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Full text of "Giornale dell'ingegnere-architetto ed agronomo"

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GIORNALE 


DELL  INGEGNERE-ARCHITETTO 


CIVILE  E  MECCANICO 


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in  2012  with  funding  from 

University  of  Illinois  Urbana-Champaign 


http://archive.org/details/giornaledellinge16cava 


GIORNALE 


DELL'  INGEGNERE-ARCHITETTO 


CIVILE  E  MECCANICO 


ANNO   XVI. 


MILANO 

TIPOG.  E  L1TOG.  DEGLI  INGEGNERI 
1868 


6  0  o 

GulO 


MEMORIE  ORIGINALI 


IL    RIORDINAMENTO    DEI    LAVORI    PURBLIGI. 

I. 

Nel  riordinamento  dell' Amministrazione  interna  del  Regno,  che  si  dichiara  di 
voler  eseguire  per  migliorare  le  nostre  finanze  assai  dissestate  e  per  far  cessare  le 
continue  lamentele  che  a  ragione  si  elevano  sul  cattivo  indirizzo  che  in  gene- 
rale si  è  dato  a  tutta  la  pubblica  amministrazione,  vi  devono  indubbiamente  en- 
trare i  lavori  pubblici,  siano  poi  essi  a  carico  del  Governo  oppure  delle  Provincie 
o  dei  Comuni. 

Quantunque  questo  ramo  di  Amministrazione  pubblica  sia  in  giornata  fra  i  più 
importanti  che  si  abbiano,  specialmente  per  ciò  che  riguarda  la  viabilità,  non  ci 
consta  che  esso  sia  stato  finora  studiato  convenientemente,  né  dalle  persone  del- 
l' arte  né  dai  pubblicisti,  motivo  per  cui  si  sono  commessi  molti  errori  a  danno 
del  paese  ai  quali  sarà  pur  d'  uopo  di  rimediare. 

Facciamo  innanzi  tutto  precedere  alcune  notizie  storiche  sull'  ordinamento  dei 
lavori  pubblici  in  Italia  ed  in  particolare  della  parte  settentrionale  ,  ove  si  ri- 
tiene che  esso  era  fra  i  migliori  in  quantochè  aveva  dato  degli  eccellenti  ri- 
sultati. 

II. 

Nelle  antiche  Provincie  Piemontesi  tutta  V  azienda  dei  lavori  pubblici  era  in 
Amministrazione  diretta  del  relativo  Ministero  nel  cui  seno  si  trovava  un  Con- 
siglio superiore  di  ispettori,  chiamato  Consiglio  permanente  dal  quale  si  esami- 
navano i  progetti,  si  davano  pareri  e  si  discutevano  tutte  le  questioni  d'arte  che 
venivano  trasmesse  dal  Ministero.  Ciò  era  consentaneo  alla  estensione  ed  alla 
importanza  di  quel  Regno,  non  potendo  ammettere  che  per  una  popolazione  di 
poco  più  di  5  milioni  di  abitanti  ed  una  rete  limitata  di  strade  vi  potesse  essere 
una  moltiplicità  di  Dicasteri  tecnici  che  sarebbero  riusciti  assai  onerosi  allo  Stato 
e  di  inciampo  al  regolare  andamento  delle  cose. 

Il  servizio  nelle  Provincie  poi  era  effettuato  dagli  ingegneri  Capi,  dagli  ingegneri 
di  Sezione,  dagli  ajutanti  e  dagli  assistenti  non  già  riuniti  in  un  sol  officio  ma 
sparsi  in  diversi  punti  del  territorio  per  essere  più  pronti  a  soddisfare  alle  esigenze 
del  servizio.  Ciò  era  quasi  una  necessità  voluta  dal  sistema  seguito  nella  manuten- 
zione delle  strade,  il  quale  ad  imitazione  di  quello  stato  adottato  dai  francesi  non 
Gwrn.  lng.  —  Voi.  XVI.  —  Gennajo  1868.  1 

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2  IL  RIORDINAMENTO 

ammetteva  opere  a  corpo  ma  soltanto  dei  lavori  e  delle  opere  a  misura  che  si 
ordinavano  dagli  agenti  tecnici  di  mano  in  mano  che  occorrevano.  -  Tutto  que- 
sto personale  tecnico  costituiva  il  Corpo  Reale  -del  Genio  Civile  modellato  presso 
a  poco  come  quello  di  Ponti  e  Strade  in  Francia. 

Le  strade  pubbliche  erano  distinte  in  tre  categorie  immitando  anche  qui  il 
sistema  Francese;  vi  erano  perciò  strade  Nazionali  o  Regie,  Provinciali  e  Comunali 
senza  calcolare  le  strade  Private.  La  cura  delle  strade  tanto  nazionali  che  pro- 
vinciali era  affidata  agli  ingegneri  del  Corpo  Reale  del  Genio  Civile,  malgrado  che 
la  competenza  passiva  della  spesa  appartenesse  a  due  separate  Amministrazioni, 
cioè  le  une  a  carico  dello  Stato  le  altre  a  carico  delle  Provincie.  Gli  ingegneri 
del  Genio  Civile  erano  dipendenti  direttamente  dall'Intendente  della  Provincia 
il  anale  provvedeva  a  tutto  il  servizio  facendo  eseguire  da  una  parte  gli  ordini  del 
Ministero  dei  Lavori  Pubblici,  dall'  altra  le  disposizioni  del  Consiglio  Provinciale. 
Si  imitava  anche  da  questo  lato  P  organismo  dell'  amministrazione  francese 
dacché  non  si  poteva  operare  diversamente  senza  arrecare  del  disordine  e  delle 
spese  assai  gravose  ed  indebite  ai  contribuenti. 

Quantunque  gli  Ingegneri  del  Genio  Civile  avessero  questa  duplice  incom- 
benza rimaneva  loro  ciò  nondimeno  tutto  il  tempo  necessario  per  potersi  occu- 
pare anche  in  servizio  dei  Comuni  pel  quale  erano  autorizzati  dal  Governo.  Con- 
seguenza di  questa  facoltà  lo  stesso  Governo  avea  limitati  i  corrispondenti  stipendi 
a  proprio  carico  pei  vantaggi  e  benefici  che  ne  potevano  derivare  agli  ingegneri 
dalle  sopravvertite  occupazioni  straordinarie  a  carico  dei  Comuni. 


HI. 


Nel  Lombardo-Veneto  le  cose  camminavano  in  modo  diverso.  Questo  territorio 
aveva  conservale  pei  lavori  pubblici  tutte  le  Leggi  ed  i  Regolamenti  de  primo 
Re.no  d'Italia.  Dopo  44  anni  di  dominio  gli  austriaci  non  avevano  trovato  alcun 
bisogno  d  riforma' nell'azienda  delle  opere  pubbliche,  se  si  eccettuino  alcun. 
Secoli  cambiamenti  nel  personale  tecnico  del  tutto  insignificanti  e  diretti,  piut- 
E ,  a  migliorare  la  condizione  degli  impiegati,  di  quello  che  alterare  ,  pnnc.pj 
di  amministrazione  che  rimasero  sempre  fermi.  .,    ,.  n|o 

Ai  due  Governi  della  Lombardia  e  della  Venez.a  erano   applicate  altrettante 
Direzioni  Generali  delle  pubbliche  Costruzioni  costituite  interamente  da   ngegnen- 
Architetti  alle  quali  era  riservata  la  parte  tecnica  inerente  a,  rispettivi  terr.tor. 
Ciascuna  Direzione  Generale  aveva   l'obbligo  di  predisporre  i  preventiv  - 

lanci  annuali  di  tutte  le  opere  pubbliche  da  eseguirsi  a  carico  dello  Stato,  s.a  pei 
voi  stradali  ed  idraulici,  sia  per  le  fabbriche  civili  in  serv.z.o  de.  diversi  Di- 
ale i    sorvegliava  il  personale  tecnico  sparso  nelle  province     e  ne  proponeva 
a    Governo  le promozioni ,   le  quiescenze ,  le  traslocaz.om   e   gli  ingegneri  co - 
laudatori  tanto  per  le  opere  di  ordinaria   manutenzione,    quanto   per  quelle  d. 
adattamento  o  riforma;  esaminava  lutti  gli  elaborati  tecnici  che  venivano  compi- 
at   Si  te^eLe  dello  Stato  dagli  Ingegneri  d'ufficio  applicati  -He  Provincie 
e  secondo  i  casi  ne  proponeva  V  approvazione  o  ne  ordinava  direttamente  la  mo- 
diflcSne;  Lue  ^Direzione  era  un  autorità  consultiva  alla i  q«le  ncorreva 
il  Governo  per  tutte  le  questioni  che   insorgevano  nell'interesse   dei  Comuni  e 
dei  Corpi  morali   in   genere ,  i   quali  avessero   trovato  di  appellarsi  in   seconda 
istanza  al  giudizio  Governativo. 


DEI  LAVORI  PUBBLICI  3 

Per  altro  P intervento  e  l'opinione  esternata  dalla  Direzione  Generale  delle 
Pubbliche  Costruzioni  se  poteva  dirsi  definitivo  ogni  qualvolta  si  trattava  di  discus- 
sione di  principj  o  di  applicazione  alle  Leggi  del  lato  puramente  tecnico  non  lo 
era  di  poi  se  si  dovevano  effettuare  dei  pagamenti ,  nel  qual  caso  era  necessario 
anche  il  voto  della  Contabilità  di  Stato.  Eretto  questo  dicastero  pel  controllo  gene- 
rale di  tutte  le  rendile  e  le  spese  dello  Stato,  esso  curava  scrupolosamente  che  an- 
che nei  Lavori  Pubblici  non  succedessero  abusi  né  cambiamenti  di  sorta  e  che  le 
singole  opere  fossero  in  corrispondenza  a  quelle  state  comprese  nei  bilanci  appro- 
vati dal  Ministero  dei  Lavori  Pubblici.  -—  All'oggetto  poi  di  meglio  esercitare  questo 
suo  controllo  esisteva  nel  seno  della  stessa  Contabilità  di  Stato  un'apposito  diparti- 
mento chiamato  delle  fabbriche,  il  quale  essendo  costituito  esclusivamente  da  In- 
gegneri era  in  grado  di  apprezzare  e  conoscere  gli  elaborati ,  e  di  esporre  una 
fondata  opinione  sai  singoli  lavori  e  per  tal  modo  illuminava  convenientemente 
la  parte  amministrativa  e  di  semplice  controllo. 

Il  personale  tecnico  applicato  alle  provincie  dimorava  nel  capoluogo  Provin- 
ciale, ove  aveva  sede  il  Delegato  Governativo.  Esso  era  riunito  in  un  ufficio  chia- 
mato ufficio  Provinciale  delle  Pubbliche  Costruzioni;  dipendeva  dallo  stesso  Delegato 
Provinciale  (attualmente  prefetto)  ma  poteva  mettersi  in  corrispondenza  diretta 
anche  colla  Direzione  Generale  delle  pubbliche  costruzioni  negli  affari  semplice- 
mente tecnici.  Questo  personale  consisteva  in  Ingegneri  di  diverse  classi  ed  assi- 
stenti pure^di  varie  classi  sotto  la  dipendenza  di  un  Ingegnere  Capo  al  quale 
era  riservato  la  direzione  integrale  dell'Ufficio.  A  ciascun  Ingegnere  veniva  asse- 
gnata una  determinata  linea  di  strade  o  fluviale  ed  esso  era  obbligato  non  solo 
di  dirigerne  le  opere  di  manutenzione  ma  eziandio  quelle  di  riforma  o  di  adat- 
tamento che  per  avventura  occorressero.  I  lavori  venivano  sorvegliati  dagli  assi- 
stenti di  un  grado  superiore  od  inferiore  a  norma  dell'importanza  loro.  In  tal 
modo  riunito  il  personale  tecnico  esso  veniva  sorvegliato  e  diretto  dall'Ingegnere 
Capo,  il  quale  impediva  che  avessero  luogo  degli  abusi  o  si  negligentasse  il 
servizio  obbligando  tutti  gli  impiegati  ad  intervenire  all'  ufficio  per  occuparsi 
convenientemente,  tranne  il  caso  che  fossero  chiamati  a  visitare  qualche  lavoro 
in  campagna. 

Dipendentemente  dal  sistema  semplice  ed  economico  stato  adottato  nella  manu- 
tenzione delle  strade  si  poteva  limitare  anche  il  numero  degli  Ingegneri  e  degli 
assistenti  mentre  ciascuno  d'essi  poteva  dirigere  e  sorvegliare  da  150  a  200  chi- 
lometri di  strada.  È  questa  una  circostanza  che  va  seriamente  calcolata,  mentre  i 
risparmi  che  molte  volte  si  ritengono  di  poter  introdurre  con  sistemi  nuovi  per 
economizzare  nelle  spese  di  manutenzione  delle  strade  sono  del  tutto  illusorj 
quando  si  mettono  a  calcolo  le  spese  di  direzione  e  di  sorveglianza  di  tutto  il 
personale  tecnico  che  vi  occorre. 

L'Ingegnere  in  Capo  di  una  provincia  non  poteva  avere  alcun  riparto  stradale 
da  sorvegliare  e  dirigere  mentre  in  tal  caso  sarebbe  cessato  alcun  controllo  sul 
proprio  operato.  Lo  stesso  Ingegnere  in  Capo  doveva  invece  rivedere  tutti  gli  ela- 
borati degli  altri  Ingegneri  da  esso  dipendenti  ed  assicurarsi  anche  mediante 
frequenti  visite  locali  che  ogni  cosa  procedesse  in  modo  regolare  ed  in  conformità 
alle  date  prescrizioni. 

Le  strade  pubbliche  erano  distinte  in  tre  classi,  cioè  provinciali,  comunali  e  pri- 
vate. Le  strade  provinciali  erano  poste  sotto  la  cura  immediata  del  Governo,  il 
quale  essendosi  appropriate  tutte  le  imposte  assegnate  per  questo   ramo  di  pub- 


4  IL  RIORDINAMENTO 

Mica  Amministrazione  ne  sostenne  in  seguito  le  relative  spese  di  manutenzione 
e  di  adattamento  mediante  l'opera  degli  Ingegneri  delle  pubbliche  costruzioni. 

In  quanto  alla  parte  tecnica  delle  strade  comunali  essa  era  interamente  riser- 
vata agli  Ingegneri  civili,  i  quali  venivano  proposti  di  volta  in  volta,  dalle  singole 
rappresentanze  dell'Amministrazione  Comunale  e  nominati  dal  Delegato  Provin- 
ciale. Però  tutti  gli  elaborati  tecnici  sia  pei  lavori  di  nuova  costruzione  sia  per 
quelli  di  manutenzione  dovevano  essere  riveduti  ed  approvati  dagli  uffìcii  pro- 
vinciali delle  pubbliche  costruzioni  i  quali  avevano  l'incarico:  1.°  di  esaminare 
se  il  lavoro  era  condotto  colle  migliori  regole  dell'  arte ,  e  coi  principii  di  sana 
economia.  2.°  Di  osservare  se  erano  state  adempite  le  leggi  ed  i  regolamenti 
emanati  sulle  opere  pubbliche. 

Dovendo  gli  ingegneri  delle  pubbliche  costruzioni  esercitare  siffatto  controllo 
sulle  spese  a  carico  dei  Comuni  ne  venne  ovvia  la  conseguenza  che  essi  furono 
esclusi  da  qualunque  lavoro  a  carico  comunale,  mentre  in  caso  diverso  o  cessava 
il  controllo  o  riesciva  esso  illusorio.  Soltanto  in  casi  eccezionali  e  per  circo- 
stanze speciali  poteva  essere  destinato  un  Ingegnere  d'ufficio  dal  Delegato  Pro- 
vinciale. 

Il  pagamento  di  qualsiasi  opera  pubblica  sia  a  carico  del  Governo  sia  a  carico 
dei  Comuni  non  poteva  aver  luogo  se  non  dietro  regolare  collaudo  ed  in  seguito 
ad  una  esplicita  dichiarazione  di  un  ingegnere  appositamente  delegato  dalla  com- 
petente autorità  dalla  quale  dichiarazione  risultasse  senza  alcun  reticenza  o  ri- 
serva che  il  lavoro  era  ben  fatto  e  corrispondente  alle  prescrizioni  del  contratto. 
A  collaudatore  di  un'opera  non  poteva  giammai  essere  destinato  l'autore  del 
progetto  e  per  le  opere  a  carico  del  Governo  si  preferiva  quasi  sempre  un  inge- 
gnere estraneo  alla  provincia  in  cui  cadeva  il  lavoro  e  di  un  grado  superiore  a 
quegli  che  aveva  dirette  le  opere. 

Più  sopra  abbiamo  detto  che  in  Lombardia  nella  manutenzione  delle  strade  si 
era  adottato  un  sistema  semplice  ed  economico,  il  quale  non  solo  permetteva  di 
diminuire  il  numero  del  personale  tecnico  applicato  ai  lavori  pubblici  ma  lasciava 
luogo  eziandio  alla  massima  controlleria  possibile  che  è  pur  d'  uopo  il  confes- 
sarlo si  rende  assolutamente  necessaria  in  questo  ramo  amministrativo  (1).  Que- 
sto sistema  consisteva  nell'  appaltare  a  corpo  e  per  un  prezzo  definito  tutte  le 
opere  che  non  si  potevano  né  misurare  uè  riconoscere  dopo  il  loro  compimento, 
appaltando  invece  a  misura  tutto  ciò  che  si  poteva  riscontrare  e  misurare  in 
qualsiasi  tempo. 

Per  qual  cosa  erano  a  corpo  tutte  le  opere  di  buon  governo  delle  strade  spe- 
cialmente quelle  intorno  alle  carreggiate  che  occorrono  diuturnamente  e  che  non 

(1)  Gli  ingegneri  di  sezione  o  di  riparto  in  Lombardia  si  limitavano  a  33.    Ad    essi   era   affidato  :  la 

cura  delle  strade  provinciali  o  regie  la  cui  lunghezza  era  di Chil.  2867 

La  sorveglianza  alle  arginature  dei  fiumi  Po,  Oglio,  Mincio  e  Secchia  della  lunghezza  di    .      »     440 
I  canali  pubblici  di  scolo  del  Mantovano  lunghi         »     754 

Quindi  in  tutto  una  linea  stradale  e  fluviale  di Chil.  4061 

Di  più  avevano  la  revisione  di  tutti  gli  elaborati  tecnici  che  si  eseguivano  nell'  interesse  dei  comuni 
e  degli  stabilimenti  di  beneficenza,  di  culto  e  di  istruzione  pubblica;  esaminavano  e  rivedevano  tutte  le 
perizie  che  interessavano  l'azienda  forestale;  avevano  in  cura  tutti  i  fabbricati  demaniali  facendo  ese- 
guire le  opere  di  miglioramento  e  di  riparazione  e  si  occupavano  eziandio  dell'  esame  e  della  prova 
delle  caldaje  a  vapore  destinate  per  l' industria.  Se  si  fossero  tolte  tutte  queste  incumbenze  secondarie 
il  numero  degli  ingegneri  poteva  diminuirsi  di  un  buon  terzo. 


DEI   LAVORI   PUBBLICI  5 

si  possono  controllare;  ed  erano  a  misura  invece  le  forniture  delle  ghiaje  e  le 
grandi  riparazioni  alle  opere  d'  arte.  Cambiando  questo  sistema  di  manutenzione 
ed  adottando  quello  dei  francesi  che  con  tanto  calore  viene  in  giornata  da  molti 
propugnato  siccome  il  migliore,  si  andrà  incontro  a  tre  grandi  difetti  cioè: 

1.°  Di  non  avere  alcun  controllo  nei  lavori  pubblici. 

2.°  Di  aumentare  a  dismisura  il  numero  delle  persone  tecniche. 

3.°  Di  non  avere  delle  persone  responsali  sulla  buona  conservazione  delle 
strade. 

IV. 

Allorché  nel  1859  la  Lombardia  venne  aggregata  al  Piemonte  e  si  iniziò  il  ri- 
sorgimento Italiano,  il  Governo  del  Re  trovava  opportuno  di  far  cessare  le  prin- 
cipali dissonanze  di  Amministrazione  pubblica  che  esistevano  fra  i  due  territorj 
al  qual  fine  venivano  emanate  diverse  leggi  di  unificazione ,  fra  le  quali  vi  era 
pur  quella  sui  lavori  pubblici.  —  Si  comprendeva  in  questa  ultima  legge  tutto 
ciò  che  si  era  riputato  migliore  tanto  nella  legislazione  Piemontese  quanto  in 
quella  di  Lombardia,  che  comesi  disse  proveniva  tuttavia  dal  primo  Regno 
d'Italia. 

Questa  nuova  legge  sui  lavori  pubblici  era  stata  discussa  e  maturata  da  una 
Commissione  composta  da  persone  dell'arte  e  pratiche  nella  pubblica  ammini- 
strazione appartenenti  ai  due  territorj ,  la  quale  commissione  era  presieduta  da 
un  distinto  e  vecchio  Ministero  che  aveva  tanto  influito  al  miglioramento  dei  la- 
vori pubblici  nel  Piemonte. 

In  questa  legge  si  faceva  prevalere  il  sistema  d'Amministrazione  Lombardo, 
dacché  si  era  riconosciuto  il  migliore  sia  in  ciò  che  concerneva  il  personale  ap- 
plicato ai  lavori  pubblici,  sia  relativamente  alle  norme  ed  ai  principi  generali 
sui  quali  era  basato.  Laonde  in  siffatta  legge  fra  le  altre  cose  si  prescriveva. 

l.°  Che  gli  ingegneri  e  tutti  gli  agenti  tecnici  applicati  ai  lavori  pubblici 
fossero  riuniti  in  uffici  tecnici  provinciali  dipendenti  direttamente  da  un  Inge- 
gnere Capo  nello  stesso  modo  che  esisteva  in  Lombardia. 

2.°  Che  tutte  le  strade  che  nelle  antiche  Provincie  erano  state  dichiarate 
provinciali  e  poste  a  carico  degli  erarj  divisionali  fossero  aggregate  alle  strade 
nazionali  e  poste  direttamente  in  Amministrazione  del  Governo,  facendo  così  ces- 
sare questa  classe  di  strade  come  appunto  si  era  praticato  già  da  tempo  nel  ter- 
ritorio Lombardo  (1). 

(1)  Ecco  quanto  veniva  dichiarato  in  proposito  dal  Ministro  nella  relazione  23  ottobre  1859,  colla  quale 
accompagnava  la  Legge  sui  lavori  pubblici. 

«  Nelle  antiche  provincie  dello  Stato  erasi  già  da  lungo  tempo  riconosciuto  come  1'  esistenza  di  una 
classe  di  strade  provinciali  poste  a  carico  degli  erarii  divisionali  recasse  non  lievi  inconvenienti  al 
proprio  fine  a  cui ,  deve  essere  diretta  una  buona  legislazione  stradale,  a  quello  cioè  di  adempiere  al 
bisogno  ognor  crescente  che  le  principali  linee  di  comunicazione  interna  ed  internazionale  facciano  sen- 
tire il  loro  beneficio  più  estesamente  e  più  equamente  alla  generalità  del  paese  ;  e  come  inoltre  1'  esi- 
stenza della  classe  medesima  fosse  di  non  lieve  ostacolo  a  poter  conseguire  un  miglior  compartimento 
territoriale  che  per  molte  ragioni  di  alta  amministrazione  era  richiesto  ». 

«  Confrontando  poi  il  sistema  attuale  delle  comunicazioni  dell'  antico  regno  con  quello  dell'  ora  con- 
giuntavi Lombardia  ne  deduremo  una  prova  di  fatto  della  superiorità  del  secondo.  In  Lombardia  la  rete  delle 
strade  nazionali  che  vengono  chiamate  sotto  varii  nomi  di  postali,  commerciali  e  militari,  ma  che  sono  tutte 
costrutte  e  mantenute  a  carico  del  pubblico  erario  ha  un  estensione  di  chilom.  2877  mentre  nell'antico 


6  IL  RIORDINAMENTO 

I  cambiamenti  avvenuti  successivamente  sia  nelle  persone  del  consiglio  della 
Corona  che  nelle  circoscrizioni  territoriali,  la  mancanza  dei  Regolamenti  per  la 
più  retta  applicazione  della  legge  che  non  furono  giammai  emanati  quantunque 
se  ne  avesse  tutto  il  bisogno,  per  cui  vi  era  molta  incertezza  ed  irregolarità  di 
procedura,  ha  fatto  sì  che  la  stessa  legge  ha  in  gran  parte  abortito  malgrado  tutte 
le  buone  prescrizioni  che  in  essa  erano  contenute. 

Se  vi  era  un  appunto  da  dover  fare  a  questa  Legge  era  quello  del  soverchio 
numero  del  personale  tecnico  applicato  alle  Provincie  in  confronto  ai  reali  bi- 
sogni, come  pure  un  numero  strabocchevole  di  uffici  tecnici  che  si  poteva  dimi- 
nuire colla  contemporanea  semplificazione  del  servizio  e  con  molto  vantaggio 
dell'erario  Governativo;  d'altra  parte  si  notava  una  mancanza  di  prescrizioni 
intorno  alle  strade  comunali  ed  agli  uffici  di  controllo  pei  quali  non  si  era  me- 
nomamente provveduto.  Ma  forse  tutto  ciò  poteva  formare  il  soggetto  dei  Rego- 
lamenti dei  quali  come  si  disse  non  è  rimasto  che  il  pio  desiderio  di  pos- 
sederli. 

V. 

Costituito  in  via  definitiva  il  Governo  Italiano  e  riunite  alla  parte  settentrio- 
nale tutte  le  provincie  del  mezzogiorno  e  del  centro  nacque  l' idea  di  operare 
un  discentramento  amministrativo  all'oggetto  di  lasciar  adito  alle  provincie  ed 
ai  Comuni  di  svolgere  tutte  le  loro  forze  intellettuali  e  materiali  che  si  dicevano 
inceppate  dall'azione  Governativa. 

Come  frequentemente  avviene  in  molte  cose  dietro  ad  una  buona  idea  ne  sus- 
seguono spesso  altre  cattive  che  guastano  tutto  specialmente  se  si  ha  la  pretesa 
di  voler  raggiungete  la  perfezione.  Con  siffatte  idee  di  discentramento  si  trovò 
che  non  solo  i  comuni ,  ma  anche  le  provincie  dovevano  avere  una  gran  parte 
dei  lavori  pubblici  e  che  molte  strade  che  si  erano  dichiarate  nazionali  non  po- 
tevano a  meno  per  la  loro  importanza  che  d'essere  soltanto  provinciali,  restando 
a  carico  del  governo  la  sola  spesa  di  quelle  strade  che  fossero  riconosciute  di 
interesse  generale  del  paese. 

Per  le  quali  cose  furono  distrutti  i  due  grandi  principi  che  si  erano  stabiliti 
nella  precedente  Legge  del  1859  sia  riguardo  agli  uffici  tecnici  che  relativamente 
alla  classificazione  delle  strade. 

Si  cominciò  adunque  col  creare  una  terza  categoria  di  strade  a  cui  si  diede  la  de- 
nominazione di  provinciali,  e  si  obbligarono  le  singole  provincie  ad  instituire  a  loro 
carico  dei  nuovi  uffici  tecnici  per  la  cura  delle  anzidette  strade  e  delle  altre  opere 
pubbliche  ad  esse  spettanti.  In  tal  guisa  per  ciascuna  provincia  dal  1866  in  poi  vi  si 
trovano  due  uffici  tecnici,  l'uno  governativo  per  le  strade  nazionali  ed  opere  d'inte- 

Regno  Sardo  l'estensione  delle  strade  nazionali  anche  dopo  la  suddetta  Legge  del  1855,  che  vi  recò  un  gran- 
dissimo aumento,  è  soltanto  di  chilom.  2273,  sopra  una  superficie  di  74-000  chilom.  quad.  che  è  più  del 
triplo  della  superficie  della  Lombardia.  Sopperisce  è  vero  a  questa  grande  disparità  la  classe  delle 
strade  provinciali  che  è  come  dicemmo  speciale  all'  antico  Regno  Sardo ,  la  rete  delle  quali  arriva  a 
chilom.  3541  ;  ma  oltreché  queste  strade  provinciali  affidate  alle  sole  forze  delle  divisioni  sono  in  molta 
parte  imperfette  o  incomplete,  talvolta  anche  per  lunghe  linee  si  può  dire  che  non  esistano  se  non  in 
forza  di  deliberazioni  che  non  poterono  poi  mai  essere  messe  ad  atto,  e  quindi  rimane  pur  sempre  vero 
che  il  sistema  delle  principali  comunicazioni  stradali  nelle  provincie  Sarde  è  di  gran  lunga  inferiore 
a  quello  delle  Lombarde  e  che  mai  si  può  sperare  che  venga  ad  egual  perfezione  finché  duri  la  sud- 
detta distinzione  fra  le  strade  nazionali  e  le  provinciali  ». 


DEI   LAVORI  PUBBLICI  7 

resse  governativo,  l'altro  provinciale  pei  lavori  a  carico  della  provincia.  Si  fece  ces- 
sare pei  comuni  qualsiasi  tutela  o  sorveglianza  in  materia  di  strade  e  si  lasciò  in 
facoltà  delle  provincie  di  proporre  e  far  emanare  con  decreti  Reali  quei  Regola- 
menti, e  quelle  norme  che  si  credessero  più  opportune,  per  la  costruzione,  ma- 
nutenzione e  cura  tanto  delle  strade  provinciali ,  quanto  di  quelle  comunali  (1). 
Innanzi  tutto  non  possiamo  a  meno  che  di  dover  escludere  la  suddivisione 
delle  strade  comuni  più  importanti,  in  due  classi  cioè,  in  provinciali  e  nazionali, 
dacché  nella  condizione  attuale  delle  cose,  questa  suddivisione  non  ha  più  ra- 
gione di  esistere.  Vediamone  i  motivi. 

VI. 

Prima  della  metà  dello  scorso  secolo  le  strade  più  importanti  delle  provincie 
della  Lombardia  che  in  alcuni  luoghi  si  chiamavano  maestrali  erano  conservate 
dai  Comuni  il  cui  territorio  veniva  attraversato,  oppure  da  coloro  che  vi  avevano 
un  interesse  diretto.  In  siffatta  guisa  però  si  avevano  due  gravi  inconvenienti. 
Il  primo  era  quello  che  le  opere  di  conservazione  delle  strade  venivano  intera- 
mente trascurate  e  neglette  dacché  i  comuni  chiamati  ad  eseguire  i  lavori  bene 
spesso  avevano  i  loro  abitati  lontanissimi  ed  i  confini  territoriali  talvolta  alter- 
nati da  altri  territori ,  cosichè  essi  non  avevano  alcun  interesse  ad  effettuare  le 
opere  di  manutenzione  che  venivano  loro  ordinate  dai  Giudici  delle  strade;  si 
cercava  adunque  di  deludere  siffatti  ordini  e  di  sottrarsi  dall' eseguire  qualun- 
que opera. 

Il  secondo  inconveniente  era  quello  che  la  spesa  di  conservazione  di  queste 
strade  andava  a  colpire  soltanto  pochi  individui,  mentre  il  beneficio  delle  mede- 
sime era  generale  per  tutti  gli  abitanti  del  territorio  sia  pel  trasporto  dei  pro- 
dotti agricoli  sia  pel  servizio  del  commercio. 

Questa  ingiusta  ripartizione  d'imposte  cadde  facilmente  sott' occhio  dei  grandi 
economisti  dello  scorso  secolo,  i  quali  avendola  segnata  al  Governo,  questi  com- 
prendendo la  propria  missione ,  la  fece  tosto  cessare  coir  attivazione  del  nuovo 
censo  fondiario.  Nella  Lombardia  adunque  fu  stabilito  che  la  spesa  di  costruzione 
e  di  manutenzione  delle  strade  dichiarate  provinciali,  doveva  essere  equabilmente 
distribuita  su  tutti  i  proprietarii  dei  beni  stabili  in  ragione  della  rispettiva  ric- 
chezza fondiaria  (2). 


(1)  Giusta  l'art.  24  della  Legge  20  marzo  1865  dovevano  i  consigli  provinciali  deliberare  i  Regola- 
menti di  cui  qui  si  fa  parola  e  presentarli  al  Governo  non  più  tardi  della  fine  di  giugno  del  1867.  Nel 
momento  che  scriviamo  malgrado  gli  eccitamenti  del  Ministero  risultanti  anche  da  ultimo  dalla  circo- 
lare 6  settembre  1867  N.  2219  molte  provincie  non  si  sono  punto  occupate  della  compilazione  di  sif- 
fatti Regolamenti  lasciando  così  sussistere  una  condizione  provvisoria  ed  incerta  che  è  dannosissima  al 
pubblico  servizio.  Abbiamo  quindi  motivo  di  ritenere  che  se  il  Governo  non  provvederà  con  energia  nel 
servizio  dei  lavori  pubblici  noi  ritorneremo  fra  non  molto  tempo  allo  stato  deplorevole  in  cui  ci  trova- 
vamo nei  secoli  del  medio  evo. 

(2)  Nel  reale  dispaccio  13  febbraio  1777  col  quale  venne  approvato  il  nuovo  piano  delle  strade,  si 
faceva  precedere  fra  le  altre  cose  la  seguente  considerazione. 

«  I  vantaggi  che  sogliono  derivare  da  una  ben  regolata  pulizia  delle  strade  a  favore  del  commercio 
«  ed  a  comodo  pubblico  e  particolare  ci  hanno  già  da  molti  anni  persuasi  dell'  utilità  che  avrebbe 
«  provata  anche  la  provincia  milanese  sostituendosi  all'attuale  difettoso  Regolamento  un  nuovo  e  più 
o  conforme  ai  veri  principi  siccome  abbiamo  fatto  eseguire  con  felice  successo  nei  nostri  Stati  di  Ger- 
«  mania.  Abbiamo  pure  riconosciuto  non  essere  il  conseguimento  di  un  così  importante  oggetto  cornili- 


8  IL  RIORDINAMENTO 

Nel  piano  stradale  del  1777  che  si  può  dire  la  base  di  tutta  la  moderna  legi- 
slazione non  si  comprendevano  che  tre  classi  di  strade  cioè  provinciali  che  erano 
a  carico  del  complesso  delle  Provincie ,  comunali  quelle  a  peso  dei  comuni  e 
private  le  strade  conservate  a  carico  dei  particolari.  Le  leggi  del  primo  Regno 
d'Italia  non  solo  conservarono  questa  classificazione  ma  si  mantenne  eziandio  il 
sistema  di  contributo  distribuendo  equabilmente  la  spesa  di  manutenzione  delle 
strade  provinciali  fra  i  diversi  contribuenti  del  Regno.  È  ben  vero  però  che  in 
forza  dell'art.  20  della  legge  27  marzo  1804  le  spese  per  le  strade  provinciali 
vennero  accollate  alle  Amministrazioni  dei  singoli  dipartimenti  ;  ma  questa  di- 
sposizione si  fece  ben  tosto  cessare  col  decreto  8  giugno  1805  col  quale  furono 
abolite  le  Amministrazioni  Dipartimentali  mentre  colla  legge  17  luglio  dello  stesso 
anno  si  ingiunse  di  versare  nel  tesoro  dello  Stato  le  imposte  prediali  che  erano 
state  destinate  per  la  manutenzione  delle  strade  provinciali  nei  singoli  diparti- 
menti,  dacché  il  Governo  andava  ad  assumere  direttamente  la  gestione  di  questo 
ramo  importante  di  servizio  pubblico. 

Laonde  nel  Regolamento  20  maggio  1806  non  si  fa  più  alcun  cenno  delle  strade 
dipartimentali,  ma  soltanto  delle  nazionali,  essendosi  compenetrate  in  una  sola 
categoria  tutte  le  strade  che  avevano  un  interesse  generale. 

Il  Governo  austriaco  conservò  la  medesima  classificazione  fatta  dal  Governo 
Italiano  e  non  vi  aggiunse  che  le  strade  militari  ossia  quelle  strade  che  pote- 
vano interessare  esclusivamente  il  movimento  delle  truppe.  La  Lombardia  non 
aveva  che  una  sola  di  queste  strade  ed  era  quella  che  da  Milano  conduce  a  Vienna 
passando  per  lo  Stelvio. 

Nella  costruzione  delle  strade  ferrate  si  cominciò  innanzi  tutte  a  seguire  le  grandi 
linee  di  comunicazione  di  maggior  interesse  commerciale  e  territoriale  e  laddove 
vi  erano  più  frequenti  i  trasporti  delle  merci  e  delle  persone.  Di  seguito  furono 
costrutte  delle  ferrovie  anche  per  le  comunicazioni  di  minor  interesse  ed  in 
giornata  in  alcune  parti  del  Regno  si  trovano  delle  ferrovie  che  hanno  un  utile 
puramente  locale. 

Come  mai  adunque  allo  stato  attuale  delle  cose  si  potrebbero  trovare  delle  co- 
municazioni di  interesse  generale  e  veramente  nazionale  le  quali  non  siano  prov- 
vedute di  ferrovie? 

Non  è  quindi  da  meravigliarsi  se  dopo  di  avere  ritenuto  a  carico  del  Governo 
un  determinato  numero  di  strade  sotto  la  denominazione  di  nazionali,  siansi 
di  poi  comprese  in  questa  classe  non  solo  delle  strade  di  nessun  vantaggio 
per  l'intera  nazione  ma  eziandio  di  poca  o  nessuna  importanza  anche  per  le 
Provincie  in  cui  sono  collocate  e  qualche  volta  in  una  misura  molto  al  di  sotto 
di  quelle  a  carico  provinciale.  In  prova  di  che  si  potrebbero  citare  molti  esempi 
che  noi  tralasciamo  per  brevità. 

Si  conchiude  adunque  che  dopo  l'aprimento  delle  strade  ferrate  che  hanno 
invaso  tutte  le  comunicazioni  più  importanti  non  vi  possono  più  essere  strade 
nazionali  ma  soltanto  provinciali.  La  stessa  legge  sui  lavori  pubblici  che  deter- 
minò queste  due  classi  di  strade  non  seppe  di  poi  fare  alcuna  distinzione  fra  le 


a  nabile  coli' antico,  tuttora  vigente  sistema  delle  cosi  dette  strade  di  fatta,  quale  non  solo  porta  seco 
«  una  positiva  ineguaglianza  nel  riparto  del  carico  affatto  contraria  alle  leggi  censuarie  ma  rende  an- 
«  cora  alle  comunità  meno  praticabile  il  disimpegno  dell'obbligo  che  hanno  di  tenere  in  buono  stato  le 
«  strade  e  di  invigilare  ad  ogni  istante  i  loro  cambiamenti  e  le  rotture  ». 


DEI  LAVORI  PUBBLICI  9 

medesime  tanto  nei  caratteri  quanto  negli  attributi  che  sono  conformi  in  am- 
bedue i  casi. 

Ora  rimarrebbe  a  conoscersi  se  ciascuna  provincia  debba  dì  poi  mantenere  le 
strade  dichiarate  provinciali  che  cadono  nel  proprio  territorio,  nel  qual  caso  si 
avrebbe  tuttavia  una  sensibile  differenza  nelle  imposte  fra  i  contribuenti,  oppure 
se  si  debbano  costituire  dei  consorzi  fra  diverse  Provincie. 

Se  si  considera  che  le  strade  più  importanti  e  che  furono  dichiarate  provin- 
ciali servono  nella  maggior  parte  dei  casi  non  già  per  le  sole  interne  comuni- 
cazioni come  sarebbero  le  strade  comunali,  ma  hanno  spesso  un  interesse  gene- 
rale dì  molte  Provincie;  se  si  riflette  che  vi  possono  essere  delle  provincie  molto 
ricche  ed  attraversale  da  poche  strade,  quando  invece  si  possono  avere,  come  in- 
fatti se  ne  hanno,  delle  provincie  con  un  territorio  sterile  ed  intersecate  di  molte 
strade;  se  si  considera  che  le  provincie  ricche  attraversate  da  poche  strade  avreb- 
bero un'  imposta  tenuissima  per  le  opere  di  adattamento  e  di  conservazione,  mentre 
da  un  altro  lato  sarebbero  colpite  da  gravosissime  imposte  le  jprovincie  povere 
con  molte  strade;  se  si  considera  che  tatti  gli  economisti  sono  ormai  d'accordo 
nell'ammettere  che  i  cittadini  di  uno  Stato  debbano  essere  caricati  egualmente  di 
imposte  per  lo  stesso  titolo;  ne  viene  ovvia  la  conseguenza  che  la  spesa  di  con- 
servazione delle  strade  che  servono  a  tutti  e  non  sono  di  un  uso  esclusivo  per 
un  dato  territorio  devono  essere  fra  tutti  uniformemente  ripartite. 

Noi  quindi  propugniamo  di  effettuare  dei  grandi  consorzi  fra  le  diverse  pro- 
vincie dello  Stato,  onde  poter  ottenere  l'eguaglianza  di  queste  imposte  o  meglio 
ancora  un'imposta  unica  in  tutto  il  Regno  per  sopperire  a  queste  spese  di  con- 
servazione. 

VII. 

La  seconda  innovazione  che  fu  introdotta  nelle  nuove  leggi  e  che  riesce  non 
solo  di  pregiudizio  agli  interessi  dei  contribuenti  ma  eziandio  che  getta  molto 
disordine  nella  pubblica  amministrazione  è  quella  di  avere  obbligato  le  provincie 
ad  instituire  a  proprio  carico  dei  nuovi  uffici  tecnici  moltiplicando  così  il  numero 
degli  stessi  uffici  e  degli  impiegati  che  vi  appartengono. 

Negli  annali  della  pubblica  amministrazione  è  questo  un  concetto  bastantemente 
nuovo  e  che  non  trova  alcun  riscontro  né  in  Germania  ,  né  in  Francia ,  dove 
sembra  che  si  abbiano  attinte  molte  idee  su  questo  riguardo,  né  nelP  antico  Pie- 
monte laddove  si  erano  fatte  simili  distinzioni  nella  classificazione  delle  strade  (1). 

Che  si  possano  accolare  le  spese  di  conservazione  delle  strade  pubbliche  in 
parte  alle  provincie  ed  in  parte  al  Governo  per  considerazioni  più  o  meno  buone 
è  cosa  che  si  può  tuttavia  comprendere  ma  che  si  abbiano  a  costituire  tante  am- 
ministrazioni separate  quante  sono  le  provincie  e  che  si  abbia  di  poi  a  smem- 
brare il  personale  dei  lavori  pubblici  applicato  alle  strade  in  altrettanti  uffici 
fra  loro  indipendenti  e  non  sottoposti  ad  alcuno  nella  parte  tecnica  è  tale  dispo- 

(1)  Non  fu  che  nelle  provincie  meridionali  e  sotto  il  Governo  dei  Borboni  che  si  è  tentato  questo  si- 
stema di  amministrazione.  =  Ma  niuno  per  altro  vorrà  prendere  ad  esempio  le  disposizioni  di  quel  Go- 
verno in  materia  di  strade  mentre  è  notorio  bastantemente  lo  stato  deplorevole  in  cui  si  trovavano  e 
trovano  quelle  vie  di  comunicazione,  mercè  appunto  il  cattivo  sistema  seguito  e  la  pessima  organiz- 
zazione degli  Uffici.  Sembra  per  altro  che  anche  lo  stesso  Governo  Borbonico  fattosi  accorto  dell'  errore 
commesso  siasi  di  poi  in  parte  rinvenuto. 


10  IL  RIORDINAMENTO 

sizione  che  non  si  può  comprendere  in  buona  amministrazione  né  in  pubblica 
economia. 

Senza  qui  far  calcolo  dei  molti  abusi  ed  arbitri  che  si  possono  commettere  e 
che  infatti  si  sono  commessi,  sia  a  danno  delle  strade  che  a  pregiudizio  del  per- 
sonale, noi  qui  ci  limiteremo  soltanto  a  considerare  lo  smembramento  sotto  le 
viste  generali  dell' Ammistrazione  e  del  servizio  pubblico. 

Con  siffatta  disposizione  derivano  due  danni,  cioè,  finanziarj  per  le  maggiori 
spese  dei  contribuenti;  morali  o  di  servizio. 

Sono  danneggiati  i  contribuenti  ed  il  tesoro  dello  Stato  e  delie  provincie  pei 
seguenti  motivi  cioè.  — 

a)  Per  P aumento  dei  locali  d'ufficio,  del  personale  che  vi  è  addetto,  sia 
dei  Capi  d'Ufficio  che  di  basso  servizio,  combustibili  ecc.  essendo  noto  a  tutti 
che  due  Uffici  costano  assai  più  che  uno  solo  a  parità  di  circostanze  e  di 
lavoro. 

b)  Pei  viaggi  moltiplicati  che  si  devono  eseguire  infruttuosamente  dagli  In- 
gegneri della  provincia  lungo  le  strade  nazionali,  onde  poter  ispezionare  le  strade 
provinciali,  daccchè  nella  maggior  parte  dei  casi  queste  ullime  diramano  dalle 
prime.  Necessita  quindi  di  percorrere  dei  tratti  più  o  meno  lunghi  di  strade 
mantenute  dal  Governo  prima  di  raggiungere  quelle  che  si  conservano  dalle 
Provincie. 

e)  Viceversa  perchè  essendo  riservata  agli  ingegneri  governativi  la  vigilanza  e 
la  cura  dei  fiumi  e  dei  fabbricati  demaniali  che  sono  sparsi  per  la  provincia  e 
che  spesso  lambiscono  le  strade  provinciali,  gli  stessi  ingegneri  devono  necessa- 
riamente percorrere  infruttuosamente  le  strade  medesime  per  poter  adempiere  al 
proprio  mandato;  ognun  vede  che  col  concentramento  del  servizio  si  elimina 
questa  doppia  spesa  di  trasferta  compiendosi  i  due  incumben  li  nella  visita  ordi- 
naria alle  strade. 

I  danni  morali  e  pregiudichevoli  al  servizio  pubblico  dall'esistenza  dei  piccoli 
uffici  separati  sarebbero  : 

a)  La  mancanza  dei  mezzi  necessarj  agli  ingegneri  affinchè  si  possano  instruire 
convenientemente  dimorando  in  una  sola  provincia,  mentre  col  trasferirsi  dall'una 
e  dall'altra  del  Regno,  si  perdono  i  pregiudizi  e  le  cattive  abitudini  locali  e  si 
attingono  i  lumi  che  vi  sono  sparsi  in  diversa  misura. 

b)  Non  avendo  gli  ingegneri  alcuna  prospettiva  di  avanzamento  se  non  che 
nell'ufficio  a  cui  appartengono,  cessa  in  essi  lo  stimolo  dell'istruzione  e  si  per- 
petua cosi  l'oscurantismo  e  l'infingardaggine. 

e)  Ed  è  appunto  per  la  mancanza  di  istruzione  che  si  applicano  di  poi  dei 
principj  erronei,  quantunque  sanzionati  dalla  consuetudine  e  si  hanno  degli  inge- 
gneri ignoranti  che  sono  un  ostacolo  permanente  al  progresso,  come  pur  troppo 
lo  ha  dimostrato  l'esperienza. 

d)  Non  essendo  gl'ingegneri  provinciali  sottoposti  ad  alcun  ufficio  tecnico  su- 
periore che  ne  esamini  gli  elaborati  e  che  ne  controlli  le  operazioni  si  possono 
commettere  degli  errori  gravissimi  a  danno  della  provincia.  La  sorveglianza  delle 
Deputazioni  provinciali  è  del  tutto  effimera  ed  anche  dannosa  ogni  qual  volta 
vi  si  trovano  delle  persone  di  mediocre  capacità  ed  istruzione  nell'arte  difficile 
del  costruire  e  peggio  ancora  degli  idioti  i  quali  abbiano  l'improntitudine  di  far 
adottare  i  proprii  concetti  a  grave  pregiudizio  delle  opere  abusando  così  della 
posizione  in  cui  si  trovano. 


DEI  LAVORI  PUBBLICI  11 

Bisogna  adunque  conchiudere  che  è  una  necessità  ineluttabile  quella  che  tutti 
gli  ingegneri  tanto  in  servizio  delle  provincie  quanto  del  Governo  siano  concen- 
trati in  un  corpo  solo  sotto  la  dipendenza  governativa  controllati  in  tutte  le  loro 
operazioni  per  impedire  gli  abusi  e  gli  errori  e  diminuito  il  loro  numero,  senza 
di  che  non  si  potranno  giammai  riordinare  le  Finanze  dello  Stato  e  delle  Pro- 
vincie, né  avere  delle  opere  pubbliche  che  corrispondano  ai  veri  bisogni  senza 
eccedere  indebitamente  nelle  spese. 

Con  queste  nostre  proposte  si  potrebbe  pensare  da  taluno  che  andiamo  ad  of- 
fendere il  principio  di  discentramento  amministrativo,  il  quale  si  è  tanto  propu- 
gnato per  lasciare  la  libertà  d'  azione  alle  provincie  ed  ai  Comuni.  Si  è  voluto 
ammettere  che  col  discentramento  potranno  sviluppare  le  stesse  provincie  ed  i 
comuni  tutte  le  loro  risorse  e  conseguire  quel  benessere  e  quella  prosperità  di 
cui  mancano.  A  siffatta  osservazione  però  rispondiamo  che  col  concentramento  e 
colla  uniformità  del  servizio  nei  lavori  pubblici  non  si  toglie  né  si  incaglia  punto 
io  sviluppo  delle  forze  intellettuali  e  morali  del  paese.  Noi  crediamo  invece  che 
succederà  l'opposto  col  sistema  di  discentramento  nel  modo  che  venne  adottato 
senza  calcolare  i  molti  mali  che  ne  derivano  dal  medesimo  fra  i  quali  non  sono 
ultimi  la  confusione  e  la  rovina  finanziaria. 

A  meglio  persuaderci  di  ciò  gioveranno  le  seguenti  considerazioni. 

Vili. 

I  lavori  pubblici  del  Regno  che  sono  di  interesse  generale  consistono: 

Nella  conservazione  delle  strade.  Nella  manutenzione  e  sorveglianza  delle  opere 
idrauliche,  sia  per  le  difese  lungo  i  fiumi  sia  intorno  ai  porti  di  mare  ed  alle 
spiagge. 

Nella  esecuzione  delle  opere  di  miglioramento  o  di  adattamento  intorno  alle 
strade  ed  alle  opere  idrauliche  in  genere. 

Furono  assegnate  alle  provincie  i  seguenti  lavori. 

a)  La  manutenzione  delie  strade  dichiarate  di  loro  pertinenza  e  tutte  quelle 
opere  idrauliche  che  erano  di  interesse  puramente  locale  (1). 

b)  Gli  adattamenti  delle  vecchie  strade  di  comunicazione  e  V  aprimento  delle 
nuove  vie  ove  occorressero  pei  bisogni  dell'  agricoltura  e  del  commercio. 

Si  dichiararono  a  carico  dei  Comuni  tutte  le  strade  che  furono  classificate  fra 
le  comunali,  cosicché  essi  dovevano  provvedervi  tanto  per  riguardo  alla  loro  ma- 
nutenzione quanto  per  le  opere  di  adattamento. 

La  legge  ha  imposto  che  tutte  le  strade  siano  esse  a  carico  provinciale  che 
comunale  debbano  essere  lodevolmente  conservate  senza  alcuna  eccezione.  Le 
Provincie  adunque  ed  i  Comuni  non  hanno  alcuna  facoltà  di  poter  ommettere  o 
trascurare  a  loro  beneplacito  siffatto  obbligo  il  quale  deve  essere  adempito  scru- 
polosamente. 

II  Governo  d'altra  parte  è  tenuto  ad  assicurarsi  che  la  legge  sia  adempita  in 
ogni  parte  ed  a  provvedere  in  caso  di  difetto  o  di  mancanza.  Se  venisse  ommessa 
questa  vigilanza  il  Governo  mancherebbe  ai  suoi  obblighi  e  tradirebbe  il  proprio 
che  è  quello  di  essere  il  custode  geloso  della  legge. 

(1)  Art.  37  e  94  della  Legge  20  marzo  1865. 


12  IL  RIORDINAMENTO 

La  distinzione  delle  strade  in  nazionali  e  provinciali  non  è  che  la  conseguenza 
di  una  disposizione  amministrativa,  ma  non  già  per  la  diversa  importanza  nei 
rapporti  del  servizio  pubblico ,  la  quale  effettivamente  non  esiste  come  abbiamo 
dimostrato  luminosamente. 

Or  bene  non  ne  deriverà  un  beneficio  al  paese  ed  all'interesse  finanziario, 
ogni  qualvolta  il  Governo  assumesse  egli  direttamente  la  manutenzione  delle 
strade  provinciali  applicandovi  il  personale  che  da  lui  dipende  con  una  sola 
amministrazione  bene  organizzata  e  controllata?  Non  verrebbe  quindi  rispar- 
miata in  siffatta  guisa  anche  la  spesa  di  vigilanza,  mentre  questa  si  effettuerebbe 
gratuitamente  e  nella  più  larga  scala  possibile  dalle  stesse  Provincie  e  da  tutti 
coloro  che  vi  hanno  interesse?  Come  si  potrebbe  dire  che  in  tal  modo  si  viene 
ad  inceppare  la  libertà  d'azione  delle  Provincie? 

Per  altro  questo  principio  nel  mentre  torna  di  sommo  beneficio,  quando  si  tratti 
della  manutenzione  delle  strade  e  di  tutte  le  opere  pubbliche  in  generale,  si  po- 
trebbe anche  abbandonarlo  per  tutte  le  opere  nuove  o  per  quelle  di  adattamento 
che  si  volessero  eseguire  dalle  Provincie  per  il  loro  speciale  interesse.  In  questi 
casi  le  stesse  provincie  conserverebbero  la  loro  piena  facoltà  di  eseguirli  o  di 
ommetlerli,  di  effettuarli  in  un  modo  piuttosto  che  nell'  altro  e  di  assumere  quei 
periti  che  loro  più  aggradissero  e  che  riconoscessero  i  più  idonei.  —  Qui  do- 
vrebbe cessare  l'azione  Governativa  e  le  provincie  che  desiderassero  delle  nuove 
opere  di  qualunque  natura  dovrebbero  provvedervi  del  proprio.  —  In  ciò  sta  ap- 
punto la  vera  libertà  d'  azione. 

Ma  una  volta  che  il  lavoro  sia  stato  eseguito  e  deve  essere  soltanto  conservato 
subentrerebbe  invece  Y  azione  del  Governo,  il  quale  lo  prenderebbe  in  cura  in- 
sieme a  tutti  gli  altri  lavori  in  manutenzione. 

Non  rimarrebbe  ora  che  a  parlare  delle  strade  comunali  che  anch'esse  hanno 
una  grande  importanza  nella  pubblica  economia,  ma  intorno  alla  sorveglianza  ed 
all'  amministrazione  di  queste  strade  abbiamo  di  già  discusso  diffusamente  in  un 
precedente  articolo  pubblicato  nello  scorso  anno  in  questo  giornale  per  cui  non 
giova  ora  di  qui  occuparci. 

La  lunga  esperienza  da  noi  fatta  nei  lavori  pubblici;  le  infelici  prove  tentate 
negli  ultimi  tempi  in  questo  ramo  importante  di  pubblica  amministrazione  ci  ha 
fatti  arditi  a  pubblicare  queste  nostre  proposte  nel  solo  intendimento  di  giovare, 
se  fosse  possibile,  al  paese,  il  quale  va  a  risentire  gravi  danni  dall'esistenza  di 
Leggi  che  non  sono  conformi  ai  propri  bisogni. 

Sembra  però  che  anche  lo  stesso  Governo  siasi  accorto  di  queste  verità,  dacché 
essendo  ormai  passati  quasi  tre  anni  dalla  pubblicazione  dell'ultima  legge  non 
si  pensò  punto  né  ai  relativi  Regolamenti  per  la  più  retta  applicazione  della  me- 
desima, né  alla  sistemazione  del  corpo  Reale  del  Genio  Civile  che  doveva  essere 
ridotto  a  proporzioni  esilissime  (1). 

(1)  Avevamo  di  già  scritte  queste  nostre  osservazioni  allorquando  nella  gazzetta  ufficiale  del  14  corr. 
venne  pubblicata  una  nuova  pianta  del  personale  del  Genio  civile  pel  Regno  d'  Italia,  stata  approvata 
in  via  provvisoria  col  Decreto  di  20  dicembre  1867.  In  questa  pianta,  oltre  a  24  Ispettori  vi  sono  stabi- 
liti 65  ingegneri  capi,  225  ingegneri  di  classe,  60  ingegneri  allievi,  166  ajutanti  e  98  assistenti,  oltre 
il  personale  d'ordine.  Abbiamo  quindi  quasi  4  ingegneri  di  classe  per  un  medio  in  ogni  provincia  oltre 
ad  uu  numero  strabocchevole  di  ajutanti.  Abbiamo  veduto  che  in  Lombardia  con  una  rete  estesissima 
di  strade  e  di  canali  e  la  più  grande  che  vi  sia  in  tutta  Italia  ed   allorquando   tutte  le  stesse  strade 


DEI  LAVORI  PUBBLICI  13 

Laonde  abbiamo  tuttavia  lusinga  che  si  abbia  a  rinvenire  sul  passato  e  che  si 
voglia  studiare  di  proposito  questa  parte  importante  della  pubblica  amministra- 
zione, applicandovi  agli  studj  delle  persone  le  quali,  non  solo  siano  versate  nel- 
l'arte  difficile  dell'ingegnere  e  pratiche  delle  opere  pubbliche,  ma  che  posseg- 
gano eziandio  delle  cognizioni  esatte  di  pubblica  amministrazione. 

Ing.  Cantalupi. 


erano  a  carico  del  Governo  ed  esso  aveva  una  tutela  su  tutti  i  corpi  morali  per  la  parte  tecnica,  il  nu- 
mero degli  ingegneri  di  sezione  era  al  dissotto  di  4  per  ogni  provincia  in  ragguaglio  e  mancavano  to- 
talmente gli  ajutanti. 

Attualmente,  in  cui  la  maggior  parte  delle  strade  sono  passate  a  carico  delle  provincie  le  quali  furono 
di  poi  obbligate  a  creare  dei  nuovi  Ufticj  tecnici  con  un  numero  bastantemente  grande  di  ingegneri , 
che  cessò  interamente  la  tutela  dei  corpi  morali  e  dei  comuni,  che  molte  strade  hanno  perduta  la  loro 
importanza  in  causa  delle  strade  ferrate,  il  numero  degli  ingegneri  stabiliti  nella  nuova  pianta  non  può 
essere  che  strabocchevole,  e  quindi  si  va  incontro  al  grave  inconveniente  di  avere  degli  oziosi  e  degli 
infingardi  a  carico  del  Bilancio.  Col  personale  assegnato  in  questo  nuovo  piano  si  potrebbe  sopperire 
a  tutti  i  bisogni  del  servizio  sia  provinciale  che  dello  Stato  qualora  fosser  bene  organizzate  e  qualora 
si  avessero  delle  persone  esperte  e  versate  sull'arte  propria,  ciò  che  produrrebbe  un  miglior  servizio  ed 
una  grande  economia  a  favore  dei  contribuenti. 

Siccome  però  siffatta  determinazione  non  è  che  in  via  provvisoria,  così  noi  abbiamo  tuttavia  la  fiducia 
che  in  una  nuova  organizzazione  verrà  meglio  studiato  1'  argomento  facendo  cessare  gli  inconvenienti 
che  derivano  sia  dall'eccesso  del  personale  sia  dal  suo  smembramento. 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

SOPRA    IL    GRANDE    ESTUARIO    ADRIATICO, 

I    FIUMI    CHE    VI    CONFLUISCONO, 

E  PRINCIPALMENTE  GLI  ULTIMI  TRONCHI  DEL  PO, 

SUSSEGUITI 

DA  CONSIDERAZIONI  INTORNO  AI  PROGETTI  PER  LA  REGOLAZIONE  DELLE  ACQUE 
ALLA    DESTRA    DI    QUESTI 

MEMORIA 

dell'  Ingegnere   Elia  Lombardini 

Ietta  nelle  adunanze  del  R.  Istituto  Lombardo  delle  Scienze. 
(Vedi   la  Tavola  l.a) 


Proemio. 

Allorché  cominciai  a  dedicarmi  a  studj  idrologici  sulla  valle  del  Po  riconobbi 
dall'esame  delle  belle  carte  topografiche  pubblicate  in  quel  torno  come  si  potesse 
tener  dietro  ai  cangiamenti  avvenuti  nella  sua  parte  più  depressa,  ove  immense 
paludi  e  stagni  si  convertirono  in  epoche  storiche  in  ubertose  campagne  per  opera 
non  tanto  delle  colmate  del  Po,  quanto  di  quelle  de' suoi  tributarj  dell' Apen- 
nino.  A  tal  uopo  rendevasi  necessario  di  mettere  a  riscontro  i  documenti  storici 
colla  condizione  del  terreno  rappresentata  da  quelle  carte,  compito  pel  quale 
era  mestieri  sottoporre  le  ricerche  archeologiche  alle  leggi  dell'idrologia, 
creando  cosi  in  qualche  modo  un  nuovo  ramo  di  scienza  che  ho  chiamato 
geologia  storica.  Forse  in  nessuna  altra  parte  della  terra  sarebbe  dato  di 
fare  altrettanto,  sia  per  l'entità  dei  cangiamenti  avvenuti,  sia  perchè  le  no- 
tizie storiche  che  con  essi  possono  raffrontarsi  risalgono  quivi  ad  oltre  trenta 
secoli.  Intento  a  questo  fine,  per  quanto  lo  permettevano  le  altre  mie  occupa- 
zioni,  mi  posi  a  consultare,  oltre  agli  storici  antichi,  le  opere  del  Muratori, 
del  Sigonio,  del  Bacchini  e  del  Tiraboschi,  ricavando  copiosi  estratti  dai  docu- 
menti da  essi  pubblicati  per  tutto  ciò  che  riferivasi  alla  topografia  di  quella 
plaga  in  epoche  diverse. 

Essendomisi  offerta  nel  1847  l'occasione  di  studiare  in  luogo  la  condizione 
idraulica  della  pianura  subapennina  fra  l'Enza  ed  il  Panaro,  al  fine  di  rispon- 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI  ECC.  15 

dere  ad  una  serie  di  quesiti  fattimi  dal  governo  di  Modena,  ne  approfittai  per 
aggiungere  nella  relativa  Memoria  pubblicata  due  anni  sono  una  serie  di  note 
finali  intese  allo  scopo  summentovato  (1).  Per  tal  modo  mi  sembra  di  aver 
potuto  tracciare  con  sufficiente  approssimazione  i  cangiamenti  avvenuti  nelle  pa- 
ludi interposte ,  la  parte  più  bassa  delle  quali  era  occupata  dal  vasto  stagno 
denominato  Bondeno. 

Era  mio  desiderio  di  fare  altrettanto  rispetto  alla  successiva  Padusa  e  quindi 
alle  foci  del  Po,  le  quali  per  la  forma  e  posizione  delle  loro  alluvioni  dovevano 
porgere  fondati  criterj  onde  tesserne  la  genesi,  servendo  queste  quale  cronometro 
per  determinarne  l'antichità  relativa  ed  eziandio  entro  certi  limiti  l'assoluta,  sic- 
come avvertii  in  una  nota  alla  mia  Memoria  del  1852:  Dei  cangiamenti  cui 
soggiacque  l'idraulica  condizione  del  Po  nel  territorio  di  Ferrara  (2).  Postomi 
non  ha  guari  all'opera,  ebbi  a  scorgere  che  il  mio  lavoro  poteva  riuscire  di 
maggiore  interesse  estendendolo  a  tutto  1'  estuario  adriatico,  e  quindi  a  tutti  i 
fiumi  che  vi  confluiscono.  Non  avendo  giammai  visitati  per  uno  scopo  scienti- 
fico quei  territorj  nella  parte  veneta ,  mi  si  potrebbe  per  avventura  apporre 
la  taccia  di  presuntuoso,  col  prendere  a  descrivere  luoghi  da  me  non  veduti. 
Ed  in  vero  se  si  trattasse  di  un  programma  di  carattere  tecnico,  qual  sarebbe 
un  progetto  di  regolamento  di  que' fiumi  o  di  bonificamento  delle  campagne 
da  essi  bagnate  starebbe  benissimo  l'appunto,  richiedendosi  a  tal  fine  consu- 
mata pratica  locale  e  studi  profondi  intorno  alle  circostanze  di  fatto  che  vi  si 
riferiscono.  Ma  ne' limiti  che  mi  propongo  ho  fondamento  di  credere  che  dalle 
carte  topografiche ,  dai  documenti  storici  e  dalle  semplici  notizie  a  tal  uopo 
raccolte  possa  avere  ricavato  i  dati  occorrevoli  per  non  allontanarmi  gran  che 
dalla  verità  nelle  mie  deduzioni. 

In  quanto  al  colmamento  dell'antica  Padusa,  ed  ai  cangiamenti  avvenuti  nel 
corso  del  Po  per  gli  ultimi  suoi  tronchi ,  ai  relativi  fenomeni  si  annette  la 
secolare  questione  della  sistemazione  degli  ultimi  suoi  tributarli  dell' Apennino 
e  quindi  dell'  immissione  di  Reno  in  Po.  I  particolari  interessi  delle  provincie 
di  Bologna,  della  Romagna,  e  di  Ferrara,  come  pure  dei  limitrofi  stati  di  Mo- 
dena, di  Mantova  e  della  Venezia,  fecero  si  che  sopra  tale  argomento  gli  idrau- 
lici si  ripartissero  in  due  campi  distinti ,  e  s' impegnassero  a  sostenere  per 
una  via  incruenta  la  propria  causa  con  un'estrema  passione  che  richiamava 
l' idea  dei  conflitti  fra  le  fazioni  politiche  dei  Guelfi  e  Ghibellini,  o  dei  Bianchi 
e  dei  Neri.  L'immensa  colluvie  delle  relative  scritture  influì  non  poco  a  far 
progredire  in  Italia  la  scienza  delle  acque,  vantaggio  che  sarebbesi  conseguito 
in  misura  assai  maggiore  se  lo  spirito  di  parte  non  avesse  le  tante  volte  alte- 
rati a  disegno  i  fatti  onde  raggiungere  il  proprio  intento. 

Pubblicatasi  dopo  il  1820  a  Bologna  una  Raccolta  di  autori  idraulici,  si  ebbe 
cura  d'includervi  le  più  importanti  di  quelle  Memorie,  ma    per  la  parte  sol- 


(1)  Della  condizione  idraulica  della  pianura  sub- 
apennina  fra  V  Enza  ed  il  Panaro  e  dei  cangia- 
menti ivi  avvenuti.  Milano  1865,  presso  Teodoro 
Laengner.  Vedasi  anche  il  Giornale  dell'  Ingegnere 


Architetto  per  lo  stesso  anno,  Tipografia  degli  In- 
gegneri. 

(2)  Milano ,  presso    Laengner.  Vedansi   anche  le 
Memorie  dell'Istituto  Lombardo  delle  Scienze,  T.  IV, 


16  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

tanto  che  propugnava  l'immissione  del  Reno  in  Po,  difesa  principalmente  dai 
più  distinti  idraulici  italiani,  che  generalmente  erano  bolognesi.  Limitati  dap- 
prima i  miei  studj  agli  scritti  di  quei  luminari  della  scienza,  non  esitai  a  se- 
guirne le  opinioni,  ammettendo  io  pure  che  siffatta  operazione  non  potesse 
portare  pregiudizio  apprezzabile  al  reggime  del  Po  ,  e  considerandola  quindi 
qual  rimedio  radicale  per  redimere  quei  lerritorj  dalla  precaria  condizione 
in  che  si  trovano,  siccome  ebbi  a  dichiarare  incidentemente  in  alcune  Memorie 
da  me  pubblicate  (5).  Nella  circostanza  per  altro  che  presi  a  studiare  la  con- 
dizione idrologica  della  pianura  subapennina  summentovata  e  l'indole  dei  fiumi- 
torrenti  che  la  bagnano,  dietro  un  più  maturo  esame  di  quelle  scritture  ebbi 
a  scorgere  che,  appurati  i  fatti,  eravi  di  che  eccepire  sulle  deduzioni  che  se  ne 
erano  ricavate  anche  da  idraulici  celeberrimi  a  sostegno  del  proprio  assunto. 
Esposti  questi  dubbj  in  alcuna  delle  posteriori  Memorie  (4) ,  taluno  mi  tacciò 
d'incoerenza  a' miei  principj ,  quasiché  non  dovesse  modificarsi  la  propria 
opinione  sì  tosto  si  riconosce  che  dapprima  fondavasi  sopra  dati  di  fatto 
inattendibili. 

Iniziati  sotto  il  regno  di  Napoleone  i  lavori  per  1'  immissione  del  Reno  in 
Po,  e  quindi  sospesi  allorché  il  territorio  ritornò  sotto  il  dominio  pontifìcio, 
il  governo  di  questo  sul  cadere  del  1857  dispose  perchè  se  ne  ripigliassero  le 
trattative  mediante  una  commissione  d' ingegneri  governativi  e  di  rappresen- 
tanti delle  congregazioni  d'interessati  delle  singole  provincie  di  Rologna,  Ferrara 
e  Ravenna.  Invitato  dalla  congregazione  del  grande  circondario  di  Zaniolo  a 
far  parte  di  tale  commissione  per  l'interesse  della  provincia  di  Ravenna,  ne 
declinai  P  incarico,  atteso  che  lo  stato  di  mia  salute  non  permetteva  di  proce- 
dere a  quegli  studj  locali  che  sarebbero  richiesti  per  trattare  con  cognizione 
di  causa  una  questione  cotanto  grave  ed  involuta. 

Costituitosi  di  poi  il  regno  italico,  il  governo  determinò  che  si  ripigliassero 
gli  studj  sopra  tale  argomento ,  nominando  una  commissione  presieduta  dal- 
l' illustre  Paleocapa  onde  concretare  le  norme  per  intraprenderli  ;  incumbenza 
che  venne  affidata  all'ispettore  del  genio  civile  signor  cav.  Gedeone  Scotini. 
Questi  vi  corrispose  pubblicando  nel  1864  una  prima  Memoria  concernente  la 
sistemazione  degli  scoli  del  Ferrarese  e  nell'  anno  seguente  le  Memorie  idrau- 
liche premesse  ai  progetti  per  la  regolazione  delle  acque  delle  provincie  alla 
destra  del  Basso  Po.  Le  sue  conclusioni  appoggiavano  il  compimento  degli 
iniziati  lavori   per  l'immissione  del  Reno  in  Po. 

La  Deputazione  provinciale  di  Ferrara,  che  in  precedenza  mi  aveva  richiesto 
per  procedere  ad  un  esame  dei  varj  progetti  concernenti  quelle  operazioni,  dal 
quale  mi  era  dispensato  per  i  motivi  addotti,  m'invitò  ad  esternare  il  mio  pa- 
rere sulle  Memorie  idrauliche  preaccennate.  Osservai  su  questo  particolare  che 
era  bensì  disposto  ad  occuparmi  di  un  lavoro  scientifico  concernente  le  foci  del 


(3)  Nelle  Noihìe  naturali  e  civili  sulla  Lombardia, 
Gap.  IV  pag.  66,  Milano  1844- ;  e  nel  Politecnico 
't.  VIIj  1844,  pag.  119. 


(4)  Memoria  precitata  Sui  cangiamenti  ecc.,  del 
1852,  pag.  29,  ed  in  quella  concernente  la  pia- 
nura subapennina,  pag.  127. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  17 

Po,  nella  quale  circostanza  avrei  toccata  anche  la  questione  dell'immissione  dei 
Reno  in  Po,  ma  in  via  puramente  accessoria,  evitando  cosi  l'impegno  di  una 
polemica  sopra  lavori  altrui.  Assuntosi  di  poi  dal  chiarissimo  signor  professore 
Turazza  tale  esame,  egli  vi  corrispose  colla  pregevole  Memoria  pubblicata  lo 
scorso  anno,  nella  quale  coscienziosamente  emette  un  giudizio  che,  con  qualche 
riserva,  coinciderebbe  nelle  conclusioni  dello  Scotini  sulla  convenienza  dell' im- 
missione del  Reno  in  Po  (5). 

Il  mio  amico  commendatore  Maurizio  Brighenti,  caldo  propugnatore  di  quel 
piano,  siccome  appare  da  una  sua  Memoria  del  1855,  in  un  recente  suo  scritto 
letto  all'Accademia  delle  Scienze  dell'istituto  di  Bologna  (6)  tesse  1'  elogio  dei 
lavori  dello  Scotini  e  del  Turazza,  lamentando  soltanto  che  il  giudizio  dell'ultimo 
sia  esposto  in  via  dubitativa.  E  poiché  i  dubbj  a  questo  insorti  moverebbero 
da  circostanze  di  fatto  esposte  da  me  relativamente  alla  idraulica  condizione 
del  Panaro ,  secondo  le  quali  scorgerebbesi  un  progressivo  incremento  nella 
portata  delle  sue  piene  attribuibile  principalmente ,  a  mio  avviso  ,  ai  dissoda- 
menti de'  boschi  nel  suo  bacino  montuoso  ,  il  Brighenti  prende  a  dimostrarne 
in  suo  senso  l'insussistenza. 

Dopo  avermi  prodigato  le  non  difficili  sue  lodi  sulla  sconfinata  mia  erudi- 
zione intorno  a  tutte  le  acque  italiane,  e  si  può  dire  di  tutta  questa  nostra 
misera  terra,  al  mio  sapere  nella  scienza  idrometrica,  ed  alla  mia  infaticabile 
operosità,  nota  che  nella  materia  idrometrica  tanto  disputabile  si  allontana  in 
qualche  parte  da  me.  Ed  esposte  le  ragioni  per  le  quali  non  troverebbe  di 
ammettere  che  l' incremento  della  portata  delle  piene  de'  fiumi  abbia  ad  attri- 
buirsi al  dissodamento  de'  boschi  e  confutate  le  mie  deduzioni  rispetto  alle 
piene  del  Panaro,  ricavate  da  fatti  non  abbastanza  completi  e  precisi,  conchiude 
che  tornerebbe  a  bene  della  scienza  astenersene  «  per  non  cadere  nelle  dif- 
«  ficoltà  degli  etimologisti  e  dei  troppo  eruditi  le  quali  restano  sempre,  e  danno 
«  luogo  a  controversie  interminabili.  E  mi  pare  (ei  soggiunge)  che  l'antico 
«  detto  Opinionum  commenta  delet  dies,  judicia  naturce  confirmat ,  sia  la  più 
«  sicura  scorta  in  queste  ricerche  »  (7). 

Per  tal  modo  dai  troppo  eruditi  non  potrebbesi,  secondo  lui,  attendere  se 
non  fantasticherie  (opinionum  commenta)  cosicché  in  questioni  gravi  verrebbero 
a  riuscire  guastamestieri.  La  vera  interpretaziene  delle  leggi  naturali  (judicia 
natura*)  sarebbe  per  converso  riservata  a  quella  scienza  dogmatica  che  si  fonda 
principalmente  sull'autorità  di  fatti  e  di  opinioni  personali. 

Queste  illazioni  per  altro  non  concorderebbero  colla  massima  generalmente 
accettata  che  la  fisica  de' fiumi,  siccome  scienza  di  osservazione,  abbia  a  pro- 
gredire principalmente  collo  estendere  lo  studio  dei  fatti  e  col  loro  coordina- 
mento. Veduto  d' altronde  che  que' stndj  non  sono  più  una  privativa  dell' Italia, 


(5)  Esame  del  progetto  dell'  ingegnere  ispettore 
Gedeone  Scotini,  esteso  allo  scopo  di  regolare  le 
acque  delle  provincie  alla  destra  del  Basso  Po. 
Bologna  1866. 

(6)  Sulle  memorie  dell'ispettore  Scotini  e  sul  giu- 


dizio  datone  dal  professore  Turazza  intorno  alle 
acque   del  Basso  Po.  Bologna   1867,    estratto   dal 
voi.  6.°  ser.  2.a  delle  Memorie  dell'Accademia  delle 
Scienze  dell'Istituto  di  Bologna. 
(7)  Ivi,  pag.  10. 


Gtom.  Tng.  —  Voi.  XVI.  —  Gennajo  1868.  2 


18  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

dopo  che  vennero  intrapresi  in  iscala  imponente  presso  altre  nazioni,  il  tenervi 
dietro,  come  feci,  lo  considerai  sempre  quale  mezzo  d'istruzione  efficacissimo. 
Ne  poteva  temere  di  essere  per  tal  modo  trascinato  ad  idee  puramente  specu- 
lative, applicato  come  fui  pel  corso  di  ben  diciotto  anni  al  riparto  di  una  linea 
del  Po  cremonese,  la  più  variabile  che  si  conosca ,  ove  in  breve  giro  d'  anni 
avvengono  tali  cangiamenti  che  nei  tronchi  inferiori  del  fiume  non  si  compiono 
nel  corso  di  altrettanti  secoli.  Nella  subalterna  mia  condizione  lo  studio  con- 
tinuo dei  fenomeni  idrologici,  i  quali  ivi  si  compendiavano  in  poco  spazio  di 
tempo,  dovetti  necessariamente  istituirlo  in  base  ad  osservazioni  da  me  stesso 
praticate  sul  terreno.  Queste  mi  rivelarono  quanto  fossero  giusti  i  principj  fon- 
damentali dell'idraulica  italiana;  e  come  le  tante  volte  se  ne  scostassero  gli 
stranieri,  condannando  a  torto  il  sistema  del  nostro  arginamento  de' fiumi,  col 
partire  da  circostanze  di  fatto  insussistenti,  e  da  principj  inattendibili.  Ne' miei 
lavori  idrologici  di  poi  pubblicati  presi  perciò  sempre  a  propugnare  a  tutt'uomo 
l'idraulica  italiana,  rettificando  i  falsi  supposti  pei  quali  veniva  altrove  svisata  (8). 
Malgrado  la  pochezza  di  tali  lavori,  di  carattere  puramente  pratico,  ebbi  la 
non  sperata  fortuna  di  trovare  per  quella  dottrina  due  proseliti  nei  chiarissimi 
Baumgarten  ed  Humphreys,  che  nelle  stupende  loro  monografie  della  Garonna 
e  del  Mississippi,  ove  ad  essa  si  attengono,  eressero  alla  scienza  delle  acque  due 
monumenti  imperituri  (9).  Il  Nilo ,  classico  fiume,  che  fino  ai  nostri  tempi  si 
conservò  neh"  ombra  del  mistero,  e  dal  reggime  del  quale  dipende  totalmente 
la  sorte  di  quella  celebre  regione  che  fu  la  culla  della  più  antica  civiltà  del 
mondo ,  attrasse  la  particolare  mia  attenzione ,  e  dovetti  maravigliare  allorché 
le  mie  ricerche,  secondate  dalle  magnifiche  scoperte  dovute  alle  ultime  esplo- 
razioni,   mi  rivelarono   l'estrema  semplicità   delle   leggi   cui   obbedisce    (10). 


(8)  Intorno  al  sistema  idraulico  del  Po  ecc.,  Mi- 
lano 1840;  Altre  osservazioni  sul  Po,  Milano  1843; 
Notizie  naturali  e  civili  precitate,  pag.  168;  Sui 
cangiamenti  ecc.,  memoria  precitala  del  1852. 

Anche  nella  mia  memoria  Sulle  inondazioni  av- 
venute nella  Francia  ecc.,  pubblicata  in  Milano  nel 
1858,  sia  nel  testo,  sia  nelle  note  finali,  ho  sempre 
propugnati  i  principj  dell'idraulica  italiana,  parti- 
colarmente sullo  stabilimento  del  fondo  de'  fiumi , 
e  sul  loro  arginamento. 

(9)  L' ingegnere  Baumgarten  nel  T.  XIII  serie  2.a 
degli  Annales  des  ponts  et  chaussées,  1847,  ha  pub- 
blicato un  esteso  sunto  delie  mie  memorie  ante- 
riori, dimostrando  anch' egli  l'insussistenza  delle 
esagerazioni  di  Cuvier  e  di  Prony  sugli  effetti  del- 
l' arginamento  del  Po ,  punto  che  a  richiesta  del- 
l'Ispettore  Generale  Minard  sviluppai  maggiormente 
nella  precitata  memoria  del  1852. 

Nel  volume  XVI,  1848,  di  essi  annali  egli  ha  di 
poi  pubblicata  la  pregevolissima  Memoria:  JSotice 
sur  la  porlion  de  la  Garonne  qui  s'ètend  en  aval 
de  l'embouchure  du  hot  dans  le  département  de  Lot 
et  Garonne,  et  sur  les  travaux  qui  y  ont  étè  exé- 
cutés  de  1836  à  1847. 


L'opera  dell' Humphreys  è  intitolata  :  Report  upon 
the  Physics  and  the  Hydraulics  of  the  Mississippi 
river  ecc.,  prepared  by  captain  A.  A.  Humphreys 
and  lieutenant  H.  L.  Abbot ,  Corps  of  Topographical 
Engineers,  United  States  Army.-  Philadelfia  1861. 

Intorno  a  questo  stupendo  lavoro  vedasi  l' inte- 
ressante e  succosa  Relazione  che  ne  porge  il  chia- 
rissimo professore  Angelo  Messedaglia  all'  I.  R.  Isti- 
tuto Veneto,  riprodotta  nel  Giornale  dell'Ingegnere 
Architetto  nell'anno  1863. 

Dopo  un  così  splendido  saggio  dato  dall'onore- 
vole mio  amico  nella  scienza  idraulica,  devesi  la- 
mentare che  sia  stato  distolto  dal  proseguire  a  col- 
tivarla,  dapprima  prendendo  parte  qual  generale 
dei  volontari  nella  guerra  che  afflisse  quel  paese  , 
e  di  poi  per  essere  stato  promosso  a  capo  del  Ge- 
nio militare  della  confederazione  americana,  giusta 
una  sua  lettera  del  settembre  1867  ,  scrittami  da 
Washington. 

(10)  Nel  mio  Saggio  sul  Nilo  ho  dimostrato  come 
il  fiume  unito  a  valle  di  Kartoum,  pressoché  soli- 
tario in  lunghezza  di  2900  chilometri,  offra  la  mas- 
sima semplicità  nel  suo  reggime,  cosicché,  quando 
vengano  estese   le   osservazioni  nel  modo   da  me 


SOPRA  IL   GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  19 

Inoltratomi  così  co' miei  studii  idrologici  nelle  regioni  tropicali  dell'Affrica,  non 
potei  ritenermi  dallo  spingerli  a  quella  vasta  depressione  della  sua  parte  cen- 
trale ove,  martiri  della  scienza,  nel  giro  di  pochi  anni  trovarono  la  tomba  pa- 
recchi de'più  celebri  esploratori  (11).  Riconobbi  dall'esame  delle  loro  Relazioni 
quanto  importasse  associare  gli  studj  idrologici  alle  osservazioni  de'  fatti  con- 
cernenti la  fìsica  terrestre  al  fine  di  rettificarli;  e  coll'applicazione  della  dottrina 
dei  laghi  all'immensa  palude  che  la  occupa  ed  alla  condizione  delle  sue  adja- 
cenze,  potei  dimostrare  esservi  stato  nell'ultime  epoche  antistoriche  un  periodo 
glaciale,  ossia  per  quei  luoghi  di  una  più  bassa  temperatura.  Per  tal  modo  ne 
risulterebbe  che  il  deserto  bagnato  allora  da  piogge,  e  solcato  da  fiumi  pode- 
rosi potesse  essere  stanza  di  numerose  popolazioni ,  e  che  le  odierne  oasi , 
le  quali  s'incontrano  nelle  sue  depressioni,  corrispondessero  ad  altrettanti  laghi 
più  o  meno  permanenti  (12). 

Che  siffatti  studii  spinti  ad  acque  alquanto  da  noi  lontane  di  questa  misera 
terra  debbano  togliermi  la  facoltà  di  emettere  un  giudizio  ragionevole  sui  fe- 
nomeni concernenti  i  nostri  fiumi ,  è  ciò  che  non  posso  comprendere.  Ed  in 
tempi  ne' quali  presso  di  noi  vi  ha  pur  troppo  così  poca  tendenza  a  coltivarli 
devesi  lamentare  che  un  dotto  idraulico  quale  si  è  il  mio  amico  abbia  ad  al- 
zare la  sua  voce  autorevole  per  pronunziare  una  sentenza  tendente  a  screditarli. 

Gioverà  osservare  in  proposito  che  ne'  tre  secoli  precedenti  in  cui  nacque  e 
progredì  in  Italia  la  scienza  delle  acque,  essa,  salvo  qualche  rara  eccezione,  ve- 
niva di  solito  coltivata  da  distinti  professori  di  matematiche,  o  di  medicina  che 
eransi  applicati  alle  scienze  fisiche.  Nelle  molteplici  questioni  idrauliche  che  si 
agitavano  in  diverse  parti  d'Italia  essi  venivano  chiamati  dai  principi  a  risol- 
verle, ed  associando  per  tal  modo  le  teorie  alle  osservazioni  fatte  riuscirono  a 
fondare  la  scienza  sopra  sodi  principj.  L' ingegneria  allora  generalmente  proce- 
deva guidata  dall'empirismo  e  l'opera  sua  limita  vasi  d'ordinario  alla  parte  ese- 
cutiva. Solo  sul  cadere  dello  scorso  secolo  si  avvisò  di  obbligare  gli  ingegneri 


suggerito ,  se  ne  possono  attendere  per  la  parte 
idrometrica  risultamenti  positivi  non  conseguibili 
per  qualsiasi  altro  fiume. 

In  quanto  poi  all'Alto  Nilo,  proveniente  in  parte 
dalle  regioni  equinoziali,  sconosciuto  generalmente 
rispetto  alle  sue  origini,  ma  studiato  ciò  non  per- 
tanto per  una  notevole  estensione  del  suo  corso , 
ho  sviluppati  i  principj  secondo  i  quali  se  ne  po- 
teva con  qualche  verosimiglianza  prevedere  la  con- 
dizione idrologica  anche  per  le  parti  non  esplo- 
rate, principj  che  mi  condussero  alla  verità  giusta 
le  ultime  scoperte  di  Baker,  ed  anche  rispetto  alla 
portata  del  fiume ,  che  detcrminata  dapprima  per 
semplice  induzione,  si  vide  confermata  dalle  misure 
dirette.  Il  signor  Carlo  Grad  di  Turkeim ,  nel  di- 
partimento dell'Alto  Reno,  autore  di  parecchie  pre- 
gevoli memorie  geografiche  ed  idrologiche,  mi  scrive 
che  essendo  stato  incaricato  dalla  Società  geogra- 
fica di  Parigi  di  stendere  le  istruzioni  per  un  viaggio 
di  esplorazione  verso  le  sorgenti  del  Nilo,  in  quanto 


concerne  la  parte  idrologica,  si  è  valso  de' sugge- 
rimenti dati  su  questo  particolare  nel  mio    Saggio. 

(11)  La  grande  depressione  dell'Affrica  Centrale, 
nell'imo  della  quale  trovasi  il  lago  Tsad,  è  parti- 
colarmente descritta  nei  viaggi  di  Barth  pubblicati 
a  Londra  nel  1857,  concernenti  le  esplorazioni 
eseguite  dalla  spedizione  britannica.  I  membri  di 
essa,  Richardson  ed  Owerweg,  vi  perdettero  la  vita 
dal  1851  al  1852,  e  Vogel  sul  principio  del  1856 
venne  assassinato  nel  Vadai  d'ordine  di  quel  sul- 
tano. La  precoce  morte  poi  dello  stesso  Barth,  av- 
venuta nel  novembre  del  1865,  sembra  doversi  at- 
tribuire ai  disagi  sofferti  in  quella  spedizione  dal 
1851  al  1855. 

(12)  L'illustre  geografo  signor  Malte-Brun,  ve- 
duto che  l'argomento  ivi  da  me  trattato  in  una 
Appendice  al  mio  Saggio  sul  Nilo  involge  una  que- 
stione del  tutto  nuova  ,  ha  trovato  d' inserirla  per 
intero  nel  fascicolo  di  novembre  scorso  degli  An- 
nales  des  voyages  ecc.  da  lui  pubblicati. 


20  STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI 

ad  un  corso  di  studii  fisico-matematici  presso  le  università,  e  sul  principiare 
del  seguente ,  costituitosi  sotto  Napoleone  il  regno  italico,  si  istituì  un  corpo 
d'ingegneri  governativi  d'acque  e  strade  ai  quali  venne  affidata  la  proposta  e 
la  direzione  delle  opere  pubbliche.  Per  coprire  le  più  elevate  cariche  d'ispet- 
tori generali  si  preferirono  ancora  da  principio  distinti  matematici,  parecchi 
dei  quali  offrirono  in  dotte  scritture,  concernenti  questioni  idrauliche,  saggi 
della  felice  associazione  della  scienza  a  casi  pratici.  Fu  in  pari  tempo  decre- 
tata la  fondazione  in  Milano  di  una  scuola  d'applicazione,  che  rimase  pur 
troppo  sempre  allo  stadio  di  pio  desiderio.  E  se  di  quelle  scuole  talune  se  ne 
eressero  in  altre  parti  d'Italia,  di  solito  l'istruzione  ivi  data  conservava  un  carat- 
tere troppo  speculativo,  cosicché  i  giovani  ingegneri,  lanciati  di  poi  nell'esercizio 
delle  loro  funzioni  ed  ingolfati  nelle  pastoje  della  burocrazia  senza  alcun  alletta- 
mento per  proseguire  negli  studii  scientifici,  salve  alcune  eccezioni,  ricadevano 
generalmente  nelP  empirismo.  Suddivisa  allora  l' Italia  in  tanti  piccoli  stati,  essi 
supplivano  in  qualche  modo  con  una  consumata  pratica  de' luoghi.  Ma  riunita 
di  poi  in  regno  e  datosi  l' impulso  a  notevoli  miglioramenti  idraulici  nelle  varie 
sue  parti,  talvolta  con  progetti  grandiosi,  i  più  abili  dovettero  balestrarsi  con- 
tinuamente in  regioni  ad  essi  ignote.  Ivi  generalmente  sono  chiamati  a  comporre 
commissioni  ove  di  solito  prevale  il  parere  di  un  solo  individuo  che  ,  attesi 
questi  continui  spostamenti,  è  nell'impossibilità  di  addentrarsi  con  sufficiente 
maturità,  e  col  corredo  delle  indispensabili  cognizioni  locali  in  questioni  in- 
tralciatissime. 

In  talune  delle  principali  città  italiane  sonosi  non  ha  guari  istituite  nuove 
scuole  d'applicazione  per  gli  ingegneri,  o  riformate  con  principi  razionali  le 
preesistenti ,  e  per  tal  modo  ,  qualora  gli  allievi  vengano  convenientemente 
istruiti  nell' adoperare  la  scienza  per  risolvere  questioni  d'idraulica  pratica, 
si  ha  luogo  di  sperare  che  i  più  distinti  fra  essi  continuino  ad  addestratisi  in 
guisa  da  poter  diminuire  gli  inconvenienti  preaccennati,  particolarmente  ove, 
rispetto  alla  fìsica  de'  fiumi,  tengano  dietro  a  quanto  si  è  fatto  e  scritto  presso 
di  noi,  ed  a  quanto  si  va  facendo  presso  altre  nazioni.  Ma  se  da  chi  dovrebbe 
promuovere  coi  consigli  siffatti  perfezionamenti  viene  bandita  la  crociata  contro 
i  troppo  eruditi,  si  ha  luogo  a  dubitare  che  abbiasi  a  conseguire  l'intento, 
ed  a  temere  che  la  scienza  idraulica  emigri  dalla  terra  che  ne  fu  la  culla, 
per  progredire  ove  vengono  maggiormente  coltivati  gli  studi  d'osservazione. 

In  questo  mio  lavoro  concernente  l'Estuario  Adriatico,  associandosi  le  ricerche 
idrologiche  alle  archeologiche  fino  a  studiare  nella  pianura  subapennina  le 
tracce  delle  divisioni  de' terreni  fra  le  antiche  colonie  romane,  e  quindi  accre- 
scendosi la  dose  dell'erudizione,  si  aggraverà  la  mia  condizione  rispetto  all'at- 
titudine ad  emettere  un  parere  ragionevole  sopra  varj  punti  concernenti  l' immis- 
sione del  Reno  in  Po.  Io  ciò  non  pertanto  mi  vi  proverò,  esaminando  in  pari 
tempo  quelli  ne' quali  le  opinioni  del  mio  amico  fatte  di  pubblica  ragione  si 
scostano  dalle  mie,  senza  che  abbiano  per  tal  modo  a  rallentarsi  i  vincoli  di  reci- 
proca benevolenza  che  ci  legano ,  e  solo  per  rimanere  fedele  alla  massima  : 
Amicus  Plato,  sed  magis  amica  veritas. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  21 

I.  Introduzione. 
Estuario  Adriatico  e  sue  parti* 

1.  Ne9  Cenni  da  me  pubblicati  nel  1840  intorno  al  sistema  idraulico  del  Po, 
rispetto  all'  estuario  ove  il  fiume  ha  le  sue  foci ,    così  mi  esprimeva  (pag.  28). 

«  Avanti  di  parlare  del  Po  Grande,  o  Po  di  Venezia,  gioverà  osservare  come 
«  lungo  le  rive  occidentali  dell'  Adriatico ,  superiormente  alla  Romagna,  met- 
«  tano  foce  molti  fiumi  di  portata  considerevole;  e  come  in  pari  tempo  il  lito- 
«  rate  trovisi  esposto  allo  scirocco,  e  più  ancora  al  vento  di  levante,  il  primo 
«  de'  quali  è  dominante  in  quel  golfo ,  ma  il  secondo  è  assai  più  violento  e 
«  burrascoso.  Mentre  le  acque  di  que' fiumi  continuano  a  portare  al  largo  mare 
«  le  torbide,  che  depongono  in  vicinanza  della  foce,  questo,  agitato  dai  venti, 
«  esercita  un  azione  contraria  in  tutta  la  lunghezza  della  spiaggia,  tendendo  a 
«  respingere  tali  materie  verso  di  essa.  Combinati  questi  movimenti  con  quello 
«  continuo  del  mare  da  sinistra  a  destra,  che  chiamasi  moto  radente,  distendono 
«  le  materie  stesse  lungo  il  litorale,  anche  a  notevoli  distanze  dalle  foci  dei 
«  fiumi  La  violenza  delle  onde  del  mare  si  ritiene  essere  in  certa  proporzione 
«  colla  profondità  del  medesimo,  e  crescere  con  essa  ;  ma  la  loro  propagazione 
«  sotto  la  superficie  delle  acque  ha  un  limite,  oltre  il  quale  il  fondo  del  mare 
«  non  viene  smosso  per  qualsiasi  tempesta.  V  ha  quindi  un  punto  nel  quale 
«  massima  è  fazione  del  mare  per  sollevare  le  materie  del  fondo;  ed  un  altro 
«  pure  vi  ha  più  prossimo  alla  spiaggia,  ove,  combinandosi  il  decremento  di 
«  una  tale  azione  colla  quantità  delle  materie  già  poste  in  moto,  massima  deve 
«  essere  la  loro  deposizione.  Ivi  perciò  si  vanno  esse  accumulando,  e  formano 
«  una  specie  di  scanno  o  duna,  la  quale,  emergendo  successivamente  dalla 
«  superficie  del  mare,  viene  ad  alzarsi  per  l'aggiunta  di  altre  materie  che 
«  questo  vi  trasporta,  ed  anche  per  la  sola  azione  del  vento.  Queste  dime, 
«  dette  montoni,  o  si  formano  sul  margine  della  terra  ferma,  oppure  in  di- 
«  stanza  anche  notevole  da  questa  ed  il  tratto  di  mare  che  in  tal  caso  vi  ri- 
«  mane  interposto,  prende  il  nome  di  laguna.  Tali  sono  le  lagune  venete  lino  a 
«  Chioggia,  e  le  valli  di  Comacchio  fra  i  porti  di  Volano  e  di  Primaro;  e  tali  erano 
«  un  tempo  anche  le  lagune  intermedie,  in  fondo  alle  quali  sorgeva  l'antichissima 
«  città  di  Adria,  che  per  ciò  chiamavasi  Urbs  seplem  marium.  Delle  dune  per 
«  cui  queste  lagune  erano  separate  dal  mare,  vedonsi  anche  oggidì  le  tracce, 
«  quantunque  poste  nell'  interno  delle  terre  a  considerevole  distanza  da  quello. 
«  Partono  le  medesime  da  Brondolo,  ove  hanno  termine  le  lagune  venete,  pas- 
«  sano  in  contatto  della  Cavanella  d'  Adige  ,  quindi  a  levante  di  Loréo,  da  cui 
«  distano  circa  tre  miglia;  proseguono  poi  per  una  linea  di  circa  sette  miglia, 
«  dopo  di  che  si  dividono  in  tre  rami,  dei  quali  il  più  orientale  passa  per  la 
«  Mesola,  lambe  verso  ponente  i  prossimi  boschi,  e  mette  capo  al  Volano  ove 


22  STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI 

«  incominciano  le  dune  delle  Vaili  di  Cornacchie  Dalla  uniformità  della  linea, 
«  colla  quale  queste  dune  si  dispongono  si  può  congetturare,  che  le  condizioni 
«  della  loro  formazione  dipendono  da  una  legge  generale,  che  regola  i  movi- 
«  menti  del  mare  e  quelli  dei  venti  nell'intero  sistema  del  golfo  ». 

2.  In  una  nota  fo  osservare  come  le  dune  dell'  Olanda  e  quelle  delle  Lande 
della  Guascogna  siensi  formate  sulla  riva  del  mare  ;  come  le  ultime  invades- 
sero con  moto  progressivo  il  continente ,  e  come  se  ne  ottenesse  la  stabilità 
mediante  piantamenti. 

3.  Il  mio  concetto  è  quale  poteva  attendersi  da  chi  esordiva  colla  pubblica- 
zione de' suoi  studj  sull'idrologia  del  Po,  che  non  aveva  estesi  a  quella  dei 
nostri  mari;  e  sottoposto  a  rigoroso  esame  potrebbe  per  avventura  dar  luogo  ad 
appunti  (1).  Uscito  nel  1845  il  primo  volume  delle  Lezioni  di  Geologia  pratica 
dell'  illustre  Elia  di  Beaumont,  il  quale  non  venne  a  conoscere  il  mio  lavoro 
se  non  dopo  la  stampa  del  suo  libro,  in  una  nota  aggiuntavi  riporta  V ultima 
parte  di  quel  brano  del  mio  scritto,  dichiarando  che  le  sue  conclusioni  gene- 
rali concernenti  l'estuario  dell'  Adriatico  coincidono  colle  mie  vedute.  A  quelle 
dune  che,  rispetto  alla  laguna  veneta,  si  chiamano  lidi,  egli  dà  il  nome  di 
cordoni  litorali,  li  considera  antichissimi  e  quali  linee  di  riferimento  onde 
determinare  la  misura  del  protendimento  delle  foci  de' fiumi  che  le  hanno  ol- 
trepassate. 

4.  Avendo  per  altro  scorto  che  in  iscritti  pubblicati  posteriormente  sostiensi 
il  fatto  che  Adria  ,  Aitino  ,  Concordia  ed  Aquileja  furono  in  origine  fondate 
sulla  riva  del  mare,  ho  diretto  i  miei  studj  non  solo  a  raccogliere  documenti 
storici  che  contraddicono  a  tale  opinione,  ma  eziandio  sulla  forma  delle  alluvioni 
fluviali,  e  particolarmente  di  quelle  del  Po  alle  sue  foci,  la  quale  nella  sua 
varietà,  e  misura  costituirebbe  un  vero  cronometro  onde  stabilire  i  criterj 
della  antichità  relativa  e  talvolta,  con  sufficiente  approssimazione,  di  quella  as- 
soluta di  esse  foci. 

5.  In  quanto  al  lido  della  laguna  veneta,  nelle  notizie  pubblicate  l'anno  1847, 
in  occasione  del  congresso  degli  scienziati  in  Venezia,  sotto  il  titolo;  Venezia 
e  le  sue  lagune,  dicesi  :  «  È  nondimeno  sicuro  che  ne'  primi  secoli  dell'  era 
«  cristiana  il  mare  Adriatico  occupava  tutta  la  linea  da  Ravenna  ad  Aquileja,  » 
e  la  formazione  dei  lidi  si  considererebbe  siccome  un  evento  posteriore  ag- 
giungendosi : 

«  É  in  questa  guisa  che  la  natura ,  ardiremo  dire ,  presaga  degli  alti  de- 
«  stini  cui  era  serbato  quel  breve  insenamento  di  mare  (la  laguna  veneta)  vi 
«  disponeva  provvidente  tali  argini   a   difenderlo   dagli  insulti    delle    onde,   e 


(1)  Nella  mia  Memoria  alla  pag  28  dico  che  nel 
golfo  Adriatico  il  vento  di  scirocco  è  dominante; 
che  quello  di  levante  è  più  violento  e  burrascoso, 
fatti  che  avrò  raccolti  da  qualche  scritto  che  ora 
non  ricordo.  Esso  per  altro  non  collimerebbe  colle 
osservazioni  di  Manfredi  e  di  Zendrini  nella  loro 
Relazione  sul  Ronco  e  Montone  (Raccolta  di  Bologna, 
T.  Vili  pag.  406)   ove  dicono  essere  proprietà  dei 


venti  di  scirocco  e  d'  ostro  di  zappare  il  lido  e  di 
esportarne  le  sabbie,  mentre  i  venti  di  greco  e  di 
levante  le  spingono  verso  le  spiaggie  e  ve  le  ad- 
densano. Sta  a  vedersi  se  questa  legge  sussista  per 
tutto  il  lido  occidentale  ,  e  se  non  sienvi  eccezioni 
per  effetto  di  venti  che  provengono  da  gole  delle 
Alpi  Giulie. 


SOPRA  IL   GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  23 

«  tali  varchi  a  lasciare  che  v'entrassero  le  dovizie  ».  I  documenti  storici 
però  non  concorderebbero  coli' epoca  assegnata  a  quelle  disposizioni  provvi- 
denziali della  natura. 

6.  Tito  Livio  padovano  ,  che  perciò  doveva  conoscere  i  luoghi ,  nel  raccon- 
tarci il  fatto  dello  Spartano  Cleonimo  ,  che  501  anni  innanzi  all'era  volgare 
intendeva  invadere  il  territorio  di  Padova,  così  si  esprime  (1):  «  Spediti  pochi 
«  esploratori  de' luoghi,  quando  udì  da  essi  che  il  lido  era  stretto-,  che  a  tergo 
«  di  questo  distendevansi  stagni  alimentati  dalle  maree,  oltre  i  quali  eranvi  a 
«  breve  distanza  campagne  coltivate  cui  succedevano  colli  ;  che  più  innanzi 
«  incontravasi  1'  ampia  foce  di  un  fiume  che  vedevasi  praticata  dai  navigli  sic- 
«  come  porto  sicuro  (era  il  fiume  Medoaco),  comandò  egli  (Cleonimo)  che  la 
«  flotta  vi  entrasse  per  ascendere  il  fiume  ».  Riserbandoci  a  prendere  più 
innanzi  in  esame  i  particolari  di  quell'episodio,  alfine  di  dedurne  in  quale 
condizione  si  trovasse  ivi  la  laguna  veneta,  ci  basta  per  ora  osservare  che  fin 
da  quel  tempo  veniva   segregata    dal    mare  mediante  il  lido,    ossia   cordone 

litorale. 

7.  In  quanto  ad  Aquileja,  Strabone  ci  dice  due  secoli  dopo  la  sua  fondazione 
che  si  naviga  alla  volta  di  quella  città  rimontando  il  fiume  Nalisone  per  lo 
spazio  di  circa  sessanta  stadii  (6  miglia  geografiche) ,(2),  e  Plinio,  presso  che 
contemporaneo  la  porrebbe  con  qualche  esagerazione  a  12  miglia  dal  mare  (5): 
Natiso  cum  Turro  profluentes  Aquileum  coloniam  XII  m.  passuum  a*  mari  sitam. 

8.  Lo  stesso  Strabone,  e  Vitruvio  pongono  Aitino,  non  già  in  riva  al  mare, 
ma  nelle  paludi  come  Ravenna,  dichiarando  però  che  era  saluberrima  quella 
plaga  (4),  cosicché  non  è  a  maravigliare  se  i  Romani  la  renderono  amena  con 
deliziose  ville,  erette  sicuramente  sulle  isole  dell'estuario,  ville  che  Marziale 
ebbe  a  paragonare  a  quelle  di  Baja:  Aemula  Bajanis  Altini  littora  villis. 

9.  Siamo  quindi  condotti  a  supporre  con  ogni  fondamento  che  fino  dalle 
più  remote  epoche  storiche  esisteva  il  cordone  litorale ,  il  quale  separa  le  la- 
gune di  Venezia  dal  mare  e  in  una  linea  semplice  si  distende  dalle  vicinanze 
di  Aitino,  ossia  da  Burano,  al  così  detto  Taglio  di  Po,  o  Porto  Viro  in  lunghezza 
di  54  chilometri;  che  proseguiva  col  suo  ramo  occidentale,  passando  per  Mes- 
senzatica,  Morozzo,  Caldirolo ,  e  Sant'Alberto  sul  Po  di  Primaro ,  dinanzi  a 
Ravenna  ed  a  Cervia  per  terminare  a  Rimini  in  lunghezza  di  altri  115  chilo- 
metri, cosicché  la  curva  regolarissima  da  esso  formata  avrebbe  avuta  la  corda 
di  160  chilometri  con  una  freccia  di  circa  50  chilometri. 

10.  Ammettendo  i  fatti  che  ci  raccontano  gli  antichi  storici,  Ravenna  sareb- 
besi  fondata  dai  Tessali  in  contatto  di  quel  lido ,  ma  da  esso  protetta ,  circa 
dodici  secoli  innanzi  all'era  cristiana,  dopo  cioè  la  distruzione  di  Troja.  I 
Greci  o  Pelasgi  avrebbero  contemporaneamente,  o  qualche  tempo  innanzi,  fon- 
data Spina  sul  braccio  meridionale  del  Po,  in  località  tuttavia  incerta;  ed  i 
Trojani,  guidati  da  Antenore  ,  avrebbero  pure  in  quella  circostanza  eretta  Pa- 


li) Hist.  lib.  X.  §  2. 

(2)  Geografia,  lib.  V.  Traduzione  di  Francesco  Am- 
brosoli,  Milano  1833,  T.  V.  pag.  16. 


(3)  Hist.  nat.  lib.  III.  cap.  XVIII. 

(4)  Vitruvio,  lib.  I.  cap.  IV. 


24  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

dova  in  terra  ferma  sul  Medoaco.  Due  secoli  dopo  gli  Etruschi,  o  Tirreni,  oc- 
cupata la  valle  inferiore  del  Po,  avrebbero  fondata  Adria  sul  margine  della 
laguna  a  circa  dodici  chilometri  di  distanza  da  quel  lido,  o  cordone  litorale; 
e  sembra  che  otto  secoli  posteriormeute  col  medesimo  principio  i  Romani  eri- 
gessero le  colonie  di  Concordia  ed  Aquileja ,  sul  lembo  della  laguna ,  ed  Ai- 
tino nell'interno  di  essa  in  prossimità  del  lido,  il  quale,  attesa  principalmente 
la  natura  de' fiumi  che  vi  confluiscono,  e  forse  la  sua  orientazione  rispetto  ai 
venti  dominanti  sul  fondo  del  golfo  Adriatico,  non  presenta  più  la  regolarità 
di  andamento  che  scorgesi  nell'altro.  I  nomi  latini  di  quelle  colonie  ne  atte- 
sterebbero l'origine. 

11.  L'intero  estuario  lo  distingueremo  perciò  in  quattro  parti  a  seconda 
della  speciale  condizione  di  ciascheduna  di  esse,  chiamando  Estuario  Ravennate 
quello  da  Rimini  alla  foce  del  Po  dì  Primaro,  cui  corrispondeva  l'antica  pa- 
lude detta  Padusa.  Da  questa  foce  del  Po  di  Primaro  a  quella  dell'Adige  lo 
denominiamo  Estuario  Padano,  sulla  cui  fronte  avvennero  appunto  anche  avanti 
alle  epoche  storiche ,  i  cangiamenti  delle  foci  del  Po.  Segue  la  Laguna  di 
Venezia  che  termina  ad  Aitino,  cui  succede  in  lunghezza  di  90  chilometri  la 
cosidetta  Laguna  Caprulese,  ossia  di  Caorle  (1),  l'estremo  della  quale  è  segnato 
dalla  punta  di  Sdobba,  ove  ha  oggidì  la  foce  l'Isonzo  unito  al  Natisone  col  Torre. 

12.  Ne' tempi  antistorici,  quando  le  pendici  de' monti  erano  rivestite  di  selve 
ed  i  fiumi  attraversavano  estese  paludi,  o  basse  pianure  sulle  quali  espande- 
vano le  piene  e  deponevano  le  torbide,  le  loro  alluvioni  si  formavano  nell'in- 
terno del  cordone  litorale,  ove  esse  si  avanzavano  lentamente.  Ciò  avveniva 
anche  pei  torrenti  dell' Apennino  che  si  scaricavano  nella  vasta  Padusa,  e  per  lo 
stesso  Po  nel  proprio  estuario. 


PARTE  I. 

II*  Lagune  Tenete  in  generale 
e   fiumi   principali   che   vi   confluiscono. 

15.  In  quanto  alle  lagune  di  Venezia  e  Caprulese  gioverà  premettere  qualche 
cenno  rispetto  alla  natura  de'  fiumi  che  vi  confluiscono  da  cui  potremo  desu- 
mere la  differenza  del  carattere  che  nell'una  e  nell'altra  si  scorge.  Il  più  po- 
deroso di  questi  fiumi  è  l'Adige,  il  cui  bacino  montuoso,  che  si  estende  alle 
più  elevate  Alpi  Retiche,  è  di  circa  1*2000  chilometri  quadrati.  Esso  per  110 
chilometri  misurati  in  linea  retta  sulla  direttrice  fluviale,  abbandonate  le  ghiaje, 
attraversa  la  pianura  sommergibile  fino  ad  incontrare  il  cordone  litorale. 

14.  Il  Bacchiglione ,  il  quale  non  ha  che  930  chilometri  quadrati  di  bacino 
montuoso  ed  il  Brenta  che   lo    ha    di   1400  chilometri    quadrati,   giunti    alla 

(1)  Caorle,  chiamato  anticamente  Caprulce,  da  cui  derivò  il  nome  dato  a  quella  Iaguua. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  25 

pianura  vi  si  avanzano  col  loro  letto  di  dejezione  il  quale  però  rimane  ad  una 
distanza  non  minore  di  60  chilometri  pel  primo,  e  di  50  chilometri  pel  secondo 
dalla  laguna  di  Venezia.  Succedono  a  questi  due  fiumi  il  Musone,  il  Sile  ed 
altri  minori  della  pianura,  alimentati  la  più  parte  da  sorgenti,  i  quali  confluivano 
in  addietro  nell'estremo  settentrionale  di  essa  laguna. 

15.  Nella  successiva  laguna  Caprulese  invece  discendono  torrenti  poderosi  e 
indomiti  che  spingono  i  vasti  loro  conoidi  alla  sola  distanza  di  dodici  o  quin- 
dici chilometri  dal  margine  di  essa,  fra  quali  primeggiano  il  Piave  ed  il  Ta- 
gliamento,  i  cui  bacini  montuosi  nelle  Alpi  Noriche  e  Carniche  raggiungono  i 
3000  chilometri  quadrati  pel  primo,  ed  i  2000  pel  secondo.  Le  loro  piene  più 
repentine  e  violente,  sotto  l'azione  dei  venti  piovosi  meridionali  e  sciroccali 
della  marina,  e  le  materie  maggiormente  pesanti  portate  nella  laguna  avranno 
impedito  che  il  lido  si  disponesse  sotto  una  linea  regolare  come  nella  laguna 
di  Venezia.  Egli  è  verisimile  che  esso  formasse  invece  anche  anticamente 
notevoli  rientranze  e  prominenze ,  le  più  pronunziate  delie  quali  sarannosi 
avute  ove  si  univa  alle  isole  di  Grado  e  di  Caorle ,  la  cui  natura  ed  origine 
mi  sono  ignote  (1). 

Ili*  ILagtma  Caprulese,  ossia  di  Caorle* 

16.  Paolo  Diacono,  autore  del  IX  secolo,  parlando  di  Aquileja  distrutta  da 
Attila  alla  metà  del  secolo  V,  racconta  il  fatto  della  gentildonna  Dugna ,  la 
quale  per  sottrarsi  alle  violenze  di  quelle  barbare  orde,  si  precipitò  dalla  cima 
di  una  torre  nel  Natisone,  che  scorreva  al  suo  piede.  Ed  ove  parla  dell'ingresso 
di  Teodorico  in  Italia  contro  Odoacre  (anno  490)  dice:  Ac  primum  iuxta  Son- 
tium  flumen,  quod  non  longe  ab  Aquileia  labitur,  castra  componens  ecc.  (u2). 

17.  Adunque  il  Natisone  scorreva  anche  allora  sotto  le  mura  di  Aquileja  ,  e 
probabilmente  aveva  la  sua  foce  presso  l'Isola  di  Grado,  mentre  l'Isonzo  aveva 
un  corso  separato  più  orientale,  sboccando  nel  seno  di  Montefalcone.  Oggidì  in- 
vece il  Natisone,  ossia  Torre,  si  unisce  all'  Isonzo  presso  Turiaco,  posta  a  sette 
chilometri  al  nord  di  Aquileja,  colla  foce  alla  punta  di  Sdobba  distante  quat- 
tordici chilometri  da  Grado.  Cosi  nell'intervallo  di  tredici  secoli  sarebbesi  dai 
due  primi  fiumi  alluvionata  per  la  più  parte  la  laguna  interposta,  col  notevole 
protendimento  della  mentovata  punta  di  Sdobba  di  cinque  chilometri  dalla  riva 
del  seno  di  Montefalcone,  mentre  dapprima  quella  punta,  assai  meno  sporgente, 
univasi,  a  quanto  pare,  con  linea  dolcemente  incurvata  al  promontorio  di  Grado. 
All'occidente  di  Aquileja  scorre  oggidì  un  fìumicello  che  ha  origine  nella  pros- 
sima pianura  a  pochi  chilometri  di  distanza  e  mette  pure  capo  a  Grado  col 
nome  di  Atlis,  od  anche  di  Natisone,  praticabile  da  sole  barche  peschereccie  ; 


(1)  Il  fenomeno  dell'  unione  delle  isole  prossime 
ad  un  continente  mediante  un  cordone  litorale  ve- 
desi  ovunque  la  spiaggia  è  sottile  e  soggetta  al- 
l'azione combinata  dei  venti  e  della  corrente  litorale. 


(2)  Paolo  Diacono.  De  geslis  romanorum.  Conti- 
nuazione della  storia  romana  di  Eutropio.  Raccolta 
di  Aldo  Manuzio  del  1521,  pag.  291  e  298. 


26  STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI 

e  non  v'ha  dubbio  che  esso  è  tutt' altra  cosa  del  fiume  Natisone  indicato  da 
Plinio  da  Strabone  e  da  Paolo  Diacono,  dal  quale  per  tradizione  non  ha  ere- 
ditato se  non  il  nome. 

18.  Dopo  aver  detto  Strabone  che  tanto  Ravenna  quanto  Aitino  erano  città 
poste  nelle  paludi,  ossieno  lagune,  aggiunge:  ma  Epiterpo  (Oderzo),  Concordia, 
Atria,  ed  Ucezia?  ed  altre  consimili  cittadelle  sono  manco  soggette  alle  paludi, 
e  comunicano  col  mare  col  mezzo  di  piccoli  canali  (1).  Da  ciò  ricavasi  che  Con- 
cordia, la  quale,  con  Porto  Gruaro,  posto  2500m  a  monte,  comunica  col  mare 
mediante  il  fìumicello  Lemene,  era  in  pari  condizione  verso  V  era  cristiana, 
quando  probabilmente  quel  fiume  alimentato  da  più  copiose  sorgenti  aveva  una 
portata  maggiore,  o  quando  in  suo  luogo  scorreva  un  braccio  del  Tagliamento. 

19.  Ma  avanti  di  progredire  in  queste  ricerche  circa  all'antico  stato  della 
laguna  Caprulese ,  gioverà  riportare  la  descrizione  che  dà  Plinio  di  quella  re- 
gione (2)  al  fine  di  appianare ,  per  quanto  lo  si  possa ,  le  gravi  difficoltà  che 
s'incontrano,  onde  porla  d'accordo  colle  circostanze  locali.  Sequitur  decima 
regio  ftalioe,  Adriatico  mari  apposita,  Venetia,  cujus  ftuvius  Silis  ex  montibus 
Taurisanis.  Oppidum  Allinum ,  flumen  Liquentia  ,  ex  montibus  Opilerginis ,  et 
portus  eodem  nomine,  colonia  Concordia,  flumina  et  portus  Bomatium,  Tilaven- 
tum  majus  minusque,  Anassum,  quo  Varramus  defluii,  Alsa,  Natiso  cum  Turro 
profluenles  Aquileiam  coloniam  XII  m.  pass,  à  mari  sitam. 

20.  Stando  rigorosamente  ai  termini  di  quella  descrizione,  si  vedrebbe  collo- 
cato il  Sile  all'occidente  di  Aitino,  ma  quel  che  più  monta  si  scorgerebbe  scam- 
biato colla  Piave,  che  realmente  discende  dalle  Alpi  Noriche  (ex  montibus  Tau- 
risanis), mentre  il  Sile  trae  la  sua  origine  dalle  sorgenti  della  prossima  pianura  di 
Castelfranco.  E  siccome  dal  Sile  si  passa  a  parlare  della  Livenza,  questa  circo- 
stanza mi  destò  il  dubbio  che,  uscita  la  Piave  dalle  gole  di  monti  presso  Ner- 
vesa,  si  dirigesse  allora  verso  Treviso  detto  Tarvisum,  ed  anche  Tauriscium, 
occupando  l'odierno  corso  del  Sile,  e  ritenendone  il  nome.  Dietro  questa  ipo- 
tesi la  Piave  avrebbe  dovuto  attraversare  più  all'occidente  la  via  Postumia, 
che  in  forma  d'  argine  si  distende  sopra  un  rettilineo  di  49  chilometri  dalla 
sponda  sinistra  del  Brenta  alla  destra  di  essa  Piave  presso  Ronchi,  ove  rimane 
interrotta  per  5  chilometri  dal  conoide  del  fiume  e  prosegue  per  altri  6  chi- 
lometri fino  a  Fae,  d'onde  con  breve  tratto  obbliquo  di  soli  due  chilometri  mette 
capo  ad  Oderzo  (3).  Ma  in  tale  supposto  dovrebbesi  scorgere  una  alterazione 
nell'andamento  di  quella  via,  che  ivi  non  appare  sistemata  per  le  prossime 
comunicazioni ,  mentre  invece  vedesi  ancora  intatta.  Ciò  per  altro  non  toglie- 
rebbe che  l'anteriore  deviazione  della  Piave  potesse  avvenire  a  valle  di  Ronchi, 
come  sarebbe  a  Ponte  di  Piave,  dirigendosi  di  là  ad  unirsi  coli' ultimo  tronco 
del  Sile. 

21.  Intorno  a'  notevoli  cangiamenti  avvenuti  nel  corso  della  Piave  si  hanno 
tradizioni  storiche  secondo  le  quali  era,  se  non  in  tutto,  in  parte  diretta  all'o- 


(1)  Geografìa  precitata.  T.  V.  pag.  15. 

(2)  Hist,  nat.  luogo  citato. 


(3)  Vedansi  i  fogli  F  4-,  G  4  della  carta  topogra- 
fica del  Lombardo-Veneto. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  27 

riente  di  Conegliano,  cambiamenti  dei  quali  parleremo  nell'Appendice  sui  fiumi 
della  Venezia  ;  ma  in  tal  caso  la  Piave  sarebbesi  sempre  più  allontanata  verso 
oriente  dai  Sile.  Queste  considerazioni  mi  hanno  condotto  ad  ammettere  che 
realmente  sia  avvenuto  un  errore  di  posizione  nella  descrizione  di  Plinio,  er- 
rore facile  per  gli  antichi  geografi ,  i  quali  mancavano  di  carte.  Fra  la  Li- 
venza  ed  il  Tagliamento  egli  indica  il  fiume  Romatiim,  nome  che  non  avrebbe 
oggidì  alcun  riscontro  con  quelli  degli  altri  fiumi  interposti.  Al  Zenzon,  ove 
la  Piave  comincia  a  divenire  navigabile,  vedesi  per  altro  sull'opposta  sponda 
sinistra  collocato  un  villaggio  chiamato  Romanziol,  nome  che  offre  molta  simi- 
litudine coi  Romatium  di  Plinio.  Né  è  raro  il  caso  che  una  località  posta  sopra 
un  fiume  gli  dia  il  nome,  o  lo  riceva  da  esso,  e  se  con  tale  nome  egli  ha 
inteso  indicare  la  Piave,  andrebbe  corretta  la  sua  descrizione,  ponendo  quel 
fiume  fra  il  Sile  e  la  Livenza ,  ed  applicando  ad  esso  l'origine  dalle  Alpi 
Noriche. 

22.  Quantunque  verso  l'era  cristiana  Concordia  si  trovasse  di  già  discosta 
dal  margine  delle  paludi  non  è  però  da  dubitarsi  che  dovesse  esservi  maggior- 
mente prossima  al  principio  della  dominazione  romana,  e  che  allora  esso  mar- 
gine s'internasse  di  più  nell'odierna  terra  ferma. 

23.  Se  si  consideri  la  maggiore  prossimità  del  conoide  della  Piave  ad  esso 
margine,  quando  il  suo  corso  si  sarà  trovato  in  una  posizione  più  occidentale 
verso  Treviso  e  la  notevole  sua  portata ,  si  è  condotti  a  supporre  che  a  quel 
fiume  piuttosto  che  al  Brenta  abbiano  ad  attribuirsi  gli  interrimenti  avvenuti 
e  la  deposizione  delle  più  alte  isole  ai  nord  dell'estuario  Veneto,  sulle  quali 
sorsero  Aitino,  Torcello,  Burano,  Murano  e  Venezia.  I  frequenti  boschi  che 
vedonsi  fra  il  fìumicello  Valilo  e  la  strada  da  Mestre  a  Treviso  sarebbero,  a 
quanto  pare,  indizio  delle  deposizioni  sabbioniccie  di  un  prossimo  fiume  tor- 
rentizio, quale  si  è  appunto  la  Piave. 

24.  Procedendo  oltre  la  Livenza,  indica  Plinio  due  bracci  del  Tagliamento , 
torrente  più  impetuoso  ancora  della  Piave,  siccome  lo  dimostra  la  larghezza 
di  tre  a  quattro  chilometri  che  ha  il  suo  letto  di  dejezione  sui  quale  divaga 
a  straordinaria  altezza  sulle  pianure  laterali.  Al  ponte  della  Delizia,  ove  è  in- 
tersecato dalla  strada  postale  per  la  Germania  e  per  Trieste,  quel  letto  sovrasta 
di  9ni  al  piano  di  Codroipo  a  sinistra,  e  di  5m  a  6m  a  quello  di  Casarsa  a 
destra.  Nelle  notizie  statistiche  sui  fiumi  del  Veneto  (1)  accennasi  appunto  ai 
grandi  cangiamenti  avvenuti  nel  corso  di  quel  torrente,  desumibili  dai  note- 
voli ondeggiamenti  del  terreno  circostante,  opinandosi  che  i  due  fìumicelli  Le- 
mene  a  destra  e  Stella  a  sinistra  scorrano  sulla  traccia  de'  suoi  alvei  derelitti, 
de' quali  il  primo  si  considera  il  più  recente,  attesa  la  comparativa  maggiore 
sua  elevazione.  Sarebbe  quindi  attendibile  il  supposto  di  già  fatto  che  ai  tempi 
di  Plinio  uno  dei  bracci  del  Tagliamento  passasse  per  Concordia. 


(1)  Notizie  statistiche  intorno  ai  fiumi ,  canali, 
lagune  e  porti  delle  provincie  comprese  nel  Go- 
verno di  Venezia.  Milano  1832.  Tanto  queste  noti- 
zie quanto  quelle  contenute  in  un  Appendice  pub- 


blicata pure  in  Milano  nel  1837  vennero  raccolte 
dall'in  allora  direttore  generale  delle  pubbliche 
costruzioni  Venturelli. 


28  STUDJ   IDROLOGICI   E   STORICI 

25.  Fra  questo  fiume  ed  il  Natisone,  parla  Plinio  di  Anassum  quo  Varramus 
defluii  e  di  Alsa  che  sembra  possa  corrispondere  all'  odierno  fìumicello  Ausa. 
Il  Varramo  dovrebbe  equivalere  al  mentovato  fiume  Stella,  nel  quale  discende 
il  torrente  Corno  proveniente  dai  colli  di  S.  Daniele;  ma  la  differenza  dei 
nomi  è  troppo  grande.  Se  non  che  ove  termina  il  conoide  del  Tagliamento, 
vedesi  alla  sua  sinistra  in  distanza  di  circa  un  chilometro  un  villaggio  chiamato 
Varmo,  e  ad  un  chilometro  più  innanzi  altro  villaggio  detto  Rovereto  (Querceto) 
di  Varmo.  Poco  al  disotto  del  primo  si  getta  nel  Tagliamento  col  nome  di 
B.  Varmo  un  fìumicello  che  avrebbe  origine  a  poca  disianza  nella  pianura.  Grande 
è  la  similitudine  del  nome  con  Varramo,  cosicché  potrebbesi  supporre  che 
quel  fìumicello  dapprima  continuasse  il  suo  corso  al  basso  fino  ad  unirsi  al 
fiume  Stella  cui  avrebbe  dato  il  nome ,  e  che  di  poi  troncato  per  corrosione 
del  Tagliamento  ne  sia  stato  divertito.  In  quanto  ad  Anasso  che  pare  fosse 
un  villaggio,  nessuno  se  ne  trova  in  que'  contorni  che  abbia  un  nome  il  quale 
vi  si  approssimi,  meno  nella  desinenza,  come  sarebbe  Driolassa,  Gambreazzo. 

IV*  Laguna  di  Venezia  =  Deviazione  de'  suoi  affluenti. 

26.  Passando  ora  a  parlare  della  Laguna  Veneta  fra  Aitino  e  Brondolo,  sepa- 
rata come  dicemmo  dal  mare  mediante  il  Lido,  ossia  cordone  litorale,  questo 
trovavasi  interrotto  in  cinque  località,  formando  ivi  sei  porti  denominati,  di 
Brondolo ,  di  Chioggia  ,  di  Malamocco,  del  Lido,  di  S.  Erasmo  e  di  Tre  porti. 
In  essa  avevano  foce  in  tempi  non  lontani  il  Bacchiglione,  il  Brenta,  il  Sile  e 
gli  altri  fiumi  minori  intermedj  agli  ultimi  due;  ma  temendosi  i  danni  sempre 
crescenti  delle  loro  deposizioni,  per  cui  andavasi  restringendo  la  laguna,  e 
mano  mano  si  estendevano  ed  approssimavansi  alla  metropoli  le  paludi,  ossieno 
canneti,  che  ne  deterioravano  eziandio  V  aria,  vennero  essi  allontanati. 

27.  Il  Brenta,  che  si  scaricava  nella  Laguna  di  Venezia ,  fu  nel  secolo  XIV 
divertito  nella  laguna  di  Malamocco  ;  nel  secolo  successivo  in  quella  di  Chiog- 
gia ;  ed  alla  metà  del  secolo  XVI,  insieme  al  Bacchiglione,  in  quella  di  Bron- 
dolo. La  foce  della  Piave  è  stata  pure  allontanata  collo  spingerla  nel  1642  a 
sboccare  al  Porto  di  Santa  Margherita,  e  di  poi  nel  1684,  per  consiglio  del 
Montanari,  restituita  al  più  prossimo  porto  di  Cortellazzo,  rivolgendo  con- 
temporaneamente neir  anteriore  sua  foce  di  lesolo  il  Sile.  Il  Musone  con  altri 
fìumicelli  minori,  e  colle  acque  residue  del  Brenta,  si  inalvearono  in  un 
canale  detto  il  Novissimo ,  sul  margine  della  laguna ,  per  farli  pure  sboccare 
presso  Brondolo  nel  Brenta,  non  scaricandosi  più  in  laguna  se  non  i  fiumi- 
celli  di  pianura  Marzenego,  Dese  e  Zero  interposti  al  Musone  ed  al  Sile, 
come  pure  in  tempo  di  piena  un  diversivo  di  quest'ultimo  fiume.  Gli  scoli 
delle  campagne  padovane  mediante  botti  sotto  il  Brenta  ed  il  Novissimo  furono 
rivolti  nella  laguna  di  Chioggia.  Veduti  per  altro  i  tristi  effetti  derivati  da  tale 
diversione  nel  reggime  del  Brenta,  condotto  pensile  sulle  circostanti  campagne, 
e  quindi  i  gravi  danni  arrecati  al  territorio  Padovano,  e  talvolta  eziandio  alla 
Laguna,  dalle  non  infrequenti  rotte  de' suoi  argini,  nel  1840  se  ne  è  abbre- 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  29 

viato  il  corso,  portandolo  a  sboccare  nella  laguna  di  Chioggia.  A  compimento 
poi  della  sua  sistemazione  se  ne  è  trasportata  a  monte  la  diversione  dal  Dolo 
a  Fossalovara,  escavandone  il  fondo  sotto  regolare  pendenza  (1). 

V*    Fisica    condizione    della    laguna    di    Venezia* 
Opere  di  difesa  e  di  regolazione  di  essa* 

28.  Avanti  di  procedere  alle  indagini  sull'  antico  stato  di  questa  laguna  ,  e 
sui  cangiamenti  in  essa  avvenuti,  gioverà  premettere  alcune  notizie  sulla  fìsica 
sua  condizione,  talune  delle  quali  serviranno  eziandio  di  schiarimento  rispetto 
a  quella  della  superiore  laguna  Capruiese  dianzi  descritta. 

29.  Mentre  nel  Mediterraneo  le  oscillazioni  delle  maree  non  hanno  una  la- 
titudine maggiore  di  0m,30;  verso  il  fondo  del  golfo  Adriatico,  nelle  ordinarie 
maree  delle  sizigie  l'hanno  di  0m,85  nella  laguna,  e  di  circa  lm  ai  porti,  con 
rigonfiamenti  del  mare  che  talvolta  oltrepassano  di  dm,50  l'alta  marea  detta 
comune  sotto  l'azione  persistente  dei  venti  sciroccali.  Questa  maggiore  latitu- 
dine delle  maree  sembra  dovuta  alla  direzione  del  golfo  stesso  che  si  appros- 
sima a  quella  del  meridiano  (2).  La  porzione  di  laguna  ove  avvengono  le 
oscillazioni  delle  maree  ordinarie  chiamasi  laguna  vìva,  e  quella  più  prossima 
alla  terra  ferma ,  ove  si  spandono  le  acque  nelle  maree  straordinarie,  dette 
sopraccomuni,  chiamasi  laguna  morta.  I  molteplici  e  tortuosi  canali  che  sol- 
cano l'una  e  l'altra  laguna  sono  in  generale  diretti  ai  porti  rispettivi.  Le  sponde 
di  quelli  della  laguna  morta  chiamansi  barene,  e  valli  le  bassure  interposte, 
mentre  nella  laguna  viva  chiamansi  veline  le  prime  e  paludi  le  altre.  I  confini 
fra  le  varie  lagune  sono  segnati  dai  così  detti  parti-acque,  ove  le  acque  delle 
maree  nelle  loro  oscillazioni  rimangono  immobili  per  ripartirsi  nei  riflussi  a  destra, 
ed  a  sinistra  verso  i  loro  porti.  Oltre  ai  canali  naturali  preaccennati,  altri  ve  ne 
sono  in  tutto  od  in  parte  scavati  dall'arte  fino  a  considerevole  profondità  per 
comunicare  colla  navigazione  interna  dall'una  all'altra  laguna  e  coi  luoghi 
d'approdo  delle  varie  isole  e  della  terraferma. 

30.  Quando  i  fiumi  entravano  nella  laguna,  colle  loro  deposizioni  elevavano 
tanto  il  piano  della  laguna  morta,  quanto  il  fondo  di  quella  viva,  senza  per 
altro  che  il  protendimento  delle  loro  spiagge  oltrepassasse  il  cordone  litorale. 
Il  limo  fertilizzante  che  deponevano  sulla  laguna  morta  promuòveva  una  ricca 
vegetazione,  riducendosi  a  pascoli  e  prati  le  barene,  ed  a  folti  canneti  le  valli 
interposte.  Ma  allontanati  i  fiumi  e  quindi  le  acque  dolci  per  dar  luogo  esclu- 
sivamente all'acqua  salsa  del  mare,  attesa  l'azione  di  questa  scomparve  la  ve- 
getazione preesistente,  e  tolto  al  terreno  il  legame  che  offrivano  le  radici,  esso 


(1)  Veggasi  la  pregevole  prefazione  dell'illustre 
Paleocapa  alle  considerazioni  sopra  il  sistema  idrau- 
lico dei  paesi  veneti  del  conte  Vittorio  Fossom- 
broni.  Firenze  1847. 


(2)  Ciò  sarebbe  conforme  alla  dottrina  di  Whewe? 
sulle  maree,  e  con  essa  spiegasi  l'enorme  altezza 
delle  maree  a  Bristol  e  nella  Baja  di  Fundi  nella 
Nuova  Scozia,  ove  giunge  a  60  e  70  piedi, 


30  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

venne  maggiormente  sconvolto  per  effetto  degli  ondeggiamenti,  ossia  della  baU 
tadizza.  A  questa  causa  puramente  dinamica  i  pratici,  ed  anche  i  sommi  idrau- 
lici Guglielmini  e  Zendrini,  associerebbero  l'azione  chimica  dissolvente  del- 
l'acqua salsa  sulle  deposizioni  di  acqua  dolce,  che  altri  non  ammetterebbero; 
punto  sul  quale  ritorneremo  più  innanzi.  Dopo  che  il  Brenta  col  Bacchi- 
gliene si  sono  portati  a  sboccare  nella  laguna  di  Brondolo,  essi  l'hanno  total- 
mente colmata,  spingendo  le  loro  foci  in  mare  a  2500  metri  oltre  il  cordone 
litorale.  Dalla  foce  di  questi  fiumi  rimontando  sopravento  lunghesso  il  cordone 
litorale,  la  spiaggia  marina  per  la  larghezza  di  uno  o  due  chilometri  è  di 
pura  sabbia,  con  inclinazione  del  2  al  3  per  mille,  dopo  di  che  continua  il 
fondo  sabbioso  del  mare  che  non  si  abbassa  di  oltre  27  metri  a  trenta  chilo- 
metri dal  lido.  Di  fronte  ai  porti  di  Chioggia  e  di  Malamocco,  a  tré  o  quattro 
chilometri  dal  lido,  il  fondo  del  mare  essendo  eccezionalmente  di  creta  con 
una  profondità  di  12  metri,  offre  un  ancoraggio  sicuro. 

31.  Risalendo  dal  porto  S.  Erasmo  alla  Punta  di  Sdobba,  di  fronte  alla  la- 
guna Caprulese,  si  scorgono  eguali  l'inclinazione  delle  spiagge  e  la  profondità 
del  mare  ;  ma  ivi  si  ha  costantemente  la  sabbia  solo  in  prossimità  del  lido , 
mentre  più  al  largo  essa  alterna  colla  creta  e  talvolta  coi  fango. 

32.  Dalla  fronte  di  Caorle  al  porto  di  Malamocco,  alla  distanza  dal  lido  di 
15  chilometri  sopravento,  e  di  20  chilometri  sottovento,  scorgesi  un  banco  detto 
di  Cortellazzo,  alla  profondità  di  20  metri  largo  da  due  a  tré  chilometri,  co- 
stituito di  ghiaja,  e  coperto  da  alga  a' suoi  estremi.  A  pari  distanza  dal  pri- 
mitivo cordone  litorale ,  vedesi  il  prolungamento  di  quel  banco  di  ghiaja  di 
fronte  alia  foce  di  Maestra  del  Po.  Riferendosi  quell'accidente  del  fondo  a  fe- 
nomeni geologici  anteriori  alle  epoche  storiche,  il  trattarne  uscirebbe  dal  nostro 
programma,  lo  che  vale  anche  rispetto  alle  stratificazioni  del  sotto  suolo  della 
laguna  veneta  desunte  dalle  terebrazioni  non  ha  guari  praticate  per  l' escava- 
zione di  pozzi  artesiani  (1).  E  poiché  esse  indicherebbero  un  considerevole 
abbassamento  di  questo  suolo  alternato  con  alzamenti  per  colmata,  quindi  un 
progressivo  abbassamento  per  una  causa  intestina,  a  questa  causa,  piuttosto 
che  ad  un  semplice  assettamento  del  terreno  alluviale,  siccome  dapprima  avrei 
supposto  (2),  potrebbe  attribuirsi  la  secolare  lieve  depressione  del  suolo  di 
Venezia,  ed  anche  di  Ravenna,  partendo  sempre  dall'ipotesi  di  un  livello  medio 
inalterato  del  mare. 

53.  In  quanto  al  cordone  litorale  veneto,  ove  maggiore  è  la  sua  larghezza, 
questa  raggiunge  i  500  ed  i  600  metri  ;  ma  per  lunghissime  tratte  essa  ridu- 
cesi  a  200,  a  100  metri,  e  ad  assai  meno.  In  qualche  parte  quella  lingua  di 


(1)  Vedansi  i  fogli  1  e  2  del  Portolano  dell'A- 
driatico. 

(2)  Nelle  terebrazioni  eseguite  a  Venezia  pel  per- 
foramento di  pozzi  artesiani  s'incontrarono  strati 
alternati  di  sabbia,  di  argilla  e  di  torba,  formanti 
quattro  gruppi  che  discendono  alla  profondila  di 
29™,  di  48m,  di  85™  e  dil30m.  E  poiché  la  torba 
non   può   formarsi  se  non  in  conseguenza   d' una 


vegetazione  che  ebbe  luogo  ad  una  moderata  pro- 
fondità del  mare  ,  se  ne  è  conchiuso  che  essa  è 
scomparsa  quattro  volte  per  effetto  di  successivi 
abbassamenti  della  costa,  oppure  di  alzamenti  del 
livello  del  mare.  Vedansi  i  Comptes  rendus  della 
Accademia  delle  scienze  di  Francia  pel  15  apri- 
le 1861. 


SOPRA  IL   GRANDE   ESTUARIO  ADRIATICO  31 

terra,  o  duna,  è  del  tutto  naturale,  ma  ove  riusciva  troppo  depressa  a  difesa 
della  laguna  dovette  rialzarsi  con  argine  il  cui  coronamento  si  eleva  di  5,n,50 
sopra  la  comune.  Ne' luoghi  ove  quest'  argine  era  maggiormente  battuto  dalle 
burrasche,  onde  impedirne  la  distruzione,  si  dovette  proteggere  con  ripari  che 
si  praticarono  fino  da  tempi  remoti,  variandone  la  struttura  e  la  forma  mano 
mano  che  l'esperienza  ed  i  progressi  dell'arte  lo  consigliavano.  Fino  alla  metà 
dello  scorso  secolo  consistevano  in  moli ,  più  o  meno  sporgenti ,  chiamati 
guardiani,  o  palade,  costituiti  da  un'  armatura  di  palafitti  in  due  o  tre  file  le- 
gati da  travi,  riempiti  con  strati  alterni  di  cannuccie  e  di  pietre,  difesi  al 
piede  da  scogliere.  Talvolta  limitavansi  a  semplici  armature  aderenti  al  piede  del- 
l'argine, chiamate  paleselle,  formate  di  palafitti.  Le  palade  di  solito  riuscivano 
utili  in  quanto  che  arrestavano  tanto  a  destra  che  a  sinistra  i  sabbioni  spinti 
dai  venti ,  od  anche  trasportati  dalla  corrente  litorale  da  sinistra  a  destra ,  e 
per  tal  modo  si  promovevano  le  deposizioni  delle  sabbie  stesse  negli  intervalli 
fra  quei  ripari  che  rincalzavano  il  lido.  Ma  dopo  lo  straordinario  protendimento 
del  promontorio  alle  foci  del  Po,  combinato  con  quello  dalle  alluvioni  della 
Piave,  essendosi  portata  alterazione  alle  cause  per  le  quali  il  cordone  litorale 
erasi  in  origine  disposto  naturalmente  in  curva  regolare,  si  venne  a  scorgere 
che,  particolarmente  a  valle  del  porto  di  Malamocco  ,  era  venuta  meno  1'  effi- 
cacia di  quei  moli  per  arrestare  le  sabbie,  e  s'accresceva  la  minaccia  di  distru- 
zione del  lido  (1).  È  verisimile  però  che  in  ciò  influisse  anche  1'  allontana- 
mento dei  fiumi  dalla  laguna,  per  i  motivi  addotti  dal  celebre  Montanari  nella 
sua  lettera  al  cardinale  Basadonna  (2)  ove  dice  :  «  Ma  s'  egli  è  vero  come 
«  asseriscono  tutti  i  pratici  di  queste  lagune,  che  in  que' luoghi  ove  corrono 
«  acque  dolci  a  mischiarsi  colle  salse,  quel  sottil  lezzo  che  portano  seco  i 
«  fiumi,  mescolato  colle  arene  salse ,  produce  una  crosta  di  terreno  assai  più 
«  dura  e  resistente  alla  corrosione  delle  onde,  di  quello  sia  il  puro  sabbione, 
«  io  mi  do  anzi  a  credere,  che  l'uscita  de' fiumi  torbidi  nel  mare,  oltre  fer- 
«  mare  il  corso  a  sabbioni  tagliando  la  correntia  del  mare,  nel  modo  soprac- 
ci  cennato,  e  spiegato,  ser?a  eziandio  per  legare  a  guisa  di  cemento  i  sabbioni 
«  stessi,  acciò  non  sì  facilmente  sieno  da  procellosi  moti  delle  onde  scon- 
«  volti.  » 

53.  Tali  ragioni  sembrano  avere  indotto  verso  la  metà  dello  scorso  secolo 
il  matematico  Zendrini  a  sostituire  alle  palade  i  così  detti  murazzi,  formati  a 
scaglioni  con  grandi  pietre  legate  da  cemento  idraulico,  protetti  al  piede  da  sco- 
gliera ,  lavoro  che  si  estende  ad  una  linea  del  lido  di  ben  5000  metri  e  che 
dicesi  avere  importato  un  dispendio  di  oltre  nove  milioni  di  lire  (5).  Da  ul- 
timo, nel  proseguire  la  difesa,  per  vedute  di  economia,  a  quei  murazzi  si  sarebbe 


(1)  Questa  giudiziosa  osservazione  vedesi  fatta 
dall'avvocato  fiscale  Rompiasio  alla  pag.  267  della 
sua  Raccolta  delle  leggi ,  terminazioni  ed  ordini 
del  magistrato  delle  acque  della  repubblica  veneta, 
dedicata  nel  1733  allo  stesso  magistrato,  e  pubbli- 
cata a  Venezia  nel  1771.  É  verosimile  che  gli  sia 
stata  comunicata  dal  matematico  Zendrini,  il  quale 


forse  per  questo  motivo  nel  1714  fece  intrapren- 
dere la  dispendiosa  costruzione  dei  murazzi  in  so- 
stituzione delle  palade ,  delle  quali  avrà  ricono- 
sciuta l' inefficacia. 

(2)  Raccolta  di  Bologna,  T.  IV.  pag.  487. 

(3)  Vedi  l'opera  precitata  Venezia  e  le  sue  lagune, 
Venezia  1847.  Voi.  II.  pag.  23. 


32  STUDJ   IDROLOGICI  E  STORICI 

sostituito  un  semplice  rivestimento  di  pietre  a  secco  alla  scarpa  dell' argine  di- 
sposta colla  dolce  inclinazione  del  cinque  di  base  per  uno  di  altezza,  assicurato 
da  palafitta  al  piede,  protetto  pure  da  scogliera.  La  discesa  dei  sabbioni  avendo 
colmati  i  porti  superiori  presso  Venezia  detti  Tre  porti  e  S.  Erasmo  al  punto 
di  non  essere  praticabili  se  non  da  piccole  imbarcazioni ,  e  scemata  eziandio 
la  profondità  di  quello  del  Lido  in  guisa  di  non  essere  più  servibile  per  la 
marina  militare,  si  dovette  ricorrere  al  partito  di  migliorare  la  condizione  di 
quello  di  Malamocco  mediante  dighe  protendenti  in  mare  quanto  basta  per 
arrestare  quei  sabbioni,  e  tenere  raccolte  le  acque  nei  riflussi  onde  conservare 
profonda  la  foce.  Il  progetto  di  tali  dighe  o  scogliere  venne  fatto  ne'  primordj 
del  regno  italico  dai  distinti  idraulici  francesi  Prony  e  Sganzin,  associati  ad  in- 
gegneri veneti,  e  la  sua  esecuzione  si  è  iniziata  dall'  illustre  Paleocapa,  che  ne 
dà  ragguaglio  nella  pregevole  sua  Memoria  Sul  protendimento  delle  spiagge  e 
sull'insabbiamento  de'  porti  dell'  Adriatico  (1). 

34.  In  una  successiva  Memoria  sulla  corrente  litorale  dell'Adriatico,  letta 
nell'adunanza  del  14  maggio  1860  di  questo  corpo  scientifico,  egli  dimostra 
l'insussistenza  delle  millanterie  del  Tadini  di  avere  rivelato  pel  primo,  all'ap- 
poggio eziandio  di  esperimenti,  l'azione  dissolvente  della  salsedine  delle  acque 
marine  sulle  alluvioni  delle  acque  dolci,  ossia  de' fiumi,  fenomeno  che  ammet- 
tevano fino  dal  secolo  XVI  il  Sabbadini  e  tutti  i  pratici  delle  lagune  venete , 
e  di  poi ,  come  dicemmo,  il  Guglielmini  (2)  e  lo  Zendnni ,  ma  che  esclude- 
rebbe il  Paleocapa,  riconoscendo  sufficiente  l'azione  dinamica  delle  acque  marine 
sulle  alluvioni  stesse  per  distruggerle  dopo  che  rimasero  spogliate  di  vege- 
tazione (3). 

35  Su  questo  particolare  debbo  osservare  che  fino  dal  1618,  essendosi  ele- 
vati reclami  contro  l'allontanamento  de' fiumi  dalla  laguna,  adducendosi  che  in 
conseguenza  di  ciò  ne  avveniva  la  distruzione  delle  barene,  e  l'atterramento 
dei  canali  diretti  ai  porti,  i  periti  di  quel  tempo,  con  molto  accorgimento,  di- 
chiararono quest'ultimo  fatto  puramente  accidentale  e  passeggiero,  assicurando 
che  sotto  l' azione  dei  riflussi  que'  canali   si    sarebbero  di   nuovo   escavati  (4). 

36.  Sui  cadere  di  quel  secolo  ,  chiamato  il  Guglielmini  a  riferire  sulla  con- 
dizione della  laguna  dopo  F  allontanamento  de'  fiumi,  egli  dichiara  non  avere 
sufficienti  dati  di  confronto  per  emettere  un  giudizio  definitivo,  ma  che  pro- 
pendeva a  crederla  piuttosto  migliorata  che  deteriorata.  Con  ammirabile  lucidità 
egli  spiega  l'azione  delle  acque  del  mare  sulla  laguna  stessa,  paragonando  i 
porti  alla  rotta  dell'argine  d'un  fiume,  e  dimostrando  che  le  sabbie  introdotte 
dal  flusso  vengono  ritornate  al  mare  nel  riflusso  e  che  tutt'  al  più  avverrebbe 
qualche  alzamento  delle  velme  e  dei  paludi  più  prossimi  ai  porti  pel  torbidume 
delle  acque  marine  (5). 


(1)  Vedasi  la  Rivista  Contemporanea  del  mese  di 
giugno  1856,  ed  il  Giornale  dell'  Ingegnere  Archi- 
tetto nel  fascicolo  di  aprile  1857. 

(2)  Zendrini.  Memorie  storiche  sullo  stato  antico 
è  moderno  della  laguna  di  Venezia.  Padova  1840. 
VoL  II.  pag.  376. 


(8)  Vedansi  le  Memorie  del  R.  Istituto  Lombardo, 
T.  Vili.  1860. 

(4)  Zendrini,  opera  precitata.  Voi.  II.  pag.  73. 

(5)  Ivi,  pag.  379. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  33 

37.  NelP  ultima  Memoria  precitata  osserva  il  Paleocapa.  «  È  verissimo  che 
«  quando  le  lagune  furono  liberate  dalle  acque  dolci,  le  salse  delle  maree, 
«  che  sole  poterono  invaderle,  ne  migliorarono  la  condizione.  E  questo  è  fatto 
«  accertato  da  raffronti  fra  lo  stato  attuale  delle  lagune  medesime  e  quello  di 
«  cui  conserviamo  esatti  ragguagli,  datici  prima  e  dopo  dello  sviamento  dei 
«  fiumi  e  nelle  varie  epoche  in  cui  questi  sviamenti  subirono  singolari  vicende 
«  secondo  che  prevaleva  or  l'una  or  l'altra  delle  due  opinioni,  favorevole  l'una  al 
«  compiuto  bando  de' fiumi,  l'altra  contraria,  non  solo  a  cotesto  compiuto  bando, 
«  ma  chiedente  anzi  che  i  già  sviati  si  restituissero  all'  antico  loro  corso.  Se 
«  non  che  non  fa  d'uopo  ricorrere  all'azione  chimica  delle  acque  salate  sui  de- 
«  positi  di  materie  argillose  o  di  sabbie  ad  esse  commiste,  per  ispiegare  come 
«  succeda  il  fenomeno,  mentre  se  ne  trova  la  ragione  nelle  comuni  nozioni 
«  sullo  sviluppo  della  vegetazione  palustre,  e  negli  ordinarli  effetti  dell'azione 
«  meccanica  del  movimento  delle  acque  ». 

38.  Siffatto  miglioramento  della  laguna  veneta  sarebbe  poi  dimostrato  nel 
modo  più  evidente  nella  recentissima  Memoria  del  defunto  generale  Vacani 
dal  confronto  delle  profondità  dei  diversi  canali  principali  delle  singole  lagune 
rilevate  nel  1762  e  nel  1811,  d'onde  appare  avvenuto  in  tale  periodo  una  no- 
tevole escavazione  (1). 

39.  Questi  fatti  proverebbero  che  1'  ampliata  capacità  delle  lagune,  dalla  quale 
dipende  l'approfondamento  dei  canali  e  dei  porti,  è  effetto  della  prevalente 
quantità  di  torbida  che  da  esse  viene  esportata  nei  riflussi  al  confronto  di  quella 
introdotta  dal  flusso  delle  acque  marine,  comparativamente  più  limpide,  e  quindi 
l'aggiustatezza  del  mentovato  giudizio  de'periti  veneti  al  principio  del  secolo  XVII. 
Ma  circa  all'esclusione  dell'azione  chimica  delle  acque  salse  sulle  alluvioni 
d'acqua  dolce,  ammessa  non  solo  dai  pratici,  ma  eziandio  dai  sommi  idraulici 
Zendrini  e  Guglielmini,  avrei  qualche  dubbio,  in  quanto  che  tale  azione  è  effi- 
cacissima sulle  pietre  artificiali  formate  mediante  cemento  idraulico,  colle  quali  si 
costruiscono  le  scogliere,  o  moli  marittimi,  circostanza  che  indusse  l'illustre  Vicat 
a  studiare  esperimentalmente  il  modo  di  comporre  quelle  pietre  in  guisa  da 
sottrarle  ad  una  causa  cotanto  energica  di  distruzione  (2). 

VI.  Antichi  cangiamenti    avvenuti    nella  laguna  di  Venezia 
e  nel  eorso  de9  suoi  tributari* 

40.  Se  ai  tempi  della  spedizione  dello  Spartano  Cleonimo,  e  quindi  da  oltre 
21  secoli  esisteva,  come  vedemmo,  il  lido,  ossia  cordone  litorale  della  laguna  ve- 
neta, se  d'allora  in  poi  i  fiumi  che  vi  mettevano  foce  non  lo  hanno  oltrepas- 


(1)  Della  laguna  di  Venezia  e  dei  fiumi  delle  at- 
tigue provincie.  Firenze  1867,  pag.  345  e  successive. 

(2)  Vedansi  negli  Annales  des  ponts  et  chaussées 
le  Memorie  relative  a  quest'  argomento  di  Vicat , 
Minard,  Féburier,  Noél ,  Rivot  e  Chatoney  inseri- 

Giorn.  Tng.  —  Voi  XVI.  —  Gennajo  1868 


tevi  dal  1849  al  1856,  ed  in  ultimo  l'opera  di 
Vicat  :  Recherches  sur  les  causes  physiques  de  la 
destruction  des  composés  hydrauliques  par  l'eau  de 
mer.  1857. 


34  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

sato,  è  naturale  il  supporre  che  la  loro  azione  siasi  limitata  a  rincalzarlo  colle 
loro  alluvioni  interne  senza  protendimento  di  esso.  La  maggior  larghezza  che 
scorgesi  generalmente  nel  lido  alle  aperture  de' porti  potrebbe  attribuirsi  alla 
causa  accennata  dal  Montanari  della  miscela  di  una  maggior  copia  di  limo 
colle  sabbie  in  prossimità  delle  foci  de' fiumi;  e  le  isole  di  Rialto,  Murano,  Bu- 
rano,  Torcello,  e  quella  su  cui  venne  fondata  Aitino  potrebbero  essere  ruderi 
delle  più  antiche  deposizioni  della  Piave  diretta  a  quella  parte,  avanti  che* sur- 
gesse il  cordone  litorale.  Anche  le  isole  presso  Chioggia,  sopra  una  delle  quali 
è  stata  eretta  quella  città,  potrebbero  per  una  causa  simile  essere  deposizioni 
dell'Adige,  spintovi  allorché  seguiva  un  corso  più  settentrionale  presso  Este,  e 
forse  per  una  causa  analoga,  dalle  deposizioni  della  Piave  stessa  e  del  Taglia- 
mento  potrebbero  trarre  origine  le  due  isole  di  Caorle  e  di  Grado. 

41.  A  formarci  poi  un'idea  della  estensione  della  laguna  veneta  quando 
avvenne  quella  spedizione,  richiamiamo  la  narrazione  di  Tito  Livio.  Egli  ci  dice 
che  la  flotta  di  Cleonimo  risali  la  foce  del  Medoaco,  ma  che  a  qualche  distanza 
dal  lido,  venendo  meno  la  profondità  delle  acque,  si  dovette  arrestare,  per 
far  uso  di  imbarcazioni  più  leggiere  onde  penetrare  fino  alla  terra  ferma.  Ivi 
gli  Spartani  scopersero  tre  borgate  che  incendiarono  dopo  averle  saccheggiate, 
ed  accorsi  contro  di  essi  i  Padovani,  questi  gli  incontrarono  e  sconfissero  alla 
distanza  di  14  miglia  dalla  città.  Procedendo  quindi  per  tre  miglia  col  sussidio 
di  barche  leggiere,  assalirono  la  flottiglia,  che  dovette  con  grave  perdita  riti- 
rarsi fino  oltre  la  foce ,  ossia  lido ,  in  quanto  che,  non  conoscendo  la  traccia 
dei  canali,  molti  navigli  si  arenarono  ne' bassi  fondi,  e  vennero  incendiati 
dai  Padovani  (1). 

42.  Ne  consegue  che  allora  il  margine  della  terra  ferma,  e  quindi  della  la- 
guna morta,  trovavasi  a  quattordici  miglia ,  ossia  a  21  chilometri  da  Padova , 
e  quello,  a  quanto  pare,  della  laguna  viva  a  tre  miglia,  ossia  a  4500  metri  più 
innanzi.  E  supponendo  che  la  foce  fosse  all'  attuale  porto  di  Malamocco,  detto 
pure  Medoaco,  si  avrebbe  anche  oggidì  i'  eguale  distanza  da  Padova  a  Lugo , 
margine  della  terra  ferma,  mentre  quello  della  laguna  viva  sarebbesi  avanzato 
di  quattro  chilometri. 

45.  In  quanto  ai  fiumi  che  allora  entravano  nella  laguna,  riporteremo  il  brano' 
della  descrizione  che  dà  Plinio  delle  foci  di  quelli  che  vi  si  scaricavano,  partendo 
dalle  Fosse  Filistine.  Inde  ostia  piena,  carbonaria  ac  fossiones  Philistince,  quod 
alti  Tartarum  vocant:  omnia  ex  Philistince  (ossee  abundantione  nascentia,  ac- 
cedentibus  A  tesi  ex  Tridentinis  Alpibus,  et  Togisono  ex  Patavinorum  agris.  Pars 
eorum  et  proxtmun  portum  fecit  Brundulum,  sicut  Edronem  Medoaci  duo  et 
fossa  Clodia.  His  se  Padus  miscet,  ac  per  haec  effunditur  ecc.  (2). 

44.  L' interpretazione  di  questo  passo  di  Plinio  diede  luogo  a  non  lievi  con* 
troversie  allorché  si  vollero  applicarne  le  indicazioni  ai  luoghi  descritti.  In  ge- 
nerale fu  ammesso  che  al  Togisone  corrispondesse  il  Frassine ,  detto  nelle 
antiche  carte  Vigenzone  ;  al  Medoaco  minore  il  Bacchiglione ,  che   avrebbe  at- 

(iì  Hist  luogo  citato.  |     (2)  Hist.  nat.  lib.  Ili  cap.  XVI. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  35 

traversata  Padova;  al  Medoaco  maggiore  il  Brenta,  che  si  considerava  scorrere 
anche  allora  in  qualche  distanza  al  settentrione  di  quella  città  ;  ed  al  porto 
Edrone  quello  di  Chioggia.  Essendosi  per  altro  da  ultimo  pubblicata  la  bella 
carta  topografica  del  Lombardo-Veneto,  nella  quale  i  particolari  de' luoghi  so- 
nosi  ricavati  dalle  mappe  censuarie,  dall'  esame  di  questa  si  scorgerebbero  in- 
dicazioni tali  da  dovere  modificare  le  precedenti  illazioni. 

45.  All'  occidente  di  Padova ,  seguendo  la  così  detta  Strada  Pelosa ,  vedesi 
questa  intersecare  l'alveo  derelitto  d'un  fiume  serpeggiante,  le  curve  del  quale 
sono  assai  più  analoghe  a  quelle  del  Brenta  che  non  sia  a  quelle  del  Bacchi- 
gliene. Tali  serpeggiamenti  proseguono  piegando  al  nord  fino  a  Campo  Lungo, 
e  dopo  qualche  interruzione,  ricompaiono  alla  destra  di  Brenta  presso  Curta- 
rolo,  ove,  sotto  Campo  S.  Martino,  incomincia  la  bassa  pianura  sommergibile 
padovana.  Una  serie  di  altri  serpeggiamenti  simili  scorgesi  oltre  Brentella  a 
settentrione  della  strada  postale  per  Vicenza,  ed  altra  al  nord  della  strada  di 
Ponterotto,  ove  le  curve  sarebbero  di  una  minore  ampiezza;  e  quelle  tre  tracce 
d' alveo  fluviale  derelitto  sarebbero  tutte  convergenti,  e  dirette  alla  città  di  Pa- 
dova. Si  ha  quindi  motivo  di  credere  che  a  monte  di  questa  città  il  Brenta  si 
dividesse  in  due  bracci  detti,  Medoaco  minore  il  settentrionale,  e  maggiore  il 
meridionale,  i  quali  l'attraversavano;  che  il  secondo  braccio  abbia  subita  una 
diversione,  portandosi  a  breve  distanza  verso  mezzodi.  Ma  in  conseguenza  del 
soverchio  allungamento  di  quel  corso,  il  fiume  lo  avrebbe  di  poi  abbreviato  con 
una  nuova  diversione  a  sinistra  sotto  Campo  S.  Martino,  diretta  per  Limena  e 
Noventa,  siccome  Io  indicherebbe  il  nome  di  Curtarolo  dato  al  luogo  ove  av- 
venne (1).  Privata  allora  Padova  delle  acque  del  Brenta,  dovette  valersi  esclu- 
sivamente di  quelle  del  Bacchiglione ,  cui  si  sarà,  a  quanto  pare,  unita  dap- 
prima mediante  un  canale  artificiale  per  proseguire  la  navigazione  in  questo 
fino  a  Vicenza. 

46.  Ai  tempi  perciò  di  Plinio  e  di  Tito  Livio  il  fiume  Medoaco  attraversante 
Padova  sarebbe  stato  il  Brenta,  ed  al  Togisone  avrà  corrisposto  il  Bacchiglione 
proveniente  pure  dalle  campagne  padovane  (ex  Patavinorum  agris)  e  non  il 
Frassine  che  invece  proviene  dalle  campagne  d'Este,  città  allora  fiorente.  Che 
anzi  vi  ha  tutta  la  probabilità  che  le  acque  di  questo  unite  a  quelle  discen- 
denti dai  deliziosi  colli  Euganei,  si  conducessero  fin  d'allora  nel  canale  tuttavia 
rettilineo  dalla  Cagnola  a  Corezzola,  al  quale  sarebbesi  dato  il  nome  di  Fossa 
Clodia,  che  avrebbe  sboccato  nella  laguna  di  Chioggia  (Clodia),  nome  che  passò 


(1)  Nella  Nota  finale  A  alla  mia  Memoria  sulla 
pianura  subapennina  fra  l'Enza  ed  il  Panaro  ho 
dimostrato  come  in  precedenza  al  secolo  VIII  sia 
avvenuto  sotto  Guastalla  un  salto  del  Po,  che  tron- 
cando il  corso  dell'  Oglio,  sarebbesi  inalveato  alla 
sinistra  di  questo,  nello  stagno  Largione,  cosicché 
per  varj  secoli  continuò  a  scorrere  in  tre  rami  de- 
nominati ,  Po  vecchio  ,  Zara ,  ove  per  lo  innanzi 
scorreva  1' Oglio ,  e  Largione,  ramo  nuovo  a  sini- 
stra dj  questo.  Al  luogo  ove  avvenne  il  salto  si  è 


dato  il  nome  di  Scorzarolo ,  derivato  da  Scorcia* 
rolum  (accorciatojo),  che  leggesi  in  qualche  do- 
cumento ivi  citato.  La  diversione  del  Brenta  sa- 
rebbe un  caso  analogo  ,  e  per  la  stessa  ragione  al 
luogo  ove  avvenne  sarebbesi  appunto  dato  il  nome 
di  Curtarolo.  Vedasi  la  tav.  6.a 

La  nostra  induzione  che  il  Medoacus  major  ed 
il  Medoacus  minor  fossero  due  bracci  dello  stesso 
fiume  è  assai  più  naturale  del  supposto  che  fossero 
due  fiumi  diversi  cui  si  desse  l'identico  nome. 


36  STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI 

alla  città  ivi  posteriormente  fondata.  Questa  fossa  sarebbesi  forse  scavata  onde 
procurare  una  comunicazione  col  mare  ad  Este  ed  alla  regione  meridionale  dei 
colli  Berici,  degli  Euganei,  e  dell'  avvallamento  interposto,  elevandosi  sul  corso 
di  quelle  acque  le  città  di  Monselice  e  di  Pernumia,  nome  che  sembra  d'ori- 
gine greca,  e  che  ne  attesterebbe  V  antichità. 

47.  Riassumendo  il  fin  qui  detto ,  la  descrizione  di  Plinio  parrebbe  dovesse 
rettificarsi  giusta  incontrastabili  indicazioni  delle  carte  nel  modo  seguente.  L'Adige, 
che,  come  vedremo,  ha  anche  successivamente  avuta  la  tendenza  di  portare  il 
suo  corso  verso  mezzodì,  sarebbe  sboccato  nella  laguna  di  Brondolo,  se  pure 
fin  d'  allora ,  seguendo  il  lembo  meridionale  della  gran  valle  del  Foresto ,  ap- 
pendice di  essa  laguna,  la  sua  foce  non  attraversava  già  il  cordone  litorale  alla 
così  detta  Cavanella  d'Adige,  cui  doveva  corrispondere  una  delle  Fosse  Filistine 
delle  quali  parleremo  più  innanzi  (1).  Alla  laguna  di  Chioggia,  ove  forse  esi- 
steva il  porto  Edrone,  scaricavasi  la  fossa  Clodia  ed  il  Togisone,  ossia  Bacchi- 
gliene; e  nella  laguna  di  Malamocco ,  ove  trovavasi  anche  allora  il  porto  Me- 
doaco  nella  stessa  posizione  dell'  attuale  ,  oppure  in  quella  di  tre  chilometri 
più  meridionale  chiamata  oggidì  Porto  secco,  avranno  avuta  foce  i  due  rami  di 
Brenta  chiamati  Medoaci,  dopo  avere  il  fiume  attraversata  la  città  di  Padova, 
nella  quale  annualmente,  giusta  Tito  Livio,  con  giuochi  di  naumachia  celebra- 
vasi  l'  anniversario  della  sconfìtta  di  Cleonimo  (2). 

48.  Abbiamo  veduto  come  vi  fossero  notevoli  inesattezze  nella  topografica  de- 
scrizione di  Plinio  rispetto  alla  posizione  de' fiumi  che  si  scaricano  nella  su- 
periore laguna  Caprulese,  inesattezze  che  per  una  causa  analoga  gli  saranno 
sfuggite  anche  per  la  laguna  di  Venezia,  e  che  non  si  scorgeranno  per  le  foci 
del  Po,  forse  da  lui  maggiormente  conosciute  per  averle  percorse. 

49.  Coli'  irruzione  de'  Barbari  e  particolarmente  di  Attila,  nel  secolo  V  i  po- 
poli della  Venezia,  abbandonate  le  loro  città  di  terra  ferma,  rifuggirono  nelle 
isole,  e  sui  lidi  dell'estuario,  e  cioè  gli  abitanti  di  Aquileia  in  Grado,  quelli 
d'Oderzo  ad  Eraclia ,  di  cui  non  si  conosce  più  la  posizione,  i  Concordiesi  a 
Caorle,  gli  Altinati  a  Torcello  ed  a  Murano,  i  Padovani  a  Rialto,  e  gli  abitanti 
d'Este  e  di  Monselice  lunghesso  il  lido  a  Malamocco,  Palestrina,  e  Chioggia  (3). 
Da  una  lettera  di  Cassiodoro  ,  senatore  romano ,  che  sembra  del  principio  del 
secolo  seguente  sotto  il  regno  di  Teodorico  (4),  diretta  ai  tribuni  marittimi 
(Tribunis  maritimorum)  scorgesi  come  su  quelle  isole  i  Veneti  si  fossero  costi- 
tuiti in  repubblica;  come  il  commercio  del  sale  fosse  la  principale  loro  occu- 
pazione, e  come  ad  essi  si  commettesse  di  trasportare  le  occorrevoli  provigioni 
dall'Istria  a  Ravenna.  Da  quella  lettera  parrebbe  potersi  dedurre  che  l'ordinario 
loro  alimento  fosse  il  pesce,  e  che  non  vi  era  in  ciò,  e  nella  qualità  delle  abi- 
tazioni,  distinzione  fra  poveri  e  ricchi.  Ma  in  una  lettera  posteriore  parlasi 
dell'estrema  penuria  di  grani  e  di  vino    da  cui  era  afflitta    quella   regione   e 


(!)  Per  maggiori  particolari  su  questo  fiume,  e 
sug]i  altri  delle  provincie  venete,  vedasi  V  Appen- 
dice A. 

(2)  Bini,  lib.  X.  §  2. 


(3)  Sigonii.  Opera  omnia.  Voi  I.  pag.  496. 

(4)  Magni  Aureli i  Cassiodori.  Variarum.  Lib.  XII. 
cap.  24. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  37 

degli  ordini  di  accorrere  in  suo  soccorso,  valendosi  delle  provigioni  dell'eser- 
cito raccolte  in  Concordia,  Acquileia  e  dividale  del  Friuli  (1). 

50.  È  verisimile  che  la  mentovata  diversione  del  Brenta  avvenisse  quando 
Padova  rimase  deserta  de' suoi  abitanti.  Sede  principale  del  governo  di  quelli 
che  occuparono  1'  estuario  veneto  fu  Malamocco,  fondata  sul  margine  interno 
del  lido,  la  quale  di  poi  sarebbesi  trasportata  a  Rialto,  ove  surse  Venezia.  Di- 
cesi che  verso  il  principio  del  secolo  XI  avvenisse  la  distruzione  dell'  antica 
Malamocco ,  secondo  taluni  per  effetto  di  terremoto ,  e  secondo  altri  per  irru- 
zione del  mare;  ma  questo  fatto,  puramente  tradizionale,  non  vedesi  accennato 
nelle  storie  venete  (2).  Eguale  incertezza  si  ha  rispetto  alle  vicende  cui  sog- 
giacque il  corso  de' fiumi  nel  medio  evo,  circostanza  per  la  quale  io  Zendrini 
trovò  di  limitare  le  sue  Memorie  al  principio  del  secolo  XIV  (5). 

51.  Vuoisi  che  anteriormente  a  quell'epoca  il  Brenta  si  fosse  rivolto  col  suo 
corso  verso  la  laguna  di  Brondolo,  ove  si  scaricava,  congiungendosi  al  canale 
delle  Bebbe  ;  ma  poiché  l'esame  di  tale  questione  e  di  tante  altre  concernenti 
1'  antico  corso  dei  fiumi  del  Veneto,  ci  allontanerebbe  di  troppo  da  quelfa  che 
direttamente  risguarda  la  condizione  dell'estuario  Adriatico  nelle  varie  epoche 
storiche,  ci  siamo  riservali  di  farne  qualche  cenno  nell'appendice  A.  Se  per 
la  parte  veneta  di  esso  estuario  siamo  giunti  a  rintracciarne  le  vicende  cui  sog- 
giacque nel  periodo  di  oltre  venti  secoli ,  abbiamo  fondata  speranza  che  per 
quella  consecutiva ,  ove  variarono  le  foci  del  Po  ,  le  nostre  ricerche  possano 
spingersi  ad  oltre  trenta  secoli ,  ossia  anteriormente  alle  più  remote  epoche 
storiche,  appoggiate  a  dati  maggiormente  positivi,  poiché,  come  dicemmo,  la 
forma  e  la  misura  delle  alluvioni  del  fiume  faranno  ivi  l' ufficio  di  un  vero 
cronometro. 


(1)  Ivi,  cap.  26. 

(2)  Non  se  ne  vede  fatto  cenno  nel  Sabellico , 
Hist.  rerum  venetarum ,  e  nemmeno  nei  Fasti  du- 
pales  del  Palazzi  ,  ove  nella  biografia  di  ogni  doge 


si  accennano  gli  eventi  più  notevoli  ricavati  dalla 
precitata  e  dalle  altre  storie  della  Venezia. 

(3)  Vedasi   la  sua   prefazione   alle  Memorie  pre- 
citale, 


38 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 


APPENDICE    A 


Sui    fiumi    della   Venezia. 


In  iscritti  anteriori  ho  dimostrato,  all'  appoggio  di  dati  statistici,  che  il  Po  , 
attesa  la  condizione  ed  esposizione  del  suo  bacino  ai  venti  piovosi  della  ma- 
rina, è  uno  de'  più  poderosi  fiumi  dell'Europa,  a  parità  di  superfìcie  scolante  (1). 
Partendo  dai  pochi  dati  udometrici  che  si  posseggono,  si  ha  fondamento  di  cre- 
dere che  altrettanto  possa  dirsi  per  la  più  parte  dei  fiumi  della  Venezia,  i  cui 
bacini  sarebbero  in  generale  maggiormente  esposti  a  quei  venti. 

Simili  dati  mancano  rispetto  al  principale  di  essi,  P  Adige,  e  solo  è  da  sup- 
porsi,  confrontando  la  condizione  del  suo  bacino  con  quella  dei  bacini  de' pros- 
simi fiumi  Adda  e  Ticino,  che  per  PAdige  minore  debba  essere  la  quantità  della 
pioggia  e  della  neve,  e  quindi  minore,  a  circostanze  pari,  la  portata  media  e  quella 
delle  sue  piene.  Imperciocché  la  parte  montuosa  del  bacino  di  questo,  la  cui  super- 
ficie vedemmo  ascendere  a  circa  12000  chilom.  q.,  si  troverebbe  nell'interno  delle 
Alpi,  difesa  dai  venti  della  marina  mercè  le  alte  catene  d'onde  traggono  le 
loro  origini  l'Adda,  P  Oglio,  il  Chiese,  la  Sarca,  il  Brenta  e  la  Piave.  Sta  in 
fatto  che  la  sua  portata  in  piena  massima  alla  Badia  non  oltrepasserebbe  i 
2400  m.  e.  per  1",  e  supposto  che  sia  di  4000  m.  e.  a  Trento,  in  ragione  di 
superfìcie  scolante  sarebbe  soli  6/io  ^elte  piena  massima  d'afflusso  del  lago  di 
Como,  e  3/10  di  quella  del  lago  Maggiore  (2). 

Ma  lo  stesso  non  può  dirsi  per  gli  altri  fiumi  principali  del  Veneto,  partendo 
anche  dalla  sola  misura  delle  piogge  che  cadono  sulle  più  basse  delle  loro 
pendici  montane ,  e  perfino  sulla  successiva  pianura.  Mentre  di  fatti  a  Padova 
la  pioggia  annuale  è  di  soli  0m,865,  a  Vicenza  si  porta  ad  lm,107  ed  a  Schio, 
ove  termina  la  pianura  alla  radice  de' monti  d'onde  discende  il  Timonchio  o 
Bacchigliene  ad  lm,373  (3). 

Manca  il  dato  udometrico  per  Bassano,  ove  il  Brenta  sbocca 'dal  monte  nella 
pianura;  ma  si  ha  quello  di  Marostica  a  destra  di  1^,085,  e  quello  di  Crespano 
a  sinistra  alla  sorgente  del  Musone  di  lm,808. 


(1)  Importanza  degli  studj  sulla  statistica  dei  fiumi 
pag.  24.  (Memorie  dell'I.  R.  Istituto  Lombardo,  T.  V 
1854.  Vedasi  pure  il  Giornale  dell'I.  R.  Istituto 
Lombardo,  T.  XIV.  1846). 

(2)  Veggasi  la  recente  Memoria  :  //  voto  della 
commissione  provinciale  sui  progetti  di  canali  ir- 
rigui per  l'Alto  Milanese  e  sulla  sistemazione  del- 
l'emissario del  Lago  Maggiore,  —  Rendiconti  del  R. 


Istituto  Lombardo  per  la  classe  di  scienze  mate- 
matiche e  naturali,  Luglio  1867;  e  Giornale  del- 
l'Ingegnere Architetto,  fase,  di  Settembre  1867; 
come  pure  la  Memoria  a  parte,  pag.  24. 

(3)  E  questi,  ed  i  successivi  dati  udometrici  so- 
nosi  ricavati  dall'  opera  di  Dove  :  Klimatologische 
Beitràge,  Berlin  1857. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  39 

Rispetto  alla  Piave,  mentre  al  termine  della  pianura  si  ha  im,209  per  Monte- 
belluna,  ed  C,290  per  Conegliano  ;  verso  il  principio  della  vaile  a  Valdobbia- 
dene  si  porta  la  pioggia  ad  lm,554,  e  ad  lm,77  a  Feltre,  riducendosi  ad  im,209 
a  Belluno,  posizione  difesa  da  un  elevato  controforte  dai  venti  della  marina. 

In  quanto  alla  Livenza,  a  Sacile,  termine  della  pianura  si  ha  lm,580  di  pioggia; 
ed  a  Ceneda,  nella  valle  lm,809. 

Il  bacino  del  Tagliamento  è  quello  sul  quale  sembra  dover  cadere  in  mag- 
giore copia  la  pioggia.  Essa  è  di  lra,446  a  Spilimberto  presso  il  termine  della 
pianura,  e  giunge  a  2m,422  a  Tolmezzo  ed  a  2ra,020  a  Cercivento  presso  Pa- 
luzza  nel  fondo  della  valle. 

Ad  Udine,  in  prossimità  del  Torre,  quantunque  in  pianura,  si  ha  lm,715,  ed 
a  Gorizia  sull'Isonzo  lm,759 ,  abbenchè  ivi  un  controforte  delle  Alpi  Giulie 
sembri  proteggere  la  valle  dai  venti  della  marina. 

In  quanto  ai  cangiamenti  avvenuti  nel  corso  dell'Adige,  gli  eruditi  si  limi- 
tano a  dirci  che  dapprima  era  più  settentrionale,  passando  dalla  Cucca  a  Mon- 
tagnana,  ed  in  prossimità  di  Este;  e  che  in  occasione  del  memorabile  diluvio 
avvenuto,  secondo  la  narrazione  di  Paolo  Diacono,  l'anno  589,  siasi  divertito 
il  fiume  verso  mezzodì  sulla  linea  di  Legnago  e  Castel  Baldo  ,  occupando  di 
poi  la  cosi  detta  Fossa  Chirola.  Tre  secoli  più  tardi  una  nuova  diversione  sa- 
rebbe avvenuta,  giusta  documenti  irrefragabili,  alla  Badia  di  Vangadizza,  che 
avrebbe  dato  orìgine  all'Adigetto,  sul  corso  del  quale  si  fondarono  Lendinara  e 
Rovigo  (4). 

Rispetto  alle  diversioni  anteriori,  esaminando  la  carta  topografica,  scorgonsi 
distinte  striscie  di  terreno  ove  gli  abitati  sono  più  frequenti,  e  segnano  la  traccia 
dell'  antico  corso  di  un  fiume  torbido  che  ha  colle  sue  deposizioni  elevato  il 
suolo  al  dissopra  delle  depressioni,  o  conche  interposte.  Talune  di  quelle  tracce 
sono  pressoché  parallele  all'odierno  corso  dell'Adige  ed  altre  trasversali  con 
vario  grado  di  obbliquità. 

Siamo  perciò  condotti  a  supporre  che  la  linea  la  quale  passa  dalla  Cucca 
per  Cologna,  Saletto,  Montagnana,  Este,  Tribano,  Arra,  Ponte  Casale,  Villa  del 
Bosco,  e  che  mette  capo  alla  laguna  di  Chioggia  sia  la  più  antica,  e  fosse  at- 
tiva nelle  più  remote  epoche  storiche.  E  forse  da  Athesis  ,  nome  del  fiume, 
avrà  avuta  origine  quello  della  città  di  Este  (Atesté)  fondata  sul  suo  corso. 

Una  prima  diversione  pare  avvenuta  presso  Montagnana,  dirigendosi  il  fiume 
a  Megliadino  San  Vitale,  Vighizzolo,  Villa,  Sani' Elena,  Pozzonovo,  Bagnolo,  ed 
Agna,  d'  onde  al  nord  della  valle  del  Foresto,  appendice,  come  si  disse ,  della 
laguna  di  Brondolo,  sarebbesi  tuttavia  diretta  a  quella  di  Chioggia. 

Una  seconda  diversione  sarebbe  avvenuta  a  Pozzonovo,  volgendosi  verso  mez- 
zodì ad  Anguillara  nella  più  settentrionale  delle  Fosse  Filistine ,  che  avrebbe 
segnato  il  lembo  meridionale  della  detta  valle  del  Foresto,  fino  ad  attraversare 
il  cordone  litorale  alla  così  detta  Cavanella  d'Adige;  corso  che  sembra  corri- 
spondere per  l'ultimo  suo  tronco  a  quello  indicato  da  Plinio. 

(4)  Silvestri.  Istorica  e  geografica  descrizione  delle  antiche  paludi  adriane.  Venezia  1736,  pag.  31. 


40  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

Altre  successive  diversioni,  sempre  più  all'  occidente  sarebbero  venute  mano 
mano  a  congiungersi  a  valle  all'odierno  corso  dell'Adige  per  la  mentovata 
Fossa  Filistina  al  cui  prolungamento  superiore  sembra  si  desse  appunto  il 
nome  di  Fossa  Chirola.  Quelle  diversioni  si  sarebbero  unite  dapprima  a  Boara, 
quindi  a  Piacenza,  di  poi  a  Castel  Baldo.  Ultima  di  esse  pare  sia  stata  quella 
che  vi  mette  capo  passando  per  Albaredo  e  Legnago ,  forse  avvenuta  nella 
mentovata  memorabile  piena  del  589. 

Siccome  tali  striscie  di  terreno  alto  hanno  generalmente  la  larghezza  di  circa 
due  chilometri,  questa  segnerebbe  i  limiti  dei  controforti  o  spalti  laterali  del 
fiume  formati  colle  sue  deposizioni  quando  libere  ne  erano  le  espansioni,  prima 
quindi  del  suo  arginamento. 

Al  principio  dei  secolo  XIV,  giusta  la  Gronichetta  di  Ferrara,  della  quale  par- 
leremo più  avanti ,  chiamavasi  Adige  tanto  il  corso  odierno  di  questo  fiume , 
quanto  l'Adigetto,  che  comunicavano  liberamente  fra  loro,  distinguendosi  il 
primo,  secondo  il  Silvestri,  col  nome  di  fiume  antico  (Flumen-Vetus)  (5).  Nulla 
dicesi  di  argini  da  cui  fosse  allora  accompagnato  (6).  Posteriormente  venne  rego- 
lata la  diversione  dell' Adigetto;  ed  alla  metà  del  secolo  XV  sarebbe  avvenuta 
la  rotta  del  Castagnaro,  che  avrebbe  invaso  il  Tartaro,  o  Canal  Bianco,  ser- 
vendo di  poi  qual  diversivo  delle  piene  d'Adige  fino  al  suo  chiudimento  se- 
guito nel  1838. 

Allontanatosi  l'Adige  da  Este,  sembra  che  anche  anteriormente  alla  domina- 
zione romana  vi  si  fosse  diretto  il  Frassine ,  nel  quale  superiormente  conflui- 


(5)  Ivi,  pag.  87.  —  Starebbe  il  fatto  supposto  dal- 
l'autore  che  all'odierno  corso  dell'Adige  si  desse 
il  nome  di  flumen  vetus ,  qualora  la  chiesa  abba- 
ziale  e  l'annesso  monastero  di  Santa  Maria  di  Van- 
gadizza  siensi  eretti  sul  margine  di  questo  braccio 
del  fiume  dal  quale  ivi  si  stacca  l'Adigetto;  bifor- 
cazione ove  sorse  la  popolosa  borgata  di  Badia. 
Non  conoscendo  i  luoghi,  nulla  potrei  dire  in  con- 
trario; ma  mi  fa  senso  il  vedere  sulla  carta  topo- 
grafica il  maggior  corpo  di  queir  abitato  sulla 
sponda  sinistra  dell'  Adigetto  ,  a  circa  cinquecento 
metri  di  distanza  dalla  biforcazione.  Qualora  ivi 
esistesse,  o  si  fosse  trovata  anche  l'antica  chiesa 
abbaziale ,  quel  nome  di  flumen  vetus  avrebbe  do- 
vuto darsi  all' Adigetto.  Imperocché  tanto  nell'atto 
di  fondazione  di  quella  chiesa  dell'anno  920;  quanto 
in  quelli  di  donazione  del  954  e  del  993,  riportati 
dall'autore,  si  pone  la  chiesa  prope  flumen  Adice  ve- 
do. E  per  verità  l'Adigetto  ha  un  carattere  di  mag- 
giore antichità  ove  si  consideri  che  su  di  esso  si 
è  fondata  la  città  di  Rovigo,  eretta  in  castello  fino 
dalla  metà  del  secolo  X  (Ivi,  pag.  40-48),  e  la  città 
di  Lendinara,  che  diede  il  nome  ad  Uberto  di  Len- 
dinara,  nobile  veronese,  il  quale  fioriva  nell'anno 
870  (Ivi,  pag.  90).  Dalla  mentovata  carta  topogra- 
fica rilevasi  che  in  origine  l'Adigetto,  partendo  da 
Rovigo,  si  univa  all'Adige  presso  Anguillara,  pas- 
sando  per  Sarzano   e  Mardimago ,   ove  vedesi  la 


traccia  del  suo  alveo  derelitto.  11  suo  corso  da 
Rovigo  a  Cavarzere,  ove  si  riuniva  all'Adige  fino 
allo  scorso  secolo,  sembra  l'effetto  di  una  diver- 
sione, forse  in  un  alveo  derelitto  del  Tartaro,  ve- 
dendosi dato  questo  nome  ad  uno  scolo  di  fronte 
a  Cavarzere,  che  sembra  ne  fosse  la  continuazione. 
In  tale  supposto  la  rotta  della  Badia  sarebbe  av- 
venuta nella  sponda  sinistra  dell'Adigetto,  con  un 
accorciamento  di  linea  da  quel  punto  ad  Anguil- 
lara ,  occupando  verisimilmente  la  Fossa  Chirola, 
ove  si  è  stabilito  1'  odierno  corso  del  fiume ,  sul 
quale  non  scorgonsi  abitati  importanti  come  quelli 
sull'altro  braccio.  La  semplice  cognizione  de'luoghi 
varrà  a  chiarire  l' insorto  dubbio. 

(6)  In  quel  tempo  l'Adigetto  sarebbe  stato  tutta- 
via disarginato  se  il  suo  primo  arginamento  indi- 
casi eseguito  nel  1581  contemporaneamente  a  quello 
dello  stesso  Adige  dalla  Pettorazza  alla  confluenza 
dell'Adigetto  (Zendrini,  Mem.  T.  I.  pag.  304).  Os- 
serva poi  lo  stesso  autore  (pag.  313)  che  nel  1584 
proponevasi  di  fare  uno  scaricatore  del  Gorzone 
nell'Adige  nel  luogo  detto  la  Bertolina,  prossimo 
alla  Pettorazza,  mentre  nel  1721  egli  riscontrò  il 
pelo  d'acqua  ordinario  del  Gorzone  più  basso  di  oltre 
5  piedi  (2m,20)  di  quello  pure  ordinario  dell'Adige, 
lo  che  indicherebbe  un  notevole  alzamento  di  fondo 
avvenuto  in  questo  nel  corso  di  soli  137  anni. 


SOPRA  IL  GRANDE   ESTUARIO   ADRIATICO  41 

vano  i  torrenti  Chiampo  e  Guà;  e  che  continuando  il  corso  di  esso  per 
Monselice  e  Pernumia,  si  inalveasse  di  poi  colla  Fossa  Clodia,  che  supponemmo 
corrispondere  all'odierno  canale  dì  Pontelungo  fino  alla  laguna  di  Chioggia.  A 
questa  supposizione  non  farebbe  ostacolo  la  direzione  tuttavia  rettilinea  di  quel 
canale,  dalla  Cagnola  a  Correzzola,  avendosi  l'esempio  dell'Acqualunga  presso 
Modena,  che  si  è  conservata  rettilinea  fino  a  nostri  giorni,  quantunque  da  oltre 
dodici  secoli  vi  si  sia  inalveata  la  Secchia ,  mentre  in  origine  sembra  essere 
stato  un  semplice  canale  artificiale.  La  diversione  del  torrente  Chiampo  nel- 
l'Alpone;  l'inalveazione  ed  arginamento  generale  del  Frassine;  e  fors'anche  l'im- 
missione in  esso  di  una  derivazione  dal  Bacchigliene  sotto  il  nome  di  Bisatto, 
della  quale  parleremo  più  avanti,  sembrano  operazioni  dovute  al  risorgimento 
dell'  industria  e  della  civiltà  nei  municipj  italiani ,  argomento  che  ,  a  volerne 
trattare  colla  debita  estensione,  ci  allontanerebbe  dallo  scopo  delle  nostre  ricerche. 

Rispetto  al  Bacchiglione,  parleremo  dapprima  del  suo  corso  superiore  e  quindi 
di  quello  inferiore. 

Abbiamo  veduto  che  la  superfìcie  del  suo  bacino  montuoso  è  di  930  chi- 
lom.  q.,  de'  quali  92  apparterebbero  al  Retrone  che  discende  dai  colli  al  mez- 
zodì ed  all'occidente  di  Vicenza,  186  al  Bacchiglione  col  Timonchio,  che,  at- 
traversata la  pianura  da  Schio  a  Vicenza  lambe  nel  lato  settentrionale  quella 
città,  ove  si  unisce  al  Retrone;  e  652  chilom.  q.  corrispondono  al  bacino  mon- 
tuoso dell'  Astico,  fiume  principale  che  col  nome  di  Tesina  confluisce  nel  Bac- 
chiglione sopra  Longare,  a  sette  chilometri  a  valle  della  città.  L'ultimo  tronco 
di  questo  confluente,  partendo  da  Palù,  è  pressoché  rettilineo  in  lunghezza  di 
cinque  chilometri,  mentre  a  monte  il  suo  corso  è  serpeggiante.  In  prossimità 
poi  di  quel  luogo  avrebbe  origine  un  fìumicello  di  pianura  serpeggiante  esso 
pure,  chiamato  Tesina  padovana,  che  confluisce  nel  Bacchiglione  a  Creola,  a 
15  chilometri  a  valle  di  Longare,  fiume  che  si  ha  motivo  di  considerare  sic- 
come l'antico  ultimo  tronco  della  Tesina  Alta,  ossia  Astico.  La  diversione  di 
questa  da  Palù  a  Longare  sembra  artificiale,  allo  scopo  di  migliorare  per  una 
più  lunga  tratta  la  navigabilità  del  Bacchiglione,  e  per  quello  eziandio  di  de- 
rivare il  mentovato  canale  Bisatto,  che  condotto  nell'avallamento  interposto  ai 
colli  Berici  ed  agli  Euganei,  si  unisce  al  Frassine,  dopo  avere  servito,  nel  tronco 
superiore  pel  movimento  di  opificj,  e  nell'ultimo  per  la  navigazione.  Ne' con- 
flitti che  vi  furono  fra  i  municipj  rivali  di  Vicenza  e  di  Padova,  il  primo  di- 
vertì per  qualche  tempo  nel  Bisatto  tutto  il  Bacchiglione,  privando  l'altra  città 
delle  acque  di  questo.  Sta  a  vedersi  se  quel  primo  cangiamento  nel  corso  del 
Bacchiglione  operato  dall'arte  risalga  all'epoca  della  dominazione  romana,  onde 
facilitare  la  navigazione  da  Este  alla  laguna  per  la  fossa  Clodia,  oppure  al 
medio  evo,  quando  i  Padovani  costruirono  il  canale  della  Battaglia ,  di  cui  si 
parlerà  più  innanzi. 

Sull'antico  corso  dei  fiumi  del  Padovano  pubblicò  nello    scorso    secolo  una 
Memoria  Giuseppe  Gennari  (7)  ove  si  riportano  documenti  interessanti,  taluno 

(7)  Dell'antico  corso  defilimi  in  Padova  e  ne' suoi  contorni.  Padova  1776. 


42  STUDJ   IDROLOGICI   E  STORICI 

de'quali  parrebbe  in  opposizione  alle  sue  illazioni.  Imperciocché  egli  crede,  come 
la  più  parte  degli  eruditi ,  che  il  Togisone  di  Plinio  corrisponda  al  Frassine , 
chiamato  anticamente  Vigenzone;  che  il  Bacchiglione,  cui  nel  medio  evo  davasi 
il  nome  di  Retrone,  o  Retenone,  attraversasse  Padova,  e  fosse  il  Medoaco  mi- 
nore, diverso  dal  Medoaco  Maggiore,  che  sarebbe  stato  secondo  lui  il  Brenta. 

Abbiamo  già  notato  come  la  superficie  dei  bacini  montuosi  del  Retrone,  del 
Bacchiglione  e  della  Tesina  stieno  rispettivamente  fra  loro  come  i  numeri  1, 
2  e  6,  talché  per  la  prevalente  importanza  dell' ultimo  di  questi  influenti  è 
verisimile  che  ai  tempi  della  dominazione  romana  si  desse  volgarmente  il  nome 
di  Tesina,  od  altro  a  questo  somigliante  al  fiume  unito,  nome  dal  quale  sareb- 
besi  forse  ricavato  quello  di  Togisone. 

Il  Gennari  a  sostegno  del  suo  assunto  cita  un  verso  di  Venanzio  Fortunato, 
poeta  del  VI  secolo ,  che  sembra  un  apostrofe  alla  città  di  Padova  ,  ove 
dice  (pag.  6)  : 

Eie  Ubi  Brinta  fluens  iter  esse  (est)  Retenone  secundo. 

Ma  da  quel  verso  sembra  doversi  piuttosto  dedurre  che  il  Brenta  discendeva 
in  Padova,  con  una  direzione  parallela  a  quella  del  prossimo  Retenone,  o  Bac- 
chiglione ,  siccome  abbiamo  pure  ricavato  dalla  traccia  degli  alvei  di  Brenta 
rimasti  derelitti  dopo  la  sua  diversione  a  sinistra  presso  Curtarolo,  la  quale 
sarebbe  così  avvenuta  in  epoca  posteriore  al  poeta  Venanzio. 

Altri  dubbii  insorgono  circa  al  corso  che  prese  il  Brenta  dopo  la  mentovata 
diversione,  essendo  opinione  generale  che  fino  dal  1200,  in  tutto  o  in  parte  si 
dirigesse,  come  si  disse,  unito  al  Bacchiglione  ed  al  Frassine,  nella  laguna  di 
Brondolo  ove  si  congiungeva  air  antica  fossa,  o  canale  delle  Bebbe.  Questo 
fatto  concorderebbe  con  un  privilegio  di  Arrigo  IV  accordato  ad  Olderico  ve- 
scovo di  Padova  nel  1079,  ove  dicesi:  Flumen  quod  vocatur  Retrone  a  Vado 
silicis  usque  ad  locum  quod  intrat  in  flumen  quod  vocatur  Brenta,  inde  usque 
in  fossam  quae  vocatur  Baiba  (Bebbe)  (8). 

Si  può  quindi  supporre  che  dopo  l' accennata  diversione  dei  Brenta,  l' intero 
fiume,  od  un  suo  ramo ,  si  dirigesse  verso  Legnara  ,  ed  unito  al  Bacchiglione 
passasse  per  Rialto  ed  a  Chiesura,  si  congiungesse  alla  Fossa  Clodia  ove  co- 
minciano i  serpeggiamenti  di  questa,  e  passasse  per  Brenta  dell' Abbà,  prose- 
guendo per  Cive  fino  all'unione  colla  fossa  delle  Bebbe;  il  qual  ultimo  tronco, 
di  cui  rimane  la  traccia,  anche  oggidì  chiamasi  Brenton  vecchio. 

Di  fronte  a  Rialto  havvi  un  villaggio  chiamato  Porto,  nome  che  sarebbe  in- 
dizio della  navigabilità  del  fiume  che  vi  scorreva.  Rivolto  di  poi  tutto  il  Brenta 
verso  Strà,  pare  che  il  Bacchiglione  siasi  immesso  artificialmente  a  Bovolenta 
nella  Fossa  Clodia ,  siccome  indicherebbe  l' ultimo  tratto  rettilineo  di  quel 
fiume. 

(8)  Ivi,  pag.  9. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  43 

Sul  cadere  del  secolo  XII,  dirigendo  in  senso  opposto  presso  le  radici  dei 
colli  Euganei  le  acque  del  Frassine,  ed  una  parte  di  quelle  del  Bacchiglione , 
costruirono  i  Padovani  il  mentovato  canale  navigabile  della  Battaglia ,  che  si 
scarica  con  salto  all'  Arco  dì  mezzo  nel  canale  Cagnola  ,  confluente  di  quello 
di  Ponte  Lungo.  Circa  venti  anni  dopo  escavarono  il  Piovego  per  unire  il  Bac- 
chiglione al  Brenta  da  Padova  a  Strà;  e  poiché  le  acque  del  primo  non  erauo 
all'uopo  sufficienti,  nel  1314  lo  impinguarouo  colla  Brentella  derivata  dal  Brenta 
a  Limena. 

Fra  il  Brenta  e  la  Piave  solcano  la  pianura  i  mentovati  fiumi,  Musone,  che 
discende  dai  colli  di  Crespano,  e  Sile  con  altri  minori  interposti ,  alimentati 
principalmente  nella  pianura  da  sorgenti,  che  un  tempo  erano  più  copiose  (9) 
ed  anche  da  acque  derivate  dal  Brenta  e  dalla  Piave  (10). 

Quest'ultimo  fiume,  giusta  le  notizie  statistiche  ufficiali  pubblicate  nel  1832, 
sarebbe  andato  soggetto  verso  Tanno  400  ad  un  notevole  cangiamento  (11). 
Dicesi  che  per  lo  innanzi,  giunto  a  Cadole,  presso  Capo  di  Ponte  continuasse 
a  discendere  dal  nord  al  sud,  passando  fra  Ceneda  e  Serravalle,  quindi  per  Cam- 
pardo,  al  di  là  di  Conegliano;  ma  che,  avvenuta  una  immensa  frana  del  monte 
del  Cansiglio,  ne  rimase  sbarrato  il  corso,  e  dovette  aprirsi  un  varco  per  unirsi 
al  Cordevole.  Scorgonsi  difatti  nell'avallamento  summentovato  le  tracce  di  due 
grandi  frane  di  quel  monte  ove  si  formarono  due  laghi.  Il  maggiore  di  essi , 
detto  di  Santa  Croce,  ha  il  suo  emissario  formato  dal  torrente  Rai  diretto  alla 
Piave  dal  sud  al  nord ,  in  senso  opposto  a'  suoi  affluenti  che  discendono  nel 
lago  dal  nord  al  sud ,  lo  che  sarebbe  realmente  indizio  di  una  inversione  di 
corso.  L'altro  laghetto,  chiamato  Morto,  vedesi  formato  nella  depressione  inter- 
media alle  due  frane. 

Al  mezzodi  poi  di  Conegliano,  fra  l'odierno  corso  della  Piave  e  quello  della 
Livenza,  scorgesi  la  traccia  di  serpeggiamenti  di  un  fiume  di  grande  portata  , 
ove  scorre  oggidì  un  fìumicello  di  pianura  detto  Piavon,  circostanze  tutte  che 
confermerebbero  un  tale  evento.  Ma  non  potrebbesi  però  ammettere  il  fatto  ivi 
accennato  che  la  Piave  si  aprisse  allora  presso  Capo  di  Ponte  un  nuovo  varco 
per  unirsi  al  Cordevole,  essendovi  fra  que'due  punti  estremi  una  profonda 
valle  lunga  venti  chilometri  ove  discendono  da  alti  monti  laterali  poderosi  tor- 
renti, e  trovandosi  sul  fondo  di  essa  Belluno  indicata  da  Plinio.  Quando  real- 
mente sia  avvenuta  la  mentovata  catastrofe ,  conviene  ammettere  che  presso 
Capo  di  Ponte  vi  fosse  una  biforcazione  della  Piave,  lo  che  costituirebbe  un 
fatto  geologico  molto  raro,  non  scorgendosi  le  biforcazioni  de' fiumi  con  foci 
distinte  in  regioni  alpestri,  ma  piuttosto  nelle  sottoposte  pianure. 


(9)  Paleocapa.  Indizi  della  diminuita  portata  dei 
fiumi.  Memorie  dell'I.  R.  Istituto  Veneto  di  scienze 
ed  arti,  T.  I.  Memoria  letta  nel  luglio  1841. 

(10)  Le  derivazioni  dalla  Piave  «otto  i  nomi  di 
Brentella  e  di  Piavesella,  che  si  scaricano  nel  Sile, 
vuoisi  che  siensi  fatte  eseguire  dal  celebre  archi- 
tetto idraulico  fra  Giocondo  sul  principio  del  se- 
colo XVI ,  provvedendo  per  tal  modo    d'  acqua  54 


ville  dell'  alta  pianura  trevigiana ,  e  creando  in 
pari  tempo  un'  immensa  forza  motrice  per  animare 
opificj  eretti  sul  loro  corso.  In  tale  occasione  a- 
vrebbe  pure  proposta  e  diretta  la  costruzione  dei 
ripari  che  difendono  la  pianura  stessa  dalle  irru- 
zioni della  Piave,  e  delle  fortificazioni  di  Treviso. 
(11)  Notizie  storiche  sulla  Piave,  pag.  103. 


44  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI    ECC. 

In  quanto  al  Tagliamento,  del  quale  ai  tempi  di  Plinio  esisteva  realmente  al 
piano  una  biforcazione,  abbiamo  accennato  essere  verisimile  che  allora  un  ramo 
di  esso  passasse  presso  Concordia ,  ove  oggidì  scorre  il  fìumicello  Lemene.  E 
poiché  il  conoide  di  quel  torrente  trovasi  pensile  sulle  depresse  pianure  laterali, 
sembra  che  i  prossimi  fìumicelli  da  cui  queste  vengono  solcate  sieno  principal- 
mente alimentati  da  sorgenti  che  provengono  dalle  acque  dello  stesso  torrente. 

Rispetto  al  Natisone,  o  Torre,  che  nell'epoca  romana,  e  nei  primi  secoli  suc- 
cessivi bagnava  le  mura  di  Aquileia,  esso  sarebbesi  mano  mano  portato  verso 
oriente,  abbreviandosi  il  corso  nella  rientranza  del  seno  di  Monte  Falcone.  E 
poiché  è  presumibile  che  il  conoide  di  quel  fiume  torrente  fosse  più  elevato 
del  fondo  dell'Isonzo,  di  corso  assai  più  lungo,  e  quindi,  a  quanto  pare,  fornito 
di  minore  pendenza,  verrebbesi  così  a  spiegare  come,  dopo  essersi  avvicinati 
que'due  fiumi,  ne  sia  avvenuto  il  congiungimento  per  una  diversione  del  Torre 
presso  Turiaco. 

Questi  pochi  cenni  sui  fiumi  del  Veneto  sono  semplicemente  inlesi  a  chia- 
rire col  sussidio  di  documenti  storici  e  di  buone  carte  la  serie  dei  cangiamenti 
avvenuti  nel  loro  corso.  Altro  più  importante  compito  vi  ha,  quello  d'illustrarne 
l' idrologia  mercè  indagini  locali ,  al  fine  di  determinare  sopra  dati  positivi 
l'indole  loro  e  le  modificazioni  cui  soggiacque  il  reggime  di  essi.  Potrebbesi 
in  tal  modo  chiarire  anche  il  fatto  rilevato  dall'illustre  Paleocapa  della  pro- 
gressiva diminuzione  della  portata  delle  acque  utilizzabili  di  magra,  e  del  con- 
temporaneo aumento  di  quella  delle  piene  (12),  perturbazione  che  sembra  attribui- 
bile ai  diboscamenti  delle  pendici  de' monti,  siccome  a  causa  prevalente.  Questo 
fatto  lo  scorgerei  confermato  dagli  studii  da  me  intrapresi  particolarmente  sui 
fiumi  della  Lombardia ,  ove  gli  avvertiti  disordini  sono  più  recenti  ed  i  loro 
effetti  possono  più  agevolmente  dedursi  dal  reggime  dei  laghi  che  taluno  di 
essi  attraversa  ,  i  quali  in  paritempo  sono  valido  preservativo  contro  le  loro 
irruzioni  a  danno  delle  sottostanti  pianure. 

È  da  desiderarsi  che  simili  ricerche  vengano  proseguite  nelle  provincie  ve- 
nete, ove  l'arte  per  la  difesa  territoriale  rese  complicatissimo  il  sistema  idrau- 
lico, e  deve  perciò  lottare  contro  difficoltà  veramente  imponenti. 

(Continua) 


(12)  Memoria  precitata. 


OTTICA  TECNOLOGICA  AD  USO  DEGL'  INGEGNERI. 


Manca  tuttavia  nelle  scuole,  e  manca  tra'  libri  speciali  dell'  arte,  un  libro,  nel 
quale  traendo  dall'alta  fisica-matematica  la  vera  teoria  della  luce,  e  con  essa  i 
principii  fondamentali  della  micro-dinamica  ,  renda  volgare  V  applicazione  di 
questo  sublime  ramo  di  scienza,  e  lo  si  renda  praticamente  utile  agl'ingegneri 
spiegando  loro  i  fenomeni,  che  hanno  luogo  ne' loro  strumenti,  le  deviazioni  atmo- 
sferiche delle  loro  visuali,  il  miglior  modo  di  illuminare  le  città,  i  cantieri,  le 
officine,  i  porti  e  le  coste  marittime. 

Molto  provvidamente  fu  in  questo  anno  aperto  all'Istituto  Tecnico  Superiore 
di  Milano  un  corso  di  ottica  tecnologica  informato  a  quello  spirito,  il  quale  riempie 
questa  lacuna,  e  ne  é  professore  il  cav.  Porro. 

Noi  profittando  della  gentilezza  colla  quale  il  professore  stesso  ce  lo  ha  per- 
messo, toglieremo  dalle  sue  lezioni  una  serie  d'  articoli  per  offrire  ai  nostri  let- 
tori, e  pensiamo  far  cosa  loro  gradita  ad  un  tempo  ed  utilissima,  tanto  più  attese 
le  idee  avanzate  ed  in  parte  nuove,  sulle  quali  il  professore  appoggia  le  sue 
nuovissime  ad  un  tempo  ed  evidentissime  dimostrazioni. 

La  Redazione. 

Art.  1.° 

Teoria  niierodinamica  della  luee 

(Vedi  Tav.  2.a) 

Nozioni  sulla  teoria  microdinamica  applicata  a  spiegare  i  fenomeni  della  luce. 

1.  Il  ben  conoscere  la  teoria  della  luce  è  necessario  agl'ingegneri  perchè  ne  fanno 
un  uso  particolare  e  continuo  dalla  più  semplice  visuale  fino  alle  misure  le  più 
delicate,  ed  hanno  bisogno  di  saper  calcolare  con  precisione  il  modo  di  compor- 
tarsi della  medesima,  sia  nell'atmosfera,  sia  nei  loro  strumenti,  e  sia  ancora  nella 
illuminazione  dei  cantieri  di  notte,  dei  laboratori,  delle  officine,  delle  città  e 
delle  coste  marittime. 

2.  La  teoria  della  luce  non  è  arrivata  all'attuale  sua  perfezione  senza  passare, 
come  la  maggior  parte  delle  altre  teorie,  per  la  via  delle  ipotesi,  1'  ultima  delle 
quali,  la  più  fortunata,  si  è  chiarita  nel  decorso  di  questo  secolo  per  mezzo  di 
sapientissima  analisi,  essere  non  più  una  ipotesi,  ma  la  più  schietta  e  reale  espres- 
sione del  vero. 

3.  Benché  io  debba  trattare  le  questioni  ottiche  al  punto  di  vista  puramente  pra- 
tico, e  particolare  agl'usi  che  effettivamente  se  ne  fa  nell'arte  degl'ingegneri, 
tuttavia  correrei  il  rischio  di  non  essere  inteso,  se  non  ricordassi  prima  succin- 


46  OTTICA  TECNOLOGICA 

tamente  le  leggi  fondamentali  che  reggono  i  fenomeni,  de' quali  debbo  parlare. 
In  ciò  facendo  io  seguirò  il  metodo  semplicemente  descrittivo  evitando  per 
quanto  si  potrà  il  calcolo,  che  nel  caso  nostro  ci  condurrebbe  troppo  per  le 
lunghe,  e  riempirebbe  meno  bene  lo  scopo,  ma  non  posso  a  meno  di  abbandonare 
decisamente  la  vieta  terminologia  che  contamina  tuttodì  la  purezza  ammirabile 
della  nuova  teoria  microdinamica  in  questa^sua  applicazione,  anzi  di  prender 
questa  dal  suo  punto  il  più  elevato  e  generale. 

4.  Mediante  la  luce,  come  mediante  il  suono,  l'individuo  percepisce  l'idea  del- 
l'esistenza di  oggetti  lontani  luminosi  o  sonori,  v' è  dunque  motivo  di  supporre 
qualche  fìsica  analogia  fra  la  luce  ed  il  suono. 

Or  bene,  che  il  suono  sia  dovuto  ad  una  vibrazione  molecolare  del  corpo  so- 
noro, e  che  questa  si  trasmetta  a  distanza  per  mezzo  dell'aria  destando  in  essa 
ondulazioni  della  stessa  specie,  le  quali  arrivano  tino  al  nostro  orecchio  non  è,  da 
gran  tempo,  più  dubbio  per  nessuno;  si  presentava  dunque  naturale  la  ipotesi 
che  la  luce  essa  pure  sia  dovuta  ad  ondulazioni  destate  dal  corpo  luminoso,  le 
quali  si  trasmettono  per  ondulazioni  simili  a  distanza  sino  al  nostro  occhio.  Gol 
mezzo  dell'aria?....  no  perchè  la  luce  attraversa  il  vuoto.  Dunque  non  ne  è  l'aria 
il  suo  veicolo  efficiente. 

5.  Si  venne  perciò  a  gratuitamente  supporre  1'  esistenza  di  un  fluido  infinita- 
mente più  rado  dell'aria,  anzi  lo  si  volle  da  principio  senza  peso,  senza  massa, 
ed  eminentemente  elastico,  e  lo  si  chiamò  etere. 

Questo  fluido  riempie  nell'  assunta  ipotesi  :  gli  spazii  infiniti,  e  penetra  ed  im- 
bibisce,  come  l'acqua  una  spugna,  tutti  i  corpi  della  natura  interponendosi  fra 
le  molecole  loro  ed  addensandosi  e  ricambiando  colle  molecole  materiali  un'a- 
zione non  definita  altrimenti  che  a  rata  del  bisogno  dei  fenomeni  da  spiegare; 
fin  qui  l' ipotesi. 

6.  La  parte  vera  di  questa  ipotesi  sta  in  ciò  che  la  luce  consiste  appunto  in 
un  fenomeno  puramente  dinamico  in  infinitamente  piccole  dimensioni,  colla  dif- 
ferenza che  è  atomico,  mentre  il  suono  è  fenomeno  molecolare.  Si  possono 
esattamente  calcolare  tutte  le  particolarità  di  questo  fenomeuo  partendo  dalle 
equazioni  generali  del  moto,  ed  applicandovi  semplicemente  l'analisi  razionale 
stessa  che  spiega  i  fenomeni  della  dinamica  ordinaria,  fenomeno  che  perciò 
esclude  la  ipotesi  di  un  fluido  privo  di  peso  e  di  massa  perchè  senza  peso  e 
senza  massa  non  sussiste  la  dinamica. 

Che  cosa  poi  sia  nel  vero  1'  etere  dei  fisici  lo  vedremo  fra  poco  ragionando 
della  costituzione  fisica  della  materia  e  della  sua  infinita  elatività. 

7.  D'  altra  parte  la  trasmutazione  del  calorico  in  movimento  meccanico,  che  ha 
luogo  nelle  nostre  macchine,  la  trasmutazione  del  calorico  e  dell'elettricità  in 
luce,  e  della  elettricità,  essa  pure  in  movimento  meccanico  in  altre  diverse  mac- 
chine, la  identità  finalmente  della  elettricità  e  del  magnetismo ,  non  più  conte- 
stata, condussero  i  tìsici  a  pensare,  e  qui  sta  pure  il  vero,  che  i  quattro  impon- 
derabili della  fisica  antica  non  fossero  che  manifestazioni  e  modificazioni  diverse 
di  un  medesimo  fenomeno  dinamico  dipendente  dalla  natura  della  materia  e  della 
costituzione  atomica  dei  corpi. 

8.  Duopo  è  dunque  che  prima  di  ogni  cosa  ci  facciamo  un'idea  fisica  esatta 
della  materia,  e  de' suoi  diversi  stati,  per  poi  passare  allo  studio  de' movimenti 
possibili  nelle  molecole,  e  negl'atomi  onde  la  troveremo  formata;  è  duopo 
quindi  ricercare  in  virtù  di  quali  forze  questi   movimenti   possono   aver  luogo  : 


AD  uso  degl'ingegneri  47 

Particolizzeremo  in  seguito  qual  parte  di  quei  fenomeni  dinamici,  in  determinate 
circostanze  di  ampiezza  e  di  velocità,  si  traduca  ai  nostri  sensi  sotto  forma  di 
luce,  quale  di  calorico,  quale  di  elettricità. 

9.  La  somma  delle  nozioni  che  la  umana  mente  ha  potuto  fin  qui  concepire 
circa  la  costituzione  fisica  dell'universa  natura  si  riassume  come  segue: 

Considerata  nel  suo  complesso  infinito  per  rispetto  al  tempo,  infinito  per  ri- 
spetto allo  spazio,  tal  quale  esiste  e  perdura  ab  esterno  in  ceternum,  l'universa  na- 
tura appare  formata  di  nuli'  altro  che  di  materia  e  moto. 

La  materia  è  dotata  di  quella  proprietà,  misteriosa  ancora  nella  causa,  ma  pei 
suoi  effetti  ben  conosciuta,  che  si  chiama  attrazione  universale,  che,  dal  nome 
del  suo  scopritore  si  dice  pure  newtoniana  quando  si  tratta  della  meccanica  ce- 
leste, e  si  distingue  in  molecolare  ed  atomica  nei  fenomeni  fisici  e  chimici  (in 
chimica  la  si  dice  anche  affinità),  questa  proprietà  è  però  sempre  identica  a  sé 
stessa  dall'infinitesimo  fino  all'infinito. 

10.  La  quantità  totale  di  materia  che  esiste,  e  la  quantità  totale  di  energia  di- 
namica che  ad  ogni  istante  sviluppa  la  sua  azione  nella  vita  complessiva  dell'u- 
niversa natura  sono  costanti  dicesi;  sono  costanti  perchè  infinite,  ed  infinite  non 
già  relativamente,  ma  in  tutta  la  matematica  estensione  del  significato  della 
parola. 

Ho  detto  la  vita  parlando  della  materia  che  suolsi  chiamare  inerte,  ma  la  fisica 
molecolare  e  la  fisica  atomica,  ponendo  fuor  di  dubbio  il  movimento  intestino 
della  materia,  hanno  messo  in  evidenza  una  vita  sui  generis  che  è  sola  eterna 
a  distinzione  precipua  della  vita  animale,  della  quale  non  abbiamo  ad  occuparci. 

11.  Tutti  conoscono  quel  brillante  romanzo  della  creazione  che  Laplace  ha 
immaginato  nella  sua  cosmogonia,  menando  vanto  al  cospetto  del  primo  Napo- 
leone, essergli  a  comporlo  bastate  le  forze  della  natura,  senza  ricorrere  alla  ipotesi 
di  un  creatore.  Tutti  sanno  che  la  cosmogonia  altro  non  ammette  che  materia  e 
moto,  altro  non  suppone  che  trasformazioni  dinamicamente  e  fisicamente  razio- 
nali, se  pur  non  tutte  vere,  del  moto  e  della  materia. 

12.  Ed  in  mezzo  a  quei  parti  informi  de' prischi  ignorantissimi  tempi,  che  sotto 
il  nome  di  creazione  sono  stati  nelle  varie  religioni  immaginati  per  servire  di 
punto  di  partenza  ai  loro  misteri,  nuli' altro  di  ben  chiaro,  null'altro  di  concepi- 
bile, apparisce  per  il  libero  moderno  scrutatore  della  natura,  che  materia  e  moto. 

L'Abate  Zantedeschi  concepisce  V universo  creato,  siccome  composto  di  materia 
che  si  discreta,  e  materia  che  si  concreta. 

13.  La  materia  si  presentò  dapprima  ai  fisici  in  tre  soli  diversi  stali:  il  solido, 
il  liquido,  il  gazoso,  ma  gl'astronomi  vi  aggiunsero  lo  stato  che  dicesi  cometario, 
ed  il  cosmico,  di  più,  in  più,  ed  incomparabilmente  più,  rarefatti;  i  fisici  ammet- 
tendo non  è  ancora  gran  tempo  che  l5  etere  è  materia ,  vi  aggiunsero  lo  stato 
etereo  (1). 

(1)  Babinet,  calcolando  in  base  agli  effetti  di  perturbazione  stati  prodotti  o  piuttosto  non  stati  prodotti 
dalla  immensa  cometa  di  Donati,  trovò  che  il  suo  peso  non  doveva  eccedere  tre  chilogrammi.  Quella  co- 
meta occupava  nel  cielo  44  gradi,  che,  a  quella  distanza,  valevano  più  di  duecento  milioni  di  Kilo- 
metri,  e  fatto  conto  col  diametro  medio  si  hanno  molti  miliardi  di  Kilomelri  cubi  pel  volarne  di  quella 
cometa. 

La  materia  cosmica  delle  nebulose  è  senza  dubbio  di  gran  lunga  più  rarefatta  ancora,  e  lo  è  infinita- 
niente  più  la  materia  allo  stalo  etereo. 


48  OTTICA  TECNOLOGICA 

L'etere  ha  dunque  cessato  oggidì  di  essere  un  mito  inconcepibile;  esso  più  non 
è  che  materia,  ma  materia  elatita  in  virtù  della  attività  incessante  del  moto  ato- 
mico che  agisce  quasi  forza  repulsiva,  fino  all'estremo  grado  di  rarefazione;  fino 
a  presentare   l'estremo  risultamento  della  materia  che  si  discreta  del  Zantedeschi. 

14.  In  questo  stato  la  materia  riempie  gli  spazii  infiniti  in  che  vagano  gl'innu- 
merevoli astri  dell'  universo,  riempie  quei  spazii  infiniti,  que  Dieu  seni  embrasse, 
per  dirlo  col  poeta  Abate  Deliste,  e  la  sua  rarefazione  vi  è  tanta  da  non  opporre 
ad  essi  la  benché  menoma  sensibile  resistenza;  se  non  che  osservazioni  preci- 
sissime, state  in  questi  ultimi  anni  fatte  sulla  cometa  di  Enke  lasciano  a  sospet- 
tarne una,  benché  tenuissima  oltre  ogni  dire. 

Accettandolo  dunque  noi  siccome  cosi  fatto,  ne  riterremo  il  nome  usato  di  etere. 

15.  Considerata  invece  la  materia  nei  corpi  tangibili,  noi  troviamo  prima  di 
tutto  che  i  corpi  sono  chimicamente  o  semplici  o  composti ,  che  si  è  chiamato 
molecola  quella  estrema  parte  del  corpo  dato  che  si  può  col  pensiero,  se  non  ma- 
terialmente, separare  da  un  corpo  composto  senza  cambiarne  la  composizione  e 
le  proprietà,  ed  atomo  la  particola  di  ognuno  de' corpi  semplici  componenti  la 
molecola. 

Che  questo  atomo  però  sia  veramente  la  monade  di  Leibnitzio  è  quello  che  è 
dubbio  ancora  assai;  è  anzi  opinione  di  alcuni  dotti  (tra  i  quali  Dumas)  ed  opi- 
nione dedotta  dalle  più  diligenti  ricerche  sugl'equivalenti  chimici, e  sulla  distri- 
buzione degP  atomi  semplici  nelle  molecole  dei  corpi  composti  e  sulla  figura  di 
queste,  che  la  materia  primitiva  possa  essere  unica  e  che  gl'atomi  dei  corpi  detti 
semplici  (che  sono  men  di  cento)  si  compongano  essi  stessi  di  atomi  primitivi  di 
questa  materia  unica  aggregati  fra  loro  in  numero  ed  in  modo  diverso  negl'a- 
dorne dei  corpi  da  noi  chiamati  semplici,  e  vi  siano  ritenuti  stabilmente  da  forze 
maggiori  di  quelle  che  sono  a  nostra  disposizione  nei  laboratori  chimici. 

Costituito  l' atomo  semplice ,  intesa  la  possibilità  della  molecola  del  corpo 
semplice  formata  di  atomi  semplici  in  un  dato  modo  fra  loro  congiunti  é  fa- 
cile intendere  come  la  composizione  molecolare  di  varii  corpi  sia  semplici  sia 
composti,  possa  presentarsi  amorfa,  e  tale  da  essere  uniforme  in  qualunque 
direzione  ,  oppure  possa  un  corpo  neir  atto  che  si  forma  andarsi  modellando 
sulla  figura  delle  molecole,  che  nei  corpi  composti  si  modellerebbe  essa  stessa 
su  quella  degl'atomi  semplici;  una  maravigliosa  conferma  di  ciò  si  ha  nelle 
sperienze  di  cristallizzazione  veduta  sotto  il  microscopio. 

16.  Nel  primo  caso  le  proprietà  fisiche  del  corpo,  tra  le  quali  l'elasticità,  sa- 
ranno le  stesse  in  tutti  i  sensi;  nel  secondo  caso,  che  è  quello  dei  cristalli  d'ogni 
specie,  la  elasticità  varierà  variando  la  direzione  intorno  ad  uno  oppure  a  due 
assi  che  si  sogliono  chiamare  assi  di  cristallizzazione,  oppure  assi  di  elasticità. 
Ripetiamo  dunque  per  ordine. 

I  corpi  sono  composti  di  molecole  della  stessa  identica  natura  loro;  le  molecole 
di  atomi  semplici  separabili  coi  mezzi  noti  della  chimica;  gl'atomi  semplici  si 
compongono  di  atomi  primitivi ,  vale  a  dire  di  atomi  di  una  materia  primitiva 
ed  unica. 

Si  costituiscono  in  tal  modo  e  si  possono  perfettamente  concepire  nella  ipotesi 
di  una  materia  basica  unica  tre  ordini  di  infinitamente  piccoli  uno  rispetto  all'altro, 
ma  per  noi  non  monta  che  in  qualunque  stato  della  materia,  si  concepiscano  gli 
atomi  del  chimico  ossiano  gli  atomi  semplici,  oppure  gl'atomi  primitivi,  i  nostri 
ragionamenti   dovendo  esser  semplicemente  dinamici,  essi  si  applicano  all'una 


AD  USO  DEGL'  ingegneri  49 

come  all'altra  credenza,  e  si  applicano  agl'atomi  della  materia  in  tutti  i  suoi 
stati  dal  più  rarefatto  fino  al  più  denso,  dall'etere  al  Platino. 
»  17.  I  fenomeni  ottici  che  noi  ci  accingiano  a  studiare  ci  permetteranno  di  am- 
mettere che  la  massima  parte  della  energia  dinamica  attuata  nella  natura  non  è 
quella  che  attiva  i  grandi  movimenti  degl'  astri,  bensì  quella  che  mantiene  il 
movimento  continuo  incessante  di  ogni  atomo  di  materia  in  un'  orbita  chiusa 
piccolissima  descritta  intorno  al  suo  centro  d'equilibrio,  orbita  i  cui  elementi 
geometrici  istantanei  son  quelli  della  figura  elittica,  tutti  però  periodicamente 
variabili,  come  appunto  succede  dei  pianeti  intorno  al  sole,  e,  quando  si  tratta 
della  materia  costituita  in  aggregati  definiti,  se  avviene  che  per  una  causa  esterna 
l'orbita  degeneri  in  curva  aperta  (parabola  od  iperbola)  l'atomo  si  allontana  allora 
dalla  regione  che  gli  era  nell'aggregato  assegnata,  entra  nella  sfera  di  attrazione 
di  atomi  vicini,  le  molecole  composte  si  decompongono,  e  danno  luogo  a  nuovi 
composti  più  stabili,  oppure  forse  si  risolvono  in  materia  allo  stato  di  meno  in 
meno  denso  dal  gazoso  all'  etereo  (materia  che  si  discreta). 

Una  parte  della  energia  dinamica  onde  ogni  atomo  è  animato  può  trovarsi  im- 
piegata ad  imprimere  all'atomo  un  movimento  di  rotazione  sul  proprio  asse 
comunque  inclinato  sul  piano  dell'orbita,  e  qui  pure  esattamente  come  si  osserva 
nel  cielo. 

18.  Qui  come  in  astronomia  s'incontra  dunque  nella  materia  il  movimento  con- 
tinuo persistente  del  quale  è  misteriosa  ancora  la  causa,  ma  la  cui  esistenza  è, 
come  V  attrazione,  un  fatto  patente  impossibile  a  non  accettarsi,  alla  ignota  causa 
del  quale  si  dà  per  comodo  di  linguaggio  il  nome  di  impulsione  primitiva. 

U  attrazione  universale  e  l' impulsione  primitiva  non  sono  dunque  ipotesi,  ma 
sono  fatti  capitali  che  possiamo  constatare  e  misurare,  contentandoci  per  ora  di 
non  ricercarne  la  causa  prima,  a  meno  di  accomodarci  all'opinione  di  quell'au- 
tore ascetico  il  quale  dice,  descrivendo  la  creazione,  che  la  materia  irruit  de  manie 
Dei,  come  i  grani  di  semenza  dalla  mano  del  bifolco,  i  quali  in  vero  possono  da 
quel  atto  venire  animati  tutti  ad  un  duplice  movimento  di  traslazione  e  di  rota- 
zione sopra  sé  stessi. 

19.  Questo  movimento  atomico  incessante  continuo  ha  luogo  in  tutti  gli  stati 
della  materia  anche  nei  corpi  i  più  compatti  e  densi  della  natura,  e  costituisce 
la  vita  propria  della  materia,  la  vita  fisica  dell'universa  natura,  come  palpabil- 
mente lo  dimostrano  tra  i  primi  e  più  evidenti,  i  fenomeni  del  calore;  solo  può 
dubitarsi  se  alla  temperatura  non  mai  stata  raggiunta  di  — 274°  alla  quale  l'ana- 
lisi matematica  indicherebbe  estinzione  totale  del  calore,  e  vi  collocherebbe  lo 
zero  assoluto  del  termometro  cesserebbero  effettivamente  di  esistere  il  moto  e  la 
vita;  ma  v' è  luogo  di  credere  che  le  formole  analitiche  di  cui  si  tratta  siano  di 
quelle  che  cessano  d'essere  applicabili  ai  fenomeni  in  prossimità  de' casi  estremi. 

Le  dimensioni  dell'orbita  di  cui  si  tratta,  sebbene  finite,  sono  piccolissime 
a  segno  di  potersi  chiamare  infinitamente  piccole  per  rispetto  agli  spazii  che  la 
nostra  mente  suole  apprezzare;  le  velocità  invece  che  avremo  da  considerare 
benché  misurabili  con  sorprendente  approssimazione  sono  talmente  grandi  da 
potersi  chiamare  come  infinite,  per  rispetto  alle  più  grandi  che  siam  usi  a  cono- 
scere sulla  terra. 

20.  Abbiamo  accettato  il  nome  di  impulsione  primitiva  sotto  il  quale  si  conosce 
la  tuttor  misteriosa  forza  animatrice  della  universa  natura.  Queste  parole  com- 
prendono un'idea,  che  non  ci  deve  sfuggire;  tanto  più  perchè  essa  si  trova  pie- 

Giorn.  lng.  —  Voi.  XVI.  —  Gennajo  1868.  4 


50  OTTICA  TECNOLOGICA 

namente  in   accordo  coi  fatti   noti  segnatamente  nella  meccanica    celeste:  ed 

eccola. 

Havvi  un  piano  medio  dal  quale  poco  si  discostano,  benché  variamente  india 
nate  rispetto  ad  esso  le  orbite  dei  pianeti;  le  osservazioni  astronomiche  mostrano 
anzi  che  il  sole,  e  con  esso  tutto  il  suo  corteo  celeste  noto,  s'avvia  lentamente 
tutto  intiero  verso  la  costellazione  d'Ercole  descrivendo  forse  intorno  ad  un 
centro  ignoto  una  grande  orbita  che  lasciamo  agli  studii  delle  generazioni  a 
venire. 

Or  bene  nulla  ripugna  ad  ammettere  che  quel  piano  rappresenti  la  direzione 
di  quella  che  abbiamo  chiamato  impulsione  primitiva,  e  che  i  piani  delle  orbite 
atomiche  siano  nella  natura  tutti  parallelli  o  poco  inclinati  su  quel  piano.  Ecco 
l'idea  cosmo-matematica  che  ancor  mancava  a  collegare  fra  loro  tutti  i  fenomeni 
dinamici  della  natura  dall' infinitesimo  fino  all'infinito. 

A  fine  di  caratterizzare  con  un  epiteto  questo  piano  noi  lo  chiameremo  piano 
cardinale. 

21.  Considerando  ora  il  movimento  di  ogni  atomo  sotto  l'influenza  delle  forze 
che  sono  in  azione  in  un  aggregato  indefinito:  Supponendo  costante  la  energia 
dinamica  totale  applicata  ad  ogni  atomo  si  riconosce: 

1.°  Che  esso  può  descrivere  la  sua  orbita  e  ad  un  tempo  girare  su  di  un  asse 
proprio  che  potrà  essere  comunque  inclinato  per  rispetto  al  piano  dell'orbita, 
ma  che,  in  virtù  del  fenomeno  ben  noto  in  meccanica  della  persistenza  del  piano 
di  rotazione,  l'inclinazione  media  sia  dell'orbita  sia  della  rotazione  assiale  per 
rispetto  al  piano  cardinale  si  manterrà  costante  con  variazioni  periodiche  dipen- 
denti da  cause  che,  in  parte  almeno  ed  in  particolari  casi,  avremo  occasione  di 
studiare. 

2.°  Che  la  variazione  periodica  della  inclinazione  del  piano  dell'orbita  darà 
luogo  ad  un  effetto  di  tempellamento  o  librazione  del  piano  medesimo,  dalla  quale 
nasceranno  delle  dilatazioni  e  compressioni  alternative  nell'aggregato,  nella  quale 
periodica  variazione  si  può  fin  d'  ora  presentire  di  ritrovare  il  calorico. 

3.°  Che  possono  i  due  diametri  dell'  orbita  variare  periodicamente  di  grandezza 
ed  il  minor  diametro  anche  ridursi  a  zero,  il  che  cambierebbe  il  moto  orbitale  in 
una  oscillazione  rettilinea,  e  passare  anche  al  di  là  dello  zero  cambiando  di  segno, 
la  qual  cosa  cambierebbe  il  senso  del  moto  orbitale. 

4.°  Che  può  la  orientazione  del  diametro  maggiore  della  elisse  obbedire  an- 
ch'essa  ad  una  variazione  periodica  simile  a  quella  che  in  astronomia  si  chiama 
precessione. 

5.°  Che  la  velocità  media  angolare  nell'orbita  e  di  conseguenza  anche  la  velo- 
cità lineare  tangenziale  possono  entrambe  variare  periodicamente  entro  i  più 
estesi  limiti. 

6.°  Che  può  variare  pure  entro  i  più  estesi  limiti  la  proporzione  fra  le  quan- 
tità di  energia  dinamica  impiegate  nelle  varie  fasi  e  nelle  varie  specie  di  movi- 
mento ond'  è  1'  atomo  animato. 

Per  quali  cause  poi  possano  tutte  queste  variazioni  periodicamente  od  acci- 
dentalmente avvenire  ed  in  qual  modo  si  manifestino,  lo  vedremo  in  seguito, 
qui  basti  stabilire  che  sono  possibili. 

7.°  Coli'  analisi  si  dimostra  che  in  virtù  della  sola  attrazione  e  della  impulsione 
primitiva  un  aggregato  di  materia  uniformemente  costituito  in  tutti  i  sensi  ed  in 
quelle  condizioni,  qualunque  sia  la  sua  densità,  il  moto  deve  essere   persistente 


AD   USO  DEGL'INGEGNERI  £{ 

identico  ed  uguale  in  tutta  l'estensione  dell'aggregato,  ma  che  venendovi  ad  es- 
sere inferto  da  una  causa  estranea  in  un  punto  qualunque  un  qualsisia  feno- 
meno esaltativo  o  depressivo  del  movimento,  fenomeno  che  suolsi  chiamare 
crisi  (1),  l'effetto  di  essa  si  propagherà  con  velocità  uniforme  sfericamente  all' in- 
giro in  tutte  le  direzioni  fino  ai  confini  dell'aggregato  dato;  come  poi  proceda 
oltre,  e  si  comunichi,  e  con  quali  variazioni,  ad  altri  ed  altri  aggregati  più  o 
meno  densi ,  che  vi  si  trovino  in  contatto,  ella  è  cosa  che  vedremo  più  innanzi. 
L'effetto  della  crisi  cessa  col  cessar  della  causa  inferente,  ed  il  reggime  pri- 
mitivo si  ristabilisce  gradatamente  in  tutta  la  estensione  dell'aggregato  dal  centro 
alla  periferia. 

22.  Avvenuta  in  un  punto  una  crisi  in  virtù  di  una  certa  quantità  di  energia 
dinamica  da  causa  esterna  in  quel  punto  recata,  questa  energia  dinamica  viene 
colla  propagazione  a  distribuirsi  sopra  strati  sferici  concentrici  successivi  di 
atomi,  cosicché  la  massa  di  ogni  strato  cresce  come  il  quadrato  della  sua  distanza 
dai  centro,  perciò  necessariamente  l'altro  fattore  della  energia  dinamica,  che  è 
la  velocità  tangenziale  nell'orbita,  decrescerà  nella  stessa  ragione. 

Seguendo  col  pensiero  una  crisi  che  si  propaga  in  un  aggregato  isotropo  di  ma- 
teria fino  ad  un  istante  dato,  noi  la  troviamo  giunta,  dopo  un  tempo  t,  ad  uno  strato 
di  atomi  sferico  intorno  all'origine;  ed  è  da  rimarcarsi  (e  dal  fin  qui  detto  agevolmente 
si  capisce)  che  in  tutto  quello  strato  tutti  gl'atomi  si  troveranno  in  quel  medesimo 
punto  della  loro  corsa  nell'orbita,  o  come  si  vuol  dire  nella  medesima  fase,  vale  a 
dire  che  i  raggi  vettori  saranno  in  quell'istante  tutti  paralleli  fra  loro,  e  si  man- 
terranno continuamente  tali  finché  dura  la  crisi  :  lo  stesso  dicasi  rispetto  alle  or- 
bite i  cui  piani  ed  i  cui  assi  maggiori  saranno  in  queir  istante  tutti  paralleli  e 
saranno  identiche  tutte  le  circostanze  dinamiche  del  movimento,  e  tali  perdure- 
ranno finché  dura  la  crisi,  e  per  tutti  gli  atomi  di  quello  strato;  motivo  pel  quale 
ogni  simile  strato  prende  il  nome  di  superficie  isodinamica. 

23.  Ma  la  velocità  di  propagazione,  benché  in  generale  grandissima,  non  essendo 
infinita,  trascorrerà  un  tempo  finito,  mentre  da  questo  strato  di  atomi  la  crisi  si 
comunica  al  seguente,  quindi  il  raggio  vettore  nell'orbita  andrà  ritardando 
continuamente,  e  tanto  ritarderà  che  dopo  un  certo  numero  di  strati  passati  il 
ritardo  giungerà  ad  una  rivoluzione  intiera,  poi  due,  poi  tre  e  via  di  seguito,  e 
durante  questo  tempo ,  la  crisi  avrà  progredito  nel  senso  della  propagazione  di 
quantità  che  designeremo  con  Ì.X;   2.  A;   S.X;   ecc. 

E  invalso  l'uso  di  considerare  le  isodinamiche  siccome  fronti  di  altrettante 
supposte  onde,  benché  onda  propriamente  detta  non  vi  sia,  e  di  considerare  la 
quantità  X  come  grossezza  della  supposta  onda. 

Questa  quantità  la  si  usa  chiamare  lunghezza  d'onda. 

Chiamando  u  la  velocità  angolare  nell'orbita  V°  la  velocità  di  propagazione  è 
evidente  la  relazione 


u     __   2ir 
V°    ~     X 


Le  crisi  che  avvengono  in  un  aggregato  di  materia,  delle  quali  abbiamo  da  oc- 
cuparci nell'ottica,  sono  generalmente  dovute  ad  una  causa  inferta  producente  in 

(1)  Il  vocabolo  crisi  significa  giudizio,  ma  significa  anche  conato  impellente,  ed   in   medicina  conato 
espellente.  Noi  P  impieghiamo  nel  secondo  dei  tre  significati. 


52  OTTICA  TECNOLOGICA 

un  punto  dell'aggregato  un  cambiamento  di  stato  chimico,  come  per  esempio  la 
combustione.  In  questo  caso  gli  atomi  si  dirimono  dalle  molecole  e  s'accomodano 
in  diversa  chimica  combinazione  formando  altre  diverse  molecole;  l'effetto  per- 
dura finché  vi  sono  molecole  da  decomporre  e  da  diversamente  ricomporre. 

Durante  il  fenomeno  inferente  hanno  luogo  dei  movimenti  ben  determinati 
dalla  natura  del  fenomeno  inferente ,  e  si  ripetono  periodicamente  secondo  un 
cert' ordine  invariabile. 

Ognuno  di  questi  diversi  movimenti  costituisce  una  speciale  crisi  elementare 
instantanea  che  si  propaga  nell'aggregato,  e  l'insieme  di  queste  crisi,  che  periodica- 
mente si  riproducono,  arriva  successivamente  a  tutti  gl'atomi  dell'aggregato,  i  quali 
ripetono  movimenti  similari,  con  che  hanno  luogo  nel  moto  di  un  atomo  qua- 
lunque, e  di  tutti  successivamente  nella  direzione  della  propagazione,  delle  va- 
riazioni periodiche  della  stessa  natura  di  quelle  ingenerate  vicino  alla  origine. 

Le  variazioni  periodiche  indotte  da  una  sorgente  di  crisi  determinata  sono  dun- 
que inerenti  alla  natura  del  fenomeno  originativo  della  crisi  stessa,  e  sono  diverse 
da  uno  ad  un  altro  fenomeno  inducente,  bruciar  zinco  per  esempio  oppur  carbone; 
essi  possono  dunque  servire  a  riconoscerne  la  natura  perchè  costantemente  ed 
identicamente  si  riproducono  per  quante  volte  abbia  luogo  il  medesimo  fenomeno 
originativo. 

Distingueremo  nel  seguito  le  crisi  in  semplici  e  composte;  si  diranno  semplici 
le  crisi  in  cui  non  avranno  luogo,  durante  il  fenomeno  originativo,  variazioni  pe- 
riodiche negli  elementi  dell'orbita;  si  diranno  composte  quelle  affette  da  varia- 
zioni periodiche. 

24.  La  velocità  di  propagazione,  abbiamo  detto,  è  uniforme,  uguale  e  costante  in 
tutti  i  sensi,  in  qualunque  aggregato  isotropo;  questa  proposizione  però  è  ristretta 
al  caso  di  una  crisi,  nella  quale  la  velocità  media  angolare  nell'orbita  sia  costante, 
oppure  nel  caso  della  materia  allo  stato  etereo,  ma  se  dalla  materia  eterea  passa  una 
crisi  composta  a  propagarsi  a  traverso  un  aggregato  di  materia  più  densa,  avviene 
allora  che  la  velocità  di  propagazione  subisce  un  ritardo  che  è  funzione  della 
velocità  angolare  nelP  orbita,  e  Gauchy  ha  dimostrato  che  la  relazione  fra  queste 
due  velocità  è  espressa  generalmente  dalla  formula  : 

Y1L  —  1  +  A  u°  +  Byfi  +C#  +  ecc. 

nella  quale  V°  e>  V  sono  rispettivamente  la  velocità  di  propagazione  nella  ma- 
teria allo  stato  etereo,  e  nell'aggregato  proposto;  u  è  la  velocità  media  angolare 
nell'orbita,  ABC  ecc.  sono  dei  coefficienti  che  variano  da  una  materia  ad  un'altra 
e  che  si  possono  determinare  coli' esperienza  per  ogni  data  materia  (1). 
Cauchy  ha  dimostrato  inoltre  che  i  coefficienti  A,  B,  C,  ecc.,  decrescono  rapidissi- 
mamente per  modo  che  la  espressione  suddetta  si  può  limitare  alla  seconda  po- 
tenza di  u,  trascurando  tutti  i  seguenti  termini,  e  Beer  ha  dimostrato  che  trascu- 
rando pure  il  quadrato  del  differenziale  del  primo  membro,  e  modificando 
opportunamente  i  coefficienti  si  può  scrivere  semplicemente 

i^l  +  A^iM 

(1)   Veramente  Cauchy  ha  dato   una   forinola   simile   espressa  in  funzione   della  lunghezza  d'onda  X 
dalla  quale  fu  derivata  la  forinola  qui  espressa. 


AD  uso  degl'ingegneri  53 

Non  perdiamo  di  vista  che  questa  forinola  è  applicabile  solamente  quando  si 
tratta  di  movimenti  atomici  infinitamente  piccoli  della  natura  di  quelli  che  ab- 
biamo descritto,  e  che  Gauchy  chiama  movimenti  semplici,  malgrado  la  moltipli- 
cità  delle  variazioni  periodiche  a  cui  vanno  soggetti. 

Non  dimentichiamo  neppure  che  si  chiamano  infinitamente  piccoli  questi  mo- 
vimenti fin  tanto  che  gl'atomi  non  abbandonano  la  regione  loro,  finché  non  si  di- 
rimono dalle  molecole,  e  non  passano  in  altre  sfere  di  attrazione,  le  quali  cose 
indurrebbero  decomposizione  chimica  nell'aggregato. 

25.  La  teoria  non  indica  limiti  di  velocità,  sia  di  propagazione  sia  angolare 
nell'  orbita  sia  tangenziale ,  essa  è  vera  in  tutte  le  sue  parti  ed  a  tutte  le  velo- 
cità, ma  le  apparenze  sotto  le  quali  il  fenomeno  dinamico  complesso  che  abbiamo 
fin  qui  descritto  si  manifesta  sono  diverse.  Il  fenomeno  riveste  l'apparenza  luminosa 
quando  le  velocità  sono  grandissime,  motivo  pel  quale,  a  fine  di  non  avere  da 
enunciare  e  scrivere  dei  numeri  incomodi,  adotteremo  per  unità  di  tempo  ;  col 
nome  di  cronìa,  il  millionesimo  del  minuto  secondo. 

Quel  fenomeno  dinamico  dunque  arriva  col  crescere  della  velocità  angolare 
nell'orbita  a  rivestire  l'apparenza  luminosa  quando  il  numero  delle  rivoluzioni 
di  ogni  atomo  nella  propria  orbita  giunge  a  trecento  milioni  di  rivoluzioni  in 
una  cronìa  e  cessa  di  nuovo  di  essere  riconoscibile  come  luce  quando  la  ve- 
locità suddetta  tocca  o  sorpassa  verso  gl'ottocento  milioni  di  rivoluzioni  in  una 
cronìa. 

Se  inoltre  si  riferisca  l'equazione  dell'orbila  a  tre  assi  per  coordinate  rettan- 
golari uno  de' quali,  l'asse  delle  z,  sia  preso  nel  senso  della  propagazione  si  è 
trovato  che  i  fenomeni  luminosi  dipendono  solamente  dalle  x  ed  y  il  che  ha 
fatto  dire  che  la  luce  consta  di  oscillazioni  trasversali;  che  la  z  rappresenta  e  spiega 
i  fenomeni  calorifici,  e  che  il  movimento  di  rotazione  degl'atomi  sul  proprio  asse 
rappresenta  e  spiega  tutti  i  fenomeni  elettrici. 

Si  comincia  dunque  a  comprendere  ciò  che  già  risultava  dalla  sperìenza,  ma 
che  non  era  ancora  stato  razionalmente  spiegato,  che  cioè  il  calorico,  la  luce 
F elettricità  si  accompagnino  quasi  sempre,  e  si  trasformino  l'uno  nell'altro  e  si 
trasformino  pure  in  movimento  dinamico  in  grande  nelle  nostre  macchine  indu- 
striali. 

Il  carbone  che  arde  sotto  una  caldaja  è  un  fenomeno  chimico  il  quale  fornisce 
calorico  e  luce;  ne  nasce  il  vapore  che  agisce  sullo  stantuffo  ed  ecco  il  movi- 
mento microdinamico  trasformato  in  dinamico  a  dimensioni  finite;  ma  la  macchina 
a  vapore  fa  girare  un  apparato  di  Clarice  nel  quale  la  energia  dinamica  impressa 
alla  ruota  si  trasforma  in  elettricità,  e  questa  a  suo  turno  passando  fra  i  due 
reofori  di  una  lampada  elettrica,  si  trasforma  in  luce  e  calorico. 

La  macchina  di  cui  si  tratta  è  impiegata  pei  fari,  ed  è  la  più  brillante  dimo- 
strazione della  teoria  che  abbiamo  a  grandi  tratti  abbozzata.  Noi  la  ritroveremo 
sui  nostri  passi  in  quella  ed  in  molte  altre  applicazioni  industriali. 

(Continua) 


ROBINETTO  D'OLIO  PER  LE  MACCHINE  A  VAPORE 

di  A.  Stigler  ing.  mecc.  a  Milano. 

(Vedi  tav.  3.a) 


La  lubrificazione  del  cilindro  d'una  macchina  a  vapore  è  una  delle  principali  cure 
richieste  dal  mantenimento  del  cilindro  e  dello  stantuffo  non  soltanto,  ma  anche 
dall'effetto  utile  della  macchina  stessa,  cioè  dall' economia  del  combustibile. 
Spesso  si  vedono  macchine  a  vapore  funzionare  male,  perchè  vi  sono  nei  cilindri 
delle  righe  in  tutta  la  loro  lunghezza,  prodotte  dalla  troppa  frizione  degli  stan- 
tuffi, sia  per  mancanza  di  apparecchi  speciali  per  lubrificare  il  cilindro,  o  sia  per 
mancanza  dei  macchinisti.  La  troppa  frizione  dello  stantuffo  nel  cilindro  ha  per 
risultalo  immediato  un  consumo  di  forza,  quindi  consumo  di  combustibile,  come 
pure  produce  un  andamento  irregolare  della  macchina.  Le  righe  poi  lasciano  fra 
lo  stantuffo  e  la  parete  del  cilindro  uno  spazio,  più  o  meno  grande,  secondo  la 
loro  profondità,  nel  quale  passa  una  parte  proporzionale  di  vapore  senza  pro- 
durre alcun  effetto  utile.  È  naturale  che  in  paesi,  nei  quali  il  combustibile  è 
estremamente  raro  si  debba  maggiormente  evitare  ogni  causa,  che  nelle  macchine 
a  vapore  produce  una  perdita  di  vapore. 

Da  ciò  si  spiega  che  tutti  i  costruttori  di  macchine  a  vapore  applichino  sui  ci- 
lindri un  apparecchio,  ordinariamente  in  forma  di  robinetto  per  il  quale  il  mac- 
chinista possa  a  sua  volontà  lasciare  penetrare  nei  cilindro  una  certa  quantità 
d'olio,  senza  lasciarne  sortire  del  vapore.  —  Ciò  che  fu  detto  in  riguardo  allo 
stantuffo  ed  il  cilindro,  vale  altrettanto  per  il  piano  nella  così  detta  cassetta  a 
vapore  sopra  la  quale  scorre  la  valvola  distributrice  (tiroir).  Più  spesso  che  nei 
cilindri  s'incontrano  sul  detto  piano,  e  quindi  anche  sulla  valvola  delle  righe 
per  le  quali  passa  il  vapore  producendo  effetti  contrari  ai  voluti,  e  quindi  sono 
dannosi.  Per  evitare  anche  a  quest'inconveniente  si  applica  sulla  cassetta  a  va- 
pore un'  altro  robinetto  d'olio,  ma  spesso  si  omette  per  causa  d'economia  di  co- 
struzione. 

Stimo  quindi  utile  il  dare  qui  la  descrizione  d'un  robinetto  d'olio  da  me  ideato 
ed  eseguito,  il  quale  funziona  assai  bene,  e  che  nello  stesso  tempo  è  molto  più 
semplice,  di  quelli  finora  in  uso,  e  quindi  anche  meno  costoso. 

La  figura  I  Tav.  3  rappresenta  una  facciata,  la  fig.  II,  una  sezione  verticale  se- 
condo la  Ctf,  la  fig.  IH  una  proiezione  orizzontale  col  robinetto  aperto  e  fig.  IV 
una  sezione  orizzontale  secondo  la  A  B.  Il  robinetto ,  come  si  vede  dal  disegno 
consiste  in  3  parti,  cioè:  i.°  la  femmina  con  un  involto  eccentrico  che  lascia  io 
spazio  M  nel  quale  il  macchinista  versa  l'olio;  2.°  il  maschio  vuoto  N  e  3.° 
il  coperchio.  Unita  alla  femmina  esternamente  si  trova  una  canna,  la  di  cui  aper- 
tura corrisponde  con  un  buco  nel  maschio  vuoto,  quando  questo  si  trova  nella  ri- 
spettiva posizione  (fig.  II  e  IV).  All'  estremità  di  questa  canna  è  fatta  la  vite  me- 


ROBINETTO  D'OLIO  PER  LE  MACCHINE  A  VAPORE  55 

diante  la  quale  si  può  francare  il  robinetto,  o  sul  cilindro,  o  sulla  cassetta,  o 
come  vedremo  in  seguito  sul  tubo  dell'entrata  del  vapore. 

Il  coperchio  serve  anche  di  manetta,  ed  è  quindi  fissato  sul  maschio  in  modo 
da  potere  fare  con  questo  un  movimento  di  rotazione  entro  un  angolo  di  90°.  Il 
maschio  vuoto,  oltre  al  buco  menzionato  ne  contiene  un  altro  sulla  stessa  altezza, 
ma  distante  dal  primo  d'un  angolo  di  90°.  Sulla  stessa  altezza  pure  si  trova 
nella  femmina  un  terzo  buco  di  egual  diametro,  ma  diametralmente  opposto  alla 
canna  (fig.  II.  e  IV)  ed  il  quale  comunica  collo  spazio  M.  Nella  posizione  del 
maschio  segnata  in  fig.  II  e  IV  lo  spazio  N  del  maschio  corrisponde  colla  canna, 
la  quale  è  in  comunicazione  collo  spazio  nel  quale  si  vuole  versare  l'olio.  E  quindi 
chiuso  il  buco  nella  femmina  che  corrisponde  collo  spazio  M,  superiormente  chiuso 
dal  coperchio.  In  questa  posizione  il  vapore  aspira  l'olio  contenuto  nello  spazio 
N  e  lo  porta  o  nella  cassetta  a  vapore  o  nel  cilindro  direttamente. 

Se  ora  si  muove  la  manetta  (coperchio)  descrivendo  con  essa  un  angolo  di  90° 
(posizione  fig.  IH)  allora  lo  spazio  M  è  scoperto,  è  quindi  il  macchinista  può 
versarvi  dell'olio.  Ma  nello  stesso  tempo  lo  spazio  N  del  maschio,  per  mezzo  del 
secondo  buco  comunica  col  buco  della  femmina  e  quindi  collo  spazio  M,  quindi 
l'olio  versato  in  questo  penetra  nel  maschio  vuoto,  nel  mentre  questo  chiude 
ermeticamente  la  canna,  ed  evita  quindi  una  sortita  di  vapore.  Rimettendo  la 
manetta  (coperchio)  nella  sua  prima  posizione,  lo  spazio  N  comunica  di  nuovo 
colla  canna  e  versa  da  quella  l'olio  contenutovi. 

Si  vede  che  la  funzione  è  assai  semplice,  e  consiste  soltanto  nelPaprire  e  chiu- 
dere di  un  sol  robinetto.  Invece  i  robinetti  fin  ora  in  uso  consistono  in  2  robi- 
netti  uniti  e  posti  l'uno  sopra  l'altro  in  modo  da  lasciare  fra  di  loro  uno  spazio 
nel  quale  si  versa  l'olio  del  robinetto  superiore.  Si  chiude  poi  questo  aprendo 
quello  inferiore,  che  così  comunica  col  cilindro  o  cassetta  a  vapore  versandovi 
l'olio  contenuto  nello  spazio  fra  i  due  robinetti. 

Bisogna  quindi  aprire  e  chiudere  2  robinetti,  in  modo  che  l'uno  sia  chiuso, 
quando  l'altro  è  aperto.  Invece  succede  spesso  per  inavvertenza  del  macchinista 
che  si  trova  aperto  il  robinetto  inferiore  nel  mentre  si  apre  quello  superiore  ed 
allora  il  vapore  caccia  fuori  dal  robinetto  l'olio  contenutovi. 

Questo  inconveniente  è  assolutamente  impossibile  col  mio  robinetto,  giacché 
qualunque  sia  la  posizione  della  manetta,  o  l'una  o  l'altra  comunicazione  è 
sempre  chiusa. 

Ho  detto  che  si  può  applicare  questo  robinetto  sul  tubo  d'  entrata  del  vapore; 
e  diffatti  è  questa  la  posizione  più  conveniente,  perchè  evidentemente,  se  si  ap- 
plica il  robinetto  sul  tubo  della  presa  del  vapore,  in  vicinanza  alla  cassetta,  l'olio, 
aspirato  dal  vapore  che  passa  in  quel  tubo,  si  diffonde  completamente  in  questo 
vapore  il  quale  al  suo  passaggio  sotto  la  valvola  ,  e  passando  nel  cilindro  unge 
anche  le  pareti  di  questo.  È  quindi  sufficiente  uno  solo  di  questi  robinetti  in 
proporzione  conveniente  alla  forza  della  macchina. 


SULL'  USO  DEL  FERRO  NELLE  IMPALCATURE  DEI  SOLAI. 

(Vedi  la  Tav.  4.a) 


Prima  che  i  progressi  recenti  dell'  industria  metallurgica  venissero  a  modificare 
completamente  Parte  di  costruire,  nelle  fabbriche  in  cui  il  modo  d'impianto  o  le 
finanze  del  proprietario  non  permettevano  di  coprire  con  volte  i  varj  locali,  la 
sola  materia  impiegata  per  la  costruzione  delle  impalcature  dei  solaj  era  il  legno. 
Tutti  conoscono  i  soliti  soffitti  formati  con  travolti  o  travottoni  appoggiati  ai 
muri  laterali  e  con  assi  chiodatevi  sopra  ,  come  usiamo  in  Lomdardia  ,  oppure 
colle  embrici  che  si  appoggiano  direttamente  sui  medesimi,  come  usano  per  esempio 
nel  Parmigiano.  Su  tali  soffitti,  quando  siano  ben  fatti,  non  v'è  nulla  a  che  dire 
all'  infuori  della  loro  combustibilità  e  delia  loro  troppa  grossezza  quando  spe- 
cialmente vi  si  deve  metter  sotto  il  plafone.  Ma  quando  la  larghezza  del  locate, 
o  meglio  la  distanza  minima  fra  i  muri  su  cui  si  possa  appoggiare  supera  i  4  o  i  5 
metri  allora  incominciano  i  guaj  :  i  travottoni  soli  non  bastano  e  bisogna  allora 
ricorrere  ad  un  trave  o  somero  messa  per  traverso  ed  appoggiata  agli  altri  due  muri, 
trave  che  secondo  il  nostro  vecchio  Cavalieri,  dovrebbe  essere  grossa  non  meno 
di  Vis  della  distanza  dei  muri.  Ma  quel  bestione  di  trave,  come  lo  chiama  il  Milizia, 
oltreché  non  presenta  le  più  grandi  guarentigie  di  sicurezza,  tanto  più  essendo  il 
legno  facile  a  corrompersi,  ha  poi  l'inconveniente  che,  per  quanto  lo  si  rivesta  e 
lo  si  mascheri,  se  si  lascia  sporgere  nella  camera  è  sempre  di  pessimo  effetto,  e  se 
si  vuol  mettervi  poi  il  plafone  sotto,  per  poco  non  si  può  dire  che  tra  un  piano 
e  l'altro  si  ha  un  piccolo  ammezzato.  E  nelle  case  moderne  in  cui  vogliamo  il 
meno  possibile  di  muri,  perchè  costano  denari,  e  in  cui  abbiamo  bisogno  le 
vaste  botteghe  a  pian  terreno,  le  grandi  sale  al  i.°  piano  e  le  piccole  camere 
nei  piani  superiori,  questa  difficoltà  si  presenta  ad  ogni  passo.  L' uso  invece  del 
ferro  oltreché  dà  modo  di  costruire  delle  impalcature  resistenti,  durevoli,  in- 
combustibili e  di  pochissimo  spessore,  rende  possibile  e  sicure  le  costruzioni 
più  ardite  facendo  risparmiare  spesso  a  dispetto  dei  Capi-Mastri  molti  metri 
cubi  di  muro. 

Le  impalcature  in  ferro  di  qualsiasi  sistema  constano  : 

1.°  Di  travi  la  cui  sezione  ha  comunemente  la  forma  di  un  doppio  T. 

2.°  Di  un'  altra  parte,  la  quale,  posta  fra  le  travi,  serva  e  ad  impedire  che  esse 
si  pieghino  lateralmente  e  a  riempire  il  vuoto  lasciato  fra  le  medesime  formando 
cosi  il  corpo  del  plafone  da  un  lato  e  la  base  del  pavimento  dall'  altro. 

La  forma  delle  travi,  le  loro  dimensioni,  la  loro  distanza,  il  modo  di  costruire 
la  parte  di  riempimento,  costituiscono  tanti  elementi  da  cui  dipende  la  solidità, 
la  durevolezza,  l'economia  della  costruzione,  elementi  che  dovrebbero  essere  ac- 
curatamente studiati  per  ogni  caso  da  qualunque  ingegnere  voglia  costruire   co- 
•  scienziosamente, 


SULL'  USO  DEL  FERRO  ECC.  57 

Gli  è  perciò  che,  a  seconda  dei  diversi  casi,  o  delle  condizioni  speciali  del 
paese  in  cui  si  costruisce,  sono  in  uso  diversi  sistemi  dei  quali  crediamo  utile 
qui  il  richiamarne  alla  memoria  i  principali  (1). 

L°  Sistema  —  Fig.  l.a 

Questo  sistema,  usato  assai  nelle  case  di  Parigi,  consta  delle  travi  a  T  distanti 
fra  loro  da  0m,75  ad  1  metro  e  incastrate  per  circa  0m,25  nei  muri,  dove  sono  ri- 
tenute con  degli  arpioni.  Attraverso  a  queste  travi  si  dispongono  degli  altri  ferri 
curvati  in  modo  da  accavallarsi  alle  medesime  come  si  vede  in  a  fig.  2.a:  questi  ferri 
sono  ordinariamente  a  sezione  quadrata  avente  0m,015  di  lato  e  la  loro  distanza 
è  di  circa  0m,75  d'asse  ad  asse:  quelli  di  cui  una  delle  estremità  é  in  corrispon- 
denza ad  un  muro,  vi  sono  assicurati  con  branche.  Sopra  questi  ferri  poi  e  pa- 
rallelamente alle  travi  sono  appoggiati  col  mezzo  di  una  specie  d'uncino  degli 
altri  piccoli  tiranti  distanti  fra  loro  circa  0m,25  e  ripiegati  in  modo  che  la  loro 
tratta  rettilinea  orizzontale  si  trovi  al  piano  inferiore  delle  travi.  Formato  questo 
reticolato  di  ferro,  lo  si  riempie  di  una  specie  di  beton  fatto  con  ciottoli  o  rottami 
qualunque  e  gesso,  sotto  il  quale  con  una  semplice  stabilitura  ordinaria  si  ottiene 
senz'  altro  il  plafone. 

In  alcuni  casi  invece  di  quei  ferri  quadri  che  abbiamo  detto  accavallarsi  sulle 
travi,  si  usano  dei  buloni  che  si  fissano  verso  Tasse  nello  stesso  trave  a  T:  il 
resto  della  costruzione  è  identico. 

Il  peso  di  ferro  occorrente  per  1  m.  q.  di  soffitto  e  per  una  portata  di  travi 
di  circa  M.  3,50  risulterebbe  come  segue: 

M.  1,35  di  trave  a  T  di  0m,12  d'altezza Chil.  15,00 

»   1,35  di  traverse  della  riquadratura  di  0m,015  e   del   peso  di  Chil.  1,75 

per  metro  sono »  2, 36 

»  3,50  di  tiranti  della  riquadratura  di  0m,008  a  Chil.   0,50  per  metro    »  1,74 


Totale  Chil.    19, 10 

Ciò  facendo  al  primo  modo  che  abbiamo  accennato:  che  se  si  impiegano  i  bu- 
loni invece  dei  traversi  ad  uncino  e  si  ammette  la  distanza  delle  travi  di  1  metro 
invece  che  0tn,75,  adoperando  per  conseguenza  le  travi  dell'altezza  di  M.  0,16,  il 
peso  diventa  : 

M.  1,00  di  trave  a  T  del  peso  di  25  Chil Chil.    16,00 

»   1,00  di  traverse  di  0m,02    .    .    .    , »       2  45 

»  5,00  di  tiranti  ad  uncino  a  Chil,  0,78  per  metro »       3,40 

Totale  Chil.    21,85 
notando  poi  che  i  buloni  costerebbero  alquanto  di  più  per  la  maggior  fattura. 

(1)  V.  un  articolo  in  proposito  nel  Propagateti  des  Travaux  en  fer  —  fascicoli  del  Gennajo  e  Giugno» 


58  sull'uso  del  ferro 

Sistema  li.0 


Raggrupperemo  in  questo  sistema  tutte  quelle  impalcature  in  cui  la  parte  di 
riempimento  fra  le  travi  è  formata  con  vasi  a  diverse  forme  oppure  con  mattoni 
forati,  mattoni  vuoti  od  anche  con  beton. 

Vi  sono  diversi  metodi  per  ottenere  simili  costruzioni.—  Il  primo,  rappresen- 
tato nella  parte  superiore  sinistra  della  fig.  3.a,  consiste  nel  mantenere,  oltre  alle 
travi  e  le  traverse  di  ferro  come  nel  sistema  precedente,  un  solo  tirante  fra  due 
travi:  poi  nel  costruirvi  in  mezzo  delle  specie  di  piattabande  col  mezzo  di  vasi 
di  terra  cotta  della  forma  rappresentata  nella  fig.  4.a.  —  Un  altro  metodo  rap- 
presentato nella  parte  superiore  destra  della  stessa  fig.  3.a  consiste  nel  mante- 
nere due  linee  di  tiranti  invece  che  una  sola,  poi  costruire  come  prima  le  piat- 
tabande adoperando  dei  mattoni  forali  ordinarj,  coi  quali  si  ha  minor  consumo 
di  malta  che  coi  vasi.  —  Un  terzo  metodo  è  quello  rappresentato  nella  parte 
inferiore  sinistra  della  fig.  3a  in  cui  sono  soppressi  affatto  i  tiranti  e  la  piatta- 
banda  viene  formata  col  mezzo  di  gran  quadroni  di  gesso  vuoti  i  quali  occupano 
tutto  lo  spazio  fra  due  travi  e  due  traverse  consecutive:  questi  quadroni  sono 
formati  internamente  con  diversi  canali  segnati  nella  figura  con  linee  punteg- 
giate. —  Finalmente  un  quarto  metodo  consiste  nel  disporre  fra  le  travi  delle 
costole  di  legno  appoggiate  al  risalto  della  testa  inferiore  del  doppio  T:  su  queste 
costole,  che  si  vedono  nella  parte  destra  inferiore  della  fig.  3.a,  si  getta  prima  uno 
strato  di  malta  grassa,  la  quale  passando  tramezzo  alle  costole  forma  delle  rugo- 
sità che  facilitano  l'aderenza  del  primo  strato  del  plafone  inferiore.  Sopra  il 
detto  strato  di  malta  si  pone  poi  del  beton  ben  pilonnato  e  su  di  questo  il  pa- 
vimento. Impiegando  invece  del  beton  ordinario  il  beton  conglomerato  del  si- 
stema Goignet,  si  possono  sopprimere  le  costole  di  legno  pilonando  il  beton  so- 
pra una  specie  di  centina  di  legno  che  poi  si  leva.  Con  questo  sistema  si  ottiene 
una  vera  volta  o  piattabanda  monolite,  che  con  pochissimo  spessore  e  con  po- 
chissimo peso  ha  grandissima  resistenza  e  si  ottiene  il  doppio  vantaggio,  di  avere 
una  impalcatura  perfettamente  incombustibile,  e  di  poter  ridurre  il  peso  delle 
travi  in  grazia  del  minor  peso  del  riempimento.  I  metodi  precedenti,  sia  coi  vasi 
o  mattoni  forati  o  coi  quadroni  vuoti  di  gesso,  hanno  il  vantaggio  della  grande 
leggerezza  e  della  poca  mano  d'opera  e  danno  delle  impalcature  abbastanza 
poco  sonore  e  poco  vibranti.  Per  dare  un  confronto  del  peso  di  ferro  occorrente 
cogli  ora  accennati  qnattro  metodi,  riporteremo  le  cifre  esposte  dal  sig.  Opper- 
mann,  ritenuto  sempre  la  portata  come  precedentemente. 

Gol  primo  metodo  dunque,  cioè  coi  vasi  di  terra  cotta  si  avrebbe: 


Ferro  a  T , Ghit    25, 00 

Traverse  (distanti  fra  loro  0m,50) s »      6,22 

Tiranti   .    .    .    • -"  -  '»      °>78 

Totale  Chil.    32,00 
Col  secondo  metodo,  cioè  coi  mattoni  forati  e  le  due  file  di  tiranti  si  ha: 


NELLE  IMPALCATURE  DEI, SOLAI  59 

Ferro  a  T       , Ghil.    27, 00 

Traverse  (distanti  fra  loro  0m,75) »      4}20 

Tiranti »      ls30 

Totale  Ghil.    32,50 

Col  terzo  metodo  si  ha  : 

Ferro  a  T Chil.    27,  00 

Traverse  (distanti  0m,50) »      4, 70 

Totale  Chil.    31,70 

Col  quarto  metodo,  impiegando  il  beton  ordinario  e  le  costole  di  legno,  si  ha  : 
Ferro  al7 Ghil.    37,  50 

Sistema  1IL° 

In  questo  sistema  comprendiamo  le  impalcature  fatte  con  volte  di  mattoni  vuoti 
o  pieni  gettate  dall'uno  all'altro  trave  a  Te  ricoperte  poi  di  uno  strato  di  beton 
od  anche  di  semplice  malta.  Tali  sono  le  impalcature  costrutte  a  Milano  dall'Ing. 
Sarti.  In  alcune  di  esse  le  traverse  di  ferro,  che  abbiamo  notate  nei  primi  sistemi, 
sono  sostituite  da  archi  in  cotto  e  negli  spazj  intermedj  sono  costrutte  delle  pic- 
cole volte  con  mattoni  ordinarj  disposti  a  scaglia  di  pesce  (fig.  5.a).  In  altre  in- 
vece, e  sono  quelle  che  l'Ing.  Sarti  addotto  più  tardi  e  che  si  usano  più  comu- 
nemente, si  costruiscono  fra  una  trave  e  l' altra  delle  volte  a  botte  a  piccola 
saetta  della  grossezza  di  una  testa  di  mattone  ordinario  ed  appoggiate  per 
lutto  il  lungo  sui  risalti  delle  teste  dei  travi  a  T.  Al  di  sotto  di  queste  volte 
si  applica  uno  strato  di  malta  e,  conguagliando  le  sinuosità  delle  medesime  si 
forma  direttamente  il  plafone;  al  di  sopra  si  dispone  il  pavimento  coli' intermedio 
di  un  strato  di  caldana. 

Una  variante  a  questo  sistema  consisterebbe  nel  sostituire  alle  volte  di  una 
testa  di  mattone  delle  volte  di  quarto  e  sopra  pilonarvi  del  beton.  Sia  in  un 
modo,  sia  nell'  altro,  le  impalcature  fatte  con  questo  sistema  riescono  assai  pe- 
santi, tanto  più  se  si  impiegano  i  mattoni  pieni  come  da  noi,  in  cui  i  mattoni 
forati  sembrano  ancora  un  oggetto  di  lusso.  Essendo  più  pesanti  esse  dovrebbero 
necessariamente  riescir  più  costose  se  non  vi  fosse  di  mezzo  la  questione  della 
mano  d'opera  che  qui  cresce  a  dismisura  appena  che  si  voglia  fare  qualche  cosa 
che  non  sia  nell'uso  più  comune.  Sarebbe  adunque  a  desiderarsi  che  cessasse 
una  volta  l'uso  troppo  generale  di  abbandonare  le  costruzioni  alla  sola  vecchia 
pratica  dei  Capi-Mastri  e  che,  studiati  i  metodi  più  perfezionati,  vi  si  educassero 
gli  operaj  e,  generalizzandone  l'uso  se  ne  riducesse  notevolmente  il  costo. 

Sistema' IV.0 

In  questo  sistema  comprendiamo  due  analoghe  costruzioni  le  quali  possono 
essere  preferibili  nei  casi  in  cui  si  esiga  molta  solidità,  ed  una  perfetta  imper- 


60  SULL'USO  del  ferro 

meabilità  air  umidità  ed  ai  gaz,  oltre  V  assoluta  incombustibilità.  La  prima  con- 
siste nell'empire  tutto  lo  spazio  fra  le  travi  con  un  grosso  strato  di  beton  pilo- 
nato  e  sostenuto  da  una  lamiera  ondulata.  Nella  seconda  in  luogo  della  lamiera 
ondulata  si  sostituisce  una  specie  di  volta  a  botte  di  lamiera  sulla  quale  si  di- 
spone il  beton  oppure  dell'impasto  di  gesso  e  rottami. 

Quanto  al  peso  di  ferro  occorrente  per  gli  ultimi  due  sistemi,  dalle  cifre  esposte 
dal  sig.  Oppermaun  ricaviamo: 

Pel  sistema  3.°  con  volte  di  mattoni  e  strato  superiore  di  beton   per 
metro  quadrato Ghil.    27,00 

Pel  sistema  4.°  impiegando  la  lamiera  ondulata  si  ha: 

Ferro  a  T Ghil.    25, 00 

Lamiera  ondulata »     25,00 

Impiegando  invece  gli  archi  di  lamiera  si  ha: 

Ferro  a  T Chil.  37,50 

Ferro  piatto  e  ferro  a  T  per  collegamenti,  in  tutto »  4,05 

Lamiera »  25,69 


Gli  esposti  sistemi  sono  quelli  più  generalmente  usati;  si  sono  tentati  in  alcuni 
casi  altre  forme  di  travi  come  per  esempio  quelli  a  V,  ma  che  non  crediamo 
praticamente  preferibili. 

Richiamati  i  metodi  principali  di  costruzioni  resta  a  dire  qualche  cosa  sulle 
travi  che  sono  l'elemento  più  costoso  e  più  interessante.  Di  travi  a  doppio  T 
se  ne  fabbricano  in  tutte  le  grandi  officine,  poco  su  poco  giù,  colle  stesse 
forme;  ciascheduna  officina  però  ha  delle  dimensioni  e  per  conseguenza  dei  pesi 
unitarj  particolari  che  è  bene  conoscere  per  scegliere  quelli  che  meglio  si  ap- 
propriano al  caso.  Ecco  per  un  esempio  le  dimensioni  e  i  pesi,  riportati  dal 
già  citato  giornale,  dei  ferri  fabbricati  all'officina  della  Providence,  nonché  le  di- 
stanze a  cui  si  intendono  collocati  e  le  loro  portate  massime,  supposta  £- 
la  carica  totale  per  metro  quadrato  di  250  a  300  chilogrammi.  S'intenderà  j 
b  V  altezza  del  trave ,  a  la  larghezza ,  s  lo  spessore  dell'  anima ,  s'  lo  k 
spessore  delle  due  teste.  I 


-a, — », 

7=} 


Peso  per 

DIMENSIONI  DI  MILLIMETRI 

metro 
corrente 

^~" 

s' 

Distanza 

Portata 

« 

s 

Chil. 

m. 

ra. 

9 

100 

43 

5 

6 

0.80 

3.90 

12 

100 

45 

7 

6 

1.00 

3.50 

li 

120 

45 

5 

6 

0.80 

4.00 

15 

120 

50 

9 

7 

1.00 

4.50 

14 

140 

47 

6 

7 

0.80 

5.00 

20 

140 

53 

12 

7 

1.00 

5.50 

15 

160 

48 

8 

7 

0.80 

6.50 

25 

160 

53 

12 

8 

1.00 

6.50 

20 

180 

55 

8 

9 

0.80 

6.00 

22 

200 

55 

8 

9 

0.80 

7.00 

NELLE  IMPALCATURE  DEI  SOLAI  61 

I  travi  precedenti  hanno  le  due  teste  eguali:  se  ne  fanno  ancora  di  quelli  che 
hanno  la  testa  superiore  più  grossa,  disposizione  che  può  essere  consigliabile 
quando  siano  di  ghisa  oppure  di  ferro  poco  fibroso,  nel  qual  caso  la  resistenza 
allo  stiramento  sarebbe  minore  di  quella  alla  compressione.  Eccone  gli  analoghi 
elementi  dove  chiameremo  s'  lo  spessore  medio  della  testa  superiore  s"  quello 
della  inferiore: 


Peso  per 

metro 
corrente 

DIMENSIONI  IN  MILLIMETRI 

Distanza 

Portata 

b            a 

s 

s'     1       s" 

Chil. 

8 
14 
11 
20 
13 
25 
15 
30 
19 

100 
100 
120 
120 
140 
140 
160 
160 
180 

43 
49 
45 
53 

47 
57 
50 
62 
55 

3 
10 

4 
12 

5 
15 

6 
18 

6 

10 
10 
11 
11 
12 
12 
14 
14 
16 

6 
6 

6.5 
6.5 

7 
7 
8 
8 
8 

M. 

0.90 
1.00 

0.90 
1.00 
0.90 
1.00 
0.90 
1.00 
0.90 

M. 

3.50 
4.50 
4.50 
5.50 
5.50 
6.50 
6.50 
7.50 
7.00 

Il  sig.  Cambiaggio  a  Milano  in  una  recente  occasione  immaginò  di  costrurre 
una  trave  in  ferro  che  non  diressimo  più  a  doppio  T,  ma  a  doppio  O.  Lo  stabi- 
limento del  sig.  Cambiaggio  deve  essere  noto  a  tutti  gli  Italiani,  perchè  uno  dei 
pochissimi  che  tengano  alta  ancora  un  poco  l'industria  del  nostro  paese.  In  esso 
con  un  procedimento  semplicissimo  si  fabbricano  tubi  in  ferro  d'ogni  sorta,  pie- 
ghevolissimi anche  a  freddo  talché  se  ne  possono  fare  delle  eliche  strettissime 
colla  massima  facilità  e  senza  il  menomo  riscaldamento.  Ora  la  trave  del  sig.  Cam- 
biaggio (fig.  6.a)  è  formata  da  due  tubi  a  sezione  elittica,  uno  superiore,  l'altro 
inferiore,  e  da  un  anima  di  lamiera  posta  in  mezzo  ed  assicurata  ai  due  tubi 
con  chiavelle  di  ferro  piatto  della  grossezza  dì  circa  9  millimetri  e  della  larghezza 
di  circa  millimetri  28.  Sopra  una  trave  di  questa  forma  slata  fatta  per  prova  dal 
sig.  Cambiaggio  nell'occasione  già  accennata  si  fece  il  giorno  6  Gennajo  corrente 
un  esperimento  alla  presenza  dell'Illustre  prof.  Porro,  allo  scopo  di  constatare: 
i.°  la  resistenza  di  cui  poteva  essere  capace:  2.°  quanto  lasciasse  a  desiderare 
la  sua  costruzione,  tanto  più  che  lo  stesso  sig.  Cambiaggio  assicurava  ch'essa  non 
era  sta  fatta  colla  massima  precisione.  L'esperienza  si  fece  lasciando,  com'era 
già,  la  trave  incastrata  ad  un  estremo  in  un  pilastro  dell'officina,  ma  assicurandola 
per  disotto  con  una  colonna  di  ferro  vuoto  posta  a  44  centimetri  dal  muro.  Verso 
l'altro  estremo  e  precisamente  a  M.  3,22  dal  filo  esterno  della  colonna,  col  mezzo 
di  un  gancio  e  di  quattro  funi  si  sospese  una  robusta  tavola  destinata  a  ricevere 
i  pesi.  Onde  la  trave  non  si  potesse  piegare  lateralmente  si  era  pensato  di  far 
assicurare  in  muro  un  braccio  di  ferro  portante  una  forchetta  a  due  branche  le 
quali  mantenessero  la  trave  in  un  piano  verticale.  I  movimenti  della  trave  erano 
osservati  col  mezzo  di  due  istromenti  a  canocchiale  sopra  due  decimetri  l'uno 
posto  in  corrispondenza  al  punto  d'appoggio,  l'altro  pendente  dalla  trave  in  cor- 
rispondenza al  punto  d'attacco  dei  pesi. 


62  SULL'  USO  DEL  FERRO 

Ecco  i  risultati  che  si  ottennero: 


Peso  posto 

Osserva- 

Osserva- 

Peso po- 

Osserva- 

Osserva- 

zione  al  1.° 

zione  al  2.° 

sto  sulla 

zione  al  3.° 

ztone  al  2.° 

sulla  tavola 

Istrumento 

Istrumento 

tavola 

Istrumento 

Istrumento 

Chil. 

m.  ra. 

ra.  m. 

Chil. 

m.  m. 

m.  m. 

0 

9.50 

110.00 

757 

10.15 

164. 00 

91 

9.55 

113.  35 

778 

10.17 

167.00 

181 

9.58 

117.  30 

802 

10.17 

172. 50 

273 

9.75 

121.40 

824 

10.18 

176.70 

365 

9.85 

126.  00 

844 

10.19 

179.00 

459 

9.98 

131.01 

866 

10.19 

182.  00 

552  (1) 

10.00 

138.65 

887 

10.20 

186.  00 

607 

10.01 

144.  57 

910 

10.20 

190.  00 

661 

10.02 

151.  70 

934 

10.20 

195.  00 

710 

10.02 

157.  80 

0 

9.45 

141.00 

Arrivati  al  peso  di  934  chilogrammi  si  credette  opportuno  di  scaricare,  per  due 
ragioni,  Puna  è  che  si  notò  un  piegamento  laterale  nella  trave  dovuto  all'insuf- 
ficienza dell'unica  forchetta  destinata  a  tenerla  in  un  piano  verticale,  l'altro  è 
che  il  pilastro  in  cui  essa  era  incastrata  dava  evidenti  segni  di  non  resistere  ad 
uno  sforzo  ulteriore,  Ed  in  fatti,  se  si  considera  che  il  peso  di  circa  1000  chilo- 
grammi (tutto  compreso)  con  un  raggio  di  M.  3,22  corrisponde  all'estremo  del- 
l'altro  braccio   di   circa   M.   0,40   ad  uno  sforzo   diretto    dal   basso    all'alto    di 

3  22 
Chil.  1000  X  ttta  ossia  di  CMu  8050,  si  comprenderà  facilmente  che  non  era  pru- 

denza  andar  più  oltre.  Scaricati  i  pesi,  l'istrumento  posto  all'estremo  libero  segnò 
un  abbassamento  rimanente  di  m.m.  31;  ma,  esaminato  accuratamente  il  trave,  lo 
si  trovò  ritornato  perfettamente  rettilineo  come  lo  era  prima  e  P abbassamento 
di  m.  m.  31  si  dovette  attribuire,  almeno  per  la  massima  parte,  ad  un  rotazione 
avvenuta  intorno  al  punto  d'appoggio  sulla  colonna  di  ferro  nonché  anche  ad 
uno  schiacciamento  dei  bordi  della  medesima.  Ed  infatti,  esaminata  un'altra 
colonna  che  era  stata  posta  già  prima  aderente  al  muro  d'incastramento,  si 
trovò  che  la  trave  era  visibilissimamente  staccata  dalla  medesima.  Da  tutto  ciò 
si  potè  conchiudere  che  non  era  stato  oltrepassato  il  limite  di  elasticità  della 
trave  e  che,  se  si  fosse  potuto  impedire  assolutamente  qualunque  flessione 
laterale,  come  avviene  realmente  in  pratica,  si  sarebbe  potuto  arrivare  ad  un 
carico  forse  più  che  doppio.  Quanto  al  modo  di  costruzione  della  trave  lo  si 
trovò  per  vero  soddisfacente;  poiché  all' infuori  di  una  delle  chiavelle  d'unione  che 
era  stata  evidentemente  mal  posta  e  che  nei  suoi  dintorni  lasciò  vedere  alcune 
screpolature  nell'ossido,  il  resto  non  diede  alcun  vsegno  di  deformazione.  Ciò 
può  provare  che  quel  modo  di  collegamento  dei  due  tubi  coli' anima  di  lamiera, 
facilissimo  in  pratica,  diede  abbastanza  buoni  risultamenti  in  quanto  alla  resi- 
stenza e  che  del  resto  darebbe  ancor  meglio  quando  i  fori  per  introdurre  le  chia- 
vette fossero  fatti  con  maggiore  precisione  col  mezzo  di  un  macchina  apposita. 

Il  peso  di  chil.  950  circa,  soppportato  senza  visibile  deformazione  permanente, 
corrispondendo  a  chil.  3800  uniformemente  distribuiti  nel   caso   in   cui  la  trave 

(1)  Dopo  8  minuti  di  riposo. 


NELLE  IMPALCATURE  DEI  SOLAI  63 

fosse  appoggiata  ai  due  estremi ,  mostra  come  la  trave  in  questione ,  per  una 
portata  di  circa  m.  3,50  potrebbe  portare  con  tutta  sicurezza  un  carico  per  lo 
meno  doppio  di  quello  che  si  calcola  ordinariamente  per  le  impalcature  dei  solai. 
In  fatti  il  carico  ordinario  per  questo  caso,  compreso  il  carico  accidentale,  si 
calcola  a  chil.  250  per  m.  q.;  ora,  supposte  le  travi  a  distanza  di  1  metro,  il  ca- 
rico di  chil.  3800,  supposto  distribuito  sulla  trave,  corrisponderebbe  a  chil.  1000  per 
m.  q.  e  quindi  a  un  carico  quadruplo  del  necessario.  Ora  il  peso  della  trave  esperi- 
mentata non  è  che  di  19  chil.  per  metro  corrente,  mentre  se  noi  cerchiamo  per 
esempio  nelle  tabelle  esposte  il  peso  di  una  trave  a  T  appena  sufficiente  per  un 
impalcatura  di  m.  3,5  di  portata,  troviamo  chil.  12  e  per  una  portata  di  m.  6,50  si 
arriverebbe  al  peso  di  chil.  25.  Per  l'uso  poi  a  cui  precisamente  era  destinata 
la  trave  del  Cambiaggio  trattandosi  di  una  tettoja  a  padiglione  sporgente  di  stra- 
balzo e  dovendo  essere  le  travi  accoppiate  a  due  a  due  e  perfettamente  collegate 
fra  di  loro,  il  carico  stato  calcolato  in  tutto  di  chil.  125  all'estremità  di  una  sin- 
gola trave,  non  sarebbe  che  */3  di  quello  che  evidentemente  la  medesima  potrebbe 
sopportare  con   sicurezza. 

Il  vantaggio  principale  che  crediamo  trovare  in  questo  nuovo  genere  di  trave 
è  nella  leggerezza  dovuta  prima  di  lutto  alla  sua  forma  che  dà  un  momento 
d'inerzia  assai  maggiore  in  confronto  alle  travi  a  T  di  egual  peso;  poi  a  ciò  che 
il  ferro  per  fare  i  tubi,  dovendo  essere  necessariamente  della  migliore  qualità, 
si  ha  assai  maggiore  sicurezza  e  maggiore  guarentigia  che  non  colle  travi  ordi- 
narie a  T  in  cui  il  ferro  è  molte  volte  di  pessima  qualità  e  in  molti  punti  quasi 
ancora  cristallino,  dimodoché  bisogna  abbondare  nelle  dimensioni  per  essere 
sicuri.  Le  travi  del  sig.  Cambiaggio  sarebbero  dunque  assai  consigliabili  special- 
mente nelle  tettoje  a  grandi  portate  dove  il  peso  proprio  della  trave  viene  ad 
avere  una  notevole  influenza,  e  certo,  se  con  esse  fosse  stata  fatta  la  copertura 
della  nostra  galleria,  si  sarebbero  risparmiati  molti  chilogrammi  di  ferro  ed  il 
rincrescimento  di  vedere  annunziato  sul  Propagateur  des  Travaux  en  fer  a  pro- 
posito della  copertura  della  Galleria  Vittorio  Emanuele  che  «  cette  constructìon  en 
fer  est  due  à  un  entrepreneur  francaìs,  M.  H.  Joret,  de  Paris,  directeur  des  ateliers 
de  Montataire  et  de  Bcssèges  » . 

Resterebbe  ora  a  dire  di  un  altro  elemento  assai  importante  in  fatto  di  industria, 
il  prezzo. 

Sgraziatamente  V Italia  su  questo  riguardo  è  ancora  assai  indietro  delle  altre 
nazioni  industriali,  talché  noi  vediamo  pressoché  tutte  le  travi  in  ferro  che  im- 
pieghiamo nelle  nostre  costruzioni  tirate  dalla  Francia,  dall'Inghilterra  o  dal 
Belgio.  La  causa  di  questo  nostro  malanno  non  è  già  la  mancanza  di  ferro  buono 
nelle  nostre  miniere,  che  abbiamo,  per  star  qui  vicino,  le  miniere  della  valle  d'Aosta 
e  quello  ancora  migliori  del  Bergamasco,  le  quali  danno  del  ferro  incomparabil- 
mente superiore  al  ferro  estero.  Ma  le  miniere  del  Bergamasco  sono  ora  pres- 
soché inattive  e  i  loro  operai  se  ne  muojono  di  fame!!  —  La  scarsezza  di  buon 
combustibile  è  la  speciosa  ragione  che  si  mette  sempre  innanzi  tutte  le  volte 
che  si  parla  di  industria  in -Italia  :  ma  questa  ragione,  a  cui  per  vero  non  si 
può  contraddire,  non  è  certo  sufficiente  ;  poiché,  se  da  una  parte  siamo  ob- 
bligati a  far  arrivare  dall'Inghilterra  il  coke  necessario  pagandone  le  spese  di 
trasporto,  se  dall'altro  facciamo  arrivare  il  ferro  già  lavorato,  dobbiamo  poi  pa- 
gare tutte  te  spese  di  trasporto  di  questo  e  i  relativi  diritti.  È  evidente  adunque 
che,  quand'anche  fossimo  obbligati  a  far  venire  dall'estero  tutto  il  combustibile 


64  SULL'  USO  DEL  FERRO  ECC. 

necessario  alla  lavorazione  del  nostro  ferro,  a  parità  d'altre  circostanze,  ci  do- 
vrebbe convenire  ancora  più  che  il  far  venire  il  ferro  lavorato.  Del  resto  in 
quanto  a  combustibile  giova  notare  che,  se  noi  non  abbiamo  le  miniere  di  car- 
bon  fossile,  abbiamo  però  in  discreta  quantità  dei  depositi  di  torbe,  di  ligniti, 
di  antraciti,  i  quali,  se  fossero  convenientemente  utilizzati,  potrebbero  diminuire 
notevolmente  la  scarsezza  di  combustibile.  La  ragione  principale  di  questo 
nostro  arrestamento  nell'industria  del  ferro,  crediamo  invece  che  stia  nel  poco 
spirito  intraprendilore  dei  nostri  capitalisti,  nel  poco  spirito  d'associazione,  e 
nella  poca  coltura  di  chi  vi  deve  attendere.  Ed  in  fatti,  benché  il  nostro  ferro 
sia  di  qualità  assai  migliore  dell'Inglese,  il  signor  Cambiaggio,  per  un  esempio, 
è  obbligato  a  servirsi  del  ferro  Inglese  per  i  suoi  tubi ,  perchè  i  ferri  laminati 
alle  nostre  officine  essendo  mal  tirati  specialmente  sui  bordi ,  danno  dei  tubi 
pressoché  tutti  difettosi. 

Per  ultimo  non  possiamo  tacere  come  una  delle  cause  non  indifferenti  che  si 
oppongono  al  nostro  risorgimento  industriale  sia  il  poco  incoraggiamento  che 
ne  viene  dal  Governo,  e  specialmente  il  modo  poco  favorevole  con  cui  sono  con- 
cepite le  tariffe  doganali.  Ecco  per  darne  un  esempio,  un  estratto  delle  tariffe 
doganali  risguardanti  il  ferro: 

Pel  ferro  di  l.a  fabbricazione  in  barre ,    verghe  ecc.  di  qua- 
lunque forma  o  diametro  ogni  100  chil L.  4 

Ferro  di  2.a  fabbricazione  semplice  ogni  100  chil.  ...     »  10 

In  travi,  assi  o  sale  di  veicoli  ecc.  ogni  100  chil.  ...»  6 
Ferro  laminato  in   lastre  di  4  millimetri  di  spessore  o  più 

per  100  chil »  4 

Id.  in  lastre  di  minor  spessore  od  anche  in  tubi  per  100  chil.  »  8 

I  travi  di  ferro  sono  dunque  secondo  la  detta  tariffa  tassati  appena  qualche 
cosa  di  più  dei  ferri  ordinarj  di  l.a  fabbricazione;  ma  sarebbe  utile  osservare  che, 
quantunque  le  travi  a  T  si  ottengano  direttamente  dal  laminatojo,  nondimeno  essi 
hanno  una  forma  ed  un  uso  determinato  e  sotto  questo  rapporto  potrebbero  quindi 
figurare  come  ferro  di  2.a  fabbricazione.  Ma  v'é  di  più:  il  ferro  laminato,  quando 
ha  uno  spessore  minore  di  m.  m.  4  paga  il  doppio  di  quello  il  cui  spessore  è  dai 
4  m.  m.  in  su  :  e  perchè  tanta  differenza  ?  Forse  che  lo  si  consideri  come  la- 
miera: ma  in  tal  caso  giova  osservare  che  le  lamiere  propriamente  dette  in  com- 
mercio si  intendono  sempre  di  una  larghezza  superiore  ai  40  centimetri,  che  in 
caso  diverso  si  chiamano  mojettoni  e  sono  ferri  come  gli  altri  tirati  al  lamina- 
tojo. Coi  ferri  laminati  poi  si  trovano  uniti  anche  i  tubi  ed  una  nota  in  calce  dice 
che  :  «  gli  estremi,  secondo  i  quali  devesi  applicare  un  minore  o  maggiore  dazio 
«  risguardano  solo  il  ferro  laminato,  fra  cui  si  trovano  per  sola  competenza  di  dazio 
«  anche  i  tubi  di  ferro  ».  È  naturale  che,  senza  questa  importante  spiegazione 
era  difficile  capire  in  qual  modo  i  tubi  c'entrassero  coi  ferri  tirati  al  laminatojo! 

Con  tutto  ciò  però,  se  il  sig.  Cambiaggio,  il  quale,  a  norma  della  succitata  ta- 
riffa, è  obbligato  a  pagare  sulla  sua  materia  prima  precisamente  lo  stesso  dazio 
che  si  paga  dei  tubi  fatti,  riesce  ancora  far  concorrenza  nel  prezzo  ai  tubi  in- 
glesi, bisogna  conchiudere  che  non  è  impossibile  in  Italia  rimettere  al  pari  che 
nelle  altre  nazioni  questo  importante  ramo  d'industria,  e  a  ciò  dovrebbe  coope- 
rare per  quanto  è  possibile   ogni   Italiano   che  ami   l'indipendenza  del  proprio 

paese. 

Ing.  Em.  Olivieri. 


RIVISTA  DI  GIORNALI  E  NOTIZIE  VARIE 


SULLA    FABBRICAZIONE 
DEL  BETON  COIGNET  E  SULLE  SUE  APPLICAZIONI. 

(Vedi  Tav.  5.a) 


Togliamo  AaìVEnglish  Mechanìc  e  dal  Builder  le  seguenti  notizie  risguardanli  il  beton  Coi- 
gnet, le  quali  ci  sembra  debbano  interessare  i  costruttori  italiani.  Il  beton  di  Coignet  consta, 
com'è  noto,  di  una  certa  quantità  di  sabbia,  di  poca  calce,  circa  1/4  in  volume,  e  di  una  pic- 
colissima quantità  di  cemento  di  Portland  che  può  essere  non  più  di  1/18,  1/20  od  anche  1/50 
del  totale.  Questi  ingredienti  sono  mescolati  con  poca  acqua,  come  per  formare  una  malta  or- 
dinaria, poi  la  massa  viene  sottoposta  ad  una  triturazione  di  più  o  meno  lunga  durata  col  mezzo 
di  uno  speciale  apparato.  In  grazia  di  questa  triturazione,  nonostante  la  piccola  quantità  d'acqua 
aggiunta  si  ottiene  prima  una  massa  pulverulenta,  la  quale,  prolungandosi  la  triturazione,  si  ri- 
duce poi  in  una  soda  pasta  plastica,  e  questa  viene  indrodotta  negli  stampi  o  casse  a  seconda  del- 
l' uso  che  se  ne  vuol  fare  e  sottoposta  ad  una  energica  compressione  col  mezzo  di  pistoni  o  pe- 
stelli od  anche ,  a  seconda  dei  casi ,  col  mezzo  delle  gambe  ben  coturnate  degli  stessi  operaj. 
Questa  compressione  produce  una  tale  agglomerazione  che  un  metro  cubo  e  mezzo  di  miscuglio 
non  si  riduce  più  che  a  un  metro,  e  la  calce,  le  cui  particelle  sono  meccanicamente  ravvicinate, 
si  indurisce  con  una  rapidità  e  con  una  forza  sorprendente.  Come  si  vede,  gli  elementi  di  questo 
beton  col  quale  si  fanno  coli' eguale  facilità  i  fondamenti  e  i  muri  intieri  delle  fabbriche  come 
le  statue  più  delicate ,  non  sono  per  nulla  costosi ,  tanto  più  che  non  è  strettamente  necessario 
per  la  buona  riuscita  del  medesimo  che  la  sabbia  e  la  calce  siano  delle  migliori  qualità  :  le  co- 
struzioni, per  esempio,  occorrenti  per  l'officina  di  questo  beton  a  S.  Denis  presso  Parigi  si  fanno 
colla  massima  facilità  impiegando  invece  di  sabbia  tutti  i  detriti  e  le  spazzature  dell'officina. 

Tutta  la  difficoltà  dunque  si  riduce  alla  preparazione  degli  elementi  e  all'  apparato  speciale 
per  ottenere  la  conveniente  triturazione.  Le  figg.  1,2,3  (Tav.  B.a)  rappresentano  l' apparato 
pel  quale  ha  preso  recentemente  una  privativa  in  Inghilterra  il  sig.  Henry  e  che  è  quella  ado- 
perata da  Coignet.  La  macchina  consiste  in  una  lunga  eamera  orizzontale  nella  quale  ruotano 
due  alberi  paralleli  pure  orizzontali  solidarj  l'uno  all'altro  per  mezzo  di  un  ingranaggio  e  por- 
tanti sulla  loro  superfìcie  una  serie  di  sporgenze  disposte  secondo  un'  elica  e  tagliate  esse  stesse 
secondo  porzioni  della  stessa  elica.  Le  sporgenze  dei  due  alberi  poi  sono  alternate  in  modo  che 
quelle  dell'  uno  lavorano  nell'  intervallo  lasciato  fra  quelle  dell'  altro  :  la  camera  o  meglio  le  ca- 
mere comprendenti  i  due  alberi  terminano  da  una  parte  a  tronco  di  cono  e  per  conseguenza  in 
quella  posizione  le  appendici  di  questi  sono  più  corte.  Le  camere  stesse  hanno  dei  coperchi 
amovibili  pel  caso  di  riparazioni  od  altro.  La  materia  si  introduce  da  una  estremità;  all'altro 
estremo  vi  sono  le  aperture  per  lo  scarico,  le  quali  sono  chiuse  da  valvole  aggiustate  sugli  al- 
beri. Un'appendice  può  essere  addattata  ad  un  estremo  per  dare  maggior  spazio  al  beton  o  ai  ma- 
teriali che  si  lavorano  npll'  apparato.  L' apparato  stesso  può  essere  a  volontà  posto  sopra  un  ap- 
Giorn.  Jng>  —  Voi  XVI.  —  Gennajo  1868.  B 


ffi  RIVISTA  DI   GIORNALI 

posilo  carro  con  facile  manovra.  Nella  fig.a  l.a,  che  rappresenta  una  projezione  orizzontale  del- 
l' apparecchio,  si  vede  in  P  la  camera  aperta  per  introdurvi  i  materiali  ;  in  F  P"  P"  si  vedono 
i  coperchi  amovibili  pel  caso  di  pulire  o  riparare  la  macchina:  in  q  si  vedono  le  bocche  di 
scarico,  le  quali  sono  coniche  e  chiuse  da  valvole  o  tappi  pure  conici  assicurati  con  viti  sugli 
assi  in  modo  che  si  possano  regolare  ad  una  distanza  tale  da  lasciare  maggiore  o  minore  spazio 
anullare  all'uscita  del  materiale  manipolato.  Nella  fig.  2.a,  che  rappresenta  una  sezione  oriz- 
zontale dell'apparecchio,  si  vede  meglio  la  costruzione  degli  alberi  e  la  disposizione  delle  loro 
appendici,  e  nella  fig.a  3.a  si  vede  una  sezione  trasversale  dell'apparecchio. 

Con  questo  beton  si  possono  costrurre  case  per  intero  dalle  fondamenta  fino  all'ultima  cor- 
nice di  decorazione,  ed  il  tutto  si  può  ottenere  come  di  un  pezzo  solo,  poiché  si  può  sempre 
unire  1'  opera  di  un  giorno  con  quella  del  precedente  in  modo  che  non  vi  sia  alcuna  interru- 
zione visibile.  All'  officina  stessa  di  S.  Denis  esiste  per  esempio  un  arco  assai  ribassato  e  di  ben 
20  metri  di  corda ,  il  quale  fu  costrutto  con  questo  beton  a  strati  successivi  pilonnati  l' uno 
sull'altro,  ed  ora  si  presenta  né  più  né  meno  che  come  un  colossale  monolite  capace  della  più 
sorprendente  resistenza.  Così  abbiamo  visto  noi  stessi  nelle  case  d' abitazione  succursali  alla  stessa 
officina,  costrurre  delle  volte  quasi  piatte  dello  spessore  di  10  a  15  centimetri  e  coi  muri  esterni 
pure  in  beton  di  0m,50  di  spessore  e  ciò  senza  l'ajuto  né  di  ferro  né  di  legno,  all'infuori  della  centina 
necessaria  per  comprimervi  su  il  beton  sempre  a  strati  successivi  e  sottili.  Quanto  alla  durezza 
acquistata  da  questa  pietra  artificiale,  ne  abbiamo  una  prova  in  due  scaglie  che  abbiamo  noi 
stessi  portato  via  a  casaccio  dall'officina  e  che  comunque  sottili  e  taglienti,  non  si  poterono 
mai  spezzare  per  quanti  ci  si  siano  provati.  Crediamo  insomma  che  questo  beton,  qualora  fosse 
generalizzato  e  ridotto  a  basso  prezzo,  (che  non  dovrebbe  costare  più  di  15  o  16  franchi  al  metro 
cubo  pei  muri  ordinarj),  dovrebbe  portare  un  grande  progresso  nelle  costruzioni  d'ogni  genere. 
Non  riteniamo  affatto  inutile  per  ultimo  di  aggiungere  la  tariffa  del  sig.  Coignet,  dalla  quale  si 
potrà  vedere  quanto  si  guadagna  coli'  industria  altrove. 

Tarif  des  prlx  pour  Paris 

ET  LE  DÉPARTEMENT  DE  LA  SEINE  DES  BÉTONS  AGGLOMÉRÉS  A  BASE  DE  CHAUX 

SYSTÈME  COIGNET. 

CONSTRUCTIONS  MONOLITES 
Fosses  A"  aisance,  citernes,  réscrvoirs 

A   L'ÉTAT   MONOLITHIQUE 

IMPERMÉABLES,  SANS  JOINTS,  SANS  ENDMTS,  COMPR1S  LE  CINTRAGE  ET  LE  TAMPON  d'eXTRACTION 

Parois  non  encastrées  entre  murs.  —  Èpaisseur:  0m,20  à  0m,30 
Paroìs  encastrées  entre  murs.  —  Èpaisseur:  0m,15  à  0,m20 

DURÉE    ET     ÉTANCHÉITÉ    GARANT1ES 

V  èpaisseur  dépend  de  la  capacitò  de  la  fosse  et  de  la  nature  du  terrain. 

PRIX: 

Le  mètre  cube  de  beton  agglomerò  mis  en  place  60  fr. 

Pour  toute  fosse  ou  citerne  au-dessous  de  10  mètres  cubes  de  capacitò,  la  plus  value  est  de 
10  fr.  par  mètre  de  capacitò. 

Les  terrassements  et  frais  accessoires  de  pose  de  tuyaux,  de  pénétration,  etc,  seront  payés  en 
sus,  suivant  le  tarif  de  la  Ville. 


E  NOTIZIE  VARIE  67 

Dallages  en  tous  genves 

REMPLACANT   LE   PAYÉ,    LES   DALLES,    L'ASPHALTE   ET   LE   MACADAM 

Pour  cours,  écuries,  remises,  passages  de  porte  cochère,  ateliers,  rez-de-chaussée ,  magasins. 
caves,  préaux,  églises,  etc. 

Le  mètre  superficiel  à  0,05  d'épaisseur.    .    .    .    3  fr.  50 
Chaque  centimètre  eri  plus O        50 

Dallages  quadrilles  à  la  surface: 

Plus-value  par  mètre  superficiel O        50 

Les  dèblais,  dressement  et  nivellement  seront  payé  en  sus,  d' après  les  tarifs  de  la  ville  ou 
en  règie. 

Tout  travail  au-dessous  de  100  mètres  de  surface  sera  augmenté  de  0,80  par  mètre. 

Tout  travail  au-dessous  de  25  mètres  de  surface  sera  augmenté  de  1  fr.  par  mètre. 

Tous  dallages  établis  au-dessus  du  rez-de-chaussée  subiront  une  augmentation  de  prix  pro- 
portionnelle  au  degré  d'élévation,  en  prenant  pour  base  te  tarif  de  la  ville  concernant  l'élévation 
des  matériaux. 

Fondations,  sous-sols  étanches,  avec  voùtes  surbalssées 

Comprenant  caves,  murs,  voùtes,  dallages,  tètes  de  baies  de  portes  ou  autres,  ecc. 
A  parements  lisses,  et  ayant  forme  de  pierre  de  taille,  t 

Le  mètre  cube 50  fr. 

Frais  de  cintrage  en  sus. 

I  ondatioiis   et    sous-sols    ovdinaires 

AYANT   APPARENCE   DE   PIERRE   DE   TAILLE 

Le  mètre  cube 40  fr. 

Frais  de  cintrage  en  sus. 

Massifs  monolitlies  de  machines  a  vapeur  et  autres 

De  2  à  10  mètres  cubes,  le  mètre  cube     .    .    .    .     75  fr. 
Au-dessus  de  10  mètres GO 

On  s'entendrait  à  l'amiable  pour  massifs  de  grandes  dimensions,  pour  tous  bétons  agglomérés 
destinés  à  des  remplissages,  ainsi  que  pour  toutes  constructions  accessoires. 
Les  plans,  dessins,  gabarits,  terrassements,  etc,  sont  à  la  charge  du  propriétaire. 

llaeoimei'ies  courautes 

Murs  de  soutènement,  murs  de  clóture,  etc.  —  Se  traitent  de  gre  à  gre,  les  prix,  variant  selon 
les  localités  et  le  prix  des  matériaux. 

PIERRES  ARTIFICIELLES 

DE   TOUTES   DURETÉS,   DE   TOUTES   F0RMES   ET  DE   TOUTES   DIMENSIONS. 

Pierres   extra-dures 

Dalles  de  toutes  dimensions  pour  pavage.  —  Marches  d' escaliers ,  droites  ,  sans  moulures.  — 
Pierres  palières  de  toutes  dimensions.  —  Pierre  de  soubassement.  —  Arètes  de  voùtes.  —  Par- 
paings  de  toutes  dimensions.  —  Dès.  *-  Bornes.  —  Bordures  de  trottoirs.  —  Bouches  d'égouts. 


68  RIVISTA  DI  GIORNALI 

—  Seuils  de  portes  ou  de  devantures.  Caniveaux  de  toutes  formes.  —  Chaperons  de  murs.  — 
Bahuts  et  soubassements  de  grilles ,  etc.  —  Margelles  de  puits.  —  Plates-bandes  de  portes  co- 
chères  ou  autres. 

Tampons  de  fosses  d' aisance  et  de  citernes,  avec  leur  chàssis  et  Y  anneau  scellé. 

Dalles  minces  pour  soubassements. 

Le  tout  avec  economie  d'environ  80  pour  100  sur  les  produits  similaires  en  pierre  naturelle. 

Pierres  dures 

Cubes  de  toutes  duretés,  de  toutes  dimensione  de  toutes  formes,  remplacant  dans  le  bàtiment 
toutes  espèces  de  pierres  et  briques. 
Toutes  ces  pierres  sont  à  parements  lisses  et  à  arétes  vives,  mais  sans  moulures  ni  ornements. 

Environ  80  fr.  le  mètre  cube. 
Rendues  à  pied  d'oeuvre. 

Pierres  hydrauliques  avec  moulures  ou  ornements 

Auges.  —  Fontaines.  —  Mangeoires  d'écuries.  —  Bassins.  —  Vasques.  —  Vases  à  fleurs,  etc,  etc. 

Se  vendent  à  la  pièce  et  en  proportion  de  la  scuìpture  et  des  difficultés  d' installation ,  mais, 

dans  tous  les  cas ,  avec  une  economie  garantie  de  plus  de  80  pour  100  sur  la  pierre  ordinaire. 

Pierres  sculptées  et  ornées 

Pierre  pour  batiments:  —  Portails.  —  Portes.  —  Fenétres.  —  Bandeaux.  —  Trumeaux.  — 
Balcons.  —  Corniches.  —  Perrons.  —  Pierres  palières.  —  Marches  d' escaliers  à  l'anglaise.  — 
Marches  tournantes.  —  Marches  avec  moulures.  —  Colonnes.    —   Chapiteaux.   —  Pilastres.  — 

—  Montants  de  grilles. 

Economie  garantie  d'au  moins  BO  pour  100. 

Les  pierres  de  fantaisie  :  Statues,  Piédestauy,  Ornements  de  jardins,  Tables,  Bancs,  etc,  se  ven- 
dent à  la  pièce. 

Les  Balustrades  se  vendent  au  mètre  linéaire. 

Economie  de  plus  de  50  pour  100  sur  les  objets  similaires  établis  en  pierre  naturelle. 

Moyennant  les  prix  ci-dessus,  ces  différents  pierres  soni  rendues  à  pied  d'ceuvre 
dans  Paris  et  le  département  de  la  Scine. 

Pour  toute  autre  localité,  les  transports  sont  à  la  charge  de  l'acquéreur. 

On  fait  10  fr.  de  remise  'par  mètre  cube  sur  les  pierres  prises  à  l'usine  de  Saint-Denis. 

On  traite  de  gre  à  gre  pour  toute  commande  à  exécuter  sur  plans  et  dessins. 

LA  PIETRA  ARTIFICIALE  DI  RANSOME. 

Già  altra  volta  nel  presente  giornale  fu  chiamata  l'attenzione  su  questa  pietra:  ora  togliamo 
dall'  English  Mediante  alcuni  maggiori  dettagli  sulla  medesima.  —  Gli  elementi  con  cui  il 
sig.  Ransome  riuscì  a  comporre  la  sua  pietra  artificiale  sono,  com'è  noto,  il  silicato  di  soda, 
k  sabbia  ed  il  cloruro  di  calce.  Il  silicato  di  soda  si  fabbrica  nel  seguente  modo.  Dei  pezzi 
di  silice  (flint)  sono  posti  sopra  una  griglia  di  ferro  entro  una  caldaja  di  costruzione  simile 
alle  ordinarie  caldaje  a  vapore:  vi  si  aggiunge  una  soluzione  caustica  di  soda  del  peso  speci- 
fico di  1,200,  quindi  la  caldaja  viene  chiusa  a  tenuta  di  vapore  e  tutto  il  contenuto  sotto- 
posto all'  azione  del  vapore  preso  da  una  caldaja  vicina  alla  pressione  di  70  libbre  (eh.  4, 94 
per  cent.  q.  ossia  8  atmosfere).  La  silice  ridotta  cosi  allo  stato  di  vetro  solubile  viene  estratta 
sotto  forma  di  una  sostanza  quasi  liquida ,  la  quale  si  fa  poi  evaporare  finché  acquisti  la 
consistenza  di  una  pasta  ed  il  peso  specifico  di  1, 700.  -  La  sabbia  che  si  deve  impiegare 
viene  fatta  prima  seccare  perfettamente  entro  un  cilindro  che  gira  su  un  perno,  e  dentro  il 
quale   per  mezzo    di   un   ventilatore    ad    azione  centrifuga ,    viene    iniettata    dell'  aria    calda. 


E  NOTIZIE  VARIE  69 

Bisogna  notare  che  colla  sabbia  viene  mescolata  una  piccola  quantità  di  carbonato  di  calce  o 
creta  finissimo  allo  scopo  di  empire  gli  interstizj.  Uno  stajo  (ett.  0,  363)  di  questa  sabbia  così 
preparata  viene  mista  con  un  gallone  (litri  4,  543)  di  silicato  di  soda  e  manipolata  entro  un 
apparecchio  simile  a  quelli  che  si  adoperano  per  l'argilla.  Quando  la  sabbia  ha  acquistato  una 
consistenza  sufficiente  viene  modellata  a  seconda  della  forma  che  si  richiede  ed  allora  è  pronta 
per  ricevere  la  soluzione  di  cloruro  di  calce.  Appena  che  questa  è  data,  all'  istante  il  silicato  di 
soda  ed  il  cloruro  di  calce  si  decompongono  a  vicenda  e  danno  luogo  a  un  silicato  di  calce  e 
ad  un  cloruro  di  sodio  e  la  pietra  si  indurisce  rapidissimamente,  quasi  come  il  gesso.  La  solu- 
zione di  cloruro  di  calce  viene  dapprima  versata  sulla  sabbia  modellata,  ma,  appena  che  questa 
ha  acquistato  una  consistenza  sufficiente,  si  immerge  il  pezzo  nella  soluzione  stessa,  la  quale  si 
fa  bollire  in  un  bacino  aperto  col  mezzo  di  vapore  condotto  attraverso  al  medesimo  con  tubi. 
A  questo  modo  tutta  l'aria  viene  espulsa  dalla  pietra  e  l'unione  delle  particelle  resa  più  intensa. 
Quando  è  terminata  l'operazione  dell'immersione  anzidetta,  la  pietra  viene  condotta  in  un  re- 
cipiente d' acqua  fredda,  dove  il  cloruro  di  sodio  viene  lavato  via  e  la  pietra  stessa  rimane  im- 
permeabile all'  umido. 

In  una  occasione  recente  due  cubi  di  questa  nuova  pietra,  ciascheduno  di  4  oncie  di  lato 
(0m,101)  furono  sottoposti  ad  un'esperienza  per  constatarne  la  resistenza  alla  compressione:  oc- 
corsero 44  tonnellate  per  schiacciare  il  primo  cubo  e  48  per  il  secondo,  mentre  un  egual  cubo 
di  pietra  di  Bath  non  resistette  ad  una  pressione  minore  del  terzo. 

Il  periodico  inglese  crede  che  la  nuova  pietra  debba  apportare  una  grandissima  utilità  special- 
mente nelle  costruzioni  civili.  Quanto  a  noi  che  non  manchiamo  certo  né  di  materiali  né  di  in- 
gegni è  sommamente  lamentabile  come  così  poco  ci  occupiamo  di  produrre  qualcosa  di  nuovo  e 
di  utile  in  questo  genere  e  proseguiamo  imperturbabili  a  costruire  le  nostre  case  di  mattoni 
albasi  e  di  molerai 

IL  NUOVO  MOTORE  A  VAPORE  PER  STRADE  ORDINARIE  DEL  SIG.  THOMPSON. 

Il  sig.  Thompson  avrebbe,  secondo  lo  Scotsman,  superato  in  un  modo  affatto  straordinario  tutte 
le  difficoltà  che  finora  si  opposero  nella  costruzione  delle  locomotive  per  strade  ordinarie.  Le  ruote 
del  motore  Thompson  sono  né  più  né  meno  che  formate  da  tante  bande  di  gomma  elastica  vulca- 
nizzata di  circa  12  oncie  di  larghezza  per  5  di  spessore  (m.  0,305  per  m.  0,127)  e,  ciò  che  pare  in- 
credibile, questa  sostanza  soffice  ed  elastica  non  solo  porta  assai  bene  il  gran  peso  della  macchina, 
ma  passa  sopra  ogni  sorta  di  strade  per  quanto  in  cattivo  stato  senza  che  vi  si  scorga  un'  am- 
maccatura sulla  sua  superficie.  Queste  ruote  passano  sopra  i  ciottoli  senza  schiacciarli  e  per  con- 
seguenza non  deteriorano  per  nulla  le  strade:  il  potere  motore  consumato  nella  marcia  è  assai 
minore  di  quello  che  sarebbe  richiesto  per  un  veicolo  di  costruzione  ordinaria,  poiché  si  ha  di 
meno  il  potere  necessario  per  schiacciare  i  ciottoli  e  fare  i  solchi  nella  strada.  Il  peso  della 
macchina  è  all'  incirca  4  o  5  tonnellate  e  ad  onta  di  ciò  le  ruote,  passando  sopra  a  della  terra 
espressamente  gettata  sulla  strada  per  un'altezza  di  uno  o  due  piedi,  non  vi  lasciarono  che  una  leg- 
gerissima compressione.  Un  altra  specialità,  di  questo  motore  si  ha  nella  caldaja  verticale  di  cui 
lo  stesso  Thompson  ha  un  brevetto  e  nella  quale  si  evaporano  libbre  4,68  (chil.  2,12)  di  acqua 
abbrucciando  1  libbra  (chil.  0,ftB3)  di  carbon  fossile.  Con  63  piedi  (m.  q.  0,585)  di  superfìcie  di 
riscaldamento  essa  evapora  15  piedi  cubi  e  1/3  (m.  e.  0,434)  di  acqua  per  ora.  Sembra  in  con- 
clusione che  questo  nuovo  motore  sia  destinato  a  recare  grandi  vantaggi,  purché  l'usura  delle 
sue  ruote  non  sia  tale  da  renderne  troppo  costosa  la  manutenzione. 

(Dall'  English  Mechanic). 

TEGOLE  RONDANI. 

Queste  tegole,  che  già  da  molti  anni  si  fabbricano  e  sono  in  uso  a  Parma,  furono  pre- 
miate con  medaglia  all'  esposizione  italiana  in  Firenze  nelP  anno  1861  ,  all'  esposizione  interna- 
zionale di  Londra   nel   1862,  a  quella  di  Panna  nel  1863,   e   finalmente   a  quella  di  Parigi 


70  RIVISTA  DI  GIORNALI 

nell'anno  scorso,  in  seguito  a  che  furono  ritirati  i  campioni  e  messi  nel  nuovo  museo  italiano 
in  Torino.  Le  tegole  Rondarli  sembra  che  rispondano  molto  bene  al  problema  di  costituire  una 
copertura  abbastanza  bella  all'  occhio,  leggera  e  impermeabile  all'  acqua.  Il  peso  infatti  di  13  di 
queste  tegole,  numero  occorrente  per  1  m.  q.  di  tetto  non  è  che  chil.  48 ,  mentre  colle  tegole 
ordinarie  è  circa  il  doppio.  Esse  hanno  poi  anche  il  vantaggio  di  essere  tutte  visibili  al  di  sotto 
e  quindi  di  lasciar  vedere  immediatamente  qualunque  guasto  e  renderne  per  conseguenza  più 
pronta  la  riparazione.  La  forma  di  queste  tegole  è  indicata  nelle  fig.  (4  e  5).  La  scanalatura  a 
di  ciascuna  tegola  va  coperta  colla  parte  b  della  vicina,  la  quale  al  disotto  porta  un'altra  sca- 
nalatura consimile ,  ma  in  modo  che  un  labbro  dell'  una  entri  nel  vuoto  dell'  altro  :  con  tale 
disposizione  l'acqua  che  infiltrasse  fra  una  tegola  e  l'altra  passando  sotto  alla  parte  b  incontre- 
rebbe le  due  scanalature  accavallate  e  vi  sarebbe  trattenuta  e  mandata  dalle  medesime  verso  il 
basso.  Nel  senso  poi  della  pendenza  del  tetto  le  tegole  si  accavallano  come  si  vede  nella  fig.  5 
riuscendo  anche  in  questo  senso  impossibile  all'  acqua  il  tornare  indietro.  Il  prezzo  di  tali  tegole 
a  Parma  è  di  0m,20  cadauna,  quindi  di  L.  2,26  per  metro  quad.  di  copertura. 

lng.  E.  Olivieri. 


CORSO  DI  CELERIMENSURA 

NE  Ij     R.    ISTITUTO     TECNICO     SUPERIORE 

(Anno  5.°,  1867-68) 


Santo  delle  lezioni  del  mese  di  Gennaio  1868. 

Otto  sono  state  le  lezioni  di  Celerimensura  durante  il  mese  di  Gennajo.  Gl'argomenti  trattati 
sono  stati  i  seguenti  : 

1.°  Sistema  di  coordinate  curvilinee  e  di  projezione  da  adottarsi. 

2.°  Operazioni  trigonometriche  divise  in  parte  astronomica  e  parte  geodesica  di  tre  ordini. 

3.°  Postulati  che  sono  proposti  alla  geodesia,  1.°  dai  lavori  pubblici,  2.°  dalla  giurisprudenza 
e  dai  bisogni  amministrativi. 

k.°  Poligonazioni  e  comprovazioni. 

Provata  la  odierna  necessità  di  estendere  a  tutte  le  operazioni  geodesiche  un  sistema  uniforme 
di  coordinate,  dappoi  le  triangolazioni  di  1.°  ordine  fino  al  rilevamento  d'una  semplice  parcella 
di  proprietà,  era  mestieri  scegliere  fra  i  sistemi  usati  e  modificare  opportunamente  onde  otte- 
nere l'intento,  giacché  la  uniformità  di  ordinamento  nelle  misure  e  loro  suddivisioni  è  uno  degli 
elementi  della  celerità  pratica  delle  operazioni,  perciò  il  professore  ha  insistito  sulle  già  date 
spiegazioni  dicendo  : 

Che  per  le  grandi  dimensioni  geografiche  le  longitudini  e  latitudini  formano  senza  dubbio  il 
sistema  di  coordinate  il  più  conveniente ,  ma  nei  lavori  parziali  degl'  ingegneri  e  nelle  misura- 
zioni agrarie  non  si  potrebbero  sostituire  alle  lineari  le  misure  in  gradi. 

Che  nulla  ostando  però  a  ciò  che  la  lunghezza  precisa  di  un  arco  di  meridiano  e  di  un  arco 
di  parallelo  sia  espressa  in  metri,  essendo  anzi  necessario  di  determinarle,  queste  lunghezze,  af- 
finchè dai  confronto  del  loro  valore  geodesico  e  dell'astronomico  emergano  tutte  le  irregolarità 
della  superficie  idrostatica  italiana,  così  era  naturale  il  fermarsi  a  questo  sistema  nel  quale  le 
coordinate  orizzontali  X,  Y  sono  date  in  metri  e  s' intendono  misurate ,  cioè  la  X  sul  parallelo 
del  punto  a  cui  appartiene,  la  Y  sul  primo  meridiano  a  partire  dall'  equatore.  Le  altezze  essendo 
come  al  solito  da  contarsi  dalla  superficie  idrostatica  presa  al  livello  del  mare. 


E  NOTIZIE  VARIE  71 

In  questo  sistema  sono  dunque  dati  tutti  i  punti  delle  grandi  triangolazioni  per  le  loro  tre 
coordinate  XYZ;  ma  sottintendendo  solo  i  mirametri,  che  in  ogni  parziale  operazione  sarebbero 
comuni  a  tutti  i  punti ,  e  scrivendoli  una  sol  volta  nell'  angolo  del  foglio  il  più  vicino  all'  ori- 
gine, si  può  riferire  ai  medesimi  assi  cardinali  (il  primo  meridiano  e  1'  equatore)  tutti  i  punti 
della  periferia  d'uno  anche  piccolissimo  appezzamento  di  proprietà,  e  così  costituire  la  equa- 
zione perimetrale  numerica  per  punti  di  ogni  appezzamento  riferita  a  quegli  assi  stessi. 

Malgrado  gì'  inconvenienti  tutti  di  porre  per  l' Italia  eccezionalmente  1'  origine  delle  sue  coor- 
dinate al  di  là  di  una  frontiera  che  non  dovrebbe  esistere ,  il  professore  non  esita  a  consigliare 
per  primo  meridiano  italico  il  meridiano  di  Roma. 

Le  longitudini  e  latitudini  così  espresse  in  metri  sono  quindi  chiamate  longidi  e  latidi,  per 
differenziarle  dalle  omologhe  espresse  in  gradi,  e  vi  si  aggiunge  per  la  terza  coordinata  la  altide 
lasciando  al  vocabolo  altezza  il  suo  significato  individualizzatore  (altezza  di  un  edifìcio  sul  suo 
piede,  e  di  una  montagna  sulle  soggette  valli)  ed  al  vocabolo  altitudine  il  suo  significato  generi- 
camente qualificativo  accettandolo  per  esprimere  la  movenza,  vale  a  dire  il  reggime  delle  altidi 
in  un  dato  tratto  di  paese. 

Osservando  poi  che  tutti  i  punti  di  equilongide  sul  globo  non  si  trovano  sul  medesimo  me- 
ridiano, bensì  sopra  una  linea  a  doppia  curvatura  quasi  parallela  al  primo  meridiano,  che  il 
professore,  addottando  la  denominazione  usata  dagl'  antichi  romani  chiama  Cardine  massimo,  egli 
introduce  nell'  uso  quella  nuova  linea  geodesica  sotto  il  nome  di  paracardine. 

Finalmente  ei  fa  rimarcare  che  attesa  la  sua  forma  e  le  sue  proprietà ,  questa  nuova  linea 
geodesica  si  presta ,  per  il  disegno ,  alla  anamorfosi  perfettamente  quadratica ,  secondo  la  quale 
le  alterazioni  necessarie  per  disegnare  sopra  la  carta  piana  la  superficie  curva  idrostatica  su  cui 
s'intende  fatta  la  projezione,  e  ciò  nei  limiti  di  grandezza  dell'Italia,  sono  pochissima  cosa,  che 
perciò  la  anamorfosi  quadratica  che  se  ne  deduce  è  eminentemente  conveniente  allo  scopo  per  la 
sua  chiarezza,  e  per  la  semplicità  delle  conseguenze  pratiche  a  cui  dà  luogo ,  e  ancora  perchè 
presenta  sviluppati  in  linea  retta  i  paralleli  ed  i  paracardini. 

Parlando  innanzi  ad  un  uditorio  che  ha  seguito  negl'anni  precedenti  il  corso  di  alta  geodesia 
usuale,  il  professore  non  ha  trattato  per  disteso  l'argomento  delle  triangolazioni;  egli  si  è  limitato 
a  mettere  in  evidenza  quei  nuovi  procedimenti  che  procurano  la  massima  celerità,  non  di- 
sgiunta da  un  grado  di  precisione  superiore  a  quello  di  tutti  i  procedimenti  fin  qui  conosciuti. 

La  differenza  caratteristica  del  nuovo  metodo  per  confronto  col  fin  qui  usato  sta  in  ciò,  che 
in  prima  occorreva  per  ottenere  un'  alto  grado  di  esattezza  un  gran  numero  di  osservazioni,  cia- 
scuna delle  quali  era  ad  un  certo  titolo  di  esattezza  minore,  che  poi  colle  compensazioni  si  rialzava 
in  ragione  della  radice  quadrata  del  numero  delle  osservazioni  ;  nel  nuovo  procedimento  invece 
occorrono  pochissime  osservazioni  ma  fatte  direttamente  ad  un  titolo  di  esattezza  assai  più  elevato, 
la  qual  cosa  procura  molta  economia  di  tempo. 

I  mezzi  a  cui  per  ciò  si  ricorre  riguardano  alcuni  il  metodo,  alcuni  gli  strumenti. 

Nel  metodo  nuovo  i  triangoli  di  primo  ordine,  salvi  alcuni  casi  particolari,  non  devono  ecce- 
dere l'area  media  di  dieci  mila  ettaree. 

I  segnali  di  1.°  ordine  debbono  essere  permanenti,  in  buona  muratura  od  in  pietra  di  taglio, 
ma  basta  per  essi  un  semplice  pilastrino  sormontato  da  una  piccola  asta  metallica  terminata  a 
foggia  di  sfera. 

L'esperienza  di  lunghi  anni  ha  provato  che  in  siffatto  modo  a  circostanze  atmosferiche  eguali 
s'innalza  di  molto  il  titolo  dell'esattezza  così  delle  singole  osservazioni  come  dell'insieme. 

Se  poi  invece  dei  più  grandi  teodoliti  si  ammette  il  cleps  geodesico  N.  1  (1),  molto  più  po- 
tente per  forza  ottica  e  per  accuratezza  e  minutezza  delle  divisioni  de' suoi  circoli,  si  arriva  ad 
ottenere   un'esattezza  molto  più  grande  ancora  e  sin  qui  sconosciuta  in  tal  genere  d'operazioni, 


(1)  Il  cleps  è  lo  strumento  unico  ed  universale  della  geodesia  nuova,  ma  varia  di  grandezza  a  se- 
conda dell'  importanza  delle  operazioni  a  cui  si  destina.  Il  cleps  N.  1  porta  un  cannocchiale  d'un  me- 
tro ;  il  N.  2  ha  un  cannocchiale  di  mezzo  metro;  il  N.  3  di  un  terzo  di  metro,  ed  il  N.  4  di  due  de- 
cimetri. V,  lng.  Arch.  ,  voi.  XV,  pag.  574, 


72  RIVISTA  DI  GIORNALI 

che  sono  poi  del  resto  assoggettate  ancora  per  le  loro  minime  incertezze  rimanenti  ai  metodi  di 

compensazioni  fin  qui  usati. 

I  punti  di  primo  ordine  sono  caratterizzati  nel  metodo  celere  da  ciò  che  vi  si  misurano  tutti 
gl'angoli  e  vi  si  stabiliscono  dei  segnali  permanenti  concentrici,  vale  a  dire  tali  da  poter  collo- 
care comodamente  l'istrumento  per  la  osservazione  degl'angoli  esattamente  nell'istesso  punto 
che  è  centro  geodesico  del  segnale. 

I  punti  di  2.°  ordine  invece  sono  tutti  determinati  per  intersezione  dalle  stazioni  di  1.°  ordine, 
essi  sono  perciò  scelti  sugl'edifizii  permanenti  visibili  senza  curarsi  della  loro  accessibilità:  non 
vi  si  misura  il  terzo  angolo,  ma  si  intersecano  in  azimut  od  in  apozenit  da  almeno  tre  punti 
di  4.°  ordine  a  fine  di  doppiamente  comprovarli.  Questi  punti  non  si  assoggettano  al  modo 
ordinario  di  compensazione  delle  reti  di  primo  ordine,  perchè  le  loro  determinazioni  sono  pura- 
mente isolate  ed  indipendenti. 

Non  vi  sono  nel  metodo  celere,  che  descriviamo  sommariamente,  dei  punti  trigonometrici  di  terzo 
ordine  propriamente  detti,  ma  vi  si  supplisce  da  alcune  delle  stazioni  che  si  fanno  poi  per  lo 
riempimento,  vale  a  dire  per  il  rilevamento  parcellare  osservando  in  azimut  ed  in  apozenit  al- 
meno quattro  punti  di  4.°  o  di  2.°  ordine,  mediante  la  qual  cosa  si  calcola  la  posizione  di  queste 
stazioni  con  altrettanta  sicurezza  ed  esattezza  quanta  pei  punti  di  3.°  ordine  non  se  ne  otter- 
rebbe coi  metodi  ordinarii.  Tutto  ciò  porta  pure  una  grande  economia  di  tempo  senza  mancar 
all'  esattezza. 

II  metodo  delle  trisezioni  si  può  in  tal  modo  applicare  senza  che  ne  costi  veruna  sensibile 
spesa  se  non  quei  sette  od  otto  minuti  che  occorrono  in  ciascuna  stazione  a  fare  le  osservazioni,  e 
si  fanno  di  tali  osservazioni  in  tutte  quelle  stazioni  del  rilevamento  dalle  quali  si  vedono  almeno 
quattro  punti  di  4.°  o  di  2.°  ordine.  In  tal  modo  esse  divengono  veri  punti  di  terzo  ordine. 

Neppure  qui  v'ha  luogo  ad  applicare  il  metodo  di  compensazione  che  tanto  è  conveniente 
per  le  reti  di  primo  ordine,  perchè  qui  pure  si  tratta  di  determinazioni  tutte  isolate  ed  indipen- 
denti, ma  qualora  si  siano  da  ciascuna  stazione  di  questa  specie  osservati  quattro  punti  di  4.°  e 
di  2.°  ordine,  queste  determinazioni  assumono  il  più  alto  grado  di  certezza  e  di  esattezza  che  sia 
desiderabile. 

È  duopo  qui  avvertire  che  il  cleps  N.  2  è  quello  che  si  dovrà  impiegare  per  il  rilevamento 
parcellare  generale  italico,  e  che  i  suoi  circoli  hanno  per  limite  di  esattezza  il  millesimo  del 
grado  il  che  è  più  e  meglio  assai  del  fin  qui  usato  pel  3.°  ordine. 

La  parte  astronomica  delle  operazioni  di  1.°  ordine  consisterà  nella  osservazione  delle  lon- 
gitudini, latitudini  ed  azimut  in  un  buon  numero  di  stazioni  di  4.°  ordine  in  tal  modo  scelte, 
che  si  possano  avere  nel  campo  del  tubo  zenitale  delle  stelle  comuni  di  vicino  in  vicino  su 
tutta  la  estensione  dell'Italia. 

Impiegando  in  queste  osservazioni  un  tubo  zenitale  di  due  metri,  si  può  esser  certi  di  otte- 
nere in  tre  sole  sere  di  osservazione  le  differenze  in  latitudine  a  meno  d' un  deci-millesimo  di 
grado  presso,  ed  il  tempo  con  precisione  a  quella  comparabile  mediante  un  cronografo  elettrico 
di  particolar  costruzione. 

Quanto  agl'azimut  da  osservarsi  unicamente  colle  stelle  circompolari  il  cleps  N.  4  è  superiore 
per  rapidità  e  per  esattezza  a  tutti  gli  strumenti  speciali  che  si  sono  negli  ultimi  vent'anni  al- 
l'uopo proposti. 

La  riunione  ed  il  confronto  di  queste  osservazioni  astronomiche  con  quelle  del  rectografo  (1) 
e  colle  misure  geodesiche  corrispondenti,  basterà  a  determinare  con  tutta  precisione  la  forma  della 
superficie  idrostatica  italica. 

Seminati  in  tal  modo  sull'Italia  in  numero  sufficiente,  i  punti  esattamente  detcrminati  coi 
mezzi  celeri  ma  sicuri  ed  esatti  della  nuova  geodesia  superiore,  conviene  (dice  il  professore)  con- 
tinuare lo  sminuzzamento  geometrico  iniziato  coi  punti  trigonometrici  fino  ad  arrivare  all'  ul- 
timo elemento  od  atomo  territoriale  giuridico,  come  lo  chiama  il  Robernier,  vale  a  dire  fino 
alla  parcella  di  proprietà  ;  ciò  per  la  carta  generale  parcellaria  italica  ;  per  gì'  ing.  di  lavori  pub- 
li)  V.  Ing.  arch,  voi.  XV,  pag.  754. 


E  NOTIZIE  VARIE  73 

blici  bisogna  poter  arrivare  talora  ad  assai  più  minute  subdivisioni,  sempre  però  collegandosi  ai 
punti  trigonometrici  permanenti  che  s'incontrano  a  portata  di  quei  lavori,  a  fine  di  mantenere 
in  essi  la  possibilità  della  comprovazione,  della  esaltezza  dello  insieme. 

Ma  per  arrivare  in  tal  modo  dai  punti  trigonometrici  alla  parcella  il  professore  insegna  a  far 
uso  non  più  di  triangolazioni,  ma  di  poligonazioni  metodicamente  combinate,  i  dati  delle  quali 
si  trovano  pure  intieri  nei  libri  di  campagna  del  parcellario,  delle  quali  poligonazioni  ea\i  ha 
recato  un  esempio  tratto  dalla  carta  generale  del  genovesato ,  stata  rilevata  coi  metodi  della  ce- 
leriniensura nel  1838  a  1838. 

A  questo  punto,  disse  quindi  il  professore,  e  prima  di  dettare  metodi  e  strumenti  per  il  par- 
cellario,  occorre  esaminare  quali  sieno  i  postulati  a  cui  la  geodesia  deve  soddisfare  per  tutti  i 
rami  di  pubblico  servizio. 

Non  seguiremo  qui  il  professore  nelle  sue  dimostrazioni,  nelle  quali  egli  ha  in  brevi  parole 
riassunto  i  veri  bisogni  d'Italia  nella  specie,  diremo  solamente  che  egli  ha  elevata  la  questione 
all'altezza  della  ricostituzione  del  titolo  di  proprietà  mediante  il  gran  libro  fondiario  (2),  insti- 
tuito  alla  foggia  e  con  tutti  i  vantaggi  degl'antichi  libri  censuarii  romani,  e  mediante  la  fonda- 
zione di  un  nuovo  dicastero  di  guarentigia  generale  della  fede  pubblica,  nel  quale  si  rinverrebbero 
modificate  e  semplificate  le  attribuzioni  dello  stato  civile,  del  pubblico  registro,  della  conserva- 
zione delle  ipoteche,  e  del  catasto,  e  subordinatamente  la  direzione  delle  contribuzioni,  con  che  si 
verrebbe  a  risolvere  completamente  il  più  grande  problema  di  economia  pubblica  e  di  giurispru- 
denza che  a' giorni  nostri  importi  alle  nazioni  e  principalmente  all'Italia  veder  risoluto. 

Poi  tornando  ai  lavori  geodesici  degl'ingegneri  addetti  ai  lavori  pubblici,  ed  esaminandone  l'es- 
senza, il  professore  ha  trovato  doversi  confermare  i  tre  postulati  seguenti,  ai  quali  è  necessario 
soddisfare,  e  bastano,  per  tutti  i  lavori  pubblici  non  meno  che  pei  parcellari  d'ogni  estensione 
fino  alla  carta  generale  italica  : 

1.°  Che  per  qualunque  progetto  di  lavori  pubblici  la  veracità  delle  cose  esposte  dall'ingegnere 
autore,  e  le  qualità  intrinseche  tutte  del  progetto  stesso  siano  comprovate  da  fatti  geometrici 
incontestabili,  espressi  da  un  rilevamento  ipsometrico  generale  e  completo,  ad  esclusione  asso- 
luta del  metodo  dei  profili ,  né  si  presti  mai  fede  al  solo  giudizio  fallibile  degli  uomini ,  quali 
che  essi  si  siano. 

2.°  Che  il  rilevamento  ipsometrico  intiero  del  paese,  su  cui  si  deve  protendere  lo  studio,  abbia 
preceduto  tutto  intiero  allo  studio  stesso,  di  cui  formar  deve  la  base. 

3.°  Che  il  rilevamento  ipsometrico  sia  primitivamente  numerico  nei  tre  sensi  x,  y,  z,  e  che 
i  dati  numerici  i  più  completi  e  generali  accompagnino  il  piano  grafico  segnato  a  curve  oriz- 
zontali con  una  numerizzazione  d'ordine  per  punti,  che  riesca  di  facile  riferenza  tra  i  registri 
delle  dimensioni  ed  i  fogli  di  disegno  grafico. 

Entrando  in  seguito  a  trattare  delle  poligonazioni,  il  professore  ha  dimostrato  quanto  bene  il 
sistema  delle  coordinate  si  presti  alla  comprovazione  la  più  generale  in  tutti  i  sensi,  non  trat- 
tandosi mai  che  di  semplici  operazioni  di  aritmetica. 

Questo  importantissimo  argomento  ridotto  a  regolare  dottrina  ed  a  semplicissime  pratiche  ap- 
plicazione, non  è  che  principiato,  perciò  lo  serbiamo,  a  fine  di  darlo  completo,  al  rendiconto  del 
mese  di  febbrajo. 

OTTICA   TECNOLOGICA. 

Nelle  quattro  lezioni  di  ottica  tecnologica  che  hanno  avuto  luogo  in  questo  mese  di  gennajo, 
dopo  aver  osservato  che  tutti  i  fenomeni  detti  di  polarizzazione  hanno  la  loro  causa  e  la  loro  ra- 
zionale spiegazione  nelle  variazioni  periodiche  degl'elementi  delle  orbite  microdinamiche  e  negli 
accidenti  singolari  di  queste  stesse  variazioni,  ed  osservato  pure  come  in  piccolissimo  numero  quei 
fenomeni  siano  stati  finora  tecnicamente  utilizzati,  il  professore  ha  svolte  le  più  importanti  pro- 
posizioni relative  alla  decomposizione  della  luce  in  colori,  ed  all'acromatismo  che  ha  dimostrato 
direttamente  nelle  lenti,  senza  passare  per  le  sperienze  dei  prismi,  poi  alla  teoria  dell'azione  dei 

(2)  Vedasi  Gran  libro  fondiario,  tip.  degli  Ingegneri, 


74  RIVISTA  DI  GIORNALI  E  NOTIZIE  VARIE 

prismi  e  delle  reticole  sulla  luce,  onde  preparare  la  via  alla  determinazione  delle  costanti  ottiche 

mediante  il  polioptometro. 

Il  professore  ha  di  poi  fatto  vedere  come  il  fenomeno  delle  linee  scure  dello  spettro  solare  e 
quello  delle  linee  chiare  dei  varii  colori  per  gli  spettri  provenienti  da  varie  origini  di  luce  non 
siano  che  la  conseguenza  naturale  di  ricorrenze  tra  le  periodiche  variazioni  della  velocità  tan- 
genziale e  quelle  della  velocità  angolare  nel  movimento  atomico. 

Egli  ha  parlato  quindi  di  un'altra  azione  propria  di  molte  sostanze  sulla  luce,  per  cagion  della 
quale  lo  spettro  viene  quasi  deformato  nelle  sue  proporzioni  con  spostamento  delle  linee  chiare 
e  scure  dette  di  sopra,  la  qual  cosa  aveva  fatto  credere  alla  irrazionalità  della  dispersione  (1). 
L'esperienze  esattissime  state  fatte  col  polioptometro  hanno  provato,  riuscendo  in  pieno  accordo 
colla  teoria  rigorosa  dell'acromatismo  data  dal  professore,  che  l'idea  della  irrazionalità  della 
dispersione  non  è  fisicamente  esalta. 

Noteremo  intanto  la  nostra  sorpresa  di  che  assistendo  ad  un  corso  d'ottica,  giunto  già  alla 
sua  ottava  lezione  non  abbiamo  ancora  una  sol  volta  sentito  nominare  il  raggio  di  luce. 

Interrogato  su  questa,  che  a  noi  pareva  una  singolarità,  il  professore  stesso,  egli  diede  la  me- 
desima risposta  che  in  tutt'  altro  argomento  diede  a  Napoleone  I  il  marchese  de  la  Place,  je  n'ai 
pas  eu  besoin  de  cette  hypothèse. 

Il  professore  considera  dunque  il  raggio  di  luce  come  un'  idea  ipotetica  volgare  per  nulla 
conforme  alla  essenza  dei  fenomeni  luminosi  :  Non  v'  ha  più  per  noi  dubbio  difatti  che  la  teoria 
microdinamica  degli  altra  volta  chiamati  imponderabili,  è  oggidì  una  verità  incontestabile,  e 
che,  ammessa  quella,  il  raggio  di  luce  fisico  non  esiste,  o  quanto  meno  non  è  più  che  un'astra- 
zione matematica  della  quale  dobbiamo  concedere  che  non  vediamo  l'utilità. 

Ella  è  questa  la  prima  volta  che  s'ode  in  Milano  un  corso  d'ottica  abbastanza  popolare  per 
essere  inteso  da  tutti,  ed  abbastanza  elevato  per  fondare  schiettamente  nella  teoria  microdinamica 
pura  la  spiegazione  dei  più  complicati  fenomeni  della  luce. 


LEGISLAZIONE 


Una  gran  parte  delle  operazioni  che  si  eseguiscono  dagli  Ingegneri  rimane  subordinata  all'adem- 
pimento delle  leggi  e  dei  regolamenti  che  furono  emanati  a  tutela  della  sicurezza  e  della  salute 
pubblica,  oppure  direttamente  pei  lavori  pubblici  che  si  effettuano  a  carico  dello  Stato,  delle 
Provincie  o  dei  Comuni.  Quindi  è  di  somma  importanza  il  conoscere  le  diverse  disposizioni  le- 
gislative che  mano  mano  si  emanano  dal  Governo  per  poterle  applicare  convenientemente  e  non 
eseguire  dei  lavori  imperfetti  che  sarebbero  di  poi  rigettati. 

D'ora  innanzi  perciò  il  Giornale  si  occuperà  anche  della  parte  legislativa  che  va  ad  interes- 
sare direttamente  l' arte  dell'  ingegnere  e  darà  tutte  quelle  spiegazioni  che  si  reputeranno  del  caso 
e  necessarie  per  la  conveniente  applicazione  di  siffatte  leggi  e  regolamenti. 

Frattanto  noi  faremo  conoscere  una  circolare  ministeriale  che  da  molti  venne  celata  forse  allo 
scopo  di  lasciar  sussistere  gli  arbitrj  che  si  sono  introdotti  nelle  opere  pubbliche  provinciali  e 
che  tornano  di  danno  al  paese  ed  ai  contribuenti. 

Giova  per  altro  il  premettere  che  coli' art.  368  della  legge  20  marzo  1865  sui  lavori  pubblici 
venne  stabilito  che  le  provincie  debbano  instituire  un  personale   di   ingegneri   e  di  tecnici   pel 

(1)  Così  era  chiamato  dai  fisici  il  fenomeno  di  cui  si  tratta, 


LEGISLAZIONE  75 

servizio  dei  lavori  pubblici  di  loro  pertinenza  il  qual  personale,  nei  primi  tre  anni  decorribili 
dall'attuazione  della  Legge  deve  essere  scelto  fra  gli  Uffiziali  del  Genio  Civile  Governativo. 

Passate  alle  provincie  le  strade  ed  opere  pubbliche  loro  rispettivamente  assegnate  ed  instituiti 
dalle  medesime  gli  ufficj  tecnici  voluti  dal  precitato  articolo  era  obbligo  dei  consigli  provinciali 
di  proporre  al  Governo  entro  due  anni  dall'  emanazione  della  Legge  dei  Regolamenti  intorno 
alla  costruzione,  manutenzione  e  sorveglianza  delle  strade  sia  provinciali  che  comunali,  regola- 
menti che  dovevano  emanarsi  di  poi  con  Decreti  Reali  giusta  il  disposto  dall'art.  2^  della  sum- 
mentovata  Legge. 

Sembrava  del  tutto  ovvio  che  in  pendenza  dell'  emanazione  di  questi  Decreti  e  Regolamenti 
si  dovessero  frattanto  applicare  quelli  di  già  in  corso  per  le  strade  nazionali  che  erano  passate 
alle  provincie  e  che  le  norme  di  servizio  vigenti  per  le  opere  pubbliche  a  carico  dello  Stato 
venissero  provvisoriamente  applicate  anche  ai  nuovi  ufficj  tecnici  provinciali  non  essendovi  pel 
momento  alcun  bisogno  di  variarli  e  di  manomettere  ciò  che  era  il  risultato  di  molti  studj  delle 
persone  dell'arte  ed  il  frutto  dell'esperienza  di  lunghi  anni. 

Però  non  tutte  le  Deputazioni  provinciali  la  pensarono  a  questo  modo,  mentre  alcune  di  esse 
si  credettero  autorizzate  a  prendere  quelle  disposizioni  che  loro  tornassero  più  a  grado  senza 
alcun  riguardo  né  al  servizio  pubblico,  né  al  personale  assegnato.  Fu  un  preludio  di  quella  libi- 
dine di  potere,  di  cui  sono  spesso  informate  alcune  nostre  amministrazioni.  —  Da  qui  ebbero 
origine  delle  collisioni  tra  le  stesse  deputazioni  provinciali  e  gli  ufficj  tecnici,  collisioni  che  per- 
venute a  notizia  del  Ministero  dei  Lavori  pubblici  esso  emanava  la  seguente  circolare  diretta  ai 
Prefetti,  che  è  assolutamente  giudiziosa  sotto  ogni  rapporto. 

N.  2219 

Firenze,  9  settembre  1867. 

Questo  Ministero  è  tuttavia  in  attesa  della  presentazione  per  parte  dei  Consigli  provinciali  dei 
regolamenti  che  a  senso  dell'art.  24-  §  F  della  legge  20  marzo  1865  sono  chiamati  a  deliberare 
in  ordine  alla  costruzione,  manutenzione  e  sorveglianza  delle  strade  provinciali,  comunali  e  con- 
sortili, non  che  sul  modo  di  riparto  delle  spese  relative. 

Egli  confida  che  i  Consigli  saranno  per  dare  opera  solerte  a  queir  importante  compito  da  con- 
sentire 1'  approvazione  di  tali  regolamenti  entro  il  corrente  anno. 

Ma  intanto  essendo  sorto  il  dubbio  in  qualche  Provincia  se  in  difetto  d'ogni  direttivo  prov- 
vedimento, fosse  in  facoltà  della  propria  amministrazione  di  modificare  in  quanto  al  servizio 
amministrativo  ed  alle  indennità  del  personale  tecnico  le  discipline  preesistenti  pel  Corpo  Reale 
del  Genio  Civile  Governativo,  ovvero  si  dovesse  mantenerle  provvisoriamente  in  vigore,  il  Go- 
verno ne  fece  il  soggetto  di  quesito  al  Consiglio  di  Stato,  il  quale  in  seduta  dell' 8  giugno 
scorso  : 

«  Considerando  che  nell'attribuire  una  parte  del  servizio  e  del  personale  del  Genio  Civile  alle 
<r  Provincie  non  fu  intendimento  della  Legge  del  20  marzo  1865  (come  chiaramente  emerge  dal 
«  suo  spirito  dalle  citate  sue  testuali  disposizioni,  e  dal  contesto  di  quello  della  legge  comunale 
«  e  provinciale)  di  abbandonare  all'arbitrio  delle  amministrazioni  provinciali  il  servizio  che  la 
«  legge  stessa  rendeva  obbligatorio  ed  il  personale  governativo  che  passava  alle  provincie. 

«  Che  in  conseguenza  non  si  potrebbe  ammettere,  finché  non  sia  altrimenti  provveduto  che  le 
«  indennità  di  trasferte,  non  meno  che  gli  stipendi  possano  patire  diminuzione  a  causa  del  detto 
«  passaggio: 

«  Che  se  le  disposizioni  legislative  e  regolamentari  non  furono  mutate ,  non  è  men  vero  che 
«  all'Autorità  Governativa  fu  sostituita  la  Provinciale  nel  servizio  delle  opere  pubbliche  delle 
«  Provincie,  per  cui  le  riserve  fatte  dal  Consiglio  provinciale  intorno  ai  rispettivi  poteri  dell'una 
«  e  dell'  altra  autorità,  sono  tanto  meno  censurabili  quanto  più  chiaramente  dimostrano  che  non 
«  è  intendimento  di  quelle  autorità  provinciali  di  scartare  la  tutela  che  il  Governo  special- 
«  mente  deve  al  personale  governativo  trasmesso  alla  Provincia  e  di  cui  si  ha  esempio  nei  citati 
«  articoli  di  legge  comunale  e  provinciale  ; 


76  LEGISLAZIONE 

«  Che  ben  si  deduce  anche  dai  principi  testé  accennati  che  l'Ufficio  tecnico  provinciale  non 
«  può  sottrarsi  all'  ingerenza  amministrativa  della  Deputazione  provinciale,  come  avrebbe  potuto 
«  sfuggire  anteriormente  a  quella  del  Ministero,  al  quale  nell'interesse  della  Provincia  è  surro- 
«  gata  1'  azione  dell'  amministrazione  provinciale. 

«  Considerando  che  se  nei  regolamenti  in  vigore  non  può  derogare  il  Governo  con  particolare 
«  disposizione,  molto  meno  le  amministrazioni  provinciali  possono  arrogarsi  l'arbitrio  di  dero- 
«  gare  ad  esse  con  particolari  decreti. 

«  Che  però  i  nuovi  rapporti  tra  l'amministrazione  della  Provincia  e  i  rispettivi  uffìcj  tecnici 
«  richiedono  evidentemente  particolari  regolamenti  di  cui  giustamente  si  è  preoccupato  il  Mini- 
«  stero  dei  lavori  pubblici,  i  quali  però  nell'atto  che  provvedono  con  disposizioui  diverse,  ap- 
«  propriate  ai  luoghi  secondo  le  condizioni  di  ciascuna  Provincia  ,  non  debbono  scostarsi  dalle 
«  norme  generali  indispensabili  a  garantire  il  servizio  ed  anche  il  personale  degli  ufficii  del  Genio 
«  Civile  ;  è  stato  d'  avviso  »  : 

1.°  Che  agli  stipendj  ed  alle  indennità  dei  detti  Ufficiali  debbano  continuare  ad  applicarsi 
le  disposizioni  del  titolo  VII  della  Legge  10  novembre  1859. 

%°  Che  sino  a  quando  non  saranno  approvati  i  regolamenti  provinciali  debba  osservarsi  il 
regolamento  1862  esercitandosi  dall'  autorità  provinciale  sugli  ufficj  tecnici  della  Provìncia  le 
attribuzioni  amministrative  riservate  al  Ministero  dal  detto  regolamento,  salva  sempre  la  legittima 
azione  spettante  al  Governo. 

3.°  Che  nel  sollecitare  la  formazione  dei  regolamenti  provinciali  debba  il  Governo  indicare 
le  norme  comuni  da  cui  non  debbano  scostarsi  e  che  possano  formare  oggetto  di  regolamento  ge- 
nerale applicabile  a  tutte  le  provinole. 

Deducendo  a  notizia  della  S.  V.  quel  voto  al  quale  questo  Ministero  si  associa  in  ogni  sua 
parte,  come  quello  che  costituisce  norma  efficace  e  di  massima,  il  sottoscritto  porge  loro  pre- 
ghiera che  vogliano  comunicarla  ai  Consigli  Provinciali  per  propria  norma  esortandoli  in  di  lui 
nome  all'eseguimento  del  prescritto  dalla  Legge  durante  la  presente  sessione,  avute  presenti  le 
istruzioni  contenute  nelle  circolari  17  dicembre  1866  e  5  luglio  scorso. 

Il  sottoscritto  sarà  grato  alla  S.  V.  lllustr.  se  vorrà  compiacersi  di  segnarli  ricevuta  della  pre- 
sente e  se  vorrà,  come  punto  non  dubita,  concorrere  con  validi  ufficj  presso  il  consiglio  provin- 
ciale pel  sollecito  e  regolare  adempimento  di  quel  mandato. 

//  Ministro  Giovanola. 

Dopo  queste  esplicite  dichiarazioni  che  erano  basate  interamente  sulla  legge  sembrava  che  si 
dovessero  far  cessare  indilatamente  gli  arbitrj  stati  introdotti  nelle  amministraziani  delle  Pro- 
vincie e  si  provvedesse  all'adempimento  delle  altre  prescrizioni  di  Legge  di  cui  erano  tuttora  in 
difetto  i  Consigli  provinciali. 

Ebbene  alcune  provincie  non  si  diedero  per  intese  della  circolare  ministeriale,  la  quale  si  ri- 
tenne quasi  problematica  e  continuarono  come  continuano  anche  in  giornata  ad  applicare  le  loro 
precedenti  disposizioni,  impedendo  od  incagliando  ove  occorra  la  vigilanza  alle  strade  a  pregiu- 
dizio del  pubblico  passaggio  per  la  trascuratezza  dei  singoli  appaltatori  delle  opere  di  manuten- 
zioni, i  quali  se  ne  approffittano  delle  improvvide  disposizioni  che  si  sono  emanate. 

Noi  denunciamo  la  cosa  al  pubblico  affinchè  si  sappia  in  quali  mani  si  trovano  bene  spesso 
gli  interessi  delle  provincie  e  richiamiamo  la  seria  attenzione  del  Governo  per  gli  opportuni  prov- 
vedimenti. 


LEGISLAZIONE  77 

REGOLAMENTO 

PER  LA  DERIVAZIONE  DELLE  ACQUE  PUBBLICHE  (1) 

Questo  Regolamento  venne  emanato  in  conformità  della   riserva  fatta  nell'art.   137  della  Legge 
20  marzo  1868  sui  lavori  pubblici  e  fu  approvato  col  Decreto  Reale  8  settembre  1867  N.  39B2 

CAPO    I  .° 
Dimanda  della  concessione   ed   Istruttoria   preliminare* 

Art.  1. 

Chiunque  intenda  di  derivare  acque  pubbliche  per  un  uso  qualsiasi  o  di  stabilire  su  questi 
molini  ed  altri  opificj  deve  presentare  al  Prefetto  della  Provincia,  ove  è  situato  il  punto  della 
derivazione,  o  quando  non  abbia  luogo  derivazione  il  punto  in  cui  si  vuole  collocare  l'opificio 
stabile  galleggiante,  una  domanda  diretta  al  Ministero  delle  Finanze  e  sottoscritta  dal  ricorrente 
o  da  suo  legale  procuratore. 

La  domanda  può  essere  presentata  anche  a  nome  di  un  consorzio  istituito  o  da  istituirsi  se- 
condo le  leggi  vigenti  o  sotto  riserva  di  istituire  una  società  anomina  per  esercitare  la  con- 
cessione. 

(1)  Intorno  alla  derivazione  delle  acque  pubbliche,  la  Legge,  Marzo  1865,  sui  Lavori  Pubblici  ha  pre- 
scritto quanto  segue  : 

Art.  132.  Nessuno  può  derivare  acque  pubbliche  ne  stabilire  su  questi  molini  od  altri  opifici  se  non 
ne  abbia  un  legittimo  titolo  o  non  ne  ottenga  concessione  dal  Governo. 

Art.  133.  Le  nuove  concessioni  di  acqua  sia  in  proprietà  assoluta  sia  per  semplice  uso  temporaneo 
o  determinato  saranno  fatte  per  R.  Decreto  promosso  dal  Ministero  delle  finanze  e  sotto  la  osservanza 
delle  cautele  che  sentito  il  Consiglio  superiore  dei  Lavori  Pubblici  saranno  state  proposte  in  linea  di 
arte  dal  Ministero  dei  Lavori  Pubblici  nell'  interesse  ed  a  tutela  del  buon  regime  degli  alvei,  della  li- 
bera navigazione  e  delle  proprietà  laterali. 

Le  concessioni  determineranno  la  quantità,  il  tempo,  il  modo  e  le  condizioni  dell'estrazione  ed  oc- 
correndo le  condizioni  della  condotta  e  dell'uso  dell'opificio  e  stabiliranno  l'annuo  canone  od  il  prezzo 
di  vendita  da  corrispondersi  alle  finanze  dello  Stato. 

Art.  134.  Le  domande  per  nuove  derivazioni  saranno  sempre  accompagnate  da  regolari  progetti  delle 
opere  da  eseguirsi  per  la  estrazione  e  condotta  delle  acque,  verranno  insieme  ai  detti  progetti  pubbli- 
cate ;  saranno  intese  le  osservazioni  degli  interessati  e  sarà  proceduto  in  contradditorio,  così  di  questi 
come  dei  richiedenti  alla  ricognizione  della  località. 

Quando  si  tratti  di  nuove  derivazioni  a  tempo  indeterminato  dai  fiumi  e  laghi  il  Governo  dovrà  prima 
di  decidere  provocare  il  parere  dei  Consigli  provinciali  che  possono  avervi  interesse. 

Art.  135.  Per  gli  oggetti  di  interesse  pubblico  la  osservanza  delle  obbligazioni  imposte  dai  Decreti 
di  concessione  ai  concessionarj  nell'  uso  delle  acque  è  sottoposta  alla  vigilanza  dell'  autorità  pubblica. 

Art.  136.  Quando  per  causa  di  variazioni  nel  corso  dei  fiumi,  torrenti  e  mi  o  per  qualunque  altra 
cagione  sorga  il  bisogno  di  variare  la  posizione ,  la  forma  o  la  natura  delle  opere  autorizzate  o  fare 
aggiunte  o  lavori  accessori"  negli  alvei  e  sulle  sponde  se  ne  farà  domanda  al  Governo  accompagnata  da 
regolare  progetto.  Il  Governo  riconosciuta  la  regolarità  delle  proposte  le  approverà,  previe  le  pubbli- 
cazioni e  gli  accertamenti  di  cui  all'art.  134 

Sono  eccettuati  i  casi  di  urgenza  nei  quali  potesse  derivare  grave  danno  dall'attendere  il  compimento 
delle  anzidette  formalità.  In  questi  casi  l'autorità  amministrativa  provinciale  potrà  in  via  provvisionale 
e  col  parere  dell'  ufficio  tecnico  permettere  quelle  opere  che  fossero  necessarie  per  ristabilire  il  corso 
delle  acque  nei  canali  di  derivazione  o  1'  esercizio  dei  molini  od  altri  opifici  con  che  gli  interessati 
prima  di  porvi  mano  si  obblighino  con  atto  di  sottomissione  ad  osservare  le  prescrizioni  che  emane- 
ranno definitivamente  dal  Governo  sulla  loro  domanda. 

ART.  13?.  Le  norme  da  osservarsi  nell'eseguimento  delle  disposizioni  dei  tre  articoli  precedenti  for- 
meranno materia  di  un  Regolamento  speciale  (Questo  Regolamento  è  quello  che  qui  si  riporta), 


78  LEGISLAZIONE 

Art.  2. 

Le  domande  per  le  grandi  derivazioni  d' acqua  ad  uso  dei  canali  navigabili  ed  irrigatori  >  di 
bonificazione  ecc.,  ed  in  generale  le  domande  che  debbono  essere  sottoposte  al  Parlamento  per 
T  art.  S  della  Legge  25  giugno  1865  N.  2359  o  per  gli  effetti  dell'art.  123  della  Legge  20  marzo 
1865  sulle  opere  pubbliche  dovranno  essere  giustificate  da  regolari  progetti  di  massima  compi- 
lati secondo  le  norme  stabilite  per  le  opere  da  eseguirsi  a  carico  dello  Stato,  salvo  a  presentare 
all'approvazione  del  Ministero  dei  Lavori  Pubblici  i  necessari  progetti  particolareggiati  dopo  di 
aver  ottenuta  la  concessione. 

Queste  domande  prima  di  essere  pubblicate  saranno  trasmesse  al  Ministero  dei  Lavori  Pub- 
blici, il  quale  ne  darà  comunicazione  al  Ministero  dell'Agricoltura,  Industria  e  Commercio.  Ove 
dal  preventivo  esame  dei  medesimi  una  concessione  risultasse  inammissibile  e  vi  concorresse  il 
voto  negativo  del  Ministero  delle  Finanze,  la  dimanda  sarà  respinta. 

Art.  3. 

Le  altre  domande  saranno  accompagnate  dai  seguenti  documenti: 

1.°  Il  piano  della  località  ove  saranno  indicate  chiaramente  tutte  le  opere  che  s'intendono 
eseguire  nell'  alveo  del  fiume,  o  torrente  o  lago  e  le  adjacenze  che  possano  avere  relazione  colle 
opere  suddette. 

Questo  piano  sarà  in  scala  non  minore  di  1  a  200. 
2.°  I  profili  longitudinali  e  trasversali  dell'alveo  da  cui  si  vogliono  derivare  le  acque,  se- 
gnando in  essi  i  diversi  stati  delle  piene,  delle  acque  ordinarie  e  l'altimetria  delle  opere  a  farsi 
nell'Alveo  ed  all'imboccatura  della  derivazione. 

3.°  I  profili  longitudinali  e  trasversali  dell'  intiero  canale  di  derivazione,  nel  quale  siano  indi- 
cati il  fondo  del  suo  alveo  e  le  sponde  naturali  o  gli  argini  fra  cui  sarà  contenuto,  il  livello 
ordinario  delle  acque  da  introdursi  e  l'altezza  massima  che  possono  acquistarvi. 

Questi  profili  saranno  riferiti  alla  medesima  orizzontale  e  disegnati  sulla  stessa  scala  dei  pro- 
fili del  fiume,  o  torrente  o  lago. 

h.°  Una  relazione  che  dimostri  Y  utilità  delle  opere  proposte ,  il  nessun  danno  che  ne  può 
per  esse  venire  ai  terzi  od  al  sistema  del  fiume,  torrente  o  lago. 

Questa  relazione  conterrà  inoltre  la  descrizione  delle  opere  proposte,  e  l'indicazione  dell'uso 
od  usi  cui  è  destinata  l'acqua  che  si  vuole  derivare,  se  cioè  per  dar  moto  al  meccanismo  di  un 
opificio,  o  per  irrigazione  o  per  bonificazione  di  terreni.  Se  trattisi  di  un  opificio,  si  descriverà 
la  sua  natura,  indicando  il  numero  delle  ruote  o  delle  macine;  e  la  forza  motrice  dell'acqua  da 
derivarsi  si  calcolerà  in  cavalli  dinamici  di  75  chilogrammi  ciascuno. 

Se  trattisi  d'irrigazione  o  di  bonificazione,  s'indicherà  la  portata  della  derivazione  calcolata 
secondo  il  modulo  stabilito  dall'  art.  622  del  codice  civile  italiano,  la  natura  dei  terreni  da  irri- 
garsi o  da  bonificarsi,  e  la  misura  in  ettari. 

Art.  h. 

Nei  casi  di  derivazione  di  poca  importanza,  il  richiedente  potrà  essere  dispensato  dal  Prefetto, 
sentito  l' Ingegnere  governativo  competente ,  dalla  presentazione  di  alcuno  dei  documenti  tecnici 
indicati  nel  precedente  articolo ,  salvo  sempre  al  Consiglio  superiore  dei  Lavori  Pubblici  la  fa- 
coltà di  esigere  altre  spiegazioni  e  documenti,  e  l' obbligo  del  richiedente  di  presentarli. 

Art.  5. 

I  documenti  indicati  negli  art.  2  e  5  devono  essere  firmati  da  un  Ingegnere.  Per  le  derivazioni 
di  minore  importanza  basterà  la  firma  di  un  Architetto  civile,  geometra,  o  misuratore  patentato. 

Art.  6. 
La  domanda  ed  i  documenti  dovranno  essere  muniti  del  bollo  competente. 


LEGISLAZIONE  79 

Art.  7. 

Il  Prefetto  trasmette  la  domanda  corredata  dai  documenti  all'  ufficio  del  Genio  Civile  gover- 
nativo, affinchè  esamini  e  riferisca  se  i  documenti  tecnici  sono  regolari,  o  se  occorre  di  farvi 
aggiunte  o  modificazioni. 

Se  l'ufficio  del  Genio  Civile  dichiarasse  che  per  gravi  motivi  d'interesse  pubblico  la  deriva- 
zione non  può  concedersi,  il  Prefetto  consulterà  il  Ministero  dei  Lavori  Pubblici;  se  questo  ap- 
prova il  voto  dell'  ufficio  tecnico,  ed  il  Ministero  delle  Finanze  cui  saranno  comunicati  gli  atti, 
concorre  nell'avviso,  la  domanda  viene  dal  Prefetto  respinta  con  motivato  Decreto. 

Art.  8. 

Assicurato  la  regolarità  della  domanda  e  dei  documenti,  il  Prefetto  mediante  Decreto  ne 
ordina  la  pubblicazione  nel  Comune  o  nei  Comuni  in  cui  cadono  la  derivazione  e  le  opere  da 
eseguirsi. 

Secondo  l' importanza  delle  opere  il  Prefetto  può  ordinarne  la  pubblicazione  in  tutti  i  Comuni 
del  Circondario  o  della  Provincia,  ed  anche  delle  Provincie  finitime,  e  può  decretare  che  di  que- 
sta pubblicazione  siano  avvertiti  officialmente  determinati  consorzi,  corpi  morali,  o  privati,  che 
notoriamente  possono  avervi  interesse. 

Queste  pubblicazioni  saranno  fatte  secondo  gli  art.  k  e  5  della  Legge  25  giugno  1865,  N.  2359 
ed  il  relativo  Regolamento. 

La  pubblicazione  non  potrà  durare  meno  di  15  giorni,  e  la  ricognizione  della  località  in  cui 
deve  eseguirsi  la  derivazione,  dovrà  essere  fatta  dopo  otto  giorni  almeno  dal  termine  della  pub- 
blicazione. 

Art.  9. 

Il  Decreto  del  Prefetto  che  ordina  la  pubblicazione  della  domanda,  deve  contenere  una  suc- 
cinta esposizione  del  progetto  delle  opere,  l'indicazione  dell'ufficio  o  degli  ufficii  presso  cui  sono 
depositati  i  relativi  documenti,  il  giorno  in  cui  comincia  e  quello  in  cui  deve  chiudersi  la  pub- 
blicazione, ed  infine  l'invito  a  coloro  che  possono  avervi  interesse  a  presentare  agli  stessi  uf- 
fici, sia  verbalmente  che  per  iscritto  le  loro  osservazioni  e  ragioni  ad  intervenire  nel  giorno  e 
nell'ora  fissata  alla  visita  della  località. 

Se  per  ottenere  la  derivazione  occorrono  opere  la  cui  esecuzione  deve  dichiararsi  di  pubblica 
utilità,  il  Decreto  del  Prefetto  dovrà  provvedere  contemporaneamente  per  l'adempimento  delle 
formalità  prescritte  dalla  Legge  e  dal  Regolamento  per  la  espropriazione  per  causa  di  utilità 
pubblica. 

Nel  Decreto  viene  stabilita  la  somma  da  depositarsi  dal  richiedente  antecedentemente  alla  vi- 
sita per  garanzia  del  rimborso  delle  spese  di  cui  all'art.  26. 

Art.  10. 
La  visita  sopra  luogo  viene  fatta  dall'Ingegnere  governativo  da  cui  dipende  il  servizio  idrau- 
lico della  Provincia  nel  di  cui  territorio  cade  la  chiesta  derivazione  o  da  un'  altro  Ingegnere  da 
lui  delegato. 

Qualora  la  domandata  derivazione  possa  interessare  anche  il  territorio  di  altre  Provincie,  in- 
tervengono alla  visita  altresì  gli  Ingegneri  di  queste  Provincie  o  i  loro  delegati. 
Gli  interessati  hanno  facoltà  d' intervenire  coli'  assistenza  dei  loro  periti. 

Art.  11. 
In  detta  visita  l'Ingegnere  del  Genio  Civile  riscontra  sul  terreno  le  grafiche  rappresentazioni 
del  progetto  prodotto  e  ne  rileva  in  caso  di  discordanze ,  si  fa  carico  delle  osservazioni  e  delle 
opposizioni  degli  interessati ,  delle  risposte  e  delle  spiegazioni  dei  richiedenti ,  e  stende  di  tutto 
un  processo  verbale  che  viene  firmato  dagli  intervenuti  alla  visita. 

Art.  12. 

L'ingegnere  Capo  del  Genio  Civile  governativo  trasmette  al  Prefetto  il  suddetto  processo  ver* 
baie  della  visita  accompagnandolo  con  una  relazione,  in  cui  espone  il  proprio  parere  sulla  con- 


80  LEGISLAZIONE 

venienza  o  meno  della  derivazione  e  delle  opere  progettate,  avuto  riguardo  al  pubblico  servizio 
ed  ai  diritti  anteriori  dei  terzi,  proponendo  nella  affermativa  se  ne  sia  il  caso,  le  modificazioni, 
variazioni  e  cautele  che  ravvisa  necessarie  per  ovviare  ad  ogni  pregiudizio  pubblico  o  privato. 
La  relazione  medesima  deve  versare  principalmente  sopra  i  seguenti  punti,  dando  particolari 
spiegazioni. 

l.°  Sulla  quantità  d'acqua  che  si  può  concedere  secondo  le  condizioni  locali  e  la  destina- 
zione della  derivazione  in  progetto. 

%°  Sulla  direzione ,  lunghezza,  altezza ,  forma  e  natura  della  chiusa  da  farsi  nell'  alveo  nel 
fiume  o  torrente,  e  delle  altre  opere  reputate  necessarie  a  derivare  le  acque  senza  pregiudizio 
pubblico  o  privato. 

8.°  Sulla  forma  e  dimensioni  della  bocca  di  derivazione  e  sugli  edilìzi  e  congegni  occorrenti 
a  regolarla  per  modo  che  nei  tempi  delle  piene  non  si  introducano  acque  eccedenti  la  capacità 
del  canale,  o  provvedendo  perchè  in  ogni  evento  per  mezzo  degli  opportuni  scaricatori  vengano 
smaltite  le  acque  sovrabbondanti. 

6.°  Sull'ampiezza  ed  indicazione  del  canale  per  la  condotta  delle  acque. 

B.°  Sopra  il  modo  di  restituire  all'alveo,  quando  vi  sia  luogo,  le  acque  derivate  senza  pre- 
giudizio dei  terzi  e  del  buon  regime  fluviale. 

6.°  Sopra  le  cautele  da  osservarsi  pel  regolare  eseguimento  delle  opere  e  per  l'innocuo  ri- 
pristinamento  della  chiusa  se  instabile. 

7.°  Sopra  le  opposizioni  presentate  prima  o  nell'atto  della  visita  e  sopra  tutto  quelle  altre 
particolari  circostanze  locali,  e  quelle  considerazioni  che  meglio  potranno  servire  di  norma  alle 
determinazioni  del  Governo. 

8.°  E  finalmente  sull'importanza  della  derivazione  in  progetto  e  dell'uso  dell'acqua  propo- 
nendo il  canone  annuo  che  a  suo  avviso  possa  essere  imposto. 

Art.  15. 

Per  la  determinazione  del  canone  si  avrà  riguardo  in  complesso: 

a)  alla  quantità  dell'acqua  da  derivarsi  secondo  il  N.  1  dell'articolo  precedente,  ed  alle 
condizioni  locali  ; 

b)  all'utile  presuntivo  che  il  concessionario  può  ricavare  dall'acqua  derivata  tenuto  però 
conto  delle  condizioni  della  concessione  degli  oneri  e  delle  spese  che  egli  deve  sopportare. 

Art.  14. 
Il  Prefetto  indirizza  al  Ministero  dei  Lavori  Pubblici,   accompagnandoli  con  suo  parere  mo- 
tivato, tutti  gli  atti  che  a  termini  degli  articoli  precedenti  hanno  formato  l'istruttoria  sulla  chiesta 
concessione. 

Art.  15. 

11  Ministero  dei  Lavori  Pubblici  sentito  il  Consiglio  superiore  trasmette  gli  atti  al  Ministero 
delle  Finanze  colla  dichiarazione  se  sia  da  permettersi  la  chiesta  derivazione  e  formula  quando 
ne  sia  il  caso,  le  condizioni  tecniche  cui  deve  essere  subordinata  a  tutela  del  buon  regime  degli 
alvei,  della  libera  navigazione  ed  in  generale  degli  interessi  pubblici  e  privati. 

Per  le  grandi  derivazioni,  e  di  cui  all'  art.  2  il  Ministero  dei  Lavori  Pubblici  potrà  richiedere 
che  le  opere  a  farsi  siano  regolate  da  un  apposito  capitolato  e  soggette  a  speciale  sorveglianza 
di  ufficiali  del  Governo ,  che  il  concessionario  sia  obbligato  a  sostenere  la  spesa  di  questa  sor- 
veglianza. 

Art.  16. 

Qualora  venga  dimandato  1'  uso  delle  acque  che  sono  o  che  possono  essere  destinate  all'  ese- 
cuzione di  opere  di  bonificazione  che  si  compiono  per  cura  del  Governo  sotto  la  dipendenza  del 
Ministero  di  Agricoltura  Industria  e  Commercio  o  di  acque,  provenienti  dalle  opere  stesse,  il  Pre- 
fetto farà  avvertita  l'amministrazione  della  bonifica,  della  dimanda  di  concessione,  e  del  giorno 
della  visita  sopra  luogo,  affinchè  possa  assistervi. 

In  questi  casi  il  Ministero  dei  Lavori  Pubblici  trasmetterà  gli  atti  colla  sua  dichiarazione , 
giusta  P  articolo  precedente,  al  Ministero  di  Agricoltura  Industria  e  Commercio,  il  quale,  esami- 


LEGISLAZIONE  gì 

nato  se  nulla  osti  alla  chiesta  concessione  in  riguardo  alle  opere  di  bonificazione  od  agli  oggetti 
di  sua  competenza,  li  passerà  colle  proprie  osservazioni  al  Ministero  delle  Finanze. 

Art,  17. 

Il  Ministro  delle  Finanze  riconosciuta  la  convenienza  della  concessione  nei  rapporti  finanziari 
e  la  mancanza  di  opposizioni  attendibili  da  parte  di  chi  alleghi  diritti  anteriori,  e  sentiti  nei 
casi  speciali  di  derivazioni  a  tempo  indeterminato  i  pareri  dei  Consigli  Prov.  interessati,  a  sensi 
dell'alinea  dell'Art.  15k  della  Legge  sulle  opere  pubbliche  20  Marzo  1865,  incarica  il  Prefetto 
della  stipulazione  dell'atto  pubblico  di  obbligazione  da  parte  del  richiedente. 

Art.  18. 

Neil'  atto  di  Obbligazione  saranno  determinati  la  quantità,  il  tempo  e  il  modo  dell'  estrazione, 
della  condotta  e  dell'uso  delle  acque,  la  durata  della  concessione,  l'annuo  canone  da  corri- 
spondersi alle  Finanze  dello  Stato  del  giorno  ivi  stabilito,  la  cauzione  da  prestarsi  e  tutte  le  altre 
condizioni  speciali,  alle  quali  rimane  sottoposta  la  concessione. 

Saranno  sempre  apposte  le  seguenti  condizioni  : 

a)  La  concessione  s'intenderà  fatta  entro  i  limiti  della  disponibilità  dell'acqua  che  può  com- 
petere al  Governo  e  senza  lesione  dei  diritti  anteriori  d'uso  dell'acqua  stessa  legittimamente  ac- 
quistati ; 

b)  L' obbligo  del  concessionario ,  sotto  pena  di  decadenza  dalla  concessione ,  d' avere  eseguita 
in  un  determinato  tempo  la  derivazione  e  gli  edifìcj  occorrenti  all'  impiego  delle  acque. 

e)  L'obbligo  del  concessionario  di  eseguire  a  sue  spese  quelle  modificazioni  e  variazioni  che 
1'  esperienza,  o  circostanze  sopravvenute  renderanno  necessarie  nelle  opere  per  la  derivazione  in 
riguardo  alla  tutela  dell'alveo,  della  navigazione,  delle  proprietà  laterali,  e  dei  diritti  anteriori 
dei  terzi; 

d)  L' obbligo  di  pagare  il  canone,  quando  anche  non  usufruisse  in  alcuna  parte  della  conces- 
sione, salvo  in  tutti  i  casi  al  concessionario  il  diritto  di  rinunciare  e  liberarsi  dal  pagamento 
del  canone  medesimo  allo  spirare  dell'anno  in  cui  sarà  fatta  la  rinuncia. 

e)  Potrà  darsi  luogo  alla  revoca  della  Concessione  pel  non  pagamento  di  due  annualità  del 
canone,  o  per  l'inadempimento  delle  condizioni  opposte  alla  derivazione. 

f)  Il  concessionario  allo  spirare  del  termine  della  Concessione,  o  nei  casi  di  revoca  o  di  ri- 
nuncia è  obbligato  a  far  eseguire  a  sue  spese  tutte  quelle  demolizioni  e  quei  lavori  che  l'ufficio 
del  Genio  Civile  governativo  giudicherà  necessarie  per  ristabilire  l'alveo,  le  sponde  e  le  argi- 
nature del  Fiume,  torrente  o  lago,  in  condizioni  tali  da  non  recar  pregiudizio  al  suo  regime,  nò 
agli  interessi  pubblici  e  privati. 

g)  Per  la  esecuzione  e  per  ogni  emergenza  relativa  alla  Concessione  ,  dovrà  il  concessionario 
eleggere  domicilio  nel  Comnne  nel  cui  territorio  cade  la  derivazione,  od  in  quello  in  cui  si  fa 
uso  dell'  acqua  concessa. 

Resteranno  annesse  all'atto  di  Obbligazione  il  progetto  tecnico,  e  la  dichiarazione  del  Mini- 
stero dei  Lavori  Pubblici,  della  quale  è  parola  nell'art.  15. 

Art.  19. 

Il  Ministero  delle  Finanze,  verificata  la  regolarità  dell'  atto  di  obbligazione,  promuoverà  il  Reale 
Decreto  di  Concessione,  previo  il  parere  del  Consiglio  di  Stato. 

CAPO     II.0 
Decreto  di  concessione  e  sua  esecuzione* 

Art.  20. 

Il  Regio  Decreto  di  Concessione  deve  indicare: 

o)  Il  nome  e  cognome  del  concessionario; 

b)  L'acqua  pubblica,  e  la  località  ove  si  eseguisce  la  derivazione; 

Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  ~  Gennajo  1868.  5* 


82  LEGISLAZIONE 

c)  U  uso  cui  serve  la  derivazione  ; 

d)  La  durata  della  Concessione; 

e)  Il  canone  da  pagare; 

f)  E  si  rimetterà  all'  atto  pubblico  di  obbligazione  per  la  quantità  dell'acqua,  e  le  condizioni 
alle  quali  è  vincolata  la  concessione. 

Art.  21. 

Emanato  il  Decreto  Reale,  il  Ministero  delle  Finanze  ne  dà  avviso  al  Prefetto  e  ne  trasmette 
copia  unita  a  quella  dell'atto  di  obbligazione  al  Direttore  del  Demanio  e  delle  Tasse  del  Circolo 
per  la  sua  esecuzione. 

Art.  22. 

11  Prefetto  delia  Provincia  fa  estrarre  dall'originale  conservato  negli  Archivj  della  Prefettura 
una  copia  in  carta  libera  dell'atto  di  obbligazione  e  dei  documenti  insertivi,  e  la  trasmette  al- 
l'ufficio del  Genio  Civile  governativo,  cui  spetta  di  sovraintendere  all'esecuzione  delle  opere  tutte 
per  la  derivazione,  di  collaudarle,  e  di  sorvegliare  a  che  il  concessionario  si  uniformi  alle  pre- 
scrizioni della  concessione,  e  non  vi  apporti  alcuna  variazione  od  alterazione. 

Art.  25. 

Prima  di  aver  ritirato  il  detto  Decreto  Regio  non  è  lecito  al  concessionario  intraprendere 
opera  qualsiasi  nel  fiume,  torrente  o  lago. 

Tostochè  il  concessionario  avrà  adempiuto  tale  formalità ,  deve  prevenire  1'  ufficio  del  Genio 
Civile  governativo  del  giorno  in  cui  intende  por  mano  ai  lavori,  affinchè  l'ufficio  medesimo 
possa  sorvegliarne  l'andamento,  e  fare  quanto  altro  è  di  sua  spettanza.  L'ufficio  stesso  potrà  or- 
dinare la  sospensione  dei  lavori  ogni  qualvolta  non  siano  osservate  le  prescrizioni  e  le  condi- 
zioni tecniche  alle  quali  è  vincolata  la  concessione,  riferendone  però  immediatamente  al  Prefetto, 
il  quale,  in  caso  di  reclamo  del  concessionario,  esaminate  le  di  lui  deduzioni,  o  mantiene  la  so- 
spensione, o  ne  riferisce  al  Ministero  dei  Lavori  Pubblici  per  le  definitive  determinazioni. 

Art.  24. 

Condotti  a  termine  i  lavori ,  il  concessionario  ne  darà  avviso  all'  ufficio  del  Genio  Civile  go- 
vernativo, il  quale  per  mezzo  di  uno  de'  suoi  Ingegneri  procede  alla  visita  dei  Lavori  medesimi 
e,  trovandoli  lodevolmente  eseguiti  e  del  tutto  conformi  alle  prescrizioni  della  concessione,  stende 
certificato  di  Collaudatone  in  carta  da  Bollo,  ed  in  tre  originali,  dei  quali  rilascia  uno  al  con- 
cessionario, e  ne  rimette  altro  all'  agente  demaniale ,  ritenendo  il  terzo  per  l'  adempimento  delle 
ulteriori  incombenze  affidategli  dalla  Legge  e  dal  presente  Regolamento. 

Art.  25. 

Dal  giorno  della  collaudazione  il  concessionario  s'intende  immesso  in  possesso  della  deriva- 
zione e  potrà  quindi  fare  uso  delle  acque. 

Art.  26. 

Sono  a  carico  del  richiedente  la  derivazione  le  spese  occorrenti  per  l' istruttoria  sulla  domanda 
di  concessione,  per  l'esecuzione  del  Decreto  per  le  copie  degli  atti,  e  per  le  visite  sopraluogo 
degli  Ufficiali  del  Genio  Civile,  non  meno  che  le  spese  che  s' incontrassero  dal  Ministero  per  il 
preventivo  esame  previsto  dall'  Art.  2. 

Per  assicurare  il  pagamento  delle  prime  spese,  la  Prefettura  esìgerà  dal  richiedente  la  conces- 
sione il  preventivo  deposito  di  una  somma,  che  Verrà  da  essa  secondo  i  casi  stabilita. 

Le  spese  effettive  da  pagarsi  con  questo  deposito  saranno  liquidate  con  Decreto  del  Prefetto. 


LEGISLAZIONE 


CAPO     III/ 


83 


Del  diritti  e  delle  Obbligazioni  del  Concessionario 
e  della  sorveglianza  delle  pubbliche  autorità. 

Art.  27. 

Il  concessionario  non  può  usare  delle  acque,  né  fare  opere  lungo  l'alveo  e  nelle  sponde  dei 
corsi  d'acqua  pubblica  oltre  quanto  gli  è  accordato  dalla  concessione  e  secondo  le  condizioni 
appostevi. 

Sarà  inoltre  sempre  tenuto  all'osservanza  delle  prescrizioni  e  degli  obblighi  imposti  dalle 
Leggi  e  dai  Regolamenti  generali  nell'interesse  pubblico  e  dei  privati,  ed  incorrerà  nelle  respon- 
sabilità previste  dalle  Leggi  e  dai  Regolamenti  medesimi. 

Art.  28. 

Quando  per  causa  di  variazione  nel  corso  dei  fiumi,  torrenti  e  rivi,  o  per  qualunque  altra 
ragione,  sorga  il  bisogno  di  variare  la  posizione,  la  forma  o  la  natura  delle  opere   autorizzate 

0  di  fare  aggiunte  ai  lavori  accessorj  negli  alvei  e  sulle  sponde  e  quando  il  concessionario  vo- 
glia cambiare  la  destinazione  dell'acqua  concessa  od  aumentare  la  quantità  ne  sarà  presentata 
domanda  al  Prefetto  della  Provincia  corredata  da  un  progetto  regolare  delle  nuove  opere  o  delle 
innovazioni  e  variazioni  alle  antiche  coi  piani  e  disegni  delle  stesse,  non  che  se  ne  sia  il  caso 
delle  alterazioni  o  variazioni  nel  corso  del  fiume  o  torrente  ed  accompagnata  da  apposita  rela- 
zione di  un  Ingegnere  o  di  un  Architetto  civile,  Geometra  o  misuratore  patentato,  il  tutto  in 
carta  da  Bollo  a  termini  dell'  Art.  6. 

Di  questa  domanda  sarà  fatta  l'istruttoria  a  termini  degli  art.  7  a  11.  La  relazione  però  del- 

1  Ingegnere  incaricato  della  visita  locale  da  farsi  a  termini  dell'art,  l'i,';  si  limiterà  alle  osser 
vazioni  corrispondenti  colle  innovazioni  formanti  oggetto  della  domanda.  Qualora  colle  innova- 
zioni proposte  si  ottenga  una  maggiore  derivazione  d'acqua  o  si  voglia  cambiare  l'uso  pel  quale 
venne  concessa,  egli  dovrà  esporre  il  proprio  parere  sulla  convenienza  di  accogliere  le  modifi- 
cazioni in  questo  senso  proposte  e  far  conoscere  altresì  se  è,  di  quanto  si  debba  accrescere  il 
canone. 

Art.  29. 

Il  Prefetto,  se  le  proposte  innovazioni  entrano  nella  Categoria  delle  opere  contemplate  nell'art.  169 
della  Legge  20  Marzo  1865  sui  Lavori  pubblici  provvederà  sulla  domanda,  altrimenti  rimetterà 
gli  atti  al  Ministero  dei  Lavori  Pubblici  per  le  sue  deliberazioni. 

Tanto  il  Prefetto  quanto  il  Ministero  provvedendo  sulla  domanda  secondo  la  rispettiva  compe- 
tenza, esigeranno  dal  concessionario  un  atto  pubblico  di  obbligazione  suppletoria  che  faccia  con- 
stare delle  innovazioni  o  modificazioni  apportate  alle  opere  permesse  nella  primitiva  concessione 
e  delle  condizioni  appostevi,  e  trasmetteranno  copia  dell'atto  e  delle  loro  determinazioni  al  Mi- 
nistero delle  Finanze  per  le  sue  incombenze,  ed  al  Genio  Civile  governativo  per  l'esecuzione. 

Per  le  innovazioni  importanti ,  derivazioni  di  maggiore  quantità  d'  acqua  o  quando  si  voglia 
cangiare  la  destinazione,  gli  atti  saranno  rimessi  al  Ministero  delle  Finanze  e  per  la  parte  che 
lo  riguarda  e  perchè  provveda  alla  stipulazione  dell'atto  ed  alla  innovazione  di  un  nuovo  De- 
creto di  Concessione  nel  modo  indicato  negli  Art.  17  e  seguenti. 

Art.  50. 

Nei  casi  d'urgenza  nei  quali  potesse  derivare  gran  danno  dall' attendere  il  compimento  delle 
formalità  di  cui  nei  precedenti  4rt.  28  e  29,  il  Prefetto  della  Provincia  potrà  in  via  provvisoria 
e  col  parere  dell'ufficio  del  Genio  Civile  governativo,  permettere  l'esecuzione  di  quelle  opere 
che  fossero  necessarie  per  ristabilire  il  corso  delle  acque  nei  canali  di  derivazione,  e  l'esercizio 
dei  mo'ini  od  altri  opifìcj,  con  che  gli  interessati,  prima  di  porvi  mano,  si  obblighino  con  atto 


84  LEGISLAZIONE 

pubblico  ad  osservare  le  prescrizioni  che  emaneranno  definitivamente  dal   Governo  sulla  loro 

domanda. 

Nel  suddetto  atto  sarà  stabilito  un  termine  perentorio,  entro  il  quale,  sotto  pena  della  deca- 
denza dalla  concessione,  i  ricorrenti  dovranno  adempiere  a  quanto  è  loro  prescritto  del  precedente 
Art.  28  (1). 

Art.  51. 

Le  domande  di  proroga  o  di  rinnovazione  delle  antecedenti  concessioni  temporarie  saranno 
presentate  al  Prefetto,  come  all'Art.  1,  che  le  trasmetterà,  corredate  del  proprio  parere,  al  Mi- 
nistero delle  Finanze,  dal  quale  emaneranno  gli  opportuni  provvedimenti,  sentito  il  Ministero 
dei  Lavori  Pubblici. 

Art.  32. 

Per  le  contravvenzioni  alle  disposizioni  sulla  polizia  delle  acque  pubbliche  commesse  dai  con- 
cessionarii  di  derivazioni  di  acque,  si  osserveranno  le  disposizioni  contenute  nel  Titolo  3.°  della 
Legge  20  Marzo  1865,  Allegato  F  o  nel  relativo  Regolamento. 

Art.  53. 

Spetta  agli  uffici  del  Genio  Civile  gevernativo  l'invigilare  alla  osservanza  delle  obbligazioni 
imposte  al  concessionario  dalla  concessione,  dalle  Leggi  e  dal  presente  Regolamento. 

Art.  34. 

Invigilano  altresì  gli  agenti  demaniali  affinchè  l'uso  delle  acque  concesse  si  mantenga  nei  pre- 
cisi limiti  della  concessione ,  ed  ove  scorgano  abuso ,  ne  riferiscano  al  Direttore  del  Demanio  e 

delle  Tasse. 

Nei  casi  d' urgenza  potranno  anche  direttamente  informare  il  Genio  Civile  governativo ,  o 
promuovere  1'  accertamento  delle  contravvenzioni  a  norma  dell'Art.  377  della  Legge  20  Marzo  1865 

Allegato  F. 

Nel  caso  che  il  concessionario  usufruisse  della  Concessione,  ne  sarà  riferito  al  Ministero  delle 
Finanze  per  le  occorrenti  disposizioni. 

Art.  35. 

11  presente  Regolamento  entrerà  in  vigore  coli' Ottobre  1867,  e  da  quel  giorno  cesseranno 
d'avere  effetto  i  Regolamenti  e  le  istruzioni  vigenti  su  questa  materia  nelle  diverse  Provincie 
del  Regno. 

Visto  d'  ordine  di  S.  M. 
Il  Ministro  dei  Lavori  Pubblici 

GlOVANOLA. 

Il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  incaricato 
del  Portafoglio  delle  Finanze 

U.  Ra.ttazzi. 


(1)  Vedi  la  seconda  parte  dell'art.  136  della  Legge  20  Marzo  1865  più  sopra  riportata. 


Milano,  Tip.  degli  Ingegneri.  B.  SALDINI,  Proprietario,  Gerente  responsabile. 


MEMORIE  ORIGINALI 


I  REGOLAMENTI 

PER  LA  SANITÀ,  L'EDILIZIA  E  LE   OPERE  PUBBLICHE 

IN  RELAZIONE 

ALLA    QUESTIONE    DELLE    RISAJE    E    DEI    MEZZI    DI    COMMUNICAZIONE 
CONSIDERATI  QUALI  ELEMENTI  DELLA  PROSPERITÀ  AGRICOLA. 

I. 

Un  Decreto  Reale  in  data  3  Febbrajo  1809  stabiliva  delle  norme  in  base  alle 
quali  dovevansi  uniformare  i  coltivatori  nello  stabilimento  delle  Risaje  e  delle 
Marcite,  le  quali  in  vista  del  danno  che  da  esse  ne  derivava  alla  salute  pubblica, 
venivano  relegate  a  considerevole  distanza  cosi  dalla  Capitale  del  Regno  che  dalle 
altre  Città,  Borghi  e  Villaggi,  reputandosi  con  ciò  porre  riparo  a  quei  molti  in- 
convenienti ed  abusi  che  da  tanti  secoli  erano  stati  lamentati  e  contro  ai  quali 
non  avevano  valso  né  le  Gride  né  le  prescrizioni  che  antecedentemente  eransi 
succedute  di  governo  in  governo  pel  volgere  di  tanti  secoli. 

La  sapienza  legislativa  non  ne  aveva  però  tutte  misurate  le  conseguenze,  e  poco 
dopo  un  secondo  Reale  Decreto  in  data  21  Marzo  1812  venne  a  sospenderne 
P  applicazione. 

Nel  1819  si  tentò  richiamarlo  in  vigore  e  nel  successivo  1825  a  cura  del  Go- 
verno locale  si  fece  redigere  un  nuovo  progetto  di  Regolamento,  il  quale  pure 
restò  lettera  morta.  Ripugnavano  all'  attuazione  di  un  Regolamento  il  quale  re- 
stringeva eccessivamente  le  zone  nelle  quali  era  ammessa  la  coltivazione  del  riso 
e  ciò  con  tanto  danno  dell'  agricoltura  e  della  pubblica  ricchezza,  in  primo  luogo 
i  principii  generali  sui  quali  si  fondavano  le  disposizioni  del  Codice  Civile  Au- 
striaco, principii  coi  quali  poco  si  conciliavano  le  restrizioni  alla  privata  pro- 
prietà, poscia  le  difficoltà  finanziarie  che  si  sarebbero  sollevate  volendo  restrin- 
gere nei  limiti  progettati  le  già  stabilite  coltivazioni. 

Così  si  adottarono  mezzi  termini  e  si  lasciò  tacitamente  la  facoltà  ai  Delegati 
Provinciali  di  frenare  di  volta  in  volta,  e  solo  allora  quando  in  seguito  a  reclami 
loro  sembrasse  necessario,  lo  smisuralo  estendersi  della  coltivazione  del  riso; 
finché  nel  Gennajo  1848  e  successivamente  nel  Marzo  1849  in  vista  dei  reiterati 
reclami  della  Congregazione  Municipale  di  Milano  nei  quali  si  notava  l'aumento 
Giorn.  fng.  —  Voi.  XVI.  —  Febb-  e  Marzo  1868.  6 


86  I  REGOLAMENTI 

insolito  delle  febbri  intermittenti,  specialmente  nella  Città  e  dintorni,  venne  di- 
ramata una  Circolare  Delegatizia  alle  Commissarie  distrettuali  affinchè  si  infor- 
massero della  condizione  delle  risaje  nel  rispettivo  distretto  e  quali  e  quante  di 
queste  si  trovassero  in  opposizione  al  disposto  del  Decreto  italico  1809  e  rife- 
rissero, sentiti  prima  i  pareri  e  le  osservazioni  delle  singole  Deputazioni  Com- 
munali,  non  che  dei  Medici  condotti  sulle  proposte  e  modificazioni  che  mai  si 
potessero  apportare  neir attuazione  al  surriferito  decreto. 

Tale  domanda  fu  ripetuta  nel  1854  in  seguito  a  nuovi  reclami  per  parte  della 
Congregazione  Comunale  di  Milano  inoltrati  alla  Delegazione  Provinciale  ma  sì 
nella  prima  che  nella  seconda  circostanza  i  Commissarii  vi  risposero  più  o  meno 
evasivamente,  sole  le  Deputazioni  di  quei  Comuni  nei  quali  non  esistevano  risaje 
apoggiavano  la  riattivazione  del  disposto  del  detto  italico  decreto  contrariamente 
a  quanto  proponevano  quelle  dei  Comuni  risicoli;  dei  Medici  condotti  interpel- 
lati in  proposito  taluni  si  dichiararono  favorevoli  ed  altri  contrarii  alla  riattiva- 
zione del  decreto,  ciascuno  giadicava  a  seconda  delle  locali  circostanze,  V  un 
P  altro  contraddicendosi  sulle  massime  stesse  le  più  fondamentali  così  che  la 
Delegazione  Provinciale  non  credette  conveniente  una  determinazione  decisiva 
ed  aggiornò  la  soluzione  della  questione. 

Or  son  più  di  tre  anni  il  Ministero  di  Agricoltura  e  Commercio  fece  intra- 
prendere studii  nelle  diverse  località  d'Italia  all'intento  di  promuovere  la  boni- 
ficazione ed  il  sanamento  delle  molte  terre  incolte  e  lande  abbandonate  special- 
mente nelle  Provincie  Meridionali  e  nella  Sicilia,  pensando  che  valide  risorse  si 
avrebbero  a  ritrarre  dall'incanalamento  delle  acque  che  libere  vagano  nei  tor- 
renti e  fiumicelli  alimentati  dalle  sorgenti  dell'Appennino  in  ìspecie.  Dapprima 
s'avvisava  alla  coltivazione  del  Cotone,  poi  considerato  che  il  vero  incremento 
ritrae  l'Agricoltura  solo  dalla  libera  concorrenza  e  da  una  ben  intesa  libertà  di 
azione  venne  in  chiaro  la  necessità  di  provvedere  con  una  apposita  legge  e  svin- 
colare in  genere  tutte  le  coltivazioni  e  quella  del  riso  in  ispecie  da  ogni  qual- 
siasi restrizione. 

Ma  una  viva  opposizione  si  sollevò  al  progetto  di  legge  ed  i  reiterati  reclami 
da  parte  specialmente  delle  rappresentanze  provinciali  e  dei  Municipii  di  alcune 
delle  precipue  Città  ci  condussero  alla  legge  21  Giugno  1866. 

Questa  legge  affida  alle  Rappresentanze  Provinciali  lo  stabilire  le  distanze 
che  la  coltivazione  del  riso  deve  rispettare  per  i  singoli  centri  non  che  tutte 
le  cautele  che  si  fossero  reputate  necessarie  a  tutelare  la  pubblica  igiene  e  li- 
mitasi solo  alle  generali  disposizioni  ed  alle  penalità  conseguenti.  Dovevano 
però  le  Amministrazioni  Provinciali  prima  di  prendere  determinazioni  in  propo- 
sito interpellare  le  Rappresentanze  nei  singoli  Comuni  della  rispettiva.  Provincia. 

Tutte  le  Provincie  a  mezzo  delle  loro  rappresentanze  si  uniformarono  al  di- 
sposto della  legge,  ma  si  trovarono  per  ciò  stesso  a  fronte  di  una  seria  e  viva 
opposizione  sostenuta  dai  Comuni  rurali,  dai  proprietarii  ed  agricoltori  che  pro- 
vocò delle  transazioni,  così  che  in  ognuno  dei  Regolamenti  proposti  quantunque 
si  ammettesse  la  misura  delle  distanze,  si  adottarono  svariatissime  proporzioni 
ed  in  molti  anche  si  credette  riparare  alla  debolezza  del  principio  nei  quale  si 
fondavano  coir  introdurvi  alcune  speciali  ausiliarie  disposizioni  di  igiene. 

Ma  facilmente  ognuno  può  persuadersi  dell'inefficacia  di  quelle  disposizioni 
che  non  emanano  da  un  principio  solido  e  razionale.  Tutte  le  disposizioni  da 
tempi  lontanissimi  a  noi  intente  a  restringere  entro   limiti  arbitrarii  la  coltiva- 


PER  LA  SANITÀ,  EDILIZIA  ECC.  87 

zione  del  riso  caddero  inosservate  non  per  noncuranza  dei  Reggitori  ma  per  la 
loro  propria  impotenza. 

È  la  naturale  conseguenza  alla  quale  si  assoggettano  tutte  le  leggi  repressive  o 
restrittive  quando  non  hanno  fondamento  alcuno  nella  coscienza  dei  veri  inte- 
ressi. Le  leggi  conducono  al  sociale  perfezionamento  per  via  di  eque  successive 
transazioni  fra  gli  interessi  individuali  e  la  società.  Quelle  disposizioni  che  sono 
destinate  perciò  a  regolare  i  rapporti  fra  gli  individui  e  la  società  non  che  la 
sfera  nella  quale  l'azione  dell'individuo  può  liberamente  esercitarsi  non  devono 
preoccuparsi  tanto  delle  attuali  precarie  condizioni ,  ma  prefìggersi  uno  scopo 
elevato  e  verso  a  quello  dirigere  la  loro  azione  a  fine  di  raggiungere  il  vero 
e  progressivo  miglioramento. 

Che  i  Regolamenti  segnano  la  via  del  progresso  e  se  non  si  uniformano  ai  veri 
bisogni  cadono  impotenti  così  come  ne  avvenne  del  Decreto  Italico,  al  quale  fu 
pienamente  informato  il  progetto  di  Regolamento  teste  proposto  dalla  nostra 
Rappresentanza  Provinciale. 

L'apparire  di  questo  Regolamento  sollevò  così  nella  nostra  che  nelle  altre 
Provincie  viva  opposizione  ed  animatissime  discussioni. 

Igienisti,  agricultori,  consessi  Accademici  anco  se  ne  occuparono,  ed  anzi,  in 
mezzo  a  decise  contraddizioni  riesce  assai  più  difficile  e  malagevole  il  rinvenire 
e  precisare  quali  veri  criterii  valgano  a  guidarci  alla  soluzione  di  un  così  vitale 
problema.  Che  se  la  decisa  opposizione  della  maggior  parte  dei  Comuni,  i  reclami 
degli  agricultori  i  giudizii  degli  scienziati,  i  voti  dei  Consessi,  valsero  a  modifi- 
care il  primitivo  concetto  della  Commissione  Provinciale  la  quale  oggi  stesso  il  ri- 
propose alla  discussione  del  Consiglio,  informato  a  più  miti  divisamenti,  coir a- 
vere  ridotto  di  molto  le  distanze  ed  introdotte  ottime  norme  igieniche  da  seguirsi 
più  o  meno  strettamente  a  seconda  dei  casi  e  delle  circostanze  locali,  ad  imita- 
zione di  quanto  si  fece  nei  congeneri  Regolamenti  delle  altre  Provincie  non  riesci 
però  a  soddisfare  al  quesito  poiché  le  norme  ed  i  principii  generali  di  igiene  non 
toccano  che  per  incidenza  alla  questione  delle  Risaje  ed  accennano  ad  una  più 
elevata  e  generale  questione,  quella  dell'agricoltura  irrigua  la  quale  a  noi  sem- 
bra reclami  perciò  un  completo  e  razionale  regolamento  edile-rurale  tale  da 
abbracciare  contemporaneamente  tutte  le  questioni  tecniche  economiche  ed  igie- 
niche dell'Agricoltura  in  genere;  basta  volgere  un  rapido  sguardo  alle  discussioni 
portate  nella  questione  onde  facilmente  persuadersene. 

Vano  ed  inopportuno  sarebbe  il  riportare  partilamente  le  diverse  opinioni  dei 
trattatisti  quali  per  citarne  alcuni  il  Capsoni,  il  Farini  1'  Astori  ed  il  Beneggi,  e 
gli  altri  molti  che  diffetlo  di  pratiche  positive  osservazioni  e  di  esperimenti,  do- 
vettero quando  a  quando  ripetersi  l'uno  l'altro;  come  anche  le  conclusioni  dei 
Congressi  scientifici  i  quali  forse  troppo  leggermente  svolsero  l'argomento; 
basterà  raccogliere  la  nostra  attenzione  su  quelle  discussioni  che  più  recente- 
mente vennero  portate  in  materia  in  seno  all'Accademia  Fisiomedico  Statistica 
ed  alle  quali  si  associò  pure  il  Consorzio  Agrario. 

L'Accademia  Fisiomedico  Statistica  ed  il  Consorzio  Agrario  nel  rapporto  coat- 
tivo diretto  dall'Onorevole  Consiglio  Provinciale  di  Milano  riassumono  la  sintesi 
di  tutte  le  discussioni  e  citazioni  fatte  nelle  loro  adunanze  sul  soggetto  delle 
Risaje  e  del  Progetto  di  Regolamento  proposto  dal  Consiglio  Provinciale  in  base 
alla  legge  12  Giugno  1866  nel  modo  seguente: 


88  1   REGOLAMENTI 

«  1.°  La  malsania  delle  zone  risicole  deve  ascriversi  in  gran  parte  a  cause 
«  estrinseche  ». 

«  2.°  Queste  cessarono  in  molti  luoghi  in  parte  od  in  tutto  specialmente  nella 
«  nostra  Provincia  ». 

«  3.°  Si  ponno  e  si  debbono  ordinare  i  provvedimenti  atti  a  farle  cessare  anche 
«  là  dove  tuttora  continua  la  malsania  ». 

«  4.°  Ove  questi  non  bastano,  è  dovere  di  sacrificare  le  risaje  all'uomo,  l'uso 
«  della  proprietà  alla  salute  di  chi  la  mette  a  frutto  ». 

«  5.°  Le  distanze  non  sono  l'unico  provvedimento,  come  la  popolazione  non  è 
«  l'unico  criterio  per  misurarle  ». 

Poi  provano  che  le  condizioni  di  alcuni  distretti  sono  ben  diversi  da  quelle 
degli  altri  e  viene  citato  in  prova  il  Lodigiano;  le  cautele  quindi  che  hanno  ra- 
gione e  scopo  per  un  comune  non  ne  hanno  per  un  altro. 

In  armonia  alle  sue  premesse  nel  citato  rapporto  è  proposto  di  lasciare  ai  Con- 
sigli comunali  di  proporre  : 

«  a)  Per  i  piccoli  aggregati  di  abitazioni  rurali  come  sono  la  grandissima  parte 
«  dei  comuni  al  di  sotto  di  1000  abitanti  le  distanze  se  ed  in  quanto  realmente 
«  ne  occorressero  per  circostanze  speciali  ». 

«  b)  Per  i  comuni  più  grossi  cioè  con  una  popolazione  superiore  a  1000  abi- 
ti tanti,  i  Consigli  Comunali  avrebbero  a  fare  le  proposte  delle  distanze  sia  in 
<r  più  che  in  meno  di  quelle  normali  portate  dal  Regolamento  Provinciale  in  tutti 
«  quei  casi  che  si  trovassero  eccezionali.  Con  ciò  non  si  farebbe  che  interpretare 
«  giustamente  lo  spirito  della  legge  12  Giugno  1866  nella  cui  relazione  leggesi 
«  che:  «  la  distanza  deve  pure  fissarsi  dalle  Autorità  locali  ». 

Tale  proposta  è  convalidata  da  ragioni  di  convenienza  amministrativa  non  che 
da  suggerimenti  offerti  dalla  pratica. 

Riepiloga  quindi  e  raccomanda  caldamente  all'Onorevole  Consiglio  Provinciale: 

«  1.°  Perchè  voglia  ridurre  le  distanze  dai  grossi  centri  di  popolazione  a  quelle 
«  minori  cifre  xhe  nella  sua  saviezza  crederà  compatibili  colla  tutela  dovuta  alla 
«  pubblica  igiene  » . 

«  2.°  Di  voler  omettere  le  prescrizioni  generali  di  distanza  attorno  ai  centri 
«  piccoli,  salvo  di  prefiggerle  in  armonia  alle  proposte  fatte  dai  Consigli  Comu- 
«  nali  a  cui  crediamo  conveniente  di  accordare  la  maggiore  possibile  ingerenza 
«  onde  potere  proporzionare  possibilmente  le  distanze  alle  speciali  circostanze 
«  locali  ». 

«  Ma  siccome  d' altra  parte  i  Consigli  Comunali  potrebbero  alle  volte  cedere  a 
«  potenti  influenze  locali ,  così  è  giusto  e  necessario  che  la  definitiva  decisione 
«  sia  riservata  a  cotesto  Onorevole  Consiglio  sentito  F  avviso  dei  medici  in  luogo 
«  e  di  quelli  di  Milano  sulla  necessità  o  meno  di  tutelare  la  pubblica  igiene  di 
a  tale  o  tal  altro  comune  od  aggregato  di  abitanti  col  prescrivere  certe  distanze 
«  immuni  da  risaje  ». 

«  3.°  Di  volere  modificare  le  distanze  normali  prescritte  pei  i  grossi  centri  in 
«  più  od  in  meno  ove  i  Consigli  Comunali  constatassero  circostanze  speciali  che 
«  giustifichino  sia  un  maggiore  rigore  sia  un  particolare  riguardo  ». 

La  Presidenza  della  Accademia  Fisiomedico  statistica  chiude  la  sua  relazione 
richiamando  nel  modo  più  stringente  l'attenzione  dell'Autorità  Provinciale,  al- 
l'autorità delle  opinioni  di  uomini  competenti  e  pratici  formulando  la  propria 
convinzione  «  che  il  ben  inteso  interesse  del  privato  in  questo  caso 


PER  LA  SANITÀ,  EDILIZIA  ECC.  89 

potrebbe  soggiungere  sempre,  quando  veramente  ben  inteso,  «  sia  la  salva  guardia 
più  sicura  della  pubblica  salute  ». 

Ora  dall'esame  di  questo  rapporto  che  é  la  manifestazione  ed  il  risultato  di 
una  lunga  e  viva  discussione  avvenuta  in  seno  ad  una  scientifica  Accademia  asso- 
ciata alla  rappresentanza  di  un  Consorzio  competente  perchè  destinato  a  tutelare 
e  promuovere  gli  interessi  agricoli  emergono  i  seguenti  principii,  che  sono  svolti 
nel  rapporto  della  Commissione  specialmente  incaricata  in  seno  alle  due  loro 
riunite  rappresentanze  per  lo  studio  della  questione. 

Essere  insufficiente  il  regolamento  proposto  dal  Consiglio  Provinciale  a  seria- 
mente combattere  le  influenze  nocive  alla  igiene  quand'anche  queste  possano 
constatarsi  provocate  dalla  coltivazione  del  riso. 

Essere  ingiusta  un'  arbitraria  limitazione  alla  estensione  di  questa  coltiva- 
zione per  il  principio  generale  che  non  voglia  essere  ristretta  la  facoltà  del  li- 
bero uso  della  proprietà  quando  ciò  non  sia  «  motivato  dai  supremi  bisogni  dello 
Stato  oppure  da  prevalenti  riguardi  dovuti  alla  totalità  dei  cittadini  »  o  dai  ben 
definiti  principii  che  informano  la  legge  12  Giugno  1866. 

Infine  doversi  separare  dalla  questione  le  cause  inlrinsiche  dalle  estrinsiche 
alla  risaja  e  dipendenti  in  genere  dalla  condizione  topografica,  idrografica,  e 
geologica  del  suolo,  comuni  in  genere  a  tutte  le  altre  coltivazioni,  a  fine  di  ap- 
plicare alla  sola  risaja  le  sue  speciali  peculiari  provvidenze  cosi  come  al  ri- 
sanamento delle  paludi  e  ad  ogni  coltivazione  irrigua  quelle  che  per  la  loro  na- 
tura vi  possono  spettare. 

Dalla  Relazione  della  Commissione  nominata  in  seno  all'Accademia  Fisiomedico 
statistica  ed  il  Consorzio  Agrario,  come  dalle  testimonianze  ed  asserzioni  degli 
scrittori  e  dei  pratici,  risultano  fatti  contradditorii  sulla  più  o  meno  assoluta  ve- 
rità delle  accuse  che  comunemente  si  fanno  alla  risicoltura,  anzi  da  molti  si  as- 
serisce quanto  fu  già  ammesso  per  le  marcite,  cioè  che  la  risaja  allorché  trovasi 
completamente  allagata  e  con  acque  abbondanti  trovasi  in  condizioni  assai  più 
favorevoli  di  una  palude  non  solo  ma,  tale  sarebbe  anche  il  nostro  avviso,  delle 
irrigazioni  male  condotte. 

La  citata  Commissione  riassume  le  cause  estrinsiche  nocive  della  risaja  nelle 
seguenti  : 

.  «  1.°  Il  mal  uso  di  conservare  risaje  stabili.  2.°  L'  acqua  potabile  corrotta, 
a  3.°  Le  abitazioni  mancanti  di  tutto  o  mal  riparate.  4.°  Il  lavoro  notturno  per 
«  la  battitura  del  riso  ». 

È  più  che  giusto  poi  convenire  con  quella  Commissione. 

«  a)  Che  la  popolazione  non  deve  essere  l' unico  criterio  nel  precisare  le 
«  distanze  » . 

«  b)  Che  queste  non  devono  essere  l'unico  provvedimento  a  tutela  dell'igiene  ». 
Importare  adunque  di  studiare: 

«  a)  Le  cause  che  debbono  essere  considerate  nel  determinare  le  distanze  ». 

«  b)  Quanta  sia  l'influenza  nociva  delle  cause  estrinsiche  e  quali  i  provvedi- 
«  menti  per  prevenirne  i  perniciosi  effetti  ». 

Di  un  tale  studio  si  occupò  appunto  la  nominata  Commissione. 

Dall'esame  dei  preziosi  dati  di  statistica  igienica  con  molta  cura  raccolti  ed 
ordinati  dal  chiarissimo  sig.  Ferrano  e  dalle  notizie  attinte  ai  Rendiconti  dell'O- 
spitale Maggiore  già  redatti  dai  benemeriti  signori  dottori  Buffini  e  Verga,  ed  in 
seguito  al  confronto  istituitone  collo  stato  e  la  condizione  delle  risaje  esistenti 


90  I  REGOLAMENTI 

in  alcune  parti  della  Provincia  di  Milano  e  Lodi  cosi  a' tempi  dell'antico  censi- 
mento che  a  nostri  giorni,  raccolti  in  un  prospetto  dall'  Ing.  Mappelli  altro  dei 
membri  di  quella  Commissione  risulta  : 

«  1.°  Che  la  Provincia  di  Milano  va  annoverata  fra  le  salubri  del  Regno  ». 

«  %°  Che  i  distretti  irrigui  non  la  cedono  sotto  tale  rapporto  a  quelli  asciutti  » . 

«  3.°  Che  lo  stato  igienico  di  questi  ultimi  andò  rapidamente  migliorando  ». 

«  4.°  Che  altrettanto  debbe  dirsi  di  Milano  ». 

Fra  le  considerazioni  emerse  nel  valutare  i  dati  della  statistica  igienica  giova 
notare,  più  specialmente  spiccano  le  seguenti  : 

1.°  «  Che  non  è  né  la  monda  né  l'asciutta  di  S.  Giovanni,  come  non  sono  i 
«  miasmi  estivi  delle  risaje  che  generano  le  febbri  ma  piuttosto  la  soverchia  fa- 
«  tica  della  battitura  prolungata  durante  le  notti  umide  e  fresche  del  Settembre. 
«  A  questo  grave  danno  poi  può  e  deve  rimediarsi  senza  bisogno  di  sopprimere 
«  le   risaje  per  questo  ». 

%°  «  Che  dalla  malsania  fra  i  poveri  contadini  della  bassa  non  va  sola  accu- 
«  sata  la  risaja  e  neppure  le  marcite  ma  bensì*  le  cause  estrinseche;  »  ed  in 
conferma  di  ciò  sono  citate  le  parole  testuali  del  sig.  Buffini  nel  rendiconto  del- 
l'Ospitale dell'anno  1851  dove  ne  attribuisce  gran  parte,  quale  conseguenza,  alle 
case  malsane  ed  umide,  attorniate  di  fango  e  di  sperperati  concimi,  nuotanti  nel- 
l'acqua ed  in  una  atmosfera  di  nebbia,  non  che  al  cattivissimo  alimento  sommi- 
nistrato agli  agricultori. 

Ed  il  sig.  Professore  Pasi  nella  sua  Relazione  al  Consiglio  Provinciale  di  Pavia 
si  esprime  colle  seguenti  parole: 

«  Pur  troppo  l'acquisto  dei  godimenti  dell'uomo  è  quasi  sempre  accompagnato 
«  da  guai  che  si  versano  sulla  sua  salute  e  che  ne  accorciano  la  vita;  ma  con 
«  tutto  ciò  vi  è  trascinato  da  forze  prepotenti.  » 

Queste  forze  poi  si  esercitano  tanto  più  prepotenti  in  quanto  che  è  attutita 
l'energia  di  volontà  nelle  nostre  popolazioni  agricole;  per  la  mollezza  del  clima, 
e  l'individuo  è  dominato  da  una  fatale  indolenza  istintiva  ed  è  quasi  incapace 
a  far  uso  di  tutte  le  sue  risorse,  reagire  contro  esso  e  la  miseria  che  lo  cir- 
conda. 

Ma  alcune  riserve  conviene  si  facciano  alla  prima  delle  accennate  osservazioni. 
Infatti  non  si  deve  confondere  V  effetto  colla  causa,  cioè  non  sono  da  ritenersi  in- 
nocui gli  asciugamenti  parziali  nei  primi  mesi  dell'estate  per  il  solo  fatto  che  in 
quei  mesi  sono  poco  frequenti  le  febbri,  e  che  sia  da  ascriversi  la  colpa  delle 
funeste  conseguenze  alla  sola  battitura  fatta  durante  le  ore  notturne  in  Settembre 
e  ciò  perchè  effettivamente  in  quel  mese  esse  si  verificano  su  più  larga  scala. 

L'intermittenza  dell'acqua  della  risaja  ed  il  discontinuo  allagamento  di  questa 
sono  sicuramente  fomite  allo  sviluppo  di  una  vegetazione  semipalustre;  ora  in 
questa  più  che  in  ogni  altra  circostanza  sta  forse  la  vera  principale  se  non  unica 
causa  della  mal  aria,  le  circostanze  sono  le  stesse  della  palude,  anzi  è  consta- 
tato che  la  risaja  vecchia  più  facilmente  è  fomite  di  miasmi  che  noi  sia  quella 
avvicendata,  ed  anco  così  la  risaja  che  la  palude  quando  il  fondo  ne  è  imper- 
meabile cioè  più  argilloso  che  siliceo. 

Parrebbe  più  ragionevole  doversi  attribuire  la  influenza  miasmatica  dell'aria 
circumambiente  le  paludi  alla  esistenza  in  essa  allo  stato  di  sospensione  ed  in 
determinate  epoche  dell'anno  di  sporule  o  germi  di  qualche  alga  o  crittogama 
speciale  a  determinate  condizioni  di  suolo  e  di  clima, 


PER  LA  SANITÀ,  EDILIZIA  ECC.  91 

Tale  opinione  recentemente  accampata  da  alcuni  osservatori  si  accorderebbe 
benissimo  coi  fatti,  pei  quali  sarebbe  dimostrato  che  la  causa  determinante  lo 
sviluppo  di  tale  alghe  o  muschi  sia  la  condizione  paludosa  del  'suolo,  e  special- 
mente di  quello  molto  compatto  ed  argilloso,  non  che  l'epoca  normale  della 
emissione  e  distacco  delle  sporule  potrebbe  essere  la  fine  di  Agosto,  ed  il  Set- 
tembre. Tale  epoca  potrebbe  appunto  venire  anticipata  o  ritardata  dal  verificarsi 
più  o  meno  anticipatamente  in  primavera  le  suindicate  condizioni. 

Di  alghe  discorre  pure  il  rapporto  della  detta  Commissione  anzi  essa  espone 
come  «  la  esperienza  insegna  e  anzi  la  scienza  spiega,  »  ma  non  ci  dice  con 
quale  fondamento,  «  come  i  miasmi  nocivi  alla  salute  derivano  dalla  putrefazione 
«  degli  insetti  acquatici  esposti  al  sole  nelle  risaje  prosciugate  e  più  ancora 
«  delle  erbe  parassite  estirpale  colla  mondatura  e  poi  abbandonate  all'aria 
«  aperta  ». 

«  Queste  alghe  »  aggiunge  «  invadono  assai  più  le  risaje  vecchie  mentre  non 
«  ponno  attecchire  tanto  in  quelle  a  vicenda,  imperocché  la  coltivazioue  asciutta 
«  ne  uccide  il  germe,  come  quella  acquatica  del  riso  annichila  le  gramigne  dei 
«  campi.  » 

Da  ciò  fa  emergere  la  raccomandazione  delle  frequenti  mondature. 

Da  queste  ultime  parole  che  sono  la  espressione  di  una  grande  verità  risulta 
come  il  massimo  beneficio  se  ne  derivi  alla  rotazione  agricola  coir  avvicenda- 
mento delle  coltivazioni  irrigue  a  quelle  acquatiche. 

L'imperfezione  del  processo  di  coltivazione  del  riso  inseparabile  dai  suoi  pri- 
mordii  ingenerò  facilmente  l'errore  di  principio  che  cioè  la  risaja  voglia  essere 
considerata  come  una  palude  più  o  meno  sistemata. 

Tale  errore  era  ripetuto  sino  a  poc'anzi  anco  per  le  marcite  o  prati  irrigui  e 
stabili  e  ciò  per  il  solo  fatto  che  le  acque  su  questo  per  un  periodo  abbastanza 
esteso  e  non  interrotto  vi  sono  mantenute. 

Ma  Tagricultura  vuol  essere  ascritta  senza  alcuna  riserva  nel  novero  delle 
industrie,  e  fra  queste  considerata  per  la  sua  più  che  eminente  utilità,  precipua. 
Oggetto  ne  è  la  produzione  del  suolo  —  mezzo  la  coltivazione.  —  Nessun  limite 
vuol  essere  imposto  al  suo  elaterio,  ma  è  duopo  sia  guidata  dalla  esperienza  ed 
ausiliata  dalla  scienza.  Ogni  conquista  dell'  agricoltura  è  un  progresso  nel  ben 
essere  materiale  e  fisico  delle  popolazioni. 

Le  acque  che  discendono  sul  suolo  Lombardo  prima  che  fossero  guidate  dal- 
l' arte  scorrevano  sregolate  negli  alvei  dei  vaganti  torrenti  o  stagnavano  qua  e 
là  sul  piano  infestando  con  nocive  emanazioni  estese  plaghe  di  terreno  così  come 
si  attesta  concordemente  dalle  antiche  tradizioni.  L'industria  le  volse  a  profitto 
della  agricoltura,  le  une  convogliò  sui  piani  disposti  con  convenienti  declivii, 
alle  altre  aperse  facili  scoli. 

Di  progresso  in  progresso  ai  nostri  giorni,  si  avvicinò  l'ideale  della  perfezione 
irrigua  colla  introduzione  delle  ale  disposte  a  sistematico  pendio  nei  prati  sta- 
bili e  nelle  marcite,  e  la  dove  il  terreno  non  si  prestava  alle  ordinarie  coltiva- 
zioni si  tentarono  le  palustri,  ed  introdotto  Fallagamento  regolare  e  continuo  si 
cercò  ovviare  agli  inerenti  inconvenienti,  volgendo  all'utile  le  condizioni  stesse 
sfavorevoli  di  molte  località;  poi  associata  la  coltivazione  palustre  alle  altre  ed 
accumunate  nella  rotazione  si  avviò  gradatamente  verso  la  vera  perfezione. 

Tuttavia  non  la  si  è  ancora  raggiunta  e  molto  cammino  resta  all' agricultura. 
Infatti  dalla  palude  alla  più  perfetta  e  razionale  irrigazione   corre   gran    tratto, 


92  I  REGOLAMENTI 

ed  in  questa  relativa  imperfezione  piuttosto  che  dallo  specializzato  modo  o  genere 
di  coltivazione  si  deve  ritrarre  la  vera  causa  della  mal  aria. 

La  buona  condotta  e  distribuzione  delle  acque  irrigue,  e  la  sistemazione  dei 
facili  scoli  sono  i  primi  e  naturali  provvedimenti. 

Infatti  è  ovvio  che  il  campo  soggetto  alla  irrigazione  ma  male  sistemato  così 
che  le  sue  acque  non  ne  defluiscano  regolarmente  ma  vi  stagnino  più  giorni  of- 
frirà maggiori  probabilità  allo  sviluppo  dei  miasmi  della  risaja  regolarmente  e 
continuamente  sommersa. 

Anzi  l'ideale  della  coltivazione  così  per  le  piante  semplicemente  irrigue  che 
acquatiche  dovrebbe  essere  raggiunto  col  massimo  perfezionamento  apportato  al 
sistema  degli  scoli,  cioè  colla  sostituzione  del  drenaggio  alla  semplice  fognatura 
superficiale.  In  allora  con  ciò  per  ogni  punto  della  superfìcie  del  suolo  sarà  ov- 
viata la  possibilità  anche  di  un  benché  minimo  parziale  ristagno  od  impaluda- 
mento delle  acque  di  irrigazione,  defluendo  queste  non  semplicemente  alle  su- 
perfìcie, ma  da  questa  attraverso  al  terreno  verso  gli  strati  inferiori,  e  così  sopressi 
completamente  i  larghi  e  profondi  cavi  di  scolo  con  essi  scomparirà  un  altro  pre- 
cipuo fomite  di  produzioni  miasmatiche. 

Comunemente  si  attribuisce,  colla  succitata  Commissione,  azione  deleteria  mia- 
smatica specialmente  alle  materie  organiche  così  vegetali  che  animali  che  pro- 
vengono dalle  decomposizioni  per  effetto  della  putrefazione.  Noi  più  volontieri 
accettammo  già  V  ipotesi  dei  germi  o  spore.  E  tale  supposizione  non  è  di  sì  lieve 
momento  per  la  spiegazione  dei  fenomeni  e  la  ricerca  dei  mezzi  a  combatterne 
P  azione  che  convenga  passarla  inosservata. 

Dalle  acque  stagnanti,  e  dalla  putrefazione  degli  avanzi  organici  cosi  vegetali 
che  animali  si  svolgono,  oltre  all'umidità,  molti  gaz  e  prodotti  organici,  ed  anco 
germi  od  elementi  atti  alla  vita.  E  qui  giova  distinguere  nella  putrefazione  dalla 
fermentazione  la  semplice  decomposizione  atomica,  la  prima  considerata  come 
una  trasformazione  della  materia  organizzata  in  combinazioni  elementari  più 
semplici  ma  tuttora  organiche  per  opera  di  un  mondo  animato  invisibile  ma  at- 
tivissimo, la  seconda  conseguenza  della  prima  quale  una  vera  reazione  chimica 
più  o  meno  energica  ed  in  ogni  caso  accompagnata  da  un  più  o  meno  sensibile 
svolgimento  di  calore. 

I  vapori  di  mano  che  si  svolgono  si  elevano  nell'atmosfera  sino  a  raggiungere 
strati  a  più  bassa  temperatura,  dove  si  condensano  in  nubi  o  si  sciolgono  in  acqua. 

La  soverchia  umidità  non  è  per  nulla  deleteria  all'organismo,  e  moltissime 
risorse  possiede  la  scienza  dell'  igiene  per  combattere  i  climi  che  ne  sovrab- 
bondano. 

I  gaz  si  diffondono  rapidamente  ed  uniformemente  nelP  atmosfera  pur  non  ec- 
cettuato il  gaz  acido  carbonico  che  ne  è  il  più  pesante.  Nessuno  dei  gaz  che  si 
sviluppa  dai  resti  della  vegetazione  può  considerarsi  quale  nocivo  all'  organismo. 

Le  sostanze  e  gli  avanzi  organici  in  dissoluzione  od  in  sospensione  nell'at- 
mosfera possono  disturbare  meccanicamente  l'organismo  inquinandosi  nei  tes- 
suti ma  ne  possono  essere  con  mezzi  a  portata  della  terapeutica  espulsi  o  se- 
crete.  Che  se  per  la  loro  composizione  elementare  sono  assimilabili  ai  veleni,  per 
la  tenuità  loro  non  possono  esercitarvi  che  una  debolissima  ed  in  ogni  modo  ben 
determinata  azione. 

Solo  i  germi  così  vegetali  che  animali  vogliono  essere  considerati  quali  dele- 
terii  e  si  gli  uni  che  gli  altri  unicamente  per  una  decisa  periodica  riproduzione 


PER  LA  SANITÀ,   EDILIZIA  ECC.  93 

parassita,  che  se  ciò  non  fosse  non  vi  sarebbe  ragione  plausibile  a  conside- 
rarle differentemente  dalle  materie  organiche  meccanicamente  inquinate.  Anzi  pel 
caso  della  riproduzione  parassita  si  presenterebbero  due  circostanze  distinte:  una 
vita  parassita  entro  certi  limiti  molesta  ed  altra  letale  all'  organismo  pel  qual 
ultimo  fatto  colla  vita  dell'  organismo  dovrebbe  cessare  anco  quella  del  parassita. 

Dalle  considerazioni  più  sopra  esposte  chiara  emerge  spiegata  l'origine  del  dis- 
sidio manifestatosi  in  seno  alla  Commissione  più  volte  citata  fra  ring.  Mappelli 
ed  i  signori  Secondi  e  Bersani  in  merito  all'assoluta  o  meno  necessità  non  tanto 
della  più  o  meno  abbondante  sommersione  della  risaja  con  rinnovamento  con- 
tinuo dell' acqua,  sulla  quale  condizione,  nell'interesse  delle  risaje  che  non 
godono  altr' acqua  che  di  orario  tutti  transigevano,  ma  sibbene  in  punto  alla  con- 
venienza della  allagazione  continua  o  discontinua. 

La  tesi  dell'allagamento  continuo  sostenuta  dall'  Ing.  Mappelli  e  basata  su  pra- 
tiche osservazioni  e  su  validi  ragionamenti  venne  in  massima  dai  membri  della 
Commissione  accettata  e  riconosciuta  giusta,  ma  ritenuta  inattuabile  al  caso  pratico, 
anzi  la  Commissione  finì  col  piegarsi  alle  objezioni  in  proposito  svolte  dai  signori 
Secondi  e  Bersani  i  quali  volevano  appoggiarsi  sui  fatto  che  in  molte  parti  dei 
Milanese  e  Lodigiano  le  coltivazioni  a  riso  si  fanno  quasi  tutte  per  allagazione 
discontinua,  abbiano  o  non  abbiano  acqua  sufficiente  per  tenervele  continua- 
mente allagate:  anzi  asserivano  i  prefati  signori  che  tale  pratica  risponde  ai  po- 
stulati della  buona  agricoltura  tanto  sotto  l'aspetto  economico  quanto  sotto  quello 
teorico  ed  agricolo;  e  contro  l'allagazione  continua  impugnarono  Parma  dell'in- 
teresse, il  quale  suggerisce  di  tirare  il  maggiore  profitto  possibile  dal  capitale 
acqua  cioè  ammisero  in  ultima  analisi  quale  unico  limite  la  convenienza. 

Ma  senza  fare  plauso  a  queste  conclusioni  alquanto  stentate  ed  informate  a  ri- 
sentimenti, forse  non  ispirati  dalla  più  nobile  delle  virtù,  noi  pure  conveniamo 
che  nella  maggior  parte  delle  questioni  agricole  quanto  delle  industriali,  quan- 
tunque vi  si  implichino  gli  interessi  igienici,  la  vera  e  ben  intesa  convenienza 
sia  la  miglior  guida  al  giudizio. 

Epperò  tutte  le  circostanze  vogliono  essere  equamente  valutate  a  fine  di  deci- 
dere scientificamente  e  praticamente  questa  tesi,  quali  sarebbero  in  prima  linea 
la  natura  del  terreno,  e  dell'acqua;  giacché,  sopra  fu  notato  che  con  diversa 
influenza  sono  favoriti  da  miasmi  un  suolo  argilloso  o  siliceo,  ed  altrettanto  ra- 
gionevolmente la  si  dovrebbe  ammettere  per  le  acque  se  esse  sono  piuttosto  di 
fiume  o  di  sorgenti  o  di  colature. 

Giova  in  passando  notare  che  pel  principio  sovra  esposto  i  signori  Secondi  e 
Bersani  ammettevano  non  doversi  neppure  escludere  la  asciutta  di  S.  Giovanni 
perchè  le  erbe  parassite  a  quell'epoca  furono  già  estirpate  e  mondate  e  quindi 
non  possono  dare  luogo  a  putrefazione  di  sorta,  gli  animali  stessi  acquatici,  essi 
asserivano,  possono  sopravivere  nei  solchi  tuttora  sommersi  queste  ragioni  però 
per  la  ipotesi  da  noi  sopra  citata  cadrebbero  senza  discussione. 

Il  sig.  Mappelli  si  sforzava  a  ribattere  le  obbjezioni  qui  riportate,  specialmente 
apoggiandosi  all'autorità  del  Professore  Cantoni,  notando  che  la  maggiore  parte 
delle  risaje  della  Lombardia  sono  appunto  regolate  ad  allagazione  continua  e 
che  la  dove  non  vi  ha  acqua  sufficiente,  gli  inconvenienti  ed  i  rischi  stessi  di 
tale  coltivazione  devono  sconsigliarne  affatto.  Soggiungeva  poi  che  sarebbe  facile 
ai  fittabili  lo  scambiarsi  le  acque  di  orario  in  modo  da  potersi  mantenere  reci- 
procamente continua  quella   necessaria   a   detta   coltivazione;   ma   tale   osserva- 


94  I  REGOLAMENTI 

zione  fu  dagli  oppositori  objettata,  quale  in  molti  casi  inattuabili,  e  con  essa 
anche  P  altra  che  tale  principio  si  doveva  ritenere  informato  allo  spirito  della 
legge  la  quale  vorrebbe  in  alcuni  casi  limitata  la  libera  azione  del  proprietario 
nell'uso  della  cosa  posseduta  quando  da  quest'uso  ne  possa  derivare  danno  al 
vicino. 

Ad  ogni  modo  prevalse  l'opinione  del  sig.  Bersani  che  dichiarava  «  che  Pin- 
«  teresse  privato  bastò  per  migliorare  la  risicoltura  a  segno  da  renderla  oramai 
a  assai  poco  dannosa  alla  salute.  » 

Egli  credette  perciò  «  che  l'interesse  privato  poteva  bastare  a  fare  tutto  il 
«  resto  »  e  quindi  propose  in  analogìa  a  quanto  progettò  il  sig.  Pasi  :  «  che  ab- 
«  bandonata  l'idea  delle  distanze  si  dieno  soltanto  delle  prescrizioni  repressive 
«  per  il  caso  provato  che  una  risaja  arrechi  danno  ad  un  abitato,  od  all'acqua 
«  potabile  eli  un  aggregato  di  case  di  almeno  20  persone.  » 

Per  stringere  al  concreto  la  Commissione,  formulò  un  proprio  progetto  di  Rego- 
lamento nel  quale  però  ammise  il  principio  quantunque  combattuto  delle  distanze 
motivandone  però  molte  debolmente  tale  transativa  accettazione.  Quale  mezzo 
termine  adottò  distanze  minori  di  quelle  portate  dal  progetto  di  Regolamento 
Provinciale,  prescrisse  l'avvicendamento  la  dove  era  possibile,  vi  aggiunse  anco 
altre  norme  per  la  salubrità  delle  abitazioni  e  la  bontà  delle  acque  potabili:  da 
ultimo  la  proibizione  del  lavoro  notturno,  oltre  alle  varie  provvidenze  tran- 
sitorie che  si  riferiscono  all'attivazione  del  Regolamento. 

Non  daremo  troppo  peso  alla  asserzione  generica  che  i  miasmi  palustri  hanno 
poca  elasticità  espansiva,  e  di  consueto  non  si  dilatano  oltre  un  raggio  di  metri 
trecento,  piuttosto  richiameremo  l'attenzione  della  Superiore  Amministrazione 
alla  necessità  di  intraprendere  serie  indagini,  nelle  diverse  località  ed  esperi- 
menti sui  quali  basare  le  decisioni,  e  misurare  la  vera  importanza  della  questione 
che  da  qualche  secolo  e  specialmente  nel  nostro  ci  fruttò  tante  contradditorie 
opinioni  fondate  il  più  spesso  sopra  semplici  induzioni.  Di  anno  in  anno  gli 
scritti  e  le  discussioni  si  accumulano  ma  la  questione  non  progredisce  di  un  passo. 

Fra  le  prescrizioni  igieniche  di  un  ordine  generale  raccomandate  dalla  Commis- 
sione, vogliono  essere  vivamente  appoggiate  quelle  che  si  riferiscono  al  migliora- 
mento delle  malsane  abitazioni,  al  prosciugamento  delle  pozzanghere,  al  miglio- 
ramento dell'acqua  potabile,  non  che  alla  sostituzione  dei  trebbiatoi  e  delle 
macchine  in  genere  al  lavoro  manuale  dell'uomo  tutte  volte  lo  si  possa,  racco- 
mandazioni che  non  hanno  duopo  di  essere  discusse. 

Così  anche  vogliono  essere  notate  le  generose  raccomandazioni  racchiuse  in 
un  ordine  del  giorno  stato  proposto  dal  sig.  Marchese  Cusani  «  di  promuovere  » 
cioè  «  con  tutte  le  forze  la  istruzione  pubblica  per  conseguire  il  progressivo  in- 
«  cremento  fisico  e  morale  delle  masse  sia  nelle  città  che  nelle  campagne  e 
«  principalmente  il  miglioramento  della  condizione  degli  abitanti  di  queste  ul- 
«  lime  »  ne  l'eccellente  moderazione  «  di  non  ritenere  come  immutabili  le  deci- 
«  sioni  che  mai  fossero  per  essere  adottate  quanto  alle  distanze  »  dovendosi  per 
lo  spirito  stesso  della  moderna  legislazione  le  leggi,  o  meglio  i  regolamenti,  nei 
quali  sono  svolti  i  principii  fìssi  ed  immutabili  dal  diritto  confidati  ai  codici,  pie- 
gare al  progresso,  quale  l'abito  ad  individuo,  e  conformarsi  all'equo  bisogno 
della  circostanza. 

L'istruzione  e  coltura  sono  il  cemento  che  lega  fra  di  loro  le  masse  a  costi- 
tuire la  nazione,  la  quale  perciò  non  dipende  solo  dalla  simiglianza  delle  circo- 


PER  LA  SANITÀ,   EDILIZIA  ECC.  95 

stanze  esteriori  ma  più  fondatamente  da  quella  delle  idee  e  dei  principii.  L'Agri- 
cultura  e  le  industrie  in  genere  per  progredire,  hanno  duopo  non  solo  dei  sussidii 
materiali  ma  di  morali  eccitamenti.  I  fenomeni  semplici  in  apparenza,  hanno 
riposta  la  loro  causa  determinante  nei  profondi  secreti  della  natura  che  la  scienza 
sola  osa  interrogare. 

Noi  abbiamo  svolto  con  qualche  dettaglio  la  discussione  avvenuta  in  seno  alla 
Commissione  dell'  Accademia  Fisiomedico  Statistica  e  del  Consorzio  Agrario 
perchè  opiniamo  che  la  imparziale  valutazione  delle  medesime  ci  addita  il  vero 
principio  al  quale  devono  essere  informate  tutte  le  discipline  in  questione  di 
igiene  pubblica,  la  necessità  della  competenza  nei  mezzi  e  nelle  persone  delegate 
allo  studio  delle  questioni  fondamentali,  e  quale  generalità  si  convenga  al  prin- 
cipio fondamentale  onde  riuscire  nell'  attuazione  a  buoni  ed  efficaci  risultati. 

Infatti  dall'esame  di  queste  discussioni  chiaro  ne  emerge  la  insufficienza  delle 
Commissioni  Provinciali  a  decidere  in  materia  e  ciascuno  può  farsi  capace  della 
necessità  di  ricercare  l'appoggio  delle  autorità  locali,  appoggio  però  che  il  più 
spesso  fallisce  per  la  difficoltà  di  trovare  persone  completamente  spoglie  da  ogni 
preconcetto  giudizio;  che  le  rappresentanze  Comunali  costituite  appunto  dalle 
persone  le  più  interessate  a  nascondere  le  verità  ed  i  fatti,  facilmente  sono  ani- 
mate da  falsi  pregiudizi!  che  conducono  poi  alle  più  strane  contraddizioni  e 
fanno  così  degenerare  in  appassionate  le  più  vitali  questioni. 

Nel  Rapporto  delle  riunite  rappresentanze  di  cui  sopra  facemmo  menzione,  si 
dà  molta  importanza  alla  necessità  di  consultare  in  ogni  questione  che  interessi 
la  scienza  agricola  le  locali  rappresentanze  dei  Comuni. 

Di  ciò  però  non  possiamo  convenire,  non  essendo  persuasi  dell' efficace  e  van- 
taggioso concorso  in  materia  specialmente  d'igiene,  per  parte  dell'autorità  rap- 
presentativa dei  piccoli  comuni  rurali,  ed  una  prova  palmare  la  si  ha  dall'ineffi- 
cacia delle  disposizioni  di  igiene  generale  le  quali  sono  trascurate  affatto  nella 
pluralità  di  essi  che  pur  troppo  erano  chiamati  a  formularle  in  apposito  regola- 
mento, regolamento  che  appena  possono  vantare  le  città  e  pochissimi  borghi; 
anzi  le  Commissioni  stesse  sanitarie  dei  comuni  foresi  non  essendo  appoggiate 
ad  alcuna  autorità  competente  in  materia,  pervengono  se  non  conducono  all'op- 
posto risultato  per  lo  meno  al  nulla. 

Ma  non  vi  può  essere  questione  a  se  per  le  risaje,  questa  entra  perfettamente 
nel  vasto  campo  delle  questioni  generali  di  edilizia  e  sanità  agricola,  questioni 
che  vogliono  ben  ponderarsi  in  un  unico  e  completo  regolamento. 

I  regolamenti  parziali  applicati  ad  ogni  singola  questione  conducono  troppo  spesso 
o  alla  confusione  ed  alla  contraddizione;  l'esperienza  lo  ha  dimostrato  per  qual- 
cuno dei  nostri  più  importanti  comuni  nei  quali  si  vollero  senza  ragione  mol- 
tiplicati: l'edilizia  o  la  sicurezza  pubblica,  l'igiene  generale,  poi  l'una  dopo  l'altra 
tutte  le  questioni  che  da  questa  emanano,  questioni  che  tutte  si  riassumono  nella 
sanità  e  sicurezza  pubblica  che  unitamente  mirano  alla  salute  dei  cittadini. 

Le  massime  fondamentali  dei  regolamenti  vogliono  emanare  dall'autorità  cen- 
trale, la  modalità  della  loro  applicazione  vogliono  però  opportunamente  informarsi 
ai  bisogni  delle  località,  e  queste  non  sono  sempre  strettamente  deliminate  col 
comune  e  neppure  col  Mandamento  o  la  Provincia,  ma  sibbene  dalla  solidarietà  e 
dalla  comunanza  degli  interessi  che  possono  assimilare  in  consorzii  i  comuni 
riuniti  dalle  identiche  condizioni  topografiche,  non  solo  ma  anco  dalle  geo- 
logiche. 


96  I  REGOLAMENTI 

Così  alle  Commissioni  collettive  di  questi  consorzii  vorrebbe  essere  affidato  lo 
studio,  la  cura  di  precisare,  decidere  sull'applicazione  non  che  il  vegliare  all'a- 
dempimento delle  prescrizioni  igienico-edili,  le  quali  dovrebbero  regolare  cosi 
tutte  in  genere  le  costruzioni  pubbliche  e  le  private,  le  industrie,  non  che  i  rap- 
porti che  per  essi  ne  derivano  fra  i  singoli  membri  del  consorzio. 

Ridotta  a  questi  termini  la  questione  un  saggio  e  razionale  regolamento  di 
edilità  ed  igiene  specialmente  agricola  dovrebbe  contemplare  precipuamente  i 
seguenti  provvedimenti  : 

1.°  Quelli  in  genere  che  regolano  la  agricultura,  e  la  irrigua  in  ispecie,  per 
ciò  che  riguarda  la  raccolta  la  condotta  e  l'uso  delle  acque,  poi  le  coltivazioni, 
i  bonificamenti  e  ciò  all'intento  di  prevenire  e  minorare  in  quanto  sia  possibile 
le  nocive  conseguenze  che  possono  all'umano  organismo  arrecare  alcune  speciali 
coltivazioni. 

2.°  Quelli  che  regolano  i  rapporti  fra  1'  operajo  agricultore  ed  i  lavori  dei 
campi,  precisamente  per  ciò  che  si  riflette  alla  loro  condizione  igienica.  Non  solo 
è  un  diritto  ma  è  un  dovere  della  società  di  occuparsi  in  ispecie  a  combattere 
le  cause  generatrici  di  danni  a  suoi  singoli  membri. 

3.°  Quelli  che  valgono  a  migliorare  il  ben  essere  dei  contadini,  col  fornire  loro 
come  di  diritto  sane  e  buone  abitazioni,  mezzi  a  provvedere  ai  loro  bisogni  fisici 
cioè  indumenti  e  cibi  pure  proporzionati  all'opera  che  da  essi  ritrae  l'industria 

agricola. 

4.°  Quelli  che  valgono  a  migliorarne  la  condizione  morale  ed  intellettuale  e 
che  indirettamente  si  ma  in  una  misura  certa  e  decisiva  contribuiscono  al  mi- 
gliore ben  essere  materiale. 

Ecco  quali  speciali  suggerimenti  dovrebbero  valere  a  raggiungere  lo  scopo  per 
ciascuno  degl'annunciati  postulati. 

È  ammesso  che  l'epoca  dello  sviluppo  dei  miasmi  più  nocivi  sta  fra  la  metà 
di  Luglio  e  quella  di  Settembre,  per  ciò  nel  periodo  di  questi  due  mesi  si  vorrà 
esercitata  la  più  attiva  vigilanza  a  far  osservare  le  prescrizioni  dei  regolamenti. 

Per  intrinseca  sua  condizione  l'agricoltura  si  va  di  grado  in  grado  perfezionando 
di  mano  che  si  avvicina  ai  centri  più  popolati,  la  proprietà,  quivi  si  sfraziona  e  le 
colture  più  lucrose  si  avvicendano  ;  gli  ortaggi  associansi  alle  praterie  stabili 
che  utilizzano  i  preziosi  e  pingui  scoli  della  città  e  dei  borghi,  per  cui  sempre 
più  se  ne  allontana  la  grande  cultura  assolutamente  indispensabile  alla  fruttosa 
vicenda  del  riso.  Volontieri  sono  profusi  tesori  a  sanare  terreni  acquitrinosi ,  e 
cosi  tendesi  ad  allontanare  ogni  causa  di  nocive  esalazioni  così  che  inopportuni 
riescono  gli  speciali  provvedimenti  intenti  a  garantire  il  circondario  esterno  im- 
mediato ai  borghi  ed  alle  città  mediante  la  limitazione  delle  distanze. 

I  miasmi  prescindendo  da  ogni  considerazione  sulla  loro  natura  quando,  non 
vengono  trasportati  a  grande  distanza,  ma  stagnino  nell'atmosfera  circostante  al 
loro  focolajo  di  emanazione,  si  riscontrano  più  precisamente  stazionarli  in  quello 
strato  nel  quale  per  la  irradiazione  del  calore,  il  vapor  aqueo  si  è  semiconden- 
sato ed  è  passato  allo  stato  vescicolare;  è  questo  vapor  umido  quello  che  impregna 
ed  appiccica  i  miasmi  agli  oggetti,  indumenti  per  esempio,  da  dove  sono  causa  si- 
cura dei  paventati  malanni. 

L'altezza  di  questo  strato  varia  al  variare  delle  condizioni  igrometriche  e  ter- 
mometriche, nella  Campagna  Romana  è  considerevolmente  elevato  mentre  nella 
nostra,  almeno  per  la  maggior  parte  della  località,  è  stagnante  a  pochi  metri  dal 


PER  LA  SANITÀ,  EDILIZIA  ECC.  97 

suolo.  La  proprietà  di  sanare  le  località  paludose  dai  miasmi  attribuita  all'  Adian- 
thus  annuus,  volgarmente  girasole,  quando  venga  coltivato  su  vasta  scala  in  quei 
terreni,  può  spiegarsi  forse  dalla  elevazione  dei  suoi  steli,  e  dalla  natura  semi- 
vischiosa delle  sue  foglie  alle  quali  si  appiccicano  facilmente  i  fiocchetti  di  so- 
stanze organiche  dello  strato  d'aria  circumambiente ,  il  quale  all'ombra  delle 
sue  foglie  vi  condensa  l'umidità. 

Tale  proprietà  la  dovrebbe  presentare  in  parte  anche  la  canape  e  sebbene  in 
misura  minore,  per  la  lucentezza  delle  foglie,  anco  il  granoturco,  non  che  altri 
arbusti  coi  quali  si  possono  opportunamente  comporre  siepi. 

Perciò  coi  provvedimenti  della  prima  specie  si  dovrebbero  annoverare  le  pra- 
tiche tendenti  a  facilitare  le  transazioni  fra  i  comproprietarii  per  le  permute  e 
gli  scambii  di  acque  e  di  terreno,  onde  così  rendere  più  probabile  una  buona  e 
razionale  distribuzione  delle  acque  e  degli  scoli,  all'  intento  di  congiungere  all'e- 
conomia nel  loro  impiego,  quella  anco  del  terreno  destinato  alle  coltivazioni,  col 
promuovere  e  facilitare  la  soppressione  dei  canali  di  scolo  sovrabbondanti,  i  quali 
più  spesso  per  la  intermittenza  delle  loro  acque  voglionsi  considerare  come  in 
una  condizione  veramente  permanente  di  palude. 

Le  speciali  provvidenze  poi  che  si  dovrebbero  avere  per  le  risaje  stabili,  os- 
siano  quelle  che  non  possono  essere  avvicendate  ed  hanno  un  sottosuolo  oltre- 
modo impermeabile,  sarebbero  la  permanente  e  completa  sommersione  loro  con 
acque  abbondanti  e  perenni  associata  alle  profonde  e  replicate  colture. 

E  per  quelle  avvicendabili,  la  soppressione  delle  parziali  asciutte  in  estate  com- 
presa quella  di  S.  Giovanni  che  nella  opinione  di  molti  pratici  è  ritenuta  inop- 
portuna e  la  di  cui  pratica  tradizionale  risale  alla  consuetudine  antica  della 
asciutta  o  soleggiamento  in  estate  delle  risaje  da  zappa  o  dei  terreni  acquitrinosi  ; 
poscia  l'allagamento  continuo  per  quei  fondi  che  hanno  un  sottosuolo  argilloso, 
tollerando  quella  discontinua  solo  per  i  terreni  di  natura  permeabili  ben  consta- 
tata, per  la  quale  rapido  è  il  loro  passaggio  dalla  condizione  di  stagno  a  quella 
di  campo  perfettamente  asciutto. 

Il  rapido  asciugamento  della  risaja  all'epoca  della  mietitura  vuol  essere  con 
tutti  i  mezzi  favorito,  e  susseguito  da  profonde  lavorature  coli' aratro,  a  fine  di 
interrare  le  stoppie  lasciate  dalla  mietitura,  cosi  come  si  pratica  comunemente 
per  il  frumento;  che  se  ciò  non  fosse  fattibile  ma  si  potesse  disporre  di  acqua 
continua,  converrà  mantenere  sommersi  i  campi  a  riso  sino  alle  lavorature  od  alle 
prime  piogge  autunnali. 

Naturalmente  una  pratica  eccellente  e  per  nulla  incomoda,  sarà  pur  quella  di 
limitare  l'asciutta  giornaliera  pella  mietitura  a  quella  sola  estensione  di  risaja 
che  può  essere  in  un  sol  giorno  mietuta. 

Le  lavorature  fatte  succedere  alla  mietitura  saranno  rese  possibili  dall'uso  delle 
macchine  e  trebbiatoj,  per  le  quali  l'agricultura  potrà  disporre  liberamente  di  tutte 
le  bestie  da  lavoro  per  le  occorrenze  della  campagna. 

Una  conseguenza  immediata  e  naturale  di  tutte  queste  disposizioni  è  facile 
a  comprendersi,  vuol  essere  la  misura  dell'acqua  in  sufficiente  quantità  a  fine 
di  garantire  la  conservazione  delle  intraprese  coltivazioni. 

Ad  impedire  poi  che  l'agricultore  affittuario  non  abusi,  come  pur  troppo  spesse 
volte  accade,  coli' estendere,  verso  la  fine  della  locazione,  smodatamente  la  colti- 
vazione del  riso  allo  scopo  di  spossare  il  terreno  prima  di  abbandonarlo,  ed  a  di- 
spetto anche  di  acque   insufficienti,  sarà  opportuno  introdurre  nei  regolamenti 


98  I  REGOLAMENTI 

generali  agricoli  la  ingiunzione  ai  proprietarii  di  far  sorvegliare,  ed  in  ciò  pre- 
stare loro  valido  appoggio  affinchè  l'agricultore  non  si  discosti  dalla  pratica 
usata  e  sanzionata  dalla  esperienza  nel  circondario  del  rispettivo  consorzio. 

Fra  i  provvedimenti  della  seconda  specie  sono  ad  inscriversi  quelli  che  si  ri- 
feriscono alle  ore  e  tempi  del  lavoro. 

Già  le  associazioni  operaje  raggiunsero  l'intento  di  regolare  i  rapporti  fra  l'ope- 
rajo  e  l'industriale,  senza  che  ne  sia  derivato  per  ciò  danno  veruno  all'industria; 
il  loro  esempio  vorremmo  fosse  nell' Agricullura  imitato.  Non  sono  forse  solidali 
fra  di  loro  ed  il  conduttore  e  i  coltivatori  dello  stesso  fondo? 

Così  sarà  giustizia  circoscrivere  i  lavori  del  campo  alle  ore  nelle  quali  non  sono 
temibili  le  influenze  del  clima,  ossia  principiare  i  lavori  nelle  ore  mattutine 
della  stagione  estiva  dopo  che  la  rugiada  abbia  cessato  di  deporsi,  sospenderli 
nelle  ore  eccessivamente  calde  nelle  quali  la  traspirazione  eccessivamente  attiva 
spossa  e  snerva  l'organismo,  da  ultimo  cessare  dai  medesimi  al  cader  del  sole 
allora  che  la  rugiada  compare  ed  il  velo  di  nebbia  ricopre  la  campagna. 

Ne  perciò  conviene  esagerare  in  inutili  od  incompatibili  precauzioni,  e  non 
sono  a  temersi  nocivi  alla  salute  i  lavori  ancor  che  fatti  colle  membra  im- 
merse nell'acqua,  purché  non  di  troppo  prolungate  ma  interrotti    da  frequenti 

riposi. 

Speriamo  che  ogni  giorno  guadagni  nuovo  terreno  e  si  estenda  sempre  più 
l'uso  delle  macchine  agricole,  non  solo  applicate  alla  trebbiatura  dei  cereali,  ma 
altresì  ai  più  pesanti   lavori  dei  campi. 

Da  ciò  il  morale  del  contadino  verrà  rialzato  pel  lavoro  più  dignitoso,  e  que- 
st'operajo  meglio  retribuito  in  ragione  dell'opera  più  intellettuale,  avvantaggerà 
nell'educazione  e  nel  ben  essere. 

Fra  i  provvedimenti  formulati  nella  terza  categoria  più  importanti  al  certo 
sono  quelli  che  si  riferiscono  alla  salubrità  della  dimora  dove  il  laborioso  agri- 
coltore passa  buona  parte  della  giornata  e  dove  riposasi  dalla  fatica. 

Il  trasporto  graduato  delle  abitazioni  coloniche  in  ispecie  verrà  promosso  verso 
la  parte  più  elevata  di  ciascun  fondo.  L'impiego  dei  materiali  idraulici  a  com- 
battere l'umidità  del  suolo,  per  le  fondazioni  non  solo  ma  sibbene  perle  prime 
murature  fuori  terra,  non  sarà  un  lusso  ma  una  vera  e  ben  intesa  economia. 

Disporre,  converrà  tutte  volte  siano  a  prepararsi  o  riformarsi  a  nuovo  le  case, 
sopra  due  piani  sovrapposti,  il  terreno  per  l'abitazione  diurna,  il  superiore  per 
quella  notturna;  e  per  di  più  sarebbe  opportunissimo  partito  quello  di  elevare 
anche  il  piano  terreno  almeno  un  pajo  di  metri  sopra  terra,  aggiungendo  così 
al  semplice  pavimento  di  ammattonato  e  di  calcestruzzo,  una  completa  impalca- 
tura, e  ciò  quando  pur  non  si  credesse  il  caso  sostituirvi  una  volta  di  laterizii. 
L'ambiente  che  per  ciò  risulterebbe  fra  piano  e  terra,  non  solo  intercetterebbe 
la  comunicazione  ed  il  passaggio  dell'umidità  fra  il  suolo  ed  il  piano  abitabile, 
ma  con  tutta  la  opportunità  si  presterebbe  quale  ripostiglio  di  attrezzi  e  legne  a 
sostituire  i  dispendiosi  portici  che  spesso  con  mal  inteso  lusso  si  profondono 
avanti  alle  abitazioni  dei  coloni,  ed  offrirebbe  comodo  e  sicuro  posto  alla  collo- 
cazione dei  pollaj,  non  che  facile  adito  fra  il  cortile  del  caseggiato,  che  noi  inten- 
deremmo aperto  a  tramontana  a  disservire  le  abitazioni,  e  1' orticello  il  quale 
perciò  troverebbesi  posto  a  mezzodì. 

Sopra  il  piano  superiore  va  disposta  indeclinabilmente  una  impalcatura  o  so- 
lajo  morto  con  sufficiente  strato  di  caldana  al  riparo  dei  locali  notturni. 


PER  LA  SANITÀ,   EDILIZIA  ECC.  99 

Le  aperture  vorranno  essere  praticate  in  posto  idoneo  non  solo  alla  buona  e 
facile  comunicazione  dei  locali  ed  alla  distribuzione  della  luce  ma  più  special- 
mente alla  buona  ventilazione,  a  viemeglio  regolare  la  quale  sarà  a  tener  cal- 
colo dei  focolaj,  non  che  del  sussidio  di  appositi  e  ben  disposti  ventilatori. 

La  ampiezza  dei  locali  e  cosi  quella  delle  aperture  va  saggiamente  commisu- 
rata al  numero  delle  persone  ed  ai  loro  speciali  bisogni  senza  però  essere  ec- 
cessiva. 

Alla  chiusura  delle  aperture  per  la  stagione  invernale  si  potranno  impiegare 
imposte  di  una  costruzione  semplice  ed  economica,  formate  cioè  di  tavole  unite 
e  nelle  quali  siasi  praticata  una  apertura  appena  sufficiente  ai  bisogni  della 
luce  e  munita  da  un  vetro  fisso;  nella  stagione  estiva  cosi  per  le  finestre  che 
per  gli  spiragli  meglio  funzioneranno  i  telaj  con  soprateso  canovaccio-  questi 
nel  mentre  permettono  il  passaggio  all'aria,  ne  rallentano  la  velocità  e  la  depu- 
rano della  maggior  parte  delle  sostanze  in  sospensione  appunto  abbondanti  nel- 
I  atmosfera  nelle  ore  notturne,  e  ne  condensano  il  vapore  esuberante  al  quale 
sono  associati. 

A  mezzogiorno  dei  gruppi  di  abitazioni  ed  al  primo  piano  elevato  sopra  terra 
molto  opportunamente  converrebbe  praticare  un  ballatojo  pel  quale  si  possa  co- 
municare colle  latrine,  nel  caso  che  queste  non  siano  collocate  al  sottoposto  in- 
terspazio, questo  ballatojo  soddisferebbe  anche  aitanti  altri  bisogni  dell'economia 
domestica.  S.ansi  collocate  sul  ballatojo  od  al  sottopiano  le  latrine,  vorranno 
possibilmente  distribuirsi  in  numero  proporzionato  e  meglio,  eguale  a  quello 
delle  abitazioni ,  affinchè  ciascuna  famiglia  ne  possa  essere  provvista.  Una  sola 
fogna  perciò  anche  in  questo  caso  potrà  agrupparle  a  due  a  due.  La  loro  costru- 
zione vorrà  essere  fatta  con  buoni  materiali  e  colle  forme  e  disposizioni  le  più 
convenienti  a  raccogliere  e  trattenere  le  materie,  preziosa  scorta  al  terreno 

Cosi  1  letamaj  delle  stalle  discosti  di  qualche  diecina  di  metri  delle  abitazioni 
vorranno  essere  combinati  nel  modo  il  più  atto  a  regolare  la  fermentazione  dei 
concimi  affine  in  questa  non  si  disperdano  poco  fruttuosamente  i  prodotti  gazosi 
de  a  decomposizione  organica.  A  ciò  se  ne  consiglia  la  copertura  col  mezzo  di 
volta  e  1  applicazione  di  cammini  o  spiragli  di  conveniente  altezza  e  sezione  a 
regolare  la  corrente  dei  gaz  che  vi  si  svolgono;  poi  a  disporre  a  piano  inclinato 
verso  il  centro  o  verso  un  pozzetto  in  cui  raccogliere  le  materie  liquide ,  il  pa- 
vimento costrutto  con  materiali  impermeabili ,  questo  poi  vuol  essere  depresso 
ma  non  d,  molto  sotto  il  piano  esterno,  per  combinarvi  la  facilità  di  accesso 
anche  coi  carri  per  la  estrazione  delle  materie. 

Ad  ottenere  acqua  potabile  abbondante  e  salubre  vorranno  essere  cosi  appro- 
fondati 1  pozz.  e  formati  di  materiali  impermeabili  da  intercettare  le  filtrazioni 
SX  Supen0ri'.a  fllle  di  P>»are  quel  nappo  di  acqua  più  profondo  e 
limpido  che  «  avrà  riconosciuto ,  dopo  ripetuti  assaggi,  il  più  conveniente  ;  per 
di  p.u  s.  avrà  cura  d.  ripararne  opportunamente  la  bocca  con  adatto  chiusore  a 
fine  non  vi  possano  essere  importati  detriti  organici  o  materie  atte  alla  fermen- 

ZT!''u  T  gI°Va  riC°rdarCÌ  Che  la  luce  ne  è  uno  dei  P"ncipaU  agenti  perciò, 
tutte  volte  lo  si  possa,  non  si  dovranno  risparmiare  i  meccanismi  da  tromba.  Che 
se  negli  strati  sotterranei  non  sarà  fattibile  rinvenire  quel  nappo  che  riunisca 
le  proprietà  più  desiderabili,  si  potrà  sussidiarne  la  facoltà  depurante  coli' uso 
dei  filtri,  opportun.ssimi  allo  scopo  e  che  si  vanno  di  giorno  in  giorno  sempre 
più  generalizzando  anco  pel  servizio  delle  grandi  città. 


£00  I  REGOLAMENTI 

Rassodato  opportunamente  il  terreno  circostante  alle  abitazioni  converrà  rive- 
stime  la  superficie  con  buon  acciottolato,  e  disporla  a  conveniente  pendio  pel  fa- 
cile scolo  delle  pluviali. 

Onde  allontanare  dai  caseggiati  colonici  ogni  causa  immediata  di  nocive  esa- 
lazioni si  avrà  cura  di  rimuovere  gli  stagni  ed  i  fossi  di  acque  di  scolo  ed  anche 
le  coltivazioni  o  fìsse  od  in  ruota,  ed  almeno  per  una  ventina  di  metri,  lasciando 
sussistere  in  questo  spazio  immediato  e  prescritto  i  soli  orti  ed  i  cortili;  anzi 
converrà  difendere  questi  spazii  laddove  sarà  possibile  con  fìtte  siepi,  scegliendo 
appunto  fra  gli  arbusti,  quelle  essenze  che  si  riconosceranno  megli  adatti  ad  ar- 
restare gli  effluvi!  o  miasmi  che  stagnano  negli  strati  d'aria  pochi  metri  appena 
sopra  le  coltivazioni. 

Gli  indumenti,  vanno  annoverati  al  certo  fra  i  più  importanti  mezzi  atti  a  pre- 
servarci od  a  combattere  i  nocini  effetti  delia  mal  aria  e  della  eccessiva  umidita. 
Il  cotone  viene  reputato  eccellentissimo  a  filtrare  i  germi  organici  che  si  trovano 
sospesi  nell'aria,  ed  è  perciò  che  si  presta  molto  opportuno  alla  confezione  di 
economici  indumenti  esteriori  pel  contadino,  nel  mentre  per  la  sua  insufficienza 
a  moderare  gli  sbalzi  di  temperatura,  e  di  umidità  nell'atmosfera,  quantunque  in 
ciò  superiore  al  lino  ed  alla  canape,  deve  lasciare  il  posto  al  sovrano  fra  le 
materie  tessili,  la  lana,  colla  quale  si  avvicina  la  perfezione  dell'abito  che  na- 
tura in  ciò  più  generosa  forni  agli  animali  inferiori  all'uomo. 

Gli  indumenti  che  sono  destinati  a  coprire  e  sono  applicati  direttamente  alla 
cute  specialmente  pel  torace  e  le  estremità  inferiori,  ossia  per  quelle  parti  del 
corpo  nelle  quali  la  traspirazione  è  più  attiva  e  le  secrezioni  più  abbondanti , 
vogliono  in  ogni  stagione  dell'anno  costituirsi  colla  lana. 

Ma  tutte  le  cure  intese  a  difendere  l' individuo  dalle  nemiche  influenze  esterne,  sia 
al  lavoro,  che  nella  abitazione,  quanto  cogli  appropriali  indumenti  cadranno  infrut- 
tuose quando  non  saranno  associate  ad  una  conveniente,  abbondante  alimentazione. 
Il  campo  poco  concimato  delude  l'aspettativa  dell'agricultore.  Il  paragone  è  altret- 
tanto duro  quanto  vero;  cosi  non  saranno  mai  soverchie  le  raccomandazioni  agli 
agricoltori  aftinché  dirigano  essi  stessi  e  sovvengano  in  quanto  sarà  loro  possi- 
bile i  contadini  affine  si  provvedano  di  alimenti  e  di  bevande  cosi  come  di  buoni 
indumenti  a  fine  di  raggiungere  colettivamente  lo  scopo  desiderato.  Qualche 
cosa  di  simile  ai  forni  ed  alle  cucine  cooperative  applicate  alle  aziende  agricole 
potrebbe  con  sperabile  successo  essere  esperimentato.  Vuoisi  mirare  ad  aumen- 
tare la  forza  fisica  disponibile,  e  contemporaneamente  ridurre  le  cause  di  disper- 
dimento delle  medesime  per  gli  individui  destinati  alle  dure  fatiche  dei  campi. 
Fortunatamente  però  la  relativa  agiatezza  segue  V  agricultore  la  dove  sono  più 
micidiali  le  nemiche  influenze. 

Colla  ben  intesa  agricultura  voglionsi  associare  tutte  quelle  altre  industrie  che 
giovano  più  o  meno  direttamente  al  suo  sviluppo. 

'  Così  alle  molte  e  svariate  coltivazioni  dei  campi,  all'allevamento  di  utili  ani- 
mali, alla  cura  e  sviluppo  di  bruchi  ed  insetti,  vorremmo  fosse  nei  paesi  irrigui 
e  dove  abbondano  acque  correnti  o  stagnanti  associata  la  piscicoltura  della  quale 
potrebbe  trarre  nuovo  elemento  di  ben  essere  il  contadino.  Veri  progressi  in 
questo  non  spregievole  ramo  di  industria  agricola  vennero  operati,  specialmente 
in  questi  ultimi  anni,  dagli  stranieri,  nel  mentre  è  a  deplorarsi  che  nel  nostro 
territorio  va  di  giorno  in  giorno  scemando  la  dovizia  persino  altre  volte  vantata 
dei  vasti  bacini  lacuali. 


PER  LA  SANITÀ,   EDILIZIA  ECC.  101 

La  beneficenza  e  P  istruzione  voglionsi  strettamente  associate  alP  intento  di 
rialzare  e  perfezionare  il  morale  delle  nostre  popolazioni  agricole  quasi  abbrutite 
dall'indolenza  e  dall'apatia  ingenita  pei  clima  nel  loro  carattere.  L' una  e  Paltra 
vogliono  essere  affidate  all'amministrazione  comunale  o  meglio  forse  a  quelle  as- 
sociazioni di  Comuni  dei  quali  sopra  facemmo  parola,  ed  i  quali,  sapientemente 
costituiti  perchè  circoscritti  dai  veri  solidarii  interessi  locali,  forse  in  epoca  non 
molto  remota  potranno  completamente  sostituirsi  per  sopportare  i  pesi,  ai  singoli 
Comuni,  servendo  così  di  base  ad  una  più  razionale  distribuzione  della  competenza 
nei  morali  interessi. 

Le  condizioni  topografiche  sono  i  veri  criterii  che  guidar  devono  alla  ricerca 
dei  veri  interessi  delle  popolazioni  di  un  territorio,  e  le  Provincie  potrebbero 
costituire  Consorzii  di  un  ordine  molto  elevato  ai  quali  tutti  indistintamente 
voglia  essere  affidata  la  cura  dei  materiali  interessi. 

Sarebbe  poi  cosa  desiderabilissima  che  nell' interesse  della  beneficienza  si  ope- 
rasse un  graduato  decentramento  dei  Grandi  Ospitali  a  noi  legati  dalla  previ- 
dente carità  degli  avi.  Cosi  i  piccoli  istituti  di  simil  genere  dei  quali  non  solo 
le  città  ma  sibbene  i  borghi  ed  anco  qualche  importante  villaggio  non  difettano 
si  anderebbero  trasformando  in  veri  Ospitali  di  Consorzio.  Intorno  a  questi  con 
vera  economia  e  con  molto  maggior  utile  delle  popolazioni  si  verrebbero  ad  or- 
ganizzare i  due  servizii  interno  ed  esterno  per  la  tutela  della  salute,  supplendosi 
con  ciò  al  difettoso  sistema  delle  condotte. 

In  attesa  di  ciò  varrà  di  stimolo  ad  interessare  direttamente,  gli  Agricultori  e 
Proprietarii  affinchè  si  ingeriscano  ed  esercitino  una  diretta  ed  efficace  influenza 
sulle  abitudini  del  Contadino,  lo  accollare  ai  Comuni  le  spese  sanitarie  per  la 
cura  di  quelle  malattie  delle  quali  è  riconosciuta  la  causa  nella  malsania  delle 
località  od  abitati. 

Per  ultimo  vorrà  essere  con  ogni  sforzo  promossa  presso  i  comuni  la  istitu- 
zione degli  Asili  dove  radunare  i  fanciulli  che  le  madri  dedite  ai  lavori  della 
campagna  non  possono  sorvegliare  essi  slessi.  Gli  Asili  faciliteranno  il  compito 
alle  scuole  coli' iniziare  il  primo  svolgimento  delle  teneri  menti.  I  buoni  ali- 
menti e  le  provvide  cure  varranno  a  combatter  nei  primordi  le  tendenze  alle 
malattie  ereditarie,  e  del  clima  e  favoriranno  così  lo  sviluppo  di  soggetti  sani  e 
robusti. 


IL 

Sarebbe  inopportuno  qui  fare  l'apologia  delle  strade  e  delle  facili  comunica- 
zioni, coli' enumerare  tutti  i  vantaggi  che  la  società  ritrae  dalla  giudiziosa  di- 
stribuzione e  dall'ottima  sistemazione  delle  medesime,  l'attività  del  commercio 
e  delle  transazioni,  la  prosperità  delle  industrie  e  sopratutto  dell'Agricoltura. 

Le  strade  non  sono  certamente  una  creazione  contemporanea.  Tutti  i  popoli 
dalla  più  remota  antichità  che  vollero  costituirsi  socialmente  sentirono  il  bisogno 
di  provvedere  ai  mezzi  di  comunicazione;  così  che  può  ritenersi,  le  strade,  cioè 
le  comunicazioni,  essere  l'elemento  precipuo,  indispensabile,  la  vera  misura  della 
civiltà,  anzi  senza  esse  non  vi  ha  vera  vita  sociale.  I  primi  sentieri  apersero 
l'adito  alle  sparse  famiglie  a  riunirsi  in  tribù,  le  strade  riunendo  le  tribù  costi- 
tuirono i  popoli. 

Giorn.  Ing.  ~  Voi  XVI.  —  Febb.  e  Marzo  1868.  7 


102  I  REGOLAMENTI 

Il  tracciamento,  la  costruzione,  i  materiali  dei  quali  sono  formate  o  meglio 
sistemate  le  strade,  cioè  quanto  che  ne  costituisce  il  sistema,  è  subordinato  com- 
pletamente dai  bisogni,  e  dalla  natura  delle  località. 

Tuttavia  però  non  vuoisi  spingere  all'esagerazione  ogni  principio.  La  buona  di- 
stribuzione delle  strade  e  la  buona  manutenzione  delle  medesime,  sta  bensì  in 
ragione  diretta  colla  prosperità  di  un  paese  ma  entro  certi  limiti.  Così  sarà  per- 
nicioso allo  sviluppo  stesso  della  prosperità  industriale  ed  in  un  rapporto  tanto 
maggiore  per  la  Agricultura,  che  abitualmente  ed  in  misura  assai  più  sentita  ne  sop- 
porta il  dispendio  di  primo  impianto  e  di  successiva  conservazione,  lo  stabilimento 
di  stradali  sontuosi,  dispendiosi  oltre  misura,  e  non  in  relazione  alle  sue  risorse 
ed  ai  suoi  bisogni.  Una  prudente  economia  deve  mai  sempre  inspirare  una 
buona  e  premurosa  Amministrazione  nel  decretare  le  opere  pubbliche  e  pre- 
servarla dagli  slanci  di  inconsulto  ardimento.  La  nostra  Lombardia  possiede 
strade  eccellentissime ,  ma  non  può  per  questo  vantare  un  perfettissimo  e  ben 
proporzionato  sistema  o  rete  di  strade.  Alcuni  comuni ,  alcune  provincie  fornite 
di  larghe  risorse  ,  profusero  forse  troppo  soventi  ingenti  somme  nella  apertura 
di  vie  non  proporzionate  al  risultato,  mentre  altre  tuttora  reclamano  lo  stabili- 
mento di  tronchi  di  assoluta  necessità  ed  all'opera  dei  quali  si  sentono  impotenti 
sì  da  reclamare  l'appoggio  del  potere  ed  anco  i  sussidii  dell'Amministrazione  Cen- 
trale. La  considerazione  fatta  per  le  Provincie  Lombarde,  in  genere  può  esten- 
dersi alle  diverse  regioni  del  suolo  italiano. 

I  paesi  più  ricchi  per  agricoltura,  industria  e  commercio,  non  furono  ne  sono 
sempre  quelli  che  possiedono  le  più  allineate,  allivellate  ed  accurate  strade.  Anzi 
i  terrìtorii  della  Germania,  dell'Inghilterra  e  della  Francia,  i  più  produttivi,  sfa- 
voriti dalla  natura  per  essi  poco  prodiga  di  attrattive,  hanno  città  poco  seducenti 
e  strade  spesso  appena  tollerabili. 

Ciò  valga  a  persuadere  che  il  vero  scopo  al  quale  devono  mirare  mai  sempre  i 
Regolamenti  destinati  alle  strade  ed  alle  opere  pubbliche  è  quello  della  buona 
conservazione  ma  in  stretta  relazione  all'utile  constatato  che  da  esse  proviene  a 
vantaggio  della  nazionale  ricchezza. 

L'eccellente  ed  economico  risultato  delle  opere  pubbliche  dipende  dal  criterio 
e  dal  sapere  dei  tecnici  che  ne  sono  demandati,  la  susseguente  manutenzione 
dipende  dal  sistema  prevalente  dei  regolamenti. 

Non  vogliamo  però  con  ciò  asserire  che  il  sistema  od  i  diversi  regolamenti  in 
vigore  attualmente  per  la  manutenzione  in  ispecie  delle  strade  siano  assoluta- 
mente riprovevoli.  Se  sono  imperfetti  possono  in  parte  convenientemente  modi- 
ficarsi ed  ammigliorarsi. 

Anzi  tutto,  conviene  esaminare  l'ordine  col  quale  si  associano  i  diversi  inte- 
ressi delle  comunità  dei  cittadini  riferibilmente  allo  stabilimento  ed  alla  succes- 
siva conservazione  dei  mezzi  di  comunicazione.  Dalle  diverse  legislazioni  o 
meglio  regolamenti  le  strade  furono  assortite  e  classate  in  diverse  categorie  ed 
accollate  a  quando  le  une,  alle  singole  Comunità  o  Consorzii,  alle  Provincie  o  allo 
Stato  le  altre,  ed  a  seconda  di  queste  categorie  portarono  il  nome  di  Strade  Na- 
zionali, Provinciali,  Comunali,  Consortili,  e  ben  anco  Vicinali.  Regolamenti  e 
sistemi  appositi  furono  adottate  per  le  une  a  differenza  delle  altre. 

A  nostro  avviso  non  possono  sussistere  fondatamente  queste  demarcazioni.  Tutte 
le  strade  vogliono  essere  fnse  in  un  sistema  unico  di  viabilità,  grandi  e  piccole, 
frequentate  o  meno,  poi  divise  in  gradi  al  più  a  seconda  della  loro  effettiva  im* 


PER  LA  SANITÀ,  EDILIZIA  ECC.  103 

portanza,  per  la  quale  possono  differire  nelle  dimensioni.  Tutte  quindi  siano 
assunte  per  rimpianto,  da  uno  stesso  ordine  amministrativo,  poi  se  occorre  tutte 
cumulativamente  siano  affidate  ad  un  altro  ordine  subalterno  per  la  successiva  e 
continua  loro  conservazione. 

Quanto  si  viene  proponendo  per  le  strade  in  genere  si  deve  applicare  anche  alle 
altre  opere  pubbliche,  che  nelì'  egual  misura  interessano  lo  sviluppo  materiale 
del  paese. 

Facile  si  scorge  la  via  da  seguire  per  fissare  gli  aggruppamenti  dei  diversi  in- 
teressi materiali  di  un  paese  e  fra  questi  rinvenire  quelli  ai  quali  domandare  la 
cura  dello  impianto  o  della  conservazione  delle  opere  di  comune  interesse. 

Ed  in  vero:  primamente  le  famiglie  si  aggruppano  in  Comunità. 

Ora  quali  solidali  interessi  si  destano  più  prepotenti  fra  i  membri  di  uno  stesso 
comune  od  aggregato  più  o  meno  compatto  di  famiglie  e  di  abitazioni?  La  ri- 
sposta è  naturale:  interessi  morali,  ossiano  quelli  che  si  riferiscono  specialmente 
alle  persone  cioè  alla  reciproca  assistenza,  ed  all'istruzione.  Nessuno  speciale  inte- 
resse dell'ordine  materiale,  può  vantare  requisiti  di  solidarietà  nella  sfera  dell'as- 
sociazione comunale. 

Mentre  oltrepassata  la  cerchia  del  comune  si  incontrano  quali  vincoli  che  le- 
gano fra  di  loro  tutti  indistintamente  gli  abitanti  di  un  determinato  territorio  gli 
sforzi  intesi  a  vincere  le  difficoltà  dipendenti  dalla  costituzione  e  configurazione 
topografica  del  suolo,  vale  a  dire  le  opere  necessarie  a  rendere  facili  i  mezzi  di 
comunicazione  sia  di  terra  che  di  acqua,  le  difese  ai  fiumi  i  ripari  ed  i  porti. 
Finalmente  quanto  più  ci  eleviamo,  si  è  dalla  associazione  di  un  ordine  più  ge- 
nerale di  interessi  morali  e  materiali  che  scaturiscono  quelli  che  cementano  i 
concittadini  nella  nazione  o  le  nazioni  fra  di  loro  e  che  perciò  in  politici  ed  in 
internazionali  sono  distinti. 

Così  decisa  è  la  demarcazione  fra  gli  interessi  morali  e  materiali;  i  primi  se- 
guono lo  sviluppo  intellettuale  delle  popolazioni,  e  sono  indipendenti  dalla  con- 
figurazione del  suolo  al  quale  per  l'opposto  unicamente  sono  informati  i  secondi. 

D'onde  il  giusto  criterio  che  deve  presiedere  alla  circoscrizione  degli  interessi 
morali  riguardanti  cioè  l'istruzione  e  la  beneficenza  sta  nella  simiglianza  delle 
condizioni  degli  induvidui,  e  la  norma  colla  quale  segnare  le  circoscrizioni  in  linea 
di  interessi  materiali  vuol  essere  la  demarcazione  delle  condizioni  topografiche. 
Una  comune  solidarietà  materiale  unisce  gli  abitatori  di  uno  stesso  versante, 
sia  che  trovinsi  sulla  china  dei  monte  od  al  fondo  della  valle  sulle  sponde  del 
fiume  che  ne  raccoglie  gli  scoli.  L'abitatore  dell'alpestre  dirupo,  ignaro  del  danno 
che  per  lui  risente  il  piano,  distrugge  l'opera  dei  secoli  diboscando  il  monte  onde 
aprirsi  a  stento  e  con  grave  dispendio  fra  le  balze  un  sentiero,  e  l'abitatore  del- 
l'ubertosa pianura  mentre  profonde  troppo  facilmente  le  sue  risorse  in  inutile  lusso 
di  opere  edilizie,  lotta  ed  a  mala  pena  contiene  l'irrompente  piena  che  gli  con- 
tende il  raccolto  del  pingue  campo. 

La  Legge  20  Marzo  1865  riconosce  la  proprietà  e  con  ciò  P  onere  della  costru- 
zione e  della  manutenzione,  per  le  strade  dette  Comunali,  al  Comune,  seguendo 
in  ciò  pressoché  tutte  le  antecedenti  legislazioni,  e  ciò  per  l'unica  ragione  che  i 
comuni  volontariamente  nei  tempi  scorsi  se  ne  erano  assunto  il  peso;  poi  accolla 
alle  Provincie  la  manutenzione  di  tutte  quelle  altre  strade  che  già  loro  apparte- 
nevano e  vi  aggiunge  quelle  altre  che  già  dello  Stato,  allo  Stato  ora  sembrano  di 
peso,  colla  facoltà  per  le  Provincie  di  fare  lo  slesso,  scaricando  la  soma  che  loro 


4.04  I   REGOLAMENTI 

non  conviene  sopportare  sui  Comuni,  i  quali  alla  loro  volta  altrettanto  potrebbero 
are,  dichiarando  Consorziali  quelle  delle  quali  non  si  reputano  capaci  a  sostenerne 
il  peso,  nel  mentre,  onde  non  distruggere  poi  lentamente  l'opera  del  secoli,  o 
meglio  di  un  secolo  trascorso,  affida  alle  Provincie  la  sorveglianza  pei  comuni, 
ed  a  questi  quella  dei  Consorzii.  Ognuno  vede  quale  assurdità  in  questo  mecca- 
nismo e  quali  cattivi  effetti  si  possano  prevedere  a  tale  ordinamento,  e  già  ri- 
sentiamo in  oggi,  ed  in  proporzioni  molto  sensibili ,  perla  cattiva  conserva- 
zione di  moltissime  strade  in  conseguenza  della  trascuranza  alle  quali  furono 
abbandonate  o  dalla  malavoglia  o  dalla  poca  esperienza  di  non  poche  ammini- 
strazioni, il  conseguente  danno  materiale.  Mentre  la  sorveglianza  che  ante- 
cedentemente qui  da  noi  in  ispecie  vi  era  esercitata  dagli  ordini  superiori 
dell' Amministrazione  Provinciale  o  Governativa  si  tradusse  in  vere  vessazioni 
burocratiche  atte  ad  impigliare  più  che  a  garantire  il  buon  successo.  Una  prova 
ne  sia  il  disposto  del  Regolamento  per  l'attuazione  della  legge  Comunale  che 
obbliga  a  sottoporre  alla  Sovrana  sanzione  l'acquisto  di  beni  stabili  applicato  al- 
l'acquisto o  meglio  esproprio  di  terreno  per  l'apertura  di  nuovi  tronchi  o  la 
sistemazione  dei  vecchi  indipendentemente  dall'approvazione  per  parte  dell'au- 
torità Provinciale  dei  progetti  di  massima  per  le  opere  stesse.  Altre  volte  con 
una  procedura  molto  semplice  e  spiccia  il  tecnico  stesso  incaricato  del  progetto 
dell'opera  stabiliva  i  compensi,  preparava  preventivamente  le  parcelle  e  i  pro- 
getti di  scorporo  delle  zone  da  occupare  per  il  relativo  sgravio  d'estimo.  Una 
conferma  che  la  legge  dava  al  principio  della  pubblica  e  generale  utilità  di  una 
strada  di  qualunque  categoria  si  fosse  si  era  appunto  la  esenzione  in  futuro  &i 
ogni  e  qualsiasi  peso.  Mentre  oggi,  considerate  le  strade  di  proprietà  più  o  meno 
assoluta  di  questa  o  di  quella  Amministrazione,  non  è  provveduto  completamente 
alla  costante  conservazione  della  medesima,  nell'interesse  generale. 

Altra  conferma  del  principio  ora  ammesso  per  la  proprietà  quale  assoluta  e  pri- 
vata della  zona  occupata  dalla  strada  la  si  ha  pure  nella  disposizione  inclusa  nella 
legge  in  discussione,  nella  quale  è  detto  che  formano  parte  fra  le  altre  cose  della 
proprietà  stradale  le  scarpe  del  terrapieno  di  sostegno  della  strada.  Ma  e  perchè 
non  vi  si  sono  incluse  anco  quelle  dei  terreni  adiacenti  nei  tronchi  in  trincea? 
A  noi  parrebbe  molto  più  razionale  e  conforme  ai  naturali  principii  del  diritto 
di  espropriazione  per  causa  di  utilità  pubblica,  che  la  zona  di  terreno  effettiva- 
mente espropriata  e  passata  nel  dominio  della  ragione  pubblica  si  riduca  unica- 
mente a  quella  che  è  occupata  dalla  strada  colle  sue  ragioni  perpetue,  colatori, 
banchine,  ecc.,  nel  mentre  che  la  occupazione  del  terreno  colle  scarpe  della 
strada  si  assimili  ai  danni  temporanei  occasionati  al  fondo,  precisamente  come 
per  le  scarpe  di  sostegno  ai  medesimi,  le  cave  per  le  terre,  sabbie  ecc.  ed  ogni 
altro  soggetto  ad  indenizzi.  La  ragione  stradale  con  ciò  risulterebbe  perpetua- 
mente inalterata ,  e  sarebbero  ovviate  noje  e  molestie  reciproche  fra  i  privati  e 
le  amministrazioni  tutte  volte  quelli  modificano  il  piano  dei  loro  terreni. 

Un  passo  ancora  e  forse  si  potrà  ammettere  quale  partito  più  conveniente  e 
razionale,  quello  di  conservare  ai  proprietarii  limitrofi  alla  zona  stradale  la  pro- 
prietà dell'area  della  medesima,  anzi  fare  gli  opportuni  concambii  onde  poter 
successivamente  ammetterne  quale  assoluta  dividente  l'asse  della  stessa,  e  ciò  a 
fine  di  rendere  impossibile  ogni  inopportuno  residuo  abbandonato  in  caso  di  de- 
viazione o  di  modificazione  della  sede  stradale;  che  le  vie  dovendosi  uniformare 
ai  bisogni  delle  località,  devono  seguirne   gli  spostamenti,  e  ciò  precisamente 


PER  LA  SANITÀ,  EDILIZIA   ECC.  105 

così  come  già  è  ammesso  per  l'area  dei  corsi  d'acqua,  cioè  il  diritto  nei  fron- 
teggianti  di  preminenza  ad  occupare  l'alveo  abbandonato  dal  torrente,  e  che  si 
dovrebbe  estendere  in  genere  anche  ai  fiumi  ed  alle  spiaggie  dei  bacini,  il 
frontista  coir  intraprendere  opere  costose  sia  per  difendersi  dalle  erosioni  che 
per  bonificare  i  nuovi  acquisti  pareggia  il  benefìcio  che  gliene  viene,  e  lo 
Stato  sempre  valendosi  del  diritto  di  limitare  nell'uso  la  privata  proprietà  tutte 
volte  l'interesse  generale  della  società  o  di  una  comunione  morale  di  cittadini, 
ha  sempre  la  facoltà  di  impedirne  quando  occorra  l'uso.  Il  principio  generale 
naturale  sul  quale  sì  fonda  il  diritto  della  società  di  limitare  1'  uso  di  un  deter- 
minato ente  ad  alcuni  suoi  membri  nelP  interesse  comune  (cioè  di  tutti)  è  im- 
plicito nel  processo  di  costituzione  originaria  della  proprietà  islessa.  Gli  enti, 
cioè  il  suolo,  1'  aria,  l'ubicazione,  la  forza  motrice  dell'  acqua,  gli  agenti  della  na- 
tura in  genere,  non  possono  costituire  una  proprietà  assoluta  materiale,  la  pro- 
prietà si  limita  per  essi  all'uso,  ed  è  da  questo  uso  che  si  genera  la  vera  asso- 
luta proprietà  materiale,  cioè  quella  della  materia  modificata  per  opera  dell'uomo 
mediante  gli  agenti  naturali.  Ora  il  primo  occupante  ha  un  diritto  relativo  nell'uso 
dell'ente  occupato,  cioè  dura  in  lui  un  tale  diritto  solo  sino  a  quando  la  società 
non  lo  rivendica  per  interesse  comune;  e  gli  ritorna  però  alla  sua  volta  cessata 
la  necessità  di  tale  uso.  Non  così  può  avvenire  dell'uso  di  cose  materiali  nelle 
quali  non  si  può  riconoscere  per  verun  titolo  diritto  alle  società  di  espropriarle 
non  potendosi  per  un  oggetto  materiale,  e  quindi  sostituibile,  verificare  giammai 
la  circostanza  dell'  interesse  comune. 

Ma  per  tornare  al  caso  concreto  dei  mezzi  di  comunicazione  e  delle  opere  di 
utilità  pubblica  in  genere,  vediamo  come  razionalmente  verranno  ripartite  le  at- 
tribuzioni che  ad  esse  si  riferiscono. 

Anzi  lutto  è  bene  avvertire  come  sia  necessario,  affinchè  si  verifichi  la  voluta 
condizione  della  garanzia,  che  la  sorveglianza  od  il  controllo  delle  opere  non 
si  faccia  dall'  istesso  ordine  amministrativo  che  le  eseguisce. 

Ora,  è  un  interesse  immediato  pei  singoli  membri  del  comune  lo  stabili- 
mento e  la  conservazione  di  tutte  quelle  opere  che  facilitano  i  reciproci  rapporti, 
fra  queste  le  comunicazioni  interne,  poi  la  conservazione  di  quelle  che  facilitano 
le  transazioni  colle  altre  comunità  limitrofe,  finalmente  quelle  ultime  che  li 
pongono  in  rapporto  anche  col  restante  della  società. 

Di  rado  le  Provincie,  e  tanto  meno  le  circoscrizioni  di  un  ordine  inferiore 
ad  esse,  raggiungono  i  limiti  assoluti  della  voluta  solitarietà  di  interessi  materiali,  è 
necessario  perciò  risalire  all'associazione  di  quelle  Provincie  che  sono  legate  dai 
comuni  vingoli  portati  dalla  giacitura  topografica,  alla  Regione. 

Così  primamente  noi  vorremmo  che  la  Regione,  cioè  l'Associazione  delle  Pro- 
vincie, non  solo  si  assumesse  la  direzione,  ma  sopportasse  una  certa  parte  delle 
spese  per  le  opere  di  interesse  generale,  e  quella  parte  specialmente  che  di- 
pende dalla  configurazione  del  suolo.  Il  controllo  e  la  revisione  delle  medesime 
poi  vorrebbe  essere  affidata  al  Potere  Centrale  dello  Stato. 

In  secondo  luogo  poi  che  fosse  affidata  la  manutenzione  e  la  riforma  di  tutte 
quelle  opere  che  vennero  già  costrutte  con  mezzi  e  sotto  la  direzione  dell'Am- 
ministrazione Regionale  alle  associazioni  o  consorzii  dei  Comuni,  demandando 
alle  rispettive  Provincie  Y  incarico  della  controlleria. 

Finalmente  ai  Comuni,  oltre  alle  spese  proprie  dipendenti  dagli  interessi  mo- 
rali, scuole,  per  esempio,  ricoveri  od  altro,  vorremmo  fosse  demandata  la  cosini- 


106  I  REGOLAMENTI 

zione  e  manutenzione  delle  opere  interne  del  Comune,  sempre  però  sotto  la  sor- 
veglianza dell'autorità  provinciale  e  come  cosa  che  riguarda  direttamente  ed 
equabilmente  gli  interessi  degli  individui  senza  alcun  rapporto  colla  condizione 
topografica  accidentale  del  suolo,  le  spese  di  espropriazione  ed  indenizzi  dovuti 
ai  proprietarii  per  l'area  ed  i  danni  causati  dalle  opere  di  interesse  generale, 
poi  per  di  più  un  tanto  fisso  chilometrico  minimo,  da  corrispondersi  quale  rap- 
presentativo dell'interesse  proprio  del  Comune  preso  collettivamente. 

Così  alla  Rappresentanza  Comunale  sarebbe  devoluto,  come  più  direttamente 
interessata,  il  progetto  di  massima  per  la  esecuzione  di  un'opera  di  pubblico  in- 
teresse non  che  la  corrisponsione  sopra  accennata;  alla  Rappresentanza  Regionale 
il  decidere  sulla  opportunità,  e  provvedere  alle  maggiori  opere  necessarie  a  vin- 
cere le  accidentalità  locali,  e  la  direzione  delle  opere,  come  alle  Rappresentanze 
Consortili  dei  Comuni  il  provvedere  alla  manutenzione  o  conservazione  delle  opere 
sotto  la  sorveglianza  provinciale,  cosi  come  perla  loro  costruzione  si  reclamò  la 
sorveglianza  dello  Stato. 

Le  opere  in  genere  di  nuovo  impianto  devono  uniformarsi  ai  bisogni  prima,  poi 
alle  condizioni  locali  ed  ai  materiali.  Le  modalità  quindi  sono  variabilissime,  e  la 
loro  scelta  è  affidata  al  sapere  dei  tecnici  ai  quali  è  demandata  la  loro  costruzione. 

La  conservazione  invece  delle  medesime,  come  già  notammo,  deve  uniformarsi 
a  principii  prestabiliti  per  ogni  genere  di  opera  e  per  ogni  località  formulate  nelle 
prescrizioni  di  dettaglio  dei  Regolamenti.  Il  solo  principio  generale  al  quale  sono 
subordinati  gli  altri,  è  quello  della  relativa  economia. 

Vediamo  ora  per  alcuni  casi  almeno  come  convenientemente  raggiungere  si  possa 
il  voluto  intento,  e  più  specialmente,  fra  le  altre  opere  pubbliche,  per  le  strade, 
essendo  esse  lo  scopo  principale  della  presente  discussione. 

Le  strade  constano  delle  opere  di  terra  o  materiali  accatastali  che  ne  costitui- 
scono il  corpo,  dalla  massicciata  che  ne  forma  il  letto  carreggiabile,  finalmente 
dai  manufatti,  cioè  ponti,  parapetti  e  difese  in  genere,  gallerie,  cunicoli,  rivesti- 
menti di  scarpe  o  muri  di  sostegno  ecc. 

La  massicciata  è  quasi  sempre  formata  da  ghiaje  o  sabbie  o  pietre  spezzate  o 
pietrisco,  la  coperta  di  ghiaja  in  alcuni  casi  è  sostituita  da  acciottolati,  pietre 
grossolanamente  riquadrate  o  lastrici. 

In  conclusione,  la  manutenzione  si  riduce  a  quattro  elementi  principali:  i.°  la 
somministrazione  del  materiale  destinato  a  sostituire  il  detrito  che  si  produce 
col  carreggio  sul  piano  stradale;  %°  l'opera  continua  a  mantenere  in  buon 
assetto  la  superficie  della  strada  delle  scarpe  ecc.;  3.°  l'opera  per  mantenere  in 
buon  ordine  gli  acciottolati  ed  i  lastrici;  4.°  finalmente  le  opere  murarie  in  ge- 
nere per  la  conservazione  dei  manufatti. 

I  sistemi  sino  ad  ora  usati  per  raggiungere  lodevolmente,  specialmente  in  Lom- 
bardia, lo  scopo  della  conservazione  delle  strade,  si  riducono  a  due  soli: 

Quello  dei  lavori  ad  economia  per  l'opera,  e  l'appalto  per  la  somministrazione 
dei  materiali,  o  quello  dell'appalto  completo  per  tutte  le  somministrazioni  sia 
di  materiali  che  di  opere. 

II  sistema  dell'appalto  complessivo  fu  sino  ad  oggi  adottato  esclusivamente  per 
le  strade  mantenute  dai  Comuni. 

Per  quelle  mantenute  dalle  Provincie  e  dallo  Stato,  gli  assuntori  fornivano  i 
materiali  necessarii,  le  opere  restauratone  murarie,  nonché  quella  di  sussidio  di 
braccianti,  i  quali  lavoravano,  non  sotto  la  direzione  dello  stesso  assuntore,  ma 


PER  LA  SANITÀ,   EDILIZIA  ECC.  107 

degli  stradajuoli  stipendiati  dall'Amministrazione,  dipendenti  da  un  capo,  e  dagli 
ingegneri  del  dipartimento  tecnico. 

Oggi  che  le  Provincie  sono  demandate  della  compilazione  di  un  Regolamento 
da  applicarsi  alle  strade  provinciali,  nonché  di  un  altro  destinato  a  quelle  co- 
munali sorvegliate  dall'autorità  provinciale,  le  opinioni  dei  tecnici  si  sono  di- 
vise appunto  nei  due  campi  opposti.  Il  sistema  ad  economia  mediante  operaj 
stradajuoli  capitanati  da  un  personale  tecnico  permanente,  viene  contrapposto  al 
sistema  degli  appalti  anco  per  le  strade  comunali ,  le  quali  perciò  si  vogliono 
sorvegliate  alla  loro  volta  da  un  personale  tecnico  quantunque  temporaneo.  La 
maggiore  incertezza  regna  sulle  attribuzioni  dei  tecnici  ai  quali  affidare  sia  lo 
studio  dei  progetti  che  la  direzione  delle  manutenzioni.  Noi  senza  ribattere  il 
prò  ed  il  contro  delle  ragioni  emesse  dai  valenti  pratici  che  se  ne  occuparono  , 
ci  permettiamo  esporre  francamente  un  piano  adottabile,  se  non  in  tutti  i  casi, 
nella  maggior  parte  almeno,  e  tale,  per  nostra  convinzione,  che  possa  riunire 
tutte  le  desiderabili  condizioni  di  ordine  e  di  economia. 

Anzitutto  ammettiamo  per  le  già  esposte  ragioni  quale  di  assoluta  convenienza 
la  costituzione  dei  Consorzii  comunali  ai  quali  diferire  la  trattazione  della  maggior 
parte  degli  interessi  che  ora  sono  devoluti  indipendentemente  alle  singole  Am- 
ministrazioni comunali,  come  anche  la  costituzione  delle  Associazioni  delle  Pro- 
vincie alle  quali  demandare  la  trattazione,  così  degli  affari  che  sono  attualmente 
di  competenza  delle  singole  Provincie,  come  anche  di  quegli  altri  che  pur  sono 
riconosciuti  di  deciso  interesse  materiale  generale,  e  che  tuttora  sono  riservati 
allo  Stato.  Naturale  conseguenza  sarebbe  l' affidare  la  costruzione  delle  opere 
stradali  in  genere  completamente  alle  Regioni,  mentre  che  la  loro  manutenzione, 
per  quanto  si  riferisce  alle  comunicazioni  nell'interno  degli  abitati,  lo  sarebbe 
ai  Comuni,  e  quella  delle  strade  ad  essi  esterne  ai  Consorzii  dei  medesimi. 

Le  condizioni  richieste  per  un  buon  sistema  stradale  sono  la  uniformità  dei 
principii  adottati  nella  costruzione,  la  proporzionalità  delle  opere  commisurate 
al  servizio,  al  quale  sono  intese,  la  facilità  e  prontezza  colla  quale  sono  eseguite 
le  riparazioni  ,  la  economia  relativa  del  primo  impianto  e  della  successiva  ma- 
nutenzione. 

I  guasti  occasionati  dal  roteggio  e  dalle  acque  che  ne  intaccano  e  disaggre- 
gano la  superficie  si  riducono  alle  solcature,  le  quali  quanto  più  si  approfondano 
diventano  causa  più  attiva  di  successivi  maggiori  deterioramenti.  Cosi  l'opera  di 
risarcimento  vuole  essere  immediata  al  danno,  e  la  materia  adoperata  bene  ap- 
propriata alle  circostanze.  I  manufatti  vogliono  essere  costruiti  con  eccellentissimi 
materiali  e  con  cura  diligente,  a  fine  possano  lungamenie  conservarsi  inalterati. 
Queste  condizioni,  è  naturale,  più  facilmente  si  potranno  raggiungere  se  la  strada 
sarà  stata  giudiziosalmente  tracciata  e  si  troverà  nella  condizione  migliore  pel  de- 
flusso delle  pluviali  cosi  per  un  conveniente  pendio  che  un  sottofondo  permeabile. 

II  risarcimento  dei  guasti  della  superficie  esposta  al  ruoteggio  si  opera  me- 
diante lo  spargimento,  nelle  epoche  convenienti,  delle  materie  della  stessa  na- 
tura di  quelle  colle  quali  la  massicciata  è  costituita,  sabbie,  ghiaje,  pietrisco; 
quello  dei  lastricati,  manufatti  od  altro  mediante  il  riadattamento  di  alcune  loro 
parti  od  il  loro  completo  rinnovamento  ;  la  prima  parte  si  ottiene  mediante 
l'opera  degli  stradajuoli,  la  seconda  mediante  quella  degli  operaj  selciatori, 
muratori  e  scalpellini.  L'opera  dei  primi  si  richiede  continua,  mentre  quella 
degli  altri  è  interpolata, 


108  I  REGOLAMENTI 

L'Appaltatore  che  per  contratto  deve  prestare  o  far  prestare  tutte  cumulativa- 
mente le  suindicate  opere  è  nella  assoluta  impossibilità  di  soddisfare  completamente 
alle  condizioni  richieste  da  una  buona  continua  manutenzione.  Troppo  dispen- 
dioso gli  riescirebbe  il  mantenere  costantemente  lungo  i  diversi  tronchi  di  strade 
a  lui  affidati,  uomini  esperti  coir  incarico  di  provvedere  al  risarcimento  dei  guasti 
di  mano  in  mano  che  si  verificano  nella  certezza  di  dovere  sprecare  poi  inutil- 
mente il  suo  tempo  nella  bella  stagione,  nel  mentre  la  sua  opera  riuscirebbe  in- 
sufficiente pel  corso  di  parecchi  altri  mesi. 

Infatti  il  Regolamento  11  Luglio  1833  sulle  basi  del  quale  furono  sino  ad  oggi 
informati  i  contratti  di  manutenzione  delle  strade  Comunali  delle  nostre  Provincie, 
prescindendo  dalle  massime  le  più  opportune  ma  le  meno  facili  ad  ottenersi  con  un 
appalto  cumulativo  delle  opere,  prescrive  che  la  ghiaja  sia  in  un'epoca  determinata 
(al  collaudo  autunnale)  verificata  in  quantità  e  qualità,  e  poi,  riconosciuta  corri- 
spondente al  contratto,  sia  sparsa  per  %  del  totale  prima  del  termine  del  Di- 
cembre successivo,  e  T  ultimo  quarto  poi  prima  dell'Aprile,  salvo  quella  piccola 
parte  che  sarà  occorrente  por  l'  otturamento  delle  solcature,  quasi  che  negli  ul- 
timi mesi  dell'  anno  si  verifichino  sempre  contemporaneamente  ed  in  larghissima 
scala  le  circostanze  più  sfavorevoli  alla  conservazione  delle  medesime.  Vuoisi 
poi  osservare  che  la  quantità  di  ghiaja  prescritta  per  le  strade  comunali  in  ap- 
palto ordinariamente  sarebbe  stata  di  molto  superiore  al  bisogno,  ma  che  quella 
somministrata  effettivamente  dagli  appaltatori  riusciva  nella  pluralità  dei  casi 
quando  misurata  rigorosamente,  sensibilmente  inferiore  alla  richiesta,  e  per  di 
più  tutta  non  veniva  consumata  ad  onta  delle  comminatorie  nel  termine  deter- 
minato, restandone  pressoché  sempre  una  parte  a  rimisurare  colla  scorta  disposta 
preparata  per  V  annata  successiva. 

In  questi  ultimi  anni  i  periti  incaricati  dei  progetti  di  riappalto,  per  viste  eco- 
nomiche ridussero  le  dotazioni  annue  di  ghiaja,  in  molti  casi,  persino  della  metà, 
senza  che  perciò  le  strade  scapitassero  sensibilmente  nella  loro  conservazione,  e 
senza  che  gli  assuntori  si  sbilanciassero  finanziarmente. 

Per  lo  spargimento  delle  materie  alle  epoche  e  nella  misura  più  opportuna  si 
richiede  l'opera  continua  di  uno  stradajuolo-fisso,  precisamente  quale  venne  fin 
dall'  origine  adottato  dai  regolamenti  per  le  strade  governative  e  provinciali,  ma 
quest'opera  come  già  vedemmo  risulterebbe  oltremodo  dispendiosa  per  se  e  quindi 
non  é  ammissibile  quantunque  aggiunga  in  molti  casi  l'economia  delle  materie 
impiegate  alla  eccellente  conservazione  del  piano  stradale. 

Ora  onde  raggiungere  contemporaneamente  così  la  conveniente  economia  nel- 
P  impiego  del  materiale  che  la  buona  e  continua  assistenza  alle  medesime  senza 
entrare  in  forti  ed  inopportuni  dispendii,  sarebbe  da  esperimentare  i  piccoli  ap- 
palti per  le  opere  da  stradajuolo,  ad  operai  esperti,  mediante  proporzionati  con- 
tratti a  scadenze  triennali.  Quasi  dappertutto  nei  comuni  rurali  facilmente  si  rin- 
vengono individui  capaci  ed  intelligenti  atti  ad  accudire  ai  hvori  stradali,  anzi 
dell'opera  di  questi  esclusivamente  si  prevale  l'appaltatore,  che  appunto  lucra 
sul  loro  lavoro.  Divise  che  siano  le  strade  in  tronchi,  questi  si  affiderebbero  se- 
paratamente ad  altrettanti  assuntori,  i  quali  risponderebbero  perciò  direttamente 
della  loro  opera  Questi  non  riuscirebbero  in  verun  modo  di  aggravio  all'ammi- 
nistrazione, per  la  temporarietà  del  loro  impegno,  nel  mentre  che  il  loro  lavoro 
sarebbe  più  equamente  retribuito  di  quello  noi  fosse  per  l'intermediario  degli 
assuntori  generali.  Il  loro  numero  con  ciò  riuscirebbe  più  che  sufficiente  al  di- 


PER  LA  SANITÀ,  EDILIZIA   ECC.  109 

simpegno  di  tutte  le  occorrenze  dei  singoli  tronchi  anche  nel  caso  di  straordinarie 
emergenze.  Nei  comun  dovei  domina  la  piccola  coltura,  la  popolazione  è  già  di 
molto  superiore  al  bisogno  dei  campi,  ed  in  ogni  famiglia  un' industria  è  neces- 
saria per  utilizzare  le  braccia  esuberanti. 

Il  contadino  che  più  volte  nella  stessa  giornata  è  costretto  a  percorrere  un 
determinato  tronco  di  strada  per  recarsi  al  suo  campo,  con  tenue  sacrificio  può 
prestarsi  a  quelle  opere  che  sono  richieste  per  la  sua  conservazione.  Nei  comuni 
ove  domina  la  grande  coltura,  V  agricultore  illuminato  deve  sentire  il  vantaggio 
che  può  ritrarre  dalla  facilità  delle  comunicazioni,  ed  a  lui  con  lieve  dispendio 
riescirà  facile  disimpegnare  l'assunto  della  manutenzione  mediante  l'opera  dei 
proprii  operaj  salariati. 

L'assuntore  generale  delle  opere  nei  contratti  tino  ad  oggi  vigenti  è  tenuto 
alla  fornitura  delle  ghiaje,  sabbie  ed  altro,  occorrenti  alla  conservazione  delle 
strade.  Sarebbe  inopportuno  col  sistema  che  proponiamo  di  comprendere  colle 
opere  di  conservazione  mediante  piccoli  contratti  quella  della  somministrazione 
di  materiali  che  non  dappertutto  ed  alla  portata  delle  opere  si  possono  rinvenire. 
Così  proporremo  che  siano  liberi  i  contratti  di  appalto  per  la  somministrazione 
delle  sabbie,  ghiaje  e  gli  altri  materiali  occorrenti  alla  manutenzione.  Un  proprie- 
tario di  una  cava  aperta  può  somministrare  più  facilmente  migliori  e  meno  di- 
spendiosi materiali  di  quelli  che  si  possono  ottenere  coll'apertura  di  apposite  cave 
nel  circondario  del  Comune  ed  a  malavoglia  del  proprietario. 

Separati  contratti  converrebbero  anche  per  tutte  le  altre  opere  necessarie  a  com- 
plemento delle  strade,  quali  i  selciati  ed  i  lastrici,  le  opere  murarie,  la  sommini- 
strazione delle  pietre  da  taglio.  Queste  opere  dovrebbero  però  essere  precisate  di 
volta  in  volta  a  seconda  delle  occorrenze,  e  per  risarcimenti  e  ricostruzioni  com- 
plete di  quelle  parti  che  si  credessero  radicalmente  danneggiate.  Nei  contratti  di 
appalto  generali  in  uso  sino  ad  oggi  sono  precisate  delle  competenze  all'assuntore 
per  la  conservazione  indefinita  delle  opere  murarie,  il  risultato  però  ne  è  pres- 
soché nullo,  ed  i  ristauri  operati  dall'assuntore  si  riducono  a  pochi  illusorii  e 
superficiali  risarcimenti,  eseguiti  solo  nell'epoca  immediala  che  precede  gli  an- 
nuali collaudi;  ogni  anno  perciò  si  rinvengono  necessarie  in  aggiunta  altre  opere 
di  completa  ricostruzione,  che  si  qualificano  poi  il  più  spesso  provocate  da  ec- 
cezionali accidenti. 

La  sorveglianza  finalmente  delle  opere,  adottando  questo  sistema,  vorrebbe  es- 
sere continua,  quindi  affidata  a  tecnici  esperimentati. 

Per  riassumere  e  concretare  il  progetto  qui  tracciato,  tutte  le  opere  di  inte- 
resse pubblico  concernenti  la  viabilità  e  i  corsi  d'acqua,  cioè  le  strade,  ponti 
ed  opere  idrauliche  in  genere,  vogliono  essere  assimilale  ed  affidate  ad  uno  stesso 
ordine  amministrativo.  Tutte  le  incombenze  relative  allo  studio  delle  opere  pub- 
bliche nell'interesse  generale  sarebbero  perciò  affidate  ad  un  ufficio  tecnico  Re- 
gionale, e  quelle  concernenti  la  conservazione  delle  medesime  ad  analoghi  uffici 
tecnici  consorziali  subordinali. 

Il  Comune  nel  quale  si  verifica  la  necessità  di  una  determinata  opera  di  pubblico 
interesse,  ne  propone  lo  studio  alla  Rappresentanza  riunita  del  Consorzio;  rico- 
nosciuta da  questa  l'opportunità  locale,  la  istanza  è  avanzata  pel  tramite  dell'Au- 
torità provinciale  che  vi  aggiunge  le  proprie  osservazioni,  alla  Rappresentanza 
Regionale,  questa  decide  in  merito,  e  nel  caso  riconosciuto  della  assoluta  conve 
nienza  dell'opera  si  delega  dello  studio  della  stessa  l'ufficio  tecnico  del  Consorzio 


j|Q  I  REGOLAMENTI 

dei  Comuni,  o  quello  della  Provincia,  oppure  quello  superiore  Regionale,  a  se; 
conda  dell'importanza  della  medesima  e  della  categoria  alla  quale  è  ascritta.  Il 
prosetto  così  elaboralo  dagli  uffici  Provinciali  e  Consorziali  passa  sempre  alla  re  vi- 
sione  dell'Ufficio  Regionale  prima  dell'approvazione  per  parte  della  Rappresen- 
tanza Regionale.  L'opera  si  eseguisce  sotto  la  sorveglianza  dell'Ufficio  che  ne 
redasse  il  progetto,  e  la  spesa  è  sostenuta  dalla  Associazione  Regionale,  in  parte 
contribuendovi  alla  spesa  le  provincie  per  le  opere  della  loro  categoria  ed  i  co- 
muni per  le  rispettive  con  una  determinata  misura  fìssa. 

Cosi  per  es  i  comuni  e  le  provincie  corrisponderanno  un  fisso  chilometrico 
per  le  strade  della  rispettiva  categoria  oltre  alle  spese  occorrenti  sia  per  la  espro- 
priazione del  terreno,  sia  per  queste  che  per  tutte  le  altre  opere  pubbliche,  le 
duali  in  ogni  caso  si  dovrebbero  ritenere  a  carico  del  Comune. 

L'opera  eseguita,  i  collaudi  passano  all' approvazione  della  Rappresentanza 
Regionale  che  già  raccordava. 

La  successiva  continua  manutenzione  vorrà  poi  essere  a  carico  delle  rispettive 
Amministrazioni,  alle  quali  ne  appartiene  la  categoria. 

Ora  alla  terza  categoria,  cioè  a  quella  delle  opere  affidate  ai  Consorzi!  dei  Co- 
muni dovrebbero  appartenere  le  strade  delle  dimensioni  sino  a  metri  sei  di 
larghezza,  tutti  i  manufatti  lungo  le  medesime,  ad  eccezione  di  quei  pochi  che 
eccedessero  un  determinato  limite  di  costo,  poi  tutte  le  difese  ai  fiumi  e  torrenti 

di  poca  importanza. 

Alla  seconda  categoria,  opere  affidate  alle  Provincie,  apparterrebbero  tutte  le 
strade  che  oltrepassano  i  sei  metri  sino  a  dodici  di  misura  netta,  limite  mas- 
simo per  qualunque  carreggiata,  compresovi  i  fossi  colatori,  dovendosi  le  laterali 
banchine  qualificare  quali  viali  destinati  ai  pedestri  e  perciò  nei  limiti  da  un 
metro  a  tre  metri,  a  seconda  dei  casi,  indi  tutti  i  manufatti  di  qualunque  im- 
portanza si  siano,  tanto  lungo  le  strade  classate  nella  terza  che  in  questa  ca- 
tegoria, i  canali   navigabili,   le  difese  ai  fiumi  di  secondo  ordine  e  le  spiaggie 

dei  laghi.  .  _  .. 

Alla  prima  categoria,  o  delle  opere  Regionali  finalmente,  le  strade  aperte  attra- 
verso ai  valichi  inontuosi  soggetti  alle  nevi  perpetue,  le  difese  alle  spiaggie 
del  mare,  i  porti  commerciali,  i  fari  e  le  difese  ai  fiumi  navigabili. 

L'ufficio  tecnico  dei  Consorzi!  comunali  sarebbe  affidato  ad  un  ingegnere  ci- 
vile eleggibile  ogni  tre  anni  e  rieleggibile  sempre  per  opera  delle  rappresentanze 
riunite  dei  comuni  del  consorzio,  questo  nel  disimpegno  delle  sue  mansioni  sa- 
rebbe coadiuvato  da  un  assistente  e  da  un  capo  sorvegliante  pure  eleggibili  nelle 
stesse  condizioni.  Gli  Uffici  tecnici  provinciali  e  regionali,  come  anche  quelli  dei 
grossi  comuni  o  città  le  quali  vogliosi  pareggiare  alle  Associazioni  di  Comune, 
sarebbero  costituiti  da  un  personale  di  ingegneri  ordinari!,  aggiunti  e  sorve- 
glianti, diretti  da  un  ingegnere  Capo  nominato  colle  norme  di  apposito  regola- 
mento, e  per  l'importanza  e  varietà  delle  loro  attribuzioni  stabiliti  a  vita. 

Le  opere  della  terza  categoria  per  la  loro  conservazione  sarebbero  accollate 
mediante  appalti  che  riguardino,  sia  parcamente  la  somministrazione  dei  ma- 
teriali principali  dell'opera,  che  quella  cumulativa  per  ciascuna  specie  di  lavori 
che  riguardano  i  manufatti,  selciati  e  lastrici,  murature,  e  pietre  da  taglio. 

I  lotti  per  appalto  della  somministrazione  dei  materiali  principali  vogliono  es- 
sere proporzionali  al  numero  ed  alla  importanza  delle  cave  o  magazzeni  alla 
portata  di  esercitare  nella  località  una  vantaggiosa  concorrenza.  La  consegna  di 


PER  LA  SANITÀ,  EDILIZIA  ECC.  ||| 

questi  materiali  deve  essere  fatta  nelle  località  precisate  per  il  loro  impiego,  ed 
agli  assuntori  parziali  delle  sole  opere,  che  perciò  ne  devono  rimanere  garanti 
per  la  qualità  e  quantità.  Sarà  però  facoltativo  a  seconda  dei  casi,  quando  vi 
convengano  l'assuntore  della  somministrazione  e  quello  delle  opere,  accollare  a 
quest'ultimo  anche  il  trasporto  in  posto  dei  detti  materiali. 

Nei  caso  speciale  delle  strade,  la  ghiaja  disposta  a  mucchio  lungo  le  medesime 
o  nei  convenuti  magazzeni,  sarà  dopo  la  consegna  e  ad  epoca  determinata,  rico- 
nosciuta ed  esaminata  dal  sorvegliante  capo,  poi  misurata  in  concorso  coir  inge- 
gnere d'ufficio  o  suo   assistente. 

I  tronchi  destinati  a  costituire  soggetto  di  contratto  per  le  manutenzioni  è  bene 
siano  cosi  divisi  da  essere  proporzionali  agli  aspiranti  nei  singoli  comuni,  quan- 
tunque si  possa  anche  ammettere  le  società  solidali  fra  parecchi  dei  medesimi.  In 
ogni  modo  i  tronchi  devono  essere  bene  determinati  e  possibilmente  abbracciare 
tutta  una  diramazione  secondaria  da  un  tronco  fra  l'abitato  ed  il  confine  del 
territorio,  e  per  questo  le  tratte  fra  le  diramazioni,  il  confine  o  l'abitato. 

L'opera  di  questi  assuntori  deve  consistere,  nello  spandimento  delle  sabbie 
ghiaje  od  altro  necessario  di  mano  che  occorrono,  lo  sfangamento  e  l'esporta- 
zione cosi  del  fango  che  della  polve;  l'allineamento  dei  cigli,  lo  spurgo  dei  cola- 
tori e  tutte  le  altre  opere  direttamente  intese  al  buon  governo  della  medesima 
non  che  la  sua  continua  sorveglianza,  dovendo  perciò  coli' intermediario  del  sorve- 
gliante capo,  mantenere  continuamente  informate  di  tutti  i  bisogni  che  possono 
occorrere  ai  manufatti  compresi  nel  suo  tronco  l'ingegnere  del  riparto.  A  questi 
assuntori  è  assegnata  per  il  rispettivo  tronco  una  determinata  quantità  di  ghiaja, 
proporzionata  al  bisogno  ma  è  in  loro  facoltà  mediante  il  buon  governo  di  eco- 
nomizzarne una  parte,  e  l'importo  della  metà  di  questa  gli  verrà  quale  premio 
accordata,  però  l'avanzo  non  può  essere  detratto  dalla  somministrazione  del  sus- 
seguente anno,  ma  dietro  ordine  dell'ingegnere  sarà  impiegato  a  migliorare  par- 
zialmente i  più  importanti  tronchi  di  strade  consortive  campestri,  le  quali  sono 
sotto  la  sorveglianza  del  comune,  e  perciò  si  corrisponderà  all'assuntore  un  in- 
denizzo  stanziato  su  fondi  appositi  per  dette  strade. 

Gli  assuntori  di  tutte  le  altre  opere  sono  tenuti  a  prestarsi  alla  somministra- 
zione e  confezione  di  quelle  che  loro  saranno  state  precisate  di  volta  in  volta 
dall'Ingegnere,  ed  annualmente  saranno  loro  liquidate  in  base  alle  misure  e  ri- 
cognizioni fatte  dall'ingegnere  o  suo  assistente. 

La  durata  di  ciascuno  di  questi  contratti  d' appalto  può  essere  a  seconda  dei 
casi  di  tre  a  nove  anni.  La  sorveglianza  continua  di  tutte  in  genere  le  opere  é 
devoluta  al  sorvegliante  capo,  che  perciò  è  tenuto  a  continuamente  percorrere 
le  strade  affidate  al  suo  riparlo  nel  consorzio  dei  comuni. 

L' ingegnere  ed  il  suo  assistente  sono  tenuti  ad  elaborare  1  progetti  di  riap- 
palto per  le  manutenzioni  colle  modalità  indicate,  alla  compilazione  delle  nuove 
opere  della  terza  categoria,  ed  alla  visita  delle  strade  nelle  epoche  da  preci- 
sarsi, per  la  ricognizione  dei  materiali  somministrati,  e  per  quella  delle  opere 
a  misura  ingiunte,  non  che  a  compilare  i  relativi  bilanci  ed  emettere  i  collaudi. 

Le  opere  interne  dei  comuni  foresi  di  piccola  importanza,  quantunque  comple- 
tamente accollate  agli  stessi  comuni,  vogliono  essere  però  subordinate  all'Ingegnere 
del  Consorzio  ed  appaltate  colle  norme  indicate  per  le  altre  opere.  Da  queste  solo 
possono  essere  escluse  quelle  che  riguardano  i  fabbricati  specialmente  per  ospi- 
tali, scuole  od  altro,  le  quali  come  di  assoluta  pertinenza  del  comune  e  per  Tinte- 


\\%  I   REGOLAMENTI 

resse  stesso  della  loro  istituzione  non  vogliono  confondersi  colle  altre  opere  pub- 
bliche, ed  anzi  preferibilmente  affidale  di  volta  in  volta,  forse  fatta  eccezione 
per  la  loro  manutenzione,  ad  appositi  architetti  specialisti. 

Le  città  per  la  importanza  e  numero  delle  opere  delle  quali  sono  dotate ,  ab- 
bisognano di  un  apposito  e  complesso  Ufficio  Tecnico,  per  cui  a  questo  unicamente 
sono  affidate  tutte  lo  opere  della  categoria  di  loro  pertinenza. 

Il  sistema  così  sviluppato,  salve  poche  modificazioni,  potrebbe,  sempre  fatta  ec- 
cezione per  tutte  le  opere  di  nuova  costruzione,  per  le  quali  sotto  tutti  i  rapporti 
è  più  conveniente  un  complessivo  contratto  d'appalto,  applicarsi  alla  manutenzione 
delle  opere  affidate  alle  Provincie  ed  alle  Regioni.  Per  queste  oltre  alla  maggiore 
sorveglianza  esercitata  per  parte  di  un  ufficio  stabile  e  più  complesso  di  ingegneri 
e  sorveglianti,  agli  assuntori  parziali  delle  opere  di  conservazione  e  manutenzione 
si  potrebbe  associare  quello  degli  stradajuoli  ed  operai  continuamente  salariati  sotto 
la  responsabilità  ed  a  richiesta  dei  quali  i  cottimisti  dovrebbero  prestarsi. 

Con  tale  sistema  cosi  tutte  le  opere  pubbliche  verrebbero  subordinate  ad  un 
unico  principio,  e  Paltò  controllo  di  tutte  le  medesime,  perii  tramile  degli  Uffici 
dei  Consorzii,  Provincie  e  Regioni,  sarebbe  subordinato  ad  un  unico  ufficio  cen- 
trale addetto  al  Ministero  delle  Opere  Pubbliche. 

Conclusione. 

V  opinione  pubblica  si  dibatte  da  molto  tempo  in  cerca  di  un  semplice  ed  eco- 
nomico sistema  amministrativo.  I  rapidi  eventi  politici,  la  multiformità  delle 
Amministrazioni  dei  governi  nei  quali  pochi  anni  sono  era  diviso  il  paese,  non 
permisero  lo  studio  approfondito  delle  vere  condizioni  sue  e  dei  mezzi  atti  a  risol- 
levarlo all'  altezza  dei  tempi  e  del  progresso,  promovendone  con  tutti  i  mezzi 
quello  sviluppo  morale  e  materiale  che  è  reclamato  dal  moderno  incivilimento. 

Prima  cura  degli  Amministratori  della  cosa  pubblica  doveva  essere  il  mirare  al 
buono  prima  che  all' ottimo,  ed  accentrare  tutte  le  forze  della  nazione  onde  im- 
pedire che  l'opera  felicemente  iniziata  per  mancanza  di  direttiva  propria  potesse 
andarne  perduta  e  le  membra  sparte.  Sono  pochi  anni  anzi  che  sollevato  un 
progetto  di  riparto  amministrativo,  tale  da  poter  soddisfare  alle  vìve  esigenze 
delle  diverse  località,  cadde  universalmente  riprovato,  perchè  si  temeva  che  per 
esso  al  bene  prevalesse  il  male  e  la  divisione  del  paese  a  riparli  territoriali 
informati  alle  condizioni  topografiche  potesse  condurre  alla  politica  debolezza. 
Ma  quanto  politicamente  però  può  avere  guadagnato  il  paese  coli' attuale  regime 
amministrativo  é  difficile  il  precisare,  solo  è  facile  constatare  i  danni  materiali  in- 
calcolabili che  gliene  derivarono  da  un  ordinamento  il  quale  riconosce  una  troppo 
illimitata  autonomia  al  Comune  ed  alle  Provincie,  nel  mentre  che  pur  tuttavia 
ne  incaglia  la  dove  noi  dovrebbe  la  libera  azione,  e  solo  dopo  che  l'eccesso  sia  già 
commesso,  che  fa  giudice  incompetente  così  il  Comune  che  la  Provincia  di  inte- 
ressi non  suoi,  e  accolla  allo  Stato  un  ordine  di  interessi  materiali  di  nessuna 
importanza  generale  (prova  ne  siano  i  sussidii  arbitrariamente  assegnati  ai  co- 
muni impotenti  per  le  opere  pubbliche),  penoso  incaglio  al  libero  andamento  degli 

affari  politici. 

Allo  Stato  di  diritto  si  competono  solo  gli  affari  strettamente  politici,  la  sorve- 
glianza e  controllo  in  quelli  di  ordine  materiale  affidati  ai  Consorzii  delle  Pro- 
vincie o  Regioni. 


TER  LA  SANITÀ,   EDILIZIA  ECC.  H3 

Lo  Stato  perciò  andrebbe  diviso  in  un  certo  numero  di  regioni  in  ragione 
composta  del  numero  degli  abitanti  e  della  estensione  teniloriale  così  deliminate 
che  possibilmente  fossero  costituite  da  un  determinalo  numero  di  dominii  fisici 
di  fiumi  principali  o  dei  loro  influenti.  I  limiti  di  popolazione  starebbero  fra 
uno  e  duemilioni.  Alla  Rappresentanza  Regionale,  costituita  dalla  riunione  di  de- 
terminate frazioni  di  quelle  Provinciali,  sarebbe  devoluta  la  tutela  delle  Provincie 
e  Comuni  nell'ordine  materiale  e  morale,  alla  Regione  sarebbero  affidate,  oltre 
alle  opere  sopra  enumerate,  la  istituzione  delle  scuole  di  ordine  superiore  e 
professionale. 

La  Regione  sarebbe  costituita  da  un  certo  numero  di  Provincie,  ciascuna  pure 
commisurata  in  ragione  composta  fra  la  popolazione  ed  il  territorio,  in  modo 
che  la  prima  stesse  fra  i  limiti  di  due  a  trecento  mila  abitanti,  alla  Provincia  , 
oltre  al  controllo  diretto  sopra  i  Comuni  e  loro  Consorzii  ed  alle  opere  sopra 
notate,  sarebbe  devoluta  la  gestione  degli  istituti  di  beneficenza  di  ordine  supe- 
riore, nonché  tutta  la  istruzione  intermedia  quale  passo  alla  professionale  e 
scientifica. 

I  Comuni  siano  associati  in  numero  proporzionale  tale  da  costituire  un  ente 
complesso  in  ragione  pure  composta  fra  la  popolazione  ed  il  territorio,  cosicché 
la  prima  stia  fra  i  trenta  ed  i  sessanta  mila  abitanti,  ed  il  secondo  abbia  una 
estensione  da  100  a  150  chilometri  quadrati,  avrebbe  una  Rappresentanza  collet- 
tiva costituita  dalla  riunione  delle  frazioni  delle  loro  singole  Rappresentanze: 
collettivamente  tratterebbero  gli  affari  d'interesse  comune  materiale  e  la  benefi- 
cenza e  F istruzione,  contribuendo  alle  spese  affine  di  avere  almeno  al  centro 
del  Consorzio  le  scuole  primarie  di  grado  elevato,  oltre  a  quelle  inferiori  stabilite 
in  ciascun  Comune  ed  in  numero  proporzionale  alla  popolazione. 
i  I  Comuni  murati,  cioè  le  Città,  indipendentemente  e  dalla  popolazione  e  dal- 
l'estensione loro  sarebbero  pareggiati  ai  Consorzii  nella  sfera  degli  interessi  loro 
proprii  generalmente  dissimili  da  quelli  dei  Comuni  foresi. 

Abbiamo  già  per  incidenza  notato  a  proposito  della  espropriazione  per  causa 
di  necessità  pubblica ,  come  la  Società  può  di  diritto  arrogarsi  una  prevalente 
ragione  di  comproprietà  sull'ente  immateriale  posseduto  da  uno  de' suoi  membri 
e  perciò  espropriarlo  a  vantaggio  comune  degli  amministrati,  purché  indennizzi 
il  possessore  per  tutti  i  danni  materiali  e  morali  che  perciò  gliene  fossero 
derivati;  cosicché  si  ammette  la  libera  e  continua  proprietà  nell'individuo  di 
quei  beni  materiali  che  potrebbero  sostituirsi  appunto  con  altri  della  stessa 
natura.  Ma  anche  qui  giova  riflettere  e  convincersi  che  la  proprietà  all'indivi- 
duo sulla  materia  e  sull'opera  propria  non  è  completamente  assoluta,  essa  ha 
appunto  per  limite  la  materia  stessa ,  la  quale  può  essere  successivamente  tra- 
sformata a  capriccio  dell'individuo,  ma  in  niun  modo  distrutta.  Da  qui  una  vera 
limitazione  alla  libertà  di  azione  individuale  cioè  all'autonomia,  la  quale  perciò 
può  doppiamente  considerarsi  vincolata  da  ragioni  materiali  e  morali,  cioè  civili. 
Cosicché  l'autonomia  individuale  ammessa  dal  Codice  Civile  non  vuole  essere 
ritenuta  quale  assoluta,  e  per  la  stessa  ragione  che  l'articolo  2.°  riconosce  alle 
Provincie,  ai  comuni  ed  alle  associazioni  in  genere  legalmente  costituite.  È  fa- 
cile persuadersi  come  l'individuo  chiamato  a  far  parte  della  società,  e  che  per- 
ciò fruisce  di  tutti  i  vantaggi  dell'  ordinamento  che  gli  garantiscono  persona  e 
beni,  deve  prestarsi  al  comune  vantaggio  con  tutte  le  sue  forze  disponibili.  Cosi, 
ad  esempio,  se  è  libera  la  scelta   all'individuo   del   genere  e  della  misura  degli 


|14  I  REGOLAMENTI  ECC. 

sludii  professionali,  non  gli  è  concesso  volontariamente  esimersi  da  quella  col- 
tura generale  che  è  reclamata  dallo  stato  di  incivilimento  di  quella  parte  di  so- 
cietà nella  quale  vive  limitatamente  alle  proprie  forze  materiali  ed  attitudini 

L'articolo  citato  del  Codice  ammette  l'autonomia  comunale  e  provinciale,  ma 
ammette  pure  le  associazioni  in  genere  legalmente  costituite,  e  fra  queste  trovano 
conveniente  posto  le  associazioni  dei  Comuni  e  quelle  delle  Provincie,  delle  quali 
noi  abbiamo  fatto  la  base  di  una  saggia  riorganizzazione  amministrativa.  La  società 
in  genere  si  è  divisa  a  seconda  di  circostanze  di  un  ordine  superiore  in  Stati  o 
Nazioni  più  o  meno  diversamente  costituiti  :  ma  pur  tuttavia  stanno  i  vincoli  in- 
ternazionali; cosi  lo  Stato  può  suddividersi  in  circoscrizioni  a  seconda  dei  gradi 
di  solidarietà,  nei  quali  si  aggruppano  i  suoi  veri  naturali  interessi. 

Dalle  recenti  discussioni  e  studii  portate  sulla  materia  dei  regolamenti  edilizi! 
e  sanitarii  in  alcuna  delle  quali  ebbimo  occasione  di  occuparci,  ne  venne  la 
convinzione  che  la  base  dell'  attuale  ordinamento  amministrativo  non  è  comple- 
tamente informata  a  quei  principii  pei  quali  tutte  le  conseguenze  che  ne  ema- 
nano raggiungano  le  volute  armoniche  condizioni.  L' impianto  d.  una  Ammini- 
strazione'in  genere  è  l'asse  intorno  al  quale  ruotano  gli  interessi,  se  le  forze 
si  equilibrano  si  ha  il  movimento  regolare  necessario  al  progresso  morale  ed 
alla  prosperità  materiale  del  paese  ;  in  caso  contrario  gli  attriti  assorbono  la 
maggior  parte  delle  forze  della  nazione,  e  lo  sbilancio  progredisce. 

Quale  professionista  naturalmente  dovemmo  dipartirci  da  un  quesito  pratico 
ner  risalire  ai  principii  generali,  per  la  di  cui  completa  trattazione  però  si  vo- 
gliono profonde  cognizioni  pratiche  amministrative.  Dai  piedi  risalimmo  al  capo 
toccando  al  principio,  convinti  che  è  dovere  di  ogni  cittadino  l'additare  il  debole 
laddove  si  crede  esista  ad  a  chi  è  pienamente  competente,  decliniamo  1  assunto  di 
studiare  i  dettagli  ed  i  rimedii. 

Ing.  Cesare  Osnago. 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO, 

I    FIUMI    CHE    VI    CONFLUISCONO, 

E  PRINCIPALMENTE  GLI  ULTIMI  TRONCHI  DEL  PO, 

SUSSEGUITI 

DA  CONSIDERAZIONI  INTORNO  AI  PROGETTI  PER  LA  REGOLAZIONE  DELLE  ACQUE 

ALLA    DESTRA    DI    QUESTI 

li   E  li  O  R  I  A 

dell'  Ingegnere   Elia  Lombardia 

Ietta  nelle  adunanze  del  R.  Istituto  Lombardo  delle  Scienze. 
(Vedi  Pag.  57) 


PARTE     II. 

VII.  Estuario  Padano.  Leggi  secondo  le  quali  si  formano 
le  alluvioni  alle  foci  del  Po. 

52.  Passando  a  parlare  dell'  Estuario  Padano,  ove,  come  dicemmo,  variarono 
di  posizione  le  foci  del  Po,  esamineremo  innanzi  tutto  la  particolare  formazione 
delle  loro  deposizioni. 

Fino  a  tantoché  quelle  alluvioni  erano  interne,  senza  oltrepassare  il  cordone 
litorale,  esse  avranno  formato  per  ogni  foce  altrettanti  delta  parziali  con  mol- 
teplici canali,  come  è  avvenuto  nella  laguna  veneta  dianzi  descritta.  Ma  al- 
lorché oltrepassavano  quella  linea ,  esse  prendevano  una  forma  particolare  a 
seconda  della  maggiore  o  minore  lentezza  del  loro  protendimento  in  mare, 
dipendente  dalla  portata  della  foce,  e  dalla  minore  o  maggiore  copia  delle  ma- 
terie trasportate  dalle  acque.  Quando  un  tale  protendimento  procedeva  lenta- 
mente, la  deposizione  fluviale,  operando  a  guisa  di  guardiano,  altre  ne  promo- 
veva al  piede  del  lido  tanto  a  destra,  quanto  a  sinistra  per  l'azione  del  mare 
dipendente  da  quella  dei  venti  e  della  corrente  litorale.  E  se  avveniva  di  poi 
una  sosta  prolungata  nel  protendimento,  sul  margine  di  tali  deposizioni  forma- 
vasi  un  nuovo  cordone  litorale  pressoché  parallelo  al  precedente. 


HQ  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

55.  Se  il  protendimelo  invece  avveniva  con  una  comparativa  maggiore  ra- 
pidità, ma  però  in  moderata  misura,  ed  in  successive  riprese ,  1'  alluvione  as- 
sumeva una  forma  del  tutto  particolare.  Partendo  da  due  punti  distanti  del 
cordone  litorale,  che  chiameremo  nodi,  si  diramava  una  serie  di  piccole  dune 
divergenti  in  curve  regolari,  che  mano  mano  si  assottigliavano  fin  presso  la 
foce  protendente,  prendendo  così  la  forma  di  un  pennacchio.  Siffatte  alluvioni  le 
chiameremo  radiami.  Le  dune  di  solito  formate  di  sabbie,  sono  generalmente 
boschive,  e  talvolta  coltive,  allorché  il  limo  le  ha  fertilizzate.  Le  depressioni  ad 
esse  interposte  sono  vallive,  oppure  costituite  da  stagni  con  acque  permanenti. 
Tali  alluvioni  radianti  trovansi  assai  più  pronunziate  a  destra  delle  foci  che  non 
alla  sinistra,  lo  che  sembra  dipendere  dalla  prevalente  azione  dei  venti  dominanti 
di  scirocco  e  di  levante  nella  formazione  delle  dune.  Queste  poi  nelle  alluvioni 
più  moderne  vedonsi  coltivate,  attesa  la  maggiore  copia  di  limo  ivi  trasportato 
dalla  corrente  litorale. 

54.  Se  la  foce  per  la  sua  portata,  e  per  la  copia  delle  materie  da  essa  con- 
vogliate si  avanza  rapidamente  in  mare,  vi  forma  un  promontorio    con   molte- 
plici foci  subalterne,  siccome  avviene  per  quelle  attuali  del  Po,  ove  ad  accre- 
scerne la  portata  e  la  copia  delle  materie  ha  contribuito   tanto    l'arginamento 
del  fiume  e  de' suoi  affluenti,  quanto  il  diboscamento  delle  pendici  de' monti. 
Le  due  striscie  o  controforti  di  ciascun  canale  in  queste  alluvioni,  per  la  loro 
maggiore  elevazione  sono  di  solito  coltivi,  rimanendo  vallivi  gli  spazii  interposti. 
Nelle  alluvioni  antiche  il  corso  derelitto  dei  vari  rami  o  canali    del  fiume  co- 
stituisce una  specie  di  scheletro  dell'intero  promontorio  in  forma  d'argini;  e 
gli  spazj  interposti  sonosi  ridotti  alla  condizione  di  stagni  per  effetto  della  ero- 
sione del  fondo  promossa  dagli  ondeggiamenti  delle  acque  marine;  ed  a  quanto 
pare  anche  dalla  loro  azione  dissolvente  sulle  deposizioni  d'acqua   dolce,  sic- 
come potremo  riscontrare  per  una  porzione  delle  Valli    di   Cornacchie   di  cui 
parleremo  più  avanti.  Alla  destra  di  quei  promontori  si  forma  un  insenamento 
di  mare  cui  si  dà  il  nome  di  sacca  (1). 

Vili.  Antichi  documenti  storici  relativi  alle  foci  del  Po; 
loro  raffronti  coi  cangiamenti  avvenuti  fino  alla  decadenza 
dell' impero  romano. 

55.  Coli'  esame  dei  documenti  storici  raffrontati  alla  forma  e  disposizione 
delle  alluvioni  del  Po  procureremo  di  indagarne  le  vicende. 

La  più  antica  descrizione  delle  foci  del  Po ,  è  quella  che  ne  vien  data  da 
Polibio,  il  quale  visitò  i  luoghi  circa  150  anni  innanzi  all'era  cristiana.  Egli 
dice  che  il  letto  del  fiume,  partendo  dalle  sorgenti  «  è  semplice ,  ma  ai  cosi 


(i)  Tale  era  la  Sacca  di  Gore-  ove  intorno  al  1600 
Bi  è  divertito  il  Po  dall'anteriore  suo  braccio  delle 
Fornaci;  seno  che  dipoi  è  disceso  di  fronte  alla  foce 


derelitta  del  Volano;  e  tale  pure  era  la  così  detta 
Sacca  di  Testa  d'Asino  sotto  la  foce  del  Primaro 
avanti  che  questo  venisse  chiuso  verso  l'epoca  stessa. 


SOPRA   IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  117 

«  detti  Trigaboli  in  due  bocche  si  divide,  l'una  delle  quali  è  denominata  Padusa^ 
«  e  P  altra  Olana  ,  ove  è  un  porto  il  quale  non  meno  che  qualsivoglia  porto 
«  dell'Adriatico  offre  sicurezza  a  chi  l'afferra  »  (1).  Accenna  poi  come  la  bassa 
valle  del  Po  sìa  stata  occupala  dai  Tirreni,  ossieno  Etruschi,  e  come  questi 
ne  fossero  scacciali  dai  Galli.  Da  quei  pochi  cenni  scorgesi  che  egli  non  erasi 
occupato  se  non  delle  due  foci  principali ,  senza  entrare  in  particolari  sulle 
altre  che  non  avrà  esaminate,  attesa  la  natura  delle  sue  ricerche. 

56.  Una  descrizione  assai  più  esatta  ne  viene  data  due  secoli  dopo  da  Plinio 
che  qui  riportiamo  in  originale.  Indicati  i  varj  affluenti  del  Po  prosegue: 

Nee  alius  amnium  tam  brevi  spatio  majoris  incrementi  est.  Urgetur  quippe 
aquarum  mole,  et  in  profundum  agitur  gravis  terme,  quamquam  deduclus  in 
flumina  et  fossas  inter  Ravennani  Altinumque  CXX  m.  passuum,  tamen ,  quia 
largius  vomit,  septem  maria  dictus  facere.  Augusta  fossa  Ravennam  irahitur 
ubi  Padusa  vocatur  quondam  Messanicus  appellatus.  Proximum  inde  ostium  ma- 
gniludinem  portus  habet,  qui  Vatreni  dicitur,  quo  Claudius  Caesar  é  Rritannia 
triumphans,  per  grandi  illa  domo  verius  quam  nave  intravit  Adriani.  Hoc  ante 
Eridanum  ostium  dictum  est,  aliis  Spineticum  ab  urbe  Spina  quae  fuitiuxta, 
praevalens  ut  delphicis  creditum  est  thesauris ,  condita  a  Diomede.  Auget  ibi 
Padum  Vatrenus  amnis  ex  forocorneliensi  agro.  Proximum  inde  ostium  Capra- 
siae  dein  Sagis,  dein  Volanae  quod  ante  Olanae  vocabatur.  Omnia  ea  (lumina, 
fossasque  primi  à  Sagi  fecere  Tusci ,  egesto  amnis  impetu  per  transversum  in 
Atrianorum  paludes ,  quae  septem  maria  appellantur ,  nobili  portu  oppidi  Tu- 
scorum  Atriae  à  quo  Atriaticum  mare  ante  appellabatur ,  quod  nunc  Adriati- 
cum.  Inde  ostia  piena  Carbonaria  ac  Fossiones  Philistinae,  quod  alii  Tartarum 
vocant   ctc.  (2). 

57.  Strabone  pressoché  contemporaneo  di  Plinio  non  dà  che  un  cenno  delle 
foci  del  Po ,  per  praticare  le  quali  dice  che  richiedesi  particolare  esperienza. 
Ravenna  secondo  lui  sarebbe  stata  fondata  dai  Tessali ,  i  quali  non  potendo 
sopportare  le  insolenze  dei  Tirreni,  la  cedettero  agli  Umbri  che  a' suoi  tempi 
l'occupavano  tuttavia.  Altrettanto  avveniva  per  la  bassa  valle  del  Po,  ove  gli 
Umbri  si  sarebbero  sostituiti  ai  Tirreni  che  1'  avevano  posseduta  in  addietro 
per  parecchi  secoli,  e  n'erano  poi  stati  scacciati  dai  Celti  (5).  Di  questi,  i  Galli 
Boi,  che  occupavano  la  pianura  subapennina  nell'Emilia,  ne  vennero  scacciati 
dai  Romani  che  vi  stabilirono  colonie  di  proprj  cittadini ,  o  di  Latini  loro  al- 
leati (4). 

58.  Le  prime  notizie  storiche  concernenti  le  foci  del  Po  accennerebbero  così 
all'occupazione  di  quella  del  suo  ramo  principale  Eridano  da  parte  degli  El- 
leni.  Questi  circa  dodici  secoli  innanzi  all'era  volgare  avrebbero  fondata  Spina 
in  riva  al  fiume  ed  in  prossimità  della  sua  foce;  ma  sia  per  la  difficile  pra- 
ticabilità   di    questa ,   sia    per   cangiamenti    avvenuti    nel   suo    corso ,    quella 


(1)  Storia,  libro  II.  Traduzione  di  Koen,  Milano 
1824.  T.  I,  pag.  257. 

(2)  Hist.  nat.  lib.  III,  cap.  XVI. 

Gìorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Febb.  e  Marzo  1868 


(3)  Geografia,  lib.  V,  cap.  XX. 

(4)  T.  Livii.  Hist.  lib.  37  e  39. 


118  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

città  in  breve  decadde ,    talché  ai  tempi  di  Strabone  non  era  più   se    non  un 
borgo  distante  circa  90  stadj  (17  chilom.)  dal  mare  (1). 

59.  Istrutti  dalla  sorte  infelice  di  quella  colonia  ellenica,  gli  Etruschi  che 
vennero  di  poi,  con  molto  accorgimento  seguirono  un  piano  ben  diverso.  In 
luogo  di  fondare  la  loro  città  marittima  Adria  sopra  un  fiume  di  corso  varia- 
bile, la  eressero  sul  margine  della  laguna  alla  foce  del  fìumicello  di  pianura 
Tartaro,  che  escavarono  insieme  ad  altre  fosse  parallele,  le  quali  chiamaronsi 
Filistine,  e  servivano  così  allo  scolo  e  bonificamento  delle  paludi  circostanti 
ed  alla  navigazione.  In  esse  a  quanto  pare,  avrebbero  ben  anche  rivolte  le 
limpide  acque  del  Mincio,  mediante  un  canale  cui  corrisponderebbe  l'odierno 
colatore  Fissero,  dopo  avere  fondato  Mantova  sopra  alcune  isole  di  quel  fiume, 
ove  si  spandeva  in  un  vasto  lago  o  palude.  Ed  allo  scopo  di  proteggere  la 
nuova  loro  colonia  tanto  dalle  piene,  quanto  dalle  deposizioni  del  Po,  e  di  pro- 
curarle così  la  maggior  possibile  stabilità  e  floridezza ,  attuarono  il  piano  ve- 
ramente grandioso  accennato  da  Plinio.  Fondamento  di  questo  era  la  diver- 
sione del  Po  in  molteplici  rami  congiunti  con  canali  trasversali  che  li  facevano 
comunicare  fra  loro,  usando  le  precauzione  di  allontanare  i  primi  dai  loro  ca- 
nali o  fosse  d'acque  chiare,  piano  del  quale  si  sarebbero  conservate  non  dubbie 
tracce ,  e  che  contribuì  potentemente  al  più  sollecito  bonificamento  di  quelle 
immense  paludi. 

60.  Avanti  d'inoltrarci  nelle  relative  indagini  gioverà  raffrontare  le  varie  foci 
del  Po  indicate  da  Plinio  colle  attuali  località.  L'antica  foce  Eridano,  ove  con- 
fluiva il  Vatreno  procedente  da  Imola  (Forum  Cornetti)  corrisponderebbe  a 
quella  del  Po  di  Primaro,  occupata  oggidì  dal  Reno  e  dagli  altri  torrenti  della 
Romagna.  Di  là  staccavasi  una  fossa  artificiale  chiamata  da  taluni  Angusta ,  e 
da  altri  Augusta ,  che  conduceva  le  acque  del  Po  a  Ravenna  (T).  La  foce  Ca- 
prasia  corrisponderebbe  al  porto  oggidì  interrato  di  Rellocchio;  la  foce  Sagi 
al  porto  di  Magnavacca  presso  Comacchio;  e  la  foce  Volana  a  quella  del  Po  di 
Volano  ora  egualmente  derelitto.  Parlasi  poi  di  foci  allora  ostruite  (ostia  piena) 
una  delle  quali,  Carbonaria,  dovrebbe  corrispondere  al  Po  di  Ariano  e  l'altra 
ad  una  delle  Fosse  Filistine  per  le  quali  scaricavasi  il  Tartaro,  bocca  che  sembra 


(1)  Geografìa,  luogo  precitato.  E  qui  è  da  no- 
tarsi rispetto  al  Po,  essere  un  errore  il  credere  che 
le  principali  sue  foci  sieno  di  facile  accesso,  oppo- 
nendoyisi  lo  scanno  variabilissimo  che  si  forma  di 
fronte  ad  esse  ,  le  correnti  violentissime  in  tempo 
di  sue  piene,  ed  i  vortici  pericolosi  promossi  dal- 
l'urto  delle  acque  fluviali  con  quelle  del  mare. 
Queste  dificoltà  scorgonsi  per  le  attuali  foci  del  Po 
alle  quali  la  navigazione  preferisce  la  foce  abban- 
donata del  così  detto  Po  di  Levante,  ove  si  scari- 
cano insieme  ad  acque  di  scolo  quelle  del  fiumi- 
cello  di  pianura  Tartaro,  ossia  Canal-Bianco.  Quando 
una  foce  simile  sull'  Adriatico  può  comunicare  con 
una  grande  laguna  allora  l'azione  delle  maree  con- 
corre a  renderla  profonda,  e  facilmente  praticabile. 


(2)  Vi  fu  disparere  sul  nome  di  quella  fossa  che 
taluni  chiamarono  Angusta  ed  altri  Augusta,  attri- 
buendone 1'  escavazione  all'  imperatore  Augusto. 
Con  questa  seconda  opinione  concorderebbe  il  fatto 
che  si  dà  oggidì  il  nome  di  Agosta  ad  un  argine 
delle  valli  di  Comacchio  il  quale  dovrebbe  ad  essa 
corrispondere;  e  che  alcune  località  della  città  di 
Ravenna  portavano  in  antichi  documenti  il  nome 
di  quell'imperatore.  Ciò  vedesi  in  una  bolla  del 
Pontefice  Leone  IX.  dell'  anno  1052  di  concessioni 
all'Abbazia  di  Pomposa  ove  è  detto:  terram  et  vi- 
neam  juxta  muros  civitatis  Ravenne  cum  turre  que 
vocatur  Branca  in  integrimi ,  a  Pusterla  Augusta, 
usque  ad  Portam  Taurensem  (Muratori,  Antiq* 
Ital.  med.  ozv.  T.  V,  pag.  338. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  119 

essere  quella  del  così  detto  Porto  di  Loreo,  od  anche  Porto  viro,  ove  si  è  pra- 
ticata la  nuova  inalveazione ,  o  taglio  del  Po  nei  primi  anni  del  secolo  XVII, 
operazione  della  quale  si  parlerà  più  avanti. 

61.  Nel  segnare  l'andamento  del  cordone  litorale  dell'Adriatico  abbiamo  detto 
che  la  linea  più  occidentale,  e  quindi  più  antica  di  esso,  partendo  dai  mento- 
vato Taglio  di  Po,  sarebbe  stata  quella  che  passa  per  San  Basilio  ,  o  Messen- 
zatica,  Marozzo,  e  Caldirolo.  Ma  dietro  un  più  attento  esame  delle  carte  delle 
foci  del  Po  e  delle  notizie  raccolte  su  questo  particolare  (1)  scorgesi  la  traccia  di 
altra  linea  più  occidentale  ancora,  segnata  da  una  serie  di  cumuli  ossieno  mon- 
toni di  sabbia  nel  luogo  chiamato  le  Tombe,  che  ne  sarebbero  gli  avanzi,  la  quale 
passa  in  contatto  delle  rovine  di  Ariano  Vecchio,  a  due  chilometri  di  distanza 
dall'altro  cordone  summentovato,  e  vi  si  riunirebbe  a  Marozzo   presso  le  cosi 
dette  Tombe  lunghe.  Ne  consegue  che  la  foce  del  Po  la  quale  indicherebbe  il 
più  antico  protendimento    sarebbe    quella   del    Po   di  Ariano  ,  ossia   di   Goro. 
Tale  protendimento  sarebbe  stato  di  due  chilometri  da  Ariano  Vecchio  al  cor- 
done o  lido  di  San  Basilio ,  o  Messenzatica ,    e   di  un    chilometro    da   questo 
all'altro  detto  di  Monticelli.   Siamo  quindi  indotti  a  supporre   che  alla  venuta 
degli  Etruschi  avesse  ivi  foce  il  ramo  principale  del  Po.  E  siccome  questo  nel 
tronco  superiore  sotto  Felonica  fa  un  acuta  svolta  per  passare  fra  le  Quatrelle 
e  Ficarolo,  ove  con  direzione  di  mezzodì  si  portava  al  Bondeno ,  donde  ripie- 
gando verso    oriente    discendeva    inaddietro    a  Ferrara ,   egli   è  verisimile  che 
in  quel  tempo  si  bipartisse  sopra  Ficarolo  nel  ramo  Spinetico  a    destra  ed  in 
quello  di  Ariano  a  sinistra,  che  sarebbe  stato  il  più  breve,  passando  probabil- 
mente per  Fiesso  e  per  altri  luoghi  intermedi  che  ora  non    si  potrebbero  ad- 
ditare. In  tale  supposto  collo  scopo  di  allontanare  quel  braccio  del  Po  da  Adria 
e  dai  canali  d'acque  chiare  che  vi  mettevano  capo,  gli  Etruschi  lo  avrebbero 
chiuso,  riunendolo  al  ramo  destro  Spinetico.  E  forse  tale    diversione   la  prati- 
carono raddrizzando  ivi  il  corso  del  Po  da  Ficarolo  a  Senetica,   nel  quale  in- 
tervallo vedesi  anche  oggidì  la  traccia  dei   viziosi    suoi    serpeggiamenti   in  un 
colatore  distinto  col  nome  di  Poazzo,  o  Po  vecchio,  ove  ad  una  borgata   si  dà 
il  nome  di  Sette  Polesini  (2).    Gli   Etruschi    avrebbero    derivato  da  Senetica  a 
sinistra  del  fiume  unito  il  ramo  che  si  chiamò  Volano  ed    a   destra  di  questo 
presso  Codrea  altro  ramo,   che    in   origine  si  sarebbe  chiamato  Rera,  o  Reta, 
o  Rea,  il  quale  di  poi  prese  il  nome  di  Sandalo.  Presso  Final  di  Rere ,   o  se 
vuoisi  a  Trisigallo,   luogo  che  dovrebbe  corrispondere  a  Trig abolì ,  accennato 


(1)  Per  lo  studio  delle  foci  del  Po  mi  sono  valso 
non  solo  delle  belle  carte  topografiche  nella  scala 
di  V86400  del  Lombardo-Veneto  e  dell'  Italia  Centrale 
pubblicate  dall'Istituto  Geografico  di  Vienna,  ma 
eziandio  di  quella  bellissima  in  quarantasette  fogli 
fatta  da  esso  Istituto  rilevare  verso  il  1821  pel 
corso  del  Po  nella  scala  di  y,5000  acquarellata  con 
tale  maestria  da  poter  scorgere  le  minime  variazioni 


nella  condizione  del  suolo,  carta  che  trovasi  nei. 
r  archivio  della  cessata  Direzione  Generale  delle 
pubbliche  costruzioni  in  Milano. 

(2)  Il  nome  di  Polesine  viene  adoperato  di  solito 
per  indicare  un'  isola  od  un  gruppo  di  isole  del  Po. 
Quel  raddrizzamento  sarebbe  stato  agevole  atteso 
il  notevole  accorciamento  che  risultava  dal  dirigere 
il  corso  del  fiume  nell'attigua  palude. 


420  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

da  Polibio   (1)  venne    derivato    a    destra    un    terzo    ramo    che    egli    chiama 
Padoa  ,  o  Padusa ,  il  quale  suddiviso   ne'  due  bracci   Sagi  e  Gaprasia  indicati 
da  Plinio ,    ed  in  altri   subalterni ,    avrebbe    formato  fuori    del   cordone   lito- 
rale il    promontorio   o   delta  su   cui ,   ad   un   suo    estremo ,  vedesi    eretta  la 
città  di  Comacchio.  Questo  ramo  nel  suo  tronco  superiore  avrebbe  potuto  pas- 
sare per  Medelana,  Alberlungo  ed  Ostellato,  linea  oggidì  occupata  in  parte   dal 
Volano ,  che  allora  sarebbe  forse  disceso  da  Formignana  a   Trisigallo ,  Rero , 
Corna  Cervina  e  Migliarino  ,   essendo  naturale   che   quei  canali   del    Po   sieno 
andati  soggetti  a  notevoli  cangiamenti  di  corso.   Al  disotto  di  Ostellato  poi  la 
traccia  deTramo  principale  del  Po  vedrebbesi  indubbiamente  segnata  dalla  lin- 
gua di  terra  che  separa  la  Valle  del  Mezzano  da  quelle  delle  Gallare  e  di  Trebba. 
5  62.  Rispetto  ai  canali  trasversali  accennati  da  Plinio,  sembra  indubitato  che 
uno  di  essi  fosse  il  Goro  dal  Volano  al  ramo  di  Ariano,  il  quale  anche  al  prin- 
cipio del  secolo  XIV  proseguiva,  come  vedremo,  fino  a  congiungersi  con  quelli 
della  laguna  veneta.   Tra  il  ramo  Padova  ed  il  Volano    1'  argine    Trebba ,    cui 
in  documenti  del  medio  evo  davasi  tuttavia  il  nome  di  fiume,   sarebbe    stato 
uno  di  quei  canali;  e  forse  lo  fu  eziandio  fra  Ostellato  ed  il  Volano,  il  canale 
Corba  o  Corbazza  del  quale  vedesi  la    traccia    all'occidente   della  Valle    delle 
Gallare.  L'  argine  del  Malpasso  che  da  Lago  Santo  mette  a  Comacchio,  potrebbe 
pure  essere  stato  un  canale  simile  escavato  -posteriormente,  e  forse  dai  Comac- 
chiesi  per  conservare  una  comunicazione  col  Po  (2). 

63.  In  altri  scritti  ho  dimostrato  come  il  Po,  a  parità  di  superficie  scolanle, 
sia  forse  il  più  poderoso  fiume  che  si  conosca,  e  lo  desunsi  dall'essere  il  suo 
bacino  esposto  ai  venti  piovosi  della  marina,  e  dal  comprendersi  in  esso  i  più 
alti  monti  dell'Europa.  Senza  salire  alle  cause,  Plinio  avrebbe  espresso  un  con- 
cetto simile  coli' attenersi  ai  fatto  dicendo:  Nec  alius  amnium  tam  brevi  s patio 
majoris  incrementi  est. 

64.  Il  più  antico  protendimene  del  Volano  sarebbe  stato  di  tre  chilometri , 
partendo  dal  cordone  primitivo,  fino  al  lido  su  cui  si  è  eretta  l'Abbazia  di 
Pomposa,  della  quale  si  parlerà  più  avanti.  Resa  di  poi  stazionaria  quella  foce, 
sarebbesi  anticamente  avanzata  con  alluvione  radiante  la  foce  di  Ariano  fino 
alla  Mesola  per  tre  chilometri  e  mezzo. 

65.  Il  delta,  o  promontorio  di  Comacchio  vedesi  protendere  dal  cordone  li- 
torale per  nove  chilometri  sopra  una  fronte  o  base   altrettanto  larga  ,   ma   è 


(1)  Taluni  supposero  che  Trigaboli  fosse  il  nome 
di  una  particolare  tribù  dei  Galli;  ma  sembra  più 
naturale  1'  ammettere  che  quel  nome  indicasse  una 
biforcazione  del  fiume  ove  le  acque  col  tronco  su- 
periore di  esso  formavano  un  trivio. 

(2)  Nel  precitato  documento  pomposiano  del- 
l'anno 1052  leggesi  :  a  fluvio  Tribba  usque  in  EU 
liam  et  per  paludem  usque  mediani  Garbam,  ultra- 
que  Curbam  per  Padum  et  ultra  Padum  usque  ad 
Gazium  Episcopii  sanctae  comaclensis  ecclesiae  inde 
usque  et  [lumen   qui  vocatur    Cesi,  abalio  latere 


curio  descendente  in  Conca  agatulae  et  per  ipsam 
in  Gauro....  a  quarto  latere  Vaculino  et  Arzeremalo 
(forse  argine  dei  Malpasso).  Sembra  che  col  nome 
di  fiume  s'  indicassero  colatori  che  scorrevano  per 
la  più  parte  in  rami  derelitti  del  Po,  parecchi  dei 
quali  portano  anche  oggidì  lo  stesso  nome,  come 
sarebbe  Cesi,  ed  il  canale  di  Corlo.  La  conca  aga- 
tulcs,  detta  anche  congatula  parrebbe  corrispondere 
al  grande  colatore  canal  Bianco  nel  Polesine  di 
Ferrara.  Que' nomi  vedonsi  ripetuti  in  documenti 
posteriori  del  1091,  1124  e  117 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  121 

supponibile  che  dopo  l'abbandono  dei  rami  del  Po  che  lo  hanno  formalo  la 
parte  più  sporgente  di  esso  sia  stata  per  qualche  chilometro  corrosa  dal  mare 
fino  all'  odierno  lido.  Dell'  ultimo  protendimento  della  foce  del  Volano ,  e  dei 
cambiamenti  seguiti  nel  Po  in  conseguenza  della  rotta  di  Ficarolo  ,  avvenuta 
alla  metà  del  secolo  XII,  parleremo  più  avanti,  importando  ora  di  porre  a  ri- 
scontro quelli  anteriori  preaccennati  coi  documenti  storici  che  vi  hanno  rife- 
rimento. 

66.  Il  Silvestri  che  ha  pubblicate  notizie  pregevoli  sulle  Paludi  Adriano,  ac- 
cenna il  fatto  che  nell'anno  569  in  cui  fu  instituito  l'Esarcato  di  Ravenna, 
trovavasi  presso  questa  città  un  porto  capace  di  ricevere  una  grande  armata 
navale  (1),  nella  quale  condizione  altri  supposero  che  si  fosse  conservato  quel 
porto  anche  ne'  due  secoli  successivi.  Queir  autore  invero  modifica  di  poi 
tale  opinione,  ma  in  un  modo  alquanto  incerto.  Il  vescovo  Apollinare  Si- 
donio,  da  lui  pure  citato,  che  aveva  visitato  Ravenna  un  secolo  innanzi,  espone 
cose  che  non  confermerebbero  quel  fatto.  Egli  ne  dice:  intravimus  Ravennani, 
paullo  post  cursu  dexteriore  subeuntes:  quo  loci  veterem  civitatem  novumque 
por  tu  m  media  via  Caesaris  ambigas  utrum  connectat  an  separet.  Insuper  op- 
pidum  duplex  pars  interluit  Padi,  pars  alluit;  qui  ab  alveo  principali  molium 
publicarum  discerptus  objectu  ,  et  per  easdem  derivatis  tramitibus  exhaustus , 
sic  dividua  fluenta  partitur  {alias  patitur)  ut  praebeant  moenibus  circumfusa 
praesidium ,  infusa  commercium  (2).  Egli  adunque  entrò  in  Ravenna  percor- 
rendo la  Fossa  Augusta  derivata  dal  Po  ;  ma  siccome  parla  di  un  nuovo  porto 
ciò  sarebbe  prova  che  questo  era  artificialmente  escavato  in  sostituzione  a 
quello  vastissimo  di  Classe  nella  laguna,  rimasto  interrato,  il  quale  era  in  ad- 
dietro capace  di  dare  ricetto  ad  una  numerosa  flottiglia. 

67.  Il  Silvestri  cita  un  passo  di  Giornande  relativo  a  Ravenna  ,  ma  ne  om- 
mette  la  conclusione  ove  lo  storico  porge  un'  idea  dell'  effettiva  condizione  in 
che  trovavasi  nel  VI  secolo  quel  porto.  Questi  ne  dice  :  Ad  ostia  sua  amoenis- 
simum  portum  praebens  classem  CCL  navium,  Dione  referente*  Ultissima  dudum 
credebatur  recipere  statione.  Qui  mine,  ut  Fabius  ait,  quod  aliquando  portus 
fuerat,  spatiosissimos  hortos  ostendit,  arboribus  plenos:  veruni  de  quibus  non 
pendeant  vela  ,  sed  poma.  Trino  siquidem  urbs  ipsa  vocabulo  gloriatur , 
trigeminaque  positione  exultat ,  idest  prima  Ravenna,  ultima  Classis ,  media 
Caesarea  intra  urbem  et  mare  piena  mollicie  arenaque  munita,  vectationibus 
apta  (3). 

68.  Lo  storico  Procopio,  sovraintendente  dell'esercito  e  della  flotta  di  Belli- 
sario, che  si  portò  a  Ravenna  nell'anno  539,  nota  l'impossibilità  che  i  navigli 
vi  accedessero;  che  anche  le  barche  del  piccolo  commercio  si  caricavano  in 
tempo  di  bassa  marea  appoggiate  sul  fondo,  e  che  solo  in  alta  marea  potevano 


(l)  Istorica  e  geografica  descrizione  delle  paludi 
Adriane,  precitata  pag.  7. 


(2)  Jacobi  Sirmondi,  opera  omnia,  venetiis  1728. 
T.  I.  Sidonii  epistola  V. 

(3)  Muratori,  Rer.  ital.  script.  T.  I,  p.  205  e  200, 


122  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

porsi  a  gala  e  condursi  al  mare  (1).  Anche  il  nuovo  porto  indicato  un  secolo 
innanzi  da  Apollinare  Sidonio  non  sarebbe  così  più  stato  di  sufficiente  profon- 
dità per  tenervisi  galleggiante  una  barca  carica  comune. 

69.  L' interramento  del  porto  di  Classe  lo  si  deve  ai  prossimi  torrenti,  e  par- 
ticolarmente ai  Ronco  ed  al  Montone.  Questi  insieme  al  Lamone  ed  al  Savio, 
oltrepassato  colle  loro  deposizioni  il  lido  primitivo,  venivano  ad  agire,  come  si 
disse,  siccome  guardiani  per  arrestare  a  destra  ed  a  sinistra  le  sabbie  spintevi 
dal  mare  sotto  1'  azione  dei  venti  e  della  corrente  litorale ,  con  notevole  pro- 
tendimene della  spiaggia  di  Ravenna  che  ora  trovasi  distante  otto  chilometri 

dal  mare. 

70.  La  Fossa  Augusta  accennata  da  Plinio,  sembra,  come  si  e  detto,  dovesse 
corrispondere  in  parte  air  argine  oggidì  detto  Agosto, ,  che  nelle   Valli  di  Co- 
macchio  segna  il  limite  orientale  di  quella  del  Mezzano    e    termina    al  Po  di 
Primaro  fra  la  chiavica  Umana  e  la  chiavica  Lepri.    Di  là  avrebbe    continuato 
fino  a  Ravenna ,   attraversando    la  Valle  Savarna  (2).  Pare  che   dovesse  essere 
costituita  da  due  tronchi  distinti,  il  superiore  alimentato  dal  ramo  Caprasia,  e 
r  inferiore  dal  ramo  Spinetico ,  ossia  Po  di  Primaro ,  venendosi  allora  a  spie- 
gare come  fra  il  termine  di  uno  di  essi  tronchi  ed  il  principio   dell'altro  po- 
tessero aver  libero  passaggio  le  maree  e  mantenervi  un  porto  profondo,  avuto 
riguardo    all'  ampiezza    delle   lagune    colle    quali    avrà   comunicato    mediante 
sgarbate,  ossieno  aperture  nelle  sponde,  o  controforti  naturali  di  quest'ultimo 
tronco  del  Po.  Se  per  quel  porto  ebbe    passaggio ,    secondo  la   narrazione   di 
Plinio,  la  grande  nave  che  trasportò  l'imperatore  Claudio    reduce    dalle    Isole 
Britanniche,  devesi  intendere  che  colle  parole,  intravit  Adriani,  significasse  che 
entrò  nel  mare  Adriatico ,   e  non  già  nella  città  di  Adria,  come  taluni  suppo- 
sero, la  quale  chiamavasi  Atria,  e  non  comunicava  allora  col  mare  se  non  con 
stretti  canali  (5).    Che  poi  quella  fossa  sia  stata  escavata  da  Augusto ,   la  cosa 
sembra  assai  probabile,  risultando  come  si  disse,  da  documenti  del  medio  evo 
che  altre  località  di  Ravenna  portavano  il  nome  di  quell'imperatore  (4).  Deve 
in  vero  far  senso  che  il  ramo  Spinetico  si  indichi  alimentato  dal  Va  treno,  ossia 
Santerno,   torrente    insignificante  al  confronto  del  Po:  lo  che    sembra  doversi 
attribuire  alla  circostanza  d'essersi  spinto  nella  vasta  Padusa,  per  un  caso  acci- 


(1)  ivi,  pag.  248  Itaque  quicumque  res  vitae 

usibus  accomondatas  ,  in  urbem  commercii  gratia , 
aliamve  ob  causam  inferre  volunt  vel  inde  evehere, 
impositis  mercibus  in  navigia,  hisque  eum  in  locum 
Iractis  unde  transmitti  solet,  accessum  maris  expec- 
tant.  Affluente  aestu,  humo  sensim  sublatae  naves 
feruntnr,  et  nautce  ad  motu  jam  operi  marni  navi- 
gane Traduzione  di  Claudio  Maltreto. 

(2)  Il  Bertoldi  nella  sua  memoria  sul  Po  di  Pri- 
maro (Ferrara  1785)  riporta  (pag.  103)  un  brano 
degli  annali  camaldolesi,  ove  si  cita  un  diploma  di 
Ottone  III  dell'anno  1001  nel  quale  è  detto:  Pado 
Juveniaco  ,  fossa  augusta,  quce  per  Humanam  in 
Pado  descendit ,  Padoreno  et  medio  Grangeno.  Si 


tratterebbe  di  confini  di  terreni  o  paludi  concessi  al 
monastero  di  S.  Alberto  presso  la  foce  di  Primaro. 
Dalla  carta  topografica  scorgesi  che  l'argine  Agosta 
nelle  Valli  di  Comacchio  termina  fra  Umana  e  S.  Al- 
berto con  serpeggiamenti  i  quali  indicherebbero 
essere  l'alveo  derelitto  di  un  fìumicello,  o  canale 
d'acque  torbide.  Conviene  perciò  supporre  che  si 
trattasse  di  un'  artificiale  derivazione  per  conser- 
vare anche  in  que'  tempi  una  comunicazione  fra  i 
vari  rami  del  Po,  la  quale  avrebbe  conservato  l'an- 
tico suo  nome  di  Fossa  Augusta. 

(3)  Stradone.  Geografia,  luogo  citato. 

(4)  Vedi  la  nota  al  g  60. 


SOPRA  IL  GRANDE   ESTUARIO  ADRIATICO  123 

dentale,  fino  a  quel  ramo  del  Po.  Circa  poi  alla  posizione  di  Spina,  taluni  la 
collocherebbero  presso  Longastrino,  lo  che  concorderebbe  colla  distanza  di  90 
stadj  dal  mare,   indicata    da  Strabone  (1). 

71.  Rispetto  al  promontorio,  ossia  delta  di  Comacchio,  compreso  fra  i  due 
bracci  Sagi  e  Caprasia  dei  ramo  del  Po  che  chiamiamo  Padova  ,  dai  quali  si 
saranno  staccate  altre  ramificazioni  subalterne,  i  cui  avanzi  concorrono  a  for- 
marne lo  scheletro,  è  verisimile  che  le  valli  interposte,  le  quali  oggidi  sono  veri 
stagni,  fossero  in  addietro  costituite  da  canneti  ed  anche  in  parte  coltivate,  lo 
che  avrebbe  potuto  influire  a  dare  loro  il  nome  di  campi  (2).  Il  notevole  pro- 
tendimene di  quel  promontorio  a  fronte  del  lido  di  Pomposa ,  che  ai  tempi 
di  Plinio  sarebbe  stato,  a  quanto  sembra,  in  riva  al  mare,  siccome  accenneremo 
più  innanzi,  porgerebbe  una  prova  della  notevole  e  prevalente  portata  del  ramo 
del  Po  che  lo  ha  formato,  e  della  quantità  della  torbida  che  convogliava.  In 
ciò  si  avrebbe  un  indizio  che,  partendo  dalla  occupazione  degli  Etruschi  fino  ai 
primi  secoli  dell'era  cristiana,  il  corso  del  Po  fosse  in  gran  parte  accompagnato 
da  argini  che  ne  limitavano  le  espansioni.  Imperocché  abbiamo  prove  che 
anche  durante  la  dominazione  dei  Galli,  per  testimonianza  di  Polibio,  la  pia- 
nura della  Valle  del  Po  era  ricca  di  prodotti  del  suolo  lo  che  non  potrebbesi 
spiegare  se  non  supponendo  che  gli  avanzi  delle  colonie  degli  Etruschi  e  degli 
Umbri  e  forse  di  razze  aborigene ,  anche  sotto  la  dipendenza  di  quel  popolo 
nomade,  continuavano  ad  occuparsi  dell'agricoltura,  la  quale  avrà  progredito 
e  prosperato  durante  la  dominazione  romana.  Tale  ipotesi  concorderebbe  colla 
testimonianza  di  Strabone,  che  dice:  /  Romani  impadronitisi  di  que' paesi  manda- 
tomi in  più  parti  colonie,  conservando  per  altro  anche  quelle  che  già  vi  erari 
stabilite  prima;  ed  anche  al  presente,  sebbene  sieno  tutti  Romani,  nondimeno 
alcuni  si  dicono  Umbri  e  Tirreni,  altri  Eneti,  Liguri  ed  Insubri  (5).  Siccome 
a  destra  di  quel  promontorio  vi  sarà  stato  un  seno  di  mare  ,  o  Sacca ,  nella 
quale  metteva  foce  il  ramo  Spinetico,  verrebbe  cosi  a  spiegarsi  l'ampiezza  di 
essa  accennata  da  Plinio ,  circostanza  che  tanto  più  richiedeva  la  escavazione 
in  due  tronchi  distinti  della  Fossa  Augusta  dal  ramo  Caprasia  a  Ravenna. 

72.  Abbiamo  veduto  che  al  tempo  di  Polibio,  di  130  anni  anteriore  all'era 
volgare,  la  foce  del  Volano  era  quella  che  offriva  un  porto  sicurissimo.  Ciò 
poteva  conciliarsi  coli' essere  di  poca  portala  e  stazionaria,  bastando  che  fosse 
alimentata  da  acque  chiare  d'espansione  e  di  scolo,  ma  contigua  ad  un  estesa 
laguna,  che  sotto  P  azione  delle  maree  la  mantenesse  escavata.  Ed  in  tale  sup- 
posto il  primo  protendimento  del  Volano  fino  al  lido  di  Pomposa  già  accen- 
nato, avrebbe  dovuto  essere  molto  antico,  vedendosi  ivi  il  nodo  di  due  proten- 
dimenti,  in  parte  sincroni ,  e  cioè  dal  promontorio  di  Comacchio  a  destra ,  e 
del  ramo  di  Ariano  a  sinistra   per  tre    chilometri    da   Monticelli   alla  Mesola. 


(1)  Geografia,  luogo  citato. 

(2)  Nella  parte  meridionale  di  quel  promontorio 
vi  è  la  Valle  Campo  che  termina  con  un  arginello 
che  sembra  corrispondere  ad  una  delle  ultime  di- 
ramazioni  del    Po   sul   quale   incontrasi  un   luogo 


chiamato  Paisolo  (Padisolus).  Ove  incominciano  poi 
verso  nord  ovest  le  suddivisioni  dei  varii  canali  de- 
relitti del  Po,  sulla  direzione  dell'argine  Agosta  vi 
è  Paviero,  che  dovrebbe  equivalere  a  Padus  velus, 
(3)  Opera  e  luogo  citato, 


424  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

Questo  avrebbe  potuto  continuare  fino  ai  primi  anni  della  dominazione  romana, 
rimanendo  poi  ostrutto  ai  tempi  di  Plinio.  Tale  protendimento  con  alluvioni 
radianti  alla  foce  di  Ariano  sembra  dipendesse  da  ciò  che,  dopo  1'  espulsione 
dei  Tirreni,  dai  Volano  presso  Baura  si  fosse  divertito  a  sinistra  un  ramo 
del  Po  che  sarebbe  passato  per  Copparo ,  e  Coccanile ,  ove  oggidì  scorre  il 
canal  Naviglio.  A  quel  punto  pare  che  si  dividesse  in  due  rami,  nel  destro 
de'  quali  scorre  il  canal  Bianco.  Il  ramo  sinistro  vedrebbesi  diretto  per  Co- 
togna e  Villanova  d'onde  scorgerebbesi  di  nuovo  bipartito.  Il  nuovo  ramo 
sinistro  sarebbesi  rivolto  ad  Adria,  ed  il  destro  alle  Papozze,  ed  al  ramo  di 
Ariano,  forse  con  un'altra  diramazione  a  sinistra  per  Corbola,  Bottrighe  e  Maz- 
zorno.  Di  tutte  quelle  diramazioni  del  Po  scorgesi  la  traccia  non  dubbia  sulla 
carta  topografica,  corrispondendo  a  strisce  più  o  meno  larghe  di  terreno  coltivo 
ed  abitato,  quindi  maggiormente  alto,  accompagnate  lateralmente  da  terreni 
più  depressi,  di  qualità  vallivi,  oppure  a  prato.  Sulla  più  parte  di  quelle  dira- 
mazioni, s'incontrano  borgate  i  cui  nomi  portano  la  sillaba  iniziale  gallica  Co, 
Caput,  come  sarebbero  Coccomaro,  Copparo,  Covati,  Corlo,  Coccanile,  Cologna, 
indicanti  i  punti  d'onde  partivano;  ma  non  è  detto  che  esse  fossero  tutte  attive 
contemporaneamente,  essendo  verisimile  che  lo  fossero  solo  in  parte,  e  che  in 
ciò  avvenissero  di  tempo  in  tempo  variazioni. 

75.  Possiamo  quindi  supporre  che  per  qualche  secolo  avanti  la  dominazione 
romana  si  fosse  resa  attiva  quella  diversione  del  Po  dalla  quale  si  sarebbero 
staccati  rami  subalterni  con  sole  alluvioni  interne,  ed  il  ramo  principale  di 
Ariano  che  avrebbe  dato  luogo  ali'  accennato  protendimento  in  mare  fino  alla 
Mesola.  Per  quella  foce  poi  sarebbe  avvenuto  un  cangiamento  di  corso  in  un 
tratto  ad  essa  superiore,  vedendosi  a  settentrione,  alla  distanza  di  qualche  chi- 
lometro ,  la  traccia  di  un  canale  derelitto  che  passava  ove  sono  le  rovine  di 
Ariano  vecchio ,  lunghesso  la  quale  alcuni  cascinali  portano  il  nome  di  Ra- 
metto, nome  che  si  sarà  dato  al  ramo  del  Po  di  Ariano  mano  mano  che  si 
ostruiva  per  rimanere  infine  abbandonato  (1). 

74.  Per  spiegare  il  più  antico  protendimento  di  questa  foce  del  Po,  che  con- 
siderammo anteriore  alla  venuta  degli  Etruschi ,  abbiamo  supposto  che  la  bi- 
forcazione da  cui  traeva  origine  quel  braccio  del  fiume  avesse  luogo  presso 
Ficarolo.  Sarebbe  stata  in  vero  assai  più  semplice  l'ipotesi  che  anche  allora 
la  diversione  del  ramo  di  Ariano  avvenisse  a  sinistra  del  Volano  presso  Baura, 
siccome  avremmo  ammesso  rispetto  all'ultimo  protendimento  preaccennato  di 
essa  foce  fino  alla  Mesola,  che  in  questo  caso  sarebbe  stato  conseguenza  della 
riattivazione  di  rami  derelitti  del  Po.  Per  siffatto  modo  veniva  ad  essere  molto 
più  agevole  il  compito  degli  Etruschi,  di  allontanare  da  Adria  il  Po  di  Ariano  ; 
poiché  avrebbe  bastato  a  questo  fine  il  suo  chiudimento  presso  Baura,  e  la 
contemporanea  diversione  nel  ramo  di  Comacchio.  Ma  avuto  riguardo  alla  vi- 
ziosa duplice  svolta  del  Po  a  Ficarolo  ,  ai  notevoli  serpeggiamenti  del  braccio 
Spinetico  dopo  quella  supposta  biforcazione  fino  a  Senetica,   ed  alla  tendenza 

(1)  Questi   particolari  scorgonsi  principalmente  nella  grande  carta  precitata  del  corso  del  Po. 


SOPRA  IL   GRANDE   ESTUARIO  ADRIATICO  125 

che  doveva  avere  a  rivolgersi  dalla  prima  direttamente  al  mare,  ci  fece  prefe- 
rire T  altra  ipotesi  siccome  più  naturale.  Scorgesi  di  fatti  che  anteriormente 
alla  rotta  di  Ficarolo,  quando  non  sarà  stata  continua  l'arginatura  del  Po,  pure 
con  essa  procuravasi  d'impedirne  in  quel  luogo  la  minacciata  diversione.  Av- 
venuta poi  questa  per  opera  dell'uomo  col  taglio  dell'argine,  vani  tornarono 
gli   sforzi   dell'arte  per  porvi  riparo. 


IlLt  Cangiamenti  avvenuti  nei  medio  evo  fino  aiia  rotta  di 


Ficaroio;  origine  di  Ferrara. 


75.  Comacchio,  come  vedemmo  ,  venne  fondata  sul  lembo  settentrionale  del 
promontorio  cui  abbiamo  dato  la  stesso  nome ,  ed  a  quanto  pare  sul  ramo  o 
foce  del  Po  chiamata  da  Plinio  Sagi  presso  l' odierno  porto  di  Magnavacca. 
Qualche  storico  illuso  da  amore  municipale  tentò  di  attribuire  alla  città  nativa 
una  notevole  antichità,  ma  con  argomenti  e  prove  che  non  reggono,  ricorrendo 
a  documenti  apocrifi ,  oppure  interpretati  secondo  le  sue  vedute  (I).  Flavio 
Biondo  (2),  Peregrino  Prisciano  (3),  ed  il  Rossi  (A)  s'accordano  nel  dire  che 
questa  città,  la  quale  nel  VI  secolo  aveva  di  già  una  chiesa  episcopale,  e  eon- 
tavasi  fra  quelle  dell'Esarcato,  aveva  armata  una  flotta  poderosa.  Con  questa 
diffatti  tentò,  a  suo  danno,  di  sostenere  conflitti  contro  la  nascente  repubblica 
veneta,  lo  che  sarebbe  avvenuto  particolarmente  nel  IX  secolo.  Un  documento 
del  precedente  prova  che  i  Comacchiesi  provvedevano  di  sale  le  adiacenze -del 
Po  di  Lombardia,  e  quindi  la  più  parte  di  questa  (5).  Sembra  che  fino  dai  primi 
secoli  dell'era  volgare  rimanessero  abbandonate  quelle  foci  del  Po  per  un  cam- 
biamento di  corso,  talché  divenute  stazionarie  e  soggette  per  la  parte  più  spor- 
gente ad  erosioni  del  mare ,  si  unirono  al  lido  di  Pomposa  col  cordone  che 
staccandosi  di  là  passa  per  Vaccolino.  La  foce  Sagi  per  altro,  comunicando  con 
estese  e  profonde  lagune,  sotto  l'azione  delle  maree  avrebbe  offerto  un  porto 
sicuro,  per  cui  potè  svilupparsi  la  potenza  marittima  di  quella  città,  fondata,  a 
quanto  pare  in  quel  torno.  In  ciò  può  avere  influito  la  circostanza  che  in  ori- 
gine di  fronte  a  quel  promontorio  saranno  state  maggiori  le  profondità  del 
mare,  le  quali  avranno  contribuito  alla  escavazione  del  porto.  Ma  esse  sarebbero 
di  poi  venute  meno  a  cagione  del  successivo  protendimento  della  delta  foce 
del  Volano,    d'onde   per  effetto  principalmente  della  corrente  litorale  saranno 


(1  )  Ferro.  Istoria  dell'antica  città  di  Comacchio 
—  Ferrara  1701. 

(2)  Italia  illustrata  —  Romandiola.  Torino  1527 
pag.  95:  ad  quod  stagnimi  passus  supra  duodecirn 
milia  in  circuitimi  patens  Comaclensis  sita  est  ve- 
tusta civitas,  quae  per  Gothorum,  Longobardorum- 
que  tempora  classem  armare  solitam. 


(3)  Memorie  ferraresi  manoscritte,  del  1490. 

(-4)  Storia  di  Ravenna. 

(5)  Decreto  di  Liutprando  re  de'  Longobardi  che 
determina  le  tasse  da  pagarsi  dai  Comacchiesi  ai 
varii  porti  della  Lombardia  sul  Po  ove  conducevano 
il  sale.  Esso  è  dell'anno  715,  oppure  del  730  (Mu- 
ratori, Aìit.  it.  m.  aev.  T.  II,  pag.  23. 


126  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

discese  in  copia  le  materie  che  avranno  resa  più  sottile  la  spiaggia  marina  di 

Comacchio  (1).  •"'..  .        ... 

76  II  lido  di  Pomposa  che  per  parecchi  secoli  era  rimasto  stazionano  in  riva 
al  mare,  protetto  di  poi  dalle  nuove  alluvioni  del  Volano  divenne  la  sede  di  una 
ricca  abbazia.  In  una  lettera  del  pontefice  Giovanni  Vili  dell'anno  374  parlasi 
di  essa-  ed  una  serie  di  privilegi  successivi  di  pontefici  e  di  imperatori  fino  al 
secolo  XII  ne' quali  si  indicano  i  luoghi  cui  si  riferivano  le  fatte  concessioni, 
porgono  preziose  notizie  sulla  topografia  di  quei  territorj ,  e  confermerebbero 
le  precedenti  nostre  induzioni  (2).  Queir  abbazia  non  avrebbe  potuto  erigersi 
se  non  dopo  che  di  fronte  al  lido  si  fossero  formate  estese  alluvioni ,  che  ri- 
vestile di  folte  selve  la  togliessero  alla  vista  del  mare.  Senza  di  che  sarebbe 
rimasta  esposta  continuamente  alle  depredazioni  dei  pirati  dalmati  e  saraceni 
cbe  allora  infestavano  P  Adriatico,  ai  quali  la  nascente  repubblica  Veneta  dava 
continuamente  la  caccia.  L'Abbazia  di  Pomposa  invece  fiorì  per  diversi  secoli 
e  solo  nel  XV  dovette  ritirarsi  in  Ferrara  onde  sottrarsi  ai  danni  delle  con- 
tinue guerre  che  succedettero  fra  quel  ducato  e  la  mentovata  repubblica  veneta. 

77.  In  un  documento  del  1106  (3),  ove  si  indicano  i  confini  del  contado  di 
Ferrara  è  detto:  fines  et  termini  sunt  ab  oriente  ab  una  parte  flumims  Pad%  al- 
tera nostra  Massa  Fiscalia  et  Veterana  (Verrara),  a  Veterana  transenni  {lumen 
Sandali  usque  ad  Bociletum  (Buzzolè),  transenni  {lumen  Gaibana,  per  Ludunam 
et  circumdant  Villammagnam  et  Madraria  (Marrani).  Prosegue  il  confine  per  altri 
luoghi  fino  a  Burana,  e  si  compie  cosi  per  la  parte  a  destra  del  Po.  Quindi 
ripiglia  per  la  parte  a  sinistra  del  Volano  fino  al  Tartaro  ed  al  Po  stesso.  In 
altro  documento  anteriore  dell'anno  1015  (4)  parlasi  della  chiesa,  ossia  cat- 
tedrale di  San  Giorgio  di  Ferrara  costrutta  super  fluvium  qui  dicitur  Gabiano 
(Gaibana).  In  un  posteriore  documento  del  1177  dell'imperatore  Federico  (Bar- 
barossa)  che  conferma  i  privilegi  accordati  all'abbazia  di  Pomposa  (5)  dicesi: 
Quidquid  etiam  habet  ani  acquirere  in  {ulurum  deo  annuente  poterti  infra  Pa- 
dum  et  Athesin  fluvium  vel  infra  Padum  et  Sàndalum....  Da  quei  documenti 
adunque  appare  che  nei  secoli  XI  e  XII  davasi  il  nome  di  Po  al  Po  di  Vo- 
lano ove  sembra  fosse  concentrata  la  sua  corrente  principale  ;  e  che  inoltre 
era  attivo  il  Sandalo  ed  il  fiume  Gaibana,  che  verso  il  secolo  XIV  nella  Cro- 
nichetta  di  Ferrara  chiamavasi,  come  vedremo,  Fossa,  cui  corrispondeva  il  Po 

di  Primaro.  Contemporaneamente  si   sarà   riattivato ,   come  vedremo ,  anche  il 

braccio  Spinetico. 

78.  Richiamando  quanto  si  è  detto  sul  piano   eseguito    dagli   Etruschi ,   ve- 
demmo essere  verisimile  che  essi  sopra  Ficarolo  divertissero  fin   da   principio 


(\)  In  prossimità  delle  odierne  foci  principali 
del  Po  alla  distanza  di  soli  dee  chilometri  s'in- 
contra una  profondità  di  20m ,  mentre  a  tale  di- 
stanza fra  la  foce  dell'Adige  e  quella  del  Po  di 
Levante  abbandonato  la  profondità  è  di  soli  IO™  , 
e  di  7m  fra  il  porto  di  Volano  e  quello  di  Magna- 
vacca  presso  Comacchio.  Vedasi  il  foglio  2  ,  del 
Portolano  dell'  Adriatico. 


(2)  Vedasi  la  nota  al  §  62. 

(3)  È  una  bolla  di  Pasquale  II  riportata  dal 
Frizzi,  Memorie  per  la  storia  di  Ferrara  ediz.  del 
1791  T.  II  pag-  109. 

(4)  É  un  placito  del  Marchese  Bonifazio ,  padre 
della  conlessa  Matilde  (Muratori,  Rer.  ital.  script. 
T.  I,  parte  II. 

(5)  Muratori,  Ani.  Hai.  m.  aev.,  T.  IV,  pag.  187. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  127 

il  ramo  principale  del  Po ,  della  foce  del  quale  scorgesi  il  più  antico  pro- 
tendimento  presso  Ariano,  riunendolo  al  ramo  Spinetico  fino  a  Senetica  d'onde 
a  sinistra  avrebbero  derivato  il  Volano.  A  destra  di  questo  e  precisamente  a 
Codrea  {Caput  Bete)  supponemmo  essersi  derivato  pure  dagli  Etruschi  il  San- 
dalo che  al  tempo  loro  si  sarà  chiamato  Rero,  o  Reto.  Il  nome  latino  di  San- 
dalo sembra  siasi  dato  sotto  la  romana  dominazione  ad  un  suo  prolungamento. 
Oltre  al  nome  del  suo  incile  che  convaliderebbe  queste  induzioni  vi  sa- 
rebbe quello  di  una  borgata,  o  Vico  denominata  Voghiera  (Vicus  Rere).  L'altro 
prossimo  Vico  che  sarebbe  di  poi  divenuto  città  è  Voghenza  (Vicoentia  o  Vicus 
abentia)  che  vedrebbesi  indicata  da  Strabone  insieme  a  quelle  di  Adria,  Oderzo 
e  Concordia,  siccome  prossime  alle  lagune,  e  colle  quali  comunicavasi  mediante 
piccoli  canali  (1).  Verrara  (Veterana)  pare  fosse  l'antica  foce  del  ramo  Rera  nella 
laguna  avanti  che  se  ne  prolungasse  il  corso  col  Sandalo  il  quale  vi  avrà  messa 
foce  a  Consandolo  ed  a  Boccaleone.  Quella  specie  di  arcipelago  d' isolette  o  dorsi 
distinti  col  nome  di  Bari,  che  vedesi  all'  occidente  della  valle  del  Mezzano  in 
prossimità  della  primitiva  foce  di  quel  ramo  del  Po  ,  sembra  formato  dai  ru- 
deri di  barene  da  esso  ivi  deposte.  Tutto  il  territorio  a  sinistra  del  Sandalo, 
partendo  da  Codrea  prese  il  nome  di  Polesine  di  Rero  (Policinum  Bete)  il  cui 
confine  verso  settentrione,  presso  il  Volano,  sarebbero  Bero  e  Final  di  Bero  , 
e  successivamente  il  margine  delle  lagune.  Formato  in  tanta  estensione  dalle 
deposizioni  di  quel  ramo  del  Po  ne  confermerebbe  Y  antichità. 

79.  L'ultimo  abbandono  del  ramo  di  Ariano  verso  il  principio  della  domi- 
nazione romana  sembra  essere  stato  sincrono  coli' accresciuta  portata  del  San- 
dalo, lunghesso  il  corso  del  quale  sonosi  escavati  molti  avanzi  di  monumenti 
romani  di  quel  tempo  (2).  Il  successivo  abbandono  poi  del  ramo  di  Comacchio 
pare  fosse  in  parte  l'effetto  della  riattivazione  del  ramo  Spinetico  che  sarebbe 
disceso  da  Senetica  alla  torre  dell'  Uccellino  ed  a  Gaibana  ,  proseguendo  per 
Marrara  fino  ad  unirsi  alla  foce  del  Sandalo  nel  Primaro  (3).  Il  ramo  Spine- 
tico avrebbe  dovuto  dapprima  rimanere  derelitto  fino  da  quando  si  attivò  quello 
di  Comacchio ,  e  tanto  più  quando  si  riattivò  a  sinistra  del  Volano  anche  il 
ramo  di  Ariano,  cosicché  per  una  serie  di  secoli  la  foce  del  Primaro  sarebbe 
stata  alimentata  del  solo  Sandalo. 

80.  Quando  nel  V  secolo  discesero  i  Barbari  ad  invadere  l'Italia,  la  corrente  del 
Po  doveva  trovarsi  come  si  disse,  concentrata  nel  Volano,  nel  ramo  Spinetico,  e 
nel  Sandalo.  A  Voghenza  perciò,  e  nelle  vicine  città  o  borgate  sul  Sandalo  sa- 
rebbero rifuggite  le  prossime  popolazioni,  siccome  in  luogo  difeso  dalle  paludi, 
e  quindi  spiegasi  come  intorno  a  quel  tempo  si  fosse  eretto  nella  città  stessa  un 
vescovado.  Egli  è  per  altro  verisimile  che  se  quelle  genti  riuscirono  così  a  sot- 
trarsi alle  violenze  dei  Barbari,  rimanessero  tuttavia  esposte  alle  prepotenze  dei 


(1)  Geografia,  luogo  citato. 

(2)  Vedasi  il  volume  I  delle  precitate  Memorie 
Ferraresi  del  Frizzi,  ove  si  indicano  molti  di  que- 
gli avanzi  di  antichità  romane  state  escavale. 


(3)  Il  Biondo,  nella  sua  Italia  illustrata,  accenna 
ad  un  ramo  del  Po  derelitto  che  sarebbe  passato 
presso  la  torre  dell'Uccellino,  il  quale  corrispon- 
derebbe appunto  al  ramo  Spinetico  pel  suo  tronco 
superiore, 


428  SWJDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

Comacchiesi,  e  secondo  taluni  a  quelle  dei  Greci  che  occupavano  Ravenna.  Esse 
perciò  presero  il  partito  di  cambiare  nel  VII  secolo  la  loro  sede,  scegliendo  a  tal 
uopo  la  sponda  destra  del  Volano  in  località  tale  da  potersi  facilmente  riunire 
quel  braccio  del  Po  col  ramo  Spinetico  che  si  era  dianzi  riattivato.  Escava- 
rono a  questo  fine  una  fossa  che  metteva  capo  a  Gaibana  sul  ramo  stesso  (1), 
fondando  la  nuova  città  sulla  punta  a  valle ,  ove  avveniva  l'artificiale  diver- 
sione ,  che  si  chiamò  di  poi  Punta  di  San  Giorgio  dal  titolo  della  cattedrale 
ivi  edificata.  Quella  fossa  divenne  di  poi  un  poderoso  ramo  del  Po,  che  ritenne 
lungamente  il  nome  di  Fossa  Gaibana,  o  di  fiume  Gaibana,  e  che  si  sostituì  al 
tronco  superiore  del  ramo  Spinetico  il  quale  passava  presso  la  torre  dell'  Uc- 
cellino; tronco  che  rimase  nuovamente  abbandonato,  a  quanto  pare  per  opera  dei 
Ferraresi,  onde  precludere  ai  Ravennati  ed  ai  Bolognesi  loro  rivali  una  via  del  Po 
che  non  toccasse  Ferrara,  per  facilitare  così  la  difesa  di  questa  e  favorirne  il 
commercio  (2).  A  tale  scopo  poi  dal  X  al  XII  secolo  la  trapiantarono  sulla 
sponda  sinistra  del  Volano,  ove  edificarono  la  nuova  loro  cattedrale  in  sosti- 
tuzione dell'antica  di  San  Giorgio. 

81.  Eccoci  ormai  giunti  al  secolo  XII  nel  quale  avvenne  la  famosa  rotta  di 
Ficarolo,  che  preparò  un  totale  cangiamento  nel  corso  del  Po,  compiutosi  nei 
quattro  secoli  successivi.  Avanti  d' inoltrarci  a  darne  ragguaglio  verremo  rias- 
sumendo i  cangiamenti  anteriori,  per  taluni  de' quali  con  metodo  induttivo 
dalle  cause  discendemmo  agli  effetti,  e  per  altri  da  questi  risalimmo  alle  cause 
onde  determinare  le  vicende  cui  soggiacque.  Le  preziose  notizie  offerteci  da 
Plinio,  e  le  indicazioni  delle  recenti  carte  delle  foci  del  Po  ove  è  segnata  la 
non  dubbia  traccia  dei  più  antichi  cordoni  litorali  da  esse  attraversati  nei  loro 
protendimeli  ci  dimostrano  che  quello  del  Po  di  Ariano,  il  più  prossimo  ad 
Adria  sarebbe  stato  il  primo  di  cui  si  abbia  conoscenza.  Il  cordone  o  lido  delle 
Tombe,  ossia  di  Ariano  vecchio,  si  sarebbe  avanzato  di  due  chilometri,  por- 
tandosi'sulla  linea  di  quello  di  San  Basilio,  o  Messenzatica  ,  e  quindi  per  un 
altro  chilometro  su  quella  di  Monticelli,  siccome  appare  dalla  convergenza  delle 
tre  linee  ai  punti  rimasti  inalterati  del  cordone  generale,  delle  Fornaci  a  set- 
tentrione ,  e  di  Marozzo  a  mezzodì  (5).    Avendosi  in  ciò  una  prova  che  quella 


(1)  Il  Sardi  nelle  sue  storie  Ferraresi  suppone 
che  il  nome  di  Gaibana  sia  antico,  e  derivi  dall'im- 
peratore Galba.  È  verisimile  che  invece  sia  d'  ori- 
gine longobardica  e  venga  da  Gau  (campagna),  che 
vedesi  mutato  in  gajam  o  gazum  in  moltissimi  docu- 
menti del  medio  evo,  nomi  i  quali  sonosi  applicati  a 
villaggi  chiamati  Ga%%o  o  Gazzuolo.  Sotto  Ficarolo 
in  prossimità  dell'odierno  corso  del  Po  evvi  pure 
una  borgata  chiamata  Gaiba ,  nome  che  avrebbe  a 
quanto  sembra  la  stessa  origine.  Abbiamo  già  no- 
tato in  iscritti  anteriori  che  Ostellato  presso  le  la- 
gune di  Comacchio  deriverebbe  da  Ostium  latum, 
nome  cui  dovrebbe  corrispondere  anche  Stellata, ài 
fronte  a  Ficarolo,  ove  il  Po  avanti  al  suo  completo 
arginamento    avrà    comunicato  colle  valli  interpo- 


ste al  suo  controforte  ed  al  dorso  su  cui  trovansi 
Poggio,  le  Segnate  ,  e  Dragoncelli.  Il  nome  di  Me- 
delana,  borgo  prossimo  al  Volano,  dovrebbe  deri- 
vare da  Media  Olana. 

(2)  11  Biondo  indica  che  presso  la  torre  dell'Uc- 
cellino vi  era  eziandio  la  traccia  di  un  alveo  de- 
relitto del  Reno  che  avrebbe  avuta  la  sua  foce  in 
quel  ramo  del  Po;  fatto  che  vedremo  essersi  am- 
messo anche  dal  Guglielmini,  il  quale  avrebbe  at- 
tribuito a  quell'influente  l'abbandono  del  Po  che 
noi,  per  i  motivi  addotti,  considerammo  più  semplice 
attribuirlo  all'  opera  dell'  uomo. 

(3)  Sembra  che  il  nome  di  Marozzo  derivi  da 
Maris  ostium. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  129 

foce  del  Po  doveva  essere  la  principale,  e  che  giusta  ii  piano  degli  Etruschi 
era  del  loro  interesse  di  allontanarla  da  Adria,  ne  consegue  che  un  tale  pro- 
tendimento  avrebbe  dovuto  compiersi  innanzi  alla  loro  venuta ,  di  circa  dieci 
secoli  anteriore  all'èra  cristiana. 

82.  Riunito ,  secondo  la  nostra  ipotesi ,  il  braccio  di  Ariano  allo  Spinetico 
presso  Ficarolo ,  col  verisimile  contemporaneo  raddrizzamento  del  tratto  inter- 
posto a  quel  punto  ed  al  Bondeno ,  sarebbesi  alla  sinistra  derivato  il  Volano. 
Il  protendimento  per  tre  chilometri  della  foce  di  questo  fino  al  lido  di  Pom- 
posa con  alluvioni  radianti,  sarebbe  il  primo  veramente  distinto  avvenuto  sotto 
il  dominio  degli  Etruschi.  Ma  resosi  prevalente  il  ramo  destro  del  Volano,  che 
formò  il  vasto  delta,  o  promontorio  di  Comacchio,  e  seguita  successivamente 
altra  diversione  a  sinistra  di  esso  Volano,  dopo  verisimilmente  l'espulsione 
degli  Etruschi,  per  cui  la  foce  di  Ariano  si  avanzò  fino  alla  Mesola  per  tre 
chilometri  con  alluvioni  radianti,  se  ne  può  dedurre  che  dapprima  sarebbe 
rimasto  abbandonato  ii  ramo  Spinetico,  e  di  poi  pressoché  derelitto  l'ultimo 
tronco  del  Volano ,  e  stazionaria  quindi  la  sua  foce  col  lido  di  Pomposa.  In 
ciò  avrebbe  influito  anche  la  diversione  di  Codrea  a  destra  del  Volano,  che 
diede  origine  al  Sandalo,  resosi,  a  quanto  pare,  più  attivo  dopo  che  rimase 
per  la  seconda  volta  derelitto  il  ramo  di  Ariano. 

83.  Un  cangiamento  notevole  sarebbe  avvenuto  posteriormente  a  questo  nei 
primi  secoli  dell'era  cristiana  col  rimanere  abbandonato  il  braccio  di  Comacchio. 
E  l'uno  e  l'altro  sembrano  effetto  della  riattivazione  del  ramo  Spinetico  e  del- 
l'ultimo tronco  del  Volano  con  sensibile  protendimento  della  sua  foce,  dal 
quale  rimase  protetta  l'Abbazia  di  Pomposa  ivi  edificata  dall'ottavo  al  nono  se- 
colo. In  conseguenza  di  ciò  i  Ferraresi  avrebbero  nel  VII  secolo  riunito  il  ramo 
Spinetico  al  Volano  con  una  fossa  artificiale,  trasportando  la  loro  sede  dal  San- 
dalo alla  testa  di  quella  derivazione  che  si  converti  di  poi  in  un  ramo  pode- 
roso del  Po. 

84.  Arduo  sarebbe  il  porre  a  confronto  i  protendimenti  avvenuti  nei  dodici 
o  tredici  secoli  decorsi  dal  primo  stabilimento  degli  Etruschi  con  quelli  dei 
nove  secoli  successivi:  ma  ove  si  consideri  che  i  primi  comprendono  il  pro- 
montorio di  Comacchio,  il  più  antico  protendimento  del  Volano  fino  al  lido  di 
Pomposa,  e  quello  del  ramo  di  Ariano  fino  alla  Mesola,  sarà  forza  conchiudere 
essere  tali  protendimenti  e  per  la  loro  natura,  e  per  l'estensione  loro  di  lunga 
mano  prevalenti  a  quelli  posteriori  del  Volano,  ed  ai  verisimili  contemporanei 
del  Sandalo  e  della  Fossa  Gaibana  in  un  periodo  di  solo  un  terzo  più  breve. 
In  ciò  si  avrebbe  un  indizio  che  durante  la  dominazione  degli  Etruschi ,  dei 
Galli,  e  dei  Romani  colla  contemporanea  occupazione  dagli  Umbri ,  la  coltura 
della  valle  del  Po  fioriva  perchè  protetta  da  arginamenti  che  impedivano  l'espan- 
sione delle  moderate  sue  piene.  Nel  periodo  successivo  invece,  dopo  l'invasione 
dei  Barbari,  rimasto  per  la  più  parte  abbandonato  un  tale  provvedimento,  le 
campagne  bonificate  sono  in  gran  parte  ritornate  nel  dominio  delle  acque ,  e 
per  le  accresciute  espansioni  di  queste ,  scematasi  la  copia  delle  materie  da 
esse  convogliate  alle  foci,  scemò  pure  il  loro  protendimento  nel  mare. 


J30  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

85  Dal  raffronto  della  forma ,  estensione  e  particolarmente  della  posizione 
delle  alluvioni  del  Po  riferita  a  quella  del  cordone  litorale,  coi  documenti  sto- 
rici dianzi  riportati  avremmo  così  raggiunto  lo  scopo  che  ci  eravamo  proposti 
di  far  servire  cioè  le  prime  siccome  cronometri  per  determinare  l'antichità 
relativa  e  quindi  l'ordine  di  successione  delle  varie  foci  del  Po,  e  con  suffi- 
ciente approssimazione  anche  la  loro  antichità  assoluta,  tessendone  per  tal  modo 
la  paleografia.  E  poiché  da  tali  raffronti  risulterebbe  essere  avvenuto  un  par- 
ziale protendimento  del  cordone  litorale  forse  di  dieci  o  dodici  secoli  anteriore 
alla  venuta  degli  Etruschi,  quindi  da  circa  quaranta  secoli,  avrebbesi  in  ciò  una 
prova  che  fin  d'allora  esisteva  il  lido  odierno  delle  lagune  venete  il  quale  ne 
sarebbe  stata  la  continuazione. 


"%..  Rotta  di  Ficarolo. 

86  Dopo  i  cangiamenti  preaccennali,  a  sinistra  del  Volano  non  scorreva  acqua 
del   Po    se    non    nel    canale   di  Goro  che  se  ne   staccava   a    Còdigoro ,   ed    a 
quanto  pare ,  in  occasione  di  piene  in  canali  di  scolo  che  in    questo   conflui- 
vano come  sarebbe  la  Congatula  (Conca  Agalulae)  la  Brandola  ecc.  (1)  L  estuano 
Padano  a  sinistra  del  Volano  era  allora  costituito  da  due  isole ,  delle  quali  la 
meridionale  era  la  Pomposiana  descritta  in   documenti    del    secolo  XI,  ì  cui 
confini  erano,  a  mezzodì  il  Po  di  Volano  ;  all'  oriente  il  lido  del  mare  ;  all'  oc- 
cidente il  fioro  che  l'abbracciava  anche  nel  lato  settentrionale,  ove  formava  il 
porto  di  Goro.  In  questo  confluiva  un    canale    derelitto  del  Po  di    Ariano    cui 
davasi  il  nome  di  Toi  (2).  Ad  essa  isola  succedeva  verso  settentrione  quella  di 
Ariano  descritta  in  una  bolla  di  Marino  II  dell'anno  945  in  favore  della  chiesa 
d'Adria    ove  è  detto:  Insulam  quae  vocatur  Adriana  una  cum  tota  stiva  sua 
et  porlùbus,  quod  est  portus  Laureti  (di  Loreo)  et  portus  Gauri(5).  Dunque  l'isola 
di  Ariano  si  estendeva  dalla  foce  o  porto  di  Goro   al    porto    di  Loreo ,    detto 
anche  Porto  Viro,  ove  venne  stabilito  il  confine  fra  il  territorio  di  Adr.a,  e  di 
poi  di  Ferrara,  con  quello  della  repubblica  veneta.  In  un  diploma  dell'  impera- 
tore Enrico  II  di  concessioni  al  vescovo  d'Adria  dell'anno  1054  parlasi  dei  ca- 
nali che  entravano  nella  sua  giurisdizione,  fra  quali  si  annoverano  la  Corbula 
Amelia ,  la  Tomba  Ramicella ,  pervenientem  per  aquam  quae   vocatur  portus 
Laureti,  seu  aqua  quae  vocatur  Anguillara  major  et  Anguillara  minor  (4). 

87.  Le  notizie  meno  incerte  sulla  rotta  di  Ficarolo  si  hanno  nelle  Memorie 
manoscritte  del  1490  del  celebre  cronista  ferrarese  Peregrino  Pnsciano ,  dalle 
quali  ha  attinto  il  Sardi  pel  ragguaglio  che  ne  dà  nelle  sue  Storie  ferraresi  (5). 
La  rotta  sarebbe  avvenuta  intorno  al  1150  per  opera  di  certo  Sicardo  di 
Ficarolo  che  avrebbe  fatto  tagliare  1'  argine  sinistro  del  Po  a  valle   di   quella 


(1)  Vedi  la  noia  al  §  61 

f2)  Pmsciano,  Memorie  ferraresi  manoscritte. 

(8)  MUBAtom.  Ant.  Hai.  m.  aev.  T.  I  p.  947. 


(4)  Opera  precit.  ì.  Vi  pag.  53i. 

(5)  Stampate  a  Ferrara  nel  1556. 


SOPRA   IL  GRANDE   ESTUARIO  ADRIATICO  131 

borgata  onde  portar  danno  al  territorio  di  Bovina.  Dicesi  che  i  Ferraresi  si 
adoperarono  per  due  anni  onde  chiudere  quella  rotta,  ma  che  non  poterono  riu- 
scirvi. Le  acque  formarono  parecchi  canali,  e  si  diressero  in  fine  al  mare  con  due 
bracci,  il  meridionale  de'  quali  pel  fiume  Toi,  e  quindi  pel  Goro,  fra  le  due  isole 
di  Pomposa  e  di  Ariano,  ed  il  settentrionale  per  la  Corbola,  aprendosi  una  nuova 
foce  nel  lido  alle  Fornaci  dopo  avere  ostrutto  colle  sue  deposizioni  il  porto  di 
Loreo  (1).  A  quel  nuovo  ramo  del  Po  si  diede  il  nome  di  Rotta  del  Po,  od 
anche  di  Rotta  di  Ficarolo.  Se  ne  parla  in  un  documento  del  1158  di  conces- 
sioni alla  chiesa  di  Ficarolo,  ove  dicesi  :  et  per  canaletum  usque  ad  ruptam 
Padi,  et  per  prcedictam  Ruptam  usque  ad  Padum  :  indicazione  che  si  ripete  in 
altro  documento  del  1175  (2).  In  un  successivo  del  1192  dicesi  et  iotum  Fi- 
carolum,  et  tres  partes  de  ripatico  et  partes  tres  porius  de  rupta  Ficaroli  (3). 
Da  que' documenti  viene  dimostrato  non  essere  vero  il  fatto  che,  apertasi  la 
rotta  verso  la  metà  di  quel  secolo,  fosse  stata  chiusa ,  e  di  poi  riaperta  al 
termine  di  esso. 

XI.  Descrizione  idrografica  del  Ferrarese  nel  1300  estratta 
dalla  Cronichetta  di  Ferrara,  e  considerazioni  relative. 

88.  Un  documento  veramente  prezioso  per  la  storia  del  Po  è  la  Cronichetta, 
ossia  Cronica  parva  di  Ferrara ,  che  offre  una  esattissima  ed  estesa  descri- 
zione idrografica  del  Ferrarese,  quale  trovavasi  circa  all'anno  1310,  ossia  un 
secolo  e  mezzo  dopo  la  mentovata  rotta  di  Ficarolo  (4).  Dei  più  interessanti 
brani  di  essa  porgiamo  qui  la  versione. 

Premessa  una  succinta  descrizione  generale  dei  varj  rami  del  Po  e  delle 
sue  foci  in  mare,  così  prosegue: 

89.  «  Quindi  il  Po  discendendo  lambe  alla  sua  destra,  il  territorio  Manto- 
«  vano  fino  al  luogo  chiamato  Goltarasa  (Quatrelle)  dirimpetto  a  Ficarolo.  A 
«  sinistra  tocca  Mellara,  Bregantino,  Polesine,  Massa  e  Ficarolo  nella  giurisdi- 
«  zione  ferrarese.  In  quest'ultimo  punto  il  Po  scorre  tuttavia  unito,  ma  poco 


(1)  Storie  precil.  p.  53. 

(2)  Muratori,  op.  precit.  T.  V  pag.  1015  e  1017. 

(3)  Documento  del  quale  il  Frizzi  dà  1'  estratto 
nel  T.  I  ediz.  2.a  delle  Memorie  per  la  storia  di 
Ferrara  p.  67.  Ricavasi  adunque  da  questo  e  dai 
documenti  anteriori  che,  apertasi  la  rotta  di  Fica- 
rolo nel  1852  se  ne  è  stabilito  il  corso  in  guisa 
che  quarantanni  dopo  si  attraversava  mediante  un 
porto  dal  quale  ricavavasi  un  provento. 

Il  Muratori  nel  voi.  II  pag.  183  dell'opera  pre- 
citata riporta  un  documento  del  1122  ove  è  detto: 
Plebe  saticte  Marie  in  Figariolo  in  fìnibus  ejusdem 
funài  qui  vocatur  Serenzana  ab  uno  latere  Pado 
percurrenie,  ab  alio  latere  Pado  vedo  ecc.  E  ne  de- 
duce che  fino  da  queir  anno  fosse  già  avvenuta  la 
rotta  di  Ficarolo,  induzione  che  dice  aver  fatta  an- 


che Peregrino  Prisciano  ne'  suoi  manoscritti.  Ma  in 
ciò  sarebbe  occorso  un'  errore  di  località,  in  quanto 
che  quel  documento  si  riferirebbe  al  tronco  del  Po 
immediatamente  inferiore  a  Ficarolo  nel  territorio 
dei  sette  Polesini,  ove,  come  vedemmo  (g  61),  scorgesi 
l'  andamento  serpeggiante  di  un  antico  corso  del  Po, 
ridotto  alla  condizione  di  semplice  colatore  col  nome 
di  Poazzo  ed  anche  di  Povecchio.  II  ramo  di  Ficarolo 
invece  nei  tré  documenti  precitati  dal  1158  al  1192 
distinguesi  sempre  col  nome  di  Rupia  Padi ,  nome 
che  gli  si  dava  anche  nell'anno  1310  dalla  Croni- 
chetta di  Ferrara,  eome  vedremo  in  appresso. 

(4)  La  cronaca  manoscritta  originale  trovasi  nella 
biblioteca  estense.  Il  brano  che  ne  porgiamo  è  ri- 
cavato dall'  estratto  pubblicato  dal  Muratori  nel 
T.  VIII  dell'opera  Rerum  Hai.  script,  pag.  470, 


|32  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

«  al  disotto  se  ne  stacca  a  sinistra  un  ramo  chiamato  Rotta  di  Ficarolo,  ricco 
«  d'  acque  il  quale  si  getta  in  mare  dopo  essersi  unito  al  Goro  proveniente 
«  dal  Po  antico  (Volano).  Questo  ramo  del  Po  fu  opera  dell'uomo,  imperocché 
«  gli  abitanti  di  Ficarolo  per  odio  verso  di  quelli  di  Rovina  tagliarono  1'  ar- 
«  ghie  del  Po  onde  portare  danno  a  questi  coli' inondazione. 

90.  «  Il  Po  antico  al  disotto  di  Ficarolo  discende  per  quindici  miglia  fino 
«  alla  città  di  Ferrara  posta  sulla  sua  sponda  sinistra.  Giunto  il  fiume  a  metà 
«  della  città,  si  divide,  formando  un  ramo  chiamato  Fossa,  non  minore  in 
«  portata  della  Rotta  di  Ficarolo,  il  quale  verso  oriente  discende  nel  territorio 
«  ferrarese  per  venti  miglia  fino  al  villaggio  Boccaleone.  Quindi  toccato  dopo 
«  due  miglia  il  Castello  di  Argenta  ,  di  giurisdizione  della  chiesa  di  Ravenna, 
«  ed  attraversato  il  territorio  di  questa  città  per  ventidue  miglia,  dalla  sua  ripa 
«  destra  si  dirama  un  canale  chiamato  Cavo  d'Orzo  che  con  essa  comunica.... 
«  Ivi  si  trovano  valli  profondissime  ,  e  discendendo  per  altre  sette  miglia  si 
«  giunge  al  porto  di  Primaro. 

91.  «  Al  di  sopra  di  Mantova  molti  fiumi  discendono  a  destra  ed  a  sinistra 
«  nel  Po.  Il  Mincio  ,  proveniente  dal  lago  di  Garda  ,  si  espande  in  forma  di 
«  Ingo  attorno  alle  mura  di  Mantova  ,  quindi  dopo  dieci  miglia  entra  nel  Po 
«  presso  il  borgo  di  Governolo.  Giunto  a  Ficarolo  il  Po,  scorrendo  per  la  Rotta 
«  di  Ficarolo  con  parte  delle  sue  acque ,  forma  parecchi  canali,  e  cioè  il  Bo- 
«  nello,  la  Tassarola,  la  Barzaga,  ed  altri,  i  quali  si  restituiscono  alla  Rotta  di 
«  Ficarolo  presso  il  borgo  chiamato  Litiga  (1).  Escendo  ivi  dal  Po,  per  le  pa- 
ce ludi  e  per  un  canale  si, giunge  al  fiume  Adige  (2).  Da  quel  punto  navigando 
«  a  seconda  verso  oriente  si  giunge  a  Rovigo,  quindi  nel  mare  Adriatico,  op- 
«  pure  a  Venezia.  Se  per  l'Adige  invece  si  navigherà  a  ritroso,  si  giungerà 
«  a  Lendenara,  quindi  si  potrà  pervenire  a  Verona  ed  a  Trento.  E  se  dove 
«  l'Adige  si  divide  in  due  rami,  rimpetto  al  borgo  chiamato  Badia,  si  rivol- 
ti gerà  la  nave  a  seconda  del  fiume  si  perverrà  a  Padova  ed  eziandio  a  Vicenza. 

92.  «  Ritornando  alla  Rotta  di  Ficarolo  presso  Litiga  e  discendendo  per.... 
«  miglia  esce  a  sinistra  del  fiume  un  ramo  chiamato  Cortola,  pel  quale  si  ha 
«  pronta  comunicazione  con  Venezia  e  con  Adria.  Dalla  diramazione  della  Cor- 
ee boia  discendendo  il  Po,  ossia  la  Rotta  di  Ficarolo,  si  giunge  ad  Ariano  ove 
«  le  acque  del  Po  formano  un  quadrivio.  Imperocché  a  destra  si  congiunge 
«  al  Goro  mediante  un  canale  chiamato  Cavadicio  ;  a  sinistra  formasi  altro  ca- 
«  naie  chiamato  Silvo  Lungo,  che  si  congiunge  alle  paludi  di  Chioggia  (5); 
«  e  discendendo  dal  detto  quadrivio  col  Goro,  si  sbocca  in  mare. 

95.  «  Il  Po  antico,  discendendo  da  Ficarolo  per  tre  miglia,  riceve  alla  sua 
«  destra  il  Canale  di  Modena  (4)  unito  ad  altro  canale  chiamato  Burana ,  nel 


(1)  La  Litiga  corrisponderebbe  alla  Polisella. 

(2)  Sarebbe    1*  odierno   Adigetto.   Vedasi  la  nota 
(5)  all'Appendice  A. 

(3)  Il  Silvus  longus  sopra  vecchie  carte  viene  in^ 
ììicato  col  nome  di  Canale  del  bosco. 


{&)  Il  Canale  di  Modena  sarebbesi  formato  dal  Na- 
viglio dello  stesso  nome  nel  quale  scorreva  anche 
il  torrentello  Formigine,  unendosi  allora  sotto  al 
Finale  al  Panaro,  ed  a  quanto  pare  anche  al  Reno, 
dopo  che  questi  due  fiumi  avevano  spagliato  nelle 
valli,  come  vedremo  più  avanti. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  133 

«  mezzo  del  Borgo  Bondeno  che  dista  mezzo  miglio  dal  Po.  Per  Burana  si 
«  naviga  nei  territorio  di  Reggio,  e  per  l'altro  canale  fino  alle  mura  di 
«  Modena.  » 

94.  «  Dalla  foce  di  quei  canali  presso  Bondeno  discendendo  il  Po,  entra  in 
«  esso  in  prossimità  della  torre  di  Porotto  un  canale  palustre  pel  quale  si  va 
«  a  Galliera,  villaggio  appartenente  a  Bologna.  Discendendo  per  tre  miglia  da 
«  Porotto  ,  trovasi  sulla  sinistra  del  Po  Ferrara.  Se  da  questa  città  si  diriga 
«  la  nave  verso  oriente  ,  dopo  venticinque  miglia  si  giunge  a  Codigoro  in 
«  un  angolo  dell'  Isola  di  Pomposa,  ove  il  Goro  esce  dal  Po  diretto  verso  set- 
«  tentrione,  lasciando  alla  sua  sinistra  l' isola  sulla  quale  trovasi  Ferrara,  ed 
«  alla  sua  destra  l'Isola  di  Pomposa  che  è  di  giurisdizione  del  Monastero 
«  Pomposiano.  Quest'  isola  boscosa  è  circondata  all'  occidente  ed  al  settentrione 
«  dal  Goro;  a  mezzodì  dai  Po  antico  fino  al  porto  di  Volano,  e  ad  oriente  dal 
«  golfo  Adriatico.  Se  da  Codigoro  si  discenderà  per  otto  miglia  si  giungerà 
«  sul  mare  al  porto    di  Volano. 

95.  «  Se  dalla  riva  di  Ferrara  si  dirige  la  nave  alla  parte  opposta  si  entra 
«  nel  ramo  del  Po  che  chiamasi  Fossa,  e  dopo  tre  miglia  si  giunge  a  destra 
«  alla  Torre  della  Fossa.  Ivi  si  esce  dal  Po  pel  canale  Fossa,  e  dopo  due  mi- 
«  glia  si  giunge  alla  Torre  Pontonaria  che  appartiene  a  Ferrara  (1),  dal  qual 
«  luogo  si  può  navigando  andare  a  Bologna  ,  ed  egualmente  giungervi  viag- 
«  giando  a  piedi  od  a  cavallo. 

96.  «  Dalla  Torre  della  Fossa  discendendo  il  Po  per  circa  dieciotto  miglia, 
«  trovasi  sulla  sponda  sinistra  la  città  di  Argenta.  Ivi  dalla  riva  opposta  si 
«  esce  dal  Po  per  un  canale  che  più  avanti  forma  un  trivio.  Navigando  a  de- 
«  stra  si  giunge  al  villaggio  Canalazzo  (2),  che  è  il  porto  pel  quale  si  va  a 
«  Bologna.  Dirigendo  invece  la  nave  a  sinistra  si  giunge  al  borgo  di  Conselice 
«  che  è  il  porto  d'Imola  e  di  Faenza.  Da  Argenta  discendendo  per  tre  miglia 
«  il  Po ,  si  giunge  alla  Rotta  di  S.  Biagio  posta  a  destra,  per  la  quale,  attra- 
«  versando  paludi ,  si  va  ai  porti  della  Romagna  ed  anche  fino  a  Ravenna. 
«  Dalla  Rotta  di  S.  Biagio  discendendo  per  otto  miglia  si  giunge  alla  Fossa 
«  Pudolla  formata  alla  destra  da  canali  palustri  comunicanti  col  Po.  Navi- 
«  gando  in  discesa  per  altre  undici  miglia  si  giunge  al  borgo  e  Monastero  di 
«  S.  Alberto  posto  sulla  sponda  sinistra.  Poco  al  disotto  di  colà  dalla  ripa  de- 
«  stra  col  viaggio  di  dodici  miglia  si  naviga  fino  a  Ravenna  (3).  In  questo 
«  luogo  d'onde  si  esce  dal  Po,  era  collocato  il  castello  dei  Veneti,  del  quale 
«  parleremo  più  innanzi.  Uscendo  da  Ravenna  a  piedi  od  a  cavallo  col  viag- 
«  gio  di  otto  miglia  si  giunge  al  Po  inferiormente  al  Borgo  di  S.  Alberto, 
«  ove  passato  il  ponte  che  attraversa  il  fiume ,  percorrendo  oltre  38  miglia 
«  si  arriva  a  Ferrara.  Discendendo  da  questo  ponte  per  sette  miglia  il  Po  si 
«  entra  in  mare  al  porto  di  Primaro.  Da  quel  porto  e  da  quelli  di   Volano    e 


(1)  La  torre  Pontonaria  dovrebbe  corrispondere 
al  così  detto  Butifrè,  di  fronte  a  cui  sul  finitimo 
territorio  bolognese  vi  era  la  torre  dell'  Uccellino. 

(2)  L'originale  dice  ad  Vicum  Canali,  che   giusta 


la  carta  del  Ferrarese  del  Baruffaldi  dovrebbe  cor- 
rispondere a  Canalazzo,  ossia  Molinella. 

(3)  Ciò  avveniva  col  canale  Cavo  d'Orzo  già  men- 
zionato. 


Giorn.  Jng.  —  Voi.  XVI.  —  Febb.  e  Marzo  1868,  9 


134  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

«  di  Goro  si  ha  un  comodo  mezzo  di  trasportare  a  Ferrara  merci  provenienti 

«  da  tutti  i  porti  marittimi,  ma  ciò  viene  impedito  dalla  superbia  ed  avarizia 

«  dei  Veneti ,   che  accecati   da  soverchio  egoismo  subirono  una  sconfìtta   per 

«  volere  di  Dio  e  per  opera  del  romano  pontefice  papa  Clemente  V  irritato  dai 

«  loro  eccessi. 

97.  «  Vi  ha  un  quarto  porto  di  acque  marine  fra  quelli  di  Primaro  e  di 
«  Volano ,  che  chiamasi  di  Magnavacca  appartenente  a  Comacchio ,  pel  quale 
«  dal  mare  si  penetra  con  profondi  canali  in  vaste  paludi  salse  fino  alle  bor- 
«  gate  del  territorio  di  Ferrara  ». 

98.  Prosegue  la  divisione  del  territorio  di  Ferrara  in  quattro  parti,  od  isole 
divise  dal  Po,  la  prima  delle  quali,  detta  il  Polesine  di  Ficarolo  a  sinistra 
della  Rotta  dello  stesso  nome,  viene  costituita  da  parecchie  isole  non  molto 
grandi  di  cui  la  principale  sarebbe  quella  di  Gorzone.  La  seconda  parte  è  il 
Polesine  di  Ferrara  che  termina  all'  occidente  col  Polesine  di  Casalia,  separato 
dall'  argine  traversagno,  ed  all'  oriente  coli'  isola  di  Pomposa. 

99.  «  La  terza  parte  incomincia  ove  di  fronte  a  Ferrara  si  divide  il  Po,  la 
«  quale  ha  a  settentrione  il  Po  antico ,  a  mezzodì  il  Po  per  cui  si  va  a  Ra- 
ce venna,  e  ad  oriente  il  territorio  di  Argenta,  le  paludi  di  Ravenna,  i  boschi  e 
«  le  paludi  di  Comacchio.  La  zona  superiore  di  questa  parte  si  chiamava  Po- 
«  lesine  di  Sant  Giorgio  dal  nome  della  chiesa  che  vi  esiste ,  fino  al  fiume 
«  Sandalo  che  in  addietro  usciva  dal  Po  presso  Codrea ,  e  passando  per  Vo- 
ce ghenza  entrava  nell'altro  tronco  del  Po  a  Consandolo,  tre  miglia  superior- 
«  mente  ad  Argenta.  Del  resto  siccome  questo  fiume  Sandalo  era  talmente 
«  ostrutto  da  rendere  acquitrinose  e  sterili  le  campagne  circostanti,  esso  venne 
«  chiuso,  deviandone  le  acque. 

100.  «  La  zona  di  territorio  ad  esso  inferiore  si  chiama  Polesine  di  Rero. 
«  In  addietro  quelle  due  zone  erano  contigue,  ed  ora  sono  continue  e  si  di- 
ce stinguono  coi  nomi  primitivi.  La  fertilità  dei  terreni  di  queste  tre  parti  co- 
ce  stituisce  pressoché  tutta  la  ricchezza  di  Ferrara  ». 

Si  indica  quindi  la  quarta  parte  del  territorio  ferrarese  al  mezzodì  del  Po 
unito,  e  di  quello  di  Ferrara,  ed  all'  occidente  del  Polesine  di  S.  Giorgio  dopo 
di  diesi  descrivono  i  confini  dell'intero  territorio. 

101.  Da  questo  importantissimo  documento  ricavansi  i  seguenti  fatti. 

La  Rotta  di  Ficarolo  fino  alla  Polesella  aveva  formato  a  sinistra  diversi  rami 
che  univansi  col  Tartaro,  coll'Adigetto,  e  coli'  Adige ,  non  facendosi  ivi  distin- 
zione fra  i  due  rami  di  questo  fiume.  E  poiché  mediante  la  navigazione  si 
comunicava  con  Padova  e  Vicenza ,  conviene  ammettere  che  al  principio  del 
secolo  XIV  dall'Adige  alla  Rotta  Sabadina ,  si  passasse  nel  canale  di  santa 
Caterina,  quindi  in  quello  d'Este  e  della  Battaglia  che  si  unisce  al  Bacchi- 
glione  (1). 


(1)  Vedansi  le  note  (5)  e  (6)  all'Appendice  A  dal- 
l'ultima  delle  quali  appare  che  l'Adigetto  non  sa- 
rebbesi  arginato  se  non  nel  1581  ,  e  contempora- 
neamente anche  l'ultimo  tronco  dell'Adige  a  valle 


della  Pettorazza.  Osservasi  pure  come  siavi  tutta 
la  presunzione  di  credere  che  l'Adigetto  fosse  il 
vero  Adige  vecchio.  È  quindi  verisimile  che  all'epoca 
cui  si  riferisce  la  Cronichetta  di  270  anni  anteriore, 


SOPRA   IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  135 

102.  Indicandosi  il  Mincio  siccome  ultimo  influente  del  Po  si  ha  la  prova 
che  fino  al  1310  non  era  stata  inalveata  la  Secchia  per  confluirvi  a  valle  della 
foce  di  quel  tributario,  lo  che  sembra  avvenuto  circa  ventisei  anni  dopo  (1). 
Le  acque  di  Secchia  spandendosi  allora  tuttavia  nelle  paludi,  si  saranno  sca- 
ricate nel  Po  mediante  il  canale  Burana  al  Bondeno. 

103.  Dicendosi  che  a  Po  rotto,  tre  miglia  sopra  Ferrara,  entrava  alla  destra 
nel  Po  un  canale  palustre  mediante  il  quale  si  comunicava  con  Galliera,  villa 
della  giurisdizione  di  Bologna,  convien  supporre  che  esso  fosse  formato  dalle 
espansioni  del  Reno  le  quali  si  saranno  estese  dalle  valli  Bolognesi  alla 
San  Martina  ferrarese. 

104.  11  nome  di  Fossa  dato  al  primo  tronco  del  Primaro  sotto  Ferrara  prova 
T artificiale  sua  escavazione  per  unirsi  al  ramo  Spinetico  del  Po,  operazione 
che  credemmo  eseguita  dai  Ferraresi  nel  VII  secolo.  Ad  Argenta  un  secolo 
innanzi  erasi  eretto  un  monastero.  Chiuso  di  poi,  come  supponemmo,  dai 
Ferraresi  il  tronco  superiore  di  esso  ramo  Spinetico ,  essi  escavarono  a  tre 
miglia  sotto  Ferrara  a  destra  della  Fossa  Gaibana  il  canale  Fossa,  difeso  al  suo 
estremo  dalla  torre  Pontonaria,  che  sarà  stata  prossima  a  quella  dell'  Uccellino, 
onde  comunicare  con  Bologna  attraverso  alle  valli  e  di  poi  mediante  il  Naviglio 
che  di  là  discende.  La  via  per  la  quale  da  quel  punto  si  poteva  viaggiare  pe- 
destre od  a  cavallo  fino  a  Bologna  pare  dovesse  essere  quella  segnata  da  un 
alveo  derelitto  del  Reno,  che  probabilmente  sarà  passato  pel  Poggio  Renatico, 
ossia  Lambertini,  del  quale,  come  vedemmo,  parla  il  Biondo  (2). 

105.  Fra  il  Po  e  Ravenna  si  comunicava  tanto  da  Sant'Alberto  colla  Fossa 
detta  Cavo  d'Orzo,  quanto  dalla  Rotta  di  S.  Biagio,  posta  30  chilometri  a 
monte,  attraversando  le  paludi.  Queste  indicavansi  profondissime  nella  prima 
di  esse  località,  e  dovevano  tali  profondità  continuare  a  monte,  abbenchè  in  mi- 
nore misura  se  a  tanta  distanza  potevasi  in  esse  praticare  la  navigazione,  e  se 
non  parlasi  giammai  di  foci  di  fiumi  della  Romagna  che  allora  sboccassero  nel 
Primaro.  Centotrent'  anni  dopo ,  quando  il  Biondo  scriveva  le  sue  istorie  alla 
Rotta  di  S.  Biagio,  egli  non  parla  più  della  comunicazione  per  acqua  da  quel 
luogo  a  Ravenna  per  mezzo  delle  paludi,  limitandosi  ad  accennare  siccome 
attiva  ancora  quella  del  Cavo  d'Orzo  fra  Sant'Alberto  e  Ravenna.  Anche  allora 
nessun  torrente  della  Romagna  sboccava  in  Po. 

106.  Le  valli  di  Comacchio  comunicanti  verso  il  1300  liberamente  colmare 
mediante  il  porto  di   Magnavacca  ,  venivano    attraversate  da    profondi  canali 


né  l'uno  né  l'altro  ramo  fosse  arginato,  e  che  il  loro 
fondo  non  fosse  ancora  stabilito,  fors'anche  per  cam- 
biamenti avvenuti  nel  loro  corso.  Per  tal  modo,  giusta 
i  motivi  sviluppati  al  g  14  della  Mem.  prec.  del  1852 
Dei  cangiamenti  ecc. ,  verrebbe  a  spiegarsi  come , 
chiuso  di  poi  l'Adige  fra  argini,  se  ne  dovesse  rial- 
zare il  fondo  onde  acquistare  quel  grado  di  pendenza 
ohe  richiede  il  suo  reggime ,  e  che  non  gli  offriva 
la  palude  nella  quale  erasi  naturalmente  inalveato. 


(1)  Vedasi  la  nota  finale  A,  pag.  116,  alla  Me- 
moria: Della  condizione  idraulica  della  pianura 
subapennina  fra  l'Enza  ed  il  Panaro,  Milano  1865. 

(2)  Italia  illustr.,  ove  dice:  Apud  Ocelini  turrem 
padusae  finem  ohm  fuisse  et  Rhenum  Bononiensem 
eo  in  loco  aut  propinquo  padum  influxisse  indicant 
pervetusti  utriusque  amnis  alvei,  pag.  93. 


yg  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI  ECC. 

escavati  a  quanto  sembra  artificialmente  onde  approdare  alle  borgate  del  ferra- 
rese prossime  al  loro  margine,  ed  alla  città  di  Argenta.  A  tal  uopo  prolungavano 
que' canali  in  terraferma,  siccome  appare  dalle  carte  topografiche  rispetto  alla 
Fossa  della  Trava  diretta  a  Porto  Verrara  ed  a  Porto  Maggiore,  ed  alla  Fossa 
Marina  diretta  ad  Argenta.  . 

107    Colla  dichiarazione  che  le  tre  prime  parti  del  Ferrarese,  consulenti  nel 
Polesine  di  Ficarolo,  in  quello  di  Ferrara,  ed  in  quello  di  S.  Giorgio   col  an- 
nessovi Polesine  di  Rero,  attesa  la  loro  fertilità  erano  la  fonte  principale  della 
ricchezza  di  quello  Stato,  si  ha  la  prova  che  fin  d'allora  esse   erano    protette 
da  aro-ini    Quelli  del  Polesine  di  Ficarolo  formavano  a  quanto  pare,  circondarj 
staccali  con  una  serie  d'isole;  quelli  del  Polesine  di  Ferrara    a    destra  della 
Rotta  di  Ficarolo  sarebbero  stati  invece  continui  con  un  argine  traversagno  a 
monte  della  città  tuli'  ora  esistente,  fra  il  destro  della  Rotta,  ed  U  sinistro  del 
Po  di  Ferrara.  Continui  pure  sarebbero  stati  gli  argini  del  Polesine  di  S.  Giorgio 
a  sinistra  del  Primaro  ed  alla  destra  del  Volano  fino  alle  valli    di    Cornacchie- 
ove  sembra  si  espandessero  tuttavia  le  piene  del  Po.  La  quarta  parte  invece  del 
territorio  ferrarese  a  destra  del  Primaro  e  del  Po  di  Ferrara  avrebbe  general- 
mente  consistito  in  paludi.  È  verisimile  che  allora  essa   pure  fosse    difesa   da 
argini  di  moderata  elevazione,  i  quali  venivano  aperti  nelle  piene  onde  sfogare 
le  acque  nelle  parti  palustri.  Questa  pratica  risulterebbe  da  quanto  vedesipre- 
scritto  nello  Statuto  del  1288,  nel  quale  è  detto  che,  allorquando  il  Po  inco- 
mincia ad  alzarsi,  entro  tre  giorni  il  giudice  degli  argini    debba   convocare  il 
maggior  Consiglio  della  Credenza ,  e  chiedergli  in  quali  luoghi  si   abbiano  a 
spandere  le  sue  acque  (1). 

108  In  una  piena  del  Po  dell'anno  1565,  essendosi  rotto  1  argine  sinistro 
del  Po  di  Ferrara  alla  Cassana  di  fronte  a  Perotto,  per  cui  venne  sormontato 
l' ardine  Traversagno  coli'  inondazione  di  tutto  il  Polesine  di  S.  Giovanni  Bat- 
tista! ossia  di  Ferrara,  si  impedi  che  le  acque  entrassero  nella  citta,  prendendo 
appunto  la  precauzione  di  tagliare  l'argine  destro,  e  di  sfogare  la  piena  nelle 
valli  bolognesi  di  Poggio  Renatico,  ossia  Lambertini  (2). 

(Continua) 


(i)  Frizzi,  opera  citata,  T.  Ili,  pag.  170,  ediz.  I.* 
Qui  il  Frizzi  prende  uu  abbaglio  interpretando  nel- 
1*  espressione  quotiescumque  Padus  parvus  fuerii 
l'aggettivo  parvus  siccome  appellativo  di  un  ramo 


particolare  del  Po,  mentre  deve  intendersi  lo  stato 
di  magra  del  Po. 

(2)  Frizzi,   opera  citata,   T.  HI ,   edizione   I." , 
pag.  307. 


PRINCIPI  DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE 

DEL  D.  GUSTATO   ZEUNER 

Professore    alla   Scuola    Politecnica   di   Zurigo 

VERSIONE  DAL  TEDESCO 

DEL    D.    ALESSANDRO    LUCCHESINI    B.    ۥ 

(Coni.  V.  la  p.  437,  voi.  XIII  e  tav.  13,  voi.  XI) 

§  58. 
Problema  IV. 

In  un  cilindro  si  trovano  mi  chilogr.  di  vapore  alla  temperatura  ti  e  alla 
tensione  pi9  e  M  —  mi  chilogr.  di  acqua  alla  stessa  temperatura.  La  pressione 
p{9  che  si  esercita  sulla  faccia  esterna  dello  stantuffo,  viene  portata  istantanea- 
mente alla  pressione  p2  e  si  mantiene  costante:  cosicché  se  />2<C.Pi>  la  massa 
si  dilaterà,  e  se  p%  ^>  pì9  si  comprimerà. 

La  dilatazione  o  compressione  durerà  fino  che  il  vapore  non  abbia  rag- 
giunto la  tensione  p2  nel  cilindro,  e  che  la  massa  totale  non  abbia  acquistata 
la  temperatura  t%  corrispondente  a  questa  pressione. 

Quale  è  lo  stato  della  massa  alla  fine  dell'operazione,  quando  durante  questa 
non  si  tolga  né  si  aggiunga  calore? 

Sia  la  quantità  di  vapore  alla  fine  dell'  operazione  m2  e  p2  il  calore  latente 
interno  corrispondente  alla  temperatura  tr 

Supponiamo  inoltre,  per  considerare  il  problema  d'un  punto  di  vista  pra- 
tico, che  Pa^/^,  cioè  che  si  abbia  dilatazione;  allora  per  l'integrazione  del- 
l' equazione  IV  sarà  la  diminuzione  del  calore  interno 

U  z=.  M  e  (ti  —  tj} -\-  m{  p{  —  w2  p2  (147) 

Come  durante  1'  esperienza  non  si  aggiunge  né  si  toglie  calore,  così  tutto  il 
calore  interno  che  diminuisce  sarà  tutto  trasformato  in  lavoro  esterno. 

Ma  questo  ultimo  non  si  può,  come  nel  precedente  problema,  determinare 
per  mezzo  dell'  equazione  (IV),  perchè  anche  qui  non  sono  soddisfatte  le  con- 
dizioni per  cui  quelle  equazioni  furono  dedotte. 

Questo  lavoro  si  determina  invece  nel  modo  seguente. 

Il  volume  Vi  della  intera  massa  è  al  principio 

Vi  =  m{  u{  4-  M  w 


438  PRINCIPJ 

all'incontro,  alla  fine 

V2  =  wi2  %  +  Mw 

Mentre  la  massa  passa  dal  volume  V{  al  volume  V2,  deve  vincere  la  contro- 
pressione p2  e  quindi  la  quantità  di  calore  corrispondente  al  lavoro  esterno  è 

L  =  A  p  (V2  —  VO  =  A  p2  (m2  «a  —  m4  w4)  (148) 

Poiché  tutto  il  calore  speso  all'  interno  è  trasformato  in  lavoro ,  si  avrà  la 
equazione 

Mc{t{  --  *2)  +  m  p4  —  m  p2  —  A  p2  (ma  %  —  mì  u{) 

da  cui  si  deduce  la  quantità  di  vapore  che  si  trova   alla  fine  dell'esperienza, 
essere 

Me  (h  -  *2)  +  m4  (  P{  +g  A  pi  u{  )  (149) 

m*=  o2  +  A  p,  w2 

Avendo  cosi  determinato  il  valore  m2,  con  l'equazione  (148)  si  determina 
il  calore  interno  trasformato  in  lavoro  esterno,  come  anche  il  lavoro  stesso: 
per  il  volume  finale  si  ha 

m2  w2  +  M  w 

e  quindi  il  confronto  fra  i  valori  m{  ed  m2  della   quantità  di  vapore   dà ,  se 
e  quanto  vapore  si  sia  condensato  o  formato. 

L'equazione  (149)  si  può  anche  trasformare.  Il  calorico  di  evaporizzazione 
è  dato  dall'equazione: 

r  =  p  -\-  A  p  u 

cosi  1'  equazione  (149)  diviene 

Me  {t{  -  y  +  mi(ri  ~^=-2lA  p{  u{  {m) 


m2 


Per  le  nostre  condizioni  è  anche  più  comoda  la  formola  seguente. 
Facciasi 

%  =  mi  +  P- 

dove  p,,  se  è  positivo,  rappresenta  la  nuova  quantità  di  vapore  formata,  o  la 
quantità  di  acqua  trasformata  in  vapore  ;  se  negativo,  quella  che  si  è  conden- 
sata durante  F  operazione. 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  139 

Sostituendo  questa  nuova  forma  di  m2  e  osservando  che  il  calore  contenuto 
nel  vapore  è  rappresentato  da  J=  p  +  e  t,  si  ha  dall'equazione  (149) 


(M—m)  c(tì  —  tf2)  — -m 


*  Pz  +  ApzUz 


Apu  —  ^Apìuì  —  (Jì  —  /2 1 

: Pi  J 


(151) 


Con  questa  formola  si  possono  di  nuovo  dedurre  tutte  le  conseguenze  che 
nel  problema  precedente.  Essa  vale  egualmente  per  la  compressione ,  quando 
cioè  p2  >>  p{. 

Se,  per  esempio,  durante  l'esperienza  non  si  condensi,  né  formi  vapore, 
allora  jx  =  0  ,  quindi  il  numeratore  della  frazione  sarà  eguale  allo  zero , 
e  perciò  sì  otterrà  un'equazione  del  tutto  identica  alla  (145)  del  problema 
precedente  e  tutte  le  considerazioni  fatte  in  quel  caso  varranno  anche  per  que- 
sto. Ma  l'equazione  (151)  ci  mette  in  condizione  di  determinare  realmente  la 
quantità  di  vapore  che  o  si  condensa  o  si  forma  quando,  durante  l'esperienza, 
non  si  aumenta  né  si  diminuisca  calore. 

Paragoniamo  infatti  il  secondo  membro  dell'equazione  (151)  coli' equazione 
(144);  si  ha  facilmente 

Q 


H  +  A  Pz  W2 

o  (152) 

dove  Q  è  la  quantità  di  calore  che  occorre  aggiungere  alla  massa  durante  la 
dilatazione  o  compressione,  affine  che  la  quantità  di  vapore  rimanga  costante. 
Basta  dividere  quella  quantità  di  calore  per  la  temperatura  finale  £2,  corrispon- 
dente al  calorico  di  evaporizzazione  r2,  per  determinare  la  quantità  di  vapore  che 
si  condensa  e  si  forma  quando  sempre  non  si  aggiunga  o  sottragga  calore. 

Come  esempio  supponiamo  la  pressione  iniziale  5  atmosfere,  cioè  alla  tem- 
peratura 152,22°,  e  supponiamo  di  più  che  la  massa  M,  di  cui  mi  chilogr. 
sono  vapore,  si  dilati  e  vinca  una  contropressione  costante  di  una  atmosfera; 
perchè  la  quantità  di  vapore  rimanga  costante  devesi,  secondo  l'equazione 
(145)  aggiungere  la  quantità  di  calore 

Q  =  19,04  mi  —  55,59  (M  —  m{) 

Se  un  tal  aumento  di  calore  non  avesse  luogo,  allora  poiché  ess  endo  t%  =  0 , 

r2  =  p2  +  A  p2  w2  =  496,21  +  40,09  5=  536,30 

per  l'eq.  (152)  si  ha 

__  55,59  (M—  m{)  —  19,04  m{  /155) 

P"-"        536,30        '  ; 


140  PRINC1PJ 

Se,  per  esempio,  al  principio  non  si  avesse  avuto  acqua,  cioè  se  mì  =  M, 
si  avrebbe 

>  =  —  0,0355  M 

Il  segno  negativo  indica  che  durante  la  dilatazione  si  è  condensata  questa 
quantità  di  vapore. 

Se  la  quantità  di  acqua  e  vapore  ai  principio  sono  eguali ,  cioè  se 
M  —  mi  =  md  ne  segue 

»i  =  +  0,0640  (Jf  —  f»4) 

Qui  il  segno  positivo  indica  che  questa  quantità  di  vapore  si  è  formata  du- 
rante la  dilatazione. 

Per  tutto  il  resto  rinviamo  alla  soluzione  del  problema  precedente. 

La  soluzione  di  questo  problema  contiene,  del  resto,  la  completa  teoria  della 
detta  evaporizzazione  spontanea ,  di  un  fenomeno  cioè ,  sul  quale  fin  qui  non 
era  stata  data  nessuna  spiegazione  soddisfacente.  Questo  fenomeno  si  verifica 
nelle  caldaie  a  vapore  usuali,  quando  si  spenga  il  fuoco  nel  focolare  e  si  fac- 
cia uscire  il  vapore  dalla  valvola.  Uscendo,  il  vapore  vince  la  pressione  esterna 
costante  dell'  atmosfera  ,  e  quella  uscita  ha  luogo  fino  a  tanto  che  la  pres- 
sione nella  caldaia  non  ha  raggiunto  la  pressione  atmosferica.  Allo  studio  di 
questo  caso  si  adatta  completamente  l'equazione  (151).  Poiché  la  quantità  di 
acqua  in  una  caldaia  è  sempre,  in  peso,  in  quantità  maggiore  del  vapore,  così 
ne  segue  che  il  valore  di  pi  è  sempre  positivo  e  dà  perciò  la  quantità  di  acqua 
che  durante  l'uscita  si  è  trasformala  in  vapore  in  seguito  della  diminuzione 
di  pressione.  E,  conosciuta  la  quantità  di  acqua  che  rimane,  come  anche  la 
quantità  di  vapore  contenuta  nella  caldaia  alla  pressione  di  una  atmosfera,  si 
determina  anche  la  perdita  di  calore  che  proviene  dall'efflusso  del  vapore. 

§  39. 
Problema  V. 

«  Il  volume  di  un  cilindro  è  diviso  in  due  parti  da  uno  stantuffo  (fig.  7).  Da 
una  parte  dello  stantuffo,  a  sinistra,  si  trovano  m  chilog.  di  vapore,  e  M  —  m 
chilog.  d'acqua,  alla  temperatura  t,  e  alla  corrispondente  pressione  p. 

«  Dall'altro  lato,  a  destra,  dello  stantuffo  (che  noi  supponiamo  dapprima  fermo 
e  privo  di  peso)  si  trovano  mi  chilog.  di  vapore,  ed  M  —  m{  chilog.  d'acqua, 
tutte  e  due  alla  temperatura  t{  e  sotto  la  pressione  pv 

«  Si  lascia  libero  instantaneamente  lo  stantuffo;  ne  seguirà  che,  supposto 
P  >Pi>  esso  si  muov^à  dalla  sinistra  verso  la  destra,  e  di  tanto  fino  a  che 
le  due  pressioni  sulle  due  faccie  non  siano  divenute  eguali  a  p09  per  es.,  e  la 
temperatura  a  t0. 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  441 

«Non  aggiungendo  né  togliendo  calore  dall'esterno,  quale  è  questa  pres- 
sione p0  alla  fine,  e  quale  quantità  di  acqua  e  vapore  è  contenuta  nel  cilindro, 
supponendo  che  il  vapore  resti  allo  stato  saturo  ?  » 

La  temperatura  della  massa  alla  sinistra  dello  stantuffo  si  abbassa ,  durante 
questa  esperienza,  da  t  a  t0,  e  quando  la  quantità  di  vapore  da  m  diviene  m\ 
si  ha  la  diminuzione  del  calore  interno  dall'  integrazione  dell'  equazione  IV 

V  =  Me  (t  —  t0)  +  m  p  —  m' p0 

Questa  quantità  di  calore  si  consuma  nel  produrre  del  lavoro,  lavoro  che 
consiste  nella  compressione  della  massa  sulla  faccia  destra  dello  stantuffo. 
Il  calore  interno  di  questa  massa  aumenta,  e  se  si  indica  con  m\  la  quantità 
di  vapore  che  si  trova  da  questa  parte  dello  stantuffo  alla  fine,  si  ha  per  la 
stessa  equazione 

V  —  M{  e  (t0  —  *,)  +  in  Po  —  mì  Pl 

Ora,  poiché  in  tutta  la  esperienza  non  si  è  aggiunto  né  sottratto  calore, 
la  perdita  di  calore  interno  che  si  è  fatta  dalla  parte  sinistra  deve  essere  per-' 
fettamente  eguale  all'aumento  di  calore  interno  che  si  è  fatto  dalla  parte  de- 
stra. Eguagliando  adunque  quei  valori  si  avrà 

MctJrMictì  +  mp  +  miPi=:  (M+M{)  e  t0  +  (m'  +  w4f)  p0.        (154) 

Da  questa  equazione  se  ne  può  dedurre  un'altra. 

Dietro  le  indicazioni  che  sopra  il  volume  totale  della  massa  a  sinistra  e  a 
destra  dello  stantuffo  è  in  principio 

(m  u  +  Mw)  -j-  (m{  u{  +  M{  w) 
e  invece  alla  fine 

(m'u0  +  M'w)-\-  (m'  u0  +  M{  w) 

Ma  il  volume  totale  non  cambia  ;  questi  due  ultimi  valori  sono  dunque 
identici  e  danno  eguagliandoli  e  riducendo 

(m  -j- m\)  u0  ~mu-\r  m{ u{  (155) 

da  cui  si  trae  il  valore  di  ni  +  m^j  che  portato  nella  (154)  dà 

(M  +  Mì)ct0+(mu  +  miul)Pu0-=3Ict  +  MctìJrmp+mPì        (156) 

Questa  equazione  ci  pone  in  grado  di  determinare  la  temperatura  t0  finale , 
poiché  Po  ed  u0  sono  funzioni  di  t0,  e  le  altre  quantità  sono  completamente 
note  dallo  stato  iniziale. 


Ì42  PR1NCIPJ 

Conosciuto  così  l0>  si  ha  anche  u0  e  p0,  e  di  più  per  l'equazione  (155), 
(ro'+ro'A  cioè  la  quantità  di  vapore  che  si  trova  dalie  due  parti  dello  stan- 
tuffo alla  fine  dell'esperienza.  La  quantità  d'acqua  che  vi  si  trova  è,  natu- 
ralmente 

M+Mi  —  (m'  +  m'i)     '  (l57) 

il  problema  è  quindi  completamente  risolto. 

Per  dare  il  modo  di  eseguire  il  calcolo,  tratteremo  un  caso  speciale. 

Sulla  faccia  sinistra  dello  stantuffo  (fig.  7)  si  trovano  M  chilog.  di  vapore  alla 
pressione  di  5  atmosfere  allo  stato  saturo,  cioè  la  temperatura  *  1=152,22  , 
senza  esser  mescolato  con  acqua;  cioè  si  ha  m  =  M. 

Sulla  faccia  destra  invece  si  trovano  vapore  ed  acqua  alla  temperatura  di 
100°,  cioè  il  vapore  ha  la  tensione  di  una  atmosfera. 

Il 'peso  della  massa  totale  è  M,  o,  in  questo  caso,  M{  =  M ,  ma  di  cui 
mi  =  0,75  M  sotto  forma  di  vapore,  e  0,25  M  allo  stato  di  acqua. 

Dalla  Tavola  III  abbiamo  per 

t  =  152,22°,  u  =  0,5617      e      p  =  455,05 

*3  =  100,00 ,  uz  ==  1,6449      e      p3  =  496,21 

e  ponendo  questi  valori  nella  equazione  (156),  si  ha 

io +  28t7*0=  680,2 

Equazione   che   si   può  risolvere  per  approssimazione:    e   per  facilitare   il 
calcolo,  io  ho  calcolato  i  valori  di  \    consegnati   adi9  ultima    colonna    della 

^a  una'esperienza  si  ha  per  il  valore  della  temperatura  t0  che  soddisfa  alla 
equazione  precedente 

*;=ii8°,6 

A  quella  temperatura  corrisponde  la  tensione  di 

p0  =  1426,44  millim.,  o  1,877  atmosfere 

Alla  fine  della  esperienza  ha  luogo   su   tutte  e  due   le   faccie  dello  stantuffo 
questa  pressione. 
Il  valore  di  u0  si  calcola  coli' equazione  (98)  ed  abbiamo 

un  =  0,9088 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL   CALORE  143 

e  quindi  finalmente  per  l'equazione  (155),  la  quantità  di  vapore  sui  due  lati 
dello  stantuffo  alla  fine  dell'  esperienza  è 

m'-\-m'1  =  1,7554  M 
mentre  al  principio  era 

m  +  m\  =  1,7500  M 

di  più  la  quantità  di  acqua  sui  due  lati  è  alla  fine 

0,2446  M 
in  principio 

0,2500  M 

In  conclusione,  si  ha  più  vapore  che  al  principio.  Come  la  cosa  si  passa  in 
dettaglio,  e  quali  rapporti  la  massa  conservi  durante  il  processo,  non  si  è  fin 
qui  potuto  determinare  colle  equazioni  generali,  dando  esse  solo  la  determi- 
nazione per  gli  stati  finali.  Evidentemente  dai  risultati  si  deduce  che  in  questo 
caso  si  condensa  in  generale  del  vapore  sulla  faccia  di  sinistra  dello  stantuffo, 
poiché  esso  senza  aumento  di  calore  produce  un  lavoro  ed  evapora  dell'  acqua 
sulla  faccia  di  destra,  giacché  la  massa  stessa  si  comprime  senza  diminuzione 
di  calore,  e  quindi  riceve  lavoro  e  calore. 

Nonostante  che  la  soluzione  di  questo  problema  sia  poco  sicura,  io  ho  pro- 
tratto i  calcoli  quanto  lo  consentivano  le  formole  fondamentali.  Mi  è  sembrato 
che  fare  uno  studio  generale  del  problema  avrebbe  avuto  una  particolare  im- 
portanza ,  e  perchè  i  resultati  del  calcolo  si  ottengono  con  certi  metodi  parti- 
colari,  e  perchè  anche  sarebbe  possibile  di  provarli  tutti  con  esperienze  ,  e 
poiché  infine  tale  soluzione  ne  racchiude  in  sé  un'altra. 

Supponiamo  che  i  rapporti  sieno  stati  scelti  in  modo  che  i  risultati  del  cal- 
colo riescano  soddisfacenti,  cioè  che  il  vapore,  alla  fine  dell'esperienza,  da  una 
parte  dello  stantuffo,  dove  la  massa  è  compressa,  sia  ancora  saturo;  si  può  al- 
lora supporre  che  lo  stantuffo  possa  muoversi  senza  che  venga  a  prodursi  una 
nuova  alterazione  nello  stato  della  massa  totale:  l'acqua  ed  il  vapore  hanno 
alla  fine  dell'esperienza,  eguale  temperatura. 

Io  credo  che  l'effetto  sarebbe  lo  stesso,  quando  si  supponesse  posto  nella 
primitiva  posizione  dello  stantuffo  un  diagramma,  e  che  per  un  foro  ivi  pra- 
ticato si  lasciasse  escire  dalla  parte. sinistra  del  vapore  per  entrare  alla  destra. 
In  una  parola,  i  resultati  finali  ottenuti  sono  identici  a  quelli  che  si  otter- 
rebbero se  invece  di  uno  stantuffo  senza  peso  supponessimo  da  un  vaso  un 
efflusso  di  vapore  avente  una  pressione  p  maggiore  di  quella  p0  che  ha  altro 
vapore  in  altro  vaso.  Le  esperienze  a  cui  sopra  alludemmo,  potrebbero  quindi 
stabilirsi  per  il  caso  che  il  vapore  da  un  vaso  sgorgasse  in  un  altro,  in  cui  si 


144  PRINC1PJ 

trovasse  pure  del  vapore  saturo,  ma  d'una  tensione  inferiore,  e  mescolato 
con  una  certa  quantità  di  acqua.  Si  presenta  ora  la  questione,  se  la  pressione, 
alla  fine,  ne'  due  vasi  corrisponda  a  quella  della  teoria.  Per  quanto  semplice 
possa  sembrare  questa  cosa ,  essa  è  diffìcile ,  poiché  la  determinazione  della 
quantità  di  acqua  mescolata  al  vapore  al  principio  e  alla  fine  è  diffìcile  ri- 
cerca,  sebbene  non  impossibile,  profittando  dei  mezzi  che  sono  a  nostra 
disposizione. 

§40. 

Problema  VI. 

«  In  un  vaso  si  trovano,  m  chilog.  di  vapore,  e  M-m  chilog.  d'acqua,  en- 
trambi alla  temperatura  t.  Quale  è  il  calore  da  aggiungersi,  quando  il  riscal- 
damento si  fa  a  volume  costante,  perchè  la  temperatura  finale  sia  t{  ? 

«  Qual  quantità  di  vapore  e  di  acqua  si  troveranno  alla  fine ,  e  per  quale 
temperatura  *2  sarà  l'acqua  trasformata  in  vapore? 

Usando  delle  solite  annotazioni,  il  volume  della  massa  al  principio  e 

mu-^  Mw 

e  quello  alla  line 

m{  u{  +  Mw 

poiché  nel  caso  che  ci  occupa  il  volume    deve    rimanere    costante,  bisognerà 
che  si  abbia  1'  uguaglianza  di  quelle  due  ultime  equazioni,  e  quindi  sia 

muz=:'mìuì 
quindi  la  quantità  di  vapore  alla  fine  sarà 

1       "i 

e  sarà  del  tutto  determinata,  quando  si  conosca  la  temperatura  finale  tv 
L'accrescimento  del  calore  interno  si  trova  integrando  1'  equazione  (IV) 

V  —  vk{  pi—mp  +  Mc^  —  t) 

Ora  poiché  il  volume  rimane  costante,  cioè  non  si  effettua  alcun  lavoro 
esterno ,  deve  questo  valore  di  V  eguagliare  la  quantità  di  calore  Q  che  si 
somministra ,  e  quindi 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  145 

Se  fosse  conosciuta  la  temperatura  finale  tv  allora  per  l'equazione  (158)  sa- 
rebbe pure  conosciuta*  come  abbiamo  detto,  la  quantità  di  vapore  mì ,  e  so- 
stituendo questo  valore  nella  equazione  (159),  si  avrebbe 

Q^muì^-  j-l+Mefa-t)  (160) 

cbe  sarebbe  la  quantità  di  calore  da  impiegarsi. 

Questi  calcoli  valgono  evidentemente  solo  nel  caso  che  il  vapore  sia  saturo. 
Il  loro  limite  è  però  determinato,  poiché  alla  fine  la  quantità  di  vapore  del- 
l'intera massa  è  mì  =  M,  cioè  quando  tutta  l'acqua  è  trasformata  in  vapore. 
Se  si  chiama  la  temperatura  per  questo  momento  J2,  e  se  si  indicano  con  w2 
e  p2  i  valori  corrispondenti  di  u{  e  plt  l'equazione  (154)  dà 

m 

u*  =  jjU  (161) 

da  cui  per  mezzo  delle  Tavole  II  e  III  e  per  mezzo  d'interpolazione  si  ha  la 
relativa  temperatura  *2,  e  allora  finalmente  con  la  equazione  (159)  si  determina 
la  quantità  di  calore  da  somministrarsi,  che  è 

Q2=Mp2  -mp-flc(^-  /,)  (162) 

Aggiungendo  una  maggiore  quantità  di  calore,  il  vapore  diventerebbe  sopra 
riscaldato,  e  quindi  l'uso  della  precedente  formoia  non  sarebbe  più  possibile. 

Supponiamo,  per  studiare  più  completamente  il  soggetto,  che  gli  m  chilogr. 
di  vapore  siano  ottenuti  da  acqua  alla  temperatura  di  zero  gradi,  cosi  dapprima 
M  chilogr.  d'acqua  vengono  riscaldati  da  0°  a  t°;  (il  che  richiede  la  quantità 
di  calore  M ci\  il  vapore  si  genera  a  pressione  costante  /?,  corrispondente  alla 
temperatura  t  (e  a  ciò  è  necessaria  la  quantità  di  calore  mr),  allora  la  quantità 
di  calore  per  produrre  questo  vapore  sarà 

Mei  -\-  mr 

o  poiché,  come  è  noto,  rz=zApu-\-p 

Mei  -f  mp  -{-rn.Apu  (163) 

Da  questa  massa  M  noi  abbiamo  ottenuto  riscaldando  a  volume  costante  una 
quantità  di  mì  chilog.  di  vapore  avente  la  temperatura  t\ ,  e  a  ciò  si  impiegò 
la  quantità  di  calore  data  dall'equazione  (159).  Aggiungendo  dunque  i  valori 
delle  equazioni  (157)  e  (163),  si  avrà  la  quantità  totale  di  calore  che  chiame- 
remo W,  che  è  quella  necessaria  per  produrre  mì  chilogr.  di  vapore  nelle 
condizioni  di  sopra  esposte 

W-=-  Mct2-\-  m,p1  -|-  w.  Apu 


146  '  PRINCIPJ 

e  poiché  per  l'equazione  (158)  mìui  =mu 


W=Mcfi4-'mi  Pi  +  ^mi-APiui  (164) 

Se  si  fosse  invece  prodotto  m{  chilog.  di  vapore,  secondo  il  metodo  che  sup- 
pone la  forinola  di  Regnault,  cioè  se  si  fosse  da  prima  riscaldata  1*  acqua  da 
zero  gradi  a  L',  e  quindi  si  fosse  generato  il  vapore  sotto  una  pressione  cor- 
rispondente a  ti9  la  quantità  totale  di  calore  sarebbe,  per  l'equazione  (163) 

Wì  =  Mct{+  mì Pl  +  mi  Ap{u{  (165) 

Uno  sguardo  su  queste  due  equazioni,  fa  vedere  che,  secondo  il  metodo 
di  generazione  del  vapore,  la  quantità  necessaria  di  calore  è  differente,  e  che 
essa  è  minore  secondo  la  nostra  ipotesi,  che  secondo  quella  di  Regnault;  ma 
la  sola  differenza  che  esiste  nella  quantità  totale  di  calore,  è  solo  nel  lavoro  ne- 
cessano  per  la  produzione  (ultimo  termine),  che  è  più  piccolo  nel  primo  caso, 
mentre  gli  altri  due  termini  son  eguali  in  tutte  e  due  le  equazioni  e  rappre- 
sentano il  calore  contenuto  nella  massa  alla  fine. 

Dovendo  essere,  alla  fine  dell'esperienza ,  tutta  la  massa  trasformata  in  va- 
pore, e  la  temperatura  *2,  il  calore  totale  necessario,  quando  la  produzione  si 
faccia  dietro  i  dati  del  problema,  per  l'equazione  (164),  in  cui  dovrà  farsi 
m{~  M  sarà 

W  —  MÌctz+pz  +  ^A  pafia 

e  poiché  pz  +  cts  rappresenta  il  calore  contenuto  nel  vapore  (unità  di  peso)J2 

W=m\Jz+^- Aprili  (166) 

f  Pz  ì 

Al  contrario,  quando  la  produzione  ha  luogo  secondo  l'ipotesi  per  cui  vale 
la  formola  di  Regnault 

W,  =  M  |/a  + A  pali,)  (167) 

Un  esempio  spiegherà  anche  meglio  tutto  quanto  dicemmo  di  sopra. 

Sia  M=  1  chilog.  il  peso  delle  masse  di  vapore  ed  acqua  che  si  trovano 
in  un  vaso,  di  cui  sia  m  =  0,22  chilog.  allo  stato  di  vapore,  ef-  m=0,88 
chilog.  sotto  forma  di  acqua;  sia  la  temperatura  100°,  e  quindi  la  pressione 
l'atmosfera:  riscaldando  a  volume  costante,  deve  la  tensione  del  vapore  rag- 
giungere due  atmosfere,  cioè  per  la  Tavola  III  la  temperatura  deve  portarsi 
a  120,60°. 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  147 

Poiché  (Tavola  III) 

t*=  1,6449  u=z  0,8560 

Pi—  479,97        e        4/^=41,729 

L'equazione  (158)  dà  quindi  per  la  quantità  di  vapore  alla  fine 

1  6449 
m*  -  0,8565  •  °'n  =  °'mi  chil0g' 

e  quindi  la  quantità  di  acqua 

M—miz=z  0,5773  chilog. 

il  calore  da  somministrarsi  durante  questo  passaggio  per  l'equazione  (160), 
poiché  (Tavola  III) 

^  =  560,7        e        |  =  301,7 
è 

Q=  114,81  calorie. 

Se  all'incontro  si  volesse  che  tutta  l'acqua  che  si  trovava  al  principio,  si 
trasformi  in  vapore  a  volume  costante,  si  determinerebbe  la  temperatura 
finale  nel  modo  seguente  : 

Per  l'equazione  (161)  è 

va 
u2  ±= r-    u  ■—  0,22  .  1,6449  r=  0,5617 

e  questo  valore  corrisponde,  per  la  tavola  III,  alla  temperatura  tf2:=  152,22°,  o 
alla  pressione  di  5  atmosfere.  Per  l'equazione  (162)  le  quantità  di  calorie  da 
somministrarsi  alla  massa  iniziale, 

02  =  1,455,05  —  0,22  .  496,21  -f  1,0224  (152,22  —  100) 
o 

(?2  ~  309,48  calorie. 

Un  riscaldamento  più  prolungato  inalzerebbe  e  la  pressione  e  la  tempera- 
tura, e  nel  processo  si  seguirebbero  altre  leggi ,  poiché  il  vapore  passerebbe 
allo  stato  di  soprariscaldato. 

Se  si  aggiunge  alla  quantità  di  calore  trovata  nell'  ultimo  caso,  quella  che 
era  necessaria  per  elevare  un  chilogrammo  di  acqua  da  zero  gradi  a  100°,  e 


Ì48  PRINCIPI 

per  produrre  poi  a  pressione  costante  0,22  chilog.  di  vapore  alla  pressione  di 
una  atmosfera,  sarebbe,  per  l'equazione  (166),  la  quantità  totale  di  calore 
(Tavola  III) 

W=  608,99  +  V5  44,082  =  617,86  calorie. 

Se  invece  si  riscalda  l'acqua  da  0°  a  152°,22,  e  quindi  si  trasforma  in  va- 
pore sotto  la  pressione  di  5  atmosfere,  allora  il  calore  totale  a  ciò  necessario, 
per  r  equazione  (167),  o  per  L'  equazione  (106)  sarebbe 

Wz  —  608,99  +  44,08*2  *=  655,07  calorie. 

Le  formole  dal  (158)  al  (161)  di  sopra  date  valgono  ancora  per  il  caso  con- 
trario, cioè  quando  si  abbia  una  sottrazione  di  calorico,  o  dall'esterno  un  raffred- 
damento; e  questo  caso  è  di  una  particolare  importanza,  considerato  praticamente, 
poiché  su  questo  si   posano    le   ricerche  delle  esperienze   della   condensazione 
nelle  macchine   a   vapore  ,    ben  inteso  però   solo   nell'  ipotesi  che  il  raffredda- 
mento esterno  non  abbia  luogo,    come  generalmente  si   fa,  per  uno    spruzzo 
d'acqua  fredda. 
Il  problema  trattato  di  sopra  può  però  anche  chiarire  questo   caso. 
Siano   in   un   condensatore    0,4227  chilog.  di   vapore,   e    0,5775   chilog.   di 
acqua  alla  temperatura  di  120,6°,  e  si  sottragga  a  questa  massa,  mantenendola 
a  volume  costante,  la  quantità  di  calore  di  114,81  calorie,  per  esempio  circon- 
dando il  vaso  all'esterno  con  acqua  fredda:  allora  la  temperatura   si    abbassa 
a  100°,  la  pressione  da  2  atmosfere  od  1  ,  la  quantità   di   vapore    è    alla    fine 
0,22  chilog.,  e  quella  dell'acqua  0,88  chilog. 

Se  dapprima  fosse  stato  solo  1  chilog,  di  vapore  alla  pressione  di  5  atmo- 
sfere, e  questo  si  fosse  tolto  una  quantità  di  calore  =  599,48  calorie,  a  volume 
costante,  si  sarebbe  ottenuto,  dietro  i  calcoli  fatti,  lo  stesso  risultato  finale  che 
nel  precedente  caso. 

Questi  resultati  ci  danno  anche  il  mezzo  di  risolvere  un  altro  problema,  che 
è  importante  per  poter  giudicare  di  certe  circostanze  che  si  verificano  nelle 
caldaie  delle  macchine  a  vapore.  Supponiamo,  che  il  fuoco  sia  alimentato ,  la 
produzione  del  vapore  si  faccia  d'un  modo  continuo,  e  la  macchina  a  vapore  sia 
in  movimento  ;  allora  è  nota  la  quantità  di  calore  che  passa  nella  caldaia  in 
un  certo  tempo,  in  un  secondo.  Suppongasi  che  instantaneamente  si  chiuda  la 
comunicazione  fra  la  caldaia  ed  il  cilindro  a  vapore  ;  da  questo  momento 
la  generazione  di  vapore  ha  luogo  a  volume  costante.  Poiché  il  calore  con- 
tinua a  prodursi  sulla  graticola  ,  e  quindi  la  quantità  di  calore  che  passa 
nella  caldaia  rimane  pressoché  invariabile ,  si  può  calcolare  di  secondo  in 
secondo  con  l'equazione  (160)  l'accrescimento  di  temperatura  e  di  tensione 
del  vapore  nella  caldaia,  supponendo,  ben  inteso,  note  a  tempo  dell' in  terrò  t- 
tasi  comunicazione,  la  quantità  di  vapore  e  d'acqua  che  erano  nella  caldaia. 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  149 

§  41. 
Problema    VII. 

«  In  un  vaso  (condensatore)  si  trovano  m  chilog.  di  vapore  ed  I  —  m 
chilog.   d'acqua  entrambi  alla  temperatura  t. 

«  In  questo  vaso  si  injettano  pi  chilog.  d'acqua,  la  cui  temperatura  è  t. 

«  Quando  per  questa  operazione  la  temperatura  del  condensatore  diviene  U 
quale  è  la  quantità  di  vapore  e  d'acqua  che  vi  si  trova,  e  quale  quantità 
d'acqua  d'injezione  p,  sarebbe  necessaria,  quando,  ad  eccezione  di  pi,  e  della 
quantità  m{  di  vapore,  tutte  le  altre  quantità  restano  costanti?  » 

Suppongasi  che  il  vaso  A  (fìg.  8)  rappresenti  il  condensatore  nel  quale  è 
contenuta  la  quantità  di  vapore  m{  e  la  quantità  d' acqua  M —  m.  Questo 
vaso  è  messo  in  comunicazione  per  mezzo  del  tubo  e  d'  una  chiave ,  con  un 
cilindro  ,  in  modo  però  che  la  comunicazione  fra  il  cilindro  ed  il  conden- 
satore  può  a  piacere  essere  interrotta  o  stabilita. 

Supponiamo  la  comunicazione  interrotta,  e  che  nel  cilindro  si  abbia  la  quan- 
tità ji  d'acqua  alla  temperatura  t,  sotto  la  pressione  di  uno  stantuffo  caricato 
di  p0  chilog.  pur  unità  di  superfìcie. 

(Nei  condensatori  della  macchina   a    vapore   la   pressione  p0  consiste    nella 
pressione  dell'atmosfera  esterna). 
Il  volume  V  nella  massa  nel  condensatore  è,  secondo  le  nostre  denominazioni, 

V=mu-{-  M<o  (168) 

e  la  quantità  di  calore  interno  contenuta  nella  massa 

M=mP  +  Mct  (169) 

invece  il  volume  del  cilindro  B  dell'acqua  injettata  è 

V1~  p,w  (170) 

e  la  quantità  di  calore  contenuta  in  questa 

#l=:p.CT  (171) 

Quindi  il  calore  totale  interno   nel   condensatore,  ripartito    fra  la   quantità 
d'acqua  e  di  vapore  che  vi  si  trovano  e  l'acqua  d'injezione,  è 

U'  ~mp~\-Mct  +  txcr  (172) 

Giom.  Tng.  —  Voi.  XVI  —  Febb.  e  Marzo  1868  10 


1S0  PRINCIPJ 

Si  apra  ora  la  comunicazione  fino  a  che  l'intera  quantità  p,  non  sia  entrata 
nel  condensatore;  supporrò  a  bella  posta  che  la  temperatura  iniziale  dell'acqua 
d'iniezione  t  sia  minore  della  temperatura  t  nel  condensatore,  e  che  la  pres- 
sione in  quest'ultimo  sia  un  poco  minore  della  pressione  dell'atmosfera  esterna. 

Appena  la  quantità  p.  d'acqua  è  entrata,  si  chiuda  la  comunicazione.  Si  di- 
manda quale  è  lo  stato  della  massa  nel  condensatore? 

La  massa  totale  che  vi  si  trova  è  ora  Jf +^  di  cui  una  parte,  m,  può  esser 
allo  stato  di  vapore.  Sia  ora  *,,  la  temperatura,  e  sieno  u{  e  Pl  i  valori  corri- 
spondenti di  mi  e  p,  :  allora  il  volume  della  massa  sarà 

m4  ut  +  (M  +  jj.)  co 

e  poiché  questo   è   uguale   al  volume  iniziale    V  del  condensatore,  ne  segue 
che  avremo  (168): 

m{  m4  +  v  w  =  m  u-  (175) 

La  quantità  di  calore  interno,  o  di  calore  contenuto  in  questo  volume,  è 

U"  =  mlPl  +  (M+v.)cti.  (174) 

Questo  calore  interno  non  è  però  uguale  a  quello  V  dato  dell'equa- 
zione (172),  che  corrisponde  allo  stato  iniziale,  quando  l'acqua  d'injezione  non 
era  ancora  entrata  nel  condensatore;  ma  esso  calore  D"  è  più  grande  del  pri- 
mitivo U'.  . 

Durante  l'esperienza  si  è  prodotto  un  lavoro  esterno  dalla  massa  totale,  pei - 
che  lo  stantuffo  è  disceso  per  la  pressione  costante  j»#:  ora,  poiché  il  volume 
iniziale  dell'acqua  d'injezione  è,  per  l'equazione  (170),  (ice,  e  che  lo  stan- 
tuffo durante  l' infezione  ha  percorso  quello  spazio,  il  lavoro  fatto  dalla  pres- 
sione pò  è  quindi 

Polito 

a  cui  corrisponde  una  quantità  di  calore 

Apogeo  Ì     ("5) 

che  ha  acquistata  la  massa. 

Di  questo  valore  A  Po  p.  co  deve  essere  aumentato  alla  fine  il  calore  che  tro- 
vavasi  al  principio  nell'interno  della  massa;  per  cui  servendosi  dell  equazioni 
(172),  (174)  e  (175),  deve  aversi  la  seguente  equazione  per  il  problema  che 
ci  occupa 

m  p-f  M  et  +.  |t  e  t  +  A  po  «  »  i=  m4  p,  j-  (M  +  v)  « \h       (176) 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  151 

Questa  equazione,  in  comune  coli' equazione  (173),  risolve  completamente  il 
problema,  poiché  è  essa  che  determina  i  valori  di  p.d  e  m4  ignoti.  Essa  può 
prendere  anche  la  forma 

%  Pi+n  \c(h  —  t)  —  ipoW)=:mp+j/c(^~  t{). 

Di  più,  dalla  (173)  si  ha 


m  u  -—  p,  w 


«i<* ~  (*77) 


che  posto  nella  precedente  equazione    dà  pel  valore  della  quantità  p,  d' acqua 
injettata 

|x=i~ i— (478) 

Determinato  cosi  ja,  si  ha  la  quantità  di  vapore  m{  che  si  trova  nel  condensa- 
tore alla  fine  per  l'equazione  (117),  e  per  la  quantità  d'acqua  invece  il  valore 

M+fl  —  mj. 

Un  caso  speciale  servirà  di  schiarimento. 

Nel  condensatore  di  una  macchina  a  vapore  si  hanno  M  chilogr.  fra  vapore 
ed  acqua,  di  cui  m  =  0,  90  allo  stato  di  vapore. 

La  tensione  di  questo  è  di  1  */a  Atra.,   quindi  la  temperatura  della  massa 
e  (tav.  Ili) 

Trulli,  74° 
Di  più  (stessa  tavola) 

u  =  1, 1224,  e  -£-  =  433,  9 

Abbia  l'acqua  di  infezione  la  temperatura 

TZ=12° 

e  sia  sotto  la  pressione  atmosferica,  cioè 

Po  =  10334  chilog. 

Suppongasi  che  per  P  iniezione  dell'  acqua  nel  condensatare  la  temperatura 
si  abbassi  e  divenga 

i,  =  35° 


152  PRINCIPJ 

allora,  per  la  tav.  II,  è 

£  =  25,  541 

e  per  l'equazione  (111)  il  calore  interno  latente 

Pi  =  547,44 

Quindi 

B.  :=21, 43 

Riteniamo  ancora  che  il  calorico  specifico  dell'acqua  sia  e  =  1,0224,  il 
volume  dell'unità  di  peso  dell'acqua  ji=  0,001  e  A  =  1,244,  si  ha,  calco- 
lando i  differenti  termini  dell'equazione  (178), 

mw(A__Pi\  =  416,69M 

Me  {t-tj  =78,46  M 
c  (t{  —  T)  =  23'  52 

*(Afr  +  .J)==  0,05 


e  quindi 


a  =  21, 10  M. 


Quindi  il  peso   dell'acqua  d'injezione  è,  in  questo  caso,  21,10  volte  più 
grande  che  la   quantità  d'acqua  e   vapore   contenuta   al  principio   nel  con- 

dpnsatore. 
Coli' equazione  (177)  si  determina  la  quantità  di  vapore  che  si  ha,  alla  fine, 

nel  condensatore;  essa  è 

mì  =  0,  038  M 

e  per  cui  la  quantità  dell'acqua 

^_j_fJ,_mi=:22,062  M 

Se  si  fosse  supposto  che  nel  condensatore  fossero  solo  M  chilog.  di  vapore, 

allora  si  avrebbe 

p,  =  25, 07  M 

per  la  quantità  d' acqua  d' iniezione,  e 

mi  =  0,  043  M 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  153 

per  la  quantità  di  vapore  alla  fine,  e 

24,  028  M 

per  la  quantità  d'acqua  che  si  trova  nel  condensatore. 

Neil' applicazione    della  formula   (178)  al  calcolo  della  quantità    d'acqua  da 
injettarsi  nella  macchina  a  vapore  a  condensazione,  si  può  trascurare  il  termine 


•('»+£) 


perchè  è  sempre  molto  piccolo;  la  formula  quindi  che  darà  la  quantità  d'acqua 
da  injettarsi,  sarà 

jì = — — — V — i (* 79) 

C  (t{  —  T) 


Il  numeratore  di  questa  frazione,  come  quello  dell'equazione  (178),  non  rap- 
presenta altro  che  la  quantità  di  calore  che  dovrebbesi  togliere  alla  massa  M 
a  volume  costante,  quando  la  temperatura  deve  abbassarsi  da  t  a  tl9  come  lo 
fanno  vedere  gli  studi  del  problema  VI,  e  la  formula  ivi  trovata  (160). 

Egl'è  appena  necessario  di  dire  che  questo  metodo  da  me  seguito  per  de- 
terminare l'acqua  da  injettarsi  per  la  condensazione  differisce  realmente  da 
quelli  fin  qui  dati  per  un  tal  calcolo  nelle  applicazioni  alle  macchine  a  vapore 
a  condensazione. 

Senza  fare  ulteriori  confronti,  basterà  solo  osservare  che  per  la  determina- 
zione di  quelle  formole,  finora  si  sono  fatte  delle  ipotesi  le  quali ,  secondo  la 
Teoria  Dinamica  del  Calore,  non  possono  più  sussistere. 

(Continua) 


FORZA  MOTRICE  IDRAULICA 
E  SUA  CORRELAZIONE  COI  VANTAGGI   DELL'INDUSTRIA. 

Nel  Voi.  XV,  pag.  558  di  questo  giornale  fu  pubblicato  un  breve  mio  cenno 
circa  il  vantaggio  industriale  che  potrebbe  procacciarsi  al  nostro  Paese  met- 
tendo a  profitto  la  forza  motrice  idraulica  che  in  tanta  copia  ci  viene  fornita 
da  potenti  corsi  di  acque  e  trasmettendola  a  distanza  per  essere  utilizzata  nei 
luoghi  ove  più  acconcio  ne  fosse  P  impiego.  Ad  esempio  di  questo,  citai  1  appli- 
cazione utilissima  che  avrebbe  potuto  farsene  raccogliendo  parte  della  forza  mo- 
trice fornita  dalla  caduta  delle  Marmore  e  trasmettendola  nel  piano  di  Terni, 
Per  motivi  che  indicherò,  sospesi  il  seguito  di  quell'articolo,  ma  ora  vengo  ad 
adempire  la  fatta  promessa. 

Per  istabilire  la  quantità  di  forza  motrice,  il  valore  netto  da  essa  annualmente 
creato  e  il  numero  degli  Operaj  impiegati  corrispondentemente  alle  tre  specie 
di  lavorazioni  che  compresi  nello  specchio  contenuto  in  quell'articolo,  avrei 
potuto  basarmi  sopra  risultati  di  ineccezionabile  generalità,  riportati  dai  molti 
trattati  speciali  che  concernono  le  industrie  citate,  e  perfettamente  applicabili 
col  dovuto  criterio  anche  alla  nostra  industria,  ma  per  posare  le  mie  considera- 
zioni sopra  basi  più  direttamente  legate  alle  proprie  e  speciali  condizioni  del 
nostro  paese,  mi  approfittai  di  ciò  che  viene  indicato  dalle  nostre  slesse  stati- 
stiche industriali,  desumendo  quelle  cifre  dalla  Statistica  sulle  industrie  manuali 
della  Provincia  di  Bergamo.  Anno  1861. 

Per  P  industria  della  filatura  del  lino  e  della  canape,  i  confronti  fatti  tra  vane 
manifatture  d'importanza  secondaria  danno  risultati  quasi  perfettamente  uniformi 
e  concordanti  con  quelli  che  possono  dedursi  dalla  grande  manifattura  di  Villa 
d'Alme,  i  quali  per  ciò  sono  stati  presi  per  norma  come  che  relativi  ad  uno  sta- 
bilimento assai  regolare  e  completo.  , 

Per  l'industria  della  lana  si  è  proceduto  nello  stesso  modo,  se  non  che  ì  con- 
fronti sono  stati  meno  concordi  nella  parte  dei  valori  prodotti  per  ciò  che  ri- 
guarda la  trasformazione  dei  filati  in  panni,  e  ciò  naturalmente  deriva  dalle  di- 
verse qualità  e  specie  dei  panni  prodotti,  dalle  diverse  tinte,  circostanze  tutte 
che  non  sono  notate  nella  statistica  citata;  ciò  non  pertanto  i  risultati  dedotti 
da  questa  parte  possono  riguardarsi  come  medie  certamente  non  troppo  alte.  I 
risultati  poi  di  tali  confronti  tanto  per  la  filatura  della  lana  greggia,  quanto  per 
la  trasformazione  dei  filati  in  panni,  concordano  assai  bene  con  quelli  forniti 
dai  principali  stabilimenti  di  Gandino.  Finalmente  per  la  fabbricazione  della 
carta  quella  statistica  non  ci  presenta  che  una  sola  fabbrica,  Alzano  Maggiore 
dove  si  faccia  la  lavorazione  a  macchina,  perciò  i  risultati  delle  altre  fabbriche 
non  sono  comparabili  con  questa ,  al  qual  tipo  non  ostante  deve  riportarsi  una 
cartiera  moderna;  tuttavia  si  sono  potute  stabilire  le  cifre  dello  specchio  con 
sufficiente  accordo  tra  i  risultati  di  questa  fabbrica  e  quelli  dati  da  diversi  au- 
tori e  specialmente  da  Armengaud.  Solamente  prendo  qui  occasione  di   riparare 


FORZA  MOTRICE  IDRAULICA  ECC.  15$ 

ad  una  omissione  fatta  nel  produrre  lo  specchio,  vale  a  dire  di  far  notare  che 
nella  fabbricazione  della  carta  non  si  usano  i  soli  stracci,  ma  vi  si  unisce  una  certa 
quantità  di  paglia  e  di  stoppa,  generalmente  in  parte  eguale;  nelle  cartiere  che 
sono  notate  nella  statistica  e  che  ho  preso  per  base  dei  miei  confronti  questa 
aggiunta  è  3,81  circa  del  peso  degli  stracci,  cosicché  alla  lavorazione  delle  8511 
tonnellate  di  stracci  notate  nello  specchio  bisogna  supporre  che  sia  contempo- 
ranea quella  di  32427  tonnellate  tra  paglia  e  stoppa,  cosicché  in  tutto  la  lavora- 
zione di  8511  tonnellate  di  stracci  suppone  quella  di  40938  tonnellate  di  materia. 
Senza  questa  correzione  le  cifre  della  forza  motrice,  corrispondente  alla  materia 
lavorata,  sarebbero  state  eccessive. 

Gli  elementi  pertanto  che  risultano  da  tutti  questi  confronti  si  riuniscono  nel 
seguente  quadro  : 


Materia  soggetta 

Quantità  consu- 

Genere del 

Forza  corri- 

Valore netto  creato 

alla  lavorazione 

mata  in  un  Anno 

prodotto 

spondente  in 
Cavalli 

per  ogni  Cavallo  di 
forza  impiegata 

Lino  e  canape 

1000  K. 

Filati  e  refe 

0,254 

3034  Lire 

Lana  greggia 

1000  K. 

Panno 

1,950 

2007     id. 

Stracci  (uniti  a 

3810   di   paglia 

e  stoppa) 

1000  K. 

Carte  diverse 

0,830 

1200      id. 

Le  cifre  portate  nell'ultima  colonna  di  questo  specchio  rappresentano  il  valore 
creato  dalla  forza  di  un  cavallo  (1)  nella  lavorazione  di  quelle  tre  specie  di  ma- 
teria, netto  da  ogni  spesa  di  materia  prima ,  di  ingredienti,  di  mano  d'opera  e  di 
interesse  del  capitale  immobilizzato  pei  fabbricati,  macchine  e  motori.  Esse  sono 
dunque  l'espressione  dell'utile  netto  che  ciascuna  delle  tre  industrie  prese  ad 
esame  fornisce  per  ogni  cavallo  della  forza  motrice  impiegatavi  e  sono  in  corri- 
spondenza di  quelle  cifre  che  nella  4.a  colonna  dello  specchio  precedente  forni- 
scono il  valore  netto  creato  colla  lavorazione  delle  quantità  di  materie  prime 
contenute  nella  2.a  colonna.  Esse  rappresentano  il  benefìcio  dell'industriale;  ma 
vuoisi  avvertire  che  il  valore  assoluto  creato  da  una  industria  è  invece  la  sem- 
plice differenza  fra  il  valore  della  materia  prima  e  quello  del  prodotto  ottenuto; 
non  bisogna  confondere  questo  valore  assoluto  con  quello  che  è  l'utile,  ossia  be- 
neficio dell'  industriante,  giacché  questo  beneficio  dipende  dalle  spese  accessorie 
di  mano  d'opera,  macchine,  fabbricati  ecc.,  ed  é  perciò  estremamente  variabile 
da  luogo  a  luogo ,  ed  in  uno  stesso  paese  varia  a  seconda  delle  circostanze  e 
condizioni  della  fabbrica  e  della  abilità  del  manifatturante.  Il  valore  che  una 
data  materia,  lino,  canapa,  lana,  stracci  acquista  diventando  tela,  panno,  carta, 
è  un  vero  valore  acquistato  al  paese  e  sul  quale  traggono  guadagno  l'operajo' 
l'industriante  ed  il  commerciante,  esso  rappresenta  la  ricchezza  procacciata  al 
paese  coli' industria  e  da  questa  ricavata  come  da  miniera  inesauribile. 

Ciò  posto  farò  avvertire  che  questo  valore  assoluto  creato  colla  manifattura, 
molto  più  costante  del  primo,  è  almeno  il  doppio  di  quello  che  rappresenta  l'u- 
tile netto  ossia  beneficio  del  manifatturiere;  questa  proporzione  non  è  affatto 
esagerata  mentre  si  possono  citare  dei   fatti   e  specialmente   relativamente   alla 


(1)  Per  forza  di  un  Cavallo  s'intendono  75  Kilogramraetri  misurati  sull'asse  del 


motore, 


156  FORZA  MOTRICE  IDRAULICA 

manifattura  del  lino  e  della  canape  dove  il  valore  assoluto  è  quasi  triplo  del- 
l'utile  netto.  Può  dunque  stabilirsi  senza  timore  alcuno  di  cadere  in  eccesso 
che  il  valore  assoluto  che  può  crearsi  col  concorso  della  forza  meccanica  dell'u- 
nità dinamica  cavallo  vapore,  è  in  un  anno: 

Per  la  manifattura  dei  lino  e  canape  di     ....     Lire  6068 

Per  quella  della  lana W.  4014 

P«r  quella  degli  stracci .    id.  2400 

Cosicché  il  totale  del  vero  valore  acquisito  al  paese  mediante  la  manifattura 
delle  quantità  di  materie  riportate  nel  primo  specchio  della  prima  parte  di  questo 
articolo,  col  concorso  della  forza  motrice  di  12182  Cavalli  sarebbe  non  minore 
di  Lire  45.520.000  all'anno. 

Che  se  poi,  come  è  logico  di  presumere,  per  l'attivazione  in  così  vasta  scala 
di  una  sorgente  di  forza  motrice  cotanto  economica  e  così  favorevolmente  situata 
per  l' industria  e  pel  Commercio,  siccome  lo  sarebbe  in  Terni  quella  che  io  pro- 
pongo e  della  quale  soltanto  ora  parlo,  si  aumentasse  per  naturale  conseguenza 
ia  quantità  dei  prodotti  naturali  lino,  canape,  lana  ecc.  sopra  quella  che  oggi 
costituisce  l'ordinaria  produzione  del  nostro  paese,  cosicché  col  tempo  andasse 
ivi  a  realizzarsi  l'impiego  di  una  forza  motrice  assai  più  considerabile,  allora 
non  solo  il  maggior  valore  assoluto  creato  con  la  manifattura  di  questi  nuovi 
prodotti,  ma  bensì  pure  il  loro  stesso  valore  dovrebbe  considerarsi  siccome  mag- 
gior ricchezza  acquistata  al  paese,  ed  ognun  vede  che  questa  nuova  ricchezza 
creata  al  paese  potrebbe  raggiungere  una  cifra  enorme. 

Dopo  tutto  ciò  però  sorge  spontaneo  il  dubbio  se  sarà  mai  possibile  che  nel 
nostro  paese  venga  ad  accrescersi  in  tal  modo  l'industria  manifatturiera,  po- 
tendosi temere  ch'essa  verrebbe  sempre  sopraffatta  dalla  concorrenza  della  in- 
dustria estera.  A  questo  dubbio  un  breve  confronto  risponde  vittoriosamente.  Ec- 
cettuate alcune  località  dove  e  con  gran  cura  si  è  approfittato  della  forza  motrice 
idraulica,  tutta  la  grande  industria  manifatturiera  estera  è  costretta  a  servirsi 
delle  macchine  a  vapore  per  suo  agente  motore.  Ora  anche  nei  paesi  meglio  fa- 
voriti sotto  il  rapporto  del  carbon  fossile,  l'azione  dei  motori  a  vapore  per  300 
giorni  e  per  10  ore  al  giorno  porta  una  spesa  non  minore  di  750  a  800  lire  per 
cavallo,  cosicché  relativamente  agli  opificj  attivati  dai  motori  idraulici  e  posti  a 
parità  delle  altre  circostanze  il  prodotto  manifatturato  corrispondente  a  ciascun 
cavallo  di  forza  è  in  quelli  gravato  almeno  di  una  spesa  maggiore  di  lire  700 
(calcolando  a  75  lire  circa  la  spesa  annua  dei  motori  idrulici).  Perciò  potendosi 
stabilire  che  l'  azione  di  un  cavallo  di  forza  produce  in  un  anno  circa 

3000  Kil.  di  lino  filato 
500    id.  di  panno  ordinario 
3000    id.  di  Carta  comune 

ne  risulta  a  vantaggio  di  una  tonnellata  di  ciascuno  di  questi  prodotti   ottenuti 
negli  opificj  idraulici  un  vantaggio  di 

Lire    233  pel  lino  filato 
id.  1400  pel  panno 
id,    233  per  la  carta 


E  SUA  CORRELAZIONE  ECC.  157 

A  questa  differenza  bisogna  aggiungere  quella  delle  spese  di  trasporto  che  non 
è  meno  di  20  lire  per  ogni  tonnellata  di  merce  proveniente  dal  Belgio,  da  Francia 
e  da  Inghilterra,  avremo  dunque  che  a  beneficio  della  nostra  industria  manifat- 
turiera posta  in  confronto  coli' estera,  esiste  un  vantaggio  tale  che  la  dovrebbe 
mettere  al  sicuro  da  ogni  concorrenza  assai  più  efficacemente  che  non  potreb- 
bero farlo  i  dazi  protettori.  Se  noi  vediamo  che  disgraziatamente  molte  delle 
nostre  industrie  non  prosperano  e  soffrono  il  danno  della  estera  concorrenza,  è 
mestieri  ripeterlo,  nella  generalità  dei  casi,  dalla  deplorabile  imperizia  colla  quale 
si  conducono  molte  delle  nostre  manifatture. 

Questi  risultati  li  ho  basati  sopra  le  condizioni  speciali  e  tutte  proprie  di  ana- 
loghe manifatture  stabilite  in  Italia  e  sebbene  le  statistiche  industriali  che  ho 
potuto  consultare  non  forniscano  sempre  dati  sicuri  e  completi,  tuttavia  per  ana- 
logia di  altre  deduzioni  ricavate  dalla  osservazione  di  estere  manifatture  ritengo 
che  possano  presentarsi  come  sufficientemente  esatti,  dovendoli  considerare  piut- 
tosto siccome  minimi  che  di  troppo  elevati. 

Dopo  queste  considerazioni  generali,  le  quali  mi  lusingo  che  potranno  convin- 
cere ognuno,  che  l'industria  manifatturiera  d'Italia  per  trovarsi  in  condizioni 
favorevolissime,  può  e  deve  necessariamente  svilupparsi  ed  accrescersi,  passo  a 
parlare  brevemente  della  particolare  applicazione  che  si  riferisce  all'enunciato 
progetto  di  raccogliere  una  parte  della  forza  motrice  della  caduta  delle  Marmore 
per  renderla  comodamente  ed  economicamente  utilizzabile  dalla  industria  nella 
pianura  di  Terni. 

Siccome  accennai  nel  principio  di  questo  articolo,  tre  sono  i  mezzi  che  si  pre- 
stano per  la  trasmissione  della  forza  a  grandi  distanze.  L'acqua  portata  artificial- 
mente ad  altissima  pressione  (50  atmosfere);  l'aria  compressa  a  mediocre  pres- 
sione (da  6  a  10  atmosfere  circa);  le  trasmissioni  funicolari  con  funi  metalliche 
a  grande  velocità,  dette  più  specialmente  trasmissioni  telodinamiche.  Il  primo  di 
questi  mezzi,  che  a  prima  vista  sembra  il  più  semplice,  nel  caso  nostro  speciale 
non  era  il  più  conveniente,  giacché  non  volendo  eccedere  la  pressione  ordinaria 
che  si  adotta  in  consimili  trasmissioni,  la  resistenza  della  lunga  condottura  avrebbe 
portato  una  considerevole  perdita  di  effetto  utile,  a  meno  che  non  si  fosse  adot- 
tato un  diametro  ben  grande  ed  incompatibile  allora  con  la  giusta  economia  del- 
l'opera  ;  mentre  poi  se  adottando  pure  pressione  molto  più  forte  si  fosse  dimi- 
nuito il  volume  d'acqua  necessaria  a  convogliarsi  e  così  si  fosse  reso  possibile 
un  minor  diametro  della  condottura,  si  sarebbero  allora  incontrati  molti  incon- 
venienti per  le  suddivisioni  della  forza  in  piccole  frazioni;  inoltre  un  tal  sistema 
sarebbe  stato  assolutamente  impraticabile  per  la  trasmissione  della  forza  nel  piano 
superiore  di  Rieti,  che  pure  conviene  di  avere  in  vista  ;  e  ciò  anche  per  la  sola 
forza  di  1500  cavalli;  peggio  poi  per  una  trasmissione  di  forza  tripla,  e  quadrupla 
e  sino  a  12000  cavalli. 

Tuttavia  questo  sistema  posto  in  altre  condizioni  diverse  da  quelle  della  tra- 
smissione principale,  ha  tanti  vantaggi  che  non  deve  essere  escluso  per  la  tra- 
smissione in  dettaglio  delle  piccole  forze  a  distanza  minore,  siccome  nel  seguito 
accennerò. 

La  trasmissione  ad  aria  compressa  quando  le  parti  del  sistema  sieno  convenien- 
temente coordinate,  non  dà  luogo  alle  medesime  sfavorevoli  condizioni,  e  perciò 
fu  questo  il  mezzo  che  ritenni  più  opportuno  di  essere  applicato,  non  però  senza 
dovere  adottare  qualche   speciale   disposizione   destinata  a  rendere   possibile    la 


158  FORZA  MOTRICE  IDRAULICA 

compressione  di  un  grande  volume  di  aria  quale  si  sarebbe  richiesto  per  la  tras- 
missione a  Terni  anche  di  soli  1500  cavalli  di  forza  (quale  si  dovrebbe  fare 
nell'esordio  dell'1  impresa)  ma  dopo  lo  studio  meccanico,  venne  lo  studio  econo- 
mico, e  mi  dimostrò  che  sotto  questo  rapporto  l'attuazione  del  progetto,  sebbene 
meccanicamente  possibile,  non  avrebbe  poi  fornito  un  risultato  economico  di  suf- 
ficiente utilità  industriale. 

Restava  dunque  l'altro  mezzo,  vale  a  dire  la  trasmissione  della  forza  col  sistema 
telodinamico ,  mezzo  che  pone  in  grado  di  far  valicare  alla  forza  lo  spazio  quasi 
senza  perdita  sensibile  di  effetto  utile.  Meglio  studiato  questo  sistema  ed  assicuratomi 
dei  risultati  pratici  che  esso  fornisce  nei  luoghi  dove  è  applicato  su  vastissima 
scala,  ebbi  a  convincermi  che  esso  era  il  solo  mezzo  applicabile  in  questo  caso, 
con  vera  utilità  industriale  tanto  sotto  il  rapporto  meccanico  che  sotto  quello  eco- 
nomico; a  parità  di  distanza  e  di  forza  trasmessa  esso  costa  dieci  volte  meno. 
Contro  una  tal  cifra  non  v'era  da  bilanciare,  e  questo  spiega  l'adozione  che  ne 
ho  fatto  invece  di  quello  ad  aria  compressa  che  aveva  annunciato. 

Il  sistema  è  tanto  semplice  che  a  darne  un'  idea  non  è  necessario  far  uso   di 

disegni.  '.    j. 

Una  turbina  ad  asse  orizzontale  di  quattro  metri  e  mezzo  di  diametro  serve 
di  motore  ad  una  grande  puleggia  a  tre  gole  del  diametro  di  quattro  metri  posta 
sullo  istesso  asse  della  turbina;  un'altra  puleggia  parimenti  a  tre  gole  e  dello 
stesso  diametro  è  posta  innanzi  a  questa  nello  stesso  suo  piano  e  col  suo  asse 
paralello  a  quello  della  prima  alla  distanza  di  sei  metri;  anche  su  questo  asse 
trovasi  una  turbina  identica  alla  prima.  Ciò  per  1'  apparato  motore  al  piede  della 
caduta.  Al  punto  dove  si  vuol  far  pervenire  la  forza,  presso  Terni  a  tre  kilometn 
e  mezzo  di  distanza  dall'apparato  motore,  è  installato  un  assieme  di  due  altre 
grandi  puleggie  identiche  alle  precedenti  e  identicamente  disposte,  se  non  che 
non  sono  munite  di  turbina  ;  i  loro  assi  portano  invece  direttamente  le  puleggie 
minori  e  in  quel  numero  e  in  quel  diametro  che  si  vuole,  destinate  alla  dira- 
mazione della  forza  ai  varii  stabilimenti.  Una  fune  d' acciajo  perpetua  del  dia- 
metro di  22  millimetri  abbraccia  ciascun  sistema  di  due  puleggie  in  un  modo 
analogo  a  quello  col  quale  una  fune  abbraccia  le  rotelle  d'una  taglia  comune. 
I  due°capi  della  fune  si  ricongiungono  con  una  semplice  impiombatura. 

Altrettanto  opportuno  quanto  semplice  congegno  permette  di  assegnare  il  mas- 
simo limite  di  forza  motrice  che  ciascun  opificio  potrà  derivare  dal  centro 
principale,  e  al  tempo  stesso  stabilisce  il  limite  dello  sforzo  che  sopporterà  la 
fune,  impedendo   cosi  qualunque  aumento  di  tensione   che  potesse   cagionarne 

la  rottura.  . 

Tralascio  di  parlare  degli  organi  regolatori  sì  del  volume  dell'acqua  lanciato 
sulle  turbine,  e  sì  del  movimento  delle  puleggie  stesse  onde  riesca  perfettamente 
uniforme  ed  identico  in  ambedue  quelle  che  formano  1'  apparato  motore,  essendo 
questi  organi  già  ben  noti,  e  qui  prendo  l'occasione  di  dichiarare  che  ritengo 
essere  principal  merito  di  questo  mio  progetto  il  non  esservi  in  esso  la  benché 
minima  invenzione;  nulla  vi  si  trova  che  non  sia  stato  già  efficacemente  provato  da 
prolungata  esperienza  di  pratico  esercizio,  e  ciò  io  credo  sia  la  massima  garanzia 
che  possa  desiderare  l' industria. 

Lungo  lo  spazio  che  passa  tra  l'apparato  motore  e  l'apparato  ricevitore,  cia- 
scuno dei  due  rami  della  fune  è  sostenuto  a  circa  ogni  100  metri  da  una  rotella 
di  ferro  fuso;  queste  rotelle  sono  collocate  a  due  a  due  l'una  accanto   all'altra 


E  SUA  CORRELAZIONE   ECC.  159 

sulla  sommità  di  altrettanti  pilastri  di  muro  quante   sono  le  coppie  di  rotelle, 
alti  sei  metri  ognuno  sul  piano  di  campagna. 

Queste  rotelle  di  sostegno  hanno  una  particolare  disposizione  adottata  dall' ing. 
Agudio,  e  che  fece  ottima  riuscita  nelle  esperienze  fatte  sul  piano  inclinato  del 
Dusino  sopra  un  sistema  di  trazione  funicolare  inventato  dal  medesimo  ingegnere, 
Questo  sistema  dalle  persone  più  competenti  dell'arte  è  giudicato  il  migliore 
dei  tanti  e  proposti  e  provati.  E  qui  di  passaggio  dirò  che  fino  dal  primo  concetto 
che  ebbi  di  questo  progetto  avendo  avuto  in  vista  1'  applicazione  che  in  un  modo 
o  nell'altro  avrebbe  potuto  farsene  per  l'esercizio  di  un  piano  inclinato  da  sta- 
bilirsi fra  la  pianura  di  Terni  e  quella  di  Rieti ,  ho  voluto  associarmi  nelT  im- 
presa lo  stesso  sig.  Agudio,  giacché  la  costruzione  di  una  ferrovia  tra  Terni  e 
Rieti  (che  dovrà  inevitabilmente  farsi  un  giorno)  non  potrebbe  avere  miglior 
soluzione  di  questa,  e  i  due  sistemi  funicolari  verrebbero  così  a  completarsi 
scambievolmente. 

Ma  tornando  alla  forza  motrice  da  trasmettersi  in  Terni,  dirò  che  l'acqua  mo- 
trice verrebbe  raccolta  prossimamente  al  ciglione  della  caduta  delle  Marmore,  e 
sulla  riva  sinistra  dei  Velino.  Il  luogo  si  presta  ottimamente  ad  una  facilissima 
derivazione,  e  fra  le  altre  ragioni  l'ho  prescelto  onde  evitare  più  o  meno  fon- 
date obbiezioni  che  avrebbero  potuto  farsi  contro  una  derivazione  fatta  in  qua- 
lunque altro  punto  del  fiume,  e  molto  più  se  prima  del  cosi  detto  ponte  re- 
golatore. 

Dal  punto  di  presa  d'acqua  si  diparte  un  canale,  che  nel  suo  corso  parte  sot- 
terraneo e  parte  sulla  costa  del  monte,  sviluppa  600  metri  di  lunghezza.  La  sua 
pendenza  è  di  0,005  per  metro  e  le  sue  dimensioni  sono  per  ora  calcolate  suffi- 
cienti a  fornire  metri  cubi  3,375  d'  acqua  per  ogni  minuto  secondo,  sufficienti 
a  fornire  la  forza  di  4500  cavalli  effettivi  al  punto  d'arrivo  della  forza  presso 
Terni,  avuto  riguardo  ad  ogni  sorta  di  resistenze  passive.  L'estremità  di  questo 
canale  viene  a  far  capo  in  un  bottino  di  muratura  costruito  in  modo  da 
potervi  immettere  due  grossi  condotti  di  ghisa  del  diametro  interno  di  M.  0,80. 
Il  livello  dell'acqua  di  questo  bottino  sovrasta  alle  bocche  degPinjettori  delle 
turbine  di  M.  167,75.  Tale  è  dunque  l'altezza  della  caduta  che  si  metterebbe  a 
profìtto  per  trarne  la  forza  motrice  coi  volumi  di  acqua  sopraindicati.  Il  detto 
bottino  è  collocato  in  un  punto  della  costa  del  monte,  che  domina  quasi  appiombo 
la  sottoposta  spianata  denominata  il  Toro,  e  nella  quale  verrebbero  stabiliti  i 
motori.  L'acqua  che  ha  agito  su  questi  ritornerebbe  immediatamente  ivi  stesso 
nel  fiume  Nera  ,  restandone  così  inalterata  la  sua  portata  e  il  suo  regime  e  per 
ciò  senza  arrecare  la  minima  alterazione  alle  derivazioni  che,  sia  per  irrigazioni 
sia  per  opifìcj  esistono  già  solo  inferiormente  a  questo  punto. 

Naturalmente  non  essendo  presumibile  che  fino  dal  principio  della  impresa 
una  forza  cosi  considerabile  possa  trovare  impiego,  sia  con  nuove  industrie  sia 
con  quelle  già  stabilite,  l'apparato  che  si  è  descritto  si  costituirebbe  nel  suo  in- 
sieme in  modo  soltanto  da  fornire  1500  cavalli  effettivi  di  forza.  Ma  questo  limite 
si  riversa  principalmente  e  quasi  unicamente  sulla  fune  di  trasmissione,  giacché 
le  quattro  grandi  puieggie,  i  due  motori  e  tutti  gli  altri  accessori  sarebbero  co- 
stituiti in  modo  che  con  modificazioni  di  pochissima  entità  e  quasi  senza  nes- 
suna spesa  potesse  la  forza  trasmessa  raddoppiarsi  col  solo  cambiamento  della 
fune  metallica,  cosicché  la  spesa  per  passare  da  1500  a  3000  cavalli  consisterebbe 
quasi  unicamente  in  quella  della  nuova  fune;  mentre  poi  è  da  notarsi   che   un 


160  FORZA  MOTRICE  IDRAULICA 

incremento  di  distribuzione  di  forza  qual  sarebbe  quello  di  1500  cavalli  impli- 
cherebbe l' attivamente)  di  molti  altri  opificj,  e  la  prima  fune  potrebbe  utilissi- 
mamente impiegarsi  nella  costituzione  delle  nuove  trasmissioni  parziali  che  ver- 
rebbero richieste;  devesi  dunque  ritenere  che  la  disposizione  sopradescritta  è  in 
sostanza  atta  a  fornire  e  trasmettere  la  forza  di  3000  cavalli.  Nei  piano  generale 
del  nostro  progetto  abbiamo  preveduta  1'  istallazione  di  quattro  apparati  identici, 
cosicché  il  risultato  finale  del  progetto  quando  lo  sviluppo  dell'industria  lo  ri- 
chiedesse, sarebbe  quello  di  fornire  nel  piano  di  Terni  la  forza  effettiva  di  12000 
cavalli.  Nel  qual  caso  si  dovrebbe  però  modificare  ed  ampliare  il  canale  supe- 
riore  dell'acqua,   in   modo   da   renderlo   capace   di   portare   9    metri    cubi    di 

acqua  in  1". 

Trattandosi  di  un  progetto  che  dovrebbe  realizzarsi  per  impresa  privata,  una 
legittima  riserva  vuole  che  non  si  prefìgga  fino  da  questo  momento  il  prezzo 
a  "cui  la  forza  motrice  potrebbe  esser  venduta  o  locata  alle  diverse  industrie; 
esso  naturalmente  dipenderà  dal  maggiore  o  minore  vantaggio  che  potrebbe  ri- 
cavarne ciascuna  specie  di  industria;  dalla  maggiore  o  minore  ricerca  che  si  farà 
della  forza,  e  finalmente  dal  maggiore  o  minore  benefìcio  che  l'impresa  giudi- 
cherebbe di  poterne  trarre  per  premio  dei  suoi  capitali.  Sarebbe  perciò  impos- 
sibile e  forse  anche  dannoso  lo  stabilire  sino  da  questo  momento  una  tariffa  di 
questa  forza;  quello  però  che  possiamo  dire  si  è  che  la  forza  motrice  ottenuta 
con  tal  mezzo  e  in  tal  proporzione  risulterebbe  di  un  prezzo  bassissimo  e  tale 
senza  alcun  dubbio  da  essere  non  solo  di  molto  inferiore  a  quello  della  forza 
ottenuta  coi  motori  a  vapore,  ma  bensi  pure  notevolmente  inferiore  a  quella 
che  si  potrebbe  ottenere  mediante  i  motori  idraulici  parzialmente  stabili  nei  sin- 
goli opificj. 

L'apprezzamento  dei  lavori  che  si  dovrebbero  fare  per  ottenere  effettivamente 
trasmessa  nel  piano  di  Terni,  e  nel  punlo  fissato  nel  progetto,  la  forza  di  1500 
cavalli  ne  fa  risultare  la  spesa  totale  pari  a  IL  Lire  300.000.  Supposto  pure  che 
per  questo  capitale  si  voglia  un  premio  ben  forte,  ed  aggiunto  anche  a  questo 
la  spesa  di  mantenimento  e  di  esercizio  (che  per  tal  genere  di  trasmissione  è 
piccolissima)  è  evidente  che  il  prezzo  annuo  a  cui  la  impresa  potrebbe  vendere 
la  forza  sarebbe  già  mitissimo  per  questo  stesso  primo  limite  di  1500  cavalli.  E 
siccome  per  raddoppiare  questa  forza  sarebbe  più  che  sufficiente  la  spesa  di  70000 
lire,  cosi  ne  risulta  che  la  forza  portata  alla  quantità  di  3000  cavalli  costerebbe 
alla  industria  circa  la  metà  del  prezzo  primitivo,  dando  alla  impresa  la  medesima 
proporzione  di  premio. 

Passando  invece  dai  3000  ai  12000  cavalli,  la  spesa  se  non  del  tutto,  riesce  però 
quasi  proporzionale  alla  forza  stessa ,  cosicché  da  questo  lato  non  si  conse- 
guirebbe un  abbassamento  di  prezzo  così  rilevante  come  prima;  tuttavia  esso 
sarebbe  sempre  notevole,  ed  assai  probabilmente  il  prezzo  di  vendita  della 
forza  potrebbe  ridursi  quasi  ad  un   terzo   del   primitivo ,  corrispondente  a   1500 

cavalli. 

Ora  cade  in  acconcio  di  far  osservare  che  la  forza  trasmessa,  come  ho  spie- 
gato, nel  piano  di  Terni  in  un  punto  unico,  quasi  come  a  stazione  generale, 
oltre  al  dividersi  e  diramarsi  con  ogni  facilità  e  con  grande  economia  in  ogni 
direzione  a  ciascuno  dei  vecchi  opificj  e  dei  nuovi  che  sorgerebbero,  potrebbe 
portarsi  e  suddividersi  nella  stessa  Città  di  Terni  per  uso  delle  piccole  industrie 
e  per  molti  usi  di  comodo  privato. 


E  SUA  CORRELAZIONE  ECC.  161 

Se  non  che  quando  queste  diramazioni  di  forza  nell'interno  della  Città  do- 
vessero essere  numerose  e  specialmente  suddivise  in  piccole  quantità,  siccome 
per  esempio  se  si  trattasse  di  distribuire  in  molti  punii  forze  di  1  cavallo;  Va 
cavallo;  Vi  di  cavallo  o  meno  ancora,  ad  uso  per  esempio  di  fornaj ,  calzolaj , 
sarti,  ferrari,  falegnami  ecc.  pei  quali  mestieri  tornerebbe  utilissimo  di  avere  di- 
sponibile in  qualunque  momento  e  con  qualsiasi  intermittenza  una  piccola  forza 
motrice,  in  tal  caso,  dico,  l'estendere  a  queste  piccole  suddivisioni  di  forza  il 
sistema  funicolare  nescirebbe  non  semplice,  né  economico.  In  tale  emergenza  si 
presta  mirabilmente  e  ne  ha  già  fatto  le  sue  prove  in  Inghilterra,  in  Scozia,  in 
Francia,  in  Belgio  e  altrove,  il  sistema  di  trasmissione  idraulica  ad  alla  pres- 
sione. Poca  acqua  portata  artificialmente  ad  elevata  pressione  con  un  mezzo 
meccanico  quale  sarebbe  per  noi  porzione  della  forza  presa  sull'albero  princi- 
pale delle  puleggie  d'arrivo,  potrebbe  con  tutta  facilità  e  semplicità  diramarsi 
con  un  condotto  e  altre  piccole  condottare  secondarie,  nell'interno  e  in  qua- 
lunque punto  della  Città  di  Terni,  dando  pure  il  vantaggio  di  una  distribuzione 
d'acqua  a  domicilio.  I  motori  idraulici  del  sistema  Armstrong  e  Ramsbottom 
(costruttori  inglesi),  i  quali  per  la  forza  di  1  cavallo  occupano  appena  lo  spazio 
di  un  quarto  di  metro  quadrato,  applicati  alle  estremità  di  queste  piccole  condol- 
ture  risolverebbero  il  problema  col  massimo  vantaggio. 

Tali  piccoli  motori  idraulici  si  fanno  della  forza  da  Vi  di  cavallo  a  quella  di 
5  06  cavalli:  occupano  come  ho  detto  pochissimo  spazio;  agiscono  senza  strepito 
alcuno  e  senza  che  si  vegga  l'acqua  motrice  che  le  mette  in  azione  e  perciò 
senza  produrre  la  minima  umidità  nel  luogo  ove  sono  collocate  e  che  perciò 
può  essere  una  camera  qualunque;  sono  semplicissime  e  solidissime  e  perciò 
non  esigono  nessuna  spesa  di  manutenzione,  altro  che  quella  di  un  poco  d'olio 
di  tanto  in  tanto.  Queste  prerogative  e  i  vantaggi  di  queste  macchine  ho  potuto 
constatare  io  stesso  principalmente  osservando  le  ingegnosissime  disposizioni 
meccaniche  con  le  quali  il  detto  sistema  è  applicato  nei  docks  di  Marsiglia  e 
di  Londra. 

Ecco  in  qual  modo  col  concorso  di  questi  due  sistemi  io  ritengo  che  sia  solo 
possibile  di  trasmettere  con  vero  industriale  vantaggio  nel  piano  di  Terni  una 
forza  motrice  considerevole  raccolta  dalla  caduta  delle  Marmore ,  per  distri- 
buirla a  quanti  opificj  si  voglia  e  diramarla  in  piccole  frazioni  nell'interno  della 
Città  stessa. 

Allorché  mi  pervenne  il  fascicolo  di  Settembre  di  questo  giornale,  nel  qual 
fascicolo  comparve  il  principio  di  questo  mio  scritto,  invece  di  comparire  in 
quello  di  Agosto,  siccome  avrebbe  potuto,  avendone  io  consegnato  il  mio  mano- 
scritto in  tempo  opportuno  al  chiar.  sig.  Marchese  Pareto  Direttore  del  Giornale, 
trovai  che  era  slato  preceduto  fino  dal  mese  di  Agosto  (1)  dalla  pubblicazione  di 
altro  scritto  dell'  Ing.  sig.  Ottavio  Coletti  sopra  lo  stesso  argomento  che  io  mi 
proponeva  di  trattare,  vale  a  dire  la  trasmissione  al  piano  di  Terni  di  una  parte 
della  forza  motrice  della  caduta  delle  Marmore,  circostanza  che  non  essendo  as- 
sociato a  questo  Giornale,  m'era  passata  inavvertita.  Non  volendomi   trovare   a 


(1)  Notisi  che  la  memoria  del  sig.  Ottavio  Coletti  ci  era  stata  data  dal  compianto  itlg.  Piatti  fin  dal 
mese  di  Aprile,  e  che  ne  fu  ritardata  la  pubblicazione  per  l' incisione  delle  tavole.  In  generale  la  pub- 
blicazione delle  memorie  è  fatta  in  ragione  dell'  epoca  in  cui  le  si  consegnano. 

La  Redazione. 


162  FORZA  MOTRICE  IDRAULICA  ECC. 

trattare  dello  stesso  argomento  contemporaneamente  ad  altri,  sospesi  il  seguito 
dei  mio  articolo.  Ora  che  col  fascicolo  del  passato  mese  di  Dicembre  il  signor 
Ing.  Goletti  ha  dato  fine  alla  sua  pubblicazione,  nella  quale  vedo  con  soddisfa- 
zione che  il  lodato  sig.  Ingegnere  trovasi  perfettamente  <T  accordo  colle  idee  ge- 
nerali già  da  me  esternate  in  precedenza  in  un  piccolo  programma  a  stampa 
che  sino  dal  mese  di  Aprile  io  pubblicai  e  feci  anche  pervenire  al  Municipio  di 
Terni,  proseguo  la  pubblicazione  del  mio  scritto. 

Si  può  in  questo  notare,  che  a  differenza  di  ciò  che  proponeva  in  quel  primo 
programma,  ho  interamente  abbandonata  l'idea  di  una  trasmissione  ad  aria  com- 
pressa, ma  ho  adottato  invece  la  molto  più  semplice,  molto  più  economica,  e 
molto  più  sicura  trasmissione  funicolare,  e  ciò  per  le  ragioni  che  qui  sopra  ho 
esposte.  Per  queste  stesse  ragioni  e  per  alcune  particolari  condizioni  delle  dispo- 
sizioni proposte  dal  sig.  Ing.  Coletti  io  sono  convinto  che  l'esecuzione  del  suo 
progetto  sarebbe  ben  lontano  dal  raggiungere  quei  risultati  meccanici  ed  econo- 
mici che  l'autore  se  ne  ripromette. 

Firenze,  li  7  Febbrajo  1868. 

Angelo  Vescovali  Ing. 


PROGETTO  DI  UN  PONTE   GIREVOLE 

DA  COSTRUIRSI   IN  MILANO 
PER  DARE  IL  PASSAGGIO  AI  CARRI  FRA  I  DUE  TRONCHI  DELLA  VIA  MONTEBELLO 

ED  ALLE  BARCHE  SUL  NAVIGLIO  DI  S.  MARCO. 

Ideato  dallo  scultore   Innocenzo  Fraccaroli   (1). 

(Vedi  le  tav.  7.a,  8.a  e  9.a) 


Si  è  al  savio  ed  imparziale  vostro  giudizio,  onorevoli  Colleghi,  ch'io  presento 
e  sottopongo  un  mio  progetto  di  un  ponte  sul  naviglio  di  S.  Marco,  onde  con- 
giungere la  via  Montebello,  interrotta  dal  naviglio  medesimo,  da  costruirsi  in 
modo  carrozzabile  e  mobile  al  tempo  stesso  pel  libero  passaggio  delle  barche. 

Fatto  sicuro  da  persona  autorevole,  come  si  possa  per  semplici  prescrizioni 
al  custode  della  vicina  conca  di  Piazza  S.  Marco  ottenere  V  acqua  sempre  ad  un 
livello,  mi  sono  proposto  di  sviluppare  simile  argomento  con  un  semplice  pro- 
getto, del  quale  vi  presento  il  piccolo  modello  ed  i  disegni  relativi,  persuaso,  che 
i  miei  intendimenti  non  saranno  indegni  di  esser  presi  in  considerazione,  quan- 
tunque provengano  da  un  estraneo  alla  scienza  meccanica  e  idraulica  dell'in- 
gegnere. 

Fu  adunque  mio  principal  pensiero,  quello  di  immaginare  il  ponte  in  modo 
girevole,  e  che  nella  sua  costruzione  importasse  il  minor  possibile  dispendio,  e  tale 
per  la  sua  semplicità,  da  rimuovere  ogni  idea  di  guasto,  e  fosse  eziandio,  il  più 
sollecito  e  facile  ad  aprirsi  e  chiudersi,  affine  di  non  interrompere  od  arrestare 
di  troppo  il  passaggio  dei  veicoli  e  dei  pedoni,  qualora  per  questi  ultimi,  non  si 
eseguisca  il  passatoio  già  indicato... 

A  raggiungere  tali  qualità,  che  erano  del  mio  precipuo  intendimento,  credetti 
opportuno,  che  un  galleggiante,  potesse  valer  meglio  a  questo  intento,  di  qua- 
lunque altro  mezzo  meccanico  più  complicato  ed  assai  più  dispendioso.  Diffatto,  io 
lo  applicai  sotto  l'estremità  dei  ponte  ove  si  sposta  dalla  riva  per  aprirsi,  e  tale 
applicazione  rispose  egregiamente  al  mio  concetto,  rendendo  così  facile  e  pronta 
l'operazione  di  aprirlo  e  chiuderlo,  da  esser  fatta,  io  penso,  forse  in  meno  di 
due  minuti. 

Come  facilmente  rileverete  dai  disegni  anzidetti,  e  dal  presente  piccolo  modello 
di  questo  ponte,  la  prontezza  e  facilità  di  simile  operazione,  derivano  dalla  sua 


(1)  Questo  progetto  fu  ideato  fino  dal  15  febbrajo  1867  e  comunicato   all'Ateneo  dì   Milano,   che  fu 
generoso  de' suoi  ertcomii  all'autore. 


464  PROGETTO 

semplicità,  che  non  ha  sfregamenti  od  attriti  ai  suo  movimento,  non  essendovi 
a  reggerlo ,  che  il  galleggiante  da  un  lato ,  ed  il  perno  dall'  altro  che  lo  tiene 
rialzato  ed  obbligato  a  posto. 

Le  carrucole  sottoposte  in  giro  sulla  piatta  forma,  sarebbero  inerti,  essendo- 
ché io  intenda,  sieno  queste  collocate  più  basse  di  due  centimetri  circa  rispetto 
a  quanto  il  ponte  sta  rialzato  dal  perno,  e  ciò  ai  solo  ed  unico  scopo  di  opporvi 
resistenza  nel  caso  transitasse  un  peso  straordinario  fuori  del  suo  centro,  e  po- 
tesse smuoverlo  dal  suo  livello. 

Tutti  gli  altri  pesi,  come  sarebbero  le  carrozze,  gli  omnibus,  i  carretti  ecc., 
io  sono  persuaso  non  potranno  mai  apportargli  alcuna  alterazione,  e  per  la  sua 
mole  assai  pesante,  e  perchè  ancora  nella  sua  esecuzione  in  grande,  poserà  in 
piano  sul  vivo  della  riva  opposta  per  cinque  e  più  metri  in  linea  orizzontale, 
obbligatovi,  dai  semplici  mezzi  indicati  che  lo  abbassano  per  12  centimetri  fer- 
mandolo in  modo  irremovibile  (vedi  Tav.  8,  fig.  1  e  2). 

E  si  è  con  un  simile  rialzo  di  12  cent,  ch'io  intenderei  registrare  il  ponte  col 
mio  galleggiante,  sempre  allo  scopo  di  evitare  attriti,  e  di  poterlo  aprire  senza 
ostacoli,  ancorché  il  livello  dell'acqua  mi  si  abbassasse  anche  di  10;  in  caso  op- 
posto, se  sarà  di  molto,  io  credo  resterà  anche  ferma  la  navigazione,  se  di  poco, 
il  mio  ponte  si  aprirà. più  facilmente,  e  richiamato  a  posto  con  una  piccola 
catena  fissata  alla  riva  che  deve  star  sempre  immersa  nel  naviglio,  il  suo  abbas- 
samento sul  vivo  della  riva,  sarà  egualmente  facile,  trattandosi  che  l'acqua  si 
avvallerà  obbediente  ai  bisogni  del  galleggiante   che   arriva   carico  del  peso  del 

ponte. 

Nel  caso  poi  che  le  circostanze  fosser  tali  da  rendere  al  livello  dell  acqua  un 
abbassamento  notabile,  ciò  che  arresterebbe  senza  dubbio  la  navigazione,  io  avrei 
tuttavia  provveduto  anche  a  questo  inconveniente,  inserendo  fra  il  ponte  e  le 
teste  del  galleggiante  due  regolatori  a  vite,  i  quali  mostrandosi  al  dissopra  del 
ponte  lungo  le  sbarre,  possono  esser  girati  per  una  chiave,  e  procurar  così  con 
sollecitudine  quell'abbassamento  al  galleggiante  che  più  abbisogna  (vedi  Tav.  8, 
fig.  3).  Ma  lo  scopo  di  queste  viti  è  quello  di  tener  sospeso  il  galleggiante,  nei 
casi  in  cui  vien  tolta  1'  acqua,  e  di  poterlo  levare  ad  un  bisogno. 

A  prevenire  poi  le  osservazioni  che  mi  si  potessero  fare,  cioè,  come  il  ponte 
sarebbe  esposto  a  dei  guasti  ove  sta  rattenuto  dal  perno  e  pei  suoi  movimenti 
fuori  delle  linee  del  suo  livello  ,  pel  galleggiante  che  lo  rialza  ed  abbassa  a  se- 
conda delle  oscillazioni  dell'acqua,  e  pel  transitare  dei  gravi  pesi  esternamente 
al  suo  centro,  siccome  ho  detto,  farò  osservare,  come  io  ritenga  d'aver  provve- 
duto anche  a  questo,  e  ciò,  coli'  ideare  il  perno  medesimo  fisso  sulla  piattaforma, 
e  sopravanzato  da  un  corpo  sferico  di  maggior  diametro  ,  il  quale  sarebbe  rice- 
vuto ed  abbracciato  da  una  calotta  di  bronzo  concentrica  (  egualmente  che  una 
ghianda  dal  suo  guscio),  inserta  di  sotto  in  su  stabilmente  nella  grossezza  del 
ponte,  e  con  tale'  applicazione,  io  non  dubito  di  averlo  reso  libero  nei  suoi  mo- 
vimenti e  salvo  da  qualunque  siasi  sconcio  (vedi  Tav.  8,  fig.  4). 

Ho  inoltre  posto  riparo  alla  riva  destra  del  naviglio,  acciocché,  accostandosi  il 
ponte  con  forza  per  la  spinta  che  riceve  più  o  meno  gagliarda,  da  chi  lo  apre, 
non  abbia  a  scomporla,  e  questo  consiste  in  un  pala  immersa  nell'acqua,  mobil- 
mente sorretta  da  un  braccio  sporto  da  una  trave,  conficcata  sul  fondo  del  canale 
a  perpendicolo,  rasente  il  muro  della  riva:  questo  congegno  pescando  nell'acqua 
offre  una  cedevole  resistenza,  e  fa  sì,  che  l'urto  del  ponte  non  passi  alla  nva3e 


DI  UN  PONTE  GIREVOLE  ECC.  165 

si  raddolcisca  ed  annienti  contro  questa  pala  ,  che  dista  un  metro  circa  dalia 
riva  (vedi  Tav.  8,  fig.  5). 

Alla  riva  opposta  dove  il  ponte  si  chiude,  avrei  pure  raddolcito  l'urto  appli- 
candovi un  cuscino  di  gutta  perca  (vedi  Tav.  8,  fig.  6) 

Da  questa  mia  breve  descrizione,  e  colla  scorta  del  piccolo  modello  di  questo 
ponte,  e  de' suoi  disegni,  io  spero,  egregi  Colleghi,  di  aver  chiarito  e  dimostrato: 

i.°  La  minima  spesa  nella  sua  costruzione  riducendola  (col  mio  concetto)  ad 
una  piccola  barca:  fatta  astrazione  ben  inleso  di  quella  dei  ponte  colle  sbarre, 
manufatti  ecc.  ecc.  che  occorrerebbe  sempre  qualunque  fosse  il  sistema  che  si 
volesse  adottare. 

2.°  La  ben  lontana  possibilità  di  guastarsi,  perla  speciale  sua  semplicità,  non 
presentando  alcuna  complicazione. 

3.°  La  facilità  e  prontezza  d'aprirlo  e  chiuderlo:  cose  tutte  importanti  e  degne 
a  mio  credere,  d'esser  prese  in  quella  considerazione  che  si  meritano,  come  pure 
la  singolarità  che  presenta  per  la  sua  forma,  di  chiudere  la  pubblica  via  colla 
propria  sbarra  quando  gira  per  dare  il  passo  alle  barche. 

Per  tutto  quanto  poi  riguarda  alla  solidità  di  quest'opera,  alla  giustezza  delle 
proporzioni,  all'esattezza  e  giudiziosa  esecuzione  di  ogni  singola  sua  parte,  io 
non  dirò  parola  alcuna,  appartenendo  tutto  ciò  a  coloro  che  si  conoscono  scien- 
tificamente di  quest'arte;  io  sarò  pago  e  soddisfatto,  se  tali  mie  indicazioni  var- 
ranno a  favorire  la  effettuazione  di  quest'opera  che  è  tanto  reclamata. 


15  febbrajo  1867. 


Innocenzo  Cav.  Fraccaroli 

Prof,  di  scultura,  e  socio  effettivo  dell'Ateneo. 


Giorn.  Ing.  -  Voi  XVI.  -  Febb.  e  Marzo  1868.  il 


IL  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 
DELLE  ROTAZIONI  A  PERNO  SFERICO  E  A  CAPSULA  LIBERA 


Vedi  tavola  10." 


I  cerni  sferici  furono  tentati  più  volte  dai  costruttori ,  specialmente  per  dar 
luco  nel  perno  a  movimenti  laterali:  ma  tutte  le  costruzioni  ordinarie  di  questo 
genere  in  cui  una  sfera  si  muove  entro  un  cuscinetto  sferico  fisso,  diedero  in 
pratica  cattivi  risultati  in  grazia  del  pronto  deterioramento  che  avviene  per  causa 
dell'essere  le  pressioni  assai  inegualmente  ripartite  sulle  superfici  sfregante..  Il 
P  Porro  invece  ideò  e  costrusse  in  varie  macchine  dei  perni  sferici  fondati  sopra 
tuli' altro  principio  e  che,  a  quanto  egli  afferma  ,  diedero  i  più  splendidi  risul- 
tati Ivi  la  sfera,  con  cui  supporremo  che  termini  il  perno,  si  appoggia  e  si  muove 
entro  una  capsula  sferica  il  cui  asse  fa  un  angolo  coll'asse  dell'albero  che  gira: 
la  capsula  poi  è  appoggiata  al  sostegno  fisso  per  un  solo  punto  e  può  quindi 
girare  e  muoversi  in  tutti  i  sensi  intorno  a  questo  punto  in  virtù  dell  az.one 
comunicata  dal  perno.  Il  principio  stabilito  dal  P.  Porro  e  da  lui  verificato  sempre 

in  pratica  è  il  seguente: 

Ammesso  piccolissimo   ?  attrito  nel  punto   d' appoggio  della  capsula  sul  sostegno, 
esiste  un  rapporto  fra  la  velocità  angolare  che  prende  la  capsula  e  quella  del  perno 
il  quale  dipende  unicamente  dall'angolo  che  fa  l'asse  della  capsula,  con  quello  del 
perno  e  daW  ampiezza  della  capsula,  ed  è  affatto  indipendente   tanto  dalla  natura 
delle  superfici  del  perno  e  della  capsula,  quanto  dal  loro  stato  di  lubrificazione. 

Come  caso  particolare  di  questo  principio  avviene  in   pratica  che,   quando  la 
direzione  dell'asse  dell'albero  passa  pel  bordo  della  capsula,  ossia  tocca  il  pa- 
rallelo massimo  che  termina  la  capsula,  il  rapporto  fra  le  due  velocità  accennate 
risulta  esattamente  di  1  :  2.  ...... 

Non  avendo  notizia  che  la  dimostrazione  teorica  di  questo  principio  sia  stata 
trattata  e  pubblicata  da  alcuno,  io  scriveva  al  mio  amico  e  distinto  matematico 
ing  Antonio  Pievani,  invitandolo  ad  occuparsi  della  dimostrazione  stessa  e  del 
ritrovamento  dell'equazione  che  lega  fra  loro  teoricamente  le  due  velocita  ango- 
lari sopra  indicate.  . 

La  lettera  che  io  ricevetti  in  risposta  è  quella  che,  avuta  la  necessaria  auto- 
rizzazione, credo  bene  di  pubblicare,  fattavi  qualche  leggera  modificazione  neces- 
saria per  darvi  il  più  possibile  il  carattere  9  un  articolo,  pel  quale  non  era  stata 
scritta  dall'  autore.  Con  ciò  spero  che  il  prof.  Porro,  il  quale  in  fondo  è  l'autore 
primo  della  questione,  vorrà  occuparsi  di  fare  tutti  gli  appunti  e  le  osservazioni 
che  crederà  in  proposito ,  nonché  di  esporre  tutti  i  vantaggi  pratici  da  lui  tro- 
vati in  queste  costruzioni,  rendendo  così  la  questione  stessa  assai  più  chiara  e 

meglio  nel  dominio  del  pubblico.... 

8  Ing.  E.  Olivieri. 


PRINCIPIO  FONDAMENTALE   ECC.  167 

Il  circolo  soltanto  delineato  (Tav.  10.a  fig.  l.a)  rappresenta  la  sezione  massima 
della  testa  sferica  dell'albero  fatta  col  piano  ove  giaciono  l'asse  dell'albero  e 
quello  della  capsula. 

Il  segmento  ombreggiato  segna  la  projezione  della  superfìcie  interna  della  cap- 
sula sul  piano  della  figura  £.*, 

A  B  ==  è  l'asse  della  capsula. 

ab  =  è  l'asse  dell'albero. 

w  =  l'angolo  compreso  fra  detti  assi. 

Per  un  noto  teorema  relativo  alla  composizione  dei  moli  rotatorii,  la  rotazione 
della  testa  sferica  (o)  dell'albero  (ab)  intorno  al  proprio  asse  con  velocità  an- 
golare (v)  equivale  a  due  distinte  simultanee  rotazioni  della  sfera,  l'una  delle 
quali  misurata  da  velocità  angolare  (v  cos  (co))  si  effettui  intorno  l'asse  stesso  della 
capsula  (AB)  e  P  altra  animata  dalla  velocità  angolare  (t>sen(o>))  si  compia  in 
giro  all'asse  (  a  (3  )  normale  la  retta  (AB).  Giova  a  chiarezza  esaminare  sepa- 
ratamente gli  effetti  di  simili  due  componenti  ortogonali  della  rotazione  dell'al- 
bero sulla  capsula  che  gli  serve  d'  appoggio. 

La  prima  delle  due  indicate  rotazioni  parziali  tende  visibilmente,  in  virtù  del- 
l'attrito, a  comunicare  alla  capsula  ristessa  velocità  angolare  (v  cos  (co))  intorno  il 
di  iei  asse  (AB)  fatta  astrazione  dalla  resistenza  opposta  al  moto  dall'inferiore 
punto  d'appoggio  della  capsula  e  dalla  di  lui  inerzia,  che  alla  sua  volta  tende  a 
diminuire  la  velocità  dell'albero.  È  facile  il  convincersi  che  il  moto  rotatorio 
della  capsula  e  della  testa  sferica  non  si  renderà  equabile  se  non  allora  che  le 
rispettive  velocità  angolari  divengano  eguali  e  dirette  nello  stesso  verso,  nel  qual 
caso  si  annulla  ogni  reciproca  influenza  fra  la  capsula  e  l'albero  perciò  che  ri- 
sguarda  la  parziale  rotazione  in  discorso. 

La  seconda  delle  indicate  rotazioni  complementarie  che  si  compie  in  giro  al- 
l'asse («p)  ortogonale  a  quello  della  capsula,  in  virtù  d'attrito,  tende  impri- 
mere alla  capsula  stessa  due  opposte  rotazioni  intorno  il  di  lei  asse  (AB)  cagio- 
nala l'una  dall'azione  della  testa  sferica  rotante  sulla  metà  dell'interna  superficie 
della  capsula  situata  a  destra  della  retta  (AB)  e  l'altra  voluta  da  analoga  azione 
sull'altra  metà.  A  seconda  che  predomini  l'uno  o  l'altro  di  simili  due  impulsi 
rotatorii  opposti,  la  capsula  ne  conseguirà  un  aumento  od  una  diminuzione  nella 
velocità  impressale  dalla  componente  del  molo  rotatorio  dapprima  considerata. 

La  rotazione  dell'albero  adunque  in  forza  dell' attrito  (che  può  diversificare 
dall'uno  all'altro  punto  di  contatto  fra  le  due  superfici  combaciami  della  testa 
sferica  e  della  capsula)  imprimerà  ad  ogni  nuovo  istante  del  moto  un  particolare 
impulso  rotatorio  differenziale  alla  capsula  aggirantesi  intorno  il  proprio  asse  (AB). 
Simile  urto  acceleratore  istantaneo  dipenderà  in  valore  dalle  velocità  angolari  pre- 
concepite dall'albero  e  dalla  capsula  siccome  anche  dall'inclinazione  de' rispettivi 
assi  e  dal  tempo  trascorso  dal  principio  del  moto  all'istante  che  si  considera. 
Avvenendo  che  per  i  particolari  valori  assunti  dalle  accennate  variabili  alla  fine 
di  certo  tempo  (t)  risultasse  nulla  delta  spinta  differenzi  ale,  il  moto  si  sarebbe 
evidentemente  stabilito  o  reso  costante.  Eguagliando  dunque  a  zero  l'espressione 
analitica  dell'istantaneo  impulso  rotatorio  che  la  capsula  riceverebbe  alla  fine 
di  un  qualsiasi  tempo  (t)  dallo  strofinamento  dell'albero  rotante,   si  avrà  nella 


168  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 

equazione  che  risulta  la  desiderala  relazione  che  lega,  allo  stabilirsi  del  moto,  la 
velocità  angolare  della  capsula  a  quella  dell'  albero.  A  tutta    esattezza  dallo  im- 
pulso differenziale  suindicato  dovrebbero    sottrarsi  le  opposte   spinte    istantanee 
derivanti  alla  capsula  dall'attrito  del  di  lei  perno  o  punto  d'appoggio   inferiore 
e  quelle  derivanti  all'albero  dall'attrito  contro  i  punti  di  sostegno  del  medesimo 
che  tendono  annullare  il  movimento.  Ma  la  ordinaria   piccolezza   estrema    di  si- 
mili attriti  in  pratica  permette  senza  tema  d'errore  sensibile    di    non    averli  in 
considerazione  principalmente  ove  venga  posto  studio  a  scemarli  d'avvantaggio. 
Sciogliendo  coli5  analisi  il  quesito  proposto  e  cercando    non   solo   la  relazione 
che  vincola  le  velocità  angolari    dell'albero   e  della    capsula    allo    stabilirsi   del 
moto  ma  benanco  il  loro  distinto  valore  in  funzione  del  tempo   onde  conoscere 
lo  stato  delle  rotazioni  ad  ogni  istante,  si  trova  che  ,  per  il  tempo   nel  quale  le 
velocità  angolari  della  capsula  e  dell'  albero  assumerebbero  le  grandezze   soddi- 
sfacenti, l'equazione  differenziale  cui  sopra  è  nientemeno  che  l'infinito.  Simile 
risultato  ne  avverte  che  dal  principio  del  moto  in  avanti  il  medesimo  tende  con- 
tinuamente a  rendersi-  equabile  senza  che  si  possa  però  dire  tale  giammai.  For- 
tunatamente le  serie  che  rappresentano  le  velocità  angolari  in   discorso  in  fun- 
zione  del   tempo   sono   si   fattamente   convergenti   che   dopo   brevi   istanti   dal 
principio  del  moto  le  due  rotazioni  dell'albero  e  della   capsula  si  ponno  avere 
in  pratica  per  equabili  e  sensibilmente  appare  raggiunto  il   limite   della  desiata 
costanza  nel  movimento.  Ciò  premesso,  si  noti  che,  tenendo  omogenea  nelle  sue 
diverse  parti  la  superficie  concava  della  capsula   ed   omogenea   eziandio  quella 
convessa   della  sfera  che  la  strofina,  l'attrito  sarà  in  ogni  punto   proporzionale 
alla  pressione  che  ivi  ha  luogo  fra  le  due  superfici  combacianti.  Però,  designato 
con  (a)  un   coefficiente   costante  dipendente   dalla   materia   di   cui  constano   le 
superfici  in  esame  e  dalle  condizioni  varie  di  lubricità  loro,  e  segnando  con  (P) 
la  massima  variabile  della  pressione  che   stringe  in  un  qualsiasi  punto  di  coor- 
dinate tà>,*)  fra  loro  le  superfici  della  sfera  e  della  capsula,  il  valore  dell'at- 
trito in  qualsivoglia  punto  di  contatto  sarà  espresso  dal  prodotto  (a  P)  ove  (a)  è 
costante  mentre  (P)  varierà  generalmente  colle  (x,y,z).  Sia  ora  (e)   l'elemento 
della  superficie  sferica  nel  punto  di  coordinate  (x,y,z)  animato  a  seconda  dei 
tre  assi  ortogonali  (X,  F,  Z)  (1)  dalle  velocità  (t?l5»2,t>3)  e  sieno  Oi>w2>%)  *e 
analoghe  componenti  della  velocità  del  combaciante  elemento  appartenente  alla 
superficie  concava  della  capsula;  saranno: 

dt  ape  (fa  —  u{)  ,  dtape{v.2~u^)  ,  d  t  a  p  e  (%  —  m3) 

gl'impulsi  rettilinei  che  alla  fine  del  tempo  (t)  e  nell'istante  (dt)  riceverà  a  se- 
conda delle  tre  coordinate  l'elemento  di  superfìcie  della  capsula.  Moltiplicando 
detti  impulsi  per  le  distanze  delle  loro  direzioni  dall'asse  della  capsula  e  divisi 
in  seguito  tali  prodotti  pel  costante  momento  d'inerzia  della  capsula  stessa  in- 
torno il  di  lei  asse  (AB)  si  avranno  nelle  risultanti  quantità  integrate  nell'esten- 
sione della  superficie  interna  della  capsula  le  tre  componenti  dell'impulso  rota- 
torio differenziale  ossia  istantaneo  di  cui  era  parola  più  sopra.  Di  leggieri 
argomentasi  che  i  termini  componenti  l'espressione  analitica  dell'impulso  istan- 
taneo derivante  alla  capsula  dalla  rotazione  dell'albero,  si  troveranno  tutti  mol- 
tiplicati pel  fattore  costante  (—  )  ove  (d  t)  segna  l'elemento  del  tempo,  (a)  il 


DELLE   ROTAZIONI  A    PERNO   SFERICO   ECC.  169 

coefficiente  d'attrito  ed  (m)  il  momento  d'inerzia  della  capsula  rispetto  il  di  lei 
asse  di  rotazione.  L'equazione  ottenibile  dallo  eguagliare  a  zero  detto  impulso 
liberata  dall'accennato  fattore  costante  comune  a  tutti  i  dilei  termini  non  invol- 
gerà più  elemento  di  sorta  che  tenga  alla  lubricità  o  fisica  costituzione  delle  su- 
perficie sferiche  in  contatto  e  neanche  al  momento  d'inerzia  della  capsula.  Da 
qui  la  spiegazione  del  fatto  primamente  notato  dal   Gh.  P.   Porro. 

Compendiosamente  trovasi  qui  indicato  il  metodo  seguito  nella  risoluzione  del 
proposto  quesito  meccanico-fisico,  ma  non  ancora  si  disse  della  massima  difficoltà 
che  si  oppone  all'esame  teorico  dell'argomento.  Onde  approfondire  studi  di  tal 
natura  occorre  la  soluzione  del  seguente  problema  meccanico-fisico.  —  Date  due 
superlìci  combaciami ,  la  posizione  e  la  direzione  della  risultante  delle  forze 
che  fra  loro  le  comprimono,  de-terminare  le  diverse  pressioni  che  ne  vengono  a 
soffrire  i  diversi  elementi  delle  stesse. 

Allorché  un  piano  si  appoggia  ed  è  spinto  contro  a  più  di  tre  punti  non  situati 
nella  slessa  direzione,  il  problema  di  valutare  le  pressioni  che  ne  soffrono  i  punti 
d'appoggio  è  indeterminato  teoricamente  per  la  supposizione  di  assoluta  rigidità 
che  la  meccanica  razionale  ammette  nei  piani;  ed  a  ragione  Poinsot  taccia  di  er- 
ronea la  dichiarazione  del  D'Alembert  che  asseriva  essere  tal  quesito  superiore 
alle  attuali  forze  del  calcolo,  qualora  però  non  sia  più  giusto  il  credere  inten- 
desse parlare  della  mancanza  d'apposita  teoria  che  riguardi  l'argomento  e  de- 
sunta dalle  più  probabili  ipotesi  circa  la  costituzione  dei  corpi  ed  alla  elasticità 
delle  superfici  loro. 

Frattanto  si  noti  che,  qualsieno  le  superfici  combaciane,  il  sistema  delle  pres- 
sioni sempre  perpendicolari  nei  diversi  punti  ove  hanno  luogo  alla  superfìcie 
compressa  deve  fare  equilibrio  alla  forza  comprimente  e  che  per  conseguenza 
detto  sistema  di  forze  normali  alle  superfici  combaciami  è  uno  di  quelli  che 
ammettono  riduzione  ad  una  semplice  forza  e  che  soddisfano  la  nota  eguaglianza 
di  condizione.  Sia: 

9  (%,  IJ,Z)  =  0 

l'equazione  comune  delle  superfici  combaciami  riferite  ad  assi  ortogonali  e  si 
designino  con  (z\zt)  rispettivamente  le  derivate  parziali  della  (z)  rispetto  le 
(x  ,  y)  e  con  (P)  si  rappresenti  quella  funzione  delle  coordinate  che  dona  la  pres- 
sione nei  diversi  punti  della  superfìcie  compressa.  Sia  anche  (F)  la  forza  com- 
primente; (a,  b,  e)  sieno  le  coordinate  di  un  punto  della  di  le  direzione  la  quale 
faccia  coi  tre  assi  delle  (x9p,-£)  rispettivamente  gli  angoli  (a,  p,  y). 
Sarà  : 


2 


dX.dlJ.  |/l  -f-  2'2. 

l'elemento  delle  superfìcie  combaciami  nel  punto  qualsiasi  di  coordinate  (x,  y,  z). 

(d  x.  d  y.  z'  P,  dx.d  y.  ztP,  —  dx.d  y.  P). 

Saranno  le  tre  componenti  della  pressione  dirette  a  seconda  i  tre  assi  nominati, 
di  che  è  facile  convincersi  osservando  tenersi  identica  la  pressione  in  ogni  punto 
dello  stesso  elemento  superficiale  infinitesimo  e  che  per  conseguenza  ogni  ele- 
mento reagirà  colla  forza 


470  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 

(d  X.  d  y.  P.  Vì+^^+^j 

normale  la  superficie  compressa.  Essendo: 


x.  -1 


j/iq^qr^'  \Zì+z'*+zy  |/i+*'2  +  *,2 

i  coseni   degli  angoli  formati  dalla  retta  perpendicolare  nel  punto  di  coordinate 
(x,  y,  z)  alla  superficie  9  (x,  y,  z)  —  0 

+  dxdy(y  +  zz,)P  ,  -  dxdy  (x  +  zz')  P  ,  +  dx.  dy  {yz' —  xz) 

rappresenteranno  i  tre  momenti  della  pressione  elementare  rispetto  gli  assi  coor- 
dinati delle  (x,y,z)  nel  mentre  che: 

F  cos  a  ,  F  cos  (p)  ,  F  cos  (Y)  ,  F  (e.  cos  (p)  -  &  cos  (Y))  ,  F  (a.  cos  (y)  -  e.  cos  (a) , 

F  (&  cos  (a)  —  a.  cos  (0)) 

rappresenterebbero  ordinatamente  le  tre  componenti  ed  i  tre  momenti  della  ri- 
sultante 0  forza  comprimente.  Di  là  si  hanno  le  sei  equazioni  d'equilibrio  fra  le 
pressioni  e  la  forza  che  comprime  l'una  sull'altra  le  due  superfici. 

ffdx.dy.z' P  =  F.  cos  (*)  ,  ffdx.dyz,P=--F.co$($)  ,  fjdx.  dy  P=  -Fcos(T) 

fjdx.  dy  (y  +  z. z,)P=F.  (e.  cos  p  -  5.  cos  (T))  ,  ff  d  x.  d  y  (x  +  zz')  P  = 

=  F  (e.  cos  (a)  —  a  cos  (Y)) 

JJd x.dy{yz'  —  xz)P  —  F (b.  cos  (a)  —  «.  cos  (p)) ; 

a  queste  va  aggiunta  l'equazione  di  condizione  perchè  il  sistema  delle  pressioni 
possa  essere  equilibralo  da  una  semplice  forza,  equazione  la  quale  è  come 
è  noto 

fJdx.dy.z'PXffdx.dy(y  +  zz)P-fSdx.dyzfPXfSdx.dy(x  +  z.z')P 

—  SSdx.dyPYsSSdx.dy(yz'-xz)P^o 

Non  occorre  dire  come  in  virtù  di  quest'  ultima  le  tre  dei  momenti  anteesposte  si 
riducono  in  sostanza  a  due  soltanto,  onde  sei  appunto  né  più  né  meno  sono  le 
equazioni  che  si  hanno  perla  determinazione  della  funzione  (P)  che  interessa  e 
che  là  trovasi  involta  negli  integrati  duplicati  i  quali  sono  definiti  e  vanno  estesi 
sino  ai  limiti  delle  porzioni  di  superficie  che  fra  loro  combaciano. 

Non  ostante  le  sei  equazioni  esposte  il  nostro  problema  non  riesce  gran  fatto 
meno  indeterminato  mentre  è  evidente  che  infinite  funzioni  di  forza  diversa  po- 
ste nelle  stesse  a  luogo  della  (P)  soddisferebbe™  0  potrebbero  soddisfare  quelle 
equazioni  ad  integrali  definiti. 


DELLE  ROTAZIONI  A  PERNO  SFERICO  ECC.  171 

Ordinariamente  basterà  all'uopo  scegliere  a  piacere  una  qualsiasi  funzione 
contenente  almeno  sei  costanti  da  determinarsi  mediante  quelle  sei  eguaglianze. 
Altri  dati  e  condizioni  più  specificanti  fan  bisogno  ad  individuare  la  funzione  (P) 
e  questi  non  ponno  essere  desunti  che  dalla  natura  delle  superficie  tìsiche  fra 
loro  compresse  e  dalla  esterna  costituzione  molecolare  dei  corpi.  Sventurata- 
mente la  scienza  non  possiede  in  proposito  che  nozioni  molto  vaghe  se  non  del 
tutto  ipotetiche  onde  i  risultamenti  analitici  delle  teorie  che  vi  si  appoggiano 
vogliono  avanti  essere  accolti  passare  per  il  crogiolo  di  molteplici  e  ben  diretti 
pratici  esperimenti. 

V'hanno  tuttavia  alcuni  pochi  casi  nei  quali  la  teoria  ed  il  ragionamento  ba- 
stano a  sé  stessi  nella  soluzione  d'analoghi  quesiti;  p.  e.,  se  due  piani  fisici  rigidis- 
simi e  ben  levigati  sono  compressi  fra  loro  da  una  forza  normale  passante  pel 
comune  loro  centro  di  gravità ,  è  evidente  che  le  pressioni  in  ogni  eguale  ele- 
mento dei  medesimi  risulteranno  eguali  mentre  non  v'ha  ragione  alcuna  a  dif- 
ferenza. Qui  supporremo  alla  determinazione  del  problema. 

l.°  Che  le  superficie  fisiche  in  contatto  cedino  alquanto  sotto  la  pressione  per 
originare  nella  elasticità  delle  molecole  compresse  le  forze  di  reazione  che  equi- 
librano le  prementi. 

%°  Che  detta  reazione  sia  in  ogni  punto  proporzionale  alla  quantità  (benché 
infinitamente  piccola)  di  cui  ebbe  a  cedere  sotto  la  pressione  la  superficie 
compressa. 

3.°  Reciprocamente:  che  la  quantità  tenuissima  di  cui  s'abbassa  o  cede  la 
stessa  superficie  ne' suoi  diversi  punti  sia  ovunque  proporzionale  alla  pressione 
che  vi  ha  luogo. 

Ciò  ammesso  il  problema  onde  è  parola  trovasi  completamente  determinato, 
come  si  vedrà  : 

Sia: 

9  (x,  y,z)=o 

l'equazione  della  superficie  compressa  o  comprimente  e  s'immagini  traslocata 
comunque  ma  sempre  d'una  quantità  infinitesima  l'una  o  l'altra  di  tali  super- 
fìci  combacianti  e  si  designino  con  (x9'y, z)  le  nuove  coordinate  della  superficie 
spostata.  Si  avranno  per  le  note  formole  relative  alla  permutazione  delle  coor- 
dinate le  seguenti  equazioni 


x  —  x  -\-  a0  -\-  a.i  x  -\-  a.%  y  -{■  a.3  z, 

y  =  y  +  &o  +  h-  *  +  h-  y  +  M 

z^ÌJrc0Jrcl.x-j-c2.y  +  c3.  % 


a22  _|_  (1  _j_  fc2)2  +  C22  =  1 

ah  +  bh  +  (1  +  ftp  =  1 


«2  (1  +  «i)  +  h  (1  +  h)  +  ci  cz  =  o 
«3  (1  "f  «l)  +  *i-  h  +  Ci  (1  +  c3)  =  0 

«2-  «3  +  &3  (t   +  H)  +  Cz-  (1  -f  C3)  =  0 


ove  : 

(«0,  au  cl2,  %  b0ì  &1?  b%ì  b3:  c0ì  cu  <4  c2) 

esprimono  quantità  estremamente  piccole  e  propriamente: 

(1  +  aù  ,  a2 ,  a»  ,  b{  ,  (1  +  bi) ,  bd  ,  eii9  p  ?  (1  +  c3)> 

ove  (ahb%,Cz)  segnano  quantità  negative,  sono   i  coseni  degli  angoli  che  fareb- 
bero colla  primitiva  posizione  i  tre  assi  coordinati  ortogonali   qualora  si  fossero 


£72  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 

essi  pure  spostati  colla  superficie  quasi  invariabilmente  uniti  alla  stessa.  Visibil- 
mente uno  soltanto  fra  i  tre  coseni   degli   angoli  che   ciaschedun  asse  spostato 
forma  colla  posizione  e  direzione  iniziale  dei  tre  coordinati  eguaglia  quasi  l'unità 
mentre  gli  altri  due  di  ciascheduna  terna  sono  quantità  estremamente  piccole.  È  , 
per  questo  che  nelle  formole  precedenti  si  scrissero: 

(1  +  a{  ,  1  +  bi  ,  1  +  c3) 

a  luogo  dei  coseni  stessi  per  poco  eguali  all'unità.  Sarà  dunque: 

9  («o  +  (i  +  «0  x + a*  y + a*  *>  bo + &i  * + (4  + W  y  +  b**> 

c0  +  ^  x  +  c%y  +  (1  +  c3)  z)  =  o 

l'equazione  della  superficie  spostata  e: 

?  (x,  V,z)  =  o 

quella  della  stessa  superfìcie  alla  primitiva  posizione. 

Indicando  con  (p,q,r)  le  coordinate  anatoghe  alle  (x,y,z)  e  corrispondenti  ad 
un  punto  qualsiasi  della  normale  la  superficie  nel  punto   di   coordinate  (x,y,z) 

saranno: 

p  =  x  —  (r  —  z)  z*  ,  q  5=  y-~  (r  —  z)  z, 

le  equazioni  della  normale  stessa.  Che  se  (p,  q,  r)  segnano  le  coordinate  del  punto 
d'incontro  di  simile  perpendicolare  colla  superficie  spostata  sarebbe: 

(r  -  z)  X  [/l+z'2  +  ^ 

repressione  della  brevissima  distanza  fra  i  due   punti    d'incontro   della   stessa 
normale  colla  superficie  primitiva  e   colla  spostata.  Tale   distanza   tenuissima  si 
rappresenterà  occorrendo  col  segno  (A). 
Nella  equazione; 

(?\p  +  a0+a{p  +  a,q  +  a^r,  q +  b0  +  bìp +  h  q  +  b3r, 
r  +  CQ  +  CiP  +  c^q  +  c^r  lac- 
che deve  aver  luogo  per  essere  come  si  disse  (d,  q,  r)  coordinate   di   un   punto, 
della  spostata  si  pongano  a  luogo  delle  (p,  q)  i  rispettivi  valori  dati  dalle  equa- 
zioni sovrascritte  della  normale  segnando  per  brevità  con  (co)  la  differenza  infi- 
nitesima (r  —  z)  che  interessa  conoscere  e  si  avrà: 

o  =  <p  i  a0  +  (1  +  ai)  x  +  a%  y  +  az  z  +  co  [(1  -f  a4)  z'  +  a2  zA  —  a3], 
&0  +  ^_|_(l  4-^)^  +  632  +  co[6,2'  +  (l  +  &2)21-  63], 

^0  +  c'\  ®  +  c2  V  +  (l  +  cz)  z  +  ™  \?>  z'  +  c*  Zì  ~  W  +  c^  ( 


DELLE  ROTAZIONI  A  PERNO  SFERICO  EGG.  173 

equazione  d'onde  importa  cavare  il  valore  di  (co).  Detto  valore  si  può  di  là  avere 
facilmente  in  serie  ordinata  secondo  dimensioni  crescenti  ed  intere  delle  quan- 
tità infinitesime 

(%  ah  «2,  «3,  b0ì  bl9  b%,  63,  c0}  à{,  c2,  cz) 

e  trascurando  come  nulli  i  termini  moltiplicati  per  le  dimensioni  loro  superiori 
alla  prima  si  ottiene 

-=  (ao  +  aiX  +  aìy  +  a3z)zt+(b0  +  bix  +  bìy  +  bzz)  zr  —  (c0  +  q  x  +  c^y  +  c^  z) 

1  _L_  fi  +  z  2  ~  " 

e  però  essendo: 

A--=(r  —  z)  l/i+z'*  +  z*  =ff  co  |/r+72+72 
sarà  : 

A __  (ao  +  alx  +  aìy  +  a3z)z,  +  (b0  +  bix  +  bìy  +  b3z)zt  —  (c0  +  cìx  +  ciy  +  czz) 

yc+z^+z} 

Essendo,  0  dovendo  essere  dietro  le  ipotesi  ammesse,  la  pressione  (P)  in  ogni 
punto  proporzionale  alla  quantità  infinitesima  (misurata  sulla  normale)  di  cui 
ivi  cede  la  superficie  compressa,  proporzionale  quindi  a  quella  distanza  tenuis- 
sima  (che  si  è  convenuto  chiamare  (A))  sopra  valutata,  avremo,  segnata  con  (A) 
una  costante  che  rimane  a  determinarsi  in  ogni  caso: 

P=AX  ^o  +  aift+^y  +  ^K  +  (frQ  +  M+^^ 

Vi  +  Z'*  +7,2 

Oltre  il  coefficiente  (il)  rimarrebbero  a  determinarsi  in  ogni  caso  le  quantità 
(«0  a{  al  aò  b0  bi  b%  63  c0  c{  c%  cz)  ad  individuare  completamente  la  funzione  (P).  Ma 
le  sei  equazioni  sopra  esposte  ne  danno  mezzo  d'eliminare  dalla  precedente 
eguaglianza  sei  delle  dodici  quantità  infinitesimali,  ultimamente  scritte.  Anzi,  tra- 
scurando nelle  sei  citate  equazioni  i  termini  moltiplicati  per  le  dimensioni  di  quegli 
elementi  che  superano  la  prima,  desse  si  riducono  alle  : 

aì  =  0,  &2  =  0,  cz  =  0,  b{  =  —  a2,  c{  =  —  az,  c%  —  —  b3 


3  •> 


che  possiamo  assumere  a   luogo   delle   equazioni  complete  per  essere  (a{  a2 
b\  hbZì  c{c2c-d)  come  abbiam  dello  frazioni  estremamente  picciole.  Fatte  le" de- 
bile sostituzioni  nel  valore  di  P  testé  scritto  si  otterrebbe: 

p  =  4  w  (goj+j^+jgg_5)  z'  +  (b0  —  aix  +  bz  z)  zt  —  (g0  —  azx  —  b3  y) 

j/r+1'2  +  z? 

E  scrivendo  per  brevità:  a,  b,  e,  d,  e,  f  a  luogo  ordinatamente  dei    prodotti   Aa0, 
Aa>2,  Aa>ò,Ab0,  Abz,  Ac0  la  precedente  si  presenterebbe  sotto  la  forma: 

p  =  (a  +  b  V  +  e  z)  z'  -f  (d  —  b  x  -f-  e  z)  z,  —  (f  -  cx—ey) 

|/f+ *'*  +  *,* 


£74  PRINCIPIO   FONDAMENTALE 

ove  i  parametri  (a,  b,  e,  d,  e,  f)  costanti  rispetto  le  (x,  y>  2)  ponno  essere  qui 
quantità  finite.  Nelle  sei  equazioni  scritte  più  sopra,  che  danno  le  condizioni 
d'equilibrio  fra  la  forza  premente  e  le  originate  pressioni,  si  sostituisca  alla  P 
questa  di  lei  espressione  e  si  avrà  quanto  basta  a  determinare  le  costanti  (a,  6, 
e,  d,  e,  f)  che  occorrono  ad  individuare  la  forma  della  pressione  in  funzione  delle 

coordinate  (a?,  y,  z). 

Anzi  torna  facilissimo  anche  senza  determinare  la  funzione  (Z)  cavare  da  quelle 
eguaglianze  il  valore  delle  costanti  prenomate  espresso  mediante  le  altre  quan- 
tità variabili  ed  integrali,  involte  in  dette  sei  equazioni  d'equilibrio,  appunto 
perchè  figurano  in  P  sotto  forma  lineare.  Molteplici  confronti  fra  i  risultamenti 
di  simile  teoria  ed  i  dati  dei  pratici  esperimenti  convincono  essere  questa  la 
vera  soluzione  del  quesito  interessantissimo  alla  meccanica  di  determinare  le 
pressioni  che  soffrono  i  diversi  punti  di  due  superficie  fisiche  rigide  omogenee 
e  ben  levigate  che  combacino  fra  loro  per  una  estensione  finita  e  sieno  l'una 
contro  l'altra  compresse  da  una  forza  determinata  d'intensità,  posizione  e 
direzione.  Osserviamo  inoltre  che  le  formole  surritrovate  sussistono  eziandio  nel 
caso   che*  le   superficie   combaciami   si   sformassero  infinitesimalmente  sotto  la 

^ITrvk  forse  eccessiva  questa  digressione  sulla  teorica  delle  pressioni  nel  trat- 
tare di  un  particolarissimo  quesito  relativo  ai  perni  sferici;  ma  non  ho  voluto 
ommetterla  perchè  le  formole  di  soluzione  che  vengo  ad  esporre  hanno,  come 
corollarii  della  esposta  teoria,  altrettanta  attendibilità  che  la  medesima. 
°  Ma  ritorno  all'argomento  da  principio  preso  in  esame  e  cerco  la  pressione  che 
in  qualsiasi  punto  di  coordinate  (oc,  y,  z)  verrà  a  soffrire  la  superficie  concava  della 
capsula  in  causa  delle  for,e  che  spingono  l'albero  che  vi  si  appoggia.  Si  tenga 
per  un  istante  nel  centro  comune  della  capsula  e  della  testa  sferica  dell' albero 
l'ornine  degli  assi  coordinati  ortogonali  e  sia  «•  +  *■+•*  =  *  l'equazione 
delie  superficie  sferiche  della  testa  d'albero  e  della  capsula  combaciami  sarà: 

z  z  z 

epperò  ricordando  l'espressione  della  pressione  P  ultimamente  avuta  si  vede  tosto 
ch'eseguite  le  debite  sostituzioni  dessa  offrirà  pel  caso  attuale: 

ax-{-dy-\-  fz 

~~  r 

La  distanza  V'at+^  +  P  dell'origine  al  punto  di  coordinate  (a,  d,  f)  si  designi 
con  OR)  e  si  ritengano  («,  %  T)  i  coseni  degli  angoli  che  quella  retta  fa  cog  i 
assi  (X  7  Z).  Analogamente  si  dicano  (m,  n,  s)  i  coseni  degli  angoli  che  fa  cogli 
stessi  assi  il  raggio  che  dall'  origine  ossia  dal  centro  della  sfera  va  al  punto  su- 
perficiale di  coordinate  (*  y,  z).  Ciò  premesso  quella  eguaglianza  si  potrà  porre 

sotto  la  forma: 

P  =  R.  (a  m  +  $  n  +  x  *)  c,oè  P  =  R-  cos  W 

quando  (6)  disegni  l'angolo  d'inclinazione  reciproca  delle  rette  convergenti  (fi,  r). 
Dunque  essendo  fi  cioè  |/tf«+5«  +  /»  quantità  indipendente  dalle  coordinate, 


DELLE   ROTAZIONI  A   PERNO   SFERICO   ECC.  175 

(x,  y,  z\  quella  equazione  ultima  asserisce  (e  però  anche  la  prima  trovata)  che 
nelle  superficie  sferiche  combaciami  la  pressione  è,  in  qualsiasi  punto  loro,  pro- 
porzionale al  coseno  dell'angolo  compreso  fra  il  raggio  che  passa  per  questo  punto 
e  una  retta  fìssa  passante  per  lo  stesso  centro  la  cui  invariabile  direzione  di- 
pende dai  limili  e  dalla  estensione  delle  porzioni  di  superfìcie  combaciami,  retta 
fìssa  che  occorrendo  si  chiamerà:  asse  di  compressione  sferica. 

Facil  cosa  è  presentare  air  occhio  mediante  costruzione  grafica  l'enunciato  del 
presente  importantissimo  teorema.  Descritta  una  circonferenza  con  un  dato  raggio 
intorno  ad  un  dato  centro  se  ne  descriva  un  altra  col  medesimo  raggio  ma  in- 
torno ad  un  altro  centro  comunque  situato,  purché  estremamente  vicino  al  primo. 
Le  due  circonferenze  s'intersecheranno  in  due  punti  quasi  diametralmente  op- 
posti fra  i  quali  l'uno  dall'altro  circolo  sporgerà  formando  due  opposte  sottilis- 
sime lunule.  Condotta  sul  piano  dei  disegno  la  retta  congiungente  i  punti  d'in- 
tersezione reciproca  delle  due  circonferenze,  s'elevi  la  normale  alla  medesima 
nel  di  lei  punto  mediano  e  sarà  quest' ultima  l'asse  di  compressione;  che  se  in- 
vece da  quel  punto  di  mezzo  si  emaneranno  dei  raggi  che  intersechino  entrambe 
le  circonferenze,  le  porzioni  infinitesime  di  tali  rette  comprese  fra  le  due  curve 
saranno  ovunque  proporzionali  in  lunghezza  al  valore  della  pressione  che  ivi 
avrebbe  luogo  se  l' una  circonferenza  premesse  sull'altra  concentrica,  ben  inteso 
però  che  una  soltanto  delle  lunule  può  qui  aversi  in  considerazione  e  propria- 
mente quella  verso  la  quale  avviene  pressione.  Facendo  rotare  la  figura  intorno 
l'asse  di  compressione  si  otterrebbero,  ove  lasciasse  traccia  di  sé  nel  moto,  due 
sfere  pressoché  concentriche  per  le  quali  varrebbero  ancora  appuntino  le  osser- 
vazioni esposte  a  riguardo  delle  due  circonferenze  e  dei  due  circoli  e  delle  rette 
differenziali  proporzionali  alle  pressioni.  Da  qui  è  facile  vedere  che,  ove  l'asse 
della  capsula  coincidesse  colTasse  di  compressione,  le  pressioni  sarebbero  eguali 
fra  loro  nei  punti  delle  circonferenze  posti  intorno  al  detto  asse  su  un  piano  normale 
al  medesimo  ove  l'apertura  dell'angolo  (6)  riescirebbe  la  stessa,  e  ciò  non  po- 
trebbe arrivare  che  ad  una  semplice  porzione  della  interna  superficie  della  cap- 
sula qualora  detti  due  assi  non  coincidessero. 

Il  circolo,  (Tav.  10  a  fig.  2.a),  rappresenti  la  sezione  massima  della  testa  sferica 
dell'albero  fatta  col  piano  del  disegno  che  è  quello  ove  giaciono  l'asse  della  capsula 
e  l'altro  detto  di  compressione,  mentre  il  segmento  circolare  concentrico  (a  e  b  h) 
segna  l'analoga  sezione  del  volo  della  capsula.  La  lunula  infinitesimale  (b  d  q)  è 
quella  che  dà  nella  propria  larghezza  variante  la  proporzionale  misura  della 
pressione  in  ogni  distinto  punto  della  capsula.  Se  mentre  la  capsula  rimane  fissa 
in  quella  sua  posizione  s'immagini  che  la  lunula  ,tenuissima  ruoti  lasciando 
traccia  di  se  intorno  all'asse  di  compressione  (fd)  verrebbe  nel  moto  a  gene- 
rarsi una  volta  sferica  assai  sottile  il  cui  spessore  rappresenterebbe  in  ogni  punto 
la  pressione  sofferta  dal  contiguo  elemento  superficiale  della  capsula  o  per  dire 
meglio  una  quantità  proporzionale  a  detta  pressione.  Quando  si  avvisi  il  vario 
spessore  della  volta  sferica  nei  diversi  punti  della  superficie  concava  della  capsula 
è  facile  intendere  che  la  metà  di  tale  superficie  giacente  dalla  banda  dell'asse 
(fd)  di  compressione  si  troverà  premuta  maggiormente  che  non  l'altra  metà,  e 
che  però  la  forza  risultante  dalle  reazioni  di  tutti  gli  elementi  della  interna  su- 
perfìcie della  capsula  non  coinciderà  in  direzione  coli' asse  della  medesima  col 
quale  formerà  dalla  banda  dell'asse  di  compressione  un  certo  angolo  la  cui 
apertura  dipende  dalla  inclinazione   reciproca  dell'asse  di  compressione  stesso 


176  PRINCIPIO   FONDAMENTALE 

con  quello  della  capsula  e  dalle  dimensioni  di  quest'ultima.  Ma  perchè  l'accen- 
nata risultante  delle  reazioni  deve  fare  equilibrio  all'opposta  forza  comprimente 
le  rispettive  direzioni  coincideranno  e  passeranno  per  il  centro  della  testa  sferica 
dell'albero  ove  concorrono  le  direzioni  delle  componenti  forze  di  pressione 
siccome  normali  alla  superfìcie  compressa. 

Essendo  lo  spessore  della  sottilissima  volta  sferica  e  quindi  anche  la  pressione 
in  ogni  punto  delia  superfìcie  interna  della  capsula  proporzionale  al  coseno  del- 
l'angolo  che  il  rispettivo  raggio  vettore  fa  coli' asse  di  compressione,  non  è  diffì- 
cile sciogliere  col  calcolo  il  seguente  quesito:    Data    l'inclinazione    dell'asse   di 
compressione  a  quello  della  capsula  e  date  le  dimensioni  di  quest'ultima  deter- 
minare la  direzione  della  risultante  delle  pressioni,  o  ciò  che  è  lo  stesso,  la  di- 
rezione  della   forza   comprimente.   0  viceversa:   data   l'inclinazione  della  sfera 
comprimente  coli' asse  della  capsula,  di  cui  sieno  note  le  dimensioni,  determi- 
nare la  direzione  dell'asse  di  compressione.   La   soluzione   di  quest'  ultimo  que- 
sito è  quella  che  fa  al  caso  nostro  particolare  in   cui   è   facile    direttamente  co- 
noscere e  possiamo  avere  quindi  per  nota  la  direzione  della  forza  comprimente 
mentre   è    ignota  generalmente  ed  interessa  avere  dal   calcolo  la  direzione  del- 
l'asse   di  compressione.  Non  occorre  dire  che  la   direzione  della  forza   compri- 
mente coincide  con  quella  della  forza  la  quale    applicata    al    centro    della  testa 
sferica  dell'albero  rotante  lo  sosterrebbe  nella  particolare  sua  posizione  qualora 
gli   venisse   levato   di    sotto    l'appoggio  della  capsula.  La  direzione  di  tal   forza 
dipende  dall'inclinazione  dell'albero    alla  verticale,   dalla  posizione  del   di  lui 
centro  di  gravità  rispetto  i  punti  di  sostegno  dalla  distanza  di  simili   punti   dal 
centro  della  propria  testa  sferica  ed  anco  dalla   natura  dei  speciali   ordigni  che 
lo  tengono  in  moto,   ed  in  ogni  caso   è   facile   trovarla  applicando   le  note  for- 
inole elementari  della  statica  e  speditissimo  conoscerla  direttamente  con  pratici 

esperimenti. 

Trattandosi  di  punti  situati  sulla  sferica  superficie  dell'albero  o  della  capsula 
torna  assai  comodo  l'uso  di  meridiani  e  paralleli,   alla    determinazione  di  loro 
rispettiva  situazione  invece  delle  ordinarie  coordinate  rettilinee,  eppero  ne  use- 
remo in  progresso  alla  soluzione  del  particolare  nostro  quesito. 
'   La  sfera   fìg.  3.a,  rappresenti  la  testa  dell'albero  (o  /)  e  la  calotta  ombreggiata 
la  superficie  interna  della  capsula  il  cui  asse  (AB)  comprende   con   quello  del- 
l'albero  l'angolo  (co).  La  rotazione  di  tal  sfera  intorno  all'asse  (o  l)  dell'albero 
equivale,  come  è  noto,  a  due  rotazioni  simultanee  della  stessa  sfera,  l'una  de   e 
quali  misurata  da  velocità  angolare  (v.  cos  co)  si  compie  intorno  l'asse  A  B  della 
capsula  e  P  altra  animata  dalla  velocità  angolare   (v.  seri  (co))   si   effettua  in  giro 
alla  retta  ideale  (os)  sendo  (v)  la  velocità  angolare  dell'albero  intorno  il  proprio 
asse  (o  /).  Il  verso  nel  quale  avvengono  le  due  compiementarie  rotazioni,  si  può 
concepire  immaginando  che   l' albero  rotante    inclinandosi   intorno    il   punto  (o) 
venga  a  coincidere  colla  retta  'AB  ovvero  colla  ós:  il  senso  nel  quale  trovereb- 
besi  in  quelle  posizioni  dell'albero  rotare  la  di  lui  testa  sferica   indica  il  verso 
delle  corrispondenti  rotazioni  compiementarie.  Sia  (a)    T  angolo  che   forma  col- 
l'asse  (AB)  il  raggio  vettore  al  punto  qualsiasi  (in)  e  sia  (p)  l'angolo  che  il  me- 
ridiano passante  per  (m)  forma  col  piano  (A  a  B  d)  e  la  posizione  di  quel  punto 
si  troverà  determinata  dagli  angoli  (a  p)  sulla  superficie  sferica  che  riterremo  di 
ra^io  (r).  Segnando  con  (p)  il  raggio  del  parallelo  sul  quale  è   situato  il  punto 
(m)  e  scrivendo  (d  «,  d  p)   per  i  differenziali  degli  angoli  («,  p)  sarà  r .  P  da.  d$ 


DELLE  ROTAZIONI  A  PERNO  SFERICO  ECC.  177 

l'elemento  della  superficie  sferica  che  potrebbe  anche  dirsi:  r2  sen  (a)  d  a.  d  p 
per  essere  visibilmente:  p  =  r.  sen  (a).  La  pressione  P  che  soffre  il  punto  qual- 
siasi (m)  sarà  una  certa  funzione  delle  variabili  (a,  p)  facile  a  determinarsi  dopo 
l'esposto  e  che  all'occorrenza  troveremo.  Ora  segnando  (v)  la  velocità  angolare 
dell'albero  ed  (u)  quello  della  capsula  alla  fine  del  tempo  (t)  dal  principio  del 
moto  ed  (co)  l'angolo  compreso  fra  i  loro  assi,  cerchiamo  r  impulso  differenziale, 
che,  in  virtù  dell'attrito,  la  capsula  avrebbe  toccato  nel  successivo  istante  (d  t) 
ad  incremento  del  proprio  molo  rotatorio  in  giro  all'asse  A  B.  Considerando  (m) 
siccome  punto  della  testa  sferica  dell' albero,  desso  movesi  con  velocità  angolare 
(v.  cos  (co)  intorno  all'asse  A  B  e  simultaneamente  con  velocità  v.  sen  (co)  in  giro 
alla  retta  (ad)  epperò  si  troverà  animato  dalle  velocità  rettilinee: 

v{  =  —  r  v  cos  (co)  sen  (a)  sen  (p)  ,  v%~rv  sen  (co)  sen  (a)  sen  (p), 
vs  =  r  v  (cos  (co)  sen  (a)  cos  (p)  —  sen  (co)  cos  (a)) 

ordinatamente  nel  senso  a  parallelamente  alle  rette  (pa),  (pB)  ed  alla  loro  nor- 
male comune  elevata  nel  punto  (o)  sovra  il  piano  della  figura. 

Considerando  invece  (m)  siccome  punto  appartenente  alla  capsula,  nelle  stesse 
direzioni  indicate  si  troverà  incitato  dalle  velocità  rettilinee: 

U{~  —  r.u  sen  (a),  sen  (p) ,  U%  —  o  ,  Uz  —  r  sen  (a)  cos  (f) 

Da  qui  risulta  che  l'elemento  superficiale  (m)  della  testa  sferica  striscerà  sul 
combaciante  elemento  (m)  della  interna  superficie  della  capsula  colle  velocità 
rettilinee  relative: 

Vi  —  U{  =  r  (u  — •  v  cos  (co))  sen  (a)  sen  (p),  F2  —  tf2  —  r.  0  sen  (co)  sen  (a)  sen  (p) 

^3  —  #3  =  r  (v  cos  (co)  —  u)  sen  (a)  cos  (p)  —  r  v  sen  (co)  cos  (a) 

parallelamente  alle  tre  rette  (pa),  (o~B),  e  normale  loro  comune. 

Essendo  P  la  forza  che  comprime  1' un  contro  l'altro  detti  elementi  superfi- 
ciali della  capsula  e  dell'albero  ch'hanno  per  comune  misura  l'espressione: 
r2  sen  (a),  d  a.  d  p  segnato  (p.)  il  coefficiente  d'attrito,  gli  urti  che  riceverà  nel- 
l'istante (dt)  l'eiemento  (m)  superficiale  della  capsula  saranno: 

d  a.  d  p.  d  t.  |jl  r3.  P  (w  —  t>  cos  (co))  sen2  (a)  sen  (p), 

da.d^.dt.ii r3,  P.  v.  sen  (co),  sen2  (a)  sen  (p) 

da.dfì.dt.  \x  r3.  P  j  (v  cos  co  —  w)  sen2  (a),  cos  (p)  —  v.  sen  (co)  sen  (a),  cos  (a)  j 

Moltiplicando  ora  ciascheduno  di  tali  urti  istantanei  per  le  distanze  di  loro 
direzioni  dalle  rette  oa  ,  oB  e  normale  loro  comune  ossia  pei  rispettivi  bracci 
di  leva  si  avranno  le  tre  coppie  differenziali  che  tendono  far  rotare  la  capsula 
in  giro  a  dette  rette  od  assi  coordinati  che  segneremo  X,  Y,  Z  in  virtù   dell'  at- 


178  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 

trito  della  sfera  contro  P  elemento  (m).  Dividendo  quindi  il  valore  di  simili  mo- 
menti di  rotazione  per  i  momenti  d'inerzia  della  capsula  rispetto  le  rette  in- 
torno le  quali  tendono  far  girare  la  medesima  ,  avremo  le  velocita  angolari 
differenziali  che  i  trovati  impulsi  istantanei  comunicherebbero  alla  capsula  in- 
torno detti  assi  X,  7,  Z.  Eseguendo  le  dichiarate  operazioni  e  segnate  con  (i,u,w) 
le  velocità  angolari  della  capsula  intorno  gli  assi  X,  F,  Z  si  avrà: 

d  i=  ((d«.d$.dt.yrKP\     cos  (w)  _  u)  sen2  (flt)  cos  (a)>  cos  (p)  _ 

t./  u  iV  v 

)        t 

—  ».  sen  (co)  sena  (cos**  (a)  +  sen2  (a)  sen2  (p))  J 

,,„  ^jṮÉMlltl  j(».  cos  (co)  -  u)  sen2  (a)  cos  (a)  sen  (p)  + 
-fvsen(co)  sen3  (a)  sen  (p)  cos  (P)    V_> 


ove  (d«,  <*«,  tó)  sono  i  differenziali  delle  velocilà  angolari  (i,  u,  w),  (N,  M,  S)^sono 
i  momenti  d'inerzia  della  capsula  intorno  gli  assi  coordinati  (X,  1,  Z)  e  gl'inte- 
grali presi  rispetto  («,  p)  vanno  estesi  a  tutta  la  superficie  interna  della  capsula. 
Le  freccie  segnano  la  direzione  nella  quale  dette  rotazioni  complementane  fa- 
rebbero movere  il  punto  (m).  .   , 

La  prima  e  la  terza  delle  scritte  componenti  del  moto  rotatorio  cioè  quelle 
che  aggirerebbero  la  capsula  intorno  gli  assi  (A,  Z)  visibilmente  non  ponno  nel 
caso  nostro  avere  altro  effetto  che  di  spingere  in  particolari  direzioni  il  punto 
inferiore  di  sostegno  della  capsula  rotante  sino  a  metterlo  in  situazione  ove 
dette  spinte  si  trovano  equilibrate  dalle  resistenze.  L'unica  rotazione  che  possa 
aver  luogo  nella  capsula  tenta  rivolgerla  in  giro  all'asse  (F)  della  medesima 
ed  é  quella  appunto  che  occorre  conoscere  e  al  che  ne  gioverà  l'equazione  dif- 
ferenziale seconda  fra  le  tre  ultime  prodotte.  Rammentando  le  osservazioni 
fatte  da  principio  si  vede  che  eguagliando  a  zero  il  valore  dell'incremento  idu) 
della  velocità  angolare  («)  della  capsula  si  avrebbe  nella  risultante  equazione  la 
relazione  che  vincola  fra  loro  le  velocità  dell'albero  e  della  capsula  allo  stabi- 
lirsi del  molo.  Sarà  dunque  a  movimento  stabilito: 

rr<»«-<»M«. |ir»P|  („  cos  (U)  - «)  sen3  («)  -  v  sen  (co)  sen*  («)  cos  (a)  cos  (p) |  =  o 

Essendo:  (^— )  quantità  costante  rispetto  (a,  p)  quella  equazione  può  essere 
liberata  da  simile  fattore  fatto  uscire  dagli  integrali  e  ridotta  alla 


I  f  d  a.  d  p  P  j  (v  cos  co  —  u)  sen3  (a)  —  v  sen  (co)  sen2  a  cos  a  cos  (p)  j  =  0, 


DELLE  ROTAZIONI  A  PERNO  SFERICO  ECC.  179 

Onde  ridurre  simile  eguaglianza  a  termini  finiti  occorre  effettuare  le  indicate  in- 
tegrazioni definendo  gli  integrali  da  (a  =  o)  ad  (a  =  a)  ove  (a)  è  l'angolo  d'aper- 
tura della  capsula  cioè  l'angolo  compreso  fra  Passe  della  capsula  ed  il  raggio 
vettore  dal  centro  della  sfera  al  bordo  dell'incavo  di  lei  e  definendoli  rispetto 
a  (p)  da  (p  =  o)  a  (p  =  2w). 

Ma  all'uopo  è  necessario  conoscere  la  funzione  P  che  vengo  a  determinare 
ricordando  un  teorema  più  sopra  dimostrato  pel  quale  la  pressione  che  soffre 
un  punto  qualsiasi  di  due  superfìci  sferiche  combacianti  o  compresse  insieme  è 
proporzionale  al  coseno  dell'angolo  chiuso  fra  il  raggio  vettore  dal  centro  al 
punto  dato  qualsiasi  e  l'asse  di  compressione.  Segnando  con  (x)  quest'angolo  e 
con  (A)  una  costante  sarebbe:  P—  A.  cos  (se). 

Nella  figura  4.a  sia  AB  l'asse  della  capsula  ed  (ab)  l'asse  di  compressione: 
sia  (m)  un  punto  della  superficie  sferica  individuato  di  posizione  dall'angolo 
moB  =  a  e  dall'angolo  in  B  formato  dall'inclinazione  del  meridiano  (A  m  B) 
al  piano  (A  b  B  a)  che  corrisponde  a  quello  per  T  addietro  designato  con  (fi):  si 
tratta  di  trovare  l'angolo  (mob)  in  funzione  degli  angoli  (a,  p)  e  dell'angolo  0 
d'inclinazione  reciproca  dei  due  assi  (AB ,  a  b).  Il  triangolo  sferico  (m  B  b)  dà 
per  le  note  formole  trigonometriche: 

cos  (m  b)  =  cos  (m  B)  cos  (b  B)  -f-  sen  (m  B)  sen  (b  B)  cos  (p) 
cioè: 

cos  (x)  —  cos  0.  cos  a  +  sen  0.  sen  a.  cos  (p). 

Sostituendo  ora  nella  misura  della  pressione  al  punto  (wi)  cioè  nella  equazione 
P  =  A  cos  (x)  per  cos  (x)  il  valore  trovato  si  ha  definitivamente 

P  —  A.  [cos  (0)  cos  (a)  +  sen  (0)  sen  (a)  cos  (p)] 

ove  (A)  è  un  coefficiente  che  non  dipende  dalla  posizione  del  punto  (m)  e  quindi 
neanche  dalle  coordinate  angolari  (a,  p)  che  la  determinano. 

Nella  equazione  integrale  scritta  poco  dietro  sostituiscasi  alla  (P)  quella  sua 
forma  in  funzione  degli  angoli  (a,  p,  0)  per  seguire  le  integrazioni  segnate  entro 
i  limiti  dichiarati  e  si  otterrà  con  tutta  speditezza  l'equazione  seguente  ove  (a) 
segna  l'angolo  d'apertura  della  capsula: 

—-  cos  0.  sen*  (a)  (2  v  cos  (co)  —  2  u  —  v.  sen  (co),  tang  0)  =  o 

d'onde  ricavasi  nell'ipotesi  che  (0)  non  eguagli  l'angolo  retto: 

1 

u  =  v.  cos  (w)  (i  —  y  tan£  (w)  tan£  e) 

È  questa  la  relazione  che  lega  fra  loro  le  velocità  angolari  (i\  u)  dell'albero  e 
della  capsula;  ma  involge  V  angolo  (0)  che  occorre  determinare  mediante  la  solu- 
zione del  quesito  accennato  più  sopra:  Data  la  direzione  della  forza  comprimente 
rispetto  all'asse  della  capsula  della  quale  sia  noto  l'angolo  d'apertura  determi- 
nare la  direzione  dell'  asse  di  compressione. 


j[30  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 

La  pressione  nel  punto  (ro)fig.5.a  ha,  come  si  disse,  per  misura  la  quantità  A.  cos  (a?) 
ed  è  perpendicolare  alla  superfìcie  sferica  cioè  diretta  secondo  il  raggio  (r)  che 
dal  centro  arriva  al  punto  (m).  Essendo  (a?)  l'angolo  formato  dall' indicato  raggio 
coli' asse  di  compressione  ed  (y)  quello  compreso  fra  le  rette  (ed)  =  r.  sen  (x) 
e  e  m  =  r.  sen  (x)  sarà  :  r2  sen  x.dy.dx  V  elemento  di  superficie  nel  punto  (m) 
e  r2 ,4  sen  (a?)  cos  (x)dxdy  la  pressione  che  soffre.  Scomposta  tal  pressione  nor- 
male alla  superfìcie  sferica  nel  punto  (m)  a  seconda  ossia  parallelamente  alle  rette 
Jps)  Jpo)  ed  alla  perpendicolare  loro  comune  in  (o)  si  hanno  le  tre  componenti 
ortogonali  fra  loro 

r2  A  sen2  {x)  cos  (x).  cos  (y).  dady,r*A  cos2  (a?)  sen  (x)  da.dy, 
r2.  il  sen2  (x)  cos  (a?),  sen  (y).  dx.dy 

Per  l'elemento  (n)  che  si  trova  situato  sullo  stesso  parallelo  passante  per  (m)  e 
simmetricamente  ad  (ro)  rispetto  la  retta  (ed)  le  analoghe  componenti  sarebbero: 

r2  A.  sen2  (a?),  cos  (x).  cos  (y).  d  x  d  y  ,  r2.  A.  cos2  (a),  sen  (a?),  dx.dy, 
r2.  il.  sen2  (a?),  cos  (x)  sen  (#).  dx.dy 

cioè  le  stesse  che  hanno  luogo  per  l'elemento  (ro)  fuorché  l'ultima  che  diffe- 
risce nel  segno,  d'onde  è  facile  arguire  che  le  tre  componenti  della  pressione 
che  aggrava  l'assieme  dei  due  elementi  simmetricamente  situati,  (ro,  ri)  saranno 
2  r2  A  sen2  (x)  cos  (x)  cos  (y)  d  x  d  y  ,  2  r2  A  cos2  (a>)  sen  (a?),  dx.  dy,0;  mentre 
le  due  ultime  si  elidono  e  le  altre  si  sommano  vicendevolmente.  Onde  avere  le 
componenti  delle  pressioni  che  soffre  l'assieme  degli  elementi  che  giaciono  sullo 
stesso  parallelo  (f  e  d  m  n  a  p)  bisognerà  integrare  quelle  due  espressioni  rispetto 
ad  (y)  ed  estendere  gl'integrali  da  zero  alla  metà  dell'angolo  (a  e  fi)  che  chia- 
meremo (A);  e  si  disse  alla  metà  riferendosi  le  esposte  componenti  elementari 
ad  una  copia  d'elementi  (m  n)  e  non  ad  un  solo  (ro).  Eseguite  e  definite,  come 
accenno,  le  integrazioni  e  chiamate  X,  Y  le  componenti  depressione  che  soffre 
V  arco  (a  n  d  m  p)  parallelamente  agli  assi  ortogonali  {ob,os)  si  trova  : 

X  =  2  r2  A.  sen2  (x)  cos  (x)  sen  (A),  d  x  ,  7=  2  r2  .4  cos2  (a?),  sen  (x).  A.  <Z  a? 
Ma  l'angolo  (A)  non  è  costante   come  si    rileva    immediatamente   dalla  figura  e 
dipende  dall'ampiezza  dell'angolo  (x)  in  modo  inverso. 

Osservando  ora  la  fig.  6.a  che  qui  riesce  più  intelligibile,  si  vede  tosto  essere 
e  d  =  r.  sen  (x\  gli  angoli  alterni  interni  (o  z  p,  z  p  h)  e  gli  angoli  acuti  opposti 
al  vertice  in  (a)  tutti  eguali  all'angolose)  d'inclinazione  dell'asse  dellacapsula  con 
quello  detto  di  compressione,^  =  cd  X  cos  A  =  r  sen  (a?)  cos  (A),  oc  =  r.  cos  (a?) 
™  =  Ó7.  cos  (6)  =  r.  cos  (a;)  cos  (0),  o  #  =  r  cosjfl)  essendo  (a)  l'angolo  (g  o  J) 
d'apertura  della  capsula  e  finalmente:  on  +  cro  =  o0  che   per   le  precedenti 

equivale  alla: 

sen  (x).  sen  (6).  cos  (A)  +  cos  (x)  cos  (e)  =  cos  (a) 

d'onde  ricavasi: 

cos  (a)  —  cos  (a?),  cos  (6) 
cos  (A)  -         se^)7en~(6) 


DELLE  ROTAZIONI  A  PERNO  SFERICO  ECC.  181 

dalla  quale  si  hanno  le  seguenti 

l-cos(A)  =  COs(a?-6>-COS(a> 
sen  (x)  sen  (6) 
,   | 

l+cos(A)^COS(a)~COS^  +  6) 
sen  (a?)  sen  (0) 

sen  /Ax  _.    Ksen^  (a),  sen^  (0)  —  (cos  (a?)  —  cos  (a)  cos  (6))« 

sen  (x).  sen(0) 

Osservando  le  due  eguaglianze  controsegnate   nelP  asterisco   si  vede  che  cos  (A) 
eguaglia    Punita    positiva    quando    sia   x  =  (a  4  0)  :    l'unità   negativa  quando 
a?  =  (a  — e)  e  che  entro  quei  due  limiti  del  valore  di  (x)  si  mantiene  sempre  infe- 
riore all'unità  in  valore  assoluto,  mentre  fuori  di  quei  limiti,  ossia  per  valori  di  (x) 
maggiori  di  (a  +  6)  0  minori  di  (a  —  0),  quelle  equazioni  non  hanno  più  signifi- 
cato dando  per  cos  (A)  valori  maggiori  dell'unità  astrazion   fatta   dal  segno.  Ma 
rammentando  che  (A)  segna  la  metà   dell'  angolo   compreso  fra  i   raggi  che  dal 
centro  del  parallelo  menano  alle  due  estremità  dell'arco  intersezion  comune  del 
medesimo  piano  normale  all'asse  (0  b)  e  della  superficie   della  capsula  ed  adoc- 
chiando la  lìg.a  6.a  si  rileva  che  quando  x  =  (a  +  6)  1'  angolo  (A)  é  nullo  e  che 
per  valori  di  (x)  maggiori  di  (a  +  6)  il  parallelo  non  intersecherebbe  più  la  su- 
perficie sferica  della  capsula:  che  quando  a?  =  (a  —  e)  il   parallelo   passa   per  i 
punti  (p,h)  e  che  per  valori  di  (x)  minori  di  («—6)  il  piano    del   parallelo  in- 
tersecherebbe la  superficie  della  capsula,  fin' ove  può  intersecarla,  costantemente 
secondo  una  intera  circonferenza  e  che  però  per  i  valori  di  (x)  maggiori  di  (a  +  0) 
sarà  costantemente:  A  =  o  e  per  valori  di  {x)  superiori  a  zero  ma  minori  di  (a  —  0) 
sarà  costantemente:  A  =  n  ove  n  segna  come  di  costume  l'angolo  di  (180)  gradi 
sessagesimali,  cioè  la  semiperiferia  del  circolo  che  ha  per  raggio   l'unità  a  più 
retto  dire.  Dalle  premesse  si  rileva  che  delle  precedenti  formole  ove  entra  l'an- 
golo (A)  non  potremo  valerci  che  entro  i  valori  limiti  di  x,  (a +  6)  ed  (a  —  0)  fuori 
dei  quali  non  hanno  verità,  e  che  converrà  perciò  considerare  e  valutare  separa- 
tamente le  componenti  della  pressione  che  soffre  la  calotta  sferica  segnata  in  nero 
nella  figura  6.a  e  quelle  relative  alla  rimanente  superficie  della  capsula  segnala 
a  mezza  tinta.  Sommando  quindi  le  analoghe  componenti   la   pressione   sofferta 
dalle  due  distinte  porzioni  di  superficie  interna  della  capsula  si  avrebbero  nei 
risultati  le  due  componenti  della  pressione  che  sopporta  l'intera    superfìcie  in 
discorso. 

Siccome  la  risultante  delle  pressioni  sofferte  dagli  elementi  superficiali  della 
calotta  sferica  segnata  in  nero  è  diretta  evidentemente  secondo  l'asse  (ab)  di 
compressione  cosi  saranno  nulle  le  componenti  dirette  a  seconda  la  retta  (pi)  e 
la  perpendicolare  al  piano  della  figura.  Trovandosi  poi  l'altra  porzione  della  su- 
perficie capsulare  simmetricamente  posta  rispetlo  detto  piano,  la  risultante  delle 
pressioni  che  aggravano  i  di  lei  elementi  giacerà  in  direzione  nello  slesso  epperò 
sarà  nulla  la  componente  normale  al  piano  del  disegno. 

Se  nella  espressione  di  F  trovata  indietro  porremo  («)  a  luogo  di  (A)  avremo 
in  detta  quantità  il  valore  della  risultante  delle  pressioni  che  soffrirebbero  gli 
Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Febb.  e  Marzo  1868.  12 


jg2  PRINCIPIO  FONDAMENTALE  ECC. 

elementi  della  superficie  sferica  situati  lungo  l'intera  circonferenza  chejUia  se- 
cando detta  superficie  con  un  piano  normale  all'assedi  compressione  (oj)  con- 
dotto per  un  punto  dello  stesso   asse   che   dista  della   quantità  :  r  cos  (x)  dal 

centro  (o). 
Dunque  integrando  rispetto  ad  (x)  l'ottenuta  espressione: 

2  r2  A.  ir.  cos2  («?)  sen  (x).  d  x 

ed  estendendo  V integrale  da  x  =  o  ad  x  =  (a  -  6)  si  avrà  nel  risultamento  runica 
componente  ossia  la  risultante  delle  pressioni  sofferte  dagli  el«eM  utt .della 
calotta  sferica  segnata  in  nero  di  cui  sopra  era  parola.  Eseguendo  dette  opera- 
zioni  si  ha  di  tratto: 

*?£i(l_cos»(«-e)). 

ó 

Di  là  è  facile  arguire  che  qualora  l'asse  della  capsula  coincidesse  cor.  quello  di 
compresine  la 'risultante  delle  pressioni  e  quindi  anche  quella  delle  reazion, 
si  troverebbe  diretta  secondo  detto  asse  e  misurata  dalla  espressione: 

-cos3  (a) 

che  si  ha  dalla  precedente  facendo  zero  l'angolo  (6)  d'inclinazione  reciproca  dei 
prenomati  due  assi. 

Chiamando  X ,  Y  ,  Z  le  componenti  della  pressione  che  sopportai  altra  por- 
zione della  superfìcie  interna  capsulare  dirette  secondo  gli  assi  {os,ob)e  per- 
pendicolare loro  comune  si  avrebbe: 

X  —  f  X  =  J  2  r2.  A.  sen2  (*).  cos  (»).  sen  (A),  d  x 
Y  =  f  7= J2r2  A  cos2  (x).  sen  (»).  A.  dx 
Z=zero 

ove  sii  integrali  vanno  estesi  da  x  =  (a  —  8)  ad  x  =  (a  +  8) 

Onde  avere  poi  le  analoghe  componenti  delle  pression.  che  calcano  gli  ele- 
menti tutti  della  totale  superfìcie  concava  della  capsula  non  occorre  che  aggiun- 
gere nelle  precedenti  al  valore  di  Y  il  termine  : 

2_^!i(l-COS3(«-8)). 

ó 

(Continua) 


OTTICA  TECNOLOGICA  AD  USO  DEGL'  INGEGNERI. 

(Segue   da  pag.  45.) 


Art.  2.° 


^concetti  sviluppati  nell'articolo  l."  si  distinguono  e  riassumono  nel  seguente 

i.  Si  riconosce  nella  universa  natura  l'esistenza  ab  wternum  inmternum  della 
matena  jn  quantità  infinita  dotata  in  tutti  i  suoi  atomi  di  quella  proprietà  che 
si  conosce  sotto  il  nome  di  attrazione  universale. 

2.  Si  riconosce  parimenti  siccome  fatto  noto  per  mezzo  delle  sue  manifesta- 
zioni evidenti  quella  dinamica  pre-azione  che  suolsi  chiamare  impulsione  primi- 
tiva e  che  siam  convenuti  di  ammettere  senza  ricercare  la  causa  prima 

Nella  impuls.one  primitiva  noi  riconosciamo  una  quantità  di  energia  dinamica 
panment.  infinita,  alla  quale  si  attribuisce  il  duplice  effetto  di  traslazione  e  di 
rotazione,  con  direzione  in  un  piano  medio  assegnabile  di  posizione  per  rispetto 
al  firmamento,  piano  che  abbiamo  chiamato  piano  cardinale 

Riconosciamo  che  la  materia  esiste  nella  natura  in  sei  stati  diversi,  e  forse  in 
moltissimi  intermediari  non  stati  ritrovati  ancora:  i  stati  noti  sono:  solido  li- 
quido, gazoso,  cometario,  cosmico,  etereo;  egl'è  in  quest'ultimo  stato  che  la'ma- 

z/nl'n^'n6/3  Sf.estrema  rarefazione  ad  occupare  gli  spazii  infiniti,  realiz- 
zando nell  infinito  ed  in  tutta  la  sua  pienezza  l'aforismo: 

Natura  abhorret  a  Vacuo. 

a  IÌ™!!*afiZÌOne,|SÌ  eSerCÌta  da  at°m°  ad  atomo'  da  molecola  a  mo'ecola,  da  corpo 
bilPnhS  3  T  g,afdÌ  MaSSe  Cel6StÌ  3eCOnd°  uaa  le^e  unica  ed  inva»"- 
ì  Ltf  Y      ,qUa'e'  'a  maleria  d0Vrebbe  a«g'omerarsi  in  un  tutto  unico 

ti J     5  ?"  3'  ma  k  dUp'ÌCe  azi0ne   centrifuSa  della  impulsione  primi- 

tva  aglsce  come  forza  repu,siva  f|,a  om.   e  V  allontanare  e 

disperdere,  atomo  per  atomo  la  materia  nell'infinito. 

fazieat°  de"a  ma'erÌa  Che  ChÌamaSÌ  etere°   è  queI1°  della  sua  infinita  «re- 

Nei  primi  cinque  stati  della  materia  sussistono  fra  i  due  sistemi   di  forze  che 

ne  so. lecitane  gl'atomi  delle  condizioni   d'equilibrio   dinamico  tali  da   rendere 

possb,l.  e  stab.l.  gl'aggregati  sotto  forma  definita;  lo  stato  etereo   non  gode  di 

Sffel0Pdla'-gÌaC:hè  a"°  Stat°  e'ere°  h  materia  rÌemPie  ■»«  sPazii  armili. 
L  effetto  della  .mpuls.one  primitiva  consiste  nel   mantenere  in   continuo  ine- 

Za  ^r1?  tUUÌ,gParÌ  deHa  mat6rÌa  "ei  "*  anche  i  P»  densFclLna 
h'  Un?a'  Ti  m  °  obbedisce  °?ni  atomo  con  descrivere  un'  orbita  picco- 
lissima, e  d.  figura  generalmente  ellittica  intorno  ad  un  punto   che   sarebbe    il 


.84  OTTICA  TECNOLOGICA 

suo  luogo  di  riposo  nell'aggregato  al  quale  appartiene  se  «»»nJ?  «J  "^ 
refletto  della  impulsione  primitiva  ma  rimanendo  immutale  le  d.stanze  fra  gli 
atomi  il  movimento  venisse  a  cessare.  .  . 

Orai  aSmò  gira  inoltre  sopra  un  asse  proprio  appunto  come  la  terra  e  tatti 
co?p'    e    stìed     movimenti  dei  corpi  celesti  non  sono  che  integrai,  parziali A* 
,  moJimenS  atomico  in  determinati  limiti  e  circostanze  di  cn,  ignonamo   ancora 

laFffaréaiJraeÌ  modo  che  il  movimento  atomico  può  trasformarsi  in  tutto  od  in 

tUU0  IlCva  in  secondo  luogo  ancora  che  l' inclinazione  dell'orbita  per  rispetto 
alTiano  car  inai  variabile  periodicamente  intorno  alia  suddetta  posizione 
meSia    e  che  il  periodo  di  questa  variazione  corrisponde  ad  nn  grandissimo  nu- 

merVi\St°terznoeiùo°:obÌche  la  orientazione,  del  maggiore  diametro  dell'or- 
bi^  ad  u™  "tante  qualunque,  la  medesima  per  *f>  ™^Z72'o 
zione  è  essa  pure  variabile  periodicamente  corrispondendo  la  durata  del  periodo 

"S  Z\  in  Z  CgVcbT^etem'r rUtti  (grandmasse  ed  eccentricità) 

r  Co^i  passano  le  cose  fin  tanto  che  sussiste  il  reggime  dinamico  normale 
della  materia  costituente  la  vita  fisica  dell'universo. 

QueTto  reggime  dinamico  normale  sussiste  stabilmente,  è  universa  e,  e  dura  in 
eterno  finchf  nessuna  causa  iuferta  non  interviene  a  localmente   alterarlo;  non 

Tanifesta  ai  nostri  sensi,  e  non  se  ne  può  accertare  Pessenza,  « ,  non^a  - 
duzioni  e  sperienze  assai  delicate,  la  quali  pero  s.  presentano  col  valore  di  in 

'"^ZX*1$*  luogo  analiticamente  che  se,  in  un  punto  di  un  ag- 

questa  crisi  si  propaga  con  velocita  uniforme  al  mg.ro  in 

ai  confini  dell'aggregato,  d'onde  può  comunicai  si  ad  altri  diversi  aggiega 


AD  USO  DEGL'INGEGNERI  185 

si  trovino  ai  limiti  in  sequenza  al  primo.  Si  é  veduto  pure  che  tutte  le  relazioni, 
che  nel  reggime  dinamico  normale  si  passano  fra  l'orbita  d'ogni  atomo  ed  il 
piano  cardinale,  si  passano,  durante  una  crisi,  identicamente  le  stesse  per  rispetto 
ad  un  piano  fisso  normale  alla  direzione  di  propagazione,  il  che  ci  ha  condotti 
a  riconoscere  siccome  isodinamici,  uno  per  uno  in  tutta  la  loro  estensione,  gli 
strati  sferici  concentrici  all'origine  della  crisi  negl'aggregati  isotropi. 

—  In  sesto  luogo  abbiam  detto  essere  dimostrato  pure  analiticamente  che  la 
velocità  di  propagazione  delle  crisi  nella  materia  allo  stato  etereo  essendo  rappre- 
sentata da  V0,  e  la  velocità  di  propagazione  in  un  altro  aggregato  qualunque  es- 
sendo rappresentata  da  V{,  fatte  le  debite  considerazioni  analitiche  si  può  scrivere 

*!-  =  l  +  A  +  Bu*     (1) 
'i 

e  vedremo  in  seguito  essere  questa  la  formola  fondamentale  di  tutta  la  diottrica. 
In  questa  formola  u  rappresenta  la  velocità  angolare  nell'orbita  atomica;  A,B  sono 
coefficienti  costanti,  che  si  ha  modo  di  sperimentalmente  determinare  per  ogni  di- 
verso aggregato  di  materia,  vale  a  dire  per  ogni  diversa  sostanza;  queste  si  chia- 
mano costanti  ottiche. 
Vedremo  in  seguito  in  qual  modo  la  velocità  V°  sia  data  dall'osservazione. 

—  In  settimo  luogo  noi  abbiamo  veduto  che  la  velocità  di  propagazione  essendo 
quantità  finita  avrà  luogo  un  ritardo  di  fase  durante  la  propagazione  da  uno  strato 
di  atomi  al  seguente,  per  modo  che  si  può  concepire  una  lunghezza  X  misurata 
nel  senso  della  propagazione,  la  quale  corrisponda  ad  un  ritardo  di  fase  di  una 
rivoluzione  intiera,  nel  qual  caso  si  avrà  la  relazione  evidente 

u    _2tu 

T~T 

Abbiamo  rapidamente  indicato  parimente  come  le  crisi  hanno  per  lo  più  ori- 
gine da  un'azione  chimica  nella  quale  gl'atomi  semplici  si  spostano,  e  si  diri- 
mono dalle  molecole,  di  due  o  più  sostanze,  in  contatto  e  si  combinano  in  diverso 
modo  fra  loro  formando  altre  diverse  molecole  ed  altre  diverse  sostanze. 

Durante  questo  lavoro  chimico  gì'  atomi  eseguiscono  regolarmente  certe  evolu- 
zioni determinate  in  direzione  ed  in  velocità,  le  quali  si  rinnovano  identicamente 
e  periodicamente  finché  vi  sono  molecole  da  decomporre  e  da  ricomporre  in 
altro  diverso  modo;  ciascuna  di  queste  evoluzioni  è  origine  di  una  speciale  va- 
riazione periodica  nella  crisi  che  si  propaga,  per  la  qual  cosa  esaminata  la  crisi 
a  qualunque  distanza  dall'origine  la  si  trova  affetta  di  qualcuna  o  di  parecchie, 
od  anche  di  tutte  le  variazioni  periodiche  delle  quali  abbiamo  parlato. 

Anzi  queste  variazioni  periodiche  non  fluiscono  uniformi  durante  un  periodo 
ma  seguono  una  curva  ondulata  che  presenta  parecchi  talora  moltissimi  massimi 
e  minimi  i  quali  però  si  ripetono  identicamente  nei  periodi  seguenti. 

Questa  condizione  di  cose  si  rinnova  identicamente  ogni  qual  volta  si  ripro- 
duce lo  identico  fenomeno  chimico,  per  modo  che  si  può  riconoscere  qual  sia  il 

(1)  Vedi  pag.  51 


jLgg  OTTICA  TECNOLOGICA 

fenomeno  che  produce  una  data  crisi  dalla  natura  delle  variazioni  periodiche  in 
essa  osservate,  a  qualunque  distanza  dal  medesimo.  (Cosi  è  che  Arago  ha  posto  i 
primi  rudimenti  dello  studio  della  costituzione  fisica  del  sole). 

Abbiamo  finalmente  fatto  conoscere  come  una  crisi  dinamica  ingenerata  nel  reg- 
nine atomico  normale  possa  rivestire  i  caratteri  e  le  apparenze  della  luce  quando 
la  velocità  angolare  nelP  orbita  arriva  ad  essere  contenuta  fra  due  limiti  che  ab- 
biamo assegnati,  ma  non  tutte  le  particolarità  del  fenomeno  dinamico  che  nasce 
dalla  crisi  sono  produttrici  di  quella  sensazione  che  instintivamente  conosciamo 
sotto  il  nome  di  luce.  Perlochè  abbiamo  dunque  bisogno  di  distinguere  qual  sia 
la  parte  del  fenomeno  dinamico  che  si  traduce  ai  nostri  sensi  sotto  l'apparenza 
di  luce,  quale  di  calorico,  e  quale  di  elettricità. 

Or  bene,  abbiamo  accennato  che  riferendo  la  equazione  dell'  orbita  atomica  a 
tre  assi  rettangolari  de' quali  uno  (quello  delle  z)  sia  nella  direzione  della  pro- 
pagazione, i  fenomeni  di  luce  saranno  rappresentati,  spiegati  e  misurati  dalle  com- 
ponenti in  x  ed  in  y,  i  fenomeni  di  calorico  dalla  componente  in  %9  i  fenomeni 
di  elettricità  dalla  rotazione  dell'atomo  sul  proprio  asse. 

Lasciando  per  ora  in  disparte  il  calorico  e  la  elettricità,  ci  ridurremo  a  trat- 
tare della  luce. 

Sebbene  si  abbiano  nel  fin  qui  detto  le  basi  dinamiche  necessarie  a  spiegare 
tutti  i  fenomeni  ottici,  sarà  utile  però  premettere  ancora  alcune  nozioni  di  fatto 
circa  il  modo  di  sentire  dei  nostri  organi. 

Prima  di  tutto  osserveremo  che  l'impressione  della  luce  sull'occhio,  comunque 
rapidissima,  essa  non  è  istantanea.  -  Ci  vuole  invece,  acciocché  si  incomincia 
sentire  un  grandissimo  numero  di  rivoluzioni  orbitali,  le  quali  tutte  siano  già 
arrivate  ad  eccitare  la  retina,  si  valuta  ad  un  decimo  di  minuto  secondo  (cento  mila 
cronie)  mediamente  il  tempo  necessario  al  nostro  occhio  per  incominciare  a  sen- 
tire Una  luce  vivissima  però,  come  ad  esempio  un  baleno  nella  più  piena  oscu- 
rità esige  meno  tempo,  sempre  però  un  tempo  lunghissimo  per  rispetto  alla  ve- 
locità orbitale,  perciocché  il  baleno  il  più  istantaneo  dura  qualche  centinajo  di 
cronie  e  comprende  parecchi  milioni  di  rivoluzioni  orbitali  atomiche  ;  d'onde 
segue  che  diversi  modi  di  variazioni  periodiche  delle  quali  abbiamo  parlato , 
superpongono  generalmente  nel  nostro  occhio  la  loro  azione,  e  producono  una 
sensazione  unica  e  composta,  sempre  che  non  si   arrivi  con  qualche  artifizio  a 

separarli.  :  ,'„        i     ..<     .     ,  •  i 

Ne  consegue  da  ciò  parimenti  che  le  variazioni  della  velocita  sia  tangenziale 
sia  angolare  che  hanno  luogo  durante  una  sola  rivoluzione  in  ragione  della 
ellipticità  dell'  orbita,  sono  impercettibili  pei  nostri  sensi. 

Aggiungiamo  ora  siccome  nozioni  di  fatto:  i.°  che  la  scala  delle  velocita  an- 
golari nell'orbita,  si  traduce  ai  nostri  occhi  colla  scala  dei  colori;  2.°  che  la  ve- 
locità tangenziale  misura  la  intensità  della  luce. 

Ciò  posto,  consideriamo  una  crisi  che  si  propaga,  nella  quale  la  velocita  ango- 
lare u  sia  costante  e  compresa  nei  limiti  che  abbiamo  assegnato  di  sopra,  la 
sensazione  che  se  ne  proverà  sarà  monocromatica,  vale  a  dire  di  un  unico  colore. 

Se  la  velocità  u  variasse  invece  ma  lentissimamente,  crescendo  dal  minore  al 
maggiore  limite  sopra  detto  per  gradazioni  di  tempo  proporzionate  al  Jimite  di 
sensibilità  del  nostro  occhio,  la  luce  apparirebbe  di  color  rosso  cupo  al  principio 
del  periodo  e  poi  passerebbe  per  tutti  i  ben  noti  colori  dell'inde  fino  al  vio- 
letto cupo  ed  al  grigio-lavanda  appena  visibile  a  cui  succederebbe  l'oscurità,  ma 


AD  uso  degl'ingegneri  187 

un'oscurità  semplicemente  dovuta  a  ciò  che  il  nostro  organo  non  è  atto  a  rice- 
vere l'impressione  di  un  movimento  atomico  animato  da  quelle  maggiori  velo- 
cità; nelle  quali  si  compie  il  periodo  ascendente  (1).  Al  semi-periodo  discen- 
dente si  presenterà  la  serie  dei  colori  in  senso  inverso,  e  così  di  seguito  (2). 

Diamo  ora,  (ed  è  ciò  che  ha  luogo  per  la  luce  solare),  diamo  che  la  velocità  u 
varii  periodicamente  fra  gl'estremi  limiti  di  sopra  fissati,  ma  che  la  durata  del 
periodo  benché  comprendente  molti  milioni  di  rivoluzioni  nell'orbita  sia,  siccome 
al  vero  è,  brevissima  per  rispetto  alla  sensibilità  del  nostro  organo,  allora  noi 
proveremo  una  sensazione  assai  diversa,  che  non  sarà  quella  di  nessuno  de' co- 
lori corrispondenti  alle  velocità  intermedie,  ma  sarà  quello  di  un  colore  misto, 
che  per  la  luce  solare  è  il  più  splendido  bianco. 

La  qual  cosa  faceva  dire  ai  fisici  di  altri  tempi,  che  il  bianco  è  composto  della 
riunione  di  tutti  i  colori,  ma  a  prevenire  un  erroneo  giudizio  convien  avvertire 
che  riunione  non  è  coesistenza.  Non  essendo  possibili  in  un  medesimo  istante 
due  o  più  diverse  velocità  angolari  nell'orbita,  non  è  ammissibile  la  simultaneità 
dei  colori;  a  fortiori  poi  tocca  ai  più  urtante  assurdo  la  volgare  maniera  di 
dire,  nella  quale,  ammettendo  l'esistenza  di  un  raggio  di  luce  fisico,  si  aggiunge 
poi  che  il  raggio  di  luce  bianca  è  composto  di  raggi  di  varii  colori. 

Diamo  ora  il  caso  in  che  la  velocità  angolare  nell'orbita,  rimanendo  costante 
la  velocità  tangenziale  (perciò  anche  gl'elementi  geometrici  dell'orbita),  sia  pe- 
riodicamente variabile.  Arriverà  allora  che,  se  la  durata  del  periodo  arrivasse 
almeno  a  qualche  minuto  secondo,  la  sensazione  nel  nostro  organo  sarebbe  quella 
di  alternative  di  oscuramenti  e  riavvivamenti  della  luce  senza  cambiamento  di 
colore. 

Se  invece  la  durata  del  periodo  sarà,  siccome  nel  vero  è,  brevissimo,  al  disotto 
almeno  di  qualche  centesimo  di  secondo,  la  sensazione  che  si  proverà  sarà  quella 
di  una  intensità  costante  intermedia  fra  le  estreme  (3). 

—  Passeremo  ora  a  trattare  di  un  altro  punto  assai  delicato  ed  oscuro  ancora 
nei  trattati  di  ottica  anche  i  più  avanzati,  i  cui  autori,  accettando  bensì  in  mas- 
sima la  teoria  microdinamica,  non  hanno  saputo  divincolarsi  dalle  vecchie  idee 
e  sopratutto  dalle  vecchie  parole;  di  modo  che  per  essi  la  luce  è  ancora  una 
vibrazione  molecolare,  a  partir  dal  riposo,  e  non  una  crisi  di  quel  movimento  con- 
Unno  orbitale  atomico  che  nel  reggime  normale  costituisce  la  vita  fisica  dell'uni- 
versa natura,  per  molti  di  essi  la  luce  si  compone  ancora  di  raggi  e  di  raggi  di 
mille  specie,  e  rappresentanti  nella  loro  figura  come  una  pianta  di  edera  avvi- 
ticchiata a  un  olmo,  raggi  poi  che,  secondo  quella  teoria,  si  rifrangono,  si  ri- 
flettono, si  polarizzano 

Si  polarizzano,  ecco  il  punto  difficile  del  quale  occorre  parlare. 

All'udire  le  parole  luce  polarizzata  movimento  polarizzato,  si  crederebbe  assai 
naturalmente  che  si  trattasse  di  un  fenomeno  di  rotazione  intorno  a  due  poli,  e 
la  mente  colloca  subito  i  poli  agl'esterni  dell'asse,  e  si  chiederebbe  forse  la 
posizione  di  questo  e  con  quale  velocità  angolare  abbia  luogo  il  movimento 
polarizzato.... 

(1)  Fenomeno  che  a  difetto  della  vista  che  non  lo  sente  si  riconosce  colla  fotografìa. 

(2)  La  scintillazione  cromatica  delle  stelle  esplorate  coli'  apparato  di  Montigny  dimostra  col  fatto  la 
esattezza  della  teoria. 

(3)  La  scintillazione  d' intensità  osservata  nell'  apparato  di  Montigny  conferma  col   fatto  questi  ra- 
gionamenti. 


138  OTTICA  TECNOLOGICA 

Niente  di  tutto  ciò  è  nel  vero.  -  La  definizione  la  meno  scura,  che  s'incontri 
nei  trattati,  del  fenomeno  di  cui  si  tratta  la  si  trova  contenuta  in  queste  semplici 
parole   che   leggo   per   esempio   in   Moignò  :  le  rayon  a  des  cotés ,   il  raggio  ha 

ri  pi   1  a  ti 

Or  bene  il  raggio  nella  teoria  microdinamica  non  è  nulla  di  fisicamente  conce- 
pibile; geometricamente  per  raggio  si  può  intendere  una  normale  qualunque  ad 

una  isodinamica.  . 

Ma  una  normale  ad  una  superficie  è  una  linea  matematica  priva  affatto  di  di- 
mensioni trasverse,  perciò  di  figura:   come  mai  dunque  poter  comprendere  che 

abbia  dei  lati?.... 

Ma  lasciamo  la  critica  delle  parole  male  applicate,  che  troppe  se  ne  incontrano 
in  questa  materia,  anzi,  perchè  adottate,  tolleriamone  l'uso,  ma  cerchiamo  il  vero 
significato  che  si  deve  alle  medesime  attribuire,  cerchiamo  a  ben  definire  il  feno- 
meno a  cui  servono  di  nome.  ,''/'*  A 

La  polarizzazione  stata  scoperta  da  Malus,  studiata  da  Fresnel  e  da  Arago,  ed 
ora  da  tutti  i  fisici,  si  è  trovata  essere  di  quattro  specie. 

Tè  la  polarizzazione  rettilinea,  ellittica,  circolare,  e  v' è   la  polarizzazione 

cromatica. 

Quel  fenomeno  che  si  è  chiamato  polarizzazione,  benché  scoperto  nella  luce,  non 
implica  la  esistenza  di  un  fenomeno  luminoso:  la  polarizzazione  altro  non  òche 
una  modificazione  nel  reggime  del  fenomeno  microdinamico,  la  quale  può  aver 
luogo  anche  al  di  fuori  dei  limiti  in  cui  apparisce  sotto  forma  di  luce. 

Quando  in  una  crisi  microdinamica  s'incontra  fra  le  altre  variazioni  perio- 
diche quella  che  abbiamo  chiamata  precessione,  vale  a  dire  la  variazione  nella 
orientazione  del  maggior  diametro  dell'orbita,  la  luce  in  tal  caso  è  quella  che 
si  dice  naturale,  ma  se  interviene  una  causa  qualunque  in  virtù  della  quale  la 
orientazione  dell'orbita  diventi  costante,  si  fermi  cioè  il  movimento  di  preces- 
sione, allora  è  che  i  fisici  dicono  polarizzata  la  luce ,  dicono  polarizzato  il  mo- 
vimento microdinamico. 

La  maggior  parte  però  conoscono  la  polarizzazione  da  suoi  effetti  negli  stru- 
menti ottici,  ma  non  si  rendono  conto  del  vero  fenomeno,  e  ne  trattano  elegan- 
temente coli'  analisi  senza  rendersi  conto  del  significato  delle  formole. 

Se  poi  nel  momento  in  cui  questo  fenomeno  di  fermata  della  precessione  av- 
viene il  periodo  di  variazione  della  eccentricità  si  trova  per  caso  al  punto  in 
cui  si' ha  e  =  o,  e  se  questa  stessa  variazione  periodica  si  ferma  pure  simulta- 
neamente alla  precessione,  si  dice  che  la  polarizzazione  è  circolare;  se  invece  av- 
viene la  fermata  della  precessione  simultaneamente  alla  fermata  della  variazione 
periodica  della  eccentricità,  ed  avviene  nel  mentre  che  l'asse  minore  è  sensibil- 
mente nullo,  nel  qual  capo  l'orbita  si  riduce  quasi  ad  una  linea  retta  lungo  la 
quale  ogni  atomo  oscilla,  si  dice  che  la  polarizzazione  è  rettilinea,  e  la  si  chiamerà 
ellittica  nei  casi  intermedii. 

Può  avvenire  il  caso  in  cui  la  precessione  si  trovi  sola  annullata,  ed  annullata 
solamente  per  una  data  velocità  tangenziale  nell'orbita,  e  non  per  le  velocità  tan- 
genziali superiori  od  inferiori  che  hanno  luogo  nel  periodo  di  variazione  di  questo 
elemento  dinamico,  allora  dicono  i  fisici  che  la  luce  è  parzialmente  polarizzata. 
Se  la  fermata  della  precessione  si  trova  in  un  dato  caso  accompagnata  dalla 
fermata  della  variazione  periodica  della  velocità  angolare  nell'  orbita,  la  polariz- 
zazione si  dice  cromatica  ;  e  se  finalmente  la  fermata  della  precessione  avviene 


AD  uso  degl'ingegneri  189 

sola,  ma  solamente  per  una  data  velocità  angolare  nell'orbita  e  non  per  le 
superiori  od  inferiori,  si  dice  anche  qui  polarizzazione  cromatica  parziale. 

Si  può  indifferentemente  ritenere  quella  nomenclatura,  benché  filologicamente 
inammissibile,  perchè  essa  è  ancora  in  uso  presso  molti  autori,  oppure  adottarne 
un'altra  se  cosi  piacesse;  l'essenziale  era  di  uscire  dal  vago,  era  di  bene  in- 
tendere il  carattere  dinamico  di  quei  fenomeni. 

La  causa  per  cui  avvengono  tutte  queste  circostanze  la  si  trova  principalmente 
nella  struttura  dei  corpi  nei  quali  la  luce  si  viene  ad  impegnare. 

Abbiamo  sin  qui,  parlando  della  propagazione,  fatto  conoscere  che,  da  un  punto 
qualunque  entrante  in  crisi,  questa  si  propaga  in  tutti  i  sensi  con  velocità 
uniforme. 

Abbiamo  pure  fatto  osservare  che  la  quantità  di  energia  dinamica  svoltasi  ad 
ogni  istante  nelle  crisi  dovendo  nella  propagazione  da  strato  a  strato  distribuirsi 
ad  una  quantità  di  atomi  crescenti  come  il  quadrato  delle  distanze  deve  decre- 
scere nella  inversa  ragione  de' quadrati  stessi  la  intensità  ossia  la  velocità  tan- 
genziale. 

Fermiamo  ora  la  nostra  attenzione  ad  un  atomo  unico  entrante,  per  effetto  della 
propagazione, in  crisi  ad  una  distanza  qualunque  dall'origine,  noi  dovremo  rico- 
noscere che  questo  atomo  si  può  considerare  esso  stesso  come  origine  di  una 
crisi  che  si  propagherà  in  tutte  le  direzioni,  che  perciò  la  luce  dovrebbe  girare 
intorno  a  tutti  i  corpi  ne  vi  potrebbero  essere  ombre. 

A  questa  obiezione  teorica  si  risponde  nel  seguente  modo. 

Siano  a  b  (Tav.  2.a  fìg.  3)  (1),  due  atomi  vicini  che  se  entrassero  soli  in  crisi  que- 
sta si  propagherebbe  da  ognuno  di  essi  sfericamente  all' ingiro.  Preso  ad  arbitrio 
più  avanti  un  punto  cì  del  quale  le  distanze  da  a  e  da  b  differiscano  esattamente  di 

1 
una  quantità  uguale  ad  un  multiplo  pari  di     -  X,  sarà  facile  il  convincersi  che 

l'atomo  esistente  in  e  sarà  eccitato  ad  entrare  in  crisi  da  due  forze  collimanti, 
essa  riceverà  perciò  la  somma  delle  due  impulsioni  provenienti  da  a  e  da  h. 
Ma  per  tutti  i  punti  pei  quali  le  distanze  da  a  e  da  b  differiranno  di  un  mul- 

1 

tiplo  impari  di  -~X  le  azioni  provenienti  da  a  e  da  b  saranno  opposte  e  si  eli- 
deranno reciprocamente.  Se  dunque  esistessero  soli  in  crisi  i  due  atomi  a,  b  si 
avrebbe  verso  e  una  serie  alternativa  di  punti  chiari  e  di  punti  oscuri. 

Facendo  ora  intervenire  l'azione  di.  tutti  gl'atomi  che  si  trovano  in  una  me- 
desima isodinamica  con  a  e  b,  e  considerando  allo  stesso  modo  la  somma  delle 
azioni  dinamiche  capaci  di  arrivare  ad  un  punto  qualunque  dato  si  troverà  fa- 
cilmente che  tutte  le  azioni  oblique  si  elideranno  e  non  rimarrà  che  1'  azione 
diretta. 

Di  questo  fenomeno,  che  è  base  della  teoria  delle  interferenze,  avremo  occasione 
di  parlare  ancora  e  di  veritìcarlo  sperimentalmente  quando  svilupperemo  quella 
teoria  e  dimostreremo  gl'importanti  e  tecnicamente  utilissimi  fenomeni  a  cui 
danno  luogo. 

—  Forti  ora  di  tutte  queste  nozioni,  noi  possiamo  entrare  definitivamente  nel 
campo  della  diottrica  tecnologica  propriamente  detta  e  proporci  per  primo  pro- 
blema di  esaminare  in  qual  modo  si  comporti  la  luce  nel  passare    dall'  etere  in 

(1)  Fascicolo  precedente. 


190  OTTICA  TECNOLOGICA  ECC. 

un  aggregato  di  materia  di  qualsiasi  densità,  che  per  cominciare  dal  semplice  sup- 
porremo isotropo  e  trasparente. 

Siano  o'  o\  o"  P  o"  (Tav.  2.a  fig.  2)  due  isodinamiche  provenienti  da  una  crisi, 
o  movimento  luminoso  la  cui  origine  è  in  luogo  qualunque  verso  0. 

Sia  NPB  la  superficie  di  un  aggregato  di  materia,  M  pel  quale  siano  state 
determinate  le  costanti  A,  B,  della  formola  fondamentale. 

Supponiamo  dapprima  per  semplicità  la  velocità  angolare  u  costante  e  troviamo 

il  valore  di  -=?-  . 

Cerchiamo  ora  cosa  diventerà  qui  la  porzione  della  isodinamica  o"  o"  che  si 
trova  intercetta  dalla  intromissione  della  massa  M. 

Prima  di  tutto  osserveremo  che  la  nuova  isodinamica  di  cui  ricerchiamo  la 
traccia  passerà  evidentemente  pel  punto  P. 

Consideriamo  ora  dei  punti  qualunque  p',p",p'"  ecc.  della  superficie  dell"  ag- 
gregato M  ai  quali  la  crisi  arriva  prima  di  arrivare  in  P.  Questi  punti  diverranno 
per  l'aggregato  M  come  altrettante  origini  di  crisi  che  si  propagheranno  sferica- 
mente in  giro  con  una  velocità  minore  nel  rapporto  di  V0  a  V{  ed  è  evidente 
che  la  isodinamica  cercata  sarà  una  superficie  avviluppante  tutte  le  sfere  che  avreb- 
bero per  centro  i  punti  p'  p"  p'"  ecc.  ed  i  raggi  calcolati  in  quel  rapporto  con  le 
minime  distanze  p  q\p"  q'\p"  f  q"  ecc.  dai  punti  q'  q"  q"'  della  isodinamica 
P  o'"  che  avrebbe  luogo  se  T  aggregato  M  non  esistesse. 

Con  questa  semplicissima  costruzione  grafica  si  può  ottenere  in  circostanze  si- 
mili, qualunque  isodinamica  si  desideri. 

Se  invece  fosse  data  la  equazione  della  superfìcie  curva  NPB  e  fossero  date 
pure  le  coordinate  della  origine  0  della  crisi  si  potrebbe  ottenere  col  calcolo  la 
equazione  della  superficie  curva  Po'"  che  assumerebbe  la  isodinamica  cercata. 

Per  un  caso  particolare  supponiamo  che  la  origine  0  (Tav.  2.afig.  3)  sia  collocata 
ad  una  distanza  grandissima,  cosicché,  per  la  porzione  loro  impegnata  nel  fenomeno, 
le  isodinamiche  possano  considerarsi  come  piane;  supponiamo  inoltre  che  la  su- 
perficie limite  NB  sia  essa  pure  piana:  in  tal  caso  è  evidente  che  basterà  un 
sol  punto  p  a  trovare  la  traccia  P  o" ,  che  sarà  rettilinea,  della  superficie  avvi- 
luppante necessariamente  piana. 

Prendendo  poi  a  considerare  i  triangoli  P  p'  q\  P p'  r'  si  vede  manifestamente 
che  il  seno  dell'angolo  0"  P  B,  e  il  seno  dell'angolo  NPO  stanno  fra  loro  nel 
rapporto  di  p'  q'  a  p'  r'.  vale  a  dire  nel  rapporto  di  F<>  a  V  che  pel  caso  di  u  co- 
stante, è  costante. 

Ecco  dunque  che  quella  pretesa  legge  la  quale  ha  costato  tanto  studio  e  tante 
sperienze  a  Descartes,  della  quale  Dutirou  ancora  dubitava  nel  1849  almeno  per 
le  incidenze  molto  oblique  altro  non  è,  che  una  conseguenza  geometrica  sempli- 
cissima della  teoria  microdinamica. 

Dutirou  e  tutti  i  suoi  antecessori  hanno  ciò  nondimeno  il  gran  merito  di  aver 
contribuito  colle  ricerche  loro  e  colle  loro  scoperte  materiali  interpretate  colla 
analisi  matematica  sapientissima  di  Cauchy,  di  Beer,  di  Jamin,  alla  maggior  per- 
fezione della  attuale  teoria  microdinamica  la  più  pura  forse  e  la  più  completa  di 
tutte  le  applicazioni  dell'analisi  ai  fatti  sperimentali  ed  alle  tecniche  dottrine. 

(Continua). 


RIVISTA  DI  GIORNALI  E  NOTIZIE  VARIE 


MACCHINA  PER  FABBRICARE  MATTONI  PER  USO  ORNAMENTALE. 

(Vedi  Tav.  11. aì 


Le  esigenze  ognora  crescenti  nella  decorazione  delle  nostre  case  civili  e  i  pochi  mezzi  che  si 
hanno  sempre  disponibili  specialmente  da  noi,  ci  obbligano  a  far  buon  viso  a  tutte  quelle  no- 
vità il  cui  scopo  sia  di  produrre  a  buon  mercato  degli  ornamenti  abbastanza  durevoli.  Perciò 
presentiamo  volentieri  il  disegno  di  una  macchina,  dovuta  al  sig.  H.  Pether,  per  fabbricare  mat- 
toni ornati  atti  a  formare  cornici  od  altre  parti  decorative.  Le  parti  essenziali  di  questa  macchina 
(v.  Tav.  li  fig.  I,  2,  5,  b)  sono:  un'intelajatura  verticale  P  i  cui  bordi  interni  sono  fatti  in  modo  da 
ricevere  e  servire  di  guida  ad  un'  altra  intebjatura  orizzontale,  la  quale  si  può  innalzare  ed  ab- 
bassare lungo  le  dette  guide  appoggiandovisi  mediante  i  pezzi  0:  una  scatola  di  ferro  a  pareti 
mobili  appoggiata  sopra  una  tavola  pure  di  ferro  A  è  destinata  a  ricevere  l'argilla  necessaria  :  fi- 
nalmente uno  stampo  o  forma,  la  quale,  mediante  la  vite  W,  può  discendere  entro  la  scatola 
in  modo  da  comunicare  la  propria  forma  all'argilla  che  vi  si  contiene.  L' intelaj atura  orizzon- 
tale che  abbiamo  accennato  si  innalza  o  si  abbassa  col  mezzo  di  una  manovella  /,  di  un  pignone 
e  di  una  dentiera,  la  quale  agisce  sul  piatto  L  e  questo,  per  mezzo  di  quattro  supporti,  sui  ri- 
manenti pezzi  uniti  col  medesimo.  Le  pareti  laterali  della  scatola,  meno  quella  di  dietro,  che  è 
fissa,  possono  ruotare  intorno  a  specie  di  cerniere  (fig.  3.a),  composte  ciascuna  di  due  parti  late- 
rali E  e  di  una  parte  centrale  G  con  spine  di  acciajo ,  del  resto  non  dissimili  dalle  ordinarie. 
Ora,  quando  il  piatto  L  si  innalza,  i  pezzi  N  agiscono  a  guisa  di  bocciuoli  sulle  prominenze  H 
delle  pareti  mobili  della  scatola  e  per  conseguenza  le  obbligano  a  chiudersi;  mentre  quando 
il  piatto  L  discende  la  scatola  si  riapre.  La  scatola  è  inutile  il  dire  che  ha  in  pianta  all'interno 
le  dimensioni  con  cui  deve  uscire  il  mattone.  Inoltre  dai  quattro  fianchi  della  medesima  e  dal 
fondo  sporgono  internamente  di  circa  un  oncia  (0m,02M)  dei  risalti  tutt' all' ingiro,  il  cui  scopo 
è  di  formare  una  rientranza  da  tutte  le  parti,  eccetto  la  faccia  che  porta  gli  ornati ,  e  ciò  allo 
scopo  di  lasciare  lo  spazio  necessario  pel  cemento  o  malta,  e  procurare  che  le  faccie  ornate  si 
uniscano  il  meglio  possibile. 

La  manovra  di  questa  macchina  è  facile  a  capire.  Introdotta  nella  scatola  l'argilla  già  pre- 
cedentemente impastata  con  altro  mezzo  qualunque  e  ridotta  alle  dimensioni  della  scatola,  la 
scatola  stessa  viene  chiusa  manovrando,  come  si  è  detto,  la  manovella  /.  Allora,  operando  su 
un  bilanciere  o  su  un  volante  apposito,  si  fa  muovere  la  vite  W ,  la  quale  è  registrata  col 
mezzo  del  pezzo  S  e  della  guida  T  (V.  la  sezione  nella  fig.  4.a) ,  e  porta  lo  stampo  U  assi- 
curatovi col  mezzo  di  una  vite.  Lo  stampo  allora,  discendendo  con  una  potenza  viva  assai  grande 
comunicatagli  dal  volante  o  dal  bilanciere,  imprime  la  propria  forma  sull'argilla.  Invertendo  i 
movimenti  accennati  lo  slampo  si  innalza  nuovamente  e  la  scatola  si  riapre  e  permette  di  levar 
fuori  il  mattone.  Per  la  buona  riuscita  dell'operazione  è  bene  che  le  pareti  interne  della  scatola, 
come  la  superficie  dello  stampo  siano  lubrificale  con  olio  od  altre  sostanze  grasse. 


192  RIVISTA  DI  GIORNALI 

La  fig.  B.a  rappresenta  una  modificazione  della  scatola  pel  caso  in  cui  si  vogliono  ottenere 
dei  mattoni  a  settore  circolare  per  costruzione  di  colonne:  il  suo  modo  di  operare  risulta,  cre- 
diamo, abbastanza  chiaro  dalla  semplice  ispezione  della  figura. 

Non  possiamo  dir  nulla  ancora  sull'effetto  utile  che  può  dare  questa  macchina,  sulla  quale 
per  altro  ci  par  di  trovare  a  che  dire  per  ciò  che  riguarda  i  suoi  movimenti ,  che  potrebbero 
forse  essere  semplificati.  Ad  ogni  modo  crediamo  che  essa  meriti  di  essere  studiata  e,  se  è  pos- 
sibile, migliorata  e  resa  pratica  da  noi  che,  pur  troppo,  siamo  soliti  d'ordinario  ad  accettare 
a  pena  le°eose  belle  e  fatte  dagli  altri  quando  per  essi  non  sono  più  nemmeno  novità. 

IL  NUOVO  VAPORIZZATORE  DEL  SIGNOR  DELAPORTE. 

Dalla  fine  del  secolo  scorso  ai  nostri  giorni  la  costruzione  delle  caldaje  per  la  produzione  dal 
vapore  ha  fatto  e  va  tuttora  facendo  rapidissimi  progressi.  Dapprincipio  una  caldaja  a  vapore 
altro  non  era  che  un  recipiente  di  forma  a  un  dipresso  cilindrica  con  un  focolajo  al  di  sotto. 
In  queste  caldaje  adunque,  con  una  massa  d'acqua  grandissima,  non  s'aveva  che  una  piccolissima 
superficie  di  riscaldamento  e  per  conseguenza  una  produzione  di  vapore  assai  lenta.  Ma  ben 
presto  si  riconobbe  la  necessità  di  aumentare  la  superficie  di  riscaldamento  e  quindi  la  produ- 
zione di  vapore  senza  aumentare  di  troppo  la  massa  dell'apparecchio,  e  ne  vennero  le  caldaje  a 
bollitori,  poi  le  caldaje  a  focolajo  interno  con  diverse  forme. 

Il  bisogno  di  ridurre  ancora  più  la  massa  e  quindi  il  peso  dell'apparecchio  vaporizzatore,  e 
di  procurare  nello  stesso  tempo  il  maggior  risparmio  di  combustibile  coll'utilizzare  il  più  possi- 
bile il  calore  irradialo,  si  fece  sentire  sempre  più  imperioso  quando  si  tentò  di  applicare  il  va- 
pore alla  locomozione  sia  coi  battelli  sia  sulle  strade  ferrate  e  quando  si  pensò  alle  locomobili 
e  alle  macchine  per  le  pompe  da  incendj.  Ne  nacquero  allora  le  diverse  caldaje  tubulari  da  quelle 
di  Dallery  inventate  fino  dal  1803,  a  quelle  che  vediamo  tuttora  nelle  locomotive  e  il  cui  prin- 
cipio si  attribuisce  al  sig.  Séguin;  oppure  a  quelle  a  ritorno  di  fiamma  impiegate  di  preferenza 
nelle  locomobili.  Con  queste  caldaje  pareva  che  si  fosse  raggiunto  un  buon  grado  di  perfezione; 
ma  il  genio  industriale  non  vi  si  arrestò,  e  alla  grande  esposizione  dell'anno  scorso  avemmo  il 
generatore  inesplosibile  di  Belleville,  quello  a  surriscaldamento  di  Howard,  il  generatore  tubulare 
di  Field  ed  altri  ancora  che  diedero  effetti  sorprendenti.  Il  principio  del  generatore  di  Belleville  e 
quello  di  sostituire  addirittura  alla  gran  massa  d'acqua  in  ebollizione ,  delle  piccole  quantità  di 
acqua  introdotte  per  cosi  dire  ad  ogni  colpo  della  macchina,  ed  evaporate  immediatamente  in  grazia 
della  enorme  superficie  di  riscaldamento.  Con  ciò,  oltre  l'economia  di  combustibile,  di  spazio,  di 
peso,  oltre  alla  produzione  rapida  e  abbondante  di  vapore  secco,  si  ottiene  un  altro  ben  grande 
\antaggio,  la  soppressione  completa  dei  pericoli  di  esplosione. 

Non  è  qui  nostra  intenzione  di  descrivere  questi  apparecchi  ;  diremo  solo  che  il  modo  con 
cui  il  sig.  Belleville  realizzò  il  suo  principio,  consiste  nel  far  circolare  l'acqua  da  evaporarsi 
entro  una  serie  di  tubi  comunicanti  disposti  in  strati  orizzontali  ed  investiti  completamente  dalle 
fiamme.  Le  cose  sono  disposte  in  modo  che  1'  acqua  incomincia  a  passare  pei  tubi  dello  strato 
inferiore  che  sono  più  a  contatto  col  fuoco:  ivi  prende  in  gran  parte  lo  stato  vescicolare  e  si 
porta  allora  nei  tubi  degli  strati  superiori  dove  finisce  di  ridursi  in  vapore  sempre  più  secco,  il 
quale  poi  viene  ancora  a  passare  per  un  cilindro  eppuratore  per  abbandonarvi  le  impunta  che 
accidentalmente  potrebbe  ancora  trascinare.  -  Nel  generatore  di  Howard  i  tubi  sono  invece 
verticali  e  ne  racchiudono  altri  che  si  elevano  fino  alla  superfìcie  dell'acqua;  la  circolazione 
dell'acqua  vi  è  prodotta  per  semplici  differenze  di  pressione  e  regolata  in  modo  da  rendere  im- 
possibile, sia  l'arroventarsi  delle  superfici  metalliche,  che  il  depositarsi  delle  incrostazioni.  Con 
questo  sistema,  oltre  all'  ottenere  una  rapidissima  produzione  di  vapore  con  pochissimo  consumo 
di  combustibile,  si  ottiene  anche  il  vapore  surriscaldato. 

-  Finalmente  il  generatore  Field  in  uso  già  da  circa  h  anni  non  differisce  anch  esso  gran  latto 
dai  precedenti  in  quanto  al  principio  su  cui  si  fonda.  Anche  qui  abbiamo  un  sistema  di  tubi 
pendenti  dal  cielo  di  un  focolare,  nell'interno  dei  quali  ne  stanno  altrettanti  altri  minori  ed  il 
tutto  è  disposto  in  modo  da  determinare,  in  virtù  dello  squilibrio  di  pressione  che  vi  ha  luogo, 


E  NOTIZIE  VARIE  193 

una  corrente  continua  d'acqua  che  dal  tubo  interno  va  a  passare  nello  spazio  annullare  fra  i  due 
tubi.  La  velocità  di  questo  movimento  dell'acqua  è  tale  da  raggiungere  i  ft  metri  per  secondo  e 
da  trasportare  alla  superficie  del  liquido  della  limatura  di  piombo  messa  nel  fondo  dei  tubi:  per 
conseguenza  non  è  a  stupirsi  se  in  una  caldaja  di  questo  sistema  dopo  due  anni  e  mezzo  che 
funzionava  giorno  e  notte  non  si  trovò  alcun  deposito  nei  suoi  tubi.  Quanto  alla  rapidità  di 
evaporazione  diremo  che  da  esperienze  fatte  risultò  che  il  tempo  necessario  per  ottenere  una 
pressione  di  6  atmosfere  e  mezza  a  partire  dal  momento  in  cui  si  accende  il  fuoco ,  ed  avendo 
l'acqua  a  circa  6  o  7  gradi,  non  risultò  che  di  7  minuti  e  28  secondi. 

Quanto  poi  all'economia  di  spazio,  basterà  il  dire  che  una  caldaja  della  forza  di  80  cavalli  ha 
un  diametro  esterno  di  M  1.98  con  un  altezza  totale  di  M.  2.6^,  e  che  per  una  della  forza  di 
25  cavalli  le  stesse  dimensioni  diventano  0m,70  e  lm,40. 

L'  apparecchio  vaporizzatore  di  Delaporte ,  del  quale  era  nostra  intenzione  di  parlare,  non  è 
finora  passato  nel  campo  della  pratica  :  il  suo  principio  consiste  nel  convertire  istantaneamente 
in  vapore  sia  dell'acqua  che  delle  altre  sostanze  liquide  o  dissoluzioni  gasose,  col  farle  passare 
sopra  un  metallo  caldo  o  sopra  delle  tele  metalliche  prima  riscaldate.  Ecco  in  qual  modo  il 
sig.  Delaporte  vorrebbe  realizzare  questa  sua  idea  (v.  lo  schema  presentato  nella  Tav.  41  iìg.6.a).  Lo 
spazio  F  sia  un  focolajo  ordinario  :  il  fuoco  acceso  sulla  sua  griglia  ne  riscalderà  le  pareti  non- 
ché l'aria  contenuta  nello  spazio  S  compreso  fra  le  pareti  stesse  e  l'inviluppo  esterno.  Questa 
aria  riscaldata,  dopo  una  circolazione  facile  ad  immaginarsi  e  mista  ai  gaz  provenienti  dalla 
combustione  viene  ad  entrare  per  le  aperture  0  nel  corpo  cilindrico  C:  Qui  attraversa  le  tele 
metalliche  T  passando  fra  i  due  pistoni  P  e  F  e  finisce  coll'uscire  per  l'apertura  0  e  a  sfug- 
gire pel  camino.  Quando  le  tele  metalliche  del  compartimento  ora  accennato  hanno  raggiunto  la 
temperatura  voluta,  l'asta  t,  sulla  quale  si  trovano  fissi  i  tre  pistoni  P  F  P2,  e  le  tele  metalli- 
che, viene  spinta  in  modo  che  venga  sopra  F  apertura  0  del  focolajo  il  compartimento  T\  nel 
quale  per  conseguenza  vengono  a  passare  l'aria  e  i  gaz  provenienti  dal  focolare.  Intanto  che  le 
tele  di  questo  nuovo  compartimento  si  riscaldano  esse  pure,  l'acqua  o  quell'altro  liquido,  che  si 
vuole  evaporizzare,  si  injetta  per  mezzo  del  tubo  a  sulle  tele  già  calde  del  compartimento  pre- 
cedente :  il  vapore  che  si  produce  istantaneamente  va  fuori  pel  tubo  A  per  rendersi  alla  mac- 
china. Terminata  questa  fase  dell'  operazione  i  pistoni  vengono  di  nuovo  ritirati  e  le  tele  dello 
scomparto  T  oramai  riscaldate  vengono  a  subire  una  analoga  operazione  per  mezzo  dei  tubi 
a  ed  A';  mentre  le  tele  dello  scomparto  T  tornano  a  riscaldarsi  per  ricominciare  come  prima. 

Per  ottenere  tutto  l'effetto  utile  possibile  il  sig.  Delaporte  consiglia  di  non  mandare  sulle  tele 
che  una  quantità  di  liquido  minore  di  quello  che  le  tele  potrebbero  vaporizzare.  La  ragione  è 
questa,  che  il  vapore  una  volta  prodotto  viene  surriscaldato  e  dilatato  dalle  tele  che  non  hanno 
ricevuto  acqua,  per  il  che  si  trova  in  condizioni  migliori  per  lavorare  ad  espansione.  Quanto  ai 
liquidi  da  potersi  impiegare  si  consiglierebbe  prima  di  tutto  l'acqua,  ma  possibilmente  distillata 
o  almeno  quella  proveniente  dalla  condensazione  praticata  dalla  macchina.  Poi  si  proporrebbe 
per  alcuni  casi  l'alcool,  i  varj  olii  di  petrolio,  la  dissoluzione  di  ammoniaca  nell'acqua.  Quanto 
alle  altre  precauzioni  consigliate  dall'  autore  omettiamo  di  farne  parola  in  quanto  che  non  si 
tratta  di  un'  idea. 

Comunque  dubitiamo  della  buona  riuscita  in  pratica  di  questo  nuovo  apparecchio,  nondimeno 
crediamo  sempre  utile  il  tener  dietro  a  questi  studj ,  che  crediamo  nelle  attuali  circostanze  di 
una  importanza  assai  grande;  tanto  più  che  la  soluzione  tanto  studiata  e  non  ancora  trovata 
del  gran  problema  delle  ferrovie  Alpine  e  delle  locomotive  per  grandi  pendenze ,  crediamo  che 
stia  in  ispecial  modo  nel  trovare  un  generatore  di  vapore  assai  potente,  che  presenti  poco  peso 
passivo  da  elevare  e  che,  occupando  poco  spazio  ,  permetta  una  piccola  distanza  fra  le  ruote 
accoppiate  e  quindi  una  maggiore  flessibilità  per  circolare  sulle  curve.  Si  abbia  della  forza  prima 
dì  tutto  e  a  condizioni  convenienti,  e  poi  sulle  montagne  o  si  anderà  in  fretta  con  poco  carico, 
o  altrimenti  all'aderenza  si  potrà  sempre  provvedere  con  altri  mezzi  meccanici  meno  dispendiosi 
che  l'elevare  20  o  30  tonnellate  di  peso  affatto  passivo. 


194  RIVISTA  DI   GIORNALI 

TUBI  IN  LAMIERA  E  BITUME. 

I  tubi  in  lamiera  e  bitume  fabbricati  dalla  società  Chameroy  e  Comp.a  sono  stati  messi  in 
pratica  per  la  prima  volta  nel  1838.  Questi  tubi  sono  formati  da  una  lamiera  di  ferro  piombata 
sulle  due  faecie,  chiodata  e  saldata  con  cura;  poi  da  uno  strato  spesso  di  bitume  che  inviluppa 
tutto  il  tubo.  Il  piombo  ha  per  ufficio  di  guarentire  la  lamiera  dalle  cause  di  alterazione  pro- 
venienti dal  suolo  o  dall'atmosfera,  o  dai  fluidi  che  attraversano  i  condotti:  lo  strato  di  bitume 
poi  finisce  di  proteggere  il  tubo  contro  ogni  influenza  esterna.  I  tubi  accennati  si  esperimentano 
prima  di  spedirli  sotto  una  pressione  idraulica  interna  di  15  atmosfere,  tripla  della  pressione 
costante  ch'essi  possono  sopportare  con  tutta  sicurezza.  La  loro  quasi  assoluta  impermeabilità  e 
la  loro  flessibilità,  nonché  il  poco  attrito  che  presentano  all'interno,  li  rendono  in  molti  casi 
assai  preferibili  ai  tubi  di  ghisa  generalmente  in  uso.  Le  giunture  dei  varj  pezzi  di  questi  tubi 
si  fanno  ora  dalla  società  Chameroy  e  C.a  con  manicotti  a  perfetto  sfregamento,  i  quali  si  ap- 
plicano a  tutti  i  diametri.  Questo  modo  di  giunture  permette  ai  tubi  di  dilatarsi  e  di  restrin- 
gersi a  seconda  dell'elevazione  o  dell'abbassamento  della  temperatura. 

Ecco  il  riassunto  dei  lavori  eseguiti  dalla  Società  dalla  creazione  di  quest'industria  in  poi: 


In  Francia ,   per  canalizzazione  di 

gaz    . 

.    M. 

k  150  000 

»                            » 

acqua 

» 

1  070  000 

Fuori  di  Francia            » 

gaz    . 

» 

940  000 

»                        » 

acqua 

» 
.    M. 

375  000 

Totale  .    . 

6  535  000 

il  cui  valore  è  di  Fr.  38  542  000.  Dal  Propagateur  des  travaux  en  fer. 

TEGOLE  DI   GHISA  —  SISTEMA  GEOFFROG. 

A  completare  i  varj  sistemi  di  coperture  metalliche,  aggiungiamo  volentieri  le  tegole  di  ghisa, 
le  quali  hanno  sopra  tutte  il  vantaggio  dell'incombustibilità;  in  quanto  alla  loro  durata,  si  as- 
sicura ch'essa  è  pressoché  secolare;  il  loro  peso  corrisponderebbe  a  quello  delle  coperture  in 
ardesia.  Queste  tegole  si  applicano  sopra  una  panconcellatura  di  ferro,  e  sono  un  ostacolo  as- 
soluto all'acqua  ed  al  vento:  una  preparazione  speciale  le  preserva  dall'ossidazione. 

Dal  Propagateur  ecc. 

I  TRATTATI  DI  COMMERCIO  DELLA  FRANCIA 
COL  PORTOGALLO  E  COLI'  AUSTRIA. 

A  proposito  di  una  osservazione  che  abbiamo  creduto  già  di  fare  nel  fascicolo  dello  scorso 
mese  riguardo  alla  nostra  tariffa  doganale  sul  ferro,  riportiamo  volentieri  dal  trattato  di  com- 
mercio concluso  dalla  Francia  col  Portogallo  1*  11  Luglio  1867  la  parte  che  interessa  il  nostro 
argomento,  onde  si  possano  stabilire  dei  confronti. 

EXPORTATIONS    DE    FrANCE. 

Droits   a   V  entrée   en   Portugal, 

Ouvrages  de  fonte  de  fer  non  dénommés,  tels  que  tuyaux ,  poutrelles , 

colonnes,  candélabres,  balcons,  vases,  ecc ;  bruts  .    .    .    pour  100  Kil.  Fr.    25. 00 

Vernis,  peints,  ecc »        »  »     50.00 

Bruts  ou  vernis,  ecc.,  quand  chaque  pièce  pése  plus  de  100  kil.              »        »  »      6.25 

Ouvrages  de  fer  forge  ou  lamine  non  dénommés ;  bruts  .    .         »        »  »     62.  50 

Polis,  vernis,  peints,  ecc »        »  »  100.00 


E  NOTIZIE  VARIE  195 

Il  trattato  di  commercio  concluso  coll'Austria  1*  11  dicembre  1866  non  contiene  alcuna  stipu- 
lazione in  ciò  che  concerne  i  ferri  e  le  ghise  provenienti  dalla  Francia.  Per  conoscere  i  diritti 
relativi  a  queste  materie  bisogna  riportarsi  alle  tariffe  doganali  dell'Impero  contenenti  il  regime 
generale  e  quello  risultante  dai  trattati  stati  conclusi  colla  Francia,  lo  Zollverein ,  l'Inghilterra 
e  l'Italia.  Ecco,  secondo  queste  tariffe,  i  diritti  doganali  per  l'entrata  in  Austria  dei  ferri  francesi. 

Fer. 

a.  Fer  brut     .    .    .    .    , pour  100  Kil.    Fr.      2. 00 

b.  Fer  affine,  e'  est-à-  dire  forge  et  lamine  en  barres  non  faconnées 

Fer  en  loupes »        »  »       7. 50 

e.  Rails »        »  »     12. 50 

e.  Tóle  de  fer  noir  y  compris  les  ferrures  ecc »        »  »     12. 50 

/.  Fer  affine,  en  barres  faconnées,  c'est-à-dire  fer  forge  ou  lamine  en 

une  forme  préparée  d'avance  pour  certains  usages »        »  »     12. 50 

Qui,  per  esempio,  si  trova  fatta  la  distinzione  tra  ferri  assolutamente  greggi  e  quelli  tirati  con 
una  forma  e  per  un  uso  speciale,  distinzione  che  nella  nostra  tariffa  riesce  troppo  poco  sensibile. 

Ing.  Emilio  Olivieri. 


CORSO  DI  CELERIMENSURA 

NEI,     R.    ISTITUTO     TECNICO     SUPERIORE 

(Anno  5.°,  1867-68) 


Santo  delle  lezioni  del  mese  di  Felim*ajo  1868. 

Sei  sono  state  le  lezioni  durante  il  mese  di  febbrajo;  gli  argomenti  trattati  sono  stati  i  seguenti. 

l.°  Gl'elementi  semplici  che  gì' istrumenti  di  geodesia  possono  fornire,  sono  tre  principali 
di  cui  due  angolari  apozenit  9,  azimut  e,  ed  uno  lineare,  il  più  delle  volte  verticale,  oltre  ad  un 
elemento  angolare  non  indispensabile,  ma  di  molta  utilità,  1'  angolo  di  posizione  <{/. 

2.°  Quali  tra  gli  strumenti  usuali  di  geodesia  possano  tutti  0  quasi  lutti  fornirli  :  Si  ot- 
tiene meglio  e  più  presto  l'elemento  lineare  se  il  cannocchiale  dell' istrumento  sarà  analitico  : 
Generalità  sul  cleps. 

5.°  Le  distanze  in  geodesia  sono  delle  astrazioni  utili,  ma  transitorie:  servono  come  mezzo 
per  passare  alle  coordinate: 

Le  distanze  in  celeriniensura  non  si  cercano  affatto;  esse  sono  affatto   inutili   giacché  dai  tre 
numeri  osservati  S,  %  9  si  passa  direttamente  alle  coordinate  x,  y,  z. 

h.°  Le  operazioni  parcellari,  0  di  riempimento,  si  fanno  in  celerimensura  con  tre  procedi- 
menti diversi,  il  radiometrico,  il  radiotomico,  il  conoidico. 

5.°  Il  procedimento  radiometrico  ed  i  collegamenti. 

6.°  Comprovazione  dei  collegamenti  :  accertamento  delle  orientazioni  : 
In  tutta  la  serie  di  strumenti  di  geodesia  e  di  astronomia  venuti  progressivamente  in  uso  du- 
rante il  passato  ed  il  corrente  secolo  s'incontrano  siccome  organi  essenziali  un  circolo  orizzon- 
tale, un  circolo  verticale,  un  alidada  od  un  cannocchiale,  ed  in  molli  di  essi  la  bussola,  in  tutti 
poi  accessoriamente  uno  0  due  livelli  a  bolla  cilindrici,  oppure  un  livello  sferico, 


196  RIVISTA  DI  GIORNALI 

'Il  cannocchiale  di  siffatti  strumenti  cominciò  nel  1769  ad  andare  munito    di    un   micrometro 
avente  lo  scopo  di  misurare  dei  piccoli  angoli  nel  cielo  ed  anche  valutare  con  più  o  meno  pre- 
tensione di  esattezza  in  pianura  le  distanze  mediante  una  mira-stadia,  e  gl'astronomi  vi  aggiun- 
sero il  circolo  di  posizione. 
In  celeri mensura  si  accettano  tutte  questi  organi  nel  seguente  ordine. 

l.°  Circolo  orizzontale. 

2.°  Ago  magnetico  disposto  come  conviene  per  orientare  il  diametro  zero  del  circolo  oriz- 
zontale nel  meridiano  terrestre. 

5.°  Circolo  verticale. 

h.°  Livello  sferico,  il  quale  serve  a  rendere  orizzontale  uno  dei   circoli ,   ed  a  constatare  la 
verticalità  del  diametro  zero  dell'altro. 

K.°  Cannocchiale. 

5.°  Micrometro  o  meglio  reticola  a  fili  fissi,  particolarmente  costrutta  per  l'uso  della  mira-stadia. 

7.°  Circolo  di  posizione: 

I  comuni  teodoliti  e  particolarmente  i  comuni  teodoliti  inglesi,  le  bussole  goniometriche  fran- 
cesi e  tedesche  sono  o  possono  con  pochi  adattamenti  diventare  veri  tacheometri,  vale  a  dire 
strumenti  di  celeriniensura. 

II  circolo  orizzontale  coli'  ago  magnetico  fornisce  1'  azimut  e  di  una  visuale  qualunque  :  Dove 
mancasse  l' ago  magnetico  vi  ha  modo  di  farne  senza. 

Il  circolo  verticale  fornisce  1'  apezenit  9  della  visuale  stessa. 

Il  cannocchiale  serve  a  fissare  e  mettere  in  rapporto  coi  circoli  la  direzione  della  visuale. 

Col  micrometro,  o  colla  reticola  a  fili  fissi,  si  misura  sopra  uua  mira  verticale  (i)  un  ele- 
mento lineare  verticale  che  entra  nella  calcolazione  delle  coordinate. 

Col  circolo  di  posizione  si  valuta  in  gradi  la  pendenza  $  di  un  'piano  visuale  tangente  al 
terreno  oppure  ad  una  curva  visibile  nel  medesimo. 

11  Cleps  è  lo  strumento  di  celerimensura  per  eccellenza,  esso  si  compone  di  tutti  questi  ele- 
menti disposti  nel  modo  il  più  comodo  e  conveniente  pel  minimo  di  volume  combinato  col  mas- 
simo di  potenza,  e  con  tutta  la  stabilità  necessaria  ad  ottenere  buoni  risultamene,  ed  a  resistere 
agli  strapazzi  della  più  disagiata  campagna  ed  ai  trasporti  ordinari. 

Il  profess.  avverte  che  quind'  innanzi  si  servirà  del  nome  di  cleps ,  attesa  la  sua  brevità  per 
indicare  qualunque  siasi  tacheometro  di  che  altri  sia  munito. 

La  seguente  lezione  fu  quasi  per  intiero  consacrata  a  dimostrare:  1.°  che  le  distanze  non  sono 
utili  in  geodesia  alta,  che  come  quantità  intermediarie  di  calcolo  per  le  quali  si  passa  onde 
arrivare  alla  determinazione  delle  coordinate,  siano  queste  poi  geografiche,  vale  a  dire  espresse 
in  gradi,  oppure  topografiche,  vale  a  dire  espresse  in  metri  ;  il  che  è  facile  a  concepirsi  giacché 
persino  nelle  pratiche  della  vita  civile  se  si  parla  della  distanza  P.  E.  fra  due  città  s'intende 
sempre  la  distanza  itineraria  seguendo  la  tortuosità  delle  vie  la  quale  non  ha  niente  da  fare 
colle  lunghezze  dei  lati  dei  triangoli  delle  quali  il  geodesista  si  è  servito  per  la  determinazione 
delle  latitudini  e  longitudini  che  sono  il  vero  scopo  ed  il  finale  risultato  delle  grandi  operazioni 
geodesiche. 

La  celerimensura  nell'  alta  geodesia  non  ha  variato  quasi  nulla  alle  dottrine  ricevute;  solamente 
vi  ha  recato  dei  procedimenti  e  dei  mezzi  istrumentali  nuovi  più  speditivi,  più  efficaci,  più  esatti 
di  misura,  e  dei  metodi  di  operare  tali  da  mettere  a  profitto  tutti  i  vantaggi  istrumentali. 

Nelle  operazioni  parcellarie  poi,  ossia  di  riempimento,  ed  in  tutta  la  geodesia  degl'ingegneri  l'an- 
tico sistema  faceva  bensì  della  misura  delle  distanze  gran  caso  e  se  ne  valeva  col  mezzo  della  scala 
e  del  compasso  per  costrurre  graficamente  le  sue  mappe,  ma  una  volta  fatta  la  mappa  l'ineso- 
rabile gomma  elastica  faceva  ivi  pure  sparire  tutte  le  linee  di  costruzione  e  non  rimanevano  che 
le  figure  dei  perimetri  rilevati  pochissimi  lati  delle  quali  erano  stati  direttamente  misurali  ;  anche 
qui  dunque  le  distanze  non  avevano  che  una  importanza  transitoria. 

(1)  V'ha  chi  usa  disporla  orizzontalmente  e  v'ha  chi  usa  di  inclinarla  nel  piano  verticale  normal- 
mente alla  visuale. 


E  NOTIZIE  VARIE  197 

Se  non  che  ne' più  moderni  tempi  aumentata  grandemente  l'importanza  dei  Lavori  Pubblici 
aumentate  le  esigenze  in  materia  di  proprietà  fondiaria  ,  tanto  dal  lato  giuridico  propriamente 
detto  che  a  tutti  gl'effetti  civili  che  si  possano  dal  catasto  desumere  è  invalso  il  principio  di 
non  più  ammettere  piani  unicamente  grafici,  e  di  pretendere  invece  sempre  tutte  le  dimensioni 
originali  scritte,  di  pretendere  che  si  veda  la  figliazione  successiva  di  tutti  i  risultamenti  dedotti 
e  che,  di  tutto  quanto,  sia  facile  la  comprovazione,  con  che  si  sperava  anche  il  vantaggio  sinot- 
tico di  poter  ammettere  dei  piani  a  molto  più  piccola  scala. 

In  tali  condizioni  si  dovettero  conservare  sui  piani  le  linee  di  costruzione  e  scrivere  sopra 
ogni  linea  la  sua  lunghezza  e  così  in  fatti  si  praticò  per  un  certo  tempo,  così  ancora  oggidì 
praticano  alcuni  ingegneri.  Ma  lo  spazio  necessario  a  scrivere  le  dimensioni  nei  piani  un  poco 
complicati  obbliga  invece  ad  una  scala  mollo  maggiore  di  prima  e  genera  della  confusione 
molta,  d'onde  il  più  degl'  ingegneri  moderni  seguendo  il  metodo  da  gran  tempo  in  uso  presso  gì'  in- 
gegneri delle  miniere  ne  sono  venuti  a  riferire  la  posizione  di  tutti  i  punti  a  tre  piani  coordi- 
nati con  che  possono  dare  in  un  libretto  a  parte  con  numeri  di  riferenza  od  anche  nei  margini 
di  ogni  foglio  lo  stato  numerico  delle  coordinate  di  tutti  i  punti  e  soddisfare  ampiamente  e 
con  grande  chiarezza  a  tutti  i  postulati  dei  moderni  servizii  che  richiamano  l'appoggio  della 
geodesia. 

Su  questi  motivi  e  su  questo  sistema  il  profess.  ha  insistito  replicatamente ,  mostrandone  la 
eccellenza  sotto  tutti  i  rispetti  poi  ha  fatto  vedere  come  in  celerimensura  riesca  appunto  facilis- 
simo il  soddisfare  a  quei  postulati  dimostrando  in  qual  modo  e  con  quali  formole  si  ottengono 
direttamente  dalle  tre  quantità  s  ?  0  lette  per  ogni  punto  nell' istrumento,  le  tre  coordinate  x,  y,  z, 
come  perciò  sien  divenute  completamente  inutili  le  distanze,  che  neppure  transitoriamente  non 
entrano  più  in  conto,  e  come  si  possa  e  si  debba  anzi  nelle  pratiche  della  celerimensura  trasan- 
darle affatto. 

Quanto  sono  dunque  fatalmente  in  errore,  nel  più  madornale  errore,  quegl'  ingegneri  tagliati  al- 
l'antica, i  quali  credono  la  celerimensura  in  null'altro  consistere  se  non  se  nella  misurazione  delle 
distanze  medante  la  stadia  !  !  1 

Il  professore  ha  fatto  osservare  però  che  la  stadia,  come  la  si  conosceva  prima  del  182*,  era 
un  mezzo  poco  esatto,  nel  qual  fatto  ei  vede  la  causa  di  quella  specie  di  prevenzione  e  quasi 
di  jettalura  per  parte  di  quei  molti,  che  mal  prevenuti  circa  la  stadia,  ricusarono  sempre  di 
seguirne  i  progressi,  e  torsero  lo  sguardo  dai  libri  che  della  stadia  ragionavano.  Trovando  que- 
gl'ingegneri  ora  la  stadia  nella  celerimensura,  ne  arguiscono  uguali  danni  e  rigettano  senza  esame 
il  principale  e  l'accessorio. 

Nelle  seguenti  lezioni  il  professore  ha  descritto  il  procedimento  radiometrico,  epiteto  che  si- 
gnificherebbe misura  del  raggio,  e  tale  in  vero  era  sin  dal  principio  di  questo  secolo  l'ufficio 
della  stadia;  essa  doveva  dare  la  distanza  ossia  la  lunghezza  del  raggio  visuale.  La  parola  fu  con- 
servata, ma  il  suo  significato  non  può  più  oggidì  esser  preso  alla  lettera. 

Il  procedimento  radiometrico  consiste  :  1.°  nel  collocare  l' istrumento  in  stazione  in  un  punto 
arbitrariamente  scelto ,  colla  sola  condizione  di  vedere  il  più  di  punti  efficaci  (1)  che  sia 
possibile. 

%°  Nel  mandare  su  tutti  quei  punti  per  qualche  istante  la  mira,  osservarla  dall' istrumento 
e  notare  i  valori  di  a,  6,  (2)  q>,  e  per  dedurre  quindi  senza  calcolo  e  con  procedimenti  pronti, 
che  saranno  insegnati  in  altre  lezioni,  le  tre  coordinate  a,  y,  z. 

5.°  Dopo  rilevati  in  tal  modo  tutti  i  punti,  ed  inscritti  in  apposito  libretto  i  numeri  a,  b, 
<?,  e  e  prima  di  levar  la  stazione,  formare  un  eidotipo  (disegno  figurativo  a  vista)  di  tutto  il  ri- 
levato da  quella  stazione. 

Si  passa  quindi  ad  una  seconda  ed  a  quante  altre  stazioni  occorrono  per  rilevare  tutto  il  pro- 
posto terreno,  e  si  collegano  le  stazioni  fra  loro  ne' modi  stati  insegnati  in  dettaglio  dal  profes- 

(1)  Il  professore  chiama  punti  efficaci  tutti  quelli  che  appartengono  ai  perimetri  ed  alle  linee  da 
rilevarsi. 

(2)  s  —  a  —  b.  Vedi  notazione  Celerimensura  4.a  edizione. 

Giorn.  lng>  ~  Voi.  XVI.  —  Febb.  e  Marzo  1868.  13 


igg  RIVISTA  DI  GIORNALI  E  NOTIZIE  VARIE 

sore  (1)  se  ne  accertano  le  orientazioni  e  si  sottopone  ogni  cosa  alla  più  rigorosa  ed  universale 
comprovazione  prima  di  formare  le  coordinate  definitive  x,  y,  *,  riferite  ad  un  asse  unico  per 
tutto  il  lavoro  e  prima  di  disegnare  in  netto  la  mappa  che  è  l'ultima  cosa. 

Nel  mese  di  marzo  il  professore  tratterà  principalmente  del  procedimento  radiotomico ,    e  del 
procedimento  conoidico,  poi  de'metodi  meccanici  per  supplire  a  tutte  le  calcolazioni. 

OTTICA   TECNOLOGICA. 

Tre  sole  furono  le  lezioni  di  ottica  tecnologica  durante  il  mese  di  febbrajo,  nella  prima  delle 
quali,  che  fu  l'ottava  del  corso,  il  professore  presentò  il  polyoptometro  e  ne  spiegò  la  composizione 
ed  uso  in  quanto  serve  alla  determinazione  delle  costanti  ottiche  implicate  nel  calco  lo  degli  ef- 
fetti delle  lenti  sulla  luce,  epperciò  specialmente  delle  lenti  iconogene  acromatiche  ed  ha  dimo- 
strato come  dalle  spariente  accuratissime  fatte  col  polyoptometro  risulti  pienamente  confermato 
quanto  in  precedenti  lezioni  aveva  asserito  circa  la  irrazionalità  della  dispersione. 

Nella  seguente  lezione  il  professore  ha  trattato  dei  cannocchiali  ed  ha  dimostrato  che  la  so- 
stanza di  un  cannocchiale  consiste  tutta  intiera  nella  lente  obbiettiva  ossia  iconogena,  che  le  altre 
lenti  componenti  ciò  che  si  chiama  l'oculare  non  sono,  come  gli  occhiali,  che  vetri,  il  cui  enetto 
è  di  supplire  alla  mancanza  di  forza  d'accomodazione  dell'occhio. 

Egli  ha  di  poi  definita  la  visuale  ottica  in  qualunque  insieme  continuo  di  linee  rette,  o 
curve,  o  poligonali,  il  quale  goda  della  proprietà  di  incontrare  normalmente  tutte  le  isodina- 
miche comprese  fra  un  punto  dell'oggetto  ed  il  corrispondente  punto  della  immagine  ;  egli  ha 
fatto  vedere  che  questi  due  punti  e  la  lente  iconogena  sono  perfettamente  determinati  di  posi- 
zione per  rispetto  alle  parti  dell' istrumento,  che  perciò  un  cannocchiale  formato  di  una  icono- 
gena, di  un  tubo  e  di  un  diafragma  iconico,  nel  quale  sia  posta  una  crociera  di  fili  per  fissare  un 
punto  costituisce  tutta  la  sostanza  del  cannocchiale  geodesico  ed  astronomico. 

Quanto  all'oculare  egl' è  solo  per  comodo  che  lo  si  suole  fissare  ah' istrumento,  ma  lo  si  po- 
trebbe invece  benissimo,  ed  anche  con  qualche  vantaggio,  tenere  alla  mano,  e  deve  in  ogni 
caso  considerarsi   piuttosto  come  parte  coadjutiva   dell'occhio  che  come  parte  costituente  del 

Della  seguente  lezione,  che  fu  la  decima  del  corso,  ebbe  ad  argomento  lo  anallalismo.  Dopo 
aver  dimostrato  che  si  possono  prendere  sulla  imagine  degli  oggetti  nel  diafragma  iconico  delle  di- 
mensioni che  corrispondono  a  certi  angoli  apparenti  sotto  cui  si  presentano  le  parti  corrispon- 
denti dell'oggetto,  fu  dimostrato  che  il  vertice  di  questi  angoli  sta  in  quel  punto  che  suolsi  chia- 
mare il  foco  anteriore  della  obiettiva ,  punto  al  quale  dovrebbe  in  un  istrumento  geodesico 
corrispondere  il  centro  comune  dei  circoli  dell' istrumento,  la  qual  cosa  condurrebbe  a  delle  di- 
mensioni inaccettabili. 

Quel  punto  fu  chiamato  punto  anallatico. 

Fu  poscia  dimostrato  che  aggiungendo  un  vetro  fra  1'  objettiva  ed  il  campo  iconico  in  molta 
vicinanza  di  quest'ultimo,  si  può  modificare  la  posizione  del  punto  anallatico  in  tal  modo  da  con- 
durlo pei  comuni  strumenti  geodesici  alla  coincidenza  coi  centri  dei  circoli,  la  quale  costruzione 
si  distingue  dalle  altre  dicendo  che  lo  strumento  è  centralmente  anallatico. 

Il  professore  ha  dimostrato  che  i  cannocchiali  geodesici  dovrebbero  per  più  motivi  esser  sempre 
centralmente  analitici ,  ma  essere  ciò  assolutamente  indispensabile  quando  si  tratta  di  operare 
colla  stadia  e  col  micrometro  o  colla  reticola  a  fili  fissi. 

Egli  ha  fatto  vedere  quindi  che  calcolando  colle  teorie  esposte  nelle  precedenti  lezioni,  le  con^ 
dizioni  dello  anallatismo  centrale  per  un  cannocchiale  di  teodolite  si  trova  adempita  quando  la 
forza  della  lente  addizionale  viene  all'  incirca  ad  una  volta  e  mezza  la  forza  della  iconogena. 

Per  i  cannocchiali  militari  da  mano  coi  quali  si  valutano  le  distanze  in  guerra,  dovrebbe  la 
lente  in  questione  aver  una  forza  doppia  di  quella  della  iconogena. 

Il  professore  ha  annunziato  per  la  prossima  lezione:  la  teoria  degli  oculari. 

(1)  Vedasi  pei  collegamenti  e  per  lo  accertamento  della  orientazione:  Celeriniensura,  2.»  dispensa. 


LEGISLAZIONE 


Col  Decreto  Reale  30  gennajo  1868  venne  data  facoltà  agli  ingegneri  Eugenio  Villoresi  e  Luigi 
Meraviglia  di  fare  due  grandi  canali  di  derivazione  d'  acqua  dai  Laghi  di  Lugano  e  Maggiore 
mercè  i  rispettivi  emissarj,  i  fiumi  Tresa  e  Ticino,  nello  intento  di  tradurre  le  acque  slesse  sul 
territorio  di  Lombardia  per  la  irrigazione,  per  forza  motrice  e  per  navigazione;  quali  canali 
della  portata  il  superiore  di  metri  cubici  2ft  fino  a  32  all'  evenienza  per  minuto  secondo  nella 
stagione  estiva  e  di  metri  cubici  18  nella  stagione  jemale,  lo  inferiore  metri  cubici  hK  fino  a  70 
all'evenienza  per  minuto  secondo  nella  stagione  estiva  ed  in  metri  cubici  20  a  30  nella  stagione 
jemale,  dovranno  collegarsi  fra  loro  presso  Parabiago  e  dividersi  di  nuovo  in  due  rami,  uno  dei 
quali  percorrerà  per  Lainate,  Garbagnale,  Varedo,  Muggiò,  Monza,  Concorrezzo  ed  altri  comuni 
fino  all'Adda  e  da  questo  fiume  potrà  esserne  proteso  fino  all'  Oglio  sul  territorio  della  prov.  di 
Bergamo;  l'altro  seguendo  la  ferrovia  e  toccando  Nerviano ,  Venzago  e  Rho  arriverà  a  Milano. 

E  tale  concessione  per  anni  90  a  partire  dall'approvazione  del  Consorzio  che  i  detti  richiedenti 
sono  tenuti  a  costituire  nel  termine  di  due  anni  a  far  tempo  dalla  data  del  suddetto  decreto  di 
concessione  per  i  primi  quarant'anni  a  favore  degli  stessi  concessionarj  Eugenio  Villoresi  e  Luigi 
Meraviglia,  pei  successivi  anni  50  a  favore  del  Consorzio  come  sopra  costituilo  mediante  l'annua 
prestazione  a  favore  delle  finanze  dello  Stato  di  lire  mille,  quale  somma  sarà  portata  a  L.  1500 
avverandosi  la  prevista  circostanza  di  maggior  erogazione  d'acqua  e  sotto  la  esatta  osservanza  delle 
singole  condizioni,  penalità  e  norme  apparenti  dall'atto  di  sottomissione  passato  dai  concessionarj 
il  15  gennajo  1868  innanzi  la  Prefettura  di  Milano  (1). 


BIBLIOGRAFIA 


Le  più'  recenti  ed  utili  Macchine  e  Strumenti  rurali  ,  loro  teoria  ,  costruzione  ,  effetti  ed 
applicazione  del  sig.  Angelo  Giacomelli.  —  Le  macchine  rurali  in  Italia,  si  diceva  e  si  dice 
ancora  da  molti,  non  serviranno  mai  a  nulla:  in  Italia  la  popolazione  è  eminentemente  agricola 
e  per  conseguenza  poco  industriale:  la  mano  d'opera  troppo  a  buon  mercato  per  esservi  la  con- 
venienza a  surrogarla  con  macchine!  Ad  onta  di  ciò  però  gli  aratri  di  diverse  forme,  le  erpici, 
i  trebbiatoi,  le  locomobili  stesse  comparvero  già  e  con  buonissimo  frutto  sui  nostri  campi  :  ecco 
una  prima  smentila  data  dai  falli.  Per  il  resto  si  osservi  l'eltarea  media  in  Italia  col  bel  cielo 
che  le  sta  sopra,  rende  appena  il  50  per  cento  dell'ettarea  media  inglese  :  eppure  la  popolazione 
Inglese  non  è  soltanto  eminentemente  agricola  come  la  nostra,  ma  è  ancora  eminentemente  in- 
dustriale. Il  fatto  in  vero  è  che  l'agricoltura  può  far  bene  da  sé  fino  ad  un  cerio  limite;  ma 
che  per  estendersi  più  oltre  ha  bisogno  che  si  sviluppi  di  pari  passo  anche  l'industria.  In  quanto 
poi  al  basso  prezzo  con  cui  abbiamo  la  mano  d'  opera  nelle  nostre  campagne,  è  un  fatto  pur 
troppo,  ma  ben  doloroso  e  che  caratterizza  la  meschina  posizione  in  cui  si  trovano  i  nostri  con- 
tadini: posizione  che  bisognerebbe  pensar  di  migliorare  a  qualunque  costo  appunto  coi  diffon- 
dere 1'  istruzione  e  coli' estendere  l'industria. 

Crediamo  adunque  opera  assai  buona  quella  del  sig.  Giacomelli,  il  quale  diede  una  descrizione 
assai  facile  delle  principali  macchine  agricole  usate  nei  varj  paesi  d' Italia  e  all'  estero.  Il  con- 
fronto fra  i  varj  sistemi   usati   nei   diversi  paesi  a  seconda  delle   condizioni  speciali  dei  paesi 

(1)  Gazzetta  Ufficiale  del  Regno  d'Italia  del  giorno  24  febbrajo  1868. 


200  BIBLIOGRAFIA 

stessi  non  può  che  essere  di  grandissima  utilità  sia  per  l' ingegnere  che  per  1'  agronomo  nella 
scelta  delle  sue  macchine  o  nell'  introduzione  di  nuove. 

Per  chi  volesse  sapere  a  un  dipresso  quali  sono  le  materie  trattate  nel  libro  di  cui  parliamo, 
diremo  che  l'autore  divide  il  suo  trattato  in  15  capitoli.  Nel  1.°  tratta  degli  arnesi  da  lavorare 
la  terra  e  vi  sono  distinti  gli  arnesi  a  mano  di  tutte  sorta,  gli  arnesi  aratorj  da  tiro  colle  varie 
specie  di  aratri,  scarificatori,  scrostatori,  rincalzatori  ecc.  ecc.  :  gli  aratri  a  vapore,  le  erpici  dei 
varj  sistemi.  Nel  2.°  capitolo  si  tratta  degli  arnesi  di  trasporto  :  nel  3.°  degli  arnesi  e  macchine 
da  spargere  letame  e  bottino:  nel  4.°  dei  seminatori;  nel  5.°  delle  macchine  per  raccogliere;  nel 
6.°  dei  motori  sia  animali  che  a  vapore  ;  nel  7.°  delle  macchine  per  battere  e  sgranellare,  tre- 
biatoj  ecc.:  nell'8.°  degli  arnesi  vagliatori  e  cernitori  :  nel  9.°  dei  frantoj  e  macinatori  :  nel  10.°  dei 
taglia  paglia:  nell' 11.0  dei  trincia  tuberi  o  lava  radici:  nel  12.°  dei  mezzi  per  innalzar  l'acqua: 
nel  13.°  si  descrivono  i  varj  strettoj  ed  apparati  in  uso  per  fare  i  doccioni  da  fognare  e  i  mat- 
toni: nel  14.°  si  hanno  i  varj  arnesi  per  fare  il  burro:  finalmente  nel  15.°  si  descrivono  varie 
altre  macchine  ed  apparati  per  diversi  usi  agricoli. 

Goniometro  di  Filadelfo  Fichera.  -  Il  signor  Filadelfo  Fichera  di  Catania  ci  ha  mandato 
in  dono  un  opuscolo,  nel  quale  è  descritto  un  goniometro  di  sua  invenzione  per  uso  dell'archi- 
tettura e  delle  arti  che  ne  dipendono. 

L' invenzione  consiste  in  due  regoli  uniti  a  modo  di  compasso  con  una  ingegnosa  divisione 
rettilinea  in  parti  disuguali  che  fornisce  in  gradi  l'apertura  dell'angolo. 

Senza  discutere  circa  la  novità  o  meno  dell'idea,  né  circa  l'utilità  dell' istrumento,  e  reso  il 
ben  dovuto  omaggio  all'amore  del  progresso  di  che  è  compreso  il  giovane  ed  esordiente  autore  (1), 
noi  ne  prendiamo  occasione  di  ripetere  agi'  italiani  per  la  centesima  volta  il  giustissimo  rim- 
provero che  Brofferio  indirizzava  loro  nel  Messaggere  Torinese  fin  dal  1821  :  alla  qual'  epoca 
Brofferio  in  uno  slancio  oratorio  esclamava:  e  voi  altri,  che  non  siete  usciti  mai  dallo  stivale, 

OSATE   PRETENDERE    

Sì  o  signori,  l'Italia  è  un  così  fatto  stivale,  il  quale  contiene  non  gambe  solo,  ma  teste,  e 
teste' che  ragionano:  ne  sia  prova,  una  fra  mille,  il  giovanissimo  cataniese;  quello  che  vi  manca 
è  lo  sviluppo  delle  industrie  di  cui  l' Italia  è  capace,  e  l'avanzamento  loro  fino  all'ultimo  stadio 
a  che  sono  giunte  presso  le  altre  nazioni,  e  più  oltre  ancora,  che  l'Italia  il  potrebbe,  manca 
perciò  a  portata  di  quelle  menti  italiane  che  s'accingono  all'ingrata  carriera  delle  invenzioni, 
il  giusto  punto  di  partenza  per    inventare   utilmente ,  per   modo  che   essi  partono   sempre  da 

troppo  indietro.  .        . 

Se  il  sig.  Fichera  avesse  avuto  un'  idea  esatta  di  ciò  che  sono  i  moderni  mezzi  di  incidere  le 
divisioni  dei  circoli,  se  egli  conoscesse  per  esempio  con  quale  facilità  nella  filotecnica  in  Milano 
si  divide  direttamente  un  circolo  di  tre  o  quattro  centimetri  di  diametro  in  altrettante  parti ,  e 
con  altrettanta  esaltezza  quanto  appena  se  ne  otteneva  vent' anni  fa  da  rarissimi  artefici  in  un 
diametro  decuplo  {%  ei  conoscerebbe  che  il  dividere  direttamente  in  gradi  la  testa  della  vite  del 
suo  goniometro  sarebbe  cosa  mollo  più  facile  e  molto  più  esatta  che  la  sua  divisione  rettilinea  a 
punti  segnati  graficamente,  e  non  col  calcolo  ottenuti  ;  e  così  forse  avrebbe  fatto  il  suo  strumento. 

Concludiamo  con  ripetere  a  forma  di  consiglio  Brofferiano  ai  singoli  nostri  compatrioti  :  ita- 
liani, VIAGGIATE. 

Avvertite  però  di  prepararvi  con  forti  sludj  a  ben  intendere  quello  che  vedrete,  affine  di  non 
lasciarvi  ubbriacare,  sorprendere,  stordire  dalla  grandezza  degli  stabilimenti,  dall'apparente  com- 
plicazione delle  macchine,  dalla  estensione  della  produzione. 

Persuadetevi  bene,  prima  di  mettervi  in  viaggio,  che  tutto  ciò  che  si  fa  presso  le  nazioni  le 
più  avanzate  è  possibile  in  Italia,  tutto  vi  è  finanziariamente  conveniente. 

Il  mercato  poi  non  manca,  che  il  mercato  per  tutti  è  il  mondo,  e  la  marina  italiana  lo  conosce 
tutto,  e  saprebbe  farvi  penetrare  i  nostri  prodotti,  se  noi  sapessimo  produrre. 

(1)  A  nota  17  in  fine  l'autore  si  chiarisce  adolescente. 

(2)  Reichembach  a  Monaco,  Repsold  a  Amburgo,  Trouglon  a  Londra  e  Gambey  a  Parigi. 


BIBLIOGRAFIA  201 

Cessi  adunque  Italia  di  lagnarsi  del  libero  scambio,  si  metta  in  caso  di  pagare  gli  esteri  coi 
suoi  prodotti. 

Cessi  poi,  che  ne  è  ormai  tempo,  di  attestare  implicitamente  la  sua  miseria,  dicendosi  con 
codardo  ed  ignorante  orgoglio  agricola  per  eccellenza  e  solo  agricola;  impari  Italia  una  volta 
che  l'agricoltura  non  può  sviluppare  tutta  la  sua  potenza  se  non  ha  compagne  fiorenti  le  in- 
dustrie del  ferro,  dei  tessuti,  e  tutte  l'altre;  si  ponga  in  mente  che  l'ettarea  media  di  terra  ita- 
liana col  suo  bel  sole,  produce  appena  quattro  decimi  di  quanto  la  belgica  e  la  inglese  colle 
loro  nebbie  e  col  nordico  lor  clima:  quando  invece  potrebbe  la  italica  terra  produrre  il  doppio 
di  quelle,  mediante  lo  scambievole  aiuto  delle  altre  industrie. 

Ponga  Italia  mano  alle  chiavi  di  quella  sua  ben  fornita  cassa  forte,  che  possiede  nelle  Alpi, 
ed  apra  loro  arditamente  il  seno,  essa  vi  troverà  in  gran  copia,  se  non  l'oro  nativo  come  in 
Australia,  quell'  altro  metallo  che  figura  alla  testa  della  civilizzazione ,  il  ferro  ;  essa  vi  troverà, 
se  non  il  carbone  bituminoso  (honille)  di  Newcastle,  delle  antraciti  pari  quasi  a  quelle  di  Swensea, 
e  quasi  il  Cardif,  che  l' Inghilterra  a  caro  prezzo  ci  vende. 

Italia  metta  a  miglior  partito  che  non  per  lo  addietro  quell'altra  impareggiabile  ricchezza 
che  è  l'ingegno  suo  giacente  nella  mollezza  della  poesia,  soverchiato  quasi  sempre  nel  positivo 
da  estere  mediocrità,  alle  quali  non  hanno  vergogna  di  ricorrere  a  grandi  spese  certi  italiani  per 
ìe  nostre  piccolissime  grandi  imprese,  ed  allora  l'Italia,  divenuta  produttrice  in  grande  scala, 
ammessa  su  tutti  i  mercati  del  mondo,  sarà  veramente  ricca  di  gloria  e  di  denaro,  i  suoi  fondi 
pubblici  raggiungeranno  il  pari  ed  oltre,  ed  il  suo  governo  non  avrà  più  a  succhiare  a  stento 
come  oggidì  dalla  miseria  dei  suoi  popoli  il  pareggio  delle  sue  finanze  in  isfacelo. 

Ma  a  chi  principalmente  s'indirizza  il  consiglio  Broffenano?  a  chi  tocca  il  prendere  l'iniziativa 
di  sì  grande,  di  sì  radicale  riforma  ? Agli  ingegneri. 


IVECROLOGIEf) 

Con  dolore  registriamo  la  morte  avvenuta  il  12  dicembre  dello  scorso  anno  dell'egregio  inge- 
gnere commendatore  Gedeone  Scotini,  Ispettore  di  l.a  classe  nel  R.  Corpo  del  Genio  Civile.  Ebbe 
i  natali  a  Roveredo  il  20  luglio  1797,  e  rivelò  sin  da  giovinetto  l'amore  che  aveva  per  le  scienze 
esatte.  Nella  vicina  Università  di  Padova  compiva  i  suoi  studii,  e  poscia,  sotto  la  direzione  del- 
l'insigne Paleocapa,  allora  reggente  il  servizio  dei  lavori  idraulici  nel  Veneto,  ebbe  campo  a  far 
tesoro  di  vaste  cognizioni  teorico-pratiche  e  divenne  in  breve  provetto  ingegnere. 

Zelante  pel  suo  dovere,  instancabile  nel  disimpegnare  le  incombenze  del  suo  ufficio,  non  badò 
a  curare  un'infermità  che  gli  minava  l'esistenza,  e  dopo  grandi  sofferenze  dovette  soccombere. 

Il  paese  perdeva  in  lui  un  indefesso  cultore  della  scienza  ed  un  ottimo  cittadino,  il  nostro 
giornale  un  distinto  collaboratore  (1). 


(*)  Sotto  questa  rubrica  è  nostro  pensiero  di  dare  alcuni  cenni  biografici  di  quegli  ingegneri ,  che , 
dopo  aver  coi  loro  studii  e  lavori  acquistato  un  titolo  di  benemerenza  fra  i  loro  confratelli ,  vengono 
dall'  inesorabil  morte  rapiti. 

A  facilitarci  questo  doloroso  compito  interessiamo  la  compiacenza  dei  nostri  signori  associati  perchè 
ci  forniscano  quei  dati  che  fossero  a  loro  cognizione. 

La  Redauo?ie. 

(1)  Cenni  sull'impianto  delle  pile  e  muri  di  petto  della  platea  del  ponte  sul  nuovo  alveo  di  Brenta 
a  Strà,  fondato  a  sistema  legato  di  pozzi.    Giorn.  Ing.-Arch.,  Voi.  II,  pag.  113. 


202  NECROLOGIE 

Poco  dopo  la  morte  del  compianto  ingegnere  G.  Scotini,  la  scienza  perdeva  un  altro  cultore 
nel  cavaliere  Adorno  Tomolo,  ingegnere  capo  di  I.»  classe  nel  Genio  Civile,  nato  a  Schio  il  12 
ottobre  1809.  -  Prediligendo  le  scienze  matematiche,  ne  compiva  lo  studio  alla  Umversita  di 
Padova;  e  nel  1852  veniva  ammesso  nel  Corpo  degli  Ingegneri  di  Acque  e  Strade  nelle  Provin- 
cie venete,  ove  rimase  fino  all'epoca  in  cui  queste  si  unirono  alla  patria  comune. 

Ma  allorché  i  suoi  meriti  ed  i  prestati  servigi  lo  designavano  al  grado  di  Ispettore  del  Genio 
Civile,  fu  da  acuta  e  brevissima  malattia  rapito  ai  vivi  il  27  dicembre  p.  p. 


SOCIETÀ   ITALIANA  DI  SCIENZE  NATURALI 

Sedute   di   Novembre   e   Dicembre   1867,    Gennaio   e   Febbraio    1868. 

Anche  nell'autunno  1867  non  potè  aver  luogo  l'adunanza  straordinaria  della  Società  Italiana 
di  scienze  naturali  fissata  in  Vicenza,  a  motivo  del  morbo  asiatico.  Riprese  pertanto  le  sedute 
ordinarie  col  2*  Novembre,  ed  incominciò  il  Presidente  Cornala  con  una  sua  Memoria,  Su  al- 
luni casi  di  albinismo  negli  uccelli,  e  dappoi  diede  comunicazione  di  una  lettera  a  lui  diretta 
dal  socio  Paglia  contenente  osservazioni  al  sig.  Ascherson,  Sopra  alcune  Najadacee Mane. 
Anche  il  socio  Caruel  mandò  un  suo  lavoro  Ricerche  sulla  cagione  per  mn  «  fiori  d,  alcune 
piante  si  aprono  di  sera.  Il  socio  Bettoni  lesse  per  ultimo  una  Memoria  Sull  influenza  della 
pressione  atmosferica  sui  pesci  d'acqua  dolce. 

Viene  data  in  seguito  comunicazione  di  una  lettera  del  socio  Molon,  dove  fa  alcuni  r.hev,  al 
processo  verbale  dell'ultima  seduta,  relativamente  alla  sua  opera  sulla  Flora  foss.le  del  Vicentino, 
e  auindi  si  praticano  le  dovute  rettificazioni.  •  t,    tl<     ,.,  •  t,         t    • 

Altra  lettera  si  comunica  del  socio  Strobel,  che  prega  voler  mandare  gli  atti  e  libri  elementari 
alla  società  di  Unione  e  Beneficenza  nella  colonia  Italiana  a  Buenos-Ayres ,  onde  promovere  e 
favorire  l'istruzione  nella  classe  operaja.  Si  termina  con  nomine  di  socj. 

Nella  seduta  del  Dicembre  venne  presentato  un  lavoro  del  socio  Rondam  di  Parma  Diptera 
italica  non  vel  minus  cognita,  continuazione  di  altri  lavori  congeneri  dello  stesso  autore 

11  vice-segretario  Marinoni  dà  in  seguito  lettura  di  uno  Scritto  del  socio  Seguenza  Su  di  una 
scure  di  pietra  pulita  rinvenuta  presso  Messina.  L'autore  pare  la  riferisca  per  composizione 
alla  sienite,  rilenendola  un  aggregato  di  quarzo,  feldspato  e  mica,  senza  ind.carv,  la  presenza  del- 
l' anfibolo,  per  cui  il  vice-presidente  Antonio  Villa  dubita  sulla  realta  della  roccia. 

Il  socio  Negri  legge  una  sua  Memoria  di  molto  interesse,  Osservazioni  geologiche  sui  din- 
torni di  Varese,  sulle  quali  tiene  in  poi  alcune  discussioni  col  sig.  Stoppani  relativamente  agli 

schisti  ed  alle  marne  rosse.  , 

Il  socio  Ingegnere  Maimeri  presenta  alcuni  pezzi  di  arenana  con  fossili  da  lui  trovai,  a  Ca- 
vriana  nel  Bresciano  in  un  grosso  masso  sporgente  da  terra  dal  terreno  glaciale,  che  s,  riconobbe 
affine  all'arenaria  terziaria  del  Tirolo,  e  precisamente  a  quella  miocenica  di  Torbole,  che  pre- 
senta tutti  i  caratteri  della  roccia  della  collina  di  Superga. 

Viene  presentato  in  fine  il  Catalogo  della  libreria  della  Società,  recentemente  compilato  dal 
socio  Sordelli,  e  si  vota  per  la  sua  pubblicazione  in  fascicolo  separato. 

In  Gennaio  si  tenne  adunanza  il  giorno  26,  ed  il  vice-presidente  Antonio  Villa  presento  un 
lavoro  col  titolo  Coleplorarum  diagnoses  observationesque  repetitw,  novis  anuotationibus  aucta 
a  fratribus  Villa;  ne  lesse  la  prefazione,  ed  essendoché  tra  quelli  che  assistevano  alla  seduta  v.  s. 
trovavano  undici  persone  che  si  occupano  d'entomologia,  lesse  pure  varie  annotazioni,  riferenti 
la  storia  di  quegli  insetti, 


SOCIETÀ  ITALIANA  DI  SCIENZE  NATURALI  203 

Il  socio  Marinoni,  vice-segretario,  diede  dappoi  lettura  sopra  una  nuova  località  preistorica 
in  Lombardia.  Indi  il  socio  Tinelli  parlò  sullo  stesso  argomento. 

Si  terminò  la  seduta  colla  elezione  delle  cariche  diverse,  e  di  un  socio  nuovo. 

Nella  seduta  del  giorno  23  febbraio,  il  vice-segretario  Negri  venne  incaricato  di  leggere  una 
Memoria  mandata  dal  socio  Omboni  assente,  Sul  metodo  da  seguire  per  ricostruire  gli  anti- 
chi continenti.  Indi  il  socio  Cavezzali  di  Lodi  fece  una  comunicazione  intorno  alle  sperienze 
sopra  i  bachi  da  seta,  formolando  alcuni  quesiti. 

Termina  la  seduta  colla  presentazione  del  bilancio  consuntivo  1867  e  preventivo  1868. 


CORRISPONDENZA 

Abbiamo  ricevuto  da  varii  ingegneri  ed  a  varie  epoche  delle  interpellanze  relative  alla  pub- 
blicazione della  celerimensura,  e  da  ultimo  una  lettera  del  sig.  ing.  Pietro  Romani,  che  riassume 
il  senso  di  tutte  le  altre  ;  crediamo  far  cosa  utile  il  pubblicare  un  brano  di  questa  ultima  let- 
tera, facendola  seguire  da  una  nota  dello  stesso  profess.  Porro. 

«  Vasto,  il  18  febbrajo  1868. 
« 

<( Quando  fu  inaugurata  la  cattedra  di  celerimensura  in  Milano, 

«  io  sarei  volato  ad  assidermi  tra  i  primi  alunni  del  profess.  Porro,  se  mi  fossi  trovato  nel  no- 
«  vero  di  quei  fortunati  ingegneri  che  possono  senza  grave  discapito,  lasciare  per  qualche  tempo 
«  la  propria  residenza. 

«  Poiché  lessi  sulla  copertina  del  Giornale  dell' Ingegnere- Architetto  l'annunzio  della  pub- 
«  blicazione  dei  primi  tre  fascicoli  della  Celerimensura  del  nominato  professore,  fui  sollecito  ad 
«  associamovi.  Ora  veggo  con  dolore  scorrere  tanto  tempo  senza  ricevere  i  fascicoli  consecutivi. 

«  Finché  non  si  abbia  fra  noi  un  trattato  compiuto  sulla  dottrina  della  Celerimensura,  fatto 
«  di  pubblica  ragione  per  le  stampe,  gli  sforzi  impiegati  a  diffonderla  gioveranno  soltanto  a  quegli 
«  esseri  privilegiati,  che  sono  in  condizioni  di  poterla  apprendere  dalla  viva  voce  del  profes- 
«  sore.  Gli  altri  poi  (ed  in  Italia  certo  non  sono  pochi)  debbono  di  necessità  rassegnarsi  ad 
«  averne  una  nozione  incompiuta,  quale  si  può  attingere  da  articoli  e  da  sunti  letti  sopra  un 
«  giornale,  e  senza  possesso  anticipato  della  conoscenza  esatta  della  materia  di  cui  si  tratta,  co- 
«  noscenza  che  avrebbero  potuto  acquistare  dal  trattato  che  si  fa  attendere  troppo  a  lungo,  e  del 
«  quale  gli  articoli  e  i  sunti  del  giornale  sarebbero  a  così  dire ,  come  un  efficacissimo  supple- 
«  mento  perenne. 

*  Più  d'  una  volta  pensai  di  umiliare  queste  considerazioni  all'  illustre  profess.  Porro.  Ma  a  me 
«  oscuro  ed  ignoto  mortale,  mancò  l'ardire  d'infastidire  con  una  mia  lettera  un  tanto  uomo.  Ho  preso 
«  animo  di  esporle  alla  S.  V.  in  vista  della  lettera  a  stampa  che  Ella  mi  spedì.  Sapendo  come 
«  Ella  impieghi  generosamente  la  sua  operosità  e  i  suoi  mezzi  per  la  diffusione  della  celerimen- 
«  sura,  ho  fede  che  vorrà  Ella  patrocinare  presso  il  sig.  Porro  la  causa  di  tutti  quegli  ingegneri 
«  i  quali,  al  desiderio  di  essere  al  corrente  dei  progressi  della  scienza  trovano  un  impedimento 
«  nella  impossibilità  di  tramutarsi  in  Milano  per  assistere  alle  sue  lezioni.  Così  si  potrà  conse- 
«  guire  che  egli  dia  opera  a  portar  presto  a  termine  la  pubblicazione  del  suo  trattato  italiano, 


204  CORRISPONDENZA 

«  il  quale  non  può  essere  rimpiazzato  dal  trattato  francese;  perchè,  questo  come  egli  stesso  di- 

«  chiara,  non  contiene  i  recenti  rimarchevolissimi  progressi  fatti  dalla  Celeri mensura. 

«  Se  la  S.  V.  riuscirà  nell'intento  pel  quale  mi  permetto  di  avanzarle  le  mie  calde  preghiere, 
<«  avrà  compita  un'opera  di  benemerenza,  non  già  per  uno,  ma  per  un  numero  grande  d' inge- 
«  gneri  dimoranti  in  paesi  lontani  dai  pochissimi  centri,  ove  la  nuova  Geodesia  viene  dettala  ». 


Nota  del  profess.  Porro. 

Quando  si  iniziò  in  Firenze  la  ».«  edizione,  e  prima  italiana,  della  celeriniensura ,  egl'era  in 
vista  di  uno  scopo  determinato,  e,  nella  sua  vastità,  ristretto,  quello  cioè  del  nuovo  rilevamento 
parcellario  ed  altimetrico  di  tutta  Italia. 

Si  supponevano  allora  fatte,  o  da  farsi  per  mezzo  di  un  altro  dicastero,  le  operazioni  di  alta 
geodesia  che  debbono  precedere  i  rilevamenti  parcellarii,  ed  il  personale  che  si  trattava  di  istruire 
neh' Istituito  Tecnico  di  Firenze,  non  doveva  essere,  in  quel  primo  pensiero,  destinalo  che  a 
quella  operazione,  e  nel  solo  ramo  dello  riempimento. 

Ma  chiamato  a  professare  in  Milano  nella  maggiore  scuola  superiore  italiana  degl'ingegneri,  ove 
la  celeriniensura  fa  parte  degli  sludii  normali  e  complementari,  fu  d'uopo  ordinare  diversamente 
le  materie  ed  estendere  l'insegnamento  a  tutta  intiera  la  geodesia  nuova,  tanto  in  co  che  tocca 
allealte  operazioni  geodesiche  ed  astronomico-geodesiche  quanto,  e  più  specialmente  in  co  che 
riguarda  la  geodesia  propria  degl'ingegneri  de'lavori  pubblici,  ed  il  tutto  trattare  secondo  le  nuove 
discipline,  mettendo  in  evidenza  i  vantaggi  grandissimi  che  se  ne  ricavano  per  chiarezza  e  per 
sicurezza  assoluta  in  tutti  i  pubblici  e  privati  servizi  dell'ingegneria,  e  segnatamente  nella  com- 
pilazione dei  progetti  di  grandi  comunicazioni  ordinarie,  nautili  e  ferrate. 

Fu  questo  un  lavoro  di  rifusione  di  lunga  lena,  che,  a  renderlo  compito  e  bene  ordinato,  e 
volle  molto  tempo,  per  modo  che  appena  in  quest'anno  1868  si  può  dire  che  la  geodesia  nuova 
è  insegnata  ali'  Istituto  Tecnico  Superiore  di  Milano  in  tutta  la  sua  estensione  ed  in  tutta  la  sua 
mirabile  purezza  e  semplicità,  ed  è  fatta  esente  per  intiero  da  quelle  concessioni  alle  vecchie 
pratiche,  od  ai  vecchi  pregiudizii  che  ancora  la  deturpavano. 

Nel  nuovo  piano  dell'opera  v'ha  una  parte  che  avrebbe  dovuto  precedere  la  prima  dispensa 

pubblicata  in  Firenze,  e  questa  si  avrà  quanto  prima  sotto  forma  di  introduzione,  e  quanto  alla 

parte  che  rimaneva  da  pubblicare  ancora  a  seguito  della  terza  dispensa   saranno  recati   al  pn- 

mitivo  manoscritto  quegl' emendamenti  ed  aggiunte  di  che  si  è  di  sopra  parlato. 

Quanto  alla  parte  già  pubblicata  nelle  prime  tre  dispense  non  Ve   fortunatamente  nulla  da 

variare.  ,  ■ '*I  ,         , 

L'estensione  dell'opera  eccederà  di  poco  il  limite  dapprima  fissato,  perchè  le  cose  che  nel 
nuovo  piano  si  devono,  come  si  disse,  o  si  possono  senza  inconveniente  ammettere  compensano 
in  parte  le  ampliazioni  che  si  sono  trovate  necessarie. 

Questo  lavoro,  in  quanto  mi  riguarda  come  autore,  avanza  compatibilmente  colle  mie  occupa- 
zioni e  l'editore  B.  Saldini  ha  già  posto  mano  all'incisione  delle  tavole  :  onde  vi  ha  luogo  da 
sperare  che  1'  anno  non  passerà  senza  che  sia  compiuta  l'opera,  e  data  così  soddisfazione  al  de- 
siderio espresso  nelle  corrispondenze  di  sopra  menzionate. 

C.  P.  M.  I.  Porro. 


CORRISPONDENZA  205 

LA  FILOTECNICA  ED  UNA  RECENTE   LETTERA  DI  TORINO. 

La  Filotecnica  è  un  istituto  privato  (1)  di  alta  meccanica,  nel  quale  il  prof.  Porro  forma  degli 
allievi  di  un  ordine  che  non  esisteva  ancora  in  Italia,  e  li  ammaestra  nella  costruzione  di  stru- 
menti che  in  Italia  nessuuo  finora  era  giunto  a  costruire. 

Sono  pochi  anche  fuori  d'Italia  i  costruttori  a  cui  si  possano  que' strumenti  domandare,  per 
modochè  sarebbe  ottimo  consiglio  il  dare  a  questo  istituto  la  forma  industriale  e  commerciale 
che  attualmente  non  ha,  con  tutta  la  estensione  che  può  vantaggiosamente  prendere  e  vi  si  tro- 
verebbe un  cespite  di  vistosi  proventi  e  la  sicurezza  di  una  considerevole  esportazione  in  tutte 
le  parti  del  mondo,  e  l'Italia  si  potrebbe  vantare  allora  di  possedere  nella  specie  un  istituto 
senza  eguale. 

Il  capitale  stato  finora  dal  prof.  Porro  invertito,  per  la  maggior  parte,  in  materiale  ed  in  mac- 
chine efficienti,  a  prò  della  Filotecnica,  è  stato  formato  quasi  unicamente  colle  sue  economie 
spinte  ad  una  abnegazione  senza  esempio  da  parte  sua  e  di  sua  famiglia  (2).  Un  tal  capitale,  il 
quale  è  molto  pel  modo  con  che  fu  formato ,  è  invece  ben  poca  cosa  per  confronto  alla  esten- 
sione che  la  Filotecnica  è  destinata  a  prendere  ora  che  più  non  esistono!  Frauenboffer,  Trougton, 
i  Gambey,  che  furono  nella  prima  metà  del  corrente  secolo  i  grandi  luminari  di  quella  nobi- 
lissima arte,  intorno  alla  quale,  ed  a  proposito  appunto  del  prof.  Porro,  in  allora  direttore  del- 
l'Istituto lecnomalico  di  Parigi,  un  illustre  scienziato  di  Francia  scriveva  all'indirizzo  dell'im- 
peratore nel  1889  : 

« 

«  Les  arts  de  précision  ont  besoin  en  France  plus  qu'ailleurs  des  encouragements  directs  du 
«  gouvernement.  En  présence  des  progrés  récemment  faits  à  l'étranger,  cette  protection  est  plus 
«  que  jamais  nécessaire. 

«  L'ingénieur  qui  s'est  engagé  le  plus  avant  dans  la  voye  du  progrés  c'est  M.  Porro  ». 

E  più  lungi,  parlando  ancora  del  prof.  Porro  stesso,  dopo  averne  enumerati  i  principali  lavori  : 
«  Mais  on  ne  s'  acquitte  pas,  envers  de  tels  hommes,  avec  de  l'argent  seulement  : ». 

-  La  Filotecnica  ebbe  in  Milano  un  origine  che  i  lettori  dell'Ingegnere  Architetto  conoscono; 
essi  sanno  che  il  prof.  Porro  fu  spinto  a  fondarla  colla  lusinga  di  un  appoggio  pecuniario,  che 
fallì  quasi  completamente  quando  non  era  più  tempo  di  desistere;  tutto  quindi  gli  cadde 'sulle 
braccia  a  lui  solo ,  il  cui  contributo  consentito  essere  doveva  puramente  scientifico  e  direttivo. 
Ciò  malgrado,  la  Filotecnica  è  cresciuta  e  continuerà  senza  dubbio  a  crescere,  perchè  suo  com- 
pito è  di  rispondere  ad  un  grande  bisogno  del  paese,  anzi  ad  un  bisogno  Europeo,  e  vi  rispon- 
derebbe in  breve  se  avesse  l'aiuto  di  bastanti  capitali  per  passare  dall'attuale  stato  di  istituto 
privato  di  generosa  indole  educativa,  allo  stato  di  grande  stabilimento  industriale  ;  allora  frut- 
terebbe onori  e  ricchezze  all'  Italia  ed  al  fondatore. 

(1)  Era  entrato  nelle  viste  dell'egregio  direttore  dell'Istituto  Tecnico  Superiore  di  annettervi  la  Filo- 
tecnica, destinando  appositi  locali  per  le  officine,  ma  poi  questa  combinazione,  che  sarebbe  stata  ec- 
cellente, non  riuscì. 

(2)  Sappiamo  che  il  valore  attuale  della  Filotecnica  eccede  già  le  cento  mila  lire. 


206  CORRISPONDENZA 

-  -  La  Filotecnica  dunque  ha  stabilito,  come  si  usa  all'estero,  che  i  clienti  paghino  anticipa- 
tamente la  metà  dell'importo  degli  strumenti  che  desiderano  ottenere. 

Or  bene,  mentre  a  noi  pare  che  il  professore  non  avrebbe  dovuto  nulla  mai  esporre  del  suo, 
giacché  tale  era  il  primitivo  patto,  né  esporsi  menomamente  a  verun  rischio,  mentre  perciò  tro- 
viamo che  ha  avuto  torto  di  non  stabilire  che  si  paghi  anticipatamente  l'importo  intiero,  ab- 
biamo sott'occhio  una  lettera  di  Torino,  la  quale  dice  che  per  far  affari  cogl' ingegneri  italiani 
bisogna  invece  servir  pronto  e  far  credito  lungo,  dice  che  gl'ingegneri  italiani  non  consentono 
mai°a  dare  una  ordinazione  ed  aspettarne  l'esecuzione,  che  perciò  bisogna  tener  la  bottega  fornita 
di  ogni  sorta  di  strumenti  a  loro  scelta,  ed  il  gran  libro  sempre  aperto  per  inscrivervi  partite 
di  credito  a  tempo  indeterminato. 

Il  nostro  periodico  non  può  lasciar  passare  senza  osservazioni  un  così  falso  giudizio  a  ca- 
rico degl'ingegneri  italiani.  A  noi  pare  che  gl'ingegneri  esser  debbano  abbastanza  buoni  cal- 
colatori per  comprendere  che  se  così  andassero  le  cose,  il  mercante  od  il  fabbricante  che  sia 
si  indennizzerebbero  con  un  aumento  di  prezzo  per  la  giacenza  forzata  ed  i  corrispondenti  in- 
teressi de' suoi  capitali. 

Ma  parliamo,  non  di  un  mercante  qualunque,  non  di  un  fabbricante  volgare,  ma  della  Filo- 
tecnica ,  che  è  tutt'  altro  :  allora  noi   troviamo  a  distinguere ,  rispondendo  per  essa   a  quegli 

appunti,  che: 

1.°  Vi  sono  degli  ingegneri  italiani  che  conoscono,  intendono  ed  apprezzano  i  vantaggi  di 
quel  vero  progresso  nella  specie  pel  quale  solo  la  Filotecnica  è  stata  fondata  :  questi  sono  i 
clienti  naturali  della  Filotecnica.  Essi  sono  abbastanza  numerosi  in  Italia  e  vanno  crescendo, 
e  per  lo  più,  non  solo  non  provano  difficoltà  a  pagare  anticipato  anche  l' intiero  importo ,  ma 
capiscono  qu'anta  gratitudine  sia  inoltre  dovuta  a  chi  procura  loro  ciò  che  nello  stato  attuale 
dell'industria  italiana  non  potrebbero  altrimenti  avere  e  lo  assicura  l'Italia  per  l'avvenire  for- 
mando allievi. 

2.°  Ve  ne  sono  alcuni  tra  gl'intelligenti  e  amanti  del  progresso  che  non  hanno  agiatezza  di 
fortuna,  e  che  trovano  comodo  il  pagare  posticipato,  oppure  ripartitamente  a  mesate,  ed  a  ciò 
ha  provvisto,  non  la  Filotecnica  che  non  lo  deve,  non  il  prof.  Porro  che  fa  già  troppi  sacrifici, 
ma  il  proprietario  del  presente  periodico,  che  per  amor  di  propagare  in  Italia  la  celeriniensura, 
della  quale  ben  conosce  i  grandi  vantaggi,  non  solo  regala  ai  suoi  abbonati  un  cleps  (1),  ma  an- 
cora s'incarica,  contro  il  solo  lucro  degl'interessi  decorrendi,  di  fare  alla  Filotecnica  le  antici- 
pazioni necessarie,  ricevendone  egli  invece  dai  clienti  il  rimborso  in  quote  mensili  (2). 

3.o  Vi  sono  poi  quegl'altri  ingegneri  a  cui  non  cale  il  progresso,  o  non  hanno  tempo  di  oc- 
cuparsene, ed  a  cui  basta  far  oggi  come  facevano  jeri  e  prima.  Questi  non  sono  clienti  per  la 
Filotecnica  e  noi  saranno  sino  a  tanto  che,  soprafatti  dal  progresso  che  avanza  intorno  a  loro, 
non  vi  siano  spinti  dall'urgente  loro  interesse. 

4.°  In  ciò  che  riguarda  l'ordinare  ed  aspettare  il  tempo  necessario,  si  osserva  che  nella  Filo- 
tecnica non  si  fanno  istrumenti  ordinarii,  ma  strumenti  di  progresso,  quali  senza  la  Filotecnica 
non  si  potrebbero  avere.  Non  stanno  dunque  i  motivi  d'urgenza  materiale  assoluta  ;  si  comprende 
bensì  la  impazienza  di  godere  dei  vantaggi  della  nuova  geodesia,  che  da  cinque  anni  s'insegna 
all'Istituto  Tecnico  Superiore  di  Milano,  ma  questa  impazienza  stessa  suggerisce  agl'ingegneri  di 

(1)  Vedi  Ingegnere-Architetto,  Voi.  XVI,  fase,  di  Gennaio. 

(2)  Vedi  Ingegnere-Architetto,  Voi  XV, 


CORRISPONDENZA  207 

pregare  per  tempo  (1)  l'iscrizione,  e  simultaneamente  fornire  gli  occorrenti  fondi  ond'essere  am- 
messi al  favore  di  avere  un  istrumento  del  più  avanzato  progresso  costrutto  sotto  la  direzione 
dell'autore  e  da  lui  collaudato;  così  almeno  in  sino  a  tanto  che  qualche  stabilimento  d'indole 
commerciale  sorga,  e  si  metta  in  misura  di  fabbricarne  di  simili  ;  la  qual  cosa  speriamo  non  si 
farà  a  lungo  aspettare,  perchè  il  prof.  Porro  non  ricusa  ai  costruttori  italiani  che  a  lui  ricorrono, 
i  disegni  dettagliati  in  scala  naturale  degli  strumenti  che  si  fabbricano  nella  Filotecnica,  né  il 
suo  concorso  ad  aiutarli  in  ogni  cosa  che  desiderassero,  segnatamente  per  la  parte  ottica,  per  le 
divisioni  dei  circoli  (2)  e  per  le  relicole,  che  finora  nessuno,  se  non  gli  allievi  del  prof.  Porro, 
è  pervenuto  ad  eseguire,  né  in  Italia  né  altrove,  colla  perfezione  di  quelli  che  si  fanno  nella 
Filotecnica. 

La  Redazione. 
AD  UN  DIRETTORE-EDITORE. 

Nella  circolare  che  l'ultimo  scorso  gennaio  abbiamo  avuto  l'onore  d'indirizzare  ai  nostri 
signori  Abbonati,  annunciammo,  tra  le  altre  cose,  che  un  certo  periodico  che  si  occupa  d'in- 
gegneria doveva  cessare  le  sue  pubblicazioni ,  perchè  nella  greppia  dello  Stato,  dov'  esso  si  nu- 
triva ,  gli  era  venuto  a  mancare  il  cibo.  Stava  in  realtà  il  fatto  che  la  Camera  dei  Deputati , 
nella  sua  tornata  del  k  giugno  1867,  aveva  preso  la  deliberazione  che  d'allora  in  avanti  il  Go- 
verno dovesse  cessare  dal  far  uso  del  pubblico  denaro  per  alimentare  un  periodico  che  ha  gli 
stessi  diritti  degli  altri.  Cosicché  era  naturale  il  credere  che  quell'organo  scientifico,  appena 
adempiuto  a'  suoi  impegni  verso  i  propri  abbonati,  cioè  dopo  qualche  mese,  cessasse  di  esistere, 
come  noi  avevamo  annunciato. 

Ora  il  signor  Direttore-Editore  del  periodico  di  cui  si  tratta,  volendo  smentire  la  nostra  as- 
serzione, ha  mandato  intorno  una  sua  circolare  in  data  28  febbraio,  che  è  qualcosa  di  curioso. 

Essa  comincia  col  dire  che  la  Camera,  nella  nominata  seduta,  non  ebbe  veramente  l'intenzione 
di  far  morire  il  periodico,  ma  soltanto  di  togliergli  il  sussidio.  Capite?  L'arcivescovo  Ruggero 
non  ha  deciso  di  far  morire  il  conte  Ugolino;  egli  ha  solamente  voluto  che  non  gli  si  desse 
più  da  mangiare  l 

E  per  dimostrare  che  il  periodico  non  voleva  né  doveva  cessare,  esce  a  dare  due  prove  che 
raccomandiamo  al  buon  umore  dei  nostri  lettori. 

La  prima  prova  -  essa  dice  -  si  è  che  dopo  l'ingrata  seduta  della  Camera  furono  pubbli- 
cati alcuni  fascicoli. 

Gli  è  vero  che  que' fascicoli  erano  arretrati,  ma  per  l'autore  della  circolare  questa  è  una  cir- 
costanza da  nulla  ! 

La  seconda  prova  -  continua  essa  -  è  che  il  periodico  vive  tuttora  e  che  la  buona  Camera 
dei  Deputati,  nella  sua  seduta  del   20  ultimo  febbraio,  ha  contradeciso  che,  giacché  le  nostre 

(1)  Sebbene  il  tempo  approssimativamente  necessario  alla  costruzione  di  un  istrumento  si  conosca  à 
priori,  la  Filotecnica,  imitando  in  ciò  i  più  rinomati  stabilimenti  dell'Alemagna,  usa  di  nulla  mai  pro- 
mettere in  fatto  di  tempo.  Il  professore  vuole  con  ragione  tutto  il  comodo  per  far  correggere  o  rifare 
quando  taluna  parte  di  un  istrumento  non  fosse  riuscita  abbastanza  commendevole. 

(2)  Vedi  Ingegnere-Architetto. 


208  CORRISPONDENZA 

finanze  sono  in  così  buono  sialo,  s'avesse  a  stanziare  l'annua  somma  di  11  mila  lire  per  soc- 
correre la  derelitta  pubblicazione. 

Qui  è  dove  la  logica  del  signor  Direttore-Editore  si  mostra  in  tutta  la  sua  potenza.  11  dire 
che  una  lucerna  deve  morire  quando  non  ha  più  olio  è  una  verità;  ma  se  alcuno  vi  aggiunge 
altr'olio,  il  principio,  secondo  lui,  eessa  di  essere  vero.  Che  cosa  vuol  dire  volere  aver  ragione 
anche  quando  si  ha  torto! 

Il  signor  Direttore-Editore,  nell'ultimo  capoverso  della  sua  infelice  circolare,  fa  poi  a  noslro 
riguardo  un'insinuazione  tutfaltro  che  benevola,  ma  sulla  quale  noi  passeremo.  Tra  lui  che  ali- 
menta la  sua  pubblicazione  col  sangue  delle  pubbliche  finanze,  e  noi  che  viviamo  solamente  col 
credito  e  l'appoggio  di  cui  ci  onorano  i  diversi  studiosi  d'ingegneria  e  di  architettura,  la  di- 
stanza è  troppa  perchè  i  colpi  ci  possano  arrivare. 


Milano,  Tip.  degli  Ingegneri.  B.  SALDIMI,  Proprietario,  Gerente  responsabile. 


MEMORIE   ORIGINALI 

STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO, 

I    FIUMI    CHE    VI    CONFLUISCONO, 

E  PRINCIPALMENTE  GLI  ULTIMI  TRONCHI  DEL  PO, 

SUSSEGUITI 

DA  CONSIDERAZIONI  INTORNO  AI  PROGETTI  PER  LA  REGOLAZIONE  DELLE  ACQUE 

ALLA    DESTRA    DI    QUESTI 

MEMORIA 

dell'  Ingegnere   Elia  Lombardini 

letta  nelle  adunanze  del  R.  Istituto  Lombardo  delle  Scienze. 
(Vedi    pag.    136) 


XII.  IPrhne  vicende  degli  ultimi  tronchi  del  Po  dopo  la 
rotta  di  Ficarolo  per  opera  della  natura  e  per  quella 
eziandio    dell'  uomo. 

109.  Passeremo  ora  ad  esaminare  nei  loro  particolari  le  vicende  cui  sog- 
giacquero gli  ultimi  tronchi  del  Po  dopo  la  rotta  di  Ficarolo  per  cause  natu- 
rali ed  anche  per  opera  dell'uomo.  Sembra  che  dopo  quel  memorabile  avve- 
nimento non  siasi  lasciato  disarginato  il  nuovo  ramo  del  Po  se  non  per  breve 
tempo,  almeno  alla  sua  destra,  siccome  può  desumersi  dalla  ristretta  base  che 
ha  il  suo  controforte,  od  argine  naturale  a  Pontelagoscuro,  formato  dalle  sue 
deposizioni  (1).  Il  ramo  sinistro  Corbola  avrebbe  dapprima,  come  dicemmo, 
ostrutto  il  porto  di  Loreo ,  ove  per  lo  innanzi  non  scorrevano  se  non  acque 
chiare,  aprendosi  un  varco  nel  lido  alle  Fornaci,  alla  distanza  di  circa  cinque 
chilometri.  Siccome  quel  porto  era  arcifìnio ,  segnando  il  confine  fra  i  Ferra- 
resi ed  i  Veneti  che  trovavano  in  uno  stato  di  ostilità  permanente,  è  verisimile 


[i)  Vedasi   il  profilo  trasversale   del  terreno  in- 
terposto al  Po  Grande   ed  al   Po    di  Ferrara  dere- 


Giom.  big.  —  Voi.  XVI.  —  Aprile  1868 


Ulta,  nella  tav.  Ili,  unita  alla  mia  Memoria  del  1852 
precitata  Dei  cangiamenti  ecc. 


14 


210  STUDJ   IDROLOGICI   E   STORICI 

che  questi  avessero  aperto  alle  Fornaci  un  varco  nel  lido  ,  di  fronte  a  Loreo, 
ove  il  Po  avrebbe  di  poi  diretto  il  suo  corso.  A  convalidare  un  tale  supposto 
parrebbe  concorrere  il  fatto  che  in  quella  località  vedonsi  alcuni  cascinali  sul 
lido   con  una   chiesa    denominati   Cao   di  Marina  (1). 

110.  Divenuto  principale  quel  ramo  del  Po,  il  suo  protendimento  nel  mare 
si  operò  mediante  un  promontorio  formato  da  tre  rami  distinti  coi  nomi  di 
Po  di  Tramontana,  di  Levante,  e  di  Scirocco,  nomi  che  ne  indicano  la  direzione. 
Coll'alterna  loro  azione  que'rami  ne'quattro  secoli  decorsi  dal  1200  al  1600  avreb- 
bero protratte  rispettivamente  le  loro  foci  per  m.  10700,  m.  10500,  m.  15400, 
partendo  dal  lido,  e  seguendo  il  loro  corso.  Quel  promontorio  sovra  una  base 
di  sedici  chilometri  sarebbesi  avanzato  per  nove  chilometri.  Minacciati  i  porti 
veneti  dal  protendimento  della  foce  di  Tramontana,  si  prese  il  partito  di  diver- 
tire il  Po  col  taglio  di  Porto  Viro  di  cui  parleremo  più  avanti. 

111.  Il  ramo  destro  della  Rotta  di  Ficarolo ,  formato  dal  Toi ,  ossia  Po  di 
Ariano,  unito  al  Goro,  dall'antica  foce  di  Goro  attraversante  il  cordone  litorale 
alla  Mesola ,  si  divise  in  due  rami ,  de'  quali  il  settentrionale  ritenne  il  nome 
di  Po  di  Goro,  ed  il  meridionale  si  chiama  Ramo  dell'Abate.  Entrambi  si  avan- 
zarono dal  lido  summentovato  per  circa  cinque  chilometri  fino  al  1568,  dandosi 
all'isola  interposta  il  nome  di  Mesola. 

112.  Intrapreso  allora  il  bonificamento  del  Polesine  di  Ferrara,  si  chiuse  a 
tal  uopo  il  ramo  dell'Abate;  a  sinistra  di  esso  fino  al  mare  si  diressero  col 
Canal  Bianco  gli  scoli  dei  terreni  più  alti,  detti  le  terre  vecchie,  che  dapprima 
si  scaricavano  in  Po;  nel  ramo  stesso  si  inalveò  una  parte  degli  scoli  delle 
terre  più  basse  della  nuova  bonificazione,  mentre  la  parte  meridionale  residua 
di  queste  si  rivolse  nel  Volano.  L' ultimo  duca  di  Ferrara  ,  Alfonso  II  d' Este, 
fu  quegli  che  fece  intraprendere  tali  miglioramenti  agricoli;  ma  in  pari  tempo 
erigere  ivi  nel  1590  un  sontuoso  castello,  e  costruire  un  parco  cinto  da  muro 
in  lunghezza  di  ben  dieci  miglia,  opere  che  avevano  uno  scopo  ben  diverso  (2). 

115.  I  principi  d'Este  che  venivano,  sempre  in  via  precaria,  personalmente 
investiti  dalla  Santa  Sede  del  dominio  del  territorio  di  Ferrara  aspiravano  ad 
estenderlo  possibilmente  alla  destra  del  Po  di  Primaro  nella  Romagna.  La  loro 
corte  era  frequentata  dalle  più  grandi  celebrità  letterarie,  ma  ben  di  rado  da 
distinti  scienziati.  Ne  conseguiva  che  s'impegnavano  in  progetti  inconsulti,  i 
quali  accelerarono  la  perdita  del  braccio  del  Po  da  cui  la  loro  capitale  traeva 
la  sua  importanza.  Il  duca  Borso  nel  1460,  allo  scopo  di  promovere  il  bonifi- 
camento di  terreni  alla  destra  del  Po  di  Primaro  presso  la  Bastia,  diresse  a 
sboccare  in  questo  il  Santerno  inalveato  (5).    Dietro    il  suo   esempio  nel  1504 


(1)  Vedasi  il  foglio  F  6  della  carta  topografica 
del  Lombardo-Veneto. 

(2)  Frizzi,  opera  citata,  VoL  IV,  pag.  362  e 
seguenti.  Di  quei  lavori  dà  qualche  cenno  anche 
l'Aleotti  tanto  nella  sua  Difesa  del  1601  (della 
quale  si  parlerà  più  avanti)  quanto  nella  sua  Me- 
moria manoscritta  intitolata  :  Della  scienza  et  arte 
di  ben  regolare  le  acque,  che  si  conserva  nella  bi- 


blioteca estense.  Osserva  il  Frizzi  che  il  Duca  fa- 
ceva eseguire  quei  lavori  con  sommo  aggravio  dei 
suoi  sudditi;  che  per  favorire  la  caccia  lasciava  in- 
colte ed  ingombre  di  macchie  molte  terre,  condan- 
nando poi  a  supplizj  estremi  quegli  infelici  che 
avessero  commessa  qualche  infrazione  alle  leggi 
proibitive  che  vi  si  riferivano. 
(3)  Aleotti.  Difesa  precit.  pag.  11. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  211 

si  fece  altrettanto  pel  Lamone,  e  nel  1554  pel  Senio  (1),  riducendosi   così  alla 
più  infelice  condizione  quel  ramo  del  Po ,  sia  per  le  deposizioni  di  quei    tor- 
renti torbidi,    sia   pel  progressivo  depauperamento  delle  acque   del  Po  che  si 
rivolgevano  in  copia  sempre  crescente  nel  ramo  di  Ficarolo,  ossia  di  Venezia. 
Verso  il  principio  del  secolo  XV  le  valli  di    Comacchio    eransi   ridotte   a  valli 
salse  di  pesca,  regolandosi  a  tal  uopo  con  intermittenza  l'introduzione  in  esse 
delle  acque  marine.  La  loro  parte  occidentale,   detta  valle  del  Mezzano,  erasi 
per  altro  separata  dalle  altre  siccome  bacino  delle    acque   dolci    di    scoio    del 
Polesine  di  Sant  Giorgio,  da  principio  coli' argine  di  Sant  Longino  che  da  Pa- 
viero  metteva  capo  a  Longastrino.    Rimasto    questo    distrutto    dagli    ondeggia- 
menti delle  acque,  il  duca  Borso  lo  fece  ricostruire  sopra  una  nuova  lineala 
Paviero  a  Filo  col  nome  di  argine  del  Mantello,   che  restringeva  la  superficie 
di  essa  valle  del  Mezzano  (2).  Rinnovatosi  per  la  stessa  causa  la  distruzione  di 
questo  secondo  argine,  la  valle  stessa  si  convertì  in  valle  salsa  con  danno  del 
circondario  scolante,  sia  per  la  maggiore  elevazione  delle  acque,  sia  per  la  pre- 
giudicevole  loro  invasione  dei  terreni  depressi,  che  convenne  difendere  con  un 
argine  di  circondario.  Fino  dalla  prima  riduzione  di  quelle  valli  all'uso  di  pesca 
si  dovette  proteggerle  dalle  espansioni  dei  Po,  arginando  di  fronte  ad  esse  la 
destra  del  Volano,  e  la  sinistra  del  Primaro.   Lo   stesso  Duca  Borso,  al  luogo 
detto  il  Campello ,    non  si  sa  per  quale  motivo ,    fece  allungare  per  ben  sette 
chilometri  il  corso  del  Volano  ,  che  forma  ivi  la    viziosissima    svolta    la  quale 
anche  oggidì  si  scorge  nel  canale  cui  fu  ridotto  l'alveo  derelitto  del  fiume  (3). 
Nel  1460  si  lasciò  indurre  dai  Bolognesi  a  ricevere  nel  Po  di  Ferrara  il  Reno  ;  ma 
avvedutosi  dell'errore,  si  oppose  di  poi  all'eseguimento  di  quel  piano  (4).    Il 
suo  successore  Ercole   I,   temendo  una  invasione  dei    Veneziani   dal  Porto  di 
Volano,  fece  iniziare  il  chiudimento  di  quel  ramo  del  Po,  operazione  che  venne 
quindi  sospesa  (5).  Alfonso  I,  presa  in  moglie  Lucrezia  Borgia  (1505),  la  quale 
gh  portava  in  dote  il  territorio  di  Cento,  allo  scopo  di  bonificarlo,  col  dar  esito 
alle  acque  torrentizie    che  lo  infestavano,   conchiuse   nei   1522    l'accordo  coi 
Bolognesi  di  ricevere  inalveato  il  Reno  nel  Po  di  Ferrara ,  operazione   che    si 
compi  nel  1526,  dando  così  a  questo  il  colpo  di  grazia  (6). 


(1)  Corradi.  Effetti  dannosi  che  produrrà  il  Reno 
se  sia  ammesso  in  Po  di  Lombardia.  Modena  1717, 
pag.  70.  Il  fatto  relativo  al  Lamone  lo  ricava  dalla 
storia  di  Ravenna  del  Rossi,  e  quello  concernente 
il  Senio  dal  codice  manoscritto  dell'Aleolti,  pag.  25. 

(2)  Frizzi,  opera  citata,  Voi.  IV,  pag.  159. 
Aleotti,  Difesa  precit.  pag.  40. 

(3)  Questo  fatto  viene  riferito  ne'  suoi  annali  da 
Peregrino  Prisciano,  che  doveva  perfettamente  co- 
noscere le  cose,  giacché  suo  padre  Prisciano  Pri- 
sciano, era  in  quel  tempo  agente  generale  del  duca 
Borso.  (Frizzi,  Voi.  IV,  pag.  31).  Senonchè  si  da- 
rebbe a  tale  operazione  per  motivo  la  difesa  del- 
l'Abbazia di  Pomposa  dalla  corrosione  del  Po,  lo 
che  non  potrebbesi  ammettere,    giacché    l'ultimo 


tronco  di  quella  svolta  sarebbe  maggiormente  di- 
retto contro  l'Abbazia.  Di  fronte  ad  essa  vedesi  la 
traccia  di  un^alveo  derelitto  del  Po,  che  si  sarebbe 
col  vertice  della  curva  portato  in  suo  contatto,  al 
che  sembra  essersi  provveduto  con  un  raddrizza- 
mento che  rimane  a  valle  della  mentovata  svolta 
del  Campello.  Si  ha  quindi  motivo  di  credere  che 
trattisi  di  due  operazioni  distinte,  e  che  erronea- 
mente siasi  scambiata  1' una  coli' altra. 

(4)  Frizzi,  opera  cit.  pag.  53. 

(5)  Ivi,  pag.  123. 

(6)  Ivi,  pag.  187-273.  Rispetto  alla  convenzione 
del  1522  ed  alle  sue  cause,  vedasi  anche  il  codice 
manoscritto  dell' Aleotti. 


212 


STUDJ   IDROLOGICI  E   STORICI 


XIII.  Colinaaiient©  della  Padusa,  ossia  della  laguna  Raven- 
nate, e  tracce  della  divisione  di  terreni  assegnati  alle 
antiche  colonie  romane. 

414.  Avanti  d'inoltrarci  nell'esame  delle  ulteriori  conseguenze  di  quella  di- 
versione del  Po,  prenderemo  ad  esaminare  il  modo  col  quale  si  operò  il  col- 
mamente) della  grande  palude  Padusa,  che  formava  la  parte  estrema  meridio- 
nale dell'estuario  Adriatico. 

Senza  occuparci  dell'  ultima  appendice  di  esso  che  partiva  da  Rimimi,  osser- 
veremo innanzi  tutto  che  la  via  Emilia  da  Forlimpopoli  fino  a  Bologna  vedesi 
bensì  tracciata  sulla  carta  da  un  rettilineo  pressoché  perfetto,  ma  con  notevoli 
ondeggiamenti  nel  suo  piano  sotto  le  estreme  falde  dell'Appennino.  Imperciocché 
ivi  attraversa  la  sommità  dei  conoidi  formati  dai  torrenti  che  ne  discendono,  i 
più  poderosi  de' quali  sono  il  Savio,  il  Ronco,  il  Montone,  il  Lamone,  il  Senio, 
il  Santerno,  il  Sillaro  l' Idice  ed  il  Reno.  Quest'ultimo  è  il  principale  di  essi, 
sia  per  la  maggiore  superfìcie  del  suo  bacino  montuoso,  sia  perchè  la  più  parte 
di  questo  trovasi  nella  regione  alpestre  dell' Apennino.  Mano  mano  che  quei 
torrenti  si  avanzavano  coi  loro  conoidi  nella  Padusa ,  rimanevano  negli  inter- 
valli che  li  separavano  delle  conche ,  o  depressioni  nelle  quali  si  saranno  a 
varie  riprese  divertiti,  alternando  questi  cangiamenti  in  guisa  da  estendere  la 
colmata  della  palude.  Egli  è  verisimile  che  in  tempi  non  molto  remoti  anche 
l'arte  abbia  influito  in  tali  cangiamenti. 

115.  Dall'esame  delle  carte  topografiche,  ove  generalmente  la  maggiore  ele- 
vazione del  suolo  è  indicata  dalla  prevalente  frequenza  degli  abitati ,  vedonsi 
questi  alla  destra  tanto  del  Ronco,  quanto  del  Montone,  lo  che  fa  credere  che 
avessero  il  loro  corso  più  all'oriente  quando  avranno  interrato  il  porto  di  Classe 
presso  Ravenna,  e  contribuito  al  protendimento  di  quella  spiaggia  marina.  Al- 
trettanto sarebbe  avvenuto  pel  Lamone,  forse  in  epoche  meno  lontane ,  desu- 
mendosi da  documenti  che  per  lo  innanzi  passava  presso  Prada  donde  oggidì 
è  distante  tré  chilometri  (1).  Quello  per  altro  di  essi  torrenti  che  sembra  es- 
sersi maggiormente  spinto  verso  oriente  sarebbe  il  Santerno ,  che  vedemmo 
indicato  da  Plinio  col  nome  di  Vatreno;  scorgendosi  un  villaggio  che  porta  il 
suo  nome  a  destra  del  Lamone  sul  meridiano  di  Forlì  in  distanza  di  tredici 
chilometri  dal  suo  corso  attuale.  A  tale  tendenza  di  questo  fiume  a  spingersi 
anticamente  verso  oriente,  nel  che  possono  avere  influito  gli  accidenti  del  fondo 
della  laguna,  dovrebbesi  attribuire  il  fatto  che  ne'  tempi  di  Plinio  si  approssi- 
mava al  corso  del  Po,  cosicché  egli  considerava  questo  aumentato  dalle  acque 
di  quel  torrente ,  mentre  effettivamente  ciò  avveniva  col  concorso  degli  altri 
torrenti  ad  esso  prossimi. 


(1)  Bolla  di  Leone  IX  di  concessione  all'  Ab- 
bazia di  Pomposa  dell'anno  1052,  ove  è  detto:  Nec 
non  et  ripam  fluminis  Anemonis  ex  utriusque  par- 


tibus  juxta  Massarn  que  vocatur  Praia,  extendenté 
ipsa  ripa  Biganuolo,  ecc.  Muratori.  Ani.  ital.  m. 
aev.  T.  V,  pag.  338. 


SOPRA  IL    GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  213 

116.  Se  si  rilevasse  una  caria  topografica  di  quel  tratto  di  pianura  subapennina 
con  curve  isoipsiche  la  quale  riuscirebbe  di  una  immensa  utilità  per  lo  studio 
del  migliore  regolamento  delle  sue  acque,  vedrebbesi  a  colpo  d'  occhio  la  spor- 
genza dei  dorsi  di  quei  conoidi  su  cui  in  tempi  più  o  meno  remoti  sorsero 
popolose  borgate;  come  pure  le  rientranze  delle  interposte  depressioni. 

117.  Allo  scopo  per  altro  di  riconoscere  con  sufficiente  approssimazione  il 
margine  della  palude ,  cui  succedeva  lo  stagno  Padusa  ne'  primordi  della  ro- 
mana dominazione  vi  è  un  mezzo  di  riscontro  assai  più  concludente  che  ebbi 
a  scorgere  dopo  un  attento  esame  del  foglio  di  Ravenna  (F  8)  della  grande 
carta  topografica  dell'Italia  Centrale. 

Da  Forli  ad  Imola,  ed  anche  oltre  questa  città,  vedesi  nella  pianura  dise- 
gnata una  reticola  di  quadratela ,  i  cui  lati  costituiscono  in  complesso  rette 
perfettamente  normali  alla  via  Emilia,  che  fa  l' uffizio  di  fondamentale,  le  quali 
si  estendono  fino  alla  distanza  massima  di  venti  chilometri.  I  lati  d'ogni  qua- 
dratela segnano  generalmente  strade  campestri  accompagnate  da  cascinali,  op- 
pure canali  di  scolo,  e  la  lunghezza  di  uno  di  essi  sarebbe  costantemente  dì 
circa  714  metri,  cosicché  la  loro  superficie  corrisponderebbe  a  509  800  m.  q. 
equivalenti  ad  una  centuria  romana  formata  da  200  jugeri.  Quella  reticola  perciò 
è  indubbiamente  la  traccia  della  divisione  del  terreno  assegnato  ad  un  antica 
colonia  romana  (1).  A  destra  del  Montone  non  scorgonsi  che  rare  vestigia  di 
tali  reticole  per  effetto  dei  cangiamenti  posteriormente  avvenuti  nel  corso  di 
quel  torrente  e  del  Ronco,  ed  anche  per  la  maggior  prossimità  alla  via  Emilia 
della  palude  da  essi  colmata. 

118.  Sulla  destra  del  Savio  poi  a  settentrione  di  Cesena  scorgerebbesi  altra 
reticola  simile,  tracciata  in  vero  con  minore  regolarità,  in  lunghezza  di  dieci 
chilometri  ed  in  larghezza  di  tré  a  sette  chilometri,  della  quale  dovrebbe  es- 
sere identica  1'  origine.  La  sua  fondamentale  parrebbe  una  strada  a  destra  del 
fiume  parallela  a  quella  a  sinistra  di  esso  che  da  Cesena  conduce  a  Ravenna; 
ma  né  l'ima  né  l'altra  devono  essere  molto  antiche,  sembrando  tracciate  sulla 
direzione  di  due  linee  di  essa  retricola. 

119.  Se  si  prenda  per  margine  dell'antica  palude  la  parte  ove  cessa  la  re- 
golarità delle  mentovate  reticole,  partendo  dal  Pisciatello,  che  secondo  taluni 
corrisponderebbe  all'antico  Rubicone,  esso  passerebbe  per  Bagnarola,  Pra- 
dozzi,  Bagnile,  Canuzzo,  a  destra  del  Savio,  luoghi  tutti  i  cui  nomi  concorde- 
rebbero col  nostro  supposto.  Proseguirebbe  poi  quel  margine  verso  le  borgate 
di  Russi,  di  Bagnacavallo  e  di  Fusignano,  ove  ripiegherebbe,  tenendosi  a  due 
o  tré  chilometri  a  settentrione  di  Sanf  Agata  e  di  Massa  Lombarda. 

120.  Il  canale  Naviglio  di  Faenza  seguirebbe  una  di  quelle  rette  normali,  lo 
che  avverrebbe  anche  per  canale  d' Imola,  pel  condotto  Zaniolo  e  per  altri  canali 


(1)  L'  unità  di  misura  lineare  de'  terreni  era  la 
decempeda ,  di  dieci  piedi  romani  (equivalenti  pre- 
cisamente a  cinque  braccia  di  Milano).  Gli  agrimen- 
sori chiamavansi  decempedatores.  Il  jugero  era  co- 
stituito  di    288    decempede    quadrate ,    ossia  di  un 


rettangolo  lungo  24,  e  largo  12  decempede.  La 
centuria,  formata  da  200  jugeri,  era  un  quadrato 
del  quale  ogni  lato  misurava  240  decempede. 

Cristiani  :  Delle  misure   d'  ogni  genere  antiche  e 
moderne.  Brescia  1760,  pag.  36  e  80. 


214  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

dei  prossimi  territorj.  li  Sariterno  sembra  che  in  origine  intersecasse  obliqua- 
mente quella  reticola ,  ove  vedesi  interrotta ,  e  sconvolto  il  terreno ,  da  Imola 
a  Solarolo  ed  a  Cottignola,  e  sarebbesi  ivi  unito  al  Senio,  toccando  di  poi  Tra- 
versai e  la  predetta  borgata  Santerno,  d'onde  avrebbe  continuato  fino  al  Pri- 
maro  col  seguire  prossimamente  il  corso  che  aveva  in  addietro  il  Lamone. 
A  quanto  pare  V  arte  lo  avrebbe  di  poi  divertito  sopra  una  delle  linee  normali 
da  Castelnovo  a  Mordano,  e  quindi  sopra  altra  di  esse  linee  prossima  e  parallela 
verso  oriente,  da  Sant'  Agata  a  Sant  Lorenzo  in  Selva,  vedendosi  in  quel  tronco 
due  tratti  rettilinei  interposti  ad  altri  tre  serpeggianti  (1). 

121.  Il  più  poderoso  dei  torrenti  tributarj   alla  Padusa    vedemmo    essere  il 
Reno  che ,  uscito  dalle  gole  de'  monti  a  Casalecchio  presso  Bologna ,    avrebbe 
in  essa  deposto  tré  conoidi ,   variando  il  suo  corso  nell'  imo  della   valle  sopra 
una  fronte  di  trentaquattro  chilometri  dal  Finale  a  Co  di  Fiume,  termine  del 
più  orientale  di  essi  conoidi.  Sul  dorso  di  questo  scorre  la   strada    che  passa 
per  Minerbio  e  Barisella ,    sul    conoide   intermedio    incontrasi    Gastelmaggiore 
Sant  Giorgio  in  Piano  e  Sant  Pietro  in  Casale  donde  si  prolunga  a  sinistra  per 
Sant  Alberto  e  Galliera  ed  a  destra  per  Sant  Venanzio   e  Poggio    Lambertini. 
Il  conoide  più  occidentale,  sul  quale  il  fiume  ha  1'  odierno  suo  corso,  passa  per 
Trebbo,  Argile  e  Cento.  11  Naviglio  di  Bologna  escavatosi  sul    cadere   del  se- 
colo XII,  diretto  a  Malalbergo  segna  la  depressione  fra  il  primo  ed  il  secondo 
conoide.  Avanzi  di  reticole  simili  a  quelle  dianzi  descritte  scorgonsi  pure  sulla 
pianura  formata  dal  Reno  coi  tré  conoidi  summentovali,  reticole    che  dovreb- 
bero corrispondere  alla  divisione  delle  terre  fatta  alla  colonia  latina  stabilita  a 
Bologna  1'  anno  561  di  Roma  (2).  Esse  hanno  egualmente  per  fondamentale  la 
linea  della  via  Emilia  la  quale  dicesi  costrutta  da  M.  Emilio  Lepido  l'anno  567  ;  ma 
che  verisimilmente  era  stata  già  abbozzata  anteriormente  ne'  trenta  cinque  anni 
che  decorsero  dalla  prima  occupazione  de'  Romani  di  quella  parte  della  Gallia 
Cispadana.  Una  traccia  alquanto  incerta  se  ne  vede  a  Medicina  sul  conoide  del 
Sillaro  ed  altra  maggiormente  distinta  scorgesi    presso    Budrio   su   quello  del- 
l'Idice.  Ma  sul  primo  conoide  del  Reno  fra  ridice  e  il  canale  Naviglio  la  re- 
ticola si  manifesta  assai  più  regolare  sino  alia  distanza  di  18  chilometri  dalla 
via  Emilia  presso  Sant  Giovanni  in  Triario,  rimanendo  cancellata  in  prossimità 
di  Minerbio  e  Barisella,  che  segnano  il  colmo  di  quel  dorso  verso  il  suo  estremo, 
come  pure  in  vicinanza  dello  stesso  Naviglio.  Questo   per   una    tratta   di  sette 
chilometri  fra  Sant  Martino  e  Burchetta  sembra  condotto  sopra  una  delle  linee 
normali  alla  via  stessa.  Si  avrebbe  cosi  un  valido  indizio  che   dopo   1'  occupa- 
zione dei  Romani  il  Reno  ha  avuto  corso  sulla  parte   estrema    di    quel  primo 
conoide  ove  si  congiungeva  alla  Savena.  Il  Naviglio  seguirebbe,  come  si  disse,  la 


(1)  Vedansi  i  fogli  di  Ravenna  e  di  Cesena  della 
carta  topografica  precitata  dell'  Italia  Centrale. 

(2)  Circa  a  quella  colonia  Tito  Livio  così  si  esprime 
nel  libro  37  delle  storie  :  Eodem  anno  ante  diem 
terlium  Kalendas  januarii  Bononiam  Latinam  co- 
loniam  ex  S.  C.  L,  Valerius   Flaccus ,  M.  Atilius 


Serranus,  l.  Valerius  Tappo,  triumviri  deduxerunt: 
Tria  millia  hominum  sunt  deducta.  Equitibus  sep- 
tuagena  jugera ,  ceteris  colonis  quinquaginta  sunt 
data.  Ager  captus  de  Gallis  Boijs  fuerat.  Galli 
Tuscos  cxpulerant. 


SOPRA  IL  GRANDE   ESTUARIO  ADRIATICO  215 

depressione  fra  questo  ed  il  secondo  sul  quale  non  scorgesi  traccia  di  reticola 
se  ne  eccettui  una  piccola  porzione  presso  Sant  Giorgio  in  Piano,  a  17  chilo- 
metri di  distanza  da  Bologna,  lo  che  indicherebbe  che  pel  rimanente  la  reticola 
è  stata  cancellata  dal  variabile  corso  del  Reno,  il  quale,  a  quanto  pare  ,  dopo 
la  dominazione  romana  avrebbe  lungamente  esercitato  ivi  il  suo  dominio.  Dai 
documenti  storici  si  potrà  desumere   se   colà  si  trovasse   ancora   lorquando   si 
costrusse  il  Naviglio  sul  cadere  del  secolo  XIII.  Flavio   Biondo   che  scriveva  la 
sua  Italia  illustrata  intorno   all'  anno    1450   ci  parla    di  Galliera,  del  Poggio 
Lambertini,  di  Sant  Venanzio  e  di  Sant  Prospero,  borgate  esistenti  all'estremo 
del  conoide  intermedio,  dicendoci  che  il  Reno  a' suoi  tempi  si  univa  al  Panaro 
ed  al  torrentello   Formiggine  per    sboccare    in    Po   presso    Bondeno    (1).   La 
prima  di. quelle  borgate,  come  vedemmo,  viene  pure  nominata  nella   Cronica 
parva  di  un  secolo  e  mezzo  anteriore.  Ne  consegue  che  per  lo   innanzi  aveva 
compiuta  la  colmata  all'  estremo  di  esso  conoide  intermedio,  e  che  era  passato 
sul  terzo  conoide  di  Cento  tenendosi  all'occidente  di  questa  città.  Ma  nel  1459 
cangiò  naturalmente  corso  ,  rivolgendolo  verso  oriente  fra  la  città  stessa  e   la 
Pieve  di  Cento,  ove,  contenuto  da  argini,  passava  di  poi  a  spandersi  nelle  valli 
confinanti  col  territorio  ferrarese,  lo  che  ha  promosse  le  trattative  preaccennate 
per  immetterlo  inalveato  nel  Po  di  Ferrara  (2). 

122.  Di  reticole  simili  si  vedrebbero  avanzi  sulla  rimanente  pianura  subap- 
pennina  dal  Reno  all'  Arda  nel  Piacentino ,  e  da  esse  possono  .ricavarsi  indu- 
zioni analoghe  ;  ma  poiché  il  relativo  esame  ci  allontanerebbe  di  troppo  dal 
nostro  programma,  abbiamo  preso  il  partito  di  trattarne  nell'Appendice  £.  Os- 
serveremo soltanto  in  proposito  che  se  col  sussidio    delle   recenti   carte  topo- 


(1)  Italia  illustrata.  Romandiola,  sive  Flaminia. 
Ove  passa  a  parlare  della  Lombardia  (regio  septima) 
dice  :  Infra  est  Finale  oppidum  ad  quod  eam,  quam 
diximus  aquarum  rnoles  Rheno,  Scultenna  ,  Formi- 
gine  et  plaerisque  torrentibus  coeuntibus  fossam 
efficit  Fislorenam,  ultima  Padusae  ostia  facientem. 
La  Fossa  Fistorena  perciò  corrispondeva  al  così 
detto  Canale  di  Modena  indicato  nella  Cronica 
parva  surriferita. 

(2)  Che  il  Reno  anticamente  avesse  spinto  il  suo 
corso  verso  oriente  all'  estremo  del  primo  conoide, 
fino  a  confluire  nel  Po  di  Primaro  in  prossimità  di 
Co  di  fiume,  ove  un  villaggio  sarebbesi  chiamato 
Padoreno  ,  lo  si  desumerebbe  da  una  serie  di  do- 
cumenti. 

In  uno  di  questi  dell'  anno  979 ,  riportato  dal 
Frizzi  (Mem.  ferr.  T.  I,  ediz.  2.a  pag.  106)  dicesi: 
palus  quae  vocatur  augusta  ,  constituta  territorio 
Comjaclensi  in  terra  fines  ab  uno  latere  Pereo,  (an- 
tica isola  di  Sant'Alberto  sul  Po  di  Primaro)  ab  alio 
latere  Padoreno,  ecc.  Nel  documento  di  Ottone  III 
dell'anno  1001,  riportato  nella  nota  al  §  70,  nomi- 
nasi pure  in  prossimità  del  Primaro  Padoreno.  La 
sua  posizione  per  altro   Verrebbe    determinata  più 


precisamente  dalla  convenzione  seguita  l'anno  1200 
fra  Ferrara  e  Ravenna,  riportata  dal  Muratori  (Ant. 
it.  T.  IV,  pag.  313)  ove  è  detto:  Quod  Ravennates 
non-  debent  amplius  facere  ullum  castellum  a  Bu- 
dareno  sursum.  Item  comune  Ferrariae  debet  habere 
plenam  jurisdictionem  a  Fossa  de'  Bqsio  sursum , 
quae  Fossa  de'  Bosio  est  de  suptus  Caput  Sandali 
ubi  jarn  fuit  hospitale. 

Il  confine  perciò  fra  Ferrara  e  Ravenna  cadeva 
sul  Primaro,  alla  Fossa  di  Bosio  presso  l'Ospitale, 
di  tre  chilometri  superiore  al  Traghetto,  luogo  che 
dovrebbe  corrispondere  al  Bociletum  (Buzzolè)  sul 
fiume  Gaibana,  indicato  nella  conterminazione  del- 
l'anno 1106  (g  77),  in  prossimità  del  quale  doveva 
trovarsi  il  Budareno,  ossia  Padoreno  citato  nei  do- 
cumenti anteriori  surriferiti. 

Il  Frizzi  confonde  quel  luogo  con  Badarino  ac- 
cennato in  documenti  pomposiani ,  il  quale  era  un 
canale  prossimo  al  Volano  ,  leggendosi  nel  docu- 
mento dell'anno  1052  (Muratori,  op.  cit.,  T.  V, 
pag.  338)  :  Piscariam  integram  que  vocatur  Volana 
cum  Rivo  Badarino  et  Gavelona  majore  ad  ipsam 
piscariam  pertinente. 


216  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

grafiche,  la  forma  e  la  disposizione  delle  alluvioni  del  Po  alle  sue  foci  ci  hanno 
servito  qual  cronometro  per  determinarne  l'antichità  relativa  e  prossimamente 
l'assoluta,  anche  le  mentovate  reticole  tracciate  da  oltre  venti  secoli  ci  vengono 
a  porgere  un  fondato  criterio  per  determinare  non  solo  l'estensione  dell'an- 
tica Padusa ,  ma  eziandio  i  più  notevoli  cangiamenti  avvenuti  nel  corso  dei 
principali  fiumi  della  pianura  subapennina  ed  a  chiarire  fatti  storici  di  qualche 
importanza.  E  qui  ci  occorre  di  fare  un  osservazione.  Se  i  torrenti  dell'Ap- 
pennino hanno  colmato  l'immenso  stagno  Padusa;  colle  loro  espansioni  late- 
rali sulla  pianura  superiore  da  essi  formata  ne  avranno  contemporaneamente 
alzato  il  livello  in  una  misura  di  forse  due  o  più  metri,  cosicché  parrebbe  a 
prima  giunta  che  per  effetto  di  tali  alzamenti  dovesse  rimanere  cancellata  la 
traccia  di  quelle  reticole.  Ma  ove  si  consideri  che  in  tale  supposto  nel  corso 
di  venti  secoli  l'alzamento  annuale  sarebbe  stato  di  circa  un  millimetro,  e  di 
un  solo  decimetro  in  un  secolo ,  devesi  perciò  ammettere  che  mano  mano 
rialzavansi  in  pari  tempo  le  strade  ed  i  canali  costituenti  le  reticole  stesse 
senza  notevole  alterazione  della  loro  forma,  o  sede. 

125.  Attesi  i  rapporti  che  vi  sono  fra  le  vicende   del    corso   del   Reno  e  di 
quelle  concernenti  il  Panaro,  colgo  l'occasione  per  rettificare  alcuni  fatti  esposti 
nella    mia    Memoria  Dell'  idraulica  condizione  della  pianura  subapennina  fra 
l'Enza  ed  il  Panaro  (pag.  7).  Un  documento  del  1492  riportato  dal  Tiraboschi 
nel  suo  Dizionario   topografico  all'articolo  Panarius   ed  alcune    deduzioni    del 
Corradi  mi  hanno  condotto  nell'errore  di  credere  che  fino  dal  cadere  del  se- 
colo XIII  si  fosse  unito  tutto  il  fiume  al  Naviglio  di  Modena  presso  Bomporto  (1). 
124.  Dall'esame  di  altri  documenti  ho  potuto  invece   ricavare    che   in   quel 
tempo  non  si  introduceva  nel  Naviglio  se  non  una  parte  delle    acque  dei  Pa- 
naro mediante  bocche,  o  tagli  nelle  due  sponde.  Fino  al  1459  le  sue  acque  di 
espansione  si  sarebbero  mescolate,  come  si  disse,  con  quelle  del  Reno,  le  quali 
dopo  avere  attraversate  valli  si  saranno  riunite  alle  acque  del  Naviglio  di  Mo- 
dena presso  Santa  Rianca  per  formare  il  Canale  di  Modena  accennato  nella  Cro- 
nichetta  di  Ferrara  ,  chiamato  dal  Biondo  Fossa  Fistorena.  Da  un    concordato 
del  1289  seguito    fra   il    marchese    Obizzo    d'Este    ed    i    comuni    di    Bologna 
e    di    Modena    appare    difatti    che    allora    il    Panaro    scaricavasi    in   valli   le 
acque  d'espansione    delle    quali    avranno    confluito   nel  mentovato  Canale    di 
Modena,  dopo  essersene  estratto  appunto  con  tagli  una  parte    per    alimentare 
superiormente    il   Naviglio    dello    stesso    nome    (2).   Il    successivo    concordato 
del  1487  fra  il  duca  di  Modena  e   Giovanni  Bentivoglio   per  eseguire   il  Cava- 
mene di  Foscaglia,  non  risguardava  già  l'escavazione  di  un  semplice  colatore 


(1)  Vedasi  Tiraboschi,  Dizionario  topografico  sto- 
rico degli  stati  estensi.  Modena  1825,  all'art.  Renus. 

(2)  È  difatti  detto  in  quel  concordato  del  1289, 
riportato  dal  Ghirardacci  (Stor.  di  Bologna)  «  di  ca- 
«  vare  il  Panaro  fiume,  cominciando  di  sotto  nelle 
«  valli,  facendo  la  sgherbata  ove  meglio  giudiche- 
«  ranno  gli  ingegneri,  di  modo  che  l'acqua  avesse 
«  il  suo  corso,  cavandosi  di  sopra  fino  alla  navigata 


(Naviglio)  per  il  letto  dove  altre  volte  fu  scavata,  e 
di  più  che  i  Modenesi  non  lascierebbero  chiudere 
la  bocca  della  navigata  fin  tanto  che  il  detto  la- 
voriero  fosse  finito,  di  modo  che  l'acqua  di  detto 
Panaro,  o  Scultenna,  avesse  il  suo  libero  passaggio 
nel  detto  lavoriero,  e  condotta  che  fosse  V  acqua 
nella  valle,  ciascuno  poi  dovesse  chiudere  le  boc- 
che del  Panaro  in  ogni  luogo  del  suo  distretto  ». 


SOPRA  IL   GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  217 

ma  piuttosto  di  un  canale  raccoglitore  delle  acque  di  scolo ,  di  quelle  torren- 
tizie della  Muzza,  e  d'  espansione  del  Panaro,  che  scorreva  tuttavia  disarginato. 
Era  ivi  per  altro  prescritto  che  si  dovesse  impedire  il  concorso  di  quelle  dei 
Reno  e  della  Samoggia  (1).  I  molini  presso  il  Finale  sul  Naviglio  di  Modena,  nel 
quale  scorreva  il  torrentello  Formigine,  non  erano  già  alla  sinistra,  ma  bensì  alla 
destra  presso  Selvabella,  ed  eseguitosi  dai  Bolognesi  il  Cavamento  preaccennato, 
furono  trasportati  a  valle  con  un  nuovo  canale  nell'interno  della  città  (2). 

125.  Si  è  già  notato  essersi  indotto  Alfonso  I  d'Este  ad  accordare  nel  1522 
l'immissione  del  Reno  nel  Po  di  Ferrara,  inalveandolo  fra  argini  allo  scopo  di 
bonificare  contemporaneamente  il  territorio  di  Cento  di  nuovo  acquisto.  Affine 
di  estendere  maggiormente  quelle  bonificazioni  al  territorio  modenese,  nel  1555 
soltanto  avrebbe  introdotto  a  Bomporto  nel  Naviglio  di  Modena  tutto  il  Panaro 
scaricandolo  sopra  il  Finale,  mediante  il  travaccatore  detto  lo  Zocco  del  Muro 
a  tal  uopo  costrutto,  nel  canale  Cavamento  arginato,  a  quanto  pare,  esso  pure 
fino  al  Po  di  Ferrara  presso  il  Rondeno.  Essendosi  fabbricata  al  principio  di 
quel  secolo  la  conca  della  Bastiglia  sul  Naviglio  di  Modena,  nel  1558  ne  venne 
divertito  il  torrente  Formigine ,  rivolgendolo  in  Secchia  colla  Fossa  di  Spez- 
zano, giacché  per  una  navigazione  intermittente  potevasi  supplire  alla  poca  pro- 
fondita  del  canale  mediante  queir  edifizio  sussidiato  a  monte  da  chiuse  di  ri- 
stringimento  ad  una  sola  mano  di  porte,  chiamate  Bove,  che  servivano  a 
promuovere  ringonfiamenti,  o  colte  (5). 


(1)  11  Tiraboschi,  nella  sua  Storia  dell'Abbazia  di 
Nonantola,  riporta  un  contratto  d'enfiteusi  del  1492 
(T.  II.  pag.  460,  doc.  DXLI)  di  un  podere  denomi- 
nato Ronco  ,  di  proprietà  della  parrocchia  di  Cre- 
valcore,  soggetto  alle  inondazioni  del  Panaro.  No- 
tasi che  nulla  si  potrebbe  ricavare  da  quei  terreni: 
nisi  prias  a  submersione  et  invasione  aquarum  hu- 
jusmodi  subleventur ,  et  aqum  ipsce  inde  educeren- 
iur  et  excollentur  ecc. ,  a  quattuor  annis  proxime 

lapsi  ecc ordinatum  et  decretum  fuisse  fieri  et 

jam  inceptum  quodam  cavamentum,  per  quod  aquce 
ecc.  .  . .  decurrere  possunt  inde  usque  in  Padum,  et 
oh  id  necesse  fuisse  et  esse  dominis  et  possessioni- 
bus  terrarum  existentium  in  dicto  loco  ,  magnani 
pecuniae  quantitatem  proportionaliter  exponere,  ecc. 

Vedesi  dalle  cose  premesse,  che  trattavasi  del 
Cavamento  di  Foscaglia  pattuito  col  Bentivoglio 
nel  1487,  cui  davasi  esecuzione  mediante  un  con- 
sorzio d'interessati,  aggiungendosi  in  quel  docu- 
mento che  tali  spese  dovessero  sostenerle  i  livel- 
larj.  Non  accennasi  ivi  alcun  arginamento,  ma  solo 
l'opera  di  escavazione  di  un  canale  raccoglitore. 

(2)  Frassoni,  Mem.  del  Finale,  pag.  62!  Questo 
trasporto  dei  molini  di  Selvabella  si  sarebbe  reso 
necessario  perchè,  avvicinatosi  ad  essi  il  canale 
Cavamento,  veniva  meno  il  salto  delle  acque. 

(3)  La  città  del  Finale  fu  verisimilmente  fondata 
quando  colà  si  dirigeva  la  Secchia  detta  Aqualonga 


ed  anche  Modena;  cui  si  sarà  unito  il  Panaro.  Ve- 
dasi su  questo  particolare  la  Nota  finale  A  alla  pre- 
citata mia  Memoria  sull'  idraulica  condizione  di 
quella  pianura  subapennina.  Ivi  dimostro  che  verso 
il  secolo  XII  avvenne  una  diversione  della  Secchia, 
e  che  sul  cadere  di  quel  secolo  i  Modenesi  vi  con- 
dussero il  loro  Naviglio ,  che  al  disotto  del  Finale 
passava  nell'alveo  derelitto  della  Secchia  occupato 
dal  Panaro,  il  quale  prendeva  il  nome  di  Canale  di 
Modena.  Nell'interno  della  città  del  Finale  il  ramo 
di  quel  fiume,  detto  della  Lunga,  non  ha  che  la  lar- 
ghezza di  circa  8  m. ,  misura  che  doveva  averte  il 
Naviglio  di  Modena  nel  quale  entrava  il  fiumicello 
Formiggine.  Spiegasi  quindi  come,  per  l'introdu- 
zione di  tutto  il  Panaro  nel  Naviglio  stesso  sotto 
Bomporto,  si  dovesse  a  monte  della  città  del  Finale 
costruire  lo  scaricatore  a  salto ,  detto  Zocco  del 
muro,  nel  1535,  col  quale  il  maggior  corpo  d'acqua 
del  fiume  passava  ad  occupare  il  Cavamento  di  Fo- 
scaglia fino  a  Santa  Bianca,  ove  riunitasi  al  ramo 
della  Lunga.  Veggasi  la  precitata  storia  del  Finale 
pag.  81,  circa  alla  costruzione  di  queir  edifizio.  In 
quanto  poi  alla  deviazione  del  torrente  Formiggine, 
vedasi  il  precitato  Dizionario  topografico  del  Tira- 
boschi,  ove  quell'articolo  per  errore  di  stampa  venne 
trasportato  quattro  pagine  più  avanti  ;  circostanza 
per  la  quale  non  lo  aveva  dapprima  consultato 


218  STUDJ  IDROLOGICI   E  STORICI 

126.  Dai  documenti  dianzi  riportati  apparirebbe  quindi  che  fino  al  1459 , 
tanto  il  Panaro  quanto  il  Reno  che  ad  esso  si  univan  sotto  il  Finale,  scorrevano 
disarginati,  attraversando  eziandio  valli  che  colmavano  avanti  di  sboccare  in 
Po;  che  divertitosi  allora  naturalmente  il  corso  del  Reno  all'oriente  di  Cento, 
il  solo  Panaro  vi  si  scaricava  col  canale  Cavamento  aperto  dal  1488  al  1492  fino 
a  tanto  che  nel  4535  non  venisse  introdotto  nel  Naviglio  a  Bomporto ,  e  di  là 
al  Bondeno  nel  Po  di  Ferrara. 

XIV.  Coedizione  cui  eraiisi  ridotti  gii  ultimi  tronchi  del 
F»©  lino  all'  abbandono  del  braccio  di  Ferrara,  e  provve- 
dimenti allora  impartiti. 


127.  Avanti  all'  introduzione  del  Reno  nel  Po  di  Ferrara  pattuita  col  concor- 
dato del  1522,  che  ebbe  effetto  quattro  anni  dopo,  quel  ramo  del  fiume  era 
di  comoda  navigazione,  siccome  lo  comproverebbe  il  fatto  che  nel  1509  venne 
percorso  dalle  15  gailere  tolte  dai  Ferraresi  ai  Veneziani.  Ma  dopo  l'immissione 
del  Reno  e  del  Panaro  arginati  fino  alla  loro  foce  le  cose  cambiarono  di  aspetto. 
Per  apportare  rimedio  agli  interramenti  di  quei  fiumi  nel  1558  il  duca  Er- 
cole II  fece  intraprendere  sotto  Ficarolo  costose  palificate  all'incile  del  Po  di 
Venezia,  onde  dirigere  nel  braccio  di  Ferrara  un  maggior  corpo  d'  acqua,  ma 
senza  risultato  soddisfacente.  Monsignor  de  Medici,  spedito  in  luogo  dal  pon- 
tefice Paolo  III  riconosce  che  il  Reno  va  interrando  il  Po  di  Ferrara  (1).  Dal 
1569  al  1571  il  duca  fa  .costruire  nuove  palificate  allo  stesso  scopo,  ma  senza 
ottenerne  un  effetto  utile.  Nel  1577  il  cavai.  Paciotto  inviato  dal  Pontefice  con- 
ferma che  l' interramento  del  Po  di  Ferrara  si  è  avanzato  in  guisa  che  in  oc- 
casione di  magre  del  Po ,  Reno  e  Panaro  nelle  loro  piene  si  rivolgono  a  ri- 
troso verso  la  Stellata  (2).  Intorno  a  questo  tempo  interpellato  D.  Scipio  de 
Castro  da  Gregorio  XIII  circa  a  tali  interramenti ,  nella  sua  Relazione  nega 
che  dipendano  dall'immissione  del  Reno.  In  ciò  parte  dal  famoso  principio: 
essere  falso  V  affermare  che  fiume  areni  fiume  (5) ,  principio  che  malgrado 
la  sua  assurdità  venne,  come  vedremo,  ammesso  per  spirito  di  parte  anche 
da  sommi  idraulici. 

128.  Nell'anno  1576,  divenuto  ingegnere  architetto  del  Duca  di  Ferrara  il  celebre 
idraulico  Giovanni  Battista  Aleotti  d'Argenta,  che  dopo  il  1598  passò  al  servizio 
della  Santa  Sede,  cui  si  devolse  il  dominio  del  ducato  di  Ferrara,  dalle  opere 
di  lui  ricaveremo  principalmente  i  fatti  che  risguardano  i  successivi  cambia- 
menti colà  avvenuti  (4).  Il  Po  di  Primaro  erasi   talmente    interrato    che   dalla 


(1)  Raccolta  di  Bologna,  T.  IX.  Relazione  del  Cas- 
sini, pag.  74.  Ivi  è  detto  che  la  visita  ebbe  luogo 
nel  1538;  ma  sembra  che  quel  Commissario  pon- 
tificio altra  visita  abbia  fatta  posteriormente  ,  e  ri- 
sulta poi  che  nel  settembre  1542  siasi  pure  spedito 
in  luogo  monsignor  Strassoldo.  Sulla  condizione  del 
Po  in  quella  circostanza  parleremo  più  avanti. 


ove  si   riproduce  quella  Re- 


(2)  Ivi,  pag.  130. 

(3)  Ivi,    pag.  139, 
lazione. 

(4)  Egli  ha  pubblicato  sotto  il  titolo  :  Difesa  di 
Gio.  Battista  Aleotti  d'Argenta,  Ferrara  1601,  una 
estesa  Relazione  sulla  condizione  cui  eransi  ridotti 
il  Po  di  Ferrara,   ed  i  suoi  rami  per  l'immissione 


SOPRA  IL   GRANDE   ESTUARIO  ADRIATICO  219 

Punta  di  Sant  Giorgio  a  Gaibana  in  lunghezza  di  dieci  chilometri  si  passeg- 
giava in  magra  a  piedi  asciutti  sui  suo  maggiore  fondo,  lo  che  avveniva  anche 
per  la  Riviera  di  Filo  a  valle  della  foce  del  Santerno ,  che  allora  era  presso 
la  Bastia.  Nei  1592  gli  interramenti  progredivano  in  guisa  ,  che  il  Duca  fece 
intestare  con  cavedone  il  Po  di  Primaro  alla  Punta  di  Sant  Giorgio.  Per  man- 
tenere tuttavia  qualche  navigazione  fra  Ferrara  e  Modena,  intorno  a  quel  tempo 
si  attraversò  presso  il  Bondeno  con  chiusa  il  Po  di  Ferrara,  ove  non  discendevano 
più  se  non  le  acque  di  Panaro  e  del  Reno.  La  chiusa  era  disposta  in  guisa 
da  permettere  colla  rottura  di  essa  che  si  scaricassero  tuttavia  le  piene  del 
Po  nel  ramo    di  Ferrara  ,    e  quelle   del  Panaro  nel  Po   verso   la    Stellata. 

129.  Le  piene  del  Reno  discendendo  nel  Po  di  Volano  deponevano  le  loro 
torbide  nel  tronco  a  monte  di  Còdigoro,  ove  le  acque  giungevano  chiarificate. 
Gli  interramenti  dei  Po  di  Ferrara  presso  la  città  erano  tali,  che  la  larghezza 
del  canale  del  fiume  in  tempo  di  magra  riducevasi  a  quattro  pertiche  (16ra)  e 
per  la  più  parte  il  suo  alveo  vedevasi  ingombro  di  boscaglie  che  vi  erano  svi- 
luppate. Mentre  alla  Stellata  le  piene  del  Po  si  alzavano  piedi  20  %  sulla  ma°ra 
(8m,28),  presso  Ferrara  invece  non  alzavansi  che  di  6  piedi  (2m,42)  (1).  I  tor- 
renti Santerno ,  Senio  e  Lamone  guidati  a  sboccare  neh"  ultimo  tronco  del 
Primaro  elevarono  in  grado  sommo  il  livello  delle  acque  nelle  valli  superiori 
attraversate  dal  loro  corso  (2). 

130.  In  vista  dei  notati  disordini  il  pontefice  Clemente  Vili,  sentito  il  pa- 
rere del  gesuita  padre  Spernazzati  ordinò  nel  1604  che  venisse  rimosso  il  Reno 
dal  Po  di  Ferrara,  rivolgendolo  a  spagliare  nella  valle  Sant  Martina.  Tale  mi- 
sura fu  presa  colf  idea  di  riattivare  il  Po  di  Primaro  mediante  una  derivazione 
delle  acque  del  Po  Grande.  A  questo  fine  eravi  un  piano  dell'Aleotti  col  quale 
compiuta  tale  derivazione ,  il  Panaro  ed  il  Reno  si  sarebbero  rivolti  a  monte 
di  essa  nel  Po  Grande  presso  la  Stellata,  piano  contro  il  quale  reclamarono  i 
Ferraresi  e  gli  interessati  della  Romagna  (3). 


dei  torrenti  dell'Apennino,  e  sui  provvedimenti  che 
stimava  opportuni. 

(1)  Aleotti.  Difesa  precitata,  pag.  79. 

(2)  Difesa  precit.  pag.  27 ,  ove  si  dà  la  livella- 
zione delle  valli  riferite  al  livello  di  quelle  di  Co- 
macchio,  sia  per  lo  stato  di  magra,  sia  per  quello 
di  piena,  la  quale  alzavasi  di  circa  5  piedi  dopo 
che  il  ramo  di  Primaro  venne  intestato. 

(3)  II  piano  dell'Aleotti  consisteva  nell' inalveare 
d  torrenti  del  Bolognese  e  della  Romagna,  inferior- 
mente al  Reno,  in  un  canale  apposito  fino  al  mare. 
Dopo  di  ciò  si  sarebbe  intestato  il  Primaro  presso  la 
Bastia,  arginandone  alla  destra  il  tronco  superiore 
fino  alla  Punta  di  Sant  Giorgio  onde  tenere  inva- 
sate le  acque  nelle  valli.  Asciugato  per  tal  modo 
il  Primaro  al  disotto  della  Bastia,  dovevasi  escavare 
a  mano  nel  suo  maggior  fondo  un  canale ,  ove  si 
sarebbero  di  poi  scaricate  le  acque  raccolte  e  chia- 
rificate nelle  valli  superiori  per  compiere  l'escava- 


zione  ;  ripetendo  successivamente  questa  operazione 
a  varie  riprese.  Il  Panaro  ed  il  Reno  si  sarebbero, 
come  si  disse,  immessi  arginati  nel  Po  Grande  alla 
Stellata.  Le  valli  a  destra  del  Primaro  a  monte 
della  Bastia  dovevansi  far  scolare  nel  suo  tronco 
inferiore  di  già  sgombrato.  Nel  tronco  superiore  di 
esso  fino  alla  Punta  di  Sant  Giorgio  si  sarebbe  pure 
escavato  a  mano  un  canale,  il  cui  fondo  collimasse 
col  livello  delle  valli  di  Comacchio,  nelle  quali  sa- 
rebbero scolate  le  acque  mediante  il  cavo  di  Ar- 
genta detto  di  Marina.  Proponevasi  poi  di  prepa- 
rare pel  Po  vivo  da  Palantone  a  Vigarano,  e  quindi 
nel  letto  ostrutto  del  Po  di  Ferrara,  un  ampio  ca- 
nale fino  alla  Punta  di  Sant  Giorgio,  ove  sarebbesi 
chiuso  il  Volano.  Approfittando  dell'isola  del  Bo- 
netto, esistente  nel  Po  Grande  presso  a  Palantone, 
se  ne  doveva  chiudere  il  ramo  destro  con  diga  som- 
mergibile di  sassi  rafforzati  da  palafitti  e  da  sco- 
gliera a  pietra  perduta.  Le  sponde  ed  il  fondo  de 


220  STUDJ  IDROLOGICI  E    STORICI 

131.  Siccome  operazione  preparatoria,  Monsignore  Gaetano,  di  poi  Cardinale, 
fece  raddrizzare  nel  1606  l'ultimo  tronco  del  Po  di  Primaro  da  Sant  Alberto  al 
mare  (1).  Alla  sinistra  di  questo  si  eressero  dal  1600  ai  1608  la  chiavica  Bor- 
ghese, e  di  poi  le  chiaviche  Paoline  al  fine  di  scaricare  le  piene  del  Primaro 
nelle  valli  di  Comacchio.  Veduto  però  1'  esito  infelice  di  tale  pratica  essa  venne 
tosto  abbandonata  e  le  chiaviche  sonosi  interrate  (2).  Monsignore  Gaetano,  di- 
venuto cardinale,  nel  1610  propone  l'immissione  del  Reno  nel  Po  Grande  diri- 
gendolo sopra  Ferrara  a  Pontelagoscuro. 

132.  Intorno  1619  viene  nuovamente  rivolto  verso  Ferrara  il  Panaro  col  cavo 
Serra;  ma  nel  1622  il  cardinale  Capponi  ne  ordina  la  restituzione  al  Po  Grande 
versola  Stellata.  Il  cavedone  per  altro  col  quale  rimaneva  chiuso  il  Po  di  Fer- 
rara tagliavasi  in  occasione  delle  piene  del  Po  ,  onde  scaricacele  ;  pratica 
che  nei  1638  venne  abbandonata  dietro  consiglio  del  Castelli;  cosicché  d'allora 
in  poi  le  acque  dei  Po  presero  corso  esclusivamente  nel  braccio  di  Venezia.  Lo 
stesso  cardinale  Capponi  propose  pure  di  rivolgere  il  Reno  nel  Po  sulla  linea 
dalla  Rotta    Ghisilieri   presso    Mirabello   al  Bondeno ,    ove    sarebbesi  unito  al 

Panaro. 

133.  Coli' abbandono  del  Po  di  Ferrara,  rimasto  derelitto  anche  il  Po  di  Vo- 
lano, la  sua  foce  andò  soggetta  a  notevoli  erosioni  sotto  l'azione  delle  bur- 
rasche. Essa  poi  cessò  di  ritirarsi  allorché  pel  protendimento  delle  foci  del 
Po,  ed  in  particolare  di  quella  di  Goro ,  venne  a  trovarsi  nell'odierno  seno 
o  Sacca  che  porta  lo  stesso  nome.  Al  fine  di  conservare  qualche  comunicazione 
col  mare,  nel  1675  i  Ferraresi  escavarono  nell'  alveo  interrato  del  Volano  un 
canale  navigabile  alimentato  da  sole  acque  di  scolo,  sostenendone  il  livello  me- 
diante quattro  conche  (3). 

1LV.  Huova  ioalveazioMe  del  Po  col  taglio  Veneto  di  Porto 
Tiro. 

154.  Abbiamo  notato  al  §  110  come  il  braccio  sinistro  del  Po  di  Venezia 
detto  il  Po  delle  Fornaci  si  fosse  proteso  in  misura  considerevole,  e  come  il 
suo  ramo  detto  Po  di  Tramontana  minacciasse  l'arrenamento  del  porto  dell'Adige, 
detto  di  Fossone.  Fino  della  metà  del  secolo  XVI  erasi  proposta  la  deviazione 
del  Po  delle  Fornaci  anche  allo  scopo  di  migliorare  la  condizione  idraulica  dei 
Polesine  interposto  all'  Adige  ed  al  Po,  il  cui  emissario  principale  era  il  Canal 


ramo  sinistro  del  Po  si  sarebbero  pure  armati  con 
sassi  per  impedirne  il  dilatamento.  Per  tal  modo 
ripromettevasi  di  rivolgere  la  più  parte  delle  acque 
del  Po  nel  ramo  di  Ferrara  e  nel  Primaro  ,  e  di 
conservarlo  successivamente  perchè  liberato  dagli 
affluenti  torbidi  inferiori  che  lo  avevano  interrato. 
(1)  Memorie  del  Po  di  Primaro  ,  raccolte  da  Don 
Francesco  Bertoldi.  Ferrara  1785,  pag.  66 


tre  occhi  (Bertoldi,  Mem.  prec),  e  le  chiaviche  Pao- 
line presso  Filo  di  cinque.  Esse  furono  proposte 
dall'Architetto  bergamasco  cavaliere  Fontana.  La 
prima  non  venne  giammai  aperta,  e  quando  lo  si 
volle  lentare  per  l'altra,  ne  seguirono  guasti  co- 
tanto imponenti,  che  dopo  il  1608  si  dovettero  in- 
terrare. Di  quelle  chiaviche  dà  un  cenno  anche 
l'Aleotti  nel  suo  manoscritto  precitato. 


m  La  chiavica  Borghese   presso   Argenta   era  di  ì     (3)  Frizzi.  Memorie  per  la  Storia  di  Ferrara. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  221 

Bianco,  nel  quale  scaricavansi  il  Tartaro,  il  Castagnaio,  diversivo  dell'Adige,  e 
gli  altri  scoli  di  quel  territorio.  Ma  solo  nel  1599  quel  piano  ebbe  esecu- 
zione (1). 

135.  Esso  consisteva  nel  rivolgere  quel  braccio  del  Po  attraverso  alle  dune 
ove  corrispondeva  l' antico  porto  di  Loreo ,  detto  anche  Porto  Viro ,  rimasto 
ostrutto  dopo  la  rotta  di  Ficarolo.  A  tal  uopo  dovevasi  per  un  miglio  attraver- 
sare la  Valle  Malipieri ,  e  per  un  altro  miglio  le  dune,  ossieno  montoni  di 
sabbia,  quindi  piegando  il  canale  verso  Scirocco  portavasi  a  sboccare  nella 
cosidetta  Sacca  di  Goro.  I  lavori  intrapresi  nel  1599  furono  condotti  a  ter- 
mine nel  1604,  nel  qual  anno  si  attivò  il  nuovo  canale  del  Po  che  veniva  a 
riuscire  della  lunghezza  di  quattro  miglia,  ossia  di  circa  sette  chilometri.  Gravi 
difficoltà  s'incontrarono  nell' aprire  il  primo  tratto  di  canale  nella  mentovata 
valle  Malipieri,  ove  dovevasi  attraversare  un  banco  d'  argilla  che  fu  necessario 
escavare  a  tutta  larghezza  del  fiume  da  lm/i0  ad  lm,70  sotto  il  livello  di  magra. 
Basta  il  dire  che  nel  1612,  otto  anni  cioè  dopo  il  compimento  dei  lavori,  quel 
tratto  di  canale  era  rimasto  inalterato  al  suo  incile,  e  solo  per  l'ultima  sua 
metà  erasi  escavato  dalla  forza  della  corrente.  Con  questa  nuova  inalveazione 
ottenevasi  un  accorciamento  di  cinque  miglia,  ossia  di  8700ra  nel  corso  del  fiume. 

136.  La  nuova  biforcazione  di  esso  fu  mestieri  armarla  di  robusti  manufatti 
che  si  dovettero  in  diverse  riprese  non  solo  restaurare,  ma  eziandio  ricostruire. 
Nel  1612  venne  chiuso  il  ramo  di  Tramontana,  maggiormente  pericoloso  ai 
porti  veneti,  nel  1619  tutto  il  Po  delle  Fornaci,  cosicché  allora  il  ramo  detto 
Po  di  Levante,  rimasto  derelitto,  si  convertì  in  emissario  del  Polesine,  dirigen- 
dovisi  il  Canal  Bianco.  Allo  scopo  poi  di  conservare  la  comunicazione  del  Po 
colle  lagune  venete,  nel  1623  venne  aperta  la  Cavanella  di  Po  fornita  di 
grandioso  sostegno  al  suo  incile,  la  quale  metteva  capo  nel  Canal  Bianco, 
d'onde  coi  canali  di  Loreo,  e  di  Valle,  attraversato  l'Adige,  si  passava  negli 
altri  che  comunicavano  colle  mentovate  lagune. 

137.  Nel  1669,  quindi  sessantacinque  anni  dopo  ultimato  il  taglio  del  Po,  il 
protendimento  delle  sue  foci  aveva  prossimamente  raggiunta  la  misura  di  quello 
delle  foci  del  Po  delle  Fornaci.  Avuto  poi  riguardo  alle  difficoltà  incontrate  a 
stabilirsi  il  fiume  nel  nuovo  suo  corso,  al  tempo  richiesto  perchè  il  conseguito 
suo  accorciamento  propagasse  il  suo  effetto  ai  tronchi  superiori,  ed  alla  circo- 
stanza eziandio  che  dai  primordj  del  secolo  poteva  considerarsi  chiuso  il  Po 
di  Ferrara,  se  ne  deve  inferire  che  sull'abbandono  di  questo  l'operazione  del 
Taglio  Veneto  non  ha  esercitata  influenza  di  sorta  (2).  In  quanto  al  ramo  di 
Goro  ai  §§  111  ,  e  112  si  è  dato  un  cenno  dei  cangiamenti  in  esso  operati 
pel  bonificamento  del  Polesine  di  Ferrara,  intrapresi  nel  1568  col  chiudimento 
del  ramo  dell'Abbate,  dopo  di  che  ha  proseguito  il  protendimento  del  canale 
unico  cui  venne  allora  ridotto. 


(ì)  Vedasi  nella  tav.  12  la  carta  delle  foci  del  Po 
col  confronto  di  quelle  del  1599,  e  la  mappa  del 
Taglio  Veneto  detto  di  Porto  Viro. 

(2)  Per  più  estesi  particolari  sopra  questa  gran- 


diosa operazione  vedasi  la  mia  Memoria  del  1840 
sul  sistema  idraulico  del  Po,  ove  ho  riassunte  le  no- 
tizie somministrate  dallo  Zendrini  nelle  sue  Memorie 
sulle  lagune  di  Venezia, 


222 


STUDJ   IDROLOGICI   E   STORICI 


XVI.  Proposte  che  vi  furono  fino  Terso  la  metà  del  se- 
colo XVSII  per  la  regolazione  delle  acque  alia  destra 
dei  Masso  Po* 


158.  Dopo  la  visita  Corsini  del  1625,  nella  quale,  col  voto  del  Castelli,  sa- 
rebbesi  ammessa  l'immissione  del  Reno  in  Po  giusta  la  linea  del  cardinale 
Capponi  da  Mirabello  al  Bondeno,  ove  doveva  unirsi  al  Panaro,  seguì  nel  1658 
la  visita  Borromeo  coli' assistenza  del  celebre  astronono  Domenico  Cassini. 
Dopo  una  lunghissima  Relazione  ove  questi  tesse  la  storia  delle  vicende  del 
Po,  partendo  dalle  più  remote  epoche  storiche,  egli  espone  le  ragioni  per  le  quali 
dà  la  preferenza  all'  immissione  del  Reno  nel  Po  seguendo  però  una  linea  che 
vi  mette  capo  a  Palantone,  quindi  disgiunta  dal  Panaro. 

159.  Nel  1695  ebbe  luogo  la  visita  dei  cardinali  D'Adda  e  Barberini,  assi- 
stiti dal  celeberrimo  idraulico  Gio.  Domenico  Guglielmini,  che  propugnando  i 
medesimi  principi  avrebbe  data  la  preferenza  alla  linea  Capponi,  colla  quale 
il  Reno  sarebbesi  unito  al  Panaro  presso  il  Bondeno.  La  Relazione  di  tale 
visita  venne  pubblicata  solo  nel  1717  (1),  e  contemporaneamente  uscì  l'altra 
della  visita  del  cardinale  Riviera,  la  quale  allora  si  praticò  col  concorso  del 
celebre  idraulico  Eustachio  Manfredi,  concludendosi  egualmente  in  questa  per 
l'adozione  della  immissione  del  Reno  in  Po  preaccennata  (2). 

140.  Essendosi  in  quel  torno  considerato  siffatto  provvedimento  di  carattere 
internazionale,  le  visite  successive  e  le  relative  discussioni  ebbero  effetto  col  con- 
corso dei  commissarj  dei  governi  interessati,  e  cioè  della  Repubblica  Veneta,  del 
Ducato  di  Modena,  e  dell'Impero  Austriaco  pel  Mantovano.  Principale  propugnatore 
dell'  immissione  del  Reno  in  Po  fu  Eustachio  Manfredi  per  l' interesse  dei  Bo- 
lognesi contro  del  quale  scrissero  il  Corradi,  il  Ceva  ,  il  Moscatelli  e  lo  Zen- 
drini  (5).  La  viva  opposizione  che  si  è  incontrata  da  parte,  non  solo  dei  Ferra- 


ti) Vedasi  nel  T.  IX  della  Raccolta  di  Bologna 
pag.  223,  in  seguito  alla  mentovata  Relazione  del 
Cassini. 

(2)  Ivi,  pag.  254. 

(3)  Il  lavoro  più  esteso  a  confutazione  degli  au- 
tori bolognesi  è  quello  precitato  del  Corradi  sotto 
il  titolo:  Effetti  dannosi  ecc.  Modena  1717.  Nella 
parte  storica  dimostra  molta  erudizione  rispetto 
ai  fatti  posteriori  al  medio  evo;  ma  per  quelli  di 
epoche  più  antiche ,  attesa  la  mancanza  di  buone 
carte  topografiche,  non  avendo  scorto  che  il  delta 
di  Comacchio  è  stato  formato  dal  Po,  giunge  a  con- 
clusioni assurde,  in  quanto  alla  posizione  del  lido 
del  mare,  nel  che  venne  seguito  dagli  storici  ferra- 
resi Frizzi  e  Bertoldi.  Il  Corradi  dà  prove  di  cri- 
terio finissimo,  e  di  molto  tatto  pratico  ove  ribatte 
le  osservazioni  fatte  dal  Manfredi  a  confutazione 
delle  cose  esposte  dagli  ingegneri  mantovani  Ceva 


e  Moscatelli.  Io  non  conosco  gli  scritti  di  questi 
ultimi  che  le  contengono,  e  solo  ho  esaminato  una 
Relazione  dell'ultimo  fatta  nel  1721,  quindi  quattro 
anni  dopo,  all'  imperatore  d'Austria  sulla  questione 
del  Reno,  ove  dimostra  perfetta  ignoranza  in  ma- 
teria d' idraulica  fluviale,  cui  non  possono  al  certo 
supplire  le  sentenze  latine  colle  quali  ne  adorna 
ogni  paragrafo.  Basta  il  dire  che  in  uno  di  questi 
(pag.  5)  asserisce  essere  slata  l' immissione  del  Pa- 
naro nel  Po  di  Venezia  la  causa  per  cui  la  linea 
di  questo  si  è  protratta  16  miglia  in  mare  in  meno 
di  un  secolo,  e  del  notevole  alzamento  tanto  del 
suo  fondo  che  delle  sue  piene  ,  non  solo  nell'  alto 
Mantovano  presso  Viadana ,  ma  perfino  ne'  tronchi 
superiori  sotto  Pavia.  Qual  differenza  fra  tali  stram- 
berie di  un  prefetto  delle  acque  del  Mantovano,  e  le 
belle  considerazioni  contenute  nelle  pregevolissime 
scritture  dell'ultimo  suo  successore  Agostino  Masetti. 


SOl'RA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  223 

resi,  ma  eziandio  dei  commissari  degli  slati  confinanti  all'immissione  di  Reno 
in  Po  fece  si  che  nel  1726  Benedetto  XIII  ordinasse  di  rinunziare  a  tale  pro- 
getto e  di  rivolgere  gli  studii  a  provvedere  in  altro  modo.  Sorsero  allora  quelli 
d'inalveare  Reno  e  gli  altri  torrenti  della  Romagna  dirigendoli  a  sboccare  di- 
rettamente in  mare,  progetti  che  si  moltiplicarono  e  diedero  luogo  ad  innu- 
merevoli scritture  da  parte  dei  loro  autori,  nei  quali  comprendevansi  scienziati 
distintissimi. 

141.  Benedetto  XIV  Lambertini  fa  escavare  con  dispendio  considerevole  il  Cavo 
Benedettino  siccome  emissario  delle  acque  del  Reno  chiarificate  nelle  valli  la- 
voro che  si  sarebbe  compiuto  intorno  al  1750,  ed  al  quale  la  Savena,  e  più  an- 
cora l'Idice  avrebbero  arrecato  notevoli  danni,  interrandone  la  parte  inferiore, 
che  dovette  di  nuovo  scavarsi. 

142.  Nel  1761  ha  luogo  la  famosa  visita  del  cardinale  Conti,  assistito  dal 
matematico  Perelli  nella  quale  occasione  si  esegui  una  diligente  livellazione 
dei  territori!  da  bonificarsi  alla  destra  del  Po  «rande.  Nella  Relazione  di  questo 
si  prendono  in  esame  tré  linee  per  l' inalveatone  dei  torrenti  del  Bolognese  e 
della  Romagna.  La  prima,  inferiore,  partendo  dal  Reno  alla  Rotta  Panfilia  com- 
prendeva  il  cavo  Benedettino,  quindi  passava  ad  occupare  il  Primaro  dalla  Bastia 
fino  alla  sua  foce  in  mare.  La  seconda  linea  ,  prossima  a  quella  proposta  dal 
dottore  Bertagha  ferrarese,  prendeva  il  Beno  alla  Botta  Sampieri  sopra  la  con- 
fluenza della  Samoggia ,  passava  presso  Durazzo ,  e  metteva  capo  al  Primaro 
presso  Sant'Alberto.  La  terza  linea  partiva  da  un  punto  superiore  del  Beno 
presso  Malacappa,  quindi  passando  per  Ronchi  sull'Idice,  Portonovo  sul  Sillaro 

e  Moro  sul  Sanlerno ,  si  univa  alla  seconda  linea  presso  la  Madonna  del 
Passetto.  Vi  erano  altre  linee  superiori  che  dal  Perelli  non  vennero  prese 
in  esame.  r 

143.  Questi  considerava  sconveniente  la  terza  linea  in  quanto  che  nel  nuovo 
alveo  si  sarebbero  inoltrate  le  ghiaje  del  Reno  e  de' suoi  affluenti.  Anche  la  se- 
conda linea ,  abbenché  più  bassa  ,  offriva  secondo  lui  delle  difficoltà  circa  al- 
intersezione  dei  varj  affluenti  che  avrebbe  avuto  luogo  in  punti  ove  essi  sareb- 
aero  sensibilmente  più  alti.  Allorché  per  altro  egli  passa  ai  particolari  dei  lavori 
oer  la  prima  linea,  non  scorgesi  che  segua  dal  mare  fino  alla  Bastia  l'alveo  del 
Primaro    e  nell'incertezza  che  dimostra  sulla  cadente  che  prenderebbero  i  tor- 
centi nella    nuova   inalveazione  si    sarebbe    appigliato    da   principio   al   partito 
h  condurlo  fino  al  Cavo  Benedettino,  ricevendo   ivi   le   acque    chiarificate  del 
leno.  Quando  pò.,  ultimate  le  colmate  nelle  valli  fosse  stato  mestieri  accogliere 
>nche  le  acque  torbide  del  Reno,  queste  le  avrebbe  condotte  in  via  d'esperi- 
nenlo  pel  cavo  Benedettino.  Soggiunge  quindi  che  se  ciò  non  fosse  fattibile  e 
<  la  mancanza  di  caduta  non  riesca  eccessiva,  potrà  in  tal  caso  procurarsi  'di 
'guadagnare  la  cadente  mancante  coli' abbreviamento    della   linea,    abbando- 
'  nando  totalmente  il  Benedettino,  e  conducendo  l'alveo  del  nuovo  fiume  ad 
'  incontrare  l'alveo  del  Reno  in  un  punto  superiore   come  ex   gr.    alla   Bolla 
Samp.en,  e  regolandosi  del  resto  secondo  che  le  circostanze  d'allora  richie- 
oleranno  ».  Qualora  con  questa  inalveazione   s'incontrassero   terreni    troppo 


STUDJ   IDROLOGICI  E   STORICI 

depressi  si  dovevano  rialzare  mediante  colmate.  Scorgesi  quindi  come  anche 
questo  distinto  scienziato  fosse  titubante  sul  partito  da  seguirsi ,  e  come  con- 
chiudesse coli'  adottare  la  linea  media  proposta  dal  dottore  Bertaglia  (1). 


XVII.    Inalveatone  nel   Primaro   del  Reno   e   degli  altri 
torrenti  inferiori,  ed  effetti  che  ne  conseguirono. 

144.  Per  porre  un  termine  alle  infinite  controversie  che  si  erano  elevate, 
fu  finalmente  stabilito  dalla  S.  C.  il  14  gennajo  1766  che  venissero  scelti  tré 
scienziati  ai  quali  fosse  conferito  il  mandato  di  concretare  i  lavori  da  intra- 
prendersi e  di  dirigerne  eziandio  l'esecuzione.  La  scelta  cadde  sul  P.  Lecchi 
Gesuita  di  Milano,  e  sui  matematici  Temanza  di  Venezia  e  Verace  toscano. 

145.  La  linea  a  questo  fine  prescelta  è  prossimamente  la  prima  preaccen- 
nata dalla  Rotta  Panfilia  con  nuova  inalveazione  fino  al  cavo  Benedettino,  che 
vi  si  comprende,  unendolo  di  poi  al  Primaro  sotto  il  Morgone.  I  lavori  si  in- 
trapresero nel  1766  e  vennero  pressoché  ultimati  nel  1771,  giusta  la  Relazione 
che  ne  diede  tré  anni  dopo  il  P.  Lecchi  (2),  ma  per  piene  straordinarie  avve- 
nute al  principio  del  1772  si  dovettero  riordinare  in  gran  parte. 

146.  Il  padre  Lecchi  supponeva  di  avere  colla  linea    da    lui    prescelta  suffi- 
ciente caduta  per  la  nuova  inalveazione  fino  al  mare ,   partendo    dal  fatto  che 
la  orizzontale  della  bassa  marea  si  inoltrava  nel   Primaro   fino  ad  incontrarne 
il  fondo  ai  molini  di  Filo;  ma  l' esperienza  provò  successivamente  l'inattendibi- 
lità del, suo  supposto.  Da  principio  si  attivò  l' inalveazione  del  Reno  dalla  Rotta 
Panfilia  al  Benedettino,  ed  in  questo,  che  si  portò  a  sboccare  nel  Primaro,  non 
più  al  Morgone,  ma  al  Traghetto,  raccogliendosi  tanto  nel  Benedettino  che  nel 
Primaro  stesso  gli  altri  torrenti  dopo  averli  per  la  più  parte  chiarificati  nelle 
valli  (3).  Si  sistemarono  in  pari  tempo  gli  scoli,  ed  a  seconda  che  P  esperienza 
dimostrava  l' insufficenza  della  cadente,  si  eseguirono  dal  1774  sul  1782  i  tré 
drizzagni  di  Argenta,    di  Longastrino  e  della  Madonna  de' Boschi,  ai  quali  il 
Lecchi  si  era  dapprima  opposto. 

147.  Mano  mano  però  che,  compiute  le  colmate  dei  torrenti,  si  dirigevano 
questi  a  sboccare  nella  nuova  inalveazione,  ebbero  ad  appalesarsi  i  difetti  di 
questa  pel  notevole  alzamento  del  suo  fondo  ,  e  per  le  difficoltà  di  difendersi 
dalle  piene  con  argini  altissimi  elevati  sopra  una  base  cuorosa ,  e  quindi  in- 
stabile. L' intersezione  dell'  orizzontale  del  basso  mare  che  dapprima  giungeva 
come  si  disse  ai  molini  di  Filo,  cui  corrisponderebbe  l'odierna  foce  del  Sillaro, 
si  arrestò  di  poi  alla  foce  del  Senio  di  10  miglia  (19  chilom.)  a  valle.  Per  tal 


(1)  Vedasi  la  precitata  Raccolta  di  Bologna  T.  IX, 
ove  trovansi  le  Memorie  del  Perelli ,  ed  altre  che 
le  contraddicono. 

(2)  Per  le  relative  proposte  vedasi  la  Relazione 
del  Padre  Lecchi  nel  precitato  volume  della  Rac- 
colta di  Bologna,  e  rispetto  ai  lavori  eseguiti,  la  suc- 


cessiva sua  Relazione  nelle  Memorie  idrostatiche, 
Modena  1772. 

(3)  Memorie  per  la  storia  del  Reno  di  Bologna 
raccolte  dal  canonico  Francesco  Leopoldo  Bertoldi, 
argentano.  Ferrara  1807. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  225 

modo  il  fondo  della  nuova  inalveazione  sovrasta  in  molti  luoghi  alle  laterali 
campagne ,  rendendosi  così  sempre  più  disastrose  le  rotte ,  e  più  difficile  il 
recapito  degli  scoli. 

XVIII.  Iniziamento  dei  lavori  per  l'immissione  del  Reno 
in  Po  decretata  da  napoleone,  successiva  sospensione 
di  essi,  e  disposizioni  impartite  posteriormente. 

148.  In  vista  di  tutti  questi  inconvenienti  rappresentati  dagli  interessati  bo- 
lognesi Napoleone  col  suo  decreto  del  25  giugno  1805,  dopo  lunghe  discus- 
Sion.,  ordino  l'immissione  del  Reno  in  Po.  Questa  doveva  aver  luogo  per  una 
linea  dalla  Panfilia  a  Palantone;  ma  successivamente  per  decreto  vicereale 
del  1807  venne  cangiata,  dirigendola  dalla  Panfilia  ad  unirsi  al  Panaro  presso 
il  Bondeno. 

149  I  lavori  furono  tosto  intrapresi  ed  avanzati,  e  si  era  pure  pressoché  ulti- 
mata la  grandiosa  botte  che  doveva  sottopassare  al  Panaro  per  lo  scolo  Burana  ed 
intrapresa  l'altra  che  avrebbe  intersecato  il  nuovo  canale  del  Reno  per  lo  scolo 
preaccennato,  e  pel  Canalino  di  Cento ,  quando  al  principio  del  1814,  in  con- 
seguenza dei  sopraggiunti  rivolgimenti  politici,  si  dovettero  sospendere  le  opere 

150.  Ritornati  i  territorj  di  Ferrara,  di  Bologna,  e  della  Romagna  sotto  il 
dom.mo  della  Santa  Sede,  i  provvedimenti  impartiti  si  limitarono  a  conservare 
la  inalveazione  del  Reno  e  dei  torrenti  inferiori,  mettendo  per  altro  nel  1816 
d.  nuovo  ,n  colmata  ridice  colla  Savena,  la  Quaderna  ed  altri  torrenti  minori, 
e  raddrizzando  nel  1824  il  Primaro  fra  il  Traghetto  e  la  Beccara  oltre  a  molte 
altre  opere  pel  miglioramento  degli  scoli  (1). 

XIX.    Ultimi  studj  concernenti   la  sistemazione   di  quelle 
acque. 

151.  Avvenuta  nel  1842  una  straordinaria  piena  del  Reno,  che  diede  luogo 
a  rotte  disastrose,  fu  riconosciuta  la  necessità  di  una  generale  sistemazione 
delle  arginature,  al  qual  fine  negli  anni  1844,  e  1845  venne  praticata  una  li- 
venazione  d,  tutto  il  fiume  sotto  la  direzione  dell'  ispettore  Maurizio  Brighenti 
Questi  pò,  nel  1855  lesse  all'Accademia  delle  Scienze  di  Bologna  una  Memoria 
nella  quale,  premesso  un  sunto  di  dati  statistici  sulla  attuale  condizione  del 
Reno,    e   ponendo   a  profitto  quelli  ricavati  dalla  mentovata   livellazione,  stata 


(1)  Memoria  dell'ispettore  Pangaldi  ,  Della  inal- 
veazione dei  torrenti  arginati  ecc.  Bologna  1830. 
Tanto  da  questa  quanto  dalla  precedente  Memoria  del 
Bertoldi  scorgesi  che  da  principio  il  Sillaro  si  lasciò 
spagliare  per  qualche  tempo  nelle  valli,  ma  vedreb- 
besi  di  poi  condotto  fra  argini  fino  al  Primaro.  Ri- 
spetto al  Santerno,  fino  al  1792  si  sarebbe  lasciata 

Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  -  Aprile  1868.  15 


aperta  la  sua  arginatura  sinistra  al  congiungimento 
colla  destra  del  Primaro,  dopo  di  che  venne  chiusa. 
11  Senio  sembra  siasi  tosto  immesso  nel  Primaro, 
mentre  ridice,  unito  alla  Savena,  come  pure  i  tor- 
renti minori  Quaderna,  Gajana  e  Centonara,  trovansi 
tuttavia  in  colmata. 


226  STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI 

pubblicata   alcuni    anni    dopo,   passò  a  discorrere   degli  occorrevoli  provvedi- 
menti (1).  Quello  radicale  sarebbe,  secondo  lui,  di  compiere  i   lavori   iniziati 
per  l'immissione  del  Reno  nel  Po,  imperciocché,  dovendo  in  breve  cessare  la 
colmata  dell' Idiee  colla  Savena  e  la  Quaderna  ed  aggiungersi  questi  torrenti  al 
Reno  si  richiederebbe  per  l'accresciuta  portata  un  alzamento  degli  argini  attuali 
di  l»50  almeno,  portandoli  così  ad  una  elevazione  la  quale,  secondo  lui,  giun- 
gerebbe in  alcuni' siti  a  14m,50  sulle  laterali  campagne;   lo   che  esporrebbe! 
prossimi  territori  a  continui  pericoli  di  rotte.  Colla  rimozione  del  Reno  rivolto 
in  Po   non    verrebbe  a  suo  avviso  ad  alterarsi  sensibilmente  l'attuale  inalvea- 
tone, supponendo  egli  che  alla  mancanza  del  Reno  supplirebbe  l'aggiunta  del- 
l'idice  cogli  altri  torrenti  preaccennati  per  conservare  l'odierna  cadente  del  fondo. 
Che  se  fosse  assolutamente  impossibile  di  compiere  l'immissione  del  Reno  in 
Po  allo  scopo  di  scemare  i  mentovati  inconvenienti  e  di  deprimere  l'elevazione 
delle  acque  in  seguito  all'introduzione  dell' Idice  cogli  altri  torrenti  nell'ultimo 
tronco  a  valle  della  Bastia,  propone  di  divertirle  a  sinistra  sotto  Sant'Alberto  in 
un  bacino  formato  con  argine  in  una  delle  prossime  valli  di  Cornacchie  ed  a 
destra  in  altro  bacino  alle  Mandriole  ;  provvedimento  che  a  suo  avviso  potrebbe 
essere  efficace  per  qualche  secolo. 

152.  Costituitosi  di  poi   il    regno  italico ,   una  commissione  governativa  pre- 
sieduta dall'illustre  Paleocapa  si  è  riunita  in  luogo  nel   1860    e   dietro  le  as- 
sunte informazioni  propose  che  avessero  a  ripigliarsi  gli  studj  sopra  tale  argo- 
mento    i  quali  vennero  affidati  all'ispettore  del  Genio  Civile  Gedeone  Scot.ni. 
Questi 'vi  corrispose   pubblicando  nel  1865  i  risultameli    di    tali    studj   nelle 
Memorie  idrauliche  premesse  ai  progetti  per  la  regolazione   delle  acque  delle 
Provincie  alla  destra  del  Basso  Po.  Ivi  dimostra  l' impossibilità  di    conservare 
15  odierna  inalazione  del  Reno  e  degli  altri  torrenti   coli'  aggiunta    dell  Idice 
e  dei  minori  torrenti  in  colmata,  attesa  l'eccessiva  altezza  cui  sarebbe  mestier. 
portarne  le  arginature.  Nota    pure  la    sconvenienza  di  scaricare ,  come  taluno 
avrebbe  proposto,  que' torrenti  nelle  valli   di  Comacchio  per  bon.tìcarle,  ope- 
razione  che    sarebbe  lunghissima ,  di  carattere  transitorio ,  e   che   porterebbe 
di  conseguenza  l'impaludamento  del  ricco  Polesine  ferrarese  di  S.  Giorgio.  Fa  os- 
servare inoltre  che  tolto  il  Reno  dell'  odierna  inalveazione  e  sostuitovi  1  Idice 
codi  altri  torrenti  summentovati ,    non  potrebbesi  temere  che    un    lieve    alza- 
mento di  fondo  a  valle  ed  in  prossimità  della  Bastia  cui  sarebbe  agevole  prov- 
vedere   Premesso    poi    che  le  materie  convogliate   dal   Reno    non  potrebbero 
alterare   il    fondo  del  Po ,    e  che  le  piene  del  Reno  aggiunte  a  quelle  del  Po 
non  debbano  rialzare  gran  fatto  le  maggiori  di  questo,  propone  di  compiere  i 
lavori  intrapresi  sotto  il  regno  di  Napoleone.  Egli  vorrebbe  per  altro  scavare  un 
apposito  alveo  pel  Reno  unito  al  Panaro  sotto  il  Bondeno,  partendo  dai  livelli 
determinati  in  base  ad  appositi  calcoli  ed  a  dati  statistici  delle  piene  avvenute 
dal  1807  al  1862  nel  Reno  e  nel  Po  per  quanto  concerne  1' elevazione  da  asse- 
ti) Memorie  dell'Accademia  delle  Scienze  del- {Ricerche  geometriche  ed  idrometriche  dello  stesso 
T Istituto  di  Bologna,   T.  VII.    Vedansi   anche  le  |  Brighenti,  pobblicate  a  Pisa,  Kbi. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  937 

gnarsi  alle  arginature  dell'uno  e  all'altro  fiume.  Propone  successivamente  di'si- 
stemare  gli  scoi,  del  Bolognese  e  della  Romagna  giovandosi  per  lo  scarico  di 
gran  parte  d,  essi  del  tronco  dell'odierna  inalveatone  dalla  Panfilia  alla 
Bastia,  che  rimarrebbe  abbandonato,  e  dei  successivi  tronchi  derelitti  del  Pri- 
maro,  onde  fari,  sboccare  sotto  la  confluenza  del  Senio ,  in  punto  abbastanza 
depresso  Presenta  infine  il  progetto  di  massima  per  la  sistemazione  del  grand 
e  Itore  Burana  da  farsi  passare  sotto  il  Panaro  colla  botte  presso  che  com- 
p  ut  e  con  nuova  botte  sotto  il  Reno  insieme  al  Canalino  di  Cento,  come  pure 
pe  riordinamento  de  canale  successivo  del  Volano  inserviente,  con,  vedemmo 
anche  per  la  navigazione  fino  al  mare  (1).  ' 

153  Incaricato  il  professore  Turazza  dalla  Deputazione  provinciale  di  Fer- 
rara ad  emettere  il  suo  parere  sulla  Memoria  preacennata,  egli  Io  fece  colla  dotta 
Memoria  pubblicata  a  Bologna  nel  1866  sotto  il  titolo:  Esame  del  progetto  dei 
l  ingegnere  Rettore  Gedeone  Seolini  esteso  allo  seopo  di  regolare  leacZ 
dee  provmcie  alla  destra  del  Basso  Po.  In  questo  scritto,   vedute  le  somm 

Ì^ÌJT^fll^-***^"1  Re«°   d*P°  l'indispe    ahi 
aggiunta  dell  Id,ce  cogl,  altri  mmori  torrenti   in   colmata,  e    considerato   che 

immissione  del  Reno  in  Po  non 'potrebbe  a  suo  avviso  tìLnn**£Z&Z 

il  reggime,  converrebbe  nell'opportunità  di  mandarla  ad  effetto 

Siccome  pero  avrebbe  tuttavia  dei  dubbj  sullo   stabile   reggime    del  Panaro 

e  cu,   piene,    g.usta   alcune  mie   osservazioni,   andrebbero    progressivamente 

cr  scendo  di  portata  principalmente  in  conseguenza  del  dissodamento  de'bo  "n 

nel  suo  bacino  montuoso,  troverebbe  necessario    che  i  lavori   di   sistemazione 

osseo  condotti  ,„  guisa  da  far  fronte  a  tale  sfavorevole  circostanza    Ma" 

s'a  o  tutv'r,         PUnt°,  Che'  rÌm°SS0  "  Re"0'  glÌ  **  t0rrenti  WW«  P    - 
a  o  tuttavia  tenersi  inalveai,  nella  linea  del  Primaro  senza    dar  luogo  ad  un 

co,  s,  erevole  a  zamento  di  fondo,  e  portare  notevole  danno  agli  scoli  dei  prò 

s,m,  lerritorj  ad  evitare  i  quali  disordini  verrebbe  a    rendersi   necessaria   una 

nuova  ina  fazione  di  essi.  E  poiché  sarebbevi  una  proposta  d  11"  ^ ,M"n 

fred,  d,  allaccare  que' torrenti    col   Reno,    col  Panaro   e   colla    Selhi     onde 

rearne  un  nuovo  fiume  appenninico  da  scaricarsi  direttamente  in   mare     ne 

hb  rame  cosi   ,1  Po,  collaudando  egli  tale  concetto   in  massima     duli    'nero 

de  a  convenienza  di  mandarlo  ad  effetto  attese  le  somme  diffidi  à' da  s  per 

154.  Il  chiarissimo  Bnghenti,  come  vedemmo,  in  un  nuovo  scritto  letto  a 

1  Accademia   delle  Scienze  dell'Istituto    di    Bologna   nel  gennaio    dello     corso 

anno  collauda  le  proposte  dello  Scolini  e  del  Tu  azza,  e  L  g    spia      eh 


(1)  Mentre  stava  compiendo  questa  Memoria,  mi 
venne  annunziata  la  morte  dell'ispettore  Scot'ini, 
che  deve  considerarsi  siccome  una  calamità  per  la 
pubblica  amministrazione  delle  acque  italiane.  Im- 
perocché arduo  sarà  il  rinvenire  chi  al  pari  di  lui 
accoppii  a  molta  coltura  scientifica,  ad  un  criterio 
finissimo,  e  ad  una  rara  operosità  una  pratica  con- 
sumata, particolarmente  per  le  acque  del  Veneto. 
E  forse  alla   sua  perdita   inaspettata   avrà   contri- 


buito T  eccessivo  lavoro  che  sopra  di  lui  si  sarà 
accumulato  dopo  F  aggregazione  della  Venezia  al 
regno  italico.  Se  nell'  ultima  parte  di  questo  scritto 
avrò  ad  allontanarmi  sopra  qualche  punto  dalle  sue 
opinioni,  ciò  dipenderà  da  disparità  di  vedute  in 
questioni  idrologiche  per  loro  natura  disputabili, 
senza  che  per  tal  modo  venga  meno  1'  alta  stima 
che  ho  sempre  professato  ad  un  tecnico  cotanto 
distinto. 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

conclusioni  di  questo  sieno  esposte  in  via  dubitativa.  Siccome  quei  dubbj 
partirebbero  principalmente  da  circostanze  di  fatto  da  me  indicate  in  alcuni 
miei  scritti,  circa  all'aumento  diportata  delle  piene  de' fiumi  che  attribuirei  in 
parte  al  dissodamento  de' boschi  sulle  pendici  del  loro  bacino  montuoso,  egli 
prende  a  confutarmi ,  concludendo  in  una  sentenza  contro  i  troppo  eruditi 
né  benevola  per  me,  né  molto  modesta  a  suo  riguardo;  tendente  a  tutt  altro 
che  ad  incoraggiare  gli  studj  d'osservazione  in  materia  d'acque.  Nelle  seguenti 
considerazioni  idrologiche  intorno  all'  ardua  questione,  mi  riservo  di  discutere 
taluno  de'  punti  pei  quali  l' onorevole  Brighenti  dichiara  scostarsi  le  sue  dalle 
mie  opinioni. 


APPENDICE  B. 

Sulle  reticole  segnate  nelle  earte  topografiche 

dell'  Alta  Malia ,  indicanti   la  divisione    di  terre   assegnate 

ad  antiche  colonie  romane. 


All'articolo  XIII  si  è  parlato  delle  reticole  segnate  sulla  carta  topografica 
dell'Italia  Centrale  dal  Rubicone,  presso  Cesena,  fino  al  Reno,  i  quadrati,  o  ma- 
glie delle  quali  costituirebbero  altrettante  centurie  composte  di  duecento  jugeri 
ciascheduna,  e  corrisponderebbero  alla  divisione  dei  terreni  fattasi  alle  antiche 
colonie  romane.  Dall'esame  delle  parti  di  esse  tuttavia  sussistenti  e  di  quelle 
ove  cessano  od  ove  si  vedono  interrotte,  ne  abbiamo  dedotto  i  limiti  presunti 
dell'  antica  palude  Padusa ,  ed  alcuni  de'  principali  cangiamenti  avvenuti  nel 
corso  de' fiumi  della  Romagna  e  del  Reno. 

Una  leggera  traccia  se  ne  avrebbe  fra  questo  fiume  ed  il  Lavino ,  influente 
della  Samoggia  ;  ma  fra  la  Samoggia  ed  il  Panaro,  e  particolarmente  sul  conoide 
di  questo  se  ne  scorge  un  avanzo  notevole  che  si  estende  da  Castel  Franco 
ai  boschi  di  Nonantola  fin  presso  Ravarino ,  con  linee  perfettamente  normali 
alla  via  Emilia.  Il  perimetro  di  essa  reticola  sarebbe  prossimamente  segnato 
dalle  borgate  Manzolino,  Castagnola,  S.  Giovanni  in  Persicelo,  Crevalcore,  Rava- 
rino Nonantola,  Bagazzano,  Panzane,  e  Castel  Franco.  Quella  reticola  dovrebbe 
essersi  tracciata  1'  anno  di  Roma  567  dopo  che  nel  precedente  sotto  M.  Emilio 
Lepido  venne  costrutta  la  strada  Emilia.  Giusta  Tito  Livio  si  sarebbe  allora  inviato 
a  Modena  ed  a  Parma  una  colonia  di  due  mila  cittadini  romani  sulle  campagne 
tolte  ai  Galli  Boj ,  d'  onde  questi  avevano  in  precedenza  scacciati  gli  Etruschi. 
A  Modena  si  assegnarono  cinque  jugeri,  ed  a  Parma  olto  jugeri  per  ogni  colono  (I). 


(1)  Lib.  39.  Ecco  le  parole  dell'autore:  Eodem 
anno  (567)  Mulina  et  Parma  coloniae  Romanorum 
civium  sunt  deductae,  bina  millia  hominum  in  agro 
qui  proxime  Bojorum.ante  Tuscorum  fuerat,  octona 


jugera  Parmae,  quina  Mulinati  aeeeperunt.  Deduxe- 
runt  triumviri  M.  Aemilius  Lepidus ,  T.  Aebutiui 
Carus,  L.  Quintus  Crispinus. 


SOPRA  IL  GRANDE   ESTUARIO   ADRIATICO  229 

Ne  risulterebbe  quindi  che  il  corso  odierno  del  Panaro  sul  fianco,  anziché  sui 
colmo  del  suo  conoide,  a  valle  di  Spilamberto,  che  nella  Memoria  sulla  pianura 
subapennina  fra  l'Enza  ed  il  Panaro  supponemmo  dipendere  da  un  cangiamento 
avvenuto  sotto  la  dominazione  romana,  preesisteva  invece  a  questa. 

Fra  Castelfranco  e  la  Samoggia  vi  sarebbe  una  depressione  del  terreno  ove  si 
raccolgono  le  acque  di  copiose  sorgenti,  le  quali  nel  medio  evo  alimentavano  in^ 
sieme  ad  altri  scoli  il  canale  Navigatila,  probabilmente  fatto  escavare  dall'antica 
Abbazia  diNonantola;  canale  che  passava  presso  Crevalcore  e  Sant  Martino  in 
Secco,  d'onde  si  sarà  unito  allora  al  Panaro,  ed  eziandio  alla  Secchia  fino  al 
Po  (2).  In  quella  depressione  trovavansi  le  paludi  intersecate  presso  Castel- 
franco dell'argine  della  via  Emilia,  nelle  quali  ebbe  luogo  l'anno  710  di  Roma 
il  combattimento  fra  le  soldatesche  di  Antonio  e  quelle  di  Cesare  Ottaviano,  il 
quale  finì  colla  peggio  del  primo ,  giusta  la  narrazione  di  Appiano  Alessan- 
drino (5).  Dicesi  che  la  via  Emilia  era  alquanto  stretta,  lo  che  fa  credere  es- 
sere stata  ampliata  di  poi ,  forse  dall'  imperatore  Claudio ,  vedendosi  che  nei 
documenti  del  medio  evo  le  si  dà  il  nome  di  via  Claudia. 

All'occidente  del  Panaro,  attesi  i  grandi  cangiamenti  avvenuti  nel  corso  della 
Secchia  e  dei  torrenti  interposti,  le  irruzioni  de' quali  furono  cagione  della  di- 
struzione di  Modena,  di  cui  rialzarono  in  misura  notevole  il  suolo  (4)  non  scor- 
gesi  traccia  di  reticola.  Alla  sinistra  di  Secchia  presso  Carpi,  ove  questa  ebbe 
un  corso  sulla  sommità  del  suo  conoide,  vi  sarebbe  qualche  traccia  di  una  di 
quelle  reticele,  ma  alquanto  incerta,  non  trovandosi  corrispondere  la  distanza 
delle  linee  che  la  costituiscono  alla  misura  della  centuria. 

Reticole  regolarissime  invece    si    avrebbero   fra   il    Croslolo    e  l'Enza     fra 
questa  e  la  Parma ,    e   fra   la    Parma  ed  il  Taro.  Esse  protendono  da    otto   a 
tredici    chilometri    al   nord   della   via   Emilia    ed   anche  al    mezzodi    di    essa 
via    fra   Parma    ed   il   Taro    per   circa    tre    chilometri.   A  sinistra    dell'Enza 
fino  al  Taro,    la  reticola  avrebbe  per  fondamentale  il  tronco  della  via  Emilia 
da  Parma  al  Taro,  la  cui  direzione  protratta  verso  oriente  metterebbe  capo  a 
Taneto  anziché  a  Reggio  ove  è  diretta  la  via  attuale.  La  reticola  a  destra  del- 
l'Enza  avrebbe  invece  per  fondamentale  una  linea  che  fa  verso    nord  un  an- 
golo di  6.°  1'  colla  precedente  diretta  a  Parma,  e  verso  sud  un  angolo  di  8  °  5' 
colla  retta  condotta  da  Taneto  a  Reggio.  Da  queste  circostanze  si  inferisce  che 
la  via  Emilia  tracciata  da  M.  Emilio  Lepido  ,    fondatore  di  Reggio    Lepido    fu 
condotta  da  Reggio  a  Taneto  con  una  spezzata,    ed  in  un  solo   rettilineo'  da 
Taneto  a  Parma,  e  da  Parma  a  Castel  Guelfo  oltre  il  Taro,   d'onde  prosegue 
dopo  una  lieve  piegatura.  Nella  penisola  fra  la  Parma  e  la  Baganza  scorgersi 
pure  tracce  di  reticole.   Negli   itinerarj  di  Antonio  Pio    e    Gerosolomitano    fa- 
cendosi sempre  passare  quella  via  per  Taneto,  si  avrebbe  così  una  prova  che 


(2)  Vedasi  Tiraboschi  nella  Storia  dell'Abbazia 
di  Nonantola  T.  II,  indice  geografico;  e  nel  Dizio- 
nario topografico  storico  agli  articoli  Navigatura. 

(3)  Storia  romana,  lib.  III. 

(4)  Vedasi  la  nota  finale  A  alla  precitata  mia  Me- 


moria sulla  pianura  subapennina.  Per  le  altre  re- 
ticole, delle  quali  si  parlerà  più  avanti,  vedansi  le 
carte  topografiche  dei  ducati  di  Modena  e  di  Parma, 
e  del  Lombardo  Veneto  in  iscala  eguale  a  quella 
della  prima  carta  precitata. 


230  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

il  tronco  pressoché  rettilineo  da  Reggio  a  Parma  è  stato  costrutto   posterior- 
mente al  quarto  secolo,  cosicché  Taneto  ne  è  rimasto  distante  1500m.  La  cir- 
costanza poi  di  essere  perfettamente  rettilineo  il  tronco  da  Taneto  a  Parma  e 
da  Parma  a  Castel  Guelfo  oltre  il  Taro,  verrebbe  in  appoggio  dell'opinione  di 
chi  ammette  che  la  città  di  Parma  sia  stata  fondata   in    occasione   che  vi   si 
stabilì  come  si  disse,  una  colonia  di  cittadini  romani  e  che  M.  Emilio  Lepido 
vi  fece  costruire  la  via  Emilia.  La  città  sarebbesi  elevata   a  destra    del   fiume 
Parma,  che  le  diede  il  nome,  sotto  la  confluenza  del  torrente  Baganza  (5).  La 
reticola  si  estende  fino  alla  sponda  destra  del  Taro ,    e    non  vedendosene  più 
traccia  alla  sinistra  del  fiume  pei  successivi  tre  chilometri  fino  a  Castel  Guelfo, 
ove  termina  il  rettilineo  della  via  Emilia,  si   avrebbe  in  ciò  un  indizio  che  il 
corso  del  fiume  ha  dopo  quell'epoca  continuato  ad  approssimarsi  per  corrosione 
a  Parma,  con  uno  spostamento  di  circa  due  chilometri. 

Un  avanzo  regolare  di  reticola  si  avrebbe  pure  in   prossimità    di  Busseto  a 
destra  del  torrentello  Ongina,  ed  altro  presso    Cortemaggiore    fra  l'Arda  e  la 
Chiavenna.  La  loro  fondamentale  comune  non  sarebbe    già  la   linea    della  via 
Emilia  che  in  un  solo  rettilineo  da  Alseno    mette  oggidì  a  Piacenza  per  Fio- 
renzola  sull'Arda;  ma  piuttosto  il  prolungamento  del  tronco  anteriore  che  da 
Castelguelfo  mette  ad  Alseno  passando  sullo   Stirone    per   Borgo    Sant  Donino 
cui  corrisponderebbe  l'antica  Fidenza.  Giusta  Strabone,  Marco  Emilio  Scauro, 
settant'anni  dopo  la  costruzione  della  via  Emilia,  avrebbe  essiccate  le  paludi  che 
si  estendevano  da  Piacenza ,    non  già  a  Parma ,  ma  al  Parmigiano ,  mediante 
l'escavazione  di  un  canale  navigabile  laterale  al  Po.  Convien  perciò  supporre  che 
a  destra  dei  Po  esistesse  quella  palude,  o  conca  fra  il  controforte  naturale  del 
fiume  ed  i  conoidi  dei  molti  torrenti  che  ivi  discendono  ;    palude    che  si  sarà 
internata  nelle    depressioni   intermedie    a  quei  conoidi  il  cui   essiccamento  si 
sarà  conseguito  mediante  il  mentovato  canale  con  cui  avranno  comunicato  altri 
traversali  condotti  da  esse  depressioni.  Di  quei  canali   oggidì  non  rimane  più 
traccia  di  sorta,  essendo  stati  colmati  dalle  deposizioni  dei  torrenti.  E  quindi  sup- 
ponibile che  avanti  a  tale  bonificazione  eseguita  da  Emilio  Scauro ,  M.  Emilio 
Lepido  avesse  condotta  la  sua  via  verso  mezzodì  per  allontanarla  maggiormente 
dalle  paludi,  ed  in  un  solo  rettilineo  dal  Taro  alla  Nure  presso  Sant  Giorgio , 
ove  avrebbe  formato  un  gomito   per   mettere    poi  capo  a  Piacenza,   direzione 
che  appunto  servirebbe  di  fondamentale  alle  due  ultime  reticole  preaccennate. 
Dopo  d'allora  quella  via  sarebbesi  raddrizzata  da  Alseno  a  Piacenza,  erigendo 
Fiorenzola  ove  intersecava  il  torrente  Arda,  la  quale  sono  il  nome  di  Fiorenti** 
viene  accennata  in  uno  degli  itinerarj  di  Antonino  (6). 


dipendentemente  dalla  posizione  dell'ingresso  e  del- 
l' uscita  della  città  preesistente. 

(6)  Nei  tre  itinerarj  di  Antonino  Pio  da  Parma  a 

Piacenza  vedesi   sempre  indicata   Ficlentia  (Borgo 

Sant  Donino)  ma  Florentia  (Fiorenzola)  non  lo  è  se 

.    non  nel  terzo.  Essa  invece  non  viene  nominata  nel 

%  al sud  del  tronco  anteriore  diretto  ad  Imola ,   posteriore  Itinerario   Gerosolimitano,  ove  fra  *. 


(5)  Anche  le  città  romane  di  Forlimpopoli,  Forlì, 
Faenza  ed  Imola  si  trovano  sopra  un  rettilineo  unico 
della  via  Emilia,  perchè  fondate  in  occasione  del 
tracciamento  di  questa,  lo  che  non  avviene  per  Bo- 
logna, l'antica  Felsina  degli  Etruschi.  Ivi  il  tronco 
della  via  diretta  a  Modena  trovasi   a  circa  500 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  231 

Passando  alla  sinistra  del  Po  ,   a  Cremona  le  due  più  antiche   strade  sareb- 
bero quella  di  Mantova,  chiamata  da  Tacito  Postumia,  e  quella  di  Brescia  fino 
a  Pontevico  suli'  Oglio  (7).  Lunghesso  queste  strade  non  vi  sono  tracce  di  re- 
ticoie,  ma  le  strade  campestri  sono  generalmente  normali  ad  entrambe,  lo  che 
induce  a  supporre  che  formassero  parte  di  reticole,  state  cancellate  per  artifi- 
ciali alterazioni  del  suolo  ivi  per  lo  più  irriguo.  Per  tutte  le  altre  strade  prin- 
cipali che,  radianti  partono  da  Cremona  siccome  centro,  le  linee  delle  strade 
campestri  sono  oblique.  La  strada  detta  Postumia  da  Cremona  metteva  capo  a 
Calvatone,  cui  corrispondeva  l'antica  Bebriaco;  e  di  là  in  un  solo  rettilineo  di 
cinquantacinque  chilometri  giungeva  a  Verona  (8).  In  quest'ultimo  tronco  della 
Postumia  le  linee  delle  strade  che  se  ne  distaccano  non  sono  ad  essa  normali 
cosicché  mancherebbero  ivi  traccie  di  antiche  colonie.  Ma  queste  scorgonsi  evi- 
denti nel  tronco  rettilineo  di  essa  via  Postumia  che  dalla  sponda  sinistra  del 
Brenta  passando  per  Postiomo  mette  oltre  la  Piave  a  Fae  in  lunghezza  di  ses- 
santa chilometri,    d'onde  ripiega  verso  Oderzo.  Pei   primi   ventisei   chilometri 
fino    alla    strada  trasversale  di  Fossa  lunga  ,    in  larghezza  di  otto  a  tre  chilo- 
metri a  settentrione  e  di  quattro  e  due  chilometri  al  mezzodì,  vi  sono  avanzi 
molteplici  di  una  reticola  della  quale  la   via   stessa   sarebbe   fondamentale,  lo 
che  porge   una  prova    che    quel   territorio    venne   assegnato   ad   una   colonia 
romana. 

Una  reticola  regolarissima  lunga  quindici  chilometri ,  vedesi  a  sinistra  di 
Brenta  sotto  Noaie,  fra  il  fiume  Musone  ed  il  canale  derivato  da  questo  sotto 
il  nome  di  Musone  de' sassi ,  e  per  verità  le  sue  divisioni  marcatissime  e  la 
loro  direzione  parallela  al  Brenta,  favorevole  quindi  per  lo  scolo  delle  campagne, 
le  darebbe  il  carattere  di  una  bonificazione  eseguita  da  qualche  secolo  "sol- 
tanto. Vi  ha  eziandio  la  circostanza  che  quel  territorio  doveva  essere  interse- 
cato dalia  via  Altinate  da  Padova  ad  Aitino  mentre  di  essa  non  scorgesi  alcuna 
traccia.  Ma  d'altronde  i  quadrateli!  o  maglie  della  reticola  corrispondono  quasi 
precisamente  in  superficie  ad  una  centuria ,  ossia  a  duecento  jugeri  romani 
come  in  quelle  osservate  alla  destra  del  Po.  Tale  misura  non  avrebbe  alcun 
rapporto  commensurabile  né  col  campo  di  Padova,  né  con  quello  di  Venezia; 
ma  quello  di  Treviso  si  è  venuto  a  riconoscere  che  equivale  a  due  jugeri 
romani  ossia  a  pertiche  metriche  o  decari  5,2046  (9).  Ora  risulta  dalla  storia 
che  Treviso  nell'epoca  longobardica  era  la  città  centrale  della  Marca  Trevisana, 


dentia  e  Placentìa  è  indicata  una  stazione  {mutatio) 
ad  Fonteclos,  tredici  miglia  distante  dall'ultima 
città  ,  cui  dovrebbe  corrispondere  la  borgata  Fon- 
lana  Fredda. 

(7)  Hist.  lib.  III,  cap.  XXI  e  XXVII.  Polibio  dice 
che  i  Romani  1'  anno  536  fondarono  due  colonie 
nella  Gallia  Cisalpina,  l'una  di  qua  del  Po,  cui  die- 
dero il  nome  di  Piacenza,  e  l'altra  sulla  ripa  di  là 
che  chiamarono  Cremona.  Si  ha  però  motivo  di  cre- 
dere che  questa  città  fosse  di  già  esistente,  siccome 
lo  indicherebbe  il  suo  nome  gallico,  avendosi  nella 


Gallia  Cisalpina  i  nomi  analoghi  d'altri  luoghi,  Crema 
Cremella,  Cremnago,  Cremia,  Cremosino,  ed  in  Fran- 
cia di  Cremaux  e  di  Cremieux. 

(8)  Quella  via  passa  per  Coito,  e  ne  formerebbe 
parte  la  strada  postale  da  Villafranca  a  Verona. 

(9)  La  centuria  romana  vedemmo  al  §  117  equi- 
valere a  509  800  m.  q.,  cosicché  il  jugero  corri- 
sponderebbe alla  sua  ducentesima  parte  ,  ossia 
2549  m.  q.;  il  cui  doppio,  5098  m.  q.,  non  diversi- 
fica gran  fatto  dal  campo  trevisano  di  5205  m.  q. 


232  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI  ECC. 

che  comprendeva  insieme  ad  un  territorio  vastissimo  Padova  ed  altre  città  della 
Venezia,  le  quali  di  poi  vennero  emancipate.  Fino  però  al  1806,  quando  quei 
territori  si  sono  aggregati  al  regno  d' Italia ,  la  giurisdirione-di  Treviso  com- 
prendeva tuttavia  il  distretto  di  Noale,che  estendevasi  fino  al  Brenta  e  quindi 
comprenderebbe  la  mentovata  reticola  ;  territorio  che  allora  fu  assegnato  al 
dipartimento  del  Brenta,  e  quindi  alla  provincia  padovana. 

Sembra  che  quella  bonificazione  operata  mediante  la  mentovata  reticola  abbia 
avuto  luogo  contemporaneamente  alla  diversione  del  Musone  in  Brenta  presso 
Vigodarzere ,  passando  per  Campo  Sampiero ,  la  cui  linea  inferiore  le  servi- 
rebbe di  fondamentale.  Giusta  le  notizie  che  ne  porge  Zendnni  nelle  precitate 
sue  Memorie,  tale  diversione  sarebbesi  effettuata  intorno  all'anno  1612. 

A  settentrione  di  quella  reticola  fra  il  tronco  superiore  del  Musone  sistemato 
e  la  strada  da  Treviso  a  Mestre  vedonsi  tracce  di  altra  che  sembra  veramente 
antica.  Un  breve  tronco  di  strada  fra  Massenzago  e  S.  Dono  che  di  poi  piega 
a  Noale,  protratto  verso  oriente  metterebbe  capo  presso  Aitino.  Ad  esso  è  per- 
fettamente parallela  altra  strada  a  settentrione  fra  Loreggia  e  Trebaseleghe  e 
sembra  che  la  prima  corrisponda  all'antica  strada  da  Vicenza  ad  Aitino,  la 
quale  avrebbe  servito  di  fondamentale  alla  detta  reticola. 

Dalle  premesse  considerazioni  è  agevole  il  dedurre  l' importanza  delle  inda- 
gini sulle  mentovate  reticole ,  non  solo  per  gli  studj  storici,  ma  eziandio  per 
quelli  concernenti  l'idrologia  dell'alta  Italia  ove  vedonsi  tracciate. 

(Continua). 


LETTERA  dell' Ing.  Senatore  Gomm.  Paleocapa  al  signor  Ferdinando 
di  Lesseps  sulla  regolazione  del  Porto-Said  allo  sbocco  del  canale 
dei  due  mari  nel  Mediterraneo  (*). 


AVVERTENZA  PRELIMINARE. 

Quando  mi  venne  letta  la  lettera  inserita  nel  fascicolo  del  mese  di  ottobre  dello 
scorso  anno  di  questo  giornale,  che  il  sig.  Comm.  Cialdi  indirizzava  al  signor  di 
Lesseps,  persistendo  a  dargli  il  consiglio  di  applicare  all'apertura  del  Porto-Said 
il  suo  sistema  di  regolazione  dei  porti,  basalo  su  ciò  che  egli  chiama  la  teoria 
del  flutto-corrente,  io  stimai  opportuno  fare  alcune  riflessioni  al  sig.  di  Lesseps 
per  distornelo,  sembrandomi  poter  dimostrare  come  sia  in  generale  fallace  la 
detta  teoria  e  come  in  particolare  la  sua  applicazione  al  Porto-Said  non  solo 
riuscirebbe  inopportuna,  ma  sarebbe  cagione  di  gravi  spese  senza  utile  effetto  e 
anzi  di  danno  allo  stabilimento  del  porto. 

Io  non  credetti  allora  dar  pubblicità  alla  lettera  con  cui  faceva  al  sig.  di 
Lesseps  codeste  riflessioni,  perché  sperava  che  il  sig.  Cialdi,  conosciuto  il  mal 
esito  del  suo  progetto  pel  porto  di  Pesaro,  avrebbe  rinunciato  ad  insistere  per 
quello  che  egli  suggeriva  a  prò  del  Porto-Said.  Ma,  veggendo  che  lungi  da  ciò 
il  sig.  Cialdi  insiste  nel  suo  proposito,  e  che  per  diffondere  più  estesamente  la 
conoscenza  del  suo  progetto  e  del  suo  sistema,  ha  pubblicata  una  traduzione 
francese  della  sua  prima  lettera  al  sig.  di  Lesseps,  aggiungendovi  la  favorevole 
opinione  che  sul  sistema  stesso  il  contr' Ammiraglio  Laffon  de  Ladébat  gli  ha 
espressa,  mi  sono  determinato  anch'io  a  far  pubblicare  la  detta  mia  lettera;  e 
ciò  faccio  tanto  più  volentieri  quanto  che  il  sig.  di  Lesseps  mostra  desiderarlo 
E  parmi  opportuno  che  lo  si  faccia  affinchè  ai  tristi  raggiri  di  borsa  che  si 
adoprano  per  tentare  di  far  mancare  alla  Società  del  Canale  dei  due  Mari  i  mezzi 
occorrenti  a  proseguir  l'opera  con  energia,  non  si  aggiungano  i  dubbi  che  i  ne- 
mici della  grande  impresa  suscitassero  sulla  sua  riuscita  dando  ad  intendere  che 
quando  nei  lavori  del  canal-porto  Said  si  tenga  fermo  il  sistema  sinora  seguito' 
non  si  potrà  aspettarsene  quell'esito  sicuro  e  permanente  che  per  la  grande  co- 
municazione fra  i  due  mari  è  di  prima  necessità. 

Pare  a  me,  come  ho  detto  di  sopra,  di  aver  messo  abbastanza  in  chiaro  la  fallace 
idea  del  sistema  del  sig.  Cialdi.  E  quanto  al  voto  favorevole  che  egli  ora  pub- 
blica come  sentenza  decisiva  in  favor  suo,  dirò  francamente  che  io  professo  la 
più  grande  stima  al  sig.  Laffon  de  Ladébat  come  valentissimo  uomo  di  mare  • 
ma  ciò  non  mi  pare  che  basti  a  farlo  credere  giudice  competente  in  una  que- 
stione la  cui  soluzione  essenzialmente   dipende   dai   sani   principi!  di  idraulica 

0  II  carattere  d'imparzialità  che  riveste  il  nostro  Giornale,  ci  impone  di  pubblicare  quasi  contem- 
poraneamente le  erudite  opinioni  di  due  illustri  scienziati,  quali  sono  il  Senat.  Comm.  Pietro  Paleocapa 
ed  il  Comm.  Alessandro  Cialdi,  per  disparate  ch'esse  siano.  La  Redazione 


234  LETTERA 

teorica  e  pratica.  E,  per  quanto  grande  sia  la    esperienza  che  un  uomo  di  mare 
ha  del  movimento  delle  onde  e  degli  effetti  suoi,  io  non  sono  punto  disposto  ad 
accettare  un  giudizio  in  favore  di  una  dottrina  secondo  la  quale  non  sarebbe  più 
vero  che  il  movimento  delle  onde  suscitato   dalie  burrasche  sia  essenzialmente 
oscillatorio  e  secondo  la  quale   quel  movimento  progressivo   che  pur  s' induca 
per  l'azione  dei  venti  non  agirebbe  solamente  alla  superfìcie  del  mare  o  a  poca 
profondità  e  con  molto  misurata  azione,  ma  agirebbe  invece  a  grandi  profondità 
di  8  e  più  metri  e  a  queste  sì  grandi  profondità  conserverebbe  tanto  vigore  da 
scalzare  il  fondo  di  una  spiaggia  in  guisa  da  mantener  libero   un  canal-porto  e 
la  sua  foce.  E  molto  meno  disposto  sono  a  credere   che   si  possa    accrescere  la 
energia  di  quello  che   il  Gialdi   chiama   flutto-corrente   facendo  che   esso  entri 
quasi  come  per  un  imbuto  in  una  ristretta  zona  di  mare  e  supponendo   che   di 
questo  flutto,  ossia  del  movimento  ondoso  del  mare,  che  è  essenzialmente  oscil- 
latorio e  dipende  dalla  traversia  dominante,   avvenga   quel   che  avviene  in   un 
fiume  di  corso  perenne  e  di  determinata  portata,  il  quale   quanto  più  se  ne  re- 
stringe la  sezione  tanto  più  acquista  in  velocità  affinchè  la  sezione  ristretta  sia 
capace  di  dare  sfogo  a  quella  portata  che  prima  passava  per  una  più  ampia  se- 
zione. Finalmente,  lungi  che  si  possa,  mutando  la  direzione  dei  moti  ondosi  del 
mare ,  riuscire  a  farli  convergere   in   una   data  direzione   con   maggior  vigore  e 
maggior  potenza  escavatrice,  come  spera  ottenere  il  sig.  Gialdi  nel  suo  progetto 
pel  Porto-Said,  avverrà  che  per  la  segregazione  di  una  data  zona  di  mare  e  pel 
contrasto  dei  moti  ondosi  che  in  essa  convergono,  non  solo  non  si  aumenti,  ma 
si  affievolisca  e  si  ammorzi  il  movimento   delle   onde,   sia  che   lo   si    riguardi 
come  è  qual  movimento  oscillatorio,  sia  pure  che  lo  si  volesse  riguardare  come 
movimento  progressivo  sino  a  grandi  profondità- 
Tali  sono  i  principi  su  cui  fonda  il  sig.   Gialdi   la    teoria   del  flutto-corrente, 
colla  quale  intenderebbe  ottenere  una  buona  regolazione  e  la  conservazione  dei 
porti-canali  che,  aperti  una  spiaggia  sottile,  sboccano  dove  in  mare  si  trova  già 
un  gran  fondo. 

Torino,  15  novembre  1867. 

Sig.  Pr  e  siderite 3 

Mi  è  stata  letta  a  questi  dì,  nel  fascicolo  N.  10  del  decorso  mese  di  Ottobre 
del  Giornale  dell' Ingegnere-Architetto  ed  Agronomo  che  si  pubblica  in  Milano, 
una  lettera  inseritavi,  che  è  stata  a  voi,  sig.  Presidente,  indirizzata  dal  signor 
Gomm.  Gialdi;  colla  quale  egli,  a  difesa  del  suo  disegno  sui  moli  del  Porto-Said, 
risponde  diffusamente  alle  apprensioni  e  ai  dubbi  che  sulla  riuscita  di  questo 
disegno  erano  sorti  al  sig.  de  Tessam,  e  che  il  signor  Chevallier  dichiarava 
dividere  pienamente  in  una  nota  che  voi  avevate  comunicato  allo  stesso  signor 
Cialdi.  Queste  apprensioni  non  si  riferivano  soltanto  al  disegno  proposto  dai 
sig.  Gialdi  per  la  regolazione  del  Porto-Said,  ma  mostravano  quanto  poco  si  po- 
tesse confidare  in  quel  sistema  generale  di  cui  il  Cialdi  si  fa  il  propugnatore; 
sistema  che  è  dedotto  da  una  teoria  da  ìui  chiamata  del  flutto-corrente  e  del 
quale  i  lavori  che  proponeva  per  Porto-Said  non  erano  appunto  se  non  che  una 
applicazione. 

Io  ebbi  altre  volte  occasione  di  esaminare  codesta  teoria  del   sig.  Gialdi,   cne 
§  da  lui  riguardata  come  un  importantissimo  suo  trovato,  e  non  ho  potuto  mai 


SULLA  REGOLAZIONE  DEL  PORTO-SAlD  235 

persuadermi  che  essa  fosse  fondata  sopra  buoni  principi*,  e  quindi  che  le  appli- 
cazioni potessero  produrre  tutti  quei,  dirò,  maravigliosi  effetti  che  egli  ne  spera. 
Ed  ho  veduto  oggi  con  compiacenza  che  le  mie  opinioni  sono  divise  dai  sigg.  de 
Tessan  e  Chevallier  in  quanto  attiene  propriamente  all'applicazione  della  teoria 
del  sig.  Cialdi.  Io  però  credo  di  più  che  non   solo   sieno   fallaci  le  applicazioni 
proposte  di  questa  teoria  in  uno  od  in  un  altro  caso,  ma  eziandio  che  fallace  sia 
assolutamente  la  teoria  in  sé  stessa;  poiché  il  sig.  Cialdi  la  fonda  sulla  supposizione 
che  il  molo  progressivo  da  lui  attribuito  alle  onde,    possa  paragonarsi  alla  cor- 
rente di  un  fiume  che  si  stabilisce  in  una  determinata  immutabile   direzione    e 
corre  sopra  un  letto  di  pur  determinata  e  costante  ampiezza;  mentre  invece  qui 
é  quistione  di  fenomeni  prodotti  dal  movimento  ondoso  del  mare,   che  è  essen- 
zialmente movimento  oscillatorio  verticale  e,  se  è  accompagnato  anche  da  movi- 
mento progressivo,   questo  non  segue  costantemente  la  stessa  direzione  poiché 
muta  al  mutare  del  rombo  dei  venti  che  producono  le  ondate;  e,  in  qualsivoglia 
direzione  esso  si  determini,   non   può   certamente   avere  da  per  sé  quella  forza 
che  è  necessaria  a  scavare  sino  a  grandi  profondità  il  fondo.  Ed  è  appunto  perciò 
che  il  sig.  Cialdi  ha  studialo  il  modo  di  aumentar  artificialmente   questo    movi- 
mento progressivo  delle  onde;  ed  ha  creduto   potervi   riuscire   in    quello    stesso 
modo  con  cui  si  aumenta  la  corrente  di  una  determinata  portata  o  corpo  d'acqua 
che  segue  sempre  la  stessa  direzione,  costringendola  a  passare  per  una  sezione 
di  determinata  ampiezza  che  indur  deve  in  conseguenza  una  velocità  tanto  mag- 
giore quanto  questa  sezione  é  più   ristretta.   Nel   caso   che  esaminiamo,   quelle 
onde  che  il  Cialdi  vuole  raccogliere  nel  suo  imbuto  sperando  di  spingerle     con 
velocità  in  ragione  inversa  della  sezione,  nel  canale  che  segue  l'imbuto  stesso 
non  costituiscono  certamente   una  misurata  quantità  d'acqua    fluente  come   un 
fiume,   giacché  al  di  sopra   della   bocca  dell'imbuto  resta  libero   l'amplissimo 
spazio  del  mare  ondoso  da  cui  si  è  inteso  di  separarle.  E  quindi  con  ciò  non  si 
farà  altro  senonchè,  in  forza  appunto  degli  ostacoli  che  le  onde  separate  dall'alto 
mare  incontrano,  ammorzare  in  gran  parte  il  loro  movimento  oscillatorio  verti- 
cale non  meno  che  il  concomitante  movimento  progressivo;    onde   potrebbe   av- 
venire che,  tanto  nell'imbuto  quanto  nel  canale  ristretto  che  vi  succede,  codesto 
moto  progressivo  delle  onde  (che  io  credo  pur  sempre  piccolo)  riesca  anche  mi- 
nore di  quello  che  vi  può  essere  nell'aperto  mare.  Falliranno  poi  maggiormente 
le  speranze  che  nutre  il  sig.  Cialdi  sulla  applicazione  della   sua    teoria    quando 
si  tratti  di  far  sì  che  l'imbuto,  dopo  aver  condotta  l'acqua  del  mare  in  un    ca- 
nale di  misurata  lunghezza,  sbocchi  in  più  ampio  spazio.  li  sig.  Cialdi  spera  che 
anche  in  questo  caso  la  correntia  traversi  cotesto    spazio,  e  passi  al  di  là  rien- 
trando nel  mar  libero  e  portandovi  seco   le   materie,   che   egli  suppone  essere 
trascinate  dalla  forte   corrente  artificiale   che    egli    mira   a  procurarsi  mediante 
l'imbuto.  Nel  che,  se  la  cecità  che  m'impedisce  di  consultare  i  disegni  non  mi 
ha  tolto  affatto  d'intendere  il  suo  concetto,  mi  pare  che  consista  l'applicazione 
che  egli  intende  fare  del  suo  sistema  al  Porto-Said. 

Comunque  sia  di  ciò,  lo  scopo  di  questa  mia  lettera,  sig.  Presidente,  non  è 
già  di  entrare  in  polemica  confutando  le  risposte  fatte  dal  Cialdi  alla  nota  del- 
1  illustre  Chevallier,  il  quale  saprà  meglio  di  me  tenerle  in  quel  conto  che  gli 
sembrino  meritare;  lo  scopo  di  essa  è  ben  diverso.  Io,  da  alcuni  passi  della 
nota  slessa  e  da  alcuni  brani  della  relazione  fatla  all'Istituto  dal  sig.  de  Tessan, 
raccolgo  che,   malgrado  i  dubbi  promossi  contro  il  sistema  4el  sig.  Cialdi  sulla 


236  LETTERA 

base  della  sua  teoria  del  flutto-corrente,  il  sig.  Chevallier  ammetterebbe  che  po- 
tesse convenire  farne  un'applicazione  al  Porto-Said  quando  però  il  sistema  stesso 
fosse  stato  messo  in  opera  con  buon  esito  in  qualche  altro  caso;  come  si  evince 
dal  seguente  brano  di  nota  :    «   Il   serait   toujours   possible  ,  si   les  dispositions 
«  lessaient  à  désirer,  et  si  V  expérience  avait  prononcé  en  faveur  du  systéme  de 
«  M.  Cialdi,   de  réaliser  son  projet  à  l' extrémité  de  la   gran   jetèe   ouest  qui 
«  s'achève  en  ce  moment  ».  E  da  altri  passi  della  stessa  nota,  e  dalla  relazione 
del  sig   de  Tessan,  si  vede  che  cotesta  possibilità  è  fondata   sulla   supposizione 
che  F applicazione,  che  del  sistema  Cialdi  si  voleva  fare  a  Pesaro,  avesse  avuto 
un  buon  risultato;  di  che  il  sig.  Cialdi  tenendosi  sicuro,    aveva  fatto  credere  al 
sia  Ghevallier  che  i  lavori  al  porto  di  Pesaro  avessero  già  ricevuto  un  principio 
di° esecuzione,   mais  que  les  circonstances  politiques  et  le  manque  d'argent  en  ont 
fait  ajourner  Vachévement.  Ora  ciò  è  meno  esatto.  La  sospensione  dei  lavori  al 
porto  di  Pesaro   ha  dipenduto  da  tutt'  altro  che  da  circostanze  politiche  e  da 
mancanza  di  denaro.  Essa  ha  dipenduto  dalla    poco   felice  riuscita  delle  prime 
opere  e  da  nuovi  e  più  accurati  esami,    di   cui   il  Ministero  ha  incaricato  una 
Commissione  composta  dei  più  distinti  idraulici  del  paese,   ed   anche   da   oppo- 
sizioni fatte  alla  esecuzione  dei  lavori  medesimi  dal  più  gran  numero  di  capitani 
marittimi  e  di  armatori  del  luogo;  i  quali,  lungi  dall'aver  confidenza  nel  piano 
proposto  dal  sig.  Cialdi,  ne  presagivano  una  rovina  sempre  maggiore  per  il  loro 
porto.  Su  ciò  mi  dispenso  dall'entrare  in  minuti  particolari,  bastandomi  mandarvi 
qui  unito  un  fascicolo  di  un  giornale  scientifico   che   si   pubblicava  in  Modena, 
sotto  il  titolo  di  Movimento  scientifico  in  Italia,  da    un   articolo  del  quale  (dalla 
pag  408  alla  pag.  411  inclusive)  rileverete  le  tristissime  vicende  subite  dal  pro- 
getto del  sig.  Cialdi ,  e  il   mal   esito  che  esso  ebbe.  Sul  quale  articolo   io   non 
farò  che  osservare,  che  mi  consta  positivamente  che  i  fatti  in  esso  esposti  sono 
veri.  Aggiungerò  poi  anche,  a  maggior  conferma ,  una  dichiarazione  dei  capitani 
ed  armatori  contro  il  progetto  Cialdi,   ed  una  loro  lettera   posteriore,   in   cui  è 
detto  essere  ormai  inutile  pensare  alla  esecuzione  dei  progetto  Cialdi,  dappoiché 
un'impetuosa  piena  del  torrente  Foglia  aveva  interamente  rovinato  il  canal-porto. 
La  qual  cosa ,  se  non  può  imputarsi  al  piano  del  sig.  Cialdi ,  mostra  però  come 
egli  male  si  apponesse  credendo,  a  quanto  sembra,  che  gli  interrimenti  del  canal- 
porto  fossero  da  attribuire  alle  sabbie  del  mare  gettatevi  dentro    dalle   lame  di 
fondo;  mentre  essi  dipendono  principalmente  dalle  sabbie  e  dalle   ghiaje   più  o 
men  grosse  che  vi  trascina  un  torrente  di  breve  corso  e  di  eccessiva   pendenza 
come  è  il  Foglia;  il  quale  renderà  impossibile  dotar  Pesaro  di  un  porto  capace 
e  permanentemente  buono,  potendosi  tutt'al  più  procurare  di  migliorare  l'attuale 
colla  protrazione  delle   dighe  e  con   un   ben   ordinato   sistema   di   escavazione 
quando,  cessata  la  piena  del  torrente,  le  materie   da   esso   travolte  ne  avranno 
ostruita  la  imboccatura  f). 

O  Queste  cose  io  scriveva  al  presidente  Lesseps  alla  metà  del  novembre  scorso.  E  se  allora  ben  mi 
apponessi  si  può  adesso  vederlo  leggendo  una  lettera  che  il  Comm.  Barilari,  Ispettore  del  Gemo  Civile 
recentemente  indirizzava  al  sig.  Ministro  dei  lavori  pubblici,  nella  quale  è  tessuta  la  stona  subita  dal 
porto  di  Pesaro  Essa  ci  fa  conoscere  come  fino  al  1855  la  popolazione  in  generale  e  la  gente  mannesca 
in  particolare  fossero  contenti  del  porto  che  la  natura  aveva  loro  concesso  col  corso  del  fiume  Isauro. 
Ma  avendo  nel  detto  anno  un'enorme  piena  del  fiume  recate  grandi  rovine  al  canal-porto  rovescian- 
done le  sponde  murate  e  aprendosi  sulla  sinistra  un  nuovo  varco  al  mare,  sorse  il  pensierosi  un 
porto  nuovo.  E  da  qui  venne  che,  dopo  le  prime    consultazioni,  a  cui   furono   chiamati  uomini  di  alta 


SULLA  REGOLAZIONE  DEL  PORTO-SAÌD  237 

Voi  vedete  dunque,  sig.  Presidente,  quale  fondamento  si  possa  fare  sugli  espe- 
rimenti fatti  del  sistema   d'aldi,   per  determinarsi   ad    applicarlo  a  Porto-Sai'd  , 
come  egli  vorrebbe  partendo  dalla  supposizione  che  il  piano  adottato  dalla  Com- 
missione internazionale,  che  voi  state  facendo  eseguire,   non   sia   sufficiente  ed 
abbia  anzi  a  fallire  allo  scopo.  Nel  che  mi  pare  che  il  Gialdi  fondi  la  sua   opi- 
nione sopra  ragionamenti  non  giusti.  E,  in  primo  luogo,   egli   crede  trovare  in 
errore  «  gli  Ingegneri  compilatori  del  disegno  preliminare  del  nuovo  porto   egi- 
«  ziano,  quando  dissero,  nel  1855,  che  sarebbero  stati  necessari   100  anni  per 
«  fare  avanzare  la  spiaggia  di  400  metri;  soggiungendo  che  «  l'esperienza  invece 
«  ha  provato  che,  cominciata  nel  1864  la  gettata  di  scogli  nel  molo   di   ovest  e 
«  giunta  appena  a  400  metri  nel  1865,  l'interrimento  di  detto  molo  camminava  di 
«  pari  passo  con  esso  ».  Ma  mi  reca  sorpresa  il  vedere  come  il  sig.   Gialdi   non 
abbia  capito  che  quel  lentissimo  avanzamento  della  spiaggia ,  che  essi  pronosti- 
cavano non  poter  essere  maggiore  di  quattro  metri  all'anno,  era  dedotto  da  po- 
sitivi dati  somministrati   da   rimasugli  di  edilizi   appartenenti    alla   più   remota 
antichità,  ed  era  pronosticato  supponendo  che  il  lido  si  mantenesse  nella  stessa 
condizione  di  liberissima  sponda  del  mare  non  interrotta  ed   alterata   da  opera 
alcuna  che  spingendosi  avanti  nel  mare  stesso  venisse  ad  interrompere  il  libero 
movimento  delle  mareggiate  in  uno  o  in  un  altro  senso  e  specialmente   da    po- 
nente verso  levante,  sia  per  cagione   della   corrente  litorale   del   Mediterraneo, 
sia  per  l'azione  dei  venti  predominanti.  E  nessuno  vorrà  certamente   sospettare 
che  i  detti  ingegneri  avessero  avuto  così   poco   accorgimento   da   poter  credere 
che,  costrutta  la  diga  di  ovest,  nell'angolo  limitato  fra  la  diga  stessa  e  la  spiaggia, 
questa  non  avesse  avuto  a  protrarsi  più  celeremente  di  quando   era    libera,  per 
effetto  appunto  delle  sabbie  e  delle  melme  che,  trascinate  dalla  corrente  marit- 
tima, doveano  di  necessità  accumularsi  addosso   alla   diga  medesima.  E  questo 

riputazione  nella  materia,  fra  i  quali  fu  il  Comra.  Cialdi,  si  accogliesse  con  gran  favore  il  progetto  da 
esso  ideato  ,  dal  quale  i  Pesaresi  si  ripromettevano  quei  maggiori  vantaggi  a  cui  si  potesse  nelle  con- 
dizioni dei  luoghi  aspirare.  Io  non  andrò  qui  ricordando  quanto  successe  da  che  il  sistema  Cialdi  ebbe 
un  pnncip.o  di  attuazione  fino  a  questi  dì.  Dirò  solo  che,  tra  perchè  i  proposti  lavori  in  mare  non  promette- 
vano buona  riuscita,  tra  per  la  rovina  delle  sponde  del  nuovo  canal-porto  cagionata  da  nuove  fiumane 
e,  a  quanto  pare,  anche  da  cattiva  esecuzione  dei  lavori,  il  fatto  sta  che  in  questo  intervallo  di  tempo 
si  spesero  per  cotesto  nuovo  porto-canale  oltre  750  mila  lire  e  che  la  città  di  Pesaro  non  ha  presen- 
temente servibile  né  il  nuovo  porto  né  il  vecchio.  Del  che  sarebbe  aperta  ingiustizia   far   colpa  al  si- 
gnor Cialdi,  poiché  mostra  Io  stesso  sig.  Barilari  da  qual  complesso  di  tristi  cause  dipendesse  questo 
esito  infelicissimo  dei  tentativi  fatti  da  chi  allettato  da  vane  illusioni,  credette  di  rinunciare  al  ristauro 
del  vecchio  porto,  che  aveva  per  tanto  tempo  addietro  bastato  a  far  prosperare  il  paese,   per   cimen- 
tarsi alla  creazione  di  un  porto  nuovo.  Solo  non  posso  tralasciar  di  notare  due  cose.  La  prima  è  ,  che 
1  opera  principalissima  della  diga  isolata  in  mare,  che  era  stata  proposta   dal   Cialdi,   e   che   sarebbe 
stata  indispensabile  per  mettere  in  atto  la  regolazione  del  porto  secondo   il   sistema  basato   sulla  sua 
teoria  del  flutto-corrente,  fu  da  tutte  le  Commissioni  che  successivamente  furono  mandate  a  riconoscere 
il  vero  stato  delle  cose  giudicata  inconveniente;  onde  ne  fu  sempre   esclusa  la  esecuzione.    Il    che  mi 
pare  dimostri  che  i  valentuomini  che  componevano  codeste  Commissioni  non  avevano  confidenza  alcuna 
nel  sistema  mentre  ne  escludevano   l'opera  cardinale.  La  seconda  è  essere  infondata  1»  asserzione    del 
Cialdi  che  diceva  dei  lavori  eseguiti  a  Pesaro  secondo  il   suo   progetto   essere   già  stata  bene  avviata 
la  esecuzione,  e  solo  per  mancanza  di  denaro  e  per  circostanze  politiche   esserne   stato    aggiornato  il 
compimento.  La  lettura  della  lettera  del  sig.  Barilari  diretta  al  Ministro  dei   lavori    pubblici  ha   finito 
di  convincermi  che  fu  per  la  città  di  Pesaro  una  vera   fatalità   che  non  si  fosse  dato  ascolto  al   primo 
Pensiero  dell'illustre  Brighenti  e   che  questi  non  vi  avesse  persistito   cedendo,  a  quanto  pare,  troppo 
labilmente  all'entusiasmo  con  cui  la  popolazione  di  Pesaro  aveva  dapprima  accolto  il   progetto  Gialdi  , 
sul  quale  essa  fondava  le  più  belle  speranze  della  navigazione. 


238  LETTERA 

fenomeno  andrà  certo  continuando  a  misura  che  la  diga  verrà  spinta  sempre  più  al 
largo;  ma  ciò  succederà  con  sempre  minore  efficacia,  appunto  perchè  l'avanzarsi 
in  mare,  oltreché  fa  trovar  fondi  maggiori,  incontra  anche  maggiore  violenza  nei 
movimenti  burrascosi  del  mare  stesso.  E  Terrore  mi  pare  che  non  si  trovi  dalla 
parte  degli  Ingegneri  che  parlavano  del  lentissimo  avanzamento  del  lido  supposto 
che  questo  restasse  nella  primigenia  condizione  di  spiaggia  libera;  ma  sibbene  che 
si  trovi  dalla  parte  del  sig.  Cialdi;  il  quale  suppone  che  anche  quando  l'avanzamento 
in  mare  della  diga  sia  giunto  sino  a  trovar  fondi  di  8  o  10  metri,  le  sabbie  eie 
melme  non  abbiano  a  sperdersi  nell'alto  e   profondo  mare  senza  ingombrare  la 
foce  del  porto.  Egli  anzi   suppone  di  più,  suppone  cioè  che  quanto  più  si  avan- 
zasse questa  diga  e  se  ne  portasse  a  sempre   maggiore  profondità  la  testa,  che 
forma  un  vero  capo  avanzato  in  mare,  le   sabbie  e  le  melme  avessero  sempre 
a  depositarsi  contro  di  essa  tanto  dalla  parte  esterna  quanto   dall'interna,  dove 
farebbero    ostruzione  alla  foce.   Io   credo   invece  che,   quando   la   diga  di  ovest 
sarà  avanzata  sino  alle  grandi  profondità  di  otto  o  dieci  metri,  e  la  diga  di  est 
vi  avrà  tenuto  dietro  colla  già  stabilita  proporzione  di  lunghezza,  esse  due  dighe 
formeranno  colle  teste  loro  un  sistema  di  capi  avanzati  in  mare,  contro  i  quali 
frangendosi  le  onde  del  mare  burrascoso,  queste  sgombreranno   le    sabbie  e  le 
melme  che  sollevate  dalle  lame  di  fondo  avessero  tentato  d'ingombrare  la  foce  del 
porto.  E  tanto  più  facilmente  ciò  avverrà  quanto  che  quivi  non  si  tratta  di  tra- 
sporti o  di  sollevamenti  di  ciottoli,  sassolini  o  ghiaje   (galets),  e  nemmeno   di 
grosse  e  pesanti  sabbie,  si  tratta   invece  di  sabbie   minutissime  e  di  impalpabili 
e  leggerissime  bellette  (vases).  E,  malgrado  ciò,  gli  Ingegneri  slessi   hanno   am- 
messo che,  anche  dopo  spinte  le  dighe   così   avanti   nel  profondo   mare,    possa 
avvenire  che  verso  la  estremità  del  canal-porto   vi   si   accumulino  interrimenti, 
cagionati  in  tempo  di  grandi  e  insistenti   burrasche   dalle  lame   di   fondo;  ma 
hanno  pensato  che  vi  si  provvedere  col  lavoro  dei  curaporti.  Al  che  il  sig.  Cialdi 
oppone  la  impossibilità  che,  a  suo  dire,  vi  sarà  di  tenere  sgombra  la  imboccatura 
col  lavoro  delle  pirodraghe;  e  in  appoggio  di  questa  sua  opinione  cita  un  esempio 
di  tentativi  fatti  senza  successo  per  profondare  un  tronco  del  canal-porto  al  largo 
in  mare  prima  che  la  diga  fosse  venula  a  proteggere   il  lavoro  delle   draghe;  e 
lo  stesso  crede  che  avverrà  quando,  compiute  pure  le  dighe  fino  alla  loro  estre- 
mità al  largo,  avessero  a  manifestarsi  interrimenti  alla  foce.  Ma  io  osserverò  che 
la  violenta  percossa  delle  onde  contro  i  capi  o  teste  delle  dighe,    impedirà   che 
cotali  interrimenti  abbiano  luogo,  non  solo  al  di  fuori  del  canal-porto,  ma  nem- 
meno alla  immediata  sua  sfociatura.  Questi  interrimenti  potranno  soltanto  verifi- 
carsi alquanto  dentro  nel  canal-porto  medesimo,  e  quindi  il  lavoro  della  loro  esca- 
vazione si  troverà  dalla  diga  protetto.  Meglio  che  i  ragionamenti  valga  l'esempio. 
Sono  ventiquattro  e  più   anni  che  al  porto  di   Malamocco   mi    bastò,   contro   la 
opinione  generale,   costrurre  la  sola  diga  del  nord   per   ottenere   che,   rotto  lo 
scanno,  si  stabilisse  accosto  alla  diga  stessa  una  nuova  foce  che  fu  dai  naviganti 
preferita  all'antica.  E  questa  foce  novella,   anche   prima    che   fosse   costrutta  la 
più  breve  controdiga  del  sud,  andò  sempre  migliorando  ed  acquistando  maggiori 
profondità,  a  tal  che,  all'estremità,  la  profondità  giunge  adesso  ai  12  e  13  metri; 
mentre,  quando  s'intraprese  la  regolazione  del  porto,   al   punto  fino  a  cui  si  è 
portata  la  testa  della  diga  del  nord  non  vi  erano  in  mare   più   che   otto  o  nove 
metri  di  profondità,  e  sopra  lo  scanno,  che  fu  poi  soperchiato  dalla  diga  non  vi 
erano  che  da  tre  a  quattro  metri  sotto  la  comune  alta  marea.  E  se  il  mare  bur- 


SULLA  REGOLAZIONE   DEL   PORTO-SAID  239 

rascoso,  sollevando  sabbie  e  melme,  le  getta  contro  il  lido,  e  quindi  anche  contro 
la  foce  del  canal-porto,  non  se  ne  farà  però  mai  deposito  alla  foce  stessa  che 
ne  diminuisca  profondità;  depositi  soltanto  si  fanno  dalle  acque  del  mare  intor- 
bidate nei  canali  interni  di  laguna  e  se  ne  fanno  forse  anche  nel  fondo  stesso 
del  canal-porto;  questi  ultimi  sono  però  così  tenui  e  per  quantità  e  per  qualità, 
che  basta  la  correntia  del  i eflusso  a  sgombrarli.  E  quando  pure,  in  un  lontano 
progresso  di  tempo,  l'aumento  loro  richiedesse  il  lavoro  delle  draghe,  queste 
potrebbero  esservi  facilmente  adoperate,  poiché  il  sito  dei  depositi  riuscirebbe 
addentro  della  foce  per  potere,  cessate  le  più  forti  burrasche,  star  sotto  la  pro- 
tezione della  diga  del  nord.  Il  che,  io  spero  fermamente,  si  verificherà  anche 
nel  canale  del  Porto-Said,  quantunque  non  giovato  da  un'efficace  corrente  di 
reflusso. 

Io  non  saprei  dunque  consentire  col  sig.  Gialdi  quando  egli  vi  consiglia,  signor 
Presidente,  ad  adottare  il  sistema  da  lui  proposto,  che  egli  crede  essere  il  °solo 
che  possa  garantire  la  libertà  della  foce  del  Porto-Said.  Egli  vorrebbe  anzi  che 
vi  si  desse  mano  senza  indugio,  parendogli  che  il  procrastinare  indurrà  in 
maggiori  spese  superflue  e  costringerà  pur  sempre  a  ricorrere  allo  spediente 
da  lui  proposto  quando  non  sarà  più  tempo  di  risparmiare  le  dette  madori 
spese.  && 

Le  proposte  del  sig.  Cialdi  possono  apparire  molto  ingegnose  a  chi  non  si  dia 
la  pena  di  assoggettarle  ad  una  severa  critica  basata  sui  giusti  principi  del  movi- 
mento delle  acque,  e  perciò  altri  può  ben  trovarle  speciose;  ma  credo  che  nessun 
giudice  competente  potrà  persuadersi  che  quell'apertura   di   400   metri,   che   il 
Cialdi  vuole  che  si  lasci  fra  la  punta  dell'accorciata   diga   occidentale  e' il  prin- 
cipio della  altra  diga  isolala  che  si  avanza  al  largo  in  mare  sulla  stessa  direzione 
possa  mai  diventare,  mercè  il  divisato  braccio  che  quasi  parallellamente  alla  riva 
partirebbe  dalla  estremità  della  detta  accorciata  diga,  una  comoda  bocca  occiden- 
tale del  porto.  Il  sig.  Cialdi  suppone  perciò  che    «  i  materiali  convogliati   fuori 
«  del  canale  per  il  giuoco  delle  maree  -  che  si  può  con  arte,  dice  egli,  stabilir 
«  notabile  nell'uscita  del  canale,  quantunque  non  vi  sia  sensibile   flusso   perio- 
«  dico  -  non  giungerebbero  a  depositarsi  a  ridosso  della  protrazione  isolata;  » 
e  cne  «  il  mare  potrebbe  liberamente  spazzare  quelli  che  si  depositassero  innanzi 
«  o  prossimi  alla  bocca  del  porto-canale  ».  Egli  crede  inoltre  che    «   il  ripetuto 
«  braccio  formando  fluiti  riflessi  dovrà  molto  contribuire  nel    trasporto  a  destra 
«  degli  infesti  materiali,  prendendo  parte  all'azione  dei  flutti  diretti  e  di  quelli 
«  riflessi  dalla  protrazione   isolata  che  s'imboccherebbero  nell'apertura   »    E  di 
pm  crede  che,  «  nei  fortunali,  il  braccio  e  la  detta  protrazione  devono  obbligare 
«   e  linee  dei  flutti,   comprese   nella   cinta   di   questi  due  ripari,  a  passare  per 
«  1  apertura  e  sviluppare  una  corrente  capace  a  scavare  e  non  permettere  la  for- 
«  inazione  o  la  consolidazione  dei  soliti  banchi  che  coronano  i  porticanali  anche 
«  di  acque  chiare  ». 

Non  capisco  in  che  modo  il  Cialdi  speri  poter  stabilire  con  arte  un  notabile 
giuoco  delle  maree  all'uscita  del  canale,  ad  onta  del  quasi  insensibile  flusso 
periodico  che  si  verifica  in  quelle  spiaggie  del  Mediterraneo.  Né  comprendo  ciò 
che  egli  dice  dei  fenomeni  di  escavazione  e  trasporto  cagionati  dai  flutti  riflessi 
dal  braccio  a  ritroso  e  dalla  prostrazione  isolata ,  combinati  coi  flutti  diretti  del 
mare.  Ma  parrai  che,  conforme  alla  sua  teoria,  egli  avvisi  ad  ottenere  che  il 
tronco  di  diga  isolata  e  il  braccio  a  ritroso  costituiscano  insieme  una  specie  di 


240  LETTERA 

imbuto,  entro  il  quale  le  onde  spinte  dai  venti   abbiano  a  ravvivare  la  vigoria 
di  quel  che  egli  chiama  flutto-corrente,  in  modo  da  fare  che  esso  non  solo  scavi 
profondamente  il  fondo  nell'apertura  suddetta,  ma  mantenga,  eziandio  al  di   là 
dell'apertura  stessa  attraverso  il  canale  della  foce,  tanta  velocità  da  trasportare 
le  materie  scavate  dalla  parte  sinistra,  al  di  là  dei  canale  stesso,  nel  mar  libero 
alla  destra.  Sul  quale  concetto  io  non  potrei  senonchè  ripetere  quanto  ho  detto 
di  sopra  sulla  teoria  del  sig.  Gialdi  per  dimostrare  che  egli  s5  illude  supponendo 
che  il  moto  progressivo  delle  onde  proceda  come  quello  di  un   fiume   di   deter- 
minata portata  e  che  corre  necessariamente   costretto   in   una   data    sezione.  E 
più  ancora  parmi  che  egli  s'illuda  quando   crede  che   i   flutti   riflessi   e  diretti 
che  entrano  nel  suo  imbuto  in  varie  direzioni,  anziché  elidersi  vicendevolmente 
ed  ammorzare  le  loro  forze,  abbiano  ad  acquistare  maggior  vigore  nella  direzione 
della  ripetuta  apertura,  e  a  produrre  una  corrente  che  abbia  non   solamente  ad 
escavare  il  fondo  del  tronco  di  canale  che  succede  all'imbuto  stesso,  ma  abbia 
di   più  a  mantenersi  vigorosa  e   capace   di   trasportare   le   materie  al  di  là  in 
più  ampio  e  libero  spazio  di  mare.  Io  ritengo  che    in  forza   dei   lavori  proposti 
dal  sig.  Cialdi,  lungi  di  averne  gli  effetti  che  egli  si  ripromette,  se  ne  avranno 
effetti  tutt' affatto  contrari;  perchè  le  materie  spinte,  come  egli  dice,   dai  venti 
dominanti  e  specialmente  da  quelli  compresi  fra  l'ovest  e  il  nord,  saranno  get- 
tate, con  maggiore  o  minore  incidenza,  adosso  al  braccio  a  ritroso,  al  quale  non 
giovando  la  verticalità  se  non  nel  caso  che  le  materie  fossero  tutte  spinte  nella 
stessa  sua  direzione,  avverrà  che  le  materie  medesime  andranno  man  mano  de- 
positandovisi  contro  e  finiranno  per  rialzare  sempre  maggiormente  e,  coll'andare 
del  tempo,  ostruire  forse  affatto  l'apertura  che  egli  ha  voluto  lasciare  nella  diga 
occidentale,  E  ciò  che  è  ancor  più  evidente  si  è  che ,   quando   pure   si   volesse 
ammettere  con  lui  la  possibilità  che  gli  accennati  flutti  riflessi  e  diretti,   impe- 
dendo il  deposito  delle  materie  tanto  addosso  al  tronco   di   diga   isolata  quanto 
addosso  al  braccio  a  ritroso,  le  cacciassero   invece   dentro    la   ripetuta  apertura 
scavandone  anche  molto  più  abbasso  il  fondo,  succederebbe  che  coteste  materie, 
all'uscire  dalla  apertura  stessa,  precipiterebbero  al  fondo;  e  quindi,  lungi  dal- 
l'avere ottenuto  che  il  moto  ondoso   sgombrasse   lo   sbocco  del   canal-porto  in 
mare  (sbocco  che  secondo  il  sistema  Cialdi   si    stabilirebbe    alla   estremità  della 
parte  continua  della  diga  di  ovest),  se  ne  avrebbe  invece  una  inevitabile  ostru- 
zione davanti  allo  sbocco  stesso. 

E  quindi  io  mi  confermo  sempre  più  nella  opinione   che  il  piano   del   Porto 
Said,  di  cui  progredisce  lodevolmente  la  esecuzione,  sia  il  solo  conveniente  alle 
condizioni  del  sito;  cioè  che    la    riuscita  della    grande   opera   abbia   a   fondarsi 
sullo  spingere  la  diga  occidentale  avanti  in  mare,  fino  a  che  si  trovi  la  profon- 
dità di  otto  o  dieci  metri,  e  quella  dell'est  sino  al  punto,   giunta   al   quale  le 
due  dighe  si  trovino  in  quella  giusta  relazione  che  è  richiesta  dalla  facile  e  si- 
cura praticabilità  del  canal-porto;  effetto  questo  al  quale,   per  le  ragioni  sopra- 
enunciate,   ho   fiducia  che  noi  potremo  pervenire,   anche   senza    uopo   di  quel- 
l'antemurale davanti  alla  sfociatura  del  canal-porto  che  era  stato  proposto  dagli 
Ingegneri   della  Commissione  internazionale,  e  che,  ad  ogni  modo,   potrà  adot- 
tarsi quando,  spinte  le  due  dighe  fino  alle  divisate  profondità  in  mare,  si  rico- 
scesse  il  bisogno   di   dar   loro   tali    ulteriori   prolungamenti  che   esponessero  a 
spesa  maggiore   di   quella   che   dalla   creazione   del   detto   antemurale   sarebbe 
richiesta. 


SULLA  REGOLAZIONE  DEL  POKTO-SA'lD  24j 

Quantunque  queste  mie  considerazioni  sulle  proposte  che  il  Cialdi  deduce  dai 
principi  da  lui  stabiliti  nella  sua  dotta  opera:   Sul  moto  ondoso  del  mare  eco 
possano  nguardarsi  come  superflue  ad  illuminare  voi,  sig.  Presidente  che  poteie 
prender  consiglio  da  un  uomo  di  tanto  sapere  qual'é  ring.  Chevalì ^    tutta vo 
non  ho  potuto  astenermi  dall' esporvele  francamente,  indottovi  i" 

dPoUreo„aan„C      net3?'0  ^  ^T*^  ?  S»*"  U  SÌStema  che     ""  £ 
guenoo,  quanto  nel  fissare  a  quale  maggiore  distanza  dalle   bocche  del  Nilo  si 

trovasse  ,1  punto  sulla  costa  egiziana  ove  il  sistema  medesimo   potesse  avere  1 
pm  sicura  e  p,u  economica  riuscita.  Onde  io  spero   che  voi  accoglierete  aveste 
considerazioni  colla  cortesia  di  cui  mi  avete  date  altre  prove        g"e'ete  qUeste 
Gradite,  sig.  Presidente,  i  sensi  dell'alta  mia  stima  e  distinta  considerazione. 


Giorn.  kg.  ~  Voi.  XVI.  —  Aprile  1868. 


16 


IL  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 
DELLE  ROTAZIONI  A  PERNO  SFERICO  E  A  CAPSULA  LIBERA. 

(Vedi  pag.  166  e  la  iav.  10.a) 

Secnando  con  (F)  la  forza  comprimente,  che  solo  in  segno  differisce  dalla  ri- 
sultante delle  reazioni  ed  eguaglia  in  tutto  quella  delle  pressioni  e,  "tenuto  che 
la  direzione  della  medesima  faccia  l'angolo  (i)  coli' asse  della  capsula  e  quindi 
l'angolo  (8-0  con  quello  di  compressione,  sarebbero :_FsenJ,9  -i) ,  *  cosi.»-?; 
le  componenti  della  forza  F  dirette  secondo  gli  assi  (ot),(ob)  le  quali  dovendo 
eguagliare  per  l'equilibrio  fra  l'azione  e  la  reazione  rispettivamente  le  analoghe 
componenti  della  risultante  delle  pressioni,  danno  luogo  alle  equazioni: 

F.  sen  (6  —  t)  —  2  r*.  A  /  sen*  (*).  cos  (a;),  sen  (A),  d  x 

F.  cos  (6  -  0  =  ?****  (1  -  cos*  (a  -  6))  +  2  t*A  /  cos*  (ai),  sen  (a;).  A.  d  x 

Eseguite  le  indicale  integrazioni   entro   i   limiti    *  =  (a-6)   ed    x  =  (a  +  Q)  si 
avrebbero  due  equazioni  fra  le  quantità: 

F      . 

,  a,  i 


Zr^A 


d'onde  eliminando  la  prima  si  otterrebbe  una  relazione  fra  gli  *WW,*W 
quale  ne  concederebbe  il  valore  di  (6)  in  funzione  de.  due  angoli  (M ■  .  r  mo 
dei  quali  è  l'angolo  d'apertura  della  capsula  ed  .1  secondo  misura  1  inclina- 
zione  della  forza  premente  all'asse  della  capsula,  angoli  che  s,  penne  nguar- 
dare  siccome  dati  del  problema  dopo  l'esposto  più  sopra.  Avremo  cosi  ,1  valore 
da  sostituire  al  posto  di  (6)  nella  eguaglianza: 

w  =  «)  cos  (w)  li  —  j  tang  (w).  tang  (6)  i 

che  è,  come  abbiam  veduto,  la  soluzione  del  problema  meccanico  che  ne  interessa 
Nell'integrale  definito  (/  sen*  (x).  cos  (x).  sen  (A),  dx)  si  ponga  a  luogo  di  sen  (A) 
il  di  lui  valore  (a;)  suritrovato  e  diverrà: 


i-  f  sen  (*)  cos  (se)  J/sen*  (a)  sen*  (9)  -  (cos  a;-  cos  (a)  cos  w)« .  d  x 
n(8V         v 


sen  (6) 
permutisi  la  variabile  facendo: 

cos  x  —  cos  (a)  cos  (6)  =  y 


PRINCIPIO  FONDAMENTALE  ECC.  243 

e  si  avrà  : 

—  1     n 

sinoo J  (2/  +  cos  (a) cos (e))  '/(sen2 w sen2 wi- ^2) • d y- 

Essendo  il  primo   integrale  esteso  da:  x  -  a  -  6  ad  x  =  (a  +  6)  il  trasformato 
va  esteso  da  y  =  sen  (a)  sen  (0)  ad  y  =  sen  (a)  sen  (6)  il  che  eseguito  si  avrebbe 

+  —  sen  (0)  cos  (6)  sen2  (a)  cos  (a); 

epperò  sostituendo  a  suo  luogo,  la  prima  delle  due  equazioni  sovrascritte  diviene: 
F.  sen  (0  —  i)  =  il.  w.  r*.  sen  (^  cos  ^  sen2  ^  CQS  ^ 

eguaglianza  pienamente  definita.  A  definire  anche  la  seconda  di   quelle  due  oc- 
corre l'integrale  definito  (2  r2  Afcos*  (a)  sen  (*).  A.  dx).  Integrando  per  parti  si  ha, 

fcos^x).  sen  (x).  A.dx  =  A.fcos*x  sen  (x).dx-fA'fcosHx)sen(x).dx 

ove  (A')  segna  la  derivata  prima  della  funzione  (A)  rispetto  alla  (x).  Quella  equa- 
zione equivale  alla: 

/cos2  (a?),  sen  (a).  A.  d  x  =  -  A^^+±fA'cosHx)dx 
ritenendo  per  un  istante  gli  integrali  per  indefiniti.  Ora  si  noti  essere  : 

A  =  Ang.  cos  50lW^co8^cos(6) 
sen  (x)  sen  0 

che  però  segnati  A0,  A,  i  valori  di  (A)  corrispondenti  ai  limiti  dell'integrale  cioè 
ordinatamente  ad  x  =  (a  -  0)  ed  x  =  (a  +  0)  sarebbero:  A1  =  OA0  =  w 

/cos^.sen(a?).A.^  =  +  -|cos3(a--0)+^/A'.cos3(^Ma; 

Derivando  rispetto  ad  {x)  l'eguaglianza: 

cos  (A)  =  cos(fl)-cos(^)cos(0) 
sen  (x)  sen  (0) 
si  ha: 

-A-g.n(A)-cos(e)-cos(a?)cos(^) 
sen  (0)  sen2  {x) 

d'onde  ricordando  il  valore  di  sen  (A) 


A'  = 


[cos  (a?)  cos  (g)  —  cos  (0)].  sen  (x) 


(1  -  cos2  (a?))  |/sen2  (a)  sen2  ^^^^S^m^cm^? 


244  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 

per  cui  la  precedente  eguaglianza  agli  integrali  definiti  diviene: 

S  cos2  (x).  sen  (x).  A.  d  x  —  +  ~  cos3  («  —  6)  + 

1    r sen  (a?).  cos3  (x)  [cos  (a?)  cos  (a)  —  cos  0]  d  x 

+  T J  (i  _  C0S2  (#))  |/sen2  (a)  sen2  (0)  —  (cos  (a?)  —  cos  (a)  cos  (02)) 

facendo  cos  (x)  =  y,  epperò  d  &  sen  (a?)  =  —  dy,  si  ottiene: 

f  cos2  x.  sen  a?.  A.  d  x  =  +  "TT  cos2  (a  ~~  e)  + 

■i.  r  yz  (cos  (6)  —  y.  cos  (a))  <fy 

3  J  (4  _  ^  |/sen2(a)sen2(0)  —  (y  —  cos  (a)  cos  (8)  )2 

L' integrale  rispetto  ad  (x)  va  esteso  da  x  =  (a  —  6)  ad  a?  =  (a  +  0)  e  quello 
rispetto  ad  (y)  da  :  y  =  cos  (a  —  6)  ad  y  ==  cos  (a  +  0). 

Eseguendo  l'integrazione  entro  i  limiti  indicati  e  fatte  le  debite  sostituzioni  a 
suo  luogo  si  ottiene  definitivamente  : 

p  cos  (e  —  ,)  =  |  A  n  r2  (1  —  cos3  (a))  —  A  n  r2  cos  a  sen2  (a),  sen2  (0) 

e  divisa  membro  per  membro  per  la  precedente  ritrovata  cioè  per  la  Fsen  (0  —  i) 

A  n  r2  sen  (0)  cos  (0)  cos  (a)  sen2  (a)  si  ottiene  : 

cos  (6-Q  =  1  w  i  ~  cos2  W !?5W  e    trasferendo    nel 

sen  (0  —  i)         3   ^  sen  (0)  cos  (0).  cos  (a)  sen2  (a)        cos  (0) 

u      .,  f       •       /sen(6)v  cos  (0  —  Q  ,  sen  (0)  _   2 
primo  membro  il  termine   (— -(e))  sen  (0  _  0  +  c^T)  ~  1TX 

1  __  C0S3  (a)  cos  (0  —  i).  cos  (0)  +  sen  (0  —  i\  sen  (0)  . 

A  sen  (0)  cos  (0)  sen2  (a)  cos  (a)  cos  (0).  sen  (0  —  0 


2  1  —  cos3  (a) 


3   sen  (0)  cos  (0)  sen2  (a)  cos  (a) 


la  quale  equivale  alla: 


cos  (Q.  sen  (6) L$X^^f,  d'onde  invertendo  le  fra 

sen  (0)  cos  (i)  —  sen  (•")  cos  (6)        3   /N  cos  (a)  sen2  (a) 
zioni  costituenti  i  due  membri: 

3  cos  (a)  sen2  (a)      ,.  .,   _     . 
!  «  tang  (0.  cot  (0)  =s  ^^L^l  e  di  la  finalmente  : 


DELLE  ROTAZIONI  A  PERNO  SFERICO  ECC.  245 

tang  (e)  =  2.  tang  (i)  ^  __  ^(a^+Ls*  (a)  e(ìuazioIle  che  ne  dona  mediante  eie- 
menti  trigonometrici  l'angolo  (0)  in  funzione  degli  angoli  dati  (*,  a)  e  che  scioglie 
il  problema:  Data  l'inclinazione  (i)  della  forza  premente  all'asse  della  capsula  e 
dato  l'angolo  (a)  d'apertura  di  quest'ultima  determinare  l'angolo  (0)  che  forma 
l'asse  di  compressione  con  quello  della  capsula: 

Sostituendo  nella  :u  =  v.  cos  (co)  j  1  -  -~~  tang  (co)  tang  (0)  l  equazione  risol- 
vente trovata  indietro,  a  luogo  di  tang  (0)  l'esposto  valore  si  ha: 

u  =  v.  cos  (co)  j  i  -  tang  (co),  tang  (ì)  —      *  ~  cos3  W    fa  i 
(  2  —  3.  cos  (a)  +  coss  (a)  C 

Indicando  con  (*)  la  quantità:  1  +  cos  {a)  +  cos^  (a)  quella  eguaglianza  si  può 
scrivere  : 

u  =  v.  cos  (co)  ì  1  —  tang  (co),  tang  (i)  ■    -     l 
C  o  —  z  S 

Amando  conoscere  il  significato  geometrico  della  frazione  0  *    ■  si  moltichi  sotto 

3  —  z 

e  sopra  la  medesima  per  ài  r*  con  che  si  trasforma  nella  equivalente E  T%'  Z 

STzrZ  —  nrV.z' 
Ora  avvisando  il  significato  di  (z)  è  facile  vedere  che  «.  r*.  2  è  la  somma  delle 
aree  delle  tre  figure  concentriche  visibili  nel  seguente  disegno,  cioè  la  somma 
dell'area  del  circolo  maggiore  di  raggio  (r)  del  minore  di  raggio:  r  cos  (a)  e  del- 
l'elisse  che  ha  per  semiassi  detti  due  raggi,  mentre  il  denominatore  3  «  r*  —  tu  t\  z 
segna  la  somma  delle  differenze  dell'area  di  ciascheduna  delle  nominate  figure 
da  quella  del  circolo  massimo  che  è  una  sezione  massima  della  testa  sferica  del- 
l'albero  di  raggio  (r)  mentre  il  circolo  minore  concentrico  è  una  sezion  massima 
della  sfera  concentrica  che  toccherebbe  il  circolo  chiuso  entro  il  bordo  della 
capsula. 

Altro  significato  geometrico  della  frazione—?—   è  il   rapporto:  —    ove    M 

è  il  volume  della  crosta  sferica  compresa  fra  le  superfìci  delle  due  sfere  con- 
centriche ultimamente  citate  ed  N  è  il  quadruplo  del  volume  del  segmento  sfe- 
rico che  è  il  voto  interno  della  capsula. 

Dall'equazione  finale  esposta  si  rileva,  che  il  rapporto  fra  le  velocità  angolari 
dell'albero  e  della  capsula,  benché  dipenda  dall'angolo  d'apertura  di  questa  ul- 
tima e  dagli  angoli  che  fanno  coli' asse  della  capsula  le  direzioni  della  forza  com- 
primente e  dell'albero,  tuttavia  è  indipendente  dalle  dimensioni  della  testa  sfe- 
rica dell'albero  ed  anco  da  quelle  della  capsula  eccettuandone  l'angolo  (a) 
d'apertura  siccome  è  indipendente  dallo  stato  di  lubricità  delle  loro  superfìci 
combacianti  perchè  l'attrito  si  mantenga  sempre  picciolissimo. 

Nell'analisi  dell'attuale  quesito  si  ebbero  implicitamente  a  fare  delle  supposi- 
zioni che  sebbene  in  pratica  si  verificheranno  tuttavia  vogliono  essere  notate  a 
maggiore  esattezza  e  perchè  offrono  i  limiti  entro  i  quali  è  vera  la  trovata  equa- 


246  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 

zione  finale  ed  indicano  con  quali  elementi  cresca  e  con  quali  diminuisca  la  cor- 
condanza  dei  valori  offerti  da  quella  relazione  fra  (v,  u)  e  gli  analoghi  desumibili 
da  pratici  esperimenti. 

i.°  Si  suppone  che  il  lembo  della  capsula  fosse  in  ogni  suo  punto  al  disotto 
della  nomale  all'asse  di  compressione  condotta  pel  centro  della  testa  sferica 
come  alla  fig.a  (2.a).  —  Nel  caso  opposto ,  segnato  in  fig.a  (i.a)  accanto  la  pre- 
cedente, porzione  della  superficie  interna  della  capsula  e  precisamente  quella 
i  cui  punti  si  trovano  al  dissopra  della  normale  all'  asse  di  compressione  non 
soffrirebbe  alcuna  pressione  dalla  testa  sferica  dell'  albero  rotante.  — 

2°  Si  suppose  che  gl'assi  dell'  albero,  della  capsula,  e  quello  detto  di  compres- 
sione giacessero  nello  stesso  piano.  -  Nel  caso  che  l' albero  fosse  inclinato 
dell'  angolo  (oc)  al  piano  degli  altri  due  assi  concorrenti  nominati ,  le  due  rota- 
zioni complementarie  :  v  cos  (co)  v  sen  (co)  della  testa  sferica,  cui  sopra  sarebbero 
invece:  e  cos  (co)  cos  («),  v  sen  (co)  cos  (a)  ed  oltre  a  queste  due  componenti  della 
rotazione  dell'albero  girante  con  velocità  angolare  (v)  avrebbesene  una  terza  in- 
torno  la  normale  al  piano  dei  due  assi  concorrenti  della  capsula  e  detto  di  com- 
pressione, misurata  dalla  velocità  angolare,  v  sen  (a)  che  dovrebbe  essere  con- 
siderata nella  propria  azione  sulla  rotazione  della  capsula  intorno  il  di  lei  asse. 
Quando  la  forza  comprimente  giace  in  direzione  sul  piano  verticale  passante  per 
l'asse  dell'albero  è  nullo  l'angolo  (a)  e  sono  vere  le  formolo  esposte  che  vor- 
rebbero essere  completate  nel  caso  opposto. 

3°  Si  fece  astrazione  dall'influenza  delle  forze  centrifughe  nate  dalle  rotazioni 
sulle  entità  delle  pressioni.  Chiamando  (p.)  il  coefficiente  d'attrito  e  P  la  pres- 
sione sofferta  alla  fine  del  tempo  (0  dal  punto  di  coordinate  (x,  y,  z)  nell'ipotesi 

adottata,  ad  esattezza  invece  di  (P)  si  dovrebbe  porre  (  {  +  ^  T)   ove  T  e  fun" 

zione  intera  rispetto  a  fo)  benché  variabile  colle  (x,  y,  z)  e  col  tempo  (t).  Si  dovrà 
dunque  ritenere  anche  per  questo  00  picciolissimo  a  maggior  esattezza  delle  no- 
stre formole. 
Dunque  le  formole  esposte  sono  vere  sotto  le  seguenti  condizioni  : 

i.°  Che  la  somma  degli  angoli  (a,  6)  sia  minore  di  un  angolo  retto. 

2.°  Che  la  direzione  della  forza  comprimente  giada  nel  piano  degli  assi  del- 
l' albero  e  della  capsula. 

3.°  Che  l'attrito  benché  vario  si  mantenga  sempre  picciolissimo. 
I  risultamene  del  calcolo  si  troveranno  tanto  meglio  corrispondere  ai  fenomeni 
del  pratico  esperimento  quanto  più  tenue  saranno  le  quantità  (a,  ì\  co,  a)  e  quanto 
maggiori  saranno  le  (r,  M)  ove  (M)  designa  il  rapporto  inverso  fra  il  momento 
d'inerzia  della  capsula  rispetto  il  di  lei  asse  di  rotazione  ed  il  momento  d'i- 
nerzia dello  stesso  corpo  intorno  un  asse  normale  al  precedente  e  passante  pel 
centro  della  testa  sferica. 
Alla  pratica  applicazione  della  eguaglianza  :  u  =  v  cos  (co)  j  1  —  tang  (co)  lang(i) 

___!_+ cos  (a)  + cos8  *       l    la      ale  e  la  stessa  risolvente   sovrascrittta   avuto 
3  _  (i  _|_  cos  (a)  +  cos^  (a)  y 
riguardo  alla  identità: 

1  „  C0S3  (a)  _  1  —  cos  (a)  +  cos2  (a) 

^H*  cos  (a)  -f  cos3  {a)  ~  2  —  cos  {a)  —  cos2  (a)  > 


DELLE  ROTAZIONI  A  PERNO  SFERICO  ECC.  247 

occorre  la  preventiva  notizia  degli  angoli  («,  co,  i\  che  ponno  differire  dall'uno 
all'altro  esperimento. 

Non  v'ha  difficoltà  di  sorta  a  conoscere  con  diretta  misura  i  primi  due,  mentre, 
sia  teoricamente  sia  anche  praticamente,  può  trovarsi  qualche  difficoltà  nella  de- 
terminazione del  terzo  il  quale  misura  l'inclinazione  dell'asse  della  capsula  alla 
direzione  di  quella  forza  che  applicata  al  centro  della  testa  sferica  dell'  albero 
rotante  lo  sosterebbe  nella  particolare  sua  posizione  e  direzione  rimarcate  allo 
stabilirsi  dei  moto. 

Nel  caso  in  cui  gli  ordigni  che  tengono  in  rotazione  l'albero  sieno  così  fatti 
da  non  imprimere  al  medesimo  altro  impulso  che  il  giratorio  e  che  1'  albero  alla 
gravità  propria  che  lo  tende  abbassare  non  trovi  altra  resistenza  che  V  appoggio 
della  capsula  e  d'un  punto  situato  nella  propria  direzione  a  costante  distanza 
dal  centro  della  testa  sferica  intorno  al  quale  avesse  ogni  libertà  di  moto  mentre 
l'albero  potesse  anche  scorrere  lungo  la  propria  direzione,  si  avrebbe: 

taM<fi  =    l  tang  (P  ^  *)  +  d-  la"g  («) 
g  w        Idzd.  tang  (p  £h  «)  tang  (a) 

ove  (/)  segna  la  distanza  del  centro  della  testa  sferica  dell'albero  dal  punto  d'ap- 
poggio superiore,  cioè  dal  fulcro  su  cui  ha  libertà  di  girare  e  scivolare  (d)  segna 
la  distanza  del  centro  di  gravità  dell'albero  dallo  stesso  fulcro,  (p)  é  l'angolo 
che  misura  l'inclinazione  dall'asse  della  capsula  alla  verticale,  (<%)  è  l'angolo 
che  misura  l'inclinazione  dell'asse  dell'albero  alla  verticale. 

In  quanto  ai  segni  si  prenderanno  ovunque  i  superiori  se  la  direzione  della 
forza  premente  passa  fra  il  prolungamento  inferiore  dell'albero  e  la  verticale  e 
gli  inferiori  nel  caso  opposto  che  passi  fra  la  verticale  e  l'asse  della  capsula. 

Ma  siccome  generalmente  l'asse  della  capsula  di  pochissimo  s'inclina  alla 
verticale  così  in  genere  si  prenderanno  i  segni  superiori.  L'inclinazione  poi  del- 
l'asse della  capsula  alla  verticale  dipende  dalla  natura  o  forma  della  superfìcie 
sulla  quale  per  un  punto  s'appoggia. 

Quando  la  superficie  d'appoggio  della  capsula  fosse  una  superficie  di  rivolu- 
zione intorno  alla  verticale  passante  pel  centro  della  testa  sferica  dell'albero 
l'asse  della  capsula  rotante  si  troverebbe  pressoché  esaltamente  verticale  e  var- 
rebbe la  forinola: 

...        (/  —  d)  tang  (w) 
lang(t)=  * _. 

/  -f-  d  tang   (co) 

per  essere  in  tal  caso  p-0,  «=rW  e  dovendosi  prendere  i  segni  superiori, 
sostituendo  questo  valore  di  tang  (i)  a  suo  posto  nella  risolvente,  la  si  presen- 
terebbe: 

^  =  .cosH  \* -«-V  tag  M  x  *  + cos  W  + cos2  as  f 

l  +  d  tang2  (co)       2  -  cos  («)  -  cos2  (a)  J 

della  quale  potremo  valersi  ogniqualvolta  l'albero  non  premi  sulla  capsula  che 
in  virtù,  della  propria  gravità  e  l'appoggio  superiore   mantenuto  costantemente 


248  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 

alla  stessa  distanza  dall'  estremità  dell'  albero  consista  in  un  semplice  ficcone 
orizzontale  od  in  un  anello  che  sposi  l' albero  lasciandogli  ogni  libertà  di 
scorrere  nel  medesimo,  il  quale  potesse  ruotare  intorno  un  perno  diametrale  ed 
orizzontale. 

In  ogni  caso  però  torna  più  spedito  e  sicuro  l'avere  l'angolo  (t)  mediante 
pratici  esperimenti  ed  ecco  come:  Si  noti  la  posizione  e  la  direzione  che  ha 
l'albero  rotante  a  moto  stabilito  —  si  tolga  via  la  capsula  e  si  applichi  all'al- 
bero in  un  punto  a  nota  distanza  (d)  dal  centro  della  testa  sferica  una  te- 
nuissima  funicella  la  cui  estremità  libera  si  faccia  quindi  colla  mano  muovere 
sino  a  ricondurre  l'albero  nella  precisa  posizione  e  direzione  notate  nelP  espe- 
rimento colla  capsula  —  si  osservi  l'inclinazione  (e)  della  funicella  tesa  coll'asse 
dell'albero  così  sostenuto  —  si  noti  la  distanza  (/)  che  va  dal  centro  della  testa 
sferica  al  punto  d'appoggio  superiore  intorno  al  quale  l'albero  tenderebbe  girare. 
Chiamando  (p)  il  raggio  della  sezion  normale  fatta  all'  albero  nel  punto  esterno 

cos  (b) 

ove  fu  attaccata  la  funicella  sarebbe  :  p. 7-^  la  distanza  del  piano  di  sezione 

sen  {e) 

dal  punto  ove  il  prolungamento  della  funicella  tesa  incontrerebbe  l'asse  dell'ai- 

cos  (  é\ 

bero  e  però  sarebbe  d —  p W  la  distanza  di  tal  punto  dal  centro   della  testa 

sen  {6j 

sferica.  Si  chiami  (f)  per  un  momento  la  forza  che  tende  la  funicella  e  sarà 
/"sen  (e)  la  di  lei  componente  normale  all'asse  dell'albero.  Per  noto  teorema  di 
statica  la  forza  (f)  può  aversi  per  applicata  al  centro  della  testa  sferica  in  dire- 
zione parallela  a  quella  della  funicella  pur  che  si  tenga  calcolo  della  coppia 
originata  dal  di  lei  trasloco,  coppia  che  nel  nostro  caso  ha  per  momento  :  f  sen 

(cos  (ci  \ 
d  —  p —  ) .  V'ha  una  forza  (x)  che  applicata  al  centro  della   testa   sfe- 
r  sen  (e)  ! 

rica  dell'  albero  normalmente  a  quest5  ultimo  stante  il  di  lei  momento  rispetto  il 

punto  d'appoggio  farebbe  equilibrio  alla  coppia  precedente  ove  agisse  in   senso 

opposto  e  questa  è  data  dalla  equazione: 

cos  (e) 

x  ' 


,  v     /    ,  uos   (V)  \ 

l  =  fsen(e)  (d—p f{) 

'        K  J   \        r  sen  (e)  ! 


sen  (e) 

che  da  : 

/  N   /  j  cos  (e)  \ 

x== __ . 

possiamo  dunque  ritenere  essere  l'albero  sostenuto  nella  di  lui  particolare  dire- 
zione e  posizione  da  due  forze  applicate  al  centro  della  sua  testa  sferica  l'una 
(f)  diretta  parallelamente  alla  funicella  tesa,  cioè  inclinata  dell'angolo  (e)  al- 
l'asse dell'albero  e  l'altra  (x)  perpendicolare  allo  stesso  asse. 

È  facile  trovare  che  la  direzione  delle  risultante  di  tali  due  forze  farà  coll'asse 
dell'albero  l'angolo  la  cui  tangente  (f)  vien  data  dalla  seguente  eguaglianza: 

fsen  (e)  —  x    .   .  I  —  d  ±        , .    ,      p       _.  ,,     .  A.  ,  ....  *     1 

t  ==  ' — ,       ,    .     cioè  t  —  • — ; —  tang  (e)  +  -v .   Di  la  si  tiene  subito  il  valore 
f  cos  (e)  l  l 

di  tang  (0  che  ne  occorre  osservando  essere  V  angolo  di  tangente  (t)  eguale  a 


DELLE  ROTAZIONI  A  PERNO  SFERICO  ECC.  249 

(»  -  i)  epperò  t  =  fo?  (<■>)- tang  (Q  d,ond    ,       !.v  _     taog  (co)  - 1 

1  +  lag  (co)  lag  (0      °nde  tang  <»>  -   i  +  tang  (M)  a   ove  po- 
nendo per  (0  il  suo  valore  si  ha  definitivamente.  g  W 

tang  (0  =  —  .1  JE«Mzl£zi*J?£«  («)  -p 

/+  (f-d)  tang  (co)  tang  (e)  +7Ttang(wj 

Riassumendo  la  eguaglianza: 

«  =  v.  cos  (co)  j  l  -  tang  (co)  tang  («)  *  +  cos  (a)  +  cos'  (g)  j 

2  —  cos  («)  —  cos*  (a)  > 

risolve  il  nostro  problema  meccanico-fisico  sotto  le  tre  condizioni. 

&%t*zs^&zssr?. giaccia  nei,°  *-  *•  - ■* 

ì^-'*»^^  *  »  «   retto,   condì- 

4-  >  tang  ¥)  tang  (a)  *  +  cos  (a)  +  cos*  (a) 

2  —  cos  (a)  —  cos*  (a) 

i/nrf™  Lui"*  .^enchè;ari0  si  mantenga  sempre  picciolissimo. 

ferme  1p  LÌ1  l  C°ndÌZÌ°nÌ  SÌ  pUÓ  t0gliere  faciImente  col  calcolo  il  quale 

ferme  le  altre  due  cond.z.oni,  darebbe  l'equazione  risolvente  più  generale? 

(1)       u  =  v.  cos  (co)  \  1   |   cog(w)cos(0-eo8(n     .1  -f  cos  (a)  +  cos*  (a); 

cos  (co)  cos  (i)         A  r=Tos  (a)  ~  cos*  (a)  ( 

ove  (/)  è  l'angolo  compreso  fra  la  direzione  della  forza  comprimente  e  l'asse 
dell  albero,  e  le  altre  lettere  hanno  lo  stesso  significato  che  sopra!  cioè* 

»  =  velocità  angolare  dell'albero  intorno  il  proprio  asse  a  moto  stabilito 
u  =  velocità  angolare  della  capsula  intorno  il  di  lei  asse  di  simmetria, 
to  -  l'angolo  acuto  che  misura  l'inclinazione  dei  due  assi  indicati. 
a  =  l'angolo  d'apertura  della  capsula  cioè:  l'angolo  compreso  fra   i!  di 
ut  legavo   raggÌ°  C'ie  da'  Centr°  de"a  t6Sta  SferÌCa  ™  a'  *oT2uTsLt 
i=  l'angolo  d'inclinazione  dell'asse  della  capsula  colla   direzione   della 


ggO  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 

Non  è  difficile  togliere  anche  la  seconda  delle  tre  condizioni;  ma  l'equazione 
risolvente  che  riescirebbe  allora  generalissima  si  troverebbe  anche  complicata 
assai  e  di  pochissimo  uso  pratico  dove  verificandosi  quasi  sempre  la  seconda 
condizione  potremmo  usare  dell'ultima  equazione  risolvente  esposta. 

Noto  da  ultimo  che  la  prima  condizione,  potrebbe  essere  espressa  dalla  egua- 
glianza :  j  =  w  -  i  sussistendo  la  quale  l'ultima  più  generale  risolvente  esposta 
coinciderebbe  colla  prima. 

L'equazione  risolvente  più  generale: 

t       cos  (A  _  cos  (w) jmsJO      1  +  cos  (a)  +  cos*>  (a) } 
u  =  v.  cos  (»)  jl  - , — èos  (fii):^tm(M    '  A  2  -  cos  (a)  -  cos* (a)  S 

sussiste  quando  si  verifichino  anche  le  sole  ultime  due  delle  tre  fritte  condi- 
zioni, la  terza  delle  quali  si  deve  ritenere  siccome  un  dato  .nd.spensau  e  del 
problema.  A  completa  soluzione  del  quesito  in  esame  occorre  ora  trovare  1  equa- 
zione risolvente  che  risponda  al  caso,  rarissimo  in  pratica^  in  cui  non  si  verifi- 
casse la  2.»  condizione  in  cui  cioè  risultasse:   a  +  0  >  *  ed  ecco   siccome  lo 

'C<Le°  figure  8  e  9  (Tav.  10)  rappresentano  la  stessa  cosa  benché  l'una  si  presti 
meglio  all'occhio  e  l'altra  al  discorso  della  teorica  geometria  e  l'una  servi  qui 
all'altra  di  sussidio  alla  intelligenza  di  quanto  vengo  ad  esporre. 

Allorché  l'angolo  (pob)  cioè  l'angolo  (a  +  6)  supera  l'angolo   retto   porzione 
della  superficie  interna  capsulare  e  propriamente  quella  segnala  in  nero  si  trova 
al  dissopra  del  piano  condotto  pel  centro  (o)  normalmente  all'  asse  d.   compres- 
sione (ab)  epperò  ricordando  quanto  si  disse  a  proposito  delle  pressioni  e  delle 
lunule  infinitesimali  che  le  rappresenterebbero  all'occhio  è   facile  comprendere 
che  detta  porzione  non  soffra  pressione  di  sorta  dalla   testa  sferica   concentrica 
dell'  albero.  Essendo  1'  attrito  (in  virtù  sola  del  quale  la  capsula  può  venire  in- 
dotta al  moto  dalla  combaciarne  superficie  dell'albero  ruotante)  in   ogni   punto 
proporzionale  alla  pressione  ivi  sofferta  dai  contigui  elementi,  non  e  meno  chiaro 
che  quella  nominata  porzione  della  superficie  capsulare  non  può  influ.re  meno- 
mamente sul  moto  della  capsula  e  dell'albero.  Di  conseguenza  1  efletto  che  ne 
££  "sa  conoscere  coincide  con  quello  che  si  avrebbe,  a  parità  d'ai  ri  elementi 
ove  la    superficie   concava   della  capsula   si   riducesse  alla   «manente  porzione 
(s  a  a  %  b  E)  che  è  la  sola  effettivamente  compressa,  che  reagisca   ad  equilibrare 
la  forza  comprimente  e  che  per  l'attrito  possa  essere  sollecitata  dalla  mcumbente 
testa  sferica  dell'  albero  girante.  Il  ritenere  senza   correzione   le   formole i  ai im- 
trovate  anche  pel  caso  attuale  equivarrebbe  a  supporre  non  nulle,  come  di  fatto, 
ma  negative  le  pressioni  e  gli  attriti  che  hanno  luogo  nei  diversi  punti  di  quel 
porzione  ungulare  della  superficie  concava  della  capsula   che    sovrasta  il  piano 
normale  in  (è)  all'  asse  di  compressione,  mentre  abbiamo  in  ogni  bu'nto  Valuta* 
la  pressione  e  quindi   anche  l'attrito   proporzionalmente  al  coseno  dell  angolo 
d'inclinazione  del  nominato  stabile  asse  al  raggio  vettore  che  dal  ceni*  (o)  med 
al  punto  superficiale  che  si  considera,  coseno  che  è  negat.vo  per  i  punti  situati 
alla  porzione  di  superficie  in  discorso.  tanrW  alla 

Onde  avere  le  formole  esatte  rispondenti  al  caso  nostro  occorre  estendere  alla 
gola  porzione  (s  *  q  z  b  B)  segnata  a  mezze  tinte  gli  integrali    definiti  per  1  ad* 


DELLE  ROTAZIONI  A  PERNO  SFERICO  ECC.  9${ 

dietro  occorsi  ed  estesi  a  tutta  la  interna  superficie  capsulare;  ma  è  ovvia  cosa 
il  prevedere  che  le  espressioni  analitiche  così  ottenute  diverranno  immaginarie 
cioè  assurde  ove  le  volessimo  senza  correzione  applicare  per  i  casi  già  conside- 
rati nei  quali  era:  a  +  0  <~  e  che  nella  sola  singolare  evenienza  in  cui   sia 

esattamente  a+  0  =  ~  le  forinole  avute  sopra  coincideranno  con  quelle   che 

andiamo  ad  ottenere.  L'immaginarietà  che  presenterebbero  desse  volendole  ap- 
plicare fuori  dei  casi  cui  rispondono  non  ebbe  a  presentarsi  nelle  formolo  già 
prodotte  estese  oltre  i  limiti  di  loro  verità  per  il  motivo  accennato  non  è  guari, 
che  al  di  là  dei  confini  entro  il  quale  soltanto  sono  esatte  pel  nostro  quesito  in 
cui  le  pressioni  sono  positive,  rispondono  ad  un  altro  quesito  ove  le  pressioni 
e  gli  attriti  potrebbero  anche  essere  quantità  negative,  quesito  teoricamente 
possibile  benché  praticamente  assurdo  nel  significato  delle  parole  pressione  ed 
attrito  volgarmente  accettato.  È  dunque  impossibile  avere  una  equazione  risol- 
vente, unica,  generalissima,  che  cioè  risponda  a  tutti  i  casi  del  nostro  problema 
meccanico-fisico,  ma  possiamo  nondimeno  presentarne  la  completa  soluzione  me- 
diante due  distinte  formole  1'  una  delle  quali  risponda  ai  casi  contemplati  nella 

diseguaglianza:  a  +  0  <  |  e  l'altra  risponda  a  tutti  gli  altri  designabili  colla 
diseguaglianza:  a  +  0  >  ~  ed  entrambi  al  caso  singolare  in  cui  sussiste  l'e- 
guaglianza: a  +  0  =  2.  Già  venne  esposta  la  prima  di  simili  formole  comple- 

mentarie;  troviamo  ora  la  seconda  seguendo  analogo  processo  analitico,  rite- 
nendo alle  lettere  algebriche  lo  stesso  significato  loro  per  l'addietro  attribuito 
ed  incominciando  dalla  ipotesi  che  la  direzione  della  forza  comprimente  giaccia 
nello  stesso  piano  del  disegno  che  è  quello  degli  assi  dell'albero  e  della  capsula 
per  la  quale  si  troverà  nel  medesimo  eziandio  l'asse  di  compressione. 
Richiamisi  la  forinola  : 


■Si 


dot.  d$.  dt  C 

—^ tir*  P-(v  cos  (<o)  —  u)  sena  («)  -  v  sen  (co)  sen^  (<%)  cos  (a)  cos  (|3)  ( 


a  quale  come  s  ebbe  a  vedere  indietro,  rappresenta  il  differenziale  incremento 
(du)  della  velocità  della  capsula  che  alla  fine  del  tempo  (t)  e  nell'istante  (d  t) 
dessa  riceverebbe  dalla  testa  sferica  dell'albero  rotante,  ove  gli  integrali  ven- 
gano estesi  a  tutta  la  superficie  compressa  della  capsula  che  allora  era  l'intiera 
di  lei  superficie  concava. 

Ora  gli  integrali  stessi  denno  all'  uopo  estendersi  a  quella  porzione  soltanto 
della  superficie  interna  della  capsula  che  abbiam  veduto  sostenere  da  se  tutto 
1  effetto  della  forza  comprimente,  e  però  occorre  determinare  anzitutto  i  .limiti 
algebrici  delle  variabili  («,  p)  fra  i  quali  va  estesa  l'integrazione. 

Intanto  per  essere  (fig.  9.a  tav.  10)  retto  l'angolo  (soz)  ed  eguale  a  (e)  l'angolo  (zoB) 
sarà  l'angolo  (s  o  B)  eguale  a  (|-e)  che  potrebbe  anche  rappresentare  l'an- 
golo d' apertura  di  una  superficie  parziale  capsulare  (z  b  B  s)  segnata   in  tinta 


252  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 

non  nera  ma  più  cupa  nella  figura  dalla  cui  ispezione  appare  anche  gioverà  cal- 
colare separatamente  gli  effetti  inducibili  dalla  testa  sferica  dell'albero  rotante 
sul  moto  giratorio  della  capsula  per  il  confricamento  della  stessa  contro  le  due 
porzioni  distinte  della  superficie  capsulare  (zbBs),  (q  z  s  a),  per  sommarne  in 
seguito  i  trovati  valori,  siccome  faremo  per  lo  appunto. 

Perciò  che  riguarda  la  porzione  (zbBs)  la  quale  costituisce  la  superficie  infe- 
riore dell'incavo  capsulare  è  facile  vedere  che   gli  integrali  vanno   estesi   da: 

p=Oa:p=-eda«=oad«=  ir  ~~  G  mentre  Per  ciò  che  sPetta  raltra  por" 
zione  (qz  s  a)  i  medesimi  vanno  estesi  da  p  —  o  sino  a  p  =  9  (a)  e  quindi  da 
a  =  *  —  e  ad  :  a  =  a  ove  9  (a)  e  il  valore  di  (p)  che  riduce  a  zero  l'espres- 
sione della  pressione  P  scritta  indietro  che  cioè  soddisfa  l'eguaglianza:  cos  (6) 
cos  (a)  +  sen  (e)  sen  (a)  cos  (p)  =  0,  ed  (a)  è  l'angolo  (p  0  B)  d' apertura  della 
capsula.  I  risultamenti  poi  vanno  duplicati  perchè  estendere  gl'integrali  fra  i 
limiti  determinati  equivale  evidentemente  a  considerare  semplicemente  la  metà 
della  superfìcie  compressa  capsulare  e  propriamente  quella  metà  che  trovasi  dalla 
banda  di  chi  guarda  la  figura:  ma  siccome  le  cose  si  passano  con  tutta  corrispon- 
denza e  simmetria  sull'altra  metà  d'essa  superfìcie  sottostante  al  piano  del  di- 
segno ove  giaciono  i  tre  assi  più  volte  nominati  e  la  direzione  della  forza  com- 
primente, così  onde  avere  il  completo  valore  degli  elementi  che  qui  si  cercano 
basterà  raddoppiare  quello  ottenibile  dalla  considerazione  della  sola  semisuperficie 
capsulare  sovrastante  al  piano  della  figura.  Sostituito  nella  espressione  integrale 
cui  sopra  a  luogo  della  P  il  suo  valore  in  funzione  delle  variabili  indipendenti 
(«,  p)  già  da  tempo  avuto  cioè  :  A  (  cos  (6)  cos  (a)  +  sen  (6)  sen  (a)  cos  (p)  )  e  du- 
plicata la  risultante  in  conformità  allo  testé  osservato  si  ha,  posti  a  loro  luogo 
per  maggior  evidenza  i  differenziali  (dt,  da,  rfp). 

2«  f$«  fVp^rij(^cos(w)-w)(cos(0)cos(a)sen3(a)  +  sen(6)senHa)cos(p)~- 

—  v  sen  (w)  (sen^  (a)  cos0-  (a)  cos  (p)  cos  (0)  +  sen?  (a)  cos  (a)  cos0*  (p)  sen  (6)  )  \ 
Estendendo  da  prima  queste  integrazioni  da^0ap=T    e    da   a  =  0    ad 
a  =  ^-0===asitrova;d^^fir*«cosH0)^2(t?cosco  — M)cos(6)--i?sen(co)sen(6) 

espressione  che  misura  l' incremento  differenziale  che  la  capsula  conseguirebbe 
nella  propria  velocità  angolare  (11)  durante  l'istante  (dt)  in  causa  dello  strofina- 
mento che  fa  la  testa  sferica  dell'albero  girante  contro  la  porzione  (zbBs)  della 
di  lei  superficie  interna  compressa.  Estendendo  ora  l'integrazione  da  p  =  0  a 
p  —  cp  (a)  cioè  da  p  —  0  a 

/     cos  6  cos  (a)  \  .ffnnQ/cos  (6)  cos  (a)  \ 

p  =  Ang  cos  (-^^  )  =  «  -  Ang  cos  (  s^(p^  ) 


DELLE  ROTAZIONI  A  PERNO  SFERICO  ECC.  2S3 

e  quindi  eseguendo  anche  la  seconda  integrazione  da  a  =  -  —  e  ad  a  =  a  si 

ottiene  coll'ajuto  di  qualche  ovvia  trasformazione   o   designando  per  brevità  di 
scrittura  con    p)  la  quantità  („  cos  (»)  -  u)  e  con  (q)   la  („  sen  (co))  ed    aggiun 

lMo\lVSTZ;esvressi0tte  otlenula  ultimameite  onde  ™*  «  ^f™»: 

A         (  j 

d/,4Ì?'tr*ì(Pc086-8«se,'6)[2*8en«(a)-cos(a)co8(9)  K(sea»(0)-cos«f«)?  + 

+  (cos  (6)  tf  coss  (6))  Ang  cos   (  cos  (a)-\  _ 

\  sen  (8)  / 

~W(«)AngC0S(S^^ 

|/(sen*(6)-co8«(«))~  4  p  cos  («)  ^  (sen»  6  -  cos»  (a))  -f 

+  ip  sen*  (6)  -  p  sen*  (6)  -  I  ?  Sen3  (8)  cos  (8) (  Ang  cos  f  ^-(fl,)  ì  ! 

*  \  sen  (8)  /  j  ' 

È  questa  la  misura  dell'impulso  differenziale  acceleratore,  e  meglio,  l'incremento 
stantaneo  di  velocità  angolare  comunicato  alla  capsula  dalla  testa  sferica  dTal° 
ben,  che  v.  si.mpernia:  eguagliandola  a  zero  avremo  la  cercata  equazione  £ 
solvente  d'onde  ne  sarà  facile  avere  il  valore  della  („)  espresso  meSiante  la  (l) 
e  quella  equazione  può  essere  tosto  liberata  dalla  quantità  iV^Hehe  mol- 
tiplica tutti  i  di  lei  termini.  4 

Si  noti  non  esservi  termine  nella  scritta  espressione  il  quale  non  vi  trovi  mol 
hp licato  per  (p)  o  per  (g)  che  là  entrano  linearmente  e  che  pero  ugnando  con" 

itìnrT       ??"'  T.ltÌP'iCatÌ  Per  (P)  e  con  ^  parimenti  Lemma 3 a  tri 

■molhphcau  per  (9)  sarebbe  p.X  +  j.  Y=0  l'equazione  cercata  dove  (X  f>  non 

sono  formate  che  di  quantità  numeriche  e  delle  («,  e)  cioè  sostituendo  ali  ?<*Z 

.  rispettivi  equivali  (. cos <„)-«, Yseu  W)SqLnstS"ffi 


d'onde  ricavasi 


(»  cos  <ù  —  w).X  + 1?  sen  (w).  F=  0 
«  __ Xcos_((o) -f  y sen  (&>) 

11      ~  V 


254  PRINCIPIO   FONDAMENTALE 

Facendo  per  brevità  sen  («)  =  «,  cos  (a)  =  6,  sen  (co)  =  5,  cos  (a>)  =  e  , 
sen  (e)  =  a?,  cos  6  =  y  si  avrebbe  : 

y.b 


(cy^sx)  [2««*-  6y  j/^-ft«+(y+y8)Angcos  (|)  -2a*Angcos(|^)]  + 
+  {c+±sl)(W-&b)  \/&=b*~-kcb  |/^rp+[,(4^-^)-|^2/]Angcos(-) 

+  (y8  +  y4  +  4  fa?  -  p*)  ÀDg  COS    (  -|  )  -  *  «*  |f  Allg    COS  (  |^  ) 

equazione  risolvente,  che  è  per  disavventura  assai  complicata,  ma  che  per  buona 
ventura  invece  assai  di  rado  occorrerà  in  pratica  applicazione  come  già  si  os- 
servava. 

u        X  cos  (co)  +  Y  sen  (co)  __ 
Nella  esposta  equazione  risolvente,  cioè  nella  —  = ^ 

Y 

=  cos  (co)  +  sen  (co)  -^  dove  sono  : 

X    =    2    n    ak   y    _    (fc   y8   +   4    &   +   0«    &    ~   2    6»)     j/tf2    _    &2  + 

+  (y2  -f  y*  +  4  a?2  --  a?*)  Ang  cos  (-)  —2  a4  y  Ang  cos  (|-^  ) 

f^-^^  +  ^^^-t^^ 

ossia  per  essere  x^  -\-y<2  =  ì 

(2)    {  +  (2  +  *2)  Ang  cos    (|  )   -  2  aK  y.  Ang  cos   (j^) 

-Y=na*x—y-b*  |/5*=&*+»y  Angcos  (-  )  -  a4  a?  Ang  cos  (~  X~ ) 

l'angolo  (6)  del  quale  (x,y)  sono  il  seno  ed  il  coseno  è  un  incognita  il  cui  va- 
lore vuole  essere  trovato  mediante  le  equazioni  che  esprimono  l5  equilibrio  fra 
la  forza  comprimente  e  la  risultante  delle  reazioni  che  è  quella  stessa  delle  pres- 
sioni volta  in  contrario  senso.  Appoggiandosi  allo  stesso  ragionamento  ed  alle 
stesse  formole  altrove  usate  solo  variando  siccome  conviene  al  caso  nostro  ì  li- 
miti delle  integrali  che  occorrono,  si  ottengono  le  due  seguenti  equazioni  affatto 

analoghe  a  quelle  già  esposte  relativamente  al  caso  in  cui  era  a  +  y<C-^    ed 


DELLE  ROTAZIONI  A   PERNO   SFERICO   ECC.  255 

ove  F  ed  (i)  tengono  l'identico  significato  là  attribuito  loro  e  le  altre  lettere  sono 
le  abbreviature  qui  convenute. 


(3) 


o  r 

F.  cos  (0  -  i)  =  -pt  r*  y  +  (5  62  —  2)  J- 1/(^  r55  -  (63  +  |  «2  ^) 


(  *-Angcos  (  ^))+Angtang  l/^  +  ^  +  ^Z^2  - 
-Angtangl/^  +  ^  +  ^Zlg] 


«o?~6^  +  62__^ 


F.  sen  (0  -0  =  Ìi  ,  *  j  ^  +  ^(3^-1)   ^_ 

3    p  %  x  yx 


b*  + 


+  Y  ^bx  y(«-Angcos(|^\  ) 


Dividendo  l'una  per  l'altra,  membro  per  membro,  queste  due  equazioni  scom- 
paiono dalla  risultante  le  quantità  (F,  p  ?%)  ed  il  primo  di  lei  membro  sarebbe: 


sen  (0)  sen  (•) 

^s~(0rsen"(O  °d  anche  usand0  le  abb^viature 

mentre  il  di  lei  secondo  membro  non  conter- 


C0S   (6"~0CÌOG-CQS   (6)-C0S   W     ■ 

sen  (0  —  i)        '  sen  (0)  cos  (1)  — 

convenute l^^(0_4^iien  « 
x.  cos  (i)  —  y.  sen  (1)  ? 

rebbe  che  le  sole  quantità  letterali  (x,  y,  a,  b)  le  prime  due  delle  quali  sono  il 
seno  ed  il  coseno  dell'angolo  incognito  (0)  che  come  si  disse  convien  scoprire 
mediante  tale  equazione.  Associando  alla  risultante  di  che  parlasi  l'equazione 
caratteristica:  x*  +  y*  =:  {  avremo  quanto  basta  a  scoprire  il  valore  delle  (x,  y) 
cioè  delle  quantità  trigonometriche  sen  (0),  cos  (0),  che  vuole  essere  sostituito  a 
loro  luogo  nelle  (2)  onde  dalla  (1)  risulti  eliminato  l'angolo  (0)  ed  introdotto  in- 
vece l'angolo  (1)  che  si  deve  reputare  noto  dopo  quanto  si  disse  in  proposito. 
Non  potendosi  in  termini  finiti  effettuare  detta  eliminazione  della  (0)  dalla  ri- 

sen  («)  ~  stante  la  forma  trascendente  delle  (3)  la  ri- 


u 


solvente  —  =  cos  (co) 


solvente  istessa  ossia  la  soluzione  del  quesito  nostro  meccanico-fisico  deve   con- 
sistere nella  simultanea  sussistenza  delle  tre  equazioni  : 


Y 

=  cos  (w)  —  sen  (c*>)  —  ;  y*  4-  0*  -=  J 


y  cos  (j)  -f-  x  sen  (ì) 
a?  cos  (i)  —  y  sen(0 


K(i-b*--~azbx^+y(~bi~-i)  j/^zrp  + 


-       3 


*  %  X  r 


256  PRINCIPIO  FONDAMENTALE 

+  (  &a+  --  a*bxA  Ang  cos  (  y~  )  +  Ang  tan  (9)  —  Ang  tang  (<|/) 

3  /  y  b  \ 
—  «afta  y  Ang  cos  (  —  ) 

dove: 


_  ,  /&  y  +  g  qg  +  &«  —  qga  ■  A  g  +  a  x  +  x*  ~  *>2 

V-y  ax-by  +  x*—  b*  '  V  ax  —  by+W-x* 

ed  X,  F  hanno  i  valori  scritti  nelle  (2).  Fin  qui  si  è  supposto  che  la  direzione 
della  forza  comprimente  giacesse  nello  stesso  piano  ove  si  trovano  l'asse  del- 
l'albero e  quello  della  capsula;  ma,  siccome  per  l'altro  caso  già  esaminato,  le 
attuali  formole  si  generalizzano  immediatamente  bastando  a  ciò  porre  nella: 
u  Y  ,  „  .  cos  (j)  —  cos  (co)  cos  (0 
—  =  cos  (co)  — •  sen  (co)  -y  a  luogo  di  sen  (co)  la  frazione  ■ — ^-z-x 

1     u    a-        ?      u        —/ni   ces  (co)  cos  (Q  —  cos  (y)        Y        m  tiene  wm 
per  lo  che  diverrà  :  • —  =  cos  (co)  -\ gen  ,  ^ X  ~%  ove  U;  ueue  1 l 

dentico  significato  attribuitole  parlando  dell'altro  caso.  Pongo  fine  a  questa  nota 
osservando  che  le  attuali  formole  di  risoluzione  divengono  quelle  già  trovate  per 
1'  altro  caso  quando  vi  si  faccia  b  =  x  sotto  i  radicali  visibili  ed  insieme  b  =  x 

ed  y  —  a  nelle  espressioni  Ang  cos  (  —  ).  Non  che  queste  formole  abbraccino 

entrambi  i  casi,  mentre  avvisando  il  significato  delle  lettere  (x,y,ab)  é  facile 
vedere  che  le  due  eguaglianze  b  —  x,  y  —  a  siccome  ripetizione  l' una  dell'  altra 
devono  sussistere  insieme  e  non  possono  essere  vere  separatamente.  Qualora  si 
ponesse  dapertutto  in  tali  formole  b  —  x,  y  —  a  desse  risponderebbero  evidente- 
mente al  caso  singolare  in  cui  è  {a  +  0)  =  -^  ed  in  cui  esclusivamente  coincidono 
le  due  equazioni  risolventi  complementarie. 


PALAZZO  MUNICIPALE  DI  GUBBIO  (Umbria). 


(Vedi  Tav.  13,  14  e  15. 


Fra  li  varii  palazzi  municipali,  veri  monumenti  d'arte  che  Italia  possiede, 
quello  di  Gubbio  è  ben  meritevole  d'esser  maggiormente  conosciuto,  e  per  l'ac- 
certamento di  data  e  di  provenienza,  per  le  grandiosità  di  sue  proporzioni,  e 
finalmente  per  ispecialità  tutte  sue  proprie. 

Andiamo  debitori  all'eccellente  mio  amico  Ing.  Baldelli  dei  disegni  dettagliati 
che  presentiamo,  da  noi  ridotti  a  minor  scala  nelle  parli  meno  interessanti.  Noi 
nelle  brevi  visite  fatte  a  quel  monumento  non  avremmo  avuto  campo  di  misu- 
rarlo conscienziosamente. 

Siede  il  municipio  di  Gubbio  a  ridosso  d'uno  dei  controfforti  dell'Appennino 
non  distante  da  Perugia,  e  sulle  parti  più  elevate  della  Città  sorge  appunto  il 
Palazzo  municipale,  il  quale  trovandosi  così  quasi  in  centro  di  essa,  la  di  cui 
piazza  egli  ricinge  su  due  lati,  non  è  a  dire  quanta  imponenza  presenti  nel  suo 
complesso. 

Nel  1321  il  Comune  di  Gubbio  ne  commetteva  l'incarico  d'idearlo  a  certo 
Matteo  di  Giannello,  di  Masseo,  sovranominato  Gatapone,  nativo  di  Gubbio  stesso, 
ed  uno  dei  migliori  architetti  del  suo  tempo.  L'accessibilità  a  detto  Palazzo  dai 
vari  quartieri  della  Città  posti  a  diversi  piani,  il  dover  quello,  secondo  il  pro- 
gramma, servire  a  più  usi,  inoltre  le  sostruzioni  richieste  a  sopportarvi  una 
piazza  in  parte  pensile,  e  finalmente  il  dovere  P  edifizio  figurare  del  pari  nobil- 
mente su  ben  quattro  lati,  erano  condizioni,  a  vincere  felicemente  le  quali  richie- 
devasi  un  non  comune  talento.  Ma  la  fama  di  Gatapone  era  già  radicata.  Vediamo 
quanto  storicamente  ed  artisticamente  interessi  nel  monumento ,  che  presimo 
ad  esporre. 

Trovavasi  del  1381  il  Municipio  di  Gubbio  in  florido  stato,  cacciati  da  un  secolo 
e  mezzo  i  Ghibellini  che  ne  tenevano  il  dominio,  pensarono  gli  ottimati  a  rea- 
lizzare l'erezione  di  un  pubblico  palazzo  il  quale  meglio  che  il  preesistente, 
detto  di  S.  Giuliano,  rispondesse  all'opulenza  ed  alla  dignitosa  rappresentanza 
del  Comune. 

Laonde,  come  rilevasi  da  atti  autentici  membranacei,  nel  14  dicemb.  di  quel- 
l'anno li  Consoli  prò  tempore  assistiti  dai  Deputati  de'vari  quartieri  della  Città, 
proposero  la  riforma  del  vecchio,  e  la  costruzione  del  nuovo,  con  condizioni  in 
parte  già  sovra  comunicate.  D'ordine  di  Filippo  del  signor  Fortebraccio  di  Pistoja 
in  allora  Capitano  dei  popolo,  si  radunò  in  quel  giorno  il  generale  gran  Consiglio, 
il  quale  fu  portato  a  ben  100  Membri  fra  ordinari  e  straordinari,  onde  la  deter- 
minazione venisse  quanto  si  potesse  ufficialmente  pronunziata.  Pietro  di  Ghipense- 
Ghipensi  o  Barardelli,  illustre  giureconsulto,  e  giudice  consulente,  riferì  e  motivò 
Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVL  —  Aprile  1868.  17 


258  PALAZZO   MUNICIPALE 

la  proposta,  osservando  (riflessione  non  inutile  notare  ai  tempi  che  corrono), 
come  non  si  dovesse  gravare  il  Comune  di  usura  per  detta  impresa,  e  che  il 
sacrifizio  si  condividesse  equamente  fra  i  quattro  quartieri  del  Municipio. 

Nel  19  gennajo  1322  fu  poi  la  proposta  finalmente  adottata,  e  si  decretò  l'erezione 
del  nuovo  Palazzo,  e  dietro  la  proposizione  del  già  menzionato  Barardelli  si  trascel- 
sero tre  persone  di  confidenza  per  ogni  singolo  quartiere,  le  quali,  unitamente  a 
Bino  e  Filippo  Gabrielli,  e  Lello  del  Conte  Gabrielli,  ed  altri  dodici  Prudenti,  prece- 
dentemente eletti,  avessero  ad  assumere  il  disimpegno  degli  incombenti,  e  l'assi- 
stenza alla  nuova  fabbrica,  con  pieno  arbitrio  di  ordinare  al  proposito,  riservato 
però,  come  oggi  direbbesi,  un  volo  di  particolare  fiducia  al  Conte  Gabrielli,  seb- 
bene residente  in  Perugia.  Questi,  nelle  loro  sedute  particolari  avvisati  gli  incom- 
benti più  prossimi  alle  fondazioni  del  monumento,  e  fissatene  eglino  stessi  varie 
delle  principali  dimensioni,  si  divisero  fra  loro  i  vari  uffici  dell'alternata  ed  im- 
mediata assistenza  alle  opere. 

Dall'acquisto  di  case  a  demolirsi,  e  di  terreni  a  disporsi,  e  dai  materiali  in 
sasso  a  prepararsi  da' vicini  monti,  pare  doversi  ripetere  il  tempo  assai  lungo 
dalle  determinazioni  del  Consiglio,  all' incominciamento  reale  delle  opere,  le 
quali  ebbero  principio  soltanto  nel  1332,  come  sta  scritto  sull'architrave  della 
porta  maggiore  verso  la  piazza,  ove  si  legge  «  A  Dnì  1332  chomenciata  questa  opera  » , 
e  la  pietra  fu  posta  nell'ottobre  del  1335.  Vi  si  osservano  pure  gli  stemmi  della 
Chiesa,  di  Roberto  Re  di  Napoli  e  del  Municipio  Eugubino. 

Ma  il  tempo  apparentemente  dianzi  sciupato,  venne  compensalo  nell'atto  pra- 
tico, in  quanto  che  rilevasi  da  documenti  del  pari  autentici,  che  nel  1339,  cioè 
7  anni  dacché  fu  cominciata,  ella  era  avanzata  assai,  e  che  nel  1346  già  i  Consoli 
ed  il  Gonfaloniere  ne  abitavano  la  parte  minore,  la  occidentale. 

Nel  1349-50  fu  decretato  il  proseguimento  dei  due  corpi  dell' edifizio ,  giacché 
le  parti  destinate  al  Municipio  procedevano  con  certa  lentezza,  e  non  s'erano  co- 
strutti che  gli  acquedotti  delle  fonti  interne  ed  esterne,  e,  quarantanni  dopò, 
1'  ardimentosa  torretta  del  Campanile. 

Incidentemente  alle  costruzioni  sorreggenti  la  Piazza,  osserveremo  come  quel 
tratto  di  fabbricato  congiunto  ai  succennato  Palazzo  del  Podestà  fu  costrutto  con- 
temporaneamente, come  può  sicuramente  argomentarsi  dal  meraviglioso  interno 
che  sorregge  il  terreno,  e  va  riunirsi  all'altro  palazzo  municipale. 

Nel  1361  si  prosegui  in  parte  il  lavoro,  ma  nuovamente  interrotto  per  un  secolo, 
fu  soltanto  ai  19  gennajo  che  si  decretò  di  condurlo  a  fine,  e  fu  allora  che  ven- 
nero costrutti  gli  arconi  reggenti  la  parte  meridionale  della  Piazza,  abbandonando 
il  pensiero  di  continuare  quel  tratto  secondo  il  disegno  originale,  giusta  il  quale 
quello  doveva  con  ulteriori  costruzioni  unirsi  all'  altro  braccio  di  fabbricato  de- 
stinato ad  uso  carceri.  Soltanto  nel  1488  fu  stipulato  il  contratto  per  l'esecu- 
zione delle  scale. 

Circa  la  metà  del  XVI  secolo  si  ordinò  la  continuazione  dell' edifizio,  e  si  co- 
struirono in  mattoni  le  volte  del  salone  superiore  nelle  camere  del  Consiglio,  e 
nelle  altre  poste  a  tramontana,  le  quali  tutte  comechè  ben  condotte,  si  scostano 
però  dal  primitivo  stile  dell' edifizio,  ed  appalesano  quello  dell'epoca  in  cui  fu- 
rono fatte.  E  fu  pure  nella  stessa  epoca  che  si  fecero  pavimenti  ed  altre  opere 
accessorie,  e  si  ammodernò  sgraziatamente  l'antico  fonte. 

Rendasi  qui  un  omaggio  ai  Capi-mastri  che  eseguirono  ben  plausibilmente  tali 
opere,  coi  tramandar  alla  storia  i  nomi  dei  principali.  Essi  sono  Baldelli  Sanzusi, 


DI  GUBBIO  259 

Ventura  di  Giovanni  e  suoi  Socj,  che  oggi  diremmo  sua  Squadra  :  più  tardi  Mario 
e  Mascolo  Praitelli  e  Socj,  e  nel  1349  Mastro  Ventura  e  Socj. 

Oltre  alPedifizio  destinato  alla  residenza  del  Gonfaloniere  e  dei  Consoli,  altro 
pur  doveva  essere  costrutto  per  la  dimora  del  Capitano  del  popolo  ,  del  Podestà 
e  di  tutti  gli  altri  ufficiali  di  giustizia,  e  questo,  chiamato  Pretorio,  congiungen- 
dosi  al  primo  per  mezzo  d'una  gran  piazza  interposta,  ne  doveva  formare  una 
mole  imponente. 

Considerando  ora  artisticamente  il  monumento,  egli,  nel  maestoso  suo  aspetto 
nella  severa  tinta  della  sua  merlatura,  nella  sua  torre  terminale,  porta  l' impronta 
viva  dei  tempi  di  mezzo,  e  richiama  l'indole  ed  i  costumi  degli  Avi.  I  due  Corpi 
elevati  che  ne  costituiscono  l'assieme  separato  per  una  tratta  di  M.  60  sono 
riuniti  da  una  gran  muraglia,  compita  soltanto  pel  tratto  di  M.  20,  essendolo  nel 
rimanente  per  mezzo  di  volti  sostenuti  temporariamente  da  pilastri.  Cotal  mu- 
raghone,  ardita  costruzione,  è  nella  sua  lunghezza  scompartito  da  sei  gran  vani 
o  stanze  a  volte  emisferiche,  e  queste  stanze  pel  tratto  compiuto  di  M  20  son 
dimezzati  con  muro,  e  nell'altezza  con  volte  in  pietra  a  sesto  scemo. 

I  due  corpi  della  fabbrica  isolati  in  origine,  e  costrutti  come  fu  detto  nel  1332 
olirono  all'esterno  uno  dei  primi  esempi,  nella  decorrenza  del  secolo  XIV  in  cui 
si  sieno  usati  gli  archi  a  tutto  sesto  non  misti  cogli  acuti,  segnando  così  il  ri- 
torno al  pien  centro. 

La  parte  su  cui  s'innalza  la  torre,  è  la  più  compita,  ossia  che  presenta  minor 
deturpazione  per  posteriori  innovazioni.  È  rafforzala  da  rinfianchi  o  contrafforti 
del  genere  d'architettura  lombarda  al  cui  stile  lo  scrivente  riferirebbe  l'intero 
monumento,  con  rispetto  a  chi  crede  diversamente.  I  contrafforti  così  poco  spor- 
genti, alla  maniera  romanica,  hanno  un  carattere  di  solidità  misto  a  leggiadria 
D  essi  sono  divisi  alla  ricorrenza  de' piani  da  ricorsi  o  cornici,  e  la  loro  proie- 
zione e  maggiore  alle  basi,  e  decrescente  ai  vari  piani  d'altezza.  Superiormente 
terminano  in  uno  spluvio  alla  maniera  gotica,  a  guarentigia  delle  parti  sotto- 
stanti. I  contrafforti  d'angolo  accompagnano  l'edilìzio  in  tutta  la  sua  altezza  di 
intermedi  giungono  soltanto  al  parapetto  del  secondo  ordine  di  finestre 

E  di  grazioso  aspetto  la  cornice  del  finimento  superiore  formata  da  archetti 
sorretti  da  mesole  alle  quali  fanno  corona  i  merli  superiori  piani,  ed  a  lecere 
spluvio,  ai  quali  corre  parallello  un  ballatojo  praticabile  e  scoperto,  ricorrente 
su  lutti  i  lati  dell' edifizio.  Sono  poi  caratteristiche  le  modanature  delle  cornici 
dentellate  che  ricorrono  all'imposte  delle  finestre  del  secondo  piano,  e  che  mi- 
rano sovra  le  ghiere  delle  medesime.  Le  bifore  del  primo  piano  sono  di  non 
comune  bellezza.  Elleno  sono  sormontate  da  ghiglie,  con  rose  fra  gli  archetti 
e  quali  come  le  porte  principali  hanno  stipiti  con  modanature  rientranti  profi- 
late sul  e  diagonali  secondo  il  sistema  gotico,  e  contornate  da  bastoni  intagliati 
e  da  colonne,  entrambi  riccamente  dorate. 

Leggiadra  a  un  tempo  e  ardimentosa  è  la  torretta  del  Campanile.  Ella  posa 
sul  falso,  di  maniera  che  i  quattro  pilastri  che  la  formano  hanno  tre  lati  cadenti 
per  meta  a  strapiombo,  non  solo  sopra  il  ballattojo  summenzionato,  ma  pur  anche 
sovra  un  secondo  ordine  di  mensoline.  Malgrado  le  sue  elevatezze,  che  il  mar- 
chese Scipione  Maffei  asserisce  pari  a  quelle  del  Campanile  di  S.  Marco  in  Venezia 
e  la  sua  relativa  strettezza,  una  scaletta  spirale  dal  centro  della  sua  base  con- 
duce al  ballatojo  scoperto,  e  da  quello  all'edicola  delle  campane 
Sulla  fronte  a  levante  appaiono  in  alto  le  tracce  di  una    porta,  e  di  un  ver- 


260  PALAZZO  MUNICIPALE 

rone  da   dove  forse  secondo  la  consuetudine   di   quell'epoca   comunicavasi  al 
popolo  i  decreti  e  le  sentenze  emanate  dai  Consoli. 

L'avancorpo  dell'edilìzio  volto  a  mezzogiorno  è  di  minor  altezza,  e  non  ter- 
minato al  suo  coronamento.  Spicca  ivi  l'ardimento  dell'Architetto  per  le  molte 
aperture  praticate  in  mura  di  non  rilevanti  grossezze.  Una  cimasa  inclinata  sulla 
quale  posano  dei  pilastri  reggenti  degli  archi  acuti,  unici  in  tutto  l'edilìzio,  sono 
indizi  come  ivi  si  pensasse  a  costrurre  una  scala  che  dal  basso  della  Città  con- 
ducesse alla  piazza  posta  fra  i  due  ediftzi:  opera  o  per  vicissitudini  politiche,  o 
per  mancanza  d'i  mezzi  rimasta  sospesa. 

Ciò  che  v'  ha  di  più  originale,  concetto  fosse  unico  nel  suo  genere,  è  la  scala 
che  sulla  fronte  orientale  della  piazza  mette  alla  gran  sala  del  primo  piano. 
Sul  dosso  di  un  arco  rampante,  all'uso  gotico,  un'ardita  e  maestosa  scala  va  a 
riunirsi  colla  massima  leggerezza  e  solidità,  ed  arte  somma  alla  piatta  banda 
sospesa  da  mesole  e  sopra  d'un  arco  scemo,  grazie  al  quale  ordinamento  si  può 
comodamente  accedere  alli  sottoposti  ambienti  che  stanno  a  livello  della  piazza. 
L'edifizio  del  quale  si  descrissero  sin  qui  le  parti  esteriori  era  destinato  pei 
Consoli  della  Repubblica:  l'altro  che  sorgevagli  rimpetto ,  e  destinato  come  fu 
detto  a  servir  di  Pretorio  è  più  severo,  più  semplice,  e  quale  richiedeva  lo  scopo 
a  cui  era  destinato. 

Ivi  la  forma  primitiva  è  svisata  affatto,  e  per  la  mancanza  totale  del  corona- 
mento e  merlatura,  e  del  braccio  dove  trovasi  la  scala,  e  pelle  deturpazioni 
che  posteriormente  praticaronsi  ai  fìnestroni  ed  alle  aperture  irregolari  con 
danno  della  sua  originaria  euritmia.  Questa  parte  di  fabbrica  inoltre  stata  mole- 
stata per  la  costruzione  di  nuove  vòlte  onde  ricovrare  l'archivio,  e  di  muri  ag- 
giunti sopra  le  vòlte  originali  onde  utilizzare  gli  ambienti  per  carceri,  trovasi 
in  istato  molto  scadente,  ed  abbisognerebbe  di  venir  restaurato,  col  sollevarlo 
prima  d'ogn'  altro  dal  sovracarico  dell'opere  aggiunte. 

A  ridosso  di  detto  fabbricato  oltre  la  metà  del  XVI  secolo  fu  innalzato  altro 
edilìzio  pessimamente  condotto ,  e  in  stile  diverso  e  che  nasconde  la  fronte  ori- 
ginale del  palazzo  verso  tramontana. 

Dalla  parte  interna  dei  due  edifizi  i  locali  corrispondenti  sotto  alla  piazza,  nei 
quali  ora  stanno  l'Archivio  notarile,  e  il  Monte  di  Pietà,  anticamente  servir  do- 
vevano pella  forza  pubblica,  per  carceri  e  per  l'Annona  frumentaria  ed  olearia, 
e  simili  altri  generi  di  pubblica  esigenza  che  i  nostri  maggiori  sapevano  saggia- 
■mprjtp  nntivedere. 

Qual  edilìzio  destinato  a  raccogliere  i  reggitori  d'una  forte  repubblica  il  palazzo 
municipale  di  Gubbio  manifesta  tosto  nel  suo  ordinamento  l'eccelso  suo  scopo. 
Ivi  Magistrati  repubblicani  dovevano  trovarsi  in  intimo  rapporto  col  popolose 
conservare  in  pari  tempo  gelosamente  il  loro  potere  aristocratico  ,  e  la  severità 
nell'esercizio  delle  leggi.  Coerentemente  a  tali  esigenze  ivi  le  parti  inferiori 
apronsi  con  facile  accesso  al  popolo,  e  li  piani  superiori  appaiono  destinati  solo 
ai  patrizi  deliberanti.  Se  pel  primo  esigevasi  fossero  patenti  gli  accessi,  dove- 
vano li  secondi  apparire  non  penetrabili  alla  moltitudine  e  perciò  a  quella 
celati:  e  il  Gatapone  penetrato  del  diverso  scopo  seppe  con  mirabile  ingegno 
corrispondervi. 

Le  mura  di  entrambi  gli  edilìzi,  sono  costrutte  con  pietra  calcare  tolta  dai 
vicini  monti  Calvo,  ed  Ingino,  a  filari  ben  squadrati  e  nulla  lasciano  a  deside- 
rare nella  loro  perfetta  esecuzione. 


DI  GUBBIO  264 

Passando  ora  a  far  parola  delle  parti  interne,  il  pian  terreno  fu  dal  Gatapone 
destinato  agli  uffizi;  e' in  questo  edificò  la  gran  sala  lunga  M.  30  e  larga  M.  13.80 
alta  M.  13.20  dove  adunavasi  il  popolo.  Questa  unitamente  alla  sua  spaziosa  vòlta 
riceve  luce  da  varie  finestre  praticate  su  tre  de' suoi  lati. 

Ivi  prendevano  possesso  i  Magistrati,  quivi  presentavansi  le  Chiavi  del  muni- 
cipio al  Contestabile,  e  quivi  adunavasi  l'assemblea  popolare  formata,  come  pre- 
tendesi  da  ben  800  persone. 

Vuoisi  che  questa  sala  fosse  dipinta  a  fresco;  e  v'ha  probabilità  che  lo  fosse 
giacché  osservasi  pur  tuttavia  qualche  traccia  di  dipinto  nell'arco  vicino  alla 
porta  che  conduce  alla  scala  superiore.  È  ben  a  lacrimarsi  lo  sciupio  di  simili 
pitture  avvenute  in  massima  parte  pella  gretta  noncuranza  del  volgo;  in  quanto 
che  astrazion  fatta  dall'artistico  od  almeno  archeologico  loro  pregio,  esse  ci  a- 
vrebbero  conservalo  memoria  di  fatti  storici  locali,  e  di  persone  che  onorarono 
coi  loro  nomi  i  fasti  della  patria. 

Vi  esiste  però  un  affresco  benissimo  conservato,  opera  del  valente  artista 
Guido  Palmerucci,  nel  1342,  rappresentante  nostra  Signora  sedente  in  trono  col 
bambino  fra  le  braccia,  ed  ai  lati  S.  Ubaldo  vestito  pontificalmente  e  S  Gio- 
vanni Battista. 

Una  scala  piuttosto  angusta  porta  da  detta  sala  al  piano  superiore  ed  alla 
terrazza,  ad  ambedue  li  quali  siti  era  vietato  al  popolo  l'accesso.  Di  due  altre 
porte  esistenti,  l'una  angustissima  mette  ai  piani  inferiori  degli  uffizi,  l'altra  ai 
balcone,  il  quale,  perchè  in  deperimento,  fu  vandalicamente  distrutto  nei  corrente 
secolo  che  tanto  si  decanta  per  civiltà  e  progresso. 

Nei  rinfianchi  dell'estradosso  della  volta  del  salone  si  formarono  delle  stan- 
zette al  doppio  oggetto  di  non  caricare  questa  con  eccedenza  di  peso,  e  per 
gettare  dai  pertugi  ivi  praticati,  dei  sassi  sulla  sottoposta  plebe  se  tumultuante 
si  ammutinasse.  Altri  vogliono,  e  ragionevolmente,  che  quivi  si  riponessero  le 
carte  come  in  archivj;  ne  avrebbe  infatti  potuto  immaginarsi  sito  né  più  segreto 
né  più  sano,  né  più  sicuro  per  tal  uso.  Nel  sommo  della  vòlta  esiste  tuttavia 
un'apertura  dalla  quale  a  quanto  si  dice,  il  Consiglio  notificava  al  popolo  le 
sue  deliberazioni. 

Finalmente  nell'angolo  a  man  dritta  entrando  dalla  porta  d'ingresso  verso 
piazza  osservasi  uno  sfondo  semicircolare  che  va  restringendosi,  e  che  può  far 
credere  che  ivi  esistesse  un  camino.  Lasciata  la  porta  che  conduce  alla  scala  ed 
alla  terrazza,  da  questa  passavasi  alla  Cappella  ove  in  una  parete  lesesi  a  ca- 
ratteri gotici: 

Ordlnibus  vestris  fidem  ne  rumpite  Cives 
Venite  concordes  si  latum  cupitis  earum. 

QUIDQUID    CONSULITIS   PATRLE   DECERNITE    RECTUM 

Damnorum  memores  qvm  jam  fecere  parentes. 
M.  CCCC  LXI. 

Uscendo  dalla  medesima,  a  metà  circa  dell'erta  ed  angusta  scala  trovansi  le 
stanzette  già  visitate  formate  sull'estradosso  della  vòlta  salendo  oltre  e  volgendo 
a  sinistra  giungesi  al  piano  superiore;  primo  si  presenta  una  sala  in  volta  con 
lunette  posate  su  mesole,  di  opera  posteriore,  che  il  Massei  attribuisce  alla  mela 


262  PALAZZO  MUNICIPALE  DI  GUBBIO 

circa  del  secolo  XVI.  In  questo  piano  radunavansi  i  Consoli  della  Repubblica ,  i 
quali  da  tre  porte  venivano  guarentiti  dalle  aggressioni  del  popolo. 

Oltre  alla  sicurezza  il  Gatapone  pensò  eziandio  alla  comodità;  epperciò  ivi 
volle  porre  una  fontana  della  quale  vedonsi  ancora  gli  avanzi  mal  restaurati  ;  e 
supponendo  poi  òhe  il  popolo  tumultuante  potesse  anche  tagliare  il  corso  delle 
acque  ivi  condotte  da  oltre  un  miglio  di  distanza,  per  mezzo  di  un  condotto, 
opera  arditissima,  che  si  attribuisce  pure  allo  stesso  Gatapone,  egli  ideò  di  for- 
mare sopra  la  volta  della  stessa  sala  un  deposito  d'acqua,  che  ancora  dopo  tanti 
secoli  è  intatto  ed  atto  a  conservarla. 

Gli  altri  ambienti  attigui  a  questa  sala  sono  pur  essi,  secondo  il  Massei,  di  più 
recente  costruzione  per  cui  senza  demolirli  non  può  formarsi  una  giusta  idea  come 
il  Gatapone  avesse  disposto  tutto  questo  piano,  al  quale  corrispondono  e  la  pitto- 
resca loggia  che  domina  tutta  la  pianura  Engubina,  e  la  scala  spirale  già  notata 
che  ascende  al  campanile,  ed  al  ballatojo  decorrente  tutto  Pedifizio. 

Già  facemmo  parola  dell'  altra  parte  del  palazzo  accennando  le  deturpazioni 
cui  soggiacque.  Nell'esame  dell'interno  risalta  un  nuovo  ed  ardimentoso  concetto 
del  Gatapone  il  quale  dal  pian  di  terra  al  tetto  piantò  ivi  un  pilone  centrale 
ottagono  dal  quale  si  sviluppano  gli  archi  delle  quattro  vòlte  a  sesto  scemo  in 
ciascuno  dei  quattro  piani  sovrapposti  l'un  l'altro. 

Per  ultimo  merita  d'essere  notato  quel  condotto  o  fogna  praticabile,  che  cir- 
conda la  fabbrica  per  la  lunghezza  di  ben  200  metri,  destinato  al  triplice  oggetto 
d'allontanare  l'umidità  provveniente  dai  circostanti  terreni,  di  raccorrò  e  fugare 
le  acque  di  scolo  dal  tetto  e  dal  terrazzo,  e  per  ultimo  di  spurgare  le  latrine. 

Visitando  in  dettaglio  questa  Costruzione  non  si  può  a  meno  di  concludere 
che  tanto  V  esterno  che  l' interno  sono  esteticamente  ammirabili ,  e  che  così  il 
Palazzo  municipale,  come  il  Pretorio  sono  un  vero  modello  di  semplicità  e  gran- 
diosità riunite,  e  di  convenienza  allo  scopo,  pregi  che  cotanto  desidererebbonsi 
in  molti  de'  pubblici  edilìzi  moderni. 

C.  Edoardo  Mella. 


RIVISTA  DI  GIORNALI  E  NOTIZIE  VARIE 


CORSO  DI   CELERIMENSURA 

NEL     R.    ISTITUTO     TECNICO     SUFEUIORE 

(Anno  5.°,  1867-68) 


Santo  delle  lezioni  del  mese  di  Aprile  f  868. 

Diamo  questa  volta ,  invece  del  solito  sunto ,  tutta  intiera  la  rimarchevole  lezione  di  ottica 
tecnologica  di  domenica  19  aprile  sul  Cleps,  alla  quale  assistevano  in  gran  numero  ingegneri 
di^ogni  età,  ansiosi  di  far  conoscenza  col  nuovo  strumento  di  celeriniensura,  che  prende  oggidì 
il  posto  del  tacheometro,  e  diamo  al  seguito  le  risposte  stale  date  dal  professore  Domenica  26 
alle  varie  obiezioni  che  gli  sono  state  indirizzate. 

Il  Professore  non  presentò  come  aveva  annunciato,  un  solo,  ma  due  Cleps  di  seconda  gran- 
dezza, e  ne  spiegò  la  composizione,  e  fece  conoscere  le  funzioni  di  tutte  le  parti  loro  con  quella 
chiarezza  di  eloquio  che  è  propria  di  chi  possiede  a  fondo  la  materia ,  e  si  sente  forte  contro 
tutte  le  contingibili  objezioni. 

Il  Profess.  esordì  col  definire  alquanto  eslesamente  quella  celeriniensura  di  cui  tanti  in  prima 
parlavano,  benché  pochi  ne  conoscessero  la  vera  indole,  la  vera  altissima  portata;  ei  proseguì 
descrivendo  gli  strumenti  che  s'ergevano  sui  loro  eleganti  tripodi  da  un  lato  della  sala,  e  con- 
cluse accennando  ai  vantaggi  impareggiabili  che  ne  sentirà  il  paese,  quando  gl'ingegneri  lutti 
si  saranno  assuefatti  ad  impiegare  il  Cleps,  ma  ad  impiegarlo  non  già  per  redigere  gl'imperfet- 
tissimi studi  di  cui  per  lo  addietro  bisognava,  nella  impossibilità  di  far  meglio ,  star  contenti , 
bensì  per  introdurre  nell'arte  dell'ingegnere  una  riforma  radicale,  per  imprimere  in  tutte  le  sue 
operazioni  colla  celerità,  e  1'  economia ,  la  comprovabilità  la  più  generale ,  e  la  certezza  la  più 
assoluta,  le  quali  migliorie  sono  state  il  vero  scopo  della  celeriniensura. 

Prima  del  19  Aprile  i  più  convinti  dubitavano  ancora,  ma  al  finire  della  lezione  del  19  i  più 
ostinati  avversari  della  celeriniensura  erano  vinti,  e  se  l'assurdo,  di  fronte  ad  essa,  di  quegli  usi 
e  pregiudizi  la  cui  forza  è  tutta  nelle  loro  antichità,  da  alcuni  pochi  ancor  non  era  confessato, 
era  però  da  tulti  evidentemente  in  cuor  loro  riconosciuto.  L' obiezione  sola  poi  che  i  più  con- 
vinti prima  del  19  ancor  movessero,  la  difficoltà  cioè  di  procurarsi  gli  strumenti,  era  combattuta 
vittoriosamente  dalla  presenza  di  quattro  strumenti  eseguiti  interamente  in  Milano  da  operai 
italiani,  e  dalla  certezza  conseguente,  di  che  all'  Italia  oggi  mai  è  assicurata  la  gloria  del  risor- 
gimento delle  arti  di  alta  precisione,  che  brillarono  di  viva  luce  in  Germania,  ai  tempi  di  Frauen- 
hoffer,  ma  assenti  dall'Italia  dopo  la  morte  di  Amici,  sono  decadute  oggidì,  od  almeno  stazio- 
narie in  tutta  Europa. 

Salutiamo  dunque  il  risorgimento  loro,  che  punge  questa  volta  sull'orizzonte  italiano. 

La  Redazione, 


264  RIVISTA  DI  GIORNALI 

OTTICA  TECNOLOGICA. 
Lezione  XV. 

Giacché  V  innocente  monossillabo  Cleps  ha  prodotto  oggi  il  magico  effetto  di  adunare  in  questa 
sala  numerosi  uditori ,  per  molti  de'  quali  è  nuovo  l' istrumento ,  ma  è  nuovo  forse  non  meno 
il  suo  vero  scopo,  m' è  duopo  esordire  con  pochi  cenni  di  definizione  della  celerimensura,  per  il 
più  comodo  esercizio  della  quale  il  Cleps  è  stato  immaginato. 

Quella  nuova  geodesia  che  oggidì  transitoriamente,  e  fino  alla  non  lontana  naturale  estinzione 
dell'antica,  si  distingue  in  Francia  col  nome  speciale  di  tacheometrie,  qui  di  celerimensura,  può 
dirsi  nata  in  Inghilterra  colla  invenzione  del  teodolite. 

Il  teodolite  fu  quivi,  ed  è  ancora  oggidì,  lo  strumento  unico  degli  agrimensori  (Land-surveyors) 
quantunque  più  raffinato,  particolarmente  in  Germania,  abbia  potuto  nel  corrente  secolo  accedere 
all'alta  geodesia. 

La  celerimensura  s'accrebbe  di  alcune  invenzioni,  tra  le  quali  la  stadia  stata  immaginata  per 
misurar  le  distanze  da  William  Green  nel  1769 ,  ma  quella  stadia ,  che  è  ancora  per  molti  la 
comune  stadia  d'  oggidì,  era  stata  concepita,  otticamente  parlando,  nel  peccato  originale,  era  cioè 
per  più  motivi  radicali  inesatta,  né  potea  competer  colla  misura  diretta  in  veruna  maniera.  Mo- 
tivo per  cui  si  continuarono  a  vedere  e  si  vedono  ancora  oggidì,  tempi  di  libertà,  uomini  due  a  due 
apparigliati  trascinare  sotto  la  sferza  del  sole  la  catena  pei  campi,  ed  ubbidire  penosamente  agli 
ordini  di  un  ingegnere  che  si  affaccenda  a  farli  rigar  dritto. 

Essa ,  la  stadia ,  fu  resa  invece  esattissima  nel  1824-  coli'  invenzione  italiana  dell'  anallatismo 
centrale,  ed  oggidì  non  la  s' impiega  più  a  misurar  le  distanze,  delle  quali  non  si  fa  in  celeri- 
mensura verun  uso,  bensì  a  misurare  direttamente  sopra  la  medesima  un  elemento  lineare,  siccome 
il  vedremo  più  oltre,  se  ne  avanzerà  il  tempo. 

La  celerimensura  continuò  a  ricevere  incrementi  importantissimi  ed  a  perfezionarsi  in  tutti  e 
tre  i  rami  in  che  Puissant  distingue  la  geodesia  generale,  vale  a  dire,  geodesia  alta,  topografia, 
agrimensura,  e  quanto  al  ramo  del  livellamento,  si  trovò  questo  naturalmente  assorbito  da  che 
divenne  universalmente  sentita  la  necessità  di  considerare  sempre  contemporaneamente  le  tre 
coordinate  x,  y,  z  ;  {x,  y  per  la  planimensura,  z  per  la  ipsometria). 

Allora  fu  che  si  trovarono  mezzi  facili,  pronti  ed  economici  di  ottenerle  tutte  e  tre  con  una 
sola  osservazione,  e  divenne  inutile  affatto  qualunque  misurazione  diretta  od  indiretta  delle  distanze. 

D'altra  parte,  passando  a  considerare  i  postulati  moderni  dell'arte,  prodigiosamente  ingran- 
diti da  nuovi  bisogni  dei  grandi  lavori  pubblici  moderni,  noi  troviamo  dappertutto  la  necessità 
di  determinare  sempre ,  e  per  ogni  punto ,  tutte  tre  le  coordinate ,  ed  averle  tutte  tre  nume- 
ricamente scritte,  e  questa  necessità  i  più  grandi  giureconsulti  contemporanei  la  trovano  urgente 
perfino  nelle  operazioni  censuarie  (1). 

Egl'è  dunque  per  arrivare  a  questo  punto,  egl'  è  per  arrivarvi  speditamente  ed  economica- 
mente, che  il  Cleps  è  stato  immaginato. 

Quai  dati  convenga  a  tal  fine  raccogliere  sul  terreno,  con  quali  formole  calcolare  x,  y,  z 
apparisce  dal  quadro  seguente: 


Dati  raccolti  per  ogni  punto  coli'  istrumento 


Quantità   cercate 
x,y,z 


(1)  La  acclività  anche  pochissima  del  terreno  in  un  senso  piuttosto  che  nell'altro  è  elemento  della  facoltà 
produttiva,  perciò  del  valore,  come  la  irrigabilità,  la  prosciugabilità,  i  diritti  attivi  e  passivi  di  scolo, 
la  servitù  altius  non  tollendi ,  cose  tutte  che  non  sono  altrimenti  determinabili  in  modo  preciso  ,  che 
per  mezzo  della  coordinata  z,  vale  a  dire  che  il  livellamento  generale  del  suolo  italico  è  una  neces- 
sità, anche  solo  per  un  catasto  fiscale,  come  pur  troppo  per  inconcepibile  errore  sono  ancora  i  catasti 
italiani.  Vedasi  del  resto  il  Giornale  dell' Ingegnere-Architetto  dal  1863  al  1868,  e  le  molte  pubblica- 
zioni in  proposito  del  prof.  Porro  e  del  Cav.  Robernier,  presidente  alla  Corte  imperiale  di  Montpellier. 


E  NOTIZIE  VARIE 

Formole 

x  =  (a  —  b)  sen2  <t.  sen  e 
y  =  (a  —  b)  sen2  9.  cos  « 
5  =  (a  —  é)  sen  <?.  cos  ?  —  0, 01  (a  +  b) 


265 


Niuno  pero  si  spaventi  della  difficoltà  e  della  immensa  congerie  di  calcoli  a  cui  darebbe  Iuoro 
un  operazione  alquanto  estesa  se  si  dovessero  impiegare  le  tavole  logaritmiche,  tutti  questi  cal- 
coli si  lanno  in  meno  di  un  minuto  di  tempo  per  ogni  punto  e  per  tutte  tre  le  coordinate  colla 
scala  di  Gunter  o  col  circolo  calcolatore;  ed  in  quanto  alla  difficoltà  loro,  basti  il  rammentare 
che  i  soldati  del  Genio  Militare  piemontese  li   facevano  molto  bene  dopo  tre  giorni  di   pratico 
esercizio   in  quel  breve  spazio  di  tempo,  e   ciò  dopo   pochi   giorni  di   appropriata   istruzione. 
Vedasi  spiegazione  pratica  sull'uso  della  scala  logaritmica. 
-  Mi  si  domanda  da  taluno,  se  col  Cleps  si  potrebbe  fare  un  profilo  in  lungo  od  in  traverso? 
Potrei  rispondere  che  si,   e  dire  con  quali   rimarchevoli  vantaggi  sui   comuni   livelli   ciò   si 
potrebbe  fare,  ma  preferisco  di  rispondere  a  quell'attardato  che. ciò  domanda  con  rammentargli 
che  non  occorre  più  a'di  nostri  parlar  di  profili  se  non  se  in  architettura  e  facendogli  osservare 
enee  tempo,  gran  tempo,  di  veder  finalmente  generalizzato  fra  gl'ingegneri  civili  per  lo  studio  e 
per  la  redazione  dei  progetti  il  metodo  da  tempo  immemorabile  in  uso  presso  gli  ingegneri  mili- 
cortan  ™fr     "f»"''  ^f"^  ^  eÌdÌPsometri(;i.  '  ««»«  »°n  solo  bastano,  senza  che  oc- 
ìnsXT       '  a  qUf°  dÌ  °he  ÌD  FÌma  SÌ  era  USÌ  a  coa'«"^si,  ma  a  tutto  ciò  che  con 

-  La  celerimensura,  al  punto  in  che  è  giunta  presso  l'Istituto  Tecnico  Superiore  di  Milano 
altro  non  e  che  la  geodesia,  tutta  la  geodesia,  niente  più  che  la  geodesia;  essa  è  la  geodesia 
generale  presa  al  punto  del  suo  più  avanzato  progresso.  g 

La  celerimensura  ha  tra  l'altre  cose,   per  le   operazioni  che  in  pria  si  dicevano  di  geodesia 

alta,  metodi  e  strumenti  per  ottenere  in  tre  sere  ciò  che  Biot  non  ottenne  a  Formentera  in  quattro 

mesi  e  mezzo  d,  veglie  e  di  fatiche;  ha  mezzi  e  strumenti  per  ottenere,   in  qualunque  azimut 

con  proporzionata  speditezza  e  con  esimia  precisione  la  vera  curvità  della  superficie   idrostatica 

stata    nrn;I  lm^~^  «  ™  anche  in  ristrettissimo  spazio,  la  qual  cosa  non  era 

ZL h/  ,  T."  f  P°SSÌbile'  beMhè  già  M  f°SSe  rico»osciu^  da  P^ecchi  anni  la 
necessita,  atteso  che  le  .rregolantà  locali  della  curvatura  medesima  non  sono  trascurabili  neppure 
ne  lavori  di  ristretta  estensione  (1).  neppure 

-  La  celerimensura  ha,  ancora  in  geodesia  alta,  metodi  e  strumenti  per  misurare  le  basi  tri 
fonometriche  nel  ,         di  (empo>  e  con  esa(tezz     che  non  P  ««r     ^i| 

e  germanici  in  verghe  di  platino,  od  a  cuneo  di  cristallo,  di  Borda,  e  di  Bessel 

-  La  celerimensura  ha  poi  metodi  e  strumenti  per  le  operazioni  tutte  di  topografia   di  agr'i- 
odes!   I    r  eDt0-  °PeraZ1°nÌ  Ch6  "  COmpleSS°  COmP°^ono  3^  «he  si  pnò'ch  am    e 

alerà  ng  ^^  "  ***  *  ^  ^^  "'  Pia"°'  ta  Valle'  in  mo<Ì  9^» 
galleria  e  ne  più  cupi  sotterranei  e  nei  pozzi  delle  miniere 

-  Ma  se  la  celerimensura  ha  da  recare  tutti  i  suoi  vantaggi  bisogna  che   con   essa   iirhr«ià 
.pari  la  riforma  degli  ancora  qui  vigenti  metodi  di  studio  l progetti,  bisogna  eh  TvIZl 

"a^lSol  :rd0U0'  blS°gna  ^  ^  -PP—'-.Po„eS grafica,  Lp^n'e" 
erela  „;!•,,  Sm°Psleslr'nunz"  totalmente  al  volerla  mero-metrica,  bisogna  ricono- 

sct.e   a  necessita  di  una  amplissima  e  facile  comprovabilità  generale  in  tulli  i  sensi  ed  in  Zi 
P.u  mimmo  dettaglio,  e  questa  comprovabi.ità  bisogna  cercarla  nella  natura  stessa  del.:  reS 

«  -e  troverai  di  fi!  g^di  £,£?'  '  ^  <  "  P"6  <~re  ^  "#»  P™'«*  -rimona» 


2gg  RIVISTA  DI  GIORNALI 

geometriche,  bisogna  volerla  indipendente  affatto  dall'umano  ^..^^^ 
deve  assorellar  egli  stesso  i  propri  lavori  a  siffatte  comprovazioni  intelligibili  a  tutti,  ne  in 
ìul  più  mai  Pretendere  ut  juretur  in  verbo  magistri,  che  è  titolo  il  più  infido  della  certezza 

6  ^"ll  rapporto  di  esattezza  finale  bisogna  che  venga  di  motto  elevato,  bisogna  che  spariscano 
dai  regolamenti  censuari  le  larghe  tolleranze  che  si  veggono  accordate  ancora  oggidì  presso  tutte 
f  US  sulle  mappe  di  catasto,  bisogna  che  gl'ingegneri  rinunzino  al  valersi  ne' loro  lavori 
di  quette  inaccettabili  mappe  colle  quali  ei  non  possono  che  ingannare  se  stessi, .  loro  commet- 

^otes'tiCilSi  poi  imporla  grandemente  che  si  ottengano,  a  questi  bisogni  occorre  si  soddi- 
sfaccia con  grande  economia  di  tempo  e  di  denaro,  con  grande  economia  pure  di  altra  più 
leziosa  merce  voglio  dire  con  economia  di  talento  e  di  cognizioni;  bisogna  che  cess.  la  neces- 
sità di  sprecare  sui  campi  l'alta  educazione  scientifica  di  un  ingegnere,  bisogna  che  perciò  i  pro- 
cedimenti ed  il  maneggio  de' strumenti  geodesie!,  siano  facili  cosi  che  si  possano  materia  mente 
imparare  dagl'impiegati  inferiori  di  ogni  ingegnere;  bisogna  poi  che  gli  strumenti  resistano  a 
tutti  gli  strapazzi  contingibili  in  campagna  ed  in  ogni  maniera  di  trasporti,  né  ad  ogni  pie  so- 
spinto occorrano  le  interminabili  rettificazioni  che  tutti  sanno. 

Queste  sopo  le  condizioni  a  che  si  tratta  di  soddisfare,  orbene,  quali  e  quanti  esser  debbono 
di  strumenti  della  nuova  geodesia?  di  quali  elementi  composti? 

Se  la  intiera  geodesia,  considerata  sotto  l'aspetto  suo  il  più  generale,  si  riduce  ad  un  pro- 
blema unico  quello  di  determinare  la  posizione  di  un  punto  nello  spazio ,  per  rispetto  a  re 
assi  dati  di  posizione,  come  mai  credere  che  a  risolvere  indefinitamente  sempre  lo  stesso  sempli- 
cissimo unico  problema  siano  necessari!  tanti  strumenti  quanti  se  ne  vedono  figurare  nei  cataloghi 
dei  costruttori,  tanti  procedimenti  come  si  vanno  leggendo  pe'  libri,  ed  insegnando  ancora  oggidì 

"""uno  dunque,  un  solo  strumento.  Il  Clefs,  tre  solii  procedimenti:  il  radiometrico,  il  radiotomico, 

''  Uscendo  ai  giardinieri  ed  ai  muratori  lo  squadro  cosi  detto  agrimensorio,  mandando  in  oblio  . 
la  tavola  pretoriana,  gloria  un  tempo  d'Italia,  ed  oggidì  ben  degna  di  occupare  un  posto  disinto 
Lei  museo'd  antichità  alla  data  1S76 ,  altrove  però  proibita  per  decreto  (Belgio  1836) ,  altrove 
disusata  altrove  ancora  (in  Inghilterra)  non  mai  stala  riconosciuta  come  geodes.co  strumento,  no, 
t  oriamo  che  in  tutte  le  sue  varietà  un  vero  strumento  di  geodesia  qualunque  s,  compone  d 
due  cTcoli  e  di  un  cannocchiale,  e  talora  di  un  ago  magnetico,  non  troviamo  differenze  da  uno 
ad  un  altro  stromento  che  nella  grandezza  e  nelle  accessorie  disposizioni. 

Aggio  iamo  la  reticola  di  Green  coli' anallatissimo  centrale,  aggiungerne  ancora  un  circolo 
di  poszione  all'oculare  come  lo  si  usa  in  astronomia,  ed  avremo  tutti  gì  elementi  del  C  epa. 

Complicato  sento  dir  da  taluno.  Compio?  e  sia  pure,  non  mai  tanto  complicalo  pe  o 
nuanlo  un  comune  orologio  da  tasca  di  cui  si  servono  benissimo  e  con  successo  perfino  <  nos  ri 
cocchieri  senz"  saper  «/fico  dell'isocronismo,  dello  spirale;  sì,  o  signori,  il  paragone  e  giusto, 

lo  si  vedrà  più  innanzi.  .  , 

Onesti  elementi  or  ora  li  vedremo  tutti  nel  cleps,  diciamo  due  parole  crea  1  ufficio  loro. 

Coll'aw  magnetico  si  orienta  nel  meridiano  terrestre  il  diametro  zero  del  circolo  azimutale. 
Del  livello  ognuno  conosce  le  funzioni.  Col  cannocchiale  si  appunta  l'oggetto,  e  della  direzione 
della  visuale  si  leggono  ai  due  circoli  l'azimut  e  l'apozenit,  e  quando  si  fa  uso  detta  mira-stadia 
si  lessono  nella  reticola  due  numeri  a,  b  che  sono  espressi  in  centimetri  o  meglio  in  pari,  | 
della  mira.  La  differenza  a  -  b  fra  questi  due  numeri  costituisce  l'elemento  lineare  .«disperi 
sabile  in  ogni  combinazione  di  triangoli  (1),  finalmente  facendo  uso  del  circolo  .di  posizione  si 
ottengono  le  inclinazioni  trasverse  alle  visuali  piane,  non  note  all'  antica  geodesia. 

Le  visuali  piane  sono  elementi  del  fecondissimo  e  speditissimo  procedimento  conoidico. 

11  procedimento  conoidico  consiste  nello  avviluppare  le  forme  salienti  del  terreno  in  un  po- 
liedro tangente  formato  da  piani  dati  di  posizione  mediante   la   posizione  di  due  linee  di  pei 

ti)  Era  esposta  sul  quadro  la  figura  dei  triangoli  a  cui  »'  allude. 


E  NOTIZIE  VARIE  267 

denza  coniugate,  la  figura  del  terreno  stesso  rappresentata  a  curve  orizzontali,  o  se  la  si  vuole 
la  equazione  generale  per  punti  di  tutta  la  sua  superficie  espressa  numericamente  in  x,  y  z'  se 
ne  deduce  quindi  con  mezzi  che  sarebbero  qui  troppo  lunghi  a  spiegare  (1). 

Si  orienta  coli' ago  magnetico?  osserva  taluno;  ma  si  va  dunque  soggetta  tutte  le  variazioni 
diurne,  mensili,  annuali,  secolari  ed  accidentali  nella  sua  direzione;  variazioni  che  senza  rispetto 
ai  regolamenti  né  alle  decisioni  ufficiali  (2),  son  governati  da' prepotenti  fenomeni  della  natura  la 
cui  legge  non  è  conosciuta. 

M' affretto  dunque  a  spiegare  che  l'ago  magnetico  nel  cleps  non  interviene  come  elemento  di  pre- 
cisione, bensì  come  elemento  d'ordine,  e  che  in  celerimensura  si  hanno  sempre  mezzi  geometrici 
esatti  per  conoscere  volta  per  volta,  stazione  per  stazione,  lo  stato  dell'ago,  anzi  per  dedurne 
la  misura  e  la  posizione  della  causa  locale  inducente  una  variazione  di  modo  che  ben  lungi 
dal  nuocere,  le  variazioni  locali  dell'ago  possono  contribuire  meglio  di  una  sonda  a  scoprire  le  mi- 
niere di  ferro,  di  nichel,  o  di  cobalto,  e,  determinandone  la  intensità  d'azione,  che  è  uno  degl'ef- 
ficienti del  calcolo  del  volume  metallico ,  determinare  anche  le  tre  coordinate  del  suo  centro  di 
gravità.  Ciò  fu  fatto  in  vai  di  Polcevera  nel  1834  per  la  montagna  serpentinosa  di  nome  Bocca 
Corvi. 

Il  Cleps  avrebbe  dunque  da  essere  uno  strumento  del  tipo  teodolite,  e  più  particolarmente  del 
teodolite  inglese,  ma  a  proporzionare  le  dimensioni  di  questo  tipo,  ai  desiderali  di  sopra  som- 
mariamente espressi  l' istrumento  riuscirebbe  soverchiamente  voluminoso,  il  cannocchiale  sempre 
troppo  debole,  l'insieme  troppo  delicato  per  resistere  agli  strapazzi  di  campagna. 

Fu  mestieri  quindi  trovare  il  modo  di  costruire  e  dividere  dei  circoli  di  piccolissimo  diametro 
in  altrettante  parti  e  con  altrettanza  esattezza  quanta  prima  non  se  ne  otteneva  che  da  rari 
artisti  in  Europa,  e  con  diametri  molto  più  grandi. 

Con  ciò  il  volume  dell' istrumento  ha  potuto  essere  notevolmente  diminuito  ed  il  cannocchiale 
che  ne  e  l'anima  ha  potuto  acquistare  tutta  la  necessaria  potenza  mantenendosi  tuttavia  in  di 
mensioni  ancora  accettabili. 

~  Pf.  ^"ar?,e  rendere  pratÌCa  la  celeri™ns<™  *e  a  prima  giunta  si  presenta  come  una 
massa  di  difficolta  insormontabili,  e  sarebbe  in  vero  cogl' antichi  strumenti  ■•dativamente  impos- 
sibile, era  dunqne  mestieri  portare  arditamente  la  mano  nell'arte  stessa  del  costruttore  era  ne- 
cessano  di  illam  fondita  evertere,  era  necessario  di  non  spaventarsi  delle  obiezioni  che  pro- 
venivano in  gran  copia  e  furia  dall'impotenza,  dall'ignoranza,  dalla  mala  volontà  di  gente  a 
v,sta  corta,  e  gu.data  solo  da  male  inteso  interesse  (e  ciò  in  Milano  come,  sebbene  meno  violen- 
temente in  Parigi),  era  necessario  innovargli  in  mano  la  lima,  il  tornio,  gl'utensili  tutti,  e  poi 
pagarla  bene  lasciandogli  i  profitti  dell'avvenire.  Era  necessario  immergersi  nelle  teorie  ot- 
tiche le  più  avanzate,  per  potere  poi  nella  ottica  officina  portare  nuove  paste  di  vetro,  metodi 
nuovi  per  eseguire  con  facilità,  con  sicurezza,  con  precisione,  con  economia,  ciò  che  non  s'era 
ottenuto  mai   prima,  né  a  Monaco  né  a  Parigi  se  non  talora  per  caso,  e   sempre  a  carissimo 

Ma  passiamo  per  brevità  sulle  difficoltà  inerenti  allo  stato  attuale  di  un'arte  che  è  oggidì  sta- 
zionam,  se  non  decadente  in  tutta  Europa,  di  un'arte  però  che  presenta  nella  Filotecnica 
n  Milano  i  primi  sintomi  del  suo  risorgimento.   Ciò  sia   detto  a  maggior  merito  di  que'pochi 

iti?»  UT°  "        "aSCere  la  Fil0teC,1ÌCa'  tra  »  ^Uali  fregio  direttore  di  fiueslo  instLto. 
Faxtnt  Vii  che  possa  questo  iniziato  risorgimento  compiersi  a  total  gloria  italiana 
Ciò  augurato  passiamo  ad  enumerare  ad  uno  ad  uno,  sul  tipo  teodolite  qui  presente,  gì' ele- 

Z rJoSr  l"  "  COmP°rre  "  altre  Pr0P0™oni  «  ««PS  (5).  E  cade  in  acconcio  il  con  iderarli 
m,1  teodolite  dove  sono  v.sib.li  a  scoperto  prima  di  spiegarli  sul  cleps-ciclo  nome  che  suona   a 

(1)  Vedasi  celerimensura  4.a  edizione. 

e»llZ?l2ZTl7°ment0  esSe!'econsul,ati  aon  profitto  i  regolamenti  censuarii  milanesi  di  varie 
epoche  per  confronto  eolle  osservarci  istituite  dagl'astronomi  di  Brera. 

te      ll,™:^:  Tta tomi8""'1"23  T^T'*  ^'^  "  ^^  "a  P™"**  »  ■»«" 

icvuume  uasioimato  in  tacheometro  corrisnondente  al  rlpne  h;  q  a  «...„„  i  i 

»  tacheometro  corrispondente  al  c.eps  éi T  «Ile,»  *  '       ""  R°"'0me"'°  t''aSf°rmat0 


268  RIVISTA  DI  GIORNALI 

circoli  nascosti,  e  dove  i  circoli  non  solo,  ma  tutte  le  parti  delicate  sono  effettivamente  nascoste 

in  un  solido  cubo  di  bronzo  come  l' orologio  nella  sua  cassa. 

«  Qui  il  professore  ha  preso  a  spiegare  sopra  il  teodolite  menzionato  più  sopra  la  dispostone, 
e       funzioni  di  tutti  gì'  elementi  di  cui  si  compone  il  cleps,  poi  li  ha  sp.egat.  a  nuovo  sul  cleps 
t   so  f  cendone  nota  e  le  differenze  nelle  dimensioni  e  nelle  posizioni  relative;  ma  non  potendo 
guTre il  Professore  nella  sua  lucida  improvvisazione,   tenteremo  di  supplirvi  almeno  m  parte 
colle  Iure  tav.  16  desunte  da  due  delle  numerose  immagini  fotografiche  rappresentanti  1  .stru- 
mento in  tutte  le  sue  posizioni  che  il  Professore  ha  fatto  circolare  durante,  la  lez.one. 

La  finura  1*  (tav.  16)  rappresenta  la  partenza:  Il  porta  mira  tiene  a  dorso  una  spece  di 
sacco  mi  "are  e  Lenenti  V  'Frumento  ed  il  tripode  ripiegato,  ed  alla  spalla  la  stadia,  in  mano 
un  bastone  metrico,  la  qual  cosa  compone  tutta  la  suppellettile  necessaria.  Non  palme,  non  pi- 
chetti,  non  canne,  non  catene,  il  cleps,  la  stadia  ed  un  bastone. 

Le  dimensioni  del  sacco  sono  12.  58.  79  centimetri. 

Posato  ritto  in  terra  il  sacco,  che  è  però  a  fondi  rigidi,  e  ebe  si  apre  a  guisa  d  armadio,  1  fru- 
mento si  Srae  con  facilità;  esso  sta  ordinariamente  unito  al  tripode  che  s,  disp.ega  e  si  di- 

i  i  ,.  nomo  ci  vprìp  nplla  figura  %\  due  minuti  bastano  a  tanto. 
T1Ì  d  i  H  r— Ta^oina  contiene  i  circoli,  ,1  livello ,  tutte  le  parti  delicate 
dell'i'  Lento;  la  base  contiene  un  apparato  magnetico  di  Gauss  che  si  osserva  col  mezzo  di 
appo  sto  cannochialetto  il  quale  serve  pure  volendo  come  cannocchiale  di  sicurezza. 
TcannoccLle  che  è  di  lunghezza  mezzo  metro,  e  di  diametro  sessantacinque  mi  hmetr,  e 
ana  lati"  pòrta  nella  reticola  tre  diversi  sistemi  di  fili  i  quali  si  osservano  mediante  l'ocu  are 
Imi  posto!  fronte,  capace  dell'ingrandimento  di  circa  cento  volte;  havvi  poi  un  oculare 
laterale  che  ingrandisce  dieci  sole  volte  e  che  serve  di  cercatore. 

HaTvi  hmltre  pel  procedimento  conoidico  un  circolo  di  posizione,  e  per  la  determinazione  com- 
pleto senza  mira  ed  in  una  sola  osservazione,  dei  punti  vicini  anche  inaccessibili  v'  e  una  scala 

f0"ratuaalLrtpezoidica  dell'islrumento  un  livello  d'approssimazione,  e  fra  le  gambe  del 
trille  du Ivi. :  a  lunga  corsa  per  condurlo  a  seguo;  nella  base  semicircolare  della  colonna  in- 
vece vi  "uè  viti  molto  più  fine  che  servono  a  centrare  la  bolla  mollo  più  sensibile  del h- 

"ttripoTr Ostilio  solidissimo  malgrado  la  sua  apparente  esilità  esso  si  «a  per  met- 
terlo nella  custodia  ;  esso  si  ripiega  pure  direi  quasi  in  ginocchio  per  abbassare  1  .strumento  elle 
gallerie  sotterranee  delle  miniere,  ed  ovunque  occorra  far  passare  le   visuali   per   d,   sotto  celti 

^Tornando  all' istrumeuto  si  rimarcano  posteriormente  al  cubo  quattro  oculari,  due  de' quali  sono 
i  microscopi  ne  leggere  in  doppio  le  divisioni  di  ambi  i  circoli,  uno  è  per  osservare  per  disotto 
.microscopi  per  te  gere       JV  ^  medesima,  ed  uno  superiormente 

?m"SZ2£  S  l^ua"  ^  assicurarsi  ad  ogni  istante  che  le  relazioni  geometra 

"Tir -i^cat  ^  — to 'hi  SS.  mano  in  mano,  ed  ognuno  ha  potuto. 

i  tre  dati  *  .  e  e  come  colla  scala  logaritmica  se  ne  tragga  immediatamente  le  tre  coordinate 
k  ,,  s  ed  ha  terminato  con  profferirsi  pronto  a  rispondere  a  tutte  le  domande  che  gli  si  bra- 
masse  indirizzare. 


(1)  Ella  è  questa 


un'  aggiunta  utile  ma  non  indispensabile 


E  NOTIZIE   VARIE  269 

Risposte  date  dal  professore  ad  alcune  objezioni  stategli  presentate  dopo  la  lezione  : 
l.a  Objezione;  L' is frumento  è  di  alto  prezzo. 

R.   Si   fanno   per   gl'ing.   degli   strumenti   di    tre  grandezze,  ogni  strumento  costa  meno 
(circa  la  meta)  dello  insieme  di  strumenti  ordinari  di  cui  tien  luogo. 

Il  costo  dell' istrumento  è  riguadagnato  in  pochi  mesi  nel  maggior  lavoro  che  in  eeual  tempo 
si  produce.  t 

2.a  Obiezione  ;  Come  lavorare  col  cleps  in  tempo  di  fitta  nebbia  ? 

R.  Il  professere  replicò  interrogando  alla  sua  volta  ;  come  si  fa  a  rilevare  per  fìtta  nebbia 
cogl' antichi  strumenti?  ma  tosto  produsse  un  esempio  di  fatto,  in  favore  dei  nuovi. 

Da  Bardonneche  al  col  Frejus  (2)  corre  una  differenza  di  livello  di  1152  metri  con  sei  Kilo- 
metri  circa  di  distanza  in  projezione  orizzontale,  e  ciò  fra  le  più  irsute  anfractuosità  delle  Alpi 
Il  rilevamento  eidipsometrico  ne  fu  fatto  sulla  larghezza  media  di  un  Kilometro  in  10  ore  di  la- 
voro, malgrado  che  durante  le  ultime  due  ore  regnasse  la  nebbia  così  fìtta  da  non  permettere  di 
vedere  a  più  di  dieci  a  quindici  metri. 

Quando  non  si  possono  far  battute  lunghe,  si  fanno  battute  corte  e  si  va  avanti  lo  stesso  con 
pochissimo  rallentamento. 

La  sola  livellazione  in  quelle  località  avrebbe  costato  almeno  20  giorni  di  lavoro  coll'ordinario 
livello,  la  planimetria  colla  tavoletta  fra  que'  dirupi  sarebbe  stata  letteralmente  impossibile. 

3.°  Obiezione:  Ben  soventi  non  si  ha  bisogno  che  dell'area  di  una  parcella,  ben  più  so- 
venti ancora  non  si  ha  bisogno  che  della  livellazione  secondo  una  linea;  perchè  dunque  far 
sempre  le  tre  coordinate.  ' 

R.  Il  tempo  che  s'impiega  sul  terreno  è  esattamente  lo  stesso  per  una  sola  o  per  due  o  per 
tutte  tre  le  coordinate,  ma  è  minore  che  per  una  sola  coordinata  (la  *)  ottenuta  coi  metodi  e 
strumenti  usuali;  dunque  v' è  in  ogni  caso  economia. 

4.°  Obiezione  :  Il  cleps  esige  una  troppo  avanzata  istruzione  che  molti  non  hanno. 
R.  Sono  state  necessarie,  per  inventare  la  celerimensura  ed  il  cleps ,  le  più  avanzate  cono- 
scenze teoriche  e  pratiche,  di  geodesia,  di  ottica  e  di  meccanica,  ma  queste  alte  conoscenze  non 
sono  punto  necessarie  per  lavorare  ottimamente  di  celerimensura;  si  rammenti  che  la  prima 
brigata  topografica  del  genio  militare  italiano,  quella  che  rilevò  nel  1835  a  37  la  carta  eidip- 
sometrica  dei  ducato  di  Genova,  era  composta  per  intiero  di  soldati  del  genio  che  di  mestiere 
erano  ferrai,  falegnami,  e  muratori  e  che  impararono  in  tre  mesi  egregiamente  la  celerimen- 
sura pratica  sia  di  campagna  che  di  gabinetto. 

».»  Obiezione;  Concedendo  che  colla  celerimensura  si  fa  presto  sul  terreno,  concedendo 
che  si  ottiene  un'esattezza  di  molto  superiore,  non  è  men  vero  però  che  si  danno  dei  casi 
ove  la  esattezza  grafica  comune  basta,  ed  allora  impiegando  la  tavoletta,  si  ha  il  vantaggio 
di  venir  a  casa  col  lavoro  finito,  ne  altro  vi  manca  che  di  metterlo  in  netto,  mentre  col  cleps 
restano  da  fare  molti  calcoli  ed  il  disegno  della  mappa. 

R.  Dato  il  caso  in  che  la  esattezza  grafica  basti,  non  si  ha  rilevando  col  cleps,  che  da  com- 
mettere immediatamente  sul  foglio  in  netto  gì'  eidotipi  fatti  sul  terreno  stazione  per  stazione  la  qual 
cosa  non  esige  più  tempo  che  il  semplice  tirare  al  netto  un  foglio  di  tavoletta,  e  permette  in- 
tanto una  comprovazione  generale  grafica,  e  la  scoperta  sicura  di  qualunque  errore  si  fosse  com- 
messo e  ne  permette  1'  emendamento  il  più  razionale  secondo  i  metodi  di  Bichot  e  di  Bordoni 
la  qual  cosa  non  è  possibile  con  un  foglio  di  tavoletta;  la  riunione  poi  degl' eidotipi  la  si  può 
fare  comodamente  in  gabinetto  per  ogni  tempo  che  spiri  e  tanto  di  giorno  come  di  notte  e  non 
occorre  punto  il  penoso  ufficio  di  dover  stare  sul  terreno  all'ardor  del  sole  fino  a  compito  la- 
voro, non  disgiunto  dalla  noja  di  perdere  nella  completa  inazione  tutti  i  giorni  di  pioggia;  ciò 
dunque,  che  si  vorrebbe  un  pregio,  è  invece  uno  dei  più  gravi  difetti  del  metodo  della  tavoletta. 
E  qui  farò  notare  che  le  ore  in  cui  si  può  lavorare  in  campagna  colla  tavoletta  nel  clima  di 
Milano  sono  poco  più  di  1000  all'anno,  mentre  col  cleps  oltrepassano  le  due  mila. 

Ma  veniamo  a  più  stretti  conti:  la  durata  complessiva  del  lavoro  di  campagna  e  di  gabinetto 
col  nuovo  metodo  e  strumenti  essendo  come  uno,  essa  è  coli' antico  metodo  italiano  (la  tavoletta) 
(2)  Galleria  detta  del  Moncenisio, 


270         /  RIVISTA  DI    GIORNALI 

in  pianura  come  tre,  in  collina  poi  ed  in  monte  varia  da  5  a   10  e  più.  Ben  lungi  quindi  dal 

trovare  in  quel  riflesso  un  obiezione,  la  celeriniensura  vi  trova  un  segnalato  trionfo. 

6.°  Obiezione:  Colla  tavoletta  e  la  diottra  si  prendono  gì'  angoli  veri,  mentre  cogli  stru- 
menti graduati  non  si  hanno  che  angoli  approssimativi. 

R.  Quest'obiezione  agli  strumenti  graduati  in  generale  era  sostenuta  anche  dall  egregio  pro- 
fessore Bordoni ,  ma  1'  egregio  professore ,  che  però  non  era  mai  disceso  in  persona  nell'  arena 
della  pratica,  non  poteva  dirsi  competente,  qui  trovava  la  sua  applicazione  lo  aforismo  non  quis 
su  quid  dicat;  s'egli  vi  fosse  disceso  anche  per  un  sol  giorno,  egli  avrebbe  riconosciuto  che  le 
incertezze  derivanti  dalla  imperfetta  pianitudine  della  carta,  dalla  grossezza  del  lapis,  da  quella 
dell'  a*o  dalle  variazioni  igrometriche  ecc.  fanno  si  che  col  procedimento  della  tavoletta  i  più 
diligenti  operatori  non  possono  rispondere  in  modo  assoluto  di  una  quantità  lineare  corrispon- 
dente al  decimo  di  grado ,  mentre  sul  cleps  se  ne  legge  correntemente  il  centesimo  e  meglio. 

È  qui  il  luogo  di  rammentare  che  se  nei  regolamenti  censuarii  in  Milano  ove  si  lavora  colla  ta- 
voletta, si  accorda  fino  al  due  per  cento  di  tolleranza,  se  nel  pretenziosissimo  catasto  di  Ginevra 
si  accorda  fino  a  trentun  centimetri  per  venti  metri  (1),  se  in  tutta  Europa  s'accordano  delle  tol- 
leranze poco  diverse,  egl'  è  senza  dubbio  perchè,  qualunque  sia  il  metodo  e  lo  strumento  impie- 
gato, la  vecchia  geodesia  è  impotente  a  far  meglio  correntemente. 

In  celeriniensura  invece  si  può  rispondere  generalmente  ad  una  tolleranza  ristretta  ne  seguenti 

termini: 

La  tolleranza  al  2.°grado  (%  vale  a  dire  a  lavoro  finito,  sulla  distanza  fra  due  punti  comunque 
scelti  sulla  totalità  del  piano  rilevato  può  essere  fissata,  fino  ad  un  Kilometro,  ad  un  millesimo 
della  distanza  più  un  decimetro;  al  di  là  di  un  Kilometro:  e  per  ogni  maggior  distanza,  la  tolle- 
ranza può  essere  ristretta  alla  radice  quadrata  del  millesimo  della  distanza:  Sui  punti  trigono- 
metrici poi  si  deve  in  celerimensura  arrivare,  e  s'arriva,  senza  tolleranza  alcuna;  quarantanni 
d'esperienza  provano  che  ci  s'arriva. 

7.°  Obiezione  :  affaticamento  della  vista. 

R.  Chiunque  dica  di  provare  affaticamento  di  vista  per  V  uso  di  strumenti  di  qualunque 
specie  benché  otticamente  ben  fatti,  dice  implicitamente  d' ignorare  i  più  semplici  principi  del- 
l'ottica,  e  di  non  saper  regolare  alla  sua  vista  l'istrumento  di  cui  si  serve. 

Pur  troppo  il  torto  è  negl'insegnamenti  ufficiali  i  quali  mancano  in  generale  di  quel  ramo 
necessario  alla  scienza  degl'ingegneri. 

Non  è  punto  vero  che  un  istrumento  ben  fatto  e  ben  adoprato  affatichi  giammai  benché  me- 
nomamento la  vista;  affaticano  invece  la  vista  i  comuni  livelli  e  diottre  e  grafometri  che  corrono 
in  commercio,  strumenti  nei  quali  la  parte  ottica  fatta  di  cattivo  vetro  costa  a  Parigi  tiTtt'  intiera 
da  tre  a  sei  Lire,  non  affatica  punto  la  vista  il  cleps  la  cui  sola  parte  ottica  compone  più  della 
metà  dal  prezzo  dell' istrumento. 

Affatica  poi  enormemente  la  vista  la  tavola  pretoriana  per  la  bianchezza  della  carta  ali  ardor 
del  sole,  e  si  potrebbe  citare  più  d' un'  ingegnere  che  deve  all'uso  di  essa  la  perdita  totale  o 
parziale  della  vista. 

8.°  Obiezione  :  CogV  antichi  metodi  si  lasciano  sul  terreno  i  capi  saldi  delle  linee  di 
studio,  e  quando  poi  viene  il  tempo  dell'  esecuzione  poco  manca  a  compiere  il  tracciamento,  ma 
col  nuovo  metodo  non  resta  niente  sul  terreno,  lo  studio  facendosi  per  intiero  in  gabinetto; 
come  dunque  si  farà  a  tracciare  tutto  un  grande  progetto  di  canale  o  di  ferrovia? 

R,  I  capi  saldi  che  servono  alla  celerimensura  sono  permanenti  e  sono  ben  pm  numerosi  e 
sicuri  che  coll'antico  metodo  giacché  possono  essere  tali  tutte  le  cupole,  campanili  ed  altri  edi- 
fici! vicini  o  lontani  che  nell'  atto  del  rilevamento  eidipsometrico  si  avrà  avuto  cura  di  collegare 
alla  operazione  facendoli  servire  come  punti  trigonometrici  se  pure  noi  sono. 

Nell'applicazione  dunque  non  si  tratta  che  di  risolvere  il  problema  inverso  del  rilevare,  vale 
a  dire  date  le  x,  y,  z,  del  punto  da  tracciarsi  trovare  le  s,  %  e,  sotto  le  quali  esso  punto  deve 
comparire  da  un  punto  qualunque  scelto  per  stazione. 

(1)  V.  Lapalud.  cadastre  de  Genève. 

(2)  Si  fanno  in  celerimensura  non  una  ma  due  revisioni. 


E  NOTIZrE  VARIE  271 

La  ferrovia  da  Genova  al  Po  fu  segnata  sul  terreno  tutta  intiera  in  questo  modo,  e  lo  fu 
in  meno  di  tempo  di  quanto  ne  sarebbe  occorso  per  tracciare  col  sistema  antico  il  solo' rettilineo 
di  quattordici  Kilometri,  col  quale  in  quel  progetto  si  doveva  traversare  la  pianura  di  Marengo 
Il  professore  ha  pregalo  quindi  instantemente  tutti  gl'ingegneri  che  avessero  ancora  delle  obie- 
zioni da  fare  di  ben  volergliele  far  pervenire,  egli  si  impegna  a  rispondervi  pubblicamente  nel 
giornale  dell  Ingegnere-Architetto,  accompagnando  sempre  la  risposta  colla  citazione  di  un 
qualche  fatto  opportunamente  scelto  fra  tutti  quelli  che  si  sono  passati  in  Italia  od  all'estero  nei 
quarantaquattro  anni  dacché  egli  professa  e  pratica  la  celeriniensura. 

In  questa  lizza  cortese  e  giovevole  al  paese  egli  spera  che  scenderanno  animosi  e  porteranno 
alimento  a  quel  fuoco  che  per  comun  bene  e  per  gloria  patria  affinerà  l'oro  nel  suo  crogiuolo. 

P.S.  Nel  giornale  la  Perseveranza  di  martedì  21  Aprile  si  leggeva  un  rendiconto  della  seduta  di 
domenica  19,  che,  fatta  astrazione  da  una  meno  esatta  interpretazione  di  certi  vocaboli  tecnici 
e  interamente  favorevole  alla  nuova  geodesia,  e  contiene  una  finissima  critica   all'indirizzo  di 
quel  ingegneri  attardati  che  ancor  seguono  il  peggio  dell'antica,  persistendo  all'uso  della  tavola 
pretoriana,  e,  della  misura  diretta. 

L'autore  del  lodato  articolo  si  mostra  in  esso  siccome  profondo  conoscitore  degli  uomini  e 
prevede  quelle  resistenze  che  gl'usi  e  le  abitudini,  quanto  più  sono  inveterale,  tanto  più  vigo- 
rosamente oppongono  al  progresso,  alla  ragione,  all'evidenza;  egl'esprime  il  dubbio  che  la  di- 
sparizione  di  quel!  antico  arnese  di  fronte  al  cleps  non  avrà  luogo  né  così  presto,  né  così  com- 
pletamente, come  in  vero  il  si  dovrebbe. 

Per  il  fatto  la  tavola  pretoriana  non  fu  mai  riconosciuta  in  Inghilterra  come  vero  strumenlo 

d'FtZ'ìT  P  /ta  Per  f  Cret°  ministeriale  nel  Bel^>  e  non  è  più  tollerata  nel  resto 
dEuropa  dalle  amministrazioni  le  più  illuminate,  che  tutte  ricusano  fede  al  graficismo,  né  dalla 
giurisprudenza  Europea  che  ha  adottato  l'adagio  compasso  non  fa  fede 

Che  si  vuol  di  più  per  proclamarla  caduta?  Non  è  dunque  più  il  caso  di  discutere  se  presto 
o  tardi  cadrà,  essa  è  già  da  assai  tempo  caduta;  né  a  sostenere  il  contrario  vale  il  fil  di  vita 
che  ancor  gli  rimane  presso  que' pochi  che  sono  come  les  trainarci  de  la  grandes  armée  nella 
via  del  progresso  moderno,  !  quali  in  vero  non  l'abbandoneranno  ben  si  sa   fino   a   tanto   che 

m^rir\rt  daIla  mai^a  che  monta  ior°  intorn° a  iedere> se  n°n  mut-°  «**».  £ 

più  vitale  parte  de  loro  interessi. 

*ZnTl  ÌrlTC°n  ^T  gÌUStamente  C,le  Però  Ie  applicazioni  della  nuova  geodesia  finora 
avvenne  (da  44  anni  in  qua)  ne  assicurano  fin  d'ora  il  predominio  sull'antica,  non  senza  espri- 
mere la  speranza,  che  dividiamo  pienamente,  di  ulteriori  e  sempre  nuovi  perfezionamenti 


LEGISLAZIONE 

Relazione  dei  ministri  dei  lavori  pubblici,  della  marina,  e  della  guerra  a  S  M. 
m  udienza  del  12  marzo  ultimo  sul  decreto  concernente  i  progetti  di  onere 


nuove  pel  servizio  dei  porti,  delle  spiaggie  e  dei  fari 


Sire, 


Mie  Ma  M  v  delIacomrniss:°(ne.che-  ?  ProP°^  àH  ministri  della  marina  e  dei  lavori  pub- 
Miei,  la  M   V.  compiacevasi  istruire  col  decreto  delti  15  settembre  1867,  all'ometto  di  dar  uà 
rei*  «rea   a  competenza  della  gestione  e  delle  spese  dei  lavori  dei  por.  ,   spiagge  e  M     ne 
K^rC,0"^  St6SSa  V°"e  ^  ^-«--ent/accompi^/a.X'po^ 


272  LEGISLAZIONE 

«  Commissione  Reale  creata  col  Sovrano  decreto  18  settembre   1867  per  dar   parere  circa  la 
competenza  della  gestione  e  delle  spese  dei  lavori  dei  porti,  spiaggie  e  fari. 

«  Al  signor  ministro  dei  lavori  pubblici. 

«  Firenze  ». 

Firenze,  51  ottobre  1867. 

«  Col  Sovrano  decreto  del  18  settembre  scorso,  comunicatomi,  dal  predecessore  della  S.  V. 
era  istituita  e  mi  commetteva  la  presidenza  di  una  Commissione,  proposta  d'accordo  dai  mini- 
riti  della  marina  e  dei  lavori  pubblici,  ed  incaricata  di  esaminare  a  qua!  Dicastero  meglio  con- 
venga attribuire  la  direzione  dei  lavori  marittimi  ora  tenuta  da  quello  dei  lavori  pubblici,  e  se 
v'abbia  luogo  a  inalare  l'attuale  sistema  della  competenza  di  simili  opere  e  della  loro  spesa 

«  Avendo  la  Commissione  adempito  al  ricevuto  incarico  io  mi  pregio   rimettere   alla  S.  V 
per  l'uso  che  crederà  opportuno,  i  processi  verbali  delle  varie  sedute   in  un  co.  documenti  che 
furono  raccolti  all'oggetto  di  fornire  alla  commissione  stessa  elementi  d.  studio   onde  maturare 
p, li  giudizi  ed  emetterli  con  cognizione  di  causa.  Credo   inoltre   opportuno  di  riassumere 
come  appresso  quanto  concerne  l'operato  della  Commissione  ed  i  pareo  dalla  medesima  emessi. 
Tll  gforno  a?  dello  spirante  ottobre  fu  quello  stabilito  per  la  prima  riunione.  Tutti ,  membr. 
risposero  all'invito  (meno  l'ispettore  del  Genio  civile  sig.  Scottici,  stato  colto  da  grave  ma  att.a, 
e  che  fa  sostituito  dall'ispettore  comm.  Della  Rocca,  ed  il  capitano  della  marina  mercantile! 
Genova  sig.  Badarano,  distoltone  da  circostanze  particolari,  come  da  lettera  che  mi  s  risse  «dio 
scorcio  del  lavori  della  Commissione)  e  eoa  la  diligenza  nella  disamina  dei  documenti     con   U 
assiduità  alle  sedute,  e  con  la  savia  discussione,  viva  talvolta,  ma  pur  sempre  improntata  dalla 
pu  schietta  cordialità  e  dal  desiderio  di  riuscire  alle  conclusioni  meglio  conducenti  al  bene  del- 
r  importante  ramo  di  servizio  che  formava  l'oggetto  dei  loro  studi,  riuscirono  nello   spazio  di 
non  intere  due  settimane  a  fissare   sopra  dati  positivi  le  loro  idee  e  ad  emettere   i  parer,  che 
erano  alla  Commissione  richiesti.  ■  •.,,■;„   fll;   nor  «ih* 

«  Quando  i  lavori  della  Commissione  si  trovavano  g.a  abbastanza  inoltrati  io  fui  per  altte 
gravi  cure  impedito  dallo  assistere  a  qualche  adunanza  ma  non  lasciai  per  questo  di  tenermi  al 
fatto  degli  studii  e  delle  discussioni  che  si  succedevano  e  che  erano  dirette  in  mia  vece  dal  vice 
ammiraglio  signor  Tholosano. 

«  Fin  dalla  prima  seduta  io  aveva  creduto  di  tracciare  in  massima  .1  procedimento  che  pare- 
vami  il  più  opportuno  e  logico  onde  riuscire  a  risultati  pratici,  ed  in  non  lungo  spazio  d,  tempo 
Le-  uno  studio  accurato  dei  numerosi  documenti  posti  già  fin  d'allora  a  disposizione  del 
Commissione  e  che  si  accrebbero  d'altri  ancora  pervenuti  da  varie  parti  spontaneamente  o  da 
me  stesso  richiesti  -  discussione  generale  sul  complesso  dei  quesiti  post,  alla  Comm.ss.one  e 
sulle  risultanze  dei  documenti  esaminati  -  discussioni  e  ricerche  particolari  intorno  agli  appunta 
che  avessero  a  farsi  alla  gestione  attuale  delle  opere  marittime,  alle  risultanze  avutesi  dalle  ge- 
loni «  alle  disposizioni  ora  vigenti  circa  la  classifica  dei  porti  e  competenza  delle  spese 
ed  alla  convenienza  di  variare  le  disposizioni  medesime.  K 

«  La  discussione  generale  cui  si  procedette  nella  seconda  seduta  e  dopo  l'esame  de,  documenti, 
pose  in  chiaro  che  se  a  prima  giunta  poteva  parere  più  competente  in  cose  d.  mare  il  d.  as top 
della  marina,  pure  il  Ministero  dei  lavori  pubblici  aveva  mezzi  pia  acconci  per  eie '    Pe~'men 
che  concerne  il  personale  tecnico  onde  tenere  utilmente  la  gestione  delle  opere  manti™  ,  es  e 
d'altronde  sufficiente  che  la  marina  militare  come  anche  la  mercantde  avessero  «J'te «J 
ingerenza  nella  concretazione  dei  progetti.  In  essa  sedata  però  non  si  venne   ad   una  jota  io» 
definitiva,  avendo  uno  dei  membri  dichiarato  occorrergli  tuttavia  l'esame  di  una  pa te de. d 
«unenti,  e  potendo  d'altronde  nelle  altre   sedute  raccogl.ers.  maggior,   lumi   per  dirimere  la 
questione  della  competenza  di  gestione.  0„„;,li 

»  Quanto  alle  varie  gestioni  succedutesi  in  fatto  di  opere  marittime  apparve j,  «a  da  spec.a. 
relazioni  delle  Camere  di  commercio  che  si  aveva  appositamente  chiesto  a  1  Dica  ter d  com 
mereio,  agricoltura,  ed  industria,  sia  dalle  dichiarazioni  o  verbali  o  scritte  fatte  in  seduta  dagli 


LEGISLAZIONE  cwg 

ufficiali  della  marina  militare  e  mercantile ,   sia  dagl,  atti   del  Parlamento   subalpino   all' nono 

"rifdena  r  da  qUMl°   rT0   Pef   raPPOrl°  al,e  pr0VÌnde   (™  emendili  ? 
L H"^  fi  n  Comm~  ehe  ad  esse  provincie  appartengono:  1.»  che  la  gestione  tenuta 

daU8S5  fin    a  questa  parte  dal  Ministero  dei  pubblici   lavori  coli' opera  del   Real  Corpo   del 
'    C1Vlle  diede  e  dà  ,u«°™  soddisfacenti  risultati,   vuoi  in  fatto  di  progetti  e  di   esecuzioni 
d  opere,  vuoi  m  riguardo  alla  illuminazione  delle  coste;  2.°  che  di  appuntì  contro  essa  ™ 

r.  ZZZt^T^  "  ?"  "ST  <,eSÌgnarS'  ""  ^°  -- taluni  desideri!  C" 
da  qualche  Camera  di  commercio  per  ottenere  maggiori  opere  di  sistemazione  ed  opere  nuove 

desideri,  che  in  parte  stanno  per  essere  soddisfatti,  ed  in  parte  debbono  pur  esserlo  man  m  nò 

he  la  co„d,2,o»e  delle  finanze  il  comporti;  5.»  che  nella  gestione  stessa  il  Dicastero  dei  lavor 

S&  ■   ,SOgn°  '°  rÌChÌede'  n°n  kSCÌa  di  pr0V0Care  '  ™"  della  carina  militare,  d 

quella  del  commercio,  come  anche  del  genio  militare  e  dei  municipi!  ove  occorra-  4°  che  n  Uè 

Crono'  ",tenU,e  "  ^^  ^  W  C°mUnÌ'  S  ^  8   l'agnazione   deile   cosi  si 

«I Tii  'nlCOnd,Z,0m  a^ai  misere,  malgrado  che  il  governo  lasciasse  fruire  ai  municipi!  di- 
ritti vani  o  di  ancoraggio  o  di  dazi  speciali  (1).  v 

«  Entrati  a  discutere  sulla  competenza  delle  spese,  si  lamentò  la  condizione  dei  porti   di  4» 

dinno  Ze  nlf1      aUe  ^^  mUnÌCÌpÌ  Pe'' l0  PÌÙ  ma"Canti  di  ris0rse>  P°,rebbero  ^"re  con 
danno  grave  pel  commercio  e  della  navigazione,  la  quale  andrebbe  anche  incontro  a  gravi  pericoli 

qualora  avesse  a  verificarsi  Io  spegnimento  o  l'irregolare  accensione  di  qualche  faro  o  fanale 

«  Viva  fu  la  discussione  su  tal  proposito,  sostenendo  alcuni  membri  essere  i  porti  di  interesse 

rvll681^116,/111"  '  •r,eddÌ'Ì  '°  Slat°'   d0V6r  qUÌndÌ   l0  Stat0    apportarne   tutti  i  pesi,  - 
Prevalsero  pero  altre  considerai,  circa  l'utile  veramente  particolare  che  recavano  i  porti  agli 

an     ITITI     rV*  r°Sf!'.ed  alle  Provinc-  <*e  P^  ™zzo  di  essi  porti  esercita  o 
la  pu  parte  dm  loro  (raffici  ed  industrie  e  circa  l'enormità  delle  domande  che  si  volgerebbero 

irr  si-rr;,:110  stato  per  opere  e  spese  di  -n — **»  -  -— 

«  Nel  corso  delle  discussioni  fu  posto  il  dubbio  se  per  la  gestione  dei  lavori  marittimi  potesse 
na0rrchea  '°ne  t™  'T  ^  ^^  ™  ^  ^  che  ebbero      voTge" 

.nlner     ?  ""T    °  ^  **  ^  ^  eC°D°mÌa  deI'°  Slato'  all°  **-<•  personale  deg 
nche  nin  ?**  ^^  *  ^'^  ™°  C°rp°  SP6CÌa1^  ^rvi    «'*"  il    mezzo 

anche  più  facile    con  un  corpo  unico  e  convenientemente  esteso  del  genio  civile,  di  far  si  che 

?  XdonSr      SemZÌ0  SÌ  tr0™°  adelU  gH  kdÌVÌdUÌ  aVen"  le  C0*"  **&  *•  * 

(1)  Noi  qui  dobbiamo  segnalare  questa  franca  ed   esplicita  dichiarazione   dell'attuale  presidente  dei 
T 2 :ìTa°  al.SefrVIZI0.l0d7Ie  ™  Corpo  B.  del  Genio  Civile  nelle  opere  sui  porti  e'sutlepgg 
«e    le    C l  fi  UH  lmPerftt,0,e  ™'<™«*<°  «elle  man,  dei  Comuni  che  ne  avevano   dapprima' 
Ti   2    r                  ,   a"COra  Una  V°Ua  Che  '  'aVOrÌ  pubblici  »W»>«Ioh.U  ai  Municipi!,   alte  Provincie 
comuuLtf.'  "       '  n0"   POSSOn°   S  me"°  Che  d'  deteri°rare  a  *™°  *"»»•  d*>  Smercio   e  dette 

(2)  Qui  adunque  si  venne  a  conchiudere  che  pel   servizio   di  porti  e  spiaggie  quantunque  vi  concor- 

«Uoedall  «fa resse  pascolare  degh  ingegneri  Pins.ituire  un  corpo  tecnico  speciale  per  lo  stesso  servii 

««erti  medesn»,  mot.v,  una  volta  adottati  dovrebbero  valere  per  qualunque  altro  servizio  VZZl 

0  e  s,  hanno  gì,  elementi  affini  od  egua.i  come  sarebbero  le  strade  dichiarate  nazionali  e'pro      . 

Ci,  uffici  z:z  :m  cara ?:: e  gli  stessi  bisog'"' per  *"<*»  ^  -»  ■*  **«  S 

vh   1  ,  ,,    S1  ,pr0Cedelte  Pure  ad  «»°  smembramento  generale  del  Corpo  R.  del  Genio  di 

za  nna  ZT  l0deV0,ment?  e  -go.armente  i  cui  ingegneri  furono  distribuiti  in  ciascuna  pr     ne  a 

Tu     ionTnrov  n       ■SUPen°re  '   ""^  Se"2a  a'CUn  COn,ratl°  ed  in  balia  »««  -"ita  delle  De! 

Se         «  f  oss,a  a  Corp,  morali  che  non  sono  tecnici  e  che  spesso  nulla  intendono  di  tecnico 

tapom  in"  A77StrAr  "e  P"bb,ica  in  «enere  sia  poi  delle  provinvie  o  de.  Governo  poco 
toSie««  ,*; Clle.d;.a,g0me| ^"la^-  Abblamo  qui»"  ottenuto  „n  accrescimento  enorme  nelle  spese,  degli 
unp-egat,  teen.c,  d,sord,„al,  ed  un  peggioramento  notevole  nelle  vie  ordinarie  di  comunicazione. 

Giorn.  Mg.  _  Voi.  XVI.  -  Aprile  1868.  ^  ^  ^T^ 


274  LEGISLAZIONE 

«  La  Commissione  pertanto  si  trovò  dai  propri  studi  e  dalla  discussione  condotta  a  concretare 
unanime  le  sue  proposte  come  appresso  : 

«  i.°  Debba  la  gestione  delle  opere  marittime  dei  porti,  spaggie  e  fari  continuarsi  dal  Dica- 
stero dei  lavori  pubblici  coli'  opera  del  genio  civile. 

«  Essere  però  opportuno  cbe,  invece  delle  Commissioni  eventuali  che  attualmente  si  nominano 
per  l'esame  dei  progetti  od  altre  questioni  relative,  sia  istituita  una  Commissione  permanenle 
mista,  nella  quale  abbiano  voce  il  genio  civile,  la  marina,  il  genio  militare  ed  occorrendo  anche 
1'  artiglieria  e  la  Commissione  di  difesa  militare  dello  Stato.  Però  oltre  a  questa  Commissione 
doversi  prima  fare  interloquire  nei  progetti  una  Commissione  locale ,  e  composta  di  elementi 
tecnici  civili,  militari,  nautici  e  commerciali. 

«  Non  occorrere  la  creazione  di  un  Corpo  tecnico  speciale  per  il  servizio  della  gestione  delle 
opere  marittime ,  ma  doversi  far  sì  che  gli  ufficiali  del  Real  Corpo  del  genio  civile  aventi  co- 
gnizioni, pratica  od  attitudini  speciali  pel  servizio  dei  porti,  spiaggie  e  fari  sieno  conservati 
permanentemente  nel  servizio  medesimo. 

«  2.a  Che  in  vista  dell'interesse  generale  ed  umanitario  che  non  può  riconoscersi  nella  esi- 
stenza dei  porti  e  nella  regolare  illuminazione  di  essi  e  delle  coste,  possa  assumersi  ad  esclusiva 
cura  e  carico  dello  Stato  la  manutenzione,  la  scavazione  e  la  illuminazione  dei  porti  e  delle 
coste,  e  quanto  alle  opere  di  sistemazione,  ampliamento  o  creazione  di  porti  debba  mantenersi 
in  vigore  la  legge  che  esiste  attualmente. 

«  Quantunque  io  non  mi  trovassi  presente  alle  finali  votazioni  della  Commissione  dalla  cui 
presidenza  fui  onorato  ,  tuttavia  avendone  seguito  ed  in  parte  diretto  gli  studi  e  le  discussioni, 
io  non  saprei  non  associarmi  alle  enunciate  sue  proposte;  osservo  solo  che  quanto  agli  oneri 
esclusivi  che  essa  fu  d'  avviso  doversi  ritenere  dallo  Stato  per  la  manutenzione,  scavazione  ed 
illuminazione ,  io  propenderei  per  una  restrizione  quanto  agli  scavi ,  e  sarei  di  parere  che  ad 
esclusivo  carico  della  finanza  nazionale  avesse  ad  essere  la  grande  escavazione,  quella  cioè  che 
si  pratica  colle  draghe  a  vapore  o  con  le  grandi  caracche;  ma  quegli  espurghi  che  si  operano 
attorno  a  qualche  banchina  o  per  l'apertura  di  accesso  nei  piccoli  porti-canali  con  le  barche  a 
manganelli,  con  zattere  armate  di  cucchiaie  od  altre  simili,  debbono  regolarsi  secondo  le  com- 
petenze designate  dalla  legge  in  vigore. 

«  Amo  lusingarmi  che  il  lavoro  che  colla  presente  le  trasmetto  possa  riuscire  di  soddisfazione 
ai  due  dicasteri  che  lo  hanno  promosso,  e  di  qualche  vantaggio  all'importante  ramo  delle  opere 
marittime  cui  riguarda. 

«  Gradisca,  signor  ministro,  i  sensi  della  distinta  mia  considerazione. 

«  Firmato:  F.  Menabrea  ». 

Il  risultato  a  cui  fu  condotta  la  Commissione  da  studi  accurati  e  profondi  sembra  ai  riferenti 
dover  servire  oggimai  di  scorta  sicura  ad  una  buona  amministrazione  specialmente  per  ciò  che 
concerne  la  competenza  della  gestione  delle  opere  marittime ,  sicché  non  vi  sarebbe  luogo  a 
proposta  alcuna  tendente  a  variare  su  tal  proposito  le  disposizioni  legislative  che  ci  reggono. 

Avendo  però  la  Commissione  proposto  qualche  mutamento  circa  la  competenza  passiva  delle 
spese  in  riguardo  ai  porti  di  4.a  classe  e  suggerita  pure  l'istituzione  di  speciali  Commissioni 
con  incarico  di  dare  avviso  intorno  ai  progetti  di  opere  marittime,  i  riferenti  credono  che,  mentre 
si  andrà  più  particolarmente  studiando  la  questione  della  competenza  passiva,  sia  fin  d'  ora  op- 
portuno occuparsi  della  istituzione  delle  Commissioni  anzidette. 

Nella  elaborazione  di  progetti  di  qualche  entità  od  involventi  difficoltà  speciali,  i  dicasteri 
dei  lavori  pubblici  e  della  marina  non  mancarono  mai  di  porsi  in  accordi  per  far  concorrere 
agli  studi  relativi  tutti  i  lumi  più  competenti ,  sia  per  cognizione  e  pratica  delle  località  per  le 
quali  le  opere  si  dovevano  progettare,  sia  per  valentia  tecnica  rafforzata  da  lunghi  anni  di  espe- 
rienza in  fatto  di  lavori  marittimi ,  tuttavia  la  formale  istituzione  di  speciali  Commissioni  dalle 
quali  debbano  obbligatoriamente  esaminarsi  ì  progetti  anzi  accennati  non  può  non  essere  misura 
opportuna  anche  per  ovviare  a  qualsiasi  omissione  che  potesse  verificarsi  in  avvenire  nell'osser- 
vanza della  consuetudine  su  riferita. 


lEGISLAZiONE  owg 

Pertanto  i  riferenti  hanno  l'onore  di  proporre  alla  firma  di  V.  M.  l'unito  schema  di  decreto 

mediante  il  quale  riceverebbero  la   piena   loro   applicazione  le  proposte   che  in   riguardo   alo 

^if  JZS1  tsT" mariltime  furono  emesse  daIIa  commissione  creata  co1  So™no  de- 

VITTORIO  EMANUELE  II 

PER   GRAZIA  DI  DIO   E   PER   VOLONTÀ'  DELLA   NAZIONE 

RE  D' ITALIA 

Vista  la  relazione  del  presidente  della  Commissione  istituita  con  Nostro  decreto  15  settem.  1867 
per  gli  studn  circa  la  gestione  del  servizio  dei  porli,  spiaggie  e  fari- 
Sulla  proposta  dei  Nostri  ministri  dei  lavori  pubblici,  della  marina  e  della  Guerra 

Abbiamo  decretato  e  decretiamo: 

Art.  1.  I  progetti  d'  opere  nuove  concernenti  il  servizio  dei  porti,  delle  spiaggie  e  dei  fari  do- 
vranno prima  della  loro  attuazione,  deferirsi  all'esame  di  due  Commissioni  designate  col  nome 
di  locale  una,  e  permanente  l'altra,  per  le  opere  dei  porti,  spiaggie  e  fari. 

Art.  2  La  Commissione  locale,  che  procederà  per  la  prima  al  detto  esame,  si  riunirà  nel  ca- 
poluogo della  provincia  in  cui  debba  attuarsi  l'opera  progettata;  sarà  presieduta  dal  prefetto  o 
da  chi  lo  rappresenti,  e  ne  faranno  parte  :  ' 

Un  membro  della  Camera  d'arti  e  commercio; 

Il  sindaco,  od  un  consigliere  del  comune  in  cui  l'opera  deve  attuarsi; 

L' ingegnere  capo  del  servizio  governativo,  quando  non  sia  autore  del  progetto  ■ 

Un  ufficiale  del  Genio  militare; 

Un  ufficiale  della  marina  militare; 

Un  capitano  della  marina  mercantile. 

Interverrà  l'autore  del  progetto  al  solo  scopo  di  dare  schiarimenti  e  notizie  di  fatto  circa  il 
proprio  lavoro. 

Siffatte  Commissioni  saranno  all'evenienza  convocate  dai  prefetti,  prendendo  concerti  colle 
Camere  di  commercio,  coi  municipi,  coi  comandanti  generali  delle  divisioni  militari,  e  coi  co- 
mandanti dei  dipartimenti  marittimi  per  la  designazione  degli  individui  loro  attinenti'. 

Art.  5.  La  Commissione  permanente  siederà  presso  il  Ministro  dei  lavori  pubblici. 

Ne  sarà  presidente  il  ministro  o  chi  per  esso,  e  ne  faranno  parte  : 

Due  ispettori  del  R.  Corpo  del  Genio  civile; 

Due  ufficiali  superiori  o  generali  della  Regia  marina; 

Un  ufficiale  superiore  o  generale  del  Genio  navale; 

Un  ufficiale  superiore  o  generale  del  Genio  militare. 

Quando  le  opere  in  progetto  interessino  direttamente  la  difesa  militare  dello  Stato,  dovranno 
partecipare  agli  studi  della  Commissione  permanente  : 

Un  ufficiale  superiore  del  R.  Corpo  d'artiglieria,  ed  un  membro  della  Commissione  di  difesa 
militare  dello  Stato. 

Sarà  proceduto  per  decreti  dei  Dicasteri  rispettivi  alla  designazione  nominativa,  ed  al  rim- 
piazzo, occorrendo,  dei  membri  come  sopra  indicati. 

Ordiniamo  che  il  presente  decreto,  munito  del  sigillo  dello  Stato,  sia  inserto  nella  raccolta 
uff.cale  delle  leggi  e  dei  decreti  del  Regno  d'Italia,  mandando  a  chiunque  spetti  di  osservarlo 
e  di  tarlo  osservare. 

Dato  a  Firenze,  addì  12  marzo  1868. 


BIBLIOGRAFIA 

/  Canali  della  Città  di  Milano.  -  Sotto  a  questo  titolo  l'egregio  ingegnere  Emilio  Bignami 
ha  pubblicato  una  sua  interessante  memoria  intorno  alla  necessità  di  sistemare  e  ridurre  più 
conformi  agli  attuali  bisogni  i  canali  coperti  della  nostra  città  e  di  rinformare  altresì  il  corso 
delle  acque  in  essi  scorrenti.  È  un'argomento  del  quale  gl'ingegneri  milanesi  si  vanno  occupando 
da  molli  anni  e  che  non  di  rado  è  tema  di  discussione  in  seno  al  Municipio ,  come  quello  da 
cui  dipende  molta  parte  del  nostro  benessere  igienico,  agricolo  e  commerciale.  L'illustre  idraulico 
ingegnere  Giuseppe  Bruschetti,  nella  sua  lodatissima  opera  sull'irrigazione  e  navigazione  del 
Milanese  ebbe  già  ad  indicare  alcune  delle  principali  riforme  che  si  dovrebbero  introdurre  nella 
rete  de' nostri  canali,  ed  è  a  sviluppo  e  a  complemento  di  queste  che  l' egregio  Bignami  propone 
le  sue;  le  quali  noi  vogliamo  far  conoscere  ai  lettori,  anche  per  avere  occasione  di  esporre  al- 
cuni cenni  storici  da  noi  raccolti  e  alcune  nostre  considerazioni  su  così  importante  quesito. 

Si  sa  che  i  quaranta  e  più  cavi  servienti  alla  fognatura  e  all'  irrigazione  della  Capitale  lom- 
barda hanno,  quali  principalissimi  alimentatori  e  smaltitori,  quattro  canali  che  si  chiamano  Mar- 
tesana, Redefosso,  Seveso  e  Vetabbia.  ,.".,, 

11  naviglio  della  Martesana  è  estratto,  come  si  sa,  dal  fiume  Adda,  poco  al  disotto  di  Trezzo, 
mediante  una  chiusa  trasversale  obliqua  nel  fiume,  e  trae  il  suo  nome,  secondo  molti  storici,  da 
una  antica  contea  che  si  trovava  al  nord-est  della  città  di  Milano,  confinante  col  Bergamasco  e  colla 
contea  di  Lecco  mediante  il  fiume  Adda.  Dall'incile,  questo  naviglio  corre,  sostenuto  da  alte  e 
robuste  arginature,  costeggiando  1'  Adda  fino  in  vicinanza  di  Cassano,  e  riesce  meraviglioso  a  chi 
passeggia  su  quella  strada  alzaia  vedere  al  disotto  1'  onda  vorticosa  e  spumante  del  fiume  fran- 
gersi fra  i  massi  caduti  e  trascinati  nel  suo  fondo,  mentre  in  alto,  l'acqua  del  canale,  obbe- 
diente ai  voleri  dell'uomo,  lenta  s'avanza  e  debolmente  resiste  alle  navi;  ivi  risvolta  e  continua 
il  suo  corso  fino  presso  Milano,  dove  arriva  dopo  aver  percorso  una  distanza  di  circa  30  chilo- 
metri, movendo  tra  via  macine,  torchi  d'olio,  filatoi,  cartiere,  ecc.  ecc.  Questo  naviglio ,  la  cui 
costruzione  incominciò  nel  1457  sotto  il  duca  Francesco  Sforza,  dietro  progetto  dell  architetto 
Bertola  di  Novale,  venne  poi  continuato  ed  ultimato  nel  U97  sotto  Lodovico  Sforza  detto  il  Moro 
e  sotto  l'immediata  direzione  di  Leonardo  da  Vinci,  che  lo  introdusse  in  città  anche  allo  scopo 
di  metterlo  in  comunicazione  col  Naviglio  Grande,  denominato  di  Gaggiano,  che  si  estrae  dal 
Ticino,  e  servendosi  del  di  lui  perfezionato  ingegnoso  mezzo  delle  cateratte  volgarmente  deno- 
minate conche,  allo  scopo  di  superare  1'  ostacolo  della  eccessiva  declività,  nonché  per  aver  sempre 
a  disposizione  lo  spessore  d'acqua  necessario  a  mantenervi  la  navigazione 

Ci  sia  permesso  dire,  per  incidenza,  che  contemporaneamente  ai  lavori  d  ultimazione  di  questo 
Naviglio  veniva,  per  ordine  dello  stesso  Lodovico  il  Moro,  fatta  intraprendere  un  importai!  issima 
estrazione  di  acqua,. per  irrigazione,  dal  fiume  Sesia,  che  segnava  i  confini  de  di  lui  Stati,  me- 
diante un  canale  della  portata  di  circa  once  magistrali  milanesi  230  (1)  al  minuto  secondo,  pan  a 
metri  cubi  7,935"  che,  derivato  in  territorio  di  Romagnano  superiormente  ali  abitato,  e  uno  dei 
grandi  fattori  della  ricchezza  agricola  dei  territori!  di  Novara  ed  uniti,  nonché  di  una  parte  di 
quelli  di  Vigevano,  e  prende  il  nome  di  Roggia  Mora  in  omaggio  al  principe  sotto  i  cui  au- 
spici venne  costrutto.  m 

Il  Naviglio  della  Martesana  entra  in  Milano  sottopassando  il  bastione  di  Porta  Nuova  arriva 
al  Tombone  di  San  Marco,  ove,  allo  sbocco  del  ponte  di  questo  nome,  che  dista  circa  800  metri 
dal  Tombone  stesso,  prende  la  denominazione  di  Fossa  Interna  e  continua  percorrendo  quasi 
circolarmente  la  parte  principale  della  città,  eccetto  il  tratto  che  corre  fra  l' estremità  settentno- 

(1)  L'oncia  d'acqua  magistrale  milanese  è  eguale  a  metri  cubi  0,0345. 


BIBLIOGRAFIA  277 

naie  della  via  San  Gerolamo  e  pressoché  l'estremità  occidentale  della  via  del  Pontaccio,  stan- 
icene ali  epoca  della  costruzione  fu  qui  interrotto  in  causa  delle  opere  di  edificazione  e  di  for- 
tificazione dell*  ora  distrutto  castello  del  foro  Bonaparte. 

Finalmente  il  Naviglio  della  Martesana,  o  Fossa  Interna,  va  a  scaricarsi  nella  Darsena  fuori 
di  Porta  Ticinese,  dove  confluisce  pure  il  fiume  Olona,  che,  unitamente  alle  acque  del  Naviglio 
Grande,  proveniente  dal  Ticino,  fornisce  il  corpo  d'acqua  pel  Naviglio  di  Pavia 

™NrigH0(MarteSana'  h  CUÌ  P°rtata  è  dÌ  °"Ce  maSistrali  mimesi  6B4,  pari  a  metri  cubi 
22,363  al  minuto  secondo,  vengono,  senza  pregiudizio  della  navigazione,  erogate,  lungo  il  suo 
percorso,  a  mezzo  di  31  bocche  aperte  nelle  sponde,  le  acque  per  l'irrigazione  delle  limitrofe 
campagne,  come  pure  nella  sua  parte  che  percorre  la  città  vengone  fatte  importanti  estrazioni 
che  mediante  canali  diramatori  vanno  ad  irrigare  orti  e  giardini  ed  a  ricevere,  anche  quali  cav  i 
di  fognatura,  le  acque  e  le  materie  sporche  delle  strade  e  delle  case.  -  Le  forti  differenze  di 
.vello  che  la  Fossa  Interna  e  i  cavi  derivati  incontrano  nel  loro  corso  vengono  impiegate  come 
forze  motrici  di  ruote  idrauliche  ad  uso  di  diversi  opifici,  fino  a  che  parte  di  questi  cavf  ritor- 
nano le  oro  acque  residue  alla  Fossa,  parte  le  portano  invece  sulle  campagne  immediatamente 
Inori  delle  nostre  porte,  dove  vediamo  lussureggiare  le  belle  verzure  e  le  ricche  marcite 

Un  altro  canale  d'incontrastabile  importanza  è  quello  che  costeggia  Milano,  e  che  ha  nome 
Redefom.  Esso  ha  principio  da  quella  stupenda  opera  idraulica  che  è  la  cateratta  a  auattro 
porte  con  superiore  scaricatore  a  fior  d'acqua,  costrutta  nella  sponda  sinistra  del  Naviglio  fuori 
d,  Porta  Nuova.  Quest'opera  fu  eseguita  nel  secolo  XVIII  allo  scopo  di  guarentire  la  città  di 
Milano  dalle  piene  che  avvengono  nel  Naviglio  Martesana,  facendolo  cosi  servire  quale  cavo  sca 
ncatore.  Il  Redefossi  esisteva  molto  tempo  prima  della  costruzione  del  Naviglio  Martesana  e 
serviva  ad  accogliere  le  acque  del  fiume  Seveso  e  della  Roggia  Borgognona 

Dall'incile  il  Redefossi  corre  lambendo  esternamente,  come  si  disse,  i  bastioni  Porta  Nuova 
segue  il  suo  corso  verso  Porta  Romana,  sempre  costeggiando  le  mura,  e,  volgendo  verso  mez' 
zogiorno,  prosegue  parallelamente  alla  strada  provinciale  per  Lodi,  fino  ad  immettersi  nel  fiume 
Umbro  ni  territorio  di   Melegnano.   Anche   lungo  il  percorso  di  questo  canale  si  fanno     come 
dal  naviglio  Martesana,  importanti  estrazioni  allo  scopo  di  diramare  in  città  le  sue  acuu'e  eri 
cevere  ed  esportare  poi  una  parte  delle  colature  immonde  delle  case  per  condurle  ad    rrigan>  l 
concimare  a  un  tempo  le  circonvicine  campagne,  mentre  il  cavo  principale  spande  lo  stesso  be 
nefic.o  sui  fondi  a  destra  e  a  sinistra  del  suo  cammino  fino  al  Lambro 
Il  vero  canale  però  di  fognatura  della  nostra  città  è  il  fiume  Seveso,  che  è  anche  il  più  an- 

ÌScmase      6  P         6  S'rada"'  "°nChè  **"  SC0U  degU  aCC<UaÌ  '  d>altri  sca™hi  -»on"i 

Questo  tìumicello  ha  le  sue  sorgenti  in  una  torbosa  campagna  chiamata  ,1  Bassone,  nel  cosi 
detto  Prato  Pagano    tra  Fino  e  Como,  e  negli  scoli  di  varie   colline  superiormente   a   Cantò 
scorre  presso  ,1  villaggio  di  Severo,   attraversa   il   borgo   di  Cesana  e  Nigunrda        di  premute 
eSt"  SI0  Martmna'   lnferÌ"  ^  — *  "   ^ifdalqLaletie":: 

,iffin!l°   !r  fOmÌ,naZÌ0n6,  r°mana  U  SeVeS°  Se«nava  Ia  cinta  dm'a  ^stra  citlà,  talché  anche  og- 
gigiorno dietro  il  suo  alveo  si  possono  riscontrare  le  vestigia  dell'antica  Milano.  Esso  era   per- 

d   n  tr\7ÀT       m  Parte,da"?  aCqUe  deflUenU  dai  S0Vraslanli  te"-eni  esterni  della  metropoli 
ed  m  parte  dalle  sue  immonde  colature.  r  " 

Ora  questo  piccolo  fiumicello  scorre  coperto  sotto  l'ingrandita  Milano   racchiudendo   nel   suo 
orso  circolare  la  parte  più  centrale  di  essa,  raccogliendo  anche,  per  mezzo  di  rami  secondar" 
aventi  diverse  denominazioni,  gli  scoli  e  gli  scarichi  immondi  di  più  di  2000  case   i  uuXven 
gono  cosi  convogliati  ed  esportati  dalle  acque  vive  in  esso  scorrenti;   acque   che  'sono      t, te 

17  PT°a  C,°?flUr'e  M/rteSana'  med'ante  b0CCa  Sellala,  aperta  inVgio  alla  spon  a  d 
stia  a  monte  del  ,     h        dl  s.  Marco   ,  piccoU  canal.   ^  P  g        ^ 2T, 

questo,  riuniscono  le  loro  acque  in  un  canale  più  ampio  che,  sottopassando  per  tomba Trifone 

troT   ^7a'a7nted«' Ponte  «elle  Pioppette,  va  a  gettarsi  nel'canale  Vetabbia   che      n  è 

altro  £e  non  la  continuazione  del  Seveso  ed  un  doppio  scaricatore,  cioè,   delle  pluviali  e  delle 


278  BIBLIOGRAFIA 

colature  immonde  della  città  e  delle  acque  di  piena  della  Fossa  Interna  che  esso  Vetabbia  riceve 

a  mezzo  del  Fuqone,  bocca  aperta  poco  a  monte  del  ponte  delle  Pioppette. 

Dalla  sua  origine  il  canale  Vetabbia  continua  scoperto  in  città,  ricevendo  nel  suo  corso  le 
acque  di  altri  canali;  sottopassa  per  tomba  a  sifone  il  bastione  di  Porta  Ticinese  e  va  a  ferti- 
lizzare i  territori  di  Vicentino,  Civesio ,  Viboldino  ed  altri,  e  finalmente,  dopo  un  lungo  e  si- 
nuoso eorso  di  circa  chil.  18,  va,  in  vicinanza  dell'abitato  di  Melegnano,  a  gettarsi  nel  Lambro; 
anzi  a  stare  ad  alcuni  storiografi ,  fra  i  quali  il  Landolfo  Seniore,  parrebbe  che  questo  canale 
di  scolo  e  di  irrigazione  abbia  servito  in  tempi  lontani   alla   navigazione   da  Milano  al  fiume 

^sommaria  analisi  storica  dei  sopradescritti  canali  basta  da  sé  sola  a  mostrare  come  da  essi 
dipendano  gran  parte  dell'igiene  e  degl'interessi  cittadini,  e  quanta  importanza  possano  avere  le 
riforme  che  si  vanno  suggerendo. 

È  universale  il  lamento  per  il  cattivo  effetto  estetico  della  Fossa  Interna,  e  segnatamente  pei 
i  miasmi  che  da  essa  si  sprigionano  nelle  due  epoche  dell'anno  in  cui  per  le  riparazioni 
e  gli  espurghi  viene  levata  l'acqua.  Questo  canale,  al  pari  del  Seveso  e  del  Vetabbia,  in  cui 
confluisce,  ricevendo,  oltre  le  acque  di  pioggia,  le  acque  lorde  degli  acquai  e  le  materie  fecali, 
queste  formano  un  sedimento  compatto  che  il  solo  movimento  d'inerzia  dell  acqua  in  esso  scor- 
rente non  basta  a  trascinare  quando  non  sia  di  tanto  in  tanto  rimosso.  Se,  come  la  maggior 
parte  del  Seveso,  la  Fossa  ed  il  Vetabbia  corressero  coperti  nella  città,  e  che  coperti  continuas- 
sero per  qualche  tratto  fuori  di  essa,  l'inconveniente  sopraccennato  sarebbe  tolto.  Invece,  nella 
primavera  e  nell'autunno  di  ogni  anno,  levate  che  siano  le  acque  della  Martesana  e  quindi  anche 
della  Fossa,  abbiamo  sott' occhio  per  più  giorni  il  disaggradevole  spettacolo  nel  Naviglio  sul  cui 
fondo  oltre  le  sostanze  escrementizie  si  trovano  altre  materie  che,  smosse  con  badiloni  o  rastrelli 
sotto  i  raggi  del  sole,  ammorbano  1'  aria  e  danno  un  aspetto  che  è  in  perfetta  contraddizione  colla 
decantata  pulizia  della  nostra  città.  La  parte  limacciosa  cosi  smossa  viene  poi  in  seguito  tra- 
scinata ed  esportala  fuori  di  porta  a  mezzo  dello  scaricatore  Vetabbia,  sospinta  dalle  acque  nuova- 
mente immesse  nella  Fossa  dal  Naviglio  Martesana. 

Un  provvido  regolamento  municipale  in  data  20  luglio  1862  stabilisce,  e  ben  si  vero,  che  nelle 
nuove  costruzioni  e  nei  riattamenti  delle  case  esistenti  si  debbano  far  costrurre  fogne  mobili  o 
pozzi  neri,  togliendo  cosi  per  l'avvenire  l'immissione  delle  acque  sporche  e  delle  materie  fecali 
Li  canal!  cittadini;  ma  se  oltre  a  questa  utile  disposizione,  I  autorità  mumcpa e s  ipu  tee al- 
tresì cogli  aventi  obblighi  e  diritti  una  convenzione  colla  quale  evocasse  a  se  la  totale  esecuzione 
d"  1  espurghi  e  delle  riparazioni,  è  indubitato  che  questi  verrebbero  eseguiti ^contorni,  a, 
dt  mi  dell'arte,  più  sollecitamente  e  con  maggiere  diligenza,  evitando  in  tal  modo  che  venga 
alterato  il  fondo  del  canale;  oltre  a  che  sarebbero  meglio  sorvegliate  ed  eseguite  le  opere  di  co- 
struzione e  di  riparazione  delle  tombe  e  delle  sponde.  Anche  qui  infatti  l' ingegnere  Bignami  pro- 
pone saggi  provvedimenti  in  forza  dei  quali  verrebbe  completamente  riformata  la  vigente  intri- 
ca azienda"  amministrativa,  attualmente  suddivisa  in  tanti  corpi  morali 6  e  ciò  nel ^- " 
del  Comune,  dei  Consorzi!  e  dei  relativi  contribuenti,  che  godono  il  beneficio  dell  immissione 
delle  pluviali  e  delle  acque  sporche  delle  loro  case. 

Anche  i  canaletti  raccoglitori  delle  acque  stradali,  per  la  loro  poca  capacita  ed  il  oro  tenue 
pendio,  non  possono  interamente  smaltire  le  acque  e  te  materie  che  in  essi  si  convogliano  ;  co- 
cche le  materie  putride  e  terrose  si  depositano  sul  loro  fondo,  dove,  alterandosi  nella  stagione 
estiva,  esalano  miasmi  e  rendono  necessarie  lunghe  e  dispendiose  operazioni  d  espurgo,  che  pel- 
le suaccennate  ragioni  riescono  sempre  imperfette.  Non  par  vero  come  non  siasi  mai  pensato  a 
rimediare  a  questi  cosi  gravi  inconvenienti,  mentre  con  una  spesa  non  forte  tali  canaletti  po- 
trebbero essere  riadattati  e  resi  molto  migliori  sia  dal  lato  igienico  che  dal  tecnico  e  dal  eco- 
nomico, bastando  a  tal' uopo  l'immettere  nei  medesimi  una  parte  dell'acqua  viva  scorrente  n  , 
nostri  cavi;  ben  inteso  riordinando,  come  sarebbe  facile,  il  sistema  di  canalizzazione  ed  usufru- 
endo di  una  parte  dell'acqua  che  ora  scorre  in  molti  cavi  quasi  senza  profitto 

L'ingegnere  Bignami  ha  corredata  la  sua  bella  Memoria  di  una  carta  idrografica  di  Milano  su 
cui  ha  tracciato  l'andamento  di  un  cavo  da  lui  immaginato,  il  quale,  estratto  dal  canal  grande 


BIBLIOGRAFIA  g7g 

Seveso  al  punto  d'incontro  fra  la  via  Monte  Napoleone  ed  il  Durino,  percorre  il  corso  Vittori. 

CaZbbo  "T^  PÌam  de'  DUOm°  6  paSSand°  per  Ia  ™  Torino  di3.I; 

ÌZ^lTe  "Ì  SeVeS°-  °a  aIlr°  ram°^tratto  P™  dal  Seveso  al  largo  della  v^cia 
diro  fra   a  Croce  Rossa  e  la  via  Monte  Napoleone,   dovrebbe   correre   la  via  farlo  \Z1     , 

Lti  iJz  mzt  pen  n' faci,e  sarebbe  ad  immettere  ■»  «*»»*«* 
giumi'Sriir  rfl,° altimetrico  de!,a  ciua  e  dei  cavi  esistenii-  ™  **>"  **  <■» 

atri  che    "t°^         T*,0  mmm  MaMm  di  qUeslÌ  Canali  diramatori  ™  confronto  di 

Intamfch  g  g"  §"ami  6  qUa'6  S1  6SÌge  dai  Presenti  biso«ni  cittadini, 

servono  Lli  J7    T'  *  ^^  COndÌZÌOM  di  C0Se  non  ha  Più  da  ^V™  «  le  acque   che 

o.     e/ar    osoTr       S°n°  '"  m°llÌ  P°2ZÌ  maISaM  6  dÌ  d'fflcile  deP"azion-  «  -stro  sul 

Fa  lei  ,vTo  ner.ranamrnHe  ""T  !"  f^  "  *6  mate™  Ìmm°nde>  che'  ™°o 

corromp:?:7aSa  ^tabuè  *'    *  SC°'°'  S'  Sf°gan°  "^  "****  &  mÌ,Mese  »*)  a 

ed  ta'SSnKr'r*  ,~  '.rf  °  aVVÌS°  -  di  pr0VVedere  Perchè  moIti  ■**-»  *"  legno 
l«r^t^  S"?0SSaI°taa  VeDgan°  rÌS'aurali   e  ric— -   «0, 

gena    ui  s   Vutn         f  ,    oSS1V°  deDenmento-  Un.  esempio  l'abbiamo  nei  ponti  di  Porta  Ma- 

5!o',os  L0  ata  esstt  f°PPT,'  ^  ■'*"  *  ^  edifizi  di  ^°  Anche  la  rozza  e 
sostituHa  da  snond    /  ^  PmClpi°  del  17°°  Sarebbe  "esiderabile  che  fosse  tolta   e 

b  ti  avvenl  in  li P"!  °'  C°me  ■«*  SÌ  *  fa"°  '"  parfe-  In  rÌgUardo  Poi  aI1'«to  di  fab- 
nale  ne  venS  o  edS'  ",,  '  ann\s.arebbe  necessario  «he  oltre  ai  ponti  ora  esistenti  sul  ca- 
ser ^ia  toÓ  alofeon^  di  £lf^  '  ^  ^  maggÌ°r  e'egan21  6  Nerezza  vorrebbero  es- 
città   riordinano    nT  .dltfaCll,lare  le  «"""""«rioni  tra  la  parte  superiore  e  la  inferiore  della 

attuali  defoS        ?    '  ^  '"  ffi°"e  ^'   '   muri  di   sPonda  co1  «"*««•  <°™  le  tanle 

e  !TJZSL  ^IT^   ^  „**»   VMe'  SeCOndo  "oi  >  «™  ^pliOcato 

in  usoTora  arri  ,  Pr°greSS1  ?"*  m6CCanÌCa'  applÌCando  «  sistema  di  Tomge,  già 

he  stesa  sul  fondò  ^     !  "^.T  della  Francia-  Q»«to  sistema  consiste  in  una  Lena 

Iga  quanto  il  tratta  di  e T/^      *,'  ^^  ''«"B'"0  P™CÌpale  del  sistema-  Tal*  catena 
niA  1,   !       a     ,  6  S"  CU1  la  "aviazione  deve  essere  stabilita,  si  avvolge  a  due  o 

1      u         „l,CaS0'  SU  dl  "^  PUl6ggÌa  SpeCÌale  impiantata  sulla  ba™  mirice.  Una  macchia 
S  rca'tenaPveneUrim'-mU0Vr0  *  PU'6ggia  faCend°la  Svol«ere  sulla  »atena;  di  modo    he 
vte  tagg  or    par  cola   121^  &  7^'  "**  ^^  GU  StudÌ0SÌ  ^^  ^  - 
Esposiziofe  d   PaS  e    /ut™    '  f 6  °  6°^a°'.0h9  Perfezionato  si  ammirava  all'ultima 

»i  r  ^  ^srizrrxr"' come' pw  esempi°  *"  -- 

qu^^V7trLZ°zionSarebbe  qUeUa  dÌ  Pr0VTCdere  di  f0"tane  Mostra  città;  ma 

spetto  ad  aUri,  ed  inìn'e  a    faS    "n        d881™*  t  ,ÌVelI°  Che  alcUnÌ  Punti  di  essa  ba"no  ri- 
corpo d'acca*  :;  ^J^^js^^js^£ra^ra^° un 

ottenere  getti  considerevoli.  La  semplice  ed  e  tonte ^  foni  Ìli  °,  ^"^  ^ 

strutta  nello  scorso  secolo,  è  alimenti    1!  Tir  f      P'aZZa  dl   qUesl°  DOme>  c°- 


2gQ  BIBLIOGRAFIA 

con  apposite  macchine,  le  acque  degli  acquitrini  dai  pozzi  trivellati  ed  anche  semplici  a  diversa 
profondità.  Degne  di  considerazione  e  di  studio  sono  intanto  i  suggerimenti  che  il  lodato  inge- 
gnere Bignami  espone  su  questo  ramo,  appoggiandosi  a  dati  numerici  e  a  risultati  esperimentah. 
Il  voto  sincero  che  noi  diamo  alla  pregevole  Memoria  di  cui  abbiamo  voluto  far  cenno  vor- 
remmo,  nell'interesse  cittadino,  che  fosse  loro  dato  anche  dalla  nostra  autorità  municipale  che 
nel  suo  seno  vanta  segnalati  ingegneri;  i  quali,  apprezzando  l'importanza  e  la  necessita  di  tali 
riforme  e  miglioramenti,  abbiano  a  promuoverne  in  seno  al  Consiglio  Comunale  gli  studi  di  det- 
taglio ed  in  seguito  la  relativa  attuazione,  almeno  della  parte  che  riguarda  la  pubblica  sanità , 
essendo  questo  un  desiderio,  un  voto  ed  un  bisogno  da  tutti  sentito.  Lo  spirito  d  associazione , 
che  insegnò  ad  utilizzare  i  piccoli  capitali  riunendoli  e  che  trova  nei  miglioramenti  dell  indu- 
stria, del  commercio  e  dell'agricoltura  uno  sfogo  ed  un  lucro  proporzionato,  potrà  fare  il  resto 

C°Col "vanto  dell'irrigazione  lombarda,  oggetto  della  mondiale  ammirazione  e  fonte  di  quella  ric- 
chezza che  le  traversie  politiche  e  sociali  non  valsero  a  diminuire,  procuriamo  seguendo  gì  in- 
segnamenti dei  nostri  padri,  di  mantenere  anche  la  fama  che  ci  siamo  acquistata  nella  scienza 
idraulica,  e  adoperiamoci  a  conservare  e  migliorare  alla  nostra  città  quel  lustro  e  quel  decoro 
che  è  voluto  dalle  sue  memorie  passate  e  dalle  sue  presenti  aspirazioni. 

Ing.  F.  Aikaghi. 


Milano,  Tip.  degli  Ingegneri.  B.  BALDINI,  Proprietario,  Gerente  responsabile. 


DELLA  PROPRIETÀ  FONDIARIA  33 

atSLtssr in  possesso  dei  frutto  de,ie  sue  fatiche>  egu  estin§uerà  n  su°  «*> 

defZpfH^T  S0"°ia  SedU>ÌOne  dÌUn  talPro?resso  del  «edito  agricolo,  che,  nell'occasione 
d e.  progetta  di  nforma  d.  cu,  s'  è  più  sopra  parlato,  dodici  corti  reali  e  tre  facoltà  di  diritto 
proponevano  una  m.sura  atta  a  rendere  piò  rapida  la  negoziazione  del  titolo  ipotecario,  qÙ  a 
^girata.  Questa  innovazione  era  essa  realizzabile  allora  senza  gravi  pericoli  ?  Non  lo  sarebbe 

he  nZdpC°   "T2  dell'^a"iz™  progettata?  Si  crede  d' aver  risposto ,  con  tu" 
che  precede ,  a  questa  doppia  questione. 

^2*  egualmente  sulla  possibilità,  se  non  sulla  opportunità,  di  rendere  pratico  un 
conce  to   eg.slat.vo  ancor  p.ù  rad.cale.   La  legge  del  9  messidoro  anno  IH.»  _  data  che  spiega 

denLSTdi  7-T  V0,UtOf°rganiZZ"e   *  *****  «»  '*  ****■  Dietro  una  valutala 
dell  immobile  d.  cm  il  conservatore  assumeva  la  responsabilità,  questo  funzionario  avrebbe  rila- 
vo a.  proprietarie  cedole  costitutive  d'ipoteche  f.no  alla  concorrenza   di   tre   quartfd 1  va- 
o  e  di  stima  del  pegno.  Questi  coupon  immobiliari,  messi  in  circolazione  colla  girata,  dovevano 

tr irai  tTta*  eSaUnment°,  l  "^  ™  ^M'  V°™  SÌ  d°™a  «*»<*«>  *«  -"  "a 
ZZ,   f  \  ,  P  aZ!0"e  de"e  nS°rSe  meSSe  sotto  la  suamano  con  tanta  facilità;  forse  era 

ben  questa  la  modulazione  del  suolo  tanto  temuta  dagli  economisti  prudenti.  Checché  ne  sa 
questo  decreto  non  ricevette  nessuna  esecuzione,  e  non  resta  che  come  monumento  storico.  Ma 
senza  aver  qui  a  graduarlo  nei  suoi  effetti  sociali,  considerato  solamente  per  rispetto  al  mecca- 
n.smo  d.  cu.  esso  esige  l'organizzazione  per  funzionare  nella  pratica,  non  si  può  egli  diTche 

nstallato  nella  nuova  conservazione  dei  diritti  reali,  la  sua  realizzazione  sarebbe  ora  assicurata? 

co^rdaizr0"6  dicui  venne  accusata  ia  iegge  di  messidoro>  ann°iii-°-  £23! 

££  %  dubbia081210"1  aCCeSS0™;  e'  rÌtenUt°  "  SU°  »"™^  Ia  ™~  *  OP-  non 

Jf'  Se //"^^^zione  dell'immobile,  1'  esatta  e  facile  manifestazione  de'  suoi  pesi  la 
ertezza  del  diritto  proprietario,  in  una  parola  la  rapida  d.scussione  del  pegno  il  ecario    sono 

le  condiz.on,  essenz.a.i  del  credito  territoriale,  è  sopratutto  allorché  esso  LbSu 
ompagma  fìnanzuria  e  mettersi  pubblicamente  e  largamente  a.  servizio  dei   bisog      d    a "r" 

pr  età.  GÌ.  intermediar,  mancano  tra  colui  che  ch.ede  e  quello  che  presta  o  piuttosto  essi  ope- 

I  lZZlTv'°V  T'  g.aCan/ie  SUf,ÌCÌen"'  "ella  Sfera  tr°PP°  stretta  de»*  località.  Come 
nuhh  th  T     qUf  m,eMe  daPPerlUU°  "  Cercat0re  di  danaro  in  «PPorto  colle  sue  banche 

ci.  S    deO  Z4  ^  1°^°  "^  ^°^  ÌStÌtUZÌOnì-  *»  sono  »--*•  *>  al- 
cuni stati  del  nord  dell  Europa  e  funz.onano,  dieesi,  col  maggiore  universale  vantalo-  ma  i  loro 

cu i  appoggio  in  Franca  mancherebbe.  In  Francia  nn  grande  tentativo,  ispirai  da  una  grande  i„t  1- 
hg  n  a  e  da  un  gran  cuore,  venne  fatto,  or  sono  quasi  otto  anni,  per  diffondervi  lo  stesso  beneficio. 
No.  dinamo  un  tentativo,  perehè  molti  decreti  successivi  sugli  stabilimenti  dapprima  provinciali, 
poi  nunit.  in  quello  del  credito  fondiario  di  Francia,  non  hanno  mai  raggiunto  il  loro  intentò 
benché  per  renderlo  access.b.le,  essi  avessero  sbarazzala  la  via  dagli  impacci  del  diritto  comune 

In?!6™  7''em0  !gÌS!a!°re  aVCTa   VOlU'°   S°Pratutt0   met,er,i  al   servigio  della  piccola 

proprietà,    affrancare  questa  dal  despotismo  dell'usura,  e  fornirle,  senza  aggravarla,  i  mezzi  di 

escre  tentamene  ma  «caramente  all'estinzione  del  suo  debito,  annualmente  ammortizzato  con 

un  supplemento  d  interess.;  nobili  ispirazioni,   ma  vane  speranze  1    se  bisogna  credere  ai  risul- 

^ZnrTU\      -anrv  POlU'°  V6dere  ÌnSta"arSÌ  e  bentosto  sPadre  le  direzi°ni  dipartimentali 

31,     t    t  trr?:Ìa''  "  -ChÌedente  danar0'  PÌCC0,°  P™P™tario,  non  vi  faceva  punto 

«  S™  •  V? ,      dd  CaP°  S'  3paVentava  a  buon  dirilt0  della  radi™le  ineufficienaa  delle 

iTtuTY't  Pr°P,netà  n°"  P°tè  SCmbrar  lOT0  veratnente  ed  immancabilmente  f.s- 

anit  „  M        vn'  qUe'  P0V,rI     '^^  bÌSOg"0  dÌ8farSJne  e  render,i  ai  loro  a^-ini-  i  ^rdi  piccoli 

sàeut  P  '  nn  agg10'  L  ,SlltUZ:0ne  Cenlra'e  d"a  tultavia'  ma  cercand0  a»ri  generi  d'affari,  e  se 

essa  e  utile  non  lo  e  già  a  quelli  in  cu.  favore  l'amor  del  paese  e  del  bene  aveva  inteso  di  ciarla. 

cole T„Ti     .  Tr'  a  nSChÌ°  dÌ  affaUCare  "  lett0re>  che  »M  ostacoli  "avanti  ai  quali  soc- 
combette queslo  tentat.vo  sono  precisamente   quelli  che  il  modo  proposto   di   costituzione  della 

Guarentigia  della  proprietà  fondiaria.  8 


34  GUARENTIGIA 

proprietà  territoriale  deve  fare  sparire  per  sempre?  I  banchi  agricoli,  le  banche  territoriali,  le 
compagnie  di  credito  fondiario,  hanno  necessariamente  la  loro  sede  in  un  centro  di  popolazione 
che  tiene  i  loro  preposti  ben  lontani  dagli  immobili  da  discutere;  i  loro  agenti  locali  o  viaggia- 
tori -  se  essi  non  temono  la  spesa  -  non  arriveranno  mai  a  fornir  loro  delle  informazioni 
così  complete  come  quelle  di  cui  si  circonda,  a  forza  di  vigilanza,  l'interesse  sempre  all'erta  di 
un  capitalista  campagnuolo;  e  se  quest'ultimo  soccombe  e  s'inganna  tante  volte,  che  ne  sarà 
egli  dunque  degli  altri?  Bisogna  dunque  che  al  centro  stesso,  senza  sortire  dall  ufficio,  senza 
vedere  e  scrutare  l'immobile  altrimenti  che  nelle  scritture  autentiche  che  vi  si  riferiscono,  il 
gerente  dell'impresa,  pienamente  istrutto,  possa  senza  timore  aprire  la  sua  cassa  al  richiedente. 
E  se  questi  presenta  col  suo  stato  fondiario,  datato  e  certificato  nello  stesso  giorno,  del  quale 
stato  si  conoscono  già  le  condizioni  costitutive,  potrà  la  banca  temere  e  rifiutarsi  ancora  ?  Fuori 
di  questo  programma,  tali  stabilimenti  non  saranno  mai  che  una  ingannevole  chimera. 

36  Non  si  tratterà  di  entrare  più  oltre  nelle  diverse  parti  del  diritto  ipotecano,  per  metter  e 
in  contatto  ad  una  ad  una  coli'  organizzazione  progettata  e  mostrare  le  forze  nuove  che  questa 
può  communicare  al  movimento  delle  transazioni  immobiliari  e  del  credito  fondiario.  Un  tale 
compito  oltrepasserebbe  troppo  i  limiti  imposti  a  questo  lavoro.  E  così,  nella  pratica  del  sistema 
francese  e  de' suoi  numerosi  analoghi,  si  urta  ad  ogni  passo  contro  lo  stesso  ostacolo  ;  1  immo- 
bile la  vera  garanzia  del  debito,  o  piuttosto  il  vero  debitore,  l'immobile  che  il  credi  ore  do- 
vrebbe sempre  vedere  nella  sua  individualità  propria  e  nelle  fasi  successive  della  sua  solvibilità 
non  apparisce,  in  qualche  modo,  che  attraverso  la  personalità  di  colui  che  lo  tiene,  attaccato  al 
suo  nome  non  avente  che  lui  per  insegna,  celandosi,  quando  cambia  il  nome,  col  possessore, 
sfuggendo  alla  discussione  e  sovente  al  diritto  d' ipoteca,  gettando  insomma  in  tutti  gli  accidenti 
della  procedura,  le  complicazioni,  1'  equivoco  e  le  delusioni.  "T3'-'u 

Il  principio  della  specialità  mancando  nella  sua  applicazione,  l'altro  principio  vitale  del  diritto 
ipotecario,  la  pubblicità,  ne  è  alla  sua  volta  compromesso;  e  1'  ordine  d'idee  nel  quale  noi  non 
abbiamo  temuto  di  entrare  ne  offre  qui  la  prova  più  convincente.  La  pubblicità  del  registro  ab- 
braccia, come  si  sa,  tutti  gli  atti  civili  e  giudiziari;  perchè  tutti  ed  in  tutti  i  paesi,  sono  tribù-- 
tari  d'  un  interesse  che  in  nessun  luogo  vuol  dormire,  1'  interesse  del  pubblico  tesoro.  Se  alcuni 
tentano  di  sottrarvisi,  è  col  favore  di  un  arrischiato  secreto,  con  scritture  privale  che  non  hanno 
il  privilegio  di  agire  sull'  interesse  dei  terzi  e  che  alla  loro  volta  subiscono  la  legge  del  registro 
fiscale,  appena  s'  impegni  una  questione  sulla  loro  esecuzione. 

Come  dunque  non  si  è  utilizzato  quest'  organo  immenso  di  pubblicità,  come  la  pubblicità  del 
registro  non  è  ad  un  tempo  la  pubblicità  ipotecaria?  come  questa  è  relativamente  all' altra,  così 
parsimoniosa,  così  limitata,  e  di  così  difficile  produzione? 

La  ragione  è  questa,  che  il  registro  attuale,  per  ciò  stesso  che  tutto  riceve,  non  può  nulla 
ritenere  e  classare.  La  menzione  e  1'  analisi  degli  atti  sopra  i  registri  dell'  ufficio ,  sufficienti  al 
punto  di  vista  esclusivo  delle  tasse  da  riscuotere ,  non  formerebbero  nel  loro  ordine  successivo, 
che  un  inestricabile  caos  in  cui  si  perderebbero  senza  dubbio  le  ricerche  ulteriori,  qualunque 
fosse  il  modo  di  classificazione  che  si  tentasse  di  introdurvi  coi  dati  attuali.  Ad  onta  di  ric- 
chezze così  ammucchiate,  gì'  interessi  individuali  non  vi  troverebbero  che  indigenza,  per  1'  im- 
possibilità di  mettere  la  mano  sul  tesoro  che  essi  avrebbero  a  svolgerne. 

D'altra  parte,  il  registro  analizza  gli  atti,  secondo  la  loro  natura,  sotto  il  solo  rispetto  della 
tassa  da  riscuotere  e  non  vi  vede  che  un  prezzo  sul  quale  è  calcolata  la  tassa.  Ma  esso  non  ha 
a  preoccuparsi  né  dell'immobile,  né  della  sua  ubicazione,  della  sua  identità,  della  stessa  sua 
esistenza,  a  meno  che  non  si  sollevi  qualche  sospetto  sulla  sincerità  del  prezzo  accusato  o 
del  valore  assegnato. 

Sotto  l'uno  o  l'altro  rapporto,  la  pubblicità  ipotecaria  non  ha  nessun  utile  da  attendere  da 
una  tale  istituzione* 

Che  cosa  è  pertanto  necessario  perchè  essa  diventi  feconda  e  prodiga  de'  beni  che  essa  nasconde 
senza  saperli  manifestare  e  diffondere  ?  Una  sola  cosa,  incognita  finora,  ma  ormai  decisiva  ;  l' in- 
dividualizzazione dell'immobile  e  delle  sue  più  piccole  parti,  se  piace  dividerle  contrattualmente; 
dell'  immobile  che  resta  e  persiste  identico  a  sé  stesso  e  sempre  riconoscibile  nelle  scritture,  come 
esso  resta,  persiste  e  si  mostra  materialmente  nel  suo  luogo  terrestre,  meglio  ancora,  perchè  a  segni 


DELLA  PROPRIETÀ  FONDIARIA  gg 

deperibili  o  sospetti  di  divisione  e  di  demarcazione  le  scritture  catastali  sostituiscono  la  testimo- 
nianza immutabile  de>  dat,  geometrici,  l'ubicazione.  L'individualizzazione  dell' immobi  e  così 
compresa  deve,  come  noi  abbiam  detto,  risolvere  da  sola  il  problema  emettere  la  vasta  pubbli- 
cità del  reg.stro  al  servizio  di  tutti  i  bisogni  transazionali  ed  ipotecarj.  Essa  sola,  diffatti  for- 
Hbr?     ni61"     °  ClaSSÌf!Cat0re'   Per  essa  ad  <**   ^  "el  sudo  ed  i.la  sua  de^gn  zion'e  n  i 

lue  ti  atti  sotto0,?  rf  '  "T"  "f1  ""  Semi"ÌC°  rÌfedmenl°  aI  P™»"«*  pone  tutti 
guest   atti  sotto  la  loro  vera  rubnea;  al  caos  è  succeduto  l'ordine;  all'impossibilità  delle  ricer- 

esplorare!  "  '    *  "  ÌmeStÌ^ÌOnÌ'  ci"'te  al  *»  oggetto  che  esse  hanno  da 

Àfj£Leì  IS  SpeClam'  Una  deIIe  due  Srandi  le^  del  credito  territoriale  e  della  costituzione 
del  d.r.ttod.  proprietà,  genera  completa  ed  assoluta  l'altra  legge  che  è  V  essenza  stessa  del  re- 
gime dei  diritti  reali,  la  pubblicità  (1). 

'  (1)  In   un'opera  già  citata  e  che  avremo  da  citare  ancora,   M.  Loreau  appoggia  anch'esso    tutto  il 

IVerlT^  !•  S,One,S0Pra.r,Lbr0  f°ndÌarÌ0  C°,let,0re  dÌ  tttt"  !  fat«  'ransazfoLn  d  coor  i„  r  pe 
render  pubbl.c;  e  ,1  suo  hbro  Repertorio  al  quale  non  sono  mancate  le  alte  adesioni  Ma  «U  man 
cava  allora  una  base  essenziale,  l' istituzione  catastale.  au.s.oi...  «a  gli  man- 

Il  catasto  esisteva  però  in  Francia,  ma  già  quasi  inerte  e  fuori  di  Slato  di  seguire  il  movimento  delle 
transa   o»,  lmmoblllar,  ,  ^  „è  piu  „„  raeno  „,  ^  ^  ^J^ZZll 

presentavano,  ne  rappresentano  ancora  che  Io  stalo  della  proprietà,  o  piuttosto  come  osf bLTLu  1  T 
possessioni  di  fatto  al  momento  in  cui  i  geometri  li  rilevavano  su  Lr  "no    leTle  1,,!^  ' 

sotto  lo  sforzo  dei  controllori,  ma  penosamente  ed  incompletamente    co 'bt  e  che"  r  ."..pi", 

erv.z.0  attestava  egli  stesso  (p.  38  e  39)  essere  notorio  che  dei  numerosi  contribuen  '  sposses  a7  d  ' 
lungo  tempo  ..  virtù  d'atti  autentici,  restavano  nondimeno  inscritti  sopra  i  moli    come  se  fo  sero 

ancora  propr  etarj.  .  Bisognava  adunque  almeno  un  intero  servizio  speciale  di   couservazLe    ats  a 
funz.onan  e  e  bene  organizzato  per  assicurare  quello  delle  mutazioni.  L'  autore  lo  comprese    subordtaldo 
a  questa  .st.tnz.one  non  ancor  nata  la  realizzazione  «.tenore  delle  sue  eccellenti  idee;  prpLe    del 
ztone'deì  ZTeZT  """*  "  «  S~'  •»  «oury.  Usuo  sistema  „  constt 

Ma  il  problema  era  difficile  e  non  era  ancora  stato  risolto.  Aggiungiamo  che  al  punto  di  vista  degli 
interessi  civili,  esso  non  poteva  esserlo  stante  le  condizioni  dei  melodi  ordinari 

Ce,  il  hbro  repertorio  del  ,|g.  Loreau  non  è  andato,  come  si  potè  proporlo  nel  presente  lavoro  (e  ciò 

egna  una  d.ff.r.nza  captai,  fra  i  due  sistemi)  fino  a  non  considerare  il  nome  e  la  persona  del  1  r    . 

lana  che  come  un  .ceid.nl.  variabile  della  proprietà,   fino  a  tutto   aggruppare    intorno   ali  immob  le 

d.r.ir°R|-  TT  de"a  C0"Ven-ne- '"  l<"*°  di  -"-•  incon«ogagll'ilobi,e,u»e,e  ^  ta  « 
de.  d.r  tt.  real.  che  lo  concernono,  non  riservando  al  conto  del  proprietario  che  le  modificazioni  per- 
ora e  d.  capacita  Avertono  ha  dovuto  caricar.  del  doppio  bagaglio  il  conto  di  qu.sf  ultimo.  Di  q  i 
la  n...sslta  d,  con  ondar,  in  un  solo  quadro  tutti  i  capitoli  d.l  bilancio  immobiliare  dello  stesso  pL 
pnetano  senza  d.stmz.one  dell,  proprietà  fra  1.  quali  si  divid.  qu.slo  bilancio  eh.  è  bene  il  loro  e 
senza  uid.eu.on.  indmdaal.  degli  immobili  che  si  avr.bb.ro  a  discatore  s.paratam.nt.  o  esclusivamente- 
d,  qu.  ancora,  lo  s,  comprende,  una  .strema  difficoltà,  forse  insormontabile,  nelle  ricerche,  ed  in  ooni 
caso,  .1  t.mor.  mc.ssantc  di  v.d.rvi  lasciata  qualche  deplorabile  lacuna.  Come  giustificazione  di  questo 
g.ud.z.o  s.  può  vedere,  alla  fine  del  libro  del  sig.  Loreau,  il  modello  A  del  suo  Repertorio,  in  cui 
clZ  ?r  h"  .•  •  qUa,  deStÌna,°  a',e  O^»™™'  P»"onmi,  figurano  dodici  altri  quadri  a 
ricever.  '•  "      ^T?  dell'aUt°re'  a  f°rmare   altret,anti    r^ÌsM   -Para"),   che' devono 

nd  a  1STo'°n,eoSTar,a  d.altre"ante  SP°CÌe  di  a"Ì:  -  l°  Estra,ti  di  ruo,i  ^lla  contribuzione 
fond.ana,  -  2.»  .  3.»  Al.enaz.on,  -  Acquisizioni  -  4.»  e  5.»  Beni  immobili  posseduti  in  indiviso  - 
an.,cres,  e  contratti  d'  affitto  o  di  pigione  -  6.»  7.°  e  8.»  Contratti  di  matrimonio  tra  sposi  di  cui  uno 

ToTnoT  ~  A"°  d  associazione  e  di  dissoluzione  commerciale  -Separazione  di  bei  .  di  corpo 
-  9.0  10.  Iscr.z.on,  votami»  _  Sequestri  immobiliari  =  ll.o  e  12.»  Successione  d.l  contribuente 
—  Accettazione  o  rifiuto  della  successione  e  della  comunanza 

i  !ul-!T?u  CaPUOli  Ìn  Un,S0'0'  ",,"  frammischiati  1»a"'»  «  loro  oggetto,  frammettendo  per  esempio 
.  quadn  d  aff.ttaz.on.  personal,  a  quelli  d'affettazioni  reali,  e  in  mezzo  ai  quali  è  ben  facile  smarrirsi 

si  m.Zrnorrr,,rVÌaabb,aStanfZanUmer°SÌ  PeÌbÌS°gni  de"a  Pubb1^  Perchè,  *m  Per  eaanpio, 

Ito     unto",,    -,a  T'd  USfUU0'  "'  "*"  "'   abìtaZÌ01,e?   C  Ie   Cessi0ni    di    b*»''.   'he  spogliano 

tutto  a  un  tratto  .1  pr.pri.Un.?  .  1.  proteste  eh.  sono  i  primi  segni  pubblici  d'  un  fallimento  imminente? 

le  prenotauom  conservateci  dei  diritti  di  rescissione  e  di  rivendicazione  che  possono  esser,  altr.s. 


3(5  GUARENTIGIA 

57  Passiamo  all'interesse  dell'imposta  il  quale  sollecita  anch'esso  la  progettata  fusione,  seb- 
bene' i  servizi  che  vi  si  riferiscono,  di  loro  natura  esclusivi,  intolleranti,  meticolosi,  temano 
come  una  ingerenza  perturbatrice,  ogni  contatto  cogli  interessi  privali.  Ad  ogni  modo  e  ad  onta 
di  queste  ripugnanze  tradizionali ,  l'  iniziativa  di  questo  pensiero  di  riforma  e  venuta  dai  loro 
stessi  più  elevati  funzionar]  ed  esso  venne  sviluppato  da  alcuni  di  loro  con  un  autorità  pari  al- 

1  PoehTcL  resteranno  quindi  da  dirsi  su  questo  vasto  soggetto,  almeno  per  quanto  riguarda 
la  parte  amministrativa  ed  i  particolari  tecnici  dell'  istituzione  finanziaria  del  registro  e  delle 
contribuzioni  dirette.  Tutte  le  objezioni  alle  quali  non  sarebbero  ammessi  a  rispondere  quelli  che 
la  loro  educazione  professionale  non  ha  potuto  iniziare  alle  forme  della  contabilita  fiscale,  ai 
processi  regolamentari  degli  agenti  che  essa  impiega  al  movimento  interno  ed  alla  preparazione 
esterna  delle  loro  scritture,  furono  competentemente  e  pienamente  risolte  da  questi  uomini  spe- 
ciali Essi  hanno  egualmente  messo  in  rilievo,  con  una  potenza  di  logica  che  dispensa  da  ogni 
altro*  sviluppo,  i  vantaggi  di  semplificazione,  di  economia,  di  equo  riparto  dell'imposta  ed  ac- 
crescimento delle  risorse  pel  tesoro  che  sortirebbero  dalla  fusione  di  questi  due  servigi.  Non  si 
può  far  meglio  che  rinviare  ai  loro  scritti.  v   . 

38.  Richiamiamo  tuttavia  -  perchè  il  meccanismo  dei  nostri  libri  fondiarj  concorre  potente- 
mente all'applicazione  del  rimedio  -  richiamiamo  questo  male  inveterato  delle  alienazioni 
clandestine,  dei  prezzi  dissimulati,  dei  contratti  snaturati  o  stornati  dalla  loro  vera  intenzione, 
tutto  per  sfuggire  al  pagamento  delle  tasse  o  per  diminuirne  la  cifra. 

All'  arte  di  preparare  la  frode,  resiste,  talvolta  con  successo,  quella  di  sventarla;  ma  il  rice- 
vitore per  quanta  sagacia  vi  metta,  vi  spreca  inutilmente  la  miglior  parte  del  suo  tempo;  tanto 
è  comune  questa  frode  che  le  pubbliche  rendite  ne  provano,  una  perdila  che  si  è  valutata  a 
non  meno  di  50  milioni  all'anno:  e  le  stesse  parti  sono  ben  sovente  vittime  di  questa  colpevole 
economia  per  le  conseguenze  giudiziarie  che  portano  seco,  nei  loro  rapporti  contenziosi,  la  proi- 
bizione d'elle  controlettere  e  le  dissimulazioni  del  contratto.  Tali  abitudini  avranno,  bisogna 
crederlo  minore  impero  sotto  un  regime  di  pubblicità  assoluta.  Difatti  verranno  ad  attingere  le 
informazioni  alla  stessa  fonte,  e  la  diffidenza  del  prestatore  che  discute  la  sufficienza  del  suo 
peono  la  prudenza  dell'  acquirente  che  teme  di  pagare  più  del  dovere,  il  negoziatore  di  un  con- 
trattoci parentado,  la  curiosità  di  un  associato  eventuale,  e  ben  altri  interessi  ingenerati  dalla 
vita  degli  affari  e  dalle  relazioni  sociali.  Posti  in  tali  circostanze,  il  mutuatario,  il  venditore,  il 
padre  di  famiglia,  l' industriale,  ed  anche  1'  uomo  di  mondo,  temendo  di  impoverirsi  agli  occhi 
di  tutti,  sacrificheranno  a  questi  interessi  permanenti  un  interesse  accidentale  di  fraudolente 
economia,  e,  se  non  per  coscienza  almeno  per  calcolo,  si  rassegneranno  ad  essere  sinceri. 

Ciò  non  è  tutto-  il  libro  parcellario  avrà  raccolto  la  nota  scalare  dei  prezzi  successivi  asse- 
gnati all'  immobile  nelle  mutazioni  anteriori;  le  scritture  d'  affittanza  ne  avranno  fatto  cono- 
scere il  valore  locativo;    l'imposta  fondiaria  ne  avrà  determinata  la  rendita  imponibile;  questi 

il  sintomo  precursore  del  fallimento  dell' immobile  ?  e  le  convenzioni  fra  creditori  che  restituiscono  al 
debitore  fallito  la  sua  qualità  di  proprietario  un  momento  eclissata?  ed  altri  atti  ancora  che  i  terzi  hanno 
interesse  a  conoscere  e  la  cui  assenza  dal  deposito  della  pubblicità,  se  non  è  necessariamente  funesta,  e 
almeno  sempre  deplorabile.  Quanto  a  noi,  non  abbiamo  da  aprire  dei  conti  separati  a  tutti  gli  artwoli  di 
questa  nomenclatura  che  sarebbe  sempre  incompleta.  Due  capitoli  ricevono  tutto,  e  la  loro  divisione 
è  prescritta  dalla  stessa  natura  delle  cose:  le  affettazioni  personali  da  una  parte;  le  affettazioni  reali 
dall'altra-  qui  ciò  che,  modificando  la  capacità  civile  del  proprietario,  modifica  transitoriamente  le 
condizioni  normali  della  disponibilità  di  tutti  i  suoi  beni  senza  eccezione,  là  ciò  che  attenuta  e  smembra 
in  diversa  misura    ogni  individuo  territoriale  indipendentemente  dalla  personalità  del  possessore. 

(1)  Si  ha  di  già  citato  più  sopra,  1'  opera  di  M.  Loreau,  antico  direttore  del  Demanio,  1'  opera  inti- 
tolata: Du  crédit  fonder  et  des  moyens  de  le  fonder,  (voi.  in  8.°  Paris  1841.  libraire  Haehette  rue  Pierre 
Sarrazin  12)  e  dei  sig.  Marchese  d'  Audiffret,  la  libération  de  la  propriété  fonciére  ou  reforme  de  l  ad- 
ministration  des  impóts  directs  (br.  in  8.°  Paris  1844,  Allouard,  quai  Voltaire  21).  Si  può  aggiungere, 
dello  stesso  autore;  Le  budget,  le  système  financier  de  la  France  (due  opere  più  considerabili  presso 
gli  stessi  librai);  infine  Réforme  de  I'administration  fìnancière  des  hypotéques  (Paris  1851  libraire  de 
Paul  Dupont  45  brochure  in  8.°) 


DELLA  PROPRIETÀ  FONDIARIA  37 

elementi  di  valutazione,  aggruppati  nella  stessa  colonna,  controllati  l'uno  dall'altro,  aggiugentisi 
ogni  giorno  ai  nuovi  elementi,  forniranno  infine  una  base  sicura  della  tassa  da  percepire  Tale 
oggi  non  è  la  situazione  del  Ricevitore  del  Registro;  il  contratto  che  gli  si  presenta  s'applica  ad 
un  oggetto  affatto  nuovo  per  lui,  ad  un  immobile  che  egli  non  ha  potuto  conoscere;  né  la  sua 
memoria,  ne  le  sue  scritture  gliene  fanno  conoscere  il  valore  neppure  approssimativo;  egli  ne  è 
ridotto  a  tenere  par  vero  il  prezzo  dichiarato,  a  meno  che  non  voglia  far  correre  allo  Stato  la 
sorte  di  una  perizia  giudiziaria,  così  sospetta  in  tali  occasioni.  D'ora  innanzi  meglio  istrutto  egli 
potrà,  come  lo  propone  il  Sig.  Loreau,  prendere,  per  la  supputazione  delle  tasse,  non  più  la 
situazione  dei  prezzi  di  vendita,  ma  la  situazione  stessa  dell'  imposta  diretta. 

Altri  dati  ancora,  moltiplicando  i  mezzi  di  valutazione,  devono  dare  in  appresso  una  base 
comune  alle  due  specie  d'imposta.  Le  divisioni  giudiziarie  0  convenzionali  si  riproducono,  in 
generale,  ad  ogni  generazione:  esse  sono  quasi  sempre  precedute  da  una  stima  dettagliata , 'per 
mezzo  di  periti  locali,  stima  questa  volta  non  sospetta;  perchè  l'eventualità  dell'estrazione  a 
sorte  dei  lotti  impone  a  tutti  una  gelosa  sincerità;  in  questi  documenti  è  anzi  sovente  valutato 
il  reddito  netto  di  ciascun  articolo,  a  causa  delle  restituzioni  dei  frutti  da  diffalcare  dal  con- 
dividente rimasto  unico  possessore.  Sottomessi,  come  tutti  gli  altri,  alla  legge  fiscale  del  registro 
questi  atti  andranno  a  deporre  le  loro  cifre  nel  libro  parcellare  e  concorreranno  a  determinare 
quella  della  valutazione  catastale. 

Di  più,  tali  elementi  forniranno,  dopo  un  qualche  tempo,  dei  numerosi  oggetti  di  confronto 
sul  valor  venale  e  sulla  forza  produttiva  delle  parcelle  circonvicine  poste  in  condizioni  analoghe 
di  fertilità.  Dove  si  cercherebbero  ora  questi  punti  di  confronto  ?  e  s'  egli  fosse  assolutamente 
possibile  di  ravvicinarli,  come  metterli  sotto  la  mano  del  ricevitore  al  momento  preciso  in  cui 
egli  deve  ricevere  e  riscuotere?  Egli  li  incontrerà  senza  pena  per  l'avvenire,  nei  conti  aperti 
alle  parcelle  da  confrontare,  grazie  ai  segni  di  contiguità  contenuti  nella  loro  stessa  designazione. 
In  queste  nuove  risorse  passo  passo  riunite  ciascuno  vede  disegnarsi  i  primi  lineamenti  d'  una 
futura  perequazione  generale. 

59.  La  perequazione,  vale  a  dire  V  eguaglianza  proporzionale  dell'  imposta  fondiaria,  non  solo 
da  vicino  a  vicino,  ma  da  comune  a  comune  e  da  provincia  a  provincia  è,  a  quel  che  pare, 
V  opera  più  difficile  e  ad  un  tempo  la  più  giusta  e  morale,  in  materia  di  riparto  dell'  imposta! 
Come  ammettere  difatti  che  gli  stimatori  officiali,  presi  sopra  tutti  i  punti  dello  stato,  in  con- 
giunture e  sotto  influenze  diverse,  saranno  dappertutto  animati  dallo  stesso  spirilo,  provveduti 
delle  stesse  cognizioni,  imbevuti  delle  stesse  idee,  egualmente  liberi  da  pressioni  locali  ?  Anche 
senza  passioni  e  senza  idee  preconcette,  la  loro  esperienza  è  ben  sovente  in  difetto  dal  momento 
m  cui,  sortiti  dal  luogo  della  loro  pratica  giornaliera,  essi  hanno  da  operare  sopra  un  terreno 
ignoto. 

Così  sono  frequenti  e  fonJati  i  reclami  di  certi  dipartimenti,  di  molti  circondari  comunali, 
di  migliaia  di  uomini  che  si  lamentano  d'  avere  a  sopportare,  relativamente  al  prodotto  dei  loro 
campi,  una  parte  d' imposta  più  grave  che  tali  altri  dipartimenti,  tali  altri  circondari,  e  comuni 
il  cui  fardello  sembra  loro  leggero.  Sgravare  gli  uni  0  sovrimporre  gli  altri  sarebbe  quindi  un 
dovere  per  1'  amministrazione  delle  finanze. 

L'amministrazione  francese  lo  ha  tentato,  or  fanno  più  di  HO  anni,  e  la  debolezza  dei  mezzi, 
e  l'inanità  dei  risultati,  fanno  vedere  quanto  il  meccanismo  della  sua  organizzazione  è  lontano 
da  quello  di  cui  si  è  or  ora  tracciato  lo  schizzo.  È  il  Sig.  Loreau  che  ci  fornisce  quest'  informa- 
zione,  e  noi  non  abbiamo  che  da  lasciarlo  parlare. 

«...  Con  queste  varianti  nell' appreziazione  delle  rendite,  prodotto  dei  timori  più  0  meno 
«  vivi  che  la  mano  del  fisco  inspira,  egli  è  chiaramente  impossibile  di  pensare  ad  una  perequa- 
«  zione  conveniente  tra  le  diverse  circoscrizioni  territoriali.  Il  governo  1'  ha  così  bene  ricono- 
«  scmto  che  nel  1819,  allorché  fu  questione  di  correggere  con  uno  sgravio  le  ineguaglianze  le 
«  più  gravi  dell'  imposta,  esso  ha  cercato,  non  volendo  rimettersene  alle  valutazioni  del  catasto 
t  di  scoprire,  con  degli  estratti  di  vendite  e  di  contratti  d'affitto  negli  uffici  del  Registro,  quale 
«  poteva  essere  il  rapporto  fra  la  contribuzione  ed  il  lavoro  del  suolo.  Ma  questi  estratti  poco 
«  numerosi,  inesatti  e  fatti  in  fretta,  non  contenevano  dettagli  necessari  per  essere  messi  in  con,- 
«  Ironto  perfetto  con  la  contribuzione  dei  beni  venduti  0  affittati.  Stabilita  su  così  strette  prò- 


38  GUARENTIGIA 

«  porzioni  quest'operazione  non  poteva  offrire  che  delle  osservazioni  d' un  esattezza  contestabile, 
«  riescire  priva,  per  conseguenza,  dell'  influenza  morale  indispensabile  per  vincere  le  difficoltà 
«  della  perequazione  e  sopratutto  la  resistenza  che  questa  intrapresa,  legala  ad  interessi  cosi 
«  opposti  proverà  sempre  da  parte  di  quelli  che  godono  del  fortunato  privilegio  di  pagare  meno 
«  caro  una  protezione  non  pertanto  eguale  per  tutte  le  proprietà.. .  Da  quest'epoca,  non  vi  fu 
«  più  questione  dello  stabilimento  dell'  eguaglianza  proporzionale;  la  fissità  dell'imposta  pare, 
«  al  contrario,  avere  ottenuta  la  preferenza  dell'amministrazione  (p.  83-84).  » 

Che  cosa  sono  ora  questi  estratti  di  vendite  e  di  contratti  d'  affitto  fatti  in  fretta  negli 
uffici  del  registro,  se  non  la  fusione  accidentale,  anzi  per  ciò  impotente,  e  riconosciuta  neces- 
saria dei  due  servizj  dell'  imposta  ? 

Che  cosa  sono  e  il  loro  numero  troppo  ristretto  e  la  loro  inesattezza  malgrado  lo  zelo  e 
V  intelligenza  ben  conosciuta  dei  controllori  impiegati  a  questo  lavoro,  se  non  V  insormontabile 
difficoltà  delle  esplorazioni  utili  nelle  scritture  in  cui  manca  la  fiaccola  d'una  ci assazione  avente 
la  sua  base  sulle  divisioni  del  suolo? 

Che  è  la  mancanza  dei  dettagli  necessari  per  mettere  gli  estratti  in  confronto  con  la  con- 
irruzione  dei  beni  venduti  od  affittati  se  non  la  mancanza  dei  segni  d' identità  che  fanno 
facilmente  riconoscere,  nell'immobile  designato  nel  contratto,  l' immobile  portato  nel  ruolo  della 
contribuzione?  se  non  la  mancanza  della  specialità  che  può  sola,  nell'insieme  delle  parcelle 
Vendute  od  affittate  in  corpo,  segnare  V  estensione  totale,  le  superfici  parziali,  la  classe  ed  il 
reddito  catastale  applicati  a  ciascuna  parte  del  tutto  ? 

Che  cosa  è  in  una  parola  il  tentativo  del  1819  ed  il  suo  esito  infelice  se  non  la  condanna 
officiale  del  sistema  d' isolamento  dei  servizi  da  riunire,  la  dimostrazione  esperimentale  di  tutto 
ciò  che  qui  si  cerca  di  provare  a  priori,  la  giustificazione  del  nuovo  meccanismo  di  cui  si  prò- 
pone  1'  adozione  ?  (1) 

(t)  Dopo  il  tentativo  di   perequazione  del  1819,   quantunque  il  meccanismo  finanziario  si   perfezio- 
nasse sotto  altri  rapporti  ed  ottenesse  nuove  garanzie  d'aptitudine  nel  personale  de' suoi  impiegati,  pure, 
conservando  gli  stessi  mezzi,  non  ha  potuto  affrontare  con  minori  difficoltà  il  lavoro  permanente  delle 
mutazioni.  Ascoltiamo  ancora  su  questo  punto  il  sig.  Loreau.    Questa  sarà  d'altronde  per  1'  autore  di 
queste  note  la  sola  garanzia  che  egli  possa  opporre  a  quelli   che  si   prevarebbero    contro  d.  lui  della 
sua  incompetenza  in  queste  materie.  -  «  Questi  rami  d'amministrazione  finanziaria  e  civile  (la  contri- 
«  buzione  fondiaria,  il  registro  e  le  ipoteche)  sono  naturalmente  chiamati  a  prestarsi  un  mutuo  soccorso 
«  ed  a  chiarirsi  a  vicenda;  così,  per  prendere  qualche  esempio  nell'  ordine  attuale  dei  lavori  dell  am- 
«  minorazione,  sono  i  ricevitori  del  registro  che,  ad  epoche  periodiche,  forniscono  ai  controllori  delle 
«  contribuzioni,  lunghi  e  penosi  estratti  del  registro,  destinati  a  rendere  loro  più  facile  la  ricerca  e  la 
«  raccolta  delle  mutazioni  che  vengono  ogni  anno  a  modificare  le  matrici  ed  i  ruoli.  Sono  alla  lor  volta 
«  i  controllori  delle  contribuzioni  che  vanno  d'  ufficio  in  ufficio  ad  attingere    nei  registri  dei  ricevitori 
«  delle  note  sopra  i  prezzi  di  vendita  degli  immobili,  e  sopra  i  prezzi  degli  affitti  o  delle  pigioni    ora 
«  per  le  valutazioni  catastali,  ora  per  l'esame  di  certi  reclami,  ora  per  lo  stabilimento  della  contr.bu- 
«  zione  mobiliare.   Altre  volte,    sono  i  ricevitori,    che  devono  andare  dagli  esattori,  per  prendere  nei 
«  ruoli  i  nomi    e  la  rendita  dei  proprietari,  e  comparare  in  seguito  con  questi  materiali  un  sommano 
«  la  cui  tenuta  è  loro  prescritta   da  ordini    di  servizio,  e  nel  quale    essi   introducono   le  modificazioni 
«  subite  dai  ruoli  in  virtù  delle  compere  e  delle  vendite  che  ogni  anno  succedono.  Sono  infine  i  direttori 
«  delle  contribuzioni  che  trasmettono   ai  ricevitori,  per  1'  intermediario  delle  direzioni  del  Registro,  il 
«  foglio  delle  mutazioni  stabilite  sulla  dichiarazione  dei  nuovi  possessori,  onde  i   ricevitori  verifichino, 
«  e  s'  assicurino  se  questi  non  fossero  divenuti  detentori  in  virtù  di  titoli  non  registrati.  -  Si  capisce 
«  qual  perdita  di  tempo,  quali  imbarazzi,  quali   pastoje  cagionino  necessariamente   nel    servizio  queste 
«  comunicazioni,  questi  spostamenti  perpetui  che  la  fusione  delle  due  amministrazioni  in  una  sola  ren- 
«  derebbe  superflue...  Questa  fusione  è  indispensabile,  se  si  vuole  che  i  preziosi  documenti  che  contiene 
«  questa  doppia  amministrazione  possano  coordinarsi  e  concorrere  efficacemente   agli   immensi  risultati 
«  che  noi  abbiamo  ricapitolati ...»  .        f 

E  più  oltre  a  proposito  d'un  altro  oggetto;  «  Ecco  un  esempio  delle  tristi  conseguenze  del  circo  o 
«  vizioso  nel  quale  1'  amministrazione  è  obbligata  di  muoversi.  La  legge  del  21  Aprile  1832  ha  prescnt  o 
«  un  nuovo  riparto  della  contribuzione  mobiliare  tra  i  dipartimenti;  persuaso,  a  giusto  titolo,  che  a 
a  miglior  base  di  riparto  si  trova  nel  valor  locativo,  il  governo  ha  incaricata  1'  amministrazione  delle 


DELLA  PROPRIETÀ  FONDIARIA  39 

zion°e'  Sl^illTV^  •ÌhaP°tUt0  ****•*•*■•*  un  lamento  8»Wa«e«a. 
to  col'  0  Pndc  onflV't  "'"m,"  Ìn,Ver°  'e  aSpÌraZÌMÌ  *+***«**£* 
contribuzione  fo„ltMa«uailgole.q,mta'  fend°n0  *  traSf°rmare'  "<"  sistema  deIla 
invariabile  ad  ogni  ese'rc'z  o  ed   nXX       V    V"  IT^  *  ?MbK**  L'ÌmPosta  di  riParto. 

v^^JZZ^m^TlT?^     gh'  p,eriodi'  parte  da  una  cifra  **** 

nirne  l'intero  continue    as!  raz.on ,  C  J.  I   ^  r    *  ^  M*MU*K  Che  deVOno  for- 

avrà  prodotto.  Tale  è  'Ino IT  .  '  atfn^,,!,0.la  fine  dell'esercizio  per  sapere  ciò  che  essa 
«ondo  che  i IrZlLZl  traJ saZ^aT  /f*''  Va"abile  e  F*  °  "-o  e.evata, 
dogane,  la  cui  cifra  varia  1  ondo  r  a  Mv'  '  ?  P'»  «  ">eno  attivo;  tali  sono  i  diritti  delle 

di  consumazione,  suboM  in         ^anto loro t JT      'f  rnazÌOnali  e  le   imP^'e  indirette 

a.lo  stato   fé  né  divene"    o tri  co  vó  V     K^  &  dÌVentarl°  »  dirà  "   ProP™tari° 

santamente  ne  accre    e   Ha  0^    s    u  te  e  n  mTiì  n   7  °  *  "^  ""*  *'  IaV°r°    Che  ÌMeS" 
o  venale-  associatevi   ai   mio   i  ,  Progresso  ascendente  di  questo  valor  locativo 

-fflss?^  r:  Ss^^3^,isk  prima  che  ,a  natura  mi 

del  progresso  della  cosa  imponibile,  ed  alla  cieca     all'ho ■„    P        , •  '    pr0«ressiva  in  ™SÌ0™ 
le  intelligenti  larghezze  della  qualità  (!)  ".  '        eg°'Sta  ""»"»""  Pot™»°  accedere 

«  contribuzioni  dirette  di  constatare  (mesto  valore  con   dMi»  ,-n^™    •     • 

«  alti  di  vendita,  di  divisione,  di  perii   Questa amm  tabi™ 1  "     maZ,0",.prese  nei    «»*»W    «  "egli 
■  l'intelligenza,  la  capacità/lo  zelo,  n  n  ™     0  ™  »  '    '  T"'  ci  affrettiamo  a  riconoscere 

•  di  base  a.  suo  lavoro,  s'è  dato  'gran"  ZZl  Z a gran'  L^^?""™  T*« 
«questo  assunto,  andando  negli  uffici!  del  registro  a  frllJ  ?  "*    per   comPiere 

«  A  che  cosa  è  riescita  questa lenta  "ve  igLCe  9  aI  Si  é  H  "'  •  rCg'SlrÌ  *"  "  "  ,Wan°- 
«  concludenti.  Noi  ignoriamo  qual'  è ,  a    Presen  'Il  riso   I   ' V",  P'CC01  nUmer°  *  ^  P°C0 

•  pers:beHa  r1 voto  del,a  lsse  -  ^=^22:  iss  ssy?  dioso  iaToro- ma 

loro  paese,  non  contentandosi  delle  esterne  apnarenz .  vn"Z«  f  .  °  PCP  '  S°gnÌ  "U°VÌ  del 
legarsi  irrevocabilmente  al  fatto  legisti  "o  1^2'J^TT?  '"^  ^  C°Se  pHma  di 
tolto  alle  lezioni  d'  un  esperienza  c'ontmaU  *  ?        VVenU"'a  U"'e  *"  rÌPr°dUrre    ",Mto  1aadro 

proiI«;dn:L\1^rerea;e^evdee„i,uafmge„<!eAUaiffret  '  L°reaU'  C°mC  "  P"*.»»'»™.  -sa  possibile  colla 

onesta ^riforma,  perché,  cosi  ravvicinate,  leVe  imposturava!;    ti  K  re  £r  Tult 
gL   ÉSia"Ìngend°  i  ,0r°  daU  a"a  S'eSSa  S°^"le'  dovranno  , osto  o'tardi  por     so  «o  lo       so 

e!  min!,"  V,  TSa  7,1°  b,ZZarr*  la  diVerSÌtà  delle  Basi  e  dei  ™»»a"  «**  che  riguarda  la 
oeierminaz^ne  del  valore  o  della  rendita  degli  immobili  * 

l«rSoeeste„drni(0reS'raPfre2Za2ÌOne  n°"  P°'rebbe  farSÌ  C°"a  catena  c  co1  c»raPasso.    come  quella  della 

fa    t, :    dTd    ,P  n    7     ,  °'  Sara;?mpre  la  parte  del  *»™°.  -eli'  incerto,  e  della  diffidenza.  Ma  in 

accalt!,,    •  ,g        eTn       ,e'aqUeStÌOne   dOTr^  condurre   ad  nn    risultato    approssimativo 

■cenato  da  tutti  e  sul  quale  tutt,  gì,  .«(eressi  potrebbero  prendere  il  loro  ponto  di  partenza.  Intanto 


40  GUARENTIGIA,  eCC. 

È  questa  l'opera  dell'avvenire;  ma  poiché  l'avvenire  ha  i  suoi  germi  nel  presente,  non  è 
mai  troppo  presto  per  favorirne  la  gestazione. 

Per  quanto  sia  vasto  il  campo  delle  misure  legislative  sulle  quali  le  pagine  che  precedono 
hani?o  tentato  di  chiamare  1'  attenzione  del  lettore,  ciascuno  comprenderà  che  qui  non  si  tratta 
che  di  spianare  il  terreno  destinato  alla  costruzione  dell'  edificio,  o,  come  lo  si  ha  sovente  chia- 
mato d'un  semplice  meccanismo  che  dispone  di  forze  brute,  all'azione  delle  quali  uomini 
più  competenti  dell'  autore  possono  affidare  V  esecuzione  dei  loro  concetti.  E,  m  altri  termini, 
una  base  colle  sue  pietre  d' addentelato,  che  si  confida  alla  patriottica  industria  del  legislatore. 
Circoscritte  in  questi  limiti  le  idee  emesse  in  questo  scritto  si  riassumerebbero  m  un  progetto 
di  legge  assai  semplice,  di  cui  si  troverà,  nella  terza  memoria,  se  non  la  redazione  completa, 
almeno  Y  indicazione ,  il  quadro. 


gìì  acquirenti,  i  prestatori,  il  registro,  V  imposta  fondiaria  hanno  ognuno  il  loro  proprio  e  tengofld 
poco  conto  degli  altri.  Ma  se  gii  elementi  di  ciascuno,  senza  contenere  il  vero,  presi  separata  mente 
possono  condurre  al  vero  della  loro  combinazione,  perchè  non  adottare  per  tutti  il  risultato  di  questa 
combinazione?  Le  finzioni  di  questo  genere  finiscono  con  alterare  nell'animo  il  sentimento  della  venta 
e  depongono  al  fondo  delle  coscienze  questo  triste  pensiero  che  le  istituzioni  civili  mancano  talvolta 
sincerità. 


MEMORIE   ORIGINALI 

STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO, 

I    FIUMI    CHE    VI    CONFLUISCONO, 

E  PRINCIPALMENTE  GLI  ULTIMI  TRONCHI  DEL  PO, 

SUSSEGUITI 

DA  CONSIDERAZIONI  INTORNO  AI  PROGETTI  PER  LA  REGOLAZIONE  DELLE  ACQUE 
ALLA    DESTRA    DI    QUESTI 

MEMORIA 

dell'  Ingegnere    Elia  Lombardini 

letta  nelle  adunanze  del   R.  Istituto  Lombardo  delle  Scienze. 
(Vedi   pag.   209) 


PARTE     III. 

Considerazioni   idrologiche   sopra    alcuni   punti   concernenti 

LA  REGOLAZIONE  DELLE  ACQUE  ALLA  DESTRA  DEL  BASSO  Po. 


XX.  Esame  delle  discussioni   che   vi    furono    sull'interra- 
mento del  Po  di  Ferrara. 

155.  Nella  mia  Memoria  dei  1852  sui  cangiamenti  cui  soggiacque  V idraulica 
condizione  del  Po  nel  territorio  di  Ferrara  notai  (§  7)  le  inconseguenze  e  con- 
traddizioni che  vi  erano  nei  dati  di  fatto  esposti  da  Eustachio  Manfredi  d'onde 
egli  voleva  inferire  che  per  effetto  della  immissione  del  Panaro  in  Po  Grande  la 
magra  di  questo  dal  1600  al  1693  si  era  abbassata  di  piedi  5.4.6  bolognesi  (2m,04), 
abbassamento  che  ammetteva  io  pure,  ma  in  una  misura  assai  minore.  Al  suc- 
cessivo §  9  poi  io  osservava  che  siffatto  abbassamento  di  magra  non  dovevasi 
già  attribuire  all'immissione  del  Panaro  nel  Po,  ma  piuttosto  all'immissione  del 
Po  nel  Po,  in  quanto  che  il  Po  Grande  aveva  appunto  assorbito  allora  tutto  il 
Po  di  Ferrara. 

Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Maggio  1868.  19 


282  STUDJ  IDROLOGICI  E    STORICI 

156.  Il  Guglielmini,  che  nel  4693  aveva  assistito  alle  visite  dei  cardinali 
d'Adda  e  Barberini,  dice  che  la  moderna  soglia  della  chiavica  Pilastrese  nella 
visita  Corsini  si  confessa  più  bassa  dell'antica  once  19  (0m,603).  Ed  ove  prende 
ad  esaminare  l'abbassamento  avvenuto  nel  fondo  del  Panaro,  ponendo  a  con- 
fronto gli  scandagli  fatti  nelle  visite  Gaetana  del  1605,  Corsini  del  1625,  Bor- 
romeo del  1658;  e  della  presente  del  1693,  dice  nuovamente  che  la  soglia 
della  Pilastrese  vecchia  era  più  alta  della  nuova  di  piedi  1.7.  Tale  modifica- 
zione di  livello  si  era  praticata  nel  1613,  e  da  essa  arguisce  il  Guglielmini 
essere  avvenuto  un  abbassamento  del  pelo  basso.  Siffatta  induzione  sarebbe 
così  esposta  in  termini  ben  più  moderati  che  non  in  quella  del  Manfredi  (1). 
Non  è  detto  per  altro  con  ciò  che  il  Guglielmini,  il  quale  sosteneva  la  causa 
dei  Bolognesi  per  l' immissione  del  Reno  in  Po ,  non  fosse  dominato  egli 
pure  da  spirito  di  parte,  siccome  appare  dalle  sue  dichiarazioni  che  verremo 

esponendo. 

157.  Nella  scrittura  XLIV  (2)  osserva  questi  rispetto  all'abbandono  del  Po  di 

Ferrara:  «  Non  essendo  pertanto  eguali  le  condizioni  per  una  strada  e  per  l'altra, 
«  ma  più  vantaggiosa  per  quella  di  Venezia,  attesa  la  predetta  più  facile  dila- 
«  tazione,  la  linea  più  breve,  e  l'esito  più  felice,  ed  accresciutosi  lo  svantaggio 
«'per  la  parte  dei  rami  di  Volano  e  Primaro  per  la  fabbrica  degli  argini  di  Co- 
«  macchio,  cominciò  a  poco  a  poco  a  sconcertarsi  l'equilibrio  e  ad  assorbirsi  nel 
«  ramo  di  Venezia  gran  parte  dell'acqua  del  Po  e  per  conseguenza  a  mancare 
«  in  quello  di  Ferrara.  Quindi  a  proporzione  della  mancanza  dell'acqua  dovette 
«  necessariamente  seguire  l'alzamento  del  fondo,  effetto  che  non  fu  osservato 
«  se  non  dopo  che  si  fu  avanzato  a  segno  d'impedire  la  navigazione;  il  che 
«  essendo  seguito  dopo  di  essere  stato  sboccato  il  Reno  nel  Po  alla  rotta  di 
«  Madonna  Silvia,  diede  occasione  di  accusarne  questo  per  reo,  abbenchè  con 
«  ogni  giustizia  meritasse  di  essere  dichiarato  innocente. 

«  È  stato  adunque  lo  sconcerto  dell'  equilibrio,  non  le  torbide  del  Reno,  la 
«  causa  efficiente  della  rivolta  di  tutto  il  Po  Grande  nel  ramo  di  Venezia  ». 

158.  Su  questo  particolare  osserveremo  che,  giusta  la  Cronichetta  di  Ferrara, 
verso  il  1300,  un  secolo  e  mezzo  dopo  la  rotta  di  Ficarolo,  il  ramo  di  Venezia 
era  di  una  portata  pressoché  eguale  a  quella  del  Po  di  Primaro,  ivi  chiamato 
Fossa  (§  90),  e  poiché  in  quel  documento  si  parla  del  Po  di  Volano  siccome  del 
Po  antico  (Padus  vetus),  abbiamo  supposto  che  allora  fosse  tuttavia  di  portata 
prevalente  a  quella  di  ciascheduno  degli  altri  due  suoi  rami,  cosicché  la  por- 
tata del  Po  di  Ferrara  poteva  considerarsi  equivalere  ai  tre  quarti  di  quella 
totale  del  Po ,  e  quindi  al  triplo  di  quella  del  ramo  di  Venezia  (3).  Dal  1460 
al  1535  s'introdussero,  come  vedemmo,  nell'ultimo  tronco  del  Primaro,  i  tor- 
renti Santerno,  Senio  e  Lamone,  e  vennero  difese  da  argini  le  valli  di  Comacchio; 
ma  al  disotto  della  valle    S.  Martino ,   quindi  a  poca  distanza  della  Punta  di 


(1)  Scritture  III  e  V  sulla  linea  del  Po  Grande. 
Raccolta  di  Bologna  T.  II,  pag.  128  e  137. 

(2)  Ivi,  pag.  252. 


(3)  Vedasi  la  precitata  mia  Memoria  del  1852 
Dei  cangiamenti  ecc.  §  13. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  283 

S.  Giorgio,  rimaneva  tuttavia  disarginata  la  destra  di  quel  ramo  del  Po    circo- 
stanza che  doveva  influire  sulla  chiamata  delle  acque  del  Po  di  Ferrara 

159.  Giusta  la  precitata  Crocchetta,  da  Ficarolo  alla  Polesella  il  Po  alla  si- 
n.stra  si  espandeva  nel  1300  in  molteplici  canali  circondanti  una  serie  d'isole 
del  Polesine  di  Ficarolo,  lo  che  doveva  concorrere  ad  invitare  la  corrente  del 
lo  in  quel  ramo.  Ma  a  quanto  pare,   intorno  alla   metà  del  secolo  XV  sareb- 
besi  formata    l'arginatura  continua  del  Po  di  Venezia  (1),   ed  il  braccio  delle 
Fornaci  si  sarebbe  inoltre  proteso  in  mare  con  un  notevole  promontorio  fuor 
del  cordone  litorale,  in  guisa  che  fino  dalla  metà  del  secolo  XVI  se  ne  propo- 
neva la  d.versione  ad  indennità  dei  porti  veneti  (%  HO)  che  erano  minacciati 
ci  arenamento.  Ne  consegue  che  questo   arginamento   della  sinistra  del  Po  di 
Venezia ,  ed  il  mentovato  protendimento  delle  sue  foci  dovevano  moderare   la 
chiamata  delle  acque  in  quel  braccio. 

160  L'immissione  del  Reno  in  Po  presso  Porotto  venne  bensì  concessa  dal 
Duca  di  Ferrara  colla  convenzione  del  1522  ,  ma  essa  ebbe  effetto  nel  1520 
soltanto  Se  egli  faceva  una  tale  concessione  era  naturale  che  partisse  dal  fatto 
che  quel  ramo  del  Po  era  tuttavia  ricco  d'acque  ed  atto  ad  una  comoda 
navigazione.  Assicurasi  appunto  che  la  sua  profondità  fosse  di  18  a  20  piedi 
d.  Ferrara  (7m,20),  e  vi  ha  inoltre  il  fatto  che  nel  1509  fu  percorso  dalle  15 
galere  tolte  ai  Veneziani  (§  127).  È  quindi  verisimile  che  allora  vi  si  scari- 
casse da  una  metà  ad  un  terzo  delle  acque  del  Po,  e  che  se  non  vi  si  fosse  in- 
trodotta alcuna  alterazione,  quel  braccio  potesse  continuare  ad  essere  attivo  per 
qualche  secolo;  molto  più  se  coli' arte  si  fosse  ristretta  l' imboccatura  del  Po  di 
Venezia  presso  Ficarolo,  come  venne  di  poi  inutilmente  tentato 

161.  Nel  1538  invece,  dodici  anni  soltanto  dopo  l'effettuata  immissione  del 
Keno,  fu  spedito,  come  dicemmo,  in  luogo  monsignor  de  Medici,  che  riconobbe 
interrato  in  notevole  misura  quel  braccio  del  Po  (§  127).  Nel  settembre  del 
1542  vi  si  sarebbe  inviato  monsignor  Strassoldo  ;  nel  novembre  di  quell'anno 
sarebbe  avvenuta  una  rotta  del  Reno  alla  Pieve  di  Cento  ed  altra  presso  la 
sua  foce ,  di  modo  che  per  lo  spazio  di  22  mesi  rimasero  divertite  dal  Po  le 
acque  del  nuovo  tributario. 

162.  Dopo  il  luglio  1544,  in  seguito  ad  una  nuova  visila  di  monsignor  de 
Jedic,  furono  dal  Duca  d,  Ferrara  inviati  a  Bologna  i  suoi  periti,  che  presen- 

twLrttm  Re'aZ'0neS ""°  T  deI  P°  di  F™'  ,a^aIe  si  è  conservata 
dall  Aleniti    (2).    Dicesi  m  che  dopo  l'immissione  del  Reno  in  Po  si  è  andata 

perdendo  rapidamente  la  navigazione  a  valle  della  sua    foce    in   lunghezza    di 

venti  migha,  ove  le  acque  discendevano  torbide,  cosicché  il  Po  di  Primaro  sotto 


(1)  Il  Frizzi  nelle  precitate  Memorie  storiche  di 
Ferrara  (T.  IV,  pag.  31)  dice  che  Prisciano  Pri- 
sciani,  padre  del  celebre  cronista  Peregrino,  e  fat- 
tore generale  del  Duca  Borso  ,  liberò  da  molte  ac- 
que il  Polesine  di  Rovigo,  al  qual  fine  sembra  aver 
egli  fatto  compiere  l'arginatura  sinistra  del  Po  di 
Venezia.    Questa   operazione  avrebbe   avuto   luogo 


intorno  al  1460.  Il  completo  bonificamento  di  quel 
territorio  sarebbesi  poi  operato  da  Enzio  Bentivo- 
glio,  figlio  di  Cornelio,  nel  1609,  dopo  il  taglio 
veneto  del  Po  a  Porlo  Viro  (ivi,  T.  V,  pag.  52). 

(2)  Memorie  precitate  del  Canonico   Bertoldi  ar- 
gentano, del  1807,  pag.  37  e  seguenti. 


984  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

la  punta  di  S.  Giorgio  potevasi  attraversare  a  guado  e  non  era  più  praticabile 
se  non  da  barchette  vuote.  Nel  tempo  in  cui  rimase  divertito  il  Reno  dal  Po 
a  cagione  delle  mentovate  rotte  scemò  1'  osservato  interramento ,  venendo  in 
parte°  escavato  dalle  acque  del  Po.  Queste  circostanze  di  fatto  risultavano  dagli 
scandagli  praticati  alla  presenza  di  monsignor  Strassoldo  anteriormente  alle 
rotte  del  Reno,  e  dai  posteriori  ordinati  da  monsignor  de  Medici  durante  la 
diversione  di  questo,  che,  malgrado  tali  prove,  si  dovette  restituire  al  Po  nel- 
l'autunno del  1544. 

165.  Nel  1577,  come  vedemmo,  il  cav.  Paciotto  (1)  rilevo  aver  progredito 
l'interramento  del  Po  di  Ferrara  in  guisa  che  avvenendo  piene  di  Reno  e  di 
Panaro  mentre  Po  era  basso,  le  acque  rivolgevansi  con  moto  retrogrado  verso 
la  Stellata;  talché  nel  1595  il  duca  si  determinò  a  chiudere  con  cavedone  il 
Po  di  Primaro  alla  punta  di  Sant  Giorgio.  Degli  ulteriori  interramenti  del  Po 
di  Ferrara  abbiamo  dato  un  cenno  dal  §  127  al  152.  Vedemmo  ivi  come  in- 
torno al  1580  D.  Scipio  De  Castro  riferisse  a  Gregorio  XIII  che  gli  interramenti 
del  Po  di  Ferrara  non  dipendevano  dall'immissione  del  Reno  in  Po,  tesi  la 
quale  fu  propugnata  un  secolo  dopo  dal  celebre  Guglielmini.  E  quello  che  è 
più  strano  ancora  si  è  il  vedere  come  questi,  volendo  provare  l' innocuità  del- 
l'immissione  del  Reno  in  Po  Grande,  faccia  l'apologia  di  quella  Relazione,  e  si 
appoggi  al  principio  in  essa  proclamato  ne' termini  che  seguono: 

164.  «  Finalmente,  per  convincere  che  il  Po  della  Lombardia  non  è  inter- 
«  rito,  e  che  l'introduzione  del  Reno  non  potrà  cagionarvi  o  accrescervi  l'al- 
ce zamento,  basterebbe  addurre  quella  famosa  regola  generale  provata  così  ner- 
«  vosamente  e  diffusamente  da  Don  Scipio  De  Castro  che  fiume  non  interrisce 
«  fiume  ;  non  di  meno  per  maggiormente  assodare  tal  verità  si  osservi  che  i 
«  fiumi  che  hanno  poc'  acqua,  hanno  ancora  più  caduta  naturale,  e  profondità 
«  e  larghezza  d'alveo  minore,  e  che  all'accrescersi  di  nuove  acque  s' accresce 
«  altresì  e  V  una  e  1'  altra,  ma  per  lo  contrario  si  diminuisce  la  caduta. 

«  A  questa  ragione  che  pure  è  senza  replica ,  non  avendo  più  luogo  la  di- 
«  stinzione  dei  fiumi  torbidi  e  chiari,  s'accorda  mirabilmente  l'esperienza. 
«  Dopo  che  Panaro  fu  rivoltato  interamente  al  Po  è  notorio  che  l'alveo  di 
«  questo  a  Lagoscuro  s'è  considerevolmente  allargato,  e  lo  dimostrano  le  ro- 
«  vine  di  qualche  fabbrica  e  l'esistenza  de' due  froldi,  uno  a  destra,  l'altro  a 
«  sinistra  nella  medesima  dirittura.  Il  profondamento  egualmente  si  manifesta 
«  dal  confronto  degli  scandagli  fatti  nella  visita  di  monsignor  Corsini  (1625) 
«  con  quelli  fatti  nella  presente  (1695)  »  (2). 


(1)  Vedi  l  127.  Anche  P  ingegnere  milanese  Am- 
brogio Lonato  nella  sua  Relazione  dell'ottobre  1578 
dichiara  la  stessa  cosa  (Corradi,  opera  precitata 
pag.  76). 

(2)  Raccolta  precit.,T.  II  p.  127.  Nella  scrittura XII 
alla  pag.  188,  dove  il  Guglielmini  intende  provare 
che  il  Po  Grande  è  destinato  dalla  natura  ad  acco- 
gliere il  Reno  e  gli  altri  torrenti  della  Romagna, 
soggiunge  :    «  essendo  certissimo   che  il  Santerno 


«  quando  sboccava  alla  Rossetta  (presso  la  Bastia), 
«  trovando  nelle  sue  piene  il  Po  basso ,  scorreva 
«  con  tutti  gli  altri  fiumi  del  Bolognese  alla  Stel- 
«  lata  pel  Po  di  Ferrara  ».  Io  considero  impossi- 
bile questo  fatto,  per  le  ragioni  che  verrò  addu- 
cendo,  e  suppongo  che  il  Guglielmini  sia  stato 
tratto  in  errore  da  alcune  espressioni  dell'  Aleotti 
alla  pag.  16  della  sua  Difesa.  Ove  questi  parla  del 
Po  di  Primaro  e  degli  interramenti  portativi   dal 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  285 

165.  Dunque  anche  il  Guglielmi™,  come  di  poi  il  Manfredi,  attribuiva  i  di- 
latamenti ed  approfondamenli  del  Po  Grande  ai  solo  Panaro ,  nulla  dicendo 
dell'  assorbimento  in  esso  di  tutte  le  acque  del  fiume  coli'  abbandono  del  Po 
di  Ferrara,  che  si  manifestò  ne' suoi  effetti  con  frequenti  rotte  nel  secolo  XVI 
anteriormente  all'  immissione  del  Panaro,  al  confronto  della  quale  doveva  quello 
essere  di  un'efficacia  immensamente  maggiore.  Che  il  sommo  idraulico  fosse 
persuaso  di  quanto  diceva,  ho  fondato  motivo  di  non  crederlo,  né  mi  sarà  dif- 
ficile offrirne  la  prova. 

166.  In  un  suo  opuscolo  inedito,  pubblicato  nella  Raccolta  di  Bologna  col 
titolo  Punti  da  considerarsi  quando  si  vogliono  fare  nuove  inalveazioni  di  fiumi, 
è  detto  (1):  «  Che  le  cadenti  di  tutti  i  tributarj  si  uniscano  proporzionalmente 
«  alla  cadente  del  fiume  recipiente,  e  che  perciò  non  portino  una  terra  dif- 
«  ferente  da  quella  che  porta  il  fiume  reale  ;  e  forse  dalla  natura  sono  stati 
«  respinti  dai  tributarj ,  che  vi  entrano  lateralmente  nei  siti  di  mezzo  alle 
«  valli,  come  è  succeduto  al  Po  che  una  volta  correva  verso  la  terra  (torre) 
«  dell9  Uccellino ,  e  fu  poi  respinto  sino  sotto  Ferrara ,  ed  ultimamente  nel 
ramo  di  Venezia  ». 

Il  primo  di  que'  fatti  si  riferisce  al  ramo  Spinetico  ,  del  quale,  secondo  il 
Biondo,  rimaneva  la  traccia  presso  la  torre  dell'Uccellino  in  uno  con  quella 
del  Reno  che  vi  avrebbe  influito  ('2),  ed  il  secondo  all'abbandono  del  Po  di 
Ferrara.  L'espressione  respinto  parrebbe  indicare  uno  spostamento  d'alveo,  lo 
che  non  è  avvenuto,  essendo  rimasta  invariata  la  giacitura  di  que' due  rami 
del  Po  fino  al  loro  abbandono;  giacitura  che  pel  Po  di  Ferrara,  da  cui 
usciva  il  Volano  e  da  questo  si  diramava  il  braccio  del  Po  che  formò  il 
promontorio  di  Comacchio  ,  dimostrammo  risalire  verisimilmente  alla  venuta 
degli  Etruschi.  L'azione  del  Reno  nel  respingere  e  l'uno  e  l'altro  ramo  del 
Po  dovette  necessariamente  limitarsi  alle  loro  acque,  che  vennero  espulse 
da' suoi  interrimenti.  In  ciò  si  avrebbe  adunque  la  prova  che  la  famosa  re- 
gola, fiume  non  interrisce  fiume,  non  sta  nel  senso  generale  che  si  voleva 
prestarle,  e  che  nell'abbandono  del  Po  di  Ferrara  il  Reno  non  fu  del  tutto 
innocente. 


Reno ,  dice  :  «  Chi  vi  ha  portato  dunque  dentro 
«  l' interrimento  grandissimo  che  vi  è  da  Ferrara 
«  fino  al  Traghetto?  Supposto  che  il  ringurgito 
«  del  fiume  Santerno  abbia  interrito  dalla  sua  foce 
«  in  sii,  mentre  sostentato  dai  fiumi  inferiori  cor- 
fi  reva  verso  Ferrara ,  trovando  impedita  l'uscita 
«  sua  al  mare  dalle  fiumane  inferiori  ».  Qui  devesi 
intendere  che  il  Santerno  si  rivolgeva  nella  dire- 
zione di  Ferrara  fino  al  Cavedone  di  Marrara  nei 
primordj  delle  sue  piene,  avanti  che  si  elevasse  il 
livello  delle  prossime  valli  per  quelle  dei  torrenti 
del  Bolognese.  E  difatfi  nel  calcolo  delle  escava- 
zioni che  fa  l'Aleotti  pel  suo  piano  precitato  (ivi, 
pag.  99)  indica  brevissimo  il  tratto  d'interrimento 
del  Primaro  cagionato   dal   Santerno  amonte  della 


Bastia,  ossia  del  Fossato  Zaniolo.  Il  Reno  non  ha 
cominciato  a  volgersi  a  ritroso  nelle  sue  piene  alla 
Stellata  se  non  verso  il  1577,  quando  eccessivo  si 
fu  l'interramento  al!a  biforcazione  della  Punta  di 
San  Giorgio.  È  perciò  naturale  l'inferirne  l'impos- 
sibilità che  il  Santerno  superasse  quel  mostruoso 
dorso  per  rivolgersi  alla  Stellata  e  quindi  al  mare, 
seguendo  una  linea  lunga  160  chilometri,  quadrupla 
così  di  quella  che  doveva  percorrere  dirigendovisi 
per  la  foce  del  Primaro ,  superato  l' interramento 
che  aveva  deposto  sulla  riviera  di  Filo,  di  gran 
lunga  più  depresso  di  quel  dorso. 

(1)  Raccolta  'di  Bologna,  T.  II.  pag.  356. 

(2)  Vedi  la  nota  al  8  104. 


286  STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI 

467.  Questa  tardiva  confessione  lasciata  in  uno  scritto  postumo  dimostra  l'im- 
pero che  esercita  la  verità  sull'animo  del  dotto,  e  la  ripugnanza  che  deve 
provare  quando  se  ne  scosta,  spintovi  dalla  passione  nel  sostenere  una  causa 
non  giusta.  Essa  rassomiglia  all'  eppur  la  si  muove  dei  Galileo. 

XXI.  Stabilimento  del  fondo  de' fiumi,  e  fenomeni  relativi. 


168.  Nella  Nola  finale  (I)  alla  mia  memoria  del  1858  sulle  inondazioni  della 
Francia  ho  esposte  le  regole  additate  dal  Guglielmini  sullo  stabilimento  del 
fondo  de' fiumi,  dimostrando  con  un  serie  di  esempj  come  venga  comprovata 
dal  fatto  la  principale  di  esse,  che  la  pendenza  dell'alveo  va  scemando  collo 
scemare  la  mole  delle  materie  costituenti  il  fondo,  e  coll'accrescersi  la  portata 
del  fiume  ed  il  grado  di  sua  perennità.  In  quanto  al  limite  invariabile  cui 
giungono  le  ghiaje  ne' fiumi  stabiliti  di  corso  ho  notato  come  ciò  si  combinasse 
in  casi  determinati  con  un  costante  livello  del  fondo  riscontrato  per  una  serie 
di  secoli.  E  poiché  ad  ogni  piena,  continua  è  la  discesa  delle  ghiaje,  sia  dai 
tronchi  superiori,  sia  nello  spostamento  di  quelle  costituenti  l'alveo,  non  potei 
a  meno  di  appalesare  il  dubbio  che  la  collisione  di  esse  in  tali  movimenti 
potesse  bastare  ad  effettuarne  il  consumo.  Ho  quindi  supposto  che  abbia  a 
concorrervi  la  lenta  decomposizione  de' sassi,  abbenchè  non  se  ne  riscontri 
traccia  riconoscibile  (1). 

169.  11  Guglielmini  ammette  anche  l'attenuamento  delle  sabbie,  nel  qual 
caso  la  collisione  vi  entrerebbe  per  poco;  dicendoci:  «  È  ancora  probabile 
«  che  l'arena  medesima  possa  andare  col  lungo  corso  de' fiumi  cosi  assotti- 
«  gliandosi  che  possa  paragonarsi  alla  terra  »   (2). 

170.  Ma  in  punto  all'azione  delle  acque  chiare  e  delle  acque  torbide  sul 
fondo  de'  fiumi  egli  si  astiene  sempre  dal  farne  distinzione,  e  si  ha  motivo  di 


(1)  Che  i  sassi  ed  i  ciottoli  vadano  soggetti  a 
decomposizione ,  talvolta  in  breve  tempo,  lo  com- 
proverebbe il  fatto  riportato  dal  marchese  Pareto 
nella  Memoria  Sui  torrenti  ecc.  (Giorn.  dell'Ingeg.- 
Arch.,  anno  1866)  ove  dichiara  che  particolarmente 
ne' monti  della  Liguria,  si  riducono  a  cultura  di 
viti  e  di  alberi  fruttiferi  le  ripide  pendici  franose 
costituite  da  sassi ,  riducendole  con  muriccie  a  ter- 
razzi disposti  a  scaglioni.  Questi ,  dopo  un  certo 
numero  d'anni,  si  coprono  di  uno  strato  di  terra, 
coltivabile  anche  a  cereali  e  legumi,  proveniente 
dalla  decomposizione  dei  sassi.  Alla  stessa  causa 
sembra  doversi  attribuire  il  fatto  che  i  torrentelli 
Iributarj  del  Trasimeno,  quantunque  provenienti 
dalle  prossime  pendici  di  monti  rocciosi,  dopo  un 
corso  di  pochi  chilometri  non  trasportano  al  lago 
che  sole  terre  e  sabbie  (Memoria  sul  prosciugamento 
del  Trasimeno,  Perugia  1864,  pag.  59). 

Nell'immensa  pianura  alluviale,  o  diluviale  subal- 
pina, è  notorio  che  generalmente  le  ghiaje  superfi- 


ciali hanno  un  colore  ocraceo,  e  chiamansi  ghiaje 
morte,  attesa  la  loro  friabilità,  per  cui  non  si  ado- 
perano nella  manutenzione  delle  strade.  Un  fatto 
veramente  curioso  accennato  dal  Breislak ,  ed  in- 
nanzi a  lui  dal  Brocchi ,  è  quello  di  ciottoli  di 
granito  o  di  porfido  che  si  rinvengono  nei  vasti 
depositi  di  argilla  ocracea  di  questa  pianura,  ri- 
dotti a  tale  stato  di  mollezza,  da  potersi  agevol- 
mente tagliare  in  fette  col  coltello.  Su  quegli  im- 
mensi depositi  di  ghiaie  mi  è  sovente  occorso  di 
trovare  ciottoli  di  granito  che  riducevansi  in  mi- 
nuti frammenti  e  perfino  in  sabbia  col  solo  sfrega- 
mento delle  dita.  Da  questi  fatti  raccogliesi  che 
non  solo  l'alternata  azione  del  gelo  combinata  col- 
l' assorbimento  dell'acqua  è  cagione  efficacissima 
di  decomposizione  delle  roccie,  ma  che  vi  concor- 
rono altre  cause,  i  cui  processi  sono  tuttavia  un 
mistero  per  la  scienza. 

(2)  Della  natura  de'  fiumi ,   Gap.  V.  Raccolta  di 
Bologna,  T.  I,  pag.  129, 


SOPRA  IL   GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  287 

credere,  dopo  gli  esempj  addotti,  che  tale  astensione  si  legasse  alla  causa  da 
lui  propugnata.  Se  sopra  una  spiaggia  di  sabbia  in  prossimità  dell'acqua  d'un 
fiume  si  pratichi  un  cavo,  si  vede  questo,  mano  mano  che  procede  1' escava- 
zione, riempirsi  di  nuovo  colla  sabbia  che  vi  affluisce  dai  suo  contorno  in  forma 
di  una  corrente  semiliquida.  Questa  deve  essere  analoga  a  quello  strato  di  sab- 
bia che  si  moverà  sotto  l' impulso  della  corrente  sul  fondo  del  fiume  a  seconda 
della  maggiore  o  minore  velocità  delle  acque  (1).  Quando  esse  saranno  lim- 
pide è  naturale  che,  a  circostanze  pari,  la  loro  miscela  colle  sabbie  debba 
accrescerne  la  mobilità  al  confronto  di  quanto  avverrebbe  ove  fossero  tor- 
bide. Imperocché  nell'ultimo  caso  il  sottile  lezzo  che  s'introduce  negli  inter- 
stizi delle  sabbie  deve  naturalmente  diminuire  la  fluidità  di  tale  miscela  ,  ed 
accrescere  perciò  la  resistenza  al  moto.  Io  sono  quindi  persuaso  che  il  torbi- 
dume delle  acque  equivalga  ad  un  incremento  di  mole  delle  particelle  sabbiose 
per  resistere  al  loro  trasporto,  od  in  altri  termini  che  l'azione  escavatrice,  a 
circostanze  pari,  sia  molto  più  energica  nelle  acque  limpide,  che  non  nelle 
torbide. 

XXII.  Navigabilità  del  I»o  in  relazione  al  reggime  de' suoi 
affluenti  dell'Alpi  e  dell'impennino. 


171.  Di  tale  opinione  sembra  fosse  anche  l'onorevole  mio  amico  Brighenti 
allorché  tanto  nella  sua  Memoria  del  1845  sulle  cuore  di  Longastrino  (pag.  52), 
quanto  in  quella  sul  Reno  dei  1855  diceva  che  il  fondo  del  drizzagno  di  Lon- 
gastrino  è  mantenuto  depresso  dalle  acque  chiare  delle  chiaviche  bolognesi 
e  della  Romagna,  dovendo  supporre  che  non  facesse  dipendere  ciò  dalla  °sola 
loro  perennità  e  portata,  ma  eziandio  dalla  loro  limpidezza.  Ora  nella  nuova 
sua  Memoria  si  atterrebbe  ad  un  principio  diverso. 

172.  Al  §  19  di  essa  egli  osserva:  «  Quindi  non  saprei  dire  se  i  torrenti 
«  che  dall' Apennino  si  versano  nel  Po  giovino  a  mantenerne  più  profondo 
«  l'alveo,  o  i  fiumi  lacuali;  e  sarei  tentato  a  pensare  che  questi  perchè  lon- 
«  lanissimi  nella  vastissima  capacità  del  recipiente  comune,  si  assottigliereb- 
be bero  tanto  senza  quelli,  da  renderne  impossibile  la  navigazione  nella  maggior 
«  parte  deli'  anno.  Ma  non  ardisco  fermarmivi,  perchè  non  credo  che  la  idrau- 
«  lica  dei  fiumi  sia  tanto  innanzi,  e  vantaggiata  dal  Guglielmini  fino  a  noi  da 
«  poterne  parlare  con  fiducia  ». 

175.  Io  invero  non  scorgo  tante  difficoltà  a  risolvere  la  questione  sopra  dati 
abbastanza  positivi,  valendomi  di  quelli  statistici  pubblicati  nelle  mie  Memorie 


(1)  Dopo  la  piena  di  un  fiume  che  corre  in  sab- 
bia, le  alluvioni  vedonsi  ondulate  alla  loro  super- 
ficie ,  che  rassomiglia  ad  un  trappunto.  I  piccoli 
cumuli  di  sabbia  o  limo  che  si  scorgono,  sono  for- 
mati da  spalti  dolcemente  inclinati  a  monte ,  e  più 
ripidi  a  valle ,  sui  quali  avviene  il  lento  trasporto 
delle  materie.  Io  sono  d'avviso  che  ciò  si  verifichi 


col  massimo  rallentamento  della  corrente  mano  mano 
che  va  abbassandosi  il  livello  delle  acque  fino  a 
lasciare  scoperta  l'alluvione;  ma  che  nel  thalweg,e 
nelle  altre  parti  ove  la  corrente  è  viva,  il  trasporto 
delle  materie  avvenga  in  massa  nel  modo  di  sopra 
accennato. 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

concernenti  il  Po,  co'suoi  affluenti,  ed  in  particolare  il  Ticino  e  l'Adda  (1).  Per 
gli  opportuni  confronti  poi  mi  varrò  eziandio  di  quelli  pubblicati  dal  Brighenti 
rispetto  al  Reno  pei  sette  anni  dal  1849  al  1856  (2).  Questi  ultimi  dati  non 
vennero  da  lui  riassunti,  cosicché  sarebbero  rimasti  numeri  morti,  al  che  ho 
supplito  formandone  appositi  prospetti  dai  quali  si  possono  dedurre,  come 
vedremo,  conseguenze  importanti  rispetto  al  reggime  del  Po,  degli  attuali  suoi 
affluenti  deh'Apennino  e  del  Reno,  il  modulo  del  quale  risulterebbe  di  52,50 
m.  e.  Questo  così  darebbe  il  coefficiente  astratto  di  0,050  pei  suo  bacino  mon- 
tuoso della  superfìcie  di  chil.  q.  1082,  mentre  quello  del  Panaro  e  della 
Secchia  venne  supposto  di  0,028  (5). 

174.  La  somma  dei  moduli  degli  affluenti  dei  Po,  fatte  le  rettificazioni  della 
scala  padimetrica  di  Ponlelagoscuro  proposte  dal  Possenti,  di  cui  parleremo 
più  avanti,  risulterebbe  di  1755  m.  e.  in  luogo  di  1720  dapprima  calcolati,  dei 
quali  245  m.  e.  corrisponderebbero  al  cumulo  dei  moduli  degli  affluenti  del- 
l' Apennino  dalla  Scrivia  al  Panaro  ;  607  m.  e.  a  quelli  dei  fiumi  alpini  del 
Piemonte,  ed  885  m.  e.  a  quelli  dei  fiumi  lacuali  della  Lombardia.  Presa  l'u- 
nità per  rappresentare  ii  complesso  di  tali  moduli,  quelli  dei  fiumi  dell'Apen- 
nino  lo  sarebbero  da  0,14  ;  quelli  dei  fiumi  alpini  dei  Piemonte  da  0,55  ;  e 
quelli  dei  fiumi  lacuali  da  0,51.  La  somma  dei  moduli  degli  affluenti  dell'Apen- 
nino  starebbe  quindi  a  quello  del  Reno  nel  rapporto  di  7,5:1;  cosicché  in  via 
d'approssimazione  moltiplicando  per  7,5  i  dati  dei  deflussi  del  Reno  potremo 
considerarli  equivalere  a  quelli  analoghi  del  complesso  degli  affluenti  stessi. 

175.  A  fronte  dei  deflussi  medj  del  Po,  presi  per  unità,  quelli  degli  affluenti 
deli'Apennino  sarebbero  di  0,29  nei  mesi  di  gennajo  e  febbrajo;  di  0,15  a  0,20 
nei  mesi  di  marzo  ed  aprile;  di  0,11  nel  maggio;  di  0,07  nel  giugno;  di  0,05 
nel  luglio  e  nell'agosto;  portandosi  a  0,06  nel  settembre,  a  0,16  nell'ottobre 
a  0,25  nel  novembre  ;  ed  a  0,20  nel  dicembre.  Quei  deflussi  dipendono  prin- 
cipalmente da  piene  effimere  di  uno  a  due  giorni,  avendosi  pel  Reno  nelle 
medie  mensili  del  settennio  fra  le  medie  dei  minimi,  dei  medj  e  di  massimi, 
i  rapporti  di  1  :  5  :  56,  in  gennajo  e  febbrajo  ;  di  1  :  4  :  54  in  marzo  aprile  e 
maggio  ;  di  1  :  10  :  29  in  giugno  ;  .di  1  :  2  :  40  in  luglio  ed  agosto  ;  di  1:6:16 
in  settembre  ;  di  1  :  11  :  158  in  ottobre  ;  di  1 :  7  :  92  in  novembre  e  di  1 :  11  : 
64  in  dicembre. 

176.  Ne' fiumi  lacuali  invece  i  deflussi  sono  pochissimo  variabili,  stando  pel 
Ticino  i  minimi,  medii  e  massimi,  nella  magra  dal  dicembre  al  marzo  all' in- 
circa come  1 : 1,20  : 1,70;  nell'aprile  come  1 : 1,68  :  2,44;  e  nel  maggio,  al  prin- 


(1)  Cenni  idrografici  nelle  Notizie  naturali  e  ci- 
vili sulla  Lombardia  precitate.  Vedansi  anche  le 
mie  Memorie  sui  progetti  di  canali  irrigui  pel  Cre- 
monese e  per  la  valle  del  Po  ,  come  pure  per  la 
sistemazione  dei  laghi  di  Mantova. 

(2)  Effemeridi  delle  altezze  e  delle  portate  del 
Reno  dall'anno  1849  al  1856,  unite  alla  Relazione 
sulla  sua  livellazione,  Roma  1857.  Nel  prospetto^ 
si  dà  il  riassunto  delle  portate  medie. 


(3)  Notizie  naturali  e  civili  precit.  prospetto  XI. 
In  quel  prospetto  la  superfìcie  montuosa  del  bacino 
del  Panaro  si  indica  di  chilom.  q.  1053;  ma  retti- 
ficata la  misura  nel  1847  dall'ufficio  del  Genio 
Militare  in  Modena,  mediante  le  carte  topografiche 
originali,  si  sarebbe  ridotta  ad  873  chilom.  q.  Per 
la  Secchia  non  vi  sarebbe  divario  sensibile.  Vedasi 
la  mia  Memoria  Sulla  pianura  subapennina  ecc, 
al  8  15. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  289 

cipio  della  piena  estiva,  come  1  :  1,51  :  2,37.  In  tale  piena  per  la  seconda 
quindicina  di  maggio  la  somma  dei  deflussi  unitarj  dei  fiumi  lacuali  si  porta 
dai  900  ai  1100  m.  e;  nel  giugno  dai  1320  ai  1420  m.  e;  nel  luglio  dai 
1000  ai  1220  m.  e;  nella  magra  estiva  dell'agosto  dai  900  agli  860. 

177.   Rispetto    alla    navigabilità    del    Po,    quando   nelle    magre  ordinarie    i 
deflussi  sono  pressoché  costanti ,  si  approfonda  il  solco   del   thalweg  e  si  può 
continuare  la  navigazione  anche  nel  tronco  più  difficile   dalla    foce   dell' Oglio 
a  quella  del  Ticino  con  stati  d' acqua  da  4m ,  o  4m,50  sotto  guardia   a    Ponte 
lagoscuro;  riescendo  più  ardua  in  acque  più  basse.  La  magra  ordinaria  si  ha 
di  solito  dal  dicembre  al  maggio.  Quando  per  altro   in    tale   periodo    avvenga 
qualche  piena  effimera  dei  fiumi  dell'Apennino  spostasi  la  direzione  del  filone, 
e  colla  torbida  che  trasportano  colmano  il  preesistente  solco  del  thalweg  senza' 
avere  tempo  che  basti  per  escavarne  uno  nuovo  ;  cosicché,  rimanendo  incerta 
la  posizione  del  canale  praticabile,  anche  in  istati  d'acqua   più  elevati  avven- 
gono con  frequenza  arrenamenti.  Ciò  mi  constava  per  esperienza  di  una  serie 
d'anni  sul  Po  dietro  informazioni  che  assumeva  dai  panni  delle  barche-   ed 
ebbi  l'opportunità  di  constatarlo  mediante  il  diario  di  54  corse  fatte  dai  'due 
piroscafi  Pio  IX ,  e  principessa  Clementina  della  ditta    Perelli    e    Paradisi    dal 
gennajo  1847  al  febbrajo  1849.  A  tal  uopo  al  diario  apposi  gli  stati    d'acqua 
contemporanei    alla    Becca  presso  Pavia  ed  a  Pontelagoscuro.  Fra    i   fatti    più 
notevoli  vi  fu  quello  che  il  14  febbrajo  1847,  mentre  il  Po  segnava  a  Ponte- 
lagoscuro 3m,16  sotto  guardia,   quindi   2'",46  sulla  massima    magra,  alla    foce 
del  Panaro  presso  la  Stellata  fu  mestieri  alleviare  le  gabarre  arrenate   lo  che 
dipendette  verisimilmente    da    un  dorso  di  sabbia  depostovi    da  quel  'torrente 
in  una  piena  passeggiera  del  1.°  febbrajo,  che  si  elevò  a  0m,50  sotto  guardia 
178.  Dalle  circostanze  di  fatto    preaccennate    chiaro  emerge  che   per  gli  af- 
flussi dei  tributarj  dell' Apennino  di  carattere  torrentizio,  e  generalmente  effi- 
mero, avverrà  un  assottigliamento  di  portata,  ma  non  già  per  quelli  dei  fiumi 
acuah  di  carattere  permanente,  pei  quali  il  riempimento  dell'alveo  del  Po  non 
ha  misura  apprezzabile  anche  nelle,  piene  estive  della  durata ,  non  di  qualche 
giorno ,  ma  di  parecchi  mesi ,  nel  qual  periodo  le  acque  rimangono  di   solito 
contenute    fra    le  piarde  ed  il  loro  livello  non  va  soggetto  a    notevoli    oscilla- 
zioni  Nelle  maggiori  piene  autunnali  e  di  primavera,  quando    vengono   inon- 
date  le  sue  golene  sopra  un  immensa  superficie,  ha  luogo  un  attenuamento  di 
portala  anche  pei  fiumi  lacuali,  ma  senza  alcuno  danno,  poiché  in  tali  circo- 
stanze rimane  sospesa  la  navigazione,  lo  che  si  limita  per  termine  medio    ad 
un  periodo  d.  soli  21  giorni.  Rimane  con  ciò  dimostrato   che   mentre    gli   af- 
flussi  de.  fiumi  lacuali  favoriscono  in  grado  sommo  la  navigazione    del  Po    e 
^scavazione  del  suo  letto,  da  quelli  dei  fiumi  dell' Apennino  si  ha  sempre  al- 

Lrt  syjsts^if' coImano  n  ■*?»'• e  --  {— 

le  tenute  roed,e   del  fiume  ali  tornei™   di  !  nella  quale  si  espongono  le  cause  peroni  non  ebbe 


290  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

XXIII*  Esame  della  questione  :  Se  il  fondo  del  Po  vada 
elevandosi  presso  la  foce  del  Panaro,  e  se  raggiunta 
del  Beno  afofoia  ad  accrescere  l'alzamento. 

179.  L'ispettore  Scotini,  partendo  dal  fatto  che  a  19  chilometri  sotto  la 
Rotta  Panfilia  il  fondo  del  Reno  sarebbe  secondo  lai  costituito  di  belletta  e 
fina  aggestione,  esclude  la  possibilità  che  all'eguale  distanza^  esso  abbia  ad 
interrare  il  Po,  ammesso  pure  che  porti  commista  qualche  po'  di  sabbia  (§  9)  ; 
e  nota  che  a  monte  ed  a  valle  della  Stellata,  dopo  ricevuto  il  Panaro,  il  gran 
fiume  conserva  sgombrato  il  letto  dalle  sabbie. 

180.  11  professore  Turazza  giungerebbe  ad  un  eguale  conclusione,  anche  ai 
confronto  delle  portate  integrali  delle  piene  del  Reno  e  di  quelle  del  Po  che 
calcola  stare  nel  rapporto  di  uno  a  trecentoquarantasette.  A  questo  risultamene 
egli  perviene  col  supporre  che  una  piena  del  Reno  non  duri  che  21  ore,  par- 
tendo dallo  stato  di  zero  e  col  farvi  ritorno,  stando  per  esso  i  deflussi  minimo, 
medio  e  massimo  nei  rapporti  di  1  :  12  :  220.  Per  il  Po  invece  suppone  la 
durata  di  una  piena  di  60  giorni  col  partire  egualmente  da  zero  e  ritornarvi, 
avendosi  per  esso  i  rapporti  di  1  :  5  :  15  fra  i  deflussi  minimi,  medj  e  mas- 
simi.  Io  per  altro  non  potrei  ammettere  i  dati  di  questo  calcolo,  e  ritengo 
che  una  delle  maggiori  piene  dipendente  da  un  determinato  fenomeno  meteo- 
rico abbia  a  calcolarsi  per  l'uno  e  per  l'altro  fiume  partendo  da  uno  stato 
ordinario,  ossia  medio. 

181.  Qualora  la  portata  relativa  delle  piene  si  volesse  proporzionare  ai  mo- 
duli della  parte  montuosa  dei  rispettivi  bacini ,  quello  del  Po  sarebbe ,  giusta 
il  prospetto  XI  delle  Notizie  naturali  e  civili  precitata  di  1549  m.  e.  e  quello 
del  Reno-Samoggia  di  38,62  m.  e,  i  quali  starebbero  fra  loro  nel  rapporto 
di  1:40.  Che  se  si  volessero  invece  assumere  pel  confronto  i  moduli  totali  di 
entrambi  i  fiumi,  si  avrebbe  per  il  Po  1755  m.  e.  e  pel  Reno-Samoggia  40 
m.  e,  che  starebbero  fra  loro  nel  rapporto  di  1  :  43  (1).  Ove  poi  si  avesse  a 
raffrontare  la  portata  integrale  di  una  delle  maggiori  piene  del  Po  con  altra 
del  Reno,  il  calcolo  relativo  lo  istituirei  nel  modo  che  segue. 


esito  felice  l'impresa  del  Lloyd  Austriaco  nella  na- 
vigazione del  Po  con  rimorchiatori  a  vapore. 

Gli  studj  sulla  navigazione  di  questo  fiume  li  feci 
nel  1849,  quando  presi  parte  col  ministro  barone 
de  Bruck  alle  trattative  cogli  Stati  di  Parma  e  di 
Modena,  onde  renderla  libera  a  termini  dei  vigenti 
trattati.  Malgrado  una  salute  affranta,  e  l' impegno 
della  direzione  delle  opere  pubbliche  per  la  Lom- 
bardia, ed  in  quel  torno  anche  per  le  provincie 
venete,  mi  vi  era  applicato  con  fervore,  intendendo 
di  pubblicare  in  proposito  una  Memoria.  Ma  isti- 
tuitasi nel  1850  una  commissione  internazionale  per 
la  libera  navigazione  del  Po,  me  ne  astenni.  A  tale  |  tuosa  del  loro  bacino ,  e  0,006  per  la  parte  piana. 


commissione  apparteneva  il  Brighenti  qual  commissa- 
rio pontificio,  e  per  cinque  o  sei  anni  egli  risiedette 
in  Ferrara  come  preside  dell'uffizio  permanente  di 
essacommissione.Se  in  quell'occasione  avesse  fatte 
ricerche  simili  alle  mie,  egli  ne  avrebbe  sicuramente 
avuti  risultamenti  analoghi,  e  non  gli  sarebbero 
sorti  i  dubbj  da  lui  esposti  circa  al  reggime  del  Po 
e  de'suoi  affluenti,  in  relazione  alla  sua  navigabilità. 
(1)  Vedi  1'  osservazione  al  §  174  rispetto  al  mo- 
dulo totale  del  Po.  In  quanto  a  quello  del  Reno- 
Samoggia  si  è  ricavato  coi  coefficienti  astratti  0,03 
pel  primo,  e  0,018  per  la  seconda,  nella  parte  mon- 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  291 

181  Nel  prospetto  B  espongo  la  portata  integrale  delle  maggiori  piene   del 

^7  "i  jMlf6  rPerÌ°re  aHa  gUai'dÌa  aI1' Ìdr0metro  di  Pontelagoscuro  dal 
1807  al  1867,  e  fatta  astrazione  di  quella  del  1839,  che  sarebbe  una  succes- 
sione  di  quattro  piene  parziali,  nelle  più  forti  di  esse  si  avrebbe  la  durata  di 
21  giorni  con  una  portata  integrale  di  8500  milioni  di  m.  e.  Supposto  che  si 
prolungasse  la  piena  in  crescenza  e  decrescenza  di  altri  20  giorni,  partendo 
da  lo  stato  ordinario,  o  medio  di  1735  m.  e,  a  2m,86  sotto  guardia,  fino  a  re- 
st.tuirv.si,  e  che  in  tale  periodo  il  deflusso  integrale  fosse  di  altri  4500  milioni 
di  m.c,  ne  risulterebbe  il  deflusso  integrale  di  13000  milioni  di  m   e 

183    Rispetto  alla  portata  integrale  di  una  delle  maggiori  piene    del   Reno 
il  Brighelli,  la  calcola  nell'allegato  XIII  della  precitata  livellazione  in    76    mi- 
lioni di  m.  e,   partendo    dalla  piena  ordinaria  di   288  m.  e,   anzicchè  dallo 
stato  ordinano  d.  32  m.  e.  Il  bacino   montuoso  del  Reno  e  della  Samo-ia  è 
d.  chilometri  quadrati  1387,  de'quali  560  nel  colle,   ed  827  nella  regione  al- 
pestre   mentre  quello  del  Panaro  è  di   872  chilometri  quadrati,  de'quali  550 
nel  colle  e  340  nella  parte  alpestre.  Le   piene  di   Reno-Samoggia   dovrebbero 
quindi  superare  in  portata  di  oltre  il  70  per  •/,  quelle  del   Panaro.    Ora   la 
portata  in  egraie  della  piena  di  questo  del  1842  fu  da  me  calcolata,  partendo 
da  uno   stato  più  che  ordinario,  in  109  milioni   di   m.  e.   (1)     cosicché   nel 
Reno-Samoggia  si  dovrebbero  avere  almeno  185  milioni  di  m    e   La  piena  in 
tegrale  del  Reno  starebbe  quindi  in  portata  a  quella  del  Po    nel    rapporto   dì 
1:70;  rapporto  che  considero  esagerato  rispetto  al  Po  al  confronto   di    Quelli 
preaccennati  pei  moduli  montani  e  pei  totali  dei  due  fiumi,  i  quali  sembrano 
maggiormente  attendibili.  Tutti  poi  sono  ben  lontani  dal  rapporto  di    1  •  34? 
calcolato  dal  professore  Turazza 

184.  Nella  mia  Memoria  precitata  del  1852  (§  8),  dietro  le  indagini  istituite 
m,  sarebbe  r.sultato  che  a  Pontelagoscuro  la  magra  massima  del  18  7  ^ 
rebbe  stata  per  lo  meno  di  0m,52  più  elevata  di  quella  del  1721  Ivi  nella 
tav. ,  B  dava  il  prospetto  delle  massime  magre  annuali  dal  1807  al  1851  sud 
divise  in  decennj,  ed  al  §  12  conchiudeva  che  in  tale  periodo  non  si  avrebbe 
un  certo  indizio  di  alzamento  o  di  abbassamento  della  magra  massima  annuale. 
Ma  avendo  d.  pò.  reso  più  completo  quel  prospetto  fino  al  1866  (Prospetto  C) 
quindi  per  sessantanni,  ponendo  a  confronto  la  media  del  primo   con  quella 

oAC64    Si  lm°  f  3Vrebbe   Ìfl   qU6St0   ""   »'*—  medio   di  magr 

di  0  ,164.  Sta  pò,  a  vedersi  se    non   sia    avvenuta   un'alterazione    di    portata 
uè  la  magra  stessa  che  dovrebbe  consistere  in   una  diminuzione,    dalla   qu 
conseguirebbe  un  maggiore  alzamento  di  fondo  q 

^!LSJ.qUeSn0rnÌC°lare  l0  SC°tÌnÌ  °SSe,Ta  al  §   56   delIe   *™   Memorie 
rtrauhche.    «   Del   par,   m   ogn,    paese   la    mano   dell'uomo    venne   aprendo 


(1)  Memoria  precitata  Sulla  pianura  subapennina 
ecc  Prospetto  V.  Applicando  i  coefficienti  astratti 
0,025  per  la  parte  montuosa  in  colle,  e  0,033  per 
quella  nella  regione  alpestre ,   ne   risulterebbero  i 


moduli  24,47  m.  e.  pel  Panaro,  e  41,29  m.  e.  pel 
Reno-Lamoggia,  che  si  approssimano  a  quelli  dianzi 
calcolati,  con  un  eccesso  nell'ultimo  del  70  p.  100. 


292  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

«  perenne  deflusso  a  quelle  acque  che  per  lo  passato  impaludavano  vasti  ter- 
«  ritori  or  guadagnati   all'  agricoltura.  E   certo  tale  perenne  deflusso  di  scolo 
«  delle  acque,  che  per  lo  addietro  stagnavano   sulle    valli,   doveva  inevitabil- 
«  mente  accrescere  la  portata  ordinaria  anche  delle  acque  magre  del  fiume  e 
«  la  conseguente  sua  altezza  viva  di  deflusso  sul  letto,  e   pertanto   nemmeno 
«  la  maggiore  altezza  di  stato  magro  del  fiume   se   pure   fosse  vera   non   fa- 
ce rebbe' punto  prova  che  siasi  rialzato  il  letto  per  interrimento  ».   L'osserva- 
zione  starebbe  considerando  la  cosa  siccome  semplice  circostanza  concomitante 
per  le  magre  ordinarie ,  la  portata  assoluta  delle  quali  però  risulterebbe    sen- 
sibilmente diminuita,  giusta  quanto  appare  dai  fatti  esposti  nella  precitata  Me- 
moria  dell'illustre  Paleocapa.  Essa  poi  non  varrebbe    per  le  magre  massime, 
le  quali  non  avvengono  se  non  in  circostanza  di  siccità  estrema,  quando  i  ca- 
nali di  scolo  sono  perfettamente  asciutti ,  come  potei  scorgere  nella    memora- 
bile magra  dell'aprile  4825,  durante  la  quale  si  veniva  ad  attingere  con  botti 
acqua  potabile  al  Po  dalla  distanza  di  cinque  a  sei  miglia.  In  tali  circostanze 
i  deflussi  del  Po  si  riducono  quasi  esclusivamente  alle  acque  di  sorgiva,  la  cui 
copia  va  pur  troppo  scemando  per  effetto  dei  diboscamenti.  Un'estrema  siccità 
ebbesi  egualmente  in  tutte  le  magre  maggiormente  pronunziato  verificatesi  in 
sessant'anni,  indicate  nel  prospetto  C  (1).  Se  ne  inferisce  perciò  che  le  medie 
de' minimi  annuali,  e  molto  più  le  medie  dei  minimi  più  notevoli  per  un  cosi 
lungo  periodo  debbano  porgere    un   fondato   criterio  sull'alterazione   avvenuta 
nel  fondo  del  fiume.  Quella  di  cinque  di  essi  pel  primo  trentennio  sarebbe  di 
-  5,528,  e  pel  secondo  trentennio  di  -  5'V20,  lo  che  darebbe  un'  alzamento 
di  magra  di  0m,428  a  Pontelagoscuro. 

486.  Nella  Notizia  che  ebbi  a  porgere  sulla  piena  de' fiumi  della  Lombardia 
avvenuta  dal  54  ottobre  al  2  novembre  1855  (2),  osservai  in  una  nota  che 
nelle  due  magre  del  4852  e  del  4854  si  avrebbe  avuto  un  eguale  alzamento 
sulla  massima5  del  1847  tanto  a  Pontelagoscuro  quanto  ad  Ostiglia ,  ma  che  a 
Sermide  ed  alle  Quatrelle ,  presso  la  foce  del  Panaro,  si  ebbe  una  maggiore 
elevazione  da  0m,50  a  0m,40,  che  sarebbe  stata  indizio  di  un  maggiore  alza- 
mento di  fondo  in  queste  due  stazioni.  Avendo  continuato  le  osservazioni  ai 
quattro  idrometri  per  i  dodici  anni  successivi  fino  alla  magra  del  4867,  giusta 
il  prospetto  D  rispetto  alle  sette  massime  di  esse,  partendo  dai  4854,  riferite 
ad  Ostiglia,  si  avrebbe  per  la  loro  media  un  maggiore  alzamento  di  Om,44  a 
Pontelagoscuro;  di  0m,40  alle  Quatrelle;  e  di  0ra,506  a  Sermide,  lo  che  par- 
rebbe indizio  di  un  alzamento  massimo  di  fondo  presso  la  foce  del  Panaro  (5). 


(1)  Anteriormente  alle  maggiori  magre  ivi  no- 
tate si  ebbero  di  pioggia  a  Milano  nel  trimestre 
febbraio-aprile  1817,  millimetri  29:  nel  quadrime- 
stre gennaio-aprile  1825,  mill.  83,5;  nel  febbraio 
e  marzo  1834,  mill.  54;  nel  trimestre  gennaio- 
marzo  1835,  mill.  108;  nel  bimestre  marzo-aprile 
1844,  mill.  45;  nel  trimestre  marzo-maggio  1852, 
mill.  58,5;  nel  bimestre  febbraio-marzo  1854,  mill.  1; 
in  luglio  e  agosto  1864,  mill.  31,3. 


(2)  Giornale  dell'  I.  R.  Istituto  Lombardo  delle 
Scienze,  T.  Vili. 

(3)  Il  signor  Malacarne,  ingegnere  in  capo  di 
Mantova  che  gentilmente  mi  offrì  i  dati  idrome- 
trici posteriori  al  1852,  mi  assicura  che  le  altezze 
delle  magre  ai  rispettivi  idrometri  si  sono  prese 
esattamente  mediante  appositi  capisaldi  nel  canale 
vivo  del  fiume,  all'estremo  delle  canalette  delle 
chiaviche;    siccome  io  stesso   in   quell'anno    aveva 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  293 

187.  La  chiavica  delle  Quatrelle  fu  ricostrutta  verso  il  1611  da  Gabriele 
Bertazzolo  pressoché  contemporaneamente  alla  costruzione  del  sostegno  di  Go- 
vernoio  e  del  Chiavicone  di  Sermide,  in  tempo  perciò  del  massimo  abbassa- 
mento di  magra  del  Po  (1).  La  soglia  della  chiavica  delle  Quatrelle  è  stata 
rialzata  di  0m,52  nell'aprile  1828,  ma  non  è  detto  che  dopo  la  sua  ricostru- 
zione nel  1611  non  siensi  praticati  altri  alzamenti  di  essa,  constando  d'altronde 
che  nel  1804  il  Bonati  riscontrò  un  alzamento  di  0m,56  nella  soglia  della  pros- 
sima chiavica  Pilastrese  al  confronto  di  quella  esistente  nel  1695  (2).  La  soglia 
del  Chiavicone  di  Sermide,  che  serve  di  diversivo  per  lo  scarico  di  seoli  "di 
terreni  elevati,  sarebbesi  pure  rialzata  di  0m,93  nel  marzo  1851.  Dalla  serie  di 
questi  fatti  emergerebbe  che  anche  anteriormente  al  1828  era  avvenuto  un 
sensibile  alzamento  di  magra,  e  quindi  di  fondo  del  Po  presso  la  foce  del 
Panaro. 

188.  Nella  precitata  mia  Memoria  del  1852  (§  9)   ho  notato  che  se  nei    se- 
coli  XVI  e  nel  susseguente  era  avvenuto  un  abbassamento    di    magra   nel  Po 
di  Venezia,  ciò  non  era  già  dovuto  all'immissione  del  Panaro,    come  preten- 
deva Eustachio  Manfredi,  ma  piuttosto  all'immissione  del  Po  nel  Po,  in  quanto 
che  quel  braccio  in  tale  periodo  aveva  integralmente  assorbito  il   Po   di   Fer- 
rara. Su  questo  particolare  ho  notato  (§  158)  che  nel  1300,  giusta  la   indica- 
zione della  Cronichetta  di  Ferrara,  erano  di  egual  portata  il  Po  di  Venezia    e 
quello  di  Primaro,  detto  ivi    Fossa,  e  supposi  che   il   Volano   fosse   ancora  il 
ramo  principale  ed  equivalesse  alla  somma  degli  altri  due,  cosicché  pel  Po  di 
Ferrara  sarebbero  passati  allora  i  tre  quarti  delle  acque  del  Po.  Ne  ho  perciò 
inferito  (§  160)    che  nel  1500,  due  secoli  dopo,  il  Po  di  Venezia   siasi  arric- 
chito in  guisa  da  duplicare  la  sua  portata,  quindi  da  eguagliare  il  braccio    di 
Ferrara  ossia  una  metà  del  Po.  Il  modulo  totale  del   Po    vedemmo    essere   di 
1735  m.c,  la  cui  metà  sarebbe  di  867  m.  e.  Il  modulo  rettificato  del  Panaro 
per  la  parte  montuosa  del  suo  bacino   sarebbe  di   24,4   m.  e.    e   per  la  parte 
piana  di  7,40  m.  e,  quindi  in  tutto  di  31,80  m.  e.  Esso  starebbe  perciò   alla 
metà  del  modulo  del  Po  nel  rapporto  di  1 :  27.  Se  invece  si  prendesse  il  rap- 
porto delle  piene  massime  si  avrebbe  pel  Panaro  e  per  la  metà  del  Po  quello 
di  1  :  60.  Da  ciò  si  può  arguire    se    stesse  il  supposto  di  Manfredi  e  del  Gu- 
ghelmini  che  i  dilatamenti  e  profondamenti    dell'  alveo  del   Po  Grande  doves- 
sero attribuirsi  al  Panaro  piuttosto  che  al  Po  stesso.  Un  cambiamento  cotanto 
considerevole  nel  reggime  del   Po,  avvenuto  contemporaneamente    all'immis- 
sione in  esso  del  Panaro ,   impedì  che  si  potesse   determinare  la  parziale  in- 
fluenza  di  questo  in  tale  circostanza.  Ma  se,  stabilito  di  poi  il  primo,  risultasse 
effettivamente   per  gli  ultimi  venti  anni  ed  anteriormente  un  alzamento  della 
magra  massima  presso  la  foce   del  Panaro,  siccome  appare  dal  confronto  con 
Ostigha  e  dalle  altre  circostanze  esposte  per  epoche  anteriori,  il  caso  sarebbe 


raccomandato  con  apposita  circolare ,   mentre  era 
direttore  delle  pubbliche  costruzioni. 


(1)  Memoria  precitata  del  1852,  Dei  cangiamenti 
ecc.,  I  6. 

(2)  Ivi,  S  7. 


294  STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI 

di  qualche  gravità,  attese  le  conseguenze   che  se  ne  dedurrebb  ero  rispetto  al- 
l'immissione  del  Reno  in  Po. 

189.  Abbiamo  ceduto  come  intorno  al  1555  siasi  inalveata  la  Secchia,  por- 
tandola a  sboccare  in  Po  sotto  San  Benedetto,  e  dietro  le  indagini  fatte  sul 
livello  di  magra  a  Governolo  presso  la  prossima  foce  del  Mincio  risulterebbe 
non  essere  per  esso  avvenuta  una  sensibile  alterazione  dal  1596  in  poi  (1).  E  per 
altro  da  osservarsi  che  la  foce  della  Secchia  in  Po  è  posta  ad  84  chilometri  di 
distanza  del  punto  ove  essa  ha  abbandonato  le  ghiaje  per  correre  in  sabbia  ; 
mentre  quel  punto  si  troverebbe  a  62  chilometri  di  distanza  dalla  foce  in  Po 
per  il  Panaro,  ed  a  52  chilometri  pei  Reno,  cosicché  questo  dovrebbe  traspor- 
tarvi materie  maggiormente  pesanti.  V  ha  di  più,  che  trovandosi  la  foce  della 
Secchia  cinquanta  chilometri  a  monte  di  quella  del  Panaro,  quivi  le  materie 
del  fondo  del  Po  dovrebbero  essere  maggiormente  sottili.  Oltre  a  queste  circo- 
stanze influentissime  vi  è  quella  poi  del  notevole  cambiamento  avvenuto  nei 
reggime  del  Po  a  monte  di  Ostiglia. 

190.  Nel  IX  secolo  non  vi  erano  argini  a  sinistra  del  Po,  e  probabilmente 
nemmeno  a  destra,  cosicché  nelle  sue  piene  versavasi  nel  Tartaro,  ossia  nelle 
valli  Veronesi ,  comunicandosi  con  esse  mediante  due  canali  a  Libiola  e  ad 
Ostiglia  (2).  Costrutti  poi  gli  argini  a  valle  della  foce  del  Mincio,  dovette  ac- 
crescersi la  portata  delle  piene  del  Po  e  la  loro  forza  escavatrice,  talché  se 
ne  sarà  abbassato  il  fondo.  Rimaneva  però  interrotta  tuttavia  1'  arginatura  del 
Po  a  monte  del  Mincio  fino  al  1480,  nel  qual  anno  essa  venne  compiuta,  e  per 
tal  modo  se  ne  impedirono  le  espansioni  nelle  valli  laterali  all'  ultimo  tronco 
dell'  Oglio,  e  fra  questo  ed  il  Mincio  a  sinistra,  come  pure  in  quella  a  destra 
del  Po,  ove  spagliava  fra  Guastalla  ed  il  nuovo  corso    della   Secchia   (5).    Per 


(1)  Altre  osservazioni  sul  Po,  Memoria  del  1843, 
pag.  15. 

(2)  In  una  nota  alla  pag.  24  della  Memoria  pre- 
citata, è  riportato  il  brano  di  un  documento  del- 
l' anno  827  (Tiràboschi  ,  Storia  dell'abbazia  di  No- 
nantola,  T.  II,  Doc.  XXVIII)  ove  è  detto:  Idest  de 
Silva  illà  quae  dicitur  Hostilia ,  et  exinde  plenam 

quartam  portionem  dare   debent et  a  sorte 

Sancii  Laurentii  usque  ad  fossam  quae  vocatur  Re- 
gia ...  ,  ubi  et  inter  confmes  de  ipsd  quarta  por- 
tione  da  mia  parte,  fluvio  Pado  procurrente,  et  ex 
alia  parte  fluvio  Tartaro  percurrente,  de  tertid  vero 
parte  Fossa  quae  dicitur  Olobia  exiente  de  Pado , 
procurrente  in  Tartaro  :  de  quarta  autem  parte 
fine  mantuana 

(3)  Nella  nota  al  g  45  ho  fatto  osservare  essersi 
da  me  dimostrato  nella  Memoria  precitata  sulla 
pianura  subapennina,  come  intorno  al  secolo  Vili 
sia  avvenuto  un  salto  del  Po  a  Scorzarolo  sul  Man- 
tovano, che,  troncando  il  corso  dell'  Oglio  ,  sareb- 
besi  inalveato  a  sinistra  di  questo  nello  .stagno 
Largione,  cosicché  per  varj  secoli  continuò  ivi  a 
scorrere  in  tre  rami  denominati  :  Po  Vecchio ,  Zara 


(in  addietro  Oglio)  e  Largione,  o  Lirone.  Il  Ber- 
tazzolo,  nel  suo  Discorso  sul  sostegno  di  Governolo 
pubblicato  nel  1609  (pag.  37),  dice  che  130  anni 
innanzi,  e  cioè  verso  il  1479  «  il  Po  venne  chiuso 
sopra  lo  Stato  di  Mantova  totalmente  fra  argini  »; 
alla  quale  circostanza  attribuisce  il  successivo  al- 
zamento delle  sue  piene  e  gli  atterramenti  del  lago 
inferiore  di  Mantova.  A  questo  fatto,  ed  alle  poste- 
riori escavazioni  di  grandiosi  canali  di  scolo,  sem- 
bra riferirsi  il  padre  Lucchini  nella  sua  Cronaca 
del  Monastero  di  S.  Benedetto  pubblicata  in  Man- 
tova nel  1592,  ove  dice  alla  pag.  141:  «  Per  i 
«  bonificamenti  fatti  la  rendita  di  600  ducati  si 
«  aumentò  a  dodici  mila.  I  Gonzaga,  coli' esempio 
«  e  maturo  consiglio  dei  padri  di  S.  Benedetto, 
«  bonificarono  tutto  il  Mantovano  di  qua  del  Po  » 
(a  sinistra). 

Il  Bevilacqua,  nelle  sue  Relazioni  sugli  argini  e 
sugli  scoli  del  Mantovano,  pubblicate  nel  1734  e 
nel  1737,  porge  notizie  vaghe,  e  talune  erronee, 
su  questo  particolare.  Da  alcuni  documenti  però  da 
lui  riportati  del  1446  e  del  1452,  riferentisi  a  con- 
venzioni  che  hanno  avuto  luogo   fra  i  Gonzaga  ed 


SOPRA  IL  GRANDE   ESTUARIO  ADRIATICO  29g 

siffatto  completamento    d' argini    dovettero    aversi    effetti   analoghi  a  quelli  di 
pendenti  dall' arenamento  del  tronco  a  valle,  quindi  una  escavazione  di  fondo 
la  quale  avrà  neutralizzato  l'alzamento  di  questo  che,  indipendentemente  da  ciò' 
poteva  cagionarvi  la  Secchia  (1). 

191.  Se  il  Po  non  ci  porge  cosi  un  esempio  ineccepibile  dell'immissione 
in  esso  d.  un  torrente  torbido  dell'  Apennino,  un  caso  analogo  ed  a  quanto 
pare  pm  concludente  scorgerebbe  nell'Adige  colla  continenza  dell' Alpone. 
L  lustre  Paleocapa  nel  pregevole  suo  piano  per  la  regolazione  dei  fiumi 
Gua  e  Frassine  ecc.  (2)  osserva:  «  Gli  inconvenienti  della  congiunzione  dei 
«  torrenti  che  corrono  in  grosse  ghiaje  ed  in  ciottoli,  e  quelli  più  grav 
«  d,  accorciare  il  loro  corso   per  farli  sboccare  uniti  in  un  fiume  che  corre 


il  mentovato  monastero,  appare  che  allora  tanto  il 
Po  Vecchio,    quanto  la  Zara,   erano    stati  chiusi  e 
ridotti  alla  condizione  di  colatori ,  e  che  il  vasto 
circondario  a  destra  del  Po  fra  Guastalla  e  la  Sec- 
chia era  nel  lato  meridionale  difeso  dall'argine  si- 
nistro della  Tagliata,  canale  fatto  aprire  dai  Cre- 
monesi nel  1218  per  comunicare  presso  Guastalla 
dal  Po  col  grande  stagno  Bondeno,  fino  a  Burana, 
ove  ritornavasi  nel   Po  di  Ferrara.   Nella  mia  Me- 
moria sul   sistema  idraulico  del  Po,  del  1840,   ri- 
porto il  brano  della  convenzione  allora  seguita  fra 
il  municipio   di   Cremona  e  quello   di  Reggio    per 
l'escavazione  della  Tagliata  (pag.  17),  che  sembra 
siasi  lasciata  aperta  alle  piene  del  Po  fino  al  1480. 
E  poiché  i  Ferraresi  temevano  da  principio  che  con 
quel  taglio  si  deviasse  il  Po  dal  suo  corso,  il  quale 
passava  per  Ostiglia  e  Ficarolo ,   dirigendolo  tutto 
con  abbreviazione  di  linea   nella  maggior  depres- 
sione  dello   stagno   summentovato ,    fino  al   Po  di 
Ferrara  ,    promossero  contro  quel  piano  la  pubbli- 
cazione di  due  bolle   del   pontefice   Onorio  HI,   la 
prima  dell' 11    maggio  1218,   e   la  seconda  de'l   3 
gennaio  1219,  teste  rinvenute  nell'Archivio  Segreto 
di   Cremona.    Nell'ultima  di  esse  è  detto:  Potestas 
et  Populus  Cremonensis  fluvium  Padiim  per  Figa- 
rolum  manantem  in  Ecclesie  Romane  prejudicium 
m  alium  alveum  deducere  attemptant.   Seguono  le 
censure  comminate  contro  tale  innovazione,  la  quale 
se  fosse  riescita  alla  diversione  del  Po    temuta  al- 
lora dai   Ferraresi ,   sarebbe  stato  1'  evento  il  più 
favorevole  alla  loro  città. 

Dalle  esposte  circostanze  si  inferisce  che  intorno 
al  1480  venne  intestato  il  canale  Tagliata,  e  ridotto 
esso  pure  alla  condizione  di  semplice  colatore,  che 
unito  alla  Parmigiana  sarebbesi  munito  di  chiavica 
al  Bondanello,  ove  attraversava  l'arginatura  sini- 
stra di  Secchia,  ivi  allora  compita.  Quella  chiavica 
poi  si  sarebbe  ricostrutta  in  maggiori  dimensioni 
nel  1589,  dopo  la  bonificazione  Bentivoglio  fra 
l'Enza  ed  il  Crostolo  inalveato,  sotto  il  quale  si 
fece  passare  la  Fiuma  per  unirla  alla  Parmigiana- 
Moglia  colla  Tagliata, 


In  quanto  ai  bonificamenti  a  sinistra  del  Po,  di 
cui   le   acque  si   espandevano  o  direttamente  o  di 
rigurgito  nel  Basso  Viadanese,  nelle  valli  a  destra 
e  sinistra  dell'ultimo  tronco  delì'Oglio,  ed  in  quelle 
fra  1  Oglio  ed   il   Mincio ,   si  sarebbero  allora  co- 
strutte le  arginature  frontali   per  impedirle ,    eri- 
gendo in  esse  grandiose  chiaviche,   fra  le  quali  si 
distinguono  quelle  di  S.  Matteo  e  della  Bogina,  ove 
fa  capo  il  fiume,  o  colatore  cremonese,  Navarolo, 
detto  anche  Delmona.  Per  difendersi  per  lo  innanzi 
da  quelle  espansioni,   il   territorio    di  Sabbioneta 
erasi  cinto  con  arginatura  propria,  e  gli  altri  ter- 
reni elevati  di  Viadana ,   Pomponesco  ,  Cavallara  e 
Cizzolo  venivano  protetti  non  solo  dall'argine  fron- 
tale  del  Po,    ma  eziandio  da  altro  argine   interno 
verso  la  valle  ,  chiamato  argine  di  dietro ,  tuttavia 
esistente,    sul  quale  trovasi  una  serie  di  chiaviche 
che  chiudevansi  nelle  piene  di  rigurgito  del  Po. 

(1)  Nella   precitata  mia  Memoria  del  1843   notai 
(pag.  i6)  che,  partendo  dai  dati  offerti  da  un  pro- 
filo dell'ingegnere  Dari,  la  magra  del  Po  del  1817 
sarebbe  stata  di  circa  centim.  40   più   depressa  di 
quella  memorabile  del  1609,  la  quale  pel   suo  li- 
vello non  doveva  differire  gran  fatto  da  quella  del 
1396,  epoca  in  cui  si  è  ricostrutta  l'antica  chiusa 
di   Governolo.  Ma  dietro  posteriori   indagini  prati- 
cate nel  1852  col  mezzo  dell'  ingegnere  di  riparto 
Chizzolini,  risulterebbe  che  la  magra  del  1817  sa- 
rebbesi maggiormente  approssimata  nel  suo  livello 
a  quello  dell'antica  magra.  Siccome  però  quest'ul- 
tima  doveva  essere  verisimilmente    di   una  portata 
maggiore ,   quindi   maggiormente  elevata  sul  fondo 
del  Po,  e  d'altra  parte  non  sarebbe  tolto  che  que- 
sto si  fosse  pure  elevato  per  deposizioni  della  Sec- 
chia  ne' sessantanni  che   decorsero  dal  1335,    in 
cui  venne  immessa  nel  Po,  fino  alla  ricostruzione 
della  chiusa,   ne  consegue  che  pel  concorso  d'en- 
trambe le  cause,   il   fondo   del  Po   avrebbe  potuto 
fino  al  1817  elevarsi  di  poco  meno  di  un  metro. 
(2)  Giorn.  dell'Ingegnere- Architetto.  Anno  X,  1863, 


29g  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

«  in  sabbia ,  sono  troppo  palesi  e  troppo  concordemente  riconosciuti  da  tutti 
«  gli   idraulici   perchè   io   tema   che  sieno   messi   in    dubbio   nel   caso   spe- 
«  ciale  di  cui  si  tratta.  Il  Chiampo  altronde,  che  corre  in   ghiaja   anch'esso  e 
«  va  ad  unirsi  all'Alpon  per  isboccare  con  esso  in  Adige,  fornisce    in  questo 
«  caso  medesimo  una  piena   conferma   di  tali  inconvenienti.   Quantunque   la 
«  portata  e  la  cadente  di  Alpon  e  di  Chiampo  uniti  sia  minore  di  quella   del 
«  Guà,  tuttavolta,  nel  tratto  in  cui  succede  lo  sbocco  loro  ad  Albaredo  i  mah 
«  effetti  di  questa  confluenza  sul  letto  d'Adige  sono  evidenti.  La   fig.   3.    la- 
«  vola  XIII  rappresenta  il  profilo  di  livellazione  del    detto   tronco   dell  Adige 
«  dedotto  da  quello  generale  eseguito  nel  1822.  Da  esso  si  riconosce  che  poco 
«  sotto  lo  sbocco  dei  suddetti  torrenti  uniti  è  avvenuto  un  vizioso  rialzamento 
«  di  fondo  che  a  guisa  di  un  dosso  facendo    scemare  la  pendenza  del  tronco 
«  superiore  e  crescere  quella  dell'inferiore,  ha  invertito  la  legge  delle  cadenti 
«  che  dai  tronchi  più  alti  ai  più  bassi  va  nei  grandi  fiumi  decrescendo  ed  av- 
«  vicinandosi  sempre  più  all'orizzontale.  E  dall' elevarsi  del  letto  d'Adige   poco 
«  sotto  allo  sbocco  di  Alpone  e  Chiampo    n'  è  derivato  che  si  alzi    cosi  gran- 
«  demente  anche  il  letto  degli  ultimi  tronchi  dei  detti  torrenti,  che  il  secondo 
«  di  essi  corre  pensile  sulle    campagne   da  Montebello    a   Villanova    presso   a 
«  poco  come  corre  pensile  il  Guà.  E  l' Alpone  tenuto  in  collo  ha  impedito   gli 
«  scoli  delle  campagne  che  stanno  sulla  sua  diritta;  le  quali  non  potendo  sco- 
«  lare  nemmeno  in  Adige,  rialzalo  anch'esso  di  pelo  e  di  fondo,  sono  intera- 
«  mente  impaludate  per  quella  vasta  estensione  che  prende  il   nome   di  Valli 
«  Zerpane  e  di  Bionde   e    Porcile ,   campagne  tutte   che    sarebbero  fra  le  più 
«  ricche  ed  ubertose  della  provincia  veronese ,   se   non  fossero    condotte  dal 
«  suddetto  slato  dei  fiumi  che  le  circondano  ad  una  perpetua   1™»°™'  »•. 
192.  Il  bacino  montuoso  dell'Adige  è  come  vedemmo,   di  circa  12000  chi- 
lometri quadrati,  e  quello  dell' Alpone  col  Chiampo  di  400  chilom  q.,  cosicché 
starebbero  fra  loro  come  1  :  30.  La  parte  montuosa   del   bacino  del   Po   e  di 
chilom.  q.  41056,  e  quella  pure  montuosa  del   bacino    del  Reno-hamoggia   di 
chilom.  q.  1387,  cosicché  stanno  egualmente  come  1  :  30.    I  deflussi  nied i  e 
massimi  dell'Adige  a  pari  superficie    scolante  saranno  minori  di  quelli  del  Po 
per  i  motivi  di  già  esposti,  ma  altrettanto  può  dirsi  per  quelli    dell  Alpone   e 
Chiampo  a  confronto  del  Reno,  il  cui  bacino  per  soli  */io  e  nel  colle'  e.?er  '»• 
è  nella  regione  alpestre,    mentre  quello  dell' Alpone  trovasi   per  la   più  parte 
nel  colle  e  per  poca  parte  in  monti  di   moderata   altezza.    Ne  consegue  che  i 
deflussi   integrali  delle  maggiori    piene    dell' Alpone   e   dell' Adige    dovrebbero 
stare  fra  loro  in  un  rapporto  assai  prossimo  a  quello  che  vi  sarebbe  fra  i  de- 
flussi analoghi  del  Reno  e  del  Po. 

193  Nel  progetto  Pasetti  per  l'unione  del  Guà  al  Chiampo,  preso  in  esame 
dal  Paleocapa,  dichiarasi  che  l' Alpone,  ricevuto  il  Chiampo,  per  1' ultimo  suo 
tronco  di  m.  10202  avrebbe  la  pendenza  di  0,62  per  mille ,  e  le  sue  ghiaje 
scompariscono  totalmente  poco  sotto  San  Bonifazio,  quindi  a  cinque  o  sei  chi- 
lometri dalla  foce  (I),  mentre  nell'Adige  terminano  al  Mazzabò  a   dodici  chi- 

(1)  Giornale  precitato  ,  anno  XIII. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  297 

lometri  da  essa  foce  (1).  Giusta  il  profilo    unito  alla  Memoria    del    Paleocapa 
distinto  il  tronco  dell'Adige  in  tratte  di  2000™,  di  dieci  in  dieci  capisaldi,  per 
la  prima  tratta  a  monte   della  foce   dell' Alpone  si    avrebbe   la  pendenza   per 
mille  di  0,234  e  perle  sei  successive  di  0,262;  0,368;  0,345;  0,213-  e  0238 
che  danno  per  media  delle  sette  tratte  0,271.  Nel  tronco  di  15500  metri' det 
1  Adige  a  monte  della  l.'  tratta  fino  alla  pietra  che  segna  il  principio  dell'ar- 
ginatura destra  laterale  al  fiume  sopra  Zevio,  la  pendenza  media  sarebbe   del 
0,645  per  mille  (2).  Ne  consegue  che  il  fondo  dell'Adige  e  quello  dell' Alpone 
sarebbero  di  sabbia,  ma  che  per  essere  meno  sottile  quella  dell'ultimo,  e  per 
la  prevalente  sua  torbidezza    ne  è  derivato  il   pregiudicevole  alzamento    anzi 
mentovato.  E  poiché  circostanze  analoghe  vi  sarebbero  per  il  Po  e  pel  Reno 
ne  verrebbe  la  conseguenza  che  dovessero  aversi  effetti  simili    dal  conffiund- 
mento  dei  due  fiumi.  s      g 

194.  Abbiamo  posto  a  confronto  il  Reno-Samoggia  col  Panaro  rispetto  alla 
portata  integrale  delle  loro  piene,  opinando  che  quella  del  primo  eccedesse  di 
non  meno  del  70  p.  o/o  quella  deU' altro.  Ma  se  il  confronto  dei  due  fiumi  si 
istituisse  sulla  vastità  del  campo  nel  quale   e  l'uno  e   l'altro    divagarono    in 
epoche  storiche  fino  al  secolo  XVII   ne  risulterebbero  differenze  assai  più    ri- 
marchevoli.  Il  Panaro  dopo  il  principio  della  dominazione  romana   ha  limitate 
le  sue  espansioni  a  destra  del  torrentello    Formiggine  e  della    così    detta   Ac- 
qualunga,  ossia  Secchia  fino  al  Po  di  Ferrara    presso    il    Bondeno  sopra    valli 
dell  estensione  d.  circa  177  chilom.  q.  (3).    II    Re„0  invece  colla  Samoggia    e 
colla  Savena  in  tale  periodo  avrebbe  colmato  in  maggior  misura    le   valli  alla 
base  de  suo.  tre  conoidi  a  destra  del  Primaro,  del  Po  di  Ferrara,  e  dello  stesso 
Panaro  fra    Co  di  fiume   ed  il  Finale    per  una  superficie  di  circa   527  chilo- 
metri  quadrati,  ossia  tripla;  lo  che  sarebbe    indizio   della   notevole    madore 
sua  potenza  anche  rispetto  alla  quantità  delle  torbide  da  esso  convoliate   (4) 


(1)  Questo  fatto  è  ricavato  dal  jj  H  della  Me- 
moria dell'Abbate  Belloni,  Dell'Adige  e  de' suoi  di- 
versivi, stampata  in  Venezia  nel  1774. 

(2)  Ciò  mi  risulta  dallo  stesso  profilo  dell'  Adige 
i  rilevato   nel   1822,    statomi  favorito  in  compendio 

dal  sig.  ispettore  Pigazzi,  che  nel  1851  presiedeva 
alla  direzione  delle  pubbliche  costruzioni  in  Veneyia 

Le  cadenti  si  sono  Lco.ate  oo.ie  ordinate  I  ipo  ÌZ Ts'eco Tx™  Tc'al  V^  *">  ^  "'* 

^' .   .  .  .  *  uei    fcecoio    av,   in    cui    camnin   o.nvsn     nni-tonH.^; 


maro  in  prossimità  di  Co  di  Fiume ,  ove  eravi  un 
luogo  chiamato  Padoreno.  V  origine  della  città  di 
Cento  risalirebbe  al  più  all'epoca  longobardica,  e 
sarebbesi  allora  eretta  sopra  una  delle  più  elevate 
deposizioni  del  Reno.  Rivoltosi  questo  all'occidente 
di  quella  città  per  unirsi  al  Panaro,    avrebbe  col- 


d'aeq„a  ivi   segnato,  ehi 7JZZ  *d       Z    „JX  "^^  TP  °°7  e  ^"^ 
gra  ordinaria.  L'ordinata  al  caposaldo  HO  indicata    rinrln^  ,       !      ,  ,  "*  "'  Cent°'  Ante- 

in  I8-.862.  v,nnp  ,u  „,„  „„„.„.,  ,.  ,VJ  £lD*e  '      ™™ei"e  q^a  «i«a  difendevasi  verso  occidente 


in  18-862,  venne  da  me  corretta  in  19-868,  ser         I   Irl  '   '   ™'***™  VCrS°  °CCÌdeute 

'  -U  nnà  con!  ^SffZ  fjKM^tffit 
una  lettera  scritta  nel  dicembre  1866  all'ingegnere 
Manfredi,  dichiara  si  prolungasse  per  otto  o  nove 


tropendenza  nel  pelo  d'acqua 

(3)  Questo  dato  si  sarebbe  ricavato  dalla  carta 
topografica  dell'Italia  Centrale,  foglio  di  Ferrara, 
ed  in  relazione  alle  cose  esposte  nella  mia  Memoria 
precitata  sulla  pianura  subapennina ,  come  pure 
dalle  rettificazioni  fatte  sul  corso  del  Panaro  dal 
§  123  al  126  della  presente  Memoria. 
ì  (4)  Vedasi  la  nota  al  §  121  ,  ove  dimostrasi  che 
il  corso  del  Reno  deve  essersi   spinto  fino  al   Pri- 


Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  -  Maggio  1868 


chilometri  verso  settentrione ,  aggiungendo  che  le 
deposizioni  del  Reno  contro  quel  manufatto  trova- 
vansi  al  livello  della  sommità  delle  più  alte  case 
di  Cento.  Il  padre  Lecchi  ci  dice  che  a'suoi  tempi 
il  fondo  del  Reno  collimava  col  piano  della  città 
stessa ,  e  che  scorreva  incassato  in  ampie  ed  ele- 
vate golene.  Dalla  livellazione  del  1844  risulterebbe 


20 


298 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 


XXIV.  Anomalie  nelle  cadenti  del  Po  per  gli  ultimi  snoi 
tronchi,  e  verosimili  conseguenze  che  se  ne  possono 
dedurre. 

195  Nella  precitata  mia  notizia  sulla  piena  autunnale  del  1855 ,  riconobbi 
giusta  l'osservazione  del  Possenti,  che  il  punto  d'inflessione  del  pelo  d  acqua 
delle  piene  per  la  chiamata  alla  foce  in  mare  dovesse  trovarsi  al  disotto  delle 
Quatrelle,  in  quanto  che  tanto  in  quel  punto  quanto  nel  tronco  superiore  fino 
a  Sermide  si  aveva  l'eguale  differenza  di  altezze  di  8",70  fra  la  massima  ma- 
gra e  la  massima  piena.  La  maggiore  differenza  di  9m,87  che  si  ha  alla  chia- 
vica di  Serravalle  la  attribuii  al  ringorgo  delle  acque  nelle  due   serpentine  di 

Ostiglia  e  di  Carbonara. 

196    Alcune  anomalie  per  altro  si  manifestavano  a  valle  di  Pontelagoscuro , 
ove  notavasi  un  considerevole  ventre  nella  piena  del  1812,  della  quale  s.  aveva 
il  profilo  rilevato  nel  1815  dagli  uffiziali  del  corpo  topografico  del  prime .regno 
italico.  Ivi  difatti,  mentre  fino  a  Guarda  Ferrarese,  sulla  lunghezza  di  20290 
si  aveva  la  pendenza  media  0,1220  per  mille  ;  quella  da  Pontelagoscuro  a  Fran- 
colino  in  distanza  di  4500m  sarebbe  stata  di  soli  0,0420;  nei  successivi ^7650 
fino  a  Zocca  di  0,0881,  e  negli  ultimi  8040m  fino  a  Guarda  Ferrarese  di  0,1987. 
Tra  quel  punto  e  Cotogna  la  pendenza  per  mille  limitavasi  a  soli  0,1141,  e  la 
convergenza  verso  la  foce  sarebbesi  avuta  fra  Cologna  e  Berrà  e  da  quel  punto 
alla  foce  colla  pendenza  per  mille  rispettivamente  di  0,1571  e  di  0,1585  Di  quel 
ventre  di  piena  non  potei  trovare  una  spiegazione  soddisfacente,  dacché  ne  la 
resistenza  delle  svolte  che  ivi    s'incontrano  non  riconoscevasi  una  causa  suc- 
ciente per  promuovere  una  cosi  notevole  perdita  di  forza  viva  nella  corrente.  Ed 
il  Possenti    che  in  quel  torno  dava  l'ultima  mano  alla  sua  Memoria  sulla  pos- 
sibilità di  'migliorare  le  condizioni  dei  fiumi  sboccanti  in  mare  (1) ,   attribuiva 
ad  errore  d'osservazione  la  straordinaria  pendenza  fra  Zocca  e  Guarda   berra- 
l-ese   Io  era  d'avviso  che  non  stesse  siffatta  eccezione  e  le  recenti  livellazioni 
delle   quali   si    darà   in   avanti  qualche  cenno  confermerebbero   la  mia  opi- 

n°i97  Lo  stesso  Possenti,  che  con  calcoli  ingegnosi  e  laboriosissimi  appoggiati 
a  dati'  approssimativi  aveva  determinato  il  profilo  del  fondo  medio  del  Po  dalla 
Stellata  alla  foce  di  Maestra  e  quello  del  pelo  d'  acqua  del  fiume  ne'  diversi 
suoi  stati  per  dedurne  gli  effetti  che  si  potevano  conseguire  dall' abbassare 
artificialmente  i  dorsi  più  pronunziati  di  esso  fondo,  conchiude  la  sua  memoria 


che  ivi  il  fondo  del  fiume,  dopo  quella  anteriore 
del  1761,  si  sarebbe  elevato  di  circa  un  metro,  e 
le  golene  si  alzerebbero  di  altri  cinque  metri,  quindi 
si  eleverebbero  sei  metri  sul  piano  di  Cento.  Questi 
fatti  dimostrano  quanto  fossero  considerevoli  le  de- 
posizioni di   quel   torrente  anche  in  epoche  ante- 


riori di  parecchi  secoli.  Il  bacino  montuoso  della 
Savena  è  di  chilom.  q.  «3  ,  quindi  poco  più  della 
metà  di  quello  della  Samoggia. 

(1)  Questa  Memoria  trovasi  nei  tomi  IV,  VII  e  Vili 
del  Giornale  dell '[.{{.Istituto  Lombardo  delle  Scienze. 

(2)  Vedasi  la  mia  Notizia  precitata,  alla  pag.  13. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  299 

ne' termini  che  seguono:  «  II  profilo  del  fondo  medio  ci  offre  l'opportunità  di 
«  dehneare  ,1  profilo  del  fondo  sistematico,  cosi  chiamandosi  dal  Lombardia 
«  quella  superficie  a  profili  trasversali  orizzontali  ed  a  profilo  longitudinale  il 
«  più  possibilmente  continuo  ed  uniforme  intermedio  alle  ondulazioni  di  quello 
«  del  fondo  medio,  e  che  a  parità  degli  elementi  di  larghezze  e  di  portata  dà 
«  ongme  ad  un  profilo  di  pelo  d'acqua  del  pari  il  più  possibilmente  contnuo 
«  ed  uniforme  intermedio  alle  ondulazioni  del  profilo  effettivo  (1) 

«  198.  Ora  nel  tentare  di  delineare  approssimativamente  il  profilo  del  fondo 
«  DrofilTdis0fi„nt!         f  "conoscere  tosto  l'impossibilità,  perchè  trovai  un  tal 

piotilo  distmto   in   due  porzioni  fra  loro  diversissime  e  discontinue     il   di 
«  cui  punto  d.  disgiuntone  è  assai  prossimo  a  Zocca,  e  cioè  l'una  da'  Zocca 

t!Z!l'  ld'  CUÌ  °nd,UlaZÌ°nÌ  °SCÌllan°  fra  °m'70  sotto  ''orizzontale  Conti 
«  a  Zocca  e  2-.70  sotto  la  stessa  orizzontale  allo  sbocco  in  mare ,  fatta  però 
«  astrazione  dagli  scanni  di  foce ,   e  dallo  scanno  di  Taglio  di  Po  •  l' altra  da 

I  fZVl eS  tÌrateda  r'6°  Sr°Pra  V°-  "•  a  Z°CCa  6  P--—„te  paral- 
lelo al  pelo  d.  massima  magra  fra  Pontelagoscuro  e  la  Stellata,  ossia  al  tronco 

«  d.  lìnea  punteggiata  VII,  VI.  E  ben  vero  che  mancando  le  sezioni  del  fiume 

«  fra  i  suddetti  due  idrometri  non  può  asserirsi  con  fiducia  di  molta  appros- 

«  stazione  che  il  basso  fondo  riconosciuto  fra  Zocca  e    Pontelagoscuro    con- 

I  TU?      ?T Kandament0  a  monte  di  fi^to  P»«to;  ma  d'altra  parte  se 
«  si  nflette  che  ,1  brusco  scaglione  di  2"\30  che  dal  chil.  72  ascende  all'alti- 

l  meSteS°,  v,  Z°CCa  6  Vonleh^^o  è  accompagnato  da  un  parimenti 
«  brusco  e  notabile  incremento  di  pendenza  del  pelo  di  massima  magra,  e  che 
«  questa  nuova  pendenza  si  conserva  con  tenue  diminuzione  fra  Pontelagoscuro 
«  e  la  Stellata,  e  forza  il  credere  che  anco  il  fondo  medio  fra  questi  due  punti 
*  mante«ga  Press  a  poco  uno  stesso  andamento,  ed  una  stessa  elevazione  Ora 
«  unta,  fallo,  che  non  credo  stalo  avvertito  da  altro  autore,  io  l'ho  per  un 
«  fatto  capitale  gravido  di  grandi  conseguenze. 

199.  Ov' è  il  punto  che  separa  l'altipiano  dalla  valle? 

«A  Zocca,  dove  prossimamente  ha  effetto  la  chiamata  di  sbocco,  come  ho 
«dimostrato  all'evidenza  a  pag.  106  coli' offrire  i  rapporti  di  pendenza  del 
«  pelo  d.  mass.ma  piena  dall'uno  all'altro  idrometro;  il  post  hoc  ergo  propter 
«  hoc  ,„  questo  caso  e  logica  ed  incontrastabile  verità,  perchè  la  chiamata  di 

tZZ  TI     ?   r  m0t?  de"a  COrre"te'   6  ^celerazione  è  una  forza  esca- 

«  vatnce  d    fondo  fino  al  punto   dell'  equilibrio  della   forza  colla   resistenza 
«  dunque  .    notabile  e  continuato  approfondamento  del  letto  del  Po  da  Zocca 

«  al  mare  e  effetto  diretto  de.la  chiamata  di  sbocco,    ed  il  fondo  a  monte  d 

Zocca  e  ,1  prodotto  naturale  degli  elementi  normali  della  corrente   non  in- 
P  iluenzata  dalla  chiamata. 

200.  Or  che  può  derivare  da  ciò? 

-  chi"amataCdi  l°1Unga"d°SÌ  le  foci  del  Po  »»  ™™  e  con  esse  l'origine  della 
chiamata  d,  sbocco ,   deve   panmenti    protrarsi  fino  alla  nuova  origine  anco 

(1)  Vedasi  la  mia  Memoria  precitata  del  1843,  Altre  osservazioni  sul  Po,  pag.  IO. 


300  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

«  l'altipiano  del  fondo  a  monte  della  medesima,  prolungamento  che  avrà  luogo 
«  non  per  deposito  di  torbida  diffusa  nella  corrente,  ma  per  depositi  av veni- 
«  bili  al  calar  della  piena  della  materia  escavata  e  trascinata  lungo  il  fondo 
«  de'tronchi  a  monte  durante  le  piene  medesime,  depositi  che  non  ponno  più 
«  aver  luogo  dall'origine  della  chiamata  di  sbocco  fino  al  mare,  giacche  1  azione 
«  esportatrice  delle  materie  che  si  esercita  nel  tronco  di  corrente  che  prova 
I  l'effetto  della  chiamata,  continua  ancora  quando  quella  dei  tronchi  inferiori 
«  a  monte  è  cessata ,  e  le  materie  sonosi  tutte  depositate  ove  le  forze  e  le 
«  resistenze  trovarono  1'  equilibrio. 

.<  Ecco  dunque  la  causa  dell'  avanzamento  del  punto   d  incontro   del  fondo 
«  del  Po  coli' orizzontale  del  pelo  del  mare. 

«  2°  Che  col  prolungarsi  dell'altipiano  del  fondo  si  protrae  pure  il  ver- 
«  lice  dell'angolo  rientrante  del  pelo  di  massima  magra  che  ora  ha  luogo  a 
«  Zocca  con  diminuzione  della  sua  pendenza,  la  quale  deve  necessariamente 
«  dar  origine  ad  elevazioni  del  pelo  medesimo  tanto  minori  quanto  più  si  prò- 
«  cede  a  monte  di  Zocca,  elevazioni  che  sono  quelle  che  il l  Lombard.n.  de- 
«  dusse  dalle  osservazioni  di  Bonali  e  di  Manfredi  e  valuto  di  non  oltre  0  ,50 
«  in  un  secolo,  e  che  pei  riflessi  da  me  accennati  alla  nota  (II)  parrai  potersi, 

«  ridurre  alla  metà.  . 

201  «  E  qui  do  termine  a  questa  lunga  serie  di  più  o  meno  plausibili  ar- 
«  gomentazioni,  e  di  non  pochi  pentimenti ,  a  cui  fui  condotto  da  successive 
«  notizie  di  nuovi  fatti  a  me  sconosciuti  al  principiare  di  questo  lavoro ,  du- 
«  rante  il  medesimo  e  fin  dopo  il  suo  compimento,  esprimendo  il  voto  che  le 
«  scuole  di  idrometria  delle  nostre  Università,  che  hanno  a  loro  disposizione  tanti 
«  giovani  calcolatori ,  vogliano  dedicare  una  parte  dei  loro  studj  a  questo  gè- 
«  nere  di  applicazioni  idrometriche,  che  non  potranno  a  meno  di  diradare  le 
«  tenebre  che  coprono  tuttavia  l'importantissima  materia  del  corso  de  fiumi». 

202  II  fatto  notato  dal  Possenti  del  brusco  passaggio  di  pendenza  del  tondo 
medio  del  Po  verso  Zocca  lo  considero  io  pure  di  molta  importanza  per  spie- 
gare alcuni  fenomeni  che  scorgonsi  nel  reggime  degli  ultimi  tronchi  del  fo. 
Primo  fra  questi  è  il  mentovato  notevole  ventre  di  piena  fra  Pontelagoscuro  e 
Guarda  Ferrarese  con  diminuzione  sensibilissima  di  pendenza  a  monte  dr  Zocca, 
ed  aumento  di  essa  a  valle,  che  sembra  effetto  della  perdita  di  forza  viva  della 
corrente  in  quel  rapido  passaggio  di  cadenti  del  fondo,  il  quale  si  può  discer 
nere  anche  dall'  elevazione  dei  dorsi  apparenti  nel  profilo  generale  di  Uvei, 
lazione   (1). 


(1)  Intorno  al  1854  mi  sono  interessato  perchè 
dall'  Istituto  Geografico  in  Vienna  venisse  tratta 
copia  dei  rilievi  di  livellazione  e  sezioni  praticati 
dagli  ufgciali  del  Corpo  Topografico  italiano  nel 
1813,  rispetto  all'  ultimo  tronco  del  Po  a  valle  di 
Palantone  :  copia  che  allora  venne  acquistata  dal- 
l'Amministrazione   provinciale   di  Ferrara.  Avendo 


quale  quello  del  fondo  non  risale  oltre  Pontelago 
scuro,  se  ne  ricaverebbero  i  risultameli  che  se 
guono,  pei  dorsi  del  maggior  fondo  riferiti  all'oriz 
zontale  Conti,  che  corrisponde  al  livello  bassissima 

del  mare.        .  . 

Alla  Rimbaldese ,  un  chilom.  a  valle  di  Ponte  a 
goscuro  +  2™,60  ;  a  Francolino  +  0™,70  ;  ah 
Polesella  -  lm,30  ;  a  2  chilom.  sotto  Guarda  lei 


sssstófiratì  ftrs  I  srssa  -*-,.  ar-» 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  301 

203.  In  quanto  al  trasporto  delle  materie  nei  varii  stati  del  fiume,  non  solo 
conviene  distinguere  quelle   galleggianti ,    ossia  in  sospensione ,   dalle  altre  di 
maggior  mole  striscianti  sul  fondo ,    ma   queste  ultime  devonsi  suddividere  in 
due  classi.  La  prima  è  di  quelle  materie  procedenti  dai   tronchi  superiori ,   o 
dalla  corrosione  delle  sponde  e  delle  alluvioni,   che   hanno  sempre    un  movi- 
mento di  discesa,    senza  approfondamento  assoluto  dell'alveo   salvo  lo  sposta- 
mento del  thalweg  per  la  variata  direzione  del  filone    principale.    La    seconda 
classe  è  quella  delie  materie  escavate  con  approfondamento  dell'  alveo.  Questa 
escavazione  ha  luogo  negli  stati  di  piena  per  l'ultimo  tronco,  che  diremo  sub- 
marino, il  cui  fondo  trovasi  tutto  più  depresso  della  bassa  marea  e  che  risente 
gli  effetti  della  chiamata  di  sbocco  alle  foci.  In  tale  circostanza  le  materie  tra- 
sportate in  quel  tronco  dalla  corrente  superano  appunto  in  quantità  quelle  di- 
scendenti dai  tronco  superiore,  aggiungendosi  le  altre  ivi  escavate  per  l'accre- 
sciuta velocità  di  essa  corrente;  ma  in  pari  tempo  le  sezioni  fluviali  acquistano 
ivi  un'  ampiezza  eccessiva,  parlicolarmente  in  profondità,  cosicché  all'abbassarsi 
delle  acque  queste  cessano  di  aver  forza  di  trascinare  sul  fondo  le  materie  che 
tuttavia  discendono  dal  tronco  superiore,  limitandosi  il  trasporto  alle  più  sottili 
che  in  quello  tenevansi  per  la  più  parte  in  sospensione.  Le  sabbie  più  pesanti 
che  continuano  a  discendere  dal  tronco  superiore  fino  allo  stato  di  magra,  de- 
vono necessariamente  arrestarsi  ed  accumularsi  all'unione  coli' altro,  servendo 
d'appoggio  alle  sopravenienti  per  alzare  ivi  il  fondo  del  fiume.  Alla  precitata  mia 
Notizia- sulla  piena  autunnale  del  1855  ho  unito  il  profilo  numerico  C  di  livel- 
lazione del  pelo  d'acqua  del  Po  a  valle  di  Palantone  del  22   settembre  1815, 
che  segnava    5m,70  sotto  guardia    all'idrometro  di  Pontelagoscuro,    stato  che 
sarebbe  elevato  di  2m  sulla  massima  magra  assoluta  e  di  un  metro  sulla  mas- 
sima magra  annuale,  con  una  portata  unitaria  di  circa  1200  m.  e.  Scorgesi  dal 
profilo  stesso  come  fino  a  Zocca  la  pendenza  sia  in  tale  stato  di  0,095  a  0,110 
per  mille,  mentre  fino  a  Berrà  si  riduce  circa  2/3  e  ad  un  quarto  a  valle.Per 
una  magra  più  pronunziata  le  differenze  di  pendenza  sarebbero  assai  più  sen- 
sibili,  cosicché,  mentre  a  monte  la  corrente  colla  pendenza  di  0,120  per  mille 
potrebbe  tuttavia  trasportare  materie  sul  fondo,   altrettanto  non  potrebbe  fare 
a  valle  ove  la  pendenza  si  riduce  a  poco  più  di  un  decimo.    Il  mentovato  ac- 
cumulamento di  materie   nell'intervallo  di  due  piene  sembra  dovere   limitarsi 


alla  biforcazione  di  Santa  Maria,  ove  si  stacca  il 
braccio  di  Ariano  —  0m,  50  ;  all'incile  di  quel 
braccio  +  0m,55;  ad  un  chilom.  sotto  Corbola 
—  2m,70;  alla  Cavanella  di  Po  —  5m,50. 

Da  questi  dati  chiaro  appare  il  rapido  passaggio 
di  pendenza  del  fondo  da  Pontelagoscuro  a  Zocca; 
come  pure  il  notevole  dorso  nel  fondo  del  fiume 
alla  mentovata  biforcazione. 

L'ispettore  sig.  comm.  Barilari,  allorché  nel  1852 
era  ingegnere  in  capo  di  Ferrara,  fece  pure  rile- 
vare un  profilo  di  livellazione  dalla  foce  del  Panaro 
a  Santa  Maria,  e  quindi  pel  braccio  allora  arcifinio 
di  Ariano ,  colle  relative  sezioni.  Di  quella  livella- 


zione mi  venne  favorito  dal  Barilari  un  sunto  pel 
pelo  della  piena  massima  del  1839;  e  dal  suo  suc- 
cessore sig.  cav.  Bompiani,  il  profilo  completo  pel 
tronco  superiore  a  Pontelagoscuro. 

Sarebbe  a  desiderarsi  che  si  facessero  compire  i 
rilievi  del  1813,  finora  non  del  tutto  delineati;  e 
che  quelli  del  1852  si  proseguissero  pel  braccio 
di  Maestra,  onde  procedere  ad  un  confronto  cogli 
altri  e  riconoscere  i  cambiamenti  avvenuti  tanto 
nel  profilo  del  fondo,  quanto  in  quelli  del  pelo 
d'acqua  pei  varj  stati  del  fiume.  In  tal  modo  si 
avrebbero  dati  positivi  per  ripigliare  gli  studj  fatti 
dal  Possenti. 


302  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

ad  una  quantità  non  molto  grande,  attesa  la  moderata  corrente  in  tale  circo- 
stanza, ed  a  non  lungo  tratto,  ove  scorgesi  il  rapido  passaggio  di  cadente  del 
fondo;  come  pure  venire  per  la  più  parte  esportato  da  ogni  piena.  Ciò  non  toglie 
per  altro  che  non  abbia  a  rimanerne  un  residuo,  il  quale  col  tempo  promuova 
un  avanzamento  di  quei  piano  inclinato  con  alzamento  dei  suo  livello  in  ag- 
giunta agli  effetti  del  protendimento  delle  foci  in  mare  e  dell'accresciuta  copia 
di  materie  trasportatevi,  principalmente  dagli  ultimi  tributar]  torbidi  del- 
l'Apennino. 

204.  Un  dorso  deve  esistere  alla  foce  del  Panaro ,  naturalmente  promosso 
dalle  deposizioni  di  questo  influente,  siccome  appare  dal  profilo  di  livellazione 
del  1852.  In  uno  stato  di  massima  magra  di  4m,94  sotto  guardia  a  Pontelago- 
scuro,  per  un  tratto  di  1470™  che  incomincia  a  450m  dalla  foce  del  Panaro,  la 
pendenza  del  pelo  d'acqua  era  di  0,122  per  mille,  e  pei  successivi  860m  di  0,110. 
Nella  piena  poi  dell' 8  novembre  1859  la  pendenza  fra  la  chiavica  Pilastrese  e 
Palantone,  in  lunghezza  di  5170m,  sarebbe  stata  di  0,0763  per  mille,  mentre  pei 
tre  chilometri  successivi  giungeva  a  0,117,  quindi  con  un  sensibile  ventre  a  Pa- 
lantone, che  apparirebbe  verisimilmente  più  notevole  qualora  le  ordinate  del  pelo 
d'acqua  si  fossero  prese  a  distanze  minori.  Causa  principale  di  ciò  parrebbe 
il  rapido  passaggio  di  pendenza  del  fondo,  attribuibile  appunto  al  dorso  che  il 
Panaro  forma  sotto  alla  sua  foce. 

205.  Ai  §  §  186  e  187  abbiamo  notato  come  negli  ultimi  venti  anni  siasi 
alzato  il  livello  della  magra  massima  del  Po  alle  Quatrelle,  presso  la  foce  del 
Panaro  di  0m,40  per  media  al  confronto  di  Ostiglia,  ciò  che  indicherebbe  un 
sensibile  alzamento  del  suo  fondo;  ed  abbiamo  pure  esposti  i  fatti  che  com- 
proverebbero un  alzamento  simile  in  periodi  anteriori.  Nel  prospetto  C  si  è 
indicata  l'altezza  delle  massime  piene  annuali  a  Pontelagoscuro ,  che  hanno 
superata  la  guardia  pel  sessantennio  1807-1866,  e  da  esso  risulta  che  mentre 
l'altezza  media  per  l'intero  periodo  è  di  lm,605,  quella  del  1.°  trentennio 
sarebbe  stata  di  lm,425  e  quella  del  2.°  trentennio  di  lm,788 ,  con  che  si 
avrebbe  un  alzamento  in  questo  di  0ra,363.  L'ispettore  Scotini ,  nelle  pre- 
citate sue  Memorie,  ha  indicate  tutte  le  piene  del  Po  avvenute  dal  1807  al 
1862  superiori  ad  lm  sopra  guardia,  prospetto  che  noi  abbiamo  prolungato 
a  tutto  il  1866,  distinguendole  in  sei  decennj.  Prendendo  a  considerare  le 
maggiori  di  esse  che  superarono  2m,20  sopra  guardia,  nel  primo  decennio 
1807-1816  se  ne  sarebbero  avuto  cinque;  in  ciascuno  dei  due  decennj  suc- 
cessivi una  sola;  nel  quarto  dieci,  nel  quinto  tre,  e  due  nell'ultimo.  Sembra 
perciò  che  le  maggiori  e  più  frequenti  piene  del  quarto  decennio  1837-1846 
abbiano  influito  a  deprimere  la  magra  alla  foce  del  Panaro,  abbassando  quel 
dorso,  e  che  un  effetto  simile  non  siasi  avuto  negli  ultimi  due  decennj  atteso 
che  più  rare  sono  state  le  maggiori  piene. 

206.  Quel  dorso  sarebbe  così  andato  soggetto  ad  oscillazioni  a  breve  ed  a 
lungo  periodo,  attesa  l'irregolarità  colla  quale  avvengono  quelle  deposizioni  e 
l'effetto  intermittente  delle  piene  per  abbassarlo  in  maggiore  o  minor  misura 
a  seconda  della   maggiore  loro  portata  e  frequenza.   Ma   la  risultante  di   tali 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  303 

oscillazioni  sarebbe  un  alzamento  di  magra  massima  e  quindi  di  fondo  resosi 
abbastanza  sensibile  anche  nel  breve  ultimo  periodo  di  un  ventennio.  In  ciò 
poteva  influire  non  solo  il  progressivo  accrescimento  di  portata  delle  piene  del 
Panaro ,  ma  eziandio  quello  della  copia  delle  materie  da  esso  convogliate  di- 
pendentemente dal  sempre  maggiore  degradamelo  delle  pendici  montane  per 
effetto  degli  operati  diboscamenti,  punto  che  esamineremo  più  avanti. 

207.  Se  tali  risultamene  si  hanno  pel  solo  Panaro  ,  facile  si  è  il  prevedere 
quelli  che  si  avrebbero  dall' aggiungervi  il  Reno,  la  cui  potenza,  particolar- 
mente per  la  copia  delle  materie  trasportate,  sarebbe,  come  vedemmo,  più  che 
doppia.  Queste  conseguenze  le  abbiamo  dedotte  dagli  effetti  finali  mediante 
r  osservazione  dei  fatti ,  a  fronte  dei  quali  non  regge  il  dire  che  le  deposi- 
zioni di  quei  torrenti  consistono  in  limo  o  poca  sabbia,  e  debbano  venire  ne- 
cessariamente esportate  delle  piene  del  Po,  principio  che  si  risolve  in  una  sem- 
plice opinione.  Le  premesse  osservazioni  invece  dimostrano  che  l'affluenza  di 
tali  materie,  verisimilmente  di  maggiore  mole  di  quelle  trasportate  dal  Po  ed 
il  torbidume  delle  acque,  per  le  ragioni  dianzi  esposte ,  accrescono  il  lavorio 
delle  piene  del  recipiente,  e  che  per  esportarle  occorre  nella  corrente  una 
maggiore  energia ,  che  solo  può  conseguire  con  un  aumento  di  pendenza  e 
quindi  con  un  alzamento  di  fondo. 

208.  Mi  si  assicura  che  allorquando  Napoleone  il  25  giugno  1805  decretò  in 
Bologna  l'immissione  del  Reno  nel  Po,  aveva  in  sua  presenza  fatto  discutere 
1  argomento  da  distinti  idraulici,  fra  i  quali  trovavasi  il  celebre  Teodoro  Bonati 
ferrarese,  che  ne  dimostrò  le  sinistre  conseguenze.  Ma  le  ragioni  da  questo 
addotte  non  poterono  tener  fronte  ad  una  proposizione  del  cavaliere  Gugliel- 
mini:  che  quando  il  Po  si  ricorderà  di  essere  il  Po  Grande,  espellerà  tutte  le 
deposizioni  del  Reno,  come  fa  di  quelle  degli  altri  affluenti.  Tale  proposizione 
e  ben  lungi  dal  concordare  colle  premesse  osservazioni,  ed  è  prova  che  l'idrau- 
lica non  si  fa  con  frizzi,  epigrammi  e  sentenze,  che  possono  tornare  assai  più 
pregiudicevoli  alla  scienza  ed  alle  sue  applicazioni  che  non  le  ricerche  dei 
troppo  eruditi  quando  sieno  coscenziosamente  dirette  a  scoprire  il  vero  (1). 


(38)  Il  cavaliere  Giovan  Battista  Guglielmini,  pro- 
;   nipote  del  celebre  Domenico,  era  professore    d' in- 
troduzione   al   calcolo  sublime   nell'  Università    di 
'  Bologna,  e  non  mi  consta  che   fosse  un  idraulico 
di  gran  merito.  Da  un  mio  condiscepolo,    il   quale 
nel  1814   abitava   in   sua  casa,    seppi   che   egli   si 
gloriava  sovente  del  trionfo  riportato  nel  consiglio 
tenutosi  in  presenza  di  Napoleone.  Abbiamo  veduto 
(§  164)  come  per  spirito   di   parte   l'insigne   suo 
antenato  facesse  eco    ad   una   sentenza  equivalente 
|  di  D.  Scipio  De  Castro,  proclamandola  siccome  una 
;  verità  per  provare  che  il  Po  Grande  era  stato  di- 
latato ed  escavato  dal   Panaro ,  e  che   altrettanto 


che  questo  non  aveva  menomamente  influito  nel- 
l'abbandono del  Po  di  Ferrara  (g  162),  tesi  che  la 
sua  coscienza  lo  spinse  a  sconfessare  in  uno  scritto 
postumo  (§§  171  e  172). 

In  ciò  si  ha  la  prova  del  danno  che  deriva  alla 
scienza  da  siffatte  sentenze  di  retori ,  tale  doven- 
dosi considerare  il  De  Castro  ,  la  cui  famosa  Rela- 
zione si  risolve  in  una  vuota  declamazione.  Ivi  egli 
fa  pompa  di  vasta  erudizione,  ed  entra  in  minuti 
particolari  per  la  più  parte  dei  fiumi  di  questa  no- 
stra misera  terra,  pretendendo  di  saperne  allora 
assai  piìi  di  quanto  oggidì  si  giunse  a  conoscere 
«aro  ea  escavato  dal  Panaro,  e  che  altrettanto  dopo  tre  secoli  di  ulteriori  studj  idrografici, 
dovevasi  attendere  dal  Reno  ;  dopo  aver  sostenuto 


304 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 


A  —  RIASSUNTO  delle  portate  medie  unitarie  in  m.  e.  del  Reno  alla  Chiusa  di  Casalecchi 
nel?  annesso  canale  nel  settennio  dal  i.°  novembre  1849  al  31  ottobre  1856. 


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ì 

1849  | 

1850  ( 

19,12 

22,98 

5,40 

62,09 

42,61 

42,66 

! 

5,98 

3,68 

3,67 

59,78 

40,32 

36, 15  28, 

1850  | 

1851  ) 

16,23 

13,59 

24,47 

26,  53 

50,14 

5,69 

4,24 

4,84 

19, 01 

50, 88 

41,87 

42,61 

25, 

1851  ì 

1852  j 

32,31 

17,62 

11,26 

16,00 

9,23 

8,71 

9,92 

7,31 

24,58 

68,27 

102, 40 

14,09 

26, 

1852  ( 

1853  i 

43,34 

79,43 

87,54 

80, 81 

33,19 

27,06 

5,81 

4,16 

9,19 

56,12 

59,36 

43,65 

44, 

1853  j 

1854  j 

62,02 

6,45 

4,49 

23,80 

38,72 

17,78 

8,17 

6,31 

4,30 

21,15 

46,64 

59,93 

24, 

1854  | 

1855  j 

6,85 

155, 52 

68,31 

68,31 

23, 50 

12, 41 

4,73 

3,36 

22,15 

42,64 

30,16 

56,47 

41, 

1855  ) 

1856  ì 

142,  42 

27,82 

23,38 

20,38 

49  20 

8,71 

5,37 

4,89 

16,69 

27,75 

78,11 

18,31 

36, 

Medie 

46, 04 

46,20 

32,12 

42,56 

35,22 

17,56 

6,32 

4,94 

14,22 

46,65 

56,98 

37,34 

32, 

1856 

1855 

1853 

1854 

1856 

1850 

1854 

1852 

1855 

1851 

1851 

1853 

Massimi 

1374 

1521 

1017 

554 

368 

459 

310 

266 

985 

986 

1246 

1257 

1850 

1851 

1851 

1855 

1853 

1851 

1853 

1851 

1853 

1856 

1854 

1849 

Minimi 

4,70 

3,70 

3,70 

2,60 

2,40 

1,10 

1,00 

0,90 

1,70 

2,80 

— — - 

3,80 

SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO 


305 


J  -  SUNTO  delle  portate  unitarie  massime,  e  medie,  e  delle  integrali  del  Po  per  le  mattatori 
pene  avvenute  dal  1827  al  1867,  partendo  dal  segnale  di  guardia  aW  idrometro  di  PontelaZ 
scuro.  Le  portate  sono  calcolate  colla  scala  del  Possenti  del  1855. 


Anno 


Principio  e  termine  della  piena 
sopra  guardia 


Durata 

in 
giorni 
ed   ore 


Dal  12  maggio  al  1.°  giugno 20  — 

Dal  17  settembre  al  5  ottobre 22  — 

Dal  9  al  30  ottobre r    21  — 

Dal  30  ottobre  al  13  novembre    .    .    .    .]  14  — 
Dal  13  al  28  novembre *  j  15  __ 


Altezza 
massima 

sulla 
guardia 

metri 


Deflusso  unitario 
in  m.  e. 


Dal  28  novembre  al  25  dicembre.    . 

Dal  2  al  18  novembre 

Dal  28  ottobre  all'  8  novembre 

Dal  27  settembre  al  7  ottobre.    .    . 
Dal  24  ottobre  ai  2  novembre. 

Dal  18  al  29  maggio 

Dal  1.°  ottobre  al  9  novembre 

Dai  1.°  al  12  ottobre 

Dal  1.°  al  15  novembre 

Dal  3  al  28  giugno ** 

Dal  30  ottobre  air  11  novembre  . 
Dal  22  ottobre  al  5  novembre. 

Dal  3  al  10  novembre 

Dal  15  al  27  ottobre    .    . 


*  Sunto  delle  quattro  piene  successive  del  1839     78  —     2,962 


28  — 
16.6 
11- 
10- 
9  — 

11  — 
21  — 

12  — 
14.6 
24.12 
12.6 
14.6 

7,12 
12.6 


2,541 

2,000 

2,692 

2,962 

2,154 

2,255 

2,642 

2,480 

2,210 

2,260 

2,490 

2,560 

2,230 

2,210 

2,090 

2,570 

2,690 

2,035 

2,415 


massimo 


medio 


Deflusso 
integrale 
in  milioni 

di  m.  e. 


5894 

5430 

6026 

6265 

5334 

5647 

5974 

5806 

5609 

5656 

5849 

5909 

5626 

5609 

5507 

5919 

6262 

5460 

5778 


6265 


4937 

4409 

4681 

5173 

4881 

4901 

5018 

4972 

4832 

4724 

4848 

5131 

4775 

4675 

4649 

4976 

5176 

4778 

5089 


4887 


8531 
8381 
8493 
6258 
6326 
11857 
7045 
4725 
4175 
3673 
4607 
9310 
4950 
5756 
9842 
5267 
6373 
3096 
5089 


32934 


La  piena  del  giugno  1855  e  l'aggregato  di  due  piene  successive,  la  prima  dal  5  al  17  con  un'altezza 
m  sima  di  1-,  85  e  con  un  deflusso  integrale  di  milioni  5407  di  m.  e,  e  la  seconda daW7 aHB 
coli' altezza  massima  di  *»  W  e  con  un  deflusso  integrale  di  milioni  4435  di  me 


306 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 


C  —  PROSPETTO  delle  massime  magre  e  delle  massime  piene  annuali  nel  sessantennio  1807-6 
ali3  Idrometro  di  Pontelagoscuro,  riferite  alla  guardia, 


Data  dell'  osservazione 

Massima 

Data  dell'osservazione 

Massima  piena 

magra 
sotto 

j 

sotto 

Anno 

Giorno 

Mese 

guardia 

Giorno 

Mese 

Ora 

sopra  guardia      guardja 

Metri 

Metri 

Metri 

1807 

28 

febbrajo 

4,577 

3 

dicembre 

5p. 

2,320 

1808 

9 

maggio 

4,745 

13 

novembre 

idem 

0,690 

1809 

26 

marzo 

4,442 

14 

giugno 

12  p. 

0,850 

1810 

16 

gennajo 

3,937 

29 

maggio 

idem 

2,524 

1811 

4 

aprile 

4,678 

30 

ottobre 

10  a. 

1,580 

1812 

3 

febbrajo 

4,779 

15 

ottobre 

7  p. 

2, 546 

1813 

25 

aprile 

4,780 

6 

novembre 

7  a. 

1,660 

1814 

6 

ottobre 

4, 030 

25 

aprile 

10  p. 

1,700 

1815 

27 

ottobre 

4,  370 

12 

giugno 

3  p. 

1,870 

1816 
Medie 

12 

gennajo 

4,290 

21 

giugno 

7p. 

0,875 

4,463 

N.10    1,661 

1817 

12 

maggio      * 

5,620 

? 





:  ? 

1818 

18 

aprile 

4,879 

4 

giugno 

12  m. 

1-695 

1819 

27 

gennajo 

4,543 

22 

novembre 

12  p. 

1,640 

1820 

22 

agosto 

4,004 

27 

febbrajo 

3  a. 

0,740 

1821 

19 

dicembre 

4,375 

12 

gennajo 

12  m. 

0,857 

1822 

27 

aprile 

4,644 

6 

dicembre 

6p. 

0,605 

1823 

18 

settembre 

3,971 

17 

ottobre 

10  a. 

2,490 

1824 

16 

febbrajo 

4,610 

22 

febbrajo 

12  p. 

0,656 

1825 

26 

aprile 

5,  553 

25 

dicembre 

10  p. 

1,926 

! 

1826 
Medie 

7 

maggio 

4, 105 

1 

giugno 

3  a. 

1,211 

4,630 

N.9      1,313 

1827 

31 

dicembre 

3,971 

16 

maggio 

10  a. 

2,539 

1828 

19 

aprile 

5,  038 

9 

maggio 

7p- 

— 

1,817 

1829 

17 

febbrajo 

4,980 

26 

settembre 

9  a. 

1,984 

1830 

10 

maggio 

4,779 

12 

dicembre 

3p. 

0,134 

1831 

9 

dicembre 

4,509 

25 

maggio 

8p. 

1,270 

1832 

28 

dicembre 

4,812 

11 

giugno 

4  p. 

0,454 

1833 

27 

gennajo 

4,  980 

2 

ottobre 

8  p. 

1,682 

1834 

24 

!  aprile 

5,143 

1 

settembre 

7  a. 

1,034 

1835 

18 

j  aprile 

5,282 

3 

giugno 

11  a. 

1,750 

1836 
Medie 

25 

i  gennajo 

1 

1 

4,  745 

4 

ottobre 

5  a. 

1,909 

4,824 

N.9      1,276 

*  Magra  massima  del  sessantennio. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO 


307 


Prosegue  il  prospetto  C. 


Data  dell'  osservazione 


Anno 


Giorno 


Mese 


1837 
1838 
1839 
1840 
1841 
1842 
1843 
1844 
1845 


Medie 


1847 
1848 
1849 
1850 
1851 
1852 
1853 
1854 
1855 
1856 


Medie 


1857 
1858 
1859 
1860 
1861 
1862 
1863 
1864 
1865 
1866 


Medie 


26 

25 

15 

2 

6 

23 

25 

2 

31 

26 


21 

10 
26 

5 
20 
21 
28 
21 

4 
30 


12 
2 
29 
25 
17 
23 
17 
21 
11 
22 


ottobre 

gennajo 

agosto 

aprile 

febbrajo 

agosto 

ottobre 

maggio 

dicembre 

febbrajo 


dicembre 

febbrajo 

marzo 

aprile 

gennajo 

marzo 

gennajo 

aprile 

febbrajo 

novembre 


febbrajo 

marzo 

marzo 

febbrajo 

maggio 

gennajo 

agosto 

agosto 

ottobre 

agosto 


Massima 
magra 
sotto 

guardia 


Data  dell'osservazione 


Giorno 


Mese 


Metri 

4,240 
4,409 
4,570 
3,937 
4,340 
4,340 
4,110 
5,180 
3,630 
4,  580 


4,334 

4,370 
4,240 
4,810 
4,  810 
3,870 
5,120 
3,740 
5,380 
4,370 
4,000 


4,471 


4,410 

4,850 
4,540 
4,240 
4,040 

4,980 
4,480 
5,  320 
4,850 
4,480 


4,619 


26 

22 
8 
7 
31 
30 
26 
27 
18 
23 


1 

24 

21 

30 

5 

5 

19 

11 

3 

5 


30 

19 

1 

28 
5 

20 
1 

7 


maggio 

maggio 

novembre 

novembre 

ottobre 

settembre 

febbrajo 

ottobre 

gennajo 

ottobre 


febbrajo 

aprile 

giugno 

novembre 

novembre 

dicembre 

giugno 

dicembre 

novembre 

ottobre 


ottobre 

ottobre 

maggio 

ottobre 

febbrajo 

novembre 

ottobre 

novembre 

novembre 

maggio 


Ora 


Massima  piena 


sopra  guardia 


10  p. 

8  a. 
12  n. 

2p. 

12  ra. 

3  p. 

11  a. 

9  a. 


5  a. 


3  a. 


Metri 

1,085 
0,706 
2,  961 
2,625 
2,  480 
2,210 
1,510 
2,260 
1,480 
2,560 


N.10    1,988 


1,  720 

1,140 
2,210 
1,620 

1,280 

2,575 

1,690 


2 

a. 

12 

m. 

4 

a. 

8 

a. 

11 

a. 

7 

P- 

6 

a. 

N.  7   1,  748 


2,960 
1,110 
0,210 
1,770 

0,820 
2,035 
2,415 

1,870 
1,190 

1,780 


N.  10    1,616 


sotto 
guardia 


Metri 


0,500 
0,170 


0,540 


308 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI  ECC. 


D  —  CONFRONTO  delle  magre  massime  del  Po  agli  idrometri  di  Ostiglia,  Sermide,  Quatrelle  e 
Pontelagoscuro  =  Distanze  da  Ostiglia  a  Sermide  chil  20,0;  alle  Quatrelle  chil  15,2;  a 
Pontelagoscuro  chil.  20,3. 


Data 

Altezze  sotto  lo  zero 
degli  idrometri 

Differenze 

rispetto  alla  magra 

massima  1817 

Differenze  fra  gì 

i  idrometri  di 

Osti- 
glia 

di 

Ser- 
mide 

Qua- 
trelle 

Ponte 
lago 
scuro 

Osti- 
glia 

a 

Ser- 
mide 

Qua-  ] 
trelle 

3onte 
Iago 
scuro 

Ostiglia 

e 

Ponte 

lagoscuro 

Quatrelle 

e 

Ponte 

lagoscuro 

Quatrelle 

ed 
Ostiglia 

Sermide 

ed 
Ostiglia 

m. 

m. 

m. 

ni. 

m. 

m. 

m. 

m. 

m. 

m. 

m. 

m. 

Maggio 

1817 

1,67 

1,73 

1,60 

5,62 

Aprile 

1825 

— 

-— 

1,52 

5,55 

— 

— 

0,08 

0,07 



+  0,01 





Dicembre  1832 

— 

— 

1,05 

4,81 

— 

— 

0,55 

0,81 



+  0,26 



Aprile 

1834 

— 

1,15 

1,16 

5,14 

— 

0,58 

0,44 

0,48 



+  0,04 





Aprile 

1835 

— 

1,30 

— 

5,28 

— 

0,42 

— 

0,34 









Maggio 

1844 

1,12 

1, 12 

1,11 

5,18 

0,55 

0,61 

0,49 

0,44 

+  0,11 

+  0,05 

-  0,06 

+  0,06 

Marzo 

1849 

— 

— 

0,81 

4,81 

■ 

~ 

0,79 

0,81 

media 

+  0,02 



+  0, 076 

_ — -. 

Marzo 

1852 

1,15 

0,81 

0,82 

5,12 

0,52 

0,92 

0,78 

0,50 

+  0,02 

+  0,28 

-1-  0.26 

+  0, 40 

Aprile 

1854 

1,43 

1,04 

0,94 

5,38 

0,24 

0,69 

0,66 

0,24 

0,00 

+  0,42 

+  0,42 

+  0,41 

Marzo 

1858 

0,93 

0,57 

0, 66 

4,85 

0,74 

1,16 

0,94 

0,77 

—  0,  03 

+  0,17 

+  0,20 

+  0,42 

Gennaio 

1862 

1,27 

0,95 

0,73 

4,98 

0,40 

0,78 

0,87 

0,64 

-  0,24 

+  0,23 

+  0,  47 

+  0,38 

Agosto 

1864 

1,28 

1,15 

0,80 

5,32 

0,39 

0,58 

0,80 

0,30 

+  0,09 

+  0,50 

+  0,41 

+  0, 19 

Ottobre 

186S 

1,11 

0,85 

0,71 

4,85 

0,56 

0,88 

0,89 

0,77 

-  0,21 

+  0,12 

+  0,33 

+  0,32 

Gennaio 

1867 

1,44 

1,48 

0,68 

4,98 

0,23 

0,25 

0,92 

0,64 

-  0,41 

+  0,28 

+  0,69 

+  0,02 

a 

[edie 

dopc 

)  il  1 

851 

-  0,11 

+  0,286 

+  0,40 

+  0,30f 

{Continua) 


LA  CHIESA  DI  SANT' ABONDIO  E  LA  BASILICA  DISSOTTO 
LETTERE     COMACINE 

DI 

Camillo  Bono 

(Vedi  tav.  17,  18,  19,  20  e  21  ) 


Amico  mio  , 

L'autunno  del  1865  andai  a  villeggiare  a  Gernobbio.  Avevo  per  costume  di 
percorrere  il  lago,  i  paeselli  delle  sponde  ed  i  viottoli  delle  montagne,  in  cerca 
di  un  rudero  antico,  di  un'opera  d'arte,  di  una  cima  eminente,  di  una  vallata 
pittoresca,  d'una  cascatella,  d'un  albero,  d'un  fiore.  Dopo  due  settimane  la  città, 
e  segnatamente  il  Frasconi,  fecero  sentire  sull'animo  del  cittadino  la  loro  forza 
attrattiva;  ma  quand'ero  giunto  a  Como  dalla  riva  del  porto  con  la  mia  pic- 
ciola  barchetta  o  da  Borgo  Vico  sulle  mie  gambe,  scappavo  fuori  da  un'altra 
parte,  e  andavo  di  qua,  di  là,  a  San  Garpoforo,  a  Sant' Abondio,  pur  di  uscire 
dall'angustia  delle  case  e  di  non  camminare  sui  ciottoli.  Così  una  mattina  conobbi 
Don  Serafino  Balestra;  ed  io,  ch'ero  già  prima  innamorato  della  Chiesa  di  Sant' 
Abondio,  mi  ci  cacciai  tutto  dentro  con  la  guida  sapiente  del  giovine  prete. 
Quel  prete  non  era  stato  dianzi  archeologo,  né  architetto:  era,  com'è  tuttavia, 
direttore  nell'Istituto  dei  Sordo-muti  e  professore  nel  Seminario  di  Como.  Per 
amore  del  Sant' Abondio  diventò  archeologo  ed  architetto.  Con  ventimila  lire 
aveva  già  condotto  innanzi  un  restauro  pel  quale  i  soliti  ingegneri  avrebbero 
speso  tre  volte  tanto;  e  lo  aveva  condotto  con  sì  prudente  perspicacia,  con  sì 
soda  dottrina,  con  si  dilicata  intelligenza  della  vecchia  arte  delle  basiliche  e 
delle  chiese,  da  fare  di  quell'edificio  un  modello  di  eccellente  restauro. 

Le  mie  visite  al  Sant' Abondio  si  ripetevano  sovente.  Mentre  andavo  riempiendo 
Palbo  di  schizzacci  affrettati  —  e  ve  ne  mando  alcuni,  riprodotti  con  un  pennello 
da  me  stesso  molto  alla  buona  appunto  su  quegli  sgorbii  a  matita  —  mi  sentivo 
nascere  la  voglia  di  ragionare  del  monumento.  Ne  feci  allora ,  in  tre  lettere , 
stampate  nelle  appendici  della  Perseveranza,  uno  studio  piuttosto  diffuso  e  punto 
ameno;  il  quale  m'è  paruto  in  questi  di  che  non  fosse  al  tutto  vano  per  la  storia 
dell'  arte  di  rivedere.  Vi  mando  però,  amico  mio  caro,  tali  ricerche  un  poco  im- 
pinguate. Sono  diventate  anche  più  uggiose  di  prima;  leggetele  con  pazienza. 

Sapete  che  l'antica  basilica  di  Sant'Abondio  è,  quanto  all'importanza  artistica, 
la  seconda  chiesa  di  Como;  quanto  all'importanza  archeologica,  la  prima.  Anzi 
non  dubito  di  asserire  che,  a  cagione  delle  scoperte  fatte  dianzi  nel  restaurarla, 


310  LA  CHIESA  DI  SÀNT*  ABONDU) 

della  sua  quasi  perfetta  conservazione,  delle  gravi  quistioni  storiche  ch'essa  può 
sciogliere,  debba  diventare,  meglio  che  non  sia  stata  sinora,  documento  capita- 
lissimo  di  queir  architettura ,  la  quale  è  chiamata  lombarda,  e  ad  alcuni  piace 
chiamar  comacina.  De' maestri  comacini,  chi  noi  sa?  s'è  discorso  anche  troppo; 
taluno  ha  voluto  mostrarli  una  Società  segreta,  avente  il  monopolio  dell'arte  ar- 
chitettonica per  lo  spazio  di  alquanti  secoli;  qualche  altro  ha  voluto  darceli  per 
muratori  ignoranti,  o  poco  più,  chiamati  qua  e  là  in  Italia  e  ne' paesi  stranieri 
all'opera  manuale.  Certo  è,  in  ogni  modo,  che  una  importanza  grande  l'avevano, 
e  che  Como  non  deve  cedere  ad  altre  provincie  il  merito  antico  di  essere  stata 
la  culla  di  un'arte  nuova,  sapiente  e  bellissima  ai  tempi  suoi;  di  un'arte  da  cui 
nacquero,  per  una  serie  evidente  di  trasformazioni,  quegli  stili  archiacuti,  dei 
quali  tanto  si  compiacciono  la  Germania,  la  Francia  e  l' Inghilterra,  e  le  maniere 
dell'arte  nostra  del  trecento,  così  ricche  di  artistica  varietà,  così  libere  e  così 
gentili;  di  un'arte  infine  che,  rinnovata,  illeggiadrita,  quasi  direi  incivilita,  potrà 
diventare  forse  la  base  dell'architettura  italiana  di  là  da  venire. 

Ma,  pur  troppo,  noi  aspettiamo  sovente  che  gli  stranieri  ci  confermino  l'impor- 
tanza delle  cose  nostre;  e  figuratevi  che,  mentre  in  un  buon  giornale  di  Como 
si  stampavano  certe  interminabili  filastrocche,  vuote  di  scienza  e  piene  di  bile, 
per  mostrare  che  la  chiesa  di  Sant'Abondio  è  una  goffa  anticaglia,  degna  di 
essere  buttata  giù,  il  Dartein,  architetto  francese,  la  misurava,  illuminato  dalle 
nuove  scoperte,  con  paziente  ed  amorosa  cura,  per  darne  i  disegni  in  una  bel- 
lissima opera  sulP  architettura  lombarda,  già  cominciata  a  pubblicare  in  Parigi. 

Vero  è  che  per  istudiare  l'architettura  comacina  ci  mancano  i  mezzi.  Libri, 
che  raccolgano  insieme  i  disegni  di  tutti  i  principali  edificii  di  Lombardia,  del 
Piemonte,  del  Veneto  non  abbiamo  sinora;  abbiamo  studii  incompiuti  su  questa, 
su  quella  provincia,  studii  non  privi  mai  di  errori,  e  accompagnati  sempre  da 
disegni  che,  svisando  l'indole  dello  stile,  impediscono  al  lettore  di  giudicar  da 
se  stesso.  Vediamo  già  dalle  due  Dispense  pubblicate  che  P  opera  del  Dartein 
potrà  per  questo  lato  aiutarci;  ma  i  disegni  non  bastano:  bisogna  che  vadano  ac- 
compagnati da  illustrazioni  archeologiche,  per  le  quali  sia  dato  stabilire,  se  non 
esattissimamente,  almeno  approssimativamente,  l'età  degli  edificii.  Né  queste  il- 
lustrazioni possono  essere  stese  da  un  sol  uomo;  giacché  richiedono  troppa  pa- 
zienza di  ricerche  intorno  ai  monumenti  e  ne' polverosi  archivii ,  richiedono 
troppo  tempo  e  troppa  costanza  di  propositi.  Or  come  volete  indicare  l'indole 
speciale,  i  caratteri  distintivi  dello  stile,  se  non  sapete  con  sicurezza  a  quali  epoche 
artistiche  appartengono  i  monumenti  di  cui  ragionate  e  dai  quali  dovete  cavare 
una  sintesi  storica? 

Negli  edificii  comacini  gli  errori  sono  di  secoli.  Certo  a  chi  vi  dicesse  che  sul 
Sant'Abondio  si  erra  di  più  che  un  mezzo  migliaio  d'anni,  non  vorreste  credere 
affatto.  Eppure  lo  sbaglio,  per  quanto  paia  incredibile,  è  vero;  e  non  fu  rettificato 
ampiamente  —  poiché  Don  Serafino  non  voleva  parlarne  egli  ne' Giornali  —  se 
non  da  me,  due  anni  e  mezzo  addietro:  della  qual  cosa  permettete  alla  mia 
vanità  che  si  rallegri  un  tantino. 

In  una  vecchia  Descrizione  della  chiesa  antichissima  di  Sanf  Abondio ,  e  sua 
riforma  fatta  daW  illustrissimo  e  reverendissimo  signor  Cardinale  di  Como,  il  si- 
gnor Tolomeo  Gallio,  cittadino  comasco,  sta  scritto:  «  È  questa  chiesa  antichis- 
sima, e  fu  al  principio  dedicata  alli  santi  apostoli  Pietro  e  Paolo,  delle  reliquie 
de' quali  sanf  Amanzio,  III  vescovo  di  Como,  di  regia  stirpe,  immediato  ante- 


E  LA  BASILICA  DISSOTTO  %{[ 

cessore  di  sant'Abondio,  ne  portò  certa  parte  da  Roma,  e  le  ripose  con  molta 
venerazione  sotto  l'altare  maggiore  allora  dedicato  ad  essi  santi  Apostoli» 
Che  il  vescovo  Ninguarda  ,  sulla  fede  di  qualche  cronista  o  di  una  erronea  tra- 
dizione, facesse  risalire  almeno  alla  metà  del  V  secolo  la  chiesa  di  Sant'Abondio, 
non  é  da  farne  le  maraviglie;  quand'egli  scriveva,  la  critica  archeologica  era  tanto 
bambina  da  non  sapere  distinguere  quasi  mai  la  prima  fondazione  di  una  chiesa 
dalla  sua  posteriore  e  totale  ricostruzione.  Né  mi  stupisce  che  l'Hope,  scrittore 
già  utile  all'arte,  ma  d'una  leggerezza  tutt' altro  che  inglese  ne'giudizii,  abbia 
nel  suo  celebre  libro  riferito  anch' egli  a  quell'antica  età  il  monumento  di  cui  si 
discorre:  ben  altri  errori  ci  sono  in  quel  volume,  e  massime  ne' disegni  di  cui 
è  corredato.  Ma  ciò  di  che  non  mi  posso  dar  pace  si  è  che  tutti  gli  scrittori  di 
arte  italiani,  tutti  gli  scrittori  comaschi  o  delle  cose  comasche  accettino  la  strana 
notizia,  solo  correggendola  talvolta  —  e  non  ne  so  la  cagione —  di  un  secolo,  od 
ammettendo  che  alcune  principali  parti  dell'edificio  dovettero  essere  aggiunte 
ne' secoli  che  vennero  poi.  Ma  chi  guarda  la  chiesa  non  può  in  verun  modo  ac- 
conciarsi a  quest'ultima  opinione;  giacché  la  pianta,  l'esterno  e  l'interno,  così 
per  la  unità  profonda  del  concetto  come  per  la  uniformità  della  costruzione 
mostrano  apertissimamente  che  la  fabbrica  fa  innalzata  in  tutte  le  sue  parti 
conforme  ad  un  compiuto  disegno. 

Tre  supposizioni  furono  fatte  dagli  archeologi,  a' quali  pareva  duro  il  conciliare 
talune  forme  e  taluni  concetti  della  nostra  chiesa  con  la  età  che  le  si  voleva 
attribuire:  chi  disse  aggiunte  nell'XI  secolo  delle  cinque  navi  le  due  estreme- 
chi  disse  aggiunto  il  presbiterio  con  l'abside;  chi  disse  aggiunti  i  campanili' 
Quanto  alle  navi  estreme,  basta  pensare  che  l'appiccicarle  avrebbe  sconnesso  tutto 
l'edificio.  Sarebbe  stato  necessario  togliere  il  muro  primitivo  dei  fianchi,  lasciando 
senza  collegamenti  l'altissima  nave  maggiore,  per  sostituire  al  muro  sottili  co- 
lonne ed  archi.  Poi  avvertite  che  le  quattro  navi  minori  terminano  in  quattro  pic- 
cole absidi,  al  tutto  uguali  fra  loro,  e  che  la  esterna  decorazione  dell'ala  tutta 
scoperta  a  mezzodì  è  identica  e  nelle  finestrelle  e  negli  archettini  della  cornice 
e  nel  tetto  e  nel  modo  della  muratura  in  pietra  alle  parti  superiori  della  nave 
centrale  e  dell'altre  medie,  che  le  stanno  a' lati.  Ma  se  ci  fosse  bisogno  d'  una 
materiale  ragione,  ci  sarebbe  pur  questa:  una  scaletta  di  pietra,  eseguita  in  co- 
struzione e  aperta  nella  grossezza  del  muro  della  facciata,  principia  per  l'appunto 
ad  un  angolo  della  chiesa  e  termina  quasi  al  centro,  dove  sta  la  tribuna,  legando 
insieme,  come  si  vede  nella  tavola  17,  le  due  navate  a  tramontana  con  quella 
di  mezzo,  e  mostrando  costruttivamente  ciò  che  del  resto  apparisce  chiaro  ad 
ognuno,  che  la  chiesa  é  sempre  stata  di  cinque  navi. 

Apparisce  altresì  evidente  che  il  coro  con  l'abside  sua,  per  quanto  possa  sem- 
brare lungo  ai  ricercatori  delle  forme  basilicali,  è  oggidì  quale  fu  ideato  nel  di- 
segnamento  del  bello  edificio.  Il  presbiterio,  che  è,  secondo  la  generale  usanza 
più  ricco  del  resto,  e  che   alzasi    quanto   la  navata  di  mezzo,   si   connette  cosi 
artisticamente  alla  parte  anteriore  dell'edificio  ed  ai  campanili,  da  mostrare  un 
organismo  compiuto  e  raro  anche  nei  monumenti   usciti   da  un' unica  fantasia 
La  fascia  elegante,  che  divide  l'ordine  inferiore  di  colonnine  dell'ordine  supe- 
riore e  che  cinge  d'intorno  1' abside,   termina   ai  campanili;    ma   è    richiamata 
da   a  cornice  di  un  ingegnosissimo  rialzo,  il  quale  -  guardate  agli   scarabocchi 
della  tavola  18  -  corrisponde  in  larghezza  ai  campanili  medesimi,  in  isporgenza 
alle  navi  estreme,  e  ne  compie  le  testate  con  lunghe  colonne,  con  lesene  e  con 


312  LA   CHIESA  DI  SANT'  ABONDIO 

due  brevi  file  di  archettini.  Dalia  parte  del  coro  codesti  rialzi  vanno  pure  ornati 
di  cordoni  con  capitelli,  sorreggenti,  come  potete  vedere  nella  tavola  19,  a  due 
a  due  de'  piccoli  archi ,  che  seguono  la  inclinazione  del  tetto  :  ornamento  posto 
lì  ad  anello  fra  la  semplicità  dei  fianchi  e  la  ricchezza  del  presbiterio.  L'abside 
semicircolare,  più  bassa  del  coro,  richiama  con  linea  piena  d'armonia  l'altezza 
delle  navi  medie,  compiendo  quel  mirabile  rapporto  di  masse,  che  non  è  otte- 
nuto col  mezzo  di  scolastiche  ricorrenze  o  di  monotone  simmetrie ,  ma  quasi 
direi  coli' ingenuo  istinto  della  bellezza;  con  quell'istinto  della  bellezza  che  noi 
moderni,  idropici  di  scienza,  abbiamo  quasi  perduto.  Ma  badando  all'interno, 
credete  voi  che  la  navata  di  mezzo,  altissima  in  paragone  alla  lunghezza,  avrebbe 
potuto  stare  senza  quel  lungo  coro,  il  quale  non  solo  ne  toglie  la  sproporzione, 
ma   la  trasmuta  in  cosa  nuova,  ardita  e  solenne?. 

Or,  quanto  ai  campanili  (e  di  uno  fu  distrutta  la  parte  superiore)  dirò  soltanto 
che  poggiano  sui  piloni  e  sui  muri  posteriori  di  quelle  navi,  le  quali  niuno  nega 
originarie;  dirò  che  a  salirvi  ci  sono  due  scalette  a  chiocciola,  ingegnosissima- 
mente praticate  dall'una  e  dall'altra  parte  fra  le  absidi  minori,  ove  non  sarebbe 
stato  in  verun  modo  possibile  costruirle  dopo  alzata,  anche  di  poco,  la  chiesa; 
dirò,  in  fine,  che  per  giungere  a  tali  scalette  vi  sono  due  passaggi,  i  quali  i 
ciechi  stessi  giudicherebbero  lasciati  nelle  prime  mura.  Circa  allo  stile,  la  torre 
rimasta  è  identica  al  resto,  benché,  a  ottenere  l'aspetto  di  maggiore  altezza  e  di 
più  soda  semplicità,  niuna  fascia  la  tagli  orizzontalmente  ed  i  muri  sieno  lisci 
sino  all'alto,  dove  due  sfondi  con  archettini  inquadrano,  l'inferiore  una  bifora, 
il  superiore  una  trifora  con  colonne.  Al  sommo  v'ha  una  elegante,  ma  non  grande 
cornice,  portante  il  solilo  tetto  ribassato  a  quattro  pendenze.  Insomma  ogni  parte 
della  chiesa  di  Sant'Abondio,  le  cinque  navi,  il  presbiterio,  1'  abside,  i  campanili, 
formano  un  insieme  perfetto,  e  certo  impossibile  a  conseguire  con  aggiunte  fatte 
posteriormente  al  primo  disegno  ed  alle  prime  costruzioni.  Ne' restauri  i  secoli 
trascorsi  badavano  a' bisogni ,  alla  comodità,  al  decoro,  alla  ricchezza,  alla 
bellezza  talvolta,  ma  sempre  con  moltissima  libertà  dall'  edificio  che  si  trattava 
di  compiere  o  di  riparare.  I  restauratori  seguivano  il  proprio  stile,  il  loro  pro- 
prio modo  di  costruzione:  non  si  pigliavano  briga  dell'artistica  unità;  e  se  i 
vecchi  resti  ci  scomparivano,  peggio  per  loro.  L'archeologia  architettonica  ap- 
plicata al  restauro  è  cosa  tutta  di  questo  secolo  nostro. 

Ma,  avvertite,  se  è  impossibile  credere  che  il  Sant'Abondio  non  sia  di  un'unica 
età,  è  anche  più  impossibile  pensare  che  il  presbiterio  così  allungato,  i  due  cam- 
panili, piantati  all'estremo  delle  navi  medie,  i  piloni  interni  della  tribuna  e  del 
principio  del  coro,  lo  stile  architettonico  e  ornamentale,  sieno  del  V,  o,  se  vuoisi, 
del  VI  secolo.  Abbiamo  dunque  ondeggiato  sinora  fra  due  errori.  Non  sarebb'egli 
stato  più  semplice  il  porci  da  un  pezzo  questo  quesito  :  la  basilica  di  Sant'Abondio 
di  qual  secolo  può  essere  mai?  anziché  seguire  a  occhi  chiusi  una  tradizione  con- 
traria ai  fatti  architettonici  più  palesi.  Se  non  che  l' invecchiare  i  monumenti  ai 
quali  si  porta  affetto,  perch'è  sempre  stata  inclinazione  dell'animo  degli  studiosi, 
fu  in  ogni  paese  sinora  il  malanno  della  storia  dell'arte.  E,  in  vero,  nell'archi- 
tettura lo  sbagliare  è  facilissima  cosa;  giacché  dei  vecchi  monumenti  ne  riman- 
gono per  solito  notizie  o  tradizioni  o  documenti  sicuri  sugli  anni  in  cui  vennero 
fondati,  mentre  ci  mancano  quasi  sempre  i  documenti  particolareggiati  delle  rin- 
novazioni o  delle  trasmutazioni  compiute  ne' secoli  posteriori,  e  per  le  quali  spes- 
sissimo l'edificio  cambiava  forma  in  ogni  sua  parte,  si  trasfigurava  nella  pianta, 


E  LA  BASILICA  DISSOTTO  313 

negli  alzati,  nello  stile,  tanto  da  non  ricordare  in  nulla  l'edifìcio  che  lo  prece- 
deva e  da  non  serbare  con  esso  altra  analogia  se  non  quella  del  nome  e  del 
luogo  dell'  area. 

Voi  sapete  il  ciarlare  che  s'è  fatto  sulla  età  del  San  Michele  di  Pavia,  del 
Sant'Ambrogio  di  Milano,  della  Rotonda  di  Almenno,  del  battistero  di  Gravedona, 
di  cent' altre  costruzioni  comacine;  ma,  per  non  allontanarmi  da  Como,  lascia- 
temi citar  San  Garpoforo.  La  è  una  chiesa  singolarissima.  Salvo  la  cripta,  sulla 
quale  ci  sarebbe  molto  da  dire,  apparisce  nel  totale  contemporanea  o  di  alcuni 
pochi  anni  anteriore  al  Sant' Abondio.  Alcuni,  peraltro,  sulla  fede  d'un  docu- 
mento apocrifo,  la  vogliono  del  724;  i  più  la  dicono  anteriore  all'episcopato 
di  quel  San  Felice,  che  fu  tenero  amico  di  Sant'Ambrogio;  v'ha  finalmente 
qualcuno,  al  quale  pare  chiarissimo  ch'essa  non  debba  essere  altra  cosa  se  non 
un  tempio  pagano,  sacro  a  Mercurio;  e  qui,  per  quanto  io  so,  gli  antiquarii  si 
fermano. 

Ma,  tornando  alla  nostra  chiesa,  voi,  che  non  siete  architetto,  pur  sapete  come 
nelle  basiliche  cristiane  dei  primi  sette  secoli  l'abside  non  isporgesse   mai  con- 
siderevolmente  dal   corpo  dell'edificio.   Per   solito   era   un  giusto   semicerchio; 
talvolta  era  allungato  un  po' con  due  rette,   le  quali  non   superavano  in  nessun 
caso  la  misura  del  raggio.  La  conca  della  basilica  di  Sant'Ambrogio  è,   pe'suoi 
tempi,  una  delle  lunghissime.  Or  l'accennato  costume  fu  seguito  costantemente, 
senza  niuna  eccezione,   sino  al  mille  per  quelle  chiese,  fossero  pure  cattedrali 
vaste  e  ricchissime,  le  quali  non  andavano  unite  a  monasteri,   né  dovevano  ser- 
vire a' frati.  Nelle  chiese  monastiche,  all'incontro,  l'abside  s'allunga  via  via  in 
coro  e  presbiterio  anche  prima  di  quell'anno  fatale,    in  cui  si  aspettava  l'Anti- 
cristo e  si  temeva  la  fine  del  mondo.  A' frati  importava  di  essere    segregati   dal 
popolo;  ma  lì,  dove  il  sacro  ricinto  doveva  servire  unicamente  al  popolo,    non 
ostante  ai  cancelli,  che  chiudevano  il  coro,  il  diaconico  e  il  gazophilacìum ,  non 
ostante  ai  veli,  che  talvolta  nascondevano  il  santuario  ed  il  ciborio,  le  cerimonie 
religiose  si  compievano  in  modo  che  i  cantori  s'udissero   bene  e  i  celebranti  si 
potessero  quasi  sempre  vedere.  Se  lo  spazio  al  vescovo,  a' suoi   canonici  e  preti 
e  diaconi  e  suddiaconi  mancava,   non   s'ingrandiva  già  allungando  l'abside,  ma 
aggiungendo  le  braccia  laterali  della  croce,  i  calcidici,  la  nave  trasversa,  o  portando 
innanzi  nella  navata  mediana,  destinata  a'penitenti,  il  ricinto  del  coro  e  gli  am- 
boni. Le  navi  laterali,  una  per  le  donne,  l'altra  per  gli  uomini,  restavano  così 
tutte  ai  fedeli.  Or  codesti  fatti  rituali  e  architettonici  son  tanto  sicuri,  che,  ve- 
dendo una  vecchia  basilica  con  un  lungo  coro  absidiale,  si  può    giurare  e  pro- 
Vare  che  il  coro  vi  fu  aggiunto  o  dai  monaci  prima  del  mille,  o  dai  vescovi  dopo 
1  mille,  per  cagione  dei  riti  modificati  e  del  clero  più  numeroso  :  esempio  l'an- 
tico duomo  di  Novara,  il  Sant'Apollinare  entro   Ravenna,   trent' altre    chiese  in 
Italia  e  fuori  d'Italia.  Badate  adesso  a  questi  due  fatti,  che  risguardano  la  basi- 
lica, anzi  la  chiesa  di  Sant'Abondio.  Primo:  essa  fu  cattedrale  di  Como,  con  sede 
episcopale  e  Collegio  di  canonici,  almeno  sino  al  X  secolo;  poi  restò  uffìziata 
da  un  clero,  che  faceva  scialaquo  dei  beni  in  (stoltezza  e  in  cura  secolare,  sino 
al  1013,  anno  in  cui  fu  data  ai  monaci  Benedettini.  Secondo:  il  coro  absidiale  è 
lungo  quasi  venti  metri,  mentre  le  navi  son  lunghe  ventisette;  la  sua  parte  retta 
equivale  nell'interno  a  cinque  volte  il  raggio  della  conca;  la  sua  sporgenza  dal 
corpo  dell'edificio  è  poco  meno  della  metà  de' fianchi.  Conciliate  voi  questi  due 
fatti,  se  vi  riesce» 

Giorn.  lng>  —  Voi  XVI.  —  Maggio  1868.  21 


314  LA  CHIESA  DI   SANT'ABONDIO 

Passando  ora  dal  coro  ai  campanili,  i  quali  stanno  ad  esso  vicini,  vi  dirò  che, 
se  fossero  del  V,  del  VI  o,  se  vi  piace,  del  VII  o  dell' Vili  secolo,  io  terrei  per 
bugiarda  tutta  la  scienza  archeologica.  Voi  sapete  che  le  basiliche  dei  primi  se- 
coli non  avevano  campanili;  o  che  almeno  non  ne  rimane  traccia  né  nei  monu- 
menti superstiti,   ne   nelle  molte  descrizioni  particolareggiate,  anzi  minuziosis- 
sime, che  gli  scrittori  cristiani  ci  lasciarono  delle  chiese  antiche.  Stefano  III,  papa, 
alzò  Vanno  770  sulla  basilica  di  San  Pietro  una  torre,  in  cui  pose  tre  campane 
per  convocare  il  clero  ed  il  popolo  a' divini  ufficii.   Le  campane   erano  note  ai 
Romani,  a' Greci,  agli  Ebrei,  e  i  Cristiani  se  ne  servirono  probabilmente  cessate 
le  persecuzioni;  ma  erano  campane  piccole,  alle  quali  bastava  un  rialzo  sui  muri 
della  basilica.  Non  nego  che  anche  prima  dell' Vili  secolo  ci  fosse,  o  ai  lati  del 
portico  o  sui  fianchi  della  chiesa  o  al  mezzo  della  facciata,  qualche  torre,  posta 
li  a  difesa  contro  le  orde  barbariche,  a  custodia  degli  arredi  preziosi,  a  decoro 
dell'edificio;  ma,  certo,  prima  che  le  campane  diventassero  di  un  diametro  e  d'un 
peso  considerevole,  i  veri  campanili  non  avevano  ragione  di  essere.  A  Roma,  in- 
fatti, essi  furono  aggiunti  alle  basiliche  nell'Xl  secolo,  qualcuno  nel  X,  ma  nes- 
suno prima  del  IX.  Or  come  va  egli  che  questi  campanili  di  Sant'Abondio,  i  quali 
somigliano  ai  men  vecchi  di  Roma,  debbano  essere  cotanto  antichi?  Come  va  egli 
poi  che  stieno  cosi  solidamente  piantati  sugli  archi  interni  alle  estremità  poste- 
riori  delle  due  medie  navi,  e  sieno  si  artisticamente  collegati  all'esterno  con  le 
navi  e  col  coro?  La  posizione  di  questi  campanili,  simile,  del  resto,  a  quella  dei 
campanili  di  San  Carpoforo,  è  appunto  quella  che  fu  adottata  quasi  sempre  nelle 
chiese  monastiche,  dove  i  frati,  senza  traversare  le  navi  e  quasi  senza  uscire  dal 
coro,  potevano  suonar  le  campane  —  e  le  suonavano  spesso. 

Or  è  egli  d'uopo  insistere  sullo  stile  architettonico  e  ornamentale  dell' interno 
e  dell'esterno  della  chiesa,  è  egli  d'uopo  aggiungere  alle  ragioni  dette  altre  ra- 
gioni, per  conchiudere  che  la  chiesa  di  Sant'Abondio  non  è  una  basilica  del  V, 
né  del  VI,  né  del  VII,  né  dell' Vili,  ne  del  IX,  ne  del  X  secolo? 

Il  secolo ,  anzi  gli  anni  della  sua  fondazione  e  della  sua  consacrazione  ve  li 
dirò  un'altra  volta.  Per  oggi  vi  basti  sapere  che  la  basilica  del  V  secolo  s'è  tro- 
vata. Figuratevi  se  è  una  bella  scoperta!  E  non  solo  i  fondamenti,  ma  si  son 
trovati  in  altezza  un  ottanta  centimetri  di  muri  tutt' intorno,  e  pitture  e  pavi- 
mento e  lapidi  e  formelle  di  marmo  e,...  insomma,  non  dubitate,  vi  descriverò 
un'altra  volta  le  parlanti  vestigia  della  basilica  preziosa  e  veneranda,  che  noi 
Milanesi  dobbiamo  invidiare  ai  Comaschi. 

II. 

Amico  mio, 

Quando  il  cardinale  Tolomeo  Gallio  ebbe,  l'anno  1587,  il  generoso,  ma  deplo- 
rabile pensiero  di  restaurare  la  chiesa  di  Sant'Abondio  secondo  le  norme  dei 
classici  d'allora,  nello  scavare  sotto  il  pavimento  trovò  non  so  quanti  avelli,  con 
entro  dieci  corpi,  che  furono  battezzati  per  dieci  dei  primi  vescovi  di  Como,  tutti, 
come  potete  credere,  santi.  Trovò  anche  dietro  l'altare  un'urna  vuota,  lasciata 
cosi  dai  monaci  Benedettini,  i  quali,  forzati  a  cedere  alla  cattedrale  il  corpo  del 
santo  protettore,  diedero  con  una  frode  che  chiamasi  pia,  non  si  sa  quali  ossa 
in  iscambio;  ma,  sotto  l'urna  vuota,  ve  n'era  un'altra  di  serizzo,  con  un  corpo 
intero,  e  sul  coperchio  questa  iscrizione:  Abundius  Episcopus  Eie  Requiescit.  Qui 


E  LA  BASILICA  D1SS0TT0  3Jg 

vixit  Ann  .  Decessit.... ;  nella  quale  il  tempo  bizzarro  ha  rosicchiato 
1  indizione  dell'epoca.  Ai  lati  di  quest'urna,  in  altri  due  avelli,  si  scopersero 
ancora  due  corpi,  con  la  scritta  smozzicata  di  Consolo  ed  Esuperanzio  vescovi 
e  santi  come  gli  altri  quattro  che  stavano  sotto  gli  altari  delle  absidi  minori 
nella  chiesa  moderna  -  e  dico  moderna  per  distinguerla  dalla  più  antica 

Ma  queste  invenzioni  di  vescovi,  probabili,  del  resto,  perchè  il  palazzo  episco- 
pale stava  d  accosto  alla  basilica  antica,  ed  era  costume  di  seppellirveli  dentro 
importerebbero  poco  a  voi  ed  a  me,  se  non  fosse  che  mostrano  la  grande  tra- 
scuratezza e  la  poca  scienza  de' nostri  antenati  nelle  antichità  cristiane.  Figura- 
tevi che,  sebbene  i  tre  avelli  posti  sotto  l'altare  fossero,  come  dice  il  Ninguarda 
cintiti  muro  sotto  terra,  davanti  per  linea  retta  e  di  dietro  in  forma  dimezzò 
circolo,  a  niuno  passò  nella  fantasia  potesse  quel  semicerchio  mostrare  1'  abside 
duna  vetusta  basilica;  né  valsero  i  pezzi  di  pavimento  trovati,  né  le  lapidi  né 
mun  altro  indizio  a  por  sulla  via  d'una  scoperta,  che  a' tempi  nostri  par  facile. 
L  invenzione  dell'edificio  antico  (e  pigliate  invenzione  nel  significato  ecclesiastico) 
si  deve  a  Don  Serafino.  ' 

La  basilica  de' due  maggiori  Apostoli,  intitolata  poscia  a  Sant'Abondio,  esisteva 
come  accenna,  nell'altra  lettera,  a'  tempi  di  Sant'Amanzio.  Ma  la  tradizione  che 
di  codesta  nspettabile  antichità  non  si  vuol  contentare,  attribuisce  a  San  Felice 
dal  Z^Z  ti  n0str°  fflci° ;  a  W*  San  Felice  che,  sedendo  vescovo  in  Como 
dall  anno  379  ali  anno  391,  convertiva  pagani,  e  mandava  tartufa  di  meravigliosa 
grossezza  all'amico  suo  Sant'Ambrogio.  8 

alCsTrtlefaglÌai?,nÌ,dÌSant'Ab0ndÌ0'lachÌesac,era'  ed  era  8ià   subentrata 

e'v  lv   P    7  *  dlgDlta   di  cattedrale>  e  aveva  già  d'accanto  il   palazzo 

de  vescovi,  e  forse  il  santo  annunziò  in  essa  al  popolo  il  dì  della  sua  morte,  e 

orse  ln  essa  resuscitò  il  figliuolo  di  quel  regulus  infedele,  che  si  fece  battezzare 

ubilo  insieme  al  resto  degli  ariani  e  degli  idolatri,  e  che   distrusse  gli  ultimi 

S fauni  n^'v  ^  T1  m°d0'  ^  k  basUÌCa   COffiense   debba   rtaStSS 
IÙZ2Z  a  '  ?eSCe  pr°Vat0  n0n  sol°  dalla  storia>  ma  alt«>sì  dal  mo- 

numento medesimo;  g.acché,  nello  scoprire,  due  anni  addietro,  l'antico  suolo, 
s.  trovarono  lapidi  del  secolo  V,  le  quali  non  erano  poste  a  caso  o  rimesse  da 
un  auro  edificio  anteriore,  ma  s'inquadravano  con  tutto  il  resto  del  pavimento. 
Ben  se  vi  piglia  .1  ticchio  di  conoscere  a  quali  anni  le  tre  più  importanti  iscri- 
zioni trovate  appartengono  e  che  cosa  vogliono  significare,  prendetevi  la  briga 
!  u.V,10  6  °e  SCdsse'  nel  Boll^ino  di  archeologia  cristiana  del  mese  di 
ottobre  1864,  uno  dei  più  illustri  archeologi  moderni,  il  De  Rossi  :  il  De  Rossi 
che  dopo  dieciotto  secoli,  fa  la  veridica  e  nuova  storia  delle  catacombe  di  Roma, 
«nelle  lapidi  che  non  importa  qui  ricopiare  e  che  risalgono  agli  anni  490,  486 
e  488,  sor.  delle  meglio  conservate,  ma  pur  visibilmente  logore  dallo  stropiccia- 
mento de  piedi;  molte  altre  lo  son  cosi  da  non  poterle  leggere  :  e  probabilmente 
le  meglio  conservate  non  son  le  più  vecchie. 

Ma  egli  è  tempo  ch'io  vi  dica  come  il  suolo  dell'antica  basilica  si  trovò  a 
circa  un  metro  sotto  il  suolo  della  presente.  Il  terreno,  coli' andar  de' secoli  - 
e  U  tempo  è  grande  livellatore  d'ogni  cosa  -  si  va  alzando  via  via;  ma  più 
che  altrove  intorno  a  questo  lago  di  Como,  dov'ha  quasi  sotterrato  sulle  rive 
monumenti  d'antichità  non  remota.  Dal  pavimento  antico  al  pavimento  moderno, 
n  que  a  zona  orizzontale  d'un  metro,  noi  troviamo,  come  sotto  gli  strati  del  ter- 
'eno  alluvionale  s,  trova  .1  terreno  di  formazione  più  antica,  la  basilica  de'Santi 


316  LA  CHIESA  DI  SÀNT' ÀBONDlO 

Pietro  e  Paolo,  co'suoi  muri  intonacati  e  dipinti,  con  le  sue  porte,  col  suo  pavi- 
mento a  lapidi  e  formelle  di  marmo.  Le  lave  del  Vesuvio  non  hanno  saputo  far 
meglio  per  Ercolano  e  Pompei.  Se  non  che  questa  conservazione  d'una  zona  di 
muri,  sotto  ad  un  edificio  alzato  tanti  secoli  dopo,  con  una  pianta  diversa  affatto 
dalla  prima,  ma  che  pure  s' intreccia  in  molti  luoghi  con  questa,  deve  recar  me- 
raviglia. Si  vede  che  a' costruttori ,  a' monaci  dell' XI  secolo  doleva,  quasi  come 
una  profanazione,  il  dovere  distruggere  un  venerabile  monumento,  piccolo  certo 
al  bisogno,  improprio  ad  una  chiesa  monastica,  forse  per  vecchiezza  cadente,  ma 
dove  pure  stavano  tante  preziose  reliquie. 

L'altare,  secondo  il  costume  sempre  seguito  nel  rinnovar  le  chiese  cristiane,  ri- 
mase per  l'appunto  sopra  il  luogo  dov'era  dianzi,  e  il  martyrium  non  fu  toccato.... 

La  tombe  —  Ceite  Tacine  des   autels cantava  con   profondo  concetto   il   più 

grande  poeta  contemporaneo  di  Francia,  in  una  delle  sue  odi  delle  Feuilles  d'au- 
tomne.  L'asse  della  basilica,  rivolta  ad  oriente,  fu  pure  con  iscrupolo  tenuto 
fermo,  e  i  due  muri,  che  nell'originario  edificio  chiudevano  le  braccia  della  croce, 
si  confusero  con  le  fondazioni  de' nuovi  fianchi.  Tranne  questi  punti,  o,  per  meglio 
dire,  queste  linee  di  contatto,  le  due  basiliche  non  mostrano  somiglianza  veruna. 
La  prima  aveva  una  sola  nave,  la  seconda  n'ha  cinque,  e  di  sei  metri  più  lun- 
ghe; la  prima  aveva  le  braccia  trasverse  della  croce,  la  seconda  termina  dritta 
in  cinque  absidi;  la  prima  aveva  una  conca  piccola  e  poco  più  che  semicircolare, 
la  seconda  ha  quel  coro  lunghissimo,  di  cui  vi  diedi  già  la  misura.  Quanto  ai 
campanili,  naturalmente,  non  c'erano;  né  i  locali  annessi  alla  basilica  stavano, 
come  ora,  dall' un  de5  fianchi,  ma  dietro. 

Ecco,  vi  dò  qui  nella  tavola  17,  disegnate  sulla  pianta  dell'edificio  esistente,  le 
linee  del  sotterrato  monumento.  Vedete  :  la  nave,  di  cui  si  compone  la  basilica  dei 
due  maggiori  Apostoli,  non  è  più  lunga  di  metri  23,  mentre  è  larga  più  di  11.  In 
fondo  la  chiude  un  muro,  diritto  dall'una  parte  e  dall'altra  per  la  lunghezza  di 
quasi  3  metri;  poi  gira  in  curva  semicircolare,  col  raggio  di  2  metri  e  centim.  7a 
formando  così  l'abside,  innanzi  a  cui  stava  il  ciborio.  Cripta  non  c'era.  Dai  due 
angoli  del  detto  muro  con  quelli  della  navata,  se  misuriamo  men  di  3  metri,  ecco 
c'imbattiamo  nelle  braccia  laterali  della  croce,  ne'calcidici,  come  alquanti  le  chia- 
mano, o,  se  volete,  nella  nave  trasversa.  Godeste  braccia  son  larghe,  parallelamente 
alla  gran  nave,  metri  6,65,  lunghe,  perpendicolarmente,  circa  lo  stesso;  per  modo 
che  la  nave  trasversa,  se  si  può  in  questo  caso  chiamar  cosi,  misura  in  lunghezza 
metri  29,  equivalenti  alla  somma  delle  cinque  navi  di  adesso.  Ma  tra  le  braccia 
laterali  ed  il  muro  della  facciata,  invece  di  due  navate  minori,  troviamo  due 
vasti  locali,  lunghi  13  metri,  larghi  meno  della  metà. 

Tre  porte  davano  ingresso  alla  nave  della  basilica,  e  tutte  e  tre  s'aprivano 
nel  muro  del  suo  prospetto.  Sapete  già  che  i  tre  ingressi,  servendo  a  differenti 
ufficii,  pur  figuravano  la  santissima  trinità;  di  maniera  che  San  Paolino  pose 
nella  sua  basilica  di  Nola  questa  iscrizione  : 


Una  fides  trino  sub  nomine  qua?  colit  unum 
Unanimes  trino  suscipit  introitu. 

Ma  sapete  pure  il  grandissimo  abuso  che  gli  scrittori  dei  primi  secoli  cristiani 
fecero  del  simbolismo;  ogni  parte  delle  basiliche  doveva  avere  il  suo  significato 
allegorico,  né  si  peritavano  di  riescire  alle  più  stiracchiate  sottilità.  Se  non  che 


E    LA  BASILICA  DISSOTTO  317 

la  varietà  notevole  delle  forme,  della  distribuzione  e  delle  proporzioni  nelle  ba- 
siliche antiche,  come  dà  torto  spesse  volte  a  quei  sistemi  simbolici,  così  dà  torto 
alle  leggi  che  sulle  chiese  dei  primi  secoli  vollero  porre  i  moderni  trattatisti 
dell'arte.  Certo,  i  riti  sacri  e  l'ordine  delle  cerimonie  richiedevano  che  l'archi- 
tettura basilicale  s'acconciasse  a  certe  condizioni,  alle  quali  l'arte  ha  servito 
spesso  con  molta  uniformità  di  mezzi,  ma  talvolta,  per  cagioni  e  per  circostanze 
diverse,  con  molta  libertà  di  maniera.  E  questa  libertà  sarebbe  dato  notare  più 
che  non  si  possa  oggidì,  se  il  tempo  e  gli  uomini  ci  avessero  conservate 
molte  basiliche  del  V  secolo,  poiché  sino  a  quella  età  le  regole  dei  divini  uffìcii 
e  le  discipline  rituali  non  erano  ancora  partitamente  registrate,  o,  per  lo  meno, 
non  erano  universalmente  seguite. 

Ma  dei  primi  secoli  cristiani,  mentre  ci  restano  intatti  alcuni  degli  edifìcii  che 
non  dovettero  poi  a' riti  e  costumi  modificati  piegarsi,  come  battisterii,  oratorii, 
monumenti  sepolcrali  o  commemorativi,  non  ci  rimangono  chiese,  sulle  quali 
possa  non  nascere  il  dubbio  di  aggiunte  posteriori  o  di  radicali  riforme.  Le 
stesse  più  celebrate  basiliche  di  Roma  si  sa  che,  nella  seconda  metà  del  primo 
millennio,  furono  restaurate,  ampliate  o  ricostrutte,  sovente  senza  riprodurre  i 
primitivi  concetti.  Ond' è  che  noi  ci  abbiamo  a  contentare  di  rifar  nella  fantasia 
gli  originarii  edifìcii,  con  la  guida  sovente  ingannatrice  di  vestigia  superstiti, 
o  con  quella  mal  sicura  di  descrizioni  spesso  rettoriche,  esagerate,  oscure  o  spe- 
ciali. Pensate  voi  s'ella  non  è  una  fortuna  l'aver  trovato  d'accosto  alla  nostra 
città  una  basilica  dei  primi  anni  del  secolo  V. 

Ma  perchè  può  esservi  caduto  nel  cervello  che  questa  basilica  fosse  in  origine 

un  edificio  pagano,  poi  trasmutato  al  culto  del  vero  Dio ,  bramo  disnebbiarvi  su 

[ciò  l'intelletto.  Sappiate  dunque  come  agli  angoli  retti,  che  la   nave  maggiore, 

simbolo  dell'arca  di  Noè,  forma  con  la  nave  trasversa,  si  trovarono  pezzi  di  se- 

rizzo  e  di  marmo,  posti  lì  a  rafforzare,  dove  più  importava,  le  mura  :  le  mura, 

che  sono  quasi  tutte  composte  di  pietre  di  diversa  forma  e  di  varia  dimensione, 

al  modo  dell'  opus  incertum ,  e  che  hanno  una  grossezza  la  quale  varia  secondo 

'  i  lati  dai  centimetri  51  ai  centimetri  80.  Ma  in  mezzo  a  quei  pezzi  di  serizzo  e 

di  marmo,  frammenti  di  edifìcii  romani,  si  trovarono  agli  angoli  del  lato  meridio- 

I  naie,  nascosti  e  adoperati  a  far  muro,  due  bassorilievi  non  piccioli  :  l'uno  figura 

iun  gladiatore  che  combatte  con  un  leone,  e  un  cacciatore  che  tiene  per  le  corna 

non  so  bene  se  un  capriolo  od  un  cervo;  l'altro  rappresenta  un  lottatore  e  parte 

d'un  cavaliere.  Frammenti,  che  fanno  seguito  a  questi  due,  sono  ora  in  casa  del 

conte  Francesco  Giovo,  e  tre  credo  ne  riportasse  nel  suo  manoscritto  il  Borsieri  ; 

ma  i  due  pezzi,  che,  levati  dal  loro  nascondiglio,  stanno   deposti  oggidì   nella 

chiesa  superiore,  bastano  da  soli,  tanto  appariscono  importanti  e  ben  conservati, 

ja  indicare  il  periodo  dell'arte  romana  cui  appartengono. 

Della  decadenza  non  sono,  né  dell'età  migliore;  non  é  impossibile  che  risalgano 
alla  metà  del  secolo  primo.  Or,  vedete,  ci  è  rimasta  memoria  d'un  ricco  portico, 
eretto  da  quell'illustre  comasco  Galpurnio  Fabato,  che  fu  prosuocero  di  Plinio 
e  perseguitato  da  Nerone.  Ne  il  portico  si  sa  di  certo  ove  fosse;  ma  i  più  vo- 
igliono  che  stesse  vicino  al  luogo  dove  fu  poi  la  chiesa  de' Santi  Pietro  e  Paolo, 
mostrando  che  li  d'accosto  si  trovarono  i  ruderi  d'un  antico  edificio,  e,  che  più 
monta,  una  insigne  lapide  in  onor  di  Galpurnio.  Comunque  sia,  la  basilica  nostra 
è  in  parte  costrutta,  lì  per  l'appunto  dove  i  muri  toccano  le  fondazioni,  con  ma- 
teriali tolti  da  un  monumento  romano;  e  con  frammenti  romani,  misti  ad  iscri- 


318  LA  CHIESA  DI  SANT'  ABONDIO 

zioni  ed  a  frammenti  cristiani  dell'anteriore  basilica,  furono  alzate  le  mura  della 
nuova  chiesa  di  Sant5  Abondio. 

Ora,  per  concludere,  mentre  non  si  può  pensare  in  verun  modo  che  un  monu- 
mento, ricco  di  ornati  e  di  bassorilievi,  si  gettasse  da' pagani  a  terra,  appena 
costrutto,  per  alzar  co'suoi  marmi  un  tribunale,  o,  se  vuoisi  ,  un  tempio;  è  na- 
turale invece  che,  tre  secoli  e  mezzo  dopo,  i  cristani,  buttandolo  giù,  si  giovas- 
sero de' suoi  resti  per  edificare  la  casa  dei  loro  Dio.  Ma  giudicate  voi  se,  non 
potendo  avere  principii  pagani  la  basilica  che  sta  sotto,  possa  averli  quella  che, 
sei  secoli  dopo,  le  si  è  addosso  poggiata.  Eppure,  con  l'ingenua  prosopopea  che 
viene  dall' ignorar  d'ignorare,  fu  in  Como  stampato  il  Sant' Abondio  altra  cosa 
non  essere  che  un  tribunale  romano;  e,  come  tale,  con  ira  amena  si  volea  con- 
dannare al  disprezzo  ed  alla  distruzione. 

Ma  se  qualcuno  in  codesta  basilica  de' Santi  Pietro  e  Paolo  cercasse  l'imita- 
zione delle  basiliche  pagane,  o  le  formule  che  i  santi  e  i  trattatisti  ci  danno 
delle  cristiane  basiliche,  ei  si  vedrebbe  non  lievemente  imbrogliato. 

Vi  rammentate  voi  chiese  credute  de'primi  secoli  dell'era,  o  tribunali  de'nostri 
padri  idolatri,  che  non  abbiano  niuno  indizio  delle  due  navi  minori?  Quanto  a 
me,  fra  le  chiese  trovo  appena  la  basilica  Siciniana,  e  questa  è,  dicono,  un  edi- 
fìcio antico,  né  da'suoi  resti  possiamo  argomentare  le  forme  prime;  de' tribunali 
io  non  ne  trovo  uno  solo.  Ben  trovo  in  Roma  templi  d'una  sola  nave  o  testug- 
gine, colPabside  o  santuario  semicircolare  :  quelli  di  Pallade,  di  Venere  e  Roma, 
di  Marte  Ultore;  in  Pompei,  non  solo  trovo  il  tempio  della  Fortuna,  ma  molte 
sale  destinate  ad  usi  diversi,  anche  a  bagni.  Senonchè  i  trattatisti  mi  dicono  che 
i  fedeli  imitavano  soltanto  le  sale  dove  si  rendea  la  giustizia.  Nondimeno  la  ba- 
silica comense  ha  una  nave. 

In  oltre  mi  dicono  i  trattatisti,  mostrando  la  basilica  Vaticana,  la  Lateranense, 
l'Ostiense  e  molt' altre  minori,  che  la  nave  trasversa  andava  a  formare  l'asta 
orizzontale  d'un  T,  la  croce  senza  il  braccio  di  sopra;  ma  ecco  ch'io  scorgo 
nella  basilica  comense  la  forma  d'una  croce  completa,  giacché  la  nave  trasversa 
non  tocca  Tasta  verticale  all'estremità,  ma  la  taglia  alquanti  metri  più  basso.  La 
croce  immìssa  piglia  dunque  nel  V  secolo  il  luogo  della  commissa  o  patibulata. 

I  trattatisti  mi  dicono  ancora  che  alle  basiliche  precedeva  sempre  un  atrio, 
un  nartex,  un  cortile  con  portici,  avente  in  mezzo  la  fontana  e  ingiro  i  cancelli: 
sapete  già  a  che  cosa  queste  parti  dell'  edifìcio  servissero.  Ma  nella  basilica  co- 
mense,  cortile,  portici  non  vedo;  e  sarebbe  strano  che  le  mura  e  le  fondazioni 
fossero  in  questi  soli  luoghi  scomparse.  Bensì  troviamo  i  resti  dell'atrio;  il  quale 
coi  seguenti  fatti  si  dimostra  che  dovette  essere  tutt5  aperto  air  ingiro.  Come  in- 
torno all'antica  basilica  e,  massime  davanti  al  prospetto,  furono  dal  sacerdote 
Serafino  Balestra  scavate  innumerevoli  tombe,  col  suolo  di  embrici  romani,  le 
pareti  di  quattro  lastre  di  ardesia  ,  il  coperchio  di  una  o  di  due  larghe  pietre; 
cosi  furono  nell'interno  trovati,  sotto  il  pavimento  di  marmo,  nove  avelli  d'un 
solo  pezzo,  simili  a  quelli  che  il  Gallio  aveva  al  tempo  suo  rinvenuti,  alquante 
urne  di  serizzo,  tre  delle  quali  stanno  nelle  fondamenta  della  chiesa  moderna,  e 
in  mezzo  alla  navata  un  vasto  sepolcro  pien  d'ossa,  cinto  di  un  muricciuolo,  pu 
col  suolo  di  embrici  e  coperto  di  lastroni,  su  cui  leggevansi  le  tre  epigrafi  a  cu 
ho  indietro  accennato.  Dappertutto  erano  infiniti  resti  o  ceneri  di  corpi  umani 
ma,  e  ciò  solo  importa  al  fatto  mio,  nelle  tombe  della  primitiva  basilica  stavano 
ancora  ossa  e  terra  rossiccia,  mentre  al  difuori,  tra  la  facciata  antica  e  la  mo 


E  LA  BASILICA  DISSOTTO  319 

derna,  tutto  era  polvere  bianca,  sottilissima,  lieve,  cristallizzata,  riflettente  al 
sole,  come  brina,  i  colori  dell'iride. 

Or  questa  costante  diversità  in  corpi  seppelliti  prima  delPXI  secolo,  da  che 
cosa  può  venir  mai  se  non  viene  dall'essere  le  tombe  interne  rimaste  sempre 
riparate  dall'acqua:  mentre  quelle  dell'atrio,  che  sono  dal  mille  sino  ad  oggi 
perfettamente  all'asciutto,  furono  dalla  pioggia  lavate  per  lo  spazio  di  seicento 
anni?  E  dico  che  l'acqua  vi  penetrava,  perchè  l'atrio,  posto  alle  falde  del  monte 
,  di  Sant'Euticchio,  sopra  un  terreno  alluvionale,  s'apriva  in  faccia  alle  alpi,  da 
cui  tirano  appunto  i  furiosi  venti  temporaleschi. 

Dall'atrio  o  nartex  anteriore  forse,  col  mezzo  di  due  porte,  che  non  sono  in- 
dicate dalla  tav.  17,  si  entrava  nei  due  lunghi  locali  a'  lati  della  nave,  chiusi  intorno 
da  muri,  salvo  alla  metà  fra  il  muro  della  facciata  e  il  piegarsi  della  nave  tra- 
sversa, dove  c'è  dall'una  parte  e  dall'altra  un'apertura  od  arcone  senza  soglia. 
Erano  veramente  questi  locali,  di  cui  indietro  è  data  la  misura,  destinati  a' cate- 
cumeni,  agli  energumeni,  agli  ascoltanti,  fors' anche  agli  ebrei,  a' pagani,  agli 
ariani,  che  coli' esca  della  curiosità  si  cercava  attrarre  alla  fede?  Serviva   l'uno 
per  le  donne  ancora  non  entrate  nel  grembo  della  Chiesa,  per  gli  uomini  non 
ancora  battezzati  l'altro?  Non  saprei  con  sicurezza  affermarlo. 
Né  il  dubbio  s'arresta   qui,   perchè  dal  solo  lato   settentrionale  s'apre  nella 
i  navata,  oltre  l' arcone,  un  uscio  largo  un  metro  e  27  centimetri,  che  ha  la  soglia, 
che  serba  in  essa  la  traccia  dei  cardini,  che  aveva  quindi  il  serramento,  e  che 
:  rispondeva  ad  una  scala  di  cui  s'è  trovalo  l'indizio.  Gonduceva  forse  la  scala  alla 
:  tribuna  sinistra?  Per  salire  alla  tribuna  destra,  giacché  porta  interna  nella  nave 
non  c'è,  si  entrava  forse  dal  nartex  inferiore  adirittura  alla  scala? 

Ad  ogni  modo,  che  loggie  o  tribune  sui  due  indicati  locali  ci  avessero  a  stare, 

è  cosa  poco  meno  che  certa.  Primamente  i  riti  chiedevano  la  separazione,   non 

solo  degli  uomini  dalle  donne,  ma  delle  vergini  dalle  maritate  e  le  vedove,  dei 

|  fanciulli  da' vecchi,  de' monaci,  de'penitenti  dal  resto  dei  fedeli  e  via   via;   né 

:  senza  tribune,  giacché  mancano  al  certo  le  navi    minori,  si  saprebbe  dove  cac- 

!  ciare  il  matroneo.  In  secondo  luogo  la  basilica,  che  pure  servì  lunghi   secoli  di 

cattedrale,  sarebbe  stata  senza  loggie  troppo  angusta   a' bisogni.   Finalmente  un 

grandissimo  numero  di  pezzi  ornati,   de' quali   vi  dò  lo  schizzo  nelle  tavole  20 

j  e  2i,  taluni  in  forma  di  pilastrelli  con  incavi  laterali,  taluni  in  forma  di  lastre, 

j  evidentemente  destinati  a  fare  ufficio  di  cancelli,  furono  trovati  volti  in  giù  nel 

pavimento  della  chiesa   presente,  ne' muri  di  essa,  in  altri  luoghi  vicini.  Quasi 

venti  pezzi  li  hanno  i  Passalaqua,  a  cui  forse  li  diede  il  vescovo  Romano  quando 

rifece  il  suolo  del  coro;  più  di  venti  sono  deposti  in  chiesa,  e  altri  non  pochi, 

dispersi   qua  e  là ,   furono  impiegati   per  pietra  o  per  iscolpirvi  sul  rovescio  le 

insigni  virtù  de'morti  d'oggi. 

Codesti  pezzi  di  cancelli  o  transenne,  son  troppi  davvero  per  supporre  che  il 
coro  solo  e  il  santuario  ne  fossero  circondati;  bisogna  impiegarli  anche  altrove 
con  la  fantasia,  né  si  trova  ad  essi  altro  ufficio  se  non  quello  di  chiudere  alla 
base  le  arcate  o  gl'intercolonnii  delle  superiori  tribune.  Ma  le  tribune  io  non 
credo  che  girassero  sulle  braccia  della  nave  trasversa;  né  probabilmente  s'alza- 
vano fino  a  toccare  l'inclinazione  del  tetto  della  navata,  perchè  il  muro  del 
fianco  a  mezzodì,  lì  dove  si  può  misurare,  è  di  10  centimetri  meri  grosso  dei 
muri  della  nave;  e  se  quello  del  fianco  settentrionale  è  assai  più  massiccio,  se 
ne  deve  cercar  la  cagione  nel  molto  rapido  abbassarsi  del  suola 


320  LA  CHIESA  DI  SANT'  ABONDlO 

Quanto  alla  distribuzione  dei  fedeli  nelle  diverse  parti  della  basilica,  ammesse 
le  loggie,  ogni  classe  trova,  meglio  che  in  ogni  altro  tipo  basilicale,  il  suo  posto, 
massime  che  le  due  singolarissime  stanze  laterali  giovano  a  semplificare  le  di- 
visioni. Al  vescovo,  a' canonici,  a' diaconi,  a'suddiaconi,  a' preti  d'ogni  maniera, 
cosi  come  a' cantori  ed  a' chierici,  era  certo  riserbata,  oltre  l'abside,  la  parte 
superiore  della  nave,  nonché  l'area  centrale  dell'edificio.  Le  sagrestie,  alle  quali 
si  entrava  dai  fianchi  del  coro  con  due  usci  aperti  nel  corto  braccio  superiore 
della  croce,  i  locali  per  deposito  dei  sacri  arredi  e  delle  offerte,  gli  alloggi  dei 
ministri  e  dei  guardiani  della  casa  di  Dio,  tutto  ciò  insomma  che  era  compreso 
nella  parola  Pastophoria,  stava  dietro  la  chiesa,  dove  pur  ora  si  trovano  fondazioni 
d'antiche  mura,   sepolcri  e  pavimenti.  Forse  vi  stava  anche  il  battistero. 

Ma  oramai,  per  compiere  a  parole  questo  restauro  della  chiesa  de'  Santi  Pietro 
e  Paolo,  altro  non  mi  resta  che  dirvi  qualche  cosa  delle  soglie,  del  pavimento, 
e  de'  dipinti  murali. 

Le  porte  della  facciata,  quella  di  mezzo  larga  2  metri  e  525  millimetri,  le 
altre  due  larghe  meno  della  metà,  hanno  nelle  loro  soglie,  come  potete  indovi- 
nare dalla  tavola  21,  una  scanellatura  e  i  buchi  per  i  cardini  dei  serramenti. 
Questi  fori,  sebbene  forse  difesi  da  scudetti  o  piastre  di  metallo,  pur  son  logori: 
e  alcune  striscie  circolari  mostrano  che  le  imposte  nell' aprirsi  e  nel  chiudersi 
scorrevano  sulle  soglie.  Si  vedono  queste  soglie,  massime  alla  metà,  oltre  modo 
scavate  dai  piedi  dei  fedeli  e  dalle  ginocchia  dei  penitenti;  e  tale  lavorio  di  ginoc- 
chia e  di  piedi  deve  essere  continuato,  sul  serizzo  della  porta  maggiore  e  sui 
marmo  di  Musso  delle  altre  due,  alquanti  secoli.  Avvertite  poi  singolarità:  la  soglia 
che  doveva  dare  ingresso  alle  donne  è  più  logora  delle  altre,  mentr' è  pur 
mollo  logora  quella  dell'uscio  interno,  che  conduceva  alla  scala  e  forse  al 
matroneo. 

Guaste  dal  tempo  e  spianate  dal  lungo  stropicciar  dei  piedi  sono  anche  le  la- 
pidi, che  formavano  la  maggior  parte  del  pavimento  nella  basilica.  D'una  qua- 
rantina, che,  contati  i  frammenti,  se  ne  trovò,  alcune  non  si  possono  leggere:  le 
altre  si  conoscono  del  V  o  dei  VI  secolo ,  e  forse  dopo  il  VI  secolo  si  cessò  di 
seppellir  nella  chiesa,  la  quale  doveva  essere  al  dissotto  piena  di  cadaveri,  per 
sotterrare  invece  intorno  all'edificio.  I  locali  a' lati  della  nave  pare  avessero  un 
suolo  formato  di  mattoni  e  di  cemento.  L'abside  all'incontro  ed  il  coro  andavano 
senza  dubbio  ornati  di  un  pavimento  a  mosaico  :  si  son  trovate  parecchie  centi- 
naia di  esagoni  neri  in  marmo  di  Varenna,  e  di  triangoli  bianchi  nel  solito 
marmo  di  Musso;  di  rombi  e  di  rettangoli  meno.  Vedete  che  questi  mosaici  so- 
migliavano dunque  a  infiniti  altri  di  basiliche  cristiane;  ce  n'è  di  simili  nella 
vetusta  chiesa  di  San  Vincenzo  a  Galliano,  in  quella  di  San  Carpoforo,  in  quella 
di  San  Fedele,  scoperti  dallo  stesso  Don  Serafino  Balestra,  e  in  altre  chiese  co- 
macine  parecchie.  Ma  ciò  eh'  è  manco  comune  son  certe  formelle  di  porfido 
egiziano,  di  serpentino,  di  paonazzetto  e  d'una  pietra  che  qui  si  chiama  maio- 
lica, tagliate  a  guisa  di  ventaglio,  di  mezza  luna,  o  in  altre  forme  diverse,  e 
aventi  alcuna  volta  nel  mezzo  un  cuore  intagliato  e  riempiuto  di  stucco  rosso. 
Peccato  che  questi  pezzi  non  si  trovino  uniti,  né  sia  dato  restaurare  l'insieme 
del  ricco  e  certo  elegante  disegno. 

La  basilica  era  tutta  dipinta.  Chiare  vestigia  d'intonaco  colorato  si  trovano 
qua  e  là  dappertutto:  sono  volti  umani,  vesti  ornate  con  croci,  mani,  piedi,  pezzi 
di  leggende  con  caratteri  latini,  fascie  di  color  verde,  rosso,  giallo,  paonazzo. 


E  LA  BASILICA  DISSOTTO  32J 

con  grossi  punti  bianchi  disposti  a  rette  od  a  ghirigori.  I  dipinti  meglio  conser- 
vati, che  stanno  sulla  parete  esterna  dell'abside  e  nelle  interne  braccia  della 
nave  trasversa,  figurano  scompartimenti  rettangolari  e  d'altra  guisa,  circondati 
di  riquadri  imitanti  i  diversi  colori  dei  marmi.  L'intonaco  é  grosso;  la  superficie 
del  dipinto  lisca,  pulita,  lucida;  lo  stile  rozzo,  ma  cosi  ne' contorni  verdastri  e 
risoluti  delle  teste,  come  nei  panneggiamenti  e  nell'ornato,  palesa  un  fare  in- 
genuo e  ruvido  insieme,  una  schietta  facilità  di  mano.  Eccovi  dunque,  come 
nella  bas.hca  di  Nola,  piene  le  pareti  in  questa  basilica  comense  di  fatti  scrit- 
turali dipinti  e  di  leggende  che  valevano  a  dichiararli.  I  colori  allettavano  gli 
occhi:  le  sante  figure  e  le  popolari  iscrizioni  occupavano  le  menti  de'fedeli 
nelle  lunghe  ore  che  passavano  in  chiesa;  quelle  pareti  meglio  di  un  sermone 
educavano  il  cuore,  ingentilivano  lo  spirito,  spiegavano  agl'ignoranti  le  pagine 
del  Vangelo.  v  8 

E,  in  verità,  che  tali  dipinti  insegnassero,  come  dicono  i  versi  di  San  Paolino 
ad  uomini  cresciuti  ne' vizi,  l'obblio  de' vini  e  la  sobrietà,  io  lo  voglio  credere 
volentieri,  giacché  la  veneranda  basilica  di  Como  ha  fatto  dimenticare  a  me  che 
questa  lettera  è  solennemente  prolissa. 

(Continua) 


FORNO    ANULARE 
PER   CUOCERE   MATTONI,    CALCE,   CEMENTO    ECC.   ECC. 

Invenzione  dell'  Ing.  Sig.  Hoffmann  a  Berlino 

privilegiato   nel  regno   d' Italia  e   nei   principali  paesi   dell'  Europa. 
(Vedi  Tav.22  fig.  1,2,  3,  4  e  5) 

All'Esposizione  di  Parigi  nel  1867  si  vedeva  nel  compartimento  prussiano 
esposto  un  modello  di  questo  forno,  di  cui  l' inventore  fu  premiato  colla  medaglia 
d'oro.  —  Visto  gli  splendidi  risultati  ottenuti  con  questi  forni  in  Germania, 
Inghilterra,  Francia,  Belgio  ecc.  nei  quali  paesi  già  da  più  anni  ne  funzionano 
parecchie  centinaja,  credo  cosa  di  molto  interesse  pei  lettori  di  questo  periodico 
di  darne  uno  schizzo  con  relativa  descrizione. 

Nella  fig.  l.a  tav.  22,  vediamo  la  projezione  orizzontale  (metà  in  sezione)  e  la 
fig.  2.a  che  rappresenta  una  sezione  verticale.  Vediamo  nella  fig.  l.a  nella  parte  in 
sezione  un  canale  in  forma  d'anello  e  nella  fig.  2.a  ne  vediamo  il  profilo.  Questo 
canale  è  il  forno,  il  quale  è  diviso  in  12  compartimenti  (si  fanno  però  secondo  il 
bisogno  forni  di  8,  10,  12,  16,  20  e  24  divisioni).  Nel  centro  di  questo  forno  si 
trova  il  camino  ed  intorno  a  questo  vediamo  un  altro  canale  anulare  più  piccolo 
del  primo,  cioè  la  camera  da  fumo.  Ogni  compartimento  del  forno  comunica  colla 
camera  da  fumo  per  mezzo  di  un  condotto  pel  quale  passano  nel  camino  i  pro- 
dotti della  combustione  (fumo)  e  nella  fig.  3.a  vediamo  come  questo  condotto  per 
mezzo  di  una  campana  appesa  ad  un  filo  di  ferro  può  essere  chiuso  od  aperto, 
secondo  lo  richiede  il  servizio. 

Ad  ogni  compartimento  del  forno  corrisponde  un'entrata  praticata  nel  grosso 
muro  formante  la  circonferenza  esterna  (vedi  figg.  l.a  e  2.a).  Da  questa  entrata 
ermeticamente  chiudibile  si  carica  e  scarica  il  compartimento. 

La  camera  da  fumo  comunica  col  camino  per  mezzo  di  4  condotti,  e  vediamo 
alla  base  il  camino  diviso  da  una  croce  in  altrettanti  parti,  onde  il  tirante  na- 
turale del  camino  non  sia  dannegiato  dall'  incontrarsi  di  2  correnti  in  direzione 
opposta.  —  La  fig.  l.a  nella  parte  non  sezionata  lascia  scorgere  6  aperture  di 
forma  ovale  le  quali  servono  per  fare  discendere  le  serrandole,  colle  quali  si 
effettua  la  separazione  di  un  compartimento  dall'  altro  susseguente.  Vedremo  in 
seguito  che  di  queste  serrandole  non  ne  occorrono  che  2  al  più. 

Nella  stessa  figura  vediamo  fra  le  sopradette  6  aperture  altre  piccole  di  sezione 
circolare;  sono  queste  le  aperture  dalle  quali  si  introduce  il  combustibile  nei 
forno  e  nella  fig.  4.a  vediamo  come  con  semplice  coperchio  si  possono  chiudere. 
Lo  spazio  anulare  fra  il  canale  grande  (forno)  ed  il  canale  piccolo  (camera  da 
fumo)  è  riempito  da  un  cattivo  conduttore  di  calore,  e  formato  superiormente  ai 
canali  un  piano  esteso  abbastanza  e  coperto  da  tettoja,  onde  potervi  esporre 
all'  asciugamento  i  mattoni  appena  fabbricati. 


FORNO  ANULARE  ECC.  333 

seSrst::„t^rflts.partecosiruuiva  passiam° aiia  m™*  ™ 

Vediamo  in  quella  figura  una  sola  serandola  dividere  il  canale  grande  (fornoì 
ed  alla  parte  destra  aperta  l'entrata  del  compartimento  e  chiusi  tutu  , li   altri 
alla  parte  sinistra  aperto  il  condotto  del  fumo  e  chiusi   tutti  *  i  .  m  M, 
juindi  alla  destra  de..a  serrandola  il  primo  ed  allf  Z£   tim \  mp  r" 

1  tt  nirsfUEnrr°o°raa  tUU0  "  Canal6'  CÌ°é  tUt"  *  «o»p.rUmenli  cS  i 
mattoni,  si  farà  fuoco  al  primo  compartimento,  lasciando  aperta  l'entrata  « 
questo,  onde  lasciare  passare  l'aria  necessaria  alla  combustione  lorodolt  1,11, 
combustione  (fumo)  faranno  quindi  il  giro  del  canal  ed  arrivatHell  ulti 
compartimento  passeranno  da  quel  condotto  al  camino  nninrlMi  ,,  V 

da.  combustibile  si  trasmette  Ino  mano  ai  IZ^ZtLt^ZtZ 
n eli  ultimo  compartimento  sarà  appena   quella  necessaria  per    II  ante  del  e 
mino  -  Dalle  piccole  aperture  praticate  nella  volta  nel  forno  e  a    le  quali    s 
in  reduce  ,1  combustibile  si   vede  nel  medesimo  tempo   se  si   può  „ 
fuoco,  cioè  se  i  mattoni  in  quel  compartimento  siano  cotti 

Saranno  quindi  i  mattoni  nel  primo  compartimento  i  primi  cotti    ed  allora  si 
avanza  il  fuoco  verso  il  secondo,  lasciando  però  ancora  anertn  vZ'J*  7     • 
obligando  cosi  .'  aria  atmosferica  necessaria  L  £%2^^£%£; 
Quest'aria  fredda  deve  quindi  passare  fra  i  matinn,-  *««■     a      p         e  Ud  ^eiia. 

Ji'JlT  *'*"'"><"'  ««'«•">  P»°  Sii  (ani  un-M«a  elei  au  risananti  da 

ss  rr;°,r,:crj,ir  rr più  — i™«i  ~  ■  -»« 

L'esperi,»,.  Ha  dappertuu.  „„,,„„„  »d.  forlì.slm.   eo„„omla  di  eonlbu.u. 

caricare  e  lo  scaricare  Viti*.     T  operazione,  cosi  per  esempio  il 

servi    o  acoui  ter  nno  n  Plg    malme"te'  quindi  ^ei  lavoranti  a<^«  a  questo 
cola  al3?  h  P       °  UDa  grande  abilità  e  siccome  il  forno  ha  una  pic- 

cola altezza,  de,  ragazzi  posson  assai  bene  soddisfare  a  questo  servizio.  -  Sotto  la 


324  FORNO  ANULARE  ECC. 

tettoja  la  quale  copre  il  forno  intiero,  si  possono  esporre  come  già  fu  detto  i 
mattoni  appena  fabbricati  e  dopo  poco  tempo  possono  essere  collocati  nell'ultimo 
compartimento  del  forno  stesso  dove  la  temperatura  bassa  finisce  l'asciugamento; 
così  si  è  quasi  completamente  garantiti  contro  le  intemperie  della  stagione.  Es- 
sendo il  forno  grande,  cioè  superiore  a  12  compartimenti  si  può  contemporanea- 
mente fare  fuoco  in  2  compartimenti  diametralmente  opposti.  —  In  un  compar- 
timento può  essere  calce,  in  altro  cemento,  in  un  terzo  mattoni  ecc.,  si  può  ob- 
bligare il  fumo  di  fare  il  giro  a  sinistra  piuttosto  che  a  destra  se  ciò  torna  a 
vantaggio  del  servizio;  si  può  fare  qualunque  grado  di  cottura,  cioè  mattoni  forti, 
meno  forti  ecc.  secondo  il  bisogno.  Le  riparazioni  in  un  compartimento  si  ponno 
fare  senza  punto  sturbare  V  andamento  del  forno  ,  isolando  semplicemente  colle 
serrandole  e  campane  questo  compartimento  dagli  altri.  Per  tal  modo  la  durata 
di  questi  forni  è  assai  maggiore  di  quella  di  qualunque  altra  costruzione  cono- 
sciuta,  specialmente  avendo  anche  riguardo  alla  sua  maggiore  solidità  in  causa 
della  sua  forma. 

In  seguito  a  tutti  questi  vantaggi  risulta  naturalmente  un'altra  economia  sulle 
spese  generali ,  le  quali  secondo  le  circostanze  locali  sono  di  molta  importanza. 

Ora  non  resta  più  che  un  cenno  da  fare  sulle  spese  d' impianto  d'  un  tal  forno, 
spese  che  naturalmente  sono  superiori  alle  spese  dei  forni  di  vecchio  sistema , 
ma  che  si  ricompensano  largamente  dagli  incontestabili  vantaggi. 

Si  suddividano  i  forni  secondo  la  produzione  giornaliera  come  segue,  poten- 
done però  fare  qualunque  altra  desiderata  : 

Prodotto  giornaliero;  Mattoni    3000  Spesa  d'impianto  it.  L.  12000 

»  »  »  6000      »  »  »  18000 

»  »  »  9000      »  »  »  24000 

»  »  d        12000      »  »  »  28000 

»  »  »        15000      »  »  »  31000 

»  »  »        20000      »  »  »  34000 

Questi  sono  i  prezzi  medii  indicati  dall'inventore  per  i  forni  eseguiti  in 
Prussia ,  ma  è  molto  probabile  che  in  Italia  saranno  assai  inferiori  secondo  le 
località.  Un  forno  eseguito  in  Westfalia  per  una  produzione  giornaliera  di  5000 
mattoni  non  costò  che  12000  lire. 

Dalle  spese  sopraindicate  9  %  sono  calcolati  sui  lavori  d' escavazione,  50  % 
sui  lavori  muratorii ,  18  %  sui  lavori  di  falegname,  8  %  sui  lavori  di  ferro  e 
ghisa,  10  %  la  tettoja  e  5  %  sorveglianza  ecc. 

Moltissimi  sono  gli  attestati  di  buon  esito  di  questi  forni,  pubblicati  nei  vari 
paesi  dove  furono  costrutti,  ed  avrei  potuto  aggiungere  ai  vantaggi  già  indicati 
molti  altri  di  minore  importanza,  credo  però  utile  di  rilevare  da  uno  di  questi 
attestati  la  circostanza  che  il  relativo  forno  era  ancora  in  esercizio  quando  ia 
temperatura  dell'aria  esterna  era  discesa  sino  a  4°  sotto  zero! 

L'inventore  fornisce  i  disegni  di  costruzione  necessari  all'esecuzione,  ed  il 
sottoscritto  è  pronto  di  dare  a  chiunque  lo  desidera  maggiori  schiarimenti. 

A.  Stigler,  Ingegnere  Meccanico. 

Milano,  Via  Solferino  N.  32. 


STABILITÀ  DEGLI  ARGHI. 

(Vedi  Tav.  22,  flg.  6,  7  e  8). 


Tutte  lo  forze,  che  agiscono,  e  si  equilibrano  in  un  arco,  si  possono  sempre 
risolvere  in  due  equivalenti  orizzontali  e  verticali  P 

siAevaTiT,-  l^f"  ^  ^  ^^  da  U"  giunl°  deI1'arco>  che  si  con- 
dal  vertice  'dll'h  ^  Y^'7  '  ComPonenti  orizzontali,  che  agiscono  a  partire 
dal  vertice  della  volta  Ano  al  giunto,  che  si  considera,  e  p,p\p"....  le  corrispon- 
denti componenti  verticali.  *■■#<>■*       icLuuiipon 

Riduco  ora  tutte  le  dette  componenti  orizzontali  e  verticali   alle  due  E  P  le 
quali  abbiano  rispetto  al  giunto,   che   si   considera  i  loro   momenti  uguali  alla 

ZZI  \m°rntì  d6lle  VaHe  comP°°en«>  q^ndi  Hm,  Pn  essendoT  le 
perpendicolari  da  un  punto  del  giunto  sopra  la  direzione  di  E  e  P 

JZLeqmhh7,  dÌ  qUeSle  due  f0rze  è  necessario  avere  una  risultante  normale 
alla  direzione  del  giunto,  cioè  devesi  avere 


E  sen  <f  =  P  cos  <p 

pensabile  avere 
ilerno  del  giun 
equazione  unica 


ed  è  pure  indispensabile  avere  Em  =  Pn,  cioè  la  detta  risultante  deve  cassare 
per  un  punto  interno  del  giunto,  ed  allora  essendo  m  =  n  tang     ;   ri  avrà  pe 
equazione  un  ca  g  v'        dvId  Per 


//tang  9  =  P 


L'equazione  della  curva  che  rappresenta  il  luogo  geometrico  di   tutti  i  punti 

sDoÌ!,lrSlante,  S=^+^  incontra  il  raggio  del   circolo   osculatore  ri- 
spondente all'angolo  9,  s.  può  rappresentare  per  y=f(w) 
la  quale  equazione  pongo  riferita  a  due  assi  ortogonali  aventi  la  loro  orione  alla 

"vernar™'  3  CUÌ  ^  tang6nte  PaSSe  deUe  +  ment-  «!«•»«  "eSert 

flo  acuto  adiacente  al'lat'o  £  ^.^flìlfi^f^ 
a  <p,  quindi  i  due  triangoli  essendo  simili  danno  •  ■  "  g 

dy  :  dx  ::  P  :  E 
da  cui 

Edy  =  Pdx 

questa  è  l'equazione  d'equilibrio  dell'arco  d  s  sollecitalo  dalle  forze  E  e  P  che  ran- 
presenta  perc.6  la  differenziale  della  curva  delle  pressioni  ,  Z f(")  di cai so  r 


326  STABILITÀ  DEGLI  ARGHI 

La  detta  equazione  differenziale  ci  dà  soddisfatte  le  due  condizioni,  che  la  risul- 
tante sia  normale  al  giunto,  e  che  passi  per  un  punto  materiale  di  esso,  che  è 

d  y 
perciò  la  stessa  equazione  già  trovata  fftang  <p  =  P  ove  si  ha  —  =  tang  9. 

Non  è  il  caso  di  tener  conto  dell'attrito  0  della  tenacità  del  cemento  negli  archi, 
sempre  quando  si  ha  per  mira  la  stabilità  massima  demarco,  cosa  necessaria  in 
quegli  archi  esposti  alle  variabilità  di  secco ,  ed  umido ,  caldo  e  gelo ,  le  quali 
producono  la  disunione  e  rottura  variando  la  coerenza  e  l'attrito. 

Tre  casi  principali  si  distinguono  negli  archi  cioè: 
Archi  soggetti  ad  un  peso  uniforme  (scale). 
Archi  dei  Tunnel. 
Archi  dei  ponti. 
Passo  a  trattare  questi  tre  casi  applicandovi  P  equazione  di  stabilità  sopra  de- 
dotta che  metto  sotto  la  forma 

p   * 

ove  P  ed  H  sono  generalmente  espresse  in  funzione  d' una  delle  variabili. 

Scale. 

I  gradini  e  la  sottostante  muratura  d'alzata  danno  un  peso  costante  per  ogni 
metro  lineare  misurato  orizzontalmente;  sia  p  detto  peso,  sarà  P  —  px. 

In  quanto  ad  H  essa  sarebbe  determinata  dal  valore  di  P  e  9  ;  ora  è  evidente 
potersi  combinare  1'  angolo  9  in  modo,  che  H  sia  costante;  cosa  del  resto  ottima, 
stantechè  con  ciò  si  semplifica  la  questione  non  solo,  ma  si  ottiene  pure  un  van- 
taggio pella  stabilità,  restando  la  curva  delle  pressioni  invariabile,  qualunque  sia 
l'angolo  di  rottura,  cioè  si  rende  la  curva  delle  pressioni  indipendente  dall'an- 
golo di  rottura. 

Posta  H  costante,  l'equazione  di  stabilità  per  l'arco  ds  elementare  sarà 


P 

dy~- 

integrata  ci  dà 


d  y  =  -fTxd% 


siccome  H  è  costante,  così  per  mezzo  di  qualunque  punto  della  curva  si  può  de- 
terminare; dati  perciò  i  valori  numerici  delle  coordinate  di  un  punto  si  ricaverà 

D  cfi 

H  =  ^—-r  essendo  a.  b  le  coordinate  date. 
2  b 
Ove  però  fosse  dato  il  valore  di  H  da  altri  dati,  converrebbe  porre  tale  valore 

nell'  equazione. 

Esempio  di  un  rampante. 

Sia  la  somma  delle  pedate  a  sostenersi  dall'  arco  di  6m,00,  la  somma  delle  al- 
iate di  3m>00:  sia  p  =  375  kil.  si  avrà  tf  =  375.6  ==  2250  kil. 


STABILITÀ  DEGLI   ARCHI  337 

L'equazione  della  curva  d'equilibrio  sarà 

y  ==  0,08  x% 
per 

0  =  1,  2,  3,  4,  S,  6 

si  ha 

y  =  0,08  0,32  0,72  1,38  2,00  2,88. 

raRrconseanrdà°  '*  reSÌStenZa   ^'^  ^  =  6000°  UL  per  m'  q"  lo   sPessore   &1- 

2250 

al  vertice  = =  0  037 

60000         >"ÓJ 


essendo 


all'  Sposta  =S  =0,053 


3160  k.  =  Vm+  m 


Nella  fig.  6.a  è  rappresentata  la  curva  del  rampante:  si  vede  però  che  versola 

inT,1  ?»JTJ.  Zf  ^  u^  ^'^  -tematica,  s^tràterS 
in  K  U  rampante,  ossia  in  altri  termini  si  supporrà  il  vertice  fuori  del  ramoante 

retf 'in   L'tvesf  EKB  ^°>  ^^  ™°  *  *  -mro  uia  s"    "p  ! 
Se!  giùnto  IDCa     are   1UllÌm°   maltoneP<>r  compensare  1' obliquità 


Tunnel. 


steL're'r.eJre'cLTnf  ?"  t6rr°Sa  1  mida  n°n  SÌ   *UÒ    ese^ire   se«-  *°- 

mpedire  alla  mZ    fP.         '  ^  dÌ  legname'  le  quali  hanno  Per  iscoP°  « 

impedire  al  a  massa  di  terra  soprastante  verticalmente  dal  discendere    e  di  im 

P1Sd?J LteSw.rmn0  0rÌZZOntalmeute  -so  il  v*el  irlo 
n««     *      T  >  Del  deve  comP°rsi  di  due  rami  di  curva  per  sostenere  il 

peso,  ed  anche  la  spinta  orizzontale  della  terra  sostenere  H 

meLntTdae1"pedrci6  ririSUPerÌ°re  f^  é  qUe"a  di  Un  arco  carico  uniforme- 
menie.  detto  perciò  p  il  peso  per  metro  lineare  sarà, 

h^^ZfZr^  ^  *  '  S*  ~»  *S  dietro 

Determinato  il  valore  di  p;  si  ricava  quello  di  H  dietro  valori  noti  di  *  v  ri 

«pe  to  ad  un  punto  determinato  della  curva  come  si  fece  prece  ent  mente'  ' 

L  equazione  del  ramo  di  curva  laterale  dipende  pure  dalla  spinta  orizzontale 

elle  terre;  ,1  valore  della  spinta  orizzontale  si  sa  essere  al  suo  ma  simó  auando' 

carnai  'T™  ,ee°?d0  ""  ang0'°'  Che  è  ^uale  a»*  me  à  d      nello    el a 

p  so  ;;r:  eL?oniin„P:  °ra  che  le  terre  iateraiisien°  w»  wStS 

peso  p  per  metro  lineare  come  sopra,  che  «  sia  l'angolo  della  scarpa  nata- 


328  STABILITA  DEGLI  ARCHI 

1 

rale  delle  terre,  ed  f  il  coefficiente  d'attrito  che  è  =  ^— il  valore  della  sPinta 
orizzontale  F  sarà  determinato  nel  modo  seguente  come  si  sa 

1 

p  —  pftang-a 

f= r-72} 

f+tang-^a 

ora  l'orizzontale  VD  può  tenersi  uguale  all'ordinata  y  per  la  tangente  dell'an- 
golo di  franamento,  cioè  VD  =  y  tang  j-  a  quindi  F=  M  y  avendo  espresso  per 

M  la  determinante. 

Questa  spinta  orizzontale  F  essendo  negativa  deve  essere  dedotta  dalla  spinta 
orizzontale  H;  quindi  1'  equazione  differenziale  della  curva  sarà 

(H—  My)dy—  p  co  d  x 
sulle  parti  laterali. 
Integrando  si  avrà 

Hy--j-y*  =  4~  +  cost. 

la  costante  sarà  determinata  in  modo,  che  le  due  curve  si  raccordino  nel  punto 
ove  incomincia  ad  agire  la  forza  orizzontale  F.  Questo  punto  si  determinaci 
circoscrivere  al  traforo  il  rettangolo,  e  col  condurre  per  1'  angolo  V  fig.  7.a  la 

retta  V  B  faciente  l'angolo  4"  «  colla  verticale,  il  punto  B  ove  detta  retta  taglia 
la  prima  curva  sarà  il  punto  obbligato  per  la  seconda  curva:  siano  X  ed  Y  le 
coordinate  di  detto  punto,  si  avrà 

M  vX* 

cost.  =  HF--!-F2--^_- 

così  sarà  pienamente  determinata  la  seconda  curva  delle  pressioni. 

Esempio. 

Sia  un  terreno  in  cui  p  =  12  000  k. 

siano  y  =  i,00  x  =  2,00  le  coordinate  di  un  punto,  in  cui  deve  passare  la  curva 

del  cielo  del  Tunnel;  si  avrà 

H=  12  000.  2  =  24  000  k 
P  equazione  della  curva  sarà 


y  =  0,25  a* 

per 

0  =  1,    2, 


STABILITÀ  DEGLI  ARCHI  QQn 

Si  ha  329 

#  =  0,28    1,00    2,25 
che  sarebbe  la  curva  A  K  fig  2a 

vìt:vi:z\  ?i¥ìoe  '?-Si°e  "rr^  a,i°  scav°' per  "«*■• 

la  prima  curva.  '  '3°  le  coordlnate  del  punto  B  ove  termina 

Per  passare  al  secondo  ramo  conviene  determinare  «  in  modo   esperimentale 

e  «cecine  /     _  così  si  avrà  semplificata  l'espressione  della  spinta  orizzon- 
tale  che  sarà 

poniamo  che  si  trovi  per  un  caso  in  concreto 

F  =  6  000.  7 
sarà  P  equazione  delia  curva  laterale 

da  cui  si  ricaverà 

per  *=V£Ì!-Ofi.y*  +  ifii 

si  ha  y=Z%    3'    4>    5>    6> 

®  =  2,80    3,    3,10    4    2,80 
che  è  la  curva  KF  fig.  2.\ 
Lo  spessore  dell'arco  dovrebbe  essere  alla  sommità 

24  000 

= —  Om  LO 

6  0000""      ìW' 
Ponti 

La  seconda  parte  sarà  Gfydx—G  TMN 

"  peso  è  dunque  noto  pel  suo  differenziale,  che  é 

dP=G(ydx  +  Xdx). 


---ij(ì/  +  ).)d& 


Giorn.  Ing.  -  Voi.  XVI.  -  Maggio  1868 


22 


330 

ossia 


STABILITÀ  DEGLI  ARCHI 


dx     dx       ti 


integrandola  si  ha 


'i,,=vm+'-')^ 


.      dy 


la  costante  deve  determinarsi  supponendo  d'avere  al  vertice  ^  =  0    separando 

le  variabili  si  ha 

dy 


che  integrata  dà 


j/j^log*  [\/y*+2\y+y  +  >]+Z°sL 
la  costante  si  prende  per  x  =  0  y  =  0  onde  viene 

7l  =  l0«  L 5 J 

essendo  il  logaritmo  nel  base  e  =  2,71828. 
Passando  all'equazione  esponenziale  si  ha 


ir 


x* 


zi 


=  Ky2  +  2Xy+y  +  A 


risolta  rispetto  ad  y  ci  dà 


X  + 


0? 


/?    -VI 

+  e 


la  quale  può  ridursi  nella  base  10  e  si  avrà 


X  + 


2 


10 


+  10 


Per  ottenere  il  valore  della  spinta  orizzontale  devesi  far  uso  della   prima  equa- 
zione, da  cui  si  ricaverà 

Gx* 


H- 


^,[KFT»i+i±*]j 


STABILITÀ  DEGLI  ARCHI  oo. 

Esempio. 

Sia  un  pome  in  cui  la  corda  =  17»80,  la  saetta  r,90 
il  carico  sitila  chiave  d'altpyya  nm  tn   ìi  ~~  ».     J 

*ft/1  •    i,  ^"'cive  u  altezza  u  ,du,  il  peso  medio  £  =  2  500  00  k 

faccio  l'esperimento  se  la  chiave  di  snouni»  n™  *n  ™       fcT 

A  — osn  noi  .ni        ^    rt        dve  U1  sPessore  0  ,50  possa  bastare  e  ponsò  nerr-iò 

a  —  u,80  nel  valore  di  H  e  trovo  #  =  49  000  k  perciò 

divido  questo  per  la  stabilità  limite  che  è  R  -6  0000  no  ir   «  t™„ 

sore  alla  chiave  0m,80.  *-&UUU0,00  k.  e  trovo  per  lo  spes- 

Pongo  perciò  X  =  0,30  +  0,80  =  1,10 
e  ricavo  un'altro  valore  per  H  che  è  59  000  k 
facendo  la  divisione  trovo  lo  spessore  della  chiave  =  1  00 
pongo  perciò  X  =  0,30  +  1,00  =  1  30 

:^T^zì;zzn m  va,ore  per  H  che  ^  ^  -^  « 

lordai  'UenqdiTme  d°P°  *  °  qn,ttr°  faCÌ1Ì  &'***  si  *«"  stabilire  il  va- 

Quindi  resta  pienamente  determinata  la  curva  delle  pressioni 


y 


-XH--Ì 


0,43.  x 


10 


f/f  -  0,43.*  j/j 

+  10 


Nel  caso  sopra  trattato   i   valori  di   X  ed    tf  i*«  Zaa-  T  V' 

H=  77000  k.  soddisfano   sono  A  =  lm,60 

che  dà  per  spessore  della  volta  alla  chiave  l,n,30. 


Ing.  Clerico  Giacomo. 


METODO  PER  AVERE  ARIA  FRESCA. 


Nelle  nostre  camere  abbiamo  per  lo  più  due  finestre,  e  poniamo  anche  esser- 
vene  una  sola;  una  parte  di  queste  finestre  si  lascierà  libera  per  la  luce,  chiusa 
però  con  invetriata  doppia,  nell'  altra  parte  si  metterà  l'apparecchio  refrigerante, 
il  qual  consiste  in  una  cassa  in  ferro  avente  la  larghezza  della  finestra ,  e  V  al- 
tezza voluta  ed  uno  spessore  di  0,40;  nel  senso  dello  spessore  si  mettono  dei 
tubi  (come  in  una  caldaja  tubulare  a  vapore)  di  lamiera,  aventi  0,03  di  diametro, 
sicché  Paria  possa  passare  dall'esterno  all'interno  per  questi  tubi.  Questi  tubi 
poi  si  trovano  circondali  da  acqua  fresca,  che  si  versa  nella  cassa,  e  la  quale 
acqua  si  rinnoverà  ogni  giorno  mediante  1'  apertura  di  appositi  rubinetti. 

Egli  è  evidente  che  l'aria  esterna  entrando  nelle  cavità  cilindriche  tubulari, 
ivi  perderà  gran  parte  del  suo  moto  o  calore  ricevuto  dal  sole,  ed  entrerà  nelle 
camere  ben  fresca.  È  però  bene  difendere  tale  apparecchio  dai  raggi  solari,  il 
che  si  può  fare  mediante  un  piccolo  ombrello  di  tela  incerata. 

METODO  DI  VENTILAZIONE. 

Le  abitazioni  nostre  si  compongono  di  camere  ben  esposte,  e  di  camere  oscure 
con  poca  luce,  e  perciò  poco  sane,  mancando  la  ventilazione;  io  proporrei  di  ot- 
tenere la  ventilazione  in  queste  camere  mediante  tubi  di  lamiera  posti  tra  la 
volta  ed  il  pavimento,  i  quali  tubi  avessero  l'imbocco  nella  parete  a  mattina  o 
mezzodì,  ed  il  loro  sbocco  nelle  camere,  che  si  vuole  ventilare  mediante  una  ri- 
svolta. Questi  tubi  nulla  tolgono  all'architettura  delle  camere,  e  danno  loro  mag- 
gior volume  d'aria  mettendole  in  diretta  comunicazione  coli' aria  esterna. 

Ivrea,  1.°  Maggio  1868. 

Ing.  Clerico  G. 


RIVISTA  DI  GIORNALI  E  NOTIZIE  VARIE 


SUL  MOTO  ONDOSO  DEL  MARE 

E  SULLE  CORRENTI  DI  ESSO,  SPECIALMENTE  SU  QUELLE  LITTORALI 

Del  Comm.  Alessandro  Cialdi. 

(Seconda  edizione,  riordinata  e  molto  accresciuta.  -  Roma  1866) 


Civitavecchia,  18  Aprile  1868. 
Signor  Editore  prestantissimo. 

J™lT,T  Ver0  Piacer„e  nel  suo  accreditato  Giornale  il  Sunto  dell'opera  mia 
sui  mot,  del  mare  e  loro  effetti,  siccom'EUa  si  compiace  assicurarmi  nella  gentUe 

?."„ ih S  6  r°rrente;  \\?*  dÌ  CU°re  °bb,i^t0  di^°  favor  gì  J  he 
a  pubblicazione  d.  esso  ne  faciliterà  al  signor  Marchese  Raffaele  Pareto  il  par- 
icolareggiato   resoconto  da  Ini  promesso  ai  lettori  di  cotesto  Giornale.  Egli  vi 

troverà  cosi  già  esposta  la  parte  più  nojosa  e  materiale  dell'opera,  restando»! 

so  tanto  a  dettare  la  più  piacevole  e  nobile,  cioè  qne.la  della  critica!  De  1    quale 

tanto  più  io  sono  desideroso  quanto  che  ho  letto  nella  dispensa  del  maggio  1867 

Il/ir  T*  k  Pr°rSSa  f3Ua  nel  giug"°  dell'anno  antecedente  ^giun- 
geva ,  che  su  qualche  punto  la  mia  argomentazione  non  era  riuscita  pienamente  a 
convincerlo,  e  che  quindi  avrebbe  ad  esporre  gualche  dubbio  in  proposito 

la?pel?aediTsl?e  co^tt:.aUmentat0  ''^  *  ^^  -^-scinta 
Gradisca  e  mi  creda 

Suo  Devotis. 
Alessandro  Cialdi. 

SUNTO  PREVIO  ALLA  CONCLUSIONE  GENERALE  (1). 

I. 

Dal  num.  1  al  num.  212. 

I.  Lo  studio  sulla  costituzione  delle  onde  e  sugli  effetti  di  esse  non  è  nuovo  ■  si 

l    n      "  v     6  ^eWt0"  M  f°SSe  ''^^ano,  ma  invece  ha  per  fondatore  Leo- 
nardo da  Vinci.  Tuttavia  nel  darmi  allo  studio  delle  opere  di  coloro  che  da  guel- 
fi) Nel  pubblicare  il  presente  Sunto,  che  trovasi  stampato  nel  line   dell'opera  del  comm    Cialdi    „h 
ZI  ^Y^^r  de"e  "°te'  ne"°  SC0P°  »***«-*  «-«ilJ  TleMor       ci  a         deot, 

imenrchTr,"  "     T^"  "  ,M"0  GÌ°maie'  ™  1™n  si  *»^  atti  ger     q 

^^rimenti  che  non  sono  compatibili  in  un  Sunto.  r     R  ?    .     l    & 


La  Redazione. 


334  RIVISTA  DI    GIORNALI 

l'epoca  fino  a  noi  presso  le  diverse  nazioni  si  diedero  a  trattare  della  costitu- 
zione e  degli  effetti  delle  onde,  trovai  disparità  ed  incertezza  ne' giudizi,  e  difficoltà 
insuperabile  per  disporre  le  parziali  deduzioni  con  ordine:  insomma  rinvenni 
in  tutti  uno  studio  appena  abbozzato  e  disparato  tra  gli  uni  e  gli  altri.  E  volen- 
done tessere  la  storia  e  presentare  al  lettore  un  quadro  di  esso,  solo  potevano, 
come  avviene  nelle  arti,  ordinarsi  i  diversi  lavori  per  scuole  secondo  le  diverse 
nazioni.  Ma  quivi  pure  non  trovai  unità  di  concetto.  Per  esempio: 

II.  In  Francia,  meno  poche  eccezioni,  la  scuola  degl'ingegneri  de' ponti  e  strade 
segue  di  preferenza  la  dottrina  di  Yirla;  quella  degl'ingegneri  idrografici  e  l'altra 
del  genio  militare  antepongono  la  teoria  di  Emy;  e  questa  stessa  teoria  è  quella 
adottata  dai  geografi  e  dai  geologi  della  scuola  di  Huot.  D'Archiac  si  ferma  sulla 
teoria  delle  onde  di  J.  Scott  Russell. 

III.  In  Inghilterra,  trovai  anche  minore  unità  di  concetto.  Tanto  la  materia  è  in- 
trigata. Solo  direi  che  Airy  e  John  Scott  Russell  abbiano  qualche  seguace.  Mur- 
chison,  i  geologi  suoi  collaboratori,  e  la  Commissione  governativa  per  i  porti  di 
rifugio,  seguono  il  Russell. 

IV.  Della  Spagna,  non  conosco  che  la  teorìa  di  G.  Juan;  e  questa  è  seguita  dal 
francese  de  Poterat. 

V.  In  Germania,  rinvengo  che  meritino  principale  menzione  Franz  Gerstner  ed 
i  fratelli  Weber:  dei  quali  fanno  onorevole  menzione  il  Russell  ed  il  de  Caligny: 
questi,  come  quelli,  seguono  la  via  dell'esperienza  a  canali  artefatti;  ma  gli 
ultimi  due  in  più  grande  scala,  e  rendono  i  loro  copiosi  lavori  esperimentali 
utili  a  talune  applicazioni  pratiche. 

VI.  In  America,  non  conosco  altre  esperienze  ed  altre  idee  che  quelle  del  Dyar. 

VII.  Chiamo  Scuola  mista  la  Commissione  internazionale  pel  taglio  dell'istmo  di 
Suez,  perché  composta  di  Membri  che  appartengono  a  nazioni  diverse.  Questa 
non  si  è  occupata  che  di  uno  studio  locale  per  una  locale  applicazione.  Dai  la- 
vori di  essa  si  desume  che  la  teorica  degl'insabbiamenti  adottata  è  in  sostanza 
quella  del  Montanari. 

Vili.  In  Italia,  meno  Leonardo  per  gli  effetti  pratici,  e  Lagrangia  e  Plana  per 
la  sola  via  dell'analisi  algebrica,  gli  altri  da  Galileo  a  noi,  propriamente  non 
hanno  in  opere  speciali  trattato  del  moto  ondoso  del  mare;  quelli  che  han  ra- 
gionato delle  acque  correnti  toccarono  più  o  meno  nel  senso  pratico  degli  effetti 
delle  onde.  Deploro  che  non  siasi  ancora  da  noi  reso  giustizia  al  libro  di  Leo- 
nardo sul  Moto  ondoso  dell'acqua.  Procuro  per  quanto  mi  è  permesso  di  porre 
a  confronto  i  teoremi  da  Lui  dettati  quattro  secoli  or  sono,  con  quelli  dei  più 
accreditati  e  recenti  trattatori;  né  trovo  nulla  di  meglio  tra  questi  (1). 

IX.  In  conclusione,  il  maggior  numero  degli  autori  che  hanno  scritto  di  questa 
materia,  tra  i  quali  son  compresi  i  più  illustri,  non  ammettono  mai  moto  di  tra- 
sporto di  massa  liquida  nella  propagazione  delle  onde  marine.  La  teorìa  dei  moti 
ondulatori  li  obbligava  persino  a  tenersi  lungi  dall'esperienza,  o  sottoporre 
questa  a  quella.  D'altronde,  nelle  scienze  di  fatto  deve  essere  l'osservazione  la 
base  fondamentale  per  scoprire  il  vero  :  essa  sola  può  ben  dirigere  lo  spirito  e 
condurre  alla  mèta.  Le  teorie  poi  devono  quella  susseguire;   ed  esse  non  meri- 

(1;  Il  primo  saggio  di  questo  confronto  venne  dato  dal  Cialdi  nel  1853.  Si  vedano  nei  suoi  Studi 
idrodinamici ,  nautici  e  commerciali  sul  porto  di  Livorno  ecc.,  i  numeri  28-33;  ed  in  questo  Giornale 
le  pagine  400-403  dell'anno  VII. 


E  NOTIZIE  VARIE  335 

tano  valore  che  quando  rispettano  i  fatti  osservati,  e  senza  far  subire  a  questi 
modificazione  alcuna.  Altri  autori  ammettono  sempre  detto  moto  alla  superficie 
con  qualunque  vento,  ed  altri  anche  senza  questo  negli  strati  inferiori  dell'onda 
se  urta  in  risalti;  alcuni  altri  presso  al  lido  in  pochissimo  fondo,  ed  altri  infine 
quando  frange. 

Io  appoggiandomi  su  prove  ineluttabili  affermo  che  nell'onda  il  moto  notabile 
di  trasporto  di  massa  esiste  sempre  nelle  tempeste,  qualunque  sia  la  profondità 
che  abbia  il  mare:  e  solo  esiste  sensibile  senza  vento  0  con  vento  leggiero  dove 
lo  svolgimento  inferiore  0  laterale  di  essa  trova  inciampo,  a  qualunque  distanza 
dal  lido.  Per  questi  e  per  gli  altri  non  pochi  fenomeni  sviluppati  dall'onda  mi 
trovo  0  in  una  parte  0  nell'altra  d'accordo  con  lutti,  ma  col  solo  Leonardo  posso 
credermi  in  accordo  dovunque. 

A  questo  studio  e  alle  mie  dimostrazioni  ho  guadagnato  l'assentimento  di  ta- 
luni chiari  ingegni  e  la  onorevole  controversia  con  uno  non  meno  chiaro:  quindi 
confido  che  la  materia  sarà  in  seguito  meglio  studiata  ed  ognor  più  dimostrata  (1). 

II. 

Dal  num.  212  al  num.  416. 

I.  Tocco  di  volo  il  movimento  delle  molecole  nella  massa  ondeggiante  ,  perchè 
credo  che  una  compita  teorica  ed  una  sufficiente  esperienza  ci  mancano,  e  perché 
mio  precipuo  scopo  è  l'investigazione  sul  complesso  del  moto  ondoso  e  sugli  ef- 
fetti di  esso  in  tutto  ciò  che  immediatamente  si  riferisce  alla  pratica  ne' confini 
della  nautica  e  dell'idraulica,  non  esclusa  in  parte  la  geologìa. 

II.  Accenno  V  erroneo  principio  da  cui  sono  dedotti  i  fenomeni  delle  onde-  dico 
che  il  mare,  la  meditazione  su  quanto  in  esso  si  vede,  lo  studio  delle  opere  di 
osservatori  marini,  idrografi,  geologi,  idraulici  e  fisici,  per  mezzo  dell'analisi  di 
fatti  congiunti  ai  fenomeni  naturali,  e  per  mezzo  di  sapiente  sintesi,  nella  quale 
1  diversi  ordini  di  fatti  sieno  aggruppati,  devono  mostrare  il  vero,  dietro  le  cui 
tracce  mi  mossi,  come  meglio  seppi  e  potei.  Tuttavìa  non  escludo  che  dai  feno- 
meni desunti  in  canali  artefatti  non  possa  aversi  un  qualche  lume. 

III.  Definisco  Vanda  in  alto  mare  ed  accenno  a  due  casi  importanti  intorno  all'es- 
senza del  moto  di  essa;  quanto  alla  definizione  convengo  che  nell'onda  senza  vento 
possa  ritenersi  che  la  massa  dell'acqua  non  abbia  moto  sensibile  di  trasporto- 
e  quanto  ai  due  casi,  essi  sono:  il  moto  notabile  di  trasporto  nell'onda  durante 
la  tempesta  in  alto  mare;  e  questo  moto  con  venti  forti,  moderati,  ed  anche 
senza  vento,  ma  presso  il  lido:  il  qual  tema  viene  sviluppato  dopo  premessa 
una  lunga  serie  di  fatti. 

IV.  E  però  entro  prima  nelle  osservazioni  generali  sugli  effetti  del  vento  in  mare 
ed  esuberantemente  con  prove  di  fatto  e  di  autorità  dimostro  che  il  vento  deve' 
quasi  sarei  per  dire,  incarnarsi  nell'acqua,  che  prende  forma  di  onda  e  ficcar- 
gli dentro,  inciderla,  e  menarla  per  urto,  attrito  e  fregamene  a  defluire  nei 
verso  della  propagazione  di  questa. 

V.  Passo  agli  effetti  del  vento  ne*  tempi  ordinari  contro  le  correnti;  e  molte  prove 
mi  conducono  a  dimostrare  il  grande  valore  che  ha  la  forza  di  quello  al  contatto 


336  RIVISTA  DI  GIORNALI 

delle  acque  fino  a  deviare  le  correnti  costanti,  che  come  vasti  fiumi  scorrono  la 
superficie  dei  mari,  ed  anche  a  farle  retrocedere. 

VI.  Proseguo  sullo  stesso  tema ,  mostrando  i  contrasti  di  correnti  tra  correnti  a 
grande  profondità  di  acqua  ; 

VII.  Gli  effetti  delle  onde  contro  le  correnti  e  viceversa; 
Vili.  Il  contrasto  di  onde  tra  onde; 

IX.  E  da  tutto  ciò  ricavo,  come  risultamento  : 

Che  il  vento  e  la  corrente,  come  masse  di  molecole  in  movimento,  nel  loro 
scontro  producono  urto,  deviamento  ed  anche  retrocessione  della  massa  più  debole. 

Che  rincontro  di  due  correnti  per  la  stessa  causa  produce  gli  stessi  effetti. 

Che  l'incontro  del  moto  ondoso  animato  dal  vento  con  quello  di  una  cor- 
rente, per  la  identica  ragione  dà  eguali  risultamenti. 

Che  l'incontro  di  due  vivaci  moti  ondosi  sviluppa  i  medesimi  fenomeni.  E 
perché  essi  accadano  è  necessario  che  due  linee  d'acqua  s'incontrino;  e  siccome 
nell'incontro  ciascuna  rimbalza  indietro  (o  si  rompono),  così,  in  questo  caso, 
mai  V  un'  onda  penetra  l'altra,  ma  solo  si  riflettono  dal  luogo  delle  loro  percussioni 
(Leonardo). 

Quindi  è  duopo  concludere  che  le  onde  spinte  da  forte  vento,  hanno  moto 
di  notabile  trasporto  di  massa;  perchè  in  virtù  dell'azione  del  vento  debbono 
essere  onde  di  moto  necessariamente  composto,  cioè  fluttocorrente  e  non  onde  di 
semplice  moto  oscillatore,  il  solo  posto  a  calcolo  nella  più  usata  teorica. 

X.  Mi  fermo  poscia  a  parlare  dell'azione  del  vento  nelle  grandi  tempeste  sulla 
superficie  del  m,are ,  avvertendo  tra  le  altre  cose  come  oggi  si  dirigge  lo  studio 
sul  moto  ondoso,  e  su  quello  delle  correnti  ordinarie  e  straordinarie  in  tale  cir- 
costanza ;  giacché  da  quest'  azione  si  può  dedurre  indizio  più  sollecito  e  più 
sicuro  A'  ogni  altro  sulla  genesi ,  sulla  forza  e  sullo  svolgimento  di  una  tem- 
pesta, benché  molto  lontana.  Studio  che  sarà  pur  esso  non  poco  utile  alla  na- 
vigazione. 

XI.  Osservo  la  potenza  delle  onde  contro  i  bastimenti  in  navigazione,  e 

XII.  Termino  col  notare  gli  effetti  del  vento  contro  le  rive  nei  casi  non  ordinari. 
Da  queste  ultime  osservazioni  risultano  fenomeni  ben  potenti  e  talvolta  sì  stra- 
vaganti da  superare  la  previdenza  e  la  imaginazione  umana. 

III. 

Dal  num.  416  al  num.  1022. 

I.  Esaminate  le  diverse  osservazioni  fatte  sulP  altezza 3  lunghezza  e  velocità  delle 
onde  nell'Oceano,  rilevo  i  vuoti  lasciati  dagli  osservatori;  dal  che  restano  quasi 
sempre  incompleti  gli  estremi  che  abbisognano  per  cavar  profitto  dallo  studio  di 
queste  tre  visibili  misure  delle  onde. 

II.  Cerco  le  stesse  misure  nel  Mediterraneo,  ma  trovo  maggiore  imperfezione:  af- 
faccio quindi  la  speranza  che  nuove  osservazioni  o  più  diligente  compilatore 
possa  riempire  questo  vuoto,  notando  io  frattanto  quanto  abbisogna,  perchè  gli 
elementi  da  desumersi  dall'esperienza  sieno  portati  al  completo.  A  facilitare  poi 
il  giudizio  intorno  al  difetto  delle  osservazioni  fin  qui  fatte,  serve  la  presente 
Tavola,  che  porta  appunto  i  dati  principali  ed  incompleti  raccolti  dagli  osserva- 
lori  da  me  consultati. 


E  NOTIZIE  VARIE 


337 


TATOU  M"E  A"«™,  ^GHEME  E  OOCITA   iBu,fm 


NOMI  DEGLI  OSSERVATORI 


NELL'  OCEANO 

De  Goimpy  (424) 

De  la  Coudraye  (424/ 

D'Urville  (428)  .    .         

De  Humboldt  (431) 
Marescot  e  Gourdin  (431) 
Geryaize  e  Dumoulin  (431)     .' 
Wilkes  (435  e  436).  ;         *    ' 

Vìonnois  (437) 

Ufficiali  dell'Incostante  (439)  '    '    ' 
De  Tessan  (440)  ;  '     '     ' 

Wollaston  (442) .  '    * 

Thomson  (443)   .  '    '    * 

Tate  (444)  ...    ! 

Argonauta  (448) 

Pentland  (451)  

Back  (452)      ..." 

Andew.  Lang  (453) 

wZ0eUr1Ì(463D)emaS  *  ^MÙtf 

Ross  (471)  ...     ! 

Missiessy  (473)    . 

Nautical  Ma  gazine  (476) 

Scoresby  (482  e  485) 
gialdi  (489)    ....*'''' 
Fleariot  de  Langle  (495*e  496)  ' 
Figuier  (498).    .    .  ;  *    *    ' 

De  Wùllerstorf-Urbair  (499)  '  '  ' 
Fitz  Roy  (503)  ...  ;  "  "  è  ' 
I  Compilatori  della  Guide  du  Mann  (504) 

NEL  MEDITERRANEO 

Marsigli  (508)     .... 
De  Tessan  e  Bérard  (509)  '. 

Reibell  (510)  .    .  *    '  " 

Minard  (511)  .    .     •             •  •    •  . 

Frissard  (512)     .  *  * 

Smyth  (513)    .    .         '  '    *  ' 


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61m,  72 
40 


50 

75 


100 


48 


338  RIVISTA  DI  GIORNALI 

III.  Per  notizie  tolte  da  coscienziosi  idrografi  e  marini,  i  quali  registravano  fatti 
che  sotto  i  loro  occhi  si  manifestavano  per  norma  dei  naviganti,  noto  che  le  onde 
si  mostrano  frante  alla  superficie  dell'Oceano  ove  il  fondo  dell'acqua  è  puranche 
a  cinquanta  metri;  dal  che  deduco  che  le  onde  urtano  colla  loro  base  in  osta- 
coli posti  sottacqua  a  quella  distanza  con  impelo  tale  da  spezzarsi  in  modo  vi- 
sibile e  con  violenza  alla  superfìcie.  Infrangimene  che  non  accade  alta  medesima 
onda  nelle  stesse  circostanze  di  tempo,  a  destra  o  a  sinistra  dell'ostacolo  se  la 
profondila  del  mare  è  quivi  maggiore.  Fatto  che  conferma  il  bisogno  di  percossa 
o  di  molta  resistenza  per  produrre  r  effetto  dell' infrangimento:  senza  vento  deve 
urtare  con  moltissima  forza  o  deve  essere  l'ostacolo  molto  rilevato  sul  fondo  per 
ispezzarsi  alla  superficie. 

IV.  In  pari  modo  dalle  stesse  fonti  vengo  in  cognizione,  che  nel  Mediterraneo 
nell'Adriatico  e  nel  mar  della  Manica  lo  stesso  fenomeno  dell' infrangimento  delle 
onde  accade  fino  dove  la  profondità  è  di  trenta  metri;  e  ne  concludo  egualmente 
che  quello  è  l'effetto  di  un  urto  potente  contro  ostacoli  che  si  oppongono  già, 
in  quella  profondità,  al  completo  sviluppamento  inferiore  delle  onde. 

V.  Con  la  norma  sempre  di  semplici  e  chiari  fatti,  passo  a  vedere  a  qual  pro- 
fondità giunge  l'azione  dell'onde,  senza  che  esse  si  mostrino  frante  alla  superficie  del- 
l'Oceano,  e  trovo  che  si  arriva  a  dugento  metri,  e  sull'analisi  dei  fatti  medesimi 
per  induzione  deduco  che  questa  profondità  deve  essere  di  molto  oltrepassata. 

VI.  Sulla  scorta  parimenti  delle  stesse  testimonianze,  registro  eguale  fenomeno 
nel  Mediterraneo  e  desumo  che  la  profondità,  in  cui  le  onde  inciampano  e  si  mo- 
strano alterate,  senza  frangersi,  nel  loro  normale  andamento,  arriva  fino  a  cin- 
quanta metri  dalla  superficie ,  non  esclusa  una  maggiore  profondità  a  noi  inav- 
vertita. Quindi  da  queste  quattro  categorie  risulta  il  fatto,  che  la  rena  nelle 
tempeste  ordinarie  è  sconvolta  e  mostrata  a  noi  coli'  intorbidamento  del  colore 
dell'acqua,  in  profondità  di  trenta  a  quaranta  metri  nella  Manica  e  nell'Adria- 
tico; di  quaranta  a  cinquanta  nel  Mediterraneo,  e  di  cencinquanta  a  dugento 
nell'aperto  Oceano. 

Che  al  disotto  di  otto  metri  1'  agitazione  del  mare  non  esiga  più  una  costru- 
zione di  grossi  blocchi  per  resistere  e  restare  immobile,  come  avverte  il  Pareto , 
io  ne  convengo;  ma  se  trattasi  di  piccoli  scogli,  di  ciottoloni,  di  ciottoli,  di  ghiaje, 
di  sabbie  e  di  fango,  bisogna  scendere  nei  nostri  mari  mediterranei  e  nel  mar 
Manica  due,  tre,  quattro,  cinque,  sei  volte  tanto,  e  più  ancora,  perchè  il  maroso 
non  si  franga  nella  parte  inferiore  e  non  muova  e  trasporti  questi  materiali. 
Questa  graduazione,  poco  chiarita  fin  qui,  merita  speciale  considerazione,  e  porrà 
d'accordo  più  disconsenzienti. 

VII.  Dopo  aver  fatto  precedere  una  serie  di  fatti  che  dimostrano  gli  effetti  della 
potenza  del  moto  ondoso  neW  Oceano  contro  le  rive  e  contro  i  manufatti  nei  casi 
ordinarli,  riferisco  i  dati  che  sono  stati  raccolti  sulla  esperienza  per  apprezzare 
l'azione  delle  onde  in  più  punti  dell'Oceano.  Da  essi  risulta  che  la  potenza  di 
un'  onda  può  sorpassare  30  tonnellate,  equivalente  a  30,000  chilogrammi  per  metro 
quadrato.  Avverto  la  grande  incertezza  in  cui  essi  dati  sono  avvolti ,  e  la  gran 
differenza  che  passar  deve  tra  i  valori  secondo  le  diverse  forme  date  alle  pareti 
dei  moli. 

Vili.  La  potenza  delle  onde  nel  Mediterraneo,  in  dati  numerici  calcolata  al  molo  di 
Algeri,  porta  che  l'azione  del  flutto  è  superiore  a  3500  chilogrammi;  in  Civita- 
vecchia lJho  trovata  oltre  i  16000  chilogrammi  per  metro  quadrato.  Lo  stesso  può 


E    NOTIZIE    VARIE  ggg 


dirsi  per  I  Adriatico ,  non  che  per  più  punti  nel  mare  della  Manica   che  ner   , 
suo.  ristretti  confili,  in  larghezza  ed  in  profondità  deve  con  questo  assimilarsi    1) 
-  Per  avere  una  spiegazione   razionale   degli    effetti    meccanici,  prodoti   dalla 
pei    d  rd^  reTsCa0nnn:,,OStaCOlÌ',h0  ^  C°"SÌgliat°  d'  con.ulUre7c.leo    sv up. 
Appendice  -  *  ^  <Mh   d°"a  MrU*a"    «ui    Pubblicat«    «» 

IX  In  queste  investigazioni  mi  sono  dedicato  pure  alla  ricerca  del  tempo  che  le 
onde  ,n  una  data  profondità  mettono  ad  effettuare  un  determinato  lavor •  ner 
buona  sorte  ho  potuto  rinnire  molti  dati  che  gettano  bastante  lume  a,  c'he'n 
questa  parte  importante  della  questione.  Più   specialmente  mi    è   stata   ut  le   la 

Zo  ifcrapoUP;reenn°pdeglÌ  T"  C°ntenUU  "^  '"**   la  ^affonda 
presso  il  capo  Fno,  e  per  essa  ho  potuto  con  maggior  precisione  porre  sotto  Ili 
occhi  de.  lettore  il  rito*»*  tooro  di  distmzione  fM  tLpQmcluoZ%!no 
capaci  di  fare  in  tempo  ben  limitato  anche  alla  profondità  di  ven  idu    metri  e  M 
ed  anche  alla  d.stanza  di  circa  HO  metri  dalla  battigia  del  mare  nel       inea   di' 
traversia.  Questa  indagine  mi  ha  dato  luogo  a  notar  pure  che  1'  uso   del  e    cam 
pane  da  palombaro  è  utile  solo  con  calma  di  mare:   con  mare  i tempesta  non 
Io  riesce  inutile,  ma  può  divenire  dannoso  quand'anche  si  scenda   To  ondila 
di  venti  e  p,u  metri.  Il  che  dà  un'ulteriore  prova  che  il  moto  ondoso  si  comunica 

X p Hi  T0mtà  bn   m8ggÌOrÌ  di  qU6lle  che  si  so«°  ammesse V„qir 

X.  Passo  alla  risacca.  Questo  fenomeno  importante  soecialmemP  J'.r 

riuscita  de'porti,  poco  studiato  fin  qui  in  ra  ione  Si  Z Ti  e  Uà"  ha  chi  Z 
la  mia  attenz.one;  ed  ho  creduto  bene  di  dividerlo  in  due  tito  i 

Risacca  della  superficie; 

Risacca  del  fondo. 

E  per  l'uno  e  per  l'altro,  cito  gli  esempì  de' loro  incomodi  e  dannosi  effetti 

XI.  Nel  raccogliere  ,  differenti  fenomeni  del  moto  ondoso,   alcun    di  essi       i 
non  convenire  di  ordinare,  sotto  le  categorie  speciali  già   ci  ate     e   siccome   én 

h'ess,  non  mancano  d'importanza,  così  sotto  un  solo  artico^ Tintilo a TllJZ 
fenomeni  del  moto  ondoso  in  circostanze  speciali,  volli  riunire  de^ì  esempi  di 

esse  prodoT*  mnt0'  nd  ^^  deUe  qUaU  "'  -rÌflc3D0  "A   Seti   da 

Onde  sottomarine,   stantechè   non  è  sempre  necessario  che  il   mare  sia  ,11, 

superficie  ondulato  per  produrre  fenomeni   taporlnuilifi^^^^ 

si  ilTJ/T'  ?  mSt°  erPr°f0nd0  mare>  Per  Provare  clie  l»  «Ho  e  libero  mare 
runTZ  ?  S  SThludine  di  quello  che  avviene  in  fondo   limitato    ?  r 

fortuna  questo  poderoso  fenomeno  in  grandi   profondità   accade   raramente'    or 

ÌSiSZ-  TPerSÌ,e  Via^™  della  cresta  soltanto  dell'  2 X  e  di 
Piccoli  flutti  che  intaccano  la  superficie  totale  dell'onda  s lessa. 

eh,  t^Jx^t-zzT* deiu  mde  per  ^  *-*  f~ 

le  mnlaZl,       1         i        he  ha  ]1  vent0  nel  metle''e  in  moto  di  propagazione 

inS:ne,r;rseaanChe  "  """  "**  ed  ™  »  ^esistente, U£S 

Calorico  sviluppato  dal  marejer  effetto  del  moto  ondoso,   sul   qua.   fenomeno 

fmZtTrzìf  d.i^Tc^r'0  l,',o,o• ,egga  ,a  unera  m  cìmì  •■  *  *■*« 


340  RIVISTA  DI   GIORNALI 

non  sembra  oggi  potersi  più  dubitare  per  le  esperienze  dirette  che  ne  hanno 

reso  ragione.  .  ,  .  . 

Fenomeno  del  vento,  che  non  so  spiegare:  ma  notato  da  autorità  ìneccezionabili 
merita  1'  attenzione  dei  fisici,  ed  essi  me  ne  daranno  la  spiegazione. 

Facilità  con  cui  si  modera  il  mare  arruffato  e  la  veemenza  della  cresta  delle 
onde:  oltre  all'olio,  la  riunione  di  più  travi  in  graticolato  o  frangionda  galleg- 
gianti che  possono  chiamarsi  mezzi  artificiali ,  ve  ne  sono  pure  alcuni  altri  na- 
turali,' come  la  costituzione  e  forma  dei  fondo  del  mare,  non  che  le  alghe. 

Eccezioni  all'effetto  della  pioggia  sulle  onde;  come  ho  avuto  occasione  di  pro- 
vare che  la  pioggia  ammansisce  la  furia  delle  onde,  così  mi  è  occorso  notare  che 
ciò  non  è  sempre  vero. 

XII  Passo  ad  alcune  considerazioni  generali,  che  servono  come  avvertimenti:  1.  per 
facilitare  il  modo  di  sorprendere  la  natura  delle  onde  nel  momento  della  loro 
azione  sul  fondo  del  mare;  2.°  per  giovare  alla  geologia,  alla  nautica,  ed  alla 
idraulica,  seguitare  a  studiare,  oltre  quanto  ho  io  potuto  fare,  a  qual  profondità 
massima  può  giungere  l'agitazione  de' marosi  negli  straordinari  fortunali;  qual 
sia  l'azione  massima  di  trasporto  di  essi  e  quali  le  direzioni  loro  più  special- 
mente battute  relativamente  a  quelle  dei  littorali. 

Dico  poi  che  per  stabilire  il  limite  della  profondità  tra  il  fondo  sedimentoso 
e  quello  vergine,  è  stato  necessario  formare  uno  studio  sull'estensione  e  giacitura 
della  ghirlanda  dei  terreni  avventizi;  e  da  esso  mi  sono  convinto  che  l'azione 
sensibile  dell'onda  si  limita  a  circa  300  metri  nell'Oceano,  e  che  oltre  questo  li- 
mite il  moto  suddetto  non  offre  valore  attivo  per  le  opere  idrauliche  e  per 
F  esercizio  della  navigazione.  Lo  stesso  dico  pel  Mediterraneo  limitando  la  pro- 
fondità a  ISO  metri. 

XIII.  Il  fatto  delle  ghirlande  di  terreni  avventizi  conduce  a  credere  che  le  onde 
in  profondità  di  200  metri  nell'Oceano  e  in  80  nel  Mediterraneo  non  solo  va- 
gliano le  materie,  di  cui  sono  costituiti  quei  terreni,  ma  le  triturano  ancora. 
D  XIV  II  coloramento  dell'acqua  non  sembrerebbe  a  prima  giunta  argomento  di 
questi  miei  studi;  ma  siccome  molte  possono  essere  le  vie  che  conducono  alla 
verità  così  io  per  esso,  percorrendo  due  vie  non  battute  ancora  per  giungere 
alla  mia  mèta,  quella  tracciata  dalla  distribuzione  della  vita  vegetale  e  quella 
additata  dalle  leggi  dell'ottica,  son  giunto  a  confermare  che  le  onde  agiscono  po- 
tentemente a  grandi  profondità.  A  questa  ricerca  di  non  lieve  sussidio  mi  sono 
stale  le  esperienze  sulla  trasparenza  del  mare  dal  Secchi  e  da  me  eseguite  sotto 

la  sua  dotta  direzione.  , 

Ed  anche  per  mezzo  del  coloramento  dell'acqua  sono  giunto  ad  appuntellare 
il  mio  tema  e  dedurre  con  sicurezza  la  conclusione,  che  l'acqua  colorata  alla  su- 
perficie del  mare  sul  banco  de\Y  Agullas  (presso  il  capo  Buonasperanza)  posto 
in  200  metri  di  profondità,  non  può  essere  un  effetto  di  ottica;  1  intorbida- 
mento è  proprio  delle  materie  del  fondo,  e  si  mostra  a  noi  per  effetto  di  quella 
medesima  causa  che  ci  fa  vedere  e  sentire  quei  movimenti  particolari  alla  super- 
ficie quando  le  onde  urtano  o  premono  nel  fondo. 

IY. 
Dal  num.  1022  al  1233. 
I    Tra  gì' importanti  casi  della  navigazione   prendo  a  svolgere  i  due  principalis- 
simi  intorno  alla  essenza  del  moto  dell'onda:  il  primo  è  il  tluttocorrente  al  largo, 


E   NOTIZIE   VARIE  g^j 

parte  principale  dell'errore  del  punto  di  stima  in  alto  mare;  il  secondo  è  il  flut- 
tocorrente  a  terra ,  causa  principale  che  violentemente  mena  a  ruina  il  bai", 
mente  sul  lido.  Nell'entrare  in  aringo  intorno  al  primo  caso  dimostro  il  difet- 

TnlTf0  '"  US,°  Per  C°ndUrre  ìl  PUnt°  di  Stima  e  «*««  non  meno  difettoso  per 
trovar  le  correnti  in  navigazione.  Noto  anche  il  difetto  che  accompagna  'uso  delle 
bottighe  lasciate  in  balìa  del  mare  per  determinare  le  correnti 

II.  A  sviluppare  queste  mie  proposizioni  comincio  dalla  storia  degli  studi  sul 
trasporto  causato  dal  moto  ondoso,  passando  in  rivista  da  Leonardo  in  p Santo 
si  scrisse  sul  moto  di  trasporto  delle  onde  in  alto  e  libero  mare,  mostrando  l'in! 
efficacia  dei  mez„  adoperati  fin  qui  per  correggere  il  punto  di  stima  ed  i  gr  vi 
inconvenienti  e  danni  che  accadono  per  tale  inefficacia 

III.  In  questo  stato  di  cose,  per  provare  le  indicate  proposizioni,  ho  creduto 
riunire  le   notabilissime  differenze  accadute  fra  il  punto  stimato  e  ^osservai 

in  aito  ZZ  T  a  "°tare  traSp0rtì  mmifesti  Prod0^  dall'azione  del  moto  ondoso 
in  alto  mare,  e  numerosi  casi  ne  appalesano  l' evidenza 

,n™  acf 'scere  semPre  Più  il  ™>ore  di  questa  mia  dimostrazione,  aggiungo 
con  nuovi  fatu  e  nuovi  argomenti  in  appoggio  al  già  detto,  le  ricerche  e  l'an  oSfà 
del  be„emento  Maury,  al  quale  non  sono  sfuggiti  i  trasporti  suddetti;  ma  sono  stati 

op  1S72 ^o  leaUrÌbUÌ,Ì  '  °aUSa  dÌV6rSa  da  qU6lla  Che  "^dedotto" 

VI   n  ,         !  POSSOn°  SUSSÌStere  e  forse  coadiuvarsi  negli  effetti  (li 

VI  Dopo  aver  veduto  chi  da  Leonardo  in  poi  ha   scòrto   un   lai  moto   di  tra 

sporto,  trovai  che  alcuni  nel  tempo  e  net  valore  di  esso  oltreLs  v^no  il  1  m   e 

ove  io  mi  fermava,  e  che  altri  si  arrestavano  prima  di  me;  perché  "°d  ipuT  la 

U  Fisica  del  globo  e  la  Nautica  potevano  IZìf  '   '  de"°  d'e  di  ri,lcontro  a  1ueste 

che  tutte  1.  scienze  e  ^T^^^M^^^^^  n^ 
menti;  e  che  sei  lavori  di  un  ordine  superiore  erano  Iti  ÌL  concl»rse™  a  odiarne  gii  eie- 

qualche  particolarità  più  confacente  Sl         1Z»       1       7°  T"""  '    **' ^    ^   ^^ 
esprime,  raffrontando  quello  del  Caldi  a  ane.lom  M  ,'.     ?!       SeS,°'  C'°è  a»  ultì"">.  «<=co  come  si 

«  L'ultimo  lavoro,  e  uno  de  più  ^  re,sa„t    al      navi  7  '^  "'  a"alÌZZat°  peI  SeCOnd°  : 

«  Cialdi  sul  molo  ondoso  del  Zar  ( 8 ti  uaIe 7  ?"?  ■  /u*  M  C°m™«da^  Alessandro 
-  parere  lusinghiero,  tanto  più  <,no^\^tor«JZT*n-  *  Pan'gÌ   ha  da,°  U" 

«  assai  stimato  del  s  gnor  OstroerandTv  ,,?;  c°"c'»ad.no,  ra  quanto  che  il  paragone  col  lavoro 

«  n  moto  ondoso  de!  mare  si  Toc a  p7r tZl^^^  ""'  *'  "?  aCCreSCh"°  nmP°rtanZa- 
«  aventi  e  sulle  correnti  del  Maury     la  quale  n^icev    Z  •  "  *"  *""   "'  IaV°r°  '    a"' °pera 

«  del  mare  rivela  in  gran  parte  quel  vago Tnctni.n  •        1  n°  compiment0'   Chè  ■  "">*»  "«««so 

«  Maury.  Infetti  lo  studio  delle  co  „t  ?  „  "  f , eia  S""  ?  *""'  a"e  ^  SlaMÌte  dal 
«  quanto  alla  loro  velocità  e  alla  loro  d'irez ione     Anch'      '  *  T   ^^  *"Iche  ÌnCerteZZa  •   iu 

.  mento  più  perfetto  del  look,  e,  S-^^^T^  "  "f832'0""  ad0Ua,°  ""  ÌStrU- 
«  sporto  prodotto  da' flutti,  ogge «o  speciale  de*  s ,T  ,'  .  T  "  te"*  C°nt°  reg0,are  deI  in' 
«  distinto  i  movimenti  di  t'raslLione'de,  e  ma 2 ,  £ i*!^  °r°    *  "^  "  C''alui'  "  Prim°  ha 

«  de' movimenti  parziali  e  variabili  in  direzione  .  ?»  t  ,      „  ""  °rd'"arÌe ''  P°iChè  '  prlmi   601"> 

«  al  mare  non  avendo  direzione  det  "mi  ata da  una  d  ,  ' ,  v  T *"°  °  mSCOn°  Sempre  id  mezz0 
«le  correnti  ordinarie.  Questo  è  e 2  n  cognita  1  IV,  *""""!  ""  ^  "'  PUn"  "SSÌ>  COme  s0"° 
«  «avi,  a  malgrado  delFa  scienza  le  a  p  fi"  che  t tTu  V  T ^Tf  °  '  ^  «•«"'«'-  Ie 
■  Presti  per  correggere  gli  errori  di  £*££A ^^^^J^* ^ 


342  RIVISTA  DI   GIORNALI 

VII.  Sebbene  io  abbia  posto  che  siavi  al  largo  il  flutlocorrente  e  questo  formi  il 
primo  caso  da  me  preso  ad  esame,  purtuttavia ,  quando  il  vento  non  esiste  o 
soffia  con  forza  moderata,  il  fluttocorrente  non  si  appalesa,  ossia  la  sua  azione 
sul  cammino  del  bastimento  è  così  poco  sensibile  che  può  trascurarsi  nell'uso 
della  navigazione,  senza  temerne  sinistri.  Con  ciò  non  ho  inteso  che  sia  escluso 
in  modo  assoluto  qualunque  moto  nella  massa  delle  onde.  La  sopra  indicata  di- 
chiarazione forma  il  soggetto  delle  eccezioni  al  primo  caso. 

Vili.  Prima  di  entrare  nella  discussione  del  secondo  caso  ho  creduto  bene  di  trat- 
teggiare sommariamente  la  formazione  deWonda  e  la  fine  di  essa.  Più  autori  hanno 
scritto  sulla  genesi  e  sviluppamene  dell'onda  nel  mare  prodotta  dal  vento;  ma 
niuno  a  parer  mio  con  tanta  chiarezza  e  verità  quanto  il  de  Tessan,  quindi  per 
non  incorrere  la  taccia  di  plagiario,  onorando  il  merito  dell'illustre  scrittore  , 
riporto  le  sue  parole.  Relativamente  poi  alla  fine  dell'onda,  mi  son  provato  io 
stesso  a  descriverla  nel  modo  più  chiaro  e  vero,  per  mostrare  lo  sviluppamento 
dell'altro  fenomeno  che  appartiene  al  secondo  caso,  di  cui  le  prove  sono  raccolte 
nell'articolo  seguente  (1). 

IX.  Quest'importante  argomento  è  trattato  da  me  separatamente.  Classifico  prima 
i  fatti  registrati  nell'Oceano  dai  navigatori  che  lo  percorsero;  e  da  essi  desumo 
i  trasporti  manifesti  causati  dal  moto  ondoso   neW  approssimarsi  ai  littorah  deh 

¥  Oceano. 

X.  In  secondo  luogo  riunisco  i  fatti  che  ugualmente  additano  i  trasporti  ma- 
nifesti causati  dallo  stesso  moto  ondoso  quando  si  avvicina  ai  littorali  del  Medi- 
terraneo. 

Una  serie  di  fatti  analoghi  dei  trasporti  causati  dal  moto  ondoso  essendo  co- 
muni all'uno  o  all'altro  mare  ho  creduto  di  farne  rassegna  particolare  sotto  il 
titolo  di:  Osservazioni  e  nuove  prove' delle  cose  dette  nei  due  antecedenti  articoli: 
comuni  air  Oceano  ed  al  Mediterraneo. 

XI.  Da  tutta  questa  dimostrazione  non  che  dalle  antecedenti  dove  ho  parlato 
dell'ignoto  moto  di  trasporto  straordinario  cui  soggiacciono  i  bastimenti,  mal- 
grado la  scienza  e  l'esperienza  di  chi  li  dirige,  e  dopo  l'esposizione  dell'insuffi- 
cienza dei  mezzi  proposti  per  correggere  il  veduto  errore  di  stima;  provato  i  gravi 
danni  che  l'umanità,  il  commercio  e  lo  stato  risentono  da  questo  errore,  vengo 
al  particolareggiato  risultamelo  da  cui  manifestasi  il  bisogno  di  compilare  delie- 
tavole  di  correzione  per  il  trasporto  causato  dalle  onde  ;  e  rendo  ragione  dell'  im- 

k  mercio.  «  L'erreur  d'estime,  diceva  Arago  ,  est  la  cause  principale  des  naufrages.  »  Ed  il  Cìaldì  n<3 
«  dà  la  prova  de' fatti:  1.°  che  nella  marina  inglese  si  perdono  in  media  500  bastimenti  l'anno  (tre  in 
«  ogni  due  giorni  [a));  2.°  Da  Dunkerque  fino  a  Saint-Jean  de  Luz  si  perdono  in  media  88  bastimenti 
«  per  anno.  Due  cose  rivela  questa  elaborata  opera  del  Cialdi,  la  prima  i  pericoli  che  si  corrono  nelle 
«lunghe  navigazioni,  per,  mancanza  di  conoscere  i  movimenti  dell'acqua,  e  ciò  indipendentemente 
«  dalle  correnti  ;  la  seconda  che  di  questi  studi  egli  il  primo  si  è  occupato  di  proposito  nell'opera  sul 
«  moto  ondoso  del  mare,  frutto  di  tante  navigazioni  eseguite  nel  non  breve  periodo  di  U  anni ,  e  di 
«  tanti  studi  ». 
(a)  Osserva  l'illustre  mio  amico  il  commendatore  Cialdi  che  il  risultamento  statistico  di  Arago  trovasi 

miragliato  Inglese,  ed  inserita  nel  Report  from  the  select  committee  on  Harbours  of  tefuge. 

Nota  di  F.  De  Luca. 

(1)  Una  simile  descrizione  della  fine  dell'onda  si  trova  anche  nel  nostro  Giornale  nella  citata  Memoria, 
Anno  IX,  dalla  pag.  165  alla  169. 


! 


343 


E  NOTIZIE  VARIE 

possibilità  di  potere  da  me  solo  convenientemente  eseguire  un  tal  lavoro  Dico 
pure  che  l  effettuazione  della  mia  proposta  farà  sparire  gran  numero  di  quei 
secondari  corsi  di  acqua,  di  cui  oggi  sono  irrigate  le  Cartecorrenti 


V. 

Dal  num.  1233  al  1602. 


e 


I.  Il  fatto  della  esistenza,  dell'importanza  e  dello  studio  delle  correnti  ordinarie 
per  quanto  spetta  alla  navigazione  ha  grandemente  progredito  con  i  vasti  lavori 
ie  Maury  e  di  altri  che  se  ne  occuparono  ex  professo.  Nel  confessare  che  io 
nulla  ho  potuto  in  ciò  aggiungere  di  nuovo,  mi  sono  ristretto  ad  accennarli  e 
dare  il  risultamento  delle  ricerche  altrui  fatte  su  di  esse.  Ma  per  l' idraulica  ho 
scorto  che  .mportanti  fenomeni  restavano  tuttavia  a  dilucidarsi.  E  però  mi  feci 
ad  esporre,  quel  che  io  ne  pensava  intorno  all'influenza  che  le  correnti  ordinarie 
^costanti   possono   esercitare   nella   ostruzione   dei   porti   e   negl'interrimenti 

cil  il"  ^teSÌ°V,T  degH  ÌdraU,ÌCÌ;  e  fra  questi  l  Più  celebri>  hann°  trac- 
cialo ,  sistema  del  Montanari,  il  quale  consiste  Dell'appropriare  alla  corrente  lit- 
orale la  d.rezione  delle  foci  dei  fiumi,  la  ostruzione  delle  bocche  dei  porti  il 
riempimento  dei  seni,  la  corrosione  ed  il  protendimene  delle  spiagge:  in    una 

i'fl  tti  T  '  TaSP°rtHe  h  sistemazione  dei  materiali  lungo  i  ìidf  lasciando 
a  flutti  ,1  so  o  lavoro  d.  sospenderli.  Invece,  dalle  ricerche  da  me  fatte  per  ista- 
bilire  da  quali  agenti  s.eno  assaliti  ed  interriti  i  porti  ed  a  chi  si  debba  l'au- 
mento e  la  d,m,nuzione  dei  lidi,  risulla  che  principalmente  dai  flutti  e  dod  dalle 
corrent.  liltorali,  tali  fenomeni  provengono 

n/i'mS!''0063110  "  movimento  Più  regolare  e  maestoso  è  quello  delle  maree. 
Nel  Meduerraneo  quantunque  vi  esista,  pure,  in  generale,  di  poco  o  niun  valore 
può  ritener»,  lo  studio  di  tal  fenomeno  pel  nostro  soggetto.  Per  incidente  atto 
ulla  cogmzione  che  avevasi  della  causa  di  questo  fenomeno  nel  Med er  meo 
fin  da,  remoti  temp,.  E  termino  quest'articolo  col  dire  che  tal  fenomeno  é  reso 

IV  TmZ  ÌZrlT  "  POr"''  ™  qUe"°  Cbe  dÌ  S"a  "atUra  sia  ad  essi  nocivo 
nome    i     ,n  '  °  ";0n'eDte  medUerranea  conosciuta   dagl'idraulici  sotto  il 

nome  d,  hllorale  o  di  radente,  gira  intorno  ai  nostri  mari  colla  semplice  forza 
nel  '  Adnat,co  di  tre  o  qualtro  miglia  ogni  ventiquattr'ore,  e  nel  r,m     eie  del 
Med.terraneo  ,n  media  dodici  miglia  nello  stesso  periodo  di  tempo.  Il   (  Ione   d 
essa  s.  manifesta   generalmente,  a  circa  tre  miglia  lontano  dai  lidi. 

V.  Ciò  posto,  ed  indagata  la  forza  necessaria  ad  una   corrente   per   {smuovere  e 

n SrTnchf S'ol1"081"  Tir"0  PÌÙ  6VÌdente  '^ficacildeZZZ. 
Senti.  '  6       a  UUOrale  a  f0miare  °  disfare   notabili   inter- 

VI.  Prima  di  entrare  in  argomento  intorno   alla  prevalenza  del  flutto  posta  a 

toLZY™   *  CrMe!mrale  COm  Cmsa  M  trasP°rt°  dì   «"fri*   ostfu  ,  ve 
o  p  e  edere  degli  avvertimenti  tendenti  a  rettificare  il  valore  dei  nomi:  di  vento' 

cuno  di  P'  renante,e  d'  traVerSÌ3'  °nde  reStÌn°  chiarite  le  idee  relative  a  Ti  - 
scuno  d,  essi.  D<mostro  come  questi  tre  venti  regolino  gl'interrimenti;   come    i 

^Tu^T  ardanqUand°  k  direZÌ°ne  ^utti 'percuote  Il  Udo  con    an! 
golo  di  4S  gradi;  come  ,  flutti  muojan  sempre  parallelamente  al  lido  o  ad  esso 


344  RIVISTA  DI  GIORNALI 

poco  inclinati,  qualunque  sia  la  direzione  che  le  onde  abbiati  ricevuto  dal  vento 
in  alto  mare;  come  i  flutti  in  apparenza  capricciosi  siano  in  fatto  regolatori  di 
ordinati  e  geometrici  interrimenti;  come  la  somma  generale  de' moti  lungo  le 
coste  tenda  ad  aumentare  i  detriti  sulle  coste  medesime;  come  il  moto  ondoso 
sia  quasi  in  permanente  lavoro  presso  il  lido;  come  tutto  quello  che  accade  nel- 
l'Oceano sia  comune  a  tutti  gli  altri  mari  del  globo,  con  la  differenza  sola  del 
più  e  del  meno.  Dal  merito  poi  dell'articolo  risulta:  che  la  direzione  regnante, 
non  delle  correnti,  ma  dei  fluiti,  deve  aversi  principalmente  a  calcolo,  ove  si 
voglia  provvedere  alla  conservazione  de' porti,  e  spiegare  il  protendimento  o  sfa- 
cimento delle  spiagge.  In  questo  stesso  articolo  rendo  giustizia  a  coloro  che 
prima  di  me  hanno  preso  a  combattere  il  sistema  del  Montanari  (ì). 

VII.  Purtuttavia  è  certo  che  le  correnti  costanti  si  debbono  avere  a  calcolo,  'perchè 
anche  deboli  han  valeggio  di  convogliare  le  smosse  materie  minute  o  leggère, 
come  le  melme  e  le  alghe;  e  perché,  quantunque  la  loro  azione  sia  lenta,  gli 
effetti  conluttociò  possono  essere  apprezzabili  per  la  loro  pertinace  natura. 
Quando  poi  sono  aiutate  dai  flutti ,  ossia  defluiscono  nella  stessa  direzione  di 
questi,  allora  gli  effetti  di  esse  sono  rilevanti.  Molti  esempi  lo  provano. 

Vili.  Per  l'idraulica  e  per  la  geologìa  di  somma  importanza  è  l'esame  della  for- 
mazione delle  spiagge,  e  il  conoscere  i  luoghi  donde  vengono  i  materiali  che  ser- 
vono alla  costituzione  di  esse.  Primamente  tratto  di  quelli  forniti  dagli  affluenti 
terrestri,  e  poscia  di  quei  che  provengono  dal  consumo  delle  coste.  Sono  compa- 
rativamente breve  intorno  a  questi  due  titoli,  per  esser  materia  nota;  tuttavia 
ho  creduto  necessario  d' intrattenermi  alquanto  sulla  parte  che  si  deve  agli  sca- 
richi dei  fiumi,  giacché  da  taluni  si  vorrebbe  darle  minor  peso  di  quel  che  me- 
rita: così  per  fare  fronte  ad  una  esorbitanza  opposta  ho  dovuto  provare  che  esi- 
stono in  natura  vasti  protendimenti  di  spiagge,  ove  non  sono  affluenti  terrestri. 
Accenno  pure  a  qual  distanza  dalla  battigia,  e  a  qual  profondità  di  acqua  i  flutti 
si  danno  al  lavoro  di  triturazione  e  di  trasporto  dei  materiali. 

IX.  A  causa  di  una  supposizione  di  eminente  idraulico  in  questo  senso  formo- 
lata:  -—  Dato  un  lido  senza  affluenti  terrestri,  se  il  moto  ondoso  giungesse  nelle 
tempeste  a  grandi  profondità  (siccome  io  dimostro  e  sostengo)  dopo  tanti  secoli  si 
sarebbe  stabilito  l'equilibrio  tra  la  resistenza  del  fondo  e  l'azione  delle  ondate 
del  mare;  quindi  non  potrebbe  vedersi,  in  questo  caso,  l'incessante  protendi- 
mento delle  spiagge,  perché  mancherebbe  a  ciò  il  materiale  (2).  —  Io  rispondo 

(1)  Il  Cialdi  «elle  citazioni  degli  autori  ha  imitato  l'illustre  Alessandro  de  Humboldt;  il  quale  infatti 
ci  ha  dato  un  nobile  esempio  d'imparzialità  e  di  rispetto  all'altrui  proprietà  in  tutte  le  sue  opere, 
e  specialmente  nel  Cosmos ,  ove  si  trova  una  ricca  messe  di  citazioni  fedelmente  e  perfettamente 
indicate. 

Quando  si  riflette  che  1'  altrui  proprietà  merita  il  nostro  rispetto  in  ragione  diretta  della  nobiltà  e 
fatica  del  lavoro  che  la  produsse,  chi  noli  vede  quanto  se  ne  debba  alla  proprietà  dell' ingegno  ?  E  tut- 
tavia se  si  pensa  al  silenzio  tanto  di  frequente  serbato  sugli  autori  di  quelle  opere  di  cui  si  fa  tesoro 
per  trarne  merito  a  sé  stessi  non  si  condannerà  mai  abbastanza  chi  non  segue  l'esempio  del  de 
Humboldt. 

Il  Cialdi  cita  nell'opera  di  cui  si  tratta,  532  autori  e  746  opere  tra  le  quali  distingue  quelle  da  lui 
lette  e  quelle  trovate  citate  in  altri;  le  prime  ascendono  a  697  e  le  seconde  a  49:  ed  il  medesimo 
leale  procedere  si  trova  in  tutte  le  altre  opere  sue. 

(2)  Una  simile  supposizione  è  oggi  fatta  anche  dal  professore  Turazza  (Trattato  di  idrometria  e  di 
idraulica  pratica.  Seconda  edizione.  Padova  1867  g  525).  Siccome  egli  cita  ed  invita  a  consultare  la 
Memoria  del  Cialdi  n  Cenni  sul  moto  ondoso  del  mare»  stampata  nel  1856,  cioè  quando  la  detta  suppo- 


E  NOTIZIE  VARIE  g4g 

che  nel  mare  non  mancano  altri  materiali.  Provo  in  genere  questa  verità  con 
taluni  esempi  registrati  nell'antecedente  articolo:  e  per  comprovarla  in  specie 
mi  tolsi  la  briga  di  ordinare   una  grande  seguenza    di   fatti  sotto   il   ti  o?o   di 

tF^sgr* Mwm  sul  mo  del  mare  prodoue  daik  »  I 

m™^S2LmM  in  lre  pun,i>  considerando  in  genere  t*» 

Classificando  in  ispecie  la  distribuzione  di  essa, 

E  mettendo  in  chiaro  i  prodotti  sopra  i  lidi  delle  spoglie  dei  viventi  sottomare 
Il  mutamento  di  questo  e   del    precedente    articolo  chiarisce    S 
della  grande  massa  di  materiali  in  movimento   lungo  i   littorali  •  ass  c?ra  ?  in 
cessante  nnnovamento  di  materie   sottoposte   al  lavoro  di  triturazione  e  di   tra" 
porto  quasi  continuato  dei  flutti;  rammenta  che  là  ove  non  esiste  corrente  or 
dinana  ha  pure  luogo  il  trasporto  e  la  sistemazione  de'materiS le  conduce  z 
ritenere  secondo  ragione,  la  divisione  da  me  fatta  dei  sedimen  i  'dando  ne    Me 
di  terraneo  agir  affluenti  terrestri  di  100  parti  30,  alla  corrosione  del  e  coste  L    a, 
coworgama  SO;  e  nell'Adriatico  per  gli  stessi  titoli  i  valori  3S   S  60 
X.  Giunto   al  termine  dell'opera  volendo  dare  un'applicazione  idraulica  denli 
tu  i    a  me  sviluppati,  ho  scelto  delle  due  specie  di  Porti ,  a  bacino    "a       f 
una  1  altra  a  canale,   a  trattare  di  quest'ultima.  Giacché  i  porti  di   tal   fatta 
«mo  più  facili  ad  ostruirsi  e  più  difficili  a  spurgarsi   e  a  conservare        sen  o 

ii    dnT  S|mPre  n6ll°  Sb°CC0  d6Ì  flUmÌ  6  Sempre  tr0VaDd0si  ^        "  S 
ott.l.  di    or  natura  importuose.  Con  questo  fine,  perché  di  già  avevo  avuto    oc 

astone  d,  dirigere  le  mie  osservazioni  ed  applicazioni  sopra  due  mS  ultim 
oidi  questa  specie:  la  sistemazione  dell'ultimo  tronco  d'el  Sarchi"  eh  Z 
giunse  lo  scopo  di  opporsi  a  quella  che  voleva  farsi,  e  la  costruzione  di  un  nuovo 
P ortocanale  a  a  foce  dell'  Isauro  in  Pesaro  ,  ora  in  corso  di  esecuzione  secondo  il 
m  progetto  (  );  trovai  opportuno  di  parlare  di  essi  e  più  specialmente  diTu  sto 
ultimo  lavoro,  le  ragioni  del  quale  per  retto  filo  mi  conducevano  all'appi  cazione 

un  mio  trovato  nel  Portocele  presso  Pelusio,    che   ha  nome  ì    Por  osa  So 
ZTl      n  Pr6r  ÌSC0P°  dÌ  SefVÌrSÌ  d6lla  «^-a  Potenza  dei  flut  S 11 

•TE  dTr°pTr,oScCaanVaa!r  '  *  ^  >  **  W«  W»  SS 

La  mieta  che  piana  ne  scende  prova   l'utilità    grande   che   ne  risulte- 
rebbe a  questa  vasta  tmpresa,  senza  correr  rischio  di  alcun  pregiudizio   Cosi  es 
«odo, ^accenno  all'applicazione   de.   medesimo    trovato   pe?  ognf  altro  porto- 

&::\:i~^i^::^,trs^  rrrr è  :  mdr che  se  n  d°«° 

non  avrebbe  emessa  sbatta  supposizione,  o      rebbe In    tate  le  1  "" "f  7  à'™0  "  SUn'°'  °' 

«posti  per  mostrarne  la  fallacia  '  rag'°m  e  c°"tradel"  '  <*«  dal  Cialdi 

l'o  sialo  presente  dei  lavori    /lessano  nella  Tri!    ''         P      ,  ma™°™  dl  q"eSl0  dhe«"°  :  »•■>«*• 
--e    a,  si.  Ministro  dei  L^KA'S.  T^^^T^  ^"« 

\£"o  iz:«:  ar«  ss  zt^zre  scir d; ì>arigi  àeìv°^ dei  ** 

fiorii,  e  di  ordine  secondario      1  * r    m  Po.tosa.do  non  ebbe  ad  opporvi  che  due  dubbie  ecce- 

«  s*nor  zr:j:;;T^:c^Ti r,^;:^"  rra  sl-to  richiesw 

Giorn.  lng.  _  Voi.  XVI.  -  Giugno  1868  8  -«conseguenze.. 


346  RIVISTA  DI  GIORNALI 

CONCLUSIONE  GENERALE 

1.  Nelle  tempeste,  mentre  regna  vento  forte,  i  marosi  in  alto  mare  hanno  per 
moto  principale  quello  di  oscillazione,  e  per  secondario  quello  di  trasporto  di 
massa  liquida:  trasporto  notevole,  e  solamente  nella  parte  superiore.  Questo  moto 
ho  io  chiamato  fluttocorrente  a  largo. 

Il  moto  di  trasporto  è  molto  più  notabile  vicino  al  lido  che  in  alto  mare;  e 
comunicasi  soltanto  a  tutta  la  massa  fluttuante,  quando  lo  sviluppamento  inferiore 
del  maroso  trova  inciampo,  conservandosi  però  anche  quello  di  propagazione 
sino  a  che  si  frange  presso  il  lido.  Vicino  al  lido  io  chiamo  fluttocorrente  a  terra 
o  della  superficie  il  moto  di  trasporto  nella  parte  superiore  dell'  onda,  e  fluttocor- 
rente del  fondo  quello  nella  parte  inferiore. 

Si  fu  allora  che  comunicato  il  lavoro  dello  Chevallier  dallo  stesso  signor  de  Lesseps  al  Cialdi,  questi 
rispose  come  può  vedersi  nel  presente  Giornale,  Anno  XV  dalla  pag.  598  alla  613. 

Il  perchè  chi  dividesse  dubbi  intorno  al  disegno  del  Cialdi  per  i  portocanali  non  dovrebbe  trascurare 
di  leggere  e  ponderare  l'indicata  risposta;  tanto  più  che  il  sistema  in  uso  perla  disposizione  dei  moli 
per  tal  specie  di  porti  è  sperimentato  difettosissimo,  e  tanto  più  che  il  trovato  Cialdi  può  essere  di 
grandissimo  beneficio  se  riesce,  e  non  mai  nocivo  se  fallisce.  L'  opporsi  ad  un  tentativo  tanto  razionale 
e  ridotto  in  questi  termini,  farebbe  supporre  di  essere  dominato  da  pregiudicata  opinione. 

La  stessa  risposta  fu  in  seguito  tradotta  e  pubblicata  in  francese  con  un  poscritto  aggiuntovi  dal 
Cialdi  medesimo  che  manca  nell'italiana,  e  che  perciò  crediamo  pregio  dell'opera  qui  riprodurre  trat- 
tandosi di  argomento  di  sommo  interesse  per  tutti  i  portocanali  costruiti  o  da  costruirsi. 

Postscriptum.  L' oecasion  et  le  voisinage  m'ont  donne  l'avantage  de  m'entretenir  souvent  de  mes 
études  avec  M.  1'  amirai  Laffon  de  Ladébat. 

Encouragé  par  son  accueil,  je  lui  ai  demandé  son  jugement,  qui  a  tant  de  poids  à  mes  yeux,  sur  moli 
systéme  pour  le  ports-canaux  qui  forme  l'objet  de  cette  lettre,  dont  il  a  bien  volu  revoir  la  traduction. 

Voici  la  déclaration  qu' il  a  emise:  je  la  publie  avec  son  consentement : 

«  Après  avoir  étudié  avec  le  plus  grand  soin  les  savants  ouvrages  de  M.  le  Commandeur  Cialdi ,  je 
me  range  complètement  à  ses  opinions  sur  la  construction  des  ports-canaux ,  et  je  suis  convaincu  que 
la  solution  qu'  il  propose  pour  èviter  les  atterrissements  en  avant  des  jetèes,  est  la  seule  qui  permette 
de  triompher  des  obstacles  que  présente  jusqu'  d  présent  ce  genre  de  travaux. 

«  Gontre-Amiral  Laffon  de  Ladébat. 
«  Civitavecchia,  22  dicembre  1867  ». 

Aux  autorités  déjà  citées,  je  m'empresse,  M.  le  Président,  d'ajouter  celle  d'un  Amirai  de  France 
afin  que  vous  puissiez  vous  covaincre  de  mieux  en  mieux  que  mon  système  est  soutenu  par  les 

Maestri  e  duci  di  color  che  sanno. 

Il  bisogno  di  trovare  un  nuovo  espediente  che  salvi  l'entrata  di  Portosàido,  è  stato  sentito  da  altri 
in  Francia,  e  pubblicamente  riconosciuto  anche  da  un  idraulico  scrittore.  Il  sig.  Régy,  ingegnere  capo 
di  ponti  e  strade,  dai  suoi  studi  idrografici  ed  idraulici  ha  dedotto  :  «  que  le  regime  des  vagues  ,  des 
courants  et  des  atterrissements  ètait  le  méme  sur  la  còte  occidentale  du  golfe  de  Pèluse  que  sur  la  cute 
orientale  du  golfe  de  Lion;  que  des  ouvrages  en  travers  de  la  cote  en  mer  apporteraient  le  méme  trouble 
à  ce  regime  établi\,  que  par  consèquent  on  aurait  à  lutter  d  Sa'id  comme  à  Cette,  avec  des  difjìcultés 
de  mème  nature.  » 

Ciò  vuol  dire  che ,  con  i  sistemi  conosciuti  ed  usati  sino  ad  oggi  nella  disposizione  dei  moli ,  come 
non  si  è  mai  ottenuto  un  buon  porto  in  Cette  ,  ad  onta  di  tutta  la  scienza  ed  il  valore  di  una  illumi- 
nata e  potente  nazione,  così  non  si  otterrà  in  Sàido,  «  Mais,  egli  soggiunge,  que  V  on  peut  parfaitement 
surmonter  les  difjìcultés  à  Sa'id ,  comme  nous  le  démontrerons  d  Cette,  par  la  direction ,  le  trace  et  la 
forme  des  digues ,  pour  donner  une  entrée  et  un  chenal  surs  et  praticables,  un  bassin  et  une  rade  de" 
stincts  et  sèparés  ». 

Questo  giudizio  si  legge  nell'importante  periodico:  Nouvetles  annales*de  la  Gonstruction  (Parigi  do- 
dicesimo anno,  settembre  1866,  colonna  132)>  ove  è  in  corso  di  pubblicazione  l'Elude  des  travaux  du 
porte  de  Cette,  par  M.  Régy. 


E  NOTIZIE  VARIE  347 

paritene"!  nel?  usi  1.!°  B°"  ha-Vel°CÌlà  m3ggi°re  di  Sei  met"  t*»**i* 

appartteTn^I1^      ,a  naVlgaZ'°ne'  Che  h  °nde  abbian0  unicamente  «0,0' 

Questo  moto  è  senza  dubbilo  sempre  calcolabile  vicino  al  lido     „',-*  «  m 

qai  pure  come  dominante  quello  di  oscillazione  '   COnservandosi 

d,  massa  tale  che  neccia  0  giovi  sensibilmente  alfa^avigaz    ne  aSP°rt° 

VrJSSS^oTio^i  °gDÌ  aUr'°nda  C°ntr°  U"  °StaC0,°  *»*«**"  ed  a 

Prefondo  e  se  Vontot?I%nT^\^  *  »'"  è  ^"-mente  poco 

^Teìle^^ptrsr/ra'dff^^r^"0"'   PUÒ  *" 

presso  iHido, a  WCL^*^RS&S  ^  ^  * 

nefla  supeS'  .""  Z  Zi  IT"  '  ""^  "^  dÌ  traSP°rt°   aPPrezzabi'° 
segue  laPleggeedeHe  aUre  onde  '  H  ""*  f*  ^^  *  Del  fondo 

premer  fa  ««em,„„„  marires  ^     ^ "*", M  <J£ ter""'»  :.  «  *«  ^illeur  position  gui  puisse 
coun  de  sable  sur  le  littoral  par  de  grandesZoCdZj  ?     "'^  *'  Cdh  **  h  ^pareraitdes 

les  franchir.  Mais  S  autres  eonHdéraZslZntJZ'T  1  TT  ""*»  P°Ur  **"**#»* 
fba,s  de  celie  défense  naturale  conte  les  eTsaUe^uZ      %  "T  *  "'*  «<"'  ne  *•«*  Ms  » 
"oìvenl  forme,-  le  pori  art.mc.el    C^rl,,  7  T,"  "  fmt  '"  demmder  au*  "uvrages  qui 
(orme,  gu'il  foudra  oi^rZJéTlLtejTvT  "  ""  COmUna(°^  P"  leur  trac! et  L 
par  une  grande  masse  d'eau  profonde    autles  Z        V"  m°UVemmt  *""  "  Mne  fe  Womb. 

™«»l«rge,parUressacZ\wàZT^?°JTt''  V*™  "*'"  hS  mMèns  et 
tiament  en  suspension  et  les  rejettentauVn  °  °mra9eS  *f  p0rt'  <>ui  les  man- 

^^^^Zat^a^^utTT^^l  TX  dÌfe-  **  '«"* 
Pori,  gu'il  faut  demander  V eloignement,  l ZZolj  fa  Z/  '  J'f  « ,**"  f  fes  «"ragù  du 
mngation,  des  sables  gue  la  mer  sonile  deslas Indi     ?  -       ,    1°"  "  S<""  teo*tó»»<  V»ur  la 

Ma  tutto  questo  non  ci  dà  ancora ZZuZ.!'    n'nme  et  Charrie  sms  cesse-  » 
-lta.no  che'il  ceiebrato  4      ri  Li  "Zo,  •  f  "T^  "9l  ^^  1866:  cì  P"« 

■«•to  già  da.  nostro  concittadino,  e  llTl^  ^  ZT^IT^  "  medeS,'m°  graVe  dìfeU°  »- 
«  da  oltro  dne  Instri  mostrata  conducente  alla  mèta  "d°  Ia  S'eSSa  "a  da  ««"'»  battuta 

Noi  non  mancheremo  di  seeuire  le  ulteriori  ni,nhu„„  •     •  j  ,    . 
«ati  i  nostri  lettor,  appena  ferra  aiia  Ic  °     "SSSZ^T^  ^^  "  dl  '^  M°r- 
1  confronto  con  la  dimostrazione  dataci  dal  si"!  "»;.  ai=c.ocché  eglino  possano  istituirne 

Il  nostro  Giornale,  nell'anno  decorso  s        t   „        '  Cd  aPP'«Ili"'si  al  meglio. 
e«a  dei  marosi  estratto  dalla  citata  opera  del  sie   Z^','  "*  8''f  pubb,icato  "  4r»»/o  sulla  pò- 
—se  Pareto  la  X—  ebo  si  ^ ^^^'^X^^  ^-^  « 


348  RIVISTA  DI  GIORNALI 

6.  Dalle  diverse  circostanze  che  si  verificano  in  pratica  si  conferma  il  teorema 
fondamentale  di  Leonardo  relativo  alla  costituzione  dell'onda,  perchè  molte  sono 
le  volte  che  V  onda  fugge  il  luogo   della  sua  creazione ,  e  V  acqua  non  si  muove 

dal  sito. 

7.  La  potenza  delle  onde,  de'  flutti  e  de' marosi  può  ritenersi,  nel  maggior  nu- 
mero de' casi,  proporzionale  alla  forza  e  durata  del  vento  di  stessa  direzione, 
alla  lontananza  da  cui  vengono  le  burrasche,  le  tempeste  e  le  procelle,  alla  pro- 
fondità dell'acqua,  ed  alla  natura  e  forma  del  fondo. 

8.  Gli  effetti  di  trasporto  in  massa  alla  superficie  devono  essere  tenuti  molto 
a  calcolo  dal  navigante  in  alto  mare,  nei  casi  di  vento  forte:  e  sempre,  ove  lo 
sviluppamento  dell'  onda  trova  inciampo.  Da  questo  punto  alla  battigia  i  detti 
effetti  sono  tanto  più  potenti  quanto  più  il  navigante  si  accosta  alla  spiaggia. 

9.  Non  si  sono  a  tutt' oggi  introdotte  nei  trattati  di  nautica,  regole  fìsse  per 
correggere  la  stima  del  viaggio,  secondo  il  trasporto  delle  onde.  Bisogna  fornire 
ai  naviganti  questo  elemento  di  correzione  come  hanno  quelli  per  correggere  le 
anomalìe  prodotte  dalle  correnti  ordinarie,  dallo  scarroccio,  eccetera. 

10.  Le  quantità  numeriche  dell'accennato  moto  di  trasporto  prodotto  dai  ma- 
rosi in  alto  mare  si  devono  proporzionare  ai  diversi  gradi  di  forza  del  vento,  alle 
diverse  velocità,  altezze  e  lunghezze  de' marosi  ,  secondo  ch'essi  siano  interi  o 
rotti,  alle  diverse  direzioni  di  essi  in  rapporto  a  quelle  tenute  dal  bastimento, 
ed  al  diverso  immergere  di  questo:  nelle  dette  quantità  di  norma,  quando  l'onda 
trova  inciampo,  si  devono  aver  a  calcolo  puranco  le  diverse  profondità  dell'acqua, 
le  diverse  distanze  dalla  battigia,  e  le  diverse  forme  e  nature  de'  lidi ,  cioè  se 
spiaggia  o  costa,  e  se  il  fondo  è  di  scoglio,  di  arena  o  di  fango  molle. 

Ove  esiste  corrente  regnante  è  necessario,  per  l'uno  e  l'altro  caso,  tenere 
a  calcolo  la  forza  e  la  direzione  di  essa  per  aver  la  risultante  delle  diverse 
componenti. 

Una  raccolta  di  tavole  di  correzione  del  trasporto  causato  dal  poco  fondo  o  dal 
vento  nei  marosi,  a  similitudine  delle  tavole  di  riduzione  delle  rotte,  faciliterebbe 
al  navigante  la  ricerca  del  valore  di  detto  trasporto. 

11.  Inoltre,  si  rende  comodo  per  i  marini,  e  per  una  certa  classe  di  essi  ne- 
cessario, lo  stabilire  nelle  carte  idrografiche  una  linea  che  tracci  a  qual  distanza 
dal  lido  verranno  i  bastimenti  trasporlati  loro  malgrado  dal  fluttocorrente  a  terra 
e  con  velocità  rapidamente  crescente,  in  deriva;  oltre  il  noto  scarroccio:  tanto 
più  nei  casi  di  straordinario  trambusto  di  mare,  nei  quali  lo  stesso  scarroccio 
sovente  non  si  può  riconoscere  dalla  scia  del  bastimento. 

Si  dovrebbe  segnare  la  Zona  del  fluttocorrente  alla  superficie  o  a  terra,  come 
oggi  in  alcune  carte  idrografiche  si  traccia  la  Zona  de' frangenti. 

12.  Si  deve  la  proposta  zona  estendere  dal  lido  verso  i'  alto  mare  in  ragione 
della  maggiore  o  minore  profondità  dell'acqua,  e  più  o  meno,  secondo  che  il 
littorale  sarà  più  o  meno  aperto  ed  il  fondo  più  o  meno  resistente. 

Il  ciglio  della  ghirlanda  di  terreni  avventizi  può  essere  buona  norma  per 
segnare  la  linea  di  questa  zona,  quando  non  si  posseggano  dati  locali  più  precisi. 

Nell'aperto  Oceano  la  linea  cadrà  generalmente  sopra  gli  scandagli  di  300 
metri  di  acqua;  nel  Tirreno  sopra  quelli  di  150,  nel  mar  della  Manica  e  nel- 
l'Adriatico di  80. 

Ma  con  raccogliere  esperienze  locali,  dedotte  dall'alterazione  della  forma 
normale  de' marosi  per  urto  nel  fondo  del  mare,   o  dal  cambiamento  del  colore 


E  NOTIZIE  VARIE  g4g 

dell'acqua  o  dalla  reazione  di  alcuni  scogli,  o  dallo  spostamento  degli  ordini 
da  pesca  calati  nel  fondo  del  mare,  o  da  altre  osservazioni,  si  può  avere ,  S 
giusta  norma  onde  stabilire  la  posizione  della  sopradelta  linea 

13  Possono  i  flutti  zappare  il  fondo  del  mare  nelle  profondità  di  200  metri 
nell'Oceano  d,  50  nel  Mediterraneo  e  di  40  nel  mar  della  Manica  ed  in  quello 
Adnal.co.  Ld  ,v.  porre  in  moto  di  traslazione  e  triturarvi  masse  di  materici  da 
produr  con  esse  sole  rilevanti  protrazioni  di  lidi. 

14.  Il  prodotto,  relativamente  alla  massa  dei  detriti  che  possono  essere  giocati 
e  spinti  ,n  avant.,  dipende  dalla  natura  del  letto  del  mare,  dalla  profondila  a 
cu.  si  estende  1  agnazione;  e  questa,  principalmente,  dalla  forza  e  durata  de'venli 
che  hanno  creato  le  onde  e  il  fluttocorrente  del  fondo,  e  dall'estensione  e  prò- 
fondita  del  mare.  F 

.mLtì'i  f°rm(azi0ne  e  Protendimene  delle  spiaggie  accade  pure  in  siti  senza 
affluenti  terrestri  e  senza  corrosione  di  coste  limitrofe  :  basta  l' abbondevole  pro- 
dotto delle  spoglie  dei  corpi  organici. 

16  L'effetto  minimo,  medio  e'massimo  della  ripetuta  potenza,  considerata  quale 
agente  per  le  erosioni  ed  i  trasporti  de' materiali ,  é  molto  superiore  a  quello 
massimo,  medio  e  minimo  di  qualunque  corrente  di  marèa,  [inorale  o  radente- 
le  quali  tutte  non  pertanto  voglionsi  avere  a  calcolo. 

17  Perciò,  o  i  materiali  provengano  dai  fiumi,  o  dal  fondo  del  mare,  o  dalle 
nve  di  esso,  o  dai  corpi  organici,  si  deve  all'azione  dei  flutti  principalmente  la 
distruzione  e  il  trasporto  delle  congerie  e  de'banchi,  gli  insabbiamenti  e  interri- 
menti  di  ogni  specie. 

18.  L'andamento  progressivo  de'banchi  e  de'dossi  si  trova  proporzionale  alla 
prevalenza  d,  un  vento  sull'altro,  ovvero  al  vento  che  produce  più  spesso  le  onde 
frante,  qualunque  sia  la  direzione  della  corrente  regnante.  Le  onde  frante  dalle 
SrimenUrÌe  'empeSte'   aDZÌChè  accumulare  »  sparpagliano  e  distruggono  gli  in- 

19.  Quindi  1'  azione  de' flutti  devesi  sopra  tutto  avere  a  calcolo,  ove  si  voglia  provve- 
dere alla  conservazione  de' porti:  e  non  solo  per  domare  e  signoreggiare  l'impeto  e 
la  violenza  delle  onde  tanto  all'esterno  quanto  all'interno  dei  porti  ma  ben  anche 
per  allontanare  da  essi  i  funesti  effetti  che  vi  producono  i  materiali  ostruttivi. 

20  Sorge  da  co  nuova  dottrina  degl'interrimenti,  le  cui  fondamenta  già  furono 
g  tate  da  Leonardo,  dal  Castelli,  dal  Boscovich  e  dal  de  Fazio  ;  ma  tenute  coperte 
dall  opposto  sistema  fin  qui  prevalente  del  Montanari  (1) 

21  E  necessario  che  l'ingegnere  conosca  preventivamente,  non  solo  quanto  è 
relativo  alle  sponde,  ma  puranco,  in  una  vasta  zona,  la  profondità  del  mare,  la 

(1)  A  proposito  della  teoria  propugnata  dal   Cialdi  in  opposizione  a  quella  del  Montanari      ci  piace 

enersecilen  :SdUF    """  ""  ''""T  '"^"^  *— -  «►  d*  ^*>  P~'™  aTAcc  dC 
'*""'  F7C'a  '"  »;casi»«e  ^1  Rapporto  che  fece  dell'opera  del  Cialdi  sul  moto  ondoso  del  mare 

diHnctTT      deCeS;tterlr'SSemenL:  &*«•  "  *■".  ««.  lepuis  longlemps ,  a  de»,  tkéories  Uen 
tot d T'i      f  \ r?"S?e 'teralemenl  "d°ptée  m  ,Mie  mmt  les  P^Ucatìons  de  M.  Cialdi    les 

ketd^leÌ  h        7   "1  lmge  '  VeHte  "iSlanCe  t0uteS  ,es  ™te°  *'«  Mediterranée  de  gau- 

nal    JJr     Y?      7      7  ^^  d  iem  Ct  reSardmt  la   mer'    les   «"*«<«.   *»  oelte  théorie, 
ITvétde    eóff  Ti    ,   "*, e  enSUSpenSÌm  *".  l'eau  les  matèria»*  qui  eonslitnent  le  fond  de  la 

^^^i^^ot^sZeZ2laCÌWn  *  C°mU  lmnl  «*  «*  fa  *~~™  « 

m  iiZuL^il'jtZ-  Z^  "■  CMdÌ'   "  Amt  U  "   mh  la  véHté  »  ^Ute  évidenee  dans 
m  excellent  ouvrage,  fati  dependre  ce*  atterrmemem  du  transport  vers  le  rivageet  du  dipòi,  opèrès 


380  RIVISTA  DI  GIORNALI 

costituzione  del  fondo  di  esso  ed  il  punto  fin  dove  si  sviluppa  nel  verso  verti- 
cale l'agitazione  massima  delle  onde;  perchè  sappia  fino  a  qual  distanza  dalla 
riva  saranno  dai  mare  sconvolti  e  trasportati  i  materiali  che  potranno  invadere 
e  ricolmare  le  opere  idrauliche. 

22.  Le  pressioni  che  le  onde  oscillanti  o  correnti  esercitano  contro  un  osta- 
colo sono  proporzionali  alla  Massa  di  esse  ed  al  quadrato  della  loro  velocità. 

23.  Dalla  sopra  riferita  e  sperimentata  potenza  de' marosi  si  deduce  che  in 
tutto  il  nostro  littorale,  volendosi  costruire  moli  a  pietre  perdute  (sistema  di  co- 
struzione in  ben  pochi  casi  preferibile),  i  massi  di  smalto  o  quei  di  scoglio  vivo 
dovranno  essere  non  minori  di  venti  metri  cubi  a  partire  da  cinque  metri  sotto 
il  pelo  basso  del  mare  sino  air  altezza  del  ciglio  del  molo,  per  resistere  immo- 
bili all'urto  de' marosi.  Ai  disotto  di  cinque  metri,  il  volume  de5  massi  può  esser 
ridotto  a  metri  dieci:  ai  di  sotto  degli  otto  metri  e  più,  gradatamente  può  essere 
diminuito  ancora. 

S' intende  parlar  di  massi  non  isolati.  Se  tali  fossero,  le  misure  dovrebbero 
essere  raddoppiate,  perchè  essi  stessero  saldi. 

24.  Essendo  l'azione  de'  marosi  proporzionale  alla  superfìcie  percossa,  e  la  re- 
sistenza de' massi  crescendo  come  il  cubo  di  essi,  in  alcuni  siti  nell'Oceano  i 
massi  saranno  soltanto  un  poco  più  voluminosi  di  quelli  necessari  per  resistere 
all'  urto  nel  Mediterraneo. 

25.  Infine,  se  i  moli  saranno  composti  con  materiali  di  minor  volume  de' sopra 
accennati,  o  i  materiali  saranno  diversamente  distribuiti,  verranno  tanto  nel- 
l'Oceano quanto  nel  Mediterraneo  dai  marosi  sovvertiti:  i  massi  sarano  solleci- 
tamente consumati  pel  cozzo  reciproco,  e  molti  di  essi  trascinati  ad  ingombrare 
le  bocche  de' porti;  quindi  continua  e  grave  la  spesa  per  le  ricostruzioni,  per 
rinforzare  la  difesa  e  per  isbarazzare  le  bocche. 

26.  Leonardo,  con  quelle  parole  che  ho  registrato  sul  frontispizio  dice,  che: 
Dobbiamo  cominciare  dall'esperienza,  e  per  mezzo  di  questa  scoprire  la  ragione: 
questo  è  il  metodo  da  osservarsi  nella  ricerca  dei  fenomeni  della  natura.  Questo 
metodo  ho  seguito  anch'io,  e  sono  convinto  che  potrà  giovare  al  marino  per  to- 
gliere un  grave  difetto  nell'esercizio  della  navigazione,  all'idraulico  per  miglio- 
rare notevolmente  l'arte  del  costruire  e  conservare  i  porti,  al  geologo  per  ren- 
dere più  chiara  ragione  dell5  interrimenti ,  ed  al  fisico  per  meglio  classificare  le 
correnti  marine  (1). 

per  les  vagues  elles-mémes,  des  matèriaux  quell'elles  ont  soulevés  du  fond  de  la  mer,  le  courant  littoral 
ne  jouant  qu'un  véle  très-secondarie  ou  méme  insignifiant  dans  ce  transport  et  ce  dèpót. 

«  L'exposition  qui  fait  M.  Cialdi  de  tous  les  faits  qu'il  a  rassemblés,  de  toutes  les  opinions  qu' il  a 
recueillies  et  de  toutes  les  observations  qu'il  a  faites  lui-méme,  est  claire,  nette,  précise  et  parfaitement 
coordonnée  pour  arriver  au  but  qu'il  s'était  propose  d'atteindre  en  l'ècrivant.  Et  si  la  vivacità  quel  l'ori 
remar  que  dans  quelques  passages  de  son  livre  pouvait  fair  e  croire  que  l'auteur  n'est  pas  encore  parvenu  d 
convaincre  tous  les  partisans  de  la  théorie  rivale,  le  lecteur  impartial  resterà  cependant  convaincu,  après 
examen,  que  M.  Cialdi  a  parfaitement  établi ,  par  des  preuves  de  fait  surabondantes ,  l'exactitude  de  la 
thèorie  qui  attribue  d  l'action  des  vagues  une  très-grande  prépondèrance  sur  celle  du  courant  littoral 
dans  les  atterrissements  et  les  érosions  des  cótes, 

[Comptes  rendus  des  séances  de  l'Acadèmie  des  sciences,  toni.  LXN,  séance  du  11  juin  1866:  ovvero 
nel  Journal  de  mathèmatiques  pures  et  appliquèes  etc.  publié  par  Joseph  Liouville.  Deuxième  sèrie. 
Juillet  1866,  Paris). 

(1)  E  poiché  ci  è  avvenuto  di  citar  altrove  l'illustre  ingegnere  signor  de  Tessan ,  la  cui  fama  suona 
ornai  celebre  per  tutto  il  mondo  scientifico ,  sarà  gradito   ai   lettori  udire  il  giudizio   da  lui   emanato 


E  NOTIZIE  VARIE  gg| 


— e.*  ^  ^^  ^  CÌaMÌ  neIIa  COndUSÌOne   deI  «0  ^litico  Rapporto   già  da  noi  su 

«  L'immense  quantità  de  faits  et  d'opinions  que  contieni  cet  ouvrage   l'ordre  et  la  clartA  ™*,  /         , 
ili  y  soni  exposès,  le  fera  lire  avec  beaucoup  d'intérét,  non-seulemZVarlTl,  '  darte  ™ec  les(luds 

mr^c  de  ce«e  *«W,  ,.«,  au  ménte  d'une  vaste  érudZnetdevZt/l^  ^tre   angue  un 

^irrriur  tìs  ss:  sas  £#•*  ~  -  '**  « 

«  lo  non  entrerò  qui  certamente  in  una  minuta  disamina   delie   profonde  speculazioni    .11*  «li  i, 
«  fornito  argomento  il  fenomeno  della  ondulazione  marittima     Chi  JZ  1    Spccu,azioni  »  aIle  <Iua1'  ha 
«  potrà  soddisfare  ampiamente  la  sua  curiosa      gge     0  "a  do  ta  ope  a  SlT  PÌena  n°tÌZÌa' 


352  RIVISTA  DI  GIORNALI 


SOCIETÀ  DEGLI  INGEGNERI  E  DEGLI  INDUSTRIALI  DI  TORINO. 


È  indubitato  che  le  industrie  tutte,  sempre  più  divengono  fiorenti,  se  nel  loro 
graduale  incremento  e  sviluppo  s'attengono  ed  approfittano  dei  dettami  della 
scienza.  Le  nostre  industrie  in  ispecial  modo,  per  raggiungere  quel  grado  di  pre- 
minenza che  spetta  loro  a  buon  dritto  e  che  solo  ci  permetterà  di  sottrarci  alla 
concorrenza  straniera,  hanno  immensamente  bisogno,  oltre  all'incoraggiamento 
del  paese,  d'esser  guidate  da  utili  e  pratiche  ricerche  scientifiche. 

Convinto  di  questa  necessità  V  illustre  generale  Commendatore  Giovanni  Cavalli 
ebbe  l'idea  fin  dal  Marzo  1866  di  fondare  in  Torino  una  Società  d'Ingegneri  ed 
Industriali  sulle  basi  di  quella  degli  Ingegneri  Civili  di  Londra  esistente  da  cin- 
quantanni e  che  già  immensamente  è  stimata  ed  apprezzata  dalle  nazioni  indu- 
striali europee.  Scopo  di  questa  istituzione,  disse  il  generale  Cavalli  nel  discorso 
col  quale  inaugurò  l'adunanza  del  31  Marzo  1867,  —  è  il  discutere  tutto  quanto 
riguarda  le  opere  d'arte,  le  industrie  ed  i  commerci,  e  pubblicare  queste  discussioni 
per  illuminare  il  paese  sulle  più  importanti  questioni  d'interesse  generale. 

In  Italia  fu  compreso  il  bisogno  di  questa  Società  e  la  proposta  del  generale 
Cavalli  fu  accolta  ovunque  favorevolmente  ed  appoggiata  dal  Governo.  In  breve 
crebbe  il  numero  dei  socii  e  con  Regio  Decreto  18  Luglio  1866  veniva  approvata 
e  riconosciuta  come  Corpo  Morale. 

Si  tennero  già  varie  sedute  e  furono  letti  e  discussi  importanti  lavori  su  sva- 
riati argomenti  ed  inoltre  venne  pubblicato  un  primo  fascicolo,  col  titolo  Atti 
della  Società  degli  Ingegneri  e  degli  Industriali  di  Torino,  contenente: 

//  Decreto  d' approvazione  della  Società  e  lo  Statuto  della  stessa. 

U  elenco  dei  soci  ed  il  regolamento. 

V  origine  e  la  Costituzione  della  Società. 

I  verbali  delle  Adunanze  ed  inoltre  due  pregevolissime  memorie  l'ima  del  Com- 
mendatore Prospero  Richelmy  intitolata:  Pensieri  intorno  ai  mezzi  con  cui  ottenere 
una  idrografia  del  Piemonte:  l'altra  dell'Ingegnere  Sacheri:  Sul  modo  di  determinare 
la  rigidezza  delle  funi  applicando  le  teorie  sulle  deformazioni  elastiche  dei  corpi  so- 
lidi fibrosi. 

Quest'ultima  memoria  dietro  gentile  permissione  dell'Autore  la  ripubblichiamo 
nel  nostro  giornale  e  così  faremo,  avendo  l'adesione  degli  autori,  di  tutti  quei 
lavori  che  giudicati  meritevoli  della  stampa  negli  atti  di  quel  rispettabile  con- 
sesso fossero  di  tal  natura  da  interessare  i  nostri  lettori. 

Convinti  come  siamo,  dei  vantaggi  che  può  ritrarre  il  nostro  paese  dall'esi- 
stenza di  tali  Società,  ove  si  discuta  in  ordine  scientifico  l'interesse  generale,  del 
patriottico  scopo  a  cui  esse  mirano,  terremo  dietro  con  vero  piacere  a  quanto  si 
farà  da  quelle  già  esistenti  in  Italia  e  ci  faremo  un  pregio  di  renderne  istrutti 
i  nostri  signori  associati. 

La  Redazione. 


E  NOTIZIE  VARIE  ,„, 


IN  QUAL  MODO  SI  POSSA  DETERMINARE 
LA     RIGIDEZZA     DELLE     FUNI 

applicandovi   le  teorie  sulle  deformazioni   elastiche  dei   corpi   solidi   fibrosi. 

Memoria  Iella  nella  adunanza  20  gennaio  1868 

della  Società  degli  Ingegneri  e  degli  Industriali  di  Torino. 

(Vedi  tav.  22  flg.  9  e  IO.) 

I.  Abbiasi  una  forza  applicata,  quale  potenza   ad  una  fimo  nt,a  ,•     • 
una  puleggia,  e  sia  dessa  sul  punto  di  solleva  e  un  nei    'L'  •'  P'egVU  di 
fune  non  troppo  pieghevole,  lane  per  <SeinT^i%XTJ^ 
cilindrica  su  cu,  trovasi  avvolta;   essa  allontana  il  peso  MK^' 
accrescendone  il  momento  rispetto  a  aneli' aw  *d  n„„  .     ,       rotaz,one  . 

necessario  per  renderla  inflesL  e  fa^leSa     ^^ZVXlT^ 
sta  forza  addizionale,  che  si  suoDone  a^ire  rano-»n,.-,i  ,       pule^la-  QQe- 

fnne  si  avvolge,  ne  vince  e  „" Sa  TriJdT, "  C1'Ìndr°  SU  CUÌ  Ia 

duelTdiJersKri  SS^JS^fìZ^  ^^  * 
anziché  da  vera  teoria,  ei  fu  indot.Tad" a'mme  « r °  ^  S  Vìi T° 
espressa  con  due  termini;  costante  l'uno  e  variabile  l'altro  in  AhJ  fUDe 
zione  colla  forza  che  tende,  ambedue  proporzionali  ì£ »  in,d,reJtta  proPor- 
potenza  p  del  diametro  d  del  cavo  eS  E  L  *  n  8d  UDa  cerla 
Dicendo  «  e  o  i  due  co^J^Z^ZSmZVriTj^'- 
proposta  per  calcolare  la  rigidità  d'una  fune  espressione 

Ìt^K21?Ì  l^lTreSnTuarT"  ^  ***  ^  ~  »• 
sione  se  non  in  c'ircosLe  SriSJTV^S ^U"  ■"?- 

Kacr^r  ^iS=^  s  sarà 

Ed  esaminando  evalori  di  «         1    LT!  °.ad  "75?010  e  *«**  S™°- 
canapi  in  egual  modo  prenaratré  Ji  Q        J?*™0   dal1  esperienza   forniti  per 

e  mentre  il  coefficiente  ,1   0    ra  „  C°"  '6gge  dÌVersa  1,,ano  da»'altro, 

metro  t  i.  te™         V  Pwporz.onale  alla  seconda  potenza  del  dia' 

metro  M  termine  «  <f  pareva  crescesse  proporzionalmente  alia  quarta  potenza 


354  RIVISTA  DI  GIORNALI 

di  quel  diametro.  Non  era  adunque  quella  la  vera  formula  che  potesse  rappre- 
sentare esattamente  la  resistenza  dovuta  alla  rigidezza  delle  funi. 

Tuttavia  il  Morin,  che  riprese  la  discussione  dei  risultati  di  Coulomb,  sosti- 
tuendo alle  quantità  a#,  bd)1  due  altre  A  e  B,  q  cercando  con  qual  legge  va- 
riasse ciascuna  col  variare  del  diametro  della  corda,  seppe  meglio  conchiudere 
in  favore  di  quei  risultati.  Egli  diede  una  lunga  serie  di  valori  delle  quantità  A  e 
B,  riferibili  a  funi  bianche  da  10  a  28  millimetri  di  diametro,  ed  a  funi  incatra- 
mate del  diametro  da  10  a  33  millimetri,  da  6  a  60  legnuoli.  Quei  valori  riuniti 
in  tavole  numeriche  trovansi  riportati  in  qualsiasi  prontuario,  e  sono  essi  i  soli 
finora  che  possano  realmente  servire  di  norma  per  valutare  ad  un  dipresso  la 
resistenza  dovuta  alla  rigidità  dei  canapi. 

II.  Non  sono  molti  anni,  che  nei  grandi  lavori  di  costruzione  e  per  la  trazione 
sui  piani  inclinati,  le  funi  metalliche  avvolte  su  puleggie  di  gran  diametro  co- 
minciarono ad  impiegarsi  con  felice  successso;  e  già  nell'Alsazia,  nella  più  ma- 
nifatturiera provincia  di  Francia,  la  forza  di  molti  corsi  d'acqua,  raccolta  damo- 
tori  idraulici  di  grande  potenza,  viene  suddivisa  e  trasmessa  a  grandi  distanze 
per  mezzo  di  corde  metalliche  continue.  Sommano  oramai,  complessivamente  a 
più  di  ottocento  chilometri  le  trasmissioni  di  tal  genere  in  quella  sola  provincia; 
ed  il  signor  Stein  di  Mulhouse  alla  rinomata  fabbrica  di  grossi  cavi  di  canape 
quella  vi  aggiunse  delle  funi  in  fili  di  ferro. 

Ma  se  le  corde  metalliche  passarono  già,  ed  in  modo  definitivo,  nel  dominio 
della  meccanica  industriale,  anche  la  loro  rigidità  dovrà  necessariamente  venire 
in  quello  della  meccanica  applicata.  Mancano  tuttora  esperienze  dirette  a  cono- 
scere l'influenza  di  tanta  resistenza,  che  in  vero  si  presume  grandissima  a  fronte 
di  quella  dei  canapi,  né  alcuna  teoria  parvemi  fosse  finora  tentata  per  venire 
in  appoggio  alle  desiderate  esperienze. 

È  vero  bensì ,  che  molti  elementi  concorrono  a  rendere  pressoché  infinite  le 
varietà  di  preparazione  e  di  struttura  delle  funi  di  qualsiasi  sostanza  :  che  quegli 
elementi  non  si  possono  per  ora,  né  forse  si  potranno  mai  assoggettare  a  rigor 
di  calcolo.  Ma  nulla  osta  per  ciò,  che  qualche  tentativo  teorico  si  faccia,  ancorché 
debba  venir  basato  su  qualche  ipotesi;  e  nella  necessità  di  dovere  riassumere 
una  serie  di  esperimenti,  nulla  osta  che  ad  una  formula  empirica ,  o  fornita  da 
solo  buon  senso,  un'altra  se  ne  sostituisca  egualmente  buona,  molte  volte  ancora 
più  semplice  e  sempre  più  razionale. 

Le  teorie  che  dalla  intensità  di  uno  sforzo  estrinseco  determinano  le  reazioni 
molecolari  nei  solidi  fibrosi,  e  ne  misurano  le  deformazioni  elastiche,  parevanmi 
benissimo  appropriate  e  sufficienti  al  conseguimento  di  quello  scopo;  molte  dif- 
ficoltà, né  troppo  bene  distinte,  sorgevanmi  per  altro  nella  mente  e  m'inclina- 
vano naturalmente  a  cercar  la  ragione  per  cui  quel  problema  non  era  risolto; 
laonde  ne  tentai  la  soluzione  coli' unico  scopo  di  meglio  conoscere  e  misurare 
ciò  che  vi  fosse  di  veramente  difficile.  Dalla  semplicità  del  risultato  che  ottenni, 
pari  a  quella  del  procedimento  che  mi  vi  condusse  e  più  ancora  dal  suo  accordo 
colle  variate  esperienze  di  Coulomb,  io  fui  indotto  a  sottoporre  all'autorevole 
vostro  giudizio  questo  mio  lavoro. 

III.  Supponendo  che  venisse  orizzontalmente  disposta  sulla  gola  cilindrica  d'una 
puleggia  una  fune  rigida,  ma  ben  distesa,  non  sollecitata  da  forze  estrinseche, 
priva  perfino,   ove  fosse  possibile,  del  proprio  peso;  quella  fune  vi  rimarrà  di- 


E  NOTIZIE  VARIE  ogg 

stesa  secondo  una  linea  retta  tangente  a  quella  superfìcie,  né  avvi  motivo  alcuno 
per  supporta  diversamente  conformata.  Ad  una  estremità  (Tav.  22  flg Tle  v  nL 
applicato  un  peso  Q,  abbastanza  grande  perché  in  suo  confronto  possa  venirl  tra- 
scurato  .1  peso  proprio  della  fune,  ma  compreso  nei  limiti  della  na  orale  elasti 

TeiATielull  temP,°  ÌSteSS°  Ma  f°rZa  P  Capace  di  fare  Sri  a  Po 
(J  ed  a  tutte  le  altre  resistenze  minori,  siasi  applicata  in  A  diretta  sernnrìn  iLZ 

primitivo  di  quella  corda.  Quel  peso  Q  renderà  la  fune  equii  iTta   ZtlZ 

mente  inflessa  per  modo  da  disporla  secondo  una  curva  ii  ft      qu"  e  porlo 

non  per  un  tratto  appoggiarsi  sulla  superficie  di  quella  pulegge  ma  eh   ad  otni 

modo  sarà  tangente  nel  punto  supposto   di   primitivo  contai  '/alla  direzione 

de  l'asse  inizialmente  rettilineo  di  quella  slessa  fune;  e,  sufficientemente  Vroin 

gata,  finirà  prendendo  la  direzione  stessa  della  forza  Q,  di  ponendo"  icK  ner" 

Toue3.  °;hStrem0'  Ch6  "Ulla  °Sta  di  SUpporre  finit0'  in  dfrezioTperp  nSoUre 
a  quella  che  aveva  primitivamente  assunta.  pcipeuuicoiare 

L'appoggiarsi  o  non  di  quella  fune  per  un  certo  tratto  sulla  gola  della  niiwk 
di  raggio  0  A  dipende  evidentemente  e  dalla  elasticità  dell  a  £  e  dal  su S 
metro,  e  dalla  intensità  della  forza  Q,  e  finalmente,  lo  dirò  fin  d'ora  dalla  dimen 

Dicasi  fi  il  raggio  0  A,  e  D  il  diametro  della  puleggia-  sia  l  il  braccio  rti  w» 
de.  peso  Q;  essa  é  l'incognita  principale  del  nostro  problema     he  ne  'aum  ni 
di   quel  braccio  si  risolve  l'effetto  della  rigidezza   della   fnno    ri 
porre  che  la  curva  elastica  assunta  dalla  K'non'a     a  d  "om^HoVa  Z 

leggia  altro  punto  che  quello   d'origine  A-   Pd  in  mipcta    ^  .,        P 

In  una  sezione  qualunque  ideila  fune  inflessa  vi  saH  emiilihrin   n    •    -i 

j-4-4  (,) 

pongo  per  P  il  suo  valore  in  funzione  delle  coordinate  *  ed ,,  né  posso  qui  tra- 
scurarvi la  quantità  JL  a  fronte  dell,unità;  CQme  .p  ^  .  cas.  ..  ^  .  ^ 
mente  retti  si  suole  ;  se 

.  .  dx 

si  ha 


(*  + 


356  RIVISTA  DI  GIORNALI 

e  sostituendo  in  (1)  ed  integrando  si  trova: 

- ..*  —     =  C0St+~   (iX-^r-) 

Siccome  già  si  disse,  la  *  deve  essere  nulla  nella  sezione  d'origine,  e  la  costante 
che  nasce  da  queir  integrazione  per  x  =  0  sarà  dunque  nulla. 
Ricavo  il  valore 

/  a?2  \2 


(2) 


L'equazione  finita  della  curva  elastica  sarebbe: 

y  =  Gost  +  f  z  d  x. 

Intanto  nella  (2)  al  valore  di  x  ==  l   deve   corrispondere  quello  di  z  =  oo  per 
una  delle  ipotesi  fatte,  ed  ho  così  la  seguente  equazione  di  condizione 

essa  mi  serve  a  determinare  P  incognita 

Sostituisco  questo  valore  nella  equazione  (1)  facendovi  ad  un  tempo  x  =  0  per 
considerare  solo  la  sezione  d' origine,  e  trovo 

Po 
ossia 

0  -  i/Ì  (4) 

p0  -  K  2  0 

IV.  Sia  d  il  diametro  della  fune;  sia  E  il  coefficiente  o  modulo  di  elasticità 
della  sostanza  di  cui  è  dessa  composta.  Il  momento  di  flessibilità  e  è  dato  dal 
prodotto  del  coefficiente  di  elasticità  E  per  il  momento  d'inerzia  della  sezione 
della  fune  rispetto  ad  un  suo  diametro  (1),  cioè  si  ha: 

(1)  Solo  per  approssimazione  si  suppone  qui  la  sezione  delle  funi  interamente  piena;  per  una  più 
precisa  applicazione,  trattandosi  di  corde  metalliche,  dovrebbesi  trovare  per  cadauna  di  esse  il  mo- 
mento di  inerzia  della  vera  sezione  resistente,  facendo  cioè  astrazione  dall'anima  di  canape  centrale 
attorno  alla  quale  si  avviluppano  i  lignuoli ,  e  dagli  interstizii  esistenti  fra  i  diversi  fili  componenti 
ciascun  lignuolo. 


E  NOTIZIE  VARIE  357 

e  quindi  ricavasi  dalla  (4) 

Conoscendosi  il  coefficiente  E,  la  forza  Q,  il  diametro  della  fune  d,  si  potrà  cal- 
colare il  valore  di  p0;  e  potranno  allora  avvenire  tre  casi:  o  sarà  esso  maggiore, 
od  eguale  o  minore  del  raggio  R  della  puleggia.  Nel  primo  caso  la  puleggia  sarà 
troppo  piccola,  né  potrà  modificare  la  curva  elastica  della  fune;  sussisterà  adunque 
l'ipotesi  fatta,  ed  il  valore  di  l  dato  dalla  (3)  servirà  a  risolvere  il  problema.  Nel 
secondo  caso  si  avrà  la  puleggia  osculatrice  alla  curva  elastica  nel  punto  A,  ed 
i  calcoli  fatti  potranno  pure  servire.  Nel  terzo  caso  l'ipotesi  più  non  sussiste; 
il  peso  Q  è  troppo  grande,  l'elasticità  della  fune  è  troppo  debole,  il  raggio  della 
puleggia  non  è  abbastanza  piccolo,  perchè  la  fune  possa  rimanere  a  partire  dal 
punto  A  completamente  staccata  dalla  gola  della  puleggia;  essa  vi  si  accavalcierà 
per  un  certo  tratto  e  converrà  che  io  riprenda  il  calcolo  in  questa  seconda  ipotesi. 

Desidero  però  innanzi  tutto  cercare,  se  i  due  primi  casi  supposti  debbano  ef- 
fettivamente venir  considerati.  Al  diametro  delle  funi  è  sempre  dai  pratici  pro- 
porzionato il  diametro  delle  puleggie ,  non  che  la  forza  di  trazione.  Rimanendo 
in  questi  limiti  nessuno  certamente  potrà  supporre  qualche  fune  di  canape  co- 
tanto rigida  da  non  potere  per  quanto  piccolo  sia  il  diametro  della  puleggia,  as- 
secondarne per  breve  tratto  la  gola.  Per  queste  funi  adunque  non  occorre  certo 
dimostrare  colla  formula  (4')  improbabile  l'ipotesi  su  cui  questa  si  fonda,  néve* 
ramente  potrei  farlo,  avendo  cercato  invano  nei  Prontuarii  il  coefficiente  di  ela- 
sticità dei  canapi. 

Ma  per  le  funi  in  ferro  la  stessa  conseguenza  non  è  più  così  facilmente  am- 
messa, mi  é  però  possibile  darne  la  prova  scegliendo  un  caso  pratico  tra  i  più 
sfavorevoli.  Le  più  grosse  funi  in  fili  di  ferro  che  si  fabbricano  in  Anzin  da 
Harmegnies,  Dumont  e  Gomp.  hanno  33  millimetri  di  diametro,  e  convengono 
per  tensioni  anche  superiori  a  4300  chilogrammi.  Ed  io  ritengo  d  =  mm.  33,  ri- 
duco a  soli  3000  chilogrammi  il  peso  (?,  assumo  per  valore  di  E  i  soliti  18,000  chi- 
logrammi per  millimetro  quadrato;  e  sostituendo  tali  valori  nella  formula  (4') 
troverei  per  diametro  della  puleggia,  espresso  in  metri 

D  =  0.836. 

Un  circolo  di  tal  diametro  sarebbe  dunque  osculatore  alla  curva  elastica  di  quella 
fune  nel  punto  A;  ma  per  corde  metalliche,  dicono  i  pratici,  le  puleggie  non  de- 
vono avere  mai  diametro  minore  di  un  metro;  ed  alcuni  asseriscono  perfino  conve- 
nire alle  puleggie  un  diametro  eguale  a  duecento  volle  quello  della  slessa  fune. 
Siamo  adunque  abbastanza  lungi  dall'ipotesi  fatta  perchè  non  possa  darsi  il 
bisogno  di  dovercene  servire.  E  diffalti  se  l'esperienza  ha  dimostrato  che  l'au- 
mento del  diametro  d'una  puleggia  diminuisce  notevolmente  l'effetto  di  rigidezza 
della  fune,  come  potrà  questa  diminuzione  succedere,  se  la  puleggia  non  ha  dia- 
metro tale  da  poter  modificare  la  curva  elastica  della  fune,  e  se  questa  non  può 
appoggiarsi  su  quella?  ne  concludo  che  il  diametro  di  una  puleggia  dovrà  essere 
sempre  notevolmente  maggiore  di  quello  dato  dalla  formula  (4'),  e  sotto  questo 
aspetto  il  più  grande  possibile. 


358  RIVISTA  DI  GIORNALI 

V.  Tralascio  l'ipotesi  che  la  curva  elastica  della  fune  non  abbia  di  comune  colla 
puleggia  altro  punto  che  quello  d'origine  A,  e  suppongo  invece  che  la  curva 
AMO  (Tav.  22  fig.  10)  trovisi  per  un  certo  tratto  A  M  appoggiata  alla  circon- 
ferenza di  raggio  0  A  della  puleggia ,  essendo  P  angolo  A  0  M  =  9  una  nuova 
incognita  del  nostro  problema.  Il  braccio  di  leva  della  forza  Q  rispetto  al  punto 
M  sia  k  quantità  parimenti  incognita;  ritengansi  del  resto  tutte  le  altre  denomi- 
nazioni ed  ipotesi  del  precedente  problema.  Conducasi  la  T  T'  tangente  alla  cir- 
conferenza in  M,  e  supposta  rotta  per  un  istante  la  fune  in  quella  sezione,  si 
sostituisca  la  forza  T  che  faccia  le  veci  del  tratto  AM;  se  in  un  subito  cessasse 
l'azione  della  forza  Q,  e  se  con  questa  cessasse  pure  l'azione  del  peso  della  fune, 
essa  si  disporrebbe  secondo  la  direzione  rettilinea  M  T  giacché  si  suppone  che 
la  sua  elasticità  non  sia  stata  alterata.  Riferisco  la  curva  M  Q  a  due  assi  orto- 
gonali M  x  ed  M y  di  origine  in  M,  orizzontale  il  primo,  e  verticale  il  secondo; 
ed  avrò  l'equazione  differenziale  di  second' ordine  della  curva  elastica: 

jl ==  a  q{  "L  x).  (i) 

? 

che  integro  una  prima  volta 

z  _    ,'  9'iì  »      ^\  (2) 


(/l  +  z2                    £  V 

2  1 

Osservando  che  per  la  sezione  M  si  ha  : 

x  —  0    e    2  =  tang9 

si  trova 

Cost.  =  sen.  9 

Sostituisco 

questo  valore  nella  (2)  e  ricavo: 

sen. 9-1 (l{x  — 

IT 

(          ,   0/, 

1—    sen.9-1 Mi  X- 

x*  v  |2 

Ancor  qui  suppongo  che  la  fune  sia  sufficientemente  prolungata,  perchè  un  suo 
tratto  si  confonda  colla  direzione  stessa  del  peso  Q;  ad  x  =  k  corrisponderà 
z  =  00  ed  ho  così  un'  equazione  determinatrice  di  ^ 

l  =  sen.9  +  ^-|- 


da  cui  ricavasi 


h  =  \/ 


2è  /1  \  (3) 

—  (l-sen.9).  w 


ÌE  NOTIZIE  VARIE  359 

Rimane  solo  a  conoscersi  l'angolo  9;  perciò  sostituisco  questo  valore  di  l{  nel- 
l'Equazione (1)  facendovi  ad  un  tempo  x  =  Q  per  considerare  la  sezione  di  ori- 
gine M  ed  ho  : 

—  =  |/2  0e(l)—  sen.  9 

Po 

ossia 

2(l-sen.9)  =  ^I.  (4) 

Ma  pel  tratto  A  M  la  curva  della  fune  è  per  ipotesi  quella  stessa  della  puleggia 
ed  in  M  i  due  tratti  devono  raccordarsi  non  solo,  ma  si  ha  di  più  per  il  punto 
M,  p0  =  R;  sostituendo  questo  valore  nella  (4)  si  ricaverà  l'equazione  finale,  che 
determina  l'incognita  9, 

Sen-Cp  =  1~2^'  ^ 

Il  valore  di  l{  sarà  parimenti  determinato  dalla  Equazione  (3)  sostituendovi  per 

(1  —  sen.  9) 
il  suo  valore  dato  dalla  (4'),  e  verrà  semplicemente  espresso  da 

Il  problema  è  ormai  risolto.  Se  L  è  il  braccio  di  leva  della  forza  Q  rispetto  al- 
l'asse di  rotazione  in  0,  sarà 

L  =  /d  -f-  R  sen.  9 
ossia  sostituendovi  per  sen  9  e  per  l{  i  valori  testé  trovati 

Per  trovare  a  qual  forza  equivalga  la  rigidezza  delia  fune,  e  volendosi  che  sia 
diretta  tangenzialmente  alla  puleggia,  pongo  l'equazione  di  equilibrio 

FR=QL 

ossia 

FR==QR  +  ±. 


e  quindi 


Z=F—Q=;-L* 


360  RIVISTA  DI  GIORNALI 

In  questa  espressione  della  rigidezza  Z.  comincio  a  sostituire  per  e  il  suo  valore 
in  funzione  del  diametro  d  della  fune,  ottenendo 

z^im.  (6) 

Il  peso  Q  non  supera  mai  il  limite  della  elasticità  non  alterata,  ed  il  tratto  di 
fune,  che  va,  deve  quindi  svolgendosi  dalla  puleggia  rimanere  nuovamente  disteso; 
ad  ogni  diametro  di  fune  corrisponde  neccessariamente  un  certo  peso  od  almeno 
vi  corrisponde  un  limite;  ed  oltrepassarlo  non  è  sempre  possibile,  non  è  mai 
prudente.  L'allungamento  proporzionale  limite  della  fune,  di  cui  si  tratta,  sia  X, 
e  dicasi  co  la  sezione  della  fune,  ed  n  un  coefficiente  di  sicurezza,  minore  quindi 
dell'unità;  occorrendo  di  dover  sollevare  un  peso  dato  Q  si  dovrà  sempre  colla 
formula 

nEtùX—  0 

determinare  quale  sezione  di  fune  può  convenire  a  quella  tensione;  e  se  da 
questa  equazione  ricavasi  il  valore  di  E  per  sostituirlo  nella  (6)  si  potrà  porre 
in  evidenza  nella  espressione  della  rigidezza  il  valore  della  forza  Q  che  implici- 
tamente vi  è  contenuto.  Ecco  la  formula  che  ne  risulla 

Z  =  -^-  (7) 

od  ancora,  indicando  se  vuoisi  con  jj.  un  coefficiente  costante 

È  questa  finalmente  l'espressione  proposta  per  misurare  la  rigidezza  d'una  fune. 

VI.  Non  rimane  più  che  a  determinare  il  valore  del  coefficiente  p.,  e  coir  ap- 
poggio delle  esperienze  che  si  conoscono  provarlo  costante  per  funi  di  eguale 
sostanza,  d'una  stessa  struttura  e  soggette  inoltre  a  sforzi  proporzionali  alla  loro 
sezione.  A  tale  scopo  ricorro  alla  già  citata  tavola  numerica  del  Morin  che  rias- 
sume i  risultati  sperimentali  di  Coulomb  su  canapi  bianchi  da  10  a  28  millimetri 
di  diametro  avvolgentisi  su  puleggie  di  1  metro  di  diametro.  La  rigidezza  della 
fune  si  calcola  per  mezzo  di  quella  tavola  e  colla  seguente  formula  : 

sostituendo  per  A  e  per  B  i  valori  che  corripondono  al  diametro  della  fune  di 
cui  si  tratta.  Scelgo  adunque  nei  limiti  di  quella  tavola  alcuni  valori  del  dia* 
metro  d  comprendendovi  il  più  piccolo  ed  il  più  grande*  e  sieno  per  esempio 

d  =  metri    0.0110.    0.0155.    0.0200.    0.0283. 


E  NOTIZIE   VARIE  361 

Abbiano  queste  funi  a  trarre  un  peso  proporzionato  alla  loro  grossezza  ed  in 
cifre  tonde 

Q  =  chilogr.    200.    500.    1000.    1500. 

Calcolandola  coi  coefficienti  dati  da  Morin  per  cadauna  fune,  troverei  la  rigidezza 
rispettivamente  uguale  a 

Z  =  chilogr.    0.68.    3.35.    11.12.    33.57. 

e  cercando  infine  il  valore  del  coefficiente  p,  per  cadauna  delle  quattro  funi,  tro- 
verei i  seguenti  valori: 

p.  =?       27.9.       27.9.       27.8.       27.9. 

Ma  invano  cercherebbesi  la  stessa  concordanza  della  formula  empirica  con 
quella  proposta,  qualora  il  diametro  della  puleggia  fosse  molto  diverso  dell'unità, 
avendo  Coulomb  e  Navier  supposto  che  la  rigidezza  dovesse  semplicemente  va- 
riare in  ragione  inversa  di  quel  diametro,  anziché  del  suo  quadrato,  come  dalla 
nuova  espressione  risulterebbe.  Ecco  però  in  qual  modo  stabilivasi  ciò,  che  nep- 
pure da  quelle  poche  esperienze  si  trovò  confermato:  supponevano  l'aumento 
del  braccio  di  leva  della  resistenza  essere  all' incirca  lo  stesso,  qualunque  fosse 
il  raggio  della  puleggia  su  cui  la  fune  si  avvolge ,  e  di  qui  ne  traevano  questa 
conseguenza:  se  nelP esprimere  il  lavoro  della  rigidità  si  ritiene,  che  lo  spazio 
descritto  dal  suo  punto  d'  applicazione  sia  un  arco  della  circonferenza  della  pu- 
leggia, converrà  dividere  per  il  raggio  di  quella  circonferenza  l'espressione  della 
forza  affinchè  quel  lavoro  riesca  indipendente  da  questo  raggio. 

Ma  non  è  vero  che  il  raggio  della  puleggia  non  possa  esercitare  influenza  ve- 
runa su  quel  braccio  di  leva;  dalla  formula  (5)  ricavasi  invece  l'aumento  di  quel 
braccio  essere 


R 


ZQR 

variabile  cioè  in  ragione  inversa  della  puleggia.  Se  però  si  avesse 


m 


20 

la  sua  influenza  sarebbe  nulla,  ed  il  braccio  di  leva  esattamente  uguale  al  doppio 
di  quel  raggio;  e  se  il  valore  di  R  fosse  ancora  minore,  il  braccio  di  leva  con- 
tinuerebbe ad  essere  costante  ed  indipendente  da  R,  si  avrebbe  sempre  in  tale 
ipotesi 


-r 


2^ 
0 


Ma  non  occorre  ripetere  che  quest'ultimo  caso  supposto,  quantunque  possibile, 
non  è  mai  caso  pratico. 

Dalla  formula  (5')  risulterebbe  dunque  la  convenienza  di  aumentare  fin  che  si 
può  il  diametro  delle  puleggie;   né   più  si  potrebbe  ammettere,  come  facevasi, 
Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Giugno  1868.  24 


gg£  RIVISTA  DI  GIORNALI 

che  auel  diametro  non  ha  influenza  sulla  cnrva  elastica ,  e  qnindi  snl  braccio 
di  leva  della  resistenza.  Converrebbe  ad  ogni  modo  ricorrere  a  nuove  esperienze 
Per  inerii  poter  decidere  la  cosa;  e  le  foni  metalliche,  per  la  più  omogenea 
Strattura  Per  la  maggiore  rigidezza,  potranno  benissimo  soddisfare  a  quel  e 
:ihe  ,'nPmodo  più 'rigoroso;  tanto  più  che  si  potrebbe  ™™*%*^« 
la  rigidezza  che  presentano,  e  ad  un  tempo  le  quantità  E  A,  confermare  non 
solo  ?a  formula  (?)  nei  suoi  risultati,  ma  ancora  le  ipotesi  su  cui  e  fondata  ed 
il  procedimento  col  quale  si  giunse  a  comporta.  fnrmil,,  n\ 

Nello  scopo  tuttavia  di  far  meglio  vedere  l'applicatone  diretta  della  ormu  (7) 
al  calcolo  della  rigidezza  delle  funi  metalliche,  anziché  di  dare  un  coefficiente 
LrSe  df  uafche.  fiducia,  prendere  il  caso  che  ho  già  trattato .*  mezzo  de 
fune  di  33  millimetri  di  diametro,  che  deve  trarre  il  peso  Q  di  3000  cnno 
~i  ritoiSto  come  sopra  E  =18,000  chilogr.  per  millimetro  quadrato  e 
supponendo  X  L  0.0008  valore  corrispondente  al  ferro  dolce  di  piccole  dimen- 
sioni, passato  alla  trafila;  si  ricava  dalla  formula 

nE(ùX—Q 

il  valore  di 

1 

n  —  -r- 
4 

si  troverebbe  con  questi  dati  il  valore  di 

(t  =  628  (1) 
ossia  la  resistenza  i 

Se  per  esempio  si  avesse  una  puleggia  di  tre  metri  di  diametro,  si  otterrebbe 

Z  =  chilogr.  227. 

Adunque  la  rigidezza  d'una  fune  in  fili  di  ferro  del  diametro  di  33  millimetri, 
che  "Ravvolge  su  di  una  puleggia  di  3  metri  di  diametro,  e  che  sopporta  un, 
peso  di  3000  chilogr.  sarebbe  di  chilogr.  227. 

Ing.  Giovanni  Sacheri. 


(1)  Vale  ancor  qui  la  nota  del  Nura.  IV. 


E  NOTIZIE  VARIE  3(j£ 


COLLEGIO  DEGLI  INGEGNERI  ED  ARCHITETTI  DI  MILANO. 

Crediamo  far  cosa  grata  ai  nostri  lettori,  pubblicando  una  importante  relazione  —  Sulla  deter- 
minazione dei  rapporti  fra  il  nuovo  modulo  prescritto  dall' Art.  622  del  Codice  Italiano 
e  le  varie  unità  di  misura  d' acqua  state  finora  comunemente  adottate  nelle  provincie 
dell'Alta  Italia  —  che  vediamo  stampata  negli  Atti  del  Collegio  degli  Ingegneri  e  stimiamo 
inoltre  opportuno  di  farla  precedere  da  alcune  notizie  storiche  sul  collegio  che  togliamo  dagli 
Atti  stessi. 

La  Redazione, 

Intraprendendo  la  pubblicazione  degli  atti  dell' associazione,  che  si  intitola:  Collegio  degli  In- 
gegneri ed  Architetti  in  Milano,  crediamo  opportuno  di  farli  precedere  da  alcune  brevi  notizie. 

Fu  adottato  il  nome  di  Collegio  per  riprendere  quello  che  anticamente  portava  un'  associa- 
zione di  Ingegneri  ed  Architetti  in  Lombardia.  Si  ha  notizia  che  ordini,  e  Statuti  di  un  Col- 
legio di  Ingegneri  ed  Architetti  di  Milano,  dapprima  chiamati  publici  cestimatores,  indi  magistri 
fabrorum  ingenera,  et  architecti ,  esistessero  fino  dal  secolo  dodicesimo.  Anzi,  risalendo  più 
indietro  a  ricercare  le  istituzioni  che  nelle  provincie  di  Lombardia  riguardavano  gli  Ingegneri 
ed  Architetti,  si  potrebbe  facilmente  trovare  che  datano  dai  maestri  comacini,  e  forse  dalle  as- 
sociazioni dei  muratori  provinciali  dei  tempi  di  Roma.  Più  recentemente  noi  troviamo  che,  nel 
secolo  decimoterzo ,  individui  delle  primarie  famiglie  di  Milano  erano  ascritti  come  apparte- 
nenti al  Collegio,  e  che  nel  1575  e  nel  1596,  gli  Statuti  del  Collegio  furono  confermati  dai 
principi,  i  quali  allora  reggevano  il  paese.  Ma  tralasciando  di  esaminare  questi  ordini,  e  solo 
notando  che  altri  Statuti  furono  approvati  dal  Senato  di  Milano  nell'anno  1662,  ed  in  seguito 
dal  duca  di  Modena  nella  sua  qualità  di  amministratore  del  governo  della  Lombardia,  con  editto 
51  luglio  1761,  e  dal  Conte  di  Firmian,  con  decreto  24  luglio  1767,  giova  all'incontro  fermarci 
a  considerare  il  Regolamento  generale  per  gì' Ingegneri  nello  Stato  di  Milano,  pubblicato 
in  Milano  dallo  stampatore  Giuseppe  Galeazzi ,  l'anno  1775.  In  quell'anno,  appunto  l'impera- 
trice Maria  Teresa  sanzionava  il  Regolamento,  che  essa  stessa,  quattro  anni  prima,  aveva  ordi- 
nato di  compilare;  e  il  decreto  cominciava  così:  «  Essendo  un  oggetto  importante  per  il  pub- 
blico vantaggio  della  nostra  Lombardia  il  perfezionare  la  professione  degli  Ingegneri ,  Geometri 
pratici  ed  Architetti,  e  che  questi  sieno  bene  istruiti  in  tutte  le  parti  della  medesima;  non  con- 
tenti Noi  d'aver  istituite  in  Milano  alcune  scuole  pubbliche,  nelle  quali  venissero  insegnati  gli 
Elementi  e  la  Teoria  delle  cognizioni  necessarie  a  bene  esercitarla ,  abbiamo  rivolte  le  nostre 
sollecitudini  anche  alla  miglior  sistemazione  e  disciplina  del  Collegio  esistente  in  Milano....  af- 
finchè potesse  egli  nell'avvenire  corrispondere  alla  provvidenza  da  Noi  data  per  la  parte  scien- 
tifica della  stessa  professione  ». 

La  più  importante  riforma  sanzionata  da  questo  Regolamento  del  1775 ,  stava  nel  ristringere 
al  solo  Collegio  il  diritto,  dianzi  posseduto  anche  da  altre  autorità,  di  accordare  le  Patenti  per 
l'esercizio  delle  professioni  d'Ingegnere,  Architetto,  Agrimensore  e  Capo  maestro.  La  legge  aveva 
in  ciò  forza  retroattiva.  Chi  avesse  ardito  di  operare  senza  l' approvazione  del  Collegio,  era  con- 
dannato alla  pena  di  40  scudi,  da  darsi  metà  all'accusatore  e  metà  alla  Cassa  del  Collegio,  o 
ad  un  mese  di  carcere.  Niuno,  del  resto,  poteva  aspirare  alla  Patente  se,  nell'atto  di  fare  il  de- 
posito non  provava  ch'egli  e  suo  padre,  ed  anche  l'avo,  non  avevano  mai  esercitata  niuna  arte 
meccanica  o  vile ,  per  anni  cinquanta;  che  aveva  almeno  700  lire  d'annua  rendita  in  tanti 
fondi  stabili  nello  Stato  di  Milano;  che  era  nato  di  matrimonio  legittimo,  e  via  discorrendo.  Gli 
esami  per  l'esercizio  della  professione  erano  dati  con  molte  cautele  dagli  offìziali  del  Collegio: 
consistevano  nello  scioglimento  di  otto  quesiti  teorici,  negli  esperimenti  sul  terreno  colla  Tavola 
Pretoriana,  nella  composizione  di  due  progetti  architettonici,  uno  di  palazzo,  l'altro  di  chiesa. 


364  RIVISTA  DI  GIORNALI 

Ma  nessuno  era  ammesso  a  cotali  esami  se   non  aveva  frequentato  con  lode ,   almeno  per  un 
triennio     le  scuole  stabilite  a  tal  fine,   e  se  per  quattro  anni  consecutivi  non  aveva  militato 
ossia  compiuto  la  pratica,  presso  un  ingegnere,  un  architetto,  od  un  agrimensore,  scelto  dal  Col- 
legio medesimo.  >[       .         ;?s        .       .    .   ,    . 
Il  Collegio  formava  un  corpo  molto  compatto.  Quando  uno  dei  suoi  membri  moriva,  i  Sindaci 
dovevano  riconoscere,  in  presenza  dell'erede,  le  carte  del  defunto,  e,  ricuperate  tutte  le  scritture 
attinenti  alla  sua  professione,  depositarle  nell'Archivio  del  Collegio,  dove  stavano  gelosamente 
custodite,  come  atti  pubblici.   Nondimeno   la   formazione  del  Collegio  era  abbastanza  liberale. 
Esso,  raccolto  in  generale  adunanza,  con  due  terzi  almeno  dei  suoi  membri,  eleggeva  la  Presi- 
denza, che  era  formata  di  due  Sindaci, di  due  Esaminatori  e  di  un  Cancelliere-Tesoriere:  cioè  a 
dire,  due  Presidenti,  due  Consiglieri,  ed  un  Segretario-Economo.  Ogni  anno  si  doveva  mutare 
un  Sindaco  ed  un  Esaminatore;  né  potevano  venire   rieletti  se  non  dopo  trascorsi  tre  anni  dal 
bienno  del  loro  ufficio.  Il  potere  della  Presidenza  era  molto  limitato  :  tutte  le  deliberazioni  com- 
petevano al  Collegio  legalmente  adunato.  Ad  esso  potevano  reclamare  i  singoli  individui  contro 
le  sentenze  dei  Sindaci:   ad  esso  dovevano  essere  presentati  i  bilanci,  ed  i  rapporti  sulle  cose 
della  Società:  niuna  spesa  poteva  essere  fatta  senza  ch'esso  la  sanzionasse.  " 

Qualunque  persona,  purché  facesse  il  deposito  di  75  lire,  poteva  richiedere  al  Collegio  la  ri- 
soluzione di  un  quesito  d'  architettura,  d'idrostatica,  di  stime,  di  fondi,  ecc.,  oppure  la  risolu- 
zione di  alcuno  dei  così  detti  Stilati.  I  Sindaci  stendevano  allora  il   quesito,   che,  firmato  dal 
petente   era  stampato  e  mandato  a  tutti  i  membri  del  Collegio,  perchè  ciascuno  avesse  il  tempo 
di  studiarlo  e  di  maturare  il  proprio  sentimento.  Se  il  quesito  usciva  dalle  quistioni  puramente 
pratiche,  s'invitavano  due  professori  delle  scuole,  affinchè  dicessero  in  iscritto,  colla  maggior 
brevità    il  loro  parere;  e  codesto  parere  veniva  letto  il  dì  della  convocazione  del  Collegio.  Cia- 
scuno poteva  allora  esporre  l'avviso  suo;  poi,  formulate,  secondo  il  bisogno,  le  vane  proposte 
si  mandavano  separatamente  a  partito,  per  conoscere  il  giudizio  della  maggiorità.  La  relazione, 
stesa  su  questo  giudizio ,  e  letta  nuovamente  in  piena  adunanza ,  era  stampata  e  comunicata  a 
tutti  i  membri  del  Collegio,   nonché  alle  altre  persone  interessate.  E  veramente  al  Collegio  im- 
portava oltre  modo  che  i  perchè  delle  sue  sentenze  fossero  a  tutti  palesi;   anzi   un  articolo  del 
Regolamento  giungeva  sino  a  minacciare  la  multa  di  50  scudi,  metà  a  favore  della  Cassa  comune, 
metà  a  vantaggio  dell'accusatore,  a  quel  membro  del  Collegio,  che  manifestasse  per  certificato  o 
in  altro  modo  per  iscritto,  sopra  qualunque  differenza  o  dubbio,  il  suo  parere  ,  senza  indicarne 
sempre  le  ragioni ,   ed  avere  dianzi  esaminato  i  documenti  e  studialo  sulla  faccia  del  luogo  la 
quistione.  Così  il  Collegio  provvedeva,  con  leggi,  che  al  giorno  di  oggi  non  potrebbero  più  ap- 
plicarsi, alla  propria  autorità  ed  alla  dignità  di  ciascuno  de'  suoi  membri. 

E  il  Collegio,  infatti,  ebbe  attiva  e  prospera  vita  per  alquanti  anni,  e  recò  alla  professione 
dell'Ingegnere,  dell'Architetto  e  dell'Agrimensore,  non  pochi  vantaggi;  ma  poi,  mutati  ì  tempi, 
mutò  forme,  perdette  le  sue  prerogative,  si  sviò,  si  sciolse.  Non  è  questo  il  luogo  di  ricordare  ì 
tentativi  che  nella  prima  metà  di  questo  secolo  alcuni  Ingegneri  fecero,  a  più  riprese,  per  rige- 
nerare una  Società,  la  quale  era  stata  molto  utile  alle  provincie  Lombarde.  Il  Governo  del- 
l'Austria, diventato  sempre  più  sospettoso,  non  solo  accoglieva  con  diffidenza  quei  tentativi,  rna 
vi  metteva  ostacoli  e  impacci.  Si  dovettero  aspettare  gli  anni  della  libera  indipendenza,  perche 
l'idea  del  Collegio  trovasse  finalmente  modo  di  germogliare;  e  certo,  s'ella  da  qualche  tempo 
pigliò  salde  radici,  lo  si  deve  alla  intelligente  attività  di  alcuni  uomini  benemeriti,  i  quali  non 
si  stancarono  di  coltivarla. 

Messisi  insieme,  nel  1865,  alcuni  dei  più  provetti  ingegneri  di  Milano,  composto  uno  statuto 
e  fattolo  approvare  dal  regio  Governo ,  raccolsero  intorno  a  lor  buon  numero  d' Ingegneri  e  di 
Architetti ,  a'  quali  il  concetto  di  rinnovare  il  Collegio ,  era  paruto  eccellente.  Se  non  che  Io 
Statuto  non  andava  a' versi  di  molti.  Fin  dalle  prime  adunanze,  alcune  censure  trovarono  modo 
di  farsi  ascoltare:  si  rimproveravano  allo  Statuto  tre  cose  segnatamente:  in  primo  luogo,  di 
avere  provveduto  alla  formazione  di  un  Comitato  di  quaranta  membri  inamovibili,  togliendo  cosi 
la  possibilità  di  rinvigorirlo,  ad  intervalli,  con  giovani  forze,  e  di  sorvegliarlo  efficacemente  con 
il  mezzo  delle  rielezioni  o  delle  esclusioni;  in  secondo  luogo,  di  avere  dato  a  tale  Comitato  ma- 


E  NOTIZIE  VARIE  355 

movile  tanti  ufficii,   che  non  ne  restava  quasi  punto  al  Collegio,  onde  poteva  accadere  che  i 
membri  del  Collegio  si  disamorassero  di  una  istituzione,   alla  quale   non  avrebbero  contribuito 
continuamente  e  direttamente  con  il  voto  e  con  il  consiglio;  in  terzo  luogo,  di  avere  ristretto 
1  ammissione  a' soli  ingegneri  od  architetti,    0  professori  dell'Istituto  Tecnico  Superiore    esclu- 
dendo così  altri  uomini  valenti  in  quelle  scienze  od  in  quelle  arti,  che  risgaardano  direttamente 
ingegneria  e  1  architettura.  Una  Commissione  fu  eletta  dal  Collegio  perchè  stendesse  il  Reqo- 
lamento  interno  della  Società,   badando  a  desiderii  espressi  dalla   maggioranza  di  quei  Socii 
ch'erano  intervenuti  alle  precedenti  adunanze.  Ma,  poiché  il  Regolamento  nesciva  a  contraddire 
in  alcune  parti  allo  Statuto,  il  Collegio  determinò  che  si  dovesse  studiare  schiettamente  la  ri- 
forma dello  Statuto  medesimo.  Elesse  a  tal  fine  una  Commissione,  la  quale  riesci  composta  de*li 
ingegneri  Valsuani,  Cavi,  Formenti,  Codazza,  Brioschi,  Taghasacchi ,  e  dell'Architetto  Boito   La 
commissione,  che  aveva  cominciato  il  suo  lavoro  e  stabilite  le  basi  fondamentali  del  nuovo  Sta- 
tuto con  V  opera  di  tutti  i  suoi  membri ,   vide  in   pochi  mesi  morire  i  primi   tre  e  partire  il 
quarto.  Ridotta  così  a  tre  persone  soltanto,   dovette  presentare  al  Collegio,  il  dì  9  febbraio  del 
corrente  anno,  il  suo  lavoro.  Allora,  cotale  nuovo  Statuto,  venne  dal  Collegio  accettato   senza 
discussione,  per  la  prova  di  sei  mesi,  dopo  di  che  lo  si  discuterà  per  modificarlo  0  per  appro- 
varlo senz'altro.  L'elezione  del  Comitato,  composto,  secondo  le  nuove  norme,  di  quindici  per- 
sone (1),  valse  a  costituire  definitivamente  il  Collegio;  il  quale  di   questo  modo,  come   fanno 
fede  gli  atti  e  gli  scritti  che  si  uniscono  a  questi  atti,  cominciò  con  sicura  fiducia  il  suo  cammino 


RELAZIONE 

della  Commissione  eletta  dal  Collegio  degli  Ingegneri  per  proporre  la  corrispondenza  delle 
antiche  misure  d'acqua  colla  nuova  stabilita  dal  Codice  al  §  622  (2). 

ALL'ONOREVOLE    COLLEGIO 
DEGLI     INGEGNERI     ED     ARCHITETTI     IN    MILANO. 

Per  la  soluzione  del  quesito  proposto  da  jsig.  Ingegnere  Pestalozza  al  Collegio  degli  Ingegneri 
ed  Architetti  in  Milano ,  cioè  per  determinare  i  rapporti  fra  il  nuovo  modulo  prescritto  dal- 
l'Art.  622  del  Codice  Italiano,  e  le  varie  unità  di  misura  d'acqua  state  fino  ad  ora  comune- 
mente adottate  nelle  Provincie  dell'Alta  Italia,  fa  d'uopo  di  conoscere  la  portata  0  dispensa 
d'acqua  di  ciascuna  di  tali  unità  in  un  stabilito  tempo,  e  quindi  in  un  minuto  secondo  nel 
quale  la  portata  del  nuovo  modulo  è  fissata  nel  citato  Codice  in  litri  cento. 

Noi  quindi  crediamo  necessario  di  prendere  in  esame  quanto  esposero  i  principali  scrittori 
di  idrodinamica  su  tale  proposito,  e  specialmente  quelli  che  eseguirono  sperimenti  appositi  per 
l'erogazione  d'acqua  delle  dette  unità  di  misura,  aggiungendo  quei  riflessi  e  conseguenze  che 
troveremo  del  caso. 

(1)  Nella  seduta  del  23  Febbrajo  1868  risultarono  nominati  come  componenti  il  Comitato  Direttore 
uel  1868. 

Presidente:  Tatti  ing.  Luigi.  Vice  Presidenti:  Bonzanini  ing.  Alessandro,  Brioschi  prof.  Francesco 
Segretario:  Bignami  ing.  Emilio.  Vice  Segretario:  Borro  prof.  Camillo.  Membri:  Pestalozza  ing  Ales- 
sandro ,  Manzi  nob.  ing.  Giorgio  ,  Cavallini  ing.  prof.  Achille  |  Dugnani  prof.   ing.  Gaspare  ,   Mira 
'"m  a'  VAN0TTI  Ìng"  AUGUST0'  °DAZI°  inS'  Manuele,  Ceruti  ing.  Giuseppe,  Brioschi  ing.  Francesco. 
^Questa  relazione  è  la  prima  parte  del  lavoro,  a  cui  sta  accudendo  la  Commissione.  (Processo  ver. 


3gg  RIVISTA  DI  6I0RNALI 

Unità  di  misura  usata  dai  Milanesi. 

L'oncia  maestrale  od  unità  di  cui  si  valgono  i  Milanesi  per  la  misura  dell'acqua  corrente 
è  rappresentata  dal  volume  di  questo  liquido  che  sorte  per  pura  pressione  da  una  bocca  larga 
oncie  tre  (0-  1487)  Milanesi,  alta  oncie  quattro  (0-  1985),  grossa  oncie  tre  e  col  battente  di  oncie 

^•Smc^ln'cui  viene  derivata  dal  canale  o  recipiente  dispensatore  la  detta  oncia  di  acqua, 
il  quale  è  d'invenzione  dell'Ingegnere  Milanese  Giacomo  Soldati  (2),  che  lo  propose  1  anno  «71, 
è  costituito  da  tre  parti  principali  chiamate,  la  prima  tromba  coperta  o  calice  o  castello,  la 
seconda  bocca  o  modulo,  la  terza  tromba  scoperta. 

De4si  però  avvertire  che  negli  Statuti  di  Milano  è  stabilito  il  detto  edificio  per  unita  d,  ra- 
sura delle  acque  del  Milanese  come  espone  il  Pecchio  nella  sua  opera  Tractatus  de  acquxductu, 
e  come  risulta  anche  dai  Commentar]  di  Orazio  Carpani  sul  gius  municipale. 

Devesi  pure  notare,  che  all'epoca  in  cui  fu  inventato  il  ripetuto  edifico  non  erari t  che  una 
sola  forma  del  medesimo,  ma  che  molto  tempo  dopo  nella  tromba  coperta  fu  introdotta  la  va- 
riazione nell'avere  ridotto  il  piano  del  suo  fondo  da  orizzontole  ad  inclinato  con  ascendenza  dal 
suo  principio  al  di  lui  termine  alla  soglia  della  bocca  o  modulo,  togliendo  cosi  il  giardino  o 
rialzo  che  si  lasciava  quando  il  detto  piano  della  tromba  coperta  era  orizzontale.  Tale  piano 
acclive  poi  si  usa  nell'estrazione  delle  acque  dai  canali  erariali,  mentre  in  generale  sì  tiene  il 
piano  orizzontale  per  gli  altri  casi  di  derivazione  d'acqua  dai  canali  privati,  il  tutto  come  ac- 
cenna il  Parrochetti  nei  suoi  esperimenti  idrometrici. 

Non  consta  che  l'ingegnere  Soldati  abbia  fatto  alcuna  esperienza  sulla  dispensa  delle  acque 
coli' edificio  da  lui  inventato,  per  cui  potendo  la  forma  e  dimensioni  di  tutte  le  parti  di  questo 
influire  alla  dispensa  medesima,  non  si  può  portare  un  giudizio  sicuro  appoggiato  a  soli  calcoli 
desunti  dalle  regole  insegnate  coi  precetti  della  foronomia,  sebbene  in  generale  coli  edificio  sud- 
detto si  procuri  di  mandare  l'acqua  alla  bocca  colla  velocità  dovuta  alla  pressione  d'ella  stessa 
acqua,  evitandosi  specialmente  quei  casi  straordinarii,  che  diconsi  verificati  dagli  idraulici  la- 
dini e  Bruschetti,  di  avere  trovato  il  battente  maggiore  del  giusto,  come  espone  il  Turazza  nella 
citata  sua  opera  alla  pag.  168. 

Gli  esperimenti  di  misura  del  volume  d'acqua  erogata  in  un  minuto  secondo  dell  Oncia  Ma- 
gistrale Milanese  più  remoti  sono  quelli  eseguiti  nel  17W  dall' Ingegnere  Camera  e  Carlo  Giu- 
seppe Merlo,  i  quali  trovansi  registrati  nella  storia  data  dall'Ingegnere  Bruschetti  sulle  opere 
per  la  irrigazione  del  Milanese,  e  riportati  dal  Parrochetti  nei  suaccennati  di  lui  esperimenti 
idraulici.  Gli  esperimenti  dell'ingegnere  Merlo  sono  sette,  tre  dei  quali  diedero  nel  primo  litri 
d'acqua  38,91,  nel  secondo  39,72,  nel  terzo  38,11,  la  cui  media  è  di  litri  38,91;  e  riguardo 
agli  altri  quattro  si  ebbe  nel  primo  36, 12,  nel  secondo  36,86,  nel  terzo  36,80,  nel  quarto  56,71, 
di  cui  il  medio  è  36,62.  Il  detto  edificio  però  aveva  la  bocca  di  un  pezzo  di  oncie  due  milanesi 
invece  di  tre,  ed  era  mancante  del  calice  o  tromba  coperta.  Essendo  quindi  l'edificio  con  cui 
furono  praticati  i  detti  esperimenti  dall'Ingegnere  Merlo  non  conforme  in  qualche  parte  e  man- 
cante di  altre  prescritte  per  l'edificio  dell'Oncia  Magistrale  Milanese  i  risultati  dei  medesimi 
esperimenti  non  possono  ritenersi  con  sicurezza  corrispondenti  a  quelli  che  si  sarebbero  ottenuti 
coli'  edificio  esatto  dell'  Oncia  Magistrale  Milanese.  .,,,„,     n   c„„; 

Dopo  gli  esperimenti  fatti  dall'  Ingegnere  Merlo,  alcuni  altri  furono  eseguiti  dal  Padre  De-Begi, 
dai  quali  emerge  che   il  prodotto  dell'Oncia  Magistrale  Milanese  è  di  m.  e.  2,430  al  m.nuto 

(1)  Tcrazza,  Idrodinamica,  pag.  267  =  Colombai  :  Manuale  pratico  d' Idrodinamica,  ediz.  II  pag.  44. 
=  Parrochetti:  Esperimenti  idrometrici  pag.  75.  ..,,,„„.] 

(2)  Veggasi  la  suddetta  Idrodinamica  del  Turazza  alla  pag.  269,  e  ..tasi  che  alla  pag.  76  del  T.mo  1 
delle  Dissertazioni  Idrauliche  di  Bartolomeo  Ferrar.,  C.  fi.  fi.,  si  dà  l' invenzione  del  Seldeti  a  venuta 
ciroa  l'anno  1570,  il  che  si  dice  dallo  stesso  Ferrari  tolto  dagli  opuscoli  Scelti  di  Milano  nel  177», 
pelle  notizie  date  dall' Ingegnere  Bernardino  Ferrari,  fratello  de]  suddetto  Bartolomeo, 


E  NOTIZIE  VARIE  367 

primo,  ossiano  litri  40, 80  al  minuto  secondo,  ma  fa  d'uopo  rimarcare,  che  la  bocca  o  modulo 
non  aveva  lo  spessore  di  tre  oncie  milanesi  e  che  era  mancante  della  tromba  scoperta ,  il  tutto 
come  viene  esposto  dal  Turazza  nel  suo  trattato  d'Idrometria  alla  pag.  275.  Per  ciò  anche  tali 
esperimenti  non  sono  da  ammettersi  per  la  vera  Oncia  Magistrale  Milanese. 

Successivamente  agli  indicati  esperimenti  fatti  dal  Padre  De-Regi ,  la  cessata  Direzione  delle 
pubbliche  costruzioni  del  già  Regno  Lombardo-Veneto,  riteneva  essere  la  portata  dell'Oncia  Ma- 
gistrale m.  e.  2, 800  al  minuto  primo ,  cioè  litri  46,  67  al  secondo ,  come  si  accenna  nella  più 
volte  citata  opera  del  Turazza,  ma  non  si  conosce  quale  fu  la  circostanza  per  cui  si  ritenne 
tale  volume  d'acqua. 

Ultimo  di  quelli  che  si  occuparono  a  determinare  il  volume  dell'acqua  erogata  in  un  minuto 
secondo  da  alcune  unità  di  misura  usate  in  Italia  fu  il  sig.  Ingegnere  Parrochetti ,  il  quale 
nella  succitata  sua  opera,  pubblicata  in  Milano  nel  1851,  registrò  il  metodo  da  lui  tenuto  negli 
esperimenti  fatti ,  ed  il  risultato  dei  medesimi  ;  fra  queste  unità  di  misura  avvi  F  Oncia  Magi- 
strale Milanese. 

Le  misure  per  la  stessa  Oncia  Magistrale  furono  praticate  coll'edificio  perfettamente  completo, 
come  si  è  retro  descritto,  tanto  nel  caso  in  cui  il  medesimo  abbia  il  fondo  orizzontale  nella 
tromba  coperta,  quanto  nell'  altro  caso  in  cui  il  fondo  sia  acclive,  avvertendo  che  nel  primo  dei 
medesimi  casi  la  soglia  del  modulo  era  al  dissotto  di  oncie  otto  (0m-  5966)  milanesi  del  fondo 
della  tromba  coperta,  e  nell'altro  degli  stessi  casi  il  piano  acclive  aveva  per  altezza  le  stesse 
oncie  otto. 

Il  volume  poi  dell'acqua  erogata  in  tal  modo  fu  pel  caso  della  tromba  coperta  con  fondo  oriz- 
zontale di  litri  34,60,  e  per  l'altro  caso  del  detto  fondo  a  piano  acclive  a  litri  55,15. 

Attesa  pertanto  l'esattezza  tenuta  dal  Parrochetti  nei  di  lui  esperimenti  ora  accennati,  e  la 
precisione  dell'edificio  per  l'oncia  magistrale  milanese  nel  modo  stabilito  dagli  Statuti  di  Mi- 
lano, a  noi  sembra  che  si  possano  adottare,  negli  ordinarj  contratti  ed  in  altri  simili  atti,  i  ri- 
sultati ora  esposti  per  la  suddetta  oncia  magistrale  milanese  ,  almeno  fino  a  quando  si  crederà 
di  istituire  altri  appositi  esperimenti  colla  pubblicità  che  potrebbe  pretendersi  in  simili  casi. 

Si  ripete  che  le  dimensioni  e  forme  delle  parti  costituenti  l'edificio  dell'oncia  magistrale  mi- 
lanese influiscono  in  generale  nella  dispensa  del  volume  dell'acqua  erogata  dal  medesimo  edificio, 
ma  che  perciò,  non  variando  le  stesse  misure  e  forma,  l'acqua  che  si  presenta  alla  bocca  o 
modulo  è  in  condizioni  tali  che  sorte  per  pura  pressione,  e  che  la  contrazione  della  vena  d'acqua 
sgorgante  è  eguale  a  quella  che  si  avrebbe  se  lo  sgorgo  venisse  fatto  con  modesto  formato  da 
una  lastra  sottile,  perchè  lo  spessore  del  modulo  stesso  non  è  sufficiente  per  portare  una  varia- 
zione a  quella  vena  che  si  ha  dalle  bocche  in  lastra  sottile. 

A  tal  uopo  si  nota  che  il  Parrochetti  nella  succitata  sua  opera  intolata  «  Esperimenti  idro- 
metrici »  alla  pag.  49,  dice  che  la  portata  effettiva  in  un  minuto  secondo  sessagesimale  del  mo- 
dulo unitario  milanese,  senza  piano  acclive,  è  di  54,  60,  a  cui  corrisponde  per  la  detta  contra- 
zione il  coefficiente  di  riduzione  della  luce  della  di  lei  bocca  0,601,  e  soggiunge  che  questo 
risultato  assai  si  approssima  a  quelli  indicati  in  un  prospetto  unito  a  tale  opera,  per  cui  sta  in 
favore  della  opinione  che  la  luce  del  modulo  milanese  debba  considerarsi  come  scolpita  in  lastra 
sottile,  dichiarando  che  la  piccola  differenza  in  più  si  può  attribuire  allo  spessore  del  labbro 
inferiore  del  modulo  che  solo  viene  lambito  dalla  vena  sgorgante,  mentre  questa,  per  la  con- 
trazione oltrepassa  lo  spessore  del  modulo  toccando  solamente  gli  spigoli  dei  lati  verticali  e  dello 
orizzontale  superiore,  come  si  osservò  all'alto  degli  esperimenti  tanto  per  le  piccole  che  per  le 
grandi  luci,  alle  quali  l'acqua  si  presentava  senza  impeto  né  ondeggiamento,  di  modo  che 
essa  in  vicinanza  alla  luce ,  cioè  negli  angoli  compresi  dalla  fronte  del  modulo  e  dalle  sponde 
del  castello  d'acque  o  del  calice,  poteva  dirsi  stagnante. 

Si  noti  che  il  cav.  Brunacci ,  ritenendo  che  lo  spessore  del  modulo  milanese  fosse  di  oncie 
quattro  (invece  del  reale  di  oncie  tre)  e  che  questo  spessore  potesse  agire  come  cannello  addi- 
zionato, considerando  che  se  la  luce  fosse  scolpita  in  lastra  sottile,  il  coefficiente  di  riduzione 
sarebbe  di  20/52  =  0,625 ,  e  se  fosse  armata  di  cannello  largo  due  decimetri  (met.  0,20)  circa 
sarebbe  dì  26/52  =  0, 812,  e  non  verificandosi  né  il  primo  né  il  secondo  caso,  ma  un  caso  che. 


38g  RIVISTA  DI  GIORNALI 

tiene  all'incirca  il  mezzo  fra  questi  due,  ritiene  il  coefficiente  di  25/52  ==  0,718.  Calcolata  la  luce 
colla  formola  e  con  questo  coefficiente,  ebbe  la  dispensa  del  modulo  mutano  milanese  di 
met.  cub.  2,4847,  in  un  minuto  primo,  quindi  in  un  secondo,  litri  41,41. 

È  all'appoggiò  di  questi  esami  storici,  ed  aggiunte  considerazioni  sulh  avvenuti  esperimenti 
pel  modulo  milanese,  che  la  vostra  Commissione  non  dubitò  di  superiormente  proporr. ;  che ,*ìno 
flauto  che  non  si  avverino  più  accurate  esperienze  per  ottenere  accertati  rapporti  tra  la  portata 
s  otta  della  quantità  d'acqua  erogata  e  la  relativa  si  potesse .per  ora  adottare  .  risul  ameni 
dati  dall' ing.  Pacchetti,  come  sufficienti  a  provvedere  agli  ordinai]  contratti,  ed  atti  restivi 
per  la  trasformazione  dell'antica  misura  dell'oncia  magistrale  milanese  nella  corrispondente  al 

TLTot'lfprecttati  esami  e  pur  giuoco  forza  lo  stabilire  che  l'oncia  magistra.e  milanese 
è  la  mi  ura  che  formò  l'oggetto  dei  maggiori  studj;  cosi  era  pensiero  della  vostra  Commissione 
che  tenuto  a  tipo  di  calcolo  la  quantità  assoluta  fornita  dall'oncia  milanese,  s.  potesse  proce- 
dere Si  esem  fo  del  Collegio  diVvia  a  dedurre  da  questa  quella  di  tutte  le  altre  usate  nehe 
Provincie  dell'Alta  Italia.  Ma  allorché  si  andarono  raccogliendo  i  necessari  elementi  una  diffi- 
coltà srave  si  appalesò  per  quello,  che  pure  è  di  somma  importanza,  cioè  il  rapporto  tra  le  anti- 
TJìZ  imea'r  delle'singlle  Provincie  ed  il  metro,  le  quali  come  dalla  .a  eUa  eh e  si  unisce 
presentano  sensibili  disparità  nelle  singole  basi  adottate  dalh  autor.,  in  det ta  tabella  indi  a fa  (1). 
È  dietro  questo  dubbio  che  la  vostra  Commissione  per  servire  ali  urgente  bisogno  d  una  tran- 
sitoria proposta  crederebbe  per  ora  di  sospendere  quelle  relative  alle  provinole  tutte  dell  Alta 
Italia  per  avere  campo  alle  volute  locali  verificazioni,  limitandosi  alla  sola  della  Provincia  di 
Milano,  o  più  precisamente  alla  corrispondenza  dell'Oncia  Magistrale  Milanese  col  nuovo  mo- 

dUNè  minore' poi  è  l'altra  difficoltà  che  per  la  pochezza  delle  fatte  esperienze  e  la  disparità 
delli  adottati  apparecchi  trovò  la  vostra  Commissione  a  prestare  facile  adesione  ali.  ottenuti 
risultamenti  allorché  essa  rivolse  l'esame  alli  adottati  coefficienti  di  riduzione,  le  cui  disparita 
sono  l'altro  titolo  che  le  fece  per  ora  adottare  la  transitoria  proposta  nella  speranza  che  sorgano 
più  sicuri  risultamenti  intorno  a  questo  importante  elemento. 

Chiuderà  la  vostra  Commissione  questo  suo  lavoro  esprimendo  il  desiderio  che  voglia  il  Collegio 
render  un  tributo  alla  pratica  col  disporre  gli  occorrenti  esperimenti  per  arrivare  all'ardua  soluzione 
del  proposto  problema  non  disgiungendo  punto  le  necessarie  pratiche ,  perchè  si  abbia  un  mo- 
dulo misuratore  che  valga  a  materialmente  dimostrare  la  consegna  della  contrattata  quantità 
d'acqua  assoluta,  contemplata  dal  Codice  Italiano,  colla  relativa  che  sgorgherà  dal  proposto 
manufatto. 


Milano,  li  23  Febbraio  1868. 


Per  la  Commissione: 

F.  Brioschi. 
A.  Pestalozza 

G.  Manzi  -relatore 


(1)  Veggasi  tabella  in  allegato  A, 


E  NOTIZIE  VARIE 


filano 


'avia 


'avia 


ovara 


rema 


idi 


"emona 


'rotta 


369 

Allegato  A 


DENOMINAZIONE 

DELLE 

MISURE 


XiOvo  valore  in  metri,  secondo 


il  Padre 
De  -  Regi. 


le   Tavole 

della 
Repubb. 
italiana. 


il   Colom- 

BANI 

nella  terza 
edizione 
del  suo 
Manuale 


il  Parrò- 
chetti 

nei  suoi 
Esperi- 
menti 

idraulici. 


Raird 

Smith 
nell'ltalian 
Irrigation 


i  Braccio  mercantile 

1  Oncia  (±.\ , 

\12/  

(  Braccio  agrimensorio  o  piede   .  . 
ì  Oncia  (-L\ 

I  Via/ 

^  Braccio  mercantile 

(  Oncia  /-i  \  secondo  De  Regi   e 

le  Tav.  della  Repubblica  ed  _L 

16 
secondo  Colombani 


Braccio  da  legname 

Oncia  /-L\ 

Braccio  agrimensorio  o  piede  . 
Oncia/-!) 


0,5949748  0,5949564 
2  0,0495780 

0,4749541 
0,0393290 

0,6279576!  0,5949364 


0,0523298 


,   Braccio  agrimensorio  o  piede    . 


Braccio  agrimensorio  o  piede 


(  Di-accio  agri 

\  Oncia  (£\ 


(  Braccio  agrimensorio  o  piede   .  . 

'  0ncil(A) 


(  Piede  .  .  . 

0ncia(À) 


kmonte  .... 


Piede  aliprando 


Oncia 


(à> 


Braccio  agrimensorio 

Oncia  /  ì  \ 

\12/ 


L  d'Emilia  fBraccioa/~<>rio 
°ncia(f2) 


0,6068640 
0,0505720 

0,4672627 
0,0389385 

0,4586899 
0,0382242 

0,4800317 
0,0400026 

0,4668792 
0,0389066 


0,0495780 


0,6062127 
0,0505177 

0,4697863 
0,0391489 

0,4553324 
0,0379444 

0,4835588 
0,0402949 

0,4668598 
0,0389049 

0,3429147 
0,0285762 


0,5949364 
0,0495780 


0,6288000 
0,0393000 


0,6060000 
0,0505000 


0,5949364 
0,0495780 

0,4719541 
0,0393290 


0,5869427 
0,0489118 


0,5230485 
0,0455874 

0,5308981 
0,0442415 


0,4548000 
0,0579000 

0,4855000 
0,0405000 

0,4668000 
0,0589000 

0,5429000 
0,0285750 


0,5156000 
0,0428000 


0.4698000 
0,0591500 

0,4548000J 
0,0579000 

0,4835000 
0,0405000 

0,4668000 
0,0589000 

0,5429000 
0,0285750 

0,5156000 
0,0428000 

0,5230000 
0,0435855 


0,5309000, 
0,0442617 


0,45118011 
0,0579517^ 

0,4791569^ 
0,0399281 


370  RIVISTA  DI  GIORNALI 

ALTA  STATISTICA 

GUARENTIGIA  DELLA  FEDE  PUBBLICA  IN  MATERIA  DI  PROPRIETÀ'  FONDIARIA. 
MISURAZIONE  GENERALE  DEGLI  STATI  (CADASTRO). 


Al  Signor  B.  Saldini  editore. 

Ella  mi  ha  comunicato  domandandomi  consiglio  sull'idea  di  riprodurre  o  meno, 
nel  riputato  suo  Giornale,  una  memoria  stata  edita  in  Parigi  nel  1860  firmata 
colle  iniziali  C.  /.:  Sulla  guarentigia  della  fede  pubblica  in  materia  di  proprietà 
fondiaria,  nella  quale  Fautore  cita  alcuni  de1  miei  lavori. 

Sebbene  in  quella  memoria  la  questione  sia  trattata  ad  un  punto  di  vista  al- 
quanto diverso  da  quello  che  a  me  pare  oggidì  praticabile  in  Italia ,  pur  non 
posso  a  meno  di  aderire  a  quella  pubblicazione. 

Du  choc  des  opinions  jallit  la  lumière. 

Del  resto  la  tesi  che  vi  è  sostenuta  concorda  con  quella  che  sostengo,  ed  il  ri- 
pubblicarla aggiungerà  forze  ai  miei  stessi  argomenti. 

Mi  creda  ecc'  C.  P.  M.  I.  Porro. 

Oggetto  della  Memoria. 


L'autore  si  propone  di  dimostrare: 

1  °  Che  lo  scopo  vero  ed  unico  del  così  detto  cadastro  non  fu  in  origine,  non 
può  non  deve  essere  ai  nostri  tempi  la  riscossione  dell'imposta  prediale,  ma 
bensì  la  guarentigia  della  fede  pubblica  in  materia  di  proprietà  fondiaria;  che 
perciò  deve  questa   istituzione  dipendere   dal   dicastero  della  giustizia,   non  da 

quello  delle  finanze; 

2°  Che  da  un  cadastro  vero  e  probante  e  perpetuo  dedur  si  possono  pero 
come  conseguenza  naturale  gli  elementi  necessari  alla  perfetta  regolazione  del- 
l'imposta prediale,  ma  che  l'averne  ridotto  improvvidamente,  come  il  si  fece  so- 
prattutto in  questo  secolo  dal  primo  Napoleone,  lo  scopo  alla  sola  ricerca  della 
materia  imponibile,  fu  un  grand' errore  che  ne  rese  complicata  e  difficilissima 
la  formazione,  impossibile  la  conservazione,  illusoria  e  fallace  la  stessa  pere- 
quazione; .    .  ,      T  A     TW     t 

3°  Che  seguendo  in  questa  materia  le  dottrine  moderne  iniziate  dagli  Audillret, 
Loreau  ed  altri,  portate  a  perfezione  dai  Robernier  e  dai  due  Porro  (1),  si  può 
ottenere  la  più  perfetta  e  completa  guarentigia  della  fede  pubblica  non  solo  in  ciò 
che  spetta  alla  diretta  e  nuda  proprietà,  ma  ancora  rispetto  ai  diritti  reali  de'terzi, 
che  passaggermente  vi  gravitano,  e,  quel  che  più  monta,  si  può  ottenere  perfetta, 

(1)  Tre  memorie,  stampate  a  Neuilly  coi  tipi  Guiraudet,  1860,  e  col  titolo:  Étude  sur  le  cataste 
des  terres,  etc, 


E  NOTIZIE  VARIE  371 

senza  il  minimo  pericolo  o  pregiudizio  per  questi  ultimi,  la  mobilizzazione,  tanto 
desiderata  ai  dì  nostri,  del  titolo  di  proprietà  fondiaria. 

Che  anzi,  posta  la  costituzione,  e  la  mobilizzazione  del  titolo  siccome  scopo 
principalissimo  dell'operazione,  tutto  il  rimanente  se  ne  deduce  come  naturalis- 
sima conseguenza. 

PROLEGOMENI. 

Prima  assai  che  si  pensasse  alla  formazione  di  regolari  carte  geografiche  e 
topografiche,  il  bisogno  d'un  censimento  generale  della  proprietà  fondiaria  per 
guarentigia  della  fede  pubblica  era  stato  sentito  dalle  più  antiche  società  umane, 
e  non  troppo  male  vi  si  era  provvisto  da  oltre  due  mila  anni  nell'impero  chinese! 

Sentito  un  po' più  tardi  questo  bisogno  in  Europa,  die  origine  a  diverse  leggi 
più  o  meno  provvide,  da  cui  nacquero  i  così  detti  cadastri  che  da  due  o  tre  se- 
coli si  fanno  e  si  rifanno  di  continuo  senza  mai  toccare  davvero  la  meta. 

Lo  scopo  principale  e  primitivo  de' cadastri  non  fu  altro  se  non  se  la  guaren- 
tigia della  fede  pubblica  in  materia  di  proprietà  fondiaria  (1)  ;  tale  era  parimenti 
lo  scopo  delle  leggi  su  questa  materia  emanate  in  Italia  ai  tempi  in  cui  l'antica 
Roma  dava  leggi  al  mondo,  ma  in  tempi  a  noi  più  vicini  quando  cominciò  a 
scemare  per  la  crescente  civiltà  il  dispotico  arbitrio  del  feudalismo,  quando  alfin 
fu  forza  il  regolarizzare  le  tasse  alimentatrici  delle  finanze  de' stati,  sopprimere 
l'odiosa  capitazione  (2)  ed  introdurre  un  po'  di  equità  nel  riparto  delle  contri- 
buzioni, poco  a  poco  le  istituzioni  nate  da  quel  primo  civile  bisogno  degenera- 
rono in  istiluzioni  di  più  in  più  fiscali,  per  modo  che  ne' censimenti  e  cadastri 
europei  di  questo  secolo,  il  fiscalismo  regnò  solo  e  dispotico,  l'istituzione  passò 
dalla  giustizia  alle  finanze,  e  più  non  si  pensò  che  a  ricercare,  a  valutare  ed  al- 
librare la  materia  imponibile;  grande  errore  che  ha  costato  alla  Francia  sola,  per 
tacer  delle  altre  nazioni,  due  cento  milioni  senza  un'ombra  di  risultato  utile. 

Ciò  nondimeno  in  alcuni  parti  dell' Alemagna  è  vigente  ancora  la  legge,  per 
cui  ninno  è  riputato  proprietario  se  non  è  per  tale  iscritto  al  censo  con  intestazione 
della  sua  proprietà,  ed  è  riputato  legale  proprietario  chi  vi  è  regolarmente  iscritto, 
e  ciò  basta  finora  in  un  paese. dove  lo  spirito  di  famiglia  si  oppone  allo  smem- 
bramento e  modera  il  movimento  della  proprietà. 

Ma  il  movimento  e  la  suddivisione  della  proprietà  territoriale  crescendo  ai 
giorni  nostri  a  dismisura  fra  noi,  come  in  Francia,  richiama  verso  lo  scopo  pri- 
mitivo le  aspirazioni  dei  più  chiari  giurisconsulti  ed  amministratori,  ed  i  popoli 
meglio  instruiti  dei  veri  loro  interessi  reclamano  dai  loro  governi  non  più  solo 
la  guarentigia  della  fede  pubblica  in  ciò  che  riguarda  la  nuda  e  diretta  proprietà, 
ma  ancora  in  ciò  che  tocca  ai  diritti  reali  dei  terzi  cui  malissimamente  provve- 
dono le  instituzioni  ipotecarie,  reclamano  la  constituzione  del  titolo  probante,  ne 
reclamano  la  mobilizzazione,  e  se  qualche  clamore  si  solleva  da  quando  a  quando 
circa  la  perequazione  dell'imposta,  niuno  però  disconosce  che  questa  introvabile 
perequazione  si  farà  da  sé  stessa  naturalmente  una  volta  che  il  titolo  sia  solida- 
mente e  legalmente  costituito. 

(1)  Vedansi  tra  gli  altri,  i  decreti  di  Maria  Teresa  d'Austria  nel  1747  e  1757. 

(2)  Vuoisi  che  la  parola  cadastro  sia  stata  fatta  da  capitastrum,  e  che  così  si* chiamasse  l'ufficio  in- 
caricato dj  esigere  questa  iniqua  tassa. 


372  RIVISTA  DI  GIORNALI 

Furono  tentati  varii  modi  di  censimenti  per  via  di  consegnazione,  ma  la  spe- 
rienza  provò  che  non  si  può  censire  la  proprietà  territoriale,  definirne  esatta- 
mente la  forma,  l'estensione,  la  precisa  giacitura,  senza  procedere  ad  una  misura- 
zione generale  del  paese,  la  quale  conduce  naturalmente  poi  alla  formazione  della 
carta  generale  agrimetrica,  e  quindi,  per  facile  deduzione  alla  topografica,  ed 
alla  carta  geografica  dello  stato,  siccome  ancora  alle  carte  amministrative,  idro- 
grafiche, forestali,  militari,  miniere  ecc.  Imperciocché  le  foreste,  i  fiumi,  le  miniere, 
i  forti,  le  strade,  ecc.  occupano  estensioni  di  terra,  e  sono  proprietà  dei  parti- 
colari o  dello  stato  che  la  misura  generale  non  può  non  rilevare  in  rilevando  il 
parcellario  (1),  e  siccome  i  mezzi  i  più  moderni  che  1'  arte  possedè  per  effettuare 
la  misurazione  generale  di  uno  stato  permettono  senza  quasi  ne  costi  un  obolo 
di  più,  di  rilevare  ad  un  tempo  l'altitudine  di  tutti  i  punti  perimetrali  delle 
parcelle,  dato  indispensabile  a'  dì  nostri  per  la  maggior  parte  di  servigi  pubblici, 
utilissimo  per  l'agricoltura  e  per  l'industria,  cosi  è  dovere  preciso  di  economia 
pubblica  il  prescrivere  che  questo  dato  sia  accuratamente  determinato  in  tutta 
l'estensione  dello  Stato. 

Ma  non  basterà  l'aver  fatto  la  misura  generale  dello  Stato  con  tutte  le  sue  di- 
visioni politiche  ed  amministrative,  scendendo  fino  alla  divisione  parcellaria  della 
proprietà ,  e  lo  averlo  disegnato  nel  suo  insieme  come  nelle  sue  parti  in  fogli 
di  varia  grandezza  e  scala  non  basterà  il  conservare  in  appositi  registri,  ovvero 
scritte  sui  piani  stessi ,  tutte  le  dimensioni  numericamente  espresse  colle  quali 
si  determina  la  posizione  assoluta  di  ogni  punto  perimetrale  di  tutte  le  parcelle 
di  proprietà  secondo  le  migliori  regole  dell'arte,  riferendole  a  punti  fìssi  ed  ina- 
movibili posti  e  conservati  nella  proprietà  pubblica  e  dichiarati  per  legge  sacri 

ed  inviolabili. 

Un  tal  lavoro,  dato  pure  che  si  potesse  fare,  anzi  creare  in  un  sol  giorno  su 
tutta  l'estensione  di  uno  Stato,  non  sarebbe  più  intieramente  vero  l'indomani 
ed  in  capo  a  pochi  anni  non  sarebbe  più  conoscibile,  tanto  a'nostri  tempi  e  tanto 
rapidamente  muta  la  proprietà  fondiaria  di  mano,  di  forma,  tanto  si  suddivide, 
si  rimembra,  si  cambia  di  destinazione  o  di  coltura. 

Le  parti  più  difficili  del  problema  rimasto  finora  in  Europa  senza  soddisfacente 
soluzione  applicata,  sono  quella  della  conservazione,  e  quella  della  costituzione  e 
della  mobilizzazione  del  titolo  senza  pregiudizio  ne  pericolo  pei  diritti  reali 
dei  terzi. 

CAPO  PRIMO. 

DEFINIZIONE   E   SCOPO   DELLA   MISURA   GENERALE   DI   UNO   STATO, 
CONDIZIONI     A     CUI     DEVE     SODDISFARE,     FORMA     DA     DARSI    AL    RISULTATO. 

§  1.°  Definizioni. 

S'intende  per  misurazione  generale  di  uno  Stato  quel  complesso  di  operazioni 
con  cui  prima  di  tutto  si  determinano  coi  procedimenti  dell'alta  Geodesia  le 
grandi  dimensioni  del  territorio,  poi,  cogli  accurati  mezzi  che  l' arte  possiede,  si 

(1)  Parcella,  parcellario,  son  gallicismi  passati  nel  linguaggio  tecnico  in  Italia,  de'quali  useremo  senza 
scrupolo  come  senza  tema  di  non  essere  intesi. 


E  NOTIZIE  VARIE  373 

procede  al  rilevamente  parcellario   cioè  alla  misura   descrittiva   designativa    ed 
ubicativa  di  tutte  ad  una  ad  una  le  parcelle  di  proprietà. 

Il  rilevamento  parcellario  ha  per  iscopo  principale  di  fornire  la  figura  esatta, 
la  precisa  estensione  di  ogni  parcella,  e  la  posizione  di  tutti  i  punti  del  suo  pe- 
rimetro per  rispetto  a' punti  fissi  ed  inamovibili  a  ciò  consacrati,  e  segnati  con 
termini  fìssi  nella  proprietà  pubblica,  punti  la  cui  posizione  assoluta  riferita  ad 
assi  noti  e  determinati  colla  più  grande  esattezza. 

$  %°  Condizioni. 

Le  condizioni  relative  al  grado  di  precisione  delle  operazioni  devono  essere 
fissate  dalla  legge  con  riguardo  alla  importanza  del  valore  delle  terre,  ed  al  pos- 
sibile accertamento  di  perimetri  nei  limiti  delle  così  dette  distanze  legali,  il  che 
esigerebbe  una  precisione  quasi  matematica  ed  impossibile  in  arte;  ma  in  ogni 
caso  la  legge  prescriver  deve  la  massima  in  arte  possibile  (1),  e  grandemente 
hanno  errato  quei  governi  che  imbevuti  solo  dello  scopo  fiscale  hanno  ammesso 
tolleranze  larghissime  in  favor  dei  negligenti  ed  incapaci  operatori. 

Ma  non  basta  prescrivere  che  tale  sia  il  grado  di  esattezza,  la  legge  deve  sta- 
bilire ancora  almeno  le  massime  fondamentali  della  revisione  accertatrice  che 
tale  sarà  veramente. 

Senza  parlare  delle  inette  e  parzialissime  revisioni  cui  s'assoggettavano  i  lavori 
del  cadastro  in  Francia  ed  altrove,  diremo  solo  che  la  guarentigia  della  fede 
pubblica  avrebbe  nella  misurazione  dei  fondi  una  base  illusoria,  se  la  comproba- 
zione per  parte  dello  Stato  non  portasse  su  tutte  e  singole  ad  una  ad  una  le  par- 
celle rilevate. 

Che  inoltre  la  comprobazione  non  può  né  deve  esser  fondata  sul  criterio,  sulla 
buona  volontà,  sulla  buona  fede  di  un  ispettore,  cose  pur  troppo  fatalmente  fallaci,  ma 
bensì  sulle  condizioni  geometriche  stesse  ineluttabili  della  coesistenza  delle  figure. 

Or  di  queste  condizioni  la  più  facile  a  comprobare,  la  più  incontestabile,  si  trova 
in  ciò  che  la  somma  delle  parti  deve  riprodurre  l'intiero,  il  che  deve  riscontrarsi 
in  tutti  i  sensi  e  su  tutte  le  estensioni  ed  agglomerati  grandi  e  piccoli  che  sieno. 

A  ciò  comprobare  valgono  per  le  grandi  dimensioni  dello  Stato,  le  operazioni 
geodesiche,  al  riscontro  delle  quali  debbesi  soddisfare  colla  condizione  che  la 
somma  delle  parti  riproduca  P  intiero,  non  già  con  tale  o  tal' altra  tolleranza, 
ma  sì  bene  con  tutto  il  rigor  dell'  aritmetica  e  non  già  solo  superficialmente, 
ma  linearmente  in  ogni  senso,  e  per  più  piccoli  agglomerati  contenuti  fra  due 
punti  congiunti  per  mezzo  di  andamenti  operatorii  diversi,  le  somme  delle  rispet- 
tive parti  componenti  questi  andamenti  devono  risultare  eguali,  se  non  col  me- 
desimo rigore,  almeno  entro  ristrettissimi  limiti. 

Questa,  e  questa  unicamente  ad  esclusione  di  ogni  altra,  è  la  vera  base  della 
revisione  dei  lavori,  la  vera  prova  della  loro  esattezza. 

§  5.°  Forma  da  darsi  al  risultato  (2). 

Lasciando  da  parte  le  carte  meramente  trigonometriche,  le  quali  non  sono  che 
un  accessorio  dell'operazione,  il  risultato  finale  della  misura  generale   deve   ri- 
li)  Dal  millesimo  al  deci-millesimo.  Vedansi  le  citate  memorie. 
(2)  Questa  forma  che  ci  pare  perfetta  la  desumiamo  dalle  memorie  citate  pag.  5. 


374  RIVISTA  DI  GIORNALI 

vestire  forme  atte  ad  esprimere,  designare  ed  ubicare  ogni  fondo,  anzi  tutto  e 
singoli  i  punti  perimetrali  di  un  fondo,  in  un  modo  positivo,  assoluto,  ed  incon- 
testabile. Yoglionsi  perciò  tre  forme  diverse,  la  sinereografica ,  la  numerica,  la 
parcellaria. 

l.°  Forma  sinereografica. 

Atlante  agrimetrico. 

Atlante  comunale. 

Atlante  provinciale. 

Atlante  geografico. 

Carta  dello  Stato  in  un  sol  foglio. 

1.°  Forma  numerica. 

Registro  generale  delle  tre  coordinate  rettangolari  di  tutti  i  punti  perimetrali 
delle  parcelle  riferite  ad  una  origine  unica. 

5.°  Forma  parcellaria. 

Registro  figurato  di  tutte  le  parcelle  ad  una  ad  una  separatamente  una  per  ogni 
pagina,  portanti  : 

1.°  La  figura  della  parcella  a  piccola  scala. 

2.°  Uno  stato  esprimente  l' equazione  perimetrale  per  mezzo  delle  coordinate  di 
tutti  i  vertici  e  degl'elementi  di  tutte  le  curve. 

3.°  Indicazione  del  proprietario  diretto  e  dei  titolari  dei  diritti  reali  gravitanti 
sulla  data  parcella. 

4.°  Uno  spazio  bianco  mediamente  sufficiente  per  l'iscrizione  delle  mutazioni 
probabili  durante  un  periodo  di  20  a  40  anni. 

Atlante  agrimetrico  e  atlante  comunale.  L'atlante  agrimetrico  fu  pel  passato  preso 
generalmente  per  uso  di  parcellario  :  profondo  errore!  Malgrado  l'arte  la  più 
raffinata  non  si  giungerà  mai  a  seguire  realmente  e  perpetuamente  le  mutazioni 
ed  a  conservarne  la  traccia  a  perpetuità,  condizione  indispensabile  alla  guaren- 
tigia della  fede  pubblica,  se  la  si  tenta  ottenere  con  piani  cantonali,  comunali, 
o  sezionali  rappresentanti  un  insieme  più  o  meno  esteso  di  parcelle:  ciò  ha  pro- 
vato amplissimamente  la  triste  sperienza  di  tutti  i  cadastri  europei,  tutti  deca- 
duti e  ridotti  all'impotenza,  non  escluso  lo  immeritamente  lodatissimo  (1)  nostro 

(1)  Nelle  discussioni  alle  camere  piemontesi  si  sentì  sovente,  propugnante  il  ministro  Paleocapa,  lo- 
dare a  cielo  il  censimento  Lombardo-Veneto,  ecco  il  vero. 

I  primi  fondamenti  del  censo  Milanese  datano  dal  XVI  secolo,  l'operazione  fu  seriamente  incomin- 
ciata regnando  Carlo  V,  continuata  sotto  Carlo  VI,  interrotta  a  cagion  di  guerra  e  ripresa  dipoi  sotto 
Maria  Teresa. 

Perfezionato  ancora  dal  1770  al  1774-,  sempre  aveva  predominato  nell'opera  lo  scopo  primitivo  ed 
Unico  il  quale  era  la  guarentigia  della  fede  pubblica,  e  già  eran  presi  in  seria  considerazione  non  solo 
la  diretta  possessione,  ma  ancora  i  diritti  reali  dei  terzi  mediante  l' istituzione  parallela  che  chiamasi 
la  intavolatone.  Egli  è  nel  Tirolo  e  sul  finir  del  regno  di  quell'imperatrice,  che  le  idee  cominciano  * 
volgere»  alla  perequazione  de'  tributi  per  questo  mezzo,  ed  era  egregiamente  pensato  imperciocché  il  si- 
stema tavolare  metteva  in  evidenza  gli  elementi  necessarii  alla  perequazione.  ^ 

Perseverossi  in  questa  via  regnando  Giuseppe  secondo  e  suoi  successori  fuorché  passando  sull'Italia 
l'Impero   Napoleonico   altre   leggi   s'ebber,  altro   sistema  si  seguì  nel  quale  predominano  in  vece  la 


E  NOTIZIE  VARIE  375 

cadastro  lombardo-veneto,  il  quale  non  servì  mirabilmente  che  a  tassare  di  grave 
imposta  i  gelsi  e  gli  ulivi  insieme  colla  terra  che  li  porta,  e  cosi  ad  impinguare 
le  finanze  di  Vienna  :  in  Lombardia  come  dapertutto  in  Italia  si  spera  moltissimo 
col  nuovo  codice  italiano  una  riforma  radicale  del  censo. 

L'atlante  agrimetrico  dev'esser  disegnato  a  fogli  kilometrici  quadrati  senza  ri- 
guardo alle  divisioni  politiche  ed  amministrative,  le  quali  però  vi  devono  esser 
'accuratamente  segnate,  il  che  non  impedisce  che  una  copia  di  tutti  i  fogli  su 
cui  tocca  ogni  comune  legati  a  parte  formi  P  atlante  agrimetrico  comunale. 

L'atlante  agrimetrico  originale,  deve  per  regolarità  esser  legato  in  volumi  di 
cento  fogli ,  e  non  per  comune ,  ed  ogni  volume  esser  preceduto  da  un  foglio 
d'insieme,  contenente  un  miriametro  quadrato. 

Atlante  topografico.  Le  copie  di  ognuna  nelle  carte  miriametriche,  sovra  men- 
zionate legate  anch'esse  in  volume  di  cento  fogli,  costituiscono  l'atlante  topo- 
grafico sul  quale  non  occorre  riportare  minutamente  tutte  le  parcelle,  occorre  in 
vece  ben  definire  i  contorni  delle  divisioni  politiche,  ed  amministrative  dello 
Stato  segnate  d'altronde  parimenti  sui  fogli  dell'atlante  agrimetrico,  qui  importa 
invece  di  più  particolarmente  descrivere  le  strade,  i  fiumi,  e  col  mezzo  delle 
curve  orizzontali  la  bozza  del  terreno. 

Ogni  volume  esser  deve  preceduto  da  un  foglio  decamiriametrico  che  ne  rap- 
presenti l'insieme. 

Gli  atlanti  provinciali  si  compongono  delle  copie  di  tutti  i  fogli  topografici  su 
cui  tocca  ogni  provincia  senza  cambiamento  né  di  formato  né  di  scala. 

Atlante  geografico.  L' atlante  geografico  si  forma  colle  copie  delle  carte  deca- 
miriamelriche  legate  in  un  sol  volume  per  tutto  lo  Stato;  una  carta  d'insieme, 
in  un  sol  foglio  alla  scala  del  doppio  deci-millionesimo,  preceder  deve  il  volume 
e  può  esser  tirata  a  parte  siccome  carta  sinereografica  dello  Stato. 

Carte  speciali.  Ogni  servizio  speciale  potrà  estrarre  per  copia  dagli  atlanti  quei 
fogli  che  gli  converranno,  ed  aggiungervi  per  mezzo  di  tinte  e  segni  convenzio- 
nali, gl'elementi  relativi  alla  sua  specialità,  e  così  mediante  una  sola  operazione 
verran  soddisfatti  con  grande  economia  di  spesa  i  bisogni  di  tutti  i  servizi. 
Accertamento  dei  beni  fondi.  L'accertamento  della  proprietà  fondiaria,   il  quale 
:  ben  lungi  dal  dover  essere  stabile  come  per  grande  inconcepibile   errore  si  sa- 
I  rebbe  preteso  nel  1855  in  Piemonte  (1),  deve  essere  invece  mutabilissimo  e  se- 
condar sempre  il  libero  movimento  della  proprietà,  non  può  assolutamente  esser 

percezione,  piucchè  la  perequazione,  dell'imposta,  ed  è  posta  in  obblio  la  guarentigia  della  fede 
pubblica. 

Ricondotta  nel  1815  su  queste  Italiane  provincie  1*  Austriaca  dominazione  coi  pochi  beni  e  molti  mali 
:  che  tutti  sanno,  si  ricondussero  più  debolmente  gli  elementi  costitutivi  della  guarentigia  della  fede 
pubblica,  ma  di  poi  sotto  aspetto  di  perfezionare  sempre  più  la  perequazione  dei  tributi  si  ordinarono 
nuove  mappe  e  stime  coi  principii  del  cadastro  francese,  e  lo  si  è  fatto  con  uno  spirito  di  fiscalità 
molto  più  raffinato,  ìl  quale  giustifica  la  critica  incisiva  del  testo:  che  poi  dal  Canto  dell'arte  le  mappe 
del  censo  Milanese  sian  poco  lodevolmente  eseguite  se  ne  son  vedute,  e  se  ne  vedono  tutto  dì,  le  più 
Chiare  prove,  qui  basti  il  dire  che  furono  rilevate  con  un  metodo  proibito  presso  altre  colte  nazioni,  e 
Ghe  non  si  vollero  collegare  alle  eccellenti  triangolazioni  dello  stato  fatte  dagli  ingegneri  Austriaci  l'i! 

(1)  Vedi  atti  e  discussioni  del  progetto  di  legge  nel  catasto  stabile,  Torino  1855.  Vedasi  poi  un  gran 
lavoro  anteriore  al  1820  fatto  dal  consigliere  aulico  Meidt,  il  quale  trova  davvero  la  soluzione  del  pro- 
blema dal  cadastro  stabile,  ecco  il  suo  mezzo  :  «  Sian  dichiarati  per  legge  immutabili  i  confini  di  ogni 
J  appezzamento  (parcella) ,  sia  impedito  ogni  atto  e  contratto  che  porti  divisione  di  un  numero  di 
mappa  !  !  !...  »  (Memoria  del  conte  Castiglioni  sul  censo  Lombardo,  26  giugno  1823). 


376  ,  RIVISTA  DI  GIORNALI 

raccomandato  al  grafìcismo,  per  grande   che  esser  voglia   la  scala,   né  a  piani 
d' insieme  anche  ristretti. 

La  parte  geometrica  dell'  accertamento  della  proprietà  fondiaria  aver  deve  per 
base  materiale  sul  terreno  i  punti  fissi  ed  inamovibili  per  tali  stabiliti  e  legal- 
mente consacrati  in  numero  sufficiente  e  negl'uffici,  il  grande  registro  contenente 
l'equazione  numerica  di  tutti  i  perimetri  parcellari. 

Un  tal  registro  esser  deve  il  risultato  diretto  delle  misure  prese  sul  terreno,  e 
deve  contenere  queste  stesse  originali  misure. 

Conservato  gelosamente  negli  archivi  dello  Stato,  questo  registro  può  essere 
consultato  nelle  rare  circostanze  in  cui  fosse  da  appurarsi  un  dubbio  di  qualche 
originale  errore  sfuggito  alle  revisioni. 

Vi  si  ricorrerebbe  egualmente  nel  caso  in  cui  un  incendio  od  altra  simile  di- 
sgrazia avesse  distrutto  qualche  parte  dell'opera  in  qualcuno  degli  uffici  dipen- 
denti dal  dicastero  competente,  nel  qual  caso  si  potrebbero  rifare  per  intiero, 
senza  nuove  operazioni  in  campagna,  i  documenti  perduti  desumendone  da  questo 
registro  lo  stato  iniziale,  e  facendo  appello  ai  detentori  dei  titoli  ed  ai  notai  che 
ne  avessero  assistito  la  trasmissione  per  ristabilire  la  concatenazione  delle  muta- 
zioni seguite. 

L'equazione  numerica  perimetrale  gode  della  qualità  con  tanta  cura  e  sano 
criterio  cercata  dal  Robernier, cioè  di  poter  esser  scritta  manualmente  nel  titolo; 
essa,  ed  essa  sola,  rende  possibile  la  costituzione,  la  mobilizzazione  del  titolo 
fondiario.  Già  si  disse  come  non  si  possa  assolutamente  formare  un  vero  parcel- 
lare capace  di  seguire  a  perpetuità  le  mutazioni  anche  le  più  semplici,  altri- 
menti che  non  descrivere  separatamente  nel  gran  libro  della  proprietà  fondiaria 
le  parcelle  ad  una  ad  una,  e  come  un  parcellario  così  composto  possa  invece 
seguire  in  perpetuo  le  più  capricciose  mutazioni,  questa  proposizione  è  ampia- 
mente dimostrata  nelle  memorie  più  sopra  citate ,  né  occorre  aggiungere  che 
questa  somma  versatilità  capace  di  seguire  conservandone  sempre  la  traccia  il 
più  piccolo  appezzamento  di  terra  traverso  le  più  capricciose  mutazioni,  si  ottiene 
senza  maggior  difficoltà,  e  con  lo  stesso  metodo  che  s' impiega  nella  tenuta  dei 
libri  di  commercio  ;  questo  importantissimo  e  ad  un  tempo  semplicissimo  risul- 
tato è  dovuto  unicamente  al  sistema  delle  equazioni  numeriche  perimetrali  ed  è 
impossibile  senza  di  esso  sistema. 

Gheppiù,  la  condizione  a  cui  deve  soddisfare  in  origine  un  lavoro  agrimetnco, 
quella  per  cui  si  vuole  che  nel  rigore  preciso  delle  cifre  la  somma  delle  parti 
riproduca  l'intiero  e  ciò  non  solo  in  superficie  ma  ancora  linearmente  in  tutti 
i  sensi,  deve  sussistere  prima  e  dopo  una  mutazione  qualunque,  e,  comunque 
geometricamente  sia  complicatissima,  il  comprobarla  è  sempre  la  cosa  la  più  fa- 
cile e  prontissima  col  sistema  delle  coordinate  rettangolari  che  costituiscono  l'e- 
quazione perimetrale,  pel  qual  motivo  il  parcellario  cosi  fatto,  nel  quale  solo  si 
devono  operare  le  mutazioni,  sarà  sempre,  in  ogni  tempo  a  venire,  in  istato  di 
fornire  a  nuovo,  se  per  qualche  bisogno  occorresse,  gli  elementi  di  un  foglio 
kilometrico  purissimo  ed  esattissimo  che  rappresenti  il  nuovo  insieme  parcellario 
foss' anche  dopo  uno,  o  parecchi  secoli  e  combinar  sempre  senza  difetto  od  ec- 
cesso coi  fogli  collimitanti. 

La  sperienza  proverà  se  convenga  o  se  sia  utile  di  disegnare  così,  dopo  un 
periodo  per  esempio  di  cinquant'anni ,  quegli  atlanti  agrimetrici  comunali  sui 
quali  saranno  toccate  più  numerose  geometriche  mutazioni. 


! 


E  NOTIZIE  VARIE  377 

CAPO  IL 

MUTAZIONI,   TITOLO   DI  PROPRIETÀ*,   IPOTEGHE,   IMPOSTA  PREDIALE. 

§  4.°  Mutazioni. 

Il  Robernier,  e  dopo  lui  il  primo  Porro,  hanno  dimostrato  abbastanza  come  sia 
semplice  e  facile  il  dare  tutte  le  qualità  legali  desiderabili  all'operazione  origi- 
nale; la  sperienza  quotidiana  delle  delimitazioni  rurali  amichevolmente  a  buon 
fine  condotte  in  molti  comuni,  sopratutto  in  Francia,  aggiunge  alle  dimostrazioni 
logiche  la  sanzione  pratica;  tutto  ciò  dato  adunque  per  fatto  con  ogni  desiderabile 
perfezione,  sia  mestieri  organizzare  un  facile  meccanismo  di  conservazione.  A  ciò 
provvede  con  tutta  semplicità  il  gran  libro  parcellare  territoriale,  il  quale  nella 
forma  più  sopra  proposta  e  cogli  elementi  che  contiene,  può  considerarsi  come 
il  vero  conto  corrente  della  proprietà. 

Le  mutazioni  cui  vanno  soggetti  i  fondi  sono  di  due  specie,  la  prima  che  si 
dice  estrinseca  ha  luogo  quando  il  fondo  non  fa  che  passare  da  una  ad  un'  altra 
mano,  oppure  ammettere  od  esonerarsi  di  un  gravame;  la  seconda  che  si  dice 
intrìnseca  ha  luogo  quando,  per  divisione,  o  per  rimembramento,  per  corrosione 
od  alluvione  ecc.  vi  è  cambiamento  nel  perimetro. 

Egli  è  facile  il  vedere  dalla  sola  composizione  del  parcellario  che  una  muta- 
zione della  prima  specie  non  esige  altro  che  una  sola  linea  di  scrittura  in  quel 
libro:  Terminata,  col  succedersi  delle  mutazioni,  la  pagina,  si  riporta  la  parcella 
alla  prima  pagina  inoccupata  in  fin  del  libro  come  s'usa  in  commercio  pei  conti 
correnti,  e  terminato  il  volume  se  ne  aggiunge  un  nuovo. 

Un  po' meno  semplice  ma  non  meno  facile  è  l'iscrizione  delle  mutazioni  della 
seconda  specie. 

Per  questo  ha  immaginato  egregiamente  il  primo  Porro:  i.°  Di  dichiarar  morta 
la  parcella  madre  inscritta  e  registrare  alle  prime  pagine  bianche  in  fine  del 
libro  la  o  le  parcelle  nuove  resultanti  dalla  mutazione;  nel  caso  di  rimembra- 
mento muoiono  le  parti  e  nasce  l'insieme. 

La  ricerca  delle  nuove  equazioni  perimetrali  non  presenta  difficoltà  veruna 
perciocché  il  più  delle  volte  risultano  queste  intieramente  o  con  facili  deduzioni 
aritmetiche  dell'equazione  della  parcella  madre,  e  se  in  alcuni  rari  casi  esige  l'in- 
tervento dell'uomo  d'arte,  e  l'andata  sul  luogo,  l'operazione  relativa  è  sempre 
facilissima. 

Come  poi  le  mutazioni  vengano  senza  costrizione,  e  pel  solo  motore  dell'inte- 
resse delle  parti,  immediatamente  a  consegnarsi  con  il  loro  vero  valore  di  scambio, 
ella  è  cosa  facile  a  concepirsi  dagli  esperti  in  tali  materie. 

§  5.°  Costituzione  e  mobilizzazione  del  titolo. 

Data  al  gran  libro  parcellario  coi  mezzi  sovra  menzionati  la  legalità  e  la  per- 
petua conservabilità  al  corrente  di  tutte  le  mutazioni   possibili ,  non  escluse   le 
semplicemente  e  passaggermente  affettive,  la  redazione  del  titolo  fondiario  sotto 
forma  di  un  semplice  foglio  come  si  usa  per  i  titoli  di  proprietà  mobiliari  (azioni, 
Giorn.  lng.  —  Voi.  XVI.  ■—  Giugno  1868.  25 


378  RIVISTA  DI  GIORNALI 

ecc.)  è  semplicissimo  e  non  consiste  in  altro  se  non  in  una  copia  della  corri- 
spondente pagina  del  parcellario  fatta  su  carta  detta  di  sicurezza  ,  e  munito  di 
bolli  e  firme  nel  modo  che  si  usa  pei  titoli  di  proprietà  mobiliaria. 

Più  non  occorre  punto  per  la  sicurezza  dei  diritti  reali  dei  terzi  la  illusoria 
risorsa  della  inefficace  ed  insieme  indiscreta  pubblicità  degli  atti,  basta  il  raffronto 
e  consegna  della  mutazione  al  dicastero  competente,  alle  quali  precauzioni  e  for- 
malità coi  mezzi  perfezionati  odierni  di  comunicazione  si  può  soddisfare  nei  tre 
giorni  al  più  dall'uno  all'altro  estremo  dello  stato. 

§  6.°  Sistema  ipotecario. 

Quanto  male  il  sistema  ipotecario  risponda  al  suo  scopo  ne' paesi  dove  esiste, 
quanto  complicate  ne  siano  le  formalità,  quanto  disastrosi  gli  effetti  delle  ipo- 
teche legali  ed  occulte,  ella  è  cosa  nota  a  tutti  i  giurisconsulti  a  tal  segno  che 
neppur  colle  leggi  eccezionali  e  coi  privilegi  forse  un  po'  imprudentemente  in 
Francia  concessi  alla  compagnia  del  credito  fondiario,  non  può  questa  istituzione 
sviluppare  le  sue  operazioni,  e  non  trova  il  più  delle  volte  presso  i  più  onorali 
e  soliti  accorrenti  la  legale  sicurezza  voluta  da  savi  statuti:  Tacendo  di  molti 
vizi  del  sistema,  delle  malizie  cui  dà  ricetto  in  favor  degli  astuti,  delle  lungag- 
gini infinite  per  le  purgazioni ,  ecc.  Solo  riconoscer  dobbiamo  che  dovunque 
una  legge  ipotecaria  esiste,  si  chiedono  e  si  cercano  ampie  riforme,  ed  in 
que' stati  dove  non  esiste,  benché  si  senta  la  necessità  del  principio,  se  ne  teme 
più  che  non  se  ne  spera  la  introduzione. 

Costituito  invece  che  sia  il  titolo  eli  proprietà  secondo  i  premessi  principn 
potrà  abolirsi  per  intiero  il  sistema  ipotecario  attuale,  e  sostituirvi  il  sistema 
reso  facilissimo  del  pegno  fondiario,  seguendo  le  regole  facili,  e  le  infallibili  pre- 
cauzioni proposte  da  Robernier  e  dal  primo  Porro  nelle  citate  memorie. 

La  decomponibilità  del  titolo  a  volontà  del  titolare  in  questo  sistema  si  presta 
mirabilmente  a  proporzionar  sempre  il  pegno  all'importanza  della  guarentigia 
da  offrirsi,  tien  luogo  della  tanto  desiderata  specializzazione  in  materia  ipotecaria 
ed  ha  tutte  le  qualità  di  ciò  che  chiamasi  prima  e  privilegiata   ipoteca. 

§  7.°  Imposta  prediale. 

Tanto  si  sono  affaticati  inutilmente  gli  uomini  di  finanza  a  scoprire  il  vero  va- 
lore delle  proprietà  fondiarie,  onde  perequare  l'impósta,  ed  esausti  tutti  i  mezzi 
di  esame  in  massa,  di  rassegna  degli  atti  e  contratti,  di  consegnazione  da  parte 
dei  possidenti,  s'appigliarono  al  costosissimo  partito  delle  stime  e  non  per  ciò 
riuscirono,  e  nel  più  fresco  e  nel  più  bello  v.  g.  del  cadastro  francese  ancora  si 
vedevano  delle  disuguaglianze  che  andavano  da  3  a  27  per  cento  (1) ,  e  non  sa- 
rebbe difficile  di  provare  che  di  quasi  altrettanto  gravi  in  Piemonte,  di  più  gravi 
assai  in  tutte  le  altre  parte  d'Italia,  ne  esistano  tutt' ora. 

Or  date  il  titolo  costituito  ed  il  nostro  gran  registro  parcellario  della  proprietà 
fondiaria,  ed  il  nostro  sistema  intiero,  e  tosto  il  vero  valore  fondiario  sarà  real- 
mente assiduamente  messo  dì  per  dì  in  evidenza;  il  dicastero  delle  finanze  tro- 
verà per  conseguenza  gli  elementi  veri  del  ruolo  dell'imposta   prediale  in  una 

(1)  Pous8ielgue,  Finances  de  la  France. 


E  NOTIZIE  VARIE  g-yg 

delle  colonne  di  quel  nostro  gran  libro,  e  pochi  giorni  per  anno  basteranno  a  fare 
il  riparto  con  incontestabile  equità  fra  i  contribuenti. 

CAPO  ìli 

MEZZI   DI   ESEGUIMENTO   DI   FINANZA    E   DI    ARTE;    COSTO   E    DURATA   DELL'OPERAZIONE. 

§  7.°  Mezzi  finanziari. 

Accertare  la  proprietà  fondiaria,  guarentire  la  fede  pubblica  non  solo  nel  pos- 
esso  diretto  ma  ancora  in  tutti  i  diritti  reali  de'terzi,  e  ciò  non  di  meno  mobi- 
lizzare il  valore  fondiario  quasi  al  pari  del  valore  mobiliano,  egli  è    un   impri- 
mere alla  rochezza  dello  stato  un  rapidissimo  moto   di  progresso   di    cui    tu   i 

rdiafe7rS,:imamen'e,1I,UlÌ1Ìtà;  egU  é  Un  dare  «"'-«Wtnr.  q«ei  fondi 
cu :  difetta  per  lancarsi  nella  v,a  dei  moderni  perfezionamenti,  egli  è  procurare 
le  finanze  dello  stato  un  incremento  vistoso,  che  gli  renderà  lieve  il  carico  Tei 

delÒ^n  A  are-anC°ra  P6r,  ,a  COmpleU  UDÌficazi°ne  ed  organizzazione 
de.lk>  stato  e  per  raggiungere  ,n  brevi  anni  con  un  perfetto  sistema  di  grandi 
comunicamo,  quell'alto  grado  di  prosperità  e  di  splendore  di  cui  è  capace 

Ogni  proprietario  sia  dunque  invitato,  e  niuno  al  certo  si  ricuserà,  a  fare  in 
tre  o  quattro  rate  allo  stato  un'avanzo  di  quattro  a  cinque  franchi  per  ogni  et- 
tare  posseduto,  da  essergli  restituita  per  decimi  annuali  in  diffalco  sulla  sua 
quota  di  contribuzioni,  ed  il  fondo  necessario  sarà  immediatamente  trovato.  ' 

Il  diffalco  poi  nulla  farà  patire  alla  finanza  dello  stato,  se  attuato  ogn' anno  , 
per  la  parte  fatta,  il  nuovo  censo  produce,  siccome  deve  produrlo,  senza  aggravio 

ILlTTw-  Per  m°UVÌ  Che  "°n  °CC°rre  sviluPPare>  incremento   notabile  nel 
prodotto  dell'imposta. 

§    8.°  Mezzi  d'arte. 

Poco  è  da  dirsi  sui  mezzi  d'arte,  i  quali  sono  oggigiorno  abbastanza  perfezio- 
nai, e  per  celerità  e  per  esattezza,  e  che  riuniti  in  un  corpo  di  dottrina  sotto 
il  nome  non  più  di  geometria  pratica  ma  di  tacheometria,  appartengono  ora  al 
patrimonio  pubblico  per  tre  o  quattro  edizioni  ma  dato  pure  e  non  concesso  che 
alcun  procedimento  d'arte  mancasse  o  fosse  insufficiente,  basterebbe  proporlo  a 
problema  al  vivido  gemo  italiano  per  averne  in  breve  la  soluzione 

Senza  tema  dunque  il  legislatore  comandi  e  il  grado  di  esattezza  ,  e  la  tri- 
plice forma  sopra  spiegata,  colle  quali  cose  il  gran  problema  di  economia  pub- 
Duca  di  cui  si  tratta  sarà  compiutamente  risolto. 

§  9.°  Costo. 

Lasciando  da  parte  ogni  antico  confronto,  ogni  calcolo  ipotetico,  diciamo  sola- 

mente  che  .    complicatissimo  sistema  di  cadastro  tentato  in  Piemonte  dal   18SS 

ranl      calf,olato^a    R"  Commissario  dover  costare  senza  le  stime  circa  quattro 

franchi  per  ettaro  (1),  la  tacheometria  che  è  più  economica  molto,  ma  che  risolve 

0)  Vedi  atti  e  discussioni  citati  nella  nota  a  pag.  375, 


380  RIVISTA  DI  GIORNALI 

l'intiero  problema  più  sopra  proposto  compresa  la  livellazione  generale,  non  co- 
sterà al  certo  più  di  cinque  franchi. 

Aggiungasi  per  prova  che  la  Spagna,  la  quale  sta  per  dare  ad  impresa  la  simile 
operazione  adottando  ad  un  di  presso  tutti  i  principi  esposti  nel  presente  scritto  (1) 
ha  in  mano,  dicesi,  delle  sottomissioni  serie  a  prezzi  ancora  più  bassi;  convien 
però  dire  che  la  iberica  penisola,  benché  montuosa  al  pari  e  più  dell' Italia, 
è  molto  meno  parcellata  e  coltivata. 

§  10.°  Tempo  necessario. 

Dicesi  che  la  Spagna  prescrive  dodici  anni  ai  suoi  ingegneri  per  limite  di 
tempo  a  terminare. 

La  Spagna  ha  un'estensione  di  cinquanta  milioni  di  ettari,  tutta  Italia  dal- 
l'Alpi alla  Sicilia,  non  fa  che  trentadue  milioni  di  ettari,  quindi  è  che  potreb- 
besi  con  un  personale  uguale  a  quello  che  si  sta  organizzando  in  Ispagna,  fare 
tutta  l'Italia  in  sette  od  otto  anni  al  più. 

Ognun  vede  adunque  che  finanze  e  metodi  d'arte  non  mancheranno,  che  il 
tempo  si  può  abbreviare  quasi  a  volontà  aumentando  in  proporzione  il  personale, 
il  che  non  farà  difficoltà  in  Italia,  ove  abbondano  ingegneri  e  geometri  esperti,  gio- 
ventù capace  e  volonterosa.  Ma  di  tutto  ciò,  penso,  nessuno  può  muover  dubbio; 
sol  che  la  si  voglia  fortemente,  l'operazione  si  farà. 

CAPO  IV. 

CONCLUSIONE. 

Chiunque  abbia  del  pari  sottocchio  i  lavori  del  Robernier,  e  le  tre  memorie 
più  sopra  citate  apag.370,  segnatamente  la  seconda,  ed  abbia  letto  attentamente 
questo  scritto,  chiunque  ne  faccia  il  confronto  colle  relazioni  che  si  hanno  dei 
cadastri  di  Francia,  del  Belgio,  della  Germania,  della  Svizzera,  non  può  a  meno 
di  concludere. 

l.°  Che  abbiamo  ampiamente  dimostrato  il  nostro  assunto. 

2.°  Che  nel  codice  nuovo  italiano  si  deve  introdurre  non  solo  per  la  proprietà 
fondiaria  ma  bensì  per  tutte  le  specie  di  proprietà,  un  ufficio  ministeriale  col 
titolo  di  Ministero  della  fede  pubblica,  od  almeno  una  grande  divisione  del  mini- 
stero della  giustizia  con  questo  titolo,  adottando  ad  un  dipresso  i  principi  sovra 

esposti.  ., 

3.°  Che  nella  dipendenza  di  questo  ministero  deve  esser  collocato  tutto  ciò  cne 
riflette  lo  stato  civile,  la  proprietà  mobiliaria,  letteraria,  artistica  e  industriale, 
ed  insieme  la  fondiaria,  tutto  ciò  in  somma  che  si  riferisce  alla  guarentigia  della 
fede  pubblica,  che  perciò  a  questo  ministero  od  a  questa  divisione  ministeriale 
appartiene  il  dirigere  in  capo  la  grande  operazione  scopo  del  presente  scritto. 

4.°  Che  si  deve  porre  immediatamente  a  studio  la  riforma  ed  a  meglio  dire 
1*  abolizione  del  sistema  ipotecario  con  sostituirvi  quello  del  pegno  immobiliario 
divenuto  facile  quanto  pronto  ed  efficace  mediante  la  mobilizzazione  del   titolo, 

(1)  Vedansi  i  principali  giornali  spagnuoli  del  settembre  1860. 


E  UOTIZIE  VARIE  3gj 

non  che  gli  altri  grandi  cambiamenti  che  derivano  dai  principj  esposti  dall'autore 
nella  citata  memoria  seconda  ed  in  ques.o  nostro  scritto  sommariamente  riferiti 

5  Che  si  potrebbe,  alla  prossima  convocazione  del  grande  parlamento  italiano 
subito  proporre  d.  metter  intanto  la  mano  alle  operazioni  sul  terreno,  le  quali 
potrebbero  cosi  trovarsi  molto  avanzate  al  momento  in  cui  sarà  attuato  il  nuovo 
codice  italiano,  e  così  verrebbe  provveduto  ad  un  pronto  ed  efficace  alimenta- 
mene delle  finanze  del  grande  stato,  effetto  che  costituiva  lo  scopo  fallito  della 
legge  proposta  alle  camere  piemontesi  nel  1853. 

6."  Che  se  l'Italia  è  oggi  rinata  si  può  dir  quasi  dalle  sue  ceneri ,  geografica- 
mente e  politicamente  pel  valore  e  per  le  virtù  cittadine  di  chi  comandava  e  di 
eh.  obbediva,  rinascer  potrà  fra  breve  con  questo  mezzo  allo  splendore  antico 
per  la  saviezza  delle  sue  leggi,  e  mirare  insieme  all'apice  della  prosperità  mo- 
derna per  la  sua  ricchezza.  F 


C.  I. 


DESCRIZIONE  DEL  DIASTIMOMETRO  (1)  MILITARE 

di  E.  Von  Paschevitz. 

(Tavola  22,  Figg.  11,  12   e    13). 

La  scienza  militare  cerca  da  lungo  tempo  un  istrumento  che  fornisca  col  mezzo 
d  una  sola  stazione,  la  distanza  di  un  punto  lontano.  I  perfezionamenti  recati 
ali  artiglieria  in  questi  ultimi  tempi  accrescono  l'importanza  della  soluzione  di 
questo  problema. 

Incoraggiato  dal  professore  D.  S.  Weisbach  che  ha  pubblicato  nel  Cini  inqineer 
la  teoria  di  questi  strumenti,  e  anche  da  diverse  direzioni  delia  guerra,  l'autore 
ha  trasportato  la  sua  teoria  nel  dominio  della  pratica  con  far  costrurre  un  istru- 
mento che  ha  subito  successivamente  varii  miglioramenti. 

Egli  si  è  tenuto  nella  sua  costruzione  a  tre  punti  essenziali  :  1.°  la  semplicità 
2.    la  solidità;  3.°  l'esattezza.  ' 

In  ciò  che  riguarda  il  primo  punto  non  si  può  immaginare  niente  di  più  sem- 
plice che  un  tubo  al  quale  sono  fissati  i  diversi  pezzi  che  compongono  l'istrumento 

Come  le  lenti  ed  i  prismi  sono  avvitati  a  posto  fisso,  le  differenti  parti  costi- 
tuiscono un  insieme  solido,  che  soddisfa  nello  stesso  tempo  alla  seconda  con- 
dizione, e  come  l'esattezza  indispensabile  alla  misura  degl'angoli  è  superiore 
di  molto  a  quella  di  tanti  fra  i  migliori  cannocchiali,  la  terza  condizione  è  com- 
pletamente adempita.  Ne  risulta  dunque  che  l' istrumento  risolve  la  questione 
per  quanto  lo  permettono  le  leggi  della  natura. 

Il  diastimometro  riposa  sopra  questo  principio,  che  un  triangolo  è  determi- 
nato quando  si  conosce   la  sua   base  e  i  due   angoli   adiacenti.  La   base  è  data 

d»ll?'irrrn.>PdanMgIre1>in-francese  si,,egge  ^^^^  „,,  vm^m*™™  ««, 

qoveisi  lar  complice  di  tale  barbarismo  greco-latino, 


382  RIVISTA  DI  GIORNALI 

dall'  istrumento  stesso,  e  ne  è  asse  ottico.  V  uno  degli  angoli  è  retto  e  costante, 
naturalmente  l'altro  è  variabile.  La  sua  misura  si  eseguisce  non  direttamente, 
ma  indirettamente  col  mezzo  d'una  lama  di  vetro  a  faccette  parallelle  di  cui  si 
misura  l'inclinazione  sopra  l'asse  ottico. 

Il  diastimometro  si  compone  essenzialmente  d' un  tubo  ,  alle  cui  estremità 
sono  fìssati  due  prismi  rettangolari  isosceli  A  e  B  fig.  11.  I  raggi  luminosi  ema- 
nando dai  punto  considerato  sono  riflessi  nelP  istrumento  secondo  la  direzione 
dell'asse.  Essi  cadono  sopra  una  lente  £,  poi  sopra  due  piccoli  prismi  0  posti 
al  contatto  l'uno  dell'altro,  vicino  al  centro  della  lente.  Questi  prismi  rimandano 
i  raggi  verso  l'oculare  situato  verso  il  mezzo  del  tubo.  Questi  prismi  si  trovano 
tutti  due  nel  campo  della  visione  e  ricevono  l'uno  la  luce  che  viene  da  A,  l'altro 
quella  che  viene  da  B.  Guardando  nell'oculare,  si  ha  dunque  un  campo  di  vi- 
sione composto  di  due  semicircoli  che  si  toccano,  se  l'oggetto  è  a  una  distanza 
estremamente  grande,  o  se  i  raggi  CA  e  BE  (fig.  11)  possono  essere  conside- 
rati come  paralleli.  Più  sono  discosti  l'uno  dell'altro,  più  l'oggetto  è  vicino 
come  lo  si  vede,  e  l'angolo  E  B  C  =  x  dei  raggi  incidenti  è  uguale  all'angolo  di 
riflessione  D  B  0.  Più  l'oggetto  è  vicino  e  più  quest'angolo  x  è  grande  nello 
stesso  tempo  che  lo  scostamento  delle  immagini. 

La  distanza  fra  le  immagini  è  dunque  funzione  della  distanza  dell'oggetto. 

I  raggi  luminosi  traversano  anche  due  lame  di  vetro  a  facce  parellele  P  e  P 
che  hanno  per  scopo  di  rifrangere  i  raggi  visuali  lasciandoli  paralleli  a  loro 
stessi.  Queste  lame  sono  portate  da  assi  verticali  che  passano  al  centro  dei  circoli 
divisi.  Col  mezzo  di  questi  circoli  si  misura  l'angolo  che  fanno  le  lame  con 
l'asse  dell' istrumento. 

II  circolo  di  dritta  è  il  circolo  principale;  sopra  la  sua  divisione  cammina 
1'  alidada  con  un  nonio  che  misura  il  decimo  di  grado. 

Il  circolo  di  sinistra  o  il  circolo  ausiliario.  Egli  non  serve  nella  misura  delle 
distanze,  ma  bensì  per  rettificare  le  posizioni  relative  dei  pezzi  che  avrebbero 
potuto  essere  alterati  nel  trasporto. 

Girando  la  lama  P2 ,  si  ponno  condurre  in  coincidenza  le  due  immagini  che 
erano  primitivamente  separate,  e  in  questo  movimento  i  raggi  sono  trasportali 
parallelamente  alla  loro  direzione,  proporzionalmente  all'angolo  d'incidenza, 
allo  spessore  del  vetro,  e  all'indice  di  rifrazione  del  vetro  impiegato.  In  questo 
caso  l'inclinazione  della  lama  parallela  sopra  Tasse  ottico  è  una  funzione  dello 
scarto  laterale  CD  delle  immagini  e  perciò  una  funzione  della  distanza. 

Il  diastimometro  è  portato  sopra  un  piede  a  tre  rami  (fig.  13)  con  delle  viti  che 
permettono  di  regolarlo  nel  senso  verticale  e  nel  senso  orizzontale,  se  si  vuole 
misurare  la  distanza  d'un  oggetto  si  monta  ristrumento  che  presenta  l'apparenza 
della  fig.  12.  Girando  la  vite  orizzontale  dell' istrumento  si  conduce  l'oggetto  sopra 
il  diametro  verticale  del  campo  di  visione  (fig.  13).  Se  si  gira  il  circolo  di  dritta 
si  conducono  le  due  immagini  esattamente  1' una  al  di  sopra  dell'altra  e  si  può 
leggere  sopra  il  circolo  col  mezzo  d'una  tavola  apposita  per  l' istrumento  e  per 
delle  distanze  comprese  tra  300  e  5000  metri  si  ha  subito  la  distanza.  È  duopo 
perciò  uno  o  due  minuti,  secondo  che  si  mira  l'oggetto  una  o  più  volte. 

La  rettificazione  dell' istrumento  si  fa  come  nei  diastimometri  ordinarli;  basta 
quando  l'indice  del  circolo  principale  è  a  zero,  di  regolare  il  circolo  ausiliario 
mirando  un  regolo  orizzontale  distante  di  50  a  100  passi  circa  e  sopra  il  quale 
si  sia  marcata  la  base  dell' istrumento. 


E   NOTIZIE  VARIE  383 

Per  giudicare  dell'esattezza  dell' istrumento  si  sono  fatte  a  Monaco  delle  espe- 
rienze consistenti  nel  misurare  delle  distanze  indicate  sopra  il  piano  della 
città.  Gli  angoli  letti  hanno  variato  da  5°,i  a  19°,8,  e  le  distanze  concluse  da  3786 
metri  a  895  metri.  Sedici  determinazioni  sono  state  fatte,  e  gli  errori,  gli  uni  posi- 
tivi, gli  altri  negativi,  sono  compresi  tra  43  e  113.  Sei  errori  furono  positivi  e 
diedero  per  media  0,031,  dieci  furono  negativi,  la  loro  media  fu  0,011. 

Nota  del  traduttore  dalV  inglese  in  francese. 

Il  giornale  delle  scienze  militari,  nel  numero  d'aprile  e  maggio  1867,  ha  pub- 
blicato una  lunga  memoria  sopra  gli  istrumenti  destinati  alla  misura  delle  di- 
stanze. Vi  si  trova  la  descrizione  di  parecchi  strumenti  affatto  analoghi  a  questo. 
Essi  sono  dovuti  a  Adie,  ed  al  capitano  Gautier,  ed  il  loro  modo  d'impiego  vi  è 
discusso.  (Dal  Journal  du  Genie  CiviL) 

Nota  del  traduttore  dal  francese  in  italiano. 

L'istrumento  qui  descritto  è  stato  inventato  in  Italia  dal  geometra  Alberti  nello 
scorso  secolo,  ma  non  potè  rendere  verun  servizio,  attesa  la  infinita  rigidezza  che 
sarebbe  necessario  e  che  non  può  avere,  né  a  fortiori  conservare. 

La  differenza  la  più  caratteristica  dello  strumento  di  Paschevitz  dall'antico  sta 
in  ciò,  che  questo  è  doppio,  perciò  molto  più  complicato  e  costoso,  ma  ha  dell'an- 
tico tutti  i  diffetti. 

Nell'istrumento  identico  del  Porro,  che  da  molti  anni  si  costruisce  in  Parigi 
sotto  il  nome  di  Polemometro  e  che  fu  per  la  prima  volta  pubblicato  nel  1851 
in  una  memoria  sulla  tacheometrie  (1),  è  invece  esente  da  tutti  quei  difetti;  esso  è 
semplice  e  non  doppio;  si  adopra  alla  mano  e  non  abbisogna  di  un  trepiede  e  si 
porta  in  tracolla  come  un  cannocchiale  grande  da  riconoscenze  militari,  per  le 
quali  è  di  moltissima  utilità  non  che  per  T  artiglieria. 

Quanto  alla  misurazione  degli  angoli  micrometrici  col  micrometro  parallelo, 
esso  è  invenzione  italiana  pure  del  Porro,  che  pel  primo  nel  1842  ne  fece  ap- 
punto l'applicazione  a  varii  diastimomelri  militari  stati  da  lui  studiati  ed  ese- 
guiti per  la  commissione  superiore  d'  artiglieria  in  Torino. 


STUDI  TEORICI  E  PRATICI  SULLO  SCOLO  ED  IL  MOTO  DELLE  ACQUE. 

Il  sig.  Gauchler  presentò  all'Accademia  delle  Scienze  una  Memoria  sul  movimento  dell'  acqua 
e  di  questa  diede  un  estratto  che  qui  riproduciamo. 

La  Memoria  si  compone  di  tre  parti:  la  prima  tratta  dello  scolo  dell'acqua  dagli  orifizi,  la 
seconda  del  movimento  dell'acqua  ne' tubi,  la  terza  del  movimento  dell'acqua  ne' canali  e 'nei 
fiumi.  L'  autore  nella  sua  memoria,  stabilisce  le  formole  teoriche  per  questi  varii  casi,  ne  prova 
poi  l'esattezza  paragonando  i  risultamenti  che  da  esse  deduconsi  con  que'che  ci  dà  l'esperienza, 

(1)  Vedi  Tacheometrie,  3.H  edizione,  Paris,  dov'  è  riprodotto. 


384  RIVISTA  DI  GIORNALI 

Prima  parte.  Dai  principii  generali  della  meccanica  razionale  il  sig.  Gauchler  deduce  l'equa- 
zione del  movimento  di  una  molecola  liquida  chiusa  in  un  sistema  di  vasi  solidi;  essa  è: 


i^c+f'-JI^+J?!?" 


supponendo  Tasse  delle  z  verticale  e  diretto  da  basso  in  alto,  £  la  densità  del  liquido,  9  la  pres- 
sione che  soffre  la  molecola,  y  la  gravità,  t  il  tempo,  C  una  costante.  Si  deduce  da  quest'equa- 
zione quella  del  moto  permanente 


1     0                   1 

il  teorema  di  Bernouilli 

Po+Yg 

+  *o  : 

7,2 

=  Pi  +  fìg+zi:=Pn- 

-- V-z  n 

1  %g  Jfx 

e  il  teorema  di  Torricelli 

v=\/Zgh. 

Considerando  poscia  la  spinta  indietro  che  esercita  un  liquido  su  di  un  vaso  da  cui  sgorga, 
l'autore  stabilisce  l'impulso  che  subisce  una  paletta  di  una  curvatura  qualsiasi  sotto  l'azione  del- 
l'acqua che  entra  e  sorte  tangenzialmente. 

La  viscosità  risultante  dall'azione  delle  molecole  l'una  sopra  l'altra  non  ha  influenza  alcuna 
sullo  sgorgare  del  liquido  quando  il  movimento  permanente  è  stabilito,  da  che  il  movimento  del 
centro  di  gravità  di  un  sistema  qualsiasi  è  indipendente  dalle  reazioni  molecolari  si  può  dunque 
dire  grado  di  velocità  il  tempo  più  0  meno  lungo  che  impiega  il  liquido  ad  acquistare  la  ve- 
locità dovuta  all'altezza  quando  sgorga  da  un  orifìzio. 

Passando  poscia  alle  contrazioni,  il  sig.  Gauchler  stabilisce  per  lo  sgorgo  de' liquidi  da  un 
orifìzio  rettangolare  la  nota  equazione 

2 


Q^~mL\/zg(z*  -z*) 


in  cui  Q  è  la  spesa,  L  la  larghezza  dell'orifizio,  Z  e  z  le  cariche  sui  lati  orizzontali  e  m  il 
coefficiente  di  spesa. 

Considerando  poscia  una  fessura  indefinita  e  molto  piccola  compresa  tra  due  piani  inclinati 
sulla  verticale  di  un  angolo  6  e  supponendo  i  filetti  liquidi  convergenti  verso  l'orifizio,  si  trova 
per  valore  del  coefficiente  di  contrazione 


jr=i.(JL  +  Cos  0) 

2  Vsen  0   '  / 


Il  rapporto  di  questo  valore  a  quello  che  si  troverebbe  supponendo  i  filetti  paralleli  è  rappre- 
sentato da  semplicissima  costruzione  geometrica. 
Se  la  fessura  è  piana,  si  ha  0  =  90°  e 

*=  1  ■ 


E  NOTIZIE  VARIE  oot; 

Per  un'orifizio  quadrato  la  contrazione  esercitandosi  ne' due  sensi  si  ha: 

l'equazione  (2)  applicata  ad  una  serie  di  sperimenti  di  Po„ceIet  e  Lesbro,     mn.fr,  .1. 

:rr;-sv:sr  r  «=l-  ;  r  r  ■?  i £M?4K 

m-060   lVffpftn  rion  ■  maggiore  di  10.   Per  gli   orifizi   quadrati    l'esperienza   dà' 

o^  et!' aS'tao  T^Zt  £?  W  ^  ^  g"  «  d*»*  «™«™  S£ 
si  "r  S': X S^*"*1  6  ^  ^  ^  "  è  "  ""^  «  ■»  »*>  *  P^olo, 

m  =  0,60  (1  +  0,01  a) 
purché  «  sia  inferiore  a  10. 
Al  momento  in  cui  il  liquido  sgorga  tende  a  trascinare  seco  il  recipiente  in  cui  A  ^ 

servano,  studiando  l  tpSe  ^a  SS  £%£  *****  attamente  .*». 

tfr^sr;  ìiicrp^rj in  ferio  m,ovi  °ppur  ***  -  ^ 

passando  da  una  esperienza  "d Z "altra  Va™  P°tenZe  del  dÌamelr0   e   de"a  veloci,à 

Partendo  dalla  formola  teorica 


f(v)  =  D    VI 


ei  giunge  alla  formola 


e  P  secondo  Laplace,  dovrebbe  essere  della  forma  ±,  .  essendo  variabile  co.la   natura  del  li- 
Appbcando  questa  ,ormo,a  ai  sperimi  dJSKS^K^  f^^ST 


386  RIVISTA  DI  GIORNALI 

Natura  della  parete  valori  di  « 

Ferraccio  nuovo *  kk25 

»        carico  di  depositi *>»  j* 

Latta  e  bitume *»j* 

Ferro  stirato       y  * 

Piombo i>" 

Vetro ò'7 

L'autore  deduce,  dalle  sue  osservazioni  sperimentali  che  la  legge  di  scolo  è  la  medesima  si  per 
le  grandi  che  per  le  piccole  velocità,  contrariamente  e  all'opinione  di  Darcy,  e  siccome  i  tubi 
generalmente  si  caricano  di  depositi  ei  consiglia  di  adottare  il  coefficiente 

oc  —  5, 5 

Concordantissimi  son  i  risultamene  della  forinola  (3)  e  della  esperienza. 

Terza  parte.  Per  determinare  il  movimento  dell'acqua  ne' canali  a  cielo  aperto  il  sig.  Gaucnler 
usò  gli  sperimenti  de' sig.  Darcy  e  Bazin  a  Dijon.  . 

Dopo  di  aver  verificato  che  la  legge  del  moto  non  è  la  medesima  di  quella  trovata  pei  tubi,  ei 
stabilisce  che  non  ne  è  molto  differente.  L'equazione  che  la  rappresenta  è,  tolto  un  termine,  la 
stessa  di  quella  del  moto  dell'acqua  ne' tubi;  essa  è: 

W  =  a\/R  Vi 

in  cui  R  è  il  raggio  medio,  v  la  velocità  media,  1  il  pendio.  Dall'applicazione  di  questa  formola 
alle  numerose  esperienze  dei  signori  Darcy  e  Bazin  ei  conclude   che  «  è  variabile  colla  natura 
della  parete  ma  è  indipendente  dalla  forma  del  profilo. 
Per  i  pendii  superiori  a  0,0007  i  risultameli  della   esperienza  mirabilmente  concordano  con 

que'  del  calcolo.  . 

Ma  quando  i  pendii  sono  inferiori  a  0,0007  la  legge  cambia  ad  un  tratto  e  si  ha  allora: 

4  3  _   A 

l/t?  =  p  Vr  V1 

L'autore  spiega  tal  differenza  ripetendola  da  un  cambiamento  nel  modo  con  cui  le  molecole 
liquide  si  muovono.  Sin  che  il  pendio  superficiale  mantiensi  superiore  a  0,0007  il  moto  è  unica- 
mente determinato  dal  pendio  del  fondo  e  le  molecole  liquide  rotolano  1'  una  sull  altra  in  virtù 
delle  tei  della  gravità  salendo  e  discendendo  alternativamente  dal  fondo  alla  superticie. 

Quando  il  pendio  è  minore  di  0,0007  l'equazione  del  moto  diventa  funzione  del  raggio  medio, 
le  molecole  muovonsi  in  virtù  delle  pressioni  d'amonte  e  si  produce  un  moto  di  scorrimento  che 

n°LpoTiverT applicate  le  formole  (4)  e  (5)  a  delle  esperienza  di  Dubuat,  Woltmann,  Brunings, 
Baumgarten,   Poirée ,  Emmery  e  Leveillé,   l'autore  determinò  i  valori  pratici  di  «  e  p  nel  si 
guente  modo. 


Natura  della  parete 

Muratura  in  pietra  da  taglio  e  cemento 

Buona  muratura  ordinaria 

Parete  di  muratura  e  fondo  di  terra  . 

Terra  senza  erbe 

Terra  con  erbe 

Fiumane 


Valori  di  a 

da  8,  5  a  10 

da  7,  6  a  8,  5 

da  6,  8  a  7,  6 

da  5,  7  a  6,  7 

da  5  a  5,  7 


Valori  di  3 

da  8, 5  a  7 
da  8, 0  a  8, 8 
da  7,7  a  8,0 
da  7, 0  a  7,  7 
da  6,6  a  7,0 
da  6,  4-  a  7, 0 


Queste  formole  sono  facili  a  calcolarsi  colle  tavole  de' quadrati  e  de' cubi;  esse  debbono  se- 
condo l'autore,  entrare  nella  pratica  degli  ingegneri  come  rappresentando  meglio  di  qualsiasi 
altra  i  fatti  naturali.  (Le  TechtologuU)- 


E  NOTIZIE  VARIE  337 


CORSO  DI  CELERIMENSURA 

WBli     R.    ISTITUTO    TECNICO     SUPERIORE 
(Anno  5.°,  1867-68) 


Santo  delle  lezioni  del  mese  di  Marzo  ed  Aprile  1868. 

Procedimento  radiatomi™.  Si  è  veduto  nelle  precedenti  lezioni  come  col  procedimento  ra 
tranTe  P  ?  "  —^  ^0™^™^  tutto  la  parte  accessibile  di  J  terreno,  eco  1  e- 
tata ideila  mla.Pei'aZ10ne  PUnU  tng0n°melrici>  se  TC  ne  ha  *■*  vi  si  trovino  compresi  a  por- 
Si  è  veduto  inoltre  che  il  collegamento  delle  stazioni  radiometriche  fra  loro  ingenera  una  fitta 
reto  polìgona»  data  in  valori  numerici,  !a  quale  perciò  è  suscettìbile  delle  stesse  comprovazfoi 
ecompensazion,  che  ì„  geodesia  alta  si  applicano  alle  operazioni  trigonometriche  di  « ord  ne 
ma  rimangono  da  determinare  ancora  i  punti  inaccessibili,  e  rimane  da  ottenersi  1  co  legamento 
co,  punti  trigonometrici  più  0  meno  lontani  quando  non  ne  capita  sull'area  da  rilevar      nTin 

r;;  zxr della  mira:  per  ctó  fare  ^^  »  *— *•  *^,::a 

Il  procedimento  radiotomico  si  pratica  con  due  visuali,  0  con  tre:  nell'uno  0  nell'altro  caso 
può  essere  diretto  od  inverso;  si  dice  diretto  quando  si  vuole  ottener  la  posizione         n  pun  0 
osservando.»  da  due  0  da  tre  stazioni  già  date  di  posizione,  si  dice  inverso  quando  e  I1W 
vare  da  una  stazione  non  ancora  determinata  di  posizione  due  0  tre  punti  già  detenni!?    si 
vuole  concludere  la  posizione  della  stazione.  ueieraiinau ,  si 

11  modo  usuale  di  determinare  un  punto  per  intersezione  esige  che  si  conosca  0  misuri  espi- 
amento una  base   ì  cui  estremi  siano  visibili  l'uno  dall'altro,  e  che  in  ciascun  di  quest   estremi 
.  m,sun   l'angolo  compreso  fra  la  base  e  la  visuale  tendente  al  punto  da  determinai    ma  Tn 
lenmensura  la  cosa  è  ben  diversa:  non  è  punto  necessario  di  misurare  la  Tea  d    C    e 
neppure  che  le  due  stazioni  siano  visibih  una  dall'altra,   basta  conoscerne  le  coordinate     sia 
assolute,  sia  anche  semplicemente  relative,  come  risultano  dalle  reti  poligonali 

Le  forinole  che  servono  alla  risoluzione  del  problema,  e  che  sono  le  più  comode  per  l'uso 
della  scala  di  Gunter  0  del  circolo  calcolatore,  sono  le  seguenti  :  P 

y  =  x  cot  0' 


,  COt  (D 

z  =  x  — X 
sin  0 


nelle  quali  AI.U  sono  le  distanze  in  X  ed  in  Y  fra  le  due  stazioni 

deve"  Z^ZZJZ^r  ""  C0~  ***>  ^  »  «  «*&**  «he 


sin  6" 


388  RIVISTA  DI  GIORNALI 

D'onde  apparisce  questo  singoiar  vantaggio,  che  cioè  in  celeriniensura  due  sole  visuali  che  me- 
diante la  loro  intersezione  determinano  un  punto,  presentano  inoltre  un  mezzo  di  comprovazione, 
mentre  coi  procedimenti  della  geodesia  ordinaria  si  esigerebbe  per  la  comprovazione  una  terza 
visuale  mandata  da  un'altra  stazione  al  medesimo  punto,  con  tutto  il  suo  corredo  di  misure  e 
di  calcoli.  Vero  è  che  questa  comprovazione  per  mezzo  della  z  non  è  veramente  efficace  che  in 
collina  e  montagna,  dove  gli  apozenit  molto  si  discostano  sia  in  più  sia  in  meno  dell'angolo  retto. 

Il  problema  inverso  ,  vale  a  dire  quello  di  determinare  la  posizione  ignota  di  una  stazione 
dalla  quale  si  sono  mandate  due  visuali  a  due  punti  già  dati  per  le  loro  coordinate.  Si  risolve 
evidentemente  colle  medesime  formole  cambiandovi  i  segni,  il  che  non  è  bisogno  di  dimostrare. 

Questi  procedimenti  esigono  che  l'orientazione  sia  conosciuta  esattamente,  ma  avviene  soventi, 
sopratutto  nel  caso  del  problema  inverso,  che  l'orientazione  non  è  conosciuta  se  non  se  dal 
magnete ,  perciò  non  abbastanza  esattamente ,  allora  è  mestieri  impiegare  il  procedimento  della 
trisezione,  vale  a  dire  che  bisogna  mandare  dalla  stazione  da  determinarsi  tre  visuali  a  tre 
punti  trigonometrici  già  noti. 

La  forinola  che  in  tal  caso  conduce  alla  conoscenza  dell'azimut  esatto  0°  della  prima  di  queste 
visuali,  per  la  quale  1'  osservazione  avrebbe  dato  invece  6',  è  la  seguente 

_  (A  Y  cot  A  6)'„  -  (A  Y  cot  A  6)',,,  +  A"„,  X 
COt  °  ~(AX  cot  A  0)'„  —  (A X  cot  A  0)',,.  —  A"„,  Y ' 

Ottenuto  l'azimut  0°  della  prima  visuale,  si  correggono  tutte  le  altre  della  differenza 

$  0  =  &>  -  0' 

poi  combinando  due  visuali  qualunque  ed  applicando  le  formole  del  problema  precedente  si  de- 
terminano le  coordinate  della  stazione. 

Tutte  le  stazioni  determinate  per  trisezione,  valendosi  di  punti  trigonometrici  di  1.°  e  di  2.° 
ordine,  possono  considerarsi  come  punti  di  3.°  ordine,  ed  al  bisogno  stabilirvi  un  segnale. 

Procedimento  conoidico.  11  procedimento  conoidico  deriva  per  estensione  dal  procedimento 
radiotomico.  Abbiamo  veduto  il  modo  di  determinare  radiotomicamente  un  punto  sul  quale  non 
si  può  o  non  conviene  mandare  la  mira,  ma  allora  se  quel  punto  non  fosse  una  cima  di  edi- 
ficio od  altro  oggetto  fìsso  visibile  identicamente  dalle  due  stazioni  sarebbe  necessario  farvi  sta- 
bilire un  segnale,  e  ben  si  comprende  che  con  molti  simili  segnali  si  potrebbero  rendere  visi- 
bili molti  punti  di  una  linea  sinuosa,  come  una  strada,  un  rio,  un  sentiero  in  montagna,  e  così 
determinarla:  si  potrebbe  determinare  al  medesimo  modo,  tutta  la  superfìcie,  per  esempio,  di 
un  poggio  visibile  a  distanza,  moltiplicandovi  quanto  basta  i  segnali. 

Ma  il  procedimento  conoidico  conduce  allo  stesso  scopo,  senza  bisogno  di  segnale  alcuno. 

S'immagini  infatti  una  superfìcie  conoidica,  la  quale  abbia  per  direttrice  una  linea  continua 
•visibile  nello  spazio,  ed  il  vertice  in  una  prima  stazione;  s'immagini  una  seconda  simile  co- 
noide. Col  vertice  in  una  seconda  stazione,  egli  è  chiaro  che  la  linea  proposta  da  rilevarsi,  che 
è  la  direttrice  di  ambedue  le  conoidi,  sarà  l'intersezione  delle  due  conoidi  medesime. 

Or  bene,  di  queste  conoidi  noi  possiamo  determinare  in  <p  0  dall'una  e  dall'altra  stazione 
quante  generatrici  vogliamo,  e  se  ne  rileveremo  tante  quante  bastano  a  poter  interpolare  fra  esse; 
con  che  le  due  intiere  conoidi  si  potranno  dir  conosciute,  e  costruttibili  colla  geometria  descrit- 
tiva e  ridu ttibili  pure  a  calcolo  numerico  per  coordinate. 

Perciò  sarà  facile  cosa  il  determinare  la  loro  intersezione,  che  è  nel  supposto  la  linea  da 
rilevarsi. 

Parimenti  se  la  curva  di  profilo  apparente  del  supposto  poggio  vien  presa  per  generatrice  di 
una  conoide  avviluppante  col  vertice  in  una  stazione,  dalla  quale  ne  vengano  rilevate  in  (cp  0) 
tante  generatrici  che  bastino  come  sopra,  e.  lo  stesso  si  faccia  da  altre  stazioni  tante  che  basti, 
si  avrà  avviluppato  l'intiero  poggio  in  altrettante  conoidi  tangenti,  le  quali  serviranno  a  de- 
terminare la  equazione  numerica  per  punti  di  tutta  la  sua  superficie. 


E  NOTIZIE  VARIE  339 

Ecco  il  perchè  questo  procedimento  che  stiamo  per  sviluppare,  si  chiama  conoìdico. 
Il  caso  il  più  semplice  di  questa  maniera  d'operare  è  quello  della  sponda  di  un  fiume  tortuo- 
samente scorrente  fra  due  colline,  sulle  quali  intanto  sì  vada  rilevando  la  eidipsometria  col  pro- 
cedimento radiometrico.  ' 

Allora  mandando  da  ogni  stazione  delle  visuali  (9  6)  tangenti  alle  lunate  del  fiume,  coir  at- 
tenzione divisare  in  9  al  punto  stesso  di  tangenza  al  livello  dell'acqua,  si  avranno  in  queste 
gli  elementi  necessari!  per  determinare  sussidiariamente  in  X  ed  in  Y  i  punti  d*  intersezione 
delle  successive  tangenti,  poi  l'amplitudine  dell'arco  compreso  fra  i  punti  di  tangenza  di  due 
visuali  successive,  e  per  fine  le  tre  coordinate  di  ogni  punto  di  tangenza 

Le  forinole  che  a  ciò  servono  sono  le  stesse  del  procedimento  radiotomico ,  sostituendovi  le 
quantità  corrispondenti  date  dalle  osservazioni. 

Il  secondo  ed  un  po' più  complesso  caso  del  procedimento  conoidico  è  quello  del  rilevamento 
per  esempio  di  un  sentiero  in  montagna  0  di  una  vetta  acuminata  alpina  che  si  vede  sotto  varia 
_  :le.var,e  P°slzioni  nelle  ««a"  avviene  di  porsi  in  stazione.  In  tal  caso,  decomposta  in 
ognuna  di  due  0  tre  occorrenti  consecutive  stazioni  la  curva  apparente  in  porzioni  sensibilmente 
rette  si  mandano  delle  visuali  (9  6)  agli  angoli  del  risultante  ideale  poligono,  e  si  avranno  tutti 
1  dati  occorrenti  per  determinare  le  coordinate  di  tutti  questi  punti,  malgrado  la  non  identità 
tra  quelli  osservati  da  una  stazione  e  quelli  osservati  da  un'  altra. 

Le  formole  a  ciò  atte  sono  ancora  le  stesse  del  procedimento  radiotomico,  e  qui,  come  nel  pre- 
cedente caso,  occorre  l'uso  dei  punti  sussidiarli. 

Fingiamo  due  successivi  punti  m  m"  della  curva  slati  osservati  da  una  stazione  B  ed  un  punlo 

intermedio  0  stato  osservalo  da  una  stazione  A,  il  piano  verticale  che  passa  per  la  stazione  A 

e  pel  punto  a  sarà  incontralo  dalle  due  altre  visuali  in  due  punti  dello  spazio,  per  determinare 

quali  si  hanno  dalle  osservazioni  suddette  i  dati  necessari!,  questi  sono  i  punti  sussidiarli  De- 

ernunati  questi  due  punti,  la  retta  che  li  congiunge  nello  spazio,  della  quale  possiamo  calcolare 

mei  pTpun'to  a"  ^  *  **  PU"U  ^Onù   teslè  calcolati>  P"»«*  necessaria- 

vilrP,POnga  .°ra,  rÌbatlUì°  orizzontalmente  il  Pi^o  verticale  che  contiene  questa  linea  e  la 
visuale  A  a  e  tosto  si  vedrà  che  assimilando  la  verticale  ad  un  meridiano,  e  considerando  gli 
angol,  9  e  4,  come  se  fossero  due  azimut,  si  ha  quanto  basta  per  determinare  colle  formole  ra- 
cornhlt6  la„p0S1Z1°;e  *"  Puntoa'  in  ^sto  P^o  cosi  ribattuto:  questa  determinazione  in  z 
combinata  colle  coordinate  x,  y  de,  punti  sussidiarli  conduce  tosto  alle  coordinate  del  punto  «'. 
Combinando  dunque  successivamente  due  punti  m  m"  visati  dalla  prima  stazione  con  uno  in- 

ÌZVr.TT        ,  STd\P0ÌfdUe  PUn"  a'U"  de"a  SeC°nda  Con  un»  "«io  «•"«ella 
prima,  e  cosi  d,  segu.to  alternando  fra  le  »  e  le  a  si  vengono  a  calcolare  le  X  Y  Z  di  tutti  i 
pund   m    m    ecc.,  0,  a"  ecc.,  benché  slati  osservati  ognuno  da  una  sola  stazione.    ' 
Per  1    terzo   caso  del  procedimento   radiotomico  si  mette  a  partito  il  circolo  di  posizione  e 

UEFZ^T  punt0  osservato  C10  che  " professore  ha  chiamat0  una  visua,e  piana 

S'immagini  un  piano  passante  per  la  visuale  lineare  9  8  con  una  inclinazione  trasversale  £' 
data  dal  circolo  di  pos.zione,  questo  piano  si  trova  perfettamente  determinato  nello  spazio  dalie 
(9  +  6)  e  se  ne  potrà  colle  regole  ordinarie  della  geometria  descrittiva  determinare   sia   grafica- 

Z 5  !"  2ZT  di  pendenza  per  la  grandezza  p  • tan*  * deIle  sue  parti-  « 

Zil7/^°ra  "?  P(°ggi0'  a,"a  CUÌ  SUpeiflCÌe  C°11VeSSa  Si  siano  manclate  da  tante  diverse  sta- 
to ni",   ni"81™6  r?  p,anVa"gentÌ  (+69)  PSr  m°d°  da  avviluppare  intieramente  il 
dtopogg,o  entro  un  poliedro  formato  da,  p.ani  medesimi  si  potranno  determinare  le  intersezioni 

£l;,PI1W  ^  ,0r;'Valea, fe  «»  «Pigo'i  ^1  poliedro,  poi  graficamente  segnando  tutte 

ere  d     nn         ir"'         T'       7™  MMma  P°l,g°ni  CÌrC0SCrilli  alle  curve  orizzontali 

dhlTy,    A,6  Sl  Pr6f    aSCe  'a  ^  meft  fadIe  Via  num8rica  si  P°'ran»°  determinare  le 

vene?     n         ,         '  P      '  *'  C°ntaM°  deUe  CUrVe  °rizz0nlali  del  toeno,  il  cui  complesso 

viene  a  costituire  la  equazione  numerica  per  punti  di  tutta  la  superficie  del  dato  poggio 


390  RIVISTA  DI  GIORNALI 

Questo  procedimento  razionale,  ed  esatto  abbastanza  nei  tre  sensi  per  lo  studio  di  progetti  di 
lavori  pubblici  in  collina  e  montagna,  non  è  applicabile  che  alle  parti  convesse,  nelle  parti  con- 
cave rientranti  in  valle  fra  i  contraforti  bisogna  ricorrere  alle  soluzioni  date  per  gli  altri  due 
casi  di  sopra  dichiarati,  i  quali  trovano  la  loro  applicazione  alle  linee  di  compluvio  ai  sentieri  ecc. 
e  conducono  allo  stesso  risultato  finale. 

Il  procedimento  conoidico  applicato  in  questi  tre  modi  combinati ,  dalle  stazioni  di  un  cam- 
minamento condotto  nel  displuvio  principale  di  una  valle  conduce  molto  speditamente  a  tali  ri- 
sultamenti  che  non  lasciano  nulla  a  desiderare,  ma  impiegando  concorrentemente  col  cleps  la 
fotografia  sferica  (1).  Si  decuplica  la  rapidità  delle  operazioni:  il  professore  stima  che  conquesti 
due  mezzi  combinati  lo  studio  di  ferrovia  per  la  Spluga  e  pel  Septimer  stato  fatto  nel  1864 
per  conto  della  provincia  di  Milano,  avrebbe  potuto  essere  molto  più  completo  e  veramente  ri- 
solutivo del  problema  proposto  e  si  sarebbe  potuto  compiere  da  tre  operatori  tutto  il  lavoro  di 
campagna  in  dieci  a  dodici  giorni,  mentrechè  coi  metodi  e  cogli  strumenti  che  vi  sono  impie- 
gati non  s'ottennero  in  cinque  mesi,  e  con  un  personale  considerevole  i  dati  per  una  soluzione 
completa  ed  ineccepibile  del  grande  problema. 

Mezzi  di  supplire  alle  calcolazioni.  Fin  d'allora  quando  Gunter  ebbe  materializzati  i  loga- 
ritmi sopra  delle  scale  a  divisione  decrescenti ,  si  videro  eliminati  da  una  quantità  di  applica- 
zioni matematiche  la  maggior  parte  dei  calcoli  e  ridotto  quasi  ad  un  giuoco  il  leggerne  diretta- 
mente i  risultamenti  a  vista  sulle  scale  di  Gunter. 

Non  occorreva  per  la  celerimensura  che  costrurre  delle  scale  decimali  apposite,  il  che  fu  fatto 
fin  dal  1824;  queste  scale  si  trovano  in  commercio,  il  professore  le  ha  spiegate  in  una  delle 
sue  lezioni. 

Ma  a  fine  di  ottenere  una  cifra  di  più  nei  risultati,  è  stato  immaginato  sullo  stesso  principio 
il  circolo  calcolatore,  nel  quale  l'unità  logaritmica  è  la  circonferenza  intiera,  l' uso  ne  è  lo  stesso. 
Sia  colla  scala  sia  col  circolo  essendo  date,  nel  procedimento  radiometrico  le  s,  <p,  6  si  otten- 
gono immediatamente  x,  y,  z.  —  Le  formole  poi  del  procedimento  radiotomico  e  del  conoidico, 
ed  in  generale  tutte  le  formole  delle  due  trigonometrie,  si  riducono  in  numeri  con  uguale  facilità 
e  speditezza. 

Il  Professore  ha  fatto  rimarcare  sopratulto  che  i  piccoli  errori  nelle  ultime  cifre  non  sono 
giammai  quelli  che  nuociono  in  pratica,  bensì  gli  errori  sugi'  interi,  i  quali  possono  infiltrarsi  e 
passare  inosservati  nella  calcolazione  ordinaria,  mentre  sono  impossibili  coli' uso  delle  scale,  e 
del  circolo  calcolatore,  ed  è  questo  uno  dei  suoi  pregi. 

Il  Professore  ha  aggiunto  che  tra  le  macchine  calcolatrici  in  cifra,  egli  stima  applicabile  alla 
calcolazione  delle  aree,  la  macchina  di  Maurel  et  Jayet,  ed  alle  comprovazioni  nelle  quali  occorre 
la  somma  algebrica  di  molte  coordinate,  la  macchina  sommatrice  del  professore  Gonnella  di  Fi- 
renze, portandone  da  dieci  a  cento  il  numero  dei  denti  delle  ruote. 

Comprovazione  e  compensazioni.  11  segno  il  più  caratteristico  dell'antica  pratica  era  la  pre- 
tensione delia  perfezione  matematica  assoluta,  pretensione  che  pur  troppo  ancora  erigono  alcuni  di 
coloro,  che  però  accettano  in  agrimensura  senza  adontarsene  le  larghissime  tolleranze  legali  ancora 
oggidì  concesse  in  materia  censuaria. 

Le  tolleranze  sono  ammesse  in  celerimensura,  e  la  tolleranza  al  secondo  grado  è  ristretta 
al  decimo  delle  legali  vigenti:  a  questa  si  pretende  di  soddisfare,  ma  si  ammette  volentieri  che 
nulla  di  matematicamente  perfetto  è  possibile  all'uomo,  e  si  ammette  che  il  migliore  de' risul- 
tati è  passibile  di  una  incertezza  remanente,  e  si  accettano  e  mettono  in  pratica  i  metodi  i  più 
sicuri  di  comprovazione  (2)  a  fine  di  accertare  prima  di  tutto  che  non  sia  incorso  errore  propria- 
mente detto,  e  se  error  si  trova  se  ne  procura  la  correzione  nel  preciso  luogo  dove  è  stato  com- 
messo. La  comprovazione  dà  inoltre  la  sicurezza  che  in  nessuna  parte  del  lavoro  la  incertezza 
remanente  oltrepassa  la  tolleranza  fissata. 

(1)  Si  svolgeranno  neh'  ottica  tecnologica  i  procedimenti  della  fotografia  sferica. 

(2)  In  Germania  non  si  manca  mai  di  applicare  il  metodo  delle  compensazioni  anche  ai  più  piccoli 
poligoni. 


E  NOTIZIE  VARIE  394 

Dopo  questo  esame  di  comprovazione  si  procede  alla  compensazione  con  i  metodi  stessi,  e  poco 
diversi,  che  s' impiegano  con  successo  nell'alta  geodesia,  e  si  adottano  siccome  definitivi  dei 
risultati  ancor  più  prossimi  al  vero,  giacché  al  vero  assoluto  è  follia  pretendere. 

Questi  procedimenti  di  comprovazione  che  il  Professore  ha  dimostrato  sopra  esempi  tratti  dal 
vero,  sono  della  più  elementare  semplicità  e  non  importano  che  somme  algebriche  di  coordinate  (1) 
ma  condotti  con  intelligenza  essi  arrivano  dappertutto,  e  non  è  possibile  che  vi  sfugga  non  solo 
1  innocente  errore,  ma  neppure  la  più  raffinata  malizia. 

Compiuta  la  comprovazione  che  si  dice  di  primo  grado,  applicate  le  compensazioni  colle  re- 
gole sopradette,  le  quali  cose  l'ingegnere  deve  sempre  eseguire,  si  può  volere  od  almeno  sup- 
porre che  una  supenor  ispezione  debba  rivedere  ancora  i  risultamenti  definitivi  in  ogni  loro 
parte;  questa  e  quella  che  il  Professore  ha  chiamato  comprovazione  al  secondo  grado,  la  quale 
non  da  più  luogo  a  compensazione  di  sorta,  ma  semplicemente  all'  accettazione  0  meno  del  la- 
voro ispezionato. 

Tuttociò  non  è  possibile  coi  procedimenti  grafici  della  vecchia  geodesia  se  non  se  per  le  opera- 
zioni trigonometriche,  non  è  da  stupire  quindi  che  non  fosse  stato  mai  ridotto  a  regolari  e  razionali 
pratiche,  benché  il  Bichot  in  Francia  lo  abbia  tentato,  ed  in  Italia  il  Bordoni  ne  abbia  avuto 
pure  in  qualche  caso  l'idea;  era  necessario  arrivare  ad  adottare  francamente  il  sistema  nume- 
rico da  tanto  tempo  reclamato  dai  più  eminenti  giurisconsulli ,  per  rendere  possibile  l'applica- 
zione del  vero  e  razionale  metodo  di  comprovazione  e  di  compensazione  che  solo  può  imprimere 
ai  risultati  finali  tutta  la  possibile  certezza. 

Le  due  comprovazioni  così  fatte  come  il  Professore  le  ha  dimostrate  sono  effettivamente  ge- 
nerali e  sono  indipendenti  dal  giudizio  degli  uomini,  esse  dipendono  unicamente  da  quell'assioma 
semplicissimo  che  la  somma  delle  parti  deve  riprodurre  il  tutto,  il  quale  si  deve  a  lavoro  finito 
verificare  in  tutte  le  immaginabili  combinazioni  entro  i  limiti  della  ristrettissima  tolleranza 
accordata. 

Questo  è  il  solo  mezzo  di  dare  ai  lavori  degl'ingegneri  sicurezza  soddisfacente  alia  più  retta 
coscienza  loro,  questo  è  il  solo  mezzo  di  rendere  i  catasti  parcellari  suscettibili  di  vera  e  reale 
legalità  in  tutta  la  forza  della  parola. 

Aree  e  volumi  11  risultamenlo  finale  di  un  lavoro  condotto  coi  metodi  della  celeriniensura 
consiste  m  due  documenti;  l'uno,  il  principalissimo,  è  il  registro  generale  geometrico  nel  quale 
si  contengono  le  tre  coordinate  di  tutti  i  punti  rilevati,  l'altro  è  una  mappa  eidipsometrica  se- 
gnala a  curve  orizzontali  con  tulle  le  subdivisioni  fisiche,  geometriche,  politiche,  amministrative 
e  private  ossia  parcellarie,  il  quale  serve  come  quadro  sinottico  rappresentativo  necessario  si,  ma 
sul  quale  non  occorre  mai  rilevare  dimensioni  colia  scala  e  col  compasso 

Diamo  ora  che  di  una  parcella  di  proprietà  si  voglia  conoscere  l'area:  questa  la  si  deduce 
immediatamente  dalla  equazione  del  suo  perimetro  che  si  ha  per  punti  nel  libro  geometrico. 

Le  coordinate  dei  punti  perimetrali  sono  tali  che  le  semi-somme  delle  X,  consecutive  prese  due 
»  due  moltiplicate  per  le  differenze  delle  Y  corrispondenti,  rappresentano  le  aree  di  tanti  trapezi! 
aventi  la  base  loro  sul  paracardine  quanti  sono  i  lati,  e  che  l'area  della  parcella  è  uguale  alla 
somma  algebrica  di  questi  trapezii.  b 

Ma  la  stessa  proposizione  si  verifica  pei  trapezii  in  A  X,  2  Y  aventi  la  loro  base  sopra  il 
parallelo,  il  che  dà  luogo  ad  un  secondo  calcolo  nel  quale  sono  in  giuoco  dei  numeri  tutti  diversi 
ma  che  pure  deve  condurre  per  l'area  A  della  parcella  allo  stesso  risultato,  la  quale  cosa  si 
esprime  dicendo  che  per  un  perimetro  chiuso  qualunque  si  deve  trovare 

A  =  0,5  2  (2  X.  A  Y)  =  2  (A  X.  2  Y) 

le  somme  o  le  differenze  in  X  ed  in  Y  debbono  essere  prese  di  due  in  due  di  seguito  percor- 
rendo il  perimetro  sempre  nel  medesimo  senso;  questo  doppio  calcolo  si  deve  fare  per  riprova. 

JIL'"  GrTa"ia  SÌ  SU0'e  aPPlÌCare  Sempre  "  rael0d0   piU   razionale  dei  rainimi  Idrati,  ™  ''  «spe- 
>enza  in  Celenraensura  attera  la  maggiore  esattezza  che  si  ottiene  col  cleps  basta  il  metodo  più  speditivo. 


392  RIVISTA  DI    GIORNALI 

Quanto  alle  aree  racchiuse  da  perimetri  curvilinei  il  rilevamento  de' quali  si  suol  fare  nel- 
l'antica geodesia  sostituendo  alla  curva  un  poligono  rettilineo  d'un  gran  numero  di  lati  il  Pro- 
fessore ha  dimostrato  che  le  si  possono  rilevare  in  celerimensura  con  pochissimi  punti  sosti- 
tuendo loro  invece  una  curva  policentrica,  composta  cioè  di  varii  archi  di  circolo. 

I  corrispondenti  trapezj  per  la  calcolazione  dell'  area  hanno  allora  curvilineo  il  rispettivo  lato 
obliquo,  ed  una  formula  semplice  fornisce  l'area  del  segmento,  questa  formola  è 

2 


s  =  {ax+a  y)  t 


nella  quale  S  rappresenta  l'area  del  segmento  curvilineo,  T  un  coefficiente  che  si  trova  mediante 
una  piccola  tavola  calcolata. 

Pei  volumi  dei  movimenti  di  terra  nei  lavori  pubblici  essendo  il  suolo  vergine  ed  il  progetto 
dati  entrambi  per  coordinate  e  per  curve  orizzontali  nello  stesso  modo,  si  ha  che  la  somma 
delle  aree,  degli  spazi  compresi  fra  le  curve  rosse  e  le  nere  (1),  moltiplicata  per  la  equidistanza 
adottata  dà  addirittura  il  volume  cercato  senza  che  occorrano  più  i  profili  in  uso  nel  lungo  e 
tedioso  metodo  usuale. 

Tali  sono  i  semplicissimi  metodi  con  che  seguendo  nella  redazione  dei  grandi  progetti  i  det- 
tami della  celerimensura  si  fanno  sparire  le  larghe  incertezze  che  pel  passato  s' imbattevano 
gì'  ingegneri  nei  calcoli  della  spesa  necessaria  all'esecuzioni.  Compiuto  così  il  compito  propostosi 
in  quest'anno  di  limitare  il  corso  al  puro  e  indispensabile  per  gl'ingegneri  civili,  il  Professore 
ha  annunziato  che  le  lezioni  seguenti  consisteranno  nel  riepilogo  di  tutto  il  corso  e  nella  pre- 
parazione alla  esercitazione  campale. 


RESOCONTO  DELL'  ANDAMENTO 
DEL  R.  ISTITUTO  DI  AGRONOMIA  ED  AGRIMENSURA  IN  CATANIA 

Per  decreto  del  H  novembre  1866,  lutti  gli  Istituti  Tecnici  d'Italia  si  ebbero  un  organamento 
speciale  con  una  o  più  sezioni.  Però  quello  di  Catania  si  ebbe  la  sola  sezione  di  Agronomia  ed 
Agrimensura,  dove  che  Palermo,  Messina  e  Girgenti  ne  ebbero  tre  o  quattro. 

Veramente  considerando  la  postura  di  Catania  —  centro  di  consumo  dell'  isola  —  e  la  sua 
popolazione  che  tocca,  anzi  supera,  80,000,  è  manifesto  che  per  lo  meno,  la  sezione  commer- 
ciale sarebbe  ivi  ben  locata. 

Pur  tuttavia  la  frequenza  degli  alunni,  che  quest'anno  ascendono  a  più  di  50,  mostra  chiaro 
come  quella  scuola  sarebbe  popolata  di  100  se  avesse  la  sezione  commerciale. 

Né  tanto  numero  si  deve  ripetere  alle  circostanze  di  luogo  solamente;" ma  ben  anco  al  di- 
simpegno ed  alla  dottrina  dei  professori. 

In  vero. 

Il  sig.  Prof.  Tommaso  Perniisi  conosciuto,  in  Sicilia  più  che  altrove,  come  dotto  e  provetto 
maestro  dell'  arte  del  bello  scrivere  in  prosa,  col  zelo  più  grande  e  colla  generosità  più  magna- 
nima, vi  tiene  la  Presidenza;  la  quale  ha  prodotto  notevoli  avanzamenti  da  che  a  lui  è  stata 
affidata.  Oltre  di  che  vi  insegna,  con  molto  profitto  della  scolaresca,  la  storia  patria,  la  geografia 
e  le  lettere  italiane. 

Il  Cav.  sig.  Francesco  Tornabene ,  raro  per  la  vastità  della  sua  mente  e  1'  acume  del  suo  in- 
telletto, vi  professa  la  chimica  e  l'agronomia,  ed  all'uopo  con  molta  dottrina  ed  esperienza  la 
fisica  e  la  storia  naturale. 

(i)  Si  sogliono  segnare  in  nero  le  curve  del  suolo  naturale  ed  in  rosso  quelle  del  progetto. 


E  NOTIZIE  VARIE  393 

Il  Prof.  sig.  Carmelo  Sciato-Patti,  un  dei  più  distinti  fra  gli  architetti  moderni,  insegna  le 
costruzioni,  in  cai  è  valente,  ed  il  disegno. 

Il  sig.  Prof.  Giovanni  d'  Urso,  bravo  più  nelle  scienze  matematiche  di  quanto  nelle  geodesiche, 
disimpegna  l'insegnamento  di  codeste  discipline  e  dà  allievi  degni  di  lui. 

Il  Cav,  Prof.  Vito  Scalia,  esperto  giurisprudito,  insegna  le  materie  del  dritto  con  molta  eru- 
dizione. 

Il  sig.  Prof.  Vincenzo  Bellia  istruito  nelle  scienze  fisiche,  delta  meccanica,  fisica  e  storia 
naturale. 

Concludiamo  dunque  che  se  nel  R.  Istituto  di  Agronomia  ed  Agrimensura  in  Catania,  sia 
tanta  la  dottrina  dell'insegnamento  e  la  concorrenza  dei  giovani,  sia  utile  cosa  istituire,  coli' ag- 
giunta di  qualche  altro  professore,  una  sezione  di  commercio,  per  soddisfare  ad  un  bisogno,  che 
si  fa  sentitissimo  atteso  il  rapido  sviluppo  catanese  di  speculazioni  sociali.  Per  lo  che  si  vede 
venir  fuori  un  buon  numero  di  commercianti ,  che  farebbero  molto  meglio  nelle  loro  imprese 
se  potessero  apprendere  in  un  istituto  allo  scopo  adatto. 

Ciò  diciamo  acciocché  dalle  Autorità  competenti  si  provveda  come  più  conviene. 

Fichera  F. 


SOCIETÀ   ITALIANA  DI  SCIENZE  NATURALI 

Sedute  di  Marzo,  Aprile  e  Maggio  1868. 

Nella  seduta  del  Marzo  1868  i  due  Vice-segretari  Negri  e  Marinoni  lessero  al- 
ternativamente alcune  memorie  del  socio  Professore  Bombicci  di  Bologna  intorno 
Notizie  di  Mineralogia  Italiana. 

Il  socio  Craveri  mandò  le  sue  Osservazioni  meteorologiche  fatte  in  Brà  nel  1867 
precedute  da  un  Cenno  enologico,  il  quale  viene  ritenuta  materia  più  addata 
per  una  Società  d'  Agricoltura. 

In  Aprile  si  tenne  seduta  il  giorno  26,  ed  il  Vice-presidente  Antonio  Villa  pre- 
sentò una  chiave  di  ferro  di  una  figura  stravagante  stata  trovata  nella  puddinga 
a  Cassano  d'Adda  (volg.  detto  ceppo)  nella  profondità  di  circa  6  metri  sotto  il 
livello  del  suolo.  Siccome  nessuno  l'ha  osservata  in  posto  tranne  lo  scalpellino, 
così  non  si  può  essere  certi  se  sia  depositata  contemporaneamente,  oppure  pe- 
netrata per  qualche  fessura. 

Il  Presidente  Cornalia  legge  una  lettera  del  Professore  Caruel  in  risposta  alle 
critiche  fatte  dal  Prof.  Galanti  intorno  alla  Memoria  sui  fiori  che  si  aprono  di 
sera,  ed  il  Profess.  Galanti  contrapone  alcune  altre  osservazioni. 

Il  socio  Giovanni  Battista  Villa  presenta  diverse  roccie  e  fossili  portati  recen- 
temente da  una  di  lui  gita  in  diversi  luoghi  della  Brianza. 

Un  grande  Aptichus  nella  Majolica  neocomiana,  assieme  aWAptichus  Didayl 

Un  Trochus  isolato  nel  calcare  rosso  ammonitifero  della  Bicicola  presso  Suello. 

Un  fucoide  assai  cespitoso,  vermiculare,  diverso  dai  consueti,  trovato  nel  ter- 
reno cretaceo  al  Maglio  di  Rogeno. 

Due  pezzi  di  calcare  catillico  di  Breno,  che  presentano  tutta  P  apparenza  della 
roccia  nummulitica. 

Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Giugno  1868.  25* 


394  RIVISTA  DI  GIORNALI  ECC. 

Cinque  pezzi  di  calcare  nummulitico  di  Centemero,  contenente  madrepore  ec 
altri  fossili. 

Un  grande  pezzo  di  schisto  calcare  argilloso  che  giace  intersecato  tra  il  Cor 
nettone  dell'  alta  Brianza,  riferibile  al  Neocomiano  superiore,  frammento  staccate 
da  un  pezzo  lungo  metri  %  75  largo  0,  75  nel  quale  si  trovavano  N.  23  segn 
posti  regolarmente  ad  eguale  distanza,  a  10  centimetri  uno  dall'  altro  e  parallel 
del  quale  presenta  pure  lo  schizzo  ridotto  in  piccolo,  e  che  vennero  sospettat 
per  segni  di  ondulazione. 

In  fine  il  Vice-segretario  Negri,  fa  lettura  sull'Opera  d'Alfonso  Favre  Recherchei 
geologiques  en  Savoje. 

Nella  seduta  del  31  Maggio  s'incominciò  con  qualche  discussione  intorno  a 
Giornale  Malpighi  progettato  a  Firenze,  e  vennero  fatte  delle  importanti  rifles- 
sioni da  parte  del  Presidente  Prof.  Cornalia  ed  il  socio  Strobel  presente. 

Il  socio  Giovanni  Battista  Villa  legge  alcuni  cenni  sul  terreno  cretaceo  di  Toscana 
comparato  con  quello  della  Brianza  e  presenta  varj  pezzi  da  lui  colà  raccolt: 
negli  scorsi  giorni. 

Il  Vice-segretario  Marinoni  dà  lettura  di  una  Memoria  del  Prof.  Ponzi  di  Roma 
sopra  un  nuovo  ordinamento  geologico  dei  terreni  subappenini. 

Viene  in  seguito  esposto  il  desiderio  della  Società  di  Storia  Naturale  di  Bostor 
per  il  cambio  degli  atti;  viene  comunicato  una  lettera  della  Prefettura  di  Man- 
tova per  un  premio  scientifico,  e  la  lettera  della  Società  per  l'invito  alla  Riu 
nione  autunnale  in  Vicenza. 

In  tutte  e  tre  le  sedute  vi  furono  nomine  di  Socj  effettivi. 


ERRATA  CORRIGE.  —  Nel  nostro  ultimo  fascicolo,  al  primo  capoverso  della  bibliografia:  I  canali  della 
citta'  di  Milano,  dove  leggesi  i  canali  coperti  si  legga  invece  i  canali  coperti  e  scoperti. 


Milano,  Tip.  degli  Ingegneri.  B.  SALDINI,  Proprietario,  Gerente  responsabile. 


MEMORIE   ORIGINALI 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO, 

F    FIUMI    CHE    VI    CONFLUISCONO, 

E  PRINCIPALMENTE  GLI  ULTIMI  TRONCHI  DEL  PO, 

SUSSEGUITI 

DA  CONSIDERAZIONI  INTORNO  AI  PROGETTI  PER  LA  REGOLAZIONE  DELLE  ACQUE 

ALLA    DESTRA     DI     QUESTI 

MEMORIA 

dell'  Ingegnere    Elia  Lombardini 

letta  nelle  adunanze  del   R.  Istituto  Lombardo  delle  Scienze. 
(Vedi    pag.    281  ) 


XXV.  Influenza  dei   diboscamenti   delle  pendici    de'  monti 
sul  reggiate  de  fiumi,  particolarmente  pel  bacino  del  Po. 

I  L!H9"i,Nfe-  7 Ìe„Mem°rÌe  ^gicta    da    me   pubblicate   ho  sempre  propu- 
gnata la  t est  che  1  accresc.uta  portata  delle  piene  de' nostri  fiumi  dipende    in 

^ fdibo IZlZTu^'J1-^  "e  ÌmpedìSCe  le  eSPanSÌOnÌ>  ™  eziandio 

1S Camef nto /elle  pendici  montane.  Imperciocché  le    acque    le    solcano, 

formando  profondi  burron,  ove  discendono  raccolte  in  più  breve  tempo,  e  perì 

ì  2°  T-Tggl°r  P01;tata-  Tolto  cosi  ^'acolo  che  alla  loro  discesa  opponevano 
ì  le  radici  de,  cespugli  e  degli  alberi,  e  più  ancora  il  colico  erboso,  e  le  foglie 
su  di  esso  accumulate,  formanti  uno  strato  bibulo  che  agisce  siccome  spugna, 
ed  accresca  1  evaporatone  sulla  superficie  del  suolo  denudato,  deve  naturai 
mente  scemare  la  copia  di  quelle  che  vi  penetrano  per  alimentare  le  sorgenti 
e  quindi  le  magre  del  fiume.  *= 

210  L'illustre  Paleocapa,  nella  precitata  sua  Memoria  del  1841  sulla  diminuita 
portata  magra  de  fiu,m,  partendo  dall'esame  dei  fatti,  era  di  eguale  avviso 
ed  attesa  l'importanza  dell'argomento,  invitava  gli  ingegneri  a  fare  su  di     so 
pm  estese  ricerche.  Egli  dubitava    per  altro   che   i   fiumi   i   q„  H   traggonol 
principale  loro  alimento  perenne  dalle  più  alte  Alpi,  e  da  perpetue  g  iacc  al     o 
—  .adente,  o  per  mezzo  di  ampj  laghi,  siano  quelli  in  cufle  aimmahe il 
filala  e  le  diminuzioni  delle  magre  sono  Male. In  proporzione  meno  sensibili 
Gtorn.  lug.  -  Voi.  XVI.  -  Luglio  1868.  J, 


396  STUDJ   IDROLOGICI  E   STORICI 

211.  Questa  osservazione  sta  in  tesi  generale;  ma  essendomi  occorso  di  isti- 
tuire siffatti  studi  sul  bacino  alpestre  dell'Adda,  ove  i  diboscamenti  si  sono 
operati  in  epoca  recente  e  nella  misura  la  più  smodata,  mi  si  è  così  offerta 
l'opportunità  di  raffrontare  la  causa  non  dubbia  cogli  effetti  che  ne  conse- 
guirono, e  di  potere  determinare  questi  nel  modo  il  più  preciso,  servendomi 
il  lago  di  Como  siccome  misuratore.  Da  una  statistica  dell'  ingegnere  ispettore 
Rebuscliini  risulta  che  dal  1835  al  1844,  nel  breve  giro  di  undici  anni,  si  è 
non  solo  dissodata,  ma  distrutta  una  quarta  parte  dei  boschi  della  Valtellina. 
L'abuso  si  è  spinto  al  punto  da  cessare  ivi  l'esportazione  del  combustibile  e 
dei  legnami  d'opera  nella  sottoposta  pianura,  atteso  il  loro  incarimento  e  la 
difficoltà  di  utilizzare  la  parte  residua  in  località  meno  accessibili. 

212.  Dal  1852  al  1842  è  stato  sistemato  l'emissario  del  lago  di  Como  allo 
scopo  di  abbassarne  le  piene,  con  lavori  de' quali  dò  ragguaglio  nella  Memoria 
Sulla  natura  dei  laghi,  di  cui  ho  recentemente  pubblicata  una  2.a  edizione  (1). 
In  una  nota  al  §  IH»  offro  la  statistica  delle  piene  avvenute  dal  1792  al  1865 
che  superarono  i  2m,87  sullo  zero  dell'antica  scala,  cui  corrispondono  2m,55 
dell'odierna,  posteriore  alle  opere,  e  ne  risulterebbe  che  dal  1792  all'agosto 
1821  tali  piene  avvenivano  per  termine  medio  ad  ogni  intervallo  di  58  mesi; 
che  dal  1821  al  1859  l'intervallo  sarebbesi  ridotto  a  44  mesi;  ed  a  soli  20 
mesi  dal  1859  al  1865.  In  ciò  si  avrebbe  una  prova  ineccepibile  che  per  ef- 
fetto dei  praticati  diboscamenti  sono  divenuti  più  rapidi  gli  afflussi  dell'Adda 
superiore  e  quindi  più  frequenti  le  piene  del  lago. 

215.  Dal  1854  in  poi,  essendosi  costantemente  praticate  le  osservazioni  gior- 
naliere all'  idrometro  del  lago  in  Como,  e  contemporaneamente  sull'Adda  presso 
Paderno;  mediante  una  scala  degli  efflussi  all'emissario  ricavata  da  esperienze 
ne  risulterebbe  che  il  modulo,  ossia  efflusso  unitario  medio  dell'Adda  lacuale, 
sarebbe  stato  di  185,2  m.  e.  pel  novennio  1854-42;  di  188,5  m.  e.  pel  suc- 
cessivo decennio  1845-52  e  di  170,2  m.  e.  per  l' ultimo  decennio  1855-62; 
quindi  per  l'intero  periodo  di  29  anni  di  180,  5  m.  e. 

214.  Dai  confronti  poi  delle  osservazioni  contemporanee  fatte  ai  due  idro- 
metri preaccennati  risulta  che  ne'vent'anni  posteriori  ai  lavori  di  sistemazione 
dell'emissario  non  si  è  menomamente  alterato,  a  parità  di  efflussi,  il  livello 
della  magra  del  lago,  che  è  massima  nel  trimestre  gennajo-marzo,  durante  il 
quale  è  pressoché  esclusivamente  alimentata  dalle  sorgenti.  Ora  in  quel  tre- 
mestre  l'efflusso  medio  unitario  sarebbe  stato  pel  primo  novennio  di  57,4  m.  e. 
pel  decennio  successivo  di  55,5  in.  e.  e  per  1'  ultimo  decennio  di  49,9  m.  e. 
Nelle  medie  perciò  dei  due  periodi  estremi  si  avrebbe  una  diminuzione  di 
circa  il  15  per  °/o  ne^a  Porlata  di  magra,  coli' intervallo  di  circa  un  ventennio, 
rapporto  che  qualora  continuasse  in  via  proporzionale,  sarebbe  in  vero  al- 
larmante (2). 


(1)  Milano  1866.  Vedi  anche  il  Giornale  dell'In- 
gegnere Architetto  per  quell'anno. 

(2)  Vedasi  il  prospetto  B  nella  mia  Memoria  Altre 
considerazioni  sulle  irrigazioni  della  Lombardia  del 


1863,  ove  sono  da  correggersi  alcuni  errori  di  cifre 
nelle  medie  delle  medie,  dovendosi  leggere  per 
gennajo  —  0n\063  ;  per  Marzo  —  0m,185  e  per 
aprile  -f  0m,132,  come  pure  la  massima  delle  medie 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  397 

215.  Che  se  prendiamo  ad  esaminare  gli  effetti  avutisi  dai  diboscamenti  in  una 
pendice  poco  estesa  di  quella  stessa  valle,  vedremo  per  questo  caso  n  S 
esserne  derivati  effetti  analoghi,  siccome  abbiamo  di  già'notal  in  altro   cHoS 

«  Presso  la  foce  dell'Adda  superiore  Del  lago  di  Como  vi  coniluis  o„ o  ! 
«  parati,     ne  torrenti  Parlino  e  Lesina  che   discendono   dal  versane   selte„. 

rdÌLegn0ne'  Parte"d0  da"e  Cime  di  q-eslo  che   giungono   al  "  ti- 
«    udme  d,  2612  metri.  Il  torrente  Perline,  più  prossimo  al  lago ,  ha        2 
«  bacino  montuoso  della  superfìcie  di  14  chitoni,  quadr.,  e  quando   poch    u  tri 
«  sono,  questo  era  tutto  boscato,  le  acque  in  forma  di  rivi  d  slCno  su 
I     1    vT.r'  ed;tt,r,aVersa-»0  ->  due  ponticelli,  o  tombe,  la  stra  adire  a 
Ir    !i         u  ^  a"a  Sp'Uga-  P,'alÌCat0SÌ  ^Pavidamente  non  ha    guarii 
«     gho  d,  molta  parte  di  que'  boschi,  il  rivo  è  divenuto  torrente  indomabile 
«  che  travolge  .mmensa  copia  di  ghiaje,  ciottoli  e  sassi,  minacciando  di  Zra 
«    ione  in  ogni  p,e„a  il  prossimo  abitato  di  Colico  Piano.  Le  acque  esondu 
«  soverchino  ora  la  strada,  e  si  stanno  facendo  sludj  per  provvedere    ,1 
I  ZZI    T1  faSSaggÌ°  e  SUpe''are  le  «*«  di«à  «*•  vi      oppio,  o 

del  to.ienle  fino  alla  loro  capitozza,  indizio  ciò  di  un'alzamento  di  oltre  un 
«  metro  e  mezzo  del  terreno  nel  corso  di  soli  cinque  o  sei  anni    II    torrente 
«  L  sma  ilcu,  bacino  montuoso  è  della  superfìcie  di  27  chilom.  qua  rm„Q 
«  pressoché  dopp.o  e  tuttavia  coperto  di   boschi,   attraversa    la   stessa" '  s  rada 
«  melante  ponticello  che  dà  passaggio  alle  maggiori  sue  piene  I  ""* 

216.  Parlando  del  Po,  nello  scritto  medesimo  osservo  • 

,\    PioTala  PÌe"a  dd  P°  del  1801    considerava^' massima   fino   all'nt 
«  tobre  1839,  ,n  cui  altra  ne  avvenne,  la  quale  soverchiò  la  prima  di  0'»  47 
«  incremento  che  si  portò  a  0",74    nella  piena   dell'ottobre  184 6    e  ad  r 06 
«  nella  più  recente  dell'ottobre  1857  '  '  '°6 

«  Siccome  nel  1807  e  nel  1810  a  15  chilometri  a  valle  di    Piacenza   erano 

.  I     ,  '  ^  arg;nature  del  Po>  co^i«»e  a  valle  di  Cremona  fino  al  mare     a 
«monte   della    foce   dell'Adda   invece   costituiscono    di   là    1    r      ,       ,    ' 

:  s?  *-»»»■ ■»nSijrr;;  il  tóct:i,err 

,  mv>i   iu^vj    e  uei  loo/   tutte  le  arsinatiirp   rmacoi.n  »U#»„ 
»  P.ena  crescente,  lo  che  avvenne  anche  pel  tronco  lombardo' LSTlffl 


n  gennajo  del  1845  +  0™48.  In  conseguenza  di 
ali  rettificazioni  si  hanno  quelle  di  sopra  esposte 
«  modulo  dell'Adda  e  per  gli  efflussi  medj  del 
semestre   di    magra    in    luogo    delle   indicate   alla 


Pag.  11  di  essa  Memoria.  Vedasi  anche  il  Giornale 
Precit.  per  quell'anno. 

MAm^ì  Ia  n°ta  finaIe  (A)  al,a  mia  Memopia 

,e!  ,862  Sìlì  Vrhmvgamento  del  lago  Fucino 


398  STUDJ  IDROLOGICI   E  STORICI 

218.  «  In  taluna  di  quelle  relazioni  si  attribuisce  il  più  pronto  afflusso  delle 
«  piene  ne' torrenti  alpini  tributarj  dell'alto  Po  a  recenti  diboscamenti,  in 
«  conseguenza  de' quali  rimasero  degradate  le  ripide  pendici  fino  a  rimanere 
«  in  molte  parti  denudata  la  roccia. 

«  Se  quindi  nelle  piene  del  1859,  del  1846  e  del  1857  si  è  avuto  a  Piacenza 
«  un  incremento  d'altezza  sempre  crescente  di  0rn,47,  0m,74,  e  di  lm,06  al  con- 
«  fronto  delle  anteriori,  e  se  in  tali  circostanze  erano  rotte  tutte  le  arginature, 
«  queste  non  poterono  esercitar  su  tale  elevazione  alcuna  influenza  e  devono 
«  perciò  considerarsi  come  non  esistenti.  Dunque  queir  incremento  di  altezza 
«  non  potrebbe  più  attribuirsi  a  variata  forma  del  vaso,  per  la  parte  piana 
«  almeno;  e  se  in  esso  vi  fu  alterazione,  ciò  sarebbe  appunto  avvenuto  al 
«  monte  in  conseguenza  degli  operati  diboscamenti  ». 

219.  Mi  si  potrà  per  avventura  opporre  che  quelle  tre  piene  sono  eventi  stra- 
ordinarj  dipendenti  da  fenomeni  meteorici  che  avranno  avuto  la  loro  azione  in 
modo  vario  sulle  diverse  parti  del  bacino  del  Po,  cosicché  non  porgerebbero 
un  criterio  sicuro  sull'  aumentato  afflusso  massimo  delle  sue  piene,  osservazione 
che  sta  fino  ad  un  certo  punto.  Un  dato  meno  dubbio  si  avrà  dal  prospetto  C 
ove  sono  indicate  le  piene  massime  annuali  pel  sessantennio  1807-66  osser- 
vate all'idrometro  di  Pontelagoscuro,  escluse  quelle  che  non  raggiunsero  il  se- 
gnale  di  guardia.  Nelle  medie  altezze  decennali  scorgesi  un'  alternativa,  ma 
con  sensibile  aumento  negli  ultimi  decennj.  Confrontando  poi  le  medie  del 
primo  e  del  secondo  trentennio,  si  avrebbe  per  l'ultimo,  come  vedemmo  (§  205). 
un  aumento  di  altezza  di  0m,563. 

220.  L'ispettore  Scotini  offri  un  elenco  delle  piene  del  Po  che  dal  1807  al 
1862  oltrepassarono  il  metro  sopra  guardia  all'idrometro  del  Pontelagoscuro, 
dal  quale  il  professore  Turazza  ha  ricavato  il  prospetto  V  delle  altezze  mas- 
sime, delle  medie  delle  massime,  e  delle  medie  assolute  ad  ogni  quinquennio, 
Avendo  io  prolungato  il  prospetto  dello  Scotini  fino  al  1866  per  considerare 
un  intero  sessantennio,  veduto  che  per  le  piene  massime  annuali  si  provvede 
sufficientemente  colf  unito  prospetto  C,  ne  ho  disposto  un  nuovo  E,  nel  quale 
si  comprende  non  solo  V  altezza  ,  ma  eziandio  il  numero  delle  piene  distinte 
per  ogni  decennio,  con  che  si  ha  un  dato  di  confronto  maggiormente  positivo 
fra  ciascun  decennio  e  fra  il  primo  e  secondo  trentennio.  Ne  risulta  così  che 
nel  primo  trentennio  1807-36  si  sarebbero  avute  59  piene  dell'altezza  com- 
plessiva o  sommativa  di  65m,72  sopra  guardia,  quindi  dell'altezza  media  di 
lm,685  ;  e  nel  secondo  trentennio  52  piene  dell'  altezza  sommativa  di  99m,62  e 
dell'altezza  media  di  lm,916.  Per  l'intero  sessantennio  l'altezza  sommativa  sa- 
rebbe stata  di  165m,34  risultante  da  91  piene,  con  un'altezza  media  lm,8l7,  Se 
ne  può  quindi  inferire  che,  componendo  le  altezze  delle  piene  col  loro  nu- 
mero, si  sarebbe  avuto  nel  secondo  trentennio  un  eccesso  notevole,  il  quale 
indicherebbe  eziandio  quello  degli  afflussi  massimi  delie  piene. 

221.  Venendo  ora  a  parlare  degli  affluenti  dell'Apennino  che  hanno  imme- 
diata relazione  colla  questione  che  ci  occupa,  il  professore  Turazza,  valendosi 
dell'elenco  delle  piene  del  Reno  avvenute  dal   1807    al   1862   pubblicato  dal- 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  399 

l'ispettore  Scotini,  ne  ha  formato  il  prospetto  II  ove  indica  l'altezza  di  quelle 
che    superarono    i  6m  sullo  zero  ;  ed  il  prospetto  III  nel  quale  di  decennio  in 
decennio  dà  V  altezza  media  di  quelle  che  superarono  i  4m  sullo    zero  ,   ed    il 
loro  numero.  Io  per   altro  sono  d'avviso  che,  trattandosi  di  un    bacino   mon- 
tuoso di  limitata  superficie,  un  dato  fenomeno  meteorico  abbia  colla  sua  azione 
ad  abbracciarlo  generalmente  nella  totale  sua  estensione,  e  che  perciò  sia  il  caso 
di  consultare  l'andamento  delle  piene  maggiori.  A  tale  effetto  ho  riformato  il 
prospetto  II  convertendolo  in  quello  F  coli'  aggiunta  delle  piene    dal    1301    al 
1807  ricavate   col   riassunto  di  esse,  alleg.  XII  unito    alla   precitata   Relazione 
sulla  livellazione  del  Reno  dei  1844-45.    Ne  risulta  che  pei  primi  51    anni   se 
ne  sarebbero  avute  9  dell'altezza  sommativa  di  58m,50  che  dà  l'altezza  media 
di  6m,48,  colla  massima  di  7m,06  nel  1821.  Negli  ultimi  51  anni  fino  al   1862 
se  ne  sarebbero  invece  avute  10;  delle  quali  tré  dell'altezza  di  7m,25  ed  una 
nel  1844  di  7m,60  con  un'altezza  sommativa  dì  -67m,97   che    dà    la   media    di 
6,80.  Ne  consegue  che  nell'ultimo  periodo   sarebbesi    avuto   un   sensibile   au- 
mento di  afflusso  massimo  delle  piene,  il  quale  sembra  dipendere  dai  dibosca- 
menti e  quindi  dal  progressivo  degradamene  delle   pendici    montane;    imper- 
ciocché tre  delle  maggiori  piene,  compresa    la   massima  del   1844,  sarebbero 
anteriori  al  prolungamento   dell'arginatura    oltre  il    limite  indicato    in    profilo 
della  mentovata  livellazione  (1).  Rispetto  ad  un    ulteriore   alzamento    di   piena 
accennato  dal  Brigherai  nell'ultima  sua  Memoria,  dipendente  a  suo  avviso  dal- 
l'occupazione di  una  parte  dell'alveo  del  Reno  colla  ferrovia  Porrettana,  par- 
leremo più  avanti. 

222.  In  quanto  al  Panaro  nella  nota  finale  C  alla  mia  Memoria  precitata  del 
1865  sulla  pianura  subapennina  in  relazione  alìe  cose  ivi  esposte  ai  §§  9  e  21, 
ho  osservato  che  nel  1785  i  distinti  matematici  ed  idraulici  Cassia™  ,  Venturi 
e  Vandelli,  giusta  la  loro  Relazione  pel  Piano  della  Colletta  (2),  avrebbero  rile- 
vato che  a  Navicello  le  massime  piene  del  Panaro  si  elevavano  a  7,90  sul  suo 
fondo  e  che,  avvenendo  allora  qualche  trabocco  a  monte,  avevano  stabilito 
che  ivi  l'arginatura  dovesse  prolungarsi  per  600'\  Pressocbè  contemporanea- 
mente, e  cioè  nel  1788,  venne  ricostrutto  in  muratura  dall'architetto  Soli  il 
ponte  di  Sant'Ambrogio  sulla  strada  Emilia  distante  da  Navicello  9  chilo- 
metri, alla  quale  distanza  supposi  non  dovessero  risentirsi  gli  effetti  della  chia- 
mata di  quel  trabocco.  E  poiché  nel  1842  la  piena  a  Navicello  sarebbesi  alzata 
sul    fondo    10m,20,    ed    al    ponte  di   Sant'Ambrogio  di  9,n,95  ,  quindi  a  5IU,80 


(1)  Il  Brighenli  dice  al  g  8  dell'ultima  sua  Me- 
moria che  intorno  al  1848  a  Bologna,  ove  V  argi- 
namento del  Reno  cominciava  alla  Crocetta,  otten- 
nero i  possidenti  di  poterlo  protrarre  per  6  o  7  chi- 
lometri fino  alla  nazionale  Emilia.  Giusta  il  profilo 
di  livellazione,  e  la  carta  topografica,  tale  distanza 
sarebbe  di  soli  2800. 

In  quel  profilo  ,  stando  la  scala  delle  distanze  a 
quella  delle  altezze  nel  rapporto  di  1  :  120,  avrebbe 
giovato  moltissimo  aggiungervi  pel  primo  tratto  di 


14  chilometri  fino  oltre  il  Trebbo,  ove  le  pendenze 
sono  più  forti,  un  prospetto  numerico  delle  coordi- 
nate relative  ,  specialmente  per  i  dati  più  impor- 
tanti presso  la  chiusa,  come  sarebbe  lo  zero  degli 
idrometri,  aggiunta  che  potrebbe  agevolmente  jarsi 
in  un  foglietto  a  parte,  ricavandone  i  dati  dal  pro- 
filo originale. 

(2)  Il  Piano  della  Colletta  era  inteso  a  determi- 
nare le  norme  pel  contributo  nelle  spese  delle  acque 
pel  Modenese. 


400  STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI 

sull'imposta  degli  archi  di  queir  edifìcio,  la  luce  de'  quali  per  tre  quarti  sarebbe 
rimasta  ostruita  dalle  acque,  ne  inferii  essere  in  tale  periodo  avvenuto  un  no- 
tevole alzamento  di  piena  e  conseguentemente  un  aumento  di  portata  che  at- 
tribuii al  dissodamento  delle  pendici  montane  del  Panaro.  Siccome  in  una 
lettera  il  Brighenti  mi  scrisse  che  una  persona  del  luogo  si  ricordava  di  non 
aver  veduto  arginatura  di  sorta  a  Navicello  e  che  oggidì  essa  si  eleva  a  4m 
sulla  campagna  e  si  prolunga  fino  alla  strada  Emilia,  circostanza  cui  egli  attri- 
buiva esclusivamente  l'alzamento  della  piena,  in  una  nota  feci  osservare  l'esa- 
gerazione di  quell'asserto  sia  per  l'epoca  del  prolungamento  dell'arginatura, 
sia  per  la  misura  della  sua  elevazione.  Avendo  io  supposto  ,  sicuramente  con 
qualche  eccesso  di  misura,  che  nel  1783  il  trabocco  avvenisse  ivi  nell'altezza 
media  di  0m,35  ,  il  Brighenti  nella  ultima  sua  Memoria  prende  a  dimostrare 
che  in  tal  caso  si  sarebbe  in  quel  tratto  di  fiume  divertita  col  trabocco  una 
terza  parte  della  piena  massima  del  Panaro  ;  che  siffatta  circostanza  bastava  a  de- 
primerla al  ponte  di  Sant'Ambrogio;  e  conchiude  colla  sentenza  dianzi  riferita 
contro  i  troppo  eruditi.  Ove  si  consideri  per  altro  che  le  acque  travasate  a 
sinistra  si  dovevano  accumulare  in  un  cui  di  sacco  fra  il  Panaro  ed  il  Naviglio, 
rattenute  dall'argine  di  questo  dalla  Bastia  a  Bomporto,  se  ne  potrà  inferire  che 
se  fosse  stata  cotanto  notevole  la  loro  copia,  non  sarebbesi  atteso  il  consiglio 
di  quei  dotti  per  impedirlo  con  un  prolungamento  di  arginatura  (1). 

223.  Per  ciò  che  concerne  l'Adda  superiore,  ai  dati  idrologici  sulla  maggiore 
frequenza  delle  piene  ho  associato  i  dati  statistici  circa  agli  operati  diboscamenti, 
ed  altrettanto  mi  proponeva  di  fare  colla  pubblicazione  della  Memoria  precitata 
rispetto  a  quelli  praticati  nel  bacino  del  Panaro,  giovandomi  di  un  opuscolo  del 
1806  dell'avvocato  Luigi  Parenti  di  Modena  che  ne  era  stato  testimonio  oculare. 
Ma  mentre  dava  l'ultima  mano  al  mio  lavoro,  non  potei  valermene  perchè 
1'  opuscolo  era  andato  smarrito.  Avendolo  di  poi  rinvenuto,  ne  riporterò  alcuni 
brani,  notando  innanzi  tutto  che  l'autore  era  un  distinto  agronomo  e  selvi- 
cultore,  siccome  ne  diede  prova  nel  suo  podere  di  Montecuccolo  posto  nella 
regione  montana  del  bacino  stesso  (2). 


(1)  Nella  precitata  mia  Memoria  al  §16  dissi  che 
il  Panaro  dalla  strada  Emilia  a  Bomporto  scorre 
incassato  dalli  5  alli  7  metri ,  numeri  esposti  per 
approssimazione  dopo  una  semplice  ispezione  lo- 
cale, e  che  avrebbero  dovuto  rettificarsi  dopo  gli 
ulteriori  studj,  pei  quali  aggiunsi  la  nota  finale  C, 
dicendo  dalli  5  alli  10  metri.  All'errore  incorso 
appoggiasi  eziandio  il  Brighenti  per  inferirne  l'en- 
tità dei  trabocchi  a  monte  di  Navicello. 


«  possono  dare  esempio  i  maestrevoli  e  dispendiosi 

«  lavori  che  il  Parenti  stesso,  mantenitore  diligen- 

«  tissimo  de'  campi  aviti ,  praticò  nel  territorio  di 

«  Montecucolo  ,  a  rompere    la   foga  delle  acque ,  a 

«  divergerle,  a  padroneggiarle,    in   guisa  da  rice- 

«  verne  depositi  anzi  che  avulsioni  di  buon  terreno. 

«  Le  quali  diligenze ,  più  o  meno  ,   sono  adoperate 

«  dai   proprietarj    e    coltivatori  di  quel  paese;  uè 
«v'ha    forastiero    intelligente   che,  ascendendo   a 


(2)  L'opuscolo  venne  pubblicato  a  Modena  nel  1845,    «visitare    le   mura,   per  non    dire   le  rovine   del 


a  quanto  pare,  dal  figlio  dell'autore,  avvocato  Mar- 
c'Àntonio  Parenti,  professore  in  quella  università,  il 
quale  vi  aggiunse  interessanti  Note.  Osserva  questi  : 
«  la  coltivazione  dei  fondi  montuosi  importa  di  ne- 
«  cessarla  conseguenza  il  regolamento  delle  acque, 
«  le  quali  sogliono  essere  trattenute,  condotte  e  di- 
te stribuite  per  maniera  da  togliere  o  minorare  gli 
«  effetti  delle   loro   precipitose   irruzioni.   Del  che 


«  luogo  ove  ebbe  la  cuna  e  la  prima  educazione 
«  il  celeberrimo  Bairoondo  (Montecucoli),  non  me- 
«  ravigli  di  queir  erte  costiere ,  dove  un  palmo 
«  non  si  presenta  che  non  sia  ferace ,  secondo  la 
«  diversa  convenienza  del  suolo  ,  né  un  rigagnolo 
«  che  non  trovi  freno,  o  diversione  ovunque  possa 
«  recar  pregiudizio  ai  fondi  contigui  », 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  401 

224.  Parlando  egli  delle  due  strade  aperte  noli'  Apennino  nella  seconda  metà 
dello  scorso  secolo  per  comunicare  colla  Toscana  e  con  la  Lunigiana,  osserva  (lì- 
ce Ma  appena  spianate  le  dette  due  strade,  e  così  introdotto  ove  non  era,   ed 
«  agevolato  a  più  doppj  ove  esisteva,  il  mezzo  del  trasporto  e  delle  condotte, 
«  quegli  abitanti  hanno  saputo  prevalersene  a  loro  e  nostro  pregiudizio.  Hanno 
«  essi  aperto  a  destra  ed  a  sinistra  più  strade  di  comunicazione  colle  due  so- 
«  pradette,  ed  abbattute  ad  un  insigne  laterale  distanza   le   antichissime  selve 
«  di  faggi   e  di  abeti    (pag.  10)....    Le  comuni  in    particolare   di   Pazzano , 
«  di  Granarolo,  di  Ligorzano,  di  Sassomereo,  di  Pompeano,  di  Brandola   e  di 
«  Miceno,  dopo  avere  distrutti  i  loro  boschi   di  eerri   pel  traffico  della   scorza 
«  ad  uso  della  concia  del  corio,  ed  avere  in  gran  parte  disfatti  anche  quelli  di 
«  quercia,  che  sostenevano  colle  ghiande  i  majali  al   pascolo,   e  servivano  ad 
«  ingrassarli  quando  chiudevano,  presentano  l'indegno  spettacolo  d'ampj  tratti 
«  del  loro  territorio  ora  nudi  e  sterili,  e  che  da  pochi  lustri   addietro  erano 
«  vestiti  di  utilissimi  castagneti  »  (pag.  15).    Nota    poi    come   quest'opera   di 
distruzione  fosse  susseguita  dalla  miseria  e  dall'emigrazione;  quindi  prosegue 
(pag.  16):  r       6 

225.   «  Quando  un  bosco  indigeno  è  intatto ,  col  giro  dei  secoli  ha  formato 
«  sotto  di  sé  un  letto  ossia  strato  di  terriccio  (humus)  coll'anuua  caduta  e  dis- 
«  soluzione  delle  foglie  e  dei  rami  secchi,  de' frutti,  de' gusci  e  de'calici.  Sopra 
«  questo  letto  cadendo  la  pioggia,  la  quale  sempre  vi  discende  sparsa  e  minuta 
«  per  la  frazione  delle  foglie  e  de' rami  degli  alberi,  che  per  conosciuta  pre- 
ce pnetà,  qualunque  sia  la  figura  e  la  inclinazione  del  suolo,  sempre  crescono 
«  a  perpen  iicolo  dell'orizzonte,  l'acqua  venendo  assorbita  o  ritenuta  da  questo 
«  strato  bibulo  e  penetrabile,   ed  impedita  di  scorrere  ai  basso,  ha  tempo  e 
«  quiete  per  filtrarsi  e  penetrare  negli  interni  ristagni  de' monti  che    prestano 
«  alimento  perenne  alle  scaturigini;  anche  le  spesse  radici  degli  alberi,  col  trat- 
«  tenerne  il  decorso,  facilitano  l'interna  discesa  ;  e  vi  contribuisce  assai  l'ombra 
«  coli' impedire  il  rapido  evaporamento  dell'umido  per  l'azione  del  sole  e  del 
«  vento,  e  col  conservare  una  lenta  ed  equabile  liquefazione  della  neve     che 
«  ne' boschi  di  faggio,  li  più  ubertosi  di  sorgenti,  dura  per  mesi  dopo  di' aver 
«  rimesso  le  frondi.  Per  l'opposto,  tagliato,  e  peggio,  cavato  che  sia  un  bosco 
«  ai  primi  piovali  che  sopravvengono,  l'acqua,  cadendo  dall'alto  dell'atmosfera 
«  con  tutta  la  forza  della  sua  gravità,  e  prendendo  vigore  dalla  sua  copia   sol- 
«  leva  e  trasporta  al  basso  tutta  la  materia  friabile,  scopre  e  dilava  il  terreno 
«  lo  solca  in  progresso  profondamente  e  lo  trae  seco  ne' torrenti,  indi  ne* fiumi 
«  con  tanti   danni  e    reclami   delle  basse   pianure   per   l'interrimento    sempre 
«  maggiore  dei  loro  letti  e  per  le  frequenti  inondazioni. 


(1)  La  prima  di  quelle  strade  per  la  Toscana  fu 
aperta  dal  Duca  Francesco  111  nella  valle  del  Pa- 
naro, e  la  seconda  perla  Lunigiana  dal  suo  succes- 
sore Ercole  III,  partendo  da  Reggio  nelle  valli  del 
Crostolo  e  della  Secchia  (Ricci,  Corografia  dello 
Stato  estense  all'  art.  Modena).  Il  distinto  agronomo 


cavaliere  Filippo  Rè  di  Reggio,  professore  d'agraria 
nell'università  di  Bologna,  deplorava  pure  a' miei 
tempi  nelle  sue  lezioni  i  tristi  effetti  dei  dibosca- 
menti praticati  in  quelle  valli,  particolarmente  pel 
più  rapido  afflusso  delle  piene. 


402  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

226.  «  La  diversità  è  tanto  evidente  da  non  aver  bisogno  di  essere  dimostrata, 
«  essendo  naturale  che  il  fondo  del  bosco  scambia,  dopo  il  taglio,  tutti  lt  mezzi 
«  e  i  vantaggi  di  poter  tramandare  nelle  sue  viscere,  come  prima,  l'acqua 
«  piovana  e°  di  neve,  nel  discapito  di  lasciarla  scorrere  in  sua  balìa  con  furia 
«  al  basso.  Io  stesso  sono  stato  a  portata  di  fare  il  confronto  oculare  di  sif- 
«  fatta  diversità.  Dopo  gli  estivi  acquazzoni ,  portatomi  ad  osservare  il  basso 
«  di  un'intatta  foresta  o  piano  inclinato,  ho  veduto  scorrervi  pochissima  copia 
«  d'  acqua,  e  pressoché  limpida  ;  laddove  tornatovi  in  pari  circostanza  alcuni 
«  anni  dopo  eh'  era  stat$  abbattuta ,  ho  veduto  il  piano  inclinato  ridotto  in 
«  fossati  pieni  d'acqua  torbida,  che  trascinava  seco  sassi,  terra,  radiche  ed 
«  altre  vegetali  reliquie  ». 

I  fatti  esposti,  la  lucida  analisi  della  varia  influenza  de' fenomeni  meteorici 
sulle  pendici  de'  monti  protette  da  boschi,  oppure  denudate  e  le  osservazioni 
comparative  istituite  per  le  une  e  per  le  altre,  spargono  molta  luce  su  questo 
argomento,  e  concordano  colle  mie  induzioni  (1). 

227.  Sull'effetto  del  diboscamento  e  dissodamento  de' boschi  il  Brighenti 
pubblicò  nel  1860  una  Memoria  (2)  ove  sostiene  la  tesi  che  non  hanno  in- 
fluito ad  accrescere  la  portata  massima  delle  piene  de' fiumi  al  piano.  Ci  limi- 
teremo a  prendere  iu  esame  le  principali  sue  proposizioni. 

Egli  dice,  §  6.  parlando  del  Po,  «  che  se  si  distruggessero  tutte  le  sue  arj 
«  ginature  artificiali  e  le  naturali  replezioni,  tornerebbero  gli  antichi  allagamenti; 
«  l'altezza  delle  piene  dei  Po  non  si  troverebbe  diversa  da  quella  di  prima  e 
«  sarebbe  impossibile  discernervi  1'  effetto  dì  una  causa  secondaria  ,  come  si 
«  suppone  il  diboscamento.  Ciò  vede  facilmente  ognuno  che  abbia  anche  d 
«  V  ingrosso  guardato  ai  fenomeni  dei  fiumi  e  acquistato  un  po' di  tatto  ad 
«  intenderli  ».  Que' fenomeni  gli  ho  studiati  anch'io,  e  forse  perchè  l'ho  fatto 
deducendone  considerazioni  che  il  mio  amico  dichiara  minute,  non  ho  potuto 
giungere  alle  stesse  conseguenze. 

228.  Egli  pensa  (§  15)  che  il  diboscamento  possa  produrre  alterazioni  nel 
corso  delle  acque  al  piede  immediato  o  non  troppo  lontano  de' monti  ove  è  se- 
guito; ma  non  nelle  parti  pianeggianti  successive.  Io  invece  sono  d'avviso 
che  se  una  piena  di  portata  integrale  determinata  discende  ora  per  siffatf 
causa  al  piede  de' monti  in  24  ore,  mentre  ciò  dapprima  avveniva  in  36  ore, 


(1)  La  Società  agraria  del  dipartimento  del  Pa- 
naro trasmise  nel  1806  quel  pregevole  opuscolo 
al  Prefetto  perchè  lo  volesse  inoltrare  al  ministero 
onde  promuovere  gli  occorrevoli  provvedimenti;  ma 
esso  non  venne  spedito,  pendente  la  pubblicazione 
di  una  legge  sui  boschi,  la  quale  non  comparve  se 
non  nel  1811.  1  principi  dell'autore  si  videro  svi- 
luppati quattro  anni  dopo  dal  Mengotti,  e  più  tardi 
dal  Gautieri  (  Dell'  influsso  de'  boschi  sullo  slato 
fisico  dei  paesi  e  sulla  prosperità  delle  Nazioni , 
Milano  1814),  nella  quale  Memoria  vedesi  inserito 
un  brano  di  quella  inedita  del  Parenti.  Si  potrebbe 


per  avventura  fare  l'eccezione  che  le  piogge  mi- 
nute ed  insistenti ,  sotto  il  bosco  cadono  a  grosse 
goccie  raccolte  sulle  foglie  e  sui  rami.  Ma  tali 
pioggie  non  sono  quelle  che  promuovono  immedia- 
tamente le  piene  de'  fiumi.  Queste  dipendono  dalle 
piogge  durevoli  e  stemperate,  o  da  trombe  che  al- 
l'aperto  cadono  sul  suolo  con  rimbalzo,  la  cui 
violenza  viene  appunto  ammorzata  dai  rami  e  dalle 
foglie  del  bosco. 

(2)  Memorie  dell' Accademia  delle  scienze  dell' Isti- 
tuto di  Bologna,  voi.  X, 


SOPRA   IL   GRANDE   ESTUARIO  ADRIATICO  403 

anche  nella  parte  pianeggiante,  ove  andrà  assottigliandosi,  si  avrà  un  aumento 
tanto  nella  sua  portata  media,  quanto  nella  massima. 

229.  Dice  al  §  18  d'essersi  trovato  in  tempo  di  grosse  piogge  sotto  selve 
assai  folte  ed  intatte  ,  e  che  vi  ha  vedute  le  acque  «  scendere  precipitose  a 
«  torrenti,  e  far  prova  di  rovesciare  sulla  via  qualunque  impedimento».  Man- 
cherebbe però  qualsiasi  dato  comparativo  per  inferirne  cosa  sarebbe  avvenuto 
su  quella  pendice  ove  fosse  stata  denudata  e  solcata  dalle  acque. 

250.  Per  dimostrare  l'influenza  delle  arginature  a  rialzare  le  piene,  egli  ri- 
porta al  §  8  i  seguenti  fatti  :  «  Ad  un  torrente  di  sezione  ristretta  ,  come  il 
«  Lamone,  bastò  l'accorciamento  della  metà  circa  della  linea  arginata,  e  un 
«  salto  di  metri  1,57  dal  fondo  dell'alveo  al  fondo  della  valle  Gregoriana  per 
«  abbassare  la  sua  piena  massima  a  modo  che ,  mentre  lambiva  il  ciglio  de- 
«  gli  argini  alla  bocca  della  rotta  delle  Amonite  (avvenuta  colla  disalveazione 
«  del  fiume  nel  1859),  ora  lascia  ivi  di  franco  metri  6,50.  Nella  lunghezza  di 
«  11  chilometri  da  questa  rotta  alla  Chiusa  Rasponi,  si  è  abbassato  il  fondo  del 
«  fiume  andantemente  e  si  trova  parallelo  all'  antico  dopo  20  anni  di  mutato 
«  corso.  La  scavazione  del  fondo  per  quel  salto,  per  l'abbreviata  linea  e  per 
«  la  chiamata  della  nuova  foce,  misura  metri  2,87,  onde  la  piena  si  è  ab- 
bassata in  questi  11  chilometri  metri  5,68.  Chi  potrebbe  dubitare  che, 
«  chiusa  quella  nuova  foce  e  rimesso  l'alveo  antico,  non  tornasse  la  piena  a 
«  lambire  il  ciglio  dell'argine  come  prima?  E  ciò  senza  bisogno  di  pensare 
«  ad  alcuna  alterazione  seguita  in  questi  ultimi  quattro  lustri  nel  bacino  che 
«  tributa  le  acque  al  Lamone  ». 

251.  In  una  nota  dichiara  che  i  fatti  surriferiti  gli  vennero  comunicati  dal- 
l'ingegnere di  l.a  classe  Orioli,  il  quale  fu  mio  condiscepolo  all'università  di 
Bologna,  e  vidi  a  Ravenna  il  15  giugno  1847.  Avendomi  egli  soggiunti  altri 
particolari  su  quella  memorabile  rotta  del  Lamone,  dopo  della  quale  il  torrente 
è  stato  rivolto  a  colmare  la  valle  Savarna  presso  Ravenna,  nel  portarmi  in  quel 
giorno  di  là  a  Faenza  ,  mi  arrestai  ove  la  strada  lo  interseca  col  ponte  della 
Castellina.  Vidi  che  nel  1859  si  era  impedita  la  distruzione  di  quell' edifizio 
mediante  una  robusta  briglia  di  fascinaggio ,  scorgendosi  tuttavia  tanto  a 
monte  quanto  a  valle  del  ponte  le  tracce  dei  dirupamenti  delle  sponde  e 
delle  arginature  ad  esse  addossate  per  1'  escavazione  del  fondo  cagionato 
dalla  rotta. 

252.  Questi  fatti  però  non  concorderebbero  con  altri  che  il  Brighenti 
espose  siccome  recentissimi  nell'ultima  sua  Memoria  precitata.  Ivi  al  §7  dice: 
«  Il  torrente  Lamone  era  arginato  dal  mare  fino  al  Boncellino,  o  poco  sopra, 
«  ove  incominciava  la  guardia  nel  1848.  Si  volle  prolungare  in  quel  torno  per 
«  8  o  10  chilometri  l'arginamento  fino  sopra  Faenza:  che  ne  avvenne?  Mentre 
«  prima  una  porzione  delle  acque  di  grossa  piena  sormontando  le  ripe  sopra 
«  la  detta  guardia  andava  a  versarsi  ne'  piani  bassi  di  Villanova  a  sinistra  e 
«  di  Savarna  a  destra,  rimasero  contenute  fra  i  nuovi  argini  ed  il  massimo 
«  ventre  delle  piene  che  si  formava  prima  sopra  e  sotto  il  ponte  di  Cortina 
«  per  la  via  di  Lugo,  si  è  trasportato  nel  tronco  superiore  ultimamente   argi- 


404  STUDJ   IDROLOGICI  E   STORICI 

«  nato;  e  la  città  di  Faenza  è  spaventata  dall'altezza   delle   piene    ordinarie, 
«  non  che  delle  massime,  che  ivi  cagionarono  recentissimi  disastri  ». 

233.  Sul  foglio  di  Ravenna  della  grande  carta  topografica  dell'Italia  Centrale 
il   Boncellino  trovasi  alla   distanza   di  12  chilometri    dalla    rotta  del   1839;   e 
le  arginature  sono  segnate  a  monte  per  altri  dieci  chilometri  a  sinistra  fino  a 
Ronchi  e  per  dodici  a  destra  a  Sant  Giovannino,  dati  che   si   saranno  ricavati 
dalle  mappe  censuarie  rilevate   anteriormente  al  1846.  Il  ponte    di    Castellina 
trovasi  a  sei  chilometri  sopra  il  Boncellino,  cosicché  questa  villa  sarebbe  di  un 
solo  chilometro  a  monte  della  Chiusa  Rasponi  che  dicesi  distante  undici   chi- 
lometri dalla  rotta.  Se  presso  quella  chiusa,   dai  1839  al  1859  la  piena   mas- 
sima trovavasi  abbassata  di  3m,68,  come  poteva  avvenire  che  verso  la  metà  di 
quel  periodo,  e  cioè  nel  1848,  al  Boncellino  (posto  un  chilometro  a  monte),  o 
poco  sopra,  avvenissero  trabocchi  che  richiedessero  il  prolungamento  delle  ar- 
ginature? Queste  esistevano  anteriormente  al  1846  e  con  ogni  verosimiglianza 
prima  della  rotta  del  1839   per  dieci  o  dodici  chilometri   sopra  il  Boncellino, 
se  al  ponte  di  Castellina,  posto  6  chilometri  a  monte,  vidi  le  tracce  dei  diru- 
pamenti cagionati  da  quella  rotta   al   piede   degli    argini   (1).    Io    sono  quindi 
d'avviso  che  se  anteriormente  a  questa    avveniva   pure  qualche  trabocco  nelle 
maggiori  piene  sopra  gli  estremi  delle  arginature  a  Ronchi  ed  a  Sant  Giovan- 
nino, a  circostanze  pari  saranno  cessati  dopo  il  1839  per  la  maggior  chiamata 
delle  acque  in  conseguenza  dei  seguito  approfondamento  dell'alveo  del  torrente. 
Attesa  per  altro  la  circostanza  che  nel  bacino  del  Lamone  dopo  la  costruzione 
della  strada  della  Toscana  per  Maraddi  si  saranno  dissodati  i  boschi  e  quindi 
sarà  avvenuto  un  progressivo  incremento   nella    portata    delle   piene,    siccome 
abbiamo  veduto  essersi  verificato  per  una  causa  identica  nelle  valli  del  Reno, 
del  Panaro,  e  della  Secchia,  ne  consegue  che,  riuscita  negli  ultimi  anni  insuf- 
ficiente la  chiamata  delle  acque  a  deprimere  le  maggiori  piene   del    Lamone, 
si  dovettero  protrarre  per  forse  cinque  o  sei  chilometri  le  arginature  fino  oltre 
la  via  Emilia  sopra  Faenza  onde  impedirne  le  espansioni.  Tale  prolungamento 
d'argini  sarebbe  perciò  effetto,  e  non  causa  dell'accresciuta  portata  delle  piene 
del  Lamone,  e  se  esso  concorre  ad  elevarne  il  livello,  lo  si  deve  considerare 
semplicemente  siccome  causa  concomitante,  ma  non  prima. 

234.  Abbiamo  già  notato  al  §  127  avere  il  Brighenti  annunziato  nell'ultima 
sua  Memoria  che  per  effetto  della  costruzione  della  ferrovia  Porrettana  le  piene 
del  Reno  si  sarebbero  alzate  sull'  anteriore  limite  massimo.  Al  §  8  di  essa  cosi 
si  esprime  su  questo  particolare  :  «  Credo  che  si  potrà  inoltre  osservare  essere 
«  avvenuto  un  accrescimento  di  metri  0,34  sopra  l'altezza  massima  della  piena 
«  del  1844,  osservata  all'idrometro  dei  ponte  di  Casalecchio;  e  ciò  per  essere 
«  stata  creata  la  ferrovia  Porrettana  in  mezzo  all'alveo  del  fiume    per  6   o   7 


(1)  Nella  carta  topografica  della  provincia  Fer- 
rarese del  Barbantini  pubblicata  nel  1825,  quindi 
ricavata  essa  pure  dalle  mappe  del  nuovo  censo  , 
vedesi  il  Lamone  accompagnato  da  argini  fino  al 
termine  del  foglio  di  Ravenna,   ad  otto  chilometri 


sopra  il  Boncellino.  È  quindi  verisimile  che  anche 
allora,  e  non  nel  1848,  fossero  già  estesi  per  altri 
due  chilometri  fino  a  Ronchi  ed  a  Sant  Giovannino 
come  nel  1846, 


SOPRA  IL   GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  405 

«  chilometri  di  lunghezza  con  un  argine-strada  il  quale  per  meglio  di  un 
«  terzo,  come  mi  accennava  l'ingegnere  in  capo  sig.  cav.  Protche,  impedisce  le 
«  anteriori  espansioni  sopra  sezioni  amplissime  (ne  troppo  lontane  dalla  chiusa 
«  di  Casalecchio)  nel  tempo  delle  grosse  piene.  Il  che  viene  a  dire  che  la 
«  colpa  è  stata  dell'insolito  arginamento  e  non  dei  dihoscamenti  de' quali 
«  nessuno  si  avvedeva,  né  si  lagnava  alla  Porretta  negli  anni  precedenti  ». 

235.  Quella  occupazione  dell'alveo  del  Reno  sarebbe  avvenuta  nel  tronco 
dal  Sasso  alla  Porretta ,  e  la  piena  alzatasi  al  disopra  della  massima  sembra 
fosse  quella  dell'autunno  1864.  Forse  essa  fu  cagione  della  rolla  al  passo  del 
Gallo  che  tanta  desolazione  recò  alla  provincia  di  Ferrara  ,  parole  di  una 
breve  nota  aggiunta  dallo  Scotini  al  §  34  delle  sue  Memorie1.  In  vero  fa  senso 
come  né  questi,  né  il  Brighenti  cui  la  cosa  doveva  riuscire  di  non  lieve  inte- 
resse, soggiungano  qualche  schiarimento  sulle  circostanze  che  resero  indispen- 
sabile un  piano  cotanto  pregiudicevole  al  reggime  del  fiume,  e  che  ne  renderà 
assai  più  ardua  la  sistemazione.  Se  tale  aumento  di  piena  avesse  a  fare  tra- 
boccare la  bilancia  in  guisa  che  il  Reno  irrompesse  nelle  Valli  di  Comacchio, 
non  starebbe  più  il  famoso  detto  che  esso  farà  da  se;  poiché  sarebbe  stato 
ajutato. 

236.  Dal  fin  qui  detto  sopra  il  grave  argomento  dell'  influenza   dei   dibosca- 
menti nella  portata  massima  delle  piene  del  Po  e  de' suoi  affluenti,  risulterebbe 
che  fino  dalla  seconda  metà  dello  scorso   secolo    essi   avrebbero    avuto    luogo 
per  gli  inferiori  Secchia  e  Panaro  in  conseguenza  delle   aperte    comunicazioni 
nelle  loro  valli.  Siffatti  cangiamenti,  per  una  causa  analoga  sarebbero  avvenuti 
più  tardi,  come  vedemmo,  per  l'Adda,  ed  a  quanto  pare  anche  per  gli  affluenti 
del  Piemonte,  e  da  ultimo  soltanto  per  taluni  di  questi,   come   sarebbe    nella 
Valle  di   Trebbia   (1).   Il  più   pronto   afflusso,   e    quindi    l'anticipazione    delle 
piene  della  Secchia  e  del  Panaro  avrebbe  dovuto  influire  a  scemare  la  portata 
massima  delle  piene  dei  Po  per  l'ultimo  suo  tronco  nel  primo    trentennio   di 
questo  secolo.  E  se  malgrado  ciò  si  è  avuto  un  aumento  nelle  loro  altezze  lo 
si  dovrebbe  per  la  maggior  parte   attribuire   al    più   perfetto   arginamento  '  di 
esso  e  de' suoi  affluenti.  Col  rallentarsi  in  avvenire  l'incremento  degli  afflussi 
massimi  per  gli  influenti  inferiori,  ed  accrescersi  pei  superiori  ove  i   dibosca- 
menti sono  di  più  recente  data,  approssimandosi  mano  mano  gli  uni  agli  altri 
dovranno  aumentare  i  deflussi  massimi  delle  piene  del  basso  Po,  effetto  che  si 
vede  avverato  per   l'ultimo    trentennio   quantunque    attribuibile   alla    seconda 
soltanto  di  quelle  cause.  Possiamo  quindi  conchiudere  che    il  suo   redime    è 
ben  lontano  dal  trovarsi  stabilito. 


p)  É  la  strada  da  Piacenza  a  Genova  per  Bobbi 


406  STUDJ   IDROLOGICI  E  STORICI 


XXVI.  Calcoli  delle  portate  di  piena  del  Po  e  del  Beno 
effetti  ehe  si   avrebbero    dall'aggiunta   di   quest'influente 
al    Po    sotto   tale   rapporto    e    nel  reggime  d'entrambi  1 
fiumi. 

257.  Nei  Cenni  idrografici,  inseriti  nelle  Notizie  naturali  e  civili  sulla  Lom- 
bardia (1)  composi  una  scala  padimetrica  per  l'idrometro  di  Pontelagoscuro 
ricavata  dai  dati  d'  esperienze  praticate  ivi,  od  in  prossimità  da  Teodoro  Bonati, 
e  dagli  allievi  della  scuola  pontificia  degli  ingegneri  dal  1811  al  1820.  Sic- 
come da  un  metro  sotto  zero  fino  alla  massima  piena  1859,  che  si  elevo  r 
2™  96  sopra  guardia ,  le  differenze  delle  portate  andavano  scemando ,  mi  pei 
suàsi  che  ciò  non  poteva  stare  e  che  vi  fosse  qualche  errore  nei  dati  dai  quali 
era  partito.  Il  mio  amico  Possenti  s'accorse  egli  pure  di  tale  inconseguenza, 
e  mentre  stava  compiendo  la  sua  Memoria  accennata  al  §  196 ,  nconohhe  er- 
ronei i  conteggi  relativi  alle  esperienze  praticale  dal  Bonati.  Egli  calcolò  allora 
una  scala  padimetrica  a  differenze  seconde  costanti  ;  ma  dietro  ulteriori  con 
siderazioni  conchiuse  che  questa  poteva  valere  da  un  metro  sotto  guardia  fin- 
alla  piena  massima ,  e  che  per  le  altezze  minori  fino  alla  magra  massim 
sarebbe  preferibile  la  mia  scala  (2). 

258   Nella  Notizia  precitata  sulla  piena    de' fiumi    della    Lombardia   ne»  au 
tunno  del  1855  dichiarai  che  la  scala  del  Possenti  così  rettificata  era  preferì 
bile  alla  mia.  Ma  considerato  in  pari  tempo  che  dopo  il  1807,  fatta  eccezion 
della  piena  massima  dell' 8  novembre  1859,  si  sarebbero  avute  nove  delle  ma! 
glori  piene  le  cui  portale  massime  al  confronto  di  quella  media  del  1827  non 
differirebbero  che  dall' 1,56  al  15,26  per  mille  in  più,  o  dall'1,50  all'8,84  per 
mille  in  meno,  ne  inferii,  che  approssimandosi  il  fiume  al  colmo  della   piena 
modifica  la  forma  del  suo  alveo  in  guisa  da  prestarsi  ad  uno  scarico    sempre 
più  libero.  In  conseguenza  di  che    s'  accrescono  con  una  progressione  più  ra- 
pida ,   non  solo  le  differenze  prime ,  ma  eziandio  le   differenze  seconde  delle 
portate,  di  modo  che  per  un  decimetro  d'alzamento  le  differenze  prime  di  80 
a  90  metri  cubici  date  dalla  scala  padimetrica  del  Possenti  abbiano  a  divenne 
forse  più  che  doppie  o  triple. 

259    L'ispettore  Scotini  nell'ultima  sua  Memoria,  prendendo  per  dato   una 
sezione  rilevata  tra  Francolino  e  Fossa  d'Albero,  e  la  pendenza  del  pelo  d'acqua 
della  piena  massima  dell' 8  novembre  1859  per  quel  tratto  del  Po  ne  avrebbe 
determinata  la  portata  unitaria  in  m.  e.  7195  (pag.  55),  misura  che  il  Possen  i 
considera  eccessiva,  per  le  ragioni  esposte  in  una  Memoria  inserita  nel  fascico 
di  febbrajo  1867  del  Politecnico.  Ivi  dà  una  nuova  scala  padimetrica  giusta 
quale  al  confronto  della  precedente,  per  la  piena  massima  del  1859  si  avreb 
un  lieve  aumento  di  portata  di  circa  il  2  per  %. 

(1)  Vedasi  ivi  il  prospetto  V. 

(2)  Mera,    precit.  pag.  141. 


SOPRA  IL   GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  407 

240.  In  un  articolo  da  me  inserito  nel  fascicolo  successivo  dello  stesso  pe- 
riodico porgo  uno  schiarimento  al  mio  concetto  preaccennato.  Dimostro  che  l'ap- 
plicazione delle  forinole  del  moto  equabile  per  la  portata  dei  fiumi  richiede  la 
condizione  della  permanenza  del  deflusso,  durante  il  quale  la  posizione  del  filone 
collima  con  quella  del  thalweg.  Ma  avvenendo  una  piena  ,  come  sarebbe  nel 
Basso  Po,  per  la  quale  in  sei  o  sette  giorni  la  portata  del  fiume  diviene  tripla 
o  quadrupla,  ne  consegue  una  notevole  perturbazione  del  suo  reggime ,  in 
quanto  che  si  modificano  gli  elementi  del  moto  delle  acque,  e  principalmente 
la  posizione  del  filone  che  in  luogo  di  seguire  il  solco  preesistente  del  fondo 
viene  ad  attraversarlo  con  moti  verticosi  i  quali  riducono  a  minor  misura  la 
superfìcie  utile  della  sezione  fluviale.  Quando  ne' primi  cinque  o  sei  giorni  di 
piena  crescente  l'alzamento  orario  sarà  di  dieci  ad  otto  centimetri,  massima 
sarà  la  perturbazione,  attesa  l'inefficacia  del  lavorio  della  corrente  per  ridursi 
l'alveo  ad  una  forma  normale.  Mano  mano  però  che  la  piena  si  approssimerà 
al  colmo,  e  gli  incrementi  orarii  d'altezza  si  ridurranno  a  due,  e  ad  un  cen- 
timetro fino  a  rimanere  per  molte  ore  stazionario  il  pelo  d'acqua,  crescerà 
l'efficacia  dell'azione  della  corrente  per  raggiungere  lo  scopo  preaccennato, 
scemandosi  la  perdita  della  sua  forza  viva,  cosicché  potrebbe  allora  aversi  un 
aumento  di  portata  anche  senza  alzamento  di  livello,  aumento  che  dovrebbe 
proseguire,  abbenchè  in  minore  misura,  coi  primi  decrementi  successivi  d'al- 
tezza. In  istato  di  piena  crescente,  attesa  la  mentovata  causa  perturbatrice,  le 
portate  effettive  dovrebbero  da  principio  essere  minori  delle  calcolate,  concor- 
dando maggiormente  con  queste  nell'  approssimarsi  al  colmo  ,  presso  il  quale 
dovrebbesi,  come  si  disse,  avere  qualche  eccesso,  cosicché  ne  verrebbe  una 
specie  di  compensazione  che  diminuirebbe  il  divario  del  calcolo  della  por- 
tata integrale  della  piena.  Per  siffatto  motivo  mi  sono  attenuto  ancora  alla 
scala  primitiva  del  Possenti  combinata  colla  mia  tanto  pei  calcoli  dei  deflussi 
medj  del  Po  ne' tredici  anni  dal  1827  al  1840,  quanto  per  una  monografia 
delle  sue  piene  autunnali  del  1839  che  aggiungerò  in  fine.  Giusta  la  scala 
primitiva  del  Possenti  la  portata  della  piena  massima  1859  a  Pontelagoscuro 
sarebbe  di  6263  m  e.  mentre ,  come  vedemmo ,  lo  Scotini  la  accrescerebbe 
fino  a  7195  m.  e. 

241.  In  quanto  alla  piena  massima  del  Reno,  questi  suppose  (§  83)  che  il 
Brighenti  ne  avesse  misurata  la  portata  alla  sezione  di  Malta,  la  quale  non  è 
già  alla  Panfilia,  ma  bensì  sotto  la  confluenza  della  Samoggia,  e  che  sia  risultata 
di  1054  m.c.  Ma  ho  motivo  di  credere  che  il  Brighenti  l'abbia  invece  dedotta 
da  un  calcolo  da  lui  istituito  sulla  capacità  dell'alveo  del  Reno  fino  alla  som- 
mità de' suoi  argini  sistemati,  in  relazione  ad  una  piena  massima  ipotetica  alla 
chiusa  di  Casalecchio,  calcolo  sull'attendibilità  del  quale  troverei  da  eccepire  (1). 

(1)  Il  Brighenti,  in  una  Memoria  letta  nel  1850 
all'Accademia  delle  scienze  dell'Istituto  di  Bologna, 
notando  le  difficoltà  di  determinare  la  portata  dei 
fiumi  in  acque  grosse  cogli  istromenti  idrometrici, 
e  che  1'  osservazione  debba  rivolgersi,  non  agli  ef- 
letti parziali  o  elementari,  ma  agli  integrali  e  finali 


con  metodo  sintetico,  fa  a  tal  fine  la  proposta  che 
segue  ;  «  scegliere  un  tronco  de'  più  regolari  di 
«  un  fiume,  determinarne  la  forma  e  misurarne  la 
«  capacità  fra  due  estremi.  A  questi  estremi  dovreb- 
«  bero  collocarsi  due  idrometri  graduati  di  centi- 
«  metro  in  centimetro  e  due   osservatori  che   regi* 


408  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI        ( 

Uria  misura  dedotta  colla  formola  di  Eytelwein  la  darebbe  invece  il 
per  la  botta  Interim,  prossima  a  quella  località,  due  chilometri 
della  foce  della  Samoggia ,  in  una  sua  Memoria   del  1858   sul  Reno 


Barilari 
a  valle 
rispetto 


alla  piena  del  9  gennajo  1856,  che  segnò  all'idrometro  di  Casalecchio    6\88 


«  strassero  la  contemporanea  altezza  dell'  acqua 
«  sopra  l'origine  contemporaneamente  stabilita.  Co- 
fi  nosciute  per  un  medesimo  istante  le  altezze  d'acqua 
«  agli  estremi  dalla  prima  osservazione  alla  succes- 
«  siva,  e  così  via  via  verrà  a  conoscersi  quanta  parte 
«  della  nota  forma  e  capacità  del  tronco  di  cui  si 
«  tratta  è  stata  riempita,  e  quindi  la  portata  del  fiume 
«  nel  tempo  corso  fra  due  osservazioni.  Questo  con- 
fi cetto,  che  mi  sembra  potersi  mettere  in  atto  senza 
«  gravi  difficoltà,  e  conducente  alla  meta,  abbiso- 
«  gna  di  molto  maggiore  investigazione  e  di  prove, 
«•  alle  quali  non  ho  potuto  accingermi  fin  qui,  seb- 
«  bene  l'abbia  desiderosamente  agitata  nell'animo, 
«  e  sarà  soggetto  di  altri  studj  che  sottoporrò  alla 
«  nostra  accademia  ». 

Dopo  quindici  anni  ,  il  9  marzo  1865  propose 
di  nuovo  alla  stessa  Accademia  il  medesimo  concetto. 
Io  fin  da  principio  gli  feci  osservare  ,  che  sup- 
posta costante  la  forma  dell'  alveo  ,  considerato  il 
tronco  in  questione  siccome  un  lago,  le  variazioni 
del  suo  volume  per  un  dato  tempo  rappresenteranno 
sempre  la  differenza  in  più  od  in  meno  fra  l'afflusso 
della  sezione  estrema  a  monte  e  l'efflusso  di  quella 
avalle,  cosicché  se  non  si  determina  la  portata  del- 
l' uno  o  dell'  altro,  si  avrà  sempre  la  differenza  di 
due  incognite,  dalla  quale  nulla  si  può  ricavare. 

E  ciò  anche  nel  supposto  che  1'  alveo  del  fiume 
rimanesse  inalterato.  Che  se  invece  avvenissero  in 
esso  le  modificazioni  accennate  al  g  240,  per  le 
quali  presso  il  colmo  di  una  piena  potrebbe  aversi 
aumento  di  portata  senza  alzamento  delle  acque,  ed 
anche  col  primo  loro  abbassamento  ;  ne  risulterebbe 
una  prova  di  più  che  da  tali  alzamenti  nulla  si 
può  ricavare  rispetto  alla  portata  della  piena. 

Nella  prima  di  quelle  circostanze  poi,  oltre  al  con- 
cetto preaccennato,  altro  ne  esponeva  il  Brighenti 
per  porre  a  confronto  la  capacità  dell'alveo  del  Reno 
colla  portata  integrale  di  una  piena  massima,  quale 
sarebbe  stata  quella  del  13  settembre  1842,  supposto 
di  già  occupato  l'alveo  da  una  piena  ordinaria.  La 
cubatura  totale  dell'alveo  del  Reno  fino  al  ciglio 
delle  sue  arginature  sistemate  dalla  Chiusa  di  Ca- 
salecchio alla  foce  in  mare,  sarebbe,  secondo  lui,  di 
met.  cub.  75  961  440,  e  la  portata  integrale  di  una 
piena  della  durata  di  ore  21 ,  4%oo  della  media 
portata  unitaria  di  m.  e.  986  per  1",  darebbe  egual- 
mente il  volume  di  75  961440  m.  e.  L'accordo  di 
que' numeri  sarebbe  talmente  perfetto  e  strano  che 
qualche  incredulo  potrebbe  dubitare  essere  effetto 
del  caso. 

Io  ,  fin  d*  allora  osservai  al  mio    amico  che  tro- 
vava inattendibile  quel  calcolo  col  quale  egli  sup- 


porrebbe che  la  piena  occupasse  tutta  la  capacità 
dell'alveo,  quasi  che  fosse  questo  una  vasca  a  la- 
vello orizzontale  destinata  a  contenerla,  mentre  il 
suo  riempimento  ha  luogo  per  tronchi  parziali  e 
successivi  dell'asta  del  fiume.  Distinguendo  difatti 
il  volume  totale  della  piena,  da  lui  esposto  in  circa 
76  milioni  di  m.  e.  in  25  milioni  di  piena  cre- 
scente, 26  milioni  di  colma,  e  25  milioni  di  piena 
decrescente,  notai  che  la  prima  porzione  della  piena 
avrebbe  in  parte  occupato  l'alveo;  in  maggior  mi- 
sura la  seconda  fino  al  colmo;  ma  che  la  terza 
vi  concorrerebbe  all'  abbassarsi  e  fino  al  cessare 
della  piena,  talché  non  avrebbe  alcuna  influenza 
nel  riempimento  massimo  dell'  alveo  che  importa 
di  conoscere. 

Aggiungeva  che  per  risolvere  il  problema  sarebbe 
mestieri  determinare  per  ogni  sezione  trasversale 
dell'alveo  la  curva  del  fiotto  della  piena,  le  cui 
ascisse  fossero  i  tempi ,  e  le  ordinate  le  altezze,  e 
quella  eziandio  le  cui  ordinate  fossero  i  deflussi. 
Fatto  ciò  per  la  prima,  si  dovrebbero  col  calcolo  ricer- 
care le  modificazioni  di  quelle  curve  per  la  sezione 
successiva  in  conseguenza  del  riempimento  progres- 
sivo del  tratto  d'alveo  interposto,  e  così  progredire 
fino  al  termine.  La  curva  longitudinale  che  unisse 
i  colmi  di  tutte  quelle  curve  parziali  delle  altezze 
rappresenterebbe  il  livello  cui  giungerebbe  il  pelo 
d'acqua  della  piena  nel  suo  colmo,  dal  quale  si  ri- 
caverebbe quello  da  assegnarsi  alla  sommità  degli 
argini  con  un  franco  normale.  Da  questi  pochi  cenni 
è  agevole  il  dedurre  1'  estrema  difficoltà ,  per  non 
dire  l'impossibilità,  di  tale  calcolo,  ove  si  volesse 
istituirlo  con  rigore  matematico,  molto  più  qualora 
dovesse  comprendere  le  confluenze. 

L'  amico  non  convenne  nel  mio  ragionamento ,  e 
riprodusse  il  suo  calcolo,  unendolo  alla  citata  Rela- 
zione sulla  livellazione  del  Reno  (alleg.  XIII),  ove 
la  stessa  portata  di  piena  si  indicherebbe  calcolata, 
non  più  per  quella  del  1842,  ma  per  la  massima 
del  1844,  che  superò  l'altra  di  0m,165  sulla  chiusa, 
e  di  0rn,35  all'idrometro  del  ponte  di  Casalecchio, 
dicendosi  ivi  che  la  portata  del  Reno  alla  sezione 
di  Malta  poco  sotto  la  Samo^ioy^arebbe  dil054m.c. 
fino  al  ciglio  degli  argini  sistemati.  Nelle  sue  Ricer- 
che geometriche  ed  idrometriche  precitate  del  1862 
riporta  lo  stesso  calcolo,  ma  ancora  per  la  piena 
del  1842. 

Lo  Scotini  al  §  78  delle  sue  Memorie,  nota:  «  fer- 
«  mandoci  particolarmente  intorno  alle  piene  del 
«  Reno,  accenneremo  come  il  professore  Brighenti, 
«  che  su  queste  ha  fatto  molti  e  maturi  studii, 
«  osserva    che  esse   non  discendono   come   un'  alta 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  409 

sullo  zero  (1).  Egli  dice  che  la  portata  del  Reno  sarebbe  ivi  stata  di  metri 
cubici  1067;  notando  però  che  in  quell'occasione  la  Samoggia  ebbe  una  piena 
di  poco  momento.  E  poiché  tale  piena  sarebbe  stata  presso  la  chiusa  di  0ni  37 
più  bassa  di  quella  del  1842,  la  quale  fu  accompagnata  da  notevoli  rotte,  se 'ne 
può  inferire  che  se  questa  fosse  stata  contenuta  e  con  un  maggior  afflusso  da 
parte  della  Samoggia,  la  sua  portata  in  quei  punto  avrebbe  verosimilmente  su- 
perato i  1200  m.  e. 

242.  Lo  Scotio!,  considerando  che  una  piena  massima  del  Reno  associata  ad 
una  piena  massima  del  Po,  verrebbe  da  questo  rigurgitata,  suppone  che  si 
rallenterebbe  1  afflusso  di  quella,  e  che  la  sua  portata  di  1054  m.  e  non  po- 
trebbe oltrepassare  i  % ,  ossiano  700  m.  e.  alla  sua  confluenza  in  Po.  Per  lo 
stesso  pnnc.pio  il  professore  Turazza  ridurrebbe  ivi  la  portata  della  piena  del 
Reno  alla  metà,  ossia  a  517  m.  e.  (2).  Io  per  verità  non  potrei  convenire  in 
tali  illazioni,  considerando  le  circostanze  da  cui  dipende  l' attenuamento  delle 
piene,  e  cioè  la  capacità  dell'alveo  da  riempirsi  a  valle.  Una  piena  massima 
del  Po  impiega  di  solito  oltre  ad  una  settimana  per  portarsi  al  colmo  mentre 
una  Piena  dei  Reno  impiega  poco  più  di  un  giorno.  Ne  consegue  che  la  capa- 
cita dell  alveo  del  Reno  viene  occupata  avanti  al  colmo  della  sua  piena  dalle 
acque  di  rigurgito  del  Po  ,  e  da  quelle  della  sua  piena  crescente  pure  rigur- 
gitata, nducendosi  a  minor  misura  la  capacità  disponibile  dell'alveo  stesso 
lino  a  raggiungere  un  tal  limite  presso  la  foce.  Nel  4  settembre  1842  il  colmo 
della  piena  di  Secchia  con  una  latitudine  di  0m,25  nella  sua  altezza  durò  21 
ore ,  e  quello   della   piena  contemporanea  del  Panaro  a  Navicello  con  una  la- 


«  onda  che  percorra  l'asta  del  fiume  dalla  Chiusa 
«  di  Casalecchio  al  mare,  ma  sibbene  per  modo  che 
«  la  piena  scendendo,  e  mano  mano  riempiendo  il 
«vuoto  alveo,  impiega  nello  scaricarsi  dall'uno 
«  all'  altro  tronco  un  tempo  sempre  maggiore  a 
«  misura  che  passa  pei  tronchi  inferiori ,  per  cui 
«  sempre  minore  ne  risulta  la  misura  della  sua 
«  portata  ». 

Al  g  HO  per  altro  lo  stesso  Scotini,  parlando 
delle  piene  repentine  de'  torrenti,  dice  che  il  loro 
colmo  di  breve  durata  scende  come  onda  più  o  meno 
distesa  lungo  l'asta  del  torrente  stesso.  Egli  adunque 
ammetterebbe  queir  onda  ,  e  dicendola  più  o  meno 
distesa  accennerebbe  appunto  all'attenuamento  pro- 
gressivo della  portata  massima,  e  quindi  alla  mag- 
gior durata,  siccome  risulterebbe  anche  dal  calcolo 
delle  mentovate  curve. 
Nella  mia  Memoria  del  1843,  Altre  osservazioni 
,  sul  Po,  pag.  8,  e  nella  successiva  del  1846,  ripro- 
dotta nel  1854,  Sulla  statistica  de' fiumi,  pag.  19, 
indico  come  per  la  piena  autunnale  del  1839  abbia 
delineate  quelle  curve  delle  altezze  per  tutti  gli 
idrometri  del  Po,  le  quali  rappresentano  appunto 
il  fiotto  di  essa,  e  serviranno  per  una  breve  mo- 
nografia della  medesima,  che,  come  dissi,  aggiun- 
!  gerò  in  fine.  Quel!'  onda,  o  fiotto  che  dir  si  voglia, 


non   è   propria   così   dei  soli  torrenti   per  le  loro 
piene  repentine,   ma,   giusta   quanto  è  ivi    accen- 
nato,   lo  si  riscontra  eziandio  pei    maggiori   fiumi. 
E  se  il  calcolo  rigoroso  di  quelle  curve  è  presso- 
ché impossibile  e  soverchia  i  mezzi  della  scknza, 
altrettanto  non  può  dirsi  per  un  calcolo  approssi- 
mativo,  come   appare  dal    saggio  che  ne  porge  il 
chiarissimo  Humphreys   nella  sua  bella  monografia 
del   Mississippi,   onde  determinare    il   livello  della 
sua  piena  massima   allorché   sarà    contenuta    dagli 
argini.  1  dati  sui  quali  è  regolato  quel  calcolo  sono 
sicuramente  incerti,  particolarmente  per  gli  efflussi 
delle  rotte;    ma   il  processo  del    medesimo  è  inge- 
gnosissimo, ed  il  principio  da  cui  parte  razionale. 
Le  osservazioni  dei  fatti  ed  il  loro   coordinamento 
per  lo  studio  dei   fenomeni   idrologici,    mi  sembra 
che  costituiscano  una  vera  sintesi   fondata  sui  loro 
effetti  finali.  E  se  a  tale  metodo  non  si  attennero  i 
nostri  padri,    lo   si    deve   attribuire  alla  mancanza 
degli  elementi  all'uopo  necessari,  che  ora  può  som- 
ministrare la  statistica  de'  fiumi. 

(1)  Sul  Reno  e  sui  provvedimenti  da  adottarsi 
Ferrara  1858,  pag.  15. 

(2)  Scotini.    Memorie  precit.,  dal  §  81   all' 84; 
Turazza.  Esame  ecc.,  §  82, 


410  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

Mudine  di  0m,50  darò  24  ore  (1),  cosicché  se  quest'ultima  fosse  stata  conte- 
nuta dagli  argini  sarebbe  giunta  colla  sua  portata  massima  alla  foce  in  Po , 
resosi  iu  così  lungo  tempo  permanente  il  deflusso  sull'intera  asta  dell'influente. 
Ne  consegue  che  altrettanto  debba  avvenire  per  una  delle  maggiori,  ed  insi- 
stenti piene  del  Reno  ,  misurata  in  un  punto  omologo  del  suo  corso  come 
sarebbe  appunto  sotto  la  foce  della  Samoggia  ;  tal  che  giungerebbe  al  Po  con 
una  portata  massima  fra  i  1000  ed  i  1200  m.  e. 

245.  Si  conviene  che  ben  difficilmente  si  verificherà  il  caso  di  una  piena 
massima  dei  Reno  coincidente  con  una  piena  massima  del  Po;  ma  non  potrà 
dirsi  altrettanto  per  una  piena  del  primo  che  alla  foce  raggiunga  soli  700  me. 
di  portata.  In  tal  supposto  si  avrebbe,  giusta  il  calcolo  dello  Scolmi,  ^ele- 
vazione del  pelo  d'acqua  del  Po  di  0m,66,  che  si  accrescerebbe  fino  a  0  ,77, 
attenendosi  alla  portata  del  Po  determinata  colla  scala  del  Possenti.  Lo  Scotini 
suppone  che  una  piena  massima  del  Reno,  associandosi  ad  una  pure  massima 
del  Po  dovrebbe  concorrere  ad  approfondare  1'  alveo  per  20  o  50  cent. ,  co- 
sicché 1'  alzamento  del  pelo  d'  acqua  per  l'accresciuta  portata  si  ridurrebbe  dai 
0m  66  a  0m  56  od  al  più  0m,46.  Io  non  avrei  difficoltà  ad  accordare  siffatto  ap- 
profondamento  qualora  si  trattasse  di  un  affluente  lacuale  limpido.  Ma  attesa 
l'estrema  torbidezza  del  Reno  sono  persuaso  che  anche  nel  caso  di  una  delle 
sue  maggiori  piene  contemporanee,  quale  sarebbe  quella  della  portata  di  700 
m.  e,  non  avverrebbe  escavazione  di  sorta,  cosicché  starebbe  per  lo  meno  l'al- 
zamento del  pelo  d'  acqua  di  0n',66  (2). 


(1)  Memoria  precit.   Sulla  pianura  subapennina , 

prospetto  V. 

(2)  Mentre  era  in  corso  di  stampa  questo  foglio, 
mi  giunse  l'Appendice  del  mio  amico  Comm.  Possenti 
sulla  sistemazione  idraulica  della  Val  di  Chiana,  ove 
alla  pag.  48  così  si  esprime  : 

«  Il  compianto  ispettore  del  Genio  Civile  Comm. 
e  Scolini,  nella  sua  bella  Memoria  sulla  sistema- 
«  zione  idraulica  delle  provincie  di  Bologna,  Fer- 
«  rara  e  Ravenna,  annunciò,  forse  pel  primo  ,  la 
«  proposizione  che  il  fiume  che  sfocia  in  un  reci- 
«  piente  in  piena  con  sezione  rigurgitata  diminuisce 
«  la  portata  dell'  efflusso  alla  foce.  Questa  propo- 
«  sizione'ì  che  a  tutta  prima  poteva  sembrare  pa- 
«  radossale  ,  riceverebbe  da  questo  Prospetto  una 
«  dimostrazione  pienissima  di  verità  » . 

Ciò  sarebbe  in  opposizione  alle  cose  esposte  in 
questi  due  gg;  ma  dal  semplice  ragionamento  pas- 
sando alle  cifre,  sarà  agevole  dimostrare  l'aggiu- 
statezza del  mio  concetto  all'  appoggio  dei  dati 
risultanti  dal  profilo  della  proposta  nuova  inala- 
zione del  Reno  nella  tav.  Ili  della  Memoria  Scotini 
precitata. 

La  piena  massima  del  Po  del  1857  si  conservò 
in  colmo  per  24  ore,  colla  latitudine  di  soli  13  cen- 
timetri; e  l'orizzontale  del  suo  pelo  d'acqua  inter- 
secherebbe il  fondo  del  Reno  presso  la  Panfilia.  La 
misura  della  portata  della  piena  di  Reno  di  700 m. e. 


la   supponiamo  fatta  alla  botta  Interim  ad  11  chi- 
lometri a  monte.   Gli  argini   di  nuova  inalveazione 
del  Reno  sarebbero  in  sommità  distanti  160m.  Sup- 
ponendo che  quella  piena  di  Reno  duri    nel  colmo 
12  ore,  il  suo  volume  sarebbe  di  circa   30  milioni 
di  m.  e;  quella  di  piena  crescente,  supposta  pure 
di  12  ore,  con  una  portata  media  di  370  m.c,  da- 
rebbe  altri    16  milioni,   ed  ammettendo  eguale  la 
piena  decrescente  ,  il  volume  della  piena  integrale 
risulterebbe  di  62  milioni  di  m.c,  e  quindi  sarebbe 
il  terzo  di  una  piena  massima  del   Reno-Samoggia 
desunta  da  quella  del  Panaro  del  1 842  (§183).  Sul  pelo 
d'acqua  di  rigurgito  della  piena  massima  del  Po, 
con   un'altezza    media  di  lm,30,    si  avrebbe  circa 
un  milione   di  m.  e.  per  1*  ultimo  tronco  di  nuova 
inalveazione  di  5  chilometri,   partendo  dalla  focej 
cinque  milioni  si  avrebbero  pei  successivi   10600m 
fino  alle  pescaie  proposte ,    con    un'  altezza   media 
di  3m;  '1400  000   m.c.  si  avrebbero  nella  rapida 
di  esse  pescaje  della  lunghezza  di  2500m  fino  alla 
Panfilia,  coll'altezza  media  di  3m,50;  quindi  in  tutto 
7  400  000  m.  e.  Aggiungendovi  altri  3  800  000  m.c. 
per  gli  11  chilometri  a  monte  fino  alla  sezione  mi- 
surata,   ne   risulterebbero   in  tutto  undici  milioni 
circa  di  m.  e.   per  la  capacità  dell'  alveo.   Ora,  dei 
16  milioni  di   m.  e.  di   piena  crescente,  supposto 
che  sei  s'impieghino  a  riempire  l'alveo,  discende- 
rebbero alla  foce  i  residui  10  milioni.    Pei   ?>0  mi- 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  41.1 

244.  Abbiamo  veduto  al  §  187  che  al  confronto  di  Ostiglia  neh"  ultimo  ven- 
tennio la  media  di  sette  magre  massime  sarebbesi  alzata  di  cent.  11  a  Ponte- 
lagoscuro,  e  di  cent.  40  alla  Quatrelle  presso  la  foce  del  Panaro.  Lo  che  sa- 
rebbe indizio  di  un  prevalente  alzamento  di  fondo  in  quest'ultima  località,  il 
quale  sembra  avere  influito  anche  sulla  elevazione  della  piena  massima;  imper- 
ciocché quella  del  1857  avrebbe  ivi  superata  l'anteriore  dell'8  novembre  1859 
di  0m,26,  mentre  a  Pontelagoscuro,  a  circostanze  pari  di  deflusso,  le  due  piene  si 
elevarono  allora  al  medesimo  livello.  Se  tali  effetti  si  hanno  per  la  confluenza 
del  Panaro,  si  potrà  di  leggieri  prevedere  come  abbiano  ad  essere  più  rilevanti 
coli' aggiunta  del  torbidissimo  Reno.  Non  credo  quindi  di  allontanarmi  gran 
fatto  dal  vero  supponendo  che  in  tal  caso  in  non  lungo  corso  d'anni  dovesse 
accrescersi  ivi  l'altezza  delia  magra  e  quindi  del  fondo  del  Po  di  oltre  un 
metro,  alzamento  che  mano  mano  si  propagherebbe  nel  tronco  a  monte,  e  per 
lungo  tratto  in  quello  a  valle,  con  notevole  avanzamento  del  brusco  scaglione 
del  fondo  del  Po  rilevato  co' suoi  calcoli  dal  Possenti  (V.  dal  §  197  al  201), 
con  danno  incalcolabile  degli  scoli  dei  Mantovano  a  destra  e  fors'  anehe  di 
quelli  alla  sinistra  del  fiume  senza  raggiungerne  con  ciò  lo  stabilimento  (1). 

245.  Combinando  siffatto  verosimile  alzamento  di  magra  e  di  fondo  con  quello 
dianzi  calcolato  del  livello  di  piena  massima  del  Po  associata  ad  una  piena 
considerevole,  ma  non  massima  del  Reno  nel  limile  più  moderato  di  0m,66, 
ne  risulterebbe  un  alzamento  di  essa  piena  del  Po  di  lm,66.  Supposto  pure 
che  per  l'accresciuta  pendenza  del  fondo  e  del  pelo  d'acqua  e  per  qualche 
dilatamento  di  sezione  dovesse  deprimersi  alcun  che,  potrebbe  però  sempre 
riuscire  l'alzamento   di  lm,50.   Le   arginature  del  Mantovano  non    prevalgono, 


lioni  poi  di  colma  del  Reno  ,  cinque  soli  bastereb- 
bero a  riempire  1'  alveo  ,  cosicché,  compiutosi  ciò 
nelle  prime  sei  ore  ,  durante  le  quali  il  fiotto  di 
piena  massima  si  propagherebbe  fino  alla  foce,  per 
le  sei  ore  consecutive  il  Reno  si  scaricherebbe  in 
Po  con  moto  permanente  in  ragione  di  700  m.  e. 
per  1",  quindi  senza  attenuamento  di  portata.  Se 
fossimo  invece  partiti  dalla  Panfilia,  come  suppose 
lo  Scotini,  ad  11  chilometri  a  valle,  l'afflusso  per- 
manente della  piena  del  Reno  in  Po  si  avrebbe 
assai  prima. 

(1)  In  quanto  agli  scoli  del  Mantovano  a  destra 
se  ne  parlerà  più  avanti,  allorché  si  tratterà  della 
loro  condizione.  Rispetto  poi  a  quelli  della  si- 
nistra sul  territorio  veneto  che  continueranno  a 
scaricarsi  in  Po  anche  dopo  compiuta  la  bonifica- 
zione dei  consorzi  padani  sul  territorio  Veneto,  mi 
mancano  dati  positivi  di  fatto  per  parlarne  con  fon- 
damento. Ma  siccome  l'alzamento  della  magra  e 
delle  piene  del  Po  si  propagherebbe  in  notevole 
misura  tanto  a  monte  quanto  a  valle  della  nuova 
foce  del  Reno  e  verisimilmente  fino  al  disotto  della 
Fossa  Polesella,  è  a  prevedersi  che  quegli  scoli  pure 
ne  riuscirebbero  assai  pregiudicati. 

Nel  dorso  dell'Adige  sotto  la   foce   dell' Alpone, 

Giom.  big.  —  Voi.  XVI.  —  Luglio 


di  cui  si  è  parlato  al  g  193,  il  cavallo,  o  colmo,  si 
troverebbe  a  due  chilometri  a  valle,  e  sembra  con- 
tinuare lo  spalto  per  altri  quattro  chilometri.  Nel 
dorso  del  Po  alla  foce  del  Panaro,  giusta  la  livel- 
lazione del  1852  di  cui  si  è  fatto  cenno  nella  nota 
al  g  202,  si  avrebbero  le  pendenze  seguenti  del 
pelo  d'acqua  di  una  magra  pronunciata  di  4m,94 
sotto  guardia  a  Pomelagoscuro.  Nel  1.°  tratto  di 
1900m,0,122  per  mille;  nel  2.°  di  860m,0,103;  nel 
3.°  di  3320m  da  0,123  a  0,126;  nel  4.°  di  5300m  da 
0,106  a  0,100;  nel  5.°  di  3140m  da  0,093  a  0,089; 
nell'  ultimo  di  4550m  fino  all'  idrometro  di  Ponte- 
lagoscuro 0,071;  0,077;  0,071. 

La  minorazione  delle  pendenze  nei  tratti  più  pros- 
simi a  Pontelagoscuro  sembra  effetto  del  notevole 
dorso  della  Rimbaldese ,  di  cui  si  è  parlato  nella 
nota  precitata,  e  che  costituirebbe  una  delle  più 
notevoli  anomalie  di  fondo  dell'ultimo  tronco  del  Po. 

Mi  mancano  i  dati  pel  tronco  inferiore  rispetto 
ad  una  magra  simile;  ma  in  quanto  a  quella  ordi- 
naria, cui  si  approssimerebbe  il  pelo  d'acqua  del 
22  settembre  1813,  di  3,m70  sotto  guardiana  pro- 
gressiva diminuzione  della  pendenza  viene  indicata 
al  g  203. 

1868  c>7 


412  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

ove  sono  maggiormente  elevate,  più  di  0m,40  sulla  piena  del  1857,  ed  in  tratti 
lunghissimi  il  franco  loro  riducesi  a  meno  di  0m,20.  Supposto  quindi  per  ter- 
mine medio  il  franco  di  0m,30,  verso  la  Stellata  verrebbe  soverchiato  l'argine 
in  altezza  di  lm,20  ;  cosicché  per  assegnargli  un  franco  normale  di  0m,80  sa- 
rebbe necessario  di  elevare  gli  argini  neir  enorme  misura  di  2m. 

246.  In  quanto  al  maggior  protendimento  delle  foci  del  Po  per  l'aggiunta 
del  Reno,  il  professore  Turazza,  partendo  dal  supposto  che  il  rapporto  delle 
piene  dei  due  fiumi  sia  di  1  :  347,  pensa  che,  avuto  eziandio  riguardo  alla 
maggior  torbidezza  del  Reno,  l'aumento  dovrebbe  essere  al  dissotto  di  un  cente- 
simo. Avendo  per  altro  dimostrato  al  §181  che  il  rapporto  delle  piene  sarebbe 
invece,  secondo  me,  di  circa  1:43,  col  porre  a  confronto  i  moduli  dei  due 
fiumi,  siccome  avrebbe  fatto  il  Turazza  ai  §§  96  e  97  della  sua  Memoria  pel 
Reno  e  per  gli  altri  torrenti  inferiori,  ne  consegue  che  quello  dei  protendimene 
potrebbe  essere  di  circa  1  :  14,  quindi  con  un  incremento  del  7  per  100,  che 
non  sarebbe  di  lieve  momento  per  le  sue  conseguenze ,  le  quali  si  estende- 
rebbero anche  al  mentovato  avanzamento  dello  scaglione  nel  fondo  del  Po  al 
dissotto  di  Zocca. 

247.  Nell'adunanza  del  25  luglio  dello  scorso  anno,  lessi  a  quest'Istituto  una 
Memoria  sul  voto  della  Commissione  provinciale  di  Milano  concernente  i  pro- 
getti di  canali  irrigui  dell'Alto  Milanese,  e  dimostrai  ivi  come  fossero  erronei 
i  calcoli  dai  quali  essa  partiva    per   dichiarare  innocuo   un    moderato  invasa- 
mento del  Lago  Maggiore  al  duplice  scopo  di  accrescere  la  portata  delle  acque 
utilizzabili,  e  di  abbassarne  le  piene;  ed  esponeva  i  motivi  pei  quali  conside- 
rava siffatto  piano  sommamente  pregiudicevole  al  reggime  del  Ticino  e  del  Po, 
ed  all'  interesse  dei  terzi.  Ciò  diceva  dopo  vent'otto  anni  di  studj  sulla  dottrina 
dei  laghi,  e  particolarmente  sulla  condizione  idrologica   di  quelli   della  Lom- 
bardia, rettificando  la  mia  opinione  esternata  in  Memorie  precedenti  sulla  con- 
venienza di  moderati  invasamenti  pel  primo  degli  scopi  summenzionati.  Ora  per 
sovrano  decreto  30  gennajo  ultimo  scorso  sarebbesi  accordata    la   concessione 
della  derivazione  di  canali  irrigui  dai  laghi  Maggiore  e  di  Lugano  tanto  nella 
stagione  estiva  quanto  nella  jemale  in  una  misura  eccedente  quella  considerata 
dalla  Commissione  Provinciale  di  Milano,  misura  che  richiederà  invasamenti  assai 
più  notevoli  di  quelli  da  essa  calcolati.  In  quel  decreto  è  detto  che  l'attuazione 
del  progettato  divisamento  non  può  arrecare  alcun  pregiudizio  al  buon  governo 
delle  acque  pubbliche,  né  all'interesse  dei  terzi  quando  si  osservino  le  oppor- 
tune cautele.  Trattandosi  di  un   punto  puramente  tecnico  intorno  al  quale  ho 
fatti,    come  dissi,    studj   speciali,  non  potrei  convenire  in  quella  sentenza,  e 
qualora  il  piano  si  mandasse  ad  effetto,  prevedo  che  concorrerebbe  esso  pure 

a  pregiudicare  il  reggime  del  Basso  Po  collo  scemare  l'azione  moderatrice  del 

Lago  Maggiore  nelle  sue  piene  (1). 


(1)  In  un  periodico  di  Pavia  è  pubblicata  la  Re- 
lazione di  quella  deputazione  provinciale  al  Consiglio 
raccoltosi  sui  primi  dell'  aprile  scorso ,  il  quale 
avrebbe  deliberato  di  porgere  reclamo  al  governo 


del  Re  perchè  venga  revocato  il  R.  decreto  30  gen- 
najo 1868,  siccome  quello  che  è  evidentemente  con- 
trario all'art.  ÌU  della  legge  20  marzo  1865.  Ivi 
è  detto  : 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  413 

248.  I  pubblici  fogli  annunziarono  pure  che  l'onorevole  sig.  cornm.  Grattoni, 
ispettore  del  Genio  Civile,  faceva  studj  per  proporre  un  piano  di  sistemazione 
del  corso  del  Po  onde  migliorarne  la  navigazione.  Neil*  ultima  mia  Memoria 
precitata,  ed  in  altra  anteriore,  esposi  i  motivi  pei  quali  un  tale  piano,  oltre 
all'immenso  dispendio  che  richiederebbe,  tornerebbe  sommamento  dannoso  al 
reggime  del  Basso  Po,  col  promovere  l'alzamento  del  suo  fondo,  e  l'elevazione 
delle  sue  piene. 

Avanti  di  prendere  in  esame  le  modificazioni  che  si  dovrebbero  a  mio  av- 
viso introdurre  nel  progetto  Scotini  per  l'immissione  del  Reno  in  Po,  in  rela- 
zione alle  premesse  considerazioni ,  gioverà  procedere  a  quello  delle  difficoltà 
che  si  oppongono  a  conservarlo,  insieme  agli  altri  fiumi  torrenti  del  Bolognese 
e  della  Romagna,  nell'odierna  sua  inalveazione. 

XXVII.  Esame  dei  principj  secondo  i  quali  il  Lecchi  ha 
proposto  e  fatto  intraprendere  l' inalveazione  del  Reno  e 
dei  torrenti  inferiori  nel  Priiuaro* 


249.  Le  premesse  considerazioni  sul  reggime  del  Po  e  sulle  alterazioni  cui 
potrebbe  soggiacere  coli' immettervi  il  Reno,  sono  il  frutto  di  lunghi  studj 
sulla  statistica  del  primo,  e  delle  notizie  simili  che  ho  potuto  raccogliere  per 
l'altro,  e  quantunque  trattisi  di  argomento  gravissimo  ed  assai  involuto  ho 
qualche  fiducia  di  non  essermi  gran  che  allontanato  dal  vero  nelle  mie  dedu- 
zioni. Altrettanto  non  posso  dire  rispetto  alla  sistemazione  delle  acque  alla  de- 
stra del  Basso  Po,  qualora  si  rinunziasse  al  piano  preaccennato,  imperciocché, 
come  già  osservai,  mi  mancherebbe  quel  corredo  di  cognizioni  locali  che 
si  richiede  onde  emettere  un  giudizio  positivo  sopra  un'  operazione  cotanto 
complicata.  Dovrò  quindi  limitarmi  all'  esame  della  questione  sotto  un  aspetto 
generale,  e  procurare  di  porre  d'accordo  i  principj  idrologici  colle  princi- 
pali circostanze  di  fatto  che  ho  potuto  verificare  anche  senza  avere  visitati  i 
luoghi;  e  se  estenderò  le  mie  considerazioni  ai  provvedimenti  che  reputerei 
opportuni,  Io  farò  in  via  di  massima  soltanto ,  senza  entrare  ne'  particolari  di 
progetti  esecutivi. 

250.  Dai  cenni  storici  da  me  riassunti  nella  II  parte  di  questa  Memoria  ri- 
sulta all'art.  XVII  che  dopo  il  1766  il  piano  <T inalveazione   del  Reno  e  degli 


«  Quando  si  tratti  di  nuove  derivazioni,  a  tempo 
«  indeterminato,  dai  fiumi  e  laghi,  il  governo  dovrà, 
«  prima  di  decidere  ,  provocare  il  parere  dei  con- 
«  sigli  provinciali  che  possono  avervi  interesse  », 
pratica  cui  si  è  sorpassato  rispetto  al  Consiglio 
provinciale  di  Pavia. 

Con  quella  Relazione  si  riproduce  per  tenore  la 
chiusa  della  mia  Memoria,  in  questi  termini  : 

«  Ma  se  si  persistesse  nell'  idea  di  far  servire  la 
"Chiusa    anche   all'abbassamento    delle    piene   del 


«  Verbano,  egli  è  naturale  che  si  dovrebbe  proce- 

c  dere   ad   una  nuova  inchiesta   con  una   Commis- 

«  sione  tecnico-amministrativa,    ove  fosse   rappre- 

«  sentata  ,   non    solo  la   provincia   di   Milano ,    ma 

«  eziandio  quella  di  Pavia,  la  quale  verrebbe  esposta 

«  ai  maggiori  danni  per  siffatta  innovazione;  danni 

«  che,  dipendendo  non  più  esclusivamente  da  forza 

«  superiore,  ma  in  gran  parte  dall'opera  dell'uomo, 

«  porgerebbero  titoli  inconcepibili  (leggasi  inecce- 

«  pibili)  ad  adequati  risarcimenti  ». 


414  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

altri  torrenti  inferiori  sonosi  concretati  dai  tre  matematici  Lecchi ,  Temanza  e 
Verace,  che  ne  assunsero  eziandio  la  direzione  principale,  se  non  l' immediata, 
pel  primo  sejennio  almeno,  ne' modi  che  vedonsi  specificati  nella  Relazione, 
ossia  voto  steso  dal  Lecchi  (1).  In  questo  egli  esordisce  col  maravigliare  come 
da  tanto  tempo  si  contestasse  la  scelta  della  linea  di  nuova  inalazione  del 
Reno,  mentre  quella  allora  seguita  dal  fiume  era  a  suo  avviso  la  più  conve- 
niente dalla  rotta  Panfilia  al  cavo  Benedettino  ,  ove  sarebbesi  naturalmente 
inalveato   nelle   proprie  alluvioni,   dichiarandola  segnata  dalla  natura. 

551  Eo-li  riconosceva  necessario  per  la  nuova  inalveazione  sotto  la  Panfilia 
di  assegnare  15  pertiche  (57m)  all'alveo  del  Reno  e  20  pertiche  (76m)  alle  golene 
che  trova  utili  per  allontanare  dall'  argine  il  pericolo  di  corrosione.  Successi- 
vamente aggiunge  che  giovano  eziandio  le  golene  per  accrescere  la  capacita 
dell'  alveo.  Dice  che  i  torrenti  torbidi  entrati  nel  Primaro  lo  hanno  escavato 
in  misura  considerevole;  che  gli  argini  i  quali  lo  separano  dalle  valli  di  Co- 
macchio  sono  sicurissimi  ed  impenetrabili;  che  conviene  pensare  a  costruire 
gli  argini  alla  sua  destra  onde  liberare  dalle  inondazioni  estesissimi  territorj; 
portando  ivi  la  larghezza  della  golena  a  30  pert.  (104m). 

252.  La  nuova  inalveazione  doveva  praticarsi  in  varj  anni  successivi ,  dando 

campo  al  Reno  di  colmare  i  bassi  fondi  cuorosi,  dopo  di  che  si  costruirebbero 

sopra   di    essi    gli   argini ,    che   da   principio    converrebbe  di    tratto   in  tratto 

lasciare   interrotti.  «  Se  si  rovesciasse    qualche  tratto   d' argine  poco  imporla. 

«  Insomma  qui  dobbiamo  fare,  per  così  dire,  una  nuova  creazione  di  rive,  di 

«  golene,  di  argini,  di  scavamenti  in  una  parie,  e  di  riempimenti  nell'altra. 

«  Cose  tutte,  le  quali  non  possono  farsi  eseguire  da  altro  fabbrichiere  che  dal 

«  Reno  medesimo;    sicché  esso  trasporti  la  terra,    esso    escavi   l'alveo,   esso 

«  riempia  le  cavità  paludose ,  esso  assodi  le  rive.  Si  rimette  adunque  alla  pe- 

«  rizia  ed  alla  sagacilà  del  direttore  di  quest'  opera  la  scelta  di  que'  spedienti 

»  che  più  conducono  a  far  buon  uso  delle  forze  e  del  genio  del  Reno  ». 

253   Dopo  avere  proclamate  queste  eccellenti  massime,  e  stabilite  norme  ra- 
zionali pel  procedimento  de' lavori,  e  per  assegnare  una  competente  larghezza 
all'alveo  ed  alle  golene,  condannando  la  soverchia  avarizia  dei  Bolognesi  nella 
misura  di  queste,  e  dopo  avere  detto  che  al  cavo  Benedettino  le  golene  sono 
di  sole  5  pertiche  (19m),  egli  soggiunge  verso  il  termine  della  Relazione  :  «Or 
«  quando  la  prima  volta  e'  incontrammo  in  questo  cavo  Benedettino  non  prima 
«  veduto  da  noi ,  e  quando  si  osservò  attentamente  la  rapidità  del  suo  corso, 
«  l'ampiezza  dell'alveo,  la  solidità  delle  arginature  munite  delle  sue  golene,  a 
«  guardammo  in  viso  l'un  l'altro  con  istupore:  E  questo,  si  disse  tosto,  e  questo 
«  è  quell'infelice  canale  cosi  male  disegnato,  e  peggio  eseguito,  come  ci  ave- 
«  vano  riferito  alcuni  prima  della  visita?    Questo  è  quel  canale  cui  manca  la 
«  pendenza  necessaria,  quando  ancora  in  acque  mezzane  il  Reno  vi  corre  con 
«  tanta  velocità  come  veggiamo  di  presente?  Egli  è  vero  che  dopo  dell  argine 
«  di  circondario  della  valle  di  Gandazzolo,  il  Reno  dal  cavo  Benedettino  si  scarica 

(1)  Raccolta  di  Bologna,  T.  IX, 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO   ADRIATICO  415 

«  per  quella  rotta  al  Primaro,  abbandonando  ora  il  restante  suo  cavo  che  più 
«  rettamente  conducevalo  ad  isboccare  nel  Primaro  al  Morgone.  Ma  questo  di- 
ce sastro  di  qualche  rotta  è  comune  a  tutte  le  nuove  arginature,  e  può  ora 
«  ripararsi  assai  facilmente  ,  quando  si  voglia  ,  giacché  la  sostanza  del  canale 
«  Benedettino  rimane  quella  di  prima,  e  soltanto  ha  bisogno  di  una  moderata 
«  espurgazione  del  Gandazzolo  fino  allo  sbocco  dell' Idice,  che  è  un  tratto  di 
«  altre  due  miglia. 

254.  Questi  elogi  sperticati  del  cavo  Benedettino,  che  non  consonavano  colle 
massime  preaccennate  per  la  nuova  inalveazione ,  le  faceva  il  Lecchi  nel  voto 
precitato  in  seguito  alla  prima  visita  del  1766.  Ma  nel  1775,  dopo  intrapresi  ed 
avanzati  i  lavori  pel  corso  di  sei  anni  sotto  la  sua  direzione,  teneva  un  linguaggio 
differente,  come  ricavasi  dalla  sua  seconda  Relazione  compresa  nelle  Memorie 
precitate  di  quell'anno.  Ivi  nota  (pag.  229)  che  gli  architetti  bolognesi  limita- 
rono con  soverchia  avarizia  a  sole  5  pertiche  (19m)  la  larghezza  delle,  golene 
del  cavo  Benedettino,  e  soggiunge  :  «  Confesso  il  vero  che  nel  primo  incomin- 
«  ciamento  di  questa  grande  operazione ,  io  era  tentato  di  secondare  intera- 
«  mente  le  mie  idee  intorno  alla  latitudine  delle  golene,  o  ritirando  indietro 
«  gli  argini  vecchi,  o  rifacendo  un  cavo  tutto  nuovo  con  altra  direzione.  Mi 
«  spaventò  il  calcolo   dispendiosissimo. 

255.  È  stato  pure  fatale  questo  timore  di  eccedere  nella  spesa,  che  ha  com- 
promesso in  grado  eminente  la  riuscita  dell'opera.  E  più  strana  ancora  si  fu 
la  parsimonia  colla  quale  il  Lecchi  fece  eseguire  il  raddrizzamento  del  Bene- 
dettino onde  congiungerlo  al  Primaro,  non  più  al  Morgone,  ma  al  Traghetto. 
Imperciocché  assegnò  ivi  al  cavo  la  larghezza  di  sole  3  pertiche  sul  fondo  e 
di  9  pertiche  (54m)  in  bocca  ;  con  golene  di  8  pertiche  (30m)  allo  scopo  di 
non  impegnarsi  nella  demolizione  di  alcune  case  dell'  abitato  ,  mentre ,  come 
si  disse,  per  la  nuova  inalveazione  fra  il  Benedettino  e  la  Panfilia  determinava 
in  20  pertiche  la  larghezza  delle  golene,  die  pel  Primaro  portava  a  30  e  35 
pertiche. 


XXVII.    Regole    che   hi    casi    simili    sarebbero    a    seguirsi 
onde   rendere   più   sicura   l' inalveazione. 


256.  Ne'  cenni  idrografici  inseriti  nelle  Notizie  naturali  e  civili  sulla  Lom- 
bardia, parlando  delle  rotte  del  Po  dimostrai  la  salutare  influenza  di  ampie 
golene  a  moderarne  i  disastrosi  effetti  ne'  termini  seguenti  :  «  Se  fra  la  rotta 
«  e  l'alveo  del  fiume  s'interpone  una  spaziosa  golena,  la  breccia  viene  allar- 
j«  gata  solo  per  l'azione  delle  acque  che  stramazzano  nella  campagna,  rodendo 
«  gli  estremi  dell'argine  troncato.  Ma  se  l'argine  è  in  froldo,  anche  le  acque 
«  profonde  del  fiume  risentono  la  chiamata  della  rotta,  e  si  volgono  a  corro- 
«  dere  la  sponda  sulla  quale  posa  l'argine,  il  quale  in  breve  ora  si  vede  a 
«  tratti  lunghissimi  ingojalo  ».  Adduco  di  poi  gli  esempi  delle  rotte  del  Man- 


416  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

tovano  accadute  in  froidi,   nel    1801    fra  1'  Oglio  ed  il  Mincio,  e  nei  1859  al 
Bonizzo  sotto  Ilevere  con  brèccie  dell'  apertura  di  500m  a  900m  (1). 

257.  In  questi  casi  per  altro  la  notevole  altezza  della  campagna  sul  pelo 
d'  acqua  ordinario  del  Po  fa  sì  che  nell'  alveo  di  questo  continua  a  discendere 
la  massa  principale  della  piena.  Ma  in  un  fiume  o  torrente  arginato,  il  cui 
fondo  sovrasti  alle  laterali  campagne,  la  rotta  del  froldo  avviene  in  cavamente, 
ossia  il  corpo  prevalente  del  fiume  si  dirige  in  essa  minacciando  una  devia- 
zione di  corso,  ad  impedire  la  quale  si  richiedono  sforzi  assai  più  imponenti. 
Egli  è  bensì  vero  che  qualora  trattisi  di  torrenti,  la  breve  durata  della  piena 
influisce  a  moderare  il  guasto,  ma  ciò  non  toglie  che  questo  non  risulti  som 
mamente  disastroso  ,  e  per  L'  estensione  delle  inondazioni  e  per  il  grave  di- 
spendio richiesto  a  porvi  riparo. 

258.  L'inalveazione  di  fiumi  sopra   un'alluvione   immatura,    mancante  cioè 
dell' occorrevole  pendenza,  ed  il  cui  fondo  sia  cuoroso,  è  problema  assai  arduo 
ma  dopo  l'errore  commesso  nella  scelta  della  linea  del  Reno  che  supponevas 
offrire  sufficiente  declivio  alle  acque,  l'estrema  torbidezza  di  queste  porgeva  ur 
mezzo  di  superare  le  difficoltà,   utilizzando  le  copiose    loro  deposizioni,   seni 
precchè  fosse  stato  libero  il  campo  di  approfittarne  nel  miglior  modo.  Un  ar 
o-ine  elevato  sopra  fondo  cuoroso  ha  una  base  incerta,  e  va  soggetto  a  notevol 
cedimenti,  particolarmente  ove  debba  portarsi  a  considerevole  altezza,  ma  se  alla 
sua  costruzione  si  faccia  precedere  un  generoso  alluvionamento,  vengono  men 
gli  ostacoli  che  vi  si  oppongono.  Per  un  torrente  quale  si  è  il  Reno  sotto  la  Rotta 
Panfilia,  sarebbe  stato  mestieri,  a  mio  avviso,  di  limitare  mediante  argini  di  cir 
condario   1'  alluvionamento  ad  una  zona  di  circa  500m,  astenendosi  dai  volerli 
estendere  ai  terreni  attigui  al  fine  di  bonificarli;    al  che    potevasi   provveder 
di  poi  con  un  ben  inteso  sistema  di  scoli.  Escavato  nel  mezzo  di  quella  zon 
il  canale  del  fiume,  da  allargarsi  progressivamente  coli' azione  delle  sue  acqu 
coadiuvata  dall'  arte ,  a  cento,  o  cento  venti  metri  di  distanza  da  questo,  dopi 
essersi  sufficientemente  alluvionato  il  fondo ,    si    sarebbero  elevati  gli   argini 
prendendo    la    terra    dall'interno    a    sufficiente  distanza  da  essi  con  cave  eh 
dopo  poche  piene  si  sarebbero  colmate.  Ristretta  per  tal  modo  l'ampiezza  dell 
alluvioni  sulle  golene  queste  dovevano  alzarsi  con  maggiore  rapidità,  e  quando 
avessero  raggiunta  una  sufficiente  elevazione  si  sarebbero    approssimati  su  di 
esse  gli  argini  con  un  trasporto  di  venti  a  trenta  metri,  cosicché  veniva  a  ri- 
sultarne verso  campagna  una  banca  altrettanto  larga  atta  ad  accrescere  la  sta- 
bilità dell'argine  per  successivi  alzamenti,  a  somministrare  presso  il  suo  mar- 
gine la  terra  occorrevole  per  soprasogli    in    occasione  di  piena,  ed  a  rendere 
meno  disastrosi  gli  effetti  di  una  rotta.  Avanti  di  procedere  al  trasporto  degli 
argini,  se,  come  è  naturale,  l'alluvione  presso  di  essi,  fosse  stata  troppo  bassa 
al  confronto  del  suo  labbro,    vi  si  potevano  promuovere  maggiori  deposizioni 
mediante  arginelli  trasversali  di  pochi    decimetri    d'  altezza   colla    sommità  di- 
sposta   a    spalto    partendo    dal    piede  dell'  argine.    La    nuova   banca  risultante 

(1)  Dalla  pag.154  alla  156= 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  417 

dall'  avanzamento  di  questo  gli  servirebbe  di  contraforte  solidissimo,  attesa  la 
notevole  pressione  cui  rimase  soggetta  insieme  al  fondo  che  ne  costituisce  la 
base.  Queste  mie  vedute  le  espongo  perchè  ad  esse  avrò  occasione  di  riferirmi 
più  avanti  (1). 

XXIX.  Modificazioni  introdotte  nel  piano  delle  opere  dai 
successori  del  becchi. 

259.  Nel  1773  per  la  direzione  dei  lavori  al  Lecchi  fu  sostituito  l'ingegnere 
piacentino  Giovanni  Andrea  Boldrini  che  prestò  l'opera  sua  fino  al  1786  in  cui 
avvenne  la  sua  morte  (2),  dopo  di  che  gli  succedette  l'ingegnere  Attilio  Àrnol- 
fìni  lucchese  che  li  fece  proseguire  fino  al  loro  compimento  nel  1790  (3). 

260.  Il  Boldrini  fece  compiere  la  nuova  inalveazione  del  Reno  dal  Benedet- 
tino alla  Rotta  Panfilia,  formandovi  le  spaziose  golene  proposte  dal  Lecchi.  Per 
accrescere  poi  la  cadente  alla  inalveazione  generale  e  togliere  viziose  tortuo- 
sità del  Primaro,  per  le  quali  se  ne  moltiplicavano  i  froldi,  fece  eseguire  nel  1773 
il  primo  drizzagno  di  Argenta;  nel  1780  il  secondo  alla  Madonna  de' Boschi,  e 
nel  1782  il  terzo  più  considerevole  di  Longastrino,  quindi  il  quarto  fra  il  Tra- 
ghetto e  la  Beccara.  Venne  pure  tracciato  il  quinto  di  Corcandolo,  la  cui  ese- 
cuzione per  altro  non  avvenne  se  non  nel  1824.  In  que' drizzagni  si  sono  pure 
formate  ampie  golene ,  allorché  vennero  chiuse  a  sinistra  le  spaziose  casse 
che  eransi  riservate  alle  espansioni  delle  piene. 

XXX.  Rettificazione   di   circostanze    di   fatto   concernenti 
l'attuale  inalveazione  del  fieno. 

261.  Una  delle  più  imponenti  difficoltà  che  presenta  questa  inalveazione  del 
Reno  è  la  considerevole  elevazione  delle  arginature  che  converrebbe  rialzare 
tuttavia  qualora  vi  si  introducesse  ridice  cogli  altri  torrenti  minori  tolti  dal- 
l'attuale colmata,  avuto  in  ciò  riguardo  alla  natura  cuorosa  e  quindi  cedevole 
per  lunghe  tratte  del  fondo  che  ne  costituisce  la  base.  Il  Brighenti,  nella  pre- 
citata sua  Memoria  letta  nel  dicembre  1855,  così  si  esprime  (§  11  e  12). 

262.  L'ultimo  tronco  della  inalveazione  del  Reno  è  sopra  terreno  general- 
«  mente  cuoroso,  e  vi  occorrono    amplissime  basi  a  costiparlo  in  proporzione 


(1)  Questo  concetto  di  promovere  nelle  nuove  inal- 
veazioni  di  torrenti  torbidi  sopra  terreni  bassi  l'al- 
luvionamento  di  una  zona  estesa  e  di  approssimare 
di  poi  gli  argini  sulle  golene  abbastanza  rialzate, 
ricavandone  così  una  robusta  ed  estesa  banca  a  tergo 
di  essi,  lo  credo  nuovo,  e  mi  sembra  che  abbia  a 
riuscirne  utilissima  l' applicazione.  Ne  avevo  dato 
un  cenno  nella  nota  finale  (D)  alla  mia  Memoria  del 
1858  sulle  inondazioni  della  Francia,  ma  con  un 


piano  di  lavori   cui  preferirei   il  metodo  più  sem- 
plice ora  proposto  dietro  ulteriori  studj. 

(2)  Intorno  al  1761  vi  era  stata  una  viva  contro- 
versia fra  il  Lecchi  ed  il  Boldrini  per  la  sistema- 
zione di  alcune  arginature  alla  sinistra  del  Po  a 
S.  Rocco  di  fronte  a  Piacenza,  risultante  dalle  scrit- 
ture allora  pubblicate  dall'  uno  e  dall'  altro. 

(3)  Memorie  precitate  per  la  storia  del  Reno,  del 
canonico  Bertoldi  argentano. 


418  STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI 

«  del  peso  da  sopraporvi.  L'occorrente  rialzamento  di  metri  1,50  sopra  il  colmo 
«  attuale  dimanderebbe  banche,  sottobanche,  e  piazze  basse  estesissime  per  ese- 
«  guirlo  con  fiducia  di  stabilità,  come  fu  fatto  al  froldo  Manica,  onde  la  spesa 
«  riuscirebbe  enorme  sopra  una  lunghezza  di  miglia  50  almeno  a  destra  e 
«  sinistra.  E  dico  di  50  miglia  perchè  gli  attuali  rigurgiti  dei  torrenti  inferiori 
«  arrivano  a  Torniano  nelle  massime  piene ,  e  coli'  Idice  arriverebbero  alla 
«  Panfilia. 

«  Poniamo  già  fatto  questo  rialzamento,  quale  sicurezza  potrebbe  aversi  con 
«  argini  soprastanti  in  qualche  sito  metri  14,50  sulle  campagne,  e  prossima- 
«  mente  metri  12  sul  fondo  del  tronco  inferiore  dalla  Beccara  al  mare? 

265.  Le  arginature  della  nuova  inalveazione  del  Reno  dalla  Panfilia  al  mare 
si  estenderebbero,  giusta  il  profilo  di  livellazione  ufficiale,  dai  chil.  45  al  127, 
quindi  per  82  chilometri,  che  sarebbero  43  e  non  50  miglia  di  Bologna.  Tutto 
quel!' immenso  apparato  di  provvedimenti,  ossia  ài  banche,  sottobanche  e  piazze 
basse,  parrebbe  doversi  estendere  secondo  l'esposto  all'intera  lunghezza  della 
stessa  inalveazione,  quasicchè  ovunque  se  ne  richiedesse  l'applicazione,  lo  che 
non  si  potrebbe  ammettere,  scorgendosi  per  oltre  una  metà  della  loro  lunghezza 
accompagnati  gli  argini  da  campagne  abbastanza  elevate.  L'  alzamento  di  essi 
poi  massimo  alla  Bastia,  presso  il  mezzo  della  inalveazione,  nel  tronco  a  monte 
andrebbe  a  ridursi  a  zero  al  dissotto  della  Panfilia.  Se  con  un  alzamento  di 
lm,50  l'argine  raggiungerebbe,  giusta  il  Brighenti,  l'enorme  altezza  di  14m,50 
in  qualche  sito,  sulle  campagne,  egli  parte  dal  supposto  che  la  sua  altezza  at- 
tuale sopra  di  esse  sia  ivi  di  13m. 

264.  Il  Barilari,  nella  Memoria  precitata  sul  Reno  del  1858,  ammetterebbe 
pure  che  presso  la  Bastia  le  arginature  in  froldo  sieno  alte  12m  sopra  i  piani 
di  campagna  (pag.  28).  L'ispettore  Scotini  nelle  sue  Memorie  (§14)  dice 
egualmente  che  gli  argini  attuali  sonosi  portati  a  torreggiare  colla  corona  12 
o  13  metri  sul  piano  della  campagna,  circostanza  che  lo  induce  a  proporre 
siccome  indispensabile  l'immissione  del  Reno  in  Po. 

265.  Il  professore  Turazza,  nel  suo  esame  del  1866  al  §  30,  così  si  esprime: 
«  Ora  a  qualunque  spassionato  io  chiederei  quale  dei  caratteri  superiori  si  mostri 
«  adempiuto  nell'attuale  sistemazione  artificiale  di  Reno-Primaro  con  argini 
«  che  torreggiano  fino  a  13  metri  sulle  adiacenti  campagne,  con  argini  pog- 
«  gianti  sopra  fondo  cuoroso  e  dove  si  è  presentato  il  caso  del  profondamento 
«  di  un  intero  argine  per  la  lunghezza  di  ben  70  metri,  e  colla  vasta  depres- 
«  sione  delle  lagune  di  Comacchio  sulla  sinistra  del  fiume,  ed  in  tanta  sua  pros- 
«  simità?  Da  quanto  sono  venuto  discorrendo  sin  qui  è  dunque  giuocoforza  il 
«  conchiudere  che  il  voler  sostenere  Reno-Primaro  nella  sua  linea  attuale,  ol- 
«  trecche  essere  contrario  alle  più  ovvie  regole  d'arte,  sarebbe  anche  impren- 
«  dere  opera  soverchiante  di  lunga  mano  i  mezzi  de' quali  noi  dobbiamo  ra- 
ce gionevolmente  poter  disporre,  e  tale  quindi  da  non  poter  reggere  di  fronte 
«  ad  una  spassionata  discussione,  anche  solo  in  base  alle  regole  di  una  con- 
ce veniente  prudenza;  per  me  certamente  non  saprei  come  poterla  proporre,  né 
«  con  quali  argomenti  appoggiare  », 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  419 

266.  Il  cav.  Dausse,  che  per  molti  mesi  ,si  trattenne  a  Ferrara  dal  1859 
al  1860  onde  studiare  la  condizione  del  Basso  Po,  in  una  recente  sua  Memoria 
pubblicata  a  Brusselles  nello  scorso  novembre  1867,  ove  oppugna  il  sistema 
degli  argini  insommergibili,  dice  (pag.  57):  «  Aucune  de  nos  vallées,  en  effet, 

«  ne  ressemble  à  la  basse  vallee  du  Po Qui  l'a  d'ailleurs  explorée,  cette 

«  plaine  célèbre,  sans  trouver  sa  situation  pleine  d'inconvénients  graves  et 
«  de  dangers,  plutót  qu'enviable!  Que  de  terres  basses,  marécageuses  et  de 
«  vrais  marais  pestilentiels!  Que  d'affluents  ou  de  rivières  latérales  suspendus 
«  entre  de  simples  digues  de  terre  menue  et  peu  cohérente  à  dea  hanteurs 
«  effrayantes ;  allant  à  9,  10  mètres  et  jusqu' à  13  mètres  pour  le  Reno  à 
«  Malalbergo  ». 

267.  Allorché  nel  1856  usci  la  Memoria  del  Brighenti  sul  Reno,  mi  colpì  il 
fatto  da  lui  accennato  che  le  sue  arginature  in  qualche  sito  si  elevassero  fino 
a  15m  sulle  laterali  campagne.   Io  aveva  percorsi  gli  argini  del  Po  sul  Manto- 
vano e  qualche  tratto  di  quelli  superiori  del  Ferrarese ,  ove  non  raggiungono 
i  T  sul  piano  delle  campagne,  e  mi  faceva  senso  la  considerevole  depressione 
di  queste ,    cosicché  dubitava  che  lunghesso  il  Reno  tale  depressione    dovesse 
giungere  al  doppio.  Sì  tosto  ricevuto,  sul  cadere  del  1859,  il  profilo  officiale 
di  livellazione  del  Reno,  la  curiosità  mi  spinse  a  farvi  scorrer  sopra  la  scala, 
e  quale  non  fu  il  mio  stupore  allorché  a  valle  della  Rotta  Panfilia  su  tutta  la 
lunghezza    della  nuova  inalveazione ,   ove  è  indicato  con  linee    ondeggianti  il 
livello  delle  campagne  laterali,  la  massima  loro  depressione  la  trovai  ben   dif- 
ferente. Imperciocché  essa  limitavasi  per  la  campagna    sinistra  in  brevi  tratti 
sotto  Malalbergo  al  Gallo  a  9m;  ed  a  9m,10  al  chilom.   74  sopra  il   Traghetto; 
e  per  la  campagna  destra  ad  8m,90  sopra  il  Traghetto,  ad  8m,50  all'idrometro 
di  Gandazzolo  ed  al  cavedone  d'Argenta;  riducendosi  ad  8m  alla  Bastia.  Trattasi 
di  un  divario  del  43  per  100  sopra  il  dato  più  importante  della  questione  che 
si  agita,  ripetibile  o  da   un  errore   madornale  occorso  nella   delineazione   del 
profilo  diretta  dallo  stesso  Brighenti,    o    da   una  esagerazione  non  lieve  a  lui 
sfuggita,  ed  ammessa  dagli  altri  senza  verificazione  di  sorta,  quantunque  e  per 
lo  Scotini  e  pel  Turazza   serva  di  motivo  prevalente  onde   pronunciare   l'ana- 
tema dell'odierna  inalveazione  del  Reno.  Non  è  detto  con  ciò  che,  riconosciuta 
'insussistenza  di  quello  spauracchio  nel   limite   esposto,    la   conservazione  di 
tale  inalveazione  non  presenti  difficoltà  assai  gravi.  Esse  però  non  saranno  in- 
sormontabili al   punto  da  riuscire  impossibile  il  sostenerla,   come  supposero  i 
preopinanti  partendo   da  una   circostanza   di   fatto  che  non  è  (4). 


(1)  In  vero  deve  far  senso  come  siasi  da  tutti  (rarlo,  taluni  avranno  preferito  di  attenersi  all'au- 
ammesso  quel  dato  dietro  l'asserto  del  Brighenti,  torita  del  Brighenti.  E  difatti,  per  poter  riuscire 
senza  verificazione  di  sorta,  almeno  col  profilo  uf-    a  maneggiarlo  più  facilmente  ed  a  leggervi  sopra, 


jliciale  pubblicalo.  Ma,  trovandosi  questo  inciso  so- 
pra un  foglio  colossale  lungo  lm,35,  largo  0m,90  , 
di  carta  grossissima,  per  cui  torna  arduo  l'adope- 


dovetti   farlo  tagliuzzare  in  dieci  parti  e  montare 
in  tela. 


420  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

XXXI.   Opinione  del  Bai-ilari    sui  provvedimenti    che  oc- 
correrebbero onde  sostenere  1'  attuale  inalveatone. 

268.  L' ispettore  Barilari,  allievo  dei  Brighenti,  che  per  una  serie  d'  anni  fu 
applicato  alla  provincia  di  Ferrara  ,  di  cui  negli  ultimi  nove  era  ingegnere  in 
capo,  nella  sua  Memoria  stesa  nel  1856  e  pubblicata  nel  1858  sul  Reno  e  sui 
provvedimenti  da  adottarsi,  propugnò  la  tesi  che  mediante  questi  l'odierna  sua 
inalveazione  potevasi  sostenere  (1).  Egli  opinava  che  l'immissione  del  Reno  nel 
Po  non  potesse  riuscire  innocua  al  reggime  di  questo,  e  che  in  ogni  caso  avrebbe 
giovato  tenerlo  disgiunto  dal  Panaro.  Che  se  invece  si  avesse  voluto  conservare 
il  Reno  nell'attuale  sua  inalveazione,  ammetteva  l'opportunità  di  raddrizzarne  le 
svolte  a  valle  della  confluenza  del  Senio  per  toglierne  i  froldi,  e  di  procurarne 
la  diversione  a  sinistra  in  una  porzione  delle  valli  di  Comacchio,  ed  anche  a 
destra,  giusta  la  proposta  del  Brighenti  e  del  Vecchi,  allo  scopo  di  abbassarne 
le  piene  dopo  l'introduzione  dell' Idice  e  degli  altri  torrenti  ora  in  colmata.  Fra 
i  drizzagni  della  Madonna  de'  Boschi  e  di  Longastrino  ,  mediante  abbondanti 
ritiri  d;  argini  avrebbe  voluto  rimovere  gli  attuali  froldi,  e  quelli  più  pericolosi 
ancora  presso  la  Bastia,  giusta  un  progetto  da  lui  presentato,  col  quale  ne 
avrebbe  corretto  l'andamento;  ma  che  non  venne  approvato.  Osserva  che  da 
quel  punto  al  Traghetto  il  Reno  si  trova  in  meno  sfavorevole  condizione  perchè 
costituito  questo  tronco  dai  due  drizzagni  d'Argenta  e  di  Consandolo  ;  non  po- 
tendosi secondo  lui  porre  in  dubbio  la  cosa  malgrado  la  rotta  Martelli  avve- 
nuta nel  1842  insieme  a  quelle  Passerini  e  di  Torniano  nella  nuova  inalvea- 
zione dalla  Panfilia  al  Benedettino  per  effetto  di  sormonto  delle  arginature , 
che  allora  non  erano  sistemate. 

269.  Le  maggiori  difficoltà  le  scorge  nel  Cavo  Benedettino,  atteso  che  la  se- 
zione delle  piene  è  scarsa  alla  portata  del  Reno,  essendo  troppo  strette  le  go- 
lene, ed  in  qualche  tratto  mancanti  da  ambe  le  parti.  Ivi  considera  più  temi- 
bili le  rotte  anche  a  cagione  dell'instabilità  del  fondo  cuoroso  presso  Gandazzolo. 
Egli  troverebbe  necessario  ampliare  la  sezione  con  ritiri  d'argini  da  rafforzarsi 
con  ampli  spalti  e  con  robuste  banche  all'esterno,  valendosi  dello  scarico  delle 
golene  al  loro  labro. 

270.  Pel  successivo  tronco  di  nuova  inalveazione  fino  alla  Panfilia  non  si 
richiederebbero  a  suo  avviso,  speciali  provvedimenti,  perchè  in  generale  le  ar- 
ginature sono  munite  di  ampie  golene,  e  la  sezione  trovasi  capace  a  sufficienza 
per  contenere  le  piene.  Lo  stesso  dice  pel  tronco  superiore  dell'antico  corso 
del  Reno  fino  a  Cento,  consigliando  per  altro  di  togliere  i  froldi  nel  successivo 
tronco  a  monte ,  e  di  ridurre  1'  elevazione  degli  argini  di  golena  in  guisa  da 
permettere  le  espansioni  del  fiume  onde  diminuire  la  portata  massima  delle 
maggiori  piene  a  sollievo  dei  tronchi  inferiori. 

(1)  Il  Barilari  in  quella  Memoria  diede  prova  di  indipendenza  d'opinione,  trovandosi  la  sua  in  op- 
posizione a  quella  del  suo  maestro. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  421 

271.  Nel  27  dicembre  1859,  sotto  il  drizzagno  della  Madonna  de'Boschi,  per 
una  forte  piena  di  Reno  allora  sopravvenuta,  si  ebbe  la  rotta  al  froldo  Passe- 
rino, contiguo  alle  valli  di  Comacchio,  fatta  chiudere  dal  Barilari  nei  tre  mesi 
successivi,  con  opere,  delle  quali  dà  ragguaglio  in  una  lettera  al  Cavaliere 
Dausse,  allora  pubblicata.  La  breccia  fu  della  larghezza  di  90  metri,  promossa 
per  corrosione  dal  rovesciamento  dell'  argine  verso  il  fiume,  ed  il  chiudimento 
si  operò  mediante  coronella  lunga  250  metri,  colla  freccia  di  50  metri.  Nel  no- 
vembre 1862  sarebbesi  rinnovata  la  rotta  nella  medesima  località. 

XXXII.   Se  convenga    allargare  i  drizzagli!;    attesa   la  ri- 
stretta loro  sezione  viva. 

272.  Scorgendosi  un  notevole  ventre  di  piena  a  valle  del  Traghetto,  l'ispet- 
tore Brandolini,  e  dopo  di  lui  nel  1854  e  nel  1856  il  sig.  S.  N.  (che  dovrebbe 
essere  l'ispettore  Savino  Natali,  già  ingegnere  in  Capo  di  Ferrara),  lo  attribui- 
vano alla  ristretta  sezione  del  canale  nei  varj  drizzagni  dal  Cavo  Spina  a  quello 
della  Madonna  de' Boschi.  Notava  l'ultimo  che  mentre  il  canale  vivo  del  Reno 
dalla  Panfilia  a  tutto  il  Cavo  Benedettino  ha  una  larghezza  sul  fondo  di  50m  a 
60m,  tale  larghezza  ne' drizzagni  si  riduce  talvolta  a  26m,  e  la  media  sarebbe 
50  o  35  metri. 

273.  Il  Brighenti,  interpellato  in  proposito,  opinò  che  il  notato  ventre  di  piena 
dipenda  esclusivamente  dal  rigurgito  dei  torrenti  inferiori;  chela  larghezza  di 
quei  drizzagni  venne  determinata  dal  fiume ,  e  che  accrescendola  si  restitui- 
rebbe tuttavia  all'anteriore  misura  per  le  deposizioni  delle  acque.  Egli  adduce 
l'esempio  del  Lamone,  che  inalveato  dopo  la  rotta  del  1839  fra  argini  distanti 
200m,  si  sarebbero  formate  fra  esse  delle  golene  con  un  canale  vivo  di  soli  30 
o  40  metri,  che  ove  si  allargasse  si  restringerebbe  di  nuovo.  Osserva  inoltre  come, 
volendo  allargare  que' drizzagni  per  soli  20ra,  occorrerebbe  un  movimento  di  terra 
di  5  600  000  m.  e.  ed  un  dispendio  di  360  000  scudi.  E  nota  che  il  guadagno 
temporario  e  non  permanente  starebbe  nell'accresciuta  capacità  dell'alveo  per 
altrettanto  volume,  supposto  che  la  terra  escavata  e  portata  sulla  golene  fosse 
scomparsa,  guadagno  che  andrebbe  pressoché  in  totalità  perduto,  poiché  quella 
maggiore  capacità  dell'alveo  verrebbe  per  rigurgito  occupata  anticipatamente 
in  gran  parte  dalle  acque  degli  affluenti  inferiori  (4). 

274.  Lo  Scotini ,  senza  prendere  in  esame  il  principio  idrologico  del  Bri- 
ghenti concernente  la  capacità  dell'alveo,  ammetterebbe  egli  pure  (§  19)  l'inu- 
tilità degli  allargamenti,  per  la  considerazione  che,  se  improvvidamente  la  mano 
dell'uomo  restringe  l'ampiezza  della  sezione  che  ha  già  assunto  il  fiume,  per 
corrosione  esso  tosto  se  la  ampia,  se  la  ripristina;  e  viceversa  se  la  mano 
dell'uomo  la  rende  più  ampia,  con  interrimento  ben  tosto  il  fiume  la  restringe. 

275.  Il  professore  Turazza  nota  che  qualora  il  restringimento  della  sezione 
sia  artificialmente  procurato,  ne  potrà  derivare  un  qualche  ventre  di  piena,  che 

i 

(l)Vedansi  le  appendici  alla  sua  Memoria  del  1855  aggiunte  nella  Raccolta  del  1862  precitata:  Ricer- 
che geometriche  ed  idrometriche  ecc. 


422  STUDJ  IDROLOGICI   E  STORICI 

verrebbe  tolto  col  suo  dilatamento;  ma  che  il  vantaggio  sarebbe  di  poco  conto 
al  confronto  dei  dispendio  richiesto,  avuto  anche  riguardo  all'  approfondamento 
dell'alveo,  che  sarebbe  conseguenza  di  un  restringimento  di  sezione  al  dissotto 
della  larghezza  normale,  e  che  concorrerebbe  a  scemare  quel  ventre. 

276.  Quanto  alla  facoltà  del  fiume  di  proporzionare  P  ampiezza  della  sua  se- 
zione alla  propria  portata,  la  trovo  ammissibile  quando,  come  nel  Lamone,  se 
la  disponga  per  replezione.  Ma  quando  debba  ampliarsela  per  corrosione  ,  la 
corrente  sarà  sempre  costretta  a  vincere  la  resistenza  opposta  dalle  sponde 
con  un  conato  che  si  risolverà  in  un  rigonfiamento,  o  ventre.  E  tali  sarebbero 
le  sponde  di  que'drizzagni,  la  base  delle  quali  è  costituita  di  cuora  o  di  terra 
compatta  sotto  la  pressione  degli  alti  labri  delle  golene.  Ne  consegue  che  in 
questo  caso  la  sezione  formata  per  corrosione  dalla  corrente  sarebbe  sempre 
al  disotto  della  misura  normale. 

277.  Il  Barilari,  nella  precitata  sua  Memoria  del  1858,  avendo  calcolato  la 
portata  massima  della  piena  9  gennajo  1856  del  Reno  colla  forinola  del  moto 
equabile,  dice  di  averla  trovata  di  m.  e.  1067  sotto  la  foce  della  Samoggia,  di 
m.  e.  1047  nel  Cavo  Benedettino,  di  m.  e.  1558  nel  drizzagno  di  Longaslrino,  e  dì 
m.  e.  919  alla  Balladora,  che  si  troverebbe  a  soli  quattro  chilometri  dalla  foce 
in  mare.  Nota  che  «  la  differenza  tra  la  portata  nel  drizzagno  di  Longastrino  e 
«  quelle  determinate  nelle  altre  località  può  attribuirsi  in  parte  alle  acque  del 
«  Sillaro  e  del  Santerno  ;  ma  più  alla  insufficienza  delle  formole,  le  quali  sono 
«  meno  veritiere  a  misura  che  la  sezione  del  fiume  si  allontana  dalla  forma 
«  regolare  trapezia  su  cui  furono  fatte  le  esperienze  per  la  determinazione  dei 
«  coefficienti  costanti  ». 

278.  A  quest'  ultima  considerazione  devesi  infatti  attribuire  P  erroneità  del- 
l'eseguita misura,  veduto  che  a  Longastrino  oltre  al  canale  vivo  si  hanno  go- 
lene talmente  spaziose  da  rimanere  la  sommità  degli  argini  fra  loro  distanti 
180m  (ivi,  pag.  15),  cosicché  la  portata,  che  effettivamente  avrebbe  dovuto  limi- 
tarsi a  circa  1000  in.  e,  si  è  accresciuta  fino  a  1558  m.  e. 

279.  Considerata  da  me  attentamente  la  cosa,  ho  potuto  persuadermi  che 
quell'erronea  misura  diviene  preziosa,  in  quanto  che  ci  somministra  i  dati  per 
risolvere  l'insorta  questione  con  sufficiente  approssimazione.  In  mancanza  della 
sezione  misurata  mi  sono  valso  del  profilo  di  livellazione,  e  colf  uso  delle  ta- 
vole per  la  forinola  di  Eytelwein  ho  trovato  che  la  pendenza  del  pelo  d'acqua 
avrebbe  dovuto  essere  di  0,196  per  mille.  Supposta  la  portata  effettiva  di 
1000  m.  e,  la  larghezza  odierna  del  canale  vivo  di  50m  ,  la  portata  parziale 
di  esso,  cui  soltanto  potrebbe  applicarsi  la  forinola,  sarebbe  stata  di  526  m.  e, 
con  una  velocità  media  di  lm,865  peri";  mentre  per  le  golene  la  portata  sa- 
rebbe stata  dei  soli  474  m.  e.  residui,  con  una  velocità  media  di  0m,81.  Allar- 
gando la  sezione  del  canal  vivo  dai  50m  ai  50m,  con  un  abbassamento  di  pelo 
d'acqua  di  0m,90,  ne  risulterebbe  la  portata  di  esso  di  801  m.  e.  colla  velocità 
media  di  lm,884;  e  la  portata  sulle  golene  di  285  m.  e.  colla  velocità  media 
di  0m,719,  cosicché  la  portata  complessiva  sarebbe  di  1086  in  luogo  dell'effet- 
tiva supposta  di  1000  m.  e.  cui  parrebbe  potersi  ridurre  per  effetto  dei  rigur- 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  423 

gili  degli  affluenti  (1).  E  qui  è  da  notarsi  che,  trattandosi  di  un  calcolo  com- 
parativo, gli  errori  in  più  od  in  meno  in  uno  dei  supposti  si  ripeterebbero 
prossimamente  nell'egual  senso  nell'altro,  cosicché,  non  le  loro  quantità  as- 
solute, ma  le  sole  loro  differenze  influirebbero  sul  risultamento  finale 

280.  Un  abbassamento  dell'  osservato  ventre  di  0,n,90  non  sarebbe  in  vero 
oggetto  di  beve  momento,  ed  in  quanto  alla  spesa,  qualora  le  ripe  si  ritagliai- 
aero  in  tempo  opportuno  a  molte  riprese  e  si  approfittasse  della  corrente  pel 
trasporto  della  terra  ritagliata  mercè  i  mezzi  che  l'arte  può  offrire  la  spesa 
calcolata  dal  Brighenti  potrebbe  ridursi  a  meno  di  un  quarto  (2)  '  Che  real- 
mente sulle  golene  la  velocità  delle  acque  debba  essere  assai  limitata  al  con- 
fronte  del  canal  vivo ,  Io  si  può  dedurre  dalla  considerazione  della  notevole 
elevazione  delle  acque  in  questo,  e  dalla  resistenza  assai  minore  del  suo  fondo 
costituito  di  sabbia  e  limo  al  confronto  della  superficie  delle  golene  ove  per  io 
meno  alligneranno  le  erbe.  E  poiché    col   supposto    allargamento    si  avrebbe 


(1)  Il  calcolo  della  portata  del  drizzagno  di  Lon- 
gastrino  si  fa  partendo  dal  dato  che  la  larghezza 
della  sezione  fra  le  sommità  degli  argini  sia  di  180m; 
che  la  sezione  viva  del  canale  abbia  la  larghezza 
di  26m  sul  fondo,  e  quella  media  di  30m  ;  che 
l'acqua  della  piena  del  gennaio  1856  fosse  alta 
9m,40  sul  fondo  medio,  4m  sul  labro  delle  golene 
e  4m,40  al  piede  degli  argini.  Per  tal  modo  sa- 
rebbesi  avuta  la  superficie  della  sezione  viva  di 
3(P  X  9*40  =  282  m.  q. ,  e  sulle  golene  di 
140"'  x  4m,20  =  588  m.  q. ,  perciò  in  tutto  di 
870  m.  q.  Colla  formola  del  moto  equabile,  la  por- 
tata venne  calcolata  in  1358  m.  e.  ;  cosicché  la  ve- 
locità media  sarebbe  stata  di  lm,56  per  1  ". 

Facendo  io  uso  della  tavola  unita  alla  Memoria 
del  Venturoli  del  1821  per  la  formola  di  Eytelwein, 
ove  C  sarebbe  il  contorno  bagnato  ;  S  la  superficie 
della  sezione;  ^-=D  il  raggio  medio;  la  pendenza 
del  pelo  d'acqua  cos.  9  ;  u  la  velocità  media;  q  la 
portata,  ne  risulterebbe  per  l'intera  sezione 

C  =  30ra  -f  12m  +  133m  -f  9m  =  184m-- 


i)  =  184  =  4'73;  w  =  lm>56; 
quindi  D  cos.  9  =  0,0009274;  e  cos.  9  =  0,000196. 
La  portata  effettiva  si  è  supposta  di  1000  m.  e; 
e  sul  canal  vivo,  ove  è  applicabile  la  formola,  si 
avrebbe,  come  sopra,  5=284  m.  q.  ;  C  =  42m- 
fi  =6,71,  quindi 

fi  cos  9  =  6,71   X  0,000196  =  0,0013150 
cui  corrisponde   w  =  1^865  e   q  =  526   m.  e.  Ri- 
marrebbe quindi  la  portata  sulle  golene  di  474  m  e 
ed  essendo  ivi    5  =  588   m.q.,  ne  risulterebbe' su' 
di  essa  la  velocità  di  0ra,81. 

Con  un  dilatamento  di  20m  del  canale  vivo  e  con 
un  abbassamento  di  pelo  d'acqua  di  0m,90  della 
Piena,  si  avrebbe  pel  canale  vivo  : 


S  =  425  m.  q. 
£=62m;     /)  =  6,845;     D  cos.  9  =0,0013435; 
w'  =  lm,884;      g  =  801  m.  e. 
e  sulle  golene  si  avrebbe 

S  =  120mX3m,30  =  396  m.  q. 
e  supposta  lavelocità  proporzionale  alla  radice  del- 
l'altezza, ^4,20:  Vpb  ::  2,05: 1,82::  0m  81    0  719- 
quindi    q'  =  285  m.  e. 

Ne  risulterebbe  perciò  0=7+9=801 -f  285=1 086 
m.  e,  riducibile  a  circa  1000  m.  e.  per  effetto  dei 
rigurgiti  dei  torrenti  inferiori. 

(2)  La  fossa  navigabile  interna  di  Milano  espur- 
gavasi    un    tempo    dalle    deposizioni    che  vi    fanno 
principalmente  le  piene  del   Lambro   e   del   Seveso 
estraendone   le   materie;    ma    dietro    proposta   del 
conte  Litta,   s'introdusse  di  poi,  sul  cadere  dello 
scorso  secolo,  il  metodo  di  smoverle  con  zappe,  e 
di  farle  trasportare  dalla  corrente,  metodo  che' si 
applica  eziandio  alla  dàrsena  0  laghetto  della  Porta 
Ticinese,  dirigendo  alternativamente  la  corrente  in 
zone  pressoché  parallele  formale  da  arginelli   po- 
sticci,  ove  viene  raccolta.    I   lavoratori    compiono 
l'opera  nella  corrente,   protetti  da  stivali  imper- 
meabili. Col  medesimo  principio  si  potrebbe  utiliz- 
zare la  corrente  del  Reno  pel  trasporto  delle  terre 
ritagliate    dalle    due   sponde   in  moderata   misura, 
adoperando  rastrelli  maneggiati  da  uomini  traspor- 
tati  da   un   battello  in  acque  ordinarie.   La   forma 
dei  rastrelli  dovrebbe   regolarsi  in  guisa  da  otte- 
nere il  massimo  trituramento  della   terra,  0  della 
cuora,   senza  soverchio  approfondamento.   L'espe- 
rienza proverà   se  possa  associatisi  utilmente  an- 
che  V  uso  delle  zappe.    Le  materie  che  avessero  a 
deporsi  in  qualche  parte  dell'alveo  per  insufficienza 
della   corrente ,  verrebbero  esportate  al   sopravve- 
nire di  una  piena, 


424  STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI 

qualche  aumento  di  velocità  media  nel  canal  vivo,  sarebbe  così  tolto  il  sospetto 
che  il  suo  fondo  avesse  a  rialzarsi  con  un  aumento  di  pendenza.  In  vista  poi 
della  moderata  corrente  sulle  golene  verrebbe  provato  che  di  lieve  pregiudizio 
allo  scarico  delle  acque  riuscirebbe  un  ributto  o  trasporto  dell'argine  che  ne 
occupasse  una  porzione,  onde  consolidare  la  sua  base  e  renderlo  suscettibile 
di  sorreggere  un  alzamento.  In  somma  tale  misura  anormale  ci  ha  offerto  il 
mezzo  di  rintracciare  il  reggime  delle  acque  in  que'  drizzagni,  intorno  al  quale 
conveniva  limitarsi  dapprima  a  vaghe  congetture ,  che  davano  luogo  agli  in- 
sorti dispareri. 

XX.XIII.  Provvedimenti  eoi  dovrefrfoesi  ricorrere  nel  caso 
che  si  volesse  sostenere  l' odierna  inalveazione  del  Reno. 

281.  Avuto  riguardo  alla  circostanza  che  dovransi  aggiungere  fra  non  molto 
al  tronco  inferiore  del  Reno  sotto  la  Bastia  ridice  cogli  altri  torrenti  minori, 
attualmente  in  colmata,  lo  che,  nella  condizione  attuale  della  inalveazione,  rial- 
zerebbe le  piene  del  Reno  in  una  misura  che  il  Brighenti  determina  in  lm,50, 
misura  che  potrebbe  forse  anche  accrescersi  fino  afa  cagione  di  un  temi- 
bile aumento  di  portata  nella  piena  massima  e  di  qualche  alzamento  di  fondo 
pel  cessato  afflusso  delle  acque  chiarificate  della  colmata  ,  si  avrebbe  il  van- 
taggio di  ridurlo  a  poco  più  d'una  metà  mediante  gli  allargamenti  dei  driz- 
zagni nella  misura  preaccennata. 

282.  Riportandomi  alle  regole  che  a  mio  avviso  sarebbero  a  seguirsi  giusta 
l'esposto  al  §  256,  rispetto  alla  nuova  inalveazione  dalla  Panfilia  al  Benedettino, 
provveduta  di  spaziose  golene,  attesa  la  notevole  depressione  della  campagna 
sinistra  nella  sua  metà  inferiore,  dovrebbesi  ivi  accrescere  la  sicurezza  dell'argine 
coli' ampliare  le  banche  esterne,  valendosi  dello  scarico  ossia  abbassamento  delle 
golene  verso  il  loro  labro,  od  anche  col  ributto  dell'argine  verso  il  fiume,  onde 
più  prontamente  rafforzare  la  banca  ove  1'  ampiezza   della  golena  lo  permetta. 

283.  Qualora  questa  fosse  troppo  ristretta  ,  o  mancante  al  punto  da  ridursi 
1'  argine  alla  condizione  di  froldo,  la  si  dovrebbe  riprodurre  con  opera  d'avan- 
zata, in  quel  modo  che  le  circostanze  locali  e  la  qualità  dei  materiali  dispo- 
nibili lo  avrà  a  consigliare.  In  tal  caso  si  dovrebbe  premettere  lo  studio  dei 
metodi  applicati  per  uno  scopo  simile  in  grande  scala  in  Italia ,  e  più  ancora 
oltre  monti  (1).  Trovandosi  questo  tronco  co' suoi  estremi  ad  una  distanza  di 
trenta  o  cinquanta  chilometri   dalla  Bastia,    ove    sembra   doversi   praticare  la 


(4)  Circa  al  modo  di  togliere  i  froldi,  creando 
di  fronte  adessi  delle  golene;  od  in  altri  termini, 
di  raddolcire  la  concavità  delle  svolte,  al  §  35  della 
mia  Memoria  precitata,  Sulla  pianura  subapennina, 
ho  indicato  come  potevasi  riuscirvi  per  qualche  lo- 
calità della  Secchia,  attenendosi  al  metodo  appli- 
cato in  Francia  sulla  Garonna  al  fine  di  miglio- 
rarne la  navigazione.  Vedasi  su  questo  particolare 
ìa  bellissima  Memoria  del  Baumgarten  negli  Annales 


des  ponts  et  chaussées ,  1818  sem.  II,  ed  altra  re- 
cente Memoria  nel  sem.  I  1868  dell'ingegnere  Fargue 
concernente  la  continuazione  di  que' lavori.  Ma  in- 
nanzi tutto  sarebbero  a  studiarsi  i  metodi  applicati 
in  Italia  sull'Adige,  mediante  le  così  dette  opere 
d'avanzata  :  e  quelli  eziandio  dei  pennelli  insom- 
mergibili applicati  ad  alcune  svolte  dell'Arno  in- 
feriore sopra  Pisa  dall'ingegnere  Materassi,  siccome 
risulta  dalla  sua  Memoria  pubblicata  a  Pisa  nel  1849. 


SOPRA    IL   GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  42g 

nuova  confluenza  dell'Idee  e  degli  altri  torrenti  ad  esso  allacciati,  ne  consegne 
che  per  questo  ronco  sarà  moderata  la  conseguente  maggiore  elevazione  delle 
p.ene  e  quind.  la  misura  dell'alzamento  degli  argini 

284.  Uno  dei  tronchi  che  richiede  provvedimenti  radicali  siccome  il  più  pe- 
ncoloso  e  ,1  Cavo  Benedettino,  deficiente  di  golene  e  che  attraversa  terreo   cuo- 

z IZZ7  toet' La  su; inettitudine  fu  pure  riconosciuta' — «oìz. 

della  sualnea  . ?1  <n"n*' «»»«>'»  ■»  f»po  eli  modificare  la  direzione 
della  sua  hnea  al  che  non  s,  dec.se  per  vedute  di  mal'  intesa  economia  Se 
g  vesse  pò luto  prevedere  la  considerevole  altezza  cui  è  stato  mestieri  por- 
tare le  arginature,  non  è  a  dubitarsi  che  si  sarebbe  determinato  ad  abbando- 
na lo.  A  co  che  non  s.  è  fatto  allora,  è  pur  forza  supplire  oggidì,  valendo  i 
della  «.operazione  di  un  fiume  torbidissimo,  la  cui  efficacia  era  sta  a  pu  e  da 
lm  apprezzata  Trattasi  di  un  tronco  di  fiume  della  lunghezza  di  soli  undic 
e  tadorne  „.  cosicché  il  riformarne  l'alveo,  se  richiederà  ««"dispendio  S polente 
non  sarà  pero  tale  che  abbiasi  ad  esitare  nel  mandarlo  ad  effetto  ove  Tcn- 

^Zn^rT         '  dan"°  *  ^  "**  «  ™  *««*•  ™^°  *»& 
285.  Attesoché  la  campagna  destra,   giusta  il  profilo,    si  eleva  rae«ma»liat«. 
mene  s„    fondo  del  fiume  T,  mentre  la  sinistra  non  si  alza  eh  Yo^ 

sta.ua  d>  180    cica    A  destra  dell'argine  demolito  si  escaverebbe  pel  canale 
del  fiume  una  eos,  detta  SaveneUa   della  larghezza  di  circa  20™,  da  a  lar." 
mano  mano  pure  verso  destra,  rispettando  la  riva  sinistra ,  che  prese Te  Se 
loccorrevole  resistenza  per  essere  stata  base  dell'argine  da   demolirsi    A  se 
conda  che  procedesse  il  dilatamento  del  nuovo  canale,   si  promove  ebbe   1>  , 
temrnento  del  vecchio  da  abbandonarsi,   i,  quale  col   tc/po  darebbe  Z 
penosa  golena  su  cu,  potrebbe  avanzarsi    nell'interno    l'argine  sinistro     per 
consolidarne  la  base.  Altrettanto  dovrebbe  farsi  per  l'argine  destro    dono'  che 
si   osse  rialzata  sufficientemente  la  golena  interposta  JLTl  nl°o  £ 

cana/  V0N;j rTgni  ■  *  ^  g°Ie"e  baSterebbe  «  «h*^*»  del 

canal  vivo  e  gì,  altri  provvedimenti  che  sonosi  indicati   per  la   nuova  inalvea 
none  dalla  Rotta  Panfilia  al  Benedettino. 

anail^l  nT  *  '^T  *  PerÌC°'°SÌ  f,'°ldÌ  in  Prossiraità   de"*  Bastia ,   al 
qjal  fine  ,1  Banlan  presento  un  progetto  per  considerevoli    trasporti   d'ai-in 
che  venne  scartato  senza  che  se  adducesse  il  motivo,  sarebbe  a  richiamar  f„ 


(*)  La  Riforma  del  Cavo  Benedettino  dovrebbe 
eseguirsi  nel  eorso  di  parecchi  anni  da  valle  a 
!  monte.  Al  fine  di  sollecitare  l' alluvionaraento  del 
canale  da  abbandonarsi,  ad  ogni  distanza  di  circa 
m  si  dovrebbero  costruire  delle  traverse  di  una 
semplice  viminata,  inclinata  contro  corrente,  rin- 
carata a  monte  da  arginello  di  terra  da  escavarsi 
nell  alveo  stesso  dell»  altezza  di  soli  quaranta  o 
cinquanta  centimetri,  facendo  comunicare  gli  in- 
tervalli col  nuovo  canale  mediante  uno  o  due  tagli 


del  terreno  interposto.  Rallentata  per  tal  modo  la 
corrente  sul  fondo,  si  promoverebbe  una  maggiore 
deposizione  di  torbide,  operazione  che  sarebbe  a 
ripetersi  successivamente  col  progressivo  alluvio- 
naraento di  esso  canale.  Col  medesimo  principio  si 
potrebbe  accelerare  l'alzamento  della  golena  destra 
attraversandola,  dopo  le  piene  di  primavera,  con  ar- 
ginelh  a  larga  base  di  pochi  decimetri  d'  altezza,  i 
quali  mediante  seminagione  si  rivestirebbero  facil- 
mente di  colico   erboso. 


426  STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI 

tale  progetto  coordinandolo  alle  massime  dianzi  suggerite  affine  di  accrescere 
la  stabilità  delle  arginature,  ed  abilitarle  a  sorreggere  un  ulteriore  alzamento. 
Forse  provvedimenti  analoghi  gioverebbero  per  togliere  eziandio  i  diversi  froldi 
nel  tratto  dell'  antico  Primaro  che  unisce  i  due  drizzagni  di  Longastrino  e  della 
Madonna  de' Boschi. 

287.  Si  è  già  osservato  al  §  131  come  nel  1606  monsignor  Gaetano  abbia 
fatto  raddrizzare  il  Po  di  Primaro  sotto  sant'Alberto  coli' idea  di  rivolgervi  una 
parte  delle  acque  del  Po  Grande  giusta  il  piano  dell'  Ateotti ,  del  quale  si  fa; 
cenno  nella  nota  relativa.  Sul  foglio  di  Comacchio  della  grande  carta  topogra- 
fica dell'Italia  Centrale  scorgesi  la  traccia  degli  anteriori  serpeggiamenti  dell 
Po  rimasti  tutti  alla  destra  della  nuova  linea  fino  alla  risvolta  Scirocco,  cosicché 
sarebbesi  escavato  per  oltre  sei  chilometri  il  canale  pressoché  in  contatto  della 
laguna  di  Comacchio,  a  quanto  pare,  per  economia,  attesa  la  notevole  depres- 
sione della  campagna  sinistra  nella  quale  si  è  praticato  l' escavazione.  Avuto  peri 
altro  riguardo  all'instabilità  della  base  cuorosa,  al  pericolo  sempre  imminente 
di  rotte  disastrose,  cui  per  tali  circostanze  è  esposto  l'argine,  attesa  la  conside- 
revole depressione  delle  attigue  valli,  e  quindi  alla  sua  inettitudine  a  sorreggere 
nuovi  alzamenti,  io  sono  d'avviso  che  ivi  pure  occorra  un  rimedio  radicale. 

288.  Esso  consisterebbe  in  una  nuova  inalveazione  dal  drizzagno  della  Ma- 
donna de' Boschi,  e  precisamente  dalla  chiavica  Umana,  fino  alla  foce  in  mare 
in  prossimità  del  taglio ,  od  emissario  della  valle  Savarna.  Il  nuovo  canale 
avrebbe  una  lunghezza  di  quattordici  chilometri,  e  presenterebbe  quindi  un 
accorciamento  di  linea  di  tre  chilometri.  Per  una  metà  circa  di  quella  lun- 
ghezza, ove  attraverserebbe  l'alveo  derelitto  del  Lamone,  l'opera  sarebbe  di 
qualche  impegno  e  per  l'elevazione  e  pel  valore  dei  terreni,  ma  per  la  metà 
inferiore  verrebbero  meno  a  quanto  pare  le  difficoltà,  atteso  che  si  attraversa 
ivi  l'estrema  appendice  settentrionale  di  essa  valle.  Mi  mancano  i  dati  di  fatto 
per  entrare  in  particolari  sopra  tale  diversione  che  col  tempo  si  sostituirebbe 
all'odierno  corso  del  Reno-Primaro.  Mi  sembra  per  altro  che  l'immensa  copia 
di  torbida  portata  da  tutti  i  torrenti  tenderebbe  a  facilitare  la  nuova  inalvea- 
zione fra  spaziose  golene  e  con  argini  che  riuscirebbero  elevati  sul  sodo,  atte- 
nendosi alle  regole  suggerite  al  §  256,  ed  al  §285  per  la  riforma  del  Cavo  Be- 
nedettino. L'energica  azione  della  chiamata  delle  acque  presso  la  foce  in  mare, 
associata  a  quella  delle  maree,  concorrerebbe  a  facilitare  il  dilatamento  ed  appro- 
fondamento  del  nuovo  canale.  Questo  perciò,  anziché  il  carattere  di  diversivo, 
avrebbe  quello  di  una  seconda  sfociatura ,  la  quale  contribuirebbe  moltissimo 
durante  il  suo  perfezionamento  a  deprimere  le  piene  tanto  nell'altro  canale 
da  abbandonarsi  col  tempo,  quanto  nel  tronco  superiore  del  Reno.  Tale  opera 
si  renderebbe  indispensabile,  come  vedremo,  anche  nel  caso  che  si  avesse  ad 
immettere  il  Reno  nel  Po. 

289.  Ne  consegue  che  l'opera  la  più  imponente  richiesta  per  ridurre  l'at- 
tuale inalveazione  del  Reno  ad  una  condizione  tranquillante  in  sostituzione  al- 
l' immissione  del  Reno  in  Po,  si  limiterebbe  alla  riforma  del  Cavo  Benedettino 
sopra  un  settimo  soltanto  della  sua  lunghezza. 


SOPRA  IL   GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO 


427 


-  RIASSUNTO  delle  piene  del  Po  che  all'idrometro  di  Pontelagoscuro  oltrepassarono  il  metro 
sopra  guardia  nei  sessantanni  decorsi  dal  1807  al  1866.  Vedi  il  s  220. 


Intervallo  di  tempo 


Numero 
delle 
piene 


Altezza 

somma- 

tiva 

sulla 

guardia 

metri 


Altezza 

media 

metri 


Intervallo  di  tempo 


)al  1807  al  1816 

)al  1817  al  1826 

;-)al  1827  al  1836 

iell,°trenten.  1807-36 
el  sessantennio 


21 

35,56 

1,  693 

7 

12,08 

1,726 

11 

18,08 
65,72 

1,  643 

1,685 

39 

Numero 
delle 
piene 


Altezza 

sommativa 

sulla 

guardia 

melri 


Altezza 

media 

metri 


Dal  1837  al  1846 
Dal  1847  al  1856 
Dal  1857  al  1866 

Nel  2.°  trentennio 


23 
14 
15 


52 


91 


43, 12 

31,68 
24,82 


99,62 


165,  34 


1,874 
2,263 
1,655 

1,916 

1,817 


-  PROSPETTO  delle  piene  del  Reno  avvenute  in  questo  secolo  dal  1801  fino  a  tutto  il  1862 
*  quali  superarono  l'altezza  di  6,n  sullo  zero  all'idrometro  di  Casalecchio ,  ricavato  dal  re* 
istro  che  ne  da  nelle  sue  Memorie  ^ispettore  Scotini,  partendo  dal  1807.  Vedi  il  §  2*i 


Anno 


Mese 


Giorno 


Altezza 
in    metri 


1805 

id. 
1807 
1812 
1819 
1820 
1821 

id. 
1830 
1831 


Anno 


Mese 


? 
? 

Novembre 

id. 
Ottobre 

id. 
Dicembre 

id. 

id. 


? 

? 

22 
18 
23 
25 
25 
29 
10 


Altezza  sommativa 
Altezza  media 


6,12 

6,12 

6,31 

6,88 

6,69 

6,12 

6,88 

7,06 

6,12 

58,30 

6,48 

Giorno 


1832 
1833 

1842 
1844 
1844 

1856 
1858 
1858 
1859 
1862 
1862 


Aprile  (**) 

13 

Settembre 

14 

Novembre 

2 

id. 

8 

Gennajo 

8 

Ottobre 

12 

id. 

20 

Dicembre 

26 

Novembre 

13 

id.       | 

25 

Altezza  sommativa 

Altezza  media 

^iLell1e8H-^.SSÌme  dal  18°l  ^  18°7  SÌ  S°n°  rÌCavate  dal  ProsPetto  che  se  ne  dà   nella  livella- 
:¥Ì)tta8Ìedpltto.a  ^^  data'  eSSend°S1  aVUU  U  3°  SeUembre  ìm   una  Piena  massima  Per  la 


Gior».  lng.  —  Voi  XVI.  —  Luglio  1868, 


(Continua) 

28 


LE  COPERTURE  E  GLI  ORNAMENTI  IN  ZINCO, 

(Vedi  Tav.  23 j. 


11  basso  prezzo  dello  zinco  ed  alcune  sue  qualità  speciali  hanno  fatto  in  questi 
ultimi  tempi  impiegare  con  successo  questo  metallo  in  varj  usi  e  specialmente 
nella  copertura  degli  edificj.  A  confronto  del  rame  e  del  piombo  lo  zinco  è  meno 
tenace  del  primo,  ma  assai  più  del  secondo:  non  avendo  però  la  pieghevolezza 
propria  del  piombo  esso  si  presta  in  generale  assai  meno  di  quest'ultimo  per 
alcune  coperture  speciali  come  quelle  dei  terrazzi.  In  confronto  del  ferro  esso 
ha  un  vantaggio  abbastanza  apprezzabile  in  ciò  che,  mentre  il  ferro  in  contatto 
coir  aria  e  coir  umidità  si  ossida  e  si  consuma  progressivamente  se  non  lo  si 
tiene  continuamente  difeso  da  strati  di  vernice,  lo  zinco  si  ossida  sì  immediata- 
mente, ma  il  suo  ossido  forma  un  leggero  strato,  che,  essendo  perfettamente 
aderente  al  metallo  e  insolubile  nell'acqua,  serve  esso  stesso  a  preservare  il  resto 
del  metallo. 

Lo  zinco  ha  però  due  inconvenienti  dei  quali  bisogna  tener  calcolo  quando  lo 
si  mette  in  opera.  L'uno  è  la  sua  grande  dilatabilità  per  gli  aumenti  di  tempe- 
ratura, per  il  che  bisogna  smettere  affatto  il  pensiero  di  unire  e  fissare  sopra 
una  certa  lunghezza  i  varj  fogli  sia  con  chiodi  od  altri  mezzi  assolutamente  rigidi. 
Si  ricordi  che  lo  zinco,  specialmente  quello  lavorato  al  martello,  si  allunga  di 
0m,00003  per  ogni  metro  e  per  ogni  grado  di  aumento  nella  temperatura  e  che 
per  conseguenza  per  una  variazione  di  temperatura  di  80°  a  cui  nel  nostro  clima 
vanno  spesso  soggette  le  coperture,  si  avrebbe  sopra  10  metri  di  lunghezza  un  al- 
lungamento totale  di  0m,024:  se  quindi  questa  variazione  di  lunghezza  non  è 
permessa  nella  costruzione,  ne  devono  nascere  per  necessità  delle  deformazioni 
e  ben  presto  anche  delle  rotture,  come  si  verificò  in  varj  casi  qui  da  noi  in  cui 
non  si  ebbero  le  necessarie  precauzioni.  L'altro  inconveniente  dello  zinco  sta 
in  ciò  che,  messo  a  contatto  col  ferro  in  qualunque  modo,  col  concorso  dell'aria 
umida,  si  forma  un  vera  pila  galvanica  ed  il  metallo  viene  rapidissimamente  corroso. 

Questo  effetto,  sebbene  in  minor  grado,  ha  luogo  pure  nel  contatto  colla  pietra. 
È  dunque  assolutamente  necessario,  nel  mettere  in  opera  lo  zinco,  di  evitare 
questi  contatti  posandolo  possibilmente  sempre  su  delle  superfici  di  legno  e  ado- 
perando dove  occorrono  dei  chiodi  pure  di  zinco  :  o  tutt'al  più,  quando  si  voglia 
servirsi  del  ferro  per  le  armature  od  altro,  si  interpongano  fra  i  due*  metalli  dei 
fogli  di  carta  abbastanza  robusta  e  destinata  a  questo  scopo.  Si  volle  rimprove- 
rare allo  zinco  un'altro  inconveniente,  quello  di  favorire  gli  incendj  ;  poiché  si 
diceva  che,  portato  ad  un'alta  temperatura,  esso  si  volatilizza  e  abbruccia  ten- 
dendo quindi  ad  aumentare  l'incendio.  Ma  questa  obbiezione  non  ha  gran  peso  pen- 
sando che  lo  zinco  si  fonde  a  circa  400  gradi  e  che  quindi  assai  prima  di  vola- 
tilizzarsi cade  liquido  nel  recinto  della  casa  senza  produzione  alcuna  di  scintille, 
Questo  fatto  sembra  risultato  pure  da  varie  esperienze  state  fatte, 


LE  COPERTURE  E  GLI  ORNAMENTI  DI  ZINCO  429 

I  fogli  di  zinco  laminato  sono  numerizzali  in  commercio  in  ragione  della  loro 
grossezza,  la  quale  si  può  riconoscere  con  appositi  calibri:  non  riuscendo  mai 
pero  questa  operazione  abbastanza  esatta  sarà  in  generale  meglio  constatare  i 
varj  numeri  pel  loro  peso.  Perciò  riportiamo  qui  una  tabella  la  quale  dà  il  peso 
dei  fogli  e  il  peso  per  metro  quadrato  corrispondente  ai  varj  numeri  colle  rela- 
tive grossezze.  ' 


w 


10 

11 

12 

13 

14 

15 

16 

17 

18 

19 

20 

21 

22 

23 

24 

25 

26 


SPESSORE 
dei 

FOGLI 

in 

CENTESIMI 

di 
millimetro 


DIMENSIONE  E  PESO  DEI  FOGLI 

per 

COPERTURE   ED   ALTRI  USI 


Larghezza, 

CP,50 
Lunghezza, 

2m  % 

Antico  18/72 


Larghezza, 

0m,f>5     ' 

Lunghezza, 


Antico  24/72 


Larghezza 

0a,,80 
Lunghezza, 

2ra   » 

Antico  30/72 


PESO 
del 

METRO 

quadrato  (1) 


0,00051 
0,00060 
0,00069 
0,00078 
0,00087 
0,00096 
0,00110 
0,00123 
0,00136 
0,00148 
0,00166 
0,00185 
0,00202 
0,00219 
0,00237 
0,00"256 
0,00266 


3k45 


-4 


Superficie  d'ogni  foglio 
nelle  varie  dimensioni. 


05 
65 
30 
95 

6  55 

7  50 

8  45 

9  35 

10  30 

11  25 

12  50 

13  75 

15  » 

16  25 

17  50 

18  80 


lm000 


4k45 

5  30 

6  10 

6  90 

7  70 

8  55 

9  75 
10  95 

12  20 

13  40 

14  60 

16  25 

17  90 
19  50 

21  10 

22  75 
24  40 


rn300 


10 
12 
13 
15 
16 
18 
20 
22 
24 
26 
28 
31 


5k50 

6  50 

7  50 

8  50 

9  50 
50 


50 

» 

50 


lm600 


3k45 
05 
65 
30 
95 
55 
50 


8  45 

9  35 

10  30 

11  25 

12  50 

13  75 

15  » 

16  25 

17  50 

18  80 


(1)  Un  metro   cubo   di  zinco  pesa  7,000  kilog;  un  foglio  di  un  metro   qua- 
drato ed  un  millimetro  di  spessore  pesa  7  kilog 
Ammeltesi  una  tolleranza  di  25  decagrammi  In  meno  nel  peso  di  ogni  foglio 


I  numeri  dall'I  al  9,  che  sono  i  più  sottili,  non  si  impiegano  che  per  alcuni 
usi  speciali  e  quindi  non  figurano  nelle  applicazioni  relative  all'ingegneria. 

I  numeri  10  e  11  si  adoperano  in  generale  per  ornamenti  sia  sotto  forma  di 
banderuole  od  altri  accessori,  sia  stampati,  come  diremo  più  tardi.  I  numeri  12  e  13 
servono  per  coperture,  canali  di  pluviali  ecc.  Il  numero  14  è  più  speciale  alle 
coperture  quando  le  si  vogliono  durevoli.  I  numeri  superiori  si  possono  impie- 
gare, sia  per  coperture  di  monumenti,  o  per  altri  usi  in  cui  si  richieda  maggiore 
resistenza.  & 


430  I<E   COPERTURE 

In  quanto  al  modo  di  applicare  lo  zinco  nelle  coperture  degli  edificj,  possiamo 
distinguere  varj  sistemi,  secondo  che  si  impiegano  i  fogli  della  grandezza  data 
nel  commercio,  o  suddivisi  in  fogli  più  piccoli;  oppure  curvi  o  scanalati  in  di- 
versi modi. 

Le  coperture  a  grandi  fogli  si  dispongono  sopra  una  specie  di  tavolato  chiodato 
sui  paradossi  e  disposto  a  un  dipresso  come  si  usa  per  le  coperture  in  ardesie.  Il 
miglior  modo  di  eseguire  questo  tavolato  è  di  farlo  con  tavole  di  larice  di  0,n,012 
di  spessore  per  0m,12  di   larghezza   chiodate    su  ciascun  paradosso  e  distanti  fra 
loro  di  circa  1  centimetro  (Vedi  Tav.  23  fìg.a  l.a).  I   legnami  umidi  come  quelli 
troppo  facili  a  corrompersi  per  l'umido,  il  pioppo  o  la  peccata  ordinaria,  si  abbia 
cura  di  evitarli  per  la  ragione  che  le  coperture  in  metallo  in  genere  essendo 
molto  conduttrici  del  calorico,  determinano  spesso  delle  precipitazioni  acquose  più 
o  meno  abbondanti  sulla  loro  faccia  inferiore,  precipitazione  che  tendono  a  deter- 
minare i  sottoposti  legnami.  Perpendicolarmente  alle  tavole  accennate,  ossia  nella 
direzione  della  pendenza  del  tetto,  sono  assicurale  delle  costole  e  (Tav.  23  fìg.  l.a), 
la  cui  disianza  corrisponde  alla  larghezza  di  ogni  foglio  della  copertura  e  che,  pos- 
sibilmente si  fanno  coincidere  coi  puntoni,  che  sostengono  il  tetto.  I  fogli  di  zinco 
della  copertura  si  ripiegano  sui  lembi  in  modo  da  elevarsi  lungo  i  fianchi  delle 
costole  accennate.  Sulle  costole  stesse  poi  sono  assicurati  mediante  chiodi  o  viti 
colla  testa  di  zinco  dei  pezzi  h  dello  stesso  metallo  piegati  in  modo   da  coprire 
sia  la  costola  di  légno  che  i  due  lembi  rialzati  dei  due  fogli  contigui:  la  medesima 
disposizione  viene  addottala  anche  pel  comignolo  come  si  vede  nella  stessa  figura 
in  g.  I  fogli  di  zinco  poi  sono  mantenuti  a  loro  posto  sul  tavolato  mediante  alte 
della  forma  rappresentata  nella  fìg.  2.a  le  quali  sono  chiodate   da   una  parte  sul 
tavolato.  Spesso  nel  senso  della  lunghezza  i  fogli  si  sovrappongono  semplice- 
mente :  ma,  quando  la  pendenza  del  tetto  è  almeno  di  15  o  20   gradi,   si   può 
impiegare  la  disposizione  rappresentata  nella   iìg.  3.\  Onde   mantenere   i  bordi 
rilevati  dei  fogli  aderenti  alle  costole  ed  impedire  quindi  che,   o  per   Fazione 
del  vento,  o  per  quella   delle  ineguali  dilatazioni   a   cui   va  soggetto   special- 
mente lo  zinco  laminato,   i   bordi   stessi   se  n'abbiano  a  scostare  e  tender  cosi 
ad  uscire  dai  pezzi  di  ricoprimento,   si  impiegano  delle  specie   di  alie  in  zinco 
robusto,  rappresentate  nella  fìg.  4.a:  la  faccia  a  viene  chiodata  sulla  faccia  infe- 
riore della  costola,  e  i  lembi  dei  due  fogli  vengono  a  porsi  in  b  e  in  e  in  mezzo 
alla  piega  dei  due  fianchi  dell'  alia  e  con  ciò  sono   obbligati  a  conservarsi  ade- 
renti alla  medesima  e  quindi  alla  costola:  il  pezzo  di  ricoprimento  poi  viene  al 
disopra  e  copre  anche  le  alie.  Talora  si   trova   opportuno   di   saldare   i    diversi 
fogli  termine  con  termine,  cosicché  allora  la  parte  di  copertura  compresa  fra  due 
costole  si  può  considerare  come  d'un  solo  foglio:  ben  inteso  che  bisogna  allora 
aver  cura  di  lasciare  alla  parte  inferiore  un  giuoco  sufficiente  per  le  dilatazioni. 
Le  coperture  a  piccoli  fogli  aventi   da   0m,32  a  0ra,60  di   lunghezza   per  0,n,28 
a  0m,32  di  larghezza  possono  dare  dei  buoni  risultati,  ma  sono  generalmente  più 
costose  delle  precedenti.  I  fogli  si  fissano  sulle  piane  in  modo  che  si  coprono  gli 
uni  cogli  altri  per  un  5  o  6  centimetri  almeno.  Invece  delle  costole  del  sistema 
precedente  ciascuno  foglio  porta  da  un  lato  un  rialzo  e  dall'  altro  una  specie  di 
voluta  o  cartoccio  che  è  destinato  a  coprire  il  rialzo  del  foglio  vicino.  Ogni  foglio 
è  fissato  sulle  piane  a  mezzo  di  due  chiodi  in  zinco  posti  alla   sua    parte   supe- 
riore, dalla  parte  inferiore  è  tenuto  aderente  al  foglio  che  viene  sotto  mediante 
alie:  ivi  poi  è  incurvato  in  modo  da  formare  una  specie  di  gocciolatolo,  il  quale 


E  GLI  ORNAMENTI  IN  ZINCO  431 

forma  risalto  sulla  faccia  del  foglio  inferiore,  e  quest'ultimo  alla  sua  parte  supe- 
riore e  «ella  porzione  che  va  coperta  dal  precedente  presenta  dei  piccoli  rilievi 
in  modo  da  arrestare  le  acque,  che  tentassero  di  infiltrarsi  per  disotto  tra  un 
"'io  e  l'altro. 


Le  coperture  a  fogli   curvi   possono  presentare  qualche  vantaggio  sulle  prece- 
denti nelle  coperture  poco  inclinate,  nelle  quali  danno  maggiore  facilità  di  scolo 
Èsse :  del  resto  sono  disposte  a  un  dipresso  come  le   già  descritte,   solo   che  le 
tavole   formanti   l'impalcatura   sottoposta  sono  qui  dirette   nel  senso  della  pen- 
denza del  tetto.  F 

Finalmente  un  sistema  di  copertura  in  zinco,  il  quale  recentemente  sembra 
che  abbia  dato  ottimi  risultati ,  è  quello  a  fogli  ondulati  o  scanalali.  I  vantaggi 
principali  che  presenta  questo  sistema  sono: 

1.°  Che  dà  maggiore  facilità  allo  scolo  delle  acque. 

2."  Che,  presentando  i  fogli  in  grazia  della  loro  forma,  una  resistenza  molto 
grande  nel  senso  perpendicolare  alle  scanalature,  si  può  ridurre  di  molto  l'ar- 
matura sottoposta.  Anzi  si  possono  appoggiare  i  fogli  ai  soli  paradossi  senza  in- 
terpostone di  tavole  né  di  impalcatura  alcuna,  ottenendosi  così  maggior  tene- 
rezza nel  tetto,  minore  spesa  di  costruzione  e  maggior  durata,  in  quanto  "he 
viene  tolto  1  inconveniente  dell' infracidirsi  del  sottoposto  palco  in  grazia  delle 
condensazioni  acquose  già  accennate. 

3."  Per  ultimo  che,  non  appoggiandosi  tali  coperture  che  in  pochissimi  punti 
e  possibile  applicarle  sopra  armature  di  puro  ferro  ottenendosi  cosi  delle  coper- 
ture affatto  incombustibili,  vantaggio  rilevante  in  molti  casi. 

In  quanto  alle  acque  condensate  al  disotto  della  copertura  e  che,  se  non  de- 
enorebbero  i  legnami  del  tetto,  potrebbero  per  caso  cadere  all'interno  sotto 
forma  di  goccie ,  si  può  cercare  di  rigettarle  all'esterno  impiegando  la  disposi- 
zione della  flg.  5.»  vale  a  dire  interponendo  fra  i  due  fogli  nella  parte  in  cui'si 
sovrappongono  un  tassello  della  forma  indicata  più  in  grande  nella  flg.  6a  Con 
questo  s.  fa  in  modo  che  i  fogli  lascino  fra  loro  un  intervallo  di  circa  0-01  al 
loro  incontro  coi  paradossi:  le  goccie  d'acqua  allora,  seguitando  il  declivio'della 
copertura    penetrano  in  questo  intervallo  e  scorrono  poi  all'esterno.  Per  assicu- 

ile,n/°f  sfu,,.Pa?d0SSÌ'  °/dÌnarÌamente  si  fa  uso  di  alie  sal,late  alla  superficie 
interna  dei  fogli  stessi  e  che  vanno  ad  entrare  in  guaine  formate  nei  paradossi 
da  intagli  coperti  da  una  lastra  di  zinco.  F^aussi 

Un  altro  modo  stato  impiegato  nella  copertura  della  Gare  de  Strasbourg  a  Pa- 
rigi consiste  nell' inchiodare  semplicemente  te  alie  sui  fianchi  dei  paradossi  come 
te  mdica  in  profilo  la  flg.  7A  Benché  te  alie  siano  inchiodate  esse  perme  ono 
ancora  abbastanza  .movimenti  dovuti  alla  dilatazione  ed  il  sistema  riesce  più 
economico,  perche  e  minore  la  mano  d'opera  occorrente 

np£T30«'/rmatUra  del  t!U0  è  in  ferro  le  alie  Possono 'avere  la  forma  indicata 
nella  flg.  8.  :  un  estremo  di  esse  viene  a  porsi  nell'angolo  rientrante  dei  ferri 
angolari  o  a  T  che  fanno  l'ufficio  di  paradossi.  Le  alie  sono  circa  quattro  per 
ogni  fogno  tre  ali  estremità  inferiore  ed  una  uel  centro  della  parte  del  ricopri- 
mento dei  fogli  della  Ala  contigua  (flg.  9.a). 

te  quanto  alla  copertura  dei   comignoli   si  hanno   varj    sistemi,   che  possono 
u so  s!  aPL°  men.0hP,-efer,ibÌ,Ì  nej  Varj  C3SÌ:  Sembra  in  ^«.le  che  perdeste 

EsLfSo  ;sia„co ne  "  piomb0' ll  quale  puó  meglio  curvarei  ~d° ie  - 


432  LE  COPERTURE  ECC. 

Del  resto,  qualunque  sia  il  sistema  impiegato  pel  collegamento  dei  fogli  e  in 
generale  per  loro  posizione  in  opera,  quello  che  si  deve  aver  di  mira  sempre  si  è: 

1.°  Di  lasciare  in  ogni  senso  sufficiente  libertà  alla  dilatazione: 

2.°  D'evitare  i  contatti  dannosi  specialmente  col  ferro: 

3.°  Di  ottenere  la  massima  speditezza,  e  quindi  risparmio  di  mano  d'opera. 

4.°  Di  avere  sufficiente  stabilità  in  ragione  della  posizione  che  occupa  l'edi- 
fìcio, specialmente  per  rispetto  ai  venti  dominanti. 

5.°  Di  fare  in  modo  che  nel  caso  in  cui  s'abbia  da  levare  la  copertura,  vi 
sia  il  meno  possibile  a  perdere  e  che  il  tutto  si  possa  reimpiegare  facilmente 
per  altre  costruzioni.  Quest'  ultimo  vantaggio,  che  si  può  perfettamente  realizzare 
colle  coperture  specialmente  in  zinco  scanalalo,  è  di  molta  rilevanza  per  gli  edi- 
fìci provvisori ,  tettoje  ecc. 

Conchiudiamo  col  dire  che  le  coperture  in  zinco  quando  siano  fatte  coi  debiti 
riguardi  presentano  moltissimi  vantaggi  sulle  coperture  ordinarie  a  tegole  e  che 
se,  tanto  qui  quanto  in  altri  paesi  dove  sono  impiegate,  non  si  ebbero  finora 
risultati  molto  soddisfacenti,  gli  è  perchè  ordinariamente  non  le  si  sanno  mettere 
in  opera  (1). 

Quanto  al  prezzo,  per  far  bene  il  confronto  colle  coperture  ordinarie  in  tegole, 
bisogna  introdurre  il  rilevante  risparmio  nelle  armature,  specialmente  per  la 
grande  riduzione  nel  peso,  il  quale  da  eh.  100  all' incirca  per  m.  q.  che  è  perle 
tegole  ordinarie  non  viene  più  che  di  eh.  7  per  lo  zinco  laminato  e  di  circa  eh.  10 
per  lo  zinco  scanalato.  Bisogna  inoltre  introdurre  nel  calcolo  anche  la  diminu- 
zione di  muratura  che  deriva  sia  dal  minor  peso,  che  si  ha  da  sopportare,  sia 
dalla  minore  inclinazione  necessaria  per  tali  coperture.  Messo  a  calcolo  tutto  questo 
e  calcolato  lo  zinco  in  media  a  L.  100  al  quintale,  come  lo  si  ha  a  Milano,  crediamo 
di  poter  asserire  che,  anche  dal  lato  della  spesa,  le  coperture  in  zinco  hanno 
un  vantaggio  sulle  ordinarie,  come  lo  hanno  per  l'apparenza  loro  assai  più  gra- 
devole e  per  la  minore  spesa  di  riparazione  e  il  minore  incomodo  che  ne  deriva. 
Oltre  alle  coperture,  che  abbiamo  descritto,  si  fanno  oggidì  molte  applicazioni 
dello  zinco  per  varj  usi  ornamentali.  Tra  queste,  quelle  che  meritano  specialmente 
la  nostra  attenzione  sono  gli  ornamenti  in  zinco  stampato  per  la  decorazione 
degli  edificii.  A  Parigi  si  trovano  da  varj  costruttori  copiosi  assortimenti  di  modana- 
ture, di  cornici,  di  mantovane,  di  cimase  e  sopraornati  per  cornici  di  coronamento, 
di  parapetti  per  scale  ecc.  il  tutto,  se  si  vuole,  con  ornati  ricchissimi  e  più  o  meno 
buon  gusto.  Queste  decorazioni,  messe  in  opera  colle  precauzioni  necessarie  sempre 
per  lo  zinco,  si  conservano  assai  bene,  possono  imitare  ogni  sorta  di  pietre  col 
mezzo  della  dipintura,  e  costano  naturalmente  assai  meno  che  di  pietra,  tanto  più 
se  sono  mollo  ricche  d'ornati.  A  Milano  pure  è  nota  una  applicazione  dello  zinco 
in  questo  genere  nel  Bagno  del  Ticino  fuori  di  porta  Ticinese  i  cui  ornati  proven- 
gono dalla  società  delle  Vielle  Montagne;  dei  cui  prodotti  in  zinco  abbiamo  qui  vani 
deposili.  Nelle  fig.  10,  11,  12,  13  diamo  come  illustrazione  alcuni  motivi  di  questi 
ornamenti  fabbricali  dal  sig.  Michelet  costruttore  a  Parigi,  Quai  Iemmape  312, 

e  dal  sig.  Goutelier  fabbricante  pure  a  Parigi 

Ing.  Emilio  Olivieri. 


-e^»<j3^-a=*- 


(lì  Per  un  esempio  ci  viene  riferito  che  nel  Chile  (America  del  Sudi  le  coperture  in  zinco   sono  ora 
discretamente  impiegate:  ma  ivi    saldano  le  lastre  e  le  inchiodano  sull'armatura   con   chiodi  ai  ie 
per  ciò  spesso  danno  acqua  e  quasi  sempre  al  luogo  dove  sono  i  chiodi. 


IL  PROGRESSO  DELLA  GEODESIA  IN  ITALIA 
PARTICOLARMENTE  NELLE  SUE  APPLICAZIONI  AI  LAVORI  PUBBLICI 

ED    AI    CATASTI. 


I. 
Strumenti   e  procedi  menti» 

i.  Il  tipo  fondamentale  di  tutti  gli  strumenti  di  geodesia  e  di  agrimensura  è 
il  teodolite,  le  cui  ultime  modificazioni  produssero  per  Palta  geodesia  le  varie 
forme  di  alt-azimut  e  di  strumenti  universali,  e  per  quella  che  si  può  chiamare 
geodesìa  degli  ingegneri  (1)  diedero  origine  alle  varie  specie  di  teodoliti  magne- 
tici e  di  bussole  goniometriche,  dalle  quali  si  passò  al  teodolite-tacheometro,  e  da 
ultimo  al  teodolite- cleps,  chiamato  oggidì  per  brevità  semplicemente  cleps. 

Fin  dal  1769  fu  al  teodolite  adattata  l'invenzione  di  Green  per  estimare  le 
distanze,  ma  ei  fu  solo  dopo  la  scoperta  dell'  anallatismo  centrale  nel  1824,  che 
T  invenzione  di  Green  cominciò  rendere  grandi  servizi. 

L'addizione  del  circolo  di  posizione  al  cleps  rendendo  più  facile  e  più  gene- 
rale il  procedimento  conoidico,  ha  contribuito  grandemente  ai  progresso,  sopra- 
tutto dal  lato  della  celerità;  la  fotografia  sferica  ha  posto  il  colmo  alla  perfe- 
zione della  moderna  geodesia  degli  ingegneri. 

Il  cleps,  strumento  per  ogni  verso  completo,  è  più  comodo  all'uso  ed  assai 
più  solido  dell'istrumento  suo  similare,  il  tacheometro,  tal  quale  va  per  le  mani 
degl'ingegneri   un  po' in  tutto  il  mondo  e  con  diverse  forme  fin  dal  1824. 

2.  Ma  né  l'uno  né  l'altro  di  questi  strumenti  è  abbastanza  conosciuto  in  Italia, 
ove  però  entrambi  sono  nati  (e  forse  appunto  perchè  vi  son  nati),  perciò  io  non 
posso  valermi  del  primo  siccome  proximum  genus  per  ben  definire  il  secondo, 
per  la  qual  cosa  farò  precedere  un  esame  sommario  di  quei  progressi  geodesie! 
che  per  le  note  cause  politiche  non  si  sono  in  Italia  ancor  fatti,  e  nella  via  dei 
quali  si  deve  almeno  oggidì  risolutamente  entrare,  non  solo  per  non  restare 
indietro  in  confronto  ad  altre  nazioni,  ma  per  metterci  alla  testa  del  progresso 
e  servir  loro  di  guida. 

Indicherò  brevemente  pure  i  postulati  più  moderni  de' varii  rami  di  pubblico 
servizio  dipendenti  dalla  geodesia,  ai  quali  postulati  la  geodesia  antica,  in  uso 
ancora  fra  noi,  opponeva  il  suo  non  possumus ,  mentre  al  contrario  vi  soddisfa 
perfettamente  la  nuova. 

(1)  Comprende  principalmente  la  topografia,  l' agrimensura  ed  il  livellamento,  ma  oggidì  che  i  lavori 
pubblici  hanno  preso  grandi  proporzioni,  l'ingegnere  ciyile  non  può  più  dispensarsi  dal  conoscere 
molto  addentro  anche  nell'  alta  geodesia. 


434  IL  PROGRESSO 

3.  Egli  è  evidente  che,  ove  altri  non  ammettesse  per  necessario  il  rispondere 
a  quei  postulati,  ove  non  si  volessero  adottare  i  procedimenti  nuovi,  e  partico- 
larmente poi  non  si  volessero  ammettere  dagli  ingegneri  i  più  o  meno  nuovi 
ma  soli  razionali  metodi  di  studio  de' grandi  lavori  pubblici  della  nostra  epoca, 
si  potrebbe  concepire  il  dubbio  che  fosse  per  essere  siccome  inutile  lo  strumento 
con  tanto  studio  elaborato;  imperciocché  di  ogni  stadio  del  progresso  si  è  fatto 
sentire  il  bisogno  in  prima  nei  metodi  di  studio,  principalmente  in  ragione  dei 
grandi  lavori  che  si  sono  sviluppati  per  ogni  dove,  poi  il  bisogno  di  quelli  ha 
fatto  nascere  il  procedimento  e  ristrumento,  coll'ajuto  dei  quali  la  geodesia 
può  rispondervi. 

Il  procedimento  e  Pistrumento  si  sono  perfezionati  di  più  in  più  col  crescere 
di  numero  e  di  esigenze  i  postulati  a  cui  soddisfare,  né  si  può  sentire  il  bisogno 
dell' istrumento  e  riconoscerne  i  pregi,  laddove  quei  perfezionamenti  nell'arte 
dell'ingegnere  non  sono  ancora  penetrati. 

4.  Un  trattato  completo  di  geodesia  antica  ad  uso  degl'ingegneri  si  componeva 
di  parecchi  volumi  pieni  di  ripieghi  e  di  espedienti  più  assai  che  di  principii , 
il  perchè  é  che  si  procedeva  in  planimensura  per  dimensioni  e  per  figure  colle 
infinite  loro  varietà  ed  accidenti  dell' allimensura,  se  ne  faceva  un'operazione  e 
quasi  una  scienza  a  parte;  la  vera  geodesia  razionale  invece,  più  semplice  e  più 
pratica,  più  facile  e  più  speditiva,  procede  per  punti  di  cui  determina  la  posizione 
nei  tre  sensi  cosicché  anche  le  altidi  ne  risultano. 

Considerata  tutta  intiera  in  tutte  le  sue  varietà,  in  tutte  le  sue  applicazioni, 
la  geodesia  pratica  nuova  si  riduce  matematicamente  perciò  ad  un  problema  solo 
ed.  unico,  che  così  si  enuncia: 

Determinare  la  posizione  di  un  punto  per  rispetto  a  tre  assi  dati  di  posizione. 

Questo  enuncialo  è  indipendente  dalla  grandezza  delle  quantità  che  sono  in 
giuoco,  ed  è  perciò  generale,  e  si  applica  in  ugual  modo  dalla  più  piccola  par- 
cella di  proprietà  fino  all'intiera  Ilalia.  Quarant' anni  di  pratica  nei  più  estesi  e 
difficili  e  variati  lavori,  non  hanno  presentato  mai  la  più  lieve  eccezione,  nep- 
pure per  la  geodesia  sotterranea  nelle  miniere. 

La  risoluzione  pratica  di  questo  semplicissimo  problema,  ripetuta  tante  volte 
quanti  sono  i  punti  da  determinare,  costituisce  tutta  intiera  la  geodesia 3  la  topo- 
grafia,,  1'  agrimensura  ed  il  livellamento.  Il  livellamento  vi  è  implicitamente  com- 
preso, perchè  sempre  si  procede  a  tre  dimensioni. 

5.  Per  risolvere  indefinitamente  sempre  lo  stesso  semplicissimo  problema, 
evidentemente  non  sono  più  necessarii  quei  tanti  procedimenti  che  si  leggono 
in  prolissi  trattati,  e  s'insegnano  nelle  scuole  superiori  ed  inferiori,  né  tanti 
strumenti  quanti  ne  appajono  consultando  i  cataloghi  dei  costruttori. 

L' islrumento  unico,  qual  eh'  ei  ne  sia  il  nome,  col  quale  si  ottiene  la  risolu- 
zione pratica  e  completa  di  questo  problema,  si  compone  necessariamente  di  un 
cannocchiale  di  due  circoli,  e  d'un  livello,  e  vi  può  essere  utilmente  aggiunto 
il  magnete. 

Green  nel  1769  aggiunse  inoltre  nel  campo  del  cannocchiale  un  pettine  a  otto 
sottili  punte  d'acciajo,  al  quale  modernamente  si  è  sostituita  una  reticola  di  fili 
di  ragno,  colla  quale  aggiunta  perfezionata  nel  1824  in  Italia  coli' anallatismo 
centrale,  avrebbe  potuto  sparire  intieramente  dall'arte  la  lunga,  incerta  e  fallace 
misura  diretta  con  canne  o  catene,  ed  è  sparita  di ffatti  quell'improba  fatica  per 
tutti  quegli  ingegneri  che  adottarono  fin  d'allora  i  nuovi  procedimenti. 


DELLA  GEODESIA  IN  ITALIA  433 

Il  teodolite,  che  è  strumento  stato  inventato  in  Inghilterra  or  fan  poco  meno 
di  tre  secoli,   per  uso  degli  agrimensori  (Land  Surveyors),  è  il  tipo  di  tutti  di 
■  strumenti  geodesie!,  e  si  compone  degli  elementi  che  abbiamo  testé  menzionati 
6.  La  grande  varietà  poi  di  bussole  semplici  o  goniometriche,  oppure  ancora 

J  *;  d<  geometri,  dÌ  Pant°metrÌ'  di  livelli  d'°«ni  «Pe«'e  con  o  senza 
•mali,  d,  squadri  graduati  o  semplici,  di  strumenti  grafici  varii,  ecc.  ecc.,  altro 
non  sono  essi  neppure  che  teodoliti  bastardi  ed  incompleti ,  destinati  a  sparire 
poco  a  poco  a  misura  che  l'istruzione  si  propaga,  a  misura  che  va  prevalendo 

lei     IcJciIvI.lt!* 

Ji-nn0d0f1Ìte,"ClepS,-SÌ  dÌStÌngUe  da  °gni  altro  perchè  vi  «'incontrano  migliori  pro- 
porzioni fra  le  parti,  e  perchè  vi  sono  aggiunte  alcune  disposizioni  accessorie  utili. 
/.  Riteniamo  dunque  dal  fin  qui  detto: 

y  Che  tutta  la  geodesia  si  trova  oggidì  ridotta  ad  un  problema  unico  sem- 
plicissimo, che  s,  risolve  completamente  nella  pratica  con  un  istrumento  unico; 
aggiungiamo  che  le  maggiori  varietà  nell'applicazione   si   riducono  a  tre  proce- 
!"'  1t.qU      S1  applicano  commistamente  secondo  le  circostanze,   ma  senza 

LnY  ?e1ilfClepS',C0SÌdett0  Per  abbreviazione  di  teodolite-cleps-ciclo  (1),  altro 

Zllt  ™a       P'Ù  raZi°nale'  k  PÌÙ  Seniplice'  la  piu  P^a  del  genere 

Imo  1  r°n  Presenta  "ella  sua  «Pecie  varietà  essenziali  che  nella  grandezza. 
Il  modello  di  pnma  grandezza  porta  un  cannocchiale  d'un  metro,  e  vale  perle 
operazioni  d,  alta  geodesia ,  cosi  terrestri  come  astronomiche.  Il  modello  di  se- 
conda  grandezza  ha  un  canocchiale  di  mezzo  metro;  quello  di  terza  grandezza 
d    un  terzo  d,  metro,  e  sono  le  due  grandezze  più  convenienti  per  gli  inceri 

LeHUlTr,a  grandeZZ,a  °0n  cannocchia'e  di  due  decimetri  od  anche  meno,  e 
casta  per  le  operazioni  di  agrimensura. 

II. 
Problema  razionale  per   lo   studio   nelle  vie  e  canali. 

8.  Siccome  esempio  di  applicazione  del  formulato  geodesico  problema  generale, 
prenderemo  a  considerare  la  ricerca  di  una  linea  di  via  o  di  canale,  che  pro- 
tendendosi fra  due  punti  dati,  soddisfaccia  a  condizioni  date  di  pendenze  di 
Supere  d'Trte"  *  ^  S°<ldÌSfaCCÌa  C°'  minim0  d*  sterri  e  di  riporti,  e  col  minimo 

Egli  é  questo  un  problema  geometrico  determinalo,  possibile  a  risolversi  ra- 

.ona  mente  a  tavolino,  giacché  la  geodesia  nuova  può  fornire  la  equazione  g  - 

netale  a  tre  dimensioni  della  superficie  di  tutto  il  paese  data  numericamente  in 

metri   e  per  punti  abbastanza  frequenti  da  permettere  la  interpolazione,  accom" 

agnata  questa  equazione  da  una  eidipsogroiìa  (2)  (che  del  resto  se  ne  de  uc" 

Sei  luòghi1"0        Sln0pUCamenle  la  forma  del  terreno,  meglio  assai  che  la  vista 

Drt'etTo^r  C°r  "Ce  a"a  eqUaZÌ°ne  de"'aSSe'  anzi  di  '»«a  I»  superficie  del 

fertutteTp^SrS eseguito>  mediame  ia  quaie  equazione  si  può  m- 


(1)  A  circoli  nascosti. 

(2)  Planimensura  ordinaria  ed  altidi  espresse  dalle  curve  orizzontali, 


436  IL  PROGRESSO 

Gol  confronto  poi  di  quelle  due  equazioni,  quella  cioè  della  superficie  del  ter- 
reno e  quella  della  superficie  del  progetto,  diviene  facilissimo  il  calcolare  con 
sicurezza  i  volumi  degli  sterri  e  dei  riporti,  nonché  delle  opere  d'arte,  con  tutte 
le  loro  dimensioni  di  esecuzione,  e  di  calcolare  quindi  esattamente  la  spesa  ne- 
cessaria per  la  esecuzione  di  tutto  il  progetto,  e  tutto  ciò  con  pochi  quaderni  di 
calcoli  e  senza  bisogno  di  costosi  e  immaneggiabili  rulli  di  carta  in  piani  a 
grande  scala,  e  profili,  sempre  insufficienti  nel  metodo  antico,  inutili  affatto  nel 
metodo  nuovo. 

La  soluzione  così  ottenuta  è  tale  da  non  poter  essere  contestata;  l'autore 
dello  studio  ha  per  sé  la  certezza  di  che  la  così  progettata  è  veramente  la  mi- 
glior delle  linee  possibili,  egli  ne  può  convincere  i  colleghi,  gli  amministratori, 
i  capitalisti;  niun  dubbio,  niuna  objezione  può  nascere,  alla  quale  egli  non  abbia 
pronta  la  confutazione  matematicamente  evidente,  senza  bisogno  di  visitare  più 
i  luoghi;  qualunque  variante  altri  proponesse  potrebbe  essere  immediatamente 
discussa  con  pari  facilità  e  fortuna. 

9.  Così  si  lavorava  fin  dal  1824  nel  R.  Corpo  degli  ingegneri  militari  in  Pie- 
monte, così  si  fecero  d'allora  in  poi  tutte  le  carte  generali  di  difesa  delle  piazze 
forti  da  quel  Corpo  dipendenti,  ma  il  primo  veramente  grande  lavoro  di  questa 
specie  che  sia  stalo  fatto  sotto  la  mia  direzione,  fu  la  carta  militare  di  difesa 
del  ducato  di  Genova,  che  ha  servito  allo  studio  di  quelle  estesissime  forti- 
ficazioni. 

I  primi  progetti  di  lavori  pubblici  che  sono  stati  così  da  me  studiati  sono:  ì 
progetto  di  via  ordinaria  attraverso  il  piccolo  S.  Bernardo;  il  primo  studio  di 
progetto  del  passaggio  delle  Alpi  che  oggidì  si  trafora  da  Bardonecchia  a  Modane 
col  nome  di  galleria  del  Moncenisio  ;  il  progetto  di  ferrovia  da  Genova  al  Pie- 
monte, con  ogni  suo  dettaglio;  buona  parte  di  quello  di  Lucomagno ,  e  quello 
pure  di  ferrovia  da  Belmez  a  Cordova  pel  Guadiato  in  Ispagna,  e  molti  altri  di 
minore  importanza. 

Un  tal  modo  di  fare  è  eminentemente  speditivo,  e  perciò  il  più  economico,  e 
conduce  a  risultamenti  certi,  incontestabili,  completi  fino  nelle  più  piccole  inezie. 

10.  Quando  in  mancanza  della  equazione  numerica  sovra  menzionata,  si  abbia 
solo  graficamente  la  carta  generale  eidipsografica  del  paese,  si  può  ancora, 
benché  meno  esattamente,  giungere  alla  medesima  soluzione  coi  procedimenti 
grafici  della  geometria  descrittiva.  Così  è  che  stato  studiato,  per  primo  dall'in- 
gegnere Moinot,  il  progetto  di  ferrovia  detto  della  Cornice,  ma  appare  chiaro  dal 
suo  ultimo  trattato  che  quell'ingegnere  impiega  ora  un  metodo  misto  di  graf- 
ismo in  planimensura,  e  di  calcolo  per  le  altidi.  Risulta  pure  dal  medesimo 
trattato,  che  egli  ha,  piuttosto  che  no,  retrocesso  così  nella  scienza  wme  nei 
procedimenti  pratici,  e  che  impiega  strumenti  non  anaìlatici,  perciò  inesatti,  che 
sono  per  di  più  inintelligentemente  proporzionati. 

11.  Questo  metodo  si  pratica  da  lungo  tempo  per  le  fortificazioni  ed  altri  loro 
lavori,  dagli  ingegneri  militari  di  tutte  le  nazióni,  ma  esso  era  relativamente 
impossibile  per  gli  ingegneri  civili,  in  causa  dell'ingente  lavoro  che  sarebbe  stato 
necessario  per  ottenere  coi  mezzi  della  geodesia  antica  l'equazione  suddetta,  od 
almeno  là  carta  generale  eidipsografica  esatta  delle  grandi  estensioni  di  paese 
su  che  si  estendono  i  loro  lavori:  perciò  persistevano  gli  ingegneri  civili  nei 
metodo,  quasi  direi  divinatorio,  che  tutti  sanno:  il  pubblico  ed  ì  clienti  ne 
pagavano  le  spese  e  le  conseguenze. 


DELLA  GEODESIA  IN   ITALIA  437 

La  celerimensura  rende  possibile  e  la  equazione  numerica,  e  la  eidipsografia 
che  se  ne  deduce,  e  ciò  ad  un  sì  basso  prezzo  e  con  tal  brevità  di  tempo,  che' 
non  v  ha  pm  motivo,  direi  quasi  non  v'ha  più  coscienza,  ad  infliggere  al  pub- 
blico ed  ai  clienti  la  spesa  e  le  conseguenze  d'  un  diverso  procedere. 


III. 


Che  cosa  sia  la  celeriniensura,    che  cosa  i  suoi  prodotti, 
la  fotografia  sferica. 

12.  Ma  che  cosa  è  la  celerimensura? 

Molti  ancora  vi  sono  che  noi  sanno  affatto,  molti  altri  credono  che  tutta  la 
celerimensura  consista  nel  misurare  le  distanze  colla  stadia,  e  siccome  sanno 
che  quella  invenzione  inglese  era  poco  esatta,  essi  non  si  degnano  neppure  di 
prendere  conoscenza  della  celerimensura. 

Quanto  essi  sono  nell'errore  I. . . 

13.  Ad  eccezione  infatti  delle  grandi  basi  trigonometriche,  distanze  in  celeri- 
mensura non  se  ne  misura  affatto  né  colla  stadia,  né  altrimenti,  perchè  sareb- 
bero della  più  completa  inutilità. 

La  celerimensura  per  definirla  in  brevi  parole,  non  è  altro  che  la  geodesia, 
tuia  la  geodeta  niente  più  che  la  geodesia,  inleso  però  il  vocabolo  geodesia  nel 
suo  significato  il  p,u  ampio,  e  considerata  la  scienza,  che  così  si  chiama,  nello 
stadio  il  p,u  avanzato  di  suo  progresso.  Questa  è  la  celerimensura 

La  celerimensura  è  dunque  prima  di  tutto  un  corpo  di  dottrine  teoriche,  poi 
un  metodo  pratico  d.  applicarle  a  produrre  un  effetto  utile  determinato  in  cele- 
rimensura pratica  si  adopera  un  istrumento  conosciuto  da  gran  tempo  nella  più 
antica  geodesia,  ma  da  ultimo  perfezionato  possono  però  impiegarsi  con  poche 
modificazioni  quasi  tutti  quegli  strumenti  che  al  §  6  abbiamo  chiamati  bastardi. 

Ommettero  d.  parlare  della  parte  di  essa  che  corrisponde  alla  geodesia  alta, 
sebbene  forni,  un  ragguardevole  corpo  di   dottrina  e  di  pratici   procedimenti    è 

fcT^.riM,ta  sfera  ordinaria  cii  queiia  che  si  pu° chiamL  ***««• 

14.  In  celerimensura  s'impiegano  tre  procedimenti  sempre  commisti  in  vario 
m  do  a  seconda  delle  Circostanze,  con  tutti  e  tre  i  quali  procedimenti  si  ottiene 

fcVe     "°JD,nnmen   'a  D1ÌSm'a  dÌ  dUe  °  dÌ  tre  SOrta  d'a"80li  c"e  «   "«"ano 
rt!'   \'  ,'  ma,  T  Sempre'  di  una  piccola  d™ensione  lineare  (,)  ordina- 

rumente  verticale,  che  la  mira  fornisce,  avute  le  quali  tre,  e  talor  quattro  quan- 
ti a,  se  „fc  deducono  immed.atamente  in  metri,  non  già  la  distanza,  che  non  se 

on,le    r  e;recoo:dinate  t^^-  <*  ^  *>  «■<*«.!  r..*«*^£ 

Queste  coordinale  (x,  y,  z)   sono  gli   elementi  della  equazione  generale  della 

uperfice  del  paese,  delle  equazioni  perimetrali  del  parcellario,  della  equazione 

hueare  dell'asse  d.  ogni  strada,  di  ogni  canale,  delle  sponde  d    ogni  fiume  ecc 

E    erché  queste  coordinate,  si  riducono  sempre  anche  pei  più  piccoli  lavori  p£ 

'Ì °or.(nne  unica  per  tutta  Italia,  cosi  esse  sono  ubificative  e  figurative; 

P..r     legalrnte  accemtlve>  e  Perchè  tali,  e  perchè  geografiche,  sono 
accettate  in  giudizio,  siccome  probanti  in  modo  assoluto 

defsudltti'anlVr'T'ir6  ,"!  lerren°  Per  °gni  pun,°  considerato  la  misura 
nei  suddetti  angoli  (?,  +,  e)  e  della  pur  detta  dimensione  lineare  (a)  da  cui  se  ne 


438  IL   PROGRESSO 

deducono  le  tre  coordinate  (x9  y,  z).  Non  è  bisogno  di  dire  che  si  accompagna  il 
rilevamento  numerico  con  schizzi  figurativi  (eidotipi)  che  si  fanno  speditamente 
a  vista,  quando  però  non  si  fa  intervenire  la  fotografìa  sferica  che  vi  si  supplisce. 

15.  La  fotografia  sferica  è  un  ausiliario  essenziale  della  celeriniensura,  e  ne  au- 
menta di  molto  la  celerità,  non  solo  supplendo  agli  schizzi,  ma  con  fornir  pure 
e  con  pari  precisione  le  (9,  4»,  6)  di  un  grandissimo  numero  di  punti. 

La  fotografia  sferica  può  andare  anche  da  sola  e  rapidissimamente  pei  progetti 
di  massima  e  per  le  riconoscenze  militari;  in  ogni  altro  caso  essa  cammina  van- 
taggiosamente eli  conserva  col  cleps,  ed  oltre  al  supplire  con  vantaggio  agli  eido- 
tipi, conduce  alla  stessa  forma  di  risultati  finali,  vale  a  dire  alle  (9,  +,  6)  che 
se  ne  deducono  direttamente,  e  per  esse  alle  coordinate  {x,  y,  z). 

IV. 

Altri    postulati. 

16.  Alla  già  indicata  ragion  d'  essere  della  celerimensura  si  aggiungono  altri 
postulati  che  sono  insolubili  0  quasi  insolubili  colla  antica  geodesia,  e  che  da 
gran  tempo  battevano  inutilmente  alla  porta  di  tutti  gli  ingegneri,  e  battono 
ogni  dì  più  forte  a  misura  che  sono  più  illuminati  i  giurisconsulti  e  le  grandi 
amministrazioni  e  gli  ingegneri  slessi  sui  veri  interessi  nazionali  pubblici  e  pri- 
vati in  ogni  paese. 

Il  primo  di  questi  postulati  ha  la  sua  radice  in  quell'adagio  del  foro  ricono- 
sciuto in  tutta  Europa  : 

Compasso  non  fa  fede. 

Gol  quale  adagio  la  magistratura  nega  ,  e  ben  a  ragione  ,  effetti  legali  a  tutto 
ciò  che  è  meramente  grafico,  e  pretende  in  tutto  e  sempre  le  dimensioni  ma- 
nualmente  scritte  ed  inscrittibili  per  mano  del  notaio  negli  atti.  Non  si  respin- 
gono in  vero  con  ciò  i  disegni  e  le  mappe,  ma  si  accettano  solamente  come  rap- 
presentazioni sinoptiche  figurative  ad  illustrazione  dei  titoli,  ne' quali  il  diritto 
non  può  radicarsi  che  nella  parte  manualmente  scritta. 

Avviene  anzi  necessariamente  (mille  deplorabili  esempi  ne  stanno  a  prova)  che 
quando  in  un  atto  il  notajo,  in  una  sentenza  i  giudici,  si  avventurano  a  radicare 
un  diritto  sovra  un  documento  grafico,  essi  creano  pei  loro  clienti  un  nido  di 
processi  che  non  tardano  a  scaturire  ed  a  produrre  i  tristi  effetti  che  tanto  fre- 
quentemente desolano  la  proprietà  fondiaria. 

17.  La  instituzione  tanto  desiderata  del  credito  fondiario  è  assolutamente  im- 
possibile senza  la  istituzione  madre  di  un  gran  libro  fondiario  uniforme  in  tutto 
lo  Stato,  senza  la  ricostituzione  del  titolo  di  proprietà  conforme  alle  antiche  leggi 
censuarie  romane.  .     . 

Ma  la  instituzione  del  gran  libro  fondiario  è  impossibile  senza  le  equazioni 
perimetrali  parcellarie  tal  quali  si  ottengono  dalla  nuova  geodesia. 

Di  molto  mi  allontanerei  dal  mio  scopo  se  dovessi  enumerare  tutte  le  questioni 
d'arte  non  solo,  ma  di  giurisprudenza,  di  alta  economia  pubblica  e  di  finanza, 
la  cui  soluzione  dipende  dalla  modesta  proposizione  di  geometria  che  si  rac- 
chiude nella  celerimensura. 


DELLA  GEODESIA  IN  ITALIA  439 

18.  La  condizione  delle  dimensioni  scritte  è  invalsa  oggidì  non  solo  nella 
magistratura,  ma  ancora  in  tutti  i  servizi  dell'ingegneria,  ed  è  prescritta  irre- 
vocabilmente da  tutte  le  amministrazioni  illuminate,  e  praticata  dalle  grandi 
direzioni  d  opere  d'arte,  lo  è  nelle  officine  di  macchine,  in  tutto. 

Ma  in  geodesia,  se  si  dovessero  scrivere  sui  piani  tutte  le  dimensioni  e  deter- 
minanti e  comprovanti ,  ne  nascerebbe  una  confusione  inestricabile,  ad  evitare 
la  quale  s.  presenta  opportuno  appunto  il  sistema  delle  coordinate  rettangolari 
come  si  ottengono  dalla  geodesia  nuova. 

19.  Da  tempo  immemoriale  presso  gii  ingegneri  delle  miniere  di  tutte  le  na- 
zioni si  fa  uso  delle  coordinate:  Domenico  Cassini  ha  impiegato  il  sistema  delle 
coordinate  rettangolari  per  la  carta  generale  di  Francia  e  ne  ha  ottenuti  grandi 
vantaggi  di  celerità,  di  economia,  di  chiarezza,  di  semplicità  pel  catasto  di  Francia 
sotto  il  primo  impero  lo  si  era  esleso  già  fino  alle  operazioni  di  quinto  ordine 
e  poco  mancò  che,  proponente  Lesueuz,  lo  splendesse  al  parcellare  :  si  temette 
la  spesa.  ' 

Questo  sistema  si  va  ogni  dì  più  generalizzando,  a  tal  segno  che  i  cartolai  di 
Parigi  e  di  Londra  vendono  ora  molto  più  carta  reticolata  per  uso  di  riportare 
in  disegno  per  coordinate,  che  carta  da  disegno  bianca. 

20.  Un  secondo  postulato  moderno  riguarda  la  celerità,  e  con  essa  naturalmente 
la  economia. 

Nel  secolo  del  vapore  e  del  telegrafo  elettrico  non  si  accorderebbe  più  di  fare 
come,  per  esempio,  ancora  si  fa  in  un'amministrazione  governativa  in  Piemonte' 
meno  ,  tre  ettari  (2,73)  al  giorno  in  media  per  ogni  operatore  di  rilevamento 
catastale  meramente  grafico,  oggidì  si  domanda  ad  ogni  operatore  il  quintuplo 
almeno  d,  area  rilevata,  e  con  tutte  le  altidi,  e  non  si  consente  più  di  pagare 
ne  vent.due  lire  l'ettarea  come  il  censo  di  Milano,  né  18  lire  come  già  ne  costa 

ìitutliv'inaSr16'  benChé  n°n  flnit°  ^  n6SSUna  SUa   P"te  e  — te  di 

21   Riconosciuto  oggidì   l'immenso  errore  del  fare  catasti  unicamente   fiscali 

che    ,  secolare  spenenza  ha  dimostrati  incapaci  di  effetti  civili ,  inefficaci  anche 

per  la  sola  perequazione,   !  magistrati  domandano  in  vece  nel  loro  linguaggio 

Slo^T^T  h  °  Sap6re  imerP'-etare  ^  ^rta  generale  eidipsografica 
dello  Stato,  e  domandavano  già  da  gran  tempo  in  termini  precisi  (1)  le  nostre 
qu  z.on,  ma  gli  ingegneri  opponevano  in  passato  sempre  il  loro  non  possumus, 
e  se  la  spenenza  francese  d.  trent'anni  fa  riusci  a  Servaz,  ei  fu  con  una  spesa 
impossibile  a  sostenersi,  il  che  vai  bene  il  non  possumus;  ma  la  geode"?  nJov 
so.titu.sce  al  non  possumus  un  facillìme  possumus,  e  si  contenta  di  molto  minor 

Y>  i  t5ZZO. 

22.  Un  terzo  postulato  riguarda  la  esattezza  • 
vaLT^r  a"a  ^^  «eodesia  ^v  le  operazioni  catastali  una  tolleranza 
Torto  "  P       •      Ur°Pa  da'  mm°  al  due  Per  cent0> in  Francia  sotto 

trenTnn  Pf  r  °  f"  CaS'  ^^^  fln0  al  CÌnque  Per  cent0> in  S™^a  fino 
a  treni  un  contametri  sopra  venti  metri,  quasi  il  due  per  cento.  Ora  la  tolleranza 
è  d,  gran  lunga  p,u  ristretta;  ora  non  si  concede  più,  e  tutt'al  più  che  l'uno 
per  m„le  più  un  decimetro,  per  qualunque  distanza'  m'inore  di  u Tkilometro  co- 
munque presa  ed  ,n  qualunque  direzione  fra  punti  dati  per  le  loro  coordinate  e 

(1)  Longitudini  e  latitudini  comunali. 


440  IL  PROGRESSO 

j/0,001  K.  al  di  là  d'un  kilometro,  e  si  esige  poi  la  coincidenza  perfetta  coi 
punti  trigonometrici,  la  qual  cosa  conduce  necessariamente  all'ammissione  della 
tolleranza  a  due  gradi,  ed  a  quella  tale  teoria  delle  compensazioni  che  allega 
ancora  i  denti  a  molti  nostri  ingegneri  e  dà  loro  a  pensare  erroneamente  che 
la  celeriniensura,  con  ammettere  questo  progresso  geodesico  de' nostri  tempi, 
non  abbia  che  metodi  incerti. 

V. 
Le   compensazioni. 

23.  Non  si  ha  generalmente  una  giusta  idea  di  ciò  che  sia  il  poco  ed  il  molto 
in  materia  di  esattezza  pratica,  né  della  teoria  matematica  a  ciò  relativa;  la  mi- 
sura della  esattezza  è  il  numero   reciproco  della  incertezza  remanente. 

La  esaltezza  matematica  assoluta  è  tale  araba  fenice  che  non  è  dato  all'uomo 
di  raggiungerla  mai;  la  sua  misura  è  espressa  dall' co;  si  chiama  incertezza  re- 
manente  quella  quantità  ignota  di  che  un  risultato  pratico  di  misura,  per  accu- 
rato che  sia,  sempre  differisce  dal  vero  che  resta  ignoto. 

Or  bene  se  una  misura  di  lunghezza  o  di  angolo  replicatamene  presa  diffe- 
risce da  una  volta  all'altra  di  una  piccola  frazione,  non  v'ha  scrupoloso  inge- 
gnere che  esiti  in  adottare  la  media  :  cosa  si  è  fatto  con  ciò,  se  non  compensare 
le  incertezze  remanenti  delle  varie  misure  ottenute?  Solamente  questo  modo  di 
fare  è  per  lo  meno  inintelligente,  e  può  talvolta  allontanare  dal  vero.  Si  dimo- 
stra infatti  rigorosamente  che  il  vero  si  deve  in  non  pochi  casi  trovare  assai 
lontano  dalla  media  aritmetica,  e  talora  perfino  fuori  dell'intervallo  compreso 
fra  il  massimo  ed  il  minimo  de' resultati  ottenuti. 

24.  La  teoria  che  si  potrebbe  chiamare  delle  medie  è  stata  svolta  ed  applicata 
con  successo  alla  geodesia  sotto  il  nome  di  teoria  delle  compensazioni,  da  Gauss, 
da  Bessel,  da  Scleiermacher,  da  Hansen  ed  altri. 

Ben  inteso  che  non  si  debbono  mai  compensare  gli  eirori  propriamente  detti; 
quelli  si  debbono  scoprire  col  mezzo  delle  comprovazioni,  e  si  debbono  correg- 
gere al  loro  preciso  luogo  dove  sono  stati  scoperti,  ed  è  appunto  quello  che  si 
fa  in  celerimensura,  dove  V  errore,  la  negligenza,  la  mala  fede  sono  resi  impos- 
sibili dal  rigore  e  della  generalità  delle  comprovazioni. 

VI. 
tue  comprovazioni. 

Quando  intorno  ad  un  punto  si  sono  misurati  ad  uno  ad  uno  separatamente 
tutti  gli  angoli  compresi  fra  diverse  visuali  che  partono  da  quel  punto,  la  somma 
di  tutti  quegli  angoli  deve  matematicamente  dare  quattro  retti:  ecco  un  caso  di 
comprovazione  indipendente  dal  giudizio  umano  che  però  non  è  probante  in 
modo  certo  ed  assoluto  perchè  potrebbe  essere  P  effetto  di  due  opposti  errori. 

Quando  si  misurano  a  parte  i  tre  angoli  d'un  triangolo,  la  loro  somma  deve 
eguagliare  due  retti:  ecco  un  altro  caso  di  comprovazione  indipendente  dal  giu- 
dizio umano  ma  neppur  essa  è  probante  in  modo  assoluto. 

Tuttavia  se  il  risultato  di  questa  comprovazione  offre  una  differenza  minima, 
questa  differenza  si  potrà  considerare  come  un  criterio  circa  la  incertezza  rema- 


DELLA  GEODESIA  IN  ITALIA  444 

nenie  sulle  misure  prese.  Se  offre  invece  una  differenza  ragguardevole,  sarà  indizio 

cero  d.  un  vero  errore  commesso,  senza  indizio  però  del  dove  commesso. 

Ma  se  ognuno  degli  angoli  del  triangolo  fa  parte  di  un  giro  d'orizzonte,  il 
ungo  dell  errore  evidentemente  emergerà  dalla  duplice  comprovazione  e  qualora 
e  discordanze  si  mantengono  piccole   nell'una   e  nell'altra  prova   si  potrà  ciò 

tenere  s.ccome  indizio  se  non  certo  almeno   infinitamente  probabile  che  non  si 

commesse  verun  errore  propriamente  detto. 

J,UJ!llTTuÌ0  f3rà  comPrendere  meglio  «he  una  spiegazione   astratta  il  ca- 
rattere che  debbono  avere  le  comprovazioni: 

Le  comprovazioni  in  geodesia  debbono  essere  indipendenti  affatto  dal  giudizio 
allace  degl.  nomini:  esse  devono  derivare  unicamente  dalle  condizioni  matema- 
tiche necessariamente  esistenti  fra  le  quantità  da  comprovarsi.  Esse  debbono  es- 
sere sempre  duplici,  cosicché  non  possa  a  meno  di  emergerne  l'errore  vero  o 
a  frode  anche  la  più  astuta,  e  non  succeda  mai  che  gli  errori  anche  piccoli  pos- 
sano confondersi  colle  incertezze  remanentì,  e  contaminare  le  compensazioni. 

Qualunque  metodo  operativo  che  non  soddisfaccia  a  queste  condizioni,  non  può 
Z  "Tu""0  1D  g'UdÌZÌ0'  Perchè  "on  ablativo  non  può  soddisfare  la  co- 
iTl        rng6gnere  Che  C°'SU0Ì  Pr0gelti  non  si  contenti  di  allettare  i  capita- 

l !nd«  l  ?      T rf  S1CUr°  dÌ  "°n  ÌD?annarli  a«che   innocentemente,   ingan- 
nando se  stesso  ed  il  paese. 

VII. 
L'esattezza  nelle   livellazioni. 

aulTrir  Par0la  Sull'ar.g°ment0  esat'^a,  per  segnalare  il  ridicolo  del 
?..    „r    P  ceni  ingegner,  livellatori  che  vengono  derisoriamente  qualifi- 

cati in  Francia  coli' epiteto  volgare  di  millimétristes 
Partiti  da  uno  stesso  punto  due  ingegneri  che  scrivono  ad  ogni   battuta  di   li- 

1    mp,?n  '  m""metrÌ'  arrÌ¥an°   per  diversa  ™  ed  in  «-erso  tempo 

alla  meta,  e  v.  arrivano  con  qualche  metro  di  discordanza,  e  il  più  delle  volte 
non  ne  scoprono  la  causa,  rifanno  e  forse  rifaranno  molte  volte  ancora     e  con 

mpre  vana  fortuna  e  forse  mai  con  un  accordo  soddisfacente;  ed  anch  quan  o 
ni  !„  ™™à™  e»"  non  possono  matematicamente  provare  che  la  otte- 
nuta concordanza  non  sia  caso  fortuito  molto  lontano  dal  vero,  citiamone  alcuni 

nef^ 

ranni  e  si  rifece  trenta  volte,  e  ™7p™     SS^SZa'Z' 

nenie  su  questi  cinque  ultimi  risultati  sia  minore  di  un  metro 

ferrov'lf  nn;^,aJU,1Henf  a  ^-"'^"erre,  al  momento  quasi  di  mettere  sulla 

a  ni  ,/  '  Sl,       °  U1  en'°re  di  4'"'S0  in  una  sola  ^^e,  senza  che  si 

sia  potuto  scoprirne  la  causa. 


442  IL  PROGRESSO 

ottavi  di  linea  del  piede  inglese,  e  codesta  livellazione  doveva  servire  di  con- 
trollo alle  operazioni  di  tacheometro  state  fatte  dai  miei  soldati!!!..  Che  buona 
gente  che  erano  quegli  inglesi! 

27.  La  serie  di  tali  fatti  è  infinita,  e  se  ne  hanno  in  tutti  i  paesi. 

Ne  in  Italia  mancano  gli  esempi  di  simili  discordanze ,  le  quali  avvengono 
malgrado  ogni  diligenza  millimetrica,  malgrado  la  buona  volontà  degli  operatori, 
ma  non  è  qui  il  caso  di  passare  in  rivista  gli  errori  altrui,  né  il  luogo  di  ricer- 
carne le  cause,  parliamo  invece  di  quegli  errori  che  volontieri  confessa,  ma  della 
esiguità  costante  dei  quali  si  gloria  a  buon  diritto  la  celeriniensura. 

28.  Or  bene,  in  celeriniensura,  dove  non  possono  avvenire  errori  sistematici, 
si  passa  oltre  volentieri  sui  millimetri,  sui  centimetri  quasi  sempre  innocui,  ed 
anche  talora  sui  decimetri,  ma  non  succederebbero  mai  a  lavoro  finito  delle 
discordanze  di  parecchi  metri. 

29.  Quando  poi  si  presentano  di  quei  casi  speciali  dove  i  millimetri  importano, 
come  mi  avvenne  pel  ponte  di  Kell  sul  Reno,  od  al  sostegno  di  Gros-bois  (1)  in 
Borgogna,  e  poche  altre  volte,  allora  la  nuova  geodesia  ha  mezzi  per  vedere 
molto  bene  e  con  piena  verità  i  millimetri  ed  anche  le  frazioni  di  millimetro, 
e  può  fare  in  modo  che  la  incertezza  remanente  sul  risultato  finale  non  oltre- 
passi il  limite  fissato,  per  esempio  come  a  Gros-bois,  di  un  millimetro  per  ogni 
coppia  di  battute  che  sommavano  a  600  metri. 

La  sperienza  ha  dimostrato  che  la  incertezza  remanente  non  vi  ha  mai  oltre- 
passato sette  decimi  di  millimetro. 

Guardiamo  ai  millimetri  quando  ne  occorre. davvero  il  bisogno,  ma  guardiamoli 
allora  con  ben  altri  strumenti  che  quelli  che  corrono  ordinariamente  fra  le  mani 
dei  nostri  ingegneri. 

30.  All'appoggio  di  questo  mio  dire,  sono  lieto  di  poter  presentare  un  fatto 

recentissimo. 

Riparato  appena  da  un'  avaria  grave,  il  grande  livello  a  bolla  fissa  dell  Istituto 
Tecnico  Superiore  di  Milano,  che  appunto  è  un  istrumento  eccezionale,  si  trat- 
tava di  provarlo.  Io  pregava  il  signor  ingegnere  Villani  di  far  questa  prova 
sopra  un  poligono  chiuso  un  po' vasto;  e  perchè  corrono  per  mano  degli  inge- 
gneri varie  versioni  circa  la  ipsometria  delle  porte  di  Milano,  l'ingegnere  Vil- 
lani scelse  di  farla  sul  giro  intiero  della  città,  impiegando  ben  inteso  il  metodo 
dei  punti  doppi,  unico  razionale,  unico  probante,  unico  col  quale  si  trovino  eli- 
minati dal  risultato  i  quattro  errori  sistematici,  e  se  ne  determini  ad  un  tempo 
stazionerei  stazione  (2)  il  valore. 
Il  risultato  di  questa  operazione  fu  il  seguente  : 

1.°  La  compensazione  diede  luogo  ad  una  correzione  di  tredici  centesimi  di 
millimetro  (0m,00013)  sul  giro  intiero  di  Milano. 

2.°  La  incertezza  remanente  sopra  un'  altide  qualunque  di  questo  poligono 
non  si  stimò  oltrepassare  dopo  la  compensazione  tre  millimetri  (si  sarebbero  ot- 
tenuto meglio  con  mire  intere;  quelle  impiegate  erano  smontabili  ed  il  giunto 
presentava  qualche  leggera  imperfezione). 

(1)  Nell'uno  e  nell'altro  luogo  si  trattava  di  constatare  il  movimento  di  un  grande  edificio.  A  Gros- 
bois  fu  accordato  per  limite  alla  incertezza  remanente  un  millimetro,  e  si  ottenne  meglio. 

(2)  S'intende  per  stazione  la  posizione  dell'  istrumento,  non  quella  della  mira,  come  erroneamente  alci 
intendono. 


DELLA  GEODESIA  IN  ITALIA  443 

]MlLfatf  ""  Punt0   del  Poli^ono  la  stazi°ne  centrale   per  la   quale  si 
ammette  la  alt.de  di  126-.860,  e  fatto  conto  di  due  tronchi  di  livellazione  1 
osamente  favorita  dall'ingegnere  Chizzolini ,   de' quali  uno  tra  S.  Giovanni  sul 
ZZ  VH  ng"a  delDuomo-  Paltra  dalla  soglia  del  Duomo  a   S.  Giovanni  in 
0  ta\a'e  J  ?Tl°r  IÌManÌ  Pr°tratta   fin°  a  quei  Pnntì  ™Pettivamen,e  £ 

Duomo n  lì4   P°  ma"a'  S'  '  P°'Ut°  C°nC'Udere   1,altide  di  s°g'ia  del 

tauomoin  121   SS6,   con  un'incertezza   remanente  per  quanto   riguarda   le  due 

operaz.on.  Ch.zzolini  e  Villani,  di  un  solo  centimetro. 

Questa  è  Palude  che  riterremo  siccome  stabilita  pei  lavori  in  corso  di  rileva- 
mento  e.d.psometrico  della  città  di  Milano. 

La  incertezza  remanente  sull'altide  della  stazione  centrale  potrebbe  essere 
ben.ss.mo,  avuto  r.guardo  alla  sua  provenienza,  d'un  pajo  di  metr  ma  3 
tonto  che  ne  abb.am  fatto  con  altri  dati  la  riduce  a  Jochi  decimetri 
sarebbe  stagni  mÌ11ÌmetrÌC0  ^rado  di  esa^za  dell'operazione  Villani  non 
SiaSlrr  „v  "T  aVUt°  SOl°  Per  ÌSCOpo  la  iPsometria  ^lla 
Sezionale!  °'  dÌ  SOtt°P°rre  a  esperienza  un  istrum^° 

Tuttavia  il  giro  di  Milano  di  dodici  chilometri,  che  chiude  mediante  una  cuoia 

; ùmprs°ddeo™  rfiM1  centesimi  di miuimetro' S0mmin"-  ""  " 

i  ^^™ZTS£lT veraraente necessarii' vi souo in cLri- 

Le  altidi  poi   che  risultano  dal  rilevamento  eidipsometrico  a  mezzo  del  clens 
decimerò     ""    ^  S'ann°  *  M°  ^^ne  suddetta  eZ  il  me/zo 

so"  m^Tr^rSo  ffiisr ne  è  da  pochi  anni  sorto' ed  é 

^StZ^nT:nrTT-deìh  ^^  S°n°  °ra  Hc0D0SCÌUte  ta"  da 

Vili. 

sSST^  ?"~--  AMSSSi  ss 

ha  p.u  b.sogno  d.  prendere  sopra  di  esse  mai  misure  col  compaio  e  la  scafa 

^iT:0T:i:zz:t::z  v/u'tt  t brevi  distauze- ed  è  ^  -  *■ &  **i 

trwrn.  /n^  —  Fo/.  XVI.  —  l^/fc  1868.  29 


444  IL  PROGRESSO 

2.°  La  terza  coordinata  z  dev'essere  sempre  riferita  al  livello  del  mare,  eia 
si  deve  ottenere  per  tutti  e  singoli  i  punti  considerati  in  planimensura,  i  quali 
devono  essere  tanti  quanti  bastino  a  determinare  soddisfacentemente  in  altide 
la  intiera  figura  della  superfìcie  del  suolo. 

3.°  Tutte  le  operazioni  debbono  essere  combinate  in  modo  da  presentare 
nelle  condizioni  matematiche  di  esistenza  delle  figure  nello  spazio  ,  la  compro- 
vabilità la  più  assoluta  e  generale  di  modo  che  qualunque  errore  ,  frode  o  ma- 
lizia, si  possa  scoprire  senza  tornare  sul  terreno. 

4.°  Si  deve  concedere  bensì  una  tolleranza,  ma  a  due  gradi,  e  ristretta  pel 
secondo  grado  al  millesimo  più  un  decimetro,  tanto  per  le  posizioni  assolute 
come  per  le  relative  fino  ad  un  kilometro ,  ed  a  |/oTÓOTK.  per  ogni  maggiore 
distanza;  la  tolleranza  dev'essere  nulla  all'incontro  de' punti  trigonometrici  dove 
se  ne  hanno;  dove  non  se  ne  hanno  se  ne  devono  creare  sostituendo  alle  mal 
sicure  poligonali  del  metodo  antico  una  catena  di  triangoli  ben  condizionati. 

5.°  Non  solo  si  ammette,  ma  si  prescrive,  che  dopo  le  comprovazioni  al 
primo   grado,   si   applichino   le   compensazioni. 

6.°  Si  deve  sistematicamente  tener  conto  della  vera  locale  curvatura  della  terra. 

7.°  E  qui  il  luogo  d'aggiungere  una  settima  condizione  ed  è  che  ogni  diffi- 
coltà di  applicazione  della  scienza  e  del  calcolo  svanisca  assolutamente  nel  pas-% 
sare  dalla  teoria  alla  pratica  per  modo  che  si  possano  materializzare  le  operazioni 
e  farne  imparare   quasi   meccanicamente  senza   teoria   l'esercizio   agl'impiegati 
inferiori,  non  che  ai  più  umili  e  meno  istruiti  geometri. 

A  questa  special  condizione  soddisfa  pienamente  la  nuova  geodesia  giacché  i 
soldati  del  genio  furono  quelli  che,  deposta  appena  da  un  mese  la  cazzuola,  la 
lima,  la  pialla,  il  badile,  rilevarono  tutto  il  ducato  di  Genova  col  tacheometro. 
Essi  fecero  di  poi  molto  bene ,  senza  sapere  un'  acca  di  trigonometria,  il  calcolo 
numerico  di  quattrocento  cinquanta  mila  coordinate  costituenti  la  equazione 
generale  numerica  a  tre  dimensioni  di  tutta  la  superficie  del  ducato,  poi  fatta  la 
generale  comprovazione  applicate  le  compensazioni,  disegnarono,  un  po'malamente 
è  vero,  ma  però  esattamente,  tutto  quel  lavoro  in  novanlatre  grandissimi  fogli,  e 
ne  nacque  la  carta  eidipsografica  del  ducato  di  Genova  che  si  conserva  gelosa- 
mente negli  archivii  del  corpo  degli  ingegneri  militari. 

33.  A  tutte  queste  condizioni  risponde  pienamente  quella  geodesia  che  con  molto 
frutto,  fin  dal  1824,  s'insegnò  e  si  pose  in  pratica  in  crescente  misura  nelle  an- 
tiche provincie,  d'onde  passò  in  Francia  e  vi  fu  onorata,  premiata  ed  ufficial- 
mente adottata  nell'insegnamento  superiore  degli  ingegneri,  e  dalla  Francia 
irradiò  in  tutte  le  parti  dei  mondo,  finché  perfezionata  ancora  nei  metodi  e  negli 
istrumenti,  la  celerimensura  ebbe  fatto  ritorno  in  Italia,  sua  patria,  ov'era  ne- 
gletta, ed  ove  ora  la  s'insegna  da  cinque  anni  nell'Istituto  Tecnico  Superiore  di 
Milano  introdottavi  dall'egregio  direttore  Gomm.  Brioschi  nel  1863-64. 

Vana  cosa  è  quindi  il  ricercare  oggidì  a  titolo  di  documento  la  via  che  va 
lentamente  percorrendo  all'estero;  quando  s'insegna  nella  prima  scuola  d'inge- 
gneri in  Italia,  v'  è  motivo  che  basta  per  adottarla  dappertutto. 

L'Italia  d'altronde  non  deve  essere  servile  imitatrice  delle  altre  nazioni,  per- 
ciò all'Italia  basta  la  sua  ragione,  bastano  come  sperienza  i  quarantanni  di 
ottime  prove  fatte  sul  suo  suolo,  né  abbisogna  di  conoscere  quelle  state  fatte  al- 
l'estero;  questi  dati  gli  bastano  a  prendere  il  suo  partito,  ora  che  la  politica 
gliene  lascia  il  tempo. 


DELLA  GEODESIA  IN  ITALIA  44g 

IX. 
Stato  attuale  della  geodesia  in  Italia. 

34.  Passate  ora  in  rivista  le  condizioni  che  costituiscono  il  punto  di  più  avan- 
zae .progresso  della  geodesia,  riconosciuto  come  a  questo  ideate  risponda  piena- 
mente la  celenmensura,  cerchiamo  di  determinare  a  qual  punto  della  scala  che 
v.  mette  capo  sia  in  questo  ramo  arrivata  l'ingegneria  italiana. 

Prendiamo  perciò  ad  esaminare  : 

cond!zioni.qUante  °  qUalÌ  SCU°le  rinse8nainento  sia  all'altezza  delle  enumerate 

stali2edQaiu.l  "IT  '  T' fmenti/fficiali  delle  Pubbliche  amministrazioni  cata- 
stai! ed  altre,  nelle  quali  la  geodesia  é  elemento  essenziale. 

di  aLSVpfo  imtorir:  UalÌanÌ  Ch6  t,aUaU°  ^  aPP'ÌCaZÌ°nÌ  ^esiche 
4.°  Quanto  ne  costi  di  denaro  e  di  tempo  per  la  formazione   m\*  man™ 

::sr specia,i' e  cabrei;  ^«r*  ™%z&xs£ 

gn  i^Vd'^SLa  cosa  producano  in  istrumenti  r""»***? 

6."  Quali  siano  gli  strumenti  che  corrono  per  le  mani  degli  forameli 
38.  Il  risultato  di  un  tale  esame  è  il  seguente-  ingegneri. 

r  L»  anmialumioil  censuarie  «aliane  hanno  reaolamenli     i  mali     „„, 

la. mi  J  "  ™"d'",tle  '°  •'""  ""'"'■  «Wi.liM.le  ,.r„.™  ™Yn„  "a" 
5    Voa  ".^m  è,  ^e1,  *iCli™'i0,"  "e!  ™°  »■«»«"»"."  s. 


446  IL  PROGRESSO 

Circa  il  3.°  modo  di  esame  servirà  e  basterà  il  seguente  : 

—  Un  ingegnere  alto  locato,  che  gode  eli  meritata  fama,  l'onorevole  Coriolano 
Monti,  è  autore  di  un  progetto  di  ferrovia  nelle  Alpi  marittime,  per  lo  studio 
del  quale  ha  chiamato  a  suo  soccorso  tutte  le  risorse  dell'arte  a  lui  note;  egli 
emette  nella  sua  memoria  pubblicata  in  Milano  nel  1835,  moltissimi  ben  giusti 
riflessi,  i  quali  attestano  della  sua  pratica  e  dell'acume  del  suo  ingegno,  per 
modo  che  quel  libro  rappresenta  senza  dubbio  e  favorevolmente  il  vero  stato 
della  geodesia  degli  ingegneri  in  Italia  nel  1865. 

Or  bene,  in  questo  per  molti  versi  prezioso  libro,  si  vedono  messi  in  chiara 
evidenza  tutti  gli  imbarazzi  e  le  difficoltà  infinite  che  in  quello  stato  della  geo- 
desia lo  studio  di  quel  progetto  ha  presentate,  difficoltà  ed  imbarazzi  che  sareb- 
bero stati  nulli,  nulli  affatto,  colla  geodesia  nuova;  ma  mi  limiterò  a  trarne 
un  solo  riflesso  che  vale  per  tutti. 

Si  legge  a  pag.  37  della  citata  memoria:  «  col  teodolite  o  col  circolo  ripetitore 
«  si  desumono  in  campagna  dieci  o  dodici  angoli  al  giorno,  e  per  caso  straordinario 
«  una  quindicina  al  più  » . 

L'arte  del  maneggiare  il  teodolite,  concludo  io,  era  dunque  ancora  a  quel- 
P  epoca  nella  prima  infanzia  fra  gli  ingegneri  italiani,  malgrado  che  da  trecento 
anni  queir  istrumento  sia,  fuori  d' Italia,  di  un  uso  generale,  giacché  a  me  per- 
sonalmente, che  forse  non  sono  dei  più  lesti,  mi  è  avvenuto  una  volta  di  misu- 
rare in  una  grande  e  bella  giornata  d'estate  circa  quattrocento  settanta  angoli, 
e  certamente  non  mai  meno  di  cento  in  una  giornata  ordinaria  delle  più  blande. 

Nella  stessa  pagina  si  legge:  «  ma  il  perditempo  in  campagna  la  cede  al  confronto 
«  di  quello  che  conseguita  a  tavolino  ;  il  calcolo  riferito  nell  allegato  A ,  proprio  di 
«  27  angoli  in  5236  metri  di  lunghezza,  è  il  frutto  di  un  dieci  giorni  di  la- 
«  voro,   se  non  più  ». 

Ventisette  angoli  danno  luogo  al  calcolo  di  cinquantaquattro  coordinate,  che 
tante  appunto  figurano  all'undicesima  e  dodicesima  finca  di  quell'allegato. 

Or  bene,  col  calcolo  logaritmico  ordinario  occorrerebbe  ad  un  giovane  del  mio 
studio  l'occupazione  di  sei  ore  al  più,  invece  di  dieci  giorni! 

—  Per  rifare  accuratamente  i  calcoli  di  tutta  la  grande  triangolazione  da  Roma 
a  Milano,  e  determinare  le  coordinate  di  tutti  i  vertici,  l'onorevole  ingegnere 
Carlo  Villani  mio  collega,  ha  impiegato  una  settimana. 

—  Ma  coi  mezzi  della  celerimensura  e  coi  lati  mediamente  di  soli  duecento 
metri,  che  compongono  la  poligonale  del  progetto  Monti,  è  ben  altra  la  spedi- 
tezza. In  Francia  si  fa  conto  mediamente  pei  progetti  di  ferrovia  quando  si  fanno 
colla  celerimensura,  che  con  quei  mezzi  si  possono  ottenere  comodamente  oltre 
duecento  coordinate  all'ora,  e  così  per  quelle  cinquantaquattro  coordinate  state 
calcolate  in  dieci  giorni  dall'onorevole  Monti,  occorrerebbero  sedici  minuti; 
e  quanto  a  difficoltà  ricordiamo  che  ciò  erano  capaci  di  fare  i  miei  soldati. 

D'onde  credo  essere  in  diritto  di  concludere  che  la  pratica  del  calcolo  loga- 
ritmico ordinario  non  è  niente  meglio  passata  nelle  abitudini  fra  noi  che  il  ma* 
neggio  de' buoni  strumenti,  e  che  sono  conosciuti  ancor  meno  i  metodi  antichi  e 
nuovi  di  supplire  nella  pratica  al  calcolo  logaritmico. 

Queste  conclusioni,  ben  inteso,  riguardano  la  generalità  degli  ingegneri  ita- 
liani, e  non  intaccano  le  onorevoli  eccezioni. 

—  Circa  al  4.°  modo  di  prova  (il  costo  ed  il  tempo)  abbiamo  il  catasto  di  Lom- 
bardia, che  ha  costato  22  lire  V  ettarea,  abbiamo  quel  di  Piemonte  in  corso  e  non 


DELLA  GEODESIA  IN  ITALIA  447 

finito,  che  ne  costa  già  18,  e  sono  pura  planimensura,  ossia  mappe  grafiche  con 
larga  tolleranza. 

Circa  il  tempo,  della  Lombardia  non  parlo  per  mancanza  di  dati  precisi;  del 
Piemonte  dirò  che  i  quindici  anni  ed  i  venticinque  milioni  stati  concessi  dal 
Parlamento  vi  sono  passati,  e  che  dai  rendiconti  pubblicati  nella  Gazzetta  uffi- 
ciale risulta  non  aversi  ancora  un  quinto  della  massa  totale  di  lavoro,  e  nulla 
affatto  di  catasto  veramente  ultimato  e  consegnato  ai  conservatori. 

Colla  nuova  geodesia  invece  si  ottiene  ora  in  Francia,  come  da  noi,  il  com- 
pleto risultato  a  tre  coordinate  per  non  più  di  quattro  lire  l'ettarea  ne' luoghi 
i  più  difficili.  La  prova  si  è  che  per  tal  prezzo  una  compagnia  francese  aveva 
nel  1854  offerto  di  intraprendere  il  catasto  delle  antiche  Provincie  coi  metodi 
della  celeriniensura,  e  darlo  ultimato,  non  in  quindici,  ma  in  cinque  anni;  la 
qualcosa,  al  dir  di  Cavour,,  avrebbe  procurato  allo  Stato  un  benefìcio  di  sessanta 
milioni,  ma  il  Parlamento  era  allora  sotto  l'influenza  di  tre  grandi  illusioni:  il 
catasto  stabile  J  la  misura  diretta,  e  i  pratici  (1),  e  derideva  Plana,  Menabrea  e 
Ferrati,  i  quali  sostenevano  il  giusto,  il  vero;  la  proposta  francese  non  fu  ac- 
cettata anzi  nemmeno  seriamente  esaminata. 

Cerchiamo  ancora  una  prova  nei  lavori  pubblici:  La  provincia  di  Milano  ha 
speso  duecento  ottomila  franchi  per  lo  studio  di  una  comrnunicazione  ferro- 
viaria attraverso  le  alpi  italo-germaniche  alla  Spluga  ed  al  Septimer.  Lasciando 
da  parte  la  questione  di  tempo  diciamo  solo  che  colla  nuova  geodesia  avrebbe 
avuta  la  soluzione  completa  e  comprovata  del  quesito  per  meno  di  quaranta- 
mille  lire. 

So  bene  che  alla  Spluga  fu  fatto  da  uno  degli  ingegneri  di  sezione  un  tenta- 
tivo che  si  credeva  di  celerimensura  perchè  s'impiegava  la  stadia,  ma  so  anche 
che  i  metodi  furono  gli  antichi,  e  il  metodo  è  tutto. 

—  Se  prendiamo  ad  esaminare  il  5.°  punto  (la  fabbricazione  di  strumenti)  noi 
troviamo  che  si  son  fatti  dei  veri  strumenti  geodesia,  sebben  pochi,  in  Torino  al 
tempo  di  Capelli  e  di  Gatti,  ed  a  Modena,  poi  a  Firenze,  al  tempo  del  profes- 
sore G.  B.  Amici;  se  ne  son  fatti  anche  in  Torino  nell'istituto  meccanico  del 
Belvedere  dal  1839  al  1847,  e  già  se  ne  spediva  all'estero  notevolmente.  Si  ri- 
comincia a  farne  oggidì  in  Milano  nella  Filotecnica;  Prcetereaque  nihil. 

Non  si  debbono  disconoscere  però  gli  onorevoli  tentativi  avviati  da  molti  mec- 
canici in  varie  parti  d'Italia,  fra  i  quali  a  Milano  il  Citelli  ed  il  Grindel ,  in 
Napoli  da  Depalma  e  da  Spano  sebbene  quei  tentativi  non  abbiano  avuta  veruna 
portata. 

Si  deve  rendere  giustizia  inoltre  al  sig.  Longoni  in  Milano  ed  al  sig.  Gioja  in 
Torino,  che  dimostrarono  la  loro  buona  volontà  di  entrare  nella  nuova  via.  Essi 
chiesero  ed  ottennero  dalla  Filotecnica  i  disegni  dettagliatissimi  dei  cleps,  ed  an- 
che la  promessa  d'ajuto  perle  divisioni  od  altro  che  non  riuscissero  per  avven- 
tura a  fare.  V'é  dunque  luogo  a  sperare  che  quanto  prima  si  vedranno  i  cleps 
fabbricati  in  quei  due  stabilimenti,  il  primo  de' quali  li  ha  già  promessi  al  pub- 
blico fin  da  due  anni  (2)  P  altro  ha  già  fornito  non  pochi  tacheometri. 

(1)  I  pratici  di  cui  si  parla  son  quelli  che  da  lunghi  anni  ripetono  imperturbabilmente  eli  antichi 
errori  cai*  ab  iltis,  i  veri  ed  utili  pratici  son  quelli  che  in  tre  od  in  sei  mesi  di  esercizio  imparano 
bene  il  maneggio  de' nuovi  strumenti  la  condotta  del  lavoro  coi  nuovi  procedimenti 

(2)  Vedi  Giorn.  dell'  Ingegnere-Architetto,  voi.  XIV  appendice. 


448  IL  PROGRESSO 

—  In  sesto  luogo  abbiamo  ad  esaminare  quali  strumenti  vadano  per  le  mani 
degl'ingegneri  in  Italia. 

Ecco  il  risultato  di  questo  esame: 
1.°  Nelle  antiche  provincie  si   hanno  da  venti  a  trenta   tacheometri,  oltre 
quelli  (se  ne  ignora  il  numero)  venuti  in  questi  ultimi  anni  da  Parigi,  princi- 
palmente per  opera  della  ditta  Gioja. 

In  Bologna  vi  è  un  tacheometro  di  Parigi  (1849)  fatto  nell'officina  Lerebourg, 
ed  un  cleps  della  Filotecnica  (1868). 

In  queste  e  nelle  altre  provincie  vi  sono  parecchie  bussole  goniometriche  te- 
desche o  francesi,  e  qualche  teodolite  inglese,  germanico  o  francese,  state  adat- 
tate a  far  le  funzioni  di  tacheometro. 

In  Milano  particolarmente  esistono  gli  strumenti  di  celerimensura  destinati  per 
l'istruzione  all'Istituto  Tecnico  Superiore;  Un  piccolo  tacheometro  in  mano  d'un 
ingegnere  del  censo,  e  parecchi  teodoliti  in  mano  ai  più  avanzati  ingegneri. 
Molti  cleps  sono  in  costruzione  nella  Filotecnica  per  ingegneri  italiani  di  varie 
provincie.  Il  che  vuol  dire  che  il  progresso  comincia  a  pungere,  ma  ha  ancora 
bisogno  di  essere  spinto  con  vigore  ed  irrorato  nelle  scuole  dalla  rugiada  del- 
l'istruzione  che  non  vi  è  ancora  penetrata. 

2.°  Molte  amministrazioni  dello  Stato,  e  ad  imitazione  loro  moltissimi  inge- 
gneri, adoperano  ancora  sempre  la  tavoletta  pretoriana  alcuni  tutt' al  più  con 
diottra  a  stadia;  essi  sono  perciò  affatto  fuori  di  via,  e  non  possono,  persistendovi, 
che  respingere  in  massa  ogni  progresso. 

Basti  il  dire  che  nel  Belgio,  e  precisamente  per  le  operazioni  censuarie,  l'uso 
della  tavoletta  è  stato  proibito  per  decreto  ministeriale  fin  dal  1826,  che  in 
Francia  la  tavoletta  è  considerata  cornine  un  ficelle  bonne  à  employer  quand  on  n'a 
pas  d'instruments ,  e  che  in  Inghilterra  non  è  mai  stata  riconosciuta  come  stru- 
mento geodesico. 

Ma  sento  una   voce   che   ripetendo  le  mie  parole  mi  ricorda  che  V Italia 

non  è  servile  imitatrice  delle  altre  nazioni,  che  essa  fa  uso  della  sua  ragione,  e  che 
non  condannerà  la  tavoletta  per  ciò  solo  che  il  Belgio  V  ha  condannata  e  V  Inghil- 
terra respinta. 

Or  bene,  vediamo  che  cosa  gli  dice  la  sua  ragione  : 

1.°  I  risultamenti  che  s'ottengono  colla  tavola  pretoriana  sono  grafici,  non 
possono  essere  numerici;  perciò  non  soddisfa  alla  prima  e  più  importante  con- 
dizione voluta  oggidì  in  tutti  i  servizi. 

2.°  Non  dà  che  la  planimensura  e  niente  per  le  altidi ,  che  sono  pure  oggidì 
universalmente  volute. 

3.°  Non  si  presta  alla  comprovazione,  ne  a  nessun  metodo  di  razionale  compensa- 
zione; condizione  questa  di  guarentigia  che  non  si  può  trasandare  in  nessun  caso. 

4.°  Non  può,  malgrado  ogni  diligenza  ed  abilità,  sostenere,  sopratutto  in  mon- 
tagna, il  limite  di  tolleranza  ristretto  che  modernamente  appena  si  concede. 

Come  dunque  si  può  dare  che  l'invenzione  di  Giovanni  Pretorio,  sebbene  sia 
stata  da  Pretorio  a  Marinoni  un  vero  onore  d'Italia,  non  sia  oggidì  da  tutti  con- 
siderata come  un  passato  glorioso  sì,  ma  ben  passato?  .  .  . 

Si  deve  ammettere  però  in  favore  nella  tavola  pretoriana  una  rimarchevole 
eccezione  : 

Se  la  misura  generale  parcellaria  numerica  ed  eidipsografica  di  tutta  l'Italia 
esìstesse,  tutte  le  carte  a  varie  scale  necessarie  per  tutti  i  servizii  se  ne  dedur- 


DELLA  GEODESIA   IN  ITALIA  449 

rebbero  colla  più  grande  esattezza  e  compitezza  senza  tornar  sul  terreno,  e  così 
si  farebbe  per  la  carta  topografica  militare  al  doppio  centimillesimo  che  si  va 
facendo  per  opera  del  corpo  reale  dello  Stalo  Maggior  Generale  ne  avrebbervisi 
da  aggiungere  che  le  nozioni  puramente  militari. 

Ma  questa  misura  generale  non  è  fatta ....  ma  le  nostre  dispendiosissime 
mappe  di  Catasto  oltre  al  non  presentare  la  indispensabile  generale  livellazione 
non  sono  poi  abbastanza  veridiche  neppur  quando  ridotte  a  quella  piccola  scala.... 
Che  fare  dunque? 

Il  corpo  sullodato  ha  saggiamente  pensato  di  impiegare  la  tavoletta  ed  ecco  in 
qual  modo  : 

Fatta  precedere  una  triangolazione  eseguita  con  tutti  i  requisiti  moderni,  e  con 
eccellenti  teodoliti,  e  spinta  questa  a  tal  punto  di  sminuzzamento  da  presentare 
triangoli  di  due  a  tre  mila  ettaree  di  superficie.  Si  procede  colia  tavola  pretoriana 
allo  riempimento  topografico  direttamente  nella  scala  suddetta  con  una  ventina 
di  punti  trigonometrici  per  ogni  tavoletta. 

Il  lavoro  topografico  a  quella  scala  esige  moltissima  abilità  oculare  da  parte 
dell'operatore  e  molto  possesso  del  disegno  topografico;  la  diottra  colla  stadia  a 
grande  portata  viene  in  ajuto,  ed  il  lavoro  si  compie  tanto  più  lestamente  quanto 
è  più  grande  il  talento  eidognostico  dell'operatore 

Ognuno  può  rendersi  conto  dello  sminuzzamento  che  a  quella  scala  è  possi- 
bile, e  si  troverà  bello  ma  non  eccessivo  che  un  operatore  termini  in  tal  modo 
un  foglio  di  quasi  quarantaquattro  mila  ettaree  in  una  campagna. 

La  tavoletta  interviene  in  questo  caso  particolare  in  un  modo  affatto  diverso 
di  quello  che  nella  geodesia  dagli  ingegneri,  ne  v'  han  luogo  alle  objezioni  che 
in  quel  altro  caso  riteniamo  per  capitali. 

Non  possiamo  a  meno  di  notare  però  che  a  quella  scala  operando  col  cleps  e  colla 
fotografia  sferica  si  otterrebbe  una  quantità  di  lavoro  almeno  triplo  in  ugual  tempo. 

Io  ho  impiegato  il  metodo  dello  Stato  Maggiore  nel  1831  nella  valle  del  Chi- 
sone  e  ne  ho  ottenuto  air  incirca  lo  stesso  proporzionale  risultato,  ed  ho  impie- 
gato poi  il  metodo  celere  colla  fotografia  sferica  nel  1861  in  Spagna  ottenendo 
una  più  che  quadrupla  proporzione  di  lavoro  eccellente  sotto  tutti  i  rispetti. 

36.  A  buon  diritto  adunque  l'Italia  deve  pensare  sul  serio  a  riformare  la  sua 
geodesia  in  tutti,  nessuno  escluso,  i  pubblici  e  privati  servizi  in  tutte  le  sue 
applicazioni,  senza  diche  non  progredirà  quanto  bisogna  e  preme  nelle  grandi 
istituzioni  giuridiche  e  finanziarie  le  più  vitali  di  che  abbiamo  parlato. 

Se  poi  si  vuol  fare  economia,  bisogna  principiare  dal  non  spendere  dieci  lad- 
dove per  far  meglio  basterebbero  due.  Questo  solo  riflesso  basta  per  tutti. 

IX. 
Modi  di  coadiuvare  al  progresso  della  geodesia  in  Italia. 

37.  Persuasi  di  coadiuvare  al  progresso  della  geodesia  in  Italia,  nell'arte,  tanto 
da  noi  arretrata  della  costruzione  degli  strumenti,  vollero  secondarmi  nella  crea- 
zione di  una  officina  di  perfezionamento  il  sig.  Comm.  Brioscia,  e  con  esso  altri 
egregi  ingegneri,  e  ciò  con  abbonarsi  al  nuovo  stabilimento,  della  qual  cosa  il 
paese  sarà  loro  ben  grato  (1). 

Jt!  Vi? °d°  dK  abb0i;am^n1t0,(e  la  vantaggiosa  riduzione  di  prezzo  stata  sancita  in  favore  degli  abbo- 
nati sono  cose  ben  note  ai  lettori  del  giornale  dell' Ing.  Arcb. 


450  IL  PROGRESSO  ECC. 

In  virtù  di  quel  nobile  impulso,  io  diedi  già  opera  alla  fondazione  della  Filo- 
tecnica, il  cui  capitale  iniziale  con  nobilissime  viste  è  stato  fornito  per  più  di 
otto  decimi  da  una  incomparabile  donna  tutt'  altro  che  ricca,  ma  eminentemente 
italiana,  della  quale  debbo  tacere  il  nome. 

Impiegati  in  un  ramo  d'industria  nel  quale  tanta  parte  ha  l'ingegno,  quei 
fondi  hanno  quintuplicato  di  valore,  e  la  Filotecnica,  munita  oggidì  poco  meno 
che  al  pari  dell'  Istituto  tecnomatico  di  Parigi,  è  in  misura  di  provvedere  dei 
cleps ,  del  pari  al  pubblico  scientifico  ed  ai  proprii  abbonati.  Un  primo  modo 
adunque  di  coadjuvare  al  progresso  della  geodesia  in  Italia  sarebbe  il  risveglio 
di  quelli  tra  gli  abbonati  che  hanno  dimenticato  le  loro  cartelle  al  fondo  del  loro 
portafogli. 

Ma  l'istrumento,  come  si  è  visto,  lo  strumento  non  è  nulla  se  non  progredi- 
scono del  pari  la  scienza  e  l'arte,  i  melodi  e  le  applicazioni.  Un  secondo  modo 
adunque  lo  hanno  in  mano  gli  ingegneri  mandando  al  corso  di  Celerimensura  i 
giovani  del  loro  studio  affinchè  vi  imparino  i  nuovi  metodi  non  tanto  di  rilevare, 
e  livellare  ma  di  studiare  razionalmente  i  progetti. 

Un  terzo  modo  si  deduce  dal  fatto,  che  in  Germania,  ove  la  geodesia  gene- 
rale è  molto  più  avanzata  che  in  Italia,  si  è  formata  una  associazione  geodesica 
internazionale  detta  dei  gradi  d'Europa;  l'Italia  vi  ha  preso  parte,  e  sta  bene, 
ma  l'Italia  ha  tanti  bisogni  da  soddisfare  nella  specie  in  casa  propria  da  valer 
bene  la  pena  di  formare  una  associazione  geodesica  nazionale. 

Di  una  tale  associazione  si  son  fatti  meco  promotori  tre  onorevoli  patriotti  , 
ampiamente  convinti  di  giovare  con  ciò  al  paese;  l'atto  pubblico  che  costituisce 
questa  associazione  è  stato  firmato  il  1.°  luglio  corrente,  e  sono  avviate  presso 
il  governo  le  pratiche  convenienti,  i  fondatori  intanto  si  sono  messi  all'opera 
sotto  la  loro  personale  responsabilità.  L'associazione  è  già  provvista  di  alcuni 
grandi  strumenti  di  alta  geodesia,  ed  ha  iniziata  la  sua  prima  missione;  essa 
conta  a  quesf  ora  non  pochi  aderenti  da  varie  provincie.  Il  suo  Statuto  contiene 
il  germe  della  sua  prosperità  anche  dal  lato  finanziario,  essa  non  può  che  sa- 
lire progressivamente  a  sempre  più  belle  sorti. 

Mi  sia  lecito  dunque  d'indicare  come  altro  mezzo  di  far  progredire  la  geodesia 
in  Italia  quello  di  prendere  parte  all'  associazione  geodesica  nazionale,,  onde  acce- 
lerarne vieppiù  T  avanzamento. 

La  presente  memoria  ha  servito  di  tema  ad  una  communicazione  stata  fatta  dall'autore  al 
Collegio  degli  ingegneri  nella  seduta  del  5  luglio  corrente,  nella  quale  furono  esaminati  quattro 
teodoliti-cleps  di  varie  grandezze,  e  ne  fu  spiegato  1'  uso. 

PS.  La  circolare  del  ministero  dei  lavori  pubblici  in  data  del  5  luglio  corrente  da  pienamente 
ragione  ai  nostri  ragionamenti  circa  la  necessità  di  far  progredire  la  geodesia  in  Italia  scuotendo 
amministrazioni  ed  ingegneri  di  quella  relativa  loro  sonnolenza  che  si  risolve  in  tanto  danno 
pel  retto  andamento  degli  affari  e  pel  pubblico  erario. 


i  PRINCIPI  DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE 

DEI  D.  GUSTATO  ZEUNER 

Professore    alla   Scuola    Politecnica   di    Zurigo 

VERSIONE   DAL   TEDESCO 

DEL    ».    ALESSANDRO    LUCCHESI*!   I.    C. 

(Cont.  V.  la  p.  137,  voi.  XVI  e  tav.  13,  voi.  XI) 

§42. 

I  sette  problemi  trattati,  in  cui  solo  abbiamo  impiegatola  2.a  e  la  3'eciua- 
zione  di  Clausius,  quantunque  sotto  forma  diversa  da  quella  data  da  lui'  servi- 

leori!  i  dun?*B™  ^  uso  P°ssa   tal   dell'equazione  fondamentale    della 
teoria  meccanica  del  calore.  Ma  bisogna  però  tener  presente  che  di  tutte  le 

S??quaSeTeBtaIÌ  ^  ^  *"  *  la  *#"»*  dd  Cal°re  int^° 

d  V=dQApdv 
che  per  i  gas  ha  la  forma 


d  V=c,dt 
e  per  il  vapore  l'altra 


(eq.  40.  Cap.  II) 


dV=Mcdt  +  d{mP)  (eq.  iV.  Cap.  Ili) 

\L7JUfu  7 Ì*-ed,è  6SSa  Che  Pr°Priamente  istituisce  la  equazione  fon- 
lamentale  della  teoria  d.namica  del  calore;  mentre  tutte  le  altre  equazioni 

Clio    V U)'ìlh)  F?  ?'  e  (V)  e  (VI)  (Cap-  UI^  P—  i-Piega  si  si' 

Piando  .  corp,  durante  la  loro  variazione  di  stato,  vincono  una  resistenza  che 

ogni  momento  e  uguale  alla  loro  tensione.  Ma  anche  quando  questa  condì 

Ml  Tvi  ,  S°ddlSfatta'  ?me  Per  la  ma^ior  P«ne  dei  problemi  trattali  dal 
MU  ai  VI  la  soluzione  dei  problemi  non  presenta  grande  difficoltà. 
Supponendo  che  la  massa  del  vapore  e  dell'acqua  durante  la  variazione  di 


452  PRINCIPI 

stato  vinca  una  resistenza  che  sia  uguale  alla  sua  tensione,  la  quantità  neces- 
saria di  calore  da  impiegarsi  è  data  dalla  formula 


Mi  resta  ora  da  dedurre  da  questa  equazione  quale  significazione  abbiano 
i  valori  di  X  ed  y  per  il  caso  del  vapore ,  valori  che  in  generale  per  tutti  i 
corpi  sono  quelli  dell'equazione  (I)  del  capitolo  (I). 

L'equazione  precedente  può  scriversi 


d  r      mr 


dQ  =  (Me  +  mY-t-~)dt  +  r 


dm 


ma  ora 

/  dm\  ,  .  ,    /  dm\  , 

e  ne  segue  quindi 

:       iti 

Supponiamo  che  si  tratti  dell'unità  di  massa;  allora  Jfs=i,  ed  il  volume 
sarà  secondo  le  notazioni  di  già  usate 

v  =  m  u  -|-  w 

Differenziando  questa  equazione,  supponendo  che  la  temperatura  U  come  pure 
u  e  w,  sieno  costanti  e  che  gli  altri  valori  sieno  frazioni  di  t ,  si  ha 

dv  =zlu  dm 

o 

dm__  1 
dv        u 

sostituendo  questa  formula  nell'equazione  (180)  si  ha  anche  finalmente 

<H<+»(r.-i-)+'-(f)li<+>        "« 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  453 

ma  dall'  equazione  (I  a)  del  cap.  I  si  ha 


d  Q=  d  t  dt+  /  dt_\dv 
dp  \Jp) 

eguagliando  queste  due  ultime  equazioni,  che  esprimono  la  stessa  cosa,  avremo 
per  il  vapore  saturo 


X=\c 


L  i   ™  ldr       r  X  i      /dm\)  id  t 


+  m\d-t^T)  +  r{Tt)\(d~P)  (m) 


C 
r 
—  ~dt 

dp 


La  seconda  di  queste  equazioni  è  di  già  conosciuta  (vedi  form.  (93),  §  28)  e 
sappiamo  che  essa  non  rappresenta  altro  che  il  valore  della  7. 

Sono  così  determinati  i  valori  di  X  ed  Y  per  il  vapore  saturo. 

Per  gli  usi  pratici  servono  hastantemente  bene  le  equazioni  IV,  V  e  VI,  §  55. 

Per  conchiudere  queste  considerazioni  delle  proprietà  del  vapore  saturo,  dirò 
ancora  una  parola  sopra  la  tavola  da  me  calcolata,  e  data  in  appendice.  ' 

E  necessario  peraltro  per  nuove  ed  esatte  ricerche  di  apportare  qualche 
modificazione  ad  alcuni  valori  contenuti  in  essa,  modificazioni  che  riguardano 
più  specialmente  i  valori  di  u  (tav.  II  colonna  4,  e  tav.  Ili  colonna  9);  ma  in 
generale  tali  variazioni  consistono  solo  in  piccole  e  proporzionate  diminuzioni 
o  accrescimenti  di  tutti  i  valori  che  potrebbero  ottenersi  determinando  più 
esattamente  l'equivalente  calorico  dell'unità  di  lavoro,  cioè  il  valore  di  A  che 
abbiamo  supposto  */«*•  Tutte  le  determinazioni  fatte  con  differenti  metodi  dei 

valore  di  -j- ,  per  le  loro  discrepanze,  per  quanto  piccole,  pure  servono  a  di- 
mostrare che  questa  importante  quantità  è  solo  approssimativamente  esatta , 
per  cui  i  valori  di  u  che  ne  dipendono,  come  abbiamo  detto ,  potrebbero  per- 
lina rigorosa  determinazione  subire  pure  delle  piccolissime  variazioni. 

E  ciò  si  applica  ancora  a  quei  valori  della  tavola   che   sono  dipendenti  dai 
valori  di  u,  cioè  a  quelli  di  v  e  di  P ,  ossia  al  volume  dell'unità  di  peso  del 
vapore,  e  alla  densità  o  al  peso  dell'unità  di  volume.  (Tav.  II,  colonna  5  e  6 
e  tav.  IH,  colonna  40  e  11). 

Nonostante  queste  piccole  incertezze,  questi  valori  così  determinati,  e  fino  a 
tanto  che  non  sarà  possibile  determinarli  più  rigorosamente,  dovranno  ritenersi 
per  pm  esatti  di  quelli  fin  qui  adoperati,  che  erano  dedotti  da  una  ipotesi  non 
giustificata  dal  fatto,  che  cioè  il  vapore  saturo  seguisse  la  legge  di  Mariolte  e 
^ay-Lussac:  da  una  supposizione  cioè  che,  per  le  esperienze  di  Regnault,  non 
e  neanche  esatta  pei  gas  permanenti, 


454  PHINC1PJ 

Per  quanto  infine  riguarda  le  nuove  denominazioni  da  me  date  al  §  27  di 
calorico  contenuto  nelV  unità  di  peso  di  vapore  al  valore  di  /,  e  del  calore 
latente  interno  p  pure  dell*  unità  di  peso  del  vapore,  avuto  riguardo  alla  solu- 
zione del  problema  7,  non  ho  bisogno  di  scusa,  poiché  ho  arricchita  la  scienza 
di  due  nuove  idee  e  di  due  nuove  forinole  empiriche. 

Credo  di  più  che  dovranno  scomparire  le  denominazioni  di  calore  totale  e 
di  calore  di  evaporazione  r  (o  come  si  dice  calore  latente).  Queste  due  quan- 
tità contengono  un  elemento,  il  calorico  Apu  trasformato  in  lavoro  durante 
la  generazione  del  vapore.  Ora  questa  generazione  del  vapore  può  farsi  in 
mille  modi,  potendo  variare  la  pressione  che  il  vapore  ha  da  vincere  mentre 
si  forma:  quindi  anche  il  lavoro  Apu  può  variare,  e  perciò  pure  la  quantità 
di  calore  esterno,  per  cui  il  calore  totale  ed  il  calore  latente  possono  per  ogni 
caso  speciale  aver  un  valore  speciale. 

Ora  la  quantità  J  di  calore  contenuta  nel  vapore  "  e  "  il  calore  latente  in- 
terno p"  sono  due  quantità  indipendenti  affatto  dal  modo  con  cui  il  vapore  si 
forma,  e  sono  solo  funzione  della  temperatura  t,  poiché  abbiamo  veduto, 
§  51  e  32,  che  le  formule  per  queste  quantità  erano 

.7=573,34  +  0,2342  t 
P  ==  575,03  —  0,7882  t 

La  prima  di  queste  equazioni,  come  abbiamo  veduto,  §  31,  si  accorda  esatta- 
mente con  l'equazione  dedotta  dall'esperienze  di  Regnault,  mentre  l'altra  vale 
solo  per  le  macchine  a  vapore  funzionanti  a  temperatura  media.  Ma  io  credo 
che  possa  considerarsi  questa  2.a  formula  come  generalmente  esatta,  tanto  più 
che  nell'equazione  esattissima  (110),  §  32,  di  questo  valore  di  p  vi  entra  an- 
cora un  altro  elemento,  il  calorico  specifico  dell'acqua  a  pressione  costante, che 
non  è,  come  abbiamo  ivi  osservato,  che  approssimativamente  esatto. 

B 

Del  vapore  soprariscaldato. 

§45. 

Lo  studio  delle  proprietà  del  vapore  soprariscaldato  secondo  i  principi  della 
teoria  dinamica  del  calore  presenta  molte  difficoltà,  che  fino  a  qui  poche  espe- 
rienze furono  fatte  sul  vapore  in  queste  condizioni.  Generalmente  si  ritiene 
però  che  il  vapore  soprariscaldato  segua  precisamente  le  leggi  di  Mariotte  e 
Gay-Lussac:  le  esperienze  dirette  di  Siemens,  su  cui  riverremo  fra  poco,  non 
meno  che  quelle  di  Regnault  fatte  sopra  altri  gas ,  mostrano  decisamente  e 
tutte  due  egualmente,  che  questa  supposizione  è  inesatta  come  per  il  vapore 
allo  stato  saturo. 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  455 

Se  il  vapore  seguisse  realmente  questa  legge  fino  allo  stalo  di  saturazione, 
potrebbonsi  allora  registrare  graficamente  le  sue  proprietà. 

Sia  infatti  v  il  volume  dell'unità  di  vapore,  la  sua  tensione  p,  e  la  sua  tem- 
peratura t,  allora  come  per  i  gas  permanenti  avremmo 

p  v  —  À:(b  *f  t) 

dove  R  rappresenta  una  costante  speciale  per  il  vapore  di  acqua.  Ponendo  per 
a  + 1  la  temperatura  assoluta  si  ha 

pv  —  R  T 

che  è  l'equazione  d'una  superfìcie  di  un  paraboloide  iperbolico,  di  cui  p9v,  T 
sono  le  coordinate  rettangolari  di  un  punto  M  dello  spazio. 

La  fìg.  9  rappresenta  una  parte  di  questa  superfìcie;  0  J,  0  F,  0  Z  sono  gli 
assi  coordinati,  OPl=v,  P N  =  p{  ed  N  M=  T  le  coordinate  del  punto  M. 
Cosicché  ogni  punto  di  quella  superfìcie  corrisponde  ad  un  certo  stato  del  gas. 
Riunendo  il  punto  M  con  P  e  con  Q,  le  due  linee  rette  risultanti  riposano  tutte, 
come  è  noto,  sulla  superfìcie  del  paraboloide  iperbolico.  Al  vapore  allo  stato 
saturo  corrisponderanno  una  serie  di  punti  che  saranno  sulla  curva  V  V  V,  di 
cui  la  legge  non  è  ben  conosciuta ,  ma  che  può  supporsi  sia  quella  di  una 
elica  tracciata  sul  paraboloide,  come  lo  mostra  la  figura.  Questa  curva  dà  lo 
sfato  limite  (Grenzzastand). 

Se  è  dato  cioè  il  volume  dell'unità  di  peso,  la  sua  tensione  e  la  sua  tem- 
peratura, e  se  il  punto  M  corrispondente  a  questi  valori  cade  sulla  curva  V  V, 
allora  il  vapore  è  completamente  saturo  ;  se  invece  il  punto  M  si  trova  al  di- 
sopra di  quella  curva  ,  il  vapore  è  soprariscaldato.  Riunendo  i  punti  dove  le 
linee  M  P  ed  M  Q  intersecano  la  curva  V  V,  che  abbiamo  designati  con  Mi  e  M» 
e  abbassando  da  questi  sul  piano  delle  coordinate  10  7  le  perpendicolari 
M{  N{  e  if2  iV2 ,  si  ha  per  conseguenza  che: 

L'unità  di  peso  del  vapore  saturo,  che  corrisponde  al  punto  Mi9  ha  lo  stesso 
volume  0  P,  come  il  soprariscaldato,  ma  la  sua  tensione  PNi  e  la  sua  tempe- 
ratura Mi  /Vd  sono  più  piccoli.   Quindi  si  dice  che  : 

il  vapore  soprariscaldato  ha  una  temperatura  ed  una  tensione  più  alta  che 
il  vapore  allo  stato  saturo  per  lo  stesso  volume:  (l'unità  di  peso). 

Se  si  considera  il  punto  M2  che  corrisponde  al  vapore  saturo,  il  di  cui  vo- 
lume è  0  P2 ,  la  pressione  P2  iV2  e  la  temperatura  assoluta  iV2  #2 ,  osservando 
di  più  che  P2N,  =  PN  =  Pi  che  MN  >  M,N,  e  che  OP  >  OP,  si  vede  che  : 
il  vapore  soprariscaldato  (a  pressione  eguale)  ha  una  temperatura  più  alta 
ed  un  volume  più  grande  del  vapore  allo  stato  saturo. 

Se  finalmente  per  M  si  fa  passare  un  piano  orizzontale,  questo  intercetta  la 
curva  in  un  punto  Mz  che  corrisponde  al  vapore  saturo  di  volume  0  PB,  di 
tensione  P3  iV3  e  temperatura  assoluta  M,N3  —  3fN~  T;  ora  la  figura  mostra, 
essendo  0  T  >  0  P2  e  P  N  <  Td  Nd  che  : 


456  PRINCIPJ 

il  vapore  soprariscaldato  ha  un  volume  più  grande  ed  una  pressione  sem- 
pre più  piccola,  che  il  vapore  saturo  a  temperatura  eguale. 

Il  punto  M  non  può  mai  cadere  al  disotto  della  curva  V  V  sulla  superficie, 
poiché  quello  significherebbe  che  potrebbe  esistere  del  vapore  il  quale  a  tem- 
peratura eguale  potrebbe  avere  una  più  alta  tensione  ed  un  minor  volume 
del  vapore  saturo,  ciò  che  è  impossibile. 

Projettando  la  curva  V  V  sul  piano  delle  tre  coordinate ,  si  ottiene  una 
curva  sul  piano  XOY  che  dà  la  relazione  fra  il  volume  v  dell'unità  di  peso, 
e  la  tensione  p  del  vapore  saturo. 

Egli  è  noto  che  questa  curva  ha  una  rassomiglianza  coll'iperbola  equilatera: 
la  proiezione  della  curva  sul  piano  Y  0  Z  dà  una  curva  che  somministra  la 
relazione  fra  la  tensione  p  e  la  temperatura  assoluta  T. 

Finalmente  la  proiezione  sul  piano  X  0  Z  dà  la  relazione  fra  il  volume  v 
dell'unità  di  peso  e  la  temperatura  T,  per  il  vapore  saturo. 

Le  considerazioni  precedente  valgono  ben  inteso  per  la  supposizione  che  il 
vapore  fino  allo  stalo  saturo  segua  le  leggi  di  Mariotte  e  Gay-Lussac ,  il  che 
non  è  del  tutto  esatto. 

In  generale  però  la  vera  legge  che  è  sempre  ignota  potrebbe  esser  rappre- 
sentata da  una  superficie  curva ,  e  si  potrebbe  per  mezzo  di  considerazioni 
analoghe  stabilire  le  differenze  che  esistono  fra  il  vapore  saturo  e  il  soprari- 
scaldato. 

§44. 

Per  un  gas  permanante  qualunque  la  legge  di  Mariotte  e  Gay-Lussac  è  rap- 
presentata dall'equazione  (20). 

v  p^      1  +  «  { 

v{        p       1  +  a  h 

dove  a  il  coefficiente  di  dilatazione  del  gas ,  ve  vì  i  volumi  p  e  p{  le  ten- 
sioni dell'unità  di  peso  dei  gas  corrispondente  alle  temperature  t  e  tv  Da 
questa  equazione  si  ha 

vp—ViPi  =  *  (<  —  *i)  (183) 

vìpi  1  +  a  tì 

equazione  che  dà  la  variazione  che  subisce  un  gas  per  il  riscaldamento  pas- 
sando da  uno  stato  ad  un  altro.  Se  la  temperatura  iniziale  fosse  ti  =  0  ed  i 
valori  corrispondenti  di  v  e  p  fossero  v0  e  p0 ,  1*  ultima  equazione  diverrebbe 

v.P  —  VoPo—^t  (184) 

VqPq 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  457 

se  di  più  durante  l'operazione  la  pressione  rimanesse  costante,  cioè  sep=zpfì 
allora  °' 


^~vi 


(185) 


Se  invece  il  volume  rimanesse  costante,  allora 

P  —  Po^    f 

Pi 

Regnault  si  è  servito  di  questi  due  ultimi  metodi  per  determinare  il  coeffi- 
ciente di  dilatazione  «  per  i  differenti  gas,  e  non  solo  coi  due  metodi  ottenne 
due  differenti  valori,  ma  anche  collo  stesso  metodo  ebbe  per  a  un  valore 
variabile,  e  rimase  dimostrato  che  <%  cresceva  con  la  pressione,  o  ciò  che  è  Io 
stesso,  colla  densità;  da  ciò  si  conchiude  che  i  gas  permanenti  essi  stessi  non 
seguono  la  supposta  legge  di  Gay-Lussac  e  Mariotte.  Ma  però  per  l'aria  atmo- 
sferica e  per  altri  gas  permanenti,  le  variazioni  di  «  sono  insignificanti;  più 
grandi  sono  quelle  per  l'acido  carbonio  e  per  un  gas  che  si  può  condensare: 
si  deduce  da  ciò  che  le  deviazioni  dalla  legge  di  Mariotte  e  Gay-Lussac,  e  gli 
accrescimenti  del  coefficiente  a  di  dilatazione,  sono  tanto  più  grandi  quanto 
pm  un  gas  si  avvicina  al  suo  punto  di  condensazione. 

Da  ciò  si  può  indurne  che  queste  discrepanze  per  il  vapore  soprariscaldato 
debbono  presentarsi  in  un  grado  eminente ,  e  che  il  suo  coefficiente  di  dila- 
tazione deve  esser  più  grande  di  quello  di  qualunque  altro  gas  permanente. 

Appoggiano  l'esattezza  di  questa  supposizione  anche  le  ricerche  di  Siemens  (1). 
Egli  trova,  che  se  il  vapore  saturo  ad  una  atmosfera  di  tensione,  cioè  alla  tem- 
pera di  100°,  separato  dall'acqua  si  riscalda,  di  10°;  15,6°;  26,5°;  86,1°  a  pres- 
sione costante  egli  si  dilata  5,  4,  3  e  2  volte  più  dell'aria  atmosferica. 

G.  Schmidt  (2)  ha  rappresentati  questi  risultati  per  mezzo  di  una  formula 
empirica. 

Ma  pur  troppo  questi  dati  non  sono  sufficienti  per  le  ricerche  delle  proprietà 
del  vapore  soprariscaldato,  poiché  essi  non  valgono  che  per  la  temperatura 
di  100°.  Ma  tuttavia  questi  valori  mostrano  che  si  ha  da  avere  un  aumento  assai 
considerevole  per  questo  coefficiente  di  dilatazione  su  quello  dei  gas  permanenti. 

Holtzmann  (3)  ha  trovato  col  calcolo  che  questo  coefficiente  è 

«  —  0,004235 
cioè  alquanto  più  grande  che  il  valore  per  ì  gas  permanenti, 

(1)  «  Civil  Engineef  and  Architect5  s  Journal  ».  1851  p.  294. 
(5^hr^\USdie2h7nUngSgeSetZ  dGS  UberhÌtZten  DampfeS-  "  Ze,'tSGhr>  des  ^^ri^eich.  ìngenieurvereins  Ì853  n 
(3)  Opera  citata.  Pag.  22, 


458  PRINCIPJ 

La  mancanza  di  esperienze  più  esatte  non  mi  permette  di  trarre  dall'equa- 
zione della  teoria  dinamica  del  calore  una  qualche  conclusione  rigorosa:  solo 
si  può  determinare  il  coefficiente  di  dilatazione  per  il  vapore  saturo,  il  quale 
ha  qui  un'  altra  significazione  di  quella  datagli  finora. 

Differenziando  l'equazione  (184)  si  ha 

a=L(LL\.  (187) 

d  t\p0v0J 

Ora  abbiamo  dall'  equazione  (96)  per  il  vapore  saturo  la  relazione 

T 

A.  p  u  =  B  log  n.  — 
/*• 

poniamo  per  approssimazione  in  luogo  di  w,  v,  si  avrà 

B  T 

pv=Tlogn.w 

e  poiché  per  la  temperatura  0°,  cioè  per  T  =j  a 

B  ,  a 

Pov0  =  T\ogn.-n 

e  quindi 

T 

log  n.  — 

p  v     ___ n_  t 

ro    °       log  n.  — 

da  cui  differenziando  si  ha 

d    /  p  v  \ 1 

dTi  \VnVr,)      mi  a 


^w^^Wo7^  (188) 


che  sarebbe  il  coefficiente  di  dilatazione  per  il  vapore  saturo;  denominiamolo  <y 
ed  osserviamo  che  a  =  275,  n  =  100  e  T  =  a  +  t  avremo 

a  _  0,99572  .  (189) 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  459 

con  quésta  formula  è  calcolata  la  seguente  tavola: 


t 

«i 

t 

H 

0 

0,005647 

125 

0,002502 

25 

0,005541 

150 

0,002554 

50 

0,005085 

175 

0,002225 

75 

0,002861 

200 

0,082105 

100 

0,002669 

Clausius  (1)  dà  dei  valori  di  a   che  si  discostano  pochissimo  da  questi. 
|  Si  osservi  che  questi  valori  non  sono  più  grandi,  ma  più  piccoli  e  più  piccoli 
d'assai  di  0,005665,  cioè  del  coefficiente  di  dilatazione  dei  gas  permanenti. 

La  causa  è  che  ai  non  indica  il  coefficiente  di  dilatazione  nel  senso  gene- 
rale che  gli  abbiamo  dato  di  sopra ,  ma  per  il  caso  che  il  vapore  durante 
il  suo  riscaldamento  sia  sottoposto  ad  una  pressione  ognora  crescente  e  che 
cresce  nello  stesso  rapporto  di  quella  del  vapore  saturo. 

Se  all'incontro  il  vapore  si  riscalda  sia  che  la  pressione  divenga  un  poco 
più  grande ,  sia  che  rimanga  sempre  la  stessa  si  otterrà  allora  certamente  un 
coefficiente  di  dilatazione  più  grande  e  molto  più  grande  di  quello  dei  gas 
permanenti. 

§45. 

Sarebbe  pure  importante,  quando  fosse  conosciuta  la  legge  differente  da 
quella  di  Mariotte  e  Gay-Lussac  che  segue  il  vapore  riscaldato,  di  determinare 
il  suo  calorico  specifico  a  pressione  costante  e  a  volume  costante. 

Il  primo,  cioè  il  calore  specifico  del  vapore  d' acqua  a  pressione  costante,  è 
stato  trovato  da  Regnault  con  ricerche  speciali  essere 

e  =:  0,4750 

che  è  tutto  ciò  che  abbiamo  di  sperimentale  sulla  proprietà  del  vapore  sopra- 
riscaldato :  il  dovere  questo  valore  a  Regnault  ci  è  arra  della  sua  esattezza. 
Il  più  antico  ottenuto  dalle  esperienze  poche  esatte  di  De  la  Roche  etBerard  era 

e  =  0,847. 

Il  calore  specifico  a  volume  costante  è  ignoto. 
Redtenbacher  lo  determina  in 

c{  =  0,505 

che  esso  deduce  dai  suoi  calcoli  sopra  il  valore  di  e  dato  da  Regnault. 

(1)  Poggendorf  Annalen.  Voi.  79.  Pag.  515. 

Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Agosto  1868.  30 


460  PRINCIPI 

Delle  ricerche  aventi  per  scopo  di   determinare   teoricamente  tutti  e  due  i 
valori,  non  mi  sono  note  che  quelle  di  Holtzmann  e  Rankine. 
Holtzmann  (1)  trova  per  il  vapore  di  acqua 

e  =  1,6869,  e  ci  =  1,5475 

e  dice  che  dipendono  dalla  pressione  e  quindi  non  solo  valgono  per  il  vapore 
di  acqua  ma  ancora  per  tutti  i  gas  in  generale. 

Le  esperienze  di  Regnault  hanno  mostrato  che  questi  valori  erano  inesatti 
e  come  abbiamo  di  sopra  osservato  erano  di  già  stati  messi  in  dubbio  da 
Clausius. 

Rankine  sostiene  che  il  calorico  specifico  dei  vapore  d'  acqua  è  a  pressione 

costante. 

e  =  0,505,  e  quello  a  volume  costante 

Cì  =  0,194 

Io  ritraggo  queste  notizie  da  una  nota  di  Rankine  che  si  trova  negli  annali 
di  Poggendorf  voi.  81,  pag.  172,  poiché  non  ho  potuto  procacciarmi  l'originale: 
da  quali  considerazioni  Rankine  abbia  dedotto  questi  valori  mi  è  incognito. 

L'importanza  del  soggetto  mi  giustificherà  se  tenterò  anche  di  determinare 
teoricamente  il  valore  del  calorico  specifico  del  vapore  a  volume  costante,  per 
cui  non  si  sono  fatte  ancora  esperienze. 

Quando  il  vapore  sia  molto  riscaldato,  ma  che  sia  molto  ma  molto  distante 
dal  suo  punto  di  condensazione,  allora  può  ritenersi  che  segua  la  legge  di  Ma- 
riotte  e  Gay-Lussac:  in  questo  caso  avremo 

pv  —  RTz=zR(a  +  t). 
Se  invece  il  vapore  è  allo  stato  saturo  sarà 

B  ,  T        B,  a  +  t 

^^Xlogn.^-logn.-^- 

questo  valore  può  dentro  certo  limite  porsi  sotto  la  forma 

R  (a'  +  t) 

dove  R  ed  a  sono  costanti  da  determinarsi,  come  fu  detto  al  §  50:  per  la 
temperatura  poco  al  disopra  di  0°  era  a'  =  a,  poiché  il  valore  (tavola  II 
col.  9)  della  densità  r  del  vapore,  dietro  questa  supposizione,  si  accorda  assai 
esattamente  con  quello  che  è  dato  dalla  teoria  meccanica  del  calore   (col.  6). 

(1)  Opera  citata  pag.  24 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  461 

Si  deve  quindi  conchiudere  che  il  vapore  soprariscaldato  che  si  ottiene  dal 
vapore  saturo  a  bassa  temperatura  ha  presso  a  poco  lo  stesso  coefficiente  di 
dilatazione  dell'aria,  e  che  l'osservazione  fatta  di  sopra,  esser  questo  coeffi- 
ciente di  dilatazione  più  grande  vale  solo  per  il  vapore  che  ha  temperature 
molto  alte.  In  generale  però  può  supporsi  che  la  relazione  fra  il  volume  v,  la 
tensione  p,  e  la  temperatura  t,  per  il  vapore  soprariscaldato  dentro  certi  limiti 
possa  rappresentarsi  per  mezzo  di  una  equazione  della  forma  seguente 

p  v  =  R  (a'  +  t) 

dove  R  ed  a'  sono  dei  valori  i  quali  cambiano  lentamente  colla  temperatura , 
ed  in  modo  tale  che  dentro  certi  limiti  si  possono  ritenere  quasi  costanti. 

Fino  a  tanto  che  potrà  supporsi  questa  invariabilità  dei  valori  di  R  e  a,  il 
vapore  riscaldato  potrà  considerarsi,  comportarsi  come  un  gas  permanente  e 
per  questo  caso  varranno  ancora  le  equazioni  (40)  e  (30)  che  abbiamo  stabiliti 
per  questi  gas,  cioè 

dU_ 

R{     —A' 

che  è  l'equazione  (30)  in  cui  abbiamo  rimpiazzato  R  con  Rv 

Facendo  una  supposizione  che  è  molto  verosimile  cioè  che  per  il  vapore , 
come  è  per  i  gas  permanenti,  il  calorico  specifico  q.  a  volume  costante  sia  una 
quantità  costante,  allora  avremo  l'equazione 

_d  U 

anche  per  lo  stato  limite  cioè  quando  il   vapore  sia   di  nuovo   ritornato   allo 
stato  saturo:  ma  il  calorico  interno  per  il  vapore  saturo  era 

J=U—  573,34X0,2342* 
e  quindi 

dJ      dU 
^=d7=0'2342 

per  cui  il  calorico  specifico  di  vapore  d'acqua  a  volume  costante  è 

e,  —  0,2342. 
E  ben  inteso  che  abbiamo  parlato  fin  qui  dell'unità  di  peso. 


462  '       PMNC1FJ 

Da  lutto  ciò  può  conchiudersi  che  il  calore  contenuto  nel  vapore  alla   tem- 
peratura *  è  sempre  dato  dall'equazione: 

Z7=:  575,54  +  0,2542  ^ 

sia  che  il  vapore  si  trovi  allo  stato   saturo   sia   che  si  trovi   allo  stato  sopra- 
riscaldato. 

Per  quanto  riguarda  il  calorico   specifico  a  pressione   costante   si   ha   dal- 
l' equazione  (70) 

c^c.  +  AB,.  (190) 

Il  valore  di  i?d  si  può  determinare  nel  modo   seguente  :  per  il  vapore  allo 
stato  saturo  era 

o  anche 

e  questa  formula  dà  per  le  temperature  prossime  allo  zero  dei  valori  per  la 
densità,  i  quali  sono  poco  differenti  da  quelli  dati  dalla  formula 

e  quindi  si  conchiude  che  approssimativamente 

*^r?l0gn-¥ 
T 

log  n.  — 
cioè  che  il  valore =r-^-  è  pressoché   costante  per  le  temperature  vicine 

allo  zero ,  ciò  che  è  confermato  anche  dal  calcolo. 
Per  *  =  0,  cioè  per  T=275,  l'ultima  equazione  dà 

A  logn. — 

AB4= -  =  ,01120 

1  a 

e  quindi  portando  questo  valore  nella  (90)  si  ha  per  il  calorico   specifico  del 
vapore  a  pressione  costante,  considerando  sempre  l'unità  di  peso, 

e  =  0,5462 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  463 

per  cui 

-f  =  1,47 

Io  considero  tutti  e  due  questi  valori   come  esatti,   ma  solo   per  le  tempe- 
rature che  si  avvicinano  allo  zero. 

I  due  valori  cosi  determinati  di  e  e  ct  sono  un  poco  più  grandi  di  quelli 
di  Rankine,  ma  tutte  e  due  queste  determinazioni  danno  per  il  calorico  speci- 
fico  del  vapore  a  pressione  costante  un  valore  un  poco  più  piccolo  di  quello 
trovato  colle  esperienze  da  Regnault.  Invece  dell'equazione  (105)  «  (31)  per  il 
calorico  interno,  mi  sono  servito  dell'equazione  (104),  la  quale  vale  nell'ipotesi 
che  la  quantità  totale  del  calore  fosse  calcolata  con  la  formula  empirica  di 
Regnault  e  non  colla  formola  data  da  me;  cosicché  in  questa  ipotesi  per  la 
differenziazione  dell'equazione  (104)  si  ha 

c,  =  0,305  — * 

codice  ct  decrescere  lentamente  al  crescere  della   temperatura;  per  t—  0 

c{  =  0,194 
e  quindi  nello  stesso  modo  che  sopra, 

e  =  0,305 

che  sono  esattamente  i  valori  di  Rankine  a  cui  egli  è  pervenuto  per  tutt'altre 
considerazioni. 

Fondandosi  e  sui  dati  precedenti  e  sull'ipotesi  che  il  vapore  soprariscaldato 
segua  la  legge  d.  Manette  e  Gay-Lussac,  si  possono  facilmente  risolvere  una 
sene  di  problemi,  i  quali  dimostrerebbero  che  sarebbe  molto  vantaggioso  im- 
piegare nelle  macchine  a  vapore  il  vapore  soprariscaldato  anziché  il  vapore 
saturo  :  i  risultati  di  tali  calcoli  si  accordano  per  altro  poco  con  le  esperienze 
fatte  fino  a  qui  e  specialmente  con  quelle  di  Hirn,  nonostante  che  le  sue 
teoriche  ricerche  non  conducano  a  dei  risultati  convincenti.  Io  quindi  tra- 
lascio ogni  ulteriore  discussione.  Per  rendere  applicabile  il  principio  della 
teoria  meccanica  del  calore  bisognerebbe  ora  da  tutte  le  esperienze  sul  va- 
pore soprariscaldato  dedurre  di  quanto  le  proprietà  di  questo  si  discostano 
dalla  legge  di  Manotte  e  Gay-Lussac. 

(Continua) 


VOLUTA  E  SUA  DESCRIZIONE. 

(Vedi  la  Tav.  U,  fig.  l.a  a  10.a). 


Capitulo  volutas ,  uti   capillamento 

concrispatos  ,  cincinnos  praependentis 
dextra  ac  sinistra  collocaverunt,  et  ci- 
smatiis  et  encarpis  prò  crinibus  dispo- 
stis,  frontes  ornaverunt. 

Vitruvio:  Lib.  IV:  cap.  I. 


l.°  La  voluta  È  coeva  all'architettura  poiché  esistette  con  i  primi  tempii. 

Le  arti  non  vanno  mai  scompagnate  dalle  lettere;  e  perciò  l'architettura  ha 
seguito  sempre  le  vicende  letterarie  dell'  umanità.  Di  che,  essendo  queste  comuni 
colle  politiche,  quella  vi  ha  tenuto  sempre  dietro. 

Di  vero. 

La  civiltà  prima  fu  quella  degli  Egizii.  Costoro,  benché  ereditarli  della  male- 
dizione di  Cam,  furono  i  primi  ad  accendere  la  face  della  civiltà.  Non  meno  di- 
stinti nelle  scienze  di  quanto  nelle  arti ,  architettarono  per  i  primi  i  loro  edi- 
fìcii,  improntati  delle  maniere,  che,  col  progresso  del  tempo  si  svilupparono  negli 
ordini  dorico,  ionico  e  corintio,  i  quali,  al  dir  del  bravo  Ginesi  (1),  vediamo  ab- 
bozzati nel  tempio  di  Luqsor  a  Tentira ,  nel  tempio  di  Tentira  istesso  e  nelle 
rovine  di  Apolinopoli,  di  Tebe  e  di  Latopoli. 

Gli  Egizii,  di  cui  il  conte  Gaylus  ne  ammira  lo  spirito  di  immortalità,  Erodoto 
la  magnificenza  e  Diodoro  l'antichità,  furono  i  primi  ad  inventare  l'arte;  la  quale 
se  si  vuole  da  taluni  trattatisti  attribuire  a' Greci ,  è  solo  perchè  costoro  eleva- 
rono a  leggi  le  appariscenti  proporzioni  che  suggeriva  il  loro  gusto  alle  opere 
di  loro.  E  non  secondi  ad  ideare  la  voluta  ionica  che  fregia  i  capitelli  del  tempio 
di  Tentira  ,  in  cui  se  si  toglie  la  faccia  dell'  Iside  vedremo  con  verità  delineata 
la  forma  del  capitello  ionico  dei  Greci. 

Adunque  se  presso  gli  Egizii  fu  la  prima  architettura,  ed  insieme  con  questa 
la  voluta,  chiaramente  ne  emerge  essere  dessa  coeva  all'  architettura. 

±°  Le  ipotesi  conghietturate  sull'origine  della  voluta  cadono  tutte  con- 
seguentemente al  principio  stabilito  poc'  anzi. 

Presso  gli  Egizii  V  origine  della  voluta  si  vuole  attribuire  alla  pettinatura  della 
Dea  Iside  (2),  alla  somiglianza  di  cui  gli  artisti  avevano  eretto  la  colonna  ionica, 


(4)  An.  Ginesi:  Nuovo  corso  di  Are.  Civ.:  fac.  21. 
[%)  i(L  id,  fac.  68, 


VOLUTA  E  SUA  DESCRIZIONE  4gg 

In  questa  conghieltura  osserviamo  un  anacronismo,  avvegnaché  il  simbolico  di 
essa,  proprio  tutto  delle  mitologiche  credenze  della  religione  greca,  é  improprio 
a,  cos  um.  degli  Egiziani;  i  quali  derivavano  le  loro  colonne  da  pilastri  soste- 
nenti le  volte  dei  loro  sotterranei. 

Quindi  niente  di  somigliante  tra  un    pilastro  ed   una  deità  beniflca,   che     di 
conserto  all'Osiride  (i),  simboleggia  il  sole,  la  vita  e  la  fecondità.  Né  concorda 
questa   congettura   col  carattere  dell'arte   egizia  deputata   a    rappresentare 
grandezza  e  la  sublimità,  che  si  mostrano  giganti  nelle  piramidi  di  Gisech 

Appo  i  Greci  come  presso  gli  Egizii,  si  derivò  la  voluta  direttamente  dalle 
.siate  chiome  d.  una  matrona  (2),  che  rappresentando  l'ordine  ionico  ave  a 
dato  origine  al  capitello  di  questo,  decorato  dà  quelle  sporgenze  accartocciate  in 
fnnn  nn!  7™6"10  dei  caPelli  di  ^  «a  oggi,  quando  le  investigazioni  tutte 
sono  poggiate  sulla  ragione,  si  squarci  all'architettura  il  velo  dell'emblematico 
e  si  faccia  volare  con  le  ali  della  filosofìa. 

A  dir  vero  è  del  tutto  discrepante  (3)  questo  bizzarro  concepimento,  benché 
abbracciato,  dal  sommo  Vitruvio;  poiché  niente  havvi  di  naturale  tra  il  trito  riccio 
dei  cappelli  di  una  formosa  vergine  e  l'accartocciato  dei  pulvinari  di  una  voluta 
fer  altro  e  proprio  che  i  Greci  avessero  bizzarramente  derivata  la  voluta  dalla 
capigliatura  di  qualche  composta  donna/in  tempi  in  cui  tutto  era  simbolico- ma 
e  più  naturale  che  la  voluta  sia  ai  Greci  venuta  d'altronde  ed  eglino  l'abbiano 
pertez.onala ,  tuttoché  ne  dessero  in  principio  un  po' pesanti,  come  quelle  del 
tempio  di  Eretteo  in  Atene  (4). 

E  crediamo  che  i  Greci  l'abbiano  ricevuta  dagli  Egizii,  essendoché  presso  co- 
storo primitivamente  esisteva  in  Tentira.  Stante  ciò  affermiamo  non  avere  deriva- 
zione di  sorta  la  voluta  presso  i  Greci. 

Appo  costoro  si  credette  la  voluta  suggerita  dalla  corteccia  di   un   albero  (è) 
posto  a  sostegno  della  tettoia  di  una  capanna.  Però  vicino  il  taglio,  coli' andare 
del  tempo,  la  corteccia  del  vegetabile,  avendo  ceduto  i  proprii  succhi  a' cocenti 
raggi  solari,   si  separò  dagli  strati  fìbbrosi    a  cui  era  attaccata  e  si   accartocciò 
poscia.  Questa  conghiettura ,  per  quanto  verisimile  si  fosse,  cade  allorquando  si 
consideri  che  la  voluta  ionica  esisteva  presso  gli  Egizii;  i  quali    non  sognarono 
mai  la  capanna  in  luoghi  ove  il  legname,  se  non  fosse  stato  scarso  per  la  sferza 
del  caldo   avrebbe  servito  a  tutt'altro  uso  che  a  quello  delle  costruzioni  affricane 
che  sin  da  principio  si  operarono  con  le  pietre.  Di  che  son  prova    gli  immensi 
resti  ciclopie.  Onde  non  poteva  essere  appo  la  gente  egizia  che  la  voluta  avesse 
origine  dal  tronco  di  un  albero  sostenente  la  copertura  di  una  capanna:  ma  poteva 
essere  presso  i  Greci.  v 

Si  proscrive  questa  possibilità  allorché  se  ne  osserva  una  maggiore  in  ciò  che 
costoro  abbiano  attinto  la  loro  voluta  dai  modelli  egizii;  poiché,  come  ci  affer- 

(t)E.  Leveriero  e  G.  Guelpa:  Storia  Or.  Gr.  e  Rom.:  ed   2a  fac   59   E 

Biblioteca  stor.  di  Diodoro  Siculo,  volg.  da  Campagni:  Lib.  1.»  sez.  12  a.  Cap    IV  e  V 
W  Vitruvio  Pollione  Marco  -  tradotto  da  B.  Gauani  -  arc.  Lib.  Ili:  Cap    III-  fac   131 

(3)  Vinklmann:  Storia  delle  arti  del  disegno:  Tomo  III  :  fac   172  ' 

(4)  Cinesi  :  o.  e.  :  fac.  69. 

(5)  Vinklmann:  o.  e.  :  Tomo  III:  fac.  38. 
En.  Pop.  :  art.  voluta.  E 

Boidi:  Il  Vignala  degli  studenti:  Cap.  IV:  art.  1.»  pag.  36. 


466  VOLUTA 

mano  Diodoro  (1)  e  tutti  gli  storici  dell'antichità,  le  arti  passavano  dall'Egitto 

in  Grecia. 
Reco,  più  antico  architetto  della  Grecia,  andava  con  i  suoi  figli  in  Egitto  per 

apprendervi  1'  arte. 
Ciò  che  riprova  come  la  voluta  non  abbia  avuta  derivazione  alcuna   presso  i 

Greci. 

Rintracciata,  per  quanto  ci  è  stato  possibile,  l'origine  della  voluta  presso  gli 
Egizii ,  e  provato  come  ciascuna  delle  conghietture  mandate  fuori  dai  nostri 
trattatisti ,  non  sia  del  tempo ,  cercheremo  dare  spiegazione  alla  origine  egizia 
della  voluta  con  un  nostro  raziocinio. 

3.°  Il  nostro  concetto,  qual'esso  si  voglia,  è  razionale;  e  se  in  esso  per 
isfuggire  dal  difetto  comune  agli  antichi  ed  ai  moderni,  cadremo  in  qualche  nuovo 
errore,  varranno  a  scusarci  la  difficoltà  dell'assunto,  la  oscurità   originale  della 

voluta. 

I  classici  tutti,  dei  tempi  andati  come  dei  tempi  di  oggi,  concordano  sul  giu- 
dicare difficile  rintracciamento  quello  dell'origine  della  voluta  (2).  E  se  non  colle 
parole,  coi  fatti;  essendoché  la  gran  parte  di  loro  non  ne  parla,  e  qualcuno 
vagamente. 

Di  fatto;  l'archeologia,  fiaccola  rischiarante  le  tenebre  dell'antichità,  niente 
ci  dice  dell'origine  della  voluta,  che  crediamo  si  fosse  dispersa  nella  voracità 

dei  secoli. 

Noi,  essendoché  la  voluta  esisteva  primitivamente  presso  gli  Egizii,  crediamo 
abbia,  tra  costoro,  avuto  un'origine  tutta  spontanea,  suggerita,  come  dice  de- 
Quincy  (3),  dal  gusto  di  ornamento  e  da  quella  specie  d'istinto  che  altro  scopo 
non  ha  se  non  il  piacere  degli  occhi. 

E  ciò  converge  col  gusto  ornamentale  egizio  ,  il  quale  improntato  dai  mo- 
delli di  spirale  che  la  natura  offre,  abbonda  molto  in  codesta  specie  di  curve. 

Diciamo  modelli  di  spirale  che  la  natura  offre,  perchè  ai  tempi  dello  antico 
Egitto,  quando  la  civiltà  era  al  suo  apogèo,  trovavansi  ivi  gran  copia  di  vege- 
tabili e  di  quelli  aventi  viticci. 

II  d'Avitt  (4)  scrive: 

Uabondance  d'autres  lieux  est  en  recompense  merveilleuse,  veu  que  Pon  dit, 

que  en  quelques  endroits  rende  cent  fois  autant  qu'on  seme. 

E  più  sotto: 

Elle  a  presque  tous  les  fruits  de  la  Europe  3  et  de  plus  des  Muses  qu}  il  ap- 
pelle  Maux. 

Però  naturale  è  che  vi  fossero  vegetabili  aventi  viticci,  come  prova  P  antono- 
mastica  uva  egizia,  simbolo  dell'  abbondanza.  Il  che  viene  affermato  dallo  stesso 
d'Avitt  a  faccia  264,  ove  dice: 

Toutefois  le  prince  de  Radiziuil  asseure  qu'  il  vit  une  vigne  allant  à  la  Matorée. 


(1)  Diodoro  Siculo:  o.  e.  :  Lib.  I:  Sez.  II:  cap.  XVI. 

(2)  Ginesi  :  o.  e.  :  fac,  68, 

Quatréniére  de  Quincy :  Dizionario  d'Are,  art.  voluta. 
Iuvan  Caramnel:  Are.  Civ.:  trattato  V:  fac.  61. 

(3)  De  Quincy  :  o  e.  :  art.  voluta. 

(4)  Pierre  d'Avitt:  Description  de  V Afrique:  fac.  10, 


E  SUA  DESCRIZIONE  4gy 

La  qual  cosa  asserisce  Erodoto  (1)  parlando  del  vino  esizio 

D  onde  legittimamente  ne  siegue  che   l'idea  di  voluta,  ben   lungi   di  essere 

innata,  fu  acquisita  spontaneamente  da' modelli  vegetativi   e  poscia  rivelato  art - 

secamene per  mezzo  del  capitello  ionico:  di  vere  che  e  sa   è   Parte  se  non    1 

riflesso  della  natura?  se  non  n 

Ne  ciò  parrà  strano  qualora  si  legga  (2): 

Creali  poi  gl'Idoli,  le  piante  ,  sulle  quali  credevasi  che  quei  tali  dei  influissero 
adornarono  i  primi  altari,  e  quindi  furono  prodigate  nelle  colonne    e  pùplrZZ'- 
mente  net  cappelli;  e  se  ne  rivestirono  in  seguito  a  sazietà  fin  le  parUdl templi 

Quin  ,  mente  di   difficile   che   la  voluta  sia  una  pura   invenzione   de ZIL 

TE  ™ lT°  °rDamentale  6d  ÌDÌZÌata  d3i  *'  nalurali  <lei  viticci       SS 
4.    La  voluta  presso  gli  antichi  è  ottenebrata  dall'ignoranza 
Originata  nell'Egitto,  passò  in  Grecia.  Che  ne  sia  stato  costi  'l'ignoriamo   Né 

per  quanto  abbia  cercato  degli  illustri  architetti  greci  -  ed  Ictino   e  CaìucraVe 

e  Metagene,  e  Callimaco  di  Corinto  -  mi  è  goduto  l'animo  aver  ' noti       del  e' 

opere  di  loro;  per  sapere  poi  della  voluta  presso  i  Greci. 
Ne  da  Plinio  il  vecchio  possiamo  attignere  idea  veruna:  poiché  solo  edi  narlé 

ad  T.  T,  'tt  dÌ  CUÌ  SÌ  è  aDCOra  in  dubbi0  se  stendesse   a     2  toro  o 
ad  una  voluta  (3 .  Ma  é  nella  sfera  del  possibile  che  i  Greci  prima   di  perfezio- 

«X^X  Fa~a°  SgÌata  C°n  tan'e  **  *«  SS  ÌSBX 

Solo  possiamo  desumere  dai  tempi  di  Eretteo  in  Atene  e  della   Concordia  in 

Roma  ,  relativamente  alla  data  della  loro  edificazione,  che  nel  tempo  def  sSoli  o 

dato  primitivamente  alla  voluta,  questa  si  costruiva  in  linea  orizzonta  e  e  parai- 

eia  alla  faccia  della  tegola.  Ma  dopo,  quando  l'antico  cadeva  per  dar  luogo  ad 
una  nuova  fasi  architettonica,  si  costruirono  in  fuori  le  volute  e  nel  senso  delìa 
diagonale  che  divide  il  cimazio  del  capitello. 
E  cosi  dove  che  prima  la  voluta  era  un  accartocciamento   naturale   dell'abaco 

he  pendeva  a' lati  della  colonna,   divenne  poscia  mero  ornamen  o  arti    ice  ri a 
fingeva  sostegno  alle  cornua  del  capitello  '«amento  artistico  che 

Del  che  il  Boidi  (5)  ne  volle  fare  la  distinzione  del   capitello  ionico  in  an.irn 

«^afitt  saffi;  ss  e 

l$Z°"2IZT"mw  MOm,:  B|B1  "  «*«r: 

(3)  Vinklmann:  o.  e:  Tom.  Ili:  fac.  36:  nota  (A) 

(4)  id.  id.  id.  413. 

(5)  G.  Boidi:  o.  e.  :  cap.  IV:  art.  Ili  e  IV:  fac.  39  e  40 
(o)  Le  Roy:  Ruines  ece.  :  Tav.  l.a:  Par    2a-  fac    5 

mv    *»  ^  ^  'fac'413- 

l»)  kn.  Pop.  :  art.  Vitruvio  (P.  Marco).  E 

Vitruvio:  o.  e:  fac.  XXIV. 
(9)       id-         id.      Lib.  III.:  Cap.  Ili:  fac.  116:  not.  5. 


468  VOLUTA 

scrittivo  della  curva  in  parola;  ma  andò  perduto  (1).  E  di  tutti  gl'interpreti  che 
vi  hanno  dato  dentro  per  rinvenirlo  nessuno  vi  è  riuscito.  Onde  Beraldo  Galiani, 
nella  traduzione  del  testo  Vitruviano ,  interpretando  la  dicitura  del  modo  di 
descrivere  la  voluta,  delineò  questa  come  nella  tavola  XII,  fìg.  4.a  di  detto 
libro.  Ove  si  scorge  che  il  cateto  è  diviso  in  8  parti,  di  cui  una  compresa  tra  4 
e  5.  (Vedi  Tav.  24:  fig.  l.a)  è  destinata  per  l'occhio,  che  viene  intersecato  dalla 
linea  mezzana,  detta  cateto,  nei  punti  4  e  5;  dal  primo  dei  quali  si  descrivono 
le  due  semicirconvoluzioni  di  sinistra,  con  raggi  uguali  a  4  e  2  parti  di  cateto; 
e  dal  secondo  le  due  di  destra,  con  raggi  uguali  a  3  ed  1. 

Del  rimanente  Vitruvio  elice  poco  in  quanto  riguarda  la  voluta;  ed  è  perciò 
stato  criticato  dallo  spagnuolo  Garamuel  (2)  e  dall'  italiano  Serlio  (3). 

5.°  La  voluta  presso  i  moderni,  non  si  presenta  con  quella  oscurità  cui  l'an- 
tico l'avvolge. 

La  rivoluzione  italo-letteraria  operata  da  Giulio  di  Alcamo,  Guido  delle  Colonne, 
Jacopo  da  Lentini,  Pier  delle  Vigne,  ecc.,  camminava  pari  passo  con  quella  ar- 
chitettonica operata  da  Vitruvio.  E  quando  l'Italia  raccoglieva  le  frutta  di  quella, 
con  Dante  e  Boccaccio,  raccoglievale  di  questa  con  Alberti  e  Brunelleschi,  che 
davano  l'iniziativa  alla  scuola  del  400. 

Per  dirla  coli' Alfieri,  il  trecento  diceva,  come  nelle  lettere,  nell'architettura; 
ove  il  Brunnelleschi,  sommo  per  la  cupola  del  duomo  di  Firenze,  fece  tanto, 
quanto  Leonbattista  Strozzi  scrisse  di  lui 

Tal  sopra  sasso  sasso 

Di  giro  in  giro  eternamente  io  strussi 

Che  così  passo  passo 

Alto  girando 3  al  ciel  mi  ricondussi. 

Alberti,  come  Brunelleschi,  non  parla  in  nuova  maniera  della  voluta;  solo,  in- 
terpretando anche  egli  il  maestro  dell'antichità,  descrisse  alla  sua  volta  la  spi- 
rale del  capitello  ionico;  ma  non  fece  altro  che  riprodurre  quanto  Galiani  aveva 
dato  alla  luce  (4). 

Ricaviamo  dippiù  dall'architettura  dell'Alberti  che  i  cartocci  della  voluta 
furono  da  lui  delineati,  non  a  doppia  curvatura,  ma  unicamente  concavi  (5). 

Il  400  aveva  le  vicende  architettoniche  comuni  col  800;  poiché  la  scuola  dello 
scorcio  del  secolo  XV  si  protraeva  sino  a'  primordii  del  secolo  XVI;  e  non  inno- 
vava gran  fatto  la  voluta  in  Italia.  I  maestri  dell'arte.  —  Lazzari,  Michelangelo, 
Raffaello,  Perruzzi,  Singalli,  Falconetti,  Sanmicheli ,  ecc.  —  non  immutarono  es- 
senzialmente la  forma  di  quella.  E  la  nuova  foggia  data  da  Michelangìolo  al  ca- 
pitello ionico  (6),  si  vuole  da  certuni  attribuire  a  Giuliano  S.  Gallo  (7),  che  nei 

(1)  Vitruvio:  o.  c:  Lib.  III.:  Cap.  III.:  fac.  116:  not.  5. 
(<2\  Caramuel:  o.  e:  Tratt.  V:  art.  VIII:  fac.  89. 

(3)  S.  Serlio  :  Ar.  :  Lib.  IV  :  cap.  VII  :  fac.  294. 

(4)  Vitruvio:  o.  e.  :  Lib.  Ili:  cap.  Ili:  fac.  119:  Tav.  XII.  E 

Leon.  Alberti:  AR.  Tradotta  da  Cosimo  Barioli  :  Lib.  Ili:  cap.  VI:  fac.  220. 

(5)  Alrerti:  o.  e:  Lib.  VII:  cap.  VI:  fac.  220. 

(6)  Ginesi  :  o.  e.  :  tav.  XI  :  fig.  3. 

(7)  De  Quuncy  :  o,  e.  :  art.  San  Gallo. 


E  SUA  DESCRIZIONE  4gg 

tempio  della  S  Maddalena  dei  Pazzi,  in  Firenze,  ripetevala  dalle  rovine  di  Fiesole 
in  cu.  la  voluta  giunge  al  collarino.  Nel  che  non  dissente  VinklmanT(  ) 
Intanto  nessun  nuovo  metodo  si  dava.  •  -  ™™  ™  (  '' 

Ma  mentre  il  genio  italiano   dell'invenzione  pareva   assopito,   in  Germania  si 

.Z^to^mr.^T  la,V°IUta;-  6   gÌUSt°  al  temp°  *  -i   rarcTi'tur 
con uTris  2 af  Il       "       "  qU'V]  SUMVa  Tarie  modìfl^ioni:  costruivasi 
£L. ™«n    1     raffl8ul*ante  un  serpe:  a  nuova  maniera  nelle  sue  circonvoluzioni 

Svn  ^h    " ?nale-  f°ggÌe  a  CÌaSCU"a  de"e  quali  co"-Pondeva  u    metodo    " 
Mntt ito,  che  nduces.  a  quello  del  Goldmanns  modificato  differentemente 

Costui  d,s.mpegnò  la  descrizione  della  voluta,  superando   tutti       rit  ovati   di 
questa  specie  ed  operando  come  nella  maniera  indicata  da  Niv  1  i  ren     e  Cara 
muel.  Ove  appare  che  il  cateto  é  diviso  in  16  parti  e  l'occhio  d    cri   o  puntando 
.   compasso  nel  punto  9,  col  raggio  di  una  parte,  (Vedi  Tav.  8         ?C  J 
divise  in  tre  pam  le  semi  diagonali  del  quadrato  i  2  3  4,  sono  descritti       cua 
drant,  de  ,e  circonvoluzioni,  progredendo  col  valore  intrinseco  dei  mm  ri    *" 

I  300  fu  ricco  non   meno   nell'architettura  dì  quanto  nella    lingua    E   vera- 
mute  ,„  esso  fiorirono  non  solo  i  classici  provetti  del  400;  ma  anco     lumia™ 
dell'arte:  Barozzi,  Vasari,  Palladio,  Serlio,  Scamozzi. 

Jo!eZZrlZ  Pd  SU°  d°rÌC0'  Si  r6Se  legÌSlat°re  dell'arle  co1  suo  lattato  dei 
cinque  ordini,  che  più  propriamente  possiamo  chiamare  il  codice  de-li  architetti 
Egli  rispettoso  all'antichità,  usò  per  lo  più  il  capitello  ionico  antico  e  di  que  so 
diede  due  metodi  per  descriverlo.  '         q  est0 

II  primo  (2)  si  manda  ad  effetto  dividendo  il  cateto  in  16   parti  uguali     pun- 

na  na  te0raSS0  f^0  ^  ^  H'  ^  ascrivendo"  con  un  ggfo  i 
una  parte,  un  creolo  in  cui  s'inscrive  un  quadrato,  dividendolo  in  altri  Quattro 
quadrati,    e   suddividendo  i  lati  di  questi  in  3  pan   uguali.  Poscia    puntandTil 

empasse  nei  punti  1,  2 12,  si  descrve  la  prima  già;  e  la  s    onda  S     do 

S«.;w:fi  asas  .rièri 

1  cateto  descrivere  un  arco,  e  dividerlo  in  24  parti,  Urani  d  e  divLon  ' 
«  rette  che  come  raggi,  tocchino  il  cateto  0  24;  quindi  incominciane  t 
lues  0  riferire  successivamente  tutte  le  lunghezze  d    0  a  24,'  i da e ma   del  e 

J2   che  divido„o  l'occhio;   ed  unire  due  punti  consecutivi  con  un  arco 
■'rcolo  a  cui  si  raccordano  1  seguenti  ottanti.  Per  la  seconda  spirale  si  prendono 
e  stesse  lunghezze  meno  due  parti  e  si  opera  come  per  la    rimf       ?  ° 

or  0  rvolJta    ne'  nTrf  T-  arChitett°  n0n  d  >•"»*«•««"  «  nuovo   in- 
orno la  voluta,  ne  il  suo  libro  dei  ragionamenti  ne  parla 

n  Palladio  nelle  immense  sue  opere  non  innnvA  ni  i„  <•„ 

(t)  Vinklmann:  o.  e.  :  Tom.  Ili:  cap.  1  fac.  59 

»  G.  Barozzi:   li  cinque  ordini  esposti  da  C.  Gianni:  6.»  ed.  di  Milano:  fae.  17. 

P-dio:  ,  ,,,  L.  98:  ,  Srì^^-£^^^^-^ £**% 


470  VOLUTA 

Il  Serlio,  forse  studiando  il  testo  vitruviano,  giunse  a  ritrovare  un  metodo  fa- 
cile per  la  descrizione  della  voluta.  Consiste  esso  nel  dividere  il  cateto  in  8  parti 
uguali  (1),  descrivere  un  circolo  che  abbia  per  diametro  la  parte  4  5  (Tav.  24 
fig.  5.a)  suddividere  questa  in  4  parti  uguali,  e,  puntando  il  compasso  nei  punti 
0,  1,  2,  3,  4,  5  e  6  descrivere  tante  semicirconferenze  che  si  uniscono  l'una  coni 
F  altra. 

Lo  Scamozzi,  senza  pari  nell'ordine  ionico,  non  innovò  gran  fatto  la  voluta, 
solo  seppe  tanto  perfezionare  il  capitello  ionico  della  Concordia  da  rendersi  primo. 
Egli  delineò  codesta  spirale  alla  maniera  del  Barozzi;  ma  non  poggiò  gli  angoli 
del  quadrato  iscritto  alla  circonferenza  dell'  occhio  (Tav.  24  fig.  6.a).  E  ciò  fa- 
cendo i  lati  del  quadrato  perpendicolari  e  paralleli  al  cateto,  e  lunghi  di  Vie  di 
questo,  diviso  in  8;  tirando  le  diagonali  1  3  2  4  che  divise  in  4  parti  uguali;  e 
puntando  il  compasso  nei  punti  segnati  dai  numeri  1,  2,  3,  4 12  per  descri- 
vere li  12  quadranti  di  circolo,  che  compongono  la  voluta. 

Il  600  delirò  anco  neli'architettnra,  e  fu  per  opera  dei  caposcuola  di  esso.  Ber- 
nini, Borromiui,  Guarini.  corruppero  inenarrabilmente  il  gusto  architettonico,  so- 
stituendo alle  bellezze  di  cui  andava  ricco  P800,  stravaganze  senza  pari.  In  mezzo 
a  tanta  corrutela  la  voluta  non  poteva  restare  incolume ,  e  seguendo  il  difetto 
comune,  perdeva  il  carattere  proprio,  travisandosi  sotto  caulicoli  adornati  da  fo- 
glie ed  uscienti  da  una  cesta  che  figurava  il  capitello.  Al  che  seguirono  cento 
altre  stravaganze  che  fecero  perdere  al  Guarini  gran  parte  del  suo  merito 
statico  (2).  > 

Il  700  non  ritrovò  nuovi  metodi  per  descrivere  la  voluta;  ma  ne  innovò  la 
forma  col  sommo  nella  prospettiva,  Andrea  Pozzi;  il  quale  nella  chiesa  di  santo 
Ignazio,  in  Roma,  architettò  un  capitello  di  sua  invenzione,  in  cui  le  volute  rak 
figuravano  due  steli  di  gigli  rivestiti  mano  mano  di  foglie  (3). 

L'800  non  ha  improntato  di  alcuna  novità  il  capitello  ionico;  ma  solo  mostra 
qualche  prerogativa  all'uso  del  capitello  moderno. 

E  poi  non  potrebbe  essere  altrimenti  in  un  secolo  in  cui  pecca  chi  non  va 

alla  moda. 

Nel  1847,  Carmelo  Sciuto-Patti ,  a  cui  se  non  fosse  per  un  certo  scrupolo, 
oserei  dire  quanto  l'Alighieri  al  Marone,  trovava  un  metodo  descrittivo  della  vo- 
luta ed  il  pubblicava  in  una  memorietta  (4).  Da  questa  impariamo  come  il   sud- 


2.o  Quelle  della  casa: 

del  C.  di  Thiene:  V.  I.  :  fase.  64:  T.  XXV  -  e  di  Bassadonna  Marini  V.  IV.:  fase.  6a.  T.  XXII,  sono 

di  G.  E.  Gallo. 
3.°  Le  altre  della  casa: 

di  S.  E.  Molin:  V.  IV:  fase.  44:  T.  XLV,  —  e  della  Basilica  di  Vincenzo:  V.  I:  fase.  71:  T.  XXXI, 

sono  i  modelli  del  tempio  di  Eretteo,  coli'  aggiunta  del  sommoscapo  tangente  alla  estremità  inferiore 

della  voluta. 
4.o  Quelle  del  Mausoleo  di  Alessandro  Porto.  V.  I:  fase,  87:  Tav.  XLII  sono  l'idea  del  capitello  Mi- 

chelangelesco. 
5.°  Le  ultime  della  Casa: 

dei  signori   Valmarano  :   V.   II:  fase.   29:    T.   XVIII,  —  di  Francesco  Foscari:   V.   IV;  fase.  8 

T.  II  e  III,  —  e  Rotonda  del  M.  Capra:  V.  II:  fase.  8  :  T.  IV  sono  del  tempio  di  Eretteo. 

(1)  B  Serlii  Banoniensis:  Du-kr.™  Lib.  IV,  fase.  287. 

(2)  G.  Guarini:  A  R,:  Trat.  VII  :  Tav.  II. 

(3)  A.  Putei:  Per  spediva  ecc  :  Pars.  II,  Fig.  XXXI. 

(4)  C.  Sciuto-patti  Nuovo  Metodo  ecc. 


E  SUA  DESCRIZIONE  47| 

detto  metodo  consista  nel  dividere  il  cateto  in  14  parti  uguali,  di  cui  una  serve 
d.  raggio  per  descrivere  l'occhio  che  si  divide  in  4  parti  ugu  li  (Tav  ZfìtT) 
mediante  6  ragg,  prolungati.  Ciascuno  di  questi  si  divide  in  parti  parim'ent 
ugual,  e  si  descrive  la  curva  puntando  il  compasso  in  1,  2, ...  6  per  laTrimà 
circonvoluzione;  in  7,  8,  .  .  .  12  Der  la  sernnrb  •  in  i-ì  '*%  ,/  ,  P  a 
della  terza.  seconda,  in  13,  14,  13  per  la  metà 

6.°  La  conseguenza  di  quanto  abbiamo  detto,  si  é  che  tra  eli  antichi  mi  i 
modem,    a  voluta  si  é  costrutta  sempre  sopra  numeri  pari  2    4    6    8     ed  anz 
pnm< -del  1847  sempre  sopra  le  potenze  del  2;  fu  lo  Luto-Pati   che  in   que 
s  anno  diede  alla  luce  una  delineazione  di  voluta  stabilita  sul  6.  Per  lo  che  le 

m z  "VIE!; "7?  CÌnrOÌaZÌOae  SOn°  %'  °  %>  °  Vai  «  V.  di  circo  ! 
ierenza    e  gemmai  a  certuno  é  passato  per  la  mente  delineare  la  voluta  sonra 

Bumero  impari.  Né  per  quanto  mi  sia  lambiccato  il  cervello  a  scartabellare  al 
r^ch^r    dal  tad°  6  ^  P°1Vere   1,h°   POtUt°   '-are  ;Ta,cùnoe  mi 

tuiriletodi^n'16  StaD1Pe  UD  met°d°  descrUti™>  <*<>  oso  chiamare  nuovo,  perché 
tutti  i  metodi  sin' oggi  conosciuti  si  poggiano  su  rette,  su  quadrati  su  esagoni  ,n 
ottagoni;  doveché  il  mio  é  fondato  su  triangolo.  Di  f  tto  le  curve  SffiSSSta 
voluta  sono;  semicirconferenze,  nei  meMi  di  Galiani  e  Seri  ?■  guZaZi  in 
quel!,  di  Barozz i,  Scamozzi  e  Goldmanns;  sestanti,  nel  metodo &SB  Il 
tanU,  nel  secondo  .1  Barozzi;  là  dove  nel  mio  sono  tremi.  ' 

Per  altro  lascio  al  pubblico  il  giudizio  di  novità. 

Jllr  NU0V°  m\m°>  è  f°ndat0  sul  numero  filosofico  Presso  i  matematici  e 
simbolico  presso  gì,  storici.  Difatti  3  sono  i  lati  del  poligono  entro  cui  s!  deve 
puntar^  compasso,   3  le   circonvoluzioni,  3  g,i  Lhf  che   compongono  una 

(Ta^Tt^ì  t  ldeSCr,Ìfne  da  me   Ìd6ata-  P°ichè  si   d"ide   jl  cateto  a  b 
nn\f  ,-,  gg'  ,  }  *ì  *6  part'  Ugua,i>  si  punla  i!  c°*P«*o  nel  punto  10    e 

n  un  ragg,o  uguale  ad  una  parte  descrivasi  un  circolo   che   è  l'occhio    dèlia 
voluta.  Poscia  s.  dividono   i   raggi  10  m  e  10  n  in  2  parti  uguali    e   suddiv 
f i0JR\Al  queste  in  3,  si  aggiunge  ./,  alle  due  meta  di  pan     10  4    10  6 
n  modo  che  risulta  la  lunghezza  1  3  uguale  a  */»  di  una  parie  del   ca telo   Ini' 
s   de.mea  un  triangolo  equilatero,  alla  base  del  quale  si  Sbassa   da    tenice  2 
una  perpendicolare  2  10,  che  dividesi  in  3  parti  uguali   nei  punti  3  fi' 

descrivono  due  altri  triangoli  H8    s  7  a  ;  i„.-  ^  •        ,     •    P  '     '   e   sl 

le  basi.  mangon  z  5  8,  8  7  9  i  lati  dei  quali  si  prolungano,  salvo 

In  ultimo,  si  punta  il  compasso  nei  numeri  1,  2, ....  9    e  descriva;   rL,- 
ggu*  di  circolo  che  raccordati  l' un  l'altro  nei 'prolungami  de  taTic  e  tan 
Sioni  °VaSl  PUmat°   "   C°mpaSS0'   danno   le  differen«  semicirconvo- 

I!  che  s'ottiene  colle  condizioni  di  policentricità.  Poiché  il  primo  treante  delta 

J^srs^: descrive  pumando  n  compa-  *  4  i^Su 

A  ciò  la  prima   circonvoluzione    sia   pelicontrira   i    franti    ,u   „„ 

entrea  00??/  ,efnter"^  '"'  dMque  ,a  prima  circonvofu  ione  è  iffi 
intrica.  Cosi  le  altre  due  descritte  della  stessa  maniera. 


472  VOLUTA 

Resta  a  provarsi  come  siano  policentriche  tra  loro  le  circonvoluzioni: 

L'ultimo  treante  della  prima  circonvoluzione  ha  per  raggi  3  d  e  3  e;  il  primo 
della  seconda,  4  e  e  4  /.  Dunque  la  prima  e  la  seconda  circonvoluzione  sono  po- 
licentriche; poiché  il  centro  4  del  treante  e  f  è  nel  raggio  del  treante  d  e  ante- 
cedentemente descritto. 

Così  per  la  seconda  e  terza  circonvoluzione. 

D'altra  parte  si  capisce  come  il  punto  b  disti  due  parti  meno  di  quanto  a: 
giacché,  se  il  lato  del  triangolo  1  2  3  è  di  V3  di  parte,  il  punto  e  sarà  relativa- 
mente al  centro  più  vicino  del  punto  a,  di  %  di  parte;  il  punto  d  di  2  X  4/d 
cioè  di  8/3.  Ma  b  é  intermedio  tra  e  e  d>  dunque  b  disterà  dal  centro  dell'  occhio: 
meno  */2  di  */s  di  quanto  il  punto  e. 

Addizionando  il  difetto  della  distanza  di  e  riferito  ad  a  (V3),  a  quella  di  b  ri- 
ferito a  e  (V2  di  %),  avremo. 

1+1  =  i=« 

2^3  3 

Ecco  matematicamente  provata  come  il  b  della  prima  circonvoluzione  si  avvi- 
cini di  2  parti  al  centro  dell'occhio.  Così  il  punto  e  deve  essere  di  4  parti  più 
avvicinato  al  punto  a;  poiché  se  ogni  treante  si  avvicina  di  %  di  parte,  tre  t re- 
ami, una  circonvoluzione,  si  avvicineranno  di  : 

4        12 

Seguitando  raziocini  analoghi,  si  dimostra  come  il  punto  g  debba  coincidere 
colla  estremità  della  terza  circonvoluzione. 

Quanto  abbiamo  detto  e  per  la  prima  gira. 

Per  la  seconda,  si  dividono  in  4  le  distanze  2  5,  3  8,  8  10 ,  e  per  i  punti  più 
vicini  a  quelli  segnati  dai  numeri  2  5  8,'  si  tirano  rette  parallele  alle  altre  pro- 
lungate per  la  prima  gira.  Dai  punti  attigui  ad  1,  2,  3 12  si  descrive,  poscia, 

la  seconda  gira  come  la  prima. 

8.°  Le  condizioni  a  cui  deve  soddisfare  la  voluta,  sono  essenziali  acciocché 
vi  si  possa  riferire  ciascuna  delle  volute  descritte  coi  metodi  di  sopra  ;  ed  infe- 
rirne col  paragone  i  pregi  ed  i  difetti. 
Esse  sono  : 

1.°  La  curva  deve  essere  policentrica. 

2.°  La  prima  circonvoluzione  deve  terminare  e  la  seconda  incominciare  nel 
punto  d'incontro  dello  spigolo  superiore  dell'ovolo  col  cateto. 

3.°  L'ultima  circonvoluzione  deve  terminare  nel  punto  d'incontro  del  cateto 
colla  curva  superiore  dell'  occhio. 

Sottoponendo  a  queste  condizioni  i  metodi  conosciuti,  affermiamo.4 

Il  metodo  di  Vitruvio  interpretato  da  Beraldi  Galiani  soddisfa  alle  condizioni 
in  parola;  ma  non  dà  risultati  soddisfacenti  al  gusto  del  disegno;  poiché  molto 
ritondata  è  la  curva  che  da  essa  risulta.  Sarebbe  poi  utilissima  là  dove  si  vor 
rebbero  tracciare  volute  di  piccola  scala. 

Il  metodo  di  Goldmanns  soddisfacente  alle  norme  esposte  è  il  migliore  che  fin 
Oggi  sì  conosca.  L'architetto  tedesco  riunendo  tutto  quanto  si  deve  nel  suo  me- 


E  SUA  DESCRIZIONE  473 


lodo   riusciva  ad  otlenere  la  grazia  più  singolare  nella  sua  spirale  ■  ma  pur  tutta 

£s  =i%Br;  n°™-2~  iàsrè  «rs^ 

dAv.ler  volendo  correggere  Barozzi,  innovò  come  alla  flg.  8  »  della  tav  24  meli 
si  vede  che  i  minti  \    9  mq  a^u    r    ',  *  *  av*  z^m  CU1 

Il  metodo  di  Serlio  soddisfa  pienamente  alle  condizioni  esposte  ed  è  presole 

mu  ÌZoTlZT-che  va  a  scapit0  deIla  rtWSSSK  cu/v ge  vole 

de  a  prma  e  „dtreZ'pmAnCa'   T*   qUe"°  dÌ   Bar0ZZÌ'   al  ^disfacimento 
trimenti!       C°ndlZ10ne'  e  C10   Perché  es*°  è  quello  del  Barozzi  disposto  al- 

II  metodo  di  Sciuto-Patti,  tutto  che  improntato  di  un  certo  scinto  di  nnvità 
non  sodd1Sfa  alla  prima  e  terza  condizione  ed  ii  nume™  delle  e  •  onvo  «in » Ì 
■mezzato   Per  la  qua.  cosa  é  rigoroso  il  Vannini,  che  aff    m    e  sost  e      "a    re 
il  pregio  d,  una  voluta  dal  numero  delle  circonvoluzioni 

ali    cno0nÌiziomnit0su°dde?tean0  P™Tat°.  DeI  nUmer°  antece^  come  soddisfaccia 
aue  condizioni  suddette.  Dippm  aggiungiamo  essere  a   discrezione   del   disLna 

d   cu,  abbiamo  un  esempio  classico,  imitato  da  Barozzi,  nel    empio  della   For 
tana  virile,  2  parti  per  Pastragolo,  3  per  l'ovolo,  4  per  la  fasciaci  ne  1  stello" 
La  conclusione,  di  quanto  abbiamo  detto  è  breve  P 

Imperocché  i  metodi  migliori  sono  quelli  di  Galiani,   Serlio  e  Goldmanns    II 

KtoSSETrS»^  pV\sua meschi;uà;  W^SSE'd 

LSo  per  eleganza      UUim''  *"  qP*S  "  Prim°  è  -P™  per  semplicità,  il 

osse  stato  un  mezzo  termine  tra  la  quali  del' uno        nel     d e    °a  t  o    PoS 
il  nuovo  metodo  é  lampantemente  più  semplice  di  aneline!  r«Mm  ■.. 

-Piega  12  curve,  doveché  io  ne  impiego  9   selz'a'  E'  S  ™  tau^T  S  ? 
dna;  e  questa  è  più  garbata  dell'altra  del  Serlio    essendo  Si   ™  ,  •    , 
le  curve  di  180.»,  dove  io  di  120-  quindi  ne   caso  mio  ìa  t  deSCnVe 

rotonda  e  più  aggraziata.  m'°  la   spirale  nesce  meno 

Per  altro  se  azzardo  giudizio  sul  mio  confo    cnp™  ™;    L'i   „        ,i 

Quindi  mi  basta  non  essermi  scoraggiato  a  provarmi  in  tanto  arringo. 

r<xx>J  FlCHERA  FlLADELFO. 

(*)  Tav.  l,a  fig.  S,a 


ECONOMIA    AGRICOLA. 

Degli  ingrassi  vegetali. 

1.  Il  mezzo  di  migliorare  le  condizioni  agronomiche  di  un  terreno  mediante 
gli  ingrassi  vegetali' che  più  risponda  allo  scopo  e  che  più  si  mantenga  nella 
sua  semplicità  è  il  sovescio.  Esso  consiste  nel  coltivare  un  vegetabile ,  ed  allor- 
quando abbia  raggiunto  lo  stadio  della  fioritura,  seppellirlo  colla  vanga  o  col- 
P  aratro.  Questo  sistema  di  concimazione  serve  a  surrogare  gli  ingrassi  animali 
in  caso  di  loro  scarsità,  si  può  praticare  con  diverse  piante,  generalmente  però 
sono  usati  i  lupini.  L'utilità  del  sovescio  è  constatata  specialmente  nei  ter- 
reni aridi. 

Mercè  il  sovescio  s' impartono  ad  un  terreno  i  principii  nutritivi  di  cui  si  ri- 
conosca mancante,  o  che  se  vi  si  trovano  lo  sono  però  in  troppo  scarsa  quantità. 
I  vegetabili  cosi  seppelliti  somministrano  al  terreno  il  carbonio  e  l'azoto  ch'essi 
medesimi  ritrassero  dall'  atmosfera  durante  la  loro  vegetazione  sotto  la  specie  di 
acido  carbonico  e  di  ammoniaca,  e  tutti  questi  principii,  alimentatori  alla  lor 
volta  della  vegetazione,  ricacciati  nel  suolo  a  cui  già  appartenevano  e  ripreso  lo 
stato  primitivo  di  acido  carbonico  e  di  ammoniaca,  apportano  alla  novella  vege* 
tazione  che  si  vuol  favorire  con  essi  una  efficace  sorgente  di  nutrizione. 

2.  Mercè  il  sovescio  si  possono  migliorare  anche  le  cattive  disposizioni  fìsiche 
del  suolo,  quali  sarebbero  la  eccessiva  tenacità,  e  la  eccessiva  divisibilità,  non 
che  la  chimica  composizione  di  esso.  L'  agricoltore  ha  nel  sovescio  un  mezzo  a 
rendere  solubili  gli  elementi  minerali  che  dapprima  giacevano  inerti  ed  insoluti. 
Ciò  avviene  per  l'azione  vegetativa  delle  piante  a  favore  delle  quali  si  fa  il  so- 
vescio, azione  che  decompone  col  suo  stesso  svilupparsi  le  molecole  terrose  per 
andare  in  traccia  dei  principii  solubili,  rendendole  così  atte  all'assimilazione,  la 
quale  avviene  per  l'azione  chimica  dell'acido  carbonico  e  dei  gas  ammoniacali 
emanati  dalle  piante  sovesciate;  azione  che  rende  atti  alla  nutrizione  di  novelle 
piante  i  silicati  alcalini  insolubili,  non  che  i  fosfati  ed  i  carbonati  a  basi  terrose. 

Tutte  le  coltivazioni  di  cereali  sovesciate  allorquando  trovansi  ancora  allo  stadio 
erbaceo  costituiscono  un  eccellente  ammendamento  facile  anche  ad  applicarsi  in 
qualunque  regione;  ma  i  vegetabili  che  presentano  maggiore  utilità  al  sovescio 
sono  quelli  a  foglie  larghe  e  carnose,  quelli  cioè  che  per  la  più  grande  super- 
ficie di  parte  respirante,  estrassero  durante  la  vegetazione  una  maggior  quantità 
dì  principii  assimilabili  dell'atmosfera.  Queste  piante  infatti,  come  ognuno  pu» 
comprendere,  una  volta  sepolte  non  possono  a  meno  di  fornire  più  di  qualunque 
altra  una  maggior  dose  di  carbonio  e  di  altri  principii  solubili  contenuti  nel  loro 

tessuto.  ,  u fl 

3.  Fra  tutte  le  più  semplici  teorie  applicabili  all'agricoltura  non  v  ha  un  aura 
che  meglio  del  sovescio  presenti  il  mezzo  di  svolgere  tutte  le  cognizioni  tecnica 


ECONOMIA    AGRICOLA  ,»„ 

che  si  possiedono.  Infatti  se  il  carbonio  appartenente  all'atmosfera  può  per  l'azione 

approntare  che  di  questo  soltanto,   quanto   più   facilmente  non   prospereranno 

e  co    seppellito  di  tali  piante  la  vegetazione  che  si  vuol   migl  orare a  al 

(resili  mezzo  d,  assorbire  gran  parte  anche  dal  terreno?         m,gUorare   ha  aI" 

la  miglile  eia0 piùeconevP:Ca  T  *?**  deÌ  "■*"«  d*M  a  ««  * 
optl^  econSa  Scoia  *»  °  "^  '  ^bili  *  »^a«  «•  ^ 

opSLLf  5^  S^^saà  LheaStocTngono  in  TO 

ottobre,  e  questo  ammendamento  é  m  1  o™  .izza to'e  ten  LUTTi  " 

5.  li  lupino  appartiene  alla  diadelfia  decandria  ed  è  della  fami*!™  Ln^  , 

JJJJM.  «.Il  ,»„„.„,„  e  „„„  e,^,,^,  *  * |&£Z5£ 

toglie,  desse  vengono  completamente  soffocate  ghe 

'osi  adoperare  la  semen     per  in    ass  re-  in  tal'nsT,     "??**  prefere* 
coltivano  gli  olivi  e  gli  aranci  "S°  è  Spe°lale  ai  Paesi  in  cui 

cuori»,  mg.  -,  Fol.  JW.  —  ^fyojfo  1868  „. 


476  ECONOMIA   AGRICOLA. 

cente  pioggia.  Per  seminarla  usano  colà  fare  delle  solcature  con  un  bastone  fer- 
rato sulla  punta,  tenendole  paralelle  e  discoste  fra  loro  circa  0m,15;  entro  a 
queste  solcature  depongono  le  sementi  e  le  ricoprono  coir  erpice. 

8.  Nelle  provincie  lombarde  il  vegetabile  più  comunemente  addottato  per  so- 
vescio è  il  ravizzone,  il  quale  ha  la  proprietà  di  rammollire  il  terreno  colla 
radice,  mentre  per  mezzo  delle  foglie  serba  per  molta  parte  del  giorno  l'umido 
della  rugiada.  Il  ravizzone  lascia  con  grande  facilità  sviluppare  le  erbe  nocive, 
le  quali  però  venendo  sepolte  pure  con  esso  servono  a  prestare  ingrasso  ed  a 
rendere  soffice  il  terreno  pel  barbicamene  delle  radici  dei  cereali  che  si  colti- 
vano, mentre  per  ultimo,  cedendo  alla  forza  decomponente  si  putrefanno  e  som- 
ministrano alimento  e  vigorìa  alla  coltivazione.  L'  uso  di  questo  vegetabile  è  però 
in  molti  paesi  abbandonato  perchè,  sebbene  i  terreni  sciolti  risentano  molto  van- 
taggio da  esso,  quelli  tenaci  invece  o  che  hanno  uno  strato  vegetabile  molto  sottile 
ne  risentono  danno  pel  motivo  che  non  potendo  il  ravizzone  ingrossare  in  si- 
mili terreni,  non  riesce  perciò  abbastanza  forte  da  somministrare  un  nutrimento 
proporzionale  alla  spesa  della  sua  coltivazione. 

Anche  il  trifoglio,  comechè  si  presti  molto  alle  rotazioni  agrarie,  si  usa  d'assai 
per  sovescio;  desso  si  semina  d'autunno  o  di  primavera  insieme  al  frumento 
ed  anche  insieme  alla  segale  od  a  qualunque  altro  cereale,  e  nell'anno  susse- 
guente, dopo  che  ha  servito  di  pascolo  al  bestiame,  si  sovescia. 

Questa  pratica  non  è  molto  comune;  ma  siccome  è  molto  difficile  distruggerlo 
interamente  anche  quando  siasene  ricavato  il  maggior  possibile  prodotto,  cosi 
avviene  che,  seminandolo,  qualche  avanzo  rilevante  si  ha  sempre  da  sovesciare, 
con  grande  miglioramento  del  terreno  per  le  sue  folte  radici  che  si  putrefanno 
alimentando  quelle  dei  cereali  che  si  coltivano.  Il  trifoglio  però  non  è  coltiva- 
bile in  qualunque  terreno;  giacche  richiede  per  sé  stesso  un  terreno  per  natura 
o  per  arte  già  fertile. 

La  madia  saliva  è  di  recente  acldottata  per  sovescio,  crescendo  essa  con  molta 
rapidità  ed  in  qualunque  terreno;  bisognerebbe  però,  onde  averne  il  miglior  ri- 
sultalo, far  macerare  il  vegetabile  prima  di  seppellirlo,  imperocché  secondo  le 
analisi  dei  più  stimati  chimici  questa  pianta  contiene  una  materia  resinosa  che 
risulta  di  danno  alle  vegetazioni  posteriori. 

In  Francia  si  usano  molto  pel  sovescio  anche  i  navoni  per  la  specialità  loro 
che  li  fa  atti  a  correggere  i  terreni  silicei. 

9.  Grande  utilità  si  ottiene  dal  sovescio  dei  cereali,  e  la  segale  fu  in  ispeciai 
modo  soggetto  di  grande  ed  interessante  quistione  pei  vantaggi  che  le  si  attri- 
buiscono sovesciandola  allo  slato  di  fioritura  prima  della  semina  del  grano  turco. 
L'utilità  di  questo  sovescio  si  riconoscerebbe  non  solo  in  un'abbondante  prima 
raccolta  di  grano  turco ,  sibbene  in  un  raccolto  pure  abbondante  di  altri  cereali 
e  di  altri  diversi  prodotti  per  la  durata  di  oltre  quattro  anni.  Ognun  vede  che 
se  tali  vantaggi  fossero  certi  sarebbe  follia  il  non  seguire  questa  pratica  special- 
mente dove  mancano  gli  ingrassi,  dove  si  allevano  piante  da  frutto,  o  dove  si 
hanno  terreni  quasi  sterili  e  quindi  incolti;  poiché  la  segale  richiede  pochissima 
nutrizione.  Ammettasi  pure  che  la  durata  dei  benefizii  che  apporta  il  sovescio 
della  segale  si  protragga  per  soli  due  anni  anziché  per  quattro,  sarebbe  sempre 
nullameno  una  fonte  di  ricchezza  tanto  pei  possessori  dei  fondi  quanto  pei  co- 
loni che  li  lavorano.  Il  procurarsi  ingrassi  per  mezzo  dei  concimi  animali  ini* 
porta  grave  dispendio,  o  per  lo  meno  sta  nelle  forze  soltanto  dei  grandi  possessi. 


ECONOMIA  AGRICOLA  477 

mentre  il  piccolo  possidente  ed  il  povero  agricoltore  scarseggiano  di  mezzi  pecu- 
niari! ed  hanno  anche  relativamente  pochi  animali  da  allevare.  Questi  adunque 
avrebbero  nel  sovescio  della  segale  un  mezzo  economico  di  fertilizzazione 

10.  La  segale  però  non  è  sola  a  presentare  tanta  utilità.  L'avena,  per  esempio 
costa  molto  meno  ed  ha  il  vantaggio  che,  seminata  in  ottobre  0  novembre  fio- 
risce assai  prima  della  segale,  circostanza  questa  che,  a  parità  di  merito,  baste- 
rebbe a  darle  la  preferenza;  sovesciandola  nella  fioritura,  si  giunge  ancora  in 
tempo  a  comp.ere  la  seminagione  del  grano  turco.  Altro  vantaggio  che  presenta 
1  avena  si  è  che,  seminandola  in  agosto,  sopporta  un  taglio  in  ottobre,  prestandosi 
anche  come  foraggio,  indi  cresce  successivamente  ancora  fino  alla  fioritura  perla 
spec.ale  sua  attitudine  a  sopportare  la  falce  ed  a  rimettere  in  brevissimo  tempo 
nuovi  steli.  » 

Anche  per  l'avena  non  richiedesi  terreno  molto  fertile;  essa  fiorisce  in  qua- 
lunque terreno  ed  in  qualunque  posizione,  e  tallisce  in  abbondanza  quanto  la 
segale.  Circa  al  materiale  concimante  che  presta  nel  sovescio  in  nulla  è  minore 
alla  segale,  in  quanto  che  se  la  segale  è  alta,  l'avena  ha  maggior  diametro  di  culmo 
e  maggior  volume  di  foglie.  Or  dunque,  poiché  l'avena  vale  %  del  prezzolila 
segale  mentre  tutte  le  altre  circostanze  sono  eguali,  non  resta  alcun  dubbio  che 
sotto  il  punto  di  vista  dello  sovescio  si  debba  darle  la  preferenza 

11.  La  paglia  è  quella  parte  di  vegetabile  che  maggiormente  si  usa  nelle  con- 
cimazioni, e  perciò  anche  quella  che  più  spesso  viene  sovesciata;  essa  però  ben 

tZÌ°  d  P6r.a  S°'a'  ma  S0"ant0  mescolata  ">?"  escrementi,  ossia  ridotta  a 
letame.  Pur  nondimeno  trattandosi  di  una  parte  si  importante  della  concima- 
zione, andremo  qui  esponendo  le  diverse  opinioni  che  si  hanno  sull'intrinseco 
wlore  concimante  della  paglia.  Alcuni  agronomi  sono  d'avviso  che  gli  escrementi 
di  cu,  è  imbevuta  la  paglia  allo  stato  di  letame  non  sarebbero  che  di  leweris- 
simo  effetto  senza  la  paglia  stessa;  altri  invece,  considerandola  come  puro  assor- 
bente de!  sughi  escremenlizii,  negano  ad  essa  ogni  proprietà  fertilizzante 

stati,  tn  TT  rr"°  fUr°n°  ÌnSUtUÌte  da  alcuni  flsici  fu  «otoriamenle 

statano  che  la  proprietà  alimentare  di  una  sostanza  si  rileva  dalla  quantità  delle 

parti  solub.1.  che  1  acqua  bollente  può  estrarre  dalla  sostanza  stessa  ;  però  non 
s  può  con  co  stabilire  la  utilità  reale  della  medesima  sostanza  usata  come  in" 
grasso.  La  paglia  quindi,  se,  sottoposta  all'esperienza  suddetta,  fornisce  pochis- 
ime  parti  solubili,  non  cessa  però  di  presentare  utilità  se  viene  usata  come 
ingrasso;  il  che  stabilirebbe  essere  un  grave  errore  l'asserire  che  l'acqua  bol- 
lente agisca  sulla  solubilità  di  una  sostanza  nell'istesso  modo  e  colla  forza  me- 

eSé^nCr/U1  POlre?be  agìre  l°,  St0maC°'  tant°  PÌÙ  Che  razione  dissolvente  del  a 
d  gestione  è  sempre  diversa  ,n  d.versi  individui  e  più  ancora  fra  diverse  specie 
d 'animali;  per  cu.  una  sostanza  dichiarata  nutriente  per  eccellenza  potrebbe  pur 
sempre  alimentare  in  diverso  grado  diverse  specie  d'animali  e  nello  stesso  tempo 
sciogliersi  pochissimo  nell'acqua  bollente.  P 

cio?1^^6  dell'acf a  bf ent*f'  a"a  q^ndi  una   forza   immutabile,   senza, 

cmè,  le  graduazioni  degli  stomachi  degli  animali,  e  quindi  un  risultato  inesatto 

e  tanto  inattendibile  se  si  calco.i  che  anziché  ar  uire' della   propS      nuSe 

.  nna  80fta        dall    nutrizi0ne  che  la  stessa  può  somministrare   agi   antaal 

i "e iXmM|7T,eCh  qUaDta  f  qUa,e  ^  la  DUtrÌZÌOne  Che  I"10  ^ministra 
rS    'f  r  e" e^a  urnr  ""  aZ'°ne  dÌSS°1VeDle  m°U°  ten*  "  h«™  ^ 


478  ECONOMIA  AGRICOLA 

Ma  diamo  qui  un  esempio  di  ragionamento  sulla  paglia.  Questa  sottoposta  al- 
l'esperimento dell'acqua  bollente  somministra  pochissimi  sughi  nutritivi,  data 
all'uomo  per  cibo  non  gli  arreca  che  un  peso  inutile  allo  stomaco  senza  poter 
essere  digerita,  epperò  non  si  addimostra  per  nulla  nutriente  in  favore  dell'uomo, 
somministrata  la  paglia  stessa  al  cavallo,  all'asino,  al  bue,  alla  vacca  ecc.  viene 
digerita  benissimo,  e,  se  non  è  un'alimento  invidiabile  pei  suddetti  animali,  è 
però  abbastanza  nutriente  da  far  fronte  alle  esigenze  dello  stomaco  di  animali 
tanto  grossi.  Se  si  avesse  quindi  a  desumere  la  potenza  della  paglia  come  ingrasso 
dall'esperimento  coli' acqua  bollente,  sapendosi  che  contiene  non  più  della  cen- 
tesima parte  di  materie  solubili,  avremmo  pressoché  una  sostanza  inutile,  e  se 
si  avesse  pure  a  desumere  la  proprietà  nutritiva  per  gli  animali  dall'esperimento 
stesso  dell'  acqua  bollente  vendessimo  alla  conclusione  che  in  15  chilogrammi  di 
paglia  data  ad  un  bue  o  ad  un  cavallo  per  nutrimento,  avranno  avuto  150  gramme 
di  nutrimento,  il  che  sarebbe  quanto  dire  che  all'alimentazione  di  simili  animali 
basterebbe  meno  che  il  Ve  <W  chilogrammo. 

Veduta  adunque  e  provata  l'erroneità  della  teoria  che  si  trae  dall'esperimento 
deli'  acqua  bollente  circa  allo  stabilire  la  forza  nutritiva  di  una  sostanza ,  assai 
più  erronea  bisogna  dichiararla  circa  alla  forza  concimante.  Infinite  sono  le  mo- 
dificazioni ed  i  risultamenti  che  la  terra  fa  subire  ad  una  sostanza  in  concorso 
colla  umidità  e  colle  influenze  atmosferiche.  Noi  sappiamo  infatti  che,  usando 
la  paglia  per  concime,  in  poco  tempo  scompare  intieramente,  il  che  non  può 
avvenire  che  colla  separazione  dei  suoi  principii  e  colla  trasformazione  di  essi 
in  prodotti  gasosi.  Or  dunque,  essendo  gli  elementi  della  paglia  quegli  stessi  che 
compongono  altri  vegetabili  combinati  in  proporzioni  diverse  ,  separandosi  non 
possono  somministrare  che  principii  nutritivi,  principii  che  vadano  ad  assimilarsi 
al  tessuto  di  altri  vegetabili. 

12.  La  paglia  paragonata  agli  altri  ingrassi  vegetali  presenta  la  differenza  che 
i  suoi  elementi  si  decompongono  lentamente  e  soltanto  per  l'azione  dei  vegeta- 
bili che  sono  in  coltivazione,  mentre  gli  altri  ingrassi  vegetali  contengono  invece 
maggiore  quantità  di  principii  solubili  che  si  decompongono  anche  senza  la  coo- 
perazione della  vegetazione,   ciò  che  costituisce  certamente  un  pregio  di  questi 
sopra  la  paglia  ;  poiché  i  vegetabili  posti  in  coltivazione  possono  da  essi  trarre 
l'immediato  vantaggio  dell'assorbimento  di  quei  principii  di  cui  abbisognano. 
Anche  l'eccessivo  volume  della  paglia  in  proporzione  agli   alimenti  che  som- 
ministra, e   l'ingombro  che  arreca  alle  operazioni  del  suolo  sono  qualità  svan- 
taggiose nella  concimazione;   la    paglia  però   può   considerarsi   un   conveniente 
ammendamento  anche  usata  sola  purché  venga   data    al   terreno   neila   stagione 
invernale;  poiché  in  questa  stagione  non  conviene  guari  lo  spargere  letame  so- 
lubile che  perda  i  suoi  principii  sotto  l'azione  dissolvente  delle  continne  pioggie, 
e  d'altra  parte  la  paglia  essendo  molto  leggiera  ripara  il  freddo  e  riscalda  i  ter- 
reni tenaci. 

La  paglia  può  dunque  sotto  diversi  aspetti  considerarsi  utile  alla  concimazione, 
Abbiam  già  veduto  quanto  la  sua  lenta  scomposizione  poco  si  presti  a  fornire 
alimenti  alla  vegetazione ,  ma  è  pur  anche  una  teoria  ammessa  che  i  vegetabili 
talliscono  meglio  dove  hanno  una  nutrizione  lenta  e  continua,  che  non  in  quei 
terreni  dove  si  prendano  indigestioni  per  esuberanza  di  umori  nutritivi:  gli  in- 
grassi lenti  sono  anche  i  più  efficaci  appunto  perchè  distribuiscono  ognora  alla 
vegetazione  cui  sono  applicati  pochi  ma  continui  e  proporzionati  nutrimenti  che 


ECONOMIA  AGRICOLA  479 

sempre  si  determinano  in  ragione  diretta  della  forza  negativa.  Considerando  poi 
il  vantaggio  che  se  ne  può  trarre  applicandola  ai  terreni  argillosi  anche  sola 
sia  pel  volume  suo  che  tiene  sollevate  e  disciolte  le  zolle,  sia  pel  calore  che  ne 
traggono,  sia  per  divisibilità  che  acquistano  allorquando,  consunta  la  paglia  le 
molecole  terrose  sono  amalgamate  dalle  molecole  silicee  che  sono  la  base  della 
paglia,  non  può  l'agronomo  non  attribuire  uno  speciale  valore  a  questo  mezzo 
di  ammendamento,  tanto  più  quando  abbiansi  a  migliorare  terreni  freddi  e 
compatti. 

13.  Le  erbe  terrestri  ed  acquatiche  non  che  le  loro  radici  sono  altrettanti  mezzi 
di  concimazione  0  per  lo  meno  possono  sempre  servire  ad  aumentare  la  massa 
dei  letami.  Gli  orticultori,  i  quali  possono  più  di  tutti  disporre  di  una  grande 
quantità  d'erbaggi,  li  raccolgono  e  li  ammonticchiano  in  un  colle  altre  materie 
concimanti.  Alcuni  agricoltori  della  provincia  comense  hanno  il  costume  di  racco- 
gliere 1  muschi  per  incorporarli  ai  letami,  0,  disseccati,  somministrarli  per  letto 
al  bestiame,  procurando  cosi  un'aumento  ai  letami  stessi.  Sebbeno  ciò  sembri 
una  meschina  pratica  di  agronomia,  è  però  tale  che  se  venisse  adottata  da  tutti 
gli  agricoltori  della  montagna  arrecherebbe  non  piccolo  miglioramento  ed  incre- 
mento alla  industria  dei  letami  e  quindi  alla  produzione  del  suolo. 

14.  Altro  grande  vantaggio  ne  può  derivare  all'agricoltura  mettendo  a  profitto 
tutte  le  radici  degli  alberi  e  delle  piante  morte  naturalmente  od   atterrate    Per 
far  ciò  si  usa  arare  profondamente  quei  terreni  che  ne  sono  ingombri  onde  sol- 
levarle e  smuoverle  più  che  sia   possibile  per    quindi    estrarle  estirpandole  col 
mezzo  delle  zappe.  Dopo  che  se  ne  sono  raccolte  in  grande  quantità  si  sminuz- 
zano colle  falci  e  si  stendono  sull'aja   a  disseccare  onde   così   non  abbiano  mai 
più  in  verun  modo  ad  ingombrare  il  terreno  con  una  nuova  vegetazione,  dopo 
di  che  le  si  accatastano  insieme  a  certa  quantità  di  terra  disposta  a  strati  alter- 
nati colle  radici  stesse  perchè  queste  fermentino  e  si  decompongano,  e   così  for- 
mino un  terriccio  che  riescirà   utilissimo  ad   emendare  i   terreni   argillosi    Per 
ritrarre  da  questa  pratica  una  maggiore  utilità  le  cataste  si  potranno   formare  in 
prossimità  alle  stalle  delle  bestie  bovine,  procurando  che  d'esse  siano  p  iù  estese 
che  alte,   e  col  mezzo  delle  orine  provenienti  dalle  stalle  medesime    inumidirle 
di  frequente.  Il  legno  delle  radici  essendo  molto  povero  e  costituito    delle  parti 
pm  tenere  e  leggiere,  si  imbeve  facilmente  dei  sughi  delle  orine  trattenendone 
tutti  1  principii  che  in  diverso  modo  si  volatizzerebbero  con  grande  facilità,  ond'è 
che  si  viene  per  tal  modo  a  formare  un  concime  molto  prezioso  e   più  utile  ed 
efficace  del  letame  stesso. 

Una  simile  pratica  è  specialmente  indicata  utilissima  per  le  valli,  nelle  quali 
per  le  circostanze  locali  di  clima,  atmosfera  e  disposizione  del  suolo  vegetano  e 
periscono  infinità  di  piante  lasciando  sempre  una  grande  quantità  di  radici,  tanto 
pm  che  con  tale  operazione  si  ottiene  non  solo  un  materiale  aumento  di  concime 
ma  si  ha  inoltre  un  emendamento  del  terreno  per  la  profonda  aratura  e  rivolta- 
tura del  fondo. 

15.  In  molti  paesi,  allo  scopo  di  aumentare  la  massa  dei  concimi,  raccole-onsi 
anche  le  erbe  paludose,  e,  per  far  ciò  col  maggiore  vantaggio,  dopo  averle  estir- 
pate, vengono  lasciate  al  sole  almeno  per  tre  giorni,  indi  seppellite  coli' aratro 
nei  terreni  che  maggiormente  siano  affetti  da  umidità,  0  costituiti  in  maggior 
parte  di  argilla.  Siccome  però  questo  metodo  non  potrebbe  lasciare  la  certezza 
che  le  radici  delle  erbe  medesime,  sebbene  estirpate,  non  possano  ancora  metter 


480  ECONOMIA  AGRICOLA 

vita  e  ribarbicarsi,  così  sarebbe  assai  più  opportuno  che  venissero  estirpate,  aspor- 
tate dal  campo  e  radunate  in  massa  per  ottenerne  la  fermentazione,  formandone 
tanti  piccoli  mucchi  onde  evitare  la  grande  fermentazione  che  potrebbe  accenderle. 
La  massa  totale  di  queste  erbe  può  dare  una  quantità  tripla  in  volume  di  buona 
terra  da  concimazione,  aggiungendovi  una  quantità  doppia  di  terra  mista  a  poca 
calce.  Miglior  concime  ancora  se  ne  otterrà  da  tutte  queste  erbe  paludose,  trat- 
tandosi che  devono  servire  allo  immegliamento  di  terreni  argillosi,  se  ad  esse  si 
uniscano  calcinacci  di  fabbrica. 

16.  Da  quanto  fu  fin  qui  detto  circa  alla  concimazione  fatta  col  mezzo  dei  ve- 
getabili puossi  stabilire,  anche  all'appoggio  di  apposite  esperienze,  che  le  eriche, 
le  ginestre,  le  felci,  i  giunchi  e  tutti  i  vegetabili  che  trovansi  nei  boschi  possono 
prestare  giovamento  air  agricoltura,  per  concimazione,  sia  che  vengano  usati  soli 
dopo  le  opportune  preparazioni,  sia  che  concorrano  alla  formazione  del  letto  del 
bestiame.  Tutte  queste  erbe  constano,  come  tutti  i  vegetabili,  di  carbonio  e  di 
due  elementi  gasosi,  i  quali  combinandosi  in  diverse  proporzioni  all'atto  della 
decomposizione,  producono  dei  principii  liquidi  e  gasosi  che  sono  dai  vegetabili 
assimilati  con  facilità.  Esse  quindi  introdotte  nel  suolo  in  favorevoli  circostanze 
sono -atte  più  che  altro  alla  somministrazione  dei  principii  necessarii  alla  vege- 
tazione; imperocché  constano  di  elementi  che  concorrono  alla  immediata  forma- 
zione dell'individuo.  Sarà  cura  soltanto  dell'agricoltore  di  adoperarli  ridotti  allo 
stato  più  tenero,  o  meglio,  dopo  subita  la  più  forte  fermentazione  possibile,  onde 
non  abbiano  soltanto  a  produrre  una  fisica  correzione  del  terreno,  ma  sibbene 
anche  una  chimica  collaborazione  allo  sviluppo  di  vegetabili. 

17.  Le  piante  paludose  hanno  per  natura  un  tessuto  soffice  e  molle  che  assorbe 
facilmente  l'umidità  e  che  si  presta  quindi  ad  una  pronta  fermentazione  e  quasi 
decomposizione,  entrando  assai  poco  nella  loro  formazione  la  silice;  sono  quindi 
in  ispecial  modo  designate  quali  emendamenti  ai  terreni  silicei  e  leggieri.  Sic- 
come però,  anche  seppelliti  soli,  si  decompongono  con  facilità,  sviluppando  nel 
corso  della  decomposizione  una  certa  quantità  di  calorico,  cosi  la  loro  applica- 
zione riesce  molto  più  vantaggiosa  in  autunno  che  in  primavera;  perocché  vi 
mantengono  un  moderato  calore  per  tutta  la  stagione  invernale. 

Se  le  piante  paludose  hanno  in  generale  un  tessuto  molle  non  è  così  però  delle 
felci,  delle  ginestre  e  delle  eriche,  le  quali  hanno  al  contrario  un  tessuto  legnoso 
e  richiedono,  prima  di  essere  adoperate,  di  essere  rese  tenere  e  sature  di  umi- 
dità. Anche  per  queste  giova  moltissimo  che  sieno  usate  prima  quali  stramaglie, 
ma  quando  non  sia  dato  far  ciò  si  potrà  benissimo  prepararle  all'uso  disponendole 
a  strati  alternati  con  terra  o  calce,  così  lasciandole  finché  siano  rese  tenere  e 
macerate  dalla  pioggia,  nulla  importando  lasciarle  scoperte. 

Le  alghe  e  le  piante  marine  sono  del  pari  molto  utili  alla  coltura  dei  terreni 
litorali,  non  convenendo,  pel  loro  tenue  valore,  trasportarle  onde  concimare  ter- 
reni più  lontani.  Essendo  il  loro  tessuto  assai  floscio  possono  essere  applicate 
quali  concimi  anche  appena  raccolte,  seppellendole  cioè  senza  alcuna  preventiva 
preparazione.  Servono  a  concimare  tutte  le  coltivazioni ,  ma  più  ancora  i  prati 
artificiali,  i  quali  ricevono  da  esse  uno  stimolo  particolare  dovuto  senza  alcun 
dubbio  all'  abbondanza  dei  sali  che  costituiscono  il  loro  tessuto.  Egli  è  appunto 
peli'  abbondanza  dei  sali  di  cui  sono  fornite  queste  piante,  che  il  procurarne  la 
fermentazione  rende  inutile  la  loro  applicazione  quali  concimi;  poiché,  avve- 
nendo per  effetto  della  fermentazione  anche  la  decomposizione,  tutti  questi  sali 


ECONOMIA    AGRICOLA  4gj 

sciogliendosi  per  effetto  delle  acque  piovane,  si  disperdono  nel  terreno    invece 
di  svilupparsi,  assimilandosi  ai  vegetabili  alla  cui  coltivazione  sono  destinate. 

L'uso  di  queste  piante  quale  concime  presenta  dunque  certezza  di  profitto 
purché  sieno  seppellite  in  tempo  opportuno.  Qualora  però  se  ne  possa  raccogliere 
in  grande  quantità  potranno  disporsi  in  cataste  miste  a  terra  vegetale  onde  rac- 
coglierne tutti  i  principi!  solubili  che  fossero  per  isvilupparsi  al  momento  della 
fermentazione,  e  meglio  ancora  sarà  ricoprire  la  catasta  con  altra  terra  onde 
abbiano  il  meno  possibile  a  sentire  l'influenza  dell'atmosfera. 

Sono  di  grande  vantaggio  ai  pascoli,  nonché  ai  vegetabili  a  radici  bulbose 
in  quanto  sia  la  maggiore  proprietà  delle  piante  quella  di  attrarre  tutta  l'umi- 
dità dell'atmosfera.  Usate  fresche  prevengono  l'evaporazione  dell'umidità  man- 
tenendo anzi  nel  terreno  una  salutare  freschezza,  la  quale,  oltre  ai  vantaggi  per 
sé  stessi  inerenti  a  tale  stato,  fornisce  di  mano  in  mano  ai  vegetabili  che  si 
concimano  diversi  principi!  di  assimilazione.  Allorquando  il  terreno  sia  asciutto 
e  sia  anche  per  natura  piuttosto  secco,  queste  piante  forniscono  i  maggiori  sti- 
moli alla  vegetazione  al  momento  della  loro  decomposizione.  Dovendosi  conci- 
mare con  esse  un  terreno  grasso,  sarà  bene  usarle  allo  stato  secco. 

In  alcuni  paesi  dell'Italia  meridionale  vige  l'usanza  di  raccogliere  le  alghe 
che  il  mare  rigetta  al  lido,  e  distenderle  sulle  strade  di  massimo  passaggio  onde 
ricevano  le  orine  degli  animali  che  vi  transitano  sopra  e  siano  nello  stesso 'tempo 
calpestate  da  essi  onde  meglio  e  più  presto  marciscano  e  fermentino,  dopo  di 
che  le  mescolano  col  letame. 

18.  Ad  ogni  modo  però  questa  qualità  di  ingrasso  non  conviene  che  ai  paesi 
marittimi.  Colà  usasi  un  differente  miscuglio  di  piante  della  famiglia  delle  alghe, 
le  quali  sono  per  lo  più  raccolte,  svellendole  coi  rastrelli  dai  lidi.  Altro  motivo 
per  cui  devonsi  ritenere  molto  utili  alla  agricoltura  si  è  che  contengono  miriadi 
di  conchiglie  e  di  piccoli  coralli  che  per  natura  racchiudono  in  sé  molta  sostanza 
calcare,  soda  e  potassa,  di  cui  abbiamo  già  conosciuto  i  mirabili  effetti  per  I?  a- 
gricoltura  se  possono  entrare  come  correttivi  nei  terreni  coltivati.  In  quei  paesi 
usasi  anche  abbruciarle  per  spargerne  le  ceneri,  impedendo  cosi  lo  sviluppo 
delle  erbe  nocive. 

19.  Se  la  torba  per  le  sue  qualità  si  presenta  tale  da  non  poter  essere  consi- 
derata fra  le  prime  materie  combustibili,  come  ingrasso  non  puossi  assegnarle 
un  posto  secondario.  Essa  è  molto  satura  di  tannino  e  di  materie  idrogenate 
non  che  di  varii  acidi  vegetali  e  minerali,  ma  possiede  poco  azoto.  Ond'è  che 
per  usarla  con  utilità,  per  ritrarne  cioè  un  sensibilissimo  profitto  bisogna  me- 
scolarla a  calce  o  cenere,  in  quanto  queste  provvedano  alla  neutralizzazione  degli 
acidi  e  del  tannino,  unendovi  altresì  delle  materie  azotate,  per  provvedere  alla 
mancanza  degli  alcali. 

Il  mezzo  migliore  però  per  utilizzare  la  torba  quale  ingrasso  si  è  di  sottoporla 

per  letto  al  bestiame,  ottenendosi  con  ciò  la  rilevante  economia  della  paglia  ed 

una  completa  neutralizzazione  degli  acidi   oltre  ad  una  conveniente  miscela  con 

1  materie  azotate  in  massimo  grado,  quali  sono  le  escrezioni  solide  e  liquide  de^li 

animali.  ^  & 

Qualora  però  in  un  dato  tenimento  non  si  potesse  o  non  convenisse  per  ab- 
bondanza di  altro  strame  usarla  per  letto  al  bestiame,  potrà  utilmente  comporsi 
in  efficacissimo  concime  disponendola  a  strati  alterni  col  letame ,  avendo  però 
cura  che  gli  strati  di  torba  non  siano  maggiori  di  15  centimetri  di  altezza.  In  en- 


482  ECONOMIA  AGRICOLA 

trambi  i  casi,  sia  che  si  ponga  in  vece  del  letto  agli  animali,  sia  che  si  mescoli 
a  strati  col  letame,  assorbe  i  gas  ammoniacali  che  si  disperderebbero  certamente 
nell'atmosfera,  e  si  ottiene  così  una  grassificazione  della  torba  col  letame  in  quanto 
ai  principii  che  conterrà  dopo  la  fermentazione  di  questo  con  quella.  Con  ciò  si 
avranno  inoltre  migliorate  d'assai  le  proprietà  fertilizzanti  del  letame;  imperocché 
la  torba  avrà  ad  esso  aggiunto  molto  carbonio  e  molte  materie  idrogenate.  La 
pioggia  poi  e  le  influenze  atmosferiche  disacidificando  la  torba  stessa  subito  che 
sia  sparsa  sul  terreno,  perderà  dessa  le  qualità  contrarie  alla  nutrizione  dei  ve- 
getabili, e  terminerà  per  convertirsi  in  un  eccellente  terriccio  specialmente  adatto 
a  correggere  un  suolo  tenace,  ad  ingrassarlo  ed  a  somministrare  grande  quantità 
di  carbonio  a  quei  vegetabili  che  si  coltiveranno  in  quel  fondo. 

20.  Altro  mezzo  per  rendere  la  torba  un  utile  ingrasso  si  è  di  ridurre  prima 
il  campo  in  tale  stato  che  possa  dirsi  affetto  da  siccità  piuttosto  che  da  umidità, 
indi  trasportarvi  grande  quantità  di  creta  o  calce.  La  torba  sollecitata  dall'azione 
decomponente  di  queste  terre  trovasi  spinta  verso  la  reazione  dei  fluidi  atmosfe- 
rici, ed  è  per  tal  modo  resa  capace  di  somministrare  alla  vegetazione  una  nu- 
trizione assai  abbondante. 

Alcuni  invece  usano  abbruciarla,  e  per  vero,  sebbene  non  si  abbia  da  ciò  il 
miglior  correttivo  di  un  terreno;  è  però  abbastanza  evidente  che,  nel  secolo  no- 
stro, in  cui  tutto  si  può  col  vapore,  poco  convenga  trascurare  V  utile  di  un  com- 
bustibile per  avvantaggiarsi  di  un  concime;  e,  siano  pur  vari  i  casi  in  cui  si 
renderanno  utili  le  sue  ceneri,  sarà  sempre  miglior  partito  l'applicarla  alla  pro- 
duzione della  grande  forza  motrice  che  ha  ormai  fatte  vassalle  tutte  le  industrie, 
di  quello  che  attendere  od  andare  in  cerca  di  quel  terreno  pel  quale  sia  conve- 
niente un  emendamento  di  torba. 

Senza  però  prendersi  molta  briga  onde  trarre  il  miglior  partito  dalla  torba, 
quanto  a  concimazione,  si  potrà  farne  una  stratificazione  in  prossimità  al  leta- 
maio, e  sopra  di  essa  disporre  tutto  quel  letame  che  sopravanza  alle  occorrenze 
dei  fondi.  La  parte  liquida  del  letame  scorrendo  fra  la  torba  la  modificherà  d'as- 
sai e  la  disporrà  tanto  bene  alla  fermentazione,  che  allorquando  per  essere  da 
essa  stati  assorbiti  tutti  i  principii  fertilizzanti,  si  sarà  alquanto  ammollita,  mesco- 
landola collo  strato  superiore  di  letame  e  riducendola  con  esso  ad  una  pasta 
omogenea  si  avrà  ottenuto  un  ingrasso  di  grandissimo  valore  pei  terreni  argillosi. 

Degna  d'osservazione  si  è  la  pratica  usata  dai  coltivatori  pesaresi  e  più  special- 
mente di  Sinigaglia.  Dessi  tagliano  colla  vanga  la  superficie  dei  campi  torbosi 
in  tanti  paralellepipedi  di  diversa  grandezza  e  portano  questi  pezzi  nei  campi  di 
peggior  natura,  specialmente  in  quelli  nei  quali  abbonda  la  creta.  Ivi  dispongono 
i  detti  paralellepipedi  di  distanza  in  distanza  come  tanti  piccoli  camini,  vuoti 
nel  mezzo  ed  aperti  da  un  lato,  nel  vacuo  introducono  quanto  combustibile  vi 
può  capire,  danno  il  fuoco,  e,  ridotto  in  cenere,  questa  la  spandono  sul  terreno. 

21.  Le  foglie  dopo  la  caduta  si  decompongono  e  formano  Turno  o  terriccio, 
senza  del  quale  non  evvi  prospera  vegetazione.  Da  numerose  esperienze  si  venne 
a  desumere  che  ogni  pianta  allo  stato  normale  rende  alla  terra  maggiore  copia 
di  principii  nutritivi  di  quello  che  non  consumi;  da  ciò  appunto  ha  origine  la 
immensa  quantità  di  terriccio  o  terra  vegetale  che  si  trova  radunata  nei  boschi, 
e  la  fertilità  che  questi  presentano  quando  vengono  dissodati.  Per  tal  fatto  riesce 
facile  il  comprendere  la  loro  efficacia  nelle  coltivazioni  destinate  alla  nutrizione 
degli  animali  e  degli  uomini  ;  avvegnaché  queste   coltivazioni   riescano  soltanto 


ECONONlA  AGRICOLA  433 

passive  alla  fertilità  del  terreno  in  quanto  il  loro  prodotto  venga  in  totalità  o 
quas,,  asportato  dal  campo;  ed  ecco  il  motivo  pel  quale  i  nostri  fondi  che  col- 
marno  senza  alcun  dubbio  per  ottenerne  prodotti,  abbisognano  continuamente  di 
letame  0  qualunque  altro  surrogato  che  rinnovi  in  essi  la  facoltà  produttiva 
mentre  nei  boschi  un  tal  bisogno  non  si  appalesa,  ed  avviene  anzi  il  contrario! 
pel  motivo  che  dessi  traggono  dalle  foglie  stesse  che  cadono  dalle  piante  più  che 
la  quant.ta  necessaria  di  alimenti,  e  la  natura  si  serve  appunto  delle  foglie  morte 

^nr=antiXr favorire  la  gerrainazione  dei  ^  *«?  ~ 

Nel  novero  delle  foglie  debbonsi  comprendere  tutti  gli  avanzi  della  vegetazione 
come  sarebbero  le  foglie  dei  vegetali  che  servono  di  commestibile,  barbabietole 
card,    carote,  patate  ecc.  i  quali  avanzi  possono  considerarsi  tutti  come  SmX 
verdi;  lo  stesso  dicasi  delle  stoppie  dei  cereali.  Abbiamo  già  detto  che  1    ? 
che  cadono  dagli  alberi  bastano  alla  naturale  fertilizzazione  delle  foreste     ner 

£Lir,  °v  COmPrendere  u  moti™  Pel  quale  i  contadini  industrios  'fanno 
talvolta  lunghissima  via  per  recarsi  a  raccoglierne 

stato  secco  v\  Tv"  ^  ^  nM(>  conteng°no  »*M7  %  di  azoto  ed  allo 
stato  secco  1  1,50  o/oJ  slccome  pero  queste  foglie  contengono  molto  tannino  così 
bisognerà  avere  la  precauzione  di  farle  fermentare  prima  di  adoperarle 

Le  foghe  secche  raccolgonsi  generalmente  dove  manca  la  materia  a  far  letto  al 
ì-1     '  mf  P°rt  Pr°CUran0  racc°glier°e  anche  senza  essere  costret  i  da  ta 
b.sogno  perche  migliorano  il  letame  stesso  che  si  ottiene;   quelli  pò    che  da 
questa  pratica  paventano  qualche  danno  alla  salute  degli  animali  invece  Si  sotto 

fTentt  Z££T  "  meS0Olan°  aUa  ~  dd  l6tame>  *  ~  S 
22.  Molti  hanno  la  falsa  opinione  che  non  tutte  le  foglie  sieno  proficue  avendo 
pec.al,  pregiudizi,  per  quelle  di  noce  e  per  quelle  degli  alberi  da  fruUo  QuS 
timori  dovrebbero  perà  cessare  se  riflettessero  che  tutte  le  piante  conteneono  „ 
ogni  loro  parte  dei  principi!  omogenei  alla  vegetazione,  e  questi  princfoifanehe 
megho  elaborati  e  più  accosti  allo  stadio  da  somministrare',  m  ssTmo  beneSo 
all'  agricoltura  che  non  qualunque  altro  ingrasso  uenenco 

La  necessità  di  respingere  simili  pregiudizi!  si  palesa  dal  fatto  che  la  venta- 
tacene nostra  appunto  perchè  troppo  complicata  e  vezzata  per  la  quantità  dei 
prode ti  che  deve  fornire,,  riduce  la  terra  molto  stanca  ed  esausta  ncip 

alimentari     cosicché  ognun  vede  quale  imperdonabile  trascuranza ,  quato colpa 

SÌT11    f    ì3  T  St6SSa  aVremm°  Se  continu^™  a  lasciare  eh    E  magg  0 
parte  delle  foglie  disseccate  cadano  inutilmente  disperse  dai  venti  e  dalle  acque 
Utenti.*   trascinate   giù   per  cavi  e  burroni  a  fecondare  altre  terre    Bisogne 
ebbe  proprio  che  pel  miglior  partito  dell'agricoltura  ognuno  raccogliesse  Ti 
unno  quante  più  foglie  potesse,  unendovi  anche  tutte  fé  parli  inu  il    S  ve?e- 
tab.l,  da  cucina,   le  eriche  ed  i  muschi,   con  che  si  verrebbe  ad  aulnt  re  di 
idSorrT    melà    la    qUan"tà   t0tale    d6Ì   l6tamÌ    dÌ    CUÌ    ogniloZToTVul 
Giacché  parliamo  qui  delle  foglie  dei  boschi  viene  conseguente  il  parlare  anche 
dd  terriccio  di  questi  quale  più  energico  concime,   tanto  energico    na   i  d.e 
g  ard.n.er,  medesimi,  i  quali  coltivano  per  lo  più  piante  delicate  e    he  esi.Òno 


484  ECONOMIA  AGRICOLA 

23.  Gli  avanzi  della  trebbiatura  e  brillatura  dei  grani,  ordinariamente  chiamati 
pula,  loppe,  reste  ecc.,  vengono  pure  ad  aumentare' la  materia  concimante.  Bi- 
sogna però  avanti  tutto  ben  considerare  quanto  sarebbe  di  danno  F  adoperarli 
non  ancora  abbastanza  macerati;  imperoché  non  di  rado  avviene  che,  trovandosi 
in  essi  ancora  il  germe  di  sofferte  malattie,  come  sarebbero  il  carbone,  la  golpe, 
il  grano  sprone  ecc.  si  veggano  per  tal  causa  infestate  le  nuove  raccolte.  Conci- 
mando adunque  con  questi  avanzi  devesi  caldamente  raccomandare  una  previa 
decomposizione  mercè  la  fermentazione.  Per  ottenere  ciò  facilmente,  allorquando 
si  pulisce  l'aja  e  si  raccolgono  quindi  questi  avanzi  delle  biade,  basterà  che  si 
portino  tosto  sulla  massa  del  letame  e  si  dia  loro  il  posto  centrale  della  massa 
stessa,  ricoprendobi  con  altro  letame.  La  bulla  del  riso,  perchè  possa  divenire 
atta  alla  concimazione  richiede  più  che  un  anno  di  tempo  di  continua  fermen- 
tazione tenendola  isolata,  mentre  mescolata  con  letame  basterà  solo  un  terzo  di 
questo  tempo  col  vantaggio  anche  di  prestarsi,  cosi  confezionata,  alla  concima- 
zione degli  alberi  da  frutto. 

Gli  avanzi  della  preparazione  del  lino,  quella  lisca  cioè  composta  dei  piccoli 
frantumi  legnosi  che  cadono  dal  lino  e  dalla  canape,  quando  si  lavorano  col 
pettine  e  colla  maciulla,  costituiscono  un  economico  concime  il  quale  è  con  gran 
deferenza  destinato  alla  fertilizzazione  dei  prati. 

Tanto  gli  avanzi  delle  trebbiature  quanto  quelli  del  lino  essendo  molto  abbon- 
danti nelle  grandi  possessioni,  richiedono  un  apposito  sistema  di  riduzione  allo 
stato  concimatorio.  Essi  devonsi  conservare  in  una  fossa  apposita  in  cui  possano 
macerare  a  lungo,  aiutandone  anzi  la  macerazione  coir  unirvi  quanto  letame 
possibile,  senza  che  venga  però  danneggiata  l'economia  di  esso,  ossia  senza  che 
venga  per  nulla  scemata  la  sua  distribuzione  ordinaria  sui  campi. 

L'ingrasso  proveniente  da  questi  avanzi,  sebbene  sembri  una  materia  piuttosto 
solida  e  secca,  è  talmente  atto  ad  imbeversi  di  fluidi  nutritivi,  ed  anche  di  qua- 
lunque sostanza  liquida  che  possa  venire  a  suo  contatto,  che,  allorquando  viene 
levato  dal  serbatojo  per  essere  sparso  sui  campi,  sebbene  conservi  un'apparenza 
tuttora  solida  e  polverosa,  e  pel  soverchio  calore  il  campo  siasi  asciugato  e  ri- 
scaldato, attrae  da  esso  tutta  quella  umidità  che  acquistò  per  la  macerazione, 
e  vi  determina  cosi  una  corrente  di  umidità  o  di  sviluppo  di  fluido,  umori  per 
il  che  ne  viene  ristorato  ed  abilitato  a  proseguire  con  buon  successo  gli  ela- 
borati della  vegetazione.  Questo  ingrasso  vuol  essere  preparato  coli' umidità  ma 
non  per  modo  che  vi  nuoti  per  entro,  dovrà  cioè  F  acqua  essere  investita  dalla 
materia,  non  la  materia  dall'acqua. 

Se  con  questo  ingrasso  voglionsi  concimare  delle  praterie  naturali  giovani,  non 
sarà  d'uopo  farlo  tanto  macerare,  poiché  gioverebbe  moltissimo  anche  sparso  allo 
stato  normale  o  di  prima  formazione. 

24.  Le  sanse,  ossia  gli  avanzi  della  torchiatura  dei  semi  da  olio,  occupano  un 
posto  importantissimo  nella  categoria  degli  ingrassi;  per  gli  effetti  che  producono 
e  per  la  energia  loro  propria  sono  affatto  paragonabili  agli  ingrassi  animali.  L^uso 
di  questo  ingrasso  si  limita  a  quei  soli  paesi  che  producono  molte  materie  prime, 
o  che  posseggono  grandi  stabilimenti  da  olio,  in  quanto  che  per  poterne  stabilire 
un  uso  per  F  immegliamento  delle  terre  bisogna  poterne  disporre  in  abbondanza 
tale  che  sorpassi  altresì  ogni  occorrenza  per  la  nutrizione  del  bestiame,  special- 
mente di  quello  che  viene  messo  a  riposo  pel  macello. 

Il  metodo  comune  per  usare  le  sanse  si  è  frantumare  le  stiacciate  che  si  1 


ECONOMIA  AGRICOLA  485 

vano  dai  torchi,  ridurle  a/fatto  in  polvere,  indi  spargerle  in  un  colle  sementi. 
In  terreni  leggeri  questo  concime  é  di  grandissimo  effetto,  e  specialmente  pei 
terreni  cretosi;  ma  pei  terreni  compatti  od  argillosi  gli  effetti  riescono  pochi  o 
nulli,  in  quanto  che  1' allumina  che  vi  predomina  investe  la  polvere  di  sansa 
precludendo  ad  essa  ogni  effetto  derivante  dalie  influenze  atmosferiche,  non 
permettendo  per  ciò  che  fermenti  se  non  con  grande  difficoltà. 

Taluni  vorrebbero,  coir  aggiungervi  della  calce  nella  proporzione  del  15  p.o/0 
rendere  questo  ingrasso  alquanto  più  utile  ai  terreni  compatti,  certi  essendo  che 
in  tal  piccola  dose  la  calce  non  possa  produrre  alcun  tristo  effetto,  e  che  alla 
fin  fine  si  combina  sempre  con  qualche  elemento  dell'ingrasso  che  si  dà  al  ter- 
reno ed  è  quindi  neutralizzata  in  una  buona  parte.  Non  si  saprebbe  però  con- 
venire in  tale  sistema  di  miscela  se  non  nel  caso  in  cui  si  possa  pure  ag- 
giungere oltre  la  calce  anche  una  proporzionata  quantità  di  concime  liquido  da 
stalla,  o  quanto  meno  unire  alla  miscela  di  calce  colle  sanse  altra  materia,  come 
sarebbe  colombina  e  spazzatura  di  pozzi  neri.  Se  si  pon  mente  agli  effetti  che 
ne  derivano,  vedesi  non  riuscire  ad  altro  questo  ingrasso  che  ad  imprimere  al 
terreno  un'essenza  più  caustica,  ed  una  tal  quale  solidità  molecolare,  per  cui  può 
essere  ridotta  in  più  fina  polvere. 

Le  sanse  costituiscono  un  ingrasso  oleaginoso,  il  quale  per  natura  propria  va  sog- 
getto ad  una  fermentazione  continuata,  che  senza  interruzione  si  spinge  allo  stadio 
del  massimo  effetto,  per  cui  tanto  più  persuade  e  convince  che  desse  debbonsi 
con  migliore  effetto  spargere  nei  terreni  leggieri  ed  amministrare  quando  la  ve- 
getazione sia  già  in  corso,  onde  non  essere  obbligati  a  mescolarle  con  altre  ma- 
terie. Una  circostanza  degna  di  osservazione  sarà  di  procurare  di  spargerle  nella 
stagione  calda  ed  in  una  giornata  di  pioggia. 

Per  avere  il  maggior  utile  dalle  sanse,  per  poterle,  cioè,  applicare  alla  fertiliz- 
zione  di  qualunque  terreno,  bisogna  mescolarle  con  materie  escrementizie,  ed 
ancor  più,  quando  sia  possibile,  mescolarle  al  guano. 

In  Francia  più  che  da  noi  si  accorda  pregio  alle  sanse;  giacché  vengono  colà 
stimate  più  energiche  dei  letami  ordinari  e  perciò  vendute  a  prezzo  relativamente 
molto  alto.  Si  spargono  in  polvere,  a  mano  volante,  nei  primi  giorni  di  primavera 
sui  cereali  già  in  vegetazione. 

Le  sanse  non  agiscono  già  come  ingrasso  per  Polio  che  possano  eventualmente 
contenere;  poiché  per  verità  la  stessa  operazione  cui  furono  sottoposte  indica 
quanto  poco  ne  debbano  contenere,  ma  piuttosto  per  la  mucillagine,  essendo 
questa  nuli' altro  che  terra  disciolta  e  che  si  presta  ad  una  immediata  nutrizione 
dei  vegetabili  sui  quali  vengono  sparse.  Ecco  quindi  per  qual  motivo  devesi  ri- 
tenere di  massima  utilità  l'applicazione  delle  sanse  alle  coltivazioni  che  siano 
entrate  nel  periodo  più  sagliente  della  vegetazione. 

25.  Sotto  il  nome  di  sansa  debbonsi  comprendere  anche  tutte  le  più  grossolane 
rimanenze  dei  frutti  e  delle  erbe  che  furono  assoggettate  ad  uno  stretlojo;  né  il 
sapersi  che  da  dette  materie  sia  stato  estratta  tutta  la  parte  oleifera  ne  scema  il 
valore  concimante,  giacché  è  notorio  che  l'olio  in  natura  non  viene  assorbito  dalle 
radici  dei  vegetabili,  ed  il  pregio  delle  materie  stesse  sta  invece  nei  principii 
elementari,  carbonio,  ed  azoto  che  dall'olio  si  svilupperebbero  soltanto  dopo 
lento  e  lungo  processo  di  decomposizione  naturale,  mentre  negli  avanzi  o  sanse 
trovansi  delti  principii  già  disciolti,  ed  è  questa  la  causa  del  loro  valore  concia 
matorio. 


486  ECONOMIA  AGRICOLA 

Per  l'ordinaria  coltivaziane  di  un  ettaro  occorrono  non  meno  di  chilog.  1500 
di  sanse  o  panelli;  ma  la  produzione  di  feccie  vegetali  dopo  P  azione  del  torchio 
essendo  molto  limitata  nei  nostro  paese  di  fronte  a  quella  di  altri  paesi  mag- 
giormente manifatturieri  ed  industriali,  Papplicazione  di  esse  in  agricoltura  non 
potrà  assumere  importanza  che  in  seguito  a  speciali  circostanze  che  ne  sono  af- 
fatto indipendenti. 

26.  La  segatura  di  legno  è  forse  quell'avanzo  vegetale  che,  producendosi  in 
maggior  copia  pel  gran  numero  delle  manifatture  da  cui  proviene,  merita  una 
speciale  riflessione.  Essa  viene  usata  non  solo  come  agente  chimico,  ma  ancora 
come  mezzo  meccanico  a  disgregare  le  terre  troppo  tenaci.  L'uso  di  questa  ma- 
teria  per  concimazione  richiede  però  uno  speciale  riguardo,  ed  è  di  mescolarla, 
o  meglio,  inumidirla  con  latte  di  calce,  onde  saturarne  P  acido  acetico  che  se  ne 
sviluppa  nei  diversi  stadii  metamorfosici  che  hanno  luogo  dai  momento  in  cui 
viene  sparso  sul  terreno  fino  alla  totale  sua  decomposizione. 

27.  La  polvere  di  concia  considerata  come  solo  ingrasso  potrebbe  essere  usata 
assai  di  rado,  poiché  in  agricoltura  le  si  attribuiscono  effetti  totalmente  opposti. 
La  polvere  di'concia  può  adoperarsi  come  correttivo  o  come  ammendamento,  ed  al- 
lora dispiega  un'azione  sensibile  e  pronta  nei  terreni  compatti,  e  nulla  nei  terreni 
leggieri;  può  adoperarsi  come  ingrasso  premessa  una  miscela  con  materie  acce- 
leranti la  decomposizione;  ma  in  ogni  caso  è  sempre  di  lentissimo  effetto,  e  so- 
lamente sufficiente  pei  terreni  leggieri,  i  quali  avendo  la  proprietà  di  riscaldarsi 
facilmente  sotto  l'azione  naturale  del  sole,  possono  concorrere  ad  accelerarne  la 
decomposizione,  la  quale  è  sempre  lenta  in  questo  caso  per  essere  quasi  total- 
mente costituita  da  fibre  legnose  la  materia  da  decomporsi. 

Da  quanto  sopra  potrebbesi  dedurre  che  il  maggior  profitto  possa  aversi  dalla 
polvere  di  concia  usandola  quale  ammendamento  dei  terreni  compatti,  sottopo- 
nendola però  ad  una  preventiva  preparazione  che  ne  modifichi  le  proprietà  e  la 
renda  di  sollecita  fermentazione. 

Quale  preventiva  operazione  allo  scopo  di  migliorare  la  qualità  propria  della 
concia,  e  di  ottenerne  un  deciso  ed  energico  effetto,  è  quella  di  umettarla  coi 
prodotti  liquidi  degli  ingrassi  e  di  conservarla  sempre  mescolata  col  concime  da 
stalla.  Del  resto  è  tanto  scarsa  questa  materia  che  più  che  ad  un  mezzo  di  mi- 
glioramento in  agricoltura  devesi  ritenere  appena  conveniente  al  giardinaggio 
od  alla  orticoltura.  Formano  infatti  i  giardinieri  con  questa  materia  degli  strati 
nelle  serre  per  collocarvi  sopra  di  poi  vasi  da  fiori  con  fondo  forato ,  onde 
possano  approfittare  dell'  esalazine  e  del  calorico  che  ne  emana  al  momento 
in  cui  passa  allo  stadio  di  fermentazione.  Gli  orticoltori  rianimano  con  essa 
la  vegetazione  di  quelle  piante  che  soffrivano  qualche  danno,  ed  ottengono  ciò 
con  una  mezza  scalzatura  alle  radici  della  pianta  indisposta  dopo  di  che 
riempiono  il  vuoto  fatto  tra  le  radici  e  la  terra  colla  polvere  di  concia  ,  rin- 
calzano la  pianta  e  la  inaffiano  se  è  tempo  secco.  Con  questa  cura  venne  più 
volte. ridonato  il  vigore  a  vegetabili   che   sembravano   incamminati  verso  una 

sicura  morte.  .  ,      .    .    . 

Dove  è  riconosciuta  di  una  incontestata  utilità  la  polvere  di  concia  si  e  sui  vivai 
di  piante  da  frutto  o  da  gelsi;  in  questo  caso  però  Papplicazione  deve  limitarsi 
alla  superfìcie  e  procurare  che  lo  strato  raggiunga  l'altezza  di  cinque  centimetri. 
Con  ciò  viensi  ad  assicurare  al  vivaio  calore  ed  umidità  ,  principi!  eminente 
mente  necessari  per  le  piante  novelle^ 


ECONOMIA  AGRICOLA  487 

28.  Il  carbone  allorquando  è  alterato  e  mezzo  fermentato  diviene  eminente- 
mente poroso  e  proprio  a  condensare  i  sughi  fertilizzati  dei  concimi  e  dell'atmo- 
sfera. Ritiene,  o  meglio  assorbe  il  40  p.  %  di  acqua  del  proprio  peso.  Il  carbone 
può  essere  animalizzato  mescolandolo  a  sostanze  azotate  e  facendo  in  modo  che 
acquisti  quelle  proprietà  che  gli  mancano.  Quando  il  carbone  non  è  totalmente 
alterato,  e  che  pur  nondimeno  se  ne  possiede  una  grande  quantità,  può  essere 
sottoposto  ad  una  lenta  combustione  innaffiandolo  con  lessivie  sature  di  sali  ossi- 
danti, quali  sarebbero  il  cloruro  ed  i  solfati  di  soda,  potassa  e  calce.  In  questo 
caso  non  lo  si  distribuirà  ai  terreni  se  non  se  misto  a  calce  od  a  cenere,  onde 
neutralizzarvi  le  parti  spiritose. 

Per  fornire  un  ettaro  di  terreno  di  tanto  carbone  che  basti  ad  ottenere  qualche 
effetto  non  ne  occorre  meno  di  venti  quintali;  questa  quantità  però  basta  per 
molti  anni  a  tenere  fornito  il  terreno  di  elementi  nutritivi,  primo  fra  i  quali 
il  carbonio,  e  ad  impartirgli  la  proprietà  di  condensare  il  gas  sviluppantesi 
dagli  altri  ingrassi,  ad  attrarre  e  conservare  l'umidità,  ed  aumentare  la  facoltà 
di  assorbire  il  calorico  in  causa  della  tinta  bruna  che  per  esso  acquista  il 
terreno. 

Per  molto  tempo  si  ritenne  che  il  carbone  fosse  affatto  inutile  all'agricoltura; 
ma  in  seguito  ad  esperimenti  all'uopo  istituiti  si  venne  a  constatare  che  allor- 
quando è  frammisto  alla  terra,  mercè  il  calore  e  l'umidità  che  vi  attira,  se  ap- 
pena trovisi  al  contatto  di  altra  materia  che  si  decomponga,  essa  si  riduce  ad 
uno  stato  di  solubilità  in  forma  liquida  o  gazosa  producendo  diversi  principii  che 
si  appalesano  decisamente  utili  alla  vegetazione. 

29.  I  carboni  in  ordine  alla  efficacia  concimatoria  debbono  ritenersi  nel  seguente 
ordine:  i.°  il  carbone  animale:  2.°  il  carbone  vegetale:  3.°  il  minerale  o  fos- 
sile; come  stimolanti  però  stanno  in  ordine  inverso.  Il  carbone  animale  è  primo 
quale  concime  perchè  contiene  un  maggior  numero  di  elementi  nutritivi,  fra  i 
quali  una  sostanza  zuccherina  molto  solubile  e  presto  assorbita  dai  vegetabili, 
che  ne  traggono  una  energica  nutrizione.  Il  carbone  vegetale  agisce  con  maggior 
lentezza  e  produce  minori  effetti;  ma  il  complesso  però  della  sua  azione  merita 
speciale  riguardo,  avvegnacchè  prima  di  decomporsi  in  principii  nutritivi,  agisce 
stimolando  e  migliorando  il  terreno.  Esso  infatti  riscalda,  divide  e  mobilizza  i 
terreni  compatti,  ne  modifica  il  calore  ed  il  colore  rendendoli  atti  ad  assorbire  i 
raggi  del  sole  tanto  per  la  permeabilità  quanto  per  l'oscurità  del  colore  che  per 
mezzo  suo  acquistarono. 

Il  carbone  minerale  presenta  per  vero  poca  apparenza  di  fertilizzazione,  avve- 
gnaché quei  terreni  in  cui  vi  sono  le  miniere  di  carbon  fossile  sono  generalmente 
poco  fertili.  Ciò  non  devesi  però  attribuire  alle  emanazioni  dello  stesso  carbone 
allo  stato  naturale,  perchè  sono  quasi  nulle,  ma  piuttosto  alla  natura  del  suolo, 
il  quale  è  quasi  sempre  granitico.  Quella  vegetazione  però  di  cui  possono  essere 
suscettibili  avviene  colà  più  celeremente,  e  le  piante  stesse  che  la  costituiscono 
appartengono  alla  vegetazione  dei  paesi  più  meridionali.  Non  si  sa  se  ciò  possa 
o  debba  attribuirsi  al  color  nero  della  terra  od  alle  esalazioni  sulfuree;  ma  in 
ogni  modo  si  potrebbe  da  tal  fatto  trarre  speciale  profitto  pella  coltivazione  di 
talune  piante.  Il  carbone  minerale  adunque  va  preso  come  correttivo,  come  sti- 
molante; giacché  preso  isolatamente  è  improprio  alla  coltivazione  più  della  sabbia  ; 
ma  contiene  nondimeno  una  grandissima  quantità  di  carbonio,  che  è  appunto 
la  sostanza  principale  che  concorre  alla  formazione  dei  vegetabili. 


488  ECONOMIA  AGRICOLA 

30.  Assai  più  utili  sono  le  ceneri  del  carbone  fossile,  specialmente  per  le  pra- 
terie,  perchè  uccidono  gli  insetti  e  le  erbe  cattive.  La  stagione  più  favorevole 
alla  distribuzione  di  esse  è  la  primavera,  e  la  quantità  da  applicarsi  dipende 
dalla  superfìcie  del  fondo  e  dai  prodotti  che  si  vogliono  coltivare;  ma  ad  ogni 
modo  egli  sarà  sempre  un  prudente  contegno  il  non  abbondare,  onde  non  otte- 
nere un°  effetto  dannosissimo,  Pabbruciamento  delle  piante. 

I  fondi  che  più  di  qualunque  altro  richiedono  questo  metodo  di  cura  sono  gli 
argillosi,  e  quelli  in  generale  che  sono  affetti  da  umidità;  le  coltivazioni  che  più 
di  tutte  ne  ritraggono  benefizio  sono  gli  alberi  fruttiferi  e  le  piante  vivaci. 

Gli  avanzi  delle  stoffe  di  qualunque  qualità  sono  pure  un  ingrasso  eccellente 
pei  terreni  argillosi;  siccome  però  in  riguardo  agli  stracci  di  lino,  cotone  ed 
anche  seta,  v'è  una  più  utile  industria  che  li  impiega,  i  ragionamenti  che  si 
possono  istituire  e  la  convenienza  ad  usarli  riguarderanno  soltanto  gli  avanzi 
delle  stoffe  di  lana.  In  alcuni  paesi  s'usano  per  la  concimazione  delle  viti  e 
degli  ulivi,  mescolandoli  però  coi  ritagli  di  cuojo;  in  alcuni  altri  invece  non 
costituiscono  per  essi  un  sistema  apposito  di  concimazione  ,  ma  li  raccolgono 
insieme  alla  massa  dei  concimi  da  stalla  e  con  questi  li  somministrano  ai  campi; 
alcuni  li  trascurano  totalmente  come  materie  di  nessun  valore  o  di  semplice  in- 
gombro, tal' altri  invece  li  acquistano  anche  a  prezzo  relativamente  elevato. 
°  Gli  avanzi  di  lana  son  favorevolissimi  ai  canapi  ed  agli  orti,  vogliono  essere 
ritagliati  minutamente,  e  sollevati  colla  vanga  d'autunno  se  trattasi  di  canapai,  e 
di  primavera  se  devono  servire  ad  ortaggi.  Devesi  aver  attenzione  a  non  sommi- 
nistrare questo  ingrasso  in  troppa  quantità  almeno  ai  canapai,  perchè,  andando 
questa  coltura  in  ruota  col  frumento,  ne  verrebbe  che  nell'anno  successivo  non 
si  potrebbe  coltivare  queslo  cereale  in  quello  stesso  terreno  concimato  cogli 
avanzi  di  lana,  poiché  si  rovescerebbe,  anche  malgrado  una  falciata  di  primavera, 
in  causa  della  soverchia  nutrizione  che  si  sarebbe  sviluppata  dal  concime,  essendo 
essa  maggiore  nel  secondo  che  non  nel  primo  anno. 

31.  Da  tutto  quanto  sopra  ognuno  può  facilmente  comprendere  di  quanta  uti- 
lità possa  essere  la  studiata  applicazione  degli  ingrassi  vegetali  all' agricoltura. 
Fra  tutte  le  diverse  qualità  di  vegetabili  che  possono  essere  tenuti  in  qualche 
conto  per  essere  applicati  alla  concimazione,  la  maggiore  convenienza  la  presen- 
tano quelli  provenienti  da  una  cultura  che  abbia  già  dato  qualche  prodotto.  Il 
sovescio  all'opposto  è  generalmente  subordinato,  per  la  convenienza,  alla  colti- 
vazione cui  viene  applicato,  ed  i  successi  più  o  meno  felici  dipendono  dalle  vi- 
cende  atmosferiche;  quanto  alla  possibilità  di  coltura  il  sovescio  è  poi  subordi- 
nato alla  quantità  dei  lavori  richiesti  da  un  fondo  ;  imperochè  potrebbe  darsi 
che  la  economia  del  fondo  stesso  non  comportasse  a  tale  scopo  nessuna  colti- 
vazione straordinaria  anche  avuto  riguardo  agli  avvicendamenti  stabiliti  dalla 
ruota  agraria  di  una  colonia.  Il  sovescio  deve  introdursi  soltanto  dietro  speciali 
circostanze,  tenendolo  sempre  in  relazione  coli' economia  ;  coltivando  cioè  vege- 
tabili che  possano  servire  alla  nutrizione  di  animali,  onde,  sovesciati,  possano 
restituire  quei  principi  che  già  in  grande  copia  furono  estratti  dalle  coltivazioni 
precedenti. 

L'applicazione  di  ingrassi  vegetali  torna  specialmente  utile  in  quei  paesi  nei 
quali  non  puossi  altrimenti  migliorare  l'agricoltura;  e  cioè,  per  esempio,  allorché 
si  hanno  a  ridurre  terre  magre  e  da  molto  tempo  incolte,  e  che  contemporanea- 
mente sia  troppo  lontano  il  luogo  da  cui  far  pervenire  gli  ingrassi.   Con  questo 


ECONOMIA  AGRICOLA  489 

metodo  si  migliorano  terreni  e  si  riducono  ad  importante  valore,  sebbene  riesca 
assai  costoso;  imperochè  occorrono  talvolta  più  anni  d'aspettativa  e  di  lavoro 
prima  di  raggiungerne  il  compenso:  ma  con  altri  metodi  è  certo  che  si  avrebbero 
maggiori  spese  e  lavori  per  ottenere  un  risultato  inferiore. 

L'applicazione  di  ingrassi  vegetali  è  il  più  economico  ed  il  più  ragionato  me- 
todo di  miglioramento;  mercè  questa  pratica  si  riduce  a  buono  stato  un  fondo 
cogli  stessi  suoi  prodotti,  perfezionando  di  mano  in  mano  la  vegetazione  del  fondo 
stesso  collo  interrarvi  sempre  i  prodotti  più  perfetti  che  somministra.  Questo  me- 
todo rappresenta  il  tipo  della  natura  che  si  perfeziona  da  sé  senza  altro  ajuto 
che  la  natura  medesima,  la  quale  ha  appunto  in  sé  tutti  i  limiti  massimi  per 
potersi  ritenere  capace. 

Giuseppe  Vernansal  de  Villeneuve. 


CENNI  SUL  TERRENO   CRETACEO  DI  TOSCANA 
COMPARATO  CON  QUELLO  DELLA  BRIANZA 

MEMORIA  letta  dal  Socio  Giovanni  Battista  Villa  ,  alla  Società  Italiana  di  Scienze  Naturali 

nella  seduta  del  51  maggio  1868. 


In  questi  scorsi  giorni  visitai  i  dintorni  di  Pistoja,  già  stati  diligentemente  de- 
scritti dal  nostro  amico  Mortillet  nella  sua  Memoria:  Note  sur  le  Crétacé  et  le 
Nummulitique  des  environs  de  Pistoja  (letta  nella  seduta  29  dicembre  1861  della 
nostra  Società,  ed  inserita  negli  Atti,  voi.  III).  Io  desiderava  vedere  l'analogia 
che  passa  tra  quelle  roccie  e  quelle  della  nostra  Brianza.  La  ristrettezza  del 
tempo  ch'io  aveva  potuto  dedicare  a  tale  escursione,  non  mi  permise  di  esten- 
dere le  mie  indagini,  cosicché  non  potei  trovare  la  roccia  nummulitica  decom- 
posta dai  reagenti  atmosferici  in  modo  di  vederne  distintamente  le  nummuliti; 
ne  mi  fu  dato  di  potere  osservare  qualche  Inoceramus  3  neppure  nel  luogo  de- 
scritto e  figurato  dal  Mortillet,  ove  passa  la  ferrovia  in  Valdibrana,  denominato 
S.  Anna. 

Percorsi  da  Collegelato  a  Burgianico  e  Valdibrana,  ed  ivi  trovai  precisamente 
la  serie  di  roccie  descritte  da  Mortillet.  A  Collegelato  notai  che  gli  strati  infe- 
riori della  calcarea  marnosa  oscura  sono  più  variabili  di  quelli  della  Brianza, 
mentre  quelli  superiori,  i  quali  divengono  più  arenacei,  presentano  il  vero  aspetto 
del  nostro  Cornettone,  calcare  psammitico  del  gruppo  di  Rogeno,  da  noi  descritto 
nella  nostra  Memoria:  Sulla  costituzione  geologica  e  geognostica  della  Brianza  e  se- 
gnatamente  sul  terreno  cretaceo  (Milano  1844)  e  nell'altra:  Ulteriori  osservazioni 
geognostiche  sulla  Brianza,  fatte  dai  fratelli  Antonio  e  Giovanni  Battista  Villa  (Mi- 
lano 1857). 

Questi  strati  inferiori  qui  pure  trovansi  frammisti  a  strali  di  marne  schistosfl 
e  marne  rosse  psammitiche,  e  di  un  calcare  compatto  simile  a  quello  che  noi 
troviamo  sviluppatissimo  nella  Valle  Gregantino  ed  a  Calco,  e  che  riferiamo  al 
Neocomiano  medio. 

In  queste  sopraindicate  roccie  rinvenni,  come  nel  gruppo  di  Rogeno,  le  stesse 
specie  di  fucoidi,  così  il  Zoophijcos  BrianteusVilte,  il  Zoophycos  Villa?  Massalongo, 
ed  in  abbondanza  delle  bellissime  Nemertiliti  (Nereiserpula  Buzzonii  Stoppani)  e 
gli  identici  corpi  indeterminati  di  varie  forme,  tanto  comuni  anche  nella  Brianza, 
dei  quali  abbiamo  parlato  nelle  suddette  Memorie. 

Visitai  diligentemente  il  luogo  dello  spaccato  descritto  dal  Mortillet,  e  vi  trovai 
solamente  degli  esemplari  di  Zoophycos  Villa ,  del  quale  un  bell'esemplare  ne 
feci  dono  al  Museo  di  Firenze,  con  un  Nemertilite  di  Collegelato. 

Intrapresi  pure  una  gita  a  Monte  Ripaldi ,  ove  estraggonsi  le  pietre  di  cui  è 
lastricata  Firenze,  e  che  secondo  le  diverse  qualità  più  o  meno  compattej  si  ado* 


CENNI  SUL  TERRENO  CRETACEO  DI  TOSCANA  491 

perano  a  diversi  altri  usi,  e  nella  quale  il  nostro  amico  Marchese  Strozzi  rin- 
venne diversi  fossili  interessanti,  Inocerami ,  Hamites  ed  Ammonitesi  e  tra  questi 
uno  di  grandezza  straordinaria,  del  quale  vedesi  il  modello  in  gesso  nel  Museo 
di  Firenze. 

Gli  strati  di  Monte  Ripaldi  constano  di  un  calcare  psammitico,  eguale  al  cor- 
nettone  della  Brianza,  gruppo  di  Rogeno;  havvene  di  più  o  meno  arenaceo,  e  sono 
intersecati  da  marne  calcaree.  I  fossili  trovansi  alla  superfìcie  degli  strati  del 
calcare  psammitico  in  contatto  cogli  schisti  marnosi,  i  quali  sfacelandosi  facil- 
mente air  aria  non  ponno  presentare  l'impronta  dei  fossile  sottoposto. 

Credo  che  i  suddetti  fossili  sieno  sempre  stati  rinvenuti  dagli  scavatori;  del 
resto,  io  vi  trovai  abbondantissimi  i  Nemertiliti  (Nereiserpula  Buzzonii  Stoppani), 
gli  Zoophycos  ed  i  sopraindicati  corpi  indeterminati.  È  pure  frequentissimo  il 
Chondrites  intricatus  in  confronto  al  C.  Targioni,  equalis ,  furcatus  e  lumbricalis, 
ed  allo  Zosterites  pelagica. 

La  differenza  che  passa  tra  gli  strati  di  questa  formazione  in  Toscana  con 
quelli  della  Brianza,  consiste  in  ciò,  che  il  gruppo  da  noi  chiamato  medio,  o  di 
Breno,  il  quale  nella  Brianza  è  per  lo  più  di  un  calcare  marnoso,  qui  è  della 
stessa  natura  di  quello  elei  1.°  gruppo  o  di  Rogeno,  varia  cioè  di  natura  mine- 
ralogica ,  giacché  la  cava  dell'  estrazione  comprenderebbe  i  nostri  due  primi 
gruppi,  cioè  gli  strati  superiori  equivalgono  a  quello  di  Breno  con  Inocerami, 
Trigoni?,  3  Hamites  ed  Ammonites,  e  gli  inferiori  corrisponderebbero  al  gruppo  di 
Rogeno  con  Nemertiliti,  Chondrites  intricatus  e  corpi  amorfi  indeterminati. 

I  fossili  poi  stati  rinvenuti  a  Pracchia,  che  osservansi  nei  Museo  Civico  di  Mi- 
lano (Inocerami,  cotoniti,  fucoidi  e  corpi  amorfi),  si  trovarono  invece  in  un  cal- 
care più  compatto  bleuastro,  che  avrebbe  l'aspetto  di  calcare  Liasico. 

A  Fiesole  infine  rinvenni  la  roccia  eocenica  di  natura  mineralogica  affine  a 
quelle  cretacee  sopraindicate,  ma  non  vi  osservai  che  traccie  di  grandi  Zoophycos, 
giacché  questo  genere  di  vegetabile  fossile  incomincia  a  mostrarsi  nel  calcare 
bleuastro  sottoposto  al  rosso  ammonitico,  che  sarebbe  il  Lias,  e  continua  la  sua 
presenza  in  tutte  le  successive  formazioni  fino  nell'ultimo  gruppo  terziario  (I). 


(1)  Anche  nel  terreno  nummulitico  di  Acqui,  fino  dal  1858  rinvenni   il  genere  Zoophycos,  oltre   alle 
Nummuliti  ed  una  Reticulipora  affine  alla  Buzzonii  Stoppani. 

Giom.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Agosto  1868,  32 


INCONVENIENTI  DELLE    TAVOLE   PEI    BACHI   DA   SETA 
PROPOSTA  DI  SISTEMA  PENSILE  A  CASSETTE. 


I  bachi  si  allevano  ora  sopra  tavole  orizzontali  senza  fori  e  quindi  impenetra- 
bili all'  aria  ;  sopra  esse  si  conserva  lo  sterco  e  lo  strame  delle  foglie  ,  che  si 
tolgono  generalmente  ogni  otto  giorni. 

Questo  sistema  è  poco  igienico,  sia  perchè  Paria  resta  stagnante  sulle  tavole 
ed  il  gaz  carbonico  specialmente,  per  cui  i  bachi  tengono  la  testa  alta  o  si  ar- 
rampicano sulle  cime  delle  foglie  onde  respirare  aria  più  sana. 

Si  potrebbe  fare  polizia  ogni  due  o  tre  giorni,  ma  oltre  alla  spesa,  si  va  incontro 
a  perdite  di  tempo  sulla  distribuzione  della  foglia  fresca. 

Quando  poi  i  bachi  si  trovano  negli  ultimi  giorni,  allora  l'igiene  è  affatto  sa- 
crificata non  essendo  più  possibile  il  togliere  l'abbondante  strame,  giacché  biso- 
gnerebbe ciò  fare  ogni  giorno,  ed  allora  non  potendosi  ciò  fare,  il  fermento  dello 
strame  e  sterco  è  pronto,  ed  il  baco  soffre  ed  intisichisce.  Quante  tavole  di  bachi 
sono  state  perdute  negli  ultimi  giorni  con  grave  danno  e  spreco  di  fatiche! 

Onde  ovviare  a  tali  inconvenienti,  lo  scrivente  propone  il  sistema  seguente: 

Si  formi  un  parallelepipedo  retto  con  due  telaj  aventi  un  metro  di  larghezza  e 
due  d'altezza,  posti  alla  distanza  di  cinque  centimetri  fra  loro  mediante  appositi 
chiodi  fissi  e  cerniere  sopra  il  lato  più  lungo. 

Questi  telaj  siano  formati  con  fili  in  ferro  distanti  trentacinque  millimetri,  posti 
paralleli  al  lato  minore. 

Si  apra  il  parallelepipedo  e  si  getti  nel  suo  interno  la  foglia  a  ramoscelli  in 
modo  uguale  da  riempire  il  vano  dei  due  telaj;  chiudasi  il  parallelepipedo,  e  si 
attacchi  a  due  uncini  in  modo  da  stare  verticale  secondo  l'altezza  di  due  metri. 
La  foglia  così  leggermente  compressa  non  discenderà,  e  per  meglio  ciò  assicurare 
si  metteranno  tre  fili  di  ferro  nell'interno  dello  scomparto. 

I  bachi  potranno  facilmente  nutrirsi  di  detta  foglia ,  e  si  terranno  sospesi  ad 
essa  senza  comprimerla;  s'immagini  dunque  detto  telajo  pieno  di  bachi  e  foglia, 
è  evidente  che  lo  sterco  discenderà  per  la  foglia  in  terra,  ed  è  evidente  che 
l'aria  passerà  facilmente  da  tutte  parti,  per  cui  vi  sarà  una  ottima  ventilazione 

e  polizia. 

Si  prepari  un  altro  simile  parallelepipedo  e  si  riempia  di  foglia  all'ora  debita, 
si  porti  accanto  a  quello  già  in  opera,  ed  allora  i  bachi  uscendo  dal  primo  si 
metteranno  fra  le  foglie  del  secondo.  Si  vadi  un'ora  dopo,  si  levi  il  primo  pa- 
rallelepipedo, si  porti  nella  corte,  ed  ivi  si  pulisca  prendendo  i  bachi  che  per 
esso  vi  fossero  e  mettendoli  al  lavoro. 

Con  questo  sistema  di  graticole  doppiate  sospese  verticalmente ,  si  ha  il  van- 
taggio massimo  negli  ultimi  giorni  di  dare  la  foglia  senza  mondarla  del   frutto, 


INCONVENIENTI  DELLE  TAVOLE  PEI  BACHI  DA  SETA  493 

il  che  è  una  economia  forte,  e  di  più  si  tiene  una  polizia  estrema  senza  grave 
spesa. 

Quando  poi  i  bachi  stanno  per  lavorare,  si  metterà  una  terza  graticola  doppia 
accanto  alla  prima,  con  entro  le  materie  secche;  i  bachi  maturi  passeranno  in 
essa,  e  quelli  che  hanno  ancora  a  mangiare  passeranno  sulla  solita  a  foglia  verde. 

La  distanza  che  devesi  tener  fra  ogni  sistema  di  queste  graticole  deve  essere 
di  un  metro,  cioè  capace  di  dare  passaggio  alle  operaje. 

Siccome  però  le  reticole  del  parallelepipedo  sarebbero  verticali,  e  perciò  ai 
bachi  darebbero  poco  appoggio,  se  vi  saranno  troppo  cadute  di  bachi  si  potrà 
mettere  sotto  esse  un  piccolo  listello,  oppure  si  potrebbero  disporre  le  due  grati- 
cole in  piano  inclinato  da  formare  un  prisma  molto  acuto.  Del  resto  i  bachi 
buoni  si  tengono  sempre  bene  stretti  e  non  cedono. 


Ing.  Clerico  Giacomo. 


RIVISTA  DI  GIORNALI  E  NOTIZIE  VARIE 

I  NUOVI  POZZI  DEL  SISTEMA  NORTON. 

(Vedi  Tav.  U,  fig.  l'I) 

Ho  letto,  se  non  erro,  in  un  numero  dell'autunno  scorso  della  Gazzetta  Ufficiale, 
una  nota  dell'avvocato  Calandra,  risguardante  i  suoi  pozzi  tubulari  ch'egli  con- 
frontava con  quelli  proposti  dal  sig.  Norton.  I  pozzi  dei  sig.  Calandra  sarebbero 
formati  con  tubi  aperti  alle  due  estremità  ed  affondati  nel  terreno  colPajuto  di 
spranghe  di  perforazione,  le  quali  sono  introdotte  nei  tubi  ed  allungate  finché  fa 
bisogno,  indi  estratte  dai  medesimi  quando  si  è  giunti  alla  profondità  voluta.  L'au- 
tore dice  d'aver  fatto  conquesto  sistema  varie  applicazioni  anche  all'irrigazione,  e 
d'avere  ottenuto  spesso  da  6  a  7  litri  d'acqua  al  minuto  secondo,  andando  a  pro- 
fondità dai  4  ai  12  metri. 

I  pozzi  invece  del  sistema  Norton,  dei  quali  intendiamo  ora  occuparci,  si  com- 
pongono di  un  tubo  di  ferro  (A)  (Fig.  11)  la  cui  estremità  è  armata  da  una 
punta  (B)  e  traforata  tutt' all' ingiro  per  una  lunghezza  di  circa  M.  0.72.  Il  tubo 
ha  circa  3m.50  di  lunghezza  totale  e  M. 0.032  di  diametro  all'interno;  la  punta  è 
lunga  0m.30,  compresa  la  attaccatura  interna  col  tubo.  I  fori  formano  sei  file  pa- 
rallele distanti  fra  loro  di  circa  M.  0.037.  La  loro  superficie  totale  è  eguale  ad 
una  volta  e  mezza  il  diametro  interno  del  tubo.  I  tubi  sono  filettati  alla  loro 
estremità  in  modo  da  poter  essere  riuniti  a  mezzo  di  un  manicotto  esterno  come 
i  tubi  pel  gas. 

Per  aprire  un  pozzo  con  questo  sistema,  dopo  aver  scelto  il  posto  conveniente, 
si  incomincia  a  fare  nel  terreno  un  foro  verticale  con  una  trivella  o  con  un  tra- 
pano da  minatore,  e  in  questo  foro  si  introduce  la  punta  del  primo  tubo.  Ciò  fatto 
si  applica  al  tubo  stesso  a  poca  distanza  dal  suolo  un  fermaglio  (F),  il  quale  non 
è  altro  che  una  specie  di  collare  filettato  grossolanamente  al  suo  interno  affine 
di  aumentarne  l'aderenza,  e  che  si  fissa  serrandolo  con  delle  viti.  Un  altro  fer- 
maglio simile  viene  fissato  verso  l'estremità  del  tubo,  e  ad  esso  vengono  assicu- 
rate due  puleggie.  Col  mezzo  di  queste  due  puleggie  e  del  solito  sistema  di  funi, 
due  uomini  possono  manovrare  il  martino  (C)  del  peso  di  circa  35  chilogrammi, 
il  quale,  essendo  vuoto  internamente,  si  infila  sul  tubo  e  scorre  lungo  il  mede- 
simo, È  evidente  che  il  martino  battendo  sul  fermaglio  (F),  affonderà  a  poco  a 
poco  il  tubo.  Quando  il  fermaglio  (F)  tocca  terra,  lo  si  stacca  per  fissarlo  più  m 
alto,  e  così  si  continua  l'operazione.  Quando  l'estremità  superiore  del  tubo  si 
trova  a  poca  distanza  dai  suolo ,  si  fa  uso  di  un  tubo  ausiliario ,  il  quale  ha  lo 
stesso  diametro  esterno  del  tubo  da  affondarsi,  ed  all'interno  poi  contiene  un 
secondo  tubo  di  diametro  tale  da  occupare  esattamente  il  vuoto  del  primo  tubo. 


RIVISTA  DI  GIORNALI  ECC.  495 

Con  questo  artificio  si  continua  l'operazione  finché  il  tubo  del  pozzo  sia  giunto 
colla  sua  estremità  superiore  a  fior  di  terra:  allora  si  aggiunge  un  altro  tubo, 
avendo  però  l'avvertenza  prima,  di  scandagliare  il  pozzo  fatto  per  riconoscere  la 
profondità  dell'acqua  che  vi  si  trovasse  e  la  natura  delle  materie  che  si  intro- 
ducono pei  fori.  Un'altra  avvertenza  che  devesi  avere  durante  Y  affondamento 
dei  tubi,  è  di  imprimere  loro  di  quando  in  quando  un  leggero  moto  di  rotazione 
e  di  esaminare  spesso  se  il  fermaglio  inferiore  si  trova  bene  d'appiombo. 

Quando  il  pozzo  è  arrivato  alla  profondità  voluta,  si  applica  alla  sommità  del 
tubo  una  piccola  pompa  a  mano  per  elevarne  l'acqua.  Questa  dapprincipio  é 
assai  torbida;  ma,  a  misura  che  la  camera  formata  alla  parte  inferiore  del  tubo 
si  allarga,  essa  viene  sempre  più  chiara,  anzi  si  ottiene  in  breve  un'acqua  assai 
più  pura  e  più  fresca  dell'usuale. 

Questi  pozzi,  i  quali  resero  già  parecchi  servigi  alle  armate  in  marcia  durante 
la  guerra  d'America  ,  sono  quelli  che  si  adoperarono  dagli  inglesi  nell'ultima 
spedizione  d'Abissinia.  Ecco  il  risultato  delle  prove  fatte*: 

Per  affondare  i  tubi,  avendo  bisogno  di  molla  celerità,  occorrono  in  tutto  cinque 
uomini,  due  a  vicenda  per  ciascuna  carrucola,  ed  uno  per  dirigere  il  martino. 
Quando  non  si  abbia  molta  fretta,  si  possono  impiegare  soli  3  uomini,  concedendo 
il  riposo  necessario  pei  due  che  manovrano  il  martino.  —  In  un  pozzo  traforato 
in  Inghilterra  attraverso  un  terreno  composto  d'argilla,  di  sabbie  e  di  grosse 
pietre,  il  primo  tubo  di  M.  3.50  fu  affondato  in  30  minuti:  il  secondo  di  M.  3.00 
fu  affondato  in  39  minuti.  In  seguito  si  dovettero  attraversare  degli  strati  alquanto 
resistenti  fino  a  M.  7.20,  e  per  ultimo  a  M.  8.10  fu  trovata  l'acqua  in  grande 
abbondanza.  Ritirati  nuovamente  i  tubi,  si  trovò  che  la  punta  non  era  per  nulla 
guasta.  —  In  un  altro  pozzo,  i  primi  M.  1.22  furono  traforati  in  pochi  minuti 
entro  nella  marna;  pei  successivi  2  metri  occorsero  45  minuti.  In  seguito  tro- 
vandosi strati  sempre  più  duri,  l'avanzamento  fu  meno  rapido;  si  arrivò  nondi- 
meno a  M.  2.40  in  meno  di  due  ore.  Il  pozzo  fu  spinto  fino  a  7  metri,  e  l'acqua 
vi  si  trovava  allora  con  un'altezza  di  M.  2.50.  Facendo  funzionare  la  pompa, 
l'acqua  venne  dapprima  con  difficoltà:  ma  dopo  tre  ore  l'acqua  era  potabile,  e 
in  ragione  di  circa  50  litri  per  minuto  secondo. 

L'apparecchio  ed  i  diversi  istromenti  per  operare  la  perforazione  pesano  in 
lutto  circa  70  chilogrammi;  la  pompa  pesa  10  chilogrammi ,  e  i  tubi  5  chilo- 
grammi per  metro  corrente.  —  Secondo  il  rapporto  del  colonnello  Symmons  , 
direttore  della  scuola  del  Genio  Militare,  l'apparecchio  descritto  sarebbe  preferi- 
bile ad  ogni  altro  quando  lo  strato  acquifero  si  trovi  a  profondità  di  circa  M.  7.50. 
Non  sarebb'egli  il  caso  di  studiare  simili  apparecchi  per  trovar  l'acqua  da 
irrigare  molte  campagne  dell'alta  Lombardia,  in  luogo  da  sprecare  tanti  milioni 
per  voler  fare  dei  canali,  i  quali  darebbero  forse  l'acqua  a  chi  non  la  vuole, 
e  quando  non  la  si  vuole  e  forse  in  gran  parte  la  ridaranno  ai  naturali  corsi 
sotterranei  ? 

Ing.  Emilio  Olivieri. 


496  RIVISTA  DI  GIORNALI 

NUOVI    CANALI   D'  IRRIGAZIONE   E   DI   NAVIGAZIONE 
DA  APRIRSI  NELL'ALTA  LOMRARDIA. 

Abbiamo  di  già  fatto  conoscere  precedentemente  in  questo  giornale  (pag.  199  del  con.  anno) 
il  Decreto  Reale  con  cui  venne  data  la  facoltà  agli  ingegneri  Villoresi  e  Merav.gl.a  di  aprire 
dne  grandi  canali  di  irrigazione  e  di  navigazione  nell'alta  Lombardia  tornando  le  acque  da 
?Ì  Maggiore  e  di  Lugano.  Si  è  pure  accennalo  altra  volta  confe  il  Consiglio  Prov.noal  di 
Mdano  debberò  di  accordare  il  premio  di  «  milioni  a  quella  Società,  la  quale  avesse  n  0  Ho, 
due  grandi  quesiti,  cioè  di  condurre  24  metri  cubici  d'acqua  per  secondo  dal  lago  d.  Lugano 
e  41  metri  cubici  da  quello  Maggiore  per  irrigare  i  terreni  compresi  fra  Varese,  la  Br.anza  ed 

il  Naviglio  Grande.  .     .     . 

Per  mandare  ad  effetto  questa  grande  opera  si  è  stabilito  di  instituire  un  consorzio  fra  i 
concessionari  ed  i  comuni  attraversati,  accordando  ai  primi  i  vantaggi  derivanti  dai  canali  nei 
primi  quarant'anni  ed  ai  secondi  pei  successivi  anni  cinquanta,  a  compimento  del  periodo  di 
90  anni,  stabilito  dall'atto  di  concessione.  ^ 

Ora  essendo  chiamati  i  comuni  a  dover  deliberare  sull'acquisto  delle  acque  aei  canali,  tanto 
per  l'irrigazione,  come  per  forza  motrice,  la  Deputazione  Provinciale  di  Milano  colla  Circolare 
15  ma-io  p  p.  N.  5651  A,  ha  diretto  ai  Sindaci  dei  comuni  delle  norme  da  seguirsi  per 
l' accennato'  acquisto,  unendovi  dei  modulari  o  tabelle  per  le  rispettive  obbligazioni. 

Ed  i  concessionari  Villoresi  e  Meraviglia  col  foglio  15  giugno,  u.  s.,  trovano  opportuno  di 
fornire  degli  schiarimenti  intorno  alla  predetta  Circolare,  sia  relativamente  alla  zona  da  irrigarsi, 
sia  sulla  distribuzione  delle  acque  e  sulla  costruzione  dei  canali  e  sulla  loro  manutenzione,  sia 
finalmente  sul  prezzo  d'acquisto.  t 

Importando  alle  persone  dell'arte  ed  ai  molti  interessati  in  questa  grande  impresa  di  conoscere 
quanto  fu  esposto,  sia  nella  Circolare  della  Deputazione  Provinciale,  sia  nel  foglio  dei  conces- 
sionarj,  abbiamo  creduto  opportuno  di  qui  riportare  per  esteso  siffatti  documenti. 

La  Redazione. 

CIRCOLARE  DELLA  DEPUTAZIONE  PROVINCIALE    DI  MILANO. 

Milano,  45  Maggio  1868. 

Dopo  lunghi  ed  accurati  studj  comparativi,  prima  per  parte  della  Commissione  Tecnica 
espressamente  nominata  nel  1865  dal  Consiglio  Provinciale  di  Milano,  poi  per  cura  del  Mini- 
stero di  Agricoltura,  Industria  e  Commercio,  e  in  ultimo  per  parte  del  Consiglio  Superiore  dei 
Lavori  pubblici,  al  quale  in  conformità  al  disposto  della  vigente  legge  sulle  Opere  pubbliche, 
fu  demandalo  l'esame  dei  varii  progetti  relativi  alla  irrigazione  dell'Alta  Lombardia,  veniva 
dimostrato  come  uno  di  quei  progetti,  quello  cioè  dei  signori  ingegneri  Eugenio  Valore  si  e 
Luigi  Meraviglia  di  Milano,  tanto  per  la  parte  tecnica,  quanto  per  la  parte  finanziaria,  fondata 
sopra  1'  associazione  dei  Comuni  interessati,  soddisfacesse  completamente  ai  bene  intesi  inleiessi 
dei  Comuni  medesimi  e  delle  Provincie  che  da  sì  lungo  tempo  sentono  il  bisogno  di  assicurare 
al  proprio  territorio  i  grandi  benefizi  della  irrigazione. 

Perciò  il  Ministero  delle  Finanze,  desideroso  di  accelerare  per  quanto  da  lui  dipende  1  esecu 
zjone  di  sì  importante   ed  utile  opera,  promoveva   la  concessione  a  favore  dei  predetti  s.gno 


E  NOTIZIE   VARIE  497 

Villoresi  e  Meraviglia  della  facoltà  di  derivare,  costruire  ed  esercitare  due  Canali  destinati  ad 
utilizzare  le  acque  che  si  trovano  o  si  possono  rendere  disponibili,  nei  Laghi  di  Lugano  e  Mag- 
giore, mediante  chiuse  a  traverso  i  loro  emissarj,  la  Tresa  e  il  Ticino. 

I  diritti  e  gli  obblighi  inerenti  a  tale  concessione  vennero  stipulati  con  apposita  Convenzione 
in  data  del  15  Gennajo  1868  tra  l'Amministrazione  delle  finanze  dello  Stato  e  i  signori  Villoresi 
e  Meraviglia,  approvata  poscia  con  Reale  Decreto  del  50  dello  stesso  mese. 

A  tenore  dell'Alto  di  concessione  il  Canale  da  derivarsi  dal  Lago  di  Lugano  al  Ponte  della 
Tresa,  passa  per  le  Valli  di  Tresa,  di  Margorabbia  ,  di  Cuvio  e  del  Bardello,  raggiunge  l'alti- 
piano di  Somma,  va  a  Gallarate,  da  dove  bipartendosi,  con  un  ramo  sorpassa  all'Olona  nel 
territorio  del  comune  di  Fagnano,  e  percorrendo  il  territorio  dei  comuni  di  Gorla  Maggiore, 
Mozzate,  Rovelasca,  Barlassina,  Lentate,  Meda  e  Seregno,  va  al  Lambro  ;  coli' altro  ramo  da 
Gallarate  passando  per  Busto  Arsizio,  Legnano  e  Canegrate,  arriva  a  Parabiago. 

II  Canale  da  derivarsi  dal  Ticino  passando  i  comuni  di  Tornavento,  Castano,  Buscate,  Arconate, 
e  Busto  Garolfo  si  unisce  a  Parabiago  col  Canale  di  provenienza  dal  Lago  di  Lugano.  Da  Pa- 
rabiago con  un  ramo  discende  a  Milano,  coli' altro  passando  per  Lainate,  Garbagnate,  Varedo  e 
Muggiò  va  a  Monza,  donde  arriva  all'Adda  traversando  i  comuni  di  Concorezzo,  Grezzago  e 
Trezzo,  e  dall' Adda  può  essere  spinto  fino  all' Oglio  a  vantaggio  delle  Provincie  di  Bergamo  e 
Cremona. 

La  quantità  di  acqua,  che  i  Concessonarj  sono  autorizzati  a  derivare  dal  Lago  di  Lugano  è 
di  metri  cubi  Ventiquattro  per  ogni  minuto  secondo,  che  potranno  essere  portati  sino  a  Trenta 
e  quella  a  derivarsi  dal  Lago  Maggiore  è  di  metri  cubi  Quarantaquattro  per  ogni  minuto  se- 
condo, che  potranno  essere  portati  a  metri  cubi  Settanta. 

Colla  esecuzione  dei  predelti  due  canali  e  colla  disponibilità  della  quantità  di  acqua  soprac- 
cennata, potrà  essere  assicurato  il  benefizio  della  irrigazione  a  tutti  i  terrilorj  non  ancora  irrigui 
delle  Provincie  di  Como,  Milano  e  Bergamo,  dominati  da  quei  Canali,  e  completata  la  irrigazione 
del  Basso  Milanese  e  di  una  parte  delle  Provincie  di  Pavia  e  di  Cremona. 

La  esecuzione  è  data  per  anni  Novanta,  di  cui  i  primi  Quaranta  a  favore  dei  Concessionarj 
per  avere  tempo  sufficiente  ad  ammortire  il  capitale  necessario  alla  Costruzione  dei  Canali ,  e 
gli  ultimi  Cinquanta  a  totale  benefizio  del  Consorzio  dei  Comuni,  dei  Corpi  morali  e  dei  pri- 
vati interessi. 

Le  basi  per  la  formazione  di  questo  Consorzio,  come  le  sue  attribuzioni  formano  oggetto  degli 
articoli  6  e  7  della  Convenzione  sovrastata. 

Neil' autorizzare  i  Concessionarj  a  provvedere  alla  parte  finanziaria  dell'opera  per  mezzo  del- 
l' associazione  degli  elementi  locali,  dagli  stessi  Concessionarj  proposta,  anziché  colla  formazione 
di  una  Società  anonima  per  Azioni ,  fu  speciale  intendimento  del  Governo  di  porgere  alle  Pro- 
vincie, ai  Comuni,  ed  agli  altri  Corpi  morali  interessati  alla  sollecita  attuazione  dell'opera  me- 
desima un  mezzo  più  efficace  di  assicurare  la  buona  riuscita,  da  cui  1' Agricoltura  e  l'Industria 
dell'Alta  Lombardia  possono  a  buon  diritto  ripromettersi  rilevanti  e  duraturi  vantaggi. 

I  grandi  beneiìzj  che  il  sistema  dei  Consorzi  per  la  irrigazione  saviamente  ordinati,  assicurò 
all'  Agro  della  bassa  Lombardia,  costituiscono  un  precedente  che  il  Governo  ha  preso  nella  do- 
vuta considerazione,  e  che  lascia  sperare  il  conseguimento  di  risultati  egualmente  soddisfacenti 
applicando  lo  stesso  sistema  alla  irrigazione  della  parte  Alta  di  coteste  Provincie. 

Importando  che  le  deliberazioni,  che  i  Comuni  saranno  per  prendere  a  questo  riguardo,  siano 
•informate  alle  stesse  massime  e  basi  generali  indicate  nell'Atto  di  Concessione,  e  per  altra  parte 
essendo  pure  necessario  che  tali  deliberazioni  vengano  per  quanto  è  possibile  prese  nello  stesso 
turno  di  tempo  onde  agevolare  ai  Concessionarj  le  pratiche  necessarie  per  la  sollecita  attuazione 
dei  lavori,  si  reputa  necessario  che  siano  trasmesse  ai  signori  Sindaci  di  quei  Comuni  alcune 
Norme  generali  intese  ad  assicurare  il  conseguimento  di  questo  duplice  e  rilevante  scopo. 

l.°  Entro  la  prima  metà  del  prossimo  mese  d'Agosto  il  Sindaco  di  ciascun  Comune  compreso 
nella  zona  da  irrigarsi  coi  due  Canali,  inviterà  con  speciale  pubblico  avviso  tutti  i  Proprietarj, 
Corpi  morali  e  Industriali  del  proprio  territorio,  che  intendessero  di  far  acquisto  di  acqua  per 
l'irrigazione  dei  loro  fondi,  o  di  forza   motrice   per   uso  delle  loro  industrie,  a  farne   apposita 


498  RIVISTA  DI  GIORNALI 

dichiarazione  sui  moduli  stampati  che  a  tal  uopo  e  dietro  richiesta  saranno  loro  rilasciati  dal 
Segretario  Comunale. 

La  suddetta  dichiarazione  comprenderà  pure  il  modo  con  cui  intendono  provvedere  al  paga- 
mento, cioè  se  per  mezzo  di  una  annualità  da  corrispondersi  per  un  determinato  numero  d'anni, 
oppure  sborsando  direttamente  il  capitale  corrispondente  a  tale  annualità. 

Quelli  poi  fra  i  detti  Proprietarj,  Corpi  morali  e  Industriali  che  trovassero  opportuno  e  con- 
veniente di  vincolare  la  loro  obbligazione  al  Comune,  anziché  direttamente  ai  Concessionarj , 
dovranno  fare  apposita  menzione  nel  documento  suindicato,  con  dichiarazione  formale  che  nel 
caso  il  Comune  si  renda  acquirente  della  quantità  d'acqua  e  forza  motrice  da  essi  enunciata, 
si  riterranno  obbligati  al  pagamento  del  prezzo  stabilito  pel  quale  accordano  a  favore  del  Comune 
stesso  l'esecuzione  fiscale  nei  modi  e  termini  voluti  per  l'esazione  delle  imposte  da  regolarsi 
in  seguito,  ed  occorrendo  per  legge. 

Non  potranno  però  i  Comuni  sostituirsi  ai  privati  o  Corpi  morali  se  non  nel  caso  che  il 
pagamento  del  prezzo  venga  fatto  per  annualità,  e  non  per  l'intero  capitale. 

%°  Ricevute  le  dichiarazioni  di  cui  all'articolo  precedente,  debitamente  firmate  dai  dichiaranti, 
il  Sindaco  ne  farà  compilare  una  tabella,  secondo  il  modello  che  si  unisce,  nella  quale  saranno 
tenuti  distinti  i  Proprietarj,  Corpi  morali  ed  Industriali,  che  avranno  formulala  la  loro  obbli- 
gazione a  favore  del  Comune,  da  quelli  che  avranno  fatta  la  dichiarazione  generica  a  favore 
dei  Concessionarj. 

Questa  tabella,  nel  caso  vi  si  includano  dichiaranti  a  favore  del  Comune,  verrà  dal  Sindaco, 
d'accordo  colla  Giunta  Municipale,  sottoposta  all'approvazione  del  Consiglio  Comunale  da  radu- 
narsi entro  la  metà  del  prossimo  mese  di  Settembre  con  che  verranno  pure  dalla  Giunta  stessa 
formulate  al  Consiglio  le  definitive  proposte  per  l'acquisto  della  somma  delle  quantità  d'acqua 
e  forze  motrici,  sottoscritte  dai  dichiaranti  sopracitati  e  per  l'impegno  del  pagamento  delle  re- 
lative annualità  ai  Concessionarj. 

Le  dichiarazioni  però  a  favore  dei  Concessionarj ,  non  formeranno  oggetto  di  alcuna  delibe- 
razione da  parte  del  Consiglio  Comunale  ,  e  si  riterranno  elencate  nella  tabella  in  via  soltanto 
enunciativa  e  per  conto  ed  interesse  esclusivo  dei  Concessionarj  medesimi. 

3.°  È  fatta  facoltà  ai  Comuni  di  ricevere  e  computare  in  conto  prezzo  quei  terreni  di  proprietà 
dei  privati  e  comunali  che  venissero  occupati  dalla  sede  dei  Canali  principali  e  secondarj  e  loro 
accessorj  non  che  d'imputare  nel  detto  prezzo  il  lavoro  di  movimenti  di  terra  o  trasporti  di 
materiali,  salvo  però  in  ogni  caso,  approvazione  da  riportarsi  dalla  Deputazione  Provinciale. 

H.°  Dovranno  i  Consigli  Comunali  stabilire  allo  stesso  tempo  il  modo  con  cui  inlendono  sop- 
perire alla  spesa,  se  cioè  con  una  annua  sovrimposta  comunale,  o  con  altri  redditi,  e  ciò  pel 
caso  che  dovessero  anticiparsi  le  annualità  pattuite  e  salvo  il  rimborso  immediato  da  parte  dei 
soscrittori. 

Dovranno  pure  gli  stessi  Consigli  autorizzare  il  Sindaco  o  qualche  membro  della  Giunta  a 
stipulare  a  nome  e  per  conto  del  Comune  in  conformità  delle  prese  deliberazioni  e  quando  siano 
debitamente  approvate  il  contratto  regolare  coi  Concessionarj,  nonché  a  rappresentare  il  Comune 
in  tutti  gli  atti  successivi  che  si  riferiscono  alla  costituzione  dei  Consorzi  prescritti  nel  Decreto 
Reale  di  Concessione. 

5.°  I  prezzi  tanto  per  1'  acquisto  dell'  acque  che  per  la  forza  motrice ,  vengono  costituiti  dai 
Concessionarj  sulla  base  di  lire  50,000  per  ogni  ettolitro  d'  acqua  per  uso  estivo,  corrispondenti 
a  lire  17,24-1,40  per  ogni  oncia  a  misura  magistrale  milanese;  di  lire  2,000  per  ettolitro,  ossia 
lire  690  per  oncia  a  misura  magistrale  milanese  per  1'  uso  jemale  e  di  lire  1,000  per  ogni  ca- 
vallo dinamico  di  forza  motrice. 

Le  annualità  da  corrispondersi  in  sostituzione  del  capitale  valore  sono  determinate  per  qua- 
rant'anni  in  lire  5,500  per  ogni  ettolitro  d'acqua  estiva  continua;  lire  150  per  ogni  ettolitro 
d'  acqua  jemale  continua  e  lire  75  per  ogni  cavallo  dinamico. 

6.°  Oltre  i  suddetti  prezzi  sono  a  carico  degli  acquirenti  la  manutenzione  dei  canali  secon- 
darj coi  relativi  edificj  e  la  costruzione  e  manutenzione  dei  cavi  e  manufatti  a  partire  da)  pe- 
rimetro del  Comune  e  per  la  distribuzione  interna  delle  acque  fra  i  vari  Proprietarj  utenti, 


v  E  NOTIZIE  VARIE  499 

7.°  Approvata  dal  Consiglio  Comunale  la  proposta  della  Giunta ,  copia  autentica  del  Verbale 
di  deliberazioue  del  Consiglio  sarà  sollecitamente  trasmessa  alla  Deputazione  Provinciale  per  la 
voluta  approvazione ,  ed  un'  altra  copia  pure  autentica  dello  stesso  Verbale  sarà  dal  Sindaco 
trasmessa  ai  Concessionarj ,  unitamente  a  copia  della  tabella  compilata  dal  Sindaco,  a  termine 
del  precedente  art.  2.° 

8.°  L'acquisto  di  acqua  e  di  forza  motrice  che  venisse  fatto  dai  Comuni  per  l'interesse  dei 
soscrittori  dà  loro  il  diritto  di  entrare  a  far  parte  del  Consorzio  o  Consorzj  che  saranno  istituiti 
d'accordo  fra  la  Rappresentanza  Provinciale  ed  i  Concessionarj.  Tali  Consorzj  però  non  avranno 
pei  primi  quarantanni  alcuna  ingerenza  amministrativa,  ma  avranno  unicamente  voce  delibe- 
rativa nella  approvazione  dei  progetti  che  saranno  presentati  dai  Concessionarj,  e  nella  sorve- 
glianza delle  costruzioni ,  non  che  provvederanno  al  collaudo  delle  opere  perfezionate  ed  alla 
successiva  loro  manutenzione  a  carico  dei  Concessionarj  medesimi,  e  con  facoltà  di  prelazione 
per  le  spese  relative  sugli  introiti  derivanti  dalle  annualità  dovute  dai  soscrittori. 

9.°  Trascorso  il  termine  dei  quarant'  anni  coi  quali  viene  a  cessare  la  Concessione  accordata 
dal  Decreto  Reale  50  Gennajo  1868  a'  favore  dei  signori  Villoresi  e  Meraviglia  ed  estinto 
mediante  il  pagamento  delle  annualità  stabilite,  il  prezzo  concordato  tanto  per  l'acqua  che  per 
la  forza  motrice,  acquistati  dai  detti  Concessionarj ,  il  Consorzio  o  Consorzj  di  cui  nell'  articolo 
precedente,  assumeranno  il  loro  completo  carattere  legale,  a  sensi  dei  §§  657,  658  e  659  del 
Codice  Civile  Italiano ,  e  diverranno  senz'  altro  i  veri  ed  assoluti  proprietarj  dei  Canali  e  delle 
acque  derivate  sino  al  termine  dell'intera  concessione,  cioè  pei  successivi  cinquantanni. 

10.°  Per  la  compilazione  del  Progetto  di  statuto  pei  Consorzj ,  come  anche  per  la  determina- 
zione dei  circoli  territoriali  in  cui  potranno  suddividersi  per  la  più  regolare  e  conveniente  ese- 
cuzione dell'opera,  e  per  la  migliore  distribuzione  delle  acque,  i  Comuni  interessati  e  la  Pro- 
vincia nomineranno  appositi  Delegati ,  i  quali ,  sentiti  i  Concessionarj ,  stabiliranno  il  Piano  di 
statuto  e  riparto  in  conformità  alle  disposizioni  dell'Alto  di  Concessione,  del  quale  verrà  in 
seguito  a  cura  del  signor  Prefetto  di  Milano ,  promossa  l' approvazione  per  Decreto  Reale  a 
norma  del  disposto  dell'articolo  7.°  dell'Atto  di  Concessione. 

11.0  Le  sottoscrizioni  dei  Comuni  si  dovranno  ritenere  obbligatorie  al  verificarsi  delle  qui 
espresse  condizioni,  cioè  : 

a)  che  l'  acqua  e  la  forza  motrice  siano  regolarmente  poste  in  corso  e  consegnate  non  più 
tardi  dei  termini  qui  indicati  ;  per  le  acque  derivate  dal  Canale 

Ticino  -  Parabiago  -  Milano  entro  Tanno 1871 

Da  Parabiago  -  Monza  entro  l'anno 1872 

Monza  -  Adda  entro  l'anno 1872 

Ponte  Tresa  -  Gallante  -  Parabiago,  Gallarate-Olona  entro  l'anno      .  1871 

Dell'  Olona  al  Lambro  entro  l' anno 1872 

b)  che  le  stesse  acque  siano  costantemente  defluenti  nelle   quantità   convenute   per   tutti   i 
quarant' anni,  in  cui  i  Comuni  debbano  effettuare  il  pagamento  delle  annualità   sopra   stabilite. 

Alle  Norme  e  condizioni  suespresse  vorranno  attenersi  i  Comuni,  nel  caso  intendessero  com- 
partecipare alle  sottoscrizioni  pel  collocamento  delle  acque  da  derivarsi  coi  progettati  due  grandi 
Canali  dal  Ticino  e  dal  Lago  di  Lugano. 

L'opera  è  d'una  così  evidente  utilità  pubblica  ed  è  destinata  ad  assicurare  una  somma  tal- 
mente considerevole  di  interessi, agricoli,  che  non  v'ha  dubbio  le  Rappresentanze  Comunali,  si 
presteranno  volonterose  all'esaurimento  degli  incombenti  prescritti  e  ciò  allo  scopo  principalmente 
di  promuovere  e  disciplinare  convenientemente  l'azione  in  molti  casi  troppo  incerta   ed  isolata 


500  RIVISTA  DI     IORNAL1 

dei  privati  e  di  convalidare  all'  appoggio  affatto  morale  dei  Comuni  anche  quelle  garanzie  eco- 
nomiche, senza  delle  quali  si  renderebbe  assai  difficile  o  fors'anche  impossibile  ai  Coucessionarj 
di  provvedere  colle  sole  proprie  forze  al  compimento  di  opera  di  tanta  mole. 

Torre,  Presidente  —  Cav.  Francesco  Gorla  —  Locati  Giuseppe 

Dott.  Crociolani  Settimo  —  Magretti  Pietro  —  Magati  Adolfo  —  Cesare  Attendolo  Bolognini 

Ing.  Giuseppe  Bianchi  —  Giorgio  Giulini  —  Ferrario  Carlo. 


FOGLIO  DI  SCHIARIMENTI  EMESSI  DAGLI  INGEGNERI  VILLORESI  E  MERAVIGLIA. 

Milano,  15  Giugno  1868. 

Dopo  vari  anni  passati  in  istudi  e  pratiche ,  oramai  siamo  certi  di  toccare  la  meta  a  cui  ci 
siamo  proposti  di  arrivare,  di  utilizzare  cioè  mediante  canali  d'irrigazione  e  di  navigazione,  le 
acque  disponibili  e  quelle  che  si  possono  rendere  disponibili  nei  laghi  di  Lugano  e  Maggiore. 

L'  appoggio  al  nostro  progetto ,  che  ci  attendevamo  dal  Governo  e  dalla  Rappresentanza  Pro- 
vinciale di  Milano,  ci  venne  accordato,  ed  anche  in  larga  misura. 

Il  Ministero  di  Agricoltura  e  Commercio ,  quello  dei  Lavori  Pubblici ,  quello  delle  Finanze , 
tutti,  per  quanto  l'indole  dell'opera  lo  permise,  furono  solleciti  nello  studiarlo,  nel  facilitarne 
ed  accelerarne  1'  esecuzione  promuovendo  il  Sovrano  Decreto  di  Concessione. 

A  prova  del  sommo  interesse  preso  per  quest'opera  dalla  Rappresentanza  Provinciale  di  Milano 
basta  accennare  la  nomina  di  una  speciale  Commissione  tecnica  composta  di  distinti  ingegneri 
idraulici,  i  mezzi  pecuniari  alla  medesima  forniti  per  lo  studio  dei  vari  progetti,  la  deliberazione 
di  promuoverne  e  facilitarne  l'esecuzione  con  un  premio  di  5  milioni. 

Altra  luminosa  prova  dell'interessamento  che  Ministero  e  Rappresentanza  Provinciale  presero 
e  prendono  per  rendere  più  facile  e  sollecita  la  esecuzione  di  quest'opera  è  la  Circolare  che,, 
promossa  dal  Ministero  delle  Finanze,  venne  formulata  dalla  Deputazione  Provinciale  e  da  questa 
trasmessa  ai  Sindaci  dei  vari  Comuni  interessati  in  quest'  opera  ;  Circolare  nella  quale  sono 
indicate  ai  Comuni,  ai  Corpi  Morali,  ai  privati  le  basi  principali  della  concessione,  le  norme 
a  seguirsi  perchè  in  modo  uniforme  ciascuno  degli  interessati  possa  assicurarsi  le  acque  e  la 
forza  motrice ,  il  prezzo  delle  medesime  e  le  condizioni  principali  che  a  reciproca  garanzia 
sono  destinate'  a  formare  la  base  di  vincolo  tra  acquirenti  e  Concessionari,  facilitando  per  tal 
modo  il  compito  che  tuttavia  rimane  ai  Concessionari  stessi ,  quello  della  formazione  del  Con- 
sorzio generale  e  dei  Consorzi  parziali. 

Facendo  seguito  a  quella  Circolare,  i  Concessionari  credono  necessario,  sulla  parte  che  par- 
ticolarmente gli  riguarda,  aggiungere  alcuni  schiarimenti  che  serviranno  sempre  meglio  a  precisare 
la  reciproca  loro  posizione  di  fronte  agli  acquirenti  acqua  e  forza  motrice. 

1  II  canale  di  provenienza  dal  lago  di  Lugano,  domina  nella  provincia  di  Corno  le  valli  di 
Tresa,  di  Margorabbia,  di  Cuvio,  la  zona  di  terreno  che  trovasi  fra  la  postale  Gavirate-Lavena, 
il  fiume  Bardello ,  il  Bevesio  e  le  sponde  del  lago  di  Comabbio.  I  comuni  nella  provincia  di 
Como  quindi  che  possono  usare  delle  acque  di  questo  canale  sono  elencati  nella  tabella  A  an- 
nessa alla  presente.  .  .\. 
%  La  parte  della  provincia  Milanese  che  può  usare  delle  acque  del  canale  di  Lugano  si  divide 

in  due  grandi  zone:  . 

La  prima  è  quella  che  segnata  a  monte  da  una  linea  che,  distaccandosi   da    Vergiate,   pa. 
per  Somma,  Casorate,  Gallarate,  Busto  Arsizio,  Legnano  e  Parabiago,  si  protende  sino  ad  arri 


E  NOTIZIE  VARIE  501 

fare  al  Ticino  ed  al  nuovo  canale   Ticino-Parabiago.   I  comuni   che   possono   approfittare   di 
questo  canale  sono  elencati  nella  annessa  tabella  B. 

La  seconda  zona  è  quella  che  ha  per  confine  a  monte  una  linea  la  quale,  distaccandosi  dal 
canale  qui  sopra  descritto  in  comune  di  Gallarate,  passa  1'  Olona  al  di  sotto  di  Fagnano  e  per- 
correndo nei  comuni  di  Mozzate,  Rovellasca,  Lentate,  Meda,  Seregno  termina  al  Lambro  tra 
Albiate  e  Sovico.  Comprende  tutta  la  pianura  che  trovasi  tra  lo  stesso  canale  ed  il  succitato 
canale  Gallarate-Parabiago  e  l'altro  qui  sotto  descritto  da  Parabiago  al  Lambro  sopra  Monza. 
I  comuni  che  possono  usare  delle  acque  di  questa  tratta  di  canale  si  hanno  nella  unita 
tabella  C. 

5.  Il  canale  che  distaccasi  dal  Ticino  raggiunge  il  piano  a  Tornavento ,  e  passando  per  i 
comuni  di  Castano,  Busto  Garolfo  arriva  alla  ferrovia  in  vicinanza  di  Parabiago,  da  dove  con 
un  ramo  discende  a  Milano.  Esso  domina  tutta  la  zona  di  terreno  intercetta  tra  il  canale  stesso 
ed  il  Naviglio  Grande ,  ed  anche  una  parte  di  quella  zona  di  terreno  che  giace  a  sinistra  della 
ferrovia  Gallarate  Milano  sino  all'incontro  del  fiume  Seveso.  Questa  tratta  di  Canale  può  som- 
ministrare acqua  a  tutti  i  comuni  elencati  nella  unita  tabella  D. 

Coli' altro  ramo  lo  stesso  canale,  passando  per  Lainate,  Garbagnate,  Varedo,  Muggiò  arriva  al 
Lambro  superiormente  a  Monza  ;  domina  la  zona  di  terreno  che  giace  tra  il  canale  stesso ,  la 
ferrovia  Parabiago-Milano,  parte  del  naviglio  della  Martesana  ed  il  Lambro.  Da  questa  tratta 
di  canale  possono  essere  serviti,  oltre  i  comuni  che  giaciono  a  dritta  della  ferrovia  Parabiago- 
Milano,  già  compresi  nella  tabella  D,  e  gli  altri  elencati  nella  unita  tabella  E. 

Proseguendo  il  canale,  dal  Lambro  va  a  Concorrezzo ,  Burago ,  Grezzago  ed  arriva  all'Adda 
tra  Trezzo  e  Concesa;  domina  la  zona  di  terreno  intercetta  tra  il  canale  stesso,  il  naviglio 
della  Martesana  ed  il  Lambro.  I  comuni  che  possono  avere  acqua  da  questa  tratta  di  canale 
sono  elencati  nella  tabella  F. 

il.  Il  canale  che  da  Parabiago  discende  a  Milano  e  si  immette  nella  darsena  a  Porta  Ticinese 
può  recarvi  un  corpo  d'acqua  eguale,  ed  anche  superiore  a  quello  che  oggi  alimenta  il  naviglio 
di  Pavia.  Sostituendo  nel  naviglio  di  Pavia  il  corpo  d'acqua  di  provenienza  del  nuovo  canale 
a  quello  che  oggi  viene  somministrato  dal  Naviglio  Grande,  quest'ultimo  corpo  d'acqua  rimane 
disponibile,  e  può  essere  distribuito  a  mezzo  del  Naviglio  Grande,  di  quello  di  Bereguardo,  ed 
anche  dello  stesso  naviglio  di  Pavia.  Così  pure  a  mezzo  del  Lambro,  della  Molgora  possono 
dal  canale  Monza-Adda  immettersi  acque  nel  naviglio  della  Martesana.  Al  completamento  quindi 
dell'  irrigazione  della  parte  della  provincia  di  Milano  e  Pavia  dominata  dai  succennati  navigli 
Grande,  di  Bereguardo,  di  Pavia  e  della  Martesana,  i  Concessionari  intendono  provvedere  nei 
modi  e  limiti  da  determinarsi,  anche  in  relazione  agli  accordi  da  prendersi  colla  Regia  Finanza, 
dopo  che  si  sarà  conosciuta  la  quantità  d'acqua  che  verrà  richiesta  per  il  compimento  di  delta 
irrigazione. 

8.  L'altezza  con  cui  il  canale  giunge  all'Adda  permette  di  estendere  il  beneficio  dell'irriga- 
zione a  tutta  la  zona  della  provincia  di  Bergamo  dominata  da  quella  linea  che  passando  per 
Vardello  va  all' Oglio  in  vicinanza  di  Palizzolo  ed  anche  a  tutta  la  provincia  di  Cremona.  A 
soddisfare  quindi  le  dimande  fatte  dalla  provincia  di  Bergamo  ed  a  quelle  che  potrebbero  farsi 
dalla  provincia  di  Cremona  sono  destinate  le  acque  che  si  avranno  disponibili  all'  Adda  e  che 
gli  stessi  Concessionari  sono  autorizzati  a  portare  dall'  Adda  all'  Oglio. 

6.  La  distribuzione  delle  acque  ha  luogo  mediante  canali  che  si  possono  distinguere  in  canali 
primari,  canali  secondari,  canali  comunali,  canali  privati. 

a)  I  canali  primari  sono  i  seguenti  : 

1.°  Canale  che  dal  Ticino  va  a  Parabiago  e  da  Parabiago  a  Milano. 

2.°  Canale  che  da  Parabiago  va  a  Monza. 

5.°  Canale  che  da  Monza  va  all'  Adda. 

4.°  Canale  che  da  Ponte-Tresa  arriva  a  Gallarate  e  discende  a  Parabiago. 

B.°  Canale  che  da  Gallarate,  sorpassando  1'  Olona,  si  spinge  a  Lambro  tra  Albiate  e  Sovico, 


502  RIVISTA  DI  GIORNALI 

b)  Sotto  la  denominazione  di  canali  secondari  si  comprendono  tutti  i  canali  che  distac- 
candosi dai  canali  primari,  portano  le  acque  nei  diversi  comuni  al  doppio  scopo  dell'irrigazione 
e  dell'industria. 

e)  Canali  comunali  sono  quelli  che  debbono  servire  a  diramare  le  acque  nell'  interno 
del  comune. 

d)  Canali  privati  sono  quelli  che  distaccandosi  da  uno  dei  canali  qui  sopracitati ,  sono  di 
uso  esclusivo  di  un  dato  proprietario  od  industriale. 

Le  acque  si  somministrano  dai  canali  primari  ai  canali  secondari  mediante  bocche  modellate 
ne'  modi  e  forme  che  verranno  approvati  dal  Governo  di  conformità  alla  riserva  fatta  nell'  alto 
di  Concessione.  Dai  canali  secondari  le  acque  passeranno  nei  canali  comunali  e  privali  mediante 
edifici  partitori.  Un  canale  secondario,  e  quindi  anche  una  bocca  di  derivazione  dal  canale  pri- 
mario potrà  servire  a  più  Comuni,  ed  anche  simultaneamente  a  più  Comuni  e  privati.  La  mi- 
sura delle  acque  si  farà  alla  loro  estrazione  dal  canale  primario,  mediante  una  o  più  bocche  la 
successiva  divisione  fra  i  diversi  utenti  si  farà,  come  è  superiormente  accennato,  mediante  par- 
titori di  luce  proporzionale  alle  rispettive  competenze. 

7.  Coli' indicalo  modo  di  distribuzione  delle  acque,  si  fa  luogo  alla  formazione  dei  consorzi 
'privati,  comunali,  distrettuali,  regionali,  'provinciali,  che  tutti  si  riassumeranno  in  un  con- 
sorzio unico,  cioè  nel  Consorzio  generale. 

Il  Consorzio  privato  viene  formato  da  due  o  più  proprietari  ed  industriali,  i  quali  prendano 
per  proprio  ed  esclusivo  uso  un  determinato  corpo  d'acqua  ed  una  determinata  forza  motrice, 
sia  direttamente  dai  cavi  primari  sia  dai  cavi  secondari. 

Il  Consorzio  comunale  viene  costituito  dai  vari  utenti  delle  acque  e  forza  motrice  acquistate 
a  mezzo  del  Comune,  e  distribuite  dal  Comune  nel  Comune  stesso. 

Il  Consorzio  distrettuale  viene  costituito  dalle  rappresentanze  dei  vari  Comuni  o  privati  che 
usano  delle  acque  di  una  medesima  bocca  per  mezzo  di  canali  secondari  comuni. 

Il  Consorzio  regionale  viene  formato  dalle  rappresentanze  dei  vari  consorzi  distrettuali  che 
usano  delle  acque  e  forza  motrice  provenienti  da  uno  dei  succitati  canali  primari. 

Il  Consorzio  provinciale  concentrerà  in  sé  le  rappresentanze  dei  vari  consorzi  regionali. 

Finalmente  il  Consorzio  generale  in  cui  saranno  rappresentati  i  Consorzi  delle  varie  provincie. 

8.  I  Concessionari  si  obbligano  alla  costruzione  : 

a)  Dei  canali  primari  e  degli  edifici  a  loro  inservienti. 

b)  Dei  canali  secondari  derivati  direttamente  dai  canali  primari  e  portati  sino  a  raggiungere 
il  perimetro  del  Comune  che  si  renderà  acquisitore  delle  acque  in  località  che  possibilmente 
domini  tutto  il  territorio  del  Comune,  con  riserva  ai  Concessionari  di  determinare  l'andamento 
dei  canali  stessi,  la  loro  sezione  e  pendenza  non  che  le  forme  degli  edifici. 

e)  Degli  edifici  lungo  i  predetti  canali  secondari. 

La  costruzione  dei  canali  secondari  e  dei  loro  edifici  resterà  a  carico  dei  Comuni  quando 
essi  fossero  acquirenti  dai  Concessionari  di  una  quantità  d'acqua  minore  di  due  ettolitri  per 
minuto  secondo  (once  5  1/5  magistrali  milanesi).  Così  pure  la  costruzione  dei  canali  stessi  sarà 
a  carico  dei  privati  che  volessero  avere  una  derivazione  ed  un  cavo  di  esclusiva  proprietà. 

9.  A  partire  dall'edificio  partitore,  che  serve  a  consegnare  ai  comuni  o  privati  le  rispettive 
competenze,  i  comuni  ed  i  privati  dovranno  provvedere  a  loro  spesa  ai  cavi  conduttori  e  distri- 
butori da  aprirsi  nell'interno  dei  comuni  ed  i  relativi  edifici.  La  derivazione  ed  i  cavi  conduttori 
per  la  distribuzione  delle  acque  che  si  renderanno  disponibili  al  di  sotto  dei  canali  demaniali 
sopracitati  sono  a  carico  degli  acquirenti  le  acque  stesse. 

10.  Poste  in  corso  le  acque  e  riconosciuta  la  regolare  costruzione  dei  canali  secondari  e  loro 
edifici,  compresa  la  bocca  di  derivazione  ed  il  partitore,  la  successiva  manutenzione  di  detti 
canali  ed  edifìci  sarà  a  carico  degli  utenti  delle  acque. 


E   NOTIZIE    VARIE  503 

11.  L'andamento  e  le  forme  dei  canali  che  si  dovessero  costruire  dai  comuni  e  dai  privati 
in  conformità  dell'  articolo  8  dovranno  essere  stabilite  in  concorso  dei  Concessionari  stessi. 

12.  Tutta  la  forza  motrice,  alla  quale  può  far  luogo  la  condotta  e  l'uso  delle  acque  contem- 
plate nell'atto  di  Concessione,  sotto  qualunque  forma  essa  avvenga,  s'intende  in  tutto  e  per 
tutto  riservata  ai  Concessionari. 

13.  È  però  fatto  diritto  a  ciascun  Comune  acquirente  di  acqua  per  irrigazione  in  quantità 
superiore  a  due  ettolitri,  di  avere  la  prelazione  sulla  forza  motrice  che  potesse  rendersi  dispo- 
nibile nel  Comune  stesso  per  attivare  un  opificio  che  il  Comune  intendesse  far  costruire  per 
proprio  conto,  contenente  uno  o  più  macine  di  grani,  una  macina  per  semi  oleosi,  un  trebbia- 
toio, un  pressoio,  ed  altri  meccanismi  occorrenti  ai  bisogni  agricoli  della  popolazione. 

14.  I  Concessionari  contemporaneamente  alla  costruzione  dei  canali  si  obbligano  a  costruire 
e  dare  completo  l'opificio  accennato  qui  sopra  contro  pagamento  per  anni  quaranta  di  un'an- 
nualità che  verrà  stabilita  e  concretata  in  base  all'entità  dell'opificio  che  verrà  richiesto. 

15.  Quando  la  richiesta  della  forza  motrice  e  dell'opificio  di  cui  nei  due  precedenti  articoli, 
fosse  fatta  contemporaneamente  a  quella  dell'acquisto  delle  acque,  i  Concessionari  si  assumono 
di  provvedere  a  che  nella  costruzione  dei  Canali  secondari  la  forza  sopraccennata  venga  generata 
possibilmente  in  vicinanza  all'abitato. 

16.  I  privati  che  intendessero  di  fare  acquisto  di  forza  motrice ,  oltre  alla  quantità  di  cui 
intendono  provvedersi,  dovranno  precisarne  la  località  ove  desiderassero  di  riceverla  per  minorare 
possibilmente  la  spesa  di  cui  nel  seguente  articolo. 

17.  Qualora  l' applicazione  della  forza  motrice  non  potesse  farsi  direttamente  sui  canali  pri- 
mari, o  secondari,  distributori  delle  acque  di  irrigazione,  oltre  il  prezzo  della  forza  motrice  e 
della  chiusa  da  stabilirsi  sul  canale,  si  ritengono  a  carico  dell'  acquirente  tutte  le  opere  per  la 
derivazione  e  condotta  delle  acque  all'opificio,  e  quelle  per  il  ritorno  delle  acque  stesse  dal- 
1  opificio  al  cavo  primario  o  secondario. 

j  18.  La  forza  motrice  essendo  costituita  dal  salto  delle  acque  e  dalla  loro  quantità,  i  Conces- 
sionari si  riservano  di  determinare  in  quale  proporzione  abbiano  ad  entrare  questi  fattori  per 
generare  la  forza  richiesta. 

19.  La  dimanda  della  quantità  di  forza  verrà  espressa  in  cavalli  dinamici.  La  misura  di  questa 
forza  verrà  eseguita  in  concorso  di  due  Esperti  da  nominarsi  uno  dagli  acquirenti  1'  altro  dai 
Concessionari,  colla  facoltà  in  essi  nel  caso  di  discrepanza,  di  nominare  un  terzo  perito  che 
avrà  la  qualità  di  arbitrio  arbitratore  inappellabile. 

20.  Il  prezzo  capitale  delle  acque  è  stabilito  come  segue  : 

Per  uso  estivo  L.  50,000,    ogni   ettolitro  corrispondente  a  L.  17,241,40  ogni  oncia,  a  misura 
magistrale  milanese. 
Per  uso  jemale  L.  2,000,  ogni  ettolitro,  ossia  L.  690  ogni  oncia  a  misura  magistrale  milanese. 
Per  uso  di  forza  motrice  L.  1,000  ogni  cavallo  dinamico  (1). 

21.  Il  prezzo  dell'acqua  e  della  forza  motrice  acquistata  dalle  Provincie  e  dai  comuni,  potrà 
essere  soddisfatto  nel  seguente  modo  : 

A)  Pagando  il  capitale  in  quattro  eguali  rate  rispettivamente  scadibili,  la  prima  all'atto  della 
regolare  stipulazione  del  contratto  d'acquisto,  avvertendo  che  l'importo  di  essa  verrà  depositato 
presso  la  Cassa  Provinciale  di  Milano,  per  essere  consegnato  ai  Concessionari  subito  dopo  l'in- 
cominciamento  delle  opere;  la  seconda  rata  allorché  i  lavori  dei  canali  primari  e  secondari  sieno 
per  metà  eseguiti;  la  terza  a  canali  compiti;  la  quarta  sei  mesi  dopo  la  consegna  delle   acque. 

(1)  Un  metro  cubo  è  pari  ad  ettolitri  lo,  ossia  litri  mille.  -  L'oncia  milanese  magistrale  corrisponde 
a  litri  34  i/2  —  e  quindi,  un  metro  cubo  corrisponde  ad  once  milanesi  29  Vio  —  un  ettolitro  (cento 
Uri)  ad  once  2  y10.  —  il  cavallo  dinamico  supera  di  un  terzo  il  cavallo-vapore  ,  rappresentando  il 
primo  la  forza  necessaria  ad  elevare  in  un  minuto  secondo,  cento  chilogrammi  all'altezza  di  un  metro,  < 
mentre  il  secondo  è  la  forza  necessaria  ad  elevare,  nello  stesso  tempo,  settantacinque  chilogrammi  alla 
medesima  altezza  di  un  metro. 


504  RIVISTA  DI  GIORNALI 

Il  pagamento  della  prima  rata  potrà  essere  sostituito  anche  da  idoneo  e  beneviso  avallo  sino 
all'  epoca  dell'  incominciamento  dei  lavori. 

B)  Pagando  per  anni  quaranta  una  annualità: 

Per  ogni  ettolitro  d'acqua  estiva  L.  3,500,  ossia  per  ogni  oncia  magistrale  milanese  L.  1,505. 
Per  ogui  ettolitro  d'  acqua  jemale  L.  150,  ossia  per  ogni  oncia  magistrale  milanese  L.  41,72. 
Per  ogni  cavallo  dinamico  L.  75. 

C)  Pagando  parte  in  capitale  e  parte  in  annualità,  cioè  un  capitale  di  L.  15,000  ed  una 
annualità  di  L.  2,500  per  anni  quaranta  per  ogni  ettolitro  d'acqua  continua,  estate  ed  inverno, 
fermo  per  la  forza  motrice  il  valore  capitale  o  l'annualità  come  sopra  espressa. 

Il  capitale  o  la  parte  di  capitale  prezzo  di  cui  nell'articolo  precedente  alle  lettere  A,  C,  potrà 
potrà  essere  anche  soddisfatto  : 

DJ  Colla  cessione  dei  terreni  da  occuparsi  sia  coi  canali  primari  sia  coi  canali  secondari  sia  i 
per  qualunque  altro  motivo  dipendente  dall'  attivazione  dei  succitati  canali. 

E)  Colla  somministrazione  di  materiali  occorrenti  per  le  opere  da  eseguirsi  lungo  i  canali, 
colla  prestazione  di  mano  d'opera  per  sterri,  condotte  di  materiali,  ecc.,  ecc. 

22.  I  prezzi  della  cessione  dei  terreni ,  somministrazioni  e  prestazioni ,  di  cui  nel  precedente 
articolo,  verranno  fissate  d'  accordo  coi  Concessionari. 

23.  Anche  i  privati  acquirenti  di  acqua  e  forza  motrice,  potranno  soddisfare  i  prezzi  d'acquisto 
ne'modi  indicati  nell'articolo  precedente,  solo  che  il  pagamento  fatto  con  annualità,  dovrà  essere 
assicurato  da  idonea  garanzia. 

24.  Ai  privati  è  ancora  fatta  facoltà  di  pagare  l'importo  dell'acqua  e  forza  motrice  con  car- 
telle del  credilo  fondiario  emesse  dalla  Cassa  di  Risparmio  in  Milano,  che  verranno  accettate  al 
prezzo  di  Borsa. 

Il  pagamento  delle  annualità  dovrà  eseguirsi  in  eguali  rate  in  addizione  all'imposta  regia  e 
sempre  anticipatamente. 

25.  Le  colature  durante  la  stagione  estiva  rimangono  di  proprietà  degli  acquirenti  delle  acque, 
le  colature  durante  la  stagione  jemale  sono  riservate  ai  Concessionari. 

26.  L'uso  delle  acque  durante  la  stagione  jemale  dovrà  farsi  in  modo  da  non  impedire  l' eser- 
cizio degli  opifici  esistenti  nel  Comune  e  di  assicurare  il  ritorno  delle  colature  nei  cavi  primari 
e  secondari  lungo  la  tratta  scorrente  nel  Comune  stesso. 

27.  La  quantità  d'acqua  e  di  forza  motrice  che  si  assegna  a  ciascuno  dei  canali  primari  se- 
condo la  divisione  di  cui  all'  articolo  6,  è  la  seguente  : 


Quantità  d'  acqua 

Forza  motrice 

continua 

in  Cavalli  dinamici 

1.°  canale    . 

.    .    Metri  cubi  35     .    .    . 

N.  1000 

2.°      » 

»     12     .    .    . 

»     500 

3.°      » 

»     12     .    .    . 

»     500 

4.°      » 

»     16     ... 

»  1500 

5.°      » 

»     10     .    .    . 

»     500 

In  tutto  Metri  cubi  85  N.  4000 

58.  Nella  quantità  d'acqua  assegnata  al  1.°  canale  è  compresa  quella  destinata  a  completare 
V  irrigazione  della  zona  già  servita  ora  dai  navigli  Grande  di  Bereguardo  e  di  Pavia. 

29.  Le  dimande  sia  di  acquisto  delle  acque  sia  della  forza  motrice  dovranno  essere  fatte  avanti 
lo  scadere  del  mese  di  settembre  p.  v.,  fatta  eccezione  di  quelle  risguardanti  la  zona  accennata 
nel  precedente  articolo,  le  quali  dovranno  farsi  avanti  lo  scadere  del  mese  di  agosto  prossimo, 
onde  in  tempo  opportuno  si  possano  esaurire  le  pratiche  colle  Regie  Finanze. 


E  NOTIZIE  VARIE  505 

50.  Alla  costruzione  dei  canali  l.°  e  4.°  indicali  all'  art.  6  si  darà  mano  entro  tre  mesi  dalla 

data  del  compito  collocamento  delle  acque  e  forza  motrice  ai  medesimi  assegnate  all' articolo  27. 

31.  Ai  canali  N.  2,  5  e  5  indicati  al  succitato  art.  6  si  darà  mano  successivamente  ed  imme- 
diatamente all'eseguila  costruzione  dei  canali  1.°  e  4.°,  sempre  che  siasi  verificato  il  colloca- 
mento delle  acque,  forza  motrice  a  loro  assegnata  nel  sopraindicato  articolo. 

32.  La  costruzione  del  i.°  canale,  in  conformità  al  prescritto  dall'atto  di  Concessione,  sarà 
ultimata  entro  due  anni  a  datare  dall' incominciamenlo  dei  lavori;  quella  del  2.°  e  3.°  canale 
successivamente  e  nel  tempo  non  maggiore  di  un  anno  per  ciascun  canale. 

33.  La  costruzione  del  4.°  canale  sarà  completata  nel  periodo  di  mesi  diciotto  a  datare  dal- 
l'incominciamento  dei  lavori,  quella  del  ò\°  canale  successivamente,  ed  in  un  periodo  non  su- 
periore di  mesi  15. 

34.  Contemporaneamente   alla  costruzione  dei  canali  primari  verranno  aperti  i  relatr 


ivi  cavi 


secondari,  ed  in  tempo  utile,  perchè  coli'  immissione  delle  acque  nei  canali  primari  abbia  luogo 
anche  la  distribuzione  delle  medesime  nei  cavi  secondari. 

Dopo  i  premessi  schiarimenti  e  dopo  le  provvide  norme  già  tracciate  nella  circolare  emanala 
dal  R.  Prefetto  e  dalla  Deputazione  Provinciale  di  Milano,  i  Concessionari  credono  superflua 
ogni  ulteriore  parola  che  tenda  a  sollecitare  le  richieste^dichiarazioni.  —  L'  utilità  ed  importanza 
dell'  opera,  la  certezza  della  sua  riuscita,  tecnicamente  assicurata  da  tanti  accurati  studi  compa- 
rativi, è  la  più  eloquente  raccomandazione  che  si  possa  fare  a  chiunque  vi  abbia  interesse.  — 

Giova  soltanto  rimarcare  che  i  termini  prefissi  dalla  Deputazione  Provinciale  ponno  essere 
abbreviati,  ciò  dipendendo  esclusivamente  dallo  zelo  col  quale  i  Comuni  vorranno  evadere  le 
mansioni  affidategli.  — 

Da  loro  parte  i  Concessionari  ponno  assicurare  che  qualora  le  operazioni  affidate  ai  Comuni 
fossero  completate,  anche  colla  trasmissione  degli  elenchi,  entro  il  prossimo  mese  di  agosto,  la 
costruzione  del  canale  Ticino-Parabiago-Milano,  potrebbe  aver  principio  coli' ottobre  del  cor- 
rente anno. 

Oltre  gli  schiarimenti  offerti ,  i  Concessionari  sono  pronti  a  dare  tutte  quelle  ulteriori  diluci- 
dazioni che  fossero  richieste,  sia  direttamente  dagli  aspiranti  all'  acquisto  delle  acque ,  sia  dalle 
Rappresentanze  Comunali ,  come  pure  dai  periti  che  dagli  uni  o  dalle  altre  ne  avessero  man- 
dato. —  Anzi  a  tale  effetto  non  mancheranno  di  mandare,  occorrendo,  rappresentanti  in  luogo 
e  personalmente  poi  accoglieranno  sempre  come  un  favore  quelle  osservazioni  che  tendessero  ad 
agevolare  un'  opera  che  come  è  da  loro,  così  sarà  da  tutti  convenientemente  apprezzata. 

Ing.  Eugenio  Villoresi,  Concessionario. 
Ing.  Luigi  Meraviglia,  Concessionario. 


506 


RIVISTA  DI  GIORNALI 


Tabella  A, 


PROVINCIA   DI    COMO. 


ELENCO  DEI  COMUNI   nei  quali  possono  utilizzarsi  le  acque  di  provenienza  del  Lago  di 
Lugano  condotte  dal  Canale  Ponte  fresa  Gallavate,  Gallavate  lambro. 


Circondario  II  di  Varese. 
Mandamento  III  di   Cuvio. 

Comune  di  Brenta 
»        di  Cuveglio 
»        di  Ferrera 
»        di  Gemonio 
»        di  Rancio 

Mandamento  V  di  Luino. 

Comune  di  Bosco 

»        di  Germignaga 
»        di  Garantola 
»        di  Luvino 
»        di  Montegrino 
»        di  Voldomino 


Mandamento  VI  di  Angera. 

Comune  di  Cadrezzate 
»        di  Comabbio 
»        di  Mercallo   ■ 
»        di  Ternate 
»        di  Varano 

Mandamento  VII  di  Gavirate 

Comune  di  Bàrdello 
»        di  Briandronno 
»        di  Cocquio 
»        di  Gavirate 


Tabella  B. 


PROVINCIA    DI    MILANO. 


ELENCO  DEI  COMUNI  nei  quali  possono  utilizzarsi  le  acque  di  provenienza  dal  Lago  di 
Lugano  condotte  dal  Canale  Trcsa  Gallarate-ParaMag;©. 


Circondario   IV    di   Gallarate. 

Mandamento  I  di  Gallarate. 

Comune  di  Amate 
»        di  Cardano 
»        di  Ferno 
»        di  Gallarate 
»        di  Sammarate 
»        di  Vergherà 

Mandamento  II  di  Busto  Arsizio. 

Comune  di  Busto  Arsizio 
»        di  Sacconago 

Mandamento  HI  di  Saronno. 

Comune  di  San  Giorgio 


Mandamento  V  di  Somma. 

Comune  di  Casorate 
»        di  Castelnovate 
»        di  Golasecca 
»        di  Sesona 
»        di  Somma 

Circondario   V   di  Abbiategrasso 

Mandamento  III  dì  Cuggiono. 

Comune  di  Bienate 
di  Borsano 
di  Dairago 


di  Lonate  Pozzolo 

di  Magnago 

di  Sant'  Antonino 

di  Venzagbello 

di  Villacortese 


E  NOTIZIE  VARIE 


507 


Tabella  C. 


PROVINCIA    DI   MILANO. 


ELENCO  DEI  COMUNI  nei  quali  possono  essere  utilizzate  le  acque  di  'provenienza  dal  Lago 
di  Lugano  condotte  dal  Canale  Gallar  ate-Ijaiiiiiro  tra  Alitiate  e  Soviet». 


Circondario  I  di  Milano 
Mandamento  Vili  di  Bollate. 
Comune  di  Casate 

Circondario  III  di  Monza. 

Mandamento  II  di  Monza. 

Comune  di  Biassono 
»        di  Lissone 
»        di  Macherio 
»        di  Vedano 

Mandamento  HI  di  Desio. 

Comune  di  Cassina  Aliprandi 
»        di  Desio 
»        di  Seresno 


Mandamento  V  di  Carate. 


Comune  di  Albiate 
»        di  Sovico 


Mandamento  VI  di  Barlassina. 


Comune  di  Barlassina 

» 

di  Binzago 

» 

di  Birago 

» 

di  Bovisio 

» 

di  Cassina  Savina 

» 

di  Cenano 

» 

di  Cesano  Maderno 

» 

di  Cogliate 

» 

di  Lentate 

» 

di  Limbiate 

» 

di  Masciago 

» 

di  Meda 

); 

di  Misinto 

» 

di  Seveso 

)) 

di  Solaro 

» 

di  Varedo 

Circondario  IV  di  Gallarate. 


Mandamento    1   di    Gallarate. 

Comune  di  Cajello 

» 

di  Cassano  Magnago 

» 

di  Cedrate 

» 

di  Crenna 

Mandamento  11  di  Busto  Arsizio. 

Comune  di  Castegnate 

» 

di  Caslellanza 

» 

di  Fagnano  Olona 

» 

di  Gorla  Maggiore 

» 

di  Gorla  Minore 

» 

di  Legnago 

» 

di  Marnate 

» 

di  Nizzolina 

» 

di  Olgiate  Olona 

» 

di  Pruspiano 

» 

di  Solbiate  Olona 

Mandamento  IH  di  Saronno. 

Comune  di  Canegrate 

» 

di  Caronno 

» 

di  Cassina  Ferrara 

» 

idem      Pertusella 

» 

di  Cerro 

» 

di  Cislago 

» 

di  Gerenzano  con  Cassina  Massina 

fi 

di  Origgio 

» 

di  Rescalda 

» 

di  Rescaldina 

» 

di  S.  Vittore 

» 

di  Saronno 

» 

di  Uboldo 

Circondario  di  Como. 

Mandamento  1  di   Como. 

Comune  di  Rovellasca 

Mandamento  Xlll  di  Appiano. 

Comune  di  Mozzate 

» 

di  Ravello 

» 

di  Furate 

Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Agosto  1868. 


33 


508 


RIVISTA  DI   GIORNALI 


Tabella  D. 


PROVINCIA   DI   MILANO, 


ELENCO  DEI   COMUNI   nei  quali  possono   utilizzarsi   le  acque  di  provenienza  dal  Lago 
Maggiore  condotte  a  mezzo  del  Canale  Ticino-Parabiago-IIiiaiio. 


Circondario  I  di  Milano.    / 

Mandamenti  di  Milano. 

Comuni  di  Milano-Città 

Mandamenti  VII  e  Vili  di  Milano 

Comune  dei  CC.  SS.  di  Milano 

Mandamento  IX  di  Milano. 

Comune  di  Affori 
»        di  Assi  ano 

di  Bresso 

di  Brusuglio 

di  Bruzzano 

di  Dergano 

di  Greco  Milanese  con  Segnano 

di  Gorla 

di  Niguarda  con   Bicocca   e   Prato 
Centenario 
»        di  Precotto 
»        di  Turro 

Mandamento  X  di  Corsico. 

Comune  di  Baggio 

»        di  Cesano  Buscone 
»        di  Corsico 
»        di  Cusago 

»        di  Muggiano  con  Assiano 
»        di  Ronchetto 
»        di  Sellanuova 
»        di  Settimo  con  Seguro 
»        di  Trezzano  sul  Naviglio  con  Zorigo 
e  Terzago 

Circondario  1  di  Milano. 
Mandamento  XIII  di  Bollate. 


Comune  di  Baranzate 

» 

di  Arese  con  Valera 

» 

di  Boldinasco 

» 

di  Bollate  con  Castellazzo 

» 

di  Cascina  del  Pero 

» 

idem      Triulza 

» 

Cerchiate 

Comune  di  Caregnano 

»  di  Figino 

»  di  Mazzo  con  Pantanedo 

»  di  Musocco  con  Vialba 

»  di  Novate 

»  di  Quarto  Cagnino 

»  di  Quinto  Romano 

»  di  Roserio 

»  di  Trenno  con  Lampugnano 

»  di  Terrezzano 

»  di  Villa  Pizzone 

Circondario   IV   di   Gallarate. 
Mandamento  IV  di  Rho. 

Comune  di  Arluno 

»  di  Barbajana 

»  di  Casorezzo 

»  di  CornareJo 

»  di  Garbatola 

»  di  Lucernate  con  Castellazzo 

»  di  Nerviano 

»  di  Parabiago 

»  di  Passirana 

»  di  Pogliano 

»  di  Pregnana 

»  di  Rho 

»  di  Venzago  con  Mantegazza 

Mandamento  V  di  Somma  Lombardo. 

Comune  di  Castel-Novate 
»        di  Vizzola 

Circondario    V    di    Abbiategrasso. 
Mandamento  I  dì  Abbiategrasso. 

Comune  di  Albairate  con  Rovello 
»        di  Bareggio 
»        di  Besazzo   con    Cassinetta    di  Lu- 

gagnano 
»        di  Castelletto  Mendosio 
»        di  Cisliano 
»        di  Corbetta 
»        di  Fagnano  sul  Naviglio  con  Cas- 

sina  Donato 
»        di  Lugagnano 


E  NOTIZIE  VARIE 


509 


Comune  di  Robecco 

»        di  S.  Vito  Nuovo 
»        di  S.  Pietro  Bestazzo 

Mandamento  II  di  Magenta, 
Comune  di  Bernate 
»        di  Boffalora 
»        di  Cassina  Pobbia 
»        di  Magenta 
»        di  Mercallo 
»        di  Menedrago  ora  Casone 
»        di  Mesero 
»        di  Ossona 
»        di  S.  Stefano  Ticino 
»        di  Sedriano 
»        di  Vittuone 


Mandamento  III  di  Cuggiono. 
Comune  di  Arconate 

»  di  Buscate 

»  di  Busto  Garolfo 

»  di  Castano 

»  di  Cuggiono 

»  di  Furato 

»  di  Induno  con  Malvaglio 

»  di  In  veruno 

»  di  Nosate 

»  di  Robechetto 

»  di  Tornavento 

»  di  Turbigo 

Mandamento  IV  di  Binasco. 
Comune  di  Gaggiano. 


PROVINCIA   DI   MILANO. 


Tabella  E. 


ELENCO  DEI  COMUNI   nei  quali  possono  utilizzarsi  le  aeque  di  provenienza  dal  Lago 
Maggiore  condotte  a  mezzo  del  Canale  Parabiago-Monza. 


Circondario  I  di  Milano. 
Mandamento  IX  di  Milano. 

Comune  di  Cormanno 

»        di  Crescenzago  con  Ciminiano 
»        di  Precotto 

Mandamento  XIII  di  Bollate. 

Comune  di  Cassina  Nuova 

»  di  Garbagnate 

»  di  Pinzano 

»  di  Senago 

Circondario  III  di  Monza. 

Mandamento  I  di  Monza. 

Comune  di  Monza 

Mandamento  li  di  Monza. 

Comune  di  Balsamo 

»        di  Cassina  de'  Gatti 

»        di  Cinisello 

»        di  Muggiò 

»        di  Sesto  S.  Giovanni 


Mandamento  III  di  Desio. 

Comune  di  Cusano 
»        di  Dugnano 
»        di  Incirano 
»        di  Nova 
»        di  Paderno 

Mandamento  VI  di  Barlassina. 

Comune  di  Cassina  Amata 
»        di  Palazzuolo 

Circondario    IV   di    Gallarate. 
Mandamento  III  di  Saronno. 
Comune  di  Lainate 

Circondario  V  di  Abbiategrasso. 
Mandamento  I  di  Abbiategrasso. 
Comune  di  Castellazzo 


510 


RIVISTA  DI  GIORNALI 


PROVINCIA    DI  MILANO. 


Tabella  I\ 


ELENCO  DEI  COMUNI  nei  quali  possono  utilizzarsi  le  acque   di  provenienza  del  Lago 
Maggiore  condotte  a  mezzo  del  Canale  Monia-Adda. 


Circondario  I  di  Milano. 

Mandamento  XIV  di  Gorgonzola. 

Comune  di  Basiano 

»  di  Bornago 

»  di  Busserò 

»  di  Burago 

»  di  Cambiago 

»  di  Cernusco  Asinario 

»  di  Gessate 

»  di  Gorgonzola 

»  di  Masate 

»  di  Pessano 

Mandamento  XV  di  Cassano. 

Comune  di  Concesa 

»  di  Grezzago 

»  di  Groppello 

»  di  Inzago 

»  di  Pozzo  d'Adda 

»  di  Trezzano  d'Adda 

»  di  Vaprio 


Circondario  III.di  Monza. 

Mandamento    II   di   Monza. 

Comune  di  Cologno  con  S.  Giuliano. 
»        di  Moncucco  con  S.  Alessandro. 
»        di  Villa  S.  Fiorano 
»        di  S.  Damiano 
»        di  Vimodrone 


Mandamento  IV  di  Vimercate. 

Comune  di  Agrate 

»  di  Caponago 

»  di  Cam  gate 

»  di  Caven ago 

»  di  Cassina  Duraggia 

»  di  Concorrezzo 

»  di  Ornate 


UTILIZZAZIONE  DELLE  CENERI  DEI  FORNI  DEL  GAS 
NELLA  FABBRICAZIONE  DEI  MATTONI. 

Il  Sig.  0.  Wagner,  direttore  di  officina  del  gaz,  utilizza  le  ceneri  delle  officine  stesse  per  la 
fabbricazione  dei  mattoni  col  seguente  modo.  frH«rali 

Si  stendono  le  ceneri,  quali  escono  dai  forni  sopra  una  superficie  piana  dopo  averle  triturate 
in  pezzi  di  grossezza  non  maggiore  di  0»0».  Vi  si  aggiunge  da  1/10  ad  1/12  di  calce  #  spento 
ed  una  quantità  di  acqua  sufficiente  perchè  il  miscuglio  acquisti  un  grado  di  umidita  piuttosto 
forte  e  lo  si  passa  in  una  macchina  da  impastare.  Si  lascia  quindi  il  miscuglio  in  riposo  per 
uno  o  due  giorni,  finché  sia  essiccato  al  punto  da  potersi  comprimere  in  forma  mediante  un 
torchio.  Il  mattone,  così  compresso,  vien  preso  su  tavolette  e  trasportato  allo  essiccato^.  Il  tra- 
sporto su  tavolette  è  essenziale  poiché,  appena  uscito  dalla  forma,  il  mattone  conserva  ancora 
un  certo  grado  di  mollezza.  , 

Alcuni  giorni  dopo,  cioè  quando  la  materia  si  è  asciugata  abbastanza  perche  si  possano  leva  e 
le  tavolette,  si  procede  alla  lisciatura  delle  faccie;  se  l'ambiente  è  caldo  ed  asciutto  e  prudente 
collocare  i  mattoni  vicini  l'uno  all'altro,  affine  d'evitare  gli  inconvenienti  derivanti  da  un 
troppo  rapido  essiccamento.  f        .  ■• 

Dopo  uno  spazio  da  otto  a  quattordici  giorni,  secondo  lo  stato  di  umidita  dell  atmosfera   ta 
mattoni  possono  essere  adoprati  nelle  costruzioni.  Coi  medesimi,  a  quanto  afferma  il  Mg.  wagne 


E   NOTIZIE   VARIE  ^[[ 

si  ottengono  dei  muri  leggieri ,  molto  asciutti  e  di  una  solidità  che  va  vieppiù  alimentando  col 
tempo  ;  riescono  essi  anche  bene  per  le  faccie  esteriori  senza  intonaco. 

Col  suddetto  procedimento  si  possono  fare  dei  buoni  mattoni  anche  di  spessezza  maggiore 
dell'ordinaria,  ed  il  Sig.  Wagner  ne  ha  già  fabbricato  di  quelli  da  3  a  4  pollici  (0m,08  e  0m,H). 

I  mattoni  di  tre  pollici  costano  al  Sig.  Wagner,  il  quale  li  fabbrica  nelle  officine  stesse*  del 
gas,  lire  1,22  il  centinajo,  cioè: 

Mano  d'  opera  per  impasto,  compressione  in  forma  e  trasporto  all'  essiccatojo    L.    0  B4 

fCa,ce »     M8 

Interesse  del  costo  del  torchio  e  suo  consumo »    0  20 

Totale    L.    1,22 
Questi  mattoni  si  vendono  in  Germania  L.  2,  64  il  centinajo. 
Quelli  della  grossezza  di  4  pollici  costano  L.  1,52  e  si  vendono  L.  5,36. 

(Dal  Journal  fur  Gasbeleuchtung) 


LEGISLAZIONE 

L'art.  24  della  legge  20  marzo  1865  sui  Lavori  pubblici  ha  prescritto  che  i  consigli  provin- 
ciah  dovevano  entro  due  anni  deliberare  regolamenti  obbligatorj  da  approvarsi  per  decreto  reale 
per  la  costruzione,  manutenzione  e  sorveglianza  delle  strade  provinciali,  comunali  e  consorziali. 

Quantunque  il  periodo  di  tempo  stabilito  in  questo  articolo  per  la  compilazione   dei   regola- 
menti sia  già  scaduto  da  molti  mesi  e  quantunque  il   Ministro  dei   lavori  pubblici    abbia5  più 
volte  eccitate  le  Deputazioni  provinciali  a  voler  soddisfare  a  siffatto  obbligo,  per  quanto  a  noi 
consta  non  vi  furono  che  alcune  Provincie  Venete  che  si  sono  occupate  di  questi  Regolamenti 
tra  le  quali  primeggia  quella  di  Verona. 

Il  Regolamento  sulla  sorveglianza  delle  strade  comunali  del  Veronese  che  qui  produciamo  e 
che  venne  inserito  nel  N.  167  del  Gazzetta  Ufficiale  del  giorno  21  giugno  del  corrente  anno 
venne  modellato  sul  sistema  francese,  il  quale  però  fu  modificato  in  diversi  punti  per  meglio 
adattarlo  alle  nostre  esigenze  e  per  rendere  più  economica  la  sorveglianza  tecnica. 

Malgrado  che  i  principii  adottati  in  siffatto  Regolamento  non  siano  corrispondenti  alle  nostre 
convinzioni  ciò  non  ostante  non  possiamo  a  meno  che  di  riconoscere  meritevole  di  encomio  lo 
stesso  Regolamento  inquanlochè  vengono  le  strade  sottratte  dall'  arbitrio  e  dalla  indolenza  delle 
Giunte  dei  Comuni  e  dalla  trascuratezza  delle  imprese  le  quali  non  sorvegliate  costantemente  da 
un  personale  tecnico  responsale  non  adempiono  ai  loro  doveri  per  cui  le  strade  si  trovano  nella 
massima  parte  dell'anno  in  uno  stato  deplorevole. 

Ci  dispiace  che  anche  la  Commissione  nominata  dal  Consiglio  provinciale  di  Milano  per 
proporre  un  regolamento  sulla  sorveglianza  delle  strade  comunali  voglia  trattare  la  questione 
come  un  quesito  di  finanza  e  di  economia  anziché  prenderlo  nelle  viste  dell'interesse  e  del  bene 
generale. 

Ci  riserviamo  però  di  esporre  a  suo  tempo  la  nostra  opinione  in  proposito  e  frattanto  chia- 
miamo l' attenzione  dei  nostri  lettori  sul  seguente  Regolamento  del  Veronese. 

Regolamento  pelle  manutenzioni  delle  strade  comunali  per  la  provincia  di  Verona 
discusso  dal  Consiglio  provinciale  nelle  tornate  12  e  16  settembre  1867  ed  avvi- 
vato nelle  straordinarie  adunanze  13  gennaio  e  11  aprile  1868. 

(V.  R.  D.  17  maggio  1868  pubblicato  nella  Gazz.  ufficiale  del  16  giugno.  n.°  165). 

Art.  1.  I  comuni  provvedono  alla  manutenzione  delle  proprie  strade,  affidandone  la  direzione 
a  persone  dell'arte,  ossia  ingegneri  civili,  e  mediante  l'opera  di  stradini  stabili. 

Art.  2.  La  provvista  delle  materie  per  l'inghiaiamene  e  dei  lavori  straordinari! ,  sarà  fatta 
per  torniture  d' appalto  con  le  regole  e  norme  ordinarie  di  amministrazione. 


512  LEGISLAZIONE 

Art.  5.  I  comuni  che  hanno  meno  di  50  chilometri  di  sviluppo  stradale  possono  essere  riuniti 
in  consorzio  onde  nominare  un  solo  direttore  per  la  manutenzione  delle  loro  strade.  Gli  stradini 
stabili  e  le  forniture  di  materie  e  di  lavoro  straordinario  formano  oggetto  separato  di  ammini- 
strazione indipendente  per  ogni  singolo  comune,  e  in  ragione  del  suo  bisogno. 

Art.  4.  La  costituzione  dei  detti  consorzii  sarà  decretata  dal  Consiglio  provinciale  sulle  pro- 
poste della  deputazione.  [  m 

Art.  U.  Il  prospetto  dei  consorzii  o  condotte  di  manutenzione  sarà  notificato  ai  comuni  inte- 
ressati, i  quali  avranno  un  mese  di  tempo  per  sottoporre  alla  deputazione  provinciale  le  pro- 
prie osservazioni. 

Art.  6.  La  deputazione  provinciale,  raccolte  le  osservazioni  dei  comuni,  prima  che  sia  scorso 
il  novembre,  sottoporrà  di  nuovo  la  tabella  dei  consorzii  al  Consiglio  provinciale,  per   le   sue 

deliberazioni  definitive. 

Art.  7.  Ogni  proposta  di  mutamento  successivo  nella  costituzione  dei  consorzii,  sarà  egual- 
mente da  sottoporsi  all'approvazione  del  Consiglio  provinciale,  sentiti  prima  i  rispettivi  Con- 
sigli comunali.  . 

Art   8   I  direttori  devono  essere  muniti  di  patente,  che  li  abiliti  all'esercizio  della  professione 
di  ingegnere  civile.  Essi  sono  nominati  dal  Consiglio  comunale,  o  dai  Consigli   comunali  se  si 
tratta  di  più  comuni  riuniti  in  consorzio,  ritenuto  che  un  ingegnere  non  possa  avere  che  la  di- 
rezione di  un  solo  consorzio  stradale. 
Art.  9.  La  nomina  si  farà  previo  concorso. 

Art.  *0.  In  caso  di  più  comuni  si  riterrà  eletto  quello  che  otterrà  la  maggioranza  dei  Con- 
sigli, avendo  ciascun  d'essi  un  voto.  t 

Art.  11.  Nel  caso  di  voti  pari  sarà  per  una  volta  rinnovata  la  votazione   dei  Consigli  comu- 
nali  Se  per  difetto  di  maggioranza,   od   altra   cagione  i  comuni   interessati   non   nominano  il 
proprio  direttore,  la  nomina  è  devoluta   alla   deputazione  provinciale  che   dovrà  scegliere  tra  i 
nomi  proposti  nelle  votazioni  dei  Consigli  comunali. 
Art.  12.  I  direttori,  dopo  nominati,  durano  in  ufficio  quattro  anni. 

Art.  13.  La  spesa  dell'ingegnere  direttore  sarà  ripartita  tra  i  comuni  formanti  un  consorzio, 
in  ragione  della  lunghezza  delle  strade  in  manutenzione,  e  della  spesa  ordinaria  annuale  per  le 
stesse,  e  ciò  per  giusta  metà. 

Art.  14.  Sarà  formata  per  ogni  comune  una  pianta  di  stradini  stabili  in  ragione  del  ricono- 
sciuto ordinario  bisogno. 

Art.  15.  Gli  stradini  stabili  dipendono  da  un  capo  stradino,  pure  obbligato  al  lavoro;  gli  uni 
e  1'  altro  sono  nominati  dalla  giunta  sopra  la  proposta  dell'  ingegnere  direttore.  Gli  stradini  e 
capi  stradini  possono  essere  sospesi  dall'ingegnere  direttore,  il  quale  dovrà  darne  subito  notizia 
alla  Giunta  municipale  cui  spetta  il  licenziamento  definitivo. 

Art.  16.  L'ingegnere  direttore  dirige  e  sorveglia  la  manutenzione  delle  strade  ed  è  responsabile 
per  l'osservanza  delle  norme  del  regolamento. 
Art.  17.  A  questo  fine: 

a)  Visita  mensilmente  tutte  le  strade  del  suo  circondario  e  oltre  a  ciò  ogni  volta  che  vi  sia 
qualche  straordinaria  occorrenza;  dandone  sempre  avviso  riservato  alla  Giunta  municipale  al- 
meno tre  giorni  prima  della  visita,  i  cui  risultati  dovrà  ad  ogni  modo  riferire  alla   medesima; 

b)  Forma  i  progetti  per  1'  appalto  delle  forniture  di  materiale  e  di   lavoro   straordinario  per 

ogni  comune;  . 

e)  Forma  annualmente  il  preventivo  di  manutenzione  pure  per  ogni  comune  da  sottoporre  ai 

rispettivo  Consiglio;  . 

d)  Concorre  a  misurare  e  riconoscere  le  ghiaie  somministrate  dall'impresa,   col   preavviso  di 

cui  alla  lettera  a). 

e)  Controlla  le  polizze  dei  lavoratori  assunti  nei  casi  di  lavoro  straordinario; 

f)  Ha  debito  di  curare  affinchè  i  capi  stradini,  stradini,  appaltatore  e  lavoratori  adempiano 
ciascuno  ai  proprii  obblighi. 

Art,  18.  1  comuni  coli' assenso  dell' autorità  principale  potranno  sui  capitolati   di  assunzione 


LEGISLAZIONE  513 

degli  ingegneri  direttori  fissare  l'obbligo  della  visita  ad  ogni  due  mesi,  facendo  in  tal  caso  luogo 
a  riduzione  proporzionata  nella  tabella  degli  stipendi. 

Art.  19.  I  capi  stradini,  di  cui  all'articolo  14,  sono  obbligati  conformarsi  agli  ordini  impartiti 
dall'  ingegnere  direttore  e  dare  immediata  notizia  a  quest'  ultimo  e  all'autorità  comunale  d'  ogni 
disordine  che  si  verificasse  nel  servizio  delle  manutenzioni  stradali. 

Art.  20.  Sui  capitolati  predisposti  dagli  ingegneri,  i  comuni  provvedono  alle  forniture  dei 
materiali  e  del  lavoro  straordinario,  mediante  appalto. 

I  comuni  potranno  provvedere  in  via  economica,  sia  il  materiale,  sia  il  trasporto  di  esso,  o 
la  prestazione  del  lavoro  quando  ne  riportino  il  permesso  dalla  R.  prefettura,  a  termine  del- 
l'articolo 128  della  legge  comunale  e  provinciale. 

Art.  21.  Insorgendo  questione  sulla  qualità  della  ghiaia  provveduta  dal  comune  in  via  econo- 
mica, la  decisione  sarà  devoluta  all'ufficio  tenico  della  provincia. 

Art.  22.  L'ufficio  tecnico  provinciale  ha  la  sopraveglianza  sull'andamento  della  manutenzione 
di  tutte  le  strade  comunali  della  provincia. 

Art.  25.  I  capitolati  d'appalto  per  forniture  dovranno  essere  conformi  alle  istruzioni  da  esso 
emanate. 

Art.  24.  Una  copia  dei  preventivi  approvati  dai  Consigli  comunali  è  sempre  trasmesso  all'uf- 
ficio tecnico  della  provincia. 

Art.  25.  Le  Giunte  municipali  hanno  la  vigilanza  immediata  sulla  manutenzione  delle  proprie 
strade  e  su  tutto  il  personale  che  vi  è  addetto. 

Art.  26.  In  caso  di  abuso  o  negligenza  degli  stradini  o  loro  capi,  provocano  i  provvedimenti 
dell'ingegnere  direttore;  in  caso  di  negligenza  di  quest'ultimo,  riferiscono  all'ufficio  provinciale, 
e  quando  vi  sia  urgenza,  provvedono  direttamente  secondo  le  proprie  competenze  di  legge.  Il 
licenziamento  definitivo,  innanzi  tempo  dell'ingegnere  direttore,  deve  però  essere  assentito  dal- 
l'autorità provinciale. 

Art,  27.  La  Deputazione  provinciale  eserciterà  la  sopravveglianza  alla  manutenzione  delle 
strade  comunali  a  mezzo  dell'ufficio  tecnico  provinciale,  ordinando  quelle  visite,  che  saranno 
del  caso,  e  rendendone  conto  annualmente  al  Consiglio.  Le  spese  per  dette  visite,  e  per  ogni 
altra  incombemza  dell'ufficio  tecnico  provinciale  sono  a  carico  della  provincia. 

Art.  28.  Là  manutenzione  sarà  fatta  in  conformità  delle  migliori  regole  d'arte  secondo  il  si- 
stema tecnico  specialmente  in  vigore  nelle  provincie  venete,  e  le  ordinazioni  generali  dell'  ufficio 
tecnico  della  provincia. 

Art.  29.  Gli  ingegneri  direttori  attuali  scadono  d'ufficio  con  la  nomina  dei  nuovi  in  loro 
surroga.  Non  più  tardi  di  quindici  giorni  dopo  la  nomina  si  farà  la  consegna  delle  strade  ai 
nuovi  ingegneri. 

Art.  50.  L'  atto  di  consegna  si  farà  in  concorso  delle  rispettive  Giunte  municipali  :  esso  com- 
prenderà la  descrizione  delle  strade  in  manutenzione,  lo  stato  loro  e  dei  manufatti,  la  quantità 
e  qualità  di  ghiaia  o  di  breccia  nei  depositi.  Nella  consegna  sono  compresi  gli  oggetti  ed  at- 
trezzi di  proprietà  dei  comuni,  da  essere  conservati,  compatibilmente  coli' uso,  dalle  persone 
cui  sono  affidati. 

^  Art.  51.  L'atto  di  consegna  si  farà  in  duplo,  di  cui  un  esemplare  dovrà  essere  trasmesso  al- 
l'ufficio tecnico  provinciale.  Un  tale  atto  di  consegna  sarà  pur  compiuto  ogni  volta  che  per 
qualsiasi  causa  ad  uno  succeda  un  altro  direttore.  Gli  atti  di  consegna  costituiscono  un  obbligo 
degli  ingegneri  inerente  all'  ufficio  loro,  che  non  dà  diritto  a  competenze  speciali. 

Art.  52.  Per  tutti  i  lavori  straordinari  sulle  strade ,  e  relativi  manufatti ,  che  eccedono  il  ca- 
rattere della  manutenzione,  saranno  osservate  le  norme  generali  della  legge  dei  lavori  pubblici  e 
della  legge  provinciale  e  comunale. 

Art.  55.  Con  ulteriori  disposizioni,  ferme  le  massime  del  presente  regolamento  generale,  sa- 
ranno svolte  più  particolarmente  le  pratiche  tecniche  di  manutenzione,  le  norme  di  servizio  pei 
direttori,  capi  stradini  e  stradini,  le  condiaioni  essenziali  per  i  capitolati  delle  forniture  e  le 
istruzioni  per  la  contabilità  uniforme  delle  manutenzioni. 

Art.  54.  Questo  regolamento  sarà  tenuto  obbligatorio  per  un  quadrennio  in  via  di  prova,  salvo 
di  confermarlo  o  modificarlo  in  base  alla  esperienza  della  sua  utilità,  per  cui  la  Deputazione 
provinciale  dovrà  presentare  al  Consiglio  le  sue  proposte,  tostochè  sia  compiuto  il  terzo  anno  di 
esperimento. 


514 


LEGISLAZIONE 


QUADRO  di  divisione  dei  Comuni  in  37  Consorzi  per  la  manutenzione  delle  strade  Cornuti 

nella  Provincia  di  Verona. 


DISTRETTO 


II 


I. 

Verona 

1 
2 
5 
4 
5 

6 

7 
8 
9 

IL 

IO 

Villafranca 

11 

III. 

/so/a  rfe//a  Scala 

12 
15 

15 
16 
17 

IV. 

Sanguinetto 

18 
19 

V. 

Legnago 

20 
21 

22 
23 
24 

VI. 

Cologna 

25 

26 

27 

VII. 

5.  Bonifacio 

28 
29 
30 

COMUNI 

COSTITUENTI   IL    CONSORZIO 


CHILOMETRI 
del 


consorzio 


distretto 


Verona 

S.  Massimo,  Bussolengo,  Pastrengo  .    . 

Sona 

Avesa,  Quinzano,  Parona 

Grezzana,  Bosco,  Cerro,  Erbezzo,  Quin- 
to, Stelle 

S.  Michele,  Montorio,  Mizzole,  Rovere 
di  Velo. 

S.  Martino,  Lavagno,  Marcellise  .    .    . 

Zevio 

S.  Gio.  Lupatoto,  Cadidavid,  Castel  di 
Azzano,  Butlapietra 

Villafranca,  Mozzecane,  Nogarole,  Po- 

vegliano 
Valeggio,  Sommacampagna 

Isola  della  Scala 

Vigasio,  Trevenzuolo 

Erbe,  Sorga,  Nogara 

Bovolone,  Salizzole 

Isola  Porcarizza 

Oppeano,  Palù 

Sanguinetto,  Casaleone,  Correzzo,  Gazzo 
Cerea,   Concamarise,  S.  Pietro  di  Mo- 
rubio 

Legnago     

Roverchiara,  Angiari 

Villabartolomea,  Castagnaro  .  .  .  . 
Terrazzo,  Boschi  S.  Anna,  Bevilacqua 
Bonavigo,  Minerbe 

Cologna,  Zimella 

Pressana,  Boveredo 

Albaredo,  Cucca 

San  Bonifacio,  Arcole,  Belfiore,  Caldiero 

Cazzano,  Colognola,  Soave 

Monteforte,  Ronca,  Montecchia  —  stra- 
da sociale 

da  riportarsi 


47  39 

73  60 

40  61 

30  86 

114  50 

78  06 

63  75 

84  73 

51  64 

123  85 

83  29 

65  72 

65  36 

70  61 

60  20 

68  25 

53  21 

62  45 

63  50 

50  19 

50  16 

24  89 

42  69 

57  96 

76  78 

28  68 

58  24 

74  74 

51  20 

44  85 

584  84 


—   207  14 


383  35 


126  01 


225  89 


163  70 


SOLDO 
all'  ingegner^ 
direttore  per 


consorzio 


700 
250 
500 
800 

800 

700 
600 
600 


1000 
800 


700 
700 
850 
700 
800 
650 


800 
800 


700 
700 
450 
700 
750 


900 
500 
750 


1000 
700 
700 


LEGISLAZIONE 


515 


DISTRETTO 

o 
>  — 

•a  £ 

s  i 

COMUNI 

COSTITUENTI    IL    CONSORZIO 

CHILOMETRI 

del 

SOLDO 
all'  ingegnere 
direttore  per 

consorzio   distretto 

consorzio 

distretto 

Vili. 

Tregnago 

IX. 

Jietro  Incariano 

31 

52 

33 

34 

55 

36 
37 

riporto 

Illasi,  Mezzane 

Tregnago,  Badia  Calavena,  Selva  di  Pro- 
gno,  Vestenanuova,  Velo,  Saline 

S.  Pietro  Incariano,  Dolce,  Negarine, 

Pescantina,  S.  Ambrogio 
Negrar,  Fumane,  Marano,  Prun,  Breonio 

Caprino,  Affi,  Belluno,  Brentino,  Ca- 
stion ,  Cavajon  ,  Costermano ,  Fer- 
rara di  M.  B.,  Montagna,  Rivoli 

Bardolino,  Castelletto,   Garda,  Malce- 

sine,  Torri 
Peschiera,  Castelnuovo,  Lazise     .    .    . 

In  complesso    .... 

31  93 

29  69 

2,861  72 
61  62 

122  23 

m  59 

126  92 

2,305  88 

500 
500 

20600 
1000 

1500 
1000 

1000 
25100 

69  99 
m  24- 

800 
700 

X. 

m  39 

1000 

Caprino 

XI. 

Bardolino 

61  79 
65  13 

500 
500 

IVECWtO^OG-ME 


Con  dolore  dobbiamo  annunciare  la  morte  di  un  nostro  collaboratore,  di  uno  di  quegli 
uomini  integerrimi  e  saggi  che  dedicano  interamente  la  loro  vita  allo  studio  ed  alle  soavi  gioje 
della  famiglia. 

Giovanni  Aschieri  ,  buon  cittadino,  cultore  indefesso  delle  scienze,  appena  compiuti  gli  studi 
filosofici,  venne  dal  padre  associato  alla  gestione  amministrativa  dei  casali  Pallavicini  di  Cremona 
e  di  Milano,  e  alla  morte  di  quello  subentrò  in  tutti  i  suoi  incarichi.  Provveduto  di  sufficiente 
patrimonio,  condusse  comoda  vita  finché  le  vicende  del  1848  e  il  conseguente  deperimento  nel 
valore  degli  stabili ,  venne  a  scrollare  alquanto  la  sua  fiorente  condizione.  Ma  anche  nelle 
avversità  egli  non  dimenticava  lo  studio  delle  scienze  naturali  a  cui  con  tanto  amore  erasi  dedi- 
cato e  specialmente  gli  studi  agrari  e  scientifici.  Egli  solevasi  distrarre  dalle  sue  aride  occupazioni 
collo  studio  della  sua  scienza  prediletta,  la  botanica.  Scrisse  un  Sunto  di  tutte  le  scienze,  e  un 
Dizionario  di  geografia  comparata.  Era  collaboratore,  oltre  al  nostro,  del  giornale  /  Giardini 
e  della  Lombardia. 

Amante  del  proprio  paese  diede  sempre  prove  del  suo  amor  patrio  e  fu  sempre  tra  i  primi 
a  far  sacrifici  per  la  causa  nazionale. 

La  di  lui  perdita  è  compianta  da  quanti  ne  apprezzarono  i  meriti  e  le  virtù  e  dalla  scienza 
che  perde  in  esso  un  valido  appoggio. 


516  NECROLOGIE 


FARADAY    E    LE    SUE    SCOPERTE  (1) 

(Dall'  English  Mechanic). 

Faraday,  il  cui  nome  è  noto  a  chiunque  siasi,  anche  per  poco,  occupato  di  scienze  fisiche, 
è  uno  di  quegli  uomini,  pur  troppo  rari,  i  quali  colla  loro  scienza,  colle  loro  opere  e  colla  più 
perfetta  moralità  e  il  più  puro  disinteresse  seppero  rendersi  benemeriti ,  non  solo  del  proprio 
paese,  ma  dell'  amanita. 

Faraday  nacque  nel  1791  figlio  del  popolo  e  scrisse  egli  stesso  ch'egli  amava  le  officine  e 
tutto  quanto  vi  si  riferisce  :  suo  padre  era  lavorante  in  un'  officina  :  il  suo  avo  viveva  in  un 
villaggio  chiamato  Claphans  Wood  Hall  nell' Yorkshire.  Pare  che  la  sua  famiglia  venisse  in 
origine  dall'  Irlanda ,  e  in  vero  sembra  che  in  lui  si  unissero  con  mirabile  accordo  V  immagi- 
zione  e  la  vivacità  Celtica  coli' insistenza  al  lavoro,  l'amor  dell'ordine,  la  tenacità  di  proposito, 
proprie  dell'indole  Teutonica. 

A  13  anni  Faraday  era  apprendizzo  presso  un  legatore  di  libri  a  Londra,  e  vi  rimase  fino  ai 
21  anni,  dopo  di  che  passò  in  qualità  di  giornaliero  presso  un  altro  ch'egli  chiamava  disag- 
gradevole maestro.  Ora  fu  precisamente  nei  libri  ch'egli  legava  che,  nelle  ore  dopo  il  lavoro, 
egli  vi  trovò  i  principi  della  sua  scienza  :  sopratulti  poi  quello  che  più  vi  influì  fu  il  libro 
delle  Conversazioni  di  Chimica  del  Sig.  Marcet,  al  cui  autore,  Faraday  si  conservò  grato  per 
tutta  la  vita.  Egli  incominciò,  cogli  scarsi  mezzi  di  cui  poteva  disporre,  a  fare  le  esperienze 
indicate  in  quel  libro,  ed  in  seguito  si  esercitò  a  combinare  alla  meglio  una  macchina  elettrica. 
D'  allora  egli  fu  preso  da  vero  entusiasmo  per  le  scienze  fìsiche  e  specialmente  per  l' elettri- 
cità e,  decise  di  fare  ogni  sforzo  per  mettersi  in  posizione  da  poter  continuare  alacremente  i 
suoi'  studj  favoriti.  Dopo  qualche  tentativo  ebbe  la  fortuna  di  essere  introdotto  da  uno  dei  membri 
del  Reale  Istituto  ad  assistere  ad  alcune  delle  ultime  letture  che  vi  faceva  il  Sig.  Davy  Faraday 
prese  nota  di  quelle  letture,  le  trascrisse  con  esattezza  e  le  mandò  a  Davy  pregandolo  di  volergli 
dar  modo  di  proseguire  quegli  studj  eh'  egli  prediligeva.  Davy  gli  rispose  assai  cortese  e  lo  am- 
mise nel  suo  laboratorio. 

Faraday  accompagnò  Davy  nel  suo  soggiorno  a  Roma  e  ritornò  poi  nel  Reale  Istituto  di 
Londra  il  15  Maggio  1815.  Il  suo  primo  lavoro  scientifico  apparve  nel  1816  nel  giornale  Quarterly 
of  Science  allora  pubblicato  da  queir  Accademia.  Il  suo  primo  successo  notevole  fu  in  alcune 
esperienze  sulle  Fiamme  nelle  quali  provò  che  le  spiegazioni  date  da  De  La-Rive  professore  a 
Ginevra  erano  insufficienti.  Dal  1818  al  1820  fu  assistente  alle  letture  del  Sig.  Brande,  nel  quale 
incarico,  certo  non  di  grande  difficoltà,  trovò  modo  pure  di  distinguersi.  In  seguito  fu  nominato 
direttore  del  Laboratorio  ;  e  fu  qui  eh'  egli  sostenne  le  sue  più  grandi  fatiche.  Il  12  Giugno  1821 
all'  età  di  30  anni  Faraday  prese  moglie  ed  ottenne  di  poter  tenere  con  sé  la  sua  giovine  spos* 
nelle  camere  del  Reale  Istituto. 

Questi  sono  i  tratti  principali  della  sua  vita  privata.  Della  sua  vita  scientifica  ricorderemo 
anzitutto  le  sue  scoperte  chimiche.  Egli  dimostrò  che  i  così  detti  nuovi  metalli ,  il  Sirio  e  il 
Vestio,  erano  corpi  composti  ;  nel  1820  egli  si  accinse  in  unione  al  Sig.  Stodart  a  lunghe  inve- 
stigazioni sulla  miglior  qualità  di  acciajo.  Nel  1825  come  membro  di  un  comitato  istituito  dalla 
Reale  Associazione  allo  scopo  di  esaminare  la  manifattura  del  vetro  per  usi  ottici,  egli  inco- 
minciò una  lunga  serie  di  esperienze  a  questo  proposito  in  unione  al  Sig.  Herschel  e  al  Sig.  Dollond, 
esperienze  che  durarono  fino  al  1829.  Si  dice  che  il  giuochetto  ottico  chiamato  dei  Cronotropi 
sia  dovuto  a  lui  ;  ed  a  questo  si  può  aggiungere  queir  altro  detto  dei  Tootropi.  Faraday  dimo- 
strò che  i  gas  come  la  clorina ,  il  cianogene ,  V  acido  carbonico,  i  gas  ammoniacali,  l'acido 
solforico  ecc.  potevano  essere  liquefatti  col  mezzo  di  bassissime  temperature  e  di  forti  pressioni: 
e  da  quelle  esperienze  derivarono  poi  importanti  applicazioni  pratiche  nella  produzione  dei  freddi 


(1)  Michele  Faraday  morì  nel  Settembre  dello  scorso  anno  1867. 


NECROLOGIE  gj7 

intensi  nella  preservazione  delle  sostanze  animali,  nella  composizione  delle  acque  gazose  eec  _ 
La  mattina  del  d.  d,  Natale  de.  4821  egli  ebbe  l'ineffabile  soddisfazione  di  chfamare  la  sna 
moglie  a  testimonio  dei  movimenti  dell'ago  calamitato  in  virtù  delle  correnti  elettriche  Lo 
stesso  anno  s.  occupò  della  vaporizzazione  del  mercurio  a  basse  temperature;  ed  in  seguito  fece 
col  Sig.  Stodart  vane  esperienze  sulle  leghe  d' acciajo. 

JlTltZ'  r"6"'0  Semp,'e  a-far  n"0VÌ  StUdj'  tr°VÒ  un  sistema  Per  esPelIere  i  Prodotti  nocivi 
del  a  combustione  provenient,  dalle  fiamme  a  gas  e  per  produrre  colle  correnti  così  generate 
un  opportuna  venturone.  Egli  fu  pure  consultato  dai  vari  governi  riguardo   alla   venulazione 

st'e  d"iiauomini  de"e  m,"Ìere  ^  Carb°n  f0SSUe'  6  ad  aUre  *f»?  —  ■»  S 

Ma  le  quattro  maggiori  scoperte  di  Faraday  sono: 

1.°  L' induzione  Elettro-Magnetica. 

2.°  La  gran  legge  sulle  Decomposizioni  Elettro-Chimiche. 

5.°  La  magnetizzazione  della  luce. 

ft.°  Il  Diamagnetismo. 

(Continua) 


SOCIETÀ   ITALIANA  DI  SCIENZE  NATURALI 

Sedute  di  Giugno  e  Luglio  1868. 

Per  l'assenza  del  Prof.  Cornalia  nella  seduta  del  28  Giugno,  occupa  il  seggio 
Pres.denz.ale  .1  Vice-presidente  Antonio  Villa,    il  quale  presenta   per  primo  un 

che  verrà  pubblicato  negli  atti.  ' 

JJrZlleU°  ,7  naVOr°  dd  S,°CÌ0  De,pÌn°  di  Firenze'  Ulteriori  osservazioni  e  con- 
siderazioni  sulla  Dicogamia  nel  regno  vegetale,  ed  altro  del  Socio  Beccari  di  Pisa 
Intorno  tre  nuove  piante  di  Borneo.  ' 

Sul  ̣l  VerTata-  coll'^^ncio  di  un'opera  dell'abate  Disconsi  di  Vicenza, 
Sulla  Fauna  Vicentina,  ,n  segu.to  a  quella  già  pubblicata  dell'Entomologia  Vi- 
'•/"nulla. 

Nell'altra  seduta  del  24  Luglio  il  Presidente  Profess.  Cornalia   parla  di  una 

straordinaria  comparsa  della  Caruga  della  Vite  m  Lombardia  (anomala  vitis),  no- 

a  niCrniCat    ,        ST-  Ing-Maimeri'  che  ^  ha  constatato  personalmente  i 

minor,    F  rT        """"S  ÌQ  3lCUnÌ  tratti  di  Paese  a  Solbia(e  Olona,  Gorla 

m.nore,  Fagnano  Olona,  ecc.   Egli   ha  spedito  pure  varj  esemplari  dell'  usetto 

stao  Si'n  ,r,  aSCÌ°rdÌ  M1  C°Ile  f0gUe  dÌSlrUtte  «""'  in  totalità  da'  me  °- 
smo.  Si  parlò  del  miglior  modo   per  liberarsi  da  questa  specie,   quello  cioè  di 

raccoglierie  dandone  la  caccia,  ed  il  Vice-presidente  Antonio  Villa  rammentò  i 
T^i,     Pra'iC0Asu^er,t0  da  un  n^tro  socio  effettivo,  ora  defunto,  il  Sig.  Venanzio 
Tamburini  d,  Ossola,  quello  cioè  d'impiegare  i  polli  d'India  p  r  la  loro  caccia 

?rrÌb,ICata-Ìn,;AbbÌategraSS°  nel  1863'  N^  e  sicuro  Lodo  pl^gl 
geregh  insetti  nocivi  alla  vegetazione  e  specialmente  la  Carruga  tanto  infesta  alle  viti. 

vaziZ  ?         w  S6gT  df"  Mem0ria  del  Socio  De,Pino>  m^ori  osserva- 

vaziom  e  considerazioni  sulla  Dicogamia  nel  regno  vegetale. 


glg  SOCIETÀ  ITALIANA  DI  SCIENZE  NATURALI 

Stoppani  Prof.  Antonio  propone  che  la  Presidenza  mandi  un  invito  speciale 
pel  nostro  Congresso  in  Vicenza,  all'adunanza  del  Congresso  Svizzero  che  si  terra 
a  Einsiedlen  nei  giorni  24,  28  e  26  di  Agosto. 

Per  ultimo  si  comunica  l' invito  avuto  da  una  Società  di  Chicago  (Stati  Uniti 
d'America)  per  assistere  ad  un  Congresso  di  Scienze  Naturali. 

Vi  furono  nomine  di  Socj  sì  in  questa  che  nell'altra  seduta  antecedente,  e  non 
dovendo  aver  luogo  altra  seduta  nell'Agosto,  i  Socj  si  lasciano  col  desiderio  di 
rivedersi  in  buon  numero  all'  adunanza  straordinaria  che  si  terrà  nel  prossimo 
Settembre  in  Vicenza. 


ANNUNZII. 

L'Agenzia  Belga  Jos  Dupont  e   C.   ci  eomuniea  che  lo  Stabilimento  della  Providence  H 
confidi  la  sua  rappresentanza  per  le  varie  forme  di  ferri  a  I,  all'Agenz,a  stessa,  avente  Sede 

in  Milano  Via  Crocefisso  N.  7.  ..... ,  ...  ,•  „M,.rpii,, 

Presso  la  medesima  si  possono  esaminare  senza  nessun  impegno  i  diversi  modelli  di  poutrelles 

e  avere  su  di  esse  ogni  opportuna  indicazione. 


LA     FIIiOTECNIC  A 


AVVISO 

circa  i  prezzi  di  strumenti  non  stati  finora  pubblicati  in  questo  periodico. 

In  risposta  a  varie  domande  state  indirizzate  alla  Filotecnica  circa  il  prezzo  di  : ^^f 
astronomia  ed  altri  di  varie  grandezze,  la  direzione  si  reca  a  premura  di  far  conoscere  alla  sua 
STea  che  pe  Ulti  i  casi  non  previsti  nelle  tariffe  già  pubblicate  nel  presente  per.od.cos 
Satme  Pienamente  in  vigono  ancbe  per  la  Filotecnica  ta  tariffa  ™™g££%£ 
di  Parigi,  quivi  pubblicata  il  primo  Luglio  1857,  della  quale  un  esemplare  e  deposito  pre.se 
la  redazione  del  presente  periodico. 


B    SALDINI,  Proprietario,  Gerente  responsabile. 
Milano,  Tip.  degli  Ingegneri.  »•  s-Atumi,  k    p 


i 


MEMORIE   ORIGINALI 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO, 

I    FIUMI    CHE    VI    CONFLUISCONO, 

E  PRINCIPALMENTE  GLI  ULTIMI  TRONCHI  DEL  PO, 

SUSSEGUITI 

DA  CONSIDERAZIONI  INTORNO  AI  PROGETTI  PER  LA  REGOLAZIONE  DELLE  ACQUE 

ALLA    DESTRA    DI    QUESTI 

MEMORIA 

dell'  Ingegnere   Elia  Lombardini 

letta  nelle  adunanze  del  R.  Istituto  Lombardo. delle  Scienze. 
(Vedi   pag.  395) 


XXXIV.  Proposte  anteriori  fatte  dal  Origlienti  su  questo 
particolare. 

290.  Pel  caso  che  si  rinunziasse  all'  immissione  del  Reno  in  Po  e  si  volesse 
tener  ferma  l'attuale  inalveazione,  al  fine  di  procurare  un  sufficiente  abbassa- 
mento di  pelo  d'  acqua  dopo  che  vi  venisse  aggiunto  l' Idice  e  gli  altri  minori 
torrenti  in  colmata,  il  Brighenti  avrebbe  proposto  il  partito  accennato  al  §  151. 
Esso  consiste  neli'  abbassare  lateralmente  alle  valli  di  Comacchio  di  non  meno 
di  5m  1'  argine  sinistro  del  Reno  da  S.  Alberto  alla  chiavica  Leonarda  paralle- 
lamente ai  pelo  d'acqua  della  piena  3  giugno  1844  segnata  nel  profilo,  onde 
divertire  pressoché  la  metà  della  piena  stessa  in  una  porzione  della  Valle  Vacca, 
da  cingersi  d'  argine  per  una  superfìcie  di  circa  42  chilom.  q.  In  tal  modo 
egli  considera   ritirata   la   foce  in  mare  per  9  o  10  miglia  (17  a  19  chilom.) 

Avvenenza,  =  Fra  i  provvedimenti  proposti  all'art.  XXXIII  per  l'attuale  inalveazione  di 
Keno-Primaro,  vi  è  al  §  288,  pag,  426,  quello  di  una  nuova  sfociatura  in  mare,  partendo 
dalla  chiavica  Umana.  La  linea  ivi  indicata  attraverserebbe  l'estrema  appendice  della  valle  Sa- 
varna.  Ma  siccome  la  nuova  foce,  attesa  la  sua  prossimità  al  porlo  Corsini  di  Ravenna,  potrebbe 
arrecargli  pregiudizio  cogli  interrimenti,  si  riconosce  preferibile  il  partito  di  dirigere  quella 
linea  fra  l'attuale  e  l'alveo  derelitto  del  Lamone,  con  che  si  otterrebbe  tuttavia  un  accorcia- 
mento di  due  chilometri  ,  ed  a  quanto  pare,  qualche  economia  nella  spesa. 

Giorn.  Ing>  —  Voi.  XVI.  —  Settembre  1868,  34 


520  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

Troverebbe  inoltre   opportuno    di    aggiungere   altra   diversione  a  destra  alle 
Mandriole  suggerita  dai  Vecchi. 

291.  L'argine  di  Fossa  di  Porto,  ove  dovrebbe  incominciare  l'abbassamento 
di  quello  del  Reno,  trovasi  a  soli  15  chilometri  dalla  foce.  Quest'ultimo  ri- 
sulterebbe cosi  in  principio  alto  tuttavia  3m,70  sul  livello  ordinario  del  mare 
segnato  in  profilo,  ove  la  piena  avrebbe  la  supposta  portata  di  1000  m.  e,  che 
collo  scaricarsi  si  andrebbe  riducendo  ad  una  metà  alla  foce.  Per  questa  metà 
residua  non  avverrebbe  adunque  arretramento  di  foce,  e  per  l'altra  metà  da  sca- 
ricarsi lateralmente,  dovendo  ciò  avvenire  in  maggior  copia  in  principio  fino 
al  totale  attenuamento  della  piena,  ne  consegue  che  il  pelo  d'  acqua  potrebbe 
ivi  alzarsi  di  un  metro  sul  piano  dell'argine  abbassato  onde  versarsi  nella 
valle.  Dunque  anche  per  l'altra  metà  della  piena  da  divertirsi  non  si  potrebbe 
considerare  la  foce  ivi  arretrata,  dovendo  ciò  aver  luogo  ad  un'altezza  di 
circa  4m,70  sul  livello  ordinario  del  mare.  Ne  risulta  quindi  che  insignificante 
verrebbe  a  riuscire  la  depressione  della  piena  alla  Bastia,  ove  si  immetterebbe 
ridice  alla  distanza  di  22  chilometri,  siccome  lo  si  può  ricavare  dagli  effetti 
della  rotta  del  Panaro  alle  Caselle  nella  piena  del  1842  (1). 

XHLXV.  Effetti  che  si   avrebbero    nell'attuale   inalveatone 
qualora  ne  venisse  tolto  il  Reno  per  immetterlo   in   Po. 

292.  Una  delle  difficoltà  promosse  contro  l'immissione  del  Reno  nel  Po,  par- 
ticolarmente dagli  interessati  della  Romagna,  si  è  quella  che,  mentre  il  fondo 
dell'attuale  inalveazione  può  considerarsi  stabilito,  rimosso  da  essa  il  Reno,  e 
sostituitovi  ridice  cogli  altri  torrenti  minori  in  colmata,  si  alzerebbe  il  fondo 
stesso  in  guisa  da  impedire  sempre  più  gli  scoli  delle  campagne  e  da  accre- 
scere i  pericoli  delle  rotte  tanto  pel  recipiente  quanto  per  gli  influenti. 


(1)  Per  cingere  quella  porzione  di  valle  occorre- 
rebbe un  argine  della  lunghezza  di  29  chilometri, 
doppia  di  quella  del  distrutto  argine  del  Mantello, 
del  quale  si  è  parlato  al  §  113.  La  sua  costruzione 
e  manutenzione,  a  pari  lunghezza,  sarebbe  di  mi- 
nore impegno,  attesa  la  profondità  più  piccola  della 
valle  Vacca,  e  quindi  la  minore  azione  degli  on- 
deggiamenti; ma  tuttavia  riuscirebbe  considerevole 
il  dispendio  in  relazione  al  limitato  effetto  che  se 
ne  potrebbe  attendere.  Nella  piena  del  Panaro  del 
1842,  siccome  appare  dalla  Nota  C  della  Memoria 
sulla  pianura  subapennina,  le  acque  a  Navicello  si 
alzarono  a  2m,42  sopra  guardia,  mentre  al  Finale 
posto  35  chilom.  a  valle  giunsero  a  2m,17.  Avve- 
nuta la  rotta  delle  Caselle  in  destra  a  22  chilom. 
sotto  Navicello,  la  piena  massima  si  è  quivi  abbas- 
sata di  4  centim.  e  di  altrettanto  dopo  12  ore; 
mentre  al  Finale  le  acque  si  erano  contemporanea- 
mente abbassate  di  3m,30,  cosicché  più  della  metà 


della  piena  era  allora  divertita  dalla  rotta.  Nelle 
12  ore  successive  la  piena  a  Navicello  non  si  è 
abbassata  che  di  altri  7  centim.  quindi  di  0m,15 
sotto  la  massima.  Mancano  le  contemporanee  osser- 
vazioni al  Finale.  Da  ciò  ricavasi  che  malgrado 
all'  essere  raccolto  il  Panaro  in  un  canale  ristretto 
senza  golene,  in  una  piena  di  10m  snlla  magra,  a 
22  chilom.  di  distanza  fu  pressoché  nulla  la  chia- 
mata di  quella  rotta.  Tale  provvedimento,  giusta 
il  Brighenti,  sarebbe  stato  urgente  nel  1855,  no- 
tando che  entro  otto  o  dieci  anni  era  indispensabile 
il  togliere  l' Idice  e  gli  altri  prossimi  torrenti  alla 
colmata.  Ora,  nella  scrittura  finora  inedita  di  un 
tecnico,  il  quale  fu  per  qualche  tempo  ingegnere 
di  riparto  nella  stessa  località,  dichiarasi  che  senza 
difficoltà  que'  torrenti  possono  tenersi  ancora  in 
colmata  per  molto  tempo  anche  nel  caso  eh*  una 
porzione  delle  valli  venga  conservata  siccome  ba- 
cino d'  espansione  degli  scoli. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  521 

295  II  Brighenti  osserva  nella  prima  Memoria  che  il  Reno  attualmente  giunge 
ali  ultimo  tronco  al  decrescere  della  piena  dei  torrenti  inferiori,  dopo  che  la 
sua  sì  e  estesa  in  tanta  lunghezza  e  capacità  d'alveo,  mentre  la  piena  dell' Idice 
v.  discenderebbe  contemporanea  con  una  portala  che  sarebbe  equivalente  a 
quella  che  avrebbe  il  Reno  nel  colmo  della  piena  di  essi  torrenti;  ed  aggiunge- 
«  tome  il  corpo  d'acqua  può  stimarsi  eguale,  ed  anche  maggiore,  per  l'effetto 
«  di  mantenere  la  potenza  delle  piene,  così  credo  che  debba  tenersi  minore 
«  il  grado  di  torbidezza,  perchè  il  bacino  dell' Idice  è  amplissimo  nella  pianura 
«  ed  angusto  nei  colli,  mentre  quello  di  Reno  colla  Samoggia  è  per  lo  contrario 
«  piccolissimo  nella  pianura,  e  vasto  fra  monti;  inoltre  la  seconda  metà  della 
«  piena  del  Reno  viene  ordinariamente  dopo  lo  sfogo  dei  torrenti  inferiori  e  si 
«  stanca  per  la  lunga  via,  deponendo  più  facilmente  le  torbide  » 

294.  L'ispettore  Scotini  avrebbe  ammesse  queste  idee;  ma  non  fidando  in- 
foramene  nella  supposta  equivalenza  dell'Idice  e  del  Reno,  calcolò  il  probabile 
alzamento  del  fondo  presso  la  Rastia  di  r,31.  Osserva  però  non  esservi  mo- 
tivo di  allarmarsene,  perchè  dopo  la  nuova  confluenza  dell'Idice  e  Quaderna 

di  nZen^°n°  'iT ",  acTPaSnat0  da  arSini  àrsimi  che   si    eleverebbero 
di  oltre  8  ,50  sul  fondo  rialzato. 

295.  Il  professore  Turazza  non  si  appagherebbe  delle  ragioni  addotte  dal 
Brighenti  onde  consacrare  la  sostituzione  dell'Idice  al  Reno  sufficiente  per 
non  alterare  il  reggime  dell'  ultimo  tronco  d' inalveazione ,  notando  che  per 
quanto  si  approssimi  colà  la  portata  massima  dell'uno  e  dell'altro  fiume  nel 
Reno  prevale  la  durata  al  punto  da  servire  quale  regolatore.  Egli  ammetter'ebbe 

meTTm  ir  ™  TX""*  Ml°  SC°"nÌ  °nde  determi°a™  approssimativa- 
mente  la  mo  ideazione  delle  pendenze,  ma  non  i  suoi  dati  numerici,  e  dubita 
eh  dopo  1  ultima  confluenza  abbia  a  conservarsi,  giusta  l'opinione  di  questo, 
1  attui  pendenza  d,  fondo.  Rifatto  quindi  il  calcolo  in  relazione  ai  mo- 
duh  del  bacino  montuoso,  oppure  ai  moduli  totali,  e  supposta  pure  inalterata 
la  pendenza  dopo  tutte  le  confluenze,  gli  risulterebbe  che  per  lo  meno  alla 
Bastia,  ove  confluirebbe  ridice,  l'alzamento  di  fondo  non  dovrebbe  essere  mi- 
nore di  2  ,097.  Egli  con  tutto  ciò  teme  che  il  Brighenti  e  lo  Scotini  s'illudano 
sulla  quasi  innocuità  di  siffatta  sostituzione,  potendo  la  contemporaneità  della 
confluenza  della  piena  dell'Idice  dar  luogo  ad  un  maggiore  alzamento  di  quella 
odierna  del  recipiente,  e  che  la  sezione  di  questo  abbia  a  scemare  di  capacità 
per  le  maggior,  deposizioni.  Su  tale  particolare  egli  reputa  necessario  di  fare 

21T  lì ■      '  l  t3r?  resPerienza,  inclinando  per  altro  a  credere  che 

questa  abbia  a  dimostrare  la  necessità  di  una  nuova  inalveazione. 

e  21       g      ,"  a  S0Stegn°  dd  Pr°pri0  assunt0  adduce  circostanze  di  fatto 
T  eraz'0n]I  «he  non  potrei  ammettere.  Egli  nota  che  deve  tenersi  minore  il 

d      Ì°  Zn-de"     'Ce  PerChè  H  SU°  baCÌ"°  è  amP,issimo  »e»a  P-nura 

ed  angusto  ne,  colli;  e  d.fatt.  indica  la  sua  superficie  al  piano  di  4404  chil.  q 

e  quella  al  monte  di  475  cbil.  q.  ' 

297.  Misurata  per  altro  sulla  carta  la  pianura  intersecata   dall' Idice  e  dagli 

altri  prossimi  torrenti  in  colmata,  fra  il  canale  Naviglio  e  quello  di  Medicina, 


mi  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

essa  sarebbe  di  chilom.  q.  685,  de' quali  circa  140  chil.  q.  soltanto  scolereb- 
bero direttamente  nell'Idice  e  negli  altri  torrenti  arginati,  ed  i  residui  545  chil.  q. 
della  più  bassa  pianura  costituirebbero  un  circondario  di  scoli  che  non  hanno  a 
cbe  fare  colla  piena  del  Reno  né  con  quella  dell' Idice  che  vi  si  aggiungesse, 
affluendovi  essi  coll'aprimento  delie  chiaviche  dopo  cessate  queste.  Non  si  sa  poi 
comprendere  come  la  piena  del  Reno  debba  portare  maggior  copia  di  torbide, 
perchè  si  stanca  nella  lunga  via.  Se  la  piena  si  è  stancata  a  monte  della  Bastia 
pel  lungo  corso,  avrà  ivi  in  gran  parte  deposte  le  torbide,  e  le  sue  acque  do- 
vranno essere  maggiormente  atte  ad  escavare  il  fondo,  perchè  comparativamente 
chiarificate  e  convogliami  materie  più  sottili.  Queste  considerazioni  convalidereb- 
bero sempre  più  i  timori  manifestati  dal  professore  Turazza,  che  la  rimozione  del 
Reno  dall'attuale  inalveazione  possa  essere  causa,  non  solo  di  notevole  alzamento 
di  fondo  che  impedisca  sempre  più  lo  scolo  dei  territorj  circostanti,  ma  eziandio 
di  alzamento  di  piene,  cosicché  non  abbiano  ad  essere  sufficienti  a  contenerle 
le  arginature  che  l'accompagnano.  Quei  timori  poi  si  accrescerebbero  quando 
l'egregio  professore  avesse  a  scorgere    l'insussistenza    dell'ampio  bacino  del- 
l'Idice  nella  pianura  dianzi  dimostrata,  e  delle  conseguenze  che  se  ne  volevano 
dedurre,  e  che  in  parte  avrebbe  ammesse. 

XXXVI.  Progetto  dell'  iiig.  Angelo  Manfredi  di  creare  un 
nuovo  fiume  apenninico,  deviando  Secchia  e  Panaro  dal 
Po  per  allacciarli  al  Reno  ed  agli  altri  torrenti  inferiori 
e  condurli  direttamente  al  mare* 

293.  Al  §155  abbiamo  accennato  come  il  professore  Turazza  abbia  presa  in 
esame  la  proposta  dell'ingegnere  Manfredi  di  allacciare  i  torrenti  dell' Apennino 
dalla  Secchia  al  Lamone  per  inalvearli  e  scaricarli  in  mare,  formandone  un  nuovo 
fiume,  e  l'abbia  in  massima  considerata  utilissima  ma  di  non  probabile  esecu- 
zione, attese  le  gravi  difficoltà  tecniche  da  superarsi  e  l'enorme  spesa  richiesta. 
L'ingegnere  Manfredi,  in  un  articolo  del  1866    pubblicato  in  Modena  sul  voto 
del  prefato  professore,   osserva   che  non  stanno  le  sue  eccezioni   sul  progetto 
del  nuovo  fiume  in  quanto  che  non  ne  conosce  i  particolari,  fra'  quali  il  par- 
ziale progetto  di  un   grandioso    canale    d'irrigazione    derivabile  dal  Po  presso 
Piacenza,  i  cui  proventi  concorrerebbero  a  scemare  il  dispendio.  Egli  nota  che 
una  persona  benemerita  si  è  generosamente  offerta  a  sostenere  le  spese  degli 
studj  particolareggiati,  già  compiuti  rispetto  al  nuovo  fiume;  studj  che  nel  1866 
non  potè  estendere  al  canale  in  causa   dello    stato   di  guerra.   È   presumibile 
che  dopo  d'allora  siensi  compiti  anche  per  questa  ultima  parte,  e  che  l'autore 
abbia  a  pubblicare  un  progetto  complessivo  basato    sopra   dati   maggiormente 
positivi;  cosicché  parrebbe  oggidì  intempestivo  il  discorrerne.  Ma,  attesa  la  stretta 
relazione  di  tale  proposta  coti' argomento  che  sto  trattando,  ne  dirò  alcun  che, 
partendo  dai  dati  puramente  abbozzati  ne' suoi  scritti  anteriori. 

299.  Il  piano  immaginato  verrebbe  secondo  lui  consigliato  dall'  infelice  con- 
dizione in  che  trovansi  la  Secchia  ed  il  Panaro,  particolarmente  dopo  che  ne 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  523 

è  stato  recentemente  alterato  il  reggime  con  opere  inconsulte;  dai  tristi  effetti 
che  ne  conseguirono  e  ne  conseguiranno  per  quello  del  Po  ove  confluiscono  ; 
da  quelli  ancor  più  tristi  che  deriverebbero  dal  mandare  ad  effetto  la  vagheg- 
giata immissione  del  Reno  nel  Po  ;  ed  a  suo  avviso  dalla  pressoché  impos- 
sibile conservazione  dell'odierna  inalveazione  del  Reno  nel  Primaro  (1). 

300.  Giusta  la  traccia  datane  negli  anteriori  articoli  da  lui  pubblicati ,  e^li 
prenderebbe  la  Secchia  al  Ponte  Alto,  la  congiungerebbe  presso  Villavara  al 
Panaro,  e  con  questo  alla  Samoggia  ed  al  Reno  sopra  Cento.  Di  là  passerebbe 
la  linea  in  prossimità  di  Sant  Giorgio  in  Piano,  di  Durazzo  e  di  Conselice,  per 
terminare  in  Primaro  sotto  Sant'  Alberto  ,  raccogliendo  mano  mano  i  torrenti 
inferiori  in  punti  i  più  favorevoli  alla  loro  confluenza. 

301.  Il  canale  d'irrigazione  si  deriverebbe  dal  Po  presso  Piacenza,  dovrebbe 
essere  della  portata  di  83  m.  e.  per  1",  e  passerebbe  prossimamente  per  Caorso, 
Villanova,  Cortile,  Poviglio,  Noveilara,  Carpi,  Bomporto,  Ravarino,  unendosi  sopra 
Cento  al  nuovo  fiume  dopo  137  chilometri.  Stabilitone  il  fondo  a  3m  sotto  la 
massima  magra  del  Po,  pei  primi  27  chilometri  rimarrebbe  incassato  nel  terreno 
colle  sue  acque  della  profondità  normale  di  3m,  dopo  di  che,  ove  si  effettue- 
rebbero le  diramazioni  irrigue  l'incassamento  si  limiterebbe  ad  lm,60,  soste- 
nendo le  acque  per  lra,40  mediante  argini.  La  pendenza  del  pelo  d'acqua  ver- 
rebbe a  riuscire  di  circa  0m,15  per  chilometro.  Egli  calcola  in  600  000  ettari 
la  superfìcie  del  territorio  che  potrebbe  godere  il  benefìzio  della  irrigazione. 

302.  La  spesa  di  costruzione  del  nuovo  fiume,   compreso  il  ter- 
reno da  occuparsi ,  la  calcola  in L.  40  000  000 

Quella  per  la  costruzione  del  nuovo  canale  in »  20  000  000 

E  per  perdita  di  frutti  e  proventi  durante  il  1.°  decennio  calcola  »   15  000  000 


cosicché  il  dispendio  totale  risulterebbe  di 


L.  75  000  000 


Questa  spesa  dovrebbe  anticiparla  una  società  cui  si  accordasse  una  conces- 
sione utile  di  80  anni,  indicandosi  le  annuali  passività  cui  dovrebbe  far  fronte 
ed  i  proventi  che  avrebbe  ad  introitare  (2). 


(1)  Neil'  agosto  1847  consegnai  al  ministero  di 
L'odena  il  manoscritto  originale  della  mia  Memoria 
precitata  sulla  pianura  subapennina  nella  quale  dis- 
suadeva dal  praticare  raddrizzamenti  nel  corso  della 
Secchia.  Ma  nel  1851,  per  un  cambiamento  avvenuto 
nel  personale  dell'amministrazione  delle  acque,  si 
manifestò  una  specie  di  reazione  contro  le  massime 
che  aveva  suggerite,  ed  il  tecnico  che  venne,  sosti- 
tuito al  defunto  mio  amico  ispettore  generale  Giu- 
seppe Manzotti  prese  a  fare  l'opposto.  Nell'Aggiunta 
alla  nota  finale  D  di  essa  Memoria  pubblicata  nel  1 865 
(pag.  138)  dò  ragguaglio  dei  notevoli  raddrizzamenti 
dalla  Secchia  eseguiti  dal  1851  al  1859,  e  dei  tristi 
effetti  che  se  ne  sono  finora  avuti  con  un  fatale 
sovvertimento  del  reggime  del  fiume  che  fu  cagione 
di  rotte   disastrose   e    d'  immensi    danni  ,   siccome 


io  aveva  fin  da  principio  presagito.  Nella  stessa 
Memoria  manoscritta  del  1847  (§  29),  attesa  la  ri- 
stretta sezione  del  Panaro,  aveva  sconsigliato  dal 
difenderne  le  scarpe  con  opere  di  verde  che  ne 
avrebbero  soverchiamente  ingombrato  il  corso  ;  e 
suggerito  di  rivestirle  con  selciato  oppure  con  mat- 
toni. L' ingegnere  Manfredi  nel  precitato  suo  arti- 
colo del  1866  (pag.  54)  nota  che  quello  stesso  tec- 
nico fece  all'opposto  rivestire  le  sponde  del  Panaro 
con  frascame,  e  che  per  l'ingombro  della  sezione 
fluviale  ne  è  seguito  un  pregiudicevolissimo  rigon- 
fiamento delle  piene,  con  approfondamento  d'alveo, 
e  con  dirupamenti  delle  sponde  che  intendevasi  di 
proteggere. 

(2)  Le  spese  di  annuale  manutenzione  e  d'ammi- 
nistrazione le  calcola  come  segue  ; 


524  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

505.  Dopo  le  tristi  vicende  cui  soggiacque  il  corso  degli  ultimi  tronchi  del 
Po,  e  P  infelice  risultamene  che  si  ebbe  dalla  inalveazione  nel  Primaro  dei  tor- 
renti dell'Apennino,  i  quali  ne  erano  stati  la  causa,  egli  è  indubitato  che  l'idea 
di  correggerne  la  linea  onde  incassarne  maggiormente  P  alveo  nelle  campagne  da 
intersecarsi ,  e  di  aggiungervi  altri  due  torrenti ,  essi  pure  infesti ,  quali  sono 
la  Secchia  ed  il  Panaro ,  è  in  grado  sommo  seducente.  Imperciocché  questi 
dovrebbero  concorrere  ad  aumentare  un  tale  incassamento ,  siccome  avviene 
oggidì  pel  Reno  rispetto  ai  torrenti  inferiori  ;  e  rimarrebbe  così  libero  il  va- 
stissimo territorio  a  destra  del  Po  a  valle  del  Crostolo  fino  alla  nuova  inalvea- 
zione, ove  si  potrebbero  praticare  immensi  bonificamenti.  Il  nuovo  fiume  alla 
destra  avrebbe  per  siffatto  modo  il  carattere  che  ha  l'Adige  alla  sinistra  del  Po. 

504.  Una  difficoltà  per  altro  io  scorgerei  rispetto  alla  posizione  del  fondo  di 
Secchia.  Nella  precitata  mia  Memoria  sulla  pianura  subapennina  ho  notato  come, 
giusta  i  profili  trasversali  rilevati  nel  1785  dagli  illustri  idraulici  Venturi,  (tas- 
siani e  Vandelli  per  unirli  al  Piano  della  Colletta,  risulti  il  fondo  della  Secchia 
di  circa  6ra  più  elevato  di  quello  del  Panaro  in  punti  omologhi,  ove  entrambi 
i  fiumi  scorrono  paralleli.  Nel  1847,  avendo  io  fatto  legare  la  livellazione  del- 
l' ultimo  tronco  del  Naviglio  di  Modena  dalla  Bastia  alla  Corbellina  sulla  Secchia, 
avrei  avuto  un  risultamento  uguale.  Ne  consegue  che,  giusta  altre  livellazioni  al- 
lora adoperate,  il  fondo  di  Secchia  al  Ponte  Alto,  donde  si  dovrebbe  fare  la  di- 
versione, sarebbe  di  circa  8ra  più  elevato  di  quello  del  Panaro  a  Villavara,  ove 
avrebbe  a  congiungersi  con  una  linea  della  lunghezza  di  circa  10  chilometri. 
Supposto  pure  che  per  inesattezza  di  quelle  livellazioni  la  differenza  fosse 
di  soli  7m,  e  che  al  fondo  della  Secchia  si  avesse  ad  assegnare  la  pendenza 
di  0,50  per  mille,  si  avrebbe  sempre  un  eccesso  di  caduta  di  4m.  Questo  non 
potrebbe  esaurirsi  se  non  con  una  serie  di  traverse,  come  ha  proposto  lo  Scotini 
pel  Reno  sotto  la  Panfilia ,  proposta  che  P  ingegnere  Manfredi  non  riconosce- 
rebbe efficace  nell'ultima  sua  Memoria  del  1866  (pag.  59);  oppure  con  un 
alzamento  di  fondo  del  Panaro  alla  nuova  confluenza  della  Secchia  che  non 
sarebbe  esente  da  gravi  inconvenienti.  Da' suoi  studii  particolareggiati  vedremo 
come  egli  intenda  togliersi  da  tale  impaccio. 

505.  In  quanto  al  canale  d'irrigazione,  conoscendo  io  la  località  ove  inten- 
derebbesi  farne  l'estrazione  dal  Po,  scorgerei  difficoltà  pressoché  insuperabili 
all'atto  pratico  per  riuscirvi  (1).  Altri  ostacoli  non  lievi  s'incontrerebbero  per 


Per  frutto  del  suddetto  capitale  originario 
calcolato  in  regola  del  5  per  100    L.  3  750  000 

Per  l' ammortizzazione  dello  stesso  capi- 
tale a  capo  di  80  anni  di  concessione 
utile,  o  totale  di  90  anni  in  regola  del 
100  per  4 »      127  500 

Per  la  manutenzione  del  nuovo  fiume    »      272  500 

Per  la  manutenzione  e  l'amministrazione 
del  canale  irrigatorio »      350  000 


Totale    L.  4  500  000 


A  tali  spese  si  dovrebbe  far  fronte,  con 
una  tassa  annuale,  o  sovvenzione  dello 
Stato  alla  Società  di     ...     .     .    L.  1  000  000 

Con  una  tassa  di  L.  20  per  ogni  ettaro 
di  prato  sopra  100  000  ettari    .    .     »  2  000  000 

Con  tassa  di  L.  30  per  ogni  ettaro  di 
risaja  sopra  50  000  ettari     .    .    .     »  1  500  000 

Totale    L.  4  500  000 

(1)  L'ingegnere  Manfredi  suppone   che  la  loca- 
lità di  Piacenza  sia  opportuna  per  una  stabile  de- 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  523 

la  condotta  del  canale  e  per  le  sue  diramazioni  onde  utilizzarne  le  acque  (1). 
La  superficie  del  territorio  che  potrebbe  fruirne  risulterebbe,  secondo  me,  assai 
minore  della  supposta,  e  partendo  da  considerazioni  dello  stesso  autore  per  altra 
proposta  analoga,  il  benefizio  di  tale  irrigazione  non  potrebbe  compensare  le 


rivazione  in  quanto  che  ivi,  secondo  lai,  il  Po  corre 
in  ghiaja.  Ma  osservasi  che  il  Po  sotto  la  foce  del 
Ticino,  ne' 54   chilometri  a   monte  di  quella  della 
Trebbia,  scorre  in  sabbia,  e  presso  Piacenza,  per 
una  circostanza  accidentale,  attraversa  il  piede  del 
conoide  o  ventaglio  di  quell'impetuoso*  torrente  co- 
stituito di  ghiaje  e   ciottoli,   ove    divenuta  la  sua 
pendenza  pressoché    tripla   della  normale  ,  prende 
pure  il  Po  un  carattere  torrentizio.  Dopo  pochi  chi- 
lometri a  valle  di  Piacenza,  questo  ripiglia  per  altro 
1'  ordinario  suo  corso   serpeggiante    sopra  letto  di 
sabbia.  La  sponda  destra  di  Piacenza  è  stabile,  tro- 
vandosi protetta  da  due  pennelli  fatti  costruire  dal 
celebre  Domenico  Guglielmini  centosettant'anni  sono. 
Ivi  a  valle  del  nuovo  ponte  della  ferrovia  parrebbe 
potersi   costruire   la    chiavica  di  derivazione ,   che 
dovrebbe  essere  un  edilìzio  imponente  per  estrarre 
83  m.  e.  per  1";   portata   che   di   un  terzo  supera 
quella  del  canale   o  fiume  Muzza ,  il   quale  era  in 
addietro  sotto  tale  rapporto  il  primo  canale  artifi- 
ciale del  mondo.  La  piena  del  1857  si  è  ivi  elevata 
8m  sulla  massima  magra   dello  scorso  aprile  1868 
e  collocando,  giusta  l'autore,  la  soglia  della  chiavica 
3m  sotto  la  magra  massima  riuscirebbe  di  oltre  llm 
sotto  il  livello  della  piena  stessa.   La  chiavica  do- 
vrebbe formarsi  almeno    di  otto   arcate   larghe  5m 
suddivise  in  tre  luci  mediante  incastri  cui  si  appli- 
cherebbero   porte    dell'enorme   altezza  di  12ra.  Le 
pile  delle  arcate  nella  parte    anteriore    della  chia- 
vica dovrebbero  servire  per   chiuderla  con  travate 
scorrenti  in   apposite   scanellature   onde   porre  in 
asciutto  la  platea,   che  sarebbe   a  costruirsi   colla 
massima  solidità  e  con  profonde  fondazioni  a  valle, 
avuto  riguardo  al  considerevole  battente  delle  porte 
per  l'erogazione  delle  acque.  Abbiamo  veduto  che 
la  sponda  destra  da  molto  tempo  è  conservata  con 
ripari  solidissimi.   Ciò  non   toglie   che  ivi  il  fiume 
vada  soggetto  a  notevoli  variazioni  di    andamento. 
Sul  cadere  dello  scorso  secolo  se   ne  dovette  rad- 
drizzare   il    corso    superiore    con    una   spesa    in- 
gente; e  dal  1818  al  1845  furono  costrutti  a  sinistra 
ripari'  dispendiosissimi  per  difendere  fortificazioni 
rifatte  a  più  riprese  ,  e  che  di  poi  fu  mestieri  ab- 
bandonare, rimanendo  ingojate  dal  fiume.  Oggidì  è 
investita  principalmente  la  sponda  destra  sulla  quale, 
protetta  dai  manufatti   del    nuovo   ponte   della  fer- 
rovia, dovrebbe  collocarsi,  come  si  disse,  la  chiavica 
a  debita  distanza  dal  fiume  per  evitarne  la  distru- 
zione :  lo  che  solo  potrebbe   conseguirsi  con  mu- 
nienti  robustissimi.  Nella  canaletta,  o  mandracchio 
anteriore   egli    è   naturale  che,    attesa    la  somma 
torbidezza  della  Trebbia,  si  farebbero  ad  ogni  piena 


considerevoli  deposizioni  che  sf  inoltrerebbero  a 
valle  della  chiavica  ad  ingombrare  il  canale  e  quindi 
a  scemare  la  sezione  utile  pel  suo  deflusso.  Ma  se 
per  cangiamenti  superiori  avesse  a  deporsi  di  fronte 
alla  chiavica  un  alluvione  di  ghiaje  o  ciottoli,  che 
potrebbe  alzarsi  di  due  a  tre  metri  sulla  magra  e 
quindi  di  cinque  a  sei  metri  sul  fondo  ;  pressoché 
impossibile  tornerebbe  il  rendere  operativa  la  chia- 
vica. Imperciocché,  anche  mediante  le  più  assidue 
opere  di  effossione,  l'alluvione  si  riprodurrebbe  ad 
ogni  piena  e  la  sua  rimozione  si  risolverebbe  nel 
lavoro  di  Sisifo. 

(1)  Le  premesse  considerazioni  dovrebbero  bastare 
a  dissuadere  da  tale  proposta;  ma  ad  ogni  modo  si 
noteranno  altre  difficoltà.  Tutte  le  grandi  deriva- 
zioni di  canali  della  Lombardia  con  incile  aperto, 
o  regolato  da  chiavica,  attesa  la  notevole  pendenza 
de'  fiumi  ove  si  praticano ,  o  la  caduta  di  apposita 
pescaja,  sono  accompagnate  da  scaricatori  a  fior 
d'  acqua  ed  anche  di  fondo  coi  quali  nelle  piene 
si  regola  la  misura  del  deflusso.  Ciò  non  potrebbe 
farsi  nel  caso  concreto,  non  permettendolo  la  poca 
pendenza  del  Po.  Ne  consegue  che  in  occasione  di 
piena  una  trascuranza  del  chiavichiere ,  o  qualche 
sconcerto  nelle  porte  potrebbe    essere  causa  di  un 


.rruzione    delle   acque  del   Po  nel  canale  in  guisa 
da   cagionare  immensi   disordini.   L' ing.  Manfredi, 
per  diminuire  i  movimenti  di  terra  e  facilitare   la 
distribuzione  delle  acque  irrigue,  vorrebbe  conser- 
varne il  livello  circa  lm,40  più   alto   delle  laterali 
campagne,  lo  che  incontrerebbe  forti  opposizioni, 
atteso  che  queste  potrebbero   per  siffatta  causa  in- 
frigidirsi e  divenir  sortumose.  Anche  dall'  affluenza 
di  acque  vive  sopra   campagne    sommergibili   dalle 
piene  sarebbero  temibili  danni  non  lievi  pei  terreni 
più   depressi    durante    quelle   estive  ed   il  chiudi- 
mento  delle  chiaviche  di  scolo  sul  Po.    L'  attraver- 
samento dei  torrenti  con  tombe  colossali  dovrebbe 
farsi  a  tali  profondità  da  richiedere  dispendiosissimi 
aggottamene  a  cagione  del  poco  pendio  del  terreno. 
i  Lo    sterro   poi   per  attraversare  i  larghi   spalti  di 
I  que'  torrenti   risulterebbe    assai    maggiore    del  cal- 
colato ,  lo  che  deve  dirsi  anche  rispetto  al  primo 
tronco  incassato  di    27  chilometri ,    pel  quale    si  è 
supposta  in  principio  la  sola  profondità  del  canale 
di  3m  ,  quando  questa   non  sarà  ivi   minore  di  8m 
sotto  il  piano    di    campagna.    L'  utilizzazione    delle 
acque  irrigue  dovrebbe   farsi  con  canali  subalterni 
di  derivazione  lunghissimi  e  di  non  lieve  impegno, 
non  compresi  nel  progetto,  come  sarebbe  per  tutto 
il  territorio  Mantovano  a  sinistra  della  Parmigiana 
Moglia,   e  di  Burana;  pel  Polesine  di  Ferrara;   e 


526  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

spese  assai  maggiori  delle  calcolate.  Si  ha  quindi  motivo  di  dubitare  che  i  prò- 

IL   e  n°  8  SCemare  quelle  richieste  Pel  nuo™  «"me  (1) 

306.  Se,  come  n  crede,  l'ingegnere  Manfredi  avrà  compiuti  gli  studi  locali 

un  LT  °fferta;TaS,0ne  dÌ  reltÌflCare  {  dati  ^tecedentement°e  esposti  dielro' 
un  semplice  scandaglio ,  e  di  riconoscere  la  sussistenza  delle  difficoltà  che  si 
oppongono  all'attuazione  del  suo  progetto  del  nuovo  canale  di  irrigazione  Pe 
tale  muramento,  rispetto  alla  pianura  a  destra  del  basso  Po  è  pur  forza  li 
untarsi,  a  mio  avviso ,  ad  accrescere  la  copia  delle  sorgenti  utilizzabili  anche 


per  quello  di  S.  Giorgio,  poiché  i  principali  sareb- 
bero da  condursi  sul  controforte  laterale  del  Po 
vivo ,  e  sui  dorsi  a  questo  paralleli.  Se  il  nuovo 
fiume  deve  tenersi  incassato  nelle  campagne  ,  non 
potrebbe  più  servire  per  la  distribuzione  delle 
acque  irrigue  a  sinistra  nella  parte  interposta  ad 
esso  ed  all'odierna  inalveazione  del  Reno. 

Per  tutte  queste  considerazioni,  la  spesa  del  nuovo 
canale  invece  di  limitarsi  a  20  milioni  potrebbe 
superare  i  35  e  forse  i  40  milioni  di  lire. 

(1)  Circa  ai  proventi  osservasi  che  la  superficie 
di    tutto    il    terreno    a    sinistra    del    canale  e  del 
nuovo  fiume  non  sarebbe  di  600  000  ettari ,  ma  di 
400  000  soltanto.  Se   poi,   come   nota   ring   Man- 
fredi nella  sua  critica  del  canale  Masi  che  si  vor- 
rebbe derivare  dal  Po  presso  la  foce  dell'Enza    le 
praterie  fatte  eseguire  dal  Duca  di  Modena  col  me'zzO 
de    bravo  ing.  Piazzi   a  Sant  Felice  ed  alla  tenuta 
della  Quiete  sul  Finalese  terminarono  coli'  infrigi- 
dire il  terreno  argilloso,  quantunque  regolato   con 
dispendiosissimi  appianamenti,  e  si  irrigasse  colle 
acque  eccellenti  del  Naviglio    di  Modena,   risuha- 
menti  più  sfavorevoli  ancora  dovrebbero  aversi  colle 
acque  del  nuovo  canale  destinato  a  terreni  tutti  di 
egual  natura.  Si  ha  quindi  motivo   di  dubitare  che 
TnnnJeCemìÌ°  SÌ  Potessei'°  distribuire  le  acque  a 
100  000  ettari   di  praterie   ed  a  50  000   ettari   di 
nsaje  ai  prezzi  dianzi  esposti;  avuto  riguardo  alla 
circostanza  che,  le  offerte  precedendo  le  domande 
i  privati  sono  sempre  renitenti  a  far  queste  onde 
ottenere  le  acque  a  prezzi  più  bassi,  siccome  oggidì 
avviene  pel  canale  Cavour. 

L'ing.    Manfredi   ha   fatto    un    confronto  del  suo 
progetto  col  mio  di  un  canale  da  derivarsi  dal  Ti- 
cino presso  Sesto  Calende ,   osservando  che  questo 
riesce  più  dispendioso.   Ma   è  da   notarsi  che  colà 
1  uso  delle  limpide  acque  lacuali  si  farebbe  derivan- 
dole da  canali  distributori  già  contemplati  in  pro- 
getto, quindi  per  distanze  piccolissime  sopra  terreno 
permeabile  e  di  molta  pendenza,  ove  nelle  siccità 
estive  minima  è  la  produzione   del   suolo   e   senza 
1  ostacolo  d'intersecare  scoli  che  ivi  non  esistono 
A  destra  Po  invece  nei  territorj  più  bassi  si  hanno 
eccellenti   terreni   da  frumento    che   non  risentono 
danno  apprezzabile  dalla  siccità,  ed  ove  le  dirama- 
zioni principali  e  subalterne  di   canali  irrigui  che 


vi  si  praticassero  dovrebbero  con  edificj  dispen- 
diosissimi attraversare  innumerevoli  canali  e  fossi 
di  scolo. 

In  quanto  poi  all'  aver  io  nel  progetto  destinato 
il  canale  anche   all'  uso   di   navigazione   per  unire 
tanto  in  ascesa  che  in  discesa  quelle  del  lago  Mag- 
giore e  del  Po,  ponendo  a  profitto  i  Navigli  Grande 
e  di  Pavia,  proposta  che  ring.  Manfredi  considera 
non  essere  di  questi  tempi,  ma  piuttosto  del  secolo 
passato ,  atteso  lo   sviluppo  dato  alle  ferrovie    os- 
servo averlo  io  fatto  nella  vista,  non  già   di' una 
speculazione  del  Governo,   ma  di  promuovere  una 
concorrenza  colle  società  ferroviarie  onde  impedire 
a  vantaggio  del  pubblico   un  monopolio  di  queste 
nelle  spese   di   trasporto   delle  merci.    E    siccome* 
egh  mi  adduce  l' esempio   delle   ferrovie    costrutte 
lunghesso  la  Senna  ed  il  Rodano  negli  ultimi  ven- 
t'anni,  debbo  osservare  che  contemporaneamente  a 
me  il  Governo  di  Francia  richiamava  in  vita  la  mia 
idea  giudicata  vieta,  facendo  compiere  la  rete  della 
sua  navigazione  interna  mediante    opere  grandiose 
sui  canali  e  fiumi  principali.  Se  avesse  il  Manfredi 
a  visitare  di  nuovo  quei  luoghi   vedrebbe  che  in 
questi  ultimi  cinque   o  sei  anni  mediante  traverse 
pressoché  ultimate,  si  è  procurato  alla  navigazione 
un  tirante  d'  acqua  non   minore  di  2m  nella  Senna 
inferiore   fra    Parigi   e   Rouen;    e   di   1*60   nella 
Marna,   nell' Yonne ,   e   nella  Sonna   fra   Parigi   e 
Lione  in  continuazione  del  canale  di  Borgogna  che 
pure  si  va  perfezionando.   Rileverebbe    pure  i  mi- 
glioramenti in  corso  d'esecuzione  sul  Rodano,  an- 
che  per  congiungerlo  al   mare  mediante  il  nuovo 
canale  di  Sant  Luigi ,    evitandone  le   foci.  E  tutto 
ciò    onde    agevolare    la    navigazione  di    un  fiume 
assai  più  difficile  di  quella  del   Po,   attesa  la  sua 
pendenza  pressoché  tripla.  Veggansi  su  questo  ar- 
gomento negli  Annafes  des  ponts  et   chaussées  la 
!  bella  Memoria  dell'ing.  Bazin  nel  fascicolo  settem- 
bre-ottobre 1867  ;  e  l'estratto  del  Moniteur  del  23 
novembre  1867  nel  fascicolo  gennajo-febbrajo  1868 
di  quel  periodico  ,  sotto  il  titolo  Exposé  de  la  si- 
tuation   de    i'  Empire.    Da    quest'  ultimo    desumesi 
(Pag.  30)  che  nell'anno  1867    la   Francia  ha  speso 
1 0  milioni  di  lire  per  nuove  ferrovie,  e  1 3  700  000  lire 
per  migliorare  la  navigazione  de 'suoi  fiumi  e  canalj, 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  527 

per  le  praterie  nella  parte  media  (1),  e  ad  approfittare  in  qualche  circostanza 
favorevole,  mediante  chiavichette,  delle  acque  alte  del  Po  nella  stagione  estiva 
per  terreni  depressi  e  vallivi  posti  a  piccola  distanza  riducibili  a  risaje ,  sic- 
come ebbe  appunto  a  praticare  lo  stesso  ingegnere  Manfredi  presso  Guastalla. 

XXXVII.  Difficoltà  che  oggidì  presenterebbe  il  compimento 
del  piano  iniziato  per  l' inalveatone  del  Reno  in  Po. 

307.  Il  Brighenti,  nella  II  parte  (§  8)  della  sua  Memoria  del  1855,  dice  che 
il  compimento  delle  opere  iniziate  sotto  Napoleone  per  l'immissione  del  Reno 
in  Po  si  ridurrebbe  ad  un  terzo  del  già  fatto,  e  quindi  a  %$$  mila  scudi  ;  e 
considerata  la  condizione  attuale  delle  colossali  arginature  del  Po,  la  spesa  del 
loro  alzamento  non  potrebbe  eccedere  i  34  mila  scudi  cosicché  il  dispendio 
complessivo  si  limiterebbe,  a  suo  avviso,  a  300  mila  scudi. 

308.  Negli  studj  da  ultimo  fatti  dallo  Scotini  per  condurre  a  termine  quei 
lavori  risulterebbe  che  le  arginature  del  nuovo  canale  del  Reno  state  costrutte 
sotto  il  primo  regno  italico  si  sono  generalmente  abbassate  in  notevole  misura, 
che  per  tratti  lunghissimi  giunge  a  lm,30.  Secondo  lui  ciò  sarebbe  avvenuto  per 
semplice  assettamento  della  terra,  e  non  per  cedimento  del  suolo.  In  luogo  di 
rivolgere  il  Reno  in  Panaro  all'Imbargo  presso  il  Bondeno,  giusta  il  piano  de- 
terminato dal  Vicereale  decreto  del  1807,  e  di  rettificare  l'alveo  dell'ultimo 
coli' occorrevole  ampliamento  fra  golene  altissime  depostesi  nell'antico  Po  di 
Ferrara ,  egli  propone  di  riunire  i  due  fiumi  alquanto  a  valle  presso  1'  Ospi- 
tale di  Bondeno  e  di  escavare  per  essi  un  apposito  alveo  comune  a  destra 
in  terreni  meno  alti,  lo  che  dice  dover  produrre  un  accorciamento  di  linea 
di  970  metri  sopra  4530  che  misura  l'ultimo  tronco  del  fiume,  il  quale  ver- 
rebbe così  abbandonato. 

309.  Siccome  il  professore  Turazza  scorgerebbe  delle  difficoltà  a  determinare 
la  sezione  dei  due  fiumi  uniti,  le  piene  de'  quali  di  solito  non  sono  contempo- 
ranee,  il  Brighenti  nell'ultima  sua  Memoria  del  1867  (§13)  osserva:  «  Più 
«  gravi  mi  riescono  le  sue  osservazioni  (del  Turazza)  sulla  stabilità  dell'attuale 
«  pelo  rigurgitato  del  Panaro,  anche  dopo  che  vi  sarà  rimesso  il  Reno  all'Ospi- 
«  tale  del  Bondeno.  Parrai  che  quel  dottissimo  professore  esponga  i  suoi  dubbi 
«  sulla  impossibilità  di  poter  determinare  a  priori  l'alveo  comune  ai  due  fiumi, 
«  proporzionando  la  comune  sezione  alla  somma  delle  portate  dell'  uno  e  del- 
«  l'altro  come  propone  lo  Scotini.  Il  che  non  avrebbe  difficoltà,  ove  si  trat- 
«  tasse  di  acque  chiare;    ma   essendo  torbidi  i  due  confluenti  finirebbero  per 


(1)  Nella  precitata  Memoria  sulla  pianura  sub- 
apennina  ho  indicato  (pag.  149)  con  quali  norme 
si  dovrebbe  procedere  onde  accrescere  la  copia 
delle  sorgenti,  fra  le  quali  consigliava  di  escavare 
in  località  opportune  anche  fontanili,  giusta  il  me- 
todo lombardo.  Nel  1856  il  tecnico    che   fece  ese- 


guire i  raddrizzamenti  della  Secchia  mi  scrisse  che 
era  incaricato  dal  suo  Sovrano  di  rivolgersi  a  me 
perchè  inviassi  colà  un  abile  pratico  con  istruzioni 
onde  mandare  ad  effetto  un  tale  miglioramento;  ma 
dal  carteggio  che  ne  seguì  compresi  che  trattavasi 
d'istruire  Minerva,  e  perciò  me  ne  lavai  le  mani. 


528  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

«  proporzionarla  al  bisogno  loro  dopo  un  tempo  più  o  meno  lungo.  E  intorno 
«  a  ciò  non  avrei  altro  da  osservare  che  essendo  la  foce  in  Po  distante  soli 
«  900  metri,  il  che  vuol  dire  prossima  alla  confluenza  di  Reno  e  Panaro,  ed  ivi 
«  la  sezione  del  recipiente  più  che  doppia  di  quella  che  ha  di  fronte  a  Lago- 
«  scuro  inferiore  di  circa  chilom.  quindici ,  lo  sgorgo  delle  acque  unite  succe- 
«  derà  in  un  bacino  amplissimo  ;  quindi  poco  o  nulla  farà  crescere  il  pelo 
«  d' acqua  della  piena  allor  velocissima  del  Po  a  petto  di  quello  del  pelo  ri- 
«  gurgitato  dei  due  fiumi,  la  cui  portata  si  può  valutare  allora  la  metà  di  quella 
«  a  foce  libera,  e  nella  sezione  amplissima  assegnata  dallo  Scotini  ai  fiumi 
«  uniti  non  dovrebbe  in  pratica  alterare  sensibilmente  il  rigurgito  ordinario 
«  del  solo  Panaro  ». 

310.  Qui  il  Brighenti  avrebbe  scambiato  l'accorciamento  di  linea  dei  fiumi 
uniti  indicato  dallo  Scotini  in  970m  colla  lunghezza  dell'  alveo  loro  fino  alla 
foce  che  dovrebbe  essere  di  5560m  e  non  già  di  900m.  È  ben  vero  che  la  se- 
zione del  Po  presso  la  foce  del  Panaro  è  amplissima ,  ma  deve  considerarsi 
siccome  una  varice  cagionata  dall'urto  della  corrente  del  Po  contro  quella  op- 
posta del  Panaro  rivoltosi  a  ritroso  ad  occupare  la  continuazione  dell'alveo 
del  primo  dopo  il  suo  abbandono.  Ivi  l' ampiezza  della  sezione  del  Po  non 
sarà  perciò  tutta  utile  pel  deflusso  delle  acque,  ma  in  gran  parte  occupata  da 
moti  vorticosi.  Quindi  la  sua  corrente  anziché  essere  comparativamente  velocis- 
sima si  troverà  ritardata,  siccome  lo  dimostra  il  ventre  di  piena  che  si  estende 
dalla  Stellata  a  Palantone,  di  cui  abbiamo  parlato  al  §  204. 

511.  In  quanto  alla  supposta  attenuazione  delia  piena  rigurgitata  di  quegli 
affluenti,  la  cui  portata  vorrebbesi  ridurre  ad  una  metà  al  confronto  di  quella 
a  foce  libera,  ci  riportiamo  alle  considerazioni  esposte  ai  §§  M%  243  e  nella 
nota  relativa,  ove  si  dimostra  che  essa  non  può  avere  luogo.  E  rispetto  al  pro- 
porzionarsi i  fiumi  uniti  l'ampiezza  della  loro  sezione  al  puro  bisogno,  ciò 
avverrà  nei  casi  ordinarj  ne'quali  le  due  piene  non  sono  contemporanee;  ampiezza 
che  riuscirebbe  cosi  insufficiente  ove  esse  lo  fossero  e  che  non  potrebbe  dila- 
tarsi quanto  basta  nelle  poche  ore  in  cui  discenderebbero.  In  tal  caso  perciò 
dovrebbe  attendersi  un  rigurgito  assai  maggiore  dell'ordinario  con  minaccia  di 
rotte  disastrose,  nelle  quali  non  irromperebbero  soltanto  le  acque  delle  piene 
effìmere  dei  confluenti  torrentizj,  ma  vi  si  aggiungerebbero  quelle  della  piena 
assai  più  insistente  del  Po  ,  attesa  la  prossimità  della  foce.  Ove  quelle  rotte 
avvenissero  nell'argine  destro  del  Reno-Panaro  inonderebbero  la  miglior  parte 
del  territorio  Ferrarese,  e  la  stessa  città.  Questa  circostanza,  come  da  principio 
opinava  anche  il  professore  Turazza  ,  dovrebbe  consigliare  a  tenere  disgiunta 
la  foce  del  Reno  da  quella  del  Panaro.  Considerato  poi  che  il  rigurgito  di 
questo  al  Bondeno  si  è  elevato  di  lm,72  sulla  massima  piena  del  1801  la  quale 
servì  di  norma  al  progetto  Assalini  per  Y  immissione  del  Reno  in  Po ,  anche 
nel  supposto  che  il  reggime  di  questo  non  venisse  per  tal  modo  alterato ,  e 
che  qualche  alzamento  di  fondo  e  di  piena  fosse  soltanto  temibile  pel  Panaro, 
agevole  si  è  Y  inferire  la  gravità  della  spesa  occorrente  per  compiere  quel  pro- 
getto colle  modificazioni  richieste  dalle  mutate  circostanze, 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  529 

512.  Né  forse  di  minor  impegno  sarebbe  il  provvedere  all' inalveazione  degli 
altri  torrenti  inferiori  al  Reno,  dopo  la  rimozione  di  questo,  atteso  il  notevole 
alzamento  di  fondo,  che  avverrebbe  tanto  nell'alveo  comune  quanto  in  quello 
de'singoli  confluenti,  senza  un  sensibile  abbassamento  di  piena.  Reso  maggior- 
mente pensile  il  corso  di  que' fiumi,  le  loro  rotte  riuscirebbero  di  gran  lunga 
più  temibili  ;  e  sommamente  arduo  tornerebbe  poi  lo  scolo  dei  territorj  alla 
destra  a  valle  dellVìdice.  Ben  a  ragione  perciò  osserva  il  professore  Turazza 
essere  fondato  il  sospetto  che  non  vi  si  possa  provvedere  se  non  con  una 
nuova  inalveazione.  Dalle  premesse  considerazioni  si  è  condotti  ad  ammettere  che 
anche  nelle  condizioni  preaccennate,  coli' immissione  del  Reno  in  Po  trattereb- 
besi  di  ben  altro  che  d'una  spesa  di  300  mila  scudi,  come  suppose  il  Brighenti 
nella  sua  Memoria  del  1855. 

313.  Ma  se  per  le  ragioni  sviluppate  all'art.  XXVI,  che  presumo  non  essere 
prive  di  fondamento,  tale  immissione  avesse  a  rialzare  dopo  non  molti  anni  di 
un  metro  la  magra  del  Po  e  di  un  metro  e  mezzo  la  piena,  limite  cui  non 
sarebbe  detto  dovesse  arrestarsi,  atteso  anche  il  più  rapido  protendimento  delle 
foci,  oltre  l'enorme  aumento  di  dispendio  che  ne  risulterebbe  per  mandarlo 
ad  effetto,  si  accrescerebbero  in  grado  sommo  i  pericoli  di  squarciamenti  d'argini 
pei  territorj  confinanti  ed  il  danno  per  gli  scoli  impediti  del  Mantovano,  del 
Modenese  e  del  Bondesano  a  destra,  ove  insufficiente  tornerebbe  la  botte  di  Bu- 
rana,  come  pure  del  Polesine  di  Rovigo  a  sinistra  (1).  E  tutto  ciò  dovrebbe  farsi 
per  migliorare  la  condizione  degli  scoli  delle  bonificazioni  bolognesi  fra  P  Idice 
ed  il  Reno,  le  quali  però  verrebbero  così  esposte  a  pericoli  assai  maggiori  ri- 
spetto alle  rotte  dello  stesso  Idice. 

314.  Dal  fin  qui  detto  chiaro  appare  che  il  Brighenti,  dominato  da  un'idea 
preconcetta,  e  poco  rigoroso  nella  precisione  dei  dati  di  fatto,  li  piega  in  guisa 
che  possano  prestarsi  a  favorire  il  suo  assunto  (2).  Lo  Scotini,  senza  ammet- 


.  (1)  Onde  determinare  in  via  presuntiva  con  cifre 
la  misura  di  tali  alterazioni  supporremo  che  in  un 
trentennio,  per  effetto  del  solo  Panaro,  si  abbia  un 
alzamento  di  magra  di  0m,24;  e  che  unitovi  il  Reno, 
tale  alzamento  possa  accrescersi  del  doppio,  e  cioè 
di  0m,48,  cosicché  l'alzamento  totale  della  magra 
per  queste  due  cause  sarebbe  di  0m,72;  cui  aggiunti 
centim.  4  pel  protendimento  delle  foci,  ne  risulte- 
rebbero 0m,76.  L'alzamento  delle  piene  del  Po  per 
1'  afflusso  del  Reno  l'abbiamo  determinato  in  0m,50, 
e  se  indipendentemente  da  ciò  in  un  trentennio 
(§  220)  l'alzamento  medio  di  essa  piena  sarebbe 
stato  di  0m,23,  si  può  supporre  che  in  un  trentennio 
successivo  abbia  ad  essere  di  0m,20,  cosicché  si 
avrebbe  in  tutto  lm,46.  Supposto  pegli  argini  Man- 
tovani presso  la  foce  del  Panaro  un  franco  medio 
di  0m,30  sulla  piena  massima  del  1857,  essi  ver- 
rebbero così  soverchiati  in  altezza  di  lm,16;  talché, 
per  assegnare  loro  un  franco  di  0m,80  si  dovreb- 
bero rialzare  pel  primo  trentennio  di  lm,96, 


In  un  trentennio  successivo,  supposto  l'alzamento 
di  magra  cagionata  dal  Panaro  ?/3  dell'  anteriore , 
ossia  di  0m,16  e  quello  ripetibile  dal  Reno  di  y4 
ossia  di  0m,36,  oltre  a  centim.  4  sul  protendimento 
delle  foci ,  si  avrebbe  in  tutto  0m,56  ,  cosicché  la 
magra  stessa  al  confronto  dell'  odierna  si  troverebbe 
alzata  di  lin,32.  Aggiuntivi  circa  0m,16  per  l'alza- 
mento della  piena  del  Po,  dipendente  dagli  afflussi 
superiori,  si  avrebbe  in  tutto  un  alzamento  di  piena 
di  2m,18  che  soverchierebbe  le  arginature  odierne 
mantovane  di  lm,88  talché  dovrebbero  alzarsi  di 
2m,68.  Agevole  si  è  l' inferire  cosa  avverrebbe  nei 
trentennj  successivi  con  tale  progressione  che  non 
potrebbe  sicuramente  tacciarsi  di  esagerazione  pei 
motivi  dianzi  sviluppati. 

(2)  Che  il  Brighenti  non  fosse  in  una  condizione 
d' impassibilità  nel  propugnare  il  progetto  d' immis- 
sione del  Reno  in  Po  sostenuto  con  tanto  calore 
dai  Bolognesi,  lo  appalesa  anche  la  dichiarazione 
da  lui  fatta  all'  Accademia  delle  Scienze  di  Bologna 


530  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI 

tere  tutti  i  principi  idrologici  del  Brighenti,  ne  segue  per  altro  le  massime, 
e  giungerebbe  all' incirca  alle  stesse  conclusioni.  Vi  concorrebbe  pure  il  pro- 
fessore Turazza ,  ma  dopo  avere  discusso  coscienziosamente  1'  argomento ,  e 
manifestata  t  incertezza  nella  quale  trovasi  sopra  molti  punti.  E  se  si  è  deciso 
a  preferire  l'immissione  del  Reno  in  Po  alla  conservazione  dell'attuale  sua 
inalveazione,  lo  fa  perchè  la  considera  impossibile,  ammettendo  nella  sua  con- 
dizione circostanze  locali  che  abbiamo  dimostrate  insussistenti,  e  perchè,  par- 
tendo  da  un  principio  teorico,  suppone  che  l'aggiunta  del  Reno  al  Po  non  abbia 
ad  alzarne  il  fondo.  Ho  per  altro  motivo  di  credere  che  nella  sua  imparzialità, 
dopo  le  rettificazioni  di  fatti  erronei,  e  l'esposizione  di  nuovi  dati  statistici  rac- 
colti e  coordinati  per  le  mie  deduzioni,  e  de' mezzi  da  me  proposti  onde  assi- 
curare quella  inalveazione,  egli  abbia  a  modificare  il  suo  parere  (1). 


HL1KHLVIIB.  Provvedimenti  accessori  nel  caso  che  venisse 
conservata  l'odierna  inalveazione  del  Reno,  oppure  chei 
questo  avesse  ad  immettersi  nel  Po. 


315.  Tanto  in  occasione  della  mia  missione  a  Modena  nel  1847,  quanto  suc- 
cessivamente nella  qualità  di  direttore  delle  pubbliche  costruzioni  della  Lom- 
bardia, ebbi  ad  occuparmi  del  modo  di  sistemare  il  grande  colatore  Burana  per 
attivare  la  botte  pressoché  compiuta ,  colla  quale  dovrebbe  sottopassare  il  Pa- 
naro,  e  di  associare  questo  piano  al  progetto  Ferlini  per  la  sistemazione  del 
Volano  onde  migliorarne  la  navigazione.  Vedasi  su  questi  oggetti  la  mia  Me- 
moria precitata  sulla  pianura  subapennina  dal  §  64  al  71,  e  particolarmente  le 
Note  finali  H  e  I  state  aggiunte.  In  quest'ultima  prendo  a  considerare  la  diffi- 


nelle  premesse  alla  II  parte  della  Memoria  del  1855 
precitata  ove  dice:  «  Reputo  non  dovervi  rincre- 
«  scere  che  io  vi  mostri  come  abbia  considerata 
«  bramosamente  questa  solenne  ed  ardua  materia , 
«  sì  per  dovere  d'  ufficio  ,  come  per  affetto  a  que- 
«  st'  Accademia  ed  a  questa  città  che  fu  patria  del 
«  mio  avo,  e  divenne  anche  la  mia  per  grato  animo 
«  e  per  lunga  stanza  ». 

(1)  Abbiamo  veduto  come  il  Barilari  dichiarasse 
nel  1858  esagerate  le  difficoltà  di  sostenere  l'odierna 
inalveazione  del  Reno,  notando  che  le  rotte  del  1842 
avvennero  per  sormonto  degli  argini  non  ancora 
sistemati,  i  quali,  dopo  che  lo  furono  resistettero 
alle  piene  avvenute  ne'  sedici  anni  successivi.  Egli 
osservava  come  ad  allontanare  tali  disastri  si  ren- 
dessero necessarie  alcune  opere  da  lui  proposte 
onde  migliorare  la  condizione  dei  froldi  più  peri- 
colosi, le  quali  non  furono  approvate.  È  ben  vero 
che  dopo  quella  Memoria  si  ebbe  la  rotta  al  froldo 
Passerino  che,  fatta  chiudere  allora  dallo  stesso 
Barilari  si  rinnovò  nel  1862.  Ma  è  da  notarsi  che 
quel  froldo ,   in   località  cotanto  gelosa  ,  era   sol- 


tanto difeso  da  lavori  di  rosta  aderenti  alla  sua 
scarpa,  e  che  la  coronella  in  ritiro,  elevatasi  sopra 
una  base  di  fango  sarebbesi  abbassata  nel  1862  in 
modo  da  dar  luogo  ad  un  sormonto.  Se  dapprima 
ad  un  semplice  rivestimento  di  scarpe  si  fosse  so- 
stituita un'opera  d'avanzata  giusta  i  metodi  seguiti 
altrove,  non  sarebbe  avvenuta  né  1' una  ne  l' altra 
rotta;  lo  che  forse  starebbe  anche  pel  froldo  Ma- 
nica. Se  ne  può  quindi  conchiudere  che  i  disastri 
avvenuti  potevano  per  la  più  parte  evitarsi  mediante 
provvedimenti  impartiti  a  tempo  debito.  Le  oppo- 
sizioni a  tali  provvedimenti  preventivi,  fra'  quali  vi 
sarebbe  stato  qualche  raddrizzamento  nell'  ultimo 
tronco;  all'allargamento  dell'alveo  dei  drizzagli! , 
che  vedemmo  appoggiate  a  motivi  inattendibili  ;  e 
la  sostituzione  della  proposta  di  dispendiosi  diver- 
sivi che  dimostrammo  dover  riuscire  inefficaci,  ri- 
dussero le  cose  a  tali  termini  da  far  credere  che 
sia  dell'interesse  degli  stessi  Ferraresi,  finora  espo- 
sti ai  maggiori  danni,  il  sollecitare  siccome  ri- 
medio radicale  l'immissione  del  Reno  in  Po;  mentre 
tutto  ciò  dipendette  da  difetto  di  ripari  preventivi, 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  531 

colta  di  provvedere  sufficientemente  allo  scolo  dell'  immenso  territorio  cui  do- 
vrebbe servire  la  botte,  ascendente  a  600  chilom.  q.,  e  dimostro  come  possa 
giovare  di  separare  le  acque  alte  modenesi  con  un  diversivo  che  le  porti  nel 
ramo  della  Lunga  del  Panaro,  supposto  che  il  fiume  si  raccolga  tutto  nell'altro 
ramo  Cavamente,  giusta  i  progetti  predisposti  per  la  difesa  della  città  del  Finale. 

316.  In  una  estesa  consulta  del  marzo  1851  ebbi  di  poi  ad  assumere  in 
esame  il  progetto  che  erasi  allora  presentato  dietro  le  istruzioni  di  una  com- 
missione internazionale  per  la  sistemazione  del  colatore  Burana  e  per  associare 
questo  al  progetto  Ferlini  precitato ,  entrando  in  particolari  circa  alle  modifi- 
cazioni che  vi  si  dovrebbero  introdurre,  sempre  nel  supposto  che  si  rinunziasse 
all'immissione  del  Reno  in  Po.  Nella  precitata  nota  H  ne  porgo  il  sunto  in- 
sieme ad  un  cenno  delle  trattative  che  vi  furono  di  poi  fra  i  rappresentanti 
dei  governi  interessati  sopra  tale  argomento. 

317.  L'ispettore  Scotini,  ammettendo  invece  il  compimento  di  quest'ultimo 
piano,  ripiglia  in  esame  il  progetto  del  Volano  e  ne  propone  le  modificazioni 
affinchè  serva  al  doppio  uso  di  canale  di  navigazione  e  di  grande  colatore.  In 
esso  dovrebbero  scaricarsi  tanto  il  Canalino  di  Cento  quanto  il  colatore  Burana, 
dopo  essere  passati  entrambi  per  l'altra  botte  che  rimarrebbe  a  costruirsi  sotto 
il  nuovo  canale  del  Reno  ;  attivando  in  pari  tempo  quella  di  Burana  pressoché 
compiuta  sotto  il  Panaro.  Rispetto  a  quest'  ultimo  colatore  indica  in  succinto  i 
lavori  che  sarebbero  da  farsi  per  sistemarlo  ,  ed  istituisce  i  calcoli  onde  de- 
terminare la  portata  del  canale  maestro  e  de'  suoi  confluenti.  Ma  in  quanto  al 
progetto  del  Volano  si  riporta  ai  particolari  contenuti  in  un  allegato  speciale 
che  non  conosco  (1). 


(1)  Nel  manoscritto  della  mia  Memoria  del  184-7 
consegnato  allora  al  Ministero  di  Modena,  diedi  un 
primo  cenno  delle  trattative  in  corso  per  la  sistema- 
zione del  grande  colatore  Burana;  e  nel  settembre 
1850  gli  indirizzai  la  nota  I,  ove  dimostrava  il  modo 
di  rendere  più  utile  l'attuazione  di  varj  progetti,  e 
particolarmente  di  quello  di  Burana  col  divertire  in 
Panaro  presso  il  Finale  le  acque  alte  modenesi.  Nel- 
l' aprile  1851  uscì  un'  estesa  Memoria  del  consul- 
tore del  ministero  estense  signor  dottore  Roncaglia, 
sotto  gli  auspicj  del  quale  si  iniziarono  allora  i 
raddrizzamenti  della  Secchia  e  le  difese  delle  sponde 
del  Panaro  dianzi  accennate.  In  quella  Memoria 
egli  tratta  storicamente  e  ne'rapporti  di  diritto  am- 
ministrativo la  questione  della  sistemazione  di  Bu- 
rana e  del  Volano.  Ha  poi  trovato  d' includervi 
eziandio  la  mia  Nota  I,  stralciandone  però  la  testa 
ove  dò  ragione  della  mia  proposta  ,  e  la  qualifica 
siccome  intempestiva  ed  atta  a  rendere  maggior- 
mente complicata  la  questione.  Siccome  quello  scritto 
era  un  semplice  atto  interno  d'ufficio,  se  egli  ne 
temeva  i  sinistri  effetti,  miglior  partito  sarebbe  stato 
quello  di  astenersi  dal  pubblicarlo  senza  darmene 
un  cenno. 


Pressoché  contemporaneamente  io  presentavo  la 
consulta  del  1851  colle  mie  proposte  per  conciliare 
l'esecuzione  del  progetto  di  sistemazione  di  Burana 
con  quello  del  Volano,  tendenti  a  stabilire  termini 
di  equità  pel  riparto  delle  spese,  in  guisa  da  rimo- 
vere una  opposizione  da  parte  dei  Ferraresi.  Ma 
poiché  altrettanto  non  facevasi  colla  Memoria  Ron- 
caglia, nella  quale  con  maggior  rigore  trattavasi  la 
questione  di  diritto,  ne  conseguì  che  questi  si  ri- 
fiutarono ad  ammettere  in  Volano  le  acque  di 
Burana. 

Surse  allora  da  parte  degli  Estensi  la  proposizione 
di  un  diversivo  di  Burana  in  Po  ,  facendo  rivivere 
il  progetto  Bonati  e  Robbi  del  177  7  al  fine  di 
attuare  qualche  provvedimento  all'  infelice  condi- 
zione degli  scoli  di  que'  territorj  alla  sinistra  del 
Panaro  ,  al  qual  uopo  ebbero  luogo  alcune  tratta- 
tive in  Bologna  nel  1855  fra  i  rappresentanti  degli 
interessati  Bondesani  e  Modenesi.  In  un  successivo 
congresso  del  maggio  1856  presieduto  dal  legato 
pontificio  in  Bologna,  si  proseguirono  le  trattative 
anche  in  concorso  dei  Mantovani,  i  quali  aderirono 
bensì  all'  esecuzione  di  quel  diversivo  di  Burana  in 
Po,  ma  insistendo  per  altro  perchè  si  proseguissero 


532  STUDJ   IDROLOGICI  E  STORICI 

518.  Tutto  ciò  determina  egli,  sempre  nel  supposto  che  coli' immissione  del 
Reno  nel  Po  non  abbia  ad  alterarsi  il  reggime  di  questo.  Ma  se  in  conseguenza 
dell'  attuazione  di  quel  piano  dovesse  alzarsene  la  magra  e  la  piena  nella  misura 
accennata  ai  §  §  511  e  515  ai  60/m  ettari  del  circondario  di  Rurana,  sarebbe 
mestieri  aggiungerne  altri  18/m  del  Mantovano  che  non  potrebbero  più  scari- 
carsi in  Po  col  mezzo  della  Fossalta  alle  Quatrelle.  Il  provvedimento  della  botte 
di  Burana  sarebbe  quindi  insufficiente ,  e  tale  sarebbe  pure  la  lunghezza  di 
queir  edifìzio  quando  le  arginature  del  Panaro  avessero  a  rialzarsi  di  oltre  4m 
al  confronto  del  livello  che  servì  di  norma  per  la  sua  costruzione.  L'  accre- 
sciuto rigurgito  poi  delle  piene  del  Po  paralizzerebbe  eziandio  l' effetto  del 
diversivo  proposto  per  le  acque  alte  modenesi. 

."  XXXIX.  Conclusione. 


519.  Ho  già  notato  come  da  principio,  colla  lettura  degli  scritti  dei  più  emi- 
nenti idraulici  italiani,  i  quali  erano  generalmente  bolognesi,  mi  fossi  anch'io 
persuaso  che  l'immissione  del  Reno  in  Po  era  necessaria  per  redimere  un 
immenso  territorio  dalla  precaria  condizione  in  cui  oggidì  si  trova;  e  come 
dietro  più  maturi  studj  su  questo  argomento  fossi  condotto  a  cangiare  d'avviso. 
Imperciocché  per  quanto  consideri  imponente  l'azione  del  Po  nello  stabilirsi 
l'alveo,  mi  era  convinto  che  negli  ultimi  suoi  tronchi  gli  influenti  torbidi  del- 
l'Apennino  possono  averne  alterato  il  reggime  e  per  la  maggior  mole  delle  ma- 
terie che  vi  depongono  al  confronto  delle  proprie  e  pel  loro  stesso  torbidume, 
cosicché  allo  stabilimento  del  suo  fondo  si  richieda  una  maggiore  pendenza  e  i 
quindi  un  alzamento  che  verrebbe  ad  accrescersi  non  di  poco  coli' aggiunta 
del  Reno. 

520.  Allorché ,  dopo  aver  compiute  le  mie  ricerche  idrologiche  e  storiche 
sul  grande  estuario  adriatico,  entrai  in  materia  circa  alla  regolazione  delle 
acque  alla  destra  del  basso  Po,  mi  trovava  ancora  titubante  in  quanto  che  mi 
appoggiava  per  questo  punto  ad  un  principio  che,  quantunque  razionale,  poteva 
considerarsi  teorico.  Ma  spinte  le  mie  indagini  ai  più  recenti  dati  statistici  che 
ormai  si  posseggono,  e  coordinandoli,  ho  potuto  inferirne  che  anche  i  fatti 
concorrono  a  confermare  1'  attendibilità  delle  conseguenze  che  ne  ho  ricavate. 


le  pratiche  onde  riuscire  nelf  attivazione  delia  botte 
sotto  il  Panaro.  In  que'convegni  i  Mantovani  avreb- 
bero aderito  a  modificare  le  norme  di  contributo 
alle  spese ,  in  guisa  da  riuscire  assai  più  gravose 
per  essi ,  e  ciò  dietro  sollecitazioni  dei  rappre- 
sentanti estensi  che  in  tale  occasione  appalesarono 
una  prevalente  abilità  nella  parte  diplomatica.  Dopo 
d'  allora  nulla  venne  conchiuso,  e  forse  alla  circo- 
stanza del  proposto  diversivo  di  Burana  in  Po  sarà 
attribuibile  1'  errore  sfuggito  allo  Scotini  che  io  lo 
proponessi  per  le  acque  alte  modenesi,  le  quali  se- 


condo il  mio  piano  avrebbero  dovuto  invece  im- 
mettersi con  un  diversivo  che  partiva  dall'argine 
della  Secchia  nel  ramo  di  Panaro  della  Lunga  da 
abbandonarsi,  siccome  è  specificato  nella  precitata 
mia  consulta  del  1851  ,  che  venne  esaminata  dallo 
Scotini.  Ad  un  tale  diversivo,  giusta  un  progetto 
posteriore  dell'  ing.  Masi ,  doveva  metter  capo  un 
canale  d' irrigazione  derivato  dal  Po  presso  la  foce 
dell'  Enza,  sull'  inattendibilità  del  quale  scrisse 
l'ing.  Manfredi  nella  sua  Memoria  1866  precitata , 
sottoponendolo  ad  una  critica  giudiziosa. 


SOPRA  IL  GRANDE  ESTUARIO  ADRIATICO  .  533 

321.  Se  per  tal  modo  mi  apparve  rischiarata  una  parte  importante  della 
questione  rispetto  alla  pretesa  innocuità  dell'immissione  del  Reno  in  Po,  ri- 
maneva tuttavia  incerto  circa  al  piano  cui  attenersi  per  provvedere  senza  di 
ciò  in  modo  abbastanza  efficace  alla  difesa  territoriale.  Con  un'  attenta  e  spas- 
sionata disamina  delle  notizie  raccolte,  ebbi  di  poi  a  convincermi  che  i  peri- 
coli dell'attuale  inalazione  eransi  in  grado  sommo  esagerati,  partendo  da 
dati  di  fatto  insussistenti;  che  le  maggiori  difficoltà,  giusta  le  dichiarazioni  di 
distinti  tecnici  i  quali  per  una  serie  d'anni  diressero  i  lavori  a  tal  fine  intesi, 
e  che  perciò  conoscevano  perfettamente  le  circostanze  locali,  si  limitano  a 
qualche  parte  di  essa  soltanto;  e  che  l'arte  può  somministrare  i  mezzi  di 
porvi  riparo ,  mettendo  a  profitto  anche  l' azione  di  que'  torrenti  cotanto  in- 
festi. Insomma  mi  sono  accorto  di  essere  divenuto  Ferrarese,  quantunque  dap- 
prima a  tanto  non  giungessero  le  mie  aspirazioni. 

522.  Queste  mie  deduzioni  torneranno  sicuramente  poco  gradite  al  mio 
amico,  il  quale  chiude  l'ultima  sua  Memoria  in  questi  termini:  «  Solo  tengo 
«  che  dopo  le  secolari  questioni  sulla  immissione  dei  Reno  nel  Po,  l'ispettore 
|  Scottai  ed  il  professore  ■  Turazza  abbiano  tagliato  con  rara  e  forse,  unica  sa- 
«  pienza  il  nodo,  e  mentre  ammiro  come  segno  di  chi  sa  veramente  il  riserbo 
«  del  professore ,  mi  rincresce  che  non  chiuda  la  via  ai  passionati  contrasti 
«  che  seguiteranno  a  intorbidare  le  più  limpide  dimostrazioni  ove  non  inter- 
«  venga  risolutamente,  come  Napoleone  I,  il  nostro  Governo  :  e  dureranno  senza 
«  ciò  (Dio  non  voglia)  tanto  da  fare  che  il  Reno  risolva  da  sé  ogni  dubbio, 
«  gittandosi  nelle  valli  di  Comacchio,  dalle  quali  dopo  non  troppo  lungo  tempo 
«  sarà  finalmente  rimandato  con  unanime  consenso,  specialmente  dei  Ferraresi 
«  e  di  tutti  i  contendenti,  nel  suo  antico  ed  unico  recapito,  nel  Po  ». 

325.  Buon  per  me  che  egli ,  raccomandando  al  nostro  Governo  di  mettere 
senz'altro  in  atto  quel  piano,  non  lo  ha  consigliato  a  far  rivivere  il  famoso 
decreto  della  Sacra  Consulta  delle  acque  emanato  un  secolo  fa,  lorchè  s'intra- 
presero i  lavori  proposti  e  diretti  dal  Lecchi:  imponalur  parlibus  silentium , 
neque  preces  amplius  audiantur.  Per  tal  modo  mi  si  lascia  tuttavia  libero  il 
campo  a  contrapporre  le  mie  fantasticherie  a' suoi  responsi  sulle  vere  leggi 
della  natura.  Ora  supponiamo  che  un  giudice  imparziale  nel  farne  il  confronto 
si  trovi  in  uno  stato  di  perfetta  dubbiezza  senza  propendere  per  le  une  o  per 
gli  altri  in  quanto  concerne  la  parte  tecnica  ed  idrologica  della  questione. 
Altrettanto  sicuramente  egli  non  potrebbe  fare  sotto  i  rapporti  dell'  interesse 
dello  Stato  e  dell'  ordine  pubblico  rispetto  alla  difesa  territoriale.  Coli'  addi- 
tare il  mio  piano  trattasi  di  conservare  ciò  che  esiste  con  provvedimenti  che 
richiedono  comparativamente  moderata  spesa ,  e  che  non  darebbero  luogo  a 
reclami,  qualora  si  estendessero  agli  scoli  de' quali  non  mi  sono  occupato.  Col 
preferire  l'altro  tratterebbesi  invece  di  un  dispendio  quadruplo  o  quintuplo  in 
quanto  all'immissione  del  Reno  in  Po,  aumentabile  di  oltre  una  metà  per  la 
sistemazione  degli  altri  torrenti.  Ed  ove  si  verificassero  di  poi  i  danni  da  me 
presagiti,  determinabili  allora  nel  modo  il  più  preciso,  danni  che  colpirebbero 
terntorj  estesissimi  ;   dietro  reclamo  di  questi,  non  solo  si  dovrebbero  ridurre 


$34  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI  ECC. 

le  cose  in  istato  pristino ,  ma  il  povero  bilancio  dello  Stato ,  dopo  aver  spre- 
cate tante  spese  per  fare  e  per  disfare,  troverebbesi  impegnato  eziandio  a  su- 
bire enormi  risarcimenti  per  danni  artificialmente  inferti.  Staremo  a  vedere 
come  quest'argomentazione  venga  accolta  dai  consiglieri  del  Governo,  e  se 
sappiano  resistere  agli  impulsi  di  un  partito  operoso. 

324.  Venti  anni  sono  pubblicai  uno  scritto  intorno  all'importanza  degli  studj 
sulla  statistica  de'fìumi,  porgendo  un  saggio  del  metodo  col  quale  dirigerli  a 
determinare  la  loro  condizione  idrologica,  siccome  feci  per  alcuni  nostri  fiumi 
alpini  e  pel  Tevere,  del  quale  dimostrai  l'indole  dei  tutto  speciale.  Coll'appli- 
care  ora  tali  studj  alla  secolare  questione  dell'  immissione  del  Reno  in  Po,  mi 
sono  proposto  di  offrirne  un  nuovo  saggio  alla  nostra  gioventù  studiosa,  fa- 
cendo voti  perchè  continui  a  battere  la  via  segnata  dai  nostri  padri,  che  assi- 
curarono in  addietro  all'  Italia  il  primato  nella  scienza  delle  acque.  Ciò  potrà 
essa  conseguire  con  un  coscienzioso  ed  indefesso  studio  dei  fatti  sopra  un 
campo  più  vasto,  senza  temere  la  taccia  di  troppo  eruditi,  semprecchè  sappia 
togliersi  all'  influenza  di  idee  preconcette  ,  e  rivolgerlo  esclusivamente  all'  in- 
dagine del  vero. 


SOPRA  IL   GRANDE   ESTUARIO  ADRIATICO 


535 


INDICE      BELLE      MATERIE 


Proemio pag. 

I.  Introduzione.  Estuario  Adriatico  e  sue  parti       .        .        .        .        .        .        » 

PARTE  PRIMA. 

IL  Lagune  venete  in  generale,  e  fiumi  principali  che  vi  confluiscono     .        .        » 

III.  Laguna  Caprulese,  ossia  di  Caorle » 

IV.  Laguna  di  Venezia.  Deviazione  de'  suoi  affluenti » 

V.  Fisica  condizione  della  Laguna  di  Venezia.  Opere  di  difesa,  e  di  regolazione 

di  essa » 

VI.  Antichi   cangiamenti  avvenuti   nella   laguna  di    Venezia   e  nel  corso  de' suoi 

tributar) -   » 

Appendice  A  sui  fiumi  della  Venezia .        » 

PARTE  SECONDA. 

VII.  Estuario  Padano.  Leggi  secondo  le  quali  si  formano  le  alluvioni  alle  foci  del  Po    » 
Vili.  Antichi  documenti  storici  relativi  alle  foci  del  Po  ;    loro  raffronti   coi  cangia- 
menti avvenuti  fino  alla  decadenza  dell'  impero  romano  .        .        .        » 
IX.  Cangiamenti  avvenuti  nel  medio  evo  fino    alla    rotta  di    Ficarolo  ;    origine  di 

Ferrara     . ,        » 

X.  Rotta  di  Ficarolo » 

XI.  Descrizione  idrografica   del   Ferrarese  nel   1500   estratta   dalla  Cronichetta  di 

Ferrara,  e  considerazioni  relative » 

XII.  Prime  vicende  degli  ultimi  tronchi  del  Po  dopo  la  rotta  di  Ficarolo  per  opera 

della  natura  e  per  quella  eziandio  dell'uomo » 

XIII.  Colmamento  della  Padusa ,  ossia  della  laguna  Ravennate,  e  tracce  della  divi- 

sione di  terreni  assegnati  alle  antiche  colonie  romane    ....        » 

XIV.  Condizione  cui  eransi  ridotti  gli  ultimi  tronchi  del  Po  fino  all'abbandono  del 

braccio  di  Ferrara,  e  provvedimenti  allora  impartiti  ....  » 
XV.  Nuova  inalveazione  del  Po  col  taglio  veneto  di  Porto  Viro  ...» 
XVI.  Proposte  che  vi  furono  fino  verso  la  metà  del  secolo  XVIII  per  la  regolazione 

delle  acque  alla  destra  del  Basso  Po » 

XVII.  Inalveazione  nel  Primaro  del  Reno  e  degli  altri  torrenti  inferiori,  ed  effetti  che 

ne  conseguirono » 

XVIII.  Iniziamento  dei  lavori  per  l' immissione  del  Reno  in  Po   decretata  da  Napo- 
leone ;  successiva  sospensione  di  essi,  e  disposizioni  impartite  posteriormente  » 
XIX.  Ultimi  studj  concernenti  la  sistemazione  di  quelle  acque  .        .        .        .        » 
Appendice  B.  Sulle  reticole  tracciate  nelle  carte  topografiche   dell'  alta  Italia , 
indicanti  la  divisione  di  terre  assegnale  ad  antiche  colonie  romane       .        » 

PARTE  TERZA. 

Considerazioni  idrologiche  sopra  alcuni  punti  concernenti 
la  regolazione  delle  acque  alla  destra  del  Basso  Po. 

XX.  Esame  delle  discussioni  che  vi  furono  siili'  interramento  del  Po  di  Ferrara      » 
XXI.  Stabilimento  del  fondo  de' fiumi,  e  fenomeni  relativi           ....        » 
XXII.  Navigabilità  del  Po  in  relazione  al  reggime  de' suoi  affluenti  delle  Alpi  e  del- 
l' Apenni  no ...» 

Qiom.  Ing.  —■  Voi  XVI.  —  Settembre  1868.  35 


iti 
21 


24- 
25 

28 

29 

33 

38 


115 

116 

125 
130 

131 

209 

212 

218 
220 

222 

224 

225 


228 


282 
286 

287 


» 


298 


536  STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI    ECC. 

XXIII.  Esame  della  questione:  se  il  fondo  del  Po  vada  elevandosi  presso  la  foce  del 

Panaro,  e  se  l' aggiunta  del  Reno  abbia  ad  accrescerne  l' alzamento      .        »    290 

XXIV.  Anomalie'  nelle  cadenti  del  Po  per  gli  ultimi  suoi  tronchi,  e  verosimili  conse- 

guenze che  se  ne  possono  dedurre 

XXV.  Influenza  dei  diboscamenti  delle  pendici  de' monti  sul  reggime  de' fiumi,  e  par- 
ticolarmente nel  bacino  del  Po »    396 

XXVI.  Calcoli  delle  portate  di  piena  del  Po  e  del  Reno  ;  effetti  verisimili  dell'aggiunta 

di  questo  influente  al  Po »     406 

XXVII.  Esame  dei  principj  secondo  i  quali  il  Lecchi  ha  proposto  e  fatto  intraprendere 

l' inalveazione  del  Reno  e  degli  altri  inferiori  torrenti  nel  Primaro       .        »    413 
XXVIII.  Regole  che  in  casi  simili  sarebbero  a  seguirsi  onde  rendere  più  sicura  l' inal- 
veazione    *      * 

.XXIX.  Modificazioni  introdotte  nel  piano  delle  opere  dai  successori  del  Lecchi    .        »    417 
XXX.  Rettificazione  di  circostanze  di  fatto  concernenti  quella  inalveazione        .        »      ivi 
XXXI.  Opinione  del   Barilari   sui   provvedimenti   che   occorrerebbero   onde  sostenere 

l'attuale  inalveazione »    420 

XXXII.  Se  convenga  allargare  i  drizzagni,  attesa  la  ristretta  loro  sezione  viva      .        »    421 

XXXIII.  Provvedimenti  cui  dovrebbesi  ricorrere  nel  caso  che  si  volesse  sostenere  l'odierna 

inalveazione  del  Reno »     421 

XXXIV.  Proposte  anteriori  fatte  dal  Brighenti  su  questo  particolare       .        .        .        »     519 

XXXV.  Effetti  che  si  avrebbero  nell'attuale   inalveazione   qualora   ne  venisse   tolto  il 

Reno  per  immetterlo  nel  Po »     520 

XXXVI.  Progetto  dell'  ingegnere  Angelo  Manfredi  di  creare  un  nuovo  fiume  Apenninico, 

deviando  Secchia  e  Panaro  dal  Po  per  allacciarli  al  Reno  ed  agli  altri  tor- 
renti inferiori  e  condurli  direttamente  al  mare        .        .        .        •        •        » 
XXXVII.  Difficoltà  che  oggidì  presenterebbe  il  compimento  del  piano  iniziato  per  l' inal- 
veazione del  Reno  in  Po •  }) 

XXXVIII.  Provvedimenti  accessorj  nel  caso  che  venisse  conservata  l'odierna  inalveazione 
del  Reno,  oppure  che  questo  avesse  ad  immettersi  nel  Po     . 

XXXIX.  Conclusione 

Appendice  C.  Monografia  della  straordinaria  piena  del  Po  del  1839,  e  quadri 
statistici  pel  periodo  dal  1827  al  1860  (da  aggiungersi  con  tavola  in  fo- 
glietto separato). 

PROSPETTI  NUMERICI. 

A.  Riassunto  delle  portate  medie  unitarie  in  m.  e.  del  Reno  alla  Chiusa  di  Casalecchio 

e  nell'annesso  canale  nel  settennio  dal  novembre  1849  al  31  ottobre  1856        .        »    304 

B.  Sunto  delle  portate  unitarie  massime  e  medie,  e  delle  integrali  del  Po  per  le  maggiori 

piene  avvenute  dal  1827  al  1867 ,    partendo  dal  segnale  di  guardia  all'  idrometro  di 
Pontelagoscuro 

C.  Prospetto  delle  massime  magre  e  delle  massime  piene  annuali  del  Po  nel  sessantennio 

1807-66  all'  idromelro  di  Pontelagoscuro,  riferite  alla  guardia     .        .        .        .        »    306 

D.  Confronto  delle  altezze  delle  magre  massime  del  Po  agli  idrometri  di  Ostilia,  Sermide 

Quatrelle  e  Pontelagoscuro /■ 

E.  Riassunto  delle  piene  del    Po  che  all'idrometro  di    Pontelagoscuro   oltrepassarono  il 

metro  sopra  guardia   nei  sessant'anni  decorsi  dal  1807  al  1866 

F.  Prospetto  delle  piene  del  Reno  avvenute  in  questo  secolo  del  1801  a  tutto  il  1862,  le 

quali  superarono  l'altezza  di  6m  sullo  zero  dell'idrometro  di  Casalecchio 


522 
527 
530 


305 


308 


IV! 


RELAZIONE 
dell'ingegnere   LUIGI    TATTI 

SULLA  CONVENIENZA  DELLA  IRRIGAZIONE  DELLA  PIANURA  FRIULANA 

FRA  IL  TAGL1AMENTO  ED  IL  TORRE 

COLLE  ACQUE  DEL  LEDRA  E  DEL   TAGLIAMELO. 

Spettabile  Commissione  per  l'attuazione  del  Canale  del  Ledra  e  Tagliamento. 

In  ossequio  ai  desiderii  espressi  da  codesta  spettabile  Commissione  nel  pregiato 
suo  foglio  direttomi  da  Firenze  il  6  andante  mese,  per  avere  da  me  un  giudizio: 
i.°  sulla  possibilità  di  estrarre,  parte  dal  Ledra  e  parte  dal  Tagliamento,  un 
corpo  d'acqua  perenne  di  trentun  metri  cubici,  che  si  calcola  necessario  per  gli 
usi  domestici  e  per  l'irrigazione  della  pianura  friulana  fra  il  Tagliamento  ed 
il  Torre. 

2.°  sulla  convenienza  economica  di  estendere  a  detta  pianura  le  irrigazioni 
col  sistema  Lombardo,  avuto  riguardo  alla  natura  del  suolo  ed  alle  altre  condi- 
zioni locali: 

mi  sono  recato  in  sito  nei  passati  giorni  19  a  23  luglio,  ed  ho  percorso  la 
plaga  irrigabile  non  solo,  ma  anche  l'andamento  del  progettalo  canale  dalla  sua 
origine  al  suo  sbocco  nel  piano,  e  quello  delle  principali  sue  diramazioni.  In  base 
quindi  ai  dati  raccolti  ed  alle  assunte  informazioni  ne  ho  steso  il  presente  rap- 
porto che  mi  pregio  di  trasmetterle  come  il  risultato  delle  mie  indagini  e  dei 
miei  studii  in  argomento. 

Per  rispondere  adequatamente  e  con  personale  cognizione  di  causa  alla  prima 
domanda,  sarebbemi  stato  necessario  di  assumere  delle  misure  dirette  nei  diversi 
stati  d' acqua  per  potere  calcolare  la  portata  ordinaria  e  minima  del  torrente 
Ledra  e  de'suoi  affluenti;  e  per  riguardo  al  Tagliamento, oltre  le  misure  dirette, 
mi  sarebbe  stata  necessaria  una  raccolta  delle  effemeridi  dell'altezza  delle  sue 
acque  per  un  lungo  periodo  di  anni,  osservata  in  un  tratto  in  cui  corra  abbastanza 
regolare  e  raccolto.  Fortunatamente  alla  mancanza  di  questi  dati  che  io  non  avrei 
potuto  raccogliere  se  non  mediante  parecchie  osservazioni  in  un  lungo  periodo 
di  tempo,  suppliscono  soddisfacentemente  gli  elementi  di  fatto  all'uopo  già  rac- 
colti da  chi  mi  precedette  in  queste  indagini  e  dallo  zelo  di  codesta  spettabile 
Commissione. 

Alla  misura  del  Ledra  col  suo  principale  affluente,  il  Rio  Gelato,  ha  già  risposto 
colla  consueta  sua  diligenza  ed  autorità  il  chiarissimo  sig.  profess.  Gustavo  Bucchia, 
ed  il  risultato  delle  sue  esperienze  venne  consegnato  nella  dotta  sua  Memoria 
edita  in  Udine  nel  1858.  Deducesi  dalle  sue  misure  dirette  e  dalle  sue  accurate 
calcolazioni,  che  il  Ledra  nelle  attuali  condizioni  ed  in  tempo  di  estrema  magra 
può  sempre  somministrare  un  cubo  di  M.  9,00  al  secondo,  cubo  che  nello  stato  or- 
dinario deve  ritenersi  con  molta  approssimazione  oltrepassare  i  M.  18,00  (pag.  23). 


I 

538  SULLA  CONVENIENZA  DELLA  IRRIGAZIONE 

Ora  è  a  ritenersi  indubbiamente  che  la  copia  <T  acqua  attuale  del  Ledra  potrà 
artificialmente  aumentarsi ,  sia  collo  espurgo  delle  sorgenti  ricchissime  che  lo 
alimentano,  e  che  si  presentano  assai  copiose  ad  onta  degli  ingombri  di  erbe 
palustri  e  di  fanghiglia  che  le  ricoprono,  sia  colla  escavazione  del  tratto  di  canale 
lungo  la  pianura  di  Osopo  sino  a  raggiungere  il  Tagliamento,  colla  quale  verranno 
ad  allacciarsi  molte  altre  pure  abbondanti  sorgenti  che  si  manifestano  superfi- 
cialmente in  varii  punti,  e  che  dopo  breve  corso  si  fanno  cosi  grosse  da  poter 
servire  al  movimento  dei  molini  del  Marchese,  d' Osopo  ecc.,  i  cui  scoli  si  gettano 
in  Tagliamento  direttamente.  Ciò  stando,  io  non  dubito  d'affermare,  potersi  far 
conto  sul  tributo  da  parte  del  Ledra  di  una  quantità  d'acqua  costante  di  M.3  14,00 
al  secondo,  cioè  circa  mezza  volta  di  più  di  quanto  emerge  dalle  misure  succitate 
del  sig.  profess.  Bucchia  in  tempo  di  estrema  magra  attuale.  E  questo  risultato 
si  potrà  avere  più  sicuro  qualora  per  animare  maggiormente  con  più  forte  ri- 
chiamo le  sorgenti,  massime  del  Rio  Gelato,  si  abbassi  quanto  più  è  possibile  la 
soglia  del  nuovo  canale  al  suo  stacco  dal  Ledra. 

Resterebbero  a  provvedersi  dal  fiume  Tagliamento  i  residui  M.3  17,00  al  se- 
condo, occorrenti  a  raggiungere  la  quantità  di  M.3  31,00  creduta  necessaria  per 
un  sufficiente  servizio  di  irrigazione.  A  persuadersi  della  capacità  di  quel  fiume 
a  fornire  in  qualunque  epoca  detta  quantità  d'acqua,  in  mancanza  di  effemeridi, 
le  quali  d'altronde  per  la  natura  torrentizia  di  quel  fiume,  per  la  sua  piccola 
portata  ordinaria  a  fronte  dell'ampiezza  del  suo  letto,  e  per  la  conseguente  va- 
riabilità del  suo  corso,  non  potrebbero  dare  sufficienti  criterii  di  attendibilità; 
valgano  le  misure  dirette  opportunamente  fatte  eseguire,  or  sono  poche  settimane 
dal  valente  sig.  capo  ing.  civico  Locatelli ,  i  cui  risultati  qui  mi  compiaccio  di 
allegare  per  esteso  (Alleg.  A).  Appare  dagli  stessi  che  il  Tagliamento  in  magra 
ordinaria  porta  una  quantità  d'acqua  almeno  di  M.3  54,00,  quantità  tanto  supe- 
riore ai  bisogni  del  nuovo  canale  da  non  lasciarci  dubitare  di  poterne  estrarre 
gli  occorrenti  M.3  17,00,  in  qualunque  condizione  di  estrema  magra  esso  sì  possa 

trovare. 

La  ubicazione  poi  ove  dovrebbe  eseguirsi  la  presa  si  presenta  così  opportuna 
per  la  naturale  condizione  delle  cose,  da  non  potersi  procurar  migliore  con  mezzi 
artificiali.  Infatti  il  promontorio  roccioso  di  Braunlis  sulla  sponda  destra  opposta 
si  avanza  a  guisa  di  grande  pennello,  quasi  perpendicolarmente  all'alveo  per  una 
lunghezza  di  circa  cento  metri,  e  spinge  il  filone  direttamente  contro  le  grandi 
difese  costrutte  e  rafforzate  in  questi  ultimi  anni  sulla  sponda  sinistra,  entro  le 
quali  dovrebbe  essere  praticato  l'imbocco  del  nuovo  canale.  Basterà  una  semplice 
diga  in  muro  sommergibile,  che  s'innoltri  a  imbuto  nell'alveo  per  una  tratta  dai 
cinquanta  ai  sessanta  metri  per  obbligare  l'acqua  anche  nei  periodi  di  magra 
ad  avviarsi  nel  canale,  e  basterà  una  serie  ben  calcolata  di  sfioratori  e  di  porte 
presso  la  sua  origine  con  opportuni  canali  scaricatori  al  dissopra  di  Osopo  per 
regolare  in  esso  la  sua  competenza  d'acqua,  senza  alcun  edificio  proprio  di  presa, 
seguendo  in  ciò  gli  stessi  principii  coi  quali  venne  regolalo  l'incile  del  Naviglio 
Grande  di  Milano.  In  questo  modo  il  Canale  potrà  servire  anche  alla  fluitazione 
delle  borre  e  delle  zattere  senza  aumenti  di  spesa  fino  ad  Udine  con  grande 
vantaggio  di  quel  commercio,  e  potranno  togliersi  le  eventuali  opposizioni  che 
altrimenti  sarebbero  per  elevare  i  valligiani  della  Carnia  per  la  diminuita  navi- 
gabilità del  tronco  inferiore  del  Tagliamento  in  tempi  di  magra,  in  conseguenza 
della  ideata  sottrazione  d'acqua  per  gli  usi  dell'irrigazione  della  pianura  Friulana, 


DELLA  PIANURA  FRIULANA  ECC.  539 

Dalle  premesse  osservazioni  si  deduce  quindi  non  esservi  dubbio  intorno  alla 
possibilità  di  avere  col  mezzo  del  Ledra  e  del  Tagliamene  la  quantità  d'acqua 
di  M.3  31,00  al  secondo,  creduta  necessaria  per  il  nuovo  canale,  e  potendosi 
all'uopo  fra  loro  sussidiare  i  due  dispensatori,  col  regolare  l'immissione  delle 
acque  del  Tagliamento  più  crude  e  meno  addatte  alla  irrigazione  in  quella  pro- 
porzione semplicemente  che  fosse  per  mancare  al  Ledra  che  somministra  acque 
più  chiare  e  più  idonee  anche  per  gli  usi  domestici,  si  avrà  la  certezza  di  una 
massa  d'acqua  nel  canale  non  solo  costante  ma  della  miglior  possibile  qualità. 

È  sorto  in  taluni  poco  esperti  in  materia  il  dubbio,  e  ne  venni  io  stesso  in- 
terpellato, se,  stante  la  qualità  ghiajosa  del  fondo  che  deve  attraversare  il  nuovo 
canale,  esso  non  fosse  per  disperdere  la  massima  parte  delle  sue  acque  prima  di 
giungere  al  punto  della  sua  utilizzazione.  Noi  abbiamo  troppi  esempi  in  proposito 
di  canali  antichi  e  di  canali  nuovamente  aperti,  per  poter  ammettere  simile  dubbio: 
Certo  le  dispersioni  per  assorbimento  del  fondo  e  delle  sponde  saranno  molto 
sensibili  nei  primi  tempi  dell'esercizio,  ma  nulla  di  più  semplice  che  porvi  ri- 
medio con  poco  dispendio,  sia  col  saturare  di  sabbia  e  limo  quelle  piccole  conoidi 
che  si  formano  laddove  presentasi  qualche  fuga  sotterranea,  sia  col  selciare  a 
secco  il  fondo  e  le  sponde  delle  tratte  più  permeabili,  sia  nei  casi  estremi  collo 
stendere  sul  selciato  ora  accennato  uno  strato  di  calcestruzzo  manipolato  con  buon 
cemento.  Le  torbide  poi  portate  dalle  piene  dei  due  torrenti  fornitori  dell'acqua  coi 
loro  depositi  finissimi  spinte  tra  i  più  sottili  meati  e  le  impercettibili  fessure  delle 
murature  nei  manufatti,  varranno  a  togliere  in  breve  volgere  d'  anni  ogni  anor- 
male disperdimento.  Sicché  non  avrassi  nel  nostro  canale  ad  oltrepassare  la  mi- 
sura che  si  è  in  pratica  avverata  pei  canali  di  Lombardia,  e  che  è  ormai  ammessa 
dai  più  recenti  trattatisti  in  materia,  vale  a  dire  la  perdita  di  circa  un  sesto  del 
suo  volume  sommando  in  essa  tanto  le  filtrazioni,  quanto  l'evaporazione,  tanto  le 
fughe  per  topinaje,  quanto  i  piccoli  furti  imprescindibili  da  parte  di  poco  onesti 
confinanti.  Varrà  ad  ogni  modo  a  diminuire  queste  perdite  il  tener  le  acque  pos- 
sibilmente in  corpi  grossi,  e  dare  al  canale  quella  maggior  pendenza  che  è  com- 
patibile colla  conservazione  delle  sponde,  e  colle  altre  condizioni  di  tracciamento. 

In  quanto  poi  alla  convenienza  economica  di  introdurre  nella  pianura  Friu- 
lana l'irrigazione  secondo  i  sistemi  che  con  tanto  vantaggio  dell'agricoltura 
si  praticano  nella  Lombardia,  serviranno  di  base  alle  mie  argomentazioni  i 
dati  di  fatto  e  le  pratiche  previsioni  che  risultano  dal  processo  verbale  che  si 
unisce  sotto  B  compilato  da  una  commissione  di  esperti  agricoltori  milanesi  e 
del  Friuli,  dopo  avere  percorso  in  tutte  le  sue  parti  la  pianura,  ed  essersi  for- 
mato un  criterio  abbastanza  concreto  delle  sue  condizioni  geologiche  ed  agrono- 
miche. Alla  soluzione  di  questi  esperti  vennero  sottoposti  diversi  quesiti  relativi 
tanto  alla  bibacità  di  questi  terreni,  quanto  ai  presumibili  aumenti  di  prodotto 
degli  stessi  dopo  introdotta  la  irrigazione,  tanto  alla  attitudine  delle  acque  del 
Ledra  e  del  Tagliamento  in  riguardo  alla  irrigazione,  quanto  al  prezzo  più  con- 
veniente da  attribuirsi  per  il  loro  affitto. 

La  persuasione  di  tali  esperti  della  opportunità  di  introdurre  su  questi  terreni 
la  irrigazione,  fu  concorde  e  tale  da  esprimerla  in  tesi  generale  prima  di  discen- 
dere alla  soluzione  dei  quesiti  loro  sottoposti,  e  gioverà  qui  replicarne  i  termini 
coi  quali  è  espressa.  Questi  terreni,  dicono  gli  esperti,  di  qualità  eminentemente 
calcare  con  qualche  mistura  argillosa  benché  a  fondo  in  generale  ghiajoso  con  sab- 
bia ,   formano  però  una   miscela  abbastanza  compatta  da  non  lasciar  supporre  una 


540  SULLA  CONVENIENZA  DELLA  IRRIGAZIONE 

soverchia  bibacità  né  da  sconsigliare  per  questo  titolo  V  applicazione  di  un  razio- 
nale sistema  d'irrigazione.  Ammesso  quindi  questo  principio,  ammessa  la  neces- 
sità di  scegliere  fra  i  sessantotto  mila  ettari  nelle  varie  zone  i  terreni  più 
opportuni  alla  irrigazione  in  proporzione  della  quantità  d'acqua  disponibile, 
ammesso  il  consumo  d'  acqua  necessario  per  una  irrigazione  normale  in  ragione 
della  loro  bibacità  nelle  tre  classi  in  cui  furono  distinti,  cioè  di  litri  1,50,  1,25 
edxl,00  al  secondo  per  ettaro,  e  ritenuto  che  sia  necessario  il  consumo  di  un 
metro  cubo  per  gli  usi  domestici  dei  cento  gruppi  di  case  costituenti  i  trenta 
comuni  sparsi  nella  pianura  e  che  saranno  per  usufruire  del  Canale,  in  ragione 
cioè  di  dieci  litri  continui  ai  secondo  per  casale,  vediamo  quale  quantità  di  ter- 
reno sarà  effettivamente  per  usufruire  del  benefìcio  dell'irrigazione  col  pro- 
posto Canale. 

La  quantità  d'acqua  per  cui  il  canale  venne  precalcolato  è  di  M.3  31,00  al  se- 
condo. Da  questa  dedotti  M.3  5,00  per  le  naturali  inevitabili  dispersioni  per  fil- 
trazioni, evaporazione  ecc.,  e  dedotto  un  altro  metro  per  gli  usi  domestici,  reste- 
rebbero disponibili  per  la  irrigazione  effettivi  M.3  25,00. 

Ritenuta  la  distinzione  dei  terreni  in  tre  classi  secondo  il  diverso  loro  grado 
di  assorbimento  nella  ragione  esposta  dagli  esperti  sopra  Ett.  31,000,  e  cioè  di 
EU.  9,415  pei  più  bibuli,  di  Ett.  14,  365  pei  mediamente  bibuli,  e  di  Ett.  7,220 
pei  minimamente  bibuli,  e  ritenuto  il  consumo  normale  sopra  esposto  di  litri  1,50, 
1,25  e  1,00  in  relazione  alle  diverse  classi;  le  effettive  superficie  irrigabili  si  ridur- 
ranno approssimativamente  ad  Ett.  6,000  per  la  classe  l.a,  a  9,000  per  la  2.a, 
a  5,000  per  la  3.a ,  e  così  in  tutto  Ett.  20,000.  Ritenuto  poi  il  principio  che 
debbansi  per  il  maggior  vantaggio  dell'agricoltura  aumentare  possibilmente  le 
praterie  stabili  ed  i  prati  artificiali  in  modo  da  estenderli  col  tempo  a  due  terzi 
della  superfìcie  totale,  limitando  l'uso  degli  adacquamenti  parziali  ai  soli  bisogni 
della  coltivazione  del  grano  turco  e  degli  altri  cereali,  si  scorgerà  facilmente  non 
essere  soverchia  la  quantità  d'acqua  assegnata  al  canale  ed  essere  presumibile 
il   facile  e  pronto  suo  collocamento  ad  affìtto. 

Ammesso  poi  il  prezzo  di  L.  800  all'  oncia  Magistrale  milanese  a  bocca  tas- 
sata, quantunque  ritenuto  dagli  esperti  troppo  basso  in  confronto  ai  prezzi  del 
Milanese,  si  avrà  la  spesa  di  L.  23  per  ettaro  pei  terreni  di  terza  classe,  di 
L.  28,75  per  quelli  di  seconda  classe,  e  di  L.  34,50  per  quelli  di  prima  classe; 
e  quindi  un  prodotto  a  favore  della  amministrazione  del  Canale  di  L.  115,000, 
per  l'irrigazione  dei  terreni  di  l.a  classe,  di  L.  258,750  per  quelli  di  2.a  classe, 
e  di  L.  207,000  per  quelli  di  3.a  classe,  e  così  in  tutto  di  annue  L.  580,750. 
A  questa  somma,  se  si  aggiungono  L.  75/m  di  contributo  per  parte  dei  comuni 
per  1'  uso  delle  acque  pei  servizii  domestici,  L.  25/m  per  contributo  probabile  da 
parte  della  ferrovia  per  servizio  dei  rifornitori  alle  stazioni,  e  da  parte  della 
città  di  Udine  per  il  suo  proporzionato  maggior  consumo  d'acqua  e  forze  motrici, 
e  L.  35/m  circa  per  le  residue  forze  motrici  da  alienarsi  lungo  le  diramazioni 
per  l'erezione  di  mulini  da  grano  di  cui  difetta  il  paese,  di  trebbiatoi  e  di  in- 
dustrie diverse,  si  avrà  un  reddito  presumibile  totale  lordo  di  L.  715/m ,  da  cui 
dedotte  L.  115/m  per  spese  di  sorveglianza  e  di  manutenzione,  resteranno  tuttavia 
disponibili  a  servizio  degli  interessi ,  dividendi  ed  ammortizzazione  del  capitale 
L.  600/m. 

Ed  ammesso  pure  che  questo  prodotto  non  possa  realizzarsi  intero  che  nel 
periodo  di  dieci  anni  dall'apertura  del  canale,  e  che  il  prodotto  realizzabile  nel 


DELLA  PIANURA  FRIULANA  EGO.  841 

primo  anno  di  servizio  non  sia  che  di  un  terzo  del  totale,  ossia  che  di  L.  200/m, 
e  che  si  aumenti  nel  decennio  in  ragione  aritmetica,  fatti  gli  opportuni  calcoli 
scalari  sopra  un  ventennio,  si  avrà  un  medio  prodotto  annuale  di  L.  500,000: 
importo  questo  che  per  le  ragioni  sopra  dette  della  scarsità  dell'acqua  in  pro- 
porzione alla  superficie  utilmente  irrigabile,  si  ha  fondamento  a  credere  che  sarà 
per  aumentare  col  crescere  del  tasso  di  affitto  in  ragione  della  ricerca  delle  acque. 

Ciò  per  riguardo  al  probabile  ricavo  della  società  imprenditrice  del  canale.  Per 
riguardo  poi  all'utile  che  sarebbe  per  ritrarne  l'agricoltura  chiamata  a  fruire 
di  questo  beneficio,  sulle  basi  dei  dati  assunti  nel  protocollo  degli  esperti  Agri- 
coltori, si  istituiscono  i  seguenti  raziocinj. 

Degli  Ett.  20/m  irrigabili  suppongasi  abbiansi  a  coltivare  a  praterie  in  parte 
stabili  ed  in  parte  artificiali  EU.  12/m ,  e  che  gli  altri  Ett.  8/m  abbiansi  a  col- 
tivare a  cereali.  È  questa  una  proporzione  logica,  e  che  sta  ancora  al  disotto 
dei  desiderj  manifestati  dagli  esperti,  che  sarebbero  di  portare  le  praterie  a  due 
terzi  del  totale.  Il  reddito  netto  attuale  dei  prati,  come  dalla  diligente  relazione 

Bertozzi,  è  per  ogni  ettaro  di L.  41.  70 

Il  reddito  dopo  introdotta  la  irrigazione,  e  dopo  eseguite  le  opera- 
zioni necessarie  di  riduzione  e  di  concimazione  risulterà  dalla  media 
quantità  di  quintali  di  fieno  72,50,  che  valutati  non  già  a  L.  6,06 
come  venne  ammesso  nei  calcoli  Bertozzi  per  la  produzione  attuale, 
stante  la  sua  scarsezza,  ma  a  sole  L.  5,00  per  quintale,  darà  un  ri- 
cavo di It.  L.    362.50 

da  cui  dedotta  la  metà  per  spese »     181.25 

restano »  181.25 

L'utile  quindi  della  nuova  coltivazione  sulla    attuale  per  ogni  et- 

taro  di  prato  risulterà  di L.  139.55 

e  quindi    sopra    ettari   12/m L.    1,674,600. 00 

Ritenuta  poi  riguardo  alla  coltivazione  in  cereali  la  stessa  ra- 
gione di  aumento  calcolata  nella  relazione  Bertozzi  e  riconfermata 
nel  protocollo  degli  esperti  dal  Sig.  Perito  Vidoni,  cioè  dalle  L.  44,40 
alle  L.  77,10,  ossia  di  L.  32,70  per  ettaro,  sopra  i  residui  Ett.  8/m 
si  avrebbe  un  ulteriore   vantaggio  di »       261,600.00 

e  così  in  tutto .    .  L.    1,936,200.00 

Ora  se  da  questa  somma  deduciamo  : 
1.°  La  spesa  d'affitto  delle  acque  come  sopra  calcolata  nel  com- 
plesso di L.   580,750 

2.°  Gli  interessi  e  l'ammortizzamento  delle  spese  per  le 
riduzioni  dei  terreni  valutate  dai  periti  in  ragione  di  L.  350 
per  ettaro,  che  pei  titoli  dedotti  in  protocollo,  cioè  che 
buona  parte  dei  terreni  essendo  di  proprietà  dei  contadini, 
la  cui  mano  d'opera  d'inverno  può  da  loro  stessi  utiliz- 
zarsi gratuitamente,  si  ritiene  riducibile  a  sole  L.  200  .  .  . 
sopra  ettari  12/m  =  L.  2,400,000,  che  in  ragione  del  7  p.  %  »  178,000 
totale 758,750.00 

resta  un   aumento   netto  di   produzione  pel  solo  maggior 

prodotto  di    erbe    e  cereali  a L.    1,177,450. 00 


542  SULLA  CONVENIENZA  DELLA  IRRIGAZIONE 

Aumento  ragguardevolissimo,  e  che  qualora  si  tenga  calcolo  degli  altri  redditi 
sussidiari  di  ricavo  di  piantagioni  per  legna  da  fuoco  e  per  gelsi,  e  di  prodotto 
almeno  raddoppiato  di  animali  d'allevamento  e  da  macello,  può  presumersi  senza 
tema  di  esagerazione  almeno  ad  un  milione  e  mezzo  per  anno. 

Abbiamo  quindi  riconosciuta  la  certezza  di  avere  una  dotazione  costante  d'acqua 
nel  canale  dei  precalcolati  m.  e.  31  al  secondo;  abbiamo  vista  la  possibilità  di 
condurre  il  canale  sul  campo  della  distribuzione  delle  sue  acque  senza  troppo 
gravi  ostacoli  naturali;  abbiamo  calcolato  che  detto  canale  per  le  condizioni 
naturali  del  suolo  potrà  bastare  alla  irrigazione  di  20/m  ettari  di  terreno ,  oltre 
la  distribuzione  di  un  rigagnolo  per  gli  usi  domestici  ad  ognuno  dei  100  casali 
che  costituiscono  i  32  comuni  amministrativi  di  cui  componesi  il  consorzio;  ab- 
biamo indicato  quanto  potrebbe  equamente  sperarsi  di  reddito  dall'affitto  e  dal- 
l'uso delle  acque;  abbiamo  finalmente  accennato  quale  sia  per  essere  P  incremento 
dei  redditi  delle  proprietà  irrigabili  delle  provincie  in  conseguenza  dell'attiva- 
zione del  piano  vagheggiato  d'irrigazione. 

A  sciogliere  definitivamente  il  problema  resta  a  conoscere  la  spesa  necessaria 
per  la  costruzione  dei  canale.  Questa  però  non  potrà  dedursi  con  certa  approssi- 
mazione senza  uno  studio  diligente  di  un  progetto  tracciato  sul  terreno.  Noi  ab- 
biamo, è  vero,  gli  studj  del  Duodo,  ma  essi  non  contemplano  che  un  semplice  canale 
della  portata  di  poco  più  di  sette  metri  cubi  al  secondo:  abbiamo  quelli  del  Loca- 
telli,  ma  essi  pure  si  limitano  ad  una  variante  della  linea  Duodo  con  un  aumento 
di  sezione  per  il  proposito  di  aumentare  la  portata  del  canale;  abbiamo  finalmente 
quelli  del  Bucchia,  i  quali  a  dir  vero  si  limitano  a  suggerimenti  di  massima  senza 
scandaglio  alcuno  positivo  sul  terreno.  Gli  elaborati  dei  distinti  ingegneri  che 
ho  menzionati,  se  non  possono  somministrare  i  criterj  per  la  determinazione  del 
costo  del  nuovo  canale,  massime  avuto  riguardo  all'aumento  propostosi  della 
sua  portata  ,  hanno  assicurata  la  possibilità  della  sua  effettuazione,  accennati  i 
punti  più  difficili  a  superarsi,  e  predisposti  molti  elementi  altimetrici  e  plani- 
metrici che  varranno  a  rendere  più  facile  il  compito  di  chi  sarà  chiamato  a 
formare  il  nuovo  progetto,  il  quale  riassumendo  e  ordinando  tutti  i  migliori  con- 
cetti finora  ventilati  da  uomini  preclari  per  scienza  e  per  pratica  in  argomento,  e 
prevalendosi  di  tutti  i  perfezionamenti  in  questi  ultimi  anni  introdotti  nell'arte 
costruttoria,  abbia  a  riescire  completo  e  tale  da  potervisi  fare  sicuro  fondamento 
sia  per  riguardo  alla  effettiva  spesa  di  costruzione  occorrente ,  sia  per  riguardo 
alla  lodevole  riescita  dell'opera. 

Milano,  28  Luglio  1868. 


DELLA  PIANURA  FRIULANA  ECC.  543 

Allegato  A 

Sperimenti  e  scandagli  idrometrici  per  dedurre  la  portata  in  magra  ordinaria  del 
fiume  Tagliamene  eseguiti  nei  giorni  8,  9  e  10  Luglio  1868. 

Primo  tronco  immediatamente  inferiore  al  Chiusette  della  roggia  Venchiarutti 
sul  confine  fra  i  territori  di  Gemona  e  di  Osopo. 

Lunghezza  del  tronco  Met.  119,  00. 

Area  della  sezione  dedotta  con  scandagli  eseguiti  a  m.  2,00  di  distanza  l'uno 
dall'altro,  metri  quadrati  trentasei  e  centesimi  trentacinque  (Met.  q.  36,35). 

Sperimenti  col  galeggiante  semplice,  costituito  da  una  palla  di  ottone  con  za- 
vorrà  in  modo  che  rimaneva  tutta  immersa,  N.  16  =  Se  ne  fecero  N.  21,  ma  si 
ritengono  quei  soli  che  procedettero  regolari  senza  alcuna  perturbazione  nel 
corpo  del  galeggiante,  e  da  essi  escluso  il  massimo  ed  il  minimo. 

La  media  delle  velocità  osservate  risulta  di  Met.  1,84  per  minuto  secondo. 

Per  la  velocità  media,  se  assumiamo  il  coefficiente  0,81  l'avremo  espressa  in 
Met.  1,4904,  e  se  prendiamo  il  coefficiente  suggerito  dal  Turazza  nella  seconda 
edizione  della  sua  Idrometria,  che  é  di  0,92,  l'avremo  di  Met.  1,6928. 

Gol  primo  coefficiente  la  portata  é Met.s    54, 176 

Col  secondo       »  »        »  »     61533 

Secondo  tronco  al  passo  di  Bordano  sopra  Ospedaletto  rimpetto  ai  Rivi  bianchi 
Lunghezza  del  tronco  Met.  134,00. 
Area  della  sezione  dedotta  come  sopra  Met.  q.  29,  15. 
Esperimenti  col  galeggiante  che  riuscirono  perfettamente  regolari  N  4 
Tempo   medio   impiegato   nella   percorrenza  dal  galeggiante  lungo  il  tronco- 
secondi  70,50,  e  quindi  la  velocità  per  ogni  minuto  secondo  Met.  1,90. 
Velocità  media  col  coefficiente  0, 81  ......    Met.    1  537 

0, 92 ;      ;;  £  748 

Portata  col  primo  coefficiente Met.  3    44  80 


»         secondo        » 


» 


30,95 


In  questo  tronco  non  sono  comprese  le  grosse  sorgenti  che  scaturiscono  al- 
1  unghia  della  conoide  confluente  dei  Rivi  bianchi,  le  quali  sono  comprese  nel 
tronco  superiore  sopraindicato. 

La  pendenza  del  pelo  nel  tronco  1.°  è  data  dalle  quote  21,525— 20,830=  Met  0  695 
sull'estesa  di  Met.  272,00.  Il  perimetro  bagnato  di  questo  tronco  è  Met.  56  39'(1) 
La  pendenza  del  pelo  nel  tronco  2.°  é  dato  dalle  quote  2,85  —  2,  67  =  Met  0  18 
sull'estesa  di  Met.  134,00.  Il  perimetro  bagnato  di  questo  tronco 'è  M.  42,50.' 
Udine,  24  Luglio  1868. 

Ing.  G.  Battista  Locatelli. 

(1)  Se  applichiamo  a  questi  dati  la  nota  forinola  di  Bazin  per  la  misura  delle  acque  in  canali  a  fondo 

«cabro,   espressa  da  W*  = Rl  avremo  «  =  1.4105,  da  cui  una  portata  pel  primo  caso 

0.00028  (l  +—- ) 

d>  M.351.27,  il  che  prova  la  molta  approssimazione  della  formola  stessa  alle  deduzioni  delle  misure  dirette, 


544  SULLA  CONVENIENZA  DELLA  IRRIGAZIONE 

Allegato  B 


Udine,  23  Luglio  1868. 

In  esito  all'invito  della  Commissione  per  il  progetto  del  Canale  del  Ledra  e  Ta- 
gliamento,  portato  dalla  lettera  da  Firenze  6  andante  mese,  allo  scopo  di  racco- 
gliere se  e  quanto  possa  riescire  proficua  all'agricoltura  della  pianura  Friulana 
tra  il  Tagliamento  ed  il  Torre  l'attivazione  dell'irrigazione;  previa  una  diligente 
visita  locale  eseguita  nei  giorni  21,  22  e  23,  incominciando  dalla  bocca  d'ero- 
gazione al  Tagliamento  e  percorrendo  le  varie  zone  tra  il  Tagliamento  ed  il  Corno, 
fra  il  Corno  ed  il  Cormor,  e  tra  il  Cormor  ed  il  Torre,  si  riunirono  oggi  i  Periti 
agricoltori  sigg.  Francesco  Vidoni  di  Udine,  Pietro  Marozzi  e  Francesco  Bignami 
di  Milano,  ai  quali  vennero  dai  pure  sottoscritti  signori  avv.  Paolo  Billia  ed 
ing.  Luigi  Tatti  sottoposti  a  risolvere  i  seguenti  quesiti ,  che  qui  in  seguito  si 
trascrivono. 

Quesito  1.°  —  In  quante  classi  si  possono  divìdere  i  terreni  irrigabili  della  pianura 
Friulana  per  riguardo  al  consumo  di  acqua  dipendente  dalla  diversa  loro  bibacità? 

Le  terre  della  pianura  Friulana  tra  il  Tagliamento  ed  il  Torre  fino  ad  una 
linea  tirata  da  Codroipo  a  Palmanova,  benché  diverse  fra  loro  in  grado  notevole 
sotto  l'aspetto  della  fertilità,  si  ritengono  dai  sottoscritti  di  tale  natura  da  non 
richiedere  un  esagerato  spreco  di  acqua  per  la  loro  irrigazione.  Di  qualità  emi- 
nentemente calcare  con  qualche  mistura  argillosa,  benché  a  fondo  in  generale 
ghiajoso  con  sabbia,  formano  però.una  miscela  abbastanza  compatta  da  non  lasciar 
supporre  una  soverchia  bibacità,  né  da  sconsigliare  per  questo  titolo  l'applica- 
zione di  un  ragionato  sistema  di  irrigazione.  La  diversità  notevole  dell'  attuale 
loro  fertilità  dipende  principalmente  dallo  strato  più  o  meno  alto  di  terriccio 
vegetale  che  le  ricopre,  e  dalla  più  o  meno  accurata  loro  coltivazione. 

La  circostanza  che  alcune  di  queste  terre  inaridiscono  anche  dopo  soli  sei  o 
sette  giorni  sereni  nella  stagione  estiva  in  modo  da  compromettere  i  prodotti 
agricoli,  dipende  non  già  da  esuberante  porosità  del  sotto  suolo,  il  quale  anzi  in 
quelle  località  è  estremamente  duro  e  compatto;  ma  dipende  appunto  dalla  sua 
durezza  e  poca  porosità,  la  quale  non  permettendo  l'assorbimento  delle  piogge, 
non  può  trasmettere  al  sopra  suolo  i  suoi  umori  nella  evaporazione.  Su  questa 
qualità  di  terra  gli  adacquamenti  per  essere  proficui  dovranno  essere  più  fre- 
quenti ma  non  più  intensi  né  più  generosi,  il  che  non  toglie  la  relativa  conve- 
nienza di  estendere  la  irrigazione  anche  sopra  di  essi. 

La  estensione  contemplata  nel  progetto  da  assoggettarsi  ad  irrigazione  sarebbe 
della  superficie  totale  di  circa  Ett.  68,000,  i  quali  per  riguardo  alla  loro  indole 
e  natura,  alla  giacitura  altimetrica  ed  allo  sperabile  vantaggio  dell'irrigazione, 
possono  dividersi  in  tre  classi  rispetto  alla  loro  bibacità,  collocando  nella  I  classe 
i  terreni  riputati  i  più  bibuli,  nella  II  i  mediamente  bibuli,  e  nella  III  classe  i 
minimanente  bibuli. 

Limitando  per  ora  detta  classificazione  a  soli  Ett.  31,000  circa,  come  quelli 
che  sugli  Ett.  68,000  si  credono  più  opportuni  a  questo  genere  di  coltivazione 


DELLA  PIANURA  FRIULANA  ECC.  545 

in  base  a  generiche  considerazioni  riferite  a  ciascuna   zona  in  cui  fu  già  diviso 
questo  territorio  nella  relazione  Bertozzi,  risulterebbero  determinabili  : 


Zona      I 

II 

»       III 

»       IV 

V 


I 

II 

III 

Tot.  Ett.  2,  000 
»   2, 000 
»  12, 000 
»  24, 000 
»  28, 000 

Ett.   365 

»  2,700 
»  3,600 
»  2,700 

Ett.   365 

100 

»  2, 500 

»  5, 000 

»  6, 400 

Ett.   180 
»   810 
»   280 
»  2,300 
»  3,650 

Ett.   910 
»    910 
»  5, 480 
»  10,950 
»  12,750 

Ett.  68,000 

Ett.  9,  365 

Ett.  14,365 

Ett.  7,220 

Ett.  31,000 

Benché  si  sia  limitata  in  questa  classificazione  la  superficie  più  opportuna- 
mente irrigabile  a  soli  Ett.  31,000  sui  68,000  della  totale  superficie  della  pianura 
friulana  in  questione,  pure  i  sottoscritti  ritengono  che  qualora  si  potesse  disporre 
una  quantità  maggiore  di  acqua,  una  parte  anche  della  residua  superficie  po- 
trebbe venire  vantaggiosamente  irrigala. 

Quesito  2.°  -  Quale  quantità  di  acqua  si  reputa  necessaria  per  una  irrigazione 
completa  ad  ognuna  delle  classi  di  cui  al  N.  1  per  ogni  Ettaro? 

Per  una  superficie  mediamente  bibula  e  dopo  un  periodo  almeno  di  nove  anni 
d  irrigazione  ed  escluse  le  risaje,  nella  bassa  Lombardia  si  reputa  occorrere 
oncie  due  milanesi  effettive,  cioè  misurate  sul  luogo  di  godimento,  per  ogni  mille 
pertiche  pure  milanesi,  cioè  litri  0,90  circa  per  ettare. 

Divisa  la  superficie  irrigabile  in  tre  classi  come  al  Quesito  1.°,  secondo  la  ra- 
gione della  bibacità  loro,  stante  la  natura  delle  terre  nella  pianura  friulana  per 
una  irrigazione  normale  si  ritiene  possano  bastare  per  la  classe  i.»  litri  1  SO  per 
ettaro;  per  quelle  della  classe,  2.»  litri  1,86;  e  per  quelle  della  classe  3.'  litri  1  00 
sempre  per  ettaro,  ben  inteso  che  debbansi  utilizzare  anche  le  colature 

Queste  irrigazioni  debbono  inoltre  essere  fatte  per  corpi  grossi  d'acqua  almeno 
di  mezzo  metro  cubo,  onde  diminuirne  le  dispersioni,  e  su  superficie  suddivise  in 
appezzamenti  di  circa  quattro  ettari,  per  essere  facilmente  riprese  e  godute  infe- 
riormente. Nei  primi  tempi  però  e  finché  non  siasi  stabilita  una  buona  vicenda 
in  modo  da  godere  tutte  le  colature  e  da  diminuire  coi  depositi  delle  torbide  la' 
permeabile  delle  terre,  le  dette  quantità  dovranno  essere  alcun  poco  aumentate. 

Quesito  3."  -  Quale  la  vicenda  agraria  più  proficua  alla  irrigazione,  avuto  riguardo 
alla  natura  del  terreno? 

La  vicenda  agraria  più  opportuna  in  questa  regione  dopo  introdotta  la  irriga- 
zione e  quella  di  coltivare  almeno  metà  a  prato,  erba  medica  e  trifoglio  da  au- 
mentarsi a  poco  a  poco  sino  a  raggiungere  i  due  terzi ,  come  nella  provincia 
Lodigiana,  allo  scopo  di  poter  allevare  molto  bestiame,   e  l'altra  terza  parte  a 


546  SULLA  CONVENIENZA  DELLA  IRRIGAZIONE 

cereaìi,  di  cui  due  quinti  a  frumento,  dietro  cui  cinquantino,  e  tre  quinti  a  grano 
turco  con  fagiuoli,  lino  e  ravizzone. 

Con  questa  vicenda  si  potranno  produrre  molti  concimi,  e  con  molli  concimi 
si  avrà  un  aumento  in  erbe  e  cereali  assai  dovizioso  e  sicuro. 

Questo  sistema  non  esclude  l'allevamento  dei  gelsi  nelle  parti  più  elevate,  ed 
ammette  quello  delle  capitozze  di  pioppo,  salici  ed  ontani  lungo  le  gore  prin- 
cipali, con  un  riflessibile  prodotto  in  legna  di  cui  questa  pianura  difetta. 

L'allevamento  delle  vacche  per  formaggio  potrà  introdursi  utilmente  forse  dopo 
un  lungo  periodo  di  anni,  quando  le  erbe  per  continuata  concimazione  si  saranno 
fatte  più  copiose  e  più  grasse,  e  quindi  i  frutti  delle  terre  avranno  dato  tali  ri- 
sparmi da  poter  affrontare  la  spesa  dell'acquisto  delle  vacche  da  latte  e  del- 
l' erezione  dei  caseificii.  Per  ora  si  suggerisce  1'  allevamento  delle  bestie  bovine 
per  commercio  e  macellazione  tentando  anche  il  perfezionamento  delle  razze. 

Quesito  4.°  —  Quale  ruota  di  irrigazione  più  opportuna  per  le  praterie  e  quale 
per  i  campi  aratori? 

Per  economizzare  l'acqua,  la  ruota  d'irrigazione  più  opportuna  sarebbe  di  un 
adacquamento  ogni  nove  giorni  circa  sui  prati  stabili  da  metà  Aprile  a  metà 
Settembre. 

Per  la  coltivazione  del  grano  turco,  erba  medica,  trifoglio  ecc.  si  ritiene  ba- 
stino tre  adacquazioni  all'anno  in  media,  a  norma  delle  stagioni. 

Sarà  bene  calcolare  un  adacquamento  annuo  anche  pel  frumento, 

Quesito  5.°  —  Quale  V  approssimativo  medio  prodotto  dopo  V  irrigazione  dei  prati  e 
dei  terreni  aratorii? 

I  prati  stabili  dopo  introdotta  la  irrigazione  ed  eseguite  le  operazioni  neces- 
sarie per  la  distribuzione  delle  acque,  non  che  dopo  una  conveniente  concima- 
zione devono  dare  tre  tagli  all'anno,  oltre  il  pascolo  della  quartirola.  Il  prodotto 
di  questi  tre  tagli  si  reputa  sarà  per  variare,  a  norma  della  fertilità  naturale 
del  suolo  e  della  buona  riduzione  della  superficie,  dai  quintali  ottantacinque  ai 
quintali  sessanta  per  ettaro,  non  calcolato  il  vantaggio  del  pascolo  sia  goduto  in 
sito,  sia  lasciato  sul  prato  dove  serve  ad  aumentare  la  successiva  produzione. 

A  questo  prodotto  devesi  aggiungere  quello  delle  marcite  da  introdursi  in  se- 
guito e  quello  delle  capitozze,  il  quale  potrà  servire  in  torno  triennale  alle  mag- 
giori spese  di  questa  coltivazione. 

L'  aumento  di  prodotto  dei  cereali  colla  adacquazione  dipendendo  dalla  sicu- 
rezza del  raccolto,  sarà  proporzionale  secondo  le  località  alle  perdite  attuali 
in  causa  di  siccità,  che  si  calcola  in  media  nella  fallacia  di  un  prodotto  su  tre 
almeno. 

Questo  prodotto  verrà  aumentato  poi  anche  in  forza  del  maggior  concime  de- 
rivante dal  maggior  ricavo  dei  prati,  il  che  supplirà  abbondantemente  alla  dimi- 
nuzione dell'estensione  del  terreno  da  coltivarsi  con  questo  cereale,  per  l'aumento 
delle  praterie  e  coltivazione  delle  erbe  mediche  e  del  trifoglio,  potendosi  da  mi- 
nor superfìcie  avere  naturalmente  pari  ricavo  dell'attuale. 

Il  Perito  Sig.  Vidoni  avendo  aderito  negli  estremi  esposti  nella  relazione 
Bertozzi   intorno   all'  entità   dei   prodotti  e  prima  e  dopo  la  irrigazione,  e  non 


DELLA  PIANURA  FRIULANA  ECC.  547 

avendo  sufficienti  pratiche  cognizioni  su  questo  genere  di  coltivazione  in 
Lombardia,  dichiara  di  non  aver  motivo  sufficiente  a  recedere  dalle  opinioni 
espresse  in  detta  relazione,  secondo  la  quale  la  differenza  tra  la  produzione 
attuale  e  dopo  la  introduzione  dell'irrigazione  sarebbe  da  44  a  77  all'ettaro. 

Quesito  6.°  —   Quale  la  approssimativa  spesa  di  riduzione  per  ettaro  compresi  i 
manufatti  ed  i  rigagnoli  di  distribuzione  delle  acque  ? 

Le  spese  di  riduzione  in  vista  della  superficie  naturalmente  abbastanza  piana 
del  suolo,  compresa  la  formazione  delle  roggie  maestre  e  di  scolo,  la  costruzione 
degli  incastri,  ponticelli  ecc.  può  valutarsi  in  ragione  media  di  L.  350,00 
all'  ettaro. 

Avuto  poi  riguardo  che  buona  parte  della  proprietà  della  zona  irrigabile  ap- 
partiene ad  agricoltori  contadini,  questa  spesa,  o  diremo  meglio  la  esposizione 
di  un  effettivo  capitale,  si  ridurrebbe  d'assai,  avvegnacchè  sarebbe  utilizzata  la 
mano  d'opera  degli  stessi  agricoltori,  i  quali  nella  stagione  jemale  restano  ordi- 
nariamente oziosi. 

Quesito  7.°  —  Quale  V  aumento  di  capitale  necessario  per  ogni  ettaro  per  bestiami, 
fabbricati,  scorte  ecc.  dipendentemente  dalla  nuova  coltivazione  irrigatoria  ? 

In  via  astratta  il  capitale  necessario  per  acquisto  bestiame,  aumento  scorte, 
ampliazione  fabbricati  ecc.  visto  il  numero  degli  animali  attualmente  esistenti,  si 
può  valutare  in  L.  300  per  ettaro. 

Fatto  però  riflesso  che  gli  allevamenti  si  possono  fare  in  famiglia  dai  coloni 
senza  spesa  a  misura  che  aumentano  i  foraggi  e  che  i  coloni  slessi  sono  suffi- 
cientemente provvisti  di  caseggiati,  e  fatto  riflesso  che  le  maggiori  spese  neces- 
sarie di  scorte  ecc.  potranno  essere  imputate  senza  disagio  sugli  eventuali  ri- 
spàrmii  procedenti  dalla  maggiore  produzione,  si  crede  superfluo  di  tener  conto 
di  questo  elemento. 

Quesito  8.°  —  Se  le  acque  del  Ledra  e  Riogelato  e  quelle  del  ragliamento  sono 
adatte  ad  una  buona  irrigazione? 

Le  acque  del  Ledra  e  del  Riogelato  di  sorgente  si  ritengono  opportunissime 
perchè  limpide  e  calde  d'inverno;  e  quantunque  nella  stagione  estiva  si  man- 
tengano alla  loro  origine  alquanto  fredde,  pure  dovendosi  riscaldare  nel  lungo 
corso  prima  di  essere  adoperate,  e  dovendo  lavorare  sopra  terreni  di  natura  cal- 
lidi, non  è  a  dubitarsi  del  loro  buon  effetto. 

In  quanto  alle  acque  del  Tagliamento  che  portano  in  sospensione  delle  parti- 
celle calcari  e  che  sarebbero  alquanto  fredde  per  la  irrigazione  jemale,  avuto 
pure  riguardo  al  lungo  loro  corso  prima  di  giungere  al  sito  del  loro  lavoro,  nel 
quale  vengono  naturalmente  a  chiarificarsi,  ed  alla  loro  mescolanza  colle  acque 
del  Ledra  che  sarà  per  riscaldarle  nella  stagione  d'inverno,  si  reputano  pure 
opportune,  se  non  nel  grado  delle  prime,  almeno  in  quello  delle  ordinarie  acque 
d' irrigazione. 


548  SULLA  CONVENIENZA  DELLA  IRRIGAZIONE    ECC. 

Quesito  9.°  —  Quale  sarebbe  il  prezzo  conveniente  '  da  attribuirsi  alV  affìtto  delle 
acque  sia  per  la  stagione  estiva,  sia  per  la  stagione  jetnale  e  per  gli  adacquamenti 
eventuali,  avuto  riguardo  alle  condizioni  di  questa  regione? 

Attualmente  nel  Milanese  si  paga  per  irrigazione  estiva  a  bocca  tassata  dalle 
L.  1200  alle  L.  2000,  per  oncia  magistrale;  e  si  nota  che  questi  prezzi  sono  in 
continuo  aumento  per  la  continua  estensione  della  coltivazione  irrigua.  Pare 
quindi  che  il  tasso  di  L.  800  ammesso  nella  relazione  Bertozzi  sia  troppo  basso 
e  possa  portarsi   a  L.  1000  per  oncia  magistrale  Milanese. 

In  quanto  all'acqua  jemale  si  ritiene  sufficiente  per  ora  il  prezzo  di  L.  80, 
salvo  aumentarlo  coir  estendersi  della  ricerca  in  conseguenza  dell'estendersi 
della  coltivazione  dei  prati  a  marcita. 

Parlando  poi  degli  adacquamenti  semplici,  sembra  che  il  prezzo  di  L.  6,00  per 
ogni  ettaro  e  per  ogni  adacquamento,  si  possa  ritenere  abbastanza  modico  e  con- 
veniente nei  primi  tempi  dell'esercizio.  Siccome  poi  questo  prodotto  formerà  una 
delle  principali  risorse  del  Canale  nelle  epoche  prime,  e  siccome  gli  adacqua- 
menti si  prevedono  ricercati,  così  si  potrà  regolare  la  rispettiva  tariffa  anno  per 
anno  a  norma  delle  ricerche  e  del  reciproco  tornaconto. 

Fatto,  letto  e  firmato  dagli  intervenuti. 

Francesco  Vidoni. 
Ing.  Pietro  Marozzi. 
Bignami  Francesco. 
Av.  Paolo  Billia. 
Ing.  Luigi  Tatti. 


PARATOIA  AUTOMOBILE  APPLICABILE  AI  TUBI  DI  CONDOTTA. 

Invenzione  del  signor  Leopoldo  Emaniteli 
allievo  del   R.   Istituto  Tecnico   Superiore   di   Milano. 

(Vedi  tav.  25) 

Lo  scopo  di  questo  meccanismo  è  quello  di  mantenere  costante  la  portata  d'un 
tubo  di  condotta  nel  quale  la  carica  iniziale  è  soggetta  a  variazioni  quali  si  vo- 
gliano. Il  tubo  termina  a  sezione  quadrata;  e  la  paratoja,  propriamente  delta,  è 
costituita  da  una  lastra  rettangolare  di  ghisa,  che  può  scorrere  verticalmente  chiu- 
dendo più  o  meno  la  luce  d'efflusso.  L'embolo  A,  Fig.  l.a  (1)  unito  rigidamente  alla 
paratoja  per  mezzo  dell'asta  £,  scorre  nel  cilindro  C,  di  cui  la  parte  superiore  è 
messa  in  comunicazione  col  tubo  di  condotta  D  per  mezzo  del  tubo  E.  L'asta  B 
dello  stantuffo  si  prolunga  sino  ad  articolarsi  in  F  con  un  bilanciere  F  G,  di  cui 
lo  spigolo  rettilineo  F  G  è  obbligato  a  mantenersi  sul  profilo  superiore  H  0  di  un 
pezzo  in  ghisa  fissato  rigidamente  al  suolo.  All'estremo  G  del  bilanciere  è  arti- 
colata l'asta  destinata  a  sorreggere  il  contrappeso  Q:  tanto  l'articolazione  in  F 
quanto  quella  in  G  si  suppongono  fatte  in  modo  che  i  punti  F  e  G,  movendosi, 
si  mantengano  sempre  nelle  verticali  corrispondenti. 

Se  supponiamo  che  il  bilanciere  F  G  occupi  la  posizione  orizzontale  L  M  quando 
la  carica  nel  tubo  ha  il  suo  valor  minimo,  é  facile  vedere  che  non  appena  cre- 
scerà la  pressione  in  #,  l'aumento  di  pressione  sull'embolo  A,  vincendo  la  rea- 
zione del  contrappeso,  farà  abbassare  la  paratoja,  restringendo  così  la  luce  d'ef- 
flusso dell' acqua.  Se  il  bilanciere  dovesse  ruotare  intorno  ad  un  punto  fìsso  0, 
è  evidente  che  nella  sua  nuova  posizione  non  potrebbe  mantenersi  in  equilibrio;' 
infatti  l'aumento  di  pressione  sullo  stantuffo  A  non  sarebbe  equilibrato  da  nes- 
suna variazione  nel  momento  del  contrappeso.  Ora,  non  essendo  facil  cosa  va- 
riare il  contrappeso,  conviene  variare  il  suo  braccio  di  leva  coll'obbligare  il 
bilanciere  a  muoversi  sulla  curva  0  H.  La  linea  0  H  deve  adunque  soddisfare  a 
questa  condizione: 

Che  per  un  dato  aumento  di  pressione  nel  tubo  di  condotta  la  posizione  d'  equili- 
brio del  bilanciere  sia  tale  da  corrispondere  ad  un  determinato  abbassamento  del  suo 
estremo  F,  e  quindi  della  paratoja. 

Ciò  premesso,  passiamo  alla  ricerca  dell'equazione  di  questa  curva. 

Supponiamo,  come  si  disse  sopra,  che  il  bilanciere  sia  orizzontale  quando  è 
minima  la  pressione  nel  tubo:  in  questo  caso  la  paratoja  è  completamente  al- 
zata, per  cui  l'area  d'efflusso  è  h\  h  essendo  il  lato  del  quadrato  sezione  estrema 
del  tubo  di  condotta.  Indichiamo  con  : 

(li)  Al  disegno  schematico  si  unisce  il  disegno  della  paratoja  nel  caso  in  cui  essa  sia  applicata  a  varii 
tubi  di  condotta.  —  La  semplice  ispezione  della  figura  supplisce  alla  descrizione. 


550  PARATOJA  AUTOMOBILE 

P  la  resistenza  in  chilogrammi  che  si  incontra  al  sollevamento  della  paratoja: 
questa  resistenza  è  costituita  dal  peso  della  paratoia  e  dall'  attrito  che  si  svi- 
luppa nelle  guide  (1). 

Q  il  contrappeso  in  chilogrammi. 

R  il  peso  del  bilanciere  in  chilogrammi. 

H  la  pressione  totale  in  chilogrammi  esercitata  sullo  stantuffo  A  quando  l'acqua, 
nei  tubo  di  condotta,  ha  una  carica  qualunque. 

#o  il  valore  di  H  corrispondente  alla  carica  minima  e  quindi  alla  posizione 
orizzontale  L  M  del  bilanciere. 

Indichiamo  inoltre  con  0  il  punto  d'appoggio  del  bilanciere  quando  trovasi 
nella  sua  posizione  orizzontale,  e  poniamo; 

OM=L 0=6 

Allora  perchè  il  bilanciere,  in  questa  sua  posizione,  rimanga  in  equilibrio,  dovrà 
essere: 

(P  +  H0)b  =  bQ 
ossia 

P+H0=r-Q 

che  ci  dà  Q. 

Finalmente  indichiamo  con  z  (metri)  la  quantità  di  cui  deve  abbassarsi  la  pa- 
ratoja quando  la  pressione  sull'embolo  è  divenuta  H:  perchè  la  portata  del  tubo 
rimanga  costante  ed  eguale  a  q  convien  che  sia: 


q      ^h(h-z)y^gI^i 


1000* 

s  essendo  l'area  dello  stantuffo  in  metri  quadrati,  e  q  essendo  espresso  in  metri 
cubi.  Da  quest'eguaglianza  si  ricava 

Q 


z  =  h 


hVlgim 


^7  WMTs 

ove  posto 


_ijAoooi=:m(2) 

Vh\/Zg 


si  ha: 

i    i      m 

a)  z=h+yw 


(1)  A  rigore,  la  resistenza  P  varia  colla  pressione  che  ha  l'acqua  nel  tubo  di  condotta;   ma  «  può 
supporre  che  il  peso  della  paratoja  sia  abbastanza  grande  da  rendere  trascurabile  1'  effetto  dell  atto 
che  si  sviluppa  fra  la  paratoja  e  le  sue  guide.  n^uhach 

(2)  Rigorosamente  p  varia  con  s;  per  essere  esatti  converrebbe  introdurre  la  forinola    di    We.soac   , 
che  dà  p  in  funzione  del  rapporto  fra  la  parte  del  perimetro  nella  quale  è   tolta   la  contrazione  i 
perimetro  totale  della  bocca  d'  efflusso, 


APPLICABILE  AI  TUBI  Di  CONDOTTA  551 

Se  F  G  è  la  posizione  del  bilanciere  corrispondente  alla  pressione  H  sullo  stan- 
tuffo, sarà  L  F  =  z;  per  cui  riferendo  la  curva  ai  due  assi  0 X  ed  0  Y,  avremo 
la  relazione: 

dalla  quale,  posto  per  z  il  valore  dato  dalla  (1),  si  ha: 

In  quest'equazione,  come  si  vede,  è  contemplata  la  condizione  che  il  bilanciere, 
restando  sempre  tangente  alla  linea,  si  abbassi  di  quel  tanto  che  basta  a  mante- 
nere costante  la  portata  quando  cresce  la  carica  dell'acqua  nel  tubo  di  condotta. 
Resta  ad  introdurvi  l'altra  condizione,  che  cioè  il  bilanciere  si  trova  in  equilibrio 
anche  quando  occupa  la  posizione  qualunque  F  G.  Ritenendo  che  il  centro  di 
gravità  del  bilanciere  si  muova  sull'  asse  delle  F,  ciò  eh'  è  assai  prossimo  al  vero, 
questa  condizione  è  espressa  dalla: 

(P  +  H)  (b  -  x)  =  Q  (p  +  x)  +  R  x 
da  cui 

{ó)  X~"P+Q  +  H+R 

Eliminando  la  H  fra  le  (2)  e  (3)  si  avrebbe  dunque  P  equazione  della  curva  su 
cui  deve  muoversi  il  bilanciere.  Allo  scopo  però  di  rendere  il  calcolo  più  facile, 
seguiremo  una  via  meno  diretta. 

Prendiamo,  nella  (2),  la  H  come  variabile  principale:  allora  essa  si  metterà 
sotto  la  forma: 

j/#  x         J  dH  d  x 

J    TT 

Sostituendo  in  quest'equazione  i  valori  ài  x  e  -,—  ricavati  dalla  (3)  e  riducendo 

d  x 

si  ottiene  la: 

(4)  (P+0  +  fl  +  «)||+»=    h  +  ^ 

Il  primo  membro  di  quest'equazione  è  la  derivata  del  prodotto  y  (P-f-0 +  #+#); 
per  cui  integrando  avremo  : 

(P+Q  +  H+R)  y  =  hH+Zm  J/S+Cost. 
Giorn.  lng.  —  Voi  XVI.  —  Settembre  1868.  36 


552  PARATOIA  AUTOMOBILE 

Per  determinare  la  costante  osservo  che  quando  H=H0  y  =  Q;  per  cui  posto 


avremo  : 


hHQ  +  2m\/H0=:K 

hH  +  tmVH  —  K 
y-~~P+Q  +  H  +  R 


Ecco  la  relazione  che  passa  fra  y  ed  H:  volendo  l'equazione  della  curva  basterà 
richiamare  la 

(P  +  E)  (b  -~  x)  =  0  (6  +  x)  +  R  x 
ed  eliminare  la  H  fra  questa  e  la  (B).  Quest'eliminazione  conduce  alla: 


(6) 


y  =  T 


fra  .  2m  j/6 — a?  |/^a?  +  ff0&-2m  \/ HQ  (b—x) 


b(A  +  H0) 


Ecco  l'equazione  della  curva  su  cui  deve  muoversi  il  bilanciere  perchè  la  portata 
del  tubo  di  condotta  rimanga  costante.  —  Quest'equazione,  com'è  facile  vedere, 
rappresenta  un' elisse  tangente  in  0  all'asse  delle  x  ed  alla  EF  nel  punto  di 
ordinata  y  =  h:   l'equazione  del  diametro  passante  per  0  è 


x. 


Il  teorema  di  Pascal ,  pel  quale  dati  cinque  soli  punti  di  una  conica  se  ne  pos- 
sono trovare  quanti  se  ne  vogliono,  offre  un  metodo  assai  spedito  per  tracciare 
la  curva. 

Non  crediamo  affatto  inutile  l'aggiungere  la  seguente  osservazione,  che  ci  ser- 
virà a  determinare  la  minima  lunghezza  assegnabile  al  bilanciere. 

Se  indichiamo  con  K  la  pressione  esercitata  dal  bilanciere  sul  suo  punto  d'ap- 
poggio #,  con  s  la  lunghezza  dell'arco  0  H  e  con  <p  il  coefficiente  d'attrito  fra 
ghisa  e  ghisa  (1),  è  facile  vedere  che  il  limite  delle  posizioni  di  equilibrio  del 
bilanciere  sarà  dato  dall'eguaglianza: 


d  s      T      d  s 


ossia  dalla: 


dy 
dx 


(1)  Tanto  il  bilanciere  quanto  il  pezzo  su  cui  s'appoggia  si  suppongono  in  ghisa, 


APPLICABILE  AI  TUBI  Di  CONDOTTA  553 

risultato  che  si  poteva  prevedere.  Quando  adunque  il  bilanciere  s'inclinasse, 
rispetto  alla  orizzontale  OH,  d'un  angolo  maggiore  dell'angolo  d'attrito,  esso 
scivolerebbe  sul  pezzo  di  ghisa  che  lo  sostiene.  Per  evitare  quest'inconveniente 
basterà  dunque  prendere  per  b  un  valor  tale  per  cui  si  abbia ,  in  tutti  i  casi , 

tang  F  Cx 9:  per  cui  denominando  con  e  il  massimo  abbassamento  della  pa- 
ratoia si  dovrà  avere: 

ossia 

=    9 
Il  limite  inferiore  della  lunghezza  del  bilanciere  sarà  dunque  dato  dal  rapporto  — . 


IL     CANALE     CAVOUR 

MEMORIA 

dell'  Ing.  Francesco  Ajraghi. 

(Vedi  Tav.  26) 

La  Lombardia  e  le  finitime  provincie  Piemontesi,  che  da  tempi  antichi  godono 
non  poca  e  lusinghiera  distinzione  tra  le  altre  parti  d'Italia,  emersero  partico- 
larmente nel  secolo  decimoquinto  per  l'incremento  che  seppero  dare  alla  propria 
agricoltura,  immaginando  quel  sistema  d'irrigazione  che  l'ingegno  e  l'interesse 
moderno  cercano  di  sviluppare. 

Gli  è  per  mantenere  il  primato  agricolo  anticamente  acquistato  e  mantenuto 
attraverso  la  fuga  del  tempo,  che  molte  opere  idrauliche  vennero  compiute  in 
quest'ultimo  giro  di  lustri,  e  che  ultimamente  il  gran  ministro  Cavour  decretava 
l'apertura  di  un  canale  che  doveva  chiamare  a  nuova  vita  agraria  il  Vercellese, 
il  Novarese  e  la  Lomellina. 

È  su  questa  grandiosa  opera  che  noi  abbiamo  portato  il  nostro  studio,  ed  è  in- 
torno ad  essa  che  vogliamo  intrattenere  i  nostri  lettori,  offrendo  loro  una  rela- 
zione storico-tecnica  corredata  di  tavole  illustrative,  quale  non  fu  mai  data  per 
intero  dagli  egregi  ingegneri  che  ci  precedettero  nell'  utile  fatica.  Tra  i  senti- 
menti che  c'inspirava  questo  lavoro  c'era,  e  non  per  ultimo,  quello  di  riparare 
alla  disattenzione  che  il  pubblico  italiano  qualche  volta  mostra  verso  le  più 
meritevoli  intraprese  nazionali,  mentre  è  talora  curioso  di  insignificanti  opere 
straniere. 

Daremo  quindi,  come  abbiamo  detto,  per  sommi  capi,  la  parte  storico-tecnica,  e 
presenteremo  i  tipi  dei  principali  manufatti,  senza  entrare  a  discutere  la  parte 
amministrativa,  se  non  in  quanto  è  strettamente  legato  a  ciò  che  imprendiamo 
a  trattare,  riordinando  le  memorie  e  le  osservazioni  da  noi  raccolte  negli  anni 
che  facemmo  parte  di  quella  Società,  e  presentandole  ai  nostri  lettori. 

Ecco  ora  il  pensiero,  il  nascimento  e  lo  sviluppo  di  questo  Canale,  che  dovrà 
necessariamente  diventare  una  delle  principali  fonti  della  ricchezza  agricola  Ver- 
cellese, Novarese  e  della  Lomellina. 

Considerazioni   storiche  generali* 

Se  noi  percorriamo  la  bella  e  vasta  pianura  che  si  estende  dal  Po  al  Ticino , 
la  vediamo  solcata  da  fiumi  e  torrenti ,  i  principali  dei  quali  hanno  la  loro  ori- 
gine dalle  giogaje  del  Monte  Viso ,  dai  ghiacciai  del  Monte  Rosa  e  del  Monte 
Bianco,  nonché  da  un  buon  numero  di  canali  artificiali  da  essi  derivati,  che 
conducono  parte  di  quelle  acque  all'irrigazione  delle  sottostanti  finitime  ed  anche 
lontane  campagne. 


IL  CANALE  CAVOUR  555 

Quest'immensa  vallata  del  Po,  che  tante  memorie  storiche  ricorda  delle  nostre 
passate  grandezze,  e,  pur  troppo,  anche  delle  guerre  combattute  per  le  nostre 
deplorevoli  municipali  suscettività,  era  in  tempi  remoti  costituita  di  sterili  lande 
ed  in  gran  parte  coperta  di  acque  che  liberamente  cadenti  dalle  confinanti 
Alpi,  allo  sciogliersi  delle  nevi  o  in  tempi  di  lunghe  pioggie,  si  spandevano 
e  formavano  stagni,  infestando  colle  loro  nocive  esalazioni  estesi  latifondi.  Le 
idee  consociate  della  civiltà  e  l'interesse  che  il  Governo  Sabaudo  poneva  a  mi- 
gliorare le  condizioni  igieniche  del  suo  stato,  fecero  si  che  con  spese  e  sacrifici 
non  indifferenti  s'intraprendessero  molte  opere  allo  scopo  di  allontanare  almeno 
dalle  città  e  dalle  grosse  borgate  i  pericoli  e  le  conseguenze  così  delle  inonda- 
zioni come  delle  pestilenziali  emanazioni  delle  acque  stagnanti. —  Più  che  l'opera 
dell'  uomo  fu  però  efficace  quella  della  natura,  che  quasi  da  sola  col  tempo  bo- 
nificò queste  paludi.  Se  noi  infatti  osserviamo  la  stratificazione  di  codesti  terreni, 
vediamo  ch'essi  presentano  i  caratteri  più  spiccati  dei  terreni  alluvionali,  sciolti 
ed  arenosi,  evidente  prova  che  le  successive  piene  del  Po,  del  Ticino  e  di  altri 
fiumi,  alterandosi  e  depositando  le  materie  e  le  terre  trascinate  dalle  loro  acque 
colmarono  e  bonificarono  quelle  estese  plaghe  di  terreno,  riserrandosi  esse  acque 
in  alvei  più  o  meno  uniformi  e  preparando  cosi  all'agricoltura  il  secondo  suolo, 
portatore  di  fertilità  e  di  ricchezza.  —  All'azione  lenta  del  tempo  succedette  poi 
quella  dell'industria  attiva  ed  indefessa  dell'uomo,  che,  con  ben  studiate  deri- 
vazioni, obbligò  parte  di  quelle  acque  a  correre  e  spandersi  a  beneficio  del- 
l'agricoltura. 

Osserviamo  però  che,  mentre  in  Lombardia  il  sistema  irriguo  potè  raggiungere 
quasi  l'ideale  (1),  nella  vallata  compresa  dal  Po  al  Ticino,  in  causa  della  defi- 
cenza  di  acque  in  alcuni  dei  grandi  emissarii  durante  la  stagione  estiva,  e  della 
poca  loro  azione  fertilizzante,  e  aggiungiamo  anche  la  loro  trascurata  distribu- 
zione, non  potè  finora  arrivare  al  suo  completo  sviluppo. 

Questi  fatti  ben  si  conoscevano  e  si  lamentavano  già  da  tempo  da  quelle  in- 
dustri popolazioni,  che  non  risparmiarono  spese  né  sollecitazioni  al  Governo 
perchè  di  comune  accordo  si  pensasse  al  modo  di  usufruire  delle  fertilizzanti 
acque  del  Po,  mediante  opportune  derivazioni,  onde  assicurare  a  quelle  terre  un 
sistema  irriguo  perenne,  più  esteso  e  più  fruttifero;  ma  tale  pensiero  fu  sempre 
abbandonato  nell' erronea  credenza  che  l' altimetria  del  corso  del  fiume,  ri- 
spetto alla  latistante  pianura,  fosse  tale  da  far  abbandonare  qualunque  possibilità 
di  utilizzarne  le  acque.  Ecco  il  frutto  dei  pregiudizii  e  degli  errori  che,  fissi 
nella  mente  degli  studiosi,  furono  causa  che  si  trascurassero  per  molti  anni  os- 
servazioni dirette  e  continuate  sui  deflussi  del  Po,  e  di  altri  fiumi  del  Piemonte, 
nonché  sulla  durata  e  sulla  intensità  delle  piene  e  delle  magre  a  cui  essi  vanno 
soggetti:  osservazioni  importantissime  sia  dal  lato  tecnico  che  da  quello  econo- 
mico e  commerciale.  Parziali  e  saltuarj  studii  sui  regimi  fluviali  non  conducono 
a  nulla;  chi  vuol  giungere  a  un  utile  risultato  deve  determinarne  le  leggi  che 
li  governano  e  i  fatti  risultanti  da  lunghe,  esatte  osservazioni  ed  esperienze. 

Finalmente  nel  1844,  un  intelligente  agricoltore  e  distinto  geometra,  Francesco 
Rossi  di  Vercelli,  constatava  pel  primo  l'inesattezza  degli  studii  fatti  fin' allora 

(1)  L'arte  di  derivare  canali  dai  grandi  emissari  risale,  in  Lombardia,  fino  al  secolo  XI:  nel  1177  i 
Milanesi  condussero  fino  alle  porte  della  loro  città  il  Canale  Ticinello,  derivato  qualche  tempo  innanzi 
dal  Ticino  a  Tornavento,  e  chiamato  poi  Naviglio  Grande,  che  porta  ra.  e.  51,40  al  1". 


S56  IL  CANALE  CAVOUR 

sulle  pendenze  del  Po  in  Piemonte,  e  acquistava  la  certezza  di  poter  utilizzare 
le  sue  acque  per  l'irrigazione  dei  Vercellese  e  della  Lomellina.  Questa  prima  e 
importante  rivelazione,  corredata  dal  relativo  progetto  di  derivazione,  fu  accolta 
sulle  prime,  come  è  facile  immaginarsi,  con  un  generale  sorriso  di  diniego,  e  come 
idea  paradossale,  solito  incoraggiamento  che  si  dà  nel  nostro  Paese  a  tutto  ciò 
che  è  nuovo  e  che  non  ha  ancora  ricevuto  il  battesimo  dell' ultramontanismo. 

Dopo  alcuni  anni  però,  l'enunciato  del  Rossi,  fu  ampiamente  giustificato  dagli 
studii  idrografici  eseguiti  per  ordine  governativo  (1).  Nel  1853  il  segnalato  inge- 
gnere cav.  Carlo  Noè,  ispettore  nel  Genio  Civile,  ebbe,  per  incarico  di  Cavour, 
allora  ministro  delle  Finanze ,  e  sui  dati  generali  esposti  dal  defunto  Rossi ,  ad 
elaborare  un  dettagliato  progetto  dell'opera  di  cui  imprendiamo  a  parlare,  e  che 
doveva  su  più  vasta  scala  portare  il  beneficio  dell'irrigazione  a  circa  117  mila 
ettari  di  terreno,  mediante  un  canale  che,  derivato  dai  Po  a  Chivasso,  attraver- 
sasse, per  così  dire,  l'immensa  vallata  che  da  questo  fiume  si  estende  fino  al  Ti- 
cino, o,  secondo  che  si  disse,  il  Vercellese,  il  Novarese  e  la  Lomellina,  che, 
come  osservasi  nella  Tav.  26 ,  occupano  la  pianura  sinistra  del  Po  compresa  fra 
la  Dora  Baltea  a  Ponente,  le  falde  delle  Alpi  al  Nord,  il  Ticino  a  Levante  ed  il 
Po  a  Mezzodì,  percorrendo  una  lunghezza  di  ben  85  chilometri  (2)  dall'incile 
alla  sua  confluenza  in  Ticino.  —  Questi  117  mila  ettari  di  terreno ,  che  attual- 
mente danno  un  reddito  di  poco  più  di  nove  milioni,  frutteranno  coli' irrigazione 
oltre  a  30  milioni,  ed  il  valore  capitale  di  questa  zona  territoriale  salirà  per 
conseguenza  dai  170  milioni  ai  365  circa;  ciò  che  potrà  verificarsi  tra  un  quin- 
dicennio, tempo  praticamente  voluto  perchè  tutte  le  acque  del  canale  vengano 
perfettamente  distribuite  all'  agricoltura. 

Fino  da  quell'epoca  i  comuni,  i  corpi  morali  ed  i  privati,  chiedevano  al  go- 
verno 1'  attuazione  del  progetto ,  e  lo  incoraggiavano  all'  esecuzione  con  regolari 
deliberazioni,  in  forza  delle  quali,  mentre  essi  stabilivano  il  quantitativo  d'acqua 
occorrente  per  l'irrigazione  dei  vari  territori  e  latifondi,  obbligavansi  altresì  a 
sottoscrivere  e  sborsare  anticipatamente  delle  somme  per  l' intraprendimento 
dei  lavori,  da  computarsi  poi  nel  valore  dell'acqua  che  ad  essi  rispettivamente 
verrebbe  devoluta  ad  opera  ultimata. 

Pur  troppo  però  le  difficoltà  di  trovare  nel  Regno  i  vistosi  necessari  capitali , 
e  le  vicende  politiche  che  andarono  svolgendosi  in  quel  libero  suolo  di  terra 
italiana,  occupavano  tutt' intera,  e  ben  a  ragionala  mente  degli  uomini  di  stato 
d'allora,  e  ponevano  per  un  momento  in  sosta  l'attività  scientifica  ed  industriale 
di  quel  popolo  dai  solidi  e  tenaci  propositi. 

Compiuta  infine  l'epopea  del  1859,  realizzato  in  gran  parte  il  sogno  secolare 
della  patria  libertà,  veniva  con  Decreto  Reale  25  agosto  1862  sanzionata  la  co- 
struzione del  canale,  conformemente  alla  Convenzione  9  Maggio  dello  stesso  anno 
dopo  l'approvazione  dei  due  rami  del  Parlamento  Italiano;    che   in  omaggio 


(1)  Nel  progetto  di  legge  presentato  alla  Camera  il  9  Giugno  1862,  coli' articolo  38,  per  l'approva- 
zione della  costruzione  del  canale  Cavour,  fu  proposto  ed  in  seguito  approvato  1'  obbligo  alla  società 
Concessionaria  di  pagare  del  proprio  alla  vedova  e  ai  figli  del  benemerito  allora  già  defunto  geometra 
Francesco  Rossi,  L.  50  mila  a  titolo  di  premio  come  a  quegli  che  indicò  pel  primo  la  possibilità  di  poter 
tradurre  le  acque  del  Po  all'  irrigazione  delle  terre  comprese  tra  Po  e  Ticino. 

(2)  Per  le  varianti  che  in  progresso  di  studio  il  commendatore  Ingegnere  Noè  trovò  di  fare  al  suo 
primitivo  progetto,  la  lunghezza  di  85  chilometri   fu  ridotta  a  82,530, 


IL  CANALE   CAVOUR  557 

al  grand'  Uomo   sotto  i  cui  auspicii   s' iniziava  questa  stupenda  opera  idraulica, 
unanimamente  lo  vollero  denominato  Canale  Cavour. 

Crediamo  indispensabile  il  chiarire  alcuno  degli  articoli  della  qui  appiedi  ri- 
prodotta Convenzione  —  facendola  precedere  dal  Decreto  Reale  —  a  fine  di  rile- 
vare alcune  delie  principali  cause  del  poco  felice  compimento  di  quest'opera, 
stata  avviala  fra  le  migliori  speranze. 

Legge  per   la  concessione   della  costruzione   di  un   canale  d'irrigazione  a   derivarsi  dal 
fiume  Po. 

25  agosto  1862. 

VITTORIO  EMANUELE  li 

per  grazia  di  Dio  e  per  volontà  della  nazione 

RE   D' ITALIA 

Il  Senato  e  la  Camera  dei  Deputati  hanno  approvato; 

Noi  abbiamo  sanzionato  e  promulghiamo  quanto  segue: 

Art.  i.°  È  approvata,  colle  modificazioni  infra  notate  e  già  assentite  dai  concessionari,  la 
convenzione  in  data  del  9  Maggio  1862,  intesa  tra  i  ministri  di  Agricoltura,  Industria  e  Com- 
mercio e  delle  Finanze  da  una  parte,  ed  i  signori  L.  Col.  William  Campbell  Onslow,  William 
Walter  Cargill,  Patrik  Douglas  Hadow,  Iohn  Masterman,  Henry  Bonnaire  e  Edwin  Cox  Nicholls 
dall'altra,  per  la  costruzione  e  per  l'esercizio  di  un  canale  da  derivarsi  dal  Po  a  Chivasso,  non 
che  per  la  cessione  della  disponibilità  dei  canali  demaniali  derivati  dalla  Dora  Baltea  e  dalla  Sesia. 

Art.  2.°  Su  tutta  l'  estensione  del  territorio  attraversato  dai  canali  sociali,  entro  i  limiti  di  300 
metri  dal  nuovo  canale  del  Po  e  dai  canali  demaniali  ceduti  alla  Società  ;  di  200  metri  dai  canali 
di  derivazione  principali  di  privata  proprietà  che  la  Società  venisse  acquistando,  e  di  100  metri 
dalle  diramazioni  maestre  staccantisi  dai  suddetti  canali  della  Società  concessionaria,  sarà  proi- 
bita l'apertura  di  nuovi  fontanili  scorrenti  in  trincea  e  l'approfondimento  o  l'allargamento, 
oltre  i  limiti  attuali,  di  quelli  che  si  trovano  già  aperti,  salvi  i  diritti  acquistati  sui  fondi  altrui 
all'epoca  della  promulgazione  della  presente  legge. 

La  proibizione  rispetto  ai  canali  già  esistenti  avrà  effetto  dal  giorno  della  promulgazione  della 
presente  legge  ;  rispetto  ai  nuovi  dal  giorno  del  tracciamento  di  ciascun  di  essi.  Le  conlravenzioni 
a  queste  disposizioni  saranno  punibili  con  una  multa  da  lire  cinquecento  a  mille,  e  ciò  oltre 
l'obbligo  al  contravventore  della  riduzione  delle  cose  nel  pristino  loro  stato  e  del  ristoro  dei 
danni  verso  chi  di  ragione. 

Art.  3.°  I  comuni,  le  provincie  ed  i  corpi  morali  sono  autorizzali  ad  assumere,  salva  l'appro- 
vazione a  termini  della  legge  comunale  e  provinciale,  quel  numero  di  azioni  e  di  obbligazioni 
che  trovassero  opportuno,  al  fine  di  agevolare  l'esecuzione  della  concessione  di  cui  si  tratta, 
contraendo  i  prestiti  di  cui  potessero  abbisognare  per  far  fronte  al  pagamento  delle  azioni  ed 
obbligazioni  suddette,  e  vincolando  i  loro  bilanci  per  più  di  tre  anni  in  avvenire  pel  servizio 
dei  relativi  interessi  e  per  la  restituzione  del  capitale,  eccedendo,  ove  d'uopo,  il  limite  normale 
della  loro  imposta  speciale. 

Art.  4.°  Il  canale,  di  cui  nella  presente  legge,  prenderà  il  nome  di  Canale  Cavour. 

Ordiniamo  che  la  presente,  munita  del  sigillo  dello  Stato,  sia  inserta  nella  raccolta  ufficiale 
delle  leggi  e  dei  decreti  del  Regno  d' Italia,  mandando  a  chiunque  spetti  di  osservarla  e  di  farla 
osservare  come  legge  dello  Stato. 

Dat.  a  Torino  addì  25  agosto  1862 

VITTORIO  EMANUELE 

(Luogo  del  Sigillo). 

V.  Il  Guardasigilli 
R.  Conforti,  Pepoli 

Quintino  Sella. 


§58  IL  CANALE  CAVOUR 

Convenzione  tra  il  Ministro  d'Agricoltura,  Industria  e  Commercio  ed  il  Ministro  delle 
Finanze  contraenti  a  nome  dello  Stato  da  una  parte,  ed  i  signori  L.  Col.  William  Campbell 
Onslow,  William  Walter  Cargill,  Patrìk  Douglas  Hadow,  John  Masterman,  Henry  Bon- 
nairetEdwin  Cox  Nicholls  dall'altra,  si  stipula  quanto  segue; 

Art.  1.  I  signori  L.  Col.  William  Campbell  Onslow,  William  Walter  Cargill,  Patrick  Douglas 
Hadow,  John  Masterman.  Henry  Bonnaire,  Edwin  Cox  Nicholls  si  obbligano  di  costituire  una 
Società  anonima  per  la  costruzione  e  V  esercizio  di  un  canale  per  cui  si  derivino  costantemente 
dal  fiume  Po  non  meno  di  metri  cubi  110  d'acqua  al  minuto  secondo,  semprechè  tale  portata 
esista  nel  fiume,  canale  destinato  ad  irrigare  1!  agro  Novarese  e  Lomellino ,  non  che  a  sostituire 
per  l'irrigazione  del  Vercellese  le  acque  di  detto  fiume  a  quelle  della  Dora  Baltea,  in  conformità 
della  legge  tre  luglio  mille  ottocento  cinquantatre,  il  tutto  secondo  il  progetto  dell'ingegnere 
Carlo  Noè,  e  sotto  Y  osservanza  dei  seguenti  capi  di  convenzione. 

Art.  %  Questa  società  dovrà  avere  la  sua  sede  in  Torino,  e  la  sua  regolare  costituzione  non 
potrà  protrarsi  oltre  il  termine  di  due  mesi  dalla  promulgazione  della  legge  che  approverà  la 
presente  convenzione. 

Art.  3.  Gli  statuti  di  questa  società  dovranno  essere  presentati  per  la  loro  approvazione  al 
Governo  entro  un  mese  dalla  promulgazione  della  legge. 

Art.  4.  La  società  dovrà  costruire  a  tutte  sue  spese  il  detto  canale,  con  tutte  le  opere  annesse, 
connesse  e  dipendenti,  per  derivare  e  condurre  nel  canale  la  costante  portata  d'  acqua  designata 
dall'art.  l.° 

Art.  B.  La  società  dovrà  por  mano  ai  lavori  entro  sei  mesi  dalla  promulgazione  della  legge,  e 
dar  compiuto  il  canale  in  ogni  sua  parte  entro  anni  quattro  dal  cominciamento  dei  lavori,  con 
provvedere  ad  ogni  occorrenza  e  far  fronte  ad  ogni  evento  ordinario  e  straordinario,  anche  di 
forza  maggiore,  senza  poter  esimersi  dagli  obblighi  assunti  né  elevare  preteste  di  compenso  0 
di  indennità. 

Nel  termine  assegnato  pel  compimento  dei  lavori  non  sarà  però  tenuto  conto  delle  sospensioni 
che  fossero  causate  da  guerra  guerreggiata  sul  luogo ,  da  sommossa  politica  scoppiata  sul  luogo 
stesso,  o  da  peste  grassante. 

Art.  6.  Le  opere  contemplate  nel  progetto  Noè,  quelle  che  a  variazione  del  detto  progetto 
venissero  dal  Governo  sancite  o  che  il  Governo  e  la  società  d' accordo  determinassero  di  aggiun- 
gere, del  pari  che  tutte  le  altre  di  cui  è  menzione  nella  presente  convenzione,  e  finalmente  le 
occupazioni  anche  provvisorie,  sono  fin  d'ora  dichiarate  opere  di  pubblica  utilità. 

Art.  7.  Il  Governo  concede  alla  società  V  introduzione  dall'  estero  di  tutti  i  materiali  necessari 
alla  costruzione  e  manutenzione  del  canale  con  un  ribasso  del  80  per  0/0  sui  diritti  di  dogana. 

Si  accorderà  inoltre  V  esenzione  dai  diritti  di  dogana  per  quegli  stromenti  ed  utensili  di  lavoro 
che  la  società  volesse  introdurre  per  eseguire  le  varie  opere  del  canale,  sotto  la  osservanza  delie 
condizioni,  che  a  cautela  dell'  interesse  delle  finanze  verranno  dal  Ministero  stabilite. 

Art.  8.  Tutti  gli  atti  e  contratti  occorrenti  nella  esecuzione  della  presente  concessione  saranno 
esenti  da  ogni  diritto  proporzionale  di  registrazione,  e  soggetti  soltanto  al  diritto  fisso  di  una  lira. 

Art.  9.  Il  Governo  cede  alla  società  il  godimento  dei  canali  demaniali  derivati  dalla  Dora 
Baltea  e  Sesia,  con  le  diramazioni  dei  medesimi  e  con  ogni  annesso,  connesso  e  dipendenza, 
incluse  le  fabbriche,  i  molini,  brillatoi  ed  ogni  altro  opifizio  del  Demanio. 

Il  prezzo  dei  detti  canali  e  proprietà  resta  stabilito  in  lire  venti  milioni  trecento  mila 
(20,500,000),  e  dovrà  essere  dai  concessionari  pagato  alle  finanze  in  tre  rate  eguali,  entro  dodici 
mesi  dalla  promulgazione  della  legge,  mediante  cambiali  sovra  banchieri  benevisi  al  Governo,  a 
scadenza  di  sei,  nove  e  dodici  mesi,  che  siano  ricevute  per  isconto  sulla  piazza  di  Londra. 

La  consegna  di  dette  cambiali  dovrà  farsi  alle  finanze  all'  atto  della  promulgazione  della  legge. 

Art.  10.  La  società  avrà  il  godimento  dei  detti  canali  dal  1.°  gennaio  1863  sino  al  termine 
della  concessione,  e  dopo  questo  tempo  lo  Stato  rientrerà  nella  piena  e  libera  disponibilità  dei 
medesimi, 


IL  CANALE  CAVOUR  559 

Art.  11.  La  società  dovrà  osservare  i  contratti  fatti  coli'  associazione  generale  d' irrigazione 
all'ovest  della  Sesia  e  quelli  che  esistessero  con  gli  altri  utenti,  e  soddisfare  gli  oneri,  pesi  ca- 
richi, le  passività  e  servitù  inerenti  ai  medesimi  canali  e  proprietà,  tenendo  le  finanze  rilevate 
da  ogni  qualsiasi  molestia  potesse  venir  loro  inferta  al  riguardo. 

La  società  dovrà  rispettare  le  concessioni  in  corso  per  forza  motrice  a  servizio  di  stabili- 
menti industriali. 

Art.  12.  La  società  avrà  il  godimento  del  nuovo  canale  da  costruirsi  per  cinquant' anni  irrigui 
consecutivi,  a  partire  dall'anno  in  cui  il  canale  di  nuova  costruzione  sarà  posto  in  esercizio 
prima  della  metà  del  mese  di  aprile. 

Decorsi  detti  cinquant'  anni,  la  piena  proprietà  e  libera  disponibilità  del  canale  stesso  si  devol- 
verà di  diritto  alle  finanze,  senza  ragione  alla  società  di  compenso  di  sorta. 

L'anno  irriguo  ha  principio  coli' equinozio  di  primavera  e  fine  con  lo  stesso  equinozio  del- 
l'anno successivo,  e  si  divide  in  due  periodi,  l'estivo  cioè  e  lo  iemale:  l'estivo  compreso  fra 
gli  equinozi  di  primavera  e  d'autunno,  e  lo  iemale  fra  quelli  d'autunno  e  di  primavera. 

Art.  13.  A  richiesta  del  Governo,  e  nel  modo  da  esso  determinato,  la  società  dovrà  eseguire 
la  costruzione  dei  canali  raccoglitori  e  diramatori,  anche  sino  oltre  la  sponda  destra  del  Po 
presso  Casale,  sulle  basi  e  garanzia  e  coi  vantaggi  stabiliti  per  V  opera  principale. 

In  ugual  modo  e  termini  la  società  dovrà  fare  acquisto  di  roggie ,  fontane ,  acquedotti  e  ra- 
gioni d'  acqua. 

Art.  14.  Queste  opere  e  questi  contratti  di  acquisto  dovranno  essere  approvati  per  legge. 

Art.  15.  Il  capitale  che  la  società  dovrà  procurarsi  per  l'eseguimento  della  concessione  è 
determinato  in  ottanta  milioni  di  lire  (80,000,000),  di  cui  cinquantatre  milioni  e  quattrocento 
mila  restano  vincolati  quale  capitale  invariabile  per  la  costruzione  del  nuovo  canale,  compresi 
gl'interessi  pendente  la  costruzione;  venti  milioni  trecento  mila  verranno  erogati  nel  pagamento 
pel  prezzo  di  cessione  dei  canali  demaniali  derivati  dalla  Dora  Baltea  e  Sesia  e  le  rima- 
nenti lire  sei  milioni  trecento  mila  nell'  acquisto  di  canali  o  ragioni  d' acqua  di  privata 
spettanza,  e  nella  formazione  di  altri  canali,  in  conformità  di  quanto  è  disposto  negli  articoli 
precedenti. 

Art.  16.  La  spesa  di  formazione  di  nuovi  canali ,  oltre  il  principale ,  sarà  fissata  di  comune 
accordo,  od  altrimenti  per  mezzo  di  arbitri. 

La  spesa  d'acquisto  sarà  quella  del  prezzo  convenuto  coi  venditori. 

Art.  17.  È  riservato  a  favore  della  società  il  godimento  degli  oggetti  contemplati  nei  prece- 
denti articoli  14  e  15  per  tutto  il  tempo  della  concessione. 

Art.  18.  Sul  capitale  di  costruzione  del  canale  e  sulle  altre  somme  erogate  secondo  il  conve- 
nuto, il  Governo  guarentisce  alla  società  : 

a)  Un  interesse  annuo  del  6  per  cento,  con  decorrenza,  per  i  singoli  oggetti  della  concessione, 
dal  giorno,  a  principiare  dal  quale  si  contano  i  cinquant' anni,  di  cui  nell'art.  12. 

b)  Un  ammortamento  di  0,5444  di  lira  per  cento  per  le  somme  afferenti  al  canale  a  derivarsi 
dal  Po  ed  ai  canali  demaniali  derivati  dalla  Dora  Baltea.  e  Sesia ,  e  per  le  altre  somme  del  ri- 
manente del  capitale  un  ammortamento  relativo  al  numero  di  anni  non  ancora  decorsi  sulla 
concessione. 

Questa  concessione  è  tassativamente  ristretta  al  solo  capitale  di  ottanta  milioni  di  lire ,  ed 
avrà  il  pieno  suo  effetto,  allora  solo  che  la  somma  sopravanzante  a  quella  dei  due  capitali  fissi 
di  lire  cinquantatre  milioni  quattrocento  mila  e  di  lire  venti  milioni  e  trecento  mila  risulti  effet- 
tivamente erogata  nelle  opere  e  negli  acquisti  di  cui  agli  articoli  13,  14  e  15,  e  siane  accertato 
l'ammontare  nella  conformità  prevista  dal  successivo  articolo  16. 

Art.  19.  La  società,  imprendendo  a  corpo  la  costruzione  del  canale  a  derivarsi  dal  Po,  accetta 
come  definitiva  la  somma  di  lire  cinquantatre  milioni  quattrocento  mila,  ed  assume  conseguen- 
temente a  totale  suo  rischio  e  pericolo  qualsiasi  eventualità  di  eccedenza  di  spesa  che  potesse 
occorrere  per  la  costruzione  delle  opere  necessarie  ad  assicurare  la  costante  derivazione  e  la 
costante  condotta  pel  corpo  di  acqua  di  cui  all'art.  l.°,  salvo  il  disposto  dell'art.  33  quanto 
alle  spese  di  manutenzione  e  riparazione. 


560  IL  CANALE  CAVOUR 

Art.  20.  La  società  è  autorizzata  a  raccogliere  il  capitale  occorrente  per  l'eseguimento  della 
concessione,  e  di  cui  all'art.  15,  parte  mediante  azioni  per  la  somma  fissa  di  lire  venticinque 
milioni,  e  parte  in  obbligazioni  con  l'interesse  al  6  per  cento  sino  alla  concorrenza  di  cinquan- 
tacinque milioni  di  lire. 

Le  cartelle  di  obbligazioni  emesse  dalla  società  saranno  rivestite  della  firma  di  un  commissario 
governativo. 

I  versamenti  delle  obbligazioni  verranno  depositati  nelle  pubbliche  casse,  per  essere  rifusi  alla 
società  a  misura  dei  bisogni  accertati  dell'  impresa. 

GÌ'  interessi  delle  obbligazioni  verranno  per  l' Italia  pagati  dalle  pubbliche  casse  designate  a 
quest'  uopo  dal  Ministero  delle  finanze,  a  condizione  però  che  la  società  provveda  in  tempo  op- 
portuno le  somme  occorrenti  e  che  corrisponda  alle  dette  casse  una  commissione  del  due  per 
mille;  per  l'Inghilterra  poi  detti  interessi  verranno  pagati  per  conto  della  Compagnia,  e  del 
Regio  Tesoro,  dalla  casa  Mansterman  Peters  e  compagni,  banchieri  della  Compagnia,  o  da  qua- 
lunque casa  bancaria,  accetta  dal  Governo  a  Londra,  al  cambio  fisso  di  lire  italiane  venticinque 
per  ogni  lira  sterlina.  La  detta  casa  dovrà  indicare,  quindici  giorni  prima  della  scadenza,  i 
vaglia  o  cedole  che  saranno  stati  presentati  per  il  relativo  pagamento. 

Art.  21.  La  società  dovrà  assoggettare  all'approvazione  del  Governo  i  progetti  di  tutte  le  opere 
di  nuova  costruzione  contemplati  nella  concessione. 

Art.  22.  Al  Governo  spetta  il  diritto  di  sorvegliare  la  esecuzione  delle  opere  menzionate  all'ar- 
ticolo precedente,  e  di  farle  collaudare  prima  che  siano  poste  in  esercizio. 

La  collaudazione  generale  delle  opere  dovrà  farsi  eseguire  dal  Governo  entro  l'anno  dall'i- 
niziato esercizio  del  canale. 

È  però  riservata  la  facoltà  al  Governo,  entro  quattro  anni  dall'  iniziato  esercizio,  di  prescrivere 
tutte  le  opere  supplementari  che  fossere  necessarie  ad  assicurare  la  costante  derivazione  del  ca- 
nale, di  cui  all'  art.  l.°  della  presente  convenzione. 

Anche  queste  opere  supplementari  dovranno  eseguirsi  dalla  società,  e  la  spesa  occorrente 
dovrà  comprendersi  nella  somma  dei  cinquantatre  milioni  e  quattrocento  mila  lire,  di  cui 
all'art.  15. 

Art.  25.  Spetta  pure  al  Governo  il  diritto  di  vegliare  al  lodevole  esercizio  di  quanto  forma 
oggetto  della  presente  concessione ,  come  di  sindacare  la  gestione  della  società  nella  parte 
economica. 

Art.  2ft.  Verrà  formato  da  commissari  del  Governo,  in  contradditorio  della  società,  un  par- 
ticolareggiato inventario  dei  singoli  oggetti  della  concessione ,  immediatamente  dopo  che  la  so- 
cietà ne  avrà  intrapreso  l' esercizio ,  per  constatare  la  consistenza  materiale  e  le  ragioni  dei 
medesimi. 

Art.  28.  Le  spese  occorrenti  per  l'esecuzione  delle  disposizioni  degli  articoli  22,  23  e  24  sa- 
ranno sostenute  dalla  società. 

Art.  26.  La  società  sarà  risponsale  della  conservazione  degli  oggetti  della  concessione,  colle 
ragioni  ad  essi  inerenti,  nei  modi  e  termini  e  nelle  forme  risultanti  dall'inventario. 

Essa  dovrà  al  termine  della  concessione  rimetterli  al  Governo  in  istato  di  lodevole  conserva- 
zione materiale  e  giuridica. 

Art.  27.  La  società  è  messa  a  luogo  e  vece  del  Demanio  per  provvedere  alla  conservazione 
degli  oggetti  della  concessione. 

A  questo  fine  viene  estesa  in  favore  della  società  l' osservanza  degli  analoghi  regolamenti  vigenti. 

Art.  28.  Il  prezzo  d'  affitto  in  denaro  dell'  acqua ,  anche  come  forza  motrice ,  nonché  quello 
delle  concessioni  di  cui  all'art.  11,  verrà  determinato  dal  Governo,  sentita  la  società  approssi- 
mativamente tenuto  conto  della  media  dei  prezzi  correnti. 

La  società  non  potrà  variarlo  senza  l'approvazione  del  Governo. 

Art.  29.  Le  acque  del  canale  a  derivarsi  dal  Po  portate  oltre  Sesia,  verranno,  passato  lo 
stesso  fiume,  misurate  superiormente  alla  prima  bocca  d'erogazione  delle  acque  medesime,  col 
mezzo  di  un  idrometro  collocato  secondo  le  migliori  regole  d' idraulica  e  riferito  a'  capi  saldi 
di  livello,  per  constatare  un  deflusso  non  minore  di  90  metri  cubi  per  minuto  secondo,  salvo 


IL  CANALE   CAVOUR  561 

caso  di  deficienza  di  acqua  del  Po,  nel  quale  caso  la  società  supplirà  alla  differenza  colle  acque 
della  Dora  Baltea. 

Art.  30.  La  società  si  obbliga,  ove  le  ne  fosse  fatta  domanda,  di  dare  in  affitto  ad  un  con- 
sorzio generale  di  proprietari  oltre  la  Sesia  tutta  l'acqua  che  fluirà  all'  idrometro  di  cui  all'articolo 
precedente,  al  prezzo  da  determinarsi  dal  Governo  di  concerto  colla  società. 

Art.  31.  Ove  non  si  verificasse  l' affidamento  complessivo  delle  acque  al  di  là  della  Sesia,  di 
cui  all'articolo  precedente,  la  società  dovrà  somministrarle  sia  ai  consorzi  parziali  ed  ai  pro- 
prietari al  prezzo  determinato  dal  Governo  a  norma  dell'art.  28 ,  ed  a  quegli  altri  prezzi  che 
verranno  determinati  dal  Governo  di  concerto  colla  società  a  seconda  dei  casi. 

Art.  32.  La  società  di  concerto  col  Governo  potrà  alienare  tutta  o  parte  delle  acque  portate 
oltre  Sesia. 

Le  alienazioni  dovranno  essere  approvate  per  legge. 

In  questo  caso  il  prodotto  della  vendita  verrà  ritirato  dalle  finanze  dello  Stato ,  le  quali  ne 
corrisponderanno  alla  società  1'  interesse  e  l' ammortamento  portati  dall'  articolo  18  per  tutta  la 
rimanente  durata  della  concessione. 

Art.  33.  L'  obbligazione  di  guarentigia  dal  Governo  assunta  in  forza  dell'  articolo  18  è  pura- 
mente eventuale,  non  potendo  aver  effetto  se  non  nel  solo  caso  in  cui  l' introito  netto  non  rag- 
giunga nel  suo  complesso  la  somma  necessaria  a  sopperire  ai  guarentiti  interessi  ed  ammortamento. 

L' introito  netto  si  compone  dei  prodotti  d'  ogni  natura ,  compresi  pure  gli  affitti  e  le  rendite 
dei  canali  e  delle  proprietà  date  in  godimento  dallo  Stato,  depurati  dalle  spese  tutte  di  manu- 
tenzione e  di  riparazione  così  ordinaria  che  straordinaria,  non  che  da  quelle  di  amministrazione. 

Art.  3ft.  La  società  sarà  tenuta,  nel  prendere  l'esercizio  dei  canali  demaniali  dei  quali  le  vien 
dato  il  godimento,  di  assumere  a  proprio  servizio,  con  quello  stipendio  che  sarà  il  Governo  per 
stabilire,  quegli  impiegati  addetti  alla  direzione  e  vigilanza  dei  medesimi  canali  che  in  apposito 
elenco  le  verranno  designati. 

I  detti  impiegati  non  potranno  in  seguito  essere  licenziati  né  rimossi  se  non  previo  il  con- 
senso del  Governo. 

In  caso  di  collocamento  in  aspettativa  od  in  disponibilità,  ovvero  a  riposo,  i  diritti  acquistati 
per  tutto  il  servizio  pjestato  sia  allo  Stato  come  alla  società,  saranno  ai  medesimi  computati,  e 
dovrà  la  società  retribuir  loro  quell'annuo  assegno  che  verrà  liquidato  dal  Governo,  a  termini 
delle  leggi  che  saranno  vigenti  in  siffatta  materia. 

Art.  35.  La  riscossione  dei  proventi  tutti  indistintamente  dei  canali  eserciti  dalla  società  sarà 
operata  nello  stesso  modo  e  con  gli  stessi  privilegi  che  la  legge  accorda  per  le  pubbliche  con- 
tribuzioni, dagli  Esattori  mandamentali. 

Art.  36.  Il  Governo  si  riserva  la  facoltà  di  prolungare  oltre  il  Ticino  il  nuovo  canale  a  deri- 
varsi dal  Po,  a  beneficio  della  zona  tuttora  asciutta  del  territorio  lombardo  sovrastante  al  Na- 
viglio Grande  di  Milano,  a  sinistra,  accordandone  di  preferenza  la  concessione  alla  presente 
società,  a  parità  di  condizioni. 

La  società  dovrà  in  ogni  caso  provvedere  il  volume  d'acqua  necessaria  per  l'irrigazione  di 
quella  zona  di  territorio,  immettendola  supplementarmente  nel  canale,  col  semplice  bonifico  della 
relativa  spesa. 

Art.  57.  In  caso  di  questioni  insorte  tra  la  società  ed  il  Governo  sulla  intelligenza  ed  esecuzione 
del  presente  contralto,  la  decisione  sarà  deferita  a  due  arbitri,  l'uno  scelto  dalla  società,  l'altro 
dal  Governo,  e  il  terzo  dal  Presidente  della  Corte  d'appello  sedente  in  Torino. 

Le  relative  decisioni,  purché  ristrette  nei  limiti  prefissi  dalle  parti  contendenti,  saranno  defi- 
nitive ed  obbligatorie. 

Art.  38.  La  società  sarà  tenuta  di  pagare  in  proprio  alla  vedova  e  figliuolanza  del  defunto 
agrimensore  Francesco  Rossi,  che  primo  ha  segnalata  la  possibilità  di  utilizzare  le  acque  del 
fiume  Po  sui  territorii  vercellese  e  lomellino ,  quai  premio  a  lui  vivente  promesso,  la  somma 
di  lire  50,000  nei  modi  e  termini  che  verranno  dal  Governo  stabiliti. 

Art.  39.  Il  Governo  si  assume  l'obbligo  di  provvedere  per  legge,  a  che  su  tutta  l'estensione 
del  territorio  attraversato   dai  canali   sociali,  entro  i  limiti   di  300  metri  dal  nuovo  canale  del 


, 


562  IL  CANALE  CAVOUR 

Po  e  dai  canali  demaniali  ceduti  alla  società;  di  200  metri  dai  canali  di  derivazione  principali 
di  privata  proprietà  che  la  società  venisse  acquistando,  e  di  100  metri  dalle  diramazioni  mastre 
staccantisi  dai  suddetti  canali  della  società  concessionaria,  sia  proibita  P  apertura  di  nuovi  fontanili 
scorrenti  in  trincea ,  e  Y  approfondimento  o  P  allargamento ,  oltre  i  limiti  attuali ,  di  quelli  che 
si  trovano  già  aperti,  salvi  i  diritti  acquisiti  sui  fondi  altrui  all'  epoca  della  promulgazione  della 
presente  legge. 

La  proibizione  rispetto  ai  canali  già  esistenti  dovrà  avere  effetto  dal  giorno  della  promulga- 
zione della  legge  approvativa  di  questa  convenzione,  e  rispetto  ai  nuovi  canali  dal  giorno  del 
tracciato  di  ciascuno  di  essi. 

Art.  40.  Il  Governo  si  assume  parimente  l'obbligo  di  provvedere  a  che  vengano  autorizzati 
a  termini  della  legge  comunale  e  provinciale,  i  comuni  e  le  provincie  ed  i  corpi  morali  ad  as- 
sumere quel  numero  d'azioni  ed  obbligazioni  che  crederanno,  al  fine  di  assicurare  l'esecuzione 
della  presente  concezione,  contraendo  i  prestiti  di  cui  potessero  abbisognare  per  far  fronte  al 
pagamento  delle  azioni  ed  obbligazioni  suddette  ,  e  vincolando  i  loro  bilanci  per  più  d'  anni  3 
in  avvenire  pel  servizio  dei  relativi  interessi  e  per  la  restituzione  del  capitale ,  eccedendo ,  ove 
d'uopo,  il  limite  normale  della  loro  imposta  speciale. 

Art.  41.  A  garanzia  degli  obblighi  assunti  dai  contraenti  per  sé  e  per  la  società  da  costruirsi, 
essi  depositeranno  nelle  casse  dello  Stato,  fra  quindici  giorni  dalla  data  della  pubblicazione  della 
legge  approvativa  della  concessione,  un  milione  di  lire  in  tante  cartelle  del  Debito  pubblico 
italiano  al  valor  nominale. 

Questo  deposito  non  verrà  rilasciato,  se  non  quando  siano  eseguiti  i  lavori  di  costruzione  del 
canale  a  derivarsi  dal  Po  per  l'importo  di  10  milioni  di  lire. 

Art.  42.  Trascorsi  venticinque  anni  di  godimento  sarà  in  facoltà  dello  Stato  di  riscattare  la 
concessione,  pagando  alla  società  il  capitale  corrispondente  al  medio  annuo  reddito  netto  del- 
l' ultimo  triennio,  in  ragione  del  cinque  per  cento,  sotto  deduzione  della  somma  già  ammortizzata 
colla  garanzia  pagata  dal  Governo. 

Art.  43.  Nel  capitolo  d'esecuzione  della  presente  convenzione  verranno  precisate  tutte  le  con- 
dizioni e  cautele  che  saranno  del  caso  per  dare  sviluppo  e  mettere  in  armonia  le  condizioni 
essenziali  della  concessione ,  e  per  guarentire  nel  miglior  modo  i  reciproci  interessi  dello  State 
e  della  Società. 

In  questo  capitolato  in  ispecial  modo  il  Governo  farà  inserire  quelle  prescrizioni  tecniche 
sotto  la  di  cui  osservanza  potrà  approvare  i  progetti;  di  cui  all'art.  21,  e  collaudare  i  lavori  di 
cui  all'art.  22. 

Art.  44.  La  concessione  di  cui  si  tratta  non  avrà  effetto  che  per  legge,  e  qualora  non  venisse 
sanzionata  dal  Parlamento  o  vi  fossero  introdotte  modificazioni  sostanziali  per  cui  la  società 
stimasse  di  recedere  dal  contratto ,  non  avrà  essa  iu  alcun  caso  diritto  a  compenso ,  indennità 
o  rimborso  sotto  qualsiasi  titolo.  Nel  caso  che  non  si  ottenga  nelP  attuale  sessione  legislativa 
F  approvazione  della  presente  convenzione  ,  la  società  sarà  in  diritto  di  ritirarsi,  ed  il  deposito 
di  lire  800,000  le  sarà  restituito. 

In  esecuzione  di  quanto  sopra,  io  direttore  capo  di  divisione  ho  estesa  la  presente  convenzione 
in  doppio  originale,  appiè  della  quale  si  sono  le  parti  ed  i  testimoni  meco  sottoscritti. 

Torino,  addì  9  maggio  1862. 

Firmati  all'  originale  :  W.  W.  Cargill  -  H.  Bonnaire  -  E.  C.  Nicholls  -  W.  Campbell  Onslow 
-  P.  Douglas  Hadow  -  J.  Masterman  -  G.  Pepoli  ~  Q.  Sella  -  Ingegnere 
C.  Noè,  testimonio  -  Carlo  Sospizio,  testimonio  -  Teodoro  Barnato, 
Direttore  Capo  di  Divisione. 

Per  copia  conforme;  Il  Direttore  Capo  di  Divisione 

T.  Barnato. 


IL  CANALE  CAVOUR  563 

Stabiliti,  come  si  disse,  dalla  convenzione  9  maggio  1862  i  rapporti  contrattuali 
tra  il  Governo  e  la  società  Concessionaria,  fra  i  quali  quello  che,  per  la  costru- 
zione del  canale  dal  Po  al  Ticino  venivano  fissate,  coll'art.  15,  italiane  lire  cin- 
quantatre milioni  e  quattrocento  mila;  questa  Società,  prima  dell' incominciamento 
dei  lavori  di  costruzione,  cedeva  ad  uno  dei  suoi  soci,  M.  E.  Bonnaire,  la  costru- 
zione del  canale  per  L.  47,786,366,  e  questi  a  sua  volta  appaltava  l'istessa 
opera  per  il  prezzo  di  L.  44,374,874  all'Impresa  Lombarda  Scanzi,  Bernasconi  e 
Compagni  coi  medesimi  diritti  ed  obblighi  già  spettanti  alla  primitiva  Società 
assuntrice,  come  si  vede  dalle  seguenti  convenzioni  : 

Convention  entre  messieurs  William  Walter  Cargill,  William  Campbell,  Henry  Bonnaire  et 
autres  Concessionaires  du  Canal  d'irrigation  du  Pò  au  Tessin  pour  la  complète  exécution 
des  travaux. 

L'an  de  gràce  mil-huit-cent-soixantedeux,  le  premier  du  mois  de  septembre,  à  Turin,  environ 
les  trois  heures  après  midi,  dans  notre  Bureau,  maison  jadis  Giroldi,  numero  12,  rue  Sai  lite 
Thérèse  ; 

Pardevant  nous  notaire  collègio  et  certificateur  chevalier  Joseph  Turvano,  et  en  prèsence  des 
sieurs  Zanetti  Francois  et  Robaudi  Ignace,  tous  deux  nés  et  domiciliés  à  Turin,  témoins  connus, 
requis  et  capables. 

Ont  comparu  d'une  part  monsieur  le  colonel  William  Augustin  Mayew,  fils  du  feu  William 
John,  né  et  domiciliò  à  Londres,  depuis  quelque  temps  demeurant  à  Turin,  agissant  comme  prò- 
cureur  special  des  sieurs  William  Walter  Cargill,  William  Campbell  Onslow,  Patrich  Douglas 
Hadow ,  John  Mastermann  et  Edwin  Cox  Nicholls ,  concessionaires  avec  monsieur  Bonnaire  du 
dix-huit  juin  dernier,  passe  à  Londres  pardevant  le  notaire  Wan  Venu  (insinué  à  Turin  le 
vingt-un  aoùt  dernier,  numero  1022,  avec  les  droits  de  livrea  8  et  cent.  80;,  et  par  monsieur 
Nicholls  par  acte  du  vingt  aoùt  dernier ,  recu  de  nous  notaire  (insinué  aussi  en  cette  ville  le 
vingt-huit  dernier  mois,  numero  2457,  avec  la  somme  de  livres  4  et  cent.  40)  ; 

Et  d'autre  part  M.  Henry  Bonnaire,  fils  de  défunt  baron  Felix,  né  à  Rennes,  domiciliò  a 
Paris  ; 

Lesquels  ont  convenu  et  arrété  ce  qui  suit  : 

Art.  l.e  Les  cinq  Concessionaires  représentés  par  le  colonel  Mayew  cèdent  à  monsieur  Henry 
Bonnaire,  autre  Concessionaire,  l'éxécution  complète  du  dit  Canal  d'irrigation  du  Pò  au  Tessin 
suivante  les  plans  et  devis  du  projet  du  chevalier  Charles  Noè,  aux  clauses  et  condition  ci-après 
et  moyennant  le  pnx  de  quarante-sept  millions  sept-cent-quatre-vingt-sept-mille-trois-cent- 
soixante-six  livres,  francs  47,787,  366. 

Sous  la  condition  de  le  livrer  en  état  de  recevoir  les  eaux  dans  le  délai  de  trois  ans,  à  partir 
du  commencement  de  l'éxécution  des  travaux,  qui  prendra  la  date  du  premier  bordereau  de  pa- 
yement  visé  per  l'ingenieur  en  chef  de  la  Compagnie. 

Toute  fois  ce  comencement  d'exécution  devra  avoir  lieu  dans  les  six  mois,  qui  suìvront  la 
date  de  la  constitution  de  la  Compagnie,  conformément  à  l'article  deuxième  du  Cahier  des  Charles 

La  somme  susdite  de  47,787,566  se  décomposera  comme  suit  ì 
Exécution  des  travaux  en  quatre  ans,  suivant  devis  de  llngénieur  chevalier  Noè 
(quarante-quattre  millions ,  trois-cent-soixante-quatorze-mille-huit-cent-soixante-aua- 
t0rFZe  Uvref)  • , , U  44,574,874 

lixcompte  dune  année  d'anticipation ,  au  six  pour  cent,  deux  millions,  six-cent- 
soixante-deux-mille-quattre-cen-quattre-vingt-douze  livres  t    .    > „    %fifà  ^ 

Prime  sept-cent-cinquante  mille  livres è  n       780000 

Somme  égale:  quarante-sept  millions,  sept-cent-quattre-vingt-sept^mihe4roìs-centr™^ — 
soixante^six  livres L.  47,787,366 


564  IL  CANALE   CAVOUR 

Art.  2.e  Dans  le  cas ,  où  monsieur  Bonnaire  n'aurait  pas  livré  le  Canal  en  état  de  recevoir 
les  eaux  dans  le  délai  de  trois  ans,  il  devra  supporler  la  retenue  equivalente  du  retard  sur  le 
pied  du  six  pour  cent  Fan,  pourvu  que  ce  retard  ne  soit  pas  causò  par  une  force  majeure  de 
guerre,  roubles  politiques,  épidémies  ou  tout  autre  fait,  qui  ne  soit  point  imputable  au  dit 
monsieur  Bonnaire. 

Si  au  contraire  le  Canal  est  mis  en  état  d'amener  les  eaux  avant  l'échéance  des  trois  années 

monsieur  Bonnaire  aura  droit  à  une  indennité  equivalente   à  l'intérèt  de  six  pour  cent   sur  le 

montant  du  présent  contrat  pour  tous  le  temps  dont  il  aara  anticipò  le  délai  qui  lui  est  accordò. 

Art.  5.e  Monsieur  Bonnaire  aura  le  droit  de  soustraiter  tout  ou  partie  des  travaux  dont  il  a 

l'entreprise. 

Art.  V  A  titre  de  cautionnement  provvisoire  pour  la  régulière  exécution  des  travaux  du  Canal, 
monsieur  Bonnaire  ou  ses  soustraitants  engageront  en  faveur  de  la  Compagnie  une  rente  italienne 
de  cinquante  mille  francs  (livres  en  cours)  en  titre  au  porteur,  ou  nominatives;  lequel  caution- 
nement devra  étre  donne  au  moment  de  la  constitution  de  la  Société. 

A  titre  de  cautionnement  définitif  il  sera  effectué  par  la  Compagnie  sur  chaque  bordereau  de 
payement  ordonnancé  en  faveur  de  l'entrepreneur  une  retenue  de  sept  pour  cent,  jusqu'à  la  con- 
currence  de  trois  millions  de  livres. 

Laquelle  somme  resterà  en  depót ,  et  ne  sera   remboursée   qu'à  la  fin  de  la  construction  du 
Canal,  et  après  reception  des  travaux,  qui  devra  ètre  faite  par  l'Ingénieur  en  chef  de  la  Compagnie. 
Les  sommes  retenues   comme  cautionnement ,  pourront  au  choix  de  monsieur  Bonnaire ,  ou 
des  ses  ayants  droit,  étre  employées  à  leur  risque  et  compte  en  titres  de  la  rente  italienne. 

La  rente  de  cinquante  mille  livres  engagée  à  titre  de  cautionnement  provvisoire  sera  degagée 
à  fur  et  à  mesure,  et  proportionnellement  au  montant  des  retenues  operées  en  vertu  du  present 
article. 

Art.  S.e  Monsieur  Bonnaire,  ou  ses  soustraitans ,  s'étant  engagés  a  souscrire  six  mille  actions 
de  la  Sociéte,  dont  le  premier  versement  de  cinquante  livres  par  action  a  été  fait  entre  les  mains 
de  la  maison  Charles  Defernex ,  comme  banquier  de  la  Compagnie ,  sont  autorisés  à  faire  les 
versemens  ultérieurs  de  ces  six  mille  actions  par  imputation  sur  la  rétenue  de  sept  pour  cent 
prescrite  à  l'article  précedent,  sous  la  condition  que  ces  actions  resteront  entre  les  mains  de  la 
Compagnie  comme  représentation  du  cautionnement. 

Toute  fois  monsieur  Bonnaire  ou  ses  soustraitants  auront  le  droit  de  disposer  de  tout ,  ou 
partie  des  ces  actions  en  opérant  comme  simples  souscripteurs  les  versemens  appelés,  et  en 
laissant  entre  les  mains  de  la  Compagnie  les  retenues  faites  pour  le  cautionnement  définitif. 

Art.  6.e  Les  payements  des  travaux  ou  requisitions  des  terrains  se  feront  sur  certificats  de 
l'Ingénieur  en  chef  de  la  Compagnie  sur  les  bases  des  prix  unitaires  exposés  dans  le  devis  de 
l'Ingénieur  chevalier  Noè,  augmentés  du  montant  proportionel  relatif  à  ^7,787,366  livres,  comme 
dessus,  et  auront  lieu  à  fur  et  à  mesure  de  l'avancement  des  travaux ,  et  toutes  les  fois  que  le 
montant  des  travaux,  acquisitions  et  approvvisionnements  des  matériaux  s'élevra  à  la  somme  de 
deux-cent-cinquante  mille  francs.  .  . 

Art.  7.e  La  Compagnie  devra  accorder  aux  entrepreneurs  et  sous-entrepreneurs  tous  les  pnvi- 
lèges,  facilités  et  exemptions,  que  l'Etat  lui  a  accordé  par  la  loi  du  28  aóut  1862:  et  le  Cahier 
des  charges  pour  l'exécution  des  travaux,  expropriations  enregislrements  d'actes  et  pnvileges 

cprvì  \\  1  o  \\\  pò 

"  Toutes  les  obligations  à  la  charge  de  l'entrepreneur  sont  subordinés  à  la  condition  de  l'exacte 
et  complète  exécution  des  engagements  de  la  Compagnie ,  et  sous  la  réserve  de  tous  dommages 
et  intéréts  pour  les  préjudices,  qui  pourraient  resulter  de  la  non-exécution  des  dits  engagemens. 

Art.  8.e  En  cas  de  contestation  sur  l'exécution  des  présentes ,  la  décision  en  sera  remise  a 
deux  arbitres,  qui,  avant  de  connaitre  la  contestation,  choisiront  un  troisième  arbitre  pour  le 
Cas  de  dìsaccord  entr'eux. 

La  décision  ainsi  prise  sera  definitive,  et  obbligatoire  pour  les  parties. 

Art.  9.e  Les  comparants  s'engagent  à  faire  ratifier  et  reconnaitre  le  présent  contrat  par  ,a  Com- 
pagnie generale  des  Canaux  d'irrigation  italienne  aussitót  qu'elle  sera  régulièrement  constituee, 


IL  CANALE  CAVOUR  ggg 

Le  présent  contrat  et  tous  les  actes  y  rélatifs,  ainsi  que  les  sous-traités ,  délegation  et  autres 
faits  en  regard  des  présentes,  seront  nolifiés  à  monsieur  Charles  Defernex,  banquier  de  la  Com- 
pagnie, pour  qu'il  y  soit  donne  complète  exéculion. 

Artide  additionel.  Il  est  entendu,  que  les  modificata  apportés  par  les  Chambres  au  Cahier 
des  charges  primitifs ,  qui  a  servi  de  base  au  présent  contrat,  ni  altèrent  ni  modifient  rien 
l'esprit  et  les  lettres  de  contrat. 

En  conséquence  la  reception  des  travaux  devra  étre  faite  par  l'ingénieur  en  chef  de  la  Com- 
pagnie dans  le  courant  de  l'année,  où  le  Canal  aura  élé  mis  en  état  de  recevoir  les  eaux  et 
l'entrepreneur  après  cette  reception  sera  degagé  de  tonte  responsabilité  ultérieure. 

Toute  fois  si  à  l'acte  de  la  reception  on  constatait  des  défauts  de  construction,  l'entrepreneur 
sera  obligé  d'y  pourvoir  à  ses  frais,  et  la  Compagnie  pourra  jusqu'à  leur  régulière  exécution 
retenir  la  parlie  du  cautionnement  correspondante  au  montant  presumplif  des  dits  frais 

Les  frais  de  réparation  et  manutention  de  la  dite  première,  année  d'exercice,  et  tous  les  frais 
successifs  seront  à  la  charge  de  la  Compagnie. 

Ainsi  arreté,  et  convenu  entre  les  parties,  qui  approuvent  tout  ce  que  dessus,  et  en  promettent 
lentiere  exécution. 

Dont  acte  fait  et  passe  Fan,  mois  et  jour  sus-enoncés,  lu  et  publié  à  claire  et  haute  voix  en 
presence  et  à  pleine  intelligence  des  comparants  et  des  témoins. 
Aprés  quoi  tous  ont  signè  avec  nous  Notaire. 
Droit  de  registre,  Fr.  4,  cent.  10. 

A  l'originai  signés  : 

William  Augustin  Mayhew, 
Henry  Bonnaire, 
Francois  Zanetti,  témoin, 
Robaudi  Ignace,  témoin. 
Par  nous  mème  écrit  ce  Acte,  se  contient  en  dix  pages  sur  trois  feuilles. 
(Avec  paragraphe  signé) 

Joseph  Turvano, 
Notaire  royal  collègio,  et  Certificateur. 

Convention  et  tratte  entre  Monsieur  Henry  Bonnaire,  un  des  Concessionaires  et  Entrepreneur 
de  la  construction  du  Canal  d'irrigation  du  Po  au  Tessin,  et  la  Société  Scanzi,  Bernasconi 
et  Compagnie   pour  l  exécution  des  travaux. 

L'an  de  gràce  mille-huit-cent-soixante-deux ,  le  premier  du  mois  de  septembre,  à  Turin  à 
quatre  heures  du  soir,  dans  notre  bureau,  maison  Giroldi,  numero  12,  rue  Sainte  Thérèse  •  ' 

Pardevant  nous  Notaire  Collègio  et  Certificateur  Chevalier  Joseph  Turvano,  et  en  presence  des 
sieurs  Zanetti  Francois  et  Robaudi  Ignace,  nés  et  domiciliés  à  Turin,  témoins  réquis,  connus 
et  capables  ; 

Ont  comparu  d'urte  part  : 

Monsieur  Henry  Bonnaire,  fils  du  défunt  Baron  Felix,  né  à  Renrtes,  domicìlio  à  Paris,  depuìs 
quelque  temps  résident  à  Turin  ;  et  d'autre  part  : 

Monsieur  le  Chevalier  avocat  Joseph  Scanzi,  fils  du  défunt  Joseph,  né  a  Monza,  demeurant  à 
MUan,  en  sa  quahte  de  représentant  de  la  Société  en  partecipatoli  Scanzi,  Bernasconi  et  Comp 
qui  s  est  constituée  à  Milan  pour  la  construction  du  Canal  susdit;  qualité  que  luì  a  été  donnóe 
avec  1  ade  du  quatorze  mai  mille-huit-cent-soixante-deux  passe  par  devant  monsieur  le  Notaire 
Pnamien  a  Milan  depose  en  originai  dans  un  acte  du  dix-sept  du  mème  mois  de  mai,  recu 
par  le  Notaire  Antoine  Laurin  de  Milan,  qui  a  été  insinué  au  bureau  de  cette  ville  aujourd'hui 
au  numero  mille- cent-vingt-cinq,  avec  le  payement  de  six  livres  et  soixante  centimes  : 

Les  quelà  ont  dit,  et  arreté  ce  que  suit  : 


566  IL  CANALE  CAVOUR 

Monsieur  Henry  Bonnaire  a  été  chargé,  suivant  acte  passe  aujourd'hui  avant  le  Notaire  sous- 
signé  (que  sera  insinuò  avec  ce  présent),  de  l'entreprise  generale  des  travaux  du  Canal  d'irriga- 
tion  allant  du  Pò  au  Tessin,  appelé  Canal  Cavour,  avec  autorisation  de  soustraiter  tout  ou  partie 
des  dits  travaux  ; 

Profittant  de  cette  faculté,  monsieur  Bonnaire  cède  pour  les  présentes  à  messieurs  Scanzi,  Ber- 
nasconi et  Comp.  la  construction  complète  du  dit  Canal,  aux  clauses  et  conditions  ci-après. 

Art.  l.r  Messieurs  Scanzi ,  Bernasconi  et  Comp.,  après  avoir  pris  connaissance  des  plans  et 
devis  du  projet  du  Chevalier  Charles  Noè,  et  après  avoir  trouvé  auprès  de  l'entreprise  generale 
les  facilités  et  les  moyens  nècessaires  pour  activer  l'exécution  des  leurs  travaux,  s'engagent  à 
livrer  le  Canal  prét  à  recevoir  les  eaux  dans  le  délai  de  trois  ans  à  partir  du  commencement 
de  l'exécution  des  travaux,  qui  prenderà  la  date  du  premier  bordereau  de  payement,  visé  par 
l'ingénieur  en  chef  de  la  Compagnie. 

Toute  fois,  ce  commencement  d'exécution  devra  avoir  lieu  dans  les  six  mois  que  suivront  la 
date  de  la  constitution  de  la  société,  conformément  à  l'article  deuxième  du  Cahier  des  charges. 

La  complète  exécution  du  Canal  est  cédée  par  monsieur  Bonnaire  aux  dits  Scanzi,  Bernasconi 
et  Comp.,  moyennant  le  prix  de  quarante-quattre  millions  trois-cent-soixante-quatorze  mille  et 
huit-cent-soixante-quatorze  livres. 

Art.  2.e  Dans  le  cas  où  messieurs  Scanzi,  Bernasconi  et  Comp.  n'auraient  pas  livré  le  dit  Ca- 
nal en  état  de  recevoir  les  eaux  dans  le  délai  de  trois  ans,  ils  auront  à  supporter  la  retenue 
equivalente  du  retard,  sur  le  pied  du  six  pour  cent  l'an,  sur  toutes  les  sommes  recues  par  eux, 
pourvu  que  ce  retard  ne  soit  pas  cause  par  une  force  majeure  de  guerre,  troubles  politiques, 
épidémies,  ou  tout  autre  fait  que  ne  leur  soit  pas  imputable. 

Si  au  contraire  le  Canal  est  mis  en  état  d'amener  les  eaux  avant  l'échéance  des  trois  années, 
monsieur  Bonnaire  devra  payer  aux  sieurs  Scanzi,  Bernasconi  et  Comp.  une  prime  de  cents  mille 
livres,  pour  chaque  mois  d'anticipation. 

Art.  5.e  A  titre  de  cautionnement  provvisoire  pour  la  régulière  exécution  des  travaux  du  Canal, 
messieurs  Scanzi,  Bernasconi  et  Comp.  engageront  en  faveur  de  la  Compagnie  une  rente  italienne 
de  cinquante  mille  livres ,  en  titres  au  porteur  ou  nominatifs ,  lequel  cautionnement  devra  étre 
donne  au  moment  de  la  constitution  de  la  Société. 

A  titre  de  cautionnement  définitif,  il  sera  effectué  par  la  Compagnie  sur  chaque  bordereau  de 
payement  ordonnancé  en  faveur  de  l'entreprise  une  retenue  du  sept  pour  cent  jusqu'à  concur- 
rence  de  trois  millions  de  livres,  la  quelle  somme  resterà  en  dépót,  et  ne  sera  remboursée  qu'à 
la  fin  de  la  construction  du  Canal,  et  après  reception  des  travaux,  qui  devra  étre  faite  par  l'in- 
génieur en  chef  de  la  Compagnie  dans  le  courant  de  la  première  année  dans  la  quelle  aura  été 
livré  le  Canal  prét  à  recevoir  les  eaux. 

Lorsqu'aura  lieu  la  dite  reception  des  travaux ,  l'entrepreneur  sera  degagé  de  toute  responsa- 
bililé  ultérieure:  toute  fois,  si  à  l'acte  de  reception  on  constaterà  des  défauts  de  construction, 
l'entrepreneur  sera  obligé  d'y  pourvoir  à  ses  frais,  et  la  Compagnie  pourra  jusqu'a  leur  régu- 
lière  exécution  retenir  la  partie  du  cautionnement  correspondant  au  montant   présumptif  des 

nife    frais 

Les  frais  de  réparation  et  de  manutention  de  la  dite  première  année  d'exercice ,  et  tous  les 
frais  successifs,  seront  à  la  charge  de  la  Compagnie.  Les  sommes  retenues  comme  cautionnement, 
pourront,  au  choix  des  messieurs  Scanzi,  Bernasconi  et  Comp.,  étre  employées,  à  leur  nsque  et 
compte,  en  titre  de  la  rente  italienne.  r 

La  rente  de  cinquante  mille  livres,  engagee  à  titre  de  cautionnement  provvisoire  sera  degagee 
à  fur  et  à  mesure  et  proportionellement  au  montant  des  retenues  opérées  en  vertu  du  present 

àrticte.  .       .  . 

Art.  ft.e  Messieurs  Scanzi,  Bernasconi  et  Comp. ,  s'étant  engagés  à  souscrire  six  mille  actions 
de  la  Société,  dont  le  premier  versement  de  cinquante  livres  par  action,  a  eu  lieu  et  a  ete  fait 
par  eux  entre  les  mains  de  monsieur  Charles  De-Fernex ,  comme  banquier  de  la  Compagnie , 
$ont  autorisés,  en  vertu  de  la  faculté  qui  a  été  accordée  à  cet  égard  à  monsieur  Bonnaire,  à  faire 


IL  CANALE   CAVOUR  557 

les  versements  ultérieurs  de  ces  six  mille  actions,  par  imputation  sur  la  retenue  de  sept  francs 

pour  cent  prescripte  à  l'article  troisième,  sous  la  condition  que  ces  actions  resteront    entre  les 

mains  de  la  Compagnie  comme  représentation  du  cautionnement. 
Toute  fois,  messieurs  Scanzi,  Bernasconi  et  Comp.  auront  le  droit  de  disposer  de  tout  ou  partie 

de  ces  actions ,  en  opérant  comme  simples  souscripteurs   les  versements  appelés ,  et  en  laissant 
entre  les  mains  de  la  Compagnie  les  retenues  faites  pour  le  cautionnement  défìnitif. 

Art.  b\e  Le  payement  des  travaux  ou  acquisitions  des  terres  se  fera  entre  les  mains  de  la 
maison  André  Ponti  de  Milan,  banquier  de  la  Société  Scanzi,  Bernasconi  et  Comp.,  sur  certi- 
ficats  de  l'ingémeur  en  chef  de  la  Compagnie,  sur  les  bases  des  prix  unitaires  exposé  dans  le 
devis  de  l'ingenieur  chevalier  Noè  augmentés  en  relation  avec  le  prix  susmenlionné  :  les  paye- 
ments  auront  lieu  à  fur  et  à  mesure  de  l'avancement  des  travaux,  et  toutes  les  fois  que  le  mon- 
tani des  travaux,  acquisitions  et  approvisionnemenls  de  matériaux  s'élèvera  à  la  somme  de 
deux-cent  cinquanle  mille  livres. 

Art.  6.e  La  Compagnie  devra  accorder  à  messieurs  Scanzi,  Bernasconi  et  Comp.,  et  à  leurs 
soustraitants,  comme  elle  s'y  est  engagé  vis-à-vis  de  monsieur  Bonnaire,  tous  les  privilèges  fa- 
cihles  et  exemptions  que  l'Etat  a  accordé  à  elle  mème  par  la  loi  du  vingt-cinq  aoùt  prochain 
passe,  et  le  Cahier  des  charges  pour  l'exécution  des  travaux,  expropriations  et  enregistremens 
d  actes  et  semblables.  Toutes  les  obbligalions  à  la  charge  de  messieurs  Scanzi,  Bernasconi  et  C. 
sont  subordonnés  à  la  condition  de  l'exacte  et  complète  exécutions  des  engagemens  de  monsieur 
Bonnaire  et  de  la  Compagnie  generale,  et  sous  la  reserve  de  tous  dommages  intéréts  pour  les 
prejudices  qui  pourrait  resulter  de  la  non  exécution  des  dits  engagemens. 

Art.  7 e  En  cas  de  contestation  sur  l'exécutions  des  présentes ,  la  décision  en  sera  remise  à 
deux  arbitres,  qui  avant  de  connaìtre  la  contestation  choisiront  un  troisième  arbitre  pour  le  cas 
de  desaccord  entr'eux:  la  décision  ainsi  prise  sera  definitive  et  obbligatoire  pour  les  parties. 

Art.  8.  Le  contrai  pour  l'entreprise  generale  des  travaux  passe  entre  monsieur  Bonnaire  et 
les  autres  Concessionaires  devant  etre  ratine  et  reconnu  par  la  Compagnie  generale  des  Canaux 
itahens  des  quelle  sera  constituée,  monsieur  Bonnaire  s'engage  de  son  coté  à  faire  reconnaìtre 
par  la  dite  Compagnie  messieurs  Scanzi,  Bernasconi  et  Comp.,  comme  sousentrepreneurs  des  dits 
travaux,  aux  clauses  et  conditions  du  présent  contrai. 

Le  présent  contrai  et  tous  les  actes  rélatifs,  ainsi  que  les  delégations  soustraites  et  autres,  se- 
reni notine  a  monsieur  Charles  De-Fernex,  banquier  de  la  Compagnie,  pour  qu'il  y  soit  donne 
complete  exécution. 

Au  présent  est  aussi  intervenu  monsieur  le  Colonel  William  Augustin  Mayhew,  né  et  domi- 
cili a  Londres ,  fils  du  feu  William  John,  en  sa  qualité  de  procureur  special  des  cinq  autres 
concessionaires  du  dit  Canal,  nommé  avec  lec  actes  mentionnés  en  le  dit  acte  d'aujourd'hui  le- 
quel  se  tient  informe  du  présent  contrat  de  cession. 

Dont  acte  fait,  passe  Fan,  mois  et  jour  sus-énoncés,  lu  et  publié  à  claire  et  haute  voix,  et  à 
pleine  intelligence  des  comparants  et  des  témoins. 

Après  quoi,  tous  ont  signè  avec  nous  Notaire. 

Pour  droit  de  régistre  est  due  la  somme  d'un  frane,  suivant  la  loi  des  concession. 

Comme  en  originale  soussignés  : 

H.  Bonnaire. 

Avvocato  Giuseppe  Scanzi,  rappresentante  la  Società  Scanzi,  Bernasconi  e  Comp. 
W.  A.  Mayhew. 
Francois  Zanetti,  lémoini 
Ignace  Robaudi,  témoin* 

Par  nous  mème  écrit,  ce  Ade  se  contieni  en  dix  pages;  ceìles-cì,  quoique  incomplète,  com- 
prile sur  trois  feuilles  ;  "      '      ' 

Joseph  Turvano 
Notaire  royal  Collègio ,  et  Certifìcateur. 
Qiorn.  kg.  —  Voi  XVI.  —  Settembre  1868.  37 


56g  IL  CANALE  CAVOUR 

Il  prezzo  approvato  dal  Parlamento  conformemente  al  progetto  e  preventivo 
dell'insigne  Ingegnere  Noè,  trovò  cosi  nella  sua  pratica  attuazione  un  ribasso 
di  L.  9,025,126!!....  E  dire  che  illustri  idraulici  deputati  al  Parlamento  levarono 
la  loro  'autorevole  parola  in  seno  alla  camera  legislativa  nella  2.a  tornala  del  29  lu- 
glio 1862  per  protestare  contro  la  cifra  preventivata  dell'Ingegnere  Noè,  adducendo 
con  prove  irrefragabili  la  troppa  elevatezza  dei  prezzi  stabiliti  in  quel  progetto,  anche 
in  confronto  dell'altro  preventivo  presentato  dallo  stesso  lodato  Ingegnere  Noè  nel 
1853  che  era  fissato  a  35  milioni.  Ma  come  generalmente  succede,  la  verità  o  non 
è  compresa,  o,  se  lo  è,  interessi  contrarli  la  negano.  Sorse  tuttavia  quel  valente 
oratore,  avv.  della  Concessionaria,  che  era  il  compianto  deputato  Boggio,  il  quale, 
appoggiato  dal  Ministero,  tanto  fece  e  tanto  tentò  di  dimostrare,  che  la  Camera, 
per  essere  in  gran  parte  profana  a  questo  ramo  di  scienza,  e  per  effetto  dell' au- 
torevole e  insistente  appoggio  ministeriale,  approvava  l'articolo,  ed  altri  ne  san- 
zionava che  dovevano  preparare  la  finale  catastrofe  amministrativa  di  quest'opera, 
rovinando  i  molti  interessi  che  vincolavano  al  felice  conseguimento  dell'impresa 
Comuni  e  privati,  per  non  dire  il  Paese. 

Quanto  però  alla  questione  economica,  ho  promesso  di  non  entrarvi,  e  perciò 
rimando  i  cortesi  lettori  a  quanto  fu  pubblicato  nei  diadi  e  negli  opuscoli  in 
proposito;  nonché  alla  Relazione  dei  Sindaci  del  fallimento  della  Società  Canali 

Cavour. 

L'art.  9.°  della  Convenzione  stabilisce  la  cessione  che  il  Governo  fa  alla  Società 
Concessionaria  dei  Canali  Demaniali  derivati  dalla  Dora  Baltea  e  dalla  Sesia  colle 
loro  diramazioni.  —  A  meglio  intendere  e  chiarire  questo  importante  capitolo, 
giova  notare  come  la  parte  attualmente  irrigata  dei  territori  Vercellese,  Novarese 
e  Lomellino,  lo  sia  specialmente  colle  acque  derivate  dai  fiumi  che  li  interse- 
cano, massime  da  quelle  estratte  dalla  Dora  Baltea,  dalla  Sesia  e  dal  Ticino, 
che  sono  quasi  tutte  di  esclusiva  proprietà  dello  Stato.  Ora  appunto,  allo  scopo 
di  completare  ed  assicurare  colla  costruzione  del  Canale  Cavour  una  rete  di  Ca- 
nali irrigatori,  nonché  di  facilitare  una  regolare  e  più  giusta  distribuzione  delle 
acque  su  tutta  quella  vasta  pianura,  il  Governo  concedeva  in  godimento  alla  So- 
cietà, per  un  periodo  di  cinquant'anni,  a  cominciare  dal  i.°  gennajo  1863,  e  pel 
corrispettivo  di  L.  20,300,000,  i  seguenti  Canali  Demaniali  : 

Canali  derivati  dalla  Dora  Baltea 

i.°  Canale  d'Ivrea  e  sue  dipendenze,  della  comples.  totale  lunghezza  di  KiL  149.207 
2.°  Canale  di  Cigliano  »  »  »  »   164.953 

3.°  Canale  del  Rotto  >  »  »  »     47.045 

Questi  tre  canali  portano  complessivamente  circa  90  m.  e.  al  1" 
e  scorrono  in  direzione  da  ponente  a  levante ,  paralleli  fra  loro  e 
bagnando  tutto  il  territorio  da  essi  compreso  fino  al  Po. 

Canali  derivati  dal  torrente  Elvo 

1.°  Naviglietto  di  Casanova;  2.°  Molinara  di  Casanova;  3.°  Roggia  Gibellina; 
4.°  Roggia  delle  Porte;  5.°  Cavetto  di  Castellazzo  e  rispettive  dipendenze, 

della  complessiva  totale  lunghezza  di »     27.000 

'    Da  riportarsi  Kit.  388.205 


IL  CANALE  CAVOUR 

Riporto  Kil.  388.205 
Canali  derivati  dal  torrente  Cervo 

1.°  Roggia  Brevilla  ;  2."  Roggione  di  Vercelli  e  rispettive  dipendenze .    »    49,793 

Canali  derivati  dalla  Sesia 

Roggione  di  Sartirana  e  sue  dipendenze,  derivato  dal  Sesia  in  territorio 
di  Palestra,  che  serve  ad  irrigare  la  bassa  Lomellina  verso  il  Po        »  120.644 

Cavi  sorgenti  e  raccoglitori,  già  di  spettanza  dell'ospedale  di  Vercelli 

1."  Roggia  Molinara  di  Larizzate  0  Provalina, colle  sue  diramazioni -2 «Cavo 
Cornaggia;  3."  Cavo  Vallocara  ;  4.°  Roggetto  del  Principe;  S.°  Cavo  Lam- 
poro,  ed  altri  minori ,„„  ,„„ 

Cavi  sorgenti  e  raccoglitori  diversi     .....'."    .'    '    '    .'    '    *    _-    *  149 0gg 

Totale  generale.    .    .    Kilometri  810.896 

Da  questo  quadro  é  facile  vedere  quale  estesa  rete  di  Canali  possieda  la  so- 
cietà del  Canale  Cavour,  e  quanto  debba  alla  medesima  tornar  vantaggioso  e  fa- 
cile il  sistemare  gran  parte  delle  sue  diramazioni,  mediante  le  quali   assicurerà 

i«nrZZ'Ta,tUUa  k  Parle  Ìrn'gaMe  di  que11' estesa   pianura,  vale  a  dire  a 
280,000  ettari  di  terreno  circa. 

Ognuno  può  comprendere  che  se  è  senza  dubbio  vantaggioso  per  la  distribu- 
zione delle  acque  del  Canale  Cavour  ch'esse  possano  essere  immediatamente  ed 
universalmente  diffuse  come  dicemmo,  ciò  non  mancherebbe  d'altra  parte   di 
riescire  rovinoso  per  il  dispensatore  ed  oneroso  per  i  derivatori  utenti  ove  non 
s.  fosse  pensato  anche  a  rendere  di  proprietà  del  dispensatore  il  grande  numero 
de.  veicoli  di  diramazione  di  proprietà  demaniale  e  privata,  in  vista  anche  della 
inevitabile  e  notevole  sottrazione  a  cui  le  acque  del  nuovo  Canale  sarebbero  state 
esposte  ed  assoggettate  per  causa  dei  veicoli  stessi,  sia  direttamente,  sia  per  la 
natura  permeabile  di  tutti  i  terreni  che  essi  solcano.  In  Lombardia,  dove  la  stra- 
tificazione del   terreno  in  generale  è  pressoché  identica  a  quella  dei   piani   pie- 
montesi sopracitati,  e  dove  identica  é  pure  la  condizione  atmosferica  e  la  ruota 
agraria,  l'esperienza  ha   insegnato  che  un  litro  d'acqua  continua  è  sufficiente 
ali  irrigazione  estiva  di  un  ettaro  di  terreno;  come  pure  si  sa  che  lorchè  si  tratta 
di  grandi  masse  d'acqua  scorrente  sopra  terreni  sciolti,  le  colature  corrispondono 
a  circa  un  quinto  ed  anche  a  un  quarto  del  volume  primitivo.-  Da  questi  fatti 
emerge  che  per  irrigare  sufficentemente  280,000  ettari  di  terreno  di  cui  si  disse 
ritenuti  gli  scoli   al  rapporto  di  un  quinto,  necessitano  metri  cubi  233  d'acouà 
estiva  continua.  H 

Ora,  secondoi  dati  raccolti,  e  che  possiamo  ritenere  esalti,  l'attuale  irrigazione 
1  quei  territori  risulterebbe  corrispondente  ad  ettari  163  con  un  totale  di  acoua 
ienvato  dalla  Dora  Baltea,  dalla  Sesia  e  dal  Ticino  per  mezzo  di  Canali  e  di  Róg- 
gie che  ascende  a  metri  cubi  136.  -  Gli  altri  117  mila  ettari  verranno  irrigati, 
,ome  vedremo,  colle  acque  derivale  dal  Po  e  da  altri  emissarii,  mediante  il  Ca- 


570  IL  CANALE  CAVOUR 

Portata  e  sviluppo  del  Canale. 

Allorquando,  nel  1853,  ring,  cav.  Carlo  Noè  esponeva  il  suo  vasto  progetto, 
assegnava  al  Canale  una  portata  di  92  metri  cubi  al  1",  pari  a  moduli  legali  920  (1), 
da  derivarsi  dal  Po;  ma  in  seguilo,  allorché  nel  1862  fu  sottoposto  il  progetto 
alla  sanzione  del  Parlamento  nazionale,  questo,  trovando  enorme  e  poco  persua- 
siva la  cifra  ultimamente  preventivata  dall'Autore  in  confronto  della  prima  (nel 
progetto  erano  stabilite  lire  35,000,000,  ora  53,400,000)  per  la  sola  costruzione  del 
Canale,  volle  fosse  almeno  aumentata  la  portata  minima,  che,  assegnata  in  92  m.  e. 
al  1",  venisse  elevata  a  HO  m.  e.  per  1". 

Valenti  idraulici  (2)  dimostrarono  l'impossibilità  di  poter  fare  una  sì  copiosa 
estrazione  dal  Po;  cionnullameno  il  Canale  fu  costrutto  per  una  tale  portata.  Fu 
però  d'uopo  persuadersi  in  seguito  dell'errore,  perchè  dal  12  aprile  1866,  primo 
giorno  del  suo  esercizio,  l'acqua  in  esso  scorrente  variò  dai  metri  cubi  80  ai  47, 
e  nell'estate  dell'anno  scorso  non  fu  possibile  derivarne  che  40  m.  e.  per  1"  (3). 

Giova  tuttavia  notare  che,  a  compensare  in  parte  la  deficenza  delle  acque  del 
Po  nel  canale  Cavour,  concorrono  le  acque  dei  fiumi  e  torrenti  che  il  Canale 
attraversa  lungo  il  suo  percorso,  e  segnatamente  quelle  della  Dora  Baltea  e  della 
Sesia,  mediante  canali  da  essi  derivati.  Nell'atto  di  concessione  avvi  anzi  un'ap- 
posita clausola,  in  forza  della  quale  si  tiene  obbligata  la  Concessionaria,  o  chi  per 
essa,  a  supplire  colle  acque  della  Dora  alla  possibile  deiìcenza  di  quelle  del  Po; 
qualora  poi  tale  ammanco  fosse  minimo,  vi  si  potrebbe  supplire  colle  acque  dei 
canali  Demaniali,  ceduti  in  godimento  alla  Società,  sforzandone  in  essi  la  portata, 
Senonchè  l'esperienza  di  due  anni  consecutivi  avendo  dimostrato  che  nella  stagione 
estiva,  in  cui  si  ha  maggior  bisogno  di  acqua,  il  fiume  Po  non  può  dare  più  di  4C 
metri  cubi  per  1",  invece  dei  HO  m.  e.  per  1"  ad  esso  assegnato,  si  trovò  indispen- 
sabile derivare  dalla  Dora  Baltea  (4),  in  territorio  di  Saluggia,  un  canale  sussidiarie 
della  portata  di  70  metri  cubi  al  minuto  secondo,  il  quale,  dopo  il  percorso  di  circi 
4500  metri,  versasse  le  sue  acque  nel  canale  Cavour,  assicurando  cosi  ad  esube- 
ranza la  competenza  di  questo.  Tal  canale,  che  costerà  circa  un  milione,  dovevi 

■ 

(1)  Il  modulo  legale  italiano  è  un  corpo  d'acqua  che  scorre  nella  costante  quantità  di  100  litri  ai  1" 
e  si  divide  in  decimi,  centesimi  e  millesimi  (Art.  622  C.  C.  L),  pari  a  Oncie  3  magistrali  milanesi. 

(2)  Il  Senatore  Ing.  Elia  Lombardi™  trovò  possibile  una  derivazione  del  Po  a  Chivasso,  in  tempo  d 
magra  ordinaria,  di  un  corpo  d'acqua  di  35  m.  e.  per  1".  -  Il  distinto  Ing.  Cav.  Porro,  attuale  prò 
fessore  di  Celerimensura  nel  R.  Istituto  Tecnico  Superiore  di  Milano,  da  alcune  esperienze  da  lui  eseguii 
nell'anno  1846  circa,  stabilì  potersi  erogare  pressoché  nella  stessa  località  del  Po  in  magra  32  m.c.  al 

(3)  Relazione  dei  Sindaci  dell'  oberata  Società  del  Canale  Cavour, 

(4)  Il  fiume  Dora  Baltea  è  uno  dei  più  grandi  del  Piemonte:  Trae  le  sue  sorgenti  da  due  rami  pri. 
cipali,  che  scendono  dal  Monte  Bianco  e  dal  Colle  di  Ferret  nella  divisione  di  Aosta.  Nel  suo  rapi- 
corso  percorre  una  lunghezza  di  circa  80  miglia  geografiche,  e  va  a  scaricarsi  nel  Po,  nmpetto  al  v 
laggio  di  Brusasco  ili  provincia  di  Torino.  —  Differentemente  da  quelle  di  molti  altri  fiumi,  le  acqu 
della  Dora  Baltea  sono  abbondantissime  nella  stagione  estiva,  causa,  come  si  disse,  la  sua  origine  di 
ghiacciai  perpetui  dell'alta  valle  di  Aosta.  Per  la  loro  origine,  queste  acque  sono  di  natura  fredda, 
contengono  abbondanti  elementi  sterilizzanti  peli'  irrigazione ,  quali  sono  i  -principi  siliceo-magnesiaci 
che  esse  acque  trascinano  nel  loro  impetuoso  passaggio  dalle  roccie  contenenti  in  abbondanza  ques 
elementi.  Gran  parte  di  cotali  acque  vengono  ciò  non  ostante,  già  da  tempo,  utilizzate  per  1  irrigalo 
di  una  gran  parte  del  Vercellese ,  a  mezzo  di  tre  grandi  canali ,  già  Demaniali ,  ed  ora  passati  ] 
godimento  alla  Società  Canale  Cavour,  e  che  sono:  il  Naviglio  d'  Ivrea,  il  Canale  di  Cigliano  e  que 
del  Botto. 


rin 


\ 


IL  CANALE   CAVOUR  571 

esser  costrutto  e  messo  in  esercizio  nell'estate  dell'anno  corrente  1868,  se  il 
tribunale  di  Commercio  di  Torino,  nella  seduta  straordinaria  del  giorno  9  maggio 
anno  corrente,  non  avesse,  dietro  istanza  di  alcuni  azionisti,  dichiarato  nullo 
l'appalto  deliberalo  dai  Sindaci  della  fallita  Società.  Dietro  però  energici  reclami 
di  molti  cointeressati  all'esecuzione  di  quest'opera,  veniva  nel  20  maggio  1868 
firmato  il  Decreto  Reale,  col  quale,  abrogando  la  decisione  del  Tribunale  di  Com- 
mercio succitata,  si  ordinava  l'immediata  derivazione  del  nuovo  canale  dalla  Dora 
Ballea.  Oltre  alle  tante  ragioni  facili  a  dimostrarsi  del  vantaggio  dell'immissione 
di  queste  acque  nel  Canale  Cavour  prima  di  concederle  all' irrigazione,  avvi  quello 
tutt'altro  che  indifferente,  che,  mescolando  le  acque  della  Dora  con  quelle  del 
Po,  si  ottiene  il  benefìcio  di  correggere  la  natura  fredda  e  deprimente  della  prima 
colle  acque  tiepide  e  cariche  di  sostanze  fecondanti  del  secondo  (1). 

Fortuna  volle  che  si  potessero  usufruire  alcuni  corsi  d'acqua,  che  il  Canale 
Cavour  incontra  nel  suo  sviluppo,  col  soccorso  dei  quali  mantenere  al  medesimo 
la  competenza  assegnatagli,  e  soddisfare  così  agli  impegni  assunti  verso  i  comuni 
ed  i  privati  per  le  concessioni  d'acqua  a  loro  anticipatamente  accordate;  il  che 
non  toglie  che  abbisognino  in  seguito,  e  che  possano  abbisognare  molteingenti 
somme  per  opere  di  condotta  e  di  costruzione  allo  scopo  di  tradurre  quelle  acque 
ad  impinguare  le  altre  del  Canale  del  Po. 

Se  la  benefica  e  provvida  natura  non  fosse  stala  là  a  riparare  in  parte  agli 
errori  commessi  nella  redazione  del  progetto  Noè  e  nell'approvazione  che  con 
deplorabile  leggerezza  vi  diede  il  Parlamento,  ecco  che  il  Canale  non  porterebbe 
nella  stagione  estiva  più  di  40  metri  cubi  per  1",  invece  dei  110  m.c.  costituenti 
la  sua  portata  ;  e  sì  che  il  Governo  ha  per  esso  garantito  un  interesse  del  6  °/0 
sul  capitale  preventivato  di  53  milioni,  mentre  come  abbiamo  veduto,  non  costò 
che  44,374,874! 

Il  Canale  Cavour  è  estratto  in  sponda  sinistra  dal  fiume  Po,  a  circa  400  metri 
a  valle  del  Ponte  per  la  strada  postale  Torino-Casale,  mediante  una  chiusa  nor- 
male all'asse  longitudinale  del  fiume  (2);  e  dalla  sua  gran  chiavica  di  deriva- 
zione alla  sua  confluenza  in  Ticino,  misura  una  distanza  di  Chilom.  82,230. 

(1)  Il  Po,  questo  grande  emissario  che  riceve  e  convoglia  al  mare  le  acque  tutte  cadenti  sulla  super- 
ficie dell'  Alta  Italia,  passando  in  vicinanza  di  grandi  e  popolose  città  e  villaggi,  ne  raccoglie  le  materie 
sporche  ed  escrementizie,  e  lambendo  terreni  coltivati  con  un  corso  relativamente  tenue,  arriva  alla 
chiusa  del  Canale  ricco  di  elementi  fertilizzanti. 

(2)  Finora  esiste  semplicemente  una  chiusa  provvisoria,  non  essendosi  peranco  costrutta  quella  defi- 
nitiva per  disaccordi  tecnici-amministrativi  insorti  tra  la  Concessionaria,  1'  Impresa  ed  il  Governo.  At- 
tualmente i  Sindaci  dell'oberata  Società,  messisi  d'accordo  col  Governo  e  coli' Impresa  costruttrice, 
nominarono  tre  periti:  il  Senatore  prof.  Ing.  Brioschi,  il  Cav.  Ing.  Daigremont  e  l' Ing.  Scottini,  perchè 
portassero  il  loro  esame  e  riferissero  sulle  opere  necessarie  e  sui  provvedimenti  tecnici  indispensabili 
per  porre  al  più  presto  possibile  in  completo  esercizio  il  Canale.  —  Nel  lodo  arbitramentale  per  la  tra- 
versa del  Po,  essi  ebbero  a  stabilire  che  sarà  composta  d'un  solido  in  ismalto,  il  cui  livello  inferiore 
discenderà  fino  a  metri  3.90  sotto  al  livello  della  soglia  superiore,  rinchiuso  fra  due  fila  di  pali  e  di 
tavoloni  distanti  sei  metri  da  asse  ad  asse;  che  la  distanza  di  questa  doppia  chiusa  sarà  mantenuta  a 
mezzo  di  tiranti  trasversali,  essi  pure  distanti  quattro  metri  uno  dall'altro;  che  il  solido  stesso  sarà 
incavato  nella  sua  parte  centrale  ed  inferiore,  al  doppio  scopo  di  diminuire  la  spesa  di  chiusura  e  di 
opporre  ostacolo  più  efficace  contro  le  filtrazioni.  La  parte  superiore  della  traversa  sarà  disposta  a 
piano  inclinato,  il  quale  presenterà  una  caduta  totale  di  metri  1.80;  questo  piano  sarà  rivestito  di 
muratura  in  pietrami  a  corsi  regolari,  e  tale  muratura  sarà  essa  pure  rinchiusa  fra  due  corsi  longitu- 
dinali di  muratura  in  pietra  da  taglio  della  larghezza  di  met.  0.80;   la  lunghezza  dei  pezzi  costituenti 

i  corsi  di  cui  si  tratta,  potrà  variare,  ma  non  mai  essere  inferiore  a  met.  1.20.  Finalmente  il  sistema 


572  IL  CANALE   CAVOUR 

L' articolo  V  della  Convenzione ,  che  fa  parte  del  più  volte  citato  Decreto  di 
Concessione  25  agosto  1862,  obbliga  la  Società  a  dar  compiuto  ed  in  esercizio  il 
Canale  nel  periodo  d'anni  quattro;  ma  in  seguito  ad  ulteriori  pratiche,  special- 
mente tra  la  Concessionaria  e  l'Impresa  costruttrice,  questa  s'impegnò  a  dar  il 
Canale  in  perfetta  attivazione  nel  termine  di  anni  tre. 

A  lode  dell'impresa  dobbiamo  dire  il  molto  zelo  e  l'attività  ch'essa  spiegò  nei 
lavori  preliminari,  per  le  verifiche  dei  tracciamenti  di  massima,  per  le  opere 
relative,  e  finalmente  perle  pratiche  di  espropriazione,  che  in  molti  luoghi 
era  osteggiata  da  vieti  pregiudizj,  nonché  dalle  enormi  pretese  e  difficoltà  solle- 
vate da  alcuni  proprietarj  e  corpi  morali,  che,  mentre  prima  esortarono  in  tutti 
i  modi  il  Governo  a  dar  esecuzione  al  progetto,  ora  ne  contrastavano  la  costru- 
zione,  frapponendo  ritardi  dannosi  al  proseguimento  dei  lavori,  all'interesse 
dell'Impresa  ed  a  quelli  della  Concessionaria  stessa.  Unitamente  a  queste  diffi- 
coltà, non  va  taciuto  che  in  alcuni  territorj,  e  specialmente  nel  Novarese,  la  pro- 
prietà fondiaria  è  così  suddivisa,  che  in  molti  luoghi  le  sole  pratiche  di  espro- 
priazione assorbirono  il  valore  del  terreno  da  stralciarsi. 

Oltre  a  questi  ritardi  e  a  tali  cause  di  maggiori  dispendj,  si  nota  anche  che, 
dovendo  il  Canale  Cavour,  nel  suo  esteso  sviluppo,  solcare  terreni  intersecati  da 
strade  ferrate,  nazionali,  comunali  e  vicinali,  nonché  un  gran  numero  di  acque 
correnti  di  pubblica  e  privata  proprietà,  gli  studj  definitivi  delle  tante  opere 
d'arte  (circa  480),  e  quelle  di  difesa  e  di  deviazione,  riuscirono  lunghi,  e  dif- 
ficili dettero  tuttavia  i  migliori  risultati ,  essendo  stati  diretti  da  uomini  di 
lunga  esperienza  e  di  pratica  capacità. 

Prima  di  continuare  a  spiegare  l'andamento  del  nuovo  Canale,  crediamo  ne- 
cessario di  dare  un'occhiata  sommaria  alla  topografia  del  terreno  che  esso  attra- 
versa. Colla  scorta  della  già  citata  tav.  26,  vediamo  che  il  Vercellese,  il  quale 
fino  alla  destra  sponda  della  Sesia  costituisce  un  piano  generale  formato  di  pres- 
soché uniformi  estesissime  plaghe  di  terreno  già  discretamente  irrigate  dai  ca- 
nali altre  volte  demaniali  descritti  nell'art.  1,  non  offre  nulla  di  speciale  oltre  a 
ciò  che  avremo  da  dire  a  suo  tempo,  lorché  parleremo  dei  Canali  secondarj,  quali 
tramiti  che  devono  portare  la  diffusione  delle  acque  del  nuovo  Canale  del  Po 
alle  vaste  terre  destinate  a  ricevere  un  tanto  beneficio. 

La  maggior  diffusione  eli  queste  acque  però  avverrà  nell'estesa  superfìcie  com- 
presa tra  la  Sesia  ed  il  Ticino ,  che  forma,  per  così  dire,  la  golena  che  è  tra  il 
Po  e  l'imponente  argine  che  vi  fanno  le  Alpi  Elvetiche.  Tale  estesa  pianura  forma 
un  piano  inclinato  da  Nord  verso  Sud,  e  rappresenta  come  una  grand'unghia  con- 
terminata alla  sua  estremità  superiore  dal  Canale,  al  lembo  inferiore  dai  Po,  e 
ai  due  lati  dalla  Sesia  e  dal  Ticino;  e  l'inclinazione  complessiva  di  questa  zona 
fu  calcolata  di  cento  e  più  metri,  partendo  dal  suo  lembo  più  elevato  fino  alla 
parte  più  depressa  ,  ossia  fino  all'  immissione  del  Ticino  nel  Po.  Nel  parlare 
delle  arterie  che  dovranno  diramare  le  acque  del  canale  Cavour,  vedremo  come 
questa  regione  sia  solcata  dai  torrenti  Agogna,  Arbogna  e  Terdoppio,  nonché  da 

sarà  completato  con  catene  trasversali,  anch'esse  in  pietra  da  taglio,  distanti  sei  metri  da  asse  ad  asse, 
il  cui  scopo  sarà  quello  di  dividere  la  muratura  di  pietrame  in  una  serie  di  scomparti,  ben  distanti  gli 
uni  dagli  altri.  A  valle  di  questa  chiusa,  sopra  metri  10  di  lunghezza  e  metri  1.40  di  spessore,  sarà 
disposta  una  gettata  di  massi  di  grossezza  conveniente,  nel  cui  mezzo,  a  fine  di  impedire  l'esporto  dei 
massi  per  forza  della  corrente,  sarà  battuta  una  serie  di  pali  a  zig-zag,  distanti  met.  1.50  l'uno  dal-> 
l'altro  nel  senso  della  lunghezza  della  traversa,  e  di  met.  2  nel  senso  della  sua  larghezza. 


IL   CANALE  CAVOUR  573 

un  buon  numero  di  cavi  regolari,  quali  sono:  la  Roggia  Rizzo-Biraga,  la  Busca 
e  la  Mora,  ed  altre  di  minor  importanza,  le  cui  acque  provengono  dalla  Sesia,  e 
dai  navigli  Langosco  e  Sforzesca.  Bisogna  però  notare  che  per  la  natura  stessa 
dei  torrenti,  uniforme  a  quella  del  fiume  Sesia,  mentre  codesti  canali  danno 
copiosi  corpi  d'acque  in  occasione  delle  piene,  si  fanno  miserrimi  e  quasi  com- 
pletamente asciutti  nell'estate,  e  non  offrono  più  che  le  poche  acque  sorgenti 
dai  loro  letto  e  defluenti  dalle  circostanti  campagne.  Data  cosi  una  sommaria 
descrizione  dell'estesa  zona  di  terreno  che  verrà  solcata  dal  Canale  Cavour,  pro- 
cediamo a  descrivere  il  suo  interessante  sviluppo. 

Questo  Canale,  che,  come  si  disse,  ha  una  percorrenza  di  metri  82,230,  com- 
prendendovi il  complesso  della  lunghezza  dei  suoi  scaricatori,  stabiliti  in  fregio 
alla  sponda  destra  e  presso  ai  principali  corsi  d'acqua  attraversati,  il  suo  sviluppo 
ascende  a  metri  88,971.  Il  tratto  di  Canale  o  incile  posto  tra  il  fiume  e  l'edificio 
di  presa,  ha  le  sponde  murate,  leggermente  inclinate,  ed  una  larghezza  sul  fondo 
di  metri  40,  ed  a  totale  competenza  le  sue  acque  raggiungeranno  lo  spessore  di 
metri  2,20  sui  fondo. 

Il  primo  scaricatore  trovasi  ai  termine  e  sulla  destra  a  monte  dell'edificio  di 
presa  allo  scopo  di  ricevere  e  ritornare  al  Po  le  acque  eccedenti  il  bisogno,  nonché 
allo  scopo  di  tener  sgombro  dai  depositi  il  fondo  dell'incile  e  della  derivazione. 
Dall'incile  il  Canale  segue  parallelamente,  per  breve  tratta,  la  strada  postale  da 
Torino  a  Chivasso  per  Brusasco  ecc.,  indi  risvolta  in  direzione  di  Nord-Est,  ed 
in  linea  alquanto  ondulata,  continuando  per  Verolengo  e  Calciavacca  ,  passando 
poi  quasi  tosto  nella  vallata  della  Dora  Baltea ,  che  percorre,  con  acquedotto  di 
227  metri,  fino  all'incontro  del  fiume,  al  quale  arriva  dopo  un  percorso  di 
metri  10,737,  sovrapassandolo  mediante  grandioso  Ponte-Canale  di  nove  luci,  cia- 
scuna della  corda  di  16  metri,  e  della  lunghezza  di  metri  192,60.  Allo  sbocco  del 
Ponte-Canale  prosegue  per  metri  1874,  in  acquedotto  d'accompagnamento,  attra- 
verso la  vallata,  continuando  per  altri  19  Chilometri  circa  in  direzione  Nord- 
Ovest  fino  alla  strada  nazionale  Torino-Vercelli-Novara  che  interseca  obbliqua- 
mente,  indi,  ripiegando  dolcemente  verso  Nord,  incontra  il  canale  d'Ivrea,  la 
strada  provinciale  da  Santhià  a  S.  Germano,  e  la  strada  ferrala  Torino-Milano. 
Oltrepassata  quest'ultima,  esso  segue  quasi  in  linea  retta  fino  all'incontro  dei 
torrente  Elvo  (1),  che  sottopassa  mediante  tomba-sifone  a  cinque  luci  elittiche, 
aventi  ciascuna  cinque  metri  di  asse  maggiore  e  2,50  per  asse  minore  ,  e  della 
lunghezza  totale  di  metri  177,50. 

Dallo  sbocco  della  tomba,  il  percorso  del  Canale  diviene  meno  regolare  fino 
all'incontro  della  Sesia.  Tale  irregolarità  d'andamento  è  dovuta  alle  svariate 
accidentalità  del  terreno  ed  alla  quantità  dei  corsi  d'acqua  dai  quali  è  interse- 
cato —  fra  questi  il  torrente  Cervo  (2),  che  viene  sorpassato,  dopo  percorso  l'acque- 
dotto di  204  metri,  mediante  Ponte-Canale  di  sette  luci,  della  corda  di  15  metri 


(1)  Questo  torrente  trae  le  sue  sorgenti  dal  Monte  Sordevolo .  in  provincia  di  Biella,  che  appartiene 
alla  catena  di  monti  pei  quali  il  Biellese  è  diviso  dal  contado  di  Aosta;  scorre  la  vallata  che  da  esso 
prende  il  nome,  e  riceve  nel  suo  percorso,  di  circa  25  miglia,  alcuni  torrenti  minori,  e  va  finalmente 
a  scaricarsi  nel  torrente  Cervo  in  territorio  di  Collobiano. 

(2)  Il  torrente  Cervo  ha  le  sue  fonti  al  sommo  della  valle  di  Andorno  nella  provincia  di  Biella  ,  alla 
quale  bagna  le  mura,  e  proseguendo  il  suo  corso  verso  Sud-Est,  riceve  altri  minori  torrenti,  finché, 
dopo  un  cammino  di  circa  30  miglia,  confluisce  nel  fiume  Sesia  a  2  miglia  al  Nord  di  Vercelli, 


574  IL   CANALE   CAVOUR 

ciascuna  —  attraversa  al  di  là  la  rimanente  vallata  mediante  altro  acquedotto  lungo 
2518  metri,  e,  continuando  in  profonda  trincea  nei  territori  di  Villarboit,  arriva 
al  torrente  Roasenda,  che  oltrepassa  mediante  Ponte-Canale  a  tre  luci  di  9  metri, 
allo  sbocco  del  quale  si  avanza  ancora  in  trincea  per  circa  1500  metri,  fino  al- 
l'incontro del  torrente  Marchiazza,  che  valica  esso  pure  con  Ponte-Canale  di  tre 
luci  di  metri  4,80  di  corda;  finalmente,  dopo  altro  percorso  di  circa  4  chilometri 
con  andamento  meno  regolare,  arriva  al  fiume  Sesia  (1),  che  sottocorre  mediante 
tomba-sifone  —  stupendo  e  grandioso  manufatto  della  lunghezza  di  metri  265,20  — 
con  cinque  luci  di  5  metri  di  diametro. 

Dallo  sbocco  della  Tomba  sotto  la  Sesia  ,  continua  il  Canale  in  direzione  di 
levante,  costeggiando  i  paesi  di  Recetto ,  Gargarengo ,  Biandrate  e  Mosezzo,  fino 
all'incontro  del  torrente  Agogna  (2),  avendo  in  questo  percorso  attraversato  strade 
ed  acque  di  poca  importanza,  tranne  i  corsi  delle  roggie  Rizzo-Biraga  e  Busca, 
derivate  dalla  Sesia,  che  il  Canale  sottopassò  con  tomba-sifone. 

Il  Canale  è  diviso  in  otto  riparti,  il  primo  de'quali  della  lunghezza  di  m.  6,000 
dall'incile  alla  strada  di  Verolengo  alla  Torrazza,  il  secondo  lungo  7,000  metri, 
compreso  tra  la  strada  di  Verolengo  alla  Torrazza  e  quella  da  Crescentino  a  Sa- 
luggia,  il  terzo  della  lunga  tratta  di  12,000  metri,  dalla  strada  sopradetta  a  quella 
da  Bianzè  alla  Cascina  Consolata  e  Torrone  dei  Banditi  ;  il  quarto,  lungo  ben 
12,700  dall'ora  nominata  strada  al  Rio  Finale;  il  quinto  di  metri  6,500,  compreso 
da  Rio  Finale  alla  strada  da  Fonnigliana  a  Buronzo;  il  sesto  di  9,900  metri,  dal- 
l'ultima  descritta  strada  a  quella  nazionale  da  Vercelli  a  Gatiinara;  il  settimo 
della  lunghezza  di  15,900  metri,  compreso  fra  la  nazionale  sopradetta  e  quella 
pure  nazionale  da  Novara  a  Varallo;  e  finalmente  l'ottavo  ed  ultimo,  compreso 
tra  la  strada  nazionale  per  Varallo  e  la  confluenza  del  Canale  in  Ticino. 

In  quest'ultimo  si  riscontra  un  gruppo  di  importanti  lavori,  e  circa  40  manu- 
fatti che  si  succedono  poco  discosti  l'uno  dall'altro.  Il  Canale,  oltrepassato  il 
torrente  Agogna,  alla  progressiva  70,600  mezzana  dell'edificio  con  tomba  a  si- 
fone a  tre  luci  di  cinque  metri  ciascuna,  dopo  la  quale,  con  un  percorso  di  circa 
2400  metri,  interseca  la  strada  nazionale  per  Pallanza  e  la  prossima  ferrovia  da 
Novara  ad  Arona,  portando  in  seguito  le  sue  acque  al  di  là  del  torrente  Ter- 
doppio  (3),  dopo  averlo  sottopassato  esso  pure  con  tomba  di  tre  luci  da  cinque 
metri  di  larghezza. 


(1)  Il  fiume  Sesia,  antico  confine  tra  gli  stati  del  ducato  di  Milano  ed  il  Piemonte,  ha  le  sue  scatu- 
rigini lungo  le  falde  del  Monte  Rosa,  dove  molti  rivi  convergendo  in  un  sol  letto,  costituiscono  l'im- 
ponente corpo  d'  acqua  che  scorre  nel  Sesia ,  e  discendendo  attraversa  la  Valsesia  in  direzione  di  tra- 
montana a  mezzodì,  passa  in  territorio  di  Alagua ,  inferiormente  al  quale  comincia  a  ricevere  di  tratto 
in  tratto  le  acque  di  moltissimi  torrenti,  arriva  poi  alla  città  di  Varallo,  al  di  là  della  quale  il  suo 
letto  si  allarga,  ed  in  tempo  di  piena  inonda  parecchi  latifondi  ;  arriva  nei  territorj  di  Gattinara  e  Ro- 
magnano,  dove  hanno  luogo  le  prime  derivazioni  di  canali  d'irrigazione,  bagna  il  territorio  di  Vercelli, 
e  va  infine  a  scaricarsi  nel  Po  in  vicinanza  di  Casale. 

(2  e  3)  Tanto  l'Agogna  quanto  il  Terdoppio  hanno  la  loro  origine  nelle  gole  dei  contrafforti  delle  Alpi, 
e  scorrono  l'uno  parallelo  all'altro.  Il  primo,  dal  Monte  Mergozzolo,  ove  nasce,  nella  riviera  del  lago 
d'Orta  discende,  passando  per  Borgomanero  e  ricevendo  in  seguito  i  minori  torrenti  Bissone,  Sissone 
ed  Arione;  finalmente,  passando  per  Novara,  scorre  la  Lomellina  e  va  a  confluire  nel  Po  alla  Giarda 
fra  Cassone  e  Balossa.  11  suo  corso  tortuoso  è  sempre  però  in  direzione  da  Nord  a  Sud,  e  le  sue  acque 
servono  all'irrigazione,  specialmente  di  Olevano  e  Castel  d'Agogna.  Il  Terdoppio  nasce  in  territorio  di 
Agrate,  si  perde  nella  Roggia  Cerana  presso  Sozzago,  ricompare  in  territorio  di  Terdoppiate,  scorre  la 
lomellina,  e  versasi  in  Po  in  territorio  di  Trumello, 


IL   CANALE   CAVOUR  575 

Oltre  questo  torrente,  piegando  bruscamente  verso  Nord,  continua  per  tratti 
rettilinei,  intersecando  acque  e  strade  di  minor  importanza,  compresa  però  quella 
nazionale  da  Galliate  per  Turbigo  che  interseca  obbliquamente;  infine,  sempre 
in  direzione  Nord,  spingesi  fino  ai  ciglio  della  gran  Vaile  dei  Ticino,  in  territorio 
di  Galliate,  dove  apposito  edifìcio  sdrucciolatore  (1)  ne  immetterà  le  acque  nella 
sottostante  roggia  Molinara,  oppure  più  a  valle  nel  laghetto  che  forma  il  naviglio 
Langosco,  e  quindi  in  Ticino  con  una  caduta  di  metri  2o;849,  essendo  le,ordinale 
estreme,  cioè  quella  della  soglia  della  gran  Chiavica  di  derivazione  dal  Po  di 
m.  173,450,  quella  allo  sbocco  m.  151,720  e  quella  del  pelo  d'acqua  dei  navidio 
Langosco  m.  125,871. 

Ai  vantaggi  incalcolabili  che  il  nuovo  Canale  porterà  alla  produzione  agricola, 
giova  aggiungere  altresì  quello  che,  con  una  tale  considerevole  sottrazione  d'acqua 
dal  Po,  si  arriverà  a  diminuire  in  parte  gli  effetti  disastrosi  delle  piene  imme- 
diate di  questo  iiume,  nonché  quelle  cagionate  dai  corsi  d'acqua  torrentizi  che 
pressoché  normali  al  suo  asse  (2),  in  tempo  di  piena  innondano  le  finitime 
campagne,  malgrado  un  grandioso  sistema  di  arginature. 

Il  considerevole  corpo  d'acqua  derivato  dal  Po  pel  canale  Cavour  non  ritor- 
nando che  in  parte  ai  liume  originario  se  non  a  mezzo  del  suo  confluente  Ticino, 
dopo  aver  servito  all'irrigazione  e  quindi  sofferte  perdite  considerevoli  per  fil- 
trazioni, evaporazioni  ecc.,  salva  dalle  piene  ordinarie  i  terreni  a  destra  e  a  sini- 
stra dei  gran  fiume,  compresi  fra  la  derivazione  delle  acque  del  Canale  Cavour 
e  il  luogo  dove  il  Ticino  le  riconsegna  al  Po,  vale  a  dire  per  una  lunghezza  di 
circa  120  chilometri. 

{Continua), 


)  Non  fu  peranco  costrutto,  non  essendosi  finora  potuto  appianare  le  difficoltà  sollevate  dagli  utenti 
della  Roggia  Molinara  e  del  Langosco  pei  danni  a  loro  avviso  derivantegli  dall'immissione  delle  acque 
del  Canale  Cavour,  nonché  in  causa  di  dispareri  tra  la  Società  e  l'Impresa  costruttrice;  noi  però  da- 
remo nel  prossimo  capitolo  la  descrizione  dell'edificio  come  dovrà  essere  costrutto  a  seconda  dell'ap- 
provazione dei  Sindaci  della  fallita  Società.  -  Frattanto  le  acque  del  Canale  Cavour  si  smaltiscono  per 
la  maggior  parte  a  mezzo  degli  scaricatori  a  monte  della  tomba  del  torrente  Agogna  e  di  quello  al 
Terdoppio.  Essendo  però  il  primo  di  questi  due  scaricatori  distante  circa  11  kilometrì  e  mezzo  dalla 
estremità  del  Canale,  ed  il  secondo  di  otto,  in  caso  di  piena  dei  torrenti  ora  accennati,  i  due  scarica- 
tori  in  questione  non  funzionerebbero  che  incompletamente;  quindi  torna  urgente  che  si  ponga  tosto 
mano  alle  opere  di  costruzione  dello  sdrucciolatojo,  onde  non  trovarsi  nella  trista  alternativa  di  vedere 
in  tempo  di  piena  traboccare  dagli  argini  del  Canale  le  acque  in  esso  scorrenti 

r.2L"  r°  \ChÌ,VoSi°  dìSta  kÌ1°m'  129'78°  dalle  sue  fonti  alIe  fa,dc   del  M<>nte  Viso,  ed  ha  ivi  una 
caduta  di  metri  13,629  ed  una  pendenza  metrica  di  0,460 


RIVISTA  DI  GIORNALI  E  NOTIZIE  VARIE 


PROCESSO  PER  LA  FABRRICAZIONE  DEL  GAZ  DI  NAFTA. 


Troviamo  nel  Giornale  Le  Genie  Industrìel  alcune  importanti  notizie  sulla  fabbricazione  del 
gaz  di  nafta  per  l' illuminazione  di  officine  lontane  dalle  grandi  città,  per  le  stazioni  delle  strade 
ferrate,  caserme,  ospitali  e  qualunque  siasi  altra  costruzione  che  per  la  sua  posizione  non  possa 
approfittare  del  gaz  di  carbon  fossile.  Quest'ultimo  certamente  non  potè  finora,  malgrado  i  più 
accurati  e  sapienti  studii ,  essere  sostituito  da  altri  per  l' illuminazione  dei  grandi  centri  di  po- 
polazione e  non  lo  sarà  certamente  fino  a  che  verrà  scoperta  una  sostanza  che  a  parità  di  risul- 
tato, sia  in  quantità  tale  da  sostenere  la  concorrenza  col  carbon  fossile. 

Ognuno  conosce  gl'inconvenienti  e  le  difficoltà  di  estendere  l'illuminazione  a  gas  corrente  negli 
stabilimenti  isolati  e  lontani  dai  centri  di  produzione  del  medesimo;  si  è  perciò  che  il  nuovo 
apparecchio  per  la  fabbricazione  del  gaz  di  nafta  senza  menomamente  pretendere  di  far  la  con- 
correnza al  gaz  di  carbon  fossile,  viene  a  riempire  la  lacuna  da  questi  lasciata,  essendo  appli- 
cabile con  vantaggio  alle  costruzioni  isolate  ove  richiedesi  una  piccola  produzione  di  gaz  ed  una 
proporzionale  spesa  d'impianto.  In  vista  di  ciò: 

«  Neil'  anno  1867,  il  sig.  Muller,  ingegnere  civile  e  fondatore  a  Jemeppe  (Belgio),  d'una  grande 
«  raffineria  di  petrolio,  domandò  il  brevetto,  tanto  per  la  Francia  che  per  l'estero,  per  dei  mon 
«  processi  ed  apparecchi  di  carburazione  dell'aria  col  mezzo  delle  essenze  di  petrolio  e  di 
«  tutti  gli  altri  idrocarburi  ed  i  sigg.  Plujer  e  comp.  divenuti  cessionarii  del  brevetto  fran- 
«  cese  hanno  fondato  a  Parigi  una  Società  per  l'attuazione  in  Francia  di  questo  processo,  ap- 
«  plicato  già  da  un'anno  ed  accolto  con  favore  nel  Belgio  ». 

Il  sistema  per  la  produzione  del  gaz  di  nafta  soddisfa  primieramente  ad  una  delle  esigenze 
della  sua  applicazione  pratica  coli' essere  semplicissimo.  Consiste  in  una  campana  a  chiusura 
idraulica  avente  per  iscopo  di  mandare  dell'aria  in  un  apparecchio  detto  Carburatore,  questo  è 
riempito  di  nafta  (prodotto  volatile  ottenuto  dalla  distillazione  del  petrolio  greggio);  l'aria  attra- 
versandolo si  satura  di  vapore  di  nafta  e  così  carburata  può  essere  condotta  con  appositi  tubi 
sino  ai  becchi  essendo  atta  alia  combustione.  La  grandezza  della  vasca  e  della  campana  variano 
a  norma  dei  bisogni  locali  prendendo  per  base  un  consumo  di  80  litri  d'aria  per  ora  e  per  becco. 
Le  dimensioni  dei  tubi  che  stabiliscono  la  comunicazione  fra  il  carburatore  e  le  campane  sono 
pure  proporzionali  al  consumo  di  gaz  ed  il  carburatore  costruiscesi  per  modo  che  la  volatiliz- 
zazione della  nafta  si  mantenga  regolare  in  tutta  la  sua  durata  qualunque  sia  la  quantità  di  nafta 
contenuta  nel  carburatore. 

Un  contrappeso  facilita  il  movimento  della  campana,  che  nel  suo  moto  d'ascesa  e  discesa  e 
regolato  da  apposite  guide  per  evitare  delle  ondulazioni  che  produrebbero  irregolarità  nella  fiamma. 
La  vasca  è  munita  d'un  tubo  di  entrata  per  l'aria  sufficientemente  grande  perchè  la  campana 
abbia  a  sollevarsi  facilmente.  Allo  scopo  di  evitare  travasameli  della  sostanza  carburante ,  per 
sua  natura  volatilissima,  si  aggiunge  al  carburatore  un  recipiente  d'alimentazione  col  quale  met- 
tesi  in  comunicazione, 


RIVISTA  DI  GIORNALI  ECC.  577 

Quando  si  aggiunge  del  liquido  nell'apparecchio ,  bisogna  pulire  quest'ultimo,  ossia  bisogna 
estrarre  col  mezzo  d'un  robinetto  posto  in  basso,  la  nafta  che  la  condensazione  ha  raccolto  al 
fondo  del  carburatore;  nafta  che  del  resto  è  adoperabile  in  altri  usi. 

Per  ciò  che  concerne  le  condizioni  economiche  del  sistema,  riferiremo  qui,  quanto  abbiamo 
trovato  sul  giornale  slesso. 

«  Questo  sistema  d'illuminazione  col  gaz  di  nafta,  per  la  semplicità  degli  apparecchi,  per  il 
«  valore  relativamente  poco  considerevole  delle  spese  d'impianto,  del  poco  posto  che  occupa  e 
«  dell'economia  che  presenta,  è  destinato  a  diventare  d'uso  generale  ne' comuni  che  non  pos- 
te siedono  officine  per  la  distillazione  del  carbon  fossile. 

«  Egli  è  specialmente  applicabile  (e  noi  insistiamo  su  questo  punto,  giacché  non  trattasi  di 
f  una  concorrenza  al  gaz  del  carbon  fossile) ,  a  tutti  gli  stabilimenti  isolati ,  stazioni  di  strade 
«  ferrate,  alle  officine,  manifatture,  caserme,  ospitali,  comunità  religiose,  scuole,  magazzeni, 
«  castelli,  case  di  campagna  ecc. 

«  La  purezza  e  chiarezza  della  sua  fiamma ,  che  non  sviluppa  né  vapori  ne  fumi  lo  rendono 
<r  preferibile  al  gaz  di  carbon  fossile  per  l'igiene  dei  locali  illuminali;  i  colori,  l'oro  e  l'argento 
«  non  si  appannano  sotto  1*  influenza  della  sua  combustione. 

«  Fra  i  numerosi  impianti  già  fatti  nel  Belgio  noi  citeremo: 

«  Quello  del  magazzeno  di  Waremme,  che  funziona  da  un  anno; 

«  Quello  della  Société  anonyme  des  cales  et  chanliers  de  l'Escaut,  ad  Anversa  (1);  quello 
«  della  fabbrica  d'armi  dello  Stato,  a  Liegi  (40  becchi  su  di  un  tratto  di  280  metri). 

«  Quello  di  Valentin-Gocq,  officina  della  Vieille-Montagne  (2). 

(1)  Attestation.  -  Le  soussigné,  directeur  de  la  Société  anonyme  des  cales  et  chantiers  de  l'Escaut 

,  certifie  que  l'installation-du  système  de  gaz  Muller  et  Mathei ,  établi  au  chantiers  depuis  près  de  cinq 
mois,  a  donne  le  meilleur  resultai,  et  qu'il  en  est  satisfait  sous  tous  les  rapports.    Installatici!  peu  di- 

;  spendieuse,  grande  simplicité  d'exploitation,  economie  notable  et  éclairage  parfait,  voilà  les  points  qui 
recommandent  le  système  Muller  et  Mathei  à  tous  les  industriels  et  à  toutes  les  personnes  faisant  usage 
d'un  assez  grand  nombre  de  becs  d' éclairage. 

Anvers,  21  janvier  1868.  Signé  .  Ch    ^m 

(2)  Je  soussigné,  directeur  des  établissements  de  Valentin-Cocq  et  Colladios  ,  déclare  que  M  Charles 
Beer  a  mstallé,  à  Valentin-Cocq,  l'éclairage  au  gaz  de  naphte  suivant  le  système  de  MM  Muller  Cette 
mstallation  comporle  22  becs  ronds  et  40  becs  papillon,  soit  ensemble  62  becs,  dont  52  à  l'intérieur 
des  bàtiments  et  10  dans  les  cours.  La  surface  éclairée  par  les  52  becs  dans  les  bàtiments  est  de  741 
mètres  carrés. 

Après  les  quelques  tàtonnements  inséparables  de  toute  invention  nouvelle,  ce  mode  d'éclairage  a  marche 
d'une  manière  régulière  et  satisfaisante. 

L'expérience  a  démontré  que  ce  mode  d'éclairage  est  supérieur  à  tous  les  autres,  parce  que  le  pou- 
voir  lumineux  du  gaz  de  naphte  est  très-considérable  et  parce  que  le  système  est  d'une  simplicité  extrème 
Les  62  becs  installés  à  Valentin-Cocq  sont  alimentés  par  deux  carburateurs.  Les  conduites  de  gaz  ont 
400  metres  de  longueur,  le  diamètre  de  la  cloche  à  air  est  de  3  mètres  et  sa  hauteur  de  2  mètres 
L  mstallation  de  la  citerne,  de  la  cloche,  des  carburateurs,  des  conduites  et  des  becs,  a  coùté  fr.  2677  85 

A  cette  dépense  il  faut  ajouter jsq'rc; 

représentant  les  frais  occasionnés  par  l'établissement  d'une  condui'te 'de' vapeur  qui  aété  recónnue  né- 
cessaire pour  chauffer  légèrement  l'ean  dans  les  cuves  et  les  carburateurs,  pendant  les  grands  froids 
de  lhiver.  En  décembre  dernier,  la  dépense  d'éclairage  pour  : 

1,546  heures  becs  ronds  et  2,968  heures  becs  papillon,  a  eté: 

Main-d'ceuvre fr     11  80 

347  kilog.  de  naphte „  17003 

Total fr.  181,83 

Si  l'on  admet  qu'un  bec  rond  ne  dépense  que  le  doublé  du  bec  papillon,  et  en  ramenant  le  tout  àia 
consommation  du  bec  papillon,  011  obtient  6,060  heures  becs  pour  une  somme  de  fr.  181,83,  ou  environ 
I  n\  0,030  par  heure  e  par  bec. 


578  RIVISTA  DI  GIORNALI 

«  Tutti  questi  apparecchi  funzionano  con  una  perfetta  regolarità.  Il  prezzo  d'impianto  varia 
«  secondo  il  numero  dei  becchi ,  la  durata  giornaliera  del  consumo  e  la  lunghezza  del  tratto 
«  illuminato.  Varia  secondo  la  natura  del  metallo  impiegato  nella  costruzione  della  campana  ad 
«  aria ,  sia  zinco  ,  sia  latta  nera  o  galvanizzata ,  e  secondo  che  la  cisterna  è  in  metallo  o  in 
«  mattoni. 

«  Per  un' illuminazione  di  10  a  20  becchi,  colla  durata  giornaliera  di  sei  ore,  il  prezzo  d'im- 
«  pianto  con  campana  in  latta  nera  può  variare  da  1200  a  1B00  franchi,  non  compreso  il  costo 
«  degli  apparecchi  d'illuminazione,  né  quello  dei  tubi,  che  è  proporzionale  al  tratto  illuminato 
«  ed  ai  lavori  necessarii  pei  diversi  impianti.  Queste  due  spese  eccettuate,  il  suesposto  prezzo 
«  dà  la  campana  ad  aria  e  suoi  accessori,  il  carburatore;  in  una  parola  il  completo  impianto. 

«  Per  un  numero  maggiore  di  becchi,  il  prezzo  d'impianto  diminuisce  proporzionalmente; 
«  un'  apparecchio  di  BO  becchi,  per  esempio,  in  latta  nera,  non  costerebbe  più  di  2,400  franchi. 

«  L'illuminazione  a  gaz  di  nafta  presenta,  sugl'altri  metodi  d' illuminazione,  un'economia  no- 
«  tevole  nella  consumazione. 

«  Un  becco  a  ventaglio,  d'un  potere  rischiarante  equivalente  a  7  candele  di  cera,  consuma 
«  50  grammi  di  nafta  all'ora,  ossia  2  centesimi,  prendendo  per  base  il  massimo  prezzo  di  70 
«  franchi  per  ogni  100  chilog.  di  nafta.  Il  medesimo  becco,  nelle  medesime  condizioni  consu- 
«  merebbe  180  litri  di  gaz  del  carbon  fossile,  ossia  K  centesimi  all'  ora,  in  ragione  di  50  cente- 
«  simi  il  metro  cubo,  prezzo  ordinario  del  gas. 

«  Per  l' olio  da  ardere  si  calcola  che  una  lampada  d' un  potere  rischiarante  di  6  candele,  con- 
«  sumi,  in  ragione  di  un  franco  e  quindi  il  chilog.  d'  olio,  5  centesimi  per  ora. 

«  Ora,  il  gaz  di  nafta  non  costa  che  due  centesimi  al  maximum  per  aver  una  luce  pari  a  7 
«  candele  di  cera;  il  suo  impiego  evita  le  perdite,  le  colature  e  permette  (considerazione  pre- 
«  ziosa  per  il  suo  impiego  nella  strada  ferrata)  di  moderare,  spegnere  per  così  dire  l'illumina- 
«  zione,  allorché  è  inutile,  per  rialzarla  istantaneamente  qualora  il  servizio  lo  esiga. 

«  Terminando  queste  notizie  sull'illuminazione  a  gaz  di  nafta,  sistema  Muller ,  non  ci  resta 
«  che  ad  insistere  sulla  grande  semplicità  degli  apparecchi  che  lo  costituiscono;  ad  eccezione 
«  della  collocazione  dei  tubi  che  è  eguale  a  quella  che  si  fa  per  il  gaz  di  carbon  fossile  ;  non 
«  trattasi  che  d'un  serbatojo  a  costruzione  speciale  e  d'una  campana  per  lanciare  dell'aria  nel 
«  serbatojo  chiamato  carburatore.  Le  manipolazioni  consistono  nel  versare  della  nafta  nel  car- 
a  buratore  una  volta  al  giorno  od  ogni  due  giorni,  secondo  le  dimensioni  dell'  apparecchio,  per 
«  rapporto  ai  becchi  da  alimentare,  ed  a  sollevare  la  campana. 

«  Per  ottenere  una  medesima  intensità  di  luce,  può  riescir  utile,  di  regolare  l'apertura  dei 
«  robinelti  dei  becchi,  una  o  due  volte  per  sera;  ma  questo  è  un  inconveniente  da  nulla  a  cui 
«  si  è  soggetti  a  metà  coli'  uso  del  gaz  corrente.  11  gaz  di  nafta  essendo  più  pesante  dell'  aria 
«  non  presenta,  in  caso  di  fuga,  alcun  pericolo ,  a  meno  che  non  si  supponga  avvenire  la  fuga 
«  in  un  locale  ermeticamente  chiuso,  ciò  che  non  succede  in  pratica. 

«  In  quanto  agli  apparecchi,  essi  presentano  pericoli  molto  minori  che  non!  quelli  adoperati 
«  pel  gas  corrente.  Intanto  le  campane,  non  contenendo  che  dell'  aria,  sono  inoffensive,  rimane 
«  il  carburatore  di  piccolissimo  volume  rispetto  ai  gazometri  ed  i  tubi.  Ora  il  miscuglio  d'aria 
«  e  di  vapore  di  nafta  non  è  esplosibile  che  quando  egli  esiste  in  determinate  proporzioni.  Al- 
«  lora  il  miscuglio  non  è  più  combustibile,  ed  invano  si  tenterebbe  accenderlo  ai  becchi  bru- 
«  ciatori.  Se  il  miscuglio  è  troppo  ricco  di  nafta  è  inesplosibile;  identicamente  se  desso  è  troppo 
«  povero. 

En  janvier,  nous  arrivons,  avec  la  mème  supposition  que  ci-dessus ,  à  un  nombre  d'heures  de  7,266 
pour  une  somme  de  fr.  196,42,  ou  environ  fr.  0,027  par  heure  et  par  bec.  La  diminution  en  janvier 
provient  de  quelques  améliorations  apportées  dans  l'ensemble  des  appareils.  Le  pouvoir  éclairant  donne 
par  fr.  0,027  par  heure  n'a  pas  été  déterminé,  on  peut  seulement  affirmer  que  la  lumière  est  très-belle. 

Valentin-Cocq,  le  2  mars  1868, 

Signè:  A.  Raoult. 


E  NOTIZIE  VARIE  579 

«  Allorché  i  becchi  funzionano  regolarmente,  nessun  pericolo  d'esplosione,  il  miscuglio  è  ricco. 

«  Mano  mano  che  il  miscuglio  s' impoverisce  di  nafta  -  nel  caso  d' una    irregolare   alimenta- 

«  zione  dell'apparecchio,  —  si  avvicinerebbe  a  diventar  esplosibile  ;  ma  prima  di  questo  momento, 

«  i  becchi  si  spegnerebbero  e  sarebbe  impossibile  di  accenderli  nuovamente. 

«  Così,  non  ebbe  luogo  giammai  nessuna  esplosione  con  questi  apparecchi  e  non  deve  nem- 
«  meno  aver  luogo.  La  sola  precauzione  a  prendersi  è  di  versare  e  manipolare  la  nafta  lontano 
«  dalla  fiamma  ,  come  per  le  lampade  a  petrolio ,  allo  scopo  di  non  infiammare  direttamente 
«  il  liquido. 

«  Tutte  le  previsioni  permettono  di  credere  che  la  produzione  della  nafta  sarà  sempre  abbon- 
«  dantissima  e  potrà  bastare  a  tutti  i  bisogni  della  consumazione,  senza  che  i  prezzi  possano 
«  crescere  di  molto. 

«  La  sola  raffineria  di  petrolio  dei  sigg.  H.  Muller  e  Comp.  a  Jemeppe,  ha  prodotto  20,000  chilog. 
«  di  nafta  per  mese,  ossia  l'alimentazione  di  100,000  becchi  per  sei  ore.  In  America  si  ab- 
«  brucia  la  nafta  sotto  le  caldaie,  vale  a  dire  che  la  è  di  molto  deprezzata;  cosi  che  appena 
«  l'illuminazione  a  nafta  fu  conosciuta,  vennero  spedite  in  Europa  parecchie  navi  cariche 
«  di  nafta. 

«  Risulta  dunque  da  questi  fatti  che  questo  nuovo  sistema  d'illuminazione  è  semplice,  econo- 
«  mico,  vantaggioso  da  lutti  i  lati  per  piccoli  impianti;  che  è  pratico  giacché  non  offre  alcun  pe- 
«  ncolo,  e  che  la  materia  che  ne  è  la  base  può  essere  ottenuta  in  quantità  assai  considerevole  e 
«  a  prezzi  convenientissimi,  per  soddisfare  alle  esigenze  di  una  grande  consumazione. 

«  Diggià  le  compagnie  delle  strade  ferrate  si  sono  occupate  di  questo  nuovo  sistema,  e  dopo 
«  poco  tempo  la  stazione  di  Villiers-le-Bel-Gonesse  (strada  ferrata  del  Nord)  è  illuminata  col 
«  gaz  di  nafta,  in  modo  soddisfacente.  La  compagnia  della  ferrovia  dell'Est  impiega  questo  si- 
«  stema  per  la  completa  illuminazione  della  stazione  di   Gretz-Armainvillers. 

«Noi  non  dubitiamo  che,  presto,  l'illuminazione  a  gaz  di  nafta,  diverrà  generale  per  le  sta- 
te zioni  delle  strade  ferrate  che  non  ponno  servirsi  del  gaz  corrente. 


ASSOCIAZIONE   GEODESICA   NAZIONALE 


Milano,  16  agosto  1868. 

Processo  verbale  della  seduta  dell'assemblea  generale  dei  sodi,  stata  convocata  per  oggi,  con 
invito  del  13  agosto  1868. 

Ordine   del   giorno. 

i.°  Elezioni   (§  7.°  dello  Statuto). 

2.°  Provvidenze  urgenti  relative  alla  prima  missione. 

5.°  Proposta  relativa  all'occorrente  fornitura  di  strumenti, 

La  seduta  è  aperta  alle  due  pomeridiane,  presiedendola  il  professore  Porro. 
Sono  presenti  i  signori  : 

1.°  C.  P.  M.  I.  Porro  7.°  Ing.  U.  Borzino 

2.°  Avv.  C.  A.  Orti  8.°  Ing.  Cesabianchi 

5.°  Tip.  Edit.  B.  Saldimi  9.°  Ing.  Cagliami 

li.0    FlLADELFO    FlCHERA  10.°   Ing.    A.    REGGIANI 

b\°  Ing.  Stigler  11.0  Ing.  L.  Tatti 

6.°  Ing.  Cotta  12.°  Cav.  F.  Heyland. 

Il  professore  Porro  partecipa  all'assemblea  che,  dopo  partito  l'avviso  di  convocazione,  è  giunto 
un  dispaccio  ministeriale,  al  quale  è  urgente  rispondere;  consultata  l'assemblea,  si  decide  di  sen- 
tire subito  questo  incidente. 

La  parola  è  data  all'avvocato  Curti,  il  quale,  in  ordine  alla  pratica  statagli  affidata  dall'  asso- 
ciazione, tendente  ad  autorizzare  con  R.  Decreto  l'esistenza  dell'associazione  come  corpo  morale, 
ed  approvare  lo  Statuto,  riferisce  : 

1.°  Che  l'opinione  del  Ministero  a  questo  riguardo  è  che  l'approvazione  ed  il  R.  Decreto 
non  sono  punto  necessarii  colle  vigenti  leggi  di  libertà. 

2.°  Che  il  Ministero  di  Agricoltura  e  Commercio,  a  cui  egli  si  era  dapprima  indirizzalo  , 
dichiarasi  incompetente,  trattandosi  di  cosa  puramente  scientifica, 

5.°  Che  essendosi  allora  rivolto  al  Ministero  dell'  Istruzione  pubblica,  ne  ha  ottenuto  in  ri- 
sposta il  dispaccio  che  presenta,  in  cui  il  detto  Ministero  si  dichiara  a  sua  volta  incompetente, 
a  cagione  del  §  9.°  dello  Statuto ,  dal  quale  egli  desumerebbe  l' idea  di  profitti  che  dovrebbero 
giovare  ai  soci,  quindi  di  una  operazione  commerciale,  il  che  non  è. 

Si  mette  in  discussione  se  si  debba  persistere  nella  domanda. 

Parlano  successivamente  sull'argomento  i  signori  Porro,  Cagliarli,  Curti,  Cesabianchi,  i  quali 
riconoscono  in  genere  l'inutilità  del  decreto;  ma  lo  stimano  tuttavia  conveniente  per  l'effetto 
morale  che  può  produrre  in  un  paese,  come  il  nostro,  non  fatto  ancora  all'uso  della  libertà,  e 
poi   per  le  relazioni  in  cui  la  società  desidera  di  entrare  colle  associazioni  similari  dell'estero. 

Si  conclude  decidendo  di  persistere  nella  domanda. 

Porro  legge  allora  un  progetto  di  risposta  al  dispaccio  ministeriale,  e  Curti  è  incaricato  di 
elargii  forma  e  di  continuare  la  pratica. 


ASSOCIAZIONE  GEODESTCA  NAZIONALE  581 

Si  riprende  quindi  l'ordine  del  giorno  della  seduta. 
Porro  legge  il  suo  rapporto,  dal  quale  risulta  di  notevole: 
1.°  Che  l'associazione  attuale  è  una  trasformazione  della  società  topografica  editrice  dap- 
prima esistente,  la  quale  costituendosi  con  atto  notarile  del  1.°  luglio  p.  p.  sotto  la  forma  di 
associazione  geodesica  nazionale,  ha  necessariamente  accettati  ed  implicitamente  sanzionali  i 
fatti  anteriori,  che  erano  del  resto  suoi  proprii;  il  principale  dei  quali  era  la  creazione  della 
prima  missione  inaugurata  e  diretta  dal  prof.  Porro; 

2.°  Che  pel  rilievo  delle  città,  i  lavori  della  prima  missione  sono  inoltrati;  e  per  la  misura 
generale  italica,  si  hanno  pratiche  iniziate  ed  una  parte  del  lavoro  trigonometrico  fatto. 

Questo  rapporto  informativo  dello  stato  delle  cose  della  società,  è  parso  a  tutti  soddisfacente, 
e  non  ha  dato  luogo  a  nessuna  osservazione  in  contrario. 
Si  passa  all'articolo  1.°  dell'ordine  del  giorno:  sulle  elezioni  (§  7.°  dello  Statuto). 
Il  professor  Porro  legge  quel  paragrafo  il  quale  porta  la  nomina  di  un  comitato  di  cinque 
membri:  tre  soci  di  seggio  e  due  di  opera.  Informa  non  aversi  ora  che  due  soci  di  opera, 
Olivieri  e  Villani,  dei  quali  il  primo  è  assente  per  motivo  di  salute,  il  secondo  per  la  urgenza 
del  lavoro;  che  inoltre  Olivieri  ha  finora  disimpegnato  da  sé  solo  le  funzioni  del  comitato. 

Atteso  il  piccol  numero  di  membri,  di  che  l'associazione  sin  d'ora  si  compone,  Porro  propone 
di  eleggere  due  soci  di  seggio  ed  uno  di  opera,  rimandando  le  altre  due  elezioni  ad  altra  seduta. 
La  parola  è  data  quindi  all'ingegnere   Cotta,  il  quale  propone  invece  la  sospensione  totale, 
estensibile  secondo  le  circostanze  anche  fino  a  tre  mesi. 
Si  mette  ai  voti  la  proposta  Cotta,  e  viene  approvata. 

Si  passa  quindi  alla  discussione  del  secondo  punto  :  provvidenze  relative  alla  prima  missione. 

Il  professore  Porro  spiega  come  la  più  essenziale  di  tutte  le  provvidenze  sia  la  nomina  di  un 

con-direttore  legale,  per  coadiuvare  il  direttore  tecnico  nelle  pratiche  speciali  relative  al  gran 

libro  fondiario  ed  alle  esistenti  quattro  leggi  di  guarentigia  sulla  fede  pubblica,  che  si  propone 

di  riformare  in  diverso  modo. 

Dopo  varie  spiegazioni  da  alcuni  domandate  e  date  dal  prof.  Porro,  ha  la  parola  l'avv.  Curti, 
il  quale  oppone  la  questione  pregiudiziale.  Egli  spiega,  e  come  membro  e  come  consulente  legale 
dell  associazione,  essere  il  prescritto  del  §  7."  applicabile,  quando  si  tratta  di  creare  una  nuova 
missione;  ma  non  al  caso  attuale,  dove  si  tratta  di  una  missione  preesistente,  che  è  stata  ac- 
cetto non  solo,  ma  è  stata  la  base  fondamentale  su  cui  si  è  formata  l'associazione;  egli  osserva 
inoltre  che  1  associazione  geodesica,  come  corpo  unicamente  scientifico,  non  ha  sopra  una  mis- 
sione qualunque,  una  volta  creata,  che  un'influenza  scientificamente  direttiva;  ma  non  potrebbe 
ingerirsi  negli  interessi  della  missione;  quindi  neppure  nelle  nomine  e  nelle  revoche  del  personale 
degl  interessati.  Essa  ha  invece  il  diritto,  e  se  interpellata  l'obbligo,  di  dare  il  suo  avviso  sulte 
questioni  scientifiche  contingibili. 

L'avvocato  Curti   conclude  che  nel  caso  attuale  rimane  nella  facoltà,  anzi  nelle  attribuzioni, 
del  direttore  speciale  della  missione,  il  professore  Porro,  di  provvedere  all'emergente 
La  qual  cosa  non  essendo  stata  ulteriormente  contestata,  si  è  ritenuta  per  ammessa  all'unanimità. 
Si  passa  quindi  al  terzo  punto  dell'ordine  del  giorno,  riguardante  una  preliminare  provvista 
di  strumenti,  per  essere  messa  a  disposizione  dei  soci  di  opera  presenti  ed  avvenire. 

Porro  fa  osservare  che  finora  non  v' è  in  Italia  che  la  Filotecnica  per  provvedere,  la  quale 
non  e  nei  caso  d,  fornire  il  necessario  numero  di  strumenti,  se  non  in  un  tempo  assai  lungo; 
e  che  non  si  può,  per  i  motivi  detti  nel  rapporto,  ricorrere  all'estero 
Che  quindi  sarebbe  vantaggioso  il  potere  ordinare  subito  una  ventina  di  Cleps  per  averli  pronti 

nLPriVera  P  CaTg,na  i869'  DÌCe  ChG  Ìn  qUest°  inlent0  il  si§nor  SaI^   crebbe  un 

pir'T1^;  6gr         ^      ^  Par°la  al  SÌgn°r  SaMÌnÌ'  fl  «Uale  Pre^  «  ^'  ^rti, 
cfte  ne  e  pure  informato,  di  spiegarlo  in  sua  vece.  •■■:■.*■? 

JrZlT0  Cmìl-  SV°lge  k  Pr°P0Sta  ^  SÌgn°r  SaMÌnÌ'  Che  C0nsiste  in  ce^e  la  somma  oc- 
ar  o  imPhlIt,  S,T1Z1°ne  Pmata'  P°Srbi,mente  fra  i  **  senza  ricorrere  al  credito  ban^ 
ario    rimborsabile,  detta  somma,  per  privilegio  sulle  prime  entrate  corrispondenti.  Dice  esservi 

in  proposito  delle  pratiche  iniziate. 


582  ASSOCIAZIONE  GEODESICA  NAZIONALE 

Parlano  in  proposito  diversi,  in  senso  approvativo,  e  si  conclude  lodando  il  signor  Saldini 
pel  suo  divisamento,  ed  invitandolo  a  proseguire  le  incominciate  pratiche  a  questo  riguardo. 

Essendo  con  ciò  esausto  l' ordine  del  giorno,  e  nessuno  domandando  più  la  parola,  si  è  levata 
la  seduta  alle  ore  k. 

Il  Segretario 

FlCHERA   FlLADELFO. 

Visto.  C.  P.  M.  I.  Porro 


Processo  verbale  della  seconda  seduta,  28  agosto  1868. 

Ordine  del  giorno 

Irrigazione  dell'Alta  Lombardia. 

La  seduta  è  aperta  alle  ore  %  presenti  i  signori  : 

i.°  Prof.  M.  I.  Porro  4.°  Ing.  Stigler 

2.°  Ing.  Cagliam  8.°  Bartolomeo  Saldini 

3.°  Ing.  Cotta  6.°  Filadelfo  Fichera. 

Presiede  il  prof.  Porro,  che  prende  la  parola  accennando  ad  alcune  circostanze  in  che  versa 
l'impresa  di  irrigazione  che  è  all'ordine  del  giorno. 

Egli  presenta  i  due  ultimi  opuscoli  del  sig.  Zuccoli,  l'ultimo  dei  quali  tende  a  provare  l'as- 
soluta impossibilità  dell'  impresa,  e  legge  i  tredici  motivi  che  ne  dà  1'  autore. 

11  prof.  Porro  esprime  la  sua  opinione  che  la  maggior  parte  di  essi  non  sono  di  competenza 
della  nostra  associazione,  ma  che 

L'ing.  Cotta  subitamente  la  contesta,  segnatamente  per  l'articolo  3.°,  che  tende  a  spendere  ad 
altro  uso  le  altezze  ed  alterare  le  pendenze. 

Diversi  parlano  dell'utilità  dell'irrigazione,  contestata  dal  sig.  Zuccoli  per  alcune  colture. 

I  sigg.  Cotta,  Stigler  e  Cagliani  sostengono  il  contrario.  Il  sig.  Stigler  parla  della  irrigazione 
coi  mezzi  meccanici,  e  di  tale  irrigazione  cita  esempio  in  cui  l'acqua  è  pagata  dai  coloni,  al 
prezzo  corrente  delle  vicine  località,  per  le  acque  canalizzate;  prezzo  che  lascia  ai  coloni  un 
beneficio  e  permette  di  sostenere  tutte  le  spese  della  irrigazione  meccanica. 

II  prof.  Porro  legge  quindi  la  sua  nota  terza  sull'irrigazione  dell'Alta  Lombardia,  mettendo 
sotto  gli  occhi  dell'adunanza  la  carta  unita  alla  nota  l.a 

Trascriviamo  la  nota; 

StJLLA   IRRIGAZIONE   BELL'ALTA   LOMBARDIA. 
NOTA  3.a  del  professore  Magg.  PORRO. 


Cinque  erano  Un  tempo  gli  ingegneri  intenti  ad  immaginar  progetti  per  la  irrigazione  dell'Alta 
Lombardia  ;  ora  non  rimane  che  un  solo*  per  cagione  dell'  avvenuta  immatura  concessione  a  di 
lui  favore; 

Con  una  prima  nota   ho  dimostrato  allora  che  di  veri  progetti  non  ve  n'  era   in  quei  cinque 
alcuno,  perchè  nessuno  aveva  fatto  precedere  quei  lavori  eidypsometrici  *  senza  dei  quali  non 
possibile  compilare  urt  vero  progetto  *  ed   ho  dimostrato   quanto  sia  pericoloso  lo  improvvisar 
per  sola  divinazione  intuitiva  una  linea*  come  per  pubblico  danno  pur  troppo  si  suole  fare  ancor 
dal  più  degli  ingegneri*  ed  accettare*  deplorabile  retrivismo*  siccome  bastante  dalle  alte  ammini 
strazioni* 


ASSOCIAZIONE   GEODESICA  NAZIONALE  583 

Ho  dimostrato  : 
1.°  Che  infino  ad  allora    (settembre  1867)  .  per  nessuno  dei  progetti  stati  presentati   per  la 
irrigazione  dell'Alta  Lombardia,  si  aveva  la  prova  che  quella  fosse  la  soluzione  vera,  né  geome- 
trica, né  attinica,  né  economica,  del  problema. 

2.o  Che  la  soluzione  vera  non  si  può  ottenere  senza  prima  aver  sott'occhio  la  eidypsografia 
generale  del  campo  intiero  della  operazione. 

3.°  Che  senza  avere  le  eidypsometrie  sott'occhio,  le  commissioni,  i  capitalisti,  i  banchieri 
il  pubblico,  non  hanno  un  dato  certo  per  giudicare. 

Quindi  non  esistevano  gli  estremi  necessarii  per  domandare,  e  peggio  per  accordare  una  con- 
cessione, ne  per  altrimenti  ottenerla  che  condizionata  al  preventivo  obbligo  di  passare  per 
quella  via.  or  ? 

La  concessione  fu  data  incondizionata,  resta  dunque  che  i  comuni,  i  proprietari,  si  premuni- 
scono essi,  giacché  il  governo  e  la  provincia  non  l'hanno  fatto. 

Dall' essersi  dopo  la  concessione  forzatamente  ©eclissati  i  quattro  altri  progettisti,  la  situazione 
materiale  della  questione  non  è  punto  mutata.  Si  è  aggiunta,  è  vero,  di  poi  qualche  livellazione 
a  quell'imperfettissimo  abbozzo  d'idea,  che  sotto  il  nome  di  progetto  si  osò  presentare  e  con 
che  si  riuscì  (non  mi  spetta  il  ricercar  come)  ad  ottenere  una  concessione  totalmente  ingiusti- 
ficata, ma  il  rilievo  eidypsometrico  non  è  stato  fatto,  e  senza  esso  qualunque  linea  segnata  pel 
canale  principale,  qualunque  sistema  di  linee  pei  canali  secondarii,  non  possono  essere  che  in- 
venzioni divinatorie,  aventi  lo  scopo  di  allcttai-e,  e  per  risultato  finale  di  ingannare 
i  capitalisti.  -  Inganna  infatti  il  governo,  i  comuni,  il  pubblico,  i  capitalisti,  e  sé  stesso,  quel- 
1  ingegnere  che,  presentando  in  buona  fede  (la  mala  fede  non  si  presume  tra  persone  che  si  ri- 
spettano) un  lavoro  simile  a  quello  di  cui  ragioniamo,  crede  sul  serio  di  presentare  un  progetto 
quale  in  arte  oggidì  il  si  vuole. 

Per  fortuna  la  fiducia  de'  capitalisti  «  illuminati  si  va  accostumando  a  prendere  le  sue  basi 
«  nei  fatti  e  nei  calcoli  positivi,  non  più  nelle  asserzioni  di  tale  e  tal' altro  ingegnere,  sia 
«  egli  pur  quanto  si  voglia  rinomato  ed  illustre  ». 

E  che  così  vadan  le  cose  anche  fra  noi,  ne  stanno  a  prova  le  due  memorie  che  in  argomento 
di  quella  irrigazione  son  venute  recentemente  in  luce,  dettate  dall'onorevole  Antonio  Zuccoli  di- 
stinto agronomo,  ricco  proprietario,  e  Sindaco  del  comune  di  Pinzano,  uno  dei  Comuni  irrigabili 
e  la  generale  inquietudine  dalla  quale  sono  agitati  la  maggior  parte  dei  comuni,  e  lo  affacen-' 
darsi  dei  loro  Sindaci  a  coglier  lumi  prima  di  firmare  le  obbligazioni  che  loro  si  domandano 
dai  concessionarii. 

Gli  scritti  del  sig.  Zuccoli,  l'ultimo  in  particolare,  saranno  di  salutare  effetto  al  paese,  ani- 
mando i  meno  all'erta  ad  entrare  in  razionale  lizza  contro  i  concessionarii  pei  proprii  interessi 
Mi  permetta  però  l'onorevole  dimostratore  dell'impossibile,  di  non  essere  intieramente  del  suo* 
•avviso;   mi  permetta  di  rianimare  alquanto  lo  spirito  degli  interessati,  che  egli   ha  senza  pietà 
depresso,  spuntalo,  avvilito  colla  sua,  che  a  prima  giunta  pare  stringentissima,  dimostrazione  del- 
l'impossibile. E  duopo  ricordare  che  nel  secolo  del  vapore,  della  fotografìa,  del  telegrafo  elettrico, 
«  tout  ce  qui  est  possible  est  fait,  Vimpossible  se  fera  ». 
Ma  venendo  a  più  sode  e  fredde  parole,    lasciando  sempre  in  disparte  ogni  quistione  di  per- 
sone, io  mi  restringerò  a  rappresentare  a  tutti  gli  interessati,  e  segnatamente  alle  amministrazioni 
comunali,  le  seguenti  cose,  che  credo,  se  non  assolutamente  certe,  infinitamente  probabili. 

1.°  Dato  che  siano  veramente  erogabili  dai  due  laghi  le  quantità  d'acqua  calcolate,  o  quan- 
ita  anche  minori,  è  possibile  condurle  ad  irrigare  le  più  o  meno  aduste  regioni  dell'altipiano 
lombardo.  ^ 

2.o  Che  il  vantaggio  ricavabile  da  una  ben  regolata,  anche  parca,  irrigazione,  è  ben  positivo 
panche  per  quelle  località  dell'  alta  Lombardia  che  il  sig.  Zuccoli  paragona  ad  altrettanti  giar- 
jdini  (1),  che  quel  vantaggio  sapientemente  messo  a  profitto  non   può   menomamente   convertirsi 

(1)  Giova  aver  sempre  presente  che  r  ettarea  media  lombarda   produce   appena   la  metà   dell'  ettarea 
media  belgica.   Molto  dunque  ci  resta  da  fare. 

Gìorn.  big.  —  Voi  XVI.  —  Settembre  1868.  38 


584  ASSOCIAZIONE  GEODESICA  NAZIONALE 

in  danno  per  nessuna  coltura,  o  che  quel  fondi  tus  evertere  che  l'autore  preconizza  necessario 
onde  adattare  i  terreni  a  ricever  la  irrigazione,  è  ben  lungi  dall'essere  necessario:  le  spese  di 
adattamento  del  suolo  saranno  invece  ben  poca  cosa  ove  i  cavi  minori  e  le  rigole  siano  segnate 
coi  nuovi  da  noi  sostenuti  principii. 

5.°  Che  la  spesa  da  erogarsi  (non  importa  saper  per  ora  da  chi  né  in  qual  modo  o  tempo) 
per  la  completa  esecuzione  dell'opera  non  ammonterà,  molto  probabilmente,  a  tanti  milioni 
quanti  sono,  senza  base  certa,  preconizzati  dai  Concessionarii,  e  peggio  poi  dalla  Commissione; 
che  perciò  il  costo  del  modulo  d'  acqua  in  qual  si  sia  sistema  distribuito  agli  acquirenti  non 
verrà,  ogni  cosa  calcolata,  così  alto  come  lo  si  vorrebbe  atlualmente,  e  qui  ancora  senza  base 
certa,  fissare,  e  non  potrà  non  essere  in  un  rapporto  vantaggioso  col  beneficio. 

4.°  Che  per  conseguenza,  ai  capitali  comunque  procurati  per  la  realizzazione  della  impresa, 
non  può  mancare  il  congruo  interesse. 

Ma  per  accertare  infallibilmente  queste  induzioni  che  diamo  per  molto  probabili,  ci  vuol  ben 
altro  che  la  fama  d'un  ingegnere,  il  colpo  d'occhio  d'un  altro  (l);  né  gli  interessati  avrebbero 
al  presente  veruna  attendibile  cautela  di  non  correre  a  rovina  firmando  gli  obblighi  che  è  pro- 
posto oggi  loro  di  firmare. 

Il  fallimento  del  Canale  Cavour  non  ebbe  a  sola  causa  la  malversazione,  come  pretendono  i 
maligni,  o  la  cattiva  amministrazione,  come  credono  i  più  moderati  tra  quelli  che  erigono  sé 
stessi  a  giudici  ;  la  causa  grande,  la  causa  vera,  la  causa  incontestabile,  era  ingenita  col  progetto, 
e  non  fu  altro  che  V  inconcepibile  metodo  di  studio,  così  dal  lato  idraulico  come  dal  lato 
topografico,  da  cui  conseguirono  le  errate  basi  finanziarie  che  ora  tutti  sanno,  e  segnatamente  lo 
erratissimo  tracciamento  del  Canale  per  insufficienza  assoluta  di  studi  geodesici,  come  saviissi- 
mamente lo  rimproverava  agli  ingegneri  per  tutti  i  lavori  pubblici  della  nostra  epoca,  il  ministro, 
nella  sua  circolare  del  h-  luglio  p.  p. 

Non  diversi  punto  sono  gli  studi  stati  fatti  fin  qui  dai  concessionari  per  la  irrigazione  dell'alta 
Lombardia,  essi  sono  deplorabilmente  insufficienti,  essi  non  meritano  il  nome  di  studi,  essi  non 
bastano  che  ad  una  sol  cosa ,  vale  a  dire  a  far  condannare  V  impresa ,  come  la  condanna  il 
signor  Zuccoli. 

Prima  di  aver  fatto  eidypsometricamente  il  vero  e  solo  e  razionale  studio  completo  del  terreno 
sul  quale  si  deve  estendere  lo  intero  sistema  di  canalizzazione  dalla  presa  nei  laghi  fino  all'  ul- 
tima rigola,  ed  al  più  lontano  ed  esiguo  scolo,  prima  di  conoscere  una  per  una  la  vera  figura 
eidypsometrica  di  tutte  le  parcelle  di  proprietà  dei  comuni  che  ne  possono  godere,  non  è  pos- 
sibile di  segnare  una  linea  né  pel  canale  principale,  né  pei  canali  secondarii,  e  dimostrare  che 
quella  è  la  buona,  la  vera,  la  migliore  d'ogni  altra  che  si  possa  immaginare;  dico  di  più,  che 
non  è  possibile  dimostrare  che  sia  la  buona,  né  di  sostenere  che  sia  cattiva  :  la  critica  e  la  lode 
mancano  di  base  ugualmente,  e  sarebbero  egualmente  premature,  irragionevoli. 

Non  è  poi  possibile  di  dire  neanche  approssimativamente  il  costo  né  del  canale  principale,  né 
della  non  men  costosa  canalizzazione  secondaria  e  di  terzo  ordine,  né  è  possibile  quindi  ai  pos- 
sidenti il  giudicare  del  costo  di  quella  parte  di  quest'ultimo  che  si  vorrebbe  loro  accollare. 

Aggiungo,  concludendo,  per  mio  avviso  ai  Comuni  ed  ai  proprietari  che  : 

i.°  Non  è  assolutamente  venuto  ancora  il  momento  di  deliberare  circa  gl'impegni  da  prendersi. 

2.°  È  sacro  dovere  di  ogni  comunale  amministrazione  verso  i  suoi  amministrati  di  imporre 

ai  concessionarii  quelle  condizioni  che,  se  il  Governo  le  ha  ommesse,  si  può  credere  che  lo  ha 

fatto  per  quello  spirito  di  decentralizzazione  che  è  ora  dominante,  e    che,  omettendole,  ne  ha 

tacitamente  deferta  la  competenza  alle  amministrazioni  comunali. 

Queste  condizioni  si  possono  ridurre  ad  una  sola,  ed  è  che  prima  di  parlare  di  linee  né  prin- 
cipali né  secondarie ,  prima  di  parlare  di  consorzii,  prima  di  proporre  dei  patti,  si  presenti  la 
eidypsografìa  completa  del  paese  da  irrigarsi ,  corredata  dai  dati  geologici  e  geoponici  più 
dettagliati. 

(1)  Dopo  gli  errori  capitati  agli  Stephenson,  ai  Brauel,  ai  Clark,  a  tanti  altri,  la  celebrità  non  è  più 
guarentigia, 


ASSOCIAZIONE   GEODES1CA  NAZIONALE  585 

Quando  i  concessionari!  avranno  soddisfatto  a  questa  prima  condizione,  allora  si  potrà  loro 
permettere  di  parlare  di  linee,  allora,  ma  allora  solamente,  essi  saranno  in  misura  di  redigere 
un  razionale  progetto  ;  allora  essi  potranno  dire  quanto  ne  costerà  V  eseguimento ,  e  ciò  in  ter- 
mini ed  in  cifre  positive  che  non  lasceranno  addietro  veruna  incognita;  allora,  ma  allora  so- 
lamente, i  comuni,  i  proprietarii,  l'intiero  pubblico,  potranno  veder  chiaro,  il  governo  sancire  con 
conoscenza  di  causa  la  troppo  leggermente  accordata  concessione,  la  amministrazione  provin- 
ciale accordare  i  promessi  milioni. 

È  dubbioso  poi  se  in  diritto  costituzionale  potesse  veramente  la  provinciale  amministrazione 
promettere  così  arbitrariamente,  come  il  fece,  i  noti  cinque  milioni ,  ma  non  è  dubbioso  punto 
che  le  amministrazioni  provinciali  e  comunali  potrebbero  invece  con  molto  mglior  ragione  ed 
opportunità  quotizzarsi  per  fare  le  spese  dello  studio  eidypsometrico  (1),  il  quale  solo  può  dare 
a  tutti  gl'interessati  sicurezza  completa  di  giudizio  circa  l'esito  dell' impresa,  che  concedere  quasi 
aleatoriamente  il  tardivo  premio  di  cinque  milioni  per  un'impresa  eh' è  tutt' ora  nelle  tenebre  ed 
alla  quale  si  può  prevedere,  se  mai  per  pubblica  calamità  la  si  eseguisse  sulle  attuali  basi  la 
fine  del  canale  Cavour,  vale  a  dire  uno  spostamento  di  valori  che  forse  arricchirebbe  qualcuno 
con  una  vera  e  disastrosa  diminuzione  della  ricchezza  del  Paese. 

P.  M.  I.  Porro. 

L'ing.  Cotta  oppone  che,  secondo  lui,  la  linea  del  canale  principale  deve  prima  essere  segnata 
sul  terreno,  come  può  dettarla  per  intuizione  l'ing.  autore;  bastando,  sempre  secondo  lui  di 
studiarla  solamente  coi  metodi  d'uso.  Dice  che  i  regolamenti  accordano  per  le  concessioni  il 
diritto  di  variare  la  così  dettata  linea  dentro  una  zona  di  1000m  larga;  il  che,  secondo  lui  basta 

Il  prof.  Porro  risponde  che  i  regolamenti  sono  cosa  d'ordine  amministrativo,  i  quali  non'hanno 
senso  ne  effetto  alcuno  quando  si  tratta  di  ricercare  la  buona  linea  ;  dice  poi  esser  quello  pre- 
conizzato dell' mg.  Cotta  il  metodo  antico  al  quale  era  forza  attenersi,  quando  per  rilevare  la 
eidypsografia  del  paese  non  si  avevano  che  i  mezzi  lentissimi  e  costosissimi  dell'antica  geodesia  • 
dice  che  presso  tutti  gli  ingegneri  militari  da  Carnot  infino  a  noi,  il  metodo  eidypsografico  è  in 
pieno  vigore  con  grandissimi  vantaggi,  perchè  costoro,  disponendo  sempre  di  molta  gente  che  è 
pagata  anche  quando  non  lavora,  possono  contar  per  nulla  la  spesa,  mentre  invece  pei  lavori 
civili  si  deve  contare  con  essa,  e  sarebbe  grande  assai  coli' antica  geodesia. 

Osserva  che  dopo  l'introduzione  formale  (1824)  della  geodesia  nuova  nell'arte  dell'ingegnere 
moltissimi  importanti  progetti  di  difficilissima  località,   sono   stati  fatti  con   pieno  successo  se- 
guendo il  metodo  eidypsometrico  preventivo,  così  in  Italia  come  in  Francia,  Spagna,  Portogallo 
Germania,  Svezia,  Russia,  Brasile  ecc.;  impiegandovi  il  quarto  della  spesa  e  del  tempo  che  sareb- 
bero stati  necessari!  per  averli  imperfettissimi,  col  metodo  antico  di  studio  sostenuto  dall' ing  Cotta 

Indica  fra  gli  altri  quello  del  piccolo  S.  Bernando,  di  cui  esibisce  la  carta  (2),  e  sostiene  che 
col  metodo  antico  per  sua  natura  quasi  divinatorio,  non  può  l'ingegnere  dimostrare  né  ad  altri 
ne  a  se  stesso,  che  la  progettata  linea  sia  la  migliore  possibile;  si  ragiona  quindi  sempre  sul- 
1  incerto,  sul  contestabile;   non   si  sa  mai  preciso  a  priori  quanto   si  spende,  né  che  successo 

si    avrà  * 


si  avrà 


Osserva  poi  che  nel  caso  di  un  canale  di  irrigazione,  un  progetto  per  quanto  preventivo  si 
voglia  non  e  compito,  non  è  maturo  per  nulla  se  non  comprende  tutte  quante  le  diramazioni 
d.  tutti  gli  ordini,  fino  all'ultimo  scolo;  che  un  ingegnere  autore  di  un  progetto  altrettanto 
importante,   come  quello  di  cui  si  tratta  deve  tenere  a  coscienza  ed  onore  il  non  lasciar  nulla 

J1LV  Tr^T  9e°deSÌC"  n"'J°mle  ittdiri-'^d  1»«»t«  Prima  una  circolare  a  lutti  i  Sindaci  del 
Z  twT  t  m°T  TSUr"  gmrle  parcMaria  Mypsometriea  di  tutta  la  penisola,  da  sostituirsi 
agli  mperfetu  nostri  calasi,,  capace  di  offerire  ai  proprietari  tutti  que 'vantaggi  civili  che  ricavavano 
imo  dm  sapientissimi  libri  censuart  gli  antichi  romani  prima  di  Giustiniano 

ilduVtce°TnTentòe  '  ^^  MemS'"Ì  "edr<"ln0  u  loro  ">rnerd  «  ™>°  ?  ottenere  con  una  sola  spesa 
(2)  Non  fu  esaminata  per  mancanza  di  tempo. 


586  ASSOCIAZIONE   GEODESIGA  NAZIONALE 

d'incognito,  il  parlar  chiaro  agli  occhi  di  tutti  gli  interessati;  che  il  solo  metodo  eidypsome- 

trico  è  quello  che  può  soddisfare  a  tutte  le  condizioni. 

L'ing.  Cotta  insiste  dicendo  che  si  deve  almeno  segnar  prima  dei  limiti  a  fine  di  non  esten- 
dere inutilmente  le  operazioni  ;  ma  concede  esser  necessaria  la  eidypsometria  di  tutte  le  parcelle 
da  irrigarsi. 

11  prof.  Porro  accetta  questa  ultima  condizione  con  tutte  le  conseguenze  che  ne  emergono,  e 
fa  vedere  sulla  carta  annessa  alla  sua  nota  l.a,  che  i  limiti  sono  segnati  dalla  curva  orizzontale 
272  metri  delle  Alpi,  che  èl'altide  del  lago  di  Lugano  e  dai  navigli  inferiori  attuali,  e  nell'altro 
senso  dal  Ticino  e  dall'  Oglio. 

11  prof.  Porro  propone  per  fine  di  deliberare  sul  da  farsi  e  legge  il  seguente  schema  di  deli- 
berazione : 

«  L'assemblea,  convinta  della  insufficienza  delle  basi  su  cui  è  stata  accordata  la  concessione,  non 
«  che  della  insufficienza  degli  studii  fin  qui  fatti  per  dare  un'  idea  esatta  dello  ammontare  e  delle 
«  vere  condizioni  economiche  dell'impresa,  approva  pienamente  la  memoria  letta  dal  prof.  Porro, 
«  e  manda  la  medesima  a  pubblicarsi  nel  giornale  organo  dell'associazione. 

«  Delibera  di  offerire  ai  comuni  ed  ai  proprietarii  interessati  l'assistenza  dell'associazione  geo- 
«  desica  nazionale ,  e  di  comunicare  per  esemplari  a  stampa  queste  deliberazioni  e  la  memoria 
«  Porro,  ai  ministeri  dell'interno,  dei  lavori  pubblici,  dell'agricoltura  e  commercio  ;  al  consiglio 
«  provinciale  di  Milano  ;  ed  ai  trecento  municipii  interessati. 

«  Incarica  il  prof.  Porro,  ed  il  sig.  Saldini  —  ciascuno  in  ciò  che  gli  spetta  —  di  eseguire  la 
n  presente  deliberazione  ». 

L' ing.  Cotta  si  oppone  alla  parola  pienamente. 

11  prof.  Porro  consentirebbe  alla  soppressione;  ma  messa  ai  voti   la  deliberazione   medesima 
è  adottala  a  pieni  voti,  meno  uno. 
La  seduta  è  levata  a  ore  k  pom. 

Il  Segretario 

FlCHERA    FlLADELFO. 

Visto.  C.  P.  M.  I.  Porro. 


Milano,  Tip.  degli  Ingegneri.  B.  SAIPIW,  Proprietario,  Gerente  responsabile. 


MEMORIE  ORIGINALI 


SUL    PORTOSI IDO 


RISPOSTA 

ALL'  ILLUSTRE    PROFESSOR    PIETRO    PALEOCAPA 

Intorno  alla  lettera  scritta  dal  Commendatore  Cialdi 
Al  Signor  De  Lesseps  (1). 

Illustrìssimo  Signor  Professore 

«  Nos  adversaires  dans  la  discussion  ont  sur  nous  un 
avantage  signalé.  Ils  peuvent  en  quelques  mot  exposer 
une  vérité  incomplète,  et  pour  montrer  qu'  elle  est 
incomplète,  il  nous  faut  de  longues  et  arides  disser- 
tation.  »  Basliat:  Sophismes  économiques. 

Siffatta  è  l'autorità  e  la  fama  del  nome  Suo,  che  siccome  basta  una  sola  Sua 
lode  per  ingrandire  e  far  pregevole  all'universale  un  minimo  lavoro,  così  basta 
un  colpo  solo  della  Sua  censura  per  umiliarne  ed  avvilirne  un  altro,  quantunque 
buono  esso  sia.  Ella  vede  la  difficoltà  nel  secondo  caso  di  difenderlo  e  di  resti- 
tuirgli il  negato  valore.  Non  diversamente  interviene  a  me,  costretto  per  la  se- 
conda volta  a  ripararmi  da' colpi  della  Sua  censura,  cui  per  ciò  non  è  si  grave 
il  peso  di  questa,  quanto  la  fama  e  l'autorità  di  Lei  che  ne  fu  autore.  Dura 
condizione,  dovendo  io  avermi  di  fronte  il  grande  Idraulico  onde  noi  tutti  ita- 
liani andiamo  a  buon  diritto  gloriosi:  nondimeno  non  indugerò  a  prendere  le 
difese  della  verità,  della  scienza  e  del  mio  nome,  sebbene  umile,  forte  bistrattato 
in  tal  congiuntura  :  che  il  dovere  da  me  lo  esige  ad  ogni  modo. 

Le  dirò  pertanto  innanzi  a  tutto  siccome  appresso  una  diligente  lettura  della 
fcua  Lettera  indirizzata  all'illustre  sig.  de  Lesseps  sulla  regolazione  del  Port-SaU 
allo  sbocco  del  canale  dei  due  mari  nel  Mediterraneo,  e  pubblicata  nel  quaderno 
dell  aprile  di  quest'anno  in  questo  Giornale,  si  vede  chiaro  che  altro  si  fu 
lo  scopo  della  lettera  stessa,  altro  quello  della  sua  pubblicazione.  La  lettera 
intatti,  dichiarando  recisamente  non  solo  fallace  la  mia  teorica,  ma  inopportuna, 

J!lSAVedlqUeSt°  Giomate>  anno  *V'  l867>  dalla  Pa&-  $98  alla  613,  e  anno  XVI,  1868,  dalla  233 

1  P°St°  nd  Gi°rnale  alla  Memoria  del  S,'S-  Comra-  Cialdi>  richiamando  quanto  scri- 

vemmo in  proposito  alla  pag.  233.  * 

Giorn.  lng.  —  Voi.  XVI.  —  Ottobre  1868.  39 


588  SUL  PORTOSÀIDO 

dispendiosa  e  dannosa  la  sua  applicazione  a  Portosàido,  vuole  combattere  e  ro- 
vesciare da  cima  a  fondo  colla  sola  autorità  del  nome  Suo  V  altra  mia  al  mede- 
simo sig.  de  Lesseps  sullo  stesso  argomento,  che  scrissi  nel  luglio  1867,  stampai 
in  ottobre  in  questo  stesso  Giornale,  e,  tradotta  in  francese,  pubblicai  di  nuovo 
in  febbraio  di  quest'anno  con  l'aggiunta  di  un  Poscritto.  La  sua  pubblicazione 
poi  tende  a  punirmi  della  persistenza  usata  nel  suggerire  a  Lui  il  mio  trovato 
pel  Portosàido,  e  ad  annientare  cosi  i  dubbi  che  i  nemici  della  grande  impresa 
suscitano  sulla  sua  riuscita  dando  ad  intendere  che  3  quando  nei  lavori  del  canal- 
porto  Sa'td  si  tenga  fermo  il  sistema  sinora  seguito ,  non  si  potrà  aspettarsene  esito 
sicuro  e  permanente,  tanto  più  che  tali  nemici  si  aggiungono  ai  tristi  raggiri  di 
borsa  che  si  adoprano  per  tentar  di  far  mancar  mezzi  alla  Società  a  proseguire 
r  opera  con  energia. 

Vossignoria  vede  di  per  sé  quanto  gravi  e  poco  benevole  al  nome  mio  sieno 
tali  insinuazioni,  e  quanto  dolore  debba  io  patire  nell' avermene  a  difendere. 
Egli  è  perciò  che  prima  di  occuparmi  della  Sua  Lettera,  mi  tengo  a  dovere  pur- 
garmi dalla  taccia  dei  supposti  motivi  che  La  indussero  a  pubblicarla,  siccome 
quelli  che  più  direttamente  gravano  il  mio  buon  nome  e  la  mia  persona. 

Imperocché  se  io  ho  persistito  a  consigliare  l'illustre  Presidente  della  Società, 
sig.  de,  Lesseps,  ad  applicare  il  mio  trovato  al  Portosàido,  tal  persistenza  non 
ebbe  radice  né  in  una  sciocca  vanità  mia,  né  in  tristi  raggiri  di  borsa,  né  da 
odio  che  io  porti  all'Impresa,  siccome  potrebbe  a  Lei  esser  paruto  ;  bensì  nel- 
l'amor grande  che  io  nutro  per  questo  gigantesco  lavoro,  sovranamente  utile  al 
mondo  intiero  e  di  eterno  onore  al  grande  uomo  che  lo  iniziò  e  l'eseguì;  amore 
di  cui  né  Ella,  né  altri  penso  vorrà  fare  monopolio  a  sé  stesso;  nel  lungo  studio 
da  me  durato  sulla  ricerca  di  un  modo  atto  ad  impedire  l'interrimento  dell'en- 
trata dei  portocanali,  e  nella  coscienza  di  averne  trovato  uno  profìcuo;  sicché] 
questi  motivi  erano  bastevoli  di  per  sé  stessi  a  perdonarmi  potendo  dir  io  col 
Poeta: 

Vagliami 'l  lungo  studio  e'I  grande  amore 

siccome  già  avevo  implorato.  Né  Le  nasconderò  che  altra  polente  cagione  a 
persistere  si  fu  il  benevolo  accoglimento  che  si  ebbe  il  mio  trovato  dall'illustre 
Presidente,  che  lo  die  ad  esaminare  al  sig.  Ghevallier,  uno  dei  più  grandi  inge- 
gneri dell'Impresa.  E  anzi  perchè  questi  non  vi  rinvenne  alcun  sostanziale  di- 
fetto, ma  solo  aggravò  nella  sua  Nota  i  due  timori  di  ordine  secondario  già  avvertiti 
dall'altro  chiarissimo  ingegnere  sig.  de  Tessan,  mi  tenni  in  obbligo  di  rispondere. 
Un  giudice  imparziale,  ha  dovuto  vedere  nelle  osservazioni  del  sig.  Ghevallier 
una  conferma  ulteriore  alla  bontà  del  mio  trovato,  e  perciò  approvare  la  mia  in- 
sistenza per  sostenerlo.  Che  se  poi  pubblicai  per  le  stampe  tale  risposta  non  credo 
perciò  meritare  un  rimprovero  ,  imperocché  la  mia  condotta  in  tale  bisogna  si 
fu  sempre  quella  che  addicevasi  ad  onesto  e  discreto  interlocutore.  Avevo  io  già 
serbato  da  circa  un  anno  il  più  stretto  silenzio  aspettando  la  partecipazione 
promessami  dal  signor  Presidente  dell'esito  degli  studi  che  sarebbero  stati  fatti 
sul  mio  trovato  esposto  nell'opera  sul  moto  ondoso  del  mare 3  quando  Egli  mi  U 
pervenire  la  detta  Nota  che  il  sig.  Ghevallier,  membro  della  Commissione  con- 
sultiva  dei  lavori  su  Portosàido,  aveva  compilato.  Fu  dopo  breve  tempo  ch< 
esaminatala,  spedii  manoscritta  la  mia  risposta  allo  stesso  sig.  Presidente  pei 
via  legale  e  sicura.  E  non  mi  determinai  a  farla  pubblica  in  italiano  se  noi 


SUL  PORTOSÀIDO  589 

dopo  tre  mesi;  e  stamparla  in  francese  se  non  passati  altri  quattro  mesi;  giac- 
ché io  avevo  sperato  che  questo  mio  lavoro  fosse  stato  in  qualche  modo  gradito 
e  restasse  privato.  Anzi  aggiungerò  che  non  appena  stampata  Y  edizione  italiana 
ne  inviai  i  primi  esemplari  ai  signori  de  Lesseps  e  Chevallier,  e  dipoi  uno  ad  un 
mio  nobile  amico,  che  nell'accusarmene  ricevimento,  mi  fé  sapere  essere  già  a  sua 
notizia  che  il  sig.  Chevallier  mi  avrebbe  confutato.  Cui  però  risposi  non  prestarvi 
fede,  sicuro  che  le  cose  da  me  dette  non  potevano  essere  confutate,  giacché 
nulla  avevo  basato  sulla  mia  opinione,  ed  avevo  avuto  cura  di  prendere  le>  so- 
stanziali citazioni,  introdotte  nel  mio  ragionamento,  nella  cerchia  degli  uomini 
e  delle  pubblicazioni  dipendenti  dall'Impresa  stessa;  ed  infatto,  né  il  sig.  Che- 
vallier, né  altro  francese  si  è  presentato  in  campo  I  !  Che  se  il  sig.  Chevallier 
allora,  o  la  S.  V.  oggi  avessero  contrapposto  dei  fatti  o  addotte  delle  ragioni 
contro  la  mia  proposta,  può  essere  sicuro,  sig.  Professore,  che  avrei  cessato 
d'insistere  ed  avrei  fatto  tesoro  dei  loro  ammaestramenti. 

Ma  Le  confesso  ingenuamente  di  compiacermi  oggi  della  fatta  pubblicazione, 
perchè  ho  scoperto  così  e  avuto  alla  luce  il  vero  oppositore  del  mio  trovato; 
colui  che  vuol  farlo  credere  niente  altro  che  cagione  di  gravi  spese  senza  utile 
effetto,  e  anzi  di  danno  alio  stabilimento  del  porto.  Fortunatamente  però,  le  leggi 
della  natura  sono  così  fatte,  che  l'autorità  del  nome  solo,  per  quanto  stragrande, 
non  può  alterarle  di  un  punto. 

Ella  poi  ribadisce  V  accusa  di  persistenza  perchè  non  mi  crede  abbastanza 
ammaestrato  dall'  esito  che  il  mio  disegno  ebbe  nel  porto  di  Pesaro.  La  quale 
accusa  mi  duole  all'anima  sì  profondamente  che  la  Signoria  Vostra  dovrà  sop- 
portare in  pace  che  io  mi  ci  fermi  alquanto  e  gliela  dimostri  illogica  ed  ingiusta. 
Imperocché  non  comprendo  come  V.  S.  abbia  potuto  profferire  un  tale  giudizio, 
e  sperare  che  io  avessi  receduto  dalla  mia  proposta  in  vista  del  mal  esito  nel 
porto  di  Pesaro,  mentre  non  fu  mai  eseguito  per  ciò  che  riguarda  il  mio  trovato 
o  sistema,  unico  oggetto  di  proposta  da  me  fatta  al  sig.  de  Lesseps. 

Ognun  sa  che  il  mio  disegno  sul  porto  pesarese  si  compone  di  due  parti  di- 
stinte: di  un  canale;  idea  comune,  ma  con  notevole  miglioramento  nella  dire- 
zione e  nella  forma  suggerito  dagli  studi  della  natura  del  sito,  onde  diminuire  in 
parte  i  difetti  inerenti  a  tutti  i  canali  ad  uso  di  porto;  e  di  un  trovato  all'esterno 
del  canale  allo  scopo  di  toglierli  interamente.  Ora,  di  queste  due  parti  ne  fu  ese- 
guita una  soltanto,  quella  che  doveva  essere  la  prima,   cioè  il  canale.  E  se  per 

t  difetto  dei  lavori  di  costruzione,  una  piena  del  fiume  vi  portò  disesto,  non  potrà 

I  mai  incolparsene  l'autore  del  disegno,  che  non  ne  fu  l'esecutore.  Y.  S.  stessa  lo 
dice:  «  Del  che  sarebbe  aperta  ingiustizia  far  colpa  al  signor  Cialdi,  poiché  mostra 
lo  stesso  sig.  Barilari  da  guai  complesso  di  tristi  cause  dipendesse  questo  esito  infeli» 

!  cissimo  . . . .  »  t 

Dunque,   se  la  prima  parte  ha  in  qualche  punto  sofferto  rovina  per  colpa  al- 

1  trui,  e  se  la  seconda  non  è  stata  ancora  eseguita,  come  può  Ella  vantare  e  più 
volte  ripetere  il   mal  esito  del  mio  progetto  nel  porto  di  Pesaro  ?  E   come   si  può 

!  pretendere  che  l'esito  che  ha  fin  qui  avuto  quel  progetto,  abbia  dovuto  far  cam- 

;  biare  le  mie  idee  su  quello  di  Portosàido?  V.  S.  avrebbe  preteso  da  me  l'assurdo. 

ì  Nella  scienza  dei  fatti,  di  cui  noi  trattiamo,  i  soli  fatti  hanno  forza  decisiva. 
Né  sussiste  che  io  abbia  fatto  credere  al  sig.  Chevallier,  che  les  circonstances 

:  politiques  et  le  manque  d'argent  abbiano  fatto  differire  il  compimento  dei 
lavori  da  me  proposti  e  già  incominciati  al  porto  di  Pesaro. 


590  SUL  PORTOSÀIDO 

Imperocché  il  sig.  Ghevallier  potè  dalla  mia  opera  mi  moto  ondoso  trarre  sol- 
tanto che  il  nuovo  porto-canale  alla  foce  dell'Isauro  in  Pesaro  fosse  allora  in 
corso  di  esecuzione  secondo  il  mio  progetto  :  il  che  era  verissimo ,  siccome  per  la 
prima  parte  lo  è  anche  oggi.  E  quando  io  stampavo  queir  opera  (1865J  non  si 
era  ancora  pubblicata  la  decisione  della  Commissione  governativa,  la  quale  nello 
stesso  anno  1865,  mentre  definitivamente  concluse  doversi  ammettere  il  nuovo  por- 
to-canale,  cioè  quello  da  me  proposto,  soppresse  la  diga  isolata  del  Cialdi  a 
maggioranza  di  voti;  di  che  la  prima  notizia  ufficiale  ed  approvata  io  non  l'ebbi 
che  dalla  coscienziosa  e  lucida  lettera  del  chiarissimo  commendator  Barilari,  che 
fu  uno  dei  Membri,  stampata  quest'anno  1868  (1).  Insomma,  la  ragione  che  les 
circonstances  politiques  et  le  manque  d'argent  ont  fait  ajourner  Pachèvement  del  mio 
disegno,  il  sig.  Chevallier  non  può  averla  tratta  da  me. 

E  di  grazia,  dove  la  S.  V.  ha  tolto  questa  notizia  ?  Il  sig.  Chevallier  non  dice 
di  averla  ricevuta  da  me.  E  crede  Ella  in  fin  de' conti  che  l'asserzione  dello 
Chevallier  sia  lontana  dalla  verità?  Il  comm.  Barilari,  da  Lei  citato,  ci  dice  che 
la  Commissione  governativa  del  1865  stimò  di  sostituire  alla  mia  diga  isolata 
un'altra  protrazione  dei  moli  per  circa  metri  60,  ma  in  virtù  di  risoluzione  mi- 
nisteriale, questa  protrazione  restò  sospesa  per  mancanza  di  fondi,  ossia  pour 
manque  d'argent  (2).  Quanto  alle  circostances  politiques,  lascio  a  Lei  il  giudicare 
se  possano  aver  avuto  parte  alle  diverse  vicissitudini  cui  è  andato  soggetto  il  mio 
progetto  dopo  la  prima  completa  approvazione  ricevuta  dai  cittadini  di  Pesaro, 
dal  Consiglio  d'Arte  sedente  in  Roma,  a  nessuno  secondo,  e  dal  Governo  ponti- 
ficio. E  se  pur  restasse  dubbioso,  legga  lo  stesso  sig.  Barilari  a  carte  undici. 
Ond'Ella  vede  che  il  sig.  Chevallier  non  si  è  poi  tanto  male  apposto. 

V.  S.  si  riporta,  pel  risultato  degli  studi  della  citata  Commissione,  a  quanto  ne 
disse  un  Articolo  anonimo  stampato  nel  fu  Giornale  modanese:  Il  movimento  scientifico 
(Ann.  i.°  Tom.  1,  1866.  dis.  6.a  ed  ultima),  e  ne  spedisce  il  fascicolo  al  sig.  de 
Lesseps  ;  ma  io  credo  che  avendo  Ella  preferito  questo  scaltro  Articolo  anonimo  di 
un  giornale  che  per  la  cattiva  lingua  ebbe  vita  poco  più  lunga  di  un  insetto,  a 
documento  di  quanto  era  in  Pesaro  accaduto,  avrebbe  dovuto  accompagnarlo  della 
risposta  che  io  gli  feci  (3).  Allora  il  sig.  de  Lesseps  avrebbe  potuto  notare  «  l'ar- 
tificio  usato  dall'Anonimo  per  riuscire  ad  una  conclusione  diversa  dal  proposito 
primo  e  dalle  cose  dette;  non  che  l'attentato,  per  dir  così,  al  principio  di  savia 
e  libera  discussione,  senza  del  quale  non  si  può  ottenere  alcun  avanzamento 
nello  scibile  umano;  »  avrebbe  letto  «  essere  mia  credenza  che  i  cinque  distinti 
idraulici  che  composero  la  Commissione  di  cui  si  tratta  non  si  credevano  essi 
stessi  giudici  più  competenti  dei  cinque  che  composero  il  Consiglio  di  Arte  che 
approvò  il  progetto  in  ogni  sua  parte;  i  quali  furono  i  professori  Nicola  Cava- 
lieri San  Bertolo,  presidente,  Carlo  Sereni,  Savino  Natali,  Lodovico  Zanardi  e 
Mariano  Menini  ».  Vi  avrebbe  letto  ancora  che  «  per  evitare  confronto  tra  i  due 
Consessi  io  li  consideravo  di  eguale  forza  scientifica  (quantunque  quello  della 
Commissione  non  fu  unanime  nel  suo  giudizio  e  quantunque  ne  fosse  presidente, 

(1)  Sul  porto  di  Pesaro.  Al  signor  Ministro  dei  lavori  pubblici ,  Lettera  del  Comm.  P.  Barilari  Ispet- 
tore del  Genio  civile.  Firenze  1868  pag.  14,  e  15. 

(2)  Lettera  citata  pag.  15.  .  /,£.. 

(3)  Sopra  un  articolo  del  Movimento  scentifico;  Giornale  modanese  che  accenna  alta  teorica  deal  in- 
sabbiamenti e  colpisce  le  opere  idrauliche  di  Pesaro  e  di  Portosàido,  Osservazioni,  (Giornale  Arcadico. 
Tom.  XLIX  della  nuova  serie,  Roma  1867. 


SUL  PORTOSÀIDO  §91 

il  professor  BrighentiM)  e  tuttavia  la  ragione  restava  sempre  dalla  parte  mia 
giacché  io  avevo  di  più  per  me  i  fatti  e  gli  argomenti  che  mi  consigliarono  quel  tro- 
vato; argomenti  e  fatti  che  sono  pur  sempre  intatti.    «  E   vi   avrebbe   letto  infine 
che  in  virtù  di  questa  verità  io  concludevo:  «  Si  adunino  pur  Commissioni  contro 
Commissioni,  e  siano  pur  tutte  di  parere  contrario  al  mio  trovato,  è  certo  che  non 
gli  toglieranno  mai  quel  merito  intrinseco  che  io  ed  altri  siamo  convinti  che  abbia , 
Sicché  la  sola  esperienza,  basata  sulla  natura  nel  libero  esercizio  delle  sue  forze 
potrà  essere  giudice  senza  eccezione,  ed  essa  sola  potrà  dettare  sentenza  da  incutere 
rispetto  ai  favorevoli  ed  ai  contrari.  In  somma  io  mi  appello  alla  dimostrazione  del 
fatto  ».  Intendo  bene  che  se  il  sig.  de  Lesseps  avesse  ricevuto   anche  questa  ri- 
sposta, tutto  l'edifìcio  della  S.  V.  crollava. 

Al  modo  com'Ella  e  l'Anonimo  del  citato  Articolo,  del  quale  si  compiace  farsi 
responsabile,  ed  io  non  La  invidio,  trattano  l'autore  del  disegno  del  nuovo  porto 
di  Pesaro,  ed  al  silenzio  che  osservano  per  quei  grandi  che  l'hanno  approvato, 
sembrerebbe  che  ci  abbiano  creduto  tanti  sciocchi  e  peggio;  laddove  poi  Ella 
non  trova  difficoltà  di  metter  me  tra  gli  Uomini  di  alta  reputazione  nella  materia 
chiamati  a  dare  il  nostro  parere,  e  degli  altri  non  parla;  ed  invero  non  era 
mestieri  parlarne  perchè  parlano  abbastanza  chiaro  le  opere  loro,  e  i  tanti  allievi 
delle  scuole  da  loro  presiedute,  i  quali  oggi  onorano  l'Italia  nella  scienza  del- 
l'Ingegnere. 

V.  S.  spedì  ancora  al  signor  de  Lesseps,  a  maggior  conferma  delle  cose  dette 
nell'Articolo,  una  dichiarazione  dei  capitani  ed  armatori  contrari  al  mio  progetto, 
ed  una  loro  lettera  posteriore,  «  in  cui  è  detto  essere  ormai  inutile  pensare  alla 
esecuzione  del  progetto  Cialdi,  dappoiché  una  impetuosa  piena  del  torrente  Foglia 
(Isauro)  aveva  interamente  rovinato  il  canal-porto  ».  Ma  anche  qui  Ella  non  ec- 
citò i  favorevoli  al  progetto  mio  e  non  fece  neppur  parola  della  mia  risposta  a 
quei  Signori,  nella  quale,  con  dovizia  di  fatti  e  di  ragionamenti,  dimostrai  l'er- 
roneità delle  loro  vedute,  l'ingiustizia  delle  loro  querele  ed  i  danni  che  per  esse 
ne  provava  la  illustre  Pesaro  (1). 

Ma  conosce  Ella  a  quale  classe  di  marinari  si  affida?  Alcuni  di  essi  diretti 
dal  sig.  Giuseppe  Cavalieri,  volendo  criticare  la  scogliera  parallela  al  lido,  parte 
essenziale  del  mio  trovato,  la  paragonarono  con  il  molo  o  diga  di  Malamocco  da 
Lei  con  tanto  giudizio  costruito;  e  siccome  addosso  di  questa  diga,  «  ove  al  mo- 
mento dell'erezione  (sono  loro  parole)  erano  14  passi  d'acqua,  dopo  pochi  anni  vi 
veggiamo  la  marina  cresciuta  in  modo  di  sabbia  che  colle  maggiori  calme  ella  rimane 
di  molto  sopra  al  livello  delP  acqua  ;  così  crediamo  fermamente  che  il  somigliante 
avverrà  di  questa  nostra  (ossia  della  scogliera  da  me  proposta)  non  potendo  cause 
eguali  produrre  contrari  effetti  (2)  ».  Costoro  dunque  non  sanno  trovar  differenza  tra 
una  scogliera  parallela  alla  riva,  ed  un  molo  perpendicolare  al  lido  ed  unitovi 
col  piede!  «  È  poi  specioso,  aggiunsi  io  rispondendo  loro,  voler  della  scogliera 
mia  fare  un'altra  diga  di  Malamocco  e  chiamarla  malaugurata  e  fatale;  mentre 
questa  diga  ha  migliorato  assaissimo  il  porto  di  Venezia,  ed  ha  altamente  fatto 
onore  al  suo  Autore  (che  si  fu  V.  S.).  Se  si  è  interrita  e  s'interrirà  di  più  non 
è  difetto  di  essa  soltanto;  è  difetto  di  tutte   le   dighe  o  moli   che   costituiscono 


(1)  Sul  vecchio  e  nuovo  porto  di  Pesaro.  Lettera  al  sig.   capitano   Giuseppe   Cavalieri.   Roma  1867 
tornale  Arcadico  tom.  LUI,  della  nuova  serie. 

(2)  Lettera  citata  Sul  vecchio  e  nuovo  porto  di  Pesaro. 


592  SUL  P0RT0SAID0    . 

i  portocanaìi.  Ed  è  appunto  per  allontanare  molto  le  conseguenze  di  questo 
universale  e  grave  difetto  che  io  ho  proposto  la  scogliera  di  cui  si  tratta  (1)  ». 
Iddio  liberi  Lei,  signor  Professore,  e  chiunque  de' suoi  dipendenti  da  gente 
di  questo  calibro.  Senta  che  cosa  accadde  in  Rimini,  al  povero  e  bravo  ingegnere 
Serafino  Calindri.  «  Mentre  la  maggior  parte  del  Popolo  esclamava  di  volere  non 
rescavazione,  ma  la  prolungazione  della  palata,  e  la  Congregazione  del  Porto  era 
nella  disposizione  di  prolungare  di  qualche  canna  il  molo  sinistro  che  è  più  breve 
del  destro  per  contentare  la  moltitudine;  nel  dì  medesimo  26  Aprile  nel  quale  due 
dei  Deputati  e  V  Ingegnere  erano  per  fare  i  necessari  scandagli  a  tal  fine,  si  eccitò 
quel  terribile  tumulto  per  parte  dei  Pescatori  e  Marinai  contro  Calindri,  di  cui  avete 
già  sentito  a  parlare.  Questo  significa,  conclude  lo  storico,  che  non  è  sperabile 
di  contentarli  nemmeno  col  secondarli  (2)  » .  Cotesta  classe  di  uomini  grida 
sempre  e  porta  alle  stelle  la  cosidetta  pratica;  ma  Ella  sa  meglio  di  me  che  Gu- 
glielmini  sentenziò:  La  pratica  senza  la  teoria  è  cieca,  e  che  Bossut  giudicò  in 
seguito:  N'attendez  rien  du  praticien  borné  et  dépourvu  de  principes  :  conduit  par 
une  routine  aveugle 3  il  vous  montre  sans  necessità,  ou  à  son  insù,  le  mime  fait 
sous  différentes  faces  ;  ou  il  assemblerà  au  hasard  plusieurs  faits  dont  il  lui  sera 
impossible    oVexpliquer  les  différences  individuelles  (3). 

Quindi  nella  citata  mia  risposta  intorno  al  progetto  di  Pesaro  concludevo: 
«  Che  gl'Ingegneri  debbano,  per  alcune  disposizioni,  raccogliere  notizie  dai  ma- 
rinari e  farne  conto  prima  di  progettare  un  porto,  io  non  solo  ne  convengo,  ma 
credo  che  sia  una  pratica  necessaria:  ed  io  stesso,  benché  marinaro,  consultai 
i  principali  del  luogo  ed  ebbi  il  loro  assentimento  al  progetto  mio.  Ma  tra  ma- 
rinaro e  marinaro  corre  gran  tratto;  e  se  un  Ingegnere  si  affidasse  interamente 
al  volere  di  tutti  i  marinari  di  un  dato  lido,  quel  lido  non  avrebbe  mai  porto. 
«  Come  la  scienza  dell'ingegnere  ha  bisogno  di  alcuni  lumi  dell'arte  nautica, 
così  questa  senza  quella  non  sarebbe  mai  al  caso  di  formare  un  conveniente  ri- 
covero per  i  bastimenti  »;  e  concludevo  pure  «  sentire  sempre  più  V utile  grande 
che  ogni  uomo  può  ricavare  dal  loro  connubio  per  le  opere  in  mare  (4)  » . 

Non  mi  sorprese,  né  sorprende,  che  il  mio  disegno  del  nuovo  porto  di  Pe 
sarò  abbia  incontrato  ed  incontri  ancora  delle  opposizioni  :  esso  finirà  per  pre- 
valere  completamente.  Solo  mi  fa  maraviglia  che  V.  S.,  testimonio  delle  contro- 
versie per  il  molo  massimo  dìMalamocco;  autore  delle  preziose  Memorie  d> Idrau- 
lica pratica,  ove  è  dovizia  di  esempi  di  simili  strane  ed  ingiuste  contrarietà,  che 
V.  S.  dico ,  dalle  accennate  opposizioni  al  disegno  mio  voglia  trarre  argomento 
di  suo  intrinseco  difetto.  Trattavasi ,  per  migliorare  ia  bocca  di  Malamocco,  di 
costruire  due  dighe;  Y.  S.  proponeva  doversi  per  prima  costruire  quella  di  sinistra 
<c  Questa  mia  opinione,  V.  S.  registra,  dopo  quindici  anni  di  opposizioni  e  di  contro- 
versie, finalmente  prevalse  e  si  diede  mano  alla  sola  diga  di  sinistra  procrastinando 
quella  di  destra  »  (5):  ed  era  cosa  utilissima  anche  la  sua  proposta,  ed  il  fatte 
l'ha  provato:  eppure  soffrì  quindici  anni  di  controversie! 

(1)  Lettera  qui  sopra  citata.  .   n 

(2)  Del  porto  di  Rùmini  Lettera  di  un  Riminese  ad  un  amico  di   Roma  ,   coli  Appendice  di  Doc.u 

menti.  Roma  4768,  p.  XXVII.  ym 

(3)  Traiti  théorique  et  expérimental  d'hydrodynamique,  Paris,  nouvelle  edition.  1797.  Tom.  I,  pag.  aaa 

U)  Lettera  al  Cavalieri  citata.  .  , 

(5)  Considerazione  sulla  scelta  di  quello  fra  i  canali  del  Danubio   che  conviene  preferire  pei  tegou 

rizzare  la  foce  nel  mar  Nero  ecc.  Torino  1858,  pag.  62. 


SUL  P0RT0SÀ1D0  593 

Ma  lasciamo  in  pace  la  questione  pesarese,  che  presto  o  tardi  sarà  nuovamente 
e  per  intiero  risoluta  nel  modo  come  io  la  proposi,  altrimenti  si  renderà  impos- 
sibile dotar  Pesaro  di  un  porto  capace  e  permanentemente  buono  ,  siccome  V.  S.  fa 
notare.  E  questa  verità  cosi  bene  da  Lei  espressa  sarebbe  tanto  più  giusta,  se  si 
tornasse  al  vecchio  porto.  Ella,  sig.  Professore,  con  questo  avviso  rammenta  ai 
signori  di  Pesaro  che  se  si  abbandonasse  interamente  la  mia  proposta  tornerebbero 
al  brutto  spettacolo  di  una  ed  anche  più  barche  di  piccolo  cabotaggio  contemporanea- 
mente caricarsi  o  scaricarsi  attorno  la  punta  di  un  molo,  e  così  ridotte  uscire  o  en- 
trare nel  porto  trascinate  sul  fondo  dalla  forza  degli  uomini  e  de'  bovi  ;  e  ciò  col 
disordine  e  con  l'ansietà  inevitabile  in  bastimenti  esposti  senza  verun  ricovero  ad 
istantanei  ed  impetuosi  venti,  e  ad  un  mare  facile  ad  agitarsi  e  a  frangerei  (1) 
Questi  fatti,  ed  altri  più  seri  ancora  a  danno  della  Città,  che  ben  spesso  acca- 
devano col  vecchio  porto  anche  allor  quando  il  canale  aveva  le  sponde  murate, 
sembrano  oggi  messi  in  dimentico  da  quegli  sconsigliati  che  desiderano  riaverlo. 
Dal  poco  che  ho  detto,  in  confronto  del  molto  che  potrei  dire  intorno  a  tale 
questione,  risulta  abbastanza  dimostrato  che  la  Signoria  Vostra,  avrebbe  fatto 
meglio  di  non  toccarla,  o  almeno  di  non  concludere  mai  e  poi  mai  in  questa 
sentenza  : 

«  Voi  vedete  dunque,  sig.  Presidente,  guai  fondamento  si  possa  fare  sugli  esperi- 
menti fatti  dal  sistema  Gialdi  (in  Pesaro!),  per  determinarsi  ad  applicarlo  a  Porto- 
Sa'id,  come  egli  vorrebbe  partendo  dalla  supposizione  che  il  piano  adottato  dalla  Com- 
missione internazionale ,  che  voi  state  facendo  eseguire,  non  sia  sufficiente  ed  abbia 
anzi  a  fallire  allo  scopo  » . 

Sulla  quale  supposizione  potrebbe  osservarsi  siccome  non  sia  già  vero  che  io 
abbia  detto  che  il  piano  della  Commissione  avrebbe  fallito  allo  scopo  :  soltanto  che 
esso  sarebbe  stato  insufficiente  per  aggiungerlo  convenientemente;  ma  di  ciò  in 
seguilo. 

Ora  che  mi  credo  purgalo  dalla  taccia  dei  supposti  motivi  che  indussero  V.  S. 
a  pubblicare  la  Sua  lettera,  passo  a  rispondere  alla  lettera  stessa.  E  perché  Ella 
alla  confusa  vi  ha  sciorinato  per  entro  le  sue  molte  obiezioni,  cosi  permetterà 
che  io,  nel  rispondervi,  distingua  quelle  che  riguardano  la  mia  teorica  in  gene- 
rale, da  quelle  che  concernano  l'applicazione  pratica  del  mio  trovato,  sistema  o 
espediente  a  Portosàido;  e  venga  all'opportunità  difendendomi,  da  accusazioni 
di  diverso  soggetto,  ed  avvertendo  V.  S.  di  talune  illusioni  in  cui  mi  sembra 
caduto. 

V.  S.  dice  che  la  teorica  degli  insabbiamenti  da  me  sostenuta  è  da  me  risguardata 
come  un  importantissimo  mio  trovato.  Qui  pure  mi  trovo  obbligato  domandarle  in 
quale  de' miei  scritti  me  ne  sia  io  chiamato  inventore.  E  nella  aspettativa  della 
Sua  risposta,  che  non  avrò  mai,  Le  dirò  che  io  non  mi  sono  giammai  riguardato 
per  tale,  e  riporterò  quello  che  intorno  alla  invenzione  della  medesima  ho  altrove 
stampato.  Ella  ben  sa  ch'essa  ribatte  la  teoria  del  Montanari;  di  cui  dopo  aver  io 
mostrato  i  difetli  e  la  irrazionalità,  in  modo  forse  più  chiaro  e  provato  che  ogni 
altro  prima  di  me,  giungo  a  dire  «  che  meritano  speciale  ricordo  e  tributo  di  lode 
Quei  che  pei  primi  presero  a  combattere  una  teoria  che,  quantunque  falsa,  è  stata 

(1)  Sul  porto-canale  di  Pesaro,  Lettera  al  sig.  Paolo  Giorgi  f.  f.  di  Gonfaloniere.  (Giornale  dell'  Inge- 
gcgnere  Architetto.  Milano,  Anno  V.  -  Giornale  Arcadico.  Roma,  Tomo  144.  -Annali  delle  opere  pubbliche 
e  dell'architettura.  Napoli  Anno  6.°). 


594  SUL  PORTOSÀIDO 

abbracciata  e  sostenuta  dalle  più  grandi  celebrità  idrauliche  italiane  (  tra  le  quali 
Ella  si  trova)  e  straniere  ».  E  dopo  questa  premessa  cito  i  nomi  di  Boscovich,  di 
de  Fazio,  di  Tadini,  di  Emy,  di  Brighenti  e  di  Paoli,  registrando  per  ciascuno  le 
date  dei  loro  scritti,  ed  i  mezzi  da  loro  usati  contro  quella  teoria  (1).  Ora,  come 
si  concilia  questo  mio  procedere  con  quello  che  Ella  mi  attribuisce? 

E  prosegue  dicendo:  «  Io  ebbi  altre  volte  occasione  di  esaminare  la  teorica  del  Cialdi, 
e  non  ho  potuto  mai  persuadermi  che  essa  fosse  fondata  sopra  buoni  principii  ».  Ma  di 
grazia,  non  Le  risposi  io?  Non  sottoposi  a  Lei  ed  al  pubblico  una  lunga  ed  elabo- 
rata Memoria,  piena  zeppa  di  fatti  in  appoggio  di  questa  teoria?  (2)  Memoria  che 
sviluppando  e  confermando  quello  che  altrove  avevo  detto,  né  Ella,  né  altri  ha 
fin  qui  combattuta:  anzi  la  mia  dottrina  degl'insabbiamenti  ha  conquistato  dei 
seguaci,  fra  i  quali  citerò  uno  che  vale  per  molti,  l'illustre  professor  Vincenzo 
Antonio  Rossi,  rimpianto  dalla  scienza  e  dallo  stuolo  dei  suoi  dotti  allievi  (3). 
Dopo  sei  anni,  non  ho  io  pubblicato  un'opera  tutta  speciale  sul  moto  ondoso  del 
mare  e  su  i  suoi  effetti  che  Ella  qualifica  per  dotta?  Ma  in  che  consisterà  tale 
dottrina  se  col  mio  ragionamento  intorno  al  fenomeno  massimo,  al  fenomeno 
primo  di  cui  tratta,  cioè  il  movimento  delle  onde  >  Ella  non  ha  potuto  mai  per  su  a- 
dersi  che  fosse  fondata  sopra  buoni  principii? 

Quantunque  però  V.  S.  non  abbia  neppur  altra  volta  approvata  la  mia  teorica  (4), 
tuttavia  mi  die  la  consolazione  di  farmisi  vedere  instrutto  di  essa,  come  or  ora 
Le  farò  rammentare;  mentre  non  so  per  qual  fatto  ha  voluto  questa  volta  farle 
viste  di  non  avermi  inteso,  anzi  ha  siffattamente  sconvolto  ed  alterato  le  mie 
proposizioni  su  questo  argomento,  e  mi  ha  fatto  dire  strafalcioni  di  tal  peso  che 
l'autorità  e  la  fama  del  Suo  nome  renderebbero  credibili,  se  non  venissi  oggi  a 
sconfessarli  innanzi  al  mondo  scientifico. 

A  me  pare  che  sia  finito  il  beato  tempo  dell' /pse  dixit ,  e  che  il  mio  edifizio 
essendo  stato  basato  ed  innalzato  non  sulle  idee  mie,  né  di  altrui,  ma  sopra  un 
nombre  immense  de  faits,  siccome  disse  il  sig.  de  Tessan,  avrebbe  dovuto  essere 
da  Lei  con  questa  istessa  arma  abbattuto,  se  le  piaceva  di  farmi  censura.  Ed  otto 
anni  prima  del  sig.  de  Tessan,  il  sig.  Francolini  ebbe  ad  annunciare  ai  Georgo- 
fìli  :  «  Il  sig.  Cialdi  ha  avvalorata  la  di  lui  opinione  sulle  cause  del  fenomeno  che 
ci  occupa ,  con  tale  serie  di  argomenti  e  di  fatti  da  indurre  a  seguitarlo  fino  a  che 
altra  serie  di  fatti  più  concludenti  non  abbia  rimesso  nel  pristino  onore,,  se  pur  fosse 
possibile;  la  teoria  del  Montanari  ». —  Volge  il  decimo  anno  e  resta  tuttora  deluso 
l'unico  auspicio  che  potesse  farsi  sulla  tomba  di  questa  teorial  — 

Tuttavia,  poiché  la  maggior  parte  delle  Sue  obbiezioni  è  fondata  o  sul  malin- 
teso della  teorica  da  me  sostenuta ,  o  su  fatti  inesistenti ,  tornerò  mio  malgrado 
anche  una  volta,  ma  rapidamente,  su  questo  istesso  argomento. 


(1)  Moto  ondoso  ecc.  1866.  Dal  N.  1372  al  1380. 

(2)  Sintesi  di  fatti  per  dimostrare  come  il  moto  ondoso  del  mare  amiche  la  corrente  littorale  è  la 
cagione  precipua  del  protendimene  delle  spiagge  e  della  ostruzione  dei  porti,  applicandone  il  risulta- 
mento  nell'ingresso  del  bosforo  di  Suez,  nella  rada  di  Pelusio.  Roma  1860.  —Giornale  dell'Ingegnere 
Architetto  ed  Agronomo  Milano,  Anno  IX.  —Giornale  Arcadico,  Roma,  tom.  21  e  22  della  nuova  serie. 

(3)  Su  certi  fenomeni  marittimi  ed  intorno  ad  alcune  opere  relative  allo  sbocco  dei  fiumi  in  mare  al 
proposito  di  due  pubblicazioni  del  Cialdi  (Annali  delle  opere  pubbliche  e  dell'architettura.  Napoli. 
Anno  7.°  1857). 

(4)  Sulla  corrente  littorale  detV Adriatico ,  o  moto  radente  (Bullettino  dell'istmo  di  Suez.  Voi.  V,  To- 
rino 1860,  N.  14,  15  e  16).  A  cui  risposi  con  la  Memoria,  Sintesi  di  fatti  ecc.  già  citata. 


SUL  PORTOSÀIDO  595 

Tre  volte,  sig.  Professore,  si  oppugna  nella  sua  lettera  il  mio  trovato:  la  prima 
nell  Avvertenza  che  la  precede,  le  altre  due  nel  corso  di  essa:  e  tutte  tre  le  volle 
s.  combatte  e  si  rifiuta  perchè  si  crede  fondato,  sopra  la  falsa  teoria  che  il  mo- 
vimento delle  onde  suscitato  dalle  burasche  non  sia,  secondo  me,  essenzialmente 
oscillatorio:  e  perchè  quel  movimento  progressivo  che  pur  s'induca  per  l'azione  dei 
venti  non  agisce,  secondo  me,  alla  superficie  del  mare  0  a  poca  profondità  e  con 
molla  misurata  azione,  ma  alle  grandi  di  otto  e  più  metri,  ed  a  queste  sì  grandi 
profondità  conservi  tanto  vigore  da  scalzare  il  fondo  di  una  spiaggia  in  guisa  da 
mantener  libero  un  canal-porto  e  la  sua  foce. 

Tengo  per  fermo  ch'Ella  confonda  il  moto  di  trasporto  di  cui,  secondo  i  dati 
d.versamente  parlo,  con  quello  oscillatorio;  de' quali  due  movimenti  nell'alto 
mare,  l'uno  secondo  me,  avviene  alla  superficie  dell'onda,  l'altro  si  comunica 
a  grandi  profondità;  quindi  tanto  io  sono  lungi  dal  negare  il  moto  oscillatorio 
nel  onda,  che  anzi  Io  credo  capace  di  agire  a  profondità  molto  maggiori  di 
quelle  ch'Ella  ammette.  °8 

E  di  vero,  quando  mai  ho  io  negato  che  il  movimento  delle  onde  sia  essenzial- 
mente oscillatorio  ?  Io  invece  ho  detto  che:  «  Nelle  tempeste  mentre  regna  vento  forte 
(che  è  il  caso  in  cui  io  introduco  una  notabile  modificazione  alla  teoria  assoluta  in 
tutta  la  massa  ondulante)  i  marosi  in  alto  mare  hanno  per  moto  principale  quello 
di  oscillazione  e  per  secondario  quello  di  trasporto  di  massa  liquida  :  trasporto 
notevole  nella  parte  superiore  (perchè  quivi  il  vento  percuote  e  spinge  la  cima 
dell  onda).  Questo  moto  ho  io  chiamato  fluttocorrente  al  largo. 

*Il  quale  moto  di  trasporto,  continuo  a  dire,  è  molto  più  notabile  vicino  al  Udo 
che  in  alto  mare,  e  comunicasi  soltanto  a  tutta  la  massa  fluttuante  quando 
lo  sviluppamelo  inferiore  del  maroso  trova  inciampo,  conservandosi  però  anche  quello 
di  propagazione  sino  a  che  si  frange  presso  il  lido.  Vicino  al  lido  io  chiamo  flutto- 
corrente  a  terra,  o  della  superficie,  il  moto  di  trasporto  nella  parte  superiore  dei- 
tonda ,  e  fluttocorrente  del  fondo  quello  della  parte  inferiore  (1886  e  1866  nelle 
Conclusioni;  e  1868  la  medesima  Conclusione  è  ripetuta  in  questo  Giornale  a  pa- 
gina 346  e  seguente).  Dunque  io  ammetto  che  il  movimento  delle  onde  sia  es- 
senzialmente oscillatorio. 

Io  ignoro  quale  sia  la  Sua  teorìa  del  movimento  molecolare  nelle  onde  acquose 
ma  qualunque  essa  possa  essere,  avrei  a  dirle  con  uno  dei  più  grandi  ingeneri 
Irancesi,  la  cui  opera  sto  leggendo  mentre  Le  scrivo: 
«  La  loi  generale  ainsi  exposée,  il  y  aura  à  examiner  le  trouble  apporté  sur 

LE  REGIME  GÉOMÉTRIQUE  DU  MOUVEMENT  DE  PROPAGATION  ET  MOLÉCULAIRE  DE  L'ON- 

dulation  par  Ics  forces  exercées  à  la  surface  de  celle-ci  par  des  causes  extérieures 
tetles  que  la  prcssion  du  veni:  ou  à  sa  racine,  telles  que  la  profondeur  d'eau  (1) 

E  come  mai  si  potrebbe  pensare  ch'Ella  voglia  credere  alla  teoria  assoluta  e 
permanente  del  movimento  oscillatorio  dell'onda?  E  vorrebbe  forse  che  il  vento 
nella  parte  superiore  della  massa  ondulante,  ed  il  fondo  del  mare  nella  parte 
inferiore  di  essa  non  esercitassero  verun'  azione  nella  sua  propagazione,  quando 
l  uno  incalza  e  1  altro  reagisce  per  la  insufficiente  profondità  dell'acqua?  Ciò 
non  può  volere,  perchè  anch'Elia  deve  ammettere  nell'onda  un  moto  comporto 
almeno  vicino  al  lido,  per  ispiegare  quei  movimenti  di  trasporto   che  pure  am- 

Èl  TmXiVJ::xiX mpeur  tra"socémimne-  E"tdes  sck"H^  ••  -&■**  *  *  **■  -e. 


596  SUL  PORTOSÀIDO 

mette  nell'onda  stessa.  E  perchè  dunque  mi  grida  la  croce  addosso  se  io  ammetto 
moto  di  trasporto  nell'onde  in  certi  casi  ed  in  certi  luoghi? 

Quanto  air  azione  dei  venti,  che,  secondo  me,  non  agirebbe  solamente  alla  super- 
ficie del  mare  ,  ma  a  grandi  profondità  di  otto  e  più  metri,  debbo  avvertirla  anzi- 
tutto siccome  non  sia  vero  che  io  creda  che  la  forza  del  vento  agisca  diretta- 
mente a  grandi  profondità;  ma  invece  che  il  moto  oscillatorio  si  comunichi  a 
grandi  profondità  e  cessi  di  esistere  soltanto  quando  Tonda  è  interamente  franta 
presso  il  lido,  e  che  il  vento  agisca  alla  superficie  dell'onda  e  non  penetri  in 
tutta  la  massa  ondulante. 

E  se  io  ho  chiamato  fluttocorrente  del  fondo  la  parte  inferiore  dell'onda  quando 
inciampa  o  preme  nel  fondo  del  mare,  si  è  perchè  mi  è  sembrata  espressione 
più  italiana  di  quella  di  lama  di  fondo  da  Lei  preferita:  espressione  francese, 
siccome  già  avvertiva  il  benemerito  Piddington,  e,  se  ben  rammento,  anch'Elia 
l'ha  avvertito.  Ma  insomma,  noi  due  siamo  sicuri  dell'esistenza  di  questo  feno- 
meno, ed  in  modo  simile  ne  abbiamo  mostrato  gli  effetti. 

Quanto  poi  alle  profondità  cui  giunge,  secondo  me,  la  potenza  del  movimento 
oscillatorio,  Ella  mi  si  dimostra  anche  più  contrario  col  dichiarare  che  questo 
non  può  certamente  avere  da  per  se  quella  forza  eh'  è  necessaria  a  scavare  sino  a, 
grandi  profondità  il  fondo,  in  guisa  da  mantener  libero  un  canal-porto  e  la  sua  foce; 
e  col  chiamar  grandi  profondità  quelle  di  otto  e  più  metri,  limitando  ad  otto  metri 
il  giungimene  di  quel  moto. 

Ma  se  la  S.  V.  non  ha  voluto  prestar  fede  alle  mie  personali  osservazioni,  né  a 
quelle  di  Ulloa,  Charbert,  de  Fleurieu,  de  la  Coudraye,  Horburgh ,  Bremontier, 
Poisson,Monnier,  Emy,  Airy,  Siau,  Reibell,  Aimé,  de  Beaumont,  d'Archiac,  Minard, 
Frapponi,  de  Bougainville,  de  Tessan  ,  Bourgois  :  Leonardo,  Colombo,  Castelli, 
Zendrini,  Mari,  Spallanzani,  Bidoni,  Paoli,  Meneghini,  Sponsilli,  Ponzi  e  Gugliel- 
motti, da  me  tutti  citati  con  il  corredo  dei  fatti  da  loro  osservati  e  registrati: 
se  non  ha  voluto  credere  al  Coronelli  ed  al  Lemoyne  che  nel  banco  tra  le  isole 
di  Minorca  e  Corsica,  posto  23  metri  sott'acqua,  le  onde  si  frangono  e  gettano 
masse  di  arena  nei  ponti  dei  bastimenti  che  vi  passano  sopra;  al  de  Hell,  al  De- 
loffre  ed  al  Mathìeu  che  presso  le  isole  Sanguinati*  es ,  seminate  all'entrata  del 
golfo  d'Ajaccio,  sur  le  plateau  de  roche,  la  cima  del  quale  è  a  26  metri  di  profon- 
dità, la  mer  brise  dans  les  mauvais  temps ;  al  Lieussou  che  a  Bona  (Algeria)  la 
houle  in  profondità  di  10  a  12  metri  non  solo  remue  le  fond ,  ma  dechausse  pu- 
ranche  les  ancres;  ai  signori  Bouchet-Rivière  e  de  Ma/qué  che  in  Djidjéli  il  mare 
si  frange  in  20  a  22  metri  di  profondità;  al  Marieni  ed  al  Le  Gras  che  nel  banco 
fuori  di  Cortellazzo  (Adriatico),  giacente  in  20  a  22  metri  sotto  acqua,  le  ondate 
sono  più  corte  e  più  frequenti,  e  che  il  medesimo  banco  a  la  proprietà  de  briser 
la  mer;  se,  dico,  non  ha  voluto  credere  a  tutte  queste  Autorità  che  sono  meco 
d'  accordo ,  creda  almeno  a  quella  del  sig.  Chevallier  del  quale  Ella  si  mostra 
ammiratore.   Questi   nel  1862,   ci  disse  e  provò   che  nel  mare  della  Manica  les 

LAMES  REMUENT  LE   GALET  JUSQU'À   15  MÈTRES   SOTJS  BASSE  MER.  E  sappiamo   che  le 

onde  in  quel  mare  sono  più  piccole  di  quelle  del  mar  Libico  (1). 

Ora,  dopo  tutto  quello  che  io  ho  pubblicato  su   questo  argomento   nel   1853, 
1854,  1856,  1860,  1866,  1867  e  1868;   e  dopo  anche  quello  che  ha  registrato  il 

(1)  Sulla  potenza  delle  onde.  Lettera  al   sig.  marchese  Raffaele  Pareto.    (Giornale 'dell'  Ingegnere .Ar- 
chitetto ed  Agronomo.   Milano,  Anno  XV,  1867,  -   e  Giornale  Arcadico.   Roma  1867,  Tom.  Lll   aei. 
nuova  serie). 


SUL  PORTOSÀIDO  597 

sig.  Chevallier,  V.  S.  vien  fuori  anche  oggi  col  gingillo  dell'azione  delle  onde 
sensibile  soltanto  in  meno  di  otto  metri  di  profondità;  e  ciò  asserisce  senza  di- 
mostrazione alcuna  e  con  tal  sussiego  come  se  fosse  un  assioma  o  una  questione 
vergine!  Mi  spiace  dirlo,  ma  cosi  Ella  dà,  per  lo  meno,  dello  scapato  anche  al 
sig.  Chevallier. 

Che  se  non  io  soltanto,  ma  uomini  di  gran  vaglia,  idrografici,  marini,  idraulici 
e  geologi,  tengono  che  l'azione  dell'onde  non  si  comunichi  già  a  sei  o  sette 
metri  soltanto  di  profondità,  come  Ella  vorrebbe  farci  credere,  ma  invece  a 
quella  molto  maggiore,  e  colà  giù  solchino  il  letto  del  mare,  seco  menando 
quelle  tante  e  diverse  materie  che  lo  costituiscono,  perchè  non  potremo  noi 
ammettere  che  l'ingegno  dell'uomo  e  la  potenza  dell'arte  possa  convertire  quel- 
l'azione insabbiatrice  in  escavatrice  e  spurgatrice,  e  far  così  veridico  J.  Scott 
Russell  quando  diceva  che  con  lo  studio  profondo  delle  leggi  e  dei  fenomeni 
delle  onde  ci  è  dato  di  convertire  questi  poderosi  nemici  in  portentosi  schiavi? 

Eppure;  dopo  tutto  ciò  ho  l'onore  di  dirle  che  se  riassumeremo  con  diligente 
ed  onesta  analisi  i  nostri  modi  di  sentire  su  tale  argomento,  che  al  leggere  la 
Sua  lettera  sembrerebbero  in  assoluta  contraddizione,  la  nostra  discrepanza  si 
ridurrà  a  tutto  questo:  che  nel  trasporto  dei  materiali  ostruenti  io  do  più  impor- 
tanza alle  onde  che  alla  corrente  littorale;  Ella  invece  più  a  questa  che  a  quelle. 
Che  anzi  quanto  al  Portosàido  la  differenza  delle  nostre  convinzioni  teoretiche  si 
limita  soltanto  sul  maggiore  o  minore  prodotto  degl'interrimenti,  la  quale  diver- 
genza nulla  influisce  sul  merito  pratico  del  mio  trovato  perchè,  fatt' astrazione 
da  ogni  nostra  diversità  di  sentire,  in  questo  fatto  massimo  concordiamo  —  che 
la  massa  più  grande  delle  materie  ostruttive  nel  golfo  di  Pelusio  è  trasportata 
da  ponente  a  levante,  ossia  a  dosso  del  molo  massimo  del  Portosàido.  — 

Ed  infatti,  perchè  gl'insabbiamenti  in  un  porto  possano  avere  effetto,  deve 
esistere  la  forza  necessaria  per  ismovere  e  quella  per  trasportare  le  materie  che 
li  compongono.  V.  S.  ed  io  siamo  in  completo  accordo  nella  prima  condizione 
richiesta  ;  cioè  per  entrambi  le  onde  smuovono  le  materie  giacenti  nel  letto  del 
mare.  Ma  Ella  crede  che  la  loro  azione  non  si  eserciti  efficacemente  che  a  pro- 
fondità minori  di  sette  metri  nei  mari  Adriatico  e  Libico;  io  invece  ho  dimo- 
strato con  lunga  serie  di  fatti  da  nessuno  contraddetti,  che  la  rena  nelle  tem- 
peste ordinarie  è  sconvolta  e  mostrata  a  noi  con  ispeciale  intorbidamento  del- 
l'acqua, in  profondità  di  trenta  a  quaranta  metri  nell'Adriatico,  e  di  quaranta 
a  cinquanta  nel  Libico.  Quindi  il  nostro  diverso  sentire  su  questo  punto  sta  nel 
più  e  nel  meno.  Come  ha  veduto  dai  miei  scritti  e  dal  giudizio  altrui,  io  ho  per 
me  i  fatti:  Ella  invece  non  si  basa  che  sulle  idee. 

Quanto  ai  veicoli  di  trasporto,  ecco  in  che  differiamo: 

«  Io  penso,  Ella  disse,  che  la  corrente  littorale  sia  la  vera  e  princip al  cagione  del 
protendimento  delle  spiaggie  di  sabbia  e  di  limo ,  e  della  ostruzione  dei  porti:  e  ri- 
guardo come  causa  secondaria  l'azione  delle  lame  di  fondo;  tanto  più  che  essa  si 
esercita  su  quelle  sabbie  stesse  e  su  quel  limo,  che  la  corrente  litorale  medesima  ha 
disteso  sulle  spiaggie  sottili  subacquee.  Il  Cialdi  invece  attribuisce  il  fenomeno  alla 
potente  azione  dei  moti  ondosi  del  mare ,  senza  però  disconoscere  che  qualche  parte 
possa  avervi  eziandio  la  corrente  suddetta.  Tale  parmi  in  sostanza  l'opinione  del 
Cialdi,  (Paleocapa,  Corrente  litorale,  1860).  E  tale  è  appunto  la  mia  persuasione 
ed  il  convincimento  mio,  soggiungerò  io,  in  tutto  il  rigore  di  verità.  —  Ella  al- 
lora mi  aveva  perfettamente  inteso.  — 


598  SUL  PORTOSÀIDO 

E  qui  giova  far  ben  notare  che  noi  non  siamo  in  tutti  i  lidi  nello  istesso  modo 
in  disaccordo  rispetto  alla  direzione  che  seguono  le  materie  che  producono  quei 
protendimene  e  quelle  ostruzioni,  e  rispetto  ai  conseguenti  rimedi  per  evitarne 
i  tristi  effetti  nella  costruzione  e  conservazione  dei  porti  :  imperocché  se  pel 
porto  di  Pesaro,  poniamo,  la  Sua  e  la  mia  teorica  sono  in  opposizione,  pel  Por- 
tosàido  invece  sono  d'accordo.  Difatto  in  questo,  sia  che  le  materie  vengano 
trasportate  dalla  corrente  littorale,  siccome  V.  S.  crede,  o  sia  che  il  trasporto 
si  faccia  dai  moti  ondosi  e  dalla  detta  corrente,  come  credo  io,  il  loro  cammino 
sarà  sempre  da  sinistra  a  destra ,  per  chi  guarda  il  mare,  perchè,  tanto  la  dire- 
zione della  corrente,  quanto  quella  dei  moti  ondosi  dei  venti  regnanti  e  dominanti 
di  quel  lido,  seguono  unite  la  medesima  via.  Quindi  la  sola  differenza  che  quivi 
può  essere  messa  in  discussione  tra  noi,  sarà,  come  nel  primo  punto,  sul  più  o 
meno.  Ed  il  fatto  del  vastissimo  insabbiamento  già  verificatosi  nel  molo  massimo 
di  Portosàido  pone  la  verità  dalla  parte  mia.  Dappoiché  con  il  solo  veicolo  della 
corrente  littorale  una  si  sollecita  e  grande  massa  d' interrimento  non  avrebbe 
potuto  venire. 

E  non  è  mica  vero  che  Ella  escluda  interamente  i  moti  ondosi  come  veicolo 
di  trasporto,  giacché  riconobbe  la  potente  azione  delle  lame  di  fondo  nel  sommuo- 
vere le  sabbie*  nel  gettarle  contro  le  coste  3  e  coir  aiuto  dei  venti  creare  anche  sopra 
queste  più  o  meno  estese  dune;  ammise  che  l'impeto  delle  burrasche  contro  un  dato 
punto  della  costa  è  spesso  tale  3  da  produrre  effetti  che  la  correntìa  litorale  non  è 
capace  a  produrre  ne  a  distruggere  dopo  che  sono  stati  da  altre  straordinarie  ca- 
gioni prodotti;  e  concluse  con  riconoscere  la  grande  influenza  che  ha  il  moto  ondoso 
del  mare  sull'avanzamento  delle  spiaggie ,  e  sull'insabbiamento  dei  porti ,  e  come 
questo  cooperi  più  specialmente  alla  formazione  delle  alte  spiaggie ,  e  al  più  o  meno 
lento  avanzarsi  delle  coste  litorali.  (Paleocapa,  come  sopra  ,  1860).  Sicché  in  so- 
stanza, Ella  convenne  in  quello  che  io  avevo  dimostrato. 

Dunque  in  massima,  sulle  cause  degl'insabbiamenti  in  Portosàido  noi  concor- 
diamo ,  quantunque  la  teorica  da  noi  abbracciata  e  sostenuta  non  sia  la  stessa 
per  entrambi:  imperocché  colà  la  corrente  littorale  ed  il  fluttocorrente  del  fondo 
o  lama  di  fondo  hanno  la  stessa  direzione,  e  noi  due  ammettiamo  che  i  moti 
ondosi  del  mare  sieno  potente  veicolo  di  trasporto  di  materie  ostruttive.  Con- 
cordia che,  come  ho  detto,  sembrerà  strana  a  chi  ha  letto  la  lettera  della  S.  Y., 
nella  quale  vuole  altamente  ed  in  ogni  parte  condannarmi. 

E  poiché  Ella  dimostra  tanto  saviamente  ammirazione  e  stima  in  verso  i  due 
chiarissimi  ingegneri  de  Tessan  e  Chevallier,  tanto  che  si  compiace  di  levarmeli 
contro  ove  creda  che  Le  siano  di  difesa,  permetta  che  io  qui,  tacendo  di  tanti 
altri  di  non  minor  fama  che  potrei  a  mio  sostegno  nominare ,  trascriva  testual- 
mente quanto  il  primo  disse  all'Accademia  delle  scienze  di  Parigi  sulla  mia  teo- 
rica, da  Lei  così  mal  concia  e  schifata;  e  che  pensi  il  secondo  su  questo  ar- 
gomento. 

«  On  sait,  disse  il  de  Tessan,  que  le  ingénieurs  des  travaux  hydrauliques  à  la  mer 
ont,  en  Italie _,  à  lutter  incessamment  contre  une  difficulté  sans  cesse  renaissante  : 
l'envahissement  des  ports  par  les  vases  et  les  sables,  et  la  formation  de  banc  à  Vem- 
bouchure  des  cours  d'eau  qu'ils  obstruent  :  au  doublé  détriment  de  la  navigatori  et 
de  l'écoulement  des  eaux  douces. 

«  L'explication  de  ces  atterrissements  fàcheux  a  donne  lieu  3  depuis  longtemps  3  à 
deux  théories  bien  distinctes  :  la  première }  la  plus  généralement  adoptée  en  Italie 


SUL  PORTOSÀIDO  ggg 

avant  les  publications  de  M.  Cialdi,  les  fait  dépendre  du  courant  lìttoral  qui  lonqe  à 
petite  distance  toutes  les  cótes  de  la  Mediterranée  de  gauche  à  droite  pour  un  obser- 
vateur  place  à  terre  et  regardant  la  mer  ;  les  vagues,  dans  cette  théorie ,  n'ayant 
d  autre  effet  que  de  mettre  en  suspension  dans  l'eau  les  matériaux  qui  costitnent  le 
fond  de  la  mer  près  des  cétes ,  et  de  les  livrer  ainsi  à  l'action  du  courant  littoral 
qui,  seul,  les  transporterait  et  les  déposerait  aux  lieux  où  ils  s'accumulent. 

«  L' autre  théorie,  celle  que  soutient  M.  Cialdi,  et  dont  il  a  mis  la  vérité  en  complète 
évidence  dans  son  excellent  ouvrage,  fait  dépendre  ces  atterrissements  du  transport 
vers  le  rwage  et  du  dépót,  opérés  par  les  vagues  elles-mémes,  des  matériaux  qu'elles 
ont  soulevés  du  foni  de  la  mer,  le  courant  littoral  ne  jouant  qu'un  róle  très-secon- 
daire  ou  méme  insignifiant  dans  ce  transport  et  ce  dépot. 

«  Ces  deux  théories  rivales ,  qui  ont  compté  parmi  leurs  partisans  les  samnts  les 
plus  distmgués  de  l'Italie,  ont  donne  lieu  à  de  trés-vives  discussioni,  et  M.  Cialdi  n' a 
pas  été  l'un  des  moins  ardents  dans  ces  débats  scienti fìques. 

«  Le  vifdésir  d'étabilir  sur  une  base  inébranlable,  sur  des  faits  positifs ,  la  vérité 
de  la  théorie  quHl  avait  embrassée ,  a  conduit  cet  infatigable  chercheur  à  compulser 
tous  les  ouvrages  écrits,  soit  en  italien,  soit  en  francais,  soit  en  anglais,  et  traitant 
de  l  action  des  vagues  et  des  courants  sur  les  cótes,  et  par  une  suite  tonte  naturelle 
a  consulter  tous  les  ouvrages  écrits  en  ces  trois  langues ,  et  contenant  des  vues  sur 
la  constitution  intime  des  ondes  liquides  et  des  vagues  de  la  mer  au  Urge  et  près  des 
cétes  De  plus,  ti  a  profité  de  plusieurs  voyages  qu'il  a  faits  en  Italie,  en  France  et 
en  Angleterre,  pour  se  mettre  en  relation  avec  les  savant  et  les  ingénieurs  qui  s'oc- 
cupent^  de  ces  difficiles  question,  et  pour  recueillir  leurs  opinions. 

«  C'est  ainsi  que  par,  vingt-cinq  années  de  recherche  assidues,  M.  Cialdi  est  par- 
venu a  rassembler  un  nombre  immense  de  faits  et  d' opinions  dont  l'ensemble  oint 
a  ses  propres  observations  faites  dans  le  cours  de  ses  longues  navigations  et  dans 
ses  explorations  sur  le  cótes,  constitue  le  fond  de  son  utile  traile 

«  On  se  fera  une  juste  idée  de  l'étendue  de  ces  recherches  quand  on  saura  que 
plus  de  cmq  cents  auteurs,  parmi  lesquels  on  compie  trente-cinq  Umbre  de  celle 
Academie,  sont  cités  dans  cet  important  travail  (1). 

«  L'exposition  que  fait  U.  Cialdi  de  tous  les  faits  qu'il  a  rassemblés,  de  toutes  les 
opinions  qu  il  a  recuillies  et  de  toutes  les  observations  qu'il  a  faites  lui-mème  est 
claire   nette,  précise  et  parfaitement  coordonnée  pour  arriver  au  but  qu'il  s' etait  pro- 

laLJT  T  Vécrimnt-Et  «  la  *>"#*  m  l'on  remarque  dans  quelques 
passages  de  son  Imre  pouvait  faire  croire  que  l'auteur  n'est  pas  encore  parvenu  à 
convaincre  tous  les  partisans  de  la  théorie  rivale,  le  lecteur  impaniai  resterà  cepen- 
iantconvamcu  apres  examen,  que  U.  Cialdi  a  parfaitement  établi,  par  des  preuves 
d  fatsurabondantes,  l'exactitude  de  la  théorie  qui  attribue  à  l'action  des  vagues 

Etc* rssr* m  celle  du  cm  liuoral  dms  les  atterrimlnts 

ta£  ì?  nT  fe'  Pr0fesS0re'  ch,e  ^uest0  «"Piente  ed  imparziale  esame,  e  questo 
lucido  ed  ordinato  ragionamento  del  sig.  de  Tessan  provi  la  fallacia  della  mia 

(i)  Gli  Autori  da  me  citati  sono  532  e  le  onere  In™   Iar     a  <,„    „„„„*  ,.  ,. 

*e  lette  e  que„e  citate  da  *  :  ,e  prime  assono"   It' MlZT3  T™  ^  *"*  * 

uÌlr7I°rJ-  SWU?  0Wra9e  ÌmprÌmé  "e  M-  Cialdi  ««■«  Sul  moto  ondoso  del  mare     e  su 

le  correnti  d.  esso,  specialmente  su  quelle  littorali.  M.  de  Tessan  rammrUm-   ,r"  ,      1 

ances  de  l'Académie  des  Sciences,  tome  LXII,  séance  du  U^mi)  ' T*  ^^  *?  t, 


600  SUL  PORTOSÀIDO 

dottrina  e  la  mancanza  dei  buoni  principii  ?  A  me  pare  che  chiaramente  mostri 
l'erroneità  delia  Sua.  Se  Ella  vuole  aver  la  fortuna  di  essere  con  Lui  come  vi 
sono  io,  bisogna  che  modifichi  ancora  la  Sua  teoria ,  e  venga  interamente  nella 
mia,  cui  si  mostrò  già  ravvicinato,  siccome  ebbe  a  notare  un  imparziale  e  dotto 
Critico  (1).  Allora  la  vedrà  applicabile  a  tutti  i  lidi  del  Globo,  allora  la  troverà 
ovunque  in  armonia  coi  fatti,  e  ne  potrà  ricavare  utili  risultamenti. 

Quanto  al  sig.  Chevallier,  Egli  non  emette  giudizio  intorno  alla  mia  dottrina, 
quantunque  sarebbe  stato  suo  interesse  di  farlo  quante  volte  avesse  avuto  armi 
per  combatterla.  Ma  senta  come  egli  parla  in  una  sua  speciale  e  commendevole 
scrittura  intorno  ai  lavori  marittimi  d'Inghilterra. 

«  Entre  Portland  et  Douvres,  et  entre  le  Iidvre  et  Calais,  le  galet  s' avance  en  general 
vers  l'Est  sous  V action  des  lames  que  soulèvent  les  vents  dominants  de  la  partie  de 
r  Ouest. 

«  Al  Chesil  Bank  les  galets  de  différents  formalions  soni  amenés  de  60  à  80  Mlomè* 
tres  de  distarne,  par  les  lames  que  soulèvent  les  vents  de  V Ouest  au  Sud  Ouest 

«  A  New-Shoreham:  ce  port  est  forme  par  Vembouchure  de  la  rivière  Adur:  la  còte 
à  V  Ouest  a  été  encore  successivement  attaquée  par  la  mer,  puis  envahie  par  le  galet, 
qui  dans  sa  marche  vers  l'Est  a  repoussé  dans  cette  direction  Vembouchure  de  la 
rivière  jusqu'à  plus  de  4  kilomètres  de  distance  » . 

Da  questi  fatti  da  Lui  con  molto  discernimento  raccolti,  da  altri  uguali  che 
per  brevità  taccio,  e  da  quelli  che  ho  riportati  nella  mia  Lettera  al  signor  de 
Lesseps,  dobbiamo  concludere  che  egli  dà,  come  me,  molto  più  valore  all'azione 
dei  flutti  nella  formazione  o  distruzione  degF  interrimenti,  di  quello  che  alle  cor- 
renti littorali  o  di  marea,  siccome  V.  S.  vorrebbe. 

Vengo  ora  alla  opposizione  che  si  riferisce  a  quella  parte  della  mia  teorica  da 
cui  Ella  crede  si  suscitasse  in  me  l'idea  del  trovato;  la  quale  si  è:  «  che  fallace  sia 
assolutamente  la  teoria  in  sé  stessa;  poiché  il  Cialdi  la  fonda  sulla  supposizione  che  il 
moto  progressivo  da  lui  attribuito  alle  onde  possa  paragonarsi  alla  corrente  di  un 
fiume  che  si  stabilisce  in  una  determinata  ed  immutabile  direzione,  e  corre  sopra  un 
letto  di  pur  determinata  e  costante  ampiezza  » . 

Niuno  al  mondo  ardirà  mai  chiamare  il  solo  geometrico  movimento  ondulatorio 
del  mare  uguale  al  corso  defluente  di  un  fiume.  Ella  maestrevolmente  ne  analizza 
la  diversità  da  ciò  che  quello  (in  alto  mare  ed  in  condizioni  normali  aggiungo 
io)  non  ha  una  determinata  ed  immutabile  direzione,  ma  muta  al  mutare  del 
rombo  dei  venti,  laddove  un  fiume  V  ha;  quello  non  corre  sopra  un  letto  di  de- 
terminata e  costante  ampiezza,  ed  un  fiume  sì. 

Quantunque  però  queste  sieno  le  sostanziali  differenze  tra  il  mare  ed  il  fiume, 
tuttavia  in  ciò  entrambi  convengono  che  sono  costituiti  da  una  massa  di  acqua 
le  cui  molecole  sono  fisicamente  eguali.  Che  se  la  natura  ci  mostrasse  vicino  al 
lido  (oltre  il  movimento  oscillatorio)  anche  un  reale  moto  di  trasporto  nella 
massa  di  acque  che  compone  l'onda,  specialmente  in  tempi  di  venti  forti,  per 
esempio  una  Sua  lama  di  fondo,  sarebbe  già  questo  un  altro  punto  di  somiglianza 
tra  l'uno  e  l'altro.  E  se  poi  si  desse  il  caso  di  una  corrente  littorale  che 
scorresse  nella  stessa  direzione  del  vento  regnante  e  dominante  di  un  dato  lido, 

(1)  Relazione  sul  libro  del  cottim.  A.  Cialdi  che  ha  per  titolo:  Sintesi  di  fatti  ecc.;  già  citato.  Letta 
alla  reale  Accademia  dei  Georgofili  dal  socio  ordinario  ingegnere  Felice  Francolini,  nell'  Adunanza  d< 
dì  11  agosto  1861.  (Estr.  dagli  Atti  dei  Georgofili.  Nuova  serie,  toni.  Vili,  p.  12). 


SUL  PORTOSAIDO  601 

come  per  esempio  in  quello  pelusiano,  sarebbe,  anche  per  quelli  che  niegano 
ogni  moto  di  trasporto  nell'onda,  una  causa  sufficiente  per  assimilare  sempre 
più  l'uno  all'altro.  E  se  la  massa  acquosa  del  mare  defluente,  sia  per  flutto- 
corrente,  sia  per  corrente  littorale  o  sia  per  tutte  due  le  cagioni,  potesse  dall'arte 
restringersi  tra  due  dighe  di  determinata  e  costante  ampiezza,  non  ne  consegui- 
rebbe tra  questa  massa  e  quella  di  un  fiume  un  altro  punto  di  somiglianza?  E 
se  finalmente  questa  massa  di  acqua  marina  defluente  tra  due  dighe  potesse  sot- 
toponi dall'arte  ad  una  quasi  costante  direzione  di  potente  vento,  non  avremmo 
ancora  un  altro  punto  di  somiglianza  tra  questa  e  quella  ?  Ed  allora  che  diffi- 
colta avrebbe  V.  S.  a  credere  che  il  moto  progressivo  di  questa  massa  possa 
compararsi  a  quello  della  corrente  di  un  fiume,  in  determinata  direzione  ed  in 
un  letto  di  determinata  ampiezza? 

Ma  teme  forse  che  l'acqua  del  mare  non  defluisca  specialmente  vicino  al  lido? 
be  pur  Ella  abbia  veduto  il  mare  in  tempesta  presso  una  spiaggia  della  costitu- 
zione fisica  di  quella  di  cui  trattiamo,  non  Le  sia  discaro  di  trovarne  qui  la 
descrizione;  ma  non  composta  da  me.  Perocché  se  io  Le  dicessi,  come,  oltre  a 
quello  che  potevo  apprendere  nel  lungo  esercizio  dell'arte  mia  intorno  al  moto 
nelle  onde,  quando  poi  mi  trovavo  nei  porti,  quasi  ad  ogni  tempesta  andavo  nei 
punti  dei  moli  più  esposti  al  mare  ad  osservare  gli  effetti  del  moto  ondoso  contro 
quegli  ostacoli  tanto  che  le  ondate  mi  coprivano  talvolta  dal  capo  ai  piedi  e 
servivo  di  zimbello  a  quei  curiosi  che,  all'asciutto  ed  in  distanza,  stavano 'ad 
ammirare  la  maestà  e  l'apparente  irregolarità  di  quei  moti;  se  Le  dicessi  che 
aure  e  non  poche  osservazioni  di  questo  genere  ed  in  ogni  stato  del  mare  ho 
tatto  tanto  nelle  spiagge,  quanto  nelle  coste  del  Tirreno,  dell'Adriatico,  del  Libico 
ove  stetti  per  oltre  un  mese  accampato  presso  la  foce  di  Rosetta;  nei  littorali  del 
Canale  della  Manica  e  dell'America;  se  tutto  questo  le  dicessi,  forse  poco  conto 
tarebbe  delle  mie  personali  osservazioni.  Dunque  farò  parlare  tre  Autorità  che 
saranno  più  fortunate  di  me. 

Ecco  come  il  sig.  Regy,  ingegnere  capo  di  ponti  e  strade,  descrive  questo  fe- 
nomeno nel  lido  di  Cette: 

«  Si  l'on  observe  la  mer  un  jour  de  témpete ,  on  l'apercoit  troublée  sur  plusieurs 
mila  au  large  par  les  sables  que  la  vague  a  soulevés,  et  que  les  courants  du  Ut- 
tomi  dans  la  panie  du  gol  fé  de  Lion  qui  nous  occupe ,  transportent  de  gauche  à 
droite  (precisamente  come  nel  golfo  di  Pelusio),  par  l'effet  combine  de  vents  du 
large  et  de  la  direction  de  la  còte,  uvee  des  vitesses  qui  atteignent  de  2'»  60  à  3  me- 
tres  par  seconde  devant  Cette.  On  dirait  une  rivière  marine  qui  Unge  la  plage , 
chargee  des  sables  que  les  vagues  lui  ont  livrés  (e  che  con  la  corrente  littorale 
trasportano,  aggiungo  io),  et  qu'elle  (ed  esseri»*  et  j ette  sur  le  rivage,  dans  les 
ansa  et  dans  les  ports.  En  passant  à  Cette,  entre  le  brise-lames  et  les  jetées ,  elle 
(ed  esse)  en  lame  dans  les  passes,  tous  les  ans,  de  80  000  métres  cubes  à  100  000 
metres  cubes  (1)b.  Que  l0  ,avoro  s[  yede  jn  tm(e  ]e  spjagge  ^.^  ^  djffe 

può  stare  nel  più  e  nel  meno  di  prodotto.  Passiamo  al  golfo  di  Pelusio 

ti  capitano  di  fregata  sig.  A.  Le  Gras  avverte: 
J,  Qufaniln  m  à  portSm  il  faut  se  méfier  des  courants  qui  portent  le  plus 
wvent  a  l  Est  et  quelquefois  avec  une  vitesse  *3«l  noeudes;  aussi  voit-on  fré- 

pllmt^namélÌOra'ÌOn  ^  UUOml  ^  '"  miterrmée  dans  le  Déparlement  de  IHèruult. 


602  SUL  PORTOSÀ1DO 

quemment  des  navires  venant  d'Alexandrie  dépasser  le  pori  et  forcés  de  louvoyer  pour 
s'élever  dans  l'Ouest.  Près  de  terre s  les  courants  subissent  plus  l'action  du  vent    .    . 

«  Les  courants  du  Nil  charrient  (in  tempo  di  piena)  une  grande  quantité  de  Union 
qu'ils  portent  dans  l'Est  sur  toute  la  còte,  qu'ils  modifient  sensiblement ;  ces  dépóts 
sont  considérables  à  Aboultir  et  sur  quelque  points  des  cótes  de  Syrie  où  Paccroisse- 
ment  des  plages  est  si  rapide  que  les  villes  de  Sour }  de  Sydon  s'enfoncent  dans  les 
terresj  et  les  ports  se  comblent  assez  rapidement.  Le  Nile,  dans  ces  moments  3  teint 
en  jaune  les  eaux  de  la  mer  a  plusieurs  lieues  au  large  et  charrie  quelquefois  des 
bancs  des  vase  noire  3  flottants  et  mobiles  ,  qui  ne  sont  pas  beaucoup  au-dessous  de 
la  surface,  mais  sur  lesquels  on  peut  passer.  Quand  les  courants  sont  violents ,  la 
vase  remuée  monte  presque  à  la  sur  face  et  prend  Vaspect  d'un  haut-fond  3  visible 
dans  des  endroits  où  les  cartes  marquent  du  fond.  Ces  bancs  de  vase  ne  sont  pas 
dangéreux  et  sont  facilement  divisés  par  le  passage  du  navire  (1)  » . 

Il  Padre  Guglielmotti  che,  come  registrai  nel  mio  libro,  visitava  i  lavori  di 
Portosàido  nel  febbrajo  18(34,  dopo  aver  descritto  il  ponte  a  giorno  che  formava 
allora  una  specie  di  molo,  ci  dice: 

«  Scrivo  per  mio  ricordo  che  non  vedo  altra  scogliera,  fuorché  dieci  o  venti 
tonnellate  di  scoglietti,  messi  attorno  alle  prime  coppie  di  pali  sul  lido  per  rin- 
calzargli; essendo  appunto  qua  la  montata  che  dal  basso  livello  della  spiaggia  e 
del  terreno  mena  al  ripiano  del  palco. 

«  Nondimeno  P  acqua  del  mare  spumeggia  e  fa  ritrosi  sotto  alla  diga  aperta. 
Continua  il  vento  di  ponente  alquanto  più  mite  che  nei  giorni  passati  :  ma  l'acqua 
che  mi  passa  dinanzi  da  sinistra  a  destra  è  sempre  torbida  e  la  sua  spuma 
è  gialla  ». 

Dunque  per  gli  effetti  nell'opera  della  quale  ci  occupiamo,  non  so  vedere 
come  V.  S.  possa  fare  soggetto  di  biasimo,  se  la  descritta  corrente  si  assimili  a 
quella  di  un  fiume. 

Non  è  essa  mossa  con  velocità  ben  superiore  a  taluni  di  questi  ?  Non  è  carica 
di  materie  ben  più  ancora  di  quella  di  tanti  fiumi?  Il  Tadini  assimilò  il  movi- 
mento dei  sabbioni  stessi  ad  una  corrente  di  acqua ,  e  non  credo  che  sia  stato 
mai  criticato  per  questo.  Ed  Ella  fece  di  più;  eguagliò  la  corrente  litlorale  a 
quella  di  un  fiume  quando  scrisse  :  «  E  questa  velocità  della  corrente  littorale 
non  può  cessare  ad  una  certa  profondità  sotto  la  superfìcie  del  mare ,  anche 
quando  è  fortemente  contrastata  dai  venti  contrarli,  come  avviene  che  un  fiume 
non  cessi  di  scaricarsi  in  mare  3  per  quanto  grande  sia  la  violenza  del  vento  che 
soffia  (2)  »  ! 

Teme  forse  che  P  arte  non  valga  a  restringere  una  massa  di  acqua  marina  in 
moto,  siccome  le  sezioni  di  un  fiume?  Ma  nel  mio  disegno  non  deve  pur  la 
corrente  marina  incontrare  l'ostacolo  frappostole  dalla  mia  diga  isolata  e  dal 
braccio  di  scoglièra  e  cosi  abbracciata  e  ristretta  passare  per  l'apertura,  relati- 
vamente angusta,  lasciata  tra  il  molo  massimo  e  la  diga  isolata  ? 

0  teme  che  questa  massa  di  acqua  ristretta  così  ed  obbligata  a  passare  per 
quelP  apertura  non  possa  avere  per  mezzo  dell'  arte  una  quasi  immutabile  dire- 

(1)  Consìdèratìons  générales  sur  la  Mediterranée.  Résumé  des  vents,  courantes  et  routes  de  cette  mer. 
Paris  1866,  pag.  181,  183. 

(2)  Sulla  corrente  littorale  dell'  Adriatico  ;  già  più  volte  citata,  pag.  497. 


SUL  PORTOSÀIDO  603 

zione?  Ma  quando  si  allineassero  queste  due  dighe  in  siffatta  materia  che  i  venti 
dominanti  e  regnanti  vi  dovessero  imboccare,  e  di  più  la  corrente  litlorale  già  si 
trovasse  naturalmente  defluente  nella  medesima  direzione,  come  in  Pelusio,  non 
avremmo  quivi  noi  le  stesse  condizioni  di  un  fiume? 

Ella  però  soggiunge:  «  Nel  caso  che  esaminiamo,  quelle  onde  che  il  Cialdi  vuole 
raccogliere  nel  suo  imbuto  sperando  di  spingerle,  con  velocità  in  ragione  inversa  della 
sezione  3  nel  canale  che  segue  V  imbuto  stesso,  non  costituiscono  certamente  una  mi- 
surata quantità  d>  acqua  fluente  come  un  fiume  h  giacché  al  di  sopra  della  bocca 
dell'  imbuto  resta  libero  V  amplissimo  spazio  del  mare  ondoso  da  cui  si  è  inteso  di 
separarle.  E  quindi  con  ciò  non  si  farà  altro  senonchè,  in  forza  appunto  degli  osta- 
coli che  le  onde  separate  dall'  alto  mare  incontrano  3  ammorzare  in  gran  parte  il 
loro  movimento  oscillatorio  verticale  non  meno  che  il  concomitante  movimento 
progressivo  ». 

—  Dunque  esiste  un  concomitante  movimento  progressivo  anche  per  Vostra 
Signoria  t  — 

Questa  obbiezione  complessa  unisce  insieme  molte  cose  già  dette,  ed  aggiunge 
un'altra  difficoltà:  quindi  è  in  gran  parte  risoluta  con  tutto  ciò  che  ho  già  ri- 
sposto: giacché  se  l'acqua  del  mare  corre  con  un  corso  simile  a  quello  di  un 
fiume,  vuoi  per  ragione  del  flutto  correi!  te,  vuoi  per  la  corrente  litlorale,  quale 
difficolta  di  poterne  abbracciare  una  data  quantità  specialmente  se  vicina  al  lido, 
e  farla  passare  ristretta  pel  collo  di  una  specie  d'imbuto?  Forse  che  nel  caso 
nostro  non  dovrà  certamente  introdurvisi  con  maggiore  velocità  dell'  ordinaria 
una  sufficiente  parte  di  quella  massa  di  acqua  che  defluisce  da  sinistra  a  destra 
di  che  sopra  ho  parlato,  la  quale  trovando  abbarrata  la  via  dal  molo  massimo  e 
dalla  diga  isolata,  dovrà  imboccare  nell'apertura  che  le  si  presenta  da  me  la- 
sciata a  2600  metri  dal  piede  di  questo  molo? 

E  che  sopra  la  bocca  dell'imbuto  resti  libero  V amplissimo  spazio  del  mare,  che 
importa?  Forse  che  avrei  dovuto  restringere  tutto  il  Mediterraneo  per  tenere 
spurgata  una  bocca  di  porlocanale  di  solo  quattrocento  metri  di  larghezza?  Allo 
scopo  mio  bastava  che  una  data  quantità  di  acqua  fosse  incanalata,  sospinta  e 
ristretta  tra  due  dighe  in  quel  dato  modo,  ed  in  quel  dato  punto,  per  costrin- 
gerla al  lavoro  forzato  di  spurgo  nella  bocca  del  Canale.  Né  l'amplissimo  ed  alto 
mare  che  resta  libero  al  di  sopra  della  diga  isolata  impedirà  mai  che  la  dighe 
laccian  da  dighe,  né  che  1'  acqua  nel  passarvi  con  notevole  velocità  non  debba 
correre  più  velocemente  ristretta  in  una  data  sezione.  Non  vede  che  V.  S.  ob- 
iettando così  mostra  di  confondere  il  concetto  dell'amplissimo  mare  in  alto 
mare,  avente  in  massima  il  solo  movimento  oscillatorio  geometrico,  col  concetto 
del  mare  in  vicinanza  del  lido  considerato  o  nel  mio  fluttocorrente  e  corrente 
litlorale  o  nella  Sua  corrente  litlorale  e  lama  di  fondo,  ma  sempre  sottostante 
alla  direzione  del  vento  dominante  e  regnante,  fatto  simile  tra  la  natura  e  l'arte 
al  corso  di  un  fiume?  Non  vede  che  l'amplissimo  spazio  del  mare  non  impedisce 
la  corrente  litlorale  quando  scorre  sotto  la  sferza  del  vento  cospirante  con  la 
corrente  medesima? 

Io  credo  fermamente  che  siffatta  corrente,  in  forza  della  sua  natura  e  degli 
agenti  che  la  sospingono,  ed  in  virtù  della  forma  e  direzione  degli  ostacoli  e 
aell  apertura  che  incontra  nel  mio  trovato  dovrà  sviluppare  quei  fenomeni  e 
produrre  quegli  effetti  che  con  tanta  nitidezza  e  verità  ha  descritti  il  chiarissimo 
ingegnere  architetto  Felice  Francolini  dinanzi  ai  Georgofìli.  Eccone  le  parole* 
Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Ottobre  1868.  40 


6Q4  SUL  PORTOSÀIDO 

«Le  onde  alsortire  dall'imbuto  aver  dovranno  una  velocità  proporzionata 
«  all'  altezza  del  regurgito  prodotto  dai  due  capi  della  diga  interrotta  e  dall'urto 
«  nella  scogliera;  quindi  una  velocità  molto  superiore  a  quella  impressa  loro 
«  dallo  spirare  dei  venti  e  dal  frangersi  sul  fondo  del  mare.  E  se  tale  velocita 
«  si  manterrà,  come  par  certo,  superiore  per  qualche  tempo  a  quella  inerente 
«  alla  sola  azione  dei  venti,  avrà  pur  anco  forza  di  trasportare  e  di  spingere  per 
«  un  certo  tratto  molto  più  materiali  di  quanti  ne  traeva  seco  per  effetto  della 
«  velocità  iniziale,  e  quindi  sbarazzerà  la  foce.  Essendo  noto  che  la  quantità  dei 
«  materiali  trasportati  da  una  corrente  è  direttamente  proporzionale  alla  velocita 
a  sua,  pari  le  altre  circostanze.  Non  pare  probabile  che  questo  aumento  di  ve- 
«  locità  prodotto  dal  regurgito  debba  cessare  appena  varcato  l'ostacolo  che  lo 
«  produce.  Ciò  non  avviene  certamente  nei  fiumi,  ove  a  ridosso  dei  pennelli  si 
«  trova  sempre  un  gorgo,  prodotto  appunto  dalla  celerità  maggiore  che  le  acque 
«  prendono  nel  sormontare  1'  ostacolo  e  nello  scaricarsi  al  di  sotto  di  esso.  E 
«  molto  meno  si  potrebbe  concepire  che  dopo  varcala  la  bocca  resultante  dalla 
«  interruzione  della  diga,  le  onde  dovessero  perder  subito  non  solo  la  maggior 
«  velocità  concetta  nel  passaggio,  ma  inoltre  una  parte  della  iniziale:  sicché 
«  dovesse  avvenire  piuttosto  un  insabbiamento  che  una  escavazione  (1)  ». 

(Continua). 


(4)  Francolini:  Breve  relazione  del  libro  Sul  moto  ondoso  del  mare,  del  Comm.  Alessandro  fratti, 
socio  corrispondente;  letta  nell'adunanza  ordinaria  del  U  febbraio  1867.  Atti  dei  Georgofih ,  INuova 
serie  T.  XIV,  Dispensa  2. 


PRINCIPI  DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE 

DEL   D.  GUSTAVO  ZEUNER 

Professore    alla    Scuola    Politecnica    di    Zurigo 

VERSIONE   DAL   TEDESCO 

m 

»l%    D.    ALESSANDRO    LUCCIIESINI   I.   C. 

(Cont.  V.  la  p.  451,  voi.  XVI  e  tav.  13,  voi.  XI) 

CAPITOLO  QUARTO. 

Sopra  le  proprietà  dei  corpi  solidi  e  liquidi. 

§46. 

I  principii  della  teoria  dinamica  del  calore  sono  stati  applicati  alla  ricerca 
de  la  proprietà  del  calore  dei  corpi  liquidi  solo  per  un  caso  speciale,  l'acqua, 
lab  applicazioni  sono  dovute  a  James  Thompson;  ma  questi  studii  hanno  con- 
dotto pero  a  risultati  la  di  cui  esattezza  venne  confermata  più  tardi  dalle 
esperienze  di  W.  Thompson,  e  di  Joule. 

Come  queste  interessantissime  ricerche  raffermano  nel  modo  il  più  bello 
la  nuova  maniera  di  considerare  il  calore,  così  non  tralascerò  di  trattarne  in 
seguito,  e  aggiungerò  anche  una  serie  di  studj   sopra  i  corpi  fluidi  e  liquidi. 

Si  deve  anche  qui  tener  conto,  come  già  si  fece  e  pei  gas  e  pel  vapore,  se 
A  corpo  che  si  prende  a  considerare  cambia  durante  l'esperienza  il  suo  stato 
ai  aggregazione. 

Noi  supporremo  sempre  l' ultimo  caso  cioè  ;  riterremo  che  il  corpo  resti 
nel  corso  degli  esperimenti  sempre  o  solido  o  fluido. 

Le  equazioni  fondamentali  del  cap.  I  valgono  anche  qui.  Sia  il  volume  del- 
1  unita  di  peso  del  corpo  v:  la  pressione  sotto  cui  si  trova  p,  nel  senso  ben 
inteso  di  cui  si  è  parlato  nel  §  4 ,  e  la  sua  temperatura  sia  t.  Sappiamo  che 
le  equazioni  generali  sono 

c=z7(4)-x(U)  (IIIa) 

dp       dv  (H) 

e  le  formole  che  danno  la  quantità  di  calore  necessaria  o  da  impiegarsi  perchè 
v>  p  e  t  crescano  rispettivamente  di  dv,  dp  e  di,  sono 

dQ=zXdp+Ydv  (I) 


606  principi 

in      Xdt  +  Cdv 

(*1\  (Ia) 

\dp) 
atm       Ydt  —  Cdp 

ìdJ\  W 

\dv) 

Possiamo  dare  a  queste  equazioni  per  adattarle  meglio  al  nostro  scopo  una 
forma  più  semplice.  Dapprima  noteremo  che"  l'equazione  di  Carnot  (52)  §  15,  è 

se  noi  riscaldiamo  il  corpo  (l'unità  di  peso)  a  volume  costante  di  d  t,  il  ca- 
lore necessario  a  ciò  è,  dietro  le  nostre  notazioni, 

d  Q  =  cì  d  t 

dove  cì  rappresenta  il  calore  specifico  a  volume  costante  ;  l'equazione  (I  a)  dà 
per  il  caso  che  ci  occupa,  essendo  d  v  =  0, 

dQ—-^-  dt 

\dpì 
e  quindi  ne  segue  per  tutti  i  corpi 

X  =  cA^)  (191) 

Se   invece   riscaldiamo   il   corpo   a   pressione  costante  il  calore  necessario 

a  ciò  è 

dQ  =  cdt 

dove  e  e  il  calorico  specifico  a  pressione  costante,  l'equazione  (I  b)  dà  allora, 
poiché  per  questo  caso  dp~09 

dQ=z  --|t-  dt 
\dvl 
e  quindi  ne  segue  per  tutti  i  corpi 

Y  =  c(¥)  (192) 

\dv  / 

Se  noi  sostituiamo  questi  valori  nelle  cinque  formole  precedenti,  ne  otteniamo 
le  seguenti,  che  valgono  per  tutti  i  corpi  in  generale, 

dt\  /dt\  /195) 


„(„+,)=(«-„>(»-•)(«-') 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  607 

A         d    \     i  d  t  \)        d   (      /  d  t\J  ,I/WX 

A  =  dp\c\j-v)\-Tv\c^Tp)\  (194) 


d  Q  =  Cìdt+  A^a  +  t)  d  v 
\dp) 


(196) 


dQ  =  cdt-^<^LÙdp  (197) 

\dv) 

Queste  equazioni  valgono,  come  il  loro  modo  di  derivazione  lo  dimostra,  solo 
nel  caso  che  cl  e  e  siano  variabili;  ma  anche  quando  con  esperienze  si  giunga 
a  conoscere  le  proprietà  dei  corpi  d'un  modo  più  preciso,  saranno  probabil- 
mente impiegate  sotto  questa  forma. 

Per  ora  le  nostre  conoscenze  su  queste  proprietà  sono  ancora  molto  scarse. 

Della  funzione 

sappiamo  solo  pei  corpi  solidi  e  fluidi  che  sotto  la  pressione  atmosferica  il 
volume  v  dell'unità  di  peso  cresce  uniformemente  colla  temperatura,  cioè 
che  il  coefficiente  di  dilatazione  si  può  considerare  entro  certi  limiti  come 
costante:  le  proprietà  solo  dell'acqua  sono  quasi  esattamente  conosciute,  ma 
sempre  però  sotto  la  pressione  atmosferica. 

Per  ciò  che  concerne  le  capacità  calorifiche  e  e  cv  conosciamo  solo  il  valore 
del  calore  specifico  e  a  pressione  costante ,  per  certi  dati  corpi ,  ma  sempre 
solo  nel  caso  della  pressione  atmosferica  ,  e  dalle  esperienze  di  Regnault  co- 
nosciamo che  que' valori,  pei  corpi  solidi  e  fluidi  variano  lentamente  col  va- 
riare della  temperatura.  11  calorico  specifico  a  volume  costante  ci  è  stato 
determinato  per  un  solo  metallo  in  un  modo  speciale  da  W.  Veber  (1).  Da 
queste  osservazioni  risulta  che  fino  adesso  per  un  caso  possono  determinarsi 
le  proprietà  dei  corpi  impiegando  i  principi  della  teoria  meccanica  del  calore. 

§47. 

Cominciamo  ad  occuparci  di  uno  studio  di  Thompson.  Supponiamo  che  si 
tratti  dell'unità  di  peso  di  un  corpo;  sia  il  suo  volume  a  zero  gradi  vi  e  a 
t°  sia  v:  allora  in  generale  si  ha: 

v=zvQ  +  av0t  (198) 

dove  a  è  il  coefficiente  di  dilatazione. 

(1)  Poggendorff  Annalen.  Voi.  20,  pag.  177. 


608  PRINC1PJ 

La  differenzazione,  considerando  la  pressione  atmosferica  costante,  dà 


&')==  «»> 


Chiamando  l'unità  di  peso  dell'acqua,  cioè  l'unità  cubica   (1  metro  cubo) 
a  0°,  y,  e  quello  del  corpo  r0;  il  Peso  specifico  di  questo  ultimo  è 

e-    li 
T 

o  poiché  il  volume  v0  dell'  unità  di  peso  della  massa  del  corpo 

To 
così 

0  £  y 

e  quindi  l'equazione  (199)  si  trasforma  anche  in 

d  t  \      e  y 


v0  = 


(r^'-i  « 


Supponiamo  adesso  che  la  pressione  che  prima  era  l'atmosferica  sia  aumen- 
tata di  dp,  ma  che  non  sia  stato  aggiunto  né  sottratto  calore  al  corpo  ;  allora 
per  l'equazione  (197),  ed  essendo  d  0  —  0,  avremo 


0==cdt-à<£p)dp 

\dv) 


dtAjfi+A  m 

dP        <du 

\dv  I 
che  per  la  equazione  (200)  diventa 

dtz=zA(a  +  t)«d  m) 

C  £  Y 

è  questa  l'equazione  la  quale,  sebbene  sotto  altra  forma,  è  stata  trovata  da 
Thompson.  Essa  somministra  il  modo  di  determinare  1'  aumento  di  tempera- 
tura d  t  in  funzione  dell'  aumento  di  pressione. 

Questa  equazione  non  può  esser  usata  che  nel  caso  in  cui  il  coefficiente  di 
dilatazione  a  possa  considerarsi  costante  da  0°  a  t ,  come  è  il  caso  in  gene- 
rale per  il  maggior  numero  di  solidi  e  liquidi. 

Per  esempio,  secondo  Regnault,  per  il  mercurio  a  —  0,00018155  da  0  fino 
a  100°;  di  più 

c~  0,05552,      £  —  15,596,      T  =  100° 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  609 

e  quindi  ne  segue  che,  calcolando  la  pressione  in  atmosfere   invece   che   per 
pressione  su  metro  quadrato, 

A  t  =  0,000,009  772  (a  +  t)  A  p 

dove  noi  abbiamo  posto  in  luogo  di  d  t  e  d  p  rispettivamente  A  t  e  A  p,  per 
introdurre  nella  formula  quantità  rappresentanti  variazioni  non  infinitesimali. 

Supponiamo  che  si  abbia  del  mercurio  a  differenti  temperature  iniziali  t,  e  au- 
mentiamo la  pressione  da  1  a  10  atmosfere.  Facciamo  quindi  Ap  — 9,  allora 
abbiamo  la  tavola  seguente: 


Temperature  iniziali  t 

Aumento  di  temperatura  A  t 

0° 

0,0245° 

25° 

0,0262° 

50° 

0,0284° 

75° 

0,0306° 

100° 

0,0328° 

L'aumento  di  temperatura  è  cioè  tanto  più  grande  quanto  più  grande  è  la 
temperatura  iniziale  ;  non  sarebbe  possibile  renderci  conto  di  questo  aumento 
coi  mezzi  d'osservazione  ordinarii. 

La  formola  di  Thompson  vale  anche  per  i  gas  permanenti;  ora,  poiché  secondo 
Regnault  il  coefficiente  di  dilatazione  è  presso  a  poco  egualmente  grande  per 
tutti,  e  che  oltre  a  ciò  il  valore  e  e  non  rappresenta  altro  che  la  capacità  ca- 
lorifica a  pressione  costante,  che  pure  secondo  Regnault  è  pressoché  costante, 
cosi  si  deduce  dalla  formula  (202)  di  Thompson:  che  tutti  i  gas  permanenti 
per  delle  temperature  iniziali  eguali,  e  per  eguali  aumenti  di  pressione 9  danno 
eguali  aumenti  di  temperatura. 

Per  l'acqua  però  la  formula  non  è  applicabile,  poiché  il  coefficiente  di  di- 
latazione a  è  variabile  ,  ma  si  può  trovarne  una  che  vi  si  adatta. 

Sia  v0  il  valore  dell'unità  di  peso  dell'acqua  a  0°,  e  v  quello  a  t° ;  dentro 
i  limiti  della  pressione  atmosferica  abbiamo 

v^Voil—at  +  Qp  —  ìP)  (203) 

dove   oc,  p  e  $  sono  costanti  che  secondo  Kopp  hanno  per  valore 

per  NaOa  25°  per  t  da  25°  fino  50° 

oc  ==  0,000061045  0,000065415 

p  =z  0,000007783  0,0000077587 

$  =  0,00000005754  0,00000003548 

Differenziando  1'  equazione  (205)  si  ha 

(dt\l. 1 


610  PRINCIPI 

dove  si  è  supposto  che  la  dilatazione   abbia  luogo  sotto  la  pressione  atmosfe- 
rica: sostituendo  questi  valori  nella  formula  (201)  si  ha  per  l'acqua 


dtzzz 


A(a  +  f) 


«  +  2p*—  5  frap- 


ponendo anche  qui  come  sopra  per  l'accrescimento,  A  t  e  Ap,  ed  osser- 
vando che  per  P  acqua  e  ±à  1  e  v0  =  0,001  e  calcolando  la  pressione  A  p  in 
atmosfere,  si  ha 


A  t  =  0,02457  (a  +  t)  (—  a  +  2  M  —  5  fr  *2)  A  p 


(205) 


Con  questa  formola  è  stato  calcolato  il  quadro  seguente,  che  si  accorda  coi 
risultati  delle  esperienze  di  Joule  (1). 


Temperatura 

Aumento 
di  pres- 
sione   A  p 

AUMENTI  DI  TEMPERATURA  A  t 

dell'acqua 

Dalla 

Dalle 

t°  C. 

in  atmosfere 

equazione  (205) 

esperienze  di  Joule 

1,2 

24,54 

—  0,0069 

—  0,0085 

5,00 

24,54 

+  0,0025 

+  0,0044 

11,69 

24,34 

+  0,0195 

+  0,0205 

18,38 

24,54 

+  0,0565 

+  0,0514 

50,00 

24,54 

-f  0,0547 

+  0,0544 

51,57 

14,64 

+  0,0544 

+  0,0594 

40,4 

14,64 

+  0,0454 

+  0,0450 

Si  vede  da  questi  numeri  il  quasi  perfetto  accordo  dei  valori  teorici  coi 
valori  ottenuti  per  mezzo  di  esperienze.  Al  dissotto  di  5°,9  di  temperatura 
la  compressione  produce  una  diminuzione  di  temperatura ,  al  dissopra  invece 
un  aumento. 

§48. 

Gli  studj  precedenti  ci  danno  il  mezzo  di  determinare  per  ogni  corpo  il 
calorico  specifico  Cì  a  volume  costante  ;  se  la  compressione  di  un  corpo  ha 
luogo  senza  aumento  o  diminuzione  di  calore,  l'equazione  (196)  dà 


dt 


(1)  On  the  Thermal  Efferts  of  Compressing  Fluids.  Phylosophical..  Magazine  V.  17,  1859  Maggio, 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  611 

e  quindi 

dP  —  -  JLiÈll 

\dp) 

Ma  in  generale  per  l'equazione  (195) 


quindi 


rfp_        e    ,  i    \dv) 

d-v—^^-^A^J^  (206) 

Con  questa  equazione,  quando  fossero  noti  tutti  i  termini  del  2.°  membro  po- 
tremmo determinare  l'aumento  d  p  della  pressione  corrispondente  alla  compres- 
sione di  volume^  (nell'ipotesi  che  sopra,  cioè  senza  aumento  o  diminuzione 
d.  calore).  Se  il  valore  di  dp  si  calcola  in  atmosfere,  e  se  si  pone 

e 

si  ha  " 

/  dj  \  2 

rff~~'l(        d)1033O>+7)  (207) 

Noi  possediamo  qualche  esperienza  sopra  la  compressione  dei  liquidi  di 
Arnie  (1),  come  anche  di  Colladm  e  Slum  (2).  Mi  servirò  dei  risultali  da 
loro  ottenuti  per  calcolare  il  valore  di  cit  poiché  per  l'acqua  ed  il  mercurio 
co  *  sono  noti  ;  secondo  questi  Fisici  si  ha,  quando  con  v  si  indica  il  vo- 
lume  iniziale  dell'  unita  di  peso  dei  liquidi,  la  relazione 

d  v  —  —  ii  v  dp 

dove  ,*  indica  il  valore   dedotto  dall'osservazione  di  Aimé  o  di  Colladon  e 
slurm.  Quindi 

dp_       l 

dv~      fi  v 
e  per  conseguenza,  dalla  (207) 

*_1—  *0354  A  (a +  0 
>te\Tv) 

S  ìl^Xjdt  ETÌ^ffi&Fk  PVg  '  £*        Ù  l 

pression  des  liquides,  ouences  ^an3  1827).   T.  v,  des  mante  étrangers.  -  Sur  la  com- 


612  PRINCIPJ 

Ora  il  valore  di  p,  dato  dalle  esperienze  di  Sturm,  Colladon  e  Aimé   è,   per 
l' aumento  di  una  atmosfera  di  pressione 

Secondo  Aimé  Secondo  Colladon  e  Sturm 

per  12,60  per  0° 

Per  il  mercurio  0,0000040  0,0000055 

Per  V  acqua  0,0000502  0,0000488 

Serviamoci  dell'  equazione  (208)  dapprima  per  il  mercurio. 
Dall'equazione  (200)  abbiamo  per  questo 

/  d  t\ s  y 

\  dv  ì       a 

dove  dovremo  porre  per 

e  —  15,596 

T  =  1000 

a  =  0,00018155 

Di  più  il  volume  dell'  unità  di  peso  del  mercurio  a  zero  gradi  è 

1 
v° —  13596 

ed  il  volume  v  a  12°,  6'  è 

n  jj     a       1,002287 
v  =  v0(i  +  at)=     155% 

Poniamo  questi  valori  nell'  equazione  (208)  e  poniamo  per  t  =  12°,  6'  serven- 
doci dapprima  del  valore  di  Aimé,  si  avrà  allora,  poiché  e  =  0,05552 

x=  — =  1,1257 

e  quindi  ne  segue  poiché  per  il  mercurio  il  calorico  specifico  a  pressione  co- 
stante secondo  Regnault  e  =  0,05552,  quello  a  volume  costante  cì  =  0,02965. 
Se  invece  si  ripetono  i  calcoli  per  le  esperienze  di  Colladon  e  Sturm,  si  ha 
per  t  =  0°,  dall'  equazione  (208), 

x  =  1,1466 

e  quindi  il  calorico  specifico  del  mercurio  a  volume  costante  è 

c{  =  0,02906. 

La  media  dei  due  valori  sarà 

c{  =  0,02955 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  613 

e  quindi 

—  =  1,1353 
come  pure 

e  —  c{  =  0,00397. 

Questi  valori  sono  stati  determinati  così  da  me  per  la  prima  volta,  ma  hanno 
bisogno  di  esser  confermati  dall'esperienza. 

Di  un'  importanza  speciale  è  la  determinazione  del  calorico  specifico  a  vo- 
lume costante  per  l'acqua. 

Dall'equazione  (204)  si  ha  per  l'acqua 

/dt\  = _ì 

\dvì  ~  '  v0  (—  à  -f- ;,2  pi  +  3  8  t 2) 

e  sostituendo  i  valori  di  «,  p  e  fr,  essendo  »0  =  0,001,  per  r=  12°,6'  si  ottiene 
(^H+(p000T0ll5672      e    »  =  <M>010004 


per  /  =  0° 

dt 


\dvì~~ 


e    v-z  0,001. 


0,000000061045 
Quindi  finalmente  per  l'equazione  (208),  e  impiegando  i  valori  di  Aimé, 


x  =  — =1,00185 


ed  essendo  c  =  l,  si  ha  il  calorico  specifico  dell'acqua  a  volume  costante 

cì  —  0,9981. 
Se  invece  si  fa  uso  del  valore  di  ja  dato  da  Colladon  e  Sturm 


x  =  ■ —  : 

~  1,000508 

e  quindi 

cì~ 

:  0,9995 

Le  media  di 

questi 

due 

valori  è 

e  quindi 

04_  = 

C 

:  0,9988 
=  1,0012 

c  —  cìzzz  0,0012. 


614  PRINC1PJ 

La  differenza  del  calorico  specifico  a  volume  costante  con  quello  a  pressione 
costante  per  F  acqua  è  piccolissima.  Ciò  che  potrebbe  conchiudersi  anche  a 
priori ,  osservando  che  F  acqua  per  la  compressione  subisce  un  aumento  ben 
piccolo  di  temperatura,  come  lo  dicono  i  calcoli  precedenti  e  le  esperienze  di 
Joule.  Ma  non  è  da  dimenticarsi  che  i  precedenti  risultati  esigono  la  conferma 
dell'  esperienza. 

In  un  modo  affatto  simile  si  potrebbe  trattare  degli  altri  corpi  liquidi.  Si 
potrebbe  ancora ,  ritenendo  i  precedenti  risultati  come  giusti ,  e  considerando 
approssimativamente  costanti  i  valori  di  e  e  cì9  risolvere  col  mezzo  delle  equa- 
zioni (195)  a  (197)  altre  questioni.  Ma  tali  studj  sono  troppo  elevati;  mi  sembra 
più  utile  di  ravvicinare  di  pari  passo  questi  studj  colle  esperienze. 

§  49. 

Fitì  qui  noi  abbiamo  supposto  che  i  corpi  non  variassero  nulla  affatto,  du- 
rante le  loro  modificazioni,  il  loro  stato  di  aggregazione.  Noi  andiamo  ora  a 
prendere  in  esame  il  caso  contrario. 

Il  passaggio  di  un  corpo  liquido  allo  stato  gassoso  è  stato  trattato  comple- 
tamente nel  Capitolo  III:  ci  resta  qui  a  considerare  il  passaggio  di  un  corpo 
solido  allo  stato  liquido,  a  studiare  cioè  la  fusione.  Noi  tratteremo  come  esempio 
speciale ,  il  passaggio  del  ghiaccio  allo  stato  di  acqua ,  o  della  fusione  del 
ghiaccio  ;  e  il  metodo  generale  si  adatterà  pure  alla  fusione  di  tutti  gli  altri 
corpi. 

Supponiamo  che  in  un  vaso  sia  contenuto  un  chilogrammo  di  ghiaccio  a  0°, 
e  sotto  la  pressione  di  un'atmosfera;  riscaldiamo  questo  ghiaccio,  mantenendo 
costante  la  pressione;  allora  il  ghiaccio  a  poco  a  poco  passerà  allo  stato  di 
acqua,  e  per  tutto  il  tempo  della  fusione  la  temperatura  si  manterrà  a  zero 
gradi,  fino  a  che  tutto  il  ghiaccio  non  sia  divenuto  acqua. 

A  partire  da  questo  momento  continuando  a  riscaldare ,  si  manifesta  un 
aumento  di  temperatura.  La  quantità  di  calorico  che  è  necessaria  per  trasfor- 
mare un  chilogrammo  di  ghiaccio  alla  temperatura  di  0°  completamente  in 
acqua  a  0° ,  è  noto ,  ed  è  dato  dalla  esatta  esperienza  di  De  la  Provostaye 

79,01 
o,  secondo  Regnault, 

79,06    unità  di  calore. 

Noi  faremo  uso  in  quanto  segue  del  valore  medio,  che  indicheremo  con  r, 
cioè 

r  =  79,055. 

Questo  valore  è  ciò  che  generalmente  si  chiama  il  calorico  latente. 

Da  questi  cenni  si  vede  che  i  fenomeni  della  fusione  sono  esattamente  come 
quelli   della  evaporazione.   Durante   il   passaggio    da   uno    stato    di    aggrega- 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  613 

zione  ad  un  altro  sotto  pressione  costante ,  come  abbiamo  di  già  notato ,  la 
temperatura  non  cambia,  quantunque  il  corpo  si  riscaldi.  Quindi  dobbiamo 
conchiudere  che  anche  nel  processo  della  fusione,  le  cose  si  passano  come 
nella  evaporazione ,  che  cioè  una  parte  del  calore  aggiunto  r  serve  a  vincere 
la  coesione,  un'altra  si  trasforma  in  lavoro,  poiché  durante  quel  processo  ha 
luogo,  come  è  noto,  un'alterazione  di  volume. 

Di  più  deve  ritenersi,  come  per  la  evaporazione,  che  il  passaggio  dallo  stato 
solido  allo  stato  fluido  si  effettua  continuamente  sotto  differenti  pressioni  e  per 
differenti  temperature,  e  che  anche  qui  la  temperatura  è  solo  una  funzione 
della  pressione  e  non  contemporaneamente  del  volume  della  massa ,  fintan- 
toché questa  massa  consta  di  ghiaccio  ed  acqua. 

Noi  possiamo  quindi,  come  per  il  vapore,  dividere  l'acqua  in  satura,  sopra- 
riscaldata  o  non  satura.  Sarà  acqua  satura  quella  che  per  la  più  piccola  sot- 
trazione di  calore  si  trasforma  parzialmente  in  ghiaccio  ;  essendo  per  es.  la 
pressione  un'atmosfera,  l'acqua  sarebbe  satura  a  0°;  se  invece  dovesse  to- 
gliersi a  pressione  costante  una  certa  quantità  di  calore  all'acqua,  prima  che 
essa  cominciasse  o  perchè  potesse  trasformarsi  in  ghiaccio,  allora  essa  sarebbe 
non  satura ,  o  soprariscaldata.  L' acqua  quindi  che  sotto  la  pressione  di  una 
atmosfera  ha  una  temperatura  superiore  a  0°,  è  sempre  non  satura. 

Se  la  pressione  alla  quale  è  sottoposta  l'acqua  fosse  differente  da  quella  di 
un  atmosfera,  allora  la  temperatura  di  saturazione,  o  come  altrimenti  si  dice 
la  temperatura  di  fusione,  sarebbe  pure  un'altra;  e  tutte  e  due,  la  pressione 
e  la  temperatura,  come  abbiamo  notato,  starebbero  in  un  rapporto  ignoto,  ma 
certo;  e  con  esperienze  potrebbesi  per  l'acqua  satura  determinare  una  curva, 
di  cui  le  ascisse  fossero  le  temperature  di  fusione,  e  le  pressioni  le  ordinate, 
precisamente  come  il  caso  del  vapore  saturo,  e  si  dovrebbe  perciò  procedere 
nello  stesso  modo.  Ma  la  specie  di  questa  curva,  come  lo  vedremo  in  seguito, 
differisce  essenzialmente  da  quella  del  vapore  in  questo,  che  la  temperatura  di 
fusione  del  ghiaccio ,  o  come  io  la  chiamerò ,  la  temperatura  di  saturazione 
dell  acqua,  vana  colla  pressione,  e  ciò  al  cominciare  del  punto  di  congela- 
zione; a  misura  che  l'abbassamento  della  temperatura  aumenta,  la  pressione 
di  saturazione  cresce ,  cioè  che  coli'  aumentare  della  pressione  si  ha  un  ab- 
bassamento del  punto  di  congelazione,  ciò  che  è  stato  completamente  con- 
fermato dalle  esperienze,  prima  di  James  Thompson  (1)  e  quindi  da  Clau- 
sms  (2) ,  e  teoricamente  è  stato  anche  dimostrato  da  William  Thompson  (3) 
H  pure  confermato  dalle  esperienze  di  Butisen  per  lo  spannacele  e  la  parafina, 
e  da  Hopkins  per  lo  spannacele,  la  cera,  il  solfo  e  la  stearina.  Le  seguenti 

cSus™101"  C°ndurrann°  anche  ai  valori  datì   da  James   Thompson  e  da 

Joi!)JrSaChenS  °f  'he  R°yal  S°CÌely  °f  Edimbur«h'  ™-  XV<  -  «  ^bridge  e  Dublin,  Matematica! 
(2)  Poggendorff's  Annalen,  Voi.  81,  pag.  168 


616  PRINCIPI 

Poiché  noi  avremo  in  seguito  a  fare  con  temperature  inferiori  a  0°,  e  con 
temperature  parte  positive  e  parte  negative,  cosi  è  utile  di  considerare  lo 
zero  della  scala  di  termometro  molto  più  basso ,  e  di  scegliere  lo  zero  asso- 
luto ,  cioè  —  275 ,  e  quindi  la  temperatura  del  punto  di  congelazione  del- 
l' acqua  sotto  la  pressione  di  un'  atmosfera  sarà  di  275°. 

Supponiamo  adesso  in  un  vaso  un  chilogr.  di  ghiaccio  sottoposto  ad  una 
pressione  p  (per  unità  di  superficie),  e  che  abbia  invece  della  temperatura  T0 
(temperatura  di  fusione)  quella  che  corrisponde  alla  pressione  d  p  ,  e  sia  T 
questa  temperatura  ;  si  può  domandare  quale  quantità  di  calore  è  necessaria 
affinchè  il  ghiaccio  si  trasformi  completamente  in  acqua  alla  temperatura  T. 

Sia  c0  il  calorico  specifico  del  diaccio  a  pressione  costante;  per  riscaldare  il 
ghiaccio  da  T0  a  T  occorrerà  la  quantità  di  calore 


,r 


c0dT 


Sia  r  il  calore  necessario  per  ottenere  dal  ghiaccio  alla  temperatura  T0  del- 
l' acqua,  pure  alla  temperatura  T0  sotto  pressione  costante  p.  (r  molto  proba- 
bilmente è  una  funzione  semplice  di  T  come  per  il  caso  dell'  evaporazione). 
r  in  generale  si  chiama  il  calorico  latente,  io  lo  chiamerò  calorico  di  fusione. 
Allora  la  quantità  di  calore  che  è  necessaria  per  ridurre  il  ghiaccio  in  acqua 
nelle  ipotesi  ammesse,  sarà 

T 

Q  =  fc0dt  +  r  (209) 

% 

quantità  che,  come  per  il  vapore  d' acqua,  la  chiameremo  il  calore  totale. 

§  50. 

Ma  durante  questa  operazione  si  eseguisce  un  lavoro  esterno.  Cerchiamo  di 
determinarlo.  Quando  il  ghiaccio  si  riscalda  da  T0  a  T  non  segue  fusione  di 
sorta,  ma  invece  ha  luogo  una  variazione  nel  volume,  quindi  il  corpo  vince  la 
resistenza  che  gli  oppone  la  pressione,  il  che   costituisce  un  lavoro. 

Noi  trascureremo  questa  variazione  di  volume,  essendo  piccolissima  per  rap- 
porto a  quella  che  ha  luogo  quando  il  ghiaccio  si  trasforma  in  acqua  ;  avremo 
così  solo  da  determinare  il  lavoro  che  si  effettua  durante  la  fusione. 

Sia  v  il  volume  dell'unità  di  peso  dell'acqua  a  f;  w  quello  del  ghiaccio 
alla  stessa  temperatura.  Abbiansi  in  principio  M  chilogr.  di  ghiaccio  senza  ac- 
qua: allora  il  suo  volume  è 

Mw  (210) 

ed  alla  fine  del  riscaldamento  sotto  pressione  costante  p ,  chiamando  la  quan* 
tità  di  acqua  m,  il  volume  della  massa  sarà 

(M  -f-  m)  w  — -  m  v  =  Mw  +  m  (v  —  tv)  (211) 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  617 

li   lavoro   esterno    è    dato    da   /  p  d  v  ;    integrando    fra    i    limiti    Mw    e 
MwA-m  (v—  w),  ed  osservando  che  p  è  costante,  avremo 

m  p  (v  —  tv) 

per  questo  lavoro,  cui  corrisponde  ad  una  quantità  di  calore 

W  =  m  A  p  (v  —  tv); 

e  se  anche  qui  (come  per  il  vapore)  si  indica  con  u  la  differenza  di  volume 
dell'unità  di  peso  dell'acqua  v,  e  quella  del  ghiaccio  tv,  la  quantità  di  calore 
sarà 

W=m  A  pu  (212) 

e  quella  per  un  chilogrammo  di  ghiaccio  trasformato  in  acqua 

W—Apu  (215) 

Il  calore  totale  è  noto  per  V  equazione  (209).  Se  noi  da  quello  togliamo  il 
calore  di  fusione  trasformato  in  lavoro  esterno,  si  avrà  il  calore  contenuto  nel- 
l'acqua,  che  indicheremo  anche  qui  con  /, 

J~Q  —  A  pu.  (214) 

Questo  valore  mostra  che  è  contenuto  più  calore  in  un  chilogrammo  di  acqua 
a  T°  che  non  in  uno  di  ghiaccio  alla  stessa  temperatura,  supposta  la  pressione  p 
eguale  in  tutti  e  due  i  casi. 

Se  l'unità  di  peso  del  ghiaccio  avesse  a  bel  principio  la  temperatura  corri- 
spondente a  quella  di  fusione  T,  e  si  dovesse  trasformare  in  acqua  sotto  la 
pressione  p  corrispondente  a  quella  temperatura,  il  calorico  necessario,  secondo 
quanto  abbiamo  detto,  sarà  r. 

Ora,  poiché  anche  qui  la  quantità  di  calore  Apu  è  trasformata  in  lavoro , 
il  valore  ?  è  dato  da 

P  =  r  —  Apu  (215) 

differenza  fra  il  calore  contenuto  in  un  chilogrammo  di  acqua  satura  alla  tem- 
peratura T  e  quello  contenuto  nel  ghiaccio  ad  eguale  temperatura  e  pressione. 
Io  chiamo  p  il  calore  latente  interno  dell'  acqua  satura.  Al  calore  Apu  tra- 
sformato in  lavoro  si  può  dare  un'altra  forma. 

Supporrò  di  nuovo  che  in  un  vaso  si  trovino  M  chilogr.  fra  ghiaccio  ed 
acqua,  cioè  (M  —  m)  chilogr.  di  ghiaccio  e  m  chilog.  di  acqua,  sottoposti  alla 
pressione  p.  Essendo  (v—  w)  =  u  il  volume  di  quella  massa,  sarà 

V  —  M  w  +  m  u 


618  PRINCIPI 

e  quando  il  peso  di  tutta  la  massa  sia  un  chilogrammo,  e  si  indichi  il  suo  vo- 
lume con  vf  sarà 

v  =  tv  +  wi  u. 

Si  somministri  in  un  modo  qualunque  a  questa  massa,  sotto  pressione  co- 
stante ,  la  quantità  di  calore  d  Q ,  facendo  sì  che  rimangano  costanti  durante 
questa  somministrazione  di  calore  le  temperature;  i  volumi  v  e  tv  reste- 
ranno pure  invariabili ,  inquantociiè  essi  sono  funzioni  di  /.  L' accrescimento 
di  volume  sarà 

d  v  =zu  d  m.  (216) 

Ma  la  quantità  di  calore  da  aggiungersi  affinchè  la  temperatura  resti  costante 
e  la'  quantità  di  ghiaccio  d  m  si  converta  in  acqua,  è 

dQ  —  rdm  (217) 

e  per  l'equazione  (216) 

d  Q  =  —  d  v. 
u 

Ma  per  questa  quantità  di  calore,  le  equazioni  fondamentali  (I)  e  (I  a)  danno, 
nel  caso  che  durante  il  processo  rimangano  costanti  la  temperatura  e  la  pres- 
sione, cioè  che  sieno  d  p  =  0  e  d  £  —  0, 

dQ  =  Ydv  (219) 

e 

dQ=7IT,dv'  (220) 

\dp) 

Da  queste  tre  ultime  equazioni  si  ha 


Fz=~  (221) 

u 


o  anche 


u~/dlK  (222) 

\dp) 


precisamente  come  per  l'evaporazione.  Ma  ora  sappiamo  che 

C  =  A{a+f)  =  AT 

dtz=d  T 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  619 

e  poiché  noi  trattiamo  il  caso  dello  stato  di  saturazione,  per  cui  la  pressione  p 


è  funzione  di  T, 


dp  _       r 

dl'~AW7-  (225) 


e  quindi  anche  per  la  formazione  dell'acqua  la  quantità  di  calore  trasformato 


in  lavoro  è 

A  p  u  —  — £- — 

T  it  (224) 

d  t 

§  51. 

I  precedenti  studii  costituiscono  i  principi  per  poter  giudicare  del  processo 
di  fusione.  Disgraziatamente  abbiamo  poche  esperienze,  colle  quali,  anche  ahi- 
tati  dalle  equazioni  precedenti,  poter  dedurre  una  conclusione;  ma  per  quanto 
ce  lo  permettono  le  esperienze  note,  procederemo  nelle  nostre  ricerche  teoriche 

botto  la  pressione  atmosferica  la  temperatura  di  fusione  è  0°  o  J--2730 

II  volume  dell'unità  di  peso  dell'acqua  a  questa  temperatura  è 

v  =  0,001 
mentre  il  volume  dell'  unità  di  peso  del  ghiaccio  è 

V 

wz=z  0,001087. 

Di  più,  per  quel  che  precede,  il  calore  di  fusione  per  questa  temperatura  è 

r  =z  79,055. 
Con  questi  valori  si  ha 

u  =  u  —  w  —  —  0,000087 
un  valoro  negativo. 

Poniamo  questo  valore  nell'equaz.  (223);  allora  perla  temperatura  7^  =  275° 
o  per  il  punto  di  fusione  sotto  la  pressione  atmosferica,  quando  pure  noi  con- 
sideriamo dp  in  atmosfere,  invece  che  in  pressione  per  unità  di  superficie, 

dj>  =  ___         79,035.424 

o 

dp  _ 

^— —  136,53  (225) 

e 

Giorn.  Ing.  -  Voi.  XVI.  -  Ottobre  1868.  41 


620  PRINC1PJ 

Quest'ultima  equazione,  che  è  quella    che  J.  Thomson   ha  dato  per  il  primo, 

/  Thomson  dà  —  =  —  0,0075  ^  dimostra  il  risultato   sorprendente  ,    che   per 
\  dp  I 

un  accrescimento  della  pressione  p   (  nelle   vicinanze   del  così  detto  punto  di 

congelazione)   ne  consegue   una   diminuzione   della    temperatura    di   fusione; 

quindi  sotto  una  pressione  più  grande  che  un'atmosfera,  l'acqua  si  gela  prima 

di  aver  raggiunto  stemperatura  di  0°  centigradi. 

1/  esattezza  di  questo  risultato  è  messa  fuori  di  dubbio  dalle  esperienze  di 
W.  Thompson  che  ha  trovato  che  aumentando  la  pressione  da  8,1  a  16,8  atmo- 
sfere la  temperatura  di  fusione  di  ghiaccio  da  0°,059  passava  a  0,129°  sotto  0°: 
per  un  aumento  nella  pressione  di  un'  atmosfera  1'  abbassamento  di  tempera- 
tura era  da  0,00727  a  0,00767  che  si  accorda  perfettamente  coi  risultati  teo- 
rici qui  sopra.  Mousson  (1)  ha  per  mezzo  di  un  apparecchio  speciale  ottenuta 
1'  acqua  fluida  fino  a  —  20° ,  mantenendola  sotto  una  forte  pressione  (un  mi- 
gliajo  di  atmosfere)  :  anche  queir  esperienza  è  un  beli'  esempio  dell'  esattezza 
delle  precedenti  osservazioni. 

Si  considerino  le  temperature  T  come  ascisse,  e  le  pressioni  corrispondenti 
come  ordinate  ;  riunendo  i  punti  estremi  di  queste ,  si  avrà  una  curva  delle 
tensioni  per  1'  acqua  satura.  Per  la  determinazione  di  quella  curva  è  solo  noto 
un  elemento ,  e  precisamente  quello  di  cui  1'  ascissa  è  uguale  a  T  =  275  e 
1'  ordinata  p  =  1  atmosfera. 

Ma  dall'  equazione  (225)  si  ha 

dp  =  —  156.55  dT 

e  quindi  si  conchiude  che  la  tangente  in  questo  punto  è  pressoché  normale 
all'asse  delle  ascisse,  per  cui  la  curva  è  molto  verticale,  ed  al  crescere  delle 
ascisse  si  accosta  all'asse  delle  ascisse  stesse. 

La  curva  per  il  vapore  saturo  presenta  delle  proprietà  diametralmente  opposte. 

Se  si  supponesse  che  l'equazione  (225)  si  adattasse  anche  per  un  abbassa- 
mento di  temperatura  di  1°,  se  ne  concluderebbe  che  1'  acqua  potrebbe  sussi- 
stere sotto  una  pressione  di  circa  156  atmosfere,  poiché  essa  si  gela  per  -1°  CI. 
Questa  considerazione  dimostra  che  in  ogni  caso  lo  zero  del  termometro  e 
molto  stabile  e  che  solo  una  grande  variazione  di  pressione  può  dare  una  no- 
tabile differenza  nella  sua  determinazione.  Egli  è  noto  che  col  punto  di  con- 
gelazione non  si  potrebbero  determinare  le  variazioni  generali  della  pressione 
dell'atmosfera. 

Se  il  ghiaccio  è  sottoposto  ad  una  pressione  minore  dell'atmosferica,  allora  il 
punto  di  fusione  deve  esser  più  alto.  Sotto  i  recipienti  di  una  macchina  pneu- 
matica la  congelazione  dell'acqua  comincia  di  già  ad  una  temperatura  elevata; 
ciò  che  può  verificarsi  facendo  uso  di  un  miscuglio  di  acqua  e  di  ghiaccio 
sotto  il  recipiente  ;  la  temperatura  di  questo  miscuglio  deve  innalzarsi. 


(1)  Poggendorff's  Annalen,  T.  105,  pag.  161. 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  621 

Dappoiché  questo  fenomeno  è  passalo  finora  inosservato ,  ciò  che  prova  es- 
sere questo  innalzamento  negli  spazj  pressoché  vuoti  estremamente  piccolo  • 
per  determinarlo  occorrerebbero  {strumenti  ed  esperienze  speciali 

La  curva  delle  tensioni  dell'acqua  ha  un  andamento  rappresentato  presso  a 
poco  dalla  fig.  10.  0  è  l'origine  delle  coordinate;  le  ascisse  sono  le  tempera- 
ture ed  il  punto  Pl  corrisponde  a  +  1°  C.  e  P,  alla  temperatura  di  -  1»  C 
'e""13."6!  Punt°  °  é  0M  =  Ì  atmosfera,  poiché  l'ordinata  corrispondente 
a  -  1  Ce  circa  136;  mentre  quella  per  +  i"  è  quasi  0.  Gli  esperimenti  per 
riconoscere  1  andamento  della  curva  fra  0°  e  1»  non  dovrebbero  presentare 
grandi  difficolta,  e  dovrebbero  condurre  a  delle  conclusioni  interessanti  quando 
si  usasse  dei  risultati  unitamente  alle  formule  date  di  sopra. 

§52. 
L' equazione  (209)  darebbe  per  il  calorico  totale  dell'  acqua 

T 

Q=  fctdT+r; 

Questo  valore  dà  ancora  la  quantità  di  calore  da  fornirsi  al  ghiaccio  di  tem- 
pera ura  T0  sottoposto  alla  pressione  p  di  saturazione  corrispondente  alla  tem- 
peratura  T  per  innalzare  il  ghiaccio  prima  a  T'  e  quindi  per  averlo  trasfor- 
ma in  acqua  a  T-  e.  e  il  calorico  specifico  del  ghiaccio  a  temperatura  co- 
stante, per  il  quale  Person  (1)  dà  il  valore 

c0  =  0,5040 

valore  che  vale  solo  per  la  pressione  di  una  atmosfera ,  abbenchè  molto  prò- 
natalmente  debba  essere  quasi  costante  per  tutte  le  pressioni 
Prendiamo  quest'ultimo,  avremo 

Q  =  0,504  (T  -T0)  +  r 

Supponiamo  per  fare  un  esempio,  un  chilogrammo  di  ghiaccio  alla  tempe- 
ratura di7-0=365  (-I0-C.)  sottoposto  alla  pressione  atmosferica,  e  che  deb- 
fas,,  restando  costante  la  pressione,  trasformarsi  in  acqua;  la  temperatura  di 
saturazione  corrispondente  alla  pressione  di  una  atmosfera  è  r=275°  (0°CÌ- 
»  calore  quindi  che  bisogna  fornire,  essendo  T  =273  ed  r  =  79,035 ,  sarà 

Q  =  84,075  Calorie. 

(1)  Comptes  rendi»,  T.  XXX,  pag.  526.  -  Annate  de  chinile  et  de  physique   »  s  III   T  XX.  „  4M 
-  Poggendorff's  Annalen.  Voi.  U,  pag.  409.  P"J»ique.  ».  »i  ni.  T.  XXI  p.395. 


622  PRINCIPJ 

La  fusione  di  questo  ghiaccio  comincierà  quando  la  sua  temperatura  si  sarà 
innalzata  da  265°  a  273°  ;  e  per  questo  innalzamento  sarà  necessaria  la  quan- 
tità di  calore 

0,504  {T  —  T0)  =  5,040  calorie. 

La  quantità  di  calore  contenuta  nell'acqua  a  T°  allo  stato  saturo,  cioè 
sotto  la  pressione  corrispondente  a  quella  temperatura,  era  per  Fequaz.  (214), 

/  =  Q  —  A  p  u. 

Il  secondo  termine,  che  rappresenta  il  calore  trasformato  durante  la  fusione 
in  lavoro  esterno,  si  può  solo  determinare  per  la  temperatura  di  273°,  poiché 
per  le  altre  non  è  noto  l'andamento  della  curva,  e  quindi  l'equazione  (224) 
non  può  servire  alla  valutazione  di  questo  termine. 

Per  la  temperatura  T—'ìTò0  era 

w  =  —  0,000087; 

1 

di  più,  poiché  p  =  10334  ed  A  =  7^4»  si  ha,  per  questa  temperatura 

A  p  u  =  —  0,00212  Calorie. 

Di  là  un  altro  risultato  importante;  in  questo  caso  non  si  ha  calore  tra- 
sformato in  lavoro,  ma  precisamente  ha  luogo  il  contrario. 

Durante  la  fusione  del  ghiaccio  alla  temperatura  di  273°  (0°  C.)  dovrà  quindi 
il  lavoro  fatto  dalla  pressione  atmosferica  sottrarsi,  considerandolo  come  calore 
diminuito  nel  ghiaccio,  e  noi  troveremo  per  il  calore  contenuto  nell'acqua  a  0° 

/=  0  +  0,00212 

o,  quando  noi  supponiamo  che  il  ghiaccio  abbia  in  principio  la  temperatura  7'tì, 
ma  sia  durante  l'esperienza  sottoposto  alla  pressione  atmosferica, 

/■==  0,504  (273  —  T0)  +  79,035  +  0,00212  =s  206,629  —  0,504  T0 . 

Se  per  es.  la  temperatura  iniziale  del  ghiaccio  è  T0  =  265°,  allora 

J  =  84,077 
mentre  il  calore  fornito  sarà 

Q  =  84,075  Calorie. 

La  differenza  è  estremamente  piccola,  ed  essa  proviene  certamente  da  un  er- 
rore d'  osservazione  ;  infatti  il  valore  di  r  per  T  =  273  è  già  incerto  nel  se- 
condo decimale»  e  il  calorico  specifico  cQ  dato  da  Person   ha  subito  per  ulte- 


DELLA  TEORIA  MECCANICA  DEL  CALORE  623 

riori  determinazioni  anche  una  piccola  modificazione.  Quando  anche  si  possa 
supporre  che  per  la  temperatura  di  273°,  cioè  per  il  punto  di  fusione  sotto  la 
pressione  di  una  atmosfera,  la  quantità  di  calore  da  aggiungersi  Q  sia  eguale 
alla  quantità  /  contenuta  nell'acqua,  non  è  lecito  crederlo  per  gli  altri  casi, 
poiché  probabilmente  per  la  fusione  del  ghiaccio  sotto  altra  pressione ,  il  la- 
voro esterno  espresso  in  calorie  può  diminuire  considerevolmente  quando  la 
differenza  per  forti  pressioni  p,  fra  il  volume  v  dell'unità  di  peso  dell'acqua 
e  quello  w  del  ghiaccio  per  la  temperatura  corrispondente  a  questa  pres- 
sione,  sia  considerevole.  Se  di  più  il  valore  di  A  p  u  in  tutte  le  circostanze 
sia  negativo,  cioè  se  per  differenti  temperature  di  fusione  si  abbia  sempre  un 
volume  di  acqua  minore  di  quello  del  ghiaccio  ,  è  questa  una  questione  non 
anche  risolta. 

Il  lavoro  esterno  che  un  chilogrammo  di  acqua  riceve  come  calore  quando 
passa  dallo  stato  solido  al  fluido  sotto  la  pressione  dell'atmosfera  è 

p  u  =  0,899  chilogrammetri 

cioè,  come  risulta  dal  di  sopra,  sempre  molto  piccolo. 
Il  calore  latente  dell'acqua  finalmente  era,  per  l'equazione  (215), 

P  =  r  —  A  p  u. 

Anche  questo  valore,  che  pure  mostra  quanto  calore  contiene  in  più  l'acqua 
del  ghiaccio,  ad  uguale  temperatura  e  sottoposti  alla  stessa  pressione,  si  può 
solo  determinare  per  la  temperatura  di  273°,  e  si  ha 

p  =  79,035  +  0,002  =±  79,037. 

Questa  quantità  di  calorie  messa  sotto  forma  di  lavoro  dà  il  lavoro  totale 
necessario  per  trasformare  lo  stato  interno  dell'  unità  di  peso  del  ghiaccio  sotto 
una  temperatura  data,  affinchè  esso  si  riduca  in  acqua. 


Le  considerazioni  precedenti  dimostrano  che  il  fenomeno  della  fusione  dei 
corpi  è  rappresentato  esattamente  dalla  stessa  formula  che  vale  per  1'  evapo- 
razione ,  e  quando  per  conseguenza  per  mezzo  di  esperienze  sia  conosciuto 
esattamente  questo  fenomeno,  si  potranno  risolvere  problemi  simili,  come  ab- 
biamo fatto  nel  Gap.  III.  Disgraziatamente  però  ciò  non  è  possibile  adesso, 
poiché  le  esperienze  fatte  fino  a  qui  non  ci  somministrano  alcun  punto 
d'appoggio.  (Hm). 


'&' 


IL     CANALE     CAVOUR 

MEMORIA 

dell'  Ing.  Francesco  Ajraghi. 

(Vedi  pag.  554) 


Altimetria  del  Canale ,  sua  larghezza,  opere  varie  provvisorie,  ed 
opere  permanenti  di  difesa. 


NelP  antecedente  capitolo  abbiamo  veduto  qual  sia  l'andamento  topografico 
del  canale  e  la  portata  effettiva  dei  medesimo;  vediamo  ora  la  sua  altimetria,  la 
larghezza  e  costituzione  del  suo  fondo,  le  opere  provvisorie  e  quelle  permanenti 
di  difesa  occorse  ,  le  difficoltà  tecniche  speciali  che  si  sono  presentate  duranti 
i  lavori,  e  in  che  modo  queste  furono  vinte. 

Come  i  lettori  già  sanno,  e  come  vedesi  dal  profilo  longitudinale  della  Tav.  26, 
la  differenza  di  livello  fra  i  punti  estremi  del  Canale  è  di  metri  21,730.  Questa 
differenza  di  livello  tra  la  soglia  d'imbocco  alla  gran  chiavica  e  quella  di  sbocco 
è  equabilmente  ripartita  su  tutto  il  fondo  del  Canale,  che  si  può  ritenere  quindi 
avere  una  media  pendenza  di  0m,264  per  mille,  eccettuate  però  le  lunghe  tratte 
orizzontali  in  corrispondenza  alle  tombe  sotto  1' Elvo  e  sotto  la  Sesia,  ed  escluso 
il  fondo  dei  Ponti-Canali  e  loro  acquedotti,  nei  quali  fu  spinta  fino  a  0m,36  ed 
anche  a  0m,40  allo  sbocco  delle  principali  tombe  a  sifone,  e  fino  a  0m,50  alla  de- 
rivazione per  la  chiamata  d'  imbocco. 

A  meglio  dimostrare  il  numero  delle  livellette,  e  le  loro  lunghezze  e  pendenze, 
compiliamo  qui  le  risultanze  numeriche  del  profilo  : 


IL  CANALE  CAVOUR 


Numero 

delle 
Livel- 
lette 


Lunghezza 

in 

metri 


Caduta 

totale 

in  metri 


Pen- 
denza 
Kilome- 
trica 


UBICAZIONE 


6 

7 

8 

9 

10 

11 

12 

13 

14 

15 

16 

17 

18 

19 

20 
21 


Kil. 


1,000 
2,000 

7,473 


2,300 
26,  647 

180 
900 
1,000 
1,500 
1,610 
2,910 
7,620 
270 
1,090 
1,500 
1,000 
3, 570 
8,030 

1,400 

1,910 
4,090 
4,230 


0,500 
0,600 

1,868 


0,828 
6,662 

0,000 
0,360 
0,350 
0,450 
0,402 
1,  048 
1,905 
0,000 
0,371 
0,450 
0,270 
0,893 
2,007 

0,420 

0,478 
1,022 

0,846 


21,  730 


0,50 
0,30 
0,25 


0,36 

0,25 

0,00 
0,40 
0,35 
0,30 
0,25 
0,36 
0,25 
0,00 
0,34 
0,30 
0,27 
0,25 
0,25 

0,30 

0,25 
0,25 
0,20 


Chiamata  d'imbocco  dell'edifìcio  di  presa. 

Allentamento  dal  Kilometro  1.°  al  Kil.  3.° 

Dal  Kilometro  terzo  all'incontro  della  vallata 
del  fiume  Dora  Baltea,  ossia  alla  progres- 
siva 10,473. 

Caduta  dopo  il  Ponte-Canale  sulla  Dora  Baltea. 

Livelletta  continua  fra  la  Dora  e  la  tomba  sotto 
P  Elvo. 

Tomba  sotto  il  torrente  Elvo  (orizzontale). 

Caduta  a  valle  dell'edificio  sotto  l'Elvo. 

Raddolcimento  dopo  il  passaggio  dell' Elvo. 
^Continuazione  dello  stesso  raddolcimento  dalla 
l    progressiva  41500  alla  44610. 

Caduta  oltre  il  passaggio  del  torrente  Cervo. 

Allentamento  successivo. 

Tomba  sotto  il  fiume  Sesia  (orizzontale). 

Caduta  dopo  l'edificio  sotto  la  Sesia. 

Allentamento  oltre  la  caduta. 

Progressivo  allentamento  fino  al  Kil.  59. 

Lento  declivio  dal  Kil.  59  alla  progressiva  62,570. 

Livelletta  continua  fra  la  strada  di  Gargarengo 
e  l'imbocco  della  tomba  sotto  il  torr.  Agogna. 

Caduta  al  sottopassaggio  con  tomba  al  torrente 
Agogna. 

Raddolcimento  oltre  l'edificio  di  tomba. 

Caduta  oltre  la  tomba  sotto  il  torrente  Terdoppio. 

Sbocco  nel  fiume  Ticino. 

Lunghezza  totale  del  canale. 

Differenza  fra  la  soglia  di  derivazione  e  quella 
di  sbocco  in  Ticino. 


Nello  stesso  profilo  della  Tav.  26  osserviamo  pur  anche  come  dalla  Chiavica 
al  Chilometro  9,  l'ampiezza  del  Canale  sul  fondo  scemi  gradatamente  da  m.  40  a 
m.  20,  e  le  pendenze  in  questi  9  Chilometri  variino  in  modo  da  potersi  fissare  per 
intera  competenza  del  Canale  le  altezze  d'  acqua  di  metri  1,87  immediatamente  a 
valle  della  Chiavica  e  metri  3,40  al  Chilometro  9.  —  La  stessa  larghezza  sul  fondo 
ed  altezza  d'acqua  che  si  disse  avere  il  Canale  a  questo  punto,  continua  normal- 
mente fino  al  chilometro  62,570,  dove,  in  causa  di  due  considerevoli  derivazioni, 
quali  sono  la  Roggia  Biraga  e  la  Roggia  Busca,  il  canale  stesso  si  riduce  tosto 
dalla  detta  dimensione  di  metri  20  sul  fondo  a  metri  12,50,  diminuendo  altresì 
lo  spessor  d'acqua  che  da  metri  3,40  riducesi  a  3,20.  Continua  con  queste  di- 
mensioni e  spessor  d'acqua  fino  al  Chilometro  74,  ossia  fino  all'imbocco  della 
tomba  sotto  il  torrente  Terdoppio,  passato  il  quale  va  successivamente  stremandosi 
fino  a  metri  10  e  poi  a  metri  7,50,  e  in  pari  tempo  anche  lo  spessor  d'acqua  sì 
riduce  a  metri  3  fino  alla  costa  del  Ticino. 


6%Q  IL  CANALE   CAVOUR 

Sarebbe  a  dirsi  come  si  procedette  alla  sistemazione  del  fondo  del  Canale,  la 
cui  natura  essendo  in  molte  tratte  ghiajosa  e  quindi  permeabilissima,  dà  luogo 
a  considerevoli  emungimenti,  massime  negli  acquedotti  attraverso  le  vallate  della 
Dora,  del  Cervo  e  della  Roasenda;  ma  ci  spiace  di  non  poter  dare  dati  estesi 
per  la  plausibile  ragione  che  tale  opera  non  fu  per  anco  eseguita,  in  causa,  pri- 
mieramente, di  disparità  tra  il  progetto  della  Società  Concessionaria  e  quello  re- 
datto dall'Impresa  costruttrice,  e  secondariamente,  per  il  dissesto  economico  toc- 
cato alla  Società  assuntrice,  il  quale  obbligò  a  soprassedere  a  questa  e  ad  altre 
opere  complementari. 

Ora  però  la  Commissione  tecnica  nominata  dai  Sindaci  della  fallita  Società, 
nel  suo  lodo  arbitramentale  accolse  a  priori  le  proposte  dell'Impresa,  determi- 
nando di  tenere  in  osservazione  il  Canale  per  il  periodo  di  due  anni  allo  scopo 
di  meglio  verificare  le  località  ove  si  riscontrassero  delle  filtrazioni ,  ed  ese- 
guendovi in  tempo  utile  degli  abbondanti  gettiti  di  sabbia  e  di  minuta  ghiaja. 
Dopo  il  quale  periodo  di  tempo  il  fondo  dell'acquedotto  della  Dora  dovrà  essere 
rivestito,  nella  parte  in  rilevato,  di  un  selciato  di  grossi  ciottoli  infissi  sopra  un 
fondo  di  calcestruzzo,  in  modo  da  formare  una  crosta  dello  spessore  complessivo 
di  centimetri  30  e  disposta  ad  arco  dittico  concavo  con  una  depressione  nel 
mezzo  di  M.  0,40. 

Così  pure,  dopo  lo  stesso  periodo  di  due  anni,  anche  gli  acquedotti  del  tor- 
rente Cervo  e  della  Roasenda  dovranno  essere  rivestiti  di  un  selciato,  che  stante 
la  natura  argillosa  e  quindi  meno  permeabile  del  loro  fondo ,  sarà  formato  di 
semplice  sabbia  inaffìata  con  acqua  di  calce.  —  Il  costo  di  queste  opere  di  ri- 
vestimento, secondo  il  preventivo  degli  Arbitri,  sarebbe  : 

Per  il  rivestimento  della  platea  della  Dora,  =  2090m  X  20m  X  0m}30  = 

=  12540  m.c.  a  Lire  21,60  al  metro  cubo ,  di L.   270,864 

Per  il  selciato  della  platea  del  Cervo  e  della  Roasenda,  secondo  la  sud- 
detta prescrizione  degli  Arbitri,  =  3391m  X  23m  p=  77993  m.q.  a  L.  2 

il  metro  quadrato,  di »    155,986 

In  totale   L.   426,850 

Per  tutta  la  linea  del  Canale  le  scarpe  interne  non  murate  sono  inclinate  a  45°: 
inclinazione  riscontratasi  insufficiente  in  alcune  località,  dove  la  stratificazione 
del  terreno  troppo  sciolto  ed  arenoso  fece  sì  che  quelle,  nelle  lunghe  piogge  au- 
tunnali e  dopo  i  disgeli  primaverili,  franassero  quasi  completamente,  come  si 
è  verificato  negli  ultimi  chilometri  in  vicinanza  del  Ticino  ed  in  altre  località 
superiori;  talché  sarà  necessario  il  rivestire  le  sponde  con  muratura  mista,  op- 
pure con  selciato,  come  già  si  è  fatto  per  sole  breve  tratte,  in  corrispondenza 
di  alcuni  edifìcj  e  delle  più  risentite  curve;  od  anche,  come  si  è  usato  con 
buon  successo  in  altri  lavori  a  parità  di  condizione,  sostenendo  le  scarpe  con 
robuste  viminate  colleganti  una  ricca  piotazione,  alta  a  distruggere  l'eccessiva 
permeabilità  del  terreno.  Dal  fondo  del  Canale  elevansi  le  scarpe  inclinate  a  45° 
superanti  in  media  0m,25  il  pelo  d'acqua  massimo  fissato,  quindi  lo  scavo  forma 
banchina  larga  lm,50,  superiormente  alla  quale  continua  l'acclività  di  45°  fino 
a  raggiungere  la  strada  aizaja.  Negli  estesi  acquedotti  di  cui  facemmo  cenno, 
le  acque  scorrono  incassate  da  muri  di  sponda,  costrutti  sopra  una  oppor- 
tuna fondazione  di  calcestruzzo  ed  elevantisi  sopr,a  il  pelo  delle  massime  ac- 
que scorrenti  nel  Canale.  —  Questi  muri  sono  formati  con  ciottoli  avuti  in  parte 


IL  CANALE   CAVOUR  ggy 

toò^Tmurìit  ?"'!■  df  '."**  Per  la  formazione  del,'alveo  del  "«^0 
Cavo.       lai    mur   sono  legai,  da  cinture  di  mattoni  distanti  le  une  delle  altre 

eS rt'malt'e  I    a"a  S°ffimità  'V"'  C°UM  f°™anle  Sw2?£2 

a    e    drauHca  d    Pai      T  n™1" -gale  -fUr0n0  C°mp°Ste  di  Sabbia   torrentizia  <> 

Pure  d,  Palàzzofo  eh  ^r8"  """  S°n°  *'iVeStÌlÌ'  V6rS0  U  Cana,e'  di  c«° 

pure  di  mazzolo,  che  ha  qualità  em.nentemente  impermeabili,  superiori  di  molto 

a  quello  decantato  di  Grenoble  e  di  tante  altre  cave  si  nazionali  che  estere 

L'andamento  del  canale  dall'incile  alla  sua  confluenza  in  Seta  offre       alti 

neamenti  e  36  curve,  che  qui  compilo  a  maggiore  dimostrazion      el  a    avo  a  2  " 


Allineamento 


Numero 
delle 
curve 


Angolo 


99,  44 
1259, 61 
1459,  82 
805,  54 
198, 80 
4,27 
260, 18 
379,  26 
592,  61 
1305,60 
996,  61 
7483,  62 
1950, 10 
3721,  02 
10079,  91 
4761,  28 
1516,  07 
248,  92 
669,  08 
1424,  75 
2703,  52 
1222,  54 
946,  75 
432,  28 
1636, 59 
160,  25 
338, 04 
417,38 
1578,02 
2250,  96 
11107,34 
783,  75 
347,  07 
1178,20 
1706,20 
5853, 19 
1452,50 


K.73331,  07 


1 

2 
3 
4 
5 
6 
7 
8 
9 

10 
11 

12 

13 

14 

15 

16 

17 

18 

19 

20 

21 

22 

23 

24 

25 

26 

27 

28 

29 

30 

31 

32 

33 

34 
35 
36 


1080  0' 

1720  0' 

1660  30' 

1750  20' 

1550  36' 

1590  44' 

167°  22' 

1510  44' 

1590  44' 

1710  36' 

1570  6' 

1730  14' 

174°  16' 

1690  54' 

1570  14'  30" 

1680  58'  56" 

159°  23'  36" 

116°  26'  12" 

136°  45'  24" 

152°  41'  56" 

127°  36'  28" 


0" 

0" 

0" 

0" 

0" 

0" 

0" 

0" 

0" 

0" 

0" 

0" 

0' 

0" 


139°  30' 
173°  0' 
1370  H' 
113°  26' 
170°  0' 
114°  12' 
1520 
1320 
1510 
1510  24' 
1550  54' 
150°  9'  22" 
130°  57'  34" 
1430  2'  12" 
1390  52'  50" 


0' 
0' 

6' 


0" 
0" 
0" 
0" 
0" 
0" 
0" 
0" 
0" 
0" 
0" 


Raggio 
in  metri 


377 
1420 
420 
1220 
324 
400 
640 
500 
500 
500 
500 
500 
500 
500 
500 
500 
178 
130 
400 
1000 
1000 
500 
300 
500 
118,53 
500 
300 
700 
300 
2000 
500 
400 
700 
300 
300 
500 


Sviluppo 

suJl'  asse  del 

Canale 

in  metri 


473,  75 
198,  26 
98,96 
99,37 
137,98 
141,48 
141,12 
246,  67 
176,86 
73,30 
199, 84 
59,05 
50,03 
88,14 
198, 60 
96,  15 
64,02 
144,  22 
301,  89 
476,  49 
914,  42 
353,  44 
36,65 
373,  65 
137,  70 
87,26 
344,  48 
342,  08 
251,  32 
1008,  80 
249,  58 
168,  25 
364,  61 
256, 77 
193,  63 
350, 11 


Kil.     8898, 93 


Lunghezza  totale  dei  rettilinei, 
Sviluppo  compless.  delle  curve. 


628  IL  CANALE   CAVOUR 

Come  vedesi ,'  il  raggio  delle  curve  che  congiungono  i  diversi  rettilinei  è 
compreso  fra  i  limiti  di  118m,53  e  quello  maximum  di  2000™. 

Di  queste  36  curve,  18  dovranno  essere  rivestite  di  selciato  a  secco  o  di  malta 
per  la  parte  che  segue  la  concavità  del  Canale  e  per  un'  altezza  eguale  al  suo 
spessore  d'acqua,  più  0,30;  e  ciò  in  conseguenza  del  lodo  arbilramentale  dm 
periti  nominati  dai  Sindaci  della  fallita  Società,  che  decretarono  essere  tale 
opera  conforme  a  quanto  ebbimo  a  dire,  che  cioè  l'acclività  delle  sponde  non  e 
sufflcente  a  sostenere  le  terre,  anche  per  la  natura  permeabile  di  esse ,  che  la- 
sciando facilmente  scorrere  le  acque  fra  i  loro  meati,  fanno  sì  che  accadano 
corrosioni,  certamente  più  risentite  nelle  curve  dove  la  direzione  della  corrente 
batte  obliquamente  una  delle  sponde. 

Abbiamo  »ià  detto  come  all'intersezione  dei  principali  corsi  d  acqua  il  Canale 
sia  munito  di  appositi  scaricatori,  dei  quali  il  primo  è  già  descritto;  il  secondo  è 
anello  a  monte  del  Ponte-Canale  sulla  Dora  Baltea  che  riceve  e  convoglia  in 
questo  fiume  le  acque  esuberanti;  il  terzo,  che  regola  il  corpo  d'acqua  della 
tomba  a  sifone  sotto  il  torrente  Elvo;  il  quarto  quello  al  torrente  Cervo,  pure 
a  monte  del  Ponte-Canale;  il  quinto  in  fregio,  a  destra,  del  manufatto  sotto 
il  fiume  Sesia,  che,  mentre  serba  all'edificio  di  tomba  il  battente  di  m.  190, 
trasporta  in  tempo  di  piena  le  sovrabbondanti  nel  confinante  fiume;  quelli  a 
monte  degli  edifici  per  la  continuità  delle  Roggie  Rizzo-Biraga  e  Busca,  e  final- 
mente quelli  in  fregio  delle  tombe  pel  sottopassaggio  del  Canale  ai  torrenti 
Asosna  e  Terdoppio.  .   . 

Lungo  la  linea  del  grande  alveo  sono  disposti  19  Caselli  di  guardia  in  muratura, 
a  due  piani,  uno  terreno  ed  uno  superiore  per  l'alloggio  del  guardiano,  un  cor- 
tile ed  un  porticato  per  deporvi  gli  attrezzi  ed  i  materiali  più  ind.spensab. h 
alle  urgenti  e  piccole  riparazioni  al  Canale  nel  suo  esercizio  e  nel  tempo  degli 

^Suluìta  la  lunghezza  delle  laterali  arginature,  che  è  anche  quella  del  Canale, 
corre  la  strada  alzaja,  la  quale  a  distanza  di  cinquecento  metri  da  una  parte  e 
dall'altra  di  esso,  subisce  nella  sua  lunghezza  un  progressivo  regolare  allarga- 
mento,  in  modo  da  offrire  pel  ricambio  dei  veicoli  una  lunghezza  di  metri  otto. 

Ebbimo  già  a  dire  nel  primo  capitolo  di  quali  e  quanti  corsi  d  acqua  il  Canale 
Cavour  sia  attraversato  nel  suo  lungo  percorso  dal  Po  al  Ticino;  cosicché  e  facile 
comprendere  di  che  importanza,  quantità  e  specialità  dovettero  essere  le  opere- 
provvisorie  e  di  difesa  che  necessitarono  per  procedere  all'escavazione  de  1  alveo 
nonché  alla  fondazione  ed  elevazione  dei  relativi  edifici,  mediante  le  qua  .  opere 
si  poterono  cominciare  e  condurre  a  compimento  i  lavori  anche  in  tempo  di  piene 
dei  fiumi  e  torrenti  intersecanti  questo  gran  Cavo.  Le  copiose  quantità  d  acqua  che 
infiltravansi  pei  meati  del  terreno  e  che  colla  loro  azione  chimico-meccanica  fa- 
cevano ostacolo  ai  lavori  d'escavo  e  di  costruzione,  furono  raltenule  in  parte  d 
robuste  arginature,   in  parte  deviate,  e  le  sorgive  tolte  col  mezzo ,  di  apposi 
macchine  di  prosciugamento,  cioè  con  un   numero  considerevole  di  locomom 
della  forza  di  circa  8  cavalli  a  vapore  ciascuna,  le  quali  mettevano  in  movimen  e 
delle  coclee  della  lunghezza  dai  7  ai  9  metri  e  del  diametro  interno  compreso  tr. 
0  45  e  0,56,  nonché  turbine,  trombe  aspiranti  e  prementi  ecc.;  tranne  pero  in  arcui 
tratte   dove  le  stesse  sorgive  furono  allontanale  mediante  semplici  canali  tugator 

'  Per  dir  solo  delle  principali  opere  di  questo  genere,  citeremo   l'argine  lung 
650m  e  allo  più  di  4,  elevato  sulla  sinistra  del  Po  a  difesa  delle  opere  perle 


IL  CANALE  CAVOUR 

ficio  di  derivazione,  nonché  quello  pure  al  Po \  a  valle  dell'edificio  di  presa   a 
tutela  del  primo  scaricatore. 

Per  lo  scarico  delle  sorgive,  che  per  le  già  espresse  ragioni  riuscivano  consi- 
derevoli, si  è  aperto  un  apposito  canale  di  scolo  che  conta  più  di  5  chilometri  di 
sviluppo,  per  il  quale  si  poterono  fare  all'asciutto  le  fondazioni  e  le  costruzioni 
della  platea  d'imbocco. 

Il  principale  degli  accennati  cavi  fugatori  è  quello  che  per  lunghe  tratte  fu  aperto 
nel  fondo  del  Canale  e  nel  suo  asse  slesso,  e  che  mediante  bracci  secondari  sca- 
ricava le  sue  acque  nei  fiumi  e  torrenti  che  incontrava  ;  o  convogliava  le  acque 
nelle  finitime  roggie,  dopo  che  il  loro  letto  era  stato  ampliato  e  che  furono  ese- 
guite altre  opere  necessarie. 

Alla  Dora,  all'Elvo,  alla  Sesia,  all'Agogna  ed  al  Terdoppio  vennero  costrutte  im- 
portantissime arginature  per  la  deviazione  delle  loro  acque,  alle  quali  arginature 
se  ne  collegarono  altre  destinate  alla  difesa  delle  prime,  nonché  a  quella  dei  vi- 
cini cantieri  e  delle  latistanti  campagne.  Se  in  tanta  molteplicità  di  lavori  non 
si  ebbero  a  verificare  disastri  di  sorta,  lo  si  deve  all'intelligente  e  ben  coordi- 
nata distribuzione  delle  opere  di  difesa,  che,  eliminando  la  forza  distruttrice  delle 
confinanti  acque,  permise  di  proseguire  nell'ardua  intrapresa. 

La  sola  notevole  contrarietà  che  si  ebbe  a  lamentare  fu  la  piena  del  torrente 
Agogna  avvenuta  nell'ottobre  1864,  la  quale,  rotte  le  troppo  deboli  arginature 
che  difendevano  la  costruzione  della  sottostante  tomba,  si  scatenò  a  distruggere 
il  già  fatto  e  a  colmare  co' suoi  depositi  i  grandi  scavi  operati.  Rallentata  la 
piena,  si  applicarono  coclee  e  turbine  mosse  da  locomobili,  onde  liberare  e 
mantener  sgombro  dalle  acque  la  sede  invasa,  intanto  che  un  ben  immaginato  e' 
robustissimo  cassero  di  difesa,  formato  con  colonne  e  tavoloni  di  quercia,  riem- 
pito nel  suo  interno  di  terra  battuta,  opera  dell'ingegnere  Mantoani,  sorgeva  a 
riparo  delle  possibili  piene  venture,  opponendo  colla  sua  robustezza  e  felice  di- 
sposizione un  insuperabile  ostacolo,  per  modo  che  si  potè  ripigliare  ed  ultimare 
anche  la  costruzione  di  quest'importante  edifìcio. 

Sarebbe  a  parlarsi  di  altre  considerevoli  e  dispendiose  opere  costrutte  in  via  prov- 
visoria, quali  furono  il  ponte  di  servizio  sulla  Dora  Baltea,  quello  in  legname 
col  sistema  Americano  pel  servizio  provvisorio  della  ferrovia  Torino-Milano,  ed 
altri  sovra  corsi  d'acqua  minori;  nonché  di  Ponti-canali  in  legno  per  la  conti- 
nuità di  acque  private,  come  pure  di  strade  per  la  condotta  dei  materiali  sul  luogo 
dei  lavori,  ma  siccome  ci  dilungheremmo  di  troppo,  così  ci  contentiamo  di  averne 
fatto  cenno,  persuasi  del  resto  che  chiunque  possa  farsene  una  giusta  idea. 

A  perenne  difesa  degli  edificj  sul  Canale,  in  direzione  ortogonale  ai  corsi  d'ac- 
qua, vennero  fondali  sotto  il  letto  del  fiume  e  dei  torrenti  solidissimi  pennelli, 
rivestiti  di  prismi  di  calcestruzzo,  elevati  sopra  le  massime  piene  conosciute  e 
difesi  al  loro  piede  da  considerevoli  geliate.  Tanto  superiormente  poi,  quanto 
inferiormente  all'incontro  dei  manufatti  sopraccennali,  si  sistemarono  le  sponde 
e  si  fecero  importanti  rettifili  e  livellamenti  del  fondo,  costringendo  così  le  sbri- 
gliate acque  dei  torrenti  e  fiumi  a  passare  per  lunga  tratta  a  monte  ed  a  valle 
'dell'edifìcio  nello  stato  di  un  corso  d'acqua  stabile  e  regolare. 

L'occupazione  totale  del  terreno  per  l'aprimento  dell'alveo  e  relativi  depositi 
ascese  alla  rilevantissima  estensione  di  6,000,000  di  metri  quadrati,  non  tenuto 
vicolo  delle  occupazioni  temporanee  per  strade  provvisorie  ferrate  e  ordinarie, 
cantieri,  magazzeni,  officine,  depositi  di  materiali,  ecc. 


630  IL  CANALE  CAVOUR 

Per  gli  innumerevoli  movimenti  di  terra  che  si  dovettero  fare  in  questa  opera 
colossale,  non  potendo  economicamente  procedere  coi  mezzi  ordinari,  sia  per  le 
distanze  sia  per  la  natura  del  cammino  da  percorrere ,  si  costrussero  appositi 
tronchi  di  strade  ferrate  provvisorie,  con  vetture  speciali  trascinate  da  locomo- 
tive- e  si  ottenne  un  felicissimo  successo,  inquantochè,  mentre  nel  trasporto 
colle  carriuole,  coi  carri,  ecc.,  sopra  un  suolo  morto  lo  sforzo  di  trazione  e  »/« 
circa  del  peso,  sopra  un  binario  di  ferrovia  provvisoria  esso  varia  invece  fra 
*/i«  e  «««,  Si  calcoli  poi  che,  mentre  le  piogge  aumentano  lo  sforzo  di  trazione 
dei  carri  e  delle  carriuole  sulle  vie  comuni ,  al  contrario  scemano  l'attrito  sulle 
rotaie,  fino  a  ridurre  lo  sforzo  di  trazione  a  Vmo- 

Questo  sistema  però  è  applicabile  con  vantaggio  solamente  nel  trasporto  di  con- 
siderevoli masse  di  terre  ed  a  distanze  non  minori  di  500  metri,  come  era  il  caso 
in  questi  lavori,  dove  appositi  tronchi  ferroviari  del  complessivo  sviluppo  di  circa 
25  000  metri  di  binarj  erano  percorsi  da  locomotive  che  trasportavano  i  carichi 
di'terre  e  materiali  d'ogni  sorta  per  le  opere  maggiori,  quali  furono  quelle  per 
l'edificio  di  presa,  di  sterro,  d'interro  e  di  costruzione  alla  Dora,  al  Cervo  ed 

(Fine  della  parte  prima). 

Errata  corrige.  -  A  carte  555,  linea  16™,  invece  di  alterandosi  si  legga  alternandosi. 


LA  CHIESA  DI  SANT' ABONDIO  E  LA  BASILICA  DISSOTTO. 
LETTERE     COMACINE 

DI 

Camillo  Boito 

(Vedi   a  pagina    309.) 
III. 

Egregio  amico, 

La  chiesa  di  Sant' Abondio,  quella  che  si  ammira  oggidì  nelle  sue  vecchie 
forme  eleganti,  e  che  dagli  storici  fu  attribuita  air  antica  età,  cui  appartiene  la 
sotterrata  basilica  de' Santi  Pietro  e  Paolo,  non  può  non  essere  una  chiesa  co- 
strutta pei  monaci  intorno  al  mille.  Ce  lo  disse  il  monumento;  vediamo  un  po' 
se  lo  conferma  la  storia.  Né  occorrono  già  documenti  nuovi  od  inediti,  poiché 
quelli  che  dai  pazienti  e  sagaci  scrittori  delle  cose  comasche  furono  trovati,  ac- 
certati e  pubblicati,  bastano  cerio  al  bisogno.  Ed  io  sono,  vi  confesso,  assai  lieto 
di  non  dovere,  cacciandomi  nella  polvere  degli  archivii,  rosicchiar  pergamene; 
che  non  è  mestiere  a  cui  mi  ci  metta  di  voglia. 

Della  basilica  si  conoscono  poche  vicende  ed  incerte.  Lodovico  il  Pio  con- 
cesse con  suo  diploma,  Panno  818,  al  clero  di  essa  la  villa  di  Anucio ,  co' servi 
dell'uno  e  dell'altro  sesso  e  tutte  le  pertinenze,  oltre  certe  ragioni  d'acque 
verso  il  lago  di  Lugano,  proibendo  sotto  pena  di  100  libbre  d'oro  a' governatori 
e  giudici  dell'Impero  l'ingerirsi  o  nei  beni  o  negli  uomini  donati;  e  da  tale 
privilegio  larghissimo  si  raccoglie,  che  la  basilica  aveva  già  mutato  il  primo  titolo 
in  quello  di  Sant'  Abondio  e,  pare,  anche  di  Santa  Pelagia.  Dal  testamento  del  ve- 
scovo Valperto  si  conosce  poi  che  la  dignità  di  cattedrale,  venuta  anticamente 
dal  San  Carpoforo  al  Sant' Abondio,  era,  già  prima  del  914,  passata  dal  Sanl'A- 
bondio  alla  chiesa  di  Santa  Eufemia,  la  quale  fu  poi  di  San  Fedele,  e  nel  te- 
stamento è  detta  Mater  Ecclesia  e  Mater  basilica.  Ma  il  testamento  e  il  diploma 
sappiate  che  sono  di  assai  dubbia  autenticità;  la  qual  cosa  non  mi  rincresce 
affatto,  giacché  al  fine  mio  basta  il  sicuro  e  solenne  documento,  col  quale  Albe- 
rico, vescovo  di  Como,  Panno  1013,  istituisce  a  Sant' Abondio  un  monastero  di 
Benedettini. 

La  chiesa,  la  canonica,  P episcopio,  molti  possedimenti  e  rendite,  fra,  cui  son 
ricordati  i  formaggi  di  Ardenno  e  dì  Berbenno  e  le  trote  del  lago  di  Poschiavo 
e  dell'Adda,  furono  assicurati  al  monastero ,  minacciando  chi  vi  ponesse  mano 
d'eterna  maledizione.  Il  decreto  fu  confermato  in  Aquileia  da  undici  vescovi, 
oltre  Alberico,  cosi  come  Patto  di  fondazione  fu  sanzionato  da  un  sinodo  dioce- 


632  LA  CHIESA  DI  SAINT' ABONDIO 

sano,  a  cui  assisteva,  tra  molti  canonici,  diaconi,  suddiaconi  e  sacerdoti  di  San- 
f  Abondio  e  di  San  Garpoforo,  un  maestro  di  scuola.  V'accennai,  credo,  come  il 
clero  di  Sant' Abondio  non  impiegasse  allora  le  sue  rendite  in  onore  di  Dio;  la 
vita  mondana,  la  simonia,  il  concubinato,  le  altre  disonestà  dei  preti  di  quel 
tempo,  che  a  molti  pare  il  secolo  aureo  della  moralità  sacerdotale,  dovettero 
portare  scandali  gravi,  se  Alberico  si  decideva  a  lor  loro  ogni  possedimento  per 
darlo  a' monaci,  e  se  nello  stesso  atto  di  fondazione  faceva  cenno  della  lor  vita 
licenziosa  e  scialaquatrice.  Ne  crediate  che  questo  Alberico  fosse  un  vescovo 
santo.  Figuratevi  che,  per  pigliarsi  l'abazia  ricchissima  di  Bremo  in  Lomelina, 
e' caccia  in  carcere  il  superiore  e  due  monaci;  senonchè,  di  notte,  gli  altri 
monaci  mandano  al  letto  del  vescovo  San  Pietro,  che,  dopo  avergli  dato  infinite 
busse,  lo  fa  uscire  dal  convento,  e  lo  lascia  ,  solo  e  ferito  all' anguinaia,  morir 

sulla  via. 

Ma  re  Enrico,  a  porre  sempre  più  sode  fondamenta  al  nuovo  monastero,  non  solo, 
dandogli  in  dote  alquanti  beni  di  conti  rei  di  fellonia,  confermò  all'abate  Marino 
la  donazione  di  Alberico,  ma  ricevette  l'abazia  sotto  la  sua  real  protezione,  e 
condannò  in  100  libbre  d'oro  chi  osasse  molestare  quei  monaci;  ond' è  che  ai 
monaci  non  dovevano  in  sin  dal  principio  mancare  mezzi  per  provvedere  a' loro 
bisogni,  se  non  a'  loro  agi. 

Non  so  se  il  palazzo  episcopale  e  quello  che  serviva  al  Collegio  dei  canonici, 
che  fu  da  Alberico  portato  presso  Santa  Maria  Maggiore,  potevano  bastare  all'abi- 
tazione e  ai  refettorii  dei  frati  di  Sant'Abondio;  certo  è  che  la  basilica,  quale  ve 
la  descrissi,  era  disadatta  oltremodo  alle  necessità  ed  alle  convenienze  mona- 
stiche. 

I  due  locali  de'  lati,  la  larga  nave,  le  tribune  superiori,  le  braccia  trasverse  della 
croce,  s'adattavano  mirabilmente  all'uso  delle  prime  basiliche,  destinate  al  po- 
polo, aperte  a' fedeli.  Il  piccolo  abside,  con  la  sua  cattedra  vescovile  al  fondo,  i 
sedili  dei  canonici  in  giro  e  il  ciborio  dinanzi;  il  santuario,  che  si  poteva  na- 
scondere solamente  con  veli;  il  solca,  il  coro,  chiusi -da  transenne  basse  e  forse 
ornate  a  larghi  trafori:  tutto  ciò,  insomma,  che  serviva  al  clero  di  prima,  non 
poteva  acconciarsi  più  agli  ufficii  novelli.  Il  vescovo  benediceva  il  popolo,  cele- 
brava i  sacri  riti  pel  popolo,  voleva  essere  veduto  dal  popolo  ;  i  diaconi ,  lettori 
del  vangelo,  delle  epistole,  de' salmi,  de' sermoni,  montavano  sui  pulpiti,  che  al- 
zavansi  nella  nave  in  mezzo  a'  cristiani  ;  i  chierici  cantori  univano  fraternamente 
le  loro  voci  a  quelle  dei  fedeli. Nei  monaci,  all'incontro, questo  abbracciare  il  popolo 
non  andava:  talvolta  uscivano  a  compiere  pubbliche  cerimonie,  ma  per  poco,  e 
quasi  con  misteriosa  apparenza;  salmeggiavano,  predicavano,  leggevano,  uffiziavano 
in  chiesa,  quasi  sempre  per  conto  loro,  a  diverse  ore  del  dì  e  della  notte.  Ave- 
vano quindi  bisogno  di  un  lungo  coro,  di  un  vasto  spazio,  che  fosse  serrato  bene, 
e  che,  non  dividendoli  al  tutto  dal  resto  della  chiesa,  pure  li  nascondesse  agli 
sguardi  profani,  li  proteggesse  dai  romori,  serbasse  loro  queir  autorità,  che  viene 
dal  restare  serrati  in  sé. 

Or  egli  è  chiaro  che,  sebbene  non  ce  ne  resti  memoria,  il  primo  desiderio  dei 
Benedettini  dovette  essere  quello  di  rifare  su  tutt' altra  pianta  la  chiesa.  Né  della 
vetusta  basilica  si  potevano  in  alcune  parti  giovare,  tanto  le  forme  della  pianta 
erano  contrarie,  non  solo  a'  bisogni  nuovi,  ma  anche  air  indole  generale  dell'ar- 
chitettura d*  allora,  ed  ai  carattere  artistico  che  gli  edificii  monastici  avevano  da 
qualche  tempo  pigliato;  senza  dire  che  le  mal  costrutte  muraglie,  dopo  sei  se- 


E  LA  BASILICA  DISSOTTO  633 

coli,  dovevano  essere  tutte  ruinose,  e  i  pavimenti  e  le  soglie  erano,  come  oggi 
pure  si  vede,  logori  dal  lungo  stropicciare  de'  piedi. 

Ma  i  ruderi  delle  costruzioni,  che  si  dovettero  demolire,  non  furono  senza  un 
qualche  vantaggio;  anzi,  come  già  vi  dissi,  innumerevoli  pezzi  d'ornati  s'impie- 
garono a  formare,  posti  a  rovescio,  il  suolo  moderno,  e  qua  e  là  la  moderna 
fabbrica  murale.  Sicché  molti  marmi,  i  quali  facevano  bella  mostra  nel  portico 
di  Calpurnio  Fabato  o  in  altri  edifici  romani,  e' poi  furono  nascosti  nelle  mura 
della  basilica  de'Santi  Pietro  e  Paolo,  stettero  pure  lungamente  ignorati  in  quelle 
della  chiesa  di  Sant' Abondio.  Se  non  che  la  sagace  pazienza  del  sacerdote  Sera- 
fino Balestra  ha  saputo,  nei  restaurare  l'edificio,  scoprire  in  ogni  lato  della 
chiesa  quei  ruderi  venerandi. 

Una  lapide  dell'anno  556,  rovesciata,  sporgente  pochissimo  ed  infìssa  profon- 
damente nel  muro,  formava  una  piccola  lesena  esterna  del  coro.  Un  grosso  fram- 
mento ornato  stava  nella  finestra  più  d'accosto  al  campanile,  in  sul  lato  meri- 
dionale del  presbiterio.  Altri  frammenti  considerevoli  erano  nel  pilastro  che 
fiancheggia  la  facciata,  neil'  arcone  di  essa,  nella  portina  settentrionale  al  basso 
delle  spalle,  nelle  finestre  della  nave  di  mezzo,  in  quelle  laterali  del  coro,  in 
quelle  dell'  abside,  e  via  via. 

E  qui,  giacché  sono  entrato  in  questa  digressione,  non  è  inutile  dire  che  i 
pezzi  tratti  dalla  prima  chiesa  sono  tutti  in  marmo  di  Musso,  mentre  la  seconda 
ha  i  muri  a  corsi  orizzontali  in  pietra  di  Moltrasio,  alti  dal  più  al  meno  un  venti 
centimetri,  con  al  basso  il  rivestimento  di  alcune  larghe  lastre  di  serizzo,  tolte 
in  parte  a  edificii  romani,  e  con  le  cornici,  i  modini  e  gli  ornati  o  in  serizzo, 
oppure  anche  in  una  pietra  non  dura,  che  pare  si  lavorasse  talvolta  in  opera', 
come  mostrano  alcuni  ornamenti  appena  sbozzati  e  subito  interrotti.  All'alto 
dell'abside,  lì  dove  comincia  verso  mezzodì  il  semicerchio,  si  notano,  per  esempio, 
sulla  gola  che  corona  la  gran. cornice  ad  archetti,  alcune  fogliette  segnate  con 
lo  scarpello,  assai  leggiadre,  e  di  modo  bisantino  arieggiarne  il  far  greco,  che  è 
un  peccato  non  sieno  state  compiute  e  tirate  intorno.  Vedete  un  cenno  di  tali 
fogliette  e  della  cornice  dell'abside  nella  tavola  21. 

Del  resto,  Tanno  preciso  in  cui  la  basilica  del  V  secolo  fu  demolita  per  fon- 
darvi sopra  la  chiesa  de' monaci,  non  si  sa;  né  molto  probabilmente  sarà  mai 
dato  trovare  su  codesto  neanche  un  brandello  di  pergamena.  Ma,  per  conto  mio, 
non  credo  che  i  Benedettini,  benché  ne  dovessero  sentire  una  gran  voglia,  ab- 
biamo avuto  agio  sin  dal  principio  di  provvedere  al  nuovo  edifìcio.  Altre  cure, 
altri  vasti  restauri  per  ridurre  i  palazzi  a  monastero,  li  dovevano  tenere  ne' primi 
anni  occupali.  Forse  i  possedimenti  del  clero  di  Sant'Abondio,  lasciati  in  misero 
stato  dai  dissoluti  canonici,  stettero  un  pezzo  senza  produrre  larghi  utili;  forse 
le  altre  rendite  furono  per  un  tempo  non  breve  impiegate  in  parte  nel  miglio- 
rare la  cultura  di  quei  fondi  dilapidati.  La  basilica  poteva  intanto,  bene  o  male, 
servire,  o  dividendo  con  un  muricciolo  abbastanza  alto  la  nave  maggiore  dalla 
trasversa,  per  lasciare  al  popolo  quella,  questa  ai  monaci;  oppure  chiudendo  ai 
fedeli  addirittura  la  chiesa,  che,  sebbene  s'usasse  alcune  volte  dai  frati,  non  pare 
in  questo  caso  probabile. 
I  ,  Tuttavia  il  monastero  con  l'andar  degli  anni  diventava  sempre  più  ricco,  tanto 
1  i  lasciti  e  i  privilegi  vi  si  andavano  accumulando.  Nel  1027,  alcuni  cittadini  mi- 
lanesi  lasciarono  non  so  quali  somme  in  onore  di  Sant'Abondio;  ed  è  probabile 
;  cne  allora  la  chiesa  fosse  già  principiata,  e  che  quei  denari  venissero  appunto 


634  LA  CHIESA  DI  SAINT'  ABONDIO 

offerti  per  continuarne  la  fabbrica.  Sicché  nel  1063,  quando  Rainaldo  vescovo  fece 
una  larga  donazione  ad  Arderico  abbate  di  Sant'Abondio,  la  chiesa  poteva  essere 
bene  innanzi.  Ma  certo  la  costruzione  andò,  come  accadeva  sovente  negli  edifici! 
monastici  d'allora,  a  rilento.  Scelto  il  disegno,  stabiliti  i  fondamenti,  alcune  parti 
s'alzavano  prima,  lasciando  gli  addentellati,  altre  si  rimandavano  al  poi. 

Né  la  fabbrica  della  chiesa  doveva  essere,  in  verità,  cosa  spiccia.  Pensate  che, 
non  potendo  smuovere  l'orientazione  e  il  ciborio,  e,  dovendo  pure  allungar  di 
dietro  il  coro  e  le  absidi,  conveniva  necessariamente  demolire  tutte  quelle  stanze 
ch'erano  annesse  alla  prima  basilica  e  delle  quali  vi  tenni  in  dietro  parola;  né, 
demolendole,  bisognava  toccare  alle  tombe. 

Che  in  quelle  tombe  fossero  corpi  di  santi  lo  si  deduce  dal  Tatti  ne' luoghi 
de' suoi  Annali  sacri  di  Como,  dov'ei  mostra  che  alcuni  de' primi  vescovi  furono 
sepolti  nei  siti  annessi  alla  chiesa;  ma  la  prova  ci  viene  dalla  scoperta/ che  fece 
il  cardinale  Tolomeo  Gallio,  di  quattro  avelli  dopo  ed  appresso  al  muro  che  faceva 
il  semicerchio  verso  la  cappella:  ne' quali  avelli,  più  bassi  di  tutte  le  altre  tombe, 
si  trovarono  sei  scheletri,  coperti  di  drappi  molto  sottili  e  belli,  che  per  l'anti- 
chità, appena  tocchi,  si  risolsero  in  polvere,  salvo  uno,  il  quale  dalla  testa  ai 
piedi  era  coperto  di  una  stoffa  grossa  e  ruvida,  che  fu  stimata  un  cilicio,  e  sulla 
testa  aveva  un  drappo  d'oro,  che  può  essere  che  fosse  una  mitra.  Non  so  veramente 
se  nell'aprire  quegli  avelli  gli  astanti  sentissero  uscirne  un  soavissimo  odore,  come 
il  Ninguarda  narra  delle  tombe  che  stavano  dinanzi  al  semicircolo,  e  nelle  quali 
uno  de' corpi  aveva  a  destra  un  bastone  pastorale:  ottimo  argomento  infatti  per 
giudicare  che  si  trattasse  di  un  Vescovo. 

I  sei  scheletri,  non  ismossi,  rimasero  dunque  nel  recinto  del  presbiterio  ingran- 
dito ;  e  il  coro,  liberato  dalle  vecchie  costruzioni,  potè  alzarsi  maestoso  e  leggia- 
drissimo.  Fu  il  coro  dovunque  nelle  chiese  monastiche,  eccetto  in  casi  assai  rari, 
la  parte  più  ornata  all'esterno  ed  all'interno  dell'edificio,  mostrando  per  tale 
modo  di  fuori  ch'era  pei  monaci  il  luogo  più  importante  della  lor  chiesa.  Senza 
uscire  da  Como,  vedete  come  ci  restino  mirabili  absidi,  mentre  nel  rimanente  la 
decorazione  apparisce  di  semplice,  quasi  di  povera  forma:  basta  citar  San  Car- 
poforo  e  San  Fedele. 

Or  dunque,  assai  probabilmente,  il  coro  con  l'abside  maggiore,  e  le  testate  delle 
navi  con  le  quattro  absidi  laterali,  furono  costrutti  in  Sant'Abondio  un  po' prima 
del  resto;  talché  forse  i  frati,  valendosi  dell'altare  già  sacro,  che  restava  al  prin- 
cipio del  presbitero,  celebravano  e  pregavano  in  quella  parte  dell'edificio,  mentre 
i  muratori  e  gli  scarpellini  andavano  a  un  po'  per  volta  costruendo  i  campanili, 
le  navi  minori,  la  gran  navata  e  la  tribuna  sulla  porta  di  mezzo.  Il  fatto  è  che  la 
chiesa  non  fu  solennemente  consacrata  se  non  ottantadue  anni  dopo  la  fondazione 
del  monastero. 

Papa  Urbano  II,  che  da  Milano  aveva  confermato  all'abazia  tutti  i  beni,  innanzi 
di  avviarsi  al  Concilio  generale  di  Clermont,  andò  a  Como,  e  fu  in  Sant'Abondio. 
Ma  io  mi  voglio  dilettare  a  dirvi  la  cosa  in  latino  :  «  In  Civitate  Comi  Consecratio 
Ecclesia  S.  Abondii  Episcopi  et  Confessoris,  quam  venerabilis  Papa  Urbanus  se- 
cundus  cum  Cardinalibus  suis  septem  et  Episcopis  quinque  felicissime  conse- 
cravit  anno  videlicet  Domini  millesimo  nonagesimo  quinto  indictione  tertia.  Vere 
poenitentibus  et  confessis  indulgentiam  peccatorum  venialium,  et  partem  tertiam 
criminalium  dimittendo.  Praedictaque  indulgentia  est  tertio  nonarum  junii,  hoc 
est  tertio  die  intrante  mense  junio.  Sequenti  vero  die  consecravit  altaria,  videlicet 


E  LA  BASILICA  DISSOTTO  635 

Sanctorum   Adalberta  Rubiani,   Eupilii  et  Eusebii.  Dieta  vero  Indulgenza  tenet 
usque  ad  octavam  ». 

Or  come  si  spiegherebbe  egli  che  una  chiesa  vecchia  di  sei  secoli  venisse  a 
consacrarla  un  papa?  Or  come  si  spiegherebbe  egli  che,  non  solo  gli  altari  dei 
santi  Adalberto,  Rubiano,  Eupillio  ed  Eusebio,  nuovamente  collocati  nelle  quattro 
absidi  minori,  ma  il  dì  innanzi  e  con  si  sontuosa  cerimonia  consacrasse  Urbano 
di  nuovo  a  Sant'Abondio  lo  stesso  edificio,  che  da  tanto  tempo  era  già  intitolato  a 
quel  santo?  Avvertite,  vi  prego,  che  consacrare  è  diverso  da  benedire. 

Ma  questi  ostacoli  storici,  gravi  ed  evidentissimi,  non  valsero  a  vincere  Perror 
poetico  della  tradizione;  non  a  vincere  quello  degli  storici,  vecchi  o  giovani; 
non  a  vincere  quello  dello  scrittore  inglese  dell'arte,  dal  quale  i  più  degli  scrit- 
tori italiani  copiarono  docilmente,  non  solo  i  principii  suoi  e  i  criterii  sopra  l'ar- 
chitettura del  medio  evo,  ma  ben  anche  le  sentenze  avventate  e  le  false  notizie 
storiche  sui  nostri  edifìcii  d'Italia. 

Or  dunque,  per  venire  ad  un  dunque,  dal  Breve  pontificio,  che  è  indietro  citato, 
si  pufl  argomentare  che  intorno  al  1095  fu  terminata  questa  nostra  chiesa  di 
Sant'Abondio,  la  quale  si  prestò  ad  uno  strano,  ad  un  inesplicabile  equivoco 
nella  storia  dell'  arte. 

Ma,  lasciando  dalPun  dei  lati  le  cronache,  vo'dirvi  che  la  chiesa  de'Benedet- 
tini,  allorché  i  restauri  saranno  finiti,  si  vedrà  per  l'appunto  qual'  era  neli'XI 
secolo.  Il  professore  Serafino  Balestra ,  con  la  sua  ardente  e  veggente  passione 
per  le  vecchie  cose  dell'arte  cristiana,  altro  non  fa  se  non  estirpare  dall'edificio 
quelle  costruzioni  che  il  cardinale  Gallio,  intendendo  abbellirlo,  v'aveva  mala- 
mente innestato.  Fortuna  volle  che  i  miglioratori  non  si  dessero  la  briga  di  di- 
struggere, se  non  in  parte,  l'antico,  per  aggiungervi  le  loro  classiche  leggiadrie. 
Buttarono  giù  la  tribuna  sulla  porta  maggiore,  come  già  prima  era  stato  demolito 
il  portico  esterno  della  chiesa;  buttarono  giù  il  cancello  murato  del  coro:  ma 
nel  resto,  salvo  qualche  parziale  demolizione,  si  contentarono  di  otturar  le  finestre, 
per  aprirne  altre  con  novella  forma;  di  costruire  cinque  vòlte  sulle  cinque  navi 
dell'edificio,  per  nascondere  quella  pitoccheria,  come  dovevan  dire,  dei  tetti;  di 
chiudere  con  muri  le  absidi  e  le  testate  delle  navi  minori,  per  farvi  dietro  due 
sagrestie;  di  alzare,  seppellendo  le  basi  delle  colonne,  il  pavimento;  di  mutare 
la  forma  degli  altari,  levandone  uno,  e  di  fare  altre  modificazioni  parecchie, 
le  quali,  mentre  cambiavano  faccia  alla  chiesa,  pur  lasciavano  possibile  un  si- 
curo restauro. 

Né  don  Serafino  si  contenta  di  spogliare  le  membra  sode  e  graziose  del  suo 
monumento  dalla  veste  poveramente  sontuosa,  di  che  alla  fine  del  XVI  secolo 
aveano  voluto  arricchirle;  ma  tutte  le  ricerca  con  amorosa  prudenza,  rafforzan- 
dole dove  son  dal  tempo  infiacchite,  connettendole  dove  son  dislocate.  Nel  molto 
che  rimane  studia  la  forma  di  ciò  che  venne  distrutto.  Trova,  per  esempio,  della 
demolita  tribuna  gli  archi,  l'altezza  della  impostatura,  i  capitelli,  le  colonne, 
la  vòlta,  il  muricciuolo  che  serviva  di  parapetto,  gli  archetti  laterali  della  loggia 
superiore,  tutto;  e,  come  in  questa,  in  ogni  altra  parte  dell'edificio,  non  ha 
pace  finché  i  sassi  non  abbiano  risposto  a  ciò  di  cui  li  va  interrogando.  Non  è 
impaziente.  Dove  nasce  un  dubbio,  piuttosto  che  sciogliere  la  quistione  di  suo 
capo,  con  lo  studio  dei  riti  antichi,  delle  usanze  monastiche  o  degli  edifìcii  ana- 
loghi, aspetta;  e  il  serizzo  di  una  porticina,  dopo  un  anno  di  silenzio,  gli  sve- 
lava un  bel  dì  un  sottile  mistero.  Niente  è  inutile  per  lui;  tutto,  sino  al  più  voi- 
Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Ottobre  1868,  42 


636  LA  CHIESA  DI  SANT'  AB0ND10 

.are  pezzo  d'ornato  e  di  modanatura,  conserva  religiosamente.  Ha  la  fede  nell'arte 
e  nel  suo  buon  volere.  Figuratevi  che  cominciò  il  primo  di  del  giugno  1863  il 
colossale  restauro  con  un  fondo  di  venti  lire.  Vennero  a  un  po' per  volta  gli  aiuta 
dei  cittadini,  della  Provincia,  del  Governo;  ma  chi  si  ricorda  ciò  che- 1  edificio 
era  cinque  anni  addietro,  non  crede  che  venti  mila  lire  soltanto  sieno  bastate 

3  LMMemTpaziente,  il  vero  amore,  la  calda  fede,  come  vedete,  fanno  anche  al 
giorno  d'oggi  miracoli.  Il  lavoro  non  è  finito:  occorrono  tuttavia  non  pochi 
quattrini;  ma,  non  dubitate,  don  Serafino  toccherà  il  termine  della  sua  impresa. 
Oltre  i  sassi  del  monumento,  v'ha  pel  restauro  una  guida  preziosa  :  gli  Atti  di 
visita  del  vescovo  Ninguarda,  dei  quali  ho  toccato  sovente,  e  ne  quali  e 'descritta 
con  molta  precisione  la  chiesa  qual  era  innanzi  a' rinnovamenti  de  Gallio;  di 
modo  che  alcune  scoperte  ebbero  appunto  per  base  quelle  notizie.  Parla  il  vescovo 
di  un  muro,  che  attraversava  la  chiesa  e  la  rendeva  disforme  e  melanconica;  chiu- 
deva esso  i  quattro  altari  delle  absidi  laterali,  ed  il  coro  co'due  aitar,  che  gì, 
stavano  dentro,  l'uno  all'entrare  del  presbiterio,  dedicato  ai  Santi  Abona  io, 
Consolo  ed  Esuperanzio,  altare  che  non  fu  rimosso  dal  suo  luogo  dell  antica 
basilica,  l'altro  nell'abside,  dinanzi  alla  cattedra,  intitolato  per  memoria  ai 
Santi  Pietro  e  Paolo.  Ma  fuori  del  serraglio  del  coro  si  vedea  un  altro  aliare, 
dedicato  dai  monaci  a  San  Benedetto,  cinto  davanti  da  una  vecch.a  ferriata;  e 
sopra  vi  era  un  pavimento  e  come  una  loggietta  ornata  dì  marmi  lavorati ,  con  un 
luoqo  accomodato  per  cantare  l'Evangelio  all'uso  antico. 

Eccovi  dunque  chiarissimamente  descritto  qui  il  jubé  delle  chiese  abaziali,  col 
muro  che  separava  i  monaci  dal  popolo,  coll'altare  esterno  per  le  pubbliche  fun- 
zioni e  di  sopra  l'ambone,  a  cui  il  lettore  saliva  senz'essere  veduto,  con  i  due  altari 
interni,  uno,  quello  detto  delle  reliquie,  avente  al  dissotto  la  cripta  o  confessione, 
che  qui  consisteva  solo  nelle  tre  tombe  dei  vescovi,  l'altro  maltutinale,  destinato 
agli  uffizii  ordinarli  de' monaci.  E  l'edificio  conferma  la  descrizione;  giacché,  sotto 
il  pavimento,  stanno,  a  capo  della  nave  maggiore,  le  fondamenta  del  distrutto  altare 
e  pulpito  di  San  Benedetto,  e  nelle  colonne  si  scopre  l'innesto  del  muro,  forse, 
già  innanzi  al  XVI  secolo,  rialzato  dalle  primitive  misure.  Esso  tagliava,  come  po- 
tete vedere  nella  tavola  17,  le  navi  minori  alle  penultime  colonne,  chiudeva  l'ul- 
timo arco  dalle  due  parti  nella  navata  di  mezzo,  traversava  questa  navata,  for- 
mando una  specie  di  presbitero  sfondato  davanti  al  coro,  in  linea  retta  tra  i  due 
ultimi  piloni,  i  quali  dietro  a  loro  lasciavano  due  porte,  da  cui  s'entrava  nelle 
absidi  laterali  e  in  quella  sagrestia,  dove  pur  era,  al  dire  del  vescovo  Ninguarda, 
un  altare  per  celebrare  al  tempo  dei  grandi  freddi. 

Né  qui  finisce  l'aiuto  che  ci  porge  il  vescovo.  Si  sa  che  le  chiese  sino  al  XI 
secolo  erano,  salvo  rarissimi  casi,  coperte  a  vòlta  solamente  nelle  absidi,  nel 
coro,  sotto  i  campanili,  nella  tribuna;  il  resto  mostrava  all'alto  i  cavalietti,  ì 
correnti,  le  tavole  del  tetto.  Ma  tali  soffitte  erano  quasi  sempre  adorne  di  men- 
sole in  legno  o  di  capitelli  pensili  in  pietra  sotto  le  catene,  di  dipinti  a  meandri 
e  a  colori  sulle  faccie  dei  legnami.  Or  qui  in  Sant'Abondio  non  ci  sono  né  or- 
nati, né  mensole,  né  capitelli;  più,  alcuni  fregi  colorati,  contemporanei  o  quasi 
contemporanei  all'  edificio,  dei  quali,  sotto  a  certe  dipinture  del  XIV  secolo,  si 
vedono  larghi  resti,  toccano  proprio  alle  capriate,  lasciandovi  sotto  un  sottilis- 
simo incavo;  più,  nella  superficie  inferiore  de' grossi  travi,  che  formano  i  tiranti 
delle  capriate ,  si  trovarono ,  oltre  a  moltissimi  chiodi  ben  conficcati ,  le  tracce 


E   LA  BASILICA  DISSOTTO  637 

delle  commessure  delle  assi  in  linee  dritte  e  sottili,  prodotte  dall'azione  lunga 
della  polvere,  della  luce  e  dell'aria;  poi,  finalmente,  i  muri  del  presbiterio  e 
della  tribuna,  che  guardano  la  nave  maggiore,  non  terminano  a  frontispizio, 
ond'è  che,  senza  il  soffitto  piano,  avrebbero  lasciato  vedere  dall'una  e  dall'altra 
parte  il  solaio.  È  nata  però  nella  mente  a  don  Serafino  la  certezza  che  il  sof- 
fitto dovesse  essere  piano,  e  inchiodato  sotto  le  catene  del  tetto;  ma  ecco  che 
il  manoscritto  del  vescovo,  notando  come  ci  fosse  al  tempo  suo  sopra  la  nave  di 
mezzo  un  tavolato  tutto  guasto  e  fragile,  viene  a  confermar  l'induzione.  Il  tavo- 
lato è  ora  rimesso,  e  sarà  dipinto  alla  maniera  antica;  così  si  potessero  presto 
demolire  le  vòlte,  che  oggi  ancora  coprono  le  navi  estreme  ! 

(Continua). 


CUNEOMETRO 

e  metodo  facile  per  determinare  col  medesimo  la  forma  e  dimensioni  dei 
cunei  elicoidali  costituenti  le  volte  obblique  ad  arco  di  circolo  e  d'elisse. 

(Vedi  tav.  27) 

Una  delle  difficoltà  che  presenta  la  costruzione  in  pietra  da  taglio  delle  vòlte 
in  sbieco  è  certamente  il  tracciamento  dei  cunei  e  il  determinare  il  volume  e  la 
forma  dei  pezzi  di  pietra  occorrenti  per  ottenerne  i  varj  cunei  col  minimo  di- 
spendio di  materia. 

Il  cuneometro  che  noi  proponiamo  ci  sembra  che  debba  riuscire  di  molta  uti- 
lità nella  pratica  offrendo  il  mezzo  di  ottenere  con  sufficiente  esattezza  e  in  po- 
chissimo tempo  la  forma  e  le  dimensioni  dei  varj  cunei,  una  volta  che  se  ne  sia 
fatto  il  tracciamento  sull'estradosso  della  vòlta. 
Il  principio  su  cui  si  fonda  P  istrumento  che  proponiamo  sarebbe  il  seguente: 
Suppongansi  uniti  con  fili  elastici  (fig.  VII)  gli  angoli  r  b",  r'  u\  zu  e  b  b',  e 
con  una  curva  generata  dal  raggio  all'estradosso  della  vòlta  gli  r  r',  u'  b";  lo  spazio 
racchiuso  da  queste  linee,  fatta  astrazione  delle  parti  a'  z,  a  u,  rappresenta  in 
prospettiva,  un  cuneo  per  vòlte  rette.  Suppongasi  d'altronde  che  la  fronte  A  di 
questo  cuneo  possa  subire  tre  movimenti,  uno  rettilineo  d'alto  in  basso,  l'altro 
di  rotazione  sul  centro  z  e  V  altro  di  traslazione  da  destra  a  sinistra  mantenen- 
dosi costantemente  parallela  ed  equidistante  dalla  B,  è  evidente  che  misurando 
questi  movimenti  con  un  istrumento  come  apparisce  dall'ispezione  della  figura, 
sarà  facile  rilevare  con  molta  esattezza  la  forma  e  dimensioni  dei  cunei  elicoidali, 
fissata  che  sia  la  loro  base  sul  tamburo  della  vòlta. 
Ciò  posto  ecco  come  intendiamo  che  sia  costrutto  l' istrumento  in  questione: 
Siano  A,  A'  (fig.  VII)  due  fronti  in  ferro,  le  quali  dovranno  avere  la  larghezza 
all'intradosso  eguale  a   quella  del  cuneo  di  chiave,  e,  siccome  questa  larghezza 
varia  sulla  periferia  del  tamburo  (Vedi  fig.  VI  e  I)  sarà   d'uopo  aggiungere  la 
differenza  alla  larghezza  del  cuneometro  per  ogni  cuneo  che  si  rileverà.  L'altezza 

delle  due  fronti  A,  B  non  considerata  la  parte  sporgente  della  figura  u  b  u'  b" 

e  z  b'  r'  r)  dovrà  essere  eguale  a  quella  data  in  chiave  y  y  (fig.  IV);  la  distanza 
normale  fra  le  medesime  sarà  eguale  a  r  r'  sen  a  (fig.  I)  e  siccome  poi  per  la 
slabilità  delle  vòlte  si  richiede  che  1' armilla  abbia  all'imposta  uno  spessor mag- 
giore di  quello  in  chiave,  farà  duopo  determinare  anche  le  differenze  a  a\  b  V3 
ce...  (fig.  IV),  d'  aggiungere  superiormente  agli  spigoli  delle  fronti  A  B  (fig.  II) 
sul  prolungamento  dei  medesimi. 

Per  mostrare  come  ciò  si  ottenga  supponiamo  data  l' armilla  (fig.  IV),  della 
quale  sia  noto: 

Il  raggio  all'estradosso  o'  e'  —  R; 

quello  dell'arco  parallelo  all'intradosso  o  e  —  r ; 

lo  spessore  y  y'  in  chiave  ; 

e  quello  n  r  all'imposta  e  si  voglia  trovare  la  differenza  ce'  del  cuneo  V. 


CUNEOMETRO  639 

Si  avrà  : 

Svil.  yn:  90°::  Svil.  ww":«;  (questo  secondo  sviluppo  viene  misurato  sulla 

curva  ruZ  (fig.  I)  o  sul  tamburo). 

a'  =  90°  —  « 
o  o'  =  il  -  r 
?  e'  =  o'  e'  =  R 
t  o  =  o  o'  cos  a' 

e  e'  =  i?  —  (r  +  t  o)  e  con  analogo  procedimento  si  determineranno  tutte  le 
altre  bb\  a  a'  .  .  .  . 

L'arco  ab  (fig.  VII)  ha  il  raggio  eguale  a  quello  d'intradosso  della  volta;  la 
vite  e  (indipendente  del  ramo  S)  gira  nella  chiocciola  fìssa  sulP  asta  x  e  serve 
per  mettere  a  piombo  la  fronte  anteriore  B  sul  tamburo,  la  quale  deve  mante- 
nersi sempre  verticale;  il  ramo  s  Ss  (fig.  VII,  Vili  e  XIV)  ha  un  movimento  ret- 
tilineo d'  alto  in  basso  e  viceversa  (conducendo  seco  la  fronte  posteriore  A)  per 
mezzo  della  coulisse  scorrente  nella  fronte  A'  (fig.  X);  l'asta  x  normale  alle  fronti 
del  cuneometro  è  fissa  nella  anteriore  A'  (fig.  VII,  VIII  e  X)  e  termina  nella  po- 
steriore A  con  un  disco  y  più  un'altro  t  (fig.  VIII  e  XIII)  che  servono  a  mante- 
nere alla  distanza  invariabile  r'  r'"  (fig.  I)  la  fronte  A  dalla  B;  la  fronte  A  per 
mezzo  del  foro  triangolare  (fig.  VII  e  XI)  praticatovi  può  fare  due  movimenti, 
uno  rettilineo  d'alto  in  basso  e  viceversa,  ed  uno  ruotatorio  da  t  verso  u  facendo 
centro  in  Z  e  mantenendosi  costantemente  parallela  ed  equidistante  dalla  B  (fig.  VII 
e  VIII)  le  fronti  A  ed  A'  hanno  inoltre  un  movimento  di  traslazione  da  destra  a 
sinistra  e  viceversa  per  mezzo  delle  fessure  xx'  praticate  nella  fronte  B  (fig.  IX). 
•  Ora,  collocando  il  Cuneometro  sul  tamburro  (fig.  VI)  in  modo  che  1'  arco  a  b 
del  medesimo  si  trovi  precisamente  sopra  una  delle  traccie  per  es.  rZ,  ed  i  due 
angoli  inferiori  u  b  della  fronte  B  (fig.  VII)  tocchino  i  punti  w  t  (fig.  VI)  delle 
tracce  elicoidali,  e  supponendo  già  determinato  (fig.  I)  il  numero  dei  cunei  co- 
stituenti una  corona  di  prospetto,  la  lunghezza  all'imposta    dei  medesimi  r  r\ 

0  » il  lato  r'  r'"3  normale  al  prospetto,  e  tracciati  sul  tamburo  (fig.  VI) 

i  corsi  dei  cunei  r"  r\  n  o,p  v  .  .  .  .  e  le  S  r\  o'  o  .  .  .  .  parallele  ai  prospetti 
e  d' intervallo  eguale  ad  r  r'  (fig.  I)  si  gira  la  vite  e  (fig.  X)  sinché  la  fronte  B 
sia  precisamente  verticale  (fig.  Vili),  si  abbassa  la  fronte  A  in  modo  che  il  suo 
arco  a'  Z  b,  aderisca  perfettamente  sulla  traccia  S  r'  (fig.  VI)  corrispondente  alla 
fronte  A  del  Cuneometro;  dopo  questo  movimento  l'indice  a  della  fronte  A 
(fig.  VII)  avrà  segnato  l'abbassamento  o  differenza  di  livello  della  fronte  A  ri- 
spetto alla  B;  la  fronte  A  avendo  ruotato  da  t  verso  u  (obbligata  a  questo  movi- 
mento dall'adesione  sul  tamburo),  avrà  segnato  sopra  l'arco  tu  la  divergenza 
elicoidale  all'estremità  superiore  del  cuneo  in  r  (fig.  VII)  corrispondente  alla  lun- 
ghezza normale  A  B  dello  stesso.  Ora  spingasi  tutto  il  sistema  (fig.  VII)  compreso 
dalle  fronti  A  A'  (mantenendo  ferma  la  B  alla  suaccennata  posizione)  da  o  in  s 
(fig.  VI),  finché  l'angolo  inferiore  Z  della  fronte  A  (fig.  VII)  tocchi  la  traccia 
elicoidale  w  s  (fig.  VI)  segnata  sul  tamburo;  la  traccia  percorsa  da  o  in  s 
(fig.- VI),  che  sarà  misurata  dalla  lancetta  p  (fig.  VII  e  X),  sarà  la  divergenza 
della  spira  elicoidale  all'intradosso,  pure  corrispondente  alla  lunghezza  normale 
A  B  del  cuneo. 

Ora,  se  si  desiderasse  anche  la  concavità  delle  spire  elicoidali  (nel  caso  che  i 
cunei  siano  molto  lunghi  in  confronto  alla  loro  larghezza)   corrispondente  agli 


640  CUNEOMETRO 

spigoli  inferiori  del  cuneo  s  w,  1 1'  (fig.  VI)  onde  avere  un  perfetto  combaciamento 
della  faccia  inferiore  dei  cunei  sulla  convessità  dei  tamburo,  basterebbe  appli- 
care al  cuneometro  in  pq  ed  in  p'q'  Pasta  a  b  (fig.  XII),  i  cui  regoli  cc',dd\  e  e, 
darebbero  le  ordinate  della  concavità  richiesta. 

Siccome  nelle  armille  di  prospetto  occorre  alternare  i  cunei  rispettivamente 
alla  lunghezza  r'  r'"  (fig.  I),  vale  a  dire  parte  della  lunghezza  r'  r'"  e  parte  d'una 
lunghezza  minore  x,  rilevato  il  primo  cuneo,  si  desumono  da  questo  con  una 
semplice  proporzione  le  dimensioni  relative  a  quello  più  corto,  fissata  che  sia  la 
rispettiva  lunghezza  r'  x  (fig.  II). 

Esempio. 

Dimensioni  rilevate  col  cuneometro  corrispondenti  alla  lunghezza  r'r"'(figg.II  e  III) 

Differenza  di  livello  ===  £ 
Divergenza  elicoidale,  all' intradosso  =  y 
idem  all'estradosso  —  § 

Dimensioni  del  cuneo  di  lunghezza  r'  x 

Differenza  di  livello  =?  &\ 
Divergenza  elicoidale  all'intradosso  =  v4 
idem  all'estradosso  =  g4 

Desunte  dalle  seguenti  proporzioni: 


r'  r'[' 

:  8  :  :  r'  x  :  ^ 

r'  r"' 

:  Y  ::  r'  x  :  xi 

r\  r'" 

:  l  :  :  r'  x  :  %{ 

NB.  Le  lettere  S,  y>  5  non  esprimono  angoli,  ma  lati  di  triangolo  rettangolo 
in  parti  di  metro. 

Modo  di  determinare  le  dimensioni  dei  parallelepipedi 
pel  ricavo  dei  cunei. 

(Quanto  è  maggiore  l'angolo  d'obbliquità  della  vòlta  e  la  lunghezza  dei  cunei  rispettivamente  alla  loro 
larghezza,  altrettanto  è  grande  la  differenza  di  volume  dei  parallelepipedi  pei  cunei  di  chiave  in  con- 
fronto di  quelli  pei  cunei  vicini  all'imposta). 

Dopo  aver  rilevato  sul  tamburo  le  dimensioni  di  ciascuno  dei  cunei  costituenti 
mezza  vòlta,  colle  regole  retro  accennate,  si  pongono  i  dati  trovati,  in  un  pro- 
spetto, per  es.  come  il  seguente  : 


CUNEOMETRO 


641 


NUMERO 

progres- 
sivo dei 
cunei 

DIVERGENZA 

elicoidale 

all'  intradosso 

T 

DIVERGENZA 

elicoidale 
all'  estradosso 

DIFFERENZA 

di  livello 

fra  le  due 

fronti  A  B  del 

cuneometro 

GROSSEZZA 

del  cuneo  all'in- 
tradosso, divisa 

per  metà. 
(Tolta  sulla  cur- 
va rwZ  {hg.l)  di- 
segnata in  gran- 
de ,  o  sul   tam- 
buro). 

ALTEZZE 
aa\  bb't  ce 

ecc. 
da  aggiun- 
gere a  cia- 
scun cuneo, 
eccettuato 
quello  in 
chiave 

NUMERI 
della  colonna  V 

±  quelli 
della  colonna  II 

I 

li 

III 

IV 

V 

VI 

VII 

i.° 

2.° 
3.° 
4.° 
5.° 
6.° 
ecc. 

—  0m,105 

—  0m,052 
+  0m,026 
+  0m,074 
+  0m,048 

—  0m,065 
ecc. 

0ra,802 
0m,789 
0m,753 
0m,605 
0m,538 
0m,310 
ecc. 

0,802  +  0,105 
0,789  +  0,052 
0,753  —  0,026 
0,605  —  0,074 
0,538  —  0,048 
0,310  +  0,065 
ecc. 

NB.  I  numeri  qui  sopra  sono  introdotti  ad  arbitrio,  per  mostrare  qual  regola 
devono  seguire  i  segni  +  e  —  nella  colonna  VII. 


(Vedi  fig.  XV).  Siccome  nei  cunei  che  si  rilevano  sul  tamburo  la  fronte  A  ha 
la  divergenza  elicoidale  y  verso  il  lato  r'  e  per  quelli  vicini  alla  serraglia,  e  verso 
il  lato  ed  per  quelli  vicini  all'imposta,  per  maggior  sicurezza  nell'avvenire  verso 
quale  dei  lati  suddetti  diverge  la  fronte  A,  si  pone  nel  prospetto  suddetto  il  se- 
gno —  alle  divergenze  trovate  verso  cr'  o  serraglia,  ed  il  segno  +  a  quelle  verso 
ed  o  imposta;  poscia  si  disegna  in  scala  grande  più  che  si  può,  la  fronte  B,  per 
es.,  del  cuneo  1.°;  si  porta  sull'arco  y  a  partendo  da  y  la  misura  corrispondente 
al  cuneo  1.°  esposta  nella  colonna  VII  del  prospetto.  Si  congiunge  il  punto  a  col 
centro  o  dell'arco;  a  v  è  la  differenza  di  livello  &  esposta  nella  colonna  IV,  si 
prolunga  il  raggio  o  v  oltre  p ,  e  con  un'  apertura  di  compasso  eguale  alla  z  r' 
(fig.  VII),  facendo  centro  in  v  (fìg.  XV)  si  descrive  Parco  p  t,  sul  quale  partendo 
da  p  si  pone  la  divergenza  §  all'estradosso  esposta  nella  colonna  III,  che  si  sup- 
pone eguale  alla  p  q ,  si  congiunge  il  punto  q  col  v,  e  si  prolunga  questa  retta 
sino  in  o;  v  o'  =  y  o;  vv'  è  la  grossezza  all'intradosso  esposta  nella  colonna  V; 
v'q'  —  yy'  per  il  cuneo  di  chiave,  ma  agli  altri  vanno  aggiunte  le  corrispondenti 
differenze  e  c\  bb',  a  a' .  .  .  (fig.  IV)  esposte  nella  colonna  VI,  sul  prolungamento 
degli  spigoli  y  r',  b  b'  (fìg.  XV):  ora,  rinchiudendo  in  un  rettangolo  le  fronti  AB, 
si  ha  una  fronte  del  parallelepipedo  r'  e  d  e,  la  quale  deve  essere  identica  all'op- 
posta r'"  e'  d' e'  (vedi  fìg.  XV  per  le  fronti  del  parallelepipedo  sviluppate  sopra 
un  piano);  le  lunghezze  dei  lati  r'  r'"  e'  e,  che  rappresentano  la  base  superiore 
del  parallelepipedo,  sono  invariabili  per  tutti  i  cunei   (vedi  r'  r"  fìg.  I). 


642  CUNEOMETRO 

Pel  taglio  dei  cunei- 
Si  facciano  costruire  in  ferro  i  due  regoli  (fig.  XVI  e  XVII),  il  primo  dei  quali 
abbia  P  arco  n  m  perfettamente  eguale  a  quello  del  cuneometro  (fig.  IX)  ;  1'  asta 
ab  mobile  da  n  in  m  e  viceversa,  abbia  la  lunghezza  della  fessura  A'  graduata 
del  cuneometro  (fig.  X),  e  sia  obbligata  dall'arco  e  o  a  mantenersi  sempre  diretta 
al  centro  dell'arco  d'intradosso  della  vòlta;  l'asta  sm  sia  eguale  alla  a  b.  Il  secondo 
regolo  (fig.  XVII)  abbia  Fasta  y  y'  eguale  all'altezza  media  del  cuneo  di  chiave,  e 
l'arco  rr'  eguale  a  quello  y'  del  cuneo  di  chiave  (fig.  IV).  Si  taglino  in  latta  tante 
faccie  eguali  al  prospetto  di  ciascuno  dei  cunei  di  mezza  corona  (fig.  XVIII).  Ora, 
scelto  il  parallelepipedo  (precedentemente  numerizzato)  corrispondente  al  cuneo 
che  si  vuol  ricavare,  si  collochi  sulla  fronte  e  r'  e  d  (fig.  XV)  del  medesimo  la 
faccia  di  latta  preparala,  in  modo  che  la  B  si  trovi  nella  posizione  indicata  nel 
rettangolo  e  r'  e  d.  Si  tenga  tesa  una  funicella  da  y'  in  /",  che  passi  per  y  e  sia 
precisamente  perpendicolare  allo  spigolo  r'e,  e  nel  medesimo  piano  della  base 
superiore  r' r'"  e'  e,  si  faccia  aderire  l'asta  m  s  del  regolo  (fig.  XVI)  alla  funicella 
ponendo  il  punto  m  del  regolo  in  y  della  fig.  XV;  si  faccia  scorrere  l'asta  a  b  da 
m  verso  n  sino  a  che  si  avrà  contato  sull'arco  graduato  la  misura  esposta  nella 
colonna  VII  del  prospetto.  Dal  punto  a  (termine  di  questa  misura)  si  conti  sul- 
l'asta a  b  del  regolo  la  differenza  di  livello  fra  le  fronti  A  B  esposta  nella  co- 
lonna IV;  dal  punto  v  (termine  della  misura  trovata),  col  regolo  a  b  (fig.  XVI)  e 
con  una  funicella  che  aderendo  al  medesimo  s'innoltra  oltre  p  sul  prolunga- 
mento della  a  v,  si  tracci  la  v p,  si  faccia  aderire  l'asta  yy'  del  regolo  (fig.  XVII) 
alla  retta  vp  segnata,  ponendo  y  del  regolo  in  v  della  fig.  XV;  sul  regolo  da  r 
verso  r',  ossia  da  p  verso  t  della  fig.  XV,  si  conti  la  divergenza  elicoidale  al- 
l'estradosso esposta  nella  colonna  III,  la  quale  termina  in  q  (nel  citato  esempio), 
si  unisca  con  una  retta  il  punto  v  col  q,  e  questa  sarà  l'inclinazione  del  lato 
sinistro  della  fronte  A  rispetto  alla  B,  al  quale,  applicata  la  corrispondente  faccia 
in  latta  e  fatta  coincidere  in  v,  se  ne  segnerà  tutto  il  contorno  sulla  fronte  del 
parallelepipedo,  e  collo  squadro  rettangolare  tracciando  sulle  altre  due  fronti  succes- 
sive del  suddetto  (fig.  XV)  le  rette  v  1,  v"%  v'"  3,  #4,  q'%  q"  6,  e  portando  nella 
fronte  e'  d'  e'  r'"  le  altezze  tolte  dalla  f  e  ai  diversi  punti  della  fronte  A,  si  avrà 
nella  fronte  opposta  del  parallelepipedo  la  fronte  opposta  del  cuneo  elicoidale. 

NB.  Qualora  si  desiderassero  le  dimensioni  dei  cunei  costituenti  una  vòlta  ob- 
bliqua  ad  arco  d'elisse,  basterebbe  costruire  due  cuneometri,  uno  avente  per  raggio 
quello  approssimativo  minore  dell'elisse,  l'altro  avente  per  raggio  quello  appros- 
simativo maggiore,  e  determinare  sulla  periferia  elittica  il  punto  di  tangenza  dei 
due  raggi  approssimativi  in  funzione  del  vettore. 

Bianchi  Fortunato. 

Osservazioni  relative  alla  costruzione  del  Cuneometro. 

Le  divisioni  del  cuneometro  di  grandezza  vera  saranno  espresse  in  millimetri,  ma  quelle  del- 
l'arco  tu  (fig.  VII)  maggiore  del  vero  (perchè  in  funzione  dell'arco  r'  r"  descritto  col  raggio  z  r' 
eguale  all'  altezza  del  cuneo)  saranno  del  valore  di  un  millimetro  ma  della  lunghezza  espressa 
dalla  proporzione  : 

z  r'  :  0m.001  :  :  z  t  :  x 
x  sarà  una  delle  divisioni  dell'  arco  t  u. 
La  lunghezza  della  fessura  graduata  in  cui  scorre  la  coulisse  (fig.  X  A')  deve  essere  =  rr' cos  a 
(Vedi  fig.  I)  eguale  a  quella  del  foro  triangolare  A  (fig.  XI). 

Distanza  normale  delle  due  fronti  A  B  (fig.  VIU)  ==  r  f  sen  a  (fig.  I).  La  parte  g  ?/'  (fig.X) 
deve  avere  circa  due  terzi  dell'altezza  del  cuneo  di  chiave  y  y' ;  quella  ij  (fig.  XI)  avrà  circa 
una  metà  dell'  altezza  pu?e  del  cuneo  di  chiave  y  y  ; 


RIVISTA  DI  GIORNALI  E  NOTIZIE  VARIE 

FARADAY   E   LE   SUE   SCOPERTE. 

(Vedi  pag.  516). 

Le  leggi  dell'induzione  elettro-magnetica  si  possono  enunciare  così:  -  Quando  un  conduttore 
isolato  viene  esposto  all'azione  di  una  corrente  galvanica  ed  a  quella  di  un  magnete,  si  genera 
nel  conduttore  stesso  una  corrente  tutte  le  volte  che  succede  una  variazione  nella  forza  dell'azione 
magnetica  a  cui  è  esposto  e  per  conseguenza  tutte  le  volte  che  quest'azione  magnetica  o  cor- 
rente galvanica  viene  interrotta  o  riattivata:  queste  correnti  indotte  durano  finché  dura  la  varia- 
zione di  intensità  nella  corrente  che  le  produce.  Inoltre,  se  un  conduttore  isolato  che  viene  posto 
in  vicinanza  ad  un  altro  conduttore  per  il  quale  passi  una  corrente,  viene  generata  in  esso  con- 
duttore un  altra  corrente  in  direzione  opposta  alla  prima:  e  quando  i  conduttori  sono  di  nuovo 
separati  si  genera  nel  conduttore  isolato  una  corrente  nella  stessa  direzione  di  quella  dell'altro 
Ita  queste  leggi  appare  la  grande  analogia  che  vi  è  tra  le  spirali  attraversate  da  correnti  elet- 
triche e  le  calamite  permanenti.  Secondo  le  teorie  di  Ampère  un  magnete  non  è  che  un  insieme 
d.  correnti  elettriche  disposte  intorno  ad  un  asse  in  un  modo  assai  analogo  alla  circolazione  di 
una  corrente  elettrica  in  un  filo  avvolto  sopra  un  rocchetto.  Ora,  basato  su  quest'idea  Faradav 
incominciò  ad  avvolgere  un  solo  filo  attorno  ad  un  tubo  di  vetro  o  di  legno;  poi  entro  il  tubo 
m  rodesse  una  calamita.  Il  risultato  dell'esperienza  fu  che  all'istante  dell'introduzione  della 
calamita  g,  produceva  nel  filo  una  corrente  :  e  che  un'altra  ne  veniva  pure  istantaneamente  pro- 
dotta quando  la  calanuta  veniva  levata  via.  Dunque  la  calamita  produceva  gli  identici  effetti 
che  una  corrente  elettrica.  Oltre  a  ciò  Faraday  provò  ancora  che  l'elettricità  dovuta  alla  fri- 
zione nelle  macchine  elettriche,  quella  della  pila  voltaica,  quelle  delle  torpedini,  come  per  ultimo 
quella  prodotta  dall  azione  magnetica  non  erano  che  manifestazioni  di  uno  stesso  agente 

ha  legge  d.  proporzionalità  tra  l'intensità  della  corrente  elettrica  e  la  sua  azione  chimica  fu 
chiamata  da  Faraday  la  legge  di  elettrolisi.  Essa  mostra  che  la  quantità  di  decompos.zione  elet- 
rocumica  dipende  soltanto  dalla  quantità  di  elettricità  passata  attraverso  la  massa:  inoltre  che 
m  stessa  quantità  di  elettricità  decompone  chimicamente  quantità  equivalenti  di  qualunque  corno 
composto  attraverso  il  quale  passi.  Su  questo  principio,  che  Faraday  dimostrò  con  varii  esperi- 
menti, e  fondato  il  noto  voltametro  da  lui  stesso  costrutto,  il  quale  non  è  altro  che  un  apparato 
atto  a  ricevere  l  acqua  acidulata  che  deve  essere  decomposta  dalla  corrente  ed  a  misurare  esat- 
tamente il  gas  che  si  sviluppa  mano  mano. 

Nel  novembre  1848  egli  pubblicò  la  sua  grande  scoperta  riguardante  l'effetto  del  magnetismo 
sulla  luce  In  un  raggio  di  uce  ordinario  gli  atomi  eterei  vibrano  in  tutte  le  direzioni  perpen- 
di  co  armento ala  direzione  del  raggio  (1).  Ma  polarizzando  il  raggio  di  luce  col  mezzo  di  un 
magnete,  tutte  le  oscillazioni  ali  infuori  di  quelle  parallele  ad  un  certo  piano  sono  eliminate  (2). 

è  tilt  °Z  d'TST  ?MT  **  U  Cr'SÌ  1Umi"0Sa  Si  propa8a  "er  suPerficie  ^dinamiche  tf*  quali 
C  delirisi*  S'        ma  ragaW  1Umin0S°  e  ChC  rapPreSen'a  U  m°t0  pr°8ressi™  di  P™I»>- 

(2)  Questo  fatto  doveva  necessariamente  produrre  una  certa  sensazione  nel  1845  in  cui  si  era  ancora 
attaccai,  alle  lpotesi  che  supponevano  elettricità,  magnetismo,  borico,  luee  altrettanti  fluidi  speciali 
Oggidì   che   «ss.  sono   divenuti  niente  più  che  manifestazioni  dovute   a  crisi   particolari    avvenute  nel 

ordLPr   dT      g    a,0mÌ'-tU"Ì  J/atl.Ì.dÌ  qUe,,a  "alura  ha™°  la  !•«>  naturaie  spiegazione  nei  teorem 
ordinarj  della  meccanica  riguardanti  le  combinazioni  dei  movimenti  e  delle  forze. 


644  RIVISTA  DI  GIORNALI 

Per  spiegar  meglio  il  fatto  cui  abbiamo  accennato  ricordiamo  come  cosa  nota  che,  quando  un 
raggio  di  luce  viene  riflesso  sotto  un  certo  angolo  da  una  superficie  non  metallica,   oppure  è 
passato  attraverso  ad  un  piano  di  tormalina  parallelo   all'asse  della  medesima  o  attraverso  un 
Prisma  di  Nicholl,  acquista  certe  proprietà  diverse  da  quelle  degli  ordinar]  raggi  di  luce.  Questo 
cambiamento  viene  chiamato  polarizzazione  e  tutti  i  fenomeni  che  ne  risultano   s.  spiegano  col 
supporre  che  le  vibrazioni  dell'  etere  costituenti  la  luce  comune  si  dispongono  in  una  direzione 
ad  angolo  retto  con  quella  secondo  cui  procede  il  raggio  di  luce   (1).   Che  se  poi   il  raggio  di 
luce  polarizzata  viene  a  passare  attraverso  ad  un  piano  di  quarzo,  che   sia  ad  angolo  retto  col 
suo  asse  principale  di  cristallizzazione,  allora  ha  luogo  in  esso  un  altro  cambiamento,  vale  a 
dire  che  il  raggio  stesso  viene  a  ruotare,  la  rotazione  avendo  luogo  a  destra  od  a  sinistra  a  seconda 
dei  piani  di  quarzo  impiegati  (2).  La  proprietà  di  indurre  la  polarizzazione  circolare  e  posseduta 
anche  da  alcuni  liquidi  organici  come   l'olio  di  trementina,  la  soluzione  d.  zuccaro  ecc.  e  può 
apparire  anche  nel  vetro  quando  sia  assoggettato  ad  una  forte  pressione  latera  e.  Queste  proprietà 
poi  possedute  naturalmente  da  alcuni  corpi  possono  venire  acquistate  anche  da  altri  appena  che 
vengano  posti  a  guisa  di  custodia  sui  poli  di  una  potente  calamita.  -  Per  distinguere  la  pola- 
rizzazione che  ha  luogo  nel  passar  la  luce  attraverso  a  quest'ultima  classe  d,  corpi  trasparenti, 
la  si  chiamò  polarizzazione  circolare-magnetica.  Fra  le  sostanze  che  più  si  prestano  ad  acqui- 
stare queste  nuove  proprietà  devesi  annoverare  il  vetro  speciale  la  cui  composizione  fu  trovata 
da  Faraday  nel  principio  della  sua  carriera. 

Colla  sua  scoperta  del  diamagnetismo  Faraday  stabili  che  il  magnetismo  e  una  forza  umver- 
sale  e  che  nessun  corpo  solido  o  liquido  è  insensibile  a  questa  forza  quando  è  sviluppata  con 
sufficiente  energia.  Un  corpo  magnetico  come  il  ferro  o  il  nikel,  il  quale  abbia  una  forma  ob- 
lunga, quando  è  sospeso  frammezzo  i  poli  di  una  calamita  tende  a  disporsi  secondo  la  hnea  che 
congiunge  i  poli  stessi.  Invece  i  corpi  diamagnetici  si  dispongono  ad  angolo  retto  colla  linea 

medesima.  .  ,  , 

Faraday  classificò  tutte  le  sostanze  in  questo  modo  e  trovò  che  il  sangue  e  i  tessuti  del  corpo 
umano  sono  diamagnetici.  Cosicché  se  un  uomo  venisse  sospeso  frammezzo  ai  poh  di  una  cala- 
mita le  sue  estremità  si  allontanerebbero  dai  poli  stessi  finche  l'uomo  stesso  si  fosse  disposto  in 
direzione  equatoriale.  Al  contrario  se  lo  stesso  uomo  fosse  chiuso  dentro  un  astuccio  di  ferro, 
esso  si  disporrebbe  assialmente  ai  poli  della  calamita. 

Oltre  al  ferro,  al  nikel,  al  cobalto  metalli  da  lungo  noti  come  magnetici  Faraday  mostro  che 
si  devono  annoverare  in  questa  classe  il  cromo,  il  manganese,  il  cerio  e  i  loro  ossidi  e  sali  meno 
poche  eccezioni;  inoltre  il  platino,  il  titanio,  il  palladio  e  probabilmente  anche  il  rodio,  1  indio 
e  l'osmio,  come  pure  il  gas  ossigeno  e  l'ossido  nitroso.  Tutti  gli  altri  corpi  sarebbero  da  porsi 
fra  i  diamagnetici,  fra  i  quali  i  più  potenti  sono  il  bismuto,  l'antimonio  puro,  il  fosforo  e  la 
cera  -  Il  diamagnetismo  come  il  magnetismo  nei  corpi  sono  indipendenti  dalla  loro  costituzione 
chimica  dipendendo  solamente  dalla  costituzione  fisica  dei  medesimi:  così  alcuni  metalli  divengono 
magnetici  sotto  l'azione  del  martello  e  diamagnetici  quando  sono  rammolliti  mediante  il  fuoco. 
Tali  sono  le  principali  scoperte  di  Faraday  il  quale  lasciò  una  straordinaria  quantità  di  scritti 
da  lui  pubblicati  fra  il  4820  e  il  1855  e  tutti  relativi  alle  sue  esperienze  nelle  quali  poneva  un 
amore  particolare  e  per  le  quali  era  sempre  fecondissimo  di  risorse. 

lng.  Emilio  Olivieri. 

(1)  I  piani  delle  orbite  descritte  dagli  atomi  della  materia  subiscono  ordinariamente  delle  oscillazioni 
periodiche  rapidissime  per  rispetto  ai  tempi  che  noi  siamo  soliti  ad  apprezzare:  quando  queste  oscil- 
lazioni vengono  per  qualche  causa  sospese ,  dimodoché  i  piani  delle  orbite  restino  perpendicolari  alla 
linea  secondo  cui  si  propaga  da  una  serie  ad  un  altra  di  atomi  la  crisi  luminosa,  allora  siamo  al  caso 
della  polarizzazione.  .        . 

(2)  Quando  la  sospensione  delle  oscillazioni  del  piano  delle  orbite  ha  luogo  in  un  momento  in  cui 
l'orbita  in  causa  delle  variazioni  di  eccentricità  che  subisce  fosse  circolare,  allora  ha  luogo  la  pola- 
rizzazione detta  circolare. 


E  NOTIZIE  VARIE  645 

ALCUNE   NUOVE    INVENZIONI. 

Nel  secolo  attuale  in  cui  tutto  si  sta  perfezionando,  in  cui  un'idea  concepita,  per  ardita  ch'ella 
sia  in  breve  tempo  diventa  un  fatto  compiuto,  talché  si  può  dire  che  Y  impossibile  venne  rele- 
gato nelle  regioni  lontane  dell'indeterminato,  crediamo  debito  di  un  giornale  scientifico-tecnico 
il  tenere  costantemente  informati  i  suoi  lettori  di  tutte  le  nuove  invenzioni  che  si  vanno  fa- 
cendo, ancorché  queste  non  presentino  per  sé  tutta  la  probabilità  di  riuscita  all'atto  pratico. 

Una  di  tali  invenzioni  che  ci  parve  meritevole  di  essere  riportata  se  non  altro  per  lo  scodo 
assai  utile  che  essa  si  propone  è  quella  dell'  inglese  William  Graham  il  quale  intende  rendere 
innocua  la  potenza  viva  acquistata  dai  corpi  pesanti  in  moto  e  che  in  molti  casi  può  divenir 
pericolosa,  e  pm  in  generale  di  immagazzinare  il  potere  motore  fornito  da  una  macchina  o  caduta 
d  acqua  o  da  qualsiasi  altro  mezzo  per  trasportarlo  ed  impiegarlo  poi  dove  si  crede  e  quando 
si  crede.  La  promessa  come  si  vede  è  magnifica:  il  modo  di  effettuare  la  cosa,  per  dirlo  breve- 
mente, consiste  nell' impiegare  delle  grandi  molle  d'acciajo  sul  genere  di  quelle  degli  orologi  le 
quali  svolgendosi  possono  far  muovere  un  albero  e  con  questi  trasmettere  le  potenze  accumulate 
agli  organi  che  si  vogliono  mettere  in  movimento.  Per  dare  un'  idea  più  chiara  di  tutto  questo 
riportiamoci  ad  un  esempio.  Si  abbia  dunque  in  primo  luogo  un  bastimento  ancorato  e  suppo- 
niamo che  la  forza  dei  venti  e  delle  onde  tenda  a  far  retrocedere  il  bastimento  e  a  spezzare 
quindi  la  catena  a  cui  l'ancora  è  fissa.  Se  noi  immaginiamo  che  la  catena  si  avvolga  sopra  un 
tamburo  il  quale  contenga  internamente  un  certo  numero  di  queste  molle  disposte  come  Quelle 
degli  ordinar]  orologi,  succederà  che  quando  il  colpo  d'onda  solleva  il  bastimento  per  spingerlo 
indietro,  il  tamburo  girerà  caricando,  come  si  direbbe,  le  molle  e  in  grazia  quindi  dell'elasticità 
che  presenterà  la  catena  non  potrà  aver  luogo  in  essa  la  rottura:  quando  poi  l'onda  retrocede 
la  molla  rivolgendosi  ricondurrà  il  bastimento  al  suo  posto  con  una  forza  poco  minore  di  quella 
che  1  aveva  prima  rimosso.  Così  con  un  mare  comunque  agitato  il  bastimento  oscillerà  riguada- 
gnando la  sua  posizione  ad  ogni  intervallo  di  onda  e,  non  ricevendo  urti  bruschi,  non  potrà 
essere  danneggiato,  né,  rompendosi  le  sue  catene,  potrà  essere  sbattuto  contro  la  riva.  È  evidente 
ora  che  lo  stesso  principio  si  può  intendere  applicato  ad  un  convoglio  sulla  strada  ferrata.  In- 
tatti supponiamo  che  alla  macchina  o  ad  alcune  carrozze  del  convoglio  siano  applicate  di  con- 
simili molle,  si  potrà  facilmente  con  semplici  meccanismi  fare  in  modo  che,  ogni  qualvolta  il 
convoglio  discende  un  piano  inclinato  oppure  deve  arrestarsi  davanti  ad  una  stazione  tutta  quella 
potenza  viva,  che  attualmente  si  suol  distruggere,  tutt'altro  che  economicamente,  serrando  i  freni 
venga  immagazzinata  nelle  molle,  le  quali  poi  potrebbero  restituirla  ajutando  la  marcia  del  con- 
voglio sia  sopra  una  salita  susseguente,  sia  quando  il  convoglio  stesso  deve  rimettersi  in  moto, 
in  tal  modo  nelle  strade  di  montagna ,  che  sono  generalmente  ondulate ,  si  potrebbe  realizzare 
una  economia  molto  ragguardevole. 

Un'  altra  applicazione  dello  stesso  principio  potrebbe  essere  per  ultimo  nel  dar  movimento  a 
tante  macchine  della  piccola  industria  le  quali  richiedono  poca  forza,  come  macchine  da  cucire 
mulinelli  da  filare  e  simili:  equi  avressimo  forse  una  soluzione  del  gran  problema  della  piccola 
industria,  il  trasporto  della  forza  a  domicilio.  Evidentemente  qualora  questo  mezzo  riuscisse 
sicuro  ed  economico,  l'operajo  potrebbe  quanto  prima  andarsi  la  mattina  a  provvedere  la  sua 
terza  per  la  giornata  e  portarsela  a  casa  come  il  pane  e  l'altre  cose  della  cucina!!  Del  resto 
ali  applicabilità  di  questi  congegni  dei  quali  1'  autore  dà  moltissimi  e  dettagliati  disegni,  non  ci 
sembra  che  debba  esservi  alcunché  in  contrario  all' infuori  forse  della  costruzione  delle  molle 
che  non  si  vorrebbero  così  facili  a  spezzarsi  come  lo  sono  quelle  degli  oroloei  •  ma  a  ciò  nen- 
seranno  ì  costruttori.  r 

A  proposito  di  potenza  viva  e  di  convogli  abbiamo  sott' occhio  un'altra  invenzione  recente,  il 
Mahovos  del  sig.  Schuberszky  ingegnere  capitano  Russo  (1).  Lasciando  da  parte  la  definizione  del 
nome  che  per  vero  non  mesciamo  proprio  a  capire,  questo  Mahovos  sarebbe  un'altro  mezzo  per 
immagazzinare  la  potenza  viva  acquistata  dai  convogli  sulle  strade  ferrate ,  per  esempio  in  una 
discesa,  per  poi  restituirla  nella  prossima  ascesa.  Esso  consiste  in  due  grandi  volanti  il  cui  al- 
bero comune  e  situato  al  disopra  e  al  mezzo  dello  spazio  che  separa  le  quattro  grandi  ruote 
motrici  della  locomotiva  e  gira  inoltre  a  sfregamento  con  quattro  puleggie  doppie.  Precisamente 
al  disotto  dell  asse  dei  volanti  poi  vi  sono  due  ruote  a  conlatto  colle  guide,  ma  più  piccole 
Zìi  re"  ,f  P^eggie  doPPie  ora  accennate  hanno  la  ruotella  più  piccola  in  contatto  simulta- 
neamente colle  circonferenze  di  una  delle  ruote  grandi  e  di  una  delle  piccole  della  macchina- 
esse  quindi  hanno  tre  punti  d  appoggio,  due  colle  ruote  in  contatto  colle  guide  e  uno  coli'asse 
dei  volanti;  perciò  esse  si  sostengono  senza  bisogno  di  supporti.  Quando  le  quattro  grandi  e  le 

(1)  Il  Mahovos  figurava  già  all'Esposizione  di  Parigi  dell'anno  scorso:  ma  ora  ne  viene  fatto  cenno 
nuovamente  nel  Portefeuille  des  Machines  ;  buon  segno  ! 


646  RIVISTA  DI  GIORNALI 

due  piccole  ruote  della  macchina  girano ,  P  aderenza  fa  girare  anche  le  puleggie  e  per  conse- 
guenza i  volanti.  Ma,  arrivando  per  esempio  in  stazione,  bisogna  evitare  la  comunicazione  fra  i 
volanti  e  le  ruote,  e  perciò  vi  è  un  meccanismo  col  quale  si  può  togliere  quando  si  vuole  il 
contatto  fra  le  ruote  e  le  puleggie.  Le  dimensioni  che  darebbe  l' inventore  a  questo  suo  Mahovos 
sarebbero  : 

Diametro  dei  volanti  esterno M.  3,60 

idem               interno »  3,12 

Peso  dei  due  volanti  e  loro  albero Chil.  26,000 

»     delle  puleggie »  2,800 

»     delle  ruote  estreme  o  grandi  ruote »  4,000 

»    delle  piccole  ruote »  1,800 

»    dell' intelaj atura  ecc.  ecc »  6,000 

Totale  Chil.  40,000 
Peso  portato  da  ciascun  asse »  13,333 

Supposto  che  il  treno  faccia  30  chilometri  all'ora  la  velocità  alla  circonferenza  dei  volanti  è 
di  142  metri  per  secondo  e. la  potenza  viva  del  Mahovos  equivale  a  20  milioni  di  chilogram- 
metri (!1) 

Con  questi  preliminari  ecco  come  fa  l'inventore  i  suoi  calcoli:  supposta  una  locomotiva  di 
40  tonnellate  la  quale  conduca  un  treno  di  380  tonnellate  sopra  una  strada  avente  delle  pen- 
denze di  0m,010  per  metro,  e  supposto  che  un  tal  treno  sia  disceso  per  una  sufficiente  tratta  e 
che  vi  sia  stato  aggiunto  il  Mahovos  di  40  tonnellate,  la  macchina  stessa  potrebbe  in  seguito 
rimorchiare-  lo  stesso  treno  sopra  una  rampa  di  0m,025  e  sopra  una  lunghezza  di  almeno  6  chilo- 
metri ;  perciò  basterebbe  che  i  volanti  avessero  nella  discesa  raggiunto  la  velocità  che  si  è  calcolata. 
Ben  inteso  poi  che  con  tutto  questo  vengono  tutti  gli  altri  vantaggi  che  si  possono  facilmente 
immaginare  col  relativo  risparmio  di  vapore,  economia  nelle  spese  di  trazione  ecc.  ecc.  Noi  fac- 
ciamo voti  perchè  il  tutto  riesca  :  una  sola  cosa  vorressimo  sapere,  se  cioè  nel  fare  i  suoi  conti 
l'inventore  ha  tenuto  ben  calcolo  della  enorme  resistenza  dell'aria  che  dovranno  incontrare  i 
volanti  girando  con  una  velocità  alla  circonferenza  di  142  metri  per  secondo,  come  pure  di  tutte 
le  altre  conseguenze  che  deriveranno  dal  fare  732  giri  al  minuto  con  un  peso  di  26,000  chilo- 
grammi. Che  se  tutto  ciò  è  calcolato  vuol  dire  che  si  potrà  far  senza  anche  del  fischio  della 
locomotiva  e  del  relativo  consumo  di  vapore:  i  volanti  fìschieranno  abbastanza  da  se. 

Un'altra  novità,  quantunque  basata  sopra  un  vecchio  principio  è  la  macchina  a  vapore  o  ad 
aria  compressa  del  sig.  Bourdon.  Tutti  conoscono  il  principio  del  manometro  metallico  :  orbene 
la  macchina  di  Bourdon  si  comporrebbe  precisameute  di  un  tubo  a  sezione  elittica  e  formato 
da  due  metà  in  acciajo  sottile  unite  ai  loro  bordi  con  buloni  e  con  bande  dello  stesso  acciajo^ 
Agli  estremi  di  questo  tubo,  il  quale  è  curvato  a  guisa  d'un  arco,  sono  attaccati  dei  tiranti 
i  quali  agiscono  su  due  manovelle  in  modo  da  poter  comunicare  all'albero  del  volante  il  moto 
di  rotazione  come  al  solito.  Allora  tutte  le  volte  che  si  introduce  il  vapore  o  l'aria  compressa 
nel  tubo,  i  suoi  estremi  si  allontanano,  mentre  quando  si  condensa  il  vapore  o  si  toglie  la  pres- 
sione gli  estremi  stessi  si  avvicinano  e  da  ciò  nasce  un  moto  alternativo  che,  mediante  i  tiranti 
sunnominati  viene  trasformato  nel  moto  rotatorio  del  volante. 

Per  ultimo  non  vogliamo  passare  sotto  silenzio  la  prova  stata  fatta  recentemente  in  Francia 
di  una  locomotiva  scaldata  a  petrolio  invece  che  a  carbon  fossile,  prova  che  acquistò  una  certa 
celebrità  avendovi  assistito  S.  M.  Napoleone  HI,  il  quale  monlò  in  persona  sulla  macchina.  Già 
da  qualche  anno  erano  stati  fatti  in  America  varj  tentativi  di  questa  nuova  applicazione  del 
petrolio  ;  ma,  a  quanto  pare ,  non  s'  era  mai  provato  con  locomotive.  L'  esperienza  testé  accen- 
nata riuscì,  per  quanto  dicesi  egregiamente,  e  per  certo  se  l'impiego  di  questo  combustibile 
potrà  farsi  d'ora  innanzi  con  apparecchi  abbastanza  semplici  e  sicuri  potremo  dire  d'aver  tatto 
un  buon  passo  in  questo  ramo  della  meccanica,  prima  di  tutto  perchè  il  petrolio  è  disseminato 
dovunque  in  gran  quantità  e  anche  noi  in  Italia  ne  abbiamo  moltissimo  negli  Apennini  del 
Parmigiano  e  del  Modenese  nonché  in  Sicilia  :  in  secondo  luogo  perchè  esso  ha  meno  peso  e 
occupa  assai  meno  volume  che  gli  altri  combustibili  e  può  essere  quindi  prezioso  pei  lunghi 
viaggi  di  mare  ;  finalmente  perchè  la  sua  fiamma  potrà  essere  facilmente  regolata  a  piacere  dal 
macchinista.  Ne  è  a  temersi  nemmeno  la  facilità  d' incendio  né  di  esplosione,  poiché  il  petrolio 
che  si  adopererebbe  non  è  già  quello  impiegato  per  l'illuminazione,  ma  un  petrolio  assai  denso  e 
vischioso  che  si  avvicina  alla  pece. 

Ing.  Emilio  Olivieri. 


E  NOTIZIE  VARIE  547 


l'Associazione  ha  letto  con  interesse  la  lettera  seguente  del  signor  Zuecoli  in  data  del  a 

rilTi".  Ì,m  '  C  msl0J'desid^°  *»  W  stesso  manifestato,  prega  la  Redazione  del 
Giornale  dell  Ingegnere  Architetto  a  volerla  inserire  nel  suo  periodico. 

All'  Onorevole  Associazione  Geodesica  Nazionale  in  Milano. 

mmtmXsX^X  ^  ,ebbeJ'a.Ua  fazione  di  apprezzare  in  molta  parte  i 
Vi foresi e ZS  vosti,  ^»Lf  T      dlrrlf  Z10ne  dell'Alt°  Milanese,  dei  concessionari! 

wH^J28^^  ai  ri- 

•tondo  riferire  ri TsÒli ^nLld^dS,U,^;  6d  U  b/neflci0  «^irrigazione,  con- 
astrazione  fatta  dagli  enunciati  danni  P       VleM  ad  eSSere  W  °gni  Caso  enorme- 

&^M^j^$ZE!»  quelI° che  h0  sempre  *** 

rione  KS,  'ed  nXT.ÌIW'"'  haVVÌ  beMDC0  Una  consid"a- 
non  ha  dato  il  suo  tributo  cKene  ad  ^1,/'^"  S1  aVVera'  S1CC°T  in  °(uesto  caso  >a  tera 

All'esperienza  dell'agricoltore  è  pur  necessario  rendere  la  parte  che  sii  snetta. 

H    1 Z'oTt/ZlZt cttr  ^«^  P-oVceaflni^due  primi  opuscoli. 

teo  optcVo\PoTchSrDèPiSi  nJeggere  \^Ah  dÌ  ^"sedazione,  nell'unito 
dire  iJpolibilel™ Se  de  p  g t^e  ZltoS  ^7^*  relativa  ;  '_  intesi  di 
possibile  il  progetto  ner  sii  pnnrm!  Tlz.Lv  impossibile  la  costruzione  dei  canal  ;  —   im- 

Lsionari  ePdef  clfr  Ltti  TmnossZi  et  Z.W*?^1  C0"e  f°rZe  economiche' dei  con- 
gnere  londonio  ^ic"Tt^r7itml!  *"  ÌKÌKì  mm  appUnlÌ  che  U  siSnor  «"•>- 

gone  FlVt^fdSrlt^el  tt^^»1^0^  ^  ?  ^ 
maggior  rendita,  come  il  Belgio  '     la'  che  mi  Tlene  accennato   avere 

ftfawdo0!^^^  VOg,k  ri'eggere  k  Pretazi0ne  deI  mi0  ™™*°  oP»*»Io, 

«  doìu  l'nU'Co  MiS  'SS  feTdftS  fe*  i^S  a  «krdin0  con  Preziosi  #* 
ridurle  tali,  diceva  pù  sopra  neU^SLok « l'^J  "  Pa'Ud'  da  render  Produtti«  »,  e  per 
«  dando  ,„'  quel  tempo  T^Xual^  a  SS  T  **  aM°ra  A  SPESE  ^  ~> 

ragione  di  essere,  e  " opportunità di  rilegarli  LÌ  ^  PreZ10S0  Confronto  che  ha  tutta  la 
'acqua,  e  dei  danni  riavrebbero  i  nroSri  m.8empJ?  PÌU  ?0,nslatare  «'enorme  prezzo  del- 
irati per  affrontarne  ^cer^Su^  "  *f  '  '»<>  *»*>*  -ent^i  raccolti 

ritta  iTTXn^^  aairAltipiano ,  quan- 


ta elargizione,  e  meno  poi  sé  Starno  affati?  n08tW  ?olt,vatissime  da  non  abbisognare'  la 

Sul  rimanente  i  mie"  tre opuscoli  vTsano  ^  L  ref,enormi  sPese  PW*>  «'acqua  a  caro  prezzo. 

Wer  bisogno  qui  di  ul   r  ormK ^  immora  T-h  dlStm  sul  «ravissimo  argomento,  per  non 


648  RIVISTA  DI  GIORNALI  ECC. 

Codesta  onorevole  Associazione  vorrà,  io  spero,  degnarsi  di  accogliere  queste  mie  giustifica- 
zioni   colla  stessa  bontà  colla  quale  accolse  i   miei  due  opuscoli ,   del  che  gliene  sono  ricono- 
scientissimo,  e  nell'interesse  del  pubblico  far  luogo  ad  inserire  nel  suo  reputato  periodico  scien- 
tifico la  presente  memoria,  piaccia  o  non  piaccia  ai  concessionarj. 
Mi  rassegno  colla  più  distinta  stima  ed  ossequio 
Di  codesta  onorevole  Associazione 
Pinzano,  15  settembre  1868. 

Umiliss.  e  Devotiss.  Servitore 

Antonio  Zuccoli. 


ATTI  DELL'ASSOCIAZIONE  GEODESICA  NAZIONALE 


8.° 

Ing. 

E. 

Sergent 

9.° 

Ing. 

F. 

Ajraghi 

10.° 

Ing. 

G. 

Cagliani 

11.0 

Ing, 

A. 

Stigler 

12.° 

Ing. 

C. 

Boriati 

13.° 

Ing. 

F. 

Cotta 

ìk.° 

Ant. 

Zuccoli. 

Processo  verbale  della  terza  seduta,  h  ottobre  1868. 

Ordine   del   giorno. 

l.°  Rapporto  del  gerente  sull'esito  della  deliberazione  presa  nella  seduta  antecedente. 

2.°  Corrispondenza. 

5.°  Lettura  di  una  Memoria  del  prof.  Porro. 

La  seduta  è  aperta  alle  ore  due  e  mezza  pom.,  presenti  i  signori  : 

1.°  C.  P.  M.  I.  Porro 

2.°  Filadelfo  Fichera 
3.°  Tip.  Edit.  B.  Saldisi 
4.°  Ing.  A.  Borzino 
5*.°  C.  Ajraghi 
6.°  Ing.  I.  Veneziani 
7.°  Ing.  E.  Olivieri 

Il  profess.  Porro  presiede. 

La  parola  è  data  al  segretario,  il  quale,  in  nome  del  gerente,  riferisce  ne' seguenti  termini 
l'esito  della  deliberazione  presa  nella  seduta  antecedente. 

In  seguito  alla  deliberazione  del  28  agosto  p.  p.,  il  sig.  Saldini  ha  fatto  stampare  cinquecento 
esemplari  di  essa,  ed  una  circolare  ai  Sindaci,  di  cui  si  depone  copia.  Il  tutto  è  stato  spedito  a 
destinazione,  e  gli  esemplari  da  sottomettersi  ai  ministri,  ai  prefetti  ed  ai  consigli  provinciali, 
sono  stati  accompagnati  da  opportune  lettere  firmate  dal  prof.  Porro. 

Cotesta  pubblicità  ha  dato  luogo,  nei  giornali,  a  varii  articoli,  fra  i  quali  è  notevole  quello 
del  Bullettino  di  Agricoltura  del  12  settembre,  in  cui  il  sig.  Ing.  Villoresi,  ha  diretto  al  pro- 
fessore Porro  l'invito  di  cui  questi  renderà  conto. 

Seguendo  l'ordine  del  giorno,  la  parola  è  ancora  al  segretario  per  la  lettura  della  corri- 
spondenza. 

Il  segretario  rende  conto  che  molte  congratulazioni  verbali  e  scritte  sono  state  dirette  ali  as- 
sociazione, dalle  quali  emerge  che  l'associazione  ha  colto  nel  segno,  trattando  il  punto  più  es- 
senziale per  la  riuscita  dell'impresa. 

Fra  queste  lettere  sono  rimarchevoli  le  seguenti  : 

1.°  Una  del  sig.  Zuccoli,  in  data  del  13  settembre  p.  p.;  ed  altra  stata  diretta  dal  sig.  Lon- 
donio  al  Zuccoli  stesso,  in  data  del  14 ,  il  quale  ha  stimato  opportuno  comunicarla  per  copia 
(Ji  cui  diamo  lettura  ; 


ATTI  DELL' ASSOdAZIONE  ECC.  649 

Pregìatiss.  Signor  Zuccoli 

Caronno,  14  settembre  1868. 

L.  *    '.  '•• non  è  forse  vero  che  quello  che  è  detto  di  lui  nella 

Memoria  Porro,  distrugge  Frusta,  Bulleltino ,  Gazzetta  e  qualunque  critica.  -  Porro,  lo  creda 
a  me,  è  l'Ingegnere  degli  Ingegneri,  è  la  prima  persona  competente  in  Milano  e  forse  in  Italia • 
avrà  letto  la  risposta  di  Villoresi   nel  Bullettino,   benché  egli  tenti   travisare  la  memoria,  non 
può  a  meno  di  mostrarsi  dolente   per  le  sue  censure.   Cosa  dice  Porro  ?   Dice  che  il  progetto 
Villoresi  non  si  può  né  lodare  né  criticare,  perchè  tutto  vi  è  incognito,  che  facciano  tutti  gli 
studn  secondo  i  nuovi  dettami  della  scienza,  ed  egli  è  del  parere  che  molte  delle  incognite  sa- 
ranno sciolte  in  favore  del  progetto.  Porro  deve  dire  così   perchè,  essendo  professore  precisa- 
mente di  tali  nuovi  trovati  della  scienza,  desidera  che  vengano  eseguiti  in  grande  sull'  altopiano 
milanese,   quindi   incoraggia  promettendo  un  risultato  favorevole;   ma  io   invece  dico  e  sono 
pronto  a  scommetterlo,   che   se  si  facessero  gli  studii   precisi  che  domanda  Porro,  eliminando 
tutte  le  incognite,   ne  risulterebbe  chiaro  e  patente  che  un  tal   lavoro  non  adequato  al  danno 
della  siccità  a  cui  vuol  riparare,  e  neppure  a  tutti  gli  altri  utili,  -  l' irrigazione  è  per  i  prati 
quindi  per  la  bassa  pianura;  i  cereali  e  l'alta  pianura  vogliono  pioggia  e  non  irrigazione,  se 
manca  e  un  male ,  ma  volerlo  riparare   coli'  irrigazione  è  un  male  peggiore.    -   Ora  Villoresi 
s'impossessa  di  questi  pronostici  di  Porro,  come  di  un'opinione  invariabile,  e  gli  oppone  alla 
sua   critica  cercando  di  distruggerla ,  ma  è  una  falsa  logica   perchè   la  Memoria  si  pronuncia 
chiaramente  dicendo  che  tal  progetto  è  tutto  incognite,  e  che  non  poteva  produrre  altro  che  la 
critica  Zuccoli,  tanto  è  vero  poi  che  Porro  dubiti  dei  risultati,   giacché  propone  le  spese  di  tal 
precisa  operazione  al  consorzio  di  tutti  i  comuni  e  non  a  Villoresi,  comprendendo  benissimo  che 
un  tal  lavoro  non  compensato  dalla  costruzione  dei  Canali  non  è  per  i  mezzi  di  un  particolare 
-  pero  la  Memoria  Porro,  la  sola  sino  ad  ora  che  abbia  abbordato  la  quistione  tecnica,  è  un 
colpo  irreparabile  pei  concessionarii ,  i  quali  erano  già  stati  oppressi   nella   questione  pratica  e 
finanziaria  -  vedrà  che  ho  ragione  di  dire  che  le  cause  sono  più  di  trenta,  e  che  l'opposizione 
ad  un  tal  progetto  è  fiato  sprecato;  per  quanti  abbia  interrogati  nelle  campagne,  se  sanno  espri- 
mersi si  pronunciano  contro,  se  non  sanno  esprimersi  ridono  e  credono  che  si  voglia  prenderli 
a  beffe;  se  poi  si  dice  loro  che  dovranno  pagare   h  o  5  lire  di  più  alla  pertica  e  saranno  ga- 
rantiti dalla  siccità,  tutti  dichiarano  che  non  spenderebbero  neppure  una  lira   per  tal  garanzia 
trattante  i  concessionarii   accordano  proroghe,  e  le  riunioni  di  possidenti   non  comprendono 
nula,  nominano  commissioni   per  essere  illuminati;   il   bello  sarà  quando  saremo  ai  rapporti 
delle  commissioni,   la  confusione  ha  da  farsi  ancora  più  grande,  perchè,  a  meno  di  intendersi 
tra  loro    siccome  operano  su  dati  vaghi  e  sopra  incognite,  vi  saranno  delle  differenze,  che  pro- 
veranno la  giustezza  della  critica  Porro.   ..." 

firmato    S.  D.  S.  Alessandro  Londonio. 

m  II  professor  Porro  prega  di  osservare  che  gli  elogi  al  suo  particolare  nome  dal  sig.  Londonio 
diretti,  sono  dovuti  invece  all'  Associazione  Geodesica. 

2.°  Il  sig.  Zuccoli  ha  indirizzato  all'Associazione  una  sua  Memoria,  che  secondo  il  desiderio 
da  lui  espresso,  sarà  pubblicata  nel  Giornale  dell' Ingegnere-Architetto 

di  nnYwr  *lì  i  l6ttfn  *?  rT^  "*'  ZuCCOlÌ>  Ìn  data  **  ™  settembre>  ci  è  P^enuta  copia 
di  una  lettera  del  prefetto  della  provincia,   colla  quale  venne  comunicato   al  signor  sindaco  di 

pinzano  intorno  il  progetto  Villoresi  e  Meraviglia,  il  dispaccio  ministeriale  N.  12558  div  V 
della  quale  riproduciamo  il  seguente  tratto  siccome  giustificativo  di  ciò  che  le  nostre  osserva- 
zioni non  sono  punto  né  fuor  di  tempo  nò  fuor  di  proposito. 


650  ATTI  DELL'ASSOCIAZIONE 

« che  niun  progetto  definitivo  è  fin  qui  pervenuto  al  detto  ministero  per  l'apertura  dei 

«  surriferiti  canali;  e  che  ai  termini  della  concessione,  devono  i  signori  Villoresi  e  Meraviglia 
«  compiere  molte  e  diverse  operazioni,  prima  di  divenire  all'  esecuzione  dei  lavori,  Del  resto,  lo 
«  stesso  ministero  si  è  riservato  a  far  prendere  in  considerazione  dal  consiglio  superiore  dei 
«  lavori  pubblici  la  sovracitata  Memoria  e  carte  annessovi ,  allorché  sottoporrà  all'  esame  del 
«  medesimo  il  progetto  definitivo  dei  lavori  in  discorso  ».  .    .    . 

4.°  Sono  stati  indirizzati  all'Associazione  varii  opuscoli,  ed  altri  si  era  l'Associazione  pro- 
curati, i  quali  saranno  deposti  nell'  archivio  a  disposizione  dei  socii  della  medesima. 

E  qui  dichiariamo,  ancora  a  nome  del  sig.  Saldini,  uno  dei  fondatori,  che  egli  mette  a  di- 
sposizione dell'Associazione  anche  i  giornali  ch'egli  riceve  in  cambio  dell' Ingegnere- Architetto, 
e  che  quind' innanzi  i  membri  di  essa,  come  gli  abbonati  àe\V  Ingegnere-Architetto ,  saranno 
ammessi  in  questa  sala  convertita  a  loro  prò  in  gabinetto  di  lettura ,  eccettuatene  solamente  le 
ore  di  adunanza  dell'Associazione. 

Esaurito  dal  segretario  l' articolo  corrispondenza,  il  presidente  fa  menzione  di  una  lettera  del 
sig.  Iug.  Tatti,  alla  quale  egli  ha  stimato  opportuno  di  rispondere  privatamente,  riservandosi 
però  di  consultare  in  proposito  nella  prossima  seduta  1'  Associazione,  qualora  ne  sia  il  caso. 

Si  passa  quindi ,  conformemente  al  terzo  articolo  dell'  ordine  del  giorno ,  alla  lettura  di  una 
Memoria  del  prof.  Porro,  che  qui  trascriviamo. 


RIVISTA     SOMMARIA 
DE' METODI   DI   STUDIO  DE' GRANDI  LAVORI   PUBBLICI 

ED  IN  PARTICOLARE  DEI  CANALI  D' IRRIGAZIONE 

(Vedi  tav.  28) 

Resoconto  di  una  breve  visita  nello  studio  deir  Ing.  Villoresi. 

Gap.  I.  -  RIVISTA. 

1.  In  tempi  che  non  sono  ancora  da  noi  lontani  quanto  il  si  potrebbe  desiderare,  la  scienza, 
che  era  poca,  s'imponeva  sotto  forme  arcane  al  popolo  (e  dico  popolo  in  tutta  l'ampiezza  dei 
significato  della  parola). 

In  quei  tempi  anche  gli  ingegneri  seguivano  lo  stesso  andazzo ,  ed  imponevano  i  loro  dettati 
senza  nulla  mai  dimostrare. 

La  scienza  era  poca  ;  la  pratica,  senza  regolari  principii,  era  più  che  altro  intuitiva ,  divina- 
toria, e  per  alcune  poche  divinazioni  fortunate  un  uomo  saliva  in  fama ,  diventava  autorità  ri- 
verita,, a',  cui  responsi  nessuno  osava  applicare  il  libero  esame,  nessuno  osava  imporre  la  rispon- 
sabilità  della  riuscita,  libero  esame  e  responsabilità,  che  ancora  oggidì,  conviene  pur  dirlo,  si 
trova  fra  gli  ingegneri  chi  li  vorrebbe  elidere,  evitare,  chi  vorrebbe  imporre  d' autorità  i  propri 
dettati. 

Alla  divinazione  intuitiva,  con  che  tutto  in  prima  s'intendeva  regolare,  venne  aggiunto  suc- 
cessivamente in  crescenti  proporzioni  l'ausiliario  geodesico  sotto  la  forma  di  piani  e  di  profili, 
il  qual  metodo,  benché  rozzo  ed  insufficiente,  segnò  uno  stadio  di  progresso. 

In  tempi  a  noi  più  vicini  si  tentò,  ma  da  pochi  ingegneri  civili ,  la  ypsometria  in  una  zona 
più  o  meno  limitata  intorno  alla  linea  d'operazione  (1)  ;  e  pochissimi  in  Italia,  un  qualche  saggio 
pur  limitato  presentarono  di  eidypsografìa  ad  imitazione  degl'ingegneri  militari,  presso  cui  anche 
in  Italia  la  eidypsografìa  è  in  uso  da  moltissimo  tempo  (2). 

(1)  In  Francia  Moìnot  e  i  suoi  seguaci;  in  Italia  citeremo  fra  gl'altri   per  cagion  di   opportunità  i 

sieff.  Villoresì-Meraviglia.                                                                                                --  n„ini>L* 

(ì)  Molti  progetti  di  grandi  lavori  publici  furono  fatti  eidypsometricamente  nelle  antiche  province 
però  sotto  la  direzione  di  un'  ingegnere  militare. 


GEODESICA  NAZIONALE  ffi{ 

La  generalità  però  degli  ingegneri  civili  non  è  entrata  ancora  in  quella  via  di  progresso ,  ed 
il  paese  ne  ha  risentilo,  in  milioni  sprecati  ed  in  opere  difettose,  un  danno  tanto  maggiore 
quanto  più  estesi  furono  i  pubblici  lavori  stati  negli  ultimi  tre  decennii  in  Italia  eseguiti. 

2.  Ma  nel  mentre  la  scienza  progrediva,  mentre  andava  raffermando  le  sue  applicazioni  sopra 
basi  positive,  le  amministrazioni,  i  capitalisti,  il  pubblico,  arrivarono  da  parte  loro  ad  intendere 
e  tenere  ornai  per  fermo,  che  nelle  applicazioni  delle  scienze  positive  tutti  i  risultamenti  si  pos- 
sono dimostrare  con  principii  e  con  ragionamenti  che  s'appoggiano  a  verità  incontestabili  dello 
stesso  ordine,  il  quale  modo  di  dimostrazione  è  indipendente  dal  giudizio  dell'uomo,  ed  è  a  por- 
tata delle  intelligenze  anche  profane;  a  tal  segno  che  nessuna  divinazione  intuitiva  è  cggimai 
più  accettata,  nessuna  autorità  d'ingegnere  può  sfuggire  al  libero  e  pubblico  esame;  V autorità 
m  quel  senso  intesa  più  non  esiste,  più  non  si  può  in  nessun  caso  da  nessuna  pubblica  ammi- 
nistrazione accettare. 

Più  non  basta  a'  tempi  nostri  che  l' ingegnere ,  comunque  celebre  oppur  pratico  il  si  voglia , 
asserisca  ;  più  non  basta  neppure  che  l' asserzione  dell'  ingegnere  sia  vera ,  bisogna  ancora  che 
possa  essere  e  sia  rigorosamente  dimostrata,  bisogna  che  non  possa  essere  contestata. 

Non  basta  poi  l'aver  trovata  per  un  progetto  di  via  o  di  canale,  una  linea,  secondo  cui  si 
possa  dimostrare  che  la  locomotiva  può  correre,  o  l'acqua  fluire;  bisogna  ancora  produrre  la 
dimostrazione  rigorosa  di  tutto  punto  incontestabile,  che  non  è  possibile  fra  quegli  estremi  altra 
linea  migliore  sotto  nessun  rispetto. 

5.  Quando  un  progetto,  per  quanto  si  voglia  vasto,  sia  stato  studiato  in  tutte  le  sue  parti,  in 
tutta  la  sua  estensione,  fino  a  questo  punto,  il  calcolo  preventivo  della  spesa  necessaria  al  suo 
eseguimento  non  è  più  che  un  affare  di  cifre;  la  incertezza  remanente  sul  finale  ammontare  del 
tutto  e  delle  parti  può  essere  allora  ristrettissima  (praticamente  intorno  al  centesimo),  ne  si  deve 
sentir  parlare  più  mai  di  imprevisti  ;  tutto  dev'essere  preveduto,  perchè  il  successo  dev'essere 
assicurato  ;  tutte  le  piccole  incertezze  poi  contingibili  ancora  entro  quel  limite ,  devono  essere 
valutate  e  portate  in  più  nel  calcolo  preventivo  dell'importo  dell'opera,  affine  di  averle  poi 
in  meno  nel  consuntivo,  vale  a  dire  sulla  somma  che  si  troverà  effettivamente  erogata  a  la- 
voro finito. 

4.  Tanto  non  si  poteva  pretendere  dagli  ingegneri  nello  stato  della  scienza  e  delle  pratiche  che 
io  mi  permetto  di  chiamare  antico,  vale  a  dire  nel  tempo  in  che  era  d'uopo  raccomandarsi 
ancora  all'  autorità  dei  nomi,  e  fidare  a  quel  vocabolo  specioso,  e  dalle  moltitudini  favorito, 
la  pratica;  la  pratica  si  acquista  col  tempo,  per  la  qual  cosa  essa  non  è  altro  in  sostanza 
che  una  lunga  ripetizione  di  antichi  erramenti,  con  sempre  uguale  sì,  non  mai  migliore  successo; 
la  pratica  in  tal  senso  intesa  è  perciò  la  negazione  assoluta  del  progresso.  La  vera  ed  illumi- 
nata pratica  è  quella  di  chi  studia  ogni  giorno  e  segue  il  progresso  non  quello  di  coloro  che 
fanno  oggi  come  facevan  jeri  e  prima,  e  ciò  senza  curarsi  anzi  respingendo  ciò  che  vien  di  nuovo 
senza  studiarlo. 

Tanto  invece  si  può  di  tutto  punto  pretendere  oggidì  dagli  ingegneri  sotto  tutti  i  rispetti,  senza 
che  alcuno  possa  aversi  a  male  se  non  si  presta  fede  alle  sue  semplici  asserzioni,  se  di  tutto 
si  esige  da  lui  piena  e  chiara  e  matematica  la  dimostrazione. 

Il  progresso  di  tutte  le  scienze  affini  ha  contribuito  a  questo  mutamento  radicale  che  si  fa 
strada  ovunque,  ma  più  di  ogni  altra  vi  ha  contribuito  la  geodesia,  giacché  nel  ben  conoscere 
la  eidypsografìa  del  terreno  sta  la  prima  base  di  un  buon  progetto  in  fatto  di  lavori  pubblici , 
tanto  più  poi  quando  si  tratti  di  un  canale  d' irrigazione,  che  è  il  più  complesso  dei  problemi 
nella  specie. 

A  questo  felice  mutamento  oppongono  ancora  oggidì  molti  ingegneri  una  riluttanza  di  che 
però  il  buon  senso  pubblico  va  a  poco  a  poco  facendo  giustizia. 

Il  torrente  del  vero  progresso  travolve  ne' suoi  flutti  gl'incauti  che  s'attentano  di  re- 
sis  fervi  (1). 

(1)Così,  ed  allo  stésso  proposito ,  si  esprimeva  or  fan  trétit*  anni  il  chiarissimo  cav.  Carbonazzi 
ispettore  generale  de'  lavori  pubblici. 

Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Ottobre  1868.  43 


652  ATTI  DELL'ASSOCIAZIONE 

5.  Nella  segnalata  via  progressiva,  per  la  quale  si  pervenne  oggidì  ad  introdurre ,  non  però 
ancora  a  generalizzare,  nei  lavori  pubblici  l'uso  della  eidypsometria  completa  estesa  su  larga 
zona,  ed  a  sostituire  la  eidypsografia  al  sistema  de' piani  e  profili,  si  nota  uno  stadio  intermedio 
tanto  più  osservabile  in  quanto  che  di  poco  meno  laborioso,  e  però  ancora  imperfetto  a  segno 
di  esser  frequente  causa  di  considerevoli  errori.  Tale  si  è  la  ypsometria  semplice ,  la  quale 
consiste  nel  seminare  di  punti  livellati  la  zona  di  terreno  su  cui  l'idea  di  progetto  dev'esser* 
studiata. 

Quegli  ingegneri  che  fanno  uso  della  ypsometria  semplice  rilevandone  i  dati  coi  metodi  an- 
tichi, oppure  seguendo  i  precetti  del  Moinot  (1856),  che  ha  adottato  il  tacheometro,  e  della  geo- 
desia nuova  il  solo  procedimento  radiotomico  e  nuli'  altro,  non  mostrano  di  aver  inteso  che  una 
semplice  ypsometria  non  rappresenta  una  superficie  unica,  ma  due  o  più  superficie  fra  loro  di- 
verse; valga  a  dimostrarlo  il  seguente  esempio: 

Sulla  estensione  indefinita  del  terreno,  fig.  l.a,  sono  segnati  in  altide  molti  punti,  tra  i  qual 
scegliamo  A,  B,  C,  D,  angoli  del  contorno  di  una  parcella,  le  cui  altidi  sono  in  metri  rispetti- 
vamente 16m,  10™,  18m,  Hm,  (per  semplicità  dell'esempio  numeri  intieri). 

Traducendo  questa  figura  in  eidypsografia  (curve  orizzontali)  colle  solite  regole  d' interpola- 
zione grafica,  se  ne  ottengono  due  diverse  interpretazioni,  ambe  possibili  nel  vero,  e  rappresen- 
tate, una  nella  fig.  2.a,  l'altra  nella  fig.  3.a 

Nella  fig.  2.a  si  ha  un  displuvio  (costa)  che  va  scendendo  da  A  verso  C,  le  cui  falde  scendonc 
oppostamente  verso  B  e  verso  D. 

Nella  fig.  3.a  si  ha  un  compluvio  (thalweg)  discendente  da  D  verso  B ,  le  cui  falde  pendono 
scendendo  da  A  e  da  C  verso  la  linea  compluviale  B  D. 

Come  ognuno  vede,  l'equivoco  è  assai  grave  (nientemeno  che  un  monte  scambiabile  per  un* 
valle),  e  può  ripetersi  in  vario  modo  ed  in  molti  luoghi. 

Suppongasi  condotta,  per  la  irrigazione  di  questa  parcella,  una  roggia  maestra  fino  al  punto 
il  più  alto  A  ;  se  la  superficie  della  parcella  è,  nel  vero,  come  la  fig.  2.a,  essa  è  tutta  irrigabile 
senza  spesa  veruna  di  adattamento,  se  invece  la  si  trova  nel  vero  essere  come  si  dimostra  nella 
fig.  3.a,  non  sarà  irrigabile  che  la  falda  A  B  D,  e  per  irrigare  l'altra  metà  converrà  per  lo  meno 
costrurre  una  roggia  in  rialzo  che  traversi  tutto  il  vallivo  da  A  in  C,  la  quale  nell'esempio  qui 
considerato  potrebbe  constare  di  un  due  o  più  mille  metri  cubi  di  terra  tutta  da  riportare,  op- 
pure un  acquedotto  in  muratura,  che  non  costerebbe  meno. 
6.  Un  secondo  esempio  un  po'  più  complesso  si  ha  nella  fig.  4.a,  B.a  e  6.a 
Il  piano  quotato  ypsometricamente ,  fig,  4.a,  può  significare  molte  superficie  fra  loro  diverse, 
ma  per  brevità  non  ne  presenteremo  che  due  nelle  fig.  b.a  e  6.a 

Nella  fig.  5.a  si  ha  una  traduzione  eidypsografica  di  quel  piano  ypsometrico ,  nella  quale  si 
vede  in  A  un  basso  fondo  quasi  triangolare  poco  inclinato  nel  senso  del  sud-ovest,  il  quale  pre- 
senta due  compluvii  confluenti  fra  loro  in  a,  ed  un  altro  compluvio  che  scola  nel  senso  B  C  D 
ed  avente  in  C  il  suo  punto  di  risvolto,  il  tutto  compreso  fra  due  culminazioni  relative  ed  una 
falda  assai  contorta  con  un  displuvio  triplice  in  E ,  e  due  a  tre  altri  displuvii  che  la  figura 
dimostra. 

Nell'altra  versione,  fig.  6. a,  sempre  dello  stesso  piano  quotato,  è  notevole  sopratutto  il  com- 
pluvio A  B,  il  quale  cola  in  senso  inverso  al  C  D,  quasi  omologo  in  pianta  nella  figura  prece- 
dente, e  la  totale  disparizione  del  largo  basso  fondo  A  della  fig.  5.a,  i  punti  notevoli  nella  fig.  6.a 
sono  la  culminazione  assoluta  E  ed  il  displuvio  H  quasi  identico  a  quello  della  fig.  b.a 

La  sola  ispezione  di  queste  figure  basta  a  far  persuaso  ognuno  della  enormità  degli  equivoci 
a  che  conducono  i  così  detti  piani  quotati,  ossia  la  semplice  ypsometria,  per  cui  nessuno  dopo 
questo  esame  più  non  vorrà  seguire  un  tal  metodo. 

7.  La  verità  in  geometria  non  è  che  una,  ed  il  problema  dello  studio  dei  grandi  lavori  pubblici 
è  prima  di  ogni  cosa  problema  di  geometria;  la  eidypsometria  sola  permette  di  risolverlo  con 
economia,  con  facilità,  con  prontezza,  ma  sopratutto  con  sicurezza  dimostrata  incontestabilmente. 
In  fuori  di  essa  tutto  è  dubbio,  tutto  lascia  delle  incognite,  delle  incertezze,  che  si  traducono 
sempre  per  nuove  spese  quando  non  per  disastri. 


GEODESICA  NAZIONALE  (353 

Ognuno  vede  dunque  che  il  metodo  puramente  ypsometrico  (piani  quotati  in  altide)  insegnato 
e  praticato  da  Moinot  e  da  alcuni  altri  ingegneri ,  può  essere  causa  di  gravi  errori  nella  reda- 
zione di  un  progetto,  d'onde  ne  viene  di  necessaria  conseguenza  che  il  metodo  eidypsometrico 
rimane  l'unico  capace  di  risolvere  senza  incertezza  veruna  tutte  le  difficoltà. 

Vero  è  che  moltiplicando,  in  ypsometria  semplice,  indefinitamente  il  numero  dei  punti,  si  at- 
tenuano gli  effetti  de' segnalati  equivoci,  ma  si  aumenta  di  molto  il  lavoro  geodesico,  mentre  in- 
vece il  più  sovente  da  una  eidypsometria  molto  più  rada  di  punti  si  può  cavare  una  eidypso- 
grafia  esente  da  ogni  equivoco  e  sempre  ed  infallibilmente  redigere  in  tutte  le  sue  parti  con 
assoluta  certezza  un  progetto. 

8.  Fin  qui  abbiamo  parlato  del  metodo  di  studiare  il  terreno,  ed  abbiamo  dimostrato  che  la 
eidypsometria  deve  avere,  ni  un  caso  eccettuato,  la  preferenza  assoluta,  e  che  se  ne  può  dedurre 
per  servire  alla  grafica  redazione  di  progetti,  alla  preventiva  calcolazione  de'sterri  e  riporti,  a  tutto 
quanto  occorre  tanto  i  dati  numerici,  quanto  per  disegni  eidypsografici  esenti  da  ogni  equivoco- 

Per  il  metodo  di  studiare  sulla  eidypsografia  l'andamento  e  le  forme  da  darsi  al  progetto 
valgono  gli  ordinarli  principii  della  geometria  descrittiva  che  tutti  gli  ingegneri  debbono  conoscere. 

Ma  per  ottenere  la  eidypsometria  del  terreno,  quai  metodi,  quali  strumenti  converrà  egli  im- 
piegare ? 

La  risposta  è  ovvia.  I  metodi  e  gli  strumenti  della  geodesia  antica,  possono  condurre  all'intento, 
ma  con  impiegarvi  molto  tempo,  molta  gente,  molta  spesa  ;  la  geodesia  nuova  semplifica,  facilita 
l'operazione,  risparmiando  e  tempo  e  gente  e  spesa;  la  scelta  perciò  non  è  dubbia.  I  metodi  e  gli 
strumenti  della  geodesia  nuova,  i  melodi  sopratutto,  se  si  vuol  avere  la  certezza  incontestabile;  i 
metodi,  i  metodi,  i  metodi,  giova  ripeterlo,  i  metodi;  la  certezza  assoluta,  la  verità  dimostrata 
risultano  dai  metodi,  gli  strumenti  non  sono  che  un  mezzo  più  facile  e  più  economico  d' esecuzione. 


Cap.  II. 
RESOCONTO  della  visita  fatta  allo  studio  del  signor  Ing.  Villoresi. 

9.  In  seguito  al  cortese  pubblico  invito  avutone  per  mezzo  del  Bollettino  della  Società  Agraria 
del  12  settembre ,  statomi  rinnovato  in  persona  al  mio  studio  dal  signor  Ing.  Meraviglia ,  mi 
sono  recato  Domenica  20  settembre  allo  studio  del  signor  Ing.  Villoresi,  ove  fui  ricevuto'  con 
eguale  cortesia. 

Ebbe  luogo  dapprima  una  breve  conversazione,  nella  quale  appresi  che  il  prelodato  ingegnere 
lavora  con  ogni  assiduità  ed  impegno  da  sei  anni  alla  sua  idea  di  progetto  di  irrigazione  dell'alta 
Lombardia,  e  che  tutto  il  fin  qui  fatto  lavoro  è  l'effetto  dei  soli  suoi  mezzi  privati,  e  ciò  egli 
disse  con  rara  modestia,  quasi  a  cattivarsi  un'  indulgenza  di  cui  non  ha  punto  bisogno  ;  tuttavia 
sarebbe  ingiusto  il  non  tenergli  conto  di  quella  circostanza. 

10.  Ricordando  egli  poi  un'antica  conversazione  relativa  alla  applicazione  della  Celeriniensura, 
il  signor  Ing.  Villoresi  mi  assicurò  non  dissentire  punto  dalle  idee  da  me  espresse  nelle  tre  mie 
note,  aggiungendo  però  che  se  non  si  è  fin  da  principio  appigliato  a  quel  partito,  ei  fu  perchè 
gli  parve  riuscire  più  economico  e  bastare  al  suo  intento  il  valersi  per  tutta  la  planimensura 
delle  mappe  censuarie,  sulle  quali  egli  sta  ora  applicando  i  risultali  di  una  operazione  ypsome- 
trica,  la  quale  ha  in  pensiero  di  estendere  a  tutti  i  Comuni. 

11.  Entrando  quindi  a  parlare  delle  difficoltà  che  presenta  la  valle  di  Tresa  al  maneggio  degli 
strumenti  usuali,  anche  solo  ypsometrici,  egli  si  mostrò  desideroso  di  sapere  quali  ajuti  gli  sa- 
rebbe permesso  di  sperare,  sia  da  me  personalmente,  sia  dalla  nostra  Associazione,  per  l'appli- 
cazione della  celeriniensura  a  quella  parte  del  lavoro,  e  dopo  brevi  mie  riservate  parole  in  pro- 
posito, si  passò  ad  esaminare  buona  parte  de'lavori  oggidì  in  corso,  nei  quali  sono  presentemente 
occupati  con  lui  ventidue  suoi  collaboratori. 


654  ATTI  DELL'ASSOCIAZIONE 

12.  11  lavoro  fin  qui  fatto  riguarda  il  canale  da  derivarsi  dal  lago  Maggiore.  Pel  canale  da 
derivarsi  dal  lago  di  Lugano  non  si  hanno  ancora  che  l'idea  di  progetto  dimostrativamente  se- 
gnata sulla  carta  topografica,  e  pochi  studii  parziali  di  opere  d'arte. 

Pel  primo  di  questi  canali  invece  gli  studii  dettagliati  delle  opere  di  sistemazione  e  di  presa 
delle  acque  dal  Ticino  si  presentano  dall'  autore  concessionario  come  ultimati ,  disegnati  e  cal- 
colati ,  tanto  in  ciò  che  riguarda  le  resistenze ,  ossia  la  stabilità ,  quanto  in  ciò  che  si  riferisce 
alla  spesa. 

13.  Non  era  possibile  in  breve  ora  esaminare  disegni  e  calcoli,  e  giudicare  di  tanto  lavoro  in  modo 
da  poter  lodare  senza  riserva,  come  neppure  di  cogliere  un  punto  da  criticare  con  fondamento; 
ma  posso  dire  che  mentre  tutti  quei  disegni  si  presentano  in  complesso  sotto  lodevole  aspetto, 
mi  sono  permesso,  però  di  far  osservare  al  signor  Ing.  Villoresi  che  le  curve  delle  volte  ne' ponti 
lasciano  forse  a  desiderare  in  ciò,  che  non  sono  curve  equilibrate,  ma  archi  di  circolo  estra- 
dossati  parallelamente,  perciò,  se  non  meno  stabile,  rendono  però  l'opera  un  po' più  costosa» 
giacché  alle  curve  equilibrate  corrisponde  ad  un  tempo  il  massimo  di  stabilità,  il  minimo  di 
spinta  ed  il  minimo  de'  materiali. 

Le  curve  equilibrate  poi  sarebbero  principalmente  da  preferirsi  pel  ponte  sotto  la  ferrovia, 
dove  la  succussione  uniforme  prodotta  dai  treni  può,  colle  non  equilibrate,  recare  all'opera  un 
danno  progressivamente  crescente;  danno,  che  colle  equilibrate  non  ha  luogo. 

Molta  cura  è  stata  posta  dall'  autore  nello  studiare  il  fondo  e  la  sistemazione  del  1.°  tronco 
del  Ticino,  e  rimarchevolmente  per  il  grand'  argine  a  paratoje  da  erigersi  alla  presa ,  e  ,  fra  le 
piccole  cose  (che  nessuna  è  dimenticata),  è  ingegnosa  la  forma  data  alla  immissione  dei  rivi 
laterali  nel  tronco  del  Ticino  da  sistemarsi,  la  quale  è  studiata  in  modo  da  eliminare  possibil- 
mente i  materiali  che  questi  rivi  trasporterebbero  nel  canale. 

ÌK.  Ma  per  tornare  all'argomento  geodesico,  il  solo  del  quale  la  nostra  Associazione  abbia  in- 
teresse di  occuparsi,  riferirò  : 

1.°  Che  principiati  al  dir  dell'autore  nel  primo  anno  (1863)  gli  studii  coi  metodi  antichi, 
non  fu  trascurato  però  d'introdurre,  almeno  per  prova  (illusoria  prova  perchè  stata  fatta  va- 
lendosi tuttavia  degli  antichi  strumenti) ,  i  perfezionamenti  successivi  che  vennero  a  di  lui  co- 
gnizione, per  modo  che  si  trovano  nei  lavori  da  ultimo  fatti  per  la  valle  del  Ticino,  impiegate 
sulla  piarda  alta ,  congiuntamente  ai  profili ,  le  curve  orizzontali ,  perciò  un  piccolo  saggio  di 
eidypsografia  comparata    all'  antico  sistema  dominante  in  tutto  il  lavoro  ; 

2.°  Nella  estensione  di  molti  territorii  comunali  poi ,  si  ha  la  semplice  ypsografia ,  vale 
a  dire  la  quotazione  in  altide,  la  quale  è  applicata  a  punti  sparsi  sulle  mappe  censuarie, 
il  che  sarebbe  dall'  autore  giudicato  sufficiente  per  procedere  poi  allo  studio  de'  canali  secon- 
darii  di  tutti  gli  ordini  fino  agli  estremi  scoli ,  e  dell'  adattamento  del  suolo  di  ogni  parcella 
di  proprietà  a  ricevere  utilmente  l'irrigazione,  le  quali  cose  però  i  concessionarii  intendono 
lasciare  a  carico  dei  comuni  e  dei  proprielarii  (1). 

15.  La  linea  principale  stata  da  principio  vergata  provvisoriamente  sulle  carte  topografiche  con 
dati  poco  meglio  che  intuitivi,  aveva  dato  luogo  ad  una  osservazione  riportata  nella  mia  prima 
nota  (2)  pel  punto  d'incontro  colla  base  di  Oriani.  Essa  fu  di  poi  corretta  portandola  più  al 
sud,  e  la  si  va  correggendo  progressivamente  a  misura  che  il  progresso  del  lavoro  ypsometrico 
nei  comuni  ne  dimostra  il  bisogno. 

Sussiste  però  tutto  intiero  finora  in  tutto  questo  lavoro  il  già  segnalato  lato  debole,  vale  a 
dire  che  finora  non  si  hanno  dati  né  sufficienti  né  idonei  per  dimostrare  che  quella  stata  indi- 
cata dal  sig.  Ing.  Villoresi  sia  la  miglior  linea  possibile,  né  per  sostenere  che  non  lo  sia. 

Ne  ciò  si  potrà  con  causa  di  scienza  e  con  sicurezza  dimostrare,  fino  a  tanto  che  tutto  l' in- 
tiero sistema  di  canali  di  tutti  gli  ordini  sia  stato  studiato ,  il  che  è  quanto  dire  finché  tutti  i 
rilievi  eidypsometrici,  indispensabili  ora  come  prima,  non  siano  dappertutto  compili. 

(1)  Vedi  più  sopra  a  pag.  2  qual  sia  il  vero  valore  di  cosiffatta  ypsometria,  quali  equivoci,  quali  in- 
certezze ne  possano  conseguire. 

(2)  Vedi  Ing.  arch.,  Voi.  XV  pag.  478. 


GEODESICA  NAZIONALE  655 

16.  Buon  consiglio  quindi  per  mio  avviso  sarebbe  il  rinunciare  subito  alla  attuale  maniera  non 
meno  difficile  e  sempre  incerta  di  studii  d'arte,  dei  quali  si  ha  troppa  fretta,  ed  affrettare  invece 
gli  studn  eidypsometrici  razionali  che  avrebbero  dovuto  precedere  ogni  velleità  di  segnar  linee  ed 
ogni  studio  d'arte,  perchè  delle  linee,  degli  studii  d'arte,  quando  si  vogliono  accertati,  è  base 
indispensabile  il  rilievo  eidypsometrico. 

Allora  si  potrà  compire  un  vero  razionale  studio  di  tutta  insieme  la  rete  di  canali  di  tutti 
gli  ordini  fino  all'ultimo  scolo,  soddisfacente  alla  condizione  di  evitare  quasi  per  intiero  quel 
fonditus  evertere  applicato  al  suolo  di  ogni  parcella ,  del  quale  ho  parlato  nella  mia  nota  5.a 
pag.  5  (1),  allora  si  potrà  mandare  alla  luce  un  risultato  a  cui  nessuno  saprà  più  mai  trovare 
censure  0  difetti. 

Quello  è  per  mio  avviso  l' unico  mezzo  di  far  sparire  realmente  ogni  paura  d' incognite ,  di 
che  gli  avversari  della  grand'  opera  si  fanno  bandiera. 

iNò  per  il  loro  non  volere  essi  contrarre  obblighi  finché  v'ha  luogo  a  temere  l'esistenza  di  in- 
cognite si  può  loro  dar  biasimo,  e  tanto  meno  lo  meritano  quanto  meglio  sanno  che  il  modo  di 
farle  sparire  non  manca. 

17.  Il  canale  da  derivarsi  dal  Iago  di  Lugano  è  ancora  lutto  da  studiare,  ancor  sussistono  per 
intiero,  circa  le  linee  state  per  questo  indicate  in  massima  dall'  autore,  tutte  le  obbiezioni  state 
formulate  nella  nota  l.a  già  citata;  quello  studio  forma,  ogni  cosa  considerata,  la  più  difficil  parte 
dell'impresa,  tanto  dal  lato  geodesico  quanto  per  lo  studio  d'arte,  talché  se  ne  può  calcolare  il 
tempo  ed  il  costo  a  più  della  metà  del  totale. 

Cambiar  sistema  dunque  mentre  è  ancor  tempo,  e  con  franchezza  adottare  pienamente  il  me- 
todo eidypsometrico  sarebbe  un  dare  alla  grand'  opera  quella  incontestabile  certezza  che  senza 
ciò  non  avrebbe  mai,  neppure  dopo  eseguita,  se  pure,  come  è  molto  probabile,  dagli  studii  una 
volta  ben  fatti  emergerà  la  oggidì  non  incontestata  convenienza  di  eseguirla. 

Neppur  dopo  eseguita,  diciamo:  L'acqua  infatti  arriverebbe  in  tutti  i  comuni,  in  tutte  le  pro- 
prietà ,  che  ancora  sarebbe  vivo  il  rincrescimento  nella  coscienza ,  illusa  forse,  ma  onesta  del- 
l'autore  del  progetto,  di  non  poter  dimostrare  che  egli  ha  fatto  il  meglio  possibile,  così' sotto 
il  rispetto  d'arte,  come  sotto  il  rispetto  economico:  questa  certezza  può  l'autore  del  progetto 
acquistarla  per  sé;  i  proprietarii  tutti  hanno  senza  dubbio  il  più  vivo  desiderio  di  acquistarla 
nel  loro  interesse,  anche  a  lor  costo,  prima  di  firmare  le  obbligazioni  che  loro  si  domandano 
Di  acquistarla  poi  piena  ed  intiera  prima  di  concedere  favori ,  prima  di  promettere  milioni 
ne  avevano  e  ne  hanno  il  dovere  quelle  amministrazioni  dello  Slato,  delle  provincie  dei  co- 
muni, il  cui  ufficio  è  di  tutelare  l'interesse  generale  del  paese;  e  che  a  questo  dovere  esse  non  in- 
tendano fallire,  se  ne  ha  la  prova  nella  nota  ministeriale  in  data  del  16  settembre  N.  6824  divisione 
V,  e  nella  indi  seguita  lettera  prefettizia  sopra  citata. 

18.  È  però  avviso  di  molti  che  la  onorevole  deputazione  provinciale  sia  stata  troppo  cor- 
riva nel  prescrivere  norme,  e  nell' incoraggiare  le  adesioni  ad  un  grande  e  nuovo  ordine  di 
cose  pel  quale  non  si  hanno  ancora  i  dati  indispensabili  per  accertare  infallibilmente  se  sì  0  se 
no  sarà  finanziariamente  conveniente,  pel  quale  si  hanno  però  indìzi  probabili  sufficienti  a  giu- 
stificare la  spesa  d'un  vero  e  completo  studio  da  farsi  nelle  condizioni  modernamente  le  più 
avanzate.  ^ 

(1)  Quel  fonditus  evertere  che  il  signor  Zuccoli  valuta  assai  caro  ed  anche  disastroso,  sarebbe  effet- 
ivamente  tale   se  si  persistesse  nella  via  fin  qui   battuta.   L'ingegnere  Tatti  lo  valuta  mediamente  al- 

ove  (pianura  friulana,  assai  più  facile)  a  350  lire  per  ettarea ,  e  dovrebbe  comparativamente  negli 
aU.pmn,  lombardi,  molto  più  mossi,  essere  portato  a  L.  500.  Questa  spesa,  tutta  a  carico  dei  proprie- 
tarn,  non  e  stata  computata  nei  preventivi  stati  finora  presentati  al  pubblico,  e  v'ha  ragione  di  temere 
che  ecchsserebbe  tutti  i  vantaggi  dell'  impresa. 

i£\ir  P,tÒ  rendTla  nUUa  "mÌnÌma  medÌante  l0  Stud,*°  Preve"^'o  eidypsometrico  completo,  esteso 
fino  ali  ultimo  scolo  e  parcella  per  parcella,  nessuna  ommessa.  Non  si  dica  che  si  protegge  l'impresa 
bob si  dica  che  si  cura  il  vantaggio  del  paese  quando  si  lasciano  insolute  sì  importanti  'questioni ,  oc- 
dimoT  t  magagne'  qUand°  n°n  SÌ  CUra  di  far  Preced^e  ^  ogni  deliberazione   la  sicurezza   ben 


656  ATTI  DELL'  ASSOCIAZIONE 

Ma  intraprendere  su  così  vasta  estensione  (oltre  a  tremila  chilometri  quadrati)  una  eidypso- 
metria  completa  dei  territorii,  dicono  non  senza  ragione  i  concessionarii,  essere  cosa  che  oltre- 
passa il  possibile  pei  loro  mezzi  privati.  Egli  è  perciò  che  nella  precedente  mia  nota  3.a  stata 
approvata  nell'  ultima  adunanza  ho  detto  a  pag.  6 ,  ed  oggi  viemeglio  confermo ,  queste  precise 
parole  : 

«  Ma  non  è  dubbioso  punto  che  le  amministrazioni  provinciali  e  comunali  potrebbero  invece 
«  con  molta  maggior  ragione  ed  opportunità  quotizzarsi  per  fare  le  spese  dello  studio  eidypso- 
«  metrico,  il  quale  solo  può  dare  a  tutti  gli  interessati  piena  sicurezza  di  giudizio  circa  l'esito 
«  dell'impresa  ». 

Aggiungerei  volontieri  essere  dubbioso  assai  che  in  massima  sia  giusto  ed  onesto  il  lasciare 
estenuarsi  di  mezzi  e  di  salute  l'autore,  qual  ch'ei  sia,  di  una  buona  idea  utile  al  pubblico,  il 
quale  non  abbia  che  il  torto  di  non  posseder  in  proprio  i  fondi  per  mandarla  ad  effetto,  o  per 
metterla  almeno  nella  sua  più  chiara  luce  ;  tanto  ostracismo  annidar  non  può  nella  mente  del 
generoso  popolo  italiano. 

Si  uniscano  dunque  le  amministrazioni  comunali  alla  provinciale,  che  ha  già  date  luminose 
prove  del  suo  buon  volere,  vi  si  uniscano  i  proprietarii  tutti  per  fare  i  fondi  di  questi  studii. 
Uniamoci  poi  tutti  quanti  con  noi  amano  il  progresso  per  dirigere  a  bene,  se  fia  possibile,  una 
impresa  di  tanta  mole  e  di  tanti  sperati  vantaggi  ;  ma  non  ci  stanchiamo  di  ripetere  che  l'unico 
modo  di  riuscirvi,  se  pur  l'impresa  è  per  sua  natura  suscettibile  de' vantaggi  che  se  ne  sperano, 
anzi  di  sapere  di  certa  scienza  se  veramente  è  tale,  sta  nel  portarla  su  più  franche  ,  più  salde 
e  meno  azzardate  basi  che  non  son  quelle  sulle  quali  finora  posa  siccome  a  bersaglio  di  tante 
obbiezioni  a  cui  non  può  rispondere  con  fondamento,  per  mancanza  assoluta  di  veri  studi, 
obbiezioni  non  sempre  invero  fondate  per  la  stessa  mancanza  ben  dimostrata,  non  mai  però  de- 
stituite di  qualche  ragion  d'essere. 

Non  basterà,  no,  per  far  con  ragione  tacere  le  obbiezioni,  che  l'impresa  sia  fatta,  compita, 
che  l'acqua  scorra  nei  canali  ;  bisognerà  che,  a  conti  resi,  lo  sia  utilmente  per  tutti  e  sotto 
ogni  rispetto. 

Non  dimentichiamo  che  il  canale  Cavour  è  fatto,  se  non  finito,  ma  che  ha  costato  già  un  di- 
sastro pegl'  azionisti,  una  diminuzione  effettiva  nella  ricchezza  del  Paese,  e  non  ha  finito  ancora 
di  costare,  e  sono  deluse  in  gran  parte  senza  ritorno  possibile  le  lusinghiere  promesse  state  da 
principio  fatte  ai  proprietarii  quando  si  trattava  solo  di  allettare  i  capitalisti. 

E  di  tutto  ciò,  già  altrove  lo  dimostrai,  non  sta  in  altro  la  causa  se  non  negli  errori  ingeniti 
gravissimi,  negli  imperfettissimi  studii. 

Alcuni  pochi  coscienziosi  e  capaci  tutto  ciò  previdero  in  tempo ,  e  tentarono  di  parlare ,  ma 
la  loro  voce  fu  coperta  da  altre  voci  che  consideravano  l'impresa  da  un  altro  lato.  . .  I  pochi 
non  osarono  alzare  maggiormente  la  loro,  come  oggidì  noi  osiamo,  non  per  osteggiare  l'impresa, 
ma  per  farla  riuscire  a  bene:  fascini  Dii  che  non  succeda  in  questo  caso  lo  stesso. 

È  dovere  civico  di  tutti  quelli  che  direttamente  od  indirettamente  lo  possono,  il  fare  in  modo 
che  l'impresa  attuale  riesca  ad  evitare  l'uno  e  l'altro  scoglio;  il  paese  intiero  ne  sarà  a  tutti 
riconoscente. 

Riassumendo  il  fin  qui  detto  si  trova: 

i.°  Che  i  lavori  stati  dal  prof.  Porro  veduti,  nello  studio  del  sig.  ing.  Villoresi,  sono  lodevoli 
nella  loro  specie ,  ma  sono  di  antico  stile,  e  non  fanno  che  confermare  di  tutto  punto  il  senso 
cardinale  dominante  nella  nostra  deliberazione  del  28  agosto. 

Quasi  tutto  ancor  manca  quello  che  essenzialmente  è  necessario ,  vale  a  dire  che  non  si 
hanno  finora  i  dati  eidypsometrici  indispensabili  per  segnare  le  linee  de' canali  principali,  e  quelle 
dei  canali  e  cavi  di  tutti  gli  ordini  con  quella  sicurezza  dimostrata  che  modernamente  si  esige; 
né  quindi  per  calcolare  entro  abbastanza  ristretti  limiti  l' importo  di  ogni  spesa ,  ne  insomma 
per  far  sparire  tutte  le  incognite  che  si  temono  con  ragione,  siccome  coda  costante  di  tutte  le 
imprese  studiate  all'antico  modo. 

Che  perciò  stesso  nessun  dato  avrebbe  chi  volesse  permettersi  di  criticare  quella  linea  che, 
come  idea  di  progetto  (avant-projet)  i  concessionari  hanno  proposto. 


GE0DES1CA  NAZIONALE  (557 

Quanto  alle  mappe  quotate  (ypsometria  semplice),  il  loro  effetto  equivoco  è  dimostrato  nella 
nota  Porro,  parte  l.a,  né  perciò  occorre  tenerne  conto,  se  non  sia  per  riconoscere  che  il  torto  è 
del  sistema,  non  dell'opera  degli  onorevoli  ingegneri,  che  hanno  fatto  tutto  quanto  con  quel  si- 
stema e  nelle  citate  finanziarie  circostanze  era  loro  possibile. 

2.°  Della  eccellenza  comparativa  de' nuovi  metodi,  il  sigi  ing.  Villoresi  si  è  mostrato  convinto 
ma  si  e  scusato,  già  l'abbiam  detto,  circa  l'andamento  attuale,  assai  diverso  de' suoi  lavori,  con 
motivi  di  situazione  finanziaria  che  non  ci  riguarda  lo  esaminare. 

Il  signor  Villoresi  si  è  anzi  mostrato  propenso  a  proporre  al  prof.  Porro  d'intraprendere  al- 
meno per  la  derivazione  del  lago  di  Lugano,  la  eidypsografia ,  che  egli,  il  sig.  Villoresi,  stima 
tanto  più  necessaria  quanto  più  i  luoghi  sono  accidentati  e  difficili. 

Alla  quale  proposta  il  signor  Porro  avrebbe  risposto  con  molta  riserva,  pensando  doversi  in 
proposito  consultare  in  assemblea  l'Associazione. 

3.°  Prego  ora  l'Assemblea  di  considerare  in  primo  luogo  che: 
1.°  Principale  scopo  dell'Associazione  Geodesia*  nazionale  è  appunto  di  arrivare  gradatamente 
alla  formazione  del  rilevamento  eidypsometrico  di  tutta    l'Italia,   da   intraprendersi   anche  per 
parti,  a  seconda  delle  opportunità  contingibili. 

2.°  Che  questa  sarebbe  una  occasione  per  darvi  principio  sopra  un  300  comuni    con  *ran 
vantaggio  delle  parti  interessate,  giacché  si  riuscirebbe  a  duplice  scopo  con  una  spesa  sola" 

Che  anzi  a  norma  delle  anteriori  nostre  deliberazioni  ed  atti  esiste  già  creata  la  missione'  per 
quell  effetto  principale,  sebbene  per  ora  in  più  ristretti  limiti,  ed  è  già  da  quattro  mesi  all'opera, 
per  modo  che  non  vi  sarebbe  bisogno  che  di  aumentarne  il  personale  e  la  dotazione  in  istrumenti. 

Terminata  la  lettura  della  sua  nota,  che  è  la  quarta  sul  medesimo  argomento,  il  presidente 
domanda  se  vi  sono  osservazioni;  nessuno  avendo  chiesta  la  parola,  egli  presenta  lo  schema  di 
deliberazione,  che  in  fine  si  riferisce,  limitato  però  ai  tre  primi  articoli.  Invita  alla  discussione, 
la  quale  si  anima  eruditamente  fra  i  signori  Zuccoli  e  Cotta. 

Benché  interessante  sotto  diversi  rispetti,  non  riferiamo  per  disteso  quella  discussione  perchè 
in  gran  parte  estranea  alla  parte  geodesica,  solo  ed  unico  scopo  dell'  associazione. 

Qui  domanda  la  parola  il  sig.  Cagliani,  riferendo  quanto  si  dice  in  Milano,  che  cioè  la- 
concessione  dei  signori  Villoresi  e  Meraviglia  sia  per  essere  riceduta  ad  altri  ;  esprime  il  dubbio 
che  in  tal  caso  l'offerta  contenuta  nella  proposta  di  deliberazione  non  avrebbe  più  forza  e  riu- 
scirebbe vana. 

Il  presidente  risponde  non  constargli  di  questo  progetto  di  cessione,  ed  opina  del  resto  che  la 
cessione  non  influirebbe  sull'effetto  della  deliberazione  proposta,  perchè  l'offerta  è  di  sua  natura 
indipendente  dalle  persone  che  si  trovano  0  si  troveranno  alla  testa  dell'impresa. 

Portata  quindi  la  discussione  sulla  utilità  0  meno  di  certe  parti  dell'impresa,  l' ing  Stigler 
accenna  ai  vantaggi  ricavabili  dall'acqua  impiegata  come  forza  motrice,  e  calcola  a  tremila  ca- 
valli quella  ricavabile  dal  canale  del  Ceresio,  la  quale  ingente  forza  permetterebbe  un  grande 
incremento  alla  nazionale  industria.  Egli  fa  osservare  però  che,  destinando  una  parte  qualunque 
della  caduta  alla  creazione  di  una  forza  motrice,  si  rinuncia  necessariamente  alla  irrigazione  di 
quella  zona  di  terreno  che  si  trova  compresa  fra  le  due  curve  isoypsiche  corrispondenti  ai  punti 
superiore  ed  inferiore  della  caduta;  e  ciò  egli  dice  affine  di  mettere  in  rilievo  l'errore  di  coloro 
1  quali  credono  potersi  ottenere  i  due  effetti  con  una  sola  spesa. 

S' intavola  quindi  una  discussione  sul  beneplacito  del  governo  Ticinese,  e  qui  Y  ing.  Cagliani 
prende  occasione  di  parlare  dell'idea  di  progetto  del  sig.  Ing.  Possenti  per  far  passare  la  mon- 
tagna in  galleria,  col  quale  mezzo  si  eliminerebbero  le  difficoltà  politiche;  e  propone  che  l' as- 
sociazione s'interessi  di  studiare  anche  la  regione  su  cui  sia  possibile  l'idea  di  progetto  indi- 
cata dal  sig.  Ing.  Possenti. 

Il  prof.  Porro  propone,  in  conseguenza  delle  osservazioni  Stigler  e  Cagliani,  che  vengano  ag- 
giunte allo  schema  di  deliberazione  quelle  due  condizioni» 

dJLPrf  ?°rr°  "^^  l'assemblea  onde  venga  deciso  se  0  meno  questa  deliberazione 
aenna  dar  luogo  alla  medesima  pubblicità  che  l'antecedente. 


658  ATTI  DELL'  ASSOCIAZIONE 

Vista  l'utilità  di  dare  la  massima  pubblicità,  e  sentita  l'osservazione  del  sig.  Saldini  sulla 
tenuità  delle  spese ,  viene  approvato  di  dare  a  questa  nostra  deliberazione  la  stessa  pubblicità 
della  precedente. 

Riassunto  poi  dal  presidente  in  poche  parole  il  contenuto  nello  schema  di  deliberazione  colle 
suddette  aggiunte,  si  passa  alla  votazione  del  medesimo ,  e  si  ha  per  risultato  la  adozione  ad 
unanimità  nei  termini  segnati. 

Vista  la  nota  con  relazione  oggi  letta  dal  prof.  Porro  in  adunanza,  colla  quale  sono  mante- 
nute anche  con  maggior  fondamento  le  conclusioni  della  nota  del  28  agosto; 

Vista  la  deliberazione  presa  nell'  antecedente  seduta  del  28  agosto  p.  p.,  colla  quale  la  nostra 
associazione  ha  offerto  il  suo  intervento  ed  assistenza  limitatamente  ai  comuni  ed  ai  proprietarj 
interessati  ; 

Volendo  ora  rendersi  il  più  possibile  utile  al  Paese,  con  toglier  di  mezzo  ogni  difficoltà  o 
pretesto  che  ancor  si  oppone  alla  piena  e  intiera  adozione  del  metodo  eidypsometrico  per 
V  importantissimo  studio  di  cui  si  tratta  ; 

L'  Associazione  Geodesica  nazionale  delibera  : 
1.°  Di  estendere  l'offerta  di  suo  intervento  a   chiunque   spetti,  nell'interesse   della   grande 
impresa,  senza  distinzione  di  parti  ne  di  persone,   ciò  nel  senso  di  contribuire  per  quanto  sia 
possibile  alla  riuscita  della  medesima   nel  vero  interesse  del  Paese  e   ad   incremento   della  ric- 
chezza nazionale; 

%°  Di  stabilire  fin  d'ora  per  qualora  vi  fosse  invitata  dal  governo,  dalla  deputazione 
provinciale ,  dai  comuni  o  dai  proprietarj ,  oppure  anche  dai  signori  concessionarii ,  di  dare  al 
personale  della  prima  missione ,  attualmente  occupato  nel  rilievo  della  città  di  Milano ,  tutto 
quell'incremento  che  sarà  necessario  per  poter  intraprendere  e  dare  terminata  in  tempo  utile 
la  eidypsometria  generale  di  tutto  il  tratto  di  paese  a  cui  si  può  estendere  l' irrigazione  in 
discorso. 

5.°  Di  ciò  eseguire  a  titolo  intieramente  gratuito,  per  ciò  che  riguarda  l' Associazione  Geo- 
desica in  sé,  e  contro  il  rimborso  delle  sole  spese  reali  per  tutto  ciò  che  riguarda  l'opera  della 
missione,  riservando  unicamente  a  favore  dell'Associazione  la  proprietà  artistica,  vale  a  dire 
il  diritto  di  pubblicazione  delle  carte  eidypsografiche  medesime  col  corredo  di  loro  coordinate 
e  calcoli,  il  tutto  nel  modo  che  l'associazione  si  propone  praticare  per  tutta  l'Italia;  rila- 
sciandone però  a  favore  dei  signori  concessionarii  quel  numero  di  esemplari  che  sarà  per  es- 
sere convenuto. 

h.°  Di  estendere  ove  d'  uopo  le  operazioni  eidypsometriche  in  modo  da  bastare  agli  studii 
necessarii  per  1'  utilizzazione  della  forza  motrice,  ed  a  quelli  occorrenti  per  lo  studio  dell'  idea 
di  progetto  del  sig.  Possenti. 

B.°  Di  comunicare  per  esemplari  a  stampa  queste  deliberazioni  e  la  Memoria  Porro  ai 
ministeri  dell'  interno ,  dei  lavori  pubblici ,  e  dell'  agricoltura  e  commercio  ;  al  consiglio  pro- 
vinciale di  Milano,  ed  ai  trecento  municipii  interessati. 

La  seduta  è  levata  alle  ore  quattro  e  tre  quarti  pom. 

11  Segretario 

FlCHERA   FlLADELFO, 

Visto.  C.  P.  M.  I.  Porro 


Milano/Tip.  degli  Ingegneri.  B.  SALDINI,  Proprietario,  Gerente  re 


MEMORIE  ORIGINALI 

ALCUNE     OSSERVAZIONI 

dell'ing.  Angelo  Manfredi 

ALLA     MEMORIA 

STUDJ    IDROLOGICI    E    STORICI 

SOPRA    IL     GRANDE    ESTUARIO    ADRIATICO 

dell'  ingegnere  senatore  Elia  Lombardini. 


PROEMIO. 


Fu  sempre  mia  ferma  intenzione  di  evitare  qualsiasi  polemica  coir  illustre 
idraulico  senatore  Elia  Lombardini,  che  io  aveva  ed  ho  pel  primo  idraulico  in 
Italia,  e  della  cui  stima  fanno  prova  i  non  pochi  scritti  da  me  pubblicati,  e 
ne1  quali  ebbi  bene  spesso  occasione  di  rammentarlo,  persuaso,  che  non  avrei 
mai  trovato  nelle  sue  dotte  produzioni  cosa  alcuna,  su  cui  dovessi  eccepire:  e 
fu  per  questo,  che  io  me  ne  sono  fin  qui  costantemente  astenuto. 

'Trattovi  però  ora  per  li  capegli  da  lui,  che,  riconosciuto  per  vero  quanto  an- 
dava io  dimostrando  sino  dall'anno  1861,  dietro  le  traccie  lasciateci  dal  celebre 
idraulico  ferrarese  Teodoro  Bonati,  e  dell'illustre  matematico  modenese  Domenico 
Corradi,  e  cioè,  che  si  sarebbe  commesso  un  grave  errore  coW immissione  dì  Reno 
nel  Po,  ha  implicitamente  disconosciuto  il  mio  Fiume  Apenninico,  che  io  aveva 
proposto,  qual  unico,  vero  e  reale  rimedio  a  tutti  i  mali,  che  per  lo  sregolato 
corso  delle  acque  discendenti  dagl'Apennini  affliggono  la  destra  del  basso  Po,  e 
minacciano  di  giorno  in  giorno  di  farsi  maggiori,  posponendolo  ad  un  partito, 
che  da  tutti  gl'idraulici,  che  ne  trattarono,  e  specialmente  da  me  fu  dichiarato 
assolutamente  inamissibile. 

Trattovi  così  per  li  capegli,  ho  dovuto  romperla  col  mio  proposito,  e  pubblicare 
alcune  osservazioni  alla  dottissima  sua  Memoria  :  Studj  idrologici  e  storici  sopra 
ti  grande  estuario  adriatico  3  i  fiumi  che  vi  influiscono  3  e  principalmente  gV  ultimi 
tronchi  del  Po ,  susseguiti  da  considerazioni  intorno  ai  progetti  per  la  regolazione 
delle  acque  alla  destra  di  questi. 

Giorn.  Ing.  —  Voi  XVI.  —  Novembre  1868.  44 


660  ALCUNE    OSSERVAZIONI  ALLA  MEMORIA 

Disconosciuto  così  il  mio  fiume  Apenninico,  Egli  ha  trovato  opportuno  di  pro- 
pugnare il  consolidamento  dei  Reno  nell'attuale  suo  letto ,  nuli'  ostante  che, 
adottatosi  il  voto  del  celebre  prof.  Venturoli  emesso  nel  1843,  fossero  ridotte  le 
arginature  del  Reno-Primaro  a  tanta  elevazione  da  poter  sopportare  una  piena 
eccezionale,  quale  fu  quella  che  accadde  nel  1842,  con  mala  riescita,  di  cui  fanno 
fede  non  dubbia  le  due  successive  rotte  del  Froldo  Passerino,  e  quella  del  Gallo 
ultimamente  avvenuta. 

Troverebbe  l'illustre  Lombardini  questo  consolidamento  propugnabile  pel  sup- 
posto fatto,  che  le  attuali  arginature  non  si  trovano  elevate  sui  piani  di  campagna 
di  12  in  13  metri,  come  comunemente  si  afferma  e  si  crede:  bensì  di  8  in  9  o 
poco  più:  e  che  il  suo  fondo  non  è  superiore  ai  piani  stessi,  ma  inferiore  in 
media  di  2  metri  in  destra,  e  di  1  metro  circa  in  sinistra:  fondando  il  suo  sup- 
posto fatto  sopra  il  profilo  officiale  di  livellazione  del  Reno-Primaro  pubblicato 
nel  1858  in  Roma  dal  dottissimo  professore  Maurizio  Rrighenti  :  però  senza  av- 
vertire, che  la  livellazione,  che  esso  profilo  rappresenta,  fu  effettuata  negli 
anni  1844-45,  quando  le  arginature  non  erano  ancora  portate  a  quell'altezza,  per 
la  quale,  giusta  l'avviso  del  proponente,  sarebbero  state  capaci,  con  un'apprez- 
zabile franco,  di  contenere  una  piena  straordinaria  congenera  a  quella  del  1842, 
ed  alla  quale  altezza  presentemente  si  trovano  :  e  senza  nemmeno  avvertire,  che 
i  piani  di  campagna  indicati  come  tali  dal  profilo,  potevano  indicare,  anziché 
questi  piani,  l'incontro  delle  scarpe  degl'argini,  ossia  delle  lore  unghie,  con 
uno  spalto  più  o  meno  alto,  che  dal  professor  Brighenti  vien  detto  piazza 
bassa  estesissima,  e  che  nella  carta  del  Barbantini  è  abbastanza  chiaramente 
indicata. 

Nelle  seguenti  osservazioni  è  mio  intendimento  di  dimostrare,  come  il  distin- 
tissimo nostro  idraulico  siasi  ingannato  nel  ritenere,  che  il  profilo  officiale  della 
livellazione  del  Reno-Primaro  rappresenti  lo  stato  presente  delle  cose;  quanto 
sia  azzardoso  il  persistere  nel  voler  conservare  ad  ogni  costo  il  Reno  nell'attuale 
suo  letto,  specialmente  ora,  che  deve  ricevere  ridice  colla  Savena,  la  Quaderna 
colla  Gajana;  come  non  basti  l'aver  pensato  al  Reno  e  suoi  tributarj  per  poter 
dire  che  si  è  provveduto  all'idraulica  economia  della  destra  del  basso  Po:  e 
finalmente,  che  le  difficoltà  tecniche  mosse  contro  il  mìo  Fiume  Apenninico  sono 
tutte  superabili  dalla  scienza,  né  formano  perciò  un  ostacolo  insormontabile, 
sicché  debba  disconoscerne  P  utilità  e  la  convenienza.  Dando  per  ultimo  un  breve 
cenno  del  suo  andamento  stabilito,  dopo  gli  studj  fatti  sotto  la  mia  direzione  sui 
luoghi  negl'  anni  1865-66 ,  e  delle  pendenze  assegnate  ai  diversi  tronchi  che  lo 
compongono. 

Non  volendo  scrivere  un  trattato,  non  dividerò  queste  osservazioni  incapi;  né 
mi  atterrò  scrupolosamente  all'  ordine  prestabilito  alla  materia ,  soltanto  procu- 
rerò d' esser  breve  ;  al  fine  di  venire  il  meno  che  mi  sarà  possibile  in  noja  al 
cortese  lettore. 

Non  vanità  di  misurarmi  con  tanto  celebre  idraulico,  ben  sapendo  che  mi  ren- 
derei degno  di  risa:  non  rancore  o  bassa  invidia,  che  io  non  provai  mai  per 
anima  vivente,  molto  meno  per  un  uomo  da  me  stimato  e  riverito,  mi  vi  hanno 
indotto:  bensì  l'amore  del  vero,  che  io  sento  immensamente,  e  che  mi  procurò 
pur  troppo  non  pochi  nemici ,  e  più  di  questo  il  desiderio  del  bene  di  questa 
plaga,  che  mi  vide  nascere,  ed  in  cui  ebbi  la  mia  educazione  scientifica:  bene 
che  io  ripongo  nello  impedire  a  tutt'uomo,  che  s'immetta  nel  nostro  Po  il  Reno, 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI  ECC.  661 

e  nel  promovere  con  ogni  energia  l'immissione  in  mare  direttamente  dei  molesti 
fiumi  Secchia,  Panaro  e  Reno,  co' suoi  tributarj. 

Con  questa  intenzione  io  mi  sono  posto  a  scrivere,  e  voglio  sperare,  che  non 
si  vorrà  disconoscere  da  chichessia  mi  conosca:  come  spero  eziandio,  che  mi 
si  vorrà  credere,  che  non  per  questo  è  venuta  in  me  meno  quella  stima;  che 
merita  un  tal  uomo,  e  del  quale  fui,  sono,  e  sarò  sempre  sincero  ammiratore  ed 
instancabile  seguace. 

OSSERVAZIONI. 

1.  In  questo  ricercato  giornale  fino  dal  gennajo  del  corrente  anno  si  sta  pub- 
blicando una  dotta  ed  erudita  memoria  dell'illustre  idraulico  ingegnere  Elia 
Lombardini  sotto  il  titolo:  Studj  idrologici  e  storici  sopra  il  grande  estuario  Adria- 
tico,  il  cui  precipuo  scopo  riguarda  la  soluzione  della  vertenza  del  nostro  Reno 
che  dappiù  di  3  secoli  si  agita,  senza  che  sia  mai  stata  con  soddisfazione  delle 
parti  contendenti,  ed  anco  della  scienza  definitivamente  risoluta  (1). 

E  poiché  l'illustre  autore  fu  dapprima  per  l'immissione  di  Reno  in  Po,  e  poi 
fu  contro  di  essa:  cosi  nel  proemio  si  lagna  di  un  taluno  (e  questo  taluno  è  lo 
scrivente;  da  cui  si  riterrebbe  tacciato  d'incongruenza  ne'suoi  prinéipi,  quasiché 
non  avesse,  die' Egli,  potuto  modificare  la  sua  opinione  sì  tosto  riconobbe  che  dap- 
prima fondatasi  sopra  dati  di  fatto  inattendibili.  A  nostro  avviso  però  si  lagnerebbe 
di  quel  taluno  non  con  troppa  ragione  :  avvegnaché  col  far  rimarcare  le  due 
opposte  opinioni  sullo  stesso  soggetto  altro  non  intese,  se  non  che  di  avvertire 
i  Ferraresi,  che  l'illustre  Lombardini  non  poteva  essere  utilmente  citato  quale 
autorità  contro  l'immissione  di  Reno  nel  Po;  se  la  parte  contraria  Bolognese  lo 
avrebbe  potuto  citare  egualmente  per  sostenere  la  propria  tesi:  tanto  più  che  il 
Lombardini,  quando  mutò  d'opinione  non  avvertì  né  di  essere  stato  altra  volta 
di  parere  contrario;  molto  meno  avvertì  dei  motivi  che  lo  avevano  indotto  a 
cambiarla,  come  egregiamente  fa  nella  memoria  qui  sopra  citata  (2) 

2.  In  questa  memoria  dopo  d'aver  trattato  con  sorprendente  erudizione,  e  con 
rara  dottrina  delia  Veneta  Laguna,  e  dei  fiumi  principali  che  vi  confluiscono,  e 
che  poi  furono  da  essa  levati  e  condotti   al   mare   in  parte   lontana  (3)  e   delle 

(1)  Non  pretermetteremo  ohe  i  più  dotti  idraulici  della  età  trapassata  e  presente  ebbero  per  risoluta 
a  vertenza  coli  ,mm,5s,oue   di    Reno   in  Po.  Ciò  nuli' ostante  non  si  potrà  dire  che  realmente  fosse  la 

'ueut^/'H      ar,mP,rtCMhè,1'°PPOSÌZÌOne  mn  !a  maÌ  Vinta>  perchè  non  fu  mai  risP°st°  vittoriosa- 

Z L a  , ,,"•        ,  n     ,  e"aH  "e  8d,  U"   B°"atÌ    dÌ  Ferrara'  Che  SOSle"nm>  <">»  »•«•  ^enza  e 

.ostanza  la  tesi  contraria    D  altronde   se  le   celebrità  trapassate  furono  per  V  immissione   di  Reno  nel 

■  »  e.    fu,  perche  le  vali,  ,.  destra  dell' Eridano  potevano  dar  ricetto  ai  minori  torrenti  per  lunghis- 
.Terlm'campi.  era"0  tan'°  ^  ^  b"*°   *"  m"8  da  P°'mi  COnverlire  per  «»■*•■* 

(2)  Non  ci  desta  alcuna  meraviglia  l'apprendere,  che  l'illustre  Lombardini  in  leggendo  i  primi  vo- 
um  de :  a  raccolta  d'  autori  italiani  che  trattarono  di  cose  al,'  idraulica  apparte„e„«!  siasi  me'sso  dalla 
»ru :  bolognese;  perocché  «6  accade  a  lutti.  Né  tampoco  ci  meraviglieremo  come  non  abbia  disertata 

L    1 VT'  glU"t0  '  n0"°  VOl™e'  Se"Za  studJ  profondi  sl"  P°.  «  «U»  valle  Padana: 

r,!.6      ?er?  Tml°  S  a  StCSSa  COnclusione  *>'  I»  *  dei  fatti,  anziché    della   critica,  giova 

LnZ l  ',.  T,  f        raC?'a  Se"Za  rÌCrederSÌ  mai  dalle  Prime  '•">  ^Pressioni,  e  fino  ad 

ornare  che  1  aggiunta  del  Reno  non  farebbe  crescere  la  piena  del  Po  di  un  solo  dito 

I  In  al  "°Str0,  S'Up,°re,\he  V^,iam°  P°st0  1»si  sottosilenzio  l'immissione  della  Rrenta  nella  Laguna 

XiZZZZv  n     ae°CaPa'  dU°e  1,illUStre  '-•■*«»";  imperciocché  ci  sembrava  non 

oterst  parlare  dell  Estuano  Adriatico,  senza  prendere  in  esame  questa  immissione:  specialmente  dopo 


662  ALCUNE  OSSERVAZIONI  ALLA  MEMORIA 

vicende  degl'ultimi  tronchi  del  Po,  e  del  colmamente)  della  Padusa,  viene  a  par- 
lare delle  proposte  che  furono  fatte  per-regolare  le  acque  della  destra  del  basso 
Po  fino  dal  1569,  e  degl'ultimi  studi,  che  datano  dal  1855.  A  quest'epoca,  Egli 
dice,  il  prof.  Maurizio  Brighenti  lesse  all'Accademia  delle  scienze  di  Bologna 
una  Memoria,  colla  quale  proponeva  qual  radicale  rimedio  il  compimento  di  quei 
lavori,  che  furono  incominciati  ai  tempi  del  primo  Regno  d'Italia  per  immettere 
il  Reno  nel  Po:  supponendo  che  a  rimediare  al  difetto  del  Reno  nell'alveo  del 
Primaro,  fosse  sufficiente  l'introduzione  in  esso  dell' Idice  colla  Savena,  e  della 
Quaderna  colla  Gajana,  che  fino  dal  1817  furono  diretti  a  colmare  diversi  bassi 
fondi  e  diverse  paludi.  Ma  costituitosi  il  Regno  d'Italia  attuale  una  Commissione 
presieduta  dal  celebre  idraulico  senatore  Pietro  Paleocapa,  propose  che  se  ne 
avessero  a  ripigliare  gli  studi,  affidandoli  al  distintissimo  idraulico  ispettore  Ge- 
deone Scolini  (1),  il  quale  nel  1865,  seguendo  in  tutto  e  pertutto  il  Brigenti,  ed 
un  poco  anche  il  Pancaldi ,  ai  particolareggiati  progetti,  che  rassegnò  al  R.  Mi- 
nistero dei  Lavori  Pubblici,  delle  immissioni  di  Reno  in  Po  e  dell' Idice  co' suoi 
influenti  in  Reno-Primaro,  e  di  regolazione  del  Cavamente  Burana,  e  della  navi- 
gazione del  Po  di  Volano,  e  finalmente  degli  scoli  Bolognesi  e  Romagnoli,  pre- 
mise alcune  dotte  memorie,  colle  quali  fra  le  aitre  cose  intese  di  dimostrare 
essere  impossibile  di  poter  conservare  il  Reno  nel  suo  corso  attuale  :  special- 
mente se  gli  venissero  aggiunti  i  suddetti  minori  torrenti  tuttora  in  colmata;  ed 
essere  tollerabile  al  reggime  del  nostro  maggior  fiume,  e  non  nocivo  agli  scoli 
che  vi  recapitano,  la  immissione  del  Reno  nel  Po. 

3.  Non  piacendo  ai  Ferraresi  le  conclusioni  dello  Scotini,  la  Deputazione  Pro- 
vinciale di  Ferrara  incaricò  il  professor  Domenico  Turazza  ad  emettere  il  suo 
parere  sulle  memorie  del  prefato  ispettor  Scotini.  Ma  il  Turazza  ,  contro  ogni 
aspettativa  dei  Ferraresi ,  vedute  le  somme  difficoltà  di  conservare  l'odierna 
inalveazione  del  Reno,  dopo  l'indispensabile  aggiunta  dell' Idice  e  degli  altri 
torrenti  sovraindicati,  e  considerato  che  l'immissione  di  Reno  in  Po,  non  po- 
trebbe a  suo  avviso  alterarne  il  reggime,  convenne  nell'opportunità  di  mandarla 
ad  effetto.  Non  persuaso  però  che  l' Idice   co'  suoi  tributari   potesse  far  le  veci 

tuttociò,  che  fu  scritto  contro  la  medesima  dal  D.r  Renier  ed  Ing.  Bullo  di  Chioggia  per  mandato  del 
Municipio  di  essa  città  nello  scorso  anno  1867.  Abbiamo  detto  quasi  sotto  silenzio,  perchè  quanto  ne 
disse,  si  restringe  alle  seguenti  parole:  «  Veduti  per  altro  i  tristi  effetti  derivati  da  tale  diversione 
a  (della  Brenta  a  Brondolo)  nel  reggime  della  Brenta,  condotta  pensile  sulle  circostanti  campagne,  e 
«  quindi  i  gravi  danni  arrecati  al  territorio  Padovano ,  e  talvolta  eziandio  alla  Laguna ,  dalle  non  m- 
«  frequenti  rotte  de' suoi  argini,  nel  1840  se  ne  è  abbreviato  il  corso,  portandolo  a  sboccare  nella 
«  laguna  di  Chioggia  »  come  se  intendesse  sancirla  ;  ma  si  voglia  o  no  ,  essa  non  fu  che  una  mezza 
misura,  che  si  poteva,  anzi  si  doveva  evitare  ad  ogni  costo.  In  un  anteriore  nostro  scritto  sul  partico- 
lare dicemmo  «  che  la  legge  20  Marzo  1865  sui  Lavori  Pubblici  non  aveva  avvertito  che  nella  Venezu 
«  la  Brenta,  il  Bachiglione,  la  Piave,  il  Tagliamene;  in  una  parola  tutti  quei  fiumi  torbidi,  che  h 
«  natura  aveva  diretti  nella  Laguna,  furono  a  forza  da  questa  sottratti,  e  condotti  a  sboccare  in  man 
«  fuori  della  medesima,  per  un  fine  utilissimo,  anzi  necessario,  perchè  si  trattò  di  salvare  la  Regina  de 
«  mari  da  un  prossimo  ed  inevitabile  eccidio  ;  ma  che  non  doveva  perciò  aggravare  la  terra  ferma  pn 
«  di  quello  che  naturalmente  sarebbe  stato,  quando  ciò  avvenuto  non  fosse  »  per  quei  lavori  necessarj 
anzi  eccezionali,  che  la  condotta  del  fiume  avesse  richiesti  alla  scienza  nostra. 

(1)  All'ispettore  Scotini  fu  dunque  stabilito  il  da  farsi,  e  non  era  quindi  vero,  quanto  Egli  non  in- 
terrogato disse  in  Bondeno  nel  dì  20  Agosto  1861,  e  cioè  che  il  suo  incarico  consisteva  nello  esame  d 
tutti  i  progetti,  che  venissero  a  sua  cognizione  intorno  alla  sistemazione  delle  acque  in  destra  e 
basso  Po,  e  nell' emmettere  il  suo  parere,  da  sottoporsi  al  R.  Ministero,  su  tutti,  dando  la  preferenza  ; 
quello  che  riputerebbe  il  migliore.  Ma  per  essere  conseguente  ammise  il  contrario  suo  parere  su  alcun 


STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI  ECC.  663 

del  Reno  opina  doversi  pensare  ad  una  nuova  inalveazione  direttamente  al  mare 
pei  torrenti  della  Romagna  incominciando  dall' Idice.  «  E  poiché,  soggiunge  il 
«  Lombardini,  sarebbevi  una  proposta  dell'ingegnere  Manfredi  di  allacciare  quei 
«  torrenti  col  Reno,  col  Panaro,  e  colla  Secchia,  onde  crearne  un  nuovo  fiume 
€  Apenninico  da  scaricarsi  direttamente  in  mare  per  liberarne  così  il  Po,  collau- 
«  dando  Egli  tale  concetto  in  massima  dubito  però  della  convenienza  di  mandarlo 
«  ad  effetto,  atteso  le  somme  difficoltà  da  superarsi  ».  Qui  però  osserveremo  che 
non  può  assolutamente  dirsi,  che  il  prof.  Turazza  collaudasse  in  massima  la  nostra 
proposta,  se  la  chiamò  una  generosa  utopia  e  nulla  più  (1);  come  non  è  presumi- 
bile, che  non  lo  conoscesse  l' illustre  Lombardini,  come  sembrerebbe  dall'espres- 
sione sarebbevi  una  proposta  (che  da  noi  ottenne  in  dono);  tanto  più  che  nell'an- 
notazione 2.a  della  Nota  H  alla  Memoria  della  condizione  idraulica  della  pianura 
fra  l'Enza  ed  il  Panaro  sino  dal  1864  cosi  si  espresse.  «  Il  Ministro  italiano  ha 
«  ordinato  studi  non  solo  sopra  lo  scolo  Burana,  ma  eziandio  per  far  rivivere  il 
e  progetto  dell'  immissione  di  Reno  in  Po.  Parecchie  Memorie  (2)  sonosi  pubbli- 
«  cate  non  ha  guari,  ed  in  favore  di  questo  piano  e  contro  d'esso/mo  a  proporre 
«  l'allacciamento  dei  fiumi  dell' Apennino,  incominciando  dalla  Secchia,  per  con- 
«  durli  direttamente  al  mare  »;  con  che  diede  fin  d'allora  a  conoscere,  che  non 
gli  andava  troppo  a  sangue  la  nostra  proposta. 

4.  Ciò  premesso  passa  l'illustre  Lombardini  ad  esaminare  le  discussioni  che 
vi  furono  sull'interrimento  del  Po  di  Ferrara,  e  conchiude  che  fu  il  Reno,  che 
tolse  l'equilibrio  fra  i  due  rami  di  Venezia  e  di  Ferrara,  e  diede  perciò  a  questo 
secondo  ramo,  il  vero  colpo  di  grazia.  Appunto  come  aveva  un  secolo  e  mezzo 
fa  dimostrato  l'esimio  idraulico  modenese  Domenico  Corradi  (3).  Poi  tratta  dello 
stabilimento  dei  fiumi,  e  relativi  fenomeni;  ammettendo  la  massima  che  il  tor- 
bidume delle  acque  equivalga  ad  un  incremento  di  mole  delle  particelle  sabbiose  per 
resistere  al  loro  trasporto,  ed  in  altri  termini,  che  V azione  escavatrice,  a  circostanze 
pari,  sia  molto  più  energica  nelle  acque  limpide,  che  non  nelle  torbide;  e  cosi  con- 
fermando quanto  dicemmo  a   pag.  30   delle   osservazioni   sul  voto   Turazza  alle 

progetti,  ommettendo  per  altro  di  occuparsi  del  mio  fiume  Apenninico  che  ben  conosceva.  Ciocche  pro- 
babilmente fece  per  evitare  una  risposta  del  tenore  di  quella  del  1864,  quando  pubblicò  quella  sua 
prima  Memoria  su  gli  scogli  del  1.°  e  2.°  Circondario  del  Ferrarese,  allo  scopo,  diceva,  di  dissipare 
dalla  mente  dei  più  distinti  ingegneri  dell'Emilia  alcuni  pregiudizj ,  che  gli  era  toccato  di  rimarcare, 
sulle  leggi  regolatrici  il  moto  delle  acque,  specialmente  nelle  Lagune.  Ma  se  non  si  ebbe  una  risposta 
si  ebbe  la  confutazione  di  tutti  i  suoi  progetti.  Confutazione  che  in  riguardo  all'immissione  di  Reno 
nel  Po  concorda  completamente  colle  dimostrazioni  del  Lombardini. 

(1)  Per  essere  sincero   debbo   qui   riportare    un  brano  di  lettera  direttami  dall'  esimio  idraulico  Pro- 
fessore Domenico  Turazza,  col  quale  intende  spiegare  il  senso  dell'espressione  generosa  utopia  »  Nella 
«  di  lei  critica  una  cosa  sola  mi  dolse,  e  cioè  che  Ella  abbia  creduto,  che  colla  frase  generosa   utopia 
«  io   avessi  voluto    gettare   il   ridicolo  sulla  di  lei  idea.  La  parola  generosa  era  da  me  presa  nel  suo 
'«vero  senso,  ed  era  tanto  lungi  dall' attribuirgliene  un  altro,  che  mi  destò  somma  meraviglia  il  vedere 
«  quella  frase  sinistramente  interpretata  da  Lei  ».  Con  tuttociò  non  potrà  dirsi  certamente,  che  questo 
distinto  professore  d'Idraulica  ammettesse  in  massima  l'idea  del  mio  Fiume  Apenninico. 
!    (2;  Da  quanto   mi    è   noto   non  avrebbero  veduta  la  luce  su  questa  immissione  di  Reno  nel  Po  altre 
memorie  in  favore,  se  non  quelle  dello  Scotini,  del  Turazza,  e  del  Brighenti ,  e  contro  le  mie,  e  forse 
jquelle  dell' Ing.  Ferdinando  de  Grandis  dopo  il  1861.  Dico  forse,  perchè  avendo  il  de  Grandis  interpo- 
liate delle  molte  lodi  a  critiche  osservazioni,  ed  avendo  dichiarati  idiota  i  contrarj ,  non  si  può  assolu- 
tamente affermare,  aver  egli  scritto  piuttosto  in  favore  di  quello  che  contro  la  suddetta  immissione. 

(3)  Così  va  nel  mondo  !  Per  far  ragione  a  questo  distintissimo  matematico,  la  cui  opera  è  dimenticata 
negli  scaffali  delle  Biblioteche,  ha  dovuto  trascorrere  un  secolo  e  mezzo.  Qual  meraviglia  se  fosse  per 
accadere  altrettanto  al  Fiume  Apenninico? 


664  ALCUNE  OSSERVAZIONI  ALLA   MEMORIA 

Memorie  dello  Scotini  colle  parole.  «  Si  può  dunque  chiedere,  se  il  Po  ridotto  a 
sole  acque  lacuali  e  chiare  fosse  per  esigere  minor  pendenza  di  quella  che  esi- 
gerebbe, qualora  fosse  per  lo  contrario  ridotto  a  sole  acque  torbide  e  torrentizie? 
Si  può  chiedere  quale  delle  due  pendenze  avesse  ritenuto,  qualora  fosse  fatta  la 
miscela  d'una  grossa  parte  d'acque  lacuali  con  un'altra  grossa  parte  d'acque 
torrentizie,  come  in  oggi  succede?  Non  dubito  che  a  queste  domande  non  si  fosse 
per  rispondere,  che  nel  primo  caso  la  pendenza  sarebbe  stata  minore  che  nel 
secondo,  e  che  nel  terzo  sarebbe  stata  un  quid  medium,  che  si  atterrebbe  più  alla 
pendenza  prima,  che  alla  seconda  e  viceversa,  a  misura  che  il  rapporto  delle 
acque  torbide  alle  chiare  fosse  per  diminuire  o  per  crescere.  Dunque  il  torbido 
Reno  che  farebbe  crescere  il  rapporto  delle  acque  torbide  alle  chiare,  aumente- 
rebbe la  pendenza,  cioè  interrirebbe  »,  e  confermando  pure  quanto  soggiungemmo 
a  pag.  36t  «  L'alveo  dato  ora  per  stabilito  non  sarà  più  tale,  se  nuova  sabbia  o 
belletta  si  aggiunga;  correrà  un  nuovo  periodo  di  formazione,  e  tale  che  a  mente 
umana  non  è  dato  di  calcolare,  nemmeno  con  fondata  approssimazione.  Solo  è 
certo  che  moltiplicati  gl'ostacoli,  per  istabilirsi  di  nuovo,  avrà  bisogno  di  mag- 
giore pendenza,  che  gli  dia  forza  per  superarli  ». 

5.  Tratta  ancora  della  navigabilità  del  Po  in  relazione  al  reggime  de'suoi  af-ì 
fluenti  delle  Alpi  e  degl'Apennini,  concludendo,  che  mentre  gli  afflussi  dei  fiumi 
lacuali  favoriscono  in  grado  sommo  la  navigazione  del  Po,  e  V escavazione  del  suo  letto, 
da  quelli  degl'Apennini  all'opposto  si  ha  sempre  una  perturbazione 3  attesocchè  col- 
mano il  thalweg,  e  rimane  incerta  la  via  da  seguire  dal  barcheggio;  per  cui  si  de- 
duce, che  il  togliere  dal  Po  fiumi  discendenti  dagl'Apennini ,  si  apporta  giova- 
mento alla  navigazione,  oltre  all'idraulica  economia  del  recipiente,  confermando 
qui  pure  quanto  dal  levarsi  dal  Po  Secchia  e  Panaro  dicemmo  dalla  pagina  71 
alla  75  dell'opuscolo  Osservazioni  alle  Memorie  idrauliche  dell'  ispettore  Scotini. 

6.  Indi  tratta  della  questione.  Se  il  fondo  del  Po  vada  elevandosi  presso  la  foce 
del  Panaro,  e  se  l'aggiunta  del  Reno  abbia  ad  accrescere  l'alzamento,  e  qui  nota 
come  il  calcolo  del  Turazza  diretto  a  dimostrare,  che  il  Reno  non  interrirà  il  Po, 
sia  inconcludente;  perchè  non  potrebbe  ammetterne  i  dati,  ritenendo  invece  che  una 
delle  maggiori  piene  dipendente  da  un  determinato  fenomeno  meteorico  abbia  a  calcolarsi 
per  l'uno  e  per  l'altro  fiume  partendo  da  uno  stato  medio,  e  così  viene  nella  no- 
stra sentenza  in  ordine  al  non  potersi  ammettere  i  dati  del  prof.  Turazza. 
«  Non  vale  il  dire  che  per  l'immissione  di  Reno  in  Po  quel  prolungamento  di 
foce  che  si  ha  in  100  anni,  si  avrebbe  in  101,  e  per  conseguenza  da  doversi  tra- 
scurare: imperciocché  quel  calcolo  che  lo  ha  condotto  a  questa  conseguenza 
è  inesatto,  ed  è  inesatto,  perchè  non  sono  le  acque  integrali  dei  fiumi,  che  deb- 
bono porsi  a  calcolo  nel  determinare  il  rapporto  delle  melme  portale  al  mare; 
ma  bensì  quella  parte  soltanto  delle  dette  due  acque  integrali,  durante  la  quale, 
essi  procedono  rispettivamente  torbidi  ».  (V.  le  nostre  osservazioni  del  Turazza 
a  pag.  39)  (1). 

7.  Così  allo  Scotini  che,  per  escludere  l'alzamento  delle  magre  come  indizio 
d'interrimento  del  Po,   ammette  un   aumento  di  magre  procurato  dallo  scolo  di 

(1)  A  nostro  avviso  sarebbe  qui  slato  opportuno  l'entrare  nell'esame  dei  calcoli  del  celebre  Boriati, 
diretti  a  dimostrare  che  il  Po  va  interrendo  senza  Reno,  e  far  vedere  che  la  ragione  sta  per  questo 
e  non  per  lo  Scotini  ed  il  Turazza,  di  cui  l'uno  ammetterebbe  i  calcoli  e  non  la  conseguenza  per  es- 
sergli sfuggilo  un  madornale  errore  nel  conteggio,  e  l'altro  ammettendone  la  conseguenza  non  saprebbe 
comprendere,  come  il  restringimento  delle  sezioni  portasse  ad  un  alzamento  di  fondo. 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI  ECC.  665 

quelle  terre  sulle  quali  stagnavano  le  acque,  o  troppo  lentamente  defluivano;  ma 
che  il  progresso  dell'agricoltura,  o  ha  saputo  convertire  in  utili  campi,  od  ha 
loro  dato  uno  scolo  felice,  risponde,  che  essendo  parola  di  massime  magre  e  non 
di  magre  ordinarie  gli  scoli  dei  campi,  che  in  tali  epoche  sono  affatto  asciutti, 
non  possono  influire  ad  aumentarle;  mentre  noi  allo  stesso  Scotini  rispondemmo 
in  una  nota  a  pag.  21  del  citato  opuscolo.  «  Questo  miglioramento  di  scolo  delle 
campagne  avrebbe,  anzicchè  ad  accrescerle,  contribuito  a  diminuire  le  magre:  im- 
perciocché fattosi  lo  scolo  più  pronto,  e  più  sollecito,  si  trovano  più  presto  i 
conduttori  delle  acque  in  secco  all'epoca  delle  magre,  ciocché  non  accadeva 
prima  dell'avvenuto  miglioramento  ». 

Dalle  quali  sue  annotazioni  inferisce  il  Lombardini ,  che  le  medie  dei  minimi 
di  due  trentenni  consecutivi  debbono  porgere  un  fondato  criterio  sull'alterazione 
avvenuta  nel  fondo  di  un  fiume:  e  ciò  tanto  è  vero  che  dal  confronto  delle  magre 
di  soli  due  decennj  (Y.  la  pag.  32  delle  nostre  osservazioni  al  voto  del  Turazza) 
(per  non  avere  avuto  un  maggior  numero  di  registrazioni  di  magre)  dicemmo. 
«  Se  noi  confrontiamo  le  magre  osservate  agi'  idrometri  di  Pontelagoscuro  e  di 
Polesella  nei  due  periodi  dal  1807  al  1816,  e  dal  1836  al  1845  vi  riscontriamo,  che 
nel  primo  periodo  la  magra  fu  meno  depressa  dal  segno  di  Guardia  all'idrometro 
della  Polesella,  che  all'altro  di  Pontelagoscuro;  mentre  nel  secondo  periodo  questa 
depressione  ora  è  maggiore,  ed  ora  è  minore  nell'uno  che  nell'altro  idrometro 
il  che  a  mio  parere  vuol  dire  che  a  Pontelagoscuro  si  è  elevato  il  fondo  dell'alveo 
del  Po,  ovvero  si  è  abbassato  a  Polesella:  eppure  al  fine  di  supporre  quest'ul- 
timo, non  si  saprebbe  trovare  ragione  sufficiente.  Dunque  sarà  da  ritenersi  come 
avvenuto  un  alzamento  di  fondo  nel  Po  a  Pontelagoscuro  ». 

8.  Gol  criterio  delle  medie  delle  magre  avvenute  ne'  due  trentennj  anteriori 
al  1856,  ed  osservate  agl'idrometri  di  Pontelagoscuro,  ad  Ostigiia ,  ed  alle  Qua- 
trelle,  trova  a  Pontelagoscuro  un  alzamento  di  magra  di  M.  0,110;  di  M.  0,400  alle 
Quatrelle;  e  di  M.  0,306  a  Sermide;  ciocché  dimostra  un  alzamento  di  fondo  alla 
foce  del  Panaro  di  metri  0,40.  Alzamento  che  avrebbe  avuto  luogo  anche  in  tempi 
anteriori,  deducendolo  dall'alzamento,  cui  soggiacque  la  platea  della  chiavica 
delle  Quatrelle.  E  se  per  Secchia  non  risulta  dal  1396  in  poi,  alcuna  alterazione 
di  fondo  del  Po,  egli  è  perchè  la  sua  immissione  accadde  prima  che  il  Po  fosse 
stato  arginato:  perché  sbocca  nello  stesso  Po  dopo  d'aver  abbandonata  la  ghiaja 
ad  una  distanza  di  84  chilometri;  mentre  il  Panaro  non  la  abbandona  che  a  72, 
ed  a  52  il  Reno:  e  perchè  la  foce  della  Secchia  si  trova  distante  da  quella  del 
Panaro  di  50  chilometri. 

Dimostrato  così,  come  il  Po  vada  interrendo  anche  senza  il  Reno,  e  dimostrato 
che  il  Reno  è  più  torbido  del  Panaro,  e  che  le  sue  torbide  debbono  essere  anche 
più  pesanti,  induce  dall'esempio  deil'Alpone,  che  ha  formato  nel  suo  recipiente 
l'Adige  a  valle  della  sua  foce  uno  scanno  sensibilissimo,  che  altrettanto  farà  il 
Reno;  per  cui  inconsulta  sarebbe  la  sua  immissione  nel  Po. 

9.  Passa  in  seguito  a  trattare  delle  anomalie  nelle  cadenti  del  Po  per  gl'ultimi 
suoi  tronchi,  e  verisimili  conseguenze  che  se  ne  possono  dedurre,  e  colla  scorta 
del  profilo  di  livellazione  troverebbe  diversi  ventri  di  piena  :  uno  ad  esempio  a 
Palantone  che  confermerebbe  l'interrimento,  che  dimostrò  avvenuto  alla  foce  del 
Panaro:  un  altro  a  Zocca  che  proverebbe,  come  l'estremo  limite  della  chiamata 
di  sbocco  si  vada  avanzando,  come  per  l'Adige  aveva  sapientemente  congetturato 
il  celebre  Lorgna. 


666  ALCUNE  OSSERVAZIONI  ALLA  MEMORIA 

10.  Parla  dippoi  dell'  influenza  dei  diboscamenti  delle  pendici  dei  monti  sul 
reggime  dei  fiumi  particolarmente  pel  bacino  del  Po,  e  dopo  d'aver  detto,  d'aver 
sempre  propugnata  questa  influenza;  dopo  d'aver  citata  P  autorità  dell'illustre 
Paleocapa,  che  altrettanto  opinò ,  per  spiegare  la  diminuita  portata  di  magra  dei 
fiumi  discendenti  dall' Apennino ,  escludendo  però  i  lacuali,  pei  quali  il  nostro 
autore  offre  prove  ineluttabili,  che  altrettanto  succede,  dimostra  che  l'aumentarsi 
continuo  delle  piene  del  Po,  anche  dopo  che  l'arginamento  è  stato  completato, 
non  può  spiegarsi  che  dal  continuo  diboscamento  e  dal  dissodamento  dei  monti: 
però  conviene  collo  stesso  sugl'effetti  dannosi  al  reggime  dei  Reno,  che  deae- 
reranno dalla  collocazione  della  ferrovia  Bologna-Pistoja  entro  il  letto  del  Reno  per 
parecchi  chilometri;  quantunque  antecedentemente  sembrasse  voler  Egli  conclu- 
dere diversamente  (1).  E  qui  pure  meco  conviene:  avvegnacchè  in  riguardo  al  di- 
boscamento, non  sarà  che  a  consultarsi,  quanto  ne  dissi  a  pag.  176  e  seguenti  della 
Memoria  La  questione  del  Reno  risoluta  col  progetto  d'avviso  d'un  nuovo  fiume  Apen- 
ninico,  ed  in  riguardo  alla  ferrovia  della  Porretta  nelle  osservazioni  alle  Memorie 
dello  Scotini  cosi  m'espressi.  «  Se  l'alzamento  di  letto  del  fiume  fu  una  causa  dr 
rotte,  non  fu  però  P  unica,  e  la  precipua  fu  il  continuo  elevarsi  delle  piene  dipen- 
dentemente dal  più  sollecito  precipitarsi  dal  monte,  e  dal  più  sollecito  entrare  nella 
pianura  delle  sue  acque,  che  da  altre  cause  dipendono,  e  da  una  recentissima, 
che  operava  sotto  gli  occhi  del  sig.  Scotini,  voglio  dire,  del  collocamento  della 
ferrovia  Bologna-Pistoja  entro  il  letto  ghiaioso  del  Reno  per  migliaja  e  migliaja 
di  metri,  e  senza  riflettere,  che  il  grande  restringimento  di  quel  tratto  d'alveo 
avrebbe  cagionato  un  enorme  alzamento  di  piena  alla  pianura:  giacché  le  piene 
ordinarie  sarebbero  divenute  grosse  piene,  e  questi  diluvj  esterminatori;  di  cui 
una  conferma  avemmo  nella  piena  dello  scorso  autunno  1864,  che  fu  causa  della 
tremenda  rotta  del  Gallo,  quantunque  i  superiori  confluenti  del  Reno  non  venis- 
sero in  piena  in  quell'occasione  ». 

11.  Indi  viene  a  parlare  dei  calcoli  delle  portate  di  piena  del  Po  e  del  Reno, 
e  degl'effetti  che  si  avrebbero  dall'aggiunta  di  questo  influente  al  Po  sotto  tale 
rapporto,  e  nel  reggime  d'entrambi  i  fiumi.  Riguardo  alla  portata  massima  di 
piena  del  Po  ha  per  esagerata  quella  dello  Scotini  calcolata  in  m.  e.  7193  (2);  ma 
ha  eziandio  per  minore  del  vero  la  propria  che  calcolò  in  m.  e.  5146;  per  cui 
accetta  per  più  prossima  al  vero  quella  del  Possenti  di  m.  e.  6263  (3).  In  quanto 
alla  piena  del  Reno  ha  per  ipotetica  la  calcolata  dal  Brighenti  alla  sezione  di  Malta 
in  m.  e.  1054,  e  fondandosi  sulle  calcolazioni  dell'ispettore  Barillari,  Egli  la  riter- 
rebbe anche  superiore  ai  m.  e.  1200.  Che  poi  una  piena  di  Po  associata  ad  una 
simile  di  Reno  possa  rallentare  1'  afflusso  di  questo  fino  a  ridursi  a  m.  e.  700' 
secondo  lo  Scotini,  ed  a  m.  e.  527  secondo  il  Turazza  dichiara  apertamente  di  non 

(1)  Ecco  ciò  che  ne  diceva  il  Lombardini  al  §  220.  «  Rispetto  ad  un  ulteriore  alzamento  di  piene  ac- 
«  cennato  dal  Brighenti  nell'ultima  sua  Memoria,  dipendente  a  suo  avviso  dall'occupazione  di  una 
«  parte  dell'alveo  del  Reno  colla  Ferrovia  Porettana,  parleremo  più  avanti  ». 

(2)  Lo  Scotini  ritenne,  che  la  piena  massima  del  Po  fosse  di  m.  e.  7193  ;  ma  rettificando  i  suoi  cal- 
coli da  un  errore  sfuggitogli  innavvertitamente ,  la  sua  piena  riescirebbe  soltanto  di  m.  e.  6948,  come 
dimostrai  nel  supplemento  alle  osservazioni  delle  di  lui  memorie. 

(3)  Nella  succitata  annotazione  2.a  alla  Nota  H  il  Lombardini  aveva  però  detto  «  Per  le  prime  di  esse 
«  (misure  del  Bonati)  eransi  dimostrati  erronei  i  conteggi  del  Bonati  dal  mio  amico  ingegnere  Possenti 
«  che,  in  seguito  alle  relative  rettificazioni  avrebbe  accresciuta  la  portata  di  piena  massima  del  Po 
«  dai  m.  e.  5146  da  me  calcolati  a  m.  e.  6254.  Che  anzi  nell'ultimo  scritto  precitato  espongo  le  ra- 
«  gioni  per  le  quali  anche  in  tale  misura  essa  dovrebbe  trovarsi  ai  disotto  del  vero  » . 


STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI  ECC.  667 

poter  convenire  in  tali  illazioni:  avvegnacchè  venendo  l'alveo  del  Reno  occupalo 
dalle  acque  del  Po,  si  riduce  a  tale  capacità  la  disponibile  per  la  piena  del  Reno 
da  non  poter  assumere  presso  la  foce  neppur  per  ombra  la  diminuzione  sov- 
vertita della  sua  piena.  Né  tampoco  può  convenire  nelle  dette  illazioni  anche 
dopo  che  l'ispettore  Possenti  trovò  quella  supposta  diminuzione  di  piena  in  ac- 
cordo coi  risultati  di  un  suo  prospetto  compilato  per  sostenere  la  sua  chiusa 
architravata  regolatrice  della  piena  della  Chiana  di  fronte  alle  mie  osserva- 
zioni: e  così  conferma  in  ogni  e  singola  sua  parte,  quanto  ho  detto  in  un 
mio  scritto  pubblicato  in  Bologna  sotto  il  titolo  Una  Scoperta  Idraulica,  ed  in  un 
più  recente  Sulla  Chiusa  regolatrice  le  piene  del  fiume  Chiana  dell'Ispettore  Carlo 
Possenti  (1). 

12.  Ci  spiace  soltanto  che  non  abbia  calcolato  l'effetto,  che  avrebbe  prodotto 
una  piena  massima  del  Po,  che  si  combinasse  con  una  piena  massima  di  Reno, 
come  intesero  di  fare  i  distinti  idraulici  Scotini  e  Turazza,  e  non  lo  abbia  cal- 
colato per  essere  il  caso  assai  difficile  che  si  verifichi,  e  siasi  invece  attenuto  al 
più  comune,  vale  a  dire  che  una  piena  massima  del  Po  si  combini  con  una  mez- 
zana di  Reno  della  portata  allo  sbocco  di  m.  e.  700,  come  ritenne  lo  Scotini,  e 
che  sarebbe,  come  abbiamo  detto  poco  più  della  metà  d'una  piena  massima 'di 
Reno,  tal  quale  la  riterrebbe  l'illustre  nostro  autore. 

Noi  nel  riflesso  che  ciò  che  è  difficile  ad  accadere  possa  avvenire  quando  meno 
si  può  credere,  colmeremo  questa  lacuna  seguendo  il  metodo  del  Guglielmini. 
Detta  x  l'altezza,  che  la  piena  massima  di  Reno  produrrebbe  in  Po  pur  esso  in 
massima  piena  si  avrà 

.=»«((^?!?)l"-.)=u 

E  poiché  il  distintissimo  nostro  autore  fondatamente  crede  di  non  allontanarsi 
gran  fatto  dal  vero,  supponendo  che  nel  caso  dell'immissione  del  Reno  nel  Po 
alla  foce  del  Panaro  in  non  lungo  corso  d'anni  dovesse  accrescersi  ivi  l'altezza 
del  fondo  del  Po  d'oltre  un  metro:  così  è  chiaro  che  in  quella  difficile,  ma  pur 
contingibile  circostanza,  l'alzamento  di  piena  del  Po  potrebbe  riescire  di  due  e 
più  metri:  i  6  piedi  temuti  fino  dai  tempi  del  Guglielmini  dai  Ferraresi.  Però 
anche  nel  supposto  del  Lombardini,  cioè  nel  caso  in  cui  più  frequentemente  si 
potranno  incontrare  le  due  piene,   un  alzamento  di  piena  di  m.  1,50  è  motivo 

(1)  Quest'ultimo  scritto  fu  pubblicato  parte  in  Bologna  e  parte  qui  in  Modena,  per  essere  stati  inter- 
detti i  miei  lavori  dal  far  parte  di  quelli  ,  che  si  vanno  pubblicando  nel  Giornale  ti Agricoltura  Indu- 
stria e  Commercio  del  Regno  d'Italia  per  riguardare  essi  lavori,  fu  detto,  soggetti  speciali,  e  non 
d'interesse  generale,  e  ciò  dopo  cinque  anni,  che  erano  ricevuti  dalla  stessa  Direzione  del  Giornale  non 
senza  suo  vantaggio.  Ora  però  è  costretta  a  spigolare  articoli  da  altri  Giornali  per  non  avere  materia 
da  riempire  alla  meglio  il  proprio,  ed  è  anche  costretta  a  dichiarare  che  l'esistenza  del  suo  Giornale 
è  seriamente  compromessa  (Veggasi  del  volume  X,  il  N.  16). 

Questa  dichiarazione  a  noi  pare  intempestiva;  perchè  sarà  indubbiamente  causa  che  gli  associati 
paganti  si  ritirino  nella  quasi  certezza,  che  possa  il  Giornale  morire  prima  che  si  compia  l'anno  e 
perdere  una  parte  dell'anticipato  denaro. 

È  proprio  un  voler  gridare  1'  allerta  da  chi  dovrebbe  scongiurare  il  pericolo. 


6(38  ALCUNE  OSSERVAZIONI  ALLA  MEMORIA 

piucchè  sufficiente  a  dissuadere  la  propugnata  immissione  (1) ,  e  senza  aggiun- 
gervi ciò  che  in  rapporto  al  maggior  protendimene  della  foce  del  Po  per  l'ag- 
giunta del  Reno  calcola  il  distinto  nostro  autore,  che  sarebbe  d'un  7  per  100, 
anziché  di  1,  come  pretenderebbe  il  professore  Turazza:  vale  a  dire  il  doppio 
circa  di  quanto  nel  rispondere  allo  stesso  Professore  noi  l'avevamo  calcolato,  e 
quindi  rendesi  manifesto  che  noi  allora  non  cademmo  in  esagerazioni. 

13   Presi  dopo  ciò  in  esame   i  principi ,   secondo  i  quali  il  Padre  Lecchi  pro- 
pose ed  effettuò   l' inalazione  del  Reno,  e  dei  minori  torrenti  romagnoli  nel- 
l'attuale  corso,  e  sue  modificazioni  in  tempi  posteriori,  viene  a  rettificare  alcune 
circostanze  di  fatto   concernenti   l' attuale  inalveazione   del   Reno.   Il   Brighenti 
nel  1855;  il  Barillari  nel  1858;   il  Dausse  nel  1859-60;   lo   Scotini  nel  1865;  ed 
il  Turazza  nel  1866  affermarono,  che  le  arginature  del  Reno  si  alzano  sul  piano 
di  campagna  dai  12  ai  13  metri:  mentre  «  si  tosto  ricevuto,  sul  cadere  del  1859,  il 
«  piano  officiale  di  livellazione  del  Reno,  la  curiosità,  dice  il  nostro  autore,  mi 
«  spinse  a  farvi  scorrer  sopra  la  scala,  e  quale  non  fu  il  mio  stupore,  allorché 
«  a  valle  della  rotta  Panfilia  in  tutta  la  lunghezza  della  nuova  inalveazione,  ove 
«  è  indicato  con  linee  ondeggianti  il  livello  delle  campagne  laterali,  la  massima 
«  loro  depressione  la  trovai  ben  differente.   Imperciocché   essa  limitavasi  per  la 
«  campagna  sinistra  in  brevi  tratti   sotto   Malalbergo   al   Gallo  a  9  metri,   ed  a 
«  metri  9,10  al  chilometro    74,  sopra  il  Traghetto,  e  per  la  campagna  destra  a 
«  metri  8'590  sopra  il  Traghetto:  a  metri  8,50  all'idrometro  di  Gandazzolo,  ed  al 
«  Cavedone  d'Argenta,  riducendosi  ad  8  metri  alla  Bastia.  Trattasi  di  un  divano 
«  del  43  per  100  sopra  il  dato  più  importante  della  questione  che  si  agita,  ripe- 
«  tibile  o  da  un'  esagerazione   non  lieve  a  lui  sfuggita ,   ed  ammessa   dagl'  altri 
«  senza  verificazione  di  sorta,  quantunque  per  lo  Scotini  e  pel  Turazza  serva  di 
«  motivo  prevalente,  onde  pronunciare  l'anatema  dell'odierna  inalveazione  del 

«  Reno  (2)  ». 

Inoltre  affermandosi  dal  professor  Brigherai ,  che  la  lunghezza  della  inalvea- 
zione Lecchi  sarebbe  riescila  di  miglia  50,  il  nostro  autore  premette  che  «  le 
«  arginature  della  nuova  inalveazione  del  Reno  dalla  Panfilia  al  mare,  giusta  il 
«  profilo  della  livellazione  officiale,  dal  chilometro  45  al  127;  quindi  per  82  chi- 
«  lometri,  che  sarebbero  43  e  non  50  miglia  di  Bologna.  Tutto  quell'immenso 
a  apparato  di  provvedimenti,  ossia  di  banche,  sottobanche  e  piazze  basse,  parrebbe 
«  doversi  estendere,  secondo  l'esposto,  all'intera  lunghezza,  della  stessa  inalvea- 
«  zione,  quasicchè  ovunque  se  ne  richiedesse  l'applicazione,  lo  che  non  si  po- 
ti) Se  il  nostro  autore  avesse  rifatto  il  calcolo  dello  Scotini  sostituendo  alla  piena  da  questo  calco- 
lata in  raet.  e.  7193  1'  altra  del  Possenti  di  met.  e.  6263  avrebbe  trovato. 


4n  Ine     /6263-f  700X3       ,  n  7R 

a^  10,405  ^(—^       )    -l/  =  0,76 

per  cui  la  maggior  altezza  di  piena,  compresovi  un  metro  d'altezza  maggiore  di  fondo  del  Po,  sarete 
begli  riescita  di  met.  1,60;  anziché  di  met.  1,50;  per  cui  il  Lombardini  non  può  certamente  essere 
tacciato  di  esagerazione.  . 

(2)  A  noi  sembra  invece,  che  il  motivo  prevalente  tanto  pel  Brighenti,  quanto  pel  Turazza  e  lo  òcoi 
consista  nelle  rotte,   che    si   succedono  ad  ogni  grossa  piena  non  per  sormonto;  ma   per  avvallamen 
4elle  arginature. 


STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI  ECC. 

«  trebbe  ammettere,  scorgendosi  per  oltre  una  metà  della  loro  lunghezza  accom- 
«  pagnati  gl'argini  da  campagne  abbastanza  elevate  ». 

14.  Amore  però  del  vero  qui  mi  sprona  a  far  riflettere,  che  il  profilo  officiale 
della  livellazione  del  Reno  diretto  dal  professor  Brighenti  fu  delineato,  quando 
l'alzamento  generale  delle  arginature,  consigliato  dal  celebre  Yenturoli  nel  1843, 
non  era  ancora  compiuto;  perchè  non  lo  era  nel  1858  (1),  e  per  conseguenza  le 
linee  indicanti  le  sommità  o  cigli  degl'argini  non  rappresentano  queglino  d'ad- 
desso;  ma  in  buona  parte  le  anteriori  alla  piena  del  1842;  d'onde  ne  segue,  che 
non  può  valere  di  prova,  a  che  il  divario  fra  l'ammesso  del  Brighenti  e  il  trac: 
ciato  nel  suo  profilo  di  livellazione  sia  del  43  per  100  (2).  Mi  sprona  a  doman- 
dare all'illustre  Lombardini,  che  in  certo  tal  qual  modo  (o  come  direbbesi  mo- 
dernamente in  guanti  gialli)  rimprovera  lo  Scotini  ed  il  Turazza  d'avere  ammessa 
l'esagerata  altezza  senza  verificazione  di  sorta,  il  perchè  Egli  stesso  non  abbia 
fatto  questa  verifica? 

Non  potendo  un  Lombardini  ignorare  i  risultati  della  livellazione  del  1830 
riportati  dottamente  dall'ispettore  Pancaldi:  né  ciò  che  lasciò  scritto  il  sullodato 
Venturoli  sulle  condizioni  del  Reno,  era  suo  dovere  di  portarsi  sul  luogo  per 
vedere  cogl'  occhi  propri,  come  si  stessero  le  cose:  imperciocché  l'attenersi  al 
profilo  potrebbe  essere  benissimo,  che  l'illustre  nostro  autore  basasse  sopra  un 
madornale  errore,  occorso  nella  delineazione  del  profilo  stesso,  il  suo  edilìzio; 
ovvero  lo  attenersi  alle  affermazioni  del  sig.  Brighenti  potrebbe  essere  il  caso  di 
valersi  di  un'esagerazione,  che  quantunque  non  dimostrata  potrebbe  essere  sfug- 
gita ad  un  uomo  rispettabile,  a  fondamento  d'un  piano,  dal  buono  o  cattivo  esito 
del  quale,  dipende  la  salute  o  F eccidio  della  maggior  parte  della  Provincia  di 
Ferrara. 

Mi  sprona  finalmente  a  chiedere,  se  ritenga  propriamente,  che  quelle  linee, 
che  in  profilo  indicherebbero  il  piano  di  campagna,  lo  rappresentino  realmente: 
ovvero  non  rappresentino  le  unghie  degli  stessi  argini,  le  quali  in  generale  non 
sempre  trovansi  al  livello  delle  circostanti  campagne,  ma  ad  un  livello  più  alto, 
in  grazia  d'uno  spalto  (le  piazze  basse  estesissime  del  Brighenti)  che  qualche 
volta  si  osserva  in  prossimità  degl'argini:  perchè  reso  necessario  dal  bisogno  di 
consolidarli,  acciocché  non  avvallino?  Per  ultimo  l'amore  del  vero  mi  sprona  a 
dichiarare  che  se  il  professor  Brighenti  esagerò  sulla  lunghezza  della  nuova  inal- 
veazione  (lo  che  renderebbe  alquanto  probabile  l'esagerazione  sull'altezza  reale 
delle  arginature)  col  pretenderla  di  miglia  50;  mentre  non  sarebbe  che  di  43; 
dimenticò  per  altro,  che  altrettanto  sarebbe  a  farsi  per  le  arginature  degl'influenti 
del  Reno-Primaro  negl'ultimi  loro  tronchi;  per  cui  le  miglia  50  potrebbero  riescire 

(1)  Diciamo  che  nel  1858  l'alzamento  generale  delle  arginature  non  era  ancora  compiuto;  poiché 
pubblicando  il  professor  Brighenti  nello  stesso  anno  il  profilo  della  livellazione  da  lui  diretta,  non 
avrebbe  detto  ed  è  prossimo  al  fine;  come  appare  dall'annotazione  seguente;  bensì  avrebbe  detto  era 
prossimo,  come  volendo  alludere  all'epoca  1844-45  aveva  detto  si  stava  eseguendo. 

(2)  Nel  piano  officiale  della  livellazione  del  Reno  del  1844-45  pubblicato  in  sul  finire  del  1858,  si 
trova  scritto.  «  Compiuto  che  sia  l'alzamento  generale  delle  arginature  (che  si  stava  eseguendo  nel- 
«  l'atto  dei  rilievi,  ed  è -prossimo  alla  fine)  con  una  linea  rossa  potrà  facilmente  disegnarsi  il  nuovo 
«  ciglio  delle  sommità  di  esse  misurandolo  ai  moltissimi  capi  saldi,  che  si  succedono  lungo  tutta  la 
«  linea  ».  Ciocché  vuol  dire  a  parer  nostro,  che  le  linee  che  in  profilo  rappresentano  i  cigli  degl'ar- 
gini, non  rappresentano  quelli  degl'attuali;  bensì  quelli  dell'epoca  1844-45.  In  ciò  per  conseguenza 
consiste  il  perchè,  non  si  ricorse  né  dallo  Scotini,  né  dal  Turazza  al  profilo  di  livellazione  per  verifi- 
care le  affermazioni  del  Brighenti  e  dì  tutti  quelli  che  lo  precedettero  e  Io  seguirono. 


gyQ  ALCUNE  OSSERVAZIONI  ALLA  MEMORIA 

for«e  a  70  e  cosi  compensare  ancora  quei  tratti,  i  quali  secondo  l' illustre  Lom- 
bardia non  abbisognerebbero  di  banche  e  di  contro  banche  e  piazze  basse 
estesissime.  La  verità  per  tutti  e  sopra  tutto. 

16  Qualunque  però  sia  l'altezza  degl'argini  sulla  campagna  a  me  sembra,  che 
la  questione  consista,  non  nel  numero  dei  metri,  di  cui  si  alza  l'arginatura  del 
Reno-Primaro  sui  bassi  fondi  attraversati:  bensì  nel  sapere,  se  questa  arginatura 
possa  o  no  ammettere  un  ulteriore  rialzo  di  qualche  considerazione:  imperciocché, 
ove  questo  non  potesse  effettuarsi,  senza  che  1'  arginatura  stessa  non  avvallasse, 
qualsiasi  partito  per  la  sistemazione  del  Reno-Primaro ,  ammettente  un  rialzo 
d'  argini  fosse  anche  di  un  solo  metro,  sarebbe  inconsulta. 

Il  prof  Maurizio  Brighenti  sino  dal  1862  nella  sua  nota  d'aggiunta  sulla  piena 
e  sulla  rotta  del  Reno  al  froldo  Passerino,  avvenuta  il  27  dicembre  1839,  avver- 
tiva già  che  «  il  fiume  si  versò  nella  valle  contigua  dal  froldo  Passerino ,  e  la 
«  rotta  'avvenne  per  lo  avvallamento  dell'argine  in  causa  del  fondo  quoroso,  su 
«  cui  basavasi-  nello  stesso  modo  che  avvallò  la  fondazione  della  chiavica  Lepri 
«  ivi  prossima:  allorché  fu  alzato,  e  tremendamente  fu  ingojato  il  froldo  Manica 
«  e  come  annualmente  succede  ai  ciglioni  delle  golene  di  Longastino  a  mano 
«  mano  che  crescono  d'altezza  ecc.  oppure  quando  l'altezza  della  piena  cresce 
«  sopra  la  massima,  e  giunge  a  tali  limiti  d'altezza,  e  vi  si  mantiene,  che  non 
«  possa  essere  sopportata  dalla  base  quorosa,  senza  costiparsi  e  cedere.  Ciò  ma- 
«  nifestamente  accadde  più  volte  nella  coronella  di  chiudimento  della  rotta,  come 
«  riferisce  il  cav.  Barillari.  Onde  non  può  rimaner  dubbio  sulla  impossibilita 
«  di  accrescere  1'  altezza  degl'  argini  attuali,  senza  la  certezza  delle  rotte  ad  ogni 
«  grossa  e  lunga  piena  ». 

«  Queste  cose  io  avvertiva  altre  volte  (pag.  133,  §§  11,  12,  13,  14  e  15,  e  come 
«  alla  citata  pag.  133),  e  si  verificarono  tanto  puntualmente,  che  sorse  una  voce 
«  concorde  e  da  più  parti  mi  fu  annunciato  di  que' prognostici  avverati,  e  della 
t  bontà  del  rimedio  proposto  (P  immissione  di  Reno-Primaro  nella  valle  di  lido 
«  di  Magnavacca)  ove  non  possa  mandarsi  il  Reno  nel  Po,  e  lamentavansi  che 
«  quel  rimedio  se  fosse  stalo  effettuato ,   si  sarebbe  manifestamente  evitato  quel 

«  disordine  ».  .  .  .       ,    . 

Il  Brighenti  addunque  avvalorava  la  sua  proposizione  con  fatti  notori.  Come 
non  prestarvi  fede?  Se  il  nostro  illustre  autore  trovava  di  che  dubitarne,  doveva 
rivolere  le  accurate  sue  indagini  all'accertamento  della  cosa;  vedere  cioè,  se 
si'  argini  attuali  di  Reno-Primaro  ammettano  o  no  un  alzamento  ulteriore  di 
qualche  considerazione,  come  sarebbe,  qual  minimo,  un  alzamento  d'un  metro. 
Imperciocché,  quantunque  co' suoi  provvedimenti  Egli  ritenga  di  ridurre  .  rialzo 
degl'  argini  ad  un  sol  metro  (1)  dei  due  che  senza  questi  provvedimenti  dovreb- 
bero rielevarsi,  il  rialzo  d'un  metro  è  tal  cosa  da  non  potersi  porre  in  non  cale: 
tanto  più,  se  vero  fosse  che  le  attuali  arginature  non  si  elevassero  lino  a  13  metri 
sui  piani  di  campagna:  bensì  a  soli  9:  perocché  si  tratterebbe  d'un  rialzo  di  >/| 
anziché  di  Vis  delle  attuali  altezze  delle  arginature  (2).  Senza  quindi  questo  ae- 
di Mi  sembra  che  sarebbe  stato  necessario  di  dimostrare,  che  i  proposti  provvedimenti  verrebbero 
a  ribassare  le  piene  di  un  metro  non  solo;  ma  dimostrare  eziandio-,  che  f  immissione  dell  ldice  co 
suoi  confluenti,  non  avrebbe  rialzato  il  fondo  del  recipiente,  non  polendo  a  mio  avviso  bastare 
semplicissima  affermazione,  quantunque  fatta  da  un'idraulico  rispettabilissimo. 

(2)  Ciò  pare  un  paradosso;  pure  non  è  tale  sotto  qualsiasi  rapporto  lo  si  consideri;  specialmen  e 
si  vorrà  ponderare  ,  che  in  tali  circostanze  questi  minori  rialzi  si  fanno  quasi  sempre  a  scapito   a 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI  ECC.  671 

certamento  sono  per  lo  meno  intempestivi  i  provvedimenti  qualunque  essi  sieno, 
che  Egli  propone  per  conservare  il  Reno-Primaro  nell'attuale  suo  corso. 

16.  A  farsi  però  strada  a  questi  provvedimenti  espone  quelli  che  il  distinto 
ispettore  Barillari  proponeva  per  lo  stesso  scopo,  e  consisterebbero.  l.°  Nel  rad- 
drizzare le  svolte  del  Reno  a  valle  della  confluenza  del  Senio  per  toglierne  i 
froldi.  2.°  Nel  procurare  al  fiume  stesso  due  diversioni,  l'una  a  sinistra  in  una 
porzione  delle  valli  di  Comacchio,  e  l'altra  a  destra  in  conformità  delle  proposte 
Vecchi  e  Brighenti.  3.°  Nel  rimovere  gl'altri  froldi  fra  i  drizzagni  della  Madonna 
dei  Boschi  e  di  Longastrino  mediante  abbondanti  ritiri  d'argini,  e  nel  rimovere 
quelli  anco  più  pericolosi  presso  la  Bastia.  4.°  Neil' ampliare  la  sezione  del  Cavo 
Benedettino:  attesoché  la  sezione  delle  piena  è  scarsa  alla  portata  del  Reno  e 
troppo  strette  le  golene.  5.°  Finalmente  nel  togliere  i  froldi  nel  tronco  superiore 
a  Cento,  e  nel  ridurre  1'  elevazione  degP  argini  di  golena  in  guisa  da  permettere 
le  espansioni  del  fiume,  onde  diminuire  la  portata  massima  delle  maggiori  piene 
a  sollievo  dei  tronchi  inferiori  (1). 

17.  Indi  accenna  alle  due  successive  rotte  avvenute  al  froldo  Passerino,  tacen- 
done a  nostro  avviso  la  causa  precipua,  ossia  l'avvallamento  dell'argine  per 
sottostanti  quore,  che  non  seppero  reggere  al  peso  delle  piene  e  delle  arginature. 
Eppure  questa  causa  doveva  ben  infiggersi  nella  mente  chi  intendeva  di  soste- 
nere il  Reno  nell'attuale  suo  letto. 

18.  Poi  esamina  se  convenga  allargare  i  drizzagni  atteso  la  ristretta  loro  sezione 
viva.  In  questo  particolare  accenna  alle  cause  di  alcuni  ventri  di  piena,  che  se- 
condo gì'  ingegneri  Brandolini  e  Natali  consisterebbero  nella  ristrettezza  della 
sezione  del  canale  nei  varj  drizzagni  (2)  sui  quali  la  larghezza  del  fondo  varia 
da  metri  26  ai  35;  mentre  dalla  Panfilia  a  tutto  il  cavo  Benedettino  ha  una 
larghezza  nel  fondo  di  metri  50.  Ma  secondo  il   Brighenti  i  detti   ventri   avreb- 

larghezza  superiore  degl'  argini,  e  delle  inclinazioni  delle  scarpe.  Imperciocché  così  operando  si  farebbe 
sopportare  lo  stesso  peso  a  basi  diverse  ;  per  conseguenza  se  dovesse  aver  luogo  un  avvallamento  per 
ciò,  a  circostanze  pari,  sarebbe  più  pronto  per  l'argine  alto  9  metri,  che  per  quello  alto  13. 

(1)  Le  golene  del  Reno  all'altezza  di  Cento  erano  già  pervenute  all'altezza  delle  piene  ordinarie, 
quando  furono  arginate  :  imperciocché  a  quest'altezza  si  trovano  attualmente,  ed  il  convertirle  in  bacini 
delle  piene  massime  non  darebbe  que'  vantaggi ,  che  si  sperano  ;  ed  ognun  vede  che  per  quanto  van- 
taggioso possa  ciò  riescire,  non  potrebbe  però  a  meno  di  non  far  sorgere  opposizioni,  o  per  lo  meno 
a  formare  un  nuovo  cespite  di  fortissime  spese  negl'  indennizzi ,  cui  i  proprietarj  ,  i  quali  ridussero 
quelle  golene  a  fertili  campi,  taluni  eziandio  forniti  di  rustiche  abitazioni,  avrebbero  indubbiamente 
diritto.  Del  resto  se  il  partito  giovasse  ai  tronchi  inferiori  nuocerebbe  al  tronco  ,  in  cui  gli  abbassa- 
menti degl'argini  si  effettuerebbero:  avvegnacchè  appoggiandosi  le  acque  agl'argini  principali  aventi 
doppia  e  tripla  altezza  sui  piani  delle  campagne  circostanti,  che  non  hanno  quelli  delle  golene  su  queste, 
più  facili  e  quindi  più  frequenti  sarebbero  le  rotte,  le  quali  per  la  bassa  pianura  sarebbero  egualmente 
micidiali,  in  quantochè  le  innondazioni  si  farebbero  d'  alto  in  basso ,  e  non  dal  basso  in  alto ,  come  in 
parte  succede,  quando  esse  rotte  capitano  ne'  tronchi  inferiori ,  e  poi  queste  rotte  accadrebbero  in  un 
tronco  di  fiume,  il  cui  fondo  si  trova  a  qualche  metro  elevato  sulle  campagne  adjacenti,  come  ne  fa 
fede  il  Renometro  eretto  sulla  piazza  della  città  di  Cento,  e  così  darebbero  luogo  sempre  a  complete 
disalveazioni. 

(2)  L  un  fatto  notorio,  che  dove  in  un  fiume  si  restringe  notabilmente  la  sezione,  ivi  ha  luogo  un 
ventre  a  monte  ed  una  rapida  a  valle:  ventri  e  rapide  che  scompariscono  allargata  convenientemente 
la  sezione. 

Non  sempre  però  i  ventri  sono  prodotti  da  questa  causa.  I  più  terribili  perchè  non  ammettono  facile 
rimedio  ,  sono  quelli  che  sono  causati  dal  brusco  cambiamento  di  pendenza.  Qualche  volta  però  la  na- 
tura vi  provvede  col  biforcare  il  fiume ,  ciò  che  sarebbe  temerario  per  1'  arte,  secondo  almeno  le  mas- 
sime ora  prevalenti. 


g72  '  ALCUNE  OSSERVAZIONI  ALLA  MEMORIA 

bero  causa  dal  rigurgito  dei  minori  suoi  confluenti,  negando  l'influenza  della 
larghezza  dei  drizzagni,  che  pretende  opera  della  natura,  come  lo  proverebbero 
le  golene  dell'  alveo,  che  si  è  fabbricalo  da  pochi  anni  il  Lamone  divertito  sulle 
valli  di  Savarna,  sui  ventri  stessi  e  per  conseguenza  ammettendo  l'inutilità 
dell'allargamento  della  sezione;  inutilità  che  verrebbe  pure  ammessa  dallo  Sco- 
tini.  A  questo  riguardo  rispondendo  al  medesimo  Scotini ,  io  aveva  detto,  che 
«  esso  confondeva  la  tendenza,  che  ha  ogni  fiume  a  ripristinarsi  la  sezione  alte- 
rata, col  fatto,  che  non  può  verificarsi,  se  non  quando  i  lavori  di  restringimento 
non  presentino  abbastanza  di  resistenza  ad  impedire  la  corrosione,  e  in  verità  le 
difese  contro  le  corrosioni  sono  sempre  dirette  ad  impedire  lo  avvanzamento  delle 
corrosioni  istesse  »  mentre  il  Lombardini,  facendo  dipendere  la  differenza,  che 
passa  fra  la  formazione  del  nuovo  alveo  del  Lamone  con  quella  del  Reno-Primaro, 
neil'essersi  quella  formata  per  alluvione  e  questa  doversi  ampliare  per  corro- 
sione (1),  conchiude  non  potersi  perciò  nel  primo  caso  allargar  la  sezione,  senza 
che  il  fiume  non  si  ripristini  la  sua  antica  larghezza,  non  così  nel  secondo. 

19.  Per  dimostrare  poi  che  si  possono  restringere  le  golene  d'un  fiume,  senza 
che  si  abbiano  ad  elevare  le  sue  piene,  anzi  a  condizione  che  queste  si  abbiano 
a  ribassare,  prende  argomento  da  ciò,  che  avendo  rispettar  Barillari  calcolata 
la  portata  massima  della  piena  Reno-Primaro  avvenuta  il  9  gennajo  1856,  colla 
formola  del  moto  equabile,  ed  avendola  trovata  di  m.  e.  1067  alla  foce  della  Sa- 
moggia,  di  m.  e.  1047  nel  Cavo  Benedettino:  di  m.  e.  1358  nel  drizzagno  di  Lon- 
gastrino,  ove  si  sarebbe  dovuta  limitare  a  m.  e.  1000,  quando  la  formola  del 
moto  equabile  fosse  applicabile  a  tutte  le  forme  degl'  alvei ,  e  cioè  a  quelli  che 
hanno,  ed  a  quelli  che  non  hanno  golene,  per  ottenere  coli' uso  della  stessa  for- 
mola una  portata  prossima  a  1000  m.  e. ,  e  conchiude  avergli  la  misura  a  nor- 
male testé  avvertita  offerto  il  mezzo  di  rintracciare  il  reggime  delle  acque  in 
que' drizzagni,  intorno  al  quale  conveniva  limitarsi  dapprima  a  vaghe  con- 
getture (2). 

Prima  però  di  venire  a  questa  conclusione,  avverte  che  l'allargamento  del  corso 
vivo  costerebbe  un  quarto  soltanto  di  quello  che  calcolerebbe  il  Brighenti,  ogni 
qualvolta  si  facesse  concorrere  all'opera  dell'uomo  la  forza  dell'acqua,  e  non  si 
esportasse  fuori  dell'alveo  il  terreno  per  costruire  le  sue  banche  e  contro  banche, 
come  progetterebbe  il  prof.  Brighenti. 

20.  Tuttociò  premesso  discende  a  trattare  di  que' provvedimenti,  cui  dovrebbesi 
ricorrere  nel  caso,  che  si  dovesse  sostenere  l'odierna  inalveazione  del  Reno-Pri- 
maro. Attesoché,  Egli  dice,  la  circostanza  di  dover  aggiungere  ridice  co' suoi 
influenti  verrebbe  a  procurare  una  maggiore  altezza  di  piena  di  m.  2,  a  cagione 
dell'  aumento  di  portata  nella  piena  massima ,  e  di  qualche  alzamento  di  fondo 
pel  cessato  afflusso  delle  acque  chiarificate  dalla  colmata,  ritiene  di  poter  ridurre 

(i)  Qui  a  mio  parére  sarebbe  stato  necessaria  una  più  lata  spiegazione:  imperciocché  la  natura  co- 
struendo gl'alvei  dei  fiumi  torbidi  o  per  alluvione  o  per  corrosione,  non  potrebbe  assolutamente  negarsi 
la  conseguenza  del  prof.  Brighenti ,  quando  non  vi  fosse  intervenuta  anche  1'  arte  e  nella  formazione 
degl'  alvei  dei  nostri  fiumi  V  arte  vi  ebbe  una  gran  parte. 

(2)  Ciò  sarebbe  vero  se  agli  alvei  forniti  di  golene  fosse  stata  adottata  la  formola  del  moto  equabile. 
Fin  ora  però  non  credo,  che  siano  state  fatte  esperienze,  al  fine  di  determinare  i  coefficienti  numerici 
al  caso  di  alvei  muniti  di  golene.  L'applicazione  per  conseguenza  che  di  questa  formola  fa  agli  alvei 
con  golene  il  distintissimo  nostro  autore  ,  per  quanto  fatta  giudiziosamente ,  non  arriva  però  a  per- 
suadermi. 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI  ECC.  673 

lo  stesso  aumento  di  piena  ad  un  sol  metro,   o  poco  più   adottando  le  seguenti 

proposte  (1)  vale  a  dire: 

1.°  Nel  tratto  compreso  fra  la  Panfilia  ed  il  Cavo  Benedettino  provveduto  di 

spaziose  golene,  si  deve  accrescere  la  sicurezza  dell'argine  sinistro  ampliando  le 

banche  esterne  collo  scarico  delle  golene  verso  il  loro  labbro,  o  meglio  col  ributto 

delle  stesse  arginature  verso  il  fiume,  onde  più  prontamente  rafforzare  la  banca, 

ove  l'ampiezza  della  golena  sia  per  permetterlo. 

2°  Qualora  ributtando  il  detto  argine  verso  il  fiume  si   riducesse  alla  quasi 

condizione  di  froldo,   vi  si  dovrebbe   procurare  la  necessaria  golena   con  opere 
d'avvanzamento. 

^  3.°  Nel  Cavo  Benedettino,  deficiente  di  golene,  e  che  attraversa  terreni  quo- 
rosi,  attesocchè  la  campagna  destra,  giusto  il  profilo  Brighenti,  si  eleva  raggua- 
gliatamente  sul  fondo  del  fiume  2  metri;  mentre  la  sinistra  non  si  alza  che 
m.  0,86  riterrebbe  di  fare  il  trasporto  dell'argine  destro  sulla  campagna  pros- 
sima ad  una  distanza  di  metri  180  circa.  A  destra  dell'argine  demolito  si  esca- 
verebbe pel  canale  del  fiume  una  Savenella  larga  circa  20  metri,  da  allargarsi 
verso  destra  nel  seguito,  e  si  procurerebbe  l'interrimento  dell'alveo  attuale,  che 
diverrebbe  perciò  un'ampia  golena.  Su  questo  si  ributterebbe  l'argine  sinistro, 
affinchè  ottenesse  un'ampia  banca  all'esterno.  Altrettanto  si  farebbe  coli' argine 
destro,  tostochè  colle  alluvioni  si  fosse  il  fiume  procurato  un'ampia  golena  da 
questo  lato  (2). 

4.°  Nei  drizzagni  ove  le  golene  sono  amplissime  si  farebbe  il  ributto  verso 
il  fiume  d'  entrambi  gì'  argini. 

5.°  Sarebbe  a  richiamarsi  il  progetto  Barillari ,  che  richiede  considerevoli 
trasporti  d'argini,  allo  scopo  di  togliere  i  pericolosi  froldi  alla  Bastia,  coordi- 
nandolo ai  ributti  verso  il  fiume  degl'argini  slessi,  scomparsi  che  fossero  i  froldi, 
e  nate  per  conseguenza  le  ampie  golene,  come  si  è  detto  precedentemente. 

6.°  Sarebbero  forse  giovevoli  dei  provvedimenti  del  genere  di  quelli  che 
furono  proposti  dalFispettor  Barillari;  al  fine  di  togliere  i  diversi  froldi  esistenti 
nel  tratto  dell'antico  Primaro,  che  unisce  i  due  drizzagni  di  Longastrino  e  della 
Madonna  dei  Boschi. 

7.°  Finalmente  atteso  la  depressione  delle  valli  di  Comacchio,  e  l'instabilità 
della  sua  base  quorosa  inetta  a  sorreggere  nuovi  alzamenti  d'argini,  sarebbe 
conveniente  divertire  l'ultimo  tronco  del  Reno-Primaro  dalla  chiavica  umana  ai 
mare,  in  prossimità  del  taglio,  attraverso  la  Pineta  e  le  Dune,  che  ora  serve 
d'emissario  alla  valle  Savana,  che  si  sta  colmando  colle  torbide  del  Lamone:  il 
qual  diversivo  pel  tempo  che  occorrerà  a  formarsi  le  ampie  golene,  servirebbe 
di  seconda  foce,  che  contribuirebbe  a  deprimere  ne'primordj  de'lavori,  maggior- 

(1)  Anche  quando  le  proposte  del  nostro  illustre  autore  potessero  riescire,  noi  conveniamo  che  possa 
avvenire  un  abbassamento  di  piena;  ma  che  questo  abbia  a  riescire  precisamente  d'un  metro  o  poco 
meno  senza  aver  dimostrato,  che  l' Idice  co'  suoi  influenti  non  potrà  interrire  il  Reno-Primaro  e  quindi 
non  verrà  paralizzato  1'  abbassamento  di  piena,  egli  è  ciò  su  cui  seriamente  dubitiamo. 

(2)  Coi  provvedimenti,  dei  quali  è  qui  caso,  tendenti  ad  allargare  la  sezione  del  Reno-Primaro  nello 
stesso  tempo  che  ammettono  il  rialzo  degl'  argini  viene  il  nostro  illustre  autore  in  qualche  modo  a  con- 
venire colla  massima  da  me  esternata  allora  che  nel  rispondere  all'ispettore  Scotini  dissi  a  pag.  12 
«  Ma  quando  fossi  stato  costretto  ad  attenermisi  (al  consolidamento  del  Reno  nell'attuale  suo  corso) 
certamente  non  avrei  ommesso  di  proporre ,  oltre  l' ingrossamento  ed  alzamento  delle  arginature  del 
Reno-Primaro,  un  conveniente  allargamento  ». 


674  ALCUNE  OSSERVAZIONI  ALLA  MEMORIA 

mente  P  altezza  delle  piene.  Avvertendo  però ,  che  questa  diversione  sarebbe 
anche  necessaria,  quando  fosse  caso  d'immettere  il  Reno  nel  Po,  come  dirà  nel 
seguito  di  questa  sua  Memoria. 

21.  Infrattanto  l'illustre  nostro  autore  ci  permetta,  che  facciamo  alcune  poche 
osservazioni,  riserbandoci  di  ripigliarle,  quando  avrà  veduta  la  luce  l'ultima  parte 
della  stessa  memoria,  ed  avremo  dati  positivi  sullo  stato  reale  delle  cose. 

In  primo  luogo  a  noi  pare,  che  sarebbe  stato  conveniente  prima  di  decidersi 
per  la  conservazione  del  Reno-Primaro  nel  suo  corso  odierno,  oltre  quanto  ab- 
biamo detto  sul  potersi  o  no,  maggiormente  elevare  le  attuali  sue  arginature,  di 
osservare  accuratamente,  se  il  suo  fondo  fosse  incassato,  com'Egli  pretenderebbe, 
facendo  a  fidanza  con  un  profilo  di  livellazione,  pel  quale  non  sarebbe  stato  lon- 
tano dal  supporre,  che  si  fosse  corso  in  un  errore  madornale  di  delineazione; 
ovvero  si  trovi  per  qualche  metro  superiore  ai  piani  di  campagna  (1). 

Noi  per  ora  non  diremo,  che  siasi  assolutamente  ingannato  nel  prestar  fede  al 
profilo  della  livellazione  Brighenti,  diremo  soltanto,  che  il  supposto  errore  viene 
avvalorato  da  quanto  si  legge  nella  memoria  presentata  dai  Bolognesi  nel  1803 
al  Viceré  d'Italia,  che  non  fu  mai  contradetto ,  neppure  da  quella  commissione 
d'Idraulici,  che  il  Governo  di  Milano  spedì  sopra  luogo  per  verificare  i  fatti  av- 
vertiti nella  perizia  Stagni,  cui  si  appoggia  l'ora  detta  Memoria;  né  da  quella 
Commissione  che  poi  risiedette  qui  in  Modena. 

In  questa  relazione  al  1  36  si  legge:  «  Da  questo  generale  alzamento  ne  risulta 
«  la  più  manifesta  e  convincente  prova  dell'  intrinseco,  sostanziale  ,  irreparabile 
«  difetto  di  questa  inalveazione:  poiché  sostenuto  in  tal  guisa  il  fondo  del  fiume 
«  ad  un  livello  tanto  superiore  a  quello,  cui  si  supponeva  dover  pur  mantenersi 
«  e  sul  quale  livello  fondavasi  l'unica  speranza  d'un  felice  successo,  si  vede  ora 
«  il  fiume  camminare  in  pochissimo  tratto  incassato  appena  fra  terra,  ed  in  molti 
«  altri  col  suo  fondo  superiore  al  piano  delle  campagne  adjacenti:  e  quindi  la  ne- 
«  cessila  indispensabile,  per  contenere  in  qualche  modo  le  sue  piene  d'innalzare 
«  le  arginature  ad  una  straordinaria  altezza,  che  in  molti  tratti  arriverà  sino 
«  a  24  piedi  bolognesi  (m.  9,12),  come  dettagliatamente  risulta  dai  rilievi  fatti 
«  dall'ingegnere  Stagni,  e  presentati  con  sua  relazione  alla  delegazione  fatta  al 
«  Governo  per  suggerire  i  mezzi  di  rendere  innocuo  il  corso  di  questo  fiume  ». 
Ed  il  supposto  errore  viene  anche  avvalorato  da  quanto  scrisse  l'esimio  ispet- 
tore Pancaldi  nel  1830  nella   stimabilissima  sua  Memoria:   Della  inalveazione 

DE' TORRENTI  ARGINATI  SECONDOCHE  NE   INSEGNANO   LE  VICENDE    DEL    RENO    D' ITALIA 

a  pagina  57.  . ,     . 

«  Il  Reno  ha  il  suo  fondo  superiore  alquanto  alle  campagne  e  molto  più  ai 
«  livello  delle  valli  di  Malalbergo,  della  Baricella,  e  della  Molinella  ». 

(1)  Mi  sovviene  su  questo  particolare  quanto  mi  narrava  un  dotto  amico  sulla  rotta  in  sinistra  del 
Reno,  che  non  lungi  da  S.  Agostino  avvenne  nella  tremenda  piena  del  1842.  Visitò  Egli  questa  rota 
uno  o  due  giorni  dopo  che  era  avvenuta,  e  precisamente  in  occasione  d'una  seconda  piena 

In  quest'occasione  osservò  ,'  che  per  la  rotta  l'acqua  correva  velocissima  con  un'altezza  di  S  metri 
e  che  il  fondo  del  Reno  inferiormente  alla  stessa  rotta  non  solo  era  in  secca,  ma  si  trovava  elevato 
di  un  metro  sul  pelo  dell'acqua  uscente  per  la  rotta.  Queste  circostanze  indicherebbero  che  iMonao 
del  Reno  in  quella  località  è  più  elevato  della  campagna  sinistra  di  due  metri.  Dico  di  due  metri,  im- 
perciocché, soggiungeva,  alla  distanza  di  15  a  20  metri  dall'argine  eravi  in  piedi  un  albero  che :  ser- 
viva d'idrometro  e  segnava  un'altezza  d'acqua  di  due  metri,  volendo  pur  lasciare  un  metro  d  interri- 
mento, avvenuto  nello  stesso  fondo,  accaduta  la  rotta. 


STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI  ECC.  675 

E  viene  pur  anco  avvaloralo   da   quanto   ne   disse  il  Venturoli  nel  1843  colle 
parole  : 

«  Basta  osservare  il  profilo  del  Reno  rilevato  con  somma  diligenza  dagP  inge- 
«  gneri  del  Corpo  Pontificio  nel  1830.  Per  lunghi  tratti  che  insieme  compren- 
de dono  V  estensione  di  miglia  6  Va  (chil.  12  Vs)  il  fondo  del  fiume  sovrasta  al 
«  piano  della  campagna  destra  per  notabile  altezza.  Ed  in  peggiore  condizione 
«  si  trova  la  riviera  sinistra,  nella  quale  l'estensione  dei  piani  che  soggiacciono 
€  al  fondo  del  Reno,  comprende  il  miglia  (chil.  20,90),  e  la  profondità  in  al- 
«  cuni  luoghi  arriva  a  poco  meno  di  2  metri  »  e  si  noli  che  il  Venturoli  ciò 
diceva,  quando  propugnava  il  consolidamento  dello  stesso  Reno  nel  suo  letto 
attuale. 

Diremo  dippiù,  diremo  che  non  essendo  presumibile,  che  il  Reno  dal  1830 
al  1845  si  sia  escavalo  il  suo  fondo  per  una  profondità  di  qualche  metro  (1),  e 
che  invece  se  lo  sia  d'avvantaggio  interrito,  le  elevazioni  di  questo  sui  piani  di 
campagna  dovrebbero  nel  profilo  Brighenti  riescire  maggiori  delle  avvertite  dal 
Pancaldi  e  dal  Venturoli,  almeno  in  sinistra,  ove  non  ebbe  luogo  regolare  col- 
mata di  sorta.  Imperciocché  la  condizione  di  pensile  o  no,  deve  influire  assai 
più,  che  l'elevazione  delle  arginature  sui  piani  di  campagna  a  far  decidere  sulla 
rimozione  o  no  di  un  fiume  dal  suo  corso.  E  la  ragione  a  nostro  avviso  è  chiara: 
avvegnaché  si  tratterebbe  d'una  disalveazione  completa  ad  ogni  rotta,  e  non 
d'un  semplice  e  passeggero  rottazzo,  e  per  poco  che  sarà  incassato  un  fiume  si 
potrà  sempre  sperare  di  ritornarlo  al  suo  corso  in  caso  di  rotte;  mentre  quanto 
più  sarà  pensile,  tanto  più  cresceranno  le  difficoltà  a  chiuderle,  e  cresceranno 
in  modo  che  ove  fosse  caso  d'un  fiume  perenne  (ed  il  Reno  suol  mantenersi 
grosso  per  mesi)  e  di  qualche  importanza  potrebbe  riescire  impossibile  di 
ciò  ottenere,  e  ne  farebbero  prova  gli  sforzi  principeschi,  con  cui  fu  invano 
tentato  di  chiudere  la  rotta  di  Ficcarolo,  che  occasionò  la  perdita  del  Po  di 
Ferrara.  D'altronde  i  fiumi  affatto  pensili  furono  sempre  riprovati  dalla  scienza, 
la  quale  non  saprebbe  tollerarli ,  se  non  dove  non  si  potessero  assolutamente 
evitare. 

22.  In  secondo  luogo  avrebbe  dovuto  l'esimio  nostro  autore  convincersi,  che 
elevando  d'un  metro  gli  attuali  argini  di  Reno-Primaro  non  sarebbe  avvenuto 
avvallamento:  sebbene  ciò  non  basti,  trattandosi  di  costruire  nuovi  argini  sopra 
piani  di  campagna  non  anco  esplorati,  ed  i  quali  otterrebbero  la  stessa  altezza, 
che  gli  attuali,  nel  supposto  che  venissero  questi  invece  rialzati;  e  questo  accer- 
tamento sarebbe  tanto  più  necessario,  in  quanlochè  si  leggono  nella  citata  Me- 
moria presentata,  come  dicemmo,  al  Viceré  d'Italia,  al  §  38  le  seguenti  parole: 
«  Ma  vi  è  anche  dippiù,  la  cattiva  qualità  dei  fondi  marciosi  e  fracidi ,  che 
«tratto  tratto  si  incontrano  nell'attuale  linea  dei  Reno,  presenta  un  ostacolo 
«  fortissimo  al  necessario  rinfianco,  ed  alzamento  delle  arginature,  che  sarebbe 


(1)  Lo  stesso  professor  Brighenti  nella  sua  dotta  Relazione  premessa  al  profilo  del  Reno  del  1844-45 
«ice  che  «  il  massimo  fondo  del  fiume  alla  Beccara  nuova  e  al  Canal  Vela  trovasi  rialzato  metri  0,70 
«  circa  dal  1830  al  1844-45;  mentre  nel  tronco  intermedio  fra  la  Beccara  nuova  e  la  foce  del  Santerno, 
«  si  trova  più  depresso.  Il  quale  effetto  deriva  manifestamente  dalle  acque  chiare ,  che  permanente- 
«  mente  vi  concorrono  dalle  chiaviche  Bolognesi  e  della  Romagnola ,  e  non  è  impedito  che  dopo  lo 
«  sbocco  delle  torbide  del  Santerno  ». 

Il  Reno  adunque  ha  nel  detto  periodo  alzato  il  suo  fondo  generalmente  secondo  lo  stesso  profilo 
preso  in  esame  dall'illustre  nostro  autore  in  conformità  di  quanto  noi  affermiamo. 

Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Novembre  1868,  45 


676  ALCUNE   OSSERVAZIONI   ALLA  MEMORIA 

«  indispensabile  di  eseguire,  atteso  l' interrimento  generale  avvenuto  del  fondo, 
a  II  tratto  degP abbassamenti  ha  preso  appunto  questa  denominazione  dal  natu- 
«  rale  profondamento,  che  succede  delle  arginature  in  tutto  quel  tratto;  e  la  rotta 
«  ivi  accaduta  nel  1800  venne  appunto  originata  dal  preventivo  naturale  abbas- 
«  samento  di  quell'argine,  che  non  fu  possibile  di  riparare.  L'argine  circondario 
«  della  valle  di  Marmorta,  attraverso  della  quale  si  progetterebbe  di  fare  un  rad- 
«  drizzamene  del  fiume,  quest'anno  medesimo  ha  mostrato  la  sua  instabilità 
«  nell'atto  di  risarcirlo,  profondandosi  a  misura  che  per  alzarlo  andavasi  cari- 
«  cando  di  terra  ». 

«  Nel  drizzagno  di  Longastrino  sono  manifesti  i  risalti  della  quora,  che  il  peso 
«  degl'argini  produce  nel  mezzo  dell'alveo:  indizio  manifesto,  che  l'argine  è 
«  tutto  fondato  sopra  la  quora  suddetta,  e  quindi  incapace  di  quella  robustezza, 
e  e  di  quello  alzamento  che  pur  sarebbe  necessario  ». 

Avrebbe  anche  dovuto  convincersi  che  Y  unione  al  Reno  del  torbido  Idice  e 
suoi  congeneri  influenti  non  avrebbe  elevato  maggiormente  il  fondo  del  recipiente 
nello  stesso  modo  col  quale  il  Panaro  interrisce  il  Po  alla  sua  foce,  e  col  quale 
il  Reno  immesso  nello  stesso  Po  dovrebbe  di  questo  elevare  il  fondo;  impercioc- 
ché quando  ciò  avvenisse  (e  ragione  sufficiente  per  non  supporlo  noi  non  ne 
sapremmo  trovare,  specialmente  dopo  le  evidenti  dimostrazioni  del  nostro  illustre 
autore  a  prova  del  fatto  che  il  Po  va  interrendosi  anche  senza  Reno)  il  rialzo, 
cui  dovrebbero  andar  soggette  le  nuove  arginature  di  questo  fiume,  potrebbe 
divenire  anche  di  2  metri  e  più,  aggravando  maggiormente  la  cosa  in  ordine  alla 
non  probabile  riescita. 

23.  Fn  terzo  luogo  avrebbe  dovuto  convincere  non  solo  se  medesimo,  ma  coloro 
eziandio,  che  hanno  fede  nel  nostro  Fiume  Apenninico,  di  cui  parleremo  più 
abbasso,  che  non  vi  può  essere  altro  progetto  da  adottarsi,  tranne  che  l'adottato 
da  lui,  sia  in  ordine  alla  tranquillità  dei  paesi  minacciati,  sia  relativamente  alle 
difficoltà  da  superarsi,  ed  anco  in  riguardo  alla  spesa:  quantunque  questa  è  sempre 
subbordinata  più  al  doversi  fare,  di  quellochè  al  potersi  coi  mezzi  ordinarj.  Quando 
a  ciò  si  fosse  dato  mente  l'Olanda  non  avrebbe  certamente  fatto  asciugare  il  lago 
di  Haarlem;  ma  il  farlo  era  necessità  per  la  conservazione  della  capitale,  e  non 
si  badò  alla  spesa  e  si  fece.  Già  il  professor  Turazza  persuaso  dell'impossibilità 
o  daremo  meglio  della  sconvenienza  di  conservare  il  Reno-Primaro  nell'attuale 
suo  corso,  anche  nel  supposto  dell'immissione  di  Reno  in  Po  da  lui  propugnata, 
pensò  ad  una  nuova  inalveazione  (che  non  sappiamo  il  come  fino  ad  ora  non 
sia  stata  presa  in  esame  dall'illustre  nostro  autore),  e  pur  esso  non  badò  alla 
grave  spesa. 

24.  In  quarto  luogo  avrebbe  dovuto  riflettere,  che  impegnerebbe  in  lavori  di 
così  lunga  durata,  che  più  generazioni  sarebbero  necessarie  ad  ultimarli;  vale  a 
dire,  impegnerebbe  a  costruire  per  miglia  e  miglia  gl'argini  sulle  golene,  ove 
queste  esistono,  e  dove  no,  a  procurarle  con  lavori  subacquei;  impegnerebbe  nel 
guastare  gl'argini  attuali,  e  con  essi  dilatare  le  banche  e  contro  banche:  impe- 
gnerebbe a  costruire  argini  attraverso  la  campagna  d'un  altezza,  cui  non  furono 
ivi  spinti  per  lo  innanzi,  e  a  corredarli  di  banche  e  di  contro  banche  e  fors'anco 
di  esteso  spalto,  onde  assicurarli  per  un  tempo  determinato:  argini  che  dovreb- 
bero poi  essere  demoliti,  ricostruendoli  sopra  una  golena  da  formarsi  colle  allu- 
vioni del  fiume,  e  poi  da  stabilirsi  per  reggere  al  peso  delle  arginature:  impe- 
gnerebbe per  ultimo  a  lavori  eziandio  di  fassonate  e  di  pennellature  per  impedire, 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI  ECC.  677 

che  si  formassero  froldi  invece  di  golene  (1).  Lavori  tutti  al  cui  compimento  si 
richiederebbe  un  tempo  assai  lungo;  specialmente  se  la  riescita  di  alcuni  non 
fosse  pronta;  bensì  dubbia  ed  incerta,  come  per  lo  più  ci  tocca  di  esperimen- 
tare. Avrebbe  anche  dovuto  riflettere,  che  al  trasporto  degl'argini  sarebbe  seguito 
il  bisogno  di  trasportare  in  più  luoghi  gli  scoli  delle  campagne,  e  il  trasporto 
delle  chiaviche  dei  loro  sbocchi,  e  delle  loro  botti  sottopassanti  fiumi  e  canali 
sarebbe  divenuto  una  necessità.  Finalmente  avrebbe  dovuto  riflettere  prima  di 
determinarsi  pel  consolidamento  del  Reno-Primaro  nel  suo  letto  attuale,  che  molte 
fabbriche  rustiche  sarebbersi  atterrate,  e  quindi  ricostruite  fuori  delle  nuove  ar- 
ginature, e  con  esse  le  strade  d'accesso  alle  medesime. 

E  poi!  Per  ottenere  una  spada  di  Damocle  sospesa  continuamente  su  quelle  popo- 
lazioni. Motivi  questi  piucchè  sufficienti  per  non  dover  proporre  i  lavori  di  cui 
si  è  ora  discorso:  essendocene  stanche  sono  le  stesse  popolazioni  di  temere  con- 
tinuamente per  la  loro  esistenza,  e  di  soffrire  tanti  mali,  né  vorrebbero  certa- 
mente tollerarli  maggiori  pel  corso  di  più  generazioni,  e  maggiori  non  v'ha  dubbio 
sarebbero  durante  i  proposti  lavori. 

25.  In  quinto  luogo  finalmente  avrebbe  dovuto  convincersi,  e  convincere  i  Raven- 
nati, che  portando  il  Reno-Primaro  a  sfociare  in  mare  a  cosi  poca  distanza  ed 
a  sopravento  del  porto  Corsini  non  potrebbe  questo  interrirsi,  e  non  far  perdere 
invece  il  benefizio,  che  la  città  di  Ravenna  trae  dal  suo  canale  di  comunicazione 
con  esso  mare.  E  inutile  qui  ripetere  quanto  ogni  idraulico  deve  sapere-  come 
i  porli  siano  danneggiati  dalle  torbide  dei  fiumi,  che  sfociano  in  prossimità  dei 
medesimi;  specialmente  se  alla  loro  sinistra,  per  gli  effetti  che  derivano  dal  moto 
radente  del  mare,  che  porta  le  torbide  de' fiumi  ad  alluvionare  le  spiale  ma 
più  in  destra  che  in  sinistra;  per  cui  è  regola  ammessa  da  lutti  gl'idraulici  che 
nella  costruzione  d'un  nuovo  porto,  nel  nostro  mare  mediterraneo,  si  debba 
cercare  quella  località  che  più  può  riescire  distante  dagli  sbocchi  dei  fiumi  e  più 
se  cadessero  in  sinistra,  di  quellochè  in  destra.  ' 

Venendo  poi  al  ritiro  degl'argini  sulle  golene,  noi  non  abbiamo  ad  osservare 
cosa  alcuna;  tranne  che  invece  di  trasportarli  sarà  necessario  di  costruirne  dei 
nuovi  prima  di  distruggere  gl'attuali;  allo  scopo  che,  capitando  una  piena  pen- 
dente il  trasporto,  non  avesse  questa  ad  aprisi  un  varco  attraverso  alla  semidi- 
strutta  arginatura,  non  essendo  ancor  compiuta  la  nuova.  Non  così  per  quelli 
che  verrebbero  costrutti  alla  destra  sui  piani  di  campagna.  l.°  Pel  fondato  timore 
che  non  abbiano  ivi  a  reggere,  portati  alla  debita  altezza  per  presumibili  ammassi 
di  sottostante  quora  ;  specialmente  se  il  fiume  dovesse  correre  incassato  per  un 
pajo  di  metri,  come  opina  il  distintissimo  nostro  Autore.  2.°  Perchè  non  baste 
rebbe  ivi  costruire  soltanto  gl'argini;  bisognerebbe  ancora  corredarli  di  banche 
di  controbanche,  e  di  spalti  ben  estesi,  come  dicemmo:  altrimenti  potrebbe  ac- 
cadere, quello  che  accadde  agl'argini  della  Sammartina,  quando  vi  si  immise  a 
spagliare  il  Reno.  E  noto  come  in  breve  tempo  si  rompessero  gl'argini,  e  come 
le  acque  invadessero  uno  sterminato  paese  popolato  di  case  e  di  villani  che 
avrebbe  dovuto  rimanere  illeso.  Banche,  controbanche  e  spalti  che  sarebbero  poi 

(t)  L'impedire  la  formazione  di  froldi  riescirebbe   tanto    necessario    da  non   potersi   ommettere  per 

an:n::l°n\oa7fnaCChVi°filtre   "  PerÌr10  °he  ~ereto  *  ***  A   sarebbe?^ 
Kezza di I  Vp   C°rS,°     i  '  q"and°;egUÌSSe  fra  a^natu™  distanti  180  metri  da  un  canale  della 

arghezza  di  50,  e  questo  allungamento  produrrebbe  diminuzione  di  pendenza,  che  sarebbe  causa  d'in- 
terrimento del  fondo,  per  cui  il  fiume  si  farebbe  anche  più  pensile  che  non  è 


678  ALCUNE  OSSERVAZIONI  ALLA  MEMORIA 

riesciti  pressoché  inutili,  quando  fosse  venuto  il  tempo  di  ritirare  sulle  create 
golene  le  stesse  arginature. 

26.  Ripeteremo  per  altro,  che  questi  provvedimenti  per  quanto  circospetti  e 
giudiziosi,  sarebbero  ultimati  dopo  un  lunghissimo  corso  d'anni,  e  per  conse- 
guenza verrebbero  eseguiti  sotto  la  direzione  di  più  idraulici ,  i  quali  alla  lor 
volta  ciascuno  vorrà  introdurre  delle  novità,  come  suol  spesso  accadere,  e  in 
danno  sempre  di  queir  unità  di  concetto,  che  dovrebbe  immensamente  prevalere. 

D'  altronde  i  pericoli  e  le  minaccie  continuerebbero,  anzi  si  farebbero  maggiori 
alla  destra  senza  che  minorassero  alla  sinistra.  Osserveremo  ancora  che  si  accu- 
mulerebbero tante  spese,  che  non  sarebbe  possibile  di  precisare,  anche  quando 
fosse  studiato  e  particolareggiato  il  piano  dei  lavori,  in  grazia  delle  opere  pro- 
poste per  Pavvanzamento  delle  golene,  e  per  quelle  che  saranno  necessarie  ad 
impedire  nuovi  froldi:  spese  che  potrebbero  forse  superar  quelle  d'una  nuova 
inalveazione:  come  le  già  sostennte  fin  ad  ora  per  l'attuai  corso  superano  di 
gran  lunga,  quanto  occorrer  potrebbe  per  l'attuazione  del  Fiume  Apenninico,  e 
senza  ottenere  di  questo  gli  effetti,  anzi  perdurando  negli  stessi  pericoli  e  nelle 
stesse  minaccie  di  esterminio  e  rovine.  Osserveremo  finalmente ,  che  ci  par  fino 
impossibile  che  un  uomo  di  tanto  sapere  idraulico,  quale  indubbiamente  è  il 
nostro  illustre  Lombardini,  abbia  potuto  dar  tanto  peso  ad  una  semplice  indica- 
zione di  lavori,  da  crederli  il  radicale  rimedio  al  disordine  delle  acque  in  destra 
del  basso  Po;  mentre  su  indicazioni  consimili  così  si  espresse  il  celebre  Venlu- 
roli.  «  Per  altro  insino  ad  ora  non  abbiamo  se  non  che  dei  vaghi  cenni,  ma 
«  nessun  progetto  che  meriti  veramente  un  tal  nome,  vale  a  dire,  che  spieghi 
cr  precisamente  la  situazione,  la  qualità,  e  le  misure  del  lavoro  che  si  vuol  fare; 
«  che  ne  scandagli  l'importo,  che  faccia  conoscere  i  vantaggi  che  se  ne  spe- 
«  rano,  e  le  difficoltà  che  possono  incontrarsi,  dimostrando  insieme  il  modo  di 
«  assicurare  i  primi  e  di  evitare  le  seconde.  Il  che  fa  che  di  presente  non  si 
«  può  sopra  nessuno  di  questi  progetti  dir  nulla  ».  E  si  noti  che  fra  questi  vaghi 
cenni  vi  era  appunto  la  proposta  di  formare  delle  zone  parallele  agl'argini,  in 
cui  alla  fin  fine  si  risolve  il  progetto  dell'illustre  Lombardini:  colla  differenza, 
che  le  zone  riescirebbero  più  facili  e  pronte,  in  quanto  che  si  farebbero  per 
tutto  il  corso  del  fiume  mancante  di  spazióse  golene,  col  mezzo  di  chiaviche,  e 
con  arginature  che  si  eleverebbero  mano  mano  che  crescesse  la  colmata,  e  senza 
quindi  lavori  subacquei  per  ottenere  forzatamente  le  nuove  golene,  esigendo  sol- 
tanto alla  fine  dell'operazione  di  distruggere  gl'argini  attuali  in  speciali  loca- 
lità (1).  Né  ci  staremo  dal  fare  le  meraviglie,  come  il  nestore,  può  ormai  dirsi, 
degl'idraulici  italiani,  che  studiò  con  tanta  cura  ed  intelligenza  il  reggime  dei 
nostri  fiumi  Secchia  e  Panaro,  e  sui  quali  pubblicò  nel  1864  una  rispettabilissima 
memoria,  si  trovi  ora  contento  di  que'rimedii,  che  pei  detti  due  fiumi  trovava 

(1)  Il  concetto  dì  ributtar  gl'argini  verso  il  fiume  è  veramente  nuovo  ed  è  dovuto  ali* illustre  Lombar- 
dini; ma  perchè  non  sia  azzardoso  è  mestieri  modificarlo  alquanto,  conviene  cioè  convertire  il  ributto 
nella  costruzione  di  nuovi  argini  sulla  vasta  golena  nel  mentre  che  si  allarga  il  canale,  ed  attendere 
che  siano  essi  argini  consolidati,  anzi  che  abbiano  sostenute  alcune  piene  senza  dar  luogo  a  rotte, 
prima  di  distruggere  gli  attuali.  Quest'  operazione  se  può  essere  utilissima ,  ove  le  golene  sono  molte 
estese,  e  dove  1'  allargamento  del  canale  può  essere  duraturo,  non  la  tengo  per  tale  laddove  il  fiume  si 
ripristinerebbe  la  sua  larghezza  e  dove  occorre  creare  1'  ampia  golena  con  lavori  subacquei.  Nel  con-* 
creto  caso  in  cui  si  tratta  di  aggiungere  nuove  acque  un  conveniente  allargamento  potrà  essere  dura- 
turo e  da  questo  lato  non  ho  ad  eccepire. 


STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI  ECC.  679 

utili,  quando  Modena  era  Ducato,  cioè  quando  non  era  lecito  di  proporre  progetti, 
che  avessero  dipendenza  da  altri  Stati:  avvegnacchè  prudenza  insegnava  di  astener- 
sene, se  si  voleva  riescire  a  qualche  cosa,  ed  invece  insegnava  di  restringere  i 
provvedimenti  a  quelli  soltanto,  in  cui  lo  Stato  poteva  liberamente  operare:  in 
una  parola  a  quelli  solamente  pei  quali  poteva  fare  da  se  ?  E  credere  che  asse- 
stalo il  Reno  tutto  sia  ordinato  in  destra  del  basso  Po!  E  se  ne  contenti  ora,  che 
il  reggime  di  Secchia  non  è  più  quello  del  1846;  ma  è  ridotto  a  mal  partito  da 
quelle  molte  rettifiche,  che  il  distintissimo  nostro  Autore  sconsigliò;  ma  ebbe  a 
darne  F esempio  fatalmente  pur  esso  nella  rettifica  della  svolta  di  Ramo,  e  pel 
quale  nuovo  reggime  i  da  lui  proposti  provvedimenti  possono  servire  ben  poco?  (1). 
E  se  ne  contenti  ora,  che  il  Panaro,  per  tacere  della  già  decretata  immissione 
del  Ramo  della  Lunga  in  Gavamento,  andrebbe  a  ricevere  una  nuova  scossa  e 
fatale  per  la  sua  idraulica  economia,  quando  si  effettuasse  la  potentemente  pro- 
pugnata immissione  di  Reno  in  Po  a  mezzo  dello  stesso  Panaro,  con  cui  avrebbe 
comune  lo  sbocco,  e  dopo  d'aver  dimostrato  che  il  suo  reggime  è  anche  senza 
ciò  in  una  condizione  anormale,  ora,  ripetiamo,  in  cui  Egli  tratta  del  riordina- 
mento delle  acque  nostre? 

27.  Che  non  avesse  pensato  a  Secchia  lo  Scotini  tanto  lontano  da  questo,  quando 
faceva  i  suoi  studj  nel  Ferrarese,  e  che  il  Turazza ,  sebbene  riconoscesse  nel 
Panaro  la  necessità  di  un  riordinamento,  per  le  cose,  che  di  questo  disse  il  nostro 
illustre  Autore;  non  pensasse  alla  stessa  Secchia,  che  non  vide  mai,  non  stupi- 
remo (2);  ma  che  un  Lombardini,  che  tutto  ciò  profondamente  conosce,  certa- 
mente non  possiamo  ristarci  dal  fare  le  più  gravi  meraviglie. 

Il  Po  alla  foce  del  Panaro,  piucchè  altrove,  va  continuamente  interrendosi  da 
qualche  secolo,  né  vi  ha  per  ora  la  speranza,  che  si  stabilisca  in  modo,  che 
abbia  in  un  volgere  più  o  meno  lungo  di  anni  a  cessare  lo  interrimento.  Che 
avverrà  da  un  fatto  così  luminosamente  provato  dallo  stesso  nostro  Autore?  Una 
disalveazione  a  sinistra:  una  ripetizione  della  rotta  di  Ficaroio ,  ed  allora  che 
avverrà  di  Secchia  e  Panaro?  Ciò  che  avvenne  di  Reno,  così  accadrà  a  questi 
fiumi,  e  come  si  deve  ora  pensare  a  questo  Reno;  perchè  il  Po  noi  volle  più 
ricevere  qual  ospite  importuno;  cosi  si  dovrà  pensare  a  Secchia  ed  a  Panaro, 
quando  lo  stesso  Po  non  li  potrà  più  ricevere. 

In  oltre  ci  si  dica,  che  avverrà  delle  Provincie  venete  prossime  al  Po?  rifugge 
l'animo  dal  pensare  a  così  terribile  catastrofe.  E  veneti  idraulici,  quali  un  Pa- 
leocapa, uno  Scotini,  ed  un  Turazza,  propugnano  l'immissione  di  Reno  in  Po! 
Ed  ingegneri  Lombardi  per  converso  lo  combattono  ! 

(1)  Il  Lombardini  nell'aggiunta  alla  Nota  D  della  più  volte  citata  Memoria  Condizioni  idrauliche  della 
pianura  subapennina  fra  V  Enza  ed  il  Panaro,  dopo  d'aver  enumerati  i  molti  drizzagni  eseguiti  dopo 
quello  di  Ramo,  così  si  esprime  «Inconseguenza  della  sconsigliata  mania  de' raddrizzamenti  parziali  sa- 
li rebbesi  insomma  convertito  il  vecchio  fiume  in  un  fiume  nuovo,  ove  1'  arte  dovrà  sostenere  a  lungo 
«  una  lotta  imponente  contro  fenomeni  strani,  ed  anomalie,  che  non  le  sarebbe  dato  né  di  prevedere, 
«  ne  di  apprezzare  fino  a  tanto  che  il  suo  corso  alterato  non    venga  a  sistemarsi  sotto   condizioni  ben 

|    «  diverse   delle   anteriori    ».  Poteva  parlare  più  esplicite  per  fornire  argomento  ad  una  nuova  inalvea- 
«  zione  della  Secchia? 

(2)  Veramente  non  possiamo,  ne  sappiamo  comprendere  come  questi  due  distintissimi  idraulici  non  si 
occupassero  di  Secchia  ,  dopo  che  vide  la  luce  la  Memoria   ricordata  nella  precedente  annotazione  ,  se 

!  questa  Memoria   fu  pubblicata  dal  Lombardini  nel  1864;  mentre  quelle  che  lo  Scotini  premise   ai  suoi 
progetti   di   regolamento    delle   nostre    acque  lo  furono  nel   1865,  ed  il  voto  del  Turazza  fu  pubblicato 
\  nel  1866. 


680  ALCUNE   OSSERVAZIONI  ALLA   MEMORIA 

E  noi  domanderemo  infrattanto.  Una  volta  che  il  Reno  siasi  consolidato  nel- 
T  attuale  suo  corso ,  sarà  possibile-  d5  introdurvi  Secchia  e  Panaro ,  quando  il  Po 
non  vorrà  più  riceverli?  Noi  non  oseremo  per  ora  dir  tanto,  diremo  bensì,  che 
dovremmo  tollerare  delle  nuove,  ma  lunghe,  profonde,  ed  estese  colmate  su  terre 
ora  coltivate  e  piene  zeppe  di  abitazioni,  prima  che  vi  si  potesse  riescire.  Ci  si 
dica.  Potranno  queste  colmate  tollerarsi  dalla  presente  e  future  generazioni?  Noi 
opiniamo  assolutamente  che  no. 

28.  E  causa  dell'interrimento  del  Po  sono  i  torrenti  dell' Apennino,  non  ultimi, 
anzi  primissimi  per  l'estremo  suo  tronco  Secchia  e  Panaro,  e  se  questi  ne  sono 
in  massima  parte  la  causa,  non  sarà  egli  spontaneo  e  naturale  il  pensiero  di 
derivarli  da  esso  pel  noto  assioma,  che  tolta  la  causa  è  pur  con  essa  tolto  P ef- 
fetto, e  prevenire  l'avvertito  disastro  facendo  sì,  che  non  avvenga? 

Ma  il  derivare  Secchia  e  Panaro,  che  d'altronde  inondano  le  da  loro  attraver- 
sate pianure  ad  ogni  grossa  piena ,  dal  Po ,  include  il  doverli  immettere  in 
mare  (1).  Ora  domandiamo  noi  qual  migliore  occasione  di  questa,  nella  quale  si 
tratta  di  suggerire  definitivamente  il  rimedio  efficace,  o  come  suol  dirsi  radicale, 
per  redimere  la  destra  del  basso  Po  dai  mali  che  soffre,  e  di  que'  maggiori  da 
cui  essa  è  minacciata  per  pensare  contemporaneamente  al  Reno  e  suoi  confluenti 
anche  a  Secchia  e  a  Panaro? 

29.  A  tutto  ciò  provvederebbe  il  nostro  Fiume  Apenninico,  ma  di  questo  non 
si  vuol  fare  un  accurato  esame,  sotto  pretesto  di  somme  difficoltà  non  specificate, 
e  forse  insuperabili  da  chi  se  le  è  figurate,  e  di  spese  eccedenti  i  mezzi  dispo- 
nibili, senza  averle  né  calcolate,  ne  confrontate  col  danno  cessante,  e  col  lucro 
emergente  (2).  Eppure  un  coscienzioso  esame  spargerebbe  molta  luce,  non  fosse 
per  altro,  che  per  avvertire  le  future  generazioni,  che  ad  un    radicale  rimedio 

(1)  Su  questo  particolare  rispondendo  allo  Scotini  a  pag.  43  edizione  seconda  dicemmo.  «  Prego 
quindi  il  cortese  lettore  a  riflettere,  che  noi  abbiamo  veduto,  che  i  mali  che  soffrirono  e  soffrono  le  tre 
Provincie  di  Ferrara,  Ravenna  e  Bologna  derivarono  e  derivano  ,  piuttostochè  dall'  essere  il  Reno  stato 
levato  dal  Po,  dall' essersi  questo  stesso  Po  allontanato  di  troppo  dagli  ultimi  contraforti  degli  Apen- 
nini;  per  cui  i  torrenti  delle  Romagne  ,  da  Panaro  in  giù,  non  possono  più  avervi  un  utile  recapito. 
Abbiamo  veduto  che  il  Reno,  quantunque  per  sentenza  di  tutte  le  celebrità  trapassate  e  viventi  avrebbe 
dovuto  rimettersi  nel  Po,  non  sarebbe  prudente  consiglio  il  farlo:  1.°  perche  interrirebbe  il  Po,  e  quindi 
altererebbe  di  troppo  la  sua  idraulica  economia  :  2.°  perchè  lascierebbe  in  abbandono  i  minori  torrenti 
delle  Romagne,  i  quali  dal  Reno  ricevono  ajuto  ad  essere  in  qualche  mauiera  convogliati  al  mare.  Ab- 
biamo veduto  essere  un'utopia  l'idea  di  sostituire  ridice  al  Reno;  perchè  ridice  non  può  fare  le  veci 
del  Reno;  come  si  sarebbe  creduto  dal  prof.  Brighenti,  e  dal  sig.  ispettore  Scotini,  e  perchè  interri- 
rebbe rialzando  il  fondo  dell'attuale  Primaro  di  qualche  metro,  ciò  che  in  alcun  modo  potrebbe  tollerarsi, 
Abbiamo,  sebbene  di  volo,  veduto  che  per  Secchia  e  Panaro  si  è  lo  stesso  Po  allontanato  di  maniera, 
che  per  conservar  i  suoi  confluenti,  è  stato  necessario  di  munirli  di  tante  alte  arginature,  che  si  rom* 
pono  pur  esse  ad  ogni  grossa  piena,  dando  sempre  origine  a  disalveazioni  desolantissime;  Per  cui  è 
mestieri  pensare  ad  essi  come  si  pensa  al  Reno.  Abbiamo  veduto  essere  un  errore  la  pretesa  di  taluni 
di  conservare  il  Reno  nell'attuale  suo  corso,  specialmente  se  si  dovesse  immettervi  ridice  e  la  Qua- 
derna, che  più  oltre  non  è  possibile  di  conservare  in  colmata.  Abbiamo  veduto  che  l'immissione  di  Reno 
nelle  valli  di  Comacchio  non  sarebbe,  che  un  temperamento  temporario  e  non  radicale,  e  poi  nuocerebbe 
grandemente  allo  scolo  di  que'  fertili  terreni,  che  immettono  in  esse  valli.  Abbiamo  finalmente  veduto 
essere  convenientissima  cosa,  che  siano  donate  all'agricoltura  le  dette  valli  asciugandole  ;  anziché  colle 
colmate  esclusivamente,  con  mezzi  meccanici  congiuntamente  ad  un  ben  inteso  sistema  di  esse  colmate. 
Concluderò  adunque,  che  sino  a  tanto  che  i  nostri  fiumi  saranno  conservati  sulle  attuali  loro  linee,  nelle 
quali  si  trovano  pensili  sulle  campagne  che  attraversano,  non  potremo  mai  sperare,  che  la  destra  del 
basso  Po  vada  immune  da  frequenti  innondazioni,  e  convenire  di  conseguenza  che  essi  percorrano  nuove 
linee,  nelle  quali  possano  interamente  incassarsi,  dirette  al  mare. 
(2)  Al  Professor  Turazza,  che  pel  primo  affacciò  la  grave  spesa;  quasicchè  essa  non  fosse  proporzio- 


STUDJ  IDROLOGICI  E   STORICI  ECC,  681 

sarà  pur  duopo  che  arrivino,  e  per  avvertire  la  presente,  che  non  sarà  ingiusto, 
che  vi  si  cominci  a  pensare  fin  d'ora,  almeno  sciogliendo  definitivamente  la 
grave  pendenza,  sicché  non  resti  che  a  pensare  al  tempo  il  più  opportuno,  ed 
ai  mezzi  straordinarj  necessariamente  indispensabili. 

30.  Noi  del  resto  speriamo  che  di  questo  fiume,  e  delle  difficoltà,  che  allar- 
mano i  nostri  avversarj,  avremo  a  parlare  più  tardi,  nella  lusinga,  che  il  seguito 
della  Memoria  dell' illustre  nostro  autore,  ce  ne  porgerà  l'occasione.  Diremo  per 
altro  fin  d'ora,  ciò  che  dicemmo  altra  volta,  che  noi  offrimmo  il  Fiume  Apenni- 
nico  ai  nostri  cortesi  lettori  nella  persuasione,  che  non  bastasse  dimostrare,  che 
l'immissione  di  Reno  in  Po  sarebbe  stalo  un  grave  errore;  ma  era  necessario 
si  dicesse  ancora,  quale  sarebbe  stato  il  vero  rimedio,  se  quello  non  è,  e  se  non 
può  esserlo,  né  il  consolidamento  dell'attuale  corso  del  Reno,  né  la  sua  immis- 
sione nelle  valli  di  Comacchio  o  di  Savarna  :  molto  meno  derivazioni  si  in  basso, 
quali  le  idearono  il  Vecchi,  il  Brighenti  ,  ed  ora  il  nostro  illustre  Lombardini. 
Ma  non  l'offrimmo,  perchè  l'età  presente  lo  abbia  a  mandare  ad  effetto,  essen- 
doci ben  noto,  che  un'idea  nuova,  che  viene  incontro  all'  opinione  generale,  ed 
al  giudizio  degli  uomini  i  più  eminenti  in  idraulica,  che  onorarono  gli  ultimi 
tre  secoli,  e  che  onorano  l'attuale,  aveva  bisogno  di  tempo  e  di  tempo  non  breve 
per  maturarsi,  e  noi  certamente  non  ebbimo  mai  la  fiducia  di  viver  tanto  da  vederlo 
effettuato  sotto  gli  occhi  nostri:  molto  meno  sotto  la  nostra  direzione  per  l'età, 
che  nel  caso  anche  il  più  favorevole,  sarebbe  sempre  stata  troppo  avvanzata. 

Volemmo  soltanto  obbligare  i  più  dotti  nella  scienza  idraulica  a  prendere  in 
esame  la  vertenza,  che  dalla  maggior  parte,  ripetiamo,  si  aveva  per  risoluta  col- 
l' immissione  di  Reno  in  Po;  ma  che  la  vera  e  profonda  scienza  esigeva,  che  si 
risolvesse  di  nuovo,  e  noi  che  abbiamo  ottenuto,  che  le  celebrità  viventi  se  ne 
occupino,  siamo  lieti  e  contenti  d'esservi  riescitrr 

31.  Oggi  16  settembre  mi  giunge  il  fascicolo  nono  di  questo  Giornale  coli'  ul- 
tima parte  dell'interessantissima  Memoria  qui  presa  in  esame,  nella  quale  l'il- 
lustre autore  tratta  delle  proposte  anteriori  fatte  dal  Prof.  Brighenti  :  degli  effetti 
che  si  avrebbero  nell'attuale  inalveazione  toltone  il  Reno:  del  mio  Fiume  Apen- 
ninico:  delle  difficoltà  che  in  oggi  si  presentano  pel  compimento  dell' inalvea- 
zione iniziata  ai  tempi  del  primo  Regno  d'Italia:  e  termina  trattando  dei  provve- 
dimenti accessorj  tanto  nel  caso,  che  venisse  conservata  l'attuale  inalveazione, 
quanto  nell'altro  dell' inalveazione  di  Reno  nel  Po. 

32.  In  quanto  alle  proposte  anteriori  fatte  dal  Prof.  Brighenti  accenna  alla  di- 
versione del  Primaro,  toltone  il  Reno  ed  a  questo  sostituito  ridice  co' suoi    af- 

nata  agli  utili  derivabili,  rispondemmo  «  D'altronde  mi  dica,  se  ha  Egli  calcolato  questa  spesa,  gli 
utili  derivabili,  e  fattone  poi  il  debito  confronto?  » 

«  Voglia  accordarmelo  il  chiarissimo  Professore:  non  basta  esporre  un'opinione  per  rovesciare  tutto 
intero  un  concetto  ed  un  piano,  bisogna  corredare  questa  opinione  di  ragioni ,  di  studj ,  di  paralleli; 
affinchè  abbia  un  valore  reale  ». 

«  Mi  dica  in  grazia,  se  abbia  egli  posto  attenzione,  che  al  mio  Fiume  Apenninico  andrebbe  unito  un 
grosso  canale  da  derivarsi  dal  Po  a  Piacenza,  e  questo  appunto,  oltre  il  fine  dell'irrigazione,  per  im- 
primere a  questo  fiume,  composto  di  sole  correnti  torrentizie,  il  vero  carattere  di  fiume;  e  che  questo 
canale,  qualora  lo  si  facesse  servire  all'irrigazione  di  un  vasto  paese,  che  assolutamente  ne  abbisogna, 
non  potrà  non  contribuire  a  far  sì,  che  la  spesa  resti  tanto  che  basti  inferiore  agli  utili?  »  Lo  stesso 
intendiamo  di  risponder  ora,  aggiungendo  però  che  nello  stesso  modo  per  cui  fu  fatale  il  timore  del, 
Padre  Lecchi  di  eccedere  nella  spesa,  sarà  fatale  il  consolidamento  del  Reno  nell'attuale  suo  letto,  che 
il  nostro  illustre  autore  propugna  per  non  eccedere  in  questa, 


ALCUNE  OSSERVAZIONI  ALLA  MEMORIA 

fluenti,  in  una  parte  delle  valli  di  Cornacchie)  in  sinistra,  ed  alle  Mandriole  in 
destra,  e  dimostra  che  insignificante  dovrebbe  riescire  ¥  abbassamento  di  piena 
alla  Bastia:  il  che  confermerebbe  cogli  effetti  prodotti  dalla  rotta  del  Panaro 
alle  Caselle  nel  1842,  i  quali  al  Ponte  di  Navicello,  da  cui  detta  rotta  distava  di 
soli  22  chilometri  riescivano  pressoché  nulli:  ciò  appunto  dimostra,  quanto  io 
dimostrai  nell'articolo  XIII  inserito  nell'opuscolo  che  porta  il  titolo  La  questione 
del  Reno  risoluta  col  progetto  di  un  Fiume  Apenninico. 

33.  Intorno  agli  effetti  che  si  avrebbero  nell'attuale  inalveazione ,  quando  da 
questo  fosse  tolto  il  Reno,  il  nostro  autore  accenna  a  quell'alzamento  di  letto, 
che  conseguirebbe,  mancato  1'ajuto  che  il  Reno  realmente  presta  a  suoi  influenti, 
affinchè  si  portjno  al  mare  il  meno  possibile  elevati;  alzamento  che  lo  porta  a 
convenire  nel  parere  del  prof.  Turazza,  il  quale  progetterebbe,  invece  di  tolle- 
rare questo  alzamento,  una  nuova  inalveazione  (1).  Non  si  esterna  esplicitamente 
circa  il  potere  o  no  ridice  far  le  veci  del  Reno,  né  sull'altezza  che  assumerà 
la  piena  massima  in  Primaro  dopo  la  sostituzione;  ma  convenendo  nell'idea  del 
prof.  Turazza  viene  implicitamente  a  disconoscere  il  primo  supposto,  ed  ammetter 
quindi  un  maggior  alzamento  di  piena.  Io  però  nel  rispondere  al  prof.  Brighenti, 
ed  all'ispettore  Scotini  addussi  le  ragioni,  per  le  quali  questo  scambio  non  può 
riguardarsi,  se  non  che  un'illusione,  né  può  ritenersi  per  sussistente  che  una 
piena  dell' Idice-Primaro  debba  meno  elevarsi  di  quella  di  Reno-Primaro. 

34.  Indi  viene  a  spendere  poche  parole  sul  mio  Fiume  Apenninico,  e  sull'ac- 
cessorio suo  Canale  da  derivarsi  dal  Po  a  Piacenza  (2)  formandone  una  cosa  sola. 

Contro  il  fiume  adduce  la  difficoltà  di  unire  Secchia  a  Panaro  senza  traverse, 
che  ne  minorino  la  troppo  pendenza:  traverse  da  me  disapprovate  nel  progetto 
dell'ispettore  Scolini  per  l'immissione  di  Reno  nel  Po,  e  contro  il  Canale  for- 
mula una  serie  di  difficoltà,  per  le  quali-  a  suo  avviso,  non  sarebbe  possibile  di 
derivare  dal  Po  un  canale  d'irrigazione  per  la  sua  destra;  e  l'odierna  irriga- 
zione di  questa  doversi  sussidiare  invece  colle  acque,  che  si  possono  estrarre 
dai  fontanili,  che  dovrebbero  essere  meglio  curati,  ed  accresciuti  sulla  linea ;  in 
cui  essi  si  sono  naturalmente  manifestati. 

La  difficoltà  mossa  contro  il  mio  fiume  sussiste  a  rigore  di  termini,  ed  io  ne 
ebbi   prove   non   dubbie  da   una   accurata  livellazione,   che  io  feci  eseguire  da 

(1)  Questo  sarebbe  stato  a  mio  avviso  il  luogo  di  dimostrare  la  possibilità  o  no  della  nuova  inalvea- 
zione dei  minori  torrenti  della  Romagna  incominciado  dall' Idice:  imperciocché  il  nostro  distintissimo 
autore  coli' ammetterla  pel  caso  della  rimozione  di  Reno,  lascia  supporre  d'essere  convinto  della  sua 
possibilità,  che  io  invece  dimostrai  inattendibile  nel  mio  articolo  del  1866  qualora  si  volesse  incomin- 
ciarla là  dove  l' Idice  ha  cessato  di  correre  in  ghiaja. 

Mi  spiace  la  lacuna,  inquantochè  si  sarebbe  fatta  maggior  luce  sul  Fiume  Apenninico  :  non  mi  lagno 
però,  nella  persuasione  che  non  interessi,  chi  intende  di  propugnare  il  consolidamento  del  Reno  nel- 
1'  attuale  suo  corso. 

(2)  Al  nostro  illustre  contradditore  piacerebbe  di  collocare  l' incile  del  mio  canale  a  valle  del  nuovo 
ponte  sul  Po  in  continuazione  della  ferrovia  Piacenza-Milano.  Io  però  avverto,  e  lo  avvertii  altra  volta, 
che  la  località  del  detto  incile  non  fu  mai  da  me  precisata,  per  essermi  riserbato  di  farlo,  quando  gli 
studj  me  lo  avrebbero  permesso.  Potrebbe  perciò  darsi,  che  fosse  scelto  invece  lo  sbocco  di  un  qualche 
influente  del  Po,  appunto  perchè  dovesse  fare  le  veci  di  Sisifo  :  come  opinai  pel  progetto  di  derivazione 
dal  Po  di  un  canale  d'irrigazione,  che  nello  scorso  anno  1867  compilò  l'egregio  ingegnere  Ferrarese 
Ignazio  Zatti,  e  del  cui  esame  fui  incaricato  in  unione  d'altri,  voglio  dire  degli  illustrissimi  Conti  Saracco 
e  Magnoni;  quest'ultimo  distintissimo  ingegnere  idraulico.  Opinione  che  fu  mossa  dalle  stesse  osserva- 
zioni ,  che  ora  egli  farebbe  al  mio  fiume  ;  ma  per  una  località  nella  quale  sono  più  facili  ad  accadere 
improvvise  alluvioni,  che  a  Piacenza. 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI   ECC.  683 

Secchia  a   Panaro   sulla    linea   indicata    nel   mio   progetto  d'avviso.   Ma  poiché 
quella  linea  non  fu  definitivamente  stabilita  e  non  indicava,  come  dissi  allorché 
l'annunziai,  se   non  che  una  traccia  per  fissare  le  idee;  ma  era  da  modificarsi 
dipendentemente   da   ripetute   e  ben  accertate  livellazioni;  così  per  queste  si  é 
modificata  in  modo  che,  partendo  un  mezzo  chilometro  circa  a  valle  del  Ponte 
Alto  si  dirige  verso  il  Panaro,  che  incontrerebbe  in  villa  Saliceto  a  poche  cen- 
tinaia di  metri  inferiormente  al  ponte  della  Ferrovia  Modena-Bologna.  In  questa 
direzione,   assegnando  alla   nuova   Secchia,  non  30  centimetri   a  chilometro  di 
pendenza,  bensì  centimetri  44,  come  odiernamente  la  Secchia  ha  nel  tronco  im- 
mediatamente a  valle  del  Ponte  Alto,  incontrerebbe  il  Panaro  a  chilometri  7,80 
in  modo,  che  il  fondo  della  nuova  Secchia  si  troverebbe  più  alto  del  fondo  del 
Panaro   di   metri   27,046  —  24,201  =  2,845:   ma  deviato  il  Panaro    al  Ponte  di 
S.  Ambrogio,  al  fine  di  congiungerlo  dolcemente  colla  stessa  nuova  Secchia,  ed 
accordata  a  questa  deviazione  la  pendenza  a  chilometro  di  centimetri  36,  i  fondi 
dei  due  fiumi  si  incontrano  ad  uno  stesso   livello,  alla  distanza  dal  punto  della 
deviazione  di  Secchia  di  chilometri   9,30;  facendo  così  scomparire  le  supposte 
traverse,  e  con  esse  Tunica  difficoltà  che  vi  mosse  contro. 

Alle  molte  ed  assennate  difficoltà  mosse  al  Canale  mi  riserbo  di  rispondere, 
quando  avrò  potuto  terminare  gli  studj  tutt'  ora  sospesi,  non  per  mia  colpa,  ma 
per  mancanza  di  mezzi;  non  ommettendo  però  di  soggiungere,  che  per  quanto 
esse  siano  gravi,  e  le  avessi  fatte  a  me  stesso  fin  da  principio,  pure  non  mi 
sconsigliarono  a  fare  gli  studj;  perchè  disposto  a  dichiararlo  inattendibile  subito 
che  i  compiuti  studj  mi  avessero  fornite  le  prove  dell'insuperabilità  di  alcune 
delle  difficoltà  avvertite.  Cosi  non  ommelterò  qui  d'annotare,  che  una  cosa  sola 
mi  premeva  di  poter  dimostrare,  dopo  d'avere  già  dimostrato,  che  sarebbe  un 
error  grave  l'immettere  il  Reno  nel  Po,  e  cioè  che  il  mio  progetto  di  Fiume 
Apenninico  non  era  né  una  generosa,  né  una  balorda  utopia. 

Né  creda  l'illustre  nostro  contradditore,  che  questa  riserva  sia  un  fino  pre- 
testo, per  evitare  la  discussione,  o  per  non  saper  dire  il  come  alcune  difficoltà 
si  sarebbero  superate,  ed  altre  evitate  (1);  imperciocché  per  molte  lo  potrei  fin 

(1)  Ho  detto  che  delle  difficoltà  contro  il  canale  alcune  sono  superabili,  altre  evitabili.  Ne  darò  qui 
un  saggio,  a  prova  del  mio  asserto. 

Alla  facilità  d'interrirsi  di  questo  canale  in  tempo  che  le  acque  del  Po  sono  torbide,  senza  poter 
far  uso  di  paraporti  ,  che  vi  sono  inapplicabili,  ovvero  al  non  potersi  fidare  dell'opera  dell'uomo  per 
chiudere  in  tempo  debito  le  paratoje ,  e  così  impedire  all'acqua  torbida  d' introdurvisi,  potrò  contrap- 
porre, che  qui  appunto  si  tratta  di  regolare  l'introduzione  dell'acqua  in  modo  da  escludere  la  torbida 
e  ricevere  la  più  prossima  alla  superfìcie;  per  cui  i  paraporti  non  sono  richiesti,  e  che  l'introduzione 
dell'acqua  sarà  fatta  cosi,  che  un  galleggiante  opportunamente  costrutto  e  collocato,  o  una  ruota  che 
si  ponga  in  moto,  mercè  la  stessa  acqua  che  entra  nel  canale,  a  date  circostanze  dia  l'allarme  e  svegli 
od  avverta  il  custode,  e  con  lui  i  chiavicanti;  affinchè  accorrano  alla  chiusura  delle  paratoje  e  travate. 
Potrebbe  anche  il  galleggiante  urtare  a  tempo  opportuno  uno  scrocco,  e  far  cadere  repentinamente  le 
paratoje  e  dare  contemporaneamente  l'allarme  per  lo  abbassamento  delle  controparatoje  e  delle  travate  E 
poiché  dovrà  tollerarsi  uno  stato  di  tenue  torbidume  dell'acqua,  allo  scopo  di  non  interrompere  troppo 
spesso  il  deflusso;  così  aggiungerò  che  non  dovrà  essere  gravoso  un  annuo  espurgo  del  canale,  come 
non  Io  è  pei  canali  già  derivati  dai  fiumi  dell'  Apennino. 

In  quanto  all'errore  di  calcolazione  fattomi  osservare  circa  la  spesa  preventivata  di  esso  canale;  av- 
vertirò che  allora  quando  istituii  questo  calcolo,  io  non  conosceva  1'  altimetria  del  terreno  rispetto  al 
pelo  di  magra  del  Po,  per  la  ragione  che  non  era  mai  stato  nel  Piacentino;  ma  quand'anche  dovesse 
correggersi,  e  verrà  certamente  corretto  compiuti  gli  studj,  e  l'altezza  media  del  primo  tronco  da  me 
assuma  di  3  metri  arrivasse  anche  a  più  del  doppio,  la  spesa  non  si  aumenterebbe  più  di  un  milione, 


684  ALCUNE   OSSERVAZIONI  ALLA  MEMORIA 

d'ora;  ma  non  potendolo  per  tutte,  e  potendo  esservi  il  caso,  che  io  dovessi 
disconoscere  il  proposto  canale,  non  sarebbe  né  conveniente,  né  opportuno 
il  farlo. 

Si  assicuri  per  altro,  che^  io  non  ommetterò  di  far  calcolo  delle  saggie  sue  os- 
servazioni in  opposizione  di  questo  canale,  non  potendo  .questo  essere  il  caso  di 
dover  istruire  Minerva. 

come  sarebbe  facile  dimostrarlo  rifacendo  il  calcolo.  Né  quest'  aumento  lo  potrebbe  far  costar  più  del 
Canale  Lombardini. 

A  questo  suo  canale  avrebbe  aggiunta  la  navigazione,  Egli  dice,  per  far  concorrenza  colle  ferrovie; 
ma  io  dirò  cbe  l' aggiunta  era  domandata  dal  bisogno  di  dover  diminuire  la  troppo  pendenza  che 
avrebbe  preso  il  canale  senza  le  conche,  e  che  la  concorrenza  colle  ferrovie  in  Italia  è  un'illusione, 
ed  è  in  ciò  che  consiste  la  principal  ragione  per  cui  dichiarai  i  canali  navigabili  di  tempo  passato. 

Per  dimostrare  che  la  concorrenza  suavvertita  è  un'illusione,  basterà  avvertire,  che,  garantite  le 
Società  Concessionarie  di  un  utile  netto  dallo  Stato  ,  ed  autorizzate  ad  abbassare  ed  alzare  le  tariffe  a 
piacimento,  esse  possono  far  fallire  la  navigazione,  non  questa  tener  dessa  in  freno.  A  Ferrara  la  So- 
cietà dell'Alta  Italia  ha  fatto  costruire  in  riva  al  Po  una  vasta  stazione  per  le  merci,  a  guisa  di  Dok, 
che  si  direbbe  voler  essa  trarre  partilo  dalla  navigazione,  che  si  fa  per  lo  stesso  Po  da  barche  a  mare, 
ed  anche  incoraggiarla.  Ma  non  era  la  stessa  stazione  terminata  del  tutto  ,  quando  la  detta  Società 
ribbassò  i  prezzi  di  trasporto  delle  merci  in  guisa,  che  torna  più  il  conto  da  Venezia  a  Bologna  tra- 
sportar le  merci  in  ferrovia,  di  quello  che  servirsi  della  navigazione  fino  a  Pontelagoscuro,  e  prender 
per  la  ferrovia  fino  a  Bologna. 

Se  nel  veder  costruire  la  vasta  stazione  si  fosse  costituita  una  Compagnia  per  la  navigazione  del  Po, 
mi  dica  l'illustre  contradditore,  che  sarebbe  avvenuto  a  questa  poco  dopo  ribbassati  i  prezzi  di 
trasporto  delle  merci  in  ferrovia?  È  facile  l'indovinarlo. 

Oppone  che  nel  calcolo  del  costo  del  canale  manca  quello  dei  canali  di  derivazione,  i  quali  impor- 
teranno pur  essi  alcuni  milioni;  ma  io  debbo  avvertire  che  io  supposi,  che  questi  canali  di  derivazione 
si  dovessero  fare  dai  Comuni,  attraverso  i  quali  non  corrono  canali  derivati  dai  fiumi  dell' Apennino  : 
aggiungendo  che  per  molti  di  essi  possono  servire  gli  esistenti,  i  quali  nel  tempo  delle  irrigazioni  sono 
vuoti  al  di  sotto  del  mio  canale.  Dei  canali  derivati  dai  fiumi  ben  sa  l'illustre  contradditore,  che  ve  ne 
sono  nel  Piacentino,  nel  Parmigiano,  nel  Reggiano,  nel  Modenese,  e  ne'  territorj  di  Bologna  e  di  Ravenna, 
e  cioè  in  ogni  Provincia  attraversata  dal  canale  in  questione. 

Oppone  ancora,  che,  avendolo  progettato  con  argini,  cioè  a  dire  in  parte  pensile,  infrigidirebbe  le 
terre  circostanti  :  riflettendo  però,  che  le  terre  alluvionali  della  destra  del  medio  e  basso  Po,  non  per- 
mettono che  filtrazioni  insignificanti  facili  a  derivarsi  agli  scoli  de' campi,  come  ne  forniscono  la  prova 
i  canali  derivati  da  Secchia  e  Panaro  ove  sono  arginati,  cioè  nei  tratti  superiori  agli  opifizii  cui  danno 
moto,  la  difficoltà  cade  da  sé  medesima. 

Servono  poi  di  difficoltà  le  collossali  botti  da  costruirsi  al  passaggio  dei  molti  fiumi  e  torrenti ,  che 
il  canale  incontrerà  per  via  da  Piacenza  al  Crostolo  ;  ma  se  maggiori  botti  sono  state  costrutte  sotto  la 
Dora,  la  Sesia  ecc.  ecc.  pel  Canale  Cavour  con  esito  favorevole  ed  in  brevissimo  tempo,  non  vi  è  ragione 
che  possa  far  credere,  che  altrettanto  non  si  possa  fare  per  botti  minori. 

Vorrebbe  l' illustre  Lombardini,  che  fosse  esagerata  1'  estensione  sommergibile  da  me  data  in  600000 
ettari,  e  la  pretenderebbe  invece  di  400000.  Ma  su  questo  particolare  farò  riflettere,  che  sono  sommer- 
gibili tutte  le  terre  della  Provincia  di  Ferrara  di Ettari  261623 

Quelle  del  Circondario  della  Mirandola  di »       46540 

»        »  »  »      Guastalla     » »       43436 

»        »  »  »      Lugo  » »       35657 

che  danno  in  tutto  Ettari  387256 
A  queste  si  aggiungono  le  sommergibili  dei  Circondarj  di  Ravenna,  di  Bologna,  di  Modena  di  Reggio, 
e  tutte  quelle  che  formano  i  Distretti  Mantovani  in  destra  del  Po,  e  poi  mi  dica,  se  la  cifra  che  sarà 
per  risultare  sia  per  avvicinarsi  più  a' suoi  400000  ettari,  di  quello  che  ai  miei  600000.  Né  qui  ommet- 
terò d'avvertire,  che  quantunque  io  abbia  affermalo,  che  la  totale  estensione  sommergibile  dal  mio  ca- 
nale sia  di  600000  ettari:  pure  ho  ristretta  l'irrigazione  a  soli  150000,  vale  a  dire  alla  quarta  parte 
dell'intera  superficie,  e  questo  limite  riteneva  bastasse  per  evitare  un'osservazione  sull'esagerazione 
della  superficie  sommergibile  che  io  non  aveva  accertata  che  all'ingrosso,  come  si  addiceva  per  un 
progetto  d'  avviso. 


STUDJ  IDROLOGICI   E   STORICI   ECC.  685 

Non  ommetterò  del  resto  di  esternare  la  mia  soddisfazione  per  le  lusinghiere 
parole,  che  in  quest'occasione  si  è  compiaciuto  di  dire  a  mio  riguardo  (1)  e  per 
le  quali  gli  rendo  qui  grazie  sincere. 

35.  Qui  giunto  mi  permetta  l'illustre  idraulico  che  io  entri  nei  particolari  della 
nostra  vertenza. 

A  mio  avviso  dovrebbesi  tener  disgiunto  il  Canale  dal  Fiume,  specialmente 
ora  che,  essendo  compiuti  gli  studj  di  questo,  e  non  di  quello,  non  si  potrebbe 
per  entrambi  partire  da  dati  ugualmente  positivi.  Imperciocché,  oltrecchè  il  Ca- 
nale è  un  accessorio  utilissimo  se  vuoisi;  ma  non  indispensabile,  e  se  fu  utile 
la  sua  proposta,  in  quantochè  senza  di  questo  non  avrei  trovato  certamente,  chi 
avesse  sostenute  le  molle  spese  occorse  per  gli  studj  (86,000  lire),  non  dovrei 
far  molta  fatica  a  dimostrare,  che  per  la  sussistenza  del  fiume  Apenninico,  non 
è  punto  necessario:  come  non  ha  duopo  il  nostro  illustre  contradditore  d'acqua 
perenne  per  far  sussistere  il  Reno-Primaro  nel  suo  letto  attuale,  quando  fosse 
vero-,  che  valgono  a  sostenerlo  i  provvedimenti  da  lui  proposti,  e  sui  quali  ho 
fatte,  come  vedemmo,  alcune  osservazioni  ai  §§  21,  22,  23,  24  e  25. 

Si  riduce  adunque  la  vertenza  a  vedere  se  la  proposta  di  un  fiume  Apenni- 
nico tal  quale  fu  da  me  ideato  e  studiato  possa  o  no  sciogliere  la  vertenza  del 
nostro  Reno.  Io  sostengo  che  sì;  avvegnacchè  avendo  dimostrato  insussistente 
Punica  difficoltà  tecnica  affacciata  dall'illustre  contradditore  contro  lo  stesso 
fiume,  non  dovrebbero,  almeno  per  lui,  esservi  motivi  sufficienti  per  discono- 
scerlo. Non  parlo  delle  difficoltà  finanziarie,  poiché  di  queste  è  inutile,  come  ho 
già  fatto  osservare  al  |  29,  di  tenerne  parola,  dipendendo  la  loro  ammissibilità, 
od  inammissibilità  dal   doversi   o   no  eseguire;   al  fine  di  salvare  la  destra  del 

Oppone  che  avendo  io  avvisato,  come  nella  Tenuta  degli  Obbici  nel  territorio  di  Finale,  e  del  Dogaro 
in  quello  di  S.  Felice  le  praterie  irrigabili  non  riescirono ,  dovrei  anche  ritenere  che  avrei  risulta- 
menti  più  sfavorevoli  colle  acque  del  nuovo  canale  destinato  a  terreni  di  eguale  natura.  Però  non  av- 
verte che  io  dissi  ciò  in  riguardo  al  Canal  Masi,  che  segue  una  linea  assai  più  bassa:  avvegnacchè 
passerebbe  per  la  Concordia,  Mirandola,  e  S.  Felice;  mentre  il  mio  transiterebbe  per  Carpi,  Bomporto, 
e  Ravarino  ove  si  trovano  terreni  di  ben  altra  natura  di  quelli  che  sono  prossimi  alle  valli ,  ed  ove  i 
prati  irrigui  hanno  fatto  buona  prova,  come  può  vedersi  nei  contorni  di  Carpi.  Forse  non  si  tratterebbe 
se  non  che  d'invertire  il  genere  della  coltivazione  umida:  assegnare  cioè  100000  ettari  alle  risaie  e 
50000  ai  prati. 

Oppone  che  in  Lombardia  i  vantaggi  dell'irrigazione  sono  assai  maggiori  che  alla  destra  del  Po,  ove 
le  terre  producono  abbondanti  grani  senza  bisogno  d'irrigazione.  Io  però  non  ho  ciò  disconosciuto, 
quando  ho  assegnato  per  prezzo  dell'acqua  la  somma  di  L.  20  per  ettare  di  prato,  e  L.  30  per  ettaro 
di  risaja:  imperciocché  sono  stato  ben  lungi  dai  prezzi,  che  per  la  Lombardia  stabilirono  gli  Ingegneri 
Tatti  e  Bossi  in  L.  50  per  ogni  ettare  di  terreno  irrigato. 

Oppone  ancora  che  entrata  l'acqua  del  Canale  nel  Fiume  Apenninico  non  potrà  più  servire  all'irri- 
gazione restando  incassata  fra  terra.  Quest'  osservazione  però  non  1'  avrebbe  fatta,  quando  avesse  sa- 
puto, che  questo  fiume  segue  a  poca  distanza  i  bordi  della  gran  Padusa,  ed  è  perciò  che  a  non  troppo 
grande  distanza  dal  fiume  stesso  il  terreno  cade  cosi  di  livello  da  poter  ottener  1'  acqua  superiore  alla 
superfìcie  ecc    ecc.  ecc. 

(1)  In  fine  della  nota  del  §  317  l'illustre  Lombardini ,  così  si  è  espresso  a  mio  riguardo.  «  Ad  un 
«  tale  diversivo,  giusta  un  progetto  posteriore  dell'ingegnere  Masi,  doveva  metter  capo  un  Canale 
«  d'irrigazione  derivato  dal  Po  presso  la  foce  dell'Enza,  sull'inattendibilità  del  quale  scrisse  l' inge- 
«  gnere  Manfredi  nella  sua  Memoria  del  1866  precitata,  sottoponendolo  ad  una  critica  giudiziosa  ». 
Tanto  più  volontieri  esterno  la  mia  soddisfazione,  inquantochè  la  mia  critica  fu  interpretata  sinistra- 
mente e  perciò  mi  produsse  grave  danno,  e  perchè  non  è  molto,  che  il  Canal  Masi  ha  ottenuto  dal 
R.  Ministero  dei  Lavori  Pubblici  un  Decreto  di  pubblica  utilità ,  col  quale  da  taluno  si.  crede  sia  stata 
fatta  la  luce,  quella  luce,  che  io  dissi  fatta,  quando  nel  1867  fu  pubblicato  un  famoso  voto  del  Consiglio 
Superiore  dei  Pubblici  Lavori,  che  condannava  quel  canale  con  30  stupendissimi  considerano1!, 


686  ALCUNE  OSSERVAZIONI  ALLA  MEMORIA 

basso  Po  dal  flagello  di  cui  è  minacciata,  ed  al  quale  va  incontro  inommessa- 
mente  in  un  tempo  se  non  breve,  però  non  lunghissimo,  se  non  vi  si  provvede 
efficacemente,  ed  i  provvedimenti  del  nostro  illustre  idraulico  per  quanto  speciosi, 
non  danno  fiducia  né  di  pronta  ne  di  certa  riescita. 

36.  Non  dissimulerò  del  resto,  che  altre  difficoltà  tecniche  si  presentano  sul- 
l'esecuzione di  questo  progetto,  e  fra  le  diverse,  due  sono  a  mio  avviso  le  prin- 
cipalissime.  La  prima  consiste  nel  dover  far  attraversare  il  proposto  fiume  da 
alcuni  pochi  corsi  d'acqua  viva  mediante  botti  colossali,  che  in  basso  riescireb- 
bero  per  soprappiù  lunghissime.  L'altra  è  quella  di  voler  sostenere  a  parecchi 
metri  d'altezza  sul  fondo  del  Fiume  Apenninico  i  letti  di  tutti  gl'influenti,  in- 
cominciando dal  Reno. 

Ma  la  prima  difficoltà  si  risolve  nell'altra  di  dover  mantenere  asciutti  gli  scavi 
di  fondazione  delle  botti  pendente  la  costruzione.  Riflettendo  però  che  la  mec- 
canica odierna  offre  mezzi  d'asciugamento  tali,  quali  possono  occorrere  all'eve- 
nienza, mediante  la  forza  del  vapore,  non  può  questa  difficoltà  far  indietreggiare 
dall'impresa.  L'altra  invece  è  assai  più  seria:  perchè  si  tratta  d'impedire  due 
effetti  nocivi  al  nuovo  fiume,  che  indubbiamente  seguirebbero,  quando  si  voles- 
sero sostenere  i  fondi  degl'  influenti  colle  solite  serre.  Queste  non  impedireb- 
bero che  gl'influenti  stessi  non  si  avessero  ad  escavare  un  buon  tratto  del  loro 
letto  superiore  ad  esse:  né  tampoco  potrebbero  impedire,  in  grazia  della  velocità 
maggiore  che  riceverebbero  per  la  chiamata  che  occasionerebbero  le  serre  stesse, 
il  trasporto  di  materie  più  grosse  e  più  pesanti  di  prima:  e  fu  perciò,  e  per 
altri  motivi  ancora,  che  io  disapprovai  le  serre,  che  l'ispettore  Scotini  propose 
pel  nuovo  tronco  della  diversione  di  Reno  in  Po,  allo  scopo  d'impedire  l'abbas- 
samento istantaneo  del  vecchio  letto  superiore  e  con  esso  la  discesa  di  più  grosse 
materie. 

Converrà  dunque  ricorrere  ad  altro  partito,  il  quale  nel  mentre  sia  atto  a 
sostenere  il  fondo  degl'influenti  all'odierno  stato,  impedisca  gli  effetti  dannosi 
di  cui  ho  tenuto  parola.  Questo  partito  io  ritengo  d'averlo  trovato,  ed  ora  mi 
dispiace  di  non  poterlo  rendere  di  pubblica  ragione,  in  causa  che  non  essendo 
io  il  proprietario  de' fatti  studj,  mancherei  al  mio  dovere  quando  lo  facessi. 

Non  creda  però  l'illustre  idraulico,  che  io  induca  questa  scusa  a  pretesto  di 
volere  aver  ragione  ad  ogni  modo:  imperciocché  non  essendo  stata  da  alcuno 
fin'ora  affacciata  questa  difficoltà,  l'avrei  potuta  tacere.  Ciò  nuli' ostante  io  non 
esilerei  di  farla  palese  a  lui  solo,  di  cui  apprezzerei  sommamente  il  parere,  nella 
lusinga  che  fosse  per  riscontrarla  pienamente  conforme  ai  veri  principi  della 
classica  scienza  nostra. 

37.  Relativamente  alle  difficoltà  da  superarsi  nel  compimento  del  piano  iniziato 
ai  tempi  del  primo  Regno  d' Italia  dimostra  l'illustre  Lombardini  come  sarebbe  ne- 
cessario di  tener  Reno  separato  dal  Panaro  (1),  dicendo  che  in  «  rispetto  al  propor- 
«  zionarsi  i  fiumi  uniti  l'ampiezza  della  loro  sezione  al  puro  bisogno,  ciò  avverrà 
«  nei  casi  ordinarj,  ne' quali  le  due  piene  non  sono  contemporanee:  ampiezza  che 

(1)  Sul  particolare  così  mi  espressi  nella  Memoria  del  1866  in  risposta  a  quelle  dell'Ispettore  Scotini 
a  pag.  53  edizione  seconda.  «  Il  partito  però  da  adottarsi  sarebbe  l'immissione  di  Reno  in  Po,  ma 
non  congiunto  a  Panaro.  Si  otterrebbe  in  sì  fatta  maniera  un'economia  nella  spesa,  se  basterebbe  al 
nuovo  alveo  una  larghezza  di  53  metri  in  luogo  di  metri  83,30;  e  si  eviterebbero  gli  effetti  non  anco 
definiti,  ne  definibili,  nello  stato  attuale  della  scienza,  dell'unione  di  due  torrenti  pressoché  eguali  di 
portata,  in  un  tronco  comune,  e  soggetto  al  rigurgito  delle  piene  del  loro  recipiente  ». 


STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI  ECC.  687 

«  riescirebbe  così  insufficiente  ove  esse  lo  fossero,  o  che  non  potrebbe  dilatarsi 

«  quanto  basta  nelle  poche  ore  in  cui  discenderebbero  »  ;  mentre  nella  mia  me- 
moria qui  in  calce  citata  aveva  detto  a  pagina  52.  «  Vi  si  oppone  (la  mia  convin- 
zione contro  l'immissione  di  Reno  in  Po)  se  considera  che  è  legge  di  natura,  che 
ogni  fiume  da  a  se  medesimo  quell'altezza  di  piena,  e  quella  larghezza  d'alveo, 
che  gli  conviene,  e  senza  che  l'una  si  possa  alterare,  che  non  si  alteri  l'altra,  e 
che  perciò  è  un'utopia  supporre  di  poter  conservare  invariabile  l'attuale  altezza 
di  piena  o  di  Reno  o  di  Panaro  coli' assegnare  una  larghezza  dedotta  dalle  for- 
inole, le  quali  per  quanto  basino  sopra  l'esperienza  non  possono  mai  appuntino 
esprimere  la  stessa  legge  », 

«  Vi  si  oppone  ancora  per  sapere  da  buona  fonte,  che  le  piene  di  Reno  e  di 
Panaro,  per  quanto  si  possano  ritenere  contemporanee;  pure  quelle  di  Reno 
precedendo  le  altre  di  Panaro  in  modo  che  le  prime,  può  dirsi,  sono  già  passate, 
quando  arrivano  le  seconde,  tenderanno  a  restringere  l'alveo  comune  per  acco- 
modarlo alla  loro  portata  ed  allo  stato  di  loro  torbidezza:  di  maniera  che  nei 
casi  meno  ordinarj,  ma  contingibili  anche  secondo  il  signor  Scotini,  in  cui  le 
due  piene  si  combineranno  in  una  volta ,  non  basterà  il  nuovo  alveo  certa- 
mente a  contenerle  entrambe  ». 

Dimostra  ancora  come  sarebbe  conveniente,  pel  caso  che  si  effettuasse  l'im- 
missione di  Reno  nel  Po,  che  si  pensasse  ad  una  nuova  inalveazione  de' minori 
torrenti  della  Romagna,  appunto  come  opinò  il  Turazza  ,  e  quantunque  dica  che 
«  reso  maggiormente  pensile  il  corso  di  que'  fiumi;  le  loro  rotte  riescirebbero 
«  di  gran  lunga  più  terribili,  e  sommamente  arduo  tornerebbe  poi  lo  scolo  dei 
«  territori  alla  destra  a  valle  dell' Idice  »  pure  non  è  entrato  nella  disamina,  se 
una  nuova  inalveazione  dei  minori  torrenti  romagnoli  incominciando  dall' Idice 
sia  o  no  possibile  :  eppure  nella  mia  risposta  al  professor  Turazza  io  mi  era  in- 
gegnato di  dimostrarne  V  impossibilità. 

Vero  è  per  altro  che  all'intento  di  chi  intendeva  conservare  il  Reno  nel  suo 
corso  attuale,  non  caleva  di  pensare  ad  altre  inalveaziani;  ma  è  pure  verissimo 
che  ciò  avrebbe  servilo  a  persuadere  coloro,  che  in  questa  nuova  inalveazione, 
proposta  dal  lodato  Professore,  hanno  piena  fiducia,  che  è  inconsulto  per  ciò 
propugnare  l'immissione  di  Reno  in  Po;  ciocché  non  farebbero  quando  la  voce 
di  un  Lombardini  fosse  venuta  a  sostenere  la  debolissima  mia  (1). 

38.  I  provvedimenti  accessori  tanto  nel  caso  dell'immissione  di  Reno  nel  Po, 
quanto  della  conservazione  d'esso  Reno  nel  suo  corso  attuale  sarebbero,  l'allun- 
gamento e  r  allargamento  della  botte  di  Burana.  Il  primo  sarebbe  richiesto 
allora  quando  si  dovessero  alzare  gli  argini  del  Panaro  anche  di  soli  4  metri,  ed 
il  secondo  perché  l'interrimento  avvenuto  nel  Po  alla  foce  dello  stesso  Panaro 
esigerebbe,  che  altre  terre  del  Sermidese  rivolgessero  le  loro  acque  di  scolo  al 
colatore  Burana;  per  cui  l'attuai  botte  si  renderebbe  insufficiente,  a  meno  che 
a  compenso  non  si  effettuasse  la  separazione  delle  acque  alte  dalle  basse  da  lui 
stesso  da  tempo  proposta.  Ma  qui  avvertirò  per  amore  del  vero  che  a  queste 
ragionevoli  difficoltà  io  non  avevo  pensato. 

(1)  Capisco  benissimo,  che  il  pronunziarsi  favorevolmente  per  questa  nuova  inalveazione  proposta  dal 
Turazza,  veniva  a  dar  peso  al  mio  Fiume  Apenninico,  ciocché  non  era  conforme  al  suo  convincimento. 
Quando  poi  avesse  dovuto  dichiararlo  per  inammissibile  avrebbe  dovuto  pensare  ad  un  altro  partilo  ed 
a  questo  non  poteva  rivolgere  la  sua  mente  già  rivolta  al  consolidamento  di  Reno-Primaro. 


688  ALCUNE   OSSERVAZIONI  ALLA  MEMORIA 

39.  Ritornando  al  mio  fiume  Apenninico  soddisferò  alla  fatta  promessa,  deseri* 
vendo  ¥  andamento,  che  esso  prenderebbe  dopo  i  fatti  studj ,  e  facendo  note  le 
pendenze  assegnate  ai  diversi  tronchi. 

Questo  fiume  prenderebbe  la  Secchia  a  mezzo  chilometro  a  valle  del  Ponte 
alto  in  continuazione  della  strada  provinciale  da  Modena  a  Mantova  per  Carpi 
e  S.  Benedetto,  la  condurrebbe  a  metri  150  al  Nord  della  chiesa  della  villa  su- 
burbana a  Modena  detta  di  S.  Caterina;  a  metri  100  pure  al  Nord  della  chiesa 
parrocchiale  della  villa  Saliceto  Panaro;  passerebbe  l'attuale  corso  di  Panaro  a 
metri  250  a  valle  della  Ferrovia;  e  riceverebbe  il  Panaro  stesso  a  chilom.  9,50 
dal  luogo  d'onde  prese  la  Secchia.  Proseguirebbe  passando  alla  distanza  di  450  m. 
al  Nord  della  chiesa  di  Panzano  ;  a  pochi  metri  al  Sud  di  quella  di  Riolo  ;  a 
metri  400  al  Nord  di  Castagnolo;  a  chilometri  2,75  al  Sud  di  S.  Giovanni  in 
Persiceto.  Incontrerebbe  1'  attuale  corso  di  Samoggia  a  chilometri  1,65  a  valle  dei 
Forcelli,  e  questa  riceverebbe  a  metri  700  verso  Est,  ove  verrebbe  pure  deviata. 
Passerebbe  a  mezzo  chilometro  al  Nord  di  Padulle,  ed  incontrerebbe  il  Reno 
attuale  a  mezzo  chilometro  a  valle  del  passo  di  Savignano  ,  e  si  unirebbe  al 
Reno  deviato  a  2  chilometri  inferiormente.  Proseguirebbe  al  Sud  di  Stiatico  ed 
alla  distanza  da  questo  di  metri  450,  ed  al  Sud  di  S.  Marino  alla  distanza  di 
metri  700.  Passerebbe  ad  un  chilometro  al  Nord  di  Lovoleto,  ed  a  chilometri  1,34 
al  Sud  della  chiesa  di  S.  Maria  Maddalena.  Incontrerebbe  proseguendo  l'odierno 
corso  dell' Idice  a  chilometri  1,33  a  valle  del  ponte  della  Riccardina  ,  a  cui  si 
unirebbe  a  metri  600  più  inferiormente,  ove  verrebbe  deviato  lo  stesso  Idice. 
Proseguirebbe  alla  distanza  di  600  metri  da  Vedriana  dalla  parte  Sud;  ed  a 
metri  150  al  Nord  di  Santa  Maria  in  piano.  Incontrerebbe  l'alveo  del  Sillaro 
piegando  ad  Est,  cui  si  unirebbe  dopo  un  chilometro,  e  dove  deviato  verrebbe 
lo  stesso  Sillaro.  Passerebbe  al  Nord  di  Massa  Lombarda  ad  una  distanza  di 
metri  150;  di  S.  Agata  di  metri  550,  ove  incontrerebbe  il  Santerno  con  cui  si 
unirebbe  dopo  metri  350.  Incontrerebbe  il  Senio  a  chilometri  1,20  a  monte  del 
ponte  di  S.  Potito,  col  quale  si  unirebbe  ad  una  distanza  "di  3  chilometri,  e  pre- 
cisamente all'incontro  del  Naviglio  di  Bagnacavallo,  che  lascerebbe  al  Nord  ad 
una  distanza  di  metri  600.  Incontrerebbe  il  Lamone  al  ponte  in  continuazione 
della  Strada  Fantina  e  con  esso  si  unirebbe  al  Nord  della  chiesa  di  Cortina  ed 
alla  distanza  di  pochi  metri.  Attraverserebbe  la  Ferrovia  Ravennata  superiormente 
alla  stazione  di  Godo  per  chilometri  1,28.  Passerebbe  al  Sud  della  chiesa  parroc- 
chiale dello  stesso  Godo  ad  una  distanza  di  metri  800,  ed  al  Nord  del  Palazzo 
Chiaromonti  per  metri  300.  Finalmente  proseguirebbe  verso  il  Montone  all'Est 
del  detto  Palazzo  per  chilometri  2,28,  col  quale  si  unirebbe,  e  seguendolo  arri- 
verebbe in  mare  alla  foce  dei  Fiumi  Uniti. 

40.  In  quanto  alle  pendenze  assegnate  ai  diversi  tronchi  di  questo  fiume  esse 
cosi  si  distribuiscono  : 

Da  Secchia  a  Panaro  per  una  lunghezza  di  Metri    9465  Metri  0,44  a  Chilom. 
Da  Panaro  al  Reno       »       »  »  »       »       25435     »       0,36         » 

Dal  Reno  procedendo  verso  il  mare: 

1.°  per  una  lunghezza  di » 

2.°  per  altra  lunghezza  di » 

3.°  Finalmente  per  la  residua  lunghezza  di      » 


36540      » 

0,32 

36540     » 

0,16 

18420     » 

0,08 

STUDJ  IDROLOGICI  E  STORICI  ECC. 

Né  qui  starò  ad  esporre  le  ragioni  che  mi  hanno  indotto  ad  assegnare  queste 
pendenze,  pel  motivo  antecedente  ricordato  al  j  36  persuaso  che  l'averle  esposte 
possano  bastare  ad  un  Lombardini  per  trovarle  sufficienti,  se  non  maggiori  di 
quelle  che  sarebbe  per  richiedere  la  natura  di  questo  nuovo  fiume.  Aggiungerò 
ciò  nulla  meno,  che  pel  descritto  andamento  e  per  le  anzidette  pendenze  il  Fiume 
Apenninico  resta  totalmente  incassato  per  la  lunghezza  di  100  chilometri,  e  per 
la  rimanente  a  più  della  metà  in  media  dell'altezza  della  massima  piena.  Gli 
scoli  poi  a  riserva  di  pochissimi  dovranno  essere  per  la  maggior  parte  sostenuti 
tanto  il  loro  fondo  si  trova  superiore  al  fondo  dell' Apenninico.  Che  si  desidera 
di  più? 

CONCLUSIONE. 

Per  le  precedenti  osservazioni,  o  cortese  Lettore,  noi  abbiamo  veduto,  che 
l'illustre  idraulico  Senatore  Elia  Lombardini,  all'appoggio  di  fatti  non  dubbj  ha 
confermato,  quanto  io  da  anni  vado  dimostrando  con  argomenti  pratici  e  teorici, 

e  Cioè   CHE   SAREBBE  UN   ERROR   GRAVE  L'  IMMETTERE   IL  RENO  NEL  Po. 

Abbiamo  veduto  che  Egli  non  ammette  quel  paradosso  idraulico,  che  pel  primo 
annunziò  l'ispettore  Scotini,  e  che  io  ho  combattuto  a  tutt'uomo  per  onore  della 
scienza,  vale  a  dire  che  incontrandosi  il  Reno  pieno  con  Po  pieno  lo  stesso 
Reno  rallenterebbe  in  modo  da  diminuire  d'  un   terzo  il  deflusso  della  sua 

PIENA  SECONDO   LO   SCOTINI,     E    DELLA    METÀ   GIUSTO   IL  TURAZZA  ,     IL  BR1GHENT1 ,  E 

forse  il  Possenti. 

Abbiamo  veduto  che  non  ammette  nemmanco  quanto  propugnò  lo  stesso  Bri- 
ghenti  seguito  poi  dallo  Scotini  sul  poter  l'Idice  coi  suoi  influenti  far  le 
veci  del  Reno. 

Abbiamo  veduto  ritener  Egli  che  l'Idice  co' suoi  influenti  farebbe  crescere 
la  piena  di  Reno-Primaro  non  di  metri  1,50 ,  come  opinò  il  Brighenti  ,  MA  DI 
2  metri. 

Abbiamo  veduto  che  l'illustre  autore  ammette  il  consolidamento  del  corso 
del  Reno  per  la  linea  che  segue  attualmente;  ma  lo  ammette  per  un'innav- 
vertenza  sfuggitagli  nell'esame  del  profilo  officiale  della  livellazione  del  Reno- 
Primaro,  per  cui  è  da  credersi  senza  dubbio,  che  qualora  fosse  stato  persuaso 
essere  le  arginature  di  questo  fiume  realmente  elevate  sui  piani  di  campagna 
della  smisurata  e  quasi  incredibile  altezza  di  12  in  13  metri,  e  basate  sopra  più 
o  meno  grossi  e  più  o  meno  profondi  strati  di  quora;  e  quando  fosse  stato  con- 
vinto, che  il  fondo  dello  stesso  fiume  si  eleva  a  qualche  metro  sui  medesimi 
piani,  è  a  credersi,  lo  ripeto,  che  non  ne  avrebbe  propugnato  il  consolidamento 
ed  invece  avrebbelo  riconosciuto  meco  e  cogl' altri  sconvenientissimo. 

Abbiamo  veduto  eziandio  che  la  deviazione  dell'ultimo  tronco  di  Reno-Pri- 
maro dalla  Chiavica  Umana  al  taglio  fatto  attraverso  le  dune  per  lo  scolo 
della  valle  Savarna  che  si  colma  dal  Lamone  sarebbe  fatale  al  Porto  Corsini, 
come  Egli  da  quel  saggio  che  è  in  fine  della  sua  Memoria  si  è  ricreduto,  por- 
tando lo  sbocco  della  sua  deviazione  fra  l'attuai  foce  di  Primaro  e  l'abbandonata 
dello  stesso  Lamone. 

Abbiamo  veduto,  che  l'unica  difficoltà  tecnica  mossa  dall'illustre  mio  contrad- 
ditore contro  il  Fiume  Apenninico,  se  sussisteva  secondo  l'andamento  indicato 
nel  progetto  d'avviso,  non  può  più  esistere  pel  progetto  particolareggiato. 


690  ALCUNE  OSSERVAZIONI  ALLA   MEMORIA  ECC. 

Abbiamo  per  ultimo  veduto,  che  le  molte  e  serie  difficoltà  mosse  da  lui  contro 
il  mio  Canale  da  derivarsi  dal  Po  presso  Piacenza,  anche  quando  consigliassero 
di  mettere  da  parte  lo  stesso  canale,  non  possono  influire  sull'inattendibilità 
del  Fiume  Apenninico. 

Laonde  possiamo,  con  tutta  la  fiducia  o  per  lo  meno  con  tutta  la  probabilità 
di  non  essere  smentiti,  dedurre.  l.°  Che  il  Reno  non  può  immettersi  in  Po  senza 

COMMETTERE   UN   GRAVE  ERRORE.     2.°    CHE   IL   CORSO   DEL    RENO-PR1MARO    NON  È  PIÙ 
SOSTENIBILE  IMMETTENDOVI  L' IDICE   CO'  SUOI   INFLUENTI.   3.°  FINALMENTE    CHE   IL  MIO 

Fiume  Apenninico  resta  sempre  in  via  tecnica  per  lo  meno  il  vero  e  reale 

RIMEDIO  PER  REDIMERE  LA  DESTRA  DEL  BASSO  Po  DA  TUTTI  I  MALI  CHE  SOFFRE,  PER 
LO  SREGOLATO  CORSO  DELLE  ACQUE  DISCENDENTI  DAGL'  APENNINI. 

Nutro  quindi  lusinga,  che  l'illustre  idraulico  riflettendo  su  queste  mie  osser- 
vazioni vorrà  vedere  con  occhio  meno  fosco  la  mia  proposta  ,  e  riconoscere  che 
poi  essa  non  è   quella  Generosa  Utopia  che  fu  annunziata  dal   chiarissimo 

PROFESSOR  TURAZZA. 

Modena,  a  dì  48  settembre  1868. 


~«=5a^tìJ3à— ■Q=a" 


SUL    PORTOSAIDO 


RISPOSTA 

ALL'ILLUSTRE    PROFESSOR    PIETRO    PALEOGAPA 

Intorno  alla  lettera  scritta  dal  Commendatore  Cialdi 
Al  Signor  De  Lesseps. 

(Vedi  pag.  587) 

Vejigo  ora  al  preteso  mio  errore  circa  al  calcolo  fatto  dagl'  Ingegneri  sullo  in- 
sabbiamento del  Portosàido,  da  Lei  creduto  cagione  del  consigliare  che  io  fo 
T  attuazione  del  mio  trovato. 

Vostra  Signoria  m'incolpa  di  fondare  la  mia  opinione  sopra  ragionamenti  non 
giusti,  e  Le  reca  sorpresa  il  vedere  com'io  non  abbia  capito  quello  che  gl'Ingegneri 
compilatori  del  disegno  preliminare  del  nuovo  porto  egiziano  abbiano  voluto 
dire  intorno  agl'insabbiamenti  possibili  dei  moli  di  quel  porto. 

Ripigliamo  per  intero  il  loro  concetto,  ed  Ella  giudicherà  se  ho  saputo  leggerlo 
e  cavarne  giusta  conseguenza. 

Tra  le  questioni  che  eglino  avevano  da  esaminare  vi  era  pur  quella  degl'in- 
sabbiamenti  addosso  dei  moli  del  nuovo  porto  egiziano.  «  On  a  dit,  sono  essi  che 
parlano,  que  le  golfe  de  Péluse  est  continuellement  ensablé  ou  envasé par  les  apports 
fluviatiles  de  la  branche  de  Damiette,  et  que  les  ouvrages  en  saillie  qu'on  pourrait 
étabhr  dans  cette  panie  du  rivage  rìauraient  d'autres  résultats  que  d'augmenter 
les  encombrements.  Nous  reconnaissons  que  cette  portion  du  rivage  de  VEgypte  a 
eté  formée  par  les  alluvions  maritimes  apportées  par  les  lames  de  fond,  cornine  nous 
lavons  établi  au  commencement  de  ce  mémoire.  Nous  reconnaissons  aussi  que  les 
digues  formant  le  chenal  d'entrée  du  canal  auront  pour  objet  d'arréter  les  sables 
entrainés  par  les  lames  et  les  accumuler  contre  celle  qui  est  au  veni  dominant 
e  est-a-dire  contre  la  digue  de  l'ouest. 

«  Mais  ces  raisons  existent  pour  la  plupart  des  ports  actuels ,  et  si  elles  étaient 
sufflsantes  pour  empécher  la  construction  d'un  port,  nous  pouvons  dire  que  bien  peu 
de  ceux  que  nous  voyons  aujourd'hui  eussent  été  exécutés. 

«  Suivant  nous,  la  question  essentielle  est  de  savoir  si,  une  fois  le  port  établi,  il 
pourra  subsister  sans  réclamer  de  trop  grands  frais  d'entretien  » . 

Dopo  questo  ragionamento  e  questa  savia  conclusione;  dopo  aver  con  istorica 
venta   descritto  il   poco  sensibile   avanzamento  del   lido  pelusiano  ,   si  figurano 
effetto  che  produr  dovranno  les  ouvrages  en  saillie,  e  specialmente   la  digue  de 
lOuest  del  nuovo  porto  piantato  in  quel  lido;  e  quindi,  dopo  aver  voluto  esclu- 
dere gli  scarichi  dei  fiumi  come  causa  degl'  interrimenti  malgré  l'opinion  des  in- 
Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  —  Novembre  1868.  46 


692  SUL  P0RT0SÀ1D0 

génieurs  italiens,  qui  considèrent  corame  démontrée  l'origine  fluviatile  de  leurs  deltas  ; 
dopo  aver  soppresso  o  diminuito  il  valore  di' altre  cause  d'interrimenti,  e  detti 
altri  svarioni,  come:  Il  n'y  aura  que  les  veats  obliques  qui  viendront  apporter  les 
sables  dans  le  fond  de  l'angle  forme  par  la  rive  et  par  la  jetée  d'amont, 
giungono  a  questa  finale  conclusione  : 

«  Ainsi,  en  résumé,  tout  ce  qu'on  peut  craindre  9  e' est  qu'une  partie  minime  des 
sables  mobìles , le  long  du  golfe  ne  vienine  s'accumuler  vers  l'origine  de  la  jetée 
d'amont. En  supposant  qu'il  s'en  depose  100,000mc-  par  an,  ce  qui  est  exagéré  d'après 
ce  qui  vien  d'étre  dit,  il  faudrait  cent  années  pour  faire  avancer  la  plage  de  400m, 
et  cet  avancement  ne  produirait  aucun  effet  sensible  aux  extrémités  des  jetées  (1)  ». 
Così  essi  scrissero,  e  così  io  lessi.  Se  non  che  il  loro  detto  non  è  stalo  dalla 
natura  rispettato,  giacche  il  fatto  ha  provato  che  questi  quattrocento  metri  di 
avanzamento  di  spiaggia  si  sono  avuti  in  meno  di  due  anni!  Ella  non  ismen- 
tisce  la  verità  di  questo  fatto,  né  altri  la  smentirà,  perchè  basata  sulle  autorità 
del  padre  Guglielmotti  e  dell'ingegnere  Kramer:  il  primo  nel  febbrajo  1864  notò 
sul  luogo,  che  il  molo,  in  allora  esistente,  era  un  ponte  di  pali  a  giorno,  e  la 
spiaggia  senza  avanzamento  :  il  secondo  nel  luglio  1885  vide  il  medesimo  molo 
per  quattrocento  metri  ripieno  di  scogli,  e  la  spiaggia  avanzata  di  altrettanto. 
(Moto  ondoso.  Dal  n.°  1572  al  1577).  A  che  dunque  tanto  giro  di  parole?  Comesi 
può  venire  a  dirci  che  gl'Ingegneri  del  disegno  preliminare  intendevano  della 
spiaggia  libera  quando  essi  parlavano  in  modo  specialissimo  delle  dighe  e  del- 
l'insabbiamento di  che  sarebbero  state  cagione?  A  me  realmente  deve  recar 
sorpresa  come  si  possa  pretendere  oggi  altra  intelligenza  del  testo  di  quella  che 
quei  Signori  pubblicavano  nel  1855. 

Non  è  la  prima  volta  che  i  più  grand' idraulici,  specialmente  nell'opere  sopra 
mare,  hanno  asserito  ciò  che  in  natura  non  poteva  essere,  ed  in  fatto  non  è 
stato.  Ed  Ella  stessa  ha  confutato  quelli  di  cui  qui  parliamo  e  precisamente 
intorno  alla  questione  che  ci  occupa  :  allora  leggeva  in  loro  quello  che  in  seguito 
vi  ho  letto  io,  come  le  farò  rammentare  tra  poco. 

Quindi  passa  la  S.  V.  alla  critica  dell'applicazione  del  mio  trovato  o  sistema  a 
Portosàido,  notando  che  : 

«  Le  proposte  del  sig.  Cialdi ,  possono  apparire  molto  ingegnose  a  chi  non  si  dia 
la  pena  di  assoggettarle  ad  una  severa  critica  basata  sui  giusti  principi  del  movi- 
mento delle  acque  (e  quali  sono  i  giusti  principi  di  questi  movimenti?),  e  però 
altri  può  ben  trovarle  speciose  ;  ma  credo  che  nessun  giudice  competente  potrà  per- 
suadersi che  quell'apertura  di  400  metri,  che  il  Cialdi  vuole  che  si  lasci  fra  la  punta 
dell'  accorciata  diga  occidentale  e  il  principio  dell'  altra  diga  isolata  che  si  avanza 
al  largo  in  mare  sulla  stessa  direzione,  possa  mai  diventare,  mercè  il  divisato  braccio 
che  quasi  parallelamente  alla  riva  partirebbe  dalla  estremità  della  detta  accorciata 
diga,  una  comoda  bocca  occidentale  del  porto  » . 

A  molti  in  vero  sembrarono  ingegnose  e,  più  che  tali,  buone  le  mie  proposte: 
al  contrario  Ella  completamente  ne  rifugge.  Siffatta  diversità  mi  creda,  sig.  Pro- 
fessore, da  ciò  deriva  che  quelli  si  ebbero  agio  e  si  dettero  cura  di  attentamente 
studiare  il  mio  trovato,  laddove  Ella,  da  quanto  io  posso  argomentare,  occupato 
in   altri  affari,   non  ha  avuto  né  agio  né  cura  di  maturamente  studiarlo.  Perciò 

(1)  Percement  de  Visthme  de  Suez.  Exposé  et  documents  officiels.  Par  M.  Ferdinand  de  Lesseps  Mini- 
stre plénipotentiaire.  Paris  1855.  Avant-projet  du  percement  de  l'isthme,  pag.  99,  116,  118  e  119. 


SUL  PORTOSÀIDO  693 

trova  speciose  le  mie  proposte  e  crede  che  nessun  giudice  competente  potrà 
persuadersi  che  l'apertura  di  quattrocento  metri  da  me  lasciata  nella  diga  mas- 
sima possa  diventare  una  comoda  bocca  occidentale  del  porto. 

Ond'io,  per  non  ripetermi  all'infinito,  La  prego  a  leggere  quanto  già  scrissi 
sugl'interrimenti,  sugli  effetti  dei  flutti  diretti  e  riflessi,  sulle  particolarità  del 
mio  trovato  e  su  quanto  molli  imparziali  e  competenti  giudici  dissero  intorno 
ad  esso. 

Ora  gioverà  di  riassumermi,  ripetendo  soltanto  che  quell'apertura  di  400  metri 
non  ha  per  iscopo  principale  la  entrata  nel  porto,  bensì  quello  di  ristringere  la 
massa  delle  acque  defluente  da  sinistra  a  destra  ed  obbligarla  a  mantenere  pro- 
fonda ed  espurgala  se  stessa  e  la  entrata  nel  Canale:  col  buon  tempo  potrebbe 
servir  anche  di  comoda  bocca,  e  così  Portosàido,  benché  portocanale,  ne  avrebbe 
due.  L'una  di  levante,  che  potrebbe  dirsi  vastissima  ,  cioè  dalla  testa  della  diga 
isolata  alla  testa  del  molo  orientale;  l'altra  di  ponente,  di  400  metri,  cioè  dalla 
testa  del  molo  occidentale  al  piede  della  diga  isolata.  Altro  notevole  benefìcio 
del  mio  trovato. 

Alcune  altre  censure  però  non  possono  passare  senza  schiarimenti. 

«  Non  capisco,  Ella  fa  notare,  come  il  dalai  speri  stabilire  con  arte  un  notabile 
giuoco  delle  maree  nelV  uscita  del  canale,  ad  onta  del  quasi  insensibile  flusso  perio- 
dico che  si  verifica  in  quella  spiaggia  del  Mediterraneo  » . 

^   Questa  proposta  per  il  Portosàido  fu  da  me  fatta  nel  1856  e  nel  1860  e  d'allora 
in  poi  non  la  ho  più  ripetuta  in  nessuna  delle  mie  pubblicazioni.  Che'  con    arte 


-  —--    r — •«jhviihiuuii    uno    ouu    >, 

si  possa  cavar  prolitto  dalle  maree  benché  poco  sensibili ,  Ella   non  l' ignora 
Le  sono  certamente  noti  i  bei  lavori  della  estesa  rete  di  canali,  ordinata  a  rego- 
lare il  deflusso,  perchè  tutte  le  acque  sieno  obbligate  a  passar  ristrette  ed  unite 


per  la  bocca  del  porto  Corsini,  presso  Ravenna  (1),  nel  qual  lido  la  differenza 
tra  1  alta  e  bassa  marea,  non  è  poi  tanto  più  grande  di  quella  del  lido  pelu- 
siano.  Ed  il  fatto  quivi  prova  che,  anche  senza  l'aiuto  dell'arte:  «  Le  balance- 
nent,  entre  leseaux  de  la  mer  et  celles  du  lete  Menzaleh,  maintient  dans  les  échan- 
crures  de  la  plage,  formées  par  d' ancienne*  bouches  du  MI,  des  courants  alternatifs 
ttssez  vifs,  qui  en  perpetuerà  l'existence  ».  (Percement  ecc.  Séance  du  31  décembre 
18o5  Come  pure  Ella  non  ignora  l'aforismo  dei  nostri  vecchi  -  gran  laguna 
fa  buon  porto  -  In  virtù  adunque  di  queste  verità,  e  per  la  citata  proposta  degli 
Ingegneri  del  d.segno  preliminare ,  ed  in  riflesso  che  è  meglio  disporre  di  più 
armi  per  combattere  un  potente  nemico,  sperai  io  allora  che  l'arte  avrebbe  sa- 
pulo trovare  modo  di  non  privare  interamente  di  questo  beneficio  il  nuovo  porto 

uTl,  P°  1'ebbÌ  V6dUt0  abbandonata  1-lla  proposta,  e  non  ammessa 

altra  qualunque    e  dopo  aver  acquistato  maggior  fede,  per  giudizio  altrui  e  per 
convincano  mio,  sul  merito  del  mio  trovato,   non  vi  ho  più  insistito,   e  ne 
mio  libro  sul  moto  ondoso  concludevo  :  ,  che    se  Portosàido  non  ha  il  vantalo 
d.  scaricare  nel  riflusso  una  potente  corrente,   ha  il  beneficio  di  procurarsi  una 
simile  ed  anche  pm  attiva  potenza,  incatenando  ed  obbligando  a  lavoro  forzato  di 

naZ,  jTtf°rrentV,    el:0tterrà  tant0  P™  ^rosa  ed  efficace,  in  quanto  che  la 
natura  del  flutto  e  molto  pm  propria  a  scavare  ed  a  trasportare  i  materiali  ostruenti  » 
{Moto  ondoso  ecc.  n.  1589). 

(1)  Ragguaglio  storicoHecmco  sul  portocanale  Corsini  ecc.   di  Alfredo   Baccarini ,  Ingegnere  di  1  « 
classe  eoe.  D.retlore  dei  lavori.  (Giornale  del  Genio  civile.  Firenze,  Anno  VI  „.  5  e-i  del  mi  . 


694  SUL  P0RT0SÀ1D0 

V.  S.  continua  : 

«  lo  ritengo  che  in  forza  dei  lavori  proposti  dal  sig.  Cialdi  ,  lungi  di  averne  gli 
effetti  che  si  ripromette,  se  ne  avranno  effetti  tmttì  affatto  contrari;  perchè  le  materie 
spinte  ,  come  egli  dice  3  dai  venti  dominanti  e  specialmente  da  quelli  compresi  fra 
V  ovest  e  il  nord,  saranno  gettate,  con  maggiore  o  minore  incidenza,  addosso  al 
braccio  a  ritroso,  al  quale  non  giovando  la  verticalità  se  non  nel  caso  che  le  materie 
fossero  tutte  spinte  nella  stessa  sua  direzione  ,  avverrà  che  le  materie  medesime  an- 
dranno mano  mano  depositandovi^  contro  e  finiranno  per  rialzare  sempre  maggior- 
mente e,  colV  andare  del  tempo,  ostruire  forse  affatto  l'  apertura  che  egli  ha  voluto 
lasciare  nella  diga  occidentale.  E  ciò  che  è  ancor  più  evidente  si  è  che,  quando  pure 
si  volesse  ammettere  con  lui  la  possibilità  che  gli  accennati  flutti  riflessi  e  diretti, 
impedendo  il  deposito  delle  materie  tanto  addosso  al  tronco  di  diga  isolata  quanto 
addosso  al  braccio  a  ritroso,  le  cacciassero  invece  dentro  la  ripetuta  apertura  sca- 
vandone anche  molto  più  abbasso  il  fondo,  succederebbe  che  coteste  materie,  all'uscire 
dalla  apertura  stessa ,  precipiterebbero  al  fondo,  e  quindi,  lungi  dall'avere  otte- 
nuto che  il  moto  ondoso  sgombrasse  lo  sbocco  del  canal-porto  in  mare  (sbocco  che 
secondo  il  sistema  Cialdi  si  stabilirebbe  alla  estremità  della  parte  continua  della 
diga  di  ovest),  se  ne  avrebbe  invece  una  inevitabile  ostruzione  davanti  allo  sbocco 
stesso  ». 

La  risposta  a  queste  Sue  idee  si  trova  già  nelle  cose  dette  fin  qui;  tuttavia 
aggiungerò  alcune  riflessioni  a  maggior  schiarimento. 

Col  credere  V.  S.  che  le  materie  spinte  dai  venti  sieno  gettate  addosso  al  braccio 
a  ritroso  sì  che  vi  si  depositino  e  coli' andar]  del  tempo  ostruiscano  del  tutto 
l'apertura  da  me  lasciata,  attacca  il  mio  trovato  nella  sua  stessa  essenza.  Ed  ap- 
punto l'attacca  perchè  la  obblìa  interamente.  Ed  in  vero,  essa  sta  tutta  nell'aper- 
tura del  molo,  tra  un  braccio  a  ritroso  ed  una  diga  isolata.  Onde  la  credenza  di  V.  S. 
sarebbe  fondata  se  non  esistesse  quest'apertura;  ma  essendoci,  si  annienta  di 
per  sé  stessa  ;  imperocché  n.on  sarà  mai  possibile  che  le  materie  si  fermino  ad- 
dosso a  quel  braccio;  dovendo  al  contrario  andar  via  per  quell'apertura,  violen- 
temente trasportate  dalla  corrente  fatta  più  forte  dal  braccio  a  ritroso  proposto 
a  questo  scopo. 

Non  dirò  che  con  siffatto  modo  d'argomentare  V.  S.  nega  tutti  i  fatti  che  ser- 
vono di  base  all'idraulica  pratica  per  guidare  l'Ingegnere- nella  disposizione  dei 
moli  e  giudicare  degli  effetti  che  i  moti  del  mare  vi  producono.  Nega  l'indi- 
spensabile azione  delle  onde  in  un'apertura  di  molo,  in  un  traforo,  in  una  bocca 
di  porto;  e  nega  che  le  onde  abbiano  in  sé  stesse  la  proprietà  d'invigorirsi,  di 
solcare  e  trasportare,  quando  incontrano  ostacoli  nel  fondo  del  mare  e  quando 
sono  riunite  e  guidate  tra  dighe  resistenti  come  io  ho  proposto. 

Quanto  poi  all'altra  Sua  credenza  che  le  materie  ostruttive  precipitino  al  fondo  al- 
l'uscire dall'apertura,  rifletto  che  quel  braccio  a  ritroso,  per  la  sua  direzione  in 
rapporto  a  quella  del  vento  regnante,  a  quella  che  prendono  i  flutti  nelP avvici- 
narsi al  lido  (che  non  è  più  quella  che  avevano  in  alto  mare)  ed  a  quella  della 
diga  isolata,  deve  necessariamente  dare  al  flutto  corrente,  o  lama  di  fondo,  ed 
alla  corrente  littorale  la  forza  necessaria  per  trasportare  le  materie  ostruttive 
sottovento  della  bocca  del  Canale,  formata  dal  più  corto  molo,  in  luogo  innocuo; 
la  quale  forza,  fatta  maggiore  nel  passaggio  per  la  sezione  ristretta,  dovrà  am- 
morzarsi ben  lungi  dalla  bocca  del  Canale  stesso.  In  questo  modo  si  toglierà  il 
grave  difetto  cke  verificasi  negli  altri  moli  aperti  senza  il  braccio  a  ritroso,  ove 


SUL   PORTOSÀIDO  695 

alle  loro  teste  si  formano  dalle  ondate  dei  profondi  scavi,  ma  ivi  presso  sorgono 
dei  banchi  nocivi  alla  navigazione. 

Le  particolareggiate  prove  di  quanto  asserisco  io  le  ho  date  altrove  per  chi 
abbia  avuto  volontà  di  leggerle  e  verificarle  !  (1). 

Vossignoria  dice  pure:  «  ho  veduto  oggi  con  compiacenza  che  le  mie  opinioni 
sono  divise  dai  sigg.  de  Tessan  e  Chevallier  in  quanto  attiene  propriamente  ali9  appli- 
cazione della  teoria  del  sig.  Cialdi  ». 

Ma  perdoni,  sig.  Professore,  a  me  sembra  che  i  due  esimi  ingegneri  da  Lei  ci- 
tati Le  sieno  diametralmente  opposti;  giacché,  quanto  alla  teoria,  l'abbiamo  già 
veduto,  e  quanto  alla  sua  applicazione,  noterò  che,  mentre  Vossignoria  crede  che 
col  mio  trovato  si  ammorzi  il  movimento  oscillatorio  verticale  non  che  il  con- 
comitante progressivo,  quelli  invece  temono  che  si  aumenti  di  tanto  da  impedire 
ai  bastimenti  la  sicura  traversata  per  entrare  nel  Canale. 

Nel  vero,  il  sig.  de  Tessan,  dopo  aver  qualificato  il  mio  trovato  per  très-ra- 
tionnel,  dopo  avere  avvertito  che  la  verità  da  me  stabilitasi  fonda  sur  des  preuvès 
extrémement  nombreuses,  ed  esposti  due  timori  di  ordine  secondario  per  la  perfetta 
riuscita  del  medesimo,  abbracciati  avidamente  dallo  Chevallier,  e  dopo  suggerito 
il  facile  rimedio  ad  uno  da  essi,  quando  in  pratica  si  verificasse,  si  fermò  sul 
secondo  ed  ultimo.  Ecco  le  sue  parole: 

«  On  peut  craindre ,  en  outre  3  que  les  bdtiments  qui  tenteront  P  entrée  par  les 
vents  régnants  ne  soient  trop  exposés  à  la  manquer ,  étant  pris  de  flanc  et  portés 
sous  le  vent  par  les  vagues  renbues  plus  puissantes  par  leur  concentratici  (2) 

Dunque,  il  sig.  de  Tessan  ed  il  sig.  Chevallier  temono  precisamente  l'opposto' 
di  quello  che  Ella  si  è  immaginato.  Eglino,  nella  specie  d'imbuto  formato  dal 
mio  trovato  vedono  il  giuoco  delle  onde  reso  più  potente  che  altrove;  Ella  lo 
scorge  ammorzato  in  guisa  che  le  materie  possano  ostruire  forse  affatto  l'apertura 

da  me  lasciata.  Bello  accordo  di  opinioni ! 

Che  se  oggi  in  virtù  delle  ragioni  sopra  esposte,  veduto  meglio  di  che  si  tratta, 
per  fortuna  Ella  abbandonasse  la  Sua  idea  di  ammorzamento  di  onde  e  di  depo- 
sito ostruttivo  nel  mio  trovato,  e  si  appigliasse  invece  a  quella  opposta  degl'in- 
gegneri de  Tessan  e  Chevallier,  in  questo  caso  trovo  pregio  dell'opera  produrre 
il  giudizio  di  marini  esperimentati  intorno  al  timore  esternato  dai  citati  inge- 
gneri; il  quale  giudizio,  in  soggetto  tutto  nautico,  cioè  tutto  proprio  alla  manovra 
di  un  bastimento  che  deve  traversare  l'apertura  da  me  lasciata  nel  molo  di  so- 
pravvento, spero  che  Ella  vorrà  aver  per  competente. 

Oltre  alla  limpida  e  complessiva  dichiarazione  emessa  dall'Ammiraglio  Lafon 
de  Ladébat,  a  Lei  ben  nota,  ecco  in  ispecie  il  giudizio  del  chiaro  ufficiale 
di  marina  autore  dell'aurea  opera:  Courants  et  révolutions  de  Vatmosphère  et  de 
la  mer. 


(1)  Osservazioni  idraulico-nautiche  sui  porti  Neroniano  ed  Innocenziano  in  Anzio.  Roma  1848,  pag.  18 
e  19;  e  Giornale  Arcadico  tom.  417. 

Risultati  di  studi  idrodinamici,  nautici  e  commerciali  sul  porto  di  Livorno  ecc.  Firenze  1853  n.°  62, 
65,  67,  68,  69,  70  e  72;  Giornale  dell'Ing.  Arch.  ed  Agron.  Anno  VII;  Giornale  Arcadico.  Roma  tom.  139 
e  14-0,  e  Annali  delle  opere  pubbliche  e  dell' architettura.  Napoli,  Anno  3.° 

Sintesi  di  fatti  ecc.  già  citata,  n.°  226. 

Diffusamente  poi  sono  riportati  gli  esempi  nella  mia  Lettera:  Sul  portocanale  di  Pesaro  già  citata,  e 
più  ancora  nel  mio  libro  Sul  molo  ondoso  del  mare  nelP  articolo  Portocanali, 

(2)  Happort  citato. 


696  SUL  P0RT0SÀID0 

«  Quant  aux  difficultés  purement  nautiques,  nous  ne  croyons  pas  quell'elles  soient 
sensiblement  augmentées  par  l'ouverture  en  entonnoir  qui  doit  créer  à  l'extrémité  de 
la  grande  jetée  un  courant  transversal.  L'augmentation  qui  peut  en  résulter  dans  la 
violence  des  lames  rìempèchera  jamais  un  bdtiment  à  vapeur,  ni  mème  un  navire 
à  voiles,  de  franchir  Vétroit  éspace  laissé  à  découvert.  La  distarne  de  700  mètres 
qui  existe  entre  la  digue  isolée  et  Vextrémité  de  la  jetée  orientale  doit  permettre  t 
par  tous  les  temps,  de  doubler  cette  jetée. 

«  Tfailleurs  s'il  pouvait  y  avoir  doute  dans  les  circonstances  les  plus  défavorables,  j 
c'est-à-dire  par  une  tempéte  de  nord-ouest,  la  digue  isolée  doit  offrir  un  mouillage 
assuré  (F.  Julien). 

Ed  ecco  pure  in  quali  termini  si  esprimono  due  altri  non  meno  chiari  ufficiali 
di  marina,  autori  di  più  opere  nella  scienza  dell'uomo  di  mare  tra  le  quali  citerò 
soltanto:  Les  météores ;  Les  phénomènes  de  l'atmosfère  et  de  la  mer,  e  Les  Tempétes. 
«  On  a  fait  au  sy stèrne  propose  par  M.  Cialdi  une  objection  au  point  de  vue  nau- 
tique.  Le  courant  transversai  et  les  vagues  de  Nord-ouest  ne  frapperaient~ils  pas  les 
navires  entrans  de  manière  à  les  dévier  considérablement  da  leur  route  et  à  les  em- 
pècher  de  doubler  la  jetée  de  l'est?  Pour  que  ce  danger  se  présente  il  faut  supposer 
qu'un  navire  à  voile  fasse  la  fante  de  déboucher  de  la  jetée  isolée  avec  une  trop 
petite  vitesse  au  milieu  d'une  tempéte  de  Nord-ouest.  Mais  cette  supposition  est  elle 
admissible  ?  Le  navire  ne  serait-il  pas  toujours  assez  maitre  de  sa  manoeuvre  pour 
mouiller  à  temps  à  l'abri  de  cette  jetée  à  fin  d'y  attendre  un  temps  plus  favorablel 
(F.  Zurcher  e  E.  Margollé). 

V.  S.  vede  che  con  queste  dichiarazioni  di  giudici  competentissimi,  le  quali 
potrebbero  essere  aumentate  di  tanto  quanto  sono  i  sagaci  manovrieri,  svanisce 
interamente  il  timore  esternato  dai  sigg.  de  Tessan  e  Chevallier,  imperciocché,  se 
in  pratica  avrà  un  reale  valore,  resterà  sempre  la  diga  isolata  per  dar  ricovero 
ai  bastimenti.  Né  debbo  poi  passare  in  silenzio  una  riflessione,  la  quale  si  è  che 
se  veramente  la  corrente  fosse  tanto  forte  da  far  temere  che  i  bastimenti  potes- 
sero da  essa  essere  trasportati  sottovento  del  molo  orientale,  questo  fatto  stesso 
sarebbe  un  altro  argomento  per  indurci  a  credere  che  le  materie  ostruttive, 
all'  uscire  dall'  apertura  da  me  lasciata  nella  diga  occidentale  3  non  precipiteranno 
ad  ingombrare  lo  sbocco  del  canal-porto,  ma  saranno  dalla  correntia  trasportate 
con  sovrabbondante  valeggio  a  sottovento  della  diga  orientale  molto  più  corta 
delT  altra.  Di  modo  che,  o  il  timore  del  de  Tessan  e  dello  Chevallier  non  si  ve- 
rificherà, nel  grado  da  loro  supposto,  o,  se  si  verifica,  avremo  semprepiù  scavato 
ed  espurgato  lo  sbocco  del  portocanale  ,  e  mai  e  poi  mai  una  inevitabile  ostru- 
zione davanti  allo  sbocco  stesso,  siccome  Ella  pronostica.  Sia  certo,  sig.  Professore, 
che  questa  ostruzione  è  impossibile,  quando  anche  dal  collo  del  mio  imbuto  la 
corrente  sbocchi  con  velocità  molto  minore  di  quella  temuta  dai  due  ripetuti 
ingegneri. 

Y.  S.  in  oltre  non  si  perita  di  dire:  «  Io,  da  alcuni  passi  della  nota  del  sig.  Che- 
vallier, e  da  alcuni  brani  della  relazione  fatta  all'Istituto  dal  sig.  de  Tessan,  rac- 
colgo che,  malgrado  i  dubbi  promossi  contro  il  sistema  del  sig.  Cialdi  sulla  base 
della  sua  teoria  del  fluttocorrente,  il  sig.  Chevallier  ammetterebbe  che  potesse 
convenire  farne  un'applicazione  al  Port-Sa'ido  quando  pero'  il  sistema  stesso  fosse 

STATO  MESSO  IN   OPERA    CON  BUON  ESITO  IN   QUALCHE  ALTRO   CASO  ». 

Una  tale  proposizione  nella  scienza  dell'Ingegnere  si  chiamerebbe  saggia, 
quantunque  nel  caso  nostro  mi  sembra  di  soverchia  precauzione:  ma  V.  S.,  per 


SUL  PORTOSÀIDO  697 

essere  logico  con  tutto  il  contesto  della  Sua  lettera,  fa  prova  di  escluderla.  Non 
Le  pare,  sig.  Professore,  che  Ella  spinga  così  troppo  oltre  la  contrarietà  al  mio 
trovato?  Neppure  se  riuscisse  bene  altrove  Le  piacerebbe?  Neppure  se  togliesse 
dai  mondo  la  vergogna  idraulica  del  presente  sistema  dei  portocanali  Le  farebbe 
accoglienza  ? 

Non  contento  ancora,  V.  S.  torna  sul  mio  trovato,  e  dice  che  io  mi  credo  es- 
sere il  solo  che  possa  garantire  la  libertà  della  foce  del  Porto-Said;  mentre  io  non 
ho  mai  avuto  tant' arrogante  presunzione.  Eccole  in  prova  il  mio  giudizio,  ripe- 
tuto nella  lettera  al  sig.  de  Lesseps: 

«  Per  questo  stato  di  cose  ,  io  dicevo  nel  mio  succitato  libro  (Moto  ondoso  del 
mare)  che  se  si  voleva  con  utilità  conservare  il  porto  senza  obbligo  di  frequenti 
allungamenti  nei  moli  (il  che  vuol  dire  che  io  ammettevo  questo  provvedimento)  era 
necessario  ricorrere  ad  un  nuovo  espediente,  ed  intanto  io  stesso  ne  proponevo 
uno  ».  Dunque  non  escludevo  e  non  escludo  che  se  ne  possa  scoprire  anche 
un  altro,  e  non  ho  creduto,  in  assoluta  guisa,  che  il  mio  trovato  possa  essere 
il  solo. 

Non  pago  V.  S.  di  avere,  non  dirò  combattuto,  ma  schernito  quasi  il  mio 
sistema,  siccome  fondato  sopra  una  teoria  assolutamente  erronea,  ha  dovuto  menar 
colpi  addosso  a  chiunque  lo  avesse  protetto  della  sua  autorità,  fosse  stato  anche 
delle  più  celebri  rinomanze  del  mondo  idraulico  o  nautico.  Mentre  da  un  lato 
mi  compiaccio  di  veder  ristretto  un  lungo  combattimento  per  aver  Ella  taciuto 
i  nomi  di  tutte  le  grandi  autorità  che  addussi  in  sostegno  del  mio  trovato,  mi 
duole  d'altra  parte  che  l'illustre  ammiraglio  Laffon  de  Ladébat  non  sia  stato 
risparmiato  dalla  censura  Sua;  sicché  gli  sia  toccato  il  bel  regalo  di  esser  da 
:   Lei  proclamato  ignaro  di  questi  studi. 

Curiosa  contraddizione!  Ella  che  ha  citato  e  si  è  appoggiato  sopra  una  dichia- 
razione di  patroni  ed  armatori  di  barche,  di  quel  valore  che  tutti  sanno,  contro 
il  trovato  mio  per  il  porto  di  Pesaro,  vuole  poi  rendere  nulla  quella  di  un  Vice 
Ammiraglio  in  favore  del  medesimo  trovato  per  il  Portosàido  ! 

Inoltre,  quantunque  Ella  dichiari  professar  per  l'Ammiraglio  grande  stima  come 
valentissimo  Uomo  di  mare;  ed  ammetta  pur' anco  che  possegga  grande  esperienza 
del  movimento  delle  onde  e  degli  effetti  suoi,  tuttavia  non  crede  dar  valore  al   giu- 
dizio di  Lui  perché  si  tratta  di  una  questione  la  cui  soluzione  essenzialmente  dipende 
\  dai  sani  principii  di  idraulica  teorica  e  pratica.  Ma  che  forse  il  mio  sistema  non  è 
stato  approvato  da  idraulici  informati  dai  sani  principii  della  teorica  e  della  pra- 
tica? Oggi  ancora  io  porto  in  Appendice  un  altro  nome  che  alto  suona  in  Francia 
ed  in  Italia,  cioè  quello  dell'ispettore  generale  Carlo  Noél.  Ma  no;  la  soluzione 
\  della  questione  non  è  essenzialmente  idraulica;  è  più  dell'arte  nostra,  cioè  di  ma- 
rina.  E  però,  con   tutto  il  rispetto,  io  debbo  dirle  che  V.  S.  è  in  grand' errore, 
ammesso  pure,  se  così  vuole,  che  l'Ammiraglio  nulla  sappia  d'idraulica.  La  que- 
stione che  ci  occupa  è  di  lasciare  un'apertura  nel  molo  massimo  e  di  aggiungere 
un  braccio  di  scoglièra  innestato  al  molo  stesso,  da  cui  si  ha  una  seconda  bocca 
|  nel  porto,  ed  una  diga  isolata  nella  stessa  direzione  del  molo.  Se  l'Uomo  di  mare, 
del  valore  di  quello  da  Lei  preso  di  mira,  non  può  emettere  giudizio  intorno  alla 
disposizione  dei  moli,  alle  bocche  dei  porti  ed  agli  effetti  del  moto  ondoso  e  delle 
correnti  in  quelle  e  tra  quelle  opere  d'arte,  di  che  potrà  egli  interloquire?  Forse 
su  le  qualità  della  malta?  forse  sulla  composizione  dei  massi  artificiali  o  sulla  co- 
struzione del  lastrico  dei  moli?  A  che  il  Governo  italiano,  con  decreto  12  marzo  1808 


698  SUL  PORTOSÀIDO 

ha  voluto  che  si  costituissero  due  Commissioni  designate  col  nome  di  locale  una, 
permanente  l'altra,  'per  le  opere  del  porti,  spiagge  e  fari,  e  che  in  esse  entrassero, 
nella  prima  un  ufficiale  della  marina  militare  ed  un  capitano  della  marina  mer- 
cantile, e  nella  seconda  due  ufficiali  superiori  o  generali  della  regia  marina  ed 
un  ufficiale  superiore  o  generale  del  Genio  navale?  (1).  Se  questi  Signori  non 
potranno  parlare  sugli  effetti  del  mare  e  sulla  disposizione  dei  moli,  delle  bocche 
e  degli  antemurali,  a  che  serviranno  nelle  Commissioni? 

Nell'opera  del  Flachat  che  ho  già  citata,  e  che  tanto  più  ammiro  quanto  più 
m'inoltro  nella  lettura,  con  ragione  è  detto,  parlando  dei  veri  marini:  qu'il  est 
impossible  de  comprendre  V  art  nautique,  si  on  ne  sait  pas  oV  abord  la  loi  d'agitation 
de  la  mer.  (E.  Flachat,  p.  23).  E  vorrebbe  Ella  toglierci  anche  la  conoscenza 
dell'arte  nostra  nei  limiti  almeno  di  ciò  che  la  scienza  e  l'esperienza  c'in- 
segnano ? 

Molto  spiace  avere  a  sentire  degl'idraulici,  cui  non  può  negarsi  valore,  sen- 
tenziare a  priori  che  il  mio  trovato  deve  viziare  anziché  favorire  la  navigabilità 
della  foce  del  porto;  deve  essere  cagione  di  gravi  spese  senza  utile  effetto  e  anzi  di 
danno  allo  stabilimento  del  porto:  e  però  chi  vuole  sopprimervi  la  diga  isolata, 
chi  la  scogliera,  altri  tuttaddue,  mentre  coteste  sono  opere  in  mare,  sugli  effetti 
delle  quali  solo  coloro  che  sono  realmente  in  possesso  dell'  arte  della  marina 
possono  giudicare.  Non  riflettono  essi  che  il  soggetto  di  cui  parlano  è  di  sua 
natura  serio  ed  importante;  che  non  è  questione  di  teoriche  problematiche,  ma 
di  fatti,  nei  quali  il  bene  pubblico  è  sul  momento  direttamente  ed  altamente 
interessato.  Non  riflettono  che  il  sistema  da  loro  praticato  è  difettosissimo;  che 
verun  portocanale  del  mondo  è  buono;  che  1'  umanità  ed  il  commercio  richiedono 
un  nuovo  espediente  il  quale  provveda  a  questa  vergogna.  Non  riflettono  in  fine 
alla  responsabilità  che  assumono  nel  trattare  così  leggermente  un  trovato  che  ha 
già  riportato  l'approvazione  di  uomini  più  competenti  di  loro,  tanto  nella  scienza 
dell'ingegnere,  quanto  nell'arte  della  marina;  che  ha  per  sé  il  pregio  più  unico 
che  raro,  quello  cioè  che  se  fallisce  non  porta  danno  alcuno,  e  che  se  riesce 
produce  immenso  vantaggio  ai  portocanali  des  cótes  du  monde  entier  3  secondo  la 
sentenza  del  sig.  de  Tessan. 

Laonde  se  l'Ammiraglio  interloquì  in  tal  questione,  ne  aveva  scienza  e  diritto, 
e  la  sua  autorità  non  soltanto  basta  a  difendere  ed  onorare  il  mio  sistema,  ma 
costringer  Lei  altresì,  sig.  Professore,  a  rispettarlo  siccome  giudice  competenlissimo. 

Dopo  aver  Ella  posto  a  tortura  il  mio  trovato  nel  modo  il  più  straziante,  come 
si  è  veduto,  considerando  l'immenso  ammasso  d'interrimento  che  ha  di  già  assa- 
lito il  Portosàido,  e  forse  considerando  che  tanto  in  forza  della  mia  teorica,  quanto 
in  forza  della  Sua  quell'ammasso  andrà  di  più  in  più  sempre  crescendo,  ha 
veduto  il  bisogno  di  provvedere  ai  tristi  effetti  che  debbono  prodursi  ne!  pubblico; 
ed  ecco  come  vi  provvede  : 

«  Io  credo,  V.  S.  dice,  che  quando  la  diga  di  ovest  sarà  avanzata  sino  alle  grandi 
profondità  di  otto  o  dieci  metri ,  e  la  diga  di  est  vi  avrà  tenuto  dietro  colla  già 
stabilita  protrazione  di  lunghezze,  esse  due  dighe  formeranno  colle  teste  loro  un 
sistema  di  capi  avanzati  in  mare,  contro  i  quali  frangendosi   le  onde  dei  mare 

(1)  Regio  decreto  con  cui  sono  create  due  Commissioni,  una  locale,  l'altra  permanente,  per  l'esame 
di  nuove  opere  concernenti  il  servizio  dei  porti,  spiagge  e  fari.  (Giornale  del  Genio  civile.  Firenze, 
Anno  VI  1868,  pag.  146,  147  e  148). 


SUL  PORTOSÀIDO  699 

burrascoso,  queste  sgombreranno  le  sabbie  e  le  melme  che  sollevate  dalle  lame  di 
fondo  avessero  tentato  d' ingombrare  la  foce  del  porto  » . 

—  Strana  confessione!  Dunque  le  lame  di  fondo  possono  sollevare  le  sabbie  in 
profondità  di  otto  o  dieci  metri,  e  le  onde  possono  sgombrare  dalle  sabbie  e 
dalle  melme  i  Suoi  moli.  E  perchè  non  potranno  produrre  i  medesimi  effetti  nei 
miei  moli  e  nel  cono  del  mio  trovato?  — 

Ma,  di  grazia,  tutti  gli  altri  portocanali  di  questo  mondo  non  hanno  due  moli 
come  quello  di  Sàido?  E  perchè  quel  maraviglioso  effetto  delle  onde  che  Ella 
crede  avrà  luogo  nel  nuovo  porto  egiziano,  non  si  verifica  in  nessun  altro  ?  per- 
chè in  tutti  gli  altri  porti  di  questa  specie,  inglesi,  francesi  e  italiani  on  doit 
lutter  incessamment  contre  une  difficulté  sans  cesse  renaissante  :  l'envahissement  des 
ports  par  les  vases  et  les  sables?  (de  Tessan);  perchè  tous  ces  ports  ont  leur  entrée 
obstruée  ou  menacée  di  esserla?  (Ghevailier).  Perchè  insomma  tutti  gli  altri  porti 
della  costituzione  di  quello  di  cui  si  tratta  sono  tutti  di  una  esistenza  precaria 
ed  infelicissima,  e  nessuno  può  servire  ad  una  regolare  e  vasta  navigazione? 

Prevedendo  forse  che  la  Sua  credenza  non  fosse  d'altri  ricevuta,  continua 
a  dire  : 

«  E,  malgrado  ciò,  gì"  Ingegneri  stessi  hanno  ammesso  che,  anche  dopo  spinte 
le  dighe  così  avanti  nel  profondo  mare,  possa  avvenire  che  verso  la  estremità 
del  canal-porto  vi  si  accumulino  interrimenti,  cagionati  in  tempo  di  grandi  e  in- 
sistenti burrasche  dalle  lame  di  fondo;  ma  hanno  pensato  che  vi  si  provvedere 
coi  lavori  dei  cura-porti.  Al  che  il  sig.  Gialdi  oppone  la  impossibilità  che,  a  suo 
dire,  vi  sarà  di  tenere  sgombra  la  imboccatura  col  lavoro  delle  pirodraghe  ». 

Non  è  a  mio  dire  che  vi  sarà  impossibilità  di  tener  sgombra  la  imboccatura 
dalla  ordinaria  barra;  giacché  non  solo  ho  prodotto  il  fatto  accaduto  in  Porto- 
sàido,  ma  ben  altri  tre  accaduti  in  Fiumicino,  in  Anzio,  in  Sinigaglia  :  V.  S. 
neppur  uno  ne  cita  che  mi  contraddica.  Anzi  leggo  stampato  da  Lei  a  questo 
proposito  che  guadagnar  fondo  con  lavori  d' escavazione  artificiale  è  cosa  d'inspera- 
bile riuscita;  che  è  provata  V insufficienza  delle  escavazioni  coi  cur  aporti  o  con  altri 
mezzi  qualunque;  che  è  persino  assurdo  intendimento  una  tal  proposta,  sempre 
ben  inteso  a  mare  aperto  (I).  Ed  in  vero;  se  le  macchine  effossorie  fossero  utili 
fuori  la  bocca  dei  portocanali,  perché  tutti  difettano  di  profondità  dj,  acqua  nel- 
l'entrata? Dunque,  torna  ad  essere  interamente  confermato  quanto  io  dicevo  nella 
mia  Lettera  al  sig.  de  Lesseps,  cioè  che  «  nulla  può  sperarsi  di  bene  dal  proposto 
uso  di  spurgo  fuori  la  bocca,  o  in  su  la  entrata  del  Portosàido  »:  ove  il  mare  è 
aperto;  ove  il  y  a  souvent  un  peu  de  houle,  du  courant,  un  mouvement  d'eau  assez 
considerale  (Lavalley),  ed  ove  l'agitatian  des  eaux  est  continue  sur  les  barres  del 
suo  liltorale  (Percement  ecc.  Séance  du  31  décembre  1855). 

E  prevedendo  che  anche  tal  Suo  modo  di  ragionare  non  possa  persuadere,  Ella 
torna  alla  prima  idea  :  «  Ma  osserverò  che  la  violenta  percossa  delle  onde  contro  i 
capi  o  teste  delle  dighe,  impedirà  che  cotali  interrimenti  abbiano  luogo,  non  solo  al 
di  fuori  del  canal-porto,  ma  nemmeno  alla  immediata  sua  sfoc iatur wQuesti  inter- 
rimenti potranno  soltanto  verificarsi  alquanto  dentro  nel  canal-porto  medesimo 
e  quindi  il  lavoro  della  loro  escavazione  si  troverà  dalla  diga  protetto.  Meglio  che 
i  ragionamenti  valga  l'esempio  ».  E  lode  Le  sia,  sig.  Professore:  finalmente  cita 
un  esempio;  ma  L'è  favorevole?  Vediamo. 

(1)  Considerazioni  de!  1858  già  citate,  pag.  33  e  42,  e  Memorie  pur  citate,  Venezia  1859,  pag.  178, 


700  SUL  PORTOSÀIDO 

V.  S.  fa  la  storia  del  molo  di  Malamocco  e  dell'effetto  da  esso  prodotto,  e  t  spera 
fermamente  che  ciò  si  verificherà  anche  nel  canale  del  Port-Sa'id  quantunque  non 
giovato  da  un'efficace  corrente  di  riflusso  ».  Che  V.  S.  lo  speri,  sarà;  ma 
che  lo  creda  non  posso  ammetterlo:  Le  farei  troppo  torto. 

In  tutti  i  portocanali  del  globo  ove  non  esiste  corrente  naturale,  l'arte  ve  l'ha 
introdotta,  e  per  mezzo  delle  chiuse  di  cacciata  o  per  ammassamento  del  flusso 
procura  di  ottenere  una  forte  corrente  artificiale  a  spurgar  la  bocca  e  solcare  la 
barra,  ed  a  questo  sistema  si  deve  in  gran  parte  quella  qualunque  conserva- 
zione di  essi. 

Il  Portosàido,  come  ogni  altro  porto  della  sua  specie,  avrebbe  necessità  di 
una  forte  corrente  naturale  o  artificiale,  e  gl'Ingegneri  compilatori  del  disegno 
preliminare  proposero  il  modo  di  introdurvela,  giacché  «  è  nostra  opinione,  Ella 
scrisse ,  non  potersi  la  rada  di  Pelusio  riguardare  come  stabilita  e  sicura  non  solo 
contro  gli  insabbiamenti  provenienti  direttamente  dal  mare,  ma  nemmeno  contro  quelli 
che  traggono  origine  dalle  alluvioni  del  Nilo  ,  quando  se  ne  mutasse  la  condizione 
attuale,  coW aprirvi  un  gran  porto  (1)  ». 

Ed  ora  siamo  in  questo  caso;  ed  iu  fatto  l'opera  del  molo  in  costruzione  ha  già 
mostrato,  in  scala  più  vasta  forse  di  quello  che  Ella  avesse  mai  pensato,  la  verità 
di  quanto  allora  V.  S.  diceva.  Ma  l'arma  di  cui  dispone  il  porto  di  Malamocco, 
per  conservare  il  fondo  alla  sua  bocca  e  sopra  la  inevitabile  barra ,  non  si  pos- 
siede dai  Portosàido.  «  Quella  forte  corrente  di  riflusso,  Ella  scrisse  pure,  che  viene 
naturalmente  procurata  dalla  notevole  marea  che  si  manifesta  sui  lidi  veneti  mercè 
la  quale  V  ampia  laguna  riempita  nelle  sei  ore  del  flusso  si  scarica  nelle  sei  del  ri- 
flusso  uscendo  in  mare  per  il  canale  del  porto  »  di  Malamocco,  non  esiste  nel  Por- 
tosàido. Ed  eccone  la  ragione  che  attingo  da  Lei  stessa:  «  Nella  rada  egiziana 
qual  pure  fosse  il  punto  scelto  per  aprirvi  il  porto ,  sopra  una  simile  naturale  cor- 
rente non  potevasi  contare ,  perciocché  ivi  manca  innanzi  tutto  la  marea  periodica; 
poi  V  aperto  porto  non  si  sarebbe  trovato  in  quelle  condizioni  di  sito  in  cui  trovasi 
quello  di  Malamocco  rispetto  alle  sue  lagune.  Né  sopra  un'artificiale  corrente  potevasi 
contare,  perciocché  riconosciuta  la  insufficenza  di  quella  che  avrebbero  procurato  le 
maree  del  mar  Rosso,  vi  si  rinunciò  interamente,  tanto  più  che  per  ottenere  un  simile 
tenuissimo  effetto  di  correntìa  sarebbe  stato  necessario  imbrigliare  il  Canale  dei  due 
mari  dalVuna  e  dall'altra  estremità  con  sostegni  e  conche  che  recherebbero  un  troppo 
notevole  impedimento  alla  libera  navigazione  ».  (Appendice  citata  pag.  249). 

Sicché,  da  quanto  Ella  ci  riferisce  e  da  quanto  si  desume  dai  begli  studii  del 
JLieussou  e  del  Lombardini  sul  regime  delle  acque  di  quel  nuovo  bosforo,  il 
canale  di  Portosàido  non  ha  corso  di  acqua  efficace  da  manlenere  per  sé  stesso 
espurgata  la  bocca  e  la  barra  (2).  Dunque  V.  S.  si  è  male  apposta  nel  parago- 
nare Portosàido  a  Malamocco  e  nello  sperare  fermamente  di  ottener  in  quelio 
egiziano  ciò  che  si  è  ottenuto  in  quello  veneto,  e  tanto  più  si  è  male  apposta 
in  quanto  che  Ella  stessa  avvertì  altrove  che  la  Commissione  internazionale  non 
ignorava  V  essenziale  diversità  che  corre  tra  V  uno  e  V  altro-  dei  due  porti  sovra  ac- 
cennali (Appendice  ripetuta  pag.  248). 

(1)  Appendice  alle  Considerazioni  sul  protendimento  delle  spiaggie  e  sull'  insabbiamento  dei  porti  ap- 
plicate allo  stabilimento  di  un  porto  nella  rada  di  Pelusio  (Giornale  dell' Ingegnere-Architetto  ed  Agro- 
nomo. Milano,  Anno  V,  1857,  pag.  242). 

(2)  Celle  question  a  été  traitée  successivement  par  MM.  Lieussou,  Poirée,  Cadiat,  et  enfiti  par  M-  Che- 
vallier  (E.  Flachat.  Mémoire  sur  les  travaux  de  l'islhme  de  Suez.  Paris  1864  pag.  39). 


SUL  PORTOSÀIDO  701 

Ecco  perchè  io  confutai  questo  paragone  nel  mio  libro  sul  moto  ondoso  e  su  i 
suoi  effetti,  ed  ecco  perchè  nella  lettera  al  sig.  de  Lesseps,  dopo  aver  notato  un 
altro  grave  difetto  dei  lido  egiziano,  dicevo:  «  Abbiamo  in  oltre  in  quel  porto  (Sàido) 
la  mancanza  assoluta  delle  chiuse  di  cacciata  o  deflussi  naturali  od  artificiali,  che 
in  tutti  gli  altri,  più  o  meno  efficacemente ,  spurgano  gli  approcci  del  porto  e  ritar- 
dano per  qualche  tempo  il  bisogno  della  protrazione  dei  moli.  Dunque,  portando  a 
compimento  il  disegno  approvato  per  il  Portosàido,  si  è  sicuri  che  esso  porto  non  potrà 
essere  salvato  che  con  la  indefinita  e  sollecita  protrazione  dei  moli}  » 

Restituita  ai  principali  fatti  la  verità,  confutate  col  miglior  ordine  che  mi  fosse 
dato  le  obiezioni  più  saglienti  della  Sua  lettera  e  rivendicato  il  mio  onore,  mi 
volgo  più  direttamente  a  Portosàido. 

Ho  promesso  di  dimostrarle  il  bisogno  di  quella  importantissima  opera  del 
Portosàido  perchè  sia  convenientemente  salvata;  ossia  l'insufficienza  del  piano 
adottato  dalla  Commissione  internazionale,  per  una  non  interrotta,  grande  e  vasta 
navigazione,  senza  la  necessità  di  celere  e  continuata  protrazione  nei  moli:  ed 
eccomi  a  servirla. 

Dal  fin  qui  detto  risulla  chiaro  che  tutta  la  Sua  lettera  al  sig.  de  Lesseps  non 
deroga  punto  né  poco  ai  valore  che  può  aver  quella  da  me  direttagli,  la  quale 
è  necessario  che  sia  presente  al  lettore,  se  vuole  giudicare.  E  che  un  valore 
possa  realmente  avere,  me  lo  hanno  provato  le  favorevoli  testimonianze  altrui, 
e  più  ancora  l'incomodo  che  Ella  si  è  dato  di  censurarla,  quantunque  V.  S.  non 
sia  stato  mai  in  essa  citato!!  Anzi  dirò  di  più:  come  la  critica  del  sig.  Gheval- 
lier  ha  confermato  la  bontà  del  mio  trovato,  così  la  censura  di  V.  S.  l'ha  ri- 
badita: quindi  quanto  io  scrissi  nel  luglio  1867  al  sig.  de  Lesseps  resta  in  pieno 
vigore. 

Risulta  pure  dimostrato  da  tutto  quello  che  Ella  ha  scritto  in  questa  circostanza 
non  che  da  quello  che  io  ho  dovuto  esaminare  dello  scritto  Suo,  che  la  scienza 
ed  il  Portosàido  poco  o  nulla  vi  hanno  guadagnato,  giacché  quasi  nulla  di  nuovo 
abbiamo  detto.  Dunque  è  tempo  di  abbandonare  la  questione  privata  e  di  occu- 
parci della  pubblica:  la  S.  V.,  per  autorità  e  per  sapere,  può  essere  molto  utile 
in  questa  bisogna. 

Io,  signor  Professore,  sono  convinto  che  Ella  ami,  come  me,  il  felice  risulta- 
mene dell'opera  del  Portosàido,  e  che  tutto  quello  che  noi  abbiamo  scritto  per 
essa  è  stato  guidato  soltanto  da  questo  nobile  sentimento.  Ebbene,  in  tal  convin- 
cimento, Le  fo  la  proposta  di  onorarmi  a  scrivere  in  solido  una  lettera  al  sig.  de 
Lesseps;  e  eccogliene  il  bozzetto  che  sottopongo  alla  sua  correzione.  Che  se  a 
Lei  non  piacesse,  servirà  a  sdebitarmi  dalla  promessa  or  ora  ripetuta,  e  di  con- 
clusione alla  presente  lettera. 


702  SUL  PORTOSÀIDO 


Illustre  Signor  Presidente  e  Direttore, 


«  //  rimuover  stabilmente  e  perfettamente  l'ostacolo  che  frap- 
pongono le  barre  alla  libera  navigazione  è  il  primo  intento 
in  cui  si  deve  mirare  ». 

P.  Paleocapa. 

«  L'embouchure  du  canal  de  Port-Saìd  mìa  toujours  paru  devoir 
élre  l'éceuil  de  cette  grande  et  noble  entreprise  ». 

Charles  Noel. 

«  La  bocca  del  Portosàido  sarà  conservata:  o  dalla  perpetua  e 
celere  protrazione  dei  moli,  o  da  un  nuovo  espediente  ». 

A.  Cialdi. 


Da  circa  dodici  anni  i  nostri  studii  e  i  nostri  cuori  sono  principalmente  rivolti 
alla  vasta  impresa  che  onorerà  il  nostro  secolo  e  renderà  immortale  il  nome  della 
Signoria  Vostra  Illustrissima. 

Noi  abbiamo  ammirato  il  Vostro  zelo  e  la  Vostra  costanza  nel  sormontare  le 
gravi  difficoltà  che  Vi  si  attraversavano  per  via ,  ed  oggi  vediamo  con  compia- 
cenza somma  vicino  il  termine  che  coronar  deve  le  Vostre  fatiche. 

Noi  siamo  convinti,  Signore,  che  la  grande  opera  del  Bosforo  artificiale  di  Suez 
è  stata  meditata  con  maturità  di  studio  e  valutata  con  tutta  quella  giustezza  di  cai- 
coli  preventivi  a  cui  sia  dato  d' aspirare  nelle  intraprese  di  così  grande  momento. 
(Paleocapa  1857).  Tuttavia  una  parte  di  essa  ha  più  delle  altre  chiamala  la  nostra 
attenzione,  come  quella  più  controversa  e  per  la  quale  noi  stessi  abbiamo  avuto 
più  volte  a  combattere.  Voi  vedete  che  noi  intendiamo  parlare  del  Portosàido,  o, 
per  meglio  dire,  degli  insabbiamenti  cui  sarà  soggetta  la  sua  foce. 

«  A  chi  abbia  letto  con  qualche  attenzione  la  Memoria  sul  protendimento  delle 
spiaggie  e  sull'insabbiamento  dei  porti  dell' Adriatico,  scritta  da  uno  di  noi,  non 
sarà  sfuggito  come  fosse  nostra  opinione  non  potersi  la  rada  di  Pelusio  riguardare 
come  stabilita  e  sicura  non  solo  contro  gli  insabbiamenti  provenienti  direttamente  dal 
mare,  ma  nemmeno  contro  quelli  che  traggono  origine  dalle  alluvioni  del  Nilo,  quando 
se  ne  mutasse  la  condizione  attuale ,  coir  aprirvi  un  gran  porto.  Fu  anzi  questi 
un  punto  in  cui  eravamo  DISCORDI  dai  valenti  ingegneri  del  Viceré  di  Egitto  ;  perchè 
fra  gli  argomenti  che  addicevano  per  giustificare  la  scelta  che  prima  avevano  fatta 
del  sito  in  cui  doveva  essere  aperto  il  porto,  era  questo:  —  doversi  riguardare  ivi 
la  costa  come  inalterarile,  avvegnaché  dinnanzi  ad  essa  vi  fosse  stabilito  un 
perfetto  equilibrio  fra  le  cagioni  che  tendevano  a  far  avanzare  la  spiaggia,  e 
quelle  che  tendevano  a  farla  accorciare  —  onde  non  erano  a  temersi  che  quegli 
insabbiamenti  che  sarebbero  venuti  dal  mare  in  conseguenza  dell'essersi  tagliata  la 
spiaggia  sottile,  che  or  trovasi  stabilita  per  creare  il  porto ,  e  procurargli  la  neces- 
saria profondità. 

«  Nessun  pericolo  poi  dicevano  sovrastare  al  porto  dipendentemente  dalle 
materie  versate  in  mare  dal  Ni  lo  ,  le  quali  consistono  di  tenuissima  belletta  fan- 
gosa ,  che  le  acque  tengono  lungamente  sospesa  e  non  depositano  sul  fondo  del  mare 
che  molto  al  largo  dove  hanno  perduta  ogni  velocità. 


SUL  PORTOSÀIDO  703 

«  E  noi  invece  sostenevamo  che  gli  interrimenti  di  un  porto  aperto  in  una  spiaggia 
che  si  trovi;  rispetto  allo  sbocco  di  fiumi  torbidi }  in  una  situazione  somigliante  a 
quella  in  cui  trovasi  la  rada  di  Pelusio  rispetto  al  Nilo,  procedevano  essenzialmente 
dalle  materie  uscenti  dal  fiume,  poiché  la  stessa  origine  avevano  anche  le  sabbie  get- 
tatevi dentro  dai  flutti  e  che  impropriamente  si  dicono  sollevate  dal  fondo  del  mare  » 
(Paleocapa,  1857). 

Un  di  noi  ha  inoltre  provato  che  le  sabbie  ed  altre  materie  ostruttive  vengono 
di  certo  anche  dal  mare  direttamente,  sollevate  dal  fondo  benché  giacenti  a  40  e 
più  metri  di  acqua,  e  la  massa  delle  quali  non  è  forse  minore  a  quella  che  il 
Portosàido  riceve  dal  Nilo.  (Gialdi;  1856,  60  e  66).  Ed  in  vero,  soltanto  l'unione 
di  queste  cause  può  spiegare  quel  vastissimo  insabbiamento  triangolare  coli' al- 
tezza di  cinque  a  sei  cento  metri  e  colla  base  di  oltre  due  mila  metri  già  ad- 
dossato al  molo  massimo  del  Portosàido,  e  dar  ragione  della  diversa  qualità  delle 
materie  che  lo  compongono. 

Da  questo  fatto  Voi  vedete,  sig.  Presidente,  con  quanta  verità  noi,  di  comune 
accordo,  criticavamo  le  illusioni  degl'Ingegneri  del  Viceré  d'Egitto  autori  del 
disegno  preliminare,  intorno  ai  possibili  insabbiamenti  nel  futuro  Portosàido;  e 
vedete  pure  come  sieno  anche  dai  più  dotti  ignorati  i  giusti  principii  del  movi- 
mento  delle  acque.  Pur  troppo  in  questa  scienza  di  fatti,  più  gli  occhi  han  veduto 
più  vede  la  ragione. 

Prevedendosi  da  noi  un  simile  insabbiamento  fin  dai  primi  studii  sul  porto 
di  cui  trattiamo,  venne  proposta  per  proteggere  il  nuovo  porto  nella  rada  di 
Pelusio  una  prima  diga  abbastanza  avanzata  in  mare  e  situata  ad  occidente  del 
porto  medesimo;  (Paleocapa;  1856),  ed  uno  di  noi  ne  propose  anche  più  di  una 
(Gialdi;  1856  e  60).  Queste  dighe,  che  gli  italiani  chiamano  guardiani  o  speroni  e 
i  francesi  épis  3  avrebbero  rattenuto  accollo  di  loro  una  parte  delle  materie  che 
oggi  vediamo  addossate  al  detto  molo  di  Portosàido. 

Non  intendiamo  già  che  questo  espediente  avrebbe  di  molto  migliorato  le  con- 
dizioni del  porto,  giacché  l'esperienza  fattane  in  Italia,  in  Francia  ed  in  Inghil- 
terra, ove  gì' indicati  guardiani  sono  praticati,  ci  mostra  il  limitato  profitto  che 
da  essi  si  ricava.  Ed  in  oltre,  il  Portosàido  ha  bisogno  di  un  espediente  di  molto 
maggiore  effetto.  Esso  ha  in  vicinanza  e  sopravvento  un  grandissimo  fiume;  é 
circondato  da  spiaggia  sottile,  ed  ha  mare  costantemente  torbido  in  tutto  il  suo 
orizzonte  (1);  il  fatto  ha  provato  che  la  massa  delle  materie  in  movimento  in  quel 
lido  è  molto  più  grande  che  altrove  tanto  che  la  storia  idraulica  non  ci  dà  altro 
esempio  di  sì  vasto  insabbiamento  in  sì  breve  spazio  di  tempo  come  là  é  suc- 
cesso: arroge  che,  quel  porto  è  privo  di  energica  interna  corrente  naturale  o 
artificiale  della  quale  gli  altri  dispongono  e  con  essa  diminuiscono,  almeno  in 
parte,  i  difetti  della  loro  entrata,  ed  è,  per  soprappiù,  obbligato  a  prestarsi  con- 
venientemente e  senza  interruzione  a  vasta  e  grande  navigazione;  quindi  l'espe- 
diente dei  guardiani,  benché  utile,  non  avrebbe  mai  provveduto  a  tutto.  Per  il 
nostro  porto  adunque,  più  che  per  qualunque  altro,  si  deve  cercare  uno  straor- 
dinario ed  efficace  rimedio. 

(1)  L'illustre  e  benemerito  professor  Gerolamo  Bodardo  ebbe  a  notare,  benché  visitasse  l'Egitto  nella 
stagione  della  magra  del  Nilo ,  il  cambiamento  del  color  del  mare  a  più  di  quindici  miglia  dal  lido. 
(Fisica  del  Globo.  Spazi,  climi  e  meteore.  Corso  completo  di  geografia  fisica  e  di  meteorologia.  Genova 
1868,  pag.  150). 


70Ì  SUL  PORTOSÀIDO 

Uno  di  noi  pubblicava,  che  «  colla  continuata  protrazione  dei  moli  di  un  por- 
tocanale  si  va  riacquistando  quella  profondità  di  acqua  che  l'antecedente  protra^ 
zione  aveva  contribuito  in  gran  parte  a  far  sollecitamente  diminuire  e  perdere 
alla  bocca  del  porto;  ma  che  questo  sistema,  quantunque  efficace,  è,  per  lo  meno, 
molto  dispendioso.  Yero  è  che  la  grande  utilità  dell'opera  a  cui  tende  il  Porto- 
sàido,  Porto  che  nell'istesso  significato  del  nome  arabo  porta  l'augurio  Felice 
della  sua  riuscita,  potrà  senza  dubbio  esuberantemente  far  fronte  a  quella  spesa  e 
compensare  ancora  gli  altri  inconvenienti  proprii  alle  protrazioni  continue  e  mai 
interrotte  ».  Aggiungeva  anche:  «Sì,  io  sono  convinto  che  quando  non  vi  sia 
di  meglio,  quello  che  è  approvato  e  che  è  in  corso  di  esecuzione  in  quel  porto 
si  deve  continuare.  Egli  è  opera  sovranamente  utile  e  sempre  lodevole.  Per  me 
è  tale  il  vantaggio  umanitario  e  commerciale  di  siffatta  opera  che  io,  nella  mia 
pochezza,  vi  presi  quattro  voci  sociali,  e  non  le  venderei,  fossero  anche  quattro 
mila,  col  beneficio  del  cento  per  cento  (1).  Ma  non  sarebbe  più  utile  poter  giun- 
gere all'istesso  fine  senza  quella  continuata  spesa,  e  senza  tutti  gli  altri  difetti, 
che  sono  conseguenze  del  rimedio  a  quel  male? 

«  Se  in  ogni  altro  portocanale  ragion  vuole  che  si  studino  tutte  le  vie  per  tro- 
vare quella  che  almeno  allontani  molto  il  bisogno  delle  protrazioni  in  perma- 
nenza, tanto  più  si  dovrà  far  questo  studio  per  un  porto  così  importante  e  così 
minacciato  dalla  natura  del  sito,  come  è  quello  di  cui  tratto  ».  (Gialdi;  1866} 
N.  1584  e  1585). 

Voi  ben  sapete,  sig.  Presidente,  que  le  manque  de  profondeur  d'eau  est  un  mal 
permanent  très-grave  y  qui  affecte  tous  les  temps  et  tous  les  navigateurs ,  qui  peni 
anéantir  à  la  longue  la  pros perite  du  commerce  dans  un  port  et  dans  les  cótes  limi* 
trophes  (Sganzin  e  Reibell).  E  la  guerra  di  centesimi  che  oggi  si  fa  il  Commercio 
ha  fatto  crescere  le  sue  esigenze  sulle  condizioni  dei  porti. 

E  sapete  pure  quel  che  di  fresco  scrive  l'illustre  Eugenio  Flachat,  a  Voi  ben 
noto  sig.  Presidente,  che:  «  Dans  le  données  actuelles  de  l'art,  pour  atteindre  ces 
vitesses  (13  e  più  nodi)  avec  des  navires  ayant  les  dimensions  nécessaires  aux  exi* 
gences  du  traftc,  comme  le  Scoti  a,  en  le  supposant  à  hélice,  il  faudrait  que  la  passe 
de  sortie  des  ports  eut  une  profondeur  de  9  mètres.  Et  dans  ce  cas  mème,  une  hélice 
de  7  mètres  de  diamètre  ne  serait  immergée  que  de  Qm,40^  ce  qui  est  insuffisant.  La 
profondeur  des  bassins  devrait  étre  de  8  mètres. 

«  Il  rìest  que  trop  vrai ,  aggiunge  questo  grande  ingegnere,  que  des  nécessités 
aussi  immédiates  ne  sont  pas  suffisamment  comprises.  Elles  riattirent  pas  Vattention. 
Les  ports  de  commerce  sont  à  la  navigation  ce  que  Vestomac  est  au  corps  humain 
On  Voublie  :  on  a  laissé  fermer  les  ports  de  Nantes  et  de  Bordeaux,  sans  songer  que 
le  salut  de  ces  villes,  comme  ports,  valait  des  millions  en  grand  nombre,  à  coté  des 
millions  que  le  temps  a  accumulés  pour  y  créer  de  si  grands  centres  de  population. 
Le  port  du  Hdvre  tutte  depuis  longues  années  contre  Vinsuffisance  que  lui  fait  subir 
le  développement  du  commerce.  La  France,  si  riche  en  littoral  sur  VOcéan,  n'y  offre 
que  deux  ports  sùrs  et  accessibles  aux  plus  grands  navires,  Brest  et  Cherbourg  (2)  » . 

(1)  Il  mio  desiderio,  e  dirò  anzi  la  mia  fede,  sul  felice  risultamento  dell'Impresa  è  sempre  tale  che 
non  ho  esitato  punto  ad  acquistare  anche  sull'  Emprunt  de  cent  millions  otto  Cartelle  di  Obligations  : 
ed  Ella,  sig.  Professore,  vorrebbe  far  credere  che  io  sono  di  quelli  che  danno  ad  intendere  che  il  piano 
adottato  abbia  a  fallire  allo  scopo  ! 

(2)  Navigation  à  vapeur  transocèanìenne,  già  citata,  Paris  1866,  tome  premier,  pag.  337, 


SUL  P0RT0SÀ1D0  705 

E  se  questo  difetto  si  fa  sentire  in  quei  porti  provinciali ,  ove  pur  non  si  é 
mancato  d'impiegare  serii  studii  e  molte  somme,  quanto  grande  non  dovrà  essere 
la  Vostra  preveggenza,  sig.  Presidente,  per  un  porto  che  deve  servire  alla  navi- 
gazione universale  de!  Globo  intero?  Il  citato  Flachat  ha  inoltre  magistralmente 
provato  che  les  navires  de  grandes  dimensìons  soni  avantageux,  à  la  fois  sous  le 
rapport  de  l'economie  et  de  la  sécurité:  e  noi  vediamo  infatto  che  da  tutte  le  nazioni 
ogni  giorno  più  si  mette  in  pratica  questa  verità.  Ed  il  medesimo  sig.  Flachat 
ha  provato  pure  che  l'elice  rapidamente  prende  il  sopravvento  alle  ruote.  Quindi 
i  dieci  metri  di  acqua  all'entrata  di  Portosàido  voluti  dalla  Commissione  inter- 
nazionale è  la  minor  profondità  che  la  Signoria  Vostra  Illustrissima  può  offrire 
alla  navigazione  mondiale,  e  questa  profondità  è  stata  quella  promessa  al  pub- 
blico, perchè  sapete  che  a  mare  ondeggiato  si  riducono  ad  otto  metri  utili,  e 
meno  ancora,  i  dieci  metri  di  acqua  a  mare  calmo. 

Fino  i  porti  del  Mediterraneo,  che  sono  destinati  ad  un  commercio  di  più 
ristretto  raggio  di  operazioni,  hanno  alla  loro  entrata  non  meno  di  dieci  metri 
di  acqua,  e  non  pochi  di  essi  superano  questa  misura;  quindi  Odessa,  Costan- 
tinopoli, Atene  (Pireo),  Trieste,  Venezia,  Ancona,  Brindisi,  Messina,  Palermo, 
Napoli,  Livorno,  Genova,  Marsiglia,  Barcellona,  Algeri,  ecc.,  si  troverebbero  in 
condizioni  migliori  di  Portosàido  se  non  si  giungesse  coi  molo  massimo  alla  pro- 
fondità stabilita  dalla  sapienza  della  Commissione  internazionale  (1). 

E  a  Voi  cosa  facile  conquistare  i  dieci  metri  di  acqua,  protraendo  con  sollecitu- 
dine i  moli  alla  lunghezza  necessaria.  La  lunghezza  stabilita  dalla  Commissione 
internazionale  di  3,500  metri  nel  molo  massimo,  e  di  2,500  in  quello  minimo, 
non  crediamo  che  sarà  più  sufficiente,  quando  i  moli  l'avranno  raggiunta,  giac- 
che l'aumento  della  spiaggia,  e  il  va^sto  interrimento  sopravvenuto,  e  che  sempre 
cresce,  dopo  cominciati  i  lavori  del  molo  sinistro,  avrà  naturalmente  diminuita 
la  profondità  dell'acqua  in  più  vasta  estensione,  gradatamente,  e  dove  erano  dieci 
metri  di  fondo,  forse  non  ve  ne  saranno  che  otto.  Ma  la  difficoltà  massima  sta 
nel  conservare  la  conquistata  profondità ,  senza  bisogno  di  continua  e  sollecita 
protrazione  dei  moli. 

Uno  di  noi  spinge  tant'oltre  il  timore  che  gl'incute  questa  difficoltà  che  torna 
oggi  ali  idea  dell'antemurale,  già  proposto  dagl'Ingegneri    del  disegno  prelimi- 

(1)  Tra  i  motivi  che  indussero  la  Commissione  internazionale  a  stabilire  la  profondità  di  dieci  metri  alla 

TiZ  olo^olV1  fu  anche  quell° pour  tenir  compte  de  la  levèe  de  la  lame-  ^Rapp°rt  citato- paris  l856> 

p.  Ul,  olà  e  31 5). -Questo  importante  avvertimento  della  Commissione  ne  suggerisce  altri.  Ella  sig  Pro- 
cessore, ha  più  volte  ripetuta  la  profondità  ridotta  a  misura  di  otto  o  dieci  metri  d'acqua,  come  limite  ove 
,  6SSere  Tlta  U  dlga  occidentale  *»  mare.  Or  dunque  io  credo  domandarle  licenza  di  notare  quanto 
impropria  sia  questa  vaga  maniera  di  fissare  la  profondità  dell'acqua  nella  bocca  di  un  porto,  e  quante 
dannose  conseguenze  ne  seguirebbero,  se  si  arrestasse  il  molo  massimo  in  otto  metri  d'acqua.  In  questo 
caso  il  nuovo  porto  egiziano  si  troverebbe  in  condizione  peggiore  anche  di  quello  di  Civitavecchia,  che 

A  u  r^^  LeVanle  n°n  men°  di  metri  9'50-  Cou  mare  ondeggiato,  un  bastimento  che  fosse 
diretto  ed  obbligato  di  entrare  in  Portosàido,  non  vi  troverebbe  che  sei  metri  utili  alla  bocca,  e  non 
ai  rado  anche  meno.  Neil' indicato  caso,  a  che  servirebbe  la  profonder  minima  de  8  mètres  stabilita 
dalla  Commissione  internazionale  per  la  profondità  interna  del  Canale  da  un  mare  all'altro?  V  S  non 
ignora  la  diversità  che  corre  tra  la  posizione  di  un  bastimento  che  si  trova  in  un  porto  e  che  vuole 
uscirne  e  quella  di  un  bastimento  che  si  trova  fuori  e  che  deve  entrare  in  un  porto.  «  Les  bàtiments 
attenderti  sans  danger  dans  un  pori  les  circonstances  favorables  pour  en  sortir,  ce  qu'ils  ne  peuvent  pas 
mujours  faire  au  large  pour  entrer  »  (Minard).  Dunque  quel  bastimento  che  per  uscire  dal  porto  con 
mare  calmo,  vuole  otto  metri  d'acqua,  nell'entrare  quel  desso  nel  medesimo  porto  può  volerne  dieci  e 
Più,  pel  beccheggio  che  l'ondeggiamento  del  mare  gli  cagiona. 


706  SUL  PORTOSÀIDO 

nare  e  dalla  Commissione  internazionale  soppresso,  d'adottarsi  quando,  spinte  le 
due  dighe  fino  alle  divisate  profondità  in  mare  ,  si  riconoscesse  il  bisogno  di  dar  loro 
tali  ulteriori  prolungamenti  che  esponessero  a  spesa  maggiore  di  quella  che  dalla  crea- 
zione del  detto  antemurale  sarebbe  richiesta  (Paleocapa;  1868).  Ben  inteso  però,  che 
non  mai  dovrebbe  costruirsi  parallelo  al  lido  in  una  spiaggia  che  cammina,  sic- 
come venne  proposto,  sibbene  pressoché  perpendicolare ,  cioè  nello  stesso  anda- 
mento del  molo  massimo;  tanto  più  che  il  vento  regnante  e  dominante  infuria 
da  sinistra,  quindi  l'antemurale,  o,  per  meglio  dire,  la  diga  isolata,  deve  con- 
traporglisi;  ed  a  condizione  che  in  testa  al  molo  massimo  vi  sia  innestato  il 
braccio  a  ritroso,  affinchè  la  bocca  del  Canale  e  la  diga,  o,  meglio  ancora,  la 
protrazione  isolata,  si  conservino  completamente  utili,  siccome  venne  dimostralo 
con  esempii  nella  proposta  del  nuovo  sistema. 

L'idea  maestra  che  ci  preoccupa,  sig.  Presidente,  è  pubblicamente  e  privata- 
mente professata  in  Francia  da  molti,  e  il  numero  sempre  più  crescerà  appresso 
all'ammiraglio  Lafon  de  Ladébat,  all'ispettore  generale  Noél,  ed  agli  esperti  uf- 
ficiali di  marina.  Voi  potete  desumerlo  dal  valore  delle  dichiarazioni  che  in  Ap- 
pendice qui  Vi  presentiamo.  Essa  è,  inoltre,  professata  pure  dal  sig.  Régy,  inge- 
gnere capo  dei  ponti  e  strade. 

Questi,  dai  suoi  studii  idrografici  ed  idraulici,  ha  dedotto:  «  que  le  regime  des 
vagues,  des  courants  et  des  atterrissements  était  le  mème  sur  la  còte  occidentale  du 
golfe  de  Péluse  que  sur  le  còte  orientale  du  gol  fé  de  Lion;  que  des  ouvrages  en  tra- 
vers  de  la  còte  en  mer  apporteraient  le  mèm,e  trouble  à  ce  regime  établi,  que  par  con- 
séquent  on  aurait  à  lutter  à  Sa'id  comme  à  Cette,  avec  des  difficultés  de  mème  nature  » . 

Ciò  vuol  dire  che,  con  i  sistemi  conosciuti  ed  usati  fino  ad  oggi  nella  dispo- 
sizione dei  moli,  come  non  si  è  mai  ottenuto  un  buon  porto  in  Cette,  ad  onta 
di  tutta  la  scienza  ed  il  volere  di  una  illuminata  e  potente  nazione,  così  non  si 
otterrà  in  Sàido.  «  Mais,  Egli  soggiunge,  que  Von  peut  parfaitement  surmonter  les 
difficultés  à  Sa'id,  comme  nous  le  demontrerons  à  Cette,  par  la  direction ,  le  trace 
et  la  forme  des  digues,  pour  donner  une  entrée  et  un  chenal  sur  et  praticable ,  un 
bassin  et  une  rade  distincts  et  séparés  » . 

Questo  giudizio  si  legge  nell'  importante  periodico  Nouvelles  annales  de  la  Con- 
struction  (Parigi,  dodicesimo  anno,  settembre  1866,  colonna  132),  ove  è  in  corso 
di  pubblicazione  V  Etude  des  travaux  du  port  de  Cette  par  M.  Régy. 

In  seguito  (febbraio  1867  colonna  21)  questo  chiaro  ingegnere  è  tornato  sopra 
l'ultima  parte  dell'accennato  suo  giudizio,  e  ne  ha  sviluppate  le  idee  in  questi 
termini:  «  La  meilleur  position  qui  puisse  préserver  des  atterrissements  marins  le 
port  que  Von  voudrait  construire ,  est  celle  qui  le  séparerait  des  cours  de  sable  sur 
le  littoral  par  des  grandes  profondeurs  d'eau  et  assez  étendues  pour  qu'ils  ne  puissent^ 
les  franchir.  Mais  d'autres  considérations  peuvent  entrainer  le  choix  de  localités  qui 
ne  fassent  pas  les  frais  de  cette  défense  naturelle  contre  les  ensablements.  Alors 
il  faut  le  demander  aux  ouvrages  qui  doivent  former  le  port  artificiel.  C'est  par 
leur  disposition  et  leur  combinaison,  par  leur  trace  et  leur  forme,  quHl  faudra  obte- 
nir  une  entrée  séparée  des  sables  en  mouvement  dans  la  zone  des  bas-fonds ,  par 
une  grande  masse  d'eau  profonde,  qui  les  tiennent  éloignés  ;  et  défendue  contre  les 
matières  et  vases  du  large,  par  le  ressac  et  Vagitation ,  au  devant  et  en  dehors  des 
ouvrages  du  port,  qui  les  maintiennent  en  suspension  et  les  rejettent  au  loin. 

«  Cest  en  effet  à  la  mer  elle-mème   qiCil  faut  demander  la  plus  efficace  des   de- 
fenses  contre  Vapproche  des  sables  :  c'est   au   travati  incessant  des  vagues  et  des 


SUL  PORTOSÀIDO  707 

courants,  sollicité  et  dirige  par  les  ouvrages  du  pori,  qu'il  faut  demander  Véloigne- 
ment,  le  transport  et  le  dépót ,  en  dehors  et  sans  inconvénient  pour  la  navigation, 
des  sables  que  la  mer  soulève  des  bas-fonds,  entrarne  et  diarie  sans  cesse  » . 

Ma  tutto  questo  non  ci  dà  ancora  la  dimostrazione  da  lui  annunziataci  nel 
settembre  1866:  ci  prova  soltanto  che  il  celebrato  ingegnere  francese  ha  ricono- 
sciuto in  Porfosàido  il  medesimo  grave  difetto  notato  già  da  uno  di  noi,  e  che 
egli  ne  cerca  il  rimedio  tenendo  la  stessa  via  da  questo  battuta  e  da  oltre  due 
lustri  mostrata  pubblicamente  in  Italia  ed  in  Francia  conducente  alla  méta.  Si 
assicuri,  Illustre  Signore,  che  essa  è  Punica  che  possa  condurre  alla  scoperta 
di  un  espediente  allo  a  salvare  i  portocanali  dal  loro  principale  e  decisivo  di- 
fello  —  gì5  insabbiamenti  agli  approcci  della  bocca  del  porto.  —  Noi  abbiamo 
molto  desiderato  che  il  sig.  Régy  facesse  di  pubblica  ragione  quello  da  lui  pen- 
sato e  promesso,  ma,  quantunque  sieno  trascorsi  venlidue  mesi,  il  nostro  desi- 
derio è  restato  deluso.  Quindi  ragion  vuole  che  egli  non  abbia  trovato  niente  di 
meglio  di  quello  proposto  e  pubblicato  fin  dal  1856  da  uno  di  noi,  e  però  sempre 
più  siamo  convinti  della  bontà  del  nostro. 

Vi  ha  di  più.  Voi,  in  virtù  di  quella  prudenza  che  tanto  Vi  onora,  avete  voluto 
consultare  il  sig.  ingegnere  Chevallier  intorno  al  merito  dell'espediente  che  Vi 
proponiamo.  L'acutissimo  ingegno  di  questo  idraulico  non  ha  potuto  trovarvi 
alcun  intrinseco  difetto,  e  solo  ha  creduto  che  i  due  lievi  e  parziali  timori  del 
sig.  de  Tessan  avessero  esuberante  peso.  Ma  dalla  lettera  di  luglio  del  passato 
anno,  scrittavi  da  uno  di  noi,  Voi  dovete  aver  veduto  come  chiaramente  dimo- 
strasi la  lievità  di  quei  due  timori,  quando  anche  dallo  stato-  immaginario  pas- 
sassero al  reale.  Ed  oggi,  dalle  citate  dichiarazioni,  vedrete  confermata  la  verità 
di  quella  dimostrazione,  d'altri  giudici  imparziali  e  compelentissimi 

Né  ciò  è  tutto.  Voi  sapete  che  da  uno  di  noi  fu  proposto    questo  stesso  espe- 
diente per  un  nuovo  porto  in  Pesaro,  e  che  da   ufficiali  e  compelentissimi   Con- 
sessi venne  approvalo.  Ebbene,  checché  ne  possa  essere  stato  detto  in  contrario 
se  avesse  avuto  esecuzione,  siamo  sicuri  che  oggi  noi  potremmo  presentare  a  Voi 
il  fatto  del  suo  felice  risultamento. 

Così  essendo:  noi,  di  pieno  accordo,  qui  ripetiamo  la  Conclusione   che  uno  di 
noi  Vi  sottoponeva  nella   lettera  qui  sopra  ricordata,   dopo    avervi    brevemente 
esposto  le  ragioni  che  lo  indussero  alla  ricerca  ed  alla  proposta  di  un  nuovo  sistema. 
«  In  questo  solo  modo  noi  siamo  convinti  che  si   riuscirà   a  conservare  spur- 
gata la  entrata  del  Canale  di  Portosàido;  e  però  con  esso  si  può  in  realtà  man- 
dare a  tempo  per  noi  remoto  il  bisogno  di   protrarre  i  moli.  Incatenando  e  ben 
dirigendo  la  nociva  potenza  dei  flutti  e  della  corrente  liitorale  da  essi  sospinta 
a  malfare,  si  avrà  dall'unione  di  queste  forze  un  perenne  e  vigoroso  lavoro   di 
spurgo,  ed  allora  soltanto  l'asserzione  del  Russell  potrà  esser  vera.  Questo  modo 
(che  per  noi  è  la  diga  isolata,  la  bocca  di  ponente  e  la  scogliera  parallela  al  lido 
ossia  braccio  a  ritroso)  ha  inoltre  il  vantaggio  di  non  aumentare  la  spesa  di  prima 
costruzione,  anzi  di  sminuirla  d'assai.  Imperocché  la  gettata  ed  il  manufatto  del 
maggior  molo  sarebbero  accorciati  di  quattrocento  metri,  senza  toglier  nulla  alla 
distanza  dell'estremo  punto  dall'alto  mare  alla  riva;  la   gettata  ed  il  manufatto 
del  molo  minore  sarebbero  diminuiti  di  seicento  metri,  senza  diminuire  la  tran- 
quillità del  porto:  in  tutto  mille  metri  di  meno  di  costruzione  e  di  manutenzione 
dei  moh;  e  solo  vi  sarebbe  l'aumento  di  quattrocento  metri  pel  braccio  di  sco- 
gliera semplice  e  di  sezione  tanto  più  stretta  dei  moli. 

Giorn.  lng.  —  Voi.  XVI.  —  Novembre  1868.  47 


708  SUL  PORTOSÀIDO 

«  Per  procedere  innanzi  con  tutte  le  cautele,  dati. già  tanti  schiarimenti,  fac- 
ciamo ora  una  supposizione.  Ammettiamo  che  il  trovato  che  Vi  proponiamo, 
quantunque  riposi  sopra  ciò  che  la  scienza  e  l'esperienza  ci  dettano,  e  quan- 
tunque abbia  riportato  l'approvazione  di  Consessi  e  di  giudici  competenti,  pur 
tuttavia  non  risponda  ai  comuni  desiderii;  in  una  parola,  supponiamo  che  fallisca. 
Quali  ne  saranno  le  conseguenze?  Eccole:  La  diga  isolata  sarebbe  unita  al  mag- 
gior molo,  interrotto  per  una  lunghezza  di  400  metri,  ed  il  minor  molo  sarebbe 
continuato  fino  a  2500  metri  già  approvati.  Ma  la  spesa  necessaria  per  riunire 
la  diga  isolata  al  maggior  molo  e  quella  per  completare  la  lunghezza  del  minore 
figurano  già  nel  piano  approvato.  Quindi  si  avrebbe  soltanto  la  spesa  in  più  di 
quattrocento  metri  di  semplice  scogliera  per  il  braccio  innestato  al  molo  di  po- 
nente che,  secondo  il  piano  approvato,  non  si  farebbe.  La  quale  spesa  pel  pro- 
posto braccio  di  scogliera  semplice,  non  sarebbe  mica  perduta,  anzi  utilissima; 
perchè  sbarrando  a  2600  metri  dalla  riva  il  corso  delle  materie  che  tendono  a 
sormontare  l'intero  molo  di  3500  metri,  si  avrebbe  sempre  un  utile  guardiano 
per  racchiudere  la  totalità  delle  materie  più  pesanti  e  la  maggior  parte  di  quelle 
più  leggiere,  che  scorrono  da  ponente  a  levante  lungo  il  lido  di  cui  si  tratta,  e 
per  naturale  conseguenza  si  conserverebbe  meglio  il  fondo  dinanzi  la  entrala  del 
canale,  si  ritarderebbe  moltissimo  una  seconda  protrazione  ai  moli,  e  si  forme- 
rebbe sempre  un  utile  ricettacolo  o  sentina. 

t  D'altra  parte  se  il  trovato  risponde  alle  fondate  speranze,  si  avrà  oltre  al- 
l'intrinseco beneficio. che  esso  deve' produrre,  economia  di  tempo  e  di  spesa 
nella  costruzione  dell'intero  porto;  giacché  come  si  rileva  da  quanto  è  detto  di 
sopra,  diminuisce  la  gettata  ed  il  manufatto  dei  moli  per  ben  mille  metri  di 
lunghezza.  E  questo  non  è  piccola  cosa. 

«  Dunque  con  mandare  ad  effetto  il  ripetuto  trovato  nulla  si  perde,  se  fal- 
lisce: MOLTO  SI  GUADAGNA,  SE  CORRISPONDE  ALLA  NOSTRA  ASPETTAZIONE  ».  (Gialdi  ; 
1866  e  1867). 

—  Nella  povertà  dei  mezzi  in  cui  l'arte  versa,  pella  conservazione  di  questa 
specie  di  porti,  non  è  sano  consiglio  lo  abbandonare  una  proposta  di  migliora- 
mento, quando  anche  presenti  lontana  la  speranza  della  riuscita  e  vicina  la  pro- 
babilità d'inutile  impiego  di  denaro.  La  nostra  invece  è  ben  lungi  da  tanta  in- 
certezza, e,  nel  peggior  caso,  non  espone  ne  a  perdita  di  tempo,  né  a  danno 
economico. — 

Da  tutto  l'esposto,  Voi,  sig.  Presidente,  avrete  dedotto  due  verità  sulle  quali 
non  cade  più  eccezione  :  l.a  1'  opera  del  Portosàido  è  assalita  più  di  ogni  altra 
dagl'interrimenti,  ed  ha  meno  di  ogni  altra  armi  per  difendersi:  2.a  questa  me- 
desima opera  non  può  essere  salvata  che  in  due  modi;  o  con  il  sistema  della 
perenne  e  sollecita  protrazione  dei  moli,  o  con  quello  che  in  comune  oggi  noi 
Vi  proponiamo:  l'uno  o  l'altro  è  necessario. 

La  Commissione  internazionale  accennò  al  primo  modo,  ma,  dagli  studii  d'al- 
lora, l'Impresa  non  potè  sentire  il  grave  dispendio  e  le  conseguenze  contro  il 
buon  regime  del  lido,  dello  incessante  ed  attivo  prolungamento  dei  moli,  come 
se  1'  opera  fosse  sempre  in  corso  di  esecuzione.  Il  secondo  è  senza  dubbio  pre- 
feribile all'altro,  perchè,  come  Voi  avete  veduto,  introduce  una  rilevante  economia 
di  spesa  e  di  tempo  nell'opera  anche  prima  che  sia  compita  siccome  venne  dalla 
Commissione  proposta,  e  perchè  lascia  libero  il  campo  a  tornare  sul  primo  di- 
segno tutte  le  volte  che  il  secondo  non  desse  felice  risultamento. 


SUL  P0RT0SÀ1D0  709 

Egli  è  cerio:  ciò  che  noi  Vi  proponiamo  non  altera  punto  il  disposto  della 
preclara  Commissione  internazionale;  noi  ci  saremmo  guardati  bene  di  alterarlo 
senza  necessità  e  senza  utile  scopo,  siccome,  con  dispiacere  grande,  lo  vediamo 
nel  molo  orientale ! 

Inoltre  il  nostro  sistema  e  la  sua  riuscita,  di  che  noi  siamo  sicuri,  servirà  di 
utile  modello  a  tutti  i  porti  des  cótes  du  monde  entier,  secondo  il  giudizio  del  si- 
gnor de  Tessan,  ed  aggiungerà  un  imperituro  ramo  di  alloro  alla  Vostra  corona. 

Questo  è  quanto  io  Le  propongo,  sig.  Professore,  di  scrivere  con  me  al  signor 
de  Lesseps.  8 

Confessando  il  male,  già  in  massima  preveduto  dalla  Commissione  internazio- 
nale e  da  Lei,  male  inerente  alla  importuosa  costituzione  fisica  del  luogo,  e  pro- 
ponendo il  rimedio,  basato  su  quanto  la  scienza  e  l'esperienza  ci  dettano,  e  non 
sui  sofismi,  allora  vedrà  tacere  i  dubbii  che  oggi  sono  esternati  non  solo  dai 
nemici  della  grande  Impresa,  se  pure  ve  ne  sono,  ma  ben  anche  dagli  amici  ed 
amici  di  mente  e  dì  cuore:  -  <  Il  y  a  toujours  profit,  autant  que  loyauté,  à  alter 
au-aevant  des  objections,  quelque  intéressées  quelles  soient  (1)  •  —  e  non  accuserà 
più  me  di  persistere  nel  desiderio  che  il  mio  espediente  sia  messo  alla  prova: 
giacché  anch  Ella  crederà  col  Francolini,  che  tale  debba  essere  il  desiderio  di  tutti 
coloro  che  amano  il  progresso  del  benessere  sociale  della  scienza  (2). 

Ella  che  ha  proposto  un  guardiano  abbastanza  avanzato  in  mare,  e  che  è  Giunta 
persino  ad  ammettere  che ,  anche  dopo  spinte  le  dighe  alla  divisata  profondità 
in  mare,  vi  può  essere  bisogno  della  creazione  di  un  antemurale,  perchè  non 
convenire  fin  da  oggi  nella  mia  diga  isolata  e  nella  scogliera  o  guardiano,  che 
potrebbero  essere  attuate  anche  prima  che  le  dighe  fossero  spinte  al  divisato 

Io  spero  ch'Ella,  guidata  dal  solo  sentimento  del  bene   dell'Impresa  siccome 
lo  sono  io,  vorrà  accettare  la  mia  proposta  di  scrivere   con   me   una  lettera   di 
questo  tenore  al  s.g.  de  Lesseps,  ed  in  questa  speranza  mi  onoro  di  confermarmi 
Di  Civitavecchia  26  luglio  1868. 

Suo  Devotissimo 
Alessandro  Cialdi. 

APPENDICE. 

Nella  lunga  Nota  alla  sua  Lettera  il  professor  Paleocapa  rimprovera  al  profes- 
sore Brighent.  di  non  aver  persistito  nel  primo  suo  pensiero,  quello  cioè  di  ri- 
sarcire .1  vecchio  porto  pesarese,  «  cedendo,  a  quanto  pare,  troppo  facilmente  al- 
l  entusiasmo  con  cui  la  popolazione  di  Pesaro  aveva  dapprima  accolto  il  progetto 
Ualdi,  sul  quale  essa  fondava  le  più  belle  speranze  della  navigazione  » 

In  siffatta  maniera  sembra  che  il  professor  Paleocapa  non  dia  prova  di  molta 
stima  per  un  professore  che  chiama   illustre.  Il  quale   al   contrario   rese   molto 

(1)  E.  Flachat,  Mémoire  cit.  pag.  10. 

(2)  Relazione  citata  pag.  13. 


710  SUL  PORTOSÀIDO 

saviamente  ragione  al  Ministro  dei  lavori  pubblici  in  Roma,  perchè  preferisse  il 
progetto  del  Cialdi,  basandosi  principalmente  sopra  verità  di  arte,  e  non  sopra 
l'entusiasmo  di  una  popolazione.  Ecco  le  sue  parole: 

«  Questo  nuovo  andamento  (cioè  quello  dal  Cialdi  dato  al  canale)  soddisfa  com- 
piutamente (ai  bisogni  dal  Brighenti  stesso  indicati);  e  volgendosi  a  maestro  evita 
i  sopra  nominati  difetti  (del  vecchio  portocanale);  ha  inoltre  il  pregio  di  scaricare 
il  fiume  nella  parte  più  guardata  della  spiaggia».  E  continuando  a  notare  le  qua- 
lità del  disegno  Cialdi  che  gli  sembravano  pregevoli,  finisce  per  dire  che  Lui 
stesso  l'avrebbe  proposto  se  in  ciò  fare  non  avesse  ecceduto  il  mandato  (Rapporto 
del  23  maggio  1856). 

E  fu  tanto  ragionato  il  Rapporto  del  sig.  professor  Brighenti  che  lo  stesso 
Consiglio  d'Arie  di  Roma  non  si  peritò  di  attenersi  ad  esso  quando  ebbe  ad 
esprimere  il  suo  Voto  sul  progetto  Cialdi  al  ministro  pei  lavori  pubblici  che  ne 
lo  aveva  richiesto.  Ecco  un  passo  delle  sue  testuali  parole  :  «  Non  vi  ha  dubbio 
che  il  secondo  dei  nominati  progetti  (cioè  quello  del  Cialdi)  non  sia  per  riuscire  più 
efficace  del  primo  (di  quello  del  Brighenti) ,  e  le  ragioni  patentissime  som  baste- 
volmente  sviluppate  dall' ispettor  Brighenti,  senza  che  vi  sia  bisogno  di  ripeterle  ». 
(Sessione  del  Consiglio  d'Arte  del  giorno  23  giugno  1856).  E  quindi  il  Ministro  in 
relazione  al  giudizio  del  Consiglio  d'Arte,  decretò: 

«  Visto  che  il  Consìglio  d'Arte,  uniformandosi  col  suo  voto  al  rapporto  dell'  ispettor 
sig.  professor  Brighenti,  dichiara  preferibile  il  progetto  del  canal  curvilineo  ideato 
dal  comm.  Cialdi,  purché  la  relativa  spesa  non  ecceda  di  troppo  la  somma  indicata 
nello  scandaglio. 

«  Si  diano  le  occorrenti  istruzioni  alla  delegazione  Apostolica  di  Urbino  e  Pesaro 
affinchè  il  progetto  istesso  venga,  senza  più,  ridotto  a  piano  di  esecuzione  a  cura 
degl'  Ingegneri  della  provincia  pesarese  ;  e  di  questa  disposizione  si  dia  la  dovuta 
partecipazione  al  Consiglio. 

(Rescritto  9  luglio  1856  N.°  8806)  (1). 

Il  Ministro 


Milesi 


«  Apfès  avoir  étudié  avec  le  plus  grand  soin  les  savants  ouvrages  de  M.  le  Com- 
mandeur  Cialdi,  je  me  range  complètement  à  ses  opinions  sur  la  construction  des 
ports-canaux,  et  je  suis  convaincu  que  la  solution  qu'il  propose  pour  éviter  les  atter- 
rissements  en  avant  des  jetées,  est  la  seule  qui  permette  de  triompher  des  obstacles 
que  présente  jusqu'à  présent  ce  genre  de  travaux. 

«  Civitavecchia,  22  décembre  1867. 


m- 


«  Contre-Amiral  Laffon  de  Ladébat  » 


«  J' ai  l'honneur  de  remercier  Monsieur  le  Commandeur   Cialdi  de  ses  très4nté- 
ressantes  et  très-instructives  Communications. 

(1)  Lettera  al  sig.  Paolo  Giorgi  ff.  di  Gonfaloniere  di  Pesaro,  già  citata. 


iti- 


SUL  P0RT0SÀ1D0  71i 

«  Je  partage  entièrement  son  opinion  au  sujet  de  Port-Saìd  et  de  tous  les  ports- 
canaux  du  ménte  gente.  (Je  pourrais  citer  celui  du  Móne  qui  doit  déboucher  dans 
la  baie  de  Foz). 

«  Tous  ces  canaux  sont  fatalement  exposés  à  étre  ensablés  à  leur  embouchure.  — 
Les  forces  incessantes  des  vagues  l'emporteront  toujours,  dans  un  temps  plus  ou  moins 
long,  sur  les  forces  des  hommes.  — 

«  La  solution  très-ingénieuse  proposée  par  M.  le  Commandeur  Cialdi  pourra-t-elle 
combattre  ces  atterrissements  si  redoutables  ?  Le  raisonnement3  fonde  sur  des  scienti- 
fiques  observations 3  semole  étre  en  faveur  de  cet  heureux  résultat  que  l'auteur  du 
projet  obtiendrait  en  employant  la  force  des  vagues  elles  mémes  contre  les  dépóts  de 
sable.  —  Ce  serait  là  un  vrai  triomphe  de  l'art. 

«  Mais,  en  pareille  matière 3  Vexpérìence  seule  petit  prononcer  d'une  manière  defi- 
nitive. —  //  semble  facile  de  tenter  un  essai  dans  ce  sens  à  Port-Saìd  méme  sans  aug- 
menter  sensiblement  les  dépenses  des  jetées.  — 

«  Si  les  prévisions  du  savant  mar  in  se  trouvaient  confirmées  3  il  aurait  rendu  un 
immense  service  à  la  navigation  en  general,  à  Ventreprise  de  Visthme  de  Suez  en 
particulier. 

«  Uembouchure  du  Canal  de  Port-Saìd  ma  toujours  paru  devoir  étre  Vécueil  de 
cette  grande  et  noble  entreprise. 


Toulon  le  1  juillet  1868. 


C.  Noèl 
Insp.  gén.  de  ponts  et  eh.  en  ret.  » 


«  Toulon  le  28  juin  1868. 


Mon  cher  Commandeur 


«  Je  m'empresse  de  vous  faire  parvenir  la  petite  Note  que  vous  m'avez  demandée. 
Elle  est  Vexpression  d'une  conviction  sincère  et  indépendante. 

«  Quelque  modeste  que  puisse  étre  mon  opinion  sur  un  pareti  su jet 3  je  suis  heureux 
de  pouvoir  vous  l'offrir  comme  un  témoignage  de  Vestirne  profonde  avec  laquelle  j'ai 
l'honneur  d'ètre 

«  Votre  très-respectueux  et  obéissant  serviteur 

«  Felix  Julien  ». 


«  La  construction  des  Por ts- Canaux,  ielle  que  Monsieur  le  Commandeur  Cialdi 
propose  de  l'appliquer  à  Pori-Saul,  semble  reunir  les  conditions  les  plus  avantageuses. 

«  La  question  des  ensablements  ne  peut  étre  jugée  d'avance.  Elle  se  reduit  à  une  que- 
stion  deprobabilités,  et  ces  probabilités,  il  fautle  reconnaitre,  sont  en  faveur  du  projet 
du  savant  Commandeur.  En  pareille  matière  l'expérience  seule  peut  décider. 

«  Quant  aux  difftcultés  purement  nautiques ,  nous  ne  croyons  pas  qu' elles  soient 
sensiblement  augmentées  par  Vouverture  en  entomioir  qui  doit  créer  a  l'extrémité  de 
la  grande  jetóe  un  courani  transversal.  L'augmentation  qui  peut  en  résulter  dans  la 
violence  des  lames  n'empèchera  jamais  un  bdtiment  à  vapeur,  ni  méme  un  navire  à 
voiles,  de  franehir  l'étroit  éspace  laissé  à  découvert.  La  distance  de  700  mètres  qui 


7J2  SUL  PORTOSAlDO 

existe  entre  la  digue  isolée  et  Vextrémité  de  la  jetée  orientale  doit  permettre,  par  tous 
les  temps,  de  doubler  cette  jetée. 

«  D'ailleurs  s'U  pouvait  y  avoir  doute,  dans  les  circonstances  les  plus  défavorables, 
c'est-à-dire  par  une  tempète  de  nord-ouest,  la  digue  isolée  doit  offrir  un  mouillage  assuré. 

«  Toulon,  28  Juin  1868. 

Felix  Julien. 


«  Nous  avons  publié  au  commencement  de  1867,  dans  la  Presse  scientifiques  des 
deux  mondes,  un  article  rélatif  à  Vexcellent  ouvrage  de  M.  le  commandeur  Cialdi: 
Del  moto  ondoso  del  mare,  et  nous  y  avons  approuvé  non  seulement  ses  vues  gène- 
rales  sur  les  courants  et  sur  les  transports  de  matière  quHls  produisent ,  mais  en- 
core  la  solution  proposée  par  lui  pour  éviter  les  atterrissements  en  avant  des  jetées 
des  ports-canaux.  Nous  croyons  que  l'application  en  devrait  étre  faite  à  Port-Sa'id. 
Uaccumulation  des  matières  déjà  produite  au  vent  de  la  jetée  de  Vouest  montre  que 
Vensablement  s'étendra  très-rapidement,  et  M.  Cialdi  prouve  par  plusieurs  faits  qu'il 
peut  atteindre  les  fonds  de  10  mètres.  Il  s'agit  de  laisser  une  lacune  et  de  construire 
un  bout  de  jetée  à  angle  droit  de  400  mètres.  Supposons  que  Vexpérience  ne  justifie 
pas  la  construction  déduite  des  théories  de  M.  Cialdi.  On  aurait  alors  simplement  à 
combler  la  lacune  pour  revenir  au  système  adopté  jusqu'à  présent.  La  jetée  perpen- 
diculaire,  qui  aurait  cause  un  surcroit  de  dépense  ne  serait  du  reste  pas  inutile,  car 
elle  formerait  un  épi  qui  retarderait  assurément  la  marche  des  sables  pendant  un 
grand  nombre  d'années. 

«  On  a  fait  au  système  propose  par  M.  Cialdi  une  objection  au  point  de  vue  nau- 
tique.  Le  courant  transversai  et  les  vagues  de  Nord-ouest  ne  frapperaient-ils  pas  les 
navires  entrans  de  manière  à  les  dévier  considérablement  de  leur  route  et  à  les  empécher 
de  doubler  la  jetée  de  Vest?  Pour  que  ce  danger  se  présente  il  faut  supposer  qu'un  navire 
à  voile  fasse  la  faute  de  déboucher  de  la  jetée  avec  une  trop  petite  vitesse  au  milieu  d'une 
tempète  de  Nord-ouest.  Mais  cette  supposition  est-elle  admissible  ?  Le  navire  ne  serait-il 
pas  toujours  assez  maitre  de  la  manceuvre  pour  mouiller  à  temps  à  Vabri  de  cette  jetée  à 
fin  d'y  attendre  un  temps  plus  favorable  ? 

«  Toulon  1  Juillel  1868. 

«    F.    ZURCHER 

«  E.  Margollé  ». 


ERRORI 

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—  materia 

CORREZIONI 

citò 

fato 

teoria  di  niun  trasporto 

e  col  chiamare 

vento  regnante 

maniera 


LA    COMUNITÀ    DI   CREMONA, 

IL  NAVIGLIO  CIVICO,   ED  I  PROGETTI  DI  NUOVI  CANALI  IRRIGUI 

PER  QUELLA  PROVINCIA. 


Dieci  anni  sono  pubblicai  una  memoria  sotto  il  titolo:  Dei  progetti  intesi  a 
provvedere  alla  deficienza  di  acque  irrigue  nel  Cremonese,  che  aveva  letto  all'Isti- 
tuto Lombardo  delle  scienze.  In  essa,  oltre  alla  storia  di  vari  progetti  anteriori 
pel  fine  summentovato,  mi  proposi  di  dare  qualche  sviluppo  ad  un  mio  concetto 
comunicato  nel  1855  all'ingegnere  Eugenio  Nogarina  di  Cremona,  che  ebbe  di 
poi  ad  intraprendere  studi  per  attuarlo,  associandosi  gli  ingegneri  Fieschi  e 
Pezzini.  Esso  consisteva  nel  derivare  un  canale  dall'Acida  a  valle  di  Cassano 
per  impinguare  nella  stagione  estiva  gli  esistenti  canali  del  Cremonese  soggetti 
frequentemente  a  notevole  penuria  d'  acque  (1). 

In  quello  scritto  entrai  in  particolari  sull'idrografia  della  provincia  cremonese, 
ove  per  oltre  quattro  lustri  ho  iniziata  la  lunga  mia  carriera  ,  ed  affinchè  le 
notizie  in  esso  raccolte  si  diffondessero  maggiormente  fra  i  miei  concittadini, 
ne  inviai  400  esemplari  al  benemerito  sacerdote  signor  Don  Ferdinando  Manini 
per  esitarli  a  vantaggio  del  filantropico  ricovero  dei  giovani  discoli  da  lui  isti- 
tuito e  diretto.  Mi  si  fa  credere  per  altro  che  poco  frutto  ne  abbia  ricavato  per 
difetto  d' acquirenti ,  quantunque  si  trattasse  di  materia  molto  interessante  pel 
benessere  di  quella  provincia. 

La  convenienza  di  tale  derivazione  dall' Adda  erasi  desunta  dagli  studii  stati- 
stici che  aveva  istituiti  pel  corso  di  22  anni  sulle  portate  dell'Adda,  nel   quale 

(1)  Vedasi  l'articolo:  Rettificazione  de'  fatti  concernenti  il  nuovo  canale  dell'Adda,  inserito  nel  N.  56 
dell'anno  1862  del  Corriere  Cremonese,  ove  la  cosa  viene  dimostrata.  Nella  nota  comunicata  nel  1855, 
avendo  io  detto  che  per  una  derivazione  dall' Adda  sotto  Cassano  i  livelli  si  prestano;  e  che  le  acque 
dopo  la  metà  di  maggio  non  mancherebbero  giammai  (Memoria  del  1858  pag.  15),  dato  risultante  dai 
miei  studi  idrologici  su  quel  fiume  ,  avrei  così  rimossa  la  più  grave  difficoltà  che  dapprima  vi  si  op- 
poneva, quella  cioè  della  supposta  penuria  delle  sue  acque  nell'estate,  siccome  appare  dalle  discussioni 
che  vi  furono  sul  progetto  Galosio  del  1790  per  l'impinguamento  del  Naviglio  Civico.  E  diffatti  nell'atto 
di  Convocato  Generale  degli  interessati  del  Naviglio  è  inserita  la  Rappresentanza  di  un  anonimo  ove 
è  detto  :  «  Se  l' Adda  sopratutto  cospirasse  all'  intento,  oh  quanto  saressimo  felici  !  Beate  le  nostre 
«  campagne  se  quelle  acque  così  benefiche  e  fecondatrici  avessero  a  spandersi,  a  fluire  sopra  le  mede- 
«  sime  ed  a  temperare  la  rigidezza  delle  nostre!  »  Ma  fattosi  di  poi  il  progetto,  la  Commissione  esa- 
minatrice di  esso  soggiunse  nella  sua  Relazione:  «  Quelle  (acque)  dell'Adda,  stante  la  magrezza  a  cui 
«  è  soggetto  questo  fiume  in  tempo  di  siccità  per  le  grandi  estrazioni  superiori,  e  stante  l'orizzonte 
«  del  medesimo  troppo  depresso,  non  potrebbero  introdursi  nel  Naviglio  che  in  scarsa  copia  e  con  un 
«  cavo  troppo  protratto  da  giovare  appena  ad  alcuna  delle  ultime  bocche  inferiori  ». 


714  LA  COMUNITÀ  DI  CREMONA,  IL  NAVIGLIO  CIVICO, 

periodo  potei  convincermi  che  dopo  la  metà  di  maggio  non  manca  giammai 
l'acqua  di  questo  fiume  sotto  Cassano  per  una  copiosa  nuova  derivazione  utiliz- 
zabile nella  provincia  di  Cremona.  In  una  posteriore  Memoria  del  1863  intitolata: 

Altre  considerazioni  sulle  irrigazioni  della  Lombardia e  studii  idrologici  sul- 

r Adda  e  sulle  sue  derivazioni^  dimostrai  che  la  nuova  derivazione  potevasi  spin- 
gere dai  25  m.  e.  ai  35  m.  e,  partendo  dai  dati  risultanti  dalle  osservazioni  idro- 
metriche continuate  per  altri  sette  anni. 

Senza  entrare  a  discorrere  delle  successive  pertrattazioni  concernenti  questo 
grave  argomento,  e  del  merito  dei  progetti  sottoposti  all' autorità  governativa, 
ed  ammessi  in  massima,  ci  occuperemo  principalmente  del  modo  col  quale  abbiasi 
a  sostenere  l'occorrevole  dispendio,  punto  che  in  addietro  presentava  enormi 
difficoltà,  che  ora  possono  appianarsi  in  conseguenza  dei  cangiamenti  avvenuti 
nel  sistema  amministrativo  del  nostro  paese. 

Dapprima  consideravasi  il  progetto  siccome  un  perfezionamento  del  Naviglio 
civico,  ed  avrebbesi  voluto  incaricarne  la  Società  dei  navilisti  amministrata  dal 
Municipio  di  Cremona;  ma  insorgeva  la  considerazione  che  questo  non  ha  più 
il  carattere  che  vestiva  allorché  per  opera  sua  si  attivò,  e  si  migliorò  quel  canale, 
e  perchè  tralterebbesi  di  ingrandire  la  nuova  derivazione  oltre  al  limite  che  si: 
richiede  per  assicurarne  la  competenza.  E  poiché  mancavano  finora  dati  storici 
sulla  sua  origine,  avanti  alla  derivazione  dall'Oglio,  praticata  nel  1337  del  Navi- 
glio Nuovo,  tornerà  di  qualche  interesse  Pesame  di  alcuni  documenti  non  ha 
guari  scoperti,  atti  a  chiarire  i  fatti  anteriori  a  quest'epoca. 

In  un  documento  dell'anno  1037,  riportato  dal  Tiraboschi  nella  sua  Storia  del- 
l'Abbazia  di  Nonantola  (T.  II  pag.  171),  concernente  la  permuta  di  alcuni  ter- 
reni del  Cremonese,  si  parla  di  un  pezzo  di  terra  nel  comune  di  Cavallara,  posto 
in  prossimità  del  fiume  Cremonella  (coeret  ei  a  mane  fluvio  Qremmella),  località 
cui  oggidì  corrisponderebbe  il  Naviglio  Civico. 

In  un  documento  del  20  maggio  1188,  esistente  nell'archivio  segreto  di  Cre- 
mona, dicesi  che  il  Podestà  di  questa  città  accorda  l'investitura  d'affìtto  dei 
molini  che  si  trovano  sulle  acque  della  Cremonella  ad  Ottone  di  Casalmorano 
e  soci. 

In  altro  documento  del  31  marzo  1296  esistente  nello  stesso  archivio  segreto, 
si  ordina  dagli  Abbati  e  Sapienti  della  Gabella  Grossa  di  Cremona  agli  abitanti 
di  Casalbuttano  di  ricostruire  il  ponte  sul  Naviglio,  ove  altro  ne  esisteva,  il  quale 
potesse  servire  pei  commercianti  che  venivano  da  Bergamo  e  da  Soncinb  ;  come 
pure  di  riordinare  un  guado  dello  stesso  Naviglio  in  modo  da  renderlo  pratica- 
cabile  dalle  barche  vuote  e  cariche,  stabilendo  che  quei  terrieri  potessero  perce- 
pire un  danaro  per  ogni  carro  che  passasse  sul  ponte,  e  dodici  danari  all'anno 
per  ogni  fondo  di  barca  che  percorresse  il  Naviglio  (1). 

Da  que'documenti  si  può  quindi  ricavare  che  fino  al  principio  del  secolo  XIII 
la  Cremonella  fosse  un  canale  formalo   dall'  aggregazione  di  colatori   della   pro- 

(1)  Questi  due  preziosi  documenti,  e  qualche  altro  concernente  fatti  analoghi  pel  territorio  dipendente 
dalla  Comunità  di  Cremona,  avvenuti  nel  medio  evo,  mi  vennero  gentilmente  comunicati  dall'esimio  pa- 
leografo signor  Dott.  Ippolito  Cereda  di  Cremona,  il  quale  con  una  abilità  tutta  sua  propria  e  con  un 
operosità  straordinaria,  promossa  da  vera  passione  per  siffatti  studii,  sta  trascrivendo  i  più  importanti 
documenti  del  mentovato  archivio  segreto.  Parecchi  di  essi  relativi  a  quei  tempi  vennero  sommamente 
aggraditi  ed  apprezzati  dai  più  celebri  storici  viventi  della  Germania,  quali  sono  il  Wiistenfeld  di 
Gottinga,  ed  il  Winkeluiann  di  Dorpat,  che  li  riportarono  nei  classici  loro  scritti. 


ED  1  PROGETTI  DI  NUOVI  CANALI  IRRIGUI  715 

vincia  superiore,  diretto  all'altipiano  ove  sorge  Cremona,  allo  scopo  precipuo  di 
riempirne  le  fosse  fortificatorie  a  sua  difesa;  e  che  inoltre  della  notevole  caduta 
di  quelle  acque  si  approfittasse  onde  dar  movimento  ad  una  serie  di  molini    di- 
sposti sul  suo  corso.  Veduti  per  altro  i  sommi  vantaggi   conseguiti  colla  escava- 
zione  di  fontanili,  e  colla  derivazione  del  Naviglio  Grande  dal  Ticino   nel  Mila- 
nese e  della  Muzza  dall' Adda  nel  Lodigiano  ,  i  Cremonesi   si    sarebbero  indotti 
in  .quel  secolo  ad  arricchire  la  Cremonella   delle  copiose   sorgenti  che  sgorgano 
alla  superficie  del  terreno  costituente  l'estremo  settentrionale  del  loro  territorio, 
raccogliendole   nel  Naviletto  di  Barbata  ,  e   convertendo  così   la    Cremonella   da 
semplice  colatore  in  canale  navigabile,  cui  diedero  il  nome  di  Navìglio.  Utilizzale 
in  copia  moderata  le  acque  per  irrigazioni,  colla  coda  di  quel  Naviglio  avrebbero 
provveduto,  non  solo   al   riempimento  delle  fosse  fortificatorie   della   città,   ma 
eziandio  al  suo  espurgo  mediante  un  sistema  di  cloache  ingegnosissimo.  E  siccome 
la  principale  di  esse  é  il  cosidetto  Canale  Marchionis,    ed    alle  sue    diramazioni 
vien  dato  il  nome  di  Marchesane,   ne   abbiamo  dedotto  che   tale   opera    edilizia 
veramente  grandiosa  fosse  attribuibile  al  marchese  Uberto  Pallavicino,  che  intorno 
alla  metà  di  quel  secolo  era  podestà  e  capitano   de' Cremonesi.   Notammo   pure 
come  in  quel   torno   essi   erigessero  la  sontuosa    loro   cattedrale  coli' annessavi 
grande  torre  chiamata  il  Torrazzo,  il  palazzo  Civico  col  Pretorio,  e  quello  della 
Milizia. 

Riconosciuta  per  altro  l'insufficienza  del  Naviglio  Vecchio  a  sopperire  alle 
esigenze  sempre  crescenti  delle  irrigazioni  dell'alto  territorio  cremonese,  quel 
Municipio  venne  nella  determinazione  eli  aggiungere  ad  esso  un  iNaviglio  nuovo 
derivandone  le  acque  dall'Oglio  nel  comune  di  Cividate  sul  territorio  di  Bergamo! 
Nella  mia  Memoria  precitata  del  1858  entro  in  particolari  sulle  successive  de- 
rivazioni delle  acque  Pallavicino  e  delle  roggie  bresciane,  le  quali  ultime  depau- 
perarono il  Naviglio  Nuovo.  Indicasi  pure  come  il  Condominio  Pallavicino  abbia 
provveduto  alla  reintegrazione  della  competenza  de'suoi  canali,  in  modo  per 
altro  non  completo,  e  come  per  la  sua  posizione  altrettanto  non  possa  farsi  nel 
Naviglio  Civico.  ^ 

Se  questo  poi,  dopo  l'aprimento  del  Naviglio  Nuovo,  ha  cessato  di  essere  na- 
vigabile, lo  si  deve  attribuire  alla  necessità  di  renderne  stabile  il  fondo  mediante 
scanni  che  lo  attraversano  in  prossimità  delle  bocche  di  erogazione,  i  quali  im- 
pedivano il  barcheggio.  Sembra  che  dapprima  si  avesse  tuttavia  intenzione  di 
eseguire  un  piano  col  quale  fosse  reso  il  canale  nuovamente  navigabile,  ma  che 
di  poi  vi  si  sia  rinunziato,  attesa  la  difficoltà  preaccennala,  e  quella  più  gi.ve 
ancora  dell'eccessiva  violenza  della  corrente  per  l'accresciuta  sua  portata  che 
avrebbe  richiesto  l'aggiunta  di  conche  inventate  un  secolo  dopo.  Nelle  premesse 
■fatti  del  decreto  del  1551  col  quale  il  Senato  di  Milano  approva  le  Previsioni 
del  Naviglio  di  Cremona,  che  dicesi  escavato  da  quella  Comunità,  notasi  che  per 
tal  modo  si  è  reso  più  ferace  il  territorio,  che  vengono  con  esso  riempite  le  fosse 
della  citta,  e  si  espurga  questa  dalle  immondezze  mediante  due  acquedotti  ag- 
giungendosi :  prceter  alia  commoda  s  quw  ex  ipso  navigio  percipiuntur  3  multoaue 
amplwra  succederti,  si  navibus  fiat  permeabile. 

Alla  pagina  6  della  precitata  mia  Memoria  del  1858  osservo  «  che  allorquando 
«  vennero  pubblicati  nel  1390  gli  statuti  della  Comunità  di  Cremona,  per  la  loro 
«  osservanza,  in  quanto  risguardavano  le  strade,  gli  argini  e  le  acque,  eravi  un 
!  apposito  uffiziale  che  vi  sovrintendeva.  Nel  1551,  sotto  l'impero   di   Carlo  V 


716  LA  COMUNITÀ  DI  CREMONA,  IL  NAVIGLIO   CIVICO, 

«  furono  approvate  le  Provisioni  del  Navìglio  Civico  di  Cremona,  colla  istituzione 
«  di  un'apposita  magistratura,  consistente  in  sei  cittadini  eletti,  quali  deputati 
«  dal  Consiglio  generale  di  essa  Comunità,  i  quali  assistiti  da  un  Commissario, 
«  intendevano  specialmente  ai  suo  regolamento.  Quattro  di  essi  deputati  dove- 
«  vano  essere  interessati  nel  Naviglio,  e  ad  ogni  biennio  si  passava  alla  loro 
«rielezione,  conservandone  sempre  due.  Le  loro  attribuzioni  si  estendevano 
«  anche  agli  argini  ed  ai  dugali  o  colatori;  ma  nel  1568 ,  sotto  il  dominio  di 
«  Filippo  II,  venne  per  quest'ultimo  oggetto  creata  un'altra  magistratura,  com- 
«  posta  egualmente  di  sei  prefetti  scelti  dal  Consiglio  Generale  nel  ceto  nobile, 
«  quattro  dei  quali  dovevano  avere  i  loro  poderi  nelle  regone  arginate  dei  fiumi 
«  Po,  Adda  ed  Oglio.  La  loro  rielezione  facevasi  colle  stesse  norme  ad  ogni 
«  biennio  {Provisiones  Aggerum  et  Dugalhim).  Sembra  che  con  questo  sistema  siasi 
«  proceduto  fino  al  1777  quando  per  le  provincie  vennero  soppresse  le  civiche 
«  amministrazioni.  .    , 

«  IL  Municipio  di  Cremona  continuò  per  altro  ad  amministrare  le  tre  Società 
«  del  Naviglio,  degli  argini  e  dei  dugali  con  un  metodo  alquanto  semplice,  de- 
«  legando  a  ciascheduno  dì  que' dipartimenti  un  proprio  Assessore,  o  Savio,  coa- 
«  djuvato  da  un  Commissario  e  da  un  ingegnere  d'ufficio.  Nei  1809  gli  ìnte- 
«  ressati  del  circondario  dei  dugali  si  eressero  in  apposita  Società  consorziale, 
a  colle  norme  segnate  dal  regolamento  20  maggio  1806  sugli  scoli  e  bonifica- 
«  zioni,  ed  altrettanto  fece  non  ha  guari  la  Società  degli  arginisli.  Quella  del 
«  Naviglio  continua  ad  essere  amministrata  dal  Municipio,  inquanto  che  il  canale, 
«  come  vedremo,  venne  in  origine  escavato  dalla  Comunità  di  Cremona,  ed  a 
«  questa  appartiene  la  coda  del  Naviglio  ». 

Osservava  per  altro  alla  pagina  27  che  dapprima  quella  Comunità  «  reggeva  1  in- 
tera provincia,  mentre  oggidì  (nel  1858)  le  sue  attribuzioni  si  limitano  alla  città 
murala  coi  così  eletti  Corpi  Santi  entro  la  cerchia  delle  antiche  fortificazioni  » 
cosicché  le  mancherebbe,  come  dissi,  il  carattere  primitivo,  circostanza  che  ren- 
deva appunto  arduo  lo  scioglimento  della  questione  finanziaria  rispetto  all'at- 
tuazione del  progetto  del  nuovo  canale  dell'Adda. 

Cui  gioverà  dare  un  cenno  dei  cambiamenti  avvenuti  nella  circoscrizione  am- 
ministrativa del  territorio  cremonese.  Nel  medio  evo  esso  comprendeva  il  ter- 
ritorio di  Crema  e  si  estendeva  verso  il  Nord  alla  così  detta  Caldana  ed  ai 
territori!  di  Covo,  Antegnate ,  Fontanella,  Mozzanica  e  Fornovo  ;  e  nella  parte 
orientale  terminava  all' Oglio,  limite  tuttavia  della  Diocesi  Cremonese.  Il  terri- 
torio Cremasco  passò  di  poi  sotto  il  dominio  della  Repubblica  di  Venezia,  ed  al 
principio  del  secolo  XV  quelli  di  Bozzolo,  Sabbioneta  e  Viadana  vennero  ceduti 
ai  Gonzaga  e  quindi  al  Mantovano.  Nel  primo  regno  italico  Cremona  divenne  la 
città  centrale  del  dipartimento  dell'alto  Po,  cui  furono  uniti  i  territorii  di  Lodi  e 
di  Crema,  stralciandone  per  altro  all'estremo  confine  settentrionale  i  mentovati 
comuni,  che  vennero  aggregati  al  Bergamasco,  ossia  al  Dipartimento  del  Seno  (1). 

Erettosi  poi  nel  1814  sotto  la  dominazione  dell'  Austria  il  regno  Lombardo- 
Veneto,  che  venne  diviso  in  provincie,  coi  territorii  di  Lodi  e  di  Crema  si  formò 
una  provincia  separata,  senza  però  reintegrare  l'antica  provincia  cremonese  dei 

(lì  Veggasi  per  la  posizione  dei  confini  del  Cremonese  verso  il  Bergamasco  nel  1754  il  libro: 
tato    fra  S.   M.    V  Mp    Regina   M.    Teresa  e  la  Sereniss.  Repubblica  di  Venezia.  —  Milano  1707  presso 
Giuseppe  Bichini  Malatesla  stamp.  R.  Camerale. 


ED  I  PROGETTI  DI  NUOVI  CANALI  IRRIGUI  717 

Comuni  stati  uniti  a  quella  di  Bergamo,  quantunque  ciò  fosse  di  non  lieve  suo 
interesse,  trovandosi  in  que'  territorii  i  capi-fonte  che  alimentano  l'antico  suo 
Naviglio  Civico. 

Costituitosi  nel  1859  il  nuovo  regno  italico,  alla  provincia  di  Cremona  si  è 
nuovamente  unito  il  territorio  cremasco,  ed  in  forza  del  trattato  di  Zurigo  le  fu 
pure  annesso  il  territorio  mantovano  a  destra  dell' Oglio,  che  anticamente  le  ap- 
parteneva; ma  dopo  la  cessione  della  Venezia  esso  venne  restituito  alla  provincia 
di  Mantova. 

In  quanto  al  sistema  amministrativo,  lungo  sarebbe  il  tessere  la  storia  delle 
sue  vicende  durante  i  rivolgimenti  politici  cui  soggiacque  la  Lombardia  sul  ca- 
dere del  decorso  e  sul  principio  di  questo  secolo.  Sta  per  altro  in  fatto  che,  fon- 
datosi nel  1805  il  regno  italico,  colla  legge  di  finanza  del  17  luglio  1805  venne 
riunita  la  quota  d'imposta  fondiaria  dipartimentale  all'erariale,  assumendosi  lo 
Stato  tutte  le  spese  che  incombevano  ai  dipartimenti,  ossia  alle  provincie. 

Sotto  il  governo  austriaco  la  cosa  procedette  egualmente,  tolta  sempre  l'antica 
autonomia  alle  provincie;  giacche  e  le  Congregazioni  provinciali  e  la  centrale 
non  erano  se  non  corpi  collegiali  consulenti  che  rappresentavano  gl'interessi 
dei  comuni,  de' quali  esercitavano  la  tutela  (1). 

Sotto  Fattuale  legislazione  per  altro  le  provincie  si  sono  nuovamente  costi- 
tuite autonome,  e  vengono  così  a  rappresentare  gli  antichi  municipii  da  cui 
erano  governate  per  tutti  gli  oggetti  che  interessano  la  loro  circoscrizione  terri- 
toriale. A  mio  avviso  perciò  l'amministrazione  provinciale  di  Cremona,  mediante 
il  Consiglio  provinciale  e  la  Deputazione  che  lo  rappresenta,  corrisponderebbe 
precisamente  a  quella  della  Comunità  di  Cremona,  che  fece  escavare  l'antico  ed 
il  nuovo  Naviglio  Civico,  e  ad  essa  spetterebbe  il  provvedere  al  suo  riordina- 
mento insieme  agli  altri  miglioramenti  del  territorio  alle  sue  cure  affidato  ri- 
chiamando in  vigore  gli  antichi  regolamenti  in  quanto  non  si  oppongano  'alla 
legislazione  attuale.  Queste  osservazioni  già  da  qualche  tempo  le  ho  comunicate 
a  persone  che  si  occupavano  dell'attivazione  dei  miglioramenti  preaccennati  e 
trovo  opportuno  di  dar  loro  nella  presente  Memoria  il  conveniente  sviluppo 
nella  speranza  di  ottenerne  ottimi  effetti. 

In  quanto  ai  pubblici  scoli,  e  questa  e  l'anteriore  legislazione  ne  lascia  la 
cura  ai  consorzi  d'interessati.  E  per  altro  da  avvertirsi  che  il  principale  di  questi 
quello  cioè  dei  cosidetti  Dugali  inferiori  cremonesi,  è  di  tale  estensione  da  ren- 
dere materialmente  impossibile  la  riunione  degli  interessati,  giacché  corrisponde 
ad  un  terzo  della  provincia,  quale  trovavasi  anteriormente  al  1859.  Trentacinque 
anni  sono  perciò,  dopo  che  eransi  introdotti  gravi  disordini  nella  sua  ammini- 
strazione per  soverchia  parsimonia,  e  perchè  non  se  ne  rinnovava  la  rappresen- 
tanza, si  dovette  ricorrere  al  ripiego  di  eleggere  questa  da  una  lista  dei  cento 
estimati  principali,  e  di  procedere  all'elezione  dei  delegati  consorziali  coi  con- 
vocare  presso  i  commissarii  distrettuali  i  rappresentanti  dei  singoli  comuni  corn- 
ei) Abbenchè  nella  Lombardia  l'imposta  erariale,  ossia  diretta,  comprendesse  così  anche   la  provin- 

1U obre^eoTT  ""  ?T"  TcT  de"°  '^  tUUe  ,e  ^SQ  ^'^^  «>11  "legge 
d  1  1 TZ  o/  !'.'  TT«  T  T  °  "  dlCembre'  lG  VGnne  *****  nraP°sta  Provincie 
ÌL\  o I,%  ,  I         P°fa  '    "  qUale  VGnÌVa  ad  eSSerG  Un  duP1Ìcat0  e  che>  commisurata  all'ag- 

gregato  delle  due  imposte  preaccennate,  riusciva  aumentata  in  una  proporzione  notevole.    Dubitasi  che 

Si.  Z22\:2Tnì  pel  consuaglio  del,e  imposte  siasi  avut0  r^ard0  a  *■*■  ^°  « 


718  LA  COMUNITÀ  DI  CREMONA,   IL  NAVIGLIO   CIVICO, 

presi  nel  consorzio.  Gran  parte  dì  questo  è  irrigatorio  con  acque  del  Naviglio 
Civico  e  con  altre  di  ragione  privata,  e  sonvi  apposite  antiche  discipline  che 
regolano  Fuso  delle  acque  irrigue  in  guisa  da  non  pregiudicare  gli  scoli,  ad 
indennità  eziandio  dei  territorii  limitrofi.  Siccome  e  l'uno  e  l'altro  oggetto  in- 
teressano la  prosperità  territoriale,  ma  possono  dar  luogo  a  conflitti,  importerebbe 
assaissimo  che,  a  termini  degli  antichi  regolamenti,  fosse  il  tutto  subordinato 
all'autorità  provinciale,  perchè  provveda  giusta  le  vedute  del  maggior  vantaggio 

generale. 

Premesso  le  esposte  considerazioni  concernenti  1'  amministrazione  della  pro- 
vincia di  Cremona,  passeremo  a  parlare  dei  progetti  per  sopperire  al  difetto  della 
irrigazione  del  suo  territorio. 

Nella  precitata  Memoria  dei  1863  osservava  che  le  attuali  derivazioni  dall'Adda 
fino  a  Cassano,  nella  stagione  estiva,  esauriscono  un  corpo  d'acqua  di  145  m.  e. 
Siccome  per  altro  sui  34  chilometri  del  corso  del  fiume  a  valle  dell'emissario 
del  lago  affluiscono  copiose  sorgenti,  e  le  acque  del  Brembo,  anche  nelle  più 
rimarchevoli  siccità  vi  si  aggiungeranno  non  meno  di  10  m.  e.  d'acqua;  cosicché 
basterebbero  135  m.  e.  all'emissario  stesso  per  sopperire  a  tutte  le  derivazioni. 
Ne  consegue  che  quando  ivi  si  avrà  un  efflusso  di  160  m.  e,  lochè  avviene  col- 
1' altezza  di  m.  0,50  sullo  zero  all'idrometro  di  Como,  saranno  disponibili  sotto 
Cassano  25  m.  e;  e  35  m.  e.  quando  l'efflusso  si  porterà  a  170  m.  e.  colPaltezza 
di  m.  0,57  sopra  zero.  Ci  si  potrebbe  osservare  che  mediante  la  chiusa  di  deri- 
vazione,' non  sarà  dato  di  estrarre  in  totalità  l'acqua  defluente  nel  fiume,  attesi 
i  disperdimenti  inevitabili;  su  di  che  notasi  che  vi  suppliranno  abbondantemente 
le  sorgive  del  suo  fondo  e  delle  sue  sponde  ne' cinque  chilometri  a  valle  di 
Cassano,  quando  la  Muzza  e  gli  altri  canali  che  lo  costeggiano  sono  gonfii  colla 
loro  competenza  estiva.  Vedasi  per  la  Muzza  la  nota  alla  pagina  13  della  Me- 
moria stessa  (1). 

Avendo  ora  raccolte  le  osservazioni  idrometriche  del  lago  di  Como  a  tutto  il 
1866  quindi  pel  corso  di  33  anni,  ne  risulta  che  l'altezza  di  m.  0,57  all'idro- 
metro di  Como,  e  perciò  la  disponibilità  di  35  m.  e.  dopo  la  magra  di  primavera 
si  è  avuta,  in  aprile  per  4  anni  nella  2.a  decade,  e  per  2  anni  nella  3.a  decade; 
in  maggio  per  10  anni  nella  l.a  decade,  per  10  anni  nella  2.a  decade,  e  per  6 
anni  nella  3.a  decade.  Per  un  anno  poi,  in  occasione  della  memorabile  ed  insì- 
stente magra  del  1844,  non  si  ebbe  se  non  al  12  giugno.  Dunque  sopra  33  anni, 

(1)  Nella  nota  alla  pag.  20  della  mia  Memoria  del  1858  dimostro  che  la  portata  di  72  m.  e.  dell'Adda 
presso  Rivolta  misurata  alla  metà  dell'agosto  1857  era  dovuta,  non  alle  sole  sorgenti,  come  si  era  fatto 
credere  da  gente  del  luogo  agli  ingegneri  Nogarina  ,  Fieschi  e  Pezzini,  ma  principalmente  agli  scari- 
catori della  Muzza  e  del  Ritorto.  Lo  provava  partendo  dai  dati  d'uffizio  sul  regolamento  delle  porte 
di  quegli  scaricatori  avvenuto  allora  dal  10  al  20  agosto.  Avendo  ora  calcolato  dietro  studii  posteriori, 
che  allorquando  l'efflusso  dall'emissario  del  lago  giunge  a  170  m.  e.  si  hanno  disponibili  35  m.  e.  per 
una  nuova  derivazione  sotto  Cassano,  tenuti  a  calcolo  10  m.  e.  verisimilmente  provenienti  dalle  sorgive 
a  monte,  e  dalle  acque  del  Brembo,  questo  dato  collimerebbe  assai  prossimamente  colla  misura  ta 
dai  nominati  ingegneri.  Imperciocché,  giusta  le  osservazioni  giornaliere  dell'idrometro  di  Como  sotto 
la  derivazione  della  Muzza  si  avrebbero  avuti  disponibili  il  10  agosto  1857,  88  m.  e;  nei  giorni  14  e  15, 
56  m  e;  nel  giorno  16,  73  m.  e;  nel  18,  93  m.  e.  che  si  sarebbero  ridotti  a  ^  m.  e.  il  2b  ;  ed  a 
37  m  e  dal  29  al  31.  Se  a  Rivolta  si  sono  misurali  72  m.  e.  alla  metà  di  agosto,  ossia  dal  15  alio, 
potrebbero  avervi  influito  le  sorgenti  aggiuntesi  da  quel  punto  a  Cassano.  La  piena  passeggera  d 
giorno  18  che  supponemmo  attribuibile  al  Brembo,  era  invece  dovuta  al  lago  per  effetto  d.  temporali, 
frequenti  In  quel  mese  nella  regione  alpina.  Questi  ravvicinamenti  giovano  a  dimostrare  l'attendibile 
dei  calcoli  preventivi  sulla  portata  estiva  dell'Adda  i  quali  costituiscono  la  base  del  progetto. 


ED  I  PROGETTI  DI  NUOVI   CANALI   IRRIGUI  719 

ossia  un  terzo  di  secolo,  in  26  anni  si  avrebbe  avuta  tutta  l'acqua  occorrente 
anche  all'irrigazione  de'prali  dopo  il  taglio  del  maggengo;  qualche  difello  sa- 
rebbevi  stato  in  altri  sei  anni  ma  per  pochi  giorni,  e  più  notevole  poi  nel  1844, 
evento  che  deve  per  altro  considerarsi  siccome  straordinario.  Circa  alla  inaura 
estiva  d'agosto,  ne' due  anni  1859  e  1864  soltanto  sarebbevi  stato  difetto,  limitato 
pero  a  pochi  m.  e.  e  per  un  intervallo  di  pochi  giorni,  difetto  che  non  avrebbe 
avuto  un'influenza  apprezzabile  sulle  irrigazioni.  Vedasi  per  un  dato  approssi- 
mativo il  prospetto  (G)  unito  alla  precitata  mia  Memoria  del  1863. 

Alle  pagine  17  e  18  di  quella  del  1838  ho  dimostralo  come  dalle  sorgenti  di 
Fornovo,  oltre  alla  competenza  della  roggia  Alchina  diretta  al  territorio  Cremasco, 
che  dovrebbe  assicurarsi,  si  possano  verisimilmente  derivare  6  m.  e,  ossieno 
300  once  cremonesi,  che  sarebbero  preziose  perchè  defluenti  anche  nelP  inverno 
e  nella  primavera,  quando  mancherebbero  quelle  del  canale  dell'Adda,  ove  con 
spesa  moderata  si  dovrebbero  condurre  a  destra  del  Serio,  a  monte  dell'  acque- 
dotto col  quale  sarà  attraversato  questo  fiume.  Per  tal  modo  nella  stagione  estiva 
si  avrebbero  disponibili  41  m.  e.  d'acqua  irrigua  che  potrebbero  distribuirsi 
come  segue  : 

La  somma  delle  competenze  delle  bocche  contribuenti  del  Naviglio  di  Cremona 
è  di  once  1357,  equivalenti  a  27  m.  e,  compresa  la  coda  di  esso  Naviglio  spet- 
tante alla  città  (1),  e  supposto  che  si  dovesse  provvedere  alla  deficienza   di   esse 

per  circa  una  metà  occorrerebbero m.  e.  14 

Con  questo  aumento  e  coli' aggiunta  di  altri  7  m.  e.  si  potrebbe*  ri- 
durre la  ruota  d'irrigazione  da  giorni  16  a  10,  sostituendo  la  rotazione 
quinquennale  o  seiennale  alla  quadriennale  nella  coltura  del  suolo     .        »       7 
Per  una  maggiore  estensione  della  irrigazione  si  calcolano  altri   .  »      8 

Quindi  in  tutto  pel  Naviglio  Civico mTcT29 

Per  gli  acquedotti  Pallavicino  onde  completare  le  attuali  irrigazioni, 

e  per  estenderle  maggiormente  si  calcolano »       q 

Per  impinguare  le  derivazioni  del  Serio,  che  servono  all'irrigazióne 
della  zona  compresa  fra  il  Serio  vivo  e  l'Adda  da  una  parte  ed  il  Serio 
Morto  dall'altra,  da  Crema  a  Pizzighettone,  e  per  l'ampliamento  delle 
irrigazioni  del  territorio  di  Crema,  si  calcolano »      6 

Tornano    m.  e.  41 

In  quanto  alla  spesa,  il  progetto  per  la  derivazione  di  25  m.  e.  

dall' Adda  la  calcola  in L     3  500  000 

Che  si  suppone  abbia  ad  aumentare  per  l'accresciuta  portata  fino  a      »  ~4  80o'oOO 
Si  calcolano  inoltre 

Per  la  derivazione  delle  sorgenti  di  Fornovo »       600  000 

Per  gli  adattamenti  del  Naviglio  Civico  dipendentemente  dall'ac- 
cresciuta  sua  portata ,     1,600,000 

Totale  spesa  da  sostenersi  dall'amministrazione  provinciale  .    .      »     7,000,000 
•  Altra  spesa  da  incontrarsi  dai  privati  utenti  per  la  sistemazione 
dei  canali  esistenti,  e  l'escavazione  dei  nuovi  dipendentemente  dal- 
l'ampliamento dell'irrigazione »     3  000  000 

Ascenderebbe  così  in  tutto  la  spesa  a L.  10,000,000 

Crimea  SI0  fIa  reint^zi?ne  del.la  cod*  ^1  Naviglio  ed  al  contributo   dell'odierno   Municipio  di 
Cremona  vedasi  la  proposta  di  transazione  alla  pag.  25,  col.  2.*  della  Memoria  del  1858.  P      Q1 


720  LA  COMUNITÀ  DI  CREMONA,  IL  NAVIGLIO   CIVICO, 

Aumento  presumìbile  del  reddito  nitido  dei  terreni  ossia  del  loro  affitto: 

Pel  completamento  della  competenza  delle  bocche,  e  quindi  per  la  modifica- 
zione delia  rotazione  agraria  sopra  50/m.  ettari  pari  a  pert.  cens.  750/m.  in  ra- 
gione di  L.  3  alla  pertica L-  2,250,000 

Per  le  irrigazioni  nuove  sopra  ettari  8/m.  ossieno  pert.  120/m.  sul 

cremonese  a  L,  4 »      480>000 

Per  6  m.  e.  utiiizzabili  alla  destra  del  Serio  Morto,  la  più  parte 

nel  territorio  di  Crema,  si  calcolano  i  2/3  della  cifra  precedente    .  »     320,000 

Aumento  totale  del  reddito  nitido L.  3,050,000 

Questo  corrisponderebbe  così  al  30  per  %  della  spesa  occorrente.  Che  se  per 
avventura  avesse  effettivamente  a  ridursi  al  25,  od  anche  al  20  per  %,  il  vantaggio 
sarebbe  tuttavia  immenso,  avuto  riguardo  alla  circostanza  che  l'aumento  della 
produzione  del  suolo,  e  quindi  della  ricchezza  territoriale  dovrebbe  commisurarsi 
alla  più  parte  del  reddito  lordo. 

Col  complesso  di  quelle  derivazioni,  integrata  la  competenza  del  Naviglio  Civico 
mediante  14  m.  e,  sarebbero  alienabili  27  m.  e,  d'acqua  estiva  ossiano  once 
cremonesi  1350,  che  al  prezzo  moderato  di  L.  4000  darebbero  L.  5,400,000  co- 
sicché si  ridurebbe  a  poco  più  di  un  milione  e  mezzo  la  spesa  per  la  prima  eli 
quelle  operazioni  da  rifondersi  dai  Navilisti  (1). 

Da  questi  calcoli,  esposti  in  via  approssimativa,  scorgesi  quindi  che,  assumen- 
dosi l'Amministrazione  provinciale  l'esecuzione  di  tali  miglioramenti,  può  man- 
darli ad  effetto  senza  alcun  aggravio  dei  contribuenti,  e  piuttosto  coli' introdurre 
dei  risparmj  convertibili  in  miglioramenti  degli  scoli  della  provincia  inferiore 
in  sussidio  al  Basso  Viadanese,  al  fine  di  separare  le  sue  acque  da  quelle  alte 
del  Cremonese,  e  togliere  così  i  vincoli,  dipendenti  da  antichi  concordati,  ad 
estendere  ivi  le  irrigazioni, 

In  un  articolo  segnato  X,  inserito  nel  N.  23  del  1865  del  Corriere  Cremonese, 
si  fece  una  critica  alquanto  rigorosa  di  questo  progetto  con  eccezioni  che  parti- 
vano specialmente  da  imperfetta  cognizione  delle  circostanze  di  fatto  risultanti 
dalle  anteriori  Memorie  precitate,  e  che  verrebbero  eliminate  colle  nuove  notizie 
e  colle  considerazioni  ora  aggiunte.  Ivi  notavasi  poi  che  coli' incassare  il  nuovo 
canale  nel  terreno  si  verrebbe  ad  emungere  le  sorgenti  le  più  superficiali  e 
quindi  a  pregiudicare  l'irrigazione  del  territorio  cremasco  superiore.  Tali  emun- 
gimenti  avverranno  nelP  inverno  ed  al  principio  della  primavera  quando  saranno 
depresse  le  acque  del  nuovo  canale.  Ma  iniziata  l'irrigazione  estiva,  cesseranno 
per  la  più  parte,  imperciocché  il  pelo  d'acqua  si  troverà  di  soli  20  a  50  centi- 
metri ragguagliatamente  sotto  il  piano  delle  basse  campagne.  Quando  per  altro  da 
ciò  derivasse\ealmente  un  danno,  particolarmente  alle  più  prossime  zone  dei 
terreni,  sarebbe  sempre  dato  compensarlo,  facendo  uno  scambio  d'acque  del 
nuovo  canale  con  quelle  delle  roggie  più  alle  che  lo  intersecano,  le  quali  po- 
trebbero così,  mediante  appositi  becchetti,  dare  acqua  ai  terreni  di  quelle  zone. 
Questi  per  altro,  generalmente  acquitrinosi,  fuori  della  stagione  delle  irrigazioni 

(1)  Per  l' ampliamento  delle  irrigazioni  è  naturale  che  gli  utenti  dovranno  calcolare  inoltre  l' interesse 
del  capitale  per  1'  acquisto  dell'  acqua,  e  le  spese  pel  conguagliamento  dei  terreni. 


ED  I  PROGETTI  DI  NUOVI  CANALI   IRRIGUI  721 

avrebbero  l'utile  rilevantissimo  di  un  drenaggio  naturale  che  li  risanerebbe,  e  ne 
migliorerebbe  la  condizione  (1). 

Siccome  il  difetto  nelle  acque  del  nuovo  canale  si  verificherebbe  nei  primordi, 
del  a  primavera  e  nell'inverno,  importerebbe  assaissimo  che  non  si  ritardasse 
ubicazione  delle  sorgenti  di  Fornovo ,  le  quali  possono  allora  somministrare 
acqua  continua,  operazione  cui  forse  potrà  aggiungersi  quella  di  estendere  l'esca- 
none di  fontani .  anche  a  sinistra  del  Serio.  A  tale  scopo  gioverebbe  promuo- 
vere dal  Governo  la  restituzione  alla  provincia  di  Cremona  dei  territori!  che 
ne  furono  stralciati  al  principio  di  questo  secolo,  ove,  come  dicemmo,  esistono 

di il! li  r       r'g  °  CÌVÌC°  6  di  a"ri  SU0Ì  canali  di  «ià  esistenli>  «  da  aprirsi 
Lo„,    '.  ■       nm0Vere   'e   dÌfflc°Ua  all'-a"««ione  dei  mentovati  miglio- 

ramenti,  le  qual.   dipenderebbero   da    diversa    giurisdizione    amministrativa   e 

glUQlZlciri3. 

I  giornali  annunziano  essersi  iniziale  pratiche  per  mandare   ad    effetto   l'irri- 
gazione della  pianura  friulana  colle  acque  della  Ledra,  pel  quale  oggetto  la  Cassa 

Risparm.o  Lombarda  parrebbe  disposta  a  fare  un  prestito  di  sei  milioni.  Sembra 
quindi  che  questa  non  si  rifiuterebbe  a  fare  altrettanto  coli' amministrazione 
piovinciale  di  Cremona  per  un  progetto  più  semplice,  che  risguarda  il  solo  per- 
ezionamento  ed  ampliamento  di  un  sistema  irriguo  già  in  corso  da  secoli  A 
tal  uopo  gioverebbe  comporre  un  comitato  corrispondente  alla  antica  magistra- 
tura delle  acque,  il  quale  assistito  da  parechi  tecnici  italiani,  i  più  distinti  nel 
ramo  spedale  delle  irrigazioni,  e  dai  pratici  de' luoghi,  procederebbe  innanzi 
tutto  ad  un  rigoroso  esame  dei  progetti  predisposti  per  introdurvi  quelle  modi- 
ficazioni che  si  giudicassero  necessarie ,  e  per  porgere  le  norme  circa  a  quelli 
da  redigersi.  H 

Effettuandosi  poi  in  varie  rate  tale  prestito  ammorlizzabile  in  un  ventennio 
circa,  si  intraprenderebbero  i  lavori  mediante  appalti,  togliendosi  così  dagli  in- 
convenienti che  l'esperienza  pur  troppo  dimostrò  andare  annessi  alle  concessioni 
a  società  d'azionisti,  nelle  quali  le  perdite  toccano  ai  sodi  di  buona  fede  per 
arricchire  pochi  speculatori,  con  sommo  detrimento  del  credito  del  paese. 

Limitala  da  princìpio  la  derivazione  al  necessario  per  impinguare    il  Naviglio 
Livico  e  le  sue  diramazioni,  che  dovrebbero  sistemarsi  a  carico  delle   rispettive 
utenze;  onde  sopperire  queste  alla  relativa  spesa  potrebbero  ricorrere  egualmente 
a  prestito  simile  con  garanzia  della  provincia,  e  quindi  a  condizioni  favorevoli 
avendo  essa  una  contro-garanzia  nella  concessione  delle  acque.   In   quanto   alla' 


m.  e. 


(1)  Non  dovendo  essere  frequente  il  caso  che  nella  stagione  estiva  occorra  tutta  la  portata  di  35 
«  Potendosi  d  altronde  accrescere  questa  fino  a  40  m.  e.  semprechè  si  usi  la  precauzione  di  non  cari- 
care  di  troppo  il  canale  a  sinistra  del  Serio,   ne  consegue  che  pel    territorio    cremasco    compreso    fra 
questo  fiume  e  1  Adda  sarebbe  dato  allora  di  accrescere  il  sussidio  alle   sue   irrigazioni  oltre  alla  mi- 
sura dianzi  calcolata.  Tale  sussidio  avverrebbe  quando  nei  calori  dell'estate  scema  l'afflusso  delle  sor- 
genti, dalle  quali  derivano  per  la  più  parte  le  acque  dei  suoi  canali  irrigui.    Ne'  grandi    canali    d' irri- 
gazione derivati  da  fiumi,  o  da  laghi,  il  primo  tronco  è  pressoché  sempre  di   notevole  lunghezza  e  di 
una  struttura  dispendiosissima,   avanti  di  raggiungere  i  piani  sui  quali  vengono  utilizzate  le    acque    II 
'proposto  canale  dell'Adda  invece  collo  stesso  primo  tronco  di  derivazione,  eseguibile  mediante  la  sem- 
plice escavatone  di  campagne  piane,  porgerebbe  immediatamente  ad  esse  il  benefizio  dell'irrigazione 
ì  talché   viene   a   riuscire   in   ragione   della   sua   portata  di  una  economia  del  tutto  eccezionale.  Valgano 
;  queste  considerazioni  a  dimostrare  come  sia  dell'interesse  dei  proprietarii  di  quel  territorio  che  abbia 
a  mettersi  in  atto  il  progetto,  e  di  cooperare  a  questo  fine,  rimovendo   le    opposizioni    che    contro  di 
esso  avessero  ad  elevarsi. 


722  LA  COMUNITÀ  DI  CREMONA,  IL  NAVIGLIO  CIVICO,  ECC. 

cessione  di  queste  od  altre  utenze,  a  prezzi,  come  vedemmo,  moderatila  retri- 
buirsi in  rate  in  corrispondenza  a  quelle  pattuite  per  l'estinzione  del  prestito, 
tale  cessione  avrebbe  luogo  mediante  prenotameli  mano  mano  che  pervenissero 
le  domande,  le  quali  senza  dubbio  non  tarderebbero  a  farsi  per  non  rimanere 
esclusi  dal  benefizio  che  sarà  per  risultarne. 

Colla  derivazione  del  canale  Cavour,  che  riflette  l'interesse  esclusivo  di  tre 
delle  antiche  provincie,  si  è  indebitatamente  aggravato  senza  il  menomo  concorso 
di  queste  il  povero  bilancio  dello  Stato  di  una  passività  enorme.  Pel  nuovo  ca- 
nale dell'Adda  la  spesa  invece  si  assumerebbe  interamente  dalla  provincia  cre- 
monese, quantunque  essa  versi  nella  più  terribile  crisi  economica.  Imperciocché, 
mentre  l'unica  fonte  de'suoi  redditi  sta  nella  produzione  del  suolo,  la  proprietà 
fondiaria  trovasi  oggidì  oppressa  direttamente  o  indirettamente  da  imposte  ecces- 
sive  e  da  un  deprezzamento  conseguente  alla  vendita  dei  beni  demaniali. 

L'unico  mezzo  di  scongiurare  siffatta  crisi  sta  nell'  eseguire  il  progetto  del 
nuovo  canale  dell'Adda,  mercè  il  quale  verrebbe  rigenerata  la  più  parte  del  suo 
territorio  Non  dubitasi  quindi  che  per  i  motivi  sviluppati  in  questo  scritto,  l'am- 
ministrazione provinciale  non  abbia  ad  adoperarsi  in  ciò  colla  massima  premura, 
anche  per  ottenere  dal  Governo  quelle  decisioni  che  valgano  onde  compiere 
l'opera  nel  miglior  modo  possibile. 

Ing.  Elia  Lombardini. 


NOTA 
INTORNO  LE  EQUAZIONI  DELLO   STATO  PROSSIMO  AL  MOTO 

DELLE  MACCHINE  SEMPLICI. 

(Vedi   tav.  29,  figg.  1  a  5) 

i.  La  distinzione  delle  macchine  nello  stato  prossimo  al  moto  si  fa  luogo  al- 
lorché in  esse  si  vogliono  prendere  in  considerazione  le  resistenze  provenienti 
dagli  attriti,  dalla  rigidezza  delle  funi,  ecc. 

In  tre  diverse  maniere  di  moto  si  considera  e  si  misura  l'attrito,  e  così  Y at- 
trito stesso  suol  distinguersi  in  tre  specie  diverse.  Senonchè  quello  di  prima  e 
terza  specie,  cioè  quello  di  un  corpo  che  striscia  radendo  un  piano,  e  quello  del- 
1  asse  di  una  ruota,  non  sono  che  una  cosa  stessa  considerati  dal  punto  di  vista 
meramente  meccanico.  La  differenza  sta  in  questo:  che  nell'attrito  di  terza  specie 
il  soffiamento  si  effettua  costantemeute  nelle  stesse  parli  e  fra  superficie  curve, 
all'opposto  di  quello  che  avviene  per  l'attrito  di  prima  specie. 

Il  moto  rotatorio  poi,  effettuandosi  intorno  un  punto,  non  dà  luogo  ad  attriti 
di  sorta,  e  la  considerazione  dello  stato  prossimo  al  moto  rotatorio  non  ha  luogo 
se  il  punto  d'appoggio  o  di  rotazione  resta  il  medesimo. 

2.  Pel  caso  di  una  leva  semplicemente  appoggiata  sopra  un  fulcro,  la  risultante 
delle  forze  deve  passare  per  l'elemento  superficiale  di  contatto  fra  la  leva  ed  il 
fulcro,  onde  resti  impedito  il  moto  rotatorio  della  leva.  Il  moto  progressivo  della 
medesima,  cioè  il  suo  strisciare  sopra  il  fulcro,  non  si  effettua  se  non  in  grazia 
di  una  forza,  che  sospinga  la  leva  in  direzione  tangenziale  all'elemento  superfi- 
ciale di  contatto  summenzionato,  superando  le  resistenze  provenienti  dall'attrito 
Epperò  l'angolo  che  la  risultante  delle  forze  fa  coll'elemento  superficiale  di  con- 
tatto dev'essere  un  angolo  determinato  e  dipendente  dal  coefficiente  d'attrito 
onde  si  abbia  lo  stato  prossimo  al  moto  progressivo. 

3.  Laonde  data  una  forza  (P),  la  sua  direzione  (CAB^n)  ed  il  braccio  di  leva 
corrispondente  (a -a?),  la  direzione  (CBA^m)  ed  il  braccio  di  leva  (x)  della 
forza  o  resistenza  (Q)  facente  equilibrio  alla  prima ,  rimangono  i  bracci  di  leva 
completamente  determinati  dalla  condizione  di  equilibrio  di  moto  rotatorio  indi* 
pendentemente  da  quello  progressivo,  per  soddisfare  al  quale  è  d'uopo  rintrac- 
ciare una  seconda  relazione  fra  essi  elementi  e  l'attrito. 

Mi  faccio  a  questa  ricerca  supponendo  indeterminata  la  posizione  del  fulcro 
Dalla  fig.  l.a  si  avrà 

P  (a  —  x)  sen  n  =  Q  x  sen  m  (ay 

tango  =  i-  {b) 

tang  0  =  BC ~-^—  m 

«-BC  cos  m  V) 


Giorn.  tng.  —  Voi  XV L  —  Dicembre  1868, 


48 


724  NOTA  INTORNO  LE  EQUAZIONI 

La  relazione  (a)  è  di  condizione  per  l'equilibrio  di  moto  rotatorio;  la  (p)  esprime 
l'angolo  che  la  risultante  delle  forze  deve  fare  coli' elemento  di  contatto  fra  la 
leva  ed  il  fulcro,  indicandosi  con  f  il  coefficiente  di  attrito.  L'equazione  (b)  esprime 
una  condizione  generale  da  soddisfare,  e  questo  si  ottiene  a  mezzo  della  rela- 
zione (e).  Adunque  le  due  relazioni  (5)  e  (e)  esprimono  la  condizione  che  la  ri- 
sultante delle  forze  applicate  alla  leva  faccia  l'angolo  voluto,  per  lo  stato  pros- 
simo al  moto  progressivo,  coli' elemento  di  contatto  fra  la  leva  ed  il  fulcro. 

Avendosi  B  G  =     g  sen  n   -,  le  equazioni  (a),  (b),  (e)  ci  porgono  le  due  rela- 
sen  (n  -j-  m) 
zioni  ricercate 

p  =  cosm(l  +  ftangm)x.0  (1) 

sen  n  (cot  n  —  f) 


x 


l-\-f  tangm 


x«  (2) 


1  +  cot  w  tang  m 
Per  f—0  queste  due  relazioni  si  riducono 

p  cos  n  ===  Q  cos  m  (3) 

«= - m 

1  -j-  col  n  tang  m 

che  infatti  in  questo  caso  deve  aversi  GM  perpendicolare  ad  AB,  ed  a?  =  BG  cosm. 
Se  le  forze  fossero  parallele  si  hanno  6  =  180°  —  m9  w  =  0,  e  quindi 

P  sen  n  =  Q  sen  m  (S) 

®~1  (6) 

0 

lo  che  vuol  dire  che  le  forze  debbono  trovarsi  nella  direzione  opportuna  alio 
stato  prossimo  al  moto  progressivo  indipendentemente  dalla  situazione  del  fulcro. 

4.  Il  caso  più  ovvio  è  che  non  sia  indeterminata  la  posizione  del  fulcro ,  ma 
invece  la  forza  o  potenza.  Si  determini  quindi  la  potenza  P  prescindendo  dalle 
resistenze  provenienti  dagli  attriti,  e  s'indaghi  l'incremento  (p)  della  potenza 
medesima,  onde  condurre  la  leva  allo  stato  prossimo  al  moto.  Si  supponga  ben 
anche  che  le  forze  non  cambiano  direzione  nei  due  stati  della  leva:  in  pratica 
avverrà  sempre  così,  o,  per  lo  meno,  potrà  ciò  ritenersi  senza  errore  sensibile. 

La  posizione  del  sistema  che  consideriamo  quando  si  ha  l'equilibrio  indipen- 
dentemente dagli  attriti  sia  ABC,  e  dipendentemente  dagli  attriti  (nello  stato 
prossimo  al  moto  progressivo)  A'  B'  G'.  Si  avranno  le  relazioni  (tìg.  2.a) 

(P  +p)  sen  z  =  Q  sen  (e  —  z)  («) 

tang0  =  -i  (W 

b  sen  0  =  1  sen  (e  —  z)      \  , . 

!  (e) 

(a  +  b)  sen  ri  =  l  sen  e 


DELLO  STATO  PROSSIMO  AL  MOTO  ECC.  725 

tZfl*Z-+"^n>  n'  =  n-°>>  si  davano  da  esse  equazioni,  dopo  varie 


trasformazioni 

P  +  jir-JlgElg_  +  ft  — 0)  — cos  (g  +  n~- 6)  tang  co 

sen  (0  ~  n)  +  cos  (0  —  n)  tang  w         X  Q  (7) 

tang  e  =  y  (8) 

A  tang2  co  +  B  tang  co  +  G  =  0  (9) 

essendosi  fatto,  per  brevità  di  calcolo, 

A  =  b  sen  0  sen  e  —  (a  +  b)  cos  n  cos  {e  +  n  —  0) 
B  =  (a  -f.  fe)  [sen  (e  +  n  -  0)  cos  n  +  cos  (e  +  n  -  0)  sen  n] 
C  =  è  sen  0  sen  e  —  (a  +  b)  sen  n  sen  (e  +  n  —  0) 
Nel  caso  di  a^b  le  forinole  non  si  semplificano  punto:  e  ciò  sta  bene  in 

Eo^d^rr gouo  disuguaii  ie  perpendicoiari  lh^°  «  ir:.;: 

fceTstw*'  CÌ°èChe,  le,f°rZe  P  e  Q  sien0  talmente  inclinate  alla 
èva  nella  sua  posizione  iniziale,  le  forinole  restano  immodificate,  perchè  nello 
stato  prossimo  al  moto  gli  angoli  corrispondenti  addivengono  disuguali 

Nel  caso  specialissimo  che  sia  m'  =  ri  sarà  n'  =  00°-  -e  e  g  =  6  +  -e -90° 
e  si  avranno 


2"  "  — 'ts- 


sen(|c_e) 
sen(-c+e 


(«') 


e  quindi 


tange  =  i-  (60 


/tang- e  —  l 


/tang— e  +  i 


2 


raltTt  nan"0  "^  VT'm°  al  moto  ,e  forze  sono  <>  Possono  riguardarsi  pa- 

S^lalnSiLK 

«o,  qualunque  sia  essa  inclinai ; pte^  S SS2ff*£ 


726  NOTA  INTORNO  LE  EQUAZIONI 

fa  d'uopo  avere  l'equazione  della  medesima,  e  la  posizione  delle  forze  relativa- 
mente agli  assi  <b,  y   della  curva.   Per  determinare   l'equazione  corrispondente 
alla  (4)  è  evidente  come,  una  volta   che  si  conosce  l'equazione  di  essa  curva, 
non  si  tratta  che  di  trovare   l'equazione  di  una  retta,  la  quale  passi  pel  punto 
d' incontro  delle  forze  e  raggiunga  la  detta  curva  in  un  punto  M  sotto  angolo 
dato,  dipendente  dal  coefficiente  d'  attrito.  La  relazione  di  condizione  che  ne  ri- 
sulta per  lo  stato  prossimo  al  moto  progressivo ,  è  in  funzione  dell  ordinata  del 
punto  M  della  curva,  nel  quale  dev'essere  incontrata  dalla  risultante  delle  forze. 
Cognita  per  tal  via  la  posizione  di  questo  punto  M  di  contatto  col  fulcro   si  po- 
tranno conoscere  le  lunghezze  delle  perpendicolari  da  questo  punto  calate  sulle 
direzioni  delle  forze  stesse,  onde  il  sistema  sia  in  equilibrio  di  moto  rotatorio 
e  sia  insìememenle  nello  stato  prossimo  al  moto  progressivo.   Questo  sarebbe 
processo  generale  da  tenersi;  senonchè  il  risultato  algebrico   si  troverebbe   tal- 
mente complicato  da  non  valere  la  pena  di  occuparsene,  potendosi   operare  in 
o^ni  e  singolo  caso  pratico  sopra  equazioni  numeriche.  Col!' uso  delle  coordinate 
trilineari  il  processo  si  semplifica,  ma  i  risultati  finali  sono  sempre  gli  stessi. 

6.  Ciò  premesso,  vengo  al  caso  della  curva  EMD  circolare.  La  posizione  del 
circolo  e  delle  forze  siano  dati  relativamente  alla  retta  che  passa  pel  centro  di 
esso  circolo  e  pel  punto  d'incontro  delle  forze,  nonché  rispetto  all'altra  retta 
ortogonale  condotta  pel  centro  del  circolo  medesimo.  Dalla  fig.  3.a  si  ricava 

_P_  =  Mj  =  FJ  (B) 

Q        M  p      ¥s 

tarigOMC  — "tanga  =  — f  (*) 

r  sen  MF  0     _  cos  <a  ^ 

FO- sen  (180°  —  »)~  sen  a 


Si  ha  inoltre -^-=2^, ossia  sén^g^,  d'onde  coso»=|/  l-pWJ 
Fatte  le  debite  sostituzioni  e  riduzioni  si  ottengono 


sen_g      jrb  ftm?  +  b  VW+  P)  ^  jang^-r^P  _  (U) 

P  -  Q  sen  T  X  _  r  h  f  tang  p  +  a  V(i  +  fW  tang2  P  :=^¥fi 


sen  to  =± 


, 


òtangpj/l+f2 

Aftìne  d'indagare  le  trasformazioni  di  queste  relazioni  variando  le  b,  p,  a,  r> 
si  deve  tener  conto  della  relazione 

a  tang  r  —  &  tang  P  % 

Per  p  =  180°  —  y-=  90° ,  ossia  pel  caso  di  forze  parallele  e  quindi  perpendi- 
colari alla  A  B3  si  ha  ____. 

P,QHA+/a'+^  (14) 

a  Vl+P-rf 


DELLO  STATO  PROSSIMO  AL  MOTO  ECC.  727 

ovvero,  con  sufficiente  grado  di  approssimazione, 


Per  p  =  90°  si  ha,  eliminando  prima  la  b, 


p=^-x 


Q_ ^  |/(1  +  P)  gg  tangs  Y  —  ry* 


cos  r     _  r  f  tang  T  +  yjìj~p)  &  tang2  T  __  f2  ^ 


(16) 


Se,  come  si  è  supposto,  ia  posizione  del  circolo  e  delle  forze  non  è  data  re- 
lativamente ad  una  retta,  che  passando  pel  centro  del  circolo  medesimo  è  anche 
perpendicolare  alla  OC,  si  potranno  in  tal  caso  determinare  i  valori  di  a,  b,  S,  r, 
avendo  i  corrispondenti  A,  B,  m,  n,  mediante  le  relazioni 


}  (17) 


m-{-  n  =  p  -}-  y 
b  tang  p  =  a  tang  y 
A  sen  n  —  a  sen  y 
B  sen  m  ~  b  sen  p 
le  quali  pel  caso  di  forze  parallele  trasformerebbero  la  (15)  nella 

p  __  B  sen  n  -f-  r  f 
~  ksenn  —  rf  ^ 

essendo  a  =  A  sen  n ,   è  ==  B  sen  n. 

7.  Nei  problemi  risoluti,  due  sono  state  le  ricerche  principali:  una  la  deter- 
minazione della  posizione  del  fulcro,  l'altra  il  legame  che  deve  esistere  fra  le 
forze  e  gli  altri  dati  del  problema.  In  tutti  gli  usi  però  ed  applicazioni  della  leva 
i  bracci  della  medesima  non  si  mantengono  di  lunghezze  costanti.  La  leva  nel 
ridursi  allo  stato  prossimo  al  moto,  modificandosi  una  delle  forze,  si  sposta  or- 
dinariamente, e,  in  ogni  modo,  cambia  sempre  il  punto  di  appoggio  per  ridursi 
a  quello  determinalo  coi  problemi  precedenti.  Di  qui  l'altra  ricerca  tendente  a 
determinare  la  nuova  posizione  della  leva. 

Comincio  dal  supporre  che  i  punti  della  leva  che  possono  appoggiarsi  sopra  il 
fulcro  sieno  disposti  in  linea  retta.  La  sezione  del  fulcro  sia  E  M  D.  Dalla  posi- 
zione iniziale  della  leva,  la  quale  deve  esser  nota,  aumentando  una  delle  forze 
componenti  (la  P) ,  si  vuol  condurre  la  leva  nello  stato  prossimo  al  moto.  Evi- 
dentemente in  allora  la  leva  si  troverà  in  questo  stato,  che  la  risultante  delle 
forze  incontra  la  curva  EMD  sotto  l'angolo  e  dipendente  dal  coefficiente  di 
attrito.  Conosciuto  per  tal  via  l'angolo  w,  e  quindi  l'arco  MD,  si  conosceranno 
anche  i  nuovi  bracci  di  leva  e  la  sua  posizione.  Può  accadere  che  mentre  la 
leva  AB  cambia  posizione,  anche  le  forze  cambino  d'intensità  e  direzione.  Qui 
supporremo  per  semplicità  di  calcolo  che  ciò  non  avvenga. 


728  NOTA  INTORNO  LE  EQUAZIONI 

La  posizione  ABC  sia  quella  di  equilibrio  indipendentemente  dagli  attriti.  Allo 
stato  prossimo  al  moto  si  riduca  in  A'  B'  C.  La  curva  della  sezione  E  M  D  sia 
qualunque.  Si  avranno  (fig.  4.a) 


1 

tangG  =  y  (&) 

{a  +  s)  sen  0  =  l  sen  (e  +  n'  —  6)     ì 
(«  +  fc)  sen  ri  =  J  sen  e  3 

essendo  5  =  MD,  J  =  c'B',  e  l'angolo  formato  dalle  due  forze  P  e  Q,  o  P+p  e  Q; 
ri  ed  tri  gli  angoli  che  le  forze  medesime  fanno  colla  nuova  posizione  della  leva; 
gli  angoli  analoghi  nella  posizione  iniziale  della  leva  sono  n,  m.  Dappoiché 
tri  —  co  +  m,  ri  =  n  —  co,  ed  5  =  9  (co),  si  avranno  in  luogo  delle  (a)  e  (e) 

(P  +P)  (sen  co  cos  (0  —  n)  +  cos  co  sen  (6— n))  == 

=  Q  (sen  co  cos  (6  +  tri)  +  cos  co  sen  (0  +  w))  (a') 

(a  +  9  (w)  )  sen  6  sen  e  =  (sen  co  cos  (0  +  m)  +  sen  (6  +  tri)  cos  co)  X 

X  (sen  co  cos  n  +  sen  n  cos  co)  (a  +  &)  (0 

La  (O  rispetto  alla  co  non  è  algebricamente  risolvibile  qualunque  sia  la  curva 
EMD;  epperò  si  faccia  9  (co)  =  r  sen  co,  essendo  r  il  raggio  osculatore.  L'errore 
che  ne  proviene  non  sarà  gran  fatta  sensibile,  dappoiché  V  angolo  co  non  è  mai 
molto  grande,  come  non  è  molto  grande  il  valore  di  y  rispetto  i  bracci  di  leva, 
E  così  in  dette  due  equazioni  sarà  tutto  noto,  meno  co  e  p,  e  potranno  presen- 
tarsi sotto  la  forma 

(tang  co  +  tang  (6  +  m)  )  cos  (6  +  tri)  ^ 

~t~P      y  (tang  co -f  tang  (0  —  »))  cos  (0  —  n)  K 

A  sen2  co  -f-  B  sen  co  cos  co  —  G  sen  co  -f-  D  =  0  (20) 

essendosi  fatto  per  comodità  di  calcolo 

A  ===  (a  +  b)  cos  (0  +  m  +  ri) 

B  =  (a  +  b)  sen  (0  +  m  +  ri) 

C  =  r  sen  0  sen  e 

D  =  (0  -\-  b)  sen  n  sen  (0  +  tri)  —  a  sen  0  sen  e 


DELLO  STATO   PROSSIMO   AL   MOTO   ECC.  729 

L'equazione  (20)  ordinata  rispetto  l'incognita  sen  co,  dopo  avere  sostituito  a  cosco 
l'eguale  valore    |/l  — sen2co,  addiviene  di  quarto  grado. 
Pel  caso  specialissimo  di  m'  =  ri  si  ha  in  luogo  della  (20) 

*>  =  j  (w  —  »)  (21) 

Se  le  forze  sono  parallele,  in  luogo  delle  (19)  e  (20)  si  hanno 

P+p  =  Q±±ì  (22) 

0  —  s 

,fi 

s  =  f  ]/dr*  +  r*dtù*  (23) 

l180°  —  6  —  m 

e  se  la  curva  è  circolare,  in  luogo  della  (23)  si  ha 

*=W(180°~e~"wl)  (24) 

8.  Sieno  in  linea  curva  i  punti  di  appoggio  della  leva,  e  tali  i  corrispondenti 
del  fulcro;  e  si  passi  così  a  considerare  il  caso  dell'asse  nella  ruota,  della  car- 
rucola, del  verricello,  ecc. 

Indipendentemente  dagli  attriti  sia  determinata  la  potenza  P.  La  risultante  do- 
vrà riescire  perpendicolare  all'elemento  superficiale  di  contatto  M  (fig.  5.a)  fra  la 
leva  ed  il  fulcro.  Sia  fMdo  la  posizione  di  questo,  ed  F  M  D  0  quella  del  foro 
della  ruota  o  carrucola,  ed  0  B  (=  R'),  0  A  (=  R)  sieno  i  due  bracci  di  leva.  La 
inclinazione  delle  due  forze  P,  Q  sieno  date  rispetto  la  retta  congiungente  il 
punto  C  d'incontro  di  esse  due  forze  ed  il  centro  o  del  fulcro,  cioè  sieno  noti 
gli  angoli  ACO(=m)  ed  OAB  (==n).  La  posizione  del  sistema  in  esame  addi- 
venga, nello  stato  prossimo  al  moto,  quale  si  vede  in  figura  nella  punteggiata. 
Se  M'  è  il  punto  di  contatto,  sarà  in  0'  il  centro  della  carrucola;  e  siccome  si 
ritiene,  ciò  che  avviene  di  consueto,  che  cioè  le  forze  non  cambino  di  direzione 
per  siffatto  spostamento,  il  sistema  ABC  verrà  in  A'B'C,  essendo  A  G  parallela 
ad  A'  C,  e  BC  parallela  a  A' C  Ciò  premesso,  chiamando  h,  h'  le  perpendico- 
lari M' H,  M' H'  abbassate  dal  punto  di  appoggio  sulle  direzioni  delle  forze  Q  e 
P+P,ec  l'angolo  formato  dalle  medesime,  z  l'altro  formato  dalla  forza  Q  colla 
risultante  di  esse  forze,  co  l'angolo  MoM',  e  0  l'angolo  C'M'o  dipendente  dal 
coefficiente  di  attrito,  si  avranno  AOC  =  90°  —  m,  C  M'  H'  —  90°  —  z,  M'0'A'=: 
=  90°  — w  — co,  e  finalmente  z  =  180°+  e  —  m  —  co  —  0,  essendo  180°—  6—  co  -f 
+  x  +  y  =  360° ,   x  =  180°  —  m  ,  y~  180°  —  z. 

Onde 

P  +  P-Q-J-  (a) 

tang  §=:-f  (b) 


730  NOTA  INTORNO  LE  EQUAZIONI 

M'  C  sen(c—z)  —  h'    \ 
W  C'  sen  z  ==  %  ) 

h  =K  +w 

=  R'  +  r'  cos  y 

=  R'  +  r'  cos  (6  -f  z  —  90°) 

=  R'  +  r'  cos  (90°  +  e  —  m  —  w) 

=  R'  —  r'  sen  (e  —  w  —  co) 
h'  =  R  —  fe  —  fc' 

=  R  —  (2  r'  —  r)  cos  (90°  —  m)  —  r  cos  (90°  —  m  —  co) 

=  R  —  (2  r'  —  r)  sen  m  —  r  sen  (m  +  co) 

Dalla  («)  si  ha,  fatte  le  debite  sostituzioni, 

R'  —  r'  sen  (e  —  m  —  co) 


(') 


w 


P  +  p  =  Q 


R  — -  (2  r'  —  r)  sen  m  —  r  sen  (m  4-  co) 
Eliminata  la  M'  C  fra  le  equazioni  (e),  e  sostituitovi  i  valori  di  h,  , 
sen  e  cos  z  —  sen  z  cos  e R  —  (2  r'  —  r)  sen  m  —  r  sen  (m 


»,  se  ne 

+  CO) 


(25) 


ha 


sen  z  R'  —  r '  sen  (e  —  m  —  co) 

d'onde,  eliminando  la  i  e  sviluppando, 

A  sen  co  +  B  cos  co  +  G  sen  co  cos  co  -f-  D  sen2  co  +  E  cos2  co  =  0 
in  cui  per  comodità  di  calcolo  si  è  fatto 

A  =R'  sen  e  cos  (e  —  0  —  m)  —  R'  cos  e  cos  (e  —  0  —  m)  —  R  cos  (e  —  6  —  m)  — 

—  (2  r'  —  r)  sen  m  cos  (e  —  0  —  m) 

B  =  R'sen(e— 0— m)  cose  —  sen  e  sen  (e— 0  —  m)  —  (2  r'—r)  sen  m  sen  (e— 0— m) 

G  =  r'  sen  (e— m)  cos  e  cos  (e— 0— m)  —  r'sen  (e  —  m)  sen  e?  cos  (e—  0  —  m)  — 
— r'cos(c—  m)  sen  e  sen  (e  —  6— m)-fr'cos(c  — m)sen(e—  6  —  m)cosc  + 
+  •*  sen  m  cos  (e?  —  6  —  m)  —  r  cos  m  sen  (e  —  0  —  m) 

D  =  r'  cos  (e  —  m)  sen  e  cos  (e  —  0  —  ro)  —  r'  cos  (e  —  w)  cos  e  cos  (e  —  0  —  m) 

E  =  r'  sen  (e  —  m)  sen  e  sen  (e  — 8  — m)-— r'sen(e— -w)sen(c  — 6— m)cose  — 

—  r  sen  m  sen  (e  —  0  —  m) 


w 


>(0 


DELLO  STATO  PROSSIMO  AL  MOTO  ECC.  731 

Finalmente  dalla  (e)  si  ricava 

(A2-D8)tang*w  +  (2AB  — 2GD)tang3(o  +  (A2  +  B8  — G2-2DE)tang8w  + 
+  2  (A  B  —  C  E)  tang  co  +  B^  —  E2  =  0  (26) 

Le  equazioni  (25)  e  (26)  in  un  colla  (b)  sono  le  equazioni  di  condizione  di  equi- 
librio in  istato  prossimo  al  moto. 

Se  le  forze  sono  fra  loro  parallele,  si  ha  m  —  n  =  z=zO,  e  le  due  relazioni 
(25)  e  (26)  divengono 

^F      v  R  — rsenO 

180°  =  0  +  co. 

Ma  dalla  (p)  si  ha   sen  0  =         '       ,  quindi  sarà 


Se,  ferma  V  ipotesi  suddetta,  si  abbia  anche  r'  =  r  sarà 


(27) 


R  \/ì  +  p  —  rf 


(28) 


la  quale  concorda  con  quelle  che  ci  forniscono  le  opere  di  meccanica  applicata 
e  coir  altra  (14)  dedotta  al  paragrafo  sesto,  colla  differenza  che  qui  il  sistema 
cambia  punto  d'appoggio  senza  muoversi  punto. 

Le  equazioni  (25)  e  (27)  ci  fanno  apprendere  quanto  mai  possa  riescire  dif- 
ficile in  atto  pratico  la  determinazione  dei  coefficienti  di  resistenza.  Io  non  co- 
nosco che  negli  esperimenti  intrapresi  a  tal  uopo  siasi  tenuto  conto  della  disu- 
,  guaglianza  di  r,  r.  Di  qui,  a  mio  credere,  l'esagerazione  dei  coefficienti  di  esse 
resistenze  (fra  cui  la  rigidezza  dei  canapi),  e  la  difficoltà  che  si  é  incontrata  di 
significarle  con  linguaggio  algebrico,  in  armonia  quanto  basta  coi  dati  speri- 
mentali. 

9.  Infatti  per  la  rigidezza  dei  canapi,  Coulomb  stabiliva  la  formola  empirica 

ad^  +  bd^Q 
D 

ove  a,  b,  [i  sono  coefficienti  costanti  (p,  compreso  fra  1,70  e  1,40),  Q  la  resi- 
stenza, d  il  diametro  della  fune,  e  D  quello  della  carrucola;  e  l'ingegnere  Sa- 
cheri  presentava  come  più  consentanea  agli  sperimenti  la  formola 


732  NOTA  INTORNO  LE  EQUAZIONI 

dedotta,  secondo  Fautore,  teoricamente  (Giorn.  dell'Ingegnere  Archit.  e  Meccan. 
-  Maggio  e  Giugno  1868). 

Sulla  determinazione  della  rigidezza  dei  canapi  dai  meccanici  si  ragiona  così: 
«  Se  la  fune  non  è  perfettamente  pieghevole  (Venturoli,  Mecc.  Idr.)  avviene  nel 
tirarla  che  rimane  per  qualche  tratto  discosta  dalla  superficie  del  cilindro,  al- 
lontanando così  il  peso  dall'asse  di  rotazione,  e  facendo  crescere  il  suo  momento, 
cosicché  ci  vuole  per  questo  conto  una  forza  alquanto  maggiore  per  sollevarlo. 
Questa  forza  addizionale  vince  e  misura  la  resistenza  proveniente  dalla  rigidezza  ». 

La  flessibilità,  o  pieghevolezza  dei  canapi,  la  proporzionalità  dei  pesi,  di  cui 
ordinariamente  sono  carichi  ai  loro  diametri  e  quindi  alla  rigidezza  loro,  mi 
hanno  fatto  dubitare,  prima  che  intraprendessi  questo  piccolo  lavoro,  dell'aggiu- 
statezza del  ragionamento  sopra  trascritto  :  dappoiché  non  mi  sembrava  possibile 
che  tale  rigidezza  potesse  assorbire  tanta  forza  quanto  appunto  la  mostrano  gli 
esperimenti  a  tal  uopo  istituiti.  Quando  poi  m'ebbi  ritrovate  le  relazioni  dello 
stato  prossimo  al  molo  delle  macchine  semplici  sorse  in  me  più  forte  il  dubbio, 
che  negli  esperimenti  non  si  fosse  tenuto  conto  della  disuguaglianza  dei  raggi 
r  ed  r',  del  parallelismo  delle  funi,  e  dell'alterazione  che  porta  all'equilibrio 
del  sistema  l'aggiunta  del  raggio  della  fune  al  braccio  di  leva  della  resistenza. 

Per  l'intelligeuza  di  quello  che  vado  a  dire  suppongo,  che  ai  due  capi  della 
fune,  avvolta  in  una  carrucola  fìssa,  sieno  due  pesi  uguali;  ed  immagino  con- 
dotta una  verticale  pel  centro  della  sezione  del  perno  od  asse  della  carrucola. 
Il  sistema  resta  diviso  da  questa  verticale  in  due  parti  congruenti,  tanto  mecca- 
nicamente quanto  geometricamente.  Ora  se  ad  una  delle  due  forze  si  dà  il  nome 
di  potenza  ed  all'altra  di  resistenza,  per  ciò  solo  nel  sistema  in  esame  cesserà  di 
aver  luogo  la  congruenza  delle  due  parti  sopra  distinte?  E  per  mezzo  di  carru- 
cole di  rimando  non  si  potrà  sempre  con  pesi  rappresentare  un  sistema  qualunque 
di  due  forze  applicate  agli  estremi  di  una  fune  avvolta  ad  una  carrucola,  e  provare 
la  congruenza  delle  due  parti  del  sistema,  in  cui  resta  diviso  dalla  retta  passante 
pel  punto  d'incontro  delle  due  forze  e  pel  centro  della  sezione  del  fulcro?  E 
se  questo  è  indubitato,  il  ragionamento  supportato  per  ispiegare  la  rigidezza 
delle  funi,  è  completamente  erroneo. 

Quando  per  altro  dalla  condizione  di  equilibrio,  indipendente  dagli  attriti,  si 
passa  allo  stato  prossimo  al  moto  cessa  la  detta  congruenza  delle  due  parti  del 
sistema  per  l'aumento  di  una  delle  forze;  aumento  che  porta  una  diversità  di 
tensione  nei  capi  della  fune,  ed  uno  spostamento  di  tutto  il  sistema,  o  del  punto 
di  appoggio  soltanto.  A  parte  la  misura  più  o  meno  esagerata  della  rigidezza 
delle  funi,  sta  in  fatto  l'esistenza  della  medesima.  Ma  la  sua  influenza  deve 
allora  soltanto  esercitarsi ,  che  si  verifica  appunto  la  disuguaglianza  di  tensione 
nei  capi  della  fune.  E  siccome  questa  disuguaglianza  è  in  funzione  degli  attriti 
dipendentemente  dalle  dimensioni  del  sistema,  così  la  rigidezza  delle  funi  sarà 
alla  sua  volta  una  funzione  di  simili  elementi,  oltre  quelli  proprii  della  fune 
stessa. 

Deve  inoltre  osservarsi  che  sebbene  il  ragionare  dei  meccanici  per  ispiegare  la 
rigidezza  dei  canapi  possa  in  qualche  modo  appropriarsi  all'incremento  della  po- 
tenza onde  condurre  le  macchine  allo  stato  prossimo  al  moto,  pur  desso  è  sin- 
golarmente erroneo  in  questo:  che  ammette  derivare  la  rigidezza  dei  canapi 
dall'aumento  del  braccio  di  leva  della  resistenza  mentre  la  verità  è,  che  deriva 
dalla  diminuzione  del  braccio  di  leva  della  potenza;  perchè  il  capo  relativo  della 


DELLO  STATO  PROSSIMO  AL  MOTO  ECC.  '  733 

fune  è  maggiormente  teso  di  quello  della  resistenza ,  e  quindi  più  di  esso  ade- 
rente alla  curvatura  della  carrucola,  o  del  cilindro  su  cui  si  avvolge,  diminuen- 
done così  il  braccio  di  leva  corrispondente. 

Credo  che  se  si  riprenderanno  gli  sperimenti  con  cautele  maggiori  di  quello  si 
è  fatto  fin  qua  si  vedrà  diminuire  d'assai  il  coefficiente  di  rigidezza  delle  funi. 
Se  lo  si  vedrà  aumentare  in  proporzione  maggiore  che  i  diametri  delle  mede- 
sime,  si  è  perchè  questi  essendo  proporzionali  ai  pesi,  od  alle  forze,  crescono 
cogli  attriti  (cioè  coir  incremento  p  della  potenza)  e  con  essi  la  rigidezza  della 
fune,  che  si  è  veduto  dipenderne. 

Dopo  quanto  si  è  detto  non  deve  far  meraviglia  se  la  rigidezza  delle  funi 
non  si  potè  fin  qui  rappresentare  con  formula  algebrica  quanto  basta  esatta- 
mente per  gli  usi  pratici.  Pel  caso  semplicissimo  di  forze  parallele,  e  di  r'  =  r , 
K  =  R,  si  ha  : 


R  —  rf 


Or  considerando  che  la  rigidezza  dei  canapi  si  è  sperimentata  essere: 
1.°  In  ragione  inversa  del  raggio  (R)  della  carrucola. 

%°  Sensibilmente  proporzionale  alla  resistenza  o  peso  Q,  più  una  certa 
costante. 

3.°  In  proporzione  maggiore  del  diametro  della  fune,  e  non  in  proporzione 
geometrica  siccome  si  credeva  ragionevolmente,  dacché  non  pareva  accettabile 
l'ipotesi  della  perfetta  elasticità  ed  isotropia  della  fune. 

4.°  E  siccome  l'aumento  di  grossezza  nella  fune  trae  seco  l'aumento  del 
raggio  r;  e  ciò  spiega  il  perchè  la  rigidezza  delle  funi  siasi  mostrata  in  una 
proporzione  maggiore  del  diametro  delle  funi  medesime. 

Sembrerà  ragionevole  doversi  rappresentare  la   rigidezza  (z)  dei  canapi  colla 
formola  : 

essendo  p,  e  v  due  costanti,  e  d  il  diametro  della  sezione  della  fune;   e  più  ge- 
neralmente coli' altra 

2  =  [*pd  +  v  (30) 

Auguriamoci  che  nuovi  esperimenti  vengano  a  confermare  queste  conclusioni. 

D.  Bocci 

Ingegnere  del  Genio  Civile. 


DELLA  ESTRAZIONE  DELLE  ACQUE  SOTTERRANEE 
PER  MEZZO  DI  TUBI  VERTICALI. 

Confronto  fra  i  sistemi  Norton  e  Calandra. 

(Vedi  Tav.  29,  fig.  6.a) 

Signor  Direttore 

Ho  letto  a  pag.  494  del  presente  volume  del  di  lei  giornale  un  articolo  del  signor 
Ing.  Olivieri,  relativo  ai  nuovi  pozzi  del  sistema  Norton,  e  siccome  ivi  inciden- 
talmente egli  fa  menzione  dei  pozzi  da  me  inventati  nel  1861,  e  pei  quali  sin 
dal  1863  (5  anni  prima  del  sig.  Norton)  tengo  privativa,  io  lo  prego  di  voler  dar 
luogo  ad  alcuni  miei  cenni  di  confronto  fra  i  due  sistemi  e  sulla  utilità  della 
loro  applicazione. 

Vantaggio  comune  ad  entrambi  i  sistemi,  è  la  agevolezza,  la  rapidità  e  conse- 
guentemente la  economia  della  mano  d'opera  e  di  utensili  nella  infissione  dei  tubi, 
la  quale  si  fa  forzata,  vale  a  dire  senza  previa  apertura  del  foro  con  trivelle,  salvo 
caso  eccezionale.  La  differenza  ,  che  corre  a  questo  riguardo ,  fra  il  sistema  del 
sig.  Norton  ed  il  mio,  consiste  in  ciò  che  egli  infigge  sempre  il  solo  tubo,  il  quale 
dovendo  essere  munito  di  una  solida  punta  acciajata  annessa  al  tubo  stesso,  ri- 
mane otturato  in  fondo,  penetrandovi  le  acque  soltanto  da  minuti  fori  praticati 
all' ingiro,  mentre  io  infiggo  i  tubi  mediante  un  forte  palo  di  ferro  passato  in 
essi  a  mo'  di  guajna,  il  quale  gli  eccede  in  fondo  colla  sua  punta  e  che  si  estrae 
terminata  la  infissione,  restando  il  tubo  aperto  in  fondo  per  modo  che  le  acque 
possano  agevolmente  in  esso  penetrare  e  sollevarsi. 

La  prima  prova  di  estrarre  acqua  per  mezzo  di  tubi,  io  ebbi  a  tentarla  preci- 
samente con  un  congegno  non  dissimile  da  quello  ora  impiegato  dal  sig.  Norton, 
vale  a  dire  con  una  lunga  trave  di  legno  vuotata  per  entro,  ferrata  in  fondo 
e  foracchiata  air  intorno.  Il  pensiero  di  tentare  questo  esperimento  mi  fu  sugge- 
rito dal  fatto  osservato  in  un  fontanile  che  stava  facendo  eseguire,  che  là  dove 
si  infiggeva  un  palo  acuto  e  poi  si  estraeva,  producevasi  una  polla  d'acqua, 
d'onde  naturalissima  la  idea  di  aprire  a  quelle  acque  interne  un  passaggio  più 
facile  che  non  quello  che  loro  si  presentava  attraverso  ad  un  terreno  ancora 
troppo  compatto.  La  riuscita  di  questo  esperimento  mi  condusse  immediatamente 
al  sistema  più  semplice  e  facile  di  infiggere  dei  tubi  di  ferro  per  mezzo  di  una 
spranga  pure  di  ferro,  come  sovra  ebbi  ad  indicare,  e  che  riusci  costantemente. 

La  differenza  sembrami  tutta  in  favore  del  mio  modo  di  operare,  dappoiché  i 
miei  tubi  dopo  la  infissione  restano  come  accennai,  aperti  in  fondo,  e  l'acqua 
vi  può  liberissimamente  penetrare.  Allora  si  procede  ad  un  perfetto  espurgo  dai 
ciottoli,  ghiaie,  sabbie  ed  altre  materie  che  l'acqua  invitata  da  un'energica  aspi- 
razione eseguita  nel  tubo  con  ordigni  a  valvola,  sospinge  in  esso,  e  che  con 
utensili  di  diverso  genere  si  estraggono,  ed  è  di  tutta  evidenza  che  dopo  quel 
lavoro,  le  vene  attigue  dell'acqua   affluente   rimangono  affatto  libere  e  che  più 


DELLA  ESTRAZIONE  DELLE  ACQUE  SOTTERRANEE  ECC.  735 

abbondante  si  fa  la  erogazione.  Ciò  non  può  fare  il  sig.  Norton ,  il  quale  anzi 
per  molte  guise  e  con  moltiplicati  congegni ,  cerca  di  impedire  la  penetrazione 
delle  materie  nel  tubo  e  di  difendersi  dalle  sabbie  che  persistono  a  salire  colie 
acque,  non  potendo  egli  liberarsene  con  una  operazione  come  la  mia. 

Anch'io  nel  principio  per  agevolare  la  introduzione  delle  acque  nei  tubi  li 
faceva  munire  in  fondo  ed  all' ingiro  di  centinaia  di  piccoli  fori;  ma  in  seguito 
abbandonai  tale  pratica  come  inutile  di  fronte  all'  apertura  del  tubo  in  fondo,  e 
come  dannosa  per  l'inconveniente  che  le  materie  penetranti  dai  piccoli  fori 
nella  infissione,  stringevano  in  modo  ,il  palo  nel  tubo,  che  malagevole  ne  diven- 
tava la  estrazione. 

Nel  sistema  Norton  l'acqua  non  penetrando  fuorché  da  minuti  fori,  un  espurgo 
un  po' perfetto  è  come  si  disse  impossibile.  Da  essi  non  passano  che  minute 
sabbie  e  queste  entrandovi  poco  per  volta,  devono  viziare  l'acqua  che  si  eslrae 
per  assai  lungo  tempo.  Ogni  piccolo  sassolino  poi  che  si  presentì,  farà  facilmente 
funzioni  di  otturatore,  e  non  è  concepibile  che  la  cavata  di  acqua  possa  essere 
sicura,  abbondante,  e  pura  come  nel  mio  sistema. 

i  Certamente  dovuta  ad  un  errore  di  stampa  è  la  portata  di  ò'O  litri  al  minuto 
secondo,  indicata  dal  sig.  Olivieri,  come  ricavata  dai  pozzi  Norton:  essa  non  sa- 
rebbe proporzionata  ai  possibili  mezzi  di  estrazione  con  un  tubo  di  32  millimetri 
di  diametro,  e  con  una  piccola  pompa  aspirante.  La  portata  loro  sarebbe  già  ol- 
tremodo notevole  se  ridotta  a  50  litri  ogni  minuto  primo. 

Eccezionalmente  sembra  anche  valersi  talvolta  il  sig.  Norton  per  la  infissione, 
di  una  punta  non  unita  al  tubo,  ma  che  se  ne  può  separare  e  sprofondare  ter- 
minata la  infissione.  Anche  questa  idea  mi  era  venula,  ed  in  certi  casi  l'ho 
praticata.  Essa  è  accennata  e  indicata  nei  disegni  annessi  al  mio  privilegio  ben 
anteriore  al  suo. 

Il  sig.  Norton  infigge  i  suoi  tubi  per  mezzo  di  un  rilegno  fermato  con  viti  al 
tubo  stesso,  sul  quale  batte  una  mazza  passata  pure  in  esso  e  manovrata  con 
puleggie  ancora  fissate  per  mezzo  di  un  fermaglio  alla  parte  più  elevata  del  tubo, 
ovvero  annesse  ad  una  specie  di  capra  piantata  sul  sito,  dove  si  fa  la  infissione. 
Il  sistema  è  ingegnoso  e  semplice,  ma  non  saprei  se  sia  da  preferirsi,  al  mio. 

Per  piccoli  tubi  e  per  operazioni  isolale,  io  faccio  operare  la  infissione  con  una 
mazza  a  mano  manovrata  da  due  o  tre  giornalieri,  e  per  mezzo  di  un  ponticello 
volante  legato  sopra  tre  sbarre  unite  al  vertice  a  mo'di  capra.  Nei  lavori  con- 
tinuati ed  in  terreni  più  duri ,  mi  valgo  di  una  capra  a  tre  montanti  che  si  di- 
vidono in  due  pezzi  facili  a  trasportare  (a  a  a).  Una  puleggia  che  pende  dal 
cappello  (b)  ha  annessa  una  quarta  sbarra  (d  d)  fìssala  in  fondo  da  un  largo 
piede  (e)  fermato  con  pichetti,  il  quale  serve  pur  di  guida  al  tubo  (e  e)  nella 
infissione.  La  sbarra  è  stetta  da  un  collare  amovibile  che  tiene  pure  e  guida  il 
tubo  dalla  parte  superiore. 

Lungo  la  sbarra  medesima  corre  superiormente  una  mazza  (f)  che  serve  alla 
infissione,  manovrata  da  tre  o  quattro  giornalieri.  La  robusta  spranga  di  ferro 
passata  nel  tubo  e  che  preme  colla  capocchia  sovra  una  fascia  provvisoria  avvi- 
tata al  vertice  superiore ,  aiuta  col  suo  peso  la  infissione  e  mi  pare  compensare 
con  molto  vantaggio  e  semplicità  l'apparecchio  di  pesi  e  molle  a  cui  ricorre 
talvolta  il  sig.  Norton  a  quell'effetto. 

L'immenso  vantaggio  del  mio  sistema  consiste  poi  precisamente  nella  appli- 
cazione preveduta  come  possibile  dal  sig.  Olivieri. 


736  DELLA  ESTRAZIONE  DELLE  ACQUE  SOTTERRANEE 

I  pozzi  Norton  non  sono  stati  applicati  fuorché  a  procurare  acqua  potabile 
estratta  per  mezzo  d'una  piccola  tromba,  o  per  ottenere  acque  zampillanti  na- 
turalmente a  mo'  dei  pozzi  artesiani.  Questi  modi  di  estrazione  per  mezzo  di 
tubi  piccolissimi  non  possono  dare  un  cospicuo  volume  d'acqua,  utilizzabile  per 
altra  destinazione.  Io  invece  applicai  immediatamente  i  miei  alla  estrazione 
d'acqua  per  irrigazione.  I  molti  fontanili  da  me  eseguiti  sono  tutti  muniti  in 
capo  di  un  profondo  ed  esteso  cavo  collettore  destinato  a  tagliare  perpendico- 
larmente le  vene  acquee  in  traverso  a  quel  presunto  loro  corso  che  lo  studio 
dei  luoghi  e  della  provenienza  loro,  addimostra. 

In  fondo  a  questi  cavi  collettori  e  quanto  possibile  al  di  sotto  del  livello  ge- 
nerale delle  acque  sotterranee,  infìggo  una  serie  di  tubi  ,  i  quali  con  vivo  zam- 
pillo danno  grosse  polle  d'  acqua  che  variano  da  mezzo  litro  sino  a  7  od  8  litri 
per  minuto  secondo.  La  pendenza  delle  campagne  nelle  nostre  pianure  Piemon- 
tesi essendo  notevole,  e  le  acque  sotterranee  correndo  con  un  certo  carico  nelle 
ghiaje  del  diluvio  alpino  racchiuso  fra  il  terreno  superficiale  poco  permeabile  e 
le  marne  terziarie  sottostanti  compattissime  il  fenomeno  viene  a  spiegarsi  preci- 
samente colla  teoria  dei  pozzi  artesiani.  % 
Su  questo  sistema  ho  promosso,  eseguito  per  me  o  per  altri,  ovvero  diretto  nei 
territori  di  Murello,  Cavallerleone,  Yillanova  Solaro,  Gavallermaggiore,  Ticineto, 
Racconigi,  Morozzo  (per  l' Ing.  Ranco),  Caramagna,  Fossano  e  Savigliano,  almeno 
12  grandi  lavori  di  estrazione  d'acque  con  lunghi  acquedotti  e  profondi  tagli 
collettori  estesi  da  80  a  380  metri,  e  colla  infissione  di  circa  200  tubi,  ricavan- 
done in  complesso  oltre  a  1600  litri  d'  acqua  perenne  ogni  minuto  secondo.  Tre 
altri  sono  in  corso,  o  di  imminente  esecuzione  a  Centallo  per  l'opera  Pia  Barolo, 
a  Morozzo  pel  comune  di  Piozzo  ed  a  S.  Albano  per  un  consorzio  ;  ed  altri  ese- 
guirò fra  poco,  su  vasta  scala  nella  zona  compresa  fra  la  Magra  e  la  Mellea  in 
terreni  acquitrinosi  che  ho  all'uopo  acquistati,  diversi  altri  ancora  avendone 
allo  studio.  Molti  altri  lavori  di  infissione  di  tubi,  sono  stati  o  da  me  o  daP 
sig.  Francesco  Faà  cessionario  del  mio  privilegio  per  le  provincie  di  Novara  e 
di  Pavia,  eseguiti  in  fontanili  già  esistenti  e  talvolta  approfonditi  e  sistemati. 

Quanto  ai  tubi  per  soraministranza  di  acqua  potabile,  visto  che  per  la  profon- 
dità cui  si  prendono  le  acque,  e  per  la  natura  ghiaiosa  del  terreno,  esse  sono 
inappuntabili,  dacché  le  acque  superficiali  corrotte  non  possono  penetrare  nel 
tubo  e  quelle  ascendenti  dai  fondo  si  trovano  necessariamente  feltrate  e  depu- 
rate, le  operazioni  eseguite  furono  in  grandissimo  numero.  Esse  consistono  per  lo 
più  in  tubi  a  getto  zampillante  infitti  in  fossi  di  acqua  sorgente  molto  frequenti 
nelle  nostre  pianure,  vicini  alle  abitazioni  e  convenientemente  apprestati  per  un 
libero  deflusso.  Questi  sono  i  più  comodi  e  migliori,  essendo  il  getto  continuo, 
e  facile  l'attingervi  acqua  al  di  sotto.  Tali  sono  le  fontane  pubbliche  di  Murello,  di 
Vercelli,  di  Grova,  quella  fatta  nella  Regia  tenuta  di  Racconigi,  ed  infinite  altre 
che  ho  fatte  eseguire  per  borgate  e  privati  nei  nostri  territori  dell'alto  Piemonte. 
Ovvero  consistono  in  tubi  infitti  dovunque,  a  sufficiente  profondità  per  rag- 
giungere le  buone  acque,  ben  espurgati  e  muniti  poi  di  una  tromba  aspirante 
E  moltissimi  pure  di  cotali  lavori,  si  sono  eseguiti,  piacendomi  citare  fra  altri 
il  pozzo  a  8  metri  munito  di  tromba  aspirante  (1)  fatto  eseguire  dalla  Sig.  Cie- 
li) Le  trombe  che  adopero  maneggiate  convenientemente  e  senza  precipitazione,  danno  da  un  mezzo 
a  tre  quarti  di  litro  per  minuto  secondo. 


PER  MEZZO  DI  TUBI  VERTICALI  637 

menza  Magliano  nel  comune  di  Levaldigi  a  pubblico  vantaggio,  al  quale  accorre 
l'intiera  popolazione  e  che  non  richiese  pure  un  giorno  intiero  di  lavoro,  ed 
un  simile  pozzo  eseguilo  a  17  metri  di  profondità  dal  sig.  Fàa  pel  March.6  Tor- 
nielli  di  Novara  ,  nel  quale  la  eccellente  acqua  rinvenuta  si  sollevò  sino  a  3  m. 
sotto  alla  superfìcie  del  suolo.  Avvertasi  però  essere  ben  diffìcile  nei  nostri  terreni, 
che  occorra  di  discendere  ad  una  profondità  maggiore  di  8  a  12  m.  per  trovare 
acqua  perfettissima,  quando  d'altronde  è  impedita  la  commistione  di  acque  su- 
perficiali infette  o  calde.  I  miei  tubi  sono  pei  più  gran  numero  del  diametro 
interno  di  65  o  di  75  millimetri:  ogni  tratto  è  lungo  4  metri  e  si  uniscono  a 
misura  della  introduzione  loro  nel  terreno  con  fascie  a  vite.  La  spranga  di  in- 
fìssione  si  allunga  in  pari  modo  essendone  i  tronchi  muniti  di  vite  a  maschio 
e  femmina. 

Il  lavoro  della  infìssione  e  di  compimento  varia  in  durata  secondo  la  profon- 
dità a  raggiungersi,  la  natura  dei  terreni  e  le  esigenze  dell'espurgo,  potendo 
eseguirsi  talvolta  tre  o  quattro  pozzi  in  un  giorno,  talvolta  meno,  secondo  le 
circostanze.  In  massima  non  può  a  parità  di  perfezionamento  richiedere  più 
tempo  che  il  sistema  Norton. 

Dalle  premesse  cose  mi  pare  di  poterne  conchiudere  che  il  sistema  Norton 
era  stato  appo  noi  preceduto  da  un  trovato,  il  quale  è  almeno  semplice  ed  eco- 
nomico del  pari  e  che  nel  volume  d'acqua  possibile  a  ricavarsi,  nella  sua  qualità 
come  pura  e  potabile,  nelle  sue  applicazioni  in  vasta  proporzione  alle  irrigazioni, 
è  di  gran  lunga  più  utile. 

Il  mio  sistema  era  stato  esposto  alla  gran  mostra  di  Parigi  in  un  ampio  quadro 
contenente  uno  spaccato  dei  nostri  terreni,  il  modo  ed  i  vari  stadi  della  opera- 
zione,  ed  illustrato  con  una  memoria,  che  è  quella  stessa  di  cui  piacque  al 
Chiaris.0  sig.  Marchese  Ing.  R.  Pareto  di  far  lusinghiero  cenno  in  questo  giornale. 
Ma  né  i  Commissari  Italiani,  né  i  Francesi  vi  posero  attenzione.  Solo  il  delegato 
del  Ministro  di  agricoltura  del  Regno  di  Prussia  sembrò  rilevarne  la  importanza 
e  sul  suo  desiderio,  fui  felice  di  farne  omaggio  al  museo  industriale  di  Berlino. 
Il  sistema  Norton  fece  la  sua  apparizione  poco  dopo,  ma  patrocinato  da  alti  per- 
sonaggi, citato  e  commentato  da  tutti  i  giornali,  fu  più  presto  conosciuto  del  mio 
che  pure  in  Piemonte  conta  7  anni  di  esistenza  pratica. 

L'immensa  utilità  ed  economia  del  mio  sistema  per  procurare  ottime  ed  abbon- 
dante acque  potabili  anche  in  mezzo  alle  più  malsane  risaje,  meriterebbe  forse 
che  fosse  dalle  Provincie  o  dal  Governo  avvertita,  e  che  fosse  con  una  popolare 
istruzione  fatta  conoscere  in  modo  da  essere  rapidamente  estesa  ed  applicata. 
Ma  le  preoccupazioni  politiche  assorbono  l'attenzione  dei  sigg.  governanti  la 
tendenza  non  è  per  ora  che  alle  statistiche,  e  quella  che  fu  pubblicata  intesa 
a  constatare  che  non  vi  sono  quasi  in  Italia  buone  acque  potabili  ha  forse  as- 
sorbito più  fondi  che  non  sarebbero  occorsi  a  far  conoscere  un  sistema  econo- 
mico che  può  procurarle  in  moltissimi  siti,  ed  a  renderne  libera  e  facile  la 
equa  indennità. 

Intanto  ho  già  infitto  all' incirca  600  tubi,  ed  il  loro  buon  effetto  sarà  forse  la 
propagazione. 

Torino,  25  settembre  1868. 

Avv.  Claudio  Calandra. 


RIVISTA  DI  GIORNALI  E  NOTIZIE  VARIE 


YPSOMETRIA  DEL  GIRO  DI  MILANO. 

(Vedi  Tav.  30  fig.  1) 

Togliamo  dal  Politecnico  la  parte  che  può  interessare  al  pubblico  della  livellazione  a  punti 
doppii  stata  fatta  dall' ing.  Carlo  Villani  con  un  grande  livello  a  bolla  fissa  appartenente 
all' Istituto  Tecnico  Superiore,  la  descrizione  del  quale  {strumento,  stato  costrutto  nella 
Filotecnica,  si  legge  nel  Giornale  dell'Ingegnere  Architetto,  Voi.  XIII  pag.  685. 

Nel  momento  in  cui  l'Associazione  Geodesica  intraprendeva  il  rilevamento  eidypsometrico  della 
città  di  Milano,  esisteva  ancora  circa  le  altidi  delle  soglie  delle  porte  di  Milano  una  dubbiezza 
assai  grave,  segnatamente  per  la  porta  Magenta  per  la  quale  si  divagava  in  quattro  metri,  e 
sebbene  col  rilevamento  eidypsometrico  fosse  per  sparire  ogni  incertezza  eccedente  un  decimetro, 
la  quale  esattezza  è  già  un  lusso  per  confronto  alla  sua  utilità  reale,  pure  per  far  sparire  fino 
al  maggior  scrupolo  ogni  incertezza  si  deliberò  di  profittare  della  circostanza  per  eseguire  con 
quel  grande  livello  a  bolla  fissa  la  suddetta  livellazione. 

Risultano  dalla  operazione  di  cui  si  tratta  le  altidi  d'un  gran  numero  di  punti  nel  perimetro 
di  Milano  che  si  è  procurato  di  indicare  nella  tav.  30  fig.  l.a,  e  risultano  con  una  incertezza 
remanente  assoluta  non  maggiore  di  tre  millimetri. 

Nel  riferire  però  al  livello  medio  del  mare  queste  altidi ,  si  è  dovuto  impiegare  alcuni  dati 
dell'amministrazione  delle  Ferrovie,  i  quali  presentano  un'assai  maggiore  incertezza,  forse  un  tre 
o  quattro  decimetri,  il  che,  del  resto,  basta  a  tutti  gli  usi  che  se  ne  volesse  fare. 

Per  determinare  l'altide  della  soglia  del  Duomo  si  son  impiegate  due  linee  d'operazione  di- 
verse, prendendo  in  entrambe  ad  imprestito  un  tratto  di  livellazione  stata  precedentemente  fatta 
dall'  ing.  Chizzolini  dal  Duomo  a  S.  Giovanni  in  Conca  per  una  parte,  ed  a  S.  Giovanni  sul  Muro 
per  1'  altra. 

Dai  menzionati  punti  al  poligono  di  cintura  per  porta  Magenta  l'uno,  e  l'altro  per  porta  Ro- 
mana, si  è  fatta  l'operazione  col  suddetto  strumento. 

L'altide  della  soglia  Duomo  è  computata  in  121m,b56  per  media  dei  due  risultati ,  non  diffe- 
renti da  essa  media  di  più  di  nove  millimetri. 

Se  si  ha  riguardo  alla  non  omogeneità  del  lavoro  composto  di  due  parti  fatte  da  diversi  os- 
servatori in  diversi  tempi  e  con  strumenti  molto  diversi ,  si  ammetterà  siccome  soddisfacente 
l'ottenuto  risultato. 

Per  il  corso  di  porta  Magenta  si  hanno  molti  punti  comuni  tra  la  suddetta  livellazione  ed  i 
nuovo  rilevamento  della  città  di  Milano,  i  quali  si  contrappongono  per  stare  a  prova  del  grado 
di  esattezza  che  si  ottiene  in  z  col  rilevamento  eidypsometrico,  esattezza  sempre  sufficiente  pei 
più  delicati  lavori  dell'  ingegneria ,  nei  quali  sempre  la  certezza  del  decimetro  è  infinitamente 
più  preziosa  del  millimetriamo  incerto  talora  di  metri  intieri. 


RIVISTA  DI   GIORNALI  ECC. 

739 

PROS  PE  TT  O 

delle    altitudini    dei   punti    principali    della    Livellazione, 

3( 

8.2 

>  t. 

«8     1 

QUOTA 

ALTITUDINE     1 

c  e 

o 

»    •£ 

DESCRIZIONE    DEI    PUNTI 

per  rispet 

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S      «a 

gliaDuouH 

Livella- 

rileva- [ 

V 

1 

z     « 

zione 

mento 

t.°  Dazii  e  Poi-te. 

51 

Porta  Romana.  -  Soglia  allo  stipite  destro  uscendo 

—  7 

276 

114 

28( 

) 

32 

;) 

»                 »                  »      sinistro       »         

—  7 

284 

114 

27S 

: 

243 

)) 

»            Dazio.  Casino  N.  ang.  N.  0.  con.  con  muro  cinta 

—  1 

211 

114 

34t 

43 

» 

Vigentina.  -  Soglia  allo  stipite  destro  uscendo       .... 

—  7 

372 

114 

184 

58 

» 

Lodovica           »               »        sinistro      »            .... 

—  5 

382 

116 

174 

59 

» 

»                 »               »        destro        »            .... 

—  5 

380 

1.16 

176 

73 

» 

Ticinese.  -  Atrio  monumentale,  pavimento  presso  la  colonna 

destra  entrando  dalla  città 

—  5 

941 

115 

615| 

75 

» 

»          Barriera,  uscita  di  destra,  imp.  sinist.  uscendo 

—  6 

970 

114 

586Ì 

72 

» 

»          Dazio.  Casino  E.  angolo  N.  0 

—  6 

9(1 

H4 

645 

'31 

120 

» 

Magenta.  -  Soglia  allo  stipite  sinistro  uscendo     .... 

—  1 

336 

120 

220 

120  221 

'32 

121 

» 

»                »                 »        destro          »           .... 

—  1 

320 

120 

236 

120  24 

'33 

119 

» 

»            Dazio.  Casino  N.  angolo  S.  E.    .    .   '.     .    . 

—  i 

397 

120 

159 

120  17 

135 

» 

Sempione.  -  Arco  trionfale,  pavimento  al  centro       .    . 

—  2 

116 

123 

672 

134 

» 

»             Dazio.  Casino  S.  arco  verso  la  campagna,  sti- 

pite destro  uscendo       

+  1 

153 

122 

709 

137 

» 

»             Dazio.  Casino  S.  arco  verso  la  città,   stipite 

%                     sinistro  entrando  nel  Casino 

+  1 

149 

122 

705 

138 

» 

»             Dazio.  Casino  N.  angolo  S 

+  1 

109 

122 

665 

149 

» 

Tenaglia.  -  Soglia  allo  stipite  sinistro  uscendo     .... 

—  0 

784 

122 

340 

146 

» 

»            Dazio.  Casino  S.  angolo  S.  E.  presso  la  pesa 

—  0 

659 

122 

215 

162 

» 

Garibaldi.  -  Soglia  allo  stipite  destro  uscendo     .... 

—  i 

269 

122 

825 

163 

» 

»                  »                »         sinistro      »         .... 

—  1 

259 

122 

815 

173 

» 

Nuova.  -  Soglia  allo  stipite  sinistro  dell'arco  verso  la  città  . 

—  1 

432 

122 

988 

178 

» 

»                »                »      destro            »          »          » 

—  1 

442 

122 

998 

177 

» 

»               »               »      sinistro  dell'arco  verso  la  camp. 

—  1 

460 

123 

016 

190 

Sottopassaggio  alla  Staz.  Centrale.  -  Dazio.  Casino  E.  spigolo  N.Ò. 

—  0 

691 

120 

865 

202 

Porta 

Venezia.  -  Dazio.  Casino  N.  0.  angolo  S.  E 

—  1 

643 

119 

913 

227 

» 

Vittoria.  -  Soglia  allo  stipite  sinistro  uscendo      .... 

—  5 

308 

116 

248 

224 

» 

;>            Dazio.  Casino  S.  angolo  S.  0 

3.°  Sommità  dei  Bastioni. 

-5 

192 

116 

364 

38 
52 

Fra  F 

*orta  Romana  e  Porta  Vigentina.    . 

-2 
—  0 

974 

882 

118 
120 

582 
674 

»      Vigentina      »      Lodovica 

63 
111 
155 
167 

» 

»      Lodovica       »       Ticinese 

—  0 

+  * 

—  5 

—  5 

703 
681 
129 

270 

120 
123 
126 
126 

853 

237 
685 
826 

1 

»      Ticinese         »      Magenta 

»       Tenaglia        »       Garibaldi 

»      Garibaldi      »      iVwomTomb.S.Marco.Parap.amonte 

222 
238 

»      Venezia         »       Vittoria 

—  0 

—  2 

648 
714 

120 
118 

908 

842 

o)      Vittoria        »      Romana 

3.°  Altri  paisati   elei  Bastioaai 

o  tficlla   strada  di   Civeonvallazloaftc. 

i 

35 

Osteria  del  31.  Tabor.  -  Soglia  ingresso  allo  stipite  destro  entrando 

-6 

738 

114 

818 

85 

Discesa  a  due  rampe  del  Bastione  fra  P.  Ticinese  e  P.  Magenta  a 

I 

Via  Arena.  Estremo  S.  E.  parapetto 

-1 

376 

119 

680 

1 

86 

» 

»             »             »             »          Estremo  N.  ().          » 

—  1 

472 

119 

! 

m 

49 

Giorn. 

big.  - 

-  Voi.  XVI.  T  Dicembre  1868. 

S 

740 


RIVISTA  DI  GIORNALI 


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8*8 
Mi 


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O    «S 
'Il 

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S      * 


DESCRIZIONE    DEI    PUNTI 


535 

798 

1115 


87 

88 

90  tu 

99  tu 

101 

102 
114 

116  Ms 

122 

123 

126 


167 
168 

176 

186 

188 
196  tu 
196  tu 

199 

200 

228 

231 

233 

236 
236  tu 


1 

2 
3 
4 
5 

6 

8 

9 

10 

12 

13 

14 

20 
21 


Tombone  della  Darsena.  -  Parapetto  E.  Banch.  in  coir,  alla  chiave 

»  »  »  Parapetto  O.        »  »  » 

Imbocco  Yia  Vallone.  -  Testa  del  paracarro  a  sinistra   segnato 
N.  2149  al  principio  della  smussatura . 
»        Discesa  a  S.  Calocero.  -  Sommila  del  parapetto  al  rien- 
trante fra  detto  e  colonnetta    .     .    .     . 
Ponte  del  sottopassaggio  al  Macello.  -  Parapetto  O.  Piede  della 
colonnetta  al  rientrante  N.  .    \    .    .    . 
»  »  »        Parapetto  E.  Banchina  in  corr.  alla  chiave 

Scala  d'accesso  alla  Valletta  di  S.  Vittore.  -  Sul  primo  dado  a 

destra  salendo 

Imbocco  Stradone  S.  Vittore.  -  Primo  paracarro  a  destra  .    .    . 
Piazzale  esterno  di  P.  Magenta.  -  Imbocco  strada  di  Circonval- 
lazione a  P,  Ticinese,  angolo  a  sinistra 
»  »  »        Imbocco  del  Borgo  di   S.  Pietro  in  Sala, 

angolo  a  destra 

Strada  di  Circonvallazione  da  P.  Magenta  al  Sempione.  -  Lato  E. 
Imbocco  accesso  campestre,  sul  cappello 

in  vivo  di  un  tombino 

Tombone   S.  Marco.  -  Parapetto  a  monte,  estremo  E 

»            »          »        Parapetto  a  valle.  Banchina  in  corrispon- 
denza alla  chiave 

Ponte  di  P.  Nuova  sul  Mede  fossi.  -  Parapetto  E.,  estremo  verso 

la  Circonvallazione 

Banchina  del  parapetto  davanti  alla  Stazione  Centrale    .    .    .    . 

Stazione  Centrale.  -  Pavimento  del  vestibolo 

Lazzaretto.  -  Angolo  0.,  terreno 

»                    »            linea  inferiore  della  cornice     .     .    .    . 
Ponte  esterno  di  P.  Venezia.  -  Parapetto  E.,  angolo  N.  0.     .    . 
»            »          »        Parapetto  0.  Banchina  in  corr.  alla  chiave 
»            »          P-  Vittoria.  -  Parap.  N.,  estr.  0.,  piano  stradale 
Imbocco  Via  Fontana.  -  Porta  della  Casa  Dulché,  soglia  allo  sti- 
pite destro ' 

S.  Michele  ai  Nuovi  Sepolcri.  -  Lato  N.  E.,  emiciclo  centrale, 

porta  murata,  soglia  sulla  mezzaria  .    . 

Ponte  seguente.  -  Parapetto  0.,  estremo  S.,  terreno    .    .    .    .    . 

»  *  »  »  sommità  parapetto   . 

4.°   Pliant   principali    nelle  vie. 

Via  Zebedia.  -  Angolo  a  destra,  imbocco  da  S.  Giov.  in  Conca 

»  »  Angolo  fra  piazza  S.  Giov.  in  Conca  e  via.  Unione 

»  »  Angolo  0.  della  torre  di  S.  Giov.  in  Conca    .    . 

Chiesa  di  S.  Giov.  in  Conca.  -  Soglia  allo  stipite  sinistro  entrando 

Via  Unione.  -  Imbocco  vicolo  Fieno,  angolo  a  sinistra  .... 

»        »  Imbocco  via  Pesce  °  »  »  .... 

Corso  di  P.  Romana.  -  Imbocco  via  Velasca  »  .... 

»  »  imbocco  via  Osti      »  »  .... 

»  »  Angolo  casa  fra  Corso  e  Piazza  S.  Nazzaro 

»  »  Chiesa   di   S.  Nazzaro   Grande,  soglia  allo 

stipite  sinistro  entrando 

»              »              Angolo  casa  fra  Cor.  e  Piaz.  verso  il  Ponte 
»              »              Ponte  sul  Naviglio,  parapetto  N.  E.  all'  in- 
contro colla  casa.  N.  35 

»  »  Imbocco  della  via  di  P.  Vigentina,  ang.  a  sin. 

»  »  Angolo  casa  fra  il  Corso  e  il  piazzale  da- 

vanti l'imbocco  della  via  di  P.  Vigentina 


QUOTA 

per  rispet- 
to alla  so- 
glia Duomo 


—  1 

—  1 

-1 
-0 

-0 

—  0 

+  o 

—  1 

—  1 

—  1 


-0 

+  * 

—  0 

—  3 

—  5 

—  1 

+  2 
-1 

—  i 


629 
596 

477 

445 

636 
570 

360 

025 

441 

733 


539 

270 

079 

738 
466 
304 

872 
008 
647 
676 

723 

237 

517 

939 

843 


-3 

—  2 
-6 


295 
956 
591 
054 
687 
839 
948 
290 
40! 

765 
350 

679 
623 


ALTITUDINE 


dalla 
Livella- 
zione 


dal 
rilev 
raen1 


119 
119 

120 

121 

120 
120 

121 

120 

120 
119 


121 

126 

126 

122 
125 
126 
119 
123 
119 
119 
116 


6,k415 


927 
960 

079 

IH 

920 

986 

531 
115 

823 


017 

826 

635 

294 
022 
860 
684 
564 
909 
880 
833 


116  319 


120 
120 
119 

m 


118 
118 
118 
118 

117 


039 
617 
713 


261 
600 
965 

502 
869 


117717 


117 

117 
117 

116 

118 

158 
114 


608 
266 
151 

791 
306 

877 
933 


115^141 


E  NOTIZIE  VARIE 

741 

2  o 

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QUOTA 

ALTITUDINE 

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DESCRIZIONE    DEI    PUNTI 

per  rispet- 

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to  alla  so- 

dalla 

dal 

2^ 

|     ,53 

glia  Duomo 

Livella- 

rileva- 

a 



5?       « 

zione 

mento 

25 

Corso  di  P.  Romana.- Palestra  comunale,  angolo  J\.  0 

—  7 

235 

114  3211 

j 

24 

» 

»                     »              »         soglia  dell'ingresso  prin- 

| 

cipale  allo  stipite  sinistro  entrando  .    . 

-7 

356 

114 

200 

I 

26 

» 

»              Angolo  sporgente  casa   presso  la  Chiesa  di 

1 

S.  Pietro  de'  Pellegrini 

—  7 

643 

Ilo 

913 

I 

27 

» 

»              Casa  Binda,  soglia  ingresso  allo  stipite  si- 

1 

nistro  entrando   .    .    . 

—  7 

840 

115 

716 

1 

28 

» 

»              Linea  confine  fra  il  N.  126  e  128  -  punto 

più  depresso  lungo  il  corso      .... 

—  7 

899 

113 

657 

3 

1 

29 
50 

» 
» 

»             Dogana,  angolo  N.  E. 

—  7 

608 

115 

948 

»              Angolo  casa  sinistra  guardando  P.  Romana 

fra  Corso  e  salita  al  Bast.c  per  P.  Vittoria 

—  7 

578 

115 

978 

1 

&2 

Corso  di  P.  Vigentina.  -  Sbocco  davanti  alla  Porta,  ang.  a  destra  . 

—  7 

566 

114 

190 

1 

57 

» 

P.  Lodovica           »           »             »             »         » 

—  5 

537 

116 

219 

§ 

71 

» 

P.  Ticinese            »           »             »             »     a  sinistra 

—  7 

238 

114 

321 

1 

77 

» 

»                   »           »             »             »     a  destra  . 

-7 

"277 

114 

279 

! 

78 

Imbocco  Vìcolo  Arena  dal  Bastione,  angolo  a  destra  ..... 

—  7 

363 

114 

195 

I 

708 

122 

Corso  di 

P.  Magenta.  -  Sbocco  davanti  alla  Porta,  ang.  a  sinistra 

—  1 

503 

!20 

053 

120 

041 

141 

Piazza  d'Armi.  -  Lato  N.  E.,  angolo  S.  della  cant.  milit.  N.  e.  6 

+  o 

250 

121 

808 

142 

Pulvinare.  -  Arco  laterale  N.,  soglia  sulla  mezzana 

-0 

142 

124 

414 

I 

143 

Carceri  Arena.  -  Pietra  forata  presso  torre  S.  O 

-0 

025 

121 

535 

I 

148 

Via  di  i 

J.  Tenaglia.  -  Ang.  a  destra  dello  sbocco  davanti  alla  Porta 

+  0 

459 

122 

015 

I 

IBI 

Via  Moscova.  -  Angolo  S.  O.  della  casa  al  civ.  N.  68     .     .    .    . 

-j-1 

009 

122 

565 

1 

160 

Corso  dì  P.  Garibaldi.  -  Sbocco  dav.  alla  Porla,  ang.  a  sinistra 

To 

487 

114 

767 

161 

» 

i>              Chiesa  dell'Incoronata,  soglia  della  porta 

verso  il  Dazio  allo  stip.  destro  entr.0 

—  0 

HO 

121 

446 

174 

Corso  di 

P.  Nuova.  -  Sbocco  sul  piazzale  davanti  alla  Porta,  an- 

golo parapetto  roggia  a  sinistra    .     .    . 

+  0 

481 

122 

057 

203 

» 

P.  Venezia.  -  Sbocco  davanti  alla  Porta,  ang.  a  sinistra 

—  1 

921 

119 

635 

204 

» 

»                   »            >*            ;>               »     a  destra  . 

—  1 

915 

119 

645 

229 

» 

P.  Vittoria           »           »  •        »              »        » 

—  5 

518 

116 

058 

f05 

244 

» 

P.  Magenta.  -  Lato  S.,  confine  fra  giardino  della  Stella 

e  muro  cinta  seguente 

-1 

714 

119 

842 

119 

85 

281 

246 

» 

»              Lato  S.,  rientrante  all'estremo  0.  della  fronte 

rettilinea  del  caseggiato  Busca      .    .    . 

-  2 

672 

118 

884 

118 

91 

!83 

247 

» 

»              Imbocco  via  Ochette,  angolo  a  sinistra  .    . 

—  2 

680 

118 

876 

118 

90 

179 

248 

» 

»              Angolo  N.  0.  corpo  sporgente  di  casa  Busca 

—  2 

776 

118 

780 

118 

79 

587 

249 

» 

»              Ang.  casa  fra  Corso  e  lato  0.  piaz.  d.  Grazie 

-2 

285 

118 

731 

118 

75 

250 

» 

»              Chiesa  d.  Grazie,  soglia  allo  stip.  sinis.  entr.0 

-2 

846 

118 

710 

!69 

251 

» 

»              Orfanotrofio  della  Stella,'  estremo  0.  del  ca- 

seggiato principale 

—  2 

321 

119 

255 

119 

22 

!46 

252 

253 

» 
» 

»              Orfanotrofio  della  Stella,  estremo  E.,  ottuso 
»              Casa  Zucchi,  N.  48  -  sede  della  Filotecnica  - 

—  1 

625 

119 

951 

119 

96 

soglia  ingresso  allo  stip.  destro  entrando 

—  1 

615 

119 

941 

!09 

254 

» 

a              Imbocco  S.  via  S.  Gerolamo,  ang.  a  destra 

-  i 

345 

120 

211 

120 

24 

99 

255 

;) 

»              Ponte  sul  Naviglio,  all'incontro  del  para- 

petto S.  col  caseggiato     

—  1 

036 

120 

520 

120 

53 

.87 

256 

)) 

w              Lato  S.,  angolo  sporgente  casa  all'imbocco 

1 

sinistro  della  via  Terraggio 

—  0 

872 

120 

684 

120 

661 

80 

257 

» 

»              Lato  N.,  imbocco  di  S.  Nicolao,  ang.  a  sinis. 

-  1 

023 

130 

553 

120 

54 

85 
89 

258 
259 

»              Ottuso  a  destra 

—  1 

240 

120 

316 

120 

30 

»              Imbocco  Nirone  di  S.  Francesco,  angolo  a 

siiìistra,  Farmacia  Pessina 

—  1 

383 

120 

173 

120 

17 

90 

260 

» 

»              Palazzo  Litta,  angolo  S.  E.  corpo  avanzato 

—  1 

495 

120 

061 

119 

99 

51 

261 

)) 

»              Imbocco  di  S.  Giov.  sul  Muro,  ang.  ottuso 

a  sinis.  sulla  linea  del  mare,  del  Corso 

—  1 

360 

120 

196  120 

19 

j 

742  RIVISTA  DI  GIORNALI 

MACCHINA  PER  FORARE  I  TUNNELS. 

dell'  Ing.   inglese    I.    D.    Brunton. 

(Vedi  tav.  30,  figg.  3  a  7) 


Dal  giornale  le  Genìe  Industriel ,  da  cui  attingiamo  in  parte  le  notizie  sul  progresso  della 
Meccanica  all'  estero  togliamo  anche  le  descrizioni  della  Macchina  Brunton  per  portare  a  cono- 
scenza dei  nostri  lettori  i  vantaggi  che  apporta  il  suo  impiego  in  confronto  delle  altre  macchine 
perforatrici. 

«  In  tutte  le  industrie,  si  cerca  di  sostituire  al  lavoro  manuale,  quei  processi  e  trovati  mecca- 
nici che  in  minor  tempo  producono  maggior  lavoro  e  soddisfano  così  alle  esigenze  dell'  attuale 
progresso.  Accade  lo  stesso  per  ciò  che  concerne  lavori  di  mine,  di  trincee  ecc.,  henchè  i  tenta- 
tivi e  le  prove  per  l'applicazione  dei  processi  meccanici  siano  comparativamente  di  recente  data. 

I  mezzi  finora  adoperati  sono  : 
1.°  I  perforatori  meccanici,  che  imitano  più  o  meno  perfettamente  il  lavoro  dei  minatori, 
e  che  sono  impiegati  col  concorso  della  polvere. 

2.°  Le  macchine  a  forare  in  blocco  i  tunnels  o  le  gallerie,  che  si  ponno  dividere  in  due 
classi:  1.°  quelle  il  di  cui  lavoro  è  completato  dalla  mina;  2.°  quelle  che  intaccano  la  roccia 
semplicemente  per  la  loro  azione  meccanica. 

La  macchina  di  Brunton  appartiene  appunto  a  quest'ultima  categoria. 

La  fìg.  3.a  della  tav.  50  è  un'elevazione  longitudinale  della  macchina,  in  cui  parte  è  veduta 
in  sezione. 

La  fig.  4-.a  è  una  projezione  laterale  corrispondente,  pure  veduta  parte  in  sezione,  per  lasciar 
scorgere  la  parte  lavoratrice  o  tagliante. 

La  fig.  5.a  è  una  projezione  pure  laterale,  ma  veduta  dalla  parte  opposta. 

La  fìg.  6.a  rappresenta  la  macchina  veduta  in  projezione  icnografica. 

La  fig.  7.a'  è  un  dettaglio  d'  uno  dei  mandrini  che  ricevono  i  coltelli. 

L'anima  di  questa  macchina  è  l'albero  cavo  centrale  A  filettato ,  esso  riposa  e  gira  nei  cu- 
scinetti e,  fissi  nei  due  sostegni  C  e  C  che  unitamente  alle  traverse  D  costituiscono  il  carro  sul 
quale  sono  montati  tutti  gli  organi  dell'apparecchio. 

In  testa,  1'  albero  A  porta  il  doppio  braccio  B  in  ghisa ,  munito  alle  sue  estremità  dei  due 
assi  b  sui  quali  girano  i  mandrini  31. 

La  parte  dell'asse  b  sulla  quale  ruota  il  corrispondente  mandrino  eccentrico  per  rapporto  alla 
porzione  che  è  incastrala  nel  braccio ,  porta  alla  sua  estremità  una  ruota  a  dentatura  elicoidale 
che  ingrana  colla  vite  perpetua  v. 

Col  mezzo  di  questa  vite  e  della  corrispondente  ruota,  si  fa  girare  l'asse  b  e  siccome  l'altro  suo 
estremo  munito  del  mandrino  è  eccentrico,  come  dissimo  prima ,  la  posizione  di  quest'  ultimo 
può  essere  modificata  a  volontà ,  ossia  esso  può  spostarsi  per  modo  a  compensare  il  logorarsi 
graduato  dei  coltelli  di  cui  è  armato.  Così  il  diametro  dei  pozzi,  della  galleria  o  del  tunnel  a 
forarsi  può  essere  diminuito  od  aumentato  in  una  certa  misura. 

Per  rapporto  all'albero  centrale  A,  gli  assi  b  su  cui  si  montano  i  mandrini,  possono  essere 
designati  per  la  loro  equidistante  positura  col  nome  d'assi  planetari  ». 

Con  ogni  mandrino  è  fusa  una  ruota  dentata  m,  che  riceve  il  movimento  da  una  ruota  R, 
montata  su  di  un  asse  che  attraversa  l'albero  A.  1  mandrini  M  presentano  ciascuno  alla  loro 
circonferenza  sei  incavature,  nelle  quali  sono  aggiustati  altrettanti  manici  vuoti  n  (douille)  (fig  3.a 
e  7.a)  attraversati  da  due  piccoli  assi  sui  quali  liberament3  girano  i  dischi  d,  che  sono  i  coltelli 
propriamente  detti, 


E  NOTIZIE    VARIE  743 

I  manici  vuoti  n  sono  pezzi  separati  e  distinti  dai  mandrini,  e  sono  fìssali  a  questi  per  mezzo 
di  chiodi  o  di  viti.  Essi  presentano  una  scanalatura  che  permette  di  montarli  ad  urta  distanza 
più  o  meno  grande  dal  centro,  secondo  che  il  diametro  dei  coltelli  è  più  o  meno  logorato  dal 
lavoro. 

L'angolo  sotto  al  quale  i  coltelli  sono  posti,  rispetto  al  piano  della  superfìcie  della  roccia  o 
di  qualunque  altra  materia  a  perforarsi,  può  essere  cambiato  a  volontà  per  rendere  più  efficace 
il  lavoro  dei  medesimi.  La  ruota  dentata  centrale  R  ingrana  colle  ruote  m  fuse  coi  mandrini  M,  e 
situate  posteriormente  ai  medesimi,  essa  è  assicurata  per  mezzo  d'una  bietta  su  un  albero  a  (fig.  4.a) 
attraversante  l' albero  vuoto  A. 

Quest'albero  a  gira  in  speciali  sostegni  disposti  alle  due  estremità  dell'albero  A;  sull'estremo 
opposto  a  quello  dov'è  montata  la  ruota  dentala  R,  è  assicurata  con  biella  la  ruota  conica  R' 
che  ingrana  con  un  pignone  r.  Questi  riceve  il  movimento  da  un  motore  qualunque  per  mezzo 
d'una  fune  metallica  avvolta  sulla  puleggia  P. 

L'albero  vuoto  A  è  pure  dotato  d'un  movimento  di  rotazione,  ma  molto  più  lento;  a  questo 
scopo  nella  parte  anteriore  della  macchina,  è  montata  una  gran  ruota  a  dentatura  elicoidale  D, 
che  ingrana  con  una  vite  perpetua  e  facente  parte  d'un  albero  verticale  (fig.  4.a)  comandato  da 
due  ruote  coniche  E  riceventi  il  movimento  dalla  puleggia  p. 

A  questa  puleggia  il  movimento  è  trasmesso  da  una  fune  avvolta  sulla  puleggia  p'  assicurata 
sull'  albero  a'. 

Si  scorge  già,  per  ciò  che  si  è  detto,  che  il  movimento  planetario,  dei  coltelli,  è  effettuato  dalla 
rotazione  dell'  albero  a  e  che  quello  degli  assi  planetarii  attorno  l' asse  centrale  (movimento 
orbitale)  è  determinato  dalla  rivoluzione  dell'albero  A. 

La  velocità  relativa  di  questi  alberi  regolarizza  lo  sviluppo  di  ciascun  coltello;  in  altri  ter- 
mini regolarizza  1'  avanzamento  di  ciascun  coltello  dietro  quello  che  lo  precede. 

L'albero  centrale  A  è  filettato  esteriormente  per  ricevere  la  madrevite  F,  la  quale  è  fusa  con 
una  ruota  dentata /ed  è  tornita  esteriormente  per  permettere  d'aggiungervi  un  collare.  Le  madre- 
vite ed  il  collare  sono  riuniti  per  mezzo  d'una  chiave,  per  modo  che  l'una  non  possa  girare 
senza  l' altra. 

Colla  madrevite  F  sono  fuse  due  o  anche  più  orecchie  a  forchetta,  nelle  quali  si  articolano 
le  braccia  G,  che  ricevono  alla  loro  estremità  una  vite  terminata  da  un  piattello  gt  come  si 
vede  nelle  figure  5.a  e  6.a  Coll'aiuto  delle  viti,  s'allungano  le  braccia,  distendendoli  per  modo 
che  i  piattelli  g ,  vengano  ad  adagiarsi  contro  la  superficie  interna  del  tunnel  ;  allora  la  ma- 
drevite F  ed  il  suo  collare  costituiscono  un  punto  d'appoggio  che  permette  a  tutta  la  macchina 
d'avanzare  contro  la  roccia  da  perforare,  essendo  l'albero  A  animato  da  un  movimento  di  ro- 
tazione. Allorché  quest'albero  si  è  avanzato  di  tutta  la  sua  lunghezza  la  macchina  si  arresta;  si 
apre  la  chiavetta,  e,  per  mezzo  di  manovelle  e  d'  un  pignone  che  ingrana  colla  ruota  h,  la  ma- 
drevite ed  il  suo  collare  si  portano  avanti  fino  all'estremo  dell'albero  filettato  assieme  beninteso 
ai  bracci  G.  Una  vite  d'arresto  posta  in  un  incavo  praticato  sulla  circonferenza  della  madrevite 
impedisce  al  collare  d'abbandonare  questa,  e  nel  medesimo  tempo  gli  permette  di  girare  indi- 
pendentemente dalle  braccia  che  ad  esso  si  attaccano. 

I  movimenti  combinati  planetario  ed  orbitale  come  furono  descritti,  come  anche  il  movimento 
in  avanti  prodotto  dalla  vite  agente  nella  madrevite  fissa,  obbligano  i  coltelli  ad  agire  sulla  roccia 
in  forma  di  spirale,  avente  un  passo  od  angolo  d'avanzamento  eguale  a  quello  del  filetto  pra- 
ticato siili'  albero  A.  I  coltelli  d  sono  dischi  in  acciajo  d'  un  diametro  di  25  a  50  centimetri  e 
d'uno  spessore  di  12  a  25  millimetri,  secondo  le  dimensioni  della  macchina  che  li  porta  o  la 
natura  della  roccia  o  terreno  su  cui  devono  agire.  La  loro  circonferenza  presenta  un  bordo  ta- 
gliente ed  essi  sono  posti  ad  angolo  retto  per  rapporto  al  piano  dei  loro  assi. 

II  raggio  del  circolo  descritto  dall'orlo  dei  coltelli  agendo  sulla  roccia,  deve  avere  circa  la 
metà  del  raggio  del  tunnel  o  della  galleria  cilindrica  a  perforare,  in  guisa  che  in  ogni  rotazione 
i  coltelli  passino  e  taglino  su  tutta  la  superfìcie  della  galleria. 

11  carro,  formato  come  si  disse  dai  sostegni  C  e  C  anteriormente  e  posteriormente  *  e  dalle 
traverse  D,  lateralmente  è  munito  di  ruote  a  doppio  orlo  h\  che  ruotano  sulle  guide  H.  Supe- 


744  RIVISTA  DI   GIORNALI 

dormente  alla  macchina  sono  montate  due  ruotelle  1  F ,  che  s'appoggiano  fortemente  contro  ili 
cielo  della  galleria,  contribuendo  così  a  mantener  la  macchina  nella  posizione  centrale  eh'  essa 
deve  conservare. 

Le  guide  H  giacciono  sul  suolo  del  tunnel,  e  sono  spinte  avanti,  a  seconda  del  bisogno,  colle 
barre  J  che  si  pongono  nei  fori  praticati  nel  doppio  bordo  delle  guide,  e  che  ponno  essere  messe 
in  movimento  per  mezzo  delle  madreviti  j  montate  sulle  viti  J'  (fìg.  5.a  5.a  6.a);  quest'ultime 
sono  comandate  da  una  correggia  avvolta  sulla  puleggia  k  e  fissata  all'  estremità  dell'  albero  a' 
ed  anche  dalla  puleggia  k'  il  di  cui  albero  /  porta  una  ruota  dentata  ;  quest'ultima  ingrana  con 
un  altra  simile  /'  che  infine  comanda  alle  due  ruote  coniche  L  (fig.  3.a) ,  di  cui  una  è  fissata 
sulle  vite  J'. 

In  virtù  di  questa  combinazione,  le  guide  avanzano  convenientemente  perchè  la  macchina 
possa  progredire. 

Si  deve  notare  che,  in  questa  macchina,  in  seguito  alla  divergenza  delle  linee  centrali  degli 
assi  b  porta  mandrini,  dal  piano  dell'albero  centrale  A  si  ottiene  facilmente  il  disimpegno  dei 
coltelli  dalla  superficie  della  roccia  durante  la  porzione  di  rivoluzione  in  cui  questi  non  lavorano. 
Dippiù  si  sarà  scòrto  che  il  movimento  della  macchina  è  circolare-continuo;  che  l'azione  dei 
coltelli  sulla  parete  del  tunnel  produce  una  doppia  spirale,  con  passo  uniforme,  e  che  i  coltelli 
che  dividono  e  rompono  la  parete  agiscono  per  attrizione,  ossia  per  continuo  sfregamento,  ma 
tuttavia  intaccando  poco  alla  volta,  l'attrito  fra  i  coltelli  e  la  roccia  è  ridotto  al  suo  minimum. 
il  lavoro  è  fatto  per  semplice  pressione,  ciò  che  riduce  la  questione,  fra  i  coltelli  d'acciajo  e 
la  pietra  ad  un'écrasement  de  l'un  par  l'autre. 

In  effetto,  ognun  sa  che  una  macina  da  arrotare  che  gira  rapidamente,  taglia  per  attrizione 
qualunque  acciajo  gli  si  presenti,  ma  essa  sarebbe  ridotta  in  polvere  sotto  una  pressione  che 
non  altererebbe  per  nulla  1'  acciajo. 

Nella  macchina  che  ci  occupa,  lo  scopo  a  raggiungersi  è  di  trar  partito  delle  qualità  dell'ac- 
ciaio per  resistere  alla  compressione. 

Allorché  i  coltelli  descrivono  il  loro  giro  sulla  parete  estrema  del  tunnel,  essi  tagliano,  in 
virtù  del  movimento  in  avanti  impresso  dall'albero  vuoto  che  funziona  come  vite,  e  penetrano 
di  più  in  più  profondamente,  producendo  un  passo  circolare. 

L'altezza  di  questo  passo  dipende  naturalmente  dal  passo  della  grande  vite,  benché  lo  si  possa 
modificare,  dando  alla  chiocciola  un  movimento  differenziale,  che  può  variare  di  12  millimetri 
nel  granito,  fino  a  50  millimetri  nella  roccia  tenera;  ma  qualunque  esso  sia,  il  movimento  spirale 
in  avanti  della  macchina  è  sempre  mantenuto. 

Se  un  passo  di  25  millimetri  è  preso  come  esempio,  in  un  tunnel  di  2m,135  di  diametro,  si 
otterrà  un  avanzamento  di  3mm,o  per  ciascun  coltello  posto  dietro  al  suo  precedente,  cioè  occor- 
reranno 924  tagli  per  effettuare  una  penetrazione  di  25  millimetri.  La  macchina  rappresentata 
sulla  tavola  ha  due  mandrini  che  ricevono  sei  coltelli  ciascuno;  e  allora  se  ciascun  d'essi  prende 
un  passo  di  25  millimetri,  ci  sarà  un'avanzamento  di  50  millimetri,  per  ogni  rivoluzione  del- 
l'albero centrale  a  vite. 

Le  esperienze  provarono  che  i  mandrini  a  coltelli  possono  fare  almeno  40  giri  per  minuto 
nella  pietra  calcare.  Ad  una  tal  velocità  con  un  alimentazione  di  3m,5  si  ottiene  un  avanza- 
mento di  50  millimetri  in  4  minuti  e  1/5. 

Devesi  essere  osservato  che  infine  quello  che  deve  fare  la  macchina,  è  di  penetrare  di  llm 
di  25  millimetri  per  effettuare  un  avanzamento  di  3mm,5,  contro  una  resistenza  non  maggiore  di 
quella  offerta  da  uno  strato  di  pietra  di  25  millimetri  d'altezza. 

Il  coltello  presenta  il  suo  bordo  al  piede  della  strato,  e,  evitando  più  eh' è  possibile,  l'attrito, 
penetra  con  una  forza  irresistibile  di  3mm,5  nello  strato;  dimodoché  il  coltello  che  viene  in  se- 
guito ha  ben  poco  a  fare. 

Si  disse,  e  si  dirà  ancora,  che  tutte  le  macchine  a  perforare  le  gallerie  od  i  tunnels,  riducenti 
la  roccia  in  piccoli  frammenti,  originano  una  perdita  di  potenza  meccanica;  gran  parte  di  questa 
perdita  sarebbe  evitata,  dicono,  se  i  fori  si  preparassero  dalla  macchina  per  poscia  riempirli  di 
polvere  allo  scopo  di  far  saltare  masse  considerevoli  d' un  sol  tratto. 


E  NOTIZIE  VARIE  745 

Quest'asserzione  è  fatta  con  molta  convinzione  ed  è  generalmente  accettata  come  indiscutibile. 
Ma,  osserviamo  pertanto  ciò  che  accade  per  il  tunnel  del  Monte  Cenisio. 

La  galleria  di  mina  è  di  circa  90  decimetri  quadrati  e  80  fori  d'una  superficie,  eguale  ad  Vrs 
della  superficie  totale  sono  praticati  dai  perforatori.  Evvi  allora  una  seltantottesima  parte  di  tutta 
la  massa  di  roccia  estratta  e  ridotta  in  polvere  eccessivamente  fina.  Non  è  esagerato,  il  dire 
che  vi  sono  100,000  particelle  circa  per  ogni  cubo  di  15  centimetri. 

La  questione  allora  prende  questa  forma: 

Supponiamo  che,  per  la  macchina  che  noi  descrivemmo,  i  frammenti  medii  siano  d'  un  cubo 
di  15  centimetri  ;  ridurre  78  blocchi  di  roccia  in  pezzi  da  15  centim.  cubi  o  un  solo  in  pezzi 
100,000  volte  piccoli;  in  qual  operazione  vi  sarà  maggior  consumo  di  potenza  meccanica? 

Il  paragone  precedente  è  puramente  fra  la  forza  relativamente  consumata,  dai  due  tipi  di  mac- 
chine; ma  alla  forza  impiegata  da  una  macchina  perforatrice  si  avrebbe  ad  aggiungere  la  forza 
sviluppata  per  la  potenza  impiegata. 

Vi  sarebbe  anche  a  determinare  qual  forza  addizionale  sarebbe  messa  a  disposizione  della 
macchina  foratrice  dei  tunnels,  tanto  per  la  consumazione  del  combustibile  che  sarebbe  eguale 
al  valore  della  polvere. 

Si  vedrà  allora  che  una  macchina  a  forare  (percer)  i  tunnels,  quantunque  esiga  più  potenza 
che  una  macchina  a  perforer ,  può  pertanto  sopportare  favorevolmente  il  confronto,  non  par- 
lando del  vantaggio  che  si  deve  sempre  aspettare  da  una  macchina  che  può  lavorare  senza  in- 
terruzione, vantaggio  che  non  presenta  una  macchina  a  perforare  che  bisogna  frequentemente 
spostare  intanto  che  si  fa  agire  la  mina. 

Una  macchina,  costruita  dietro  i  dati  di  quella  rappresentata  nella  tavola  50  figg.  5  a  7,  è 
costruita  per  forare  un  tunnel,  d'una  lunghezza  considerabile,  in  un  giacimento  d'ardesia  di 
North-Wales. 


UN  ALTRO  FOTOMETRO 
inventato   dal  Dott.  Marco  Ceselli  di  Roma. 

(Vedi  Tav.  30  fig.  2) 

«  In  pratica  non  solo  è  necessario  il  trovare  un  esatto  strumento  per  la  misura  di  una  qua- 
lunque cosa ,  ma  bensì  la  sua  facilità  nell'  uso ,  sia  per  il  principio  su  cui  è  fondato ,  sia  per 
esser  portatile ,  e  di  poco  incomodo.  Ora  quello  che  ho  detto  in  generale  si  può  applicare  in 
particolare  al  fotometro  istrumento ,  che  sebbene  sia  di  un  uso  del  tutto  scientifico  è  adoperato 
anche  in  questioni  pratiche  come  nell'  illuminazione  a  gas.  Quello ,  che  possa  rispondere  alle 
proprietà  di  sopra  richieste,  è  V  elegante  fotometro  di  Wheatstone  che,  siccome  ognuno  sa,  con- 
siste in  una  perla  d'acciajo  brunito,  animata  da  due  moti  rotatori,  cioè:  di  un  moto  di  un  cir- 
colo, intorno  di  un  altro  circolo,  per  cui  essa  perla  d' acciajo  traccia  una  epicicloide.  Se  ora  al 
di  qua  e  al  di  là  dell' istrumento  si  pongono  i  due  lumi  da  paragonarsi  alla  medesima  altezza 
si  vedranno  sulla  perla  due  punti  luminosi  per  riflessione;  se  poi  questa  si  metta  in  moto  con 
alquanta  velocità,  per  l'impressione  sulla  retina  vedremo  due  epicicloidi  luminose,  che  quando 
saranno  della  medesima  intensità  luminosa  avremo  la  solita  proporzione  dell'  intensità  in  ragione 
diretta  dei  quadrali  delle  distanze  cioè: 

d2  -  W* 

da  cui  se  ì  è  1'  unità  dell'  intensità  luminosa  avremo 

.,       d'* 


746  RIVISTA  DI   GIORNALI 

Ove  d  e  d'  sono  le  distanze  dei  due  lumi  dalla  perla  d' acciajo,  ed  ognuno  vede  che  sono  quan- 
tità variabili  movendosi  essa  perla,  e  per  quanto  sia  piccolo  lo  spostamento  di  questa  doven- 
dosi dette  distanze  innalzare  al  quadrato,  portano  alquanto  differenza.  Questo  è  il  solo  inconve- 
niente dello  strumento. 

«  Questo  secondo  fotometro  da  me  ideato  (Tav.  50,  fìg.  2)  ha  le  proprietà  di  sopra  richieste  cioè 
la  massima  semplicità;  è  portatile,  ed  ha  il  punto  di  partenza  della  misura  delle  distanze  fisse.  Esso 
consiste  in  un  cilindro  d'acciajo  brunito  dell'altezza  di  circa  8  centimetri  e  del  diametro  di  un 
millimetro,  il  quale  produce  due  bande  luminose  verticali  invece  delle  due  epicicloidi,  e  ciò  per 
la  proprietà  degli  specchi  cilindrici;  e  per  rendere  queste  bande  luminose  più  nette  le  guardo 
attraverso  un  forellino  finissimo  di  meno  di  un  millimetro  di  diametro. 

Ecco  come  per  renderlo  portatile  si  stabilisce  ristrumento.  Su  di  un  regolo  di  legno  A  B 
della  lunghezza  di  due  decimetri,  e  di  tre  centimetri  circa  di  lunghezza  e  mezzo  di  spessore, 
sorretto  da  un  manico,  alla  estremità  B  si  trova  una  lamina  di  metallo  avente  nel  mezzo  un 
forellino  per  cui  si  guarda,  all'altra  estremità  A  una  tavoletta  di  legno  più  alta  del  cilindro 
d'acciajo;  questo  poi,  si  trova  nella  linea  mediana  longitudinale  del  regolo  A  B  a  pochissima 
distanza  da  A,  cioè  nel  punto  C.  Ed  il  tutto  è  tinto  a  nero. 

«  Si  comprende  benissimo,  che  per  fare  la  misura  o  meglio  il  paragone  tra  le  due  luci  queste 
si  debbono  mettere  ai  due  fianchi  dell' istrumento  alla  medesima  altezza,  sulla  medesima  linea, 
ed  accostandole  od  allontanandole  in  modo  che  ne  risultino  le  due  bande  luminose  della  mede- 
sima intensità;  allora  le  suddette  luci  staranno  tra  loro  in  ragione  diretta  dei  quadrati  delle 
distanze  dal  cilindro. 

«  Voglio  sperare  che  esso  possa  ottenere  la  preferenza,  in  quanto  che  la  costruzioue  è  sem- 
plicissima, e  capace  da  ognuno  (1)  ». 

(Dalla  Corrispondenza  scientifica.  Roma). 


UN   NUOVO    GENERE    DM  L  L  UM  IN  A  Z I  ONE. 

(Vedi  Tav.  30,  fig.  8  e  9.) 

E  noto  come  accendendo  una  mescolanza  dei  due  gas  ossigeno  ed  idrogeno  (ossidrogene)  si 
ottenga  una  fiamma  che  non  è  per  nulla  affatto  luminosa  alla  pressione  ordinaria  e  che  anzi 
sarebbe  invisibile  se  non  fosse  in  causa  delle  sostanze  estranee  che  si  trovano  sempre  sospese 
nell'atmosfera  e  per  la  pressione  esercitata  dall'aria  sui  fianchi  della  fiamma.  Ma  il  calore  di 
questa  fiamma  essendo  fortissimo  (fonde  il  ferro  colla  massima  rapidità),  ne  viene  che,  se  si 
dirige  la  fiamma  stessa  sopra  un  pezzo  di  calce,  questa  riscaldandosi  fortemente,  dà  luogo  ad 
una  luce  di  una  vivacità  insopportabile  a  piccola  distanza.  Ed  infatti  il  calore  della  fiamma 
aumentando  grandissimamente  la  potenza  microdinamica  negli  atomi  della  calce,  né  potendo,  per 
la  costituzione  fissa  speciale  della  calce,  tutta  questa  potenza  accumulata  convertirsi  in  una  esal- 
tazione della  sola  componente  del  moto  atomico  relativa  al  calorico  dando  luogo  ad  un  subitaneo 
allontanamento  delle  molecole,  ne  viene  che  una  gran  parte  di  essa  si  trasforma  in  una  esalta- 
zione del  moto  orbitale  dando  così  luogo  ad  una  crisi  luminosa  intensissima. 

Ora,  si  è  recentemente  tentato  di  rendere  pratica  la  luce  così  prodotta  (lime  light)  applican- 
dola all'illuminazione  privata.  Senonchè  l'uso  del  miscuglio  di  gas  ossigeno  e  di  gas  idrogeno 
non  è  senza  inconvenienti  potendo  facilmente,  o  per  l'incuria  di  chi  ne  fa  uso,  o  per  difetto 
degli  apparecchi ,  avvenire  che  i  due  gas  si  mescolino  in  quantità  maggiori  di  quelle  volute  e 
che  infiammandosi  diano  luogo  ad  uno  scoppio  dell'apparecchio. 

I  mezzi  pratici  che  finora  si  sono  impiegati  per  applicare  questo  sistema  di  luce  alle  lampade 
sono  due.  Coli' uno  i  due  gas  sono  mescolati  prima  nell'apparecchio  a  qualche  distanza  dal  becco 
pel  quale  escono.  Coli'  altro  metodo  invece  essi  non  vengono  a  contatto  fra  loro   che   alla  loro 

(1)  Per  il  cilindro  d'acciajo  si  può  far  uso  di  un  ferro  da  calze,  quando  sia  ben  brunito. 


E  NOTIZIE   VARIE  747 

uscita  dal  becco.  Col  primo  metodo,  il  miscuglio  avendo  luogo  assai  più  perfettamente,  si  ottiene 
una  luce  assai  più  brillante,  si  consuma  meno  ossigeno  in  un  dato  tempo  e  si  ha  un  minor  vo- 
lume di  prodotti  gasosi  da  scaricare  :  ma  con  esso  occorrono  molte  precauzioni  per  assicurarsi 
che  I  apparecchio  non  esploda.  Gli  apparecchi  invece  costrutti  col  secondo  metodo  possono  anche 
essere  affidati  nelle  mani  di  persone  inesperte  essendo  in  quelli  impossibile  un'esplosione-  ve 
d  altronde  ad  osservare  che  per  le  camere  ordinarie,  e  per  gli  usi  domestici  non  è  poi  nemmeno 
necessaria  una  luce  tanto  intensa  :  per  conseguenza  a  questi  si  dovrebbe  dare  la  preferenza  per 
1  uso  comune. 

La  fìg.8.a  (tav.  50)  rappresenta  in  ischema  le  parti  principali  dell'apparecchio  costrutto  secondo  il 
primo  metodo.  In  esso  D  rappresenta  un  tubo  o  becco  il  cui  diametro  interno  è  circa  yg.  Questo  becco 
passa  nella  scattola  cilindrica  A  chiusa  a  tenuta  di  gas  in  questa  stessa  scaltola  in  corrispondenza, 
ai  due  fon  B,  T  mettono  pure  capo  i  due  tubi  i  quali  vi  conducono  i  due  gas  presi  in  due 
appositi  separati  recipienti.  I  due  gas  mescolati  nella  scattola  A  (s'intende  in  quantità  abbastanza 
piccole  perche  non  possa  aver  luogo  esplosione)  passano  nel  becco  D  all'estremità  del  quale 
vengono  accesi ,  e  la  fiamma  viene  a  gettarsi  sul  cilindro  E  di  calce  il  quale  è  assicuralo  sul 
piatto  P  Una  vite  H  permette,  col  mezzo  di  un  pignone  K  di  girare,  innalzare  od  abbassare  il 
cilindro  E  secondo  fa  bisogno:  cosi  pure  il  pezzo  N  ha  un  particolare  moto  orizzontale  che 
permette  di  collocare  il  cilindro  E  stesso  a  quella  distanza  che  si  vuole  dalla  fiamma.  I  cilindri 
di  calce  sopra  accennati  possono  essere  fabbricati  a  bassissimo  prezzo  :  ma  del  resto  può  servire 
qualunque  pezzo  di  calce  viva  purché  secca.  I  cilindri  stessi  poi  devono  essere  tenuti  chiusi  in 
specie  di  bottiglie  quando  la  lampada  non  funziona,  altrimenti  verrebbero  presto  distrutti.  Inoltre 
siccome  esS1  si  scaldano  assai  facilmente,  nelle  lanterne  più  perfette  si  è  pensato  di  far  ruotare 
continuamente  il  cilindro  col  mezzo  di  un  congegno  di  orologeria:  in  generale  però  questo  non 
e  che  un  lusso. 

Nelle  lampade  invece  costrutte  in  base  al  secondo  metodo  il  becco  ha  press'  a  poco  la  forma 
della  fig.  9  in  cui  H  H  è  il  tubo  per  cui  passa  il  gas  idrogeno  e  B  quello  per  cui  viene  l'ossi- 
geno: come  si  vede  i  due  gas  non  vengono  a  mescolarsi  che  in  B  dove  ha  luogo  l'accensione. 
Quanto  al  cilindro  di  calce  la  disposizione  è  identica  alla  precedente. 


SOCIETÀ  ITALIANA  DI  SCIENZE  NATURALI. 

///  Riunione  Straordinaria  in  Vicenza  nei  giorni  14,  15,  16  e  17  Settembre  1868. 

La  III  Riunione  straordinaria  della  Società  Italiana  di  Scienze  Naturali  che  non  potè  aver 
luogo  1  anno  scorso  a  Vicenza  in  causa  del  morbo  asiatico,  si  effettuò  nel  passato  settembre  i 
giorni  14,  15,  16,  e  17  e  fu  alquanto  viva  e  brillante. 

L'adunanza  generale  d'apertura  venne  tenuta  nel  Teatro  Olimpico  il  quale  era  affollatissimo. 
Al  banco  presidenziale  sedevano  in  fianco  al  Presidente  Cav.  Paolo  Lioy  il  sindaco  della  città, 
ed  alla   destra   in  mancanza  del  Presidente  ordinario  della  Società,  il  Vice  Presidente  Antonio 

u  ?, d^C0/S0Jnaugurale  del  Gav.  Lioy  fu  brillante,  ed  ebbe  grandi  applausi.  Così  pure 
quello  del  Prof,  abate  Stoppani  intorno  ai  Basalti,  e  l'altro  del  Conte  Oddo  Arrigoni  sul  Rego- 
lamento della  caccia  nell'interesse  dell'Agricoltura.  Uà  questa  stessa  seduta  vennero  esposti  i 
nomi  dei  Rappresentanti  mandati  al  Congresso  da  alcune  Società  ed  Accademie  scientifiche,  fu- 
rono lette  alcune  lettere  di  Soci  non  intervenuti,  e  si  annunciò  che  nel  Museo  Civico  fu  collo- 
cata una  lapide  commemorativa  di  tale  Riunione. 

Nella  sera  dello   stesso  giorno  si  tennero  le  sedute  speciali  delle  singole  sezioni  di  Geologia 
Zoologia  e  Botanica.  La  prima  era  la  più  numerosa,  ed  anzi  si  formarono  come  delle  sezioni  a 


748  SOCIETÀ  ITALIANA  DI  SCIENZE   NATURALI 

parte  di  Montanistica,  di  Paleoetnologia,  di  Fisica  e  Chimica.  Ebbe  a  Presidente  il  Prof.  Mene- 
ghini ,   col    Prof.  Studer  di  Berna  come  Presidente  onorario ,   ed   il   Sig.  Negri  a  Segretario.  Ili 
Sig.  Botti  lesse  una  Nota  sopra  un  pesce  fossile  del  terreno  pliocenico  di  Lecce.    Stoppani  fece| 
osservare  che  molti  fossili  del  Leccese  spettano  a  specie  viventi.  Issel  e  Guiscardi  parlarono  sui; 
terrazzi  Leccesi  e  sue  calcaree.  Il  contadino  Meneguzzo,  guida  delle  Alpi,  distribuì  un  suo  spac- 
cato della  Regione  Vicentina,  con  fascicolo  di  spiegazioni.   Il  Sig.  Suez  espose  i  suoi  studi  sui 
terreni  del  Vicentino  sui  quali  vennero  fatte  osservazioni,  domande  e  risposte  da  Molon,  Lioy, 
D'Acchiardi,  Meneghini  e  Meneguzzo.  Per  ultimo  si  lesse  un   lavoro  del  Sig.  Salmoiraghi  sulla 
Geologia  dei  dintorni  di  Montecalvo  Irpino. 

La  Sezione  di  Zoologia  ebbe  a  Presidente  il  Prof.  Cornalia,  col  Segretario  Prof.  Canestrini. 
L'  abate  Disconzi  dimostrò  come  in  una  Memoria  stampata  a  Verona  nel  1865  siasi  attribuito 
il  nome  di  Phìlanthus  apivorus  ad  un  imenottero  che  è  probabilmente  la  Vespa  crabro  o  la 
Vespa  media,  atteso  le  abitudini  descritte.  L'  abate  Nardi  comunicò  una  Nota,  nella  quale  pro- 
pone diversi  mezzi  per  favorire  F  agricoltura,  intorno  alla  quale  materia  i  Professori  Canestrini 
e  Tebaldi  esposero  importanti  osservazioni. 

La  Sezione  di  Botanica  fu  presieduta  dal  Conte  Trevisan  col  Segretario  Prof.  Pedicino.  Il 
Prof.  Masé  dopo  una  dettagliata  descrizione  delle  Valli  Ostigliesi  da  lui  studiate  per  botanica, 
diede  la  nota  delle  piante  rare  da  lui  rinvenute  pel  primo,  e  fece  voti  onde  essere  ajutato  nelle 
ricerche  di  piante  Mantovane.  Presentò  inoltre  e  distribuì  alcune  piante  particolari.  Il  Presidente 
fece  dappoi  notare  che  la  Chara  alvoides  viene  oggi  dal  Brown  riferita  alle  Ch.  coronata,  e 
diede  lettura  d'una  sua  Memoria  sul  genere  Dimelena,  ove  tesse  anche  la  storia  della  licheno- 
logia. Si  terminò  colla  distribuzione  del  Programma  della  Flora  Italiana  in  corso  di  pubblica- 
zione dei  Sigg.  Cesati,  Passerini  e  Gibelli. 

Il  giorno  15  fu  occupato  pel  viaggio  a  Lonedo  e  Chiavon,  e  nella  sera  la  sezione  speciale  di 
Montanistica  tenne  una  seduta.  Il  Comm.  Quintino  Sella  venne  eletto  Presidente  e  Gandini  Segre- 
tario. Vi  fu  grande  discussione  sulla  proposta  del  Sig.  De  Manzoni  d'invitare  il  governo  ad 
istituire  in  Italia  un'  Accademia  Montanistica  destinata  a  dare  ingegneri  di  miniere  e  costituita 
sul  modello  di  quelle  tedesche  ed  inglesi.  Dopo  varie  discussioni  per  parte  del  Presidente  Sella, 
di  Pasini,  Meneghini,  Ferrerò,  Cossa  e  Pavesi,  s'invitò  il  Sig.  Manzoni  a  formulare  i  perfezio- 
menti  da  introdursi  nelle  scuole  di  Agordo  e  di  Bergamo  pei  così  detti  bassi  ufficiali,  di  ciò 
che  puossi  chiamare  armata  mineraria. 

Nel  giorno  16  ciascuna  sezione  tenne  due  sedute.  In  Geologia  nella  seduta  del  mattino ,  il 
Sig.  Tornò  espose  alcune  osservazioni  sulle  miniere  di  Vallalta;  il  Sig.  Ferrerò  sulle  Torbe;  il 
Prof.  Stoppani  sulla  struttura  prismatica  e  sferoidale  delle  roccie;  il  Sig.  Negri  lesse  una  sua 
Memoria  Geologica  sul  bacino  del 'lago  di  Lugano.  Il  senatore  Pasini  espose  un  brano  di  ma- 
noscritto del  Maraschini,  nel  quale  vi  è  descritta  l'esperienza  fatta  dal  Sig.  Melandri  40  anni  or 
sono,  per  la  formazione  di  montagne,  e  somigliante  a  quelle  or  ora  fatte  dal  Prof.  Gorini  in 
Milano.  Il  Sig.  Sanfermo  annunciò  la  scoperta  fatta  presso  Belluno  di  un  calcare  fetido  ricco  di 
fosfato  di  calce;  ed  il  Sig.  Navar'otto  quella  di  un  piombo  argentifero.  Alla  sera  si  aprì  la  seduti, 
colla  presentazione  di  saggi  della  torba  di  Campolongo.  Il  Prof.  Pirona  presentò  e  descrisse  una 
nuova  Rudiste  del  Friuli  ;  Meneghini  e  Guisciardi  la  ritengono  un  nuovo  genere  e  la  chiame- 
rebbero Pironea.  Il  Prof.  Silvestri  presentò  una  Monografìa  del  genere  Nosodaria,  e  lesse  una 
Nota  su  un  giacimento  di  solfo  in  Sicilia.  Issel  trattò  sulla  fauna  malacologica  del  Mar  Rosso, 
del  Mediterraneo  ecc.  Il  Presidente  presentò  una  fotografìa  d'  una  Cleodora  fossile  del  Modonese 
comunicata  dal  Sig.  Stòhr;  ed  una  Memoria  del  Sig.  Marolda  sul  bacino  idrografico  di  Muro 
Lucano.  Si  terminò  colla  lettura  di  una  Memoria  del  Sig.  Zecchini  sui  laghi  di  Bagnarola . . . 
Nella  stessa  sera  molti  membri  del  Congresso  si  radunarono  in  altra  delle  sale  per  formare 
una  sezione  speciale  di  Paleoetnologia  ,  la  quale  ebbe  a  Presidente  il  Prof.  Strobel ,  e  per  Se- 
gretario il  Sig.  Gualterio.  Venne  presentata  una  Memoria  del  Sig.  Mina-Palumbo,  sulla  Paleoet- 
nologia Siciliana.  Il  Cav.  Lioy  mostrò  alcune  armi  di  pietra  ed  una  di  bronzo,  raccolte  di  re- 
cente nel  Vicentino.  Sanfermo  parlò  di  un  oggetto  piramidale  di  selce  trovato  in  Sicilia,  e  Gual- 
terio di  armi  di  pietra  dei  dintorni  di  Bolsena.  Grandosso  presentò  un  istrumento  di  ferro  tro- 


SOCIETÀ  ITALIANA  DI   SCIÈNZE  NATURALI  749 

vaio  nel  Vicentino.  Cornei  parlò  di  due  cranj  trovati  in  una  tomba  della  Siria.  Stoppani  pre- 
sento una  Memoria  del  Sig.  Marinoni  intorno  alla  Paleoetnologia  Lombarda,  e  rilevò  un  errore 
del  Sig.  Letton  a  proposito  della  caverna  dell'  Orso  sopra  Laglio.  Strobel  ragionò  sulle  fusaruole 
Issel  su  talune  ossa  umane  trovate  in  una  marna  con  fossili  pliocenici;  e  Cornalia  presentò  un 
osso  della  grotta  sopra  Laglio  con  traccie  di  tagli,  intorno  ai  quali  vi  furono  diverse  opinioni. 
Anche  la  sezione  di  Fisica  e  Chimica  fece  due  sedute.  Ebbe  a  Presidente  il  Prof.  Bellavitis 
ed  a  Segretario  il  Sig.  Triulzi.  Il  Prof.  Filipuzzi  parlò  della  Paraffina;  il  dott.  Nicolò  Vlacowich 
del  elettricità  presentata  da  una  bacchetta  di  vetro  in  certe  circostanze,  e  di  altre  esperienze. 
Nella  seconda  seduta  il  Prof.  Paroli  parlò  di  acque  minerali,  ed  il  Prof.  Cossa  della  composi- 
zione della  Dolomia:  11  Prof.  Bellucci  parlò  dell'ozono,  e  della  ricombinazione  dell'ossigeno  e 
dell  idrogeno.  G 

Nella  Sezione  di  Zoologia  si  discusse  la  questione  della  caccia,  e  vennero  presentate  diverse 
Memorie  su  due  nuove  specie  di  procellarie  di  Gilioli  e  Salvador!  ;  sul  bruco  della  canape  di 
l<acen;  sui  ditten  d'Italia  di  Rondani  ;  su  due  caprimulgidi  di  Salvadori  ;  su  un  nuovo  entozoo 
di  Garbiglietti;  su  alcuni  insetti  del  Novarese  di  Tacchetti  ;  sulla  coltivazione  del  bruco  di  Yama- 
mai  di  Belletti;  sulla  malattia  dei  bachi  di  Salimbeni;  sui  modo  di  ottenere,  conservare  ed 
esaminare  la  semente  dei  bachi  giapponesi  del  padre  Cavalieri;  sulla  priorità  di  pubblicazione 
intorno  i  corpuscoli  nelle  ali  delle  farfalle  del  baco  da  seta  di  Salimbeni.  Nella  seduta  della 
sera  fu  presentato  un  Catalogo  di  Molluschi  testacei  della  Spezia  di  Tapparone  Canefri.  Beltoni 
lesse  intorno  alla  filiquerta  del  Celti,  ed  all'istinto  degli  animali;  Disconzi  e  Lombroso  vi  fe- 
cero delle  osservazioni.  Nardo  descrisse  una  nuova  Erifìa;  il  Prof.  Cornalia  mostrò  due  crani 
peruviani  sformati  col  mezzo  di  bende,  ed  un  craniomelro  con  alcune  modificazioni;  il  Pro- 
tessere  Generali  espose  delle  riflessioni  sopra  una  larva  che  vive  in  qualche  ffelix,  ed  i  Pro- 
fessori Canestrini,  Pavesi  e  Sordelli  parlarono  dei  loro  lavori  sui  ragni  italiani. 

Nella  Sezione  di  Botanica ,  Bertoloni  parlò  della  malattia  del  riso ,  ed  il  Prof  Keller  disse 
non  credere  che  i  salti  bruschi  di  quest'anno  abbiano  potuto  colpire  la  sua  infiorescenza.  Masè 
tratto  della  malattia  del  riso  nel  Mantovano;  e  Carnei  espose  alcune  osservazioni  sulla  Lemna 
minor  e  sulle  foglie  della  Parkinsonia  aculeata. 

Nel  giorno  17  di  mattina  si  tennero  sedute  parziali  delle  singole  sezioni,  ove  si  trattarono 
motti  argomenti  in  breve  tempo. 

Nella  Geologia,  Molon  annunciò  che  dove  havvi  la  lignite  di  Campolungo,  esiste  un  bacino 
lacustre.  Il  Sindaco  Sig.  Piovene  comunicò  una  lettera  intorno  agli  scavi  dei  pozzi  artesiani,  e 
su  tali  argomenti  vi  furono  varie  discussioni  di  Pasini,  Manzini  e  Calegari  •  L'In*  Volebele 
lesse  un  rapporto  sulle  questioni  delle  acque  di  Vicenza.  11  Sig.  Beggialo  presentò  la  carta 
geologica  del  Vicentino,  e  ne  diede  spiegazioni,  indi  descrisse  una  palma  fossile  del  Bolca.  Re- 
gazzoni  espose  un  grande  spaccato  della  Lombardia  orientale,  dalla  pianura  del  Po  alla  cresta 
delle  alpi.  Il  Prof,  abate  Calderini  parlò  della  geologia  del  Monte  Fenera  in  Valsesia.  Gerolamo 
Noro  presentò  due  saggi  di  lignite.  Per  ultimo  Giardini  comunicò  il  processo  verbale  della  Se- 
zione di  Montanistica  con  proposte  De  Manzoni  e  Ferrerò  pel  miglioramento  della  scuola  dei 
caporali  e  sergenti  minori. 

La  commissione  per  redigere  una  proposta  sul  divieto  della  caccia,  nella  seduta  di  Zoologia 
del  g.orno  17  riferì  il  suo  operato.  Indi  Strobel  comunicò  alcune  note  di  Micologia  Argentina. 
11  Prol.  Ricchiardi  espose  dei  fatti  anatomici  riscontrati,  ed  il  risultato  dei  suoi  studii  sulle 
Fennatule.  Il  Prof.  Lombroso  trattò  alcuni  argomenti  di  antropologia  italiana.  Infine  il  Presi- 
dente presentò  varj  lavori  di  diversi  autori,  che  per  scarsezza  di  tempo  non  poterono  esser  letti 
e  tra  questi  una  nota  fatta  in  seduta  dal  Vicepresidente  Antonio  Villa  dei  Molluschi  raccolti 
ri  giorno  prima,  da  Villa  e  Spinelli  nella  gita  ai  Colli  Berici ,  alle  villeggiature  Rambaldo  e 
Pasini. 

Nella  Sezione  -di  Botanica  il  Prof.  Carnei  narrò  come  nel  basso  Egitto  ha  trovato  naturaliz- 
zate due  piante  americane,  e  come  anche  in  Egitto  ha  osservato  fioriture  di  piante  a  diverse 
epoche  secondo  i  tipi.  Pedicino  parlò  di  piante  da  lui  trovate  a  Capri ,  e  di  un  suo  errore  nel 
lavoro  sulle  Diatomee. 


750  SOCIETÀ  ITALIANA  DI  SCIENZE  NATURALI 

Alle  ore  11  dello  stesso  giorno  fuvvi  l'adunanza  generale  di  chiusura,  ed  il  Prof.  Cornalia 
Presidente  ordinario  della  Società  lesse  una  bella  biografìa  del  Defilippi  socio  defunto.  Poscia  il 
Sig.  Giordano  narrò  di  una  sua  recente  salila  al  Monte  Cervino.  In  seguito  il  celebre  geologo 
viennese  Sueso  parlò  sulla  struttura  geologica  del  Vicentino.  Il  Prof.  Lombroso  disse  sui  carat- 
teri fisici  delle  varie  popolazioni  italiane.  Si  fecero  anche  nomine  di  Socj  effettivi  e  corrispon- 
denti. Si  incaricò  la  Presidenza  ordinaria  a  far  pratiche  per  la  scelta  fra  Catania  e  Modena  per 
sede  del  Congresso  dell'anno  venturo,  e  si  decise  di  presentare  al  Ministero  una  proposta  rela- 
tiva alla  caccia. 

Venne  chiusa  la  seduta  con  parole  di  ringraziamento  del  Presidente  Lioy  dirette  ai  Vicentini, 
per  le  accoglienze  fatte  ai  cultori  delle  scienze  naturali. 

Oltre  le  suddette  adunanze,  servirono  di  studio  ai  naturalisti  alcune  gite  fatte  al  Chiavon  ed 
ai  Colli  Berici.  Nella  prima  si  ebbe  campo  di  osservare  il  basalte  che  forma  il  suolo  delle  rive 
dell'  Astico,  e  le  sporgenze  di  calcare  a  scutelle,  le  calcaree  nummulitiche  a  Lugo ,  ed  altri  con 
pettini  ed  echini  a  Lonedo  e  le  marne  con  palme  fossili  nel  letto  di  Chiavon.  Di  queste  palme 
ne  osservammo  di  bellissime  e  gigantesche  nel  Museo  Piovene,  nella  cui  Villa  i  naturalisti  eb- 
bero una  sontuosa  colazione.  Un'  altra  giornata  ai  Colli  Berici  si  osservarono  Basalti ,  tufi  ba- 
saltici, calcari  con  fossili,  ed  anche  nummulitici,  marne  azzurre,  calcedonie  ecc.;  facendo  sosta 
alla  Villa  Rambaldo ,  e  per  ultimo  alla  Villa  Pasini ,  ove  si  ebbe  una  lautissima  refezione  e  le 
più  cordiali  accoglienze. 


R.  ISTITUTO  TECNICO  SUPERIORE  (Piazza  Cavour) 


CORSO  NOMALE  COMPLEMENTARE  DI  CELERIMENSURA,  E  DI  OTTICA  TECNOLOGICA 
PARTICOLARMENTE  DIRETTO  AGLI  ALLIEVI  DI  3.°  ANNO 

AVVISO-PROGRAMMA. 

Il  corso  normale  complementare  di  Celeriniensura  e  quello  di  Ottica  tecnolo- 
gica applicata  alla  geodesia,  avranno  luogo  in  questo  anno  scolastico  1868-69,  il 
primo,  in  ogni  marledi  e  mercoledì  alle  ore  11;  ed  il  secondo  in  ogni  domenica 
ad  un'ora,  cominciando  da  domenica  29  corrente  novembre,  e  di  poi  continua- 
mente, salve  le  solile  eccezioni,  e  senza  altro  avviso. 

LE  LEZIONI  SONO  PUBBLICHE. 


La  Celeriniensura,  il  cui  nome  è  improntato  allo  spirito  del  secolo,  comprende  in  se  tutti  i 
rami  della  geodesia  generale  moderna,  vale  a  dire,  la  geodesia  alta,  la  topografia,  l'agrimensura, 
e  V  arte  di  livellare  ;  essa  ha  per  compagno  indivisibile  quel  ramo  dell'  ottica  in  cui  si  tratta 
della  composizione  de'  strumenti  geodesici  e  dell'  azione  dell'  atmosfera  sulle  visuali. 

Insieme  presi  questi  due  insegnamenti,  importantissimi  per  gli  Ingegneri  a  qualunque  speciale 
ramo  di  pubblici  o  privati  lavori  siano  poi  per  dedicarsi,  esigerebbero  un  numero  di  lezioni 
molto  maggiore  di  che  non  ne  sia  concesso,  ma  un  corso  di  geodesia  elementare  ed  uno  di  to- 
pografia hanno  fatto  parte  dell'  insegnamento  del  primo  anno,  perciò  a  noi  rimane  solamente  da 


CELERIMENSURA  751 

sviluppare  quel  complemento  alla  geodesia  generale  con  che  modernamente  questo  ramo  di  pra- 
tico-scienza è  uscito  dalle  pastoje  antiche,  si  è  razionalizzato  in  tutte  le  sue  applicazioni,  ed 
innalzandosi  alla  dignità  che  gli  compete  nell'  arte  dell'  ingegnere ,  è  giunto  a  soddisfare  piena- 
mente a  tutti  quei  moderni  postulati  che  la  geodesia  antica  lascerebbe  insoddisfatti,  fra  i  quali 
sono  predominanti  sempre  la  speditività  nelle  operazioni,  e  la  comprovabilità  di  tutti  i  risultati. 

La  figura  e  le  dimensioni  del  globo  saranno  argomento  delle  prime  lezioni  nelle  quali  si 
esporranno  i  nuovi  metodi  con  che  si  determinano  le  irregolarità  della  superficie  di  equilibrio 
delle  acque  tranquille,  che  è  la  superficie  naturale  di  projezione  dei  lavori  geodesici  di  tutti  gli 
ordini  ;  verrà  in  seguito  la  scelta  di  un  sistema  di  coordinate  il  più  conveniente  e  speditivo  e 
tale  che  sia  applicabile  a  tutti  i  casi  ed  a  tutte  le  estensioni. 

Si  esporranno  poi  brevemente  quelle  innovazioni  e  modificazioni  che  rendono  molto  più  espe- 
ditive non  solo  le  operazioni  trigonometriche  di  tutti  gli  ordini,  ma  ancora  la  determinazione 
astronomica  delle  coordinate  geografiche  e  della  orientazione  locale  delle  quali  cose,  attese  le 
grandi  irregolarità  della  superficie  idrostatica,  più  non  possono  gli  ingegneri  far  senza. 

Entrando  poi  a  trattare  in  particolar  modo  dei  lavori  pubblici  di  grande  comunicazione,  di 
irrigazione  e  simili,  si  esporrà  come  vi  sia  indispensabile  la  eidypsografia  completa  e  generale 
di  tutto  il  paese  e  come  stia  in  essa  il  mezzo  il  più  semplice  e  sicuro,  il  più  economico  e  spe- 
ditivo, di  risolvere  tutti  i  problemi  di  quella  specie  colla  certezza  oggidì  universalmente  voluta. 

I  medesimi  procedimenti  che  forniscono  ai  grandi  lavori  pubblici  la  eidysometria  completa  si 
vedranno  applicati,  con  pari  vantaggio  senza  variazioni,  in  tutte  le  minori  e  minime  operazioni 
geodesiche  occorrenti  nell'esercizio  dell'arte  dell'ingegnere,  e  del  geometra. 

L'arte  di  livellare  che  nell'antica  geodesia  formava  una  importante  specialità,  tende  a  sparire 
di  fronte  alla  eidysometria  che  sempre  fornisce  ad  un  tempo  le  tre  coordinate;  tuttavia  per  quei 
pochi  e  rari  casi  che  esigono  una  precisione  eccezionale  si  insegneranno  i  nuovi  metodi  con  che 
si  può  speditamente  ottenerla. 

Colle  ultime  lezioni,  saranno,  come  in  un  manuale,  raccolte  le  pratiche  materiali  di  cui  si 
tratta,  e  quelle  lezioni  saranno  seguite  da  una  esercitazione  campale  di  rilevamento  eidypsome- 
trico  nella  quale  si  comprenderà  pure  1'  arte  di  riportare  sul  terreno  il  tracciamento  dei  progetti 
da  eseguirsi. 

In  ottica  tecnologica  le  lezioni  volgeranno  in  prima  sulla  teoria  generale  della  luce  di  cui  si 
esporranno  i  principii,  a  fine  di  trarre  le  leggi  che  ne  governano  la  trasmissione  a  traverso  i 
corpi  trasparenti,  ed  i  fenomeni  di  separazione  dei  colori  e  di  polarizzazione  che  ne  derivano. 

Si- passerà  quindi  alla  composizione  dei  cannocchiali  e  dei  microscopii  ed  altri  elementi  ottici 
degli  istrumenti  della  geodesia  antica,  e  da  ultimo  si  spiegheranno  i  nuovi  fenomeni  che  sono 
stati  modernamente  messi  a  partito  nella  geodesia  nuova,  nella  quale  hanno  recato  quella  grande 
speditività  e  quel  giusto  grado- Ai  esattezza  che  in  prima  non  si  otteneva,  se  non  con  procedi- 
menti lunghissimi. 

I  nuovi  strumenti  dell'alta  geodesia  sono  quattro:  il  tubo  Zenitale,  il  rectografo  anapneuma- 
tico,  un  nuovo  apparato  per  la  misurazione  celere  delle  basi  trigonometriche,  ed  il  grande  teo- 
dolite cleps-ciclo;  quest'ultimo  costrutto  in  tre  minori  dimensioni  costituisce  l'istrumento  unico, 
per  tutte  le  gradazioni  della  geodesia  degl'  ingegneri.  Di  tutti  questi  sfrumenti  verrà  spiegata  la 
teoria,  la  composizione  e  1'  uso. 

Questi  due  corsi  normali  e  complementari  uniti  comprenderanno  dunque  tutta  quella  geodesia 
teorica  e  pratica  moderna,  che  per  la  ineluttabile  forza  delle  cose  si  va  ovunque  sostituendo 
all'  antica,  a  misura  che  gli  uomini  nuovi  si  vanno  sostituendo  ai  vecchi. 

Le  lezioni  sono  pubbliche  ed  assumono  talora  la  forma  quasi  popolare,  in  modo  da  poter  essere 
sentite  con  profitto  anche  da  quei  provetti  ingegneri  che  amano  tenersi  al  corrente  del  progresso, 
e  si  fanno  coscienza  di  usarne  a  beneficio  della  loro  clientela,  non  che  da  quelle  persone  anche 
estranee  all'arte  dell' ingegnere*  alle  quali,  per  la  loro  posizione  nell'amministrazione  pubblica, 
interessa  il  ben  intendere  in  qual  modo  siano  dagli  ingegneri  disimpegnate  le  imcumbenze  loro! 
Gli  impiegati  di  second'  ordine  degli  ingegneri  non  potranno  forse  seguendo  le  lezioni  inten- 
dere correntemente  le  dimostrazioni  e  le  forinole  analitiche,  ma  impareranno  senza  dubbio  ab- 


752  CELER1MENSURA 

bastanza  bene  la  parte  pratica  per  poter  poi  essere  essi  stessi  sostituiti  agli  ingegneri  nelle  fatiche 
del  campo,  ed  in  gran  parte  dei  lavori  di  gabinetto. 

Quella  classe  poi  di  persone,  che,  di  molto  minor  preliminare  istruzione  fornita,  volessero  de- 
dicarsi all'  ufficio  di  semplici  sotto-ajutanti  intenderebbero  ancora  quanto  basterebbe  per  farsi 
abili  a  segno  di  assicurarsi  una  professione  abbastanza  lucrativa,  di  che  in  Italia  si  comincia  a: 
sentir  il  bisogno. 

Le  donne  stesse  potrebbero  imparare  a  queste  lezioni  il  maneggio  della  scala  di  Gunter,  con 
che  troverebbero  un  impiego  lucrativo  nel  fornire  agli  ingegneri  la  parte  del  lavoro  per  essi  la. 
più  nojosa,  vale  a  dire  la  formazione  delle  coordinate  e  gli  elementi  delle  comprovazioni:  Mi- 
lano già  presenta  in  questo  senso  qualche  esempio  da  imitare. 

È,  se  non  imminente,  inevitabile  una  nuova  misura  generale  parcellaria  di  tulta  Italia;  l'As- 
sociazione Geodesica  Nazionale  ne  ha  fatto  suo  principale  scopo;  in  quella  un  migliajo  di  gentili 
signorine  vi  troverebbero  per  una  diecina  di  anni  un'  occupazione  geniale  apportatrice  di  lucro 
e  d' onore. 


LEGISLAZIONE 

Alla  pag.  511  del  presente  volume  venne  riprodotto  il  Regolamento  della  Provincia  di  Verona 
per  la  sorveglianza  di  quelle  strade  Comunali  che  era  tutto  approvato  dal  ministero  dei  Lavori 
Pubblici  e  reso  obbligatorio  mediante  Decreto  Reale. 

In  questo  Regolamento  tutta  la  gestione  e  la  sorveglianza  tecnica  affidata  ad  un  corpo  di  tee 
mei  responsali  modellandolo  sulle  tracciò  dei  Regolamenti  in  vigore  nell'Impero   francese  e  nel 
Belgio,  così  alcune  poche  varianti. 

Ora  lo  stesso  ministero  dei  Lavori  Pubblici  ebbe  ad  approvare  un  Regolamento  simile  per  la 
provincia  di  Cremona,  nel  quale  anziché  affidare  agli  ingegneri  la  sorveglianza  delle  strade  Co 
mimali,  vengono  di  ciò  incaricate  le  Giunte  di  ciascun  comune,   le   quali   possono  intendersi' di 
strade  e  della  loro  manutenzione  nell' egual   modo    che   si   intenderanno  degli  ammalati  e  della 
loro  cura. 

Riservandoci  di  ritornare  in  seguito  sopra  questo  argomento  che  è  vitale  per  il  paese  ci  limi- 
tiamo per  ora  a  riportare  il  detto  Regolamento  facendovi  qualche  piccola  osservazione. 

Regolamenti  stradali  per  la  provincia  di  Cremona  approvati  dal  Consiglio  provinciale  nella 
seduta  h  settembre  1867  modificati  dalla  Deputazione  provinciale  in  seduta  24  aprile  1868. 

PARTE    I. 

Regolamento  pei-  la  manutenzione  e  sorveglianza 
«Ielle  sti-ade  comunali. 

Capo    I.    —    Disposizioni    generali. 

1.  La  manutenzione  e  sorveglianza  delle  strade  comunali  è  affidata  ai  comuni  che  ne  sosten- 
gono la  spesa  o  da  soli  o  consorzialmente.  La  deputazione  provinciale  vi  esercita  la  soprainten- 
denza  per  l'interesse  generale  della  viabilità  col  mezzo  degli  ispettori  stradali  che  sono  dalla 
stessa  nominati  e  stipendiati,  e  provvede  sui  loro  rapporti  sentilo  il  voto  dell'ufficio  tecnico 
provinciale. 

Sono  escluse  dall'  ordinaria  sopraintendenza  della  deputazione  provinciale  le  strade  interne 
delle,  citta  o  borgate.  Le  traverse  però  che  servono   alla   generale  comunicazione  sono  sotto  la 

vigilanza  dell'ufficio  tecnico  provinciale  se  in  continuazione  di  strade  provinciali;  e  degli  ispet- 
tori stradali  se  servono  di  congiunzione  alle  altre  strade  comunali.  Di  queste  ultime  però  non 
sono  sottoposte  strettamente  alle  prescrizioni  del  presente   regolamento   che   quelle  non   selciale 

n  che  devono  quindi  essere  mantenute  in  ghiaia. 

2.  Le  Giunte  municipali  onde  provvedere  alla  costante  e  perfetta  viabilità  delle  strade  comu- 
nali volute  dall'art.  16  della  legge  sui  lavori  pubblici: 

a)  Faranno  un  contratto   triennale  per  la  somministrazione    di   tutta  la  ghiaia  occorribile 
obbligando  1'  assuntore  a  tutte  le  condizioni  portate  dal  capo  IV  del  presente  regolamento 

b)  Assumeranno  a  proprio  continuo  servizio  e  quindi  con  conveniente  salario  il  numero 
necessario  di  cantonieri  in  proporzione  della  lunghezza  delle  strade  comunali  in  manutenzione 
,e_cl0e  nei  limiti  di  un  cantoniere  tra  sei  e  dieci  chilometri,  che  dovrà  costantemente  in  tutti  i 
giorni  ed  ore  di  lavoro  adempiere  agli  obblighi  portati  dal  capo  III  del  presente  regolamento  (1). 

|    (1)  In  molti  comuni  dell'alta  Lombardia  non  si  raggiunge  nella   lunghezza   delle   loro  strade    questo 
[limite,  per  cu,  adottando  la  detta  massima  uno  stradatolo  dovrebbe  avere  le  strade  di  due  o  tre  uomini. 


754  LEGISLAZIONE 

c)  Assumeranno  nelle  epoche  opportune  dell'  anno  quel  numero  di  manuali  di  sussidio  ai 
cantonieri  che  saranno  necessari  tanto  pel  primo  spargimento  della  ghiaia  e  rassettamento  della 
stessa,  quanto  per  eseguire  altre  opere  straordinarie  che  fossero  per  occorrere,  e  per  eseguire  le 
quali  non  fosse  sufficiente  l'opera  dei  cantonieri  stipendiati. 

d)  Faranno  eseguire  in  via  economica  e  nella  stagione  opportuna  tutte  le  riparazioni  ai 
manufatti  esistenti  sopra  ciascuna  strada,  quando  il  loro  complessivo  importo  sia  inferiore  a  lire 
50  ed  a  cottimo  le  riparazioni  maggiori  in  base  a  perizia  d'avviso  che  sarà  fornita  senza  spese 
dall'  ispettore  stradale. 

e)  Faranno  un  contratto  cumulativo  dei  seguenti  servizi  occorrenti  alle  strade  affidate  a 
ciascun  cantoniere:  per  lo  sgombro  della  neve,  pel  trasporto  del  fango,  della  polvere  e  delle 
erbe  tagliate  sui  marciapiedi,  per  la  spazzatura  delle  immondezze  e  pel  taglio  delle  erbe  cre- 
scenti sulle  scarpe  stradali,  colle  condizioni  volute  dal  capo  IV  del  presente  regolamento. 

3.  Le  Giunte  municipali  delegheranno  uno  dei  loro  membri  od  altro  dei  consiglieri  comunali 
ad  invigilare  i  cantonieri  e  quant'  altro  riguarda  la  manutenzione  delle  strade  e  colla  facoltà  di 
fornire  i  manuali  di  sussidio  ai  cantonieri,  di  far  eseguire  le  riparazioni  necessarie  ai  manufatti 
inservienti  alle  strade  e  di  rappresentare  la  Giunta  nell'annuale  visita  di  collaudo  (1). 

h.  Le  Giunte  municipali  dovranno  licenziare  e  surrogare  il  cantoniere  che  non  fosse  atto,  o 
che  per  incuria  male  adempia  ai  proprii  doveri ,  sia  che  ciò  le  risulti  dai  rapporti  del  proprio 
rappresentante  e  dai  rapporti  dell'ispettore  stradale  che  le  verranno  comunicati  dalla  Deputa- 
zione provinciale. 

5.  La  Deputazione  provinciale  in  seguito  ai  rapporti  dell'ispettore  stradale  sentito  ove  occorra 
il  voto  dell'ufficio  tecnico  provinciale,  ne  comunica  le  risultanze  ai  comuni  interessati,  prescri- 
vendo le  opere  occorrenti  tanto  a  carico  dei  comuni  che  dei  privati. 

Le  Giunte  municipali  daranno  immediatamente  esecuzione  alle  prescrizioni  che  le  riguardano, 
salvo  ad  esse  l'interporre  reclamo  quando  ne  sia  il  caso,  nelle  vie  gerarchiche  entro  45  giorni 
dalla  ricevuta  comunicazione. 

Quanto  alle  opere  da  eseguirsi  dai  privati,  ne  faranno  la  regolare  intimazione  con  analoghi 
monitori  ritirandone  ricevuta  sopra  duplo  conforme.  Nel  caso  poi  avesse  a  trascorrere  il  termine 
prefinito  per  l'esecuzione  e  l'opera  risultasse  ancora  ineseguita,  nò  constatasse  alla  Giunta  lo- 
cale che  siasi  interposto  reclamo,  essa  invocherà  tosto  dalla  Regia  prefettura  l'autorizzazione  ad 
eseguire  l'opera  d'ufficio,  con  che  resterà  anche  autorizzalo  il  rimborso  della  spesa  colle  forme 
privilegiate  dalle  pubbliche  imposte. 

6.  Gli  ingegneri  e  periti  agrimensori  che  aspirano  ad  essere  scelti  ad  annuali  ispettori,  do- 
vranno farne  domanda  alla  Deputazione  provinciale ,  la  quale  riconoscendoli  idonei  sotto  ogni 
riguardo,  registrerà  il  loro  nome  in  apposito  elenco.  Colla  loro  domanda  dovranno  indicare  il 
preciso  loro  domicilio  e  dichiarare  di  assumere  il  relativo  impegno  colle  promerenze  ed  obblighi 
portati  dal  presente  regolamento.  Per  ragioni  di  domicilio  potranno  indicare  i  gruppi  di  comuni- 
cui  aspirano  o  quali  escludono.  L'inscrizione  in  elenco  sarà  conservata  per  tre  anni,  e  per  essere 
nuovamente  iscritti  dovranno  ripetere  la  domanda. 

7.  Nel  mese  di  gennaio  la  Deputazione  provinciale  procede  alla  nomina  degl'ispettori  stradali 
per  l'anno  in  corso,  scegliendoli  nell'elenco  di  cui  all'articolo  precedente,  coli' avvertenza  di 
non  designare  mai  per  due  anni  successivi  lo  stesso  ispettore  per  lo  stesso  gruppo  di  comuni. 
Tali  nomine  vengono  comunicate  ai  prescelti  ed  ai  comuni  (2). 

8.  Se  l'ispettore  nominato  non  dichiara  in  iscritto  entro  15  giorni  da  quello  in  cui  venne 
consegnata  la  lettera  di  partecipazione,  di  accettare  l'incarico,  si  riterrà  per  rinunciante,  e  la 
Deputazione  provinciale  procederà  alla  nomina  d'un  altro. 

(1)  Per  poter  adempire  convenientemente  a  questo  incarico  è  indispensabile  che  il  membro  della 
Giunta  abbia  le  cognizioni  necessarie  per  la  conservazione  delle  strade,  vale  a  dire  che  sia  un  inge- 
gnere, e  se  manca  di  queste  cognizioni  non  farà  che  degli  errori  e  danneggerà  le  strade  e  l'erano 
comunale.  (Nota  della  Direzione  del  Giornale). 

(2)  Siffatta  disposizione  è  conforme  a  quella  contenuta  nel  regolamento  stradale  1833  la  quale  in 
molte  località  ha  fatto  cattiva  prova. 


LEGISLAZIONE  755 

9.  Pervenuta  l'accettazione  alla  nomina  verrà  trasmesso  all'ispettore: 
fl)  L'elenco  delle  strade  poste  sotto  la  sua  vigilanza. 

b)  L'elenco  dei  rilievi  fatti  dall'ispettore  dell'anno  precedente. 

e)  Il  prospetto  degli  edifici,  paracarri,  termini  e  simili,  esistenti  sopra  le  strade  di  ciascun 
comune.  Successivamente  dopo  l'approvazione  gli  saranno  trasmessi  i  collaudi  dell'anno  precedente. 

10.  A  ciascun  ispettore  verrà  assegnato  un  gruppo  di  comuni  che  abbiano  in  complesso  circa 
centoventi  chilometri  di  strade  comunali  in  manutenzione.  Le  competenze  di  ciascuno  per  la 
loro  opera  durante  l'anno  in  cui  rimangono  in  ufficio  comprese  le  spese  forzate,  sono  fissate 
in  lire  800  che  saranno  pagale  per  metà  nei  giorni  15  luglio  e  15  dicembre  dalla  cassa  pro- 
vinciale e  non  avranno  diritto  ad  altro  compenso  né  dalla  provincia  né  dai  comuni  pei  lavori 
0  trasier  e  posti  a  loro  carico  dal  presente  regolamento.  Solo  per  la  ricognizione  decennale  dello 
stato  delle  strade  che  sarà  di  volta  in  volta  ordinata  dalla  Deputazione  provinciale  avranno  in 
quell  anno  per  opera  e  spesa  un  soprassoldo  di  lire  200. 

11.  L'ispettore  stradale  che  15  giorni  dopo  scaduto  il  termine  delle  prime  due  visite  non  ab- 
bia presentati  1  rapporti  prescritti,  e  che  prima  del  15  dicembre  non  abbia  presentati  alla  De- 
putazione  provinciale  i  verbali  di  collaudo  cogli  allegati  e  rapporti  prescritti,  non  sarà  più  no- 
minato ispettore  negli  anni  successivi  e  perderà  ogni  diritto  a  percepire  la  rata  semestrale  suc- 
cessiva, quando  non  giustifichi  pienamente  il  ritardo  con  motivi  affatto  indipendenti  della  sua 
volontà. 

12.  Gli  obblighi  speciali  degli  ispettori  stradali  sono  indicati  nel  capo  II  del  presente  regola- 
mento ;  il  modo  di  adempierli,  dal  complesso  del  regolamento  stesso. 

15.  I  comuni  faranno  redigere  da  persona  dell'arte  un'esatta  e  minuta  descrizione  di  tutte  le 
srade  comunali  in  manutenzione  dalla  quale  risulti  la  lunghezza  e  larghezza  d'ogni  parte  delle 
stesse  e  gli  edifici  che  le  traversano  0  la  competenza  passiva  della  loro  manutenzione,  le  pian- 
tagioni, 1  paracarri,  i  termini,  gl'indicatori,  le  cunette,  gli  abbeveratoi,  i  corsi  d'acqua  che  le 
fiancheggiano  e  quanto  altro  possa  interessare  le  ragioni  del  comune  e  la  pubblica  viabilità.  - 
Di  tali  stati  delle  strade  comunali  in  manutenzione  sarà  data  una  copia  alla  Deputazione  pro- 
vinciale. Ad  ogni  decennio  saranno  questi  riscontrati  sul  luogo  in  apposita  visita  degli  ispettori 
stradali  in  concorso  del  rappresentante  municipale  che  vi  proporranno  le  rettifiche  ed  aggiunte 
risultai)  1  da  a  visita  stessa  e  dallo  spoglio  dei  collaudi  del  precedente  decennio.  Di  tali  visite 
decennali  colle  variazioni  riscontrate  sarà  compilata  un  appendice  che  verrà  unita  a  ciascuno  stato 
esistente  presso  la  Deputazione  provinciale  e  ne  sarà  spedita  copia  ai  rispettivi  comuni 

Da  tale  stato  sarà  desunto  un  prospetto  numerico  riassuntivo,  tronco  per  tronco  della  rispet- 
tiva lunghezza  e  larghezza  dominante,  di  tutte  le  specie  di  edifìci  a  carico  comunale  e  privato 
dei  paracarri,  termini,  cartelli  e  simili,  del  quale  sarà  pure  data  copia  alla  Deputazione  pro- 
vinciale per  essere  consegnata  annualmente  all'  ispettore  stradale  (1). 

Capo  II.  —  Doveri  degli  ispettori  stradali. 

14.  L'ispettore  stradale  invigila  per  incarico  della  Deputazione  provinciale  sulla  perfetta  ma- 
nutenzione delle  strade  comunali  di  un  determinato  numero  di  comuni,  -  fornisce  alle  Giunte 
municipali  le  perizie  d'avviso  a  base  dei  contratti  che  si  riferiscono  alla  manutenzione  delle 
strade  -  giudica  a  misura  la  ghiaia  fornita  per  l'annuale  manutenzione  e  ne  liquida  l'importo 
in  contesto  delle  parti  interressate;  redige  i  verbali  di  collaudo  annuale  in  concorso  di  rappre- 
sentanb  delle  Giunte  municipali  e  li  rimette  con  analogo  rapporto  alla  Deputazione  provinciale. 

15.  Esercita  la  propria  vigilanza  sulle  strade  comunali  del  proprio  riparto  visitandole  almeno 
due  volte  nell  anno  senza  alcun  preavviso,  la  prima  volta  nei  mesi  di  marzo  od  aprile  e  la 
seconda  in  maggio  od  in  giugno,  facendone  speciale  rapporto  d'entrambe  alla  Deputazione  pro- 

^mlZVU  dd,e  "-^  bÌSOg"a  ^  Jj*  »  "-  *  ottob.  1808 

Giorn.  Ing.  —  Voi  XVI.  -  Dicembre  1868.  50 


756  LEGISLAZIONE 

vinciale.  Nei  mesi  poi  di  ottobre  e  novembre  pratica  la  visita  di  collaudo  colle  norme   indicate 

al  seguente  art.  17. 

16.  Nelle  prime  due  visite  : 

a)  Verificherà  se  le  riparazioni  rilevate  dal  precedente  ispettore,  tanto  a  carico  dei  comuni 
che  dei  privati  siano  state  eseguite. 

b)  Se  le  strade  tutte  sieno  in  buono  stato. 

e)  Se  i  cantonieri  furono  trovati  al  loro  posto  e  se  dallo  stato  delle  opere  si  possa  presu- 
mere che  abbiano  adempiuto  ai  loro  doveri. 

d)  Se  abbia  scorti  disordini  da  emendare. 

e)  Se,  e  quali  contravvenzioni  gli  siano  state  denunciale  dai  cantonieri.  Nei  rapporti  relativi 
a  queste  due  visite  risponderanno  categoricamente  ai  cinque  quesiti  suindicati  soggiungendo 
quanto  altro  trovassero  opportuno  di  riferire. 

17.  La  visita  di  collaudo  sarà  preceduta  da  un  avviso  alla  Giunta  municipale  spedito  almeno 
15  giorni  prima,  nel  quale  sarà  stabilito  il  giorno,  l'ora  ed  il  luogo  di  ritrovo.  Durante  questa 
visita  e  nel  verbale  relativo,  che  sarà  steso  giusto  il  modello,  dovendosi  constatare  che  tanto  la 
giunta  municipale ,  quanto  i  cantonieri,  come  gli  assuntori  di  somministrazioni  ed  opere,  hanno 
ognuno  adempiuto  agli  obblighi  rispettivi,  così  il  rappresentante  della  Giunta,  per  ciò  che  la 
riguarda,  fornirà  all'  ispettore  tre  atti  da  allegarsi  al  verbale  : 

1.°  Un  prospetto  dei  contratti  dai  quali  risulti: 

a)  Oggetto,  data  e  durata  del  contrailo. 

b)  Nome,  cognome  e  domicilio  dell'  assuntore. 
e)  Prezzi  e  condizioni  principali  convenute. 

2.°  Una  dichiarazione  della  Giunta  municipale  dalla  quale  risulti  : 

a)  Come  i  cantonieri  abbiano  adempiuto  ai  loro  doveri. 

b)  Se  il  fornitore  della  ghiaia  ne  abbia  fatta  la  fornitura  entro  le  epoche  stabilite  in  con- 
tratto e  provvedimenti  presi  in  caso  contrario. 

e)  Se  gli  assuntori  dello  sgombro  della  neve  ed  altri  servizi  abbiano  adempiuto  ai  loro 
obblighi. 

3.°  Il  conto  delle  spese  fatte  in  via  economica  nell'  annata  che  corre  dal  1.°  novembre  al 
30  ottobre  diviso  nelle  tre  seguenti  categorie  di  spese  : 

a)  Stipendio  ai  cantonieri. 

b)  Numero  delle  giornate  di  sussidio  agli  stessi  e  loro  importo. 

e)  Piccole  riparazioni  agli  edilìzi ,  ai  ciottolati,  agli  indicatori  ecc.  All'  atto  della  visita  sa- 
ranno rilevate  dall'  ispettore  le  riparazioni  maggiori  eseguite  a  misura  e  ne  farà  pure  la  liqui- 
dazione dell'importo,  che  verrà  aggiunto  all'allegato  3.° 

All'  atto  di  questa  visita  sarà  fatta  la  misura  della  ghiaia  usando  della  nota  formola  (1)  ;  le 
cavalle  da  misurarsi  come  campioni  saranno  designate  dall'  ispettore  in  numero  non  minore  del 
2  per  100.  I  calcoli  della  cubatura  saranno  fatti  sul  luogo  onde  le  risultanze  sieno  accettate 
tanto  dal  fornitore  quanto  dal  rappresentante  municipale  e  per  le  eventuali  verifiche  nei  modi 
indicati  dall'articolo  58.  Delle  risultanze  di  questa  misura  sarà  eretto  verbale,  che  sarà  il  quarto 
allegato  del  verbale  di  collaudo  ;  per  ogni  tronco  di  strada  sarà  fatto  il  bilancio  della  ghiaia 
colle  norme  indicate  nell'articolo  81 ,  indi  riassumendo  le  quantità  di  ghiaia  da  pagarsi  tronco 
per  tronco  col  rispetttivo  prezzo  convenuto  si  chiuderà  colla  liquidazione  dell'importo  comples- 
sivo che  sarà  accettato  dalle  parti  interessate  apponendovi  le  loro  firme.  Quest'atto  conterrà  pure 
il  giudizio  dell'  ispettore  sulla  corrispondenza  o  meno  fra  la  ghiaia  convenuta  in  contratto  e 
quella  somministrata. 

•18.  Di  concerto  col  rappresentante  municipale  saranno  classificati  i  diversi  tronchi  di  strada 
in  riguardo  alla  frequenza  colle  qualifiche:  grande,  ordinaria,  poca;  e  riguardo  allo  stato  di 
servizio  qualificandole:  ottime,  buone,  mediocri,  cattive  (2).  Trovandosi  qualche  tronco  di  strada 


(1)  Per  trovare  la  cubatura  dei  solidi  delle  ghiaje  ve  ne  sono  diverse  di  formole  e  tutte  note.  Sarebbe 
stato  assai  meglio  di  riportarla. 

(2)  Queste  qualifiche  sono  abbastanza  scolastiche. 


LEGISLAZIONE  757 

qualificalo  mediocre  o  cattivo,    l'ispettore   dovrà  a  suo  giudizio  esporne  le  cause  e  proporne  i 
rimedj  possibilmente  di  concerto  col  rappresentante  municipale. 

19.  Trovandosi  lungo  le  strade  ed  agli  edificii  sulle  stesse  occorrenze  di  riparazioni  a  carico 
comunale  o  privato  saranno  queste  rilevate  in  apposito  elenco,  che  in  doppia  copia  sarà  unito 
sotto  il  num.  V  al  verbale  di  collaudo,  inseparate  finché  sarà  indicata  la  località,  la  natura  del 
lavoro,  l'entità  unitaria,  l'importo,  il  termine  da  prefinirsi,  la  persona  o  corpo  morale  a  cui 
spetti  il  riparo.  Le  riparazioni  il  cui  importo  complessivo  per  ogni  strada  supera  lire  50,  saranno 
rilevate  con  ogni  diligenza  di  dettaglio  e  per  queste  saranno  dall'  ispettore  compilate  regolari 
perizie  all'appoggio  delle  quali  possa  il  comune  appaltarle  a  misura.  Tali  perizie  saranno  rimesse 
alla  Deputazione  provinciale  insieme  agli  alti  di  collaudo  e  rivedute  dall'ufficio  tecnico  provin- 
ciale saranno  trasmesse  al  comune  insieme  ad  un  duplo  dei  rilievi,  serbando  l'altro  per  trasmet- 
terlo poi  all'ispettore  dell'anno  successivo. 

20.  Durante  la  visita  di  collaudo  l'ispettore  di  concerto  col  rappresentante  municipale  stabi- 
liranno le  quantità  di  ghiaia  da  prescriversi  sopra  ciascun  tronco  per  l'anno  successivo;  di  tale 
determinazione  sarà  falla  annotazione  nel  prospetto  riassuntivo  unito  al  verbale  di  collaudo  ed 
in  una  nota  separala  che  sarà  firmala  dall'  ispettore  e  dal  rappresentante  municipale  e  lasciata 
nelle  mani  di  questi,  per  essere  consegnata  al  municipio  per  gli  ordini  da  impartire  al  fornitore; 
in  questa  nota  sarà  pure  registrata  la  liquidazione  dell'importo  della  ghiaia  fornita,  in  base  alla 
quale  la  Giunta  potrà  emettere  a  favore  del  fornitore  il  mandato  di  pagamento  della  prima  rata 
convenuta  collo  stesso.  Avvertirà  l'ispettore  nel  formulare  le  sue  proposte  di  attenersi  alla  più 
stretta  economia  possibile  compatibilmente  colla  perfetta  conservazione  delle  strade  osservando 
che  moltissime  delle  nostre  strade  comunali  già  consolidate  e  poco  frequentate  ponno  senza 
deperire  rimanere  buone  per  alcuni  anni  anche  senza  l'ordinario  annuale  spargimento  di  ghiaia, 
curate  però  colla  diligente  manualanza  e  con  piccolissima  scorta  di  ghiaia  pel  pronto  otturamento 
delle  eventuali  depressioni. 

21.  Se  durante  l'anno  venne  costrutto  sulle  strade  visitate  qualche  nuovo  edificio  a  spese  co- 
munali o  private,  od  aggiunti  piantaggi,  paracarri,  indicatori  od  altro,  saranno  queste  opere  no- 
tate nel  verbale  di  collaudo  descrivendole  per  forma  e  posizione  onde  aggiungerle  nella  visita 
decennale  allo  stato  delle  strade  in  mautenzione. 

22.  Occorrendo  qualche  straordinaria  riparazione  alle  strade  vicinali,  dietro  invito  del  rappre- 
sentante municipale,  l'ispettore  si  presterà  alla  visita  locale  e  delle  risultanze  stenderà  in  con- 
corso dello  stesso  rappresentante  relativo  separato  verbale  colle  sue  concrete  proposte  nei  sensi 
degli  articoli  51,  52 ,  53  e  M  della  legge  sui  lavori' pubblici  che  sarà  consegnato  al  rappresen- 
tante municipale. 

23.  V  ispettore  dovrà  con  ogni  sollecitudine  trasmettere  alla  deputazione  provinciale  il  ver- 
bale di  collaudo  con  tutti  i  prescritti  allegati ,  e  nel  rapporto  accompagnatorio  esporrà  quanto 
in  argomento  possa  interessare  la  deputazione  provinciale  e  vi  allegherà: 

a)  La  perizia  d'avviso  pei  nuovi  contratti  della  fornitura  della  ghiaia  e  per  gli  altri  servizi 
ogni  volta  che  tali  contratti  triennali  scadono  coiranno  successivo  e'  ciò  senza  unirvi  i  capitolati 
servendo  a  questo  scopo  i  capitoli  IV  e  V  del  presente  regolamento. 

b)  Un  esatto  quadro  statistico  delle  strade  comunali  del  proprio  gruppo  riempiendo  tutte 
le  colonne  d'apposito  stampato  che  gli  sarà  fornito  dall'ufficio  della  deputazione  provinciale  il 
cui  modello  trovasi  unito  al  presente  regolamento,  desumendo  i  precisi  dati  necessari  dagli  alti 
di  collaudo  da  esso  compilati  e  da  quelli  trasmissibili  in  precedenza  dalla  Deputazione  pro- 
vinciale. 

24.  L'ispettore  per  speciali  incarichi  della  Deputazione  provinciale  dovrà  prestarsi  a  qualunque 
visita  sia  sulle  strade  del  proprio  gruppo ,  sia  sopra  quelle  di  un  gruppo  diverso  col  solo  rim- 
borso delle  spese  forzose  che  sono  stabilite  in  lire  15  al  giorno.  Nel  caso  di  seconde  visite 
contemplate  agli  articoli  59  e  60  le  competenze  dell'ispettore  saranno  calcolate  lire  20  al  giorno 
comprese  le  forzose. 


758  LEGISLAZIONE 

Capo  III.  —  Obblighi  dei  cantonieri. 

28.  I  lavori  di  giornaliera  manutenzione  delle  strade  comunali  sono  affidati  ai  cantonieri. 
Ciascuno  di  essi  ha  determinate  strade  da  custodire  e  sopra  di  esse  devono  prestare  la  costante 
e  diligente  loro  opera,  né  possono  per  qualsiasi  causa  accudire  ad  altri  lavori. 

26.  Il  cantoniere  è  obbligato  a  lavorare  sulle  strade  affidategli  in  tutti  i  giorni  tranne  le  feste 
di  precetto,  ed  in  tutte  le  ore  di  lavoro  dal  levare  al  tramontare  del  sole  con  due  ore  di  ri- 
poso dalle  11  a  un'ora  dall'ottobre  al  marzo,  e  con  tre  ore  di  riposo  dalle  11  alle  2  dall'aprile 
al  settembre. 

27.  Esso  è  obbligato  a  fissare  la  sua  abitazione  in  luogo  vicino  alle  dette  strade  e  beneviso 
al  rappresentante  municipale. 

28.  Esso  dovrà  provvedersi  a  proprie  spese  e  conservarsi  provveduto  di  badile,  carriuola,  pala 
di  legno,  raschiatore,  funicella,  secchio  e  di  ogni  altro  arnese  necessario,  tutti  riconosciuti 
idonei  dal  rappresentante  municipale. 

29.  Il  primo  suo  dovere  è  quello  di  conservare  il  carreggiabile  perfettamente  arenato,  spianando 
le  creste  e  solcature,  otturando  le  eventuali  depressioni  con  ghiaie  specialmente  nei  tempi  pio- 
vosi e  bagnandolo  convenientemente  e  replicatamente  nei  tempi  asciutti;  levando  la  polvere  ed 
il  fango  onde  conservarci  costantemente  la  più  facile  carreggiatura. 

30.  Nelle  ore  ultronee  ai  predetti  lavori  curerà  i  marciapiedi,  i  cigli  e  le  scarpe  stradali,  spia- 
nando i  marciapiedi  e  levandovi  le  erbe,  allineando  e  spianando  i  cigli,  riparando  alle  franature 
causate  nelle  scarpe  stradali  dalle  acque  di  piogge  che  scolano  dalla  strada. 

51.  Immediatamente  dopo  le  prime  piogge  del  novembre  con  conveniente  numero  di  brac- 
cianti di  sussidio  farà  lo  spargimento  della  metà  circa  della  ghiaia  somministrata  stendendola 
diligentemente  sulla  mezzana  della  strada  per  la  larghezza  di  due  metri  e  mezzo.  Un  altro 
quarto  lo  spargerà  durante  il  verno  al  verificarsi  del  bisogno  quando  però  il  suolo  non  sia  ge- 
lato, e  l'altro  quarto  verrà  usato  durante  il  rimanente  dell'anno  nell'otturamento  delle  eventuali 
depressioni  (1). 

32.  Durante  le  prime  due  settimane  successive  allo  spargimento  della  ghiaia  con  un  bracciante 
di  sussidio  curerà  il  rassettamento  della  ghiaia  spostata  dai  veicoli. 

33.  Cadendo  neve  più  alta  di  dieci  centimetri  ordinerà  tosto  la  calata  che  sarà  fatta  preferi- 
bilmente di  notte  sotto  la  direzione  dello  stesso  cantoniere. 

3ft.  Durante  il  tempo  nel  quale  le  strade  sono  coperte  di  neve  il  cantoniere  lavora  costante- 
mente a  procurarne  in  ogni  modo  lo  sgombro  e  ad  affrettarne  lo  scioglimento.  —  A  questo  scopo 
tosto  praticata  la  calata  lungo  la  carriera  dà  immediatamente  mano  alla  pala  di  legno,  ad  aprire 
un  piccolo  sentiero  per  i  pedoni  lungo  il  marciapiede  più  soleggiato,  gettando  la  neve  nel  fosso 
laterale  ed  ammucchiandola  convenientemente  nelle  tratte  non  fiancheggiate  di  fosso.  Terminata 
quest'  opera  va  continuamente  allargando  il  sentiero ,  sgombrando  l' intiero  marciapiede ,  poi 
l'intiera  metà  della  strada  più  soleggiata  onde  averla  prontamente  asciutta.  Tosto  che  principia 
lo  scioglimento  naturale,  pratica  nella  neve  dei  tagli  trasversali  per  procurare  lo  scolo  anche 
nell'altra  metà  della  strada,  e  continua  l'opera  dello  sgombro  anche  in  essa. 

35.  Non  permetterà  che  le  bestie  di  qualunque  sorta  vadano  a  pascolare  lungo  i  cigli  e  le 
scarpe  stradali,  né  che  sia  alle  strade  recato  danno  di  sorta;  non  riuscendo  a  ciò  impedire  coi 
modi  amichevoli  ne  darà  avviso  al  rappresentante  municipale,  ed  all'  ispettore  stradale  redigen- 
done anche  verbale  analogo.  Cosi  pure  scorgendo  nei  manufatti  esistenti  lungo  le  strade  occor- 
renze di  riparazioni,  tanto  a  carico  comunale  che  privato,  ne  darà  pure  immediato  avviso  al 
rappresentante  municipale. 

36.  Il  cantoniere  è  obbligato  a  prestare  gratuitamente  soccorso  ed  indicazioni  ai  passeggieri 
ogni  volta  ne  sia  richiesto,  e  di  eseguire  questo  duplice  obbligo  con  ogni  premura  ed  urbanità. 

(1)  Tutte  queste  prescrizioni  non  si  accordano  punto  ai  progressi  dell'arte  e  sono  perciò  viziose. 


LEGISLAZIONE  759 

37.  Durante  il  mese  di  giugno  raccoglie  tutti  i  piccoli  avanzi  di  ghiaia  tronco  per  tronco, 
ponendola  nei  luoghi  di  ordinario  maggior  bisogno  in  cavalle  di  circa  mezzo  metro  cubo,  ne 
dà  nota  distinta  tronco  per  tronco  al  rappresentante  municipale  e  cura  che  non  vada  confusa 
colla  nuova  ghiaia  da  somministrarsi. 

58.  Il  15  agosto  riferisce  al  rappresentante  municipale  sulla  approssimativa  quantità  di  ghiaia 
tradotta  dall'assuntore  ed  il  16  settembre  se  la  fornitura  sia  completa. 

39.  Il  cantoniere  rassetta  in  mede  regolari  la  ghiaia  scaricata  dai  birocci  e  di  15  in  15  giorni 
ne  rinnova  il  rassettamento  onde  ne  avvenga  il  minore  possibile  consumo. 

40.  Il  cantoniere  assiste  alla  visita  di  collaudo  onde  dare  alla  Commissione  visitatrice  tutte 
lo  necessarie  indicazioni  e  per  cooperare  al  rassetto  delle  cavalle  in  forma  regolare  onde  poterle 
misurare.  In  quest'opera  coadiuva  ed  è  coadiuvato  dai  cantonieri  vicini. 

41.  Esso  si  presterà  pure  ad  ogni  richiesta  dell'ispettore  stradale  nelle  altre  visite  dallo  stesso 
praticate. 

42.  Il  cantoniere  dipende  direttamente  dal  rappresentante  municipale,  agli  ordini  del  quale 
dovrà  sempre  prestarsi,  e  mancando  di  ordini  speciali  egli  dovrà  costantemente  attenersi  alle 
presenti  istruzioni,  che  dovranno  servire  di  norma  allo  stesso  rappresentante  municipale  nello 
impartire  gli  ordini  relativi. 

43.  I  cantonieri  dovranno  fornirsi  a  proprie  spese  di  un  cappello  o  berretto  della  forma  sta- 
bilita pei  cantonieri  provinciali  colla  leggenda  :  Cantoniere  comunale. 

Capo.  IV.  —  Norme  ai  contratti  pello  sgombro  della  neve,  spazzature  ed  altri  servizi. 

44.  Per  le  strade  affidale  ad  ogni  cantoniere  sarà  fatto  un  unico  appalto  per  la  triennale  pre- 
stazione dei  seguenti  quattro  servizi  : 

1.°  Sgombero  della  neve. 

%°  Trasporto  del  fango,  della  polvere,  e  delle  erbe  tagliate  sui  marciapiedi. 

3.°  Spazzatura  delle  strade  dalle  immondezze  e  dalle  foglie. 

4.°  Taglio  delle  erbe  crescenti  sulle  scarpe  stradali. 

45.  L'assuntore  dovrà  entro  due  mesi  dalla  stipulazione  del  contratto  provvedersi  d'un  robusto 
partineve  o  slittone  che  tratto  dal  necessario  numero  di  bestie  possa  fare  una  calata  larga  metri  4, 
e  possa  gradatamente  restringersi  pei  casi  di  replicate  nevicate.  Questo  arnese  dovrà  essere  ri- 
conosciuto idoneo  dal  rappresentante  municipale. 

46.  Cadendo  neve  ad  altezza  maggiore  di  dieci  centimetri  dovrà  tosto  praticare  la  calata  sotto 
la  direzione  del  cantoniere,  e  possibilmente  nelle  ore  di  notte,  onde  evitare  l'incontro  dei  rotanti. 
Tale  operazioue  sarà  replicata  quante  volte  sia  per  occorrere  durante  il  contratto  coll'avvertenza 
che  nelle  calate  successive  alla  prima  andranno  queste  perdendo  in  larghezza  quanto  sarà  ri- 
chiesto dall'altezza  delle  successive  nevicate. 

47.  Venendo  ammucchiato  fango  o  polvere  levati  dalle  strade  negli  ordinari  e  straordinari 
sfangamenti  sarà  questa  materia  altrove  trasportata  a  cura  dell'assuntore  tosto  che  rassodata 
sia  trasportabile. 

48.  Sarà  cura  dell'  assuntore  che  sia  costantemente  ben  pulita  la  strada  da  ogni  immondezza 
non  che  dalle  foglie  cadute  facendovi  praticare  la  spazzatura  o  giornalmente  od  a  periodi  tali 
che  possa  dirsi  costantemente  ben  pulita. 

49.  Farà  falciare  le  erbe  crescenti  sulle  scarpe  e  cigli  delle  strade  non  meno  di  due  volte 
l'anno  e  le  farà  trasportare  o  verdi  o  secche.  Rimane  però  ad  esso  ed  a  chiunque  altro  proi- 
bito di  far  pascolare  le  dette  erbe  da  qualsiasi  specie  di  animali. 

50.  Tale  contratto  potrà  convenirsi  anche  colla  sola  garanzia  personale  quando  sia  fatto  con 
un  possessore  o  conduttore  di  fondi  del  luogo  e  che  sia  persona  benevisa  alla  Giunta  municipale. 

51.  Mancando  l'assuntore  agli  obblighi  assunti  saranno  questi  fatti  eseguire  a  di  lui  spese 
dalla  Giunta  municipale. 


760  LEGISLAZIONE 

Capo  IV.  —  Capitolato  d'oneri  per  l'assuntore  della  somministrazione  della  ghiaia  occorrente 
alla  manutenzione  delle  strade  del  comune  di —  durante  il  triennio  18....  18....  18.... 

82.  L'assuntore  è  obbligato  di  somministrare  annualmente  durante  il  detto  triennio  le  seguenti 
quantità  di  ghiaia  pei  seguenti  tronchi  di  strada  del  comune  di  — 


Tronco  i.°  detto  di  metri  e 

Id.      2.°  »  »  .  .  .  . 

Id.      2.°  »  ;>.... 

Somma  metri  cubi  ...  . 

Sarà  questa  da  somministrarsi  sui  detti  tronchi  in  cavalle  regolari  ed  equidistanti  e  del  volume 
di  mezzo  metro  cubo  ciascuna. 

55.  La  ghiaia  da  somministrarsi  sarà  del  fiume  ....  da  prendersi  alla  piarda  di  ....  e 
sarà  cribiata  in  modo  che  non  contenga  sassi  di  un  diametro  maggiore  di  centimetri  ...  né 
minore  di  millimetri  ...  e  sia  monda  da  terra  e  sabbia. 

84.  La  quantità  di  ghiaia  di  sopra  stabilita  è  indicata  in  via  approssimativa  per  norma  al 
contratto;  ma  la  stazione  appaltante  si  riserva  la  facoltà  di  ordinarne  annualmente  la  sommini- 
strazione di  una  quantità  maggiore  o  minore  a  seconda  dei  bisogni  che  saranno  riconosciuti  per 
la  buona  ed  in  pari  tempo  economica  conservazione  delle  dette  strade;  e  l'assuntore  non 
potrà  fare  alcuna  opposizione  se  alcuni  tronchi  rimanessero  per  qualche  anno  senza  alcuna  for- 
nitura di  ghiaia,  o  se  per  altri  fosse  richiesta  una  fornitura  anche  doppia  della  suindicata. 

85.  Entro  il  mese  di  marzo  di  ciascun  anno  l'assuntore  richiederà  e  riceverà  dalla  Giunta  mu- 
nicipale il  fabbisogno  per  l'annata,  diviso  per  tronchi,  del  quale  dovrà  rilasciare  ricevuta. 

56.  La  fornitura  dovrà  cominciare  non  prima  del  1.°  luglio  ed  essere  ultimala  pel  15  settembre 
e  dovrà  essere  fatta  nelle  precise  quantità  prescritte  sopra  ciascun  tronco  in  cavalle  regolari  ed 
equidistanti  del  volume  di  mezzo  metro  cubo,  e  collocate  alternativamente  un  anno  da  un  lato 
ed  il  successivo  dall'altro  lato  della  strada. 

57.  La  misura  sarà  fatta  nei  mesi  di  ottobre  e  novembre  dall' ispettore  stradale,  nominato  dalla 
Deputazione  provinciale,  il  quale  potrà  scegliere  a  suo  piacimento  le  cavalle,  che  dovranno  ser- 
vire di  campione  per  la  misura,  in  numero  non  minore  del  2  per  %  ^e  quali  saranno  dal  can- 
toniere ridotte  a  forma  regolare  e  ad  una  lunghezza  non  maggiore  di  tre  metri. 

58.  Nascendo  contestazione  sul  risultato  della  misura  si  procederà  tosto  a  ripeterla  coli' uso. 
del  cassone  della  capacità  di  mezzo  metro  cubo  che  sarà  provveduto  da  fornitore,  colla  commi- 
natoria però,  che  se  il  risultato  della  seconda  misura  non  darà  colla  prima  una  differenza  mag- 
giore del  2  per  %  il  tempo  impiegalo  in  questa  seconda  operazione  sarà  compensato  all'ispet- 
tore nella  misura  di  lire  5  per  ogni  ora  a  carico  di  chi  avrà  richiesta  la  verificazione. 

59.  Se  l'ispettore  avesse  a  riconoscere  la  ghiaia  fornita  come  non  corrispondente  al  contratto, 
l'assuntore  dovrà  prestarsi  a  cambiarla  se  fosse  di  diversa  cava,  od  a  cribiarla  convenientemente 
se  contenga  materie  estranee  stabilite  in  contratto.  In  tal  caso  la  successiva  visita  sarà  a  carico 
dell'  assuntore. 

60.  Nei  casi  contemplati  dal  precedente  articolo  59,  1'  assuntore  potrà  interporre  reclamo  alla 
Deputazione  provinciale  facendone  registrare  corrispondente  annotazione  nel  verbale  di  misura. 
La  Deputazione  provinciale  pronuncierà  inappellabilmente  sulla  controversia  od  in  base  agli  atti 
prodotti  o  dietro  nuova  visita  come  crederà  del  caso. 

61.  E  accordato  il  limite  massimo  in  più  od  in  meno  del  2  per  %  Per  ^a  somministrazione 
della  ghiaia  nei  singoli  tronchi  con  avvertenza  che  sino  al  2  per  %  di  più  si  paga  e  l'eccesso 
cade  gratuitamente  al  comune  ;  e  fino  al  2  °/0  in  meno  non  si  fa  che  la  deduzione  dell'importo, 
ma  se  ne  manca  una  maggiore  quantità,  l'assuntore  sarà  obbligato  a  provvederla  e  sarà  a  suo  ca- 
rico la  nuova  visita  per  la  necessaria  misura,  quando  l'ispettore  non  possa  dichiarare  sufficiente 
alla  buona  conservazione  della  strada  la  quantità  di  ghiaia  misurata. 


LEGISLAZIONE  761 

62.  Se  pel  15  d'agosto  l'assuntore  non  avrà  fornito  almeno  una  metà  della  ghiaia  e  se  entro 
il  45  settembre  non  ne  avrà  ultimata  la  fornitura,  tanto  nel  1.°  che  nel  2.°  caso  la  Giunta  mu- 
nicipale senz'obbligo  di  preavvisare  l'assuntore,  procederà  a  tutto  di  lui  carico  servendosi  del 
deposito  di  garanzia  di  cui  all'articolo  seguente. 

63.  A  garantire  il  contratto  ed  onde  somministrare  alla  Giunta  municipale  i  mezzi  di  provve- 
dere ad  ogni  mancanza  dell'assuntore,  questi  depositerà  nella  cassa  comunale  una  mezza  annua- 
lità od  in  denari,  od  in  effetti  pubblici  a  prezzo  di  Borsa  lasciandolo  a  disposizione  della  Giunta 
municipale  pei  casi  suindicati. 

64.  L'importo  annuale  della  ghiaia  verrà  liquidato  dall'ispettore  all'atto  della  misura  in  con- 
testo dell'assuntore  e  del  rappresentante  municipale,  in  calce  del  verbale  della  misura  stessa, 
che  in  prova  dell'  accettazione  sarà  dagli  stessi  sottoscritto. 

65.  L'importo  della  ghiaia  come  sopra  liquidato  sarà  soddisfatto  in  due  rate  eguali,  la  prima 
in  base  alla  liquidazione  dell'importo  fattone  dall'ispettore  all'atto  della  visita  di  collaudo,  la 
seconda  non  oltre  il  mese  di  marzo  successivo  od  anco  prima  quando  gli  atti  di  collaudo  siano 
già  approvati  dalla  Deputazione  provinciale. 

Capo  VI.  —  Disposizioni  transitorie. 

66.  Sino  alla  scadenza  dei  contratti  di  manutenzione  in  corso,  i  collaudi  annuali  delle  strade 
soggette  a  tali  contratti  saranno  redatti  colle  norme  prescritte  dal  regolamento  1833  a  cura  degli 
ispettori  stradali  e  senza  alcuna  spesa  a  carico  dei  comuni. 

67.  Le  due  visite  prescritte  dall'articolo  15  e  tutte  le  altro  prescrizioni  che  non  sono  in  op- 
posizione al  regolamento  1833,  seguiranno  a  cura  degli  ispettori  stradali  anche  nei  casi  indicati 
nell'  articolo  precedente  colle  norme  volute  dal  presente  regolamento. 

68.  Alle  strade  attualmente  mantenute  in  sabbia  sarà  sostituita  la  ghiaia  entro  un  biennio  dalla 
data  della  sanzione  Reale  del  presente  regolamento;  ove  però  siavi  contratto  in  corso  per  detta 
manutenzione  per  oltre  due  anni,  la  sostituzione  della  ghiaja  alla  sabbia  non  sarà  obbligatoria 
che  alla  scadenza  del  detto  contratto. 

69.  L'emolumento  degli  ispettori  stradali  pel  primo  anno  in  cui  sarà  attivato  il  presente  re- 
golamento sarà  aumentato  di  lire  200  onde  compensarli  del  maggior  lavoro  necessario  nell'at- 
tivazione. 

70.  La  Deputazione  provinciale  è  incaricata  di  compilare  e  pubblicare  il  riparto  in  gruppi 
dei  comuni  della  provincia  a  sensi  del  disposto  dell'  articolo  10 ,  e  successivamente  di  fare  in 
esso  quelle  variazioni  che  fossero  richieste  dalle  aggregazioni  dei  comuni ,  dalle  variazioni  ter- 
ritoriali della  provincia,  o  dal  migliore  servizio. 

PARTE    II. 

Regolamento   per  la   sorveglianza   e  manutenzione 
delle  strade  provinciali. 

Capo    I.   —    Disposizioni   generali. 

1.  La  manutenzione  e  sorveglianza  delle  strade  provinciali  è  affidata  all'ufficio  tecnico  pro- 
vinciale sotto  la  controlleria  e  dipendenza  della  Deputazione  provinciale  colle  norme  stabilite 
nel  presente  regolamento. 

2.  Sono  applicabili  alle  strade  provinciali  tutte  le  disposizioni  contenute  nel  precedente  rego- 
lamento per  le  strade  comunali  in  quanto  non  siano  variati  dalle  seguenti  disposizioni,  inten- 
dendosi sostituiti  gli  ispettori  stradali  dagli  ingegneri  di  riparto  ed  i  rappresentanti  municipali 
dagli  assistenti  stradali. 

3.  Per  le  strade  provinciali,  oltre  alla  fornitura  della  ghiaia  e  lo  sgombro  della  neve  ed  altri 
servizii ,  saranno  separatamente  appaltate  a  prezzi  unitarii  le  opere  di  muratura  eventualmente 
occorrenti  e  le  eventuali  somministrazioni  di  graniti. 


762  LEGISLAZIONE 

Un  solo  contratto  per  la  somministrazione  della  ghiaia  potrà  comprendere  quella  occorrente 
sopra  diversi  tronchi  purché  serviti  dalla  medesima  cava. 

I  contratti  per  lo  sgombro  della  neve  ed  altri  servizi  si  estenderanno  ciascuno  sopra  tutto 
il  tratto  di  strada  affidato  a  ciascun  cantoniere. 

Gli  appalti  delle  opere  di  muratura  e  manutenzione  delle  cunette  in  ciottoli  saranno  divisi 
per  circondarii  intorno  ai  principali  centri,  come  Cremona,  Crema,  Casalmaggiore ,  Soresina, 
Viadana  e  simili. 

L'appalto  per  la  somminisfrazione  dei  graniti  potrà  essere  un  solo  o  diviso  per  circondarii 
intorno  alle  località  dei  principali  depositi. 

I  contratti  saranno  tutti  triennali  e  colla  scadenza  al  51  marzo.  L'ingegnere  capo  servizio  del- 
l' ufficio  tecnico  presenterà  alla  deputazione  provinciale  i  progetti  di  riappalto  col  rispettivo  ca- 
pitolato sei  mesi  prima  della  scadenza.  v 

4.  Nel  capitolato  per  la  fornitura  della  ghiaia  sarà  lasciato  a  carico  del  fornitore  il  rassetto 
in  cavalle  regolari  della  ghiaia  scaricata  dai  birocci  conservata  a  carico  dei  cantonieri.  Il  rias- 
setto di  15  in  15  giorni  sarà  poi  accordato  da  incominciare  la  fornitura  col  1.°  maggio. 

Nel  capitolato  per  lo  sgombro  della  neve  ed  altri  servizii  sarà  prescritta  la  prima  calata  nella 
larghezza  di  metri  5. 

5.  Ciascun  cantoniere  dovrà  provvedersi  di  un  cappello  o  berretto  del  modello  che  sarà  pre- 
scritto dall'ingegnere  capo  servizio,  con  placca  colla  leggenda:  Cantoniere  provinciale  (1). 

6.  Agli  ingegneri  di  riparlo  è  affidato  P  incarico  di  provvedere  i  manuali  di  sussidio  ai  can- 
tonieri nella  misura  del  preventivo  annuale,  al  quale  scopo  saranno  forniti  di  conveniente  somma 
a  render  conto. 

7.  Per  la  manutenzione  ordinaria  e  straordinaria  dei  ponti  in  legno  sui  fiumi ,  sarà  provve- 
duta con  contratti  speciali. 

8.  Per  la  provvista  delle  piante  in  sostituzione  di  quelle  che  venissero  a  deperire,  e  per  la 
rinnovazione  della  tinta  sugli  indicatori  e  pietre  chilometriche,  si  provvederà  con  speciali  contratti. 

Capo  IL  —  Disposizioni  amministrative. 

9.  Entro  luglio  l'ingegnere  capo  servizio  presenterà  alla  Deputazione  provinciale  un  conto 
preventivo  sommario  dell'importo  delle  opere  di  manutenzione  delle  strade  provinciali  per  norma 
alla  compilazione  elei  bilancio  della  provincia. 

10.  Tosto  cessati  i  geli  del  verno,  gli  ingegneri  di  riparto  procederanno  alla  visita  minuta  di 
tutte  le  strade  del  rispettivo  riparto,  rilevando  tutte  le  riparazioni  occorrenti  lungo  le  stesse,  e 
ne  produrranno  immediatamente  la  misura  e  la  valutazione  preventiva  in  tante  parcelle  sepa- 
rate quanti  saranno  gli  appaltatori  cui  dovranno  quelle  opere  o  forniture  essere  affidate.  Con- 
temporaneamente rileveranno  le  riparazioni  a  carico  dei  terzi  e  proporranno  i  relativi  monitori. 
Ottenuto  il  visto  sulle  singole  parcelle,  e  con  ciò  l'approvazione  delle  opere  ivi  contemplate, 
P  ufficio  tecnico  le  rimetterà  tosto  agli  assuntori  per  la  pronta  esecuzione.  Quanto  ai  monitori  da 
intimarsi  ai  privati  provvederà  l'ufficio  di  segreteria  coli' organo  dei  sindaci  dei  rispettivi  comuni. 

11.  In  base  e  coi  dati  assunti  durante  questa  visita,  gli  ingegneri  di  riparto  compileranno  il 
preventivo  annuale,  che  dovrà  pervenire  alla  Deputazione  provinciale  col  voto  dell'ingegnere 
capo  servizio  entro  il  15  marzo  e  comprenderà  l'annata  dal  1.°  aprile  a  tutto  marzo  dell'anno 
prossimo.  Ottenutane  l'approvazione,  spetterà  agli  ingegneri  di  riparto  il  provvedere  per  l'ese- 
cuzione, sempre  però  nei  limiti  in  esso  tracciati.  Questi  preventivi  annuali  saranno  sempre  com- 
pilati sullo  stesso  modello  in  cui  la  spesa  pei  braccianti  di  sussidio  sarà  determinata  mese  per 
mese  (2),  e  nel  valutarla  non  si  terrà  conto  del  taglio  delle  erbe  sui  marciapiedi,  lasciando  questa 
opera  alla  cura  dei  cantonieri  nelle  ore  ultronee  ai  lavori  necessarii  sul  carreggiabile. 

(1)  Non  possiamo  a  meno  che  di  deplorare  questi  francesismi  di  Cantoniere,  che  nell'idioma  italiano 
significa  cerretano  od  altro  individuo  cantastorie,  non  sappiamo  per  quale  motivo  si  abbandonò  la  nostra 
denominazione  di  Straclajuolo. 

(2)  I  braccianti  non  possono  abbisognare  che  nelle  circostanze  di  intemperie.  Le  intemperie  non  si 
possono  prevedere  molti  mesi  primi  e  quindi  le  perizie  compilate  nel  modo  suesposto  sono  poesie. 


LEGISLAZIONE  763 

42.  Occorrendo  durante  l'anno  qualche  lavoro  non  contemplato  in  preventivo,  ne  sarà  tosto 
compilata  la  perizia,  che  verrà  sottoposta  all'  approvazione  della  deputazione  provinciale  col  voto 
dell'ingegnere  capo  servizio. 

45.  Solo  nel  caso  di  un  guasto  nella  strada  che  la  renda  pericolosa  ai  passanti,  potrà  l'in- 
gegnere di  riparto  intraprendere  opere  di  provvedimento ,  dandone  contemporaneamente  avviso 
alla  Deputazione  provinciale  coli' organo  e  voto  come  sopra. 

\h.  La  quantità  di  ghiaia  stabilita  per  ciascun  tronco  di  strada  nel  preventivo  annuale  non 
potrà  essere  aumentata  né  diminuita  senza  il  consenso  della  Deputazione  provinciale. 

45.  Il  primo  giorno  di  ciascun  mese  l'ingegnere  di  riparlo  presenterà  all'ingegnere  capo  ser- 
vizio il  rendiconto  della  gestione  economica  del  mese  precedente  colla  domanda  dell'acconto 
necessario  pel  mese  successivo.  Questo  conto  sarà  immediatamente  trasmesso  alla  Deputazione 
provinciale  con  voto. 

46.  Nel  luglio  sarà  presentato,  col  conio  mensile,  anche  il  riassuntivo  semestrale  delle  minute 
spese,  nonché  la  liquidazione  dei  crediti  dei  diversi  fornitori  pei  quali  si  fosse  pattuito  il  pa- 
gamento semestrale. 

47.  Nel  gennaio  sarà  presentato  il  rendiconto  annuale  colla  liquidazione  dei  crediti  di  tutti  i 
fornitori  e  col  prospetto  statistico  conforme  a  quello  prescritto  per  le  strade  comunali. 

Capo  HI.  -•  Disposizioni  tecniche.  • 
Doveri  speciali  dell'ingegnere  capo  servizio. 

48.  L'ingegnere  capo  servizio  deve  invigilare  perchè  tutto  il  personale  addetto  al  servizio  stra- 
dale adempia  con  scrupolosa  esaltezza  pel  modo  e  pel  tempo  a  tutti  gli  obblighi  rispettivamente 
ad  essi  assegnati  dal  presente  regolamento ,  e  perchè  nelP  esecuzione  dei  lavori  siano  seguite  le 
più  vantaggiose  pratiche  insegnate  dall'esperienza. 

49.  Dovendosi  eseguire  qualche  lavoro  d'importanza  ne  intelligenta  il  modo  di  esecuzione  col- 
l' ingegnere  di  riparto,  ne  visita  i  lavori  ed  assiste  al  loro  collaudo. 

20.  Controlla  in  rappresentanza  della  Deputazione  provinciale  la  misura  della  ghiaia,  e  nella 
stessa  occasione  visita  tutte  le  strade  provinciali  e  presenta  un  annuale  rapporto  sullo  stato  delle 
strade  e  sul  personale  addetto  alla  loro  cura  e  sorveglianza. 

21.  Rivede  tutte  le  perizie,  i  conti  preventivi  e  consuntivi,  le  liquidazioni  dei  conti  semestrali 
ed  annuali  dei  fornitori,  e  col  proprio  voto  li  trasmette  alla  Deputazione  provinciale. 

22.  Oltre  all'annuale  visita  d'obbligo  a  tutte  le  strade  provinciali,  visita  di  quando  in  quando 
alcune  di  esse  quando  ciò  creda  utile  e  necessario. 

25.  Entro  il  gennaio  trasmetterà  alla  Deputazione  provinciale  le  appendici  che  fossero  neces- 
sarie all'inventario  delle  singole  strade  provinciali  di  cui  all'articolo  46,  e  ciò  ogni  volta  che 
in  alcuna  di  esse  durante  l'anno  precedente  sia  stato  costrutto  qualche  nuovo  edificio  a  carico 
j  privato  o  provinciale  o  che  siansi  in  qualunque  modo  variati  gli  accessorii  alle  stesse. 

Doveri  degli  ingegneri  di  riparto. 

2'4.  Le  strade  provinciali  sono  divise  in  due  riparli,  ciascuno  dei  quali  viene  assegnato  ad  un 
ingegnere  di  riparto,  ed  ogni  anno  è  fra  loro  scambialo. 

25.  La  perfetta  conservazione  delle  strade  provinciali  e  l'esatta  esecuzione  dei  lavori  in  esse 
occorrenti  è  affidata  alla  direzione  e  vigilanza  dell'  ingegnere  'di  riparto. 

26.  Essi,  previo  sempre  il  permesso  dell'  ingegnere  capo  servizio ,  visitano  almeno  una  volta 
al  mese  tutte  le  strade  del  loro  riparto  in  compagnia  dell'assistente,  al  quale  danno  gli  ordini 
pei  lavori  da  eseguirsi  nel  mese  successivo,  lasciandone  allo  stesso  un  ordine  scritto.  Istruiscono 

I  i  cantonieri  sul  miglior  modo  d' esecuzione  dei  lavori,  in  presenza  dell'  assistente. 

Di  queste  visite  fanno  trimestrale   rapporto   all'ingegnere  capo   servizio   per  la  compilazione 
j  del  rapporto  annuale. 

27.  Adempiono  con  ogni  esattezza  alle  prescrizioni  tutte  contenute  nel  presente  regolamento, 


764  LEGISLAZIONE 

28.  Invigilano  perchè  gli  assistenti  attendano  assiduamente  all'esecuzione  dei  lavori  ordinati, 
ed  oltre  al  riferire  trimestralmente  sulla  loro  attitudine  ed  assiduità,  ne  fanno  argomento  di  rap- 
porto speciale  all'ingegnere  capo  servizio  ogni  volta  che  i  loro  meriti  o  demeriti  lo  esigano. 

29.  Propongono  di  concerto  fra  loro  i  nuovi  cantonieri  che  sono  nominali  dalla  Deputazione 
provinciale  sopra  rapporto  dell'  ingegnere  capo  servizio. 

30.  Propongono  pure  la  sospensione  temporaria  dei  cantonieri  sino  a  dieci  giorni ,  ma  V  ese- 
cutività di  tali  proposte  è  riservata  al  giudizio  dell'  ingegnere  capo  servizio.  Dopo  la  seconda 
temporaria  sospensione,  inflitta  allo  stesso  cantoniere  nel  periodo  di  12  mesi ,  non  può  inflig- 
gersene una  terza,  ma  si  dovrà  promuoverne  il  licenziamento  dalla  Deputazione  provinciale  ogni 
volta  che  un  cantoniere  dimostri  incapacità,  negligenza  od  insubordinazione,  il  fondo  eventuale 
delle  trattenute  sarà  convertito  dalla  Depulazione  provinciale  in  vantaggio  del  servizio  stradale, 

51.  Nei  tempi  in  cui  occorrono  braccianti  di  sussidio  ai  cantonieri ,  saranno  questi  detenni- 
nati  in  numero  .dall'  ingegnere  di  riparlo  per  ogni  settimana  e  per  ogni  cantoniere  nelle  istru- 
zioni mensili  scritte  da  darsi  agli  assistenti,  e  provvederà  al  loro  pagamento  nella  misura  con- 
sueta nei  diversi  luoghi  e  nelle  diverse  stagioni. 

Doveri  degli  assistenti. 

32.  Ogni  ingegnere  di  riparto  avrà  sotto  la  sua  dipendenza   due  assistenti,  fra  i   quali    sarà 
divisa  la  sorveglianza  delle  strade;    essi  dovranno  tenere  il  loro  domicilio  nei   luoghi  che  sa 
ranno  designati  dalla  Deputazione  provinciale. 

33.  In  tutti  i  giorni  non  festivi  ed  in  tutte  le  ore  di  lavoro,  gli  assistenti  si  troveranno  co- 
stantemente in  visita  delle  strade  ad  essi  affidate  ed  a  dirigere  lavori  che  più  esigano  la  loro 
assistenza,  giusta  le  istruzioni  mensili  ricevute  dall'  ingegnere  di  riparlo ,  in  modo  che  tulle  le 
strade  siano  visitate  almeno  una  volta  alla  settimana.  Potranno  però  essere  chiamati  ad  assister 
lavori  anche  fuori  del  loro  riparlo. 

34.  L'adempimento  del  principale  obbligo,  di  cui  sopra,  dovrà  risultare  dalle  settimanali  an 
notazioni  che  dovrà  fare   sul  libretto  degli  ordini   di   cui   sarà    fornito  ciascun  assistente  ;  sul 
quale  segnerà  con  data  e  firma  gli  ordini  ricevuti   dall'ingegnere  di  riparto   od   anche   un  solo 
visto  quando  non  atibia  ordini  a  dare.  Risulterà  pure  dal  proprio  giornale,  sul  quale  segnerà 
punto  della  strada  ove  avrà  trovato  ciascun  cantoniere,  il  lavoro  cui  accudiva,  il  modo  lodevol 
o  meno  d'esecuzione,  lo  stato  delle  singole  strade  visitate  e  gli  eventuali  rilievi  sia  a  carico  prò 
vinciate  che  privato. 

35.  Sorgendo  lungo  la  strada  un  guasto  che  la  renda  pericolosa  ai  passanti,  vi  porrà  tosto 
un  segnale  a  mezzo  del  cantoniere  e  ne  renderà  immediatamente  avvertito  l'ingegnere  di  riparto. 

36.  Ogni  domenica  rimetterà  all'  ingegnere  di  riparto  un  rapporto  informativo  sulla  condizione 
delle  strade  e  sui  lavori  in  essi  eseguiti  nella  precedente  settimana;  e  nel  rapporto  della  prima 
domenica  d'  ogni  mese  1'  estenderà  anche  sul  servizio  più  o  meno  lodevole  dei  singoli  cantonieri. 

37.  Durante  la  fornitura  della  ghiaia  invigilerà  perchè  sia  tutta  della  qualità  prescritta  in  con- 
tratto, perchè  non  sia  confusa  con  quella  dell'anno  precedente,  perchè  sia  distribuita  lungo  le 
strade  nel  modo  prescritto. 

58.  Durante  i  lavori  di  muratura  [invigilerà  perchè  i  materiali  siano  delle  prescritte  qualità, 
perchè  il  cemento  sia  composto  nelle  prescritte  proporzioni,  perchè  nella  esecuzione  si  usi  tutta 
la  diligenza  ed  i  modi  voluti  dalla  buona  pratica  dell'arte.  Dovrà  prestarsi  a  tenere  tutte  quelle 
registrazioni  dei  materiali  e  giornate  che  gli  venissero  ordinate  dall'  ingegnere  di  riparto. 

39.  Durante  la  somministrazione  dei  graniti  invigilerà  perchè  siano  collocati  nei  voluti  post 
del  lavoro  ed  in  pari  tempo  nelle  località  da  non  riescire  d'inciampo  ai  passaggieri. 

40.  Invigilerà  perchè  sia  fatta  giornalmente   sulle  strade  la  pulizia  delle  immondezze,  pereti 
sia  ai  tempi  convenuti  trasportato  il  fango  e  la  polvere,   perchè  siano  tagliate  le  erbe  cresciu 
sulle  scarpe  stradali,  e  perchè  cadendo  neve  siano  fatte  prontamente  le  calate  e  nella  '  prescritta 
larghezza  ;  e  perchè  i  cantonieri  si  adoperino  al  più  pronto  sgombro  della  neve  seguendo  le  pra- 
tiche minutamente  dettagliate  negli  obblighi  d°gli  stessi ,  registrati  nel  capo  ìli  del  regolamenti 
per  le  strade  comunali, 


[1 


LEGISLAZIONE  7(35 

44.  L'assistente  è  di  massima  obbligato  di  adempiere  con  ogni  esattezza  gli  ordini  ricevuti 
dall'ingegnere  di  riparto  e  di  coadiuvarlo  in  ogni  sua  occorrenza,  e  senza  uopo  d'ordine  alcuno 
ed  in  mancanza  d'ordini  espressi  eseguisce  i  proprii  obblighi  ordinarii  di  sopra  registrati. 

Capo  IV.  —  Disposizioni  transitorie. 

42.  Finché  nell'ufficio  tecnico  provinciale  non  si  avranno  che  tre  soli  assistenti,  uno  di  questi 
sarà  promiscuo  fra  i  due  ingegneri  di  riparto,  dividendo  opportunamente  fra  essi  le  strade  pro- 
vinciali da  invigilare. 

43.  L'ufficio  tecnico  presenterà  indicamente  alla  Deputazione  provinciale  uno  studio  dal  quale 
risulti  su  quali  tronchi  di  strade  provinciali  sia  più  economicamente  e  quindi  più  utilmente  ap- 
plicabile la  ghiaia  delle  diverse  piarde  0  cave,  allo  scopo  di  dividere  tale  fornitura  nel  numero 
più  conveniente  di  contralti ,  unendovi  un  prospetto  delle  quantità  approssimativamente  occor- 
renti e  del  costo  unitario  diviso  nei  due  elementi:  1.°  Fisso,  cioè  costo  della  ghiaia  alia  piarda 
0  cava,  carico  e  scarico  ;  2.°  Variabile,  cioè  trasporto  in  ragione  della  distanza. 

44.  Lo  stesso  ufficio  tecnico  proporrà  pure  in  quanti  e  quali  lotti  possono  convenientemente 
dividersi  tutti  i  tronchi  di  strade  provinciali  onde  applicare  a  ciascuno  un  contratto  per  le  mu- 
rature e  cunette  in  ciottoli  ed  altri  per  le  somministrazioni  dei  graniti. 

48.  1  contratti  per  la  somministrazione  della  ghiaia,  per  le  eventuali  riparazioni  e  ricostru- 
zioni in  muratura  e  per  le  eventuali  somministrazioni  di  graniti  saranno  fatti  indilatarnente  per 
un  triennio,  rispettando  però  i  contratti  in  corso,  i  quali,  alla  rispettiva  scadenza,  andranno  a 
formare  parte  dei  nuovi  contraili  per  le  parti  che  li  riguardano. 

46.  Nel  primo  anno  in  cui  andrà  in  attività  il  presente  regolamento,  l'ufficio  tecnico  compi- 
lerà un  esatto  inventario  di  ciascuna  strada  provinciale,  nel  quale  saranno  descritte  minutamente 
con  tutti  i  loro  accessorii,  in  modo  che  ogni  alterazione  0  variazione  possa  in  ogni  tempo  essere 
constatata.  Tale  documento  compilato  sotto  la  controlleria  dell'ingegnere  capo  servizio  sarà  sot- 
toposto all'approvazione  della  Deputazione  provinciale  prima  dello  scadere  d«H'anno.  in  questo 
inventario  saranno  pure  comprese  le  traverse  fra  gli  abitati,  i  confini  chilometro  per  chilometro 
ed  il  modo  con  cui  sono  determinati  e  quant'  altro  possa  interessare  i  diritti  della  provincia. 

PARTE    III. 

Regolamento  per  la  compilazione  del  progetti  e  per  V esecuzione 
delle  opere  di  sistemazione  e  di  nuova  costruzione  delle  strade 
comunali  e  provinciali. 

1.  I  progetti  definitivi  per  nuove  costruzioni  0  sistemazioni  di  strade  saranno  costituiti  dai 
seguenti  documenti: 

1.°  Il  piano  della  località; 

2.°  Il  profilo  longitudinale  sull'asse  del  progetto; 

5.°  Il  quaderno  delle  sezioni  trasversali; 

4.°  I  disegni  delle  opere  d'arte; 

5.°  Il  computo  metrico  ; 

6.°  Le  analisi  dei  prezzi  per  le  unità  di  misura  ; 

7.°  La  stima,  ossia  calcolo  dell'  ammontare  dei  lavori  • 

8.°  Il  capitolato  d'appalto; 

9.°  La  stima  dei  fondi  da  occuparsi  ; 

10.°  La  relazione  spiegati  va  del  progetto. 

;    Nella  preparazione  dei  suddetti  documenti   si   osserveranno    le   norme  prescritte   agli  articoli 
P  7  al  17  inclusivo  del  regolamento  slabjlilo  pel  11.  genio  civile,  approvato  con  decreto  mini. 


766  LEGISLAZIONE 

steriale  3  maggio  1863.  I  progetti  di  massima  o  d'avviso  consteranno  essi   pure   dei  documenti 

suindicati,  meno  quelli  ai  num.  5,  6,  8  e  9,  pei  quali  sarà  supplito  nella  relazione  spiegativa  (1). 

2.  Tali  progetti  per  le  strade  provinciali  sono  compilati  dall'ufficio  tecnico  provinciale,  e  per 
le  strade  comunali  da  periti  nominati  dal  Consiglio  comunale. 

I  progetti  di  massima  potranno  essere  compilati  anche  in  modo  più  semplice  quando  l'opera 
di  cui  trattasi  possa  essere  approssimativamente  valutala  e  chiaramente  compresa  anche  altrimenti. 

3.  La  larghezza  fra  ciglio  e  ciglio  nelle  strade  comunali  non  sarà  mai  minore  di  metri  5  e 
nelle  provinciali  di  metri  6.  Tale  larghezza  minima  sarà  più  o  meno  accresciuta  a  seconda  della 
presumibile  frequenza  della  nuova  strada. 

L'allineamento  sarà  possibilmente  rettilineo  o  composto  di  rette  unite  da  dolci  curvature. 

Le  scarpe  laterali  avranno  la  pendenza  non  minore  dell'  uno  di  base  per  uno  d' altezza  ;  se  la 
nuova  strada  è  fiancheggiata  da  acque  correnti,  la  base  delle  scarpe  sarà  aumentata  e  difesa  da 
una  controscarpa. 

I  cigli  saranno  allineati  o  lisciati  con  zolle  erbose. 

II  piano  dei  marciapiedi  sarà  possibilmente  superiore  alle  campagne  laterali,  e  non  sommer- 
gibile dalle  piene,  ed  il  profilo  trasversale  arenato  col  colmo  alto  l/30  della  larghezza. 

Le  livellette  possibilmente  orizzontali  e  della  minore  possibile  pendenza  e  che  non  superi  mai 
il  6  per  cento. 

Se  la  strada  è  fiancheggiata  da  forti  profondità,  saranno  queste  difese  da  sbarre  o  paracarri. 

Nelle  risvolte  alquanto  risentite  si  darà  alle  strade  una  proporzionale  maggiore  larghezza  e 
se  si  avvicinano  all'  angolo  retto  oltre  il  maggiore  allargamento  vi  si  porrà  una  difesa  con 
sbarra  o  paracarri. 

h.  Ad  ogni  crocicchio  di  strada  sarà  prescritto  il  numero  necessario  di  indicatori  in  pietra,  ed 
agli  sbocchi  degli  abitati  dei  cartelli  colle' indicazioni  ideila  direzione  e   lunghezza  della  strada. 

b".  11  colmo  della  strada  sarà  completato  con  uno  strato  di  sabbia  alto  dieci  centimetri  nella 
parte  rotabile  e  di  1j2  centimetro  sui  marciapiedi. 

6.  Il  consolidamento  del  piano  rotabile  si  otterrà  spargendovi  ghiaia  del  minore  costo  in  luogo 
nella  quantità  doppia  dell'  occorrente,  nell'  ordinaria  manutenzione  annua,  ripetendo  tale  mag- 
giore somministrazione  per  tre  anni  successivi. 

7.  Prima  di  porre  mano  al  lavoro  sarà  concertato  coi  possessori  da  spropriarsi  la  cessione 
del  fondo  o  terra  occorrente,  sia  per  amichevoli  accordi  in  base  alla  perizia,  sia  promuovendo 
la  forzata  espropriazione  seguendo  il  disposto  della  legge  relativa. 

8.  La  consegna  delle  opere  all'  assuntore  sarà  data  dall'  ingegnere  che  verrà  a  ciò  designato 
dall'  ufficio  che  avrà  la  direzione  dell'  opera. 

9.  Il  collaudo  è  dato  da  un  ingegnere  nominato  dal  Consiglio  comunale  o'  dalla  Giunta 
quando  trattasi  di  opera  eseguita  a  spese  comunali  e  dalla  Deputazione  provinciale  se  trattasi 
di  opere  fatte  a  spese  provinciali,  anche  estraneo  all'ufficio  tecnico,  escluso  però  sempre  l'au- 
tore del  progetto. 

10.  Tanto  i  progetti  di  nuove  opere  stradali  quanto  i  loro  atti  di  collaudo  sono  soggetti  al- 
l' approvazione  della  Deputazione  provinciale. 

11.  Le  competenze  dei  periti  incaricati  dei  progetti,  consegne  e  collaudi  di  nuove  opere  stra- 
dali a  servizio  dei  comuni,  sono  regolate  dalla  seguente  tariffa: 

Dieta  per  ogni  giornata  del  perito  tanto  in  campagna  che  al  tavolo L.  10  — 

Simile  dell'  assistente  (solo  in  campagna) »     5  — 

Per  vitto  ed  alloggio  d'una  giornata  tanto  del  perito  che  dell'assistente    ....     »     6  — 
Spese  di  viaggio,  computandosi  tanto  l'andata  quanto  il  ritorno  sino  a  chilometri  lo, 

per  chilometro »     0, 80 

Per  ogni  chilometro  oltre  i  15 f    .     »     0,25 

Prima  giornata  da  trabuccatore »    2 — 

Scritturazione  per  mille  caratteri,  compresa  la  carta »     0, 20 

(1)  Il  regolamento  emanato  col  Decreto  Ministeriale  3  Maggio  1863  essendo  stato  abolito,  col  nuovo 
Regolamento  4  ottobre  1868  va  modificata  la  disposizione  in  questo  senso. 


LEGISLAZIONE  767 

12.  E  riservata  all'  ufficio  tecnico  provinciale   la   liquidazione   delle   competenze   contemplate 
dall'articolo  precedente,  che  partirà  dal  dato  di  una  media  attività. 

VITTORIO  EMANUELE  II 

per  grazia  di  Dio  e  volontà  della  Nazione 

RE     D' ITALIA. 

Il  Senato  e  la  Camera  dei  deputati  hanno  approvato: 
Noi  abbiamo  sanzionato  e  promulghiamo  quanto  segue  : 

PARTE    I. 

Costruzione  obbligatoria  di  strade  comunali. 

Art.  1.  E  obbligatoria  per  i  comuni  la  costruzione  e  sistemazione  delle  strade  comunali  : 

a)  Che  sono  necessarie  per  porre  in  comunicazione  il  maggior  centro  di  popolazione  di  un 
comune  col  capoluogo  del  rispettivo  circondario,  e  col  maggior  centro  di  popolazione  dei  co- 
muni vicini. 

b)  Quelle  che  sono  necessarie  per  mettere  in  comunicazione  i  maggiori  centri  di  popola- 
zione del  comune  con  le  ferrovie  e  i  porti,  sia  direttamente,  sia  collegandosi  ad  altre  strade 
esistenti. 

e)  Quelle  che  devono  servire  a  mettere  in  comunicazione  le  frazioni  importanti  di  un  comune. 

PARTE    li. 

Costituzione  di  un  fondo  per  la  costruzione  delle  strade. 

Art.  2.  Non  bastando  le  rendite  ordinarie  ed  i  capitali  disponibili ,  i  comuni  provvederanno 
alla  costruzione  e  sistemazione  delle  strade  di  cui  all'articolo  precedente,  con  un  fondo  spe- 
ciale risultante  : 

a)  Da  una  sovrimposta  sulle  tasse  dirette,  non  eccedente  il  5  per  %  delle  tasse  erariali. 

b)  Da  una  tassa  speciale  sui  principali  utenti. 

e)  Da  una  prestazione  d'  opera  degli  abitanti  del  comune. 

d)  Da  pedaggi. 

e)  Da  sussidii  dello  Stato  e  dalla  provincia ,  dalle  offerte  volontarie  e  dalla  vendita  delle 
aree  abbandonate. 

Questo  fondo  speciale  debbe  essere  impiegato  nella  costruzione  e  sistemazione  delle  strade  pre- 
dette, o  nel  servizio  di  prestiti  fatti  per  tale  scopo,  e  non  può  essere  speso  per  altri  casi,  e 
neppure  per  la  manutenzione  delle  strade. 

Art.  3.  —  Tassa  speciale  sugli  utenti  principali.  —  Sono  considerati  come  utenti  principali 
i  proprietarii  di  terre  in  una  zona  adiacente  alla  strada  che  si  costruisce,  di  larghezza  di  un 
chilometro  per  parte,  come  pure  i  proprietari  di  foreste,  miniere,  cave  e  stabilimenti  industriali 
in  ogni  parte  del  comune,  a  meno  che  dimostrino  che  il  reddito  od  il  valore  di  questi  stabili 
non  verrà  per  la  costruzione  della  strada  ad  accrescersi  neppure  del  ventesimo. 

La  Giunta  comunale  formerà  l'elenco  dei  principali  utenti  e  ne  darà  loro  notificazione. 

I  reclami  contro  l'inserzione  nell'elenco  saranno  presentati  alla  Giunta  entro  un  mese  dalla 
notificazione,  e,  quando  non  siano  accolti,  sarà  aperto  il  ricorso  al  Pretore  che  ne  giudicherà 
sommariamente  ed  inapellabilinente,  intesi  due  periti,  nominati  l'uno  dalla  Giunta  comunale  e 
1'  altro  dall'  utente. 


768  LEGISLAZIONE 

Art.  h.  La  tassa  speciale,  di  cui  al  paragrafo  b  dell'articolo  2,  sarà  eguale  alla  sovrimposta 
che  venne  deliberata  in  virtù  nel  paragrafo  a  dello  stesso  articolo. 

Potrà  la  tassa  essere  aumentata  oltre  al  limite  predetto  quando  vi  acconsenta  la  maggioranza 
dei  contribuenti  alla  medesima,  e  questa  maggioranza  rappresenti  oltre  ai  due  terzi  dell'imposta 
erariale  totale,  su  cui  gravita  la  tassa  speciale. 

La  tassa  speciale  dura  un  ventennio,  e  si  può  riscattare  mediante  pagamento  iu  una  volta  del 
decuplo  del  suo  ammontare  nell'anno  in  cui  si  stabilisce. 

Art.  5.  —  Prestazioni  in  natura.  —  Ogni  capo  di  famiglia,  abitante  o  possidente  nel  co- 
mune che  per  le  sue  condizioni  infelici  non  ne  sia  dichiarato  esente  dal  Consiglio  comunale, 
può  essere  obbligato  a  fornire  annualmente  sino  a  quattro  giornale  di  lavoro  : 

a)  Per  la  sua  persona  e  per  ogni  individuo  maschile  atto  al  lavoro,  dai  18  ai  60  anni, 
che  faccia  parte  o  sia  al  servizio  della  sua  famiglia ,  o  delle  sue  proprietà ,  in  quanto  abitino 
nel  comune. 

b)  Per  ciascuna  bestia  da  soma ,  da  sella  o  da  tiro,  col  rispettivo  veicolo ,  che  sia  col  ser- 
vizio della  sua  famiglia  o  delle  sue  proprietà  nel  comune. 

Ari.  6.  Il  ruolo  delle  prestazioni  di  opere  è  pubblicato  ogni  anno  per  due  settimane  all'albo 
pretorio  del  comune.  Esso  diventa  esecutorio  per  coloro  che  in  questo  frattempo  non  lo  conte- 
starono. La  contestazione  è  decisa  inappellabilmente  dal  conciliatore. 

Art.  7.  Gl'inscritti  nel  ruolo  delle  prestazioni  «di  opera,  che  non  prestano  direttamente  o  per 
mezzo  d'altri  l'opera  prescritta  nel  tempo  stabilito  saranno  tassali  giusta  una  tariffa  determinata 
dal  Consiglio  comunale,  e  la  tassa  sarà  riscossa  come  le  altre  tasse  dirette. 

La  prestazione  d'opera  può  pure  a  volontà  del  contribuente  essere  convertita  in  opera  termi- 
nata, secondo  le  basi  fissate  dal  Consiglio  comunale. 

Essa  può  anche  essere  applicata  alla  manutenzione  delle  strade  già  costruite ,  ma  in  questo 
caso  la  spesa  di  manutenzione,  così  risparmiata,  verrà  applicata  al  fondo  speciale  per  la  costru- 
zione e  sistemazione,  di  cui  all'art.  2. 

Art.  8.  —  Diritto  da  pedaggio.  —  Il  Consiglio  comunale  può  stabilire  un  pedaggio  sopra 
la  nuova  strada  che  costruisce,  giusta  una  tariffa  approvata  dalla  Deputazione  provinciale. 

Non  sarà  mai  soggetto  a  pedaggio  il  veicolo  conducente  materiali  per  costruzione  e  manu- 
tenzione delle  strade,  ovvero  concime  per  l'agricoltura,  come  neppure  tutto  ciò  che  spetta  alle 
truppe  in  movimento. 

Il  diritto  di  pedaggio  non  può  durare  più  di  venti  anni,  e  potrà  essere  alienato,  consacrandone 
il  provento  al  fondo  speciale  di  cui  all'  art.  2. 

Art.  9.  —  Sussidi.  —  Lo  Stato  accorderà  un  sussidio  a  quei  comuni  i  quali  avranno  costi- 
tuito il  fondo  speciale,  di  cui  all'art.  2  della  presente  legge,  applicando  il  maximum  dei  mezzi 
a),  &),  e)  ivi  indicati. 

Codesto  sussidio  sarà  concesso  nell'ordine  seguente: 
1.°  A  quei  comuni  che  hanno  una  minore  quantità  di  strade. 
2.°  A  quei  comuni  la  cui  condizione  economica  sia  la  più  grave. 
3.°  A  quei  comuni  che  costruiscono  una  strada  affatto  nuova. 

Fra  le  categorie  dei  comuni  specificate  nei  suddetti  tre  numeri ,  la  preferenza  sarà  gradata- 
mente accordata  a  quelli  ne'quali  si  verificano  o  tutte,  o  la  maggior  parte  delle  condizioni  sopra 
enunciale. 

Non  si  danno  sussidi  per  la  manutenzione  ordinaria  delle  strade,  ne  per  la  costruzione  di 
quelle  non  contemplate  nell'art.  1. 

Il  riparto  dei  sussidi  è  fatto  annualmente  per  decreto  reale,  sentiti  i  voti  dei  Consigli  pro- 
vinciali ed  il  parere  del  Consiglio  di  Stato. 

Il  sussidio,  di  cui  nel  primo  capoverso  del  presente  articolo,  non  sarà  inferiore  ad  annui  tre 
milioni  di  lire,  e  non  potrà  inai  eccedere  il  quarto  della  somma  effettivamente  spesa  dal  comune 
nell'opera  sussidiata. 


LEGISLAZIONE  ,        769 

PARTE     III. 

Agevolezze  per  la  costruzione  delle  strade. 

Art.  IO.  Tutti  gli  atti  e  contratti  relativi  alle  costruzione  e  sistemazione  delle  strade  comunali, 
di  cui  all'  art.  1,  saranno  registrati  col  diritto  fisso  di  una  lira. 

Art.  li.  L'approvazione  per  parte  del  prefetto  del  progetto  di  costruzione  o  di  sistemazione 
di  una  delle  strade,  di  cui  all'art.  1  della  presente  legge  equivale  a  dichiarazione  di  pubblica 
utilità. 

Il  comune  non  sarà  tenuto  a  fare  il  deposito  del  valore  del  terreno  da  espropriarsi,  e  per  un 
decennio  avrà  facoltà  di  tenerne  il  prezzo  in  mano,  corrispondendo  l' interesse  del  5  per  %. 

PARTE    IV. 

Ingerenza  delle  provinole  sulle  strade  comunali. 

Art.  12.  Entro  un  semestre  dalla  promulgazione  della  presente  legge,  i  comuni  dovranno  for- 
mare l'elenco  delle  strade,  di  cui  all'art.  1,  seguendo  le  norme  dell'art.  17  della  legge  sui  lavori 
pubblici  del  20  marzo  1863.  Trascorso  detto  termine,  il  Prefetto,  sentita  la  Deputazione  pro- 
vinciale, procederà  d'ufficio  alla  formazione  di  detto  elenco  per  i  comuni  che  non  li  avessero 
compiuti. 

Art.  15.  Entro  un  biennio  dalla  pubblicazione  della  presente  legge,  le  Giunte  comunali  do- 
vranno far  preparare  i  progetti  di  costruzione  e  sistemazione  delle  strade  comunali,  di  cui  al- 
l' art.  1  della  presente  legge. 

Sottoporranno-  quindi  all' approvazione  dei  consigli  comunali  i  progetti  medesimi,  col  pro- 
gramma dell'ordine  e  dei  mezzi  con  cui  si  procederebbe  alla  loro  costruzione  e  sistemazione. 

Questi  progetti  saranno  poscia  trasmessi  al  prefetto  per  la  sua  approvazione. 

Art.  ìli.  Trascorso  detto  biennio,  il  prefetto,  sentita  la  Deputazione  provinciale,  dovrà  fare 
eseguire  d'  ufficio  i  progetti  delle  strade  comunali  a  spese  dei  relativi  comuni. 

Esso  farà  intraprendere  tosto  la  compilazione  dei  progetti  relativi  ai  comuni  che  dichiarino 
di  non  potere  provvedere  direttamente,  e  la  spesa  di  tutti  questi  progetti  verrà  ripartila  fra  i 
vari  comuni  in  ragione  del  numero  di  chilometri  di  strade  loro  spettanti. 

Art.  13.  Spetta  al  prefetto  di  vegliare  a  che  i  comuni  costruiscano  le  strade  obbligatorie  nei 
limiti  dei  mezzi  stabiliti  dall'art.  2.  Quando  il  Consiglio  comunale,  malgrado  il  diffìdamento  dei 
prefetto ,  non  pone  in  opera  i  mezzi  per  la  costruzione  delle  sue  strade ,  sentita  la  Deputazione 
provinciale  potrà  ordinare  d'  ufficio  lo  stanziamento  nel  bilancio  comunale  di  tutti  o  parte  dei 
mezzi  predetti,  ed  occorrendo,  potrà  fare  eseguire  i  lavori  per  conto  del  comune. 

Art.  16.  Il  sindaco  è  tenuto  a  presentare  ogni  anno  al  prefetto  una  relazione  sulla  costruzione 
e  sistemazione  delle  strade  comunali,  e  così  il  prefetto  al  ministro  dei  lavori  pubblici. 

11  ministro  presenterà  ogni  anno  al  Parlamento  una  relazione,  e  proporrà  i  provvedimenti 
legislativi  che  fossero  opportuni. 

PARTE    V. 

Applicazione  delle  truppe  alla  costruzione  di  strade, 

Art.  17.  È  fatta  facoltà  al  ministro  della  guerra  di  applicare  alla  costruzione  di  strade  obbli- 
gatorie quella  parte  di  truppe  che  fosse  per  ciò  disponibile. 

Art,  18.  Verranno  presi  gli  opportuni  concerti  fra  il  prefetto  ed  il  generale  comandante  su- 
periore delle  truppe  stanziate  nella  provincia,  per  la  scielta  delle  strade  da  costruirsi  dall' am- 


770 


LEGISLAZIONE 


ministrazione  militare,  i  cui  progetti  già  siano  stati  approvati,  a  termini  degli  articoli  11  e  15, 
salve  le  variazioni  che  venissero  concertate  fra  il  prefetto  e  il  generale  comandante.  Detta  scelta 
sarà  sottoposta  all'approvazione  del  ministro  della  guerra. 

Art.  19.  Alla  spesa  occorrente  per  la  costruzione  di  strade,  cui  si  applicano  truppe,  sarà  prov- 
veduto sul  fondo  di  cui  all'articolo  9.  Detta  spesa  sarà,  negli  anni  consecutivi,  rimborsata  allo 
Stato  dai  relativi  comuni  sulla  parte  dei  mezzi  di  cui  all'art.  2,  la  quale  non  fosse  esaurita 
da  altri  lavori  stradali  fatti  dal  comune. 

Art.  20.  Spetta  al  ministro  della  guerra,  d'accordo  col  ministro  dei  lavori  pubblici,  il  dare 
le  norme  opportune  per  l'esecuzione  di  questa  parte  della  legge,  e  il  determinare  il  soprassoldo 
dovuto  alle  truppe  impiegate  in  questo  servizio. 


PARTE    VI. 

Disposizioni  generali. 

Art.  21.  Le  disposizioni  della  presente  legge  saranno  applicate  anche  alle  strade  consorziali, 
che  verranno  riconosciute  tali  sulla  iniziativa  di  un  comune,  a  termini  degli  art.  43  e  seguenti 
della  legge  20  marzo  1865  sui  lavori  pubblici. 

Art.  22.  È  fatta  facoltà  al  Governo  di  provvedere  per  decreti  reali  a  quanto  occorra  per  l'ese- 
cuzione della  presente  legge. 

Art.  23.  Sono  abrogate  le  disposizioni  delle  leggi  precedenti,  contrarie  alla  presente  legge. 

Ordiniamo  che  la  presente,  munita  del  sigillo  dello  Stato,  sia  inserta  nella  raccolta  ufficiale 
delle  leggi  e  dei  decreti  del  Regno  d' Italia,  mandando  a  chiunque  spetti  di  osservarla  e  di  farla 
osservare  come  legge  dallo  Stato, 

Data  a  Torino,  addì  30  agosto  1868. 

VITTORIO   EMANUELE. 


G.  Cantelli. 

E.  Bertolè-Viale. 


ATTI  DELL'ASSOCIAZIONE  GEODESICA   NAZIONALE 


Processo  verbale  dell'  adunanza  del  22  novembre  1868. 

La  seduta  è  aperta  alle  ore  tre  e  IO  minuti  sotto  la  presidenza  del  prof.  Porro. 
Sono  presenti  i  signori: 

1.°  Ing.  E.  Sergent  k.o  Ing#  G.  Gilardini 

2.°  C.  P.  M.  I.  Porro  6.o  Cav>  P>  A   Cmm  Ayy  Deputato 

3.°  Ing.  G.  Mariani  7.0  Ing#  F   CoTTA 

4.°  Tip.  Edit.  B.  Saldisi  8.°  Landoni  Ajut.  Gaetano. 

Mancherebbe  un  membro  per  essere  a  numero  colla  regola  d'uso  del  terzo  de' presenti  in  Mi- 
lano pm  uno,  ma  il  presidente  fa  osservare  che  la  seduta  è  di  seconda  convocazione,  la  prima 
non  essendosi  trovata  a  numero,  che  perciò  si  può,  secondo  l'avviso  statone  dato  nella  lettera 
di  convocazione  e  la  regola  costante  in  tal  maniera,  legalmente  deliberare.  Si  passa  dunque  al- 
1  ordine  del  giorno.  ? 

Ordine  del   giovilo* 

4.o  Lettura  della  lista  di  tutti  i  membri  inscritti  fino  al  giorno  d'oggi.   -  //  Segretario. 

2.°  Corrispondenza.  —  Il  Segretario. 
L  3/  Sull>Procva^one  ^rnativa.  -  Sulla  proposta  di  riduzione  della   quota  annuale  dei 
soci  di  seggio.  -  Su 1  epoca  da  fissarsi  pel  versamento  di  essa  quota  e  della  tassa  di  ammis- 
sione.  —  Avv.  Curii. 

La  Preìdetza^  ^'""^  §  *''  de"°  StatU'°  '  §  %"  del1' Istruzione  sulIa  Pri™  missione. - 

LwDÌSWMSÌT  °ÌrCa  'a  neCeSSÌtà  di  prendere  delle  misure  Più  efficaci  relativamente  alla  già 
deliberata  preventiva  provvista  di  strumenti.  -  Avv.  Cnrti. 

6.»  Poche  parole  sulla  questione  della  irrigazione  dell'alta  Lombardia.—  La  Presidenza. 
ripetiamo  in  fine"0'*  n°mÌnatÌVa  a  stampa  dei  soci>  che  è  aPP™ata  senza  osservazioni,  e  che 

anLareinÌdfe(,!af0SSerVar6  \SeSUÌl°.che  '' Associazione  Geodesica  Nazionale  deve  considerarsi 

sposto  de.   8  fi     rZ        ù         PerC'°  ^  è  "  CaS°  anC°ra  di  applicare  a  tutt0  riS°r<>  "  *" 
1S"         §  d        'V°,  aUe  a,mmisslom  domandate  ,  che  debbono  esser  discusse  e  votate  dal 

r     mna  fin  tir"      ^  X  """""f  C°n  aPP°SÌt6  CkC°IarÌ  aItre  adesioni>  e  W  £ 
sia  stampata  in  tal  senso  una  lettera  circolare  da  indirizzarsi- 

2*o  a  u!w  *  F.°fesSOTÌ.dÌ  geodesia  deIle  Università  ed  altri  istituti  di  pubblica  istruzione. 
X    A  tutti  gli  ingegneri  capi  di  servizio  nelle  provincie 

s  a  s  ìnferi1  zTirzz: ad  altri  astronomi  noti' anche  «■* 

UL^Z::1^^0^^  U  PUbbl"  istruzione  circa  >a  prima 
La  qual  cosa  viene  approvata. 

Giorn.  Ing.  —  Voi.  XVI.  -  Dicembre  1868.  6i 


772  ATTI  dell'associazione 

Si  passa  oltre  sul  secondo  argomento,  già  da  tutti  conosciuto,  per  essere  la  corrispondenza 
stata  depositata  nella  sala  delle  riunioni  dell'  Associazione. 

Circa  il  terzo  argomento  dell'  ordine  del  giorno,  l' avv.  Curti  si  esprime  poco  presso  in  questi 
termini  : 

i.°  «  D'  appresso  le  vigenti  leggi  V  approvazione  ministeriale  e  il  decreto  Regio,  stati  a  suo 
«  tempo  chiesti  e  non  ancora  concessi,  non  sono  necessarii  alla  libera  esistenza  della  Associa- 
«  zione  ;  d' altra  parte  è  stata  opposta  dal  ministero  dell'  istruzione  pubblica  la  dubbia  inter- 
«  pretazione  dell'  art.  9  dello  Statuto ,  che  lascerebbe  trasparire  uno  scopo  industriale  :  cosa 
«  rispondere  al  ministero  ?  . . . . 

Essendosi  dal  Presidente  osservato  che  si  poteva  togliere  dallo  Statuto  quanto  poteva  impli- 
care T  idea  d'  un  lucro  alla  Società  per  lasciarvi  unicamente  il  carattere  di  Società  scientifica , 
l' Avv.  Curti  risponde  che  per  ciò  compiere  fosse  mestieri  sentire  previamente  1'  Assemblea,  che 
si  è  perciò  stabilito  di   convocare  appositamente  pel  giorno  di  Domenica  27  dicembre. 

L'  Avvocato  Curti  continua  dicendo  : 
2.°  «  L' Associazione  ha  già  da  molto  iniziate  ed  anche  molto  avanzate  le  sue  operazioni,  e 
«  per  tutto  ciò  il  gerente  ha  fatto  delle  spese  per  conto  della  medesima,  di  cui  deve  essere  rim- 
«  borsato,  e  si  son  contratti  dei  debiti  che  si  debbono  pagare  ;  e  deve  Y  Associazione  poter  di-  I 
«  sporre  de'  suoi  fondi  a  fine  di  progredire  alacremente  verso  il  suo  scopo. 

«  D'  altra  parte  è  stata  agitata  la  questione  se  non  convenisse  ridurre  da  cento  lire  a  cinquanta 
«  l'annuita  fissata  pagarsi  dai  soci  di  seggio,  la  qual  cosa  è  generalmente  approvata,  ma  si  osserva 
«  che  pregiudicherebbe  la  questione  dell'  approvazione  ministeriale ,  perchè  sarebbe  una  modifi- 
cazione allo  Statuto,  che  non  può  essere  conseutita  dai  Soci  che  in  generale  convocazione. 

In  conseguenza  di  che  si  propone  la  seguente  deliberazione  : 
1.°  Considerando  come  non  avvenuta  la  nota,  posta  a  piedi  della  pagina  4.a  dello  Statuto, 
si  dichiarano  aperti  i  pagamenti  della  tassa  di  ammissione  e  della  tassa  annuale;  i  soci  di  seg- 
gio però,  in  previsione  della  futura  riduzione,  non  pagheranno  che  la  metà  della  tassa  annuale, 
cioè  L.  50. 

2.°  I  soci  d'  opera  che  hanno  in  animo  di  essere  muniti  di  Cleps  abbiano  a  riempire  per 
questo  le  condizioni  previste  al  §  3.°  della  istruzione  sulla  prima  missione  che  fa  seguito  allo 
Statuto. 

Le  quali  proposizioni  vengono  all'unanimità  approvate. 

Sul  quarto  argomento  portato  dall'  ordine  del  giorno,  il  presidente  come  direttore  della  Filo- 
tecnica, che  è  instituto  di  alta  meccanica  fondato  nello  stesso  scopo  che  anima  l'Associazione 
Geodesica,  offre  di  accogliervi  una  decina  tra  allievi  meccanici  ed  allievi  ingegneri  meccanici 
mandati  e  raccomandati  dall'  Associazione  Geodesica  Nazionale,  e  ciò  a  condizioni  e  d' appresso 
un  regolamento  che  si  riserva  di  formulare. 

La  proposizione  è  accettata  con  premura,  il  prof.  Porro  è  pregato  di  presentare  al  più  presto 
il  regolamento,  ed  il  sig.  Saldini  di  dare  al  medesimo  tutta  la  occorrente  pubblicità. 

Passando  al  quinto  argomento  il  deputalo  avv.  Curti  svolge  la  proposta  di  emissioni  di  Ob- 
bligazioni in  forma  privata  che  si  troverà  qui  appresso. 

li  presidente  che  ne  aveva  già  prima  d'  ora  comunicato  il  pensiero  ad  alcuni  soci,  dice  essere 
assicurato  già  di  una  diecina  di  adesioni. 

Ha  luogo  una  breve  discussione,  infine  della  quale  si  cade  in  accordo  di  fare  stampare  addi- 
rittura la  proposta  e  le  schede,  e  di  attivarne  la  soscrizione,  della  qual  cosa  il  gerente  si  è  vo- 
lentieri incaricato. 

Sul  sesto  argomento  sì  son  dette  poche  cose  unicamente  per  constatare  che  la  discussione  è 
discesa  oggidì  in  una  regione  in  che  non  conviene  all'Associazione  Geodesica  il  seguirla,  e  per 


GEODESICA  NAZIONALE  773 

riservarsi  di  riprenderla  al  punto  dì  vista  dell'arte  e  degli  interessi  del  Paese  quando  se  ne  pre- 
senterà nuovamente  l'opportunità. 

La  qual  cosa  è  all'unanimità  approvata. 

Nessuno  domandando  più  la  parola,  la  seduta  è  levata  alle  ore  quattro. 


FABBRICAZIONE   PREVENTIVA   DI   STRUMENTI 


Rapporto  e  proposta   del   signor  Avv.  (urti. 

1.»  Pei  riflessi  fatti  durante  la  seduta  del  16  Agosto  scorso  è  stato  approvato  di  ordinare 
la  costruzione  preventiva  per  conto  dell'Associazione,  di  un  buon  numero  di  strumenti  neces- 
sari! alla  prima  missione,  a  fine  di  averli  pronti  per  la  prossima  stagione  1869.  Si  è  dato  l'in- 
carico al  «gnor  gerente  di  commetterli,  dove  credesse  opportuno,  e  di  ricercare  in  una  opera- 
zione di  credito  1  fondi  occorrenti  per  il  pagamento  di  questi  strumenti. 
La  Filotecnica  diretta  dal  prof.  Porro  ha  accettata  la  commissione  per  un  venti  Cleps  tra  di 
,.  e  *«?"*«••  5?IU  indizione  però  di  anticipazioni  scalari  state  convenute  per  adempire 
alle  quali  ,1  gerente  diede  sollecita  opera  a  ricercare  gli  occorrenti  fondi,  sulla  fiducia  di  che  la 
direzione  della  Filotecnica  ha  intanto  fatto  metter  mano  ai  lavori.  La  consegna  de' strumenti 
doveva  cominciare  in  Dicembre,  ed  esser  compita  entro  l'anno  dalla  data  della  commissione 

Ma  grado  le  cure  spese  per  la  ricerca  de'fondi  il  gerente  non  ha  ancora  riuscito;  d'onde  nasce 
la  necessita  di  un  nuovo  e  più  energico  e  pronto  provvedimento 

ed'ln'im9^10,'1'  emeWere  de,leobbliSazioni  ™borsabili  in  un  tempo  abbastanza  breve 
ed  m  un  modo  abbastanza  s.curo  per  piacere  a  quei  capitalisti  che  sentono  con  noi  vivamente 

t™2 i  irrSS°b  a  7  mira  ^  ,n°Stra  ASSOCÌaZÌOne'  6  da  —  -^e  aTme" 
e  òrima  d    Zt  «        '     r       T°  Tf ''"'  ^  *  pr°P°rne  la  SOSCrÌzione  Possibilmente 
e  prima  di  tutto  mfamgha,  vale  a  dire  fra  soci;  poi  di  ammettere  chiunque  altri   anche  non 
socio,  voglia  coEtr.bn.re  con  noi  al  progresso  della  geodesia  in  Italia,  profittando  intarlo  per  sé 
di  un  collocamento  di  fondi  pienamente  sicuro.  P 

Siccome  poi  si  è  perduto  già  un  considerevole  lasso  di  tempo  e  che  per  essere  rimaste  forza 
tamente  insoddisfatte  le  scadenze  che  erano  state  convenute  colla  Filotecnica  a  pHm  del  e 
quali  doveva  aver  luogo  in  Agosto  scorso,  così  è  avvenuto  ancora  che  il  lavoro  no  hThotu Io 
progre, re  quanto  sarebbe  stato  necessario;  ed  è  ora  urgente  il  rimediare  aT  tempo  perduto 
tentando  di  ottenere  parte  de'necessarii  strumenti,  od  almeno  delle  parti  di  strumenti  da  altri 
stabilimenti  di  Costruzione  sia  in  paese  sia  all'estero.  st.uiiienu  ,  aa  altri 

E  necessario  inoltre  di  aumentare  fino  a  50  il  numero   dei  Cleps  di   2»  e  5»  grandezza    e 
provvedere  all'acquisto  di  una  dotazione  di  strumenti  di  alta  geodesia  così  composta  ' 

lista  degli  strumenti  da  provvedersi. 

I.»  Due,  od  almeno  uno,  cleps  di  1.»  grandezza  coi  loro  accessorii. 
2.°  Due  tubi  zenitali  coi  necessarii  apparati  accessorii. 
5."  Un  apparato  da  misurare  le  basi. 
.      4.°  Un  Rectografo  (1). 

(1)  Questa  nota  mi  è  stata  fornita  dal  professor  Porro  come  direttore  della  prima  missione. 


774  ATTI  DELL'ASSOCIAZIONE 

Si  aggiunge,  come  sopra  è  detto, 
B.°  Cinque  Cleps  di  2.a  grandezza. 
6.°  Venticinque  idem  di  3.a  grandezza. 
Riguardo  al  commettere  tutti  i  suddetti  lavori  io   proporrei  di  mantenere   al  signor   gerente 
l'incarico,  ma  per  ciò  che  si  riferisce  alla  ricerca  dei  fondi  propongo  la  emissione  delle  obbli- 
gazioni sopra  menzionata. 
Perciò  presento  alla  discussione  dell'Assemblea  il  seguente: 

Programma    di   ascrizione   di   obbligazioni  in  forma  privata  per 
formare   il  fondo   necessario   ali4  antescriito    scopo* 

1.°  Sotto  la  guarentigia  morale  collettiva  dell'intiera  Associazione  geodesica,  e  personale 
di  tutti  i  suoi  membri  saranno  annesse  progressivamente  ed  a  misura  del  bisogno,  delle  obbliga- 
zioni di  lire  mille  in  forma  privata  valenti  anticipazione  di  prezzo  di  strumenti  geodesici  da 
fornirsi  sia  al  titolare  sia  in  suo  nome  alla  Associazione  Geodesica  Nazionale  o  ad  un  membro 
designato  della  medesima,  fruttanti  l'interesse  al  6  per  °/0  limitate  per  ora  al  numero  di  cin- 
quanta, estinguibili  a  breve  termine  nel  modo  che  infra. 

2.°  I  fondi  a  provenire  da  questa  emissione  saranno  esclusivamente  applicati  alla  costru- 
zione preventiva  degli  strumenti  ed  accessori  occorrenti  per  attivare,  nella  maggior  possibile 
scala,  alla  nuova  stagione  i  lavori  della  prima  missione,  e  qualunque  altro  che  si  possa  presen- 
tare, il  tutto  conformemente  all' antescritta  lista. 

3.°  Detti  strumenti  sono  destinati  ai  soci  d'opera  (§  tf.°  dello  Statuto)  i  quali  debbono  pos- 
sederli in  proprio  (art.  5.°  della  istruzione  sulla  prima  missione),  e  debbono  perciò  farne  l'ac- 
quisto con  rimborsarne  il  prezzo  ai  titolari  delle  obbligazioni  che  lo  hanno  per  essi  anticipato, 
e  ciò  nel  modo  seguente. 

4.°  Le  somme  a  provenire  dalla  anzidetta  operazione  saranno  esclusivamente  destinate  alla 
estinzione  delle  obbligazioni,  la  quale  avrà  luogo  per  via  di  estrazione  a  sorte  colle  formalità  d'uso. 

B.°  Quegli  strumenti  che  sono  necessarii  all'  Associazione  per  le  operazioni  trigonometriche 
e  debbono  restare  come  dotazione  dell'Associazione  medesima,  venendo  costruiti  parimenti  coi 
fondi  a  provenire  dalle  obbligazioni,  potrebbe  avvenire  che  per  questo  motivo  non  fosse  per  ba- 
stare al  rimborso  di  tutte  le  obbligazioni  il  prodotto  degli  incassi  per  strumenti  destinati  a  dive- 
nire proprietà  particolare  dei  soci  d'opera  o  d'altri,  nel  qual  caso  dovrà  l'Associazione  supplirvi 
coi  fondi  suoi  proprii. 

6.°  Si  avrà  cura  di  regolare  la  emissione  in  modo  che  le  obbligazioni  in  corso  non  eccedano 
mai  il  numero  di  cinquanta,  e  ciò  sia  col  non  emetterle  che  a  misura  del  bisogno  sia  col  pro- 
cedere al  rimborso  a  misura  che  si  avranno  fondi  disponibili. 

7.°  I  versamenti  saranno  fatti  nelle  mani  della  ditta  Giulio  Bellinzaghi  e  cominceranno  appena 
la  soscrizione  preparatoria  sia  giunta  al  numero  di  dieci  obbligazioni. 

8.°  Le  obbligazioni  sono  indivisibili  ne'  loro  effetti  per  rispetto  alla  Associazione,  ma  una 
obbligazione  può  essere  divisa  fra  vari  prenditori  tutti  egualmente  nominati  nella  obbligazione. 

9.°  I  versamenti  avranno  luogo  in  cinque  rate  mensili  di  L.  200  ciascuna  per  ogni  obbli- 
gazione, però  a  chi  pagasse  subito  l' intera  somma  di  L.  1000  sarebbe  accordato  lo  sconto  del 
2  per  °/0. 

In  questo  caso,  ma  in  questo  caso  solamente  le  cartelle  della  Filotecnica  di  qualunque  epoca 
Vengono  accettate  in  pagamento  fino  alla  concorrenza  di  due  per  ogni  obbligazione,  e  pel  loro 
valor  nominale  di  L.  100  senza  riguardo  agli  interessi  sulle  medesime  decorsi. 

10i°  Venendo  un  soscrittore  a  mancare  anche  ad  un  solo  versamento  dopo  il  primo  o  ad 
essere  in  ritardo  di  più  di  un  mese,  i  versamenti  da  lui  anteriormente  fatti  s'intenderanno  de- 
voluti di  diritto  a  vantaggio  della  Associazione,  e  per  lui  perduti. 

La  sola  assemblea  generale  avrebbe  facoltà  di  rimetterlo  in  pristino  qualora  concorressero,  per 
ciò  fare,  delle  ragionevoli  circostanza. 


GEODESICA  NAZIONALE  775 

11.0  Quei  soci  d'opera  che  si  rendessero  acquisitori  di  una  obbligazione,  si  troverebbero 
rimborsati  senza  sorteggio,  mediante  l' istrumento  stesso  di  cui  verrebbero  provveduti,  salvo  a 
regolarne  in  conto  le  differenze;  essi  godrebbero  inoltre  di  un  ribasso  del  B  per  %  sul  prezzo 
dell' istrumento  in  tal  modo  acquistato. 

12.°  Le  obbligazioni  saranno  staccate  da  un  libro  a  madre  e  figlia  nelle  forme  d'  uso.  — ■ 
Il  libro  sarà  preparato  per  una  serie  di  cento  obbligazioni,  le  quali  saranno  segnate  con  un 
numero  d'ordine  dall'uno  al  cento  per  modo  che  venendo  annullata  per  qualunque  motivo  con- 
tingibile un'obbligazione,  ed  occorrendone  un'altra,  questa  sia  registrata  al  seguito  col  primo 
numero  vacante,  ma  non  mai  ristabilita  col  numero  antico. 

13.°  Le  somme  a  provenire  dal  collocamento  dei  suddetti  strumenti  a  mani  dei  soci  d'opera 
e  quelle  altre  qualunque  che  proverranno  d'applicazione  dell'art.  5.°  e  6.°  dello  Statuto,  saranno 
versate  alla  banca  Giulio  Bellinzaghi  per  essere  devolute  al  rimborso  delle  obbligazioni  sotto  la 
riserva  solamente  delle  spese  urgenti  ordinarie  dell'Associazione  e  del  pagamento  de' suoi  de- 
biti anteriori  alla  presente  deliberazione. 

ih.0  Una  commissione  speciale  composta  del  presidente  o  del  vice  presidente  dell'Associa- 
zione Geodesica,  del  gerente  della  medesima,  del  direttore  della  prima  missione,  e  del  consulente 
legale  dell'Associazione  stessa,  avrà  per  ufficio  di  sorvegliare  al  retto  andamento  di  ogni  cosa 
riguardante  questo  eccezionale  affare,  e  di  assistere  il  gerente  ne' contratti  che  sarà  per  conclu- 
dere a  quello  scopo. 

18.°  I  pagamenti  da  farsi  per  le  provviste  di  strumenti,  così  alla  Filotecnica  come  a  qua- 
lunque altra  casa  di  costruzione,  o  di  commissione  all'estero  per  questo  oggetto,  s' intendono  per 
la  presente  deliberazione  approvati  in  massima;  essi  saranno  fatti  dalla  cassa  dell'Associazione 
stabilita  presso  la  ditta  G.  Bellinzaghi  dietro  ordine  del  gerente  vidimato  da  uno  de'  membri 
della  commissione  speciale. 

Per  la  forma,  questi  ordini  di  pagamento  saranno  staccati  da  un  libro  a  madre  e  figlia  da 
ritenersi  presso  il  gerente  e  del  quale  potrà  sempre  aver  visione  qualsiasi  membro  della  com- 
missione speciale. 


//  Presidente  II   Gerente  II  ff.  dì  Segretario 

C.  P.  M.  I.  Porro  B.  Saldim  Sergent  Ing.  E. 


776 


ATTI  DELL'ASSOCIAZIONE 


PRIMA   USTA   BEI    MEMBRI 

DELL'ASSOCIAZIONE  GEODESIGA  NAZIONALE 

INSCRITTI    SECONDO    IL  NUMERO   ORDINALE    DI    RUBRICA 


1.  -  Porro  Prof.  Magg.  Cav.  Ignazio 

2.  -  Olivieri  Ing.  Emilio 

5.  -  Curii  Cav.  Avv.  Pier  Ambrogio,  Deputato    (    Fondaton>  membri  del  Comitato  reggente. 
ft.  -  Saldini  Bartolomeo,  Tip.  e  Lit.  Editore 

5.  -  Molla  Ing.  Gerolamo. 

6.  -  Maselli  Ing.  Rinaldo. 

7.  -  Villani  Ing.  Carlo. 

8.  -  Fichera  Filadelfo. 

9.  -  Stigler  Ing.  Augusto. 
10.  -  Cotta  Ing.  Francesco. 
li.  -  Tornassi  Ing.  Adolfo. 

12.  -  Borzino  Ulisse. 

13.  -  Cesabianchi  Cav.  Domenico,  Ingegnere  capo  al  Municipio  di  Milano. 
ih.  -  Cagliani  Ing.  Gabriele. 

15.  -  Bedoni   Ing.  Fedele. 

16.  -  Gualandi  Ing.  Francesco. 

17.  -  Reggiani  Ing.  Alessandro. 

18.  -  Tatti  Ing.  Luigi,  Assessore  municipale  e  Consigliere  provinciale. 

19.  -  Heyland  Cav.  Francesco,  fotografo. 

20.  -  Sergent  Ing.  Ernesto,  Astronomo  all'Osservatorio  di  Brera. 

21.  -  Mariani  Ing.  Giuseppe,  al  Censimento. 

22.  -  (Numero  rimasto  vacante  per  errore  incorso). 

23.  -  Pietrasanta  Ing.  Ferdinando. 

24.  -  Lombardini  Comm.  Ing.  Elia,  Senatore  del  Regno. 

25.  -  Parrochetti   Ing.  Nobile  Angelo. 

26.  -  Cantalupi  Cav.  Antonio,  Ingegnere  in  capo. 

27.  -  Bellinzagbi  Comm.  Giulio,  Sindaco  di  Milano. 

28.  -  Scbiapparelli  Ing.  Cav.  Giovanni,  Astronomo  direttore  dell'Osservatorio  di  Brera. 

29.  -  Ricbelmy  Comm.  Ing.  Camillo,  Dirett.  della  Scuola  d'applicazione  degl'Ingegneri  a  Torino 

30.  -  Paleocapa  Comm.  Ing.  Pietro,  Ministro  di  Stato  e  Senatore  del  Regno. 

51.  -  Cialdi  Comm.  Ing.  Alessandro. 

52.  -  Ferrati  Comm.  Ing.  Camillo,  Professore  di  Geodesia  all'Università  di  Torino 

53.  -  Gilardini   Ing.  Gaspare. 
m.  -  Brioschi  Comm.  Prof.  Francesco,  Senatore  del  Regno,  dirett.  dell'Istit.  Tecn.  Sup.  di  Milano. 

55.  -  Sacchi  Ingegnere  Carlo,  al  Censimento  di  Milano. 

56.  -  Manfredi  Ing.  Niccolò. 

57.  -  Govi  Cav.  Gilberto,  Professore  all'Università  di  Torino. 

58.  -  Codazza  Ing.  Cav.  Giovanni,  Professore  di  Fisica  alla  Scuola  Superiore  di  Guerra. 
59„  -  Chizzolini  Ing.  Cav.  Girolamo. 

(Continua) 


GEODESICA  NAZIONALE  777 

NUOVA    SCUOLA 
DI  ALLIEVI  MECCANICI  E  DI  ALLIEVI  INGEGNERI  MECCANICI  (1). 


In  sua  seduta  del  22  novembre  1868  l'Associazione  Geodesica  Nazionale  ha  deliberato  di  dar 
seguito  allo  stabilimento  della  Scuola  di  cui  al  §  1.°  del  suo  Statuto,  ed  ha  preso  perciò  colla 
direzione  della  Filotecnica  (Istituto  di  alta  meccanica)  gli  opportuni  concerti,  dappresso  i  quali 
è  in  misura  di  pubblicare  fin  d' ora  il  seguente  regolamento  riservandosi  di  fissare  ulteriormente 
V  epoca  dell'  apertura. 

REGOLAMENTO 


§  i.° 

È  istituita  presso  l'Ufficio  geodesico  dell'Associazione,  e  presso  le  attenenti  officine  della  Fi- 
lotecnica (Corso  Magenta  ft8),  una  scuola,  nel  duplice  intento  di  formare  allievi  meccanici,  ed 
allievi  ingegneri  meccanici  alla  nobile  arte  de'  strumenti  di  precisione  per  1'  astronomia,  la  geo- 
desia, la  marina,  ecc.  la  quale  non  s' insegna  ancora  in  verun  instituto. 

Lo  scopo  finale  della  medesima  si  distingue  in  tre  parti  : 

i.°  Formare  operaj  distinti  e  capi  sala  (contremaitres)  non  che  di  preparatori,  e  conservatori  dei 
gabinetti  presso  i  professori  di  fisica,  e  presso  gli  osservatori  astronomici  e  meteorologici,  capaci 
di  eseguire  con  tutta  maestria ,  e  ciò  nondimeno  con  economia ,  gli  strumenti  e  macchine  di 
precisione  necessari!  alle  scienze  di  osservazione,  di  ripararli  all'uopo,  di  metterli  in  azione,  e 
di  conservarli  in  buono  stato. 

2.°  Di  formare  ingegneri  direttori  di  officina  per  la  medesima  industria,  il  tutto  in  modo  da 
arrivare  progressivamente  a  sostenere  con  vantaggio  la  concorrenza  straniera,  non  solo  in  Italia, 
ma  sugli  stessi  mercati  di  Parigi,  di  Londra,  di  Berlino,  in  Europa  come  in  America. 

3.°  Di  tentare,  se  sia  possibile,  di  formar  qualche  allievo  superiore  capace  di  accedere  all'al- 
tezza di  Frauenhoffer ,  di  Reichembach,  di  Repsold,  di  Trougton,  nomi  rari  ed  universalmente 
venerati  nelle  più  alte  regioni  scientifiche,  ed  ai  quali  sono  dovute,  direttamente  od  indiretta- 
mente, le  più  grandi  ed  utili  scoperte  del  secolo  nelle  scienze  d'osservazione. 

§  2.° 

L' Associazione  munirà  di  una  patente  graduata  gli  allievi  meccanici,  e  di  un  diploma  gli  al- 
lievi ingegneri  meccanici,  che  alla  fine  del  corso  si  troveranno  avere  superato  gli  esami  dei  varii 
gradi,  1'  ultimo  dei  quali  esami  sarà  pubblico. 

L'Associazione  Geodesica  si  riserva  di  stabilire  dei  premii  annuali  per  quelli  che  si  distingue- 
ranno, appena  che  col  suo  graduale  sviluppo  ne  possederà  i  mezzi. 

Per  qualora  si  verifichi  il  fatto  di  cui  al  N.  3  §  1,  la  famiglia  Porro  si  propone  di  istituire  un 
premio  massimo,  quello  della  successione,  come  impiego,  al  direttore  attuale  della  Filotecnica  il 
prof.  Porro,  il  qual  premio  implicherà  il  diritto  di  comproprietà  nella  proporzione  di  un  quarto 
dello  stabilimento  come  si  troverà  all'epoca  del  decesso  del  professore,  ed  implicherà  per  corri- 

(1)  Non  confondere  cogli  ingegneri  meccanici  che  si  formano  all'  Instituto  Tecnico  Superiore  di  Mi- 
lano, la  cui  istruzione  versa  principalmente  sulla  grande  industria,  e  sarebbe,  nel  caso  nostro,  e  troppo 
estesa,  ed  affatto  insufficiente.  Vedi  §  16. 


778  ATTI  DELL'  ASSOCIAZIONE 

spetti vo  l'obbligo  di  continuarlo  e  di  procurarne  tutto  il  possibile  incremento,  sia  scientifico,  sia 
industriale.  Le  condizioni  per  aspirare  a  questo  premio  massimo  verranno  a  suo  tempo  fissate  e 
fatte  conoscere  (1). 

A  questo  premio  potranno  concorrere,  non  solo  gli  allievi  della  scuola,  ma  ancora  tutti  gli  in- 
gegneri si  italiani  che  stranieri  che  se  ne  sentissero  la  capacità  e  fossero  in  misura  di  fornire  le 
necessarie  guarentigie. 


§  3.° 

Venendo  lo  sviluppo  progressivo  della  Filotecnica  a  render  necessario  l'aumento  del  personale 
pagato  della  officina,  vi  troveranno  impiego  di  preferenza  gli  allievi  della  scuola  dell'Associa- 
zione geodesica,  che  del  resto,  coli' abilità  che  possono  avere  acquistata  in  essa  scuola,  saranno 
sempre  sicuri  di  trovare  tanto  in  Italia  che  all'estero  occupazione  lucrosa  e  degna  di  loro. 

§   4.° 

Il  corso  è  di  tre  anni  per  V  una  e  1'  altra  classe  di  allievi,  con  otto  ore  al  giorno  di  occupa- 
zione effettiva  tutti  i  giorni,  eccettuate,  per  il  solo  lavoro  manuale,  le  domeniche  e  le  quattro 
maggiori  feste. 

§  ».° 

Gli  allievi  meccanici  ricevono  tanto  l'istruzione  teorica  quanto  la  tecnica  (di  lavoro  manuale) 
nello  stabilimento;  gli  allievi  ingegneri  meccanici  sono  obbligati  in  vece  di  frequentare  anche 
quelle  delle  scuole  speciali  pubbliche  esistenti  in  Milano  che  saranno  loro  indicate,  ed  in  par- 
ticolare il  Corso  di  Celerimensura.  L' alta  ottica  verrà  loro  insegnata  nello  stabilimento. 

§  6.° 

Gli  allievi  meccanici  sono  tenuti  ad  un  lavoro  giornaliero  di  mano  di  sei  ore  mediamente;  essi 
debbono  impiegare  altre  due  ore  giornalmente  agli  studii  teorici  ed  al  disegno ,  il  tutto  secondo 
l'orario  dettagliato  che  verrà  stabilito;  gli  allievi  ingegneri  meccanici  hanno  sole  due  ore  di 
lavoro  manuale,  e  sei  di  studio  e  disegno. 

§  7.° 

Sono  a  carico  degli  allievi  dell'una  e  dell'altra  specie  i  libri,  la  carta  ed  ogni  fornitura  oc- 
corrente per  l'istruzione;  ogni  allievo  deve  avere  la  sua  busta  di  compassi  e  la  sua  fornitura 
di  righe  e  di  squadre  per  il  disegno. 

§  8.° 

E  a  carico  di  ogni  allievo  parimenti  la  provvista  di  una  prima  suppellettile  di  utensili  da 
lavoro  e  di  materie  prime,  il  cui  valore  approssimativo  è  di  L.  60  e  del  quale  la  lista  si  troverà 
ostensibile  nello  stabilimento. 

(1)  La  Filotecnica  nello  spirito  del  suo  fondatore  deve  restare  italiana ,  ma  per  la  sua  specialità 
essa  ha  per  mercato  il  mondo  intero.  Essa  è  in  via  di  rapido  progresso,  giacché  fondata  quasi  sul 
nulla,  ha  in  grazia  dell'alto  industriai  valore  del  suo  fondatore,  più  che  quintuplicato  in  soli  tre  anni 
il  capitale  invertitovi,  costruendo  essa  stessa  le  sue  più  preziose  macchine  efficienti. 

La  Filotecnica  è  già  munita  poco  men  che  al  pari  dell' instituto  tecnomatico  di  Parigi,  ed  ha  già  for- 
nito parecchi  strumenti  agli  ingegneri  italiani,  e  quando  aprirà  colla  pubblicità  l'adito  alla  clientela 
straniera  potrà  contare  di  elevare  progressivamente  ad  un  mezzo  milione  la  sua  produzione  annua, 
come  già  l' instituto  tecnomatico  di  Parigi. 


GEODESIGA  NAZIONALE  779 

§9.° 

I  lavori  manuali  si  dividono  in  due  parti,  a  cui  dovranno  gli  allievi  dedicarsi  successivamente, 
e  sono  l'ottica  e  la  meccanica.  Gli  studii  teorici  riguardano  principalmente  la  forma,  la  compo- 
sizione e  l'uso  di  tutti  gli  utensili,  la  conoscenza  delle  loro  funzioni,  la  qualità  della  materia,  ecc. 

Gli  allievi  ingegneri  meccanici  devono  inoltre  studiare  la  composizione  e  1'  uso  di  tutti  gli 
strumenti  e  macchine ,  e  segnatamente  gli  strumenti  di  astronomia ,  geodesia  e  marina ,  e  non 
solo  l'uso  materiale,  ma  i  risultamenti  scientifici  che  si  tratta  di  ottenere. 

§  10.° 

Per  essere  ammessi  devono  gli  allievi  meccanici  sapere  l'aritmetica,  la  geometria  ed  il  disegno 
geometrico  lineare.  Gli  allievi  ingegneri  meccanici  devono  conoscere  inoltre  la  matematica  su- 
periore, le  scienze  fìsiche,  la  meccanica  razionale,  gli  elementi  di  astronomia,  di  geodesia  e  di 
marina;  essi  debbono  farne  prova  per  esame  davanti  ad  una  commissione  all'uopo  nominata 
tra  i  membri  dell'Associazione  Geodesica. 

§  H.° 

Gli  allievi  dell'una  e  dell'altra  specie  debbono  stare  soggetti  durante  il  lavoro  manuale  nelle 
officine  alle  discipline  regolamentari  vigenti  per  gli  operaj ,  dei  quali  possono  osservare  il  la- 
voro, ma  non  disturbarne  l'andamento. 

§  12.° 

Ammessi  in  locali  dove  esistono  in  costruzione  strumenti  e  macchine  più  0  meno  delicate , 
devono  gli  allievi  dell'una  e  dell'altra  specie  astenersi  dal  toccare  ai  medesimi,  nonché  agli 
utensili  e  macchine  alle  quali  non  siano  stati  da  chi  dirige  preposti.  Essi,  e  per  essi  i  loro  ge- 
nitori od  altri  ascendenti,  sono  responsabili  dei  guasti  che  producessero,  ed  avranno  la  scelta, 
il  caso  avvenendo,  tra  l' indennizzo  a  pagamento,  oppure  l' indennizzo  alla  fine  del  corso  in  la- 
voro di  cui  saranno  divenuti  capaci.  Le  patenti  ed  i  diplomi  sono  in  tal  caso  di  diritto  ritenuti 
fino  a  soddisfazione  completa. 

§  15.° 

Tutto  il  lavoro  utile  che  sarà  per  risultare  dall'opera  degli  allievi,  cede  a  beneficio  della  Fi- 
lotecnica, a  profitto  della  quale  debbono  seriamente  lavorare. 

§  14.° 

Gli  allievi  dell'una  e  dell'altra  specie  sono  obbligati  tanto  nelle  officine  quanto  nelle  sale  di 
studio  e  di  disegno  al  giornaliero  ordinamento  degli  utensili  loro  e  di  ogni  loro  suppellettile 
ed  alla  manutenzione  di  essi  in  buono  stato ,  ma  non  alla  bassa  pulizia  dei  laboratorii,  per  la 
quale  devono  pagare  invece  una  tassa  di  L.  10  all'  anno  (anticipata). 

§  18.° 

La  tassa  annuale  da  pagarsi  da  ogni  allievo  per  semestri  anticipati  è  di  L.  100,  non  com- 
prese le  suddette  L.  10. 


780  ATTI  DELL'  ASSOCIAZIONE  ECC. 

§  16.° 

Possono  essere  ammessi  a  trattativa  allievi  dell'  una  e  dell'  altra  specie  per  due  soli  anni  ed 
anche  per  uno  solo  anno,  quando  facessero  prova  di  avere  già  acquistato  con  anteriore  istruzione 
la  capacità  sufficiente. 

I  giovani  ingegneri  sia  civili  sia  meccanici  che  avessero  con  distinzione  ottenuto  il  diploma 
da  una  delle  scuole  superiori  di  Torino,  di  Milano  o  di  Napoli  potrebbero  aspirare  ad  entrare 
come  allievi  di  terzo  anno  alla  scuola  dell'  Associazione  Geodesica  Nazionale. 

§   17.o 

Le  iscrizioni  si  ricevono  tanto  all'  Associazione  Geodesica  (Via  Lupetta  N.  7)  quanto  all'ufficio 
geodesico  della  medesima  (Corso  Magenta  N.  48) ,  e  si  possono  da  ogni  parte  d' Italia  doman- 
dare per  lettera  affrancata. 

§  18.° 

Avranno  luogo  ogni  sei  mesi  esami  per  constatare  i  progressi  fatti  tanto  dall'una  come  dal- 
l'altra classe  di  allievi,  e  tanto  per  il  lavoro  manuale  quanto  per  le  cognizioni  teoriche. 

Alla  fine  del  III  anno  avrà  luogo  un  esame  generale  e  pubblico  davanti  PAssociazione  Geode- 
sica  convocata  in  assemblea  generale,  conformemente  alle  risultanze  del  quale  esame  verranno, 
conferte  le  patenti  ed  i  diplomi,  che  ognuno  avrà  meritato. 


//  Presidente  II  Gerente  II  ff.  di  Segretario 

C.  P.  M.  I.  Porro  B.  S aldini  Sergent  Ing.  E. 


IiA     FILOTECNICA 

Instituto  di  alta  meccanica  ed  ottica 

SOTTO   IL  PATRONATO   SCIENTIFICO   DEL   CAV.   PROF.   PORRO 

Corso  Magenta,  N.  48. 


AVVISO. 

i.°  Cu  Cleps  disponibile.  —  Per  cambiamento  di  posizione  sociale  il  committente  del 
Cleps  di  2.a  grandezza  inscritto  al  numero  della  rubrica  generale  189  cederebbe  i  suoi  diritti  ed 
obblighi  a  chi  bramasse  essere  munito  di  tale  strumento  in  assai  meno  tempo  di  che  ordina- 
riamente occorre. 

11  prezzo  ne  è  di  L.  1900  cogli  accessori  ordinati,  ma  si  potrebbe  ancora  ridurre  a  L.  1800 
Sopprimendo  parte  degli  accessori. 

La  Filotecnica  ha  consentito  a  sospenderne  per  intanto  la  lavorazione  che  ripresa  potrebbe 
invece  esser  terminata  in  circa  dieci  settimane. 

Chi  aspirasse  a  prendere  verso  la  Filotecnica  il  posto  del  committente  dovrebbe  pagare,  nel 
darne  avviso  L.  950,  che  la  Filotecnica  restituirebbe  al  primo  committente,  liberandolo0 dai' suoi 
obblighi. 

2.°  Si  profitta  della  circostanza  per  avvisare  quei  molti  che  per  lettera  o  per  informazioni 
assunte  a  mezzo  dei  loro  amici  di  Milano,  si  sono  mostrati  desiderosi  di  avere  un  Cleps,  ma 
non  hanno  dato  ancora  la  loro  commissione,  a  non  tardare  troppo  a  darla,  e  non  fidarsi  al 'caso 
fortunato,  ma  raro,  che  ne  capiti  loro  uno  per  occasione. 

Attualmente  sono  in  costruzione  a  varii  gradi  di  avanzamento  nella  Filotecnica  i  numeri  di 
•rubrica  189-193-195-196-198-201-215  che  saranno  progressivamente  tutti  terminati  in  sei  o  sette 
mesi ,  ma  mentre  questi  passano  successivamente  dagli  operai  abbozzatori  ai  raffinatori  e  da 
questi  alla  macchina  tmesigrafica,  gli  abbozzatori  ne  cominciano  degli  altri  che  possono  essere 
terminati  successivamente  a  poco  tempo  d' intervallo  gli  uni  dagli  altri  nell'  ordine  cronologico 
delle  commissioni. 

Chi  vuol  dunque  esser  presto  servito  sia  sollecito  ad  ordinare,  perchè  non  potrà  essere  servito 
in  meno  di  sei  o  sette  mesi  dall'  epoca  della  ordinazione ,  ciò  almeno  fino  a  tanto  che  le  altre 
officine  di  Milano,  di  Torino  e  di  Napoli  alle  quali  il  professor  Porro  ha  fornito  i  disegni,  ed  ha 
offerta  la  sua  assistenza  scientifica  non  si  siano  messe  in  misura  di  fabbricarne. 


INDICE 

DELLE     MATERIE 


ANNO  DECIMOSESTO  —  1868. 


INGEGNERIA. 

Costruzione 

Il  riordinamento  dei  Lavori  Pubblici.  Ing.  Cav.  Cantalupì pag.  1 

SulF  uso  del  ferro  nelle  impalcature  dei  solai.  Ing.  Emilio  Olivieri »  56 

Sulla  fabbricazione  del  Beton  Coignet  e  sue  applicazioni »  65 

La  pietra  artificiale  di  Ransome »  68 

Tegole  Rondarti »  qq 

Tubi  in  lamiera  e  bitume »  494 

Tegole  di  Ghisa.  Sistema  Geoffrog      »  194 

Forno  anulare  per  cuocere  mattoni,  calce,  cemento,  ecc.  invenzione  del  Ing.  Hoffrnam 

a  Berlino.  A.  Stigler })  355 

Stabilità  degli  Archi.  Ing.  Clerico  Giacomo »  525 

Metodo  per  avere  aria  fresca,  e  metodo  di  ventilazione.  Ing.  Clerico  G »  ivi 

Le  coperture  e  gli  ornamenti  in  zingo.  Ing.  Emilio  Olivieri     .    .    .    • »  428 

Utilizzazione  delle  ceneri  dei  forni  del  gas  nella  fabbricazione  dei  mattoni »  510 

Il  Canale  Cavour.  Ing.  Francesco  Airaghi »  554 

Idem »  624 

Cuneometro.  Sig.  Bianchi  Fortunato .    .  »  638 

Idraulica 

Sludi  idrologici  e  storici  sopra  il  grande  Estuario  Adriatico,  i  fiumi  che  vi  confluiscono 

e  principalmente  gli  ultimi  tronchi  del  Po.  Ing.  Commend.  Elia  Lombardini  .    .    »      14 

Idem 

Idem 

Idem 

Idem 

Idem 

Lettera  dell' Ing.  Senatore  Comm.  Paleocapa  al  sig.  Ferdinando  di  Lesseps,  sulla  regola- 
zione del  Portosàido  allo  sbocco  del  Canale  dei  due  Mari  nel  Mediterraneo  ...»    233 

Sul  moto  ondoso  del  mare  e  sulle  correnti   di  esso,   specialmente  su  quelle   littorali. 

Commend.  Alessandro  Cialdi »    555 

Relazione  della  Commissione  eletta  dal  Collegio  degli  Ingegneri  per  proporre  la  corri- 
spondenza delle  antiche  misure  d' acqua  colla  nuova  stabilita  dal  Codice  al  §  622     »    368 


»  115 

»  209 

»  281 

»  395 

»  519 


784  INDICE 

Studi  teorici  e  pratici  sullo  scolo  ed  il  moto  delle  acque.  S.  Gauchler pag.  585 

Nuovi  canali  d'irrigazione  e  di  navigazione  da  aprirsi  nell'Alta  Lombardia    .    ...»  496 

Relazione  sulla  convenienza  della  irrigazione  della  Pianura  Friulana.  Ing.  Luigi  Tatti   »  557 

Sul  Portosàido.  Sig.  Commend.  Cialdi »  587 

Idem ...»  691 

Alcune  osservazioni  alla  Memoria  :  Studi  idrologici  e  storici  sopra  il   grande  estuario 

Adriatico  del  senatore  Lombardini.  Ing.  Angelo  Manfredi  .    .    .    . »  660 

La  Comunità   di   Cremona,   il  naviglio   civico  e  i  progetti  di  nuovi  canali  per  quella 

provincia.  Ing.  Senatore  Elia  Lombardini »  712 

Bibliografia 

I  Canali  della  città  di  Milano.  Ing.  F.  Ajraghi »  276 

Meccanica 

Rolinetto  d'olio  per  le  macchine  a  vapore.  Ing.  A.  Stigler »  84 

II  nuovo  motore  a  vapore  per  strade  ordinarie.  Sig.  Tompson .    .    »  69 

Principi  della  Teoria  Meccanica  del  Calore.  D.   Gustavo  Zeuner  versione  dal  tedesco. 

D.  Alessandro  Lucchesini »  157 

Idem »  451 

Idem »  605 

Forza  motrice  idraulica  e  sua  correlazione  coi  vantaggi  dell'  Industria.  Ing.  A.  Vescovati    »  154 
Il  principio  fondamentale  delle  Rotazioni  a  perno  sferico  e  a  capsula  libera.  Ing.  An- 
tonio Pievani »  166 

Idem. .    ...»  242 

Macchina  per  fabbricare  mattoni  per  uso  ornamentale »  191 

11  nuovo  vaporizzatore.  Sig.  Delaporte »  192 

In  qual  modo  si  possa  determinare  la  rigidezza  delle  funi.  Ing.  Giov.  Sacheri    ...»  555 

Paratoja  automobile  applicabile  ai  tubi  di  condotta.  Ing.  Leopoldo  Emanueli .    ...»  549 

Alcune  nuove  invenzioni.  Ing.  Emilio  Olivieri t>  645 

Nota  intorno  le  equazioni  dello  stato  prossimo  al  moto  delle  macchine  semplici.   Ing. 

Davide  Bocci »  722 

Macchina  per  forare  i  tunnels .    »  742 


Architettura 

Palazzo  Municipale  di  Gubbio  (Umbria).  Sig.  C.  Edoardo  Mella    ........    y>  257 

La  chiesa  di  S.  Abondio  e  la  Basilica  dissotto,  lettere  Comacine.  Prof.  Camillo  Botto    »  509 

Idem. »  651 

Voluta  e  sua  descrizione.  Sig.  Filadelfo  Fichera ...»  464 

Agronomia 
Economia  agricola.  Sig.  Giuseppe  Ver nansal  de  Villeneuve »    474 

Bibliografia 

Le  più  recenti  ed  utili  Macchine  e  strumenti  Rurali,  loro  teoria,  costruzione,  effetti  ed 

applicazione  di  Angelo  Giacomelli ».*..*»    199 


INDICE  785 


Cose  Varie 


Corso  di  Celeriniensura  nel  R.  Istituto  Tecnico  Superiore.  Prof.  M.  I.  Porro.  —  Sunto 

delle  lezioni  del  mese  di  Gennaio  1868 pag.  70 

Idem.                                    di  Febbraio »  195 

Idem.                                   di  Marzo  ed  aprile »  587 

Ottica  tecnologica  ad  uso  degli  Ingegneri.  P.  M.  I.  Porro »  45 

Idem. »  185 

Sunto  delle  lezioni  d' ottica  date  all'  Istituto  Superiore.  P.  M.  I.  Porro »  75 

Idem »  198 

Idem. , »  264 

1  regolamenti  per  la  sanità,  l'edilizia  e  le  opere  pubbliche  in  Relazione  alla  questione 
delle  risaie  e  dei  mezzi  di  comunicazione  considerati  quali  elementi  della  prospe- 
rità agricola.  Ing.  Cesare  Osnago »  85 

Progetto  d'un  ponte  girevole  da  costruirsi  in  Milano.  Ideato  dallo  scultore  Cav.  Inno- 
cenzo Fraccaroli »  165 

I  trattali  di  Commercio  della  Francia  col  Portogallo  e  coli'  Austria »  194 

Società  degli  Ingegneri  e  degli  Industriali  di  Torino ...»  552 

Collegio  degli  Ingegneri  ed  Architetti  di  Milano »  565 

Alta  statistica  —  guarentigia  della  fede  pubblica  in  materia  di  proprietà  fondiaria  — 

misura  generale  degli  stati »  570 

Società  Italiana  di  Scienze  Naturali »  202 

Idem »  595 

Idem »  517 

Idem »  747 

Corrispondenza »  205 

Descrizione  del  Diastimometro  Militare,  E.  Von  Paschevitz »  581 

Resoconto  dell'andamento  del  R.  Istituto  di  Agronomia  ed  Agrimensura  in  Catania      .  »  592 

II  Progresso  della  geodesia  in  Italia.  P.  M.  I.  Porro »  455 

Cenni  del  Terreno  Cretaceo  di  Toscana  comparato  con  quello  della  Brianza.  Sig.  G.  B.  Villa  »  490 
Inconvenienti  delle  tavole  pei  bachi  da  seta,  —  proposta  di  sistema  pensile  a  cassette. 

Ing.  Clerico  Giacomo »  492 

I  nuovi  pozzi.  Sistema  Norton »  494 

Faraday  e  le  sue  scoperte »  516 

Idem »  645 

Processo  per  la  fabbricazione  del  gas  di  nafta  .    ." »  576 

Statuto  dell'associazione  Geodesica  Nazionale.  Appendice. 

Resoconto  delle  sedute  16  e  28  Agosto  di  detta  associazione »  580 

Atti  dell'Associazione  Geodesica  e  Resoconto  della  seduta  4  Ottobre »  647 

Idem  e  resoconto  della  seduta  22  Novembre »  771 

Per  l'estrazione  delle  acque  sotterranee  per  mezzo  di  tubi  verticali.  Avv.  Calandra    .  »  754 

Ypsometria  del  giro  di  Milano »  738 

Un  altro  fotometro.  Boli.  Marco  Ceselli »  745 

Un  nuovo  genere  d' illuminazione »  746 

Istituto  Tecnico  superiore  —  Avviso-programma  per  le  lezioni  di  Celerimensura ...»  750 

Bibliografia 

Goniometro  di  Filadelfo  Fichera »  200 


786 


INDICE 


Legislazione 


Circolare  Ministeriale  (Giovanola)  N.  2219  in  data  9  settembre  1867 pag,      75 

Regolamento  per  la  derivazione  delle  acque  pubbliche  .............      77 

Decreto  reale  50  Gennaio  1868  in  cui  sono   facoltizzati  i  sigg.  Ing.   Eugenio  Villoresi 

e  Meraviglia  Luigi  a  fare  due  canali  di  derivazione  ecc »     199 

Relazione  dei  ministri  dei  lavori  pubblici,  della  marina,   e  della  guerra,  a  sf.ìL  in 

udienza  del  12  Marzo  ultimo  sul  decreto  concernente  i  progetti  d'opere  nuove  pel 

servizio  dei  porti,  delle  spiaggie  e  dei  fari a    271 

Regolamento  pelle  manutenzioni  delle  Strade  Comunali  per  la  provincia  di  Verona  ecc.  »  511 
Regolamento  per  la  manutenzione  e  sorveglianza  delle  Strade  Comunali  per  la  provincia 

di  Cremona »    755 

Necrologie 

Dell'  egregio  ing.  Commend.  Gedeone  Scotini,  ispettore  di  l.a  Classe  del  Regio  Corpo 

del  Genio  Civile »  201 

Del  Cav.  Antonio  Toniolo  ing.  capo  di  l.a  classe  nel  Genio  Civile    ....'.'..'»  202 

Del  Sig.  Rag.  Giovanni  Aschieri    .    .    > -  »  ^g 


Milano,  Tip.  degli  Ingegneri.  B.  SALDINI,  Proprietario,  Gerente  responsabile. 


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