Se- 
guitando la  sponda  del  mare ,  dopo  Astura  trovasi  una 
catena  di  laghi ,  de'  quali  il  primo  e  più  vasto  chia- 
masi  di   Fogliano,    che    ha  12,000    metri  di  circon- 
ferenza. Appresso  le  paludi  innalzasi  per  52T  metri  sul 
luare  il  promontorio  Circeo  di  singoiar  formazione  con 
ampie  e  profonde  caverne.  Sul  fianco  d'un  masso  vul- 
canico è  locata  Terracina  con  piccolo  porto.  Lascian- 
do il  mare  e  salendo  verso  le  montagne,  trovaiisi  nu- 
merosi villaggi  posti  in  luoghi  eminenti  e  quindi  d'aria 
meno  impura.  Tali  sono  Maenza  ,   Rocca-gorga  ,  Roc- 
CB'Secca,  Luoghi  ancor  più  considerevoli  son  Piperno  , 
Prossedi ,  Sezze  ,  Cori,  Sermoneta,  coronati  d'altri  bor- 
ghi minori ,  sventuratamente  spesso  infestati  da'ladroni. 
Dopo  aver  descritto  l'A  i  tre  divisati  bacini  set- 
tentrionale ,  centrale,  e  meridionale  ,  passa  a  dire  delle 
tre  grandi  vallate  del  Sacco  ,  dell'  Aniene  e  della  Nera. 
Noi  però    avendo  forse   soverchiamente    abusato   della 
pazienza    de*  nostri  lettori   con   diffonderci  fin  qui  in 
troppo  particolari,  tralasceremo  di  leggieri  quanto  con- 
cerne le  tre  vallate  anzidette  ,   contentandoci  di  nomi- 
narne semplicemente    le  città    e   borgate    principali  , 
onde    far  passaggio    ad   un  altro  subietto    importan- 
tissimo   di   cotesto  primo  libro,  eh'  è  la  popolazione, 
t         La    valle    del  Sacco  fsi    estende  da  Lugnano  fino 
a   Coprano ,  e  contiene  Valmontone ,  Paliano  ,  Feren- 
tino ,   Frosinone  ,  Veroli ,   Alatri ,  Segni  ed  Anagni. 
La    valle  dell'  Aniene   corre   dalle   montagne   di   Fi- 
lettino fino   là    dove  quel   fiume    tragittasi   sul   ponte 
Lugano  :  e   racchiude    Subiaco  ,  Vicovaro,  Finalraen- 
Ic   la  vallo  della  Nera   e  del   Velino  ha   Rieti ,  Ter- 
ni  e  Narni. 


48  Scienze 

Fin  qui  ha  l'A.  descritto  con  isquisita  tUligen- 
za  il  paese  oggetto  de'  suoi  studj  ,  allargandosi  an- 
cora in  cose  isteriche  ed  antiquarie  ,  le  quali  a  tutto 
rigore  non  apparterrebbero  ad  una  statistica  ,  ma  che 
pur  sempre  è  bello  il  rammentare..  Un  capitolo  con- 
sacra quindi  alle  variazioni  ractereologiche  ,  cui  vanno 
soggette  le  provincie  descritte  :  ed  un  altro  ad  indagare 
le  cagioni  del  terribile  flagello  della  mal'  aria  ,  che  ne 
diserta  cosi  gran  tratto.  Descritto  lo  spazio  de'produtli 
procede  egli  a  considerare  la  forza  che  se  gii  procac- 
cia ,  ossia  la  popolazione:  ed  ancora  in  questa  parte 
ama  l'A.  di  spingere  le  sue  osservazioni  fino  ai  più 
remoti  tempi ,  incominciando  dall'  indagare  qual  fosse 
la  popolazione  di  queste  nostre  province  innanzi  la 
fondazion  di  Roma.  Egli  sulla  scorta  del  Micali,  del 
Durcan,  de  la  Malie ,  e  del  Niebuhr  opina  che  in- 
nanzi la  dominazion  romana  ,  gli  Etruschi  ,  i  Sabini 
ed  i  Latini ,  tre  grandi  confederazioni  che  abitava- 
no questo  tratto  dell'  Italia  centrale ,  fossero  popo- 
lose ,  industriose  e  felici.  Infatti  ebbero  esse  nel  me- 
desimo tempo  ben  ccncinquanta  citta  o  luoghi  forti- 
ficati,  come  deducesì  da'  grandi  avanzi,  che  ancor  veg- 
gonsi ,  di  mura  ,  recinti  ,  necropoli  ed  opere  pubbli- 
che di  tanta  lena  da  non  potersi  eseguire  se  non  che 
da  società  popolosissime.  Ai  monumenti  si  aggiun- 
gono, per  provar  questo  vero,  le  testimonianze  degli 
antichi  scrittori.  Tutto  in  que'  tempi  remotissimi  fa- 
voriva la  propagazione  :  i  costumi  semplici  ;  la  pò-  j 
chezza  de'  Ijisogni  ;  la  cultura  de'  campi  comune  a 
tutte  le  classi  ;  lo  stato  politico ,  poiché  que'  po- 
poli reggevansi  a  comune  con  proprie  leggi  ed  usi , 
e  formavano  medesimamente  un'alleanza  a  protezione  a 
difesa  di   tutti - 

Un  pugno  di  fuorusciti  raunatisi  sul  Palatino   ven- 
ne   per  ismania    di  conquista   a   turbar    tale  felicita  ed 


STATL-jncA  DI  Roma  49 

ìspopolare  con  accanite  guerre  queste  contrade.  Seb- 
bene la  popolazione  scemasse  dopo  questa  calamità  , 
nondimeno  Cssa  rimane  a  tale  da  recarne  ancor  me- 
raviglia. Abbiamo  un  prezioso  monumento  del  278 
di  Roma  che  fa  ammontare  gli  abitanti  di  essa  e  delle 
sue  colonie  a  440,000.  La  potenza  di  Roma  allora 
si  restringeva  fra  il  Tevere,  i  primi  monti  Sabini  e  gli 
Albani.  Ora  gli  Etruschi  possedevano  un  territorio  an- 
cor più  vasto  fra  il  Tevere,  il  mare,  la  Fiora  e  la 
Paglia ,  cui  devesi  aggiungere  lo  spazio  tenuto  dai 
Volsci  ,  da'  Sabini,  dagli  Equi  ,  dagli  Ernici  e  dagli 
Umbri  :  popoli  tutti  che  ancor  viveano  liberi,  cosic- 
ché le  Provincie  che  c'intertengono  contenevano  per 
lo  meno  un  milion  d'anime.  Il  censo  del  296  can- 
gia di  poco  questo  stato.  Ma  quando  Roma  ,  debel- 
lati i  popoli  vicini  ,  incominciò  ad  estendere  il  suo 
impero  su  tutta  Italia  e  poi  sul  mondo  ,  il  lusso  che 
si  mise  nella  classe  piiì  agiata  de'  cittadini  cangiò  il 
territorio  più  prossimo  colla  capitale  in  pascoli  ,  in 
viva] ,  in  boscaglie  ;  venne  meno  la  minuta  cultura  e 
quindi  la  popolazione.  Seguitarono  poi  le  guerre  ci- 
vili, e  l'Italia  che  nell'  anno  529  contava  750,000  ma- 
schi dai  diciassette  a  sessant'  anni,  nell'  anno  T08  non 
ne  contò  più  che  450,000.  Le  sanguinose  battaglie, 
le  usure  eccessive  de'  ricchi  ,  il  lusso  smodato  ,  il  di- 
sgusto delle  nozze ,  i  corrotti  costumi  contribuirono 
a  vieppiù  diminuir  la  popolazione.  Cotesto  scemamente 
toccò  l'ultimo  grado ,  allorché  Costantino  recò  l'im- 
pero   a   Bisanzio. 

Non  abbiamo  alcun  monumento  per  determinare 
la  popolazione  di  Roma  e  delle  sue  vicinanze  dopo 
quest'  epoca.  Certamente  eh'  essa  non  potea  prosperare 
fra  i  perpetui  combattimenti  de'  duchi  di  Benevento 
e  di  Spoleto ,  degl'  imperatori  e  de'  papi ,  fra  le  di- 
struzioni de'  Saraceni  e  de'  Normanni.  Dojìo  qua'  lem- 
G.A.T.LII.  4 


so  Scienze 

pi  calamitosi  il  primo  documento  che  leggasi  è  del  1198 
sotto  il  pontefice  Innocenzo  III  che  ci  dice  Roma  po- 
polata di  sole  35,000  anime.  Queste  ancora  sminuiro- 
no a  17,000,  allorché  la  santa  Sede  fu  traslocata  in 
Avignone.  Le  citta  di  provincia  eran  quasi  vuote  d'abi- 
tatori :  Ostia  e  Porto  erano  disparse  ,  le  mura  di  Tu- 
scolo  e  di  Tivoli  rovinale  :  solo  Viterbo  scrLavasi  iu 
qualche  fiore,  e  rivaleggiava  con  Roma.  Dopo  il  ritor- 
no de'  Papi  nel  377  incominciò  Rora^  ad  accrescersi 
d'abitanti,  e  il  felice  progredimento  fu  solo  interrot- 
to dalle  inquietudini  de' baroni  e  dalla  discesa  de' fran- 
cesi contro  Napoli.  Quando  Leon  X  teneva  il  pon- 
tificato Roma  racchiudeva  60,000  abitanti  :  ma  il  sac- 
cheggio avvenuto  sotto  Carlo  V  ridussela  a  33,000. 
Dopo  questa  sciaura  la  popolazione  andò  gradatamente 
crescendo,  massime  allorché  Sisto  V  distruggendo  i 
ladroni  che  infestavano  le  campagne  ,  sminuendo  il 
potere  feudale  ,  e  rendendo  a  tutti  egual  giustizia  ,  in- 
coraggiò l'agricoltura,  e  meritò  il  nome  di  restauratore 
della  pubblica  tranquillità.  Sul  finir  del  secolo  se- 
stodecimo Roma  accoglieva  138,000  abitatori,  ed  au- 
mentò in  popolazione  sino  al  1 790  ,  in  die  se  ne  no- 
verarono 165,000,  Ma  il  cangiamento  di  governo , 
l'invasion  francese  e  l'esilio  di  Pio  VI  ritornarono  la 
popolazione  a  135,000  individui.  Nel  1809  ,  quan- 
do Pio  VII  fu  strappato  dal  suo  trono,  erasi  scemata 
a  123,000.  Sotto  l'amrainistrazion  francese  la  popola- 
zione non  ebbe  alcun  movimento  :  però  renduto  il 
pontefice  tornò  ad  aumentarsi,  ed  ora  conta  150,000 
abitanti. 

La  popolazione  di  tutto  il  dipartimento  nel  1812 
era  di  530,000  individui ,  de'  quali  285,009  viventi 
ili  citta  e  borghi  contenenti  sopra  i  3,000  abitan- 
ti ;  245,000  nelle  campagne.  L'A.  non  comparte  que- 
5ta    popolazione  secondo    l'eia  ,  il  sesso  ,  gli  stati  ci- 


Statistica  di  Roma  51 

vili  e  sociali  ,  ma  rapporta  invece  alcune  tavole  tol- 
te dal  saggio  statistico  di  Gabriele  Galindri ,  ove  si  di- 
vidono in  classi  tutti  gli  abitanti  dello  stato  papale. 
Queste  sono  le  principali  cose  discorse  dal  be- 
nemerito sig.  di  Tournan  nel  primo  libro  de'  suoi 
studi  statistici.  Terremo  ragionamento  degli  altri  nel 
prossimo  fascicolo. 

Ab.  C.  L.  MoRiciiiNi 


52 


LETTERATURA 


Commentario  della  vita  di  Pio  Vili  P.  M.  scritto 
in  latino  da  monsignor  Gio.  Benedetto  de  conti 
Folicaldi.  Roma  1832. 

A  S.  E.  REVERENDISSIMA. 

MONSIGNOR  FOLICALDI. 

G.  I.  MONTANARI. 


T 


anto  mi  è  giunto  grato  il  bel  dono  che  le  è  pia- 
ciuto farmi  del  commentario  latino  scritto  da  lei  a 
memoria  e  lode  di  Pio  Vili  di  santa  memoria ,  che 
io  non  ho  parole  per  ringraziamela  degnamente.  Solo 
per  mostrarle  che  sono  riconoscente ,  le  presento  la 
traduzione  che  io  ne  ho  fatta,  la  quale  all' E.  V.  Rma 
intitolo  e  consacro.  Se  le  piacerà  accoglierla  con  quel- 
la gentilezza  che  è  da  lei  ,  e  con  cui  suole  ricevere 
tutte  le  cose  mie,  io  l'avrò  per  sommo  favore.  In 
frattanto  le  bacio  le  mani  ,  e  me  le  raccomando. 

Di  Sa  vignano  25  aprile  1832. 


Commentario  di  Pio  Vili  53 

COMMENTARIO. 

Nemo  parum  din  vixit  qui  virtutis 
perfectae  perfecto  functus  est  munere. 

Gin. 


Penso  che  i  più  si  ammireranno,  che  io  sfornito 
come  sono  d'ingegno  abbia  stabilito  di  porre  in  lu- 
ce ,  e  fare  di  pubblica  ragione  un  coraentarietto  trop- 
po lieve  in  vero ,  e  non  acconcio  abbastanza  alle  lo- 
di di  Pio  Vili.  Che  descrivere  i  fatti  degli  uomini  som- 
mi e  solo  da  chi  possiede  fior  di  favella  e  di  eloquen^ 
za  :  e  ben  mi  so  che  nel  celebrare  que'  magnanimi  , 
che  tutt*  altri  di  gran  lunga  avanzarono  ,  ed  hanno 
fama  che  vive  e  si  stende  per  l'universo,  abbisogna 
di  tali  scritture ,  nelle  quali  nulla  si  abbia  a  desi- 
derare 0    d'arte  o  d'ingegno. 

Ma  perchè  non  tutti  sanno  porgersi  begli  scrit- 
tori ,  ne  io  ci  valgo  a  farla  da  oratore  ,  piacemi  che 
questo  comentariuccio  ,  qual  eh'  egli  siasi  ,  sebbene 
non  dipinto  de'  colori  del  bel  favellare  ,  mostri  l'ani- 
mo mio  tutto  devoto  alla  memoria  di  quel  grandis- 
simo pontefice  ,  ed  alla  santa   sedia    apostolica. 

Correva  l'anno  della  fruttifera  incarnazione  1761 
fortunatissimo  alla  divina  sposa  di  Cristo,  perchè  il  20 
di  novembre  di  Carlo  Castiglioiii  cingolese  ,  e  di  San- 
sia Ghisilieri  osimana  nasceva  Francesco  Saverio  ,  cui 
la  provvidenza  superna  aveva  fatto  diseguo  di  aggiun- 
gere alla  schiera  de'  venerabili  successori  di  Pietro  in 
Vaticano ,  e  quindi  aveva  fornito  di  quante  virtù  con- 
venivano a  tanta  altezza.  Ben  conoscevano  i  genitori 
di  lui,  chiari  per  nobiltà  di  sangue  e  per  pietà,  che 
a'  figliuoli  era  d'uopo  più  che  di  ricchezze  far  tcsoio 
di  onestà  ,  di  gentili  costumi ,  e  di   umana  e  divina 


54  Letteratura 

scienza  ,  onde  abbiano  a  crescere  ,  non  tanto  a  pro- 
prio bene ,  quanto  di  tutta  la  società  :  e  però  niun 
conforto  mancò  alla  fanciullezza  del  figliuolo.  E  ben 
si  piacquero  essi  conoscendolo,  fin  da' primi  anni,  tut- 
to ingegno  e  bontà ,  e  più  e  più  adoperarono  per  col- 
tivare questa  pianticella  della  quale  bellissimi  frutti 
s'impromettevano . 

Ne  a  Francesco  Saverio  sarebbe  elogio  bastevole 
il  chiamarlo  erede  della  dignità  e  delle  virtù  di 
Celestino  IV  Casti glioni ,  e  di  S.  Pio  V.  Ghisilieri 
suoi  antenati  :  perocché  verrei  con  questo  mostrando 
eh'  egli  scendeva  di  generosa  gente  ,  il  che  non  a 
merito  ,  ma  a  fortuna  vuoisi  maglio  riputare.  Se  non 
abbiasi  a  dire  che  Iddio  desse  lui  tali  antenati  per- 
chè si  componesse  allo  specchio  delle  virtù  e  digni- 
tà loro.   Più  degno   di   memoria   è    quanto  segue. 

Poiché  il  Castiglioni  fu  uscito  della  puerizia,  e 
di  que*  primi  studi  di  che  si  suol  ristaurare  l'età  pue- 
rile ,  nel  fioritissimo  collegio  d'Osimo  diede  prova 
solenne  di  quanto  ave^^a  imparato.  Poi  levata  la  men- 
te a  più  sublimi  discipline,  entrò  alunno  al  collegio 
di  Montalto  ,  che  la  splendida  munificenza  di  Sisto  V 
pose  a  comodo  della  gioventù  marchigiana  ,  e  tanto 
di  ricchezze  e  di  eruditissimi  professori  il  provide , 
che  i  cittadini  n'ebbero   allegrezza  e  maraviglia. 

Bologna,  quasi  presaga  della  futura  gloria  del  Ca- 
stiglioni, miravalo  con  lieto  viso  intendere  agli  ardui 
domrai  della  filosofia  ,  della  morale  e  della  teologia, 
poi  alla  scienza  dell'  uno  o  dell'  altro  diritto ,  svol- 
gere giorno  e  notte  libri  di  storia  sacra  e  profana. 
Nè  questo  bastargli  :  ma  preso  alla  dolcezza  dell'idio- 
ma nativo,  non  si  cessare  da  fatica  per  bene  appren- 
derlo ,  e  desiderare  pur  anche  di  gustare  alcun  po- 
co delle  favelle  straniere.  Però  e  che  con  tanta  di- 
ligenza apprese  la  greca  e  la  romana  archeologia  ,  che 


Comme;<tario  di  Pio  Vili  55 

di  ciò  gli  venne  moltissiiua  fama.  E  maraviglia  con 
nuanta  candidezza  d'animo  si  diportasse  coi  coetanei, 
e  cominciasse  ad  avanzarli  tutti  per  lode  d'ingegno. 
Compiè  infatti  con  tanto  successo  i  piiì  nobili  stu- 
di delle  arti  e  delle  scienze  lodate  ,  da  destare  di  se 
in  tutti  grande  aspettazione.  Colti  questi  primi  frut- 
ti dalle  lettere  ,  prese  la  laurea  dottorale  ,  e  recos- 
si a  Roma  ,  ove  glk  la  fama  era  precorsa  al  suo 
arrivo. 

Le  accademie  di  storia  ecclesiastica  e  de'  con- 
cilj  ,  che  di  quo'  tempi  erano  in  fiore  instituite  dal- 
la dotta  mente  di  Benedetto  XIV  ,  il  quale  già  da 
alcuni  anni  sedeva  a  capo  della  cristiana  repubbli- 
ca, accolsero  il  Castiglioni,  e  l'ebbero  suo;  dal  che 
venne  poi  che  in  opere  piene  di  pericolo  avesse  egli 
a  dar  prove  di  quella  somma  dottrina  ,  della  quale 
gi'a  Roma  maestra  delle  cattoliche  verità  piii  che  mol- 
to  si   lodava. 

Guerra  di  sterminio  minacciava  alla  ecclesiasti- 
ca disciplina  e  alla  fede  il  sinodo  di  Pistoia  ,  il 
quale  involto  in  tenebroso  velo  spargea  massime  per- 
niciosissime alla  cristianità.  Mettevasi  in  guardia  Pio 
VI  ,  che  allora  teneva  in  terra  lo  scettro  e  le  ve- 
ci di  Cristo ,  e  preparava  armi  ad  allontanare  ta- 
le peste  dalla  sua  greggia.  Chiamava  vescovi  da  tut- 
te parti ,  e  sceltissimi  teologi ,  i  quali  da  valorosi 
combattessero  con  lui  ,  e  portassero  de'  nemici  me- 
moranda vittoria.  Infra  questi  pastori  spiccava  prin- 
cipalmente la  somma  dottrina  di  Felice  de  Paoli  che 
prima  la  chiosa  di  Fossombronc,  poi  quella  di  Ana- 
gni  e  di  Loreto  resse  ed  illustrò.  Uomo  perspicacis- 
simo. Fissava  gli  occhi  a  chi  gli  veniva  innanzi  ,  e 
gli  leggeva  nel  cuore.  Eg^li  pensò  che  Francesco  Sa- 
vorio CastiglÌ3ni  suo  concittadino  ed  amico  sarebbe- 
gli    conforto   ed   ajuto   a    tanta  impresa.    Ne    s'ingan- 


56  Letteratura 

nò  ,  polche  l'opora  sua  gli  valse  assai  ,  e  a  dispor- 
re gli  argomenti  ,  e  a  trascegliere  le  ragioni  più  for- 
ti e  più  acconcie  a  squarciare  quel  denso  velo  ,  che 
copriva  mille  errori  e  mille  frodi ,  cui  la  bugiar- 
da e  fulminata  scuola  di  Giansenio  aveva  dato  abi- 
to e  sembianza  di  verità.  Onde  la  sapienza  di  tan- 
ti illustri  personaggi  mostrò  poi  ignuda  la  menzogna, 
e  varcando  sicura  quest'  aspra  e  difficile  via  ,  condus- 
se a  buon  fine  l'ardua  ed  intricata  impresa  :  e  fu- 
gati e  dissipati  i  nemici,  restituì  alla  chiesa  la  desia- 
ta   tranquillità 

Il  Castiglioni  frattanto  ogni  di  più  si  cresceva 
in  fama  :  e  però  molti  vescovi  a  gara  si  studiava- 
no avere  lui,  che  da  tant'  anni  dimorava  in  Roma, 
a  vicario  generale:  e  tra  questi  quel  chiarissimo  De- 
voti vescovo  che  fu  d'Anagni ,  al  quale  egli  aveva 
dato  mano  a  comporre  quelle  celebratissirae  istitu- 
zioni di  diritto  canonico,  le  quali  poi  volle  illustrare 
ed  accrescere  colla  propria  dottrina.  Poscia  passò  a  Fa- 
no ,  ove  pe*  molti  suoi  meriti  se  l'ebbe  carissimo 
quel  monsignor  Severoli  che  fu  poi  cardinale  di  san- 
ta chiesa  :  finché  l'eminentissimo  Archetti,  che  sede- 
va sulla  cattedra  d'Ascoli,  con  amorevolissime  lette- 
se   lo   richiese  e  l'ebbe  a   vicario. 

Nacque  desiderio  alla  fine  del  luogo  nativo  nel 
cuore  del  Castiglioni  ,  e  però  vi  si  condusse.  Tutfa 
la  citta  fu  in  festa  ad  accoglierlo  ,  e  principalmente 
l'eminentissimo  Calcagnlni  vescovo  ,  il  quale  faceva  di- 
segno di  adoprarlo  a  più  gravi  negozj.  Poscia  pe' suoi 
meriti  sortito  al  grado  di  proposto  del  capitolo  cat- 
tedrale ,  viveva  nel  suolo  natale  in  piena  sicurtà  di 
pace.  Quando  al  mancare  del  secolo  XVIII  levossi 
d'improviso  un  turbine  ,  che  minacciava  duoli  e  ca- 
tene alla  misera  Italia.  Un  gelo  stringeva  il  cuore 
ai  pastori  dell'  ovile  di  disto  ,   che  già   le   fiere  guer- 


Commentario  di  Pio  Vili.  57 

re  ,  e  tinti  in  sangue  i  verdi  pascoli  ,  ahi  triste  vi- 
sta !  miravano  ,  e  si  sentivano  in  petto  l'assetata  spada 
dello  straniero.  E  già  quel  Pio  VI,  che  tanta  gloria 
si  aveva  acquistata  nel  suo  pontificato  ,  fuor  del  suo 
regno  ramingando  in  amarissirao  esilio  moriva.  In  tan- 
to turbamento  ,  maraviglia  a  dirlo  ,  il  sacro  collegio 
de'  cardinali  innalzava  alla  cattedra  di  Pietro  Pio  VII, 
che  aveva  mente  e  cuore  da  principe  ,  ed  era  pro- 
prio uomo  da  que'  tempi.  Questi  per  celeste  ispira- 
zione elegge  il  Castiglioni  a  pastore  della  chiesa  di 
Montalto,  vedovata  per  la  morte  di  monsignor  Mar- 
cucci  ,  in  tempo  appunto  in  cui  non  solo  la  chie- 
sa ,  ma  la  civile  società  per  tutta  l'Europa  in  mi- 
serabile guisa   veniva  travagliata. 

Nel  nuovo  ufficio  mostrossi  egli  diligenlissimo  a 
coltivare  la  vigna  del  Signore  ,  e  buono  e  fidato 
agricoltore.  Ne  le  durate  fatiche  ,  ne  gli  sparsi  su- 
dori ,  ne  le  vegliate  notti  posso  io  narare  si  che  mi 
acquisti  fede  :  ne  l'innocenza  della  vita  ,  ne  la  tem- 
peranza ,  ne  r  affabilità  ,  ne  l'ingegno ,  ne  V  uma- 
nità ,  ne  infine  la  fortezza  e  la  reli<»ione  è  agevole 
cosa  porre  agli  occhi  altrui  con  pochi  tratti  di  pen- 
na ,  senza  scemar  fede  al  vero.  Non  si  cessò  mai  dall' 
insegnare  ,  non  tralasciò  cosa  the  risguardasse  il  de- 
bito di  buon  pastore.  Svegliò  l'ingegno  de'  giovani , 
provvide  al  bene  loro  ,  e  cosi  soccorse  alle  bisogne 
di  tutti ,  che  la  beneficenza  ,  la  protezione  ,  o  le  esor- 
tazioni e  i  consigli  di  lui  ninno  si  ebbe  mai  invano 
a  desiderare.  Quel  tempo  che  avanzavagli  dava  tutto 
allo  studio  delle  scienze  piiì  gravi  ,  o  delle  sante  scrit- 
ture ,  o  de'  sacri  canoni  ,  o  de'  santi  padri ,  nella  let- 
tura de'  quali  deliziavasi  ed  erasi  molto  e  di  sovente 
esercitato.  Ma  se  ad  una  dovessi  annoverare  le  cose 
operate  da  lui  o  a  bene  della  greggia  affidatagli  ,  o 
ad    incremento    delle    scienze  ,    o   conservare     in    al- 


5S  Letteratura 

tri  l'integvìtk  della  fede  e  de'  costumi,  prima  mi  man- 
cherebbero le  parole  e  le  forze  che  la  materia.  Che 
non  può  darsi  tanta  ampiezza  d'ingegno  ,  o  facondia 
di  parlare  ,  o  guisa  alcuna  di  scrivere  ,  che  possa  non. 
dirò  io  esornare  i  meriti  del  Gastiglioni  ,  ma  ne  an- 
che annoverandoli    porli    alla    vista    altrui. 

Era  ornai  giunto  quel  tempo  in  cui  le  pietre  del 
santuario  fra  gli  adirati  flutti  di  mar  fortunoso  disper- 
se sembravano  a  miserabile  naufragio  cadute.-  pericolava 
la  navicella  di  Pietro  ,  i  venti  la  battevano  ,  le  on- 
de la  flagellavano  ai  fianchi ,  ne  più  raggio  di  spe- 
ranza mostravasi.  Le  truppe  straniere  invadevano  le  pon- 
tificie Provincie,  e  a  Pio  VII  minacciavan  catene. 
Polluti  i  templi ,  il  freno  sciolto  alla  militare  licen- 
za. L'  angelo  di  Montalto  non  temette  le  empie  mi- 
nacce ,  non  fuggi ,  pensando  più  bello  il  morire  com- 
battendo ,  che  nella  fuga  cercare  scampo.  Perseguita- 
to ,  ingiuriato  ,  strappato  dalla  sua  diocesi ,  per  isco- 
nosciuti  paesi  vagando  ,  fu  costretto  a  sostenere  i  di- 
sagi e  le  amarezze  dell'  esigilo.  Esule  egregio  fra 
tanti  pericoli  vest"i  l'usbergo  de'  forti  ,  e  facendosi  scu- 
do della  Fede  sfidò  i  nemici.  Che  egli  ben  sapeva  non 
colle  forze  del  corpo  ,  ma  con  quelle  dell'  animo  do- 
versi sino  allo  stremo  combattere.  Quantunque  lon- 
tano ,  si  affrettò  a  pascere  le  pecorelle  a  cui  era  stato 
tolto  della  irreprensibile  parola  del  vero  ,  e  mostrò  loro 
con  apostolica  liberta  quali  vie  avessero  a  tenere  ,  in 
quai  luoghi  stanziare  a  sicurtà  ,  a  quali  fontane  dis- 
setarsi. Ma  dopo  varj  casi,  dopo  tanto  alternar  di 
vicende  ,  colui  che  fa  al  suo  trono  scabello  delle  co- 
rone dei  re  della  terra  ,  nella  pienezza  della  sua  gloria 
girò  uno  sguardo  su  gli  empi,  e  gli  empi  caddero  nella 
polve.  Pio  VII  ,  spezzati  i  ceppi,  fra  il  plauso  della 
religione  ,  dell'  Italia  ,  e  del  mondo  rendevasi  al  seg- 
gio  degli  apostoli,  e  cinto  il  capo  di  trionfali  bende  re- 


Commentario  di  Pio  Vili.  59 

slituiva  alla  veneranda  religione  de'  padri  nostri  l'an- 
tico decoro  ,  e  ricuperava  le  provincia  alla  sua  do- 
minazione sottratte.  Il  Castiglioni  pur  egli  affretta- 
vasi  alla  chiesa  di  Montalto  ,  onde  di  nuovo  recarsi 
amorosissimo  pastore  fra  le  braccia  le  sue  dilette  pe- 
corelle, colle  quali  a  tempi  migliori  aveva  passato  gran 
parte  della  vita  famigliarissimamente  ,  in  Leila  e  si- 
cura pace  attendendo  a  Dio  solo  ,  ed  all'  alto  suo 
ufficio.  Ma  tanta  virtù  cui  ninno  elogio  adeguareb- 
bc ,  tante  belle  opere  ,  tante  singolari  doti  dell'ani- 
mo ,  tanti  meriti  verso  la  religione  non  potevano  rac- 
chiudersi   in  quel  piccolo   angolo   dell'  Italia. 

Parlò  lo  spirito  del  signore  :  Pio  VII  ne  intese 
la  voce  :  e  insignito  dell'  ostro  romano  il  Castiglio- 
ni ,  e  postolo  neir  alto  senato  della  chiesa,  mandol- 
lo  vescovo  a  Cesena  ,  perchè  conoscendone  le  virtù, 
intendeva  farne  dono  bellissimo  alla  sua  patria.  Do- 
po breve  tempo  veggendolo  da  più  alti  uffici,  lo  ri- 
chiamò ,  e  fattolo  vescovo  di  Frascati  lo  mise  pre- 
fetto della  s.  congregazione  dell'  indice,  e  maggior  pe- 
nitenziere. In  questi  gravissimi  ministeri  si  rimase,  fin- 
che passato  di  questa  vita  Leone  XII,  gli  eminen- 
tissimi  cardinali  nel  conclave  tenuto  il  31  di  mar- 
zo 1829  a  gara  concorsero  a  porre  le  tre  corone  sul 
capo  del  Castiglioni ,  avvisando  che  la  religione,  l'Ita- 
lia ,  il  mondo  si  allegrerebbero  del  vedere  nell'otta- 
vo rivivere  Pio  settimo.  Egli  fu  invero  ferito  da  gra- 
vissimo dolore  ,  e  ne  pianse  a  calde  amarissime  la- 
crime ,  poiché  di  molte  e  molte  cose  vi  aveva,  che 
da  SI  grave  incarico  lo  distoglievano  .  Le  pi'oprie 
spalle  a  tanto  peso  ineguali  (  sccoadochè  a  lui  pa- 
reva ),  ma  forti  a  giudizio  di  Dio,  lo  facevano  stare 
in   forse  ;  alla   fine  però    non    si   rifiutò. 

Ho  tentato   di  esporre  in  breve  la    vita  del  Ca- 
stiglioni  per  tante    virtù    e    per  tanti   pregi   chiara , 


60  L    E    T    T    E   n    A    T    U   ft    A 

confermata  da  tante  prove  della  sua  scienza  :  ed  ora 
che  sono  a  dire  le  cose  da  lui  pontefice  massimo  ope- 
rate ,  temo  non  iscemi  alcun  poco  della  sua  gloria 
il  mio  stile  dimesso.  E  quale  maniera  di  favellare 
vi  ha  che  possa  degnamente  chiudere  in  parole  o  le 
private  o  le  pubbliche  virtiì  del  Castiglioni  ?  Che  que- 
ste non  sono  già  di  quelle  comuni,  come  la  fatica  nei 
negozi ,  la  fortezza  nelle  turbolenze ,  l'industria  nell' 
operare ,  la  prestezza  nel  condurre  a  fine  l'operato  , 
l'avvedutezza  nel  provvedere  ,  le  quali  virtù  furono 
tutte  in  lui  al  sommo  ;  ma  esse  si  levano  assai  più 
alto.  E  questo  fia  chiaro  più  della  luce  del  giorno, 
per   quanto    ora  imprendo    a  narrare. 

Infatti  Pio  Vili,  benché  pochi  anni  avesse  a  re- 
gnare ,  pure  fé  di  molte  cose  ,  di  molte  ne  stabili, 
e  trasse  felicemente  a  fine  in  tempi  assai  difficili  :  a 
modo  che  gli  venne  perciò  la  gloria  e  la  fama  de'  chia- 
rissimi principi  che  l'avevano  preceduto  a  quell'al- 
tezza di  sacerdozio  e  di  regno.  E  chi  non  sa  che  egli 
fin  dal  principio  del  suo  regno  seppe  sottrarsi  ai  lac- 
ci della  carne  e  del  sangue  ,  anzi  persuase  a  que'che 
gli  erano  consanguinei  di  tenersi  in  molta  umiltà  , 
ed  all'usata  maniera  di  vita  .''  E  questo  è  poco.  Ognu- 
no conosce  quali  tempi  si  volgevano  ,  quali  costumi, 
quali  movimenti  nella  civile  società  ,  quando  nelle 
piazze  e  ne'  templi  il  popolo  romano  si  affollava  a 
salutarlo  nuovo  pontefice.  Egli  temporeggiando  a  mo- 
do di  quel  Fabio ,  che  coli'  indugiare  vinse  Anni- 
bale ,  anziché  col  piegare  a  novità  alcuna,  salva  ed 
integra  mantenne  la  maestà  del  sacro  impero,  e  la  sal- 
vezza de'  popoli  ,  e  la  pace  ,  e  la  tranquillità  dello 
stato  :  di  guisa  che  a  ragione  si  possa  dire  saggio  e 
coraggioso  nocchiero  ,  perchè  la  navicella  di  Pietro 
ora  qua  ora  cola  da  impetuosi  flutti,  e  da  fieri  aqui- 
loni  trabalzala,  seppe  con  sapienza  governare,  e  tau- 


Commentario  di  Pio  Vili  61 

to  forte    contro  quella   fortuna  si   tenne ,   da  riparare 
alla   fine  al  desiderato  lido. 

E  chi   vi   ebbe   mai  che  o  per  buon  desiderio  , 
o  per    isperanza   di  lucro  valesse  coni'  egli  in  si  bre- 
ve tempo  a  comporre  tante  e  sì  difficili   cose  ?  L'Ar- 
menia  cattolica   dalla  rabbia   d'infestissimi  uomini  in- 
festata ,   e  da  novità    turbata  ed  afflitta,   veniva  a'pie- 
di   di    Pio ,    pregando  mercè    a    tanti    mali.    Egli    ne 
ascolta  le  suppliche ,    e    colf  usata    dolcezza    ne  al- 
levia il  dolore  :  scrivere  ai  potentati  d'Europa,  pronto 
accorre  ,   da  mano ,  solleva  ,   ne  si  aresta   finche  non 
la   veda  lieta  e  sicura.  Abbisognano  le   nazioni   della 
voce   di   uomini  apostolici  ?    Pio    manda   loro   uomini 
pieni   di   spirito    divino ,  e  cosi   piìi  abbondante   è  la 
raccolta  che  ne  fa  la  religione.  Ne  si  da   posa    mai. 
Diminuir   le   eresie ,    esporre    riparo    agli   scismi  ,    il- 
luminare   i   miscredenti  ,  richiamare  alla  severa   disci- 
plina  de'  canoni    gli  uomini    di    chiesa ,    difendere   la 
maestà  delle  leggi    ecclesiastiche  ,   conservare  la   pu- 
rità delle  dottrine  evangeliche:  queste  furono  sue  prin- 
cipalissime   cure.  Arroge  che  non  frappose  indugio   a 
consolare  i  cristiani    di  CostantiiwpoH  ,    ponendo    ivi 
una   cattedra   apostolica  ,  e  facendo   vi  sedesse  un  pa- 
triarca :    sicché   la  regina  dell'  Oriente  maravigliò  veg- 
gendo   la    croce  del   Nazareno  ,    da   tanti    e    tanti   an- 
ni   a'  suoi    occhi   negata ,    di   nuovo   nello    splendore 
della  sua    gloria   mostrarsi. 

Ben  aveva  egli  conosciuto  che  la  prudenza  con 
saldi  nodi  ristretta  alla  sapienza  formano  il  perfetto 
principe  ,  e  insieme  gì'  ispirano  affetto  più  di  padre 
del  popolo ,  che  di  signore  ;  quindi  è  che  pei  con- 
forti della  sapienza  e  della  prudenza  questo  grand' 
uomo  tenne  quell'  altezza  di  signoria  con  prò  de'suoi 
sudditi.  Spingevalo  la  sapienza  a  ridurre  a  miglior 
forma   le    leggi    dello   stato ,   ad    usar    dolci    modi    in 


62  L    K    T    T    E    R    A    T    U    R    A 

Terso  i  soggetti ,  a  tutelare  le  lettere  e  le  arti  Io-» 
date  ,  a  risvegliare  l'ingegno  degli  artisti  e  degli 
scrittori.  Insegnavagli  la  prudenza  a  provvedere  alle 
bisogne  de' popoli ,  alleviandone  i  pesi,  ristorando 
la  fame  de*  miseri,  il  commercio  ,  la  pace  interna  ed 
esterna  ;  a  cattivarsi  la  benevolenza  de'  principi  e 
delle  genti  ,  sempre  al  proprio  anteponendo  il  van- 
taggio de'  sudditi.  Profondo  giureconsulto  com'  era  , 
poicli'  ebbe  a  mano  il  pontificato  non  permise  che  en- 
trassero i  sacri  limitari  di  Temide  coloro  che  non 
erano  dotti  dell'  una  e  dell'  altra  legge ,  e  pieni  di 
probità  :  poiché  solo  con  ciò  pensava  potersi  richia- 
mare in  terra  quell'  incorrotta  giustizia,  che  un  gior- 
no offesa  dalle  umane  scelleranze  di  quaggiìi ,  aveva 
riparato  alle  stanze  del  cielo. 

Spogliossi  della  suprema  sua  autorità  ,  raccoman- 
dando air  integrità  de'  giudici  l'amministrazione  del- 
la giustizia ,  perchè  di  que'  che  ricorrono  ai  tribuna- 
li alcuno  non  prendesse  speranza  che  favorevole  giu- 
dizio verrebbegli  con  altrui  danno  per  favore  del  prin- 
cipe. Le  quali  cose  cosi  essendo,  chi  è  che  non  ab- 
bia a  ricordare  a  lungo  o  la  diligenza  di  Pio  VII! 
nel  prendere  consigli  utili  alla  repubblica  ,  o  il  co- 
raggio nel  respingere  i  pericoli ,  o  la  costanza  ne' 
travagli  ,  o  la  premura ,  la  vigilanza,  l'attenzione  po- 
sta a  condurre  a  buon  termine  le  cose  intraprese .''  Con- 
viene che  noi  contessiamo,  che  nel  pontificato  di  lui 
nulla  si  pensò,  nulla  s'intraprese,  nulla  si  fé  che 
non  fosse  ad  incremento  della  religione  e  delle  scien- 
ze ,  o  non  mirasse  a  compiere  i  desiderj  delle  pro- 
viucie ,  alla  retta  aministrazione  del  tesoro  pubbli- 
co ^  e  a  diminuire  le  querele  de'  popoli.  E  tanta  , 
e  quasi  divina  virtù  potè  brevissimo  tempo  spande- 
re i  suoi  raggi  per  tutto,  e  far  giungere  il  suo  gri- 
do per   tutte   le   parti    del  mondo. 


^"^^  Commentario  di  Pio  Vili  63 

Rimarrebbemi  a  dire  di  molte  cose  che  io  stes- 
so vidi  ed  udii  :  ma  a  chi  fu  data  tanta  dovizia  o 
prontezza  di  favellare,  che  la  scienza  di  quest'  uomo 
o  la  perizia  nella  pubblica  azienda  ,  o  la  virtù  dell' 
animo  ,  o  l'ampiezza  della  mente,  o  la  liberalità  del 
cuore  ,  o  i  benelicii ,  non  già  possa  fare  più  belli  col- 
le parole,  ma  annoverare?  Conciossiacchè  più  presto 
che   il  principio  il   fine  si  possa   trovarne. 

Mentre  il  santo  pontefice  caro  a  Dio  e  agli  uo- 
mini neir  alto  suo  ufficio  si  teneva  ,  e  andava  pen- 
sando di  dar  segni  veri  dell'  amor  suo  a'  suoi  suddi- 
ti,  cominciò  a  venire  in  mala  condizione  di  salute; 
la  quale  a  poco  a  poco  peggiorando,  per  la  violen- 
za del  male  ridotto  allo  stremo  il  ventinove  di  no- 
vembre del  1830  passò  soavissimamente  di  questa  a 
vita  migliore.  Visse  poco  a  se ,  non  abbastanza  al- 
lo stato  ,  molto  alla  gloria.  Durerà  la  sua  memoria 
ne'  secoli,  e  i  posteri  se  ne  piaceranno,  e  la  traman- 
deranno chiarissima  ai  più  tardi  nepoti.  L'inaspettata 
morte  di  Pio  Vili  fu  udita  con  sommo  dolore,  spe- 
cialmente da  tutti  coloro  che  conoscevano  le  opere  di 
lui  :  e  lodando  la  santa  sua  vita ,  ben  videro  aver 
essi  perduto  un  principe  afFezionatissimo ,  un  ottimo 
padre. 

Ora  però  tutti  facciamo  cuore  nel  vedere  a  lui 
dato,  la  Dio  mercè,  a  successore  Gregorio  XVI,  che 
in  se  tutte  racchiude  le  virtù  degne  di  un  principe, 
€  che  della  sapienza  e  bontà  sua  inamorando  il  mon- 
do, lo  tragge   ossequioso  a  venerarlo.  Viva 

Finché  il  sol  porta  e  ovunque  porta  il  giorno^ 

perocché  tenendo  egli  quel  seggio  ,   in  cui  sempre  fu 
il   principato  della  chiesa ,    egregiamente   si  compone 


64  Letteratura 

all'  esempio  di  que'  romani  pontefici  da  cui  si  ebbe  il 

nome.  Viva  :  e  ninna  età  tacerà  mai   le  sue  lodi. 


Apresso  la  lettura  di  questo  comentarietto  credo 
non  sarà  discaro  a'nostri  leggitori  trovare  alcune  iscri- 
zioni latine  pubblicate  in  Savignano  per  l'esaltazione 
al  trono  di  Pio  Vili:  due  delle  quali,  cioè  la  secon- 
da e  la  terza,  non  potevano  avere  migliore  raccoman- 
dazione di  quella  che  fa  loro  il  nome  degli  autori. 

DEO  .  AETERNO  .  RESPICIENTI 

QVOD 

FRANGISCVM  .  XAVERIVM  .  CASTILIONEVM 

PII  .  VIII  .  NOMINE 

AD  .  PONTIFICATVM  .  MIXIMVM  .  EVEXERIT 

ORBEM  .  QVE  .  CATHOLICVM 

IN  .  SPEM  .  FELICISSIMI  .  AEVI  .  REDVXERIT 

ORDO  .  POPVLVS  .  QVE  ,  SABINIANENS 

MERITA  .  VOTA  .  PERSOLVVNT 

G.  I.  Montanari. 

PIO  .  Vili  .  PONT  .  MAX. 

PRINCIPI  .  INDVLGENTISSIMO 

QVI  .  DOCTRINAE  .  SVAE  .  CELEBRITATE 

SCIENTIIS  .LITERIS.Q.  DECVS .  PRISTINVM  .  RESTITVIT 

AG  .  VETERIS  .  BENIGNITATIS  .  RECORDATIONE 

PROVINCIAM  .  NOSTRAM  .  DIV  .  LABEFAGTATAM 

IN  .  SPEM  .  QVIETIS  .  ET  .  FELICITATIS  .  EREXIT 

EAM  .  Q  .  AVXIT 

[QVOD  .  JOSEPHVM  .  ALBANIVM  .  V  .  E 

PATRON VM  .  MVNIGIPII 

ADIVTOREM  .  IMPERII  .  SIBI  .  ADIVNXERIT 

POEMENES  .  PHILOPATRIDAE  .  SABINIANENSES 

INDEPTAM  .  DIVINITVS  .  POTESTATEM 

SOLEMNI  .  CONVENTV  .  GRATVLANTVR 

B.    BOBGHESI 


Commentario  m  Pio  Vili  65 

PIVM  .  OCTAVVM 

PONTIFICEM  .  MAXIMVM  .  OPTIMVM  .  PRINCIPEM 

CRISTIANAE.REI.PVBLIGAE.NVPER.COELITVS.DATVIVI 

SOLIDAE.DOCTRINAE.CONSVLTISSIMVIM.ET.PATRONYM 

POEMENES  .  ARCHAEOLOGI  .  PHILOPATRIDAE 

SABINIANENSES  .  AD  .  RVRICONEM 

CARMINIBVS  .  VOTIS  .  CELEBRANT 

QVISQVIS  .  DOCTRINAE  .  CVLTOR  .  ADITO 

CARMINA  .  VOTA  .  NOSTRIS  .  CONIViNGITO 

G.  Amati. 


n 


Della  casa  aurea   di  Nerone^ 
e  della  torre  Cartolarla . 


'opo  la  distruzione  della  torre  dei  bassi  tempi  ,  vol- 
garmente detta  cartolarla  e  cancellarla^  alla  pendice 
del  monte  Palatino,  e  presso  l'arco  di  Tito  •  si  è  fatta 
una  rimarchevole  scoperta.  Si  e  veduto  ,  che  la  torre 
era  fondata  sopra  una  più  lunga  e  larga  serie  di  pie- 
tre quadrilunghe,  parte  peperino,  parte  travertino,  ap- 
poggiate ad  un  grosso  muro  ;  ove  si  vedono  in  molta 
parte  le  impronte  di  altre  sanili  pietre,  tolt(ì.'ie  da  tem- 
po remoto  ,  forse  per  la  distruzione  della  torre ,  o 
nel  suo  abbandono.  Quasi  nel  mezzo  di  queste  pie- 
tre vi  è  costruzione  massiccia  di  muro  misto  di  sca- 
glie, come  dicesi,  a  sacco,  da  osservarsi.  I  pezzi 
quadrilunghi  sono  coloriti  nelle  commissure  d'acqua 
di  pozzolana  paonazza  ;  quali  si  sono  vedute  in  quelle 
del  colosseo  ^  potendosi  credere  contemporanee. 

Consideralo  il  tutto  insieme  del  fabbricato  ;  e   la 
direzione  che  ha  v«rso  il  tempio  di  Venere  e  Ronia , 
e  l'Esquilino;  è  Slato    facile  il  capire,   che   esso  an- 
G.A.T.LIII.  5 


66  Letteratura 

^  ticamente  apparteneva  a  qualche  edificio  grande  e 
suntuoso,  anteriore  a  questo  tempio  ;  e  che  formava 
parte  di  uu  fabbricato  addosso  e  sopra  al  monte , 
o  sia    al   palazzo    imperiale. 

Legg-endo  la  storia  di  Roma,  e  considerandone 
le  località  ,  specialmente  le  più  classiche  e  visto- 
se ;  chi  non  ha  qui  subito  in  mente  la  famosa  do- 
mus  aurea  di  Nerone  ?  Chi  non  ha  parlato  di  questa 
'  dopo  il  risorgimento  delle  lettere  da  Flavio  Bion- 
do (1)  ,  segretario  d'Eug^enio  IV,  nel  1450  in  poi  ? 
Essi  ne  scrissero  coli'  autorità  degli  storici  antichi  : 
noi  possiamo  ora  parlarne  colla  ispezione  materiale  per 
le  scoperte  ,    che   ci  hanno    presentate   gli  scavi. 

Ripetendo  meglio  le  notizie  isteriche  ;  in  prima 
sappiamo  da  Svetoiiio  ,  nella  vita  di  Necrone(l),  che 
questo  imperatore  tanto  grandioso  ,  o  piuttosto  esa- 
gerato nelle  sue  intraprese  ,  volle  unire  le  due  fab- 
Lriche  imperiali,  una  sul  palatino,  l'altra  suU' esqui- 
lino.  Il  monte  palatino,  dove  Romolo  fondò  la  cit- 
ta ,  era  tutto  occupato  dai  palazzi  di  Augusto  ,  Ti- 
berio ,  Caligola ,  e  Claudio  ,  di  ordinaria  loro  resi- 
denza.  Ivi  Nerone  volle  fabbricare  un  nuovo  braccio 
ncir  ang^olo  verso  l'esquilino  tanto  magnifico  e  ric- 
co, che  si  chiamò  la  casa  aurea,  domus  aurea.  Neil' 
esquilino  vi  era  a  qualche  distanza  la  casa  e  i  ce- 
lebri orti  di  Mecenate  ;  i  quali  legati  all'  imperatore 
Augusto   (2) ,    restarono   ai  Cesari. 

Nerone  volle  unire  quelle  due  grandi  fabbriclic. 
Domain  a  palatio  esquiUas  usque  fecit ,  dice  Sveto- 
nio.  Nel  basso  intervallo  per  la  comraunicazionc  do- 
vette egli  costruire   un  gran  punte.    Clic    questo  s'iu- 


(i)  Roma    vìslaur.    Uh.  7), 

(2j  Dioae  lib.  (5ij  e  Mcibomio  vUa  Maui.aiL     cap-    5s3. 


Casa  aurea  di  Nerone  te.  G7 

nalzasse  sopra  colonne  smisurate  ,  eli  otto  e  più  palmi 
di  diametro  ,  delle  quali  una  sia  quella  dirizzata  da 
Paolo  V  avanti  s.  Maria  Maggiore  ,  già  nel  tempio 
della  Pace,  come  scrive  il  Nardini  (1),  non  si  può 
credere  ;  perchè  vi  avrebbero  dovuto  stare  tutte  le  8, 
che  erano  in  quel  tempio.  Allora  sarebbe  stato  un 
portico  altissimo,  pesantissimo,  incompatibile  colf  atrio 
o  vestibolo  assai  vasto  secondo  Svetonio  ,  e  coperto  , 
col  colosso  alto  120  piedi  ,  e  colle  strade  traver- 
se ,  due  al  pili  ,  non  3  ,  quante  ne  vuole  il  Nar- 
dini medesimo.  Comunque  fosse  costruito  ,  per  il  no- 
stro proposito  dobbiamo  immaginarci  ,  che  fosse  al- 
to molto ,  se  vi  si  comprendeva  almeno  quel  vesti- 
bolo si  grandioso  :  e  nel  totale  altissimo  ,  per  ren- 
derlo piìi  commodo  e  raagnilico  ;  da  comparire  una 
comunicazione  dei  due  palazzi  sopra  i  due  monti  :  o 
meglio,  secondo  Svetonio  ,  che  comparisse  una  casa 
sola  ;  la  cui  porta  e  vestibolo  era  in  mezzo  della 
facciata  verso  il  campidoglio.  Alti  e  larghi  assai  do- 
vevano pur  essere  i  portici  su  le  due  strade  ;  per 
non  offuscarle  ,  e  ang-ustiarle  in  proporzione.  Da  que- 
sto passaggio  credo  fosse  detta  nella  prima  edillca- 
zione  la  casa  transitoria;  non  col  Nardini  ,  dal  tran- 
sito ,  che  avellano  per  essa  quelli^  die  dalla  via  sa- 
cra ,  o  da  altre  convicine  ,  passavano,  al  Celio ,  ed 
altri  luoghi  ,  eh'  erano  di  là.  (2) 


(ij  Lib.    3    cap.   i3. 

(2^  Foro  transitorio  in  questo  senso  (u  detto  veramente 
quello  di  Domiziano  nell'  ora  detto  arco  di  pnnlano;  del  qua- 
le scrissi  lungamente  contro  la  opinione  di  olii  io  pretende  il 
Foro  d'Augusto,  detto  di  Marte.  Ked.  il  rngioimni.  su  lo  ter- 
me Taur.  ce.  pag.  yo  e  segg.  Ivi  Irallai  anche  a  lungo  dei 
tempj  di  Venere   e   Roma. 


68  Letteratura 

Queste  osservazioni  decidono  insieme  conlro  il 
dubbio  di  Flavio  Biondo  e  del  Marliano  ,  rigettalo 
dal  P.  Donati  (1)  :  u4n  atrium  vergerei  ad  arcum 
Titi  ;  iblcjue  Gum  palatio  conjungeretur  domus  :  ari 
vero  ultra  Constantinl  arcum  ,  vallem  inter  caelmm 
et  palatinum  occuparet. 

Altre  fabbriche  vi  fece  Nerone  dalla  parte  verso 
il  Laterano;  come  lo  stagno  e  case  intorno  ,  che  SvC' 
tonio   pure  accenna. 

Sopra  l'Esquiìino  intorno  alle  delizie  di  Mece- 
nate furono  fatte  vigne  ,  pascoli ,  boschetti  per  ani- 
mali domestici  e  feroci.  IXitra  insuper  ar^^is  ^  atque 
vinetis  ,  et  pnscuis,  sytvisque  varia  cum  inultitudine 
omiiis  generis  pacicduHì  ac  ferarurn.  Marziale  lo  idk 
intendere    col    dire  (2)  ; 

Hic  ,  uhi  miramur  ,  velocia   munera  ,  thermas  , 
postulerai  miseris  tecta  superbus  ager. 

Tacito  dice  ancor  più  chiaramente  (3):  Domus  ejuSy 
qua  palntium  ad  (4)  Maecenatis  hortos  continuaverat^ 
In  seguito  il  fabbricato  tutto  quasi  fu  demo- 
lito da  Vespasiano  (5)  in  otlio  dell  autore.  In  vece 
dello  stagno  egli  vi  alzò  l'anfiteatro  ,  designatovi  da 
Augusto  ,   detto    ora    il  colosseo  ;  stagno  ,    grande   a 


(i)  De  urbe  Roma  ,  Ub.  3  cap.   5- 

(2)  De  spect.  nuin.  1.  v.  8. 

(5)  Aimal.  lib.  i5.  a'p.  69,  Vc^l.  Venuti  Descii-.  lopo'^r, 
ìib.    I   cap.  y. 

(4)  Correggo  ad  in  vece  di  et;  pciolu":  ;ui  p:Mp,  olic  k» 
richieda  il  senso  < e  come  lia  dcUo  colle  p.uolc  jtcalc  pjo";iHi 
%i  f  a  palatio  esfjuUias  usrpic. 

(5j  Sveloa.  in  vita,  cap.  9. 


Casa  Aurea  di  Nerone  ec.  09 

guisa  di  un  mare  ,  stagnum  maris  instar  ;  circonda- 
lo da  edifizj  in  aria  di  citta  :  circum  septam  aedi- 
ficus  ad  urbium  speciem.  Da  tale  stagno  Vespasiano 
prese  l'idea  di  fare  la  naumachia  nel  centro  ,  della 
quale    tanto  ho    parlato   altrove    (1). 

Nella  parte  verso  l'esquilino  di  fianco  vi  eresse 
il  tempio  alla  Pace^  finita  la  guerra  giudaica,  sotto 
il  suo  consolato  IV,  ossia  l'anno  75  dell'  era  cristia- 
na (2).  Il  gran  ponte  forse  lo  distrusse  ugualmente 
tutto  ,  lasciando  il  colosso.  Fu  Adriano  ,  che  per 
emulazione  delle  magnificenze  di  Trajano  nel  suo  fo-i 
ro  ,  vi  eresse  il  magnifico  tempio  unito  di  Venere  e 
Roma  ;  del  quale  vediamo  ancora  i  grandiosi  sterrati 
avanzi  (3)  ,  e  trasportò  il  colosso  (4)  ;  non  Vespa- 
siano ,  come  scrive  il  Nardini  ;  del  quale  si  è  ulti- 
mamente scoperta  la  proporzionata  base  di  muro ,  all' 
angolo  del   Tempio   di   Venere }   in  opposizione    alla 


(i)  Osservai,  tiill'aretia  e  sul  potilo  dell' anfit.  Flavio  ec, 
Notizie  dei^U  scavi  neW  nnf.   Flavio,  ec. 

(2)  Ved.  la  basilica  di  Costantino,  ec.  Bagionatnento  sopra 
ìe  lerma  tauriane,  ec. 

(3)  La  pianta  datane  incisa  nella  nuova  edizione  del  Nar- 
dini, iSi8,  per  nulla  è  giusta.  In  ispecie,  chiude  tutto  il  cir- 
condario con  un  colonnato  solamente.  II  circondario  era  di 
muro  ,  con  dentro  il  colonnato  ,  per  ornarlo  con  sculture  ; 
aperto  nelle  due  fronti  tanto  da  far  trionfare  le  facciate  del 
due  più  alti  e  maestosi  tempj;  e  internamente  con  colonne 
di  cipollino  di  8  palmi  e  più  di  diametro  ,  corrispondenti  a 
quelle  di  due  quadri,  clie  nel  mezzo  aggettavano,  e  inter- 
rompevano il  colonnato  nei  due  punii  conispondcoù  alla  ti- 
ijionc  dei  due  tempj. 

(4)  Sparllanus,  in  vita,  ctip,    iS, 


70  Letteratura 

meta   sutlanle  ;    come   avevo   preveduto   dopo   i  primi 

scavi,   che   vi  feci  nel   1818   (1). 

L'architetto  dell'  uno  o  dell'  altro  imperatore 
lasciò  al  luogo  i  solidissimi  fondamenti  della  testa 
del  gran  ponte  dalla  parte  del  palatino  ,  che  ora  ve- 
diamo scoperti.  Misurandone  la  lunghezza  e  la  lar- 
ghezza ,  possiamo  anche  congetturare  la  solidità  ,  la 
larghezza  ,  e  la  direzione   dei   portici. 

Dalla  parte  opposta  verso  l'csquìlino ,  di  fianco 
alla  via  sacra  ,  non  si  vede  il  piantato  di  questi  por- 
tici ;  ma  al  luogo  di  essi  vi  è  una  grossissiraa  so- 
struzione ,  o  platea ,  masso  di  muro  ,  quasi  tutto  co- 
struito con  iscaglie  di  selci.  Io  lo  suppongo  tagliato 
da  Vespasiano,  per  il  prospetto  del  tempio  della  Pa- 
ce verso  l'anfiteatro  ;  e  sospetterei,  che  prima  di  Ne- 
rone, e  per  lui ,  la  via  sacra  passasse  \)m  bassa  ver- 
so il  palatino  ,  dove  e  la  chiesa  ,  diritta  al  tempio 
d'Antonino  e  Faustina.  La  direzione  attuale  si  deve 
all' imperatore  Adriano  per  allargare  il  suo  tempio  (2). 

Alla  parte  opposta  vi  era  l'appoggio  del  monte, 
e  il  fondamento  solido.  Quella  platea  occupava  gran 
parte  anche  dove  è  il  tempio  della  Paco  ;  e  dietro 
a  questo  per  tutto  l'orto  oggidi  delle  Mendicanti  ,  già 


(i)  Ragion,  sopra  le  terme  tauriaite  ec.  pag.  28. 

(2)  Se  la  via  sacra  fosse  passata  sotto  l'arco  di  Tito,  co- 
me opiriauo  alcuni ,  che  confutai  nel  Prodromo ,  pag.  it  ,  a- 
vrebbe  dovuto  salire  di  più  dalla  meta  sudante,  e  discendere 
verso  il  tempio  della  Pace;  facendo  anche  due  voltate,  all'ar- 
co di  Costantino,  e  a  quello  di  Tito;  e  passare  sotto  quest'ar- 
co ,  troppo  angnsto  per  un  trionfo.  Da  questo  arco  andava 
dritta  una  strada  verso  la  via  nova,  e  il  tempio  di  Castore; 
della  quale  notai,  che  fu  scoperto  anni  indietro  im  pezzo  vi- 
cino il  portone  degli  orli  farnesiaai  colU  selciata. 


Casa  aurea  di  Nerone  ec.  71 

del  card,  di  Carpi  ;  ove  ancora  si  scorgono  dei  cor- 
ridoi sotterranei  con  varj  resti  di  volte  ,  e  muri  di- 
pinti del   fabbricato  neroniano    (1). 

Vespasiano  per  innalzare  quel  tempio  della  Pace, 
il  più  grande  di  tutti  i  romani  ,  al  dire  di  Plinio  (2), 
e  come  si  presenta  nelle  sue  rovine  ;  il  piìi  ornato 
di  stucchi  nella  volta  a  cassettoni  dorati  ;  di  statue 
grandi ,  e  minori  ,  frammenti  delle  quali  furono  tro- 
vati nello  scavo,  o  spurgo  del  184C:  colle  8  men- 
tovate colonne  altissime  di  un  sol  pezzo  di  marmo 
bianco  nella  navata  di  mezzo  ,  con  pavimento  di  lar- 
ghe lastre  di  varj  marmi  preziosi  ;  vi  spese  ,  per  re- 
lazione di  Giuseppe  Flavio  (3)  suo  segretario ,  un 
fiume  d'oro.  Per  trovare  spazio  conveniente  alla  pian- 
ta e  air  isolamento  ,  tagliò  ad  angolo  retto  quella 
grande  platea  dal  lato  orientale  ;  lasciandovi  una  in- 
tercapedine fra  il  tempio  e  il  rimanente.  Onde  rial- 
zar questo  tempio  al  paro  della  nuova  via  sacra  , 
colla  facciata  ,  che  guardava  l'anfiteatro  ,  nella  forma, 
con  portico  e  5  porte  ,  che  Costantino  imitò  nelle 
basiliche  cristiane  ;  si  dovette  piantare  una  profonda 
sostruzione  dalla  parte  della  tribuna  ;  dentro  la  qua- 
le ancora   si  vedono   vaste   camere,  che  servivano  di 


fi)  Neil' angolo  iiiconlro  la  facciata  del  tempio,  nello  sca- 
vo del  iSig  trovai  dei  imiri  di  camere,  e  pavimenti  di  qua- 
drelli di  paste  di  vetro  e  di  marmi,  che  furono  lasciali  al 
luogo;  riscoperti  nel  1829,  fattavi  la  volta,  e  con  chiusino 
sopra  lasciati  visibili.  Dovevano  appartenere  alla  fabbrica  ne- 
roniana ,  lasciativi  da  Adriano;  perchè  non  pregiudicavano 
alla  pianta  del  suo  tempio  tanto  più  alto,  e  distante  alquanto. 

(2)  Lib.  35  eap.   io  HI/.  36  cap.  7.  Ved.  la  basilica  di  Co- 
stantino sbandila  pag.  10. 

(3)  De  Bello  lud.  lib.  7.  cap.  ì\. 


T2  Letteratura 

magazzini  alle  merci  orientali  e  ad  altri  oggetti.  Con- 
tro una  61  evidente  costruzione  di  fabbrica  tutta  di 
cortina,  e  separata  quale  è  questa,  come  potè  il  Pi- 
ranesi  immaginarsi  ,  che  dessa  fosse  il  Tablinio  della 
casa  aurea  ;  e  formarne  un  insieme  stravagantissimo? 
Il  figlio  Domiziano  aggiunse  nel  detto  lato 
la  curva  ancora  esistente  ,  visibilmente  appoggiata  ; 
sopprimendo  la  intercapedine  ;  per  collocarvi  una  li- 
breria pubblica  ,  e  tenervi  sedute  letterarie.  Nel  lato 
opposto  vi  costruì  all'  esterno  sulla  via  sacra  un  por- 
tico con  4  colonne  di  porfido  rosso,  e  scala,  la  qua- 
le servisse  all'  ingresso  nel  tempio  direttamente  verso 
la  biblioteca.  La  scala  esiste  in  parte.  Delle  colonne 
se  ne  travarono  due  pezzi  dall'  imo  scapo  nello  scavo 
del  1819,  che  collocai  per  testimonio  nel  cortile  del 
palazzo  dei  signori  conservatori  in  unione  ai  pezzi 
del  colosso,  sedente,  in  marmo,  dello  stesso  Domizia- 
no ,  che  ivi  parimente  furono  trovati  nel  1487  (1). 
Massenzio  ristaurò  questo  tempio  ,  a  quello  prossimo 
di  Roma  ;  il  senato  però  ne  volle  dar  l'onore  a  Co- 
stantino ,  in  odio  di  quel  tiranno  ;  onde  fu  detta  Ba- 
silica di  Costantino  dai  regionarj  posteriori  ;  come 
provai  ne'  due   opuscoli. 

Tito  ,  forse  in  vita,  e  poi  dopo  la  morte  del  pa- 
dre ,  innalzò  le  sue  terme  ,  che  Marziale  chiama  ve- 
locia  ninnerà^  sulla  parte  dell'Esq  uilino,  o  piuttosto 
v'incorporò  parte  delle  fabbriche  e  del  terreno  delle 
suddette  delizie  neroniane  verso  l'anfiteatro  ;  più  oltre 
unendovi  le  terme  ,  le  prime  costruite  in  Roma  ;  in 
parte  riconoscibili  negli  ora  sotterranei  (2)  e  orti  di 
Mecenate,   già  occupati  da  Nerone,  secondo  Tacito. 

(r)  Ted.  la  Basiìica  pag.   io  e  segg. 
(2)  Le  pitture  attuali  dovsvaao  essere  opera  di  Mecenate, 
aon  di  Tito. 


Casa  aurea  tu  Nerone  ec.  73 

Il  senato  in  ultimo  eresse  nel  clivo  sacro  del 
palazzo  imperiale  ,  il  predetto  arco  trionfale  al  de- 
funto Tito  ,  rappresentatovi  sul  carro  ,  come  lo  ave- 
va decretato  prima  ;  sebbene  esso  avesse  poi  fatto  l'in- 
gresso in  Roma  col  padre  e  col  fratello  a  cavallo; 
come   narra   il   citato  Giuseppe  Flavio. 

Questa  è  Tunica  maniera  di  conciliare  la  con- 
traddizione, come  proposi  altrove  (1).  L'anno  della 
erezione  non  consta.  Il  titolo  di  divo^  e  Tito  stesso 
portato  dall'aquila  in  cielo,  scolpito  nel  centro  dell' 
arco,  assicurano  che  venne  eseguito  dopo  morto.  La 
iscrizione  ,  che  riporta  Lucio  Fauno  (2)  ,  meglio  il 
Grutero  (3),  da  lui  il  Marangoni  e  tanti  altri,  e  nell' 
ultima  edizione  dell'  opera  del  Nardini  ;  ove  questi 
ripete  ,  che  fosse  apposta  alla  facciata  verso  il  Cam- 
pidoglio ;  parla  di  Tito  vivente  ;  ed  ho  provato  (4) 
col  Marliani  (5),  che  fu  trovala  nel  circo  massimo. 

Domiziano  ridusse ,  e  amplificò  ,  secondo  Plutar- 
co (G),  la  pajte  dove  era  la  casa  aurea  sul  Palatino, 
della  quale  si  sono  trovati  grandi  avanzi  negli  scavi 
del  1724,  e  seguenti  anni;  dati  da  monsig.  Bianchi- 
ni nel  suo  palazzo  de  Cesari  ;  con  tante  piante,  al- 
zati ,  e  spaccati ,  ove  trionfa  assai  la  di  lui  imma- 
ginazione. Nel  1828  il  sig.  Costantino  Thon  ne  ha  trat- 
tato nel  suo  palazzo  de'  Cesari  sul  monte  palatino 
illustrato  da  Vincenzo  Ballanti. 

Tuttociò  si  nota ,    per  conoscere   che  come  Ne- 


(i)  Nuova  descr.  de'rnon.  ani.  pag,  288. 

(2)  Lib.  2  cap.   ig. 

(3)  Pag.  244  num.  6. 

(4)  Loc.  eit. 

(5)  Lib.  1  cap.  26. 

(6)  In  Domit. 


74  Letteratura 

rone   occupò    tutto  quel    tratto  di  terreno  per  le  sue 

fabbriche  ;  onde  Marziale    (1  )  ebbe  a  dire  : 

Unaqu£  jam  tota  stabat  in  Urbe  clomus  ; 

COSI  Vespasiano  ebbe  in  mira  di  sostituirvi  le  sue 
principali  ;  Tito  ,  Domiziano,  e  il  senato  seguendone 
l'esempio. 

Questa  unione  di  ediflzi  entrava  anche  nella  pra- 
tica generale  degli  imperatori  ;  di  scegliere  un  loca- 
le ,  per  collocarvene  in  qualche  numero.  Così  prati- 
cò Pompeo  col  teatro  ,  curia  ,  e  basilica  :  Augusto  rie- 
dificando ,  e  alzando  di  nuovo  le  grandiose  fabbriche 
intorno  al  foro  romano  ;  M.  Agrippa  col  Panteon , 
le  terme  ,  e  il  portico  degli  argonauti  ,  di  cui  sono 
avanzo  le  colonne  di  cipollino  di  8  palmi  e  più  di 
diametro ,  e  i  pavimenti  di  giallo  scoperti  fra  il  vi- 
colo degli  orfanelli  e  la  piazza  del  Panteon  (2);  Tra- 
jano  col  suo  foro  ,  e  quello  di  Nerva  ;  Antonino  Pio, 
e  M.  Aurelio  ,  nel  campo  marzo  ,  colle  due  colonne, 

coir  arco   trionfale ,   e  il  tempio  da  Commodo ,  o  dal 
senato  ,  dedicato   a  M.  Aurelio  ,  ora  dogana  di  terra, 

di   cui   parlai    altrove  (3). 

Veniamo   alla  torre  mentovata ,    la  quale  ha  dato 

occasione  a  queste  osservazioni  generali  sulle  case  di 

Nerone. 


(1)  liOC.   cit.   V.   4- 

(2)  Di  tale  pavimento  se  ne  vede  qualche  pezzo  nelle  can- 
tine della  casa  ,  a  mano  sinistra  nella  strada  verso  la  cliiavi- 
ca,  dove  è  il  macellaro.  Lo  feci  restare  scoperto  quando  si 
rislaurò  la  casa  nel  iSao. 

(ij  fmmmeiiU  di  Fasti  )  p»s-  LXXII  e  segg. 


Casa  aurka  di  Nerone  ec.  75 

Più  per  congetture  probabili  ,  che  per  vere  sto- 
rie ,  bisogna  convenire  ,  che  dai  secoli  della  maggior 
decadenza  il  palazzo  imperiale  sul  monte  palatino  fos- 
se non  solo  abbandonato  ;  ma  preda  al  primo  occu- 
pante nelle  varie  sue  divisioni  abbandonate  ,  e  a  po- 
co a  poco  andate  in  precipizio  ;  divenute  proprietà  di 
chi   le   spogliava  ,  o  se  le   appropriava  stabilmente. 

Nella  dissertazione  sulle  rovine  di  Roma,  (1)  d'ap- 
presso al  Marangoni  (2)  e  a  tutti  i  nostri  archeolo- 
gi ,  trattai  di  proposito  delle  fazioni  di  tante  fami- 
glie prepotenti  ,  le  quali  in  guerra  civile  tra  di  loro 
fino  dal  secolo  decimo ,  secolo  detto  dal  card.  Ba- 
ronio  di  ferro  ,  s'impossessavano  delle  fabbriche  an- 
tiche le  più  vaste  e  solide,  per  fortificarvisi  ;  ag- 
giungendo ivi  ,  o  nelle  adiacenze  delle  alte  torri  qua- 
drate ,  per  avancorpo.  I  miseri  avanzi  del  mausoleo 
d'Augusto ,  di  quello  d'Adriano  ,  del  teatro  di  Pom- 
peo ,  di  quello  di  Marcello  ,  dell'  anfiteatro  Flavio  , 
le  chiese  stesse  ,  come  il  Panteon  ,  ne  sono  testimo- 
ni. Delle  ìnnumerabili  torri  ne  vediamo  frequenti  ri- 
masugli ;  e  non  poche ,  di  varie  epoche ,  quasi  an- 
cora intere  lungo  le  strade  ,  o  incorporate  nelle  case. 
Può  dirsi ,  che  l'aver  queste  torri  ,  o  per  uso  ,  o  per 
vanita ,  era  moda  generale  in  tutta  la  Italia  dal  se- 
colo X,  secondo  il  Sigonio  (3);  e  in  Roma  le  vedia- 
mo imitate  altissime  ,  e  studiate  anche  nei  campanili 
delle  chiese. 


(i)  ?^el  tomo   5   del  Winkelmann. 

(•).)  Storia  deW  anfiteatro  I<  lauto.  Roma  1746. 

{5J  De  regno  Hai.  Ub.  7.  Secondo  Gio.  Villani  Stov.  fior, 
no.  5  nel  secolo  XII  in  Firenze  ve  ne  erano  moltissinic  alte 
più  di   100  e  120  braccia. 


76  Letteratuiia 

Tra  le  famiglie  una  delle  più  potenti  e  faci- 
norose ,  si  conosce  la  Frangipane  co'  molti  suoi 
aderenti.  Non  è  qui  luogo  a  farne  la  storia  genealo- 
gica ,  che  gli  amatori  possono  raccogliere  dal  Zaz- 
zera ,  dalla  storia  latina  scrittane  dal  Panvinio  ,  il 
cui  manoscritto  si  ha  nella  vaticana ,  angelica ,  e 
barberina.  Altre  notizie  ne  danno  il  Muratori,  il  Puc- 
ci, il  p.  ab.  Nerini,  gli  annali  camaldolesi,  il  p.  Ca- 
simiro ,  il  Marangoni ,  il  card.  Garampi  ec.  Al  no- 
stro argomento  ristringendoci  per  la  torre  ,  premet- 
teremo ;  che  essa  famiglia  ora  fu  addetta  alla  par- 
te dei  sommi  pontefici  ,  e  loro  sostegno  come  vassal- 
la  ;  ora   contraria. 

Per  le  notizie  ,  che  raccolsi  dell'  anfiteatro  Fla- 
'vio  nella  dissertazione ,  può  tenersi  ,  che  ella  se  ne 
rese  padrona  fin  dal  detto  secolo  X;  e  lo  ridusse  in 
qualche  porzione  a  fortezza  all'  uso  di  quel  tempo. 
Ma  per  avere  un  posto  avanzato  ,  tirò  una  linea  di 
fabbriche  dalla  parte  del  Palatino  sopra  la  nostra  Tor- 
re (1);  e  passando    per  l'arco   di  Tito   (lasciato   que- 


(i)  II  Ficoroni  p^esl.  di  Roma  ant.  lib.  i  cap.  4  png-  iTì, 
e  nella  Osserv.  sopra  il  diar.  ital.  del  P.  Montfaucon,  pag.  4/,, 
per  riprender  questo  ,  quasi  che  dica  antica  la  parte  laterizia 
sopra  l'arco  dello  di  Giaao  quadrifonie  al  Velabro,  dice,  e 
ripete  francamente ,  che  questa  laterizia  è  opera  moderna  de- 
gli ultimi  secoli,  ne'  quali  chiamavasi  Torre  de" Francapani;  per- 
chè Vincenzo  detto  Cencio  de'  Francipani  fabbricandola ,  se  ne 
servì  come  di  fortezza.  Il  critico ,  male  ripreso  dal  p.  Ricco- 
baldi  neir  apologia,  confonde  questa,  detta  torre,  colla  cnr- 
loiiria;  e  grossolanamente  la  crede  moderna  in  quella  parte 
laterizia.  Era  del  tempo  del  sottoposto  arco,  di  massi  grandi 
di   marmo.  Lo  prova  la  scala  pure  originale  ;  fatta  di  raarrai 


Casa  aurea  hx  Neroxe  te.  77 

sto   come  porta  fortificata  sopra),    andava  alla   chiesa 
di  s.  Maria    Nuova ,  costruita   sulle    rovine    del    tem 
pio   suddetto  di    Uoma. 

Questa  chiesa  fu  dedicata  ai  santi  apostoli  Pel- 
tro e  Paolo  nel  765  (1);  riedificata  nel  1123  dal  card. 
Almerico ,  che  la  dette  col  monastero  ,  pur  ristaura- 
to  ,  ai  canonici  regolari  della  congregazione  di  s.  Fre- 
diano (2);  dedicata  alla  ssma  Vergine  ;  detta  perciò 
santa  Maria  nova  ;  poi  unitavi  anche  s.  Francesca  ro- 
mana ,    come  notai   nel   Prodromo  (3). 

Che  i  Frangipane  avessero  delle  case  qui  intor- 
no alla  torre ,  tutti  gli  scrittori  più  antichi  de'has- 
si  tempi  Io  accennano.  E  primo  anche  si  può  rica- 
vare dalla  notizia,  che  da  il  Vendettini  (4)  ne'seguen- 
ti  termini.  „  Neil'  archivio  di  s.  Maria  nova  cap.  1 
trovasi  un  istromento  di  compra  d'una  casa  fatta  por 
Oddonem  et  Cencium  Frajapanem,  illustres  consu- 
les  germanos  fratres^  filios  quondam  hon.  mem.  Lea- 
nis  Frajapani  anno  1139.  Nell'anno  1  i40.  Oddo  Fra- 


lavorati  tolti  d^  altre  fai)  bri  eh  e  ;  però  da  credersi  l'arco  l;i- 
voro  del  terzo  secolo.  Lo  provava  la  camera  a  volta  che  vi 
era  sopra,  con  corridore  intorno,  di  ottima  forma,  e  costru- 
zione antica  contemporanea  ,  che  ho  bene  esaminata  più  vol- 
te, e  fatta  ripulire  da  erbe  e  piante.  Esteriormente  ei'a  stata 
rivestita  di  marmi,  con  qualche  riparazione  de' bassissimi  tem- 
pi. Pur  troppo  quella  opinione  di  moderna  ha  dato  motivo 
a    distruggerla  nel    i35o. 

(i)  Anast.  ili  cita.  ,  cap.  6  edit.  Vignoli.  Piazza  Gerarcjt^ 
jiag.  jiQ),  Golt   Prose,  toni,    i,   diss.   5. 

(2)  Pennot.   Ilìat.   trip.   pag.  2^5. 

(S)  Pag.  22. 

(l{)  Serie  crmwl,  de  seii.  di  fwina  ;  pa^.  -j, 


78  Letteratura 

japanus  viene  nominato  in  un  islrumento  di  locazio- 
ne di  casa  presso  s.  Maria  nuova  del  dì  19  setlcni- 
bre  „.  Il  Ciaconio  nella  vita  del  papa  Gelasio  li  (1) 
dice  fatta  la  di  lui  elezione  in  monasterio  tutissimo 
Palladio  ,  qaod  ciiriae  propinquiiin  inter  Fregepanwn 
aedes  erat.  Dove  il  Viltorelli  nota  :  ,,  Infra  aedes  Leo- 
nis  ,  et  Cincii  Fregepanis  ,  ait  Platina  ;  non  autera 
inter.  Legendum  infra.  ,  constat  ex  actis  Pandulfi  sub, 
diaconi  tuuc  viventis,  „ 

Pandolfo  poi  parla  di  un  secondo  attentato  con» 
tro  quel  papa  nella  chiesa  di  s.  Maria  nova  ,  quia 
ecclesia  esset  in  fortiis  Frajapauuin.  Il  Muratori  (2) 
reca  una  testimonianza  dell'  ab.  Gofrido  Vindocinen- 
se,  e  la  di  lui  lettera  8,  in  cui  scrive,  come  pare  allo 
stesso  Muratori,  intorno  al  1094  a  papa  Pasquale  H 
in  tal  guisa  :  Piae  recordationis  domnwn  papam  Ur- 
banwn  (predecessore)  in  domo  lohannis  Frajapanem 
latitare^ 

La  prima  o  casa^  o  torre  ^  si  è  resa  celebre  so- 
pra tutto  per  la  storia  del  lodato  papa  Gelasio  scrit- 
ta da  Pandolfo  Pisano  (3)  ,  e  illustrata  dal  p.  ab. 
Costantino  Gaetani  ,  il  quale  si  diceva  della  stessa 
famiglia  di  lui   (4). 


(i)  Tom.   I  col.  299. 

(if  Anliq.  med.  nevi,  diss.  XLII  col.  793,  Bicci  iVbf.  della 
Jam.  Boccap.  pag.   5. 

/i)  Rer.  Ital.scr.tom.Z  co/.38i,poi  separatamente  nel  1702. 

(4)  Il  p-  abate,  forse  ia  ricordo  di  quel  fatto  accaduto 
in  questa  chiesa,  fece  incidere  in  rame  le  antiche  pitture  cJic 
vi  erano,  e  sono.  Il  Mabillon  nell'  Iter  italic.  toni,  i  pag.  i5i 
dice,  che  sbaglia  nel  credere,  che  rappresentino  s.  Benedetto 
fra  gli  apostoli  Pietro  e  Paolo.  Vuole  ,  che  rappresentino  la 
B.  Vergile   eoa  un  vescovo   e   uii  diacono. 


Casa  aurea  di  Nerone  ec.  79 

Neir  altura  del  monte  assai  prima  tlel  secolo  X. 
come  prova  il  medesimo  p.  ab.,  si  era  fabbricato  un 
monastero  ;  dato  poscia  ai  monaci  cassinensi  da  Atss- 
Sandro  II.  Indi,  reso  abbadia  di  tale  celebrità,  ne  par- 
lano Pietro  Mallio,  Giovanni  diacono,  il  Panvinio, 
riuniti  dal  p.  Mabillon  (1),  ed  dal  p.  Casimiro  nelle 
sue  memorie  istoriche  della  chiesa  e  convento  di 
Araceli  (2).  Ne  dice  abbastanza  in  compendio  l'erudi- 
tissimo ab.  Cancellieri    (3). 

La  torre  e  la  casa ,  rispetto  al  monastero  e 
chiesa  ,  slavano  al  basso,  e  in  alto.  In  vicinanza  di 
questa  chiesa  al  tempo  di  Giulio  II,  sul  principio  del 
secolo  XVI,  esistevano  ancora  insigni  rovine  del  pa- 
lazzo imperiale  con  porte  di  marmo  dirute,  come  nar- 
ra l'Albertino  allo  stesso  Giulio  (4):  In  parte  pala- 
ta versus  septemtrionem  fuit  locus  Palladii^  ciijus  in- 
signes  existimt  ruinae  cuin  marmar eis  portis  dirutis: 
quem  lociim  nunc  Pallahriam ,  prò  Palladium  corrn- 
pte  appellant  ;  in  quo  loco  est  ecclesia  s.  Mariae  in 
P aliarla. 

Nella  chiesa  l'anno  1118  Gelasio  fu  eletto  papa. 
Ma  appena  se  ne  sparse  la  voce,  (riferiremo  la  rela- 
zione di  Pandolfo  Pisano  (5)  adottata  dal  Platina,  tra- 
dotta dal  Muratori  negli  annali  a  qucU'  anno  )  ,  che 
Cencio  Frangipane,  uno  dei  fazionarj  dell'  imperato- 
re  Arrigo  V,  adirato  da  quella  scelta  ;  perchè  avreb- 


(i)  Mas.  Hai.  toni,  a  pag.   i6x. 
N   P«^.  9  e  segg. 

fZj  Le  sette  cose  fat.  di  Roma  ani.   mini.  7  /)<zg.   53. 
C^J  De   mirab.   iirb.  pag.    ip   Lugd.    i52  0. 
(i>)  Rer.  Hai.    sa:   toni.  5  col.  38 1.  Cmlilis    Cuinmcnt.  de 
sen.   roni.  pag.  227. 


80  Letteratura 

be  volalo  uno  della  sua  famiglia  (1);  con  una  mano  di 
masnadieri  ruppe  le  porte  della  chiesa  ,  prese  per  la 
gola  il  pontefice  eletto,  e  con  calci  lo  percosse;  e 
a  guisa  di  un  ladrone  lo  trasse  alla  sua  casa  conti-  | 
gua  ,  e  quivi  lo  imprigionò.  All'  avviso  di  questo  ese-  ^ 
crabile  attentato  furono  in  armi  Pietro  prefetto  di  Ro- 
ma ,  Pietro  di  Leone  con  altri  nobili  ,  e  dodici  rio- 
ni della  citta  ,  coi  trasteverini  :  e  saliti  in  campido- 
glio ,  spedirono  tosto  istanza  e  minacce  ai  Frangipa- 
ni ,  perchè  mettessero  in  liberta  il  papa.  Fu  egli  in 
fatti  rilasciato  ;  e  trionfalmente  condotto  al  palazzo 
del  Laterano   (2). 

In  pena  di  questo  sacrilego  attentato  Calisto  II 
nel  1120,  come  riferisce  lo  stesso  Pandolfo  (3),  co- 
mandò, che  le  torri  dei  Frangipane  fossero  demolite; 
e  vietato  di  mai  piìi  ripararle  :  Hic  prò  pace  servan- 
da  turres  Centii  Fraiapanis  ,  et  inatrls  ejas  domine 
Bonae  (  come  legge  il  Zazzera  (4),  o  domus  tjranni- 
dis  ,  et  iniquitatis  ,  (come  il  Papebrochio) ,  dirui^  et 
reparari  non  ibidem  praecepit.  Ma  il  decreto  non  fu 
eseguito.  (5)  Anzi  in  seguito  vari  pontefici  non  ebbe- 
ro  altro  asilo.  E  convien    credere  ,  che  le   abitazioni. 


(i)  Bonincontrì  H'ist.  sicul.  ia  Lamli  Delie,  erud.  par.  6. 
pag.  J28. 

(a)  Noterò ,  che  Pandolfo  soggiunge  :  per  viam  sacrarti  gra- 
diens  Lateranum  ascendit.  Cosi  intende  per  via  sacra,  la  stra- 
da attuale,  perchè  più  vicina;  e  perchè  per  la  fabbrica  e 
monastero  di  s    Maria   nova  le  vera  era  chiusa. 

(5)  Pag.  419. 

(4)  Star,  della  fam.    Frang.  pag.  88. 

(5)  Il  Vendettini  del  seti.  rom.  lib.  i  cap.  6  pag.  ilo  tra- 
duct   male  atterrò  per  praecepit. 


Casa  aurea  di  Nerone  ec.  81 

forse  compresovi  il  colosseo ,  fossero  o  in  tutto,  o  in 
parte  ampie ,  veramente  sopra  e  sotto  al  monastero 
e  chiesa  ;  giacche  vi  stavano  eziandio  i  cardinali  coi 
loro  familiari  ;  e  vi  si  tenevano  concistori.  D'Innocen- 
zo II,  il  quale  nel  1130  vi  si  rifugiò  contro  l'anti- 
papa Anacleto  II,  e  vi  ebbe  combattimento  ;  il  card. 
d'Aiagona  scrive  (1):  Petrus  aiitem  P etri  Leoni s  cum 
sectatorihus  suis  humilitatem,  Innocentii  parvi  pendens 
non  posidt  Deum  adjutorem  sibi-^  sed  sperans  in  mul- 
titudine  divitiarum ,  in  potentia  parentum ,  et  fortitu- 
dine munitionum ,  hostiliter  fecit  aggredi  domos  Fra- 
gepanum^  in  quibus  se  Innocentius  cum  fratribus  suis 
receperat,  Sed  cantra  spem  sibi  accidit^  quia  et  In- 
nocentii  partem  modicum  laesit\  et  ejus  satellites  non 
sine  gravi  damno  sunt  ad  eum  reversi  .  .  .  Vulgus 
etiam  ita  sibi  adstrinxit  ;  ut  praeter  Frangepanum  , 
et  cursorum  munitiones  papa  Innocentius  nullum  in 
urbe  subsidium  haberet.  Di  nuovo  nel  1133  (2):  Ad  tu- 
tas  domus  Fragepanum,  de  Laterano  descendit^  et  apud 
s.  Mariani  novanta  et  Cartulariam  ^  atque  colosseum. 
E  pili  chiaramente  Fr.  Tolomeo  vescovo  di  Torcello, 
contemporaneo,  uell'  istoria  del  suo  tempo  (3):  se  re- 
collegit  in  domibus  Fragepanensium  ,  quae  erant  in- 
fra colizeum ,  quia  dieta  munitio  fuit  tota  eorum. 

Del  papa  Alessandro  IH  all'  anno  1167  ei  dice 
anche  di  più  lo  stesso  cardinale  (4)  :  Haec  igitur  et 
alia  imminentia  mala  cum  beatus  pontifex  conside- 
ratione  sollicita  praevideret ,  post  illud  excidium  po- 


(i)  Pag.  434.  Cronica  di   Pisa,  tom.  i5  col.  974. 
(1)  Pag.  458. 

(3)  Stampato  dal  Lfibaizio   in  Hcumov.  1698  pa^.  £75. 

(4)  P'ig.  458. 

G.A.T.LIII.  6 


82  Letteratura 

putì,  quod  exigentibus  peccatis  ,  acciderat  \  dimisso 
lateranensi  palatio  cum  fratrlbus  suis  ,  et  eorum  fa^ 
miliis  ad  tutcìs  domos  Frangepanum  descendit-^  et  apiid 
sanctam  Mariam  Tiovam  ,  atque  cartidariam  ,  atqiie 
colosseum  se  cum  eis  in  tato  recepii  •  ibiqu,e  prò  in-' 
cumbente  malitia  imperatoris  (Federico  I)  quotidianis 
episcopornm  et  cardincdium  fìebant  conventiis  ,  tra^^ 
ctabantdr  causae  ,  et  responsa  dabantur. 

Della  torre  si  fa  menzione  in  altre  carte.  Come 
per  esempio,  w^  ordine  romano  XII  di  Cencio  Ca- 
merario scritto  sotto  Celestino  III  (1),  prima  del  1192, 
si  registra ,  che  la  famiglia  Frangipane  per  censo  della 
casa  pagava  al  papa  VII  soldi  di  denari  provisioni  : 
In  domo  familiae  Frangipanorum  de  Cartidaria  VII 
solid.  den,  provis.  Cencio  ,  fatto  poi  papa  col  nome 
di  Onorio  III,  nel  1217  confermò  alla  chiesa  di  s.  Tom- 
maso in  formis  ,  e  di  s.  Michele  Arcangelo  ,  criptas 
in  coliseo  duas  camminatas  cum.  horto ,  et  aliis  per" 
tinentiis  suis  sub  Cartularia  (2), 

Nel  12^0  Federico  H  s'irapadrom  della  torre;  la 
quale,  mentre  i  di  lui  partigiani  v'insultavano  il  pon- 
tefice Gregorio  IX,  precipitò  colla  morte  loro  :  /?o- 
mae  Petri  Frangipani  turrim  tenuit  ;  hac  vero  spon" 
te  corruente  ,  isto  gradu  dejectus  est  Caesar  (3);  e 
Alberico  monaco  delle  tre  Fontane  (4):  lìomae  quae^ 
dam  turris  cecidit  mirabiliter  Frangipanorum ,  in  ca-^ 
thedra  s.  Petri  ,  qaam  imperator  contra  papam  cu' 
stodiri  faciebat  ^  anno   1240,  Egli  la   rifaLhricò   me- 


(i)  Presso  il  Mabilloa  Mus.  Hai.  toni,   2  pag.    igo, 
(1)  Ballar,  vatic.  toni.  1  pag.    loi, 
(3j  Curtius  pag.  02 1. 
(il  Ad  himc  ann. 


Casa  aurka  di  Nerone  ec.  83 

glio  a  sue  spese ,  per  favorire  i  Fiangipane  suoi  par- 
tifanti  ;  non  già ,  che  la  rimettesse  il  padrone  Pietro, 
come  scrive  il  Marangoni  senza  darne  prova.  Adhuc 
aiUeni  spirans  minarum  ,  scrive  il  lodato  cardinale  , 
et  caedis  ,  turrim  Petri  Frangipanis  ,  cujus  potentia 
divi  Petri  credebat  humiliare  priniatum ,  sumptibus 
propriis  refici  procuravit  (1). 

Ma  poco  ne  godè  la  famiglia:  perocché  irritato 
da  sempre  nuovi  insulti  il  papa  Gregorio,  coli'  ajuto 
de'  buoni  e  fedeli  sudditi  della  santa  sede  con  ar- 
mi e  con  macchine  ne  fugò  i  difensori  ;  e  la  mu- 
tilò ,  e  ridusse  nello  stato  ,  in  cui  l'abbiamo  veduta 
fino  al  1 830.  Ne  racconta  l'avvenimento  il  card,  d'Ara- 
gona nei  termini  seguenti  (2),  che  meritano  esser  intesi 
benché  alquanto  prolissi  :  Caesar  aiitem  tumentis  pe- 
ctoris  praerumpentes  insidias  diutiiis  cohibere  non  va- 
lens  ,  Petrwn  Frajapanem  romanum  civem  genere  no- 
hiletn ,  sed  nobilitate  degenererà ,  qitem  praedecesso- 
rwn  suorum  vestigio  vassallum  ecclesiae  notio  public 
ca  manifestata  blanditiis  et  mercede  corrumpens^  man- 
miliario  sibi  cum  pecuniae  loculis  de  regni  Siciliae 
spoliis  patenter  adjiincto^  gravem  absenti  pontifici  se- 
ditionem  excitavit  in  urbe  ;  ac  qiiorumdam  nobilium 
conflsus  obseqido  ,  qui  jam  fere  consumptis  propriis 
animam  venalem  exponunt ,  in  Petri  sede  nefarium 
ponere  titulum  Caesaris  cogitabat.  Ne  vero  putredo  ne- 
glecti  vulneris  latius  crescerei  in  reliquum  corpus  ef- 
fusa ,  provisit  pater  doctissimus  remedium  festinatum\ 
subitos  languoris  twnultus  forti  medicamento  prae- 
scindens  :  et  fidelium  ecclesiae  in  armis  ,    et  muchi- 


(i)  Card.  d'Aragona  pag.  586. 
(2)  Pag.  58 1. 


84  Letteratura 

nis  ade  ordinata  ,  cancellariam  turrim  illum  Bahel 
niello  priori  fatigatam  impulsa  comminuit  ,  et  poteri- 
ter  evertit ,  ac  Caesaris  maie state  depressa.  Degen- 
tibiLS  ibidem  erat  sola  fuga  praesidium  ,  et  abdita  re^ 
ceptacula  in  tutelam. 

Vi  si  vedevano  in  parte  levati  i  quflchi  di  tra- 
vertino ,  i  quali  servivano  di  fondamenta  ad  essa  ,  e 
già  al  ponte  neroniano.  Sembra  ^  che  con  tal  guasto 
i  romani  volessero  farla  precipitare.  Ma  come  era  di 
materiali  fortissimi ,  che  oggidì  si  sono  fatti  saltare 
colle  mine;  cosi  avrà,  resistito  immobile;  quantunque 
mal  concia  nei  fondamenti  ,  nella  sonvraita ,  e  nell* 
interno,  ridotta  a  circa  80  palmi.  Ne  levarono  alcuni 
travertini ,  perchè  servibili  ad  altri  usi.  E  in  questo 
stato  la  mentovarono  semplicemente  i  tanti  scrittori 
dei  secoli  appresso;  che  se   ne  formerebbe  un  volume. 

Resta  a  dire  qualche  cosa  della  doppia  denomi- 
nazione, di  torre  cancellaria.,  e  cartularia.  Il  Pauvi- 
nio  scrive^  che  sì  chiamò  cancellaria^  da  Pietro  Fran- 
gipani ,  che  era  cancelliere  di  Roma.  In  un  breve  di 
Giulio  III,  riportato  da  me  altrove  (1),  leggo  di  Ma- 
rio Fraigane ,  incaricato  delle  antichità  ,  che  viene 
detto  Civis  romanus ,  et  dictae  urbis  cancellarius  (2), 
Abbiamo  veduto,  che  al  tempo  di  Gregorio  IX  nel  124i 
così  era  chiamata  appunto  da  quel  Pietro  cancelliere.. 


(\)  Relaz.  di  un  viaggio  ad  Ostia,  pag.  gy. 

(a)  Si  chiama  anche  torre  dal  cancelliere  la  bella  e  nobile^ 
che  la  casa  Orsini  possedeva  sotto  il  campidoglio ,  la  quale 
nel  di  20  marzo  iSaS  fu  disfatta  dai  romani  a  ^wTorej  per- 
chè il  padrone  si  era  collegalo  col  re  Roberto,  cedendo  Astu- 
ri, Stura,  alla  di  lui  gente;  acciocché  facessero  guerra  ai 
romani ,  come  narra  Gio.  Villani  slor.  fior.  lib.  io  cap.  6S. 


C\sA  kvntk  DI  NsaosE  se.  S5 

Ma  per  altre  autorità  sembra,  che  l'altra  clenominazìoae 
sia  la  più  antica ,  se  non  è  la  più  ragionata.  Al- 
cuni critici  moderni  la  creilono  chiamata  chartularia^ 
ò  cartularia  ,  perchè  vi  si  contenessero  carte ,  come 
in  una  spe;  ie  d'archivio  ;  o  vi  si  lavorasse  carta.  Ma 
provato  colla  storia,  che  unicamente  servisse  di  for- 
tezza dal  principio  della  sua  costruzione,  non  è  pos- 
sibile ,  "che  fosse  ^destinata  a  quegli  altri  usi  :  tanto 
più  ,  se  rovinata,  e  riedificata  militarmente  quadrata, 
nella  forma  solita  delle  altre  torri ,  senza  finestre  , 
«  colia  Scala  interna  ,  fotse  di  legno  da  cima  a  fon- 
do in  giro  ;  e  servi  per  cosi  poco  tempo. 

Sembra  poi  noft  credibile  ,  che  il  sì  valente  cri- 
tico monsig.  Gaetano  Marini  ,  in  un'  opera  precisa- 
mente di  archivi,  di  diplomi  ,  ed  altre  carte  (1),  ab* 
bia  potuto  adottare  quella  seconda  opinione  ;  e  seri- 
"vere  ,  che  probabilmente  ne  secoli  di  mezzo  si  lavo- 
rava tal  carta  (dei  papiri)  presso  l'arco  di  Tito,  nel 
luogo  denominato  <la  ciò  ahartaria ,  o  turris  char- 
tidaria  ;  citandone  in  documento  il  Mabillon  per  ii 
iletto  ordine  romano^  scritto,  come  si  disse,  prima 
del  119^2.  Nel  secolo  X,  epoca  d^lla  prima  lorre^  e 
molto  meno  nel  secolo  XIII  non  era  più  in  uso  ii 
papiro  ;  e  la  Carta  moderna  di  stracci  ,  inventata  po^ 
co  dopo  ,  non  avrebbe  mai   potuto  lavorarvisi. 

Il  Marangoni  aggiunge  »,  che  la  torre  era  volgar- 
mente anche  detta  di  f^irgilio.  Resti  per  lui  la  no** 
tizia  ,  quando    non  se  ne  dia  documento. 


Avv.  D.  Carlo  Fka.- 


T 


(:r)   l  papii-i  diplom.  pag.    Xltt. 


S6 


//  convito  di  Dante  Allighieri  (*)  con  note  critiche 
e  dichiarative  di  Fortunato  Cavazzoni  Pederzini 
modenese  e  d'altri.  Modena  dalla  tipografia  carne-' 
vale  1831.  {Un  voi.  in  8  di  pag.  XFl  -  388.) 


N. 


el  tomo  XXXIX  a  pag,  305  e  segg.  di  questo 
giornale  ebbero  per  me  buona  parte  di  degne  lodi 
que'  chiari  spiriti  del  marchese  Giangiacorao  Trivul- 
aio  ,  del  cavaliere  Vincenzo  Monti ,  del  signor  Gian- 
antonio  Maggi  per  le  cure  poste  da  essi  a  purgare  il 
Convito  di  Dante  dai  tanti  errori,  ond*  erano  brutte 
Je  antiche  edizioni.  Ne  furono  per  me  dimenticati  que* 
generosi  ,  quanti  mai  sono ,  che  al  tempo  nostro  si 
studiano  di  far  sempre  più  bella ,  secondo  il  merito, 
la  più  grave  e  nobile  prosa  ,  che  ci  abbiamo  ,  del 
beato  trecento.  Parlando  allora  dell'  edizione  di  Pa- 
dova 1827  doveva  io  sì  ricordare  espressamente  il  no- 
me del  signor  Angelo  Sicca  ,  direttore  della  tipogra- 
fia della  Minerva  ,  per  cura  del  quale  quella  edizio- 
ne non  cedette  di  pregio  alla  milanese  rarissima.  Ma 
non  sia  già  quel  silenzio  interpretato  sinistramente  ; 
intendasi  invece  che  raccomandando  l'opera  ,  come  si 
fece  ,  si  venisse  tacitamente  a  lodare  l'accuratissimo , 
che  ne  diresse  quella  ristampa.  La  quale  si  fa  più 
gloriosa  ;  dacché  il  nuovo  editore  ne  ha  dato  il  te- 
sto a  quella  affatto  conforme  ,  o  poco  meno  :  e  gio- 
vandosi prudentemente   delle  fatiche  di   quanti   suda- 


(**)  AUlghierl  :  cosi  legge  collo  Scolari  l'editore  modenese. 


Convito  di  Dan^eì  87 

font)  sulle  auree  cute  ileirAligliieri,  ha  espresso  riii-^ 
teiidimeutO  suo  nella  dedicatoria  al  signor  marchese 
Trivulzio  ,  il  cui  nome  accresce  pregio  alla  novella 
(edizione  :  della  quale  dedicatoria  ,  che  e  in  data  di 
Modena  15  febbraio  1831,  parmi  che  siano  da  rife- 
rire al  proposito  le  seguenti  parole  :,j  Io  intendo  da- 
^,  re  il  testo  fedelissimamenfe  come  l'avemmo  di  Pa- 
^,  dova  nel  1827,  al  tutto  secondo  la  intenzione  de' 
,^  sigg.  editori  milanesi  ,  dall'  accuratissimo  sig.  An- 
t,  gelo  Sicca.  Ìl  corpo  delle  note  ^  nelle  quali  eglino 
i,  ragionarono  le  loro  emendazioni  alla  lettera  del  tc- 
^^  sto ,  con  esso  rappendice  del  eh.  al).  Pietro  Maz- 
^,  zuCcliclli,  nella  quale  reruditissimo  letterato  addus- 
si se  i  propri  luoghi  degli  autori  citati  per  tutta  l'o- 
),  pera,  in  conferma  di  quelle  stesse;  io  l'ho  lascia- 
ci to  indietro  ,  siccome  cose  le  quali  indubitamente 
,,  vinsero  la  loro  prova ,  e  già  furono  coronate  di 
iy  lode  universale ,  ed  ora  pare  che  non  farebbero  più 
,,  altra  utilità.  Salvo  che  la  correzione  d'assai  luo- 
ii  ghi  ,  o  Col  ragionamento  solo  o  Colla  autorità  di 
i,  varie  lezioni  ,  fu  pe'  S'gg.  editori  milanesi  propo- 
li sta,  noli  affermati vamente»  ma  per  modo  di  dubbio  ; 
j,  e  quiv  sempre  ho  pensato  di  volere  portare  le  no- 
),  te  i  per  non  invidiare  io  ai  leggitori  il  piacere  di 
<n  giudicare  e  fermare  da  se  la  elezione  del  miglio- 
j,  re*  E  perocché  tra  la  enorme  multitudine  o  va- 
ji  rieta  de'  passi  guasti  potè  qualcuno  rimanerne  tut- 
44  tavia  nascosto  e  inosservato  ;  ed  anche  per  la  u-^ 
4,  mana  condizione  ,  poterono  qUe'  meritissirai  cdilo^ 
4,  ri  ,  nel  rimondare  il  campo  troppo  insalvatichito, 
4,  a  dirlo  colle  parole  di  loro  stessi ,  offendere  col 
4,  sarchio  àlciin  rampollo  di  pianta  gentile  :  ed  io  so- 
,4  no  andato  via  via  accompagnando  quelle  note  dette 
4,  con  assai  delle  altre  ,  portanti  le  considerazioni  d'al- 
„  cuni   savi   ed  amorevoli  scrittori  prima  e  dopo  qiiol* 


88  Letteratura 

„  la  edizione  padovana  ,  e  molte  pvire  di  me  stesso  ; 
,,  le  quali  tendono  tutte  a  mettere  un  compenso  ri- 
„  spettoso  a  que'  pochi  accidenti  ,  se  veramente  bi- 
,,  sognava.  „  Egli  poi  ,  l'editore  modenese  ,  lia  tratto 
le  note  e  dichiarazioni  non  solo  da  quelle  dovute  ali* 
ingegno  del  Tasso  ,  del  Biscioni ,  del  Perticarl  ,  de- 
gli editori  milanesi,  dello  Scolari;  ma  si  da  quelle, 
che  nel  sovraccitato  articolo  di  questo  giornale  io 
venni  sponendo  senz'  alcuna  pretensione  :  delle  quali 
ha  tenuto  pur  qualche  conto  ,  com'  e  a  vedere  alla 
pag.  22-42-249-251-293-300-355-367-378-387,  del- 
la ristampa  di  Modena.  Di  che  vo'  rendergli  molte  gra- 
zie ,  quando  ha  creduto  apprezzare  sì  nobilmente  il 
grande  amore  ,  che  si  pone  per  me  alle  carte  dell* 
Alighieri  :  di  quel  padre  dell'  italiana  eloquenza  ,  che 
strinse  d'un  nodo  solo  tutte  le  anime  oneste,  che  ora 
vivono  nel  bel  paese  ,  come  quelle  che  già  ci  visse- 
ro o  che  vivranno.  E  quando  ancora  ha  mostrato  di 
non  essere  sempre  riguardo  a  quelle  note  in  una  sen- 
tenza con  me ,  deggio  sapergli  grado  ,  che  invece  di 
porsi  a  contraddire  aspramente,  come  sogliono  i  piiì, 
se  n'è  passato  con  un  modesto  silenzio  :  il  che  è  in- 
dizio di  gentilezza  ,  tutta  propria  di  letterato,  E  quan- 
do pure  si  è  incontrato  a  dovere  per  forza  di  ragio- 
ne opporsi  ai  milanesi  editori  ,  lo  ha  fatto  per  si  one- 
sto modo  ,  che  essi  stessi  que'  generosi  potrebbero  te- 
nersi più  lieti  di  esser  vinti  ,  che  di  vincere  nella  con- 
tesa. E  dico  potrebbero  ;  quanto  la  morte  ne  ha  mie- 
tuto due  vite  preziose  alle  lettere,  lasciandoci  in  de- 
siderio del  Monti  e  del  Trivulzio  :  alla  memoria  de* 
quali  già  demmo  tributo  di  lagrime  in  queste  carte: 
ed  ora  ci  è  dolce  di  rinnovarlo  ,  e  sempre  ci  sarà  , 
dacché  i  loro  nomi  già  si  congiunsero  per  dotte  fa  - 
tiche  a  quello  dell'Alighieri  ,  per  cui  si  fa  eterna  e 
gloriosa  l'italiana  letteratura.  A  quanti  sono  studiosi  di 


Convito  ni  Dante  89 

quel  divino  vogliamo  intanto  raccomandato  di  nuovo 
il  Convito  ,  che  per  le  cure  del  Cavazzoni  Pederzi- 
ni  è  fatto  ancora  ,  se  non  più  perfetto  ,  almeno  più 
agevole  e  piano  :  che  è  gran  benefìcio  ,  massime  pe' 
giovani  ,  i  quali  tutti  vorremo  vedere  gir  speculan- 
do dietro  le  traccie  di  tale,  che  nell'amore  della  vir- 
tù e  della  rettitudine  ;_accese  il  freddo  suo  secolo,  ed 
i  futuri. 

Domenico   Vaccolini. 


//  Parnaso  Mariano  compilato  ,  e  dedicato  alla  Ver^ 
giìie  Madre  di  Dio  da  T^incenzo  Tranquilli.  Ro- 
ma ,  nella  tipografia  Perego-Salvioniy  i  832.  Tre 
f^olwni  in  8. 


jLì  ab.  Vincenzo  Tranquilli  e  già  benemerito  della  giu- 
risprudenza per  aver  pubblicata  un'  opera  sulle  ipo- 
teche :  ora  lo  si  è  reso  ancora  delle  buone  lettere  colla 
stampa  del  presente  Parnaso  mariano  ,  che  forma  una 
raccolta  de'  migliori  versi ,  che  dal  secolo  del  Petrar»- 
ca  fin  qui  siano  stati  scritti  in  lode  di  Nostra  Donna  : 
e  bastano  a  raccomandare  quest'  opera  i  soli  nomi 
dell'Alighieri,  dell'Alamanni,  dell'Arici,  del  Ben- 
ho ,  del  Costa  ,  del  Cotta  ,  del  Filicaja  ,  del  Lemc- 
ne  ,  del  Manfredi ,  del  Mazza  ,  del  Minzoni  ,  del  Mon- 
ti ,  del  Petrarca  ,  del  Varano  ,  dei  fratelli  Zannotti, 
del  Zappi  ,  e  di  molti  altri  ,  che  tralasciamo  per 
amore  di  brevità.  Il  più  lungo  componimento  della 
raccolta  è  il  poemetto  di  Ang<5lo  Masza  sui  dolori  di 
Maria  ,  diviso  in  quattro  brevissimi  canti  in  ottave 
sdrucciole  :   e  poiché  su  queste  ottave   noi  conservia- 


90  Letteratura. 

mo  una  lettera  critica  ,  sciua  però  sapere  ne  da  chi 
scrìtta  ,  n^  a  chi  diretta  ,  ma  dettata  a  nostro  avvi-» 
so  con  molto  giudizio,  cosi  non  dubitiamo  di  offerirla  ai 
nostri  leggitori  ,  cui  importerà  meno  di  sapere  il  no- 
me dello  scrittore  ,  che  di  vedere  in  essa  qilanto  si 
Contiene.  Potremo  dire  peto  che  avendo  mandata  es- 
sa lettera  all'  illustre  nostro  amico  sig.  Angelo  Pez- 
zana,  ducale  Libliotecario  di  Parma^  egli  cosi  ci  ri- 
spondeva: ,^  E*  probabile,  che  quel  C.  D.  della  lettera 
sulle  ottave  scrucciole  del  Ma^za  ,  significhi  un  Ca* 
millo  Dei-Bono  parmigiano  ^  filippino  ,  che  dimoi"  à 
lungamente  costL  ,, 

C.  E.  M. 

LETTERA 

Stdte  ottave  sdrucciole  ad  onore  di  M.  V". 
addolorata  ,  di  Angelo  Mazza. 

Ho  ricevuta  la  copia  da  voi  Speditami  della  re-* 
centissima  edizione  delle  ottave  sdrucciole  sui  dolori 
di  M.  V.  del  nostro  concittadino  Angelo  Mazza.  Ve 
ne  rìngrezio  di  buon  cuore ,  e  vi  assicuro ,  che  la  \ 
mia  riconoscenza  è  proporzionata  alla  preziosità  del 
dono  ,   che  mi  avete  fattoi 

Nella  lettera  ^  onde  avete  accompagnato  il  vo- 
stro dono  ,  voi  mi  richiedete  il  mio  parere  :  ed  io 
ve  lo  espongo  subito ,  e  in  modo  conciso  quale  ap- 
punto  convicnsi   a  lettera. 

Sulla  concatenazione  dei  canti  del  poema  io  os- 
servo 4  che  il  canto  IV,  aggiunto  dall'  editore  a  que- 
sta edizione,  non  si  addice  al  tutto  simmetrizzato,  a 
cui  l'autore  in  una  edizion  precedente  volle  ordina- 
re i  tre  canti,  ond'  egli  formò  il  suo  poema.  L'au- 
tore medesimo  ,  il  quale  per  quanto  appare  in  queste 
cose,  vede  assai   meglio  dell'  editore  ,  sembra  che   cort- 


Parnaso  Mariamo  9\ 

validi  il  mio  sentimento  coU'  avere  affatto  tralasciato 
il  canto  IV,  nella  precedente  edizione  ,  e  coli'  aver 
premesso  all'  edizione  medesima  un  avviso  ai  leggi- 
tori, in  cui  adduce  la  ragione  del  tralasciamento»  Ora 
poi  ciré  piaciuto  air  editore  inserire  in  questa  edizione 
anche  lo  stesso  avviso  »  dovea  sopporvi  una  nota  : 
imperocché  quell*  avviso  ed  il  canto  IV  si  escludono 
vicendevolmente. 

Ciò  premesso  sulla  concatenazione  dei  canti  ,  vi 
espongo  le  mie  osservazioni  sulle  ottave-  Se  le  con- 
sidero nel  loro  complesso  ,  vi  dirò  che  basterebbero 
esse  sole  per  rendere  immortale  l'altissimo  poeta  ,  che 
ne  e  l'autore.  Tanto  risplendono  pei  lumi  delle  molte 
loro  bellezze  poetiche  !  Tanto  sono   dotte  I 

Se  poi  non  nel  loro  complesso,  ma  singolarmen-» 
te  io  considero  le  stesse  ottave  ,  le  reputo  bellissi- 
me dalla  prima  fino  all'  ultima  ,  dal  primo  fino  ali* 
ultimo  verso  ,  in  quanto  al  loro  pregio  poetico  :  ma 
a  mio  giudizio   difettano  in  qualche  concetto. 

Tralascio  ,  che  il  consigliare  attribuito  dal  no- 
stro autore  all'  Amore  divino  nel  canto  I.  ott.  IL  v.  6. 
non  si  può  a  lui  attribuire  per  rapporto  alle  altre  due 
persone  della  SS.  Trinità  ,  ne  inteso  il  termine  con- 
sigliare nel  suo  senso  proprio  ,  ne  inteso  in  senso  di 
muovere  o  di  spingere  ,  che  veramente  l'amor  divi- 
no e  lo  spirito  del  consiglio  ,  ma  si  alle  creature  , 
ed  anche  a  G.  G.  come  uomo  ;  che  l'amor  divino  con- 
siglia il  padre  ed  il  verbo  in  questo  solo ,  che  la 
Comunicazione  di  lui  è  ad  ambedue  la  prima  ragio- 
ne di  quello ,  che  conseguita  ad  essa  comunicazio- 
ne ;  e  che  questo  propriamente  non  è  consigliare.  Tra- 
lascio, dissi  ,  queste  cose,  siccome  troppo  astratte,  e 
passo  ad  altre  osservazioni. 

Nella  medesima  ott.  IL  del  canto  I.  V.  7.  e  8 
l'autore  dice  ,  che  il  Verbo  passò  in  seno  a  M.  V. 
quasi   in  cristal  limpido  raggio. 


fa  L    «    t    !•    K    K    A    T    U    ft,   1 

Per  qual  fine  qui  la  similitudine  del  raggia,  SJ* 
non  per  dimostrare  ,  che  il  Verbo  incarnò  in  M.  V, 
illesa  la  verginità  di  lei ,  come  illeso  il  cristallo  ,  per 
entro  vi  passa  il  raggio  ?  Qnesto  è  sicuramente  ,  e 
nessun'  altro  può  esser  l'oggetto.  Ma  chi  non  vede 
che  il  Verbo  non  abbisognava  certo,  siccome  spirito, 
di  passar  qual  raggio  in  M.  V.  per  incarnarvisi  sal- 
va la  verginità  di  lei ,  come  fuor  d'ogni  dubbio  ne 
abbisognava  per  uscirne  incarnato  ,  restando  lei  ver- 
gine ?  Dunque  la  similitudine  del  raggio  applicata  al 
Verbo  dee  ritenersi  alla  sua  natività  ,  non  alla  sua 
incarnazione  :  e  l'applicarla  alla  sua  incarnazione  ,  è 
un  errore  contrario  non  solamente  ai  principj  della  re- 
ligione ,   ma  a    quelli   eziandio  della   ragione. 

L'insigne  nostro  poeta  non  potrebbe  in  questo  luo- 
go schernirsi  con  quel  passo  che  egli  ha  tratto  dall* 
Apologetico  di  Tertulliano, ed  ha  allegato  nella  notaSl: 
nel  qual  passo  il  Verbo  è  detto  radius  dei  delapsus 
in  f^irgiiiem.  Egli  stesso  si  toglie  questo  schermo  nel 
canto  li.  ott.  XXV.  v.  1.  (al  quale  verso  corrispon- 
de la  citata  nota  31  )  ,  e  nel  canto  IV.  ott.  V.  v.  L 
dove  simboleggiando  il  Verbo  ,  sotto  il  nome  di  rag" 
gio  nel  primo  luogo  ,  e  sotto  il  nome  di  candore  nel 
secondo,  riferisce  ad  imitazione  di  Tertulliano  questa 
similitudine  alla  natività  eterna  così  bene  ,  come  alla 
temporale  ,  quantunque  in  un  modo  totalmente  divei-so; 

Vero  è,  che  Tertulliano  nell'  addotto  passo  esprime 
la  incarnazione  del  Verbo,  al  radius  Dei  aggiungen- 
do delapsus  in  Virginem,  Ma  dicendo  delapsus  ha 
voluto  continuar  la  metafora  del  radius^  non  indi- 
care  che  il  Verbo  sia  passato  in  M.  V.  ,  come   raggiov] 

Finalmente  Tertulliano  non  dice  Verhwn  Dei  da- 
lapsum   in   F'irginem^   ut  radius ,   ma  radius  Dei  de 
lapsus  in   F'irginem.  La  prima  proposizione  è  del  no- 
stro   autore  ,   e    (  sia    detto    con    sua    buona   pace  )    r 
falsa.  La  seconda  è  di  Tertidliano  ,  ed  è   vera. 


Parnaso  iMariamo  93 

II   nostro    poeta   termina   l'ottava  XIV    del  citato 
canto    I  coi  seguenti  versi  : 

H  nuovo  fato   di  mirar   s^ invogliano^ 
E  la  disciolta  umanità  rinterrano 
L'ombre   che  del  perduto   aer   s'indonnano. 
Mentre  i  protervi  nel  delitto  assonnano. 

Il  poeta  qui  si  oppone  a  quel  passo  dell'  evan- 
gelio di  S.  Matteo  dove  si  legge  (  XXVII.  53  )  che 
que'  giusti  risuscitarono  dopo  che  fu  risorto  G.  C. 
In  fatti  la  risurrezione  di  G.  C.  è  tutta  spirante  al- 
legrezza e  consolazione  ,  laddove  il  nuovo  fato  ,  che 
gli  stessi  giusti  s'invogliano  di  mirare ,  è  tutto  pie- 
no di  cordoglio  e  di  ambascia.  Inoltre  il  risorgimento 
dei  mentovati  giusti  è  riferito  dall'  autore  nella  te- 
ste citata  ottava  ,  come  uno  dei  prodigi  accaduti  im- 
mediate dopo  la  morte  di  G.  C.  L'autore  adunque  è 
caduto  in  un  vero  inescusabile   anacronismo. 

Nel  canto  H  ott.  XIX  v.  3,  non  mi  piace  quel 
dire  mutde  le  membra  di  G.  G.  crocifìsso  ;  perchè  egli 
è  un  dire  contrario  a  quel  passo  del  vangelo  di  S.  Gio- 
vanni (XIX,  33  36)  da  cui  risulla  chiaramente,  che 
a  Gesù  crocifisso  non  fu  rotto  neppur  un  osso.  E  que- 
sto è  un  certo  punto  di  storia  sacra ,  che  pare  non 
ammetta  alcuna  locuzion  tropica  neppur  in  un  com- 
ponimento poetico.  Forse  m'inganno.  Comunque  sia  , 
si  condoni  il  mutile  al  nostro  poeta  ,  e  il  confractoS" 
que  artus  a  Benedetto  Del  Bene  ricorrendo  alla  cata- 
cresi ,  e  in  qualche  altro   modo   se  si   può. 

Eccovi  gittato  sulla  carta  il  mio  parere  sulle  da  voi 

speditemi  ottave  sdrucciole.  Se  non  eravate  voi,  io  mi 

sarei   ben   guardato    di  scrivere   osservazioni    censorie 

sulle  stesse  ottave  ,  che  da  tanto   tempo  meritamente 

-voliUint  docta  per  ora  virum.   Non   avvi   cosa  tanto 


94  Letteratura 

aliena  dal  mio  carattere ,  quanto  lo  scrivere  di  tali 
osservazioni.  Ma  vinto  dalle  vostre  preghiere,  ho  do-» 
vuto  cedere,  ed  operare  contro  il  mio  genio  ed  il  mio 
costume.  Risguardate  ciò  ,  come  una  prova  indubitata 
della  sincera  amicizia  ,  che  ho  con  voi. 

Sono  immutabilmente  vostro  vero  amico 
C.  D, 


^s 


Memorie  storiche  di  monsignor  Bartolomeo  Pacca  , 
ora  cardinale  di  santa  chiesa  ,  sul  di  lai  soggior^ 
no  in  Germania,  dall'  anno  MDCCLXXXf^I  al 
MDCCXCIF'  in  qualità  di  nunzio  apostolico  al 
tratto  del  Reno  dimorante  in  Colonia.  Con  un  ap- 
pendice su  i  7iunzi.  Dedicate  all'  Emo  e  Rmo  sig. 
cardinale  Fabrizio  Sceberas  Testaferrata  'vescovo  e 
conte  di  Senigallia.  8.  Roma  J832  presso  France~ 
SCO  Bourliè.  (Un  voi.  di  pag.  XV  e  302.) 


v_ihi  non  conosce  le  Memorie  che  l'eminentissimo 
Pacca  due  anni  fa  rese  pubbliche  sul  suo  ministero  del 
sommo  pontefice  Pio  VII.'*  Memorie  veramente  pre- 
ziose per  l'istoria  ecclesiastica  e  civile  di  un  tempo, 
che  ninno  fra  noi  ricorda  senza  sdegno  e  commise- 
razione. Sì  certo:  sdegno  pel  gran  calice  di  amarez- 
za ,  onde  fu  abbeverata  da  una  soldatesca  felicità  ed 
arroganza  quell'  anima  mansuetissima  del  Ghiaramon- 
ti  :  commiserazione  per  lo  stato  di  abbiettezza  in  cui 
l'augusto  e  venerando  gerarca  fu  gittato  a  gemere  lon- 
tano da'  suoi  fedeli ,  lontano  da  questa  Roma  inde- 
gnamente ridotta  alla  condizione  di  una  francese  prò- 


Memorie  del  card.  Pacca  95 

vincia  :  da  questa  Roma  ,  che  madre  universale  rac" 
colse  due  volte ,  come  ben  dice  il  visconte  di  Cha- 
teaubriand ,  la  successione  del  mondo  ;  qual'  erede 
cioè  di  Saturno  e  di  Giacobbe  (1).  Oh  quanto  Ita- 
lia tutta  ne  sospirò  I  Quanto  ne  sospirò  questo  popol 
romano,  nemico  per  carattere  di  ogni  prepotenza  e  di 
ogni  oppressione  ,  virtuoso  avanzo  delle  virtù  de  suoi 
maggiori  (2)  !  E  quanto  pure  se  ne  angustiarono  quegli 
spiriti  cortesi ,  che  da  tutte  le  parti  del  mondo  qua 
vengono  ad  onorare  la  maestà  della  donna  delle  na- 
zioni,  e  gì' illustri  avanzi  di  una  gloria  immortale! 
Certo  quelle  Memorie  saranno  famose  quanto  quel  pon- 
tefice ,  quel  soldato  conquistatore,  quelle  colpe  ,  quel 
tempo  :  ne  istorico  parlei'k  quind'  innanzi  delle  cose 
nostre ,  senza  aver  prima  profondamente  disaminato 
ciò  che  ne  riferì  un  cardinale,  un  ministro  ,  incor- 
ruttibile dispensatore  di  gloria  e  d'infamia  ,  il  quale 
potè   ben  dire  j  Pars  magna  fui. 

Or  ecco  altro  libro,  che  l'inclito  porporato  of- 
fre ,  pilli  che  a  quel  lume  del  sacro  collegio  sig. 
cardinale  Sceberas  Testaferrata ,  alla  chiesa  romana 
ed  alla  sua  storia.  Vi  si  narrano  i  fatti  più  memo- 
rabili della  sua  nunziatura  al  tratto  del  Reno  dall' 
anno  1736,  in  cui  vi  andò  successore  del  card.  Bel- 
lisomi ,  fino  all'anno  1 794  in  cui  promosso  da  Pio  VI 
all'  altra  regia  di  Portogallo,  cede  il  grado  in  Colo- 


(i)  La  moUitude  des  souvenirs  ,  l'abondance  des  sentiments 
vous  oppressene  ,  et  votre  ame  est  bouleversèe  a  l'aspect  de 
celle  Rome ,  qui  a  recueilU  deux  fois  la  succession  du  monde, 
come  heritière  de  Saturile  et  de  Jacob.  Chateautriand,  Lettre 
sur  Rome. 

[i]  Parole  dell'  eniincntissimo  Pacca  nelle  Memorie  del  SU9 
minislero,  p.  83.  edizione  di  Civitavecchia. 


d6  LBTTBKAXUai. 

ixia  ad  Annibale  della  Genga  ,  che  poi  fu  papa  Leo- 
ne XII.  Niun'  opera  al  pari  di  questa  ,  per  ciò  che 
a  me  pare ,  ci  fa  chiaramente  conoscere  la  verità  del- 
lo stato  ,  in  che  trovavasi  la  chiesa  germanica  do- 
po la  meta  del  secolo  XVIII:  ninna  ci  pària  più  aper- 
to delle  varie  sette  che  in  que'  d\  congiurarono  contra 
la  potestà  legittima  de'  pontefici:  ninna  dell'audace  con- 
gresso d'iims  e  degl'  inganni  che  avvilirono  il  consiglio 
dell'impero;  finalmente  delia  deplorabile  cecità  degli 
arcivescovi  elettori  di  Treveri,  di  Colonia  e  di  Ma- 
gonza  ,  i  quali  nelle  loro  temerità  e  presunzioni  con- 
tra la  santa  sede  non  avvisarono  (imbecilli  !  )  il  precipi- 
zio che  già  era  per  subissarli.  „  Essi  non  videro  (dice  il 
„  porporato  a  carte  176)  che  gittando  a  terra  l'auto- 
„  rifc'a  pontificia  ,  eh'  è  l'unico  baluardo  di  tutte  le 
,,  altre  potestà  inferiori ,  preparavano  la  loro  ruina» 
„  e  la  caduta  de'  principi  ecclesiastici.  „  E  tale  av- 
venne :  imperocché  guardati  sempre  biecamente  que- 
gli arcivescovi  dagli'  altri  principi  secolari  dell'  im  • 
pero,  caddero  in  fine  nel  1803:  ne  più  ebbero  for- 
za, abbandonati  a  se  stessi,  di  rialzarsi  :  essendo  man- 
cata loro  quella  ginsta  protezione  ,  che  avendoli  re- 
si grandi  ,  tali  pure    li  manteneva. 

Il  card.  Pacca  tratta  di  queste  cose  con  quella 
fina  sagacita,  con  che  trattate  le  avrebbero  un  Goramen- 
done,  un  Polo,  un  Bentivoglio.  Le  narrazioni  sue, 
dettate  sempre  con  ischietta  facilita,  bene  ci  rendon 
fede  dell'  amenità  di  quegli  studi  ,  eh'  egli  non  ha 
mai  cessato  di  aver  carissimi.  E  veramente  noi  non 
sappiamo  chi  più  dell'  eminentissimo  Pacca  ami  i  leg- 
giadri poeti  ed  i  bc*  prosatori  ;  chi  più  ne  faccia  la 
sua  delizia  in  quelle  ore,  che  lìbere  gli  rimangono  da' 
negozi  gravissimi  della  chiesa  e  dello  stato.  Nel  che 
certo  si  è  egli  proposto  l'esempio  di  grandi  uomini , 
che    illustrarono   non  meno    la  porpora  ,  che  la  tiara 


Memorie  del  card.  Pacca  97 

e  la  santa  sede  :  uomini   che  le  austere  dottrine  bel- 
lamente  congiunsero  con  le  più  gentili  venusta   delle 
lettere.  Chi   piti  di  queste   vaghezze    conobbesi  di  un 
Bessarione  ,  di  un  Bembo  ,  di  un  Bibiena  ,  di  un  Sa- 
dolcto  ,  di  un  Bentivoglio  ,  di  un  Pallavicino ,  di  un 
Quirini  ,  di  un  Polignac ,  di  un  Bernis  ,  di  un  Pian- 
gi ni  ?  Chi  pii!i   di  un  Pio   II,  di  un  Leone  X,    di   un 
Urbano  Vili,  di  un    Benedetto  XIV  ?  Chi  piiì  di  un 
s.   Gregorio   Nazianzeno  ,  di  un  s.  Giovanni  Crisosto- 
mo ,  di  un  s.  Girolamo,  di  un  s.  Agostino.'*  E  Io  stes- 
so s.  Carlo  Borromeo  non  gradì  che  il  celebre  amico 
suo  Pier  Vettori  gì'  intitolasse  le  commedie  di  Teren- 
zio ?  D'onde  si  b  fatto,  che  tutti  gli  scritti  del  cardi- 
nal   Pacca    abbiano   una    tale    immagine    di    sempli- 
cità ,   e   mostrino   un   brio  s\    vivace  ,    da    innamora- 
re  chiunque   legge.  Ed  io  gli  ho  letti  con  quel  gran 
desiderio    e    con   quell'   avidità ,    con    che   rare    volte 
mi  accade  leggere  molte   opere  de'  moderni  :  e  talo- 
ra ho  detto  :  ,,  Ecco  materie   gravi  ,   e  spesso  aride  e 
ingrate  !  Vedi  come  ha  saputo  renderle  e  piane  e  gen- 
tili il  sapientissimo    porporato  !  Certo  non  è  egli  quelT 
irto  Senocrate  ,  a  cui  debba  Platone  raccomandare  di 
far  sagrificio   alle  grazie.  „ 

Nella  nunziatura  che  il  card.  Pacca  tenne  per  ot- 
to anni  al  tratto  del  Reno  accaddero  in  Europa  gran- 
dissimi fatti.  Primieramente  la  morte  di  Federico  II 
di  Prussia  e  dell'  imperadore  Giuseppe  ,  poi  il  breve 
imporo  di  Leopoldo  ed  i  principii  della  rivoluzione 
francese.  Intorno  alla  prima  mi.  par  curioso  ciò  che 
diccsi  a  carte  32:  „  Neil'  agosto  dell'  anno  1786  mo- 
,,  ri  il  gran  re  di  Prussia  Federico  II,  e  la  notizia 
,,  mi  fu  subito  comunicata  con  biglietto  di  officio 
,,  dal  sig.  Dohm  ministro  della  corte  di  Berlino  al  cir- 
,,  colo  di  Wcstfalia  residente  in  Colonia.  Io  gli  ri- 
,,  sposi  parimente  con  un  cortese  biglietto  di  officio, 
G.A.T.LIL  7 


98  Letteratura 

„  ma  dovetti  astenermi  ^i  dare  al  defoato  monarca 
„  il  titolo  regio  :  poiché  non  si  volle  giammai  dalla 
,,  santa  sede  riconoscere  la  regia  dignità  negli  elet- 
,,  tori  di  Brandeburgo  dopo  la  solenne  protesta  fatta 
„  per  breve  dal  pontefice  Clemente  XI,  quando  Fe- 
„  derico  elettore  di  Brandeburgo  nel  principio  dello 
„  scorso  secolo  assunse  quella  dignità  ed  il  titolo  re- 
„  gio,  e  fu  per  re  dall*  Europa  intera  riconosciuto. 
,,  Il  ministro  prussiano  capi  il  motivo  della  mia  re- 
,,  licenza ,  e  non  se  ne  oflese  :  ma  alcuni  giorni  do- 
„  pò  venne  in  mia  casa  e  mi  disse ,  che  si  farebbe 
„  in  Roma  cosa  grata  al  nuovo  sovrano  Federico  Gu- 
,,  glielmo  II  se  nell'  almanacco  romano  detto  Cracas 
,,  gli  si  fosse  dato  il  titolo  di  re.  Io  comunicai  il  di- 
,,  scorso  fattomi  alla  segreteria  di  stato  ,  e  nelfanno 
„  seguente  fu  nominato  nell'  almanacco  quel  raonar- 
,,  ca   col   titolo   regio.  „ 

Intorno  all'  elezione  di  Leopoldo  II  all'  impero, 
parmi  da  considerarsi  assai  questo  passo  a  cart.  130, 
in  cui  appare  di  qual  grave  momento  Pio  VI  credeva 
essere  i  consigli  del  suo  nunzio  in  Colonia,  ,,  A' 
,,  di  20  febbrajo  dell'  anno  1790  morì  l'imperadore 
,,  Giuseppe  II,  e  gli  successe  negli  stati  ereditari  il 
,5  fratello  Leopoldo  gran  duca  di  Toscana,  e  di  poi  an- 
„  che  neir  imperiale  dignità.  Poco  tempo  dopo  si  ra- 
„  dunarono  ,  secondo  la  costituzione  dell'impero,  alla 
,  dieta  di  Francfort  gli  ambasciadori  e  i  ministri  del- 
,,  le  corti  elettorali  per  distendere  la  così  detta  ca- 
„  pitolazione  imperiale ,  o  sia  quell'istromento  di  pat- 
,,  ti  e  di  condizioni  ,  che  l'eletto  imperadore  promel- 
,,  leva  e  giurava  prima  di  prendere  possesso  della  nuo- 
,,  va  dignità.  A  richiesta  ,  come  allora  mi  fu  scritto, 
,,  di  Leopoldo  fu  nominato  nunzio  straordinario  a  quel- 
,,  la  dieta  monsignor  Caprara  allora  nunzio  a  Vienna: 
,,  prelato  che  non   godeva  il  favore   e   la   fiducia    di 


Memorie  del  card.  Pacca  99 

„  Pio  VI?  il  quale  s'indusse  a  sceglierlo  per  quella 
„  legazione ,  onde  non  dar  materia  di  disgusto  a  quel 
„  principe  eh'  era  per  montare  sul  trono  imperiale. 
,,  Mi  fu  allora  insinuato  da  Roma  di  recarmi  a  Franc- 
„  fort  come  privato  ,  che  andava  per  sola  curiosità. 
„  di  vedere  le  funzioni  e  le  feste  di  quella  elczio- 
,,  ne  ,  ma  coli'  istruzione  d'informare  il  santo  padre 
,,  dello  stato  degli  affari  e  delle  negoziazioni,  che  si 
,,  sarebbero  allora  fatte.  Io  vi  andai  in  vero,  e  fui  ac- 
„  colto  in  casa  ,  e  trattato  con  distinzione  ed  amo- 
„  revolezza  del  nunzio  monsignor  Caprara.  Nel  mio 
„  carteggio  con  Roma  mi  astenni  di  parlare  del  nun- 
„  zio  e  delle  sue  operazioni,  perchè  altrimenti  facen- 
,,  do  avrei  credulo  di  tradire  i  diritti  dell'ospitalità: 
,,  ma  per  ubbidire  agli  ordini  pontificii  mi  restrinsi 
„  a  raccogliere  quante  notizie  poteva  da'  buoni  cat- 
„  tolici  di  mia  conoscenza  sulle  intenzioni  ed  i  pro- 
„  getti  degli  avversarli  della  san*a  sede ,  e  comuni- 
„  cai  tutto  con  sincerità  alla  segreteria  di  stato.  Die- 
,,  di  avviso ,  che  tra  i  progetti  era  quello  di  aprire 
„  negoziazione  di  accomodamento  con  Roma ,  e  di 
„  proporre  un  nuovo  concordato;  ma  che  sotto  no- 
,,  me  di  concordato  intendevano  una  spontanea  con- 
„  cessione  del  papa  di  ciò  ,  eh'  era  allora  in  contro- 
„  versia.  Feci  osservare  che  in  Germania  ,  dove  gli 
„  arcivescovi  e  i  vescovi  erano  elettivi ,  astenendosi 
„  il  papa  dal  fare  concessioni,  potevano  ai  prelati 
,,  d'allora  succedere  altri  di  diverse  massime ,  e  de- 
,,  voti  alla  santa  sede  ,  i  quali  avrebbero  rispettata 
„  l'autorità  pontificia  ,  ed  osservati  i  sacri  canoni  ; 
„  ma  che  facendosi  nuove  concessioni  ,  i  diritti  ce- 
,,  duti  anche  sotto  buoni  vescovi  non  si  sarebbero  mai 
„  pili  riacquistati.  Aggiunsi  finalmente  quelle  altre 
„  osservazioni ,  che  se  si  fossero  sempre  fatte  da'mi- 
„  nistri    pontificii ,  Roma   non  avrebbe  ora  motivo  di 

7* 


100  Lettkratua 

,,  essere  malcontenta  degli  antichi  e  dei  recenti  con- 
,,  cordati.  Seppi  che  Pio  VI  trovò  giuste"  le  mie  os- 
,,  servazioni  :  e  quando  gli  si  fece  motto  di  nuovo 
„  concordato ,  non    volle  prestarvi    orecchio.  „ 

Quanto  poi  alla  rivoluzione  francese  non  è  a  di- 
re se  importanti  sieno  per  l'istoria  le  cose  sì  candi- 
damente narrate  dal  nobile  autore ,  il  cpiale  si  tro- 
vò quasi  alle  frontiere  del  regno  di  Francia.  Egli  an- 
zi dal  consiglio  e  dalla  benevolenza  del  suo  Pio  VI 
fu  eletto  nunzio  straordinario  a  Luigi  XVI,  quando 
si  ebbe  notizia  che  quei  virtuoso  ed  infelice  princi- 
pe si  era  sottratto  alle  catene  che  lo  tenevano  oppres- 
so. Vana  notizia  :  perciocché  quelle  catene  non  fu- 
rono da  Luigi  cambiate  che  con  la  mannaia,  la  qua- 
le gli  mozzò  il  capo  dopo  aver  veduto  distruggere 
una  monarchia  splendidissima  di  quattordici  secoli ,  e 
gridarsi  da  un  commediante  Callot  d'Herbois  quella 
sanguinosa  repubblica,  che  tuttavia  per  orrore  ci  fa 
rizzar  le  chiome  sulla  fronte,  e  induce  a  fremere  tut- 
ta Europa.  Popolo  veramente  non  so  s'io  dica  se  più 
atroce  o  piìi  forsennato  ('J):  che  sì  alta  corona  stra- 
scinò pel  fango  ,  e  bruttò  di  un  sangue  sacro ,  e  per- 
chè .''  Forse  per  esser  libero  ?  Non  già  :  ma  per  por- 
gere il  collo  al  ferro  di  un  Marat ,  di  Saint-Just, 
di  un  Danton,  di  un  Robespierre  e  di  tali  altri  mo- 
stri, i  quali  tripudiando  quasi  della  terra  e  del  cie- 
lo sdegnati ,  piiì  dolce  vista  non  ebl)ero  fra  le  osce- 
nìù.  e  le  crapule  che  di  vedere  alzala  la  mano  del 
carnefice  :  mostri  che  fecero  della  Francia  il  disono- 
re dell'  uraan  genere.  Il  card.  Pacca  però  ,  alle  por- 
te di  quel  grande  spettacolo  di  scelleratezza,  così  giu- 


(i)  Le  genie  loujours  legcr   et   quclquejois  tres-cruel  de  la 
natìon  francaise .  dice  Voltaire  Essai  dcs  mocurs  toni.  Vl.cap.  i38. 


AlK.IUKlt:    DET,    CAUD.    PacCA  10  J 

dica  imparzialmente  anche  coloro  che  si  dissero  emigra- 
ti. „  Nello  sfesso  anno  1 791  (sono  sue  parole  a  cart.  1 43) 
,,  e  ne'  due  seguenti  io  fui  spettatore  della  grande  cmi- 
„  grazione  del  clero   e  della  nobiltà   di  Francia  rifu- 
„  giatisi   nelle  citta  situate   sulle   sponde   del    Reno  , 
)>  ed  a  poca  distanza  da  quel  gran  fiume.  I  primi  clic 
,,  vi  comparvero  furono    gli    ecclesiastici    delle    pro- 
„  vincie   della    Francia    limitrofe    della    Germania    e 
,,  de'  Paesi-Bassi  ,    i    quali   per    aver   rifiutato  di  prc- 
,,  stare  lo    scismatico    giuramento    prescritto   dall'  as- 
„  serablca   nazionale  ,    spogliati  de'  loro    heneficj  ,    ed 
„  esposti  giornalmente  ad  una  fiera  persecuzione  ,  cer- 
,,  carono  un  asilo  ne'  paesi  esteri  più   vicini  alle  lo- 
„  ro  chiese  ed  alle  proprie  patrie.  Debbo  rendere  giu- 
„  stizia    alla    verità  dicendo    che  la   maggior  parte  di 
„  quegli    ecclesiastici,    specialmente    delia    venerabile 
,,  classe   de'  parrochi  ,   tennero  una  condotta  religiosa 
„  ed  edificante  ,    e  non   decaddero   giammai  da  quella 
„  stima    e    riputazione  ,  che   gli  aveva   preceduti  nel 
,,  Belgio  e  nella  Germania.  Debbo  però  confessare  con 
„  grave  rammarico ,    che    mentre    la  grande   pluralità 
„  dei  prelati  francesi   mostrò  in  quella  circostanza  tan- 
„  to  zelo   per  edificare  la   chiesa  ,    e  diede   vera  edl- 
„  ficazione   a    tutti  i   popoli    dell'Europa,  la  presen- 
„  za   di  alcuni  e   la  condotta    che  tennero   uon   cor- 
,,  rispose  all'  alta  opinione  ,    che  si  era   di  essi    con- 
„  cepita.   Varie   pie   religiose   dame   mi    avevano  pre- 
M  gaio  di  avvertirle  subito   cha    fossero  giunti  in  Co- 
,,  Ionia   cotesti    confessori   della  fede  :   il    che  io   non. 
„  mancai   di   eseguire.    Ma   quelle   divote  dame  ,    che 
„   reputavano    que'    vescovi   quali   altrettanti    liarii  ed 
t,  Euscbi   de' nostri   tempi,    rimasero  sorprese  in   ve- 
„  derc   la   foggia   di    vestire   ed  il   loro  conversare  in 
„   mezzo   al   gran   mondo   con  leggerezza  e  con  seco- 
,7   laresca   disinvoltura.   I)opo   rcmigraziojic    del   cloro 


102  Letteratura 

„  accadde  quella  della  nobiltà  francese  ,  chiamata  al 
„  Reno  dai  due  principi  reali,  il  conte  di  Proven- 
,,  za  ed  il  conte  d'Artois  ^  per  tentare  colle  armi  l'in- 
„  gresso  in  Francia ,  e  la  liberazione  dell'  infelice 
„  monarca  loro  fratello.  Si  videro  allora  venire  a  tor- 
„  me  da  tutte  le  parti  di  quel  regno  e  i  principali 
,,  signori  di  Parigi  e  i  nobili  delle  provinci  e  ,  che 
,,  da  me  famigliarraente  trattati,  mi  fecero  quasi  per- 
„  dere  la  speranza  di  vedere  il  fine  de'tanti  mali  che 
,,  tormentarono  allora  l'infelice  regno  di  Francia.  La 
,,  maggior  parte  di  cotesti  nobili  emigrati  ,  ma  spe- 
„  cialmente  i  grandi  signori  della  corte ,  non  con- 
,,  tenti  di  non  esercitare  alcun  atto  di  religione ,  non 
,,  dissimulavano  ne  tacevano  i  loro  sentimenti  di  una 
„  decisa  indifferenza  per  ogni  principio  religioso,  con 
„  grave  scandalo  de'  buoni  tedeschi  e  con  grave  de- 
„  trimento  della  religione  cattolica  in   Germania. ,, 

Il  voler  qui  recare  tutto  ciò  che  di  sagace  e  di 
veramente  degno  di  un  ministro  ,  il  cui  spirito  era 
anche  più  grande  della  sua  dignità ,  sarebbe  cosa  piut- 
tosto impossibile  che  scabrosa.  Converrebbe  trascri- 
vere tutto  il  libro.  Non  posso  nondimeno  tenermi  dal 
riferire  il  passo  seguente  ,  nel  quale  narrasi  l'ospita- 
lità eh'  egli  ebbe  da*  monaci  di  Benedictbevern  :  e  si 
fa  elogio  dell'ordine  benedettino  in  un  tempo,  in  che 
ne  abbiamo  adorate  e  tuttavia  ne  adoriamo  le  virtiì 
ne'  due  immortali  pontefici  Pio  VII  e  Gregorio  XVI. 
„  Partito  da  Monaco  (così  a  cart.  172)  giunsi  la  pri- 
„  ma  sera  ad  una  grande  badia  di  monaci  benedet- 
„  tini  detta  Benedictbevern  ,  eh'  era  allora  compresa 
>,  nel  territorio  dell'  elettore  di  Baviera.  Fui  accolto 
„  da  queir  ottimo  abate  e  da' suoi  degni  religiosi  col- 
„  le  maggiori  dimostrazioni  non  pur  di  venerazione 
„  e  di  rispetto  ,  ma  anche  di  affezione  e  di  cordia- 
„  lita  ,  che  mi  richiamarono  alla  memoria  i  be'  tem- 


Mii:;vtonitì  DEL  CARD.  Pacca  103 

»  pi  dell  antica  amabile  ospitalità.   M'indussero  que* 
»  buoni   monaci  a  trattenermi  con  essi  anche  il  gior- 
,  no   dopo   per  Vedefe  il  monastero  :  e  vi  restai  con 
,  mia   grande  soddisfazione»   Vidi  quando  i   contadi- 
,  ni ,  che  lavoravan  le  terre   del  monastero  ,  ed  al- 
,  tri   impiegati  ^al    loro   servigio   vennero    nel  luogo 
,  destinalo  a  desinare  colle  loro  famiglie  :  e  notai  la 
,  differenza   che   v*era  tra   quelli   ed  i  contadini  e  le 
,  altre  persone  di  campagna  di  altri  paesi  ^  nella  fac- 
,  eia  de  quali   è   la  misera  e  straziata  loro  vita  :  e 
,  quegli  addetti  al  servizio  dell*  abbadia  erano  ben  ve- 
,  stiti ,  ben  pasciuti  ^  di  bel   colore  ^  e  con  un*  aria 
,  di  giovialità,  e  di  contento  che  provava  la  loro  co- 
,  moda  esistenza.  Se  tutte  le   nazioni    debbono  esse- 
,  re  grate  e  riconoscenti  al  monachismo  ,    dal  quale 
,  feisse  riconoscono  in  gran  parte  la  conservazione  del- 
,  le   scienze  e  delle    arti,   ed  il   ritorno   della  buona 
,  coltura   nelle  campagne  ,  gratissiraa   dovrebbe    es- 
,  ser   loro    la   Germania  é,   perchè   si   può    quasi  dire 
,  che  i  monaci  la  crearono.  Dove  ora  si  veggono  fìo- 
,  renti  e  popolose  le   citta  con   tutte  le  arti   di   uu* 
,  avanzata   civilizzazione,  ed  amene   e  ridenti  campa- 
,  gne  ridotte  a  perfetta    cultura ,    furono   un   giorno 
,  orridi   deserti  ,   foltissimi  boschi  lasciati    in  abban- 
,  dono  a  bestie  indomite  e  feroci ,  lagune  pestifere 
ed  ammorbanti   paludi.   I   monaci  per   incantesimo 
furono   gli  autori    di    questa  così    giovevole   meta- 
morfosi :   ed  anche  adesso  varie  citta  e  terre  indi- 
cano col  loro  nome  ,  eh*  ebbero  la  prima   loro  ori- 
gine  da  una  badia  o  da  un   monastero.  Ora    nello 
scrivere   tali    memorie    mi    amareggia  e   mi    attri- 
sta il   pensiero  ,    che   poco   dopo   la   mia   partenza 
di    Germania   i   successori  ed   eredi  dì   quegli   insi- 
gni benefattori  della  loro  nazione  si  sentirono  suona- 
re  air  orecchio   Tintimo  funesto  :  Veteres  mlgrafe 


104  Letteratura 

„  coloni;  e  si  videro  cacciati  dalle  pacifiche  loro  Se- 
,,  di,  e  spogliati  degli  averi,  frutti  degli  stenti  e  del 
„  sudore    de'  loro    primi  fondatori  !    ,, 

Nel  fine  del  libro,  prima  dell'  /appendice  dei  do^ 
cumenti  ,  è  una  istruzione  pe'  nunzi  :  cosa  piena  di 
sottilissimi  avvertimenti ,  tratti  dalla  più  fina  ragione 
e  prudenza  ;  e  perciò  giovevole  assai  a  chi  dal  pon- 
tefice sarà  quind'  innanzi  eletto  al  dilicato  ufficio  del- 
le ambascerie  nelle  varie  corti  di  Europa.  Per  essa 
massimamente  conoscesi  con  qual  senno  l'eminentissi- 
mo  Pacca  entra  a  consigliar  sulle  cose  della  santa 
sede  ,  e  per  qual  via  di  dottrina  e  di  pratica  sia  egli 
pervenuto  a  quell'  altezza  di  universal  riverenza  ,  che 
rende  si  autorevoli  le  sue  parole  in  tutti  i  negozi  della 
chiesa.  „  Prima  di  chiudere  questa  mia  relazione  o 
,,  sia  memorie  isteriche  (dice  a  cart.  187  )  ,  mosso 
,,  da  quella  naturale  inclinazione  di  animo  e  da  quell' 
„  affetto  ,  eh'  io  sento  anticipatamente  per  tutti  colo- 
„  ro  che  intraprenderanno  un  giorno  il  corso  delle 
„  nunziature  da  me  già  fatte  ,  non  so  dispensarmi 
,,  dal  dar  loro  que'  consigli  e  suggerimenti ,  che  mi 
,,  somministra  la  passata  esperienza  :  imitando  quo' 
„  canuti  piloti  ,  che  a'  loro  giovani  successori  ncU' 
„  impiego  ,  prima  che  sciolgano  le  vele  ,  indicano  la 
,,  direzione  che  debbono  prendere  per  giungere  al  por- 
,,  to  destinato ,  e  gli  avvertono  dove  sono  scogli  , 
„  e  pericolosi  banchi  di  arena  sotto  le  acque  nasco- 
„  sti  onde  evitarli ,  e  quali  sono  i  venti  favorevoli 
,,  alla  loro   navigazione.    ,, 

In  tredici  articoli  è  compresa  questa  istruzione, 
dove  l'onorando  porporato  ha  posto  così  gran  parte 
della  sua  mente  :  dove  ha  soprattutto  inculcato  una 
sentenza ,  che  pur  Euripide  con  quel  suo  gran  ma- 
gistero inculcò   nelle  Supplici  : 


Memorie  del  card.  Pacca  IOS 

Mal  fida  cosa 
Duce    o  nocchiero    audacemente  ardito  : 
Chi  sa  ne  U'  uopo  esser  pacato  ,   è  saggio  : 
E  verace  fortezza    è  la  prudenza  (1). 

Sentenza  d'oro  ,  la  quale  io  stimo  avere  avuto  non 
piccola  parte  a  far  pronunciare  dall'  oracolo  di  A- 
pollo  in  Delfo  ,  che  saggio  era  Sofocle  ,  ma  più  sag- 
gio era  Euripide  (2).  Ed  il  card.  Pacca  cosi  di- 
ce a  cart.  218  :  ,,  I  ministri  delle  grandi  potenze, 
„  le  quali  hanno  a  loro  disposizione  potenti  eserci- 
„  ti ,  flotte  numerose  ed  importanti  alleanze  politi- 
,,  che  ,  possono  nelle  negoziazioni  e  trattative  alzare 
„  la  voce  ,  perchè  le  loro  parole  hanno  l'eloquenza 
,,  di  Ercole,  che  parlando  teneva  imbrandita  ed  in. 
„  alto  la  clava  :  ma  al  ministro  della  santa  sede  non 
„  rimane  ora  che  la  sola  arma  ed  il  solo  mezzo  del- 
„  la    persuasione.   „ 

Io  fo  voti  sinceri  affinchè  s'abbiano  molte  altre 
opere  che  a  questa  si  rassomiglino  sia  per  la  gravi- 
tà delle  cose ,  sia  per  l'utilità  :  opere  che  ci  con- 
solino e  ristorino  in  parte  di  quella  grande  farragine 
di    scritti  ,   o  perniciosi   o  stolti  ,   sotto  il   cui  peso 

Tristior  Enee  ludo   bibliopola  gemit. 

Né  l'eminentissimo  Pacca  potrebbe  coronar  meglio  le 
sue  letterarie  fatiche  ,  che  aggiungendoci  le  memo- 
rie della   sua  nunziatura  di  Portogallo. 

Prof.  Salvatore  Betti. 

(i)  Traduzione  di  Felice  BelloUi. 
(2)  V.  Suida  alla  voce  a-o<po5. 


106 


ARTI 

ELLE-ARTI. 


Cenotafìo  eseguito  dal  sig.  Giuseppe  Sarti 
architetto  e  plasticatore  (1). 


A, 


.ncorchè  iri  questo  cenotafìo  non  intervenga  grandez-» 
za  di  dimensioni  e  preziosità  di  materia,  pure  per  lo 
bello  stile  sansovittiano  che  mostra ,  a  questa  no- 
stra età  rinnovato  ,  non  vogliamo  di  esso  tacere  t  e 
chiunque  schifiltoso  vuol  dire,  dica,  e  cicali  contro  a 
suo  beir  agio  :  che  per  sicuro  egli  s'avrà  da  noi  per 
guiderdone   meno  che   un    marcio  soldo. 

Nella  chiesa  de'  SS.  Lorenzo  e  Damaso  ,  di  fron- 
te l'ultimo  pie-dritto  a  sinistra  di  chi  entra  in  essa 
basilica  ,  elevasi  in  basso-rilievo  uno  zoccolo  ricinto 
all'  imo  di  una  fascia  ,  e  su  detto  zoccolo  due  pi- 
lastrini corinti  surreggenti  una  cornicetta  architravata, 
orlo  ,  e  coperchio  a  foggia  di  cassa  sepolcrale  ,  il 
qusle  girando  convesso  nella  sommità  ,  s'incartoccia 
di  poi  agli  estremi ,  e  fa  due  volutine  a  piombo  i 
mezzi  de'  pilastrini  suddetti ,  distanti  fra  loro  tre  gros- 


(i)  Furono   fin  negli  antichissimi    tempi    questi    artefici  f 
fra'  (juali  veaaero  molto  Igdaii  Pemofil»  e  Goi'gaso< 


Belle-Arti  107 

Sczze  e  due  terzi  :  delle  quali  grossezze  o  teste,  quat- 
tro e  mezzo  ne  ha  lo  zoccolo  ,  sette  i  pilastrini  ,  e 
due  la  cornicetta  architravata  ,  l'orlo  ,  e  il  coperchio 
insieme  uniti* 

Sotto  il  vivo  della  medesima  cornicetta  architra- 
vata pende  tantosto  da  un  nastro  svolazzante,  nel  cam- 
po dell' inter-pilastro  ,  un  medaglione  porgente  il  vol- 
to di  colei  a  cui  il  cenotafio  e  innalzato  (1).  Ap- 
presso è  la  inscrizione  in  caratteri  romani  di  rilievo, 
che  cosi  dice: 

ANNAE  .  BONTADOSTAE 

PAVLI  .  SILVESTRI  .  VXORI 

FILIAE  .  DVLCISSIMAE 

MATER  .  INFELICISSIMA 

FAG  .  CVR  (2) 

Finalmente  eccl  un  mazzo  o  gruppo  dì  arnesi  con 
assai  bel  garbo  acconci  :  i  quali  posano  sullo  zoc- 
colo. Essi  ne  avvisano  che  la  morta  giovane  eserci- 
tavasi  nella  musica,  nella  pittura,  e  nelle  scienze: 
esempio  certamente  a  qualunque  età  ammirabile  ,  a 
questa  nostra  quasi   incredibile. 

Ora  porremo  sott'  occhio  le  parti  minute  del  ce- 
notafio ,  e  in  prima  la  base  de' pilastrini  sunnomina- 
ti ,  la  quale  si  compone  di  plinto  ,  bastone,  filetto, 
gola-diritta  ,  e  listello  sopra  ,  a  cui  si  unisce  per  mez- 
zo di  un  cavetto  il  fusto.  Questo  fusto  o  scapo  ha 
il   dintorno   con  un  poco   di  scorniciatura  ,  ed  il  suo 


(i)  Quel  volto  fa  modellato  dal  sig.  professor  Cincinnato 
Baruzzì. 

(2)  Il  dottissimo  abate  sig.  Girolamo  Amati  compose  que- 
sta inscrizione. 


108  B    E    L    L   É  -  A    U    T    1 

fondo  è  rabescato  di  una  cosi  detta  candelìera  a  fo- 
glie di  acanto  ,  che  è  leggerissima  senz'  esser  secca, 
pulita,  e  scartata  a  finimento  quanto  si  possa  il  più 3 
e  sonovi  nel  vero  alcuni  avvolgimenti  di  steli ,  e  di 
viticchi  in  specie  ,  che  tu  gli  diresti  proprio  fatti  col- 
la punta  del  pennello.  II  solito  cavetto  lega  quindi 
il  sumrao-fusto  al  collarino  :  ed  eccoci  al  capitello. 
Siffatto  capitello  ha  di  altezza  un  tantin  meno  clìe 
un  diametro  ,  ne  è  invenzioue  del  Sarti  ,  ma  è  tolto 
di  pianta  da  un  capitello  antico,  sono  or  ora  dieci 
anni  rinvenutosi  in  uno  scavo  operato  appo  il  circo 
di  Sallustio  (1).  Consiste  la  particolarità  di  detto  ca- 
pitello corintio  nell'  avere  l'abaco  retto  ,  e  fogliami 
promiscui ,  vale  a  dire  d'acanto  a  d'acqua  con  di  mol- 
to bella  osservanza  e  misure  dell'  arte  collocati.  La 
cornice   che  gli  posa  sopra  è  semplice  :  in  fatto  non 


(i)  Questo  capitello  di  marmo  bianco  è  alto  pai.  rom.  2 
onc.  3,  ed  è  largo,  al  suo  nascimento,  pai.  a  ouc.  8,  e  al  suo 
cimacio  pai.  3  onc.  9.  Fu  trovato  precisamente  nell'orto  de' 
frati  carm.  scalzi  alla  chiesa  della  Vittoria  ,  e  perciò  rimase 
proprietà  loro.  Essi  frati  venderonlo  quindi  al  sig.  Cantala- 
messa  architetto  ascolano,  dalle  cui  mani  passò  in  quelle  del 
sig.  ingeguere  Gabriele  Gabrielli  ,  egli  pure  ascolano  ,  ma 
però  dimorante  in  Roma.  Tutto  questo  si  è  detto,  stante  che 
essendo  un  tal  cnpltello  di  vaglie  forme,  e  ben  conservato, 
il  vorremmo  vedere  allogato  in  sito  di  pubblica  ragione  , 
cioè  m  un  museo  ,  onde  non  corresse  più  rischio  di  perder- 
si. Diremo  pure,  ora  che  ne  cade  in  acconcio,  che  il  signor 
Antonio  Sarti,  architettore  accademico,  lo  disegnò  alla  litogra- 
fia ,  un  terzo  meno  del  vero,  con  assai  valentia,  insieme  ad 
altre  ottime  cose  antiche  di  ornato  architettonico  ,  facenti  parte 
di  un'  opera  ,  che  il  medesimo  avea  intrapreso,  e  che,  con 
grave  danno  degli  studiosi  dell'arte,  non  fu  mandata  a  com- 
pimento. 


Belle-Arti  109 

e  altro  che  una  fascia   o  architrave  ,  che  vogliam  chia- 
mare ,  un    listello  ,    un   uovolo  intaglialo    di  una  fil- 
za  di    foglie  ,  un    gocciolatore   o   cimasa    coronata  di 
un   pialletto,   iliceve  ,   come    notammo  ,  questa  corni- 
ce architravata   un  coperchio  ,  a  modo  di  sarcofao'o  , 
nel    cui  liscio   avvi   lavorato  un  caspo  di  acanto,  dal 
quale  nascendo   alcuni  steli  ,   e   vilucchi ,   e   fogliami 
in  varie   guise ,  fa  quel  coperchio  nell'  opera  un  ono- 
rato finimento.   Vi  sono  ancora  alcune  fave  che  escon 
fuori  sotto  le   volutine  di   esso  coperchio ,    e   che  gi- 
rano su  per  le  medesime   in  un   certo  modo  svelto  e 
leggiadro ,    che   danno   bellissima  accordanza. 

L'altezza  totale  del  cenotafio  misura  pai.  rom.  15, 
e  la  larghezza  maggiore  6.  Tutta  l'opera  è  di  terra 
cotta   tinta  a  marmo   bianco. 

Dopo  tutto  ciò  noi  ci  rallegriamo  col  signor  Giu- 
seppe Sarti ,  perchè  con  questo  suo  lavoro  ne  ha  mo- 
stro ,  quanto  amore  egli  professi  a'  nostri  maggiori 
che  operarono  ne'  buoni  secoli.  E  certo  il  seguire'  An- 
drea Contucci  da  San-Savino  ,  che  in  questo  genere 
di  lavori  fu  sommo  ,  sarà  sempre  cosa  lodata  :  sic- 
come sarà  quella  non  meno  di  aver  egli  ritornato  , 
pel  primo  ,  in  uso  le  terre-cotte  ,  che  nell'  antichità 
furono  cotanto  gradite ,  e  che  oggi  noi  ,  noi  moder- 
ni ,  gonfi  di  fasto  e  di  ricchezze  abborriamo  ,  pre- 
ferendo più  presto  di  condurre  ogni  ornamento  nelle 
fabbriche  nostre  di  solidissima  e  preziosissima  malta. 

F.  G, 


ìiO 


VARIETÀ' 


Delle  lodi  del  sommo  pontefice  Gregorio  XFI.  Orazione  scrilia 
da  Giacinto  Cantalamessa  Carboni  e  recitata  in  Ascoli  ec, 
Ascoli  tip.  di  Luigi  Cardi  MDCCCXXXIL  (difac.  i5  in  ^J 

J-/ifficile  impresa  parlar  degnamente  della  virtù ,  che  regna! 
E  pure  ha  vinto  con  onore  siffatta  prova  quello  squisito  giu- 
dizio di  Giacinto  Cantalamessa  Carboni,  parlando  prima  de' 
benefici  fatti  dal  regnante  pontefice  allo  stato;  poi  di  quelli 
fatti  ad  Ascoli  in  particolare.  Occasione  al  ragionare  si  fu  la 
festa  di  quella  città  pel  primo  anniversario  della  coronazio- 
ne ,  quando  convennero  il  terzo  giorno  nel  palazzo  del  co- 
mune generosi  spiriti  a  rinnovare  tra'  cantici  e  suoni  la  sin- 
cera esultanza.  Alla  quale  porgevan  motivo  i  novelli  ordina- 
menti, cui  la  sapienza  del  principe  in  mezzo  a  tante  pertur- 
bazioni dava  principio:  ordinamenti  tanto  più  degni,  in  quan- 
to racchiudono  il  germe  di  quelle  istituzioni ,  che  l'esperien- 
za ed  il  voto  de'  savj  a  bene  de'  popoli  dimanderà  (")  :  or- 
dinamenti^, che  sono  in  singoiar  mo<lo  proficui  agli  ascolani, 


(*)  L'oratore  ha  tolto  dal  nostro  giornale  tom.  L  pag.  agS 
queste  parole  ,  che  ci  è  bello  qui  riferire  ,  com'  egli  stesso  le 
riferiva.,,  Quando  le  generazioni  venture,  disse  uno  degl'illu- 
stri letterati,  di  cui  a' dì  nostri  Italia  fiorisce,  colle  colpe 
della  età  presente  vedranno  la  grandezza  di  animo  e  la  cle- 
menza impareggiabile  di  questo  sommo  universale  pastore , 
converranno  tutti  d'accordo  eh'  egli  ne  fu  dato  da  Dio  per 
mostrare  al  mondo  sulla  sedia  augusta  di  Pietro  la  vera  ima- 
giuc  della  bontà  supcrua.  „ 


Varietà'  111 

i  quali  ottennero  cosi  il  sospirato  riprìstinamento  della  loro 
delegazione.  II  libro  è  ornato  di  una  stampa  litografica  ,  che 
offre  l'idea  di  un  munumento  già  eretto  nella  piazza  del  po- 
polo all'  occasione ,  che  dicemmo  ,  per  cura  e  studio  del  sig. 
Ignazio  Cantalamessa.  Vedi  sorgere  in  disegno  la  statua  colos- 
sale del  sovrano  pontefice,  a'  cui  piedi  una  Fama  ed  un'altra 
pongono  ghirlande:  ai  lati  su  due  piedestalli  di  minore  altez- 
za vedi  l'Europa  e  l'America  con  simboli  appropriati:  non  ve- 
di le  altre  due  parti  del  mondo  cattolico  ,  che  pure  in  quel 
festeggiare  vi  figuravano  (*).  Leggi  bensì  tre  iscrizioni:  la  pri- 
ma sotto  il  pontefice,  la  seconda  di  fronte  al  monumento,  la 
terza  dalla  parte  opposta.  Riferiremo  quest'  ultima  che  a  noi 
risparmia  molte  parole,  ai  leggitori  procaccia  nuovo   diletto. 

IVRA  ,  LEGESQVE  .  DARE  .  GENTIBVS 

IMPERIO  .  VIM  .  VRBIBVS  .  DIGNITATEM 

CIVIBVS  .  CONCORDIAM  .  OPPIDIS  .  MONVMENTA 

MILITIBVS  .  ARMA  .  DVCIBVS  .  ANIMVM 

RELIGIONI ,  REVERENTIAM 

VNO  ,  TANTVM  .  ANNO  .  RESTITVERE 

DIVINVM  EST. 

Ma  non  vogliamo  finire  senza  molte  Iodi  all'  autore  delle  me- 
morie de' letterati  ed  artisti  ascolani  già  dedicate  al  N.  IJ.  sig. 
conte  Giuseppe  Rosati  Sacconi ,  degno  fautore  de' buoni  studi: 
delle  quali  parlava  il  nostro  giornale  tom.  XLVII  pag.  '2^o  , 
rallegrandoci  col  Cantalamessa-Carboni ,  che  nelle  patrie  isto- 
rie, delle  quali  è  peritissimo,  ha  trovato  di  che  infiorare  bel- 
lamente la  sua  orazione. 

D.  V. 


l*)  Vedi  Diario  romano  del  22  febbraio  i832. 


412  Varietà' 

Poesìe  italiane  di  vari  autori.  Firenze,  tipografia  Magheri  i83i. 

X  nomi  degli  autori  compresi  in  questa  nuova  raccolta  di  poe- 
sie sono  i  seguenti:  Monti,  Filicaja ,  Petrarca,  Ugo  Foscolo, 
Pindemonte ,  Leopardi,  Berchet ,  Manzoni,  Borghi.  Pare ,  che 
l'editore  di  questi  versi  siasi  proposto  di  raccogliere  quanto 
di  più  bello  in  poesia  si  riferisce  all'Italia,  o  alle  vicende  di 
questi  ultimi  tempi  ,  tanto  fecondi  di  avvenimenti,  e  di  gran- 
di delitti,  siccome  di  grandi  virtù:  e  con  ciò  spezialmente 
intendiamo  parlare  de'  versi  del  Monti  quivi  inseriti  ,  cioè 
la  Baswilliana  ,  ed  i  tre  primi  canti  della  Mascheroniana  ;  che 
forse  dall'  editore  non  si  conoscevano  i  due  ultimi ,  con  che 
dal  poeta  si  è  dato  compimento  a  quel  suo  nobilissimo  la- 
voro, e  che  sono  stati  stampati  questo  slesso  anno  con  bel- 
le  ed  erudite  annotazioni  a  Gapolago. 

Nulla  diremo  del  Monti  ,  con  che  si  dà  principio  a  que- 
sto volumetto,  e  degli  altri  nobilissimi  ingegni,  che  gli  fanno 
corona,  e  da' quali  riceve,  e  dà  nuovo  splendore:  diremo  sol- 
tanto poche  parole  intorno  le  due  romanze  di  Giovanni  Ber- 
chet ,  cioè  i|  Profughi  di  Parga  ,  divisa  in  tre  parti ,  e  l'al- 
tra il  Trovatore.  Chi  ha  lette  tutte  le  poesie  del  Bcichet, 
non  potrà  negare  a  questo  letterato  italiano  molta  spontanei- 
tà e  felicità  di  verso,  ed  una  certa  novità  d'immagini,  e  ciò 
si  riferisce  all'  invenzione  poetica  ;  ma  quando  siamo  al  colo- 
rire que' pensieri ,  le  sue  tinte  non  sono  già  quelle  del  Raf- 
faello della  poesia  Lodovico  Ariosto ,  ma  quelle  più  presto  del 
più   infelice  ed  inesperto  coloritore. 

Perchè  poi  alle  nostre  parole  si  presti  piena  ed  indubi- 
tata fede,  trascriviamo  alcuni  versi  del  Berchet,  e  chiediamo 
ai  nostri  leggitori  ,  se  sieuo  essi  poi  classici  o  romantici  ,  se  il 
seguente  sia  il  vero  linguaggio  ritmico  della  più  bella  ,  ar- 
moniosa   e   poetica  delle  lingue  viventi. 

Il  Berchet  parla  di  un  greco ,  che  vinto  dalla  dispera- 
zione,  è   sul  punto  di   gettarsi   nel  mare  : 

,,  Ecco  ei  sorge. -Per  l'erto  cammino 

,,  Che  pensier  ,   che  furor  l'ha   so?piulo  ? 


Varietà'  1  13 

,,  Ecco  ei  stassi ,  che  pare  un  tapino , 
,,  Cui  non  tocchi  più  cosa   mortai.  - 

E  nella  terza  strofa  al  verso  4- 

„  Il  suo  sguardo  sui   flutti  piombò. 

Strofa  quarta,  verso  i   e   2. 

,,  Remiganti ,  la  voga  batteste  , 

„  Affrettate  :  -  salvate  il  furente. 

Strofa  quinta,  verso  4>  5,  6, 

„  Fra  i  tacenti   una  voce  sali  : 

,,  Che  t'importa  ,   o   vilissimo  inglese  , 
j,  Se  un  ramingo  di   Parga   mori .' 

Strofa  decima  ,  verso  i,  1. 

,,  I  nocchieri   a  quel  corpo  grondante 

„   Tutti  avvolgono  a   gara    i  lor  panni. 

Strofa  dodicesima,  verso   i,  e   2. 

,,  A  quel  prego,  su  i  banchi  -  giuliva 
„  Del  riscatto  ,  la  ciurma  s'arranca. 

Dopo  la  lettura  dì  questi  pochi  versi,  tratti  dalla  prima  parte 
della  prima  romanza,  noi  chiediamo  ai  letterati  italiani ,  se 
questa  potrà  mai   essere   bella,  vera,   ed  imitabile  poesia. 

Ogni  lingua  ha  la  sua  indole  particolare,  ed  in  ognuna 
v'  ha  modi ,  che  si  devono  o  no  usare  ,  appresso  1*  auto- 
rità di  que'  sommi  che  ne  precedettero ,  e  furono  dall'  uni- 
versale per  classici  salutati.  Ma  siccome  uno  solo  è  il  uero  ed  il 
bello,  cosi  ciò  che  fu  dichiarato  da  un'intera  nazione,  rap-  . 
presentata  dai  granili  che  ne  conservano   il    sapere  ,  e  ne  au- 

(i.A.T.LII.  8 


H  4-  Varietà' 

inenlano  le  glorie  o  ignobile  o  da  uoa  usarsi  ,  non  potrà 
di  lei^gieri  acquistar  fedo  ,  ed  antorità  dall'  uso  fattone  da' 
novelli  letterati.  E  noi  per  quanto  siuceraineute  onoriamo  l'in- 
gegno del  Manzoni ,  non  crederemo  mai ,  che  possa  divenire 
una  parola  nobile  ,  e  veramente  poetica  ,  quella  di  ta- 
pino da  lui  usata  nel  suo  inno  di  sublime  argomento  la  Pas- 
sione,  che  poi  si  legge  adoperata  anche  dal  Berchet  nella  se- 
conda strofa  al  3  verso.  Finalmente  per  dir  tutto  in  poco  noi 
crediamo,  anche  coli'  autorità  del  Monti,  che  molte  parole  ben- 
ché dir  vogliano  (e  ciò  non  è  certo  in  questo  caso)  cose  alte 
e  dignitose,  non  saranno  mai  tali  se  i  più  dotti  in  fatto  di 
lingua  altrimenti  pensarono.  E  siccome  non  vi  è  che  una  via, 
che  conduca  alla  virtù  ,  cosi  in  fatto  ancora  di  letteratura  una 
sola  ve  n'ha,  a  nostro  avviso,  che  sia  vera  e  retta,  onde  ot- 
tenere un  nome  immortale  ,  ed  una  corona  risplendente  tutta 
di  luce   sua  propria. 


Solenne  distribuzione  de' premj  ed  esposizione  dell'anno  i83i 
dell'  accademia  provinciale  di  belle  arti  in  Ravenna.  Ra- 
venna presso  A.    Roveri  e  figli    1 832   (  in   8.    di  pag.  36) 

KJ  n  bel  discorso  viene  innanzi:  è  del  segretario  dell'acca- 
deniia  conte  Alessandro  Cappi.  E'  tutto  nelle  lodi  di  Luca 
Longhi  pittore  tanto  modesto  ,  che  non  usci  mai  finché  visse 
di  Ravenna  sua  patria  ;  al  quale  il  Vasari  contemporaneo,  ed 
il  Lanzi  più  tardi,  furono  forse  meno  giusti  o  meno  sinceri 
estimatori.  Qui  e  detto  singolarmente  di  una  adorazione  di 
Gesù  Bambino,  dipinto  di  Luca  ,  che  il  comune  di  Revenna 
depositò  alla  pinacoteca,  jin  quello  segui  il  pittore  la  sua  pri- 
ma maniera;  accennandosene  un'  altra,  che  egli  stesso  segui 
dopo  aver  veduto  Raffaello  ,  od  almeno  qualche  stampa  dì 
Marcantonio  Raimondi.  ,,  Ma  il  confesso  ,  (  soggiunge  l'elo- 
,,  gista  )  nella  sua  prima  e  più  raccolta  maniera  sobrio  nel 
,,  comporre ,    semplice   e   naturale    del    disegno  ,   e  delicato    e 


Varietà*  1^5 

,,  gustoso  nel  tuono  delle  tinto,  veggo  più  la   dolce  anima  sua 
„  e  mi  riesce  più  originale.  ,,  (i) 

Segna  un  cenno  si  dei  lavori  degli  alunni ,  si  delle  ope- 
re degU  artefici  concorsi  al  premio:  ed  è  in  fine  l'elenco  delle 
opere  ,  che  furono  esposte  :  tra  le  quali  riluce  un£|  bella  in- 
venzione d'architettura  del  sig.  professore  direttore  Ignazio  Sar- 
ti :  piante  spaccati  e  facciate  di  grandioso  edifìzio  che,  a  te- 
nore di  un  programma,  fu  già  progettato  per  l'ateneo  di  Forlì  (2). 
Allievi  ed  artisti  non  meno  della  città ,  che  della  provincia 
vengono  ogni  anno  in  Ravenna  a  nobile  gara  :  la  quale  colla 
guida  prudente  e  col  favore  universale  non  potrà  non  ren- 
dere frutti  copiosi  nelle  arti,  dalle  quali  ogni  comodità  ogni 
giocondezza  del  vivere  viene  derivando  ,  e  si  conserva  feli- 
cemente. 

D.  V. 


(i)  Una  illustrazione  delle  opero  sì  ad  olio  e  sì  a  fresco 
del  Longhi  è  lavoro  ,  che  il  conte  Cappi,  tenero  della  pa- 
tria gloria  ,  promette  condurre  in  qualche  anno.  Desideriamo 
lo  compia,  com'è  da  lui  ,  per  provvedere  si  ad  un  vuoto  ,  che 
è  nella  storia  dell'arte,  come  alia  fama  di  un  degno  pittore 
di  cui  può  gloriarsi  la  nostra  Romagna  che  ne  vanta  buon  nu- 
mero del  tempo  migliore  ;  benché  pur  troppo  mal  conosciuti 
o  dimentichi  dagli  scrittori.  A  questo  proposito  non  mi  par 
da  tacere  ciò  ,  che  a  questi  giorni  mi  scriveva  un  mio  dotto 
amico  :  che  il  sig.  Gaetano  Giordani,  custode  della  pinacoteca 
di  Bologna,  riunisce  da  qualche  tempo  le  memorie  degli  ar- 
tisti di  Romagna  per  darne  opportunamente  una  storia  in 
appendice  al  Lanzi. 

(a)  Questo  progetto  del  Sarti  meritò  a  preferenza  di  molti 
altri  il  premio  della  medaglia  d'oro  dall'accademia  dei  fiier- 
giti  di  Forlì  appresso  il  voto  in  iscritto  dell'  accademia  di  bel- 
le arti  di  Venezia  l'anno  i83o.  Sei  disegni  acquerellati  a  in- 
chiostro  della   china  in  sei  fogli,  alti  m.  0,68,  e  larghi  m.  1,00. 

8* 


116  Varietà' 

Poesie  giovanili  di  F.   G.  Modena  ,  per  Gemirùano  Vincenti 
e  compagno  i83i. 

Xxbbiamo  parlato  altra  volta  colla  dovuta  lode'  di  28  sonet- 
ti dell'  autore  di  queste  poesie  giovanili  ,  che  sebbea  cerchi 
di  nascondersi  colle  iniziali  F.  G.  non  è  però  raen  vero  esse- 
re il  facile  ed  elegante  poeta  modanese,  sig.  Francesco  Galvani. 
Noi  fra  i  molti  elogi ,  che  gli  potremo  tributare  per  que- 
sti suoi  versi ,  uno  solo  vogliamo  ,  che  ne  conosca ,  ed  è  di 
avei"  ben  tenuto  a  memoria  qual  precetto   del  Venosino 

Sumite  materiam  vestris  qui  scribitis  aequam 
Viribus  .... 

Il  perchè  cantando  il  Galvani  della  donna  del  suo  cuore  ha 
potuto  toccare  il  segno  :  né  sarà  mai  altrimenti  dove  chi  scri- 
ve non  senta  esso  prima  le  cose  che  altrui  vuol  far  sentire . 
A  confortare  sempre  più  il  giovane  autore  a  seguire  in  ogni 
suo  lavoro  non  altri,  che  il  proprio  cuore,  trascriviamo  una 
brevissima  lettera ,  che  possediamo  inedita  di  quel  gran  lette- 
rato j  che  fu  Ippolito  Pindemonle,  che  nel  dettare  i  suoi  ele- 
gantissimi versi  non  tenne  mai  altro  modo.  La  lettera  è  diret- 
ta a  Giovanni  de  Bizzarro  di  Ragusa ,  che  gli  chiedeva  alcun 
verso  in  morte  della  sua  amatissima  sposa  Marietta  Tarma  ,  che 
fu  pianta  da  vari  poeti  con  alcune  rime  impresse  in  Pisa  nel  1806. 
„  Con  molto  mio  rincrescimento  son  costretto  a  rispon- 
„  derle,  che  io  far  non  posso  ciò  ch'ella  desidera  da  me.  Non 
,,  dubito  ,  che  la  sua  amante  ornata  non  fosse  delle  doti  più 
„  belle;  ma  egli  è  impossibile  a  me  il  compor  versi  per  un 
„  soggetto  da  me  non  conosciuto.  Se  i  versi ,  che  io  scrivo  , 
,,  non  sono  affatto  spregevoli ,  io  credo  doverlo  appunto  at- 
„  tribuire  all'  uso  mio  costante  di  parlar  solamente  di  quel 
,,  che  ho  veduto ,  di  quel  che  ho  provato  ;  di  quel  che  diret- 
,,  taraente  mi  toccò  ,  mi  commosse  l'animo.  La  gentilezza  dell' 
„  animo  suo,  che  traspira  nella  sua  lettera,  mi  fa  sperare,  eh' 
,,  ella  prenderà  ciò  in  buona  parte,  e  che  non  lascerà  per  quc- 


Varietà*  IH 

,,  sto  dì  credermi  quale  con   molta  stima  io  mi  fo  un  pregio 
,f  di  dirmi. 

Ora  non  ci  resta ,  che  fare  un  voto ,  ed  è,  che  il  sig.  Gal- 
vani voglia  finalmente  render  di  pubblico  diritto  le  sue  erudi- 
te note  a  53  Novelle  del  Boccaccio ,  le  quali  possono  ,  cosi 
ridotte  ,  esser  lette  senza  pericolo  della  gioventù.  È  tanto  più 
fervido  e  sincero  questo  nostro  voto,  in  quanto  che  sappia- 
mo averne  ottenuto  i  conforti  del  più  grande  de'  poeti  mo- 
derni Vincenzo  Monti ,  dopo  il  giudizio  del  quale  ogni  nostra 
lode   diverrebbe  inutile ,  o  almeno  soverchia. 

C.  E.  M. 


Ristretto  della  storia  dalla  letteratura  italiana  di  Franco  Sai' 
fi  già  professore  in  molte  università.  d'Italia.  Lugano  ;  coi 
tipi  di  G.  Raggia  e  comp.  i83i.  Due  volumi  in  8.° 

A  ranco  Salfi  benché  lontano  dall'  Italia  ,  che  il  vide  nasce- 
re ,  non  cessa  però  di  occuparsi  sempre  di  quegli  studi ,  che 
hlla  letteratura  della  penisola  si  riferiscono:  e  noi  già  parlam* 
tuo  con  elogio   di  questo  scrittore. 

Benché  l'Italia  vanti  ia  questo  secolo  vari  ristretti  della 
sua  letteratura  ,  ed  anche  a  questi  ultimi  giorni  il  eh.  cav. 
Giuseppe  Maffei  abbia  pubblicato  il  suo  col  seguente  titolo 
Storia  della  letteratura  italiana,  dall'  origine  della  lingua  fino 
al  secolo  XIX.  Milano,  dalla  società  tipografica  de' classici  ita- 
liani^ i8a4  tf"^  volumi  in  8.°,  non  è  però  men  vero,  che  anche  i 
nuovi  ristretti  possono  essere  di  molta  utilità  si  per  i  giovani, 
sì  percolerò  anche  più  tnaturì,  che  non  volendo  darsi  particolar- 
mente allo  studio  universale  delle  patrie  cose,  si  contentano  di 
conoscere  in  compendio  i  nomi,  la  patria  ,  e  le  opere  di  quegli 
scrittori,  che  più  Vennero  in  grido  d'illustri  in  ogni  maniera  di 
gravi  sludi  o  gentili.  Diremo  poi  con  tutta  libertà ,  che  il  sig. 
Salfi  ha  talora  trascurato  qualche  nome  più  conosciuto  >  per 
notarne  alcuno  più  oscuro ,  né  sempre  è  stato  esatto  nell'  as- 
segnare agli  autori  da  lui  citati   nell'  indice  universale  la  loro 


118  Varietà' 

vera  patria.  E  ben  si  doveva  distinguere  il  luogo  di  nascila, 
il  che  spesso  si  deve  al  caso,  da  quello  del  padre,  ch'è  il  ve- 
ro da  assegnarsi  agli  autori:  e  simili  inavvertenze  ora  tanto- 
meno si  soffrono,  dopo  le  grandi  opere  piene  di  critica  del  Ti- 
raboschi ,  del  Denina,  del  Bettinelli,  e  le  biografie  particolari 
dei  dueBarotti,  del  Baruffaldi  giuniore ,  dell'Affò,  del  Pog- 
giali, del  Vermiglioli ,  e  di  molti  altri  distinti  letterati,  che 
con  molta  cura  ed  amore  posero  mente  alla  illustrazione  del- 
le patrie  glorie,  ed  all'  incremento  degli  studi  in  questa  no- 
bilissima Italia. 


Elogio  storico  del  come  Giuseppe  Angelo  Saluzzo  di  Meniisi- 
glio  scritto  da  Giuseppe  Grassi.  Torino,  per  Giacinto  Ma- 
rietti tipografo  libraio   i83i. 

VTiuseppe  Grassi  torinese  fu  a  questi  ultimi  tempi  uno  dei 
più  belli  ornamenti  della  italiana  letteratura  ,  di  che  fanno 
ampia  fede  e  le  varie  opere  da  lui  publicate  ,  e  le  lodi  spon- 
tanee di  uomini  lodatissimi ,  quali  furono  il  Lamberti ,  il  Fo- 
scolo, il  Monti. 

Il  presente  elogio  è  uno  de'  più  perfetti  fra  i  molti  lavo- 
ri del  Grassi  :  e  ripetiamo  con  piacere  ,  che  ciò  pensava  egli 
slesso  nelle  brevi  notizie  biograflche  da  lui  cortesemente  det- 
tate a  nostra  istanza.  Dopo  aver  detto  la  pessima  condizione, 
in  che  era  venuto  il  Piemonte  per  l'invasione  francese,  così 
si  esprime:  ,,  Non  abbandonai  tuttavia  le  lettere  italiane,  ed 
il  mio  primo  saggio  in  esse  fu  VElogio  storico  del  conte  Sa- 
luzzo,  pubblicato  nel  i8i2,  del  quale  anche  adesso  arrossi- 
sco meno  degli  altri  lavori  fatti  in  età  più  matura  ,  per  una 
certa  sua  indole,  che  sotto  straniera  dominazione  ritrae  un 
non  so  che  di  generoso  e  di   franco.  ,, 

Crediamo  di  non  poter  chiuder  meglio  questo  breve  ar- 
tìcolo ,  che  trascrivendo  per  intero  un  brano  di  lettera  del 
Tacito  allobrogo  indiritta  al  nostro  autore  ,  e  premessa  dall' 
editore  con  savio  accorgimento  alla  ristampa  di  questo  elogio. 


Varietà*  119 

,,  Parigi  12  aprile  1812  ....  Resta,  che  io  mi  congra- 
„  tuli  teco  di  questo  pensiero  ,  che  t'à  venuto  in  mente,  dì 
„  voler  celebrare  la  meraoria  d'un  uomo  ,  per  le  fatiche  del 
,,  quale  il  Piemonte  salì  in  tanto  grido  di  paese  dotto  e  ci- 
,>  vile.  Certo  i  piemontesi  debbono  maggiormente  tenersi  ob- 
,,  bllgati  a  quelle  ossa,  e  vieppiù  onorare  quelle  ceneri  san- 
„  te ,  che  i  francesi  alle  ossa  ed  alle  ceneri  del  Lavoisier  lo- 
„  ro  debbono  essere,  e  sono  obbligati  ad  onorarle.  Che  di- 
,,  rò  di  me,  e  dell'  osservanza  e  della  venerazione,  in  cui 
„  le  tengo  ?  Conciossiachè  quell'  uomo  grande  amasse  me ,  co- 
„  me  se  figliuolo  stato  gli  fossi,  ed  io  in  luogo  di  padre  lo 
„  avessi  ed  amassilo.  Né  mai ,  finché  avrò  vita  ,  me  lo  ricor- 
,,  derò  non  solo  senza  desiderio ,  ma  senza  lagrime.  Erami  al- 
„  lora  ogni  vento  contrario,  ed  ei  mi  sostenne,  acciò  non  ca- 
,,  dessi  e  non  andassi  del  tutto  in  precipizio.  Di  qua  e  di 
„  là  vedevami  ad  ogni  ora  crescere  le  cagioni  di  rammarico 
,)  e  di  dolore,  ed  ei  mi  consolava.  Volle  sollevare  la  mia  nmi- 
„  le  fortuna ,  e  indirizzare  verso  il  porto  la  mia  povera  na- 
),  vicella  sbattuta ,  e  quasi  sommersa ,  e  fecene  opera ,  e  non 
„  potè:  In  fine  l'ultimo  ufficio  suo  verso  di  me  fu  un  ufficio  d'a- 
„  more  e  di  pietà  j  e  se  stato  non  fosse  che  deruruo  l'uno 
„  e  l'altro  in  gente  crudele  ed  inesorabile,  gli  veniva  fatto 
„  il  pensiero  di  dar  ricovero  a  questa  mia  travagliosa  vita. 
,,  Or  non  fia  mai  che  io  non  ti  lodi ,  e  non  t'esorti  a  segui- 
,,  re  il  tuo  proposito  di  spargere  nembi  di  gigli  e  di  pur- 
,,  purel  fiori  per  onorar  l'ombra  di  un  tanto  nostro  concit- 
„  ladino.  Fallo ,  che  già  di  là  ti  sorridono  le  muse ,  e  di  qua 
„  ti  fa  plauso  ogni  anima  gentile  e  generosa  :  e  tu  ne  acqui' 
),  sterai  nome  non  solamente  di  giovane  dotto ,  ma  ancora 
„  di  ben  costumato,  e  dabbene.  Porocchè  nissun  maggior  se* 
„  gno  v'ha  di  cuor  ben  nato  ,  e  di  mente  ammaestrata  d'ot- 
,,  time  discipline,  che  il  far  onore  ai  morti,  che  han  lasciato  di 
,,  qua  una  memoria  degna  d'onoranza.  Mi  ti  raccomando ,  e  ti 
„  abbraccio  con  ogni  affetto.  ,, 

C.vnto  Botta. 


Ì20  Varietà' 

Poesie  di  Niccola  Cirino  socio  di  varie  accademie.  Napoli 
pe'  tipi  della  Minervn. 

i.VJLai  non  mancarono  nella  patria  di  Teocrito  e  del  Meli  uo- 
mini per  ogni  maniera  di  nostrale  letteratura  lodatissimi  :  se 
non  che  forse  si  è  talvolta  desiderato  nelle  poesie  di  queg'li 
scrittori  una  maggiore  lindura  nella  lingua  ,  ed  una  imma- 
ginazione meno  fervida  sì,  ma  più  vera;  poiché  è  indubitato, 
che  il  vero  bello  poetico  non  già  consiste  nel  troppi  orna- 
menti ,  e  nella  pompa  di  strani  pensieri ,  e  di  antiquati  vo- 
caboli,  ma  si  nella  semplice  eleganza  dello  stile,  nella  spon- 
taneità del  verso,  nella  evidenza  delle  immagini,  e  finalmen- 
te nella  proprietà  delle  frasi  e  delle  parole.  Le  poesie  del 
Cirino  non  mancano  né  di  una  certa  facilità,  né  di  qualche 
bel  pensiero  :  e  di  questi  pregi  ne  vogliamo  lodato  l'autore. 
Vorremmo  però  ciò  che  or  ora  accennavamo,  cioè  più  lingua^ 
più   stile  ,  più  eleganza  finalmente. 

La  Corilliade>  poemetto  in  quattro  canti,  in  cui  l'autore 
descrìve  la  morte  della  sua  donna ,  è  composto  di  versi  sciol- 
ti e  di  terzine,  e  preceduto  da  una  breve  epistola  a  Delia  Se- 
bezia  in  terza  rima  ,  alcune  odi  di  vario  metro ,  più  altri  com- 
ponimenti in  verso  sciolto,  due  in  ottava  rima,  due  in  terzi- 
ne, un  sonetto  posto  a  pie  di  una  nota,  del  genere  descritti- 
vo su  Zisa,  celebre  castello  discosto  non  un  miglio  da  Pa- 
lermo, sono  i  vari  ritmi,  in  che  si  é  esercitato  l'autore.  Ab- 
biamo poi  veduto  con  piacere  come  abbia  tolto  ad  argomen- 
to de'  suoi  versi  o  nomi  chiarissimi  per  bella  fama  d'ingegno, 
o  lodati  per  opere  di  pietà,  od  augusti  per  dignità,  siccome 
sono  quelle  di  Francesco  I  e  di  Ferdinando  II  sovrani  delle  due 
Sicilie ,  del  sommo  pontefice  che  fu  Pio  VII,  di  Francesco 
Testa,  di  Vincenzo  Zuccaro,  e  di  altri  tali,  che  furono,  o 
sono  tuttora  bella'  e  ben  fondata  speranza  di  gloria ,  e  di  no- 
vello ornamento  della   loro  terra  natale. 


Varietà'  421 

Ero  e   Leandro   carme  dì  Museo  il  grammatico,  che  tradotto 

dal  greco  in  rime  italiane  alla  sig.  Ottavia  Corsi  ed  al  sig. 
Donato  Grassi  nel  giorno  del  loro  sponsali  Alessandro  Cor- 
si fratello  e  cognato  amantissimo  O.  D.  C.  Firenze  coi 
tipi  Calasanziani  i832. 

i-loi  parlammo  altra  volta  con  elogio  del  traduttore  di  questo 
poemetto,  il  quale  sebbene  abbia  taciuto  il  suo  nome  in  fron- 
te del  presente  volgarizzamento  ,  non  è  però  meno  da  noi 
conosciuto  ,  come  l'autore  di  una  grammatica  greca  ,  cioè  il 
eh.  Stanislao    Gatteschi   delle  scuole   pie. 

Molti  furono  i  traduttori  di  questo  poemetto  ,  e  primo 
di  tutto  il  padre  del  gran  Torquato  ,  Bernardo  Tasso.  Meri- 
tando dopo  lui  di  essere  nominati  non  senza  lode,  almeno  per 
la  parte  dalla  fedeltà,  il  Baldi  ,  il  Salvini  ,  e  da  ultimo  il 
felicissimo  traduttore  di  Plutarco,  il  veronese  Girolamo  Pompei. 

Se  il  Gatteschi  abbia  o  no  superato  ,  oltre  i  riferiti ,  gli 
altri  moltissimi  volgarizzatori,  che  lo  hanno  preceduto,  è  ciò 
che  non  osiamo  assicui'are.  Diremo  soltanto  j  ch'egli  è  il  pri- 
mo che  abbia  corso  l'aringo  ,  voltando  quel  carme  in  ter- 
zine: e  che  questa  sua  versione  non  manca  da  cima  a  fondo 
né  di  facilità,  né  di  una  certa  classica  eleganza ,  il  qual  pre- 
gio  è    forse   il  principale  di  questo  lodatissimo   lavoro. 


Vita    del  B.   Giovanni  Colombini  da  Siena  fondatore  de'  poveri 

gesuati  composta  per  Feo  Belcari  -  Imola 

per  Ignazio  Celiati  i85i 

-Ljodevole  impresa  si  è  questa  del  sig.  Galeati  che  si  fa  a  ri- 
produrre aurei  scritti  de' nostri  buoni  antichi  a  vantaggio  della 
gioventù,  che  intende  allo  studio  della  bellissima  delle  hngue  -• 
e  quante  volte  ci  presenterà  di  somiglianti  opere  noi  gliene 
sapremo  sempre  grado.  Per  primo  saggio  del  suo  lavoro  ci 
porge   la  vita   del  B.  Colombini    scritta  da   Feo  Belcari  ,    che 


122  V    A    R    1    E    T    A* 

a  detta  del  Cesari  ha  11  pregio  ,,  che  fu  scritta  nel  quattro- 
,,  cento  colla  lingua  medesima  del  trecento  ,  cioè  conservò  il 
,,  medesimo  natio  candore  e  purità  di  lingua  in  quel  tem- 
,,  pò  medesimo  che  essa  cominciava  a  perderlo,  e  a  guastar- 
,,  si  :  il  che  è  qualche  cosa  simile  ad  un  prodigio.  ,,  Ora 
poi  il  Galeati  è  per  porre  in  luce.  Le  vite  d'alcuni  primi  coni' 
pagai  del  B.  Colombini  scritte  anch'esse  dal  Belcari  :  il  che 
pure  ci  piace,  ma  ci  piacerebbe  assai  più,  che  in  luogo  di 
razzolare  nelle  scritture  del  quattrocento,  si  facesse  a  ripubbli- 
care le  prose  di  quel  signore  dell' altissimo  cauto  ,  nelle  quali 
sole  è  più  filosofìa  che  in  tutti  gli  scrittori  del  sec.  XIVò  E 
cosi  correndo  quelle  con  facilità  per  le  mani  de'  giovani,  ap- 
prenderebbero essi  e  i  veri  modi  dell'  italico  scrivere,  e  quan- 
to l'Alighieri   valesse  anche  nello  sciolto  sermone. 

GiAwrKAMCESCo  Rambelu. 


Prospetto,  Il  progresso  delle  scienze  delle  lettere  e  delle  arti. 

i5i  farà  parola  in  quest'  opera  di  tutto  quanto  è  rivolto  a 
promovere  la  civiltà  e  l'umano  sapere,  segnatamente  in  Italia. 
Opera  di  molte  persone  ,  e  di  non  breve  lavoro  ,  sic- 
come   quella  che    di  più  parti  e  le  più  svariate   è    composta, 

darassi  alle    stampe   nella    guisa    dichiarata  qui    sotto. 

Condizioni   deW  opera,  s  modo  di  farne  l'acquisto. 

L'opera  si  comporrà  di  3  volumi  in  ottavo  ,  da  uscire 
in  luce  nel  vegnente  anno  i832  ,  iu  sei  fascicoli,  de'  quali 
ciascuno   sarà    non  minore    di   fogli    io  di    stampa. 

Due   fascicoli  formeranno    un   volume. 

Sarà    pubblicato    un    fascicolo    in  ogni    bimestre. 

Il   prezzo   di  un    fascicolo  sarà  di  carlini    5. 

Gli  esemplari  saranno  inviati  nelle  provincic  del  Regno, 
franchi  di  porto. 


Varietà  123 

Pel  rimanente  d'Italia  e  pe' paesi  oltremontì,  le  spese  di 
porto   saranno    a    carico    degli   associati. 

I  danari  dovran  pagarsi  in  Napoli  ,  sia  nell'  alto  della 
consegua   dell'  esemplare  ,    sia  nell'  atto  della   soscrizione. 

Le  soscrizioni  e  i  danari  ricevonsi  nella  libreria  di  Ca- 
millo Settembre  ,  Toledo  n.  ago,  e  nella  libreria  di  R.  Ma- 
rotta  e   Vaspandoch ,  largo  della  Trinità  Maggiore. 

Né  lettere  ,  nò  danari  saran  ricevuti  ,  se  non  franchi  di 
porto. 

Coloro  i  quali  procureranno  io  associati ,  ovvero  la  ven- 
dita di  IO  copie,  avranno  l'undecima  gratis. 


Le  antiche  iscrizioni  perugine  raccolte,  contentate,  e  pubblicate 
da  Gio.  Battista  yermiglioli.  Edizione  seconda  corretta,  ed 
accresciuta  di  oltre  a  CCLX  monumenti  etruschi  ed  ina- 
diti  per  la  maggior  parte. 

XJa.  che  lo  studio  delle  antiche  lingue  d'Italia,  e  degli  etru» 
schi  monumeuti,  erasi  con  felice  successo  divulgato  per  tutta 
la  colta  Europa,  ampia  testinxanianza  ne'  paesi  stranieri  all' 
Italia  rendendone  le  recentissime  opere  di  MuUer  ,  Niebuhr, 
Creuzer  ,  Guiguiaut,  Dorow  ,  Steimbuchel,  Raoul-Rochette,  e 
di  altri  ,  le  Iscrizioni  Perugine  già  pubblicate  in  due  volumi 
in  4  negli  anni  i8o4-i8o5  venivano  anche  di  là  da'  monti 
sollecitamente  ed  avidamente  ricercate  ;  ma  io  stesso  ,  mio 
malgrado,  doveva  rifiutarmi  ad  ogni  dimanda,  poiché  n'era 
d'ogni  esemplare  sfornito.  Né  ciò  poteva  essere  di  manco  , 
imperciocché  dopo  la  rinomatissima  opera  dell'ab.  Lanzi,  uiua 
libro  fino  ad  ora  erasi  visto ,  che  ampio  tesoro  di  etru- 
sca  paleografia  contenesse,  quanto  l'opera  delle  Perugine  Iscri- 
zioni. Voglio  anzi  aggiugnere ,  che  mentre  il  Lanzi ,  ragunan- 
do  per  l'opera  sua  monumenti  da  tutta  l'Etruria  nostra  ,  dagli 
esteri  musei,  da  opere  stampate  e  manoscritte,  non  pubbli- 
r.ò  che  56o  iscrizioni  etrusche  all'  incirca,  questa  nuova  edizione, 
di   una  sola  città  ne   contiene  oltre   a    4^0   ed     olire   a   aoo  o 


^24  Varietà' 

inedite  ,  o  dal  medesimo  autore  pubblicale  in  diversi  detta» 
gli ,  e  cosi  l'opera  intiera  unitamente  alle  iscrizioni  romane 
aumeutate  anche  esse  ,  novererà  oltre  a  85o  monumenti  scritti. 
Tesori  cosi  preziosi  del  perduto  linguaggio  d'un  gran  popolo, 
già  divenuto  un  giorno  di  tutta  l'Italia  padrone  e  signore  , 
onde  i  suoi  monumenti  hanno  sempre  relazione  con  i  più  gran- 
di oggetti  della  storia,  per  se  medesimi  raccomandandosi,  non 
hanno  bisogno  per  avventura  che  da  me  venga  implorato  a 
prò  di  essi  il  favore  e  la  generosità  dei  dotti  d'Italia  ,  e  del- 
la patria  in  modo  speciale  ;  e  particolarmeate  in  un  tempo , 
in  cui  gli  scienziati  stranieri  vorrebbero  in  questi  importan- 
tissimi  studii  contrastarci  la  palma. 

L'edizione  verrà  eseguita  in  4  grande  coÌ|  caratteri  di 
questo  programma  ,  con  le  tavole  occorrenti  ,  e  con  caratte- 
ri nuovi  etruschi.  Se  ne  incomincierà  la  stampa  tostochè  sarà 
raccolto  un  sufficiente  numero  di  firme.  L'opera  si  pubbliche- 
rà in  due  parti,  ed  in  due  sole  difstribuzioni  si  dispenserà  agli 
associati,  che  pagheranno  per  ciascun  foglio  di  stampa  bajoc- 
chi  4  2  P^"  *  centesimi  25  tli  franco ,  e  per  ciascuna  tavola 
bajocchi   5  2  pari  e  centesimi  3o. 

Le  associazioni  si  riceveranno  in  Perugia  dall'  editore  in. 
via  del  Corso  N.   no  e  da'  principali   librai  d'Italia. 


NIHIL  OBSTAT 
Ab.  D.  Paulus  Delsignore  Ceus.  Theol. 


NIHIL  OBSTAT 
Petrus  Lupi  Med.  Colleg. 

NIHIL   OBSTAT 
Petrus  Odescalchi  Gens.  Philolog. 

IMPRIMATUR 

Fr.  Dom.  Buttaonl  Mag.   S.  P.  A.  Socius. 

IMPRIMATUR 
Jos,  Della  Porla  Patr.  Constant.  Viccsg. 


Os 

seevazìoni  Meterolo^iche.  ){  Collegio  Romano  )[  Otto 

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'I2'J 


SCIENZE 


Saggio  d'una  distribuzione  metodica  degli  Animali 
f^ertebrati  a  sangue  freddo^  di  Carlo  Luciano  Bo- 
naparte  principe  di  Musignano. 


Ciotto  il  titolo  eli  Saggio  d'una  distribuzione  metodica 
degli  Animali  Vertebrati  pubblicai  recentemente  un  qua- 
dro in  cui  vengono  classificati  secondo  le  mie  vedute  tut- 
ti gli  Animali  Vertebrati  a  sangue  caldo  ,  e  degli  al- 
tri a  sangue  freddo  ,  la  Classe  dei  Rettili.  Il  difetto 
d'alcune  indispensabili  notizie  mi  trattenne  dal  presen- 
tare allo  stesso  tratto  la  Glasse  dei  Pesci,  che  avrebbe 
compito  l'intiero  quadro;  e  mi  fece  trascurare  relativa- 
■mente  ai  Rettili  stessi  l'indicazione  dei  luoghi  natali 
:e  del  numero  approssimativo  delle  specie  conosciute. 
Ora,  che  ho  procurato  i  materiali  opportuni,  mi  av- 
venturo ad  esporre  sullo  stesso  piano  delle  precedenti 
la  Classe  dei  Pesci  restata  indietro  :  ed ,  acciò  tutto  il 
lavoro  riesca  d'una  esecuzione  uniforme,  lo  riprendo 
dalla  già  accennata  Classe  dei  Rettili  ;  tanto  più 
volentieri ,  perchè  nella  distribuzione  di  quella  Classe 
mi  sembra  espediente  l'introdurre  non  pochi  cambia- 
menti, che  m'  ha  suggeriti  un  nuovo  esame  di  questo 
argomento. 

G.A.T.LII.  0 


130 

PROSPETTO 


vJIi  Amfibj  sono  Animali  vertebrati,  a  sangue  fred- 
do ,  ovipari  (o  ovivipari),  forniti   di  polmoni. 

Costituiscono  la  quarta  Classe  della  prima  Pro- 
vincia  del  Regno  Animale. 

SOTTOGLASSE  1.  REPTILIA 

Respirazione  per  mezzo  di  soli  polmoni  :  cuore 
biloculare ,  bi-  (o  tri-)  aurito  :  pene  :  accoppiamento 
con  coito  :  uova  dure  o  coriacee  :  niuna  metamorfosi. 

Corpo  racchiuso  in  una  teca  consistente  in  due 
gusci  formati  dalle  costole  saldate  insieme  e  dallo 
sterno  :  pene  semplice  :  lingua  adnata  :  niun  dente  : 
quattro  piedi  :  osso  del   timpano  connato    col  cianio. 

ORDINE    1.  CHELOmi 

FAMIGLIA   1.   TESTUDIIVID.^.    Piedi    digitati  :    gusci 

ossei  :  timpano   manifesto.  Terrestri  o  d'acqua   dolce. 

§  TESTUDiNiNA.  Labbra    cornee. 

§§  ciiELiNA.  Labbra  carnose. 

FAMIGLIA   2.   TRIOIVYCIDJ3.    Piedi   digitati  :    gusci 

coriacei  :  timpano   latente  :  labbra  carnose.  Fluviatdi. 


Animali  vertebrati  131 

FAMIGLIA  3.  CHELOisiD^.  Piedi  piimiformi  :    lab- 
bra cornee  :  timpano  latente.    Marine. 
§  sPHARQiDiNA.  Gusci   Coriacei. 

§§    CHELONtNA.    GuSCi    OSScl. 

Corpo  catafratto  :  costole  separate  :  pene  sempli- 
ce :  lingua  ad  nata  :  denti  conficcati  nelle  mascelle  : 
quattro  piedi  t  osso  del  timpano  connato  col  cranio. 
Cuore  triaurito  !  polmoni  non  estesi  all'  addome  !  ster- 
no lungo  :  ninna  clavicola  :  orecchie  clausibili  con 
valvole  :   ano  longitudinale. 

(hatì)  ORDINE   a.   EWAMOSAURII 

Piedi   corti ,  pìnniformi.  Marini.  Fossili. 

FAMIGLIA  4.  ICHTHYOSAURID^.  Denti  inseriti  in 
un  solco  comune. 

FAMIGLIA  5.  PLESloSAURiDiE.  Denti  inseriti  in  di- 
stinti alveoli. 

ORDINE  5.  EMIDOSAURII 

Piedi   digitati.    Fluviatili. 
FAMIGLIA  6.  CROCODii.iD^.  Più  Serie  traSverse  di 
piastre  ossee  che  formano  uno  scudo  superiore  :  denti 
inseriti  in  distinti  alveoli. 


Corpo  coperto  di  squame  :  costole  separate  ac- 
cerchianti  almeno  gran  parte  della  circonferenza  del 
tronco  :  pene  duplice  :  lingua  libera  :  denti  non  con- 
ficcati nelle  mascelle  :  ano  trasversale. 


132  Scienze 

ORDINE   4.  SAUAII 

Mandibola  di  un  sol  pezzo  (tornii  connati  all'  a- 
pice)  :  osso  del  timpano  libero  :  occhi  cospicui  :  quat- 
tro piedi  o  almeno  i  rudimenti  di  essi  :  sterno  corto  : 
clavicole.  Terrestri. 

FAMIGLIA.  7.  GEKKOIVTD^E.  Lingua  carnosa,  piana, 
non  estensibile,  libera  all'estremità:  una  palpebra  so- 
la! corpo  depresso,  tozzo:  squame  piccole:  gola  non 
dilatabile  :  dita  libere  ,  quasi  uguali  :  denti  applicati 
al  lato  interno   dei   tornii.  Lenti.  Notturni. 

FAMIGLIA  8.  8TELLiOJ\iD7E.  Lingua  grossa  ,  non 
estensibile  ,  quasi  adnata  ,  appena  intaccata  :  gola  di- 
latabile :   dita  libere ,  disuguali. 

§  STELUONiNA.  Corpo  depresso  :   denti  innati 
sul   culmine  dei  tornii. 

§§  AGAMiNA.  Corpo  deprcsso  :  denti   applicati 
al  lato  interno  dei  tornii. 

§§§  iGUANiNA.  Corpo  compresso  :   denti  appli- 
cati  al  lato   interno  dei  tornii. 

§§§§  DRACONINA.  Corpo  comprcsso  :   denti   in- 
nati  sul  culmine   dei   tomii. 

FAMIGLIA  9.  cham.«:lE0]VID.^.  Lingua  lunga ,  car- 
nosa ,  indivisa ,  vibratile  ,  inguainata  alla  base  :  gola 
dilatabile  :  timpano  latente  :  denti  innati  sul  culmi- 
ne dei  tomii  :  osso  frontale  semplice:  corpo  molto  com- 
presso :  squaraette  graniformi  ;  coda  preensile  :  dita 
coadunate   due-tre. 

FAMIGLIA  1 0.  VARANID^.  Lingua  lunga  ,  biparti- 
ta ,  vibratile ,  inguainata  alla  base  :  gola  non  dila- 
tabile :  timpano  manifesto  :  denti  applicati  al  lato  in- 
terno dei  tomii  :  osso  frontale  duplice  :  corpo  svelto, 
non   compresso:    dita    libere ,    disuguali. 

FAMIGLIA  11.  LACERTID/E.  Lingua  sottile,  vibra- 
tile ,  forcuta ,   non  niguairiata  :  gola   non   dilatabile  : 


Animali  vertebrati  133 

tìmpano   manifesto  :   corpo   svelto  :  squame  cliversifor- 
mi  :  dita  libere  ,  disuguali. 

§  AMEiriNA.  Denti  innati  sul  culmine  dei  to- 
rnii :  lingua    lunga. 

§§  LACERTiNA,   Denti  applicati  al  lato  interno 
dei  tornii  :  lingua  breve. 

FAMIGLIA  12.  OPniOSAURiDTR.  Lingua  poco  esten- 
sibile, non  inguainata  :  gola  non  dilatabile  :  timpano 
manifesto  :  denti  applicati  al  lato  interno  dei  tornii  : 
corpo  allungato  ,  verticillato  !  squame  in  distinte  se- 
rie   trasverse. 

§  coRDYLiNA.  Lingua  semplicemente  intaccata* 

§§  TACHYDROMiNA.  Lingua  bifida  ,  lunga. 

§§§  oPHiosAURiNA.    Lingua  .  bifida  ,       breve. 
Privi  talvolta   di   due   o   di  tutt'  i   piedi. 

FAMIGLIA  13.  AlVGUiDiE.  Lingua  carnosa  ,  poco 
estensibile  ,  semplicemente  intaccata ,  non  inguainata  : 
corpo  terete  :  squame  uniformi  ,  imbricate  ,  lucenti* 
Privi  talvolta  di  due   o   di  tutt'  i  piedi. 

ORDINE   6.  SAtlROPHIDII 

Mandibola  di  un  sol  pezzo  (tomii  connati  all'a- 
pice) :  ne  l'osso  temporale  ne  l'osso  del  timpano  li- 
beri :  occhi  latenti  :  almeno  i  rudimenti  di  piedi  sot- 
to la  cute  :  un  sol  polmone  ,  o  il  secondo  semplice- 
mente rudimentale. 

FAMIGLIA  14.  AMPHISB/ENID^.  Lingua  lanceolata, 
depressa  ,  bifida  ,  appena  estensibile  ,  non  inguainata  : 
Xorpo   verticillato  :  squame  uniformi  :  timpano  latente. 

ORBIINE  6.  OPHIDII  {Serpenfes.) 

Mandibola  di  due  pezzi  (tomii  congiunti  all'api- 
ce[^per  mezzo  di  un  ligamento)  :  almeno  l'osso  del  tini- 


''SA  Scienze 

pano  mobile  :  ne  piedi ,  ah  omo  piate ,  ne  sterno  ,  n^ 
bacino,  ne  terza  palpebra,  uè  tirapa'no:  un  sol  pol- 
mone ,  o  il  secondo  semplicemente  rudimentale  :  lin- 
gua sottilissima  ,  bipartita  ,  vibratile  ,  inguainata  alla 
base  :  corpo  lunghissimo  ,  terete. 

FAMIGLIA  15.  BOID./E.  Niun  dente  velenifero  :  ap- 
pendici sporgenti  dai    lati  dell'  ano. 

§  TYPiiLOPODiNA.  Occlii  latenti. 

§§  ERYciNA.  Corpo   cilindrico  :   capo  non  di- 
stinto dal  tronco  :    bocca  piccola. 

§§§  BOiNA.  Occhi   cospicui  i   capo  distinto  dal 
tronco. 

FAMIGLIA  16.  COLUBRID^.  Niuu  dente  velenifero: 
ano  senza   appendici. 

§  COLUBRINA.  Ventre  scutato. 

§§  ACROCHORDINA,  Piccole  squame  sopra  e  sot- 
to :  coda  terete. 

*■  FAMIGLIA  IT.  HYDRID^.  Denti  Veleniferi  accompa- 
gnati da  denti  solidi  nella  mascella  t  coda  per  lo  piiì 
compressa  :  narici  quasi  sempre  supere.  Marini. 

FAMIGLIA  18.  V1PERID.E.  Denti  veleniferi  soli  nel- 
la mascella.  Ovivipari. 

§  VIPERINA.  Senza  fovee  capitali. 

§§  CROTALiNA.  Duc   fovec  Capitali. 


Corpo  nudo  :  costole  separate ,  non  accerchiantl 
il  tronco  !  brevissime  :  lingua  adnata  :  osso  del  tim- 
pano connato  col  cranio  :  condilo  occipitale  duplice  : 
ano  rotondato  terminale. 

ORDINE  7.  BATRACHOPHIDII 

Ecaudati  !  apodi  .-  occhi  latenti  j  secondo    polmo- 
ne  rudimentale. 
FAittiGLiA  19.  C^CIUD.^.  Cranio  non  suturato. 


Animali  vertebrati  135 

SOTTOGLASSE  3.  BATRAGHIA. 

Respirazione  per  mezzo  di  polmoni  e  di  bran- 
cliie  ,  almeno  per  un  periodo  della  vita  :  cuore  uni- 
loculare ,  uniaurito  :  niun  pene  :  accoppiamento  senza 
coito  :  uova  aggruppate  ,  membranacee  :  pelle  nuda  : 
due  polmoni  uguali  :  costole  imperfette  :  lingua  car- 
nosa ,  adnata  :  metamorfosi  in  alcuni. 


I. 

Metamorfosi  :  branchie  decidue. 

ORDINE  8.  GADUGIBRANGHIA 

Branchie   nelle   sole   larve  ,    operculate  :    quattro 
piedi. 

FAMIGLIA.  20.  RANIDAE-.  Ecaudati  :  corpo   corto  e 
largo  :  arti  anteriori  più  corti  :  sterno  e  clavicole  com- 
piute :   costole   nulle  :  ano   rotondato.    Larva    apoda , 
fornita   di  coda  e  di  un  becco  corneo.   Erbivora  ! 
§  piPiNA.  Senza  lingua, 
§§  RANiNA.  Lingua. 
FAMIGLIA  21.  SALAMANDRIDAE.  Caudati:  corpo  al- 
lungato ,    quasi  terete  :  arti  di  lunghezza  uniforme  :  ne 
sterno  ,  ne  clavicole  :  costole  brevissime  :  ano  longi- 
tudinale. Larva  tetrapoda. 


^J^JlIi^Jg    Z,    ^m|)mi|)WJeM^m    {Immutabilia.) 

Ninna  metamorfosi  :  branchie  persistenti  :  ano   lon- 
'itudinale. 


136  Scienze 

ORDI]\B  9.  CRYPTOBRANCHU 

Branchie  obsolete   nel   fondo  di   due   spiracoli. 
FAMIGLIA  22.  AMPHIUMIDAE.  Cranio  non  suturato: 
corpo   quasi  tcrete  :  coda  compressa  :  piedi  quattro. 

ORDINE     IO     PERENIVIBRANCHIA    (Phanerobranchia) 

Branchie    cospicue  ,  libere. 
FAWir.nA  23.  siREiviDAE.  Cranio   suturato  :  corpo 
compresso  :  piedi  quattro    o  due. 


137 


TAVOLA  METODICA 

CIIjASSE  I¥.  AMFIIIBIA 

SOTTOCLASSE  1,  REPTILIA 


co            ORDINE  1.  CHELONH  g- 

P  co 

J»           °|          FAMIGLIA   1.    TESTUDINIDAE.           *n  ^ 
"^^              ^'                          §    TESTUDININA.                            "^ 

1.  Testuclo,  L.  {Chersine^  Merr.) 

1.  Testudo  ^  Bell.                                                      Cosm.  20. 

2.  Chersus ,  Wagler.                                                Afr.  i. 

3.  P)^xis  ,  Bell.  I. 
4-  Kinixys  ,  Bell.  i. 

2.  Emy.s,  Nob,  et  Wagl.  nec  Auct.(7>rra- 

pene^  Bell.  Cistuda.,  Fieni.) 

1.  Cistuda,Nob.                                                   Ara.  S.  i. 

2.  Emys,  Aristot.  Eur.  As.  Afr.     2. 

3.  Terrapene,Nob.  necAuct.  (Emjs^Bell.) 

1.  Clemmys,  Wagl.        (Vedi  la  Nola  in  fine.)  Cosm.  (")  aS. 

2.  Pelomedusa,  Wagl.                                             Afr.  1. 

3.  Phrynops ,  Wagl.                                                   Am.  m.  i. 
4-  Platemys,  Wagl.                                                     Ain.  ni.  r. 

5.  Platysternon ,  Gray.                                            As.  or.  i. 

6.  Podocnemys ,  Wagl.                                            Am.  m.  3. 

7.  Hydromedusa ,  Wagl.  [Chelodina,Fitz.  pp.)  Ain.  m.  i. 

8.  Rhinemys ,  Wagl                                                 Am.  m.  4- 

4.  KÌnosternum,Nob.  {Kin.etStei-nothcsrus,BeU.) 

1.  Staurotypus,  Wagl.                                            Ani.  i. 

2.  Pelusios,  Wagl.                                                    Am.  2. 

3.  Cinostcrnon ,  Wagl.                                          Aiu.  4- 

9^ 


138  S  e   I   E   N   Z  K 

5.  lìy(\vaHpìs,Be\\.  (Chelodina,  Fifz. p.p.)Oc.  1. 

6.  Cliclyilia,  Schweig.  {Chelonurn^  Ftein. 

RaparaiGray.Saurocheljs^Latr.)Km.  S.        1. 

§§    CHELINA. 

7.  Chelys,  Dumer.  {Matamata^  Merr.)       Am.  ra.        2. 

FA]>iiGHA  2.  tujoixycidae, 

8.  Trionyx  ,  GeofFr.  As.  or.  Oc.  1. 

9.  Aspidouectes  ,  Wagl,  Ara.AiS.Afr.6. 

FAMIGLIA  3.   CQELOIVIDAE. 

§   SPIIARGIDINA, 

10.  Spliargis,  Merr.  {Coriiulo^  Flem.  Der- 

matocheljs,  Blcdìw,)  M.caldi  e  temp.-;!, 

§§    CIIELONINA. 

\\.  Chelonia,Brongn.  (Care«rt, /¥err.)      Tutt'i  mari.    io. 


ORBINE   2»    ENALIOSAURII 
FAMIGLIA   h.    ICUTHIOSAURID/E. 

12.  Ichtyosaurus,  Kòuig.  {Profeosaurus  ^ 

Home.  Gr/phus,  TVagl,)  Foss.  Eur.  4. 

FAMIGLIA   5.   PLESI0SAURIDJ5. 

13.  Saurotlon,Hays.(5'rt«roc<?Mrt//^5'?//rtrr/.)Foss.Am.S.2. 

14.  PlesJosaurus,GonyL.  (//«//f/racon, /^^.)Foss.Eur.    2. 


ANf>i4T.!   v-r:n'r£EitiTi  -139 

ORDINE  5.  EiUlDOSAtJRII 

FAMIGLIA     6.     CROCODII,lDJ2. 

15.  Teleosaurus  ,  Gooflr.                              Foss.  Eur.  1, 

16.  Stoiieosaurus  ,  Geoilh                            Foss.  Eur.  1. 
il.  CrocoJilus  ,  Laui\ 

1.  Alligator  j  Cuv.  {Champsa,  ìFagl.)                   Am.  4' 

2.  Crocodilus,  Cuv.  [Champse,  Merr.)                Afr.Ara.As.Oc. 7. 
S.  Gaviaiis  ,  Oppel.  {Rantphosloma,   tVagt.)        As.  m.  3j 

ORDINE   4.  SAURII 
Famiglia  T.  gekronid.** 
1 8.Caudlverbera,Laur.  (ZJroptatus^Dwner.) 

I.   Ptychozoon  ,  KuhI.  (Pieropleura,  Gray.y       As.  m.  i!' 

2    Caudiverbera,  Gfay.  [Crossurus,  Wagl.)          As    :ii.  i- 

3?  Sarruba,  Fitz.                                                         Madagastì.  i' 

4.  Uroplatus,  Fitz.  (Rhacoessa,  TFagl.)                 As.  ni.  i. 

^9.Ascalabotes,Licht.Cuv.(6'if(?///OiS'c/^/^e•^V/.) 

1.  Platydactyhis  ,  Filz.                                              As-ra-Aff.  5. 

2.  Ascalabotes  ,  Plin.F'itz.(Iare«to/ajG/'<y.)          ÈUr.riì.As.  Af.  5. 

0.  Vhc\s\xtiVA,QMi-aj  Inaiti.  {Anoploj)usJFagl.part.)^h\  i- 
4-  Anoplopus,  W.  part.  {Platydaclylug,Gr.part.]h.Ìi'.  t. 

5.  Thecodactyliis,  Cuv.                                           Am.  ni.  1* 

20.  Hemidactylus,  Cuv.                               E.m.o.As.Am.  n- 

21.  Gekko,  Laur.part.  (Gec«.y,/?rt/Z«.jOrt/'^.) 

1.  Ptyodactylus ,  Cuv.                                             Ari*.  3. 

2.  Phyllodactylus  ,  Gray.                                          As.  of.  !• 

3.  Sphserodactylus ,  Cuv.                                        As.  Afr.  2- 

4.  Stenodactylus,Fitz.(^5Crt/aio/e5,?f'.Mecy^«c<.)Ai'r.  As.  5. 

5.  Eublepharis ,  Gray.                                             As.  m.  « 


^AO  Scienze 

6.  Gonyodactylus,  Kuhl.  {Cyrtadactylus,Graf.]  Oc.  Afr.  i. 

7.  Gymnodactylus ,  Spix.  Am.  ni.  9. 

8.  Phyllurus  ,  Cuv.  Oc.  t. 

FAMIGLIA    8.    STELLIONI»^ . 

§   STELLIONINA. 

22.  Plirynoceplialn.s  ,  Kaup.  As.cenlr.  4. 

23.  Stellìo,  lj?i\x\\( Agama,  OppeL)  Af.As.O.Am.m.7. 

I.  Trapelus,Cuv.(u^g-rtm«  et  Tapaya,Fitz.)  Afr.  4- 

2  ?  Aniphibolurus,WagI.  [Gemmatophora,Kaup .)  Oc.  2. 

3.  Leiolepis ,  Cuv.  As.  or.  ni.  i. 

4.  Stellio  ,  Wagl.  Afr.  i. 

5.  Uromastix ,  MeiT.  Afr.  As.  5. 

§§  AGAMINA. 

Ih.  Agama,  Dauci.  Afr.As.Oc.  8. 

1.  Urocenlron,  Kaup.  [Doryphorus,  Cuv.)  Am.  m.  t. 

2.  Phrynosonia,  Wiegm.   {Tapayaì  Gray  del.)  Am.  4* 

3.  Platynotus ,  Wagl.  Am.  t. 

4.  Tropidurus ,  Neuwied.  Am.  7. 

i.Tro^'xàoXeT^'iSjCvLy.iSceloporus, Wiegm.) 
i.TroT^\Aur\xs,'ìioh.[Ecphymotes,Cui'.) 
3.0plurus,  Cuv. 

§§§   IGUANINA. 

25.  Iguana  ,  Laur. 

1.  Ctenosaura,  Wiegm.  {Cyclura,  Ilari.)  Am.  i. 

2.  Hypsilophus  ,  Wagl.  {Iguana  ,  Daud.)  Am.  3. 

3.  Metopoceros ,  Wagl.  Am.  i. 

4.  Amblyrhynchus ,  Bell.  Am.  i. 

20.  Basiliscus ,  Laur. 

t.  Basiliscus,  Kaup.  Ani.  m.  i. 

2.  Corythaolus,  Kaup.  Am.  m.  i. 

2T.  Anolius  ,  Cuv. 

I.  Oedicoriphus ,  Wiegm.  Am.  m.  t. 


Animali  vertebrati  Uti 

■2.  Dactyloa  ,  Wagl.  [Anolis,  Bum.) 

I.  Dactyloa. 

I.  Xipliosurus,  Fitz. 
S.  Draconiua  ,  Wagl. 

4.  Norops  ,  Wagl. 

5.  Polychrus,  Guy.  {Pneustesì  Merr.  del.) 

1.  Polychrus  ,  Fitz.  part. 

2.  Ecphymotes ,  Fitz.  part. 

6.  Ophryoessaj  H.  Boie  [Loph'yrus,Spix  part.)  Am.  m. 

7.  Enyalius  ,  Wagl. 

8.  HypsibatusjWagl.  nec  Auct?  [Pneustes,Kaup. 

nec  Auct.  Leiocephalusì  Gray.  Ecphy- 
motes, Fitz.  part.) 

28.  Otocryptis  ,  Wiegm. 

§§§§   DRACONINA. 

29.  Lophyrus  ,  Diimer.  part. 

i.LyrocephaluSjM.  [Lophyrus,0.  Uranoscodon.K. )A.S. 
2.   Gonyoceplialus  ,  Kaup.  As- 

3  ?  Corylliophanes  ,  Boie.  Oc. 

4?  Lophyrus  ,  Fitz.  As.  Oc. 

5.  Brachylophus  ,  Cuv.  As. 

6.  Physignathus ,  Cuv.  As.  m. 

7.  LoTphurai,Gv.{Isliurus,C.Hydrosaurus,Kaup.)  Oc. 


Am.  m. 

4. 

Am.  m. 

5. 

Am  m. 

I. 

Am.  m. 

T- 

i\m.  m. 

4. 

Am.  m. 

0. 

Am.  m. 

7- 

Am.  m. 

2. 

Am. 

3. 

Am.  m. 

i. 

8.  Chlamydosaurus,  Gray. 

Oc. 

I. 

30.  Calotes  ,  Cuv. 

I.  Branchocela,  Kaup. 

As.  m.  Oc. 

2. 

2.  Calotes  ,  Kaup. 

As.  m.  Oc. 

7- 

3.  Chamaeleopsls  ,  Wiegm, 

Messico 

T. 

31.  Draco  ,  L. 

I.  Sitana  ,  Cuv.  (Semiophorus,  Wagl.) 

As.  ra. 

I. 

■2.  Draco  ,  Cuv. 

As.  or.  Oc. 

5. 

'  32.  Ornithoceplialus  ,  Wagl. 

I.  Ornithocephalus,  Sommer. 

Foss. 

2. 

a.  Pterodactylus  ,  Cuv. 

Foss, 

6. 

44^  S    e    I    E    N    2    li 

FAMIGLIA   9.   CHAItt/ELEOIVID.^. 

33.  Chamaeleon ,  Laur.  Eur.m.As.Afr.  7, 

FAMIGLIA   10.    VARAIXID^. 

34-.  Varanus  ,  Merr. 

1.  Heloderma ,  Wiegm.                                           Am.  m.  ti 

2.  T upìnavahis,  Fkz.  {Hjdrosaurus,ì'Vagl.j         Afr.As.Oc.  9. 
5.  Polypticus,  Wagl.                                               Afr.  Oc.  3, 

4.  Varanus  ,  Fitz.  {Poljdcedalus,  Wagl.)             Afr.  4. 

5.  Psammosaurus ,  Fitz.                                          Afr.  t. 

35.  Geosaurus  ,  Cuv.                                   Foss.  \. 

3G.  Megalosauius  ,  Buckland.                     Foss.  1. 

37.  Mosasaurus ,  ConyLeare.                       Foss.  1- 

38.?  Iguauodoii  ,  ManLell.                              Foss.  1. 

39.?  Mostoclonsaurus ,  lager.                       Foss.  1. 

FAMIGLIA    11.   LACERTIDyE. 

§  AMEIVINA. 

40.   Ameiva  ,  Licht.  {Tejus,  Merr.) 

1.  Ada,Gr.  (Dractsna?  Merr.fiec  L.Thorictis,  U^.)  Am.  m.  t. 

2.  Crocodilurus,  Spix.  Am.  ra.  t. 
5.  Monitor ,  Fitz.  (Podìnema,  Wagl.)  Am.  ni.  i- 
4-  Ameiva,  Fitz.  {Ctenodon,  Wagl.)  Am.  m.  lo. 
5.  Cnemidophorus,  Wagl.  {Aineiva,Fitz.part.]  Am.  2. 


41 


6.  Tejus,  Fitz.  (Acranlus,  Wagl. 

Am.  m. 

I 

7.  Trachygaster,  Wagl. 

I.   Cenlropix  ,  Spix. 

Am.  m. 

2 

2.   Pseudoanieiva,  Fitz. 

Am.  m. 

I 

8?  Exypnesies  ,  Kaup. 

Oc? 

I 

§§   LACERTTNA. 

Laccrta  ,  L.  [Si'ps ,  Laur.) 

I.  Lacerta,  Wagl. 

Cosm. 

2» 

Animali  vertebrati  143 

Q.  Zootoca  ,  Wagl                                                    Eur.  i. 

3.  Podarcis ,  Wagl.                                                   Eur.As.Afr.  8. 

4.  ^otopholis,WHg].{J[spìstis,PFagl.nec  Hoffm.)  Eur.  i. 

5.  Algyra  ,  Cuv.  [P sammuros ,  Wagl.)                   Eur.  m.  i. 

6.  Tropidosaura  ,  Boie.  [Fitz.  pari.)                     Eur.  m.  i. 
7?  Psammodromus,  Fitz.                                      Eui".  in.  i. 

FAMIGLIA   12.   OPniOSAURIDvE. 

§    CORDYLINA. 

42.  Gordylus,  Gronov.  {Zonurus,  Merr.)  kix,  5, 

§§    TACHYDROMINA. 

43.  Tacliydroraus  ,  Dauci.                            As.Oc.  2. 

44.  Cicigna  ,  Nub. 

1.   Cercosaura,  Wagl.                                              As.  i. 

1.  Gerrhonotus ,  Wiegm.                                        Am.  6. 

3.  Cicigna  ,  Gray  [Gerrhosaurus,  Wiegm.)          Afr,  I. 

§§§    OPHIOSAURINA. 

45.  Heteroclactylus  ,  Noli. 

1.  Cbamoesaura,  Fitz.  [Monodactylus? Merr.)     Afr.  a. 

2.  Chirocolus  ,  Wagl.  [Heteroclactylus,  Spix.)     Am.  ra.  i. 

3.  Lepidosoma ,  Spix.                                               Ara.  ra.  i. 
4..   Trachysaurus  ,  Gray.                                            Oc.  i. 

46.  'ài\\\xQ^\\9,.^'\\x.{TetradactYlHs?Merr^          ?  1. 

47.  PseudopuSjMerr. {Sheltopusik,Lat.Bipes,Op.)lE<\iT. or. A.S.  1. 

48.  Ophwsam-us,D[imer.{Njalinus,Merr.)Am.S.  i. 

FAMIGLIA    13.    ANGUID^.   (*). 

49.  Gymnophtlialmus  ,  Merr. 

1.  Gyrnnopluhalmus ,  Fitz.                                    Am.  m.  T. 

1.  Ablepharus,  Fitz.                                                  Eur.  i. 


{•)  Qutita  i'niiiiglia  piuUostocliù  far  seguilo  alla  precedente  dovreWie 
correre  parallclla  ad  essa  :  l'ultimo  genere  di  quella  (Opìiioiaunis)  ai  con- 
nslte   natuialraente  coli' ultimo  genero   di  «jucsta    (Ariguis) . 


IH  Scienze 

50.  Scincus,  Laur. 

1.  Tiliqua,  Gray.  [Cyclodus,  Wagl.)                     As.  Oc.  5. 

2.  Mabuya,  Fitz.  part.  [GoTigjIus,ìVagl.)  Eur.m.Af.Am.io. 
3?  Heteropiis,  Fitz.  Arabia.  i. 
4?  Spondylurus ,  Fitz.  [Euprepis    IVagl.  part.)                   ?  i. 

5.  Euprepis,  Wagl.  (Mabuja,  Fitz.  part.)         As.Afr.Am.      i8. 

6.  Scincus ,  Filz.                                                       Afr.  i. 

7.  Splicenops ,  Wagl.                                                Afr.  i. 

51.  Seps  ,  Dauci,  nec  Laur. 

1.  Lygosoma ,  Gray.                                                   Afr.  i. 

2.  }ìemicrg\s,W. {Seps, Fitz.Tridactj!us,Peron.)  As.  in.  i. 
3?  FevomeVis,Wag\.{Seps,Fitz.Telradacljliis,P.)Oc.  i. 

4.  Seps,Merr.  {Chalcides,Laiir.Zfgnis,F.necU-^.)Eav.m.Aù\As.  4- 

5.  Sce\oles,Vaz.{Bip(;s,Merr.Zjgms,}F.  nec  F.)  Afr.  X. 

6.  Pygopus,  Merr.  [Bipes,  Lacep.)                           Oc.  i. 

7.  Pygodaclylus,  Fitz.  {nec  Merr.  quod.  del.)        Ani.  ra.  i. 

8.  0'^\\.ioàes,y^d.^\.  [Pygopus,  Auct. part.)           Am.  m.  i. 

52.  Anguis  ,  L. 

I?  Otophis?  Dalmazia.  i. 
a.  Anguis,                                                                 Eur-  As.  Afr.    3. 

ORDINE  5.  SAUHOPHIDII 

FAMIGLIA    14.   AMPHISB/ENID/E. 

53.  Acontias  ,  Cuv.                                     Afr.  3. 

54.  Chalcis  ,  Wagler. 

1.  Chalcis,  Nob.  {Chalcides, Fitz. nec  Laur.)  i. 

2.  Brachypus,  Fitz.  i- 
1.  Co-gh'idiS^GvaL-^. YìlL.{Colohus, Merr. neclll. Chal- 
cis, Merr.  Chaniaesaura,Sc/ui.)  i. 

55.  CUìroteS^Cuv.  {Bipes,  Latr.  Biinanus,Opp.)  Am.  1. 

56.  Ainpliisbaeua  ,  L. 

1.  Lepidosternon ,  Wagl.                                        Am.  m.  i. 

2.  Amphisbacna,  Wagl.                                            Am.  ni.  5. 

3.  Blanus,  Wagl.  (*)                                             Eur.m.occ.  i. 

(*)  Si  connette  naturalmenlu  col   gcuLie   {Cacilici). 


As. 

2 

As. 

I 

Am. 

3. 

As. 

3 

Animali  vertebrati  14;"» 

ORDINE    6*    OPHIDII 


FAMIGLIA   15.  BOID^. 

§    TYPHLOPODINA. 

57.  Typhlops  ,  Hempr. 

1.  Typhlina  ,  Wagl. 

2.  Rhinophis,  Hempr. 

3.  Tj'phlops ,  Wagl.  (Stenostoma ,  Spix.) 
4  Cylindrophis ,  Wagl.  {Iljsia,  Fitz.part) 

§§   ERYCINA. 

58.  Ilysia,Hempr.(Zbr^r/x,0^/?.wec  i^rtZr. 

Torquatrix^  Gray-Anilius^  Oken.) 

1.  Xenopeltis,  Reinw.                                           As.  Oc.  2 

2.  Elapoidis ,  Boie.                                                   As.  Oc.  i 

3.  GeoTp]ì'is,yVa§\.{Catostoma,TVagl.necLesueur.)Am.  i 

4.  Uropeltis,  Cuv.                                                 As.m.  Oc.  2 

5.  Ilysia ,  Wagl.                                                     Am.  5 

59.  Eryx  ,  Dauci. 

1.  Gongylophis ,  Wagl.  As.  i, 

2.  Eryx,  Merr.  {kuc  Clothonia,  Daud.)  Eur.or.As.Afr.  2. 

3.  Calamaria ,  Boie.  {Duberria,  Fitz.  pari.)  As.  4' 
^?  Analchf'Wagì.  [Anodon,Sntith,necjiuct.)  Afr.  i. 

5.  Oligodon ,  Boie.  Oc.  2. 

6.  Cercaspis ,  Wagl.  {Hurria,  Daud.  pari.)  As.  i. 

7.  Aspidura ,  Wagl.  As.  i. 
8?  Duberria,  Fitz.  part.  As.  Afr.  8. 

9.  Homalosoma  ,  Wagl.  (Duberria^  Fitz.  part.)  Afr.  2. 

10.  Brachyorrhos ,  Kuhl.  (Atractus,  Wagl.)  (*).  As.  7. 

§§§  BOINA. 

60.  Boa  ,  L, 

1.  Enygrus ,  Wagl.  As.  2. 

2.  Eunectes ,  Wagl.  As.  2. 

(•)  Si  connctle  col  genere   Zticìwìiis,  ullìmo  del  gruppo    Colubrina. 

G.A.T.Lll.  IO 


K 


l'iG  S  e  I  E  N  a  E 

3,  Boa ,  Wagl.                                                         Ani.  m.  g. 

4.  Epicrates  ,  Wagl.                                                  Atri,  lu,  i. 

61.  Xipliosoma,  Y\iz.{Corallus,Daud.cìeL 

Cenchris,  Grcif^  nec  Auct.)            Am.  m,  8, 

62.  Constrictoi',  Laur.  {Python^  DaiuL) 

1.  Python ,  Wagl.                                                     Oc.  3. 

2.  Conatrictor ,  Wagl.                                        As.  Oc.  4- 

FAMIGLIA   16.   COLUBRID/E. 

§  COLUBRINA,  Cosra,     200, 

63.  Herpeton,Lacep,(/?/i/720yy7r?^.?,il/err.) 

1.  Herpeton ,  Fitz.                                                 As.  i. 

2.  Homalopsis,  Kuhl.  (Cerberus ,  Cuu.)               As.  3. 

3.  Hypsirhina ,  Wagl.                                               As.  2, 

4.  Hydrops ,  Wagl.                                                   Am.  m.  2. 

5.  Helicops ,  Wagl.                                                   Am.  m.  5- 

6.  Pseudechis,  Wagl,  [Quid Pseiidoerjx, Fitz  p)  Oc.  i. 

64.  Heterodon  ,  Latr.  (*). 

1.  Heterodon,  Wagl.                                                Am.  s.  2, 

2.  'Rh'\nostoìm,Filz.{^mbljcephalusPKuhl,necS.}A,tn.  m,  2, 

3.  Xenodon ,  Boie.                                                 As.  i, 

4.  Oph'is  ,  Wagl  {Cerasles,  Laur.  pari.)               Aro.  6. 

65.  Natrìx,  Nob.  (N.Cerastes,Coronella,Laur.p,) 

1.  Dasypeltis  ,  Wagl.                                               Afr,  l. 

2.  NatriXjNob.  iTropidonotus,Kuìd.part.)           Cosm,  20. 

5.  YXa^\%j'^o\ì.  [Tropìdonolus,  Kuhl.  p  art.)       Cosm,  io, 

4.  Spiloles ,  Wagl.                                                    Am,  i, 

5.  Pseudoelaps,  Filz.  ]^art.  (Coìuber,  Wagì.)      As.  Am.  4- 

66.  Dipsas,  Laur.  (Bmgarus  Opp.  nec  Auct,) 

1.  HerpelodrySjBoìc  {Chironius? Fitz.)               Am.  6. 

2.  Dipsas  ,  Boie,                                                     As.  Am.  5- 

3.  Bucephalus,  Smith.                                          Afr.  5. 


(')  Si  connette  col  gruppo   Viperina, 


Am. 

I. 

Afr. 

i. 

As.  Oc.  Am. 

2. 

As.  Oc.  Ara. 

3. 

As. 

5. 

Eur.or.As.Afr 

7- 

Ani. 

I. 

Am. 

1. 

.)Am. 

ii 

Afi% 

I. 

As. 

3. 

AKlMÀti   VERTEBRATI  14-7 

4.  Vnt6aS,Wag\.{j4mblicephalus?Kuhl,?ìec  Boie.)As.  i. 

5.  Dryophilax ,  Wagl.                                             Am.  1. 

6.  Thamtlodynastes ,  Wagl.                                    Am.  l. 

67.  Coronella  ,  Nob. 

i,  Macrops ,  Wagl. 
2.  Telescopus  ,  Wagl. 
3  ?  Boiga  ,  Fitz. 
4?  Sibon,  Fhz. 

5.  Dendropiiis,  Bo'ie  {Jhreiulla ,  Gray.] 

6.  Tyrìa  ,  Fitz.  part. 

7.  Leptophis,  Bell. 

8.  Oxybeli's ,  Wagl. 

9.  'DrjoT^hìs,T)aìì\mSin.{Drj-iniis,3t.PasseHta,Gr'.)Am. 

10.  Langaha  >  Brug.  [AmpliislratefGoldf.  Xiplio 

rhjnchus,  JVagl.nec  S^-v.) 
il.  Tragops  ,  Wagl.  [Drjinus  >  Mer*r.  part.) 

12.  Gonyosoma,  Wagl.  As.  1. 

i5.  Chlorosoma,  Wagl.  (Coronella,  Fitz.  part.)  Am.  ì. 

14.  Philodryas,  Wagl.  Am.  i. 

i5.  Oxyrhopus,  Wagl.  (Sibon,  Fitz.  part.)      Am.  2. 

i6.  Lycodon ,  Boie   (Nympha?  Fitz,  del.)  As.  6. 

ij.  Rhinobolhryum ,  Wagl.  Am.  ni.  i. 

18.  Opliìtes,  Wagl.  As.  I. 

G8.  ColuLer,   L,    {Natrix  ^  Merr.   part?) 

1.  EryllirolampruSjFr.Boie.  [Pseudoelaps  et  Du- 

berria,Filz.part.  Cerastes,Laur.part.)A.m.  *j 

2.  Gisella,  F.  p.  {Duberrid,  F.  p.  Cerastes,L.p.)  Aiv.  Am.  3 
5.  ScylA\e,Gvon.Merr.'Wag\.{Pseu(lo-boa,Schn.)  Am.  2 
4?  LiophJs,  Wagl.  (Nonne  ad  sequent?)  Am.  6 
5.  Coluber,  J^oh.  (Zamcnis,  ff'agl.)  Euf.Am.s.  (*)  8 
6?  AiluropSjMicliaelles,  nec  Wagl.  (Col.  vivax.)  Dalm.  i 

7.  Chrysopelea ,  Boie.  (Tjria,  Fitz.  part.)         As.  3 

8.  Psammophis,  Boie.  (Macrosoma, Leach.)         Afr.  4 


(')  Cohiher  Constriclor,  Kiw.  S Coluhct  Leoparclinii.'i.  Dalmali.T. 

Coiiibcr  Riccioli.  Italiac. 


148  Scienze 

9.  Caelopeltìs,  Wagl.  (Malpolon,  Fitz.  pari.)    As.Af.Eu.m.CjS. 

IO?  Malpolon ,  Fitz.  part.                                    Am.  m.  i. 

II.  Periops,  Wagl.  {Hcemorrhois ?  Boie, part.)  Env.Ah:  2. 

12?  Haemorrliois ,  Boie,part.                                  As.  i. 
i3.  ZacholuSiW.  (Coronella,L.p.  Coluber,F.p.)EurAm.s.  [**)  5. 

§§   ACROCHORDINA. 

69.  Acrochordus ,  Hornstedt.                      Oc.  1 . 

FAMIGLIA   IT;   HYDRID^.   As.  10. 

70.  Chersydrus,  Cuv.  {Jcrocordus^Shaw.)  As.  1 . 
1\.  Hydius  ,  Schn.  {Hydrophis^  Opp.) 

X.  PelamySjDaud.nec  lc\\\\\.[Hydrophis,Latr.p.)  As.  i. 

2.  V\a\.ur\JiS,  ^air.  [Aipjsuriis?  Lacep.)                 As.  2. 

3.  Enliydris,  Daud.  nec  Fiera.                              As.  i. 

4.  Hydrus,  Daud.  As.  3. 
5?  Leioselama ,  Lacep.  As.  i. 
6.  ^yàvoi^h\s,hd,i'c.[Disteira,Lac.Latìcauda?L.)ks.  4. 

72.  Trimeresuius,  Lacep.  {Alecto^  Wagl^Oc.  \ . 

73.  Bungarus, Da\iA.{Jspidoclonion, PFagl. 

Pseudoboa^  Oppel.)  As.  or.  Oc.  4. 

FAMIGLIA   18.    VIPERID^E. 

§   VIPERINA. 

74.  Elaps,  Schn.  {**').  As.Af.Am.12. 

I-  Elaps.  As.  Afr. 

2.  Micrurus,  Spix.  Ara. 

75.  Naja ,  Laur. 

^-  '^»]!i,tÌQh.{Aspis,  Wagl.  nec Auct.)                  As.  Oc.  6. 

2.  Uraeus ,  Wagl.                                                       Afr.  i. 

76.  Scpedon  ,  Merr. 

1.  Sepedon ,  Wagl.                                                   Afr.  2. 


(•)    Coluher  Neumayeri.TiiAmaùx.  (*•)  Coluber  Ainoenus  A.m.S.i:lc. 

(•**)  Àfiìnc  al   gruppo  Erycina. 


Animali  vertebrati  149 

1.  Causus ,  Wagl.                                                     Afr.  i. 
3.  Acanrhophis,  Daud.  [Ophryas,  Merr.  Hoplo- 

cephalus  ?  Cuu.J                                   Oc.  2. 

T7.  ^\r>eYa^Y)ai\d.{Coluber,f^ip.Cobra,y4spis,Lau.)^Bt.cont.  i5. 

1.  Echìs  ,  Merv.  {Scjtale, Daud.  jiec  Juct.)           As.Afr.  2. 

2.  C6hrdi,Lz\\Y.[Echidna,Merr.p.,Cobra,FUz.p.)Mr.  2. 

3.  Vipera ,  Laur.  Merr.  [Vip.  Cobra,  Aspis,  F.)  As.  Eur. 

1.  Ammodytes,  Nob.  [Cobra,  Fitz.part.)  i. 

2.  Vipera ,  Nob.  [Vipera,  Aspis,  Fitz.)  2. 

4.  VeViiiS,Merr.[Coluber,Laur.Vipera,Fitz.part.)  Eur. A.S.S.  !• 

5.  Aspis,Laur.uec  yVa§^\.[Cerastes,fV.Aspis,F.p.)A.[r.  3. 

§§    CROTALINA. 

78.  Cenclms ,  Dauci,  nec  Gray. 

1.  Trigonocephalus,Op.(Co/j/u'«^,i'i'.L«cAe«J,Z'.)As.Oc.  4* 

2.  Megaera ,  Wagl.                                                    As.  i. 
3.CraspedocepbaIus,K.(2Jo/Aro/?.y,5yo.Co/>Aja*,i>/.)As.  Oc.  Am.   io. 

4.  Alropos ,  Wagl.                                                 As.  i. 

5.  Tropidolaemus,  Wagl.  [Cophias,  Boie,part.)  Oc.  i. 

6.  Lachesis ,  Fitz.                                                 Am.  m.  i. 

7.  Cenchris,  Daud.  [Tisiphone,Fitz.Ancistrodonf 

Beauv-  Scytale?  Rafin.)                        Am.  s.  3. 

79.  Crotalus  ,  L.  (^Caudisona^  Laur.) 

1.  Caudisona,  Fitz.  [Crotalophorus,  Gray.)     Am.  s.  2. 

2.  Uropsophus,  Wagl.                                             Am.  x, 

3.  Crotalus,  Fitz.                                                  Am.  s.  5. 


ORDINE  7.  BATRAGHOPHIDII 
FAMIGLIA   19.   C^CILID^. 

80.  Siplionops,  Wagl.  (*).  Ara.  "4-. 

81.  Coscilia ,  L,  Am.  m.        2. 

82.  Epicriura,  Wagl.  {Ichthyophis.Fitz.)  As.  Oc.       2. 

(*)  Si  connette  naluraluuiile  con  Blanus   delle  Amp^^ishxnidoe . 


ioO  S    e    I    È    N    5?    E 

SOTTOCLASSE  2.  BATRACHIA, 


ORDmE  8-  CADUCIIÌRANCHIA   (lìcmce.) 

FAMIGLIA  20.   RANIDAE. 

§   PIPINE. 

S3.  Pipa,  Laur.  {Asterodactjlus,  fVagl.)  Am.  m.  2. 

§§  P.ANINA. 

84.  Xenopus,  Wagl.  {Dactjlethra^  Cuv.)  Afr.  3- 

85.  Microps ,  Wagl.                                    Am.  m?  1. 

86.  Hyla,  Laur.  {Calamita^  Schneid.) 

1.  Calamites,  Fitz<                                                 Oc.  f. 

2.  Hypsiboas  ,  Wagl.                                                As.  Am.  6. 
3  ?  Rhacopliorus ,  Kuhl.                                           As.  Am.  3. 

4.  Auletn's,  Wagl.  (^owfirtjGrrtj.)                           As.  Am.  It. 
5.Hyla,Nol).(i?e«tZro/iya5j.^F'./rya.?,7^F.neci^ac/!.)Eur.As.Afr.  4- 

6.  Pliyllomedusa  ^  Wagl.                                            Am.  2. 

7.  Scinax,  Wagl.                                                         Am.  3. 

8.  Dendrobates ,  Wagl.                                            Am.  1. 

9.  Eubaphus  ,  Wob.                                                  Am.  m.  2. 

10.  Hylaplesia ,  Boie.                                               Oc.  2. 

11.  Phyllodytes,  Wagl.                                            Am.  m.  t, 
l'i.  Hylodes ,  Fitz.  {Enjdrobius,  JFagl.)               Am.  2. 

87.  Rana  ,  L. 

I.  Leptodactylus,Fitz.part.(Cjjr</g-rt«//«<s,?Frtg'/.)Am.  io. 

9..  Rana,  Filz.  [Raiiaria,  Ra/ìn.)                             Cosm.  16. 

5.  Pseudis ,  Wagl.                                                    Ara.  m.  i. 

88.  CeratO[jliry.s,Wiccl.  {SLonibus?Gravenhorsl.) 

1.  Ccratophrys  ,  Wagl.                                              Am.  m.  2. 

2.  Megalophrys,  Kuhl.                                               Oc.  I. 

89.  Hcmipliractus  ,  Wagl-                            Am.  ni.  1- 

90.  Physalsemus  ,  Fitz.                               Ara.  m.  1. 


Air.  As.  m. 

3. 

Am.  m. 

I 

Am.  m. 

I 

Eur. 

2 

Eur. 

I. 

Eur.  As. 

2. 

Cosm. 

12. 

Am.  m. 

1. 

Anim.\li  vertebrati  151 

91.  Breviceps  ,  Merr. 

1.  Systoraa ,  Wagl.  [Engystoma  ,  Fitz.) 

2.  Chaunus,  Wagl. 

92.  Bombi nator  ,  Merr. 

1.  Paludicola,  Wagl. 

2.  Pelobates,  Wagl. 

3.  Alytes ,  Wagl. 

4.  Bombltator ,  Wagl, 

93.  Bufo  ,  Laur. 

1.  Bufo ,  Cuv, 

2.  Otilophus,  Cuv, 

3.  V>.\i\n&\\3i,'Pìiz.{0xyrhynchus,Spix,nec  Orti.)  Am.  m.  8. 

94.  Brachyceplialus ,  Fitz.  Am.  m.        1 . 

FAMIGLIA  21.  SAtAMANDRIDAE. 

95.  Salamandra  ,  Laur, 

1.  Salamandra ,  Fitz.  Eur.As.Afr.        6, 

2.  Salamandrina ,  Fitz.  Italia.  i. 

96.  Triton  ,  Nob.  nec  L, 

1.  Geotriton.Nob.  [Salamandra,  Recent.sp.)      Am.s.Eur.It.    i5, 

2.  'Tr'\ì.on,\jAViv.  {Triturus,Rafiii.Moìge, Merr.)  Cosm.  20. 

97  ?  Pleurodeles  ,  Michaelles,  Spagna.       1 . 

^i0jlw^    2,    S^Wpiip^jem^tjJ  ilchtjoda) 

ORDINE   9.   CRYPTOBRàNCHIA 

FAMIGLIA    22.   AMPniUMID^. 

98.  Protonop.sis,Barton,  {Crjptohranchus., 

Leuck.AhrancJius.,deìnMonopoma, 

Harlaii.  Salamandrops.,  TFagl.)      Am,  s,  1. 

99.  km\A\'mmdi.,GiXxà,  [Chrisodonla,  Mitch.)      Ani.  s.  2. 


152  Scienze 

ORDIJXE  IO.  PERENIVIBRANGHU 

FAMIGLIA   23.    SIRENID^. 

100.  Siredon,  Wagl.  {Jxolotl,  Cuv.)         Messico.      1. 

101.  Hypochton,Merr.(Proto«,La«r,/?.  nec  L.)Eur.  1 

1 02.  Necturus,Rafinesque.(/ì/eno&r<:mc/zz^j', 

Harlan.  Phanerobranchus^Fitz.)  Ara.  s.         1. 

103.  Siren  ,  L. 

I.  Siren,  Gray.  Atri.  s.  i 

a.  Pseudobranchus ,  Gray.  Am.  s.  2 


Numero  totale  delle  specie.  1370. 


Animali  vertebrati  153 

Nota  sulla  Testucìo   Caspica  di  Gmclin  ,  per  servire 

di  Supplemento  alla  Monografia  delle  Testudinine 

inserita  nelle  Osservazioni  sulla  Seconda  Edizione 


del  Regno  Animale  del  B.   Cuvier. 

Ho  avuto  campo  di  accertarmi  che  la  Testudo 
caspica  lungi  dall'  essere  identica  colla  nostra  comu- 
ne Emys  lutarla  non  appartiene  neppure  allo  stesso 
genere  ,  ma  bensì  al  mio  Terrapene  finora  da  me  cre- 
duto esclusivamente  Americano.  Eccone  la  diagnosi  ; 

TERRAPENE    CASPICA. 

T.  testa  depressiuscula ,  ovata,  carinata,  margine 
integro  replicato;  scutello  marginali  impari  quadrato  ; 
scutorum  sulcis  concentricis  subobsoletis:  sterno  nigri- 
cante  ,  postice  bifido  ,  antice  leviter  emarginato  :  collo, 
pedibus,  cauda  ac  capite    gracillimo  flavo-lineatis. 

Testudo  caspica^  Gmel,  Sjst.  ^.pAOUì.  sp.  24.- 
Schneid.  Schildkr.  p.  344.  -  Daud.  Rept.  II.  p.  124.  - 
Shaw^  Gen.  Zool.  III.  p.  63. 

Emys  caspica^  Schweigger,  Konigsb.  Arch.  1812. 
p,  306.  et  430. 

Clemmys  caspica^  Tfagler^  Icon.Amph.  IL  tab.  24.  - 
Michaelles^  Isis  p.  1295, 

La  TortueCaspienne.,  Bosc,Nouv.Dict.XXILp.261 . 

Die  Kaspische  Schildkrote^  Gmel.  Reis.  Russi.  III. 
y3.  59.  ^.  10.  11,  Extat  in  Museo  nostro. 

Abita  in  Dalmazia  e  presso  il  Mar  Caspio  sem- 
pre nelle  vicinanze  di  paludi  ove  l'acqua  salsa  si  mi- 
schia con  la  dolce  :  comune  presso  Ragusi.  Lunghez- 
za del  guscio  anche  due  piedi  ,  e  al  dir  di  Gmelin 
giunge  ncir  Ircania  ad  una  mole  tale  da  sopportare 
il  peso  di  tre  uomini  :  gli  esemplari  maggiori  eh'  io 
abbia   osservati  son  lunghi  otto   lìollici. 

10^ 


154  Scienze 

Il  Signor  Dottor  Michaclles  di  Norimberga  ha  pub- 
blicato sotto  il  nome  di  Cleinmjs  Sìgri2  una  Terra- 
pene  di  Spagna  molto  simile  alla  precedente  :  io  non 
rho  veduta  ,  ma  dalle  stesse  notizie  che  ce  ne  da  l'au- 
tore ne  desumo  la  diagnosi  : 

TERRAPENE   SI6RIZ. 

T.  testa  depressiuscula  ,  ovata  ,  ca rinata  ,  margi- 
ne integro  non  replicato  ;  scutello  marginali  impari 
quadrato  ;  scutorum  sulcis  concentricis  subobsoletis  ; 
sterno  postico  bifido  ,  antice  non  emarginato  ;  collo  , 
pedibus  caudaque  aurantiaco-liueatis  ;  capite  robusto, 
supra   unicolore. 

Clemmjs  Sigriz^  Michaelles^  Isis.  p.   1296. 

Abita  le  paludi  della  Spagna  meridionale  :  si  ven- 
de nei  mercati  di  quelle  citta.  Lunghezza  del  guscio 
6  pollici  ,  ma  probabilmente  anche  molto  maggiore. 


Oltre  la  Terrapene  caspica  e  una  bella  varietà 
dell'  Enijs  lutarla  (  var.  radiolis  nwnerosisshnis  sul- 
phureis  ,  Michaelles  che  ho  ricevuta  anche  dall'  Un- 
gheria ,  sotto  il  nome  di  Einys  pannonica)^  vengo  as- 
.sicurato  che  vive  in  Dalmazia  un'  altra  vera  Emjs  af- 
fatto diversa  e  singolarissima  po'  suoi  costumi  molto 
selvatici.  Sarebbe  mai  quella  stessa  di  Grecia  annun- 
ziata dal  Signor  Bory  de  S.'  Vincent  come  specie  nuo- 
va ,  ma  della  quale  non  so  che  abbia  ancora  dato  ne  il 
nome  ne  la  descrizione  ? 

Osservo  finalmente  che  nel  Catalogo  dei  Rettili  del 
Museo  di  Vienna  l'acutissimo  Signor  Fitzinger  registra 
anche   XEinjs  europaea  come    diversa   dalla  lutarla. 


155 

PROSPETTO 


Pesci  sono  Animali  vertebrati  a  sangue  freddo , 
ovìpari  (o  ovivipnri),  formati  pel  nuoto  ,  privi  di  pol- 
moni :  respirano  dentro  l'acqua  per  mezzo  di  Lran- 
cliie  situate  ai  lati  posteriori  del  capo  ;  hanno  nn 
cnore  uniloculare ,  uniaurito  ;  il  corpo  squamoso  o 
nudo ,  fornito  di  pinne  invece  di  piedi  ;  niun  coUow 
Costituiscono  la  quinta  ed  ultima  Classe  della 
prima  Provincia  del  Regno  Animale. 

SOTTOGLASSE  1.  OSSEI. 

Scheletro  fibroso  :  cranio  suturato. 


Scheletro  fibroso-osseo :  mascelle  complete,  liberei 
branchie  lamellari,  pcttiuiformi,  libere;  da  ambedue  i 
lati  del  capo  un'  apertura  branchiale  munita  d'operculo. 

ORDINE  1*   ACANTHOPTERYGII 

Più  raggi  spinosi  alla  pinna  dorsale  ,  almeno  uno 
all'  anale  ,  e  quasi  sempre  ,  alle   ventrali. 

TAMIGLiA  1.  rEP.CiDyE.  Pezzi  operculari  col  mar- 
gine denticolato  o  spinoso  :  gote  non  loricate  :  denti 
alle  mascelle  ,  al  vomere  e  quasi  sempre  alle  ossa  pa- 
lali ne  :  bacino  sospeso   alle  ossa   della  f;pr>lla. 


15G  Scienze 

§  PERCiNi.  Pinne  ventrali  sotto  le  pettorali. 

§§  TRACHiNiNi.  Pinne  ventrali  avanti  le  pet- 
torali :  gote  liscie. 

§§§  uRANOscopiNi.  Pinne  ventrali  avanti  le  pet- 
torali :  gote  falsamente  loricate  (  i  pezzi  sotto-orbi- 
tali larghissimi ,  attaccati  posteriormente  alle  ossa  tim- 
paniche ,  non  già    al   preoperculo.) 

§§§§  POLYNEuiNi.  Pinne  ventrali  dietro  le  pet- 
torali :  muso  rigonfio  :  pinne  verticali  squamose  :  pa- 
recchi raggi  delle  pettorali   liberi  ,  filiformi. 

FAMIGLIA  2.  sPHVRiEiviD/E.  Pezzi  operculari  col 
margine  integro:  gote  non  loricate  :  denti  solo  alle 
mascelle  e  alle  ossa  palatine  ;  molti  canini  acutissi- 
mi :  bacino  indipendente  dalle  ossa  della  spalla:  cor- 
po  allungato  :   due  dorsali  remote. 

FAMIGLIA  3.  MULLiDiE.  Preoperculo  col  margine 
integro  :  gote  non  loricate  :  bocca  piccola  ,  debol- 
mente armala  :  due  cirri  sotto  la  mandibola  ,  retrat- 
tibili  :  squame  grandi,  poco  aderenti,  tanto  sul  capo 
quanto   sul  tronco  :  due  dorsali  separate. 

FAMIGLIA  h.  TRIGLID^ .  Gote  loricate  (  i  pezzi 
sotto-orbitali  che  ricuoprono  una  porzione  della  gota  , 
articolati    col  preoperculo.) 

§  TRiGLiNi.  Due  dorsali  :  capo  parallelepipede. 

§§  coTTiNi.  Due  dorsali  :  capo  rotondato  ov- 
vero  depresso. 

§§§  sconpAENiNt.  Una  dorsale  soltanto. 

§§§§  GASTEROSTEiNi,  Alcuni  aculci  liberi  in- 
vece della    prima  dorsale. 

FAMIGLIA  5.  sci^NiDyE.  Pezzi  operculari  col  mar- 
gine denticolato  o  spinoso:  gote  non  loricate:  bocca 
protrattile  ;  niun  dente  al  vomere  ne  alle  ossa  pala- 
tine. Pinne  verticali  spesso  squamose. 

§  sciAENiNi.  Cranio  rigonfio  con  ossa  caver- 
nose :  linea  laterale  continua. 


Animali  vertebrati  -157 

§§  poMACENTRiNi.  Cranio  non  rigonfio  ,  ossa 
uoii  cavernose  :  linea  laterale  interrotta  sotto  la  fine 
della  dorsale. 

FAMIGLIA  6.  SPARiDiE.  Pezzi  operculari  integri, 
senza  spine  :  bocca  non  protrattile  :  palato  edentulo: 
squame  grandi  :  dorsale  senza  squame. 

§  SPARiNi.  Molari  emisferici  t  gote  squamose. 

§§  DENTiciNi.  Denti  tutti  conici ,  alcuni  in- 
curvi ,  prominenti  :  gote  squamose. 

§§§  LETHRiNiNi.  Gote  senza  squame  :  talvolta 
molari  emisferici  ,  ma  disposti  in  una  serie  sola. 

§§§§  cANTHARiNi.  Denti  numerosi  ,  conferii , 
tutti  tenuissimi. 

§§§§§  OBLADiNi.  Una  serie  di  denti  taglienti; 
niun  molare  emisferico. 

FAMIGLIA  T.  M/ENIDjE.  Bocca  cccessivamente  pro- 
trattile :  talvolta  denti  al  palato,  o  il  preoperculo  col 
margine  denticolato. 

§  MAENiNi.  Dorsale  senza  squame. 

55  CAESiONiNi.  Dorsale  squamosa. 
FAMIGLIA  8.  cn./ETODOiVTiDiE.    Corpo   compresso , 
squamoso  :  pinne  dorsale  e   anale   fortemente    coperte 
di  squame   conformi  a  quelle   del  corpo. 

§  CHAETOtoONTiNi.  Palato  edentulo  :  denti  se- 
tiformi  conferii  in  arabo  le  mascelle.  Colori  vivissimi, 

§§  PiMELEPTERiNi.  Palato  edentulo  :  denti  ta- 
glienti. 

§§§  BRAMINI.  Palato   dentato- 
FAMIGLIA  9.  SCOMBRID^E.  Pezzi  operculari  integri  .- 
corpo  liscio  ;   squame  piccole  e  liscie  :   pinne   verti- 
cali generalmente  non  inviluppate  da  squame  :    coda 
e  pinna  caudale  robuste. 

§  scoMBRiNi.  Prima  dorsale  continua  ,  secon- 
da e  parie  corrispondente  dell'  anale  decomposte  ia 
più  pinnule  spurie  :  corpo  fusiforme. 


158  Scienze 

§§  TRiCHiunTNi.  Una  sola  dorsale  continua  ; 
almeno  gran  parte  dei  raggi  dell'  anale  ridotti  a  pic- 
cole spine:  corpo  lunghissimo,  molto  compresso  :  mu- 
so allungato  :  bocca    profondamente  fessa. 

§§§  xiPHiADiNi.  Una  sola  dorsale  continua  : 
muso  ensiforme. 

§§§§  CENT RONOT INI.  Alcuni  aculei  liberi  in- 
vece  della  prima   dorsale. 

§§§§§  CARANciNi.  Linea  laterale   loricata  ! 

§§§§§§  FOMERiNi.  Corpo  molto  compresso,  ap- 
pena squamoso  ;  capo  col  vertice  tagliente  :  due  pin- 
ne  dorsali   continue. 

§§§§§§§  ZETNi.  Corpo  molto  compresso  ,  appe- 
na squamoso  :  bocca  molto  protrattile  :  una  sola  pin- 
na dorsale. 

§§§§§§§§  coRYPijAENiNi.  Corpo  comprcsso,  più 
o  meno  allungato  ;  capo  col  vertice  tagliente  :  una 
sola  dorsale  che  corre  lungo  tutto  il  dorso.  Raggi 
spinosi  talvolta    molli. 

FAMIGLIA  10.  CEPOLIDAE.  Corpo  lunghissimo  ,  mol- 
to compresso  :  squame  piccolissime  :  muso  corto  :  boc- 
ca  piccola  ,   poco   o   obliquamente   fessa. 

FAMIGLIA  \  \ .  THEUTHiDAE.  Corpo  compresso , 
oblongo  ;  bocca  piccola  ,  non  protrattile  :  denti  ta- 
glienti disposti  in  arabo  le  mascelle  in  una  serie  so- 
la ;  palato   e    lingua   lisci  :  una  dorsale. 

FAMIGLIA  12.  OpniCEPHAUDAE.  Porzione  delle  os- 
sa  faringee  divisa   in  picciolo  sfoglie  irregolari. 
Possono  vivere  a  lungo  fuori  deW  acqua. 

§  ANABATiNi.  Molti   raggi  spinosi. 

§§  opiucEPHALiNi.  Niun  raggio  spinoso  meno 
la  spina  delle   pinne  ventrali  ! 

FAMIGLIA  13.  MUGIUDAE.  Operculi  lisci  :  squa- 
me grandi  :  capo  depresso  ,  coperto  di  grandi  squa- 
me o  piastre  poligone  :  labbri  membranosi ,  Tinferio- 


Animali  vertebrati  159 

re  carenato  interiormente  :  denti  sottilissimi  :  due  dor- 
sali ,  l'anteriore  formata  di  soli  quattro  raggi  spinosi. 

§  MUGiUNi.  Coda  liscia  :  pinne  ventrali  situa- 
te poco   dietro  le  pettorali. 

§§  TETRAGONURiNi.  Coda  fornita  di  creste^. 

§§§  ATHERiNiNi.  Coda  liscia  :  pinne  ventrali 
molto   dietro    le   pettorali  :  Locca  molto   protrattile. 

FAMIGLIA  14.  GOBIDAE.  Raggi  Spinosi  della  pinna 
dorsale   gracili  e  flessibili  :  aperture  branchiali  piccole. 

§  GOBI  NI,  Pinne  ventrali  sotto  le  pettorali  , 
riunite   almeno    alla  base  in  un  disco  incavato. 

§§  BLENNiNi.  Pinne  ventrali  avanti  le  petto- 
rali,  separate,  didattili. 

§§§  CALLioNYMiNi.  Pinne  ventrali  situate  sot- 
to la  gola  ,  remotissime  ,  piiì  larghe  delle  pettorali  : 
aperture  delle  branchie  consistenti  in  un  foro  ai  lati 
della  nuca. 

FAMIGLIA  15,  lophid;e.  Pinne  pettorali  stipitate  : 
aperture  delle  branchie  consistenti  in  un  foro  die- 
tro  di   quelle. 

FAMIGLIA  16.  LABRID^.  Labbra  (carnose)  dupli- 
cate :  corpo  oblongo  ,  squamoso.-  dorsale  unica,  coi 
raggi  forniti  per  lo  più  d'un  appendice   membranoso. 

§  se  ARI  NI.  Denti  squamiformi. 

§§  LABRiNi.  Denti  mascellari  robusti ,  conici , 
ineguali. 

§§§  CHROMiDiNi.  Denti  mascellari  e  faringei  te- 
nuissimi  ,  conforti  :  bocca  protrattile. 

FAMIGLIA  17.  FisTULARiD/E.  Bocca  situata  all'  e- 
stremita  d'un  muso   tubuliforme. 

§  FisTULARiNi.  Corpo   cìlindiìco. 

§§  CENTRisciNi.  Corpo   Ovale  ,  compresso. 


160  Scienze 

ORDINE  2.  MALACOPTERYGII 

Niiin   raggio  spinoso    o   uno  soltanto  alla  pinna 
dorsale  e  alle  pettorali:  ninno  all'anale  e  alle  ventrali. 

tJl::.itii    1  .  yJLvdOiVlllUxLeó ,  {GasteropterygU.) 

Pinne   ventrali   situate   dietro   le  pettorali  ,   non 
attaccate   alle  ossa  della  spalla, 

FAMIGLIA.  18.  CYPRIIVIDJ5.  Corpo  squamoso  :  ne 
pinna  adiposa,  ne  intestini  ciechi:  margine  della  ma- 
scella formato  dagl'  intermascellari  :  bocca  poco  fes- 
sa :  niun  dente  mascellare  ,  o  denti  mascellari  tutti 
o  quasi  tutti  tenuissimi  :  raggi  branchiali  poco  nume- 
rosi. Sono  i  meno  Carnivori  di  tutti  i  Pesci. 

§  ANABLEPTiNi,  Duc  pupille  I  (la  comea  e  l'iri- 
de divise  in  due  parti  da  una  fascia  trasversa)  :  un' 
apertura  all'  estremità  della    pinna  anale  !    Vivipari  ! 

§§  PAEciLiNi.  Pinna  anale  imperforata  :  ma- 
scelle  con   denti. 

§§§  crpRiNiNi,  Pinna  anale  imperforata  r  ma- 
scelle edentule. 

FAMIGLIA  19.  ESOCiDiE.  Corpo  poco  squamoso  ; 
niuna  pinna  adiposa  :  niun  intestino  cicco  ,  o  due  sol- 
tanto :  denti  in  ambo  le  mascelle  ;  alcuni  acuti  :  mar- 
gine della  mascella  formato  dagl*  intermascellari  ,  o 
almeno  ì  mascellari  privi  di  denti  e  nascosti  nella 
spessezza   delle  labbra.  Sono  voracissimi^ 

§  ESociNi.  Aperture  branchiali  di  forma  e  gran- 
dezza ordinaria  :  pinne  pettorali  mediocri  :  niun'  intesti- 
no cieco. 

§§  EXOCETiNi.  Aperture  branchiali  di  forma  e 
grandezza  ordinaria  :  pinne  pettorali  eccessivamente 
grandi  !  niun  intestino  cieco. 

§§§  MORMYRiNr.  Aperture  branchiali  consistenti 
in  una  piccola  fessura  verticale  :    duc  intestini  ciechi. 


Animali  vertebrati  161 

FAMIGLIA  20.  siLURiDAE  Niuna  squama:  polle  nu- 
da o  con  piastre  ossee  :  margine  della  mascella  for- 
mato dagl'  intermascellari  ;  i  mascellari  rudimentali  , 
o  convertiti  in  cirri  :  per  lo  piìi  una  pinna  adiposa. 
Quasi  sempre  la  dorsale  e  le  pettorali  col  primo  rag- 
gio  consistente   in  una   robusta  spina  articolata. 

§  SiLURJNi.  Operculi  branchiali  mobili. 

§§  LORiCARiNi.  Operculi  branchiali  immobili! 
FAlttlGLiA  21 .  SALMONIDAE.  Corpo  Squamoso  :  pri- 
ma dorsale  con  tutt' i  raggi  molli,  seconda  piccola, 
adiposa  (formata  semplicemente  da  una  pelle  piena  di 
grasso  e  non  sostenuta  da  raggi)  :  intestini  ciechi  nu- 
merosi. Comprende  i  pia  completamente  dentati  fra 
tutti  i  Pesci. 

§  SJLMONiNi.  Margine  della  mascella  formato 
in   gran  parte  dai   mascellari. 

§§  scoPELiNT.  Margine   della  mascella  formato 
dagl*  intermascellari. 

FAMIGLIA  22.  CLUPEIDAE.  Corpo  squamoso  :  niuna 
pinna  adiposa  :  intestini  ciechi  numerosi  :  margine  del- 
la mascella  formato  nel  mezzo  dagl'  intermascellari , 
e  sui  lati  dai  mascellari. 

§  AMiNi.  Capo   loricato. 

§§  cLapEiNi.  Capo  non  loricato. 

OÙtll  SI.  OlltbtaCCmaiH.   (StemopterjgH.) 

Pinne  ventrali  situate  sotto  le  pettorali  ;   bacino 
immediatamente  sospeso   alle  ossa    della  spalla. 

FAMIGLIA  23.  GADiDyE.  Pinne  ventrali  situate  sot- 
to la  gola ,    acuminate. 

§  GADiNi.  Pinne    ventrali  evidentemente  iugu- 
lari :  squame   liscie   e   molli. 

§§  MACROURINT.    Pinne   ventrali   quasi  toraci- 
che :  squame   ruvide  e  durc- 
G.A.T.LII.  \\ 


162  Scienze 

FA3lTGtlA  24.  PLEUUOIVECTIDAE.  Corpo  eccesslva- 
mente  compresso  :  capo  non  simmetrico  !  ambedue  gli 
ocelli   dal   medesmo    lato. 

FAMIGLIA  25.  CYCi  OPTERIDAE.  Pinne  ventrali  riu- 
nite in  un  circolo. 

FAMIGLIA  26.  ECnE!VEiDlDJ2.  Capo  superiormente 
appianato  in  un  disco  ovale  formato  da  lamine  car- 
tilaginee  trasversc. 

Oabil    3.    OCvodeó.      {Peropterygil.) 

Ninna  pinna  ventrale. 
FAMIGLIA  27.  OPIIIDIDAE.  Corpo  ensiforme:  oper- 
culi    manifesti  :   aperture  branchiali   grandissime. 

FAMIGLIA  28.  MURAEIVIDAE-  Corpo  lunghissimo , 
cilindrico  :  operculi  piccoli ,  nascosti  sotto  la  cute  : 
aperture  branchiali  piccolissime. 

§  GYMMOTiNi.  Aperture  branchiali  avanti  le 
pettorali ,  chiuse   in  parte  da  una   membrana. 

§§  MVRAENiNi.  Aperture  branchiali  poste  mol- 
to alPindietro,  tubuliformi. 

§§§  APTERicHTìiiNi.  Apertura  branchiale  con- 
sistente in  uno  o  due  piccoli  fori  approssimati  sotto 
la  gola. 


Animali  vertebrats  163 


^^jiipWJC    2,    HiOpiaW^JinJCmW    {SpignatkL) 

Scheletro  fibroso-osseo  :  mascelle  complete ,  libe- 
re :  branchie  divise  in  fiocchi  disposti  per  paja  lun- 
go gli  archi  branchiali  ;  un  grande  operculo  comune 
chiuso  tutt'  intorno  da  una  membrana  con  un  solo 
piccolo   foro   verso  la   nuca. 

ORDINE  3.  OSTEODERMI  {Heteropteri.) 

Corpo  loricato  ,  angoloso.  ^ 

FAMIGLIA   29.   SYIVGNAXniDAE. 

§  svNGNATHiNi.  Bocca  situata  air  estremità 
del   muso. 

§§  PEGASiNt.  Bocca  situata  inferiormente  alla 
base  del   muso. 


Scheletro  fibroso-cartilagineo  (  che  s'innossa  tar- 
di )  :  mascelle  incomplete  ,  non  libere  :  operculi  na- 
scosti sotto  la  cute  ;  una  piccola  fessura  branchiale 
da  ambedue  i  lati. 

ORDINE  4.  GYMNODONTES  {PelvopterL) 

Denti  riuniti  in  un  becco  corneo  (  diviso  inter- 
namente in  lamine.) 

FAMIGLIA   30.    TETRAODONTIDAE. 

ORDINE  S.  SCLERODERMI  {Acanthopteri.) 

Denti   distinti. 
FAMIGLIA  31.  BAHST10AE.  Muso  conico    o  pira- 
midale. 


\ 


164  Scienze 

SOTTOCLASSE  2.  CARTILAGINEI.  (Chondropterjgii.) 

Sclieletro  cartilagineo,  granuloso:  cranio  non  su- 
turato :  ossa  mascellari  e  interraascellari  mancanti  o 
rudimentali. 

MtU0U!è     ìt    ^hi^M^fUtl    {Branchiati.) 

Branchie  libere  almeno  in  parte;  una  sola  aper- 
tura esterna  da   ciascun  Iato  ,  operculata. 

ORDINE  6.  ELEUTHEROPOMI  {Sturiones.) 

Branchie  libere  :  operculo  manifesto:  mascella  for- 
mata dal   palatino  saldato  coi   raascellari- 

F  AMIGLI  A  32.  ACiPEJXSERiDJJ.  Corpo  e  capo  lori- 
cati :  bocca  sotto  il  capo  ,  retraibile  :  cirri  sotto  il 
muso. 

ORDINE  7.  AGANTHORRHINI 

Branchie  aderenti  per  la  maggior  parte  dei  loro 
margini ,  con  cinque  fori  interni  al  fondo  dell'  aper- 
tura comune  :  operculo  rudimentale  nascosto  sotto  la 
cute  :  mascella  consistente  nel  solo  vomere. 

FAMIGLIA  33.  CBiiM.EUiDyE.  Piastre  dure  e  indivi- 
sibili  invece  di   denli  ,  quattro  sopra  e  due  sotto. 


Animali  vertebrati  165 

«Sj^^WJ^C    2»    ^ttMUiWWi    {Spiraculati.) 

Branchie  fisse  ;  due  serie  di  spiragli  non  operculati. 

ORDINE  8    PLAGIOSTOMI  (SelaciL) 

Branchie  pettini  formi  :  mascelle  non  saldate  insie- 
me ;  bocca  larga  trasversa.  Si  accoppiano  !  Sono  i  pia 
perfetti  fra  i  Pesci,  e  forse  fra  gli  Animali  a  san- 
gue freddo  ! 

FAMIGLIA  34.|SQUALIDAE.  Corpo  allungato  ,  sub- 
teretc  ;  pinne   mediocri  :  spiragli  ai  lati  del  capo. 

FAMIGLIA  35.  RAJID>£.  Corpo  molto  depresso,  di- 
sciforme  ,  marginato  da  pinne  pettorali  larghissime  : 
spiragli   sotto  il   capo. 

ORBOE  9.  CYCLOSTOMI 

Branchie  bursiformi  :  mascelle  saldate  insieme  ; 
bocca  annulare.  Sono  i  pia  imperfetti  di  tut€  i  Ver- 
tebrati. 

FAMIGLIA  36.  PETROMYZOIVID^.  Corpo  allungato, 
cilindrico  :  pinne  privi  di   raggi. 

§  GASTROBRANcniNi.  Due  sole  aperture  ester- 
ne sotto   la  gola. 

§§  PETROMYZONiNi.    Scttc    foii    branchiali    da 
ciascun  lato. 


J66 


TAVOLA  METODICA 


SOTTOCLASSE  1 .  OSSEI 


ORDINE  1.  ACAIXTHOPTERYGII 

FAMIGLIA    1.   TEIICID^.  ^ 

§   PEIÌCINl' 


1 .  Perca  ,  L. 

1.  Perca,  Cuv. 

2.  Labrax  ,  Cuv.  nec  Palla,';, 

3.  Lates  ,  Cuv. 

4.  Centiopomus  ,  Lacep. 

2.  Lucioperca  ,  Cu\r. 

3.  Huro  ,  Cuv. 
U.  Etelis  ,  Cuv. 

5.  Niphon  ,  Cuv. 

6.  Eiioplosus  ,  Lacep. 

7.  Diploprion  ,  KuliI, 

8.  Apogon  ,  Lacep. 

9.  Clieilodipterus  ,  Lacep. 

10.  Pomatomus,  Ris.so,  nec  Lacep. 

11.  Arabassis  ,  Commers. 

12.  Priopis,  Kuhl. 

13.  Aspro  ,  Cuv. 

14.  Gramraiste,s,  Cuv.  nec  Bloch. 

15.  Anlhias,  Nob.  {Jjiopon^  Rd/in.) 

16.  Serranus ,  Cuv. 
I.  Serranus  ,  Cuv. 


Fiumi  temperati,  ii. 
Mari  temperati.  7. 
M.afr.as.Nilo.F.ind.O. 
M.  dell'Ara,  merld.    i. 

M.ncro,Fium.s.4. 
Lago  Huron.  1 . 
Arc.d.SeichelL  1. 
M.delGiappone  1 . 
M.d.N.Olaada.  1, 
M.  di  Giava.     1. 

Med.All.afr.Pac.  27. 
M.  rosso,  Iiid.  Pac.  3. 

Mediterraneo.  1 . 
Stagni  As.  m.  Oc.  12. 

M.  di  Giava.  1 . 
P'iun  i  cur.  2. 
M.Iad.Pac.m.    2. 

M.am.Mcd.M.Iiul.     7. 

Tulli  mari.  22. 


Animali  vertebrati  16T 

•2.   Meroii ,  Cnv.   [nolocentrum ,  Bodianus  , 

Liilj'anus,  Epineplicìus,  Anlhias,  Ce- 

pliaìoplìoUs,  Gymnocepliahis ,  lìl.)      Tiitt'  i  mari.  98. 

3.  Plectropoma  ,  Cuv.  M.  Ind.  Pac.  am.  14. 


4.  Diacope,  Cuv. 

5.  Mesoprion  ,  Cuv. 

1 7.  Acerina  ,  Cuv. 

18.  Polyprion ,  Cuv. 

19.  Pentaceros  ,  Cuv. 


M.  Indico. 
M.  tropicali. 

F.  eur.  as.  s. 

Med.  Ali.  afr.  am. 

M.  d.Afr.  m. 


20.  Centropristis,  Nob.  {Àìphestes.Bldel) 

1.  Centropristis,  Cuv.  Ali.  am. Pac. 


38. 

48. 

3. 
1, 

1. 

TO. 


2.   Grystes  ,  Cuv.  (Mici'opterus,Lacep.del.}F.  d.  Am.  s.  N.  01.  a. 


3.  Aprion ,  Cuv. 

4.  Rypticus,  Cuv. 

5.  Apsilus  ,  Cuv. 

21 .  Cirrliitcs  ,  Commers. 

22.  Chironemus  ,  Cuv. 

23.  Poraotis,   Nob. 

1.  Centrarchus,  Cuv. 

2.  Bryttus,  Cuv.  et  Val. 

3.  Pomotis,  Cuv. 

24.  Priacanthus,  Cuv. 

25.  Dulichtliy.s.  Nob.  (Dules,  Cuv.) 

26.  Therapon ,  Nob. 

1.  Therapon,  Cuv. 

2.  Datnia,  Cuv.  {Coiiis,  Buchan,  part.) 

3.  Pelates  ,  Cuv. 

4.  Helotes,  Cuv. 

5.  Nandus,  Cuv. 

27.  Trichodon  ,  Cuv. 

28.  Sillago  ,  Cuv. 

29.  Rliyncliichtliys  ,  Cuv. 

30.  Holocentrum ,  Artedi. 

1.  Myripristis  ,  Cuv. 

2.  Holocentrum ,  Cuv. 


Are.  d.  Seichelle.  i. 
M.  d.  Am.  m.  2. 

Atlantico  afr.  i. 

M.  Indico.         6. 
M.  d.  N.  01.     1 . 
Acq.dolced.Am. 
Fiumi  eL.  Am.  s.     7. 
F.  e  L.  Am.  s.  3. 

F.  eLaghiAm.  8. 
Atl.  am.  Pac.  15. 
M.Iiid.Atl.ara.11. 

M.  rosso,  Ind.  io. 
M.  Indico.  5. 

M.  Ind.  Pacifico.  3. 
M.  d.  N.  Olanda,  i. 
Fiumi  del  Bengala,   r. 

Kamtschatka.  1 . 
M.  Indico.  7. 
M.  Indico.  1. 
Tutt'i  M.caldi. 

M.  Ind.  Ali.  Pac.  it. 
M.Ind.All.am.Pac.  19. 


1G8  Scienze 

3.  Beryx  ,  Cuv. 

4.  Trachìchlhys ,  Shaw. 

§§   TRACIIININI. 

31.  Tradì inus  ,  L. 

32.  Percis  ,  Bloch. 

33.  Aphritis  ,  Cuv. 

34.  Pinguipes  ,  Cuv. 

35.  Percophis  ,  Cuv. 

36.  Bovichthus,  Cuv. 

37.  Uranoscopus ,  L. 

§§§   POLrKKMINti 

38.  PolynemuS,Gron.  {Pentanemus,jir  ted. 

?39.  Aplodactylus  ,  Cuv. 


M.  d.  N.  Olanda.      2: 
M.  d.  N.  Olanda,      x. 


Med.  Atl.  eur.  A. 

M  rosso,Ind.  Pac.  la. 

Atlantico,  1. 

M.  ti.  Brasile.  1. 
M.  d.  Brasile.  1. 
M.d.  Chili.  1. 
Tutt*  i  mari.  13. 


jM.Ind.Atl.afr.  am.i5. 

M.  d.  Chili.       1. 


FAMIGLIA  2.    SPHYRiEIfID.E. 


40.  Sphyraena  ,  Lacep. 

41.  Paralepis  ,  Risso. 


Tutt'i  mari.    11. 
Mediterraneo.    4. 


FAHIIGLIA  o.   MULI.ID.E. 


42.  Mullus ,  L. 

X.  Mullus,  Cuv. 
a.  Upeneus ,  Cuv. 


Med.  Atl.  europeo.  2. 
Tutt'i  mari  caldi,  ^o. 


FAMIGLIA  4.  TRIGLIDAE. 

§    THIGLINI. 


43.  Trigla,  L. 

1.  Trigla ,  Cuv. 

2.  Prionotcs ,  Cuv. 

44.  Peristedion  ,  Lacep. 

45.  Dactylopterus,  Lacep. 

46.  Cephalacanlhus ,  Lacep. 


Tutt'i  mari.  i5. 

Atl.  americano.        4- 
Medit.  1. 

M.Tnd.Med.Atl.am.2. 

Atl.  am.  m.      1. 


A  M.IIALI     VF,!;TK!:R.VT1 


169 


§§  coir/y/. 


47 


48, 
49 
50 
51 


52, 
53. 


54. 
55. 
56. 
57. 
58. 
59. 
60. 
61. 


62. 
63. 
64. 
65. 


.  Cottus  ,  L. 

1.  Cotlus ,  Cuv- 

1.  Chabot ,  Cuv. 

2.  Chaboisseau,  Cuv. 

2.  Aspidophorus ,  Cuv. 
Platycephalus  ,  Bl.  pait. 
Hopliclitliy.s  ,  Cuv. 
Bembras ,  Cuv. 
Hemilripterus  ,  Cuv. 


Fium.d.  Eur.  As.s.  2. 
Atl.  Pac.  selt.  17 

Atl.  Pac.sett.  g. 

M.  rossojlad.  Pac.  21. 
M.d.  Giappone.  1 . 
M.d. Giappone.  I. 
Ali.  ara.  s.  1. 


§§§   SCORPJENINl. 

Herailepidotus  ,  Cuv.  Atl.  Pac.  sctt.  1 . 

Scorpaena  ,  L. 

1.  Scorpaena  ,  Cuv. 

2.  Sebastes  ,  Cuv. 

Pterois  ,  Cuv. 
Taenianotus  ,  Lacep. 
Blepsias  ,  Cuv. 
Agriopus ,  Cuv. 
Apistus ,  Cuv. 
Minous  ,  Cuv. 
Pelor ,  Cuv. 
Synanceia  ,   Bl. 


Tutt'  i  mari.  19. 

M.deU'Aat.  coni.   io. 
Mar  rosso,  lad.Pac.  7. 

,\ 

Pac.  selt.  2. 

M.d.Afr.  in.  Ara.  lu.  3. 

M. rosso,  Ind.  15. 
M.  Indico.  2. 

M.  Ind.  Pac.     4. 
M.  Ind.  Pac.     6. 


§§§§    G^STEROSTLIM. 

Monocculris  ,  Cuv.  M.d. Giappone.  1. 

HoploStetllUS,CuV.  [ad  TradUclhym  P  )  Mcdit.  1 . 

GasterosteUS  ,  L.  Acq.d.Eiuisf.art.    16. 

Oreosoraa  ,  Cuv.  Atlantico.  1. 


II 


ITO  Scienze 

FAMIGLIA   5.    SCijErVID^. 

§   SCIAENINI. 

66.  Sciaena  ,  L. 

1.  Sciaena  4  Cuv.  Med.Atl.  Fiumi  iad.5. 

'2.  Otolithus,  Cuv.  M.Ind.Afr.m.Am.    i3. 

3.  Ancylodon ,  Cuv.  M.  d.Am.  m.              2. 

67.  Corvina  ,    Cuv. 

I.  (ìorvina,  Cuv.  Tutt'i  lu.  L.Am.s.   17. 

3.  Johnius,Bl.          .  M.Ind.Atl.afr.am.   16. 

3.  Leiostomus,  Lacep.  Atl.  am.                      ti- 

68.  Lariraus  ,  Cuv.  Atl.  am.  in.       2. 

69.  JNcLiis  ,  Cuv.  Atl.  am.  ra.       1. 

70.  Lepipterus  ,  Cuv.  Atl.am.m.nelF.1. 

71.  Boritila,  Cuv.  Atl.  am.  m.        1, 

72.  Conodori  ,  Cuv.  Atl.  am.  m.       ^ . 

73.  Eleginus  ,  Cuv.  Arc.d.Maluiue.  1. 

74.  Eques  ,  Bloch.  Atl.  am.  m.       3. 

75.  Urabrina  ,  Nob. 

X.  Uiubiiiia,  Cuv.  M.Ind.  Med.Atl.       9. 

1.  Lonchurus ,  BI.  part.  2. 

3.  ^o^oìXik\.\\\xi,'^.(Pogonias,Pogoiiath.Lac.)Pi.l\.  am.  2. 

76.  Micropogouias,N.  {Micropogon,Cuv.)  Atl.  am.  3. 

77.  Iia3mulou ,  Cuv.  Atl.  am.           12. 

78.  Pristipoma  ,  Cuv.  M.Ind.Pac.Ail.afr.  3o. 

79.  Diagramma  ,  Cuv.  M.Ind.AtI.aru.Pac.20. 

80.  Lobotes  ,   Cuv.  M.Ind.  Atl.Ardnd.  4. 

81.  Scolopsides,  Cuv.  M.Ind..           19. 

82.  Cheilodactylus  ,  Cuv.  M.  lud.  Pac.     5. 

83.  Latilus ,  Cuv.  M.  lud.             2. 

84.  Macquaria,  Cuv.  F.d.N.Olauda.  1. 

5§    POi\lACENTRINl. 

85.  Amphi[)riou  ,  Bl.  part. 

1.  Amphipiion  ,  Cuv.  M.Iud.Arcip.ind.   12. 

3.  Piemaas  ,  Guy.  M.lud.Aic.iudiaao.  5. 


Animali  vertebrati  ITI 

86.  Pomaor<ntru.s,  Cuv.  vi\  Lacep. 

I.  Pomacentrus  ,  Cuv.  M.Ind.P.Atl.am.m.  17. 

■2.  Dascyllus ,  Cuv.  M.Ind.M. rosso.         !ì. 

3.  Glyphisodon ,  Lacep.  M.Ind.Atl.Pac.        5o. 

4.  Etroplus ,  Cuv.  M.  Indico.                  3. 

5.  Heliases  ,  Cuv.  Atl.am.Arc.  indiati.  6. 

FAMIGLIA  G.    SPARID/E. 

§   SPy4RINI. 

87.  SargUS  ,    Klein.  M.  afr.  e  am.Med.  14. 

88.  Charax,  Ri.sso.  Mediterraneo.     1. 

89.  ^^a\m^N.[Au>'ataJUss.Chrysophrys,C.)  Mecì.Atl.PaC.   22. 

90.  Pagrus  ,  Cuv.  M.Ind.Med.Atl.P.  xi. 
9i.  Pagellus,  Cuv.  Mecl.Allant.     11. 

§§    DENTICINI. 

92.  Dentex  ,  Cuv.  M.Iud.Med.Atl.P.  ay. 

93.  Pentapus  ,  Cuv.  M.  Ind.  Pac.     8. 

§§§   LETÌIRININI. 

94.  Lcthrinus  ,  Cuv.  M.Iud.Pac.Ail.afr.44. 

§§§§    C^NTIIARINI. 

95.  Cantliarus  ,  Cuv.  ^^-  ln<l-  Med.  Ail.  n. 

§§§§;^    OBLADINI. 

90.    Box  ,    Cuv.   {Boops  ,    Riss)  M.Ind.Med.All.afr.  4- 
I.  Box,  Nob. 
1.   Sarpa, ]Nob. 

97.  Obla(la,Cuv.  Med.M.d.N.01.2. 

98.  Scalharu.s  ,  Cuv.  Mod.  oricnlalc.  1 . 

99.  Cieniden.s ,  Cuv.  Mar  rosso.         \, 


1^2  S    e    I    E    N 


Z    E 


FAMIGLIA   7.   M/ElVIDi*:. 

§   MAENINI. 

100.  Msena  ,  Ciiv.  Mediterraneo.    4. 

101.  Sraaris  ,  Cuv.  {Gerres,  Antiqii.)  M.Ind.  Med.  Atl.  io. 

§§    CAESIONINI. 

102.  Coesio,  Commers.  M.  Incì.  Pac.     9. 

103.  Gerres,  Cuv.  nec  Antlffu.  Mlnd.Pac.Ail.ani.i8. 

104.  Aphareus ,  Cuv.  M.  Indico.         2. 

FAMIGLIA   8.    CnETODONTID/E. 

§    CHAETODONTINI. 

105.  Chaetodon  ,  L. 

1.  QAv^XoàQXi ,Q^\xy .\)iuc Selene, Lacep. del.)  Tiitt'i  mari  loiTÌdi.6i. 

2.  Chelmon  ,  Cuv.  M.  Indico.  2. 

106.  Heniochus  ,  Cuv. 

1.  Heniochus ,  Cuv.  M.  Indico.  5. 

2.  Zanclus ,  Commers.  M.  Indico.  2. 

1 07.  Epbippus ,  Cuv. 

1.  Ephippus ,  Cuv.  M.  ara.  Ind.  4- 

2.  DrepanichthySjN.  (Z'/'e/7fl7z/5,(7.wecOrn.)  M.  Indico.  2. 

3.  Scalophagus ,  Cuv.  M.  Indico.  5. 

108.  Taurichthys  ,  Cuv.  M.  Indico.         2. 

109.  Holacanthus  ,  Lacep. 

1.  Holacantlius ,  Cuv.  M.  am.  Ind.  23. 

2.  Pomacantlius,  Cuv.  nec Lacep.  M.d.  America.  6. 

110.  Platax  ,  Cuv.  M.  Ind.  Pac.  14. 

111.  Psettus,Commc^s.(^c«7^^7^o/)or/«.s•.'' 

et  Monodacfjlus?  Lacep.  del.) M.  Indico.         3. 

§§   PiniELEPTEniNI. 

1 12.  V\mù\e^iexx\s^'L^c.(Xjsterus^Dor- 

simrius?  Kjphosus,  Lncep.d.)  Atl.  Pacifico.  10. 
1  13.  Diptcrodon,  Cuv.  ncc  Lacep.       M.d.C.  B.Spcr.  1. 


Animali  veutebrati  ^1^3 

§§§    lìHAMlNI. 

\\h.  Scorpis  ,  Cuv.  M.tì.N.OlandaJ. 

1t5.  Brama,  Bl.  M.  Incì.  Med.    3. 

H6.  Pcmplieris,  Cnv.  Pacifico.  8. 

il 7.  Toxotes  ,  Cuv.  Arcip.incliano.  1. 

FAMIGLIA   9.    SCOMBRID'E. 

§    SCOMBRINI. 

118.  ScomLer  ,  L.  Tutt'i  mari.     12. 

119.  Thynnus,  Nob.  Tutt'i  mari. 

1.  Auxis,  Ciiv.  Tutt'i  mari.  3. 

2.  Thynniis,  Cuv.  {Orcjrìus,  Cui>.  del.)       Tutt'i  maii.  ii. 

3.  'PA\a,miXA,'^oh.(Pelamis,Cin>.necDaud.)  T.i  M.caldi  e  temp.  5. 

4.  Cybium  ,  Cuv.  ]\I.Ind.Pac.Atl.am.i6. 

120.  Tliyrsitcs  ,  Cuv.  M.  afr.  am.  m.  3. 

121.  Gerapylus,  Cnv.  M.Ind.Atl.Pac.4- 

§§  TiìicinvntNi. 

122.  Lepidopus  ,  Gonan.  Med.Atl.merid.  1. 

123.  Trichiurus,  L.  (Lcptunis^  Arted. 

Gjmnogaster^  GrOìlOV.)  M.Ind.Atl.  afr.  am.  3. 

§§§   XIPIIIADINI. 

124.  Xiphias,   Cuv.  Med.Atl.eur.  afr.    i. 

125.  Histiophorus  ,  Lacep. 

I.  Tetrapturus,  Lacep.  M.  Ind.  Med.  2. 

2?  Makaira,  Lacep.  Atlantico.  1. 

3.  Histiophorus,  Lacep.  [Notistium,Herm.)  M.Ind.All.afr.am.     5. 

§§§§    CENTRONOTJNl. 

126.  Naucrates,Rafin.  (Ce«<roHofwj,i?mo.)  T.I  M.caldi  e  temp.4. 

127.  Elacates  ,  Cuv.  M.Ind.All.am.  5. 

128.  Ccntvonotus,  Lacep,  part. 

I.  Lichia ,  Cuv.  Med.  Ali.  afr.  4- 


174  Scienze 

1.  Chonnemi\s,Cav.{Scomberoides,Lacep.)Ai\.Pac.fi-a  i  Trop.i6. 
3.   Tracliinolus,  Ciiv.  [Trachinotus ,  Acanthi- 

nion,  Ccesiomorus,  Lncep.J  M.Ind.Atl.m.Pac.   25. 

4-  Apolecliis,  Cuv.  M.  Indico.  i. 

129.  Mastaccm])clus,  Gtonov .  [Rhyn- 
chohdella^  Bl.Macrognathus^L.) 

1.  Rhynchobdella  ,  Cuv.  Arq.dolc.d.As.m.      t. 

2.  Mastacembeliis,  Cuv.  Acq.d.d.As.m. Oc.  8. 

130.  Notacanthus,Guv.(Canj;7/ZcJo/i,i?aZ>r.)Atlant.sett.        1- 

§§§§§    CylRANClNI. 

131.  Coranx,  Lacop. 

I.   Caranx,Cuv.  Tnlt'i  mari.  i6. 

1.  Carangns,   Cuv.  M.  Ind.   Ali    Pac.  -20. 

3.  Gilula,  Cuv.  Med.  Atl.  Pac.  4, 

§§^§§§    VOM BRINI. 

132.  Seriola  ,  Cuv.  Tutt'  i    mari.    7. 

133.  Nomeus  ,   Cuv.  Ali.  americano.  1. 

134.  Tomnodo?!  ,  Cuv.  A  ti. Pacifico.      2. 

135.  OlisUis,  Cuv.  M.  Indico.         1. 

136.  Scyris ,  Cuv.  M.d.Egitto.       2. 

137.  Blepharis,  Cuv.  {Zens^Lac.pnrt.)  Ali.  americano.  4. 

138.  AleCtriSjRalin.  [Gallus,Lacep.necOrn.)M.\n(.\.A\\.  am.  4. 

139.  Argyieiosus  ,  Lacep.  Ali.  am.             G. 

140.  Vonicr,  Cuv.  Ali.  am.           10. 

§§§§§§§    ZEINl. 

141.  Zeus,  L.  Med.  Atl.  eur.   2. 

142.  Cajjros  ,  Lacep.  Mediterraneo.     1. 

143.  Lainpris,Retz.(C/i/^'j'Ofó«^j',Zrtc.)Med.  Atl.eur.    1. 

144.  Efpiula  ,  Cuv.  M.  ludico.       15. 

145.  Mene,  Lacep.  M.  Indico.         1- 

§§§§§§§§    C0P.YP1IAF.NINI. 

14G.  Stromateus,    L.   {Fiotola  .,  lì  isso 

Chr/sostroma ,  Lacep.  del.)    Med. Atl.  Pac.  12;. 


Animali  vertebrati  175 

1 'i7.  Pepiilus ,  Cuv.  All.americ.       5. 

148.  Luvarus,  Rafin.  (ausonia?  liiss. 

Proctoste^ns\  Nardo.)  Med.AlIautico.  1. 

149.  Seseiiiius  ,  Cuv.  Mcditcnauco.    1. 

150.  Kurtus  ,  Bloch.  M.  ludico.         'ò. 

151.  Corypiiaeua  ^  L. 

1.   Coryphaeaa  ,  Cuv.  Med.  Ali. Pacifico,  io. 

a.  Caranxomorus ,  Lacep.  Med.  Ali.  Pacifico.  5. 

3.  Cealrolophus,Lacep./jwciVoi'ac«/a,i?/.jj.]Med.All. europeo.     4- 

152.  Astrodermus,  Bonell.  (^'«"«>-^'*^o)  Mediteiraiieo.     1. 

153.  Pteraclis  ,    Grouov.  {Pteridium  ., 

Scopali.  Oligopodus.,  Lacep.)  A  ti.  americano.  1 . 

FAMIGLIA    10.    CEPOLIDAE. 

154.  GymnetrUS,BL  {Trachjptems,  Bonell- 

Gjmnogaster,  Brunn.  Bogmarus,  Auct. 
Argjrctius,  Scarcina,  Rafin.  Epidennus, 
Ram.Regalecui,  Nardo.)  M.Ilul.Mcd.ALl.9. 

155.  Stylephorus  ,  Shaw.  M.  d.  Messico.    1. 

156.  Cepola,  L.  Med.  Atl.Pac.  3. 

157.  Lophotes,  Gionia.  Mediterraneo.    1. 

FAMIGLIA    11.    TEUTHIDID.E. 

158.  Siganus,  Forsk.  [Euro,  Comm.  Centro- 

gaster,  Houtt.  Amphacanthus,  Bl.)        M.  Indico.  ~0. 

159.  Teuthis,  L.[Acanthurus,Lacep.Harpu. 

rus.Forst.Aspisurus,  Lacep.  del.)  All.Pac.fra  iTrop.  25. 

1.  Teuthis,  Kob. 

2.  Acaulhurus,  Nob. 
5.  Scopas,  Nob. 

4-  Cteaodon,  Nob. 

160.  Prionurus  ,  Lacep.  Atl.  Pac. fra  iTrop.  x 

161.  Naseus,Commcrs.(il/owoce/-oi-,-5/.)Atl.Pac.fra  iTrop.n. 

162.  Axinurus,  Cuv.  M.d.N.  Guinea  1. 

1 63.  PrÌodontÌclllys,Nob.  {Pnodon,Cuv.)  M.  d.  li.  d.  Timor.     I . 


* '"  Scie  n  z  e 

FAMIGLIA    12.   OPniOCEPUALIDAE. 

§   ANADATINI. 

<C4.  Anabas,  Cuv.  Acq..i.cl.  As.m.  Oc.  t. 

-165.  Helostoma,   Kiihl  et  V.  Hass.      Acei.d.d.As.iu.Oc.  i. 
\^Q.  Polyacantlius  ,  Kulil  et  V.  Hass. 

I.  Polyacantlius, Cuv.  Acq.  d.  d.  As.m.Oc.  3. 

a.  Colisa,  Cuv.  Gange.  9. 

3.  Macropodus  ,  Lacep.  Fiumi  della  Cina.     -2. 

1 G7.  Osphromenus  ,    Comm. 

1.  Osphromenus,  Cuv.  Acq.dolc. d. As.Oc.  3. 

2.  Trichopus,  Lacep.  {Trichogaster,Bl.)        Acq. dolc.d. Oceanici. 

168.  Spirobranchus  ,  Cuv.  Rivi  e!.  Afr.  ni.  1. 

§§    OPirrOCEPHALlNI. 

169.  Ophiocephalus  ,   Bl.  Acq.d.d.  As.m.Oc. ao, 

FAMIGLIA    13.   MUGILIDiE. 

§   MVGIUNI. 

170.  Mugil,  L.  Tutt'iM.Fium.30. 

§§    TETRAGONURtNI. 

ITI.  Tetragonuriis ,  Riss.  Mediterraneo     1. 

§§§   ATIIERININI. 

172.  Atlierina  ,  L.  Tutt'iM.L.d'Iial.  20. 

173.  Aphia ,  Riss.  Mediterraneo.     1. 

FAMIGLIA    14.   GOniD^. 

§   DIENNINI. 

174.  Blennius,  L.  Tutt'iM.Fium.25. 

1.  Blennius,  Arted. 

2.  Pholis,  Arted. 

3.  Tripterygion ,  Riss.  Mcdllenaueo.  i. 


Animali  vertebrati  177 

175.  Myxofìes ,   Cuv.  M.  Indico.  5. 

17T).  SaLirias  ,  Cuv.  M.  ludico.  9. 

177.  Clinus,  Cuv.  xMed.  Ali.  16. 

1 78.  Cirrhibarbus ,  Cuv.  M.  Indico.  1 . 

179.  Muraenoides,  ljacACciUro/wius,Schn.)M\iìniìco.  3. 
ISO.  Opistogiìalhus ,  Cuv.                      M.  Indico.  I.' 

181.  Zoaices,  Cuv.  Med.Atl.am.  5. 

182.  Anairhicas  ,  L.  All.eur.selt.  3. 

§§  GoniNi. 

183.  Gobius,  L. 

1.  Gobins  ,  Lacep.  "       Tutt'i  M.  Fium.     5o. 

2.  Gobioides ,  Lacep.  M.  caldi  extra  eiir.  6. 

184.  Tasnioidcs ,  Lacop.  M.  Indico.  1. 

185.  Periophllialmus  ,  Schn.  Arc.d.Molucche.5. 

186.  Eleotris,  Gron.  (^''-ot/ii/M^.O^i'.  rZe/.jMed.  St.am.afr.as.    io. 

§§§     CALLlOXY'MlNr. 

187.  Callionymus,  Cuv.  Med.Atl.am.    18 

188.  Triclionolus,   Schn.  M. Indico.  4 
•189.  Comephorus ,  Lacep.                    Lago  Baikal.      1 

190.  Plaiypterus ,  Kiihl.  Arcip. indiano.    2 

191.  Q,ViìXW's,^^Ì(A\<ì\:[Labrax, Pali  ai, lice  C)  M.  d.  Kamtchatka.     7 

FAMIGLIA    15.    LOPIIiDAir. 

192.  Lophius,  L.  Mcd.  Atlantico.  '/. 

193.  Aiitcnnarius,  Cumni.    {Chirone- 

Ctes^  Cuv.ncc  Auct.)  M.  cald.extr.  eur.      i6. 

194.  Malthe,  Cuv.  iM.caldi cxtr.cur.8. 

195.  Batrachus,  Bl.  A  ti.  Pacifico.    12. 

FAMIGLIA    10.   I,AP>aiDJi:. 

§  L.inniM. 

J96.  Labms,  L. 
G.A.T.LIII.  12 


178  Scienze 

1.  Labrus,  Nob.  {Hiatula,  BLdel?) 

1.  Labrus,  Cuv.  Tutt'i  mari.  4o- 

2.  Crenilabrus,  Cuv.  Med.  tutt'i  M.cald.go. 

2.  Cheilinus,  Lacep.  M.  Indico.  12. 
5.  Lachuolaimus ,  Cuv.  Ali.  americano.        4' 

197.  Julis,  Nob. (  Com  et  Hologjmno~ 

sus,  Lacep. del?) 

ì.  Julis,  Cuv.  Med.  tutt'i  M.  cald. 4o. 

2.  Anampses,  Cuv.  M.  Indico.  2. 

198.  Coricus,  Cuv.  Mediterraneo.  3. 

199.  Epibolus ,   Cuv.  M.  ladico.  1. 

200.  Clepticus  ,  Cuv.  M.  d.  Antille.  1. 

201.  Kìops,Commers.iGomphosus,Lacep.)M.  Ind.  Pac.  5. 

202.  Xirichthys,  Cuv.  Med.M.  caldi.  12, 

§§   CNROMIDINI. 

203.  Malacanthus  ,  Cuv.  M.Ind.M.d.Ant.3. 

204.  Chrorais  Cuv.  M.  Ind.  Med.  Nilo.  io. 

205.  Cychla,  Bl.  pari.  M.  d.  Am.  Indico.  i6. 

206.  Plcsiops,  Cuv.  M.Indico,          4, 

§§§  SCARINI. 

207.  Scarus  ,   Cuv.  Arcgreco.M.cald.  29. 
ivlOS.  Calliodon  ,  Cuv,  M.  Indico.  7. 

209.  Odax,  Cuv.  M.  Indico.         4. 

FAMIGLIA    17.    FISTULARIDAE. 

§   FISTULARINI. 

210.  Fistularia,  L.  M.  caldi.  5. 

211.  Aulostoraus ,  Lacep.  M.  Indico.  1 . 

§§    CENTRtSCINI. 

212.  Centriscus,L.(ij/rtcrorArtw/jAoiw,y,rfe/.)Mediterraneo.     1. 

213.  Araphisile,  Klein.  M.  Indico.         8, 


Animali  vertebrati  179 

ORDINE  2.   MALACOPTERYGII 

OÙim     1  .    OC'bdomUiCCieó   {GasteropterygH.) 


FAMIGLIA  18.  CYPRIIXIDAE. 


...J 


214. 
I. 
1. 
3. 
4. 
5. 
6. 

7- 
8. 

9- 

TO 

215. 
210. 

217. 


218. 
219. 
220. 
221. 
222. 


§   CrPRìNlNt. 

Cyprinus ,  L. 
Cyprinus ,  Cuv. 
Barbiis,  Cuv. 
Gobio,  Cuv. 
Tinca,  Cuv. 
Cirrhinus,  Cuv. 
Abramis ,  Cuv. 
Labeo ,  Cuv. 
Catostomus,  Lesueur. 
Leuciscus ,  Kleìu. 
.  Cbela ,  Buchanan. 
Gonorhynchus  ,  Gronov. 
GobltlS,   L.  (MisgurnuSy  Lacep.  dei.) 

§§    ANABLEPTINl. 

AnaLleps ,  Bl. 

§§§   PAECILINI. 

Paecilia,  Sclin. 
Le])ias  ,  Cuv. 
Fuiidulus ,  Laccp. 
Moline.sia,  Lesucnr. 
Cyprinodoa  ,  Laccp. 


Acque  dolci. 
Eur.As.Af.Am.Oc.  i3. 
Eur.As.  Afr.  Ani.    i^. 
Europa,  Asia.  6. 

Eur.As.  Africa.  4- 
Asia  meridionale.  4- 
Europa,  Asia.  io. 

Afr.Am.As.  Oceanie.  7. 
America  selt.  20. 

Eu.As.Af.Am.0c.i3o. 
As.meridionale.  3. 
Africa  m.  1, 

Acq.  d.d.  Eur.As.   16. 

Fium.d.Am.m.   1. 


Acq.dolc.d.Ara.6. 
Med.  M.  d.  Afr.  Am.  6. 
America.  5. 

America.  3. 

L.  d.  Eur.or.  Am.  s.  f\. 


FAMIGLIA   19.    ESOCID^. 

§    ESOCINI. 

223.  Esox ,   L. 

224.  Galaxias,  Cuv. 


Acq.d.d.Eur  Am.  s.  4- 

America.  2. 


ISO  Scienze 

225.  Aleporcplialu'ì ,  Risso.                  Mctlltcrraneo.  1, 

226.  Microstoma,   Cnv.                         Mocliterraueo.  '1. 

227.  Stomias,   Cuv.                                Mediterraneo.  ^. 

228.  Chauliodus  ,  Schii.                        Mediterraneo.  1. 

229.  Salanx ,  Cuv.                                 Atlantico.  -J. 

230.  Belone,  Cuv. { RaphLiinma,  Hafln.)  Ti\ti"i  mari.  1.'). 

231.  Sayris,  Rafiu.  {Scombrcso.i,  Lacep.)  Mediterraneo.  3. 

232.  Hcmiramphus  ,  Cuv.                     Tutt'i  m.cald.  1  '^. 

§§    EXOCETINf. 

233.  Exocetus  ,  L.  M.caldiclcinp.!2. 

§§§  MonnirRiNi. 

234.  Murmyrus  ,  L.  Fiumi  d.  Air.   1G. 

FAMIGLIA    20.    SILURID.^. 
§    SILURJNI. 

235.  Silurus  ,  L.  Tutt'i  F.  caldi 

1.  Silurus,  Artedi.  Fiumi  calci.  Daiuih.  9. 

2.  Schilbe,  Cnv.  Nilo  F.  d.  Am.  5. 

236.  Mystus,  Artedi,  p.  (Z?07'tì'j^,Zr/c.)  F.d.  America.     7. 

237.  Pimelodu.s  ,   Lacep. 

1.  Bagrus  ,  Cuv.  Nilo, Gange, F. am.  "J/J. 

2.  Sarubiin,   Spix.  Fiumi  d.  Am.   m.     r. 
5,  Hypophthalmus,  Spix.                                 Fiumi  d.  Am.  m.     ?.. 

4.  Pimelodus  ,  Cuv.  Fium.d.Am.Afr.As.4o. 

5.  Synodonlis ,  Cuv.  Nilo, Senegal.  3. 

6.  Ageneiosus ,  Lacep.  Gange,Nilo,Seneg.  3. 

238.  Heterobranchus  ,   GeoflTr. 

1.  Macropteronotus,  Lacep. (C/rt/vV7.9,GroH. )Fiumi  d.  As.  Afr.      5  ^ 

2.  Heterobranchus,   Cuv.  '  Fiumi  d.  As.  Air.       2. 

239.  Plotosus  ,  Lacep.  A.'^ia  m.  Occaii.  2. 

1.  Platystacus,  HI.   part.  Asia   m.  Oceanica,  2. 

2.  Plotosus,  Huchan.  Asia  m.  (ìceanira.  2. 


Animali  vertebrati  ,181 

240.  Calliclifliys,  L.  [Cainphrnctns^Lac)   Flnni.d.Asla  m.2. 

241.  Malapterurus,  Laccp.  Nilo.  Senegal.     1. 

§§    LORlCARlNr. 

242.  Aspreclo,  L.  [Pintjstacus,  B.  pai-t.)    Flum.tl.Americ.  5. 

243.  Loricaria  ,  L. 

I.   Hypostomtis,  Larep.  Fiumi  d.  Am.  m.      o.. 

•?..  Lorìcana,hi\c.{Rinelej)is,Jcanthicits,Si}.)  Fiumi  d.  Am.  m.    4- 

FAMIGLIA    21.    SALMONIDAE. 

§    S.iLMONlNI. 

244.  Salmo  ,  L.  T.iF.Rivi.All.50. 

245.  Osmems,   Avted.  Atl.F.  d.Em-.occ.    i. 

246.  Mallotus  ,  Cuv.  Atl.  settcntr.      '1. 

247.  Thyraallus  ,  Ciiv.  Atl.s.eur.  am.    3. 

248.  Coi'C"'OnuS,C.  {Tr!;>Lcronolus,Lac.deì.)Kc({A.à.^\M\h.m.s  i5. 

240.  Argentina  ,  L.  Mctlitcrraiioo.    1 . 

250.  Curiniatus,Cuv.{P«c/i,^HOfZ«5,5yy(.r.)  F.tl.Amrr.m.    10. 

251.  Anostomus,  Cuv.  F.d.AuK-iica  m.  1 . 

252.  Gasteropelecns  ,  Bl.  F.d.Asia  ni.        1. 

253.  Characinus,  Art.  p.  {Piabucus^Cuv.)  Am.  m.  10. 

254.  Senasalmo  ,  Lacep.  Am.  m.  5. 

255.  Tetjagonoptems  ,  Arted.  Oceanica. Am.  3. 

256.  Clialceos  ,  Cuv.  Am.  m.  3. 

257.  iMyletes,  Cuv.  F.d.Am.Nilo 

§§    AULOPODINI. 


(>. 


258.  Hydroryon,  Cnv.  {Cjnodon,  Xi- 

phostoma^  Spix.)                         F.tVa  i  Trop.  0. 

259.  Citlsarinus  ,  Cuv.                           Nilo.  3. 

260.  Sauvus,Ci\v.{Harpor/onJ.cs.deL)  iM.In.Med.L.Mcss  ^o. 

261.  Scopolns,  Cuv.  (^er/;e, /?m.)     Mcd.  Ali.  3. 

262.  Anlopus  ,  Cnv.                                 Ricdilcnv.nco.  1. 

263.  Stcrnoj)lyx  ,  llciin.  Ali.  fra  i  rivp.  2. 


182  SciErTzE 

FAMIGLIA   22.   CLUPEIDVE. 

§    CLUPEINI. 

264.  Clupea  ,  L. 

1.  C\u^eai,Cuv.{Clup.  etClupanodon,Auct.)W..lnAMeA.M\.V.  12. 

2.  Aiosa,  Cuv.                                                  M.Ind.Med.Atl.F.  io. 

3.  Chatoessiis ,  Cuv.  M.  Ind.  Atl.am.  8. 
4?  Pomolobus,  Rafin.  F.Ohio.  2. 
5?Doro3oma,  Rafin.  F.  Ohio.  x. 
6?  Nolemlgomis,  Rafin.                                 F.Ohio.  1. 

265.  Odontognathus,  Lacep.  {Gnatho- 

bolus^  Schii,) 


266. 

Pri.stigastcr  ,  Cuv. 

AtL  Pacifico. 

4. 

267. 

Notopterus  ,  Lacep. 

Stagni  d.As.m. 

L 

268. 

Engraulis  ,  Cuv. 

I. 

Engraulis ,  Cuv. 

M.Iad.Mpd.Atl.am 

.12. 

1. 

Thryssa,  Cuv. 

M.  Indico. 

4- 

3?  Alpisiuaris  ,  Risso. 

Mediterraneo. 

269. 

Mcgalops  ,  Lacep. 

Am.  As.  in. 

2. 

270. 

Elops  ,  L. 

M.  Ind.  Atl.  Pac. 

^■ 

271. 

Butirinus  ,  Comraers. 

M.  Ind.  Atl.  Pac. 

5. 

272. 

Chiroccutrus  ,  Cuv. 

M.  Indico. 

1. 

275. 

Hyodon  ,  Lesueur. 

§§   AMINI. 

Ac(].d.d.x\m.s. 

2. 

274.  ErytlirÌchthyS,Nob.(J?r)'f/tn>i«i,G7\)  Acq.d.d.paesi  cald.  6. 

275.  Amia,  L.  Fiumi  d.Ani.s.  4. 

276.  Sudis  ,   Cuv.  F.d.Am.m.Nilo.Sen.3. 
277.0steoglossura,Vand.(/jc/ic>/Joxoma,iS/».)F.d.Bra.siIe.      I . 

278.  Lepisosten.s  ,  Lacep.  Acq.d.d.Am.ra.7. 

279.  Polypterus  ,  Geoflr.  Nilo.SenegaL     2. 


Animali  vertebrati 


183 


UÙml  n,  óub^zaccmccni.  iStemopteijgU.) 


FAMIGLIA  23.    GADIDAE. 


§ 

GADINl. 

280. 

Gadus ,  L. 

I. 

Morrhua ,  Cuv. 

Atlantico.  Med. 

12. 

2 

Merlangus  ,  Cuv. 

Atl.  Mediterraneo 

•  4. 

3. 

Merluccius,  Cuv. 

Atl.  Med.  Pacifico. 

3. 

281. 

Lota,  Cuv.  {Lotta^ 

jRisso.) 

Atl.Med.Fium 

5. 

282. 

Motella,  Cuv.  {Otios,  Hisso.) 

Atl.  Med.Pac. 

5. 

283. 

Brosmius  ,  Cuv. 

Atl.settentrion 

2. 

284. 

Brotula  ,  Cuv. 

M.d.Antille. 

1. 

285. 

Mora ,  Risso. 

Mediterraneo. 

1. 

286. 

Pliycis  ,  Artedi. 

Med.Atl.am.s. 

'I. 

287. 

Raniceps  ,  Cuv. 

Atlantico. 

2. 

§§    MACROURINI. 

288. 

MacrourUS,  Bl.  [Lepidoleprus,  Risso 

•jMed.Atl.Pac. 

3. 

FAMIGLIA   24.    PLECRONECTIDAE. 


289.  Pleuronectes ,  L. 

1.  Platessa ,  Cuv. 

2.  Hippoglossus,  Cuv. 

290.  Rhombus,   Cuv.  {Bothus,Rafin.) 
i.  Rhombus ,  Nob. 

1.  Bothus,  Nob. 

291.  Solca,  Nob. 

1.  Solca,  Cuv. 

2.  Monochir,  Cuv. 

3.  Achirus  ,  Lacep. 
4-  Plagubia  ,  Brown. 


Atl.eur.araepcano.  i  o. 
M.Ind.Med.All.      io. 
M.Ind.  Med.AlI.     Jo. 
M.Ind.Med.All. 
Mediterraneo.  Ali. 

M.Ind.Med.All.  20. 

M.Ind.Med.Atl.  7. 

M.  ani.  Ind.  4- 

M.  am.  lud.  6. 


■$^4  Scienze 

FAMIGLIA   25.    CYCLOPTEUIDE. 

292.  Lcpatìogaster  ,   Gouau. 

1.   Lepadogaster  ,  Liicep.  Mcd. Alla ii lieo.        6i. 

•X.  Gobiesox ,  Laccp.  Medit.  Ali.  4- 

293.  Gycloptcrus  ,   L. 

1.  Cyclopterus ,   Ciiv.  [Luntpus,  Ari.)  Ali.  eur.  am.  8. 

2.  Liparis,  Arted.  Ali. eur.  a m.  4- 

FAMIGLIA    20.    ECÌIE3JEIDID/E. 

29-4.  Echeaeis,  L.  Mcd.AlI.Pac.     4. 

iJUmi    Ó.     CXpO?C(5.     {Peropterra,ii.) 
FAMIGLIA   27.  OrUIDIDAE 

295.  Ophidium  ,  L.  Mcd.  Ali.  Pac.  5. 

296.  Fierasfcr ,  Cuv.  Mediterraneo.  2. 
29T.  Aramodytes  ,  L.  Med. Atlantico.  3. 
298.  Leptoceplialus,   Pennanl.  M.cald.Med.Atl.O. 

FAMIGLIA    28.    MUllEIVIDAE. 

§  ariìiNoriNi. 

?299.  Ercmophilus ,  Humboldt.  Fium.d.Am.  m.l. 

300.  Gymuaiclm.s  ,  Guv.  Nilo.  1  - 

301.  Gymnolus  ,   L. 

1.  Gymnotus,  Lacep.  Fiuini  d.x\m.  ni.       2. 

2.  Carapus  ,  Cuv.  Fiumi  d.  Airi.  ni.     5. 

3.  Apteronotus,  Lacep.  {S(cr/iai-cr'ius,Schn.)  Fiiiiui  d.Ani.  m,     '!■ 

§    MUnJENlNI. 

302.  Saccopharynx,  Mitcliill.  {Ophio- 

gnathus\,  Hanvood.)  Allanl.am.sclt.  2, 


Animali  vertebrati  185 

303.  Muraena,  Tliunbcrg.  [Gjmnoihorax, 

Bl.  Murcenophis,  Gymnomurcena,  Lac.)ì.\Xt\,    1  mari.  20. 

304.  Anguilla,  Thunberg.  {Murena,  Bl.) 

1.  Anguilla,  Guy.  {Murcena,Lacep.p.}         F.Riv.Med.All.Pac.  6. 

2.  Conger,  Cuv.  [Murcena,  Lacep  p.)         Tult' i  mari.  io. 

3.  Ophisurus ,  Lacep.                                     Tutt' i  mari.  12. 

§§§   APTERICIITHINI, 

305.  Sphagebranchus,  Bl.  M.Indico.  Med.  6. 

306.  Apterichtbys,  Dum.  {CcBcilia,Lac.)  Mediterraneo.  2. 
307i  Monopterus  ,   Comraers.               M.d.Giava.  1. 

308.  Synbrancbus,  Bl.  {Unibrancha- 

perturus^  Lacep.)                      M.  Indico.  5. 

309.  Alabes ,   Cuv.                               M.  Indico.  1 . 


j^^nt    2,    %$fkAx^mku    {Syngnathi.) 


ORDINE  5.  OSTEODERMI 


FAMIGLIA   29.   SYNGNATHIDAE. 


§    SVNGNATHINI. 

310.  Syngnatbus,  L. 

1.  Typhle,   Rafin. 

2.  £ipliostoma,  Rafin. 

3.  Syngnalhus,  Rafin. 

4.  Nerophis,  Raf.  [Scjphius ,  Risso.) 

311.  Hippocampus  ,  Cuv* 

312.  Solonostomus  ,  Lacep. 


§§   PEGASINI. 


313.  Pegasus ,  L, 


Tutt'  i  mari.   25, 

Tutt'  i  mari. 
Tutt'  i  mari. 
Tutt'  i  mari. 
Tuli'  i  mari. 
T.i  M.cald.e  terap.12. 
M.  Indico.  1 . 


M.  Indico. 


12^ 


186  Scienze 


ORDINE   4.  GYMNODOÌVTES 
FAMIGLIA   30.    TETIlAODO]\TIDAE. 

314.  Diodon  ,  L.  Tutt'i  M.caldi.  20. 

315.  Tetraodon,  L.  (Orbis,Ooi>idus,Lac.)  TaiCiM.caìàì.'ÒO. 

316.  Orthagoriscus,  Schxì.{Cepfialus,Sh. 

Mola,  Riss.  Orthragus,  Raf.)  Med.Atl.Pac.  cald.     7. 

31 T;  Triodon,  Cuv.  M.  Indico.  1. 

ORDINE    5.    SCLERODERMI 

FAMIGLIA  31.    BALISTIDAE. 

318.  Balistes,  L. 

1.  Balistes,  Cuv.  M.  cald.  Med.         36. 

2.  Balistopus,  Tilesius.  M.cald.exlra-eur.     i. 

3.  Monacanthus,  Cuv.  M.cald.extra-eur.  20. 

4.  Aluterus,  Cuv.  M.cald.exlra-eur.  10. 

319.  Triacantlms,  Cuv.  M.  Indico.         1. 

320.  Ostracion,  L.  M.tropic.Med.25. 


Animali  vertebrati  18T 

SOTTOGLASSE  2.  CARTILAGINEI.  {ChondropterygU.) 
i^^mnt     t»    @febmJSi|IWJel    {Branchiatl.) 
ORDINE  6»  ELEUTHER0P03II 

FAMIGLIA  32.    ACIPE?fSERID/E. 

321.  Acipenser,   L.  Med.All.F.eur.am.  12. 

322.  Polyodon,  L.(5)D«^^^/rt/7rt,67^aTV.)Mississipi.  1. 

ORDINE    7.   ACANTHORRHINI 
FAMIGLIA  33.    CniMiERIDE. 

323.  Chimojra  ,  L.  Med..\tI.artìco.  I. 

324.  Callorliynchus  ,   Gronov.  Pac. antartico.    1. 


^^Ì%^nt    2,     ^tmXUUfnU    {Spìraculati.) 

ORDINE    8.    PLAGIOSTOMI 

FAMIGLIA  34.    SQUALIDAE. 

325.    Scylliuru,  Cuv.  {Scylliorhinus,Blaìiw.) 

1.  Scyllium,  ]Nob.  M.  Iiid.  Med.  Atl.    i5. 

2.  Prisliurus ,  Nob.  T  Meditenaueo.  »• 
32G.   Squalus  ,   Nob.  [Carcharias ,  Risso.  ) 

1.  Carcharias  ,  Cuv.  M.  cald.  e  temp.      20. 

2.  Alopias,  Rafiu.  Mediterraneo.  i. 
5    Rhincodon  ,  Smith.                                    Atlantico  afr.            i. 

4.  Somniosus,  Lesuenr.  Atl.  d. Ara.  seti.  i. 

5.  \-'Ami\a,C\i\.{Lmiia,Riss.huclsunts?Raf.)MfiA. Atlantico.         3. 
ù.   Galeiis  ,  Cuv.  Med.  Atl.  Pacifico.    4- 


^gS  SciEItZE 

327.  Mustelus  ,  Cuv.  Med.Atlantico.  3. 

328.  Notidanus,  Cuv.  M.  Ind.  Med.  Atl.    4. 

I.  Hexanchus  ,  Rafin.  Mediterraneo. 

1.  Heptranchias  ,  Rafin.  Mediterraneo. 

329.  Selache  ,  Cuv.  Atl.sett.araer.  2. 

330.  Cestracion,  Cuv.  M.d.N.Oland.    1. 

331.  Spinax,  Cuv.  {Jcanthias,Risso.)        Med.  Atlantico.  5. 

332.  Centnna,Ci\v.{Oxjnotus,Rafin.)Meà.At\anlico.  3. 

333.  Scymnus.Cuv. fDalatias,  Raf.  part.)  Tutt'i  Mari.      7. 

334.  Sphyrna,Raf.{Zj^^n«,CMi'.«ecFaèr.)  M.Ind.Med.Atl.4. 

335.  Squatiiia,Dumer.  {Rhina^Rafin.)  Med.Atlantico.  6. 

FAMIGLIA  35.   RAJIDiE. 

33G.  Pristis,  Latli.  (Pristobatus,  Blaim.)  T.iM.cald.Med.7. 

337.  Rhinobatus  ,  Schn. 

1.  Rhinobatus  ,  Scliru  M.Tnd.Med.Atl.P.  11. 

2.  Rhina,  Schn.  M.  Ind.  Pac.  4. 

338.  Torpedo  ,  Duraer.  lNarcobatus,Bl)  T.iM.cald.etemp.n. 

339.  Raja  ,  Cuv.  Tutt'i  Mari.    25. 

1.  Leiobatus  ,  Blainv. 

2.  Dasybatus /Blainv. 

340.  Trygon,  Adams.  {Trjgonobatus, 

Blaiìw.  Dasjatis,  Rafin.)  T.  1  M.cald.Med.   20. 

341 .  Anacanthus,  Ehrenb.  M.  rosso.  Ind.    3. 

342.  Myliobatis ,  Duraer.  {Mtohatus,  Bl.) 

1.  Myliobatis,  Cuv.  T.iM.cald.Mcd.Atl.ir. 

2.  Rhinoptera ,  Kuhl.  M.Ind.Atl.am.  4- 

343.  Ceplialoptera,  Duraer.  {Diceroha- 

tusj  BL  Aoclon^  Lacep.  del.)    M.Ind.Med.Ailam.  3. 


Animali  vertebrati  489 

ORDIINE  9.  CYCLOSTOMI 

FAMIGLIA  36.   PETROMYZONID^. 

§    GASTROBRAN CHINI. 

344.  Gastrobranclius ,  Bl.  Atlant.sett.       2. 

§§   PETROMYZONINI. 

345.  Petromyzoa  ,  L.  Med.Atl.F.d.ant.C.  6. 

346.  Myxine  ,  L.   {Heptatremus,  Dumer.)  M.  Indico.  1 . 

347.  Aramocoetus  (^) ,  Dumer.  Rivi  europei.     2. 

Numero  totale  delle  specie.     3586. 
(*)  Costituisce  il  passaggio  immediato  verso   gì'  InveiteLrati. 


490 

AGGIUNTE   E   CORREZIONI 

-  '^•'  •  RELATIVE 

AGLI   ANIMALI  VERTEBRATI   A  SANGUE  CALDO- 


Prospetto   della  Classe   I.    Mammalia. 

Nella  Sottoclasse  1.  quadrupedia  credo  oppor- 
tuno suddividere  là  Famiglia  3.  Lemuridce  in 
due  Sottofamiglie  ,  che  saranno 

§  LEMURiNA.   Arti  liberi  :    mascellari   tuberco- 
lati  o    cristati.  Omnivorl. 

§§  GALEOPiTHECiNA.  Arti  di  ciascuu  lato  riu- 
niti per  mezzo    d'una   membrana  pelosa  :    quattro  ma- 
scellari a   più  punte  aguzze.         Insettivori. 
Il  solo  genere   Galeopithecus. 

L'Ordine  2.    chiroptera    dovrà  suddividersi 
in  due  Famiglie  elevando  a  questo  rango  il  gruppo 
detto  Pteropina.  Esso  si   chiamerà  Pteropodidce  -. 
la  Famiglia  p^espertilionida^  poi  comprenderà  sotto 
di   se   le   altre    quattro  Sottofamiglie.   I   caratteri 
eh'  erano  stati  riferiti  sotto  la  Famiglia    Vesper- 
tiliones  vanno  riuniti  a  quelli  dell'Ordine  :  quelli 
delle  nuove  Famiglie  saranno  espressi  come  segue: 
FAMIGLIA  4.  PTEROPODID/E.  Mascellari  ottusamen- 
te tubercolati  o  lisci.  Capo  couico,  allungato  :  canini 
robusti  ;  incisivi  piccoli  ,   stretti  fra  i  canini ,   inutili. 
Frugivori.  Gregarie. 

FAMIGLIA  5.  VESPERTiLiONlDyE.   Mascellari  a   più 
punte   aguzze.         Insettivori. 

s 

La  Famiglia  5.  Insectivora  deverà  elevarsi    al 
rango   d'Ordine,    meritando   d'essere    separata  dai 


Animali  vertebrati  191 

Carnivori  molto  più  che  il  giuppo  Pinnipedia. 
Applicherò  al  nuovo  Ordine  il  nome  di  bestiae, 
che  si  trova  ,  benché  con  altri  limiti ,  nelle  pri- 
me edizioni  delle  opere  di  Linneo.  Le  suddivi- 
sioni poi  verranno  elevate  al  rango  di  Famiglie 
sotto  i  nomi  6.  Talpidos.  7.  Soricidce.  8.  Erina- 
ceidce.  Quindi  il  gruppo  Carnivora  costituirà  da 
se  solo  l'Ordine  4.  ferae.  Credo  benfatto  sud- 
dividerlo in  tre  Famiglie  ,  elevando  a  questo 
rango  il  gruppo  Ursina  ,  che  contiene  le  meno 
Carnivore  delle  Fiere,  sotto  il  nome  10.  Ursida;^ 
e  limitando  agli  altri  quattro  la  Famiglia  11.  Fe- 
lidce.  A  queste  due  Famiglie,  che  vanno  modificate 
alquanto  ,  se  ne  preponga  una  nuova  Cercolepti- 
dce  per  quell'  essere  singolare  il  Cercoleptes  cau- 
divohidas  ,  che  sembra  intermedio  fra  i  Quadru- 
mani^ le  Fiere  e  le  Bestie-,  questa  si  esporrà  co- 
me segue  : 
FAMIGLIA  9.  CERCOLEPTiDiE.  Due  sole  mammelle, 

inguinali  :  lingua  lunghissima,  estensibile  :  coda  preen- 

sile ,  totalmente   pelosa. 

Siccome  nell'  Ordine  5.  pinnipedia  converrà 
dar  luogo  al  genere   Latax   smembrandolo    dalle 
Lontre  ,  alle  quali    è   tuttavia  vicinissimo,  si  co- 
stituirà con  esso   una  Sottofamiglia  da   compren- 
dersi  nella 
FAMIGLIA  12.  PHOCID^.  Canini  inclusi  nella  bocca. 
§  LATAci  NA.  Piedi  posteriori  piiì  lunghi  ,  di- 
slanti   un   dall'  altro. 

§§  PHociNA.  Piedi  posteriori  rivolti  all'  indie- 
tro ,  vicini  fra  se. 

Nell'Ordine  6.  marsupialia  la  presenza  dei  Ca- 
nini  non  è  il  carattere  opportuno  a  rappresentare 


193  Scienze 

■  iy^-  le  naturali  divisioni  :  converrà  rinunziarvi,  e  sud- 
dividere l'Ordine  secondo  le  condizioni  dei  denti 
da  Carnivori,  da  Insettivori ,  e  da  Frugivori.  Stan- 
do a  questi  principii  dovrà  staccarsi  dalla  Fami- 
glia Didelphidce  il  genere  Thjlacinus ,  che  ri- 
spetto alla  dentatura  è  anche  più  carnivoro  di 
qualunque  Fiera  ;  e  se  ne  costituirà  una  nuova  Fa- 
miglia. Anche  i  generi  Petaurus  e  Hypsiprjmnus 
dovranno  rimuoversi  dalle  Didelpliidce  e  ceder- 
si alla  Famiglia  seguente,  che  si  chiamerà  tutta- 
via Halmaturidce .  Ecco  il  prospetto  delle  tre  Fa- 
miglie : 
FAMIGLIA  14.  thylaci]\id;k.  Dentatura  da  Ferce -. 
pili    denti  ferini   sopra    e  sotto! 

FAMIGLIA  15.  DiDELPniD/E.  Dentatura  da  Bestice -, 
niun  ferino;  tre  o  quattro  mascellari  a  più  punte  aguz- 
ze da   ciascun   Iato. 

FAMIGLIA  16.  HALMATURID./E.  Dentatura  da  frugi- 
vori ;    niun  ferino  ;  mascellari  tubercolosi. 

Quest'  ultima    potrà  suddividersi    come    appresso  : 
§  PETAURiNA.  Arti  di  lunghezza  uguale  :  coda 
lunga. 

§§  HALMATVRiNA.  Arti  anteriori  brevissimi  y 
posteriori  lunghissimi  ;  coda  che  fa  l'uffizio  d'un  ter- 
zo  arto    posteriore  ! 

§§§  PHAscoLOMiNA.  Arti  di  lunghezza  uguale  : 
coda   subnulla. 

E  stato  sempre  uno  scoglio  pei  naturalisti  il 
suddividere  l'Ordine  7.  glires  ,  e  specialmente 
la  sua  prima  tribù ,  in  Famiglie  e  Sottofamiglie. 
Ecco  una  distribuzione  se  non  perfetta  almeno 
migliore  di  quella  già  presentata  .- 


AiNlMALl    VERTEBRATI  193 

FAMIGLIA  17.   MURIDAE.   Mascellari  semplici. 

§  scivRiNA.  Coda  lunga,  pelosa:  pelame  uni- 
formemente  molle. 
1  generi  Sciuius,  Pteromys,  Myoxus,  Meriones. 

§§  ARCTQMiNA.    Cocla    breve  o  niuna  :  pelame 
quasi  uniformemente   molle. 
I  generi  Arctorays,  Spermophilus,  Aspalax,  Cricetus. 
§§§  MURiNA.  Coda  squamosa  :  pelame  misto  di 
setole  o  di  pungiglioni. 

I  generi  Mus ,  Hydrorays,  Otomis,  Bathyergus,  Neo- 
toma ,  Sigmodon. 

FAMIGLIA  18-  CASTORIDAE.  Mascellari   composti  , 
o  semicomposti. 

§  CASTOB.INA.  Mascellari  semicomposti,  forniti 
di  radici. 

I  generi  Castor  ,  Fiber  ,  Myopotamus  ,  Caprorays , 
Ecliymys  ,  Jaculus ,  Dipus  ,  Saccomys. 

§§  ARvicoLiNA.  Mascellari  composti ,  privi  di 
radici.         Erbivori  ! 

I  generi  Arvicola,  Lemnus,  Pseudostoma,  Pedestes. 

Nei   caratteri  della  Famiglia  14  (ora  21)  Ca- 
videe  invece   della  parola   setole  si  deve  leggere 
peli  (che  è  piìi  generica.)  Questa  famiglia  si  po- 
trà suddividere  nei  due   gruppi  qui   appresso  : 
§  CAFINA.  Mascellari  composti ,  privi  di  radici. 
I  generi  Hydrochaerus  ,  Cavia. 

§§  DASYPROCTiNA.  Mascellari  semicomposti. 
I  generi  Dasyprocta  ,  Cselogenus. 

Si    avverta  che  nella   Famiglia  12  (ora  19) 
Hystricidce  i  mascellari   sono  semicomposti  e  nel- 
la seguente  (20)  Leporidce  sono  composti  e   privi 
di  radici. 
G.A.T.LIII.  43 


194  Scienze 

La  Famiglia  15  (ora  22)   Chiromidce  appar- 
tiene alla  prima  tribù  dalle  clavicole  compiute  , 
e  non  già  air  altra,  quantunque  formi  convenien- 
temente l'anello  di  congiunzione  coli' ordine  bruta. 
L'Ordine  bruta,  va  suddiviso  come  appresso  : 
FAMIGLIA  23.  BRADYPODiD^.  Denti  :  niun  incisi- 
vo ;  al  pili  dieciotto  molari  :  muso  corto  :  arti  ante- 
riori più    lunghi- 

FAMiGLiA  24.  DASYPODID^.  Denti  :  niun  canino; 
molari  da  ventisei  fino  a  novant'otto:  muso  allungato. 
§  DASYPoniNA.  Corpo  catafratto  :  denti  consi- 
stenti in  cilindri ,    oppure  semplici  lamine  ,    privi  di 
radici. 

§§  ORYCTEROPODiNA.  Corpo  pcIoso  :  molari  fl- 
trosi ,  cilindrici ,  privi   di   radici. 

FAMIGLIA    25.     MIRMECOPHAGIDyE.     Senza    denti  : 
bocca  piccolissima  :  lingua   stretta  ,  emissile. 

§  MiRUEcoPHAGiNA,  Corpo  peloso  :  Unghie  an- 
teriori robuste  e  taglienti. 

§§  MANINA.  Corpo  squamato. 

Neir  Ordine  9.    belluae    si    distragga  dalla 

Famiglia   delle  Snidai  il  gruppo  Hjracina  ,  così 

singolare  per  la  sua  analogia  coi  Rosicanti,  e  se 

ne  faccia  una  Famiglia  da  situarsi  fra  Eqaidce   e 

Suidce  come  segue? 

FAMIGLIA  31.  HYRACIDAE.  Dita  anteriori  quattro, 

posteriori  tre  :  un'  unghia  ricurva  al   dito   interno   dei 

posteriori  !  Pelle  abbondantemente  vestita  di  peli  :  due 

incisivi  soltanto  di   sopra. 


Animali  vertebrati  195 

La  Sottoclasse  2  dovrà  esporsi  cosi  : 
SOTTOCLASSE  2.  CETE. 

Arti  posteriori  mancanti  (  indicati  semplicemente 
da  ossa);  gli  anteriori  consistenti  in  pinne  :  collo  non 
distinto  dal  tronco  :  corpo  pisciforme  terminato  in  una 
coda  cartilaginea,  orizontale,  pinniforme.  Vivono  nell' 
acqua  esclusivamente  :  privi  di  orecchiette  :  senza  pelo. 

ORDINE  li.  SIRENIA 

Mammelle  pettorali  ;  narici  situate  anteriormente  , 
inette  a  spruzzar  acqua  :  arti  posteriori  connati  colla 
coda.         Fitofagi. 

FAMIGLIA  34.   MANATiDiE.   Mascellari   composti  o 
seraicomposti  a  corona  piana  o  solcata. 

ORDL^E    12«  HYDRAULA 

Mammelle  inguinali  :  narici  situate  superiormente, 
atte  a  spruzzar  acqua  :  arti  posteriori  nulli.       Zoofagi. 
FAMIGLIA  35.  DELPniiviD^.  Testa  piccola  o  me- 
diocre. 

§  DELPJUNiNA.  Denti  conici  per  lo  pili  nume- 
rosi e  in  ambo  le  mascelle. 

§§  MONODONTiNA.  Duc  lungliissime  zanne  dritte 

ed  aguzze   impiantate    suU*  osso   interraascellare   (una 

delle    due  per  lo  più  rudimentale)  ;  niun  altro   dente. 

FAMIGLIA   36.    BALAEiviDyE.    Testa   enormemente 

grossa. 

§  PHYSETERiNA.  Denti  persistenti  inferiormen- 
te soltanto  ,  i  quali  entrano  in  cavita  corrispondenti 
della  mascella  superiore. 

§§  BALAENiNA.  Niun  dente  inferiormente  :  due 
lamine  cornee  fesse  irregolarmente  verso  l'orlo  a  gui- 
sa di  pettine  ,  attaccate  alla  mascella  superiore  ,  le 
quali  chiudono  lateralmente  la  bocca. 

13^ 


196  Scienze 

Tavola  Metodica  della  Classe  I.  Mammalia. 

E  inutile  avvertire  che  in  questa  si  debbono  in- 
trodurre i  cambiamenti  corrispondenti  a  quelli  indicati 
pel  Prospetto  ,  e  gli   altri   che    ne  sono   conseguenze. 

Nella  famiglia  delle  Lemuridce  dopo  il  genere  20 
Stenops  dovrà  prender  posto 

20.  b.  Perodicticus  ,   Bennett  Afr.  1 . 

Dopo  il  genere  47.  Hylogale  della  famiglia  So- 
ricìdce  s'introducano  i  seguenti  (uno  dei  quali  era  sta- 
to inserito  con  dubbio  sotto  il  gen.  61.  Viverra.) 

47.  b.  Macroscelis  ,   Smith.  Afr.  2. 

47.  e.  Gymnura  ,  Horsf,  Oc.    1 . 

S'aggiunga  un  genere  affine   al  53.  Arctictis. 
53.  b.  Paguma  ,  Gray.  As.  m.   i. 

Il  soltogenere  Mellivora  del  genere  59.  Gulo  do- 
vrà essere  separato,  e  riguardalo  come  genere  da  se, 
e  le  sue  suddivisioni  diverranno  sottogeneri  :  esso  si 
accosta  molto  al  gruppo  Felina. 

Dopo  il   genere  58  Mydaus  s'inserisca 

58.  b.  Helictis  ,  Gray.  As.or.Oc.2. 

Sotto  il  genere  62.  Herpestes  s'aggiunga  un  nuo- 
vo sottogenere,  che  dovrà  figurare  come  il  secondo,  ed  è 
2.  Atilax ,  Fr.  Cuv.  As.  m.  i. 

Nel  genere  64.  Canis  si  elevi  al  grado  di  sot- 
togenere il  gruppo  Lycaon  che  ha  per  tipo  il  Canis  pi' 
ctus  eminentemente  distinto  dall'  aver  quattro  dita  per 
piede,  e  si  esponga    cos'i  ; 

2.  Lycaon,  Brooks,nec  Wagl  (Cj-nhjKna,  Br occhi ■)Mx.i' 


I 


Animali  vertebrati  197 

Gli  altri  Ire  giuppctli  si  caniprendcranno  sotto 
il  soltogencre  1  Canis. 

Nel  genere  67.  Felis  s'inserisca  per  primo  un  nuo- 
vo sottogenere,  che  è  il  seguente  ,  e  il  cui  tipo  è  la 
Felis  juhata  dalle  unghie   non   retrattili. 

I.  Cynailurus,  Wagl.  Oc.  i. 

Neir  ordine  pinnipedia  avanti  a  tutti  gli  altri  ge- 
neri si  dark  posto  al  seguente,  che  come  è  stato  detto, 
conviene   smembrare  dalle  Lontre. 

70.  b.  \ja\A\fì\oQ<òx.{Enhydra^Flem^  As.s.Am.s.i. 

La  patria  del  genere  91.  AulacoduJs  è  l'Africa. 

Fra  i  gen.  98.  Leranus  e  99.  Aspalax  s'introducano 
98.  b.  Ctenodactylus ,    Gray.  Afr.  \. 

98.  e.  Rhizomys  ,  Gray.  As.or.Oc.2. 

Dopo  il  genere  100.  Bathyergus,  IH.  si  aggiunga 
100.  b.  Ctenomys  ,   Blainv.  Am.  m.  1. 

Fra  104.  Di  pus   e  105.  Meriones  si  ponga  il  ge- 
nere  che   segue,  di  cui  è  tipo  il  Gerbillus  canadensis. 
•104.b.Jaculus,Wagl,(/)/er/one,y,Fr.Cwp-)Ara.s.1. 

Fra  i  Rosicanti  piiì  affini  a  Mus  si  aggiunga 
112.  b.  Dendromys  ,  Smith.  Afr.  1. 

Si  aggiunga  al  genere  1 1 4.  Hystrix,  il  Sottogenere 
3.  Atherurus,  Cuv.  Oc.   i. 

Si  divida  in  due  il  genere  118.  Lagostomus,  cioè  r 
LagOStomus,  Br.  [Viscaccia,  Sch.  DoUchotis?  Desm.) 
Eriomys,  Vender  Haven.  {Chinchilla ,  Grnj.) 

Si  noti  poi  che   questi  animali  hanno  le  clavicole 


198  Scienze 

compiute  ed  appartengono    alla    famiglia  Castoridce^ 

invece   di  spettare  a  quella  delle    Cavidce. 

Il  genere   126.  Dasypus  dovrà  suddividersi   cosi  : 

1.  Tolypeutes ,  IH. 

2.  Dasjpus ,  Fr.   Cuv. 

3.  Tatusia ,  Fr.  Cuv.   (Euphractus ,  Wagl.) 

4.  Xenurus,  Wagl. 

5.  Priodon ,  Fr.  Cuv.  (Cheloniscus ^  Wagt.) 

Il  genere  129.  Myrmecopliaga  essendo  stato  ripar- 
tito dal   Wagler  nei   tre  generi 

I.  Myrmìdon.  {Didactylis ,  Fr.  Cuv.) 
1.  Uroleptes.  (Tamandua,  Fr.  Cuv.) 
3.  Myrmecopliaga. 

questi  potranno    considerarsi    come   sottogeneri,  e  ver- 
ranno sostituiti  alle  divisioni  incerte  del  signor   Gray. 

Si  esponga  come  appresso   il  genere  1 63.  Delplii- 
nus ,  ora   Sottofamiglia 

§   DELPHININA. 

163.  Delpliinus ,  L. 

1,  Platanista  ,  Wagl.  [Susu,  Less.) 

2.  Delphinus,  Cuv. 

1.  Delphinorhyuchus,  Blainv. 

2.  Delphinus ,  Bl. 
3?0xyplerus,  Rafia. 
4-  Pliocaena  ,  Cuv. 

5.  Grampus  ,   Gvaj .{Globìcephala ,  Less.  Cetus,  TVagl)  3. 

6.  Beluga, Gray.  [Delphis,  Wagl.  Delphinapterus,Lac.)  3. 

7.  Tursio,  Wagl.  (Delphinapterus ,  Lacep.  pari.]  1. 

8.  Orca,  Wagl.  [Diodon?  Less.  nec  Auct.)  2. 

164.  Hyperoodon,  Lacep.  (Nodiis  ,  TVagl. 
jtodon^Less.  nec  Auct.Heterodon.,BlaiìW. 
Uranodon.,111.  Epiodon?  Rafin.)  {^).         2. 

?165.  Ziphius,  Cuv.  Foss.  3. 

(•)  Anarnacus,  Lac.  [An  cylodon  ,  III.)  è  piultojlo  sinonimo  di  Monoilon. 


Tutt' 

i 

mari. 

M.  d. 

As 

.  m.  I. 

(I 

Foss.)5. 

IO. 

2. 

IO. 

Il 


Animali  vertebrati  199 

Classe  2.  Monotremata. 

Sotto  questa  al  genere  Echidna  si  debbono 
assegnare  due  specie  non  una. 

Prospetto  della  Classe  3.  Àves. 

Le  Famiglie  15.  Sjhida;  e  19.  Fringillida* 
sono  divise  in  buone  Sottofamiglie,  ma  nel  defi- 
nirle convien  rinunziare  ai  caratteri  presi  dalle 
remiganti,  che  sono  insufficienti,  e  solo  atti  a  di- 
stìnguere fra  loro  i  gruppi  più  subalterni.  Secon- 
do la  bellissima  osservazione  dello  Swainson,  questi 
caratteri  corrispondono  piuttosto  ad  una  condizio- 
ne geografica ,  incontrandosi  la  remigante  esteriore 
corta  negli  Uccelli  dell'  antico  Continente  ,  e  la 
lunga  in  quelli  del    nuovo. 

Neir  ordine  h.  grallae  fra   le  Charadridos 
e  le  Psophidce  s'introduca  una  Famigia  già  stabi- 
lita dal  Vieillot,  il  cui  tipo   è   il    Chionis  da  me 
considerato  precedentemente  qual  genere  aberran- 
te della  Famiglia   delle  Laridce  :  a  questa  Fami- 
glia debbono  riferirsi  due  nuovi  generi,  come  indi- 
chiamo  qui    appresso  : 
rA]>iiGLiA  26.  bis.  coLEORAMPni.  {Cìiionìdce.)  Bec- 
co   corto ,    valido ,    quasi    fatto  a    volta  :    narici  ri- 
coperte  da  una    lamina    convoluta!    quattro    dita;  le 
anteriori   separate,  saldate  alla  base  da  una  piega  mem- 
branacea; il  posteriore  rudimentale  :  ali  lunghe  ,  acute. 
I  generi  che   qui  spettano  sono  i  seguenti: 

1 .  Chionis  ,  Forster.   (  Coleoramphus , 

Dum.  P^aginalls^  Lath.)  Antart.     1. 

2.  Attagls,  Is.   Geoffr.  et  Less.  Ani.  m.  1. 

3.  Thinocorys,  Eschscholtz.  Am.  m.  2; 


200  Scienze 

Tavola  Metodica  della  Classe  3.  Aves. 

Al  Percnopterus  (Neophron)  sottogenere  subor- 
dinato al  genere  1.  Vultur  si  assegnino  tre  specie 
in  luogo  di  due  :  e  così  al  gruppo  Butaetes  del  gene- 
re 5.  Falco  se  ne  assegnino  due  non  una. 

Il  sottogenere  4.  Strix,  Savign.  del  genero  6.  si  po- 
trà suddividere  in 

1.  Strix. 

2.  Phodilns,  Geoffr.  Oc.  i. 

Il  sottog.  2.  Sturnella  del  gen.  30.  Sturnus  si 
consideri  come  genere ,  essendo  più  affine  ad  Jcte- 
rus  e  agli  altri  gruppi  americani  che  ai  veri  Stor- 
ni dell'  antico  Continente. 

li  gen.  40.  Myophonus  va  tolto  dalla  famiglia 
delle  Corvidae ,  e  va  collocato  fra  le  Turdinae  vi- 
cino al  gen.  89.  Pitta. 

Il  genere  Plionygama  ,  Less.  non  è  sinonimo  del 
genere  58.  Irena  ,  Horsf.  che  deve  essere  avvicinato 
al  gen.  35.  Oriolus  ,  ma  del  41.  Chalybaeus,  Cuv.  del 
quale  si  conoscono  ora  tre  specie:  dell'  Irena  poi  se 
ne  conoscono  due. 

Il  gen.  69.  Muscicapa  potrà  dividersi  in  due  ge- 
neri ,  il  primo  de'  quali  comprenderà  tntt'  i  gruppi 
americani ,    e  si   cliiamera 

69.  Tyrannus  ,  Briss. 
l'altro  69.  b.  Muscicapa,  L.  fra  gli  altri  suoi  gruppi 
comprenderà    anche   la   Seisura ,   Vigors   che,  avevamo 
posta  fra   le  Myotherag. 

Dopo  il  sottog.  Muscipeta  appartenente  a  Tyran- 
nus s'inserisca 

3.  Pitangui,  JSwaios.  Am.  m. 


Animali  vertebrati  201 

È  ben  inteso  che  il  Platyrliynclms  Desm.  e  la  Mu- 
sei pela,  Cuv.  sono  artifiziali  ,  e  quelle  denominazioni 
vanno  applicate  a  gruppetti  naturali  diversamente  cir- 
coscritti. 

Sinonimo  del  mio  Sottogenere  Taenioptera  è  il 
Nengetus ,  Sw.  secondo  gruppo  del  genere  70.  FIu- 
vicola.  La  Muscicapa  poljglotta.,  Licht.  tipo  di  que- 
sto sottogenere  Taenioptera ,  secondo  il  Signoi'e  Swain- 
son  corrisponde  al  Laniits  Nengeta  di  Linneo.  Biso- 
gna guardarsi  poi  dal  confondere  la  indicata  specie 
colla  Muscicapa  Nengeta  di  Lictlienstein,  che  guest' 
autore  crede  pure  identica  col  Laniics  Nengeta ,  L. 
Il  fatto  stk  che  sotto  la  specie  Linneana  si  trovano 
allegate  indicazioni,  parte  delle  quali  spetta  alla  Mu" 
sicapa  Nengeta^  parte  alla  Musicapa  poliglotta  del 
Lichtenstein. 

Al  Sottogenere  6.  Tyrannina  (  nome  complessivo 
scritto  per   innavertenza)  si  sostituirà 

6.  Gubernetes ,  Such.  [Milvulus ,  Si>v.)  Ara.  6. 

e  si  sopprimerà  il  genere  79.  ammesso  fin  da   princi- 
pio con  dubbio. 

Sinonimo  del  sottog.  9.  Muscicapa  ,  è  8.  Butalis 
Boia ,  e  non  già  distinto  da  esso.  Si  potrebbero  con- 
servare però  ambedue  queste  denominazioni  destinando- 
le a  due  gruppetti,  uno  de'  quali  avrebbe  per  tipo  la 
Muse,  grisola^  l'altro  la  Muse,  atricapilla. 

Il  gruppo  14.  Gulicivora,  Sw.  {Hjpothymis^  Baie 
pari.)  e  proprio  anche  dell'  Am.  sett.  anzi  ha  per  ti- 
po la  S/li'ia  carulea.  Converrebbe  forse  concedergli 
dignità  di  genere.  In  ogni  caso  il  suo  posto  &  mal 
certo  ,  non  potendosi  decidere  bene  se  sia  una  Afu- 
scicapina ,  ovvero  una  Syhina.  Le  stesse  riflessioni 
sono  applicabili  al  gruppo  7.  Setophaga. 

Il  Sottog.  17.  si    esponga  cosi  : 

17.  Hypotliymis,  Boie  part.  nec  Licht.  As    Oc. 


202  Scienze 

^  L^Hypothymis,  Licbt.  (Messico.  1)  sembra  che  sia 
vicino  al  genere  62.  Phibalura,  e  nulla  abbia  che  fare 
colle  Muscicapce. 

Il  gruppo  18.  Pacliycephala  costituisce  un  buon 
genere  da  mettersi  fra  le  Anipelidce^  quantunque  s'ac- 
costi a  Vireo  ,  che  nulla  ha  che  fare  colle  dette  Am- 
pelidce. 

Il  sottogenere  12.  Phoenicornis  non  appartiene  cer- 
tamente alle  Muscicapce-.  esso  s'accosta  molto  più  al  TJ. 
Ceblepyris,  al  quale  potrebbe  soltoporsi.  Anche  il  nostro 
gen.    75.  Graucalus  s'accosta  moltissimo  a  Ceblepyris. 

S'aggiunga  un  nuovo  genere  affine  a  questi  che 
va  distratto  dalle   Mjotherce. 

TI.  b.  Ptiliogonys,  Sw.  Messico.  3. 

Il  gen.  72.  Icteria  si  rimuova  dalla  Sottofamiglia 
delle  Muscicapince^  e  si  ponga  fra  le  Turdince  :  per 
conseguenza  si  farà  lo  stesso  traslocaraento  rispetto  al 
genere  73.  Vireo. 

Fra  i  gruppi  delle  Lanince  affini  a  Edolius  do- 
vrà  prendere  posto 

Hypsipetes  ,  Vig.  As.  centr.  1* 

Sotto  il  genere  85  sì  noti  che  l'Enneoctonus  , 
Boie  non  è  già  suddivisione  ma  sinonimo  del  Sotto- 
genere Lanius.  Potrebbero  essere  conservati  questi  due 
nomi,  e  corrisponderebbero  ai  due  generi  recenti  La- 
nius e  Collurio  del  Signor  Vigors. 

Il  Cyclaris  ,  Swains.  che  fu  posto  con  dubbio  co- 
me gen.  83  dovrà  considerarsi  invece  come  sottoge- 
nere di   Lanius  Am.  mer.     2. 

L'ultimo  dei  sotlogeneri  di  Lanius  ,  perchè  costi- 
tuisce il  passaggio  verso  Tamnophilus,  sarà  poi 

NJlaus  Sw.  Afr.       4- 

I  gruppi  4   e  6  dello  stesso  Lanius ,  cioè  Lania- 


Animali  vertebrati  203 

rius  €  Colluricincla  militeranno  piuttosto  sotto  ilTamno- 
philus ,  vicino  al  quale  converrà  porre  il  gen.  76. 
Prionops. 

Il  Pelicinius,  Boie,  notato  con  dubbio  come  sot- 
tog.  9  del  genere  87  Myiothera,  dev'essere  cancellato 
e  messo  come  sinonimo  del  teste  mentovato  Laniarius, 
Vieill.    {Malaconotus  ,  Sw.) 

Al  Drioscopus  ,  Boie  suddivisione  dello  stesso  ge- 
nere Myiothera  si  aggiunga  l'indicazione  della  patria, 
eh'  è   l'Africa. 

Il  genere  Eupetes  recentemente  stabilito  dal  Tcm- 
minck  per  Uccelli  dell'  Oceanica  non  mi  è  cognito, 
ma  dovrà  sicuramente  prender  luogo  nella  Sottofami- 
glia  Turdince. 

Il  Cinclosoma ,  Vig,  sottog.  del  gen.  90.  Tiraa- 
lia  oltre  all'  essere  dell'  Oceanica  è  anche  dell'  Asia 
centrale,  ove  conta  4  specie  certe,  e  forse  altre. 

Al  genere  94.  Cinclus  converrà  aggiungere  una 
specie ,  quella  cioè  d'Asia  (  Cinclus  Pallasii  ,  Temra. 
nec  Nob.  Am.  Orn.),  ch'è  stata  riconosciuta  dal  Si- 
gnor Vigors  come  distinta  dall'  Americana  (  Cinclus 
unicolor ,  Nob.  C.  mexicanus,  Sw.) 

Il  gruppo  5.  Ixos  del  gen.  95.  Turdus  ristretto 
nei  limiti  naturali  dev'  esser  considerato  come  gene- 
re da  se  ,  anzi  è  suscettibile  d'esser  ripartito  in  varii 
buoni  sottogeneri  :  due  di  questi  saranno 

Brachypus  ,  Swains.  As.  Afr. 

Jora  ,  Horsf.  Oc.  i. 

Quest'  ultimo  fu  posto  à  torto  nella  Famiglia  Pa- 
ridce  sotto   il  nura.  142. 


204  Scienze 

La  suddivisione  3  Mimus  del  soltog.  Turdus  po- 
trà prender  il  posto  lasciato  vuoto  dal  gruppo  pre- 
cedente  (Ixos.) 

Sotto  il  gen.  99.  Saxicola  s'inserisca  il  gruppo 
6.  Campicela,  Sw.  Afr. 

Il  gen.  100.  Sylvia  potrà  divìdersi  in  due  veri 
generi ,  che  avranno  per  carattere  differenziale  appun- 
to la  prima  remigante  corta  o  lunga.  Il  genere  ame- 
ricano si  chiamerà  100  b.  Sylvicola,  Swains.  e  com- 
prenderà come  sottogeneri  anche  Vermivora  e  Zoste- 
rops  ,   oltre  Seiurus  ,  Trichas  ,  Sylvicola  ,   etc. 

Il  gruppo  8.  Phyllopneuste  Meyer  del  genere  1 00 
Sylvia  è  gruppo  artifiziale  ,  e  ridotto  ne'  suoi  limiti 
naturali,  come  e  stata  mia  intenzione  di  fare,  diviene 
sinonimo  di  9.  Phylloscopus,  Boie;  e  perciò  dev'  esser 
cancellato  ,  o  piuttosto  prendere  il  luogo  di  quest' 
ultimo. 

Al  genere  103  Malurus  si  debbono  fare  parec- 
chie modificazioni.  Il  gruppo  2.  Megalurus  va  sotto- 
posto al  genere  90,  Timalia  della  famiglia  Turdince. 
Subentreranno  in  sua   vece 

2.  Drymoica  Sw.  Afr. 

4-  Hyliota,  Sw.  Afr.As.m. 

5.  Prinia,  Horsf.  Ocean. 

Ad  esempio  del  Signor  Lesso n  si  potrà  suddivi- 
dere il  genere  108.  Tichodroma  in 

X.  Petrodroma,  Vieill.  part.  Oc.               i. 

2.  Tichodroma,  IH.  Eur.Afr.As.2. 

Sotto  il  genere  114.  Dendrocolaptes  s'aggiungano 
i  sottogeneri 

I.  J^fasica ,  Less.  Am.  m.  i. 


Animali  vertebrati  205 

a,  Dendrocolaptes ,  Sw.  nec  Less. 

5.  Picolaptes,  Less.  fSittasomus,  SwaiitS.  part.) 

Il  genere  112.  Oxyurus,  Sw.  deve  forse  subor- 
dinarsi anch'  esso  a  Dendrocolaptes. 

I  generi  l37  e  138  Mimeta  e  Sericulus  turbava- 
no sicuramente  la  naturalezza  della  Famiglia  Trochi- 
lidce.  Essi  non  sono  Anthomjzi  come  si  supponeva; 
ma  vanno  riferiti  al  genere  35  Oriolus,  di  cui  me- 
ritano  appena  di   formare  suddivisioni. 

II  gruppo  1.  Pomatorrbinus  da  noi  riferito  con 
dubbio  sotto  il  genere  133  Mellipbaga  non  ha  nulla 
elle  fare  col  medesimo  ,  e  va  collocato  piuttosto  fra 
le  Tiirdince  sotto  il  gen.  90  Timalia  ,  con  Megalu- 
rus ,  Dasiornis  ed  anche  Psophodes  da  noi  posto  con 
dubbio   sotto   Myothera. 

Il  gruppo  2.  Prinia  dev'  essere  sottoposto  al  ge- 
nere 103.  Malurus. 

Al  genere  144.  Alauda  manca  il  gruppetto  chia- 
mato propriamente  Alauda. 

Pel  Ramphopis  ,  Vieìllot  ,  inserito  sotto  il  gene- 
re 148.  Pyranga,  sarà  meglio  adottare  il  nome  Rampho- 
celus,  ed  elevaxlo  alla  dignità  generica  :  le  specie  note 
sono  cinque,  non  due,  compresa  una  mia  nuova  specie 
deir  Isola  di  Cuba. 

Ecco  in  qual  modo  intendo  rettificare,  dopo  mi- 
nuta analisi,  e  deposto  ogni  pregiudizio  sull'importan- 
za della  grossezza  del  becco,  il  gran  genere  Fringil- 
la,  cui   riunisco  di  nuovo  il  155.  Pyrrhula. 

1.  Tardivola,  Swaìns.  Am.  m.      4* 

2.  Ammodramus,  Sw.  Am.  6. 

3.  Spizella,  Nob.  (typ.  Fr.  pusilla,  fVils.)  Am. 


206  Scienze 

4.  Zonitrichia,  Svr(typ.  Fr.  pensylvanica ,  Lath.J  Am. 

5.  Euspiza,  Nob.  ftjp.  Fr.  americana,  Nob.)        Am.Eur.or. 

6.  Chondestes,SwainsY'S)32s«  Emberizoides,Nob.f   Am.s.  i. 

7.  Megalolis ,  Swalns.  As.  m.  Oc. 

8.  Spiza  ,  Nob.  (Spizce  Tanagroideee ,  JVob.J  Ara.  3. 
g.  Arreiaon,  Vieill.                                                    Am.  m. 

io»  Carduelis,  Briss.  Cosm. 

1.  Carduelis ,  Boie. 

2.  Chrysomytris,  Boie. 
3?Sicab's,  Boie. 

ir.  LÌDota ,  Nob.;  {Linaria  et  Fringillay  Vieill.)     Eur.As.Am.s. 
12.  VJdua,  Cuv-  Afr. 

i3.  FrÌDgilla,  Nob.  (Struthus,  Bàie.)  Cosm. 

14.  Pyigita  ,  Cuv.  [Passer ,  Auct.)  Aat.  Coni. 

i5.  Tiaris  ,  Swains.  Am.in, 

16.  Serinus,  Nob.  [typ.   Fringilla  serinus ,  L.)     Eur.rn.Afr. 

17.  Cblorosplza,  Nob.  (tj-p.  Loxia  chloris ,  L.)  Ant.Cont. 

18.  Pyromelana  ,  Nob.  (typ.Loxia  orjx  ,  h.)         Afr. 
jg.  Paroaria,Nob.(^^;>.Fràg-j7/a  cucuUata,Vieill.\  Am.  m. 

20.  Amadlaa,  Swains.  Afr. 

21.  Critbagra,  Sw.  Afr. 

22.  EstrJlda ,  Sw.  Afr.  Oc. 

23.  Loxigilla,   Less.   pari.  Afr.As.m.Oc. 

24.  Coccolhraustes-  Nob.  Eur.As.Am.s. 

25.  Cardinalis,  Nob.  Am. 

26.  Guiraca ,  Sw.  Am. 

27.  Erythrospiza ,  Nob.  Artico.  8. 

28.  Spermophila ,   Sw.  Am.  m.  3. 

29.  Pyrrhula ,  Cuv.  Cosm.  24. 

30.  CoryÌhus,C\iv.{PinicolayhincStrobilophaga,F'ieill.)Artìco.    2. 
Si.  Pitylus,  Cuv.  Afr.Am.m.    io. 

Nel  genere  161.  si  noti  che  il  Ptilinopus  è  dell' 
Oceanica  ,  la  Peristera  dell'  America ,  e  l'Ectopistes 
dell'  Ara.  meridionale  egualmente  che  della  setten- 
trionale. 


Animali  vEnTEBRAxi  207 

Vicino  al  genere  163.  Megapodius,  o  come  sot- 
togenere di   esso  si  aggiunga 

Hylactes  ,  Vig.  Ara.  m.  1 . 

Neil'  Ordine  3.  gallinae  il  genere  170  Ourax  po- 
trà suddividersi  ne'  due  sottogeneri 

1.  Ourax  ,  Cuv.  i« 

2.  Miui ,  Marcgr.  o  piuttosto  Less.  i. 

Il  genere  173.Lophopliorus  potrà  suddividersi  così: 

1.  Lophophorus ,  Temm.  x. 

2.  Impeyaaus ,  Less.  i. 

Il  genere  175.  Gallus,  Briss.  andrà  ripartito  nel 
seguente  modo  : 

I.  Euplocomus ,  Temm. 

Q.  Tragopan,  Cuv.  (Satyra,  Less.)  2. 

3.  Macartn€ya,  Less.  {Houppifères ,  Temm.)  Oc.  i. 

4.  Gallus,  Cuv. 

Il  genere  1 76.  Polyplectron  conta  oramai  4  specie. 

Il  genere  178.  Talegalla  ,  Less.  dev*  esser  rimos- 
so dalle  GALLINAE,  e  convien  che  vada  ad  arricchire  fra 
le  GRALLAE  la  mia  Famiglia  Psophidce,  e  per  l'appunto 
quella  suddivisione  Palaniedeina  ch'era  costituita  fino- 
ra dal  solo   genere  198.  Palamedea. 

Il  genere  182.  Cryptonyx  conta  ora  tre  specie. 

Neir  Ordine  4.  grallae  alle  due  suddivisioni  del 
genere  189.  Otis  se  ne  potrà  aggiungere  una  terza 
che  sarà  : 

5.  Houbara,  Nob. 

Il  genere  190.  GEdicnemus  potrà  suddividersi  in 
tre  sottogeDeù,  che  saranno  ; 


20S  Scienze 

i>  OEdicuemus.  i^, 

1.   Burhinus,  IH.  (nostro  genere  dubbio  f9i.)               a, 

3.  Esacus,  Less.  i. 

i 

S'inserisca  fra  i  Sottogeneri  del  195,  Vanellus 

I,  Pluvianus,  Vieill.  Afr.  a. 

che  ora  considero  come  distinto  dai  miei  Hoplopteri. 

Ai  sottogeneri  del  201 .  Grus  se  ne  potrà  aggiun- 
gere un  terzo  di  becco   anche   più   corto  che   non   è 
(juello  deìV  ^nthropoides  e  sarà 
3.  Balearica,  Briss. 

Le  suddivisioni  del  genere  202.  Giconia  subiran- 
no i  cambiamenti  che  seguono  : 

1.  Ciconia ,  Brìss.  Cosm.         5. 
3.  Mycteria ,  L. 

1.  Yrais  Jabirus,  Less.  Afr.  ant.      a. 

2.  Touyouyous,  Less.  Am.  m.         i. 
3.  Leploptilos ,  Less.                                     Afr.  As.  Oc.  3. 

Sotto  il  genere  215,  Totanus  converrà  introdurre, 
e  porre  come  secondo,  un  nuovo  sottogenere  costitui- 
to dal  Totanus   Bartramius.  Cioè 

2.  Actidurus,  Nob.  {Bariramia,  Less.)  Am.s.  i. 

Neir  Ordine  5.  anseres  al  genere  231.  Sterna  man- 
ca   una  delle  suddivisioni  del  Sottogenere  Stexna  ed  èi 
2.  Thalasseus,  Boie. 

Il  nome  Oxyura  ,  Nob.  del  terzo  sottogenere  del 
genere  244.  Fuligula ,  Nob.  essendo  troppo  simile  ali* 
Oxjurus    del   Signor  Swainson  dovrà   cangiarsi   in 

3.  Erismatura,  Nob. 

Le  due  specie  del  genere  252.  Heliornis  possono 
ripartirsi  in  due  sottogeoeri  : 


Animali  vertebrati  209 

ì.  Podoa,  111.  Am.  x. 

2.  Heliornis,  Bonat.  part.  Afi-.  i. 

Il  genere  253.  Podiceps  può  suddivìdersi  in  due 
sotlogeneri  già  indicati  nella  mia  Sjnopsis  degli  Uc- 
celli Americani   e  sono  ; 
J.  Podiceps ,  Kob. 
2.  Sylbeocyclus,  Nob.  {typ.  Pod.  caroUnensis.) 

Il  Sottog.  Cephus  del  genere  255.  Uria  si  elevi 
pure  al  rango  di  genere,  e  se  gli  attribuiscano  2  specie. 

Il  genere  Uria,  ristretto  al  sottogenere  di  quel 
nome,  potrà  tuttavia   suddividersi  in  due  gruppi  : 

I.  Uria  ,  Leach.  a. 

a.  Grylie,  Leach.  2. 

XI  genere  258.  Alca  dovrà  restringersi  al  sotto- 
genere di  questo  nome,  le  cui  suddivisioni  saliranno 
d'un  grado.  Non  fu  benfatto  il  sottoporre  Plialeris  ad 
Alca.  Sarebbe  anche  più  vicina  a  Mormon ,  ma  se  ne 
distingue  per  la  forma  del  becco  :  insomma  è  un  ot- 
timo genere  da  se.  Fu  registrato  il  numero  3  per  quel- 
io  delle  specie  di  Plialeris  :  ma  anche  esclusane  V Al- 
ea antiqua  le  conosciute  ascendono  a  cinque  o  sci. 


G.A.T.LIII. 


210 


«Mwmwii 


Del  grano  carbone,  analisi  fatta  dal  professore 
Pietro  Peretti. 


Ri 


.ilevasì  dal  dizionario  dì  agricoltura  italiano,  tom.I 
pag.  215,  che  il  grano  carbone  è  un  granello  non 
fertilizzato  :  che  la  mancanza  della  fecondazione  è 
la  sola  cagione  della  sua  mostruosa  figura  :  che  i  soli 
mezzi  da  efficacemente  imi>iegarsi  per  prevenire  que- 
sta malattia  sono  di  aver  la  precauzione  di  seminar 
presto  ed  in  buona  stagione,  di  arare  profondamen- 
te il  terreno  ,  stritolandolo  bene ,  e  smovendolo  prima 
di  seminarlo ,  con  dare  buoni  governi  a  quello  che 
fosse  magro.  Ritrova  giovevoli  le  preparazioni  da  far- 
si al  seme ,  già  annunciate  per  la  malattia  che  sof- 
fre il  grano,  malattia  chiamata  volpe  (1).  Dice  che  il 
sig.  Tillet  propone  di  lavare  il  grano,  che  contiene  il 
carbone,  con   la  lisciva  caustica  prima  di  seminarlo. 

Aggiunge  il  medesimo  che  il  grano  carbone,  ol- 
tre allo  spiacevole  odore  che  da  al  pane,  è  anche  dan- 
noso. 

Avendo  avuto  l'incarico  di  esaminare  alcuni  pa- 
ni ,  per  riconoscere  se  in  questi  vi  fossero  sostanze  no- 
cive alla  salute  ,  e  se  racchiudevano  le  quantità  do- 
vute dei  principii  nutrienti,  nel  farne  esame  chimico, 
riconobbi  che  oltre  che  detti  pani  erano  mancanti  del- 
la parte  nutritiva ,  erano  stati  preparati  con  frumento 
contenente  il  grano  carbone.  Fui  perciò  interrogato  se 
questo  grano  carbone  fosse    nocivo    alla  salute.   Non 


(i)  Vedi  diuuaairlo  di  agriaoltura  italiana  tom.  i-  pi>g  212» 


Grano  carbone  211 

conoscendo  in  sul  momento  se  fosse  già  stata  fatta 
analisi  di  questo  grano ,  e  non  essendo  a  mia  notizia 
l'opinione  emessa  dal  sig.  Tillet ,  non  seppi  rispon- 
dere all'  interrogazione  fattami:  ma  ben  tosto  mi  sono 
procurato  del  detto  grano,  per  sottometterlo  all'analisi, 
come  in  appresso    si  può   rilevare,  (1) 

Ho  preso  del  grano  carbone,  l'ho  fatto  polveriz- 
zare ,  e  passare  per  setaccio  di  seta  :  la  quali  ope- 
razioni sono  riuscite  con  qualche  difficolta  per  non 
dividersi  facilmente  la  sostanza.  La  sua  polvere  ave- 
va un  color  biuno  nero ,  un  odore  nauseoso  ;  esposta 
all'  aria  atmosferica  diveniva  alquanto  umida. 

Una  porzione  di  detta  polvere  fu  messa  in  in- 
fusione a  caldo  con  dell' alcool  a  34*';  fu  filtrata  la 
tintura,  la  quale  aveva  un  color  giallo  di  paglia,  fu 
messa  in  un  lambicco ,  e  fu  distillata  la  più  gran 
parte  dell'  alcool.  Il  residuo  alquanto  torbido  cam- 
biava in  rosso  una  carta  tinta  di  tornasole  :  fu  mes- 
so in  istufa  a  disseccare.  Il  residuo  aveva  un  color 
giallognolo,  era  friabile ,  lucido  :  esposto  all'aria,  di- 
veniva   alquanto  umido. 

Una  porzione  fu  lavata  coli'  acqua  stillata  ,  nella 
quale  si  mostrò  insolubile  ;  il  liquido  acqueo  però  era 
acido  ,   non  formava  precipitato  coli'  acetato  di  piom- 


(t)  è  dopo  scritta ,  e  data  già  allo  stampatore  la  presen- 
te memoria,  che  ebbi  contezza  essere  il  grano  carbone  un  fun- 
go, chiamato  da  DecandoUe  Vredo  Garbo,  da  Person  Uredo 
Segetum,  da  BuUiard  Reticularia  Segetum ,  e  che  da  analisi 
fatta  risulta  contenere  piesso  che  i  medesimi  prodotti  del  gra- 
no buono,  ma  con  differenti  proporzioni.  Vedi,  Dictionnairc  rai- 
sounè  et  uaiveisel  d'agricolture.  Articolo  charbon. 

44* 


Wì  Scienze 

bo.   Fii   messo   in    una   sloita  e  distillato  :    il    liqiilcld 

aveva   un   debole  odore   d'acido   acetico.  (1) 

L'altra  porzione  fu  disciolta  nell'alcool; la  soluzione 
Versata  nell'acqua  la  rendeva  lattiginosa  (carattere  di  una 
resina  )  ;  fu  fatto  svaporare  l'alcool  ,  ed  il  residuo  fu 
messo  dentro  una  picciola  storta  al  calore  di  una  lam- 
pada a  spirito  ;  esso  si  fuse  ,  si  rigonfiò ,  quindi  si 
Carbonizzò  e  lasciò  svolgere  vapori  bianchi  empireu- 
matici  ,  i  quali  condensati  si  sono  in  un  olio.  Que- 
sti vapori  hanno  cambiato  in  rosso  una  carta  tinta 
di  curcuma  :  lo  che  addimostra  la  presenza  dell' ara- 
moniacai 

Il  residuo  del  grano  carbone,  già  infuso  Uell'al- 
cool  ,  fu  messo  in  infusione  a  freddo  coli'  acqua  stil- 
lata ;  fu  filtrato  il  liquido  e  fatto  concentrare;  il  me- 
desimo tingeva  in  rosso  la  carta  tinta  di  tornasole  : 
lia  dato  precipitati  coli'  ossalato  d'ammoniaca ,  e  coli' 
acetato  di  piombo.  Detto  liquido  al  calor  di  una  stu- 
fa fu  ridotto  alla  consistenza  di  estratto,  il  quale 
estratto  fu  trattato  coli'  alcool  a  35.^  Si  formò 
un  precipitato  a  fiocchi  che  fu  separato  dall'  alcool, 
e  fu  disciolto  neir  acqua  stillata.  La  soluzione  tinge- 
va alquanto  la  carta  di  tornasole  in  rosso  ,  ed  ha  som- 
ministrato precipitati  coi  reagenti  sopranomlnati  ,  dai 
quali  si  è  rilevato  essere  del  malato  di  calce.  Una 
porzione  della  soluzione  acquea  fu  fatta  svaporare  sino 
jEi  siccità  ,  e  quindi  fu  messa  in  un  crogiuolo  al  fuo- 
co :  essa  si  anneri ,  si  carbonizzò  e  lasciò  sviluppare 
una  quantità  di  vapori  bianchi,  i  quali  cambiavano 
in  rosso  una  carta  tinta  di  tornasole.  Questo  residuo, 
toltre  il  malato  di  calce  >   conteneva  della   gomma^ 


{i)  Si  tiede  che  l'acido  acetico  possa  provenire  dall'alcool 


Grano  carbone  213 

Il  liquido  alcoolico  fu  anch'  esso  fatto  svapora-: 
re  :  il  residuo  aveva  un  odore  quasi  analogo  all'osma-r 
zoma.  D'esso  era  acido,  ed  ha  dato  precipitati  coli' 
acetato  di  piombo  ,  colla  tintura  di  galla  ,  e  col  ni- 
trato d'argento.  Coli'  acido  ossalico  il  liquido  non  sì 
è  intorbidato  ,  coli'  ammoniaca  acquistò  un  colore  più 
cupo  senza  intorbidarsi.  Fu  posto  detto  residuo  in  stu-r 
fa  ,  e  prima  del  disseccamento ,  il  suo  odore  era  quel- 
lo del  pane  inacidito.  Tale  cambiamento  di  odore  mi 
ha  posto  in  sospetto  essersi  formato  dell'  acido  aceti- 
co ;  presi  perciò  una  porzione  del  residuo,  lo  disoiol- 
si  nelF  acqua  stillata  ,  e  messa  la  soluzione  in  una  pic- 
cola storta  ne  distillai  circa  una  meta.  Il  liquido  stil- 
lato non  cambiava  in  rosso  una  carta  tinta  di  torna- 
sole ,  aveva  acquistato  un  piacevole  odore  di  funghi 
porcini  alessati  (Boletus  edulis  L.).  Versate  alcune 
goccie  di  nitrato  d'argento  in  detto  liquido ,  diven- 
ne opalino  :  ciò  che  indica  contenere  un  olio  essen- 
ziale. Volendomi  assicurare  se  questa  sostanza  esistes- 
se naturalmente  nel  grano  carbone ,  o  veramente  si 
fosse  formata  nell'  andamento  delle  operazioni  fatte  , 
Ilo  messo  del  grano  carbone  polverizzato  con  dell'acqua 
comune  in  un  lambicco ,  quindi  ho  distillato  circa 
una  libbra  di  liquido,  Questo  liquido  aveva  precisa- 
dente  lo  stesso  odore  dejl'  antecedente  descritto.  A 
contatto  del  medesimo  ho  messo  una  piccola  quantità 
d'oiio  di  mandorle  dolci  :  ho  dibattuto  bene  il  mi- 
scuglio ,  e  lasciandolo  in  riposo,  l'olio  è  montato  alla 
superfìcie  del  liquido ,  e  seco  aveva  trascinato  tutto 
l'aroma   esistente    nell'  acqua  stillata.  (1) 


(i)  Siccome  il  liquido  stillato  aveva  un  odore  di  funghi 
alessati,  ho  voluto  sperimentare  se  distillando  un' inlusioiic 
acquosa  di  funghi ,  l'acqua  distillata  avesse  avuto  lo  stesso  odij- 


214  Scienze 

L'altra  porzione  del  residuo  non  totalmente  dis- 
seccato fu  mischiata  con  del  vetro  polverizzato:  ed 
introdotta  dentro  una  piccola  storta  al  fuoco  ,  al  col- 
lo della  medesima  furono  poste  due  carte,  Tuna  tinta 
col  tornasole ,  l'altra  colla  curcuma.  Nella  prima  azio- 
ne del  fuoco  si  svilupparono  dei  vapori  che  cambia- 
rono in  rosso  la  carta  tinta  di  tornasole  :  coU'  azio- 
ne continuata  del  medesimo  si  svolsero  dei  vapori  bian- 
chi ,  i  quali  fecero  rossa  la  carta  di  curcuma ,  e  ri- 
stabilirono la  carta  tinta  di  tornasole  in  blu.  Questi 
vapori  si  sono  condensati  in  carbonato  d'ammoniaca 
cristallizzato  ,  misto  ad   olio  empireumatico.  (1) 

Le  sopradescritte  sperienze  dimostrano  bastante- 
mente, che  il  grano  carbone  contiene  un  olio  essen- 
ziale ,  ed  una  sostanza  vegeto-animale  solubile  nell' 
acqua  e  nell'  alcool ,  oltre  a  quella  non  solubile  in 
questi  due  mestrui ,  già  riconosciuta  nel  buon  grano, 
come  si  vedrà,  in  appresso.  Il  grano  carbone,  già  as- 
soggettato air  azione  dell'  alcool  e  dell'  acqua  fred- 
da ,  fu  fatto  bollire  coli'  acqua  stillata.  Il  liquido 
filtrato  aveva  un  color  bianco  g-iallastro ,  ed  un  odore 
analogo  ad  una  lisciva  :  la  carta  tinta  di  tornasole 
non  mostrò  cambiarsi  in  rosso  :  coli'  ossalato  d'ammo- 
niaca un  debole  intorbidamento,  coU'acetato  di  piom- 
bo UQ  mediocre  precipitato ,  coli'  ammoniaca  un  de- 


re  ,  e  gli  stessi  caratteri  di  quella  stillata  del  grano  carbone. 
Ottenni  dall'  infusione  dei  funghi  un'  analoga  acqu;t  aromatica 
Stillata:  più  dal  residuo  trattato  coli'  alcool  ebbi  molto  zueca- 
ro  cristallizzato,  il  quale  zuccaro  ha  alcuni  caratteri  della  man- 
nite ,  oltre  quella  stessa  sostanza  di  odor  analogo  all'  osmazo- 
ma  ,  come   appunto  si  è  detto  del  grano  carbone. 

(i)  Anche   quella   ottenuta  dai  funghi  ha  somministralo  i 
medesimi  prodotti  trattata  a  secco  iu  «uà  storta. 


Grano  carbone  215 

Loie  annebbiamento  al  liquido,  colla  tintura  di  iotlo  un 
debole  canihiaracnto  in  rosso  violaceo.  Questa  spcrien- 
za  indica  che  l'acqua  bollente  non  ha  disciolto  che 
piccole  quantità   di  fecula. 

Il  residuo  non  disciolto  dall'acqua  bollente  con- 
tinuava ad  avere  un  colore  nero  bruno.  Una  porzione  del 
medesimo  fu  posta  in  una  capsula  di  porcellana  al 
fuoco  con  una  certa  quantità  d'acido  nitrico  concen- 
trato: appena  cominciò  l'ebullizione,  si  svolse  una  quan- 
tità di  vapori  di  gas  nitroso  ,  e  la  sostanza  prendeva 
un  color  giallognolo  :  continuata  l'azione  del  fuoco 
essa  si  scolorava,  disciogliendosi  per  la  più  gran  par- 
te neir  acido.  Il  liquido  acido  fu  fatto  svaporare  sino 
quasi  a  siccità.  ,  quindi  fu  allungato  con  acqua  stil- 
lata, dalla  quale  si  separò  un  precipitato  bianco  gial- 
lastro :  la  soluzione  fu  saturata  coU'ammoniaca:  per  la 
quale  saturazione  si  separarono  alcuni  fiocchi  leggeri 
di  sostanza  colorante  gialla  ,  e  sopra  il  liquido  filtra- 
to fu  versata  dell'  acqua  di  calce  ;  essa  produsse  un 
abbondante  precipitato  di  ossalato  di  calce.  Il  pre- 
cipitato, separato  coli'  addizione  dell*  acqua  sopra  no- 
minata ,  fu  trattato  coli'  acido  acetico  :  esso  si  disciol- 
se per  quasi  una  meta  in  quest'  acido ,  e  indisciolto 
è  rimasto  dell'  ossalato  di  calce.  Sopra  la  soluzione 
acetica  si  e  versato  dell'  ammoniaca  sino  a  saturare 
l'acido  :  questa  produsse  un  precipitalo  bianco  che  nel 
liquido  appariva  opalino,  il  quale  dopo  di  essere  sta- 
to separato  fu   riconosciuto  essere   fosfato  di   calce. 

Sembra  pe'  risultamenti  avuti  dal  trattamento  fat- 
to al  residuo  del  grano  carbone  (  già  stato  all'  azione 
dell'  alcool ,  e  dell'  acqua  fredda  e  calda  ,  coli'  acido 
nitrico),  che  racchiuda  grandi  quantità  delle  sostanze 
coloranti ,  gialla  falsa  e  solida ,  riconosciute  da  me 
in  molti  altri  vegetabili  ;  le  quali  sostanze  passano  per 
l'azione  dell'  acido    nitrico    in  acido  ossalico  :  il   qua- 


216  Scienze 

le  acido  ossalico  in  questa  nostra  circostanza,  avendo 
ritrovato  un  sale  a  base  di  calce  ,  si  h  precipitato  in 
ossalato  di  calce  ,  rimanendo  libera  quell'  altra  por- 
zione non   combinata  colla  medesima. 

Che  questo  residuo  sia  un  miscuglio  delle  due  par- 
ti coloranti,  lo  vedremo  in  appresso  trattando  il  me- 
desimo col  cloro. 

Facendo  attraversare  dell'acqua  che  teneva  in  so- 
spensione una  certa  quantità  dell'  anzi  detto  residuo 
da  una  corrente  di  cloro  ,  quando  l'acqua  si  mostrò 
satura ,  il  residuo  depose  il  nero  bruno  che  aveva,  e 
passò  in  giallo  perfetto.  Dal  che  vedesi  che  la  parte 
colorante  non  solida  è  stata  distrutta  dal  cloro  ,  e 
quella  gialla  solida  ha  resistito  all'  azione  del  mede- 
simo: come  egualmente  e  accaduto  avendo  trattato  col 
cloro  molti  altri  vegetali  clie  racchiudevano  queste  stes- 
se parti  coloranti ,  e  l'ulmina  compresa. 

Rimane  ora  a  vedere  se  la  polvere  del  grano  car- 
tone, non  racchiudendo  che  pochissima  fecula,  fosse 
anche  privo  del  glutine. 

Fu  presa  della  polvere  del  grano  carbone  nel  suo 
stato  naturale ,  e  fu  impastata  con  dell'  acqua  calda; 
essa  non  si  e  riunita  in  massa  ,  ma  è  rimasta  sciol- 
ta. Dal  quale  portamento  sembra  essere  la  medesima 
mancante  del  glutine.  Alla  soluzione  fu  aggiunto 
dell'  acido  acetico  ,  e  si  è  fatto  bollire  il  miscuglio. 
Fu  filtrato  il  liquido ,  e  sopra  questo  si  è  versa- 
to dell'  ammoniaca  per  saturare  l'acido  acetico  :  il 
liquido  s' intorbidò  alquanto  ,  ma  non  lasciò  sepa- 
rare verun  precipitato  in  sul  momento  :  lasciato  pe- 
rò in  riposo  per  ventiquattr'  ore  si  ritrovò  al  fondo 
del  vase  un  precipitato  bianco ,  il  quale  dopo  es- 
sere stalo  lavato  ,  fu  mischiato  con  del  vetro  pesto  , 
e  fu  posto  dentro  una  picciola  storta  al  fuoco.-  il  mi- 
scuglio s'anneri   e  tramandò  vapori  cmpireumatici  ani- 


Grano  carbone  217 

moniacall.  Il  residuo  trattato  coli'  acido  idroclovlco  , 
poi  coir  ammoniaca,  ha  somministrato  un  debole  pre- 
cipitato di  fosfato  di  calce  ;  ciò  che  può  indurre  a 
credere  essere  stato  l'antecedente  precipitato  un  ini-r 
scuglio  di  glutine  e  di  fosfato  di  calce:  il  quale  mi- 
scuglio è  stato  disciolto  dall'  acido  acetico  posto  ^ 
bollire   sopra    il   grano   carbone. 

La  sperienza  che  siegue  dimostrerà  che  il  grano 
carbone   contiene    decisamente   il   glutine. 

Altra  quantità  del  grano  carbone  fu  messa  in  in- 
fusione coir  ammoniaca  allungata ,  ed  assoggettato  fu 
il  miscuglio  ad  un  leggero  calore.  Si  è  colato  il  li- 
quido per  pannolino,  quindi  per  carta  cmporctica:  ma 
siccome  detto  liquido  era  alquanto  viscoso,  passò  con 
molta  difficolta.  Sopra  questo  liquido  fu  versato  a  po- 
co a  poco  dell'  acido  acetico ,  e  quando  il  liquido  fu 
prossimo  ad  essere  neutralizzato  si  separarono  molti  fioc- 
chi bianchi,  che  vennero  a  soprannotare  sul  liquido- 
Se  sopra  questi  si  aggiungeva  un  eccesso  di  acido  , 
in  parte  si  discioglievauo  ,  ed  il  liquido  si  rendeva 
di  nuovo  viscoso  e  torbido.  Coli'  eccesso  di  ammo- 
niaca questi  fiocchi  si  discioglievano  quasi  interamen- 
te. Ridotto  il  liquido  allo  stato  neutro  ,  rimontavano 
alla  superficie  i  medesimi  fiocchi.  Furono  questi  sepa- 
rati per  mezzo  di  un  filtro  di  carta  ,  quindi  lavati,  e 
disseccati ,  poi  messi  in  una  storta  al  fuoco  :  essi  si 
rigonfiarono  senza  fondersi ,  si  carbonizzarono  traman- 
dando vapori  ammoniacali  empireumatici ,  e  sommini- 
strando una  quantità  di  picciole  gocce  d'olio  empi- 
reumatico. 

Il  residuo  carbonsoso,  dopo  essere  stato  incineri- 
lo in  una  capsula  di  platino ,  trattato  coli'  acido  ace- 
tico ha  lasciato  sviluppare  dell'  idrogeno  solforato  : 
indizio  che  nel  miscuglio  eravi  un  solfalo  ,  ridotto  in 
solfuro    per  il  carinone    della  sostanza    vcgeto-aniraale 


218  Scienze 

abbruciata  :  la  quale  sostanza  ,  considerando  Tazione 
che  ha  esercitato  il  fuoco  sopra  la  medesima  ,  quel- 
la dell'  ammoniaca ,  e  dell'  acido  acetico,  può  dichia- 
rarsi essere  il   glutine.   (1) 


(i)  Sull'andamento  cieli' operazione  antecedente,  un'osser- 
vazione ha  luogo  di  fare.  Il  grano  carbone  messo  coli'  am- 
moniaca ha  somministralo  un  liquido  viscoso ,  il  quale  satu- 
rato con  acido  acetico  ha  lasciato  separare  abbondanti  fiocchi 
bianchi,  che  venivano  disciolti  in  parte  con  un  eccesso  d'acido 
acetico  e  quasi  in  totale  con  un'  eccesso  d'ammoniaca.  Ora  se 
questi  fossero  il  puro  glutine  separato  dal  grano  carbone  do- 
vevano ridisciogliersi  tutti  nell'  acido  acetico  messo  in  eccesso: 
ma  siccome  questo  non  è  successo ,  si  può  sospettare  non 
essere  i  sudetti  tutti  composti  di  glutine.  Per  pormi  al  sicuro 
di  questo  mio  sospetto,  ho  trattato  il  grano  carbone  coll'idra- 
to  di  potassa  al  fuoco:  filtrata  la  soluzione  l'ho  saturata  coU' 
acido  acetico,  da  dove  molti  fiocchi  bianco-grigiastri  si  sono  sepa- 
rati. Questi,  dopo  essere  stati  lavati,  gli  ho  disciolti  nell'ammo- 
niaca allungata;  ho  aggiunta  alla  soluzione  dell'  alcool,  e  sopra 
ho  versato  un  poco  d'acido  acetico:  immantinente  si  è  formata 
una  gelatina.  Sopra  altra  porzione  della  soluzione  ammoniacale 
ho  versata  una  soluzione  d'idroclorato  di  calce  :  una  eguale  gela- 
tina si  è  formata;  dal  che  mi  assicurai,  che  i  fiocchi  in  qui- 
stlone  potevano  essere  composti  d'acido  pectico,  e  di  glutine: 
il  primo  verificato  dalle  sopra  esposte  sperienze,  il  secondo  dall' 
olio  empireumatico  ammoniacale  sviluppato  per  l'azione  del  fuo- 
co ,  e  dalla  sperienza   che  verrà  in  appresso  descritta. 

Una  porzione  del  liquido  ottenuto  colla  potassa  idrata  ed 
il  grano  carbone  fu  prima  saturato  coli'  acido  idroclorico.  I 
fiocchi  separati  dal  liquido  furono  posti  in  un'  acqua  acidula- 
ta  dal  medesimo  acido:  questi  si  sono  dissiohi  in  parte.  Fu 
filtrata  la  soluzione,  e  saturala  coli' ammoniaca  ;  il  glutine  si  è 
precipitato.  Trattato  questo  al  fuoco,  ha  somministrato  vapori 
ammoniacali. 


GRAl>fO   CARBONE  219 

Il  solfato  ritrovato  nel  miscuglio  sark  sicuramen- 
te quello  (li  calce ,  come  risulterà  dal  trattamento  del- 
le ceneri  in   appresso  descritto.  (1) 

Il  residuo  del  grano  carbone,  già  antecedentemen- 
te trattato  coli'  acido  acetico ,  fu  fatto  disseccare  ,  e 
posto  dentro  una  capsula  di  porcellana  fu  fatto  in- 
€Ìnerire.  Le  ceneri  furono  prima  trattate  colf  acido 
acetico  allungato  ,  dal  quale  trattamento  si  sviluppa- 
rono dei  vapori  di  gas  idrogeno  solforato.  Fu  filtra- 
to il  liquido  ,  e  sopra  si  e  versala  dell'  ammoniaca  : 
si  formò  un  debole  precipitato  a  flocchi  di  fosfato  di 
calce.  Il  residuo,  non  disciolto  nell'  acido  acetico,  fu 
trattato  col  carbonato  di  potassa ,  e  ne  risultò  del 
carbonato  di  calce  rimasto  al  fondo  della  capsula,  e 
del  solfato  di  potassa  in  soluzione  nel  liquido.  Esi- 
stevano ancora  in  queste  ceneri  del  solfato  di  calce 
non  decomposto  dall'  azione  del  carbone ,  e  del  fo- 
sfato di  calce  non  disciolto  dall'  acido  acetico,  e  non 
decomposto  dal  carbone  ,  richiedendo  maggiore  tem- 
peratura. 

Da  queste  mie  indicate  spcrìenze  si  rileverà  che 
il  grano  carbone  polverizzato  contiene 


(i)  Ritrovandosi  il  solfato  di  calce  a  contatto  coirammo- 
niaca  allungata  ,  oltre  di  quella  quantità  che  l'acqua  poteva 
sciogliere,  la  presenza  dell'  ammoniaca  formando  un  sale  a  ba- 
se doppia  colla  calce,  può  averne  facilitata  la  soluzione  :  ma 
che  saturando  l'ammoniaca  coli'  acido  acetico ,  il  solfato  di  cal- 
ce si  è  separato  dal  liquido,  ed  è  entrato  in  miscela  con  il 
glutine. 

Ho  fatto  riscaldare  un  miscuglio  di  solfato  di  calce  ed 
ammoniaca  :  il  liquido  ha  fatto  vedere  di  contenere  una  cer- 
ta quantità  di  solfato  di  calce,  maggiore  di  quella  che  pu» 
ritenere  la  semplice  acqua. 


220  S   e   I   E   ?(   Z   B 

Della   resina  unita  ad   una  sostanza  vegeto  animai. 

Della  gomma 

Deir  acido   malico  libero 

Del   malato  di  calce 

Della   fecula  (1) 

Del  fosfato   di  calce 

Del  solfato  di  calce 

Del  glutine 

Dell'  acido  pectico. 

Una  sostanza  vegeto  animale  solubile  nell'  alcool 
e  neir  acqua  ,  già  rinvenuta  dal  sig.  Taddei  nella  buo-i 
na  farina ,  e   chiamata  dal   medesimo    zimome. 

Dell'  olio  essenziale 

Delle  sostanze  coloranti,  gialla  falsa,  e  gialla  solida. 
Ora  vedute  le  sostanze  che  racchiude  il  grano 
carbone  ,  si  potrà  supporre  che  veruna  di  queste  pos-r 
sa  nuocere  alla  salute.  Il  vero  danno  che  il  grano 
carbone  potrà  produrre  alla  farina  ,  sarà  quello  già 
di  renderla  scura  ,  di  darle  un  disgustoso  odore  ,  e 
di  renderla  mancante  della  fecula ,  e  di  una  parte 
del  suo  glutine,  in  conseguenza  di  minor  nutriniento. 
Secondo  la  mia  opinione  le  parti  coloranti  so^ 
pra  descritte,  e  l'acido  pectico,  sono  subentrate  nel  gra- 
no carbone  invece  della  fecula. 


(i)  Colle  sperienze  indicate  non  ho  potuto  scorgei-c  che 
piccolissime  quantità  di  fecula.  Già  avevo  scolta  l'analisi:  ma 
venendomi  un  dubbio  che  la  quantità  della  parte  colorante 
falsa  che  ritrovasi  nel  grano  carbone  avesse  impedita  la  solu- 
zione della  fecula  nell'  acqua,  ho  voluto  ripetere  qualche  spe- 
rienza  sul  grano  carbone  decolorato  dal  cloro,  facendolo  bol- 
lire nell'acqua,  per  espellervi  il  cloro,  e  trattando  la  soluzio- 
ne colla  tintura  di  jodo  ;  ed  infatti  non  mi  sono  ingannato. 
Questa  soluzione  conteneva  quantità  raguardevoli  di  fecula,  nien-r 
tre  con  la  detta  tintura  è  divenuta  di  uu  blu  densjssinio. 


221 


Sópra  una  lettera  riguardante  le  quantità  immagina-^ 
rie  ,  indiritta  al  sig.  Francesco  Ainaltec^  da  Giu-^ 
seppe  Grones  P.  O.  di  mat.  pure  nelV  I.  li.  Liceo 
convitto  in  J^enezia  1831.  Dalla  tipografia  di  Ahi-^ 
sopoli  in  A°  di  pag.  71* 


n 


ia  J)reso  argomento  il  sig.  prof.  Grones  da  uno  scrit- 
to del  sig.  Giusto  Bellavitis  -  SuU'  uso  delle  quantità, 
immaginarie  specialmente  nell'  algebra  elementare  -  in- 
serito  nel  tom.  65  del  giornale  della  italiana  lette- 
ratura ,  per  pubblicare  certe  sue  riflessioni  sulla  na- 
tura delle  quantità  medesime  »  dirigendosi  perciò  con 
Una  lettera  al  sig.  Francesco  Araalteo. 

In  matematica ,  come  nelle  altre  scienze  ,  non 
mancano  argomenti  ^  che  solo  enunciaci ,  indispongo- 
no alla  lettura  di  essi ,  tanto  perchè  molto  ne  scris- 
sero moltissimi,  con  poco  o  niun  van-aggio  della  scien- 
za ,  quanto  perchè  a  conseguirne  <lea  distinta  ,  val- 
gono meglio  poche  riflessioni ,  eh'  ognuno  può  fare 
dietro  rigorose  definizioni ,  di  qiello  sieno  i  lunghi 
sermoni  de'  trattatisti  ex  profeso  ,  per  lo  più  svan- 
taggiosi ai  principianti ,  serape  poi  nojosi  ai  dotti. 
Uno  di  siffatti  argomenti  è  ajjmnto  quello  in  propo- 
sito ,  sul  quale  si  è  detto  e  scritto  assaissimo ,  e  che 
per  verità  il  nostro  autore  tatta  con  tanta  erudizio- 
he ,  modestia  ,  ed  originali^ ,  che  non  potrebbe  mai 
bastevolmente  di  ciò  lodars.  Se  non  che  sembra  aver 
(Egli  trascurato  alquanto  qiel  metodo  ,  e  quella  niti- 
dezza di  concetti ,  che  dc'c  sempre  formare  il  carat- 
tere   distintivo  delle    magmatiche  disamine.   In   que- 


222  Scienze 

sta  lettera ,  lunga  per  ben  71  pagine  ,  le  digressio- 
ni sono  ne  rade  ne  brevi  :  i  concetti  stessi  si  ripro- 
ducono senza  parsimonia  :  gli  argomenti  sono  il  più 
delle  volte  fondati  sulla  induzione ,  sulla  congruen- 
za,  e  suir  altrui  autorità  ;  ed  in  vano  si  cerca  in  es- 
sa la  guida  del  calcolo  ,  a  rinfrancar  la  mente ,  per 
sublimarla  coli'  autore  nelle  sue  speculazioni.  Non 
mancano  però  tratto  tratto  dei  brani,  pe'quali  si  scor- 
ge il  merito  non  comune  di  esso  nelle  matematiche 
discipline.  Seguire  da  vicino  il  sig.  Grones  in  questa 
sua  trattazione  ,  sarebbe  cosa  malagevole  a  farsi  e  a 
udirsi,  perciò  basterà  toccare  i  principli  capi  di  essa  , 
per  chi  voglia  saperne. 

Dice  il  nostro  autore  nel  suo  bel  principio:  „  Mio 
,,  divisamento  è  quello  unicamente  di  considerare  il 
„  calcolo  delle  quantità  immaginarie  sotto  un  punto 
„  generale  di  vista  ,  vale  a  dire  di  esaminare  siffat- 
„  te  quantità  in  se  stesse  :  lo  che ,  che  io  mi  sappia, 
„  non  sì  tentò  per  anche  da  alcuno.  „  Non  pertanto 
gli  autori  mocerni  ,  cosi  francesi  come  italiani  ,  non 
mancano  di  notizie  adeguate  sul  proposito.  Certo  con- 
sultando su  tali  naterie  le  antiche  istituzioni,  forse  s'in- 
contreranno delle  idee  stravaganti  ed  inesatte  ,  come 
appunto  è  quella  riferita  poco  appresso  dall'autore, 
cioè  che  ,,  il  prod(tto  reale  di  due  quantità,  immagi- 
„  narie  fu  considerato  qual  mistero ,  ed  anche  quale 
„  assurdo  dai  matemitici  eziandio  di  gran  nome.  „  A 
questa  sentenza  non  fa-ebbero  certamente  eco  Newton, 
Eulero  ,  Bernoulli ,  Bmnacci  ,  Lagrange  e  Laplace  , 
senza  dire  dei  viventi.  '!^uesti  con  pochi  altri  sono  i 
fonti  ai  quali  deve  attingersi ,  per  evitare  i  misteri  in 
in  una  scienza ,  che  non  ne  accoglie  per  sua  indole. 
Però  alla  citata  sentenza  'autore  nostro  non  fa  plau- 
so nel  seguito  del  suo  discorso  ,  nel  quale  si  adope- 
ra in  sostenere  che  la  denooinazione  d'impossibile,  da- 


Quantità'  immaginarie  223 

ta  alle  quantità  immaginarie  ,  non  è  giusta,  e  che  deb- 
ba la  impossibilita  medesima  riguardarsi  come  rela- 
tiva, perchè  le  operazioni  che  si  eseguiscono  sulle  quan- 
tità immaginarie  ,  possono  cambiare  la  condizione  lo- 
ro immaginario:  ,,  vale  a  dire  (pag.  13)  farle  passare 
,,  da  uno  stato  ad  un  altro ,  senza  che  cangi  la  lo- 
„  ro  esistenza  ,  che  è  immutabile.  Difatti  la  impossi- 
„  bilita  relativa  suppone  uno  stato  condizionato  ,  il 
,,  quale  si  toglie  tosto  che  tolgasi  la  condizione.  Ed 
„  è  per  questo  che  spessissimo  volte  certi  artifizi  ana- 
,,  litici  non  valgono  a  far  passare  alcune  espressio- 
,,  ni  dallo  stato  immaginario  allo  stato  reale  ,  perchè 
„  non  sono  atti  di  per  se  a  togliere  quella  condizio- 
„  ne  ,  che  li  mantiene  nello  stato  d'impossibilita  re- 
„  lativa.  Siccome  altre  volte  i  medesimi  giungono  a 
,,  rendere  in  particolar  senso  reale  una  espressione  , 
,,  che  generalmente  considerata  è  immaginaria.  „  Du- 
bitando quindi  l'autore,  forse  per  eccesso  di  modestia, 
che  questa  sua  metafisica,  vero  nocciolo  della  sua  lun- 
ga epistola,  non  possa  a  tutti  parer  chiara,  soggiunge: 
,,  Affinchè  poi  si  renda  più  manifesta  la  mia  mente 
„  nella  nozione  che  mi  sono  formato  delle  quantità 
„  immaginarie ,  attribuendo  loro  una  impossibilità  re- 
,,  lativa  ,  e  non  assoluta ,  ponete  di  avere  due  vasi 
,,  conici  di  differente  grandezza.  Se  voi  vorrete  inchiu- 
,,  dere  il  minore  nel  maggiore ,  non  troverete  in  ciò 
,,  fare  difficolta  veruna.  Ma  se  pretendeste  che  il  mi- 
,,  nore  contenesse  il  maggiore ,  pretendereste  l'impos- 
,,  sibile  :  vale  a  dire  sitìatta  coesistenza  sarebbe  as- 
,,  surda,  quantunque  i  due  corpi  separatamente  pre- 
„  si  esistano  in  fatto  ,  ed  abbiano  una  reale  esisten- 
,,  za.  Chiamando  io  reale  la  prima  coesistenza,  chia- 
„  rao  immaginaria  la  seconda  ,  e  la  nozione  raedesi- 
„  ma  mi  formo  delle  quantità  reali  ed  immaginarie 
„  algebriche.  La  quantità   immaginaria  algebrica  non 


S24  S  e  I  K  N  r  É 

^^  è  lilla  qùantìLa  assurda  in  se  stessa  ,  è  solo  aSsuf* 
i,^  da  la  sua  maniera  di  esistere  sotto  quella  data  for- 
,)  ma  :  ella  non  è  ne  un  nulla  ,  ne  un  semplice  no-^ 
„  me  ,  siccome  non  è  un  nulla  ne  un  semplice  nome 
^,  il  vaso  maggiore  che  si  vorreLbe  contenuto  nel  va- 
,,  so   minore.  ,^ 

Dopo  questo  schiarimento  Fautore  passa  a  render 
conto  della  essenza  delle  formule  immaginarie ,  che 
non  mancano  di  parti  reali,  E  qui  per  procedere  col- 
la solita  originalità  ,  lasciando  stare  i  vasi  conici,  met- 
te mono  ai  cilindrici  :  e  giovandosi  di  questi,  istitui- 
sce un'  argomentazione  sul  proposito,  dalla  quale  con- 
chiude non  essere  giusto  il  pensamento  di  coloro,  che 
sostengono  non  solo  non  essere  quantità  gl'immagina- 
ri ,  ma  neppure  come  tali  potersi  riguardare  dagli  ana- 
listi. Ed  in  prova  di  questi  suoi  pensamenti  l'autore 
considera  la  equazione  alla  ipcrhola  ,  tradotta  al  suo 
semiasse  minore  :  si  ferma  sulla  relazione  fra  la  cor- 
da ,  il  diametro  ,  ed  il  segmento  di  questo,  adiacente 
alla  corda  stessa  ,  e  considera  il  caso  in  cui  la  cor- 
ila  divenendo  secante ,  supera  il  diametro  :  passa  final- 
mente in  rivista  le  formule  solutive  delle  equazioni  di 
terzo  grado  ,  discorrendo  sul  caso  irreducibile.  Da  tut- 
to ciò  egli  per  vie  obblique  ,  svariate ,  e  lunghe  si 
studia  dedurre  la  conferma  de'  citati  suoi  pensamen- 
ti ,  e  che  il  calcolo  degl'  immaginari  serve  mir^ibil- 
mente  all'  analisi  del  matematico  ,  e  perciò  non  deb- 
Le  sbandirsi  dall'  algebra  come  inutile  ,  e  tale  da  far 
tiriare  di  continuo  in  uno  scoglio ,  da  non  sapersene 
facilmente  liberare  ,  secondo  quello  che  molti  ne  di- 
cono ;  ma  che  invece  un  tal  calcolo  deve  riguardar- 
si come  ,,  necessario  (pag.  31)  per  avvertire  il  ma- 
,,  tematico  che  le  vie  che  ei  siegue  nel  suo  viaggio, 
,,  non  sono  sempre  le  più  adatte  a  guidarlo  a  sal- 
>,  vamento,  e  che  ben   lontano  il  calcolo  stesso  dal  no- 


Quantità'  immaginarie  225 

„  tare  una  imperfezione  noli'  algebra,  ne  conferma  an- 
,,  zi  che  no  la  sua  perfetta  natura  „  Ne  una  sola  vol- 
ta, ma  spesso  l'autore  indirizza  i  suoi  rimproveri  con- 
tra  gì'  irapugnatori  del  calcolo  degl'  immaginari,  i  qua- 
li se  esistano  o  no,  se  abbiano  autorità  o  non  l'abbia- 
no, poco  importa  ;  ma  è  da  notare  lo  zelo  di  chi  pri- 
ma  del  bisogno,  accorre  in  difesa  della  scienza. 

Più  oltre  il  sig.  Grones ,  internandosi  maggior- 
mente nella  sua  metafìsica  degl'  immaginari ,  conside- 
ra questi  ,,  quali  quantità  (pag.  33)  appartenenti  ad 
„  un  altr'  ordine  di  quantità  affatto  distinte  dai  nu- 
,,  meri.  La  x  della  equazione  x*  -j-  1  ==  o  (  dice  a 
,,  pag.  35)  esprime  in  generale  una  quantità  ,  vale  a 
„  dire  ciò  che  e  suscettivo  in  generale  di  aumento  e 
„  di  diminuzione.  Ora  l'aumento  di  una  quantità  non 
„  solo  può  farsi  per  gradi  insensibili  della  medesima 
„  specie ,  ma  astrattamente  parlando  per  qual  si  sia 
,,  apposizione  di  parti  omog^enee  ,  od  eterogenee.  Ciò 
,,  posto,  fino  a  tanto  che  considero  la  x  della  raede- 
„  sima  specie  della  unita  a  cui  è  riferita  ,  e  questa 
„  unità  la  prendo  aritmeticamente  ,  accordo  anch'  io 
„  non  poter  ella  essere  nell'  equazione  x^  -{-  1  =  o 
,,  una  quantità  aritmetica.  Ma  se  considero  la  unita 
„  in  un  modo  più  astratto,  vale  a  dire  in  senso  asso- 
„  lutamente  metafisico ,  non  trovo  ripugnare  che  si 
,,  consideri  x  come  una  quantità  sui  generis  ^  diffe- 
„  rente  dalla  natura  della  unita  aritmeticamente  con- 
„  sidcrata  ;  anzi  sospetto  che  sì  la  x  che  l'unita,  non 
,,  deggiano  considerarsi  in  tal  caso  nell'  ordine  co- 
„  mune  delle  quantità  ,  ma  in  un  altr'  ordine  di  quan- 
„  titk  indeterminate.  „  Taluni  sospetteranno  invece  che 
l'autore,  sublimandosi  troppo  sul  proposito,  abbia  tra- 
veduto in  queste  sue  teoriche  ;  ma  non  potranno  a  me- 
no di  notarne  la  franchezza. 

G.A.T.LIII.  iù 


226  Scienze 

Quello  che  egli  soggiunge  a  giustificazione  di  sif- 
fatte idee,  non  è  da  trasandare,  per  la  osservazione  che 
sopra  vi  cade.  „  Questo  mio  concetto  (cosi  a  pag.  37) 
„  parrà  a  certuni  un  cavillo,  e  forse  tale  ei  sarà.  Mi 
„  rincora  però  il  pensiero ,  che  uomini  dottissimi 
„  ricorsero  talvolta  a  simili  speculazioni ,  per  ispie- 
„  gare  ciò  che  avendo  tutta  l'apparenza  di  parados- 
„  so  ,  non  si  poteva  in  veruna  guisa  negare.  Infatti 
,,  rinovellatasi  dal  p.  Guido  Grandi  la  questione  se 
„  nella  serie 

1 

(1  )    .    .    .  -  =  1  —  JcArX^  —  X^-{- ...  00 

,,  ponendo  X  =  1,  abbiasi  veramente 
1 

-   =  1    14-1    1-1-    ....    00, 

„  il  dottissimo  Wolf  chiese  a  Leibnitz  spiegazione  dell' 
,,  enigma.  Questi  dopo  avere  osservato,  che  il  secondo 
„  membro  della  (1)  diviene  zero,  o  la  unita,  secondo  che 
„  pari  od  impari  è  il  numero  de'suoi  termini,  rispose 
,,  che  in  questo  caso  considerandosi  il  numero  auraeuta- 
„  to  air  infinito  ,  svaniva  perciò  la  sua  natura  di  nu- 
,,  mero  ,  e  non  poteva  pivi  regnare  la  equazione  in  pro- 
,,  posito  ,  e  che  sebbene  questo  modo  di  argomentare 
„  (pag.  59)  sembri  più  metafisico  che  matematico , 
,,  tuttavia  è  certo  che  nella  matematica  ,  nell'  anali- 
,,  si  ,  nella  stessa  geometria  ,  se  ne  fa  maggior  uso  di 
„  quello  volgarmente   si  creda.  ,, 

Quindi  l'autore  (  pag.  39  )  replica  dicendo  ,,  se 
„  Leibnitz  pone,  che  svanisca  la  natura  di  numero  , 
,,  il  quale  è  senza  dubbio  di  natura  sua  finito ,  quan- 
„  do  si  consideri  aumentarsi  all'  infinito ,  (|ual  ma- 
,,  raviglia  che  io  asserisca  avvenire  il  medesimo,  quan- 
,,  do  si  concepisce  decrescere  il  numero  stesso  fino 
,,  allo  stalo    infinitissimo  ?  ,, 


Quantità'  im.iiaginarie  227 

Tempo  già  fu  nel  quale  siffatte  argomentazioni  era- 
no di  moda ,  oggi  non  lianno  più  quella  influenza  sul- 
lo spirito;  il  quale  si  appaga  più  de'  fatti,  e  della 
evidenza  ,  che  delle  autorità  e  induzioni.  Ma  lascian- 
do ciò  dall'  un  de'  lati ,  uè  cercando  quale  sia  il  nes- 
so delle  proposizioni  riferite  ,  meglio  sarà  ed  a  pro- 
posito dimostrare  al  sig.  Grones  che  la  (1)  non  è  al- 
trimenti assurda  nel  caso  di  x  =  1 ,  purché  esattamen- 
te si  analizzi ,  e  che  in  questo  caso  non  sono  le  spie- 
gazioni date  (secondo  l'autore)  da  Leibnitz  e  da  Va- 
rignon  quelle  che  tolgono  ogni  dubbio  sul  proposito; 
ma  che  tutto  altramente  deve  ragionarsi  per  dichiara- 
re il  caso  medesimo  ,  cioè  non  deve  trascurarsi  quel 
residuo ,  che  in  tal  caso  ha  luogo  nella  serie  citata. 
Infatti  eseguendo  la  divisione  di  1  pel  binomio  1  -\- x 
avremo  : 

1  X 

^-\-x  l-f-x 

=  1  —  x-f 


l-j-x  1-{-x 

ì  x^ 


=  1  —  x-\-x'' 


i  x^ 

— — -  ==  1  —  j:4-x^  —  ^3+     ,— 
1-}-x  *  1+^ 

quindi  generalmente   potremo  stabilire 

1  ,  _    x"^ 

^   '  1  +  X  ^  »  _L-  l     ^_j_^ 

in  cui  vale  il  segno  superiore  quando  n  è  impari;  l'in- 
feriore quando  n  è  pari.    Inoltre  si   vede   che   se  sarà 

x<  1,  crescendo  n  decresce  il  termine  .  - — ,  cosicché 

l-j-o.- 


15 


K* 


228  Scienze 

quanti  più  termini  si  prendono  nel  secondo  membro  del- 
la (a),  tanto  più  il  citato  termine  si  avvicina  allo  zero, 
col  quale  si  confonderà  ,  se  il  numero  de'  termini  stes- 
si sia  indefinitamente  grande  ,  ed  allora  potrà  omet- 
tersi. In  questo  caso  adunque  potik  riguardarsi  vera  la 
seguente  equazione 

4 
V  ^  i^j^^  -r  -r  -r 

Ma  se  X  sarà  •=  ovvero  >•  1,  certamente    che  il   ter- 

mine      ,—   al  crescere  di  zì,  o  rimarra    costante,   o 

crescerà  anch'  esso  ;  e  perciò  non  potrà  questo  termi- 
ne obliarsi  :  ne  la  (Z>)  potrà  valere  in  questo  caso  , 
ma  bensì   la  («). 

In  ciò  consiste  la  soluzione  dell'  enigma  di  cui 
l'autore  discorre.  Poiché  essendo  x  =  \  dovremo  va- 
lerci della   (rt),  ed  avremo   perciò 

1  1 

— .— =  1  —1+1    .   .   .   .+  14 r- 

1+1  ^  ^    ^1+1 

cioè  è  =  2  .  E  si  osservi  che  nulla  influisce  sulla  ve- 
rità di  questo  risultamento  prendere  un  numero  piut- 
tosto pari  che  impari ,  o  viceversa  ,  di  termini  nel  se- 
condo membro  della  (ci).  Infatti  prendendone  un  nu- 
mero pari  sarà  n  impari ,  e  perciò  valendo  il  segno 
superiore  avremo 

1    _  1  1 

~'2~'^  "~  1  +  l""   2 
Prendendone  un  numero  impari  sarà  n  pari,  e  per- 
ciò valendo  il  segno   inferiore   sarà 
1    _     1      _   1 

"^2  ~1+1  ""2' 
Dunque  non  un  enigma,  non   un  paradosso  è  da 
reputarsi  il    caso   in  questione  ;  e    per  dichiararlo   ba- 
sto  il  solo  calcolo  della   divisione  ,   seuz'  altro  di   me- 


Quantità'  immaginarie  229 

lafislco  e  speculativo.  Perciò  il  nostro  autore  fomla 
male  su  tal  caso  le  giustificazioni  alle  conghictture 
sue  sulla   natura   degl'  immaginari. 

Il  resto  della  lettera  in  proposito  ,  più  o  meno, 
è  una  ripetizione  continua  delle  cose  notate  ,  e  forma- 
no la  parte  erudita  di  tutta  questa  operetta  le  auto- 
rità dei  Veuìni,  Wolf ,  Reyneau,  Salimbeni,  Cardano, 
Rorahelli ,  Cessali,  Saladini,  Lorgna,  Varigiion,  Ka- 
stner  ,  non  che  di  Nicolai ,  e  moltissimi  altri,  coi  qua- 
li a  ogni  pie  sospinto  t'incontri.  Le  digressioni  che 
in  essa  tratto  tratto  sbucciano ,  sono  di  un  genere 
tutto  proprio  dell'  autore.  Infatti  entrato  esso  a  par- 
lare del  calcolo  infinitesimale,  ecco  come  si  esprime: 
„  Io  paragonerei  il  calcolo  infinitesimale  (pag.  45)  ad 
„  una  chiave  composta  di  un  singolare  metallo,  restio 
,»  alle  più  squisite  indagini  dell'analisi  chimica,  e  do- 
„  tato  di  una  sorprendente  pieghevolezza,  onde  si  pos- 
„  sa  mediante  alcune  inflessioni  studiosamente  varia- 
„  te,  schiudere  prontamente  qualsivoglia  serrarmc,  col 
„  più  alto  magistero  eseguito.  Questa  chiave  mara- 
,,  vigliosa  però  non  è  da  credersi  che  si  potesse  ma- 
„  neggiare  utilmente  da  tutti;  essa  addimanderebhe  uno 
„  sperto  artiere,  alla  cui  mente  si  offerisse  il  maggior 
„  numero  possibile  delle  combinazioni ,  onde  si  può 
ff  variare  un  ordigno  della  natura  di  quello  di  cui 
„  si  ragiona  ,  affinchè  quelle  tali  inflessioni  le  desse, 
,,  che  sono  atte  ad  aprirlo.  Ponete  una  tal  chiave  tra 
„  le  mani  di  un  Leibnitz,  dei  BernouUi,  di  un  New- 
„  ton ,  di  un  Eulero,  di  un  D'Alembert ,  d'un  La- 
„  grange  ,  e  di  cent'  altri  ingegni  superiori ,  e  vedre- 
,,  te  aprirvisi  innanzi  i  più  grandi  tesori ,  coli'  arte 
,,  maggiore  rinserrati.  ,,  Male  che  tal  chiave  non  sia 
da  tutti ,  e  peggio  che  si  pieghi  presto  ! 

La  comune  de'matematici  reputati  e  moderni  non 
è  certo  in   perfetto  accordo  colle  idee  del  nostro  au- 


230  Scienze 

tore  sulla  natura ,  e  sul  significato  degl'  immaginari, 
i  quali  non  sono  altro  che  formule  in  cui  e  indicata 
una  operazione  impossibile  ad  eseguirsi;  cioè  la  estra- 
zione di  una  radice  di  ordine  pari ,  da  una  grandezza 
negativa. 

Se  gì'  immaginari  hanno  tal  forma  ,  che  operan- 
do convenientemente  sulla  medesima  ,  si  riesca  a  spo- 
gliarli del  simbolo  della  immaginarieta  ,  allora  sono 
apparenti,  e  si  distinguono  con  questo  nome.  Se  poi 
qualunque  mezzo  non  vale  a  realizzarli ,  sono  e  di- 
consi  effettivi. 

GÌ'  immaginari  apparenti  ,  per  lo  più,  sono  il  ri- 
sul lamento  di  un  metodo  indiretto,  praticato  nella  so- 
luzione delle  questioni  a  cui  gì'  immaginari  stessi  ap- 
partengono ;  e  non  altrimenti  debbonsi  riguardare  dal 
calcolatore.  GÌ'  immaginari  effettivi  sono  sempre  con- 
seguenze e  indizi  certi  di  qualche  assurdo,  incluso  nel- 
la questione  ,  dalla  quale  essi  derivano  ;  quindi  è  che 
questi  tengono  luogo  di  soluzioni  ,  e  sono  utilissimi 
nelle  matematiche,  perchè  manifestano  quei  difetti,  che 
la  mente  non  può  in  taluni  argomenti  discernere  di 
per  se.  Sembra  che  su  questi  pochi,  semplici,  e  faci- 
li principii  debba  senz'altro  consistere  la  teorica  tut- 
ta degl'immaginari  tanto  per  la  natura,  quanto  pel  si- 
gnificato   dei  medesimi. 

P.  V. 


231 


Ètudes  statistiques  sur  Rome  ec.  Studi  statistici  su  Ro- 
ma e  la  parte  occidentale  degli  stati  romani  ec.  del 
conte  di  Tournon  prefetto  del  dipartimento  di  Ro- 
ma negli  anni  18 'IO- 14.  Parigi  1831.  Due  volumi 
di  testo  in  8.°  con  un  terzo  volume  di  piante. 

ARTICOLO  II.» 

v^uanti  viaggiatori  gittarono  Io  sguardo  sulle  cam- 
pagne che  di  Acquapendente  si  distendono  fin  presso 
i  colli  albani ,  dissero  cotesto  immenso  paese  essere 
senza  produzione.  Il  sig.  Matbeus  incominciò  il  pri- 
mo a  dubitar  che  ciò  non  fosse  un  invecchiato  pre- 
giudizio passato  di  bocca  in  hocca,  finche  M.  Lullin 
de  Chatcuvieux  lo  scoperse  e  preselo  a  combattere  colle 
armi  invincibili  delle  osservazioni  e  de'  fatti.  Al  lato 
di  questo  difensore  della  romana  agricoltura  sover- 
chiamente vilipesa,  noi  porremo  il  valente  sig.  di  Tour- 
non che  nel  secondo  libro  de'  suoi  studi  statistici  in 
poche  pagine  raccolse  quanto  concerne  questa  branca 
importantissima  di  ricchezza:  e,  paragonandola  ad  al- 
tre Provincie  che  sono  in  grido  di  coltivatrici,  mostrò 
quanto  leggermente  gli  stranieri  giudicano  le  cose  no- 
stre- Egli  schiettamente  confessa  che  mietendo  in  un 
campo  pressoché  intatto  ,  sarà  caduto  in  più  errori , 
specialmente  ove  trattasi  determinare  il  prodotto  net- 
to de'  campi  e  della  pastorizia;  e  domanda  con  l)clla 
modestia  che  gli  sieno  indicati.  Noi  per  ora  ci  con- 
tenteremo ,  come  già  adoperammo  del  primo  ,  di  far 
conoscere  ai  nostri  lettori  le  cose  più  importunati  di 
cotesto  secondo  libro. 


232  Scienze 

La  cultura  d'un  paese  dipende  principalmente  da 
due  cagioni  :  natura  del  suolo  e  stato  della  popola- 
zione :  questa  aumenta  o  sminuisse  in  ragion  della  sa- 
lubrità dell'aere  che  respira.  Le  provincie  che  c'inter- 
tengono,  siccome  abbiamo  mostrato,  compongonsi  qua- 
si per  egual  proporzione  di  pianure  e  montagne  :  su 
queste  ,  poiché  salubri,  evvi  una  popolazione  spessa  e 
robusta;  in  quelle,  d'aria  maligna,  radi  e  malaticci  abi- 
tatori. Quindi  naturalmente  il  suolo  de'  monti  culto  e 
fecondo,  i  piani  abbandonati  in  gran  pascoli  e  poderi. 

Questa  cagion  fisica   di  cultura  è  stata  rafforzata, 
non  che  secondata  ,  da   un'  altra   cagion  tutta  morale. 
Ne'  primi  tempi  di  Roma  un  cittadino  non  potea  pos- 
seder per  legge  più    che  due  jugeri   di  terra,  i  qua- 
li  nel  268   s'accrebbero  fino  a   sette.  I  costumi  segui- 
tarono  le  leggi  :  dappoiché  Cincinnato  e  Fabrizio  non 
possedev^ano    più   patrimonio   di  quello    che   esse  per- 
mettevano, e  M.    Curio  vincitore  di  Pirro  ricusava  cin- 
quanta jugeri   che  gli  offeriva  il  popolo,  dicendo  :  eh* 
egli  sarebbe    stato   pessimo   cittadino  se  non   si  fosse 
accontentato  al  legai    patrimonio  di   sette    jugeri.    Ma 
allorché   le  conquiste  allargarono  il  dominio   romano  e 
le  ricchezze   accumularonsi    nella  citta  regina  :  si  ab- 
bandonò la  cultura  delle  terre  agli  schiavi,  i  quali  non 
mai   tengon   lungo    di   cittadini  ;  e    la    pastorizia  pre- 
valse alla   semenza  delle  biade.  Ai  romani  vinti   ten- 
nero   dietro  i  capitani  barbarici ,  i  quali  adottarono  la 
medesima  maniera  d'agricoltura  e  quindi  il  dritto  feu- 
dale e  i  fidecomraissi ,  che  la  rendettero  durevole  am- 
massando in  poche  mani   vastissimi    poderi.   Arroge   a 
tutto  ciò   che  cotesto   provincie  han   terre  attissime    ai 
pascoli  ,  i  quali   non  abbisognano  d'alcuna  cura  :  lad- 
dove rotte  e  seminate  non  sempre  corrispondono   ai  su- 
dori dell'  agricoltore  ,  eh'  è   costretto  impiegarvi   mol- 
ate braccia  ,  molto  tempo   e  molti  capitali. 


Statistica  di  Roma  233 

Lo  spazio  della  cultura  a  gran  pascoli  e  pode- 
li  è  quelle  de'tre  bacini  del  lago  di  Bolsena,  del  Te- 
vere e  delle  paludi  pontine ,  in  che  noverasi  una  po- 
polazion  d'agricoltori  di  soli  15  a  'i8  mila  abitanti. 
La  piccola  cultura  ha  luogo  nelle  due  catene  vulca- 
niche e  nelle  vallate  del  Sacco ,  dell'  Aniene  e  del 
Velino.  Ecco  ,  secondo  il  catasto  ,  com'  è  compartita 
la  cultura   in   queste  contrade. 

Terre  suscettive  d'esser  coltivate  a  grano:  rubbia  242,000 
destinate  al  nutrimento  del  bestiame  162,000 
destinate  alla  vigna  14,600 

alle  ortaglie   ed  ai  pomari  1,400 

Boschi  cedui  e  d'alto  fusto  e  castagneti  170,000 


Totale   delle  terre  produttive  R.  590,000 
Terreni  fabbricati,  fiumi,  ruscelli,  stagni,  spiag- 
ge, burroni,  roccie,  strade,  terre  sterili  146,000 


Totale    7,36.000 

Le  terre  suscettive  d'esser  coltivate  a   grano  dividon- 
si   nel  modo  seguente  : 

Ne'  paesi  malsani rubbia    160,000 

Ne' salubri 82.000 


Totale  rubbia  242.000 

Premesse  queste  osservazioni  generali,  procede  il 
sìg.  di  Tournon  a  trattare  partitamente  della  cultura 
de'  paesi  malsani  e  quindi  de'  salubri. 

La  campagna  romana  occupa  un  vastissimo  trat- 
to de' primi,  distendendosi  per  111,400  rubbia.  Essa 
secondo  l'illustre  monsig.  Nicolai  autor  d'un' opera  pre- 
gevolissima sull'agro  romano,  dividasi  così 


234  Scienze 

Terre  arabili rubbia  55,000 

Praterie 10,295 

Pascoli 5,595 

Boschi 21,245 

Vigne  ed  oJiycti 817 

Spiagge  . 1,997 

Paludi  e  stagni 1,563 

Rocce,  burroni,  terre  sterili,  fabbricati,    stra- 
de ,    corsi   di  acqua 1 4,788 


Totale  rubbia  111,300 

I  terreni  coltivati  a  grano  si  riposano  ogni  due  , 
tre  o  quattr'anni,  secondo  la  loro  forza.  Essi,  come  si 
è  accennato  ,  principalmente  nella  campagna  romana 
sono  accumulati  in  poche  mani.  In  questo  territorio  i 
proprietarii  giungono  appena  ai  dugento,  e  almeno  un 
terzo  di  lot-o  son  pubblici  stabilimenti.  Il  principe 
Borghese  ,  l'arciospedal  di  s.  Spirito  e  il  capitolo  va- 
ticano hanno  possidenze  sterminate.  Tutti  cotesti  por- 
prietarii,  tranne  pochissimi,  affittano  per  una  data  cor- 
risposta i  loro  fondi.  Quindi  al  lato  de'proprietarii  sor- 
ge un'  altra  classe  di  persone  che  appeilansi  mercanti 
di  campagna  ,  i  quali  esercitano,  pressoché  esclusiva- 
mente ,  l'agricoltura.  Quattrocento  affitti  noveravansi 
nella  campagna  romana  :  dugento  nelle  altre  provin- 
cie.  Però  convien  riflettere,  che  sebbene  i  proprietarii 
non  sogliano  locare  i  lor  poderi  ad  un  sol  mercante 
di  campagna  :  nuUadimeno  avvenendo  che  un  sol 
mercante  tolgasi  più  affitti  da  diversi  proprietarii,  il 
commercio  agrario  riman  sempre  fra  pochi.  Imperoc- 
ché ad  esercitar  la  professione  del  mercante  di  cam- 
pagna ,  vi  vogliono  capitali  vistosi  ed  infinite  brighe 
e  sollecitudini.  Ne  sempre  avviene  che  le  fatiche  sie- 
no  coronate  da   esito   felice.    Quindi  la  più  parte  de' 


Statistica  di  Roma  235 

capitalisti  non  si  arrisica  e  cerca  al  suo  danaro  un  più 
sicuro  collocamento:  che  se  qualche  inconsiderato  pon- 
gasi in  quel  mestiere  senza  capitali  sufficenti,  cade  ne- 
cessai'iaraente  in  man  degli  usuraj  e  fallisce.  Ed  infat- 
ti ,  de'  cinquantaquattro  mercadanti  che  noveravansi  in 
Roma  a  tempo  del  sig.  di  Tournon  ,  pochissimi  son 
tuttora  in  fortuna.  Alle  volte  gli  affittuari  o  i  proprie- 
tarii  medesimi  danno  i  poderi  ad  enfiteusi.  Questa  ma- 
niera, che  sarebbe  utilissima  se  si  restringesse  a  picco- 
le porzioni  di  terreno,  poiché  sminuirebbe  in  qualche 
modo  il  danno  delle  grandi  proprietà  ,  applicata  ai 
gran  poderi  non  genera  alcun  bene,  e  nuli'  altro  fa 
che  sostituire  un  proprietario  ad  un  altro.  Così  la  ca- 
mera apostolica  ha  alienato  le  più  belle  tenute  a  suo 
gran  detrimento. 

Se  vi  recate  a  percorrere  una  tenuta ,  voi  tosto 
vedrete  com'essa  manchi  di  fabbricati.  Pochi  casali,  per 
lo  più  cavati  da  qualche  antico  monumento,  apprestano 
ricovero  al  fittaiuolo,  quando  vi  si  rechi,  ai  ministri, 
ai  famigli  ed  ai  cavalli.  Per  gli  operai,  che  vi  vanno 
a  torme  pe'lavori  campestri,  non  iscorgete  che  picco- 
le capanne  sparse  qua  e  Ih.  Anche  i  bestiami  d'ogni 
maniera  vivono  comunemente  a  ciel  sereno  ;  dappoi- 
ché la  scuderia  è  serbata  pe'  cavalli  del  fittaiuolo  e 
momentaneamente  per  le  vacche  pregnanti.  A  cagion 
d'esempio  Campo-morto  che  ha  4309  rubbia  d'esten- 
sione ,  tantoché  è  più  grande  del  territorio  d'un  gran 
villaggio  ,  non  ha  fabbriche  più  che  un  podere  de' 
mcu  vasti  del  settentrione.  Questo  difetto  d'abitazio- 
ni è  immensamente  nocevole  a  que'poveri  campagnuo- 
li  costretti  a  dormir  più  volte  al  sereno  ,  d'onde  trag- 
gono malattie  e  morti.  1  papi  molto  si  adoperarono 
(e  l'amministrazion  francese  seguitò  il  loro  esempio) 
perchè  moltiplicassero  le  fabbriche  ne'  poderi  :  ma  ri- 
man    molto   a    fare. 


\ 


236  Se    I   E   N   Z   E 

Ogni  tenuta  lia  due  classi  di  persone  :  altre  an- 
nualmente salariate  :  altre  tolte  a  giornata  o  a  stagio- 
ne. Fra  quelle  ha  il  primo  luogo  quegli  che  dicesi  mi- 
nistro di  campagna^  il  quale  tien  le  veci  del  fittai no- 
lo ed  ha  a  se  soggetti  i  ministri  inferiori  capo  vac- 
caro ,  capo  vergavo  ec.  Vien  quindi  lo  stuolo  de'vac- 
cari ,  vergari ,  barrozzari  e  altrettali ,  che  han  tutti 
un  mestiere  a  se  ,  ne  lavorano  il  campo,  ne  si  aiutano 
Fun  l'altro  nelle  proprie  faccende,  cosicché  il  gran  prin- 
cipio di  Smith  della  division  del  lavoro  è  affatto  a  lo- 
ro sconosciuto.  Se  non  vi  fossero  che  costoro,  il  terre- 
no non  produrrebbe  :  v'ha  dunque  mestieri  di  molti 
operai  o  presi  a  stagione,  come  i  bifolchi  ,  o  alla  gior- 
nata ,  come  i  mietitori.  Ma  poiché  la  popolazione  agri- 
cola delle  province  non  somma  che  a  15  o  18  mila  abi- 
tanti ,  fa  d'uopo  altronde  cercar  de'  coltivatori. 

Degli  uomini  chiamati  caporali  radunano  nelle  val- 
li del  Sacco,  dell'  Aniene  e  del  Velino  ,  nelle  provin- 
cie  limitrofe  dell'Abruzzo  e  della  Terra  di  lavoro,  nel* 
le  Marche  di  Fermo  e  d'Ancona  più  centinaia  d'agri- 
coltori. Formata  la  caravana,  pongonsi  in  viaggio  alla 
volta  delle  campagne,  ove  il  caporale  ha  pattuito  lo- 
car la  loro  opera.  Gli  aquilani  sono  particolarmente 
impiegati  a  far  fossi  e  riparar  vie  :  gli  amatriciani  a 
piantar  alberi  e  capanne,  i  marcheggiani  ed  i  ciocia- 
ri (  che  cosi  chiama  usi  que'  delle  provinole  napoleta- 
ne e  di  Campagna  )  a  mietere  e  falciare.  Vengono  al- 
tresì de'  lucchesi  pe'lavori  degli  olivi,  e  perfin  qualche 
modenese  a  porre  le  lacciuole  pe'  lupi.  Il  caporale  ri- 
ceve dal  fittaiuolo  l'intero  salario  della  compagnia  , 
che  poi  ripartisce  per  teste  ,  prelevando  a  se  buona 
parte.  Non  è  facile  determinar  cotesta  popolazione  am- 
bulante» Può  approssimativamente  calcolarsi  che  pe'la- 
vori campestri  dall'  ottobre  al  maggio  s'impieghino  20 
mila  operai ,   de'  quali  1 1    mila  delle    provincie   pon- 


Statistica  di  Roma  237 

tificie  ,  9  mila  del  regno  di  Napoli.  Por  la  falciatu- 
ra ,  mietitura  e  tritura  dal  maggio  al  luglio  se  ne 
adoperano  Leu  30  mila,  che  vengono  nella  stessa  pro- 
porzione dalle  stesse  provincie.  La  sorte  di  questi  po- 
veri operai,  che  vengono  dal  cielo  salubre  delle  'na- 
tive montagne  al  grave  aere  de'  nostri  campi  è  ben 
misera  ,  segnatamente  allorché  la  state  vada  umida  e 
sieno  sorpresi  da  pioggia  nell'atto  della  mietitura.  La 
mancanza  di  ricovero  ,  di  buon  nutrimento  e  di  qua- 
lunque precauzione  fa  che  la  maggior  parte  di  quest' 
infelici  venga  a  popolare  i  nostri  ospedali,  ed  avven- 
ne qualche  volta  che  perirono  di  loro  intere  compagnie. 
Quando  sarà  mai  che  l'interesse  de'  proprietarii  e  de* 
jfìttaiuoli,  accordandosi  coli'  umanità  e  colle  leggi,  mi- 
gliorerà, la  sorte  di  quest'  infelici  e  con  loro  quella 
de'  nostri  campi  !  Questo  è  il  voto  ,  questo  e  il  desi- 
derio di  quanti  amano  davvero   il  pubblico  bene. 

L'aria  malvagia  ,  la  mancanza  di  popolazione  ,  la 
qualità  stessa  delle  terre  fa  che  al  bestiame  piuttosto- 
chè  ai  grani  si  consacrino  le  prime  cure.  Fra  le  va- 
rie specie  d'armenti  i  buoi  e  per  la  loro  bellezza  e  per 
la  loro  utilità  meritano  peculiar  considerazione.  Di  1 60 
mila  rubbia  arabili  ne' paesi  malsani  ,  può  stimarsi  che 
si  coltivino  nelle  circostanze  favorevoli  82,280.  Pren- 
dendo la  proporzion  media  fra  i  diversi  riposi ,  cui 
van  soggetti  questi  terreni ,  si  trova  che  per  22  rub- 
bia ,  tutto  compreso ,  richiedesi  un  aratro.  Per  82,820 
rubbia  voglionsi  dunque  3740  aratri  :  e  poiché  a 
ciascuno  convien  dare  cinque  buoi  ,  cioè  quattro  sotto 
il  giogo  ed  uno  in  serbo  :  il  numero  de'  buoi  aratori 
ne' paesi  malsani  sarà  18,700.  Ne'  paesi  salubri  la  cul- 
tura si  fa  a  braccio  a  cagion  della  declività  del  suo- 
lo :  e  dove  usasi  dell'aratio,  vi  si  attaccano  solo  due 
buoi.  Variando  in  essi  il  riposo  de'  terreni  all'  inlini- 
to,  non  può  farsi  uu  computo  molto  preciso  :  pur  non- 


238  Scienze 

dimeno  sembra  che  almen  10  mila  buoi  saranno  im- 
piegati in  queste  terre.  Quindi  il  totale  de'  buoi  ara- 
tori in  ambedue  i  paesi  sarà  di  28,700.  Roma  consu- 
ma annualmente  12  mila  buoi  e  3  mila  la  provincia: 
cosicché  si  ha  una  somma  di  1 5  mila  buoi  che  servono 
al   nutrimento. 

Di  questi  6  mila  vengono  dal  perugino,  9  mila 
son  forniti  dal  paese.  Ma  perchè  almen  4  mila  d'essi 
han  già  servito  al  lavoro  ,  rimangono  solo  5  mila  da 
aggiungersi  ai  28,700:  locchè  darà  un  insieme  di  33,700 
buoi.  Le  vacche,  secondo  TA.,  sommano  a  30  mila  ed 
a  35  mila  i  vitelli  d'ogni  età.  Per  la  qnal  cosa  può 
valutarsi  a  100  mila  capi  il  bestiame  cornuto,  ossia  un 
capo  ogni  rubbia  2  'i^/j^jo  di  suolo  arabile  ,  o  un  capo 
ogni  7  36/,oo  della  totale  superficie,  o  finalmente  un  ca- 
po ogni  6  abitanti  :  cli'è  la  proporzione  che  Moreau 
de  Jonnès  ha  nelle  sue  ricerche  su  i  pascoli  dell'Eu- 
ropa ,  trovato  essere  nelle  altre  parti  d'Italia  più  ric- 
che. Arrogo  a  quest'  armento  3  a  4  mila  bufoli  ,  ani- 
mali di  gran  forza  ,  utilmente  impiegati  a  trar  le  bar- 
che rimontanti  il  Tevere  ed  a  purgare  i  canali  delle 
paludi. 

I  cavalli,  sebben  non  usati  come  i  buoi  per  la 
cultura  ,  recan  però  grandissimi  servigi ,  adoperati  pe' 
trasporti.  Essi  dividonsi  in  razza  nobile  e  razza  co- 
mune. Que'  della  prima  sono  alti ,  belli  e  membruti: 
i  secondi  meno  appariscenti,  ma  robusti  ed  agilissimi. 
Nel  1813  coutaronsi  35  mila  cavalli  :  ma  l'A.  pensa 
che  questo  novero  dato  in  tempo  di  diffidenza  sia  sot- 
to   il  vero. 

Nel  1813  noveravansi  710  mila  pecore,  fra  le  qua- 
li 10  mila  merinos  :  ossia  4  pecore  ogni  3  abitanti: 
proporzione  simile  a  quella  che  si  ha  in  Sassonia,  la 
quale  in  ciò  è  sorpassala  da  pochi  paesi.  I  merinos 
furono   dalla   Spagna  tradotti  nel  territorio  di  Montai- 


Statistica  di  Roma  239 

to  per  cura  del  pontefice  Pio  VI.  I  francesi  ne  rim- 
piazzarono le  perdite  con  230  capi  scelti  fra  le  greg- 
gi di  Perpignano.  Questa  razza  dovea  meglio  alligna- 
re in  Italia  che  non  in  Francia  ,  poiché  l'Italia  ha 
il  medesimo  clima  della  Spagna.  La  razza  indigena 
non  è  senza  pregio  :  e  di  Leila  forme,  alta  e  di  lun- 
ga lana.  Le  pecore  a  mandra  ,  secondo  i  tempi  ,  tra- 
slocansi  dalla  pianura  alla  montagna.  Il  consumo  di 
Roma  nel  1813  fu  di  70  mila  capi  :  altrettanto  fu  nel- 
le   Provincie. 

Le  razze  de'  maiali  è  aneli*  essa  considerabile.  In 
Roma  se  ne  consumano  14  mila  ciascun  anno  :  nelle 
Provincie  però  se  ne  fa  maggior  uso,  non  vi  essendo 
famiglia  che  non  ne  abbia.  Sebbene  i  paesi  prossimi 
alla  capitale  ne  nutriscano  molti  :  ciononostante  trag- 
gonsi  ancora  dal  perugino  e  dallo  spoletino.  Presso  Ci- 
sterna qualche  podere  ne  contiene  fino  a  3  mila.  Cotesto 
bestiame  è  escluso  dai  comuni  pascoli  ,  poiché  assai 
li   danneggia. 

Quantunque  non  minor  danno  rechino  le  capre  , 
massiraamente  ai  boschi  ^  pur  tuttavia  sono  esse  fre- 
quentissime in  ispecial  modo  sulle  montagne  ,  dove  il 
bove  e  la  vacca  non  potrebbero  pascolare,  e  porgono 
il  vivere  a  que'  montanari.  Questo  bestiame  però  ap- 
partiene piuttosto   ai    paesi  della   piccola  cultura. 

Poiché  FA.  ha  trattato  delle  principali  specie  d'ar- 
menti ,  tocca  degl'  istru.menti  campestri  ,  degl'  ingras- 
si ,  e  delle  praterie,  e  quindi  procede  a  dire  de'  ce- 
rcali. La  storia  ,  egli  dice ,  de'  cereali  e  parte  impor- 
tantissima della  storia  generale  di  questo  paese.  Non 
è  a  dirsi  quanto  i  papi  si  travagliassero  onde  ritor- 
nasse a  queste  belle  provincie  quella  cultura  che  n'era 
stata  sbandita  dal  lusso  romano  ,  dalle  guerre  e  dalle 
devastazioni.  Gregorio  XII  con  motuproprio  del  15  no- 
vembre I'i()7  iiicoragg\   il    meglio  che  seppe  la   colli- 


240  Scienze 

vazione  eie*  grani.  Sisto  IV  nel  1460  fece  un  editto  che 
concedeva    facoltà    a  qualsivoglia  persona   di  seminare 
a   proprio  conto  il  terzo  de' terreni  rimasti  incolti.  Que- 
sta  legge,    certamente  acerba,  pur   sortì  qualche   buon 
effetto.  Giulio  II  e  Clemente  VII  seguitarono  con  pre- 
scrizioni  diverse   a   promovere  la  cultura,  e   quest'  ul- 
timo  permise  Testrazion  de'grani  ;  finche   essi   non  ol- 
trepassassero un  certo  prezzo.  Questo  principio  di  pub- 
blica   economia,  del  quale  si    fa  onore  agi'  inglesi ,  fu 
dunque   proposto  ed  eseguito  da  un  papa  del  secolo  de- 
cimosesto.    Pio  V  con    una    costituzione   del  1 566   ri- 
chiamò in   vigore   le  leggi   di  Clemente  VII,  proibì  ai 
baroni  di  costringere  i  vassalli   a   vender  loro  i  grani, 
ed   ordinò   più  cose   utili  ai  coltivatori.  Fossero  queste 
cure  ,  fosse  l'accresciuta  popolazione  ,   la    cultura  pro- 
sperò, e  pili  che    100  mila   rubbia   di   grano   si  espor- 
tarono dal  romano  territorio  ;  dopo  aver  nutrito  la  ca- 
pitale che   allor  conteneva  60  mila  abitanti.  Però  que- 
sti fortunati    successi   furono    ben  tosto    arrestati    dal 
timor  della   carestia  ,    che  si   mise  nell'  animo   de'  go- 
vernanti, e  fecegli    ritornare  al  sistema  di  proibizione. 
Sisto  V   immaginò    una   nuova    maniera    per   accertare 
la    provvisione   di    Roma.    Fondò   una  cassa  di  presti- 
to per  soccorrere   gli  agricoltori,  e  dotolla  di  220  mi- 
la scudi.  Questa  istituzione  non  ebbe  l'effetto  che  de- 
sideravasi,  e  frequenti    carestie   afflissero   gli    stati   ro- 
mani. Paolo  V  con  sua  costituzione  del  Ib  ottobre  1611 
stimò   rimediarvi   proibendo    la  vendita  de'  buoi  da  la- 
voro e    medesimamente  vietando    ai  baroni,  sotto   pena 
della  confisca   de'  feudi    e  della  scomunica,  d'impedire 
ai  loro  vassalli   che  coltivassero  le  terre.   Contuttociò 
l'agricoltura  seguitò   a  languire  oppressa  da  quelle  me- 
desime  leggi  che   voleano   favorirla.  Dovea  accordarsi 
lui    poco  più  di  liberta  ,   e    pensar   meno  al   pane  che 
mangiavano   i    romani,  E   ciò   inlese  al   fine    Alcssan- 


Statistica  di  Roma  241 

dro  VII  che  ruppe  pressoché  tutti  i  lacci  che  impe- 
divano la  coltivazione.  Che  però  ?  Il  timore  delle  se- 
dizioni pel  prezzo  del  pane  indusse  i  governanti  a  fis- 
sarlo invariabile,  e  le  semenze  ben  tosto  diminuirono. 
Ed  invano  i  due  Benedetti  XIII  e  XIV  si  adoperaro- 
no a  porre  rimedio  a  tanto  male;  ogni  lor  cura  tor- 
nò infruttuosa.  Sol  quando  Pio  VI  dichiarò  che  l'espor- 
tazion  sarebbe  libera  ,  e  ridusse  in  più  stretti  limiti 
il  magistrato  dell'annona,  ed  ordinò  il  catasto  nel  1T83 
per  distribuir  le  imposte  con  eguaglianza ,  l'agricultu- 
ra  tornò  alquanto  a  ringiovanire.  Si  videro  allora  nel- 
le sole  campagne  romane  coltivate  16,430  rubbia,  e  la 
popolazione  sali  a  165  mila  abitanti,  eh' è  stato  il 
maggior  numero  che  abbia  mai  contato  la  Roma  mo- 
derna. Pio  VII  insistendo  sulle  orme  del  suo  prede- 
cessore distrusse  quasi  interamente  la  giurisdizione  del 
tribunal  dell'  annona  ,  abolì  la  fissazion  del  prezzo  ai 
grani  e  ne  confermò  la  libera  esportazione.  Ma  egli 
di  più  volle  opporsi  alla  tendenza  di  restringere  la  cul- 
tura, ed  immaginò  un  sistema  di  raigliorazione  basa- 
to e  su  la  pena  e  sul  premio,  che  continuò  la  lotta 
fra  i  proprietarii  e  l'amministrazione  e  non  ebbe  al- 
cun esito  felice.  Questo  breve  sunto  isterico  della  ro- 
mana agricoltura,  che  il  sig.  di  Tournon  molto  a  pro- 
posito rapporta  ,  mostra  a  mio  avviso  quel  vero:  che 
i  governi  debbono  piuttosto  aver  cura  di  togliere  gli 
ostacoli ,  di  quello  che  puntellare  con  leggi  l'industria 
de'  popoli  qualunque  essa  sia.  Imperocché  o  in  essa 
trovano  i  privati  il  loro  conto,  e  vi  si  gettano  senza 
che  ve  gli  spronino  i  premi  o  ve  gli  costringano  le 
pene  :  o  la  stimano  disutile  ,  e  non  vi  si  lasceranno 
trarre  giammai  sia  per  minacce  ,  sia  per  alleltainenti. 

Più  generi  di  cultura  si  tentarono  sotto  l'ammi- 
nistrazion  francese.  Fra  questi  fu  notabile  la  soda,  sco- 
nosciuta  affatto   nelle  campagne  romane  avanti  il  1 808, 

G.A.T.LIII.  16 


242  Scienze 

la  cui  cultura,  che  rapidamente  si  estese,  si  reca  dal 
nostro  A.  a  provare  quanto  sieno  attivi  e  solleciti  i 
nostri  agricoltori  in  quello  da  che  sperar  possono  gua- 
dagno. Ancor  nelle  campagne  di  Roma  il  1810  ten- 
tossi  la  piantagion  del  cotone  che  da  principio  ebbe 
buon  esito  ;  ma  poi  conobbesi  non  esser  molto  adat- 
to al  nostro  clima  ,  ne  tornare  a  conto  quando  sia 
libera  la  navlgazion  del  mare.  Videsi  che  meglio  del 
cotone ,  sotto  la  latitudine  di  Roma ,  nasceva  l'inda- 
co,  la  cui  coltivazione  s'intraprese  da  un  francese  con 
de'  semi  venuti  dal  Bengala.  Il  riso  era  piantato  da 
pochi  anni  ne'  dintorni  di  Viterbo,  Ronciglione  e  Por- 
to d'Anzo.  L'amministrazione  francese  cercò  ristringe- 
re quanto  più  seppe  la  cultura,  e  quindi  la  papale  tol- 
sela  affatto  ;  perchè  non  si  aggiungessero  novelli  ger- 
mi d'infezione  all'  aria  già  tanto  maligna.  Il  tabac- 
co vegeta  mirabilmente  ne'piani  :  e  noi  potremmo  far- 
ne un  oggetto  importantissimo  di  coltivazione  e  di  com- 
mercio. 

Fin  qui  ha  l'A.  trattato  di  quant'  avviene  in  fat- 
to d'agricoltura  ne'  paesi  d'aria  malsana.  Vien  quin- 
di a  parhire  de'paesi  salubri  :  ciocche  egli  fa  rapida- 
mente non  porgendo  essi  alcuna  singolarità.  Già  ac- 
cennammo che  in  essi  si  hanno  82  mila  rubbia  ara- 
bili, oltre  le  vigne ,  gli  oliveti  ,  i  boschi ,  le  ortaglie, 
i  pomari  ed  altre  culture  molliplici  e  varie  che  s'in- 
tramezzano fra  loro  in  cento  guise  ;  dappoiché  vi  so- 
no ben  divise  le  proprietà.  Non  parleremo  per  non  es- 
ser soverchi  delle  vigne  ,  la  cui  cultura  potrebbe  no- 
tabilmente migliorare,  ne  degli  olivi  molto  accresciuti 
dietro  gì'  incoraggimenti  compartiti  dai  pontefici»  Il 
principale  alimento  di  questi  paesi  formasi  dal  grano 
e  dal  granturco,  d'onde  traesi  la  polenta  cibo  ai  con- 
tadini gratissimo.  Nelle  valli  coltivansl  ancor  con  suc- 
cesso tutte  le  specie    di   legumi  :  fave  ,  fagiuoli  ,  leu- 


Statistica  di  Roma  243 

ticchie,  ceci,  e  dove  abbiasi  dell'  acqua  i  carciofìl,  i 
meloni ,  i  cavoli ,  le  fragole  ed  altre  erbp  uiaugerec- 
ce.  Il  lino  e  la  canape  sono  l'oggetto  di  molte  cure 
e  il  loro  prodotto  è  tantopiù  importante  ,  quantochè 
queste  materie  prime  lavoransi  in  que'  luoghi  medesi- 
mi. La  canna  cresce  in  piccole  foreste  presso  le  vi- 
gne e  porge  un  guadagno  notabile  e  sicuro.  Il  mo- 
ro-gelso ,  albero  meritevole  de'  primi  onori ,  ha  gran- 
di piantagioni  presso  Roma,  Palestrina,  Zagarolo,  Ana- 
gni  e  Rieti.  Gli  alberi  fruttiferi ,  tranne  il  fico  e  il 
persico  ,  potrebbero  coltivarsi  con  maggior  cura ,  ed 
allora  si  avrebbero  migliori  pomi ,  pera,  prugne  e  ci- 
riegie.  Di  cedri  ed  aranci  sebbene  ve  ne  abbiano  mas- 
simamente alle  paludi  pontine,  non  è  però  il  loro  nu- 
mero bastevole  alla  consumazione,  e  potrebbe  accre- 
scersi utilmente.  L'araministrazion  francese  avea  divi- 
sato di  moltiplicar  gli  alberi  fruttiferi:  ed  a  ciò  ave- 
va istituito  un  giardino  negli  orti  farnesiani  al  pala- 
tino, ove  furono  riunite  tutte  le  piante  coltivate  nel 
giardino  di  Luxembourg  a  Parigi  e  nelle  proviocie  me- 
ridionali della  Francia.  Questo  nuovo  giardino  nel  1813 
contava  80  mila  piante,  e  volevasi  ampliarlo  traspor- 
tandolo fuori  la  porta  di  s.  Giovanni  in  un  vasto  po- 
dere. Nelle  ville  romane,  cosi  ricche  di  marmi  e  co- 
lonne, vi  desideri  quella  varietà  di  piante  che  fan  bel- 
li i  parchi  del  settentrione,  dappoiché  nuli'  altro  vi 
trovi  se  non  che  pini ,  qucrcie  e  laureti.  Una  so- 
cietà di  agricoltura  era  stata  fondata  per  moltiplicare 
e  perfezionare  ogni  maniera  di  cultura,  e  pensavasi  ad 
introdurre  pili  semi,  che  bene  allignerebbero  ne'nostri 
paesi,  quali  sono  :  il  grano  Saracino,  il  topinambur, 
il  carturao  ,  il  zafFrano ,  il  phorraium  tenax  ,  l'agave 
americana ,  l'ortica  bianca  ,  lo  spartium  ,  il  cardo , 
l'arachis    hypegrea ,    il  serarao  ,  la     regolizia  ,  il   pa- 

16* 


244  Scienze 

pavere  ,  il  ricino  ,   l'holcus  sorgo ,  l'holcus  eli  Cafre- 

ria   ed  altre    di   simil   natura. 

Ultimamente  1'  A.  cerca  di  determinare  le  spese 
della  coltivazione  e  il  valor  de'  prodotti  ,  onde  otte- 
ner la  rendita  netta  dell'  agricultura  e  pastorizia  del 
paese ,  oggetto  de'  suoi  studi.  Noi  non  lo  seguiremo 
ne'  lunghi  ma  importantissimi  calcoli  ch'egli  istituisce 
a  questo  scopo  ;  tanto  più  eh'  esso  medesimo  diffida 
della  loro  esattezza:  e  ci  staremo  contenti  a  rappor- 
tarne l'ultimo  risultaraento.  Egli  dunque  fa  ammon- 
tare il  prodotto  netto  a  40  milioni  di  franchi  ;  cioè 
dalla  cultura  15  milioni,  dal  bestiame  12  milioni-» 
dalle  vigne  e  dagli  oli  veti  10  milioni ,  dai  mori-gel- 
si ,  boschi  ed  altre  spezie  di  piantagioni  3  milioni. 
Per  compir  questo  computo  della  nostra  ricchezza  con- 
verrebbe valutatare  eziandio  i  fondi  urbani:  ma  noi  ora 
non  ci  occupiamo  che  de'  prodotti  dell'  agricultura  ; 
e  questa  ricerca,  peraltro  utilissima,  non  è  del  nostro 
proponimento.  La  rendita  de'  prodotti  dell'  agricultu- 
ra paragonata  alla  superficie  da  54  franchi  per  rub- 
bio  ,  paragonata  alla  popolazione  dà  75  per  ciascuno 
individuo.  Ora  il  dipartimento  della  Francia  che  ha 
più  relazione  all'  antico  dipartimento  di  Roma  è  quel- 
lo della  Gironda,  che  confa  520  mila  anime  di  po- 
polazione. I  computi  più  esatti  danno  ad  esso  40  mi- 
lioni di  prodotto  ossia  77  fr.  per  testa.  Prendendo  la 
rendita  media  di  tutti  i  dipartimenti  del  regno  di  Fran- 
cia si  ha  una  proporzione  ancor  minore:  cosicché  l'in- 
dustria agricola  romana  nel  1813  era  già  eguale  se 
non  maggiore  della  francese.  Gotest'industria  si  accreb- 
be coli  accrescersi  della  popolazione  negli  anni  che 
corsero  da  quel  tempo  ;  e  noi  vorremmo  corrisponde- 
re al  desiderio  che  significa  l'A.  facendo  pubblico  a 
qiial  grado  siasi  ora  innalzata.  Ecco  come  scrivono 
di  noi  quegli  stranieri,   i    quali  non  ci    giudicano   ad 


Statistica  di  Roma  245 

uà    solo   girai   di  sguardo,   ma    raccolgono  i  fatti,  os- 
servano ,  paragonano. 

Non  già  però  che  molto  non  rimanga  a  fare.  L'A. 
poiché  ha  numerato  gli  ostacoli  che  si  frappongono  all' 
incremento  dell'  agricnltura  ,  non  tralascia  noverare  le 
maniere  onde  sien  tolti.  Pone  per  la  prima  il  miglio- 
rare la  sorte  degli  operai  con  fabbricar  loro  de  ri- 
coveri ,  abbeverarli  di  acque  salubri  e  preservarli  il 
più  che  sia  possibile  dai  colpi  dell'aria  malvagia.  Po- 
ne quindi  la  riduzione  de' grandi  i  piccoli  affitti  (non 
ostante  la  contraria  opiiione  del  nostro  Gioja);  ciocché, 
dice  egli,  riuscirebbe  utilissimo  ai  medesimi  proprietarii, 
i  quali  si  toglierebbero  dal  monopolio  di  pochi  spe- 
culatori ed  accrescerebbero  le  loro  rendite,  accrescendo- 
si naturalmente  gli  affitti  in  ragione  de'  concorrenti.  Il 
governo  che  ha  sempre  mostrato  tanto  furore  per  l'agri- 
cultura  potrebbe  darne  l'esempio ,  spicciolando  cosi  i 
gran  poderi  de'  pubblici  istituti  con  loro  immenso  van- 
taggioi  Tuttociò  dovrebbe  aver  luogo  quando  conser- 
var si  volessero  le  grandi  proprietà  mantenute  dal- 
le sostituzioni  e  dai  fidecommissi.  A  questi  mezzi  pro- 
posti dall'  A.  noi  aggiungeremo  lo  scolamento  delle 
acque,  ch'è  stato  tanto  turbato  dalla  cultura  delle  mon- 
tagne, e  la  buona  raanuten  zione  de'  boschi  ;  le  quali 
cose  diminuirebbero  notabilmente  gli  effetti  della  mal' 
aria  :  la  liberta  del  commercio  che  incoraggiando  l'espor- 
tazione ,  favorisce  mirabilmente  ia  cultura  :  l'aumento 
della  popolazione  col  render  la  pi  bblica  vaccinazione  e 
coir  usar  degli  altri  mezzi  sanitari  :  l'educazione  della 
massima  parte  de'faciuUi,  che  si  alimentano  negli  ospi- 
zi, alla  vita  agricola  e  segnatamente  a  quc'lavori  che  or 
si  compiono  dagli  stranieri:  la  formazione  di  una  so- 
cietà agraria  simile  a  quella  recentemente  formata  iu 
Pesaro,  che  gik  tanto   ha    onorato   lo   Stato    e   l'Italia. 


246  Scienze 

Ma  crescendo  i  prodotti  non  si  avviliranno  i  prez- 
zi e  non  isvauiranno  cotesti  vantaggi  ?  Questo  timore 
sarebbe  fondato  in  un  paese  che  manca  de'mezzi  di  co- 
municazione, non  gii  nella  provincia  romana  termina- 
ta per  una  parte  dal  mare  ,  attraversata  da  un  bel  fiu- 
me ,  prossima  a  contrade  mancanti  di  grano.  Che  i 
romani  non  temano  di  produr  troppo,  e  rammentino 
ciò  che  inculcava  il  nostro  Genovesi  ;  che  un  popo- 
lo abbondante  in  grano,  vigne  ed  olivi  è  da  natura 
costituito  creditore   degli  altri. 

Ab.  C.  L.  MoRiCHiNi- 


Intorno  alle  nozioni  istoriche  ,  o  terapeutiche  ,  ed 
istruzioni  sanitarie  del  celebre  doti.  Giacomo  Toni' 
masini  sul  cholèra  morbus ,  ossermzioni  del  doti. 
Gregorio  Riccardi. 


K 


el  numero  infinito  di  memorie  ed  opere  sul  cho- 
lèra morbus  uscite  fino  ad  ora  alla  luce ,  a  riserva  di 
quelle  che  scrissero  due  dottissimi  medici ,  il  nostro 
sig.  dotti  Ottaviani ,  ed  il  francese  dott.  Fodere,  nes- 
suna avvene  che  abbia  meritato  la  pubblica  attenzio- 
ne ,  perchè  tutte  scritte  senza  la  menoma  ombra  di 
medico  criterio.  Sembrò  particolarmente  che  nella  no- 
stra Roma  nel  decorso  anno  la  pubblicazione  di  me- 
morie e  cenni  di  tal  tenore  al  cholèra  relativi  ,  fosse 
divenuto  epidemica  ,  e  quasi  direi  contagiosa  ;  poiché 
e  da  medici ,  e  da  non  medici  ancora  si  pretese  di 
poter  parlare  di  una  malattia ,  e  con  tanta  certezza  di 
risultati ,  che  quasi  saresti  stato  indotto  a  credere,  per 


CriuT-ERA    MORBUS  247 

parte  di  clil  scriveva ,  a  cui  ti  fosti  afTulato ,  di  non 
aver  più  nulla  a  temere  di  un  tanto  malore.  Intanto 
però  tutto  il  pregio  di  queste  miserabili  produzio- 
ni in  ultima  analisi  in  altro  non  si  aggirava  ,  che 
in  una  mal  combinata  raccolta  di  sintomi  al  morbo 
cliolèra  relativi,  ed  ad  un  noioso  afUistellamento  di  ri- 
medi ,  quasi  tutti  di  opposta  e  contraria  azione.  Ne 
solo  fra  quelli  che  in  Roma  e  memorie  e  cenni  ed 
opere  pubblicarono  fuvvi  alcuno  che  fosse  stato  da  spi- 
rito filosofico  condotto  ,  o  da  mediocre  ed  ordinario 
medico  criterio  :  ma  neppure  fra  gli  esteri  un  solo 
si  ebbe ,  che  con  un  certo  buon  senso  del  cholèra 
morbus  trattasse,  quantunque  molti  avessero  di  già  me- 
nalo gran  roraore  ,  e  fama  di  lor  medesimi.  Era  pe- 
rò riserbato  al  genio  sublime  della  nostra  Italia  ,  ma- 
dre sempre  feconda  di  ogni  umano  sapere ,  al  gran 
Toraraasini,  di  fissare  l'attenzione  di  tutti  sopra  un 
argomento  di  tanta  importanza,  e  di  dileguar  tanti  dub- 
bi sopra  un  male,  che  spaventa  l'Europa  ed  il  mon- 
do intero  ,  e  che  minaccia  ovunque  distruzione  e  ro- 
vina. Gik  i  dotti  tutti  e  deli'  Italia  e  di  oltremon- 
ti e  mari  stavano  impazienti  aspettando  di  conosce- 
re qual  cosa  su  di  ciò  pensava  il  nostro  italiano  Escu- 
lapio.  Ne  la  generale  aspettazione  fu  dal  risultato  dell' 
opera,  da  esso  pubblicata  ,  in  alcun  modo  delusa  ; 
poiché  nulla  avvi  di  più  insigne  ,  a  nostro  avviso,  fra 
le  infinite  istorie  di  malattie  da  celebri  autori  compilate, 
quanto  le  ,,  Nozioni  istoriche,  o  terapeutiche,  ed  istru- 
zioni sanitarie  sul  cholèra  morbus  ,,  rese  di  diritto 
pubblico  nel   anno  1831    dal   nostro   A. 

La  celebrità  di  una  tale  opera  e  stata  di  già  li- 
conosciuta  e  dalla  Francia  ,  e  dalla  Germania  ,  e 
dall'  Inghilterra  :  che  dai  piti  dotti  e  colti  medici 
di  quelle  nazioni ,  secondo  relazioni  di  cola  avute , 
più  non  si  parla  e    ragiona  ,    se   non   a  seconda    dei 


248  S  e  I  R  N  Z  E 

sublimi    pensamenti    del    celebre   nostro    autore.    Non 
è  nostra  mente  di   far  presentemente  l'analisi   dell'ope- 
ra   medesima.  Solo    ci  limiteremo  a   dar   qualche  cen- 
no  intorno  al  più  classico   di   essa.    Questo    classico  , 
oltre   a   rinvenirsi  in  tutta  intera  la  sua   opera  ,  mol- 
to pii!i  apparisce  nel  quarto  capitolo  di   questo    lavo- 
ro ,    in   cui ,    dopo   di   aver    magistralmente  ,    e    coli* 
ingegno    di    un   uomo    veramente  sommo  nelT  arte  sa- 
lutare, conciliate  tutte  le  contraddizioni  di  metodo  cu- 
rative e  dottrinali ,    stabilisce    con   profondita  di  dot- 
trina,    quello  che,  secondo    inconcussi    principii ,    da 
puri   fatti  desunti ,  emerge  spontaneo  da'  suoi  filosofici 
ragionamenti ,  e  certo  e  sicuro    si   offre  al  medico  os- 
servatore ,    per   la    cura   della   malattia.    Questo    certo 
e  sicuro  lo  ricava  dall'analisi  di  diciannove  metodi  cu- 
rativi al  cholèra  morbus  applicati.  Ma  prima  di  entra- 
re su   tal  materia  ,  crediamo   pregio   dell'  opera  il  far 
conoscere   l'ordine  che  il  nostro  A.  ha  tenuto  nel  trat- 
tare il  suo    difficile   argomento. 

Dopo  un  preliminare  avvertimento  divide  la  sua 
opera  in  cinque  capitoli.  Nel  primo  descrivere  la  pro- 
pagazione del  cholèra  morbus  dal  centro  dell'  Asia  sia 
quasi  al  mezzo  d'Europa.  Nel  secondo  accenna  i  sin- 
tomi tanto  precursori,  quanto  caratteristici  della  malat- 
tia :  il  corso  della  medesima  :  e  le  alterazioni  trovate 
nei  cadaveri.  Nel  terzo  osserva  i  rimedi  ed  i  meto- 
di diversi  adoperati  ,  e  fin  qui  commendati  per  la  cu- 
ra del  cholèra  morbus.  Nel  quarto  fa  delle  considera- 
zioni sui  fatti  esposti  nei  precedenti  capitoli  ,  intorno 
l'andamento  e  cura  del  cholèra  morbus  ,  e  su' tentativi 
per  trarne  qualche  luce,  che  diriga  nella  scelta  dei 
rimedi  più  adattati  alle  circostanze.  Nel  quinto  discorre 
sulle  ragioni  ,  che  si  hanno  per  credere  contagioso  il 
cholèra  morbus  pestilenziale,  e  sui  mezzi  di  precauzio- 
ne ,  o   disposizioni  sanitarie  ,  tendenti  ad  impedirne  la 


Cholera.  morbus  249 

propagazione.  L'opera    è  di  un  sol  volume   in  8.°    di 
pagine  248,  edizione  di  Parma. 

Onde  farsi  strada  il  nostro  autore  nella  pili  diffi- 
cile impresa  del  suo  lavoro  ,  che  è  appunto  il  quar- 
to capitolo  dell'  opera ,  e  che  noi  reputiamo  pel 
più  classico  dell'  opera  medesima  ,  parte  egli  da  una 
coraunissima  pratica  osservazione  ,  che  sotto  la  sua 
penna  diviene  fertile  sorgente  di  grandissime  e  fera- 
cissime utili  conseguenze.  Quello  stato  ,  egli  dice,  di 
minacciosa  vitale  depressione  ,  o  di  avvilimento ,  che 
è  il  primo  ed  immediato  effetto  della  commozione 
cerebrale ,  del  terrore  ,  o  di  altra  qualsiasi  cagione, 
che  abbia  agito  violentemente  sul  sistema  nervoso  ; 
quello  stato ,  dissi ,  può  in  alcuni  temperamenti  es- 
sere più  forte  ,  e  più  durevole  che  in  altri.  Può  in 
alcuni  arrivare  a  tal  grado  da  sopprimere  esso  stes- 
so ,  ed  estinguere  la  vita ,  e  ciò  in  breve  tempo  , 
in  poche  ore ,  e  senza  alcun  cambiamento  di  mor- 
bose condizioni  :  in  altri  può  mantenersi  per  tem- 
po più  lungo  ,  e  se  non  si  apprestino  i  convenien- 
ti soccorsi ,  togliere  anche  in  questo  caso  la  vita  , 
meno  sollecitamente  sì ,  ma  senza  cambiamenti  pa- 
tologici ,  osservabili  nel  cadavere .  Per  lo  contra- 
rio in  altri  casi  lo  stato  di  depressione  vitale  ,  o 
di  avvilimento,  a  cui  alludo,  può  esser  breve  ,  suc- 
cedendovi sollecita  la  reazione  e  la  flogosi  ,  della  qua- 
le (ove  non  sia  curata  qual  si  conviene  ,  e  con  suc- 
cesso) rimarranno  più  o  meno  rimarchevoli  nei  cada- 
veri gì'  indizi  ed  i  risultamenti  :  ed  in  altri  cotesto 
stato  di  vital  depressione  può  essere  anche  protratto 
a  più  lungo  tempo  ,  e  prima  di  toglier  le  vita  la- 
sciar luog^o  ad  una  tarda  reazione,  che  alteri  comun- 
que la  condizione  dei  visceri  ,  che  furono  lungamen- 
te  tormentati. 


250  Scienze 

Da  queste  semplici  osservazioni  intera  dìscencle 
tutta  la  dottrina  del  morbo  cholèra  da  esso  lui  stabi- 
lita con  una  quadrupla  condizione  della  malattia  me- 
desima 

Prima  condizione.  Di  avvilimento ,  angoscia,  de- 
pressione di  azioni  vitali:  effetto  immediato  della  pri- 
ma tormentosa  impressione   del  contagioso   principio. 

Seconda  condizione.  Di  reazione  flogistica  abba- 
stanza  manifesta  ,  per  sintomi   corrispondenti. 

Terza  condizione.  Reazione  flogistica  occulta,  sub- 
dola, clandestina,   come  la  nominarono   gli  antichi. 

Quarta  condizione.  Abbattimento  estremo  morta- 
le  insanabile. 

Onde  comprendere  una  tale  dottrina ,  non  sarà 
inutile  di  meglio  dilucidarla.  Il  nostro  autore  ammet- 
tendo un  principio  peculiar  contagioso  ,  per  la  pro- 
duzione del  cholèra  morbus  ,  assegna  al  medesimo 
la  sua  azione  irritante  nel  senso  inteso  da  Guani , 
Rubini ,  e  Fansago  ,  cioè  d'inquietante  ,  e  distur- 
bante le  fibre  colle  quali  viene  all'  immediato  con- 
tatto. Questo  principio  per  la  di  lui  prima  azione  pro- 
duce avvilimento ,  e  questo  può  essere  di  corta  o 
lunga  durata  :  e  ciò  forma  la  prima  condizione  del 
male.  All'  avvilimento  può  succedere  reazione  flogisti- 
ca ,  manifesta  per  sintomi  corrispondenti  :  e  questa 
reazione  è  il  soggetto  della  seconda  condizione.  Se 
similmente  succede  subdola  ,  occulta  ,  e  clandestina  , 
in  tal  caso  costituisce  la  terza  condizione.  Infine  se 
air  avvilimento  succede  rapida  la  morte ,  ciò  forma 
la  quarta  condizione  della  malattia  dal  nostro  autore 
stabilita. 

Secondo  tali  speculative  vedute ,  dai  fatti  e  dal- 
le osservazioni  desunte,  ne  seguono  le  qui  appresso  con- 
seguenze. 


ClIOT.ERA    MORBUS  251 

Che  alla  prima  condizione  conviene  assolutamente  il 
metodo   eccitante.  Alla  seconda,  il  metodo  decisivamen- 
te debilitante.  Alla   terza  ,  il    metodo  debilitante   con- 
veniente allo  stato   depresso  dell'  eccitamento  in  gene- 
rale. Ed  alla  quarta  ,   se    vi   fosse  luogo   a   cura   (che 
non  vi   è,  perchè   è  istantaneamente   mortale    la   ma- 
lattiif),  il  metodo  eccitante.  Ora  ognun   vede  da  siffatta 
mahiera   di   riguardare  la    malattia ,   di   cui  trattiamo, 
quanta    chiarezza    emerga ,    quanta    utilità   si   ricavi  , 
quanta  semplicità  di  principii  si   stabilisca   per   ispie- 
gare  il  misterioso    ed  incomprensibile  del  morbo  cho- 
lèra.  Con   ciò  tutto  il  contraddittorio  si  concilia.  Vm 
non  apparisce  la  differenza  delle  quistioni    dei  diver- 
si scrittori,  riguardo  al  fondo  e  alla  cura  della  medesi- 
ma. Facile   si  spiega  perchè  da  taluni  si  credè  di  na- 
tura eminentemente  controstimolante  ,  da   altri  di    op- 
posta ragione,  cioè  infiammatoria.  Tutti  gli  scrittori  con 
tal   dottrina   dal  nostro  autoi'e  stabilita  possono  nella 
cura  del  morbo  avere  avuto   ragione ,  chi  di  adopera- 
re il  metodo    eccitante ,    chi  il  debilitante.    Trattava- 
si  soltanto  di  determinare  il   tempo,  in  cui  lo  stimolo 
o   controstimolo  conveniva.  Ma   ciò  non  era   riserbato 
che  al  sommo  ingegno   del  nostro    autore.    La    Fran- 
cia ,   la  Germania ,   l'Inghilterra  di  già  hanno  applau- 
cìiio   ad  una  tal  dottrina  :   ed  il  mondo   intero  offre   i 
suoi  più   vivi  ringraziamenti   al  sapere  sommo   di   un 
tanto  uomo. 

Ne  si  creda  che  il  nostro  autore  nel  dare  a  tut- 
ti ragione ,  non  abbia  poi  assegnato  i  limiti  dello  sti- 
molare e  controstiraolare.  Che  si  possa  impunemente 
adoperare  1'  un  metodo  o  l'altro  ,  o  di  questi  far  uso 
promiscuamente?  No  sicuramente.  Se  il  metodo  ecci- 
tante deve  aver  luogo  ,  lo  deve  avere  entro  i  limiti 
dell'  oppressione.  Subentrata  una  volta  la  reazion  vi- 
tale ,  e   che  abbia  prodotto  una  flogosi  nel  sistema  ga- 


252  Scienze 

Siro -enterico  ,  o  gastro-epatico  ,  cane  peius  et  angue  ^ 
si  dichiara  contro  del  medesimo.  Non  piiì  all'oppio  , 
ai  liquori  stimolanti,  al  cinnamomo  ,  ma  si  bene  alle 
sanguigne  (secondo  lo  stato  di  tolleranza  delTinfermo), 
al  calomelano  ,  all'  olio  di  ricino  ,  all'  acido  tartari- 
co ec.  Coir  assegnare  le  quattro  condizioni ,  di  cui  su- 
periormente abbiara  parlato ,  finisce  ogni  controversia, 
e  subentrano  dei  canoni  pratici  per  dirigere  con  si- 
curezza il  metodo  curativo ,  a  seconda  degli  stadi  del- 
la  malattia. 

Sia  lode  eterna  ad  un  tanto  uomo ,  ed  il  cie- 
lo ci  conservi  pel  decoro  della  nostra  scienza,  e  per 
la  salute  dei  poveri  malati  i  suoi  preziosi  giorni.  Noi 
facciamo  fervidi  voti  al  sommo  Iddio  che  ci  tenga 
lontani  dal  flagello  del  cholera:  ma  se  nella  sua  men- 
te infinita  fosse  decretato  in  pena  de'  nostri  pecca- 
ti di  averlo  nella  nostra  cara  patria  ,  i  più  fervidi 
voti  facciamo  ,  che  i  supremi  magistrati,  a  cui  fu  da 
Iddio  affidata  la  sorte  dei  popoli,  sentano  la  forza  di 
ciò  che  il  nostro  autore  scrisse ,  e  relativamente  alla 
cura  di  si  terribile  malattia  ,  ed  ai  mezzi  sanitari  per 
preservarsi   dalla  medesima. 


Elogio  di  Teodoro  Bonati  ferrarese. Scritto  da  monsignor 
C.  E.  Muzzarelli  uditore  della  s.  rota.  - 

JLJello  esempio  di  virtù  cittadina  fu  quello  mai  sem- 
pre con  che  i  magnati  doviziosi  onorarono  gli  studi 
e  le  opere  di  que'  magnanimi,  che  ricchi  di  molto  in- 
gegno e  di  amor  patrio  ardenti ,  ma  privi  a  un  trat- 
to di  agi    e   de'  Leni    della  fortuna ,  forse  tratta  avreb- 


Elogio  del  Bonati  253 

bero  ima  vita  travagliata  e  inoperosa  ,  e  per  man- 
canza di  mezzi  non  avrebbero  forse  potuto  toccare  la  me- 
ta ,  cui  il  loro  genio  ,  l'amor  delia  gloria  li  sospin- 
geva. A  questa  classe  pertenne  l'illustre  e  benemeri- 
to mio  concittadino  Teodoro  Bonati,  di  cui  tesser  mi 
è  a  grado  brevemente  Felogio  ,  se  in  me  tanto  di  for- 
ze ,  se  in  voi  tanto  di  sofferenza  si  ritrovi ,  onde 
adempiere    possa  il   propostomi    divisamento. 

Mentre  la  natura  sempre  nuova,  sempre  grande, 
sempre  unica  nelle  sue  opere,  immaginava  di  dare  all' 
Italia  un  emulo  di  Fidia  e  di  Prasitele  nella  gi'a 
pria  sconosciuta  terra  di  Possagno,  nella  non  più  no- 
ta di  Bondeno  aveva  già  condotto  a  termine  il  fisico 
sviluppo  di  quel  Bonati ,  di  cui  non  so  se  più  sia 
stata  la  longevità  o  le  opere  ,  se  più  le  virtù  morali, 
o  lo  slancio   fortunatissimo    dell'  ingegno. 

Nacque  Teodoro  Bonati  l'anno  di  redenzione  1724 
il  dì  8  novembre  da  onesta  ,  e  se  non  ridussi  ma,  ab- 
bastanza comoda  famiglia  :  e  conoscendo  dalla  pri- 
ma adolescenza  come  il  vero  merito  derivar  debba 
dalle  proprie  azioni,  e  cbe  a  nulla  vale  quello  qua- 
lunque che  si  abbia  a  ripetere  dalle  immagini  degli  avi, 
diede  opera  con  tutta  l'alacrità  dell'animo  suo  a  quegli 
studi  che  aprono  poi  un  campo  vastissimo ,  onde  per- 
correre una  carriera  ed  utile  e  luminosa  :  o  mejjlio 
piacciano  i  clamori  del  foro  o  le  dottrine  d'Ippocra- 
te  ,  o  SI  piuttosto  quelle  scienze,  che  per  la  loro  in- 
dole   col  nome   di  esatte  si   vogliono  denominare. 

Sebbene  per  impulso  del  proprio  cuore  si  sen- 
tisse il  Bonati  chiamato  alle  matematiche,  tultavol- 
ta  per  aderire  alle  brame  paterne  ,  alla  classe  degl' 
interpreti  dell'  arte  salutare  si  ascrisse  ;  e  com2  multi 
me  ne  fecero  testimonianza  ,  non  ultimo  certamente 
sarebbe  egli  slato  fra  loro  ,  se  a  tal  genere  di  coi^ni- 
2Ìoni  di    buon  animo  si  fosse  dedicato.  iVIa  vir,»-    '  • 


25-*  Scienze 

la   propria  inclinazione  ,   e  superati  gli  ostacoli  che  ad 

essa  si  opponevano  ,  potè  in  processo  di  tempo  ab- 
bandonarsi a  suo  grado  a  quegli  studi ,  cui  Io  invi- 
tavano il  proprio  genio,  e  l'amor  santo  della  patria; 
dappoiché  egli  fin  d'allora  sperava  forse  pe'  medesi- 
mi ,  ne  s'ingannò  ,  di  poter  meglio  servirla.  E  certo 
ninno  avvi  sì  ignaro  delle  cose  di  questa  Italia  ,  che 
non  iscorga  a  colpo  d' occhio  la  necessita  somma  , 
che  ha  Ferrara  di  professori  ottimi  nella  idraulica  , 
che  quella  citta  per  ogni  maniera  di  studi  e  di  col- 
tura nobilissima  difendano  co'  loro  lumi ,  col  loro 
ingegno ,  colla  loro  attività  da  quel  fiume  regale  , 
di  cui  sorprende  la  maestà  nella  calma  ,  spaventa  la 
possanza   ed  il  furore  nelle    ianondazioni. 

Fatto  animoso  il  Bonati  pe'  conforti  e  per  le  sol- 
lecitudini del  marchese  Guido  Benti voglio,  sorto  emu- 
lo dell'  autore  delle  storie  di  Fiandra  ,  e  dell'  altro 
non  men  celebre  porporato  che  donò  all'Italia  la  ter- 
sissima  versione  di  Stazio ,  si  dedicò  interamente  al- 
le matematiche ,  e  rapidi  e  precoci  furono  i  di  lai 
progressi. 

Trovavasi  in  quell'  epoca  a  pubblico  professore 
della  università  ferrarese  il  rinomato  Romualdo  Ber- 
taglia ,  che  accorto  com'  era  ,  vista  l'indole  pieghe- 
vole del  nuovo  alunno ,  e  que'  grandi  talenti  pe' 
quali  fin  d'allora  otteneva  sugli  altri  il  primato,  som- 
mamente avendolo  a  cuore  ,  fra  gli  altri  il  prediles- 
se ,  e  sovenne  di  presidio  e  di  consigli ,  onde  toccar 
potesse  la  meta  prefissasi  :  quella  della  immortalità 
del  proprio   nome  ,  e  della  utilità  del  proprio   paese. 

Nel  tempo  che  le  cure  veramente  paterne  del  già 
lodato  marchese  Guido  Bentivoglio  erano  una  cer- 
ta speranza  di  esito  fortunatissimo  nella  nuova  car- 
riera al  giovinetto  Bonati ,  il  Bertaglia  men  suo  pre- 
cettore   che    amico,  dalla  cattedra  e   dal    proprio  ga- 


Elogio  del  Bonati  255 

binetto  gli  veniva  aditando  il  come  divenire  ec- 
cellente nelle  matematiche  discipline.  Il  Po,  che  ha 
purtroppo  sempre  bisogno  della  vigilanza  e  delle  co- 
gnizioni di  coloro  che  a  guardarlo  si  scelsero  , 
era  un  campo  vastissimo  all'  applicazione  delle  teo- 
rie ,  che  pel  Bertaglia  si  spiegavano  al  suo  nuo- 
vo discepolo  :  e  da  quelle  rive  beate,  ove  i  cigni  piiì 
grandi  di  questa  Italia  accrebbero  la  gloria  naziona- 
le colla  soavità  de'  loro  versi ,  apprendeva  il  Bo- 
nati a  guardarne  i  sacri  monumenti  e  le  case,  alla  teo- 
rica la  pratica  felicemente  accompagnando.  E  bramo- 
so coni'  egli  era  di  giungere  all'  apice  della  perfezio- 
ne ,  ben  sapendo  che  la  compagnia  degli  uomini 
dotti  l'ingegno  di  nuove  cognizioni  arrichisce  ,  ed 
è  dirò  quasi  uno  specchio  parlante  di  quelle  azioni 
che  a  ben  meritare  ci  conducono  della  società  ,  in 
moltissima  amicizia  si  congiunse  a  quel  Malfatti ,  i 
cui  lumi  e  la  cui  consuetudine  poi  tanto  gli  giovaro- 
no ,  eh'  egli  medesimo  in  processo  di  tempo  ebbe  a 
dire  aver  più  da  quel  sommo  apparato ,  che  se  una 
intera  biblioteca  avesse  pure  svolta,  e  fissatasi  in  capo. 
A  questi  ajuti ,  di  che  maggiori  non  avrebbero 
abbisognato  ingegni  ancor  meno  felici  del  Bonati ,  ag- 
giungasi lo  studio  intensissimo,  a  cui  egli  si  diede  del- 
la non  men  rara  che  pregevolissima  opera  dell'  Agne- 
si,  la  quale  mentre  accrebbe  un  nuovo  lustro  al  sesso 
gentile,  e  mostrò  come  le  donne  pur  esse  venir  pos- 
sano in  grido  di  eccellenti  per  ogni  maniera  di  ot- 
timi studi ,  quando  la  educazione  ve  le  volgesse , 
utilissima  divenne  a  coloro  tutti ,  che  alla  severa  ma- 
tesi  il  loro  ingegno  e  la  loro  vita  consacrano  :  e  di 
questa  opera  ,  come  di  tanti  altri  favori ,  aveva  de- 
bito il  Bonati  al  non  mai  abbastanza  commendato  suo 
mecenate,  il  Bentivoglio. 


256  Scienze 

Nutrito  fia  da'  prìtni  amii  alla  virtù  ,  dotato  di 
acuto  e  profondo  impegno  ,  stimato  dall'  universale  , 
che  rare  volte  s'inganna  ne  suoi  giudizi ,  laborioso  e 
paziente  ,  era  ornai  tempo  che  il  Donati  facesse  pul>- 
Llica  mostra  delle  acquistate  cognizioni  e  desuoi  va- 
sti talenti  ,  e  chiarisse  co'  fatti ,  che  fin  d'allora  me- 
ritamente la  sua  Ferrara  gli  assegnava  un  seggio  tra 
i  suoi  figli  piiì  illustri  :  seggio  da  cui  non  verrà  ri- 
mosso finche  si  abbiano  in  pregio  l'amor  santo  della 
patria,  le  opere  d'ingegno,  e  le  scienze  finalmente  che 
più  delle  altre  hanno  per  iscopo  il  vero  bene  e  il  van- 
taggio delle  intere    popolazioni. 

Venuto  pertanto  in  fama  il  Bonnati  di  eccellen- 
te oltre  i  ristretti  confini  della  sua  provincia  ,  a  se 
con  molta  bontà  e  amorevolezza  invitavalo  e  il  du- 
ca di  Piombino ,  che  de'  suoi  lumi  si  valeva  in  cose 
alla  idraulica  appartenenti  ,  e  Mantova  lo  richiedeva 
per  regolare  i  sostegni  del  lago  ,  e  Piacenza  lo  pre- 
gava onde  difenderla  colla  costruzione  de'raoli,  e  in 
questo  mezzo  più  di  ogni  altro  l'onorava  della  sua  fidu- 
cia quel  Pio  ,  cui,  mercè  pure  dell'opera  del  sommo 
matematico  ,  si  deve  l'attuale  asciugamento  delle  pa- 
ludi pontine  :  e  la  caduta  delle  marmore  ,  e  il  la- 
go di  Bracciano  e  le  saline  d'Ostia  sentivano  i  van- 
taggi della  di  lui  presenza  :  e  agli  abitanti  di  que- 
sta eterna  città  ,  e  agli  altri  de'  recitati  paesi  sarà 
perenne  e  carissima  mai  sempre  la  memoria  di  un 
tant'  uomo. 

E  mentre  il  pontefice  sommo  il  voleva  consul- 
tore pe'  lavori  idraulici  della  provincia  ferrarese ,  il 
decorava  a  un  tempo  dell'  ordine  equestre  dello  spe- 
ron  d'oro ,  ordine  al  pari  d'ogni  altro  insigne ,  quan- 
do spontaneo  si  offre  da  un  principe  illuminato  al 
merito,  o  al  coraggio  di  un  letterato,  o  di  un  guerriero. 


Elocjio  del  Donati  257 

Ferrara  intanto  gelosa  ili  quel  sommo ,  e  prov- 
vidamente bramosa  di  eternarne  il  nome  e  le  opere 
col  procurarne  degli  allievi ,  gli  a  (Fidava  e  la  catle- 
clra  di  meccanica  ,  e  quella  d'idrostatica  ,  clie  poi  per 
la  vicenda  de'tempi  e  dc'pervenuti  mutamenti  in  quel- 
la si  tramutò  d'idraulica  da  lui  tenuta  fino  agli  ul- 
tirai  della  sua  vita  non  con  minor  suo  piacere ,  che 
utile  e  profitto   universale. 

Succeduto  nel  pacifico  reggimento  delle  legazioni 
al  governo  pontificale  quello  di  Francia ,  mentre 
era  la  provincia  ferrarese  distinta  col  nome  di  di- 
dipartimento del  basso  Po,  il  governo  italiano,  o  il 
viceré  piuttosto  che  alla  somma  delle  cose  presiede- 
va ,  volle  il  mio  illustre  concittadino  insignito  dell* 
onorevole  incarico  di  generale  ispcttor  onorano  per 
le  acque  e  strade.  Ne  inoperoso  ei  restava  :  che  an- 
zi nelle  maggiori  bisogne  della  patria  ,  era  come  nu- 
me tutelare  consultato,  e  seguito  il  più  delle  volte  nel- 
le sue  opinioni  ;  e  quel  governo,  che  molto  si  giova- 
va delle  vaste  di  lui  cognizioni  ,  il  voleva  sempre 
a  far  parte  delle  più  importanti  commissioni ,  delle 
quali  par  luogo  l'accennare  precipuamente  quella  in 
ciie  doveva  recare  il  suo  parere  sulla  immissione  del 
Reno   in   Po. 

L'illustre  idraulico  ,  che  era  amantissimo  del  be- 
ne del  suo  paese ,  e  sì  pure  della  verità  ,  che  unica 
comandava  al  di  lui  cuore,  tenne  la  opinione  di  que' 
moltissimi  ,  che  sommo  nocumento  credevano  derivar 
dovesse  alla  ferrarese  provincia  ,  se  l'ideato  proget- 
to a  compimento  si  recasse.  E  qui  mi  giova  ripe- 
tere coir  illustre  di  lui  biografo  ,  che  l'opinione  da 
lui  difesa  non  rimase  vittoriosa  al  tribunale  poten- 
te dinanzi  a  cui  venne  agitata  tale  questione  ;  ma  se 
le  mutate  circostanze  non  avessero  sospeso  i  comin- 
ciati lavori  ,  avrebbe  egli  al  certo  avuto  il  doloroso 
G.A.T.LIII.  17 


258  Scienze 

trionfo  di  vederla  approvata  dal  giudizio  inappella- 
bile dell'  esperienza.  Ed  oh  !  quali  furono  le  di  lui 
pene,  quale  il  di  lui  rammarico,  quando  intimamen- 
te persuaso  de'  muli  che  sovrastavano  alla  sua  patria, 
pili  non  vedea  modo  ,  onde  allontanarli ,  o  render- 
li almeno    minori. 

Mentre  il  Bonati  intendeva  con  tutto  l'animo  al- 
le pubbliche  bisogne  ,  dava  opera  non  meno  ad  il- 
lustrare alcune  cose  alla  propria  professione  apparte- 
nenti :  onde  andavano  per  le  mani  de'dotti ,  fatti  di 
pubblica  ragione,  e  il  memoriale  idrometrico  alla  s.  con- 
gregazione delle  acque  per  la  citta  e  ducato  di  Fer- 
rara ,  e  il  progetto  di  divertire  le  acque  di  Burana 
in  Po  alla  Stellata  ,  e  le  ore  italiane  del  mezzo  dì 
calcolate  per  la  latitudine  della  citta  di  Ferrara  dall' 
anno  1 T80  al  99  di  quel  secolo  ;  e  l'opuscolo  che  ha 
per  titolo  -  Esperimento  proposto  per  iscoprire  se  real- 
mente la  teri-a  sia  quieta,  oppure  si  muova.  -  E  ne- 
gli opuscoli  scientifici  e  letterari  impressi  dal  Co- 
letti ,  quello  intitolato  -  La  nuova  curva  isocrona.  - 

Siccome  e  lodevole  costumanza  de'  corpi  scien- 
tifici di  accrescerne  il  lustro  con  lo  ascrivere  ai 
medesimi  que'  sommi  che  più  onorano  co'  loro  lu- 
mi la  umana  natura  ,  così  e  l'istituto  di  Francia  ,  e 
la  società  reale  di  Londra  ,  e  la  patria  Ariostea  di 
scienze  e  lettere ,  e  pressoché  tutte  le  principali  d'Ita- 
lia si  onoravano  e  facevano  a  gara  di  aver  fra  loro 
l'uomo  celebratissimo.  E  dal  primo  nascere  della  so- 
cietà italiana,  composta  da  quaranta  dotti ,  si  ebbe  un 
seggio  distinto  :  e  già  lo  aveva  annoverato  fra  i  suoi 
membri  ordinarli  l'italiano  istituto  di  scienze  ,  lettere, 
ed  arti. 

Quindi  il  Bonati  usò  molto  familiarmente  sì  co' 
nostrali,  e  sì  insioniomenle  cogli  stranieri  i)iù  insigni  di 
quelle  società  e  di  que'lcmpi,  e  da  tali  vincoli  ne  nacque- 


Elogio  del  Bonati  259 

10  quelle  diverse  opere,  una  parte  delle  quali  si  legge 
in  varie  dissertazioni  distinte  ne'  volumi  della  società 
italiana.  E  tali  mi  si  presentano  quella  delle  aste  ri- 
trometriclie ,  e  di  un  nuovo  pendolo  per  trovare  la 
scala  della  velocita  di  un'  acqua  corrente  ,  e  l'altra 
sulla  natura  delle  radici  delle  equazioni  literali  di 
quinto  e  sesto  grado  ,  e  sul  nuovo  metodo  per  le  radi- 
ci prossime  delle  equazioni  numeriche  di  qualunque 
grado  ;  e  alcune  riflessioni  critiche  su  i  nuovi  princi- 
pii  d'idraulica  del  sig.  Bernard  :  e  finalmente  della 
velocita  dell'  acqua  per  un  foro  di  un  vaso ,  che  ab- 
bia uno  o  più  diaframmi  ,  e  del  soffio  che  si  pro- 
cura nelle  fornaci  di  alcune  ferriere  col  mezzo  dell' 
acqua.  E  memore  de'beneficii  ricevuti  dal  Bertaglia, 
e  della  dimestichezza  che  in  ogni  tempo  usò  col  me- 
desimo ,  in  significazione  di  grato  animo  a  lui  inti- 
tolò una  lettera ,  intorno  al  problema  del  Caictard 
De  Clos  inserito  nel  primo  volume  degli  annali  d'Ita- 
lia del   chiarissimo  Zaccaria. 

È  poi  prezzo  dell'  opera  il  ricordare  le  di  lui 
esperienze  in  confutazione  del  sig.  Geneté  intorno  al 
corso  de'  fiumi  ;  opera  che  rese  di  pubblico  diritto 
nel  1776,  dappoicliè  tornato,  nell'antecedente  alla  do- 
minante ,  dovè  render  conto  degli  ottenuti  risulta- 
menti  dalle  osservaaioni  fatte  nella  patria,  e  nella  bo- 
lognese provincia. 

Siccome  il  sistema  del  sig.  Geneté  poteva  ren- 
der maggiore  il  pericolo  ,  e  la  probabilità  dall'  un 
lato,  dall'altro  minori  i  riguardi  di  porsi  in  ope- 
ra il  progetto  di  missione  del  fiume  bolognese  nel 
Po  ;  così  egli  si  diede  a  difendere  di  tutta  forza  le 
proprie  opinioni,  postosi  a  fronte  del  rinomato  fiam- 
mingo ,  di  cui  era  opera  il  dimostrare  che  l'altez- 
za delle  acque  in  un  recipiente  qualunque,  posta  una 
data   inclinazione    e  portata  ,  non    può    essere   altcra- 

17* 


260  Scienze 

ta  dal  volume  di  un  nuovo  influente  ,  acquistando 
in  vece  una  somma  velocità  che  può  divenir  pari  a 
quella   de'  luibini   e    delle  procelle. 

Mentre  per  tante  opere  il  sommo  idraulico  sa- 
peva ben  meditare  dell'  universale ,  i  governi  fran- 
cese e  italiano  volti  con  molto  accorgimento  ad  in- 
coraggiare e  proteggere  i  dotti  di  ogni  classe  (  da 
che  a  questi  devono  le  nazioni  e  la  loro  gloria  e  il 
loro  incremento  )  ,  della  decorazione  della  legion  di 
onore  ,  e  di  quella  della  corona  di  ferro  volevano 
fregiato  il  petto  dell'  uomo  illustre,  e  lui  gridavano 
di  que'  due   ordini   cavaliere. 

Tra  tutte  le  opere  del  Donati ,  quella  ,  a  mio 
credere  ,  tiene  il  primo  luogo  ,  che  ha  per  oggetto 
le  aste  ritrometriche  :  e  su  ciò  non  mi  sembra  inuti- 
le il  qui  riportare  quello  che  ne  dettava  il  chiaris- 
simo autore  del  di  lui  elogio ,  il  mio  concittadino 
ed  amico    Giulio  avvocato  Felisi. 

„  Se  la  caduta  di  un  pomo ,  e  le  oscillazioni  di 
,,  una  lampada  sospesa  ,  fissando  l'attenzione  di  Newton 
,,  e  di  Galileo,  formarono  il  primo  anello  della  qua- 
,,  si  immensa  catena  di  cognizioni  di  scoperte  e  di 
,,  leggi ,  di  che  sono  state  inriccliite  la  fisica,  l'astro- 
„  noniia ,  la  mecanica  ,  e  la  nautica  ,  ed  ogni  altra 
,,  più  difficil  parte  delle  scienze  naturali  ,  onde  al 
,,  primo  posto  fra  i  massimi  que'  due  prodigiosi  in- 
,,  gegni  furono  elevati  dal  voto  universale  de'  dotti; 
„  io  son  ben  certo  di  non  essere  troppo  ardito  ,  o 
„  non  giusto  conoscitore  del  vero  merito  delle  cose, 
,,  «se  tra  i  fasti  più  memorabili  delle  filosofiche  di- 
„  scipline  dimando  che  al  fianco  di  Newton  ,  e  del 
„  Galileo  il  nome  sia  posto  del  Bonati  ,  la  di  cui 
,,  asta  ritrometrica  (della  quale  siamo  forse  debitori  ad 
,,  una  accidentale  osservazione,  simile  ne'suoi  princi- 
,,  pii  a  quelle  che  scossero  que'  due  massimi  ingegni) 


Elocio  dst,  Bu:^ati  201 

>,,  (letormiiia  il  corso  tifile  acque  ,  ne  calcola  la  ve- 
„  lecita  ed  il  volume,  ne  accenna  i  caratleri  e  le 
„  proprietà  ,  e  presenta  così  un  mezzo  prodigioso  ne' 
,,  suoi  efi'etti  per  fissare  i  dati  ,  co'  quali  conoscere 
^,  la  natura  e  la  capacità  de' fiumi,  onde  non  ne  ven- 
„  ga  alterato  il  sistema ,  e  ne  sieno  rispettati  i  con- 
„  fini  e  le  naturali  portate  a  salvezza  de'  territorii, 
„  a  tranquillità  delle  popolazioni  ,  ad  ingrandimeaJo 
„  degli    stati.  ,, 

Ma  gi'a  il  Bonati  toltosi  da  giovanetto  alle  inse- 
gne d'Ippocrate  ,  e  seguendo  le  matematiche  ,  aveva 
in  quel  difficilissimo  arringo  percorsi,  e  sempre  con 
zelo  e  col  voto  dell'  universale,  i  diversi  gradi  d'in- 
gegnere ,  d'ispettor  generale ,  di  pubblico  cattedrati- 
co, ed  era  all'anno  pervenuto  cui  pochi  giungono , 
novantesimo   sesto   dell'  etk  sua. 

Amato  in  patria ,  venerato  e  cercato  in  Italia  e 
fuori  ,  ammesso  nelle  prime  società  letterarie  e  scien- 
tifiche ,  insignito  di  più  ordini  equestri,  mancò  a'buo- 
ni ,  alla  patria  ,  alle  scienze  ,  all'  Europa  intera,  il 
giorno  di  sempre  funesta  ricordanza ,  secondo  dall'an- 
no 1820.  La  patria,  il  che  non  suole  avvenire  di  fre- 
quente ,  si  mostrò  ed  espresse  nel  volto  di  tutti  i  fer- 
raresi come  fosse  altamente  dogliosa  di  tal  morte,  ri- 
guardata siccome  pubblico  ed  irreparabile  danno.  Se 
non  che  riceveva  forse  qualche  conforto  ne'  più  il- 
lustri fra  i  suoi  allievi,  chi  attualmente  generale  ispet- 
tore ,  chi  pubblico  professore  :  e  due  fra  questi  già. 
conobbe  e  conosce  pur  Roma  ,  l'uno  Gio.  Batt.  Bo- 
nati Senni,  ora  al  culto  divino  interamante  dedicato  : 
l'altro  tuttora  pubblico  professore  con  lode  universale, 
dico  Carlo  Sensi,  amendue  miei  concittadini  :  e  il  secon- 
do mio  amicissimo,  che  a  causa  di  onore  mi  gode  l'ani- 
mo di    qui  ricordare. 


262  Scienze 

Furono  con  raocleslia  ,  ma  a  un  tempo  con  de- 
corosa pompa  celebrate  le  esequie  dell'  illustre  mate- 
matico nella  chiesa  del  cimiterio  comunale  :  e  vi  si 
lesse  pubblicamente  il  di  lui  elogio  dal  riferito  av- 
vocato  Pelisi.  Fu  poi  dalla  munificenza ,  o  più  dalla 
gratitudine  ,  del  comune  di  Ferrara  statuito  ,  che  una 
cella  degli  antichi  cenobiti  della  Certosa  venisse  de- 
stinata al  monumento  di  uno  de'  più  illustri  de'  suoi 
cittadini.  E  l'accademia  de'  concordi  tenne  pubblica 
ragunanza  per  celebrare  pur  essa  le  lodi  dell'  uomo 
immortale. 

Pio  senza  ostentazione  ,  saggio  e  costumato,  vis- 
se celibe;  unito  di  cuore  e  di  fama  ai  dotti  dell'età, 
sua  ,  sapeva  ad  un  tempo  conversare  con  ogni  clas- 
se di    persone  ,    ond'  era   ricercato  universalmente. 

Con  tali  prerogative  ebbe  amici  quanti  lo  conob- 
bero. Certo  delle  verità  santissime  di  nostra  religio- 
ne, visse  in  questa  per  ogni  maniera  commendabile, 
ed  in  questa  morì  tranquillamente  per  rinascere  più 
felice  alla  vita  immortale. 


Manuale  di  legge  organica ,  ossia  istruzione  elemen- 
tare ,  ad  uso  degV  impiegati  delle  dogane  del- 
lo stato  ecclesiastico.  Del  cav.  Gioacchino  Mon- 
ti ,  direttore  generale  delle  fiere ,  e  della  dogana 
di  Ripa  in  Roma.  Roma  nella  stamperia  della 
R.  a  A.  1832,  in  8.°  di  175  pag.  con  ta^>ole  di 
rapporti. 

v^uclli  che    amano  portare  la  filosofia   e  la   esattez- 
za matematica    sopra    le    pubbliche    aziende,    il    più 


Leggi  delle  dogane  203 

tìclle  volte  ne  sono  impediti ,  per  mancanza  o  didì- 
cilc  conseguimento  dei  dati  necessari  ad  istituire  i 
ragionamenti  e  le  analisi  sopra  oggetti  di  tal  natu- 
ra. Vogliam  dire  che  spesso  l'economista  in  taluni 
luoghi  si  trova  impossibilitato  alle  sue  utili  spe- 
culazioni ,  per  mancanza  di  notizie  positive ,  dalle 
quali  dipendono  le  sue  conseguenze ,  come  dai  dati 
di   un   proLleraa   la   risoluzione   del  medesimo. 

L'opera  che  oggi  ne  presenta  il  sig.  cav.  Gioacchi- 
no Monti  col  titolo  di  -  Manuale  di  legge  organica  - 
ovvia  molto  bene  a  questo  inconveniente  nel  ramo  di 
finanza  ,  che  fra  i  fatti  pubblici  tiene  il  primo  seg- 
gio. Giacche  in  essa  è  riportata  per  ordine  e  con  bre- 
vità la  forma  dell'amministrazione  finanziera,  come 
oggi  è  in  vigore  nei  domini  pontifici  ;  perciò  mentre 
il  nostro  autore  con  questo  suo  lavoro  giova  all'  im- 
piegato doganiere,  facendogli  conoscere  a  parte  a  par- 
te la  forma  e  Tandaraento  del  sistema  amministrativo 
al  quale  esso  appartiene  ,  si  rende  utile  eziandio  all' 
economista  ,  presentandogli  in  quasto  libro  tutte  quel- 
le notizie  che  riguardano  lo  stato  delle  dogane  fra 
noi ,  e  il   regolamento   delle   medesime. 

Nel  tom.  XXXVIII  di  questo  giornale  ,  quando 
parlammo  della  operetta  sull'origine  delle  fiere  nello  sta- 
to pontificio,  produzione  anch'essa  utile  di  questo  au- 
tore, ci  augurammo  con  voto  espresso,  che  il  medesimo 
non  avrebbe  desistito  dal  giovare  sempre  più  il  pubbli- 
co dei  suoi  lumi  finanzieri ,  conseguiti  per  lunga  pra- 
tica ,  ed  esercizio  non  materiale  degl'  impieghi  rag- 
guardevoli e  de'  molti  plici  incarichi  ,  de'  quali  fu  in 
vari  tempi  dal  governo  provvidamente  onorato.  Ne  sif- 
fatto voto  ci  venne  fallito  :  che  oggi  lo  prova  il  ma- 
nuale in   discorso. 

In  quast'  opera  si  comincia  dal  far  parola  sulla 
direzione  generale  delle  dogane  e  dazi  di  consumo,  sta- 


204  Scienze 

bilita  in  Roma ,  dalla  quale  tulle  le  disposizioni  e 
tutto  il  moto  ricevono  gli  altri  offici  finanzieri  del- 
lo stato  ecclesiastico  ,  che  con  essa  corrispondono  in 
ogni  caso.  E  dopo  che  si  è  toccato  de'principali  im- 
pieghi della  direzione  medesima ,  non  che  delle  sette 
sezioni  in  cui  è  divisa ,  si  mostra  come  le  dogane  pon- 
tificie sono  ripartite  in  quattordici  Soprintendenze , 
e  due  Regolatone ,  oltre  alle  dogane  poste  in  Roma, 
delle  quali  si  tiene  poi  distinto  proposito. 

Principiando  dalla  soprintendenza  di  Bologna,  si 
prosiegue  con  ordine  a  parlare  delle  altre,  esaminan- 
dosi in  ogni  soprintendenza  il  numero  delle  dogane 
da  essa  dipendenti  ;  la  specie  delle  medesime  ,  cioè 
se  sieno  di  riscossione  semi-riscossione  o  hollettone^ 
la  loro  classe  ;  la  importanza  che  hanno  nel  commer- 
cio ;  la  condizione  topografica  ;  e  la  distanza  di  ognu- 
na da  Roma,  dalla  rispettiva  soprintendenza  ,  e  dal 
confine.  Similmente  sono  discorse,  nel  luogo  dove  spet- 
ta, le  due  regolatorie  l'una  di  Civitavecchia ,  l'altra 
di  Porto  d'Anzio.  Quindi  si  dice  delle  dogane  di  Roma, 
e  principalmente  di  quelle  di  Terra  e  di  Ripagrande. 

Terminata  cos'i  la  descrizione  dalle  dogane  ,  il 
nostro  autore  espone  brevemente  la  disciplina  delle  me- 
desime, secondo  i  vigenti  regolamenti  ,  mostrando  qua- 
li sieno  gì'  impieghi  che  compongono  questi  dicasteri, 
quali  gli  obblighi  e  le  attribuzioni  in  ognuno  di  essi, 
come  debbansi  esercitare  ,  e  tutt'  altro  che  riguarda 
la  pratica  e  il  disimpegno  delle  operazioni  doganali. 
Finisce  l'autore  coli'  aggiunta  di  tre  tavole  di  rappor- 
ti fra  misure  e  pesi  mercantili.  Questi  rapporti  nelle 
due  prime  tavole  sono  di  libbre  romane  colle  capa- 
cità cereali  ,  e  coi  pesi  di  molte  piazze  commercian- 
ti estere  :  nella  terza  tavola  sono  di  canne  e  palmi  ro- 
mani ,  non  che  di  braccia  e  palmi  romani  architet- 
tonici ,  colle  misure  lineari  di  molte  piazze  di  com- 
mercio straniere. 


265 


Rendiconto  del  denaro  raccolto  per  Vospizio 
di  Tatagiovanni. 

^^uando  sul  finire  del  1830  feci  di  pubblica  ra- 
gione una  memoria  sopra  l'istitutore  e  l'istituto  de- 
gli orfani  abbandonati,  chiamato  Tatagiovanni^  di  cui 
rendetti  conto  anche  in  questo  giornale  nel  volu- 
me 48  p.  66,  promisi  solennemente  al  pubblico  di  ero- 
gare tutto  il  guadagno  che  avessi  dedotto  dalla  ven- 
dita del  libretto,  trattene  innanzi  le  spese,  1.**  in  un 
quadro  che  rappresentasse  Giovanni  Borgi  da  porsi 
nella  sala  dell'  istituto  :  2."  in  una  lapide  da  locar- 
si ove  riposano  le  sue  ceneri  :  3.°  in  beneficio  dell* 
istituto  medesimo.  Ora  avendo,  la  Dio  merc^,  potuto 
eseguire  con  piccolo  mio  scapito  tutto  quanto  avea 
divisato  ,  reputo  mio  dovere  ragguagliarne  il  pubbli- 
co e  liberar  la  mia  promessa,  massimamente  con  quei 
generosi ,  che  mi  furono  larghi  di  soccorso.  Dell'opu- 
scolo ,  composto  di  circa  quattro  fogli  di  stampa  coli* 
incisione  litografica,  furono  stampati  cinquecento  esem- 
plari ,    de'  quali  venduti 240 

Dati   e  non   pagati 175 

Rimasti   non  venduti ,       85 


Totale  500 

Ogni   esemplare  vendevasi   a    venti  baiocchi,  e   si   ri- 
cevevano altresì  le  ofìerte  di  danaro   da  erogarsi  per 


266  Scienze 

gli    oggetti  medesimi.   La    vendila  de'  dugentoquaran- 

ta  esemplali  ha  dato Se.  48 

Le  offerte 57  77 


Totale   del  danaro   incassato  Se.  105  77 

Ragion  vorrebbe  che  io  ponessi  qui  la  nota  di 
questi  generosi  obblatori  parte  romani  parte  stranie- 
ri :  ma  non  comportando  ciò  la  modestia  di  molti 
tra  loro ,  io  mi  tacerò  su  tutti,  protestando  ad  essi 
la  mia  più  sincera  riconoseenza,  e  pregando  Lui,  cui 
è  nota  la  loro  opera,  onde  sieno  degnamente  rimeritati. 

Le  spese  occorse  sommano  come  appresso  : 

Stampa ,  incisione  e  legatura 60 

Quadro .  21  67 

Lapide 7  50 

Anniversario 7 

Imbiancatura   dell'ospizio 14 

Ricreazione  agli  alunni 2  60 

Totale  Se.  112  77 

Riassumendo  pertanto  il  tutto  si  ha  un  introi- 
to  di  Se.  105  77 

Un  esito  di.     .     . -.     Se.  112  77 


e  quindi  un  deficit  di     .....     Se.       7 

Il  quadro  fu  lavorato  in  legno,  perchè  fosse  più 
durevole,  dal  sig.  cavalier  Giuseppe  Manno,  e  fu  trat- 
to dalla  incisione  che  accompagna  il  volumetto.  Es- 
so è  alto  cinque  palmi  ,  largo  quattro,  tranne  l'iscri- 
zione sottoposta.  Tatagiovanni  è  collocato  nel  mez- 
zo ,  col  suo   viso  bronzino ,    gli    occhi  alquanto   lo- 


Rendiconto  ec.  2CT 

scili  ,  la  bianca  parrucca  e  la  veste  di  colore  cene- 
rino. A  destra  evvi  un  fanciullo  vestito  a  saio  ros- 
so ,  come  appunto  fu  da  principio  ,  il  quale  ha  pen- 
dente dal  braccio  un  canestro  con  uve  ed  altre  co- 
se mangerecce  :  a  manca  avvene  altro  tutto  cencioso 
e  sparuto ,  che  in  quel  momento  Tatagiovanni  to- 
gliesi  dal  trivio ,  per  condurselo  all'  istituto  :  nell'al- 
to del  quadro  in  bella  prospettiva  è  dipinto  l'ospi- 
zio in  via  Giulia,  e  tre  o  quattro,  fanciulli  in  alto 
d'entrarvi-  Sotto  il  quadro  è  una  tavola  ove  leggesi: 
,,  Giovanni  Borgl  nacque  in  Roma  il  XVIII  febbra- 
„  io  del  MDGGXXXII.  Non  apprese  lettere ,  ma  si 
„  educò  alle  opere  di  carità  nell'  arciospedale  di 
„  s.  Spirito  in  Sassia.  Visse  povero,  reggendo  se  e  la 
„  sua  famigliuola  coi  lavori  da  mastrorauratore.  Nel 
„  MDCGLXXXIV  aperse  la  sua  casuccia  nella  via  de' 
„  Cartari  a  ricovero  ed  istruzione  de'  fanciulli  roma- 
„  ni  orfani  ed  abbandonati  ,  dai  quali  ebbe  il  tene- 
,,  ro  nome  di  Tatagiovanni.  Fu  caro  a  più  perso- 
„  naggi  ragguardevoli ,  segnatamente  al  pontefice  Pio 
„  VI,  che  protesse  il  novello  orfanotrofio  aggrandi- 
„  to  nel  palazzo  Ruggia  in  via  Giulia.  Fu  uomo  di 
„  antica  semplicità  e  religione  ,  di  costumi  piuttosto 
,,  ruvidi,  schietto  prudente  infaticabile.  Mancò  al  de- 
„  siderio  de'  suoi  figliuoli  spento  di  appoplessia  il 
„  XXVIII  giugno  MDCCLXXXVIII,  e  fu  sepolto  col 
„  pianto  di  tutti  i  buoni  in  s.  Niccola  degl'  Incoro- 
„  nati.  Nel  MDCCCXXXII  gli  orfani  fecero  al  pa- 
,,  drc   loro    amatissimo    questa   tavola.  ,, 

Il  quadro  fu  recato  all'  ospizio  la  prima  dome- 
nica di  giugno,  giorno  in  che  i  fanciulli  sogliono 
celebrare  il  compimento  del  mese  mariano:  ed  accol- 
to con  festive  grida,  fu  collocato  alla  parete  prin- 
cipale della  sala  chiamata  delle  Classi ,  frammezzo 
le  tavole   del   Cervelli   e   del   Guidi    uomini   beneme- 


268  Scienze 

riti  deir  istituto.  Onde  gli  alunni  in  questo  gicrtio 
stessero  ancor  piiì  lieti,  aggiunsi  a  loro  ricreazione  uà 
piattellino  di  fragole,  frutto  che  la  parca  mensa  dell* 
ospizio  non    avea    mai   loro  conceduto. 

Avea  divisato  di  trtusporfare  le  ceneri  di  Tata- 
giovanni  da  s.  Niccolà  degl'  Incoronati  a  s.  Anna  de' 
Falegnami ,  perchè  il  padre  riposasse  presso  i  suoi 
figliuoli.  Persone  che  lo  aveano  veduto  tumulare  at- 
testavano, esser  lui  stato  posto  in  luogo  appartato  a 
corno  del  vangelo  presso  l'altare  del  Crocifisso.  Ri- 
cercai diligentemente  questa  e  tutte  le  altre  sepoltu- 
re della  piccola  chiesa  :  ma  indarno ,  perchè  appa- 
rivano già  da  molto  tempo  nettate.  Feci  anche  ca- 
var nel  presbiterio  fino  a  due  e  tre  palmi ,  assicu- 
rando alcuno  eh'  era  stato  ivi  collocato,  ma  conob- 
bi esser  ciò  al  tutto  falso.  Disperato  pertanto  di  po- 
terlo più  ritrovare,  posi  alla  parete  destra  in  s.  Nic- 
cola  un  marmo  di  circa  tre  palmi  quadrati,  coronato 
da  bardiglio,  ove   è  scolpita  la  seguente  iscrizione: 

QVI  .  DORME  .  IN  .  PACE 

IL  .  PADRE  .  DEGLI  .ORFANI 

GIOVANNI .  BORGI .  ROMANO 

DETTO  .  TATAGIOVANNI 

NATO  .  IL  18  FEB.  1732 

MORTO  .  IL  28  GIVGNO  1798 

I  .  SVOI  .  FIGLIVOLI  .  P.  Q.  M. 

NEL  .  XXXIII  .  ANNIVERSARIO 

Il  28  giugno  del  1831  si  alzò  in  s.  Anna  de* 
Falegnami  un  catafalco,  e  si  celebrò  con  modesta  pom- 
pa il  trigcslmoterzo  anno  dalla  morte  di  Giovanni. 
Si  videro  la  prima  volta  quei  buoni  figliuoli  cantar 
pace  al  loro  padre,  poiché  non  mai  innanzi  non  s'era 
fatta  si  pietosa  ceremonla.  Dieci  messe,  oltre  la  solen- 
ne ,  si  offersero  per   quell'  anima   benedetta. 


Rendiconto  ec.  269 

Avea  significato  nella  mia  memoria  il  desiderio 
che  l'ospizio  fosse  un  pò  meglio  nettato.  Una  pic- 
cola somma  che  ho  potuto  consecrare  a  questo  og- 
getto, unita  ad  altre  limosino  di  benefattori  già  date 
in  man  del  superiore  monsignor  Giuseppe  Vespignani 
mio  rispettabile  amico  ,  ha  fatto  che  tutto  l'ospizio 
sia  stato  politamente  imbiancato.  E  più  altre  cose  avea 
in  animo  di  fare  a  benefizio  di  si  bella  istituzione, 
e  forse  i  miei  onorevoli  concittadini  mi  sarebbero  sta- 
ti ancor  più  generosi,  se  i  tempi  fossero  andati  me- 
no infelici.  Ad  ogni  modo  io  sono  lieto  d'aver  po- 
tuto adempiere  quanto  avea  promesso,  e  renderne  a  chi 
ne  diede  i  mezzi  questa  solenne  testimonianza  di  gra- 
titudine. 

Finalmente,  poiché  lo  scarico  d'un  mio  dovere  ha 
fatto  che  io  dovessi  parlar  la  terza  volta  del  mio  Ta- 
tagiovanni ,  farò  conoscere  agli  amatori  di  quest*  uo- 
mo singolare  un  tratto  del  celeberrimo  alemanno  Goe- 
the comunicatomi  dopo  la  pubblicazione  del  mio  scrit- 
to dal  mio  dottissimo  amico  sig.  consigliere  cav.  Koelle 
incaricato  di  affari  del  regno  di  Wurtemberg  presso 
la  santa  sede.  La  seconda  volta  che  il  Goethe  sog- 
giornò in  Roma  nel  marzo  del  1788  vide  Tatagio- 
vanni ,  ed  ecco  come  ne  scrisse  (tom.  29  ediz.  in  12 
di  Stuttgard   1830.) 

,,  Vedemmo  venire  una  processione  di  fanciulli 
„  tra  i  dieci  e  i  dodici  anni,  non  già  in  abito  ec- 
,,  clesìastico  ,  ma  vestiti  tutti  d'un  colore  e  d'una  me- 
„  desima  forma,  come  userebbero  gli  alunni  in  giorno 
„  festivo  :  andavano  a  due  a  due,  e  parevano  esser  qua- 
„  ranta.  Cantavano  le  loro  litanie  devotamente  senza 
„  volgere  la  testa,  e  camminavano  senza  strepito  e  di- 
,,  sordine.  Un  uomo  vecchio,  dell'  aspetto  d'un  ope- 
„  rajo  energico,  accompagnava  la  processione  e  som- 
„  brava  dirigere  il   tutto.    Recava   sorpresa   il    veder 


2T0  Scienze 

„  chiuJeisi  ìix  schiera  ben  vestita  da  una  mezza  doz- 
„  zina  di  ragazzi  cenciosi  e  scalzi  :  essi  però  proce- 
„  devano  colla  stessa  modestia.  Chiedemmo  inforraa- 
„  zione,  e  ci  fu  detto  che  qnest'  uomo  di  mestier  cal- 
„  zolaio  (doveano  dire  muratore)  e  senza  figli  aves- 
„  se  anni  indietro  preso  un  povero  ragazzo  nella  sua 
„  casa  o  bottega,  e  col  soccorso  di  benefattori  lo 
„  avesse  fatto  rivestire.  Un  tale  esempio  indusse  al- 
„  tri  maestri  a  prendersi  di  simili  ragazzi,  pei  qua- 
,,  li  egli  ebbe  la  medesima  cura.  In  questo  modo  rac'^ 
„  colse  un  piccolo  drappello  ,  che  da  lui  fu  di  con- 
„  tiuuo  esercitato  in  atti  di  divozione,  massimamente 
„  ne'  dì  festivi  per  fuggir  l'ozio  perniziosissimo.  Usò 
„  in  un  medesimo  giorno  visitare  le  basiliche  tanto 
,,  distanti  fra  loro.  Il  suo  istituto  pio  crebbe  a  ma- 
„  no  a  mano.  Seguitò  le  sue  processioni  divote;  e  sic- 
„  come  il  concorso  ad  un  istituto  tant'  utile  era  sera- 
„  pre  maggiore  della  possibilità  di  ammettere,  usò  per 
„  eccitare  la  carità  di  aggiungere  alla  sua  processio- 
„  ne  gli  aspiranti  non  ancor  provveduti  e  vestiti ,  e 
„  riuscì  ad  ottenere  per  loro  il  bastevole.  Mentre  ci 
„  narravano  queste  cose,  un  giovanetto  de'  piià  matu- 
„  ri  venne  verso  di  noi ,  ci  presentò  un  piatto  e 
„  chiese  modestamente  e  in  buone  parole  limosina  per 
„  gli  scalzi  e  cenciosi.  La  ricevette  non  solo  larga- 
„  mente  da  noi  stranieri ,  tutti  commossi  da  quella 
,,  vista ,  ma  ancora  dai  vicini  romani  ,  altrimenti 
„  parchi  nel  dar  limosina.  Non  tralasciavano  di  ag- 
,,  aggiungere  ad  un'  obblazione  modica  molte  paro- 
„  le  di  stima  e  di  riconoscenza.  Questo  pietoso  pa- 
„  dre  distribuiva  la  limosina  a  quei  suoi  pupilli,  e 
,,  non  gli  era  mancata  mai  entrata  sufficiente  al  loro 
„  mantenimento.  „ 

Fin   qui  il   Goethe  ,  il  quale  ci  dispiace  che  giu- 
dicasse sì  malamente  de'  romani  dicendoli  parcJii  nel 


Rendiconto  kc.  271 

dar  limosina.  I  molti  poveri  ancor  validi  che  formi- 
colano ora,  come  nel  passato  secolo,  per  le  vie  della 
citta,  mostrano  esservi  larghissime  le  limosiue  ,  dap- 
poiché nessuno  piìi  ignora  che  il  numero  degli  ac- 
cattoni cresce  in  ragion  de'  soccorsi.  Avrebbe  detto 
assai  meglio  l'illustre  viaggiatore,  se  in  cambio  di  vo- 
ler pili  larghezza  avesse  desiderato  più  intelligenza 
nel  dar  liraosine. 

Ab.  G.  L.  Morichini. 


di   Fuligno.  Del  sig.  Antonio  Rutili  Gentili.  Fu- 


Nuove  riflessioni   sulle  cause  naturali  dei  terremoti 
di   Fuligno.  Del  sig.  Antonio  Ri, 
Ugno   tipografia   Tomassini  1832. 

ESTRATTO 


iproduce  l'autore  in  qucst'  opuscolo  la  sua  ipo- 
tesi sulla  causa  fisica  dei  terremoti ,  che  nel  gcnnajo 
del  1 832  afflissero  Fuligno,  e  cerca  di  convalidare  con 
nuovi  raziocini  le  sue  congetture  su  questo  fenome- 
no ,  che  riguarda  unicamente  prodotto  della  elettrici- 
tà atmosferica  ,  come  apparisce  dall'estratto  delia  sua 
prima  relazione  inserita  nel  tom.  LI  di  questo  gior- 
nale pag.  200.  Intitola  egli  questa  sua  produzione  al 
degnissimo  vescovo  di  Fuligno  monsignor  Cadolini  , 
a  cui  meritamente  tributa  i  più  larghi  encomj  ,  per 
lo  zelo  straordinario ,  e  per  la  carità  che  in  si  lut- 
tuosa catastrofe  mostrò  a  sollievo  del  prediletto  suo 
•gregge  ,  soccorre|ido  gl'indigenti  col  suo  proprio  pe- 
culio ,    e  confortando  i  più   timidi  colla  divina  parola. 

Passa  quindi  ad  enunciare  i  fenomeni  che  lian  pre- 
ceduto i  terremoti.  Esistono  presso  Ganarra   due  poa^- 


2^2  Scienze 

zi,  uno  (li  aulica  origine,  e  Faltro  apertosi  due  an- 
ni indietro.  Dopo  essersi  sentito  qualche  roraore  sot- 
terraneo nei  giorni  precedenti  il  terremoto  ,  si  riem- 
pirono improvvisamente  di  acqua,  che  versando  dall' 
orlo  ,  formò  due  piccioli  ruscelli  ,  che  lasciarono  un 
sedimento  ocraceo.  Ciò  sembra  indicare,  secondo  il 
sentimento  dell'  autore  ,  esistere  sotto  quel  suolo  de- 
gli ampj  ricettacoli  di  acqua  che  tiene  in  dissoluzio- 
ne del  sopracarbonato  di  ferro  ,  ma  non  mai  pro- 
fonde caverne  pregne  di  gas  idrogeno  solforato  ,  co- 
me ha  potuto  far  credere  la  sotterranea  esplosione  , 
eh  egli  suppone  favolosa  e  chimerica.  Si  son  pur  giu- 
dicati come  segni  di  terribili  esplosioni  le  varie  scre- 
polature avvenute  negl'  inferiori  terreni  di  quella  vai  ■ 
le  che  si  sono  decantati  in  dimensioni  ,  ed  in  forme 
assai  diverse  dal  vero.  Tali  screpolature,  che  non  ec- 
cedono i  tre  centimetri  nella  massima  larghezza,  so- 
no comparse  nella  regione  piiì  bassa  della  valle,  nei 
luoghi  cioè  anticamente  occupati  dalla  palude  del 
Clitunno,  e  dall'  alveo  stesso  della  Tinna,  ove  il  ter- 
reno è  costituito  dai  sedimenti  e  dal  limo  delle  ac- 
que che  anticamente  ricoprirono  quei  luoghi  :  ne  dee 
recar  perciò  meraviglia,  che  detto  terreno,  qual  cro- 
sta leggera  ,  screpolandosi  nelle  scosse  dei  terremoti, 
ne  sortissero  dalle  fenditure  quelle  acque  che  al  di- 
sotto vi  soggiornano.  Quindi  egli  conchiude,  che  per 
quanto  si  studi  sugli  efi'etti  del  terremoto  del  13  gen- 
najo  ,  non  si  trovano  segni  che  possano  far  credere, 
eh'  esistano  al  disotto  di  quel  suolo  delle  stermina- 
te caverne ,  pregne  di  gas  violentemente  compressi, 
ed  infiammabili  tendenti  a  squarciarne  le  volte  o  pa- 
reti sovrastanti.  Egli  poi  crede  impossibile  ,  che  sotto 
le  pianure,  e  le  valli  possano  esistere  delle  caverne, 
giacche  le  volte  delle  medesime  formate  da  un  ter- 
reno sciolto,  e  sparso  di  sostanze  rotolate  ,  e  di  ghiajc. 


Terremoti  di  Fuligno  273 

hon  potrebbe  sostenersi  con  materiali  cosi  poco  re- 
sistenti, E  certamente  la  cosa  andrebbe  così  se  si  vo- 
lessero ammettere  queste  cavita  quasi  immediatamente 
sotto  la  crosta  del  suolo  sottile  e  cedente  ,  non  mai 
però  se  si  supponessero  collocate  a  considerabili  pro- 
fondita ,  come  ci  confermano  le  osservazioni  di  La 
Condamine  ,  Blumenbac  ,  Ritter ,  Kant  ,  e  dei  più 
accreditati  geologi  e  naturalisti  sulla  struttura  inter- 
na  del    nostro    globo. 

Tuttociò  è  dall'autore  premesso  in  appoggio  del- 
la sua  ipotesi  sulla  superficialità  dei  terremoti.  Pas- 
sa poi  nella  seconda  parte  della  sua  memoria  pag.  17 
nota  8  a  sviluppar  le  sue  idee.  „  Forse  alcuno  ,  egli 
,,  asserisce  ,  durerà  fatica  a  concepire  come  le  vibra* 
„  zioni  di  uno  strato  di  pochi  palmi  di  spessore,  pos- 
„  sano  propagarsi  a  qualche  centinajo  di  miglia  di 
„  distanza  ,  a  traverso  di  enormi  masse,  quali  sono 
,,  quelle  che  costituiscono  la  corteccia  della  nostra 
„  terra.  Ma  si  rifletta ,  che  questo  strato  è  almeno  di 
,,  cento  cinquanta  miglia  quadrate  di  estensione,  e  che 
,,  attualmente  è  teso  per  così  dire  come  la  pelle  di 
„  un  tamburo  per  la  rigidezza  in  esso  prodotta  dal 
,,  repentino  inaridimento.  „  Quindi  è  di  avviso,  che 
come  si  propagano  le  vibrazioni  dei  corpi  sonori  ed 
elastici  a  grandi  distanze  ,  a  dalle  picciolo  alle  gran- 
di masse,  così  possa  seguire  negli  scuotimenti  del  ter- 
remoto. Ma  anche  volendosi  limitare  questo  fenomeno 
alla  sola  valle  dell'  Umbria  ,  come  saria  possibile  con 
tale  divisamento  spiegare  i  terribili  effetti  da  esso  pro- 
dotti ,  che  rovesciarono  gli  edifìcj  i  più  solidi ,  e  ne 
furono  scossi  i  più  gran  massi  che  formano  le  cate- 
ne dei  monti  che  circondano  quella  valle  ?  Il  para- 
gone ci  sembra  inverisiraile  sotto  tutti  gli  aspetti. 
Se  gli  effetti  debbono  essere  proporzionati  alle  cause 
che  li  producono ,  come  sarà  possibile  di  non  am- 
G.A.T.LIII.  i8 


274  Scienze 

mettere  anche  nel  terremoto  parziale  dell'  Umbria  il 
centro  di  azione  di  questo  fcnoniono  a  considerabili 
profondita  sotto  la  superfìcie  del  suolo  ?  Ma  lo  stes-^ 
50  autore  riconosce  poi  k  difRcolta  di  applicare  i  suoi 
concetti  a  render  ragione  dei  terrestri  scuotimenti,  e 
specialmente  delle  catastrofi  a  cui  andò  soggetto  il 
nostro  globo  ,  asserendo  nello  stesso  articolo  ,  eh'  è 
cosa  ben  nota  e  naturale ,  che  „  l'effetto  dei  terre- 
„  moti  giunge  a  maggior  distanza ,  come  piiì  prò-* 
,,  fonda  è  la  loro  origine  t ,,  che  il  terremoto  di  Li- 
sbona si  estese  dalla  Groenlandia  fino  all'Affrica:  ond'è 
da  credersi  che  immensa  ne  fosse  la  forza ,  e  profon- 
dissima la  sede.  In  quanto  poi  al  terremoto  dell'Um- 
bria ,  egli  asserisce  ,  che  si  estese  ad  una  trentina  di 
miglia  verso  gli  appennini ,  e  ad  un  centinajo  di  mi* 
glia  verso  le  inferiori  maremme  ,  e  che  perciò  non  è 
d'uopo  di  ammettere  una  profondita  di  origine  tanto 
grande  per  ispiegarne  gli  effetti. 

Che  la  origine  ed  i  centri  di  azione  dei  terremo- 
ti possano  aver  luogo  a  diverse  profondità  ,  è  general- 
mente ammesso  da  tutti  i  fisici  ;  ma  niuno  potrà  cer- 
tamente persuadersi ,  che  il  terremoto  in  quistione  sia 
stato  un  fenomeno  circoscritto  alla  semplice  crosta  o 
superficie  di  quella  valle  ;  e  molto  meno,  che  il  terre- 
no che  costituisce  la  valle  dell'  Umbria,  perennemente 
umido  ,  smosso  ,  fdabile  ,  e  formato  da  terre  sciolte  , 
e  sparso  di  ciottoli  e  di  ghiaje,  secondo  le  osserva- 
zioni dello  stesso  autore,  possa  paragonarsi  nella  esten- 
sione di  centocinquanta  miglia  quadrate  alla  membra- 
na tesa  di  un  tamburo  ,  che  fu  poi  scossa  dal  flusso 
della  elettricità   atmosferica. 

liigli  crede  pertanto  non  potersi  conciliare  colle 
idee  comunemente  ammesse  dal  fisici  di  sotterranee  com- 
bustioni i,  detonazioni  dì  gas  infiammabili  altamente 
compressi  ^   congiunte  colla    forza   esplosiva  dei  fluidi 


Terremoti  di  Fuliono  275 

clastici,  le  cause  che  diedero  origine  ai  terremoli  dell' 
Umbria  :  perchè  limita  gli  effetti  di  questa  catastrofe 
a  piccola  estensione  e  profondita ,   ne  sa  concepire  che 
potendosi   riguardare   il   nostro    globo   qual  vastissimo 
elaboratorio ,    è    pronto   a   fornire   in   abbondanza ,    e 
con  rapida   successione  gli  agenti  che  influiscono  alla 
produzione  di  queste  catastrofi.  Riguardando  perciò  il 
fenomeno  come  puramente  elettrico ,  considera  il  suo- 
lo   dell'  Umbria   come   costituito   da    tre   strati  ,    due 
deferenti ,  e  l'altro  intermedio  coibente  ,  rassomiglian- 
dolo  air  armatura    di   una   boccia   di    Leida    o    di  un 
quadro  magico    frankliniano.  Caricandosi  questo  di  po- 
sitiva elettricità  nella  superiore  armatura  ,  e  venendone 
favorito  l'afflusso   dall'addensamento  dei  nembi,  che  ri- 
stagnarono   nel  cratere  dell'  Umbria  nei  giorni  prece- 
denti  il  terremoto  ,   esercitò   la  sua  influenza  nell'  in- 
feriore  strato  deferente  ,  per  determinare  cosi  in  detto 
strato   una    contraria  elettricità.  Ma  ne  avvenne   in  se- 
guito ,  che  aumentandosi  soverchiamente   la  carica  ,  la 
elettricità  positiva   vinse  la  resistenza  dello  strato  coi- 
bente per  invadere  la  inferiore   armatura.  Così  accade 
quando  la   elettricità  troppo   ridondante   sopra   la   su- 
perficie armata  di  un  quadro   magico  ,  o  di   una  boc- 
cia di  Leida  ,   si  fa  strada  perforando  il  vetro  all'  op- 
posta superficie  ,   e  ne  segue  una  spontanea    esplosio- 
ne. Ma  se  il  terremoto   fosse  provenuto  da  queste  cau- 
se,   l'atmosfera  sovrastante  alla  pianura    dell'Umbria 
avrebbe   dovuto   apparire   solcata   da  fulmini   nel   mo- 
mento   del   terremoto,    ed    il   terreno  squarciato  ed  a- 
perto  dalle   scariche  elettriche    ci    avrebbe   dovuto  of- 
ferire lo  stesso  aspetto  degli  apparati  elettrici    perfo- 
rati  dalla  elettricità.   Furon    però  ben  diverse   le  cir- 
costanze  concomitanti   questo  avvenimento.  Un  sotter- 
raneo  muggito   prodotto  da  profonde  detonazioni  pre- 
cedette ed  accompagnò  il  terremoto:  lo  scuotimento  si 

48^ 


3tO  ^  S    e    I    É    N    ^    E 

propygni  a  considerevole  distanzi» ,  e  fu  sensibile  aii* 
die  ili  Koma  ;  rovesciando  in  quella  valle  fino  dai  fon- 
damenti gli  edifici  i  più  solidi,  non  risparmiando  nep-' 
pur  quelli  posti  sul  dorso  delle  roccie  le  piìi  cora* 
patte. 

Fissato  nelle  sue  idée,  cerca  il  nostro  autore  di 
Suggerir  dei  rimedj  onde  guarentire  quelle  località,  dà 
tali  disastri  ;  quindi  ricorre  alle  spranghe  elettriche 
per  dissipare  e  disperdere  la  elettricità  ,  ai  pozzi  pli* 
niani ,  e  finalmente  agli  artificiali  allagamenti.  Sbi-* 
gettito  da  tali  disastri  ,  sembra  poi  invidiare  quei  tem-» 
pi  di  rozzezza  e  di  barbarie  in  cui  la  valle  dell'Um- 
bria era  ancor  ricoperta  da  paludi  e  da  boscaglie  ; 
o  almeno  quell'  epoca  di  sua  gioventiì,  in  cui  esiste- 
vano ancora  in  quelle  vallate  gli  avanzi  delle  anti-' 
che  paludi,  e  degli  stagni,  bonificati  poi  coli'  opera  del 
benemerito  idraulico  Jacobilli ,  ove  si  deliziava  alla 
caccia  degli  uccelli  palustri.  Anzi  riguarda  come  cau- 
sa dei  presenti  flagelli  del  terremoto  il  totale  boni- 
ficamento di  quei  terreni  ,  accagionandone  la  mano 
industriosa  dell'uomo,  che  seppe  ridurre  una  regione 
selvaggia  ,  paludosa ,  ed  insalubre ,  in  fertili  e  ri- 
denti praterie  ,  ricche   di    rigogliosa  vegetazione. 

Ma  noi  qui  non  ci  fermeremo  a  ribattere  questa 
epinione ,  perchè  troppo  manifestamente  si  oppone  ai 
principi  della  sana  filosofia,  ed  ai  lumi  della  moderna 
fisica.  Richiameremo  soltanto  quello  che  gik  venne  sul- 
lo stesso  proposito  esposto  ncll'  estratto  dell'  altra  me- 
moria dello  stesso  autore  inserita;,  come  si  disse,  nel 
toro.  LI  di  questo  giornale  a  pag.  200  sulla  ineffi- 
cacia dei  rimedj  proposti  per  allontanare  i  terremoti, 
già  esclusi  dalle  più  eulte  accademie  di  Europa;  trat- 
tandosi di  combattere  centra  un  nemico  incognito  ,  di 
tniè  indomabili ,  e  latente  nelle  interne  viscere  della 
ttastra  terra.   Niuno    poi ,   conoscendo    la    sLoria    dell' 


TEnREMOTI    DI    FuLlGNO  277 

Umbria  ,    può   ignorare  che ,   ad   onta   della   esistenza 
delle  paludi  e  delle  artificiali    irrigazioni  ,   furono    in 
varie  epoche  que'  peasi  afflitti    e    sconvolti  dai   terre- 
moti.   Lo   stesso  autore   si   propone    questa   difficoltà  , 
e  per  eluderla  vi  contrappone  il  riflesso  ,  che  detti  ter^r 
remoti  provenivano  da  lontane  parli  o  almeno  dai  so- 
vrapposti  appcnnini.  Sarebbe  dunque,   anche  nel  caso 
che   volesse    ammettersi  la   utilità  degli   allagamenti  , 
ben   limitata    e   circoscritta  la   loro   influenza';    ed  irir 
capace    perfino    a   garantir  quella  valle  dai   terremoti 
che  potessero    avere  origine  dalla  catena   dei   monti  , 
che  tutt'air  intorno   la   ricingono.  Dal    che   si   deduce 
che  non  ostante  gli  albigaraenti,  sarebbe  sempre  la  vaile 
dell'  Umbria   sottoposta  ai  terremoti  suscitati   fuori   dei 
suo   perimetro. 

Nell'appendice  che  sìegue  la  detta  Memoria  «i  stu. 
dia  l'autore  di  assegnare  le  varie  combinazioni  atmo^ 
efefiche  e  teriestri  che  possono  produrre  i  terremoti. 
Queste  combinazioni  atmosfericlie  consistono  in  una 
certa  alternazione  di  strati  umidi  e  secchi  <li  aria  ,  e 
producono  tanto  maggiore  effetto,  quanto  sono  più  vi^ 
Cini  alla  superficie  del  suolo.  Quindi  è  ,  che  se  i  va- 
pori umidi  eMdondanti  di  elettricisaio  scenderanno  al 
contatto  della  superficie  del  suolo  arido  e  secco ,  che 
fa  ili  questo  caso,  secondo  l'autore,  le  veci  xlel  piano 
isolante  di  un  quadro  magico,  vi  s'indurrà  una  carica» 
se  questi  vapori  verranno  scacciati  dai  venti  asciutti , 
la  carica  rimarra  nella  sua  integrità  ,  e  ne  attenderà 
una  seconda  ,  una  terza  ec.  sinché  seguirà  poi  la  e- 
splosione.  Da  questi  accidenti  ebbero  origine,  secondo 
il  suo  modo  di  vedere,  le  prime  scosse  che  seguirono 
in  quella  valle  tanto  in  ottobre  quanto  in  novem-f 
bre,  e  che  si  ripeterono  i  di  27  gennajo  e  13  myrzu 
1832.  Cosi  assumendo  il  principio  del  Volta  sulh;  at-r 
piosfere  elettriche  attuanti  ,  e  sulla  loro  azione  ,  es^-- 


278  Scienze 

mina  i  diversi  casi  in  cui,  secondo  la  diversa  dispo- 
sizione degli  strati  umidi  e  secchi  dell'aria,  e  lo  stato 
elettrico  e  non  elettrico  dell'aria  e  del  suolo  ,  pos- 
sono o  non  possono  seguire  i  fenomeni  elettrici,  che 
danno  origine  ai  terremoti. 

Similmente  egli  congettura ,  che  una  massa  di  ter- 
reno in  cui  s'accumula  l'elettricismo,  nell'atto  che  s* 
inaridisce  ,  può  dividersi  in  una  colonna  di  strati  al- 
ternativamente più  secchi  e  piìi  umidi ,  vale  a  dire 
più  o  meno  conduttori  ,  prendendo  in  certo  modo  il 
carattere  delle  così  dette  pile  secondarie.  Da  ciò  de- 
duce la  ragione  ,  per  cui  le  grandi  scosse  sono  state 
ordinariamente   seguite  da  altre   più  piccole. 

Ma  tuttociò  che  l'autore  si  figura  nella  sua  im- 
maginazione ,  è  ben  difficile  che  possa  seguire  e  rea- 
lizzarsi in  natura ,  e  specialmente  nel  seno  dell'  at- 
mosfera, che  attesa  la  somma  mobilità  delle  sue  parti- 
cole mai  non  persiste  in  un  riposo  assoluto,  ma  in  uno 
stato  continuo  di  agitazione  e  di  movimento  :  per  cui 
le  diverse  masse  di  aria  fra  loro  mescendosi ,  non  pos- 
sono ammettere  quella  divisione  di  strati ,  e  quei  li- 
miti di  demarcazione  fra  1'  umido  e  il  secco  ,  fra  lo 
stato  elettrico  e  il  non  elettrico,  su  cui  il  nostro  au- 
tore ha  basato  le  sue  congetture    e  le   sue  ipotesi. 

Buono  è  peraltro,  che  prima  di  dar  termine  alla 
sua  memoria,  dichiara  non  essere  sua  opinione,,  che 
,,  la  terra  non  possa  essere  scossa  da  altre  forze,  che  da 
„  quelle  dell'elettricismo:  pensando  anzi,  che  la  natura 
„  abbondi  di  mezzi  onde  operare  siffatti  fenomeni  '•'', 
Quindi  è  che  il  calore  ,  la  espansione  dei  fluidi  ela- 
stici compressi  capaci  a  vincere  le  più  valide  resisten- 
ze ,  l'acqua  ,  la  infiammazione  dei  gas  detonanti ,  l'e- 
lettricismo ,  il  fuoco  centrale ,  debbono  riguardarsi  co- 
me gli  agenti  principali  dei  terrestri  scuotimenti.  Su 
ciò  siamo  pienamente    di  accordo  j  anxi  ci  facciamo 


Terremoti  di  Filigj^o  279 

lecito  eli  aggiungervi ,  che  se  si  fosse  attenuto  a  que- 
sti principj,  avrebbe  il  nostro  autore  potuto  rendere  più 
plausibile  ragione  delle  uttuose  vicende  cui  fu  soggetta 
la  sua  patria ,  non  potendo  le  cause  dei  terremoti  dell* 
Umbria  essere  state  di  carattere  e  d' indole  diversa 
da  quelle  ,  che  in  varie  epoche  sconvolsero  la  super- 
ficie della  nostra  terra. 


Sulla  scintillazione  elettrica  prodotta  dall'  azione 
della  calamita, 

I    ' 

J-^  elettricismo  ha  esteso  il  suo  dominio  e  la  sua  in- 
fluenza su  tutt'i  fenomeni  della  natura.  Questo  terri- 
bile agente  eh'  ebbe  gran  parte  nelle  rivoluzioni  fi- 
siche del  nostro  globo,  e  che  sovente  si  appalesa  ai 
nostri  occhi  nella  variatissima  scena  delle  atmosferiche 
vicende  ,  esiste  anche  latente  in  tutti  gli  esseri  del  tri- 
plice regno  ^  ed  esercita  il  suo  potere  sull'  azione  mo- 
lecolare dei  corpi.  Chi  avria  mai  creduto  ,  che  i  fe- 
nomeni magnetici,  sulla  cui  causa  tanto  disputarono  le 
antiche  scuole  ,  altro  non  fossero  che  fenomeni  elet- 
trici ?  A  questo  risultamento  sono  giunte  le  scoperte 
fisiche  dei  giorni  nostri.  Epino  aveva  già  dai  tempi 
suoi  preveduta  la  uniformità  della  legge  con  cui  agi- 
scono ]e  forze  elettriche  e  magnetiche  in  distanza;  Cou- 
lomb l'aveva  confermata  col  fatto  per  mezzo  della  sua 
bilancia  di  torsione  ,  e  s'erano  talmente  moltiplicate 
le  analogie,  da  far  credere  che  gli  effetti  elettrici  e 
magnetici  provenissero  dalla  stessa  identifica  causa.  Ma 
non  erano  i  fisici  ancor  giunti  ad  ottenere  le  scia-' 
lille   elettriche   dalle   calamite. 


280  Scienze 

Questa  importante  scoperta  h  dovuta  al  famoso 
chimico  inglese  sig.  Faraday,  e  fu  presentata  Tanno 
scorso  alla  società  reale  di  Londra.  Quindi  fu  co- 
municata dal  sig.  Hachette  all'accademia  reale  delle 
scienze  di  Parigi  nel  26  dicembre  dello  stesso  anno. 
I  rinomati  fisici  italiani  V.  Antinori  direttore  del  mu- 
seo di  Firenze  ,  e  L.  Nobili  di  Reggio  ,  non  tarda- 
rono a  ripetere  quest'  esperienza  con  felice  successo, 
e  l'avvalorarono  ed  ampliarono  colle  loro  osservazioni. 
Altro  non  si  ha  a  fare  ,  per  convincersi  del  fatto, 
che  prendere  una  vigorosa  magnete  artificiale  a  ferro 
di  cavallo  ,  e  circondarla  di  un  elica  metallica  for- 
mata di  filo  di  rame  ricoperto  di  seta.  Si  lasciano 
denudate  e  scoperte  le  due  estremità  di  questa  spi- 
ra ,  che  debbono  sopravanzare  i  due  gambi  della 
calamita.  Si  applica  l'ancora  (detta  da  noi  portapeso) 
ai  due  poli  della  magnete  ,  e  portando  le  due  punte 
metalliche  della  spira  a  contatto  del  mercurio  nel  mo- 
mento stesso  in  cui  si  applica  l'ancora  ai  due  poli, 
si  scarica  fra  le  due  punte  metalliche  ed  il  mercurio 
una  scintilla  elettrica.  Similmente  sollevando  le  due 
punte  metalliche  dal  mercurio ,  nello  stesso  istante 
in  cui  si  stacca  l'ancora  dai  poli,  scocca,  fra  dette  due 
punte  ed  il  mercurio  ,  la  scintilla.  Lo  scintillamento 
si  ha  dunque  nei  due  istanti  dell'  attacco  e  del  di- 
stacco ;  e  si  suscita  in  questi  una  corrente  elettrica 
che  scorre  momentaneamente  per  le  volute  dell'  elica 
prima  in  un  senso  ,  e  poi  in  un  senso  opposto. 

Per  facilitare  il  modo  di  sperimentare  ,  che  col 
suddetto  metodo  esige  una  certa  attitudine  e  destrezza 
per  parte  dell'  operatore ,  sono  giunti  i  lodati  due 
fisici,  con  filosofico  raziocinio,  ad  ideare  una  macchi- 
netta ,  che  soddisfa  a  tutte  le  condizioni  richieste  ,  e 
da  la  scintilla  al  momento  tanto  dell'attacco  ,  quanto 
del    distacco  ,    come  si   rileva   dalla   descrizione   resa 


Scintillazione  elettrica  281 

^ì  puLLlico  diritto  colle  stampe ,  ed  estratta  òaìVAn- 
tologia  di  Firenze  N".  136  ;  ove  si  da  anche  la  de- 
scrizione di  un  nuovo  condensatore  elettro-dinamico  ^ 
e  di  un  Termo-moltiplicatore  di  tale  squisitezza,  ch'è 
sensibile  anche  a  Vsooo  di  grado  di  calore  della  scala 
di  Reaumur ,  immaginati  ambedue  dal  menzionato  sig. 
profes.  Nobili. 

Essendosi  da  me  tentate  le  riferite  sperienze  nel 
gabinetto  fisico  di  questa  università  ,  mediante  una  ma- 
gnete artificiale  ,  che  fu  armata  e  disposta  secondo  i 
suggerimenti  e  le  norme  prescritte  dai  sudetti  autori, 
ì  risultamenti  che  io  ne  ottenni  furono  pienamente 
conformi  ai  fatti  annunziati  ,  e  la  scintillazione  fu 
visibile  nei  due  istanti  dell'  attacco  e  del  distacco  dell' 
ancora   dai   poli    della   calamita. 

Il  sig.  professore  Salvatore  Dal  Negro  di  Padova, 
profittando  di  quella  singolare  azione  che  le  magneti 
esercitano  sulle  spirali  metalliche ,  per  isvolgere  in 
esse  le  correnti  elettriche  ,  immaginò  una  nuova  bat- 
teria elettro-motrice  ,  di  cui  diede  parte  al  suo  ami- 
co sig.  dottor  Fusinieri  io  una  lettera  stampata  in 
Padova  li  20  aprile  1832.  Collocò  egli  sopra  un  ta- 
volino l'una  dopo  l'altra  quattro  coppie  di  spirali  co- 
gli assi  orizzontali  ,  ed  in  modo  che  i  perimetri  dei 
cilindri  di  cartone,  a  cui  erano  avvolte  ,  avessero  per 
comune  tangente  la  stessa  orizzontale  e  parallela  ad 
uno  dei  lati  del  tavolino.  Sopra  un  secondo  tavolino 
contiguo  al  primo ,  ma  non  in  contatto  ,  collocò  un 
carretto  consistente  in  una  tavola  rettangolare  ,  mu- 
nita di  quattro  ruote  ,  mediante  le  quali  può  facil- 
mente ricevere  un  moto  di  va  e  vieni.  Sovrappose  al 
detto  carretto  le  quattro  calamite  ,  disponendole  in 
modo ,  che  i  poli  di  ciascheduna  ,  movendosi  orizzon- 
talmente contro  le  coppie  di  spirali  ,  le  infilassero 
per  l'asse.  9^*  movendo  il  carro   condizionato  in  mo- 


282  Scienze 

do  da  non  poter  prendere  altro  moto  che  quello  di 
va  e  vieni ,  le  gambe  delle  calamite  infilano  contem- 
poraneamente tutte  le  spirali ,  e  si  possono  fare  usci- 
re e  rientrare  con  quella  celerità  che  si  desidera.  Per- 
chè la  batteria  dia  una  corrente  elettrica  eguale  ìu 
somma  alla  somma  di  tutte  le  correnti  eccitate  dalle 
coppie  elementari ,  convien  far  comunicare  fra  loro 
tutte  le  spirali  piegate  a  dritta,  in  modo  che  risultino 
come  se  fossero  formate  da  un  solo  filo  metallico  ; 
e  lo  stesso  convien  fare  di  tutte  le  spirali  piegate  a 
sinistra.  Quindi  si  fanno  comunicare  i  due  capi  di  que- 
st'eliche, nel  modo  già  conosciuto,  con  un  galvano- 
metro  posto  a  conveniente  distanza  ,  perchè  non  ri- 
senta l'azione  delle  magneti.  Quantunque  queste  cor- 
renti ,  come  s'è  detto,  non  siano  che  istantanee,  tut- 
tavia con  tal  metodo  possono  eccitarsi  con  tanta  ce- 
lerità ,  che  divengano  quasi  continue  :  e  potendosi  som- 
mare le  azioni  simultanee  di  un  numero  infinito  di 
correnti  elettriche  ,  questa  batteria  potrà  riuscire  ful- 
minante. 

Ecco  dunque  con  queste  nuove  scoperte  esaurite  tutte 
le  analogie  fra  la  elettricità  e  il  magnetismo  ,  com- 
provanti che  tutti  i  fenomeni  magnetici  altro  non  sono 
che  fenomeni  elettrici.  Le  ingegnose  ricerche  di  Am- 
pere e  di  Arago  su  quella  maravigliosa  azione,  che  fra 
loro  esercitano  le  correnti  elettriche  ,  restano  sempre 
più  confermate  e  convalidate  da  questi  nuovi  fatti  :  i 
quali  sembra  che  non  lascino  più  luogo  a  dubitare, 
che  i  fenomeni  che  risultano  dall'azione,  di  una  ma- 
gnete sull'altra  ,  derivino  da  correnti  elettriche  circo- 
lanti dall'est  all'ovest  intorno  agli  assi  delle  calamite, 
e  quelli  che  ci  offre  il  magnetismo  terrestre  da  cor- 
renti che  volgonsi  nella  stessa  direzione  intorno  all' 
asse   del  mondo. 

Saverio  BAnLOcci 
prof,  di  fisica. 


283 


LETTERATURA 


Osservazioni  sul  bello 

ARTICOLO  IH. 

f^edi  il  tomo  L  pag.  190  e  segg.^  ed  il  LI  pag.  261 
e  segg. 


Q 


uanli  mai  sono  in  Italia  ,  che  studiano  oggidì  alle 
cose  della  bellezza ,  pare  che  tengansi  sulle  traccie  di 
Dante,  che  a  vederla  e  a  dipingerla  da  natura  non  fu 
secondo  ad  alcuno  de'  greci ,  non  che  de'  latini.  Ma 
tutti  quanti  mai  sono,  o  la  più  parte,  mirano  in  lui 
il  poeta ,  ninno  o  pochi  il  filosofo  :  il  che  quanto 
sia  fuor  di  ragione  lo  prova  singolarmente  l'opera  del 
Convito  piena  di  tanto  senno  ,  che  il  più  non  si  tro- 
va non  pure  ne'  libri  di  quel  beato  trecento  ;  ma  ne 
in  quelli  per  avventura  de'secoli  più  addottrinati:  Sen- 
za discostarci  dal  proposito  nostro  ,  recheremo  qui  a 
conforto  di  tale  giudizio  ,  che  ad  alcuno  parrà  forse 
ardito ,  due  o  tre  passi  del  Convito  dove  quel  mae- 
stro di  rettitudine  toccò  ,  benché  solo  per  incidenza, 
alcuna  cosa  della  bellezza  ,  Prima  leggiamo  (1)  : 
lY  Quella    cosa  dice  l'uomo  essere   bella  ,  cui  le  par' 


(i)    Tralt.  1  cap.  V  pag.   22,  ediz.  di  PadoVd  1827. 


284  Letteratura 

„  ti  debitamente  rispoiulono  ,  perchè  dalla  loro  ar- 
„  monia  resulta  piacimento  :  onde  pare  l'uomo  essere 
,,  bello,  quando  le  sue  membra  debitamente  rispondono: 
„  e  diciamo  bello  il  canto,  quando  le  voci  di  quello 
„  secondo  debito  dell'arte  sono  intra  se  rispondenti.  „ 
Ancora  leggiamo  (1):  „  La  bellezza  d'una  donna  {non. 
„  si  può  bene  manifestare  )  quando  gli  adornamenti 
,,  dell'  azziniare  e  delle  vestiraenta  la  fanno  piìi  am- 
„  mirare  che  essa  medesima  :  onde  chi  vuole  bene 
„  giudicare  d'una  donna  ,  guardi  quella  quando  solo 
„  sua  naturai  bellezza  si  sta  con  lei  da  tutto  acci- 
„  dentale  adornamento  discompagnata.  ,,  E  finalraen- 
,,  te  (2)  :  ,,  ...  Quando  egli  (  il  corpo  )  è  bene  or- 
„  dinato  e  disposto  ,  allora  è  bello  per  tutto  e  per 
„  le  parti  ;  che  l'ordine  debito  delle  nostre  membra 
,,  rende  un  piacere  ,  non  so  di  che  armonia  mirabi- 
,,  le  :  e  la  buona  disposizione,  cioè  la  sanità,  getta 
,,  sopra  quelle  uno  colore  dolce  a  riguardare.  E  così 
„  dicere  che  la  nobile  natura  lo  suo  corpo  abbellisca, 
,,  e  faccia  compto  e  accorto  ,  non  è  altro  dire ,  se 
,,  non  che  l'acconcia  a  perfezione  d'ordine.  ,,  A  rin- 
contro della  opinione  di  Dante  (  la  quale  riposa 
tutta  neir  ordine  e  nella  perfezione  di  quello  )  cre- 
diamo v&nire  accennando,  dopo  le  già.  riferite,  le  sen- 
tenze de'  filosofi  più  riputati  :  onde  chi  ha  squisito 
giudizio  s'accorga  quanto  innanzi  vedesse  il  poeta  filo- 
sofo in  quel  mistero  della  bellezza.  Platone  nell'Ip- 
pia  disse  difficili  le  cose  belle  :  e  (  maraviglia!  )  ne*  ! 
due  dialoghi ,  dove  tolse  a  discorrere  del  bello,  non 
trovi  che  ne  assegnasse  i  caratteri.  Volfio  e  Crouzas 
definirono  il  bello  dagli  effetti  meglio  che  dalle  cau- 


li) Ivi  Gap.  X  pag.  4». 
(2)  Ivi  cap.  XXV  pag.  333. 


OssérVA&iOni  sòl  BfeLtO  285 

«e  i  Collocandolo  nelle  cose  che  piacciono.  Hutcheson 
ripose  il  hello  in  ciò  che  è  visibile  ,  e  che  si  sente 
per  tale  :  Andres  ne  distingue  le  specie  in  bello  as- 
soluto, esseniiiale  e  independente  da  volubilità  di  uma- 
ni giudizj  ,  ile  questo  sa  ben  definire  :  v'ha  chi  ne  pa- 
ne (  appena  è  credibile  )  l'unico  fondamento  nell'  uti- 
le (1).  Gli  enciclopedisti  dicono  bello  tutto  che  ha 
propieta  di  destare  l'idea  de'  rapporti  riposta  nella  fa- 
cilita di  sentirli  ;  essendo  il  bello  per  essi  tutta  cosa 
di  sentimento.  Feder  fa  consistere  il  bello  nella  verità 
per  l'unita  combinate  quasi  sempre  con  associaraento 
d'idea.  Zelli  viene  notando,  in  tutti  gli  oggetti  della 
natura  una  certa  disposizione  di  parti  piiì  o  meno  ac- 
concia ad  indicare  i  rapporti  ,  le  analogie  ,  le  con- 
venienze riguardo  all'  uomo  ed  agli  altri  oggetti  nel 
sistema  dell'universo  :  e  fa  consistere  la  vera  conoscen- 
za del  bello  nel  giudizio  de'  rapporti  fisici  e  morali 
delle  cose  relativamente  al  piacere  ,  che  producono. 
Alcun  altfo  sta  contento  a  dire  ,  che  il  bello  è  ciò 
che  eccita  l'ammirazione  die  ci  rapisce  pel  sentimen- 
to della  perfezione.  La  più  parte  poi  de'  filosofi  è  in 
questa  sentenza  ,  che  il  bello  dipenda  sempre  da  rap- 
presentazioni piacevoli  ;  ne  sanno  poi  bene  spiegarlo 
negli  oggetti  partinenti  al  bello  morale.  Il  sommo  au- 
tore delle  cose  con  quell'  alto  disegno  ,  che  mira  mai 
Sempre  al  nostro  futuro  destino  in  una  vita  migliore, 


(i)  Non  diremo  (COSÌ  la  riv.  enciclop,  agosto  1S26  pag.  607) 
con  uno  scrittore  assai  commendabile,  che  il  bello  sia  sinoni» 
mo  di  Utile.  Egl'  intende  in  sostanza  per  utile  ciò  che  è  con- 
forme alla  convenienza  generale  degli  esseri  ,  all'  ordine  uni- 
versale. Ma  la  parola  utile,  secondo  è  accettata  generalmente, 
importa  l'idea  di  personalità  ,  di  egoismo  :  e  in  questo  senso 
è  precisamente  l'opposto  di  bello. 


2S0  Letteratura 

forse  ha  voluto  che  sentiamo  il  bello  quaggiù  ,  ne  lo 
intendiamo.  Ma  se  l'intendere  che  sia  il  bello  in  se 
stesso  non  fu  conceduto  per  avventura  all'umano  in- 
telletto nel  suo  carcere  terreno  :  non  può  niegarsi  pe- 
rò che  noi  mancheremmo  a  noi  stessi  ,  se  contenti  a 
giacere  in  una  beata  ignoranza  lasciassimo  di  occu- 
parci a  tutt'uomo  della  ricerca  del  bello  ;  almeno  per 
quello  che  e  rispetto  a  noi ,  guardandone  le  specie  e 
gli  oggetti  che  lo  producono.  In  questa  ricerca  si  è 
posto  (egli  è  buon  tempo)  quell'  acuto  giudizio  del 
prof.  Gio.  Batista  T'alia  nel  suo  saggio  ,  che  amplia- 
to chiamò  poi  Principj  d'Estetica  (I).  Ci  è  dolce  ve- 
nire accennando  de'  pensamenti  di  lui  quello  e  non 
più  che  bastar  possa  a'  leggitori  di  acuto  intelletto  :  i 
quali  ben  sanno,  che  il  dar  sunto  di  tali  opere  è  cosa 
tanto  difficile ,  che  tocca  quasi  i  confini  dell*  impos- 
sibile (2). 

Dimandare  che  sia  bellezza  ^  e  dimandare  :  Quali 
oggetti  dai  primi  uomini  furono  detti  belli  ?  Quelli 
che  recano  diletto ,  e  tra  gli  altri  i  sensibili ,  o  a  dir 
meglio  rappresentativi  o  pressoché  rappresentativi.  Ma 
tali  oggetti  non  dilettano  tutti  i  sensi ,  ne  in  egual 
modo  i  però  altri  furono  detti  buoni ,  come  sapori  ed 
odori ,  che  sono  fonti  di  piaceri  per  l'odorato  e  pel 
gusto.  Altri  ritennero  il  nome  proprio  a  seconda  di 
loro  fisiche  qualità  ;  onde  i  duri  o  molli ,  i  caldi  o 
freddi,  i  cedevoli  o  resistenti,  giusta  l'impressione  sul- 
organo  del  tatto.  Altri  in  fine  ,  in  quanto  recano  le 
più  grate  sensazioni  alla  vista  ed  all'  udito ,  fu- 
rono denominati  belli  ;  traslativamente  però  riguardo 
a  quelli  dell'  udito  ;  onde  bello  il  canto  ,  bella  la  sta- 


(i)  Venezia   1822-1827-28. 

(2)  iSeguiumo  la  bibliol.  ilal.  del   1822-20  n.  84   85. 


Osservazioni  sul  Bello  287 

laa  ,  bello  il  ilore ,  Lello  il  suono  ,  e  bello  il  qua- 
dro. La  qual  distinzione  di  belli  e  di  buoni  si  h  in 
eausa  della  maniera  diversa ,  onde  per  essi  vengono 
esercitati  gli  organi  e  portato  all'  anima  il  diletto  : 
quelli  del  gusto,  dell*  odoralo,  del  tatto  si  pascono  di 
vile  piacere  e  eli  grossolane  sensazioni  :  in  vece  quelli 
dell'  udito  e  della  vista  producono  una  voluttà  tutta 
spirituale  ,  più  squisita  ed  intensa  ,  per  la  delicatezza 
delle  impressioni  quasi  inavvertibili ,  sempre  leggiere 
e  sfuggevoli  .,  e  per  la  facilita  che  ha  l'anima  di  sea- 
tirne  tutte  le  relazioni  ,  ì  gradi  ,  le  proporzioni. 

La  bellezza  naturale^  come  opera  immediata  dì 
natura  ,  è  sparsa  e  diffusa  con  leggi  mirabili  in  tutti 
gli  oggetti  inorganici  ed  oi-ganici ,  animati  ed  inani- 
mati dell'  universo.  Tra  gì'  inorganici ,  belli  gli  a- 
stri  ,  l'atmosfera  ,  i  monti  ,  le  acque  ,  il  cielo  ,  la 
luna  ed  il  sole:  tra  gli  organici  (inanimali)  le  piante, 
gli  arbusti,  i  boschi,  le  erbe,  le  frutta,  i  fiori  e  le 
biade  t  tra  gli  organici  (animati)  i  volatili,  gì'  insetti, 
i  quadrupedi  e  tutte  le  altre  specie  e  famiglie  di  ani- 
mali ,  tra  i  quali  hanno  il  primato  gli  esseri  umani. 
Gli  organici  ti  sembrano  piìi  belli  degl'inorganici,  per- 
chè in  quelli  vedi  crescer  per  una  forza  misteriosa  di  vita 
e  mantenersi  la  bellezza ,  col  presentarti  ad  ogni  mo- 
mento nuove  gradevoli  impressioni  mediante  le  loro 
combinazioni,  varietà,  contrasti  e  differenze.  Ma  la  bel- 
lezza negli  oggetti  animati  moltiplica  all'  infinito  i 
suoi  pregi  per  la  liberta  del  moto  ,  per  l'espressione 
della  vita  che  ad  ogni  atto  si  manifesta  e  si  ren- 
de sensibile ,  e  per  l'attitudine  a  sempre  variate  a- 
zioni  :  quella  poi  degli  esseri  umani  e  veramente  ini- 
mitabili ,  ed  anche  superiore  per  la  vita  eh'  essi  co- 
municano a  tutti  gli  altri  ,  pel  costante  diletto  che 
porgono  all'  animo,  per  l'atteggiamento  della  persona  , 
per  la    flessibilità   delle    membra  ,  per    le  forme    ed  i 


288  liETTERATunA 

contorni  del  corpo  ,  per  la  vaghezaa  del  colorito  ,  e 
per    l'anima   che    hanno    in    tutte   le    azioni. 

La  naturale  bellezza  altra  è  sensibile ^  in  quanto 
le  qualità  degli  oggetti  che  la  formano  sono  mate- 
riali ed  esterne:  altra  espressiva^  che  è  la  media,  m 
quanto  le  qualità  interne  agli  oggetti  che  la  posseg- 
gono si  rappresentano  esternamente  :  altra  morale  in 
quanto   il   diletto   ne  deriva    da    oggetti   interni. 

La  bellezza  sensibile  è  prodotta  dai  colori,  dalle 
forme,  dai  movimenti,  dai  suoni  e  dalla  loro  disposi- 
zione in  uno  o  più  oggetti.  'V  espressiva  ha  per  ca- 
ratteri la  sublimita  e  la  grazia.  La  morale  ha  la  forza. 
I  colori^  e  tra  essi  il  verde  e  l'azzurro,  furono  i  pri- 
mi a  dirsi  belli  :  il  rosso  non  è  preferibile  per  la 
più  forte  impressione  :  i  colori  più  chiari  riescono  più 
lieti;  i  più  oscuri  poi  malinconici  e  tristi.  Le  super- 
ficie sono  belle,  se  piane,  pei  loro  modi  di  apparenza 
nel  tralucente,  nel  lustro  e  nell'opaco,  con  cui  assor- 
bono, rimbalzano  o  rifrangono  variamente  i  raggi  di  lu- 
ce; ma  piacciono  altresì  le  scabre  per  la  varietà  delle 
prominenze  e  pel  moto  continuo ,  onde  non  lascia- 
no mai  posar  l'occhio  e  lo  spirito.  Le  forme  sono 
il  risultamento  dei  limiti,  per  cui  si  determinano  e 
circoscrivono  gli  oggetti  :  comunque  curve  ,  rotonde 
e  sferiche  ,  serpeggianti  ed  angolose,  hanno  tutte  un 
genere  proprio  di  bellezza  ,  secondo  che  meglio  si 
affanno  agli  oggetti  medesimi.  La  cristallizzazione  de' 
minerali ,  l'organica  struttura  de'  vegetabili ,  l'ordine 
fisico  dell'  universo  ,  ed  i  naturali  fenomeni  che  am- 
miriamo sono  dovuti  al  moto ,  che  nelle  azioni  de- 
gli esseri  animati  si  fa  più  mirabile.  I  suoni ,  og- 
getti di  piacere  all'  udito  ,  diconsi  belli  per  analogia; 
tanto  più  se  imitante  la  voce  umana ,  e  se  la  mu- 
sica sia  accompagnata  al  canto.  Gli  anzidetti  elemen- 
ti da   se    gradevoli  ,   molto   più  lo  sono  combinati  in- 


OijsERvAiiotii  SUL  Belio  ^89 

sìerae  convenientemente  ,  come  negli  animali  e  nell' 
uomo.  E  Io  sono  allora  pel  congiungimento  dell'uni- 
tà e  della  varietà  sì  di  numero  ,  sì  di  qualità ,  si 
di  disposizione    che  occupano   con  diletto  lo  spinto. 

Distinta  dalla  sensibile  (benché  si  manifesti  in 
oggetti  sensibili)  e  dalla  morale  si  è  la  bellezza  espres- 
siva. E  creata  per  una  parte  dall'  analogia  tra  i  sen- 
timenti interni  dell'  animo  e  gli  oggetti  sensibili  che 
ponno  raffigurarla  5  e  per  l'altra  dall'associazione  del- 
le idee  ,  ed  anche  dalla  tendenza  reciproca  di  col- 
locare in  altrui  i  nostri  sentimenti.  È  fonte  per  l'uo- 
mo di  vita  novella  ,  riproducendo  ad  ogni  istante  i 
suoi  affetti ,  comunicando  agli  esseri  circostanti  le 
parti  più  care  di  sua  esistenza ,  ed  estendendo  la 
morale  sensibilità  creatrice  di  nuove  bellezze  anche 
negli  esseri  che  ne  sono  privi.  Alla  bellezza  espres- 
siva concorre  la  sublimità  coli'  esorbitanza  dei  limiti 
tanto  neir  estensione ,  quanto  nella  massa  e  nelle  for- 
ze degli  oggetti  :  causa  di  diletto  si  è  la  brevità  del- 
le impressioni  coU'impossibilita  di  raggiungere  gli  og- 
getti che  le  producono.  La  grazia  concorre  alla  bel- 
lezza espressiva  per  la  natura  sua  e  per  gli  effetti 
che  ne  risultano  :  è  dono  naturale,  e  può  ricevere  ac- 
crescimento dall'  arte.  Si  trova  ancora  negli  oggetti 
non  belli  ;  serve  ad  esprimere  gli  affetti  dell'  animo, 
ed  ogni  suo  atto  di  gioia  o  mestizia  ,  di  pace  o  sde- 
gno, di  facilita  o  ritrosia;  spira  amore,  soavità,  pudo- 
re, ingenuità  e  semplicità  ,  ond'  è  sempre  eguale  a 
se   stessa. 

Non  dipende  dai  sensi  ,  ne  da  oggetti  sensibili 
si  produce  il  diletto  che  viene  da  bellezza  morale: 
che  consiste  nel  piacere  che  ha  l'anima  dalle  azioni 
magnanime  e  virtuose  degli  uomini  ,  dal  loro  carat- 
tere morale  amabile  ed  onesto,  dalle  doti  del  cuo- 
re ,  ed  anche  disile  scoperte  del  vero.  Il  suo  carat- 
'   G.A.T.LIII.  19 


396  L    e    t    t    1    ft    4    T    V    A    A 

ler«  ,  (lice  il  Talia  ,  à  la  t'ui'zu  riposta  Dell'  attiviti 
ed  energia  dell'  animo,  per  cui  siamo  mossi  ad  agi- 
re con  tutte  le  potenze  nostre.  Una  tal  forza  può  es- 
ser fisica  o  morale,  secondo  che  muove  le  potenze  del 
corpo  ,  o  della  mente  e  dell'  anima.  La  sua  diver- 
sa applicazione  e  qualità,  da  ragione  della  bellezza 
delle  azioni  sempre  pregiate  t  la  forza  fisica  ne'tem- 
pi  di  barbarie  e  di  ferocia  fa  parer  belle  la  violen- 
»2a  ,  la  rapina  ,  l'usurpazione ,  e  tutti  gli  atti  dimo- 
stranti coraggio  o  valore.  AH'  incontro  la  forza  mo- 
rale nel  ringentilirsi  i  costumi  fa  apprezzare  come 
belle  (quali  sono  veramente)  le  più  miti  virtù  del 
cuore,  come  l'amicizia,  l'umani  fa,  la  beneficenza  ,  nel 
cui  esercizio  si  esige  forza  morale.  Questa,  associata 
all'immaginazione  od  altrimenti  modificata,  fa  parer  bel- 
le anche  le  azioni  possibili ,  e  quasi  negative  nel  ca- 
rattere onesto  e  virtuoso ,  e  nelle  doti  della  mode- 
stia  e   della  contentezza. 

La  bellezza  artificiale  ha  orig^ìne  dallo  svolger- 
si le  facoltà  dell'  uomo  e  le  sue  naturali  disposizio* 
ti) ,  e  dal  grado  d'incivilimento  com'  essere  socievo- 
le. Produccsi  dall'  operosa  attività  umana  ,  e  da  vi- 
ta alle  arti  belle.  Tale  origine  è  graduata  e  progres- 
siva per  l'ingenita  perfettibilità  delle  umane  facoltà: 
perfetta  ed  intera  non  può  trovarsi  che  presso  popo- 
li colti  ed  ingentiliti  :  ammette  epoche  diverse  d'in- 
fanzia ,  d*  età  adulta  ,  di  virilità ,  e  decadimento.  E 
qui  si  fa  luogo  a  due  quistioni.  Come  col  mezzo  del- 
le sue  facoltà  ed  industria  procede  l'uomo  nella  for- 
mazione dell'  artificiale  bellezza  .'*  Esiste  forse  in  lui 
innata  la  sua  idea ,  o  seguendo  un  tipo  di  perfetta 
bellezza ,  che  nel  creato  si  ammiri,  riesce  felicemen- 
te a  riprodurla  ,   imitarla  ? 

E  si  rispondei  1.*  idea  di  bellezza  non  può  es- 
sere innata  ^  per  non  premettere  alle  sensazioni  Tidea» 


Osservazioni  sul  Bello  2di 

cui  essa  tien  dietro  negli  oggetti ,  nelle  forme  e  pro- 
porzioni ;  per  no'n  supporre  unica  ed  universale  una 
norma  variabile,  secondo  la  specie  degli  esseri  e  mi- 
glioramenti successivi  ;  e  per  non  ammettere  cose  su- 
perflue ,  essendo  bastante  a  sentire  e  concepire  l'idea 
della  bellezza  l'indefinibile  e  certa  disposizione  ,  che 
è  un  primitivo  fatto  inesplicabile  dell'  esser  nostro  : 
2."  ne  vi  ha  in  natura  assoluta  e  perfetta  bellezza  , 
essendo  per  cosi  dire  l'infinito  repugnante  alle  cose 
umane  naturali  o  a  bella  posta  create  ,  e  non  poten- 
dosi avere  quaggiiì  bellezza  ,  anche  la  pii!i  lodata  e 
compita  ,  che  non  sia  manchevole  ed  imperfetta  o  per 
non  essere  contemporanea  ma  successiva  ,  o  labile  e 
caduca  nelle  fuggitive  sue  apparenze  :  sicché  ne  è  ben 
d'uopo  convenire,  anzi  che  una  perfetta  ed  assoluta 
bellezza ,  rinvenirsi  soltanto  una  naturale  perfezione 
nel  creato  per  l'eccellenza  di  ogni  essere  ad  ottene- 
re il  suo    fine. 

Seguitando  diciamo ,  che  „  bellezza  artificiale  h 
,,  quella  che  ha  per  oggetto  di  rappresentare  in  ope- 
„  re  diverse  o  nella  più  compita  loro  condizione  le 
„  qualità  sensibili ,  espressive  o  morali  degli  ogget- 
„  ti  che  ne  circondano.  ,,  Ma  se  e  semplice  in  sb 
stessa  e  in  ciò  che  essenzialmente  la  costituisce  ,  è 
però  varia  e  composta  nello  scopo ,  elementi  e  mez- 
zi onde  si  manifesta  e  si  produce  ;  consistendo  sem- 
pre nella  rappresentazione  bella  e  convenevole  degli 
oggetti  naturali  ;  mentre  abbia  per  iscopo  finale  il  di- 
letto ,  e  per  iscopo  più  immediato  e  vicino  l'imita- 
zione ed  il  miglioramento  della  natura,  sia  costitui- 
ta dagli  elementi  di  un  bello  ideale  e  dall'  unith  per 
la  varietà  ,  e  tutte  concorrano  a  formarla  le  arti  bel- 
le. E  mira  al  diletto  od  imiti  perfettamente  natura, 
o  la  riduca  a  più  gentilezza  di  forme  :  il  diletto  è 
fine  comune    alle   arti  belle  :  e   tutto   proprio  e  par- 

19* 


29Ì  L   f   t   t   È   fi    4   f   u    ft   A 

ticoUU'c  della  bellezza  arliticiaic ,  perchè  nelle  ope- 
re ia,  cui  natura  h  migliorata  ne  piace  vederla  vin- 
ta e  superata  dall'  arte  .'  ed  in  quelle  che  solamente 
la  imitano  piace  infinitamente  il  libero  e  sciolto  eser- 
cizio dell'  intelletto  nei  confrontare  l'originale  e  la 
copia,  e  nel  dolce  illuderci  ora  sopra  l'uno  ora  so- 
pra l'altro.  Lo  scopo  più  vicino  ed  immediato  di  ar- 
tificiale bellezza  si  è  d'imitare  o  perfezionare  natu- 
ra ;  onde  il  grado  diverso  del  suo  merito  e  della  sua 
eccellenza,  secondo  che  le  arti  sono  imitatrici  o  per- 
fezionatrici.  Il  primo  riproduce  gli  oggetti  naturali, 
cogliendo  natura  nel  suo  vero  aspetto  ;  il  secondo  del* 
le  pili  belle  e  più  perfette  parti  di  natura  crea  un 
tutto  che  non  esiste  ,  e  che  ha  l'impronta  di  quello 
che  ella  stessa  avrebbe  fatto  nel  tnondo  se  tult'  altro 
fine,  che  della  perfezione,  si  fosse  proposto  nel  crearlo. 
Primo  elemento  di  bellezza  artificiale  h  il  bel- 
lo ideale  :  cioè  un  assortimento  di  qualità  ed  una  tale 
Unione  che  se  ne  forma  tra  una  moltitudine  di  og- 
getti consimili  per  produrre  l'idea  perfetta  di  quel- 
lo che  si  vuole  rappresentare.  Va  adorno  sempre  di 
una  bellezza  perfetta,  o  di  una  bella  perfezione  :  è 
concepito  e  creato  dalla  mente  dell'  artista  :  dee  sot- 
tomettersi a  regole  e  principii,  onde  non  trascorra  co* 
suoi  concetti  ad  irregolarità  ed  inverosimiglianze  ,  da 
cui  ogni  idea  di  bello  verrebbe  distrutta.  Secondo  ele- 
mento di  bellezza  artificiale  è  l'unita  per  varietà  ;  at- 
teso il  maggior  diletto  che  nasce  da  varietà  di  con- 
fronti I,  E^iudizi ,  illazioni,  senza  che  la  mente  od  i 
sensi  si  distraggano  od  affatichino  :  al  che  contribui- 
sce poi  l'unita.  Né  si  può  già  tenere  coli'  autore , 
che  tal  carattere  della  naturale  bellezza  resti  escluso 
per  la  magnifica  negligenza  ^  con  cui  opera  la  yibl- 
tUfa  ,  e  per  essere  bellissimi  molti  oggetti  naturali 
S^H«a  eigàei'e   per  se    vari  ;    giacché   in  ogni  supposta 


OiSERVAZioNi  siiL  Bello  293 

la  varietà  e  runita  si  combinano  miiabilmeute  con 
tale  magnifica  negligenza  :  ne  v'ha  oggetto  in  natu- 
ra per  se  stesso  semplice  ed  imo  ,  il  (juale  non  pos- 
sa riguardarsi  anche  vario  in  relazione  con  tutti  gli 
altri. 

Mezzi,  strumenti,  o  parti  della  bellezza  artificia- 
le ,  sono  tutte  le  arti  belle  :  esterna  rappresentazio- 
ne di  que'  concetti  belli  e  perfetti  che  si  ritraggono 
dalla  bellezza  naturale ,  e  che  l'umano  ingegno  ha 
in  se  concepita  e  raffigurata  :  onde  per  esse  la  bel- 
lezza artificiale  diviene  varia  e  moltiforme.  Le  arti  bel- 
le 1.°  de' giardini,  2."  mimica,  3.**  musica,  4.**  scul- 
tura, 5.*  pittura,  6."  architettura,  7."  arte  del  dire ,  so- 
no rappresentate  da  una  scala  di  gradazione  sempre 
crescente  ;  procedendo  dall'  infima  nel  merito ,  che  h 
l'arte  de'  giardini ,  sino  alla  più  sublime  ed  elevata, 
che   è    l'arte    del   dire  :  ossia  eloquenza  e  poesia. 

L'arte  de'  giardini  imita  oggetti  inorganici ,  od 
organici  inanimati:  manca  di  mezzi  propri,  non  aven- 
do che  la  natura  in  soccorso  de'  suoi  lavori  :  h  li- 
mitata nel  diletto  ,  anche  perchè  le  risorse  del  suo 
bello  consistono  nel  solo  ordine  e  nella  simmetria  de- 
gli oggetti   campestri. 

La  mimica,  fondata  sulle  relazioni  dell'  esterno 
coir  interno  dell'  uomo,  rappresenta  l'esterna  ed  in- 
terna sua  bellezza  ,  onde  perfezionarla  col  gesto,  col 
volta,  co'  movimenti  del  corpo  tendenti  ad  esprimere 
anche  i  sentimenti  e  gli  affetti.  Ha  comuni  le  regole 
colla  drammatica  ,  musica  ,  e  danza  ,  ridotta  che  sia 
a  composizione  od  al  ballo  pantomimico  :  è  però  li- 
mitata per  manco  di  novità  ne'  suoi  oggetti  e  per 
imperfezione   di    linguaggio. 

La  musica  è  prima  di  ogni  altra  ,  se  guardisi 
al  diletto  che  genera  ed  agli  affetti  che  suscita  :  ma 
che  ?  ha   un  bello   sempre    interrotto  e  successivo  che 


294  Letteeratura 

alletta  l'udito  (non  cosi  fino  e  pregevole  come  la  vi- 
sta), che  scuote  Tanimo  ciecamente:  e  le  sue  emo- 
zioni sono  vive  e  variate  ;  ma  involontarie  e  irragio- 
nevoli. 

La  scultura  è  più  sublime  e  più  nobile  pel  con- 
cetto ed  ingegno  di  sue  produzioni  ;  per  la  perma- 
nenza di  bellezze  inalterabili  ,  costanti  incontro  al 
tempo  ;  per  la  materia  diversa  dagli  oggetti  che  raf- 
figura ;  e  per  la  maggior  perfezione  ,  cui  ponno  es- 
sere  ridotti   i  suoi  lavori. 

La  pittura  gareggia  in  merito  colla  poesia  ,  che 
pur  la  vince  :  essa  però  supera  la  scultura  per  la 
varietà  delle  rappresentazioni,  naturalezza,  vivacità  di 
colori  ,  varietà  contemporanea  di  ogni  sua  parte  ed 
efficacia  di  espressione.  Abbisogna  dell'  estetica  e  del 
bello  ideale ,  non  bastandole  la  semplice  imitazione 
della  natura  :  il  suo  bello  sta  nel  disegno,  nel  colo- 
rito, e   più   nella    composizione. 

L'architettura  ,  arte  di  applicare  alla  costruzio- 
ne degli  edifici  la  più  bella  e  convenevole  simmetria 
per  mezzo  dell'  ordine  e  della  convenienza,  è  più  in- 
tellettuale che  sensibile ,  massime  in  costruzioni  da 
guerra  o  da  nave  ;  tende  più  direttamente  all'  utile 
che  al  diletto  per  la  solidità  e  per  la  comodità,  che 
devono  sempre  in  lei  congiutigersi.  Si  tiene  fra  le 
arti  belle  atteso  il  modello  mentale ,  che  concepisce 
e  forma  di  una  bellezza  artificiale  ;  pel  grado  di  per- 
fezione che  da  agli  oggetti  naturali  ed  informi  colla 
giusta  disposizione,  collocamento  ,  proporzione ,  e  pel 
piacere  che  reca  insieme  ai  sensi  ed  alla  mente  al 
presentarsi  del  bello  coli'  utile.  Quest'  arte  ,  la  prima 
forse  usata  ,  fu  la  più  difficile  a  progredire  ;  non  veg- 
gendosi  propriamente  compita  e  perfetta  che  nel  mas- 
simo incivilimento  degli  uomini ,  e  quando  studiati  i 
diversi  caratteri  di  lei ,  anche   per  l'effetto  visìbile  ed 


0;$SERVÀZiOHi    SUL    BeLLU  29^ 

esterno  ,  seppero  ridurla  a'  suoi  ordini  ora  semplici 
ora   composti. 

L'arte  del  dire  é  la  più  bella,  la  piiì  generale  e 
la  più  magnifica  ed  eccellente  di  tutte  per  la  sua  na- 
tura, origine,  generi  principali  ;  come  per  gli  strumen- 
ti di  cui  si  serve  ,  per  lo  scopo  dell'  imitazione  del 
bello  morale  clie  si  propone  ,  per  la  parte  ideale  eh* 
entra  nelle  sue  composizioni ,  e  pe'  vantaggi  che  ne 
derivano  agli  uomini  ed  alla  loro  società.  Consiste 
neir  esprimere  altrui  ordinatamente  e  chiaramente  i 
nostri  affetti  e  sentimenti  :  ha  la  primitiva  origine  dal 
linguaggio  naturale  ,  e  f u  perfezionata  coll'invenzione 
de'  suoni  articolati  e  delle  lingue.  Sono  suoi  generi 
eloquenza  e  poesia  ,  l'una  diretta  all'  utile,  l'altra  al 
piacere  e  al  diletto  :  sono  strumenti  i  vocaboli  varia- 
bilissimi ,  ed  atti  a  trasmettere  le  cose  all'  intelletto 
per  ritornarle  ai  sensi ,  e  capaci  d'infinite  combina- 
zioni e  composizioni  anche  ideali.  Non  mira  a  bel" 
lezza  sensibile,  come  tutte  l'altre  ;  ma  alla  morale  (che 
e  la  più  cara  e  pregiata  di  tutte),  non  facendo  in-» 
tervenire  la  sensibile  che  a  sussidio  e  compimento  ; 
il  merito  altresì  di  sua  composizione  h  superiore  ad 
ogni  altra  per  varietà  di  modi  ,  estensione  di  con- 
cetti ,  e  disposizione  che  può  darsi  agli  uni  ed  agli 
altrii  Sono  vantaggi  di  lei  il  diletto  che  se  ne  trae 
nel  coltivarla ,  l'utile  che  ne  viene  al  miglioramen- 
to de'  costumi  ;  alla  persuasione  degli  uomini  ;  agl'ini^ 
pulsi  per  la  virtù  ;  alla  comunicazione  de'  nostri  af- 
fetti, pensieri  e  sentimenti  ,  che  è  il  più  saldo  vin- 
colo  del   vivere   sociale. 

Detto  della  bellezza  naturale  e  dell'  artificiale  , 
si  viene  a  parlare  del  gusto  :  vocabolo  metaforico  e 
traslato  nel  senso  materiale  ;  ma  nel  senso  filosofico 
facoltà  composta  di  altre ,  per  cui  sentiamo  il  di- 
letto  della   bellezza  naturale   ed  artificiale ,  in   noi  o 


296  LlTTTEnATunA 

fuori  di  noi  osservata  e  conosciuta.  Non  si  conside- 
ra dall'autore  qual  senso  puramente  interno  (come 
parve  al  dottor  Gerard  e  ad  Hume  ,  veggendolo  co- 
mune in  certe  cose  al  filosofo  e  all'  idiota  )  ;  ma  co- 
me un  risultamento  anche  della  ragione  ,  per  le  fa- 
colta  onde  viene  costituito.  Rozzo  ed  imperfetto  seguì 
il  genio  d'Omero  e  Shakespeare  ,  di  Dante  e  Miche- 
langiolo  :  si  ridusse  ad  ordinati  precetti  per  Aristo- 
tele, Longino  ed  Orazio  per  rendere  più  care  ed  ini- 
mitabili le  bellezze  di  Virgilio,  Tasso,  Raffaele,  e 
Canova.  Al  presente  non  può  farsene  a  meno  nelle 
produzioni  del  bello,  senza  far  retrocedere  le  arti  dal 
punto  di  loro  perfezione.  Considerato  come  facoltà  ra- 
gionatrice  del  bello  risulta  da  sensitività^  imaginazio- 
ne ,  giudizio  sempre  concordi  ed  uniti  ora  in  più  , 
ora  in  meno;  onde  la  sua  prodigiosa  varietà,  carat- 
teri, difetti,  i  quali  o  lo  distinguono  o  lo  corrompo- 
np.  La  sensitività,  accompagnando  le  impressioni  de- 
gli oggetti  col  sentimento  di  piacere  o  di  dolore,  por- 
ta il  bello  all'anima:  l'imaginazione,  imprimendone  più 
fortemente  l'iraagine,  ne  accoglie  anche  più  vivamen- 
te la  sensazione  :  il  giudizio  sia  che  quale  scintilla  si 
mostri  immediato  al  minimo  tocco  della  sensitività  , 
o  formisi  sulla  qualità  degli  oggetti  maturo  e  perfet- 
to per  gustarne  tutti  i  pregi  e  le  bellezze  ,  sori-egge 
e  conduce  le  altre  due  facoltà  si  che  non  trascor- 
rano   ad    estremi    sempre   viziosi. 

Caratteri  generali  del  gusto  sono  purità,  correzio- 
ne, finezza  e  delicatezza  :  i  particolari  traggono  origi- 
ne dalla  qualità  del  soggetto ,  del  luogo  e  delle  cir- 
costanze ;  come  la  forza,  la  gentilezza  ,  la  facilità  e 
dignità.  I  suoi  difetti  nascono  da  mancanza  od  im- 
perfezione di  tali  caratteri  :  infatti  se  il  gusto  non  sia 
puro  ,  le  idee  non  dilettevoli  e  mal  associate  sviano 
ed  intorbidano  le  attuali   impressioni  ;  se  non  ha  cor- 


Osservazioni  sul  Bello  297 

rezione ,  il  giudizio  rimane  offeso  da  inverosimiglian- 
za ed  impossibilita  :  se  tolgansi  finezza  e  delicatezza 
(riposte  i'una  nel  sentire,  l'altra  nel  giudicare),  i  la- 
vori del  bello  appaiono  sempre  insufficienti  e  difet- 
tosi :  siccome,  tolta  la  forza,  la  gentilezza  la  facilita  e 
la  dignità,  ogn'idea  in  lui  svanisce  di  perfetta  bellezza- 
li  gusto  nella  sua  applicazione  o  è  di  soggetto 
o  di  stile  :  e  per  l'uno  e  per  l'altro  è  comune  a  tut- 
te le  arti  belle,  formandone  l'essenza  ed  il  magistero. 
Il  soggetto  riguarda  la  composizione  e  l'imitazione  , 
che  in  esse  tutte  è  sempre  eguale  per  ciò  che  è  ne- 
cessario all'  armonia  e  corrispondenza  di  ogni  parte 
col  tutto  ,  colla  natura  delle  cose,  ed  anche  col  con- 
cetto dell'  artista.  Lo  stile,  che  costituisce  i  vari  stru- 
menti delle  belle  arti  ,  non  può  essere  sempre  il  me- 
desimo senza  divenire  vizioso  e  monotono  :  talvolta 
dee  mostrarsi  affettuoso,  tal  altra  immaginoso  ed  an- 
che giudizioso  ;  proprietà  che  non  può  acquistare  sen- 
za  sfuggire  i    nostri   difetti. 

Tutto  ciò  ,  che  abbiamo  detto  fin  qui  ,  è  poco 
al  bisogno  :  troppo  alla  brevità  ,  che  ci  è  imposta. 
Cocludiamo  adunque  con  un  egregio  scrittore  (1):  che 
è  meno  difficile  rilevare  il  bello  studiandolo,  che  dar- 
ne una  definizione  soddisfacente  :,,  la  più  parte  del- 
,,  le  nostre  espressioni  (dice  Droz)  rassembrano  que* 
„  rotoli  di  moneta  ,  che  circolano  senza  essere  con- 
„  tati  mai.  „  E  conveniamo  con  quest'  ultimo  ,  che 
le  impressioni  riunite  di  grandezza,  d'ordine,  d'armo- 
nia ;  tutte  quelle  che  elevano  l'animo ,  che  lo  inte- 
neriscono ,  che  lo  esaltano  ,  producono  in  noi  il  sen- 
timento dei  bello  :  onde  risulta  che  „  la  bellezza  per 
,,  eccellenza  è  quella  della  virtiì.  ,, 

DoMKNlCO  VacCOLINI. 


(i)  Iliv.    Enciclop.  agosto   1826   pag.  507. 


29S 


La  poetica  di  Geronimo  l'Aida  tradotta  da  Baldassa- 
re  Romano.  Palermo  dalla  tipografìa  di  Filippo 
Scili.  1832. 


TV 


ulla  diremo  del  merito  di  questa  traduzione  ,  poi- 
ché a  lungo  ne  ha  parlato  in  questi  fogli  medesi- 
mi 7  in  una  sua  eruditissima  lettera,  il  chiarissimo 
letterato  palermitano  sig.  barone  Ferdinando  Malvica. 
Diremo  bensì  cosa  ignota  al  traduttore ,  cioè  ,  che 
nella  pubblica  biblioteca  di  Ferrara  si  conservano  va- 
ri autografi  inediti  del  dottissimo  Giovanni  Andrea 
Barotti ,  uno  de'  quali  è  appunto  il  volgarizzamento 
delia  poetica  di  Geronimo  Vida  :  e  siccome  noi  cono- 
scevamo quel  prezioso  lavoro,  cosi  riferiremo  le  parole 
Stesse  dell'attuale  bibliotecario,  Tillustre  nostro  concit- 
tadino ed  amico  conte  Vincenzo  Cicognara ,  dal  quale 
provocammo  una  risposta  intorno  quel  volgarizzamento  , 
ed  i  primi  versi  del  medesimo ,  di  che  intendiamo  far  do- 
no ai  nostri  leggitori.,.  Con  quella  sollecitudine,  che  mi 
„  è  stata  possibile,  le  rimetto  trascritti  i  primi  cinquanta 
„  versi  della  traduzione  della  poetica  di  Marco  Geroni- 
„  mo  Vida  fatta  dal  nostro  Barotti.  Quantunque  essa  sia 
„  inedita,  com'ella  ben  sa,  ciononostante  da  un  mani- 
„  festo  a  stampa  pubblicato  li  5  febbrajo  177T  da  certo 
„  Domenico  de  Regni  librajo  e  stampator  veneto  ve- 
„  desi  ,  che  prendeva  il  progetto  di  stamparla  assieme 
„  colle  copiose  e  sceltissime  annotazioni,  di  cui  e  ar- 
,,  ricchita  dal  traduttore.  Non  risulta  però  se  il  proget- 
„  to  restasse  sospeso ,  perchè  il  traduttore  si  ricredesse , 
„  perchè  lo  stampatore  morisse  ,  o  perchè  mancassero 


Traduzione  del  Vida  299 

„  gli  associati.  Certo  però  si  hj  che  ilpoemetto,  divìso 
,,  in  tre  libri  o  canti,  non  oltrepassa  gli  820  versi  :  1^ 
,,  copiosissime  illustrazioni  però,  di  cui  è  fornito,  t'orma- 
,,  no  in  totale  un  ampio  volume  in  quarto.  „ 

Luigi  Ughi,  nel  suo  dizionario  storico  degli  uo- 
mini illustri  ferraresi,  e  la  biografia  universale  nell* 
articolo  che  riguarda  il  Barotti ,  il  quale  fu  scritto 
dal  Ginguenè,  sembrano  avere  ignorato  del  tutto  l'esi- 
stenza di  quella  inedita  traduzione  :  non  cosi  il  Lom- 
bardi ,  il  quale  ne  fa  cenno,  sebben  di  passaggio, 
nella  sua  storia  della  letteratura  italiana  del  secolo 
XVIII;  e  precisamente   nel  4."  volume   a  carte   250. 

Il  sig.  Baldassare  Romano,  nel  suo  breve  proe- 
mio ai  giovani  studiosi  delle  belle  lettere,  dice  di 
avere  spezialmente  tradotto  ,  e  quindi  di  essersi  de- 
terminato a  pubblicare  la  poetica  del  Vida ,  perchè  , 
sono  sue  parole  ,,  Per  quante  ricerche  furono  da  me 
„  fatte  ,  e  da  altri  a  mia  richiesta  in  Sicilia  e  fuo- 
„  ri ,  non  m'era  stato  possibile  trovare  ne  venirmi 
,,  indicata  alcuna  traduzione  ,  o  nome  di  traduttore 
,,  della  poetica  di  Geronimo  Vida.  ,,  E  seguita  a  dire: 
„  Erano  già  sparsi  i  manifesti  della  prossima  stam- 
,,  pa ,  quando  m'avvenni  in  un  libro  (1)  ove  lessi 
,,  il  nome  di  un  traduttore  della  poetica  di  Vida  (Ni- 
„  colò  Mutoni)  senz'anno,  ne  luogo,  in  cui  la  ver- 
,,  sione  fu  data  in  luce.  Fatte  nuove  indagini,  e  non 
„  avendo  potuto  rinvenire  cotal  versione,  niè  ritrarre 
„  alcuna  notizia  intorno  ad  essa  (2),  e  considerando 
„  poscia  la  dimenticanza  in  cui  giace ,  stimai  non 
,,  desistere  dal   pubblicare  la  mia.  „ 


(i)    la   catalogo  bibliothecae  musei  regii  napolitani, 
(a)    Solo   ho   saputo  ,  che  il  Mutoni  visse  sulla  fine   del  9c- 
eolo  XVI. 


300  Letteratura 

Noi  dopo  molte  indagini  in  queste  pubfjliche  bi- 
blioteche di  Roma  per  vedere  la  versione  del  rife- 
rito Mutoni ,  le  quali  tutte  riescirono  inutili  ,  avera» 
rao  ricorso  all'amicizia  di  un  illustre  napolitano,  il 
quale  cortese  ,  siccome  e ,  non  mancò  di  spedirci  il 
titolo  del  libro  e  i  primi  versi  di  quella  tradu- 
zione: la  quale  sebbene  a  nostro  avviso  sia  cosa  pes- 
sima, pure  crediamo  di  far  conoscere  ai  letterati  ita- 
liani, certi  che  la  più  parte  di  essi  mai  non  la  vi- 
dero, divenute  rarissime  le  copie,  per  la  dimentican- 
za stessa,  in  cui  cadde  meritamente  quel  lavoro.  Ne 
ciò  facciamo  con  altra  intenzione,  se  non  perchè  dal 
confronto  di  queste  tre  versioni  si  decida  dai  nostri  leg- 
gitori ,  quale  dei  volgarizzatori  abbia  meglio  vestito 
di  abito  italiano  l'opera  dell'illustre  prelato  cremonese. 
Premettiamo  pertanto  i  primi  versi  latini  di  lui,  e  quindi 
il  volgarizzamento  del  Mutoni,  siccome  il  più  anti- 
co: da  poi  quello  del  Romano,  perchè  edito  anche 
esso  :  e  finalmente  quello  del  letterato  ferrarese ,  il 
quale  si  per  la  celebrità,  del  nome  del  suo  autore, 
SI  per  il  merito  intrinseco  che  vi  si  rinviene,  me- 
rita di  vedere  esso  pure  la  pubblica    luce. 

Nella  versione  del  Mutoni  abbiamo  osservata  la 
stessa  di  lui  ortografia  :  e ,  come  potranno  vedere  i 
lettori,  v'è  più  d'un  verso  mancante  di  una  sillaba: 
il  che  non  sappiamo  se  debba  attribuirsi  ad  imperi- 
zia del  traduttore,  o  piuttosto  a  negligenza  dello 
stampatore. 

Sit  fas   vestra  raihi   vulgare  arcana   per  orbem, 
Pierides  ,  penitùsque  sacros   recludere  fontes  , 
Bum  vatem   cgregium  teneris  educere  abannis, 
Heroum    qui  facta  canat ,  laudesve  deorum  , 
•    Mente  agito ,  vestrique  in  vertice  sistere  montis. 
Ecquis  erit  iuvenum,  segni  qui  plebe  relieta 


Traduzione  de!  Vida  30f 

Sub  petlibus   pulcluac   lauiUs   succeiisiis   amore 
Ausit    inaccessae   meum   se    credere  rupi , 
Laelae    ubi   picrides ,  cithara    dum  pulclier    Apollo 
Porsuiiat,  indulgeiit  choreis,et  carmina  dicunt? 
'    Primus  ades ,  Fraucisce,  sacras  ne  despice  musas, 
Regia  progenies ,  cui   regum   debita  sceptra 
Gallorura  ,  cum    firma  annis   accesserit   aetas. 
Haec  tibi    parva  ferunt  jara  nunc  solatia  dulces, 
Dum  procul  a  patria  raptum,  amplexuque  tuorum, 
Ah  dolor  !  hispanis  sors  impia  detinet  oris 
Henrico  cum  fratre  :  patris  sic  fata   tulerunt 
Magnanimi  dum    fortuna   luctatur  iniqua. 
Farce  tamen,  puer,  a   lacrymis  ,  fata  aspera  forsan 
Mitescent,  aderitque   dies    laetissima  tandem  , 
Post    triste   exiliura  patriis    cura  redditus  oris 
Laetitiam  ingentem  populorum,  omneisque  per  urbes 
Accipies   plausus  ,  et  laetas   undique    voces, 
Votaque  prò  reditu  persolvent  debita  matres. 
Interea    te  pierides  comitcntur:   in  altos 
Jam  te  Parnassi  mecuni   aude  attollere   lucos. 
Jamque  adeò   in  primis  ne  te  non  carminis   unum 
Praetereat  genus  esse  :  licct  celebranda  reperti 
Ad  sacra  sint  tantum  versus ,  laudesve  deorum 
Dicendas,  ne  relligio  sine  honore  jaceret. 
Nani  traxere  etiam   paulatim  ad  caetera  musas  ^ 
Versibus  et  variis  cecinerunt  omnia  vates. 

Poetica  del  dìvinìss.  poeta  Marco  Hieronjmo  Vi" 
da  ^  d'heroici  latini  in  versi  toschi  sciolti  tras- 
portata da  M.  Nicolò  Mutoni.  Al  reverendiss. 
monsig.   decano  M.  Sih'estro  Gigli  nobile  lucchese. 

Col    rametto   della  samaritana,    intorno  al    quale 
b   scritto 


302  lilTTKRATCRA 

Chi   berrà    di    quest'  acqua 
Non  bark   sete  in   eterno. 

Col  privil.  del  S.  P.  Paolo  III  e  dell'  illustris. 
senato  veneto  per  anni  X;  8.**  piccolo  senza  data  , 
ed   anno. 

La  lettera  dedicatoria  a  monsig.  Silvestro  Gi- 
gli nobile  lucchese  è  scritta  con  uno  stile  molto 
enfatico  ed  ampolloso;  il  che  indica,  che  comincia- 
va a  battere  le  lubriche  vie  del  secento.  L'istesso 
Nicolò  Mutoni  tradusse  Polieno -Stratagemmi  dell'  ar- 
te della  guerra  in  8.  -  nominato  dal  Paltoni  bibliot. 
tom.  3.  pag.  181,  e  dal  Crevenna  catal.  tora.  2. 
pag.  232.  Nel  breve  ed  inesatto  articolo  biografico , 
che  del  Mutoni  si  legge  nel  nuovo  dizionario  sto- 
rico di  Bassano,  si  dice  che  fu  veneziano,  e  che  in 
Venezia  fu  impressa  questa  sua  versione.  E  ciò  mi 
inducono  a  ritenere  per  vero  tre  forti  presunzioni , 
cioè  l'ottenuto  privilegio  dal  senato  della  sua  pa- 
tria, il  vedere  che  le  altre  sue  opere,  e  fra  que- 
ste le  latine,  furono  tutte  pubblicate  in  quella  città, 
e  ciò  negli  anni  1551  e  52,  e  finalmente  la  stes- 
sa insegna,  ch'è  preposta  a  questo  volgarizzamento, 
esserlo  ugualmente  nell'opera  del  Mocenigo,  che  ha 
per  titolo  La  guerra  di  Cambrai^  impressa  in  Vine- 
gia  nel  1544  per  Giovanni  Padovano,  in  caratteri 
corsivi  alquanto  rassomiglianti  a  quelli  della  tradu- 
zione  del    Vida   ed  in  8.   piccolo. 

LlB.  I. 

Siami  lecito   i   vostri   almi    secreti 
Muse   sparger  pel  mondo   d'ogn'  intorno 
E    al   tutto  aprir   i    sacrosanti    Fonti. 
Mentre    nutrir  dai  vaghi    teneri  anni 


Traduzione  del  Vida  303 

Un    gran   poeta,  il   qual  i   gesti   canti 
D' illustri  Heroi  ,  e  degli   Dei  le  lodi 
Nella   mente   rivolgo,    e 'n   l'alta   cima 
Formarlo    dell'ombroso    vostro    monte. 
Qual   fia   dei    Giovin,  che  l'indotta   turba 
Lasciata    sotto  ai  pie,  d'amor  acceso 
Della    famosa  lode  ,  ardisca   meco 
Fidarsi   all'aspra  inaccessibil  Rupe 
Ove  le  muse  allegre,  mentr' in  mezzo 
Il  bell'Apollo  con  la  cetra  suona 
Menan  vezzosi  balli,  e  dican  versi? 
Primo  tu  sei  Francesco ,  non  sprezzare 
Le  sacre   muse,  degna  Regia  prole 
A   cui    si    devan  sol    gli    ornati    scettri 
De  gli  Gallici  re,  quando   fia   insieme 
La  ferma  Etade  ancor  con    gli    anni  aggiunta 
Questi  picciol  piacer  dannoti  hor  liete  , 
Lontan    rapito    dalla    patria   essendo , 
E    dagl'amplessi    dei   più   cari    tuoi. 
Ah    lasso    l'empia  sorte   ti   ritiene 
Nei   campi  Hispani  col  fratel  Henrico. 
Gli    fati  si  del  magnanimo  Padre 
Volendo  ,  mentre    con    l' iniqua  ,  e  ria 
Fortuna   alteramente   egli    contrasta. 
Alle  lacryme   pur  fanciul    perdona. 
Forsa    miti    faransi    gl'aspri    fati 
E   al  fin    vedrassi  un   più  lieto  giorno 
Doppo   r  borrendo  Esilio   ai    patri  lochi 
Reso    un   estrema   popolar  letitia 
Havrai  ,  e  'n   tutte   le  citta  gran  plausi , 
E    d'  ogn' intorno  ancor  allegre  voci  , 
Sciorran  le  madri    pel  ritorno  ì  voti. 
Le  muse   intanto    compagnia    faranti. 
Negli  alti  boschi    hormai   del  bel  Parnaso 
Ar  di'sde  (cosi)  insieme  d'innalzarti  meco. 


304  Letteratura 

Imprima    ailuiique  non  ti  asconda 
Non  esser    una    sol  sorte  di  versi 
Quantunque  a  celebrar  sian  sol  trovati 
I  sacri  culti ,  e  degli  Dei  le  lodi. 
La  religion    divina  acciò  lassata 
Non   fosse   senza   alcun   pregiato   Iionore 
Havendo    ad    altre   cose    a   poco    a   poco 
Le  muse    tratte  ,  e   con    diversi   carmi 
Cantato   il  tutto  i  già   primi   poeti , 
Ma   non    è    verso    alcun  piìi    celebrato 
Tra   tanti  ,  qual    sia   quel  con    cui    gli  fatti 
Cantan    d' alteri    heroi   doppo   i    divini  , 
Ond'  ai    versi  i   minori    il    nome   fero 
Concesso    per    mercè    sol   di   Pliemonoe 
D'  Apollo    eterno   venerabil    dono , 
La   qual    prima  (se  vero   è   il  secol    prisco) 
Con  altri  carmi  mai   pel  mondo   intorno 
Risposte  diede  dai   sacrati  tempii 
Ma  agi'  horaeri   tuoi    ben  pria  riguardi 
E   accorto   scegli  alle   pesate   forze 
Mai   sempre  un'  atto  accomodato  metro. 

Traduzione  di  B.  Romano. 

Divulgar  sulla    terra  i  vostri   arcani , 
E   dischiudere  a    pieno  i  sacri    fonti 
Siami   concesso,  alme    pierie   dive  , 
Mentre  die  d'educar   da'  teneri  anni 
Un  vate    egregio   nel   pensier  rivolgo , 
Che  degli  eroi  canti  le  gesta  ,  o  lodi 
Gli   eccelsi  numi ,  e  sia   da   me  locato 
In   sulla   cima  dell' aonio  monte. 
E   chi  il   giovin   sarà ,  che  la  vii   plebe 
Sotto  i  piedi   lasciando  ,  acceso   il   petto 
Di   vago  amor  di  lode   all'  inaccessa 
Rupe  oserà    meco  affidarsi,  u' liete. 


Tradl'ziuìs'e  del  Vida  305 

Mentre  tocca   la  cetra  il   biondo    Apollo , 
Godoa    le    caste  dive    carolando , 
E   in   dolci   carmi  sciolgono    la  voce? 
Tu  sci  primo  ,  o  Francesco:  ah  !  non   sprezzare 
Le  sacre   muse  ,  o    tu    regal    progenie  , 
Che  avrai   de'  galli   un  dì  lo  scettro  ,  quando 
La   ferma  etade  a  te  verrà    cogli  anni. 
Qualche   sollievo  ad   arrecarti   or  elle 
Vengon  gioconde,  mentre  (ahi  duoli)   si   lungi 
Alla   patria   rapito ,  ed    agli   amplessi 
De'  tuoi  ,  rattienti   nel  '  ispana    terra 
Malvagia   sorte   col   fratello   Enrico. 
Volle  così  rinevitahil    fato 
Del   magnanimo   padre ,  il  quale   or    lotta 
Coir  iniqua    furluna.    Eppur   da   tregua 
Al   tuo   pianto  ,  o  fanciul;  forse    l'acerbo 
Destin  si  placherà  ;  forse  tra    poco 
Il   lietissimo   giorno    alfin  vedrai 
Che  dopo   il  tristo   ed  affannoso  esigUo 
Tu  ,  ridonato  al  patrio    suol,  sereno 
Accoglierai   de'  popoli  l' immensa 
Gioja  ,  e  per   tutte    le    cittadi  e   ovunque 
I   lieti  plausi ,  e    l'echeggiar  de   l'alte 
Festanti    voci  ;  e  per  lo   tuo  ritorno 
Debiti  voti  scioglieran   le    madri. 
Sien  or   le   muse    a   te  compagne  ,  ed   osa 
Poggiar   meco    di   Pindo   a' sorami    boschi. 
E  pria   d'  ogni   altro    è    da   saper   che   i    carmi 
Non  d'un   genere  son  ,  benché  trovati 
Fur  solo    a  celebrar   le   sacre   cose  , 
E  ad   esaltar  gli  dei ,  si   che  non   fosse 
Mai   senz'onor  religion    lasciata. 
Però   che  i  vati    a   poco  a   poco   ad  altro 
Anco   rivolser  le  camene ,  e  quindi 
Prescr  lutto  a  cantar  con    vario  metro. 
G.A.T.LIIL  20 


306  LETTERATirRA 

Versione  di  Giovanni  Andrea  Barotti. 

Muse  ,  che   i  vostri  arcani  al  mondo    noti 
Io  faccia  ,  e  i   sacri  fonti  affatto   schiuda 
Non  mi  si    vieti  ,  or   che   da'  suoi   verd'anni 
Vò    un  chiaro  vate    di  formar  pensando  , 
E    sul  giogo    posar   del   vostro  monte , 
Che  degli  eroi   le    imprese  e  degli  dei 
Le  lodi  canti.  E    qual  sarà,  fanciullo 
Che  la  torpita   plebe  a  pie  si  lasci  , 
E   da   desio   di   bella  gloria   acceso 
Abbia  di  meco  accingersi  coraggio 
E  superar   la    malagevol  rupe , 
Dove  liete   le  muse  ,  e  danze  ,  e  carmi 
Tessono    al   suon  dell'apollinea   cetra? 
Tu  alle  mie  voci  ti  presenti  il  primo, 
Francesco  -.  o  regal   seme  ,  a  cui  riserba. 
Quando   con    gli  anni  a  più  robusta    etade 
Giunto   sarai,  de' franchi  re  lo  scettro. 
Deh!  non  aver  le  sacre  muse  a  vile. 
Che  questo  a  tuo  piacer  ,  piccol, tributo 
T'  ofFion  di  dolci  carmi ,  or  che  lontano 
Dalla    patria   rapito ,  e  dagli  amplessi 
De'tuoi ,  ne'  lidi  iberi  iniqua  sorta 
Con  Arrigo  il  fratello  ,  ahimè  ,  ti  arresta. 
Tal  fu  il  destìn  del  generoso    padre , 
Con  ingiusta  fortuna  a  fiera  lotta. 
Ma  pur  frena ,  o  regal  fanciullo  ,  il  pianto  : 
Forse  avverrà ,  che  de'nemici  fati 
Si    plachi  l'ira,  e  '1  fortunato  giorno 
Spunti  una  volta ,  che  il  funesto  esiglio 
Giunto   al  fin  ,  rivedrai  le  patrie  rive  , 
E  de'  popoli  il   giubilo ,  e  gii    applausi 
Incontrerai  delle  citta   soggette, 


Traduzione  del  Vida  307 

E  da  ogni  parte  allegre  voci;  e  a  sciorre 
Le  madri  andran  pel  tuo  ritorno  i  voti. 
Sien  frattanto  compagne  a  te  le  muse , 
E  ardisci  meco  fin  là  su  levarti 
Dove  innalza  Parnasso  i  Loschi  suoi. 
Dei  pria  saper  che  il  verso  d'una  sola 
Spezie  non  è,  Lenchè  i  misteri  sacri 
Fosse  già  sfol  per  celebrar  trovato, 
E  degli  dei   le  lodi,  onde    negletto 
Il  divin  culto ,  e  senza   onor   non   fosse  : 
Che   a  cantar   l'altre   cose   a  poco   a  poco 
Tratte  furon   le  muse ,  e  tutto   ai  vati 
Fu  materia  di  canto  in   vario    metro. 

C.  E.  M. 


Due  canti  di    Caterina   Franceschi  Ferrucci. 


Bologna  1831, 


J-Jcco  due  fiori  di  poesia.  La  poetessa  piange  nel 
primo  canto,  intitolato  la  sera^  la  morte  de'suoi  ge- 
nitori :  e  quel  pianto  è  si  dolce  che  scende  fino  al 
fondo  del  cuore.  Fu  con  buon  senno  che  ella  scel- 
se la  sera ,  perchè  in  quell'  ora  appunto  si  risve- 
gliano i  pensieri  malinconici  ,  e  la  tristezza  più  for- 
te batte  alle  porte  dell'anima.  Ella  in  mezzo  il  si- 
lenzio della  notte  solleva  a  Dio  i  suoi  pensieri,  si 
spazia  nel  paradiso  ,  ed  ivi  desidera  presto  volare  ,  e 
bearsi  negli  amplessi  della  cara  sorella  e  de'  parenti. 
E  neir  idea  della  vita  vissa  con  loro  fermandosi  , 
rammenta  il  bel  tempo  felice  quando  il  padre  di  lei 
tornava  a  casa  la  sera.  Eccone  la  strofa  intera. 

20* 


SOS  L    É    t    T    É    R    A     t    t    Vy    A 

Ahimè  !  perchè  si  ratta 

L'allegrezza   quaggiìi  sen   fugge   e    vola  ? 

Ben    io    rimembro   il    bel    tempo   felice  i 

Quando  al  cader    del   giorno 

Ritornavi    alla    mesta  famiglinola  , 

Che  pendea    tutta  ai  casti  baci  intorno.- 

L'uu  colle  bianche  tenerelle    mani 

Tue   ginocchia  cingea  , 

L'altra    vezzi  facea 

Alla    tua   cara    veneranda  faccia  , 

E  questi  al  collo    ti  stringea   le  braccia* 

Grate  spargendo    lacrime    segrete 

La  madre  nostra   intanto 

Vedea  de'  figli   le  accoglienze  liete  « 

E  largo   le  scendea 

Di  gioja  un  fiume  nel  tacito  petto 

Alla  festa    innocente,    a    tanto  alletto. 

Chi  non  sente  la  dolcezza  di  questi  versi  non  fu  mai 
guardato  dalle  muse  con  occhio  benigno  ,  ne  merita 
stare  fra  gli  uomini  civili.  Segue  il  canto  col  mostra- 
re al  padre  le  deserta  famiglia,  e  coll'iraplorarne  aita.  Io 
certo  non  ho  potuto  giungere  a  fine  del  canto  senza 
bagnarlo  di  lacrime  :  anch'  io  perdei  i  miei  genitori, 
anch'io  vidi  deserta   e  desolata   la  mia  famiglia  ! 

Il  Secondo  idilio  ha  per  titolo  l'  orfanello.  E 
questi  il  figliuolo  della  sorella  della  poetessa  alla  tonT- 
ba  della  madi'e.  Se  dirò  che  questa  è  cosa  tutta  gre- 
ca ^  se  dirò  che  non  è  verso  che  non  ti  suoni  grato  si- 
tio  air  [ànima,  non  dirò  che  il  vero.  Al  veder  quel 
fanciulletto  coronare  il  materno  sepolcro  di  fiori ,  al- 
l'udirne  le  parole,  tutto  trema  nelle  vene  il  sangue. 
to  Ile  arreco  alcun   brano. 


Versi  della  Ferrucci  3t>y 

Se  un  vago  fanciiillino 

Odo  chiamar  la  madre , 

Se  colle  man  leggiadre 

Lo  miro  ad  essa  vezzeggiare  il  volto  , 

Dico  :  Ahi!  quante  dolcezze  ,  ahi  !  quanto   amore, 

Cruda  morte ,   mi  hai  tolto. 

Quando  il  dolor  rai  preme, 

Ohimè!  chi  fia  ,  che  riconforti  il  core 

Piaggiando   un    riso  di  pietà  ,  di  speme  ? 

Chi  guida  ai  passi  infermi 

Fia  nella  vita  lacrimosa  e  trista 

Or  che  volata  sei , 

Ddetta   madre  ,  fuor  della  mia  vista  ? 

Se    cosi  di  repente 

Tu  non  andavi  a  far  con  Dio  dimora , 

Ben  sento  a  que'  pensicr  eh'  ho  nella  mente 

Che  adorata   ti  avrei 

Pii^i  di  quanto  fra    noi  si  ama  e  si  adora , 

Pili  della  luce  ancor  degli  occhi  miei. 

Poi  segue  e  chiude  il  canto   così: 

Venticello  gentile , 

Che  con  si  molle  fiato 

Mi  scuoti  il  crine ,  e  mi  carezzi  il  viso  , 

Forse  tu   vieni  a  noi  dal  paradiso. 

Se    per  quell'odorato 

Sempiterno  giardino  aleggi  e  spiri , 

Deh  !  a  lei  ,  che  mesto  io  vò  cercando  in  vano  , 

Porta   il  flebile  suon  de'  mici  sospiri. 

Dille,  che  dentro  il  core 

Altamente  di  lei   mi  parla  amore. 

Se  lo  studio  de' classici,  e  1'  arte  può  vestire  con  tan- 
ta   eloquenza    e  leggiadrìa    tali    concetti,    l'amoj'  solo 


310  Letteratura 

di  madre  può  trovarli,  e  farli  con  tanta  vivezza  altrui 
sentire.  Io  mi  rallegro  qui  con  la  gentile  poetessa  , 
e  a  nome  di  tutta  l'Italia  la  prego  a  non  cessare  di 
confortarne   di  sì  bei  doni. 

G.  I.  Montanari. 


Cenni  sulla  vita  di  un  benemerito  letterato  italiano. 


I 


1  celebre  dottor  Pasquale  Amati  di  Savignano  do- 
vette certamente  fare  in  patria  sua  grandi  e  lunghi 
studi  su  gli  antichi  autori  ;  poiché  non  altramente 
giungesi  a  quella  eccellenza  di  sapere  ,  a  cui  lo  ve- 
dremo arrivare.  Da  carte  trovate  in  casa  io  so,  quan- 
to mai  fosse  ammirata  ed  applaudita  una  società,  di 
amici  sì  dotti,  quali  furono  Pietro  Borghesi,  l'Ama- 
ti ,  Girolamo  Ferri  ,  Gian  Cristofano  Amaduzzi  no- 
stro affine ,  ed  altri  ;  alla  qual  società  ,  dal  vicino 
Santarcangiolo ,  accorrea  Gaetano  Marini  ,  divenuto 
poscia  maestro  nella  scienza  delle  antiche  iscrizioni  , 
e  nella  paleografia  de'papiri  latini.  Dopo  le  serie  oc- 
cupazioni ,  gl'indivisibili  amici  ,  mai  sempre  in  qui- 
stioni  e  ricerclie  di  antichità ,  scorreano  quelle  ame- 
nissirae  compagne  ;  ora  sulle  collinette  di  Longiano, 
presso  il  Ferri  ^  ora  su  quelle  di  Montiano;  ora  al 
Ribano,  dove  l'estate  e  l'autunno  villeggiavano  dottis- 
simi monaci  camaldolesi  di  Classe  in  Ravenna  ;  ora 
al  Gualdo  de*  Fantuzzi ,  signori  scienziati  anch'  essi , 
e  protettori  degli  scienziati  ;  ora  finalmente  in  Rimi- 
no ,  presso  l'esimio  abate  Garampi ,  poscia  cardinale 
amplissimo  di  santa  chiesa.  L'Amati  però  volle  recar- 


Vita  del  dott.  Amati  311 

si  in  Roma,  dove  per  parecchi  anni  attese  allo  stu- 
dio della  giurisprudenza  teorica  ,  e  della  pratica  fo- 
rense ,  sotto  l'ancora  famoso  Costantini.  Venuto  quin- 
di a  Pesaro  ,  in  casa  il  dottissimo  e  splendido  mar- 
chese Carlo  Mosca  Barzi  ,  fondò  e  diresse  una  ti- 
pografia ,  detta  da)  suo  cognome  Amatina  ;  dalla 
quale  usci  la  CoUectio  omnium  poetarum  latinorum 
appellata  per  ciò  Pisaurensis  ,  una  delle  più  piene 
e  corrette  che  si  abbiano.  Dopo  alcun  tempo,  il  gran- 
de numismatico  Borghesi  volle  restituire  alla  patria, 
ed  alla  sua  compagnia  ,  un  si  bravo  giurisconsulto 
e  filologo  espertissimo.  Condiscese  l'Amati  al  volere 
del  principale  amico  suo  ;  e  divenne  il  direttore  de- 
gli affari  della  comunità  ,  di  quelli  delle  singole  ca- 
se ,  il  pubblico  precettore ,  giudice  e  notajo  ,  a  cui 
accorreasi  da  tutti  i  paesi ,  e  dalle  citta  vicine.  Pre- 
se in  moglie  Paola  Massani ,  figlia  di  Tommaso  Mas- 
sani  ,  e  di  Angiola  Pristini ,  erede  unica  degli  ultimi 
Guidoai  ,  la  più  antica  e  nobil  famiglia  di  Savigna- 
no ,  di  cui  un  ramo  si  trapiantò  in  Rimino  ,  ma  do- 
po non  lungo  tempo  si  estinse  ;  ond'  io  ho  veduto  , 
ne' libri  manoscritti  e  miniati  delle  romane  bibliote- 
che ,  l'arma  de'  Guidoni  fra  le  primarie  di  quella 
splendidissima   citta. 

Pubblicò  in  sua  gioventù  varie  Dissertazioni  sul 
Rubicone  ,  che  per  gì'  itinerari  antichi  ,  per  dotte  os- 
servazioni sue  ,  per  moltissime  carte  del  medio  evo  , 
dimostrò  essere  onninamente  il  fiume  di  Savignano  ; 
sul  Castro  Aiutilo  degli  antichi  Galli  ;  e  sul  pas~ 
saggio  di  Annibale  per  VJ pennino  ;  che  difese  con 
altra  dissertazione ,  mandata  posteriormente  alla  I.  e 
R.  accademia  di  Mantova  ,  di  cui  era  socio.  Tenne 
carteggio  (ed  io  ne  vedea  le  lettere)  con  gli  uomini 
più  eruditi  ed  illustri  d'Italia  ,  e  con  alcuni  d'oltra- 
monti ,  che   il  consultavano  come  un  oracolo.  Cele- 


312  L    L    T    T    E    R    A    T    U    R    A 

bratissinia  è  l'opera  sua  De  restitutione  purpurarum^ 
di  cui  hannosi  tre  edizioni  (e  queste  a  tempo  mio  e- 
sistean  tutte  nella  pubblica  biblioteca  del  paese).  Ne 
avea  già  preparata  una  quarta  edizione  ,  assai  più 
ampia  ;  in  cui  confutava  gli  errori  di  un  antiquario, 
e  di  un  naturalista  dello  stato  veneto.  Dovea  stam- 
parsi in  Venezia  :  ma  tutto  andò  a  monte  ,  per  le  a- 
mare  vicende  piombate  sull'  Italia  nel  1797.  É  trop- 
po noto ,  che  l'anzidetta  opera  fu  confermata  dall'al- 
tra dell'  eruditissimo  medico  ,  il  cav.  Michele  Rosa  , 
Delle  porpore  e  materie  vestiarie.  Il  dottor  Amati, 
fra  tante  cure  ,  occupavasi  ancora  in  Savignano  nella 
istruzion  privata  della  gioventù  ;  tanto  nell'  elegante 
latino  ,  quanto  nel  diritto  civile  e  canonico.  Basti 
mentovare  tra'  suoi  allievi  un  Lorenzo  Vallicelli  ,  ed 
un  Giacomo  Turchi  ;  ciascuno  de'  quali  avrebbe  po- 
tuto far  comparsa  fra'  letterati  maggiori  ,  se  il  primo 
non  fosse  stato  impedito  dal  suo  temperamento  e  ca- 
rattere ,  ed  il  secondo  dall'  essersi  dato  ad  ammini- 
strazioni civili ,  prima  in  Roma  ,  e  poscia  nel  regno 
italico. 

Inoltre  l'Amati  avea  incominciato  ,  e  prodotto 
ad  alcuni  grossi  tomi  ,  un  vasto  giornale  di  scienze 
e  lettere  generale ,  arricchito  con  annotazioni  sue  di 
sana  ciitica  e  filosofia  ,  intitolato  :  Bibliografìa  uni- 
versale corrente  di  Europa ,  che  stampavasi  in  Ce- 
sena pel  Biasini  :  ed  una  impresa  sì  utile ,  sebben 
paresse  troppo  ardita  per  un  uomo  solo ,  avrebbe  me- 
ritato certamente  maggiori  sostegni  ,  e  miglior  situa- 
zione dell'  autore. 

Assistito  l'Amati  dal  grido  che  l'accompagnava 
d'uomo  dottissimo  e  di  sommo  giurisconsulto ,  l'an- 
no 1785  ottenne  la  cattedra  primaria  di  giuspubbli- 
co  e  di  pandette  nella  pontificia  università  di  Fer- 
rara ;  e  la  ottenne  contro  altri  famosi  leggisti  di  al- 


Vita  del  dott.  Amati  313 

lora  ,  che  ad  essa  concorrevano.  La  esercitò  per  un- 
dici anni  ,  con  immense  fatiche  ,  zelo  ,  ed  applauso, 
e  con  numero  ognor  crescente  di  scolari  ,  che  mossi 
dalla  fama  di  un  tanto  professore  ,  venivano  persino 
da  Pavia  e  da  Padova.  Ebbe  il  noLil  coraggio  d'in- 
segnare il  giuspuLblico  secondo  la  dottrina  cattolica 
e  la  verità  ;  confutando  le  fiabe  dello  stato  di  natu- 
ra ,  e  del  patto  sociale.  Bello  era  il  sentire  gì'  inge- 
gni migliori  della  scuola  combattere  da  principio  col 
maestro  ,  e  poi  vederneli  vinti  e  persuasi  dalla  for- 
za del  raziocinio  ,  dalle  antiche  dottrine  ,  e  dai  fatti 
che  il  maestro  adducea ,  con  l'immensa  erudizione  sua. 
Teneansi  quindi  ogni  anno  pubbliche  dispute ,  nella 
gran  sala  dell'  archiginnasio  ,  dirette  ed  assistite  dal 
professore,  che  talvolta  alzavasi  egli  stesso,  onde  ri- 
spondere agli  obbjettanti  ,  se  mai  il  giovane  fossesi 
smarrito.  Le  tesi  erano  distribuite  prima  ,  stampate  per 
gli  eredi  Piinaldi.  Nello  spiegare  le  pandette  ,  in  due 
anni  alternati  con  quello  del  gìuspublico  ,  era  il  pro- 
fessore Amati  a  comun  giudizio  veramente  singolare; 
per  congiungere  ad  una  somma  perizia  nelle  antichi- 
tà ,  la  miglior  cognizione  della  teoria  delle  leggi  ,  e 
della  pratica  forense  ;  sulle  quali  spaziava  particolar- 
mente nelle  private  lezioni  ,  che  secondo  gli  statuti, 
egli  dovea  dare  in   propria    casa. 

Pili  che  stanco  dalle  fatiche  ,  afflitto  da'  funesti 
avvenimenti  del  1797,  in  una  vecchiezza  robusta  che 
facea  sperare  altri  anni  di  vita  ,  dopo  breve  malat- 
tia non  ben  curata  da  principio  ,  rese  il  suo  spirito 
a  Dio  ,  che  l'avrà  nella  pace  degli  eletti.  Adoratore 
sincero  ,  e  difensore  invitto  de'  dogmi  e  della  disci- 
plina di  nostra  religione  santissima  ,  egli  ne  osser- 
vava i  precetti  rigorosamente.  Nel  passeggio,  che  pren- 
deasi  ,  o  in  casa  ,  o  in  campagna  ,  l'orazione  sua  era 
continua  ;   sapendo   egli  a    mente   l'uffizio  della   Bea- 


314  Letteratura 

tissima  Vergine  ,  il  salterio  ,  e  le  preci  tutte  di  san- 
ta chiesa.  Al  tempo  della  sua  morte  ,  Girolamo  il 
maggior  de'  figli  trovavasi  in  Roma  da  parecchi  me- 
si ,  e  Basilio  era  troppo  fanciullo  ed  astratto  ,  per 
pensare  a  salvar  le  carte  ,  in  quella  sciagura  estrema, 
o  piuttosto  distruzion  totale  della  famiglia.  Il  profes- 
sore Amati  fu  sepolto  nella  chiesa  di  S,  Matteo  ,  sua 
parrocchia.  Se  ivi  non  ha  iscrizione  o  monumento  , 
egli  stesso  fece  a  se  stesso  un  monumento  assai  più 
degno  e  durevole,  con  le  opere  e  le  virtù  sue.  Quan- 
tunqe  lo  stipendio  della  sua  cattedra  primaria  fosse 
vistoso  ,  in  Ferrara  gli  si  accrebbero  gì'  intacchi  pe- 
cuniarii  ;  particolarmente  per  dover  tenere  casa  bene 
ammobiliata  ;  e  camera  con  ampio  tavolino  e  seggio- 
le convenienti ,  onde  accogliere  i  molti  giovani  ,  che 
frequentavano  le  private  lezioni.  Cedette  quindi  a'suoi 
creditori  di  Savignano  il  bel  poderetto  di  Gaggio.  Co- 
si provò  nel  mondo  la  sorte  de'  giusti ,  eh'  è  quella 
di  esser  poveri  ,  e  lasciolla  in  retaggio  a'numerosi 
suoi  figli  ,  che  dovettero  procacciarsi  il  vitto  con  le- 
proprie   fatiche. 

Era  dotato  di  memoria  prodigiosa  ;  talmente  che, 
pregato  di  alcuna  erudita  notizia,  solea  rispondere:  Ciò 
che  si  cerca  è  nel  classico  e  nel  libro  tale,  numero  tale, 
verso  la  metà.  Dopo  trenta  e  più  anni  ,  che  per  gì'  im- 
pieghi suoi  civili  non  potè  rivedere  i  classici  autori, 
alzatosi  un  giorno  d'estate  dal  breve  riposo  pomeri- 
diano; e  trovato  il  figlio  che  leggea  Tito  Livio  ,  egli 
passeggiando  disse  :  Leggimene  un  pezzetto  ;  poi  vol- 
tosi  :  Fermati  ;  e  prosegui  ad  alta  voce  il  testo  per 
due  buone  pagine  ,  senza  sbagliar  sillaba.  Interroga- 
to dal  figlio ,  come  mai  potesse  ciò  fare  ,  rispose  : 
Perchè  trenta  e  più  anni  sono  lessi  Tito  Livio  più 
volte  attentamente.  Non  era  quindi  a  chiedersi ,  se  il 
dottor  Amati  scrivesse  con   eleganza    in  latino.   Egli 


Vita  del  dott.  Amati  315 

scrivea  con  ugual  eleganza  iu  italiana  poesia;  poiché 
conoscea   ugualmente  tutti  i  classici  nostri. 

Dispregiatore  delle  mondane  vanita ,  non  fece 
alcun  conto  degli  esercizj  e  delle  produzioni  sue  ac- 
cademiche o  giovanili  ;  ne  mai  ne  parlava.  Sebbene 
taciturno  e  pensieroso  abitualmente  ,  in  patria  per  gli 
affari  pubblici  e  privati  ,  ed  in  Ferrara  per  quelli 
della  cattedra  e  della  famiglia  ;  al  comparir  di  un 
amico  ,  di  un  discepolo  ,  di  una  persona  conoscente, 
mostrava  la  fronte  serena  ed  ilare  ;  e  co'  modi  più 
cortesi  entrava  in  discorso  ,  condito  di  grazia ,  e  di 
piacevoli  proverbj  :  spiegava  una  eloquenza  dolce,  ri- 
spettosa ,  e  persuasiva  in  sommo  grado.  Il  nome  suo 
fu  in  benedizione  presso  i  buoni  ferraresi  di  allora  , 
che  videro  com'  egli  aveva  fatto  fiorire  l'università,  co- 
me avea  istruito  i  figliuoli  loro  ;  sarà  in  benedizio- 
ne presso  gli  scolari  suoi ,  tanto  in  Ferrara  ,  quan- 
to ne'  paesi  e  nelle  citta  vicine;  de'  quali  so  che  mol- 
ti ,  nelle  passate  mutazioni ,  dette  politiche,  non  mai 
proprie  dell'  Italia  ,  tennero  la  piiì  illibata  ed  irre- 
prensibile condotta.  Contanto  valgono  l'esempio  e  le 
insinuazioni  di  un  saggio  precettore  !  Il  nome  suo  non 
dovrebbe  essere  dimenticato  nemmeno  in  Savignano 
presso  alcune  di  quelle  famiglie  ,  delle  quali  l'uomo 
integerrimo  co'  suoi  consigli  sostenne  ed  aumentò  le 
fortune.  E  certamente  in  gioventù  nostra  ricordava- 
si  ancora  da'  vecchi  del  paese  il  nome  di  un  Giro- 
lamo Amati  seniore  ,  come  quello  di  un  altro  padre 
della  patria 

Lo  scrivente  deplora  la  perdita  dell'  opera  sulle 
porpore  amplissima  in  italiano  ,  che  nel  1796  era 
stata  mandata  al  cav.  Rosa,  acciocché  facesse  aggiugner- 
vi  dal  suo  nipote  una  parte  di  chimica  moderna;  co- 
me l'istesso  scrivente  aveavf  aggiunto  una  parte  di  cri- 
tica lapidaria  ,  dimostrando  falsa  una  iscrizione,  reca- 


316  LettekatvrA 

ta  per  leggittitna  dall'  antiquario  veneto.  Ma  sovra 
tutto  è  da  deplorarsi  la  perdita  degli  scritti  cattedra- 
tic  ,  che  l'uomo  indefesso  accresceva  ogni  anno  e  per- 
fezionava ;  non  che  qnelh  della  intera  serie  delle 
tesi  laureali,  e  degli  opuscoli  polemici  bellissimi  ,  che 
a  nome  del  discepolo  difendente  dovette  pubblicare 
contro  alcuni  teologi  (  chi  '1  crederebbe  ?  )  ,  i  quali 
tener  voleano  insieme  le  due  oppostissime  scuole  ;  quel-  i 
la  della  verità  con  quella  del  falso  ;  quella  della  te- 
si pili  salda  ed  inconcussa  con  quella  delle  vacillan- 
ti ed  erronee  ipotesi  ;  quella  del  fatto  con  quella  di 
un  sognato  patto.  Se  in  Europa  ottengono  si  largo 
campo  le  male  dottrine  ,  avervi  pur  dee  alcuno  spa- 
zio per  le  buone.  Quegli  scritti  potrebbonsi  pubblica- 
re ,  fiancheggiati  da  tutt'i  luoghi  originali  della  sagra 
e  della  profana  istoria  ,  che  il  professore  solo  accen- 
nava. Non  altra  guida  sicura  può  avervi  al  mondo  , 
pel  regolamento  de'  cittadineschi  doveri  e  de'  pubbli- 
ci diritti ,  se  non  se  l'autorità  ,  che  incominciando  da 
Mese ,  prosieguo  conforme  per  tutti  gli  scrittori  greci 
e  latini.  Questa  è  la  ragione  ,  formata  da  tante  ragio- 
ni di  gran  lunga  superiori  alla  nostra ,  le  quali  in 
conseguenza  debbono  vincerla  ;  posciaccliè  hominum 
commenta  delet  dies  ,  e  la  verità  ,  opera  di  Dio,  sta- 
ra in  eterno  e  fra  gli  uomini ,  finche  ve  n'abbiano 
alcuni  (  e  sien  pur  pochi  )  ,  de'  quali  l'ingegno  ed  il 
cuore  non  sia  viziato  dalla  corrotta  e  perversa  filo- 
sofia moderna. 

G.  A. 


317 


^ISìtìltétauiiBi'iissmmiammmiaimmaiimmtmaiimmatmmmimiBrmiai  iiKii  'i  i     i l 'iB^aa^ 


lìinw  (li  Maria  Giuseppa  Guacci  napolitann.   Napoli 
dalla  stamperia  e  cartiera  del  Fibreno  1832. 


I 


biioui  versi  in  confronto  de'  mediocri  e  de'  pessimi 
sono  così  pochi  ,  che  quando  alcun  illustre  si  toglie 
dalla  schiera  volgare  per  dispiegare  un  volo  pili  al- 
to ,  è  debito  di  giustizia  l'onorarlo  di  bella  e  meri- 
tata lode.  Il  perchè  noi  non  sappiamo  ammirare  ab- 
bastanza la  poetessa  napolitana  Maria  Giuseppa  Guac- 
ci ,  che  nel  fior  degli  anni  non  solo  occupa  un  di- 
stinto seggio  nel  nostro  parnaso  ,  ma  emula  anzi  e  vin- 
ce non  pochi  di  coloro  ,  che  hanno  nome  di  eleganti 
e  distinti  poeti.  Una  indefessa  lettura  de'  classici  ,  sen- 
za divenire  pedante  ,  un  beneiutcso  amore  della  lin- 
gua e  dello  stile ,  molto  afl'etto  ,  pensieri  o  sempre 
nuovi ,  o  almeno  che  sembrano  tali ,  abbondanza  di 
fantasia  ^  dignità  di  espressione  ,  armonia  di  numero  « 
e  felicita  di  rime  ,  sono  le  molte  doti  che  formano 
della  nostra  poetessa  uno  de'  più  belli  ornamenti  del 
sesso  gentile.  E  che  sieno  giusti  questi  nostri  elogi, 
basta  leggere  i  varii  giornali,  che  ne  hanno  parlato  : 
basta  chiederlo  alla  patria ,  che  si  gloria  di  esserle 
madre  :  basta  scorrere  queste  pagine,  poche  di  nume- 
ro ,  molte  per  le  belle  cose  ,  di  che  son  piene.  E  per- 
chè il  vero  risponda  alle  nostre  parole  ,  offriamo  ai 
letterati  italiani  un  sonetto  ,  cui  ha  dato  argomento 
la  primavera ,  ed  una  canzone  intitolata  alle  donne 
sebczie  ,  dove  alla  lingua  ed  allo  stile  rispondono  la 
nobiltà  delle  frasi  ,   e   la  dignità  de'  concetti. 


318  Letteratura 

Zefiro   spira  ,  ed  asserena  il  giorno 

E  fa  pii!i  chiare  fiammeggiar  le  stelle  , 

Apre  le  verdi  frondi  tenerelle 

E  desta  mille  fiori    intorno  intorno. 

Eppur  fia  Breve  il  suo  dolce  soggiorno 

Del  Tirreno  alle  sponde  apriche  e  belle  ; 
Ch'  ei  volerà  fiorendo  erbe  novelle 
Sin  del  vasto  universo  all'  altro  corno. 

Ahi  mentre  spira   e  subito  va  via 

Par  che  m'adombri  ,  come  il  tempo  vole 
E  se  ne  porti  ancor  la  vita  mia  ! 

E  forse  allor  eh'  ei  tornerà  ,  qual  suole , 
Da  questo   corpo,  che  sotterra  fia. 
Desterà  qualche  cespo  di  viole. 

Canzone  alle  donne  sebezie. 

Oh   compagne ,   oh  sorelle  , 

Che  di  vostre  bellezze  innamorate 

Questa  del  mondo  piìi  serena  parte  , 

Poiché  natura  al  nostro  suol  comparte 

Tranquille   aure  odorate 

Ed  amoroso  fiammeggiar  di  stelle  , 

Dritto  ben  è  che  d'opre  chiare  e  belle 

Suoni  il  fiorito   nido  , 

Il  qual  ne  accolse  dal  materno  grembo 

E  i  nostri  anni  nudrì  sì  dolcemente  ; 

E  il  ciel  puro  e  lucente 

Cui  rado  turba  procelloso  nembo  , 

E  il  quieto  mare ,  e  l'ospitai  suo   lido 

Che  ,  per   antico  grido  , 

Già  di  sirene  albergo  il  mondo  chiama. 

Or  si  rallegri  di  novella  fama. 


Rime  della  GuAcci  319 

Dell    se    canto    soave 

Vien  che  per  suo  trionfo  amor  vi  spiri 

Facendo  Taer  di  dolcezza  pieno  , 

Non   sia    dolce   veneno 

Che  incauto  peregria  lusinghi   e   tiri 

Ove  di  sua  virtù  franga  la   nave  , 

Ma  sia  gentile  ed  onorata  chiave 

Che  gì'  italici  petti 

Apra ,  e   sprigioni  quel  valore  antico 

Che    lungo  spazio  catenato   giacque  ; 

Onde   di  noi  si   tacque , 

E  questo   suol  di   grazia  fu  mendico  , 

E  far  vinte  le  forze  ,  e  gì'  intelletti , 

E  i  nostri  cari  tetti 

Dallo  stranier   contaminati   furo 

Che  l'alpe  trapassò  baldo   e  securo. 

Cosi   quest'  aureo  sole  , 

Che  viva  luce  a   noi  largo  diffonde  , 

D'armi   estrane   traea    lucidi    lampi  , 

E  i   nostri  colli  e  i   nostri  dolci   campi 

Lieti  d'acque  e  di  fronde 

Risuonar  di  Larhariche    parole , 

E  le  vermiglie  rose ,  e  le  viole  , 

E  i    fiori   azzurri   e    gialli  , 

E  le  ridenti   apriche   e   verdi   piaggie  , 

Amor  di   verginelle  e  di  garzoni 

Cui   virtù   scaldi   e    sproni , 

Guastate  fur  da  genti  aspre  e   selvagge  , 

E  calpeste  da  carri   e  da    cavalli  : 

Nudi  i  monti  e  le  valli 

Del  lauro  onde  si  cinse  Italia  e  Roma, 

Per   coronarne  allo  stranier  la   chioma. 

E  crebher    tanti  danni 

Le  nostre  menti  incontra  al  ben  si  losche 
Che  fur  devote  alle   nimiche  spade  ; 


320  Lktteuatura 

E  non   pur   (jueste    placide  contrade 

Ma  le   romane   e  losche 

Vestir  ne'  propri   mali   allegri  panni  ; 

E  come  tal    die   se   niedesrao  inganni , 
Con   pompa   ed   ostro   ed  oro 

Cangiò   virtudc  ogni  anima   gentile. 

E  voi,  cortesi  e  venerande    donne 

D'ogni   valor  colonne  , 

Il  materno  serraon    teneste   a   vile  : 

Sparso  di   gentilezza   il  bel  tesoro  , 

E    il   poetico    alloro 

Venne  inculto    e   negletto  ,  e  le  camene 

Sospirando   lasciar  l'onde   tirrene. 
E    ben   forse    lor   tarda 

Di   riveder   questa   beata   riva  , 

Donne  ,  se  voi  lor  sorridete  un   poco  ; 

Per  Dio  ,  vi  stringa  amor  del  natio   loco, 

E  vostra  voce  viva 

Le   più   gelide   menti   infiammi   ed   arda. 

E  l'Asia   molle   e  l'Affrica  bugiarda, 

E  quelle  sponde  estreme 

Che  rimirali   le  stelle   all'  altro    polo, 

Odan   le   glorie  nostre    e    cessin   l'onte  ; 

E  rilevi  sua    fronte 

La  morta  fama   e   spieghi  un    largo    volo. 

Certo   quando   ùona    l'antico  seme. 

Che  spénto  Italia   or   geme  , 

Dolci   carrai   s'udirò  e  chiare   imprese  , 

Perchè  voi  foste   in  santo  foco  accese. 
Dunque  il   sereno  viso 

Levate   al  cielo  ,  e  gli  amorosi    labri 

Ogni  estinta  virtù   tragga n   di  Lete  ; 

E  poiché  aprire   e   governar    potete 

I  cor  più   rozzi  e   scabri 

Col  volger  de'  begli  occhi  o  col  bel  riso 


Rime  della  Guacci  32i 

E  far  di  questa  terra  un  paradiso  , 
Ove  a  grado  vi  sia  , 
La  vostra  mente  al  ben  far  si  converta  , 
E  non   ricchezza   ma  virtnte    onori  ; 
E  in  ira  avendo  i   fiori 
Della  strada  al  mal  far  piana  ed  aperta  , 
Prendete  alfin   della   dritta   via  : 
Che    vostra    leggiadrìa 
(Se  onesta  fama  al  mondo  non  l'adombra) 
Tostamente  verrà   polvere  ed   ombra. 

Se   per  lungo    costume 

Deserte  fur  le  vie  sublimi  e  sante 

Cli'  a'  secoli  futuri   aprono  il   varco  , 

Ove  ,  spregiando  ogni  terreno  incarco  , 

Voi   moverete   innante  , 

Chi   rimarra  fra    le  oziose   piume  ? 

E  dove  d'eloquenza   un    vivo    fiume 

D'un    bel   labbro  fuor  esca  : 

Per   invogliarne  alle  celesti  cose  , 

Qual    petto  fia   cotanto  acerbo    e  fiero  , 

Qual    selvaggio  pensiero 

Che  non  dia  frutto   d'opre   gloriose  ? 

Sì  amor  l'alme  trionfi  ,  e  gloria    cresca 

Porgendo    nobil   esca , 

E  ben  fé'  qual  amò    con   dritto  zelo  , 

Che  senz'  amor   non  avria  stelle  il  cielo. 

Queir  altissimo    amore 

Che  infiamma  e  gira   le   bellezze  eterne 

E  di  mirabil  nodo  il   tutto   lega  , 

In  voi  discende,  e  le  sue  leggi  spiega 

Dalle    rote    superne  ; 

Negli  occhi  vostri  avanza  ogni  valore  ; 

E  così  Dio  largì  del  suo   splendore 

Alcuna  parte   in  terra 

Che  allumi  e  guidi  le  terrene  menti. 

G.A.T.LIII.  21 


322  Letteratura. 

Però   tessendo  voi  corone  e  palme 
Desterete    nell'  alme 
Mille   disiri  più  ciie  fiamme  ardenti. 
Deh  per  voi  quelT  onor   che  g\o   sotterra 
Rifulga   in    pace   e   in  guerra  , 
Ne  sol  ricca  di  fior  quest'  alta  sponda 
Ma  sia  di  chiari  figli   anche   feconda  ! 
Cortesemente ,  o  mia  canzon ,  saluta 
Quante   donne    vedrai  , 
E  di  lor  tua  ragione  e  l'esser  mio  : 
E  s'odi  che  tuo  voi  poco  alto  sale  , 
Di',  che  t'impiuma   l'ale 
La  sola  carità  del  suol  natio  , 
E  che  la  patria  con  pietosi  lai 
Lor  s'accomanda  ornai. 
Perchè  il  nemico  del  suo  mal  non  rida  , 
E  tutta  sua  speranza  a  lor  confida. 


Intorno  ad  alcune  operette   italiane 
nuovamente  pubblicate. 

A    SUA    ECCELLEiVZA    MONSIGNOR 

CARLO  EMMANUELE  DE'  CONTI   MUZZARELLI 
Uditore  della  S.  R.  R.   ec.  ec. 

GiusEPx^E  Ignazio  Montanari 

■M—JÌ\a  mi  ha  fatto  dono  di  tante  belle  operette,  che 
io  non  so  come  degnamente  ringraziarla.  Le  basti  so- 
lo che  mi  sono  giunte  come  la  rugiada  ai  fiori  appas- 
siti :  perchè  mentre  io  era  spossato  dagli  ardori  del- 
la stagione,  e  non  sento  quasi  di  quegli  studi  stessi  che 


Operette  italiane  323 

pure  sono  il  primo  conforto  della  mia  vita ,  questi  libret- 
tini mi  hanno  rifatto  un  poco  ,  e  con  tanta  avidità   li 
ho  letti  e  gustati,  che  l'appetito  mi  si  è  ridestato  più 
di  quello  che  potessi  aspettarmi.    E  perchè  l'È.  V.  Rina 
abbia  un  piccolo  argomento  della  gratitudine  mia ,  le 
verrò  sponendo  quale  giudizio  io  porti    di    ognuna  di 
queste  opericciuole.  E  cominciando  dagl'inni  sacri  del 
sig.  canonico   Borghi  (1  )  ,  le  dirò  che  mi  pare  aver  e- 
gli  presa    una  via  di   mezzo   tra    l'epico   e  il    lirico, 
e  avere  felicemente  usato    di   questo  modernissimo  ge- 
nere di  poesia.  Dico  modernissimo ,  non  perchè  ai  no- 
stri antichi  italiani  fosse  o   sconosciuto  o  disusato,  poi- 
ché  le  laudi  spirituali  de'  trecentisti  e  de'  quattrocen- 
tisti, e  gì*  inni  sacri  del  Ghiabrera(  e  del    Menzini    ne* 
secoli  apresso ,  o    sono    essa  stessa  ^isa    di  componi- 
mento ,   o  di  poco  differiscono:  ma   perchè   i  moderni 
diversamente  usano  Vinnodia,  e    ad  altro   fine    l'indi- 
rizzano. Il  quale  fine    non    è  a  dire  quanto  sia  più  u- 
tile:  perchè  mentre  gli  antichi  si  contentavano  di  quel- 
la   unzione   che  potesse  far  piegare  gli  uomini  a  de- 
vozione ,  questa  oltre  i  sentimenti  di    pietà   inspira  al- 
to   concetto   dell'  umana  dignità,   dei   debiti    dell' uom 
religioso  ,    del    uomo    civile  ,  e    mostra  i  beni    grandi 
che  derivano  dalla  vera  religione.   Aggiungasi   che  gli 
antichi    volgarmente    trattavano  l'  innodia    lirica  ,  e  i 
moderni    1'  hanno  sollevata  al  rango  più  elevato   della 
poesia,   e  ponendovi  entro  forti  pensieri,  cercano  che 
ella   serva  pur   anche  all'incivilimento  del    popolo  ispi- 
randogli sensi    d'  umanità ,  e  mostrandogli    quegli  in- 
ganni   ne'quali   ciecamente   si   ravvolgeva.  E   in    que- 
sta  si  distingue  assai   il  sig.  ab.  Borghi,  il    quale  lun- 


(i)  Inni    di   Giuseppe    lìorglii.    Firenze   presio   Ricordi  e 
compagui   i83i. 


324  L  E  T  T  E  n  A  T  L  n  À 

gi  dalla  oscurità  del  Manzuni^si  conduce  con  chia- 
rezza e  semplicità.  La  filosofia  vi  regna  del  pari 
che  la  pietk.  A  quando  a  quando  Imagini  grandi  e 
sublimi  :  gli  aflfetfci  a  quando  a  quando  tentati  e  eoa 
Luon  successo  :  i  metri  Lea  appropriati  al  subietto  e 
Lene  trascelti.  La  poesia  sempre  nobile  ,  le  frasi  ,  i 
modi  quasi  sempre  essi  pure  eleganti  ,  facili  ,  e  pia- 
ni ,  senza  sapere  ne  di  borealismo  ne  di  pedan- 
teria. Hannomi  in  modo  speciale  ferito  la  fantasia 
alcuni  luoghi  che  io  qui  le  sporrò.  Neil'  inno  al 
divin  paracielo  ,  egli  si  slancia  con  estro  fuor  del 
soffsetto  ,  ma  senza  abbandonarlo.  Tocca  i  danni  del- 
la  società  presente ,  ne  mostra  i  desideri  ma  senza 
offesa  d'  alcuno ,  ma  senza  studio  di  parte.  Divini  per 
me   sono    questi    versi. 

Spira  ,  sovvieni  al  povero 
Per  r  itale    contrade  , 
Spezza ,  gran   Dio,    le   spade 
Che   vanno  alla   tenzon. 
Fa  dritto   alle    querele 
Del    popolo    fedele  , 
io    sdegno   dell'indocile 
Fa  muto    col   perdon, 

K   poco  appresso  : 

Placa   gli  sdegni ,  guidane 
Piena   d'  onor  la   pace  ; 
La    libertà  verace 
Al  volgo    insegna    e  al    re. 
Fa   che  tra   lor  si  agguagli 
Il    carco  de' tra  vagli, 
ColUì  speranza   invitali 
Dell'  irainorlal  mercè. 


Operette  italiane  305 

L  inno  della  speranza  è  per  me  un  vei*o  capo  lavo- 
ro in  questo  genere  ;  ne  io  dubito  porlo  innanzi  a 
quanti  inni  sono  stati  scritti  fin  qui.  ii'  condótto  con 
una  delicatezza  ed  unita  pindarica  da  capo  a  fondo  , 
che  ne    più   nò     meglio    si    potrebbe. 

Immagini  bellissime  rapidamente  toccate  ,  senlen  • 
ze  nobilissime.  Ti  pare  di  vedere  il  Dio  creatore  di 
Raffaello  in    quella   strofe  : 

La    dove  ancor  do'  secoli 

Non    apparia   la   traccia, 
Immense    si   distesero 
Del    creator  le  braccia  : 
Ed    ecco    l'universo 
Dal  sen   del  nulla   emerso  , 
Ecco    dall'ime   tenebre 
Balzar    ridente   il  di. 

Ne  men  felicemente  ci  tentato  il  patetico.  Descrive  l'ani- 
ma  che  desiosa  si  drizza  al  suo  creatore  : 

Quale  assetato  immemo''e 

Per   lunga    landa   e   strana 

Drizzasi   il   cervo   al    subito 

Piomor    della  fontana  , 

Tale  al    fatai    comando 

Volendo  ,    palpitando 

S'erge  la   candid'  anima 

Suir  ali    al   creator. 
E    le   son    vanto  i  fervidi 

Voti  ,  e    i   rigori   oceulèi  , 

E   la   soccorsa  inopia  + 

E    i    perdonati   insulti  , 

E    le   vegliate   notti , 

E    i    gemili    dirotti  , 


326  Letteratura 

E    il   combattuto  genio , 
E  il  ben    localo   amor. 
Deh  !   se  per   noi   depongasi 
La  faticosa  veste  , 
Quando  vedreni  l'unanime 
Gerusalera   celeste  ; 
Quando    di  coro   in  coro 
Sulle  beir  arpe  d'oro 
Intuonerem  la   splendida 
Canzon   di  liberta  ! 

L*  inno  della  carità  dichiara  i  beni  che  la  legge  di 
Cristo  ,  che  nuli' altro  è  che  carità,  ha  recato  al  ge- 
nere umano.  Veda  l'È.  V.  Rma  con  che  franca  volata  il 
poeta  entra  a  dir  cose ,  cui  forse  mediocre  verseg- 
giatore non  avrebbe  pensato. 

Dessa  l'umil   tugurio 

Non    aspettata   entrando. 

Salvò   la  bella  vergine 

Dal    comprator   nefando  : 

Seppe  con    man  discreta 

Del    ver  che  l'alma  acqueta 

I  santuari  aprir. 
Dolce  possente  balsamo 

Trasfuse  in  petto  all'egro  ; 

Spense  il  livor;  del  giudice 

Mantenne  il  voto   integro  ; 

Ne  invan   per  l'ampie   sale 

Spiegò  le    timide  ale 

Dell'  orfano  il  sospir. 
Trovò   neir  imo  carcere 

Qual  fu  ribaldo  astretto , 

E   ne   asciugò  le  lacrime , 

E  se  lo  strinse  al  petto  , 


Operette  italiane  327 

Versando  la  parola 

Che  calma  ,    che  consola  , 

Se   risanar  non  può. 
Oh  al   ciel   diletta   e  agli  uomini 

La    terra   generosa 

Che  cittadini  a  civiche 

Stragi   educar   non   osa  ; 

Che  rimandar  detesta 

Un'  alma   ancor    non    chiesta 

A    lui    che   creò  ! 
Pur   cola  dove   apprestasi 

La  micidial  bipenne. 

Se    intorno   dal   patibolo 

Regna    il   dolor   solenne, 

Se    nell'angoscia  estrema 

La  vittima  non   trema , 

Se  più   coU'uom    non    è: 
Tu   parli  ,  o   dea  ,  la  misera 

Tu  reggi   air  arduo  passo  « 

Tu   raccogliendo  i  laceri 

Membri  ,  le    poni   un  sasso  ; 

E    qui ,  gli    sdegni  vinti  , 

La   pace  degli   estinti 

Prega  il   fedel  con  te. 

Ne  posso  qui  contenermi  dal  non  recare  anche  un 
brano  dell'inno  della  notte.  In  mezzo  a  belle  imma- 
gini, eccoti  il  poeta  filosofando  perorare  la  causa  del- 
l'umanità. E' volo  degno  di  Pindaro  ,  è  sentenza  de- 
gna di  savio  giurista ,  è  voto  degno  di  un  cuore 
benfatto ,  e    amico   della   civiltà. 


Ma   tu  che    infesto  agli   uomini 


Movi    per  l'aer  cupo, 
Com'cscc   dalle   tacile 


328  Letteratura 

Selve  per  fame  il    lupo , 
Arresta  ,  insano  ,  arresta  ! 
Col    voi   della  tempesta , 
Col  grido  del  terror 

Vendetta   inesorabile 

T'è  sopra  ,  e   il  crin   t'afferra.» 
Ahi   vista  !  Ecco  il   patibolo , 
Rosseggia  oh    Dio  !  la  terra  .  .  . 
Scrivete  sugli   avelli, 
O   crudi  :  Eran   fratelli 
L'ucciso   e   l'uccisor. 

Quando  sarà  che   vincasi 
Sì   barbaro   costume  ! 
Per    mezzo    Europa   scorrere 
Veggo    di   sangue   un  fiume  ; 
Veggo  chi  muor  ,  chi  langue  , 
Ma  germogliar   dal   sangue 
Non   veggo   la  virtù. 

Tu   che    di  pace    mediti 

Consigli    e  non  di  affanno , 
Signor,  quel  giorno  affrettane 
Che    immacolati    andranno 
Di  fredda  strage  i  regni , 
Che   miti  fìen  gì'  ingegni 
Come  nel  ciel   sei  tu. 

Manda   per  l'atre  carceri 
Questa  beata    spene, 
E  sonno  almen  benefico 
Fra    i  ceppi  e  le  catene 
Que'  miseri    addormenti, 
Che  forse  de'  potenti 
L'asprezza    traviò. 

Reggi    per    l'onde   instabili 
L'affaticata  prora. 
D'ospizio  salutevole 


Operette  italiane  329 

Il  peregrin  ristora  ; 
Ogni  dolor  fa  stanco 
In    chi   coll'cgro   fianco 
Le  piume    travagliò. 

Questo  luogo,  senza  che  io  m'inganni,  ha  lutto  lo  spi- 
rito del  bellissimo- La  battaglia  di  Maclodio-che  per 
me  è  il  più  bello  del  Manzoni.  Quantunque  potreb- 
be dirsi  che  quelle  alle  sentenze  d'italico  valore  era- 
no quivi  chiamate  dalla  stessa  natura  dell'argomento, 
e  qui  sono  condotte  dall'arte  e  dall'ingegno  dell'autore. 

Ma  comechè  tante  e  tali  bellezze  io  avvisi  in  que- 
sti inni,  non  è  però  che  io  non  vi  scorga  alcun  che 
di  non  perfetto  e  di  basso.  Alcuna  volta  la  sintassi 
è  forzata:  ond'è  che  duro  ne  viene  e  difficile  a  rile- 
varsi il  concetto ,  alcune  frasi  son  fuor  del  buon  uso 
o  almeno  non  abastanza  chiare,  come  ad  es,cw])ìo  -  ver- 
sar parole -dolor  solenne^  per  pubblico  -parlare  V  ac- 
cento del  perdono  -  lo  spettro  del  naufragio  che  si 
prende  gigante  sul  mare -il  chirografo  della  moiie-la 
congrega  degli  iniqui -Vaiato  stuolo  insano,  ^er  gli  cn- 
geli  che  furono  ribelli -il  lucido  sentiero,  ^ev  lo  ce- 
leste sentiero -il  fiore  del  cimitero  che  germoglia  suW 
estinto  colla  bruna  foglia  e  col  leggiero  alito  facon- 
do -  il  peregrino  della  cenere  obliata- n  me  non  san- 
no di  buon  gu'^to  :  e  dirò  più,  mi  tengono  dello  stra- 
niero ,  e  non  possono  fare  buona  lega  collo  stile  degli 
inni  che  per  tutto  è  italiano.  Vi  ha  pure  alcun  luogo 
dove  il  sermone  è  pedestre,  e  potrebbe  con  poco  sol- 
levarsi :  e  r  K.  V.  R,  sei  può  di  per  se  stessa  vedere, 
specialmente  negli  ultimi  tre  inni. 

Tutte  queste  iraperfczioncelle  però  poco  o  nulla 
tolgono  al  merito  del  poeta,  il  quale  forse  gentile  co- 
m'è spero  non  sapra  olTendersi  di  queste  mie  osserva- 
zioni. E  qual  uomo  può  egli  pretendere  che  gli  esca- 
no   perfette  dalle   mani  le  opere  sue? 


330  Letteratura 

De' versi  poi  del  Gargalio  (1)  non  k  a  dire  qua- 
to  siano  belli ,  e  quanto  si  raccomandino  per  se  stes- 
si ad  ogni  buon  italiano.  In  essi  piangesi  la  morte  del 
Delbene,  del  Pindemonte ,  del  Cesari  lumi  e  desiderio 
dell'italiana  lettratura,  e  si  rinnovella  il  doloroso  pi- 
anto della  morte  di  Giulietta  e  Romeo.  Non  nasconde- 
rò, colla  riverenza  dovuta  al  buon  traduttore  d'Orazio , 
che  lo  stile  è  sovente  intralciato  ,  e  la  sintassi  talvol- 
ta troppo  aspra  ed  irregolare:  e  dirò  ancora  che  in 
molti  luogi  è  oscurità ,  o  almeno  difficolta  non  lieve. 
Questo  scrittore  per  vero  ha  una  foggia  di  scrivere  tut- 
ta sua  ,  sicché  darne  giudizio  è  opus  periculosae 
plenum  aleae;  ma  il  verseggiar  sonoro  e  franco,  ma  i 
concetti  sempre  trascelti  ,  i  voli  arditi  e  sicuri,  ad  on- 
ta di  piccole  mende,  lo  faranno  avere  nel  novero  de'gen- 
tili  scrittori  dell'età  nostra.  Bello  sopramodo  mi  pare 
il  luogo  seguente  dalla  epistola  in  morte  del  Pinde" 
monte. 

Volgeran  gli  anni,  e  que'ch*entran  le  tombe 

De' cari  estinti  a  confortar  di  pianto 

Pietosamente  dolenti  e  solinghi  , 

Te  al  fioco  raggio  di  pallente  lume , 

O  Ippolito  vagante  ombra  canora, 

Rammenteranno  ,  e  i   tuoi  sepolcri.   Il  tocco 

Udito  apena  da  l'aerea  torre , 

Mesto   ricordator    all'Adria   ancella 

Di   sua  cangiata  sorte,  oh  come  acuto 

Echeggerà    nell'  alma  ,  che   delusa 

Crede  stabil  soggiorno  un   breve   albergo  ! 

Volgeran    gli    anni,  e  ancor   di    te    l'immago 


(i)    Le  Veronesi,  epistole  IV  di  Tommaso    Gargalio.    Na- 
poli i83i. 


Operette   italiane  331 

Vedrà  notturno  chi  passeggia  i  tristi 
Campi  di  Libitina.    Egli   a    le  scarne 
Guancie ,  ed  al  muover  lento  ,  ed  al  soave 
Girar  degli  occhi;  io  lo   ravviso  ,  è  questi 
Ippolito  ,  dirà  ,  signor  de'carmi 
Malinconia  spiranti ,  a  virtìi  sacri. 

Ne  meno  belli  e  forti  sono  i  versi  dell'epistola  ìa 
morte  del  Cesari,  in  cui  parla  con  voce  di  sdegno  del- 
la scuola  iperborea,  che  tenta  cacciare  del  luogo  lo- 
ro gli  antichi  maestri  della  civiltà  italiana  per  col- 
locarvi immagini  che  non  esistettero  mai  che  fra  i  ghiac- 
ci le  nevi  e  le  tempeste  ,  e  non  ebbero  altra  coro- 
na che  nebbie  fumose,  ne  altro  altare  che  monti  e  lan- 
de deserte ,  e  banchi  di  sabbia.  Gentile  poi  è  il  fine 
della  quarta  epistola  ,  in  cui  invita  la  celebre  Teresa 
Vordoni  Albarelli,  poetessa  italiana  e  delle  prime,  a 
cantare  gl'infelici  amori  di  Giulietta   e  Romeo. 

Que'che   già  d'Isabella  e   di  Clorinda 

Il   fato    deplorar  flebili    modi 

Tenta  dunque  ,  o   Teresa  ;  o    tu  di  Saffo 

Men  dotta  forse ,  ma  di   lei  più   bella , 

Di  Giulietta  o  tu  forse  men  bella 

Ma  più  dotta  e  più  saggia  ,  e  le  lor  ombre 

Di  pianto    avide  entrambe  a  te  d'intorno 

Vagoleranno  ;  lacrime   soavi 

Dagl'itali    suggendo  occhi  amorosi; 

Ch'anzi  ad  entrambe    rifiorir    sul  labbro 

Tu    vedrai  forse  involontario   riso  , 

Qual  rapido   balen ,  e  di  Ciprigna 

11  figlio  di  sottili   arti  maestro 

Esulteik  della  gentil  sua  frode. 


332  L   E   T   T  Ti   11   A   T    u    ;i   A 

E  questo  basti  deVersi  del  Gargallo,  leggiadri  e  artifi- 
ciosi in  vero  e  degni  d'essere  letti.  A  me  però  die 
lettura  più  cara  il  libretto  de' versi  del  cav.  Ricci , 
i  quali  mi  parvero  cosa  tutta  greca  e  tutta  classica. 
Spontaneità  di  frase  e  di  verso ,  delicatezza  di  con-* 
cetti,  grazia  e  leggiadria  distinguono,  a  senso  mio,  que* 
sto  Anacreonte  novello  (1),  del  quale  direi  più,  se  non 
mi  piacesse  ripetere  ciò  die  ho  scritto  per  un  altro 
giornale  italiano.  Ma  questo  io  dirò  ,  che  non  poteva 
il  celebre  scultore  di  Danimarca  sortire  più  nobile  poe- 
ta, ne  questi  avere  più  degno  subbietto  a'suoi  versi  » 
che  lo  scalpello  di  quel  nuovo  padre  delle  grazie  e 
maestro    delle   belle  arti. 

Ora  resta  che  io  dica  alcun  che  delle  prose  :  delle 
quali  è  prima  un'orazione  in  morte  di  Marietta  Rossi  Scu- 
tellari  (2),  donna  la  più  gentile  che  mai  fosse,  per  cui  ben 
disse  chidisse-che  nel  suo  partir  parti  del  mondo  amore 
e  cortesia.  -Autore  di  questa  orazioncella  è  il  dott.  Giu- 
seppe Petrucci.  Egli  fa  un  quadro  bellissimo  della  bon- 
tà, della  cortesia,  della  liberalità  di  questa  donna,  tan- 
to che  a  ragione  può  dire  che  la  morte  di  lei  e  pub- 
blico danno.  E  afferma  che  le  virtù  sue  furono  così 
certe  e  manifeste  a  tutti ,  che  non  vi  ebbe  persona 
di  merito  la  quale  anche  poche  ore  si  fermasse  in 
Ferrara,  che  a  casa  di  lei  non  avesse  ospitalità,  e 
non  fiorisse  nella  sua  amicizia.  ,,  E  uomini  di  let- 
,,  tere  e  di  scienze  non  solo  di  Ferrara  ,  la  quale  in 
„  gran   copia  ne  possedea  ,  ma  d'Italia  tutta  ,  e  mol- 


(i)  Anacreante  novissimo  del  commendatore  Alljerto  Thor- 
valdsen  in  3o  bassorilievi  anacreontici  ,  tradotti  dal  cav.  An- 
gelo Maria  Ricci.  Roma   i832. 

(2)  In  morte  di  Marietta  Rossi  Sculellari ,  discorso  del 
dott.  Giuseppe  Petrucci.  Bologna  iSoa. 


Operette   italiane  333 

„  ti  di  oltremonti  la  tennero  in   pregio ,  e  furono  lieti 
,,  d'averla   per   amica.   Noi  tutti   conosciamo   la  schiet- 
,,  ta    intrinsichezza    che    ebbe    con  lei  il   divino  scul* 
„  tore,  che  al  nostro  secolo  dà   il    nome;    e  come  la 
„  presentava   sovente    delle  copie    de'suoi  lavori ,  che 
,,  si   divulgavano    per   mezzo   del    bulino  ;  e    come  nel 
,,  transitare    che  faceva   per   rpiesta  citta,  prendeva  ri- 
,,  poso    nelle  stanze    ospitali  di  lei,  laonde  fu  (non  so 
,,  se  buona  od  avversa  ventura  )  che  nel  mese  di  set- 
„  tenibre    del   1822  qui  si  fermasse  più  di  una  notte; 
„  dappoiché  nel  breve  tragitto   da  Ferrara   a    Venezia 
,,  fu    colto  dal  male,  che  in  pochi   dì  lo  trasportò  co- 
,,  là    dove  si  può  le    ciò    che  si    vuole.    Noi    abbiamo 
,,  veduto   Vincenzo   Monti  ,  già   antico    conoscente    di 
,,  lei,  e   Giulio   Perticari,  novello   suo    estimatore,  per 
,,  le    raccomandazioni   che    in    persona    gliene    faceva 
„  l'insigne  suocero,  di  qui  passando  e  soggiornando  nel 
,,   1821,  a  prendere    diletto   della   giojosa  esquisita  sua 
„  conversazione  .,..,.  Noi  abbiamo  saputo  che  lord 
,,  Byron,  nella    breve    dimora    che  fece    fra  noi,   rao- 
,,  strò  desiderio    di  conoscerla ,  e    come  ne  fu  pago.  E 
j,  noi   sappiamo   ancora  ,   e  tutti    vedemmo  più    volte 
„  l'affettuosa  dimestichezza   di   che   seco   usava   il  con- 
,,  le  Leopoldo    Cicognara,  per  lignaggio  e    per  natali 
,,  nostro     concittadino    (ferrarese),    per  fama    e    nelle 
,,  lettere  nelle  arti   cittadino  del  mondo.  E  coloro  poi 
,,  che   sono    stati   compagni   di   giovinezza    furono  te- 
„  stimonio  degl'intimi   rapporti  che  per  amistà  la  strin- 
„  gevano    con  Varano  ,  Stratico  ,  Savioli  ,  i  due    Pin- 
„  demonte,  Gciretti,  Foscolo  ,  la    Bandettini ,  Giorda- 
„  ni.  Compagnoni  ,  e   con   tanti   altri  sommi.  ,,  In  tal 
guisa  il  sig.    dottor    Petrucci,  rammemorando    i     pregi 
e   le  doti   di  quella   donna   illustre,  chiama    ogni  cuo- 
re   bennato    a    piangerne   la   perdita ,  e    lei  pone    in  e- 
serapio   al    più   delle   donne    italiane    omai  troppo  im- 


334"  Letteratura 

inerse  nella  mollezza  del  secolo ,  Io  credo  che  ogni 
gentile  persona  sapra  buon  grado  al  sig.  Petrucci,  tanto 
più  che  egli  parla  col  cuore,  e  con  quell'ingenuità 
che  di  leggieri  si  acquista  fede  :  il  che  vai  più  che  i 
fiori  deirdoquenza  e  i  colori  del  bel  favellare,  che 
almeno  si  potrebbero  desiderare  in  questo  discorso. 

Ma  che  dirò  io  all'  E.  V.  di  quella  lezione  ac- 
cademica se  il  verso  di  Dante  -  Poscia  pia  che  il  do- 
lor potè  il  digiuno  (1)  -  meriti  lode  di  sublime  ,  o  tac- 
cia d'inetto  ?  A  confessarle  schiettamente,  il  primo  ef- 
fetto che  ha  fatto  in  me  quel  frontispizio ,  non  pos- 
so tacerle,  che  mi  è  venuto  uno  sdegno,  un  dispetto 
de'  più  grandi.  E  ingegni  sommi  si  perderanno  in 
queste  fanfaluche?  Or  via,  un  po'  scioglietemi  la  que- 
stione, nobilissimi  estetici^  se  nel  giudizio  di  Michelan- 
gelo quel  diavol  sannuto  che  sta  per  arroncigliare  un 
povero  cristiano  meriti  lode  di  concetto  sublime  od 
inetto.  Ditemi  un  pò  .  .  .  Ma  tant'è  :  Dante  ha  messo 
air  inferno  mezzo  mondo  ;  ed  è  egli  ora  messo  a'  tor- 
menli  da  una  folla  di  commentatori  che  l'han  fatto 
dire,  disdire,  e  che  ora  dubitano  se  alcuni  concetti, 
che  la  veneranda  antichità  ha  tenuti  per  sublimi,  ab- 
biano a  dirsi  inetti.  Povero  Dante  !  Te  ne  l'altezza  de' 
carmi  ,  né  la  grandezza  dell'  animo  ,  ne  la  venerazio- 
ne delle  eulte  nazioni  possono  difendere  dalle  uma- 
ne stravaganze.  Pur  veggendo  un  nome  rispettabilis- 
simo nelle  lettere,  qual  è  quello  del  traduttore  di  Fiac- 
co ,  di  Tommaso  Gargallo  ,  ho  frenato  il  dispetto  ed 
ho  letto.  Molta  erudizione,  molto  buon  senso,  e  giu- 
diziose opinioni  :  nulladimeno  dopo  letto  mi  sono  tro- 


(1)  Se  il  verso  di  Dante,  Poscia  ec,  meriti  lode  di  subli- 
me o  taccia  d'inetto.  Lezione  accademica  di  Tomm.iso  Gargal- 
lo. Palermo   1802. 


Operette   italiane  335 

vato  neir  imbarazzo  qual  prima.  L'opinione  che  il  eh. 
Gargallo  propone  per  accordare  le  opinioni,  è  assai 
ingegnosa.  Dice  egli  :  -  A  Pisa  fu  ed  è  voce  presso  il 
volgo  che  il  conte  Ugolino  addentasse  le  membra  de* 
figliuoli  ;  air  epoca  del  fatto  ne  fu  vario  il  grido  , 
e  forse  fu  chi  disse  il  conte  antropofago  per  crescer 
odio  sopra  chi  l'aveva  ridotto  a  tale  :  d'altronde  la 
storia  ,  la  natura  del  fatto  ,  le  circostanze  mostrano 
che  egli  morì  d'inedia  (poiché  digiuno  in  istretto  sen- 
so vuol  dire  inedia  e  non  fame  ,  che  è  l'effetto  dell' 
inedia ,  sino  però  eh'  ella  non  è  all'  estremo,  perchè 
allora  cessa  l'istinto  del  mangiare],  e  sottentra  un  sen- 
so di  debolezza  mortale  per  cui  a  poco  a  poco  1  uom 
n)anca)  ,  e  non  morì  per  aver  posto  il  dente  all'ese- 
crato pasto.  Dante  adunque,  per  non  contraddire  ad  al- 
cune di  queste  opinioni ,  troncò  la  narrazione  in  gui- 
sa che  ognuno  potesse  secondo  gli  piaceva  o  crede- 
re Ugolino  morto  d'inedia,  o  morto  et  incontinenza,  - 
Siami  permesso  dire  però  che  l'Alighieri  non  aveva 
duopo  ricorrere  a  eerti  modi  bassi  per  sottrarsi  al 
giudizio  del  volgo.  Il  poeta  divino  tratteggiò  tutta  la 
scena  in  modo ,  che  non  dovesse  rimaner  dubbio  il 
fine  ;  e  se  non  l'avesse  fatto,  sarebbe  stato  manco  nell' 
arte,  ne  avrebbe  ottenuto  quel  pronto  effetto  che  pur 
egli  cercava.  E  poi  alla  fine  dicanmi  questi  signori 
maestri  di  estetica,  non  è  egli  vero  che  per  avere  il 
bello  nel  terribile,  conviene  che  non  vachino  certe  li- 
nee ,  oltre  cui  le  umane  fantasie  non  possono  spazia- 
re che  con  pena  e  con  angoscia  ?  Non  è  egli  princi- 
pio dell'  arte  la  decenza  ?  E  questa  non  importa  ella 
che  le  commozioni  non  siano  troppo  violente  per  non 
essere  tormentose  ?  Sinché  vedrò  Ugolino  cadere  di 
fame  sui  cadaveii  de'  figliuoli  ,  che  egli  fatto  cieco 
brancolando  abbracciava  :  pietà,  orrore,  spavento  dol- 
cemente mi   stringeranno   il   cuore.   Ma   se   vedrò    lui 


336  Lbttekrtura 

gìttarsi  coi  denti  sulle  membra  de'  figliuoli  (che  do- 
vevan  forte  patire  e  cos'i  accrescere  la  pena  del  pa- 
dre), l'orrore  lo  spavento  mi  faranno  ritorcere  gli  oc- 
chi dal  tristo  spettacolo  ,  e  mi  porranno  l'animo  in 
troppo  forte  ed  insopportabile  agitazione.  Quest'  os- 
servazione non  poteva  sfuggire  all'  Mighieri.  Aggiun- 
gasi che  volendo  egli  mettere  in  obbrobrio  la  parte 
guelfa,  valendo  che  l'indignazione  di  tutti  su  lei  ca- 
desse ,  doveva  fare  che  la  pietà  fosse  in  proporzio- 
nato accordo  coli' orrore,  ne  soverchias.se  quest'ultimo. 
Finche  miro  Ugolino  morire  cieco  in  misero  amples- 
so co'  trapassati  figliuoli,  la  pietà  e  l'orrore  vanno  dei 
pari  :  e  Ugolino  move  sugli  altri  più  di  compassio- 
ne ,  perchè  il  suo  supplizio  è  protratto  più  a  lungo, 
e  maggiore  ira  si  accende  contro  l'infame  oppressore, 
che  a  tal  croce  lo  mise  ;  ma  se  egli  si  fa  pasto  de* 
figli ,  il  senso  di  pietà  che  si  aveva  per  Ugolino  sce- 
ma ,  e  su  lui  ricade  assai  d'odio  ,  perchè  men  forte 
de' figliuoli  a  sì  indegno  atto  si  è  piegato.  Tolto  è 
adunque  cosi  quell'  effetto  che  pure  è  il  fine  della  nar- 
raziofic.  Dante  ha  voluto  che  Ugolino  veda  prima  ca- 
dérsi a'  piedi  i  figliuoli  ,  poi  divenga  cieco  ,  poi  li 
chiami  e  brancolando  sopr  essi  manchi  e  moja  ,  per- 
chè Ugolino  come  figura  principale  del  quadro  de- 
sti la  maggior  commozione  :  il  che  non  sarebbe  se 
egli  sbramasse  la  fame.  Perchè  quell'  atto  di  atrocità 
e  di  debolezza  toglierebbe  a  lui  tutto  il  merito  della 
primiera  fortezza ,  e  lui  pure  renderebbe  odioso  agli 
spettatori  ,  poiché  essi  giudicano  a  tenore  delle  im- 
pressioni  più   forti   che  lor    vengono    da'   sensi. 

E  Dante  non  vedeva  egli  queste  cose?  Oli  si  usi 
a  meglio  lo  studio  di  quel  primo  maestro  di  civiltà, 
ne  si  faccia  che  quelle  dottrine  che  valsero  prima 
ad  ingentilire  gli  animi  incruditi  dalle  fazioni  ,  ora 
siano  semplice  oggetto  di  questioni  logodedalee  ,  e  foi- 


Operette  italiane  337 

se  in  tutto  vane.  Miriamo  al  fine  degli  sforzi  di  quel 
signor  deir  altissimo  canto,  e  sia  lo  spirito  di  lui 
che  informi  gli  animi  e  le  menti ,  non  altro.  Ne  per 
desiderio  di  novità  o  per  brama  d'essere  inserito  ne' 
cataloghi  de'  libra]  fra  i  commentatori  di  Dante  ci  con- 
duciamo a  strani  commenti ,  e  a  movere  questioni ,  e 
a  spargere  oscurità  sopra  cose  piane  e  chiare  agli  uo- 
mini che  in  tre  secoli  ci  precedettero.  Ma ,  monsignor 
mio  ,  se  io  ho  disviato  mei  perdoni  :  non  ho  saputo 
per  nulla  contenermi.  E  forse  lo  stesso  chiarissimo 
sig,  Gargallo  ha  sentito  ciò  che  io  sentiva  quando 
scrisse  quella  sua  lezione  ,  poiché  egli  stesso  confes- 
sa che  a  mal  in  cuore  vi  si  h  indotto,  e  fino  dal 
frontispizio  ci  avverte  che  un  comando  altresì  lo  fa  par- 
lare -  ?ion  inj'ussa  cano.  -  La  conclusione  poi  è  ;  che 
questo  verso  è  sublime  perchè  oscuro  -  U oscurità  in- 
gegnosa lungi  di  recarsi  a  vizio,  sovente  tra  le  mag~ 
giori  bellezze  va  annoverata  ,  e  fra  le  più  vicine  al 
sublime.  Cosi  egli.  Io  però,  se  è  lecito  che  io  inter-r 
ponga  il  mio  giudizio  ,  terrò  contraria  sentenza  e  di- 
rò ,  che  questo  verso  è  sublime  perchè  inchiude  un 
elevato  concetto,  il  quale  è  evidente;  ne  si  può  ren- 
dere oscuro  che  coli'  usarvi  tutto  l'ingegno  e  le  sot- 
tigliezze. 

Dopo  questa  lezione  accademica  ho  letto  con  pia- 
cere la  lettera  di  S.  Gio.  Damasceno  degli  obblighi 
de'  coniugati  (1),  tradotta  dal  sig.  prof.  Pietro  Ver- 
miglioli  per  le  nozze  della  sua  Ester.  Certo  le  sono 
poche  righe,  ma  pesano  assai,  e  più  anche  poi  le 
dotte  e  gravi  note  che  lo  stesso  sig.  prof,  vi  ha  ap- 


(i)  Delle   obbligazioni  dei    conjugi  ec.  di  S.  Giovanni  Da-- 

masceno  lettera  V   lit.  IV;  versione  di  Pietro  Vcrniitjlioli.    Pe- 
rugia  i85'2. 

G.A.T.LIII.  22 


338  Letteratura 

poste.  Se  tutti  i  padri  nel  dar  marito  a  lor  figliuole 
le  presentassero  di  tali  ammonimenti ,  sarebbe  con  uti- 
le grande.  Cosi  pure  vorrei  si  facesse  da  coloro,  che 
pdr  applaudire  alle  nozze  de'  parenti  o  de'  congiunti 
non  sanno  clie  strimpellare  un  chitarrino  che  non  ha 
altro  scopo  che  di  movere  il  sonno  più  presto  agli 
sposi.  L'esempio  del  eh,  Verraiglioli  merita  di  essere 
«eguito  da   tutti. 

Ultima  di  queste  mie  picciole  letture  è  stata  quel- 
la di  un  comentarietto  italiano  molto  succoso,  e  scrit- 
to COR  tutta  la  grazia  dello  stile  italiano,  E  intor- 
no la  vita  e  gli  studii  di  don  Ignazio  Guglielmo  Ora- 
ziani da  Bagnacavallo  (1),  ed  è  offerto  al  eh,  monsig, 
Folicaldi  pur  egli  bagnacavallese.  Incomincia  dalle 
lodi  della  famiglia  Oraziani  si  benemerita  della  re- 
ligione e  degli  studii  fino  da'  tempi  di  san  France- 
sco d'Assisi.  Scorre  con  brevità  i  fatti  principali  della 
sua  vita  ,  poi  chiude  con  dire  a  proposito  degli  stu- 
dii ;  ,,  Sono  molte  di  numero  e  piiÀ  di  valore  le  poe- 
„  sie  del  Oraziani  ,  che  in  italiano  fecesi  manifesta- 
„  mente  ad  emulare  quello  squisito  giudizio  di  Eu- 
„  stachio  Manfredi  ;  in  latino  accostossi  quanto  altri 
„  mai  a  Tibullo  nelle  elegie  ,  a  Catullo  negli  epi- 
„  grammi ,  a  Virgilio  negli  esametri ,  ad  Orazio  stes- 
,,  so  nelle  odi  :  ed  è  lume  chiarissimo  alla  scuola 
,,  faentina  ,  la  quale  conserva  ancora  ali*  Italia ,  la 
„  Dio  mercè  ,  incontaminato  l'onore  della  lingua  del 
„  Lazio.  „  Cosi  egli  ,  e  bene.  A  me  però  pare  che 
quantunque  il  Oraziani  sia  gentile  poeta  italiano  ,  pu- 
re alcuna  volta  anziché  avere  la  grazia  del  Manfre- 
di ,  risenta  della  freddezza  de'  petrarchisti  :  e  in  la- 
tino sebbene  sia  sempre  sicuro  in  fatto  di  lingua,  pu- 
re nelle  odi   specialmente   manchi    di   quello   slancio 

(i)  Della  vita  e  degli  studi  d'Ignazio  Guglieliuo  Graziani, 
cvromenlario  di  Domcuico  Vacculiai«  Lugo  pel  Melandri  i832. 


Operette  italiane  539 

che  è  la  prima  lode  de*  lirici.  Le  sue  elegie  però  e 
i  suoi  endecasillabi  mi  pajono  sopra  ogni  elogio.  Sa- 
rebbe lodevole  pensiero  il  farne  una  scelta,  ed  unir- 
vi alcuni  bei  versi  di  altri  pur  belli  poeti  italiani, 
che  ebbero  culla  in  quel  felice   terreno   d'Emilia. 

Io  credo  ,  monsignor  mio  ,  che  per  arrivare  a 
capo  di  questa  lunga  cantafera  ella  avrà  avuto  a  fa- 
re il  segno  di  croce  più  che  dieci  volte  ,  ne  avrk 
terminato  senza  sentire  d'avere  esercitata  la  sua  pa- 
zienza. E  me  ne  spiace  :  perchè  ella  merita  tutl'altro 
che  noje   da  me. 

Terminerò  col  darle  una  novella  che  assai  le 
giacerà.  Don  Cesare  Montalti  nostro ,  con  quella  sua 
penna  d'oro,  ha  alcuni  sonetti  di  vario  argomento  , 
colla  version  latina  ,  e  li  stamperà  quanto  prima.  Egli 
me  lo  ha  promesso  ,  e  mi  terra  la  parola.  Cospetto 
me  la  terrà  !  o  io  ad  ogni  corso  di  posta  lo  verrò 
stimolando  finche  mi  sciolga  la  promessa.  Le  presen- 
to anche  una  lettera  latina  diretta  a  me  anni  sono, 
quando  dalla  cattedra  di  belle  lettere  di  Solarolo  pas- 
sava a  quella  di  Savignano.  Ella  parla  di  molte  co- 
se ,  e  in  ispecie  della  falsa  lapide  posta  al  fiume  di 
Cesena,  onde  da'  raen  dotti  sia  avuto  per  l'antico  Ru- 
Licone.  E  per  le  grazie  della  lingua  latina ,  e  per- 
chè nulla  esce  di  quelle  mani  che  non  sia  oro  ,  mi 
par  bello  donarlo  a  lei ,  ond'  ella ,  se  converrà  con 
me  della  bellezza  di  quella  scrittura ,  ne  faccia  do- 
no al   nostro  giornale  arcadico. 

Piaccia  all'È.  V.  Rina  aggradire  il  presente  che 
le  fo  ,  ed  avere  me  nel  novero  de'  suoi  servitori  ve- 
ri.  Io   le   bacio  le  mani. 
Dell' E.    V.    Rma 
Di  Pesaro  il  16  agosto  1832. 

Urho  difio  ed  obmo  scrv. 
Giuseppe  Ignazio  Montanari. 
22^ 


340 


De  veterum  Rubicone^  Caesaris  Moìitaltii  epistola, 

JQSEPHO  IGNATIO   MONTANARIO 
sabmianensium  rhetori  designato 

CaESAR    MoNTALTIua 

S,  P.  D. 

amdiu  acceperam  ,  rumore  nuncio  ,  humaniorlbos 
tlisciplinis  excolere  te  ingenium  tuum  ;  nuiic  autem, 
clatis  ad  me  litteris  ,  quam  de  te  mihi  expectationem 
moveras  ,  egregie  sustines  :  suiit  enim  elegantissime 
politeqiie  scriptae  ,  teque  pervolutandis  purioris  lati- 
nitatis  aiictoribus  jara  proLe  subactum ,  bonasque  fe- 
rentem  fruges  ostendunt.  Non  est  proinde  cur  admi- 
reris  ,  si  de  tuis  laudibus  exirniaque  indole  multus 
mihi  cum  clariss.  Batliolomaeo  Burghesio  ,  qui  litte- 
ratorum  hominum  apud  nos  ordinem  ducit ,  fuerit  ser- 
mo. Ilac  ego  praestantia  viros  praccipua  quadam  ob- 
servantia  prosequor ,  ncque  quidquam  jucundius  mila 
accidife,  qnara  si  cum  iisdera  necessitudine  et  fami- 
liarilate  conjungai'  :  cum  itaque  ad  tuam  aditum  cx- 
pedieris  ,  amo  te  plurimum.  Sed  vide  ,  ne  ad  ipsara 
ineundam  falsa  te  illexerit  virtulis  species.  Nulla  in 
me  quippe  ornamenta  sunt ,  quibus  conciliari  amici- 
tia  solet  ì;  et  scientiarum  amor  ,  quo  teneor  ,  habet 
adumbratara  solum ,  non  expressam  humanitatis  ima- 
ginem  ,  unde  capi  animus  possit,  Obsequar  tamen  vo- 
luntati  tuae  :  et  cum  primum  apud  sanmarinenses  me 
recepcro  (nunc  enim  omni  foencre  solulus  autumna- 
libus  fcriis  rtui  iudulgeo)  quantum  publicae  luivatae- 


De  veteiìlm  Rubicone  341 

tpie  oCCupatìones  ,  quibus  in  urbe  omnium  beatissima 
assidue  destineor,  pati  potcriint ,  commercio,  ut  li- 
bi lubet ,  litterarum  conglutinatam  modo  consucludi- 
uem  conferebo.  Quod  mens  lucubratinuculas  laudas  ,1 
facis  lU  quidem  abuiidantia  quadam  amoiis  ,  ut  quas 
adspergi  maculis  accidat ,  splcadidae  libi  esse  vide- 
antur  :  quamquam  et  tuas  laudes  eam  in  partcm  ac- 
ci pio .,  ut  in.  iis  coiiferendis  humauitatis ,  non  soler- 
tissimi judicii  tui,  rationem  habere  te  voluissc  intel- 
ligara.  Ago  tameu  ,  habeoque  tibi  giatias  quammaxi- 
mas  :  video  enira,  aemmna  tua  me  in  lucro  esse.  Tu 
interim  urge,  quod  coepisti ,  bonarum  litterarum  scien- 
tiarumquc  praeclarum  iter ,  in  iisque  adipisccndis  col- 
itica ingenium  tuum  :  fructus  ubcrrimos  referes  :  raio 
siquidem  .,  sin  minus  fortuna  ,  gloria ,  quae  praccipuum 
externorum   bonorum  est  ^    virtutera  deserit. 

Veiiio  nunc  ad  celebrem  illam  S.  P.  Q,  R.  jus- 
siouem  ,  qua  vetitura  ,  ne  quis  ad  urbem  redieas  , 
Rubiconcm  armatus  trajiccret ,  quae  insculpla  lajiidi 
legitur  in  agro  cacsonati.  Ex  iis  ,  quae  me  iitlerrogas, 
opes  ingenii  tui  facile  cogiioscoj  pracseferunt  eusm 
peracre  judicium,  et  in  enodandis  rerum  dillìcultati- 
Lus  sagacitatem.  Satius  mihi  foret,  ea  practcrii-e;  cuni 
quia  esse  tibi  notissima  prò  certo  habco  ,  tum  quod 
nibil  te  dignum  proferre  possim:  aliqua  lamen  adsuam, 
ne  meo  magis  pudori,  quam  tuo,  videar  satis  desi- 
derio fecisse.  De  Rubicone,  veteri  ac  perillustri  Gal- 
Ijae  Gisalpinae  Italiacque  olim  limite  ,  magna  mo- 
do obscuritas  est  ;  et  quaravis  in  hac  Sparta  adornan- 
da  praeclari  nominis  scriptores  saeculo  proxime  elapso 
insudaverint ,  adhuG  sub  judicc  Iis  est.  Ariminenses, 
dato  pignore,  contendunt ,  Riibiconem  unum  eumdem- 
que  esse  cum  Luso  ,  qui  prope  se  fluit.  Cticsenatcs 
mei  non  alium  agnoscunt  ,  quam  qui  parum  dislat 
ab  suis    moenibus  ,    reliuclquc   ibi   hactenus    priscuiu 


342  Letteratura 

nomen  ,  elsi  paullo  infra  cum  Visatello  ,  ut  incìige- 
nae  euni  vocitant ,  commutet.  Pro  iis  Svetonius  alii- 
que  facere  videntur  ,  adscripto  ad  ariminensem  agruiu 
Rubicone.  Verum  liaec  ad  coarctandos  nostros  fines, 
non  ad  eum,  ubi  Lusus  est,  collocandum  valènt.  Ma- 
gnum  profecto  adversarium  Pliniura  habent  lib.  Ili 
cap.  XVIII.  Is  Aemiliani  ingressus  viara ,  interfluen- 
tes  amnes  ordine  sic  digerit:  Ariminum\  Aprusa^  Ru- 
bicon, Sapis.  Ab  ea  igitur  urbe  Aprusa  ,  ut  nunc  Lu- 
sus ,  propius  abest  ;  quin  et  in  hujus  corrupta  voce, 
veteris  illius  vestigia  norainis  dignoscuntur.  Succedit 
Aprusae  Rubicon ,  ut  modo  aranis  alter ,  qui  prope 
Caesenara  ad  ortura  subit.  Haec  mihi  tanti  sunt ,  ut 
in  bisce  vetustatis  tenebris  secundum  caesenates  pro- 
nunciarem.  Inscriptio  ,  quara  refers ,  aliena  mihi  pror- 
sus  videtur  a  castitate  et  splendore  latinae  linguae, 
qua  per  id  temporis ,  cura  scse  inscuiptam  ostendit, 
in  publicis  raonumentis  romani  utebantur  ;  veluti  illa 
sunt  :  Vexillum  sinito  :  nec  citra  hunc  amnem  Ru- 
biconem  :  hujus  jussionis  ergo  adversus  ierit.  Prae- 
tereo  ,  quod  et  ipse  per  te  faclllirae  animadvertes  , 
vocem  comilito  hic  perperam  usurpatam.  Quid  autem 
tautologia  illa:  miles^  tjr^o  ^  comilito^  maniputarius, 
centuriae,  turmae  ?  Quid  illa  repetitio  :  ultra  hos  fi- 
nes  arma  prof  erre  ?  Quid  denique  facta  cura  eo  sce- 
lere comparatio  :  ac  si  sacros  penates  e  penetralihus 
asportaverit  ?  Nunquara  id  in  publicis  tabulis  exaratura 
vidi  :  quo  fit ,  ut  judicio ,  quod  illa  de  inscriptione 
sane  perhonorificura  tulerunt  Petrus  Crinltus,  Flavius 
Blondus  Aldusque  Manutius  ,  non  modo  non  acqtiie- 
scam  ,  sed  illud  oranino  iraprobera.  Huc  adde  ,  per- 
petuo legiones  e  Gallia  in  Apuliara  Brutiosque  trans- 
ductas  ,  supeiato  Rubicone  :  proinde  ex  occasione  pro- 
dendi  posteris  celeberrimi  seuatus  consulti ,  quo  Cae- 
sar  inter  provinciae  suae  fincs  retiuebatur ,  factum  fuis- 


ÌDe   VETÉRtM    RuiJICONÉ  3A3 

se  ^  dutn  jam  i-otnanus  seimo  a  sua  dignltate  tcce?;* 
serat ,  nullus  dubito.  Haec  citrsim,  relque  potius  ve- 
haticae  >,  quam  litterarìae  in  praesentia  studiosus  i  quad- 
re ,  uti  cruda  immaturaque  iii  iguetn ,  sì  me  amas  , 
conjicito  .  Quod  si  majorem  pleiiioremquc  liuic  ai- 
gumento  lucem  suffundere  forte  velis  ,  consulcndus  libi 
in  primis  Barth.  Burghesius  <,  quem  iterum  honoris  caus- 
Sa  iiorainabo ,»  quippe  qui  possit  uniis  necessaria  tibi 
suppeditare  sivc  ab  Iiistoria  -,  sive  ab  artis  crìticae  pe- 
hU  in  rem  tuam  adjumcnta  ,  teque  ad  ipsammet  ve- 
t-itatcm  tot  Inter  dissidentiuni  inter  se  opinlonura  am- 
bages  manti ,  ut  ita  dlcam  ,  facillime  ducere  :  quod 
qui  eum  antecessere  ^  irrito  hactenus  labore  conatos 
fuisse,  Unum  si  excipias  Paschalem  Amatium  ,  qui  rem 
altigisse  propius  vìdetur,  cordatus  quisque  ,  vel  invi- 
lus  ^  fateatur  necesse  est.  Vale  interea ,  meque  nulli 
tmquam  officio  ^  quod  in  te  colendo  ornandoque  ad- 
hiberi   oporteat ,  dcfuturum   scilo. 

Ex  yillula  mea  ad  Isapim  idìbus  octobris  aiiJ827. 


344 


ARTI 

BELLE- ARTI. 


Memoria  sopra  Prospero    Clementi 
scultore  reggiano 

M.  rospero  Clementi  è  uno  di  quei  pochi  che  ai  suoi 
dì  neir  arte  dello  scolpire  per  semplicità  di  stile  pre- 
se ad  istudiare  gli  antichi,  e  gli  imitò  senza  riu- 
scire freddo  e  stentato  copista.  A  ciò  fare  venne  egli 
incoraggiato  dallo  esempio  dello  zio  Bartolomeo  Span- 
ni Clementi.  Questi  ebbe  fanja  di  valente ,  laddove 
pel  snnnominato  Prospero  il  suono  della  lode  fu  as- 
sai minore  del  merito,  e  restò  quasi  sepolto  con  es- 
so. Era  riserbato  al  eh.  Tiraboschi  (1)  il  farla  rivivere 
neir  opera  in  che  sparge  molta  luce  su  la  vita  e  in 
sulle  opere  degli  artisti  degli  stati  estensi.  Aveva- 
lo  ,  è  vero  ,  preceduto  in  tesserne  V  elogio  il  cav. 
Francesco  Fontanesi  :  ma  questo  elogio  giacevasi  ine- 
dito ,  e  ne  dobbiamo  la  pubblicazione  ad  un  egie- 
gio  profesore  della  beli'  arte  del  dire.  Dopo  queste 
due  memorie  sarebbe  un  perdere  il  tempo  l'aggiun- 
gervene  una  terza,  se  a  questa  non  fosse  dato  il  por- 
re in  luce  alcune  notizie  a  mio  avviso  non  isprege- 
voli    della    famiglia    Clementi. 

Da  Bernadiuo  di  Clemente  Spani    cremonese  ,   cui 
toccò  in  sorte  di  porre  il  cognome  alla  casata  de'  Cle- 


Belle-Arti  345 

mentì ,  venne  al  mondo  Prospero ,  non  già  in  Mo- 
dena come  scrisse  il  biografo  de'  pittori  italiani,  ma 
in  Reggio  di  Lombardia.  Imparò  l'arte  dallo  zio  Bar- 
tolommeo  ,  il  quale  ,  sebbene  in  essa  spartissimo  , 
fu  poi  dal  discepolo  superato.  Dopo  d'averla  appresa 
a  dovere,  venne  a  Roma  per  acquistar  cognizioni  ed  a 
perfezionarsi.  Di  qui  tornò  in  patria  a  dovizia  arric- 
chito d'  artistiche  idee.  Fu  adoperato  a  Parma  (2)  in  due 
superbi  depositi  esistenti  ancora  nella  confessione  o 
vogliara  dire  sotterraneo  di  questa  cattedrale.  L'  uno 
si  è  quello  del  santo  vescovo  Bernardo  degli  liberti, 
ed  è  la  prima  opera  che  ivi  entro  travagliò.  Dui  vello 
delli  due  putti  ,  disegnatigli  da  Girolamo  IVIazzola  ,  Ira- 
spira  un'  aria  correggesca.  Stanno  essi  in  atto  di  so- 
stenere la  mitra  ed  il  pastorale  del  prelato  ,  la  cui 
statua  è  assai  commendata.  Vieppiù  risplonde  il  suo 
sapere  nell'  altro  deposito.  Su  d'esso  ammirasi  l'effigie 
di  Bartolommeo  Prati  giureconsulto  di  gran  nome.  So- 
novi  due  prefiche  o  neomenie,  lodatissime  dagli  scrit- 
tori delle  cose  parmensi  per  la  bella  maniera  di  pie- 
gare maestrevolmente  le  vesti  e  per  la  mestizia  che 
loro  traspare  dal  volto  :  nel  che  fare  andò  vicino  agli 
antichi ,  se  pure  non  vogliara  dire  che  li  raggiunse. 
Questi  sono  i  lavori  che  gli  dier  nome  in  Parma.  Nulla 
dirò  di  altre  sei  statue  di  marmo  che  gli  furono  com-' 
messe  dai  fabbricieri  di  quella  cattedrale,  perchè,  come 
ho  fatto  altrove  vedere  ,  hanno  sofFerta  la  consueta  di- 
sgrazia di  tanti  bei  monumenti  di  mano  maestra,  d'es- 
sere andati  a  male.  Ad  altri  lavori  di  minor  conto  ivi 
parimenti  die  mano,  avendo  a  compagni  Bartolommeo 
e  Girolamo  scultore  non  conosciuto  dal  Tiraboschi.  La- 
vorò Girolamo  anche  in  Reggio  da  se  ,  e  nel  pubbli- 
co archivio  è  registrata  la  convenzione  fra  il  suddetto 
ed  i  rappresentanti  il  comune  di  Reggio  per  gli  orna- 
menti   in    marmo    da    farsi    da    lui    per   la    torre  dell' 


346  Belle-Ar   Ti 

oriuolo.  Torniamo  a  Prospero  ,  che  dopo  di  avere  man* 
dato  ad  effetto  le  obbligazioni  contratte  in  Parma  » 
tornò  a  Reggio  dove  fece  e  lasciò  opere  insigni  di 
gusto  greco.  Prima  di  parlarne  fo  un  cenno  de*  lavori 
da  luì  bravamente  eseguiti  fuori  della  patria  sua.  Car-» 
pi  ha  di  lui  due  statue  in  marmo,  in  una  delle  quali 
si  raffigura  la  Fede  »  nell'  altra  la  Carità  tenute  in 
pregio  entro  d'una  cappella  di  quel  duomo ,  ov'  è  la 
statua  del  Redentore  in  terra  Cotta  di  mano  del  Regarelli 
plastico  famoso.  E  stato  detto  è  si  è  creduto  senza  prò» 
va  sicura,  che  il  Begarelli  fece  ì  modelli  ad  Antonio 
Allegri  per  la  cupola  del  duomo  di  Parma:  e  si  è  ciò 
detto  e  ripetuto  da  più  d'uno  a  gran  torto  del  som- 
mo Allegri  che  tutto  debbe  alk  sola  solissinta  sua 
forza  d'ingegno.  Correggio,  patria  di  questo  pittore  delle 
grazie ,  potrebbe  vantarsi  ancor  di  presente  di  posse- 
dere un'  opera  di  Prospero  Clementi  ,  cioè  a  dire  il 
busto  del  medico  Giambattista  Lombardi ,  se  per  im- 
prevvéduto  disastro  non  fosse  rimasto  tra  gli  incom- 
piuti e  dimenticati.  Mantova  possiede  il  sarcofago  del 
vescovo  marchese  Giorgio  Andreasi,  che  oggidì  si  àiii-* 
mira  in  quel  tempio  di  santo  Andrea ,  una  delle  più 
l^randi  opere  di  architettura  di  Leon-Battista  Alberti* 
Potrei  qui  dire  che  anche  in  Bologna  gli  fu  dato  a 
fare  un  san  Procolo  in  marmo  da  porsi  nell'  atrio  la- 
terale della  chiesa  di  san  Domenico ,  ma  mi  asten- 
go dall*  affermarlo  per  essere  riputato  ,  ad  onta  dell 
autorità  del  Masini ,  di  Lazzaro  Casario  scultore  bo* 
lognese.  Oltre  a  ciò  la  figura  del  martire  avente  in 
mano  la  raanaja  del  manigoldo  ,  tranne  la  testa  di  bel 
carattere  (3)',  per  detto  degli  intelligenti  e  molto  lon- 
tana dalla   buona   maniera  de'  grandi  esemplari. 

Per  iscrivere  a  pie  di  quella  statua  t ,,  Opus  Pro- 
speri di  Cleraentibus  t  ,,  converebbe  supporre  che  vi  met- 
tesse poco  studio  e  minor  diligenza  ,   il    che    non  par 


Belle-Arti  3^i7 

Verosimile  di  un  artista  cui  slava  assaissimo  a  cuore 
la  propria  riputazione.  Avrebbe  potuto  avere  impor- 
tanti commcssioni  in  altre  citta  ,  e  cosi  propagare  il 
suo  nome  nelT  alta  Lombavtlia,  se  l'amor  della  pa- 
tria non  lo  avesse  ricondotto  al  nido  natio  e  non  gli 
avesse  inibito  di  pivi  allontanarsene.  Molte  sono  le  ope- 
re eh'  egli  fece  in  patria,  se  non  tutte  dell'  istesso  me- 
rito, ninna  però  in  opposizione  ai  sani  principj  dell* 
arte.  Merita  di  essere  annoverato  tra  le  prime  il  de- 
posito di  Ugo  Rangone  vescovo  di  Reggio  ,  lavoro  in- 
signe degno  di  essere  per  mezzo  dell'  intaglio  pub- 
blicato fra  ì  monumenti  piiì  celebri  dell'Italia  nostra. 
Non  fu  esalto  il  Vasari  nel  dirne  la  statua  del  pre- 
Iato  grande  quanto  il  naturale,  gingnendo  essa  a  quin- 
dici palmi  di  altezza.  Poteva  dire  di  statura  non  or- 
dinaria^ quale  sappiamo  dalle  relazioni  di  viaggiatori 
niente  visionari  essere  quella  de'  patagoni.  Ben  e  vero 
quanto  egli  aggiungne  intorno  ai  due  putti  ottima- 
mente condotti  e  dell*  ultima  vaghezza.  1  capitoli  re- 
lativi (4)  air  esecuzione  del  monumento  sepolcrale  fu- 
rono stesi  per  mano  di  notajo,  e  firmati  da'  procu- 
ratori del  conte  Ercole  Rangoni  e  dallo  scultore  Cle- 
menti. Una  ^  anzi  la  più  stretta  delle  obbligazioni  che 
gli  furono  imposte  ,  si  è  questa  di  dovere  eseguire  ap- 
puntino il  disegno,  lasciando  roIo  in  arbitrio  suo  il 
porre  a  lato  dell'  urna  i  due  patti  nell'  attitudine  che 
più  gli  fosse  a  grado.  Uno  di  questi  due  putti  gra- 
ziosi sostiene  la  mitra  ed  il  pastorale  ,  l'altro  soreg- 
ge  Telmo  e  la  spada.  Il  ben  ideato  mausoleo  essere 
doveva  interamente  ultimato  entro  lo  spazio  di  anni  cin- 
que. Compiuta  l'opera,  ambe  le  parti  dovevano  scegliere 
due  periti  per  fissarne  il  prezzo  :  e  in  caso  ^  non  infre- 
quente ,  che  si  mostraselo  eglino  di  parere  contrario, 
il  giudizio  di  un  terzo  stimatore  aver  dovevasi  per 
inappellabile.   Frattanto  si  assegnano  allo  scultore  per 


348  B   E    L    L    E  -  A    R    T    t 

arra  anticipata  d'anno  in  anno  alcune  piccole  monete 
correnti  in  Modena  a  quei  di.  Indi  tratto  a  buon  fine 
il  lavoro,  ne  consegui  l'intero  agamento  di  scudi  mille 
ducente  cinquanta  d'oro  in  oro.  Quanta  non  mal  com- 
pra gloria  gli  partorisce  il  fatto,  tult'  ora  ai  veggenti 
per  se  lo  addimostra  chiarissimamente.  Altra  onori- 
fica incombenza  egli  ebbe  di  poi  dall'  insigne  capi- 
tolo di  quella  cattedrale,  e  fu  il  dar  mano  (5)  a  cinque 
statue  belle  e  lodevoli  di  marmo  di  Carrara.  I  pat* 
ti  furono  di  passargli  in  tre  rate  scudi  trecento 
end'  egli  ir  potesse  a  Carrara  a  provedere  i  massi  del 
marmo  che  gli  [abbisognavano  ,  e  eh'  entro  il  ter- 
mine di  otto  anni  esser  dovevano  finite  di  bella  e 
lodevole  esecuzione.  Qui  pure,  dopo  l'ulliraa  pulitura 
delle  statue,  si  li  rappresentanti  del  capitolo  suddetto 
come  l'artefice  star  dovevano  al  giudizio  di  persona 
dell'arte:  e  il  giudizio  fu  questo:  Le  cinque  statue 
per  farsi  comprare  hanno  pieno  diritto  di  chiedere 
e  di  volere  scudi  ducento  per  cadauna.  Quello  che 
potrebbe  farne  maravigliare  si  e  come  i  canonici  gli 
potessero  imporre  una  si  rigorosa  obbligazione  ,  men- 
tre avevano  dinanzi  agli  occhi  una  viva  testimonian- 
za  del  come  l'arte  di  Fidia  non  gemeva  altrimenti 
sotto  lo  scalpello  del  loro  concittadino.  Ma  non  credo 
di  errare  pensando  che  con  verbale  convenzione  pre- 
cedente il  contratto  gli  avessero  permesso  di  servir- 
si in  gran  parte  dell'  ajuto  degli  scolari.  Or  dando  al 
mio  pensiero  quel  peso  che  può  meritare,  non  e  a  stu- 
pirsi se  i  canonici  strettamente  obbligaronlo  a  dar  loro 
a  suo  tempo  sculture  ben  fatte ,  e  se  queste  sculture 
a  chi  intende  l'arte  a  fondo  non  pajono  ,  tranne  la 
santa  Caterina ,  da  contarsi  fra  le  opere  migliori  di 
un  artefice  egregio.  Lodato  è  a  ciclo  ed  è  degno  di 
lui  il  ciborio  tutt'  ora  conservato  in  quel  duomo  da 
lui    stesso  ridotto  a  perfetto  finimento.  Il  Redentore  in 


B  E   L  L  E-  A   R   T  I  349 

bronzo  sovraslanne  al  ciborio  con  in  mano  il  vessillo 
dell'  umano  riscatto  ,  a  dirlo  in  poco,  h  un  prodigio. 
Scolpi  un  altra  effigie  del  Salvatore  per  la  confra- 
ternita de'  crocessegnati,  con  questo  divario  che  il  pri- 
mo ,  se  credi  al  senso  della  vista,  ti  sembra  librato 
in  aria ,  e  questo  secondo  adossatosi  il  peso  incom- 
prensivamente  gravoso  (6)  della  croce  par  che  si  di- 
ca „  Osserva  quanto  mi  costì!,,  Di  quest*  ultimo  se 
ne  hanno  più  copie  in  medaglie  coniate  in  oro  e  in 
argento.  Graziosissirae  sono  pure  le  forme  d'una  sta* 
tuetta  avente  in  sulle  spalle  una  conca  ad  uso  di  ba-- 
ciao  ,  ritratto  ,  se  non  mente  la  fama  ,  della  serva 
del  Clementi.  Non  mi  fo  qui  a  ragionare  delle  sta- 
tue colle  quali  decorò  egli  la  rappresentazione  (7)  dell* 
Alidoro  ,  perchè  non  ne  rimane  che  la  nuda  descri- 
zione in  istampa  :  ne  farò  altrimenti  parola  d'altri 
due  depositi  ,  uno  del  canonico  Girolamo  Fossi,  l'a- 
tro di  Cherubino  Sforziauo  protonotario  apostolico  , 
maestro  di  oriuoli  eccellentissimo  a  detta  di  Benve- 
nuto Cellino.  Il  primo  deposito  è  ancora  in  essere 
come  usc\  di  mano  all'  artefice  :  non  è  così  del  se- 
condo. Ttasportato  in  luogo  dove  si  è  voluto  adat- 
tare il  deposito  al  sito  e  non  il  sito  al  deposito  ,  co- 
me far  si  doveva  ,  è  rimasto  privo  del  basamento  di 
marmo  e  di  due  vasi.  Malamente  si  è  creduto  di  po- 
ter rimediare  al  mal  fatto  con  sostituirvene  altri  due, 
che  non  istanno  in  corrispondenza  coli'  assieme  ,  come 
scrisse  il  sulodato  cav.  Fontanesi,  attissimo  a  giudi- 
care dell'  esatta    simetria  delle   parti    col    tutto. 

Allorché  Alfonso  secondo  (8)  da  Este  fece  in  Reggio 
la  sua  entrata  solenne,  quo'  cittadini  per  onorarlo  addos- 
sarono il  carico  al  Clementi  di  fare  in  breve  una  sta- 
tua gigantesca  rappresentante  M.  Emilio  Lepido.  È  a 
dolersi  che  detta  statua  fosse  costrutta  di  materia 
fragile   in  guisa  ,  che  appena   passati    que'    giorni    di 


330  Belle-Arti 

splendido    festeggiamento  venne  atterrata   e    ridotta   in 
frantumi.   Più    nobile    lavoro    gli    fu    poscia  allogato, 
fjual  era   il   modello  della    citta   di   Reggio  ,    modello 
che   i  deputati  mandarono  a  Milano  ond'  ivi  fosse  la- 
vorato in  oro  da  presentarsi  al  nuovo  duca  in  omaggio. 
Non   fu  il    Clementi    soltanto    scultore  di   grande 
perizia  ,   ma  fu  insieme   architetto:  ed  anche  per  que- 
sta parte  i    suoi   talenti  sarebbono  più   noti,  se  fosse 
slato  impiegato   in  cose  grandi.  N'  è  prova   il   suo  di- 
segno  della   facciata   di  quel  duomo  non  ha  guari  (9) 
dair  ab.    Giambattista   Ventura  ,  uomo     nelle    scien- 
ze   fisiche    d'  alto    intendimento  ,    fatto    intagliare    in 
rame.    Di   quanto   avrebbe   cresciuto    di    ornamento  la 
patria    sua  se    quasi  sul  nascere  di    tanta  impresa  non 
r  avessero    abbandonata  !   Ne    ignoro    il    motivo,  e  so 
che  talvolta    ben     ideati    edificj  in    sul  cominciare  ti 
dismettono  a  cagione  di  sinistri   avvenimenti.  L'interno 
solo  dell'  atrio  venne  ultimato  sino  presso  ai  capitelli  e 
non   più.  Il    portico  ,   che  Vitruvio  appella  pronaum, 
aver  doveva  ,  stando  al  succitato  disegno  ,  cinque  gran- 
di arcate  ,  due   laterali   e   tre  di  faccia  corrispondenti 
alle  interne  navi  del  tempio.  La  cornice  maggiore  do- 
veva   essere    sostenuta   da   sei    colonne  e  due  pilastri, 
coji  quattro  statue  negli    intercolunnj   ed  otto  in  ded'» 
tro    al   vestibolo  «    delle   quali   solamente    quattro   ora 
si  veggono   entro    alle   nicchie   loro.  Sul    frontespizio 
della  porta  di    mezzo   di   assai    bel   garbo  si    ammira- 
no Adamo   ed  Eva  ,  due   statue  che  se  non  uguaglia- 
no  per    dir    poco    si   avvicinano   all'   antica  eleganza. 
È   tradizione  che  più  d'un  colto  viaggiatore   atbia  af- 
fermato  doversi  scrivere   sotto  di  esse  :  Michel  Agno- 
lo fece  :  ma  non  è  a  farsi   gran   caso   ne   di    questa 
tradizione,  ne  di  questi  giudizj  che  non   di  rado  pog- 
giano  sul   falso.    E   meglio   perciò  riparlar    del    dise- 
gno.   Al  di   sopra   dell'  accennata    cornice  sorger  do- 


Belle-Arti  351 

veva  una  balaustrata  con  quattro  statue  e  due  pira- 
midi. Fra  l'una  e  l'altra  piramide  sopra  di  sei  co- 
lonne poggiar  dovevano  rarchitrave  ed  il  frontespi- 
zio avente  il  timpano  senza  verun  ornamento.  Quat- 
tro piedestallelti  sulle  pendenze  laterali  avrebbono  do- 
vuto servire  di  base  ad  altrettante  statue.  Lo  spa- 
zio interposto  fra  Tuna  e  Taltra  delle  sei  colonne  avreb- 
be messo  in  una  galleria  adorna  pur  essa  di  «tatue, 
A  tutto  questa  dovevasi  sovrapporre  un'  altra  piccola 
balaustrata,  ed  una  nicchia  di  buon  gusto  nel  mezzo 
con  entro  l'immagine  della  Madonna.  Forse  parrà  a  ta- 
luno soverchio  il  numero  delle  statue,  e  gli  accessori 
non  appieno  conformi  alla  greca  semplicità.  Che  che 
ne  sia  non  voglio  ne  posso  Decaparmi  in  critico  esa- 
me ,  sendo  mio  impegno  il  riferire  e  nulla  piìi.  Per- 
ciò fo  qui  punto ,  e  passo  a  dire  d'altre  due  statue 
rappresentanti  Ercole  (10)  e  Lepido.  Se  desse  egli 
mano  alle  medesime  per  ordine  altrui,  o  se  le  abbia 
fatte  per  genio  di  far  vedere  ciò  che  può  la  scol- 
tura non  solo  nel  tenero  e  delicato  ,  ma  ancora  nel 
maschio    e   nel  robusto  ,  non   m'è    noto. 

Queste  non  sono  le  sole  opere  principali  da  lui 
magistramente  condotte  a  buon  fine  ,  mentre  sappia- 
mo che  a  pili  altre  rivolse  l'ingegno  e  la  mano  ;  al- 
cune delle  quali  sussistono  ancora ,  e  di  varie  altre 
non  8Ì  conserva  che  la  memoria.  Nel  numero  di  que- 
ste ultime  dobbiara  porre  il  Mosè,  il  Sansone,  ed  ot- 
to virtù.  Facevano  per  cosi  dire  corteggio  alla  Ver- 
gine scolpita  in  marmo  rosso  col  divin  Pargoletto  in 
grembo  sostenente  colla  sinistra  la  croce ,  intorno  del- 
la quale  è  avviticchiata  la  serpe.  Queste  figure  esiste- 
vano nell'oratorio  dell'Immacolata  :  oia  però,  a  riser- 
va della  Madonna  e  del  Bambino ,  le  altre  perirono 
miseramente.  Gotico  cenno  allo  ingrandirsi  di  quclT 
oratorio  nel  1762  fé   si  che   dal  martello   di    mura» 


352  lÌELT-E-AllTI 

tore  spieiato  ridotto  (osse  in  pezzi  informi  quanto  eravi 
di  etfiggiato  in  istucco  o  in  creta.  E  tanto  più  è  a 
dolersene,  in  quanto  che  dall'  opinione  comune  si  ri- 
tenevano due  di  quelle  statue  pe'  ritratti  di  Pros- 
pero e  della  moglie  sua.  Per  sifatti  abusi ,  non  rari 
ancora  oggidì ,  ad  onta  delle  giuste  ed  alte  lagnante 
degli  amatori  delle  italiche  bellezze,  si  smarrirono  cin- 
que busti  di  marmo  gelosamente  guardati  sino  ai  gior- 
ni di  snaturato  delirio  d'uomini  plaudenti  al  duro  ser- 
vaggio d'Italia.  Ai  sunnominati  monumenti  sepolcrali 
si  debbono  aggiungere  quello  di  raonsig.  Filippo  Zo- 
boli  col  busto  rapprescntantelo  al  vivo  ,  unitamente 
all'altro  in  che  riposano  le  ossa  dell'  autore  del  li- 
foro  che  ha  scritto  in  fronte  -  lunioris  Ludovici 
Pariseti  regiensis  de  immortalitate  animae.  -  E  no- 
to che  l'arte  dello  scolpire  comprende  la  plastica ,  i 
getti  in  bronzo  ,  i  lavori  in  avorio.  Egli  seppe  im- 
piegarsi maestrevolmente  nel  modellare  colPargilla,  nel 
fare  come  bronzista  busti  e  martelli  da  porta  di  gra- 
2Ìo«issime  invenzioni,  in  uno  de'quali  è  ancora  oggct- 
lo  di  meraviglia  un  saliretto  o  genio  alato  con  grappolo 
d'uva  ia  sulla  destra,  poggiando  la  sinistra  al  tralcio 
della  vite  ubertosa ,  nel  lavorare  crocefissi  in  avorio, 
delle  quali  opere  non  ho  lumi  che  bastino  a  dare  una 
minuta  descrizione.  Oltre  a  ciò  non  è  ne  può  essere 
mio  assunto  il  dire  il  ninnerò  e  la  squisitezza  de'suoi 
lavori  ,  se  non  tutti  di  ugual  succeso,  tutti  però  sem- 
])re  al  di  sopra  della  mezzanità.  Gravato  il  nostro 
Prospero  dagli  anni,  e  più  degli  anni  dalle  lunghe 
fatiche  di  mano  e  di  pensiero  sin  quasi  agli  ul- 
timi periodi  della  vita ,  part\  da  questo  mondo  mu- 
nito di  tutti  gli  aiuti  spirituali  alli  2G  di  maggio 
del  1584  per  irsene  dove  non  si  torna  più  indietro. 
iNon  so  se  di  sua  partita  maggior  fosse  il  dolore  o 
il  danno  della  patria  e  de'cougiuuti  suoi.  Era  ben  giù- 


Belle-Arti  353 

sto  il  risentirsi  delia  perdita  di   un  eccellente  artista. 
Noi  dirò  peraltro  col  chiarissimo  autore  della  Bliblio- 
techa  Modenese- scultore  di  cui    in  Italia   non    sorse 
mai  poscia  per  avventura  il  maggiore ,- ne  detto  l'av- 
rebbe egli  stesso,  se  avesse  messo  piede  entro  il  duomo 
d'Orvieto  dove  esistono  capi  d'opera  di  que'dì  d'Ippoli- 
to Scalza  orvietano  scultore  ed  architetto  celebratissi- 
rao.  A  giudizio  di    un   caldo  amatore  delle  arti  belle 
campeggiano  nel  gruppo  della  Pietà  le  grazie  del  Cor- 
regio.  Ma  i  di  lui  giudizj  talvolta  soverchiamente  azzar- 
dati aver  non  si  possono  per  sempre  infallibili.  Ciò  sia 
detto  senza  pretesa  di  menomare  l'alta  stima  in  che  ave- 
I  e  si  debbono  le  opere  e  il  nome  dello  scultore  reggia- 
no. Dalla  sua  scuola  uscirono  Nicola  Sanpolo  e  Fran- 
cesco Pacchioni  amendue  scultori  di  qualche    abilita. 
Compiuti  i  funerali  nella  chiesa  del  Carmine  dell' 
insigne  maestro ,  che  splendidi  furono  a  commoventi  , 
fu  ivi  sepolto  con  epigrafe   fattagli  apporre  dal  figlio 
riconoscente  per  assicurargli  perpetua  ricordanza   (1 2). 
Quattro  anni  dopo  a  canto  alla  prima  venne  posta  una 
seconda  lapida,  alla  spesa  della  quale  concorsero  a  ga- 
ra il  detto  Flaminio  e  Francesco  Pacchioni,  l'uno  e  l'al- 
tro a  perenne  testimonianza   d'animo  riconoscente. 

Questi  contrassegni  della  pubblica  ammirazione 
verso  chi  meritò  titolo  di  valoroso  magnificano  la  pa- 
tria, ed  accendono  negli  animi  ben  nati  un  forte  de- 
siderio  di    emularlo. 

Bartolomeo  figlio  di  Clemente  Spani  cremonese, 
cognominato  de' Clementi  a  cagione  del  nome  del  pa- 
dre ,  fu  ancor  esso  bravo  architetto  e  valente  scul- 
tose  ,  sebbene  non  abbia  pareggiato  il  nipote.  Più 
della  statuaria  possedè  le  affini  figlie  del  disegno ,  e 
il  Tiraborchi  ,  scrittore  di  chiarissima  memoria  ,  ne 
ha  parlato  con  quella  lode  che  gli  è  dovuta.  Tro- 
vasi pure  segnato  con  lode  il  suo  nome  nell'  isto- 
ria dell'italica  scoltura  del  celebre  conte  Cicognara , 
G.A.T.LIII.  23 


35A  Belle-Arti 

dove  al  cciLo  non  vi  si  doveva  oiueltere  quello  del 
nipote  egregio.  Tale  omissione  giustifica  (juel  detto 
di  Giusto  Lipsio  „  Quidam  merentur  famam,  quidam 
liabent.  „  Venne  meno  il  nome  d'alcuni  uomini  vera- 
mente grandi  perche  mancarono  di  lodatori.  Di  quan- 
ti artisti  di  molta  bravura  nou  si  tenue  conto  fra  noi, 
come  potrei  far  vedere  se  non  volessi  aver  discorso  che 
de' soli  Clementi!  Se  fosse  vero  quanto  narra  il  P.  ab. 
Affarosi,  sarebbe  opera  della  mano  di  Bartolomraco  il 
deposito  d'Orazio  Maleguzzi:  ma  per  essere  Bartolom- 
meo  premorto  al  Maleguzzi  e  per  non  vedervisi  quella 
venusta  che  forma  il  carattere  delli  due  Clementi,  nin- 
no vorrà  soscriversi  al  parere  doli'  AlTarosi.  Il  busto 
di  Orazio  parne  che  ne  additi  una  mano  piii  esperta 
di  quella  che  fece  le  due  statue  e  tutto  il  restante  della 
mole  grandiosa  :  ma  non  m'è  noto  qual  fosse  ,  ne  so 
se  il  figlio  di  Bartolomeo  Giovanni  Andrea  scultore 
egli  pure  a  tanto  valesse.  Rimane  memoria  di  un  S.  Tom- 
maso dello  stesso  Bartolomeo  di  tutto  rilievo  di  mar- 
mo di  Carrara,  del  quale  non  e  a  mia  notizia  che  siane 
avvenuto.  Fra  i  numerosi  lavori  suoi  si  citano  ancora 
gli  ornamenti  della  porta  della  casa  Donelli,  ora  dall' 
intemperie  delle  stagioni  ridotti  a  pessimo  stalo  ,  co- 
me guasto  nel  cornicione  è  il  fregio  di  Giovanni  Gia- 
rola  natio  di  Correggio,  le  quarantotto  colonne  di  mar- 
mo del  primo  chiostro  già  de'  monaci  cassinensi  ,  il 
dcjiosito  di  Andrea  Zoboli  ora  ,  a  riserva  del  jbusto, 
inlcrameule  demolito,  e  più  altre  opere  delle  quali  uu 
amantissimo  delle  patrie  cose  ha  partitamente  parlato. 
Ma  ciò  che  maggior  onore  recogli  e  glielo  reca  tutt' 
ora  si  è  il  vanto  di  orafo  e  di  fonditore  singola- 
rissimo che  gli  fu  dato  a'suoi  di.  Le  opere  di  fon- 
deria ,  e  specialmente  quelle  eseguite  pel  monistero  di 
santa  Giustina  in  Padova,  giustificano  la  lode  che  di 
piesc'ute   ancora   vicngli   accordala.   Dcdicobsi   insieme    1 


Belle- Arti  355 

all'  architettura;  e  se  fossero  in  essere  i  suoi  disegui 
e  quello  particolarmente  della  facciata  d'una  chiesa 
nella  sua  terra  natale  ,  ne  farebbono  sicura  testimo- 
nianza della  sua  bravura  ove  avesse  avuto  favorevoli 
mezzi  d'occuparvisi  di  proposito.  Morì  in  patria  iu 
età  avanzata,  lasciando  tre  figli  eredi  dell'  asse ,  ma  non 
del  valore    paterno. 

NOTE 

(1)  Cav.  Girolamo  Tiraboschi  bibl.  mod.  Gav.  Pro- 
spero Fontanesi  discorso  accademico.  Reggio  1826. 
Nel  duodecimo  volume  della  biografia  univ.  ant.  e 
moderna,  Ven.  1823,  evvi  un  articolo  sul  Clementi 
copiato  dal  diz.  storico  impresso  in  Bassano,  che  nul- 
la contiene  di  non   detto    e   ridetto. 

(2)  Alle  memorie  intorno  al  Correggio  tom.  1 
pag.  171  tom.  2  pag.  54  e  200  si  debbono  aggiu* 
gncre  le  seguenti  parole  tratte  dalla  Guida  di  Par- 
ma del  prof.  Paolo  Donati.  Parma  1824. -Così  pu- 
re i  bassi  rilievi  sono  opere  dello  scalpello  di  Pro- 
spero Clementi  eseguite  sul  disegno  di  Girolamo  Maz- 
zola. -  Infatti  dai  libri  della  fabbrica  della  cattedrale 
di  Parma  trascrissi  quanto  segue  :  -  Pagate  il  dì  18  sett. 
1544  a  Girolamo  Mazzola  detto  Bedolo  pittore  perii 
molti  disegni  fatti  per  la  sepoltura  de  s.  Bernardo  e  per 
haver  cura  de  la  sepoltura  e  per  essere  andato  a  Re- 
zo  dalli  mastri  taia  pietra  lir.  50  -  Il  suddetto  scrit- 
tore propende  a  credere  ultimata  da  Giabattista  Forna- 
ri  la  statua  del  martire  s.  Agapito,  Dal  P.  Isidoro  Gras- 
si (Notizie  varie  mss.  di  Parma  1732)  diccsi  fatta  da 
Prospero  Clementi.  Io  so  che  per  la  fattura  di  quella 
statua  ì  fabbricieri  pagarono  in  diverse  rate  a  Giam- 
]>atista  Barbieri  centoscttanta  scudi  d'oro  ;  so  di  piiì 
che  i  cronisti   parmigiani  da  Erba  e  P.  Zappata  prc- 


35G  Belle-  Arti 

sero  un  granchio  attribuciulo  a  Gianibatllsta  Fornari 
il  deposito  del  conte  Guido,  riconosciuto  dal  slg.  Do- 
nati per  lavoro  -  di  Giambattista  Barbieri  scultore  na- 
to a  Correggio.  -  Qell'  equivoco  loro  eccone  una  pi4 
certa  prova  estratta  da  un  documento  autentico  in 
che  si  legge:  -  I  sindici  ed  i  fab])ricieri  della  B.  V. 
della  Steccata  danno  all'  egregio  sig.  Giovanni  Bat- 
tista de'  Barbieri  scultore  q.  Pellegrino  da  fare  il  se- 
polcro di  marmo  dell'  Illmo  bo.  me.  conte  Guidone 
da  Correggio  secondo  il  disegno  del  detto  Gio.  Bat- 
tista ec.  ec.  -  Serva  questa  breve  digressione  a  mostra- 
re che  un  si  bravo  artista  non  meritava  al  certo  d'es- 
sere obbliato. 

(3)  So  dalla  gentilezza  del  eh.  prof.  Francesco 
Rosaspina  e  dall'  egregio  sig.  Gaetano  Giordani,  che 
la  detta  figura  -  è  piuttosto  di  gofFe  proporzioni  di 
grandezza  meno  del  naturale.  -  L'autore  della  Bologna 
perlustrata  ed  il  cav.  Francesco  Fontanesi  l'ascrivo- 
no al  Clementi ,  ma  il  Malvasia,  lo  Zanotti  nel  Pas- 
saggero  disingannato  ,  il  Marescalchi  Descrizione  del- 
la chiesa  di  s.  Domenico  Bologna  1823  pag.  53,  rav- 
visonla  scolpita  da  Lazzaro  Casario  bolognese,  e  lo 
stesso  ripetesi  nelle  guide  di  quella  dotta  citta  del  1 782 
e  182G.  E'  incontro  alla  sepoltura  del  famoso  dotto- 
re Alessandro   Tartagni. 

(4)  Ho  copia  esatta  sott'  occhio  degF  accennati 
capitoli  firmati  nel  1562,  30  luglio,  in  un  mss.  del 
fu  sig.  Prospero  Fontanesi ,  da  lui  stesso  offertomi  in 
dono ,  intitolato  -  Aggiunte  alle  vite  dei  pittori  reg- 
giani del  Tiraboschi.  -  Sotto  de'  medesimi  non  v'è  so- 
scrizion  di  notaio.  Bastine  un  sunto.  *  M.  Prospero  sia 
obbligato  far  detta  sepoltura  a  tutte  sue  spese  e  fa- 
tiche secondo  il  disegno  .  .  .  i  due  putti  o  in  piedi 
o  assentati  come  più  parerà  a  lui  ...  le  tre  statue 
di  maiiuore    di   Carrara  ...  la   cassa    di  marmorc  di 


Belle-Arti  357 

Verona  .  .  .  l'epitafio  di  paragone  .  .  .  tìue  scultori 
periti  abbiano  da  estimare  detta  sepoltura  fra  il  ter- 
mine di  sei  mesi  dopo  sarà  finita  ...  in  caso  fos- 
sero discordi  fra  loro  ne  possano  eleggere  un  terzo 
perito  ...  alla  cui  stima  sieno  obbligati  di  stare  .  .  - 
pagamento  scudi  railleducento  cinquanta  d'oro  in  oro  ec. 

(5)  Squarcio  di  capitoli  rogati  dal  notajo  Carlo 
Buggeri  fra  i  dui  canonici  del  duomo  Prospero  Pre- 
videlli  e  Gabrielle  Lippi  e  lo  scultore  Clementi  1572 
luglio  10  .  .  .  -  M.  Prospero  sia  obbligato  far  cin- 
que statoe  di  marmore  di  Carrara  sotto  il  nome  di 
ciascuna  che  più  piacerà  alli  SS.  Canonici  a  tutte 
sue  spese  et  siano  di  altezza  di  B.  quattro  e  non 
meno  et  abbia  bavere  scuti  ducento  per  cadauna  .  .  . 
farle  belle  e  laudabili  e  finite  che  saranno  far  sti- 
mare che  vagliano  il  prezzo  convenuto  et  non  valen- 
do detto  prezzo  sia  defalcato  quel  tanto  manco  delli 
ducento  scuti  .  .  .  finiti  li  otto  anni  .  .  .  caso  che 
il  m.  morisse,  che  Dio  non  voglia,  sia  obbligato  il  ca- 
pitolo pigliare  in  se  li  sassi  condotti  et  pagarli  quel- 
lo che  saranno  stimati ,  non  mettendo  esso  m.  mano 
però  se  non    in   una  figura  per   volta   ec.  - 

N,  B.  Le  quattro  statue  che  saranno  nella  fac- 
ciata del  duomo  rimasa  in  tronco  rappresentano  i 
ss.  Grisanto  ,  Daria ,  Venerio  e  Gioconda.  Quelle  del 
presbiterio  i  due  santi  Prospero  e  Massimo  e  santa 
Caterina. 

(6)  Il  conte  proposto  Gaetano  Rocca,  di  sempre 
acerba  e  cara  memoria  e  pel  suo  sapere  e  per  la  sua 
pietà,  alla  pagina  l22  del  suo  diario  sacro  istorio- 
grafo  reggiano  per  l'anno  1827,  ove  tratta  delle  con- 
fraternite di  Reggio  accennarido  quella  della  visitazio- 
ne di  M.  V.  ne  fa  sapere  che  -  esisteva  in  essa  la 
famosa  coppa  per  l'acqua  santa,  detta  volgarmente  la 
serva,  del    nostro  sculloie   Piospero   Clementi,  che  ora 


358  Belle-Arti 

sì  vede  in  s.  Spiiidione  •  .  .  Merita  d'essere  veduta 
nella  sagrestia  dell'  oratorio  della  immacolata  Conce- 
zione una  scultura  della  B.  V.  col  bambino  in  brac- 
cio opera  del  nostro  Prospero  Clementi  ...  All'ai- 
tar maggiore  dell'  oratorio  de'  Crocesegnati,  stava  iso-^ 
lata  la  bella  statua  del  Redentore  di  Prospero  Clemen- 
ti, che  ora  si  vede  nell'  insigne  basilica  di  s.  Prospero.  * 

(7)  Nel  sesto  volume  della  biografia  universale 
che  si  ristampa  in  Venezia  evvi  inserito  un  artico- 
lo del  sig.  Ginguenè  «ul  citato  nobile  scrittore  reggiano 
da  cui  trascrivo  :  -  Bombario,  che  Mazzucchelli  chiama 
pure  Borabace  ,  ma  che  si  nomina  Bombario  in  un 
dizionario  storico,  assisteva  nel  1596  ad  una  rappre- 
sentazione del  pastor  fido  del  cav.  Guarini  suo  ami- 
co ..  .  compose  un  Alidoro  che  fu  rappresentato  a 
Reggio  davanti  alla  regina  Barbara  d'Austria  duches- 
sa di  Ferrara;  se  ne  trova  una  descrizione  stampata  a 
Reggio  1568  in  A.'*,  ma  la  tragedia  stessa  non  lo  fu 
mai.  -  Conobbe  l'Ariosto  e  fu  intrinseco  di  Prospero 
Clementi,  pel  quale  scrisse  al  Vasari  per  di  lui  com- 
missione nel  1 572  :  -  Prospero  Clementi  ha  molto  ob- 
bligo a  V.  S.  Ma  ,  per  quanto  pare  a  me,  ne  ha  d'ave- 
re molto  poco  chi  l'ha  informata  di  lui.  - 

(8)  Negli  inediti  annali  reggiani  del  celebre  Gui- 
do Panciroli  si  legge  ,  che  per  l'andata  del  duca  Al- 
fonso a  Reggio  -  In  foro  Marci  Aerailii  Lepidi  instau- 
ratoris  elTigies  stabat  a  Prospero  Cltmente  admiranda 
fama  longitudinis  decem  ulnarum  afFecta,  in  cujus  ba- 
si   scriptum  erat  : 

„  M.  Aemilius  Lepidus  urbis  instaurator,  in  maxima 
Iffititia  adveniente  Alphonso  II  duce  V,  hujus  V.  con- 
servatore ,  a  S.  P.  Q.  R.  erectus  ,, 

In  quella  stessa  occasione  formò  il  modello  della 
citta  di  Reggio,  poscia  il  disegno  della  facciata  sullodata, 
come  narra  il  cav.  Fontancsi,   fatto  secondo  il  parere 


Beli.  E-  Arti  359 

tìl  Vltruvlo  e  del  Vignola.  Ora  è  inciso  ili  fianco  alla 
pianta  o  mappa  di  quella  città,  per  cura  del  tinoraafo 
filosofo  Giambattista  Venturi.  Le  opere  del  Fonlanesi 
non  meritano  di  essere  dimenticate.  Nel  tomo  secon- 
do per  le  belle  arti  pag.  43,  Roma  178G,  si  legge  -  Le 
scene  qui  dipinte  dal  Fontanesi  pel  teatro  A  liberti 
per  mancan/.a  de'lumi,  e  perchè  preparate  con  inesat- 
to meccanismo,  non  ebbero  felice  incontro  .  .  .  Nel- 
la seconda  opera  avendo  cambiato  maniera  produsse- 
ro migliore  effetto.  -  Importantissimo  avvertimento,  ben- 
ché assai  trascurato,  dice  il  severo  Milizia  -  del  teatro.  - 
Roma  1T72,-  e  quello  della  disposizione  de'lumi.  -  Per- 
ciò forse  le  scene  teatrali  del  Fontanesi  non  ebbero  in 
Roma  quel  plauso  che  ottonerò  in  varie  altre  citta  d'Ita- 
lia. Della  bravura  sua  in  questo  genere  di  prospettici 
lavori  hassene  un  saggio  per  mezzo  del  buliuo  del  con- 
te Giovanni  lìocca  professore  d'intaglio  nel  patrio  li- 
ceo. Alla  di  lui  amabile  cortesia  debbo  l'avere  potuto 
trascrivere  le  seguenti  lettere  del  Fontanesi  al  conte 
Luigi  Rocca,  buon  paesista  ed  ottimo  padre  del  suddet- 
to padrone   ed  amico  conte  Giovanni. 

,,  Milano  li  31  gennaio. 
„  Io  non  vi  ho  risposto  prima  :  in  verità  che  non 
è  stato  per  pigrizia  ,  è  stato  per  impotenza.  Era  im- 
merso giorno  e  notte  nell'  applicazione  e  nella  fatica. 
Io  mi  era  proposto  di  volere  piacere  per  forza  ed  a 
dispetto  di  chi  non  voleva.  Vi  sono  riuscito  ,  e  l'ap- 
plauso e  stato  clamoroso.  Voi  avete  abbastanza  tli  co- 
gnizioni per  immaginarvi  qual  fatica  mi  deve  aver  co- 
stato a  pensare  e  ad  eseguire  tutto  al  rovescio  di  quello 
che  ero  solito.  Qui  amano  le  crudezze  i  capricci  e 
le  caricature ,  perche  cosi  sono,  avvezzi ,'  e  per  loro  ba- 
sta una  scena  frappi  l'occhio  :  del  resto  non  ba'dano 
ne  a  castigatezza  di  disegno  ,  ne  ad  armonia  ,  ne  a 
tante   cose   che  rendono  la  pittura  cara  ed  espressiva. 


3G0  Belle-A  rti 

Partirò   al    più  presto  che  potrò.  Comaiulatemi  e  cre- 
detemi   sempre   di   cuore. 

Il  povero  re  di   Francia  e   stato  decapitato.  „ 
„  Venezia  4  decembre. 

„  Sono  in  un  caos  di  lavori.  Quindici  scene  per  il 
giorno  di  santo  Stefano  . .  .  comandatemi  ec.  ,, 

Non  fu  egli  pittore  soltanto  di  cose  teatrali ,  ma  in 
sua  prima  età  dipinse  in  patria  tutta  la  chiesa  di  S.  Naz- 
zario,  e  capricciosamente  una  cameretta  di  un  casino 
a  monte  Caulo.  Cresciuto  negli  anni  dipinse  la  cu- 
pola del  duomo ,  la  cappella  Calcagni ,  diversi  paesi 
ad  olio,  de' quali  se  ne  trovano  in  più  cose  di  f^eg- 
gio.  Né  volendo  dir  tutto  ricorderò  due  prospettive , 
una  nel  palazzo  Torelli  ,  l'altra  per  la  famiglia  Roc- 
ca ,    ultimo    tocco   del    suo   pennello. 

(9)  Ercole  Rubini  cronista  di  Reggio  scrive,  es- 
sersi dato  principio  alla  facciata  del  duomo  con  or- 
dine corintio  sul  disegno  del  Clementi  :  disegno  ,  pro- 
segue ,  diverso  ossai ,  benché  dell'  istesso  ordine,  da 
quello  di  Sebastiano  Sorina  architetto  asolano  ,  col  quale 
si  cominciò  la  nuova  chiesa  de  monaci  negri  di  S.  Be- 
nedetto sotto  il  titolo  di  S.  Pietro  alli  49  aprile  1586. 
Notizia  tratta  dalla  pagina  29  del  nuovo  diario  sacro 
reggiano. 

(10)  Alessandro  Miarì ,  cosi  trovo  nel  ms.  del  di- 
ligentissimo  Prospero  Fontanesi  lodato  dal  Tiraboschi  co- 
piatore di  antiche  carte  del  patrio  archivio  in  una  sua 
relazione,  prodotta  dal  Tacoli  tom.IIT.  pag.  286,  afferma 
che  le  due  statue  di  M.  Emilio  Lepido  e  di  Èrcole  furono 
collocate  lateralmente  alla  porta  del  palazzo  Scaruffi. 
l'anno  4622  li  17  marzo  dai  fratelli  Gio.  Maria  Gi- 
rolamo e  Marcello  di  questa  famiglia.  „  Ho  fatto  ve- 
dere, alla  faccia  56  dal  tomo  II  delle  memorie  sul 
Correggio,  che  nel  1721  la  contessa  Claudia  ScaruIIi 
de'  marchesi  Prati  di   Parma  fece    al    duca   di   Mode- 


Belle-Arti  36! 

na  una  spontanea  offerta  delle  due  enunciate  statue  gi- 
gantesche, e  donò  a  raonsig.  Prospero  ScarufH  vie.  gen. 
in  segno  di  gratitudine  un  crocefisso  d'avorio  dello 
stesso    Clementi. 

Errò  chi  gli  attribuì  il  deposito  di  Girolaitio  Fon- 
tanelli  in  S.  Domenico:  e  di  tale  errore  ne  convince 
la  convenzione  a  rogito  di  Claudio  Vedriani  1 585 
7  giugno,  seguita  tra  i  Fontanelli ,,  con  maestro  Fran- 
chino Sanpolo  tagliapietre  di  Reggio  per  la  fattura 
del  deposito  „  che  è  sicuramente  quello  di  Girola- 
mo Fontanelli  che  esisteva  in  S.  Domenico  da  ese- 
guirsi nel  termine  di  un  anno  per  scudi  58  d'oro  dalla 
Lalla.  Mss.   Fontanesi. 

(11)  A  rogito  di  Marco  Martelli  25  feLbr.  1562,  cosi 
pure  il  detto  manoscritto,  Prospero    Clementi    confes- 
sa  d'aver    ricevuto   un   acconto  di   40    scudi  d'oro  per 
la  fattura  dell'  altare  maggiore  dai  confratelli  della  Con- 
cezione presso   S.   Francesco  per    la  fattura  di   un  al- 
tare di    marmo  per   la  loro  chiesa  . .  .  Alle  opere  sue 
devonsi    aggiungere    una    B.  Vergine  col    bambino    ia 
braccio  esistente  nella  sagrestia  della  confraternita  sud- 
detta ,  un   Redentore  che   abbraccia  la   croce,  di  mar- 
mo  bianco    di   Carrara   di  un   sol   pezzo,  di  altezza  di 
quattro  palmi  romani,  rammentato   da  Bernardino  Pra- 
tisoli    nelle   sue    considerazioni   sopra    l'Alitinonfo    di 
Gaspare  Scaruffi,  il  quale   però    ora  non   sappiamo  dove 
esista,  e   cinque  busti   di  marmo  esistenti   in    una  ca- 
mera presso    i  minori   conventuali   di    S.  Francesco.  - 
(Ì2)  Dal  registico  de'traspassati  all'altra  vita,   par- 
rocchia  di    S.   Prospero ,  rilevasi  aver    egli   cessato    di 
vivere    quaggiù  alli  20  di    maggio  1584.    Fu    seppel- 
lito  nel    Carmine    con  le  inscrizioni  riportate  dal  Ti- 
raboschi,  ed  ora  esistono  in  duomo,  cui  intorno  il  cav. 
Fontanesi  dipinse   il   fregio,  come  fece   intorno  alla  la- 
pide sepolcrale  del  conte  Agostino  Paradisi  in  S.  Do- 


362  Belle-A  rti 

menico.  Brano  di  lettera  del  rinomato  sig.  Gaetano  Gior- 
dani „  L'altro  jeri  mi  capitò  per  le  mani  un  opusco- 
letto  di  circa  venti  pagioe  con  questo  titolo ,,  Ode 
pel  sepolcro  di  Prospero  Clementi  reggiano,  con  or- 
namenti pittoreschi  condecorato  dall'  egregio  giovane 
architetto  sig.  Francesco  Fontanesi  accademico  de- 
mentino. Reggio  pel  Davolio  stampatore  ducale.  „  Que- 
st'  ode  è  dedicata  al  Fontanesi  dall'  ab.  Gaetano  Be- 
senza  il  quale  nella  dedica  ,  che  è  in  prosa  ,  lodando 
il  Clemente  lo  chiama  coU'Algarotti  il  Correggio  (Jella 
scoltura.  ,, 

(13)  Il  conte  Cicognara,  storia  della  scoltura  tom.  4 
pag.  339  seconda  ediz.  ,,  Bartolomeo  Spanno  da  Reggio 
insigne  statuario  .  ,  .  ma  più  che  il  merito  di  statuario 
insigne  pei  marmi ,  parie  che  avesse  la  fama  di  esi- 
mio fonditore  ed  orefice.  Nella  lapide  sepolcrale  è  chia- 
Imato,  Bartholoraaeus  Spanus  exiraius  aurifex  ac  scul- 
ptor   ec.  - ,, 

Cesare  Cesariano,  cemento  a  Vitruvio  pag.  98  a 
tergo. ,,  Il  nostro  Cristoforo  dicto  il  goto  con  Augu- 
stino  Busto  racdiolanensi ,  Tulio  Lombardo  in  Vene- 
tia  ,  elemento  in  Reggio  di  Lombardia  .  .  .  sono  di- 
gni   di   essere   comandati    cum   maxima  laude.  „ 

Anche  nel  Comento  a  Vitruvio  del  Caporali  si  tro- 
va ricordato  :  „  Clemento   in   Reggio  di  Lombardia.  „ 

Historiarum  caenobii  D.  Justinae  .  .  .  autore  D.  Ja- 
cobo  Cavaccio  ...  ,,Ignatius  abbas  jusserat  Bartholomaco 
Spanno  regiensi  statuario  insigni  ut  simulacrum  san- 
ctae  Justinae  argenteum  conflaret  .  .  .  Spanni  item  ope- 
ra sunt  tabulae  argenteae  minirais  quibusdam  historiis 
sculptae   et   ca etera    ormamento  sacrorum    librorum  ec. 

Gio.  Battista  Rossetti,  Descrizione  delle  pitture  di 
Padova  ivi  4TS0  pag.  198.-,,  Statue  d'argento  rappre- 
sentanti S.  Prosdocirao  e  S.  Giustina  in  mezze  figu- 
re ..  .  di  Bartolomeo  Spannoda  Reggio  insigne  sta- 
tuario de*  suoi   tempi  ec.  ,, 


Belle-Arti  3G3 

Pietro  Brandolese.  Pitture  di  Padova.  Ivi  1795 
pag.  95. 

,,  Due  statue  d'argento  rappresentanti  9.  Prosdo- 
cimo  e  S.  Giustina,  che  hanno  ne'  basamenti  loro  al- 
cune azioni  di  questi  santi  in  minutissimi  basso -ri- 
lievi, opere   egregie   di  Bartolomeo    Spanno  ce. 

(14)  Metto  in  luce  un  brano  di  lettera  del  P.  Resta. 

„  Dissi  al  tedesco:  Sete  stato  voi  a  Reggio  di  Mo- 
dena in  una  strada  larga,  dove  è  un  buon  casamento 
dipinto  d'un  fregio  bellissimo  a  chiar'  oscuro  giallo  ?  .  - 
Io  mi  fermai  con  straordinario  gusto  come  a  qualche 
correggesco  ce.  „ 

(15)  Alle  opere  (ms.  Fontanesi)  di  Bartolomeo  de- 
vonsi  aggiungere:  il  deposito  di  Andrea  Zoboli  che 
esisteva  nella  chiesa  di  s.  Marco,  di  cui  si  è  conser- 
vato il  solo  busto  che  è  stato  trasportato  insieme  coli* 
iscrizione  in  S.  Giorgio ...  un  altro  di  Gasparino  Lan- 
zi, che  vedevasi  nella  cattedrale  di  Reggio  a  destra 
dell'  ingresso  della  piccola  porta  verso  il  vescovado  , 
ma  demolito  in  occasione  della  restaurazione  della  me- 
desima cattedrale  insiem  cogli  altri  due  del  Fratoneri 
e    del  Castelli  accenati  nella  biblioteca.  ,, 

(16)  Il  sunnominato  conte  Prospero  Rocca,  Diario 
sacro  ec.  1825  pag.  97:  „  Sappiamo  da  istromento  ro- 
gato da  Tommaso  Pittori,  che  il  priore  Lodovico  Tao- 
coli  fece  fabbricare  la  facciata  di  S.  Giacomo  Mag- 
giore a  Bartolomeo  Spanni ...  il  quale  .  .  „  Promisit 
construere  faciatam  dictae  ecclesiae  ...  de  lapidibus 
marmoreis  albis  rubeis  et  nigris ,  accipicndis  in  terri- 
torio veronensi ...  et  facere  dictani  faciatam  bene  et 
laudabiliter  ita  quod  non  sit  deterior  dicto  dcssigno  , 
cum  tribus  figuris  in  medio  medii  relevii  cum  dco  Pa- 
tre  omnibus  et  singulis  expensis  ipsius  ratri  Bartolomei, 
et  cum   scalinis  ncccssariis  portae  .  .  .  aliac  vero  figli- 


364  B    E    L    L    E  -  A    R^T    I 

rae  videlicet  domina  sancta|Maria  et  angelus  tondae  et 
totìus  relevii  ec.  „ 

Lavorò  due  simulacri  in  argento  unitamente  a  Gio. 
Andrea.  Più  altre  cose  avrà  fatto  che  il  tempo  ha  di- 
strutte. 

P.  Luigi  Pungileoni  min.  conv. 


PITTURA. 

Francesco  Podesti  dr Ancona, 

1*  . 

*-^  egregio  pittore  sig.  Francesco  Podesti  condusse  non 
ha  guari  a  fine  una  tela  esprimente  il  morto  Reden- 
tore ,  che  si  giace  fra  le  ginocchia  della  | sua  genitri- 
ce ,  avvolto  ai  lombi  da  candido  lino.  Trapela  dal  vi- 
so e  dalla  nudità  ,  con  maestrevole  intendimento  di 
notomia  trattata,  una  santa  e  venerabile  dolcezza,  poi- 
ché quelle  divine  tempre  esser  non  potevano  diffigu- 
rate  da  morte  :  e  pare  che  non  a  morta ,  ma  a  brie- 
ve  sonno  abbia  le  palpebre  serrate  in  guisa  ,  che  sen- 
za meno  il  direi  lo  sposo  di  Engaddi  a  tutta  placi- 
dezza sopito.  Le  azioni  dei  soggetti  di  questa  tela  adem- 
piono perfettamente  le  regole  di  una  ragionata  e  be- 
ne intesa  euritmia  ,  perchè  si  conciliano  col  sogget- 
to principale.  Però  il  dolore  espresso  variamente  nei 
volti  e  nella  compostezza  del  gesto,  in  che  il  Win- 
ckelraan  ebbe  collocata  una  parte  delle  grazie  antiche, 
rimeria  con  mirabile  consonanza  ,  benché  l'occhio  ne 
sia  sviato,  al  protagonista  della  tela  medesima.  Dan- 
no indizio  di  cordoglio  e  di  compunzione  le  due  Ma- 
rie ,  che  stcìnnosi  ritte  in  sogguardare  la  sacra  spo- 
glia ,    0  il  Giuseppe  d'Arimatea  avente   le  mani  con- 


Belle-Arti  365 

serte  al  petto  ,  e  un  iufula  ricinta  dintorno  al  capo. 
La  genuflessa  Maddalena  ,  le  cui  divise  e  bionde 
ciocche  in  parte  si  rit^ersano  per  l'omero  diritto  ,  in 
parte  con  vaga  negligenza  ricadono  per  lo  innanzi 
nella  spalla  sinistra  ,  avvinghia  dolentemente  la  destra 
del  Redentore  ,  e  ti  sembra  udire  il  suo  genito.  Ma 
pieno  di  carattere  sovrannaturale  ,  e  di  veemente  do- 
lore ,  che  ogni  altro  dolore  avanza  di  gran  fatta,  è 
il  volto  di  Maria  Vergine  ,  la  quale  siede  sul  se- 
polcro ,  e  mira  con  atto  pietoso  al  cielo  mostrando  un 
chiovo  da  una  delle  allargate  mani  ;  ed  in  quel  vol- 
to stesso  ,  cui  riflette  un  bel  raggio  di  luce  ,  e  vie- 
più ne  appalesa  la  forza  ,  si  legge  il  cuor  suo  tra- 
fìtto a  un  tempo  e  rassegnato  all'  ovazione  sublime. 
Gli  angioli  bellissimi,  intorno  ai  quali  olezza  un'au- 
ra di  paradiso  ,  non  che  gli  episodj  tutti  che  si  ade- 
guano air  unita  dell'  azione,  sonovi  ideati  ed  ese- 
guiti con  magistero.  E  ben  mi  si  acconciano  adesso 
quelle  parole  del  Malaspina  da  Sannazaro  :  Se  ad  una 
ad  una  volessimo  scomporre  le  belle  arti  applicate  ai 
princìpi  qui  stabiliti  del  bello^  troveremm o  facilmente^ 
che  le  bellezze  delle  opere  di  ognuna  di  esse  dipende 
sempre  dall'unione  della  varietà,  unità  e  convenienza 
sì  nella  scelta  delV  originale ,  che  nella  varietà  della 
imitazione.  Posta  mente  a  simili  teorie,  vuoisi  dare  i 
meritati  elogi  al  sig.  Podesti  ,  perchè  ne  dimostrò  la 
fedele  osservanza  nel  suo  lodevolissirao  dipinto.  Po- 
scia la  disposizione  delle  figure ,  la  rettitudine  delle 
movenze,  la  squisitezza  del  disegno,  l'accordo  del  co- 
lorito sono  quei  pregi,  che  veggonsi  divisi  in  altrui 
e  forse  con  parsimonia  ,  largamente  riuniti  nel  nostro 
dipintore.  Lungi  egli  dallo  slanciarsi  tropp'alto  ,  e  pas- 
sando all'  eccessivo  terzo  periodo  delle  arti  stabilito 
dal  Wiiickelman  varcare  in  confine  della  ragione  e 
impaniarsi    ricl     manierato  :    lungi    dall'   essere    trop- 


36(>  Belìe-Arti 

pò  diligente ,  e  restando  infingardo  cosi  e  timido  iste- 
rilire nel  secco  della  soverchia  dipendenza;  si  è  fat- 
to uno  stile  assai  nobile  ,  e  temperato  di  sana  este- 
tica ,  a  tanto  che  aver  si  deve  per  giovane  di  ga- 
gliarda fantasia  e  di  ottima  scuola  ,  al  disopra  di  aU 
cuni  ,  cbe  di  molto  si  elevano  ai  Llarxdimenti  pre- 
coci delle  vulgari  laudazioni ,  e  sono  e  saranno  da  quel- 
li rimorchiati  ,  che  sentono  addentro  nelle  opere ,  e 
nelle  varie  forme  delle   nobili  arti. 

Che  se  il  convincimento  dell'  animo ,  e  la  sim- 
patia degli  affetti  dan  prova  di  una  eloquenza  opera- 
trice ,  la  sua  tela  (  poiché  pittura  anch'essa  debb'es» 
sere  eloquente  )  ferma  l'animo  di  chi  la  contempla,  e 
lo  invita  subito  al  dolore;  e  cosi  ricordevole  dell'  ia- 
scgnamento   di    Orazio  : 

Si  vis  me  fiere  ,  dolendum  est 
Primum  ipsi   tibi  ; 

egli  coir  espressione  e  con  ogni  artificiosa  magia  fa 
veramente  piangere  i  soggetti  del  dipinto,  e  in  simil 
guisa  raccoglie  lo  spirito  alla  loro  compunzione.  Ed 
io  mi  avviso  ,  che  abbia  in  tal  genere  di  argomen- 
to le  orme  battute  ,  che  furono  di  già  dagli  antichi 
segnate  ,  e  in  signolar  maniera  distinte  ,  se  pur  n'è 
dato  paragonare  le  sacre  alle  profane  cose,  in  un  qua- 
dro ,  di  che  parla  Filostrato  (  lib.  2  Icon.  7  ),  rap- 
presentante alcuni  guerrieri,  che  intorno  al  corpo  di 
Antiloco  si  lamentano. 

Seguiti  dunque  il  sig.  Podesti  a  regalarci  di  tali 
dipinti ,  e  a  farne  lieta  e  doviziosa  Italia  nostra,  che 
reclama  un  secolo  remotissimo  al  di  Ik  della  venuta 
di  Demarato  nelle  glorie  della  pittura  :  alle  quali  ac- 
cordan  fede  le  antiche  mitistorie  ,  e  i  vasi  fittili  di 
lecente  scavati  nei    poderi  del  P.   di  Canino  ,  e   va- 


Belle-Art    i  367 

da  superbo  di  coltivare  uu'  arte  cosi  friittevolmente  e 
nobilmente  ,  che  die  nome  agli  eroi  ,  e  al  più  al- 
to fastigio  di  onore  accennava,  siccome  attesta  Giulio 
Cesare  Bulengero  de  Pictura  ,  e  che  a  tempi  di  Pe- 
ricle e  in  quel  torno  segnò  l'epoca  la  più  invidiata 
della   Grecia. 

Serafino  d'Altemps. 


368 


VARIETÀ^ 


Traduzione   dell'  epodo   yil  di   Orazio:    Quo    quo    scelesti 
ruitis.  Esecrazione  della  guerra  civile. 

JL/ove,  dove  correte? 

Ed  a  qua!   uso   mai  nude   dal  fodero 

Le  già   riposte   spade,  empi,   traete*' 
Poco   forse  a  voi  pare 

Il  latin  sangue,  che  a  gran  rivi  bevvero 

I  campi  de  la  terra,  e  quei    del  mare? 
Non  già  perchè  romano 

Braccio  facesse  a  la  rivai   Cartagine 

Con  ferro   e  foco  ir  l'ardue  torri  al  piano; 
O  perchè  in   ceppi  avvinte 

Giù  per  la  sacra  via  tratte  venissero 

Le  britanniche  squadre  ancor  non  vinte; 
Ma  sol  perchè,  secondo 

Ch'  è  de'  parti  il   desio  ,  per  se  medesima 

Roma   de'  mali   traboccasse   al  fondo. 
Indol  cotanto   avversa 

Lupo   non  ha,  non  ha  lion,  che  affrontasi 

Solo  con  belve  di  genia  diversa. 
Forse   spinti  voi  siete 

Da  furor  cieco?  Od  è  il  destin  che  sforzavi? 

O  coscienza  rea?  su,   rispondete. 
Tutti    mutoli  stanno: 

Tutti   scolora  un   pallor  bianco,  e   gli  animi 
Altro  che  di  stupur  scuso   non  huuuo. 


Varietà'  369 

Ahi!  che  a  risse   e   ad   eccidio 

Acerbo   fato  i  roman  petti  esagita  , 

Fato   vendica  ter  del   fratricidio. 
Si ,  dal  giorno  eh'  esangue 

Giacque  Remo  innocente,  ai  chiede  ai   posteri 

Del  barbaro  fratel  sangue  per  sangue. 

Loreto  Santdccì. 


jilla  memoria  del  canonico  Emmanuele  de  Lubeha,  orazione  ee. 
Pesaro  dalla  tipografìa  Nobili  iSSa  {in  8.  di  fac.  3o.  ) 

xl  giorno  24  febbraio  i832  tornò  acerbo  ai  savignanesi 
per  la  morte  avvenuta  del  canonico  Emmanuele  de  Lubelza  , 
uomo  di  schietti  costumi  e  di  vita  operosa  a  bene  degli 
studi  e  della  religione.  Nato  in  Cadice  il  18  gennaio  i']So 
di  Antonio  e  di  Giuseppa  Sanchez  della  Vega  ,  non  lasciò 
prendersi  allo  splendore  della  gloria  domestica ,  quando  era- 
gli posto  innanzi  che  la  famiglia  de  Lubelza  sino  dal  se- 
colo VI  fioriva  tra  le  prime  della  provincia  di  Guipuscoa  : 
e  quella  della  madre  per  la  fama  di  Garcilasso  e  di  Lopez 
delia  Vega  era  in  gran  luce.  Sul  quindicesimo  anno  di  età, 
sendo  un  ico  nato  di  tale  famiglia  ,  entrò  alla  casa  del  Gesù 
in  Cadice.  Comeché  uoa  legato  ancora  co' voti ,  nel  turbine 
del  1767  tolse  di  venire  esulando;  e  fu  a  Rimini  l'anno 
stesso  per  seguitare  il  noviziato.  Ma  infuriando  più  la  tempe- 
sta ,  quel  ricovero  ancora  mancò  :  pure  otto  anni  si  rimase 
il  Lubelza  nella  città  ospitale ,  e  del  77  ordinato  sacerdote 
disse  la  prima  messa.  A'  conforti  di  Giovanni  di  Ossuna  , 
del  1780  si  rendette  in  Savignano:  dove  studiando  addentro 
ne'  padri  e  nelle  scritture,  meritò  tre  anni  appresso  esser 
fatto  canonico  dell'insigne  collegiata  di  s.  Lucia.  Insorta  que- 
stione di  diritti  nel  94  tra  l'arciprete  ed  i  canonici,  egli  stam- 
pò una  difesa,  che  valse  a  questi  la  vittoria  appo  la  ro- 
ta romana.  Rivide  le    Spagne  nel   gd,    e  di  nuovo  nel    ^èoo, 

G.A.T.LIII.  24 


370  Varietà' 

che  a'prieghi  della  sorella  rimasta  vedova  e  sola  sostenne 
ancora  le  difficoltà  del  lungo  viaggio:  e  quando  poteva  re- 
dare  gran  copia  di  beni,  si  rimase  contento  a  ciò,  che  o- 
gni  anno  le  fosse  mandato  in  Italia  dalla  sorella.  Quan- 
to aveva  ,  può  dirsi ,  non  era  suo,  perchè  largheggiava  ai  fa- 
miliari e  bisognosi  non  per  matta  profusione,  ma  si  per  im- 
pulso di  carità  cristiana  ed  a  scioglimento  di  voto.  Del  i8o5 
ristauravasi  in  Napoli  la  compagnia  ;  ed  egli,  memore  de' vo- 
ti fatti  nel  dividersi  a  forza  da  essa,  vi  rientrò  il  6  di  set- 
tembre. I  tempi  avversi  non  gli  permisero  ,  che  un  an- 
no di  quella  pace:  ed  eccolo  di  nuovo  a  Savignano.  Ivi 
l'autorità  de' vescovi  e  del  successore  di  s.  Pietro  trovò  in 
lui  un  retto  apologista  contro  le  insorte  pericolose  dottri- 
ne :  si  occupò  sull'opera  del  Lacunza,  della  quale  (vene- 
rando i  decreti  del  Vaticano)  diceva  giustissima  la  proibizio- 
ne ,  come  di  cosa  ,  di  cui  gì'  ignoranti  ed  i  nemici  della  re- 
ligione potevano  di  leggieri  abusare.  Dettò  sull'usura  un  trat- 
tato ,  dove  concordando  e  spiegando  alcuni  luoghi  delle  scrit- 
ture, derivò  conseguenze  utili  alla  morale  ed  alla  religione. 
Scrisse  ancora  la  Paleo-nomato-logia  ,  dove  esaminando  l'anti- 
ca significanza  delle  parole,  ne  tolse  equivoci  pregiudicievo- 
li  si  alla  disciplina  della  chiesa ,  sì  alla  religione.  Più  al- 
tri volumi  scritti  da  lui  donò  alla  biblioteca  simpemenica, 
che  inedili  li  conserva.  Difese  pure  in  istampa  la  sentenza, 
che  il  sessagenario  robusto  non  sia  tenuto  al  digiuno:  nel 
i83i  stampò  prima  un  opuscolo  per  infiammare  gli  eccle- 
siastici allo  studio  delle  scritture ,  e  mostrò  alcuni  luoghi 
male  intesi  dagl' interpreti  :  poi  diede  una  dissertazione  in- 
torno alla  fede,  ch'egli  recitava  sendo  dodecandro  de'filopatri- 
di  rubiconi  ,  ed  è  come  un  fiore  nell'Antologia  di  prose  u- 
scita  in  Imola  pel  Benacci.  Delie  matematiche  e  della  filo- 
sofia fece  mai  sempre  le  sue  delizie ,  adagiandosi  nella  sen- 
tenza di  Platone,  che  tenne  il  libro  delia  sapienza  scritto 
in  caratteri  geometrici.  Conoscendosi  di  astronomia  lavorò  al- 
cune sfere  armillari;  ancora  di  geografia  fu  esperto,  e  co- 
piava e  faceva  delle  carte  con  diligenza.  Fece  tra  l'altre 
quella   delia  diocesi   di  Rimino  ,  e  due   globi  donò  alla   Siin- 


Varietà'  371 

pemenia^  per  tacere  di  due  più  grandi  lasciati  in  Ispa^na. 
La  sua  casa  era  una  scuola  continua  agli  studiosi,  che  vi 
accorrevano.  Vivo  ancora  donò  una  bella  collezione  di  libri 
alla  Simpemenia  ,  perchè  fosse  a  comune  utile;  talché  i  sa- 
vignanesl  riconoscenti  hanno  il  nome  di  lui  con  quello  dei 
Perticari,  de' Borghesi ,  dei  Turchi ,  degli  Amatile  di  altri 
dotti  e  cortesi;  come  lo  hanno  altresì  tra  i  dotti  banditori 
evangelici  e  gli  uomini  di  chiesa  più  operosi  e  perfetti.  Pe- 
rò non  è  maraviglia ,  se  come  la  vita  di  lui  fu  confortata 
di  chiare  amicizie;  cosi  la  sua  morte  fu  pianta  dall'univer- 
sale :  indi  nella  trigesima  furono  solenni  il  lutto  e  le  ese- 
quie nella  chiesa  maggiore  del  comune.  Nella  pompa  delle 
quali  fu  la  magnifica  orazione  del  professore  G.  I.  Monta» 
nari  ,  ed  iscrizioni  latine  furono  sulla  porta  della  chiesa  ,  e 
sulla  fronte  ed  ai  lati  del  catafalco.  Que'  generosi  ,  quanti 
mai  sono,  che  studiano  alle  lettere  ed  alle  scienze,  e  ne  i- 
struiscono  la  gioventù,  veggano  i  bei  compensi,  che  rendon- 
si  tra  noi  alla  memoria  degli  ottimi  insitutori  :  e  si  con- 
fortino a  durare  le  fatiche  gravissime  ,  ma  onorate,  della 
istruzione.  Ognuno  ,  che  sente  amore  per  le  lettere ,  ringra- 
zi poi  grandemente  il  Montanari  :  il  quale  ponendo  fuori  que- 
sta orazione  ne  ha  donato  il  titolo  a  S.  E.  R.  monsignor 
Gio.  Benedetto  de' conti  Folicaldi  di  Bagnacavallo  ,  congra- 
tulando cosi  nell'ingresso  di  quell'egregio  concittadino  al  ve- 
scovato di  Faenza,  a  cui  dalla  sapienza  di  N.  S.  Gregorio  Xfl 
J?.  M.  è  stato    promosso  meritamente. 

D.    V- 


J-Je  Memorie  che  l'erainentissimo  Pacca  pubblicò  negli  anni 
scorsi  sul  suo  ministero  dell'immortale  pontefice  Pio  VII,  me- 
morie che  noi  a  buon  dritto  chiameremo  classiche  per  l'i- 
storia ecclesiastica  del  secolo  XIX  ,  si  stanno  traducendo  in 
lingua  francese  e  in  Parigi  e  iu  Lione.  Il  primo  volume  della 
traduzione  che  se  ne  fa  in  Lione ,  per  opera  del  sig.  abate 
Queyras  ,  è  già  escito  alla  luce   presso  il  librajo   Rusand  :    e 

24* 


372  Varietà' 

cosi  pure  ,  secondo  V Ami  de  la  Reìiifion  n.  J 98 1 ,  dev'essere 
uscito  il  primo  volume  di  quella  di  Parigi  ,  lavoro  del  sig. 
abate  lamet ,  superiore  della  casa  del  Buon -Salvatore  ed  an- 
tico rettore   dell'accademia  di  Caen. 

Il  lodato  sig.  ab.  Queyras  ,  per  ciò  che  sappiamo,  si  pro- 
pone pure  di  far  conoscere  alla  Francia  per  mezzo  di' lina  tra- 
duzione l'altra  opera  insigne  dell'  eminentissimo  Pacca  sulla 
sua  nunziatura  al  trailo  del  Reno  ;  opera  di  cui  si  è  parlato 
in  questo   giornale  voi.   i54- 


Dipìnti  di  argomento  sacro  del  cav.  Andrea  Pozzi  presidente 
dell'insigne  accademia  di  s.  Luca.  12  Rieti  i832  per  Salvatore 
Trinchi  [sono  pag.   16). 

//  genio  della  pace ,  statua  colossale  di  Alessandro  Massimilia- 
no Laboureur  descritta  dal  cav.  P.  E.  Risconti  ec.  12  Ro- 
ma presso  Antonio  Boulzaler  iSSa.   (sono  pag.    18.) 

JLie  pitture  insigni  di  sacro  argomento,  che  rendono  cosi  chia- 
ro fra'  professori  romani  della  divina  scuola  di  Rnffaello  il 
nome  del  cav.  Andrea  Pozzi ,  hanno  ispirato  all'illustre  cav. 
Angelo  Maria  Ricci  questa  epistola  in  Versi  ,  dov'egli  ha  po- 
sto assai  grazia  ed  affetto.  Cosi  pure  la  statua  colossale  rap- 
presentante il  Genio  della  Pace ,  opera  assai  pregiata  del  va- 
lente scultore  Alessandro  Laboureur  (figlio  del  già  professore 
e  presidente  dell'accademia  di  S.  Luca  ),  ha  dato  occasione 
al  eh.  sig.  cav.  Pietro  Ennio  Visconti  di  scrivei'e  molte  cose 
dotte  e  leggiadre  sulle  belle  arti,  e  di  ristampare  con  due  ne- 
cessarie emendazioni  la  celebre  lettera  di  Raffaello  a  Baldas- 
sar  Castiglione ,  e  l'altra  importantissima  del  gran  Canova 
all' ab,  Giuseppe  Foschi: 


Varietà'  373 

Storia  dei  vasi  fittili  dipinti ,  che  da  quattro  anni  si  troi>ano 
nello  stato  ecclesiastico  in  quella  parte  che  è  nella  antica 
Etruria ,  colla  relazione  della  colonia  lidia  che  li  fece  per 
più  secoli  prima  del  dominio  dei  romani.  Discorso  dell'avi),  d. 
Carlo  Fea  commissario  delle  antichità  ec.  8.0  lìoma  nella 
stamperia  delle  belle  arti  iSSa  (un  voi.  di  pag.  yille66). 

X  ra  le  tante  quistioni ,  alle  quali  ha  dato  origine  fra  noi 
il  recentissimo  scoprimento  di  sì  bel  numero  di  vasi  fittili; 
quistioni  che  meglio  d'ogni  altro  ,  a  parer  de'più  savi,  ha 
saputo  risolvere  quel  fino  giudizio  del  principe  di  Canino  : 
giunge  assai  opportuna  quest'  opera  del  eh.  Faa.  Ella  ci  pa- 
re una  delie  più  importanti  che  uscite  sieno  dalla  penna  del 
benemerito  autore:  ninno  fin  qui  avendoci  con  più  salde  ra- 
gioni mostrato  l'incontrastabile  vero  di  quella  colonia,  che 
sotto  il  comando  di  Tirreno  venne  di  Lidia  a  stabilirsi  in  Etru- 
ria, forse  quattro  secoli  prima  della  fondazione  di  Roma  :  ultima 
colonia  che  d'oriente  toccato  abbia  queste  provincie  d'Italia,  e 
che  perciò  non  vuol  confondersi  coli' antecedente  de'popoli  pe- 
lasgi.  Tutto  ciò  che  di  più  pellegrino  si  ha  su  questo  particolare 
negli  antichi  poeti  ed  istorici,  tutto  è  dal  aig,  avv.  Fea  di- 
ligentemente notato  ,  e  dottamente  discusso. 


La  Georgica  di  P.  Virgilio  Marone  tradotta  in  terza  rima  dal 
marchese  Luigi  Biondi  romano.  8.  Torino,  tipografia  Chirio 
e  Mina  i832.  (Un  voi.  di  pag.  192.) 

xJì  questo  nobilissimo  e  classico  volgarizzamento,  che  tan- 
to onora  l'insigne  autore  e  l'Italia,  parleremo  nel  volume 
avvenire.  •'  ■ 


374  Varietà* 

Del  sale  cibario ,  lettera  del  dottor  Andrea  cav.  Belli  et.  8." 
Roma  dalla  tipografia  Marini  iSSa  [sono  pag.  iZ.) 

n         ... 

v^peretla  assai  curiosa  ,  m  cui  trovi  ogni  notizia  filologica 
e  fìsica  sul  sale   di  che  usiamo  cibarci. 


Catalogo  de'  quadri  appartenenti  a  Giuseppa  Maliardi,  dallo 
stesso  descritti  e  illustrati  con  brevi  annotazioni.  8°  Mi- 
lano presso  la  ditta  Pietro  e  Giuseppe  Vallardi  i83o. 
(  sono  pag.   i54.  ) 

JLi  oi  non  conoscevamo  una  delle  più  belle  collezioni  di  qua- 
dri che  mai  aver  possa  un  ricco  ed  intendente  amatore  di 
belle  arti.  E  vogliamo  congratularcene  col  sig.  Vallardi ,  che 
inoltre  ce  ne  ha  dato  un'  accuratissima  descrizione.  Vedi  qui 
molti  capo-lavori  de' primi  maestri  dell'arte  sieno  italiani, 
sleno  stranieri  :  e  fra  le  altre  cose  rare  ed  insigni  ,  il  ritrat- 
to di  Marcantonio  Raimondi,  opera  di  Raffaello:  due  ritrat- 
ti sovranamente  dipinti  da  Leonardo  da  Vinci:  ed  il  carto- 
ne fatto  dal  Rubens  delia  sacra  famiglia  ,  dipinto  ad  olio  a 
colori  e  riportato  poi  sopra  tela. 


Effemeridi  scientifiche  e  letterarie  per  la  Sicilia.  1-2.'  Palermo 
dalla  tipografia  di  Filippo  Solli. 

JLioi  abbiamo  veduto  alcuni  de'  primi  fascicoli  di  questo 
giornale  della  Sicilia  :  e  gli  abbiamo  trovati  pieni  di  belle  cu- 
riosità e  di  dottrina.  Vogliamo  quindi  rallegrarcene  cogl'  illu- 
stri compilatori,  cbe  sono  il  fiore  della  letteratura  palermitana. 


Varietà*  375 

Ellogium  Raphaelis  Matii  S.  R.  E.  cardinalis  plumbeo  tuba  in- 

clusum  et  cum  carpare  canditum.   4°  Romae  i832   ex  ty- 

pographeo    salviucciano.   (Sono  pag.  IX.) 
Ellagium  Marine  Aimae  Carolinae  M.  E.  D.  pergamena  inserì- 

ptum   aerea  tubo  inclusa,  et   cum   carpare  ej'us    condilum. 

8°   Florentiae   i832. 
Marchionìs  Joannis  Jacob ìTrioultii  ellogium,  auctore  marchio' 

ne  Villaerosae.  8.°   NeapoU  ex  tjpographia  Fibreni  i832. 

(Sono  pag.   i4- ) 

xxnaunciamo  questi  tre  elogi ,  che  scritti  con  molto  fior  di 
eleganza,  ci  narrano  la  vita  di  una  principessa  che  tuttora 
piangono  i  popoli  di  Toscana ,  di  un  cardinale  dottissimo  e 
benemerito  della  santa  sede,  di  un  celebre  cavaliere  lombar- 
do che  onorò  molto  l'Italia  e  le  lettere.  Autore  dell'  elogio 
della  granduchessa  di  Toscana  è  il  sig.  cav.  Giambatista  Zan- 
noni ,  regio  antiquario  e  segretario  dell'  accademia  della  cru- 
sca :  autore  di  quello  del  card.  Mazio  è  il  sig.  ab.  Giacomo 
Mazio  nipote   dell'  illustre  porporato. 


Il  catorcio  d'Anghiari  ;  poema  eroi-comico  in  ottava  rima,  del 
proposto  Federigo  Nomi ,  con  le  note  dell'  ai>v.  Cesare  Te- 
sti. ITol.  2  in  S.''  Firenze,  dalla  tipografia  Daddi ,   i83o. 

X^  ederlgo  Nomi,  la  cui  famiglia  traeva  origine  dalla  cit- 
tà di  Borgo  s.  Sepolcro,  ebbe  i  natali  in  Anghiari.  Educato 
alle  lettere  ed  alle  scienze  ,  professò  pubblicamente  l'eloquen- 
za ,  le  matematiche,  l'astronomia,  quella  in  patria,  queste 
nella  università  di  Pisa.  Fu  sacerdote  ,  e  mori  pievano  di  Mon- 
tcrchi  il   di  aS   novembre  i']o5,   pianto  e   desiderato. 

Una  lettera  più  presto  bizzarra,  che  noi  possediamo  au- 
tografa da  lui  scritta  due  anni  prima  della  sua  morte  alla 
marchesana  Petronilla  Paolini  Massimi ,  che  fu  non  ultimo  or- 
namento del  sesso  gentile  nel  secolo  XVII,  servirà   come  di 


376  Varietà* 

appendice  a  questi  brevi  cenni  biografìci .  In  essa  lettera 
appunto  parlasi  del  presente  poema  :  lavoro  ,  che  fu  ignorato 
dal  Tiraboschi  nella  sua  storia  della  letteratura  italiana,  do- 
ve fa  parola  ben  duo  volte  del  Nomi  in  due  note,  e  preci- 
samente alle  pag.  ySo  e  seguente  del  voi.  8."  edizione  de' 
classici,  in  cui  ricorda  il  di  lui  poema-  Buda  liberata, -e  a 
pag.  737  dello  stesso  volume  dove  tiene  discorso  con  lode  del- 
le  di  lui  satire. 

Nel  2.**  tomo  delle  notizie  degli  arcadi  morti  v'ha  un  bre- 
ve articolo  biografico  del  nostro  poeta ,  dettato  dall'  avv.  Ja- 
copo Magnani  fiorentino:  ed  ivi  pure  si  passa  sotto  silenzio 
il  presente  poema.  Il  perchè  tributiamo  sincere  azioni  di  gra- 
zie a  chi  ne  lo  trasse  dall'  oscuro  in  che  giaceva  da  tanti  an- 
ni :  perchè  teniamo  per  fermo,  che  questa  nuova  opera  non  sia 
per  diminuire  la  fama  del  suo  autore,  che  fu  lodato  scritto- 
re de' tempi  in  che  visse,  si  del  verso  italiano,  si  del  latino, 
siccome  ne  fanno  ampia  fede  le  satire  già  ricordate:  benché 
al  dire  del  Tiraboschi  non  abbiano  quella  eleganza  di  stile  , 
per  cui  meritamente  va  annoverato  fra  i  più  illustri  il  no- 
me di  monsig.  Sergardi ,  forse  più  conosciuto  sotto  quello  di 
Quinto   Settano. 

La  lettera  del  Nomi ,  che  presentiamo  ai  nostri  leggitori, 
pare  avere  avuta  occasione  da  un  suo  desiderio  d' intitolare 
.  dieci  egloghe  latine  alla  Massimi.  Esse  egloghe,  pure  autogra- 
fe, sono  in  nostre  mani,  e  niuno  scrittore,  che  ci  sia  noto,  ne 
fa  menzione. 

Non  crediamo  però  di  pubblicarne  alcun  saggio  ,  per- 
chè se  mal  non  ci  apponiamo  esse  non  aguagliano  la  fama 
dell'  autore.  Questo  nuovo  poema  è  preceduto  da  un  bre- 
ve articolo  biografico  dell' aba»e  Alessandro  Buratti,  col  cata- 
logo delle  opere  ;  da  una  lettera  del  Nomi ,  con  che  dedicava 
il  poema  a  Ferdinando  di  Toscana  l'anno  i6S4:  da  un  breva 
avviso  al  lettore:  da  una  lettera  del  Redi  ad  esso  Nomi:  da 
una  bravissima  prefazione ,  e  finalmente  da  alcune  annotazioni 
alla  prefazione  stessa  dell' avv.  Cesare  Testi  d'Anghiari.  Il  poe- 
ma è  diviso  in  quindici  cauli,  l'ultimo  de' quali  è  seguito  da 
un   avviso  dell'  editore   ai  lettori ,  in  cui  si  riporta  l'epigrafe, 


Varietà'  3T7 

con  che  Alessandro  e  Giuseppe  Nomi  nipoti  del  poeta  gli 
collocarono  un  sepolcro.  Il  poema  è  qui  e  qua  fiorito  di. non 
poche  bellezze,  e  può  tanto  più  piacere  anche  ai  più  ritrosi 
fra  i  leggitori,  purché  si  voglia  aver  riguardo  all'  epoca  in  cui 
fu  scritto,  ed  alia  scelta  stessa   dell'  argomento. 

C.  E.  MnzzÀBULi.        i 


Alla  marchesa  Petronilla  Paolìni  Massimi. 

Roma 
lUma  Sig.  M.  P-  Colflia. 

JLia  mia  curiosità  di  rintracciare  minutamente  ogni  essere 
di  V.  S.  Illma  non  nasce  d'altronde,  che  da  un  riverentis. 
desiderio  di  porterne  scrivere  ;  per  lo  che  se  non  lode  ,  me- 
rita almeno  perdono  nell'  erudito  e  sensato  spirito  ,  di  cui  è 
arricchita  la  di    lei  generosa  persona, 

La  supplico  pertanto  con  suo  comodo  a  degnarsi  di 
avvisarmi,  di  qual  famiglia  ,  e  di  qual  luogo  fosse  la  madre, 
ch'ebbe  fortuna  di  partorire  una  si  degna  figlia,  con  qual- 
che particolarità  della  di  lei  forma  ,  e  se  possiamo  dire  col 
nostro    Orazio  , 

O  matre  pulchra  filia  pulchior. 
Parlando  con  persona  di  mestiero  ,  anzi  con  una  vivente  Po- 
linnia  ,  certe  minutaglie,  parte  cavate  dalla  verità  ,  parte  gua- 
dagnate dall'esercizio  poetico,  sono  quelle  ,  che  danno  pondus 
et  decus  alle  composizioni ,  che  senza  di  esse  torpent,  et  ser- 
purrt  humi.  Ella  dirà  ,  ridendosi  fra  se  stessa  della  mia  teme- 
rità. Che  forse  la  mia  penna  ha  bisogno  di  un'altra  per  vo- 
lare? Lo  so  ancor  io.  Ma  forse  alcune  Iodi,  che  non  risuona- 
no bene  in  ore  proprio ,  riescono  pregiabjli  riferite  da  uno 
incognito   e   disinterressato. 

Né  io,  per  dirle  qualcosa  di  me,  sono  affatto  novellino  in 
Parnaso,  ritrovandomi  sopra  settanta  anni  addosso.  Ho  letto  leg- 
ge nello  studio  di  Pisa,  e  sono  anche  laureato  in  teologia  e  nelle 
arti.  Sono  ascritto  in  moltissime  accademie  d'Italia,  e  fino  ad 
ora  ho  dato  alle  stampe,  un  libro  di  poesie  liriche,  ed  altre 
coselle  in  Perugia.  La  versione  di  Orazio  toscano,  ed  un  al- 
tro libro  di   cauzoni  ia  Fireaze,  un  poema  eroico  di    Buda 


378  Varietà' 

liberata^  in  Venezia  ;  un  libro  di  satire  latine,  in  Leyden:  e  mi 
ritrovo  compite  la  versione  di  Giovenale  in  3  rima,  un  gros- 
so volume  d'odi  ed  epigrafi  latini  ,  e  qualcuno  greco  ;  due 
libri  di  epistole  in  versi  esametri  ad  imitazione  d'Orazio,  e 
dieci  egloghe  latine  ,  come  Virgilio  ;  e  di  più  quattro  volumi 
di  poesie  varie.  Un  volume  di  tragedie,  e  drammi  in  versi; 
ed-ira  altro  di  poesie  epitalamiche,  panegirici,  e  funebri.  Tre 
o  quattro  volumi  di  prose  latine  e  toscane ,  contenenti  ora- 
zioni, panegirici,  e  lezioni  accademiche,  ed  altro.  Sicché  s'egli 
è  lecito  il  dij-e  con  Orazio,  quaesitam  meritis  sume  superbiam, 
appena  vi  è  UQ  altro,  ch'abbia  composto  più  di  me:  ed  ho 
anche  in  eroicomico  un  poema  intiero ,  e  molt' altre  facezie  , 
cbe  fanno  un  volume. 

Ella  mi  dirà:  Questa  mostra  di  privilegi  è  una  cosa  da  ciar- 
latani. La  confesso,  e  dico  mia  colpa:  ma  Cicerone  stima  il  far 
ciò  necessario,  quando  alcuno  non  può  meglio  persuadere  ad 
altrui   una  proposizione. 

Fin  qui  non  ho  pareggiato  la  lettera  di  V.  S.  Illma  al  sig. 
conte  Monte  Mellini ,  a  me  da  lui  comunicata,  e  però  non 
ricercandola  d'esser  accomodato  in  corte ,  del  qual  desiderio 
procul  absum,per  empire  la  carta  ,  la  prego  se  ne  son  de- 
gno, a  ricevermi  per  suo  servitore  di  affetto  e  di  venerazione,  e 
(quando  a  lei  s'apra  il  campo)  a  farmi  ammettere  fra  gli  ar- 
cadi con  nome  di  Cerijbne  Budeo.  So  che  a  lei  non  manche- 
rà persuasione,  né  mezzo;  ed  ora  saprà,  perchè  le  ho  fatto 
una  descrizione  esatta  de' miei  studi. 

Le  mando  annesse  le  composizioni  per  s.  Stefano  di  Reg- 
gio, e  se  non  le  soddisfano,  mi  avvisi  in  quel  metro  più  le 
vuole;  e  le  fo  umilmente  riverenza. 

Anghiari  li  3i  marzo    1703. 

NIHILOBSTAT 

Ab.  D.  Paulus  Delsignore  Gens.  Theol. 

NIHIL  OBSTAT 

Petrus  Lupi  Med.   CoUeg. 

NIHIL   OBSTAT 

Petrus  Odescalchi  Gens.  Philolog. 

IMPRIMATUR 

Fr.  Jos.   Maria  VelzI   Ord.  Prajd.    S.  P.  A.  Mag. 

IMPRIMATUR 

Jo3.  Della  Porta  Patr.  Constant.  Vicesg. 


INDICE 

DELLE    MATERIE    CONTENUTE    NEL    TOMO    LUI 
DEL    GIORNALE    ARCADICO. 

SCIENZE 


379 


Chimens^  Nuovo  pelvimetro     .     .     ,     .    p.       3     — 
De-Angelis ,    Cholera  Morbus    negli    ani- 
mali bruti /7.19     — 

Istituto   senese  de  sordo-muti     .     .     .     p.     30     — 
Tournon  ,    Etudes  statistiques  sur    Rome 

(  art.    1    e  2  ) .    /?.     35  231 

Bonaparte  principe   di  Musignano,  Saggio 
di  una  distribuzione  metodica  degli  ani- 
mali vertebrati  a  sangue  freddo     .     .    p.     —  1 29 
P eretti  ,  Analisi   del  grano  carbone     .    p.     —  2!0 
Grones,  Quantità  immaginarie     .     .     .    p.     —  221 
Tommasini  ,  Nozioni  istoriche  e  terrapeu- 

tiche  sul  cholera  morbus  ec.  .  .  p.  —  246 
Muzzarelli ,  Elogio  di  Teodoro  Fonati  p.  —  252 
Monti,  Manuale  delle  dogane  pontificie  p.  —  262 
Monchini  ,  Rendiconto  del  denaro  raccol- 
to per  Vospizio  di  Tatagiovanni  .  p.  —  265 
Rutili  Gentili ,  Nuove  riflessioni  sulle  cau- 

se  naturali  de'  terremoti   di  Fuligno    p.     —  2T1 
Barlocci ,  Scintillazione   elettrica    prodotta 

daW  azione    della  calamita     .     ■     •    P'     —  279 

LETTERATURA 

Folicaldi ,  Commentario    della  vita   di  Pio 

mi ^3.  52  — 

Fea  ,  Casa  aurea  di  Nerone  e  torre  cartu- 
laria /;.     65    — 


380 

Dante  ,  Convito^  edizione  cel  Cavazzoni  Pe- 

derzini /9.  86     — 

Tranquilli^   Parnaso  mariano     .     .     .    p.  89     — 
Pacca  ,    Memorie  della    sua  nunziatura  al 

tratto   del  Reno ;o.  94      — 

Vaccolini^  Osservazioni  sul  hello  {art.  3)     p.  —  283 

f^ida^  La  poetica  tradotta  da  B.  Romano    p.  —  298 

Franceschi-Ferrucci  ,    Canti  due     .     .    p.  —  30T 
Cenni   sulla    vita   del    dott.    Pasquale  A~ 

mat'i /?.  — -  310 

Guacci  ,    Rime p.  —  31 T 

Montanari  ,  Operette  dt autori  italiani  nuo- 
vamente pubblicate p.  —  322 

Montaltius ,    De    veterum  Rubicone     ■.     p.  —  340 

BELLE-ARTI 

Cenotafio  eseguito  dal  sig.  Giuseppe  Sarti    p.     106  — 
Pungileoni ,   Memoria  sopra  Prospero  Cle- 
menti  scultore  reggiano       .     .     .     ^    p.     —  344 
Pittura.   Francesco    Podesti  di  Ancona    p.     —  364 
f^arietà. 
Tavole  metereologiche. 


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