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Il
GIORNALE
DELL INGEGNERE-ARCHITETTO
CIVILE E MECCANICO
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GIORNALE
DELL' INGEGNERE-ARCHITETTO
CIVILE E MECCANICO
ANNO XVI.
MILANO
TIPOG. E L1TOG. DEGLI INGEGNERI
1868
6 0 o
GulO
MEMORIE ORIGINALI
IL RIORDINAMENTO DEI LAVORI PURBLIGI.
I.
Nel riordinamento dell' Amministrazione interna del Regno, che si dichiara di
voler eseguire per migliorare le nostre finanze assai dissestate e per far cessare le
continue lamentele che a ragione si elevano sul cattivo indirizzo che in gene-
rale si è dato a tutta la pubblica amministrazione, vi devono indubbiamente en-
trare i lavori pubblici, siano poi essi a carico del Governo oppure delle Provincie
o dei Comuni.
Quantunque questo ramo di Amministrazione pubblica sia in giornata fra i più
importanti che si abbiano, specialmente per ciò che riguarda la viabilità, non ci
consta che esso sia stato finora studiato convenientemente, né dalle persone del-
l' arte né dai pubblicisti, motivo per cui si sono commessi molti errori a danno
del paese ai quali sarà pur d' uopo di rimediare.
Facciamo innanzi tutto precedere alcune notizie storiche sull' ordinamento dei
lavori pubblici in Italia ed in particolare della parte settentrionale , ove si ri-
tiene che esso era fra i migliori in quantochè aveva dato degli eccellenti ri-
sultati.
II.
Nelle antiche Provincie Piemontesi tutta V azienda dei lavori pubblici era in
Amministrazione diretta del relativo Ministero nel cui seno si trovava un Con-
siglio superiore di ispettori, chiamato Consiglio permanente dal quale si esami-
navano i progetti, si davano pareri e si discutevano tutte le questioni d'arte che
venivano trasmesse dal Ministero. Ciò era consentaneo alla estensione ed alla
importanza di quel Regno, non potendo ammettere che per una popolazione di
poco più di 5 milioni di abitanti ed una rete limitata di strade vi potesse essere
una moltiplicità di Dicasteri tecnici che sarebbero riusciti assai onerosi allo Stato
e di inciampo al regolare andamento delle cose.
Il servizio nelle Provincie poi era effettuato dagli ingegneri Capi, dagli ingegneri
di Sezione, dagli ajutanti e dagli assistenti non già riuniti in un sol officio ma
sparsi in diversi punti del territorio per essere più pronti a soddisfare alle esigenze
del servizio. Ciò era quasi una necessità voluta dal sistema seguito nella manuten-
zione delle strade, il quale ad imitazione di quello stato adottato dai francesi non
Gwrn. lng. — Voi. XVI. — Gennajo 1868. 1
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2 IL RIORDINAMENTO
ammetteva opere a corpo ma soltanto dei lavori e delle opere a misura che si
ordinavano dagli agenti tecnici di mano in mano che occorrevano. - Tutto que-
sto personale tecnico costituiva il Corpo Reale -del Genio Civile modellato presso
a poco come quello di Ponti e Strade in Francia.
Le strade pubbliche erano distinte in tre categorie immitando anche qui il
sistema Francese; vi erano perciò strade Nazionali o Regie, Provinciali e Comunali
senza calcolare le strade Private. La cura delle strade tanto nazionali che pro-
vinciali era affidata agli ingegneri del Corpo Reale del Genio Civile, malgrado che
la competenza passiva della spesa appartenesse a due separate Amministrazioni,
cioè le une a carico dello Stato le altre a carico delle Provincie. Gli ingegneri
del Genio Civile erano dipendenti direttamente dall'Intendente della Provincia
il anale provvedeva a tutto il servizio facendo eseguire da una parte gli ordini del
Ministero dei Lavori Pubblici, dall' altra le disposizioni del Consiglio Provinciale.
Si imitava anche da questo lato P organismo dell' amministrazione francese
dacché non si poteva operare diversamente senza arrecare del disordine e delle
spese assai gravose ed indebite ai contribuenti.
Quantunque gli Ingegneri del Genio Civile avessero questa duplice incom-
benza rimaneva loro ciò nondimeno tutto il tempo necessario per potersi occu-
pare anche in servizio dei Comuni pel quale erano autorizzati dal Governo. Con-
seguenza di questa facoltà lo stesso Governo avea limitati i corrispondenti stipendi
a proprio carico pei vantaggi e benefici che ne potevano derivare agli ingegneri
dalle sopravvertite occupazioni straordinarie a carico dei Comuni.
HI.
Nel Lombardo-Veneto le cose camminavano in modo diverso. Questo territorio
aveva conservale pei lavori pubblici tutte le Leggi ed i Regolamenti de primo
Re.no d'Italia. Dopo 44 anni di dominio gli austriaci non avevano trovato alcun
bisogno d riforma' nell'azienda delle opere pubbliche, se si eccettuino alcun.
Secoli cambiamenti nel personale tecnico del tutto insignificanti e diretti, piut-
E , a migliorare la condizione degli impiegati, di quello che alterare , pnnc.pj
di amministrazione che rimasero sempre fermi. ., ,. n|o
Ai due Governi della Lombardia e della Venez.a erano applicate altrettante
Direzioni Generali delle pubbliche Costruzioni costituite interamente da ngegnen-
Architetti alle quali era riservata la parte tecnica inerente a, rispettivi terr.tor.
Ciascuna Direzione Generale aveva l'obbligo di predisporre i preventiv -
lanci annuali di tutte le opere pubbliche da eseguirsi a carico dello Stato, s.a pei
voi stradali ed idraulici, sia per le fabbriche civili in serv.z.o de. diversi Di-
ale i sorvegliava il personale tecnico sparso nelle province e ne proponeva
a Governo le promozioni , le quiescenze , le traslocaz.om e gli ingegneri co -
laudatori tanto per le opere di ordinaria manutenzione, quanto per quelle d.
adattamento o riforma; esaminava lutti gli elaborati tecnici che venivano compi-
at Si te^eLe dello Stato dagli Ingegneri d'ufficio applicati -He Provincie
e secondo i casi ne proponeva V approvazione o ne ordinava direttamente la mo-
diflcSne; Lue ^Direzione era un autorità consultiva alla i q«le ncorreva
il Governo per tutte le questioni che insorgevano nell'interesse dei Comuni e
dei Corpi morali in genere , i quali avessero trovato di appellarsi in seconda
istanza al giudizio Governativo.
DEI LAVORI PUBBLICI 3
Per altro P intervento e l'opinione esternata dalla Direzione Generale delle
Pubbliche Costruzioni se poteva dirsi definitivo ogni qualvolta si trattava di discus-
sione di principj o di applicazione alle Leggi del lato puramente tecnico non lo
era di poi se si dovevano effettuare dei pagamenti , nel qual caso era necessario
anche il voto della Contabilità di Stato. Eretto questo dicastero pel controllo gene-
rale di tutte le rendile e le spese dello Stato, esso curava scrupolosamente che an-
che nei Lavori Pubblici non succedessero abusi né cambiamenti di sorta e che le
singole opere fossero in corrispondenza a quelle state comprese nei bilanci appro-
vati dal Ministero dei Lavori Pubblici. -— All'oggetto poi di meglio esercitare questo
suo controllo esisteva nel seno della stessa Contabilità di Stato un'apposito diparti-
mento chiamato delle fabbriche, il quale essendo costituito esclusivamente da In-
gegneri era in grado di apprezzare e conoscere gli elaborati , e di esporre una
fondata opinione sai singoli lavori e per tal modo illuminava convenientemente
la parte amministrativa e di semplice controllo.
Il personale tecnico applicato alle provincie dimorava nel capoluogo Provin-
ciale, ove aveva sede il Delegato Governativo. Esso era riunito in un ufficio chia-
mato ufficio Provinciale delle Pubbliche Costruzioni; dipendeva dallo stesso Delegato
Provinciale (attualmente prefetto) ma poteva mettersi in corrispondenza diretta
anche colla Direzione Generale delle pubbliche costruzioni negli affari semplice-
mente tecnici. Questo personale consisteva in Ingegneri di diverse classi ed assi-
stenti pure^di varie classi sotto la dipendenza di un Ingegnere Capo al quale
era riservato la direzione integrale dell'Ufficio. A ciascun Ingegnere veniva asse-
gnata una determinata linea di strade o fluviale ed esso era obbligato non solo
di dirigerne le opere di manutenzione ma eziandio quelle di riforma o di adat-
tamento che per avventura occorressero. I lavori venivano sorvegliati dagli assi-
stenti di un grado superiore od inferiore a norma dell'importanza loro. In tal
modo riunito il personale tecnico esso veniva sorvegliato e diretto dall'Ingegnere
Capo, il quale impediva che avessero luogo degli abusi o si negligentasse il
servizio obbligando tutti gli impiegati ad intervenire all' ufficio per occuparsi
convenientemente, tranne il caso che fossero chiamati a visitare qualche lavoro
in campagna.
Dipendentemente dal sistema semplice ed economico stato adottato nella manu-
tenzione delle strade si poteva limitare anche il numero degli Ingegneri e degli
assistenti mentre ciascuno d'essi poteva dirigere e sorvegliare da 150 a 200 chi-
lometri di strada. È questa una circostanza che va seriamente calcolata, mentre i
risparmi che molte volte si ritengono di poter introdurre con sistemi nuovi per
economizzare nelle spese di manutenzione delle strade sono del tutto illusorj
quando si mettono a calcolo le spese di direzione e di sorveglianza di tutto il
personale tecnico che vi occorre.
L'Ingegnere in Capo di una provincia non poteva avere alcun riparto stradale
da sorvegliare e dirigere mentre in tal caso sarebbe cessato alcun controllo sul
proprio operato. Lo stesso Ingegnere in Capo doveva invece rivedere tutti gli ela-
borati degli altri Ingegneri da esso dipendenti ed assicurarsi anche mediante
frequenti visite locali che ogni cosa procedesse in modo regolare ed in conformità
alle date prescrizioni.
Le strade pubbliche erano distinte in tre classi, cioè provinciali, comunali e pri-
vate. Le strade provinciali erano poste sotto la cura immediata del Governo, il
quale essendosi appropriate tutte le imposte assegnate per questo ramo di pub-
4 IL RIORDINAMENTO
Mica Amministrazione ne sostenne in seguito le relative spese di manutenzione
e di adattamento mediante l'opera degli Ingegneri delle pubbliche costruzioni.
In quanto alla parte tecnica delle strade comunali essa era interamente riser-
vata agli Ingegneri civili, i quali venivano proposti di volta in volta, dalle singole
rappresentanze dell'Amministrazione Comunale e nominati dal Delegato Provin-
ciale. Però tutti gli elaborati tecnici sia pei lavori di nuova costruzione sia per
quelli di manutenzione dovevano essere riveduti ed approvati dagli uffìcii pro-
vinciali delle pubbliche costruzioni i quali avevano l'incarico: 1.° di esaminare
se il lavoro era condotto colle migliori regole dell' arte , e coi principii di sana
economia. 2.° Di osservare se erano state adempite le leggi ed i regolamenti
emanati sulle opere pubbliche.
Dovendo gli ingegneri delle pubbliche costruzioni esercitare siffatto controllo
sulle spese a carico dei Comuni ne venne ovvia la conseguenza che essi furono
esclusi da qualunque lavoro a carico comunale, mentre in caso diverso o cessava
il controllo o riesciva esso illusorio. Soltanto in casi eccezionali e per circo-
stanze speciali poteva essere destinato un Ingegnere d'ufficio dal Delegato Pro-
vinciale.
Il pagamento di qualsiasi opera pubblica sia a carico del Governo sia a carico
dei Comuni non poteva aver luogo se non dietro regolare collaudo ed in seguito
ad una esplicita dichiarazione di un ingegnere appositamente delegato dalla com-
petente autorità dalla quale dichiarazione risultasse senza alcun reticenza o ri-
serva che il lavoro era ben fatto e corrispondente alle prescrizioni del contratto.
A collaudatore di un'opera non poteva giammai essere destinato l'autore del
progetto e per le opere a carico del Governo si preferiva quasi sempre un inge-
gnere estraneo alla provincia in cui cadeva il lavoro e di un grado superiore a
quegli che aveva dirette le opere.
Più sopra abbiamo detto che in Lombardia nella manutenzione delle strade si
era adottato un sistema semplice ed economico, il quale non solo permetteva di
diminuire il numero del personale tecnico applicato ai lavori pubblici ma lasciava
luogo eziandio alla massima controlleria possibile che è pur d' uopo il confes-
sarlo si rende assolutamente necessaria in questo ramo amministrativo (1). Que-
sto sistema consisteva nell' appaltare a corpo e per un prezzo definito tutte le
opere che non si potevano né misurare uè riconoscere dopo il loro compimento,
appaltando invece a misura tutto ciò che si poteva riscontrare e misurare in
qualsiasi tempo.
Per qual cosa erano a corpo tutte le opere di buon governo delle strade spe-
cialmente quelle intorno alle carreggiate che occorrono diuturnamente e che non
(1) Gli ingegneri di sezione o di riparto in Lombardia si limitavano a 33. Ad essi era affidato : la
cura delle strade provinciali o regie la cui lunghezza era di Chil. 2867
La sorveglianza alle arginature dei fiumi Po, Oglio, Mincio e Secchia della lunghezza di . » 440
I canali pubblici di scolo del Mantovano lunghi » 754
Quindi in tutto una linea stradale e fluviale di Chil. 4061
Di più avevano la revisione di tutti gli elaborati tecnici che si eseguivano nell' interesse dei comuni
e degli stabilimenti di beneficenza, di culto e di istruzione pubblica; esaminavano e rivedevano tutte le
perizie che interessavano l'azienda forestale; avevano in cura tutti i fabbricati demaniali facendo ese-
guire le opere di miglioramento e di riparazione e si occupavano eziandio dell' esame e della prova
delle caldaje a vapore destinate per l' industria. Se si fossero tolte tutte queste incumbenze secondarie
il numero degli ingegneri poteva diminuirsi di un buon terzo.
DEI LAVORI PUBBLICI 5
si possono controllare; ed erano a misura invece le forniture delle ghiaje e le
grandi riparazioni alle opere d' arte. Cambiando questo sistema di manutenzione
ed adottando quello dei francesi che con tanto calore viene in giornata da molti
propugnato siccome il migliore, si andrà incontro a tre grandi difetti cioè:
1.° Di non avere alcun controllo nei lavori pubblici.
2.° Di aumentare a dismisura il numero delle persone tecniche.
3.° Di non avere delle persone responsali sulla buona conservazione delle
strade.
IV.
Allorché nel 1859 la Lombardia venne aggregata al Piemonte e si iniziò il ri-
sorgimento Italiano, il Governo del Re trovava opportuno di far cessare le prin-
cipali dissonanze di Amministrazione pubblica che esistevano fra i due territorj
al qual fine venivano emanate diverse leggi di unificazione , fra le quali vi era
pur quella sui lavori pubblici. — Si comprendeva in questa ultima legge tutto
ciò che si era riputato migliore tanto nella legislazione Piemontese quanto in
quella di Lombardia, che comesi disse proveniva tuttavia dal primo Regno
d'Italia.
Questa nuova legge sui lavori pubblici era stata discussa e maturata da una
Commissione composta da persone dell'arte e pratiche nella pubblica ammini-
strazione appartenenti ai due territorj , la quale commissione era presieduta da
un distinto e vecchio Ministero che aveva tanto influito al miglioramento dei la-
vori pubblici nel Piemonte.
In questa legge si faceva prevalere il sistema d'Amministrazione Lombardo,
dacché si era riconosciuto il migliore sia in ciò che concerneva il personale ap-
plicato ai lavori pubblici, sia relativamente alle norme ed ai principi generali
sui quali era basato. Laonde in siffatta legge fra le altre cose si prescriveva.
l.° Che gli ingegneri e tutti gli agenti tecnici applicati ai lavori pubblici
fossero riuniti in uffici tecnici provinciali dipendenti direttamente da un Inge-
gnere Capo nello stesso modo che esisteva in Lombardia.
2.° Che tutte le strade che nelle antiche Provincie erano state dichiarate
provinciali e poste a carico degli erarj divisionali fossero aggregate alle strade
nazionali e poste direttamente in Amministrazione del Governo, facendo così ces-
sare questa classe di strade come appunto si era praticato già da tempo nel ter-
ritorio Lombardo (1).
(1) Ecco quanto veniva dichiarato in proposito dal Ministro nella relazione 23 ottobre 1859, colla quale
accompagnava la Legge sui lavori pubblici.
« Nelle antiche provincie dello Stato erasi già da lungo tempo riconosciuto come 1' esistenza di una
classe di strade provinciali poste a carico degli erarii divisionali recasse non lievi inconvenienti al
proprio fine a cui , deve essere diretta una buona legislazione stradale, a quello cioè di adempiere al
bisogno ognor crescente che le principali linee di comunicazione interna ed internazionale facciano sen-
tire il loro beneficio più estesamente e più equamente alla generalità del paese ; e come inoltre 1' esi-
stenza della classe medesima fosse di non lieve ostacolo a poter conseguire un miglior compartimento
territoriale che per molte ragioni di alta amministrazione era richiesto ».
« Confrontando poi il sistema attuale delle comunicazioni dell' antico regno con quello dell' ora con-
giuntavi Lombardia ne deduremo una prova di fatto della superiorità del secondo. In Lombardia la rete delle
strade nazionali che vengono chiamate sotto varii nomi di postali, commerciali e militari, ma che sono tutte
costrutte e mantenute a carico del pubblico erario ha un estensione di chilom. 2877 mentre nell'antico
6 IL RIORDINAMENTO
I cambiamenti avvenuti successivamente sia nelle persone del consiglio della
Corona che nelle circoscrizioni territoriali, la mancanza dei Regolamenti per la
più retta applicazione della legge che non furono giammai emanati quantunque
se ne avesse tutto il bisogno, per cui vi era molta incertezza ed irregolarità di
procedura, ha fatto sì che la stessa legge ha in gran parte abortito malgrado tutte
le buone prescrizioni che in essa erano contenute.
Se vi era un appunto da dover fare a questa Legge era quello del soverchio
numero del personale tecnico applicato alle Provincie in confronto ai reali bi-
sogni, come pure un numero strabocchevole di uffici tecnici che si poteva dimi-
nuire colla contemporanea semplificazione del servizio e con molto vantaggio
dell'erario Governativo; d'altra parte si notava una mancanza di prescrizioni
intorno alle strade comunali ed agli uffici di controllo pei quali non si era me-
nomamente provveduto. Ma forse tutto ciò poteva formare il soggetto dei Rego-
lamenti dei quali come si disse non è rimasto che il pio desiderio di pos-
sederli.
V.
Costituito in via definitiva il Governo Italiano e riunite alla parte settentrio-
nale tutte le provincie del mezzogiorno e del centro nacque l' idea di operare
un discentramento amministrativo all'oggetto di lasciar adito alle provincie ed
ai Comuni di svolgere tutte le loro forze intellettuali e materiali che si dicevano
inceppate dall'azione Governativa.
Come frequentemente avviene in molte cose dietro ad una buona idea ne sus-
seguono spesso altre cattive che guastano tutto specialmente se si ha la pretesa
di voler raggiungete la perfezione. Con siffatte idee di discentramento si trovò
che non solo i comuni , ma anche le provincie dovevano avere una gran parte
dei lavori pubblici e che molte strade che si erano dichiarate nazionali non po-
tevano a meno per la loro importanza che d'essere soltanto provinciali, restando
a carico del governo la sola spesa di quelle strade che fossero riconosciute di
interesse generale del paese.
Per le quali cose furono distrutti i due grandi principi che si erano stabiliti
nella precedente Legge del 1859 sia riguardo agli uffici tecnici che relativamente
alla classificazione delle strade.
Si cominciò adunque col creare una terza categoria di strade a cui si diede la de-
nominazione di provinciali, e si obbligarono le singole provincie ad instituire a loro
carico dei nuovi uffici tecnici per la cura delle anzidette strade e delle altre opere
pubbliche ad esse spettanti. In tal guisa per ciascuna provincia dal 1866 in poi vi si
trovano due uffici tecnici, l'uno governativo per le strade nazionali ed opere d'inte-
Regno Sardo l'estensione delle strade nazionali anche dopo la suddetta Legge del 1855, che vi recò un gran-
dissimo aumento, è soltanto di chilom. 2273, sopra una superficie di 74-000 chilom. quad. che è più del
triplo della superficie della Lombardia. Sopperisce è vero a questa grande disparità la classe delle
strade provinciali che è come dicemmo speciale all' antico Regno Sardo , la rete delle quali arriva a
chilom. 3541 ; ma oltreché queste strade provinciali affidate alle sole forze delle divisioni sono in molta
parte imperfette o incomplete, talvolta anche per lunghe linee si può dire che non esistano se non in
forza di deliberazioni che non poterono poi mai essere messe ad atto, e quindi rimane pur sempre vero
che il sistema delle principali comunicazioni stradali nelle provincie Sarde è di gran lunga inferiore
a quello delle Lombarde e che mai si può sperare che venga ad egual perfezione finché duri la sud-
detta distinzione fra le strade nazionali e le provinciali ».
DEI LAVORI PUBBLICI 7
resse governativo, l'altro provinciale pei lavori a carico della provincia. Si fece ces-
sare pei comuni qualsiasi tutela o sorveglianza in materia di strade e si lasciò in
facoltà delle provincie di proporre e far emanare con decreti Reali quei Regola-
menti, e quelle norme che si credessero più opportune, per la costruzione, ma-
nutenzione e cura tanto delle strade provinciali , quanto di quelle comunali (1).
Innanzi tutto non possiamo a meno che di dover escludere la suddivisione
delle strade comuni più importanti, in due classi cioè, in provinciali e nazionali,
dacché nella condizione attuale delle cose, questa suddivisione non ha più ra-
gione di esistere. Vediamone i motivi.
VI.
Prima della metà dello scorso secolo le strade più importanti delle provincie
della Lombardia che in alcuni luoghi si chiamavano maestrali erano conservate
dai Comuni il cui territorio veniva attraversato, oppure da coloro che vi avevano
un interesse diretto. In siffatta guisa però si avevano due gravi inconvenienti.
Il primo era quello che le opere di conservazione delle strade venivano intera-
mente trascurate e neglette dacché i comuni chiamati ad eseguire i lavori bene
spesso avevano i loro abitati lontanissimi ed i confini territoriali talvolta alter-
nati da altri territori , cosichè essi non avevano alcun interesse ad effettuare le
opere di manutenzione che venivano loro ordinate dai Giudici delle strade; si
cercava adunque di deludere siffatti ordini e di sottrarsi dall' eseguire qualun-
que opera.
Il secondo inconveniente era quello che la spesa di conservazione di queste
strade andava a colpire soltanto pochi individui, mentre il beneficio delle mede-
sime era generale per tutti gli abitanti del territorio sia pel trasporto dei pro-
dotti agricoli sia pel servizio del commercio.
Questa ingiusta ripartizione d'imposte cadde facilmente sott' occhio dei grandi
economisti dello scorso secolo, i quali avendola segnata al Governo, questi com-
prendendo la propria missione , la fece tosto cessare coir attivazione del nuovo
censo fondiario. Nella Lombardia adunque fu stabilito che la spesa di costruzione
e di manutenzione delle strade dichiarate provinciali, doveva essere equabilmente
distribuita su tutti i proprietarii dei beni stabili in ragione della rispettiva ric-
chezza fondiaria (2).
(1) Giusta l'art. 24 della Legge 20 marzo 1865 dovevano i consigli provinciali deliberare i Regola-
menti di cui qui si fa parola e presentarli al Governo non più tardi della fine di giugno del 1867. Nel
momento che scriviamo malgrado gli eccitamenti del Ministero risultanti anche da ultimo dalla circo-
lare 6 settembre 1867 N. 2219 molte provincie non si sono punto occupate della compilazione di sif-
fatti Regolamenti lasciando così sussistere una condizione provvisoria ed incerta che è dannosissima al
pubblico servizio. Abbiamo quindi motivo di ritenere che se il Governo non provvederà con energia nel
servizio dei lavori pubblici noi ritorneremo fra non molto tempo allo stato deplorevole in cui ci trova-
vamo nei secoli del medio evo.
(2) Nel reale dispaccio 13 febbraio 1777 col quale venne approvato il nuovo piano delle strade, si
faceva precedere fra le altre cose la seguente considerazione.
« I vantaggi che sogliono derivare da una ben regolata pulizia delle strade a favore del commercio
« ed a comodo pubblico e particolare ci hanno già da molti anni persuasi dell' utilità che avrebbe
« provata anche la provincia milanese sostituendosi all'attuale difettoso Regolamento un nuovo e più
o conforme ai veri principi siccome abbiamo fatto eseguire con felice successo nei nostri Stati di Ger-
« mania. Abbiamo pure riconosciuto non essere il conseguimento di un così importante oggetto cornili-
8 IL RIORDINAMENTO
Nel piano stradale del 1777 che si può dire la base di tutta la moderna legi-
slazione non si comprendevano che tre classi di strade cioè provinciali che erano
a carico del complesso delle Provincie , comunali quelle a peso dei comuni e
private le strade conservate a carico dei particolari. Le leggi del primo Regno
d'Italia non solo conservarono questa classificazione ma si mantenne eziandio il
sistema di contributo distribuendo equabilmente la spesa di manutenzione delle
strade provinciali fra i diversi contribuenti del Regno. È ben vero però che in
forza dell'art. 20 della legge 27 marzo 1804 le spese per le strade provinciali
vennero accollate alle Amministrazioni dei singoli dipartimenti ; ma questa di-
sposizione si fece ben tosto cessare col decreto 8 giugno 1805 col quale furono
abolite le Amministrazioni Dipartimentali mentre colla legge 17 luglio dello stesso
anno si ingiunse di versare nel tesoro dello Stato le imposte prediali che erano
state destinate per la manutenzione delle strade provinciali nei singoli diparti-
menti, dacché il Governo andava ad assumere direttamente la gestione di questo
ramo importante di servizio pubblico.
Laonde nel Regolamento 20 maggio 1806 non si fa più alcun cenno delle strade
dipartimentali, ma soltanto delle nazionali, essendosi compenetrate in una sola
categoria tutte le strade che avevano un interesse generale.
Il Governo austriaco conservò la medesima classificazione fatta dal Governo
Italiano e non vi aggiunse che le strade militari ossia quelle strade che pote-
vano interessare esclusivamente il movimento delle truppe. La Lombardia non
aveva che una sola di queste strade ed era quella che da Milano conduce a Vienna
passando per lo Stelvio.
Nella costruzione delle strade ferrate si cominciò innanzi tutte a seguire le grandi
linee di comunicazione di maggior interesse commerciale e territoriale e laddove
vi erano più frequenti i trasporti delle merci e delle persone. Di seguito furono
costrutte delle ferrovie anche per le comunicazioni di minor interesse ed in
giornata in alcune parti del Regno si trovano delle ferrovie che hanno un utile
puramente locale.
Come mai adunque allo stato attuale delle cose si potrebbero trovare delle co-
municazioni di interesse generale e veramente nazionale le quali non siano prov-
vedute di ferrovie?
Non è quindi da meravigliarsi se dopo di avere ritenuto a carico del Governo
un determinato numero di strade sotto la denominazione di nazionali, siansi
di poi comprese in questa classe non solo delle strade di nessun vantaggio
per l'intera nazione ma eziandio di poca o nessuna importanza anche per le
Provincie in cui sono collocate e qualche volta in una misura molto al di sotto
di quelle a carico provinciale. In prova di che si potrebbero citare molti esempi
che noi tralasciamo per brevità.
Si conchiude adunque che dopo l'aprimento delle strade ferrate che hanno
invaso tutte le comunicazioni più importanti non vi possono più essere strade
nazionali ma soltanto provinciali. La stessa legge sui lavori pubblici che deter-
minò queste due classi di strade non seppe di poi fare alcuna distinzione fra le
a nabile coli' antico, tuttora vigente sistema delle cosi dette strade di fatta, quale non solo porta seco
« una positiva ineguaglianza nel riparto del carico affatto contraria alle leggi censuarie ma rende an-
« cora alle comunità meno praticabile il disimpegno dell'obbligo che hanno di tenere in buono stato le
« strade e di invigilare ad ogni istante i loro cambiamenti e le rotture ».
DEI LAVORI PUBBLICI 9
medesime tanto nei caratteri quanto negli attributi che sono conformi in am-
bedue i casi.
Ora rimarrebbe a conoscersi se ciascuna provincia debba dì poi mantenere le
strade dichiarate provinciali che cadono nel proprio territorio, nel qual caso si
avrebbe tuttavia una sensibile differenza nelle imposte fra i contribuenti, oppure
se si debbano costituire dei consorzi fra diverse Provincie.
Se si considera che le strade più importanti e che furono dichiarate provin-
ciali servono nella maggior parte dei casi non già per le sole interne comuni-
cazioni come sarebbero le strade comunali, ma hanno spesso un interesse gene-
rale dì molte Provincie; se si riflette che vi possono essere delle provincie molto
ricche ed attraversale da poche strade, quando invece si possono avere, come in-
fatti se ne hanno, delle provincie con un territorio sterile ed intersecate di molte
strade; se si considera che le provincie ricche attraversate da poche strade avreb-
bero un' imposta tenuissima per le opere di adattamento e di conservazione, mentre
da un altro lato sarebbero colpite da gravosissime imposte le jprovincie povere
con molte strade; se si considera che tatti gli economisti sono ormai d'accordo
nell'ammettere che i cittadini di uno Stato debbano essere caricati egualmente di
imposte per lo stesso titolo; ne viene ovvia la conseguenza che la spesa di con-
servazione delle strade che servono a tutti e non sono di un uso esclusivo per
un dato territorio devono essere fra tutti uniformemente ripartite.
Noi quindi propugniamo di effettuare dei grandi consorzi fra le diverse pro-
vincie dello Stato, onde poter ottenere l'eguaglianza di queste imposte o meglio
ancora un'imposta unica in tutto il Regno per sopperire a queste spese di con-
servazione.
VII.
La seconda innovazione che fu introdotta nelle nuove leggi e che riesce non
solo di pregiudizio agli interessi dei contribuenti ma eziandio che getta molto
disordine nella pubblica amministrazione è quella di avere obbligato le provincie
ad instituire a proprio carico dei nuovi uffici tecnici moltiplicando così il numero
degli stessi uffici e degli impiegati che vi appartengono.
Negli annali della pubblica amministrazione è questo un concetto bastantemente
nuovo e che non trova alcun riscontro né in Germania , né in Francia , dove
sembra che si abbiano attinte molte idee su questo riguardo, né nelP antico Pie-
monte laddove si erano fatte simili distinzioni nella classificazione delle strade (1).
Che si possano accolare le spese di conservazione delle strade pubbliche in
parte alle provincie ed in parte al Governo per considerazioni più o meno buone
è cosa che si può tuttavia comprendere ma che si abbiano a costituire tante am-
ministrazioni separate quante sono le provincie e che si abbia di poi a smem-
brare il personale dei lavori pubblici applicato alle strade in altrettanti uffici
fra loro indipendenti e non sottoposti ad alcuno nella parte tecnica è tale dispo-
(1) Non fu che nelle provincie meridionali e sotto il Governo dei Borboni che si è tentato questo si-
stema di amministrazione. = Ma niuno per altro vorrà prendere ad esempio le disposizioni di quel Go-
verno in materia di strade mentre è notorio bastantemente lo stato deplorevole in cui si trovavano e
trovano quelle vie di comunicazione, mercè appunto il cattivo sistema seguito e la pessima organiz-
zazione degli Uffici. Sembra per altro che anche lo stesso Governo Borbonico fattosi accorto dell' errore
commesso siasi di poi in parte rinvenuto.
10 IL RIORDINAMENTO
sizione che non si può comprendere in buona amministrazione né in pubblica
economia.
Senza qui far calcolo dei molti abusi ed arbitri che si possono commettere e
che infatti si sono commessi, sia a danno delle strade che a pregiudizio del per-
sonale, noi qui ci limiteremo soltanto a considerare lo smembramento sotto le
viste generali dell' Ammistrazione e del servizio pubblico.
Con siffatta disposizione derivano due danni, cioè, finanziarj per le maggiori
spese dei contribuenti; morali o di servizio.
Sono danneggiati i contribuenti ed il tesoro dello Stato e delie provincie pei
seguenti motivi cioè. —
a) Per P aumento dei locali d'ufficio, del personale che vi è addetto, sia
dei Capi d'Ufficio che di basso servizio, combustibili ecc. essendo noto a tutti
che due Uffici costano assai più che uno solo a parità di circostanze e di
lavoro.
b) Pei viaggi moltiplicati che si devono eseguire infruttuosamente dagli In-
gegneri della provincia lungo le strade nazionali, onde poter ispezionare le strade
provinciali, daccchè nella maggior parte dei casi queste ullime diramano dalle
prime. Necessita quindi di percorrere dei tratti più o meno lunghi di strade
mantenute dal Governo prima di raggiungere quelle che si conservano dalle
Provincie.
e) Viceversa perchè essendo riservata agli ingegneri governativi la vigilanza e
la cura dei fiumi e dei fabbricati demaniali che sono sparsi per la provincia e
che spesso lambiscono le strade provinciali, gli stessi ingegneri devono necessa-
riamente percorrere infruttuosamente le strade medesime per poter adempiere al
proprio mandato; ognun vede che col concentramento del servizio si elimina
questa doppia spesa di trasferta compiendosi i due incumben li nella visita ordi-
naria alle strade.
I danni morali e pregiudichevoli al servizio pubblico dall'esistenza dei piccoli
uffici separati sarebbero :
a) La mancanza dei mezzi necessarj agli ingegneri affinchè si possano instruire
convenientemente dimorando in una sola provincia, mentre col trasferirsi dall'una
e dall'altra del Regno, si perdono i pregiudizi e le cattive abitudini locali e si
attingono i lumi che vi sono sparsi in diversa misura.
b) Non avendo gli ingegneri alcuna prospettiva di avanzamento se non che
nell'ufficio a cui appartengono, cessa in essi lo stimolo dell'istruzione e si per-
petua cosi l'oscurantismo e l'infingardaggine.
e) Ed è appunto per la mancanza di istruzione che si applicano di poi dei
principj erronei, quantunque sanzionati dalla consuetudine e si hanno degli inge-
gneri ignoranti che sono un ostacolo permanente al progresso, come pur troppo
lo ha dimostrato l'esperienza.
d) Non essendo gl'ingegneri provinciali sottoposti ad alcun ufficio tecnico su-
periore che ne esamini gli elaborati e che ne controlli le operazioni si possono
commettere degli errori gravissimi a danno della provincia. La sorveglianza delle
Deputazioni provinciali è del tutto effimera ed anche dannosa ogni qual volta
vi si trovano delle persone di mediocre capacità ed istruzione nell'arte difficile
del costruire e peggio ancora degli idioti i quali abbiano l'improntitudine di far
adottare i proprii concetti a grave pregiudizio delle opere abusando così della
posizione in cui si trovano.
DEI LAVORI PUBBLICI 11
Bisogna adunque conchiudere che è una necessità ineluttabile quella che tutti
gli ingegneri tanto in servizio delle provincie quanto del Governo siano concen-
trati in un corpo solo sotto la dipendenza governativa controllati in tutte le loro
operazioni per impedire gli abusi e gli errori e diminuito il loro numero, senza
di che non si potranno giammai riordinare le Finanze dello Stato e delle Pro-
vincie, né avere delle opere pubbliche che corrispondano ai veri bisogni senza
eccedere indebitamente nelle spese.
Con queste nostre proposte si potrebbe pensare da taluno che andiamo ad of-
fendere il principio di discentramento amministrativo, il quale si è tanto propu-
gnato per lasciare la libertà d' azione alle provincie ed ai Comuni. Si è voluto
ammettere che col discentramento potranno sviluppare le stesse provincie ed i
comuni tutte le loro risorse e conseguire quel benessere e quella prosperità di
cui mancano. A siffatta osservazione però rispondiamo che col concentramento e
colla uniformità del servizio nei lavori pubblici non si toglie né si incaglia punto
io sviluppo delle forze intellettuali e morali del paese. Noi crediamo invece che
succederà l'opposto col sistema di discentramento nel modo che venne adottato
senza calcolare i molti mali che ne derivano dal medesimo fra i quali non sono
ultimi la confusione e la rovina finanziaria.
A meglio persuaderci di ciò gioveranno le seguenti considerazioni.
Vili.
I lavori pubblici del Regno che sono di interesse generale consistono:
Nella conservazione delle strade. Nella manutenzione e sorveglianza delle opere
idrauliche, sia per le difese lungo i fiumi sia intorno ai porti di mare ed alle
spiagge.
Nella esecuzione delle opere di miglioramento o di adattamento intorno alle
strade ed alle opere idrauliche in genere.
Furono assegnate alle provincie i seguenti lavori.
a) La manutenzione delie strade dichiarate di loro pertinenza e tutte quelle
opere idrauliche che erano di interesse puramente locale (1).
b) Gli adattamenti delle vecchie strade di comunicazione e V aprimento delle
nuove vie ove occorressero pei bisogni dell' agricoltura e del commercio.
Si dichiararono a carico dei Comuni tutte le strade che furono classificate fra
le comunali, cosicché essi dovevano provvedervi tanto per riguardo alla loro ma-
nutenzione quanto per le opere di adattamento.
La legge ha imposto che tutte le strade siano esse a carico provinciale che
comunale debbano essere lodevolmente conservate senza alcuna eccezione. Le
Provincie adunque ed i Comuni non hanno alcuna facoltà di poter ommettere o
trascurare a loro beneplacito siffatto obbligo il quale deve essere adempito scru-
polosamente.
II Governo d'altra parte è tenuto ad assicurarsi che la legge sia adempita in
ogni parte ed a provvedere in caso di difetto o di mancanza. Se venisse ommessa
questa vigilanza il Governo mancherebbe ai suoi obblighi e tradirebbe il proprio
che è quello di essere il custode geloso della legge.
(1) Art. 37 e 94 della Legge 20 marzo 1865.
12 IL RIORDINAMENTO
La distinzione delle strade in nazionali e provinciali non è che la conseguenza
di una disposizione amministrativa, ma non già per la diversa importanza nei
rapporti del servizio pubblico , la quale effettivamente non esiste come abbiamo
dimostrato luminosamente.
Or bene non ne deriverà un beneficio al paese ed all'interesse finanziario,
ogni qualvolta il Governo assumesse egli direttamente la manutenzione delle
strade provinciali applicandovi il personale che da lui dipende con una sola
amministrazione bene organizzata e controllata? Non verrebbe quindi rispar-
miata in siffatta guisa anche la spesa di vigilanza, mentre questa si effettuerebbe
gratuitamente e nella più larga scala possibile dalle stesse Provincie e da tutti
coloro che vi hanno interesse? Come si potrebbe dire che in tal modo si viene
ad inceppare la libertà d'azione delle Provincie?
Per altro questo principio nel mentre torna di sommo beneficio, quando si tratti
della manutenzione delle strade e di tutte le opere pubbliche in generale, si po-
trebbe anche abbandonarlo per tutte le opere nuove o per quelle di adattamento
che si volessero eseguire dalle Provincie per il loro speciale interesse. In questi
casi le stesse provincie conserverebbero la loro piena facoltà di eseguirli o di
ommetlerli, di effettuarli in un modo piuttosto che nell' altro e di assumere quei
periti che loro più aggradissero e che riconoscessero i più idonei. — Qui do-
vrebbe cessare l'azione Governativa e le provincie che desiderassero delle nuove
opere di qualunque natura dovrebbero provvedervi del proprio. — In ciò sta ap-
punto la vera libertà d' azione.
Ma una volta che il lavoro sia stato eseguito e deve essere soltanto conservato
subentrerebbe invece Y azione del Governo, il quale lo prenderebbe in cura in-
sieme a tutti gli altri lavori in manutenzione.
Non rimarrebbe ora che a parlare delle strade comunali che anch'esse hanno
una grande importanza nella pubblica economia, ma intorno alla sorveglianza ed
all' amministrazione di queste strade abbiamo di già discusso diffusamente in un
precedente articolo pubblicato nello scorso anno in questo giornale per cui non
giova ora di qui occuparci.
La lunga esperienza da noi fatta nei lavori pubblici; le infelici prove tentate
negli ultimi tempi in questo ramo importante di pubblica amministrazione ci ha
fatti arditi a pubblicare queste nostre proposte nel solo intendimento di giovare,
se fosse possibile, al paese, il quale va a risentire gravi danni dall'esistenza di
Leggi che non sono conformi ai propri bisogni.
Sembra però che anche lo stesso Governo siasi accorto di queste verità, dacché
essendo ormai passati quasi tre anni dalla pubblicazione dell'ultima legge non
si pensò punto né ai relativi Regolamenti per la più retta applicazione della me-
desima, né alla sistemazione del corpo Reale del Genio Civile che doveva essere
ridotto a proporzioni esilissime (1).
(1) Avevamo di già scritte queste nostre osservazioni allorquando nella gazzetta ufficiale del 14 corr.
venne pubblicata una nuova pianta del personale del Genio civile pel Regno d' Italia, stata approvata
in via provvisoria col Decreto di 20 dicembre 1867. In questa pianta, oltre a 24 Ispettori vi sono stabi-
liti 65 ingegneri capi, 225 ingegneri di classe, 60 ingegneri allievi, 166 ajutanti e 98 assistenti, oltre
il personale d'ordine. Abbiamo quindi quasi 4 ingegneri di classe per un medio in ogni provincia oltre
ad uu numero strabocchevole di ajutanti. Abbiamo veduto che in Lombardia con una rete estesissima
di strade e di canali e la più grande che vi sia in tutta Italia ed allorquando tutte le stesse strade
DEI LAVORI PUBBLICI 13
Laonde abbiamo tuttavia lusinga che si abbia a rinvenire sul passato e che si
voglia studiare di proposito questa parte importante della pubblica amministra-
zione, applicandovi agli studj delle persone le quali, non solo siano versate nel-
l'arte difficile dell'ingegnere e pratiche delle opere pubbliche, ma che posseg-
gano eziandio delle cognizioni esatte di pubblica amministrazione.
Ing. Cantalupi.
erano a carico del Governo ed esso aveva una tutela su tutti i corpi morali per la parte tecnica, il nu-
mero degli ingegneri di sezione era al dissotto di 4 per ogni provincia in ragguaglio e mancavano to-
talmente gli ajutanti.
Attualmente, in cui la maggior parte delle strade sono passate a carico delle provincie le quali furono
di poi obbligate a creare dei nuovi Ufticj tecnici con un numero bastantemente grande di ingegneri ,
che cessò interamente la tutela dei corpi morali e dei comuni, che molte strade hanno perduta la loro
importanza in causa delle strade ferrate, il numero degli ingegneri stabiliti nella nuova pianta non può
essere che strabocchevole, e quindi si va incontro al grave inconveniente di avere degli oziosi e degli
infingardi a carico del Bilancio. Col personale assegnato in questo nuovo piano si potrebbe sopperire
a tutti i bisogni del servizio sia provinciale che dello Stato qualora fosser bene organizzate e qualora
si avessero delle persone esperte e versate sull'arte propria, ciò che produrrebbe un miglior servizio ed
una grande economia a favore dei contribuenti.
Siccome però siffatta determinazione non è che in via provvisoria, così noi abbiamo tuttavia la fiducia
che in una nuova organizzazione verrà meglio studiato 1' argomento facendo cessare gli inconvenienti
che derivano sia dall'eccesso del personale sia dal suo smembramento.
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO,
I FIUMI CHE VI CONFLUISCONO,
E PRINCIPALMENTE GLI ULTIMI TRONCHI DEL PO,
SUSSEGUITI
DA CONSIDERAZIONI INTORNO AI PROGETTI PER LA REGOLAZIONE DELLE ACQUE
ALLA DESTRA DI QUESTI
MEMORIA
dell' Ingegnere Elia Lombardini
Ietta nelle adunanze del R. Istituto Lombardo delle Scienze.
(Vedi la Tavola l.a)
Proemio.
Allorché cominciai a dedicarmi a studj idrologici sulla valle del Po riconobbi
dall'esame delle belle carte topografiche pubblicate in quel torno come si potesse
tener dietro ai cangiamenti avvenuti nella sua parte più depressa, ove immense
paludi e stagni si convertirono in epoche storiche in ubertose campagne per opera
non tanto delle colmate del Po, quanto di quelle de' suoi tributarj dell' Apen-
nino. A tal uopo rendevasi necessario di mettere a riscontro i documenti storici
colla condizione del terreno rappresentata da quelle carte, compito pel quale
era mestieri sottoporre le ricerche archeologiche alle leggi dell'idrologia,
creando cosi in qualche modo un nuovo ramo di scienza che ho chiamato
geologia storica. Forse in nessuna altra parte della terra sarebbe dato di
fare altrettanto, sia per l'entità dei cangiamenti avvenuti, sia perchè le no-
tizie storiche che con essi possono raffrontarsi risalgono quivi ad oltre trenta
secoli. Intento a questo fine, per quanto lo permettevano le altre mie occupa-
zioni, mi posi a consultare, oltre agli storici antichi, le opere del Muratori,
del Sigonio, del Bacchini e del Tiraboschi, ricavando copiosi estratti dai docu-
menti da essi pubblicati per tutto ciò che riferivasi alla topografia di quella
plaga in epoche diverse.
Essendomisi offerta nel 1847 l'occasione di studiare in luogo la condizione
idraulica della pianura subapennina fra l'Enza ed il Panaro, al fine di rispon-
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 15
dere ad una serie di quesiti fattimi dal governo di Modena, ne approfittai per
aggiungere nella relativa Memoria pubblicata due anni sono una serie di note
finali intese allo scopo summentovato (1). Per tal modo mi sembra di aver
potuto tracciare con sufficiente approssimazione i cangiamenti avvenuti nelle pa-
ludi interposte , la parte più bassa delle quali era occupata dal vasto stagno
denominato Bondeno.
Era mio desiderio di fare altrettanto rispetto alla successiva Padusa e quindi
alle foci del Po, le quali per la forma e posizione delle loro alluvioni dovevano
porgere fondati criterj onde tesserne la genesi, servendo queste quale cronometro
per determinarne l'antichità relativa ed eziandio entro certi limiti l'assoluta, sic-
come avvertii in una nota alla mia Memoria del 1852: Dei cangiamenti cui
soggiacque l'idraulica condizione del Po nel territorio di Ferrara (2). Postomi
non ha guari all'opera, ebbi a scorgere che il mio lavoro poteva riuscire di
maggiore interesse estendendolo a tutto 1' estuario adriatico, e quindi a tutti i
fiumi che vi confluiscono. Non avendo giammai visitati per uno scopo scienti-
fico quei territorj nella parte veneta , mi si potrebbe per avventura apporre
la taccia di presuntuoso, col prendere a descrivere luoghi da me non veduti.
Ed in vero se si trattasse di un programma di carattere tecnico, qual sarebbe
un progetto di regolamento di que' fiumi o di bonificamento delle campagne
da essi bagnate starebbe benissimo l'appunto, richiedendosi a tal fine consu-
mata pratica locale e studi profondi intorno alle circostanze di fatto che vi si
riferiscono. Ma ne' limiti che mi propongo ho fondamento di credere che dalle
carte topografiche , dai documenti storici e dalle semplici notizie a tal uopo
raccolte possa avere ricavato i dati occorrevoli per non allontanarmi gran che
dalla verità nelle mie deduzioni.
In quanto al colmamento dell'antica Padusa, ed ai cangiamenti avvenuti nel
corso del Po per gli ultimi suoi tronchi , ai relativi fenomeni si annette la
secolare questione della sistemazione degli ultimi suoi tributarli dell' Apennino
e quindi dell' immissione di Reno in Po. I particolari interessi delle provincie
di Bologna, della Romagna, e di Ferrara, come pure dei limitrofi stati di Mo-
dena, di Mantova e della Venezia, fecero si che sopra tale argomento gli idrau-
lici si ripartissero in due campi distinti , e s' impegnassero a sostenere per
una via incruenta la propria causa con un'estrema passione che richiamava
l' idea dei conflitti fra le fazioni politiche dei Guelfi e Ghibellini, o dei Bianchi
e dei Neri. L'immensa colluvie delle relative scritture influì non poco a far
progredire in Italia la scienza delle acque, vantaggio che sarebbesi conseguito
in misura assai maggiore se lo spirito di parte non avesse le tante volte alte-
rati a disegno i fatti onde raggiungere il proprio intento.
Pubblicatasi dopo il 1820 a Bologna una Raccolta di autori idraulici, si ebbe
cura d'includervi le più importanti di quelle Memorie, ma per la parte sol-
(1) Della condizione idraulica della pianura sub-
apennina fra V Enza ed il Panaro e dei cangia-
menti ivi avvenuti. Milano 1865, presso Teodoro
Laengner. Vedasi anche il Giornale dell' Ingegnere
Architetto per lo stesso anno, Tipografia degli In-
gegneri.
(2) Milano , presso Laengner. Vedansi anche le
Memorie dell'Istituto Lombardo delle Scienze, T. IV,
16 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
tanto che propugnava l'immissione del Reno in Po, difesa principalmente dai
più distinti idraulici italiani, che generalmente erano bolognesi. Limitati dap-
prima i miei studj agli scritti di quei luminari della scienza, non esitai a se-
guirne le opinioni, ammettendo io pure che siffatta operazione non potesse
portare pregiudizio apprezzabile al reggime del Po , e considerandola quindi
qual rimedio radicale per redimere quei lerritorj dalla precaria condizione
in che si trovano, siccome ebbi a dichiarare incidentemente in alcune Memorie
da me pubblicate (5). Nella circostanza per altro che presi a studiare la con-
dizione idrologica della pianura subapennina summentovata e l'indole dei fiumi-
torrenti che la bagnano, dietro un più maturo esame di quelle scritture ebbi
a scorgere che, appurati i fatti, eravi di che eccepire sulle deduzioni che se ne
erano ricavate anche da idraulici celeberrimi a sostegno del proprio assunto.
Esposti questi dubbj in alcuna delle posteriori Memorie (4) , taluno mi tacciò
d'incoerenza a' miei principj , quasiché non dovesse modificarsi la propria
opinione sì tosto si riconosce che dapprima fondavasi sopra dati di fatto
inattendibili.
Iniziati sotto il regno di Napoleone i lavori per 1' immissione del Reno in
Po, e quindi sospesi allorché il territorio ritornò sotto il dominio pontifìcio,
il governo di questo sul cadere del 1857 dispose perchè se ne ripigliassero le
trattative mediante una commissione d' ingegneri governativi e di rappresen-
tanti delle congregazioni d'interessati delle singole provincie di Rologna, Ferrara
e Ravenna. Invitato dalla congregazione del grande circondario di Zaniolo a
far parte di tale commissione per l'interesse della provincia di Ravenna, ne
declinai P incarico, atteso che lo stato di mia salute non permetteva di proce-
dere a quegli studj locali che sarebbero richiesti per trattare con cognizione
di causa una questione cotanto grave ed involuta.
Costituitosi di poi il regno italico, il governo determinò che si ripigliassero
gli studj sopra tale argomento , nominando una commissione presieduta dal-
l' illustre Paleocapa onde concretare le norme per intraprenderli ; incumbenza
che venne affidata all'ispettore del genio civile signor cav. Gedeone Scotini.
Questi vi corrispose pubblicando nel 1864 una prima Memoria concernente la
sistemazione degli scoli del Ferrarese e nell' anno seguente le Memorie idrau-
liche premesse ai progetti per la regolazione delle acque delle provincie alla
destra del Basso Po. Le sue conclusioni appoggiavano il compimento degli
iniziati lavori per l'immissione del Reno in Po.
La Deputazione provinciale di Ferrara, che in precedenza mi aveva richiesto
per procedere ad un esame dei varj progetti concernenti quelle operazioni, dal
quale mi era dispensato per i motivi addotti, m'invitò ad esternare il mio pa-
rere sulle Memorie idrauliche preaccennate. Osservai su questo particolare che
era bensì disposto ad occuparmi di un lavoro scientifico concernente le foci del
(3) Nelle Noihìe naturali e civili sulla Lombardia,
Gap. IV pag. 66, Milano 1844- ; e nel Politecnico
't. VIIj 1844, pag. 119.
(4) Memoria precitata Sui cangiamenti ecc., del
1852, pag. 29, ed in quella concernente la pia-
nura subapennina, pag. 127.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 17
Po, nella quale circostanza avrei toccata anche la questione dell'immissione dei
Reno in Po, ma in via puramente accessoria, evitando cosi l'impegno di una
polemica sopra lavori altrui. Assuntosi di poi dal chiarissimo signor professore
Turazza tale esame, egli vi corrispose colla pregevole Memoria pubblicata lo
scorso anno, nella quale coscienziosamente emette un giudizio che, con qualche
riserva, coinciderebbe nelle conclusioni dello Scotini sulla convenienza dell' im-
missione del Reno in Po (5).
Il mio amico commendatore Maurizio Brighenti, caldo propugnatore di quel
piano, siccome appare da una sua Memoria del 1855, in un recente suo scritto
letto all'Accademia delle Scienze dell'istituto di Bologna (6) tesse 1' elogio dei
lavori dello Scotini e del Turazza, lamentando soltanto che il giudizio dell'ultimo
sia esposto in via dubitativa. E poiché i dubbj a questo insorti moverebbero
da circostanze di fatto esposte da me relativamente alla idraulica condizione
del Panaro , secondo le quali scorgerebbesi un progressivo incremento nella
portata delle sue piene attribuibile principalmente , a mio avviso , ai dissoda-
menti de' boschi nel suo bacino montuoso , il Brighenti prende a dimostrarne
in suo senso l'insussistenza.
Dopo avermi prodigato le non difficili sue lodi sulla sconfinata mia erudi-
zione intorno a tutte le acque italiane, e si può dire di tutta questa nostra
misera terra, al mio sapere nella scienza idrometrica, ed alla mia infaticabile
operosità, nota che nella materia idrometrica tanto disputabile si allontana in
qualche parte da me. Ed esposte le ragioni per le quali non troverebbe di
ammettere che l' incremento della portata delle piene de' fiumi abbia ad attri-
buirsi al dissodamento de' boschi e confutate le mie deduzioni rispetto alle
piene del Panaro, ricavate da fatti non abbastanza completi e precisi, conchiude
che tornerebbe a bene della scienza astenersene « per non cadere nelle dif-
« ficoltà degli etimologisti e dei troppo eruditi le quali restano sempre, e danno
« luogo a controversie interminabili. E mi pare (ei soggiunge) che l'antico
« detto Opinionum commenta delet dies, judicia naturce confirmat , sia la più
« sicura scorta in queste ricerche » (7).
Per tal modo dai troppo eruditi non potrebbesi, secondo lui, attendere se
non fantasticherie (opinionum commenta) cosicché in questioni gravi verrebbero
a riuscire guastamestieri. La vera interpretaziene delle leggi naturali (judicia
natura*) sarebbe per converso riservata a quella scienza dogmatica che si fonda
principalmente sull'autorità di fatti e di opinioni personali.
Queste illazioni per altro non concorderebbero colla massima generalmente
accettata che la fisica de' fiumi, siccome scienza di osservazione, abbia a pro-
gredire principalmente collo estendere lo studio dei fatti e col loro coordina-
mento. Veduto d' altronde che que' stndj non sono più una privativa dell' Italia,
(5) Esame del progetto dell' ingegnere ispettore
Gedeone Scotini, esteso allo scopo di regolare le
acque delle provincie alla destra del Basso Po.
Bologna 1866.
(6) Sulle memorie dell'ispettore Scotini e sul giu-
dizio datone dal professore Turazza intorno alle
acque del Basso Po. Bologna 1867, estratto dal
voi. 6.° ser. 2.a delle Memorie dell'Accademia delle
Scienze dell'Istituto di Bologna.
(7) Ivi, pag. 10.
Gtom. Tng. — Voi. XVI. — Gennajo 1868. 2
18 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
dopo che vennero intrapresi in iscala imponente presso altre nazioni, il tenervi
dietro, come feci, lo considerai sempre quale mezzo d'istruzione efficacissimo.
Ne poteva temere di essere per tal modo trascinato ad idee puramente specu-
lative, applicato come fui pel corso di ben diciotto anni al riparto di una linea
del Po cremonese, la più variabile che si conosca , ove in breve giro d' anni
avvengono tali cangiamenti che nei tronchi inferiori del fiume non si compiono
nel corso di altrettanti secoli. Nella subalterna mia condizione lo studio con-
tinuo dei fenomeni idrologici, i quali ivi si compendiavano in poco spazio di
tempo, dovetti necessariamente istituirlo in base ad osservazioni da me stesso
praticate sul terreno. Queste mi rivelarono quanto fossero giusti i principj fon-
damentali dell'idraulica italiana; e come le tante volte se ne scostassero gli
stranieri, condannando a torto il sistema del nostro arginamento de' fiumi, col
partire da circostanze di fatto insussistenti, e da principj inattendibili. Ne' miei
lavori idrologici di poi pubblicati presi perciò sempre a propugnare a tutt'uomo
l'idraulica italiana, rettificando i falsi supposti pei quali veniva altrove svisata (8).
Malgrado la pochezza di tali lavori, di carattere puramente pratico, ebbi la
non sperata fortuna di trovare per quella dottrina due proseliti nei chiarissimi
Baumgarten ed Humphreys, che nelle stupende loro monografie della Garonna
e del Mississippi, ove ad essa si attengono, eressero alla scienza delle acque due
monumenti imperituri (9). Il Nilo , classico fiume, che fino ai nostri tempi si
conservò neh" ombra del mistero, e dal reggime del quale dipende totalmente
la sorte di quella celebre regione che fu la culla della più antica civiltà del
mondo , attrasse la particolare mia attenzione , e dovetti maravigliare allorché
le mie ricerche, secondate dalle magnifiche scoperte dovute alle ultime esplo-
razioni, mi rivelarono l'estrema semplicità delle leggi cui obbedisce (10).
(8) Intorno al sistema idraulico del Po ecc., Mi-
lano 1840; Altre osservazioni sul Po, Milano 1843;
Notizie naturali e civili precitate, pag. 168; Sui
cangiamenti ecc., memoria precitala del 1852.
Anche nella mia memoria Sulle inondazioni av-
venute nella Francia ecc., pubblicata in Milano nel
1858, sia nel testo, sia nelle note finali, ho sempre
propugnati i principj dell'idraulica italiana, parti-
colarmente sullo stabilimento del fondo de' fiumi ,
e sul loro arginamento.
(9) L' ingegnere Baumgarten nel T. XIII serie 2.a
degli Annales des ponts et chaussées, 1847, ha pub-
blicato un esteso sunto delie mie memorie ante-
riori, dimostrando anch' egli l'insussistenza delle
esagerazioni di Cuvier e di Prony sugli effetti del-
l' arginamento del Po , punto che a richiesta del-
l'Ispettore Generale Minard sviluppai maggiormente
nella precitata memoria del 1852.
Nel volume XVI, 1848, di essi annali egli ha di
poi pubblicata la pregevolissima Memoria: JSotice
sur la porlion de la Garonne qui s'ètend en aval
de l'embouchure du hot dans le département de Lot
et Garonne, et sur les travaux qui y ont étè exé-
cutés de 1836 à 1847.
L'opera dell' Humphreys è intitolata : Report upon
the Physics and the Hydraulics of the Mississippi
river ecc., prepared by captain A. A. Humphreys
and lieutenant H. L. Abbot , Corps of Topographical
Engineers, United States Army.- Philadelfia 1861.
Intorno a questo stupendo lavoro vedasi l' inte-
ressante e succosa Relazione che ne porge il chia-
rissimo professore Angelo Messedaglia all' I. R. Isti-
tuto Veneto, riprodotta nel Giornale dell'Ingegnere
Architetto nell'anno 1863.
Dopo un così splendido saggio dato dall'onore-
vole mio amico nella scienza idraulica, devesi la-
mentare che sia stato distolto dal proseguire a col-
tivarla, dapprima prendendo parte qual generale
dei volontari nella guerra che afflisse quel paese ,
e di poi per essere stato promosso a capo del Ge-
nio militare della confederazione americana, giusta
una sua lettera del settembre 1867 , scrittami da
Washington.
(10) Nel mio Saggio sul Nilo ho dimostrato come
il fiume unito a valle di Kartoum, pressoché soli-
tario in lunghezza di 2900 chilometri, offra la mas-
sima semplicità nel suo reggime, cosicché, quando
vengano estese le osservazioni nel modo da me
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 19
Inoltratomi così co' miei studii idrologici nelle regioni tropicali dell'Affrica, non
potei ritenermi dallo spingerli a quella vasta depressione della sua parte cen-
trale ove, martiri della scienza, nel giro di pochi anni trovarono la tomba pa-
recchi de'più celebri esploratori (11). Riconobbi dall'esame delle loro Relazioni
quanto importasse associare gli studj idrologici alle osservazioni de' fatti con-
cernenti la fìsica terrestre al fine di rettificarli; e coll'applicazione della dottrina
dei laghi all'immensa palude che la occupa ed alla condizione delle sue adja-
cenze, potei dimostrare esservi stato nell'ultime epoche antistoriche un periodo
glaciale, ossia per quei luoghi di una più bassa temperatura. Per tal modo ne
risulterebbe che il deserto bagnato allora da piogge, e solcato da fiumi pode-
rosi potesse essere stanza di numerose popolazioni , e che le odierne oasi ,
le quali s'incontrano nelle sue depressioni, corrispondessero ad altrettanti laghi
più o meno permanenti (12).
Che siffatti studii spinti ad acque alquanto da noi lontane di questa misera
terra debbano togliermi la facoltà di emettere un giudizio ragionevole sui fe-
nomeni concernenti i nostri fiumi , è ciò che non posso comprendere. Ed in
tempi ne' quali presso di noi vi ha pur troppo così poca tendenza a coltivarli
devesi lamentare che un dotto idraulico quale si è il mio amico abbia ad al-
zare la sua voce autorevole per pronunziare una sentenza tendente a screditarli.
Gioverà osservare in proposito che ne' tre secoli precedenti in cui nacque e
progredì in Italia la scienza delle acque, essa, salvo qualche rara eccezione, ve-
niva di solito coltivata da distinti professori di matematiche, o di medicina che
eransi applicati alle scienze fisiche. Nelle molteplici questioni idrauliche che si
agitavano in diverse parti d'Italia essi venivano chiamati dai principi a risol-
verle, ed associando per tal modo le teorie alle osservazioni fatte riuscirono a
fondare la scienza sopra sodi principj. L' ingegneria allora generalmente proce-
deva guidata dall'empirismo e l'opera sua limita vasi d'ordinario alla parte ese-
cutiva. Solo sul cadere dello scorso secolo si avvisò di obbligare gli ingegneri
suggerito , se ne possono attendere per la parte
idrometrica risultamenti positivi non conseguibili
per qualsiasi altro fiume.
In quanto poi all'Alto Nilo, proveniente in parte
dalle regioni equinoziali, sconosciuto generalmente
rispetto alle sue origini, ma studiato ciò non per-
tanto per una notevole estensione del suo corso ,
ho sviluppati i principj secondo i quali se ne po-
teva con qualche verosimiglianza prevedere la con-
dizione idrologica anche per le parti non esplo-
rate, principj che mi condussero alla verità giusta
le ultime scoperte di Baker, ed anche rispetto alla
portata del fiume , che detcrminata dapprima per
semplice induzione, si vide confermata dalle misure
dirette. Il signor Carlo Grad di Turkeim , nel di-
partimento dell'Alto Reno, autore di parecchie pre-
gevoli memorie geografiche ed idrologiche, mi scrive
che essendo stato incaricato dalla Società geogra-
fica di Parigi di stendere le istruzioni per un viaggio
di esplorazione verso le sorgenti del Nilo, in quanto
concerne la parte idrologica, si è valso de' sugge-
rimenti dati su questo particolare nel mio Saggio.
(11) La grande depressione dell'Affrica Centrale,
nell'imo della quale trovasi il lago Tsad, è parti-
colarmente descritta nei viaggi di Barth pubblicati
a Londra nel 1857, concernenti le esplorazioni
eseguite dalla spedizione britannica. I membri di
essa, Richardson ed Owerweg, vi perdettero la vita
dal 1851 al 1852, e Vogel sul principio del 1856
venne assassinato nel Vadai d'ordine di quel sul-
tano. La precoce morte poi dello stesso Barth, av-
venuta nel novembre del 1865, sembra doversi at-
tribuire ai disagi sofferti in quella spedizione dal
1851 al 1855.
(12) L'illustre geografo signor Malte-Brun, ve-
duto che l'argomento ivi da me trattato in una
Appendice al mio Saggio sul Nilo involge una que-
stione del tutto nuova , ha trovato d' inserirla per
intero nel fascicolo di novembre scorso degli An-
nales des voyages ecc. da lui pubblicati.
20 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
ad un corso di studii fisico-matematici presso le università, e sul principiare
del seguente , costituitosi sotto Napoleone il regno italico, si istituì un corpo
d'ingegneri governativi d'acque e strade ai quali venne affidata la proposta e
la direzione delle opere pubbliche. Per coprire le più elevate cariche d'ispet-
tori generali si preferirono ancora da principio distinti matematici, parecchi
dei quali offrirono in dotte scritture, concernenti questioni idrauliche, saggi
della felice associazione della scienza a casi pratici. Fu in pari tempo decre-
tata la fondazione in Milano di una scuola d'applicazione, che rimase pur
troppo sempre allo stadio di pio desiderio. E se di quelle scuole talune se ne
eressero in altre parti d'Italia, di solito l'istruzione ivi data conservava un carat-
tere troppo speculativo, cosicché i giovani ingegneri, lanciati di poi nell'esercizio
delle loro funzioni ed ingolfati nelle pastoje della burocrazia senza alcun alletta-
mento per proseguire negli studii scientifici, salve alcune eccezioni, ricadevano
generalmente nelP empirismo. Suddivisa allora l' Italia in tanti piccoli stati, essi
supplivano in qualche modo con una consumata pratica de' luoghi. Ma riunita
di poi in regno e datosi l' impulso a notevoli miglioramenti idraulici nelle varie
sue parti, talvolta con progetti grandiosi, i più abili dovettero balestrarsi con-
tinuamente in regioni ad essi ignote. Ivi generalmente sono chiamati a comporre
commissioni ove di solito prevale il parere di un solo individuo che , attesi
questi continui spostamenti, è nell'impossibilità di addentrarsi con sufficiente
maturità, e col corredo delle indispensabili cognizioni locali in questioni in-
tralciatissime.
In talune delle principali città italiane sonosi non ha guari istituite nuove
scuole d'applicazione per gli ingegneri, o riformate con principi razionali le
preesistenti , e per tal modo , qualora gli allievi vengano convenientemente
istruiti nell' adoperare la scienza per risolvere questioni d'idraulica pratica,
si ha luogo di sperare che i più distinti fra essi continuino ad addestratisi in
guisa da poter diminuire gli inconvenienti preaccennati, particolarmente ove,
rispetto alla fìsica de' fiumi, tengano dietro a quanto si è fatto e scritto presso
di noi, ed a quanto si va facendo presso altre nazioni. Ma se da chi dovrebbe
promuovere coi consigli siffatti perfezionamenti viene bandita la crociata contro
i troppo eruditi, si ha luogo a dubitare che abbiasi a conseguire l'intento,
ed a temere che la scienza idraulica emigri dalla terra che ne fu la culla,
per progredire ove vengono maggiormente coltivati gli studi d'osservazione.
In questo mio lavoro concernente l'Estuario Adriatico, associandosi le ricerche
idrologiche alle archeologiche fino a studiare nella pianura subapennina le
tracce delle divisioni de' terreni fra le antiche colonie romane, e quindi accre-
scendosi la dose dell'erudizione, si aggraverà la mia condizione rispetto all'at-
titudine ad emettere un parere ragionevole sopra varj punti concernenti l' immis-
sione del Reno in Po. Io ciò non pertanto mi vi proverò, esaminando in pari
tempo quelli ne' quali le opinioni del mio amico fatte di pubblica ragione si
scostano dalle mie, senza che abbiano per tal modo a rallentarsi i vincoli di reci-
proca benevolenza che ci legano , e solo per rimanere fedele alla massima :
Amicus Plato, sed magis amica veritas.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 21
I. Introduzione.
Estuario Adriatico e sue parti*
1. Ne9 Cenni da me pubblicati nel 1840 intorno al sistema idraulico del Po,
rispetto all' estuario ove il fiume ha le sue foci , così mi esprimeva (pag. 28).
« Avanti di parlare del Po Grande, o Po di Venezia, gioverà osservare come
« lungo le rive occidentali dell' Adriatico , superiormente alla Romagna, met-
« tano foce molti fiumi di portata considerevole; e come in pari tempo il lito-
« rate trovisi esposto allo scirocco, e più ancora al vento di levante, il primo
« de' quali è dominante in quel golfo , ma il secondo è assai più violento e
« burrascoso. Mentre le acque di que' fiumi continuano a portare al largo mare
« le torbide, che depongono in vicinanza della foce, questo, agitato dai venti,
« esercita un azione contraria in tutta la lunghezza della spiaggia, tendendo a
« respingere tali materie verso di essa. Combinati questi movimenti con quello
« continuo del mare da sinistra a destra, che chiamasi moto radente, distendono
« le materie stesse lungo il litorale, anche a notevoli distanze dalle foci dei
« fiumi La violenza delle onde del mare si ritiene essere in certa proporzione
« colla profondità del medesimo, e crescere con essa ; ma la loro propagazione
« sotto la superficie delle acque ha un limite, oltre il quale il fondo del mare
« non viene smosso per qualsiasi tempesta. V ha quindi un punto nel quale
« massima è fazione del mare per sollevare le materie del fondo; ed un altro
« pure vi ha più prossimo alla spiaggia, ove, combinandosi il decremento di
« una tale azione colla quantità delle materie già poste in moto, massima deve
« essere la loro deposizione. Ivi perciò si vanno esse accumulando, e formano
« una specie di scanno o duna, la quale, emergendo successivamente dalla
« superficie del mare, viene ad alzarsi per l'aggiunta di altre materie che
« questo vi trasporta, ed anche per la sola azione del vento. Queste dime,
« dette montoni, o si formano sul margine della terra ferma, oppure in di-
« stanza anche notevole da questa ed il tratto di mare che in tal caso vi ri-
« mane interposto, prende il nome di laguna. Tali sono le lagune venete lino a
« Chioggia, e le valli di Comacchio fra i porti di Volano e di Primaro; e tali erano
« un tempo anche le lagune intermedie, in fondo alle quali sorgeva l'antichissima
« città di Adria, che per ciò chiamavasi Urbs seplem marium. Delle dune per
« cui queste lagune erano separate dal mare, vedonsi anche oggidì le tracce,
« quantunque poste nell' interno delle terre a considerevole distanza da quello.
« Partono le medesime da Brondolo, ove hanno termine le lagune venete, pas-
« sano in contatto della Cavanella d' Adige , quindi a levante di Loréo, da cui
« distano circa tre miglia; proseguono poi per una linea di circa sette miglia,
« dopo di che si dividono in tre rami, dei quali il più orientale passa per la
« Mesola, lambe verso ponente i prossimi boschi, e mette capo al Volano ove
22 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
« incominciano le dune delle Vaili di Cornacchie Dalla uniformità della linea,
« colla quale queste dune si dispongono si può congetturare, che le condizioni
« della loro formazione dipendono da una legge generale, che regola i movi-
« menti del mare e quelli dei venti nell'intero sistema del golfo ».
2. In una nota fo osservare come le dune dell' Olanda e quelle delle Lande
della Guascogna siensi formate sulla riva del mare ; come le ultime invades-
sero con moto progressivo il continente , e come se ne ottenesse la stabilità
mediante piantamenti.
3. Il mio concetto è quale poteva attendersi da chi esordiva colla pubblica-
zione de' suoi studj sull'idrologia del Po, che non aveva estesi a quella dei
nostri mari; e sottoposto a rigoroso esame potrebbe per avventura dar luogo ad
appunti (1). Uscito nel 1845 il primo volume delle Lezioni di Geologia pratica
dell' illustre Elia di Beaumont, il quale non venne a conoscere il mio lavoro
se non dopo la stampa del suo libro, in una nota aggiuntavi riporta V ultima
parte di quel brano del mio scritto, dichiarando che le sue conclusioni gene-
rali concernenti l'estuario dell' Adriatico coincidono colle mie vedute. A quelle
dune che, rispetto alla laguna veneta, si chiamano lidi, egli dà il nome di
cordoni litorali, li considera antichissimi e quali linee di riferimento onde
determinare la misura del protendimento delle foci de' fiumi che le hanno ol-
trepassate.
4. Avendo per altro scorto che in iscritti pubblicati posteriormente sostiensi
il fatto che Adria , Aitino , Concordia ed Aquileja furono in origine fondate
sulla riva del mare, ho diretto i miei studj non solo a raccogliere documenti
storici che contraddicono a tale opinione, ma eziandio sulla forma delle alluvioni
fluviali, e particolarmente di quelle del Po alle sue foci, la quale nella sua
varietà, e misura costituirebbe un vero cronometro onde stabilire i criterj
della antichità relativa e talvolta, con sufficiente approssimazione, di quella as-
soluta di esse foci.
5. In quanto al lido della laguna veneta, nelle notizie pubblicate l'anno 1847,
in occasione del congresso degli scienziati in Venezia, sotto il titolo; Venezia
e le sue lagune, dicesi : « È nondimeno sicuro che ne' primi secoli dell' era
« cristiana il mare Adriatico occupava tutta la linea da Ravenna ad Aquileja, »
e la formazione dei lidi si considererebbe siccome un evento posteriore ag-
giungendosi :
« É in questa guisa che la natura , ardiremo dire , presaga degli alti de-
« stini cui era serbato quel breve insenamento di mare (la laguna veneta) vi
« disponeva provvidente tali argini a difenderlo dagli insulti delle onde, e
(1) Nella mia Memoria alla pag 28 dico che nel
golfo Adriatico il vento di scirocco è dominante;
che quello di levante è più violento e burrascoso,
fatti che avrò raccolti da qualche scritto che ora
non ricordo. Esso per altro non collimerebbe colle
osservazioni di Manfredi e di Zendrini nella loro
Relazione sul Ronco e Montone (Raccolta di Bologna,
T. Vili pag. 406) ove dicono essere proprietà dei
venti di scirocco e d' ostro di zappare il lido e di
esportarne le sabbie, mentre i venti di greco e di
levante le spingono verso le spiaggie e ve le ad-
densano. Sta a vedersi se questa legge sussista per
tutto il lido occidentale , e se non sienvi eccezioni
per effetto di venti che provengono da gole delle
Alpi Giulie.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 23
« tali varchi a lasciare che v'entrassero le dovizie ». I documenti storici
però non concorderebbero coli' epoca assegnata a quelle disposizioni provvi-
denziali della natura.
6. Tito Livio padovano , che perciò doveva conoscere i luoghi , nel raccon-
tarci il fatto dello Spartano Cleonimo , che 501 anni innanzi all'era volgare
intendeva invadere il territorio di Padova, così si esprime (1): « Spediti pochi
« esploratori de' luoghi, quando udì da essi che il lido era stretto-, che a tergo
« di questo distendevansi stagni alimentati dalle maree, oltre i quali eranvi a
« breve distanza campagne coltivate cui succedevano colli ; che più innanzi
« incontravasi 1' ampia foce di un fiume che vedevasi praticata dai navigli sic-
« come porto sicuro (era il fiume Medoaco), comandò egli (Cleonimo) che la
« flotta vi entrasse per ascendere il fiume ». Riserbandoci a prendere più
innanzi in esame i particolari di quell'episodio, alfine di dedurne in quale
condizione si trovasse ivi la laguna veneta, ci basta per ora osservare che fin
da quel tempo veniva segregata dal mare mediante il lido, ossia cordone
litorale.
7. In quanto ad Aquileja, Strabone ci dice due secoli dopo la sua fondazione
che si naviga alla volta di quella città rimontando il fiume Nalisone per lo
spazio di circa sessanta stadii (6 miglia geografiche) ,(2), e Plinio, presso che
contemporaneo la porrebbe con qualche esagerazione a 12 miglia dal mare (5):
Natiso cum Turro profluentes Aquileum coloniam XII m. passuum a* mari sitam.
8. Lo stesso Strabone, e Vitruvio pongono Aitino, non già in riva al mare,
ma nelle paludi come Ravenna, dichiarando però che era saluberrima quella
plaga (4), cosicché non è a maravigliare se i Romani la renderono amena con
deliziose ville, erette sicuramente sulle isole dell'estuario, ville che Marziale
ebbe a paragonare a quelle di Baja: Aemula Bajanis Altini littora villis.
9. Siamo quindi condotti a supporre con ogni fondamento che fino dalle
più remote epoche storiche esisteva il cordone litorale , il quale separa le la-
gune di Venezia dal mare e in una linea semplice si distende dalle vicinanze
di Aitino, ossia da Burano, al così detto Taglio di Po, o Porto Viro in lunghezza
di 54 chilometri; che proseguiva col suo ramo occidentale, passando per Mes-
senzatica, Morozzo, Caldirolo , e Sant'Alberto sul Po di Primaro , dinanzi a
Ravenna ed a Cervia per terminare a Rimini in lunghezza di altri 115 chilo-
metri, cosicché la curva regolarissima da esso formata avrebbe avuta la corda
di 160 chilometri con una freccia di circa 50 chilometri.
10. Ammettendo i fatti che ci raccontano gli antichi storici, Ravenna sareb-
besi fondata dai Tessali in contatto di quel lido , ma da esso protetta , circa
dodici secoli innanzi all'era cristiana, dopo cioè la distruzione di Troja. I
Greci o Pelasgi avrebbero contemporaneamente, o qualche tempo innanzi, fon-
data Spina sul braccio meridionale del Po, in località tuttavia incerta; ed i
Trojani, guidati da Antenore , avrebbero pure in quella circostanza eretta Pa-
li) Hist. lib. X. § 2.
(2) Geografia, lib. V. Traduzione di Francesco Am-
brosoli, Milano 1833, T. V. pag. 16.
(3) Hist. nat. lib. III. cap. XVIII.
(4) Vitruvio, lib. I. cap. IV.
24 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
dova in terra ferma sul Medoaco. Due secoli dopo gli Etruschi, o Tirreni, oc-
cupata la valle inferiore del Po, avrebbero fondata Adria sul margine della
laguna a circa dodici chilometri di distanza da quel lido, o cordone litorale;
e sembra che otto secoli posteriormeute col medesimo principio i Romani eri-
gessero le colonie di Concordia ed Aquileja , sul lembo della laguna , ed Ai-
tino nell'interno di essa in prossimità del lido, il quale, attesa principalmente
la natura de' fiumi che vi confluiscono, e forse la sua orientazione rispetto ai
venti dominanti sul fondo del golfo Adriatico, non presenta più la regolarità
di andamento che scorgesi nell'altro. I nomi latini di quelle colonie ne atte-
sterebbero l'origine.
11. L'intero estuario lo distingueremo perciò in quattro parti a seconda
della speciale condizione di ciascheduna di esse, chiamando Estuario Ravennate
quello da Rimini alla foce del Po dì Primaro, cui corrispondeva l'antica pa-
lude detta Padusa. Da questa foce del Po di Primaro a quella dell'Adige lo
denominiamo Estuario Padano, sulla cui fronte avvennero appunto anche avanti
alle epoche storiche , i cangiamenti delle foci del Po. Segue la Laguna di
Venezia che termina ad Aitino, cui succede in lunghezza di 90 chilometri la
cosidetta Laguna Caprulese, ossia di Caorle (1), l'estremo della quale è segnato
dalla punta di Sdobba, ove ha oggidì la foce l'Isonzo unito al Natisone col Torre.
12. Ne' tempi antistorici, quando le pendici de' monti erano rivestite di selve
ed i fiumi attraversavano estese paludi, o basse pianure sulle quali espande-
vano le piene e deponevano le torbide, le loro alluvioni si formavano nell'in-
terno del cordone litorale, ove esse si avanzavano lentamente. Ciò avveniva
anche pei torrenti dell' Apennino che si scaricavano nella vasta Padusa, e per lo
stesso Po nel proprio estuario.
PARTE I.
II* Lagune Tenete in generale
e fiumi principali che vi confluiscono.
15. In quanto alle lagune di Venezia e Caprulese gioverà premettere qualche
cenno rispetto alla natura de' fiumi che vi confluiscono da cui potremo desu-
mere la differenza del carattere che nell'una e nell'altra si scorge. Il più po-
deroso di questi fiumi è l'Adige, il cui bacino montuoso, che si estende alle
più elevate Alpi Retiche, è di circa 1*2000 chilometri quadrati. Esso per 110
chilometri misurati in linea retta sulla direttrice fluviale, abbandonate le ghiaje,
attraversa la pianura sommergibile fino ad incontrare il cordone litorale.
14. Il Bacchiglione , il quale non ha che 930 chilometri quadrati di bacino
montuoso ed il Brenta che lo ha di 1400 chilometri quadrati, giunti alla
(1) Caorle, chiamato anticamente Caprulce, da cui derivò il nome dato a quella Iaguua.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 25
pianura vi si avanzano col loro letto di dejezione il quale però rimane ad una
distanza non minore di 60 chilometri pel primo, e di 50 chilometri pel secondo
dalla laguna di Venezia. Succedono a questi due fiumi il Musone, il Sile ed
altri minori della pianura, alimentati la più parte da sorgenti, i quali confluivano
in addietro nell'estremo settentrionale di essa laguna.
15. Nella successiva laguna Caprulese invece discendono torrenti poderosi e
indomiti che spingono i vasti loro conoidi alla sola distanza di dodici o quin-
dici chilometri dal margine di essa, fra quali primeggiano il Piave ed il Ta-
gliamento, i cui bacini montuosi nelle Alpi Noriche e Carniche raggiungono i
3000 chilometri quadrati pel primo, ed i 2000 pel secondo. Le loro piene più
repentine e violente, sotto l'azione dei venti piovosi meridionali e sciroccali
della marina, e le materie maggiormente pesanti portate nella laguna avranno
impedito che il lido si disponesse sotto una linea regolare come nella laguna
di Venezia. Egli è verisimile che esso formasse invece anche anticamente
notevoli rientranze e prominenze , le più pronunziate delie quali sarannosi
avute ove si univa alle isole di Grado e di Caorle , la cui natura ed origine
mi sono ignote (1).
Ili* ILagtma Caprulese, ossia di Caorle*
16. Paolo Diacono, autore del IX secolo, parlando di Aquileja distrutta da
Attila alla metà del secolo V, racconta il fatto della gentildonna Dugna , la
quale per sottrarsi alle violenze di quelle barbare orde, si precipitò dalla cima
di una torre nel Natisone, che scorreva al suo piede. Ed ove parla dell'ingresso
di Teodorico in Italia contro Odoacre (anno 490) dice: Ac primum iuxta Son-
tium flumen, quod non longe ab Aquileia labitur, castra componens ecc. (u2).
17. Adunque il Natisone scorreva anche allora sotto le mura di Aquileja , e
probabilmente aveva la sua foce presso l'Isola di Grado, mentre l'Isonzo aveva
un corso separato più orientale, sboccando nel seno di Montefalcone. Oggidì in-
vece il Natisone, ossia Torre, si unisce all' Isonzo presso Turiaco, posta a sette
chilometri al nord di Aquileja, colla foce alla punta di Sdobba distante quat-
tordici chilometri da Grado. Cosi nell'intervallo di tredici secoli sarebbesi dai
due primi fiumi alluvionata per la più parte la laguna interposta, col notevole
protendimento della mentovata punta di Sdobba di cinque chilometri dalla riva
del seno di Montefalcone, mentre dapprima quella punta, assai meno sporgente,
univasi, a quanto pare, con linea dolcemente incurvata al promontorio di Grado.
All'occidente di Aquileja scorre oggidì un fìumicello che ha origine nella pros-
sima pianura a pochi chilometri di distanza e mette pure capo a Grado col
nome di Atlis, od anche di Natisone, praticabile da sole barche peschereccie ;
(1) Il fenomeno dell' unione delle isole prossime
ad un continente mediante un cordone litorale ve-
desi ovunque la spiaggia è sottile e soggetta al-
l'azione combinata dei venti e della corrente litorale.
(2) Paolo Diacono. De geslis romanorum. Conti-
nuazione della storia romana di Eutropio. Raccolta
di Aldo Manuzio del 1521, pag. 291 e 298.
26 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
e non v'ha dubbio che esso è tutt' altra cosa del fiume Natisone indicato da
Plinio da Strabone e da Paolo Diacono, dal quale per tradizione non ha ere-
ditato se non il nome.
18. Dopo aver detto Strabone che tanto Ravenna quanto Aitino erano città
poste nelle paludi, ossieno lagune, aggiunge: ma Epiterpo (Oderzo), Concordia,
Atria, ed Ucezia? ed altre consimili cittadelle sono manco soggette alle paludi,
e comunicano col mare col mezzo di piccoli canali (1). Da ciò ricavasi che Con-
cordia, la quale, con Porto Gruaro, posto 2500m a monte, comunica col mare
mediante il fìumicello Lemene, era in pari condizione verso V era cristiana,
quando probabilmente quel fiume alimentato da più copiose sorgenti aveva una
portata maggiore, o quando in suo luogo scorreva un braccio del Tagliamento.
19. Ma avanti di progredire in queste ricerche circa all'antico stato della
laguna Caprulese , gioverà riportare la descrizione che dà Plinio di quella re-
gione (2) al fine di appianare , per quanto lo si possa , le gravi difficoltà che
s'incontrano, onde porla d'accordo colle circostanze locali. Sequitur decima
regio ftalioe, Adriatico mari apposita, Venetia, cujus ftuvius Silis ex montibus
Taurisanis. Oppidum Allinum , flumen Liquentia , ex montibus Opilerginis , et
portus eodem nomine, colonia Concordia, flumina et portus Bomatium, Tilaven-
tum majus minusque, Anassum, quo Varramus defluii, Alsa, Natiso cum Turro
profluenles Aquileiam coloniam XII m. pass, à mari sitam.
20. Stando rigorosamente ai termini di quella descrizione, si vedrebbe collo-
cato il Sile all'occidente di Aitino, ma quel che più monta si scorgerebbe scam-
biato colla Piave, che realmente discende dalle Alpi Noriche (ex montibus Tau-
risanis), mentre il Sile trae la sua origine dalle sorgenti della prossima pianura di
Castelfranco. E siccome dal Sile si passa a parlare della Livenza, questa circo-
stanza mi destò il dubbio che, uscita la Piave dalle gole di monti presso Ner-
vesa, si dirigesse allora verso Treviso detto Tarvisum, ed anche Tauriscium,
occupando l'odierno corso del Sile, e ritenendone il nome. Dietro questa ipo-
tesi la Piave avrebbe dovuto attraversare più all'occidente la via Postumia,
che in forma d' argine si distende sopra un rettilineo di 49 chilometri dalla
sponda sinistra del Brenta alla destra di essa Piave presso Ronchi, ove rimane
interrotta per 5 chilometri dal conoide del fiume e prosegue per altri 6 chi-
lometri fino a Fae, d'onde con breve tratto obbliquo di soli due chilometri mette
capo ad Oderzo (3). Ma in tale supposto dovrebbesi scorgere una alterazione
nell'andamento di quella via, che ivi non appare sistemata per le prossime
comunicazioni , mentre invece vedesi ancora intatta. Ciò per altro non toglie-
rebbe che l'anteriore deviazione della Piave potesse avvenire a valle di Ronchi,
come sarebbe a Ponte di Piave, dirigendosi di là ad unirsi coli' ultimo tronco
del Sile.
21. Intorno a' notevoli cangiamenti avvenuti nel corso della Piave si hanno
tradizioni storiche secondo le quali era, se non in tutto, in parte diretta all'o-
(1) Geografìa precitata. T. V. pag. 15.
(2) Hist, nat. luogo citato.
(3) Vedansi i fogli F 4-, G 4 della carta topogra-
fica del Lombardo-Veneto.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 27
riente di Conegliano, cambiamenti dei quali parleremo nell'Appendice sui fiumi
della Venezia ; ma in tal caso la Piave sarebbesi sempre più allontanata verso
oriente dai Sile. Queste considerazioni mi hanno condotto ad ammettere che
realmente sia avvenuto un errore di posizione nella descrizione di Plinio, er-
rore facile per gli antichi geografi , i quali mancavano di carte. Fra la Li-
venza ed il Tagliamento egli indica il fiume Romatiim, nome che non avrebbe
oggidì alcun riscontro con quelli degli altri fiumi interposti. Al Zenzon, ove
la Piave comincia a divenire navigabile, vedesi per altro sull'opposta sponda
sinistra collocato un villaggio chiamato Romanziol, nome che offre molta simi-
litudine coi Romatium di Plinio. Né è raro il caso che una località posta sopra
un fiume gli dia il nome, o lo riceva da esso, e se con tale nome egli ha
inteso indicare la Piave, andrebbe corretta la sua descrizione, ponendo quel
fiume fra il Sile e la Livenza , ed applicando ad esso l'origine dalle Alpi
Noriche.
22. Quantunque verso l'era cristiana Concordia si trovasse di già discosta
dal margine delle paludi non è però da dubitarsi che dovesse esservi maggior-
mente prossima al principio della dominazione romana, e che allora esso mar-
gine s'internasse di più nell'odierna terra ferma.
23. Se si consideri la maggiore prossimità del conoide della Piave ad esso
margine, quando il suo corso si sarà trovato in una posizione più occidentale
verso Treviso e la notevole sua portata , si è condotti a supporre che a quel
fiume piuttosto che al Brenta abbiano ad attribuirsi gli interrimenti avvenuti
e la deposizione delle più alte isole ai nord dell'estuario Veneto, sulle quali
sorsero Aitino, Torcello, Burano, Murano e Venezia. I frequenti boschi che
vedonsi fra il fìumicello Valilo e la strada da Mestre a Treviso sarebbero, a
quanto pare, indizio delle deposizioni sabbioniccie di un prossimo fiume tor-
rentizio, quale si è appunto la Piave.
24. Procedendo oltre la Livenza, indica Plinio due bracci del Tagliamento ,
torrente più impetuoso ancora della Piave, siccome lo dimostra la larghezza
di tre a quattro chilometri che ha il suo letto di dejezione sui quale divaga
a straordinaria altezza sulle pianure laterali. Al ponte della Delizia, ove è in-
tersecato dalla strada postale per la Germania e per Trieste, quel letto sovrasta
di 9ni al piano di Codroipo a sinistra, e di 5m a 6m a quello di Casarsa a
destra. Nelle notizie statistiche sui fiumi del Veneto (1) accennasi appunto ai
grandi cangiamenti avvenuti nel corso di quel torrente, desumibili dai note-
voli ondeggiamenti del terreno circostante, opinandosi che i due fìumicelli Le-
mene a destra e Stella a sinistra scorrano sulla traccia de' suoi alvei derelitti,
de' quali il primo si considera il più recente, attesa la comparativa maggiore
sua elevazione. Sarebbe quindi attendibile il supposto di già fatto che ai tempi
di Plinio uno dei bracci del Tagliamento passasse per Concordia.
(1) Notizie statistiche intorno ai fiumi , canali,
lagune e porti delle provincie comprese nel Go-
verno di Venezia. Milano 1832. Tanto queste noti-
zie quanto quelle contenute in un Appendice pub-
blicata pure in Milano nel 1837 vennero raccolte
dall'in allora direttore generale delle pubbliche
costruzioni Venturelli.
28 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
25. Fra questo fiume ed il Natisone, parla Plinio di Anassum quo Varramus
defluii e di Alsa che sembra possa corrispondere all' odierno fìumicello Ausa.
Il Varramo dovrebbe equivalere al mentovato fiume Stella, nel quale discende
il torrente Corno proveniente dai colli di S. Daniele; ma la differenza dei
nomi è troppo grande. Se non che ove termina il conoide del Tagliamento,
vedesi alla sua sinistra in distanza di circa un chilometro un villaggio chiamato
Varmo, e ad un chilometro più innanzi altro villaggio detto Rovereto (Querceto)
di Varmo. Poco al disotto del primo si getta nel Tagliamento col nome di
B. Varmo un fìumicello che avrebbe origine a poca disianza nella pianura. Grande
è la similitudine del nome con Varramo, cosicché potrebbesi supporre che
quel fìumicello dapprima continuasse il suo corso al basso fino ad unirsi al
fiume Stella cui avrebbe dato il nome , e che di poi troncato per corrosione
del Tagliamento ne sia stato divertito. In quanto ad Anasso che pare fosse
un villaggio, nessuno se ne trova in que' contorni che abbia un nome il quale
vi si approssimi, meno nella desinenza, come sarebbe Driolassa, Gambreazzo.
IV* Laguna di Venezia = Deviazione de' suoi affluenti.
26. Passando ora a parlare della Laguna Veneta fra Aitino e Brondolo, sepa-
rata come dicemmo dal mare mediante il Lido, ossia cordone litorale, questo
trovavasi interrotto in cinque località, formando ivi sei porti denominati, di
Brondolo , di Chioggia , di Malamocco, del Lido, di S. Erasmo e di Tre porti.
In essa avevano foce in tempi non lontani il Bacchiglione, il Brenta, il Sile e
gli altri fiumi minori intermedj agli ultimi due; ma temendosi i danni sempre
crescenti delle loro deposizioni, per cui andavasi restringendo la laguna, e
mano mano si estendevano ed approssimavansi alla metropoli le paludi, ossieno
canneti, che ne deterioravano eziandio V aria, vennero essi allontanati.
27. Il Brenta, che si scaricava nella Laguna di Venezia , fu nel secolo XIV
divertito nella laguna di Malamocco ; nel secolo successivo in quella di Chiog-
gia ; ed alla metà del secolo XVI, insieme al Bacchiglione, in quella di Bron-
dolo. La foce della Piave è stata pure allontanata collo spingerla nel 1642 a
sboccare al Porto di Santa Margherita, e di poi nel 1684, per consiglio del
Montanari, restituita al più prossimo porto di Cortellazzo, rivolgendo con-
temporaneamente neir anteriore sua foce di lesolo il Sile. Il Musone con altri
fìumicelli minori, e colle acque residue del Brenta, si inalvearono in un
canale detto il Novissimo , sul margine della laguna , per farli pure sboccare
presso Brondolo nel Brenta, non scaricandosi più in laguna se non i fiumi-
celli di pianura Marzenego, Dese e Zero interposti al Musone ed al Sile,
come pure in tempo di piena un diversivo di quest'ultimo fiume. Gli scoli
delle campagne padovane mediante botti sotto il Brenta ed il Novissimo furono
rivolti nella laguna di Chioggia. Veduti per altro i tristi effetti derivati da tale
diversione nel reggime del Brenta, condotto pensile sulle circostanti campagne,
e quindi i gravi danni arrecati al territorio Padovano, e talvolta eziandio alla
Laguna, dalle non infrequenti rotte de' suoi argini, nel 1840 se ne è abbre-
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 29
viato il corso, portandolo a sboccare nella laguna di Chioggia. A compimento
poi della sua sistemazione se ne è trasportata a monte la diversione dal Dolo
a Fossalovara, escavandone il fondo sotto regolare pendenza (1).
V* Fisica condizione della laguna di Venezia*
Opere di difesa e di regolazione di essa*
28. Avanti di procedere alle indagini sull' antico stato di questa laguna , e
sui cangiamenti in essa avvenuti, gioverà premettere alcune notizie sulla fìsica
sua condizione, talune delle quali serviranno eziandio di schiarimento rispetto
a quella della superiore laguna Capruiese dianzi descritta.
29. Mentre nel Mediterraneo le oscillazioni delle maree non hanno una la-
titudine maggiore di 0m,30; verso il fondo del golfo Adriatico, nelle ordinarie
maree delle sizigie l'hanno di 0m,85 nella laguna, e di circa lm ai porti, con
rigonfiamenti del mare che talvolta oltrepassano di dm,50 l'alta marea detta
comune sotto l'azione persistente dei venti sciroccali. Questa maggiore latitu-
dine delle maree sembra dovuta alla direzione del golfo stesso che si appros-
sima a quella del meridiano (2). La porzione di laguna ove avvengono le
oscillazioni delle maree ordinarie chiamasi laguna vìva, e quella più prossima
alla terra ferma , ove si spandono le acque nelle maree straordinarie, dette
sopraccomuni, chiamasi laguna morta. I molteplici e tortuosi canali che sol-
cano l'una e l'altra laguna sono in generale diretti ai porti rispettivi. Le sponde
di quelli della laguna morta chiamansi barene, e valli le bassure interposte,
mentre nella laguna viva chiamansi veline le prime e paludi le altre. I confini
fra le varie lagune sono segnati dai così detti parti-acque, ove le acque delle
maree nelle loro oscillazioni rimangono immobili per ripartirsi nei riflussi a destra,
ed a sinistra verso i loro porti. Oltre ai canali naturali preaccennati, altri ve ne
sono in tutto od in parte scavati dall'arte fino a considerevole profondità per
comunicare colla navigazione interna dall'una all'altra laguna e coi luoghi
d'approdo delle varie isole e della terraferma.
30. Quando i fiumi entravano nella laguna, colle loro deposizioni elevavano
tanto il piano della laguna morta, quanto il fondo di quella viva, senza per
altro che il protendimento delle loro spiagge oltrepassasse il cordone litorale.
Il limo fertilizzante che deponevano sulla laguna morta promuòveva una ricca
vegetazione, riducendosi a pascoli e prati le barene, ed a folti canneti le valli
interposte. Ma allontanati i fiumi e quindi le acque dolci per dar luogo esclu-
sivamente all'acqua salsa del mare, attesa l'azione di questa scomparve la ve-
getazione preesistente, e tolto al terreno il legame che offrivano le radici, esso
(1) Veggasi la pregevole prefazione dell'illustre
Paleocapa alle considerazioni sopra il sistema idrau-
lico dei paesi veneti del conte Vittorio Fossom-
broni. Firenze 1847.
(2) Ciò sarebbe conforme alla dottrina di Whewe?
sulle maree, e con essa spiegasi l'enorme altezza
delle maree a Bristol e nella Baja di Fundi nella
Nuova Scozia, ove giunge a 60 e 70 piedi,
30 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
venne maggiormente sconvolto per effetto degli ondeggiamenti, ossia della baU
tadizza. A questa causa puramente dinamica i pratici, ed anche i sommi idrau-
lici Guglielmini e Zendrini, associerebbero l'azione chimica dissolvente del-
l'acqua salsa sulle deposizioni di acqua dolce, che altri non ammetterebbero;
punto sul quale ritorneremo più innanzi. Dopo che il Brenta col Bacchi-
gliene si sono portati a sboccare nella laguna di Brondolo, essi l'hanno total-
mente colmata, spingendo le loro foci in mare a 2500 metri oltre il cordone
litorale. Dalla foce di questi fiumi rimontando sopravento lunghesso il cordone
litorale, la spiaggia marina per la larghezza di uno o due chilometri è di
pura sabbia, con inclinazione del 2 al 3 per mille, dopo di che continua il
fondo sabbioso del mare che non si abbassa di oltre 27 metri a trenta chilo-
metri dal lido. Di fronte ai porti di Chioggia e di Malamocco, a tré o quattro
chilometri dal lido, il fondo del mare essendo eccezionalmente di creta con
una profondità di 12 metri, offre un ancoraggio sicuro.
31. Risalendo dal porto S. Erasmo alla Punta di Sdobba, di fronte alla la-
guna Caprulese, si scorgono eguali l'inclinazione delle spiagge e la profondità
del mare ; ma ivi si ha costantemente la sabbia solo in prossimità del lido ,
mentre più al largo essa alterna colla creta e talvolta coi fango.
32. Dalla fronte di Caorle al porto di Malamocco, alla distanza dal lido di
15 chilometri sopravento, e di 20 chilometri sottovento, scorgesi un banco detto
di Cortellazzo, alla profondità di 20 metri largo da due a tré chilometri, co-
stituito di ghiaja, e coperto da alga a' suoi estremi. A pari distanza dal pri-
mitivo cordone litorale , vedesi il prolungamento di quel banco di ghiaja di
fronte alia foce di Maestra del Po. Riferendosi quell'accidente del fondo a fe-
nomeni geologici anteriori alle epoche storiche, il trattarne uscirebbe dal nostro
programma, lo che vale anche rispetto alle stratificazioni del sotto suolo della
laguna veneta desunte dalle terebrazioni non ha guari praticate per l' escava-
zione di pozzi artesiani (1). E poiché esse indicherebbero un considerevole
abbassamento di questo suolo alternato con alzamenti per colmata, quindi un
progressivo abbassamento per una causa intestina, a questa causa, piuttosto
che ad un semplice assettamento del terreno alluviale, siccome dapprima avrei
supposto (2), potrebbe attribuirsi la secolare lieve depressione del suolo di
Venezia, ed anche di Ravenna, partendo sempre dall'ipotesi di un livello medio
inalterato del mare.
53. In quanto al cordone litorale veneto, ove maggiore è la sua larghezza,
questa raggiunge i 500 ed i 600 metri ; ma per lunghissime tratte essa ridu-
cesi a 200, a 100 metri, e ad assai meno. In qualche parte quella lingua di
(1) Vedansi i fogli 1 e 2 del Portolano dell'A-
driatico.
(2) Nelle terebrazioni eseguite a Venezia pel per-
foramento di pozzi artesiani s'incontrarono strati
alternati di sabbia, di argilla e di torba, formanti
quattro gruppi che discendono alla profondila di
29™, di 48m, di 85™ e dil30m. E poiché la torba
non può formarsi se non in conseguenza d' una
vegetazione che ebbe luogo ad una moderata pro-
fondità del mare , se ne è conchiuso che essa è
scomparsa quattro volte per effetto di successivi
abbassamenti della costa, oppure di alzamenti del
livello del mare. Vedansi i Comptes rendus della
Accademia delle scienze di Francia pel 15 apri-
le 1861.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 31
terra, o duna, è del tutto naturale, ma ove riusciva troppo depressa a difesa
della laguna dovette rialzarsi con argine il cui coronamento si eleva di 5,n,50
sopra la comune. Ne' luoghi ove quest' argine era maggiormente battuto dalle
burrasche, onde impedirne la distruzione, si dovette proteggere con ripari che
si praticarono fino da tempi remoti, variandone la struttura e la forma mano
mano che l'esperienza ed i progressi dell'arte lo consigliavano. Fino alla metà
dello scorso secolo consistevano in moli , più o meno sporgenti , chiamati
guardiani, o palade, costituiti da un' armatura di palafitti in due o tre file le-
gati da travi, riempiti con strati alterni di cannuccie e di pietre, difesi al
piede da scogliere. Talvolta limitavansi a semplici armature aderenti al piede del-
l'argine, chiamate paleselle, formate di palafitti. Le palade di solito riuscivano
utili in quanto che arrestavano tanto a destra che a sinistra i sabbioni spinti
dai venti , od anche trasportati dalla corrente litorale da sinistra a destra , e
per tal modo si promovevano le deposizioni delle sabbie stesse negli intervalli
fra quei ripari che rincalzavano il lido. Ma dopo lo straordinario protendimento
del promontorio alle foci del Po, combinato con quello dalle alluvioni della
Piave, essendosi portata alterazione alle cause per le quali il cordone litorale
erasi in origine disposto naturalmente in curva regolare, si venne a scorgere
che, particolarmente a valle del porto di Malamocco , era venuta meno 1' effi-
cacia di quei moli per arrestare le sabbie, e s'accresceva la minaccia di distru-
zione del lido (1). È verisimile però che in ciò influisse anche 1' allontana-
mento dei fiumi dalla laguna, per i motivi addotti dal celebre Montanari nella
sua lettera al cardinale Basadonna (2) ove dice : « Ma s' egli è vero come
« asseriscono tutti i pratici di queste lagune, che in que' luoghi ove corrono
« acque dolci a mischiarsi colle salse, quel sottil lezzo che portano seco i
« fiumi, mescolato colle arene salse , produce una crosta di terreno assai più
« dura e resistente alla corrosione delle onde, di quello sia il puro sabbione,
« io mi do anzi a credere, che l'uscita de' fiumi torbidi nel mare, oltre fer-
« mare il corso a sabbioni tagliando la correntia del mare, nel modo soprac-
ci cennato, e spiegato, ser?a eziandio per legare a guisa di cemento i sabbioni
« stessi, acciò non sì facilmente sieno da procellosi moti delle onde scon-
« volti. »
53. Tali ragioni sembrano avere indotto verso la metà dello scorso secolo
il matematico Zendrini a sostituire alle palade i così detti murazzi, formati a
scaglioni con grandi pietre legate da cemento idraulico, protetti al piede da sco-
gliera , lavoro che si estende ad una linea del lido di ben 5000 metri e che
dicesi avere importato un dispendio di oltre nove milioni di lire (5). Da ul-
timo, nel proseguire la difesa, per vedute di economia, a quei murazzi si sarebbe
(1) Questa giudiziosa osservazione vedesi fatta
dall'avvocato fiscale Rompiasio alla pag. 267 della
sua Raccolta delle leggi , terminazioni ed ordini
del magistrato delle acque della repubblica veneta,
dedicata nel 1733 allo stesso magistrato, e pubbli-
cata a Venezia nel 1771. É verosimile che gli sia
stata comunicata dal matematico Zendrini, il quale
forse per questo motivo nel 1714 fece intrapren-
dere la dispendiosa costruzione dei murazzi in so-
stituzione delle palade , delle quali avrà ricono-
sciuta l' inefficacia.
(2) Raccolta di Bologna, T. IV. pag. 487.
(3) Vedi l'opera precitata Venezia e le sue lagune,
Venezia 1847. Voi. II. pag. 23.
32 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
sostituito un semplice rivestimento di pietre a secco alla scarpa dell' argine di-
sposta colla dolce inclinazione del cinque di base per uno di altezza, assicurato
da palafitta al piede, protetto pure da scogliera. La discesa dei sabbioni avendo
colmati i porti superiori presso Venezia detti Tre porti e S. Erasmo al punto
di non essere praticabili se non da piccole imbarcazioni , e scemata eziandio
la profondità di quello del Lido in guisa di non essere più servibile per la
marina militare, si dovette ricorrere al partito di migliorare la condizione di
quello di Malamocco mediante dighe protendenti in mare quanto basta per
arrestare quei sabbioni, e tenere raccolte le acque nei riflussi onde conservare
profonda la foce. Il progetto di tali dighe o scogliere venne fatto ne' primordj
del regno italico dai distinti idraulici francesi Prony e Sganzin, associati ad in-
gegneri veneti, e la sua esecuzione si è iniziata dall' illustre Paleocapa, che ne
dà ragguaglio nella pregevole sua Memoria Sul protendimento delle spiagge e
sull'insabbiamento de' porti dell' Adriatico (1).
34. In una successiva Memoria sulla corrente litorale dell'Adriatico, letta
nell'adunanza del 14 maggio 1860 di questo corpo scientifico, egli dimostra
l'insussistenza delle millanterie del Tadini di avere rivelato pel primo, all'ap-
poggio eziandio di esperimenti, l'azione dissolvente della salsedine delle acque
marine sulle alluvioni delle acque dolci, ossia de' fiumi, fenomeno che ammet-
tevano fino dal secolo XVI il Sabbadini e tutti i pratici delle lagune venete ,
e di poi , come dicemmo, il Guglielmini (2) e lo Zendnni , ma che esclude-
rebbe il Paleocapa, riconoscendo sufficiente l'azione dinamica delle acque marine
sulle alluvioni stesse per distruggerle dopo che rimasero spogliate di vege-
tazione (3).
35 Su questo particolare debbo osservare che fino dal 1618, essendosi ele-
vati reclami contro l'allontanamento de' fiumi dalla laguna, adducendosi che in
conseguenza di ciò ne avveniva la distruzione delle barene, e l'atterramento
dei canali diretti ai porti, i periti di quel tempo, con molto accorgimento, di-
chiararono quest'ultimo fatto puramente accidentale e passeggiero, assicurando
che sotto l' azione dei riflussi que' canali si sarebbero di nuovo escavati (4).
36. Sui cadere di quel secolo , chiamato il Guglielmini a riferire sulla con-
dizione della laguna dopo F allontanamento de' fiumi, egli dichiara non avere
sufficienti dati di confronto per emettere un giudizio definitivo, ma che pro-
pendeva a crederla piuttosto migliorata che deteriorata. Con ammirabile lucidità
egli spiega l'azione delle acque del mare sulla laguna stessa, paragonando i
porti alla rotta dell'argine d'un fiume, e dimostrando che le sabbie introdotte
dal flusso vengono ritornate al mare nel riflusso e che tutt' al più avverrebbe
qualche alzamento delle velme e dei paludi più prossimi ai porti pel torbidume
delle acque marine (5).
(1) Vedasi la Rivista Contemporanea del mese di
giugno 1856, ed il Giornale dell' Ingegnere Archi-
tetto nel fascicolo di aprile 1857.
(2) Zendrini. Memorie storiche sullo stato antico
è moderno della laguna di Venezia. Padova 1840.
VoL II. pag. 376.
(8) Vedansi le Memorie del R. Istituto Lombardo,
T. Vili. 1860.
(4) Zendrini, opera precitata. Voi. II. pag. 73.
(5) Ivi, pag. 379.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 33
37. NelP ultima Memoria precitata osserva il Paleocapa. « È verissimo che
« quando le lagune furono liberate dalle acque dolci, le salse delle maree,
« che sole poterono invaderle, ne migliorarono la condizione. E questo è fatto
« accertato da raffronti fra lo stato attuale delle lagune medesime e quello di
« cui conserviamo esatti ragguagli, datici prima e dopo dello sviamento dei
« fiumi e nelle varie epoche in cui questi sviamenti subirono singolari vicende
« secondo che prevaleva or l'una or l'altra delle due opinioni, favorevole l'una al
« compiuto bando de' fiumi, l'altra contraria, non solo a cotesto compiuto bando,
« ma chiedente anzi che i già sviati si restituissero all' antico loro corso. Se
« non che non fa d'uopo ricorrere all'azione chimica delle acque salate sui de-
« positi di materie argillose o di sabbie ad esse commiste, per ispiegare come
« succeda il fenomeno, mentre se ne trova la ragione nelle comuni nozioni
« sullo sviluppo della vegetazione palustre, e negli ordinarli effetti dell'azione
« meccanica del movimento delle acque ».
38. Siffatto miglioramento della laguna veneta sarebbe poi dimostrato nel
modo più evidente nella recentissima Memoria del defunto generale Vacani
dal confronto delle profondità dei diversi canali principali delle singole lagune
rilevate nel 1762 e nel 1811, d'onde appare avvenuto in tale periodo una no-
tevole escavazione (1).
39. Questi fatti proverebbero che 1' ampliata capacità delle lagune, dalla quale
dipende l'approfondamento dei canali e dei porti, è effetto della prevalente
quantità di torbida che da esse viene esportata nei riflussi al confronto di quella
introdotta dal flusso delle acque marine, comparativamente più limpide, e quindi
l'aggiustatezza del mentovato giudizio de'periti veneti al principio del secolo XVII.
Ma circa all'esclusione dell'azione chimica delle acque salse sulle alluvioni
d'acqua dolce, ammessa non solo dai pratici, ma eziandio dai sommi idraulici
Zendrini e Guglielmini, avrei qualche dubbio, in quanto che tale azione è effi-
cacissima sulle pietre artificiali formate mediante cemento idraulico, colle quali si
costruiscono le scogliere, o moli marittimi, circostanza che indusse l'illustre Vicat
a studiare esperimentalmente il modo di comporre quelle pietre in guisa da
sottrarle ad una causa cotanto energica di distruzione (2).
VI. Antichi cangiamenti avvenuti nella laguna di Venezia
e nel eorso de9 suoi tributari*
40. Se ai tempi della spedizione dello Spartano Cleonimo, e quindi da oltre
21 secoli esisteva, come vedemmo, il lido, ossia cordone litorale della laguna ve-
neta, se d'allora in poi i fiumi che vi mettevano foce non lo hanno oltrepas-
(1) Della laguna di Venezia e dei fiumi delle at-
tigue provincie. Firenze 1867, pag. 345 e successive.
(2) Vedansi negli Annales des ponts et chaussées
le Memorie relative a quest' argomento di Vicat ,
Minard, Féburier, Noél , Rivot e Chatoney inseri-
Giorn. Tng. — Voi XVI. — Gennajo 1868
tevi dal 1849 al 1856, ed in ultimo l'opera di
Vicat : Recherches sur les causes physiques de la
destruction des composés hydrauliques par l'eau de
mer. 1857.
34 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
sato, è naturale il supporre che la loro azione siasi limitata a rincalzarlo colle
loro alluvioni interne senza protendimento di esso. La maggior larghezza che
scorgesi generalmente nel lido alle aperture de' porti potrebbe attribuirsi alla
causa accennata dal Montanari della miscela di una maggior copia di limo
colle sabbie in prossimità delle foci de' fiumi; e le isole di Rialto, Murano, Bu-
rano, Torcello, e quella su cui venne fondata Aitino potrebbero essere ruderi
delle più antiche deposizioni della Piave diretta a quella parte, avanti che* sur-
gesse il cordone litorale. Anche le isole presso Chioggia, sopra una delle quali
è stata eretta quella città, potrebbero per una causa simile essere deposizioni
dell'Adige, spintovi allorché seguiva un corso più settentrionale presso Este, e
forse per una causa analoga, dalle deposizioni della Piave stessa e del Taglia-
mento potrebbero trarre origine le due isole di Caorle e di Grado.
41. A formarci poi un'idea della estensione della laguna veneta quando
avvenne quella spedizione, richiamiamo la narrazione di Tito Livio. Egli ci dice
che la flotta di Cleonimo risali la foce del Medoaco, ma che a qualche distanza
dal lido, venendo meno la profondità delle acque, si dovette arrestare, per
far uso di imbarcazioni più leggiere onde penetrare fino alla terra ferma. Ivi
gli Spartani scopersero tre borgate che incendiarono dopo averle saccheggiate,
ed accorsi contro di essi i Padovani, questi gli incontrarono e sconfissero alla
distanza di 14 miglia dalla città. Procedendo quindi per tre miglia col sussidio
di barche leggiere, assalirono la flottiglia, che dovette con grave perdita riti-
rarsi fino oltre la foce , ossia lido , in quanto che, non conoscendo la traccia
dei canali, molti navigli si arenarono ne' bassi fondi, e vennero incendiati
dai Padovani (1).
42. Ne consegue che allora il margine della terra ferma, e quindi della la-
guna morta, trovavasi a quattordici miglia , ossia a 21 chilometri da Padova ,
e quello, a quanto pare, della laguna viva a tre miglia, ossia a 4500 metri più
innanzi. E supponendo che la foce fosse all' attuale porto di Malamocco, detto
pure Medoaco, si avrebbe anche oggidì i' eguale distanza da Padova a Lugo ,
margine della terra ferma, mentre quello della laguna viva sarebbesi avanzato
di quattro chilometri.
45. In quanto ai fiumi che allora entravano nella laguna, riporteremo il brano'
della descrizione che dà Plinio delle foci di quelli che vi si scaricavano, partendo
dalle Fosse Filistine. Inde ostia piena, carbonaria ac fossiones Philistince, quod
alti Tartarum vocant: omnia ex Philistince (ossee abundantione nascentia, ac-
cedentibus A tesi ex Tridentinis Alpibus, et Togisono ex Patavinorum agris. Pars
eorum et proxtmun portum fecit Brundulum, sicut Edronem Medoaci duo et
fossa Clodia. His se Padus miscet, ac per haec effunditur ecc. (2).
44. L' interpretazione di questo passo di Plinio diede luogo a non lievi con*
troversie allorché si vollero applicarne le indicazioni ai luoghi descritti. In ge-
nerale fu ammesso che al Togisone corrispondesse il Frassine , detto nelle
antiche carte Vigenzone ; al Medoaco minore il Bacchiglione , che avrebbe at-
(iì Hist luogo citato. | (2) Hist. nat. lib. Ili cap. XVI.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 35
traversata Padova; al Medoaco maggiore il Brenta, che si considerava scorrere
anche allora in qualche distanza al settentrione di quella città ; ed al porto
Edrone quello di Chioggia. Essendosi per altro da ultimo pubblicata la bella
carta topografica del Lombardo-Veneto, nella quale i particolari de' luoghi so-
nosi ricavati dalle mappe censuarie, dall' esame di questa si scorgerebbero in-
dicazioni tali da dovere modificare le precedenti illazioni.
45. All' occidente di Padova , seguendo la così detta Strada Pelosa , vedesi
questa intersecare l'alveo derelitto d'un fiume serpeggiante, le curve del quale
sono assai più analoghe a quelle del Brenta che non sia a quelle del Bacchi-
gliene. Tali serpeggiamenti proseguono piegando al nord fino a Campo Lungo,
e dopo qualche interruzione, ricompaiono alla destra di Brenta presso Curta-
rolo, ove, sotto Campo S. Martino, incomincia la bassa pianura sommergibile
padovana. Una serie di altri serpeggiamenti simili scorgesi oltre Brentella a
settentrione della strada postale per Vicenza, ed altra al nord della strada di
Ponterotto, ove le curve sarebbero di una minore ampiezza; e quelle tre tracce
d' alveo fluviale derelitto sarebbero tutte convergenti, e dirette alla città di Pa-
dova. Si ha quindi motivo di credere che a monte di questa città il Brenta si
dividesse in due bracci detti, Medoaco minore il settentrionale, e maggiore il
meridionale, i quali l'attraversavano; che il secondo braccio abbia subita una
diversione, portandosi a breve distanza verso mezzodi. Ma in conseguenza del
soverchio allungamento di quel corso, il fiume lo avrebbe di poi abbreviato con
una nuova diversione a sinistra sotto Campo S. Martino, diretta per Limena e
Noventa, siccome Io indicherebbe il nome di Curtarolo dato al luogo ove av-
venne (1). Privata allora Padova delle acque del Brenta, dovette valersi esclu-
sivamente di quelle del Bacchiglione , cui si sarà, a quanto pare, unita dap-
prima mediante un canale artificiale per proseguire la navigazione in questo
fino a Vicenza.
46. Ai tempi perciò di Plinio e di Tito Livio il fiume Medoaco attraversante
Padova sarebbe stato il Brenta, ed al Togisone avrà corrisposto il Bacchiglione
proveniente pure dalle campagne padovane (ex Patavinorum agris) e non il
Frassine che invece proviene dalle campagne d'Este, città allora fiorente. Che
anzi vi ha tutta la probabilità che le acque di questo unite a quelle discen-
denti dai deliziosi colli Euganei, si conducessero fin d'allora nel canale tuttavia
rettilineo dalla Cagnola a Corezzola, al quale sarebbesi dato il nome di Fossa
Clodia, che avrebbe sboccato nella laguna di Chioggia (Clodia), nome che passò
(1) Nella Nota finale A alla mia Memoria sulla
pianura subapennina fra l'Enza ed il Panaro ho
dimostrato come in precedenza al secolo VIII sia
avvenuto sotto Guastalla un salto del Po, che tron-
cando il corso dell' Oglio, sarebbesi inalveato alla
sinistra di questo, nello stagno Largione, cosicché
per varj secoli continuò a scorrere in tre rami de-
nominati , Po vecchio , Zara , ove per lo innanzi
scorreva 1' Oglio , e Largione, ramo nuovo a sini-
stra dj questo. Al luogo ove avvenne il salto si è
dato il nome di Scorzarolo , derivato da Scorcia*
rolum (accorciatojo), che leggesi in qualche do-
cumento ivi citato. La diversione del Brenta sa-
rebbe un caso analogo , e per la stessa ragione al
luogo ove avvenne sarebbesi appunto dato il nome
di Curtarolo. Vedasi la tav. 6.a
La nostra induzione che il Medoacus major ed
il Medoacus minor fossero due bracci dello stesso
fiume è assai più naturale del supposto che fossero
due fiumi diversi cui si desse l'identico nome.
36 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
alla città ivi posteriormente fondata. Questa fossa sarebbesi forse scavata onde
procurare una comunicazione col mare ad Este ed alla regione meridionale dei
colli Berici, degli Euganei, e dell' avvallamento interposto, elevandosi sul corso
di quelle acque le città di Monselice e di Pernumia, nome che sembra d'ori-
gine greca, e che ne attesterebbe V antichità.
47. Riassumendo il fin qui detto , la descrizione di Plinio parrebbe dovesse
rettificarsi giusta incontrastabili indicazioni delle carte nel modo seguente. L'Adige,
che, come vedremo, ha anche successivamente avuta la tendenza di portare il
suo corso verso mezzodì, sarebbe sboccato nella laguna di Brondolo, se pure
fin d' allora , seguendo il lembo meridionale della gran valle del Foresto , ap-
pendice di essa laguna, la sua foce non attraversava già il cordone litorale alla
così detta Cavanella d'Adige, cui doveva corrispondere una delle Fosse Filistine
delle quali parleremo più innanzi (1). Alla laguna di Chioggia, ove forse esi-
steva il porto Edrone, scaricavasi la fossa Clodia ed il Togisone, ossia Bacchi-
gliene; e nella laguna di Malamocco , ove trovavasi anche allora il porto Me-
doaco nella stessa posizione dell' attuale , oppure in quella di tre chilometri
più meridionale chiamata oggidì Porto secco, avranno avuta foce i due rami di
Brenta chiamati Medoaci, dopo avere il fiume attraversata la città di Padova,
nella quale annualmente, giusta Tito Livio, con giuochi di naumachia celebra-
vasi l' anniversario della sconfìtta di Cleonimo (2).
48. Abbiamo veduto come vi fossero notevoli inesattezze nella topografica de-
scrizione di Plinio rispetto alla posizione de' fiumi che si scaricano nella su-
periore laguna Caprulese, inesattezze che per una causa analoga gli saranno
sfuggite anche per la laguna di Venezia, e che non si scorgeranno per le foci
del Po, forse da lui maggiormente conosciute per averle percorse.
49. Coli' irruzione de' Barbari e particolarmente di Attila, nel secolo V i po-
poli della Venezia, abbandonate le loro città di terra ferma, rifuggirono nelle
isole, e sui lidi dell'estuario, e cioè gli abitanti di Aquileia in Grado, quelli
d'Oderzo ad Eraclia , di cui non si conosce più la posizione, i Concordiesi a
Caorle, gli Altinati a Torcello ed a Murano, i Padovani a Rialto, e gli abitanti
d'Este e di Monselice lunghesso il lido a Malamocco, Palestrina, e Chioggia (3).
Da una lettera di Cassiodoro , senatore romano , che sembra del principio del
secolo seguente sotto il regno di Teodorico (4), diretta ai tribuni marittimi
(Tribunis maritimorum) scorgesi come su quelle isole i Veneti si fossero costi-
tuiti in repubblica; come il commercio del sale fosse la principale loro occu-
pazione, e come ad essi si commettesse di trasportare le occorrevoli provigioni
dall'Istria a Ravenna. Da quella lettera parrebbe potersi dedurre che l'ordinario
loro alimento fosse il pesce, e che non vi era in ciò, e nella qualità delle abi-
tazioni, distinzione fra poveri e ricchi. Ma in una lettera posteriore parlasi
dell'estrema penuria di grani e di vino da cui era afflitta quella regione e
(!) Per maggiori particolari su questo fiume, e
sug]i altri delle provincie venete, vedasi V Appen-
dice A.
(2) Bini, lib. X. § 2.
(3) Sigonii. Opera omnia. Voi I. pag. 496.
(4) Magni Aureli i Cassiodori. Variarum. Lib. XII.
cap. 24.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 37
degli ordini di accorrere in suo soccorso, valendosi delle provigioni dell'eser-
cito raccolte in Concordia, Acquileia e dividale del Friuli (1).
50. È verisimile che la mentovata diversione del Brenta avvenisse quando
Padova rimase deserta de' suoi abitanti. Sede principale del governo di quelli
che occuparono 1' estuario veneto fu Malamocco, fondata sul margine interno
del lido, la quale di poi sarebbesi trasportata a Rialto, ove surse Venezia. Di-
cesi che verso il principio del secolo XI avvenisse la distruzione dell' antica
Malamocco , secondo taluni per effetto di terremoto , e secondo altri per irru-
zione del mare; ma questo fatto, puramente tradizionale, non vedesi accennato
nelle storie venete (2). Eguale incertezza si ha rispetto alle vicende cui sog-
giacque il corso de' fiumi nel medio evo, circostanza per la quale io Zendrini
trovò di limitare le sue Memorie al principio del secolo XIV (5).
51. Vuoisi che anteriormente a quell'epoca il Brenta si fosse rivolto col suo
corso verso la laguna di Brondolo, ove si scaricava, congiungendosi al canale
delle Bebbe ; ma poiché l'esame di tale questione e di tante altre concernenti
1' antico corso dei fiumi del Veneto, ci allontanerebbe di troppo da quelfa che
direttamente risguarda la condizione dell'estuario Adriatico nelle varie epoche
storiche, ci siamo riservali di farne qualche cenno nell'appendice A. Se per
la parte veneta di esso estuario siamo giunti a rintracciarne le vicende cui sog-
giacque nel periodo di oltre venti secoli , abbiamo fondata speranza che per
quella consecutiva , ove variarono le foci del Po , le nostre ricerche possano
spingersi ad oltre trenta secoli , ossia anteriormente alle più remote epoche
storiche, appoggiate a dati maggiormente positivi, poiché, come dicemmo, la
forma e la misura delle alluvioni del fiume faranno ivi l' ufficio di un vero
cronometro.
(1) Ivi, cap. 26.
(2) Non se ne vede fatto cenno nel Sabellico ,
Hist. rerum venetarum , e nemmeno nei Fasti du-
pales del Palazzi , ove nella biografia di ogni doge
si accennano gli eventi più notevoli ricavati dalla
precitata e dalle altre storie della Venezia.
(3) Vedasi la sua prefazione alle Memorie pre-
citale,
38
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
APPENDICE A
Sui fiumi della Venezia.
In iscritti anteriori ho dimostrato, all' appoggio di dati statistici, che il Po ,
attesa la condizione ed esposizione del suo bacino ai venti piovosi della ma-
rina, è uno de' più poderosi fiumi dell'Europa, a parità di superfìcie scolante (1).
Partendo dai pochi dati udometrici che si posseggono, si ha fondamento di cre-
dere che altrettanto possa dirsi per la più parte dei fiumi della Venezia, i cui
bacini sarebbero in generale maggiormente esposti a quei venti.
Simili dati mancano rispetto al principale di essi, P Adige, e solo è da sup-
porsi, confrontando la condizione del suo bacino con quella dei bacini de' pros-
simi fiumi Adda e Ticino, che per PAdige minore debba essere la quantità della
pioggia e della neve, e quindi minore, a circostanze pari, la portata media e quella
delle sue piene. Imperciocché la parte montuosa del bacino di questo, la cui super-
ficie vedemmo ascendere a circa 12000 chilom. q., si troverebbe nell'interno delle
Alpi, difesa dai venti della marina mercè le alte catene d'onde traggono le
loro origini l'Adda, P Oglio, il Chiese, la Sarca, il Brenta e la Piave. Sta in
fatto che la sua portata in piena massima alla Badia non oltrepasserebbe i
2400 m. e. per 1", e supposto che sia di 4000 m. e. a Trento, in ragione di
superfìcie scolante sarebbe soli 6/io ^elte piena massima d'afflusso del lago di
Como, e 3/10 di quella del lago Maggiore (2).
Ma lo stesso non può dirsi per gli altri fiumi principali del Veneto, partendo
anche dalla sola misura delle piogge che cadono sulle più basse delle loro
pendici montane , e perfino sulla successiva pianura. Mentre di fatti a Padova
la pioggia annuale è di soli 0m,865, a Vicenza si porta ad lm,107 ed a Schio,
ove termina la pianura alla radice de' monti d'onde discende il Timonchio o
Bacchigliene ad lm,373 (3).
Manca il dato udometrico per Bassano, ove il Brenta sbocca 'dal monte nella
pianura; ma si ha quello di Marostica a destra di 1^,085, e quello di Crespano
a sinistra alla sorgente del Musone di lm,808.
(1) Importanza degli studj sulla statistica dei fiumi
pag. 24. (Memorie dell'I. R. Istituto Lombardo, T. V
1854. Vedasi pure il Giornale dell'I. R. Istituto
Lombardo, T. XIV. 1846).
(2) Veggasi la recente Memoria : // voto della
commissione provinciale sui progetti di canali ir-
rigui per l'Alto Milanese e sulla sistemazione del-
l'emissario del Lago Maggiore, — Rendiconti del R.
Istituto Lombardo per la classe di scienze mate-
matiche e naturali, Luglio 1867; e Giornale del-
l'Ingegnere Architetto, fase, di Settembre 1867;
come pure la Memoria a parte, pag. 24.
(3) E questi, ed i successivi dati udometrici so-
nosi ricavati dall' opera di Dove : Klimatologische
Beitràge, Berlin 1857.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 39
Rispetto alla Piave, mentre al termine della pianura si ha im,209 per Monte-
belluna, ed C,290 per Conegliano ; verso il principio della vaile a Valdobbia-
dene si porta la pioggia ad lm,554, e ad lm,77 a Feltre, riducendosi ad im,209
a Belluno, posizione difesa da un elevato controforte dai venti della marina.
In quanto alla Livenza, a Sacile, termine della pianura si ha lm,580 di pioggia;
ed a Ceneda, nella valle lm,809.
Il bacino del Tagliamento è quello sul quale sembra dover cadere in mag-
giore copia la pioggia. Essa è di lra,446 a Spilimberto presso il termine della
pianura, e giunge a 2m,422 a Tolmezzo ed a 2ra,020 a Cercivento presso Pa-
luzza nel fondo della valle.
Ad Udine, in prossimità del Torre, quantunque in pianura, si ha lm,715, ed
a Gorizia sull'Isonzo lm,759 , abbenchè ivi un controforte delle Alpi Giulie
sembri proteggere la valle dai venti della marina.
In quanto ai cangiamenti avvenuti nel corso dell'Adige, gli eruditi si limi-
tano a dirci che dapprima era più settentrionale, passando dalla Cucca a Mon-
tagnana, ed in prossimità di Este; e che in occasione del memorabile diluvio
avvenuto, secondo la narrazione di Paolo Diacono, l'anno 589, siasi divertito
il fiume verso mezzodì sulla linea di Legnago e Castel Baldo , occupando di
poi la cosi detta Fossa Chirola. Tre secoli più tardi una nuova diversione sa-
rebbe avvenuta, giusta documenti irrefragabili, alla Badia di Vangadizza, che
avrebbe dato orìgine all'Adigetto, sul corso del quale si fondarono Lendinara e
Rovigo (4).
Rispetto alle diversioni anteriori, esaminando la carta topografica, scorgonsi
distinte striscie di terreno ove gli abitati sono più frequenti, e segnano la traccia
dell' antico corso di un fiume torbido che ha colle sue deposizioni elevato il
suolo al dissopra delle depressioni, o conche interposte. Talune di quelle tracce
sono pressoché parallele all'odierno corso dell'Adige ed altre trasversali con
vario grado di obbliquità.
Siamo perciò condotti a supporre che la linea la quale passa dalla Cucca
per Cologna, Saletto, Montagnana, Este, Tribano, Arra, Ponte Casale, Villa del
Bosco, e che mette capo alla laguna di Chioggia sia la più antica, e fosse at-
tiva nelle più remote epoche storiche. E forse da Athesis , nome del fiume,
avrà avuta origine quello della città di Este (Atesté) fondata sul suo corso.
Una prima diversione pare avvenuta presso Montagnana, dirigendosi il fiume
a Megliadino San Vitale, Vighizzolo, Villa, Sani' Elena, Pozzonovo, Bagnolo, ed
Agna, d' onde al nord della valle del Foresto, appendice, come si disse , della
laguna di Brondolo, sarebbesi tuttavia diretta a quella di Chioggia.
Una seconda diversione sarebbe avvenuta a Pozzonovo, volgendosi verso mez-
zodì ad Anguillara nella più settentrionale delle Fosse Filistine , che avrebbe
segnato il lembo meridionale della detta valle del Foresto, fino ad attraversare
il cordone litorale alla così detta Cavanella d'Adige; corso che sembra corri-
spondere per l'ultimo suo tronco a quello indicato da Plinio.
(4) Silvestri. Istorica e geografica descrizione delle antiche paludi adriane. Venezia 1736, pag. 31.
40 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
Altre successive diversioni, sempre più all' occidente sarebbero venute mano
mano a congiungersi a valle all'odierno corso dell'Adige per la mentovata
Fossa Filistina al cui prolungamento superiore sembra si desse appunto il
nome di Fossa Chirola. Quelle diversioni si sarebbero unite dapprima a Boara,
quindi a Piacenza, di poi a Castel Baldo. Ultima di esse pare sia stata quella
che vi mette capo passando per Albaredo e Legnago , forse avvenuta nella
mentovata memorabile piena del 589.
Siccome tali striscie di terreno alto hanno generalmente la larghezza di circa
due chilometri, questa segnerebbe i limiti dei controforti o spalti laterali del
fiume formati colle sue deposizioni quando libere ne erano le espansioni, prima
quindi del suo arginamento.
Al principio dei secolo XIV, giusta la Gronichetta di Ferrara, della quale par-
leremo più avanti , chiamavasi Adige tanto il corso odierno di questo fiume ,
quanto l'Adigetto, che comunicavano liberamente fra loro, distinguendosi il
primo, secondo il Silvestri, col nome di fiume antico (Flumen-Vetus) (5). Nulla
dicesi di argini da cui fosse allora accompagnato (6). Posteriormente venne rego-
lata la diversione dell' Adigetto; ed alla metà del secolo XV sarebbe avvenuta
la rotta del Castagnaro, che avrebbe invaso il Tartaro, o Canal Bianco, ser-
vendo di poi qual diversivo delle piene d'Adige fino al suo chiudimento se-
guito nel 1838.
Allontanatosi l'Adige da Este, sembra che anche anteriormente alla domina-
zione romana vi si fosse diretto il Frassine , nel quale superiormente conflui-
(5) Ivi, pag. 87. — Starebbe il fatto supposto dal-
l'autore che all'odierno corso dell'Adige si desse
il nome di flumen vetus , qualora la chiesa abba-
ziale e l'annesso monastero di Santa Maria di Van-
gadizza siensi eretti sul margine di questo braccio
del fiume dal quale ivi si stacca l'Adigetto; bifor-
cazione ove sorse la popolosa borgata di Badia.
Non conoscendo i luoghi, nulla potrei dire in con-
trario; ma mi fa senso il vedere sulla carta topo-
grafica il maggior corpo di queir abitato sulla
sponda sinistra dell' Adigetto , a circa cinquecento
metri di distanza dalla biforcazione. Qualora ivi
esistesse, o si fosse trovata anche l'antica chiesa
abbaziale , quel nome di flumen vetus avrebbe do-
vuto darsi all' Adigetto. Imperocché tanto nell'atto
di fondazione di quella chiesa dell'anno 920; quanto
in quelli di donazione del 954 e del 993, riportati
dall'autore, si pone la chiesa prope flumen Adice ve-
do. E per verità l'Adigetto ha un carattere di mag-
giore antichità ove si consideri che su di esso si
è fondata la città di Rovigo, eretta in castello fino
dalla metà del secolo X (Ivi, pag. 40-48), e la città
di Lendinara, che diede il nome ad Uberto di Len-
dinara, nobile veronese, il quale fioriva nell'anno
870 (Ivi, pag. 90). Dalla mentovata carta topogra-
fica rilevasi che in origine l'Adigetto, partendo da
Rovigo, si univa all'Adige presso Anguillara, pas-
sando per Sarzano e Mardimago , ove vedesi la
traccia del suo alveo derelitto. 11 suo corso da
Rovigo a Cavarzere, ove si riuniva all'Adige fino
allo scorso secolo, sembra l'effetto di una diver-
sione, forse in un alveo derelitto del Tartaro, ve-
dendosi dato questo nome ad uno scolo di fronte
a Cavarzere, che sembra ne fosse la continuazione.
In tale supposto la rotta della Badia sarebbe av-
venuta nella sponda sinistra dell'Adigetto, con un
accorciamento di linea da quel punto ad Anguil-
lara , occupando verisimilmente la Fossa Chirola,
ove si è stabilito 1' odierno corso del fiume , sul
quale non scorgonsi abitati importanti come quelli
sull'altro braccio. La semplice cognizione de'luoghi
varrà a chiarire l' insorto dubbio.
(6) In quel tempo l'Adigetto sarebbe stato tutta-
via disarginato se il suo primo arginamento indi-
casi eseguito nel 1581 contemporaneamente a quello
dello stesso Adige dalla Pettorazza alla confluenza
dell'Adigetto (Zendrini, Mem. T. I. pag. 304). Os-
serva poi lo stesso autore (pag. 313) che nel 1584
proponevasi di fare uno scaricatore del Gorzone
nell'Adige nel luogo detto la Bertolina, prossimo
alla Pettorazza, mentre nel 1721 egli riscontrò il
pelo d'acqua ordinario del Gorzone più basso di oltre
5 piedi (2m,20) di quello pure ordinario dell'Adige,
lo che indicherebbe un notevole alzamento di fondo
avvenuto in questo nel corso di soli 137 anni.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 41
vano i torrenti Chiampo e Guà; e che continuando il corso di esso per
Monselice e Pernumia, si inalveasse di poi colla Fossa Clodia, che supponemmo
corrispondere all'odierno canale dì Pontelungo fino alla laguna di Chioggia. A
questa supposizione non farebbe ostacolo la direzione tuttavia rettilinea di quel
canale, dalla Cagnola a Correzzola, avendosi l'esempio dell'Acqualunga presso
Modena, che si è conservata rettilinea fino a nostri giorni, quantunque da oltre
dodici secoli vi si sia inalveata la Secchia , mentre in origine sembra essere
stato un semplice canale artificiale. La diversione del torrente Chiampo nel-
l'Alpone; l'inalveazione ed arginamento generale del Frassine; e fors'anche l'im-
missione in esso di una derivazione dal Bacchigliene sotto il nome di Bisatto,
della quale parleremo più avanti, sembrano operazioni dovute al risorgimento
dell' industria e della civiltà nei municipj italiani , argomento che , a volerne
trattare colla debita estensione, ci allontanerebbe dallo scopo delle nostre ricerche.
Rispetto al Bacchiglione, parleremo dapprima del suo corso superiore e quindi
di quello inferiore.
Abbiamo veduto che la superfìcie del suo bacino montuoso è di 930 chi-
lom. q., de' quali 92 apparterebbero al Retrone che discende dai colli al mez-
zodì ed all'occidente di Vicenza, 186 al Bacchiglione col Timonchio, che, at-
traversata la pianura da Schio a Vicenza lambe nel lato settentrionale quella
città, ove si unisce al Retrone; e 652 chilom. q. corrispondono al bacino mon-
tuoso dell' Astico, fiume principale che col nome di Tesina confluisce nel Bac-
chiglione sopra Longare, a sette chilometri a valle della città. L'ultimo tronco
di questo confluente, partendo da Palù, è pressoché rettilineo in lunghezza di
cinque chilometri, mentre a monte il suo corso è serpeggiante. In prossimità
poi di quel luogo avrebbe origine un fìumicello di pianura serpeggiante esso
pure, chiamato Tesina padovana, che confluisce nel Bacchiglione a Creola, a
15 chilometri a valle di Longare, fiume che si ha motivo di considerare sic-
come l'antico ultimo tronco della Tesina Alta, ossia Astico. La diversione di
questa da Palù a Longare sembra artificiale, allo scopo di migliorare per una
più lunga tratta la navigabilità del Bacchiglione, e per quello eziandio di de-
rivare il mentovato canale Bisatto, che condotto nell'avallamento interposto ai
colli Berici ed agli Euganei, si unisce al Frassine, dopo avere servito, nel tronco
superiore pel movimento di opificj, e nell'ultimo per la navigazione. Ne' con-
flitti che vi furono fra i municipj rivali di Vicenza e di Padova, il primo di-
vertì per qualche tempo nel Bisatto tutto il Bacchiglione, privando l'altra città
delle acque di questo. Sta a vedersi se quel primo cangiamento nel corso del
Bacchiglione operato dall'arte risalga all'epoca della dominazione romana, onde
facilitare la navigazione da Este alla laguna per la fossa Clodia, oppure al
medio evo, quando i Padovani costruirono il canale della Battaglia , di cui si
parlerà più innanzi.
Sull'antico corso dei fiumi del Padovano pubblicò nello scorso secolo una
Memoria Giuseppe Gennari (7) ove si riportano documenti interessanti, taluno
(7) Dell'antico corso defilimi in Padova e ne' suoi contorni. Padova 1776.
42 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
de'quali parrebbe in opposizione alle sue illazioni. Imperciocché egli crede, come
la più parte degli eruditi , che il Togisone di Plinio corrisponda al Frassine ,
chiamato anticamente Vigenzone; che il Bacchiglione, cui nel medio evo davasi
il nome di Retrone, o Retenone, attraversasse Padova, e fosse il Medoaco mi-
nore, diverso dal Medoaco Maggiore, che sarebbe stato secondo lui il Brenta.
Abbiamo già notato come la superficie dei bacini montuosi del Retrone, del
Bacchiglione e della Tesina stieno rispettivamente fra loro come i numeri 1,
2 e 6, talché per la prevalente importanza dell' ultimo di questi influenti è
verisimile che ai tempi della dominazione romana si desse volgarmente il nome
di Tesina, od altro a questo somigliante al fiume unito, nome dal quale sareb-
besi forse ricavato quello di Togisone.
Il Gennari a sostegno del suo assunto cita un verso di Venanzio Fortunato,
poeta del VI secolo , che sembra un apostrofe alla città di Padova , ove
dice (pag. 6) :
Eie Ubi Brinta fluens iter esse (est) Retenone secundo.
Ma da quel verso sembra doversi piuttosto dedurre che il Brenta discendeva
in Padova, con una direzione parallela a quella del prossimo Retenone, o Bac-
chiglione , siccome abbiamo pure ricavato dalla traccia degli alvei di Brenta
rimasti derelitti dopo la sua diversione a sinistra presso Curtarolo, la quale
sarebbe così avvenuta in epoca posteriore al poeta Venanzio.
Altri dubbii insorgono circa al corso che prese il Brenta dopo la mentovata
diversione, essendo opinione generale che fino dal 1200, in tutto o in parte si
dirigesse, come si disse, unito al Bacchiglione ed al Frassine, nella laguna di
Brondolo ove si congiungeva air antica fossa, o canale delle Bebbe. Questo
fatto concorderebbe con un privilegio di Arrigo IV accordato ad Olderico ve-
scovo di Padova nel 1079, ove dicesi: Flumen quod vocatur Retrone a Vado
silicis usque ad locum quod intrat in flumen quod vocatur Brenta, inde usque
in fossam quae vocatur Baiba (Bebbe) (8).
Si può quindi supporre che dopo l' accennata diversione dei Brenta, l' intero
fiume, od un suo ramo , si dirigesse verso Legnara , ed unito al Bacchiglione
passasse per Rialto ed a Chiesura, si congiungesse alla Fossa Clodia ove co-
minciano i serpeggiamenti di questa, e passasse per Brenta dell' Abbà, prose-
guendo per Cive fino all'unione colla fossa delle Bebbe; il qual ultimo tronco,
di cui rimane la traccia, anche oggidì chiamasi Brenton vecchio.
Di fronte a Rialto havvi un villaggio chiamato Porto, nome che sarebbe in-
dizio della navigabilità del fiume che vi scorreva. Rivolto di poi tutto il Brenta
verso Strà, pare che il Bacchiglione siasi immesso artificialmente a Bovolenta
nella Fossa Clodia , siccome indicherebbe l' ultimo tratto rettilineo di quel
fiume.
(8) Ivi, pag. 9.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 43
Sul cadere del secolo XII, dirigendo in senso opposto presso le radici dei
colli Euganei le acque del Frassine, ed una parte di quelle del Bacchiglione ,
costruirono i Padovani il mentovato canale navigabile della Battaglia , che si
scarica con salto all' Arco dì mezzo nel canale Cagnola , confluente di quello
di Ponte Lungo. Circa venti anni dopo escavarono il Piovego per unire il Bac-
chiglione al Brenta da Padova a Strà; e poiché le acque del primo non erauo
all'uopo sufficienti, nel 1314 lo impinguarouo colla Brentella derivata dal Brenta
a Limena.
Fra il Brenta e la Piave solcano la pianura i mentovati fiumi, Musone, che
discende dai colli di Crespano, e Sile con altri minori interposti , alimentati
principalmente nella pianura da sorgenti, che un tempo erano più copiose (9)
ed anche da acque derivate dal Brenta e dalla Piave (10).
Quest'ultimo fiume, giusta le notizie statistiche ufficiali pubblicate nel 1832,
sarebbe andato soggetto verso Tanno 400 ad un notevole cangiamento (11).
Dicesi che per lo innanzi, giunto a Cadole, presso Capo di Ponte continuasse
a discendere dal nord al sud, passando fra Ceneda e Serravalle, quindi per Cam-
pardo, al di là di Conegliano; ma che, avvenuta una immensa frana del monte
del Cansiglio, ne rimase sbarrato il corso, e dovette aprirsi un varco per unirsi
al Cordevole. Scorgonsi difatti nell'avallamento summentovato le tracce di due
grandi frane di quel monte ove si formarono due laghi. Il maggiore di essi ,
detto di Santa Croce, ha il suo emissario formato dal torrente Rai diretto alla
Piave dal sud al nord , in senso opposto a' suoi affluenti che discendono nel
lago dal nord al sud , lo che sarebbe realmente indizio di una inversione di
corso. L'altro laghetto, chiamato Morto, vedesi formato nella depressione inter-
media alle due frane.
Al mezzodi poi di Conegliano, fra l'odierno corso della Piave e quello della
Livenza, scorgesi la traccia di serpeggiamenti di un fiume di grande portata ,
ove scorre oggidì un fìumicello di pianura detto Piavon, circostanze tutte che
confermerebbero un tale evento. Ma non potrebbesi però ammettere il fatto ivi
accennato che la Piave si aprisse allora presso Capo di Ponte un nuovo varco
per unirsi al Cordevole, essendovi fra que'due punti estremi una profonda
valle lunga venti chilometri ove discendono da alti monti laterali poderosi tor-
renti, e trovandosi sul fondo di essa Belluno indicata da Plinio. Quando real-
mente sia avvenuta la mentovata catastrofe , conviene ammettere che presso
Capo di Ponte vi fosse una biforcazione della Piave, lo che costituirebbe un
fatto geologico molto raro, non scorgendosi le biforcazioni de' fiumi con foci
distinte in regioni alpestri, ma piuttosto nelle sottoposte pianure.
(9) Paleocapa. Indizi della diminuita portata dei
fiumi. Memorie dell'I. R. Istituto Veneto di scienze
ed arti, T. I. Memoria letta nel luglio 1841.
(10) Le derivazioni dalla Piave «otto i nomi di
Brentella e di Piavesella, che si scaricano nel Sile,
vuoisi che siensi fatte eseguire dal celebre archi-
tetto idraulico fra Giocondo sul principio del se-
colo XVI , provvedendo per tal modo d' acqua 54
ville dell' alta pianura trevigiana , e creando in
pari tempo un' immensa forza motrice per animare
opificj eretti sul loro corso. In tale occasione a-
vrebbe pure proposta e diretta la costruzione dei
ripari che difendono la pianura stessa dalle irru-
zioni della Piave, e delle fortificazioni di Treviso.
(11) Notizie storiche sulla Piave, pag. 103.
44 STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC.
In quanto al Tagliamento, del quale ai tempi di Plinio esisteva realmente al
piano una biforcazione, abbiamo accennato essere verisimile che allora un ramo
di esso passasse presso Concordia , ove oggidì scorre il fìumicello Lemene. E
poiché il conoide di quel torrente trovasi pensile sulle depresse pianure laterali,
sembra che i prossimi fìumicelli da cui queste vengono solcate sieno principal-
mente alimentati da sorgenti che provengono dalle acque dello stesso torrente.
Rispetto al Natisone, o Torre, che nell'epoca romana, e nei primi secoli suc-
cessivi bagnava le mura di Aquileia, esso sarebbesi mano mano portato verso
oriente, abbreviandosi il corso nella rientranza del seno di Monte Falcone. E
poiché è presumibile che il conoide di quel fiume torrente fosse più elevato
del fondo dell'Isonzo, di corso assai più lungo, e quindi, a quanto pare, fornito
di minore pendenza, verrebbesi così a spiegare come, dopo essersi avvicinati
que'due fiumi, ne sia avvenuto il congiungimento per una diversione del Torre
presso Turiaco.
Questi pochi cenni sui fiumi del Veneto sono semplicemente inlesi a chia-
rire col sussidio di documenti storici e di buone carte la serie dei cangiamenti
avvenuti nel loro corso. Altro più importante compito vi ha, quello d'illustrarne
l' idrologia mercè indagini locali , al fine di determinare sopra dati positivi
l'indole loro e le modificazioni cui soggiacque il reggime di essi. Potrebbesi
in tal modo chiarire anche il fatto rilevato dall'illustre Paleocapa della pro-
gressiva diminuzione della portata delle acque utilizzabili di magra, e del con-
temporaneo aumento di quella delle piene (12), perturbazione che sembra attribui-
bile ai diboscamenti delle pendici de' monti, siccome a causa prevalente. Questo
fatto lo scorgerei confermato dagli studii da me intrapresi particolarmente sui
fiumi della Lombardia , ove gli avvertiti disordini sono più recenti ed i loro
effetti possono più agevolmente dedursi dal reggime dei laghi che taluno di
essi attraversa , i quali in paritempo sono valido preservativo contro le loro
irruzioni a danno delle sottostanti pianure.
È da desiderarsi che simili ricerche vengano proseguite nelle provincie ve-
nete, ove l'arte per la difesa territoriale rese complicatissimo il sistema idrau-
lico, e deve perciò lottare contro difficoltà veramente imponenti.
(Continua)
(12) Memoria precitata.
OTTICA TECNOLOGICA AD USO DEGL' INGEGNERI.
Manca tuttavia nelle scuole, e manca tra' libri speciali dell' arte, un libro, nel
quale traendo dall'alta fisica-matematica la vera teoria della luce, e con essa i
principii fondamentali della micro-dinamica , renda volgare V applicazione di
questo sublime ramo di scienza, e lo si renda praticamente utile agl'ingegneri
spiegando loro i fenomeni, che hanno luogo ne' loro strumenti, le deviazioni atmo-
sferiche delle loro visuali, il miglior modo di illuminare le città, i cantieri, le
officine, i porti e le coste marittime.
Molto provvidamente fu in questo anno aperto all'Istituto Tecnico Superiore
di Milano un corso di ottica tecnologica informato a quello spirito, il quale riempie
questa lacuna, e ne é professore il cav. Porro.
Noi profittando della gentilezza colla quale il professore stesso ce lo ha per-
messo, toglieremo dalle sue lezioni una serie d' articoli per offrire ai nostri let-
tori, e pensiamo far cosa loro gradita ad un tempo ed utilissima, tanto più attese
le idee avanzate ed in parte nuove, sulle quali il professore appoggia le sue
nuovissime ad un tempo ed evidentissime dimostrazioni.
La Redazione.
Art. 1.°
Teoria niierodinamica della luee
(Vedi Tav. 2.a)
Nozioni sulla teoria microdinamica applicata a spiegare i fenomeni della luce.
1. Il ben conoscere la teoria della luce è necessario agl'ingegneri perchè ne fanno
un uso particolare e continuo dalla più semplice visuale fino alle misure le più
delicate, ed hanno bisogno di saper calcolare con precisione il modo di compor-
tarsi della medesima, sia nell'atmosfera, sia nei loro strumenti, e sia ancora nella
illuminazione dei cantieri di notte, dei laboratori, delle officine, delle città e
delle coste marittime.
2. La teoria della luce non è arrivata all'attuale sua perfezione senza passare,
come la maggior parte delle altre teorie, per la via delle ipotesi, 1' ultima delle
quali, la più fortunata, si è chiarita nel decorso di questo secolo per mezzo di
sapientissima analisi, essere non più una ipotesi, ma la più schietta e reale espres-
sione del vero.
3. Benché io debba trattare le questioni ottiche al punto di vista puramente pra-
tico, e particolare agl'usi che effettivamente se ne fa nell'arte degl'ingegneri,
tuttavia correrei il rischio di non essere inteso, se non ricordassi prima succin-
46 OTTICA TECNOLOGICA
tamente le leggi fondamentali che reggono i fenomeni, de' quali debbo parlare.
In ciò facendo io seguirò il metodo semplicemente descrittivo evitando per
quanto si potrà il calcolo, che nel caso nostro ci condurrebbe troppo per le
lunghe, e riempirebbe meno bene lo scopo, ma non posso a meno di abbandonare
decisamente la vieta terminologia che contamina tuttodì la purezza ammirabile
della nuova teoria microdinamica in questa^sua applicazione, anzi di prender
questa dal suo punto il più elevato e generale.
4. Mediante la luce, come mediante il suono, l'individuo percepisce l'idea del-
l'esistenza di oggetti lontani luminosi o sonori, v' è dunque motivo di supporre
qualche fìsica analogia fra la luce ed il suono.
Or bene, che il suono sia dovuto ad una vibrazione molecolare del corpo so-
noro, e che questa si trasmetta a distanza per mezzo dell'aria destando in essa
ondulazioni della stessa specie, le quali arrivano tino al nostro orecchio non è, da
gran tempo, più dubbio per nessuno; si presentava dunque naturale la ipotesi
che la luce essa pure sia dovuta ad ondulazioni destate dal corpo luminoso, le
quali si trasmettono per ondulazioni simili a distanza sino al nostro occhio. Gol
mezzo dell'aria?.... no perchè la luce attraversa il vuoto. Dunque non ne è l'aria
il suo veicolo efficiente.
5. Si venne perciò a gratuitamente supporre 1' esistenza di un fluido infinita-
mente più rado dell'aria, anzi lo si volle da principio senza peso, senza massa,
ed eminentemente elastico, e lo si chiamò etere.
Questo fluido riempie nell' assunta ipotesi : gli spazii infiniti, e penetra ed im-
bibisce, come l'acqua una spugna, tutti i corpi della natura interponendosi fra
le molecole loro ed addensandosi e ricambiando colle molecole materiali un'a-
zione non definita altrimenti che a rata del bisogno dei fenomeni da spiegare;
fin qui l' ipotesi.
6. La parte vera di questa ipotesi sta in ciò che la luce consiste appunto in
un fenomeno puramente dinamico in infinitamente piccole dimensioni, colla dif-
ferenza che è atomico, mentre il suono è fenomeno molecolare. Si possono
esattamente calcolare tutte le particolarità di questo fenomeuo partendo dalle
equazioni generali del moto, ed applicandovi semplicemente l'analisi razionale
stessa che spiega i fenomeni della dinamica ordinaria, fenomeno che perciò
esclude la ipotesi di un fluido privo di peso e di massa perchè senza peso e
senza massa non sussiste la dinamica.
Che cosa poi sia nel vero 1' etere dei fisici lo vedremo fra poco ragionando
della costituzione fisica della materia e della sua infinita elatività.
7. D' altra parte la trasmutazione del calorico in movimento meccanico, che ha
luogo nelle nostre macchine, la trasmutazione del calorico e dell'elettricità in
luce, e della elettricità, essa pure in movimento meccanico in altre diverse mac-
chine, la identità finalmente della elettricità e del magnetismo , non più conte-
stata, condussero i tìsici a pensare, e qui sta pure il vero, che i quattro impon-
derabili della fisica antica non fossero che manifestazioni e modificazioni diverse
di un medesimo fenomeno dinamico dipendente dalla natura della materia e della
costituzione atomica dei corpi.
8. Duopo è dunque che prima di ogni cosa ci facciamo un'idea fisica esatta
della materia, e de' suoi diversi stati, per poi passare allo studio de' movimenti
possibili nelle molecole, e negl'atomi onde la troveremo formata; è duopo
quindi ricercare in virtù di quali forze questi movimenti possono aver luogo :
AD uso degl'ingegneri 47
Particolizzeremo in seguito qual parte di quei fenomeni dinamici, in determinate
circostanze di ampiezza e di velocità, si traduca ai nostri sensi sotto forma di
luce, quale di calorico, quale di elettricità.
9. La somma delle nozioni che la umana mente ha potuto fin qui concepire
circa la costituzione fisica dell'universa natura si riassume come segue:
Considerata nel suo complesso infinito per rispetto al tempo, infinito per ri-
spetto allo spazio, tal quale esiste e perdura ab esterno in ceternum, l'universa na-
tura appare formata di nuli' altro che di materia e moto.
La materia è dotata di quella proprietà, misteriosa ancora nella causa, ma pei
suoi effetti ben conosciuta, che si chiama attrazione universale, che, dal nome
del suo scopritore si dice pure newtoniana quando si tratta della meccanica ce-
leste, e si distingue in molecolare ed atomica nei fenomeni fisici e chimici (in
chimica la si dice anche affinità), questa proprietà è però sempre identica a sé
stessa dall'infinitesimo fino all'infinito.
10. La quantità totale di materia che esiste, e la quantità totale di energia di-
namica che ad ogni istante sviluppa la sua azione nella vita complessiva dell'u-
niversa natura sono costanti dicesi; sono costanti perchè infinite, ed infinite non
già relativamente, ma in tutta la matematica estensione del significato della
parola.
Ho detto la vita parlando della materia che suolsi chiamare inerte, ma la fisica
molecolare e la fisica atomica, ponendo fuor di dubbio il movimento intestino
della materia, hanno messo in evidenza una vita sui generis che è sola eterna
a distinzione precipua della vita animale, della quale non abbiamo ad occuparci.
11. Tutti conoscono quel brillante romanzo della creazione che Laplace ha
immaginato nella sua cosmogonia, menando vanto al cospetto del primo Napo-
leone, essergli a comporlo bastate le forze della natura, senza ricorrere alla ipotesi
di un creatore. Tutti sanno che la cosmogonia altro non ammette che materia e
moto, altro non suppone che trasformazioni dinamicamente e fisicamente razio-
nali, se pur non tutte vere, del moto e della materia.
12. Ed in mezzo a quei parti informi de' prischi ignorantissimi tempi, che sotto
il nome di creazione sono stati nelle varie religioni immaginati per servire di
punto di partenza ai loro misteri, nuli' altro di ben chiaro, null'altro di concepi-
bile, apparisce per il libero moderno scrutatore della natura, che materia e moto.
L'Abate Zantedeschi concepisce V universo creato, siccome composto di materia
che si discreta, e materia che si concreta.
13. La materia si presentò dapprima ai fisici in tre soli diversi stali: il solido,
il liquido, il gazoso, ma gl'astronomi vi aggiunsero lo stato che dicesi cometario,
ed il cosmico, di più, in più, ed incomparabilmente più, rarefatti; i fisici ammet-
tendo non è ancora gran tempo che l5 etere è materia , vi aggiunsero lo stato
etereo (1).
(1) Babinet, calcolando in base agli effetti di perturbazione stati prodotti o piuttosto non stati prodotti
dalla immensa cometa di Donati, trovò che il suo peso non doveva eccedere tre chilogrammi. Quella co-
meta occupava nel cielo 44 gradi, che, a quella distanza, valevano più di duecento milioni di Kilo-
metri, e fatto conto col diametro medio si hanno molti miliardi di Kilomelri cubi pel volarne di quella
cometa.
La materia cosmica delle nebulose è senza dubbio di gran lunga più rarefatta ancora, e lo è infinita-
niente più la materia allo stalo etereo.
48 OTTICA TECNOLOGICA
L'etere ha dunque cessato oggidì di essere un mito inconcepibile; esso più non
è che materia, ma materia elatita in virtù della attività incessante del moto ato-
mico che agisce quasi forza repulsiva, fino all'estremo grado di rarefazione; fino
a presentare l'estremo risultamento della materia che si discreta del Zantedeschi.
14. In questo stato la materia riempie gli spazii infiniti in che vagano gl'innu-
merevoli astri dell' universo, riempie quei spazii infiniti, que Dieu seni embrasse,
per dirlo col poeta Abate Deliste, e la sua rarefazione vi è tanta da non opporre
ad essi la benché menoma sensibile resistenza; se non che osservazioni preci-
sissime, state in questi ultimi anni fatte sulla cometa di Enke lasciano a sospet-
tarne una, benché tenuissima oltre ogni dire.
Accettandolo dunque noi siccome cosi fatto, ne riterremo il nome usato di etere.
15. Considerata invece la materia nei corpi tangibili, noi troviamo prima di
tutto che i corpi sono chimicamente o semplici o composti , che si è chiamato
molecola quella estrema parte del corpo dato che si può col pensiero, se non ma-
terialmente, separare da un corpo composto senza cambiarne la composizione e
le proprietà, ed atomo la particola di ognuno de' corpi semplici componenti la
molecola.
Che questo atomo però sia veramente la monade di Leibnitzio è quello che è
dubbio ancora assai; è anzi opinione di alcuni dotti (tra i quali Dumas) ed opi-
nione dedotta dalle più diligenti ricerche sugl'equivalenti chimici, e sulla distri-
buzione degP atomi semplici nelle molecole dei corpi composti e sulla figura di
queste, che la materia primitiva possa essere unica e che gl'atomi dei corpi detti
semplici (che sono men di cento) si compongano essi stessi di atomi primitivi di
questa materia unica aggregati fra loro in numero ed in modo diverso negl'a-
dorne dei corpi da noi chiamati semplici, e vi siano ritenuti stabilmente da forze
maggiori di quelle che sono a nostra disposizione nei laboratori chimici.
Costituito l' atomo semplice , intesa la possibilità della molecola del corpo
semplice formata di atomi semplici in un dato modo fra loro congiunti é fa-
cile intendere come la composizione molecolare di varii corpi sia semplici sia
composti, possa presentarsi amorfa, e tale da essere uniforme in qualunque
direzione , oppure possa un corpo neir atto che si forma andarsi modellando
sulla figura delle molecole, che nei corpi composti si modellerebbe essa stessa
su quella degl'atomi semplici; una maravigliosa conferma di ciò si ha nelle
sperienze di cristallizzazione veduta sotto il microscopio.
16. Nel primo caso le proprietà fisiche del corpo, tra le quali l'elasticità, sa-
ranno le stesse in tutti i sensi; nel secondo caso, che è quello dei cristalli d'ogni
specie, la elasticità varierà variando la direzione intorno ad uno oppure a due
assi che si sogliono chiamare assi di cristallizzazione, oppure assi di elasticità.
Ripetiamo dunque per ordine.
I corpi sono composti di molecole della stessa identica natura loro; le molecole
di atomi semplici separabili coi mezzi noti della chimica; gl'atomi semplici si
compongono di atomi primitivi , vale a dire di atomi di una materia primitiva
ed unica.
Si costituiscono in tal modo e si possono perfettamente concepire nella ipotesi
di una materia basica unica tre ordini di infinitamente piccoli uno rispetto all'altro,
ma per noi non monta che in qualunque stato della materia, si concepiscano gli
atomi del chimico ossiano gli atomi semplici, oppure gl'atomi primitivi, i nostri
ragionamenti dovendo esser semplicemente dinamici, essi si applicano all'una
AD USO DEGL' ingegneri 49
come all'altra credenza, e si applicano agl'atomi della materia in tutti i suoi
stati dal più rarefatto fino al più denso, dall'etere al Platino.
» 17. I fenomeni ottici che noi ci accingiano a studiare ci permetteranno di am-
mettere che la massima parte della energia dinamica attuata nella natura non è
quella che attiva i grandi movimenti degl' astri, bensì quella che mantiene il
movimento continuo incessante di ogni atomo di materia in un' orbita chiusa
piccolissima descritta intorno al suo centro d'equilibrio, orbita i cui elementi
geometrici istantanei son quelli della figura elittica, tutti però periodicamente
variabili, come appunto succede dei pianeti intorno al sole, e, quando si tratta
della materia costituita in aggregati definiti, se avviene che per una causa esterna
l'orbita degeneri in curva aperta (parabola od iperbola) l'atomo si allontana allora
dalla regione che gli era nell'aggregato assegnata, entra nella sfera di attrazione
di atomi vicini, le molecole composte si decompongono, e danno luogo a nuovi
composti più stabili, oppure forse si risolvono in materia allo stato di meno in
meno denso dal gazoso all' etereo (materia che si discreta).
Una parte della energia dinamica onde ogni atomo è animato può trovarsi im-
piegata ad imprimere all'atomo un movimento di rotazione sul proprio asse
comunque inclinato sul piano dell'orbita, e qui pure esattamente come si osserva
nel cielo.
18. Qui come in astronomia s'incontra dunque nella materia il movimento con-
tinuo persistente del quale è misteriosa ancora la causa, ma la cui esistenza è,
come V attrazione, un fatto patente impossibile a non accettarsi, alla ignota causa
del quale si dà per comodo di linguaggio il nome di impulsione primitiva.
U attrazione universale e l' impulsione primitiva non sono dunque ipotesi, ma
sono fatti capitali che possiamo constatare e misurare, contentandoci per ora di
non ricercarne la causa prima, a meno di accomodarci all'opinione di quell'au-
tore ascetico il quale dice, descrivendo la creazione, che la materia irruit de manie
Dei, come i grani di semenza dalla mano del bifolco, i quali in vero possono da
quel atto venire animati tutti ad un duplice movimento di traslazione e di rota-
zione sopra sé stessi.
19. Questo movimento atomico incessante continuo ha luogo in tutti gli stati
della materia anche nei corpi i più compatti e densi della natura, e costituisce
la vita propria della materia, la vita fisica dell'universa natura, come palpabil-
mente lo dimostrano tra i primi e più evidenti, i fenomeni del calore; solo può
dubitarsi se alla temperatura non mai stata raggiunta di — 274° alla quale l'ana-
lisi matematica indicherebbe estinzione totale del calore, e vi collocherebbe lo
zero assoluto del termometro cesserebbero effettivamente di esistere il moto e la
vita; ma v' è luogo di credere che le formole analitiche di cui si tratta siano di
quelle che cessano d'essere applicabili ai fenomeni in prossimità de' casi estremi.
Le dimensioni dell'orbita di cui si tratta, sebbene finite, sono piccolissime
a segno di potersi chiamare infinitamente piccole per rispetto agli spazii che la
nostra mente suole apprezzare; le velocità invece che avremo da considerare
benché misurabili con sorprendente approssimazione sono talmente grandi da
potersi chiamare come infinite, per rispetto alle più grandi che siam usi a cono-
scere sulla terra.
20. Abbiamo accettato il nome di impulsione primitiva sotto il quale si conosce
la tuttor misteriosa forza animatrice della universa natura. Queste parole com-
prendono un'idea, che non ci deve sfuggire; tanto più perchè essa si trova pie-
Giorn. lng. — Voi. XVI. — Gennajo 1868. 4
50 OTTICA TECNOLOGICA
namente in accordo coi fatti noti segnatamente nella meccanica celeste: ed
eccola.
Havvi un piano medio dal quale poco si discostano, benché variamente india
nate rispetto ad esso le orbite dei pianeti; le osservazioni astronomiche mostrano
anzi che il sole, e con esso tutto il suo corteo celeste noto, s'avvia lentamente
tutto intiero verso la costellazione d'Ercole descrivendo forse intorno ad un
centro ignoto una grande orbita che lasciamo agli studii delle generazioni a
venire.
Or bene nulla ripugna ad ammettere che quel piano rappresenti la direzione
di quella che abbiamo chiamato impulsione primitiva, e che i piani delle orbite
atomiche siano nella natura tutti parallelli o poco inclinati su quel piano. Ecco
l'idea cosmo-matematica che ancor mancava a collegare fra loro tutti i fenomeni
dinamici della natura dall' infinitesimo fino all'infinito.
A fine di caratterizzare con un epiteto questo piano noi lo chiameremo piano
cardinale.
21. Considerando ora il movimento di ogni atomo sotto l'influenza delle forze
che sono in azione in un aggregato indefinito: Supponendo costante la energia
dinamica totale applicata ad ogni atomo si riconosce:
1.° Che esso può descrivere la sua orbita e ad un tempo girare su di un asse
proprio che potrà essere comunque inclinato per rispetto al piano dell'orbita,
ma che, in virtù del fenomeno ben noto in meccanica della persistenza del piano
di rotazione, l'inclinazione media sia dell'orbita sia della rotazione assiale per
rispetto al piano cardinale si manterrà costante con variazioni periodiche dipen-
denti da cause che, in parte almeno ed in particolari casi, avremo occasione di
studiare.
2.° Che la variazione periodica della inclinazione del piano dell'orbita darà
luogo ad un effetto di tempellamento o librazione del piano medesimo, dalla quale
nasceranno delle dilatazioni e compressioni alternative nell'aggregato, nella quale
periodica variazione si può fin d' ora presentire di ritrovare il calorico.
3.° Che possono i due diametri dell' orbita variare periodicamente di grandezza
ed il minor diametro anche ridursi a zero, il che cambierebbe il moto orbitale in
una oscillazione rettilinea, e passare anche al di là dello zero cambiando di segno,
la qual cosa cambierebbe il senso del moto orbitale.
4.° Che può la orientazione del diametro maggiore della elisse obbedire an-
ch'essa ad una variazione periodica simile a quella che in astronomia si chiama
precessione.
5.° Che la velocità media angolare nell'orbita e di conseguenza anche la velo-
cità lineare tangenziale possono entrambe variare periodicamente entro i più
estesi limiti.
6.° Che può variare pure entro i più estesi limiti la proporzione fra le quan-
tità di energia dinamica impiegate nelle varie fasi e nelle varie specie di movi-
mento ond' è 1' atomo animato.
Per quali cause poi possano tutte queste variazioni periodicamente od acci-
dentalmente avvenire ed in qual modo si manifestino, lo vedremo in seguito,
qui basti stabilire che sono possibili.
7.° Coli' analisi si dimostra che in virtù della sola attrazione e della impulsione
primitiva un aggregato di materia uniformemente costituito in tutti i sensi ed in
quelle condizioni, qualunque sia la sua densità, il moto deve essere persistente
AD USO DEGL'INGEGNERI £{
identico ed uguale in tutta l'estensione dell'aggregato, ma che venendovi ad es-
sere inferto da una causa estranea in un punto qualunque un qualsisia feno-
meno esaltativo o depressivo del movimento, fenomeno che suolsi chiamare
crisi (1), l'effetto di essa si propagherà con velocità uniforme sfericamente all' in-
giro in tutte le direzioni fino ai confini dell'aggregato dato; come poi proceda
oltre, e si comunichi, e con quali variazioni, ad altri ed altri aggregati più o
meno densi , che vi si trovino in contatto, ella è cosa che vedremo più innanzi.
L'effetto della crisi cessa col cessar della causa inferente, ed il reggime pri-
mitivo si ristabilisce gradatamente in tutta la estensione dell'aggregato dal centro
alla periferia.
22. Avvenuta in un punto una crisi in virtù di una certa quantità di energia
dinamica da causa esterna in quel punto recata, questa energia dinamica viene
colla propagazione a distribuirsi sopra strati sferici concentrici successivi di
atomi, cosicché la massa di ogni strato cresce come il quadrato della sua distanza
dai centro, perciò necessariamente l'altro fattore della energia dinamica, che è
la velocità tangenziale nell'orbita, decrescerà nella stessa ragione.
Seguendo col pensiero una crisi che si propaga in un aggregato isotropo di ma-
teria fino ad un istante dato, noi la troviamo giunta, dopo un tempo t, ad uno strato
di atomi sferico intorno all'origine; ed è da rimarcarsi (e dal fin qui detto agevolmente
si capisce) che in tutto quello strato tutti gl'atomi si troveranno in quel medesimo
punto della loro corsa nell'orbita, o come si vuol dire nella medesima fase, vale a
dire che i raggi vettori saranno in quell'istante tutti paralleli fra loro, e si man-
terranno continuamente tali finché dura la crisi : lo stesso dicasi rispetto alle or-
bite i cui piani ed i cui assi maggiori saranno in queir istante tutti paralleli e
saranno identiche tutte le circostanze dinamiche del movimento, e tali perdure-
ranno finché dura la crisi, e per tutti gli atomi di quello strato; motivo pel quale
ogni simile strato prende il nome di superficie isodinamica.
23. Ma la velocità di propagazione, benché in generale grandissima, non essendo
infinita, trascorrerà un tempo finito, mentre da questo strato di atomi la crisi si
comunica al seguente, quindi il raggio vettore nell'orbita andrà ritardando
continuamente, e tanto ritarderà che dopo un certo numero di strati passati il
ritardo giungerà ad una rivoluzione intiera, poi due, poi tre e via di seguito, e
durante questo tempo , la crisi avrà progredito nel senso della propagazione di
quantità che designeremo con Ì.X; 2. A; S.X; ecc.
E invalso l'uso di considerare le isodinamiche siccome fronti di altrettante
supposte onde, benché onda propriamente detta non vi sia, e di considerare la
quantità X come grossezza della supposta onda.
Questa quantità la si usa chiamare lunghezza d'onda.
Chiamando u la velocità angolare nell'orbita V° la velocità di propagazione è
evidente la relazione
u __ 2ir
V° ~ X
Le crisi che avvengono in un aggregato di materia, delle quali abbiamo da oc-
cuparci nell'ottica, sono generalmente dovute ad una causa inferta producente in
(1) Il vocabolo crisi significa giudizio, ma significa anche conato impellente, ed in medicina conato
espellente. Noi P impieghiamo nel secondo dei tre significati.
52 OTTICA TECNOLOGICA
un punto dell'aggregato un cambiamento di stato chimico, come per esempio la
combustione. In questo caso gli atomi si dirimono dalle molecole e s'accomodano
in diversa chimica combinazione formando altre diverse molecole; l'effetto per-
dura finché vi sono molecole da decomporre e da diversamente ricomporre.
Durante il fenomeno inferente hanno luogo dei movimenti ben determinati
dalla natura del fenomeno inferente , e si ripetono periodicamente secondo un
cert' ordine invariabile.
Ognuno di questi diversi movimenti costituisce una speciale crisi elementare
instantanea che si propaga nell'aggregato, e l'insieme di queste crisi, che periodica-
mente si riproducono, arriva successivamente a tutti gl'atomi dell'aggregato, i quali
ripetono movimenti similari, con che hanno luogo nel moto di un atomo qua-
lunque, e di tutti successivamente nella direzione della propagazione, delle va-
riazioni periodiche della stessa natura di quelle ingenerate vicino alla origine.
Le variazioni periodiche indotte da una sorgente di crisi determinata sono dun-
que inerenti alla natura del fenomeno originativo della crisi stessa, e sono diverse
da uno ad un altro fenomeno inducente, bruciar zinco per esempio oppur carbone;
essi possono dunque servire a riconoscerne la natura perchè costantemente ed
identicamente si riproducono per quante volte abbia luogo il medesimo fenomeno
originativo.
Distingueremo nel seguito le crisi in semplici e composte; si diranno semplici
le crisi in cui non avranno luogo, durante il fenomeno originativo, variazioni pe-
riodiche negli elementi dell'orbita; si diranno composte quelle affette da varia-
zioni periodiche.
24. La velocità di propagazione, abbiamo detto, è uniforme, uguale e costante in
tutti i sensi, in qualunque aggregato isotropo; questa proposizione però è ristretta
al caso di una crisi, nella quale la velocità media angolare nell'orbita sia costante,
oppure nel caso della materia allo stato etereo, ma se dalla materia eterea passa una
crisi composta a propagarsi a traverso un aggregato di materia più densa, avviene
allora che la velocità di propagazione subisce un ritardo che è funzione della
velocità angolare nelP orbita, e Gauchy ha dimostrato che la relazione fra queste
due velocità è espressa generalmente dalla formula :
Y1L — 1 + A u° + Byfi +C# + ecc.
nella quale V° e> V sono rispettivamente la velocità di propagazione nella ma-
teria allo stato etereo, e nell'aggregato proposto; u è la velocità media angolare
nell'orbita, ABC ecc. sono dei coefficienti che variano da una materia ad un'altra
e che si possono determinare coli' esperienza per ogni data materia (1).
Cauchy ha dimostrato inoltre che i coefficienti A, B, C, ecc., decrescono rapidissi-
mamente per modo che la espressione suddetta si può limitare alla seconda po-
tenza di u, trascurando tutti i seguenti termini, e Beer ha dimostrato che trascu-
rando pure il quadrato del differenziale del primo membro, e modificando
opportunamente i coefficienti si può scrivere semplicemente
i^l + A^iM
(1) Veramente Cauchy ha dato una forinola simile espressa in funzione della lunghezza d'onda X
dalla quale fu derivata la forinola qui espressa.
AD uso degl'ingegneri 53
Non perdiamo di vista che questa forinola è applicabile solamente quando si
tratta di movimenti atomici infinitamente piccoli della natura di quelli che ab-
biamo descritto, e che Gauchy chiama movimenti semplici, malgrado la moltipli-
cità delle variazioni periodiche a cui vanno soggetti.
Non dimentichiamo neppure che si chiamano infinitamente piccoli questi mo-
vimenti fin tanto che gl'atomi non abbandonano la regione loro, finché non si di-
rimono dalle molecole, e non passano in altre sfere di attrazione, le quali cose
indurrebbero decomposizione chimica nell'aggregato.
25. La teoria non indica limiti di velocità, sia di propagazione sia angolare
nell' orbita sia tangenziale , essa è vera in tutte le sue parti ed a tutte le velo-
cità, ma le apparenze sotto le quali il fenomeno dinamico complesso che abbiamo
fin qui descritto si manifesta sono diverse. Il fenomeno riveste l'apparenza luminosa
quando le velocità sono grandissime, motivo pel quale, a fine di non avere da
enunciare e scrivere dei numeri incomodi, adotteremo per unità di tempo ; col
nome di cronìa, il millionesimo del minuto secondo.
Quel fenomeno dinamico dunque arriva col crescere della velocità angolare
nell'orbita a rivestire l'apparenza luminosa quando il numero delle rivoluzioni
di ogni atomo nella propria orbita giunge a trecento milioni di rivoluzioni in
una cronìa e cessa di nuovo di essere riconoscibile come luce quando la ve-
locità suddetta tocca o sorpassa verso gl'ottocento milioni di rivoluzioni in una
cronìa.
Se inoltre si riferisca l'equazione dell'orbila a tre assi per coordinate rettan-
golari uno de' quali, l'asse delle z, sia preso nel senso della propagazione si è
trovato che i fenomeni luminosi dipendono solamente dalle x ed y il che ha
fatto dire che la luce consta di oscillazioni trasversali; che la z rappresenta e spiega
i fenomeni calorifici, e che il movimento di rotazione degl'atomi sul proprio asse
rappresenta e spiega tutti i fenomeni elettrici.
Si comincia dunque a comprendere ciò che già risultava dalla sperìenza, ma
che non era ancora stato razionalmente spiegato, che cioè il calorico, la luce
F elettricità si accompagnino quasi sempre, e si trasformino l'uno nell'altro e si
trasformino pure in movimento dinamico in grande nelle nostre macchine indu-
striali.
Il carbone che arde sotto una caldaja è un fenomeno chimico il quale fornisce
calorico e luce; ne nasce il vapore che agisce sullo stantuffo ed ecco il movi-
mento microdinamico trasformato in dinamico a dimensioni finite; ma la macchina
a vapore fa girare un apparato di Clarice nel quale la energia dinamica impressa
alla ruota si trasforma in elettricità, e questa a suo turno passando fra i due
reofori di una lampada elettrica, si trasforma in luce e calorico.
La macchina di cui si tratta è impiegata pei fari, ed è la più brillante dimo-
strazione della teoria che abbiamo a grandi tratti abbozzata. Noi la ritroveremo
sui nostri passi in quella ed in molte altre applicazioni industriali.
(Continua)
ROBINETTO D'OLIO PER LE MACCHINE A VAPORE
di A. Stigler ing. mecc. a Milano.
(Vedi tav. 3.a)
La lubrificazione del cilindro d'una macchina a vapore è una delle principali cure
richieste dal mantenimento del cilindro e dello stantuffo non soltanto, ma anche
dall'effetto utile della macchina stessa, cioè dall' economia del combustibile.
Spesso si vedono macchine a vapore funzionare male, perchè vi sono nei cilindri
delle righe in tutta la loro lunghezza, prodotte dalla troppa frizione degli stan-
tuffi, sia per mancanza di apparecchi speciali per lubrificare il cilindro, o sia per
mancanza dei macchinisti. La troppa frizione dello stantuffo nel cilindro ha per
risultalo immediato un consumo di forza, quindi consumo di combustibile, come
pure produce un andamento irregolare della macchina. Le righe poi lasciano fra
lo stantuffo e la parete del cilindro uno spazio, più o meno grande, secondo la
loro profondità, nel quale passa una parte proporzionale di vapore senza pro-
durre alcun effetto utile. È naturale che in paesi, nei quali il combustibile è
estremamente raro si debba maggiormente evitare ogni causa, che nelle macchine
a vapore produce una perdita di vapore.
Da ciò si spiega che tutti i costruttori di macchine a vapore applichino sui ci-
lindri un apparecchio, ordinariamente in forma di robinetto per il quale il mac-
chinista possa a sua volontà lasciare penetrare nei cilindro una certa quantità
d'olio, senza lasciarne sortire del vapore. — Ciò che fu detto in riguardo allo
stantuffo ed il cilindro, vale altrettanto per il piano nella così detta cassetta a
vapore sopra la quale scorre la valvola distributrice (tiroir). Più spesso che nei
cilindri s'incontrano sul detto piano, e quindi anche sulla valvola delle righe
per le quali passa il vapore producendo effetti contrari ai voluti, e quindi sono
dannosi. Per evitare anche a quest'inconveniente si applica sulla cassetta a va-
pore un' altro robinetto d'olio, ma spesso si omette per causa d'economia di co-
struzione.
Stimo quindi utile il dare qui la descrizione d'un robinetto d'olio da me ideato
ed eseguito, il quale funziona assai bene, e che nello stesso tempo è molto più
semplice, di quelli finora in uso, e quindi anche meno costoso.
La figura I Tav. 3 rappresenta una facciata, la fig. II, una sezione verticale se-
condo la Ctf, la fig. IH una proiezione orizzontale col robinetto aperto e fig. IV
una sezione orizzontale secondo la A B. Il robinetto , come si vede dal disegno
consiste in 3 parti, cioè: i.° la femmina con un involto eccentrico che lascia io
spazio M nel quale il macchinista versa l'olio; 2.° il maschio vuoto N e 3.°
il coperchio. Unita alla femmina esternamente si trova una canna, la di cui aper-
tura corrisponde con un buco nel maschio vuoto, quando questo si trova nella ri-
spettiva posizione (fig. II e IV). All' estremità di questa canna è fatta la vite me-
ROBINETTO D'OLIO PER LE MACCHINE A VAPORE 55
diante la quale si può francare il robinetto, o sul cilindro, o sulla cassetta, o
come vedremo in seguito sul tubo dell'entrata del vapore.
Il coperchio serve anche di manetta, ed è quindi fissato sul maschio in modo
da potere fare con questo un movimento di rotazione entro un angolo di 90°. Il
maschio vuoto, oltre al buco menzionato ne contiene un altro sulla stessa altezza,
ma distante dal primo d'un angolo di 90°. Sulla stessa altezza pure si trova
nella femmina un terzo buco di egual diametro, ma diametralmente opposto alla
canna (fig. II. e IV) ed il quale comunica collo spazio M. Nella posizione del
maschio segnata in fig. II e IV lo spazio N del maschio corrisponde colla canna,
la quale è in comunicazione collo spazio nel quale si vuole versare l'olio. E quindi
chiuso il buco nella femmina che corrisponde collo spazio M, superiormente chiuso
dal coperchio. In questa posizione il vapore aspira l'olio contenuto nello spazio
N e lo porta o nella cassetta a vapore o nel cilindro direttamente.
Se ora si muove la manetta (coperchio) descrivendo con essa un angolo di 90°
(posizione fig. IH) allora lo spazio M è scoperto, è quindi il macchinista può
versarvi dell'olio. Ma nello stesso tempo lo spazio N del maschio, per mezzo del
secondo buco comunica col buco della femmina e quindi collo spazio M, quindi
l'olio versato in questo penetra nel maschio vuoto, nel mentre questo chiude
ermeticamente la canna, ed evita quindi una sortita di vapore. Rimettendo la
manetta (coperchio) nella sua prima posizione, lo spazio N comunica di nuovo
colla canna e versa da quella l'olio contenutovi.
Si vede che la funzione è assai semplice, e consiste soltanto nelPaprire e chiu-
dere di un sol robinetto. Invece i robinetti fin ora in uso consistono in 2 robi-
netti uniti e posti l'uno sopra l'altro in modo da lasciare fra di loro uno spazio
nel quale si versa l'olio del robinetto superiore. Si chiude poi questo aprendo
quello inferiore, che così comunica col cilindro o cassetta a vapore versandovi
l'olio contenuto nello spazio fra i due robinetti.
Bisogna quindi aprire e chiudere 2 robinetti, in modo che l'uno sia chiuso,
quando l'altro è aperto. Invece succede spesso per inavvertenza del macchinista
che si trova aperto il robinetto inferiore nel mentre si apre quello superiore ed
allora il vapore caccia fuori dal robinetto l'olio contenutovi.
Questo inconveniente è assolutamente impossibile col mio robinetto, giacché
qualunque sia la posizione della manetta, o l'una o l'altra comunicazione è
sempre chiusa.
Ho detto che si può applicare questo robinetto sul tubo d' entrata del vapore;
e diffatti è questa la posizione più conveniente, perchè evidentemente, se si ap-
plica il robinetto sul tubo della presa del vapore, in vicinanza alla cassetta, l'olio,
aspirato dal vapore che passa in quel tubo, si diffonde completamente in questo
vapore il quale al suo passaggio sotto la valvola , e passando nel cilindro unge
anche le pareti di questo. È quindi sufficiente uno solo di questi robinetti in
proporzione conveniente alla forza della macchina.
SULL' USO DEL FERRO NELLE IMPALCATURE DEI SOLAI.
(Vedi la Tav. 4.a)
Prima che i progressi recenti dell' industria metallurgica venissero a modificare
completamente Parte di costruire, nelle fabbriche in cui il modo d'impianto o le
finanze del proprietario non permettevano di coprire con volte i varj locali, la
sola materia impiegata per la costruzione delle impalcature dei solaj era il legno.
Tutti conoscono i soliti soffitti formati con travolti o travottoni appoggiati ai
muri laterali e con assi chiodatevi sopra , come usiamo in Lomdardia , oppure
colle embrici che si appoggiano direttamente sui medesimi, come usano per esempio
nel Parmigiano. Su tali soffitti, quando siano ben fatti, non v'è nulla a che dire
all' infuori della loro combustibilità e delia loro troppa grossezza quando spe-
cialmente vi si deve metter sotto il plafone. Ma quando la larghezza del locate,
o meglio la distanza minima fra i muri su cui si possa appoggiare supera i 4 o i 5
metri allora incominciano i guaj : i travottoni soli non bastano e bisogna allora
ricorrere ad un trave o somero messa per traverso ed appoggiata agli altri due muri,
trave che secondo il nostro vecchio Cavalieri, dovrebbe essere grossa non meno
di Vis della distanza dei muri. Ma quel bestione di trave, come lo chiama il Milizia,
oltreché non presenta le più grandi guarentigie di sicurezza, tanto più essendo il
legno facile a corrompersi, ha poi l'inconveniente che, per quanto lo si rivesta e
lo si mascheri, se si lascia sporgere nella camera è sempre di pessimo effetto, e se
si vuol mettervi poi il plafone sotto, per poco non si può dire che tra un piano
e l'altro si ha un piccolo ammezzato. E nelle case moderne in cui vogliamo il
meno possibile di muri, perchè costano denari, e in cui abbiamo bisogno le
vaste botteghe a pian terreno, le grandi sale al i.° piano e le piccole camere
nei piani superiori, questa difficoltà si presenta ad ogni passo. L' uso invece del
ferro oltreché dà modo di costruire delle impalcature resistenti, durevoli, in-
combustibili e di pochissimo spessore, rende possibile e sicure le costruzioni
più ardite facendo risparmiare spesso a dispetto dei Capi-Mastri molti metri
cubi di muro.
Le impalcature in ferro di qualsiasi sistema constano :
1.° Di travi la cui sezione ha comunemente la forma di un doppio T.
2.° Di un' altra parte, la quale, posta fra le travi, serva e ad impedire che esse
si pieghino lateralmente e a riempire il vuoto lasciato fra le medesime formando
cosi il corpo del plafone da un lato e la base del pavimento dall' altro.
La forma delle travi, le loro dimensioni, la loro distanza, il modo di costruire
la parte di riempimento, costituiscono tanti elementi da cui dipende la solidità,
la durevolezza, l'economia della costruzione, elementi che dovrebbero essere ac-
curatamente studiati per ogni caso da qualunque ingegnere voglia costruire co-
• scienziosamente,
SULL' USO DEL FERRO ECC. 57
Gli è perciò che, a seconda dei diversi casi, o delle condizioni speciali del
paese in cui si costruisce, sono in uso diversi sistemi dei quali crediamo utile
qui il richiamarne alla memoria i principali (1).
L° Sistema — Fig. l.a
Questo sistema, usato assai nelle case di Parigi, consta delle travi a T distanti
fra loro da 0m,75 ad 1 metro e incastrate per circa 0m,25 nei muri, dove sono ri-
tenute con degli arpioni. Attraverso a queste travi si dispongono degli altri ferri
curvati in modo da accavallarsi alle medesime come si vede in a fig. 2.a: questi ferri
sono ordinariamente a sezione quadrata avente 0m,015 di lato e la loro distanza
è di circa 0m,75 d'asse ad asse: quelli di cui una delle estremità é in corrispon-
denza ad un muro, vi sono assicurati con branche. Sopra questi ferri poi e pa-
rallelamente alle travi sono appoggiati col mezzo di una specie d'uncino degli
altri piccoli tiranti distanti fra loro circa 0m,25 e ripiegati in modo che la loro
tratta rettilinea orizzontale si trovi al piano inferiore delle travi. Formato questo
reticolato di ferro, lo si riempie di una specie di beton fatto con ciottoli o rottami
qualunque e gesso, sotto il quale con una semplice stabilitura ordinaria si ottiene
senz' altro il plafone.
In alcuni casi invece di quei ferri quadri che abbiamo detto accavallarsi sulle
travi, si usano dei buloni che si fissano verso Tasse nello stesso trave a T: il
resto della costruzione è identico.
Il peso di ferro occorrente per 1 m. q. di soffitto e per una portata di travi
di circa M. 3,50 risulterebbe come segue:
M. 1,35 di trave a T di 0m,12 d'altezza Chil. 15,00
» 1,35 di traverse della riquadratura di 0m,015 e del peso di Chil. 1,75
per metro sono » 2, 36
» 3,50 di tiranti della riquadratura di 0m,008 a Chil. 0,50 per metro » 1,74
Totale Chil. 19, 10
Ciò facendo al primo modo che abbiamo accennato: che se si impiegano i bu-
loni invece dei traversi ad uncino e si ammette la distanza delle travi di 1 metro
invece che 0tn,75, adoperando per conseguenza le travi dell'altezza di M. 0,16, il
peso diventa :
M. 1,00 di trave a T del peso di 25 Chil Chil. 16,00
» 1,00 di traverse di 0m,02 . . . , » 2 45
» 5,00 di tiranti ad uncino a Chil, 0,78 per metro » 3,40
Totale Chil. 21,85
notando poi che i buloni costerebbero alquanto di più per la maggior fattura.
(1) V. un articolo in proposito nel Propagateti des Travaux en fer — fascicoli del Gennajo e Giugno»
58 sull'uso del ferro
Sistema li.0
Raggrupperemo in questo sistema tutte quelle impalcature in cui la parte di
riempimento fra le travi è formata con vasi a diverse forme oppure con mattoni
forati, mattoni vuoti od anche con beton.
Vi sono diversi metodi per ottenere simili costruzioni.— Il primo, rappresen-
tato nella parte superiore sinistra della fig. 3.a, consiste nel mantenere, oltre alle
travi e le traverse di ferro come nel sistema precedente, un solo tirante fra due
travi: poi nel costruirvi in mezzo delle specie di piattabande col mezzo di vasi
di terra cotta della forma rappresentata nella fig. 4.a. — Un altro metodo rap-
presentato nella parte superiore destra della stessa fig. 3.a consiste nel mante-
nere due linee di tiranti invece che una sola, poi costruire come prima le piat-
tabande adoperando dei mattoni forali ordinarj, coi quali si ha minor consumo
di malta che coi vasi. — Un terzo metodo è quello rappresentato nella parte
inferiore sinistra della fig. 3a in cui sono soppressi affatto i tiranti e la piatta-
banda viene formata col mezzo di gran quadroni di gesso vuoti i quali occupano
tutto lo spazio fra due travi e due traverse consecutive: questi quadroni sono
formati internamente con diversi canali segnati nella figura con linee punteg-
giate. — Finalmente un quarto metodo consiste nel disporre fra le travi delle
costole di legno appoggiate al risalto della testa inferiore del doppio T: su queste
costole, che si vedono nella parte destra inferiore della fig. 3.a, si getta prima uno
strato di malta grassa, la quale passando tramezzo alle costole forma delle rugo-
sità che facilitano l'aderenza del primo strato del plafone inferiore. Sopra il
detto strato di malta si pone poi del beton ben pilonnato e su di questo il pa-
vimento. Impiegando invece del beton ordinario il beton conglomerato del si-
stema Goignet, si possono sopprimere le costole di legno pilonando il beton so-
pra una specie di centina di legno che poi si leva. Con questo sistema si ottiene
una vera volta o piattabanda monolite, che con pochissimo spessore e con po-
chissimo peso ha grandissima resistenza e si ottiene il doppio vantaggio, di avere
una impalcatura perfettamente incombustibile, e di poter ridurre il peso delle
travi in grazia del minor peso del riempimento. I metodi precedenti, sia coi vasi
o mattoni forati o coi quadroni vuoti di gesso, hanno il vantaggio della grande
leggerezza e della poca mano d'opera e danno delle impalcature abbastanza
poco sonore e poco vibranti. Per dare un confronto del peso di ferro occorrente
cogli ora accennati qnattro metodi, riporteremo le cifre esposte dal sig. Opper-
mann, ritenuto sempre la portata come precedentemente.
Gol primo metodo dunque, cioè coi vasi di terra cotta si avrebbe:
Ferro a T , Ghit 25, 00
Traverse (distanti fra loro 0m,50) s » 6,22
Tiranti . . . • -" - '» °>78
Totale Chil. 32,00
Col secondo metodo, cioè coi mattoni forati e le due file di tiranti si ha:
NELLE IMPALCATURE DEI, SOLAI 59
Ferro a T , Ghil. 27, 00
Traverse (distanti fra loro 0m,75) » 4}20
Tiranti » ls30
Totale Ghil. 32,50
Col terzo metodo si ha :
Ferro a T Chil. 27, 00
Traverse (distanti 0m,50) » 4, 70
Totale Chil. 31,70
Col quarto metodo, impiegando il beton ordinario e le costole di legno, si ha :
Ferro al7 Ghil. 37, 50
Sistema 1IL°
In questo sistema comprendiamo le impalcature fatte con volte di mattoni vuoti
o pieni gettate dall'uno all'altro trave a Te ricoperte poi di uno strato di beton
od anche di semplice malta. Tali sono le impalcature costrutte a Milano dall'Ing.
Sarti. In alcune di esse le traverse di ferro, che abbiamo notate nei primi sistemi,
sono sostituite da archi in cotto e negli spazj intermedj sono costrutte delle pic-
cole volte con mattoni ordinarj disposti a scaglia di pesce (fig. 5.a). In altre in-
vece, e sono quelle che l'Ing. Sarti addotto più tardi e che si usano più comu-
nemente, si costruiscono fra una trave e l' altra delle volte a botte a piccola
saetta della grossezza di una testa di mattone ordinario ed appoggiate per
lutto il lungo sui risalti delle teste dei travi a T. Al di sotto di queste volte
si applica uno strato di malta e, conguagliando le sinuosità delle medesime si
forma direttamente il plafone; al di sopra si dispone il pavimento coli' intermedio
di un strato di caldana.
Una variante a questo sistema consisterebbe nel sostituire alle volte di una
testa di mattone delle volte di quarto e sopra pilonarvi del beton. Sia in un
modo, sia nell' altro, le impalcature fatte con questo sistema riescono assai pe-
santi, tanto più se si impiegano i mattoni pieni come da noi, in cui i mattoni
forati sembrano ancora un oggetto di lusso. Essendo più pesanti esse dovrebbero
necessariamente riescir più costose se non vi fosse di mezzo la questione della
mano d'opera che qui cresce a dismisura appena che si voglia fare qualche cosa
che non sia nell'uso più comune. Sarebbe adunque a desiderarsi che cessasse
una volta l'uso troppo generale di abbandonare le costruzioni alla sola vecchia
pratica dei Capi-Mastri e che, studiati i metodi più perfezionati, vi si educassero
gli operaj e, generalizzandone l'uso se ne riducesse notevolmente il costo.
Sistema' IV.0
In questo sistema comprendiamo due analoghe costruzioni le quali possono
essere preferibili nei casi in cui si esiga molta solidità, ed una perfetta imper-
60 SULL'USO del ferro
meabilità air umidità ed ai gaz, oltre V assoluta incombustibilità. La prima con-
siste nell'empire tutto lo spazio fra le travi con un grosso strato di beton pilo-
nato e sostenuto da una lamiera ondulata. Nella seconda in luogo della lamiera
ondulata si sostituisce una specie di volta a botte di lamiera sulla quale si di-
spone il beton oppure dell'impasto di gesso e rottami.
Quanto al peso di ferro occorrente per gli ultimi due sistemi, dalle cifre esposte
dal sig. Oppermaun ricaviamo:
Pel sistema 3.° con volte di mattoni e strato superiore di beton per
metro quadrato Ghil. 27,00
Pel sistema 4.° impiegando la lamiera ondulata si ha:
Ferro a T Ghil. 25, 00
Lamiera ondulata » 25,00
Impiegando invece gli archi di lamiera si ha:
Ferro a T Chil. 37,50
Ferro piatto e ferro a T per collegamenti, in tutto » 4,05
Lamiera » 25,69
Gli esposti sistemi sono quelli più generalmente usati; si sono tentati in alcuni
casi altre forme di travi come per esempio quelli a V, ma che non crediamo
praticamente preferibili.
Richiamati i metodi principali di costruzioni resta a dire qualche cosa sulle
travi che sono l'elemento più costoso e più interessante. Di travi a doppio T
se ne fabbricano in tutte le grandi officine, poco su poco giù, colle stesse
forme; ciascheduna officina però ha delle dimensioni e per conseguenza dei pesi
unitarj particolari che è bene conoscere per scegliere quelli che meglio si ap-
propriano al caso. Ecco per un esempio le dimensioni e i pesi, riportati dal
già citato giornale, dei ferri fabbricati all'officina della Providence, nonché le di-
stanze a cui si intendono collocati e le loro portate massime, supposta £-
la carica totale per metro quadrato di 250 a 300 chilogrammi. S'intenderà j
b V altezza del trave , a la larghezza , s lo spessore dell' anima , s' lo k
spessore delle due teste. I
-a, — »,
7=}
Peso per
DIMENSIONI DI MILLIMETRI
metro
corrente
^~"
s'
Distanza
Portata
«
s
Chil.
m.
ra.
9
100
43
5
6
0.80
3.90
12
100
45
7
6
1.00
3.50
li
120
45
5
6
0.80
4.00
15
120
50
9
7
1.00
4.50
14
140
47
6
7
0.80
5.00
20
140
53
12
7
1.00
5.50
15
160
48
8
7
0.80
6.50
25
160
53
12
8
1.00
6.50
20
180
55
8
9
0.80
6.00
22
200
55
8
9
0.80
7.00
NELLE IMPALCATURE DEI SOLAI 61
I travi precedenti hanno le due teste eguali: se ne fanno ancora di quelli che
hanno la testa superiore più grossa, disposizione che può essere consigliabile
quando siano di ghisa oppure di ferro poco fibroso, nel qual caso la resistenza
allo stiramento sarebbe minore di quella alla compressione. Eccone gli analoghi
elementi dove chiameremo s' lo spessore medio della testa superiore s" quello
della inferiore:
Peso per
metro
corrente
DIMENSIONI IN MILLIMETRI
Distanza
Portata
b a
s
s' 1 s"
Chil.
8
14
11
20
13
25
15
30
19
100
100
120
120
140
140
160
160
180
43
49
45
53
47
57
50
62
55
3
10
4
12
5
15
6
18
6
10
10
11
11
12
12
14
14
16
6
6
6.5
6.5
7
7
8
8
8
M.
0.90
1.00
0.90
1.00
0.90
1.00
0.90
1.00
0.90
M.
3.50
4.50
4.50
5.50
5.50
6.50
6.50
7.50
7.00
Il sig. Cambiaggio a Milano in una recente occasione immaginò di costrurre
una trave in ferro che non diressimo più a doppio T, ma a doppio O. Lo stabi-
limento del sig. Cambiaggio deve essere noto a tutti gli Italiani, perchè uno dei
pochissimi che tengano alta ancora un poco l'industria del nostro paese. In esso
con un procedimento semplicissimo si fabbricano tubi in ferro d'ogni sorta, pie-
ghevolissimi anche a freddo talché se ne possono fare delle eliche strettissime
colla massima facilità e senza il menomo riscaldamento. Ora la trave del sig. Cam-
biaggio (fig. 6.a) è formata da due tubi a sezione elittica, uno superiore, l'altro
inferiore, e da un anima di lamiera posta in mezzo ed assicurata ai due tubi
con chiavelle di ferro piatto della grossezza dì circa 9 millimetri e della larghezza
di circa millimetri 28. Sopra una trave di questa forma slata fatta per prova dal
sig. Cambiaggio nell'occasione già accennata si fece il giorno 6 Gennajo corrente
un esperimento alla presenza dell'Illustre prof. Porro, allo scopo di constatare:
i.° la resistenza di cui poteva essere capace: 2.° quanto lasciasse a desiderare
la sua costruzione, tanto più che lo stesso sig. Cambiaggio assicurava ch'essa non
era sta fatta colla massima precisione. L'esperienza si fece lasciando, com'era
già, la trave incastrata ad un estremo in un pilastro dell'officina, ma assicurandola
per disotto con una colonna di ferro vuoto posta a 44 centimetri dal muro. Verso
l'altro estremo e precisamente a M. 3,22 dal filo esterno della colonna, col mezzo
di un gancio e di quattro funi si sospese una robusta tavola destinata a ricevere
i pesi. Onde la trave non si potesse piegare lateralmente si era pensato di far
assicurare in muro un braccio di ferro portante una forchetta a due branche le
quali mantenessero la trave in un piano verticale. I movimenti della trave erano
osservati col mezzo di due istromenti a canocchiale sopra due decimetri l'uno
posto in corrispondenza al punto d'appoggio, l'altro pendente dalla trave in cor-
rispondenza al punto d'attacco dei pesi.
62 SULL' USO DEL FERRO
Ecco i risultati che si ottennero:
Peso posto
Osserva-
Osserva-
Peso po-
Osserva-
Osserva-
zione al 1.°
zione al 2.°
sto sulla
zione al 3.°
ztone al 2.°
sulla tavola
Istrumento
Istrumento
tavola
Istrumento
Istrumento
Chil.
m. ra.
ra. m.
Chil.
m. m.
m. m.
0
9.50
110.00
757
10.15
164. 00
91
9.55
113. 35
778
10.17
167.00
181
9.58
117. 30
802
10.17
172. 50
273
9.75
121.40
824
10.18
176.70
365
9.85
126. 00
844
10.19
179.00
459
9.98
131.01
866
10.19
182. 00
552 (1)
10.00
138.65
887
10.20
186. 00
607
10.01
144. 57
910
10.20
190. 00
661
10.02
151. 70
934
10.20
195. 00
710
10.02
157. 80
0
9.45
141.00
Arrivati al peso di 934 chilogrammi si credette opportuno di scaricare, per due
ragioni, Puna è che si notò un piegamento laterale nella trave dovuto all'insuf-
ficienza dell'unica forchetta destinata a tenerla in un piano verticale, l'altro è
che il pilastro in cui essa era incastrata dava evidenti segni di non resistere ad
uno sforzo ulteriore, Ed in fatti, se si considera che il peso di circa 1000 chilo-
grammi (tutto compreso) con un raggio di M. 3,22 corrisponde all'estremo del-
l'altro braccio di circa M. 0,40 ad uno sforzo diretto dal basso all'alto di
3 22
Chil. 1000 X ttta ossia di CMu 8050, si comprenderà facilmente che non era pru-
denza andar più oltre. Scaricati i pesi, l'istrumento posto all'estremo libero segnò
un abbassamento rimanente di m.m. 31; ma, esaminato accuratamente il trave, lo
si trovò ritornato perfettamente rettilineo come lo era prima e P abbassamento
di m. m. 31 si dovette attribuire, almeno per la massima parte, ad un rotazione
avvenuta intorno al punto d'appoggio sulla colonna di ferro nonché anche ad
uno schiacciamento dei bordi della medesima. Ed infatti, esaminata un'altra
colonna che era stata posta già prima aderente al muro d'incastramento, si
trovò che la trave era visibilissimamente staccata dalla medesima. Da tutto ciò
si potè conchiudere che non era stato oltrepassato il limite di elasticità della
trave e che, se si fosse potuto impedire assolutamente qualunque flessione
laterale, come avviene realmente in pratica, si sarebbe potuto arrivare ad un
carico forse più che doppio. Quanto al modo di costruzione della trave lo si
trovò per vero soddisfacente; poiché all' infuori di una delle chiavelle d'unione che
era stata evidentemente mal posta e che nei suoi dintorni lasciò vedere alcune
screpolature nell'ossido, il resto non diede alcun vsegno di deformazione. Ciò
può provare che quel modo di collegamento dei due tubi coli' anima di lamiera,
facilissimo in pratica, diede abbastanza buoni risultamenti in quanto alla resi-
stenza e che del resto darebbe ancor meglio quando i fori per introdurre le chia-
vette fossero fatti con maggiore precisione col mezzo di un macchina apposita.
Il peso di chil. 950 circa, soppportato senza visibile deformazione permanente,
corrispondendo a chil. 3800 uniformemente distribuiti nel caso in cui la trave
(1) Dopo 8 minuti di riposo.
NELLE IMPALCATURE DEI SOLAI 63
fosse appoggiata ai due estremi , mostra come la trave in questione , per una
portata di circa m. 3,50 potrebbe portare con tutta sicurezza un carico per lo
meno doppio di quello che si calcola ordinariamente per le impalcature dei solai.
In fatti il carico ordinario per questo caso, compreso il carico accidentale, si
calcola a chil. 250 per m. q.; ora, supposte le travi a distanza di 1 metro, il ca-
rico di chil. 3800, supposto distribuito sulla trave, corrisponderebbe a chil. 1000 per
m. q. e quindi a un carico quadruplo del necessario. Ora il peso della trave esperi-
mentata non è che di 19 chil. per metro corrente, mentre se noi cerchiamo per
esempio nelle tabelle esposte il peso di una trave a T appena sufficiente per un
impalcatura di m. 3,5 di portata, troviamo chil. 12 e per una portata di m. 6,50 si
arriverebbe al peso di chil. 25. Per l'uso poi a cui precisamente era destinata
la trave del Cambiaggio trattandosi di una tettoja a padiglione sporgente di stra-
balzo e dovendo essere le travi accoppiate a due a due e perfettamente collegate
fra di loro, il carico stato calcolato in tutto di chil. 125 all'estremità di una sin-
gola trave, non sarebbe che */3 di quello che evidentemente la medesima potrebbe
sopportare con sicurezza.
Il vantaggio principale che crediamo trovare in questo nuovo genere di trave
è nella leggerezza dovuta prima di lutto alla sua forma che dà un momento
d'inerzia assai maggiore in confronto alle travi a T di egual peso; poi a ciò che
il ferro per fare i tubi, dovendo essere necessariamente della migliore qualità,
si ha assai maggiore sicurezza e maggiore guarentigia che non colle travi ordi-
narie a T in cui il ferro è molte volte di pessima qualità e in molti punti quasi
ancora cristallino, dimodoché bisogna abbondare nelle dimensioni per essere
sicuri. Le travi del sig. Cambiaggio sarebbero dunque assai consigliabili special-
mente nelle tettoje a grandi portate dove il peso proprio della trave viene ad
avere una notevole influenza, e certo, se con esse fosse stata fatta la copertura
della nostra galleria, si sarebbero risparmiati molti chilogrammi di ferro ed il
rincrescimento di vedere annunziato sul Propagateur des Travaux en fer a pro-
posito della copertura della Galleria Vittorio Emanuele che « cette constructìon en
fer est due à un entrepreneur francaìs, M. H. Joret, de Paris, directeur des ateliers
de Montataire et de Bcssèges » .
Resterebbe ora a dire di un altro elemento assai importante in fatto di industria,
il prezzo.
Sgraziatamente V Italia su questo riguardo è ancora assai indietro delle altre
nazioni industriali, talché noi vediamo pressoché tutte le travi in ferro che im-
pieghiamo nelle nostre costruzioni tirate dalla Francia, dall'Inghilterra o dal
Belgio. La causa di questo nostro malanno non è già la mancanza di ferro buono
nelle nostre miniere, che abbiamo, per star qui vicino, le miniere della valle d'Aosta
e quello ancora migliori del Bergamasco, le quali danno del ferro incomparabil-
mente superiore al ferro estero. Ma le miniere del Bergamasco sono ora pres-
soché inattive e i loro operai se ne muojono di fame!! — La scarsezza di buon
combustibile è la speciosa ragione che si mette sempre innanzi tutte le volte
che si parla di industria in -Italia : ma questa ragione, a cui per vero non si
può contraddire, non è certo sufficiente ; poiché, se da una parte siamo ob-
bligati a far arrivare dall'Inghilterra il coke necessario pagandone le spese di
trasporto, se dall'altro facciamo arrivare il ferro già lavorato, dobbiamo poi pa-
gare tutte te spese di trasporto di questo e i relativi diritti. È evidente adunque
che, quand'anche fossimo obbligati a far venire dall'estero tutto il combustibile
64 SULL' USO DEL FERRO ECC.
necessario alla lavorazione del nostro ferro, a parità d'altre circostanze, ci do-
vrebbe convenire ancora più che il far venire il ferro lavorato. Del resto in
quanto a combustibile giova notare che, se noi non abbiamo le miniere di car-
bon fossile, abbiamo però in discreta quantità dei depositi di torbe, di ligniti,
di antraciti, i quali, se fossero convenientemente utilizzati, potrebbero diminuire
notevolmente la scarsezza di combustibile. La ragione principale di questo
nostro arrestamento nell'industria del ferro, crediamo invece che stia nel poco
spirito intraprendilore dei nostri capitalisti, nel poco spirito d'associazione, e
nella poca coltura di chi vi deve attendere. Ed in fatti, benché il nostro ferro
sia di qualità assai migliore dell'Inglese, il signor Cambiaggio, per un esempio,
è obbligato a servirsi del ferro Inglese per i suoi tubi , perchè i ferri laminati
alle nostre officine essendo mal tirati specialmente sui bordi , danno dei tubi
pressoché tutti difettosi.
Per ultimo non possiamo tacere come una delle cause non indifferenti che si
oppongono al nostro risorgimento industriale sia il poco incoraggiamento che
ne viene dal Governo, e specialmente il modo poco favorevole con cui sono con-
cepite le tariffe doganali. Ecco per darne un esempio, un estratto delle tariffe
doganali risguardanti il ferro:
Pel ferro di l.a fabbricazione in barre , verghe ecc. di qua-
lunque forma o diametro ogni 100 chil L. 4
Ferro di 2.a fabbricazione semplice ogni 100 chil. ... » 10
In travi, assi o sale di veicoli ecc. ogni 100 chil. ...» 6
Ferro laminato in lastre di 4 millimetri di spessore o più
per 100 chil » 4
Id. in lastre di minor spessore od anche in tubi per 100 chil. » 8
I travi di ferro sono dunque secondo la detta tariffa tassati appena qualche
cosa di più dei ferri ordinarj di l.a fabbricazione; ma sarebbe utile osservare che,
quantunque le travi a T si ottengano direttamente dal laminatojo, nondimeno essi
hanno una forma ed un uso determinato e sotto questo rapporto potrebbero quindi
figurare come ferro di 2.a fabbricazione. Ma v'é di più: il ferro laminato, quando
ha uno spessore minore di m. m. 4 paga il doppio di quello il cui spessore è dai
4 m. m. in su : e perchè tanta differenza ? Forse che lo si consideri come la-
miera: ma in tal caso giova osservare che le lamiere propriamente dette in com-
mercio si intendono sempre di una larghezza superiore ai 40 centimetri, che in
caso diverso si chiamano mojettoni e sono ferri come gli altri tirati al lamina-
tojo. Coi ferri laminati poi si trovano uniti anche i tubi ed una nota in calce dice
che : « gli estremi, secondo i quali devesi applicare un minore o maggiore dazio
« risguardano solo il ferro laminato, fra cui si trovano per sola competenza di dazio
« anche i tubi di ferro ». È naturale che, senza questa importante spiegazione
era difficile capire in qual modo i tubi c'entrassero coi ferri tirati al laminatojo!
Con tutto ciò però, se il sig. Cambiaggio, il quale, a norma della succitata ta-
riffa, è obbligato a pagare sulla sua materia prima precisamente lo stesso dazio
che si paga dei tubi fatti, riesce ancora far concorrenza nel prezzo ai tubi in-
glesi, bisogna conchiudere che non è impossibile in Italia rimettere al pari che
nelle altre nazioni questo importante ramo d'industria, e a ciò dovrebbe coope-
rare per quanto è possibile ogni Italiano che ami l'indipendenza del proprio
paese.
Ing. Em. Olivieri.
RIVISTA DI GIORNALI E NOTIZIE VARIE
SULLA FABBRICAZIONE
DEL BETON COIGNET E SULLE SUE APPLICAZIONI.
(Vedi Tav. 5.a)
Togliamo AaìVEnglish Mechanìc e dal Builder le seguenti notizie risguardanli il beton Coi-
gnet, le quali ci sembra debbano interessare i costruttori italiani. Il beton di Coignet consta,
com'è noto, di una certa quantità di sabbia, di poca calce, circa 1/4 in volume, e di una pic-
colissima quantità di cemento di Portland che può essere non più di 1/18, 1/20 od anche 1/50
del totale. Questi ingredienti sono mescolati con poca acqua, come per formare una malta or-
dinaria, poi la massa viene sottoposta ad una triturazione di più o meno lunga durata col mezzo
di uno speciale apparato. In grazia di questa triturazione, nonostante la piccola quantità d'acqua
aggiunta si ottiene prima una massa pulverulenta, la quale, prolungandosi la triturazione, si ri-
duce poi in una soda pasta plastica, e questa viene indrodotta negli stampi o casse a seconda del-
l' uso che se ne vuol fare e sottoposta ad una energica compressione col mezzo di pistoni o pe-
stelli od anche , a seconda dei casi , col mezzo delle gambe ben coturnate degli stessi operaj.
Questa compressione produce una tale agglomerazione che un metro cubo e mezzo di miscuglio
non si riduce più che a un metro, e la calce, le cui particelle sono meccanicamente ravvicinate,
si indurisce con una rapidità e con una forza sorprendente. Come si vede, gli elementi di questo
beton col quale si fanno coli' eguale facilità i fondamenti e i muri intieri delle fabbriche come
le statue più delicate , non sono per nulla costosi , tanto più che non è strettamente necessario
per la buona riuscita del medesimo che la sabbia e la calce siano delle migliori qualità : le co-
struzioni, per esempio, occorrenti per l'officina di questo beton a S. Denis presso Parigi si fanno
colla massima facilità impiegando invece di sabbia tutti i detriti e le spazzature dell'officina.
Tutta la difficoltà dunque si riduce alla preparazione degli elementi e all' apparato speciale
per ottenere la conveniente triturazione. Le figg. 1,2,3 (Tav. B.a) rappresentano l' apparato
pel quale ha preso recentemente una privativa in Inghilterra il sig. Henry e che è quella ado-
perata da Coignet. La macchina consiste in una lunga eamera orizzontale nella quale ruotano
due alberi paralleli pure orizzontali solidarj l'uno all'altro per mezzo di un ingranaggio e por-
tanti sulla loro superfìcie una serie di sporgenze disposte secondo un' elica e tagliate esse stesse
secondo porzioni della stessa elica. Le sporgenze dei due alberi poi sono alternate in modo che
quelle dell' uno lavorano nell' intervallo lasciato fra quelle dell' altro : la camera o meglio le ca-
mere comprendenti i due alberi terminano da una parte a tronco di cono e per conseguenza in
quella posizione le appendici di questi sono più corte. Le camere stesse hanno dei coperchi
amovibili pel caso di riparazioni od altro. La materia si introduce da una estremità; all'altro
estremo vi sono le aperture per lo scarico, le quali sono chiuse da valvole aggiustate sugli al-
beri. Un'appendice può essere addattata ad un estremo per dare maggior spazio al beton o ai ma-
teriali che si lavorano npll' apparato. L' apparato stesso può essere a volontà posto sopra un ap-
Giorn. Jng> — Voi XVI. — Gennajo 1868. B
ffi RIVISTA DI GIORNALI
posilo carro con facile manovra. Nella fig.a l.a, che rappresenta una projezione orizzontale del-
l' apparecchio, si vede in P la camera aperta per introdurvi i materiali ; in F P" P" si vedono
i coperchi amovibili pel caso di pulire o riparare la macchina: in q si vedono le bocche di
scarico, le quali sono coniche e chiuse da valvole o tappi pure conici assicurati con viti sugli
assi in modo che si possano regolare ad una distanza tale da lasciare maggiore o minore spazio
anullare all'uscita del materiale manipolato. Nella fig. 2.a, che rappresenta una sezione oriz-
zontale dell'apparecchio, si vede meglio la costruzione degli alberi e la disposizione delle loro
appendici, e nella fig.a 3.a si vede una sezione trasversale dell'apparecchio.
Con questo beton si possono costrurre case per intero dalle fondamenta fino all'ultima cor-
nice di decorazione, ed il tutto si può ottenere come di un pezzo solo, poiché si può sempre
unire 1' opera di un giorno con quella del precedente in modo che non vi sia alcuna interru-
zione visibile. All' officina stessa di S. Denis esiste per esempio un arco assai ribassato e di ben
20 metri di corda , il quale fu costrutto con questo beton a strati successivi pilonnati l' uno
sull'altro, ed ora si presenta né più né meno che come un colossale monolite capace della più
sorprendente resistenza. Così abbiamo visto noi stessi nelle case d' abitazione succursali alla stessa
officina, costrurre delle volte quasi piatte dello spessore di 10 a 15 centimetri e coi muri esterni
pure in beton di 0m,50 di spessore e ciò senza l'ajuto né di ferro né di legno, all'infuori della centina
necessaria per comprimervi su il beton sempre a strati successivi e sottili. Quanto alla durezza
acquistata da questa pietra artificiale, ne abbiamo una prova in due scaglie che abbiamo noi
stessi portato via a casaccio dall'officina e che comunque sottili e taglienti, non si poterono
mai spezzare per quanti ci si siano provati. Crediamo insomma che questo beton, qualora fosse
generalizzato e ridotto a basso prezzo, (che non dovrebbe costare più di 15 o 16 franchi al metro
cubo pei muri ordinarj), dovrebbe portare un grande progresso nelle costruzioni d'ogni genere.
Non riteniamo affatto inutile per ultimo di aggiungere la tariffa del sig. Coignet, dalla quale si
potrà vedere quanto si guadagna coli' industria altrove.
Tarif des prlx pour Paris
ET LE DÉPARTEMENT DE LA SEINE DES BÉTONS AGGLOMÉRÉS A BASE DE CHAUX
SYSTÈME COIGNET.
CONSTRUCTIONS MONOLITES
Fosses A" aisance, citernes, réscrvoirs
A L'ÉTAT MONOLITHIQUE
IMPERMÉABLES, SANS JOINTS, SANS ENDMTS, COMPR1S LE CINTRAGE ET LE TAMPON d'eXTRACTION
Parois non encastrées entre murs. — Èpaisseur: 0m,20 à 0m,30
Paroìs encastrées entre murs. — Èpaisseur: 0m,15 à 0,m20
DURÉE ET ÉTANCHÉITÉ GARANT1ES
V èpaisseur dépend de la capacitò de la fosse et de la nature du terrain.
PRIX:
Le mètre cube de beton agglomerò mis en place 60 fr.
Pour toute fosse ou citerne au-dessous de 10 mètres cubes de capacitò, la plus value est de
10 fr. par mètre de capacitò.
Les terrassements et frais accessoires de pose de tuyaux, de pénétration, etc, seront payés en
sus, suivant le tarif de la Ville.
E NOTIZIE VARIE 67
Dallages en tous genves
REMPLACANT LE PAYÉ, LES DALLES, L'ASPHALTE ET LE MACADAM
Pour cours, écuries, remises, passages de porte cochère, ateliers, rez-de-chaussée , magasins.
caves, préaux, églises, etc.
Le mètre superficiel à 0,05 d'épaisseur. . . . 3 fr. 50
Chaque centimètre eri plus O 50
Dallages quadrilles à la surface:
Plus-value par mètre superficiel O 50
Les dèblais, dressement et nivellement seront payé en sus, d' après les tarifs de la ville ou
en règie.
Tout travail au-dessous de 100 mètres de surface sera augmenté de 0,80 par mètre.
Tout travail au-dessous de 25 mètres de surface sera augmenté de 1 fr. par mètre.
Tous dallages établis au-dessus du rez-de-chaussée subiront une augmentation de prix pro-
portionnelle au degré d'élévation, en prenant pour base te tarif de la ville concernant l'élévation
des matériaux.
Fondations, sous-sols étanches, avec voùtes surbalssées
Comprenant caves, murs, voùtes, dallages, tètes de baies de portes ou autres, ecc.
A parements lisses, et ayant forme de pierre de taille, t
Le mètre cube 50 fr.
Frais de cintrage en sus.
I ondatioiis et sous-sols ovdinaires
AYANT APPARENCE DE PIERRE DE TAILLE
Le mètre cube 40 fr.
Frais de cintrage en sus.
Massifs monolitlies de machines a vapeur et autres
De 2 à 10 mètres cubes, le mètre cube . . . . 75 fr.
Au-dessus de 10 mètres GO
On s'entendrait à l'amiable pour massifs de grandes dimensions, pour tous bétons agglomérés
destinés à des remplissages, ainsi que pour toutes constructions accessoires.
Les plans, dessins, gabarits, terrassements, etc, sont à la charge du propriétaire.
llaeoimei'ies courautes
Murs de soutènement, murs de clóture, etc. — Se traitent de gre à gre, les prix, variant selon
les localités et le prix des matériaux.
PIERRES ARTIFICIELLES
DE TOUTES DURETÉS, DE TOUTES F0RMES ET DE TOUTES DIMENSIONS.
Pierres extra-dures
Dalles de toutes dimensions pour pavage. — Marches d' escaliers , droites , sans moulures. —
Pierres palières de toutes dimensions. — Pierre de soubassement. — Arètes de voùtes. — Par-
paings de toutes dimensions. — Dès. *- Bornes. — Bordures de trottoirs. — Bouches d'égouts.
68 RIVISTA DI GIORNALI
— Seuils de portes ou de devantures. Caniveaux de toutes formes. — Chaperons de murs. —
Bahuts et soubassements de grilles , etc. — Margelles de puits. — Plates-bandes de portes co-
chères ou autres.
Tampons de fosses d' aisance et de citernes, avec leur chàssis et Y anneau scellé.
Dalles minces pour soubassements.
Le tout avec economie d'environ 80 pour 100 sur les produits similaires en pierre naturelle.
Pierres dures
Cubes de toutes duretés, de toutes dimensione de toutes formes, remplacant dans le bàtiment
toutes espèces de pierres et briques.
Toutes ces pierres sont à parements lisses et à arétes vives, mais sans moulures ni ornements.
Environ 80 fr. le mètre cube.
Rendues à pied d'oeuvre.
Pierres hydrauliques avec moulures ou ornements
Auges. — Fontaines. — Mangeoires d'écuries. — Bassins. — Vasques. — Vases à fleurs, etc, etc.
Se vendent à la pièce et en proportion de la scuìpture et des difficultés d' installation , mais,
dans tous les cas , avec une economie garantie de plus de 80 pour 100 sur la pierre ordinaire.
Pierres sculptées et ornées
Pierre pour batiments: — Portails. — Portes. — Fenétres. — Bandeaux. — Trumeaux. —
Balcons. — Corniches. — Perrons. — Pierres palières. — Marches d' escaliers à l'anglaise. —
Marches tournantes. — Marches avec moulures. — Colonnes. — Chapiteaux. — Pilastres. —
— Montants de grilles.
Economie garantie d'au moins BO pour 100.
Les pierres de fantaisie : Statues, Piédestauy, Ornements de jardins, Tables, Bancs, etc, se ven-
dent à la pièce.
Les Balustrades se vendent au mètre linéaire.
Economie de plus de 50 pour 100 sur les objets similaires établis en pierre naturelle.
Moyennant les prix ci-dessus, ces différents pierres soni rendues à pied d'ceuvre
dans Paris et le département de la Scine.
Pour toute autre localité, les transports sont à la charge de l'acquéreur.
On fait 10 fr. de remise 'par mètre cube sur les pierres prises à l'usine de Saint-Denis.
On traite de gre à gre pour toute commande à exécuter sur plans et dessins.
LA PIETRA ARTIFICIALE DI RANSOME.
Già altra volta nel presente giornale fu chiamata l'attenzione su questa pietra: ora togliamo
dall' English Mediante alcuni maggiori dettagli sulla medesima. — Gli elementi con cui il
sig. Ransome riuscì a comporre la sua pietra artificiale sono, com'è noto, il silicato di soda,
k sabbia ed il cloruro di calce. Il silicato di soda si fabbrica nel seguente modo. Dei pezzi
di silice (flint) sono posti sopra una griglia di ferro entro una caldaja di costruzione simile
alle ordinarie caldaje a vapore: vi si aggiunge una soluzione caustica di soda del peso speci-
fico di 1,200, quindi la caldaja viene chiusa a tenuta di vapore e tutto il contenuto sotto-
posto all' azione del vapore preso da una caldaja vicina alla pressione di 70 libbre (eh. 4, 94
per cent. q. ossia 8 atmosfere). La silice ridotta cosi allo stato di vetro solubile viene estratta
sotto forma di una sostanza quasi liquida , la quale si fa poi evaporare finché acquisti la
consistenza di una pasta ed il peso specifico di 1, 700. - La sabbia che si deve impiegare
viene fatta prima seccare perfettamente entro un cilindro che gira su un perno, e dentro il
quale per mezzo di un ventilatore ad azione centrifuga , viene iniettata dell' aria calda.
E NOTIZIE VARIE 69
Bisogna notare che colla sabbia viene mescolata una piccola quantità di carbonato di calce o
creta finissimo allo scopo di empire gli interstizj. Uno stajo (ett. 0, 363) di questa sabbia così
preparata viene mista con un gallone (litri 4, 543) di silicato di soda e manipolata entro un
apparecchio simile a quelli che si adoperano per l'argilla. Quando la sabbia ha acquistato una
consistenza sufficiente viene modellata a seconda della forma che si richiede ed allora è pronta
per ricevere la soluzione di cloruro di calce. Appena che questa è data, all' istante il silicato di
soda ed il cloruro di calce si decompongono a vicenda e danno luogo a un silicato di calce e
ad un cloruro di sodio e la pietra si indurisce rapidissimamente, quasi come il gesso. La solu-
zione di cloruro di calce viene dapprima versata sulla sabbia modellata, ma, appena che questa
ha acquistato una consistenza sufficiente, si immerge il pezzo nella soluzione stessa, la quale si
fa bollire in un bacino aperto col mezzo di vapore condotto attraverso al medesimo con tubi.
A questo modo tutta l'aria viene espulsa dalla pietra e l'unione delle particelle resa più intensa.
Quando è terminata l'operazione dell'immersione anzidetta, la pietra viene condotta in un re-
cipiente d' acqua fredda, dove il cloruro di sodio viene lavato via e la pietra stessa rimane im-
permeabile all' umido.
In una occasione recente due cubi di questa nuova pietra, ciascheduno di 4 oncie di lato
(0m,101) furono sottoposti ad un'esperienza per constatarne la resistenza alla compressione: oc-
corsero 44 tonnellate per schiacciare il primo cubo e 48 per il secondo, mentre un egual cubo
di pietra di Bath non resistette ad una pressione minore del terzo.
Il periodico inglese crede che la nuova pietra debba apportare una grandissima utilità special-
mente nelle costruzioni civili. Quanto a noi che non manchiamo certo né di materiali né di in-
gegni è sommamente lamentabile come così poco ci occupiamo di produrre qualcosa di nuovo e
di utile in questo genere e proseguiamo imperturbabili a costruire le nostre case di mattoni
albasi e di molerai
IL NUOVO MOTORE A VAPORE PER STRADE ORDINARIE DEL SIG. THOMPSON.
Il sig. Thompson avrebbe, secondo lo Scotsman, superato in un modo affatto straordinario tutte
le difficoltà che finora si opposero nella costruzione delle locomotive per strade ordinarie. Le ruote
del motore Thompson sono né più né meno che formate da tante bande di gomma elastica vulca-
nizzata di circa 12 oncie di larghezza per 5 di spessore (m. 0,305 per m. 0,127) e, ciò che pare in-
credibile, questa sostanza soffice ed elastica non solo porta assai bene il gran peso della macchina,
ma passa sopra ogni sorta di strade per quanto in cattivo stato senza che vi si scorga un' am-
maccatura sulla sua superficie. Queste ruote passano sopra i ciottoli senza schiacciarli e per con-
seguenza non deteriorano per nulla le strade: il potere motore consumato nella marcia è assai
minore di quello che sarebbe richiesto per un veicolo di costruzione ordinaria, poiché si ha di
meno il potere necessario per schiacciare i ciottoli e fare i solchi nella strada. Il peso della
macchina è all' incirca 4 o 5 tonnellate e ad onta di ciò le ruote, passando sopra a della terra
espressamente gettata sulla strada per un'altezza di uno o due piedi, non vi lasciarono che una leg-
gerissima compressione. Un altra specialità, di questo motore si ha nella caldaja verticale di cui
lo stesso Thompson ha un brevetto e nella quale si evaporano libbre 4,68 (chil. 2,12) di acqua
abbrucciando 1 libbra (chil. 0,ftB3) di carbon fossile. Con 63 piedi (m. q. 0,585) di superfìcie di
riscaldamento essa evapora 15 piedi cubi e 1/3 (m. e. 0,434) di acqua per ora. Sembra in con-
clusione che questo nuovo motore sia destinato a recare grandi vantaggi, purché l'usura delle
sue ruote non sia tale da renderne troppo costosa la manutenzione.
(Dall' English Mechanic).
TEGOLE RONDANI.
Queste tegole, che già da molti anni si fabbricano e sono in uso a Parma, furono pre-
miate con medaglia all' esposizione italiana in Firenze nelP anno 1861 , all' esposizione interna-
zionale di Londra nel 1862, a quella di Panna nel 1863, e finalmente a quella di Parigi
70 RIVISTA DI GIORNALI
nell'anno scorso, in seguito a che furono ritirati i campioni e messi nel nuovo museo italiano
in Torino. Le tegole Rondarli sembra che rispondano molto bene al problema di costituire una
copertura abbastanza bella all' occhio, leggera e impermeabile all' acqua. Il peso infatti di 13 di
queste tegole, numero occorrente per 1 m. q. di tetto non è che chil. 48 , mentre colle tegole
ordinarie è circa il doppio. Esse hanno poi anche il vantaggio di essere tutte visibili al di sotto
e quindi di lasciar vedere immediatamente qualunque guasto e renderne per conseguenza più
pronta la riparazione. La forma di queste tegole è indicata nelle fig. (4 e 5). La scanalatura a
di ciascuna tegola va coperta colla parte b della vicina, la quale al disotto porta un'altra sca-
nalatura consimile , ma in modo che un labbro dell' una entri nel vuoto dell' altro : con tale
disposizione l'acqua che infiltrasse fra una tegola e l'altra passando sotto alla parte b incontre-
rebbe le due scanalature accavallate e vi sarebbe trattenuta e mandata dalle medesime verso il
basso. Nel senso poi della pendenza del tetto le tegole si accavallano come si vede nella fig. 5
riuscendo anche in questo senso impossibile all' acqua il tornare indietro. Il prezzo di tali tegole
a Parma è di 0m,20 cadauna, quindi di L. 2,26 per metro quad. di copertura.
lng. E. Olivieri.
CORSO DI CELERIMENSURA
NE Ij R. ISTITUTO TECNICO SUPERIORE
(Anno 5.°, 1867-68)
Santo delle lezioni del mese di Gennaio 1868.
Otto sono state le lezioni di Celerimensura durante il mese di Gennajo. Gl'argomenti trattati
sono stati i seguenti :
1.° Sistema di coordinate curvilinee e di projezione da adottarsi.
2.° Operazioni trigonometriche divise in parte astronomica e parte geodesica di tre ordini.
3.° Postulati che sono proposti alla geodesia, 1.° dai lavori pubblici, 2.° dalla giurisprudenza
e dai bisogni amministrativi.
k.° Poligonazioni e comprovazioni.
Provata la odierna necessità di estendere a tutte le operazioni geodesiche un sistema uniforme
di coordinate, dappoi le triangolazioni di 1.° ordine fino al rilevamento d'una semplice parcella
di proprietà, era mestieri scegliere fra i sistemi usati e modificare opportunamente onde otte-
nere l'intento, giacché la uniformità di ordinamento nelle misure e loro suddivisioni è uno degli
elementi della celerità pratica delle operazioni, perciò il professore ha insistito sulle già date
spiegazioni dicendo :
Che per le grandi dimensioni geografiche le longitudini e latitudini formano senza dubbio il
sistema di coordinate il più conveniente , ma nei lavori parziali degl' ingegneri e nelle misura-
zioni agrarie non si potrebbero sostituire alle lineari le misure in gradi.
Che nulla ostando però a ciò che la lunghezza precisa di un arco di meridiano e di un arco
di parallelo sia espressa in metri, essendo anzi necessario di determinarle, queste lunghezze, af-
finchè dai confronto del loro valore geodesico e dell'astronomico emergano tutte le irregolarità
della superficie idrostatica italiana, così era naturale il fermarsi a questo sistema nel quale le
coordinate orizzontali X, Y sono date in metri e s' intendono misurate , cioè la X sul parallelo
del punto a cui appartiene, la Y sul primo meridiano a partire dall' equatore. Le altezze essendo
come al solito da contarsi dalla superficie idrostatica presa al livello del mare.
E NOTIZIE VARIE 71
In questo sistema sono dunque dati tutti i punti delle grandi triangolazioni per le loro tre
coordinate XYZ; ma sottintendendo solo i mirametri, che in ogni parziale operazione sarebbero
comuni a tutti i punti , e scrivendoli una sol volta nell' angolo del foglio il più vicino all' ori-
gine, si può riferire ai medesimi assi cardinali (il primo meridiano e 1' equatore) tutti i punti
della periferia d'uno anche piccolissimo appezzamento di proprietà, e così costituire la equa-
zione perimetrale numerica per punti di ogni appezzamento riferita a quegli assi stessi.
Malgrado gì' inconvenienti tutti di porre per l' Italia eccezionalmente 1' origine delle sue coor-
dinate al di là di una frontiera che non dovrebbe esistere , il professore non esita a consigliare
per primo meridiano italico il meridiano di Roma.
Le longitudini e latitudini così espresse in metri sono quindi chiamate longidi e latidi, per
differenziarle dalle omologhe espresse in gradi, e vi si aggiunge per la terza coordinata la altide
lasciando al vocabolo altezza il suo significato individualizzatore (altezza di un edifìcio sul suo
piede, e di una montagna sulle soggette valli) ed al vocabolo altitudine il suo significato generi-
camente qualificativo accettandolo per esprimere la movenza, vale a dire il reggime delle altidi
in un dato tratto di paese.
Osservando poi che tutti i punti di equilongide sul globo non si trovano sul medesimo me-
ridiano, bensì sopra una linea a doppia curvatura quasi parallela al primo meridiano, che il
professore, addottando la denominazione usata dagl' antichi romani chiama Cardine massimo, egli
introduce nell' uso quella nuova linea geodesica sotto il nome di paracardine.
Finalmente ei fa rimarcare che attesa la sua forma e le sue proprietà , questa nuova linea
geodesica si presta , per il disegno , alla anamorfosi perfettamente quadratica , secondo la quale
le alterazioni necessarie per disegnare sopra la carta piana la superficie curva idrostatica su cui
s'intende fatta la projezione, e ciò nei limiti di grandezza dell'Italia, sono pochissima cosa, che
perciò la anamorfosi quadratica che se ne deduce è eminentemente conveniente allo scopo per la
sua chiarezza, e per la semplicità delle conseguenze pratiche a cui dà luogo , e ancora perchè
presenta sviluppati in linea retta i paralleli ed i paracardini.
Parlando innanzi ad un uditorio che ha seguito negl'anni precedenti il corso di alta geodesia
usuale, il professore non ha trattato per disteso l'argomento delle triangolazioni; egli si è limitato
a mettere in evidenza quei nuovi procedimenti che procurano la massima celerità, non di-
sgiunta da un grado di precisione superiore a quello di tutti i procedimenti fin qui conosciuti.
La differenza caratteristica del nuovo metodo per confronto col fin qui usato sta in ciò, che
in prima occorreva per ottenere un' alto grado di esattezza un gran numero di osservazioni, cia-
scuna delle quali era ad un certo titolo di esattezza minore, che poi colle compensazioni si rialzava
in ragione della radice quadrata del numero delle osservazioni ; nel nuovo procedimento invece
occorrono pochissime osservazioni ma fatte direttamente ad un titolo di esattezza assai più elevato,
la qual cosa procura molta economia di tempo.
I mezzi a cui per ciò si ricorre riguardano alcuni il metodo, alcuni gli strumenti.
Nel metodo nuovo i triangoli di primo ordine, salvi alcuni casi particolari, non devono ecce-
dere l'area media di dieci mila ettaree.
I segnali di 1.° ordine debbono essere permanenti, in buona muratura od in pietra di taglio,
ma basta per essi un semplice pilastrino sormontato da una piccola asta metallica terminata a
foggia di sfera.
L'esperienza di lunghi anni ha provato che in siffatto modo a circostanze atmosferiche eguali
s'innalza di molto il titolo dell'esattezza così delle singole osservazioni come dell'insieme.
Se poi invece dei più grandi teodoliti si ammette il cleps geodesico N. 1 (1), molto più po-
tente per forza ottica e per accuratezza e minutezza delle divisioni de' suoi circoli, si arriva ad
ottenere un'esattezza molto più grande ancora e sin qui sconosciuta in tal genere d'operazioni,
(1) Il cleps è lo strumento unico ed universale della geodesia nuova, ma varia di grandezza a se-
conda dell' importanza delle operazioni a cui si destina. Il cleps N. 1 porta un cannocchiale d'un me-
tro ; il N. 2 ha un cannocchiale di mezzo metro; il N. 3 di un terzo di metro, ed il N. 4 di due de-
cimetri. V, lng. Arch. , voi. XV, pag. 574,
72 RIVISTA DI GIORNALI
che sono poi del resto assoggettate ancora per le loro minime incertezze rimanenti ai metodi di
compensazioni fin qui usati.
I punti di primo ordine sono caratterizzati nel metodo celere da ciò che vi si misurano tutti
gl'angoli e vi si stabiliscono dei segnali permanenti concentrici, vale a dire tali da poter collo-
care comodamente l'istrumento per la osservazione degl'angoli esattamente nell'istesso punto
che è centro geodesico del segnale.
I punti di 2.° ordine invece sono tutti determinati per intersezione dalle stazioni di 1.° ordine,
essi sono perciò scelti sugl'edifizii permanenti visibili senza curarsi della loro accessibilità: non
vi si misura il terzo angolo, ma si intersecano in azimut od in apozenit da almeno tre punti
di 4.° ordine a fine di doppiamente comprovarli. Questi punti non si assoggettano al modo
ordinario di compensazione delle reti di primo ordine, perchè le loro determinazioni sono pura-
mente isolate ed indipendenti.
Non vi sono nel metodo celere, che descriviamo sommariamente, dei punti trigonometrici di terzo
ordine propriamente detti, ma vi si supplisce da alcune delle stazioni che si fanno poi per lo
riempimento, vale a dire per il rilevamento parcellare osservando in azimut ed in apozenit al-
meno quattro punti di 4.° o di 2.° ordine, mediante la qual cosa si calcola la posizione di queste
stazioni con altrettanta sicurezza ed esattezza quanta pei punti di 3.° ordine non se ne otter-
rebbe coi metodi ordinarii. Tutto ciò porta pure una grande economia di tempo senza mancar
all' esattezza.
II metodo delle trisezioni si può in tal modo applicare senza che ne costi veruna sensibile
spesa se non quei sette od otto minuti che occorrono in ciascuna stazione a fare le osservazioni, e
si fanno di tali osservazioni in tutte quelle stazioni del rilevamento dalle quali si vedono almeno
quattro punti di 4.° o di 2.° ordine. In tal modo esse divengono veri punti di terzo ordine.
Neppure qui v'ha luogo ad applicare il metodo di compensazione che tanto è conveniente
per le reti di primo ordine, perchè qui pure si tratta di determinazioni tutte isolate ed indipen-
denti, ma qualora si siano da ciascuna stazione di questa specie osservati quattro punti di 4.° e
di 2.° ordine, queste determinazioni assumono il più alto grado di certezza e di esattezza che sia
desiderabile.
È duopo qui avvertire che il cleps N. 2 è quello che si dovrà impiegare per il rilevamento
parcellare generale italico, e che i suoi circoli hanno per limite di esattezza il millesimo del
grado il che è più e meglio assai del fin qui usato pel 3.° ordine.
La parte astronomica delle operazioni di 1.° ordine consisterà nella osservazione delle lon-
gitudini, latitudini ed azimut in un buon numero di stazioni di 4.° ordine in tal modo scelte,
che si possano avere nel campo del tubo zenitale delle stelle comuni di vicino in vicino su
tutta la estensione dell'Italia.
Impiegando in queste osservazioni un tubo zenitale di due metri, si può esser certi di otte-
nere in tre sole sere di osservazione le differenze in latitudine a meno d' un deci-millesimo di
grado presso, ed il tempo con precisione a quella comparabile mediante un cronografo elettrico
di particolar costruzione.
Quanto agl'azimut da osservarsi unicamente colle stelle circompolari il cleps N. 4 è superiore
per rapidità e per esattezza a tutti gli strumenti speciali che si sono negli ultimi vent'anni al-
l'uopo proposti.
La riunione ed il confronto di queste osservazioni astronomiche con quelle del rectografo (1)
e colle misure geodesiche corrispondenti, basterà a determinare con tutta precisione la forma della
superficie idrostatica italica.
Seminati in tal modo sull'Italia in numero sufficiente, i punti esattamente detcrminati coi
mezzi celeri ma sicuri ed esatti della nuova geodesia superiore, conviene (dice il professore) con-
tinuare lo sminuzzamento geometrico iniziato coi punti trigonometrici fino ad arrivare all' ul-
timo elemento od atomo territoriale giuridico, come lo chiama il Robernier, vale a dire fino
alla parcella di proprietà ; ciò per la carta generale parcellaria italica ; per gì' ing. di lavori pub-
li) V. Ing. arch, voi. XV, pag. 754.
E NOTIZIE VARIE 73
blici bisogna poter arrivare talora ad assai più minute subdivisioni, sempre però collegandosi ai
punti trigonometrici permanenti che s'incontrano a portata di quei lavori, a fine di mantenere
in essi la possibilità della comprovazione, della esaltezza dello insieme.
Ma per arrivare in tal modo dai punti trigonometrici alla parcella il professore insegna a far
uso non più di triangolazioni, ma di poligonazioni metodicamente combinate, i dati delle quali
si trovano pure intieri nei libri di campagna del parcellario, delle quali poligonazioni ea\i ha
recato un esempio tratto dalla carta generale del genovesato , stata rilevata coi metodi della ce-
leriniensura nel 1838 a 1838.
A questo punto, disse quindi il professore, e prima di dettare metodi e strumenti per il par-
cellario, occorre esaminare quali sieno i postulati a cui la geodesia deve soddisfare per tutti i
rami di pubblico servizio.
Non seguiremo qui il professore nelle sue dimostrazioni, nelle quali egli ha in brevi parole
riassunto i veri bisogni d'Italia nella specie, diremo solamente che egli ha elevata la questione
all'altezza della ricostituzione del titolo di proprietà mediante il gran libro fondiario (2), insti-
tuito alla foggia e con tutti i vantaggi degl'antichi libri censuarii romani, e mediante la fonda-
zione di un nuovo dicastero di guarentigia generale della fede pubblica, nel quale si rinverrebbero
modificate e semplificate le attribuzioni dello stato civile, del pubblico registro, della conserva-
zione delle ipoteche, e del catasto, e subordinatamente la direzione delle contribuzioni, con che si
verrebbe a risolvere completamente il più grande problema di economia pubblica e di giurispru-
denza che a' giorni nostri importi alle nazioni e principalmente all'Italia veder risoluto.
Poi tornando ai lavori geodesici degl'ingegneri addetti ai lavori pubblici, ed esaminandone l'es-
senza, il professore ha trovato doversi confermare i tre postulati seguenti, ai quali è necessario
soddisfare, e bastano, per tutti i lavori pubblici non meno che pei parcellari d'ogni estensione
fino alla carta generale italica :
1.° Che per qualunque progetto di lavori pubblici la veracità delle cose esposte dall'ingegnere
autore, e le qualità intrinseche tutte del progetto stesso siano comprovate da fatti geometrici
incontestabili, espressi da un rilevamento ipsometrico generale e completo, ad esclusione asso-
luta del metodo dei profili , né si presti mai fede al solo giudizio fallibile degli uomini , quali
che essi si siano.
2.° Che il rilevamento ipsometrico intiero del paese, su cui si deve protendere lo studio, abbia
preceduto tutto intiero allo studio stesso, di cui formar deve la base.
3.° Che il rilevamento ipsometrico sia primitivamente numerico nei tre sensi x, y, z, e che
i dati numerici i più completi e generali accompagnino il piano grafico segnato a curve oriz-
zontali con una numerizzazione d'ordine per punti, che riesca di facile riferenza tra i registri
delle dimensioni ed i fogli di disegno grafico.
Entrando in seguito a trattare delle poligonazioni, il professore ha dimostrato quanto bene il
sistema delle coordinate si presti alla comprovazione la più generale in tutti i sensi, non trat-
tandosi mai che di semplici operazioni di aritmetica.
Questo importantissimo argomento ridotto a regolare dottrina ed a semplicissime pratiche ap-
plicazione, non è che principiato, perciò lo serbiamo, a fine di darlo completo, al rendiconto del
mese di febbrajo.
OTTICA TECNOLOGICA.
Nelle quattro lezioni di ottica tecnologica che hanno avuto luogo in questo mese di gennajo,
dopo aver osservato che tutti i fenomeni detti di polarizzazione hanno la loro causa e la loro ra-
zionale spiegazione nelle variazioni periodiche degl'elementi delle orbite microdinamiche e negli
accidenti singolari di queste stesse variazioni, ed osservato pure come in piccolissimo numero quei
fenomeni siano stati finora tecnicamente utilizzati, il professore ha svolte le più importanti pro-
posizioni relative alla decomposizione della luce in colori, ed all'acromatismo che ha dimostrato
direttamente nelle lenti, senza passare per le sperienze dei prismi, poi alla teoria dell'azione dei
(2) Vedasi Gran libro fondiario, tip. degli Ingegneri,
74 RIVISTA DI GIORNALI E NOTIZIE VARIE
prismi e delle reticole sulla luce, onde preparare la via alla determinazione delle costanti ottiche
mediante il polioptometro.
Il professore ha di poi fatto vedere come il fenomeno delle linee scure dello spettro solare e
quello delle linee chiare dei varii colori per gli spettri provenienti da varie origini di luce non
siano che la conseguenza naturale di ricorrenze tra le periodiche variazioni della velocità tan-
genziale e quelle della velocità angolare nel movimento atomico.
Egli ha parlato quindi di un'altra azione propria di molte sostanze sulla luce, per cagion della
quale lo spettro viene quasi deformato nelle sue proporzioni con spostamento delle linee chiare
e scure dette di sopra, la qual cosa aveva fatto credere alla irrazionalità della dispersione (1).
L'esperienze esattissime state fatte col polioptometro hanno provato, riuscendo in pieno accordo
colla teoria rigorosa dell'acromatismo data dal professore, che l'idea della irrazionalità della
dispersione non è fisicamente esalta.
Noteremo intanto la nostra sorpresa di che assistendo ad un corso d'ottica, giunto già alla
sua ottava lezione non abbiamo ancora una sol volta sentito nominare il raggio di luce.
Interrogato su questa, che a noi pareva una singolarità, il professore stesso, egli diede la me-
desima risposta che in tutt' altro argomento diede a Napoleone I il marchese de la Place, je n'ai
pas eu besoin de cette hypothèse.
Il professore considera dunque il raggio di luce come un' idea ipotetica volgare per nulla
conforme alla essenza dei fenomeni luminosi : Non v' ha più per noi dubbio difatti che la teoria
microdinamica degli altra volta chiamati imponderabili, è oggidì una verità incontestabile, e
che, ammessa quella, il raggio di luce fisico non esiste, o quanto meno non è più che un'astra-
zione matematica della quale dobbiamo concedere che non vediamo l'utilità.
Ella è questa la prima volta che s'ode in Milano un corso d'ottica abbastanza popolare per
essere inteso da tutti, ed abbastanza elevato per fondare schiettamente nella teoria microdinamica
pura la spiegazione dei più complicati fenomeni della luce.
LEGISLAZIONE
Una gran parte delle operazioni che si eseguiscono dagli Ingegneri rimane subordinata all'adem-
pimento delle leggi e dei regolamenti che furono emanati a tutela della sicurezza e della salute
pubblica, oppure direttamente pei lavori pubblici che si effettuano a carico dello Stato, delle
Provincie o dei Comuni. Quindi è di somma importanza il conoscere le diverse disposizioni le-
gislative che mano mano si emanano dal Governo per poterle applicare convenientemente e non
eseguire dei lavori imperfetti che sarebbero di poi rigettati.
D'ora innanzi perciò il Giornale si occuperà anche della parte legislativa che va ad interes-
sare direttamente l' arte dell' ingegnere e darà tutte quelle spiegazioni che si reputeranno del caso
e necessarie per la conveniente applicazione di siffatte leggi e regolamenti.
Frattanto noi faremo conoscere una circolare ministeriale che da molti venne celata forse allo
scopo di lasciar sussistere gli arbitrj che si sono introdotti nelle opere pubbliche provinciali e
che tornano di danno al paese ed ai contribuenti.
Giova per altro il premettere che coli' art. 368 della legge 20 marzo 1865 sui lavori pubblici
venne stabilito che le provincie debbano instituire un personale di ingegneri e di tecnici pel
(1) Così era chiamato dai fisici il fenomeno di cui si tratta,
LEGISLAZIONE 75
servizio dei lavori pubblici di loro pertinenza il qual personale, nei primi tre anni decorribili
dall'attuazione della Legge deve essere scelto fra gli Uffiziali del Genio Civile Governativo.
Passate alle provincie le strade ed opere pubbliche loro rispettivamente assegnate ed instituiti
dalle medesime gli ufficj tecnici voluti dal precitato articolo era obbligo dei consigli provinciali
di proporre al Governo entro due anni dall' emanazione della Legge dei Regolamenti intorno
alla costruzione, manutenzione e sorveglianza delle strade sia provinciali che comunali, regola-
menti che dovevano emanarsi di poi con Decreti Reali giusta il disposto dall'art. 2^ della sum-
mentovata Legge.
Sembrava del tutto ovvio che in pendenza dell' emanazione di questi Decreti e Regolamenti
si dovessero frattanto applicare quelli di già in corso per le strade nazionali che erano passate
alle provincie e che le norme di servizio vigenti per le opere pubbliche a carico dello Stato
venissero provvisoriamente applicate anche ai nuovi ufficj tecnici provinciali non essendovi pel
momento alcun bisogno di variarli e di manomettere ciò che era il risultato di molti studj delle
persone dell'arte ed il frutto dell'esperienza di lunghi anni.
Però non tutte le Deputazioni provinciali la pensarono a questo modo, mentre alcune di esse
si credettero autorizzate a prendere quelle disposizioni che loro tornassero più a grado senza
alcun riguardo né al servizio pubblico, né al personale assegnato. Fu un preludio di quella libi-
dine di potere, di cui sono spesso informate alcune nostre amministrazioni. — Da qui ebbero
origine delle collisioni tra le stesse deputazioni provinciali e gli ufficj tecnici, collisioni che per-
venute a notizia del Ministero dei Lavori pubblici esso emanava la seguente circolare diretta ai
Prefetti, che è assolutamente giudiziosa sotto ogni rapporto.
N. 2219
Firenze, 9 settembre 1867.
Questo Ministero è tuttavia in attesa della presentazione per parte dei Consigli provinciali dei
regolamenti che a senso dell'art. 24- § F della legge 20 marzo 1865 sono chiamati a deliberare
in ordine alla costruzione, manutenzione e sorveglianza delle strade provinciali, comunali e con-
sortili, non che sul modo di riparto delle spese relative.
Egli confida che i Consigli saranno per dare opera solerte a queir importante compito da con-
sentire 1' approvazione di tali regolamenti entro il corrente anno.
Ma intanto essendo sorto il dubbio in qualche Provincia se in difetto d'ogni direttivo prov-
vedimento, fosse in facoltà della propria amministrazione di modificare in quanto al servizio
amministrativo ed alle indennità del personale tecnico le discipline preesistenti pel Corpo Reale
del Genio Civile Governativo, ovvero si dovesse mantenerle provvisoriamente in vigore, il Go-
verno ne fece il soggetto di quesito al Consiglio di Stato, il quale in seduta dell' 8 giugno
scorso :
« Considerando che nell'attribuire una parte del servizio e del personale del Genio Civile alle
<r Provincie non fu intendimento della Legge del 20 marzo 1865 (come chiaramente emerge dal
« suo spirito dalle citate sue testuali disposizioni, e dal contesto di quello della legge comunale
« e provinciale) di abbandonare all'arbitrio delle amministrazioni provinciali il servizio che la
« legge stessa rendeva obbligatorio ed il personale governativo che passava alle provincie.
« Che in conseguenza non si potrebbe ammettere, finché non sia altrimenti provveduto che le
« indennità di trasferte, non meno che gli stipendi possano patire diminuzione a causa del detto
« passaggio:
« Che se le disposizioni legislative e regolamentari non furono mutate , non è men vero che
« all'Autorità Governativa fu sostituita la Provinciale nel servizio delle opere pubbliche delle
« Provincie, per cui le riserve fatte dal Consiglio provinciale intorno ai rispettivi poteri dell'una
« e dell' altra autorità, sono tanto meno censurabili quanto più chiaramente dimostrano che non
« è intendimento di quelle autorità provinciali di scartare la tutela che il Governo special-
« mente deve al personale governativo trasmesso alla Provincia e di cui si ha esempio nei citati
« articoli di legge comunale e provinciale ;
76 LEGISLAZIONE
« Che ben si deduce anche dai principi testé accennati che l'Ufficio tecnico provinciale non
« può sottrarsi all' ingerenza amministrativa della Deputazione provinciale, come avrebbe potuto
« sfuggire anteriormente a quella del Ministero, al quale nell'interesse della Provincia è surro-
« gata 1' azione dell' amministrazione provinciale.
« Considerando che se nei regolamenti in vigore non può derogare il Governo con particolare
« disposizione, molto meno le amministrazioni provinciali possono arrogarsi l'arbitrio di dero-
« gare ad esse con particolari decreti.
« Che però i nuovi rapporti tra l'amministrazione della Provincia e i rispettivi uffìcj tecnici
« richiedono evidentemente particolari regolamenti di cui giustamente si è preoccupato il Mini-
« stero dei lavori pubblici, i quali però nell'atto che provvedono con disposizioui diverse, ap-
« propriate ai luoghi secondo le condizioni di ciascuna Provincia , non debbono scostarsi dalle
« norme generali indispensabili a garantire il servizio ed anche il personale degli ufficii del Genio
« Civile ; è stato d' avviso » :
1.° Che agli stipendj ed alle indennità dei detti Ufficiali debbano continuare ad applicarsi
le disposizioni del titolo VII della Legge 10 novembre 1859.
%° Che sino a quando non saranno approvati i regolamenti provinciali debba osservarsi il
regolamento 1862 esercitandosi dall' autorità provinciale sugli ufficj tecnici della Provìncia le
attribuzioni amministrative riservate al Ministero dal detto regolamento, salva sempre la legittima
azione spettante al Governo.
3.° Che nel sollecitare la formazione dei regolamenti provinciali debba il Governo indicare
le norme comuni da cui non debbano scostarsi e che possano formare oggetto di regolamento ge-
nerale applicabile a tutte le provinole.
Deducendo a notizia della S. V. quel voto al quale questo Ministero si associa in ogni sua
parte, come quello che costituisce norma efficace e di massima, il sottoscritto porge loro pre-
ghiera che vogliano comunicarla ai Consigli Provinciali per propria norma esortandoli in di lui
nome all'eseguimento del prescritto dalla Legge durante la presente sessione, avute presenti le
istruzioni contenute nelle circolari 17 dicembre 1866 e 5 luglio scorso.
Il sottoscritto sarà grato alla S. V. lllustr. se vorrà compiacersi di segnarli ricevuta della pre-
sente e se vorrà, come punto non dubita, concorrere con validi ufficj presso il consiglio provin-
ciale pel sollecito e regolare adempimento di quel mandato.
// Ministro Giovanola.
Dopo queste esplicite dichiarazioni che erano basate interamente sulla legge sembrava che si
dovessero far cessare indilatamente gli arbitrj stati introdotti nelle amministraziani delle Pro-
vincie e si provvedesse all'adempimento delle altre prescrizioni di Legge di cui erano tuttora in
difetto i Consigli provinciali.
Ebbene alcune provincie non si diedero per intese della circolare ministeriale, la quale si ri-
tenne quasi problematica e continuarono come continuano anche in giornata ad applicare le loro
precedenti disposizioni, impedendo od incagliando ove occorra la vigilanza alle strade a pregiu-
dizio del pubblico passaggio per la trascuratezza dei singoli appaltatori delle opere di manuten-
zioni, i quali se ne approffittano delle improvvide disposizioni che si sono emanate.
Noi denunciamo la cosa al pubblico affinchè si sappia in quali mani si trovano bene spesso
gli interessi delle provincie e richiamiamo la seria attenzione del Governo per gli opportuni prov-
vedimenti.
LEGISLAZIONE 77
REGOLAMENTO
PER LA DERIVAZIONE DELLE ACQUE PUBBLICHE (1)
Questo Regolamento venne emanato in conformità della riserva fatta nell'art. 137 della Legge
20 marzo 1868 sui lavori pubblici e fu approvato col Decreto Reale 8 settembre 1867 N. 39B2
CAPO I .°
Dimanda della concessione ed Istruttoria preliminare*
Art. 1.
Chiunque intenda di derivare acque pubbliche per un uso qualsiasi o di stabilire su questi
molini ed altri opificj deve presentare al Prefetto della Provincia, ove è situato il punto della
derivazione, o quando non abbia luogo derivazione il punto in cui si vuole collocare l'opificio
stabile galleggiante, una domanda diretta al Ministero delle Finanze e sottoscritta dal ricorrente
o da suo legale procuratore.
La domanda può essere presentata anche a nome di un consorzio istituito o da istituirsi se-
condo le leggi vigenti o sotto riserva di istituire una società anomina per esercitare la con-
cessione.
(1) Intorno alla derivazione delle acque pubbliche, la Legge, Marzo 1865, sui Lavori Pubblici ha pre-
scritto quanto segue :
Art. 132. Nessuno può derivare acque pubbliche ne stabilire su questi molini od altri opifici se non
ne abbia un legittimo titolo o non ne ottenga concessione dal Governo.
Art. 133. Le nuove concessioni di acqua sia in proprietà assoluta sia per semplice uso temporaneo
o determinato saranno fatte per R. Decreto promosso dal Ministero delle finanze e sotto la osservanza
delle cautele che sentito il Consiglio superiore dei Lavori Pubblici saranno state proposte in linea di
arte dal Ministero dei Lavori Pubblici nell' interesse ed a tutela del buon regime degli alvei, della li-
bera navigazione e delle proprietà laterali.
Le concessioni determineranno la quantità, il tempo, il modo e le condizioni dell'estrazione ed oc-
correndo le condizioni della condotta e dell'uso dell'opificio e stabiliranno l'annuo canone od il prezzo
di vendita da corrispondersi alle finanze dello Stato.
Art. 134. Le domande per nuove derivazioni saranno sempre accompagnate da regolari progetti delle
opere da eseguirsi per la estrazione e condotta delle acque, verranno insieme ai detti progetti pubbli-
cate ; saranno intese le osservazioni degli interessati e sarà proceduto in contradditorio, così di questi
come dei richiedenti alla ricognizione della località.
Quando si tratti di nuove derivazioni a tempo indeterminato dai fiumi e laghi il Governo dovrà prima
di decidere provocare il parere dei Consigli provinciali che possono avervi interesse.
Art. 135. Per gli oggetti di interesse pubblico la osservanza delle obbligazioni imposte dai Decreti
di concessione ai concessionarj nell' uso delle acque è sottoposta alla vigilanza dell' autorità pubblica.
Art. 136. Quando per causa di variazioni nel corso dei fiumi, torrenti e mi o per qualunque altra
cagione sorga il bisogno di variare la posizione , la forma o la natura delle opere autorizzate o fare
aggiunte o lavori accessori" negli alvei e sulle sponde se ne farà domanda al Governo accompagnata da
regolare progetto. Il Governo riconosciuta la regolarità delle proposte le approverà, previe le pubbli-
cazioni e gli accertamenti di cui all'art. 134
Sono eccettuati i casi di urgenza nei quali potesse derivare grave danno dall'attendere il compimento
delle anzidette formalità. In questi casi l'autorità amministrativa provinciale potrà in via provvisionale
e col parere dell' ufficio tecnico permettere quelle opere che fossero necessarie per ristabilire il corso
delle acque nei canali di derivazione o 1' esercizio dei molini od altri opifici con che gli interessati
prima di porvi mano si obblighino con atto di sottomissione ad osservare le prescrizioni che emane-
ranno definitivamente dal Governo sulla loro domanda.
ART. 13?. Le norme da osservarsi nell'eseguimento delle disposizioni dei tre articoli precedenti for-
meranno materia di un Regolamento speciale (Questo Regolamento è quello che qui si riporta),
78 LEGISLAZIONE
Art. 2.
Le domande per le grandi derivazioni d' acqua ad uso dei canali navigabili ed irrigatori > di
bonificazione ecc., ed in generale le domande che debbono essere sottoposte al Parlamento per
T art. S della Legge 25 giugno 1865 N. 2359 o per gli effetti dell'art. 123 della Legge 20 marzo
1865 sulle opere pubbliche dovranno essere giustificate da regolari progetti di massima compi-
lati secondo le norme stabilite per le opere da eseguirsi a carico dello Stato, salvo a presentare
all'approvazione del Ministero dei Lavori Pubblici i necessari progetti particolareggiati dopo di
aver ottenuta la concessione.
Queste domande prima di essere pubblicate saranno trasmesse al Ministero dei Lavori Pub-
blici, il quale ne darà comunicazione al Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio. Ove
dal preventivo esame dei medesimi una concessione risultasse inammissibile e vi concorresse il
voto negativo del Ministero delle Finanze, la dimanda sarà respinta.
Art. 3.
Le altre domande saranno accompagnate dai seguenti documenti:
1.° Il piano della località ove saranno indicate chiaramente tutte le opere che s'intendono
eseguire nell' alveo del fiume, o torrente o lago e le adjacenze che possano avere relazione colle
opere suddette.
Questo piano sarà in scala non minore di 1 a 200.
2.° I profili longitudinali e trasversali dell'alveo da cui si vogliono derivare le acque, se-
gnando in essi i diversi stati delle piene, delle acque ordinarie e l'altimetria delle opere a farsi
nell'Alveo ed all'imboccatura della derivazione.
3.° I profili longitudinali e trasversali dell' intiero canale di derivazione, nel quale siano indi-
cati il fondo del suo alveo e le sponde naturali o gli argini fra cui sarà contenuto, il livello
ordinario delle acque da introdursi e l'altezza massima che possono acquistarvi.
Questi profili saranno riferiti alla medesima orizzontale e disegnati sulla stessa scala dei pro-
fili del fiume, o torrente o lago.
h.° Una relazione che dimostri Y utilità delle opere proposte , il nessun danno che ne può
per esse venire ai terzi od al sistema del fiume, torrente o lago.
Questa relazione conterrà inoltre la descrizione delle opere proposte, e l'indicazione dell'uso
od usi cui è destinata l'acqua che si vuole derivare, se cioè per dar moto al meccanismo di un
opificio, o per irrigazione o per bonificazione di terreni. Se trattisi di un opificio, si descriverà
la sua natura, indicando il numero delle ruote o delle macine; e la forza motrice dell'acqua da
derivarsi si calcolerà in cavalli dinamici di 75 chilogrammi ciascuno.
Se trattisi d'irrigazione o di bonificazione, s'indicherà la portata della derivazione calcolata
secondo il modulo stabilito dall' art. 622 del codice civile italiano, la natura dei terreni da irri-
garsi o da bonificarsi, e la misura in ettari.
Art. h.
Nei casi di derivazione di poca importanza, il richiedente potrà essere dispensato dal Prefetto,
sentito l' Ingegnere governativo competente , dalla presentazione di alcuno dei documenti tecnici
indicati nel precedente articolo , salvo sempre al Consiglio superiore dei Lavori Pubblici la fa-
coltà di esigere altre spiegazioni e documenti, e l' obbligo del richiedente di presentarli.
Art. 5.
I documenti indicati negli art. 2 e 5 devono essere firmati da un Ingegnere. Per le derivazioni
di minore importanza basterà la firma di un Architetto civile, geometra, o misuratore patentato.
Art. 6.
La domanda ed i documenti dovranno essere muniti del bollo competente.
LEGISLAZIONE 79
Art. 7.
Il Prefetto trasmette la domanda corredata dai documenti all' ufficio del Genio Civile gover-
nativo, affinchè esamini e riferisca se i documenti tecnici sono regolari, o se occorre di farvi
aggiunte o modificazioni.
Se l'ufficio del Genio Civile dichiarasse che per gravi motivi d'interesse pubblico la deriva-
zione non può concedersi, il Prefetto consulterà il Ministero dei Lavori Pubblici; se questo ap-
prova il voto dell' ufficio tecnico, ed il Ministero delle Finanze cui saranno comunicati gli atti,
concorre nell'avviso, la domanda viene dal Prefetto respinta con motivato Decreto.
Art. 8.
Assicurato la regolarità della domanda e dei documenti, il Prefetto mediante Decreto ne
ordina la pubblicazione nel Comune o nei Comuni in cui cadono la derivazione e le opere da
eseguirsi.
Secondo l' importanza delle opere il Prefetto può ordinarne la pubblicazione in tutti i Comuni
del Circondario o della Provincia, ed anche delle Provincie finitime, e può decretare che di que-
sta pubblicazione siano avvertiti officialmente determinati consorzi, corpi morali, o privati, che
notoriamente possono avervi interesse.
Queste pubblicazioni saranno fatte secondo gli art. k e 5 della Legge 25 giugno 1865, N. 2359
ed il relativo Regolamento.
La pubblicazione non potrà durare meno di 15 giorni, e la ricognizione della località in cui
deve eseguirsi la derivazione, dovrà essere fatta dopo otto giorni almeno dal termine della pub-
blicazione.
Art. 9.
Il Decreto del Prefetto che ordina la pubblicazione della domanda, deve contenere una suc-
cinta esposizione del progetto delle opere, l'indicazione dell'ufficio o degli ufficii presso cui sono
depositati i relativi documenti, il giorno in cui comincia e quello in cui deve chiudersi la pub-
blicazione, ed infine l'invito a coloro che possono avervi interesse a presentare agli stessi uf-
fici, sia verbalmente che per iscritto le loro osservazioni e ragioni ad intervenire nel giorno e
nell'ora fissata alla visita della località.
Se per ottenere la derivazione occorrono opere la cui esecuzione deve dichiararsi di pubblica
utilità, il Decreto del Prefetto dovrà provvedere contemporaneamente per l'adempimento delle
formalità prescritte dalla Legge e dal Regolamento per la espropriazione per causa di utilità
pubblica.
Nel Decreto viene stabilita la somma da depositarsi dal richiedente antecedentemente alla vi-
sita per garanzia del rimborso delle spese di cui all'art. 26.
Art. 10.
La visita sopra luogo viene fatta dall'Ingegnere governativo da cui dipende il servizio idrau-
lico della Provincia nel di cui territorio cade la chiesta derivazione o da un' altro Ingegnere da
lui delegato.
Qualora la domandata derivazione possa interessare anche il territorio di altre Provincie, in-
tervengono alla visita altresì gli Ingegneri di queste Provincie o i loro delegati.
Gli interessati hanno facoltà d' intervenire coli' assistenza dei loro periti.
Art. 11.
In detta visita l'Ingegnere del Genio Civile riscontra sul terreno le grafiche rappresentazioni
del progetto prodotto e ne rileva in caso di discordanze , si fa carico delle osservazioni e delle
opposizioni degli interessati , delle risposte e delle spiegazioni dei richiedenti , e stende di tutto
un processo verbale che viene firmato dagli intervenuti alla visita.
Art. 12.
L'ingegnere Capo del Genio Civile governativo trasmette al Prefetto il suddetto processo ver*
baie della visita accompagnandolo con una relazione, in cui espone il proprio parere sulla con-
80 LEGISLAZIONE
venienza o meno della derivazione e delle opere progettate, avuto riguardo al pubblico servizio
ed ai diritti anteriori dei terzi, proponendo nella affermativa se ne sia il caso, le modificazioni,
variazioni e cautele che ravvisa necessarie per ovviare ad ogni pregiudizio pubblico o privato.
La relazione medesima deve versare principalmente sopra i seguenti punti, dando particolari
spiegazioni.
l.° Sulla quantità d'acqua che si può concedere secondo le condizioni locali e la destina-
zione della derivazione in progetto.
%° Sulla direzione , lunghezza, altezza , forma e natura della chiusa da farsi nell' alveo nel
fiume o torrente, e delle altre opere reputate necessarie a derivare le acque senza pregiudizio
pubblico o privato.
8.° Sulla forma e dimensioni della bocca di derivazione e sugli edilìzi e congegni occorrenti
a regolarla per modo che nei tempi delle piene non si introducano acque eccedenti la capacità
del canale, o provvedendo perchè in ogni evento per mezzo degli opportuni scaricatori vengano
smaltite le acque sovrabbondanti.
6.° Sull'ampiezza ed indicazione del canale per la condotta delle acque.
B.° Sopra il modo di restituire all'alveo, quando vi sia luogo, le acque derivate senza pre-
giudizio dei terzi e del buon regime fluviale.
6.° Sopra le cautele da osservarsi pel regolare eseguimento delle opere e per l'innocuo ri-
pristinamento della chiusa se instabile.
7.° Sopra le opposizioni presentate prima o nell'atto della visita e sopra tutto quelle altre
particolari circostanze locali, e quelle considerazioni che meglio potranno servire di norma alle
determinazioni del Governo.
8.° E finalmente sull'importanza della derivazione in progetto e dell'uso dell'acqua propo-
nendo il canone annuo che a suo avviso possa essere imposto.
Art. 15.
Per la determinazione del canone si avrà riguardo in complesso:
a) alla quantità dell'acqua da derivarsi secondo il N. 1 dell'articolo precedente, ed alle
condizioni locali ;
b) all'utile presuntivo che il concessionario può ricavare dall'acqua derivata tenuto però
conto delle condizioni della concessione degli oneri e delle spese che egli deve sopportare.
Art. 14.
Il Prefetto indirizza al Ministero dei Lavori Pubblici, accompagnandoli con suo parere mo-
tivato, tutti gli atti che a termini degli articoli precedenti hanno formato l'istruttoria sulla chiesta
concessione.
Art. 15.
11 Ministero dei Lavori Pubblici sentito il Consiglio superiore trasmette gli atti al Ministero
delle Finanze colla dichiarazione se sia da permettersi la chiesta derivazione e formula quando
ne sia il caso, le condizioni tecniche cui deve essere subordinata a tutela del buon regime degli
alvei, della libera navigazione ed in generale degli interessi pubblici e privati.
Per le grandi derivazioni, e di cui all' art. 2 il Ministero dei Lavori Pubblici potrà richiedere
che le opere a farsi siano regolate da un apposito capitolato e soggette a speciale sorveglianza
di ufficiali del Governo , che il concessionario sia obbligato a sostenere la spesa di questa sor-
veglianza.
Art. 16.
Qualora venga dimandato 1' uso delle acque che sono o che possono essere destinate all' ese-
cuzione di opere di bonificazione che si compiono per cura del Governo sotto la dipendenza del
Ministero di Agricoltura Industria e Commercio o di acque, provenienti dalle opere stesse, il Pre-
fetto farà avvertita l'amministrazione della bonifica, della dimanda di concessione, e del giorno
della visita sopra luogo, affinchè possa assistervi.
In questi casi il Ministero dei Lavori Pubblici trasmetterà gli atti colla sua dichiarazione ,
giusta P articolo precedente, al Ministero di Agricoltura Industria e Commercio, il quale, esami-
LEGISLAZIONE gì
nato se nulla osti alla chiesta concessione in riguardo alle opere di bonificazione od agli oggetti
di sua competenza, li passerà colle proprie osservazioni al Ministero delle Finanze.
Art, 17.
Il Ministro delle Finanze riconosciuta la convenienza della concessione nei rapporti finanziari
e la mancanza di opposizioni attendibili da parte di chi alleghi diritti anteriori, e sentiti nei
casi speciali di derivazioni a tempo indeterminato i pareri dei Consigli Prov. interessati, a sensi
dell'alinea dell'Art. 15k della Legge sulle opere pubbliche 20 Marzo 1865, incarica il Prefetto
della stipulazione dell'atto pubblico di obbligazione da parte del richiedente.
Art. 18.
Neil' atto di Obbligazione saranno determinati la quantità, il tempo e il modo dell' estrazione,
della condotta e dell'uso delle acque, la durata della concessione, l'annuo canone da corri-
spondersi alle Finanze dello Stato del giorno ivi stabilito, la cauzione da prestarsi e tutte le altre
condizioni speciali, alle quali rimane sottoposta la concessione.
Saranno sempre apposte le seguenti condizioni :
a) La concessione s'intenderà fatta entro i limiti della disponibilità dell'acqua che può com-
petere al Governo e senza lesione dei diritti anteriori d'uso dell'acqua stessa legittimamente ac-
quistati ;
b) L' obbligo del concessionario , sotto pena di decadenza dalla concessione , d' avere eseguita
in un determinato tempo la derivazione e gli edifìcj occorrenti all' impiego delle acque.
e) L'obbligo del concessionario di eseguire a sue spese quelle modificazioni e variazioni che
1' esperienza, o circostanze sopravvenute renderanno necessarie nelle opere per la derivazione in
riguardo alla tutela dell'alveo, della navigazione, delle proprietà laterali, e dei diritti anteriori
dei terzi;
d) L' obbligo di pagare il canone, quando anche non usufruisse in alcuna parte della conces-
sione, salvo in tutti i casi al concessionario il diritto di rinunciare e liberarsi dal pagamento
del canone medesimo allo spirare dell'anno in cui sarà fatta la rinuncia.
e) Potrà darsi luogo alla revoca della Concessione pel non pagamento di due annualità del
canone, o per l'inadempimento delle condizioni opposte alla derivazione.
f) Il concessionario allo spirare del termine della Concessione, o nei casi di revoca o di ri-
nuncia è obbligato a far eseguire a sue spese tutte quelle demolizioni e quei lavori che l'ufficio
del Genio Civile governativo giudicherà necessarie per ristabilire l'alveo, le sponde e le argi-
nature del Fiume, torrente o lago, in condizioni tali da non recar pregiudizio al suo regime, nò
agli interessi pubblici e privati.
g) Per la esecuzione e per ogni emergenza relativa alla Concessione , dovrà il concessionario
eleggere domicilio nel Comnne nel cui territorio cade la derivazione, od in quello in cui si fa
uso dell' acqua concessa.
Resteranno annesse all'atto di Obbligazione il progetto tecnico, e la dichiarazione del Mini-
stero dei Lavori Pubblici, della quale è parola nell'art. 15.
Art. 19.
Il Ministero delle Finanze, verificata la regolarità dell' atto di obbligazione, promuoverà il Reale
Decreto di Concessione, previo il parere del Consiglio di Stato.
CAPO II.0
Decreto di concessione e sua esecuzione*
Art. 20.
Il Regio Decreto di Concessione deve indicare:
o) Il nome e cognome del concessionario;
b) L'acqua pubblica, e la località ove si eseguisce la derivazione;
Giorn. Ing. — Voi. XVI. ~ Gennajo 1868. 5*
82 LEGISLAZIONE
c) U uso cui serve la derivazione ;
d) La durata della Concessione;
e) Il canone da pagare;
f) E si rimetterà all' atto pubblico di obbligazione per la quantità dell'acqua, e le condizioni
alle quali è vincolata la concessione.
Art. 21.
Emanato il Decreto Reale, il Ministero delle Finanze ne dà avviso al Prefetto e ne trasmette
copia unita a quella dell'atto di obbligazione al Direttore del Demanio e delle Tasse del Circolo
per la sua esecuzione.
Art. 22.
11 Prefetto delia Provincia fa estrarre dall'originale conservato negli Archivj della Prefettura
una copia in carta libera dell'atto di obbligazione e dei documenti insertivi, e la trasmette al-
l'ufficio del Genio Civile governativo, cui spetta di sovraintendere all'esecuzione delle opere tutte
per la derivazione, di collaudarle, e di sorvegliare a che il concessionario si uniformi alle pre-
scrizioni della concessione, e non vi apporti alcuna variazione od alterazione.
Art. 25.
Prima di aver ritirato il detto Decreto Regio non è lecito al concessionario intraprendere
opera qualsiasi nel fiume, torrente o lago.
Tostochè il concessionario avrà adempiuto tale formalità , deve prevenire 1' ufficio del Genio
Civile governativo del giorno in cui intende por mano ai lavori, affinchè l'ufficio medesimo
possa sorvegliarne l'andamento, e fare quanto altro è di sua spettanza. L'ufficio stesso potrà or-
dinare la sospensione dei lavori ogni qualvolta non siano osservate le prescrizioni e le condi-
zioni tecniche alle quali è vincolata la concessione, riferendone però immediatamente al Prefetto,
il quale, in caso di reclamo del concessionario, esaminate le di lui deduzioni, o mantiene la so-
spensione, o ne riferisce al Ministero dei Lavori Pubblici per le definitive determinazioni.
Art. 24.
Condotti a termine i lavori , il concessionario ne darà avviso all' ufficio del Genio Civile go-
vernativo, il quale per mezzo di uno de' suoi Ingegneri procede alla visita dei Lavori medesimi
e, trovandoli lodevolmente eseguiti e del tutto conformi alle prescrizioni della concessione, stende
certificato di Collaudatone in carta da Bollo, ed in tre originali, dei quali rilascia uno al con-
cessionario, e ne rimette altro all' agente demaniale , ritenendo il terzo per l' adempimento delle
ulteriori incombenze affidategli dalla Legge e dal presente Regolamento.
Art. 25.
Dal giorno della collaudazione il concessionario s'intende immesso in possesso della deriva-
zione e potrà quindi fare uso delle acque.
Art. 26.
Sono a carico del richiedente la derivazione le spese occorrenti per l' istruttoria sulla domanda
di concessione, per l'esecuzione del Decreto per le copie degli atti, e per le visite sopraluogo
degli Ufficiali del Genio Civile, non meno che le spese che s' incontrassero dal Ministero per il
preventivo esame previsto dall' Art. 2.
Per assicurare il pagamento delle prime spese, la Prefettura esìgerà dal richiedente la conces-
sione il preventivo deposito di una somma, che Verrà da essa secondo i casi stabilita.
Le spese effettive da pagarsi con questo deposito saranno liquidate con Decreto del Prefetto.
LEGISLAZIONE
CAPO III/
83
Del diritti e delle Obbligazioni del Concessionario
e della sorveglianza delle pubbliche autorità.
Art. 27.
Il concessionario non può usare delle acque, né fare opere lungo l'alveo e nelle sponde dei
corsi d'acqua pubblica oltre quanto gli è accordato dalla concessione e secondo le condizioni
appostevi.
Sarà inoltre sempre tenuto all'osservanza delle prescrizioni e degli obblighi imposti dalle
Leggi e dai Regolamenti generali nell'interesse pubblico e dei privati, ed incorrerà nelle respon-
sabilità previste dalle Leggi e dai Regolamenti medesimi.
Art. 28.
Quando per causa di variazione nel corso dei fiumi, torrenti e rivi, o per qualunque altra
ragione, sorga il bisogno di variare la posizione, la forma o la natura delle opere autorizzate
0 di fare aggiunte ai lavori accessorj negli alvei e sulle sponde e quando il concessionario vo-
glia cambiare la destinazione dell'acqua concessa od aumentare la quantità ne sarà presentata
domanda al Prefetto della Provincia corredata da un progetto regolare delle nuove opere o delle
innovazioni e variazioni alle antiche coi piani e disegni delle stesse, non che se ne sia il caso
delle alterazioni o variazioni nel corso del fiume o torrente ed accompagnata da apposita rela-
zione di un Ingegnere o di un Architetto civile, Geometra o misuratore patentato, il tutto in
carta da Bollo a termini dell' Art. 6.
Di questa domanda sarà fatta l'istruttoria a termini degli art. 7 a 11. La relazione però del-
1 Ingegnere incaricato della visita locale da farsi a termini dell'art, l'i,'; si limiterà alle osser
vazioni corrispondenti colle innovazioni formanti oggetto della domanda. Qualora colle innova-
zioni proposte si ottenga una maggiore derivazione d'acqua o si voglia cambiare l'uso pel quale
venne concessa, egli dovrà esporre il proprio parere sulla convenienza di accogliere le modifi-
cazioni in questo senso proposte e far conoscere altresì se è, di quanto si debba accrescere il
canone.
Art. 29.
Il Prefetto, se le proposte innovazioni entrano nella Categoria delle opere contemplate nell'art. 169
della Legge 20 Marzo 1865 sui Lavori pubblici provvederà sulla domanda, altrimenti rimetterà
gli atti al Ministero dei Lavori Pubblici per le sue deliberazioni.
Tanto il Prefetto quanto il Ministero provvedendo sulla domanda secondo la rispettiva compe-
tenza, esigeranno dal concessionario un atto pubblico di obbligazione suppletoria che faccia con-
stare delle innovazioni o modificazioni apportate alle opere permesse nella primitiva concessione
e delle condizioni appostevi, e trasmetteranno copia dell'atto e delle loro determinazioni al Mi-
nistero delle Finanze per le sue incombenze, ed al Genio Civile governativo per l'esecuzione.
Per le innovazioni importanti , derivazioni di maggiore quantità d' acqua o quando si voglia
cangiare la destinazione, gli atti saranno rimessi al Ministero delle Finanze e per la parte che
lo riguarda e perchè provveda alla stipulazione dell'atto ed alla innovazione di un nuovo De-
creto di Concessione nel modo indicato negli Art. 17 e seguenti.
Art. 50.
Nei casi d'urgenza nei quali potesse derivare gran danno dall' attendere il compimento delle
formalità di cui nei precedenti 4rt. 28 e 29, il Prefetto della Provincia potrà in via provvisoria
e col parere dell'ufficio del Genio Civile governativo, permettere l'esecuzione di quelle opere
che fossero necessarie per ristabilire il corso delle acque nei canali di derivazione, e l'esercizio
dei mo'ini od altri opifìcj, con che gli interessati, prima di porvi mano, si obblighino con atto
84 LEGISLAZIONE
pubblico ad osservare le prescrizioni che emaneranno definitivamente dal Governo sulla loro
domanda.
Nel suddetto atto sarà stabilito un termine perentorio, entro il quale, sotto pena della deca-
denza dalla concessione, i ricorrenti dovranno adempiere a quanto è loro prescritto del precedente
Art. 28 (1).
Art. 51.
Le domande di proroga o di rinnovazione delle antecedenti concessioni temporarie saranno
presentate al Prefetto, come all'Art. 1, che le trasmetterà, corredate del proprio parere, al Mi-
nistero delle Finanze, dal quale emaneranno gli opportuni provvedimenti, sentito il Ministero
dei Lavori Pubblici.
Art. 32.
Per le contravvenzioni alle disposizioni sulla polizia delle acque pubbliche commesse dai con-
cessionarii di derivazioni di acque, si osserveranno le disposizioni contenute nel Titolo 3.° della
Legge 20 Marzo 1865, Allegato F o nel relativo Regolamento.
Art. 53.
Spetta agli uffici del Genio Civile gevernativo l'invigilare alla osservanza delle obbligazioni
imposte al concessionario dalla concessione, dalle Leggi e dal presente Regolamento.
Art. 34.
Invigilano altresì gli agenti demaniali affinchè l'uso delle acque concesse si mantenga nei pre-
cisi limiti della concessione , ed ove scorgano abuso , ne riferiscano al Direttore del Demanio e
delle Tasse.
Nei casi d' urgenza potranno anche direttamente informare il Genio Civile governativo , o
promuovere 1' accertamento delle contravvenzioni a norma dell'Art. 377 della Legge 20 Marzo 1865
Allegato F.
Nel caso che il concessionario usufruisse della Concessione, ne sarà riferito al Ministero delle
Finanze per le occorrenti disposizioni.
Art. 35.
11 presente Regolamento entrerà in vigore coli' Ottobre 1867, e da quel giorno cesseranno
d'avere effetto i Regolamenti e le istruzioni vigenti su questa materia nelle diverse Provincie
del Regno.
Visto d' ordine di S. M.
Il Ministro dei Lavori Pubblici
GlOVANOLA.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri incaricato
del Portafoglio delle Finanze
U. Ra.ttazzi.
(1) Vedi la seconda parte dell'art. 136 della Legge 20 Marzo 1865 più sopra riportata.
Milano, Tip. degli Ingegneri. B. SALDINI, Proprietario, Gerente responsabile.
MEMORIE ORIGINALI
I REGOLAMENTI
PER LA SANITÀ, L'EDILIZIA E LE OPERE PUBBLICHE
IN RELAZIONE
ALLA QUESTIONE DELLE RISAJE E DEI MEZZI DI COMMUNICAZIONE
CONSIDERATI QUALI ELEMENTI DELLA PROSPERITÀ AGRICOLA.
I.
Un Decreto Reale in data 3 Febbrajo 1809 stabiliva delle norme in base alle
quali dovevansi uniformare i coltivatori nello stabilimento delle Risaje e delle
Marcite, le quali in vista del danno che da esse ne derivava alla salute pubblica,
venivano relegate a considerevole distanza cosi dalla Capitale del Regno che dalle
altre Città, Borghi e Villaggi, reputandosi con ciò porre riparo a quei molti in-
convenienti ed abusi che da tanti secoli erano stati lamentati e contro ai quali
non avevano valso né le Gride né le prescrizioni che antecedentemente eransi
succedute di governo in governo pel volgere di tanti secoli.
La sapienza legislativa non ne aveva però tutte misurate le conseguenze, e poco
dopo un secondo Reale Decreto in data 21 Marzo 1812 venne a sospenderne
P applicazione.
Nel 1819 si tentò richiamarlo in vigore e nel successivo 1825 a cura del Go-
verno locale si fece redigere un nuovo progetto di Regolamento, il quale pure
restò lettera morta. Ripugnavano all' attuazione di un Regolamento il quale re-
stringeva eccessivamente le zone nelle quali era ammessa la coltivazione del riso
e ciò con tanto danno dell' agricoltura e della pubblica ricchezza, in primo luogo
i principii generali sui quali si fondavano le disposizioni del Codice Civile Au-
striaco, principii coi quali poco si conciliavano le restrizioni alla privata pro-
prietà, poscia le difficoltà finanziarie che si sarebbero sollevate volendo restrin-
gere nei limiti progettati le già stabilite coltivazioni.
Così si adottarono mezzi termini e si lasciò tacitamente la facoltà ai Delegati
Provinciali di frenare di volta in volta, e solo allora quando in seguito a reclami
loro sembrasse necessario, lo smisuralo estendersi della coltivazione del riso;
finché nel Gennajo 1848 e successivamente nel Marzo 1849 in vista dei reiterati
reclami della Congregazione Municipale di Milano nei quali si notava l'aumento
Giorn. fng. — Voi. XVI. — Febb- e Marzo 1868. 6
86 I REGOLAMENTI
insolito delle febbri intermittenti, specialmente nella Città e dintorni, venne di-
ramata una Circolare Delegatizia alle Commissarie distrettuali affinchè si infor-
massero della condizione delle risaje nel rispettivo distretto e quali e quante di
queste si trovassero in opposizione al disposto del Decreto italico 1809 e rife-
rissero, sentiti prima i pareri e le osservazioni delle singole Deputazioni Com-
munali, non che dei Medici condotti sulle proposte e modificazioni che mai si
potessero apportare neir attuazione al surriferito decreto.
Tale domanda fu ripetuta nel 1854 in seguito a nuovi reclami per parte della
Congregazione Comunale di Milano inoltrati alla Delegazione Provinciale ma sì
nella prima che nella seconda circostanza i Commissarii vi risposero più o meno
evasivamente, sole le Deputazioni di quei Comuni nei quali non esistevano risaje
apoggiavano la riattivazione del disposto del detto italico decreto contrariamente
a quanto proponevano quelle dei Comuni risicoli; dei Medici condotti interpel-
lati in proposito taluni si dichiararono favorevoli ed altri contrarii alla riattiva-
zione del decreto, ciascuno giadicava a seconda delle locali circostanze, V un
P altro contraddicendosi sulle massime stesse le più fondamentali così che la
Delegazione Provinciale non credette conveniente una determinazione decisiva
ed aggiornò la soluzione della questione.
Or son più di tre anni il Ministero di Agricoltura e Commercio fece intra-
prendere studii nelle diverse località d'Italia all'intento di promuovere la boni-
ficazione ed il sanamento delle molte terre incolte e lande abbandonate special-
mente nelle Provincie Meridionali e nella Sicilia, pensando che valide risorse si
avrebbero a ritrarre dall'incanalamento delle acque che libere vagano nei tor-
renti e fiumicelli alimentati dalle sorgenti dell'Appennino in ìspecie. Dapprima
s'avvisava alla coltivazione del Cotone, poi considerato che il vero incremento
ritrae l'Agricoltura solo dalla libera concorrenza e da una ben intesa libertà di
azione venne in chiaro la necessità di provvedere con una apposita legge e svin-
colare in genere tutte le coltivazioni e quella del riso in ispecie da ogni qual-
siasi restrizione.
Ma una viva opposizione si sollevò al progetto di legge ed i reiterati reclami
da parte specialmente delle rappresentanze provinciali e dei Municipii di alcune
delle precipue Città ci condussero alla legge 21 Giugno 1866.
Questa legge affida alle Rappresentanze Provinciali lo stabilire le distanze
che la coltivazione del riso deve rispettare per i singoli centri non che tutte
le cautele che si fossero reputate necessarie a tutelare la pubblica igiene e li-
mitasi solo alle generali disposizioni ed alle penalità conseguenti. Dovevano
però le Amministrazioni Provinciali prima di prendere determinazioni in propo-
sito interpellare le Rappresentanze nei singoli Comuni della rispettiva. Provincia.
Tutte le Provincie a mezzo delle loro rappresentanze si uniformarono al di-
sposto della legge, ma si trovarono per ciò stesso a fronte di una seria e viva
opposizione sostenuta dai Comuni rurali, dai proprietarii ed agricoltori che pro-
vocò delle transazioni, così che in ognuno dei Regolamenti proposti quantunque
si ammettesse la misura delle distanze, si adottarono svariatissime proporzioni
ed in molti anche si credette riparare alla debolezza del principio nei quale si
fondavano coir introdurvi alcune speciali ausiliarie disposizioni di igiene.
Ma facilmente ognuno può persuadersi dell'inefficacia di quelle disposizioni
che non emanano da un principio solido e razionale. Tutte le disposizioni da
tempi lontanissimi a noi intente a restringere entro limiti arbitrarii la coltiva-
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. 87
zione del riso caddero inosservate non per noncuranza dei Reggitori ma per la
loro propria impotenza.
È la naturale conseguenza alla quale si assoggettano tutte le leggi repressive o
restrittive quando non hanno fondamento alcuno nella coscienza dei veri inte-
ressi. Le leggi conducono al sociale perfezionamento per via di eque successive
transazioni fra gli interessi individuali e la società. Quelle disposizioni che sono
destinate perciò a regolare i rapporti fra gli individui e la società non che la
sfera nella quale l'azione dell'individuo può liberamente esercitarsi non devono
preoccuparsi tanto delle attuali precarie condizioni , ma prefìggersi uno scopo
elevato e verso a quello dirigere la loro azione a fine di raggiungere il vero
e progressivo miglioramento.
Che i Regolamenti segnano la via del progresso e se non si uniformano ai veri
bisogni cadono impotenti così come ne avvenne del Decreto Italico, al quale fu
pienamente informato il progetto di Regolamento teste proposto dalla nostra
Rappresentanza Provinciale.
L'apparire di questo Regolamento sollevò così nella nostra che nelle altre
Provincie viva opposizione ed animatissime discussioni.
Igienisti, agricultori, consessi Accademici anco se ne occuparono, ed anzi, in
mezzo a decise contraddizioni riesce assai più difficile e malagevole il rinvenire
e precisare quali veri criterii valgano a guidarci alla soluzione di un così vitale
problema. Che se la decisa opposizione della maggior parte dei Comuni, i reclami
degli agricultori i giudizii degli scienziati, i voti dei Consessi, valsero a modifi-
care il primitivo concetto della Commissione Provinciale la quale oggi stesso il ri-
propose alla discussione del Consiglio, informato a più miti divisamenti, coir a-
vere ridotto di molto le distanze ed introdotte ottime norme igieniche da seguirsi
più o meno strettamente a seconda dei casi e delle circostanze locali, ad imita-
zione di quanto si fece nei congeneri Regolamenti delle altre Provincie non riesci
però a soddisfare al quesito poiché le norme ed i principii generali di igiene non
toccano che per incidenza alla questione delle Risaje ed accennano ad una più
elevata e generale questione, quella dell'agricoltura irrigua la quale a noi sem-
bra reclami perciò un completo e razionale regolamento edile-rurale tale da
abbracciare contemporaneamente tutte le questioni tecniche economiche ed igie-
niche dell'Agricoltura in genere; basta volgere un rapido sguardo alle discussioni
portate nella questione onde facilmente persuadersene.
Vano ed inopportuno sarebbe il riportare partilamente le diverse opinioni dei
trattatisti quali per citarne alcuni il Capsoni, il Farini 1' Astori ed il Beneggi, e
gli altri molti che diffetlo di pratiche positive osservazioni e di esperimenti, do-
vettero quando a quando ripetersi l'uno l'altro; come anche le conclusioni dei
Congressi scientifici i quali forse troppo leggermente svolsero l'argomento;
basterà raccogliere la nostra attenzione su quelle discussioni che più recente-
mente vennero portate in materia in seno all'Accademia Fisiomedico Statistica
ed alle quali si associò pure il Consorzio Agrario.
L'Accademia Fisiomedico Statistica ed il Consorzio Agrario nel rapporto coat-
tivo diretto dall'Onorevole Consiglio Provinciale di Milano riassumono la sintesi
di tutte le discussioni e citazioni fatte nelle loro adunanze sul soggetto delle
Risaje e del Progetto di Regolamento proposto dal Consiglio Provinciale in base
alla legge 12 Giugno 1866 nel modo seguente:
88 1 REGOLAMENTI
« 1.° La malsania delle zone risicole deve ascriversi in gran parte a cause
« estrinseche ».
« 2.° Queste cessarono in molti luoghi in parte od in tutto specialmente nella
« nostra Provincia ».
« 3.° Si ponno e si debbono ordinare i provvedimenti atti a farle cessare anche
« là dove tuttora continua la malsania ».
« 4.° Ove questi non bastano, è dovere di sacrificare le risaje all'uomo, l'uso
« della proprietà alla salute di chi la mette a frutto ».
« 5.° Le distanze non sono l'unico provvedimento, come la popolazione non è
« l'unico criterio per misurarle ».
Poi provano che le condizioni di alcuni distretti sono ben diversi da quelle
degli altri e viene citato in prova il Lodigiano; le cautele quindi che hanno ra-
gione e scopo per un comune non ne hanno per un altro.
In armonia alle sue premesse nel citato rapporto è proposto di lasciare ai Con-
sigli comunali di proporre :
« a) Per i piccoli aggregati di abitazioni rurali come sono la grandissima parte
« dei comuni al di sotto di 1000 abitanti le distanze se ed in quanto realmente
« ne occorressero per circostanze speciali ».
« b) Per i comuni più grossi cioè con una popolazione superiore a 1000 abi-
ti tanti, i Consigli Comunali avrebbero a fare le proposte delle distanze sia in
<r più che in meno di quelle normali portate dal Regolamento Provinciale in tutti
« quei casi che si trovassero eccezionali. Con ciò non si farebbe che interpretare
« giustamente lo spirito della legge 12 Giugno 1866 nella cui relazione leggesi
« che: « la distanza deve pure fissarsi dalle Autorità locali ».
Tale proposta è convalidata da ragioni di convenienza amministrativa non che
da suggerimenti offerti dalla pratica.
Riepiloga quindi e raccomanda caldamente all'Onorevole Consiglio Provinciale:
« 1.° Perchè voglia ridurre le distanze dai grossi centri di popolazione a quelle
« minori cifre xhe nella sua saviezza crederà compatibili colla tutela dovuta alla
« pubblica igiene » .
« 2.° Di voler omettere le prescrizioni generali di distanza attorno ai centri
« piccoli, salvo di prefiggerle in armonia alle proposte fatte dai Consigli Comu-
« nali a cui crediamo conveniente di accordare la maggiore possibile ingerenza
« onde potere proporzionare possibilmente le distanze alle speciali circostanze
« locali ».
« Ma siccome d' altra parte i Consigli Comunali potrebbero alle volte cedere a
« potenti influenze locali , così è giusto e necessario che la definitiva decisione
« sia riservata a cotesto Onorevole Consiglio sentito F avviso dei medici in luogo
« e di quelli di Milano sulla necessità o meno di tutelare la pubblica igiene di
a tale o tal altro comune od aggregato di abitanti col prescrivere certe distanze
« immuni da risaje ».
« 3.° Di volere modificare le distanze normali prescritte pei i grossi centri in
« più od in meno ove i Consigli Comunali constatassero circostanze speciali che
« giustifichino sia un maggiore rigore sia un particolare riguardo ».
La Presidenza della Accademia Fisiomedico statistica chiude la sua relazione
richiamando nel modo più stringente l'attenzione dell'Autorità Provinciale, al-
l'autorità delle opinioni di uomini competenti e pratici formulando la propria
convinzione « che il ben inteso interesse del privato in questo caso
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. 89
potrebbe soggiungere sempre, quando veramente ben inteso, « sia la salva guardia
più sicura della pubblica salute ».
Ora dall'esame di questo rapporto che é la manifestazione ed il risultato di
una lunga e viva discussione avvenuta in seno ad una scientifica Accademia asso-
ciata alla rappresentanza di un Consorzio competente perchè destinato a tutelare
e promuovere gli interessi agricoli emergono i seguenti principii, che sono svolti
nel rapporto della Commissione specialmente incaricata in seno alle due loro
riunite rappresentanze per lo studio della questione.
Essere insufficiente il regolamento proposto dal Consiglio Provinciale a seria-
mente combattere le influenze nocive alla igiene quand'anche queste possano
constatarsi provocate dalla coltivazione del riso.
Essere ingiusta un' arbitraria limitazione alla estensione di questa coltiva-
zione per il principio generale che non voglia essere ristretta la facoltà del li-
bero uso della proprietà quando ciò non sia « motivato dai supremi bisogni dello
Stato oppure da prevalenti riguardi dovuti alla totalità dei cittadini » o dai ben
definiti principii che informano la legge 12 Giugno 1866.
Infine doversi separare dalla questione le cause inlrinsiche dalle estrinsiche
alla risaja e dipendenti in genere dalla condizione topografica, idrografica, e
geologica del suolo, comuni in genere a tutte le altre coltivazioni, a fine di ap-
plicare alla sola risaja le sue speciali peculiari provvidenze cosi come al ri-
sanamento delle paludi e ad ogni coltivazione irrigua quelle che per la loro na-
tura vi possono spettare.
Dalla Relazione della Commissione nominata in seno all'Accademia Fisiomedico
statistica ed il Consorzio Agrario, come dalle testimonianze ed asserzioni degli
scrittori e dei pratici, risultano fatti contradditorii sulla più o meno assoluta ve-
rità delle accuse che comunemente si fanno alla risicoltura, anzi da molti si as-
serisce quanto fu già ammesso per le marcite, cioè che la risaja allorché trovasi
completamente allagata e con acque abbondanti trovasi in condizioni assai più
favorevoli di una palude non solo ma, tale sarebbe anche il nostro avviso, delle
irrigazioni male condotte.
La citata Commissione riassume le cause estrinsiche nocive della risaja nelle
seguenti :
. « 1.° Il mal uso di conservare risaje stabili. 2.° L' acqua potabile corrotta,
a 3.° Le abitazioni mancanti di tutto o mal riparate. 4.° Il lavoro notturno per
« la battitura del riso ».
È più che giusto poi convenire con quella Commissione.
« a) Che la popolazione non deve essere l' unico criterio nel precisare le
« distanze » .
« b) Che queste non devono essere l'unico provvedimento a tutela dell'igiene ».
Importare adunque di studiare:
« a) Le cause che debbono essere considerate nel determinare le distanze ».
« b) Quanta sia l'influenza nociva delle cause estrinsiche e quali i provvedi-
« menti per prevenirne i perniciosi effetti ».
Di un tale studio si occupò appunto la nominata Commissione.
Dall'esame dei preziosi dati di statistica igienica con molta cura raccolti ed
ordinati dal chiarissimo sig. Ferrano e dalle notizie attinte ai Rendiconti dell'O-
spitale Maggiore già redatti dai benemeriti signori dottori Buffini e Verga, ed in
seguito al confronto istituitone collo stato e la condizione delle risaje esistenti
90 I REGOLAMENTI
in alcune parti della Provincia di Milano e Lodi cosi a' tempi dell'antico censi-
mento che a nostri giorni, raccolti in un prospetto dall' Ing. Mappelli altro dei
membri di quella Commissione risulta :
« 1.° Che la Provincia di Milano va annoverata fra le salubri del Regno ».
« %° Che i distretti irrigui non la cedono sotto tale rapporto a quelli asciutti » .
« 3.° Che lo stato igienico di questi ultimi andò rapidamente migliorando ».
« 4.° Che altrettanto debbe dirsi di Milano ».
Fra le considerazioni emerse nel valutare i dati della statistica igienica giova
notare, più specialmente spiccano le seguenti :
1.° « Che non è né la monda né l'asciutta di S. Giovanni, come non sono i
« miasmi estivi delle risaje che generano le febbri ma piuttosto la soverchia fa-
« tica della battitura prolungata durante le notti umide e fresche del Settembre.
« A questo grave danno poi può e deve rimediarsi senza bisogno di sopprimere
« le risaje per questo ».
%° « Che dalla malsania fra i poveri contadini della bassa non va sola accu-
« sata la risaja e neppure le marcite ma bensì* le cause estrinseche; » ed in
conferma di ciò sono citate le parole testuali del sig. Buffini nel rendiconto del-
l'Ospitale dell'anno 1851 dove ne attribuisce gran parte, quale conseguenza, alle
case malsane ed umide, attorniate di fango e di sperperati concimi, nuotanti nel-
l'acqua ed in una atmosfera di nebbia, non che al cattivissimo alimento sommi-
nistrato agli agricultori.
Ed il sig. Professore Pasi nella sua Relazione al Consiglio Provinciale di Pavia
si esprime colle seguenti parole:
« Pur troppo l'acquisto dei godimenti dell'uomo è quasi sempre accompagnato
« da guai che si versano sulla sua salute e che ne accorciano la vita; ma con
« tutto ciò vi è trascinato da forze prepotenti. »
Queste forze poi si esercitano tanto più prepotenti in quanto che è attutita
l'energia di volontà nelle nostre popolazioni agricole; per la mollezza del clima,
e l'individuo è dominato da una fatale indolenza istintiva ed è quasi incapace
a far uso di tutte le sue risorse, reagire contro esso e la miseria che lo cir-
conda.
Ma alcune riserve conviene si facciano alla prima delle accennate osservazioni.
Infatti non si deve confondere V effetto colla causa, cioè non sono da ritenersi in-
nocui gli asciugamenti parziali nei primi mesi dell'estate per il solo fatto che in
quei mesi sono poco frequenti le febbri, e che sia da ascriversi la colpa delle
funeste conseguenze alla sola battitura fatta durante le ore notturne in Settembre
e ciò perchè effettivamente in quel mese esse si verificano su più larga scala.
L'intermittenza dell'acqua della risaja ed il discontinuo allagamento di questa
sono sicuramente fomite allo sviluppo di una vegetazione semipalustre; ora in
questa più che in ogni altra circostanza sta forse la vera principale se non unica
causa della mal aria, le circostanze sono le stesse della palude, anzi è consta-
tato che la risaja vecchia più facilmente è fomite di miasmi che noi sia quella
avvicendata, ed anco così la risaja che la palude quando il fondo ne è imper-
meabile cioè più argilloso che siliceo.
Parrebbe più ragionevole doversi attribuire la influenza miasmatica dell'aria
circumambiente le paludi alla esistenza in essa allo stato di sospensione ed in
determinate epoche dell'anno di sporule o germi di qualche alga o crittogama
speciale a determinate condizioni di suolo e di clima,
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. 91
Tale opinione recentemente accampata da alcuni osservatori si accorderebbe
benissimo coi fatti, pei quali sarebbe dimostrato che la causa determinante lo
sviluppo di tale alghe o muschi sia la condizione paludosa del 'suolo, e special-
mente di quello molto compatto ed argilloso, non che l'epoca normale della
emissione e distacco delle sporule potrebbe essere la fine di Agosto, ed il Set-
tembre. Tale epoca potrebbe appunto venire anticipata o ritardata dal verificarsi
più o meno anticipatamente in primavera le suindicate condizioni.
Di alghe discorre pure il rapporto della detta Commissione anzi essa espone
come « la esperienza insegna e anzi la scienza spiega, » ma non ci dice con
quale fondamento, « come i miasmi nocivi alla salute derivano dalla putrefazione
« degli insetti acquatici esposti al sole nelle risaje prosciugate e più ancora
« delle erbe parassite estirpale colla mondatura e poi abbandonate all'aria
« aperta ».
« Queste alghe » aggiunge « invadono assai più le risaje vecchie mentre non
« ponno attecchire tanto in quelle a vicenda, imperocché la coltivazioue asciutta
« ne uccide il germe, come quella acquatica del riso annichila le gramigne dei
« campi. »
Da ciò fa emergere la raccomandazione delle frequenti mondature.
Da queste ultime parole che sono la espressione di una grande verità risulta
come il massimo beneficio se ne derivi alla rotazione agricola coir avvicenda-
mento delle coltivazioni irrigue a quelle acquatiche.
L'imperfezione del processo di coltivazione del riso inseparabile dai suoi pri-
mordii ingenerò facilmente l'errore di principio che cioè la risaja voglia essere
considerata come una palude più o meno sistemata.
Tale errore era ripetuto sino a poc'anzi anco per le marcite o prati irrigui e
stabili e ciò per il solo fatto che le acque su questo per un periodo abbastanza
esteso e non interrotto vi sono mantenute.
Ma Tagricultura vuol essere ascritta senza alcuna riserva nel novero delle
industrie, e fra queste considerata per la sua più che eminente utilità, precipua.
Oggetto ne è la produzione del suolo — mezzo la coltivazione. — Nessun limite
vuol essere imposto al suo elaterio, ma è duopo sia guidata dalla esperienza ed
ausiliata dalla scienza. Ogni conquista dell' agricoltura è un progresso nel ben
essere materiale e fisico delle popolazioni.
Le acque che discendono sul suolo Lombardo prima che fossero guidate dal-
l' arte scorrevano sregolate negli alvei dei vaganti torrenti o stagnavano qua e
là sul piano infestando con nocive emanazioni estese plaghe di terreno così come
si attesta concordemente dalle antiche tradizioni. L'industria le volse a profitto
della agricoltura, le une convogliò sui piani disposti con convenienti declivii,
alle altre aperse facili scoli.
Di progresso in progresso ai nostri giorni, si avvicinò l'ideale della perfezione
irrigua colla introduzione delle ale disposte a sistematico pendio nei prati sta-
bili e nelle marcite, e la dove il terreno non si prestava alle ordinarie coltiva-
zioni si tentarono le palustri, ed introdotto Fallagamento regolare e continuo si
cercò ovviare agli inerenti inconvenienti, volgendo all'utile le condizioni stesse
sfavorevoli di molte località; poi associata la coltivazione palustre alle altre ed
accumunate nella rotazione si avviò gradatamente verso la vera perfezione.
Tuttavia non la si è ancora raggiunta e molto cammino resta all' agricultura.
Infatti dalla palude alla più perfetta e razionale irrigazione corre gran tratto,
92 I REGOLAMENTI
ed in questa relativa imperfezione piuttosto che dallo specializzato modo o genere
di coltivazione si deve ritrarre la vera causa della mal aria.
La buona condotta e distribuzione delle acque irrigue, e la sistemazione dei
facili scoli sono i primi e naturali provvedimenti.
Infatti è ovvio che il campo soggetto alla irrigazione ma male sistemato così
che le sue acque non ne defluiscano regolarmente ma vi stagnino più giorni of-
frirà maggiori probabilità allo sviluppo dei miasmi della risaja regolarmente e
continuamente sommersa.
Anzi l'ideale della coltivazione così per le piante semplicemente irrigue che
acquatiche dovrebbe essere raggiunto col massimo perfezionamento apportato al
sistema degli scoli, cioè colla sostituzione del drenaggio alla semplice fognatura
superficiale. In allora con ciò per ogni punto della superfìcie del suolo sarà ov-
viata la possibilità anche di un benché minimo parziale ristagno od impaluda-
mento delle acque di irrigazione, defluendo queste non semplicemente alle su-
perfìcie, ma da questa attraverso al terreno verso gli strati inferiori, e così sopressi
completamente i larghi e profondi cavi di scolo con essi scomparirà un altro pre-
cipuo fomite di produzioni miasmatiche.
Comunemente si attribuisce, colla succitata Commissione, azione deleteria mia-
smatica specialmente alle materie organiche così vegetali che animali che pro-
vengono dalle decomposizioni per effetto della putrefazione. Noi più volontieri
accettammo già V ipotesi dei germi o spore. E tale supposizione non è di sì lieve
momento per la spiegazione dei fenomeni e la ricerca dei mezzi a combatterne
P azione che convenga passarla inosservata.
Dalle acque stagnanti, e dalla putrefazione degli avanzi organici cosi vegetali
che animali si svolgono, oltre all'umidità, molti gaz e prodotti organici, ed anco
germi od elementi atti alla vita. E qui giova distinguere nella putrefazione dalla
fermentazione la semplice decomposizione atomica, la prima considerata come
una trasformazione della materia organizzata in combinazioni elementari più
semplici ma tuttora organiche per opera di un mondo animato invisibile ma at-
tivissimo, la seconda conseguenza della prima quale una vera reazione chimica
più o meno energica ed in ogni caso accompagnata da un più o meno sensibile
svolgimento di calore.
I vapori di mano che si svolgono si elevano nell'atmosfera sino a raggiungere
strati a più bassa temperatura, dove si condensano in nubi o si sciolgono in acqua.
La soverchia umidità non è per nulla deleteria all'organismo, e moltissime
risorse possiede la scienza dell' igiene per combattere i climi che ne sovrab-
bondano.
I gaz si diffondono rapidamente ed uniformemente nelP atmosfera pur non ec-
cettuato il gaz acido carbonico che ne è il più pesante. Nessuno dei gaz che si
sviluppa dai resti della vegetazione può considerarsi quale nocivo all' organismo.
Le sostanze e gli avanzi organici in dissoluzione od in sospensione nell'at-
mosfera possono disturbare meccanicamente l'organismo inquinandosi nei tes-
suti ma ne possono essere con mezzi a portata della terapeutica espulsi o se-
crete. Che se per la loro composizione elementare sono assimilabili ai veleni, per
la tenuità loro non possono esercitarvi che una debolissima ed in ogni modo ben
determinata azione.
Solo i germi così vegetali che animali vogliono essere considerati quali dele-
terii e si gli uni che gli altri unicamente per una decisa periodica riproduzione
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. 93
parassita, che se ciò non fosse non vi sarebbe ragione plausibile a conside-
rarle differentemente dalle materie organiche meccanicamente inquinate. Anzi pel
caso della riproduzione parassita si presenterebbero due circostanze distinte: una
vita parassita entro certi limiti molesta ed altra letale all' organismo pel qual
ultimo fatto colla vita dell' organismo dovrebbe cessare anco quella del parassita.
Dalle considerazioni più sopra esposte chiara emerge spiegata l'origine del dis-
sidio manifestatosi in seno alla Commissione più volte citata fra ring. Mappelli
ed i signori Secondi e Bersani in merito all'assoluta o meno necessità non tanto
della più o meno abbondante sommersione della risaja con rinnovamento con-
tinuo dell' acqua, sulla quale condizione, nell'interesse delle risaje che non
godono altr' acqua che di orario tutti transigevano, ma sibbene in punto alla con-
venienza della allagazione continua o discontinua.
La tesi dell'allagamento continuo sostenuta dall' Ing. Mappelli e basata su pra-
tiche osservazioni e su validi ragionamenti venne in massima dai membri della
Commissione accettata e riconosciuta giusta, ma ritenuta inattuabile al caso pratico,
anzi la Commissione finì col piegarsi alle objezioni in proposito svolte dai signori
Secondi e Bersani i quali volevano appoggiarsi sui fatto che in molte parti dei
Milanese e Lodigiano le coltivazioni a riso si fanno quasi tutte per allagazione
discontinua, abbiano o non abbiano acqua sufficiente per tenervele continua-
mente allagate: anzi asserivano i prefati signori che tale pratica risponde ai po-
stulati della buona agricoltura tanto sotto l'aspetto economico quanto sotto quello
teorico ed agricolo; e contro l'allagazione continua impugnarono Parma dell'in-
teresse, il quale suggerisce di tirare il maggiore profitto possibile dal capitale
acqua cioè ammisero in ultima analisi quale unico limite la convenienza.
Ma senza fare plauso a queste conclusioni alquanto stentate ed informate a ri-
sentimenti, forse non ispirati dalla più nobile delle virtù, noi pure conveniamo
che nella maggior parte delle questioni agricole quanto delle industriali, quan-
tunque vi si implichino gli interessi igienici, la vera e ben intesa convenienza
sia la miglior guida al giudizio.
Epperò tutte le circostanze vogliono essere equamente valutate a fine di deci-
dere scientificamente e praticamente questa tesi, quali sarebbero in prima linea
la natura del terreno, e dell'acqua; giacché, sopra fu notato che con diversa
influenza sono favoriti da miasmi un suolo argilloso o siliceo, ed altrettanto ra-
gionevolmente la si dovrebbe ammettere per le acque se esse sono piuttosto di
fiume o di sorgenti o di colature.
Giova in passando notare che pel principio sovra esposto i signori Secondi e
Bersani ammettevano non doversi neppure escludere la asciutta di S. Giovanni
perchè le erbe parassite a quell'epoca furono già estirpate e mondate e quindi
non possono dare luogo a putrefazione di sorta, gli animali stessi acquatici, essi
asserivano, possono sopravivere nei solchi tuttora sommersi queste ragioni però
per la ipotesi da noi sopra citata cadrebbero senza discussione.
Il sig. Mappelli si sforzava a ribattere le obbjezioni qui riportate, specialmente
apoggiandosi all'autorità del Professore Cantoni, notando che la maggiore parte
delle risaje della Lombardia sono appunto regolate ad allagazione continua e
che la dove non vi ha acqua sufficiente, gli inconvenienti ed i rischi stessi di
tale coltivazione devono sconsigliarne affatto. Soggiungeva poi che sarebbe facile
ai fittabili lo scambiarsi le acque di orario in modo da potersi mantenere reci-
procamente continua quella necessaria a detta coltivazione; ma tale osserva-
94 I REGOLAMENTI
zione fu dagli oppositori objettata, quale in molti casi inattuabili, e con essa
anche P altra che tale principio si doveva ritenere informato allo spirito della
legge la quale vorrebbe in alcuni casi limitata la libera azione del proprietario
nell'uso della cosa posseduta quando da quest'uso ne possa derivare danno al
vicino.
Ad ogni modo prevalse l'opinione del sig. Bersani che dichiarava « che Pin-
« teresse privato bastò per migliorare la risicoltura a segno da renderla oramai
a assai poco dannosa alla salute. »
Egli credette perciò « che l'interesse privato poteva bastare a fare tutto il
« resto » e quindi propose in analogìa a quanto progettò il sig. Pasi : « che ab-
« bandonata l'idea delle distanze si dieno soltanto delle prescrizioni repressive
« per il caso provato che una risaja arrechi danno ad un abitato, od all'acqua
« potabile eli un aggregato di case di almeno 20 persone. »
Per stringere al concreto la Commissione, formulò un proprio progetto di Rego-
lamento nel quale però ammise il principio quantunque combattuto delle distanze
motivandone però molte debolmente tale transativa accettazione. Quale mezzo
termine adottò distanze minori di quelle portate dal progetto di Regolamento
Provinciale, prescrisse l'avvicendamento la dove era possibile, vi aggiunse anco
altre norme per la salubrità delle abitazioni e la bontà delle acque potabili: da
ultimo la proibizione del lavoro notturno, oltre alle varie provvidenze tran-
sitorie che si riferiscono all'attivazione del Regolamento.
Non daremo troppo peso alla asserzione generica che i miasmi palustri hanno
poca elasticità espansiva, e di consueto non si dilatano oltre un raggio di metri
trecento, piuttosto richiameremo l'attenzione della Superiore Amministrazione
alla necessità di intraprendere serie indagini, nelle diverse località ed esperi-
menti sui quali basare le decisioni, e misurare la vera importanza della questione
che da qualche secolo e specialmente nel nostro ci fruttò tante contradditorie
opinioni fondate il più spesso sopra semplici induzioni. Di anno in anno gli
scritti e le discussioni si accumulano ma la questione non progredisce di un passo.
Fra le prescrizioni igieniche di un ordine generale raccomandate dalla Commis-
sione, vogliono essere vivamente appoggiate quelle che si riferiscono al migliora-
mento delle malsane abitazioni, al prosciugamento delle pozzanghere, al miglio-
ramento dell'acqua potabile, non che alla sostituzione dei trebbiatoi e delle
macchine in genere al lavoro manuale dell'uomo tutte volte lo si possa, racco-
mandazioni che non hanno duopo di essere discusse.
Così anche vogliono essere notate le generose raccomandazioni racchiuse in
un ordine del giorno stato proposto dal sig. Marchese Cusani « di promuovere »
cioè « con tutte le forze la istruzione pubblica per conseguire il progressivo in-
« cremento fisico e morale delle masse sia nelle città che nelle campagne e
« principalmente il miglioramento della condizione degli abitanti di queste ul-
« lime » ne l'eccellente moderazione « di non ritenere come immutabili le deci-
« sioni che mai fossero per essere adottate quanto alle distanze » dovendosi per
lo spirito stesso della moderna legislazione le leggi, o meglio i regolamenti, nei
quali sono svolti i principii fìssi ed immutabili dal diritto confidati ai codici, pie-
gare al progresso, quale l'abito ad individuo, e conformarsi all'equo bisogno
della circostanza.
L'istruzione e coltura sono il cemento che lega fra di loro le masse a costi-
tuire la nazione, la quale perciò non dipende solo dalla simiglianza delle circo-
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. 95
stanze esteriori ma più fondatamente da quella delle idee e dei principii. L'Agri-
cultura e le industrie in genere per progredire, hanno duopo non solo dei sussidii
materiali ma di morali eccitamenti. I fenomeni semplici in apparenza, hanno
riposta la loro causa determinante nei profondi secreti della natura che la scienza
sola osa interrogare.
Noi abbiamo svolto con qualche dettaglio la discussione avvenuta in seno alla
Commissione dell' Accademia Fisiomedico Statistica e del Consorzio Agrario
perchè opiniamo che la imparziale valutazione delle medesime ci addita il vero
principio al quale devono essere informate tutte le discipline in questione di
igiene pubblica, la necessità della competenza nei mezzi e nelle persone delegate
allo studio delle questioni fondamentali, e quale generalità si convenga al prin-
cipio fondamentale onde riuscire nell' attuazione a buoni ed efficaci risultati.
Infatti dall'esame di queste discussioni chiaro ne emerge la insufficienza delle
Commissioni Provinciali a decidere in materia e ciascuno può farsi capace della
necessità di ricercare l'appoggio delle autorità locali, appoggio però che il più
spesso fallisce per la difficoltà di trovare persone completamente spoglie da ogni
preconcetto giudizio; che le rappresentanze Comunali costituite appunto dalle
persone le più interessate a nascondere le verità ed i fatti, facilmente sono ani-
mate da falsi pregiudizi! che conducono poi alle più strane contraddizioni e
fanno così degenerare in appassionate le più vitali questioni.
Nel Rapporto delle riunite rappresentanze di cui sopra facemmo menzione, si
dà molta importanza alla necessità di consultare in ogni questione che interessi
la scienza agricola le locali rappresentanze dei Comuni.
Di ciò però non possiamo convenire, non essendo persuasi dell' efficace e van-
taggioso concorso in materia specialmente d'igiene, per parte dell'autorità rap-
presentativa dei piccoli comuni rurali, ed una prova palmare la si ha dall'ineffi-
cacia delle disposizioni di igiene generale le quali sono trascurate affatto nella
pluralità di essi che pur troppo erano chiamati a formularle in apposito regola-
mento, regolamento che appena possono vantare le città e pochissimi borghi;
anzi le Commissioni stesse sanitarie dei comuni foresi non essendo appoggiate
ad alcuna autorità competente in materia, pervengono se non conducono all'op-
posto risultato per lo meno al nulla.
Ma non vi può essere questione a se per le risaje, questa entra perfettamente
nel vasto campo delle questioni generali di edilizia e sanità agricola, questioni
che vogliono ben ponderarsi in un unico e completo regolamento.
I regolamenti parziali applicati ad ogni singola questione conducono troppo spesso
o alla confusione ed alla contraddizione; l'esperienza lo ha dimostrato per qual-
cuno dei nostri più importanti comuni nei quali si vollero senza ragione mol-
tiplicati: l'edilizia o la sicurezza pubblica, l'igiene generale, poi l'una dopo l'altra
tutte le questioni che da questa emanano, questioni che tutte si riassumono nella
sanità e sicurezza pubblica che unitamente mirano alla salute dei cittadini.
Le massime fondamentali dei regolamenti vogliono emanare dall'autorità cen-
trale, la modalità della loro applicazione vogliono però opportunamente informarsi
ai bisogni delle località, e queste non sono sempre strettamente deliminate col
comune e neppure col Mandamento o la Provincia, ma sibbene dalla solidarietà e
dalla comunanza degli interessi che possono assimilare in consorzii i comuni
riuniti dalle identiche condizioni topografiche, non solo ma anco dalle geo-
logiche.
96 I REGOLAMENTI
Così alle Commissioni collettive di questi consorzii vorrebbe essere affidato lo
studio, la cura di precisare, decidere sull'applicazione non che il vegliare all'a-
dempimento delle prescrizioni igienico-edili, le quali dovrebbero regolare cosi
tutte in genere le costruzioni pubbliche e le private, le industrie, non che i rap-
porti che per essi ne derivano fra i singoli membri del consorzio.
Ridotta a questi termini la questione un saggio e razionale regolamento di
edilità ed igiene specialmente agricola dovrebbe contemplare precipuamente i
seguenti provvedimenti :
1.° Quelli in genere che regolano la agricultura, e la irrigua in ispecie, per
ciò che riguarda la raccolta la condotta e l'uso delle acque, poi le coltivazioni,
i bonificamenti e ciò all'intento di prevenire e minorare in quanto sia possibile
le nocive conseguenze che possono all'umano organismo arrecare alcune speciali
coltivazioni.
2.° Quelli che regolano i rapporti fra 1' operajo agricultore ed i lavori dei
campi, precisamente per ciò che si riflette alla loro condizione igienica. Non solo
è un diritto ma è un dovere della società di occuparsi in ispecie a combattere
le cause generatrici di danni a suoi singoli membri.
3.° Quelli che valgono a migliorare il ben essere dei contadini, col fornire loro
come di diritto sane e buone abitazioni, mezzi a provvedere ai loro bisogni fisici
cioè indumenti e cibi pure proporzionati all'opera che da essi ritrae l'industria
agricola.
4.° Quelli che valgono a migliorarne la condizione morale ed intellettuale e
che indirettamente si ma in una misura certa e decisiva contribuiscono al mi-
gliore ben essere materiale.
Ecco quali speciali suggerimenti dovrebbero valere a raggiungere lo scopo per
ciascuno degl'annunciati postulati.
È ammesso che l'epoca dello sviluppo dei miasmi più nocivi sta fra la metà
di Luglio e quella di Settembre, per ciò nel periodo di questi due mesi si vorrà
esercitata la più attiva vigilanza a far osservare le prescrizioni dei regolamenti.
Per intrinseca sua condizione l'agricoltura si va di grado in grado perfezionando
di mano che si avvicina ai centri più popolati, la proprietà, quivi si sfraziona e le
colture più lucrose si avvicendano ; gli ortaggi associansi alle praterie stabili
che utilizzano i preziosi e pingui scoli della città e dei borghi, per cui sempre
più se ne allontana la grande cultura assolutamente indispensabile alla fruttosa
vicenda del riso. Volontieri sono profusi tesori a sanare terreni acquitrinosi , e
cosi tendesi ad allontanare ogni causa di nocive esalazioni così che inopportuni
riescono gli speciali provvedimenti intenti a garantire il circondario esterno im-
mediato ai borghi ed alle città mediante la limitazione delle distanze.
I miasmi prescindendo da ogni considerazione sulla loro natura quando, non
vengono trasportati a grande distanza, ma stagnino nell'atmosfera circostante al
loro focolajo di emanazione, si riscontrano più precisamente stazionarli in quello
strato nel quale per la irradiazione del calore, il vapor aqueo si è semiconden-
sato ed è passato allo stato vescicolare; è questo vapor umido quello che impregna
ed appiccica i miasmi agli oggetti, indumenti per esempio, da dove sono causa si-
cura dei paventati malanni.
L'altezza di questo strato varia al variare delle condizioni igrometriche e ter-
mometriche, nella Campagna Romana è considerevolmente elevato mentre nella
nostra, almeno per la maggior parte della località, è stagnante a pochi metri dal
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. 97
suolo. La proprietà di sanare le località paludose dai miasmi attribuita all' Adian-
thus annuus, volgarmente girasole, quando venga coltivato su vasta scala in quei
terreni, può spiegarsi forse dalla elevazione dei suoi steli, e dalla natura semi-
vischiosa delle sue foglie alle quali si appiccicano facilmente i fiocchetti di so-
stanze organiche dello strato d'aria circumambiente , il quale all'ombra delle
sue foglie vi condensa l'umidità.
Tale proprietà la dovrebbe presentare in parte anche la canape e sebbene in
misura minore, per la lucentezza delle foglie, anco il granoturco, non che altri
arbusti coi quali si possono opportunamente comporre siepi.
Perciò coi provvedimenti della prima specie si dovrebbero annoverare le pra-
tiche tendenti a facilitare le transazioni fra i comproprietarii per le permute e
gli scambii di acque e di terreno, onde così rendere più probabile una buona e
razionale distribuzione delle acque e degli scoli, all' intento di congiungere all'e-
conomia nel loro impiego, quella anco del terreno destinato alle coltivazioni, col
promuovere e facilitare la soppressione dei canali di scolo sovrabbondanti, i quali
più spesso per la intermittenza delle loro acque voglionsi considerare come in
una condizione veramente permanente di palude.
Le speciali provvidenze poi che si dovrebbero avere per le risaje stabili, os-
siano quelle che non possono essere avvicendate ed hanno un sottosuolo oltre-
modo impermeabile, sarebbero la permanente e completa sommersione loro con
acque abbondanti e perenni associata alle profonde e replicate colture.
E per quelle avvicendabili, la soppressione delle parziali asciutte in estate com-
presa quella di S. Giovanni che nella opinione di molti pratici è ritenuta inop-
portuna e la di cui pratica tradizionale risale alla consuetudine antica della
asciutta o soleggiamento in estate delle risaje da zappa o dei terreni acquitrinosi ;
poscia l'allagamento continuo per quei fondi che hanno un sottosuolo argilloso,
tollerando quella discontinua solo per i terreni di natura permeabili ben consta-
tata, per la quale rapido è il loro passaggio dalla condizione di stagno a quella
di campo perfettamente asciutto.
Il rapido asciugamento della risaja all'epoca della mietitura vuol essere con
tutti i mezzi favorito, e susseguito da profonde lavorature coli' aratro, a fine di
interrare le stoppie lasciate dalla mietitura, cosi come si pratica comunemente
per il frumento; che se ciò non fosse fattibile ma si potesse disporre di acqua
continua, converrà mantenere sommersi i campi a riso sino alle lavorature od alle
prime piogge autunnali.
Naturalmente una pratica eccellente e per nulla incomoda, sarà pur quella di
limitare l'asciutta giornaliera pella mietitura a quella sola estensione di risaja
che può essere in un sol giorno mietuta.
Le lavorature fatte succedere alla mietitura saranno rese possibili dall'uso delle
macchine e trebbiatoj, per le quali l'agricultura potrà disporre liberamente di tutte
le bestie da lavoro per le occorrenze della campagna.
Una conseguenza immediata e naturale di tutte queste disposizioni è facile
a comprendersi, vuol essere la misura dell'acqua in sufficiente quantità a fine
di garantire la conservazione delle intraprese coltivazioni.
Ad impedire poi che l'agricultore affittuario non abusi, come pur troppo spesse
volte accade, coli' estendere, verso la fine della locazione, smodatamente la colti-
vazione del riso allo scopo di spossare il terreno prima di abbandonarlo, ed a di-
spetto anche di acque insufficienti, sarà opportuno introdurre nei regolamenti
98 I REGOLAMENTI
generali agricoli la ingiunzione ai proprietarii di far sorvegliare, ed in ciò pre-
stare loro valido appoggio affinchè l'agricultore non si discosti dalla pratica
usata e sanzionata dalla esperienza nel circondario del rispettivo consorzio.
Fra i provvedimenti della seconda specie sono ad inscriversi quelli che si ri-
feriscono alle ore e tempi del lavoro.
Già le associazioni operaje raggiunsero l'intento di regolare i rapporti fra l'ope-
rajo e l'industriale, senza che ne sia derivato per ciò danno veruno all'industria;
il loro esempio vorremmo fosse nell' Agricullura imitato. Non sono forse solidali
fra di loro ed il conduttore e i coltivatori dello stesso fondo?
Così sarà giustizia circoscrivere i lavori del campo alle ore nelle quali non sono
temibili le influenze del clima, ossia principiare i lavori nelle ore mattutine
della stagione estiva dopo che la rugiada abbia cessato di deporsi, sospenderli
nelle ore eccessivamente calde nelle quali la traspirazione eccessivamente attiva
spossa e snerva l'organismo, da ultimo cessare dai medesimi al cader del sole
allora che la rugiada compare ed il velo di nebbia ricopre la campagna.
Ne perciò conviene esagerare in inutili od incompatibili precauzioni, e non
sono a temersi nocivi alla salute i lavori ancor che fatti colle membra im-
merse nell'acqua, purché non di troppo prolungate ma interrotti da frequenti
riposi.
Speriamo che ogni giorno guadagni nuovo terreno e si estenda sempre più
l'uso delle macchine agricole, non solo applicate alla trebbiatura dei cereali, ma
altresì ai più pesanti lavori dei campi.
Da ciò il morale del contadino verrà rialzato pel lavoro più dignitoso, e que-
st'operajo meglio retribuito in ragione dell'opera più intellettuale, avvantaggerà
nell'educazione e nel ben essere.
Fra i provvedimenti formulati nella terza categoria più importanti al certo
sono quelli che si riferiscono alla salubrità della dimora dove il laborioso agri-
coltore passa buona parte della giornata e dove riposasi dalla fatica.
Il trasporto graduato delle abitazioni coloniche in ispecie verrà promosso verso
la parte più elevata di ciascun fondo. L'impiego dei materiali idraulici a com-
battere l'umidità del suolo, per le fondazioni non solo ma sibbene perle prime
murature fuori terra, non sarà un lusso ma una vera e ben intesa economia.
Disporre, converrà tutte volte siano a prepararsi o riformarsi a nuovo le case,
sopra due piani sovrapposti, il terreno per l'abitazione diurna, il superiore per
quella notturna; e per di più sarebbe opportunissimo partito quello di elevare
anche il piano terreno almeno un pajo di metri sopra terra, aggiungendo così
al semplice pavimento di ammattonato e di calcestruzzo, una completa impalca-
tura, e ciò quando pur non si credesse il caso sostituirvi una volta di laterizii.
L'ambiente che per ciò risulterebbe fra piano e terra, non solo intercetterebbe
la comunicazione ed il passaggio dell'umidità fra il suolo ed il piano abitabile,
ma con tutta la opportunità si presterebbe quale ripostiglio di attrezzi e legne a
sostituire i dispendiosi portici che spesso con mal inteso lusso si profondono
avanti alle abitazioni dei coloni, ed offrirebbe comodo e sicuro posto alla collo-
cazione dei pollaj, non che facile adito fra il cortile del caseggiato, che noi inten-
deremmo aperto a tramontana a disservire le abitazioni, e 1' orticello il quale
perciò troverebbesi posto a mezzodì.
Sopra il piano superiore va disposta indeclinabilmente una impalcatura o so-
lajo morto con sufficiente strato di caldana al riparo dei locali notturni.
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. 99
Le aperture vorranno essere praticate in posto idoneo non solo alla buona e
facile comunicazione dei locali ed alla distribuzione della luce ma più special-
mente alla buona ventilazione, a viemeglio regolare la quale sarà a tener cal-
colo dei focolaj, non che del sussidio di appositi e ben disposti ventilatori.
La ampiezza dei locali e cosi quella delle aperture va saggiamente commisu-
rata al numero delle persone ed ai loro speciali bisogni senza però essere ec-
cessiva.
Alla chiusura delle aperture per la stagione invernale si potranno impiegare
imposte di una costruzione semplice ed economica, formate cioè di tavole unite
e nelle quali siasi praticata una apertura appena sufficiente ai bisogni della
luce e munita da un vetro fisso; nella stagione estiva cosi per le finestre che
per gli spiragli meglio funzioneranno i telaj con soprateso canovaccio- questi
nel mentre permettono il passaggio all'aria, ne rallentano la velocità e la depu-
rano della maggior parte delle sostanze in sospensione appunto abbondanti nel-
I atmosfera nelle ore notturne, e ne condensano il vapore esuberante al quale
sono associati.
A mezzogiorno dei gruppi di abitazioni ed al primo piano elevato sopra terra
molto opportunamente converrebbe praticare un ballatojo pel quale si possa co-
municare colle latrine, nel caso che queste non siano collocate al sottoposto in-
terspazio, questo ballatojo soddisferebbe anche aitanti altri bisogni dell'economia
domestica. S.ansi collocate sul ballatojo od al sottopiano le latrine, vorranno
possibilmente distribuirsi in numero proporzionato e meglio, eguale a quello
delle abitazioni , affinchè ciascuna famiglia ne possa essere provvista. Una sola
fogna perciò anche in questo caso potrà agrupparle a due a due. La loro costru-
zione vorrà essere fatta con buoni materiali e colle forme e disposizioni le più
convenienti a raccogliere e trattenere le materie, preziosa scorta al terreno
Cosi 1 letamaj delle stalle discosti di qualche diecina di metri delle abitazioni
vorranno essere combinati nel modo il più atto a regolare la fermentazione dei
concimi affine in questa non si disperdano poco fruttuosamente i prodotti gazosi
de a decomposizione organica. A ciò se ne consiglia la copertura col mezzo di
volta e 1 applicazione di cammini o spiragli di conveniente altezza e sezione a
regolare la corrente dei gaz che vi si svolgono; poi a disporre a piano inclinato
verso il centro o verso un pozzetto in cui raccogliere le materie liquide , il pa-
vimento costrutto con materiali impermeabili , questo poi vuol essere depresso
ma non d, molto sotto il piano esterno, per combinarvi la facilità di accesso
anche coi carri per la estrazione delle materie.
Ad ottenere acqua potabile abbondante e salubre vorranno essere cosi appro-
fondati 1 pozz. e formati di materiali impermeabili da intercettare le filtrazioni
SX Supen0ri'.a fllle di P>»are quel nappo di acqua più profondo e
limpido che « avrà riconosciuto , dopo ripetuti assaggi, il più conveniente ; per
di p.u s. avrà cura d. ripararne opportunamente la bocca con adatto chiusore a
fine non vi possano essere importati detriti organici o materie atte alla fermen-
ZT!''u T gI°Va riC°rdarCÌ Che la luce ne è uno dei P"ncipaU agenti perciò,
tutte volte lo si possa, non si dovranno risparmiare i meccanismi da tromba. Che
se negli strati sotterranei non sarà fattibile rinvenire quel nappo che riunisca
le proprietà più desiderabili, si potrà sussidiarne la facoltà depurante coli' uso
dei filtri, opportun.ssimi allo scopo e che si vanno di giorno in giorno sempre
più generalizzando anco pel servizio delle grandi città.
£00 I REGOLAMENTI
Rassodato opportunamente il terreno circostante alle abitazioni converrà rive-
stime la superficie con buon acciottolato, e disporla a conveniente pendio pel fa-
cile scolo delle pluviali.
Onde allontanare dai caseggiati colonici ogni causa immediata di nocive esa-
lazioni si avrà cura di rimuovere gli stagni ed i fossi di acque di scolo ed anche
le coltivazioni o fìsse od in ruota, ed almeno per una ventina di metri, lasciando
sussistere in questo spazio immediato e prescritto i soli orti ed i cortili; anzi
converrà difendere questi spazii laddove sarà possibile con fìtte siepi, scegliendo
appunto fra gli arbusti, quelle essenze che si riconosceranno megli adatti ad ar-
restare gli effluvi! o miasmi che stagnano negli strati d'aria pochi metri appena
sopra le coltivazioni.
Gli indumenti, vanno annoverati al certo fra i più importanti mezzi atti a pre-
servarci od a combattere i nocini effetti delia mal aria e della eccessiva umidita.
Il cotone viene reputato eccellentissimo a filtrare i germi organici che si trovano
sospesi nell'aria, ed è perciò che si presta molto opportuno alla confezione di
economici indumenti esteriori pel contadino, nel mentre per la sua insufficienza
a moderare gli sbalzi di temperatura, e di umidità nell'atmosfera, quantunque in
ciò superiore al lino ed alla canape, deve lasciare il posto al sovrano fra le
materie tessili, la lana, colla quale si avvicina la perfezione dell'abito che na-
tura in ciò più generosa forni agli animali inferiori all'uomo.
Gli indumenti che sono destinati a coprire e sono applicati direttamente alla
cute specialmente pel torace e le estremità inferiori, ossia per quelle parti del
corpo nelle quali la traspirazione è più attiva e le secrezioni più abbondanti ,
vogliono in ogni stagione dell'anno costituirsi colla lana.
Ma tutte le cure intese a difendere l' individuo dalle nemiche influenze esterne, sia
al lavoro, che nella abitazione, quanto cogli appropriali indumenti cadranno infrut-
tuose quando non saranno associate ad una conveniente, abbondante alimentazione.
Il campo poco concimato delude l'aspettativa dell'agricultore. Il paragone è altret-
tanto duro quanto vero; cosi non saranno mai soverchie le raccomandazioni agli
agricoltori aftinché dirigano essi stessi e sovvengano in quanto sarà loro possi-
bile i contadini affine si provvedano di alimenti e di bevande cosi come di buoni
indumenti a fine di raggiungere colettivamente lo scopo desiderato. Qualche
cosa di simile ai forni ed alle cucine cooperative applicate alle aziende agricole
potrebbe con sperabile successo essere esperimentato. Vuoisi mirare ad aumen-
tare la forza fisica disponibile, e contemporaneamente ridurre le cause di disper-
dimento delle medesime per gli individui destinati alle dure fatiche dei campi.
Fortunatamente però la relativa agiatezza segue V agricultore la dove sono più
micidiali le nemiche influenze.
Colla ben intesa agricultura voglionsi associare tutte quelle altre industrie che
giovano più o meno direttamente al suo sviluppo.
' Così alle molte e svariate coltivazioni dei campi, all'allevamento di utili ani-
mali, alla cura e sviluppo di bruchi ed insetti, vorremmo fosse nei paesi irrigui
e dove abbondano acque correnti o stagnanti associata la piscicoltura della quale
potrebbe trarre nuovo elemento di ben essere il contadino. Veri progressi in
questo non spregievole ramo di industria agricola vennero operati, specialmente
in questi ultimi anni, dagli stranieri, nel mentre è a deplorarsi che nel nostro
territorio va di giorno in giorno scemando la dovizia persino altre volte vantata
dei vasti bacini lacuali.
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. 101
La beneficenza e P istruzione voglionsi strettamente associate alP intento di
rialzare e perfezionare il morale delle nostre popolazioni agricole quasi abbrutite
dall'indolenza e dall'apatia ingenita pei clima nel loro carattere. L' una e Paltra
vogliono essere affidate all'amministrazione comunale o meglio forse a quelle as-
sociazioni di Comuni dei quali sopra facemmo parola, ed i quali, sapientemente
costituiti perchè circoscritti dai veri solidarii interessi locali, forse in epoca non
molto remota potranno completamente sostituirsi per sopportare i pesi, ai singoli
Comuni, servendo così di base ad una più razionale distribuzione della competenza
nei morali interessi.
Le condizioni topografiche sono i veri criterii che guidar devono alla ricerca
dei veri interessi delle popolazioni di un territorio, e le Provincie potrebbero
costituire Consorzii di un ordine molto elevato ai quali tutti indistintamente
voglia essere affidata la cura dei materiali interessi.
Sarebbe poi cosa desiderabilissima che nell' interesse della beneficienza si ope-
rasse un graduato decentramento dei Grandi Ospitali a noi legati dalla previ-
dente carità degli avi. Cosi i piccoli istituti di simil genere dei quali non solo
le città ma sibbene i borghi ed anco qualche importante villaggio non difettano
si anderebbero trasformando in veri Ospitali di Consorzio. Intorno a questi con
vera economia e con molto maggior utile delle popolazioni si verrebbero ad or-
ganizzare i due servizii interno ed esterno per la tutela della salute, supplendosi
con ciò al difettoso sistema delle condotte.
In attesa di ciò varrà di stimolo ad interessare direttamente, gli Agricultori e
Proprietarii affinchè si ingeriscano ed esercitino una diretta ed efficace influenza
sulle abitudini del Contadino, lo accollare ai Comuni le spese sanitarie per la
cura di quelle malattie delle quali è riconosciuta la causa nella malsania delle
località od abitati.
Per ultimo vorrà essere con ogni sforzo promossa presso i comuni la istitu-
zione degli Asili dove radunare i fanciulli che le madri dedite ai lavori della
campagna non possono sorvegliare essi slessi. Gli Asili faciliteranno il compito
alle scuole coli' iniziare il primo svolgimento delle teneri menti. I buoni ali-
menti e le provvide cure varranno a combatter nei primordi le tendenze alle
malattie ereditarie, e del clima e favoriranno così lo sviluppo di soggetti sani e
robusti.
IL
Sarebbe inopportuno qui fare l'apologia delle strade e delle facili comunica-
zioni, coli' enumerare tutti i vantaggi che la società ritrae dalla giudiziosa di-
stribuzione e dall'ottima sistemazione delle medesime, l'attività del commercio
e delle transazioni, la prosperità delle industrie e sopratutto dell'Agricoltura.
Le strade non sono certamente una creazione contemporanea. Tutti i popoli
dalla più remota antichità che vollero costituirsi socialmente sentirono il bisogno
di provvedere ai mezzi di comunicazione; così che può ritenersi, le strade, cioè
le comunicazioni, essere l'elemento precipuo, indispensabile, la vera misura della
civiltà, anzi senza esse non vi ha vera vita sociale. I primi sentieri apersero
l'adito alle sparse famiglie a riunirsi in tribù, le strade riunendo le tribù costi-
tuirono i popoli.
Giorn. Ing. ~ Voi XVI. — Febb. e Marzo 1868. 7
102 I REGOLAMENTI
Il tracciamento, la costruzione, i materiali dei quali sono formate o meglio
sistemate le strade, cioè quanto che ne costituisce il sistema, è subordinato com-
pletamente dai bisogni, e dalla natura delle località.
Tuttavia però non vuoisi spingere all'esagerazione ogni principio. La buona di-
stribuzione delle strade e la buona manutenzione delle medesime, sta bensì in
ragione diretta colla prosperità di un paese ma entro certi limiti. Così sarà per-
nicioso allo sviluppo stesso della prosperità industriale ed in un rapporto tanto
maggiore per la Agricultura, che abitualmente ed in misura assai più sentita ne sop-
porta il dispendio di primo impianto e di successiva conservazione, lo stabilimento
di stradali sontuosi, dispendiosi oltre misura, e non in relazione alle sue risorse
ed ai suoi bisogni. Una prudente economia deve mai sempre inspirare una
buona e premurosa Amministrazione nel decretare le opere pubbliche e pre-
servarla dagli slanci di inconsulto ardimento. La nostra Lombardia possiede
strade eccellentissime , ma non può per questo vantare un perfettissimo e ben
proporzionato sistema o rete di strade. Alcuni comuni , alcune provincie fornite
di larghe risorse , profusero forse troppo soventi ingenti somme nella apertura
di vie non proporzionate al risultato, mentre altre tuttora reclamano lo stabili-
mento di tronchi di assoluta necessità ed all'opera dei quali si sentono impotenti
sì da reclamare l'appoggio del potere ed anco i sussidii dell'Amministrazione Cen-
trale. La considerazione fatta per le Provincie Lombarde, in genere può esten-
dersi alle diverse regioni del suolo italiano.
I paesi più ricchi per agricoltura, industria e commercio, non furono ne sono
sempre quelli che possiedono le più allineate, allivellate ed accurate strade. Anzi
i terrìtorii della Germania, dell'Inghilterra e della Francia, i più produttivi, sfa-
voriti dalla natura per essi poco prodiga di attrattive, hanno città poco seducenti
e strade spesso appena tollerabili.
Ciò valga a persuadere che il vero scopo al quale devono mirare mai sempre i
Regolamenti destinati alle strade ed alle opere pubbliche è quello della buona
conservazione ma in stretta relazione all'utile constatato che da esse proviene a
vantaggio della nazionale ricchezza.
L'eccellente ed economico risultato delle opere pubbliche dipende dal criterio
e dal sapere dei tecnici che ne sono demandati, la susseguente manutenzione
dipende dal sistema prevalente dei regolamenti.
Non vogliamo però con ciò asserire che il sistema od i diversi regolamenti in
vigore attualmente per la manutenzione in ispecie delle strade siano assoluta-
mente riprovevoli. Se sono imperfetti possono in parte convenientemente modi-
ficarsi ed ammigliorarsi.
Anzi tutto, conviene esaminare l'ordine col quale si associano i diversi inte-
ressi delle comunità dei cittadini riferibilmente allo stabilimento ed alla succes-
siva conservazione dei mezzi di comunicazione. Dalle diverse legislazioni o
meglio regolamenti le strade furono assortite e classate in diverse categorie ed
accollate a quando le une, alle singole Comunità o Consorzii, alle Provincie o allo
Stato le altre, ed a seconda di queste categorie portarono il nome di Strade Na-
zionali, Provinciali, Comunali, Consortili, e ben anco Vicinali. Regolamenti e
sistemi appositi furono adottate per le une a differenza delle altre.
A nostro avviso non possono sussistere fondatamente queste demarcazioni. Tutte
le strade vogliono essere fnse in un sistema unico di viabilità, grandi e piccole,
frequentate o meno, poi divise in gradi al più a seconda della loro effettiva im*
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. 103
portanza, per la quale possono differire nelle dimensioni. Tutte quindi siano
assunte per rimpianto, da uno stesso ordine amministrativo, poi se occorre tutte
cumulativamente siano affidate ad un altro ordine subalterno per la successiva e
continua loro conservazione.
Quanto si viene proponendo per le strade in genere si deve applicare anche alle
altre opere pubbliche, che nelì' egual misura interessano lo sviluppo materiale
del paese.
Facile si scorge la via da seguire per fissare gli aggruppamenti dei diversi in-
teressi materiali di un paese e fra questi rinvenire quelli ai quali domandare la
cura dello impianto o della conservazione delle opere di comune interesse.
Ed in vero: primamente le famiglie si aggruppano in Comunità.
Ora quali solidali interessi si destano più prepotenti fra i membri di uno stesso
comune od aggregato più o meno compatto di famiglie e di abitazioni? La ri-
sposta è naturale: interessi morali, ossiano quelli che si riferiscono specialmente
alle persone cioè alla reciproca assistenza, ed all'istruzione. Nessuno speciale inte-
resse dell'ordine materiale, può vantare requisiti di solidarietà nella sfera dell'as-
sociazione comunale.
Mentre oltrepassata la cerchia del comune si incontrano quali vincoli che le-
gano fra di loro tutti indistintamente gli abitanti di un determinato territorio gli
sforzi intesi a vincere le difficoltà dipendenti dalla costituzione e configurazione
topografica del suolo, vale a dire le opere necessarie a rendere facili i mezzi di
comunicazione sia di terra che di acqua, le difese ai fiumi i ripari ed i porti.
Finalmente quanto più ci eleviamo, si è dalla associazione di un ordine più ge-
nerale di interessi morali e materiali che scaturiscono quelli che cementano i
concittadini nella nazione o le nazioni fra di loro e che perciò in politici ed in
internazionali sono distinti.
Così decisa è la demarcazione fra gli interessi morali e materiali; i primi se-
guono lo sviluppo intellettuale delle popolazioni, e sono indipendenti dalla con-
figurazione del suolo al quale per l'opposto unicamente sono informati i secondi.
D'onde il giusto criterio che deve presiedere alla circoscrizione degli interessi
morali riguardanti cioè l'istruzione e la beneficenza sta nella simiglianza delle
condizioni degli induvidui, e la norma colla quale segnare le circoscrizioni in linea
di interessi materiali vuol essere la demarcazione delle condizioni topografiche.
Una comune solidarietà materiale unisce gli abitatori di uno stesso versante,
sia che trovinsi sulla china dei monte od al fondo della valle sulle sponde del
fiume che ne raccoglie gli scoli. L'abitatore dell'alpestre dirupo, ignaro del danno
che per lui risente il piano, distrugge l'opera dei secoli diboscando il monte onde
aprirsi a stento e con grave dispendio fra le balze un sentiero, e l'abitatore del-
l'ubertosa pianura mentre profonde troppo facilmente le sue risorse in inutile lusso
di opere edilizie, lotta ed a mala pena contiene l'irrompente piena che gli con-
tende il raccolto del pingue campo.
La Legge 20 Marzo 1865 riconosce la proprietà e con ciò P onere della costru-
zione e della manutenzione, per le strade dette Comunali, al Comune, seguendo
in ciò pressoché tutte le antecedenti legislazioni, e ciò per l'unica ragione che i
comuni volontariamente nei tempi scorsi se ne erano assunto il peso; poi accolla
alle Provincie la manutenzione di tutte quelle altre strade che già loro apparte-
nevano e vi aggiunge quelle altre che già dello Stato, allo Stato ora sembrano di
peso, colla facoltà per le Provincie di fare lo slesso, scaricando la soma che loro
4.04 I REGOLAMENTI
non conviene sopportare sui Comuni, i quali alla loro volta altrettanto potrebbero
are, dichiarando Consorziali quelle delle quali non si reputano capaci a sostenerne
il peso, nel mentre, onde non distruggere poi lentamente l'opera del secoli, o
meglio di un secolo trascorso, affida alle Provincie la sorveglianza pei comuni,
ed a questi quella dei Consorzii. Ognuno vede quale assurdità in questo mecca-
nismo e quali cattivi effetti si possano prevedere a tale ordinamento, e già ri-
sentiamo in oggi, ed in proporzioni molto sensibili , perla cattiva conserva-
zione di moltissime strade in conseguenza della trascuranza alle quali furono
abbandonate o dalla malavoglia o dalla poca esperienza di non poche ammini-
strazioni, il conseguente danno materiale. Mentre la sorveglianza che ante-
cedentemente qui da noi in ispecie vi era esercitata dagli ordini superiori
dell' Amministrazione Provinciale o Governativa si tradusse in vere vessazioni
burocratiche atte ad impigliare più che a garantire il buon successo. Una prova
ne sia il disposto del Regolamento per l'attuazione della legge Comunale che
obbliga a sottoporre alla Sovrana sanzione l'acquisto di beni stabili applicato al-
l'acquisto o meglio esproprio di terreno per l'apertura di nuovi tronchi o la
sistemazione dei vecchi indipendentemente dall'approvazione per parte dell'au-
torità Provinciale dei progetti di massima per le opere stesse. Altre volte con
una procedura molto semplice e spiccia il tecnico stesso incaricato del progetto
dell'opera stabiliva i compensi, preparava preventivamente le parcelle e i pro-
getti di scorporo delle zone da occupare per il relativo sgravio d'estimo. Una
conferma che la legge dava al principio della pubblica e generale utilità di una
strada di qualunque categoria si fosse si era appunto la esenzione in futuro &i
ogni e qualsiasi peso. Mentre oggi, considerate le strade di proprietà più o meno
assoluta di questa o di quella Amministrazione, non è provveduto completamente
alla costante conservazione della medesima, nell'interesse generale.
Altra conferma del principio ora ammesso per la proprietà quale assoluta e pri-
vata della zona occupata dalla strada la si ha pure nella disposizione inclusa nella
legge in discussione, nella quale è detto che formano parte fra le altre cose della
proprietà stradale le scarpe del terrapieno di sostegno della strada. Ma e perchè
non vi si sono incluse anco quelle dei terreni adiacenti nei tronchi in trincea?
A noi parrebbe molto più razionale e conforme ai naturali principii del diritto
di espropriazione per causa di utilità pubblica, che la zona di terreno effettiva-
mente espropriata e passata nel dominio della ragione pubblica si riduca unica-
mente a quella che è occupata dalla strada colle sue ragioni perpetue, colatori,
banchine, ecc., nel mentre che la occupazione del terreno colle scarpe della
strada si assimili ai danni temporanei occasionati al fondo, precisamente come
per le scarpe di sostegno ai medesimi, le cave per le terre, sabbie ecc. ed ogni
altro soggetto ad indenizzi. La ragione stradale con ciò risulterebbe perpetua-
mente inalterata , e sarebbero ovviate noje e molestie reciproche fra i privati e
le amministrazioni tutte volte quelli modificano il piano dei loro terreni.
Un passo ancora e forse si potrà ammettere quale partito più conveniente e
razionale, quello di conservare ai proprietarii limitrofi alla zona stradale la pro-
prietà dell'area della medesima, anzi fare gli opportuni concambii onde poter
successivamente ammetterne quale assoluta dividente l'asse della stessa, e ciò a
fine di rendere impossibile ogni inopportuno residuo abbandonato in caso di de-
viazione o di modificazione della sede stradale; che le vie dovendosi uniformare
ai bisogni delle località, devono seguirne gli spostamenti, e ciò precisamente
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. 105
così come già è ammesso per l'area dei corsi d'acqua, cioè il diritto nei fron-
teggianti di preminenza ad occupare l'alveo abbandonato dal torrente, e che si
dovrebbe estendere in genere anche ai fiumi ed alle spiaggie dei bacini, il
frontista coir intraprendere opere costose sia per difendersi dalle erosioni che
per bonificare i nuovi acquisti pareggia il benefìcio che gliene viene, e lo
Stato sempre valendosi del diritto di limitare nell'uso la privata proprietà tutte
volte l'interesse generale della società o di una comunione morale di cittadini,
ha sempre la facoltà di impedirne quando occorra l'uso. Il principio generale
naturale sul quale sì fonda il diritto della società di limitare 1' uso di un deter-
minato ente ad alcuni suoi membri nelP interesse comune (cioè di tutti) è im-
plicito nel processo di costituzione originaria della proprietà islessa. Gli enti,
cioè il suolo, 1' aria, l'ubicazione, la forza motrice dell' acqua, gli agenti della na-
tura in genere, non possono costituire una proprietà assoluta materiale, la pro-
prietà si limita per essi all'uso, ed è da questo uso che si genera la vera asso-
luta proprietà materiale, cioè quella della materia modificata per opera dell'uomo
mediante gli agenti naturali. Ora il primo occupante ha un diritto relativo nell'uso
dell'ente occupato, cioè dura in lui un tale diritto solo sino a quando la società
non lo rivendica per interesse comune; e gli ritorna però alla sua volta cessata
la necessità di tale uso. Non così può avvenire dell'uso di cose materiali nelle
quali non si può riconoscere per verun titolo diritto alle società di espropriarle
non potendosi per un oggetto materiale, e quindi sostituibile, verificare giammai
la circostanza dell' interesse comune.
Ma per tornare al caso concreto dei mezzi di comunicazione e delle opere di
utilità pubblica in genere, vediamo come razionalmente verranno ripartite le at-
tribuzioni che ad esse si riferiscono.
Anzi lutto è bene avvertire come sia necessario, affinchè si verifichi la voluta
condizione della garanzia, che la sorveglianza od il controllo delle opere non
si faccia dall' istesso ordine amministrativo che le eseguisce.
Ora, è un interesse immediato pei singoli membri del comune lo stabili-
mento e la conservazione di tutte quelle opere che facilitano i reciproci rapporti,
fra queste le comunicazioni interne, poi la conservazione di quelle che facilitano
le transazioni colle altre comunità limitrofe, finalmente quelle ultime che li
pongono in rapporto anche col restante della società.
Di rado le Provincie, e tanto meno le circoscrizioni di un ordine inferiore
ad esse, raggiungono i limiti assoluti della voluta solitarietà di interessi materiali, è
necessario perciò risalire all'associazione di quelle Provincie che sono legate dai
comuni vingoli portati dalla giacitura topografica, alla Regione.
Così primamente noi vorremmo che la Regione, cioè l'Associazione delle Pro-
vincie, non solo si assumesse la direzione, ma sopportasse una certa parte delle
spese per le opere di interesse generale, e quella parte specialmente che di-
pende dalla configurazione del suolo. Il controllo e la revisione delle medesime
poi vorrebbe essere affidata al Potere Centrale dello Stato.
In secondo luogo poi che fosse affidata la manutenzione e la riforma di tutte
quelle opere che vennero già costrutte con mezzi e sotto la direzione dell'Am-
ministrazione Regionale alle associazioni o consorzii dei Comuni, demandando
alle rispettive Provincie Y incarico della controlleria.
Finalmente ai Comuni, oltre alle spese proprie dipendenti dagli interessi mo-
rali, scuole, per esempio, ricoveri od altro, vorremmo fosse demandata la cosini-
106 I REGOLAMENTI
zione e manutenzione delle opere interne del Comune, sempre però sotto la sor-
veglianza dell'autorità provinciale e come cosa che riguarda direttamente ed
equabilmente gli interessi degli individui senza alcun rapporto colla condizione
topografica accidentale del suolo, le spese di espropriazione ed indenizzi dovuti
ai proprietarii per l'area ed i danni causati dalle opere di interesse generale,
poi per di più un tanto fisso chilometrico minimo, da corrispondersi quale rap-
presentativo dell'interesse proprio del Comune preso collettivamente.
Così alla Rappresentanza Comunale sarebbe devoluto, come più direttamente
interessata, il progetto di massima per la esecuzione di un'opera di pubblico in-
teresse non che la corrisponsione sopra accennata; alla Rappresentanza Regionale
il decidere sulla opportunità, e provvedere alle maggiori opere necessarie a vin-
cere le accidentalità locali, e la direzione delle opere, come alle Rappresentanze
Consortili dei Comuni il provvedere alla manutenzione o conservazione delle opere
sotto la sorveglianza provinciale, cosi come perla loro costruzione si reclamò la
sorveglianza dello Stato.
Le opere in genere di nuovo impianto devono uniformarsi ai bisogni prima, poi
alle condizioni locali ed ai materiali. Le modalità quindi sono variabilissime, e la
loro scelta è affidata al sapere dei tecnici ai quali è demandata la loro costruzione.
La conservazione invece delle medesime, come già notammo, deve uniformarsi
a principii prestabiliti per ogni genere di opera e per ogni località formulate nelle
prescrizioni di dettaglio dei Regolamenti. Il solo principio generale al quale sono
subordinati gli altri, è quello della relativa economia.
Vediamo ora per alcuni casi almeno come convenientemente raggiungere si possa
il voluto intento, e più specialmente, fra le altre opere pubbliche, per le strade,
essendo esse lo scopo principale della presente discussione.
Le strade constano delle opere di terra o materiali accatastali che ne costitui-
scono il corpo, dalla massicciata che ne forma il letto carreggiabile, finalmente
dai manufatti, cioè ponti, parapetti e difese in genere, gallerie, cunicoli, rivesti-
menti di scarpe o muri di sostegno ecc.
La massicciata è quasi sempre formata da ghiaje o sabbie o pietre spezzate o
pietrisco, la coperta di ghiaja in alcuni casi è sostituita da acciottolati, pietre
grossolanamente riquadrate o lastrici.
In conclusione, la manutenzione si riduce a quattro elementi principali: i.° la
somministrazione del materiale destinato a sostituire il detrito che si produce
col carreggio sul piano stradale; %° l'opera continua a mantenere in buon
assetto la superficie della strada delle scarpe ecc.; 3.° l'opera per mantenere in
buon ordine gli acciottolati ed i lastrici; 4.° finalmente le opere murarie in ge-
nere per la conservazione dei manufatti.
I sistemi sino ad ora usati per raggiungere lodevolmente, specialmente in Lom-
bardia, lo scopo della conservazione delle strade, si riducono a due soli:
Quello dei lavori ad economia per l'opera, e l'appalto per la somministrazione
dei materiali, o quello dell'appalto completo per tutte le somministrazioni sia
di materiali che di opere.
II sistema dell'appalto complessivo fu sino ad oggi adottato esclusivamente per
le strade mantenute dai Comuni.
Per quelle mantenute dalle Provincie e dallo Stato, gli assuntori fornivano i
materiali necessarii, le opere restauratone murarie, nonché quella di sussidio di
braccianti, i quali lavoravano, non sotto la direzione dello stesso assuntore, ma
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. 107
degli stradajuoli stipendiati dall'Amministrazione, dipendenti da un capo, e dagli
ingegneri del dipartimento tecnico.
Oggi che le Provincie sono demandate della compilazione di un Regolamento
da applicarsi alle strade provinciali, nonché di un altro destinato a quelle co-
munali sorvegliate dall'autorità provinciale, le opinioni dei tecnici si sono di-
vise appunto nei due campi opposti. Il sistema ad economia mediante operaj
stradajuoli capitanati da un personale tecnico permanente, viene contrapposto al
sistema degli appalti anco per le strade comunali , le quali perciò si vogliono
sorvegliate alla loro volta da un personale tecnico quantunque temporaneo. La
maggiore incertezza regna sulle attribuzioni dei tecnici ai quali affidare sia lo
studio dei progetti che la direzione delle manutenzioni. Noi senza ribattere il
prò ed il contro delle ragioni emesse dai valenti pratici che se ne occuparono ,
ci permettiamo esporre francamente un piano adottabile, se non in tutti i casi,
nella maggior parte almeno, e tale, per nostra convinzione, che possa riunire
tutte le desiderabili condizioni di ordine e di economia.
Anzitutto ammettiamo per le già esposte ragioni quale di assoluta convenienza
la costituzione dei Consorzii comunali ai quali diferire la trattazione della maggior
parte degli interessi che ora sono devoluti indipendentemente alle singole Am-
ministrazioni comunali, come anche la costituzione delle Associazioni delle Pro-
vincie alle quali demandare la trattazione, così degli affari che sono attualmente
di competenza delle singole Provincie, come anche di quegli altri che pur sono
riconosciuti di deciso interesse materiale generale, e che tuttora sono riservati
allo Stato. Naturale conseguenza sarebbe l' affidare la costruzione delle opere
stradali in genere completamente alle Regioni, mentre che la loro manutenzione,
per quanto si riferisce alle comunicazioni nell'interno degli abitati, lo sarebbe
ai Comuni, e quella delle strade ad essi esterne ai Consorzii dei medesimi.
Le condizioni richieste per un buon sistema stradale sono la uniformità dei
principii adottati nella costruzione, la proporzionalità delle opere commisurate
al servizio, al quale sono intese, la facilità e prontezza colla quale sono eseguite
le riparazioni , la economia relativa del primo impianto e della successiva ma-
nutenzione.
I guasti occasionati dal roteggio e dalle acque che ne intaccano e disaggre-
gano la superficie si riducono alle solcature, le quali quanto più si approfondano
diventano causa più attiva di successivi maggiori deterioramenti. Cosi l'opera di
risarcimento vuole essere immediata al danno, e la materia adoperata bene ap-
propriata alle circostanze. I manufatti vogliono essere costruiti con eccellentissimi
materiali e con cura diligente, a fine possano lungamenie conservarsi inalterati.
Queste condizioni, è naturale, più facilmente si potranno raggiungere se la strada
sarà stata giudiziosalmente tracciata e si troverà nella condizione migliore pel de-
flusso delle pluviali cosi per un conveniente pendio che un sottofondo permeabile.
II risarcimento dei guasti della superficie esposta al ruoteggio si opera me-
diante lo spargimento, nelle epoche convenienti, delle materie della stessa na-
tura di quelle colle quali la massicciata è costituita, sabbie, ghiaje, pietrisco;
quello dei lastricati, manufatti od altro mediante il riadattamento di alcune loro
parti od il loro completo rinnovamento ; la prima parte si ottiene mediante
l'opera degli stradajuoli, la seconda mediante quella degli operaj selciatori,
muratori e scalpellini. L'opera dei primi si richiede continua, mentre quella
degli altri è interpolata,
108 I REGOLAMENTI
L'Appaltatore che per contratto deve prestare o far prestare tutte cumulativa-
mente le suindicate opere è nella assoluta impossibilità di soddisfare completamente
alle condizioni richieste da una buona continua manutenzione. Troppo dispen-
dioso gli riescirebbe il mantenere costantemente lungo i diversi tronchi di strade
a lui affidati, uomini esperti coir incarico di provvedere al risarcimento dei guasti
di mano in mano che si verificano nella certezza di dovere sprecare poi inutil-
mente il suo tempo nella bella stagione, nel mentre la sua opera riuscirebbe in-
sufficiente pel corso di parecchi altri mesi.
Infatti il Regolamento 11 Luglio 1833 sulle basi del quale furono sino ad oggi
informati i contratti di manutenzione delle strade Comunali delle nostre Provincie,
prescindendo dalle massime le più opportune ma le meno facili ad ottenersi con un
appalto cumulativo delle opere, prescrive che la ghiaja sia in un'epoca determinata
(al collaudo autunnale) verificata in quantità e qualità, e poi, riconosciuta corri-
spondente al contratto, sia sparsa per % del totale prima del termine del Di-
cembre successivo, e T ultimo quarto poi prima dell'Aprile, salvo quella piccola
parte che sarà occorrente por l' otturamento delle solcature, quasi che negli ul-
timi mesi dell' anno si verifichino sempre contemporaneamente ed in larghissima
scala le circostanze più sfavorevoli alla conservazione delle medesime. Vuoisi
poi osservare che la quantità di ghiaja prescritta per le strade comunali in ap-
palto ordinariamente sarebbe stata di molto superiore al bisogno, ma che quella
somministrata effettivamente dagli appaltatori riusciva nella pluralità dei casi
quando misurata rigorosamente, sensibilmente inferiore alla richiesta, e per di
più tutta non veniva consumata ad onta delle comminatorie nel termine deter-
minato, restandone pressoché sempre una parte a rimisurare colla scorta disposta
preparata per V annata successiva.
In questi ultimi anni i periti incaricati dei progetti di riappalto, per viste eco-
nomiche ridussero le dotazioni annue di ghiaja, in molti casi, persino della metà,
senza che perciò le strade scapitassero sensibilmente nella loro conservazione, e
senza che gli assuntori si sbilanciassero finanziarmente.
Per lo spargimento delle materie alle epoche e nella misura più opportuna si
richiede l'opera continua di uno stradajuolo-fisso, precisamente quale venne fin
dall' origine adottato dai regolamenti per le strade governative e provinciali, ma
quest'opera come già vedemmo risulterebbe oltremodo dispendiosa per se e quindi
non é ammissibile quantunque aggiunga in molti casi l'economia delle materie
impiegate alla eccellente conservazione del piano stradale.
Ora onde raggiungere contemporaneamente così la conveniente economia nel-
P impiego del materiale che la buona e continua assistenza alle medesime senza
entrare in forti ed inopportuni dispendii, sarebbe da esperimentare i piccoli ap-
palti per le opere da stradajuolo, ad operai esperti, mediante proporzionati con-
tratti a scadenze triennali. Quasi dappertutto nei comuni rurali facilmente si rin-
vengono individui capaci ed intelligenti atti ad accudire ai hvori stradali, anzi
dell'opera di questi esclusivamente si prevale l'appaltatore, che appunto lucra
sul loro lavoro. Divise che siano le strade in tronchi, questi si affiderebbero se-
paratamente ad altrettanti assuntori, i quali risponderebbero perciò direttamente
della loro opera Questi non riuscirebbero in verun modo di aggravio all'ammi-
nistrazione, per la temporarietà del loro impegno, nel mentre che il loro lavoro
sarebbe più equamente retribuito di quello noi fosse per l'intermediario degli
assuntori generali. Il loro numero con ciò riuscirebbe più che sufficiente al di-
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. 109
simpegno di tutte le occorrenze dei singoli tronchi anche nel caso di straordinarie
emergenze. Nei comun dovei domina la piccola coltura, la popolazione è già di
molto superiore al bisogno dei campi, ed in ogni famiglia un' industria è neces-
saria per utilizzare le braccia esuberanti.
Il contadino che più volte nella stessa giornata è costretto a percorrere un
determinato tronco di strada per recarsi al suo campo, con tenue sacrificio può
prestarsi a quelle opere che sono richieste per la sua conservazione. Nei comuni
ove domina la grande coltura, V agricultore illuminato deve sentire il vantaggio
che può ritrarre dalla facilità delle comunicazioni, ed a lui con lieve dispendio
riescirà facile disimpegnare l'assunto della manutenzione mediante l'opera dei
proprii operaj salariati.
L'assuntore generale delle opere nei contratti tino ad oggi vigenti è tenuto
alla fornitura delle ghiaje, sabbie ed altro, occorrenti alla conservazione delle
strade. Sarebbe inopportuno col sistema che proponiamo di comprendere colle
opere di conservazione mediante piccoli contratti quella della somministrazione
di materiali che non dappertutto ed alla portata delle opere si possono rinvenire.
Così proporremo che siano liberi i contratti di appalto per la somministrazione
delle sabbie, ghiaje e gli altri materiali occorrenti alla manutenzione. Un proprie-
tario di una cava aperta può somministrare più facilmente migliori e meno di-
spendiosi materiali di quelli che si possono ottenere coll'apertura di apposite cave
nel circondario del Comune ed a malavoglia del proprietario.
Separati contratti converrebbero anche per tutte le altre opere necessarie a com-
plemento delle strade, quali i selciati ed i lastrici, le opere murarie, la sommini-
strazione delle pietre da taglio. Queste opere dovrebbero però essere precisate di
volta in volta a seconda delle occorrenze, e per risarcimenti e ricostruzioni com-
plete di quelle parti che si credessero radicalmente danneggiate. Nei contratti di
appalto generali in uso sino ad oggi sono precisate delle competenze all'assuntore
per la conservazione indefinita delle opere murarie, il risultato però ne è pres-
soché nullo, ed i ristauri operati dall'assuntore si riducono a pochi illusorii e
superficiali risarcimenti, eseguiti solo nell'epoca immediala che precede gli an-
nuali collaudi; ogni anno perciò si rinvengono necessarie in aggiunta altre opere
di completa ricostruzione, che si qualificano poi il più spesso provocate da ec-
cezionali accidenti.
La sorveglianza finalmente delle opere, adottando questo sistema, vorrebbe es-
sere continua, quindi affidata a tecnici esperimentati.
Per riassumere e concretare il progetto qui tracciato, tutte le opere di inte-
resse pubblico concernenti la viabilità e i corsi d'acqua, cioè le strade, ponti
ed opere idrauliche in genere, vogliono essere assimilale ed affidate ad uno stesso
ordine amministrativo. Tutte le incombenze relative allo studio delle opere pub-
bliche nell'interesse generale sarebbero perciò affidate ad un ufficio tecnico Re-
gionale, e quelle concernenti la conservazione delle medesime ad analoghi uffici
tecnici consorziali subordinali.
Il Comune nel quale si verifica la necessità di una determinata opera di pubblico
interesse, ne propone lo studio alla Rappresentanza riunita del Consorzio; rico-
nosciuta da questa l'opportunità locale, la istanza è avanzata pel tramite dell'Au-
torità provinciale che vi aggiunge le proprie osservazioni, alla Rappresentanza
Regionale, questa decide in merito, e nel caso riconosciuto della assoluta conve
nienza dell'opera si delega dello studio della stessa l'ufficio tecnico del Consorzio
j|Q I REGOLAMENTI
dei Comuni, o quello della Provincia, oppure quello superiore Regionale, a se;
conda dell'importanza della medesima e della categoria alla quale è ascritta. Il
prosetto così elaboralo dagli uffici Provinciali e Consorziali passa sempre alla re vi-
sione dell'Ufficio Regionale prima dell'approvazione per parte della Rappresen-
tanza Regionale. L'opera si eseguisce sotto la sorveglianza dell'Ufficio che ne
redasse il progetto, e la spesa è sostenuta dalla Associazione Regionale, in parte
contribuendovi alla spesa le provincie per le opere della loro categoria ed i co-
muni per le rispettive con una determinata misura fìssa.
Cosi per es i comuni e le provincie corrisponderanno un fisso chilometrico
per le strade della rispettiva categoria oltre alle spese occorrenti sia per la espro-
priazione del terreno, sia per queste che per tutte le altre opere pubbliche, le
duali in ogni caso si dovrebbero ritenere a carico del Comune.
L'opera eseguita, i collaudi passano all' approvazione della Rappresentanza
Regionale che già raccordava.
La successiva continua manutenzione vorrà poi essere a carico delle rispettive
Amministrazioni, alle quali ne appartiene la categoria.
Ora alla terza categoria, cioè a quella delle opere affidate ai Consorzi! dei Co-
muni dovrebbero appartenere le strade delle dimensioni sino a metri sei di
larghezza, tutti i manufatti lungo le medesime, ad eccezione di quei pochi che
eccedessero un determinato limite di costo, poi tutte le difese ai fiumi e torrenti
di poca importanza.
Alla seconda categoria, opere affidate alle Provincie, apparterrebbero tutte le
strade che oltrepassano i sei metri sino a dodici di misura netta, limite mas-
simo per qualunque carreggiata, compresovi i fossi colatori, dovendosi le laterali
banchine qualificare quali viali destinati ai pedestri e perciò nei limiti da un
metro a tre metri, a seconda dei casi, indi tutti i manufatti di qualunque im-
portanza si siano, tanto lungo le strade classate nella terza che in questa ca-
tegoria, i canali navigabili, le difese ai fiumi di secondo ordine e le spiaggie
dei laghi. . _ ..
Alla prima categoria, o delle opere Regionali finalmente, le strade aperte attra-
verso ai valichi inontuosi soggetti alle nevi perpetue, le difese alle spiaggie
del mare, i porti commerciali, i fari e le difese ai fiumi navigabili.
L'ufficio tecnico dei Consorzi! comunali sarebbe affidato ad un ingegnere ci-
vile eleggibile ogni tre anni e rieleggibile sempre per opera delle rappresentanze
riunite dei comuni del consorzio, questo nel disimpegno delle sue mansioni sa-
rebbe coadiuvato da un assistente e da un capo sorvegliante pure eleggibili nelle
stesse condizioni. Gli Uffici tecnici provinciali e regionali, come anche quelli dei
grossi comuni o città le quali vogliosi pareggiare alle Associazioni di Comune,
sarebbero costituiti da un personale di ingegneri ordinari!, aggiunti e sorve-
glianti, diretti da un ingegnere Capo nominato colle norme di apposito regola-
mento, e per l'importanza e varietà delle loro attribuzioni stabiliti a vita.
Le opere della terza categoria per la loro conservazione sarebbero accollate
mediante appalti che riguardino, sia parcamente la somministrazione dei ma-
teriali principali dell'opera, che quella cumulativa per ciascuna specie di lavori
che riguardano i manufatti, selciati e lastrici, murature, e pietre da taglio.
I lotti per appalto della somministrazione dei materiali principali vogliono es-
sere proporzionali al numero ed alla importanza delle cave o magazzeni alla
portata di esercitare nella località una vantaggiosa concorrenza. La consegna di
PER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. |||
questi materiali deve essere fatta nelle località precisate per il loro impiego, ed
agli assuntori parziali delle sole opere, che perciò ne devono rimanere garanti
per la qualità e quantità. Sarà però facoltativo a seconda dei casi, quando vi
convengano l'assuntore della somministrazione e quello delle opere, accollare a
quest'ultimo anche il trasporto in posto dei detti materiali.
Nei caso speciale delle strade, la ghiaja disposta a mucchio lungo le medesime
o nei convenuti magazzeni, sarà dopo la consegna e ad epoca determinata, rico-
nosciuta ed esaminata dal sorvegliante capo, poi misurata in concorso coir inge-
gnere d'ufficio o suo assistente.
I tronchi destinati a costituire soggetto di contratto per le manutenzioni è bene
siano cosi divisi da essere proporzionali agli aspiranti nei singoli comuni, quan-
tunque si possa anche ammettere le società solidali fra parecchi dei medesimi. In
ogni modo i tronchi devono essere bene determinati e possibilmente abbracciare
tutta una diramazione secondaria da un tronco fra l'abitato ed il confine del
territorio, e per questo le tratte fra le diramazioni, il confine o l'abitato.
L'opera di questi assuntori deve consistere, nello spandimento delle sabbie
ghiaje od altro necessario di mano che occorrono, lo sfangamento e l'esporta-
zione cosi del fango che della polve; l'allineamento dei cigli, lo spurgo dei cola-
tori e tutte le altre opere direttamente intese al buon governo della medesima
non che la sua continua sorveglianza, dovendo perciò coli' intermediario del sorve-
gliante capo, mantenere continuamente informate di tutti i bisogni che possono
occorrere ai manufatti compresi nel suo tronco l'ingegnere del riparto. A questi
assuntori è assegnata per il rispettivo tronco una determinata quantità di ghiaja,
proporzionata al bisogno ma è in loro facoltà mediante il buon governo di eco-
nomizzarne una parte, e l'importo della metà di questa gli verrà quale premio
accordata, però l'avanzo non può essere detratto dalla somministrazione del sus-
seguente anno, ma dietro ordine dell'ingegnere sarà impiegato a migliorare par-
zialmente i più importanti tronchi di strade consortive campestri, le quali sono
sotto la sorveglianza del comune, e perciò si corrisponderà all'assuntore un in-
denizzo stanziato su fondi appositi per dette strade.
Gli assuntori di tutte le altre opere sono tenuti a prestarsi alla somministra-
zione e confezione di quelle che loro saranno state precisate di volta in volta
dall'Ingegnere, ed annualmente saranno loro liquidate in base alle misure e ri-
cognizioni fatte dall'ingegnere o suo assistente.
La durata di ciascuno di questi contratti d' appalto può essere a seconda dei
casi di tre a nove anni. La sorveglianza continua di tutte in genere le opere é
devoluta al sorvegliante capo, che perciò è tenuto a continuamente percorrere
le strade affidate al suo riparlo nel consorzio dei comuni.
L' ingegnere ed il suo assistente sono tenuti ad elaborare 1 progetti di riap-
palto per le manutenzioni colle modalità indicate, alla compilazione delle nuove
opere della terza categoria, ed alla visita delle strade nelle epoche da preci-
sarsi, per la ricognizione dei materiali somministrati, e per quella delle opere
a misura ingiunte, non che a compilare i relativi bilanci ed emettere i collaudi.
Le opere interne dei comuni foresi di piccola importanza, quantunque comple-
tamente accollate agli stessi comuni, vogliono essere però subordinate all'Ingegnere
del Consorzio ed appaltate colle norme indicate per le altre opere. Da queste solo
possono essere escluse quelle che riguardano i fabbricati specialmente per ospi-
tali, scuole od altro, le quali come di assoluta pertinenza del comune e per Tinte-
\\% I REGOLAMENTI
resse stesso della loro istituzione non vogliono confondersi colle altre opere pub-
bliche, ed anzi preferibilmente affidale di volta in volta, forse fatta eccezione
per la loro manutenzione, ad appositi architetti specialisti.
Le città per la importanza e numero delle opere delle quali sono dotate , ab-
bisognano di un apposito e complesso Ufficio Tecnico, per cui a questo unicamente
sono affidate tutte lo opere della categoria di loro pertinenza.
Il sistema così sviluppato, salve poche modificazioni, potrebbe, sempre fatta ec-
cezione per tutte le opere di nuova costruzione, per le quali sotto tutti i rapporti
è più conveniente un complessivo contratto d'appalto, applicarsi alla manutenzione
delle opere affidate alle Provincie ed alle Regioni. Per queste oltre alla maggiore
sorveglianza esercitata per parte di un ufficio stabile e più complesso di ingegneri
e sorveglianti, agli assuntori parziali delle opere di conservazione e manutenzione
si potrebbe associare quello degli stradajuoli ed operai continuamente salariati sotto
la responsabilità ed a richiesta dei quali i cottimisti dovrebbero prestarsi.
Con tale sistema cosi tutte le opere pubbliche verrebbero subordinate ad un
unico principio, e Paltò controllo di tutte le medesime, perii tramile degli Uffici
dei Consorzii, Provincie e Regioni, sarebbe subordinato ad un unico ufficio cen-
trale addetto al Ministero delle Opere Pubbliche.
Conclusione.
V opinione pubblica si dibatte da molto tempo in cerca di un semplice ed eco-
nomico sistema amministrativo. I rapidi eventi politici, la multiformità delle
Amministrazioni dei governi nei quali pochi anni sono era diviso il paese, non
permisero lo studio approfondito delle vere condizioni sue e dei mezzi atti a risol-
levarlo all' altezza dei tempi e del progresso, promovendone con tutti i mezzi
quello sviluppo morale e materiale che è reclamato dal moderno incivilimento.
Prima cura degli Amministratori della cosa pubblica doveva essere il mirare al
buono prima che all' ottimo, ed accentrare tutte le forze della nazione onde im-
pedire che l'opera felicemente iniziata per mancanza di direttiva propria potesse
andarne perduta e le membra sparte. Sono pochi anni anzi che sollevato un
progetto di riparto amministrativo, tale da poter soddisfare alle vìve esigenze
delle diverse località, cadde universalmente riprovato, perchè si temeva che per
esso al bene prevalesse il male e la divisione del paese a riparli territoriali
informati alle condizioni topografiche potesse condurre alla politica debolezza.
Ma quanto politicamente però può avere guadagnato il paese coli' attuale regime
amministrativo é difficile il precisare, solo è facile constatare i danni materiali in-
calcolabili che gliene derivarono da un ordinamento il quale riconosce una troppo
illimitata autonomia al Comune ed alle Provincie, nel mentre che pur tuttavia
ne incaglia la dove noi dovrebbe la libera azione, e solo dopo che l'eccesso sia già
commesso, che fa giudice incompetente così il Comune che la Provincia di inte-
ressi non suoi, e accolla allo Stato un ordine di interessi materiali di nessuna
importanza generale (prova ne siano i sussidii arbitrariamente assegnati ai co-
muni impotenti per le opere pubbliche), penoso incaglio al libero andamento degli
affari politici.
Allo Stato di diritto si competono solo gli affari strettamente politici, la sorve-
glianza e controllo in quelli di ordine materiale affidati ai Consorzii delle Pro-
vincie o Regioni.
TER LA SANITÀ, EDILIZIA ECC. H3
Lo Stato perciò andrebbe diviso in un certo numero di regioni in ragione
composta del numero degli abitanti e della estensione teniloriale così deliminate
che possibilmente fossero costituite da un determinalo numero di dominii fisici
di fiumi principali o dei loro influenti. I limiti di popolazione starebbero fra
uno e duemilioni. Alla Rappresentanza Regionale, costituita dalla riunione di de-
terminate frazioni di quelle Provinciali, sarebbe devoluta la tutela delle Provincie
e Comuni nell'ordine materiale e morale, alla Regione sarebbero affidate, oltre
alle opere sopra enumerate, la istituzione delle scuole di ordine superiore e
professionale.
La Regione sarebbe costituita da un certo numero di Provincie, ciascuna pure
commisurata in ragione composta fra la popolazione ed il territorio, in modo
che la prima stesse fra i limiti di due a trecento mila abitanti, alla Provincia ,
oltre al controllo diretto sopra i Comuni e loro Consorzii ed alle opere sopra
notate, sarebbe devoluta la gestione degli istituti di beneficenza di ordine supe-
riore, nonché tutta la istruzione intermedia quale passo alla professionale e
scientifica.
I Comuni siano associati in numero proporzionale tale da costituire un ente
complesso in ragione pure composta fra la popolazione ed il territorio, cosicché
la prima stia fra i trenta ed i sessanta mila abitanti, ed il secondo abbia una
estensione da 100 a 150 chilometri quadrati, avrebbe una Rappresentanza collet-
tiva costituita dalla riunione delle frazioni delle loro singole Rappresentanze:
collettivamente tratterebbero gli affari d'interesse comune materiale e la benefi-
cenza e F istruzione, contribuendo alle spese affine di avere almeno al centro
del Consorzio le scuole primarie di grado elevato, oltre a quelle inferiori stabilite
in ciascun Comune ed in numero proporzionale alla popolazione.
i I Comuni murati, cioè le Città, indipendentemente e dalla popolazione e dal-
l'estensione loro sarebbero pareggiati ai Consorzii nella sfera degli interessi loro
proprii generalmente dissimili da quelli dei Comuni foresi.
Abbiamo già per incidenza notato a proposito della espropriazione per causa
di necessità pubblica , come la Società può di diritto arrogarsi una prevalente
ragione di comproprietà sull'ente immateriale posseduto da uno de' suoi membri
e perciò espropriarlo a vantaggio comune degli amministrati, purché indennizzi
il possessore per tutti i danni materiali e morali che perciò gliene fossero
derivati; cosicché si ammette la libera e continua proprietà nell'individuo di
quei beni materiali che potrebbero sostituirsi appunto con altri della stessa
natura. Ma anche qui giova riflettere e convincersi che la proprietà all'indivi-
duo sulla materia e sull'opera propria non è completamente assoluta, essa ha
appunto per limite la materia stessa , la quale può essere successivamente tra-
sformata a capriccio dell'individuo, ma in niun modo distrutta. Da qui una vera
limitazione alla libertà di azione individuale cioè all'autonomia, la quale perciò
può doppiamente considerarsi vincolata da ragioni materiali e morali, cioè civili.
Cosicché l'autonomia individuale ammessa dal Codice Civile non vuole essere
ritenuta quale assoluta, e per la stessa ragione che l'articolo 2.° riconosce alle
Provincie, ai comuni ed alle associazioni in genere legalmente costituite. È fa-
cile persuadersi come l'individuo chiamato a far parte della società, e che per-
ciò fruisce di tutti i vantaggi dell' ordinamento che gli garantiscono persona e
beni, deve prestarsi al comune vantaggio con tutte le sue forze disponibili. Cosi,
ad esempio, se è libera la scelta all'individuo del genere e della misura degli
|14 I REGOLAMENTI ECC.
sludii professionali, non gli è concesso volontariamente esimersi da quella col-
tura generale che è reclamata dallo stato di incivilimento di quella parte di so-
cietà nella quale vive limitatamente alle proprie forze materiali ed attitudini
L'articolo citato del Codice ammette l'autonomia comunale e provinciale, ma
ammette pure le associazioni in genere legalmente costituite, e fra queste trovano
conveniente posto le associazioni dei Comuni e quelle delle Provincie, delle quali
noi abbiamo fatto la base di una saggia riorganizzazione amministrativa. La società
in genere si è divisa a seconda di circostanze di un ordine superiore in Stati o
Nazioni più o meno diversamente costituiti : ma pur tuttavia stanno i vincoli in-
ternazionali; cosi lo Stato può suddividersi in circoscrizioni a seconda dei gradi
di solidarietà, nei quali si aggruppano i suoi veri naturali interessi.
Dalle recenti discussioni e studii portate sulla materia dei regolamenti edilizi!
e sanitarii in alcuna delle quali ebbimo occasione di occuparci, ne venne la
convinzione che la base dell' attuale ordinamento amministrativo non è comple-
tamente informata a quei principii pei quali tutte le conseguenze che ne ema-
nano raggiungano le volute armoniche condizioni. L' impianto d. una Ammini-
strazione'in genere è l'asse intorno al quale ruotano gli interessi, se le forze
si equilibrano si ha il movimento regolare necessario al progresso morale ed
alla prosperità materiale del paese ; in caso contrario gli attriti assorbono la
maggior parte delle forze della nazione, e lo sbilancio progredisce.
Quale professionista naturalmente dovemmo dipartirci da un quesito pratico
ner risalire ai principii generali, per la di cui completa trattazione però si vo-
gliono profonde cognizioni pratiche amministrative. Dai piedi risalimmo al capo
toccando al principio, convinti che è dovere di ogni cittadino l'additare il debole
laddove si crede esista ad a chi è pienamente competente, decliniamo 1 assunto di
studiare i dettagli ed i rimedii.
Ing. Cesare Osnago.
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO,
I FIUMI CHE VI CONFLUISCONO,
E PRINCIPALMENTE GLI ULTIMI TRONCHI DEL PO,
SUSSEGUITI
DA CONSIDERAZIONI INTORNO AI PROGETTI PER LA REGOLAZIONE DELLE ACQUE
ALLA DESTRA DI QUESTI
li E li O R I A
dell' Ingegnere Elia Lombardia
Ietta nelle adunanze del R. Istituto Lombardo delle Scienze.
(Vedi Pag. 57)
PARTE II.
VII. Estuario Padano. Leggi secondo le quali si formano
le alluvioni alle foci del Po.
52. Passando a parlare dell' Estuario Padano, ove, come dicemmo, variarono
di posizione le foci del Po, esamineremo innanzi tutto la particolare formazione
delle loro deposizioni.
Fino a tantoché quelle alluvioni erano interne, senza oltrepassare il cordone
litorale, esse avranno formato per ogni foce altrettanti delta parziali con mol-
teplici canali, come è avvenuto nella laguna veneta dianzi descritta. Ma al-
lorché oltrepassavano quella linea , esse prendevano una forma particolare a
seconda della maggiore o minore lentezza del loro protendimento in mare,
dipendente dalla portata della foce, e dalla minore o maggiore copia delle ma-
terie trasportate dalle acque. Quando un tale protendimento procedeva lenta-
mente, la deposizione fluviale, operando a guisa di guardiano, altre ne promo-
veva al piede del lido tanto a destra, quanto a sinistra per l'azione del mare
dipendente da quella dei venti e della corrente litorale. E se avveniva di poi
una sosta prolungata nel protendimento, sul margine di tali deposizioni forma-
vasi un nuovo cordone litorale pressoché parallelo al precedente.
HQ STUDJ IDROLOGICI E STORICI
55. Se il protendimelo invece avveniva con una comparativa maggiore ra-
pidità, ma però in moderata misura, ed in successive riprese , 1' alluvione as-
sumeva una forma del tutto particolare. Partendo da due punti distanti del
cordone litorale, che chiameremo nodi, si diramava una serie di piccole dune
divergenti in curve regolari, che mano mano si assottigliavano fin presso la
foce protendente, prendendo così la forma di un pennacchio. Siffatte alluvioni le
chiameremo radiami. Le dune di solito formate di sabbie, sono generalmente
boschive, e talvolta coltive, allorché il limo le ha fertilizzate. Le depressioni ad
esse interposte sono vallive, oppure costituite da stagni con acque permanenti.
Tali alluvioni radianti trovansi assai più pronunziate a destra delle foci che non
alla sinistra, lo che sembra dipendere dalla prevalente azione dei venti dominanti
di scirocco e di levante nella formazione delle dune. Queste poi nelle alluvioni
più moderne vedonsi coltivate, attesa la maggiore copia di limo ivi trasportato
dalla corrente litorale.
54. Se la foce per la sua portata, e per la copia delle materie da essa con-
vogliate si avanza rapidamente in mare, vi forma un promontorio con molte-
plici foci subalterne, siccome avviene per quelle attuali del Po, ove ad accre-
scerne la portata e la copia delle materie ha contribuito tanto l'arginamento
del fiume e de' suoi affluenti, quanto il diboscamento delle pendici de' monti.
Le due striscie o controforti di ciascun canale in queste alluvioni, per la loro
maggiore elevazione sono di solito coltivi, rimanendo vallivi gli spazii interposti.
Nelle alluvioni antiche il corso derelitto dei vari rami o canali del fiume co-
stituisce una specie di scheletro dell'intero promontorio in forma d'argini; e
gli spazj interposti sonosi ridotti alla condizione di stagni per effetto della ero-
sione del fondo promossa dagli ondeggiamenti delle acque marine; ed a quanto
pare anche dalla loro azione dissolvente sulle deposizioni d'acqua dolce, sic-
come potremo riscontrare per una porzione delle Valli di Cornacchie di cui
parleremo più avanti. Alla destra di quei promontori si forma un insenamento
di mare cui si dà il nome di sacca (1).
Vili. Antichi documenti storici relativi alle foci del Po;
loro raffronti coi cangiamenti avvenuti fino alla decadenza
dell' impero romano.
55. Coli' esame dei documenti storici raffrontati alla forma e disposizione
delle alluvioni del Po procureremo di indagarne le vicende.
La più antica descrizione delle foci del Po , è quella che ne vien data da
Polibio, il quale visitò i luoghi circa 150 anni innanzi all'era cristiana. Egli
dice che il letto del fiume, partendo dalle sorgenti « è semplice , ma ai cosi
(i) Tale era la Sacca di Gore- ove intorno al 1600
Bi è divertito il Po dall'anteriore suo braccio delle
Fornaci; seno che dipoi è disceso di fronte alla foce
derelitta del Volano; e tale pure era la così detta
Sacca di Testa d'Asino sotto la foce del Primaro
avanti che questo venisse chiuso verso l'epoca stessa.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 117
« detti Trigaboli in due bocche si divide, l'una delle quali è denominata Padusa^
« e P altra Olana , ove è un porto il quale non meno che qualsivoglia porto
« dell'Adriatico offre sicurezza a chi l'afferra » (1). Accenna poi come la bassa
valle del Po sìa stata occupala dai Tirreni, ossieno Etruschi, e come questi
ne fossero scacciali dai Galli. Da quei pochi cenni scorgesi che egli non erasi
occupato se non delle due foci principali , senza entrare in particolari sulle
altre che non avrà esaminate, attesa la natura delle sue ricerche.
56. Una descrizione assai più esatta ne viene data due secoli dopo da Plinio
che qui riportiamo in originale. Indicati i varj affluenti del Po prosegue:
Nee alius amnium tam brevi spatio majoris incrementi est. Urgetur quippe
aquarum mole, et in profundum agitur gravis terme, quamquam deduclus in
flumina et fossas inter Ravennani Altinumque CXX m. passuum, tamen , quia
largius vomit, septem maria dictus facere. Augusta fossa Ravennam irahitur
ubi Padusa vocatur quondam Messanicus appellatus. Proximum inde ostium ma-
gniludinem portus habet, qui Vatreni dicitur, quo Claudius Caesar é Rritannia
triumphans, per grandi illa domo verius quam nave intravit Adriani. Hoc ante
Eridanum ostium dictum est, aliis Spineticum ab urbe Spina quae fuitiuxta,
praevalens ut delphicis creditum est thesauris , condita a Diomede. Auget ibi
Padum Vatrenus amnis ex forocorneliensi agro. Proximum inde ostium Capra-
siae dein Sagis, dein Volanae quod ante Olanae vocabatur. Omnia ea (lumina,
fossasque primi à Sagi fecere Tusci , egesto amnis impetu per transversum in
Atrianorum paludes , quae septem maria appellantur , nobili portu oppidi Tu-
scorum Atriae à quo Atriaticum mare ante appellabatur , quod nunc Adriati-
cum. Inde ostia piena Carbonaria ac Fossiones Philistinae, quod alii Tartarum
vocant ctc. (2).
57. Strabone pressoché contemporaneo di Plinio non dà che un cenno delle
foci del Po , per praticare le quali dice che richiedesi particolare esperienza.
Ravenna secondo lui sarebbe stata fondata dai Tessali , i quali non potendo
sopportare le insolenze dei Tirreni, la cedettero agli Umbri che a' suoi tempi
l'occupavano tuttavia. Altrettanto avveniva per la bassa valle del Po, ove gli
Umbri si sarebbero sostituiti ai Tirreni che 1' avevano posseduta in addietro
per parecchi secoli, e n'erano poi stati scacciati dai Celti (5). Di questi, i Galli
Boi, che occupavano la pianura subapennina nell'Emilia, ne vennero scacciati
dai Romani che vi stabilirono colonie di proprj cittadini , o di Latini loro al-
leati (4).
58. Le prime notizie storiche concernenti le foci del Po accennerebbero così
all'occupazione di quella del suo ramo principale Eridano da parte degli El-
leni. Questi circa dodici secoli innanzi all'era volgare avrebbero fondata Spina
in riva al fiume ed in prossimità della sua foce; ma sia per la difficile pra-
ticabilità di questa , sia per cangiamenti avvenuti nel suo corso , quella
(1) Storia, libro II. Traduzione di Koen, Milano
1824. T. I, pag. 257.
(2) Hist. nat. lib. III, cap. XVI.
Gìorn. Ing. — Voi. XVI. — Febb. e Marzo 1868
(3) Geografia, lib. V, cap. XX.
(4) T. Livii. Hist. lib. 37 e 39.
118 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
città in breve decadde , talché ai tempi di Strabone non era più se non un
borgo distante circa 90 stadj (17 chilom.) dal mare (1).
59. Istrutti dalla sorte infelice di quella colonia ellenica, gli Etruschi che
vennero di poi, con molto accorgimento seguirono un piano ben diverso. In
luogo di fondare la loro città marittima Adria sopra un fiume di corso varia-
bile, la eressero sul margine della laguna alla foce del fìumicello di pianura
Tartaro, che escavarono insieme ad altre fosse parallele, le quali chiamaronsi
Filistine, e servivano così allo scolo e bonificamento delle paludi circostanti
ed alla navigazione. In esse a quanto pare, avrebbero ben anche rivolte le
limpide acque del Mincio, mediante un canale cui corrisponderebbe l'odierno
colatore Fissero, dopo avere fondato Mantova sopra alcune isole di quel fiume,
ove si spandeva in un vasto lago o palude. Ed allo scopo di proteggere la
nuova loro colonia tanto dalle piene, quanto dalle deposizioni del Po, e di pro-
curarle così la maggior possibile stabilità e floridezza , attuarono il piano ve-
ramente grandioso accennato da Plinio. Fondamento di questo era la diver-
sione del Po in molteplici rami congiunti con canali trasversali che li facevano
comunicare fra loro, usando le precauzione di allontanare i primi dai loro ca-
nali o fosse d'acque chiare, piano del quale si sarebbero conservate non dubbie
tracce , e che contribuì potentemente al più sollecito bonificamento di quelle
immense paludi.
60. Avanti d'inoltrarci nelle relative indagini gioverà raffrontare le varie foci
del Po indicate da Plinio colle attuali località. L'antica foce Eridano, ove con-
fluiva il Vatreno procedente da Imola (Forum Cornetti) corrisponderebbe a
quella del Po di Primaro, occupata oggidì dal Reno e dagli altri torrenti della
Romagna. Di là staccavasi una fossa artificiale chiamata da taluni Angusta , e
da altri Augusta , che conduceva le acque del Po a Ravenna (T). La foce Ca-
prasia corrisponderebbe al porto oggidì interrato di Rellocchio; la foce Sagi
al porto di Magnavacca presso Comacchio; e la foce Volana a quella del Po di
Volano ora egualmente derelitto. Parlasi poi di foci allora ostruite (ostia piena)
una delle quali, Carbonaria, dovrebbe corrispondere al Po di Ariano e l'altra
ad una delle Fosse Filistine per le quali scaricavasi il Tartaro, bocca che sembra
(1) Geografìa, luogo precitato. E qui è da no-
tarsi rispetto al Po, essere un errore il credere che
le principali sue foci sieno di facile accesso, oppo-
nendoyisi lo scanno variabilissimo che si forma di
fronte ad esse , le correnti violentissime in tempo
di sue piene, ed i vortici pericolosi promossi dal-
l'urto delle acque fluviali con quelle del mare.
Queste dificoltà scorgonsi per le attuali foci del Po
alle quali la navigazione preferisce la foce abban-
donata del così detto Po di Levante, ove si scari-
cano insieme ad acque di scolo quelle del fiumi-
cello di pianura Tartaro, ossia Canal-Bianco. Quando
una foce simile sull' Adriatico può comunicare con
una grande laguna allora l'azione delle maree con-
corre a renderla profonda, e facilmente praticabile.
(2) Vi fu disparere sul nome di quella fossa che
taluni chiamarono Angusta ed altri Augusta, attri-
buendone 1' escavazione all' imperatore Augusto.
Con questa seconda opinione concorderebbe il fatto
che si dà oggidì il nome di Agosta ad un argine
delle valli di Comacchio il quale dovrebbe ad essa
corrispondere; e che alcune località della città di
Ravenna portavano in antichi documenti il nome
di quell'imperatore. Ciò vedesi in una bolla del
Pontefice Leone IX. dell' anno 1052 di concessioni
all'Abbazia di Pomposa ove è detto: terram et vi-
neam juxta muros civitatis Ravenne cum turre que
vocatur Branca in integrimi , a Pusterla Augusta,
usque ad Portam Taurensem (Muratori, Antiq*
Ital. med. ozv. T. V, pag. 338.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 119
essere quella del così detto Porto di Loreo, od anche Porto viro, ove si è pra-
ticata la nuova inalveazione , o taglio del Po nei primi anni del secolo XVII,
operazione della quale si parlerà più avanti.
61. Nel segnare l'andamento del cordone litorale dell'Adriatico abbiamo detto
che la linea più occidentale, e quindi più antica di esso, partendo dai mento-
vato Taglio di Po, sarebbe stata quella che passa per San Basilio , o Messen-
zatica, Marozzo, e Caldirolo. Ma dietro un più attento esame delle carte delle
foci del Po e delle notizie raccolte su questo particolare (1) scorgesi la traccia di
altra linea più occidentale ancora, segnata da una serie di cumuli ossieno mon-
toni di sabbia nel luogo chiamato le Tombe, che ne sarebbero gli avanzi, la quale
passa in contatto delle rovine di Ariano Vecchio, a due chilometri di distanza
dall'altro cordone summentovato, e vi si riunirebbe a Marozzo presso le cosi
dette Tombe lunghe. Ne consegue che la foce del Po la quale indicherebbe il
più antico protendimento sarebbe quella del Po di Ariano , ossia di Goro.
Tale protendimento sarebbe stato di due chilometri da Ariano Vecchio al cor-
done o lido di San Basilio , o Messenzatica , e di un chilometro da questo
all'altro detto di Monticelli. Siamo quindi indotti a supporre che alla venuta
degli Etruschi avesse ivi foce il ramo principale del Po. E siccome questo nel
tronco superiore sotto Felonica fa un acuta svolta per passare fra le Quatrelle
e Ficarolo, ove con direzione di mezzodì si portava al Bondeno , donde ripie-
gando verso oriente discendeva inaddietro a Ferrara , egli è verisimile che
in quel tempo si bipartisse sopra Ficarolo nel ramo Spinetico a destra ed in
quello di Ariano a sinistra, che sarebbe stato il più breve, passando probabil-
mente per Fiesso e per altri luoghi intermedi che ora non si potrebbero ad-
ditare. In tale supposto collo scopo di allontanare quel braccio del Po da Adria
e dai canali d'acque chiare che vi mettevano capo, gli Etruschi lo avrebbero
chiuso, riunendolo al ramo destro Spinetico. E forse tale diversione la prati-
carono raddrizzando ivi il corso del Po da Ficarolo a Senetica, nel quale in-
tervallo vedesi anche oggidì la traccia dei viziosi suoi serpeggiamenti in un
colatore distinto col nome di Poazzo, o Po vecchio, ove ad una borgata si dà
il nome di Sette Polesini (2). Gli Etruschi avrebbero derivato da Senetica a
sinistra del fiume unito il ramo che si chiamò Volano ed a destra di questo
presso Codrea altro ramo, che in origine si sarebbe chiamato Rera, o Reta,
o Rea, il quale di poi prese il nome di Sandalo. Presso Final di Rere , o se
vuoisi a Trisigallo, luogo che dovrebbe corrispondere a Trig abolì , accennato
(1) Per lo studio delle foci del Po mi sono valso
non solo delle belle carte topografiche nella scala
di V86400 del Lombardo-Veneto e dell' Italia Centrale
pubblicate dall'Istituto Geografico di Vienna, ma
eziandio di quella bellissima in quarantasette fogli
fatta da esso Istituto rilevare verso il 1821 pel
corso del Po nella scala di y,5000 acquarellata con
tale maestria da poter scorgere le minime variazioni
nella condizione del suolo, carta che trovasi nei.
r archivio della cessata Direzione Generale delle
pubbliche costruzioni in Milano.
(2) Il nome di Polesine viene adoperato di solito
per indicare un' isola od un gruppo di isole del Po.
Quel raddrizzamento sarebbe stato agevole atteso
il notevole accorciamento che risultava dal dirigere
il corso del fiume nell'attigua palude.
420 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
da Polibio (1) venne derivato a destra un terzo ramo che egli chiama
Padoa , o Padusa , il quale suddiviso ne' due bracci Sagi e Gaprasia indicati
da Plinio , ed in altri subalterni , avrebbe formato fuori del cordone lito-
rale il promontorio o delta su cui , ad un suo estremo , vedesi eretta la
città di Comacchio. Questo ramo nel suo tronco superiore avrebbe potuto pas-
sare per Medelana, Alberlungo ed Ostellato, linea oggidì occupata in parte dal
Volano , che allora sarebbe forse disceso da Formignana a Trisigallo , Rero ,
Corna Cervina e Migliarino , essendo naturale che quei canali del Po sieno
andati soggetti a notevoli cangiamenti di corso. Al disotto di Ostellato poi la
traccia deTramo principale del Po vedrebbesi indubbiamente segnata dalla lin-
gua di terra che separa la Valle del Mezzano da quelle delle Gallare e di Trebba.
5 62. Rispetto ai canali trasversali accennati da Plinio, sembra indubitato che
uno di essi fosse il Goro dal Volano al ramo di Ariano, il quale anche al prin-
cipio del secolo XIV proseguiva, come vedremo, fino a congiungersi con quelli
della laguna veneta. Tra il ramo Padova ed il Volano 1' argine Trebba , cui
in documenti del medio evo davasi tuttavia il nome di fiume, sarebbe stato
uno di quei canali; e forse lo fu eziandio fra Ostellato ed il Volano, il canale
Corba o Corbazza del quale vedesi la traccia all'occidente della Valle delle
Gallare. L' argine del Malpasso che da Lago Santo mette a Comacchio, potrebbe
pure essere stato un canale simile escavato -posteriormente, e forse dai Comac-
chiesi per conservare una comunicazione col Po (2).
63. In altri scritti ho dimostrato come il Po, a parità di superficie scolanle,
sia forse il più poderoso fiume che si conosca, e lo desunsi dall'essere il suo
bacino esposto ai venti piovosi della marina, e dal comprendersi in esso i più
alti monti dell'Europa. Senza salire alle cause, Plinio avrebbe espresso un con-
cetto simile coli' attenersi ai fatto dicendo: Nec alius amnium tam brevi s patio
majoris incrementi est.
64. Il più antico protendimene del Volano sarebbe stato di tre chilometri ,
partendo dal cordone primitivo, fino al lido su cui si è eretta l'Abbazia di
Pomposa, della quale si parlerà più avanti. Resa di poi stazionaria quella foce,
sarebbesi anticamente avanzata con alluvione radiante la foce di Ariano fino
alla Mesola per tre chilometri e mezzo.
65. Il delta, o promontorio di Comacchio vedesi protendere dal cordone li-
torale per nove chilometri sopra una fronte o base altrettanto larga , ma è
(1) Taluni supposero che Trigaboli fosse il nome
di una particolare tribù dei Galli; ma sembra più
naturale 1' ammettere che quel nome indicasse una
biforcazione del fiume ove le acque col tronco su-
periore di esso formavano un trivio.
(2) Nel precitato documento pomposiano del-
l'anno 1052 leggesi : a fluvio Tribba usque in EU
liam et per paludem usque mediani Garbam, ultra-
que Curbam per Padum et ultra Padum usque ad
Gazium Episcopii sanctae comaclensis ecclesiae inde
usque et [lumen qui vocatur Cesi, abalio latere
curio descendente in Conca agatulae et per ipsam
in Gauro.... a quarto latere Vaculino et Arzeremalo
(forse argine dei Malpasso). Sembra che col nome
di fiume s' indicassero colatori che scorrevano per
la più parte in rami derelitti del Po, parecchi dei
quali portano anche oggidì lo stesso nome, come
sarebbe Cesi, ed il canale di Corlo. La conca aga-
tulcs, detta anche congatula parrebbe corrispondere
al grande colatore canal Bianco nel Polesine di
Ferrara. Que' nomi vedonsi ripetuti in documenti
posteriori del 1091, 1124 e 117
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 121
supponibile che dopo l'abbandono dei rami del Po che lo hanno formalo la
parte più sporgente di esso sia stata per qualche chilometro corrosa dal mare
fino all' odierno lido. Dell' ultimo protendimento della foce del Volano , e dei
cambiamenti seguiti nel Po in conseguenza della rotta di Ficarolo , avvenuta
alla metà del secolo XII, parleremo più avanti, importando ora di porre a ri-
scontro quelli anteriori preaccennati coi documenti storici che vi hanno rife-
rimento.
66. Il Silvestri che ha pubblicate notizie pregevoli sulle Paludi Adriano, ac-
cenna il fatto che nell'anno 569 in cui fu instituito l'Esarcato di Ravenna,
trovavasi presso questa città un porto capace di ricevere una grande armata
navale (1), nella quale condizione altri supposero che si fosse conservato quel
porto anche ne' due secoli successivi. Queir autore invero modifica di poi
tale opinione, ma in un modo alquanto incerto. Il vescovo Apollinare Si-
donio, da lui pure citato, che aveva visitato Ravenna un secolo innanzi, espone
cose che non confermerebbero quel fatto. Egli ne dice: intravimus Ravennani,
paullo post cursu dexteriore subeuntes: quo loci veterem civitatem novumque
por tu m media via Caesaris ambigas utrum connectat an separet. Insuper op-
pidum duplex pars interluit Padi, pars alluit; qui ab alveo principali molium
publicarum discerptus objectu , et per easdem derivatis tramitibus exhaustus ,
sic dividua fluenta partitur {alias patitur) ut praebeant moenibus circumfusa
praesidium , infusa commercium (2). Egli adunque entrò in Ravenna percor-
rendo la Fossa Augusta derivata dal Po ; ma siccome parla di un nuovo porto
ciò sarebbe prova che questo era artificialmente escavato in sostituzione a
quello vastissimo di Classe nella laguna, rimasto interrato, il quale era in ad-
dietro capace di dare ricetto ad una numerosa flottiglia.
67. Il Silvestri cita un passo di Giornande relativo a Ravenna , ma ne om-
mette la conclusione ove lo storico porge un' idea dell' effettiva condizione in
che trovavasi nel VI secolo quel porto. Questi ne dice : Ad ostia sua amoenis-
simum portum praebens classem CCL navium, Dione referente* Ultissima dudum
credebatur recipere statione. Qui mine, ut Fabius ait, quod aliquando portus
fuerat, spatiosissimos hortos ostendit, arboribus plenos: veruni de quibus non
pendeant vela , sed poma. Trino siquidem urbs ipsa vocabulo gloriatur ,
trigeminaque positione exultat , idest prima Ravenna, ultima Classis , media
Caesarea intra urbem et mare piena mollicie arenaque munita, vectationibus
apta (3).
68. Lo storico Procopio, sovraintendente dell'esercito e della flotta di Belli-
sario, che si portò a Ravenna nell'anno 539, nota l'impossibilità che i navigli
vi accedessero; che anche le barche del piccolo commercio si caricavano in
tempo di bassa marea appoggiate sul fondo, e che solo in alta marea potevano
(l) Istorica e geografica descrizione delle paludi
Adriane, precitata pag. 7.
(2) Jacobi Sirmondi, opera omnia, venetiis 1728.
T. I. Sidonii epistola V.
(3) Muratori, Rer. ital. script. T. I, p. 205 e 200,
122 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
porsi a gala e condursi al mare (1). Anche il nuovo porto indicato un secolo
innanzi da Apollinare Sidonio non sarebbe così più stato di sufficiente profon-
dità per tenervisi galleggiante una barca carica comune.
69. L' interramento del porto di Classe lo si deve ai prossimi torrenti, e par-
ticolarmente ai Ronco ed al Montone. Questi insieme al Lamone ed al Savio,
oltrepassato colle loro deposizioni il lido primitivo, venivano ad agire, come si
disse, siccome guardiani per arrestare a destra ed a sinistra le sabbie spintevi
dal mare sotto 1' azione dei venti e della corrente litorale , con notevole pro-
tendimene della spiaggia di Ravenna che ora trovasi distante otto chilometri
dal mare.
70. La Fossa Augusta accennata da Plinio, sembra, come si e detto, dovesse
corrispondere in parte air argine oggidì detto Agosto, , che nelle Valli di Co-
macchio segna il limite orientale di quella del Mezzano e termina al Po di
Primaro fra la chiavica Umana e la chiavica Lepri. Di là avrebbe continuato
fino a Ravenna , attraversando la Valle Savarna (2). Pare che dovesse essere
costituita da due tronchi distinti, il superiore alimentato dal ramo Caprasia, e
r inferiore dal ramo Spinetico , ossia Po di Primaro , venendosi allora a spie-
gare come fra il termine di uno di essi tronchi ed il principio dell'altro po-
tessero aver libero passaggio le maree e mantenervi un porto profondo, avuto
riguardo all' ampiezza delle lagune colle quali avrà comunicato mediante
sgarbate, ossieno aperture nelle sponde, o controforti naturali di quest'ultimo
tronco del Po. Se per quel porto ebbe passaggio , secondo la narrazione di
Plinio, la grande nave che trasportò l'imperatore Claudio reduce dalle Isole
Britanniche, devesi intendere che colle parole, intravit Adriani, significasse che
entrò nel mare Adriatico , e non già nella città di Adria, come taluni suppo-
sero, la quale chiamavasi Atria, e non comunicava allora col mare se non con
stretti canali (5). Che poi quella fossa sia stata escavata da Augusto , la cosa
sembra assai probabile, risultando come si disse, da documenti del medio evo
che altre località di Ravenna portavano il nome di quell'imperatore (4). Deve
in vero far senso che il ramo Spinetico si indichi alimentato dal Va treno, ossia
Santerno, torrente insignificante al confronto del Po: lo che sembra doversi
attribuire alla circostanza d'essersi spinto nella vasta Padusa, per un caso acci-
(1) ivi, pag. 248 Itaque quicumque res vitae
usibus accomondatas , in urbem commercii gratia ,
aliamve ob causam inferre volunt vel inde evehere,
impositis mercibus in navigia, hisque eum in locum
Iractis unde transmitti solet, accessum maris expec-
tant. Affluente aestu, humo sensim sublatae naves
feruntnr, et nautce ad motu jam operi marni navi-
gane Traduzione di Claudio Maltreto.
(2) Il Bertoldi nella sua memoria sul Po di Pri-
maro (Ferrara 1785) riporta (pag. 103) un brano
degli annali camaldolesi, ove si cita un diploma di
Ottone III dell'anno 1001 nel quale è detto: Pado
Juveniaco , fossa augusta, quce per Humanam in
Pado descendit , Padoreno et medio Grangeno. Si
tratterebbe di confini di terreni o paludi concessi al
monastero di S. Alberto presso la foce di Primaro.
Dalla carta topografica scorgesi che l'argine Agosta
nelle Valli di Comacchio termina fra Umana e S. Al-
berto con serpeggiamenti i quali indicherebbero
essere l'alveo derelitto di un fìumicello, o canale
d'acque torbide. Conviene perciò supporre che si
trattasse di un' artificiale derivazione per conser-
vare anche in que' tempi una comunicazione fra i
vari rami del Po, la quale avrebbe conservato l'an-
tico suo nome di Fossa Augusta.
(3) Stradone. Geografia, luogo citato.
(4) Vedi la nota al g 60.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 123
dentale, fino a quel ramo del Po. Circa poi alla posizione di Spina, taluni la
collocherebbero presso Longastrino, lo che concorderebbe colla distanza di 90
stadj dal mare, indicata da Strabone (1).
71. Rispetto al promontorio, ossia delta di Comacchio, compreso fra i due
bracci Sagi e Caprasia dei ramo del Po che chiamiamo Padova , dai quali si
saranno staccate altre ramificazioni subalterne, i cui avanzi concorrono a for-
marne lo scheletro, è verisimile che le valli interposte, le quali oggidi sono veri
stagni, fossero in addietro costituite da canneti ed anche in parte coltivate, lo
che avrebbe potuto influire a dare loro il nome di campi (2). Il notevole pro-
tendimene di quel promontorio a fronte del lido di Pomposa , che ai tempi
di Plinio sarebbe stato, a quanto sembra, in riva al mare, siccome accenneremo
più innanzi, porgerebbe una prova della notevole e prevalente portata del ramo
del Po che lo ha formato, e della quantità della torbida che convogliava. In
ciò si avrebbe un indizio che, partendo dalla occupazione degli Etruschi fino ai
primi secoli dell'era cristiana, il corso del Po fosse in gran parte accompagnato
da argini che ne limitavano le espansioni. Imperocché abbiamo prove che
anche durante la dominazione dei Galli, per testimonianza di Polibio, la pia-
nura della Valle del Po era ricca di prodotti del suolo lo che non potrebbesi
spiegare se non supponendo che gli avanzi delle colonie degli Etruschi e degli
Umbri e forse di razze aborigene , anche sotto la dipendenza di quel popolo
nomade, continuavano ad occuparsi dell'agricoltura, la quale avrà progredito
e prosperato durante la dominazione romana. Tale ipotesi concorderebbe colla
testimonianza di Strabone, che dice: / Romani impadronitisi di que' paesi manda-
tomi in più parti colonie, conservando per altro anche quelle che già vi erari
stabilite prima; ed anche al presente, sebbene sieno tutti Romani, nondimeno
alcuni si dicono Umbri e Tirreni, altri Eneti, Liguri ed Insubri (5). Siccome
a destra di quel promontorio vi sarà stato un seno di mare , o Sacca , nella
quale metteva foce il ramo Spinetico, verrebbe cosi a spiegarsi l'ampiezza di
essa accennata da Plinio , circostanza che tanto più richiedeva la escavazione
in due tronchi distinti della Fossa Augusta dal ramo Caprasia a Ravenna.
72. Abbiamo veduto che al tempo di Polibio, di 130 anni anteriore all'era
volgare, la foce del Volano era quella che offriva un porto sicurissimo. Ciò
poteva conciliarsi coli' essere di poca portala e stazionaria, bastando che fosse
alimentata da acque chiare d'espansione e di scolo, ma contigua ad un estesa
laguna, che sotto P azione delle maree la mantenesse escavata. Ed in tale sup-
posto il primo protendimento del Volano fino al lido di Pomposa già accen-
nato, avrebbe dovuto essere molto antico, vedendosi ivi il nodo di due proten-
dimenti, in parte sincroni , e cioè dal promontorio di Comacchio a destra , e
del ramo di Ariano a sinistra per tre chilometri da Monticelli alla Mesola.
(1) Geografia, luogo citato.
(2) Nella parte meridionale di quel promontorio
vi è la Valle Campo che termina con un arginello
che sembra corrispondere ad una delle ultime di-
ramazioni del Po sul quale incontrasi un luogo
chiamato Paisolo (Padisolus). Ove incominciano poi
verso nord ovest le suddivisioni dei varii canali de-
relitti del Po, sulla direzione dell'argine Agosta vi
è Paviero, che dovrebbe equivalere a Padus velus,
(3) Opera e luogo citato,
424 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
Questo avrebbe potuto continuare fino ai primi anni della dominazione romana,
rimanendo poi ostrutto ai tempi di Plinio. Tale protendimento con alluvioni
radianti alla foce di Ariano sembra dipendesse da ciò che, dopo 1' espulsione
dei Tirreni, dai Volano presso Baura si fosse divertito a sinistra un ramo
del Po che sarebbe passato per Copparo , e Coccanile , ove oggidì scorre il
canal Naviglio. A quel punto pare che si dividesse in due rami, nel destro
de' quali scorre il canal Bianco. Il ramo sinistro vedrebbesi diretto per Co-
togna e Villanova d'onde scorgerebbesi di nuovo bipartito. Il nuovo ramo
sinistro sarebbesi rivolto ad Adria, ed il destro alle Papozze, ed al ramo di
Ariano, forse con un'altra diramazione a sinistra per Corbola, Bottrighe e Maz-
zorno. Di tutte quelle diramazioni del Po scorgesi la traccia non dubbia sulla
carta topografica, corrispondendo a strisce più o meno larghe di terreno coltivo
ed abitato, quindi maggiormente alto, accompagnate lateralmente da terreni
più depressi, di qualità vallivi, oppure a prato. Sulla più parte di quelle dira-
mazioni, s'incontrano borgate i cui nomi portano la sillaba iniziale gallica Co,
Caput, come sarebbero Coccomaro, Copparo, Covati, Corlo, Coccanile, Cologna,
indicanti i punti d'onde partivano; ma non è detto che esse fossero tutte attive
contemporaneamente, essendo verisimile che lo fossero solo in parte, e che in
ciò avvenissero di tempo in tempo variazioni.
75. Possiamo quindi supporre che per qualche secolo avanti la dominazione
romana si fosse resa attiva quella diversione del Po dalla quale si sarebbero
staccati rami subalterni con sole alluvioni interne, ed il ramo principale di
Ariano che avrebbe dato luogo ali' accennato protendimento in mare fino alla
Mesola. Per quella foce poi sarebbe avvenuto un cangiamento di corso in un
tratto ad essa superiore, vedendosi a settentrione, alla distanza di qualche chi-
lometro , la traccia di un canale derelitto che passava ove sono le rovine di
Ariano vecchio , lunghesso la quale alcuni cascinali portano il nome di Ra-
metto, nome che si sarà dato al ramo del Po di Ariano mano mano che si
ostruiva per rimanere infine abbandonato (1).
74. Per spiegare il più antico protendimento di questa foce del Po, che con-
siderammo anteriore alla venuta degli Etruschi , abbiamo supposto che la bi-
forcazione da cui traeva origine quel braccio del fiume avesse luogo presso
Ficarolo. Sarebbe stata in vero assai più semplice l'ipotesi che anche allora
la diversione del ramo di Ariano avvenisse a sinistra del Volano presso Baura,
siccome avremmo ammesso rispetto all'ultimo protendimento preaccennato di
essa foce fino alla Mesola, che in questo caso sarebbe stato conseguenza della
riattivazione di rami derelitti del Po. Per siffatto modo veniva ad essere molto
più agevole il compito degli Etruschi, di allontanare da Adria il Po di Ariano ;
poiché avrebbe bastato a questo fine il suo chiudimento presso Baura, e la
contemporanea diversione nel ramo di Comacchio. Ma avuto riguardo alla vi-
ziosa duplice svolta del Po a Ficarolo , ai notevoli serpeggiamenti del braccio
Spinetico dopo quella supposta biforcazione fino a Senetica, ed alla tendenza
(1) Questi particolari scorgonsi principalmente nella grande carta precitata del corso del Po.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 125
che doveva avere a rivolgersi dalla prima direttamente al mare, ci fece prefe-
rire T altra ipotesi siccome più naturale. Scorgesi di fatti che anteriormente
alla rotta di Ficarolo, quando non sarà stata continua l'arginatura del Po, pure
con essa procuravasi d'impedirne in quel luogo la minacciata diversione. Av-
venuta poi questa per opera dell'uomo col taglio dell'argine, vani tornarono
gli sforzi dell'arte per porvi riparo.
IlLt Cangiamenti avvenuti nei medio evo fino aiia rotta di
Ficaroio; origine di Ferrara.
75. Comacchio, come vedemmo , venne fondata sul lembo settentrionale del
promontorio cui abbiamo dato la stesso nome , ed a quanto pare sul ramo o
foce del Po chiamata da Plinio Sagi presso l' odierno porto di Magnavacca.
Qualche storico illuso da amore municipale tentò di attribuire alla città nativa
una notevole antichità, ma con argomenti e prove che non reggono, ricorrendo
a documenti apocrifi , oppure interpretati secondo le sue vedute (I). Flavio
Biondo (2), Peregrino Prisciano (3), ed il Rossi (A) s'accordano nel dire che
questa città, la quale nel VI secolo aveva di già una chiesa episcopale, e eon-
tavasi fra quelle dell'Esarcato, aveva armata una flotta poderosa. Con questa
diffatti tentò, a suo danno, di sostenere conflitti contro la nascente repubblica
veneta, lo che sarebbe avvenuto particolarmente nel IX secolo. Un documento
del precedente prova che i Comacchiesi provvedevano di sale le adiacenze -del
Po di Lombardia, e quindi la più parte di questa (5). Sembra che fino dai primi
secoli dell'era volgare rimanessero abbandonate quelle foci del Po per un cam-
biamento di corso, talché divenute stazionarie e soggette per la parte più spor-
gente ad erosioni del mare , si unirono al lido di Pomposa col cordone che
staccandosi di là passa per Vaccolino. La foce Sagi per altro, comunicando con
estese e profonde lagune, sotto l'azione delle maree avrebbe offerto un porto
sicuro, per cui potè svilupparsi la potenza marittima di quella città, fondata, a
quanto pare in quel torno. In ciò può avere influito la circostanza che in ori-
gine di fronte a quel promontorio saranno state maggiori le profondità del
mare, le quali avranno contribuito alla escavazione del porto. Ma esse sarebbero
di poi venute meno a cagione del successivo protendimento della delta foce
del Volano, d'onde per effetto principalmente della corrente litorale saranno
(1 ) Ferro. Istoria dell'antica città di Comacchio
— Ferrara 1701.
(2) Italia illustrata — Romandiola. Torino 1527
pag. 95: ad quod stagnimi passus supra duodecirn
milia in circuitimi patens Comaclensis sita est ve-
tusta civitas, quae per Gothorum, Longobardorum-
que tempora classem armare solitam.
(3) Memorie ferraresi manoscritte, del 1490.
(-4) Storia di Ravenna.
(5) Decreto di Liutprando re de' Longobardi che
determina le tasse da pagarsi dai Comacchiesi ai
varii porti della Lombardia sul Po ove conducevano
il sale. Esso è dell'anno 715, oppure del 730 (Mu-
ratori, Aìit. it. m. aev. T. II, pag. 23.
126 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
discese in copia le materie che avranno resa più sottile la spiaggia marina di
Comacchio (1). •"'.. . ...
76 II lido di Pomposa che per parecchi secoli era rimasto stazionano in riva
al mare, protetto di poi dalle nuove alluvioni del Volano divenne la sede di una
ricca abbazia. In una lettera del pontefice Giovanni Vili dell'anno 374 parlasi
di essa- ed una serie di privilegi successivi di pontefici e di imperatori fino al
secolo XII ne' quali si indicano i luoghi cui si riferivano le fatte concessioni,
porgono preziose notizie sulla topografia di quei territorj , e confermerebbero
le precedenti nostre induzioni (2). Queir abbazia non avrebbe potuto erigersi
se non dopo che di fronte al lido si fossero formate estese alluvioni , che ri-
vestile di folte selve la togliessero alla vista del mare. Senza di che sarebbe
rimasta esposta continuamente alle depredazioni dei pirati dalmati e saraceni
cbe allora infestavano P Adriatico, ai quali la nascente repubblica Veneta dava
continuamente la caccia. L'Abbazia di Pomposa invece fiorì per diversi secoli
e solo nel XV dovette ritirarsi in Ferrara onde sottrarsi ai danni delle con-
tinue guerre che succedettero fra quel ducato e la mentovata repubblica veneta.
77. In un documento del 1106 (3), ove si indicano i confini del contado di
Ferrara è detto: fines et termini sunt ab oriente ab una parte flumims Pad% al-
tera nostra Massa Fiscalia et Veterana (Verrara), a Veterana transenni {lumen
Sandali usque ad Bociletum (Buzzolè), transenni {lumen Gaibana, per Ludunam
et circumdant Villammagnam et Madraria (Marrani). Prosegue il confine per altri
luoghi fino a Burana, e si compie cosi per la parte a destra del Po. Quindi
ripiglia per la parte a sinistra del Volano fino al Tartaro ed al Po stesso. In
altro documento anteriore dell'anno 1015 (4) parlasi della chiesa, ossia cat-
tedrale di San Giorgio di Ferrara costrutta super fluvium qui dicitur Gabiano
(Gaibana). In un posteriore documento del 1177 dell'imperatore Federico (Bar-
barossa) che conferma i privilegi accordati all'abbazia di Pomposa (5) dicesi:
Quidquid etiam habet ani acquirere in {ulurum deo annuente poterti infra Pa-
dum et Athesin fluvium vel infra Padum et Sàndalum.... Da quei documenti
adunque appare che nei secoli XI e XII davasi il nome di Po al Po di Vo-
lano ove sembra fosse concentrata la sua corrente principale ; e che inoltre
era attivo il Sandalo ed il fiume Gaibana, che verso il secolo XIV nella Cro-
nichetta di Ferrara chiamavasi, come vedremo, Fossa, cui corrispondeva il Po
di Primaro. Contemporaneamente si sarà riattivato , come vedremo , anche il
braccio Spinetico.
78. Richiamando quanto si è detto sul piano eseguito dagli Etruschi , ve-
demmo essere verisimile che essi sopra Ficarolo divertissero fin da principio
(\) In prossimità delle odierne foci principali
del Po alla distanza di soli dee chilometri s'in-
contra una profondità di 20m , mentre a tale di-
stanza fra la foce dell'Adige e quella del Po di
Levante abbandonato la profondità è di soli IO™ ,
e di 7m fra il porto di Volano e quello di Magna-
vacca presso Comacchio. Vedasi il foglio 2 , del
Portolano dell' Adriatico.
(2) Vedasi la nota al § 62.
(3) È una bolla di Pasquale II riportata dal
Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara ediz. del
1791 T. II pag- 109.
(4) É un placito del Marchese Bonifazio , padre
della conlessa Matilde (Muratori, Rer. ital. script.
T. I, parte II.
(5) Muratori, Ani. Hai. m. aev., T. IV, pag. 187.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 127
il ramo principale del Po , della foce del quale scorgesi il più antico pro-
tendimento presso Ariano, riunendolo al ramo Spinetico fino a Senetica d'onde
a sinistra avrebbero derivato il Volano. A destra di questo e precisamente a
Codrea {Caput Bete) supponemmo essersi derivato pure dagli Etruschi il San-
dalo che al tempo loro si sarà chiamato Rero, o Reto. Il nome latino di San-
dalo sembra siasi dato sotto la romana dominazione ad un suo prolungamento.
Oltre al nome del suo incile che convaliderebbe queste induzioni vi sa-
rebbe quello di una borgata, o Vico denominata Voghiera (Vicus Rere). L'altro
prossimo Vico che sarebbe di poi divenuto città è Voghenza (Vicoentia o Vicus
abentia) che vedrebbesi indicata da Strabone insieme a quelle di Adria, Oderzo
e Concordia, siccome prossime alle lagune, e colle quali comunicavasi mediante
piccoli canali (1). Verrara (Veterana) pare fosse l'antica foce del ramo Rera nella
laguna avanti che se ne prolungasse il corso col Sandalo il quale vi avrà messa
foce a Consandolo ed a Boccaleone. Quella specie di arcipelago d' isolette o dorsi
distinti col nome di Bari, che vedesi all' occidente della valle del Mezzano in
prossimità della primitiva foce di quel ramo del Po , sembra formato dai ru-
deri di barene da esso ivi deposte. Tutto il territorio a sinistra del Sandalo,
partendo da Codrea prese il nome di Polesine di Rero (Policinum Bete) il cui
confine verso settentrione, presso il Volano, sarebbero Bero e Final di Bero ,
e successivamente il margine delle lagune. Formato in tanta estensione dalle
deposizioni di quel ramo del Po ne confermerebbe Y antichità.
79. L'ultimo abbandono del ramo di Ariano verso il principio della domi-
nazione romana sembra essere stato sincrono coli' accresciuta portata del San-
dalo, lunghesso il corso del quale sonosi escavati molti avanzi di monumenti
romani di quel tempo (2). Il successivo abbandono poi del ramo di Comacchio
pare fosse in parte l'effetto della riattivazione del ramo Spinetico che sarebbe
disceso da Senetica alla torre dell' Uccellino ed a Gaibana , proseguendo per
Marrara fino ad unirsi alla foce del Sandalo nel Primaro (3). Il ramo Spine-
tico avrebbe dovuto dapprima rimanere derelitto fino da quando si attivò quello
di Comacchio , e tanto più quando si riattivò a sinistra del Volano anche il
ramo di Ariano, cosicché per una serie di secoli la foce del Primaro sarebbe
stata alimentata del solo Sandalo.
80. Quando nel V secolo discesero i Barbari ad invadere l'Italia, la corrente del
Po doveva trovarsi come si disse, concentrata nel Volano, nel ramo Spinetico, e
nel Sandalo. A Voghenza perciò, e nelle vicine città o borgate sul Sandalo sa-
rebbero rifuggite le prossime popolazioni, siccome in luogo difeso dalle paludi,
e quindi spiegasi come intorno a quel tempo si fosse eretto nella città stessa un
vescovado. Egli è per altro verisimile che se quelle genti riuscirono così a sot-
trarsi alle violenze dei Barbari, rimanessero tuttavia esposte alle prepotenze dei
(1) Geografia, luogo citato.
(2) Vedasi il volume I delle precitate Memorie
Ferraresi del Frizzi, ove si indicano molti di que-
gli avanzi di antichità romane state escavale.
(3) Il Biondo, nella sua Italia illustrata, accenna
ad un ramo del Po derelitto che sarebbe passato
presso la torre dell'Uccellino, il quale corrispon-
derebbe appunto al ramo Spinetico pel suo tronco
superiore,
428 SWJDJ IDROLOGICI E STORICI
Comacchiesi, e secondo taluni a quelle dei Greci che occupavano Ravenna. Esse
perciò presero il partito di cambiare nel VII secolo la loro sede, scegliendo a tal
uopo la sponda destra del Volano in località tale da potersi facilmente riunire
quel braccio del Po col ramo Spinetico che si era dianzi riattivato. Escava-
rono a questo fine una fossa che metteva capo a Gaibana sul ramo stesso (1),
fondando la nuova città sulla punta a valle , ove avveniva l'artificiale diver-
sione , che si chiamò di poi Punta di San Giorgio dal titolo della cattedrale
ivi edificata. Quella fossa divenne di poi un poderoso ramo del Po, che ritenne
lungamente il nome di Fossa Gaibana, o di fiume Gaibana, e che si sostituì al
tronco superiore del ramo Spinetico il quale passava presso la torre dell' Uc-
cellino; tronco che rimase nuovamente abbandonato, a quanto pare per opera dei
Ferraresi, onde precludere ai Ravennati ed ai Bolognesi loro rivali una via del Po
che non toccasse Ferrara, per facilitare così la difesa di questa e favorirne il
commercio (2). A tale scopo poi dal X al XII secolo la trapiantarono sulla
sponda sinistra del Volano, ove edificarono la nuova loro cattedrale in sosti-
tuzione dell'antica di San Giorgio.
81. Eccoci ormai giunti al secolo XII nel quale avvenne la famosa rotta di
Ficarolo, che preparò un totale cangiamento nel corso del Po, compiutosi nei
quattro secoli successivi. Avanti d' inoltrarci a darne ragguaglio verremo rias-
sumendo i cangiamenti anteriori, per taluni de' quali con metodo induttivo
dalle cause discendemmo agli effetti, e per altri da questi risalimmo alle cause
onde determinare le vicende cui soggiacque. Le preziose notizie offerteci da
Plinio, e le indicazioni delle recenti carte delle foci del Po ove è segnata la
non dubbia traccia dei più antichi cordoni litorali da esse attraversati nei loro
protendimeli ci dimostrano che quello del Po di Ariano, il più prossimo ad
Adria sarebbe stato il primo di cui si abbia conoscenza. Il cordone o lido delle
Tombe, ossia di Ariano vecchio, si sarebbe avanzato di due chilometri, por-
tandosi'sulla linea di quello di San Basilio, o Messenzatica , e quindi per un
altro chilometro su quella di Monticelli, siccome appare dalla convergenza delle
tre linee ai punti rimasti inalterati del cordone generale, delle Fornaci a set-
tentrione , e di Marozzo a mezzodì (5). Avendosi in ciò una prova che quella
(1) Il Sardi nelle sue storie Ferraresi suppone
che il nome di Gaibana sia antico, e derivi dall'im-
peratore Galba. È verisimile che invece sia d' ori-
gine longobardica e venga da Gau (campagna), che
vedesi mutato in gajam o gazum in moltissimi docu-
menti del medio evo, nomi i quali sonosi applicati a
villaggi chiamati Ga%%o o Gazzuolo. Sotto Ficarolo
in prossimità dell'odierno corso del Po evvi pure
una borgata chiamata Gaiba , nome che avrebbe a
quanto sembra la stessa origine. Abbiamo già no-
tato in iscritti anteriori che Ostellato presso le la-
gune di Comacchio deriverebbe da Ostium latum,
nome cui dovrebbe corrispondere anche Stellata, ài
fronte a Ficarolo, ove il Po avanti al suo completo
arginamento avrà comunicato colle valli interpo-
ste al suo controforte ed al dorso su cui trovansi
Poggio, le Segnate , e Dragoncelli. Il nome di Me-
delana, borgo prossimo al Volano, dovrebbe deri-
vare da Media Olana.
(2) 11 Biondo indica che presso la torre dell'Uc-
cellino vi era eziandio la traccia di un alveo de-
relitto del Reno che avrebbe avuta la sua foce in
quel ramo del Po; fatto che vedremo essersi am-
messo anche dal Guglielmini, il quale avrebbe at-
tribuito a quell'influente l'abbandono del Po che
noi, per i motivi addotti, considerammo più semplice
attribuirlo all' opera dell' uomo.
(3) Sembra che il nome di Marozzo derivi da
Maris ostium.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 129
foce del Po doveva essere la principale, e che giusta ii piano degli Etruschi
era del loro interesse di allontanarla da Adria, ne consegue che un tale pro-
tendimento avrebbe dovuto compiersi innanzi alla loro venuta , di circa dieci
secoli anteriore all'èra cristiana.
82. Riunito , secondo la nostra ipotesi , il braccio di Ariano allo Spinetico
presso Ficarolo , col verisimile contemporaneo raddrizzamento del tratto inter-
posto a quel punto ed al Bondeno , sarebbesi alla sinistra derivato il Volano.
Il protendimento per tre chilometri della foce di questo fino al lido di Pom-
posa con alluvioni radianti, sarebbe il primo veramente distinto avvenuto sotto
il dominio degli Etruschi. Ma resosi prevalente il ramo destro del Volano, che
formò il vasto delta, o promontorio di Comacchio, e seguita successivamente
altra diversione a sinistra di esso Volano, dopo verisimilmente l'espulsione
degli Etruschi, per cui la foce di Ariano si avanzò fino alla Mesola per tre
chilometri con alluvioni radianti, se ne può dedurre che dapprima sarebbe
rimasto abbandonato ii ramo Spinetico, e di poi pressoché derelitto l'ultimo
tronco del Volano , e stazionaria quindi la sua foce col lido di Pomposa. In
ciò avrebbe influito anche la diversione di Codrea a destra del Volano, che
diede origine al Sandalo, resosi, a quanto pare, più attivo dopo che rimase
per la seconda volta derelitto il ramo di Ariano.
83. Un cangiamento notevole sarebbe avvenuto posteriormente a questo nei
primi secoli dell'era cristiana col rimanere abbandonato il braccio di Comacchio.
E l'uno e l'altro sembrano effetto della riattivazione del ramo Spinetico e del-
l'ultimo tronco del Volano con sensibile protendimento della sua foce, dal
quale rimase protetta l'Abbazia di Pomposa ivi edificata dall'ottavo al nono se-
colo. In conseguenza di ciò i Ferraresi avrebbero nel VII secolo riunito il ramo
Spinetico al Volano con una fossa artificiale, trasportando la loro sede dal San-
dalo alla testa di quella derivazione che si converti di poi in un ramo pode-
roso del Po.
84. Arduo sarebbe il porre a confronto i protendimenti avvenuti nei dodici
o tredici secoli decorsi dal primo stabilimento degli Etruschi con quelli dei
nove secoli successivi: ma ove si consideri che i primi comprendono il pro-
montorio di Comacchio, il più antico protendimento del Volano fino al lido di
Pomposa, e quello del ramo di Ariano fino alla Mesola, sarà forza conchiudere
essere tali protendimenti e per la loro natura, e per l'estensione loro di lunga
mano prevalenti a quelli posteriori del Volano, ed ai verisimili contemporanei
del Sandalo e della Fossa Gaibana in un periodo di solo un terzo più breve.
In ciò si avrebbe un indizio che durante la dominazione degli Etruschi , dei
Galli, e dei Romani colla contemporanea occupazione dagli Umbri , la coltura
della valle del Po fioriva perchè protetta da arginamenti che impedivano l'espan-
sione delle moderate sue piene. Nel periodo successivo invece, dopo l'invasione
dei Barbari, rimasto per la più parte abbandonato un tale provvedimento, le
campagne bonificate sono in gran parte ritornate nel dominio delle acque , e
per le accresciute espansioni di queste , scematasi la copia delle materie da
esse convogliate alle foci, scemò pure il loro protendimento nel mare.
J30 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
85 Dal raffronto della forma , estensione e particolarmente della posizione
delle alluvioni del Po riferita a quella del cordone litorale, coi documenti sto-
rici dianzi riportati avremmo così raggiunto lo scopo che ci eravamo proposti
di far servire cioè le prime siccome cronometri per determinare l'antichità
relativa e quindi l'ordine di successione delle varie foci del Po, e con suffi-
ciente approssimazione anche la loro antichità assoluta, tessendone per tal modo
la paleografia. E poiché da tali raffronti risulterebbe essere avvenuto un par-
ziale protendimento del cordone litorale forse di dieci o dodici secoli anteriore
alla venuta degli Etruschi, quindi da circa quaranta secoli, avrebbesi in ciò una
prova che fin d'allora esisteva il lido odierno delle lagune venete il quale ne
sarebbe stata la continuazione.
"%.. Rotta di Ficarolo.
86 Dopo i cangiamenti preaccennali, a sinistra del Volano non scorreva acqua
del Po se non nel canale di Goro che se ne staccava a Còdigoro , ed a
quanto pare , in occasione di piene in canali di scolo che in questo conflui-
vano come sarebbe la Congatula (Conca Agalulae) la Brandola ecc. (1) L estuano
Padano a sinistra del Volano era allora costituito da due isole , delle quali la
meridionale era la Pomposiana descritta in documenti del secolo XI, ì cui
confini erano, a mezzodì il Po di Volano ; all' oriente il lido del mare ; all' oc-
cidente il fioro che l'abbracciava anche nel lato settentrionale, ove formava il
porto di Goro. In questo confluiva un canale derelitto del Po di Ariano cui
davasi il nome di Toi (2). Ad essa isola succedeva verso settentrione quella di
Ariano descritta in una bolla di Marino II dell'anno 945 in favore della chiesa
d'Adria ove è detto: Insulam quae vocatur Adriana una cum tota stiva sua
et porlùbus, quod est portus Laureti (di Loreo) et portus Gauri(5). Dunque l'isola
di Ariano si estendeva dalla foce o porto di Goro al porto di Loreo , detto
anche Porto Viro, ove venne stabilito il confine fra il territorio di Adr.a, e di
poi di Ferrara, con quello della repubblica veneta. In un diploma dell' impera-
tore Enrico II di concessioni al vescovo d'Adria dell'anno 1054 parlasi dei ca-
nali che entravano nella sua giurisdizione, fra quali si annoverano la Corbula
Amelia , la Tomba Ramicella , pervenientem per aquam quae vocatur portus
Laureti, seu aqua quae vocatur Anguillara major et Anguillara minor (4).
87. Le notizie meno incerte sulla rotta di Ficarolo si hanno nelle Memorie
manoscritte del 1490 del celebre cronista ferrarese Peregrino Pnsciano , dalle
quali ha attinto il Sardi pel ragguaglio che ne dà nelle sue Storie ferraresi (5).
La rotta sarebbe avvenuta intorno al 1150 per opera di certo Sicardo di
Ficarolo che avrebbe fatto tagliare 1' argine sinistro del Po a valle di quella
(1) Vedi la noia al § 61
f2) Pmsciano, Memorie ferraresi manoscritte.
(8) MUBAtom. Ant. Hai. m. aev. T. I p. 947.
(4) Opera precit. ì. Vi pag. 53i.
(5) Stampate a Ferrara nel 1556.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 131
borgata onde portar danno al territorio di Bovina. Dicesi che i Ferraresi si
adoperarono per due anni onde chiudere quella rotta, ma che non poterono riu-
scirvi. Le acque formarono parecchi canali, e si diressero in fine al mare con due
bracci, il meridionale de' quali pel fiume Toi, e quindi pel Goro, fra le due isole
di Pomposa e di Ariano, ed il settentrionale per la Corbola, aprendosi una nuova
foce nel lido alle Fornaci dopo avere ostrutto colle sue deposizioni il porto di
Loreo (1). A quel nuovo ramo del Po si diede il nome di Rotta del Po, od
anche di Rotta di Ficarolo. Se ne parla in un documento del 1158 di conces-
sioni alla chiesa di Ficarolo, ove dicesi : et per canaletum usque ad ruptam
Padi, et per prcedictam Ruptam usque ad Padum : indicazione che si ripete in
altro documento del 1175 (2). In un successivo del 1192 dicesi et iotum Fi-
carolum, et tres partes de ripatico et partes tres porius de rupta Ficaroli (3).
Da que' documenti viene dimostrato non essere vero il fatto che, apertasi la
rotta verso la metà di quel secolo, fosse stata chiusa , e di poi riaperta al
termine di esso.
XI. Descrizione idrografica del Ferrarese nel 1300 estratta
dalla Cronichetta di Ferrara, e considerazioni relative.
88. Un documento veramente prezioso per la storia del Po è la Cronichetta,
ossia Cronica parva di Ferrara , che offre una esattissima ed estesa descri-
zione idrografica del Ferrarese, quale trovavasi circa all'anno 1310, ossia un
secolo e mezzo dopo la mentovata rotta di Ficarolo (4). Dei più interessanti
brani di essa porgiamo qui la versione.
Premessa una succinta descrizione generale dei varj rami del Po e delle
sue foci in mare, così prosegue:
89. « Quindi il Po discendendo lambe alla sua destra, il territorio Manto-
« vano fino al luogo chiamato Goltarasa (Quatrelle) dirimpetto a Ficarolo. A
« sinistra tocca Mellara, Bregantino, Polesine, Massa e Ficarolo nella giurisdi-
« zione ferrarese. In quest'ultimo punto il Po scorre tuttavia unito, ma poco
(1) Storie precil. p. 53.
(2) Muratori, op. precit. T. V pag. 1015 e 1017.
(3) Documento del quale il Frizzi dà 1' estratto
nel T. I ediz. 2.a delle Memorie per la storia di
Ferrara p. 67. Ricavasi adunque da questo e dai
documenti anteriori che, apertasi la rotta di Fica-
rolo nel 1852 se ne è stabilito il corso in guisa
che quarantanni dopo si attraversava mediante un
porto dal quale ricavavasi un provento.
Il Muratori nel voi. II pag. 183 dell'opera pre-
citata riporta un documento del 1122 ove è detto:
Plebe saticte Marie in Figariolo in fìnibus ejusdem
funài qui vocatur Serenzana ab uno latere Pado
percurrenie, ab alio latere Pado vedo ecc. E ne de-
duce che fino da queir anno fosse già avvenuta la
rotta di Ficarolo, induzione che dice aver fatta an-
che Peregrino Prisciano ne' suoi manoscritti. Ma in
ciò sarebbe occorso un' errore di località, in quanto
che quel documento si riferirebbe al tronco del Po
immediatamente inferiore a Ficarolo nel territorio
dei sette Polesini, ove, come vedemmo (g 61), scorgesi
l' andamento serpeggiante di un antico corso del Po,
ridotto alla condizione di semplice colatore col nome
di Poazzo ed anche di Povecchio. II ramo di Ficarolo
invece nei tré documenti precitati dal 1158 al 1192
distinguesi sempre col nome di Rupia Padi , nome
che gli si dava anche nell'anno 1310 dalla Croni-
chetta di Ferrara, eome vedremo in appresso.
(4) La cronaca manoscritta originale trovasi nella
biblioteca estense. Il brano che ne porgiamo è ri-
cavato dall' estratto pubblicato dal Muratori nel
T. VIII dell'opera Rerum Hai. script, pag. 470,
|32 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
« al disotto se ne stacca a sinistra un ramo chiamato Rotta di Ficarolo, ricco
« d' acque il quale si getta in mare dopo essersi unito al Goro proveniente
« dal Po antico (Volano). Questo ramo del Po fu opera dell'uomo, imperocché
« gli abitanti di Ficarolo per odio verso di quelli di Rovina tagliarono 1' ar-
« ghie del Po onde portare danno a questi coli' inondazione.
90. « Il Po antico al disotto di Ficarolo discende per quindici miglia fino
« alla città di Ferrara posta sulla sua sponda sinistra. Giunto il fiume a metà
« della città, si divide, formando un ramo chiamato Fossa, non minore in
« portata della Rotta di Ficarolo, il quale verso oriente discende nel territorio
« ferrarese per venti miglia fino al villaggio Boccaleone. Quindi toccato dopo
« due miglia il Castello di Argenta , di giurisdizione della chiesa di Ravenna,
« ed attraversato il territorio di questa città per ventidue miglia, dalla sua ripa
« destra si dirama un canale chiamato Cavo d'Orzo che con essa comunica....
« Ivi si trovano valli profondissime , e discendendo per altre sette miglia si
« giunge al porto di Primaro.
91. « Al di sopra di Mantova molti fiumi discendono a destra ed a sinistra
« nel Po. Il Mincio , proveniente dal lago di Garda , si espande in forma di
« Ingo attorno alle mura di Mantova , quindi dopo dieci miglia entra nel Po
« presso il borgo di Governolo. Giunto a Ficarolo il Po, scorrendo per la Rotta
« di Ficarolo con parte delle sue acque , forma parecchi canali, e cioè il Bo-
« nello, la Tassarola, la Barzaga, ed altri, i quali si restituiscono alla Rotta di
« Ficarolo presso il borgo chiamato Litiga (1). Escendo ivi dal Po, per le pa-
ce ludi e per un canale si, giunge al fiume Adige (2). Da quel punto navigando
« a seconda verso oriente si giunge a Rovigo, quindi nel mare Adriatico, op-
« pure a Venezia. Se per l'Adige invece si navigherà a ritroso, si giungerà
« a Lendenara, quindi si potrà pervenire a Verona ed a Trento. E se dove
« l'Adige si divide in due rami, rimpetto al borgo chiamato Badia, si rivol-
ti gerà la nave a seconda del fiume si perverrà a Padova ed eziandio a Vicenza.
92. « Ritornando alla Rotta di Ficarolo presso Litiga e discendendo per....
« miglia esce a sinistra del fiume un ramo chiamato Cortola, pel quale si ha
« pronta comunicazione con Venezia e con Adria. Dalla diramazione della Cor-
ee boia discendendo il Po, ossia la Rotta di Ficarolo, si giunge ad Ariano ove
« le acque del Po formano un quadrivio. Imperocché a destra si congiunge
« al Goro mediante un canale chiamato Cavadicio ; a sinistra formasi altro ca-
« naie chiamato Silvo Lungo, che si congiunge alle paludi di Chioggia (5);
« e discendendo dal detto quadrivio col Goro, si sbocca in mare.
95. « Il Po antico, discendendo da Ficarolo per tre miglia, riceve alla sua
« destra il Canale di Modena (4) unito ad altro canale chiamato Burana , nel
(1) La Litiga corrisponderebbe alla Polisella.
(2) Sarebbe 1* odierno Adigetto. Vedasi la nota
(5) all'Appendice A.
(3) Il Silvus longus sopra vecchie carte viene in^
ììicato col nome di Canale del bosco.
{&) Il Canale di Modena sarebbesi formato dal Na-
viglio dello stesso nome nel quale scorreva anche
il torrentello Formigine, unendosi allora sotto al
Finale al Panaro, ed a quanto pare anche al Reno,
dopo che questi due fiumi avevano spagliato nelle
valli, come vedremo più avanti.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 133
« mezzo del Borgo Bondeno che dista mezzo miglio dal Po. Per Burana si
« naviga nei territorio di Reggio, e per l'altro canale fino alle mura di
« Modena. »
94. « Dalla foce di quei canali presso Bondeno discendendo il Po, entra in
« esso in prossimità della torre di Porotto un canale palustre pel quale si va
« a Galliera, villaggio appartenente a Bologna. Discendendo per tre miglia da
« Porotto , trovasi sulla sinistra del Po Ferrara. Se da questa città si diriga
« la nave verso oriente , dopo venticinque miglia si giunge a Codigoro in
« un angolo dell' Isola di Pomposa, ove il Goro esce dal Po diretto verso set-
« tentrione, lasciando alla sua sinistra l' isola sulla quale trovasi Ferrara, ed
« alla sua destra l'Isola di Pomposa che è di giurisdizione del Monastero
« Pomposiano. Quest' isola boscosa è circondata all' occidente ed al settentrione
« dal Goro; a mezzodì dai Po antico fino al porto di Volano, e ad oriente dal
« golfo Adriatico. Se da Codigoro si discenderà per otto miglia si giungerà
« sul mare al porto di Volano.
95. « Se dalla riva di Ferrara si dirige la nave alla parte opposta si entra
« nel ramo del Po che chiamasi Fossa, e dopo tre miglia si giunge a destra
« alla Torre della Fossa. Ivi si esce dal Po pel canale Fossa, e dopo due mi-
« glia si giunge alla Torre Pontonaria che appartiene a Ferrara (1), dal qual
« luogo si può navigando andare a Bologna , ed egualmente giungervi viag-
« giando a piedi od a cavallo.
96. « Dalla Torre della Fossa discendendo il Po per circa dieciotto miglia,
« trovasi sulla sponda sinistra la città di Argenta. Ivi dalla riva opposta si
« esce dal Po per un canale che più avanti forma un trivio. Navigando a de-
« stra si giunge al villaggio Canalazzo (2), che è il porto pel quale si va a
« Bologna. Dirigendo invece la nave a sinistra si giunge al borgo di Conselice
« che è il porto d'Imola e di Faenza. Da Argenta discendendo per tre miglia
« il Po , si giunge alla Rotta di S. Biagio posta a destra, per la quale, attra-
« versando paludi , si va ai porti della Romagna ed anche fino a Ravenna.
« Dalla Rotta di S. Biagio discendendo per otto miglia si giunge alla Fossa
« Pudolla formata alla destra da canali palustri comunicanti col Po. Navi-
« gando in discesa per altre undici miglia si giunge al borgo e Monastero di
« S. Alberto posto sulla sponda sinistra. Poco al disotto di colà dalla ripa de-
« stra col viaggio di dodici miglia si naviga fino a Ravenna (3). In questo
« luogo d'onde si esce dal Po, era collocato il castello dei Veneti, del quale
« parleremo più innanzi. Uscendo da Ravenna a piedi od a cavallo col viag-
« gio di otto miglia si giunge al Po inferiormente al Borgo di S. Alberto,
« ove passato il ponte che attraversa il fiume , percorrendo oltre 38 miglia
« si arriva a Ferrara. Discendendo da questo ponte per sette miglia il Po si
« entra in mare al porto di Primaro. Da quel porto e da quelli di Volano e
(1) La torre Pontonaria dovrebbe corrispondere
al così detto Butifrè, di fronte a cui sul finitimo
territorio bolognese vi era la torre dell' Uccellino.
(2) L'originale dice ad Vicum Canali, che giusta
la carta del Ferrarese del Baruffaldi dovrebbe cor-
rispondere a Canalazzo, ossia Molinella.
(3) Ciò avveniva col canale Cavo d'Orzo già men-
zionato.
Giorn. Jng. — Voi. XVI. — Febb. e Marzo 1868, 9
134 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
« di Goro si ha un comodo mezzo di trasportare a Ferrara merci provenienti
« da tutti i porti marittimi, ma ciò viene impedito dalla superbia ed avarizia
« dei Veneti , che accecati da soverchio egoismo subirono una sconfìtta per
« volere di Dio e per opera del romano pontefice papa Clemente V irritato dai
« loro eccessi.
97. « Vi ha un quarto porto di acque marine fra quelli di Primaro e di
« Volano , che chiamasi di Magnavacca appartenente a Comacchio , pel quale
« dal mare si penetra con profondi canali in vaste paludi salse fino alle bor-
« gate del territorio di Ferrara ».
98. Prosegue la divisione del territorio di Ferrara in quattro parti, od isole
divise dal Po, la prima delle quali, detta il Polesine di Ficarolo a sinistra
della Rotta dello stesso nome, viene costituita da parecchie isole non molto
grandi di cui la principale sarebbe quella di Gorzone. La seconda parte è il
Polesine di Ferrara che termina all' occidente col Polesine di Casalia, separato
dall' argine traversagno, ed all' oriente coli' isola di Pomposa.
99. « La terza parte incomincia ove di fronte a Ferrara si divide il Po, la
« quale ha a settentrione il Po antico , a mezzodì il Po per cui si va a Ra-
ce venna, e ad oriente il territorio di Argenta, le paludi di Ravenna, i boschi e
« le paludi di Comacchio. La zona superiore di questa parte si chiamava Po-
« lesine di Sant Giorgio dal nome della chiesa che vi esiste , fino al fiume
« Sandalo che in addietro usciva dal Po presso Codrea , e passando per Vo-
ce ghenza entrava nell'altro tronco del Po a Consandolo, tre miglia superior-
« mente ad Argenta. Del resto siccome questo fiume Sandalo era talmente
« ostrutto da rendere acquitrinose e sterili le campagne circostanti, esso venne
« chiuso, deviandone le acque.
100. « La zona di territorio ad esso inferiore si chiama Polesine di Rero.
« In addietro quelle due zone erano contigue, ed ora sono continue e si di-
ce stinguono coi nomi primitivi. La fertilità dei terreni di queste tre parti co-
ce stituisce pressoché tutta la ricchezza di Ferrara ».
Si indica quindi la quarta parte del territorio ferrarese al mezzodì del Po
unito, e di quello di Ferrara, ed all' occidente del Polesine di S. Giorgio dopo
di diesi descrivono i confini dell'intero territorio.
101. Da questo importantissimo documento ricavansi i seguenti fatti.
La Rotta di Ficarolo fino alla Polesella aveva formato a sinistra diversi rami
che univansi col Tartaro, coll'Adigetto, e coli' Adige , non facendosi ivi distin-
zione fra i due rami di questo fiume. E poiché mediante la navigazione si
comunicava con Padova e Vicenza , conviene ammettere che al principio del
secolo XIV dall'Adige alla Rotta Sabadina , si passasse nel canale di santa
Caterina, quindi in quello d'Este e della Battaglia che si unisce al Bacchi-
glione (1).
(1) Vedansi le note (5) e (6) all'Appendice A dal-
l'ultima delle quali appare che l'Adigetto non sa-
rebbesi arginato se non nel 1581 , e contempora-
neamente anche l'ultimo tronco dell'Adige a valle
della Pettorazza. Osservasi pure come siavi tutta
la presunzione di credere che l'Adigetto fosse il
vero Adige vecchio. È quindi verisimile che all'epoca
cui si riferisce la Cronichetta di 270 anni anteriore,
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 135
102. Indicandosi il Mincio siccome ultimo influente del Po si ha la prova
che fino al 1310 non era stata inalveata la Secchia per confluirvi a valle della
foce di quel tributario, lo che sembra avvenuto circa ventisei anni dopo (1).
Le acque di Secchia spandendosi allora tuttavia nelle paludi, si saranno sca-
ricate nel Po mediante il canale Burana al Bondeno.
103. Dicendosi che a Po rotto, tre miglia sopra Ferrara, entrava alla destra
nel Po un canale palustre mediante il quale si comunicava con Galliera, villa
della giurisdizione di Bologna, convien supporre che esso fosse formato dalle
espansioni del Reno le quali si saranno estese dalle valli Bolognesi alla
San Martina ferrarese.
104. 11 nome di Fossa dato al primo tronco del Primaro sotto Ferrara prova
T artificiale sua escavazione per unirsi al ramo Spinetico del Po, operazione
che credemmo eseguita dai Ferraresi nel VII secolo. Ad Argenta un secolo
innanzi erasi eretto un monastero. Chiuso di poi, come supponemmo, dai
Ferraresi il tronco superiore di esso ramo Spinetico , essi escavarono a tre
miglia sotto Ferrara a destra della Fossa Gaibana il canale Fossa, difeso al suo
estremo dalla torre Pontonaria, che sarà stata prossima a quella dell' Uccellino,
onde comunicare con Bologna attraverso alle valli e di poi mediante il Naviglio
che di là discende. La via per la quale da quel punto si poteva viaggiare pe-
destre od a cavallo fino a Bologna pare dovesse essere quella segnata da un
alveo derelitto del Reno, che probabilmente sarà passato pel Poggio Renatico,
ossia Lambertini, del quale, come vedemmo, parla il Biondo (2).
105. Fra il Po e Ravenna si comunicava tanto da Sant'Alberto colla Fossa
detta Cavo d'Orzo, quanto dalla Rotta di S. Biagio, posta 30 chilometri a
monte, attraversando le paludi. Queste indicavansi profondissime nella prima
di esse località, e dovevano tali profondità continuare a monte, abbenchè in mi-
nore misura se a tanta distanza potevasi in esse praticare la navigazione, e se
non parlasi giammai di foci di fiumi della Romagna che allora sboccassero nel
Primaro. Centotrent' anni dopo , quando il Biondo scriveva le sue istorie alla
Rotta di S. Biagio, egli non parla più della comunicazione per acqua da quel
luogo a Ravenna per mezzo delle paludi, limitandosi ad accennare siccome
attiva ancora quella del Cavo d'Orzo fra Sant'Alberto e Ravenna. Anche allora
nessun torrente della Romagna sboccava in Po.
106. Le valli di Comacchio comunicanti verso il 1300 liberamente colmare
mediante il porto di Magnavacca , venivano attraversate da profondi canali
né l'uno né l'altro ramo fosse arginato, e che il loro
fondo non fosse ancora stabilito, fors'anche per cam-
biamenti avvenuti nel loro corso. Per tal modo, giusta
i motivi sviluppati al g 14 della Mem. prec. del 1852
Dei cangiamenti ecc. , verrebbe a spiegarsi come ,
chiuso di poi l'Adige fra argini, se ne dovesse rial-
zare il fondo onde acquistare quel grado di pendenza
ohe richiede il suo reggime , e che non gli offriva
la palude nella quale erasi naturalmente inalveato.
(1) Vedasi la nota finale A, pag. 116, alla Me-
moria: Della condizione idraulica della pianura
subapennina fra l'Enza ed il Panaro, Milano 1865.
(2) Italia illustr., ove dice: Apud Ocelini turrem
padusae finem ohm fuisse et Rhenum Bononiensem
eo in loco aut propinquo padum influxisse indicant
pervetusti utriusque amnis alvei, pag. 93.
yg STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC.
escavati a quanto sembra artificialmente onde approdare alle borgate del ferra-
rese prossime al loro margine, ed alla città di Argenta. A tal uopo prolungavano
que' canali in terraferma, siccome appare dalle carte topografiche rispetto alla
Fossa della Trava diretta a Porto Verrara ed a Porto Maggiore, ed alla Fossa
Marina diretta ad Argenta. .
107 Colla dichiarazione che le tre prime parti del Ferrarese, consulenti nel
Polesine di Ficarolo, in quello di Ferrara, ed in quello di S. Giorgio col an-
nessovi Polesine di Rero, attesa la loro fertilità erano la fonte principale della
ricchezza di quello Stato, si ha la prova che fin d'allora esse erano protette
da aro-ini Quelli del Polesine di Ficarolo formavano a quanto pare, circondarj
staccali con una serie d'isole; quelli del Polesine di Ferrara a destra della
Rotta di Ficarolo sarebbero stati invece continui con un argine traversagno a
monte della città tuli' ora esistente, fra il destro della Rotta, ed U sinistro del
Po di Ferrara. Continui pure sarebbero stati gli argini del Polesine di S. Giorgio
a sinistra del Primaro ed alla destra del Volano fino alle valli di Cornacchie-
ove sembra si espandessero tuttavia le piene del Po. La quarta parte invece del
territorio ferrarese a destra del Primaro e del Po di Ferrara avrebbe general-
mente consistito in paludi. È verisimile che allora essa pure fosse difesa da
argini di moderata elevazione, i quali venivano aperti nelle piene onde sfogare
le acque nelle parti palustri. Questa pratica risulterebbe da quanto vedesipre-
scritto nello Statuto del 1288, nel quale è detto che, allorquando il Po inco-
mincia ad alzarsi, entro tre giorni il giudice degli argini debba convocare il
maggior Consiglio della Credenza , e chiedergli in quali luoghi si abbiano a
spandere le sue acque (1).
108 In una piena del Po dell'anno 1565, essendosi rotto 1 argine sinistro
del Po di Ferrara alla Cassana di fronte a Perotto, per cui venne sormontato
l' ardine Traversagno coli' inondazione di tutto il Polesine di S. Giovanni Bat-
tista! ossia di Ferrara, si impedi che le acque entrassero nella citta, prendendo
appunto la precauzione di tagliare l'argine destro, e di sfogare la piena nelle
valli bolognesi di Poggio Renatico, ossia Lambertini (2).
(Continua)
(i) Frizzi, opera citata, T. Ili, pag. 170, ediz. I.*
Qui il Frizzi prende uu abbaglio interpretando nel-
1* espressione quotiescumque Padus parvus fuerii
l'aggettivo parvus siccome appellativo di un ramo
particolare del Po, mentre deve intendersi lo stato
di magra del Po.
(2) Frizzi, opera citata, T. HI , edizione I." ,
pag. 307.
PRINCIPI DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE
DEL D. GUSTATO ZEUNER
Professore alla Scuola Politecnica di Zurigo
VERSIONE DAL TEDESCO
DEL D. ALESSANDRO LUCCHESINI B. ۥ
(Coni. V. la p. 437, voi. XIII e tav. 13, voi. XI)
§ 58.
Problema IV.
In un cilindro si trovano mi chilogr. di vapore alla temperatura ti e alla
tensione pi9 e M — mi chilogr. di acqua alla stessa temperatura. La pressione
p{9 che si esercita sulla faccia esterna dello stantuffo, viene portata istantanea-
mente alla pressione p2 e si mantiene costante: cosicché se />2<C.Pi> la massa
si dilaterà, e se p% ^> pì9 si comprimerà.
La dilatazione o compressione durerà fino che il vapore non abbia rag-
giunto la tensione p2 nel cilindro, e che la massa totale non abbia acquistata
la temperatura t% corrispondente a questa pressione.
Quale è lo stato della massa alla fine dell'operazione, quando durante questa
non si tolga né si aggiunga calore?
Sia la quantità di vapore alla fine dell' operazione m2 e p2 il calore latente
interno corrispondente alla temperatura tr
Supponiamo inoltre, per considerare il problema d'un punto di vista pra-
tico, che Pa^/^, cioè che si abbia dilatazione; allora per l'integrazione del-
l' equazione IV sarà la diminuzione del calore interno
U z=. M e (ti — tj} -\- m{ p{ — w2 p2 (147)
Come durante 1' esperienza non si aggiunge né si toglie calore, così tutto il
calore interno che diminuisce sarà tutto trasformato in lavoro esterno.
Ma questo ultimo non si può, come nel precedente problema, determinare
per mezzo dell' equazione (IV), perchè anche qui non sono soddisfatte le con-
dizioni per cui quelle equazioni furono dedotte.
Questo lavoro si determina invece nel modo seguente.
Il volume Vi della intera massa è al principio
Vi = m{ u{ 4- M w
438 PRINCIPJ
all'incontro, alla fine
V2 = wi2 % + Mw
Mentre la massa passa dal volume V{ al volume V2, deve vincere la contro-
pressione p2 e quindi la quantità di calore corrispondente al lavoro esterno è
L = A p (V2 — VO = A p2 (m2 «a — m4 w4) (148)
Poiché tutto il calore speso all' interno è trasformato in lavoro , si avrà la
equazione
Mc{t{ -- *2) + m p4 — m p2 — A p2 (ma % — mì u{)
da cui si deduce la quantità di vapore che si trova alla fine dell'esperienza,
essere
Me (h - *2) + m4 ( P{ +g A pi u{ ) (149)
m*= o2 + A p, w2
Avendo cosi determinato il valore m2, con l'equazione (148) si determina
il calore interno trasformato in lavoro esterno, come anche il lavoro stesso:
per il volume finale si ha
m2 w2 + M w
e quindi il confronto fra i valori m{ ed m2 della quantità di vapore dà , se
e quanto vapore si sia condensato o formato.
L'equazione (149) si può anche trasformare. Il calorico di evaporizzazione
è dato dall'equazione:
r = p -\- A p u
cosi 1' equazione (149) diviene
Me {t{ - y + mi(ri ~^=-2lA p{ u{ {m)
m2
Per le nostre condizioni è anche più comoda la formola seguente.
Facciasi
% = mi + P-
dove p,, se è positivo, rappresenta la nuova quantità di vapore formata, o la
quantità di acqua trasformata in vapore ; se negativo, quella che si è conden-
sata durante F operazione.
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 139
Sostituendo questa nuova forma di m2 e osservando che il calore contenuto
nel vapore è rappresentato da J= p + e t, si ha dall'equazione (149)
(M—m) c(tì — tf2) — -m
* Pz + ApzUz
Apu — ^Apìuì — (Jì — /2 1
: Pi J
(151)
Con questa formola si possono di nuovo dedurre tutte le conseguenze che
nel problema precedente. Essa vale egualmente per la compressione , quando
cioè p2 >> p{.
Se, per esempio, durante l'esperienza non si condensi, né formi vapore,
allora jx = 0 , quindi il numeratore della frazione sarà eguale allo zero ,
e perciò sì otterrà un'equazione del tutto identica alla (145) del problema
precedente e tutte le considerazioni fatte in quel caso varranno anche per que-
sto. Ma l'equazione (151) ci mette in condizione di determinare realmente la
quantità di vapore che o si condensa o si forma quando, durante l'esperienza,
non si aumenta né si diminuisca calore.
Paragoniamo infatti il secondo membro dell'equazione (151) coli' equazione
(144); si ha facilmente
Q
H + A Pz W2
o (152)
dove Q è la quantità di calore che occorre aggiungere alla massa durante la
dilatazione o compressione, affine che la quantità di vapore rimanga costante.
Basta dividere quella quantità di calore per la temperatura finale £2, corrispon-
dente al calorico di evaporizzazione r2, per determinare la quantità di vapore che
si condensa e si forma quando sempre non si aggiunga o sottragga calore.
Come esempio supponiamo la pressione iniziale 5 atmosfere, cioè alla tem-
peratura 152,22°, e supponiamo di più che la massa M, di cui mi chilogr.
sono vapore, si dilati e vinca una contropressione costante di una atmosfera;
perchè la quantità di vapore rimanga costante devesi, secondo l'equazione
(145) aggiungere la quantità di calore
Q = 19,04 mi — 55,59 (M — m{)
Se un tal aumento di calore non avesse luogo, allora poiché ess endo t% = 0 ,
r2 = p2 + A p2 w2 = 496,21 + 40,09 5= 536,30
per l'eq. (152) si ha
__ 55,59 (M— m{) — 19,04 m{ /155)
P"-" 536,30 ' ;
140 PRINC1PJ
Se, per esempio, al principio non si avesse avuto acqua, cioè se mì = M,
si avrebbe
> = — 0,0355 M
Il segno negativo indica che durante la dilatazione si è condensata questa
quantità di vapore.
Se la quantità di acqua e vapore ai principio sono eguali , cioè se
M — mi = md ne segue
»i = + 0,0640 (Jf — f»4)
Qui il segno positivo indica che questa quantità di vapore si è formata du-
rante la dilatazione.
Per tutto il resto rinviamo alla soluzione del problema precedente.
La soluzione di questo problema contiene, del resto, la completa teoria della
detta evaporizzazione spontanea , di un fenomeno cioè , sul quale fin qui non
era stata data nessuna spiegazione soddisfacente. Questo fenomeno si verifica
nelle caldaie a vapore usuali, quando si spenga il fuoco nel focolare e si fac-
cia uscire il vapore dalla valvola. Uscendo, il vapore vince la pressione esterna
costante dell' atmosfera , e quella uscita ha luogo fino a tanto che la pres-
sione nella caldaia non ha raggiunto la pressione atmosferica. Allo studio di
questo caso si adatta completamente l'equazione (151). Poiché la quantità di
acqua in una caldaia è sempre, in peso, in quantità maggiore del vapore, così
ne segue che il valore di pi è sempre positivo e dà perciò la quantità di acqua
che durante l'uscita si è trasformala in vapore in seguito della diminuzione
di pressione. E, conosciuta la quantità di acqua che rimane, come anche la
quantità di vapore contenuta nella caldaia alla pressione di una atmosfera, si
determina anche la perdita di calore che proviene dall'efflusso del vapore.
§ 39.
Problema V.
« Il volume di un cilindro è diviso in due parti da uno stantuffo (fig. 7). Da
una parte dello stantuffo, a sinistra, si trovano m chilog. di vapore, e M — m
chilog. d'acqua, alla temperatura t, e alla corrispondente pressione p.
« Dall'altro lato, a destra, dello stantuffo (che noi supponiamo dapprima fermo
e privo di peso) si trovano mi chilog. di vapore, ed M — m{ chilog. d'acqua,
tutte e due alla temperatura t{ e sotto la pressione pv
« Si lascia libero instantaneamente lo stantuffo; ne seguirà che, supposto
P >Pi> esso si muov^à dalla sinistra verso la destra, e di tanto fino a che
le due pressioni sulle due faccie non siano divenute eguali a p09 per es., e la
temperatura a t0.
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 441
«Non aggiungendo né togliendo calore dall'esterno, quale è questa pres-
sione p0 alla fine, e quale quantità di acqua e vapore è contenuta nel cilindro,
supponendo che il vapore resti allo stato saturo ? »
La temperatura della massa alla sinistra dello stantuffo si abbassa , durante
questa esperienza, da t a t0, e quando la quantità di vapore da m diviene m\
si ha la diminuzione del calore interno dall' integrazione dell' equazione IV
V = Me (t — t0) + m p — m' p0
Questa quantità di calore si consuma nel produrre del lavoro, lavoro che
consiste nella compressione della massa sulla faccia destra dello stantuffo.
Il calore interno di questa massa aumenta, e se si indica con m\ la quantità
di vapore che si trova da questa parte dello stantuffo alla fine, si ha per la
stessa equazione
V — M{ e (t0 — *,) + in Po — mì Pl
Ora, poiché in tutta la esperienza non si è aggiunto né sottratto calore,
la perdita di calore interno che si è fatta dalla parte sinistra deve essere per-'
fettamente eguale all'aumento di calore interno che si è fatto dalla parte de-
stra. Eguagliando adunque quei valori si avrà
MctJrMictì + mp + miPi=: (M+M{) e t0 + (m' + w4f) p0. (154)
Da questa equazione se ne può dedurre un'altra.
Dietro le indicazioni che sopra il volume totale della massa a sinistra e a
destra dello stantuffo è in principio
(m u + Mw) -j- (m{ u{ + M{ w)
e invece alla fine
(m'u0 + M'w)-\- (m' u0 + M{ w)
Ma il volume totale non cambia ; questi due ultimi valori sono dunque
identici e danno eguagliandoli e riducendo
(m -j- m\) u0 ~mu-\r m{ u{ (155)
da cui si trae il valore di ni + m^j che portato nella (154) dà
(M + Mì)ct0+(mu + miul)Pu0-=3Ict + MctìJrmp+mPì (156)
Questa equazione ci pone in grado di determinare la temperatura t0 finale ,
poiché Po ed u0 sono funzioni di t0, e le altre quantità sono completamente
note dallo stato iniziale.
Ì42 PR1NCIPJ
Conosciuto così l0> si ha anche u0 e p0, e di più per l'equazione (155),
(ro'+ro'A cioè la quantità di vapore che si trova dalie due parti dello stan-
tuffo alla fine dell'esperienza. La quantità d'acqua che vi si trova è, natu-
ralmente
M+Mi — (m' + m'i) ' (l57)
il problema è quindi completamente risolto.
Per dare il modo di eseguire il calcolo, tratteremo un caso speciale.
Sulla faccia sinistra dello stantuffo (fig. 7) si trovano M chilog. di vapore alla
pressione di 5 atmosfere allo stato saturo, cioè la temperatura * 1=152,22 ,
senza esser mescolato con acqua; cioè si ha m = M.
Sulla faccia destra invece si trovano vapore ed acqua alla temperatura di
100°, cioè il vapore ha la tensione di una atmosfera.
Il 'peso della massa totale è M, o, in questo caso, M{ = M , ma di cui
mi = 0,75 M sotto forma di vapore, e 0,25 M allo stato di acqua.
Dalla Tavola III abbiamo per
t = 152,22°, u = 0,5617 e p = 455,05
*3 = 100,00 , uz == 1,6449 e p3 = 496,21
e ponendo questi valori nella equazione (156), si ha
io + 28t7*0= 680,2
Equazione che si può risolvere per approssimazione: e per facilitare il
calcolo, io ho calcolato i valori di \ consegnati adi9 ultima colonna della
^a una'esperienza si ha per il valore della temperatura t0 che soddisfa alla
equazione precedente
*;=ii8°,6
A quella temperatura corrisponde la tensione di
p0 = 1426,44 millim., o 1,877 atmosfere
Alla fine della esperienza ha luogo su tutte e due le faccie dello stantuffo
questa pressione.
Il valore di u0 si calcola coli' equazione (98) ed abbiamo
un = 0,9088
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 143
e quindi finalmente per l'equazione (155), la quantità di vapore sui due lati
dello stantuffo alla fine dell' esperienza è
m'-\-m'1 = 1,7554 M
mentre al principio era
m + m\ = 1,7500 M
di più la quantità di acqua sui due lati è alla fine
0,2446 M
in principio
0,2500 M
In conclusione, si ha più vapore che al principio. Come la cosa si passa in
dettaglio, e quali rapporti la massa conservi durante il processo, non si è fin
qui potuto determinare colle equazioni generali, dando esse solo la determi-
nazione per gli stati finali. Evidentemente dai risultati si deduce che in questo
caso si condensa in generale del vapore sulla faccia di sinistra dello stantuffo,
poiché esso senza aumento di calore produce un lavoro ed evapora dell' acqua
sulla faccia di destra, giacché la massa stessa si comprime senza diminuzione
di calore, e quindi riceve lavoro e calore.
Nonostante che la soluzione di questo problema sia poco sicura, io ho pro-
tratto i calcoli quanto lo consentivano le formole fondamentali. Mi è sembrato
che fare uno studio generale del problema avrebbe avuto una particolare im-
portanza , e perchè i resultati del calcolo si ottengono con certi metodi parti-
colari, e perchè anche sarebbe possibile di provarli tutti con esperienze , e
poiché infine tale soluzione ne racchiude in sé un'altra.
Supponiamo che i rapporti sieno stati scelti in modo che i risultati del cal-
colo riescano soddisfacenti, cioè che il vapore, alla fine dell'esperienza, da una
parte dello stantuffo, dove la massa è compressa, sia ancora saturo; si può al-
lora supporre che lo stantuffo possa muoversi senza che venga a prodursi una
nuova alterazione nello stato della massa totale: l'acqua ed il vapore hanno
alla fine dell'esperienza, eguale temperatura.
Io credo che l'effetto sarebbe lo stesso, quando si supponesse posto nella
primitiva posizione dello stantuffo un diagramma, e che per un foro ivi pra-
ticato si lasciasse escire dalla parte. sinistra del vapore per entrare alla destra.
In una parola, i resultati finali ottenuti sono identici a quelli che si otter-
rebbero se invece di uno stantuffo senza peso supponessimo da un vaso un
efflusso di vapore avente una pressione p maggiore di quella p0 che ha altro
vapore in altro vaso. Le esperienze a cui sopra alludemmo, potrebbero quindi
stabilirsi per il caso che il vapore da un vaso sgorgasse in un altro, in cui si
144 PRINC1PJ
trovasse pure del vapore saturo, ma d'una tensione inferiore, e mescolato
con una certa quantità di acqua. Si presenta ora la questione, se la pressione,
alla fine, ne' due vasi corrisponda a quella della teoria. Per quanto semplice
possa sembrare questa cosa , essa è diffìcile , poiché la determinazione della
quantità di acqua mescolata al vapore al principio e alla fine è diffìcile ri-
cerca, sebbene non impossibile, profittando dei mezzi che sono a nostra
disposizione.
§40.
Problema VI.
« In un vaso si trovano, m chilog. di vapore, e M-m chilog. d'acqua, en-
trambi alla temperatura t. Quale è il calore da aggiungersi, quando il riscal-
damento si fa a volume costante, perchè la temperatura finale sia t{ ?
« Qual quantità di vapore e di acqua si troveranno alla fine , e per quale
temperatura *2 sarà l'acqua trasformata in vapore?
Usando delle solite annotazioni, il volume della massa al principio e
mu-^ Mw
e quello alla line
m{ u{ + Mw
poiché nel caso che ci occupa il volume deve rimanere costante, bisognerà
che si abbia 1' uguaglianza di quelle due ultime equazioni, e quindi sia
muz=:'mìuì
quindi la quantità di vapore alla fine sarà
1 "i
e sarà del tutto determinata, quando si conosca la temperatura finale tv
L'accrescimento del calore interno si trova integrando 1' equazione (IV)
V — vk{ pi—mp + Mc^ — t)
Ora poiché il volume rimane costante, cioè non si effettua alcun lavoro
esterno , deve questo valore di V eguagliare la quantità di calore Q che si
somministra , e quindi
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 145
Se fosse conosciuta la temperatura finale tv allora per l'equazione (158) sa-
rebbe pure conosciuta* come abbiamo detto, la quantità di vapore mì , e so-
stituendo questo valore nella equazione (159), si avrebbe
Q^muì^- j-l+Mefa-t) (160)
cbe sarebbe la quantità di calore da impiegarsi.
Questi calcoli valgono evidentemente solo nel caso che il vapore sia saturo.
Il loro limite è però determinato, poiché alla fine la quantità di vapore del-
l'intera massa è mì = M, cioè quando tutta l'acqua è trasformata in vapore.
Se si chiama la temperatura per questo momento J2, e se si indicano con w2
e p2 i valori corrispondenti di u{ e plt l'equazione (154) dà
m
u* = jjU (161)
da cui per mezzo delle Tavole II e III e per mezzo d'interpolazione si ha la
relativa temperatura *2, e allora finalmente con la equazione (159) si determina
la quantità di calore da somministrarsi, che è
Q2=Mp2 -mp-flc(^- /,) (162)
Aggiungendo una maggiore quantità di calore, il vapore diventerebbe sopra
riscaldato, e quindi l'uso della precedente formoia non sarebbe più possibile.
Supponiamo, per studiare più completamente il soggetto, che gli m chilogr.
di vapore siano ottenuti da acqua alla temperatura di zero gradi, cosi dapprima
M chilogr. d'acqua vengono riscaldati da 0° a t°; (il che richiede la quantità
di calore M ci\ il vapore si genera a pressione costante /?, corrispondente alla
temperatura t (e a ciò è necessaria la quantità di calore mr), allora la quantità
di calore per produrre questo vapore sarà
Mei -\- mr
o poiché, come è noto, rz=zApu-\-p
Mei -f mp -{-rn.Apu (163)
Da questa massa M noi abbiamo ottenuto riscaldando a volume costante una
quantità di mì chilog. di vapore avente la temperatura t\ , e a ciò si impiegò
la quantità di calore data dall'equazione (159). Aggiungendo dunque i valori
delle equazioni (157) e (163), si avrà la quantità totale di calore che chiame-
remo W, che è quella necessaria per produrre mì chilogr. di vapore nelle
condizioni di sopra esposte
W-=- Mct2-\- m,p1 -|- w. Apu
146 ' PRINCIPJ
e poiché per l'equazione (158) mìui =mu
W=Mcfi4-'mi Pi + ^mi-APiui (164)
Se si fosse invece prodotto m{ chilog. di vapore, secondo il metodo che sup-
pone la forinola di Regnault, cioè se si fosse da prima riscaldata 1* acqua da
zero gradi a L', e quindi si fosse generato il vapore sotto una pressione cor-
rispondente a ti9 la quantità totale di calore sarebbe, per l'equazione (163)
Wì = Mct{+ mì Pl + mi Ap{u{ (165)
Uno sguardo su queste due equazioni, fa vedere che, secondo il metodo
di generazione del vapore, la quantità necessaria di calore è differente, e che
essa è minore secondo la nostra ipotesi, che secondo quella di Regnault; ma
la sola differenza che esiste nella quantità totale di calore, è solo nel lavoro ne-
cessano per la produzione (ultimo termine), che è più piccolo nel primo caso,
mentre gli altri due termini son eguali in tutte e due le equazioni e rappre-
sentano il calore contenuto nella massa alla fine.
Dovendo essere, alla fine dell'esperienza , tutta la massa trasformata in va-
pore, e la temperatura *2, il calore totale necessario, quando la produzione si
faccia dietro i dati del problema, per l'equazione (164), in cui dovrà farsi
m{~ M sarà
W — MÌctz+pz + ^A pafia
e poiché pz + cts rappresenta il calore contenuto nel vapore (unità di peso)J2
W=m\Jz+^- Aprili (166)
f Pz ì
Al contrario, quando la produzione ha luogo secondo l'ipotesi per cui vale
la formola di Regnault
W, = M |/a + A pali,) (167)
Un esempio spiegherà anche meglio tutto quanto dicemmo di sopra.
Sia M= 1 chilog. il peso delle masse di vapore ed acqua che si trovano
in un vaso, di cui sia m = 0,22 chilog. allo stato di vapore, ef- m=0,88
chilog. sotto forma di acqua; sia la temperatura 100°, e quindi la pressione
l'atmosfera: riscaldando a volume costante, deve la tensione del vapore rag-
giungere due atmosfere, cioè per la Tavola III la temperatura deve portarsi
a 120,60°.
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 147
Poiché (Tavola III)
t*= 1,6449 u=z 0,8560
Pi— 479,97 e 4/^=41,729
L'equazione (158) dà quindi per la quantità di vapore alla fine
1 6449
m* - 0,8565 • °'n = °'mi chil0g'
e quindi la quantità di acqua
M—miz=z 0,5773 chilog.
il calore da somministrarsi durante questo passaggio per l'equazione (160),
poiché (Tavola III)
^ = 560,7 e | = 301,7
è
Q= 114,81 calorie.
Se all'incontro si volesse che tutta l'acqua che si trovava al principio, si
trasformi in vapore a volume costante, si determinerebbe la temperatura
finale nel modo seguente :
Per l'equazione (161) è
va
u2 ±= r- u ■— 0,22 . 1,6449 r= 0,5617
e questo valore corrisponde, per la tavola III, alla temperatura tf2:= 152,22°, o
alla pressione di 5 atmosfere. Per l'equazione (162) le quantità di calorie da
somministrarsi alla massa iniziale,
02 = 1,455,05 — 0,22 . 496,21 -f 1,0224 (152,22 — 100)
o
(?2 ~ 309,48 calorie.
Un riscaldamento più prolungato inalzerebbe e la pressione e la tempera-
tura, e nel processo si seguirebbero altre leggi , poiché il vapore passerebbe
allo stato di soprariscaldato.
Se si aggiunge alla quantità di calore trovata nell' ultimo caso, quella che
era necessaria per elevare un chilogrammo di acqua da zero gradi a 100°, e
Ì48 PRINCIPI
per produrre poi a pressione costante 0,22 chilog. di vapore alla pressione di
una atmosfera, sarebbe, per l'equazione (166), la quantità totale di calore
(Tavola III)
W= 608,99 + V5 44,082 = 617,86 calorie.
Se invece si riscalda l'acqua da 0° a 152°,22, e quindi si trasforma in va-
pore sotto la pressione di 5 atmosfere, allora il calore totale a ciò necessario,
per r equazione (167), o per L' equazione (106) sarebbe
Wz — 608,99 + 44,08*2 *= 655,07 calorie.
Le formole dal (158) al (161) di sopra date valgono ancora per il caso con-
trario, cioè quando si abbia una sottrazione di calorico, o dall'esterno un raffred-
damento; e questo caso è di una particolare importanza, considerato praticamente,
poiché su questo si posano le ricerche delle esperienze della condensazione
nelle macchine a vapore , ben inteso però solo nell' ipotesi che il raffredda-
mento esterno non abbia luogo, come generalmente si fa, per uno spruzzo
d'acqua fredda.
Il problema trattato di sopra può però anche chiarire questo caso.
Siano in un condensatore 0,4227 chilog. di vapore, e 0,5775 chilog. di
acqua alla temperatura di 120,6°, e si sottragga a questa massa, mantenendola
a volume costante, la quantità di calore di 114,81 calorie, per esempio circon-
dando il vaso all'esterno con acqua fredda: allora la temperatura si abbassa
a 100°, la pressione da 2 atmosfere od 1 , la quantità di vapore è alla fine
0,22 chilog., e quella dell'acqua 0,88 chilog.
Se dapprima fosse stato solo 1 chilog, di vapore alla pressione di 5 atmo-
sfere, e questo si fosse tolto una quantità di calore = 599,48 calorie, a volume
costante, si sarebbe ottenuto, dietro i calcoli fatti, lo stesso risultato finale che
nel precedente caso.
Questi resultati ci danno anche il mezzo di risolvere un altro problema, che
è importante per poter giudicare di certe circostanze che si verificano nelle
caldaie delle macchine a vapore. Supponiamo, che il fuoco sia alimentato , la
produzione del vapore si faccia d'un modo continuo, e la macchina a vapore sia
in movimento ; allora è nota la quantità di calore che passa nella caldaia in
un certo tempo, in un secondo. Suppongasi che instantaneamente si chiuda la
comunicazione fra la caldaia ed il cilindro a vapore ; da questo momento
la generazione di vapore ha luogo a volume costante. Poiché il calore con-
tinua a prodursi sulla graticola , e quindi la quantità di calore che passa
nella caldaia rimane pressoché invariabile , si può calcolare di secondo in
secondo con l'equazione (160) l'accrescimento di temperatura e di tensione
del vapore nella caldaia, supponendo, ben inteso, note a tempo dell' in terrò t-
tasi comunicazione, la quantità di vapore e d'acqua che erano nella caldaia.
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 149
§ 41.
Problema VII.
« In un vaso (condensatore) si trovano m chilog. di vapore ed I — m
chilog. d'acqua entrambi alla temperatura t.
« In questo vaso si injettano pi chilog. d'acqua, la cui temperatura è t.
« Quando per questa operazione la temperatura del condensatore diviene U
quale è la quantità di vapore e d'acqua che vi si trova, e quale quantità
d'acqua d'injezione p, sarebbe necessaria, quando, ad eccezione di pi, e della
quantità m{ di vapore, tutte le altre quantità restano costanti? »
Suppongasi che il vaso A (fìg. 8) rappresenti il condensatore nel quale è
contenuta la quantità di vapore m{ e la quantità d' acqua M — m. Questo
vaso è messo in comunicazione per mezzo del tubo e d' una chiave , con un
cilindro , in modo però che la comunicazione fra il cilindro ed il conden-
satore può a piacere essere interrotta o stabilita.
Supponiamo la comunicazione interrotta, e che nel cilindro si abbia la quan-
tità ji d'acqua alla temperatura t, sotto la pressione di uno stantuffo caricato
di p0 chilog. pur unità di superfìcie.
(Nei condensatori della macchina a vapore la pressione p0 consiste nella
pressione dell'atmosfera esterna).
Il volume V nella massa nel condensatore è, secondo le nostre denominazioni,
V=mu-{- M<o (168)
e la quantità di calore interno contenuta nella massa
M=mP + Mct (169)
invece il volume del cilindro B dell'acqua injettata è
V1~ p,w (170)
e la quantità di calore contenuta in questa
#l=:p.CT (171)
Quindi il calore totale interno nel condensatore, ripartito fra la quantità
d'acqua e di vapore che vi si trovano e l'acqua d'injezione, è
U' ~mp~\-Mct + txcr (172)
Giom. Tng. — Voi. XVI — Febb. e Marzo 1868 10
1S0 PRINCIPJ
Si apra ora la comunicazione fino a che l'intera quantità p, non sia entrata
nel condensatore; supporrò a bella posta che la temperatura iniziale dell'acqua
d'iniezione t sia minore della temperatura t nel condensatore, e che la pres-
sione in quest'ultimo sia un poco minore della pressione dell'atmosfera esterna.
Appena la quantità p. d'acqua è entrata, si chiuda la comunicazione. Si di-
manda quale è lo stato della massa nel condensatore?
La massa totale che vi si trova è ora Jf +^ di cui una parte, m, può esser
allo stato di vapore. Sia ora *,, la temperatura, e sieno u{ e Pl i valori corri-
spondenti di mi e p, : allora il volume della massa sarà
m4 ut + (M + jj.) co
e poiché questo è uguale al volume iniziale V del condensatore, ne segue
che avremo (168):
m{ m4 + v w = m u- (175)
La quantità di calore interno, o di calore contenuto in questo volume, è
U" = mlPl + (M+v.)cti. (174)
Questo calore interno non è però uguale a quello V dato dell'equa-
zione (172), che corrisponde allo stato iniziale, quando l'acqua d'injezione non
era ancora entrata nel condensatore; ma esso calore D" è più grande del pri-
mitivo U'. .
Durante l'esperienza si è prodotto un lavoro esterno dalla massa totale, pei -
che lo stantuffo è disceso per la pressione costante j»#: ora, poiché il volume
iniziale dell'acqua d'injezione è, per l'equazione (170), (ice, e che lo stan-
tuffo durante l' infezione ha percorso quello spazio, il lavoro fatto dalla pres-
sione pò è quindi
Polito
a cui corrisponde una quantità di calore
Apogeo Ì ("5)
che ha acquistata la massa.
Di questo valore A Po p. co deve essere aumentato alla fine il calore che tro-
vavasi al principio nell'interno della massa; per cui servendosi dell equazioni
(172), (174) e (175), deve aversi la seguente equazione per il problema che
ci occupa
m p-f M et +. |t e t + A po « » i= m4 p, j- (M + v) « \h (176)
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 151
Questa equazione, in comune coli' equazione (173), risolve completamente il
problema, poiché è essa che determina i valori di p.d e m4 ignoti. Essa può
prendere anche la forma
% Pi+n \c(h — t) — ipoW)=:mp+j/c(^~ t{).
Di più, dalla (173) si ha
m u -— p, w
«i<* ~ (*77)
che posto nella precedente equazione dà pel valore della quantità p, d' acqua
injettata
|x=i~ i— (478)
Determinato cosi ja, si ha la quantità di vapore m{ che si trova nel condensa-
tore alla fine per l'equazione (117), e per la quantità d'acqua invece il valore
M+fl — mj.
Un caso speciale servirà di schiarimento.
Nel condensatore di una macchina a vapore si hanno M chilogr. fra vapore
ed acqua, di cui m = 0, 90 allo stato di vapore.
La tensione di questo è di 1 */a Atra., quindi la temperatura della massa
e (tav. Ili)
Trulli, 74°
Di più (stessa tavola)
u = 1, 1224, e -£- = 433, 9
Abbia l'acqua di infezione la temperatura
TZ=12°
e sia sotto la pressione atmosferica, cioè
Po = 10334 chilog.
Suppongasi che per P iniezione dell' acqua nel condensatare la temperatura
si abbassi e divenga
i, = 35°
152 PRINCIPJ
allora, per la tav. II, è
£ = 25, 541
e per l'equazione (111) il calore interno latente
Pi = 547,44
Quindi
B. :=21, 43
Riteniamo ancora che il calorico specifico dell'acqua sia e = 1,0224, il
volume dell'unità di peso dell'acqua ji= 0,001 e A = 1,244, si ha, calco-
lando i differenti termini dell'equazione (178),
mw(A__Pi\ = 416,69M
Me {t-tj =78,46 M
c (t{ — T) = 23' 52
*(Afr + .J)== 0,05
e quindi
a = 21, 10 M.
Quindi il peso dell'acqua d'injezione è, in questo caso, 21,10 volte più
grande che la quantità d'acqua e vapore contenuta al principio nel con-
dpnsatore.
Coli' equazione (177) si determina la quantità di vapore che si ha, alla fine,
nel condensatore; essa è
mì = 0, 038 M
e per cui la quantità dell'acqua
^_j_fJ,_mi=:22,062 M
Se si fosse supposto che nel condensatore fossero solo M chilog. di vapore,
allora si avrebbe
p, = 25, 07 M
per la quantità d' acqua d' iniezione, e
mi = 0, 043 M
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 153
per la quantità di vapore alla fine, e
24, 028 M
per la quantità d'acqua che si trova nel condensatore.
Neil' applicazione della formula (178) al calcolo della quantità d'acqua da
injettarsi nella macchina a vapore a condensazione, si può trascurare il termine
•('»+£)
perchè è sempre molto piccolo; la formula quindi che darà la quantità d'acqua
da injettarsi, sarà
jì = — — — V — i (* 79)
C (t{ — T)
Il numeratore di questa frazione, come quello dell'equazione (178), non rap-
presenta altro che la quantità di calore che dovrebbesi togliere alla massa M
a volume costante, quando la temperatura deve abbassarsi da t a tl9 come lo
fanno vedere gli studi del problema VI, e la formula ivi trovata (160).
Egl'è appena necessario di dire che questo metodo da me seguito per de-
terminare l'acqua da injettarsi per la condensazione differisce realmente da
quelli fin qui dati per un tal calcolo nelle applicazioni alle macchine a vapore
a condensazione.
Senza fare ulteriori confronti, basterà solo osservare che per la determina-
zione di quelle formole, finora si sono fatte delle ipotesi le quali , secondo la
Teoria Dinamica del Calore, non possono più sussistere.
(Continua)
FORZA MOTRICE IDRAULICA
E SUA CORRELAZIONE COI VANTAGGI DELL'INDUSTRIA.
Nel Voi. XV, pag. 558 di questo giornale fu pubblicato un breve mio cenno
circa il vantaggio industriale che potrebbe procacciarsi al nostro Paese met-
tendo a profitto la forza motrice idraulica che in tanta copia ci viene fornita
da potenti corsi di acque e trasmettendola a distanza per essere utilizzata nei
luoghi ove più acconcio ne fosse P impiego. Ad esempio di questo, citai 1 appli-
cazione utilissima che avrebbe potuto farsene raccogliendo parte della forza mo-
trice fornita dalla caduta delle Marmore e trasmettendola nel piano di Terni,
Per motivi che indicherò, sospesi il seguito di quell'articolo, ma ora vengo ad
adempire la fatta promessa.
Per istabilire la quantità di forza motrice, il valore netto da essa annualmente
creato e il numero degli Operaj impiegati corrispondentemente alle tre specie
di lavorazioni che compresi nello specchio contenuto in quell'articolo, avrei
potuto basarmi sopra risultati di ineccezionabile generalità, riportati dai molti
trattati speciali che concernono le industrie citate, e perfettamente applicabili
col dovuto criterio anche alla nostra industria, ma per posare le mie considera-
zioni sopra basi più direttamente legate alle proprie e speciali condizioni del
nostro paese, mi approfittai di ciò che viene indicato dalle nostre slesse stati-
stiche industriali, desumendo quelle cifre dalla Statistica sulle industrie manuali
della Provincia di Bergamo. Anno 1861.
Per P industria della filatura del lino e della canape, i confronti fatti tra vane
manifatture d'importanza secondaria danno risultati quasi perfettamente uniformi
e concordanti con quelli che possono dedursi dalla grande manifattura di Villa
d'Alme, i quali per ciò sono stati presi per norma come che relativi ad uno sta-
bilimento assai regolare e completo. ,
Per l'industria della lana si è proceduto nello stesso modo, se non che ì con-
fronti sono stati meno concordi nella parte dei valori prodotti per ciò che ri-
guarda la trasformazione dei filati in panni, e ciò naturalmente deriva dalle di-
verse qualità e specie dei panni prodotti, dalle diverse tinte, circostanze tutte
che non sono notate nella statistica citata; ciò non pertanto i risultati dedotti
da questa parte possono riguardarsi come medie certamente non troppo alte. I
risultati poi di tali confronti tanto per la filatura della lana greggia, quanto per
la trasformazione dei filati in panni, concordano assai bene con quelli forniti
dai principali stabilimenti di Gandino. Finalmente per la fabbricazione della
carta quella statistica non ci presenta che una sola fabbrica, Alzano Maggiore
dove si faccia la lavorazione a macchina, perciò i risultati delle altre fabbriche
non sono comparabili con questa , al qual tipo non ostante deve riportarsi una
cartiera moderna; tuttavia si sono potute stabilire le cifre dello specchio con
sufficiente accordo tra i risultati di questa fabbrica e quelli dati da diversi au-
tori e specialmente da Armengaud. Solamente prendo qui occasione di riparare
FORZA MOTRICE IDRAULICA ECC. 15$
ad una omissione fatta nel produrre lo specchio, vale a dire di far notare che
nella fabbricazione della carta non si usano i soli stracci, ma vi si unisce una certa
quantità di paglia e di stoppa, generalmente in parte eguale; nelle cartiere che
sono notate nella statistica e che ho preso per base dei miei confronti questa
aggiunta è 3,81 circa del peso degli stracci, cosicché alla lavorazione delle 8511
tonnellate di stracci notate nello specchio bisogna supporre che sia contempo-
ranea quella di 32427 tonnellate tra paglia e stoppa, cosicché in tutto la lavora-
zione di 8511 tonnellate di stracci suppone quella di 40938 tonnellate di materia.
Senza questa correzione le cifre della forza motrice, corrispondente alla materia
lavorata, sarebbero state eccessive.
Gli elementi pertanto che risultano da tutti questi confronti si riuniscono nel
seguente quadro :
Materia soggetta
Quantità consu-
Genere del
Forza corri-
Valore netto creato
alla lavorazione
mata in un Anno
prodotto
spondente in
Cavalli
per ogni Cavallo di
forza impiegata
Lino e canape
1000 K.
Filati e refe
0,254
3034 Lire
Lana greggia
1000 K.
Panno
1,950
2007 id.
Stracci (uniti a
3810 di paglia
e stoppa)
1000 K.
Carte diverse
0,830
1200 id.
Le cifre portate nell'ultima colonna di questo specchio rappresentano il valore
creato dalla forza di un cavallo (1) nella lavorazione di quelle tre specie di ma-
teria, netto da ogni spesa di materia prima , di ingredienti, di mano d'opera e di
interesse del capitale immobilizzato pei fabbricati, macchine e motori. Esse sono
dunque l'espressione dell'utile netto che ciascuna delle tre industrie prese ad
esame fornisce per ogni cavallo della forza motrice impiegatavi e sono in corri-
spondenza di quelle cifre che nella 4.a colonna dello specchio precedente forni-
scono il valore netto creato colla lavorazione delle quantità di materie prime
contenute nella 2.a colonna. Esse rappresentano il benefìcio dell'industriale; ma
vuoisi avvertire che il valore assoluto creato da una industria è invece la sem-
plice differenza fra il valore della materia prima e quello del prodotto ottenuto;
non bisogna confondere questo valore assoluto con quello che è l'utile, ossia be-
neficio dell' industriante, giacché questo beneficio dipende dalle spese accessorie
di mano d'opera, macchine, fabbricati ecc., ed é perciò estremamente variabile
da luogo a luogo , ed in uno stesso paese varia a seconda delle circostanze e
condizioni della fabbrica e della abilità del manifatturante. Il valore che una
data materia, lino, canapa, lana, stracci acquista diventando tela, panno, carta,
è un vero valore acquistato al paese e sul quale traggono guadagno l'operajo'
l'industriante ed il commerciante, esso rappresenta la ricchezza procacciata al
paese coli' industria e da questa ricavata come da miniera inesauribile.
Ciò posto farò avvertire che questo valore assoluto creato colla manifattura,
molto più costante del primo, è almeno il doppio di quello che rappresenta l'u-
tile netto ossia beneficio del manifatturiere; questa proporzione non è affatto
esagerata mentre si possono citare dei fatti e specialmente relativamente alla
(1) Per forza di un Cavallo s'intendono 75 Kilogramraetri misurati sull'asse del
motore,
156 FORZA MOTRICE IDRAULICA
manifattura del lino e della canape dove il valore assoluto è quasi triplo del-
l'utile netto. Può dunque stabilirsi senza timore alcuno di cadere in eccesso
che il valore assoluto che può crearsi col concorso della forza meccanica dell'u-
nità dinamica cavallo vapore, è in un anno:
Per la manifattura dei lino e canape di .... Lire 6068
Per quella della lana W. 4014
P«r quella degli stracci . id. 2400
Cosicché il totale del vero valore acquisito al paese mediante la manifattura
delle quantità di materie riportate nel primo specchio della prima parte di questo
articolo, col concorso della forza motrice di 12182 Cavalli sarebbe non minore
di Lire 45.520.000 all'anno.
Che se poi, come è logico di presumere, per l'attivazione in così vasta scala
di una sorgente di forza motrice cotanto economica e così favorevolmente situata
per l' industria e pel Commercio, siccome lo sarebbe in Terni quella che io pro-
pongo e della quale soltanto ora parlo, si aumentasse per naturale conseguenza
ia quantità dei prodotti naturali lino, canape, lana ecc. sopra quella che oggi
costituisce l'ordinaria produzione del nostro paese, cosicché col tempo andasse
ivi a realizzarsi l'impiego di una forza motrice assai più considerabile, allora
non solo il maggior valore assoluto creato con la manifattura di questi nuovi
prodotti, ma bensì pure il loro stesso valore dovrebbe considerarsi siccome mag-
gior ricchezza acquistata al paese, ed ognun vede che questa nuova ricchezza
creata al paese potrebbe raggiungere una cifra enorme.
Dopo tutto ciò però sorge spontaneo il dubbio se sarà mai possibile che nel
nostro paese venga ad accrescersi in tal modo l'industria manifatturiera, po-
tendosi temere ch'essa verrebbe sempre sopraffatta dalla concorrenza della in-
dustria estera. A questo dubbio un breve confronto risponde vittoriosamente. Ec-
cettuate alcune località dove e con gran cura si è approfittato della forza motrice
idraulica, tutta la grande industria manifatturiera estera è costretta a servirsi
delle macchine a vapore per suo agente motore. Ora anche nei paesi meglio fa-
voriti sotto il rapporto del carbon fossile, l'azione dei motori a vapore per 300
giorni e per 10 ore al giorno porta una spesa non minore di 750 a 800 lire per
cavallo, cosicché relativamente agli opificj attivati dai motori idraulici e posti a
parità delle altre circostanze il prodotto manifatturato corrispondente a ciascun
cavallo di forza è in quelli gravato almeno di una spesa maggiore di lire 700
(calcolando a 75 lire circa la spesa annua dei motori idrulici). Perciò potendosi
stabilire che l' azione di un cavallo di forza produce in un anno circa
3000 Kil. di lino filato
500 id. di panno ordinario
3000 id. di Carta comune
ne risulta a vantaggio di una tonnellata di ciascuno di questi prodotti ottenuti
negli opificj idraulici un vantaggio di
Lire 233 pel lino filato
id. 1400 pel panno
id, 233 per la carta
E SUA CORRELAZIONE ECC. 157
A questa differenza bisogna aggiungere quella delle spese di trasporto che non
è meno di 20 lire per ogni tonnellata di merce proveniente dal Belgio, da Francia
e da Inghilterra, avremo dunque che a beneficio della nostra industria manifat-
turiera posta in confronto coli' estera, esiste un vantaggio tale che la dovrebbe
mettere al sicuro da ogni concorrenza assai più efficacemente che non potreb-
bero farlo i dazi protettori. Se noi vediamo che disgraziatamente molte delle
nostre industrie non prosperano e soffrono il danno della estera concorrenza, è
mestieri ripeterlo, nella generalità dei casi, dalla deplorabile imperizia colla quale
si conducono molte delle nostre manifatture.
Questi risultati li ho basati sopra le condizioni speciali e tutte proprie di ana-
loghe manifatture stabilite in Italia e sebbene le statistiche industriali che ho
potuto consultare non forniscano sempre dati sicuri e completi, tuttavia per ana-
logia di altre deduzioni ricavate dalla osservazione di estere manifatture ritengo
che possano presentarsi come sufficientemente esatti, dovendoli considerare piut-
tosto siccome minimi che di troppo elevati.
Dopo queste considerazioni generali, le quali mi lusingo che potranno convin-
cere ognuno, che l'industria manifatturiera d'Italia per trovarsi in condizioni
favorevolissime, può e deve necessariamente svilupparsi ed accrescersi, passo a
parlare brevemente della particolare applicazione che si riferisce all'enunciato
progetto di raccogliere una parte della forza motrice della caduta delle Marmore
per renderla comodamente ed economicamente utilizzabile dalla industria nella
pianura di Terni.
Siccome accennai nel principio di questo articolo, tre sono i mezzi che si pre-
stano per la trasmissione della forza a grandi distanze. L'acqua portata artificial-
mente ad altissima pressione (50 atmosfere); l'aria compressa a mediocre pres-
sione (da 6 a 10 atmosfere circa); le trasmissioni funicolari con funi metalliche
a grande velocità, dette più specialmente trasmissioni telodinamiche. Il primo di
questi mezzi, che a prima vista sembra il più semplice, nel caso nostro speciale
non era il più conveniente, giacché non volendo eccedere la pressione ordinaria
che si adotta in consimili trasmissioni, la resistenza della lunga condottura avrebbe
portato una considerevole perdita di effetto utile, a meno che non si fosse adot-
tato un diametro ben grande ed incompatibile allora con la giusta economia del-
l'opera ; mentre poi se adottando pure pressione molto più forte si fosse dimi-
nuito il volume d'acqua necessaria a convogliarsi e così si fosse reso possibile
un minor diametro della condottura, si sarebbero allora incontrati molti incon-
venienti per le suddivisioni della forza in piccole frazioni; inoltre un tal sistema
sarebbe stato assolutamente impraticabile per la trasmissione della forza nel piano
superiore di Rieti, che pure conviene di avere in vista ; e ciò anche per la sola
forza di 1500 cavalli; peggio poi per una trasmissione di forza tripla, e quadrupla
e sino a 12000 cavalli.
Tuttavia questo sistema posto in altre condizioni diverse da quelle della tra-
smissione principale, ha tanti vantaggi che non deve essere escluso per la tra-
smissione in dettaglio delle piccole forze a distanza minore, siccome nel seguito
accennerò.
La trasmissione ad aria compressa quando le parti del sistema sieno convenien-
temente coordinate, non dà luogo alle medesime sfavorevoli condizioni, e perciò
fu questo il mezzo che ritenni più opportuno di essere applicato, non però senza
dovere adottare qualche speciale disposizione destinata a rendere possibile la
158 FORZA MOTRICE IDRAULICA
compressione di un grande volume di aria quale si sarebbe richiesto per la tras-
missione a Terni anche di soli 1500 cavalli di forza (quale si dovrebbe fare
nell'esordio dell'1 impresa) ma dopo lo studio meccanico, venne lo studio econo-
mico, e mi dimostrò che sotto questo rapporto l'attuazione del progetto, sebbene
meccanicamente possibile, non avrebbe poi fornito un risultato economico di suf-
ficiente utilità industriale.
Restava dunque l'altro mezzo, vale a dire la trasmissione della forza col sistema
telodinamico , mezzo che pone in grado di far valicare alla forza lo spazio quasi
senza perdita sensibile di effetto utile. Meglio studiato questo sistema ed assicuratomi
dei risultati pratici che esso fornisce nei luoghi dove è applicato su vastissima
scala, ebbi a convincermi che esso era il solo mezzo applicabile in questo caso,
con vera utilità industriale tanto sotto il rapporto meccanico che sotto quello eco-
nomico; a parità di distanza e di forza trasmessa esso costa dieci volte meno.
Contro una tal cifra non v'era da bilanciare, e questo spiega l'adozione che ne
ho fatto invece di quello ad aria compressa che aveva annunciato.
Il sistema è tanto semplice che a darne un' idea non è necessario far uso di
disegni. '. j.
Una turbina ad asse orizzontale di quattro metri e mezzo di diametro serve
di motore ad una grande puleggia a tre gole del diametro di quattro metri posta
sullo istesso asse della turbina; un'altra puleggia parimenti a tre gole e dello
stesso diametro è posta innanzi a questa nello stesso suo piano e col suo asse
paralello a quello della prima alla distanza di sei metri; anche su questo asse
trovasi una turbina identica alla prima. Ciò per 1' apparato motore al piede della
caduta. Al punto dove si vuol far pervenire la forza, presso Terni a tre kilometn
e mezzo di distanza dall'apparato motore, è installato un assieme di due altre
grandi puleggie identiche alle precedenti e identicamente disposte, se non che
non sono munite di turbina ; i loro assi portano invece direttamente le puleggie
minori e in quel numero e in quel diametro che si vuole, destinate alla dira-
mazione della forza ai varii stabilimenti. Una fune d' acciajo perpetua del dia-
metro di 22 millimetri abbraccia ciascun sistema di due puleggie in un modo
analogo a quello col quale una fune abbraccia le rotelle d'una taglia comune.
I due°capi della fune si ricongiungono con una semplice impiombatura.
Altrettanto opportuno quanto semplice congegno permette di assegnare il mas-
simo limite di forza motrice che ciascun opificio potrà derivare dal centro
principale, e al tempo stesso stabilisce il limite dello sforzo che sopporterà la
fune, impedendo cosi qualunque aumento di tensione che potesse cagionarne
la rottura. .
Tralascio di parlare degli organi regolatori sì del volume dell'acqua lanciato
sulle turbine, e sì del movimento delle puleggie stesse onde riesca perfettamente
uniforme ed identico in ambedue quelle che formano 1' apparato motore, essendo
questi organi già ben noti, e qui prendo l'occasione di dichiarare che ritengo
essere principal merito di questo mio progetto il non esservi in esso la benché
minima invenzione; nulla vi si trova che non sia stato già efficacemente provato da
prolungata esperienza di pratico esercizio, e ciò io credo sia la massima garanzia
che possa desiderare l' industria.
Lungo lo spazio che passa tra l'apparato motore e l'apparato ricevitore, cia-
scuno dei due rami della fune è sostenuto a circa ogni 100 metri da una rotella
di ferro fuso; queste rotelle sono collocate a due a due l'una accanto all'altra
E SUA CORRELAZIONE ECC. 159
sulla sommità di altrettanti pilastri di muro quante sono le coppie di rotelle,
alti sei metri ognuno sul piano di campagna.
Queste rotelle di sostegno hanno una particolare disposizione adottata dall' ing.
Agudio, e che fece ottima riuscita nelle esperienze fatte sul piano inclinato del
Dusino sopra un sistema di trazione funicolare inventato dal medesimo ingegnere,
Questo sistema dalle persone più competenti dell'arte è giudicato il migliore
dei tanti e proposti e provati. E qui di passaggio dirò che fino dal primo concetto
che ebbi di questo progetto avendo avuto in vista 1' applicazione che in un modo
o nell'altro avrebbe potuto farsene per l'esercizio di un piano inclinato da sta-
bilirsi fra la pianura di Terni e quella di Rieti , ho voluto associarmi nelT im-
presa lo stesso sig. Agudio, giacché la costruzione di una ferrovia tra Terni e
Rieti (che dovrà inevitabilmente farsi un giorno) non potrebbe avere miglior
soluzione di questa, e i due sistemi funicolari verrebbero così a completarsi
scambievolmente.
Ma tornando alla forza motrice da trasmettersi in Terni, dirò che l'acqua mo-
trice verrebbe raccolta prossimamente al ciglione della caduta delle Marmore, e
sulla riva sinistra dei Velino. Il luogo si presta ottimamente ad una facilissima
derivazione, e fra le altre ragioni l'ho prescelto onde evitare più o meno fon-
date obbiezioni che avrebbero potuto farsi contro una derivazione fatta in qua-
lunque altro punto del fiume, e molto più se prima del cosi detto ponte re-
golatore.
Dal punto di presa d'acqua si diparte un canale, che nel suo corso parte sot-
terraneo e parte sulla costa del monte, sviluppa 600 metri di lunghezza. La sua
pendenza è di 0,005 per metro e le sue dimensioni sono per ora calcolate suffi-
cienti a fornire metri cubi 3,375 d' acqua per ogni minuto secondo, sufficienti
a fornire la forza di 4500 cavalli effettivi al punto d'arrivo della forza presso
Terni, avuto riguardo ad ogni sorta di resistenze passive. L'estremità di questo
canale viene a far capo in un bottino di muratura costruito in modo da
potervi immettere due grossi condotti di ghisa del diametro interno di M. 0,80.
Il livello dell'acqua di questo bottino sovrasta alle bocche degPinjettori delle
turbine di M. 167,75. Tale è dunque l'altezza della caduta che si metterebbe a
profìtto per trarne la forza motrice coi volumi di acqua sopraindicati. Il detto
bottino è collocato in un punto della costa del monte, che domina quasi appiombo
la sottoposta spianata denominata il Toro, e nella quale verrebbero stabiliti i
motori. L'acqua che ha agito su questi ritornerebbe immediatamente ivi stesso
nel fiume Nera , restandone così inalterata la sua portata e il suo regime e per
ciò senza arrecare la minima alterazione alle derivazioni che, sia per irrigazioni
sia per opifìcj esistono già solo inferiormente a questo punto.
Naturalmente non essendo presumibile che fino dal principio della impresa
una forza cosi considerabile possa trovare impiego, sia con nuove industrie sia
con quelle già stabilite, l'apparato che si è descritto si costituirebbe nel suo in-
sieme in modo soltanto da fornire 1500 cavalli effettivi di forza. Ma questo limite
si riversa principalmente e quasi unicamente sulla fune di trasmissione, giacché
le quattro grandi puieggie, i due motori e tutti gli altri accessori sarebbero co-
stituiti in modo che con modificazioni di pochissima entità e quasi senza nes-
suna spesa potesse la forza trasmessa raddoppiarsi col solo cambiamento della
fune metallica, cosicché la spesa per passare da 1500 a 3000 cavalli consisterebbe
quasi unicamente in quella della nuova fune; mentre poi è da notarsi che un
160 FORZA MOTRICE IDRAULICA
incremento di distribuzione di forza qual sarebbe quello di 1500 cavalli impli-
cherebbe l' attivamente) di molti altri opificj, e la prima fune potrebbe utilissi-
mamente impiegarsi nella costituzione delle nuove trasmissioni parziali che ver-
rebbero richieste; devesi dunque ritenere che la disposizione sopradescritta è in
sostanza atta a fornire e trasmettere la forza di 3000 cavalli. Nei piano generale
del nostro progetto abbiamo preveduta 1' istallazione di quattro apparati identici,
cosicché il risultato finale del progetto quando lo sviluppo dell'industria lo ri-
chiedesse, sarebbe quello di fornire nel piano di Terni la forza effettiva di 12000
cavalli. Nel qual caso si dovrebbe però modificare ed ampliare il canale supe-
riore dell'acqua, in modo da renderlo capace di portare 9 metri cubi di
acqua in 1".
Trattandosi di un progetto che dovrebbe realizzarsi per impresa privata, una
legittima riserva vuole che non si prefìgga fino da questo momento il prezzo
a "cui la forza motrice potrebbe esser venduta o locata alle diverse industrie;
esso naturalmente dipenderà dal maggiore o minore vantaggio che potrebbe ri-
cavarne ciascuna specie di industria; dalla maggiore o minore ricerca che si farà
della forza, e finalmente dal maggiore o minore benefìcio che l'impresa giudi-
cherebbe di poterne trarre per premio dei suoi capitali. Sarebbe perciò impos-
sibile e forse anche dannoso lo stabilire sino da questo momento una tariffa di
questa forza; quello però che possiamo dire si è che la forza motrice ottenuta
con tal mezzo e in tal proporzione risulterebbe di un prezzo bassissimo e tale
senza alcun dubbio da essere non solo di molto inferiore a quello della forza
ottenuta coi motori a vapore, ma bensi pure notevolmente inferiore a quella
che si potrebbe ottenere mediante i motori idraulici parzialmente stabili nei sin-
goli opificj.
L'apprezzamento dei lavori che si dovrebbero fare per ottenere effettivamente
trasmessa nel piano di Terni, e nel punlo fissato nel progetto, la forza di 1500
cavalli ne fa risultare la spesa totale pari a IL Lire 300.000. Supposto pure che
per questo capitale si voglia un premio ben forte, ed aggiunto anche a questo
la spesa di mantenimento e di esercizio (che per tal genere di trasmissione è
piccolissima) è evidente che il prezzo annuo a cui la impresa potrebbe vendere
la forza sarebbe già mitissimo per questo stesso primo limite di 1500 cavalli. E
siccome per raddoppiare questa forza sarebbe più che sufficiente la spesa di 70000
lire, cosi ne risulta che la forza portata alla quantità di 3000 cavalli costerebbe
alla industria circa la metà del prezzo primitivo, dando alla impresa la medesima
proporzione di premio.
Passando invece dai 3000 ai 12000 cavalli, la spesa se non del tutto, riesce però
quasi proporzionale alla forza stessa , cosicché da questo lato non si conse-
guirebbe un abbassamento di prezzo così rilevante come prima; tuttavia esso
sarebbe sempre notevole, ed assai probabilmente il prezzo di vendita della
forza potrebbe ridursi quasi ad un terzo del primitivo , corrispondente a 1500
cavalli.
Ora cade in acconcio di far osservare che la forza trasmessa, come ho spie-
gato, nel piano di Terni in un punto unico, quasi come a stazione generale,
oltre al dividersi e diramarsi con ogni facilità e con grande economia in ogni
direzione a ciascuno dei vecchi opificj e dei nuovi che sorgerebbero, potrebbe
portarsi e suddividersi nella stessa Città di Terni per uso delle piccole industrie
e per molti usi di comodo privato.
E SUA CORRELAZIONE ECC. 161
Se non che quando queste diramazioni di forza nell'interno della Città do-
vessero essere numerose e specialmente suddivise in piccole quantità, siccome
per esempio se si trattasse di distribuire in molti punii forze di 1 cavallo; Va
cavallo; Vi di cavallo o meno ancora, ad uso per esempio di fornaj , calzolaj ,
sarti, ferrari, falegnami ecc. pei quali mestieri tornerebbe utilissimo di avere di-
sponibile in qualunque momento e con qualsiasi intermittenza una piccola forza
motrice, in tal caso, dico, l'estendere a queste piccole suddivisioni di forza il
sistema funicolare nescirebbe non semplice, né economico. In tale emergenza si
presta mirabilmente e ne ha già fatto le sue prove in Inghilterra, in Scozia, in
Francia, in Belgio e altrove, il sistema di trasmissione idraulica ad alla pres-
sione. Poca acqua portata artificialmente ad elevata pressione con un mezzo
meccanico quale sarebbe per noi porzione della forza presa sull'albero princi-
pale delle puleggie d'arrivo, potrebbe con tutta facilità e semplicità diramarsi
con un condotto e altre piccole condottare secondarie, nell'interno e in qua-
lunque punto della Città di Terni, dando pure il vantaggio di una distribuzione
d'acqua a domicilio. I motori idraulici del sistema Armstrong e Ramsbottom
(costruttori inglesi), i quali per la forza di 1 cavallo occupano appena lo spazio
di un quarto di metro quadrato, applicati alle estremità di queste piccole condol-
ture risolverebbero il problema col massimo vantaggio.
Tali piccoli motori idraulici si fanno della forza da Vi di cavallo a quella di
5 06 cavalli: occupano come ho detto pochissimo spazio; agiscono senza strepito
alcuno e senza che si vegga l'acqua motrice che le mette in azione e perciò
senza produrre la minima umidità nel luogo ove sono collocate e che perciò
può essere una camera qualunque; sono semplicissime e solidissime e perciò
non esigono nessuna spesa di manutenzione, altro che quella di un poco d'olio
di tanto in tanto. Queste prerogative e i vantaggi di queste macchine ho potuto
constatare io stesso principalmente osservando le ingegnosissime disposizioni
meccaniche con le quali il detto sistema è applicato nei docks di Marsiglia e
di Londra.
Ecco in qual modo col concorso di questi due sistemi io ritengo che sia solo
possibile di trasmettere con vero industriale vantaggio nel piano di Terni una
forza motrice considerevole raccolta dalla caduta delle Marmore , per distri-
buirla a quanti opificj si voglia e diramarla in piccole frazioni nell'interno della
Città stessa.
Allorché mi pervenne il fascicolo di Settembre di questo giornale, nel qual
fascicolo comparve il principio di questo mio scritto, invece di comparire in
quello di Agosto, siccome avrebbe potuto, avendone io consegnato il mio mano-
scritto in tempo opportuno al chiar. sig. Marchese Pareto Direttore del Giornale,
trovai che era slato preceduto fino dal mese di Agosto (1) dalla pubblicazione di
altro scritto dell' Ing. sig. Ottavio Coletti sopra lo stesso argomento che io mi
proponeva di trattare, vale a dire la trasmissione al piano di Terni di una parte
della forza motrice della caduta delle Marmore, circostanza che non essendo as-
sociato a questo Giornale, m'era passata inavvertita. Non volendomi trovare a
(1) Notisi che la memoria del sig. Ottavio Coletti ci era stata data dal compianto itlg. Piatti fin dal
mese di Aprile, e che ne fu ritardata la pubblicazione per l' incisione delle tavole. In generale la pub-
blicazione delle memorie è fatta in ragione dell' epoca in cui le si consegnano.
La Redazione.
162 FORZA MOTRICE IDRAULICA ECC.
trattare dello stesso argomento contemporaneamente ad altri, sospesi il seguito
dei mio articolo. Ora che col fascicolo del passato mese di Dicembre il signor
Ing. Goletti ha dato fine alla sua pubblicazione, nella quale vedo con soddisfa-
zione che il lodato sig. Ingegnere trovasi perfettamente <T accordo colle idee ge-
nerali già da me esternate in precedenza in un piccolo programma a stampa
che sino dal mese di Aprile io pubblicai e feci anche pervenire al Municipio di
Terni, proseguo la pubblicazione del mio scritto.
Si può in questo notare, che a differenza di ciò che proponeva in quel primo
programma, ho interamente abbandonata l'idea di una trasmissione ad aria com-
pressa, ma ho adottato invece la molto più semplice, molto più economica, e
molto più sicura trasmissione funicolare, e ciò per le ragioni che qui sopra ho
esposte. Per queste stesse ragioni e per alcune particolari condizioni delle dispo-
sizioni proposte dal sig. Ing. Coletti io sono convinto che l'esecuzione del suo
progetto sarebbe ben lontano dal raggiungere quei risultati meccanici ed econo-
mici che l'autore se ne ripromette.
Firenze, li 7 Febbrajo 1868.
Angelo Vescovali Ing.
PROGETTO DI UN PONTE GIREVOLE
DA COSTRUIRSI IN MILANO
PER DARE IL PASSAGGIO AI CARRI FRA I DUE TRONCHI DELLA VIA MONTEBELLO
ED ALLE BARCHE SUL NAVIGLIO DI S. MARCO.
Ideato dallo scultore Innocenzo Fraccaroli (1).
(Vedi le tav. 7.a, 8.a e 9.a)
Si è al savio ed imparziale vostro giudizio, onorevoli Colleghi, ch'io presento
e sottopongo un mio progetto di un ponte sul naviglio di S. Marco, onde con-
giungere la via Montebello, interrotta dal naviglio medesimo, da costruirsi in
modo carrozzabile e mobile al tempo stesso pel libero passaggio delle barche.
Fatto sicuro da persona autorevole, come si possa per semplici prescrizioni
al custode della vicina conca di Piazza S. Marco ottenere V acqua sempre ad un
livello, mi sono proposto di sviluppare simile argomento con un semplice pro-
getto, del quale vi presento il piccolo modello ed i disegni relativi, persuaso, che
i miei intendimenti non saranno indegni di esser presi in considerazione, quan-
tunque provengano da un estraneo alla scienza meccanica e idraulica dell'in-
gegnere.
Fu adunque mio principal pensiero, quello di immaginare il ponte in modo
girevole, e che nella sua costruzione importasse il minor possibile dispendio, e tale
per la sua semplicità, da rimuovere ogni idea di guasto, e fosse eziandio, il più
sollecito e facile ad aprirsi e chiudersi, affine di non interrompere od arrestare
di troppo il passaggio dei veicoli e dei pedoni, qualora per questi ultimi, non si
eseguisca il passatoio già indicato...
A raggiungere tali qualità, che erano del mio precipuo intendimento, credetti
opportuno, che un galleggiante, potesse valer meglio a questo intento, di qua-
lunque altro mezzo meccanico più complicato ed assai più dispendioso. Diffatto, io
lo applicai sotto l'estremità dei ponte ove si sposta dalla riva per aprirsi, e tale
applicazione rispose egregiamente al mio concetto, rendendo così facile e pronta
l'operazione di aprirlo e chiuderlo, da esser fatta, io penso, forse in meno di
due minuti.
Come facilmente rileverete dai disegni anzidetti, e dal presente piccolo modello
di questo ponte, la prontezza e facilità di simile operazione, derivano dalla sua
(1) Questo progetto fu ideato fino dal 15 febbrajo 1867 e comunicato all'Ateneo dì Milano, che fu
generoso de' suoi ertcomii all'autore.
464 PROGETTO
semplicità, che non ha sfregamenti od attriti ai suo movimento, non essendovi
a reggerlo , che il galleggiante da un lato , ed il perno dall' altro che lo tiene
rialzato ed obbligato a posto.
Le carrucole sottoposte in giro sulla piatta forma, sarebbero inerti, essendo-
ché io intenda, sieno queste collocate più basse di due centimetri circa rispetto
a quanto il ponte sta rialzato dal perno, e ciò ai solo ed unico scopo di opporvi
resistenza nel caso transitasse un peso straordinario fuori del suo centro, e po-
tesse smuoverlo dal suo livello.
Tutti gli altri pesi, come sarebbero le carrozze, gli omnibus, i carretti ecc.,
io sono persuaso non potranno mai apportargli alcuna alterazione, e per la sua
mole assai pesante, e perchè ancora nella sua esecuzione in grande, poserà in
piano sul vivo della riva opposta per cinque e più metri in linea orizzontale,
obbligatovi, dai semplici mezzi indicati che lo abbassano per 12 centimetri fer-
mandolo in modo irremovibile (vedi Tav. 8, fig. 1 e 2).
E si è con un simile rialzo di 12 cent, ch'io intenderei registrare il ponte col
mio galleggiante, sempre allo scopo di evitare attriti, e di poterlo aprire senza
ostacoli, ancorché il livello dell'acqua mi si abbassasse anche di 10; in caso op-
posto, se sarà di molto, io credo resterà anche ferma la navigazione, se di poco,
il mio ponte si aprirà. più facilmente, e richiamato a posto con una piccola
catena fissata alla riva che deve star sempre immersa nel naviglio, il suo abbas-
samento sul vivo della riva, sarà egualmente facile, trattandosi che l'acqua si
avvallerà obbediente ai bisogni del galleggiante che arriva carico del peso del
ponte.
Nel caso poi che le circostanze fosser tali da rendere al livello dell acqua un
abbassamento notabile, ciò che arresterebbe senza dubbio la navigazione, io avrei
tuttavia provveduto anche a questo inconveniente, inserendo fra il ponte e le
teste del galleggiante due regolatori a vite, i quali mostrandosi al dissopra del
ponte lungo le sbarre, possono esser girati per una chiave, e procurar così con
sollecitudine quell'abbassamento al galleggiante che più abbisogna (vedi Tav. 8,
fig. 3). Ma lo scopo di queste viti è quello di tener sospeso il galleggiante, nei
casi in cui vien tolta 1' acqua, e di poterlo levare ad un bisogno.
A prevenire poi le osservazioni che mi si potessero fare, cioè, come il ponte
sarebbe esposto a dei guasti ove sta rattenuto dal perno e pei suoi movimenti
fuori delle linee del suo livello , pel galleggiante che lo rialza ed abbassa a se-
conda delle oscillazioni dell'acqua, e pel transitare dei gravi pesi esternamente
al suo centro, siccome ho detto, farò osservare, come io ritenga d'aver provve-
duto anche a questo, e ciò, coli' ideare il perno medesimo fisso sulla piattaforma,
e sopravanzato da un corpo sferico di maggior diametro , il quale sarebbe rice-
vuto ed abbracciato da una calotta di bronzo concentrica ( egualmente che una
ghianda dal suo guscio), inserta di sotto in su stabilmente nella grossezza del
ponte, e con tale' applicazione, io non dubito di averlo reso libero nei suoi mo-
vimenti e salvo da qualunque siasi sconcio (vedi Tav. 8, fig. 4).
Ho inoltre posto riparo alla riva destra del naviglio, acciocché, accostandosi il
ponte con forza per la spinta che riceve più o meno gagliarda, da chi lo apre,
non abbia a scomporla, e questo consiste in un pala immersa nell'acqua, mobil-
mente sorretta da un braccio sporto da una trave, conficcata sul fondo del canale
a perpendicolo, rasente il muro della riva: questo congegno pescando nell'acqua
offre una cedevole resistenza, e fa sì, che l'urto del ponte non passi alla nva3e
DI UN PONTE GIREVOLE ECC. 165
si raddolcisca ed annienti contro questa pala , che dista un metro circa dalia
riva (vedi Tav. 8, fig. 5).
Alla riva opposta dove il ponte si chiude, avrei pure raddolcito l'urto appli-
candovi un cuscino di gutta perca (vedi Tav. 8, fig. 6)
Da questa mia breve descrizione, e colla scorta del piccolo modello di questo
ponte, e de' suoi disegni, io spero, egregi Colleghi, di aver chiarito e dimostrato:
i.° La minima spesa nella sua costruzione riducendola (col mio concetto) ad
una piccola barca: fatta astrazione ben inleso di quella dei ponte colle sbarre,
manufatti ecc. ecc. che occorrerebbe sempre qualunque fosse il sistema che si
volesse adottare.
2.° La ben lontana possibilità di guastarsi, perla speciale sua semplicità, non
presentando alcuna complicazione.
3.° La facilità e prontezza d'aprirlo e chiuderlo: cose tutte importanti e degne
a mio credere, d'esser prese in quella considerazione che si meritano, come pure
la singolarità che presenta per la sua forma, di chiudere la pubblica via colla
propria sbarra quando gira per dare il passo alle barche.
Per tutto quanto poi riguarda alla solidità di quest'opera, alla giustezza delle
proporzioni, all'esattezza e giudiziosa esecuzione di ogni singola sua parte, io
non dirò parola alcuna, appartenendo tutto ciò a coloro che si conoscono scien-
tificamente di quest'arte; io sarò pago e soddisfatto, se tali mie indicazioni var-
ranno a favorire la effettuazione di quest'opera che è tanto reclamata.
15 febbrajo 1867.
Innocenzo Cav. Fraccaroli
Prof, di scultura, e socio effettivo dell'Ateneo.
Giorn. Ing. - Voi XVI. - Febb. e Marzo 1868. il
IL PRINCIPIO FONDAMENTALE
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO E A CAPSULA LIBERA
Vedi tavola 10."
I cerni sferici furono tentati più volte dai costruttori , specialmente per dar
luco nel perno a movimenti laterali: ma tutte le costruzioni ordinarie di questo
genere in cui una sfera si muove entro un cuscinetto sferico fisso, diedero in
pratica cattivi risultati in grazia del pronto deterioramento che avviene per causa
dell'essere le pressioni assai inegualmente ripartite sulle superfici sfregante.. Il
P Porro invece ideò e costrusse in varie macchine dei perni sferici fondati sopra
tuli' altro principio e che, a quanto egli afferma , diedero i più splendidi risul-
tati Ivi la sfera, con cui supporremo che termini il perno, si appoggia e si muove
entro una capsula sferica il cui asse fa un angolo coll'asse dell'albero che gira:
la capsula poi è appoggiata al sostegno fisso per un solo punto e può quindi
girare e muoversi in tutti i sensi intorno a questo punto in virtù dell az.one
comunicata dal perno. Il principio stabilito dal P. Porro e da lui verificato sempre
in pratica è il seguente:
Ammesso piccolissimo ? attrito nel punto d' appoggio della capsula sul sostegno,
esiste un rapporto fra la velocità angolare che prende la capsula e quella del perno
il quale dipende unicamente dall'angolo che fa l'asse della capsula, con quello del
perno e daW ampiezza della capsula, ed è affatto indipendente tanto dalla natura
delle superfici del perno e della capsula, quanto dal loro stato di lubrificazione.
Come caso particolare di questo principio avviene in pratica che, quando la
direzione dell'asse dell'albero passa pel bordo della capsula, ossia tocca il pa-
rallelo massimo che termina la capsula, il rapporto fra le due velocità accennate
risulta esattamente di 1 : 2. ......
Non avendo notizia che la dimostrazione teorica di questo principio sia stata
trattata e pubblicata da alcuno, io scriveva al mio amico e distinto matematico
ing Antonio Pievani, invitandolo ad occuparsi della dimostrazione stessa e del
ritrovamento dell'equazione che lega fra loro teoricamente le due velocita ango-
lari sopra indicate. .
La lettera che io ricevetti in risposta è quella che, avuta la necessaria auto-
rizzazione, credo bene di pubblicare, fattavi qualche leggera modificazione neces-
saria per darvi il più possibile il carattere 9 un articolo, pel quale non era stata
scritta dall' autore. Con ciò spero che il prof. Porro, il quale in fondo è l'autore
primo della questione, vorrà occuparsi di fare tutti gli appunti e le osservazioni
che crederà in proposito , nonché di esporre tutti i vantaggi pratici da lui tro-
vati in queste costruzioni, rendendo così la questione stessa assai più chiara e
meglio nel dominio del pubblico....
8 Ing. E. Olivieri.
PRINCIPIO FONDAMENTALE ECC. 167
Il circolo soltanto delineato (Tav. 10.a fig. l.a) rappresenta la sezione massima
della testa sferica dell'albero fatta col piano ove giaciono l'asse dell'albero e
quello della capsula.
Il segmento ombreggiato segna la projezione della superfìcie interna della cap-
sula sul piano della figura £.*,
A B == è l'asse della capsula.
ab = è l'asse dell'albero.
w = l'angolo compreso fra detti assi.
Per un noto teorema relativo alla composizione dei moli rotatorii, la rotazione
della testa sferica (o) dell'albero (ab) intorno al proprio asse con velocità an-
golare (v) equivale a due distinte simultanee rotazioni della sfera, l'una delle
quali misurata da velocità angolare (v cos (co)) si effettui intorno l'asse stesso della
capsula (AB) e P altra animata dalla velocità angolare (t>sen(o>)) si compia in
giro all'asse ( a (3 ) normale la retta (AB). Giova a chiarezza esaminare sepa-
ratamente gli effetti di simili due componenti ortogonali della rotazione dell'al-
bero sulla capsula che gli serve d' appoggio.
La prima delle due indicate rotazioni parziali tende visibilmente, in virtù del-
l'attrito, a comunicare alla capsula ristessa velocità angolare (v cos (co)) intorno il
di iei asse (AB) fatta astrazione dalla resistenza opposta al moto dall'inferiore
punto d'appoggio della capsula e dalla di lui inerzia, che alla sua volta tende a
diminuire la velocità dell'albero. È facile il convincersi che il moto rotatorio
della capsula e della testa sferica non si renderà equabile se non allora che le
rispettive velocità angolari divengano eguali e dirette nello stesso verso, nel qual
caso si annulla ogni reciproca influenza fra la capsula e l'albero perciò che ri-
sguarda la parziale rotazione in discorso.
La seconda delle indicate rotazioni complementarie che si compie in giro al-
l'asse («p) ortogonale a quello della capsula, in virtù d'attrito, tende impri-
mere alla capsula stessa due opposte rotazioni intorno il di lei asse (AB) cagio-
nala l'una dall'azione della testa sferica rotante sulla metà dell'interna superficie
della capsula situata a destra della retta (AB) e l'altra voluta da analoga azione
sull'altra metà. A seconda che predomini l'uno o l'altro di simili due impulsi
rotatorii opposti, la capsula ne conseguirà un aumento od una diminuzione nella
velocità impressale dalla componente del molo rotatorio dapprima considerata.
La rotazione dell'albero adunque in forza dell' attrito (che può diversificare
dall'uno all'altro punto di contatto fra le due superfici combaciami della testa
sferica e della capsula) imprimerà ad ogni nuovo istante del moto un particolare
impulso rotatorio differenziale alla capsula aggirantesi intorno il proprio asse (AB).
Simile urto acceleratore istantaneo dipenderà in valore dalle velocità angolari pre-
concepite dall'albero e dalla capsula siccome anche dall'inclinazione de' rispettivi
assi e dal tempo trascorso dal principio del moto all'istante che si considera.
Avvenendo che per i particolari valori assunti dalle accennate variabili alla fine
di certo tempo (t) risultasse nulla delta spinta differenzi ale, il moto si sarebbe
evidentemente stabilito o reso costante. Eguagliando dunque a zero l'espressione
analitica dell'istantaneo impulso rotatorio che la capsula riceverebbe alla fine
di un qualsiasi tempo (t) dallo strofinamento dell'albero rotante, si avrà nella
168 PRINCIPIO FONDAMENTALE
equazione che risulta la desiderala relazione che lega, allo stabilirsi del moto, la
velocità angolare della capsula a quella dell' albero. A tutta esattezza dallo im-
pulso differenziale suindicato dovrebbero sottrarsi le opposte spinte istantanee
derivanti alla capsula dall'attrito del di lei perno o punto d'appoggio inferiore
e quelle derivanti all'albero dall'attrito contro i punti di sostegno del medesimo
che tendono annullare il movimento. Ma la ordinaria piccolezza estrema di si-
mili attriti in pratica permette senza tema d'errore sensibile di non averli in
considerazione principalmente ove venga posto studio a scemarli d'avvantaggio.
Sciogliendo coli5 analisi il quesito proposto e cercando non solo la relazione
che vincola le velocità angolari dell'albero e della capsula allo stabilirsi del
moto ma benanco il loro distinto valore in funzione del tempo onde conoscere
lo stato delle rotazioni ad ogni istante, si trova che , per il tempo nel quale le
velocità angolari della capsula e dell' albero assumerebbero le grandezze soddi-
sfacenti, l'equazione differenziale cui sopra è nientemeno che l'infinito. Simile
risultato ne avverte che dal principio del moto in avanti il medesimo tende con-
tinuamente a rendersi- equabile senza che si possa però dire tale giammai. For-
tunatamente le serie che rappresentano le velocità angolari in discorso in fun-
zione del tempo sono si fattamente convergenti che dopo brevi istanti dal
principio del moto le due rotazioni dell'albero e della capsula si ponno avere
in pratica per equabili e sensibilmente appare raggiunto il limite della desiata
costanza nel movimento. Ciò premesso, si noti che, tenendo omogenea nelle sue
diverse parti la superficie concava della capsula ed omogenea eziandio quella
convessa della sfera che la strofina, l'attrito sarà in ogni punto proporzionale
alla pressione che ivi ha luogo fra le due superfici combacianti. Però, designato
con (a) un coefficiente costante dipendente dalla materia di cui constano le
superfici in esame e dalle condizioni varie di lubricità loro, e segnando con (P)
la massima variabile della pressione che stringe in un qualsiasi punto di coor-
dinate tà>,*) fra loro le superfici della sfera e della capsula, il valore dell'at-
trito in qualsivoglia punto di contatto sarà espresso dal prodotto (a P) ove (a) è
costante mentre (P) varierà generalmente colle (x,y,z). Sia ora (e) l'elemento
della superficie sferica nel punto di coordinate (x,y,z) animato a seconda dei
tre assi ortogonali (X, F, Z) (1) dalle velocità (t?l5»2,t>3) e sieno Oi>w2>%) *e
analoghe componenti della velocità del combaciante elemento appartenente alla
superficie concava della capsula; saranno:
dt ape (fa — u{) , dtape{v.2~u^) , d t a p e (% — m3)
gl'impulsi rettilinei che alla fine del tempo (t) e nell'istante (dt) riceverà a se-
conda delle tre coordinate l'elemento di superfìcie della capsula. Moltiplicando
detti impulsi per le distanze delle loro direzioni dall'asse della capsula e divisi
in seguito tali prodotti pel costante momento d'inerzia della capsula stessa in-
torno il di lei asse (AB) si avranno nelle risultanti quantità integrate nell'esten-
sione della superficie interna della capsula le tre componenti dell'impulso rota-
torio differenziale ossia istantaneo di cui era parola più sopra. Di leggieri
argomentasi che i termini componenti l'espressione analitica dell'impulso istan-
taneo derivante alla capsula dalla rotazione dell'albero, si troveranno tutti mol-
tiplicati pel fattore costante (— ) ove (d t) segna l'elemento del tempo, (a) il
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO ECC. 169
coefficiente d'attrito ed (m) il momento d'inerzia della capsula rispetto il di lei
asse di rotazione. L'equazione ottenibile dallo eguagliare a zero detto impulso
liberata dall'accennato fattore costante comune a tutti i dilei termini non invol-
gerà più elemento di sorta che tenga alla lubricità o fisica costituzione delle su-
perficie sferiche in contatto e neanche al momento d'inerzia della capsula. Da
qui la spiegazione del fatto primamente notato dal Gh. P. Porro.
Compendiosamente trovasi qui indicato il metodo seguito nella risoluzione del
proposto quesito meccanico-fisico, ma non ancora si disse della massima difficoltà
che si oppone all'esame teorico dell'argomento. Onde approfondire studi di tal
natura occorre la soluzione del seguente problema meccanico-fisico. — Date due
superlìci combaciami , la posizione e la direzione della risultante delle forze
che fra loro le comprimono, de-terminare le diverse pressioni che ne vengono a
soffrire i diversi elementi delle stesse.
Allorché un piano si appoggia ed è spinto contro a più di tre punti non situati
nella slessa direzione, il problema di valutare le pressioni che ne soffrono i punti
d'appoggio è indeterminato teoricamente per la supposizione di assoluta rigidità
che la meccanica razionale ammette nei piani; ed a ragione Poinsot taccia di er-
ronea la dichiarazione del D'Alembert che asseriva essere tal quesito superiore
alle attuali forze del calcolo, qualora però non sia più giusto il credere inten-
desse parlare della mancanza d'apposita teoria che riguardi l'argomento e de-
sunta dalle più probabili ipotesi circa la costituzione dei corpi ed alla elasticità
delle superfici loro.
Frattanto si noti che, qualsieno le superfici combaciane, il sistema delle pres-
sioni sempre perpendicolari nei diversi punti ove hanno luogo alla superfìcie
compressa deve fare equilibrio alla forza comprimente e che per conseguenza
detto sistema di forze normali alle superfici combaciami è uno di quelli che
ammettono riduzione ad una semplice forza e che soddisfano la nota eguaglianza
di condizione. Sia:
9 (%, IJ,Z) = 0
l'equazione comune delle superfici combaciami riferite ad assi ortogonali e si
designino con (z\zt) rispettivamente le derivate parziali della (z) rispetto le
(x , y) e con (P) si rappresenti quella funzione delle coordinate che dona la pres-
sione nei diversi punti della superfìcie compressa. Sia anche (F) la forza com-
primente; (a, b, e) sieno le coordinate di un punto della di le direzione la quale
faccia coi tre assi delle (x9p,-£) rispettivamente gli angoli (a, p, y).
Sarà :
2
dX.dlJ. |/l -f- 2'2.
l'elemento delle superfìcie combaciami nel punto qualsiasi di coordinate (x, y, z).
(d x. d y. z' P, dx.d y. ztP, — dx.d y. P).
Saranno le tre componenti della pressione dirette a seconda i tre assi nominati,
di che è facile convincersi osservando tenersi identica la pressione in ogni punto
dello stesso elemento superficiale infinitesimo e che per conseguenza ogni ele-
mento reagirà colla forza
470 PRINCIPIO FONDAMENTALE
(d X. d y. P. Vì+^^+^j
normale la superficie compressa. Essendo:
x. -1
j/iq^qr^' \Zì+z'*+zy |/i+*'2 + *,2
i coseni degli angoli formati dalla retta perpendicolare nel punto di coordinate
(x, y, z) alla superficie 9 (x, y, z) — 0
+ dxdy(y + zz,)P , - dxdy (x + zz') P , + dx. dy {yz' — xz)
rappresenteranno i tre momenti della pressione elementare rispetto gli assi coor-
dinati delle (x,y,z) nel mentre che:
F cos a , F cos (p) , F cos (Y) , F (e. cos (p) - & cos (Y)) , F (a. cos (y) - e. cos (a) ,
F (& cos (a) — a. cos (0))
rappresenterebbero ordinatamente le tre componenti ed i tre momenti della ri-
sultante 0 forza comprimente. Di là si hanno le sei equazioni d'equilibrio fra le
pressioni e la forza che comprime l'una sull'altra le due superfici.
ffdx.dy.z' P = F. cos (*) , ffdx.dyz,P=--F.co$($) , fjdx. dy P= -Fcos(T)
fjdx. dy (y + z. z,)P=F. (e. cos p - 5. cos (T)) , ff d x. d y (x + zz') P =
= F (e. cos (a) — a cos (Y))
JJd x.dy{yz' — xz)P — F (b. cos (a) — «. cos (p)) ;
a queste va aggiunta l'equazione di condizione perchè il sistema delle pressioni
possa essere equilibralo da una semplice forza, equazione la quale è come
è noto
fJdx.dy.z'PXffdx.dy(y + zz)P-fSdx.dyzfPXfSdx.dy(x + z.z')P
— SSdx.dyPYsSSdx.dy(yz'-xz)P^o
Non occorre dire come in virtù di quest' ultima le tre dei momenti anteesposte si
riducono in sostanza a due soltanto, onde sei appunto né più né meno sono le
equazioni che si hanno perla determinazione della funzione (P) che interessa e
che là trovasi involta negli integrati duplicati i quali sono definiti e vanno estesi
sino ai limiti delle porzioni di superficie che fra loro combaciano.
Non ostante le sei equazioni esposte il nostro problema non riesce gran fatto
meno indeterminato mentre è evidente che infinite funzioni di forza diversa po-
ste nelle stesse a luogo della (P) soddisferebbe™ 0 potrebbero soddisfare quelle
equazioni ad integrali definiti.
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO ECC. 171
Ordinariamente basterà all'uopo scegliere a piacere una qualsiasi funzione
contenente almeno sei costanti da determinarsi mediante quelle sei eguaglianze.
Altri dati e condizioni più specificanti fan bisogno ad individuare la funzione (P)
e questi non ponno essere desunti che dalla natura delle superficie tìsiche fra
loro compresse e dalla esterna costituzione molecolare dei corpi. Sventurata-
mente la scienza non possiede in proposito che nozioni molto vaghe se non del
tutto ipotetiche onde i risultamenti analitici delle teorie che vi si appoggiano
vogliono avanti essere accolti passare per il crogiolo di molteplici e ben diretti
pratici esperimenti.
V'hanno tuttavia alcuni pochi casi nei quali la teoria ed il ragionamento ba-
stano a sé stessi nella soluzione d'analoghi quesiti; p. e., se due piani fisici rigidis-
simi e ben levigati sono compressi fra loro da una forza normale passante pel
comune loro centro di gravità , è evidente che le pressioni in ogni eguale ele-
mento dei medesimi risulteranno eguali mentre non v'ha ragione alcuna a dif-
ferenza. Qui supporremo alla determinazione del problema.
l.° Che le superficie fisiche in contatto cedino alquanto sotto la pressione per
originare nella elasticità delle molecole compresse le forze di reazione che equi-
librano le prementi.
%° Che detta reazione sia in ogni punto proporzionale alla quantità (benché
infinitamente piccola) di cui ebbe a cedere sotto la pressione la superficie
compressa.
3.° Reciprocamente: che la quantità tenuissima di cui s'abbassa o cede la
stessa superficie ne' suoi diversi punti sia ovunque proporzionale alla pressione
che vi ha luogo.
Ciò ammesso il problema onde è parola trovasi completamente determinato,
come si vedrà :
Sia:
9 (x, y,z)=o
l'equazione della superficie compressa o comprimente e s'immagini traslocata
comunque ma sempre d'una quantità infinitesima l'una o l'altra di tali super-
fìci combacianti e si designino con (x9'y, z) le nuove coordinate della superficie
spostata. Si avranno per le note formole relative alla permutazione delle coor-
dinate le seguenti equazioni
x — x -\- a0 -\- a.i x -\- a.% y -{■ a.3 z,
y = y + &o + h- * + h- y + M
z^ÌJrc0Jrcl.x-j-c2.y + c3. %
a22 _|_ (1 _j_ fc2)2 + C22 = 1
ah + bh + (1 + ftp = 1
«2 (1 + «i) + h (1 + h) + ci cz = o
«3 (1 "f «l) + *i- h + Ci (1 + c3) = 0
«2- «3 + &3 (t + H) + Cz- (1 -f C3) = 0
ove :
(«0, au cl2, % b0ì &1? b%ì b3: c0ì cu <4 c2)
esprimono quantità estremamente piccole e propriamente:
(1 + aù , a2 , a» , b{ , (1 + bi) , bd , eii9 p ? (1 + c3)>
ove (ahb%,Cz) segnano quantità negative, sono i coseni degli angoli che fareb-
bero colla primitiva posizione i tre assi coordinati ortogonali qualora si fossero
£72 PRINCIPIO FONDAMENTALE
essi pure spostati colla superficie quasi invariabilmente uniti alla stessa. Visibil-
mente uno soltanto fra i tre coseni degli angoli che ciaschedun asse spostato
forma colla posizione e direzione iniziale dei tre coordinati eguaglia quasi l'unità
mentre gli altri due di ciascheduna terna sono quantità estremamente piccole. È ,
per questo che nelle formole precedenti si scrissero:
(1 + a{ , 1 + bi , 1 + c3)
a luogo dei coseni stessi per poco eguali all'unità. Sarà dunque:
9 («o + (i + «0 x + a* y + a* *> bo + &i * + (4 + W y + b**>
c0 + ^ x + c%y + (1 + c3) z) = o
l'equazione della superficie spostata e:
? (x, V,z) = o
quella della stessa superfìcie alla primitiva posizione.
Indicando con (p,q,r) le coordinate anatoghe alle (x,y,z) e corrispondenti ad
un punto qualsiasi della normale la superficie nel punto di coordinate (x,y,z)
saranno:
p = x — (r — z) z* , q 5= y-~ (r — z) z,
le equazioni della normale stessa. Che se (p, q, r) segnano le coordinate del punto
d'incontro di simile perpendicolare colla superficie spostata sarebbe:
(r - z) X [/l+z'2 + ^
repressione della brevissima distanza fra i due punti d'incontro della stessa
normale colla superficie primitiva e colla spostata. Tale distanza tenuissima si
rappresenterà occorrendo col segno (A).
Nella equazione;
(?\p + a0+a{p + a,q + a^r, q + b0 + bìp + h q + b3r,
r + CQ + CiP + c^q + c^r lac-
che deve aver luogo per essere come si disse (d, q, r) coordinate di un punto,
della spostata si pongano a luogo delle (p, q) i rispettivi valori dati dalle equa-
zioni sovrascritte della normale segnando per brevità con (co) la differenza infi-
nitesima (r — z) che interessa conoscere e si avrà:
o = <p i a0 + (1 + ai) x + a% y + az z + co [(1 -f a4) z' + a2 zA — a3],
&0 + ^_|_(l 4-^)^ + 632 + co[6,2' + (l + &2)21- 63],
^0 + c'\ ® + c2 V + (l + cz) z + ™ \?> z' + c* Zì ~ W + c^ (
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO EGG. 173
equazione d'onde importa cavare il valore di (co). Detto valore si può di là avere
facilmente in serie ordinata secondo dimensioni crescenti ed intere delle quan-
tità infinitesime
(% ah «2, «3, b0ì bl9 b%, 63, c0} à{, c2, cz)
e trascurando come nulli i termini moltiplicati per le dimensioni loro superiori
alla prima si ottiene
-= (ao + aiX + aìy + a3z)zt+(b0 + bix + bìy + bzz) zr — (c0 + q x + c^y + c^ z)
1 _L_ fi + z 2 ~ "
e però essendo:
A--=(r — z) l/i+z'* + z* =ff co |/r+72+72
sarà :
A __ (ao + alx + aìy + a3z)z, + (b0 + bix + bìy + b3z)zt — (c0 + cìx + ciy + czz)
yc+z^+z}
Essendo, 0 dovendo essere dietro le ipotesi ammesse, la pressione (P) in ogni
punto proporzionale alla quantità infinitesima (misurata sulla normale) di cui
ivi cede la superficie compressa, proporzionale quindi a quella distanza tenuis-
sima (che si è convenuto chiamare (A)) sopra valutata, avremo, segnata con (A)
una costante che rimane a determinarsi in ogni caso:
P=AX ^o + aift+^y + ^K + (frQ + M+^^
Vi + Z'* +7,2
Oltre il coefficiente (il) rimarrebbero a determinarsi in ogni caso le quantità
(«0 a{ al aò b0 bi b% 63 c0 c{ c% cz) ad individuare completamente la funzione (P). Ma
le sei equazioni sopra esposte ne danno mezzo d'eliminare dalla precedente
eguaglianza sei delle dodici quantità infinitesimali, ultimamente scritte. Anzi, tra-
scurando nelle sei citate equazioni i termini moltiplicati per le dimensioni di quegli
elementi che superano la prima, desse si riducono alle :
aì = 0, &2 = 0, cz = 0, b{ = — a2, c{ = — az, c% — — b3
3 •>
che possiamo assumere a luogo delle equazioni complete per essere (a{ a2
b\ hbZì c{c2c-d) come abbiam dello frazioni estremamente picciole. Fatte le" de-
bile sostituzioni nel valore di P testé scritto si otterrebbe:
p = 4 w (goj+j^+jgg_5) z' + (b0 — aix + bz z) zt — (g0 — azx — b3 y)
j/r+1'2 + z?
E scrivendo per brevità: a, b, e, d, e, f a luogo ordinatamente dei prodotti Aa0,
Aa>2, Aa>ò,Ab0, Abz, Ac0 la precedente si presenterebbe sotto la forma:
p = (a + b V + e z) z' -f (d — b x -f- e z) z, — (f - cx—ey)
|/f+ *'* + *,*
£74 PRINCIPIO FONDAMENTALE
ove i parametri (a, b, e, d, e, f) costanti rispetto le (x, y> 2) ponno essere qui
quantità finite. Nelle sei equazioni scritte più sopra, che danno le condizioni
d'equilibrio fra la forza premente e le originate pressioni, si sostituisca alla P
questa di lei espressione e si avrà quanto basta a determinare le costanti (a, 6,
e, d, e, f) che occorrono ad individuare la forma della pressione in funzione delle
coordinate (a?, y, z).
Anzi torna facilissimo anche senza determinare la funzione (Z) cavare da quelle
eguaglianze il valore delle costanti prenomate espresso mediante le altre quan-
tità variabili ed integrali, involte in dette sei equazioni d'equilibrio, appunto
perchè figurano in P sotto forma lineare. Molteplici confronti fra i risultamenti
di simile teoria ed i dati dei pratici esperimenti convincono essere questa la
vera soluzione del quesito interessantissimo alla meccanica di determinare le
pressioni che soffrono i diversi punti di due superficie fisiche rigide omogenee
e ben levigate che combacino fra loro per una estensione finita e sieno l'una
contro l'altra compresse da una forza determinata d'intensità, posizione e
direzione. Osserviamo inoltre che le formole surritrovate sussistono eziandio nel
caso che* le superficie combaciami si sformassero infinitesimalmente sotto la
^ITrvk forse eccessiva questa digressione sulla teorica delle pressioni nel trat-
tare di un particolarissimo quesito relativo ai perni sferici; ma non ho voluto
ommetterla perchè le formole di soluzione che vengo ad esporre hanno, come
corollarii della esposta teoria, altrettanta attendibilità che la medesima.
° Ma ritorno all'argomento da principio preso in esame e cerco la pressione che
in qualsiasi punto di coordinate (oc, y, z) verrà a soffrire la superficie concava della
capsula in causa delle for,e che spingono l'albero che vi si appoggia. Si tenga
per un istante nel centro comune della capsula e della testa sferica dell' albero
l'ornine degli assi coordinati ortogonali e sia «• + *■+•* = * l'equazione
delie superficie sferiche della testa d'albero e della capsula combaciami sarà:
z z z
epperò ricordando l'espressione della pressione P ultimamente avuta si vede tosto
ch'eseguite le debite sostituzioni dessa offrirà pel caso attuale:
ax-{-dy-\- fz
~~ r
La distanza V'at+^ + P dell'origine al punto di coordinate (a, d, f) si designi
con OR) e si ritengano («, % T) i coseni degli angoli che quella retta fa cog i
assi (X 7 Z). Analogamente si dicano (m, n, s) i coseni degli angoli che fa cogli
stessi assi il raggio che dall' origine ossia dal centro della sfera va al punto su-
perficiale di coordinate (* y, z). Ciò premesso quella eguaglianza si potrà porre
sotto la forma:
P = R. (a m + $ n + x *) c,oè P = R- cos W
quando (6) disegni l'angolo d'inclinazione reciproca delle rette convergenti (fi, r).
Dunque essendo fi cioè |/tf«+5« + /» quantità indipendente dalle coordinate,
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO ECC. 175
(x, y, z\ quella equazione ultima asserisce (e però anche la prima trovata) che
nelle superficie sferiche combaciami la pressione è, in qualsiasi punto loro, pro-
porzionale al coseno dell'angolo compreso fra il raggio che passa per questo punto
e una retta fìssa passante per lo stesso centro la cui invariabile direzione di-
pende dai limili e dalla estensione delle porzioni di superfìcie combaciami, retta
fìssa che occorrendo si chiamerà: asse di compressione sferica.
Facil cosa è presentare air occhio mediante costruzione grafica l'enunciato del
presente importantissimo teorema. Descritta una circonferenza con un dato raggio
intorno ad un dato centro se ne descriva un altra col medesimo raggio ma in-
torno ad un altro centro comunque situato, purché estremamente vicino al primo.
Le due circonferenze s'intersecheranno in due punti quasi diametralmente op-
posti fra i quali l'uno dall'altro circolo sporgerà formando due opposte sottilis-
sime lunule. Condotta sul piano dei disegno la retta congiungente i punti d'in-
tersezione reciproca delle due circonferenze, s'elevi la normale alla medesima
nel di lei punto mediano e sarà quest' ultima l'asse di compressione; che se in-
vece da quel punto di mezzo si emaneranno dei raggi che intersechino entrambe
le circonferenze, le porzioni infinitesime di tali rette comprese fra le due curve
saranno ovunque proporzionali in lunghezza al valore della pressione che ivi
avrebbe luogo se l' una circonferenza premesse sull'altra concentrica, ben inteso
però che una soltanto delle lunule può qui aversi in considerazione e propria-
mente quella verso la quale avviene pressione. Facendo rotare la figura intorno
l'asse di compressione si otterrebbero, ove lasciasse traccia di sé nel moto, due
sfere pressoché concentriche per le quali varrebbero ancora appuntino le osser-
vazioni esposte a riguardo delle due circonferenze e dei due circoli e delle rette
differenziali proporzionali alle pressioni. Da qui è facile vedere che, ove l'asse
della capsula coincidesse colTasse di compressione, le pressioni sarebbero eguali
fra loro nei punti delle circonferenze posti intorno al detto asse su un piano normale
al medesimo ove l'apertura dell'angolo (6) riescirebbe la stessa, e ciò non po-
trebbe arrivare che ad una semplice porzione della interna superficie della cap-
sula qualora detti due assi non coincidessero.
Il circolo, (Tav. 10 a fig. 2.a), rappresenti la sezione massima della testa sferica
dell'albero fatta col piano del disegno che è quello ove giaciono l'asse della capsula
e l'altro detto di compressione, mentre il segmento circolare concentrico (a e b h)
segna l'analoga sezione del volo della capsula. La lunula infinitesimale (b d q) è
quella che dà nella propria larghezza variante la proporzionale misura della
pressione in ogni distinto punto della capsula. Se mentre la capsula rimane fissa
in quella sua posizione s'immagini che la lunula ,tenuissima ruoti lasciando
traccia di se intorno all'asse di compressione (fd) verrebbe nel moto a gene-
rarsi una volta sferica assai sottile il cui spessore rappresenterebbe in ogni punto
la pressione sofferta dal contiguo elemento superficiale della capsula o per dire
meglio una quantità proporzionale a detta pressione. Quando si avvisi il vario
spessore della volta sferica nei diversi punti della superficie concava della capsula
è facile intendere che la metà di tale superficie giacente dalla banda dell'asse
(fd) di compressione si troverà premuta maggiormente che non l'altra metà, e
che però la forza risultante dalle reazioni di tutti gli elementi della interna su-
perfìcie della capsula non coinciderà in direzione coli' asse della medesima col
quale formerà dalla banda dell'asse di compressione un certo angolo la cui
apertura dipende dalla inclinazione reciproca dell'asse di compressione stesso
176 PRINCIPIO FONDAMENTALE
con quello della capsula e dalle dimensioni di quest'ultima. Ma perchè l'accen-
nata risultante delle reazioni deve fare equilibrio all'opposta forza comprimente
le rispettive direzioni coincideranno e passeranno per il centro della testa sferica
dell'albero ove concorrono le direzioni delle componenti forze di pressione
siccome normali alla superfìcie compressa.
Essendo lo spessore della sottilissima volta sferica e quindi anche la pressione
in ogni punto delia superfìcie interna della capsula proporzionale al coseno del-
l'angolo che il rispettivo raggio vettore fa coli' asse di compressione, non è diffì-
cile sciogliere col calcolo il seguente quesito: Data l'inclinazione dell'asse di
compressione a quello della capsula e date le dimensioni di quest'ultima deter-
minare la direzione della risultante delle pressioni, o ciò che è lo stesso, la di-
rezione della forza comprimente. 0 viceversa: data l'inclinazione della sfera
comprimente coli' asse della capsula, di cui sieno note le dimensioni, determi-
nare la direzione dell'asse di compressione. La soluzione di quest' ultimo que-
sito è quella che fa al caso nostro particolare in cui è facile direttamente co-
noscere e possiamo avere quindi per nota la direzione della forza comprimente
mentre è ignota generalmente ed interessa avere dal calcolo la direzione del-
l'asse di compressione. Non occorre dire che la direzione della forza compri-
mente coincide con quella della forza la quale applicata al centro della testa
sferica dell'albero rotante lo sosterrebbe nella particolare sua posizione qualora
gli venisse levato di sotto l'appoggio della capsula. La direzione di tal forza
dipende dall'inclinazione dell'albero alla verticale, dalla posizione del di lui
centro di gravità rispetto i punti di sostegno dalla distanza di simili punti dal
centro della propria testa sferica ed anco dalla natura dei speciali ordigni che
lo tengono in moto, ed in ogni caso è facile trovarla applicando le note for-
inole elementari della statica e speditissimo conoscerla direttamente con pratici
esperimenti.
Trattandosi di punti situati sulla sferica superficie dell'albero o della capsula
torna assai comodo l'uso di meridiani e paralleli, alla determinazione di loro
rispettiva situazione invece delle ordinarie coordinate rettilinee, eppero ne use-
remo in progresso alla soluzione del particolare nostro quesito.
' La sfera fìg. 3.a, rappresenti la testa dell'albero (o /) e la calotta ombreggiata
la superficie interna della capsula il cui asse (AB) comprende con quello del-
l'albero l'angolo (co). La rotazione di tal sfera intorno all'asse (o l) dell'albero
equivale, come è noto, a due rotazioni simultanee della stessa sfera, l'una de e
quali misurata da velocità angolare (v. cos co) si compie intorno l'asse A B della
capsula e P altra animata dalla velocità angolare (v. seri (co)) si effettua in giro
alla retta ideale (os) sendo (v) la velocità angolare dell'albero intorno il proprio
asse (o /). Il verso nel quale avvengono le due compiementarie rotazioni, si può
concepire immaginando che l' albero rotante inclinandosi intorno il punto (o)
venga a coincidere colla retta 'AB ovvero colla ós: il senso nel quale trovereb-
besi in quelle posizioni dell'albero rotare la di lui testa sferica indica il verso
delle corrispondenti rotazioni compiementarie. Sia (a) T angolo che forma col-
l'asse (AB) il raggio vettore al punto qualsiasi (in) e sia (p) l'angolo che il me-
ridiano passante per (m) forma col piano (A a B d) e la posizione di quel punto
si troverà determinata dagli angoli (a p) sulla superficie sferica che riterremo di
ra^io (r). Segnando con (p) il raggio del parallelo sul quale è situato il punto
(m) e scrivendo (d «, d p) per i differenziali degli angoli («, p) sarà r . P da. d$
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO ECC. 177
l'elemento della superficie sferica che potrebbe anche dirsi: r2 sen (a) d a. d p
per essere visibilmente: p = r. sen (a). La pressione P che soffre il punto qual-
siasi (m) sarà una certa funzione delle variabili (a, p) facile a determinarsi dopo
l'esposto e che all'occorrenza troveremo. Ora segnando (v) la velocità angolare
dell'albero ed (u) quello della capsula alla fine del tempo (t) dal principio del
moto ed (co) l'angolo compreso fra i loro assi, cerchiamo r impulso differenziale,
che, in virtù dell'attrito, la capsula avrebbe toccato nel successivo istante (d t)
ad incremento del proprio molo rotatorio in giro all'asse A B. Considerando (m)
siccome punto della testa sferica dell' albero, desso movesi con velocità angolare
(v. cos (co) intorno all'asse A B e simultaneamente con velocità v. sen (co) in giro
alla retta (ad) epperò si troverà animato dalle velocità rettilinee:
v{ = — r v cos (co) sen (a) sen (p) , v%~rv sen (co) sen (a) sen (p),
vs = r v (cos (co) sen (a) cos (p) — sen (co) cos (a))
ordinatamente nel senso a parallelamente alle rette (pa), (pB) ed alla loro nor-
male comune elevata nel punto (o) sovra il piano della figura.
Considerando invece (m) siccome punto appartenente alla capsula, nelle stesse
direzioni indicate si troverà incitato dalle velocità rettilinee:
U{~ — r.u sen (a), sen (p) , U% — o , Uz — r sen (a) cos (f)
Da qui risulta che l'elemento superficiale (m) della testa sferica striscerà sul
combaciante elemento (m) della interna superficie della capsula colle velocità
rettilinee relative:
Vi — U{ = r (u — • v cos (co)) sen (a) sen (p), F2 — tf2 — r. 0 sen (co) sen (a) sen (p)
^3 — #3 = r (v cos (co) — u) sen (a) cos (p) — r v sen (co) cos (a)
parallelamente alle tre rette (pa), (o~B), e normale loro comune.
Essendo P la forza che comprime 1' un contro l'altro detti elementi superfi-
ciali della capsula e dell'albero ch'hanno per comune misura l'espressione:
r2 sen (a), d a. d p segnato (p.) il coefficiente d'attrito, gli urti che riceverà nel-
l'istante (dt) l'eiemento (m) superficiale della capsula saranno:
d a. d p. d t. |jl r3. P (w — t> cos (co)) sen2 (a) sen (p),
da.d^.dt.ii r3, P. v. sen (co), sen2 (a) sen (p)
da.dfì.dt. \x r3. P j (v cos co — w) sen2 (a), cos (p) — v. sen (co) sen (a), cos (a) j
Moltiplicando ora ciascheduno di tali urti istantanei per le distanze di loro
direzioni dalle rette oa , oB e normale loro comune ossia pei rispettivi bracci
di leva si avranno le tre coppie differenziali che tendono far rotare la capsula
in giro a dette rette od assi coordinati che segneremo X, Y, Z in virtù dell' at-
178 PRINCIPIO FONDAMENTALE
trito della sfera contro P elemento (m). Dividendo quindi il valore di simili mo-
menti di rotazione per i momenti d'inerzia della capsula rispetto le rette in-
torno le quali tendono far girare la medesima , avremo le velocita angolari
differenziali che i trovati impulsi istantanei comunicherebbero alla capsula in-
torno detti assi X, 7, Z. Eseguendo le dichiarate operazioni e segnate con (i,u,w)
le velocità angolari della capsula intorno gli assi X, F, Z si avrà:
d i= ((d«.d$.dt.yrKP\ cos (w) _ u) sen2 (flt) cos (a)> cos (p) _
t./ u iV v
) t
— ». sen (co) sena (cos** (a) + sen2 (a) sen2 (p)) J
,,„ ^jṮÉMlltl j(». cos (co) - u) sen2 (a) cos (a) sen (p) +
-fvsen(co) sen3 (a) sen (p) cos (P) V_>
ove (d«, <*«, tó) sono i differenziali delle velocilà angolari (i, u, w), (N, M, S)^sono
i momenti d'inerzia della capsula intorno gli assi coordinati (X, 1, Z) e gl'inte-
grali presi rispetto («, p) vanno estesi a tutta la superficie interna della capsula.
Le freccie segnano la direzione nella quale dette rotazioni complementane fa-
rebbero movere il punto (m). . ,
La prima e la terza delle scritte componenti del moto rotatorio cioè quelle
che aggirerebbero la capsula intorno gli assi (A, Z) visibilmente non ponno nel
caso nostro avere altro effetto che di spingere in particolari direzioni il punto
inferiore di sostegno della capsula rotante sino a metterlo in situazione ove
dette spinte si trovano equilibrate dalle resistenze. L'unica rotazione che possa
aver luogo nella capsula tenta rivolgerla in giro all'asse (F) della medesima
ed é quella appunto che occorre conoscere e al che ne gioverà l'equazione dif-
ferenziale seconda fra le tre ultime prodotte. Rammentando le osservazioni
fatte da principio si vede che eguagliando a zero il valore dell'incremento idu)
della velocità angolare («) della capsula si avrebbe nella risultante equazione la
relazione che vincola fra loro le velocità dell'albero e della capsula allo stabi-
lirsi del molo. Sarà dunque a movimento stabilito:
rr<»«-<»M«. |ir»P| („ cos (U) - «) sen3 («) - v sen (co) sen* («) cos (a) cos (p) | = o
Essendo: (^— ) quantità costante rispetto (a, p) quella equazione può essere
liberata da simile fattore fatto uscire dagli integrali e ridotta alla
I f d a. d p P j (v cos co — u) sen3 (a) — v sen (co) sen2 a cos a cos (p) j = 0,
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO ECC. 179
Onde ridurre simile eguaglianza a termini finiti occorre effettuare le indicate in-
tegrazioni definendo gli integrali da (a = o) ad (a = a) ove (a) è l'angolo d'aper-
tura della capsula cioè l'angolo compreso fra Passe della capsula ed il raggio
vettore dal centro della sfera al bordo dell'incavo di lei e definendoli rispetto
a (p) da (p = o) a (p = 2w).
Ma all'uopo è necessario conoscere la funzione P che vengo a determinare
ricordando un teorema più sopra dimostrato pel quale la pressione che soffre
un punto qualsiasi di due superfìci sferiche combacianti o compresse insieme è
proporzionale al coseno dell'angolo chiuso fra il raggio vettore dal centro al
punto dato qualsiasi e l'asse di compressione. Segnando con (x) quest'angolo e
con (A) una costante sarebbe: P— A. cos (se).
Nella figura 4.a sia AB l'asse della capsula ed (ab) l'asse di compressione:
sia (m) un punto della superficie sferica individuato di posizione dall'angolo
moB = a e dall'angolo in B formato dall'inclinazione del meridiano (A m B)
al piano (A b B a) che corrisponde a quello per T addietro designato con (fi): si
tratta di trovare l'angolo (mob) in funzione degli angoli (a, p) e dell'angolo 0
d'inclinazione reciproca dei due assi (AB , a b). Il triangolo sferico (m B b) dà
per le note formole trigonometriche:
cos (m b) = cos (m B) cos (b B) -f- sen (m B) sen (b B) cos (p)
cioè:
cos (x) — cos 0. cos a + sen 0. sen a. cos (p).
Sostituendo ora nella misura della pressione al punto (wi) cioè nella equazione
P = A cos (x) per cos (x) il valore trovato si ha definitivamente
P — A. [cos (0) cos (a) + sen (0) sen (a) cos (p)]
ove (A) è un coefficiente che non dipende dalla posizione del punto (m) e quindi
neanche dalle coordinate angolari (a, p) che la determinano.
Nella equazione integrale scritta poco dietro sostituiscasi alla (P) quella sua
forma in funzione degli angoli (a, p, 0) per seguire le integrazioni segnate entro
i limiti dichiarati e si otterrà con tutta speditezza l'equazione seguente ove (a)
segna l'angolo d'apertura della capsula:
—- cos 0. sen* (a) (2 v cos (co) — 2 u — v. sen (co), tang 0) = o
d'onde ricavasi nell'ipotesi che (0) non eguagli l'angolo retto:
1
u = v. cos (w) (i — y tan£ (w) tan£ e)
È questa la relazione che lega fra loro le velocità angolari (i\ u) dell'albero e
della capsula; ma involge V angolo (0) che occorre determinare mediante la solu-
zione del quesito accennato più sopra: Data la direzione della forza comprimente
rispetto all'asse della capsula della quale sia noto l'angolo d'apertura determi-
nare la direzione dell' asse di compressione.
j[30 PRINCIPIO FONDAMENTALE
La pressione nel punto (ro)fig.5.a ha, come si disse, per misura la quantità A. cos (a?)
ed è perpendicolare alla superfìcie sferica cioè diretta secondo il raggio (r) che
dal centro arriva al punto (m). Essendo (a?) l'angolo formato dall' indicato raggio
coli' asse di compressione ed (y) quello compreso fra le rette (ed) = r. sen (x)
e e m = r. sen (x) sarà : r2 sen x.dy.dx V elemento di superficie nel punto (m)
e r2 ,4 sen (a?) cos (x)dxdy la pressione che soffre. Scomposta tal pressione nor-
male alla superfìcie sferica nel punto (m) a seconda ossia parallelamente alle rette
Jps) Jpo) ed alla perpendicolare loro comune in (o) si hanno le tre componenti
ortogonali fra loro
r2 A sen2 {x) cos (x). cos (y). dady,r*A cos2 (a?) sen (x) da.dy,
r2. il sen2 (x) cos (a?), sen (y). dx.dy
Per l'elemento (n) che si trova situato sullo stesso parallelo passante per (m) e
simmetricamente ad (ro) rispetto la retta (ed) le analoghe componenti sarebbero:
r2 A. sen2 (a?), cos (x). cos (y). d x d y , r2. A. cos2 (a), sen (a?), dx.dy,
r2. il. sen2 (a?), cos (x) sen (#). dx.dy
cioè le stesse che hanno luogo per l'elemento (ro) fuorché l'ultima che diffe-
risce nel segno, d'onde è facile arguire che le tre componenti della pressione
che aggrava l'assieme dei due elementi simmetricamente situati, (ro, ri) saranno
2 r2 A sen2 (x) cos (x) cos (y) d x d y , 2 r2 A cos2 (a>) sen (a?), dx. dy,0; mentre
le due ultime si elidono e le altre si sommano vicendevolmente. Onde avere le
componenti delle pressioni che soffre l'assieme degli elementi che giaciono sullo
stesso parallelo (f e d m n a p) bisognerà integrare quelle due espressioni rispetto
ad (y) ed estendere gl'integrali da zero alla metà dell'angolo (a e fi) che chia-
meremo (A); e si disse alla metà riferendosi le esposte componenti elementari
ad una copia d'elementi (m n) e non ad un solo (ro). Eseguite e definite, come
accenno, le integrazioni e chiamate X, Y le componenti depressione che soffre
V arco (a n d m p) parallelamente agli assi ortogonali {ob,os) si trova :
X = 2 r2 A. sen2 (x) cos (x) sen (A), d x , 7= 2 r2 .4 cos2 (a?), sen (x). A. <Z a?
Ma l'angolo (A) non è costante come si rileva immediatamente dalla figura e
dipende dall'ampiezza dell'angolo (x) in modo inverso.
Osservando ora la fig. 6.a che qui riesce più intelligibile, si vede tosto essere
e d = r. sen (x\ gli angoli alterni interni (o z p, z p h) e gli angoli acuti opposti
al vertice in (a) tutti eguali all'angolose) d'inclinazione dell'asse dellacapsula con
quello detto di compressione,^ = cd X cos A = r sen (a?) cos (A), oc = r. cos (a?)
™ = Ó7. cos (6) = r. cos (a;) cos (0), o # = r cosjfl) essendo (a) l'angolo (g o J)
d'apertura della capsula e finalmente: on + cro = o0 che per le precedenti
equivale alla:
sen (x). sen (6). cos (A) + cos (x) cos (e) = cos (a)
d'onde ricavasi:
cos (a) — cos (a?), cos (6)
cos (A) - se^)7en~(6)
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO ECC. 181
dalla quale si hanno le seguenti
l-cos(A) = COs(a?-6>-COS(a>
sen (x) sen (6)
, |
l+cos(A)^COS(a)~COS^ + 6)
sen (a?) sen (0)
sen /Ax _. Ksen^ (a), sen^ (0) — (cos (a?) — cos (a) cos (6))«
sen (x). sen(0)
Osservando le due eguaglianze controsegnate nelP asterisco si vede che cos (A)
eguaglia Punita positiva quando sia x = (a 4 0) : l'unità negativa quando
a? = (a — e) e che entro quei due limiti del valore di (x) si mantiene sempre infe-
riore all'unità in valore assoluto, mentre fuori di quei limiti, ossia per valori di (x)
maggiori di (a + 6) 0 minori di (a — 0), quelle equazioni non hanno più signifi-
cato dando per cos (A) valori maggiori dell'unità astrazion fatta dal segno. Ma
rammentando che (A) segna la metà dell' angolo compreso fra i raggi che dal
centro del parallelo menano alle due estremità dell'arco intersezion comune del
medesimo piano normale all'asse (0 b) e della superficie della capsula ed adoc-
chiando la lìg.a 6.a si rileva che quando x = (a + 6) 1' angolo (A) é nullo e che
per valori di (x) maggiori di (a + 6) il parallelo non intersecherebbe più la su-
perficie sferica della capsula: che quando a? = (a — e) il parallelo passa per i
punti (p,h) e che per valori di (x) minori di («—6) il piano del parallelo in-
tersecherebbe la superficie della capsula, fin' ove può intersecarla, costantemente
secondo una intera circonferenza e che però per i valori di (x) maggiori di (a + 0)
sarà costantemente: A = o e per valori di {x) superiori a zero ma minori di (a — 0)
sarà costantemente: A = n ove n segna come di costume l'angolo di (180) gradi
sessagesimali, cioè la semiperiferia del circolo che ha per raggio l'unità a più
retto dire. Dalle premesse si rileva che delle precedenti formole ove entra l'an-
golo (A) non potremo valerci che entro i valori limiti di x, (a + 6) ed (a — 0) fuori
dei quali non hanno verità, e che converrà perciò considerare e valutare separa-
tamente le componenti della pressione che soffre la calotta sferica segnata in nero
nella figura 6.a e quelle relative alla rimanente superficie della capsula segnala
a mezza tinta. Sommando quindi le analoghe componenti la pressione sofferta
dalle due distinte porzioni di superficie interna della capsula si avrebbero nei
risultati le due componenti della pressione che sopporta l'intera superfìcie in
discorso.
Siccome la risultante delle pressioni sofferte dagli elementi superficiali della
calotta sferica segnata in nero è diretta evidentemente secondo l'asse (ab) di
compressione cosi saranno nulle le componenti dirette a seconda la retta (pi) e
la perpendicolare al piano della figura. Trovandosi poi l'altra porzione della su-
perficie capsulare simmetricamente posta rispetlo detto piano, la risultante delle
pressioni che aggravano i di lei elementi giacerà in direzione nello slesso epperò
sarà nulla la componente normale al piano del disegno.
Se nella espressione di F trovata indietro porremo («) a luogo di (A) avremo
in detta quantità il valore della risultante delle pressioni che soffrirebbero gli
Giorn. Ing. — Voi. XVI. — Febb. e Marzo 1868. 12
jg2 PRINCIPIO FONDAMENTALE ECC.
elementi della superficie sferica situati lungo l'intera circonferenza chejUia se-
cando detta superficie con un piano normale all'assedi compressione (oj) con-
dotto per un punto dello stesso asse che dista della quantità : r cos (x) dal
centro (o).
Dunque integrando rispetto ad (x) l'ottenuta espressione:
2 r2 A. ir. cos2 («?) sen (x). d x
ed estendendo V integrale da x = o ad x = (a - 6) si avrà nel risultamento runica
componente ossia la risultante delle pressioni sofferte dagli el«eM utt .della
calotta sferica segnata in nero di cui sopra era parola. Eseguendo dette opera-
zioni si ha di tratto:
*?£i(l_cos»(«-e)).
ó
Di là è facile arguire che qualora l'asse della capsula coincidesse cor. quello di
compresine la 'risultante delle pressioni e quindi anche quella delle reazion,
si troverebbe diretta secondo detto asse e misurata dalla espressione:
-cos3 (a)
che si ha dalla precedente facendo zero l'angolo (6) d'inclinazione reciproca dei
prenomati due assi.
Chiamando X , Y , Z le componenti della pressione che sopportai altra por-
zione della superfìcie interna capsulare dirette secondo gli assi {os,ob)e per-
pendicolare loro comune si avrebbe:
X — f X = J 2 r2. A. sen2 (*). cos (»). sen (A), d x
Y = f 7= J2r2 A cos2 (x). sen (»). A. dx
Z=zero
ove sii integrali vanno estesi da x = (a — 8) ad x = (a + 8)
Onde avere poi le analoghe componenti delle pression. che calcano gli ele-
menti tutti della totale superfìcie concava della capsula non occorre che aggiun-
gere nelle precedenti al valore di Y il termine :
2_^!i(l-COS3(«-8)).
ó
(Continua)
OTTICA TECNOLOGICA AD USO DEGL' INGEGNERI.
(Segue da pag. 45.)
Art. 2.°
^concetti sviluppati nell'articolo l." si distinguono e riassumono nel seguente
i. Si riconosce nella universa natura l'esistenza ab wternum inmternum della
matena jn quantità infinita dotata in tutti i suoi atomi di quella proprietà che
si conosce sotto il nome di attrazione universale.
2. Si riconosce parimenti siccome fatto noto per mezzo delle sue manifesta-
zioni evidenti quella dinamica pre-azione che suolsi chiamare impulsione primi-
tiva e che siam convenuti di ammettere senza ricercare la causa prima
Nella impuls.one primitiva noi riconosciamo una quantità di energia dinamica
panment. infinita, alla quale si attribuisce il duplice effetto di traslazione e di
rotazione, con direzione in un piano medio assegnabile di posizione per rispetto
al firmamento, piano che abbiamo chiamato piano cardinale
Riconosciamo che la materia esiste nella natura in sei stati diversi, e forse in
moltissimi intermediari non stati ritrovati ancora: i stati noti sono: solido li-
quido, gazoso, cometario, cosmico, etereo; egl'è in quest'ultimo stato che la'ma-
z/nl'n^'n6/3 Sf.estrema rarefazione ad occupare gli spazii infiniti, realiz-
zando nell infinito ed in tutta la sua pienezza l'aforismo:
Natura abhorret a Vacuo.
a IÌ™!!*afiZÌOne,|SÌ eSerCÌta da at°m° ad atomo' da molecola a mo'ecola, da corpo
bilPnhS 3 T g,afdÌ MaSSe Cel6StÌ 3eCOnd° uaa le^e unica ed inva»"-
ì Ltf Y ,qUa'e' 'a maleria d0Vrebbe a«g'omerarsi in un tutto unico
ti J 5 ?" 3' ma k dUp'ÌCe azi0ne centrifuSa della impulsione primi-
tva aglsce come forza repu,siva f|,a om. e V allontanare e
disperdere, atomo per atomo la materia nell'infinito.
fazieat° de"a ma'erÌa Che ChÌamaSÌ etere° è queI1° della sua infinita «re-
Nei primi cinque stati della materia sussistono fra i due sistemi di forze che
ne so. lecitane gl'atomi delle condizioni d'equilibrio dinamico tali da rendere
possb,l. e stab.l. gl'aggregati sotto forma definita; lo stato etereo non gode di
Sffel0Pdla'-gÌaC:hè a"° Stat° e'ere° h materia rÌemPie ■»« sPazii armili.
L effetto della .mpuls.one primitiva consiste nel mantenere in continuo ine-
Za ^r1? tUUÌ,gParÌ deHa mat6rÌa "ei "* anche i P» densFclLna
h' Un?a' Ti m ° obbedisce °?ni atomo con descrivere un' orbita picco-
lissima, e d. figura generalmente ellittica intorno ad un punto che sarebbe il
.84 OTTICA TECNOLOGICA
suo luogo di riposo nell'aggregato al quale appartiene se «»»nJ? «J "^
refletto della impulsione primitiva ma rimanendo immutale le d.stanze fra gli
atomi il movimento venisse a cessare. . .
Orai aSmò gira inoltre sopra un asse proprio appunto come la terra e tatti
co?p' e stìed movimenti dei corpi celesti non sono che integrai, parziali A*
, moJimenS atomico in determinati limiti e circostanze di cn, ignonamo ancora
laFffaréaiJraeÌ modo che il movimento atomico può trasformarsi in tutto od in
tUU0 IlCva in secondo luogo ancora che l' inclinazione dell'orbita per rispetto
alTiano car inai variabile periodicamente intorno alia suddetta posizione
meSia e che il periodo di questa variazione corrisponde ad nn grandissimo nu-
merVi\St°terznoeiùo°:obÌche la orientazione, del maggiore diametro dell'or-
bi^ ad u™ "tante qualunque, la medesima per *f> ™^Z72'o
zione è essa pure variabile periodicamente corrispondendo la durata del periodo
"S Z\ in Z CgVcbT^etem'r rUtti (grandmasse ed eccentricità)
r Co^i passano le cose fin tanto che sussiste il reggime dinamico normale
della materia costituente la vita fisica dell'universo.
QueTto reggime dinamico normale sussiste stabilmente, è universa e, e dura in
eterno finchf nessuna causa iuferta non interviene a localmente alterarlo; non
Tanifesta ai nostri sensi, e non se ne può accertare Pessenza, « , non^a -
duzioni e sperienze assai delicate, la quali pero s. presentano col valore di in
'"^ZX*1$* luogo analiticamente che se, in un punto di un ag-
questa crisi si propaga con velocita uniforme al mg.ro in
ai confini dell'aggregato, d'onde può comunicai si ad altri diversi aggiega
AD USO DEGL'INGEGNERI 185
si trovino ai limiti in sequenza al primo. Si é veduto pure che tutte le relazioni,
che nel reggime dinamico normale si passano fra l'orbita d'ogni atomo ed il
piano cardinale, si passano, durante una crisi, identicamente le stesse per rispetto
ad un piano fisso normale alla direzione di propagazione, il che ci ha condotti
a riconoscere siccome isodinamici, uno per uno in tutta la loro estensione, gli
strati sferici concentrici all'origine della crisi negl'aggregati isotropi.
— In sesto luogo abbiam detto essere dimostrato pure analiticamente che la
velocità di propagazione delle crisi nella materia allo stato etereo essendo rappre-
sentata da V0, e la velocità di propagazione in un altro aggregato qualunque es-
sendo rappresentata da V{, fatte le debite considerazioni analitiche si può scrivere
*!- = l + A + Bu* (1)
'i
e vedremo in seguito essere questa la formola fondamentale di tutta la diottrica.
In questa formola u rappresenta la velocità angolare nell'orbita atomica; A,B sono
coefficienti costanti, che si ha modo di sperimentalmente determinare per ogni di-
verso aggregato di materia, vale a dire per ogni diversa sostanza; queste si chia-
mano costanti ottiche.
Vedremo in seguito in qual modo la velocità V° sia data dall'osservazione.
— In settimo luogo noi abbiamo veduto che la velocità di propagazione essendo
quantità finita avrà luogo un ritardo di fase durante la propagazione da uno strato
di atomi al seguente, per modo che si può concepire una lunghezza X misurata
nel senso della propagazione, la quale corrisponda ad un ritardo di fase di una
rivoluzione intiera, nel qual caso si avrà la relazione evidente
u _2tu
T~T
Abbiamo rapidamente indicato parimente come le crisi hanno per lo più ori-
gine da un'azione chimica nella quale gl'atomi semplici si spostano, e si diri-
mono dalle molecole, di due o più sostanze, in contatto e si combinano in diverso
modo fra loro formando altre diverse molecole ed altre diverse sostanze.
Durante questo lavoro chimico gì' atomi eseguiscono regolarmente certe evolu-
zioni determinate in direzione ed in velocità, le quali si rinnovano identicamente
e periodicamente finché vi sono molecole da decomporre e da ricomporre in
altro diverso modo; ciascuna di queste evoluzioni è origine di una speciale va-
riazione periodica nella crisi che si propaga, per la qual cosa esaminata la crisi
a qualunque distanza dall'origine la si trova affetta di qualcuna o di parecchie,
od anche di tutte le variazioni periodiche delle quali abbiamo parlato.
Anzi queste variazioni periodiche non fluiscono uniformi durante un periodo
ma seguono una curva ondulata che presenta parecchi talora moltissimi massimi
e minimi i quali però si ripetono identicamente nei periodi seguenti.
Questa condizione di cose si rinnova identicamente ogni qual volta si ripro-
duce lo identico fenomeno chimico, per modo che si può riconoscere qual sia il
(1) Vedi pag. 51
jLgg OTTICA TECNOLOGICA
fenomeno che produce una data crisi dalla natura delle variazioni periodiche in
essa osservate, a qualunque distanza dal medesimo. (Cosi è che Arago ha posto i
primi rudimenti dello studio della costituzione fisica del sole).
Abbiamo finalmente fatto conoscere come una crisi dinamica ingenerata nel reg-
nine atomico normale possa rivestire i caratteri e le apparenze della luce quando
la velocità angolare nelP orbita arriva ad essere contenuta fra due limiti che ab-
biamo assegnati, ma non tutte le particolarità del fenomeno dinamico che nasce
dalla crisi sono produttrici di quella sensazione che instintivamente conosciamo
sotto il nome di luce. Perlochè abbiamo dunque bisogno di distinguere qual sia
la parte del fenomeno dinamico che si traduce ai nostri sensi sotto l'apparenza
di luce, quale di calorico, e quale di elettricità.
Or bene, abbiamo accennato che riferendo la equazione dell' orbita atomica a
tre assi rettangolari de' quali uno (quello delle z) sia nella direzione della pro-
pagazione, i fenomeni di luce saranno rappresentati, spiegati e misurati dalle com-
ponenti in x ed in y, i fenomeni di calorico dalla componente in %9 i fenomeni
di elettricità dalla rotazione dell'atomo sul proprio asse.
Lasciando per ora in disparte il calorico e la elettricità, ci ridurremo a trat-
tare della luce.
Sebbene si abbiano nel fin qui detto le basi dinamiche necessarie a spiegare
tutti i fenomeni ottici, sarà utile però premettere ancora alcune nozioni di fatto
circa il modo di sentire dei nostri organi.
Prima di tutto osserveremo che l'impressione della luce sull'occhio, comunque
rapidissima, essa non è istantanea. - Ci vuole invece, acciocché si incomincia
sentire un grandissimo numero di rivoluzioni orbitali, le quali tutte siano già
arrivate ad eccitare la retina, si valuta ad un decimo di minuto secondo (cento mila
cronie) mediamente il tempo necessario al nostro occhio per incominciare a sen-
tire Una luce vivissima però, come ad esempio un baleno nella più piena oscu-
rità esige meno tempo, sempre però un tempo lunghissimo per rispetto alla ve-
locità orbitale, perciocché il baleno il più istantaneo dura qualche centinajo di
cronie e comprende parecchi milioni di rivoluzioni orbitali atomiche ; d'onde
segue che diversi modi di variazioni periodiche delle quali abbiamo parlato ,
superpongono generalmente nel nostro occhio la loro azione, e producono una
sensazione unica e composta, sempre che non si arrivi con qualche artifizio a
separarli. : ,'„ i ..< . , • i
Ne consegue da ciò parimenti che le variazioni della velocita sia tangenziale
sia angolare che hanno luogo durante una sola rivoluzione in ragione della
ellipticità dell' orbita, sono impercettibili pei nostri sensi.
Aggiungiamo ora siccome nozioni di fatto: i.° che la scala delle velocita an-
golari nell'orbita, si traduce ai nostri occhi colla scala dei colori; 2.° che la ve-
locità tangenziale misura la intensità della luce.
Ciò posto, consideriamo una crisi che si propaga, nella quale la velocita ango-
lare u sia costante e compresa nei limiti che abbiamo assegnato di sopra, la
sensazione che se ne proverà sarà monocromatica, vale a dire di un unico colore.
Se la velocità u variasse invece ma lentissimamente, crescendo dal minore al
maggiore limite sopra detto per gradazioni di tempo proporzionate al Jimite di
sensibilità del nostro occhio, la luce apparirebbe di color rosso cupo al principio
del periodo e poi passerebbe per tutti i ben noti colori dell'inde fino al vio-
letto cupo ed al grigio-lavanda appena visibile a cui succederebbe l'oscurità, ma
AD uso degl'ingegneri 187
un'oscurità semplicemente dovuta a ciò che il nostro organo non è atto a rice-
vere l'impressione di un movimento atomico animato da quelle maggiori velo-
cità; nelle quali si compie il periodo ascendente (1). Al semi-periodo discen-
dente si presenterà la serie dei colori in senso inverso, e così di seguito (2).
Diamo ora, (ed è ciò che ha luogo per la luce solare), diamo che la velocità u
varii periodicamente fra gl'estremi limiti di sopra fissati, ma che la durata del
periodo benché comprendente molti milioni di rivoluzioni nell'orbita sia, siccome
al vero è, brevissima per rispetto alla sensibilità del nostro organo, allora noi
proveremo una sensazione assai diversa, che non sarà quella di nessuno de' co-
lori corrispondenti alle velocità intermedie, ma sarà quello di un colore misto,
che per la luce solare è il più splendido bianco.
La qual cosa faceva dire ai fisici di altri tempi, che il bianco è composto della
riunione di tutti i colori, ma a prevenire un erroneo giudizio convien avvertire
che riunione non è coesistenza. Non essendo possibili in un medesimo istante
due o più diverse velocità angolari nell'orbita, non è ammissibile la simultaneità
dei colori; a fortiori poi tocca ai più urtante assurdo la volgare maniera di
dire, nella quale, ammettendo l'esistenza di un raggio di luce fisico, si aggiunge
poi che il raggio di luce bianca è composto di raggi di varii colori.
Diamo ora il caso in che la velocità angolare nell'orbita, rimanendo costante
la velocità tangenziale (perciò anche gl'elementi geometrici dell'orbita), sia pe-
riodicamente variabile. Arriverà allora che, se la durata del periodo arrivasse
almeno a qualche minuto secondo, la sensazione nel nostro organo sarebbe quella
di alternative di oscuramenti e riavvivamenti della luce senza cambiamento di
colore.
Se invece la durata del periodo sarà, siccome nel vero è, brevissimo, al disotto
almeno di qualche centesimo di secondo, la sensazione che si proverà sarà quella
di una intensità costante intermedia fra le estreme (3).
— Passeremo ora a trattare di un altro punto assai delicato ed oscuro ancora
nei trattati di ottica anche i più avanzati, i cui autori, accettando bensì in mas-
sima la teoria microdinamica, non hanno saputo divincolarsi dalle vecchie idee
e sopratutto dalle vecchie parole; di modo che per essi la luce è ancora una
vibrazione molecolare, a partir dal riposo, e non una crisi di quel movimento con-
Unno orbitale atomico che nel reggime normale costituisce la vita fisica dell'uni-
versa natura, per molti di essi la luce si compone ancora di raggi e di raggi di
mille specie, e rappresentanti nella loro figura come una pianta di edera avvi-
ticchiata a un olmo, raggi poi che, secondo quella teoria, si rifrangono, si ri-
flettono, si polarizzano
Si polarizzano, ecco il punto difficile del quale occorre parlare.
All'udire le parole luce polarizzata movimento polarizzato, si crederebbe assai
naturalmente che si trattasse di un fenomeno di rotazione intorno a due poli, e
la mente colloca subito i poli agl'esterni dell'asse, e si chiederebbe forse la
posizione di questo e con quale velocità angolare abbia luogo il movimento
polarizzato....
(1) Fenomeno che a difetto della vista che non lo sente si riconosce colla fotografìa.
(2) La scintillazione cromatica delle stelle esplorate coli' apparato di Montigny dimostra col fatto la
esattezza della teoria.
(3) La scintillazione d' intensità osservata nell' apparato di Montigny conferma col fatto questi ra-
gionamenti.
138 OTTICA TECNOLOGICA
Niente di tutto ciò è nel vero. - La definizione la meno scura, che s'incontri
nei trattati, del fenomeno di cui si tratta la si trova contenuta in queste semplici
parole che leggo per esempio in Moignò : le rayon a des cotés , il raggio ha
ri pi 1 a ti
Or bene il raggio nella teoria microdinamica non è nulla di fisicamente conce-
pibile; geometricamente per raggio si può intendere una normale qualunque ad
una isodinamica. .
Ma una normale ad una superficie è una linea matematica priva affatto di di-
mensioni trasverse, perciò di figura: come mai dunque poter comprendere che
abbia dei lati?....
Ma lasciamo la critica delle parole male applicate, che troppe se ne incontrano
in questa materia, anzi, perchè adottate, tolleriamone l'uso, ma cerchiamo il vero
significato che si deve alle medesime attribuire, cerchiamo a ben definire il feno-
meno a cui servono di nome. ,''/'* A
La polarizzazione stata scoperta da Malus, studiata da Fresnel e da Arago, ed
ora da tutti i fisici, si è trovata essere di quattro specie.
Tè la polarizzazione rettilinea, ellittica, circolare, e v' è la polarizzazione
cromatica.
Quel fenomeno che si è chiamato polarizzazione, benché scoperto nella luce, non
implica la esistenza di un fenomeno luminoso: la polarizzazione altro non òche
una modificazione nel reggime del fenomeno microdinamico, la quale può aver
luogo anche al di fuori dei limiti in cui apparisce sotto forma di luce.
Quando in una crisi microdinamica s'incontra fra le altre variazioni perio-
diche quella che abbiamo chiamata precessione, vale a dire la variazione nella
orientazione del maggior diametro dell'orbita, la luce in tal caso è quella che
si dice naturale, ma se interviene una causa qualunque in virtù della quale la
orientazione dell'orbita diventi costante, si fermi cioè il movimento di preces-
sione, allora è che i fisici dicono polarizzata la luce , dicono polarizzato il mo-
vimento microdinamico.
La maggior parte però conoscono la polarizzazione da suoi effetti negli stru-
menti ottici, ma non si rendono conto del vero fenomeno, e ne trattano elegan-
temente coli' analisi senza rendersi conto del significato delle formole.
Se poi nel momento in cui questo fenomeno di fermata della precessione av-
viene il periodo di variazione della eccentricità si trova per caso al punto in
cui si' ha e = o, e se questa stessa variazione periodica si ferma pure simulta-
neamente alla precessione, si dice che la polarizzazione è circolare; se invece av-
viene la fermata della precessione simultaneamente alla fermata della variazione
periodica della eccentricità, ed avviene nel mentre che l'asse minore è sensibil-
mente nullo, nel qual capo l'orbita si riduce quasi ad una linea retta lungo la
quale ogni atomo oscilla, si dice che la polarizzazione è rettilinea, e la si chiamerà
ellittica nei casi intermedii.
Può avvenire il caso in cui la precessione si trovi sola annullata, ed annullata
solamente per una data velocità tangenziale nell'orbita, e non per le velocità tan-
genziali superiori od inferiori che hanno luogo nel periodo di variazione di questo
elemento dinamico, allora dicono i fisici che la luce è parzialmente polarizzata.
Se la fermata della precessione si trova in un dato caso accompagnata dalla
fermata della variazione periodica della velocità angolare nell' orbita, la polariz-
zazione si dice cromatica ; e se finalmente la fermata della precessione avviene
AD uso degl'ingegneri 189
sola, ma solamente per una data velocità angolare nell'orbita e non per le
superiori od inferiori, si dice anche qui polarizzazione cromatica parziale.
Si può indifferentemente ritenere quella nomenclatura, benché filologicamente
inammissibile, perchè essa è ancora in uso presso molti autori, oppure adottarne
un'altra se cosi piacesse; l'essenziale era di uscire dal vago, era di bene in-
tendere il carattere dinamico di quei fenomeni.
La causa per cui avvengono tutte queste circostanze la si trova principalmente
nella struttura dei corpi nei quali la luce si viene ad impegnare.
Abbiamo sin qui, parlando della propagazione, fatto conoscere che, da un punto
qualunque entrante in crisi, questa si propaga in tutti i sensi con velocità
uniforme.
Abbiamo pure fatto osservare che la quantità di energia dinamica svoltasi ad
ogni istante nelle crisi dovendo nella propagazione da strato a strato distribuirsi
ad una quantità di atomi crescenti come il quadrato delle distanze deve decre-
scere nella inversa ragione de' quadrati stessi la intensità ossia la velocità tan-
genziale.
Fermiamo ora la nostra attenzione ad un atomo unico entrante, per effetto della
propagazione, in crisi ad una distanza qualunque dall'origine, noi dovremo rico-
noscere che questo atomo si può considerare esso stesso come origine di una
crisi che si propagherà in tutte le direzioni, che perciò la luce dovrebbe girare
intorno a tutti i corpi ne vi potrebbero essere ombre.
A questa obiezione teorica si risponde nel seguente modo.
Siano a b (Tav. 2.a fìg. 3) (1), due atomi vicini che se entrassero soli in crisi que-
sta si propagherebbe da ognuno di essi sfericamente all' ingiro. Preso ad arbitrio
più avanti un punto cì del quale le distanze da a e da b differiscano esattamente di
1
una quantità uguale ad un multiplo pari di - X, sarà facile il convincersi che
l'atomo esistente in e sarà eccitato ad entrare in crisi da due forze collimanti,
essa riceverà perciò la somma delle due impulsioni provenienti da a e da h.
Ma per tutti i punti pei quali le distanze da a e da b differiranno di un mul-
1
tiplo impari di -~X le azioni provenienti da a e da b saranno opposte e si eli-
deranno reciprocamente. Se dunque esistessero soli in crisi i due atomi a, b si
avrebbe verso e una serie alternativa di punti chiari e di punti oscuri.
Facendo ora intervenire l'azione di. tutti gl'atomi che si trovano in una me-
desima isodinamica con a e b, e considerando allo stesso modo la somma delle
azioni dinamiche capaci di arrivare ad un punto qualunque dato si troverà fa-
cilmente che tutte le azioni oblique si elideranno e non rimarrà che 1' azione
diretta.
Di questo fenomeno, che è base della teoria delle interferenze, avremo occasione
di parlare ancora e di veritìcarlo sperimentalmente quando svilupperemo quella
teoria e dimostreremo gl'importanti e tecnicamente utilissimi fenomeni a cui
danno luogo.
— Forti ora di tutte queste nozioni, noi possiamo entrare definitivamente nel
campo della diottrica tecnologica propriamente detta e proporci per primo pro-
blema di esaminare in qual modo si comporti la luce nel passare dall' etere in
(1) Fascicolo precedente.
190 OTTICA TECNOLOGICA ECC.
un aggregato di materia di qualsiasi densità, che per cominciare dal semplice sup-
porremo isotropo e trasparente.
Siano o' o\ o" P o" (Tav. 2.a fig. 2) due isodinamiche provenienti da una crisi,
o movimento luminoso la cui origine è in luogo qualunque verso 0.
Sia NPB la superficie di un aggregato di materia, M pel quale siano state
determinate le costanti A, B, della formola fondamentale.
Supponiamo dapprima per semplicità la velocità angolare u costante e troviamo
il valore di -=?- .
Cerchiamo ora cosa diventerà qui la porzione della isodinamica o" o" che si
trova intercetta dalla intromissione della massa M.
Prima di tutto osserveremo che la nuova isodinamica di cui ricerchiamo la
traccia passerà evidentemente pel punto P.
Consideriamo ora dei punti qualunque p',p",p'" ecc. della superficie dell" ag-
gregato M ai quali la crisi arriva prima di arrivare in P. Questi punti diverranno
per l'aggregato M come altrettante origini di crisi che si propagheranno sferica-
mente in giro con una velocità minore nel rapporto di V0 a V{ ed è evidente
che la isodinamica cercata sarà una superficie avviluppante tutte le sfere che avreb-
bero per centro i punti p' p" p'" ecc. ed i raggi calcolati in quel rapporto con le
minime distanze p q\p" q'\p" f q" ecc. dai punti q' q" q"' della isodinamica
P o'" che avrebbe luogo se T aggregato M non esistesse.
Con questa semplicissima costruzione grafica si può ottenere in circostanze si-
mili, qualunque isodinamica si desideri.
Se invece fosse data la equazione della superfìcie curva NPB e fossero date
pure le coordinate della origine 0 della crisi si potrebbe ottenere col calcolo la
equazione della superficie curva Po'" che assumerebbe la isodinamica cercata.
Per un caso particolare supponiamo che la origine 0 (Tav. 2.afig. 3) sia collocata
ad una distanza grandissima, cosicché, per la porzione loro impegnata nel fenomeno,
le isodinamiche possano considerarsi come piane; supponiamo inoltre che la su-
perficie limite NB sia essa pure piana: in tal caso è evidente che basterà un
sol punto p a trovare la traccia P o" , che sarà rettilinea, della superficie avvi-
luppante necessariamente piana.
Prendendo poi a considerare i triangoli P p' q\ P p' r' si vede manifestamente
che il seno dell'angolo 0" P B, e il seno dell'angolo NPO stanno fra loro nel
rapporto di p' q' a p' r'. vale a dire nel rapporto di F<> a V che pel caso di u co-
stante, è costante.
Ecco dunque che quella pretesa legge la quale ha costato tanto studio e tante
sperienze a Descartes, della quale Dutirou ancora dubitava nel 1849 almeno per
le incidenze molto oblique altro non è, che una conseguenza geometrica sempli-
cissima della teoria microdinamica.
Dutirou e tutti i suoi antecessori hanno ciò nondimeno il gran merito di aver
contribuito colle ricerche loro e colle loro scoperte materiali interpretate colla
analisi matematica sapientissima di Cauchy, di Beer, di Jamin, alla maggior per-
fezione della attuale teoria microdinamica la più pura forse e la più completa di
tutte le applicazioni dell'analisi ai fatti sperimentali ed alle tecniche dottrine.
(Continua).
RIVISTA DI GIORNALI E NOTIZIE VARIE
MACCHINA PER FABBRICARE MATTONI PER USO ORNAMENTALE.
(Vedi Tav. 11. aì
Le esigenze ognora crescenti nella decorazione delle nostre case civili e i pochi mezzi che si
hanno sempre disponibili specialmente da noi, ci obbligano a far buon viso a tutte quelle no-
vità il cui scopo sia di produrre a buon mercato degli ornamenti abbastanza durevoli. Perciò
presentiamo volentieri il disegno di una macchina, dovuta al sig. H. Pether, per fabbricare mat-
toni ornati atti a formare cornici od altre parti decorative. Le parti essenziali di questa macchina
(v. Tav. li fig. I, 2, 5, b) sono: un'intelajatura verticale P i cui bordi interni sono fatti in modo da
ricevere e servire di guida ad un' altra intebjatura orizzontale, la quale si può innalzare ed ab-
bassare lungo le dette guide appoggiandovisi mediante i pezzi 0: una scatola di ferro a pareti
mobili appoggiata sopra una tavola pure di ferro A è destinata a ricevere l'argilla necessaria : fi-
nalmente uno stampo o forma, la quale, mediante la vite W, può discendere entro la scatola
in modo da comunicare la propria forma all'argilla che vi si contiene. L' intelaj atura orizzon-
tale che abbiamo accennato si innalza o si abbassa col mezzo di una manovella /, di un pignone
e di una dentiera, la quale agisce sul piatto L e questo, per mezzo di quattro supporti, sui ri-
manenti pezzi uniti col medesimo. Le pareti laterali della scatola, meno quella di dietro, che è
fissa, possono ruotare intorno a specie di cerniere (fig. 3.a), composte ciascuna di due parti late-
rali E e di una parte centrale G con spine di acciajo , del resto non dissimili dalle ordinarie.
Ora, quando il piatto L si innalza, i pezzi N agiscono a guisa di bocciuoli sulle prominenze H
delle pareti mobili della scatola e per conseguenza le obbligano a chiudersi; mentre quando
il piatto L discende la scatola si riapre. La scatola è inutile il dire che ha in pianta all'interno
le dimensioni con cui deve uscire il mattone. Inoltre dai quattro fianchi della medesima e dal
fondo sporgono internamente di circa un oncia (0m,02M) dei risalti tutt' all' ingiro, il cui scopo
è di formare una rientranza da tutte le parti, eccetto la faccia che porta gli ornati , e ciò allo
scopo di lasciare lo spazio necessario pel cemento o malta, e procurare che le faccie ornate si
uniscano il meglio possibile.
La manovra di questa macchina è facile a capire. Introdotta nella scatola l'argilla già pre-
cedentemente impastata con altro mezzo qualunque e ridotta alle dimensioni della scatola, la
scatola stessa viene chiusa manovrando, come si è detto, la manovella /. Allora, operando su
un bilanciere o su un volante apposito, si fa muovere la vite W , la quale è registrata col
mezzo del pezzo S e della guida T (V. la sezione nella fig. 4.a) , e porta lo stampo U assi-
curatovi col mezzo di una vite. Lo stampo allora, discendendo con una potenza viva assai grande
comunicatagli dal volante o dal bilanciere, imprime la propria forma sull'argilla. Invertendo i
movimenti accennati lo slampo si innalza nuovamente e la scatola si riapre e permette di levar
fuori il mattone. Per la buona riuscita dell'operazione è bene che le pareti interne della scatola,
come la superficie dello stampo siano lubrificale con olio od altre sostanze grasse.
192 RIVISTA DI GIORNALI
La fig. B.a rappresenta una modificazione della scatola pel caso in cui si vogliono ottenere
dei mattoni a settore circolare per costruzione di colonne: il suo modo di operare risulta, cre-
diamo, abbastanza chiaro dalla semplice ispezione della figura.
Non possiamo dir nulla ancora sull'effetto utile che può dare questa macchina, sulla quale
per altro ci par di trovare a che dire per ciò che riguarda i suoi movimenti , che potrebbero
forse essere semplificati. Ad ogni modo crediamo che essa meriti di essere studiata e, se è pos-
sibile, migliorata e resa pratica da noi che, pur troppo, siamo soliti d'ordinario ad accettare
a pena le°eose belle e fatte dagli altri quando per essi non sono più nemmeno novità.
IL NUOVO VAPORIZZATORE DEL SIGNOR DELAPORTE.
Dalla fine del secolo scorso ai nostri giorni la costruzione delle caldaje per la produzione dal
vapore ha fatto e va tuttora facendo rapidissimi progressi. Dapprincipio una caldaja a vapore
altro non era che un recipiente di forma a un dipresso cilindrica con un focolajo al di sotto.
In queste caldaje adunque, con una massa d'acqua grandissima, non s'aveva che una piccolissima
superficie di riscaldamento e per conseguenza una produzione di vapore assai lenta. Ma ben
presto si riconobbe la necessità di aumentare la superficie di riscaldamento e quindi la produ-
zione di vapore senza aumentare di troppo la massa dell'apparecchio, e ne vennero le caldaje a
bollitori, poi le caldaje a focolajo interno con diverse forme.
Il bisogno di ridurre ancora più la massa e quindi il peso dell'apparecchio vaporizzatore, e
di procurare nello stesso tempo il maggior risparmio di combustibile coll'utilizzare il più possi-
bile il calore irradialo, si fece sentire sempre più imperioso quando si tentò di applicare il va-
pore alla locomozione sia coi battelli sia sulle strade ferrate e quando si pensò alle locomobili
e alle macchine per le pompe da incendj. Ne nacquero allora le diverse caldaje tubulari da quelle
di Dallery inventate fino dal 1803, a quelle che vediamo tuttora nelle locomotive e il cui prin-
cipio si attribuisce al sig. Séguin; oppure a quelle a ritorno di fiamma impiegate di preferenza
nelle locomobili. Con queste caldaje pareva che si fosse raggiunto un buon grado di perfezione;
ma il genio industriale non vi si arrestò, e alla grande esposizione dell'anno scorso avemmo il
generatore inesplosibile di Belleville, quello a surriscaldamento di Howard, il generatore tubulare
di Field ed altri ancora che diedero effetti sorprendenti. Il principio del generatore di Belleville e
quello di sostituire addirittura alla gran massa d'acqua in ebollizione , delle piccole quantità di
acqua introdotte per cosi dire ad ogni colpo della macchina, ed evaporate immediatamente in grazia
della enorme superficie di riscaldamento. Con ciò, oltre l'economia di combustibile, di spazio, di
peso, oltre alla produzione rapida e abbondante di vapore secco, si ottiene un altro ben grande
\antaggio, la soppressione completa dei pericoli di esplosione.
Non è qui nostra intenzione di descrivere questi apparecchi ; diremo solo che il modo con
cui il sig. Belleville realizzò il suo principio, consiste nel far circolare l'acqua da evaporarsi
entro una serie di tubi comunicanti disposti in strati orizzontali ed investiti completamente dalle
fiamme. Le cose sono disposte in modo che 1' acqua incomincia a passare pei tubi dello strato
inferiore che sono più a contatto col fuoco: ivi prende in gran parte lo stato vescicolare e si
porta allora nei tubi degli strati superiori dove finisce di ridursi in vapore sempre più secco, il
quale poi viene ancora a passare per un cilindro eppuratore per abbandonarvi le impunta che
accidentalmente potrebbe ancora trascinare. - Nel generatore di Howard i tubi sono invece
verticali e ne racchiudono altri che si elevano fino alla superfìcie dell'acqua; la circolazione
dell'acqua vi è prodotta per semplici differenze di pressione e regolata in modo da rendere im-
possibile, sia l'arroventarsi delle superfici metalliche, che il depositarsi delle incrostazioni. Con
questo sistema, oltre all' ottenere una rapidissima produzione di vapore con pochissimo consumo
di combustibile, si ottiene anche il vapore surriscaldato.
- Finalmente il generatore Field in uso già da circa h anni non differisce anch esso gran latto
dai precedenti in quanto al principio su cui si fonda. Anche qui abbiamo un sistema di tubi
pendenti dal cielo di un focolare, nell'interno dei quali ne stanno altrettanti altri minori ed il
tutto è disposto in modo da determinare, in virtù dello squilibrio di pressione che vi ha luogo,
E NOTIZIE VARIE 193
una corrente continua d'acqua che dal tubo interno va a passare nello spazio annullare fra i due
tubi. La velocità di questo movimento dell'acqua è tale da raggiungere i ft metri per secondo e
da trasportare alla superficie del liquido della limatura di piombo messa nel fondo dei tubi: per
conseguenza non è a stupirsi se in una caldaja di questo sistema dopo due anni e mezzo che
funzionava giorno e notte non si trovò alcun deposito nei suoi tubi. Quanto alla rapidità di
evaporazione diremo che da esperienze fatte risultò che il tempo necessario per ottenere una
pressione di 6 atmosfere e mezza a partire dal momento in cui si accende il fuoco , ed avendo
l'acqua a circa 6 o 7 gradi, non risultò che di 7 minuti e 28 secondi.
Quanto poi all'economia di spazio, basterà il dire che una caldaja della forza di 80 cavalli ha
un diametro esterno di M 1.98 con un altezza totale di M. 2.6^, e che per una della forza di
25 cavalli le stesse dimensioni diventano 0m,70 e lm,40.
L' apparecchio vaporizzatore di Delaporte , del quale era nostra intenzione di parlare, non è
finora passato nel campo della pratica : il suo principio consiste nel convertire istantaneamente
in vapore sia dell'acqua che delle altre sostanze liquide o dissoluzioni gasose, col farle passare
sopra un metallo caldo o sopra delle tele metalliche prima riscaldate. Ecco in qual modo il
sig. Delaporte vorrebbe realizzare questa sua idea (v. lo schema presentato nella Tav. 41 iìg.6.a). Lo
spazio F sia un focolajo ordinario : il fuoco acceso sulla sua griglia ne riscalderà le pareti non-
ché l'aria contenuta nello spazio S compreso fra le pareti stesse e l'inviluppo esterno. Questa
aria riscaldata, dopo una circolazione facile ad immaginarsi e mista ai gaz provenienti dalla
combustione viene ad entrare per le aperture 0 nel corpo cilindrico C: Qui attraversa le tele
metalliche T passando fra i due pistoni P e F e finisce coll'uscire per l'apertura 0 e a sfug-
gire pel camino. Quando le tele metalliche del compartimento ora accennato hanno raggiunto la
temperatura voluta, l'asta t, sulla quale si trovano fissi i tre pistoni P F P2, e le tele metalli-
che, viene spinta in modo che venga sopra F apertura 0 del focolajo il compartimento T\ nel
quale per conseguenza vengono a passare l'aria e i gaz provenienti dal focolare. Intanto che le
tele di questo nuovo compartimento si riscaldano esse pure, l'acqua o quell'altro liquido, che si
vuole evaporizzare, si injetta per mezzo del tubo a sulle tele già calde del compartimento pre-
cedente : il vapore che si produce istantaneamente va fuori pel tubo A per rendersi alla mac-
china. Terminata questa fase dell' operazione i pistoni vengono di nuovo ritirati e le tele dello
scomparto T oramai riscaldate vengono a subire una analoga operazione per mezzo dei tubi
a ed A'; mentre le tele dello scomparto T tornano a riscaldarsi per ricominciare come prima.
Per ottenere tutto l'effetto utile possibile il sig. Delaporte consiglia di non mandare sulle tele
che una quantità di liquido minore di quello che le tele potrebbero vaporizzare. La ragione è
questa, che il vapore una volta prodotto viene surriscaldato e dilatato dalle tele che non hanno
ricevuto acqua, per il che si trova in condizioni migliori per lavorare ad espansione. Quanto ai
liquidi da potersi impiegare si consiglierebbe prima di tutto l'acqua, ma possibilmente distillata
o almeno quella proveniente dalla condensazione praticata dalla macchina. Poi si proporrebbe
per alcuni casi l'alcool, i varj olii di petrolio, la dissoluzione di ammoniaca nell'acqua. Quanto
alle altre precauzioni consigliate dall' autore omettiamo di farne parola in quanto che non si
tratta di un' idea.
Comunque dubitiamo della buona riuscita in pratica di questo nuovo apparecchio, nondimeno
crediamo sempre utile il tener dietro a questi studj , che crediamo nelle attuali circostanze di
una importanza assai grande; tanto più che la soluzione tanto studiata e non ancora trovata
del gran problema delle ferrovie Alpine e delle locomotive per grandi pendenze , crediamo che
stia in ispecial modo nel trovare un generatore di vapore assai potente, che presenti poco peso
passivo da elevare e che, occupando poco spazio , permetta una piccola distanza fra le ruote
accoppiate e quindi una maggiore flessibilità per circolare sulle curve. Si abbia della forza prima
dì tutto e a condizioni convenienti, e poi sulle montagne o si anderà in fretta con poco carico,
o altrimenti all'aderenza si potrà sempre provvedere con altri mezzi meccanici meno dispendiosi
che l'elevare 20 o 30 tonnellate di peso affatto passivo.
194 RIVISTA DI GIORNALI
TUBI IN LAMIERA E BITUME.
I tubi in lamiera e bitume fabbricati dalla società Chameroy e Comp.a sono stati messi in
pratica per la prima volta nel 1838. Questi tubi sono formati da una lamiera di ferro piombata
sulle due faecie, chiodata e saldata con cura; poi da uno strato spesso di bitume che inviluppa
tutto il tubo. Il piombo ha per ufficio di guarentire la lamiera dalle cause di alterazione pro-
venienti dal suolo o dall'atmosfera, o dai fluidi che attraversano i condotti: lo strato di bitume
poi finisce di proteggere il tubo contro ogni influenza esterna. I tubi accennati si esperimentano
prima di spedirli sotto una pressione idraulica interna di 15 atmosfere, tripla della pressione
costante ch'essi possono sopportare con tutta sicurezza. La loro quasi assoluta impermeabilità e
la loro flessibilità, nonché il poco attrito che presentano all'interno, li rendono in molti casi
assai preferibili ai tubi di ghisa generalmente in uso. Le giunture dei varj pezzi di questi tubi
si fanno ora dalla società Chameroy e C.a con manicotti a perfetto sfregamento, i quali si ap-
plicano a tutti i diametri. Questo modo di giunture permette ai tubi di dilatarsi e di restrin-
gersi a seconda dell'elevazione o dell'abbassamento della temperatura.
Ecco il riassunto dei lavori eseguiti dalla Società dalla creazione di quest'industria in poi:
In Francia , per canalizzazione di
gaz .
. M.
k 150 000
» »
acqua
»
1 070 000
Fuori di Francia »
gaz .
»
940 000
» »
acqua
»
. M.
375 000
Totale . .
6 535 000
il cui valore è di Fr. 38 542 000. Dal Propagateur des travaux en fer.
TEGOLE DI GHISA — SISTEMA GEOFFROG.
A completare i varj sistemi di coperture metalliche, aggiungiamo volentieri le tegole di ghisa,
le quali hanno sopra tutte il vantaggio dell'incombustibilità; in quanto alla loro durata, si as-
sicura ch'essa è pressoché secolare; il loro peso corrisponderebbe a quello delle coperture in
ardesia. Queste tegole si applicano sopra una panconcellatura di ferro, e sono un ostacolo as-
soluto all'acqua ed al vento: una preparazione speciale le preserva dall'ossidazione.
Dal Propagateur ecc.
I TRATTATI DI COMMERCIO DELLA FRANCIA
COL PORTOGALLO E COLI' AUSTRIA.
A proposito di una osservazione che abbiamo creduto già di fare nel fascicolo dello scorso
mese riguardo alla nostra tariffa doganale sul ferro, riportiamo volentieri dal trattato di com-
mercio concluso dalla Francia col Portogallo 1* 11 Luglio 1867 la parte che interessa il nostro
argomento, onde si possano stabilire dei confronti.
EXPORTATIONS DE FrANCE.
Droits a V entrée en Portugal,
Ouvrages de fonte de fer non dénommés, tels que tuyaux , poutrelles ,
colonnes, candélabres, balcons, vases, ecc ; bruts . . . pour 100 Kil. Fr. 25. 00
Vernis, peints, ecc » » » 50.00
Bruts ou vernis, ecc., quand chaque pièce pése plus de 100 kil. » » » 6.25
Ouvrages de fer forge ou lamine non dénommés ; bruts . . » » » 62. 50
Polis, vernis, peints, ecc » » » 100.00
E NOTIZIE VARIE 195
Il trattato di commercio concluso coll'Austria 1* 11 dicembre 1866 non contiene alcuna stipu-
lazione in ciò che concerne i ferri e le ghise provenienti dalla Francia. Per conoscere i diritti
relativi a queste materie bisogna riportarsi alle tariffe doganali dell'Impero contenenti il regime
generale e quello risultante dai trattati stati conclusi colla Francia, lo Zollverein , l'Inghilterra
e l'Italia. Ecco, secondo queste tariffe, i diritti doganali per l'entrata in Austria dei ferri francesi.
Fer.
a. Fer brut . . . . , pour 100 Kil. Fr. 2. 00
b. Fer affine, e' est-à- dire forge et lamine en barres non faconnées
Fer en loupes » » » 7. 50
e. Rails » » » 12. 50
e. Tóle de fer noir y compris les ferrures ecc » » » 12. 50
/. Fer affine, en barres faconnées, c'est-à-dire fer forge ou lamine en
une forme préparée d'avance pour certains usages » » » 12. 50
Qui, per esempio, si trova fatta la distinzione tra ferri assolutamente greggi e quelli tirati con
una forma e per un uso speciale, distinzione che nella nostra tariffa riesce troppo poco sensibile.
Ing. Emilio Olivieri.
CORSO DI CELERIMENSURA
NEI, R. ISTITUTO TECNICO SUPERIORE
(Anno 5.°, 1867-68)
Santo delle lezioni del mese di Felim*ajo 1868.
Sei sono state le lezioni durante il mese di febbrajo; gli argomenti trattati sono stati i seguenti.
l.° Gl'elementi semplici che gì' istrumenti di geodesia possono fornire, sono tre principali
di cui due angolari apozenit 9, azimut e, ed uno lineare, il più delle volte verticale, oltre ad un
elemento angolare non indispensabile, ma di molta utilità, 1' angolo di posizione <{/.
2.° Quali tra gli strumenti usuali di geodesia possano tutti 0 quasi lutti fornirli : Si ot-
tiene meglio e più presto l'elemento lineare se il cannocchiale dell' istrumento sarà analitico :
Generalità sul cleps.
5.° Le distanze in geodesia sono delle astrazioni utili, ma transitorie: servono come mezzo
per passare alle coordinate:
Le distanze in celeriniensura non si cercano affatto; esse sono affatto inutili giacché dai tre
numeri osservati S, % 9 si passa direttamente alle coordinate x, y, z.
h.° Le operazioni parcellari, 0 di riempimento, si fanno in celerimensura con tre procedi-
menti diversi, il radiometrico, il radiotomico, il conoidico.
5.° Il procedimento radiometrico ed i collegamenti.
6.° Comprovazione dei collegamenti : accertamento delle orientazioni :
In tutta la serie di strumenti di geodesia e di astronomia venuti progressivamente in uso du-
rante il passato ed il corrente secolo s'incontrano siccome organi essenziali un circolo orizzon-
tale, un circolo verticale, un alidada od un cannocchiale, ed in molli di essi la bussola, in tutti
poi accessoriamente uno 0 due livelli a bolla cilindrici, oppure un livello sferico,
196 RIVISTA DI GIORNALI
'Il cannocchiale di siffatti strumenti cominciò nel 1769 ad andare munito di un micrometro
avente lo scopo di misurare dei piccoli angoli nel cielo ed anche valutare con più o meno pre-
tensione di esattezza in pianura le distanze mediante una mira-stadia, e gl'astronomi vi aggiun-
sero il circolo di posizione.
In celeri mensura si accettano tutte questi organi nel seguente ordine.
l.° Circolo orizzontale.
2.° Ago magnetico disposto come conviene per orientare il diametro zero del circolo oriz-
zontale nel meridiano terrestre.
5.° Circolo verticale.
h.° Livello sferico, il quale serve a rendere orizzontale uno dei circoli , ed a constatare la
verticalità del diametro zero dell'altro.
K.° Cannocchiale.
5.° Micrometro o meglio reticola a fili fissi, particolarmente costrutta per l'uso della mira-stadia.
7.° Circolo di posizione:
I comuni teodoliti e particolarmente i comuni teodoliti inglesi, le bussole goniometriche fran-
cesi e tedesche sono o possono con pochi adattamenti diventare veri tacheometri, vale a dire
strumenti di celeriniensura.
II circolo orizzontale coli' ago magnetico fornisce 1' azimut e di una visuale qualunque : Dove
mancasse l' ago magnetico vi ha modo di farne senza.
Il circolo verticale fornisce 1' apezenit 9 della visuale stessa.
Il cannocchiale serve a fissare e mettere in rapporto coi circoli la direzione della visuale.
Col micrometro, o colla reticola a fili fissi, si misura sopra uua mira verticale (i) un ele-
mento lineare verticale che entra nella calcolazione delle coordinate.
Col circolo di posizione si valuta in gradi la pendenza $ di un 'piano visuale tangente al
terreno oppure ad una curva visibile nel medesimo.
11 Cleps è lo strumento di celerimensura per eccellenza, esso si compone di tutti questi ele-
menti disposti nel modo il più comodo e conveniente pel minimo di volume combinato col mas-
simo di potenza, e con tutta la stabilità necessaria ad ottenere buoni risultamene, ed a resistere
agli strapazzi della più disagiata campagna ed ai trasporti ordinari.
Il profess. avverte che quind' innanzi si servirà del nome di cleps , attesa la sua brevità per
indicare qualunque siasi tacheometro di che altri sia munito.
La seguente lezione fu quasi per intiero consacrata a dimostrare: 1.° che le distanze non sono
utili in geodesia alta, che come quantità intermediarie di calcolo per le quali si passa onde
arrivare alla determinazione delle coordinate, siano queste poi geografiche, vale a dire espresse
in gradi, oppure topografiche, vale a dire espresse in metri ; il che è facile a concepirsi giacché
persino nelle pratiche della vita civile se si parla della distanza P. E. fra due città s'intende
sempre la distanza itineraria seguendo la tortuosità delle vie la quale non ha niente da fare
colle lunghezze dei lati dei triangoli delle quali il geodesista si è servito per la determinazione
delle latitudini e longitudini che sono il vero scopo ed il finale risultato delle grandi operazioni
geodesiche.
La celerimensura nell' alta geodesia non ha variato quasi nulla alle dottrine ricevute; solamente
vi ha recato dei procedimenti e dei mezzi istrumentali nuovi più speditivi, più efficaci, più esatti
di misura, e dei metodi di operare tali da mettere a profitto tutti i vantaggi istrumentali.
Nelle operazioni parcellarie poi, ossia di riempimento, ed in tutta la geodesia degl'ingegneri l'an-
tico sistema faceva bensì della misura delle distanze gran caso e se ne valeva col mezzo della scala
e del compasso per costrurre graficamente le sue mappe, ma una volta fatta la mappa l'ineso-
rabile gomma elastica faceva ivi pure sparire tutte le linee di costruzione e non rimanevano che
le figure dei perimetri rilevati pochissimi lati delle quali erano stati direttamente misurali ; anche
qui dunque le distanze non avevano che una importanza transitoria.
(1) V'ha chi usa disporla orizzontalmente e v'ha chi usa di inclinarla nel piano verticale normal-
mente alla visuale.
E NOTIZIE VARIE 197
Se non che ne' più moderni tempi aumentata grandemente l'importanza dei Lavori Pubblici
aumentate le esigenze in materia di proprietà fondiaria , tanto dal lato giuridico propriamente
detto che a tutti gl'effetti civili che si possano dal catasto desumere è invalso il principio di
non più ammettere piani unicamente grafici, e di pretendere invece sempre tutte le dimensioni
originali scritte, di pretendere che si veda la figliazione successiva di tutti i risultamenti dedotti
e che, di tutto quanto, sia facile la comprovazione, con che si sperava anche il vantaggio sinot-
tico di poter ammettere dei piani a molto più piccola scala.
In tali condizioni si dovettero conservare sui piani le linee di costruzione e scrivere sopra
ogni linea la sua lunghezza e così in fatti si praticò per un certo tempo, così ancora oggidì
praticano alcuni ingegneri. Ma lo spazio necessario a scrivere le dimensioni nei piani un poco
complicati obbliga invece ad una scala mollo maggiore di prima e genera della confusione
molta, d'onde il più degl' ingegneri moderni seguendo il metodo da gran tempo in uso presso gì' in-
gegneri delle miniere ne sono venuti a riferire la posizione di tutti i punti a tre piani coordi-
nati con che possono dare in un libretto a parte con numeri di riferenza od anche nei margini
di ogni foglio lo stato numerico delle coordinate di tutti i punti e soddisfare ampiamente e
con grande chiarezza a tutti i postulati dei moderni servizii che richiamano l'appoggio della
geodesia.
Su questi motivi e su questo sistema il profess. ha insistito replicatamente , mostrandone la
eccellenza sotto tutti i rispetti poi ha fatto vedere come in celerimensura riesca appunto facilis-
simo il soddisfare a quei postulati dimostrando in qual modo e con quali formole si ottengono
direttamente dalle tre quantità s ? 0 lette per ogni punto nell' istrumento, le tre coordinate x, y, z,
come perciò sien divenute completamente inutili le distanze, che neppure transitoriamente non
entrano più in conto, e come si possa e si debba anzi nelle pratiche della celerimensura trasan-
darle affatto.
Quanto sono dunque fatalmente in errore, nel più madornale errore, quegl' ingegneri tagliati al-
l'antica, i quali credono la celerimensura in null'altro consistere se non se nella misurazione delle
distanze medante la stadia ! ! 1
Il professore ha fatto osservare però che la stadia, come la si conosceva prima del 182*, era
un mezzo poco esatto, nel qual fatto ei vede la causa di quella specie di prevenzione e quasi
di jettalura per parte di quei molti, che mal prevenuti circa la stadia, ricusarono sempre di
seguirne i progressi, e torsero lo sguardo dai libri che della stadia ragionavano. Trovando que-
gl'ingegneri ora la stadia nella celerimensura, ne arguiscono uguali danni e rigettano senza esame
il principale e l'accessorio.
Nelle seguenti lezioni il professore ha descritto il procedimento radiometrico, epiteto che si-
gnificherebbe misura del raggio, e tale in vero era sin dal principio di questo secolo l'ufficio
della stadia; essa doveva dare la distanza ossia la lunghezza del raggio visuale. La parola fu con-
servata, ma il suo significato non può più oggidì esser preso alla lettera.
Il procedimento radiometrico consiste : 1.° nel collocare l' istrumento in stazione in un punto
arbitrariamente scelto , colla sola condizione di vedere il più di punti efficaci (1) che sia
possibile.
%° Nel mandare su tutti quei punti per qualche istante la mira, osservarla dall' istrumento
e notare i valori di a, 6, (2) q>, e per dedurre quindi senza calcolo e con procedimenti pronti,
che saranno insegnati in altre lezioni, le tre coordinate a, y, z.
5.° Dopo rilevati in tal modo tutti i punti, ed inscritti in apposito libretto i numeri a, b,
<?, e e prima di levar la stazione, formare un eidotipo (disegno figurativo a vista) di tutto il ri-
levato da quella stazione.
Si passa quindi ad una seconda ed a quante altre stazioni occorrono per rilevare tutto il pro-
posto terreno, e si collegano le stazioni fra loro ne' modi stati insegnati in dettaglio dal profes-
(1) Il professore chiama punti efficaci tutti quelli che appartengono ai perimetri ed alle linee da
rilevarsi.
(2) s — a — b. Vedi notazione Celerimensura 4.a edizione.
Giorn. lng> ~ Voi. XVI. — Febb. e Marzo 1868. 13
igg RIVISTA DI GIORNALI E NOTIZIE VARIE
sore (1) se ne accertano le orientazioni e si sottopone ogni cosa alla più rigorosa ed universale
comprovazione prima di formare le coordinate definitive x, y, *, riferite ad un asse unico per
tutto il lavoro e prima di disegnare in netto la mappa che è l'ultima cosa.
Nel mese di marzo il professore tratterà principalmente del procedimento radiotomico , e del
procedimento conoidico, poi de'metodi meccanici per supplire a tutte le calcolazioni.
OTTICA TECNOLOGICA.
Tre sole furono le lezioni di ottica tecnologica durante il mese di febbrajo, nella prima delle
quali, che fu l'ottava del corso, il professore presentò il polyoptometro e ne spiegò la composizione
ed uso in quanto serve alla determinazione delle costanti ottiche implicate nel calco lo degli ef-
fetti delle lenti sulla luce, epperciò specialmente delle lenti iconogene acromatiche ed ha dimo-
strato come dalle spariente accuratissime fatte col polyoptometro risulti pienamente confermato
quanto in precedenti lezioni aveva asserito circa la irrazionalità della dispersione.
Nella seguente lezione il professore ha trattato dei cannocchiali ed ha dimostrato che la so-
stanza di un cannocchiale consiste tutta intiera nella lente obbiettiva ossia iconogena, che le altre
lenti componenti ciò che si chiama l'oculare non sono, come gli occhiali, che vetri, il cui enetto
è di supplire alla mancanza di forza d'accomodazione dell'occhio.
Egli ha di poi definita la visuale ottica in qualunque insieme continuo di linee rette, o
curve, o poligonali, il quale goda della proprietà di incontrare normalmente tutte le isodina-
miche comprese fra un punto dell'oggetto ed il corrispondente punto della immagine ; egli ha
fatto vedere che questi due punti e la lente iconogena sono perfettamente determinati di posi-
zione per rispetto alle parti dell' istrumento, che perciò un cannocchiale formato di una icono-
gena, di un tubo e di un diafragma iconico, nel quale sia posta una crociera di fili per fissare un
punto costituisce tutta la sostanza del cannocchiale geodesico ed astronomico.
Quanto all'oculare egl' è solo per comodo che lo si suole fissare ah' istrumento, ma lo si po-
trebbe invece benissimo, ed anche con qualche vantaggio, tenere alla mano, e deve in ogni
caso considerarsi piuttosto come parte coadjutiva dell'occhio che come parte costituente del
Della seguente lezione, che fu la decima del corso, ebbe ad argomento lo anallalismo. Dopo
aver dimostrato che si possono prendere sulla imagine degli oggetti nel diafragma iconico delle di-
mensioni che corrispondono a certi angoli apparenti sotto cui si presentano le parti corrispon-
denti dell'oggetto, fu dimostrato che il vertice di questi angoli sta in quel punto che suolsi chia-
mare il foco anteriore della obiettiva , punto al quale dovrebbe in un istrumento geodesico
corrispondere il centro comune dei circoli dell' istrumento, la qual cosa condurrebbe a delle di-
mensioni inaccettabili.
Quel punto fu chiamato punto anallatico.
Fu poscia dimostrato che aggiungendo un vetro fra 1' objettiva ed il campo iconico in molta
vicinanza di quest'ultimo, si può modificare la posizione del punto anallatico in tal modo da con-
durlo pei comuni strumenti geodesici alla coincidenza coi centri dei circoli, la quale costruzione
si distingue dalle altre dicendo che lo strumento è centralmente anallatico.
Il professore ha dimostrato che i cannocchiali geodesici dovrebbero per più motivi esser sempre
centralmente analitici , ma essere ciò assolutamente indispensabile quando si tratta di operare
colla stadia e col micrometro o colla reticola a fili fissi.
Egli ha fatto vedere quindi che calcolando colle teorie esposte nelle precedenti lezioni, le con^
dizioni dello anallatismo centrale per un cannocchiale di teodolite si trova adempita quando la
forza della lente addizionale viene all' incirca ad una volta e mezza la forza della iconogena.
Per i cannocchiali militari da mano coi quali si valutano le distanze in guerra, dovrebbe la
lente in questione aver una forza doppia di quella della iconogena.
Il professore ha annunziato per la prossima lezione: la teoria degli oculari.
(1) Vedasi pei collegamenti e per lo accertamento della orientazione: Celeriniensura, 2.» dispensa.
LEGISLAZIONE
Col Decreto Reale 30 gennajo 1868 venne data facoltà agli ingegneri Eugenio Villoresi e Luigi
Meraviglia di fare due grandi canali di derivazione d' acqua dai Laghi di Lugano e Maggiore
mercè i rispettivi emissarj, i fiumi Tresa e Ticino, nello intento di tradurre le acque slesse sul
territorio di Lombardia per la irrigazione, per forza motrice e per navigazione; quali canali
della portata il superiore di metri cubici 2ft fino a 32 all' evenienza per minuto secondo nella
stagione estiva e di metri cubici 18 nella stagione jemale, lo inferiore metri cubici hK fino a 70
all'evenienza per minuto secondo nella stagione estiva ed in metri cubici 20 a 30 nella stagione
jemale, dovranno collegarsi fra loro presso Parabiago e dividersi di nuovo in due rami, uno dei
quali percorrerà per Lainate, Garbagnale, Varedo, Muggiò, Monza, Concorrezzo ed altri comuni
fino all'Adda e da questo fiume potrà esserne proteso fino all' Oglio sul territorio della prov. di
Bergamo; l'altro seguendo la ferrovia e toccando Nerviano , Venzago e Rho arriverà a Milano.
E tale concessione per anni 90 a partire dall'approvazione del Consorzio che i detti richiedenti
sono tenuti a costituire nel termine di due anni a far tempo dalla data del suddetto decreto di
concessione per i primi quarant'anni a favore degli stessi concessionarj Eugenio Villoresi e Luigi
Meraviglia, pei successivi anni 50 a favore del Consorzio come sopra costituilo mediante l'annua
prestazione a favore delle finanze dello Stato di lire mille, quale somma sarà portata a L. 1500
avverandosi la prevista circostanza di maggior erogazione d'acqua e sotto la esatta osservanza delle
singole condizioni, penalità e norme apparenti dall'atto di sottomissione passato dai concessionarj
il 15 gennajo 1868 innanzi la Prefettura di Milano (1).
BIBLIOGRAFIA
Le più' recenti ed utili Macchine e Strumenti rurali , loro teoria , costruzione , effetti ed
applicazione del sig. Angelo Giacomelli. — Le macchine rurali in Italia, si diceva e si dice
ancora da molti, non serviranno mai a nulla: in Italia la popolazione è eminentemente agricola
e per conseguenza poco industriale: la mano d'opera troppo a buon mercato per esservi la con-
venienza a surrogarla con macchine! Ad onta di ciò però gli aratri di diverse forme, le erpici,
i trebbiatoi, le locomobili stesse comparvero già e con buonissimo frutto sui nostri campi : ecco
una prima smentila data dai falli. Per il resto si osservi l'eltarea media in Italia col bel cielo
che le sta sopra, rende appena il 50 per cento dell'ettarea media inglese : eppure la popolazione
Inglese non è soltanto eminentemente agricola come la nostra, ma è ancora eminentemente in-
dustriale. Il fatto in vero è che l'agricoltura può far bene da sé fino ad un cerio limite; ma
che per estendersi più oltre ha bisogno che si sviluppi di pari passo anche l'industria. In quanto
poi al basso prezzo con cui abbiamo la mano d' opera nelle nostre campagne, è un fatto pur
troppo, ma ben doloroso e che caratterizza la meschina posizione in cui si trovano i nostri con-
tadini: posizione che bisognerebbe pensar di migliorare a qualunque costo appunto coi diffon-
dere 1' istruzione e coli' estendere l'industria.
Crediamo adunque opera assai buona quella del sig. Giacomelli, il quale diede una descrizione
assai facile delle principali macchine agricole usate nei varj paesi d' Italia e all' estero. Il con-
fronto fra i varj sistemi usati nei diversi paesi a seconda delle condizioni speciali dei paesi
(1) Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia del giorno 24 febbrajo 1868.
200 BIBLIOGRAFIA
stessi non può che essere di grandissima utilità sia per l' ingegnere che per 1' agronomo nella
scelta delle sue macchine o nell' introduzione di nuove.
Per chi volesse sapere a un dipresso quali sono le materie trattate nel libro di cui parliamo,
diremo che l'autore divide il suo trattato in 15 capitoli. Nel 1.° tratta degli arnesi da lavorare
la terra e vi sono distinti gli arnesi a mano di tutte sorta, gli arnesi aratorj da tiro colle varie
specie di aratri, scarificatori, scrostatori, rincalzatori ecc. ecc. : gli aratri a vapore, le erpici dei
varj sistemi. Nel 2.° capitolo si tratta degli arnesi di trasporto : nel 3.° degli arnesi e macchine
da spargere letame e bottino: nel 4.° dei seminatori; nel 5.° delle macchine per raccogliere; nel
6.° dei motori sia animali che a vapore ; nel 7.° delle macchine per battere e sgranellare, tre-
biatoj ecc.: nell'8.° degli arnesi vagliatori e cernitori : nel 9.° dei frantoj e macinatori : nel 10.° dei
taglia paglia: nell' 11.0 dei trincia tuberi o lava radici: nel 12.° dei mezzi per innalzar l'acqua:
nel 13.° si descrivono i varj strettoj ed apparati in uso per fare i doccioni da fognare e i mat-
toni: nel 14.° si hanno i varj arnesi per fare il burro: finalmente nel 15.° si descrivono varie
altre macchine ed apparati per diversi usi agricoli.
Goniometro di Filadelfo Fichera. - Il signor Filadelfo Fichera di Catania ci ha mandato
in dono un opuscolo, nel quale è descritto un goniometro di sua invenzione per uso dell'archi-
tettura e delle arti che ne dipendono.
L' invenzione consiste in due regoli uniti a modo di compasso con una ingegnosa divisione
rettilinea in parti disuguali che fornisce in gradi l'apertura dell'angolo.
Senza discutere circa la novità o meno dell'idea, né circa l'utilità dell' istrumento, e reso il
ben dovuto omaggio all'amore del progresso di che è compreso il giovane ed esordiente autore (1),
noi ne prendiamo occasione di ripetere agi' italiani per la centesima volta il giustissimo rim-
provero che Brofferio indirizzava loro nel Messaggere Torinese fin dal 1821 : alla qual' epoca
Brofferio in uno slancio oratorio esclamava: e voi altri, che non siete usciti mai dallo stivale,
OSATE PRETENDERE
Sì o signori, l'Italia è un così fatto stivale, il quale contiene non gambe solo, ma teste, e
teste' che ragionano: ne sia prova, una fra mille, il giovanissimo cataniese; quello che vi manca
è lo sviluppo delle industrie di cui l' Italia è capace, e l'avanzamento loro fino all'ultimo stadio
a che sono giunte presso le altre nazioni, e più oltre ancora, che l'Italia il potrebbe, manca
perciò a portata di quelle menti italiane che s'accingono all'ingrata carriera delle invenzioni,
il giusto punto di partenza per inventare utilmente , per modo che essi partono sempre da
troppo indietro. . .
Se il sig. Fichera avesse avuto un' idea esatta di ciò che sono i moderni mezzi di incidere le
divisioni dei circoli, se egli conoscesse per esempio con quale facilità nella filotecnica in Milano
si divide direttamente un circolo di tre o quattro centimetri di diametro in altrettante parti , e
con altrettanta esaltezza quanto appena se ne otteneva vent' anni fa da rarissimi artefici in un
diametro decuplo {% ei conoscerebbe che il dividere direttamente in gradi la testa della vite del
suo goniometro sarebbe cosa mollo più facile e molto più esatta che la sua divisione rettilinea a
punti segnati graficamente, e non col calcolo ottenuti ; e così forse avrebbe fatto il suo strumento.
Concludiamo con ripetere a forma di consiglio Brofferiano ai singoli nostri compatrioti : ita-
liani, VIAGGIATE.
Avvertite però di prepararvi con forti sludj a ben intendere quello che vedrete, affine di non
lasciarvi ubbriacare, sorprendere, stordire dalla grandezza degli stabilimenti, dall'apparente com-
plicazione delle macchine, dalla estensione della produzione.
Persuadetevi bene, prima di mettervi in viaggio, che tutto ciò che si fa presso le nazioni le
più avanzate è possibile in Italia, tutto vi è finanziariamente conveniente.
Il mercato poi non manca, che il mercato per tutti è il mondo, e la marina italiana lo conosce
tutto, e saprebbe farvi penetrare i nostri prodotti, se noi sapessimo produrre.
(1) A nota 17 in fine l'autore si chiarisce adolescente.
(2) Reichembach a Monaco, Repsold a Amburgo, Trouglon a Londra e Gambey a Parigi.
BIBLIOGRAFIA 201
Cessi adunque Italia di lagnarsi del libero scambio, si metta in caso di pagare gli esteri coi
suoi prodotti.
Cessi poi, che ne è ormai tempo, di attestare implicitamente la sua miseria, dicendosi con
codardo ed ignorante orgoglio agricola per eccellenza e solo agricola; impari Italia una volta
che l'agricoltura non può sviluppare tutta la sua potenza se non ha compagne fiorenti le in-
dustrie del ferro, dei tessuti, e tutte l'altre; si ponga in mente che l'ettarea media di terra ita-
liana col suo bel sole, produce appena quattro decimi di quanto la belgica e la inglese colle
loro nebbie e col nordico lor clima: quando invece potrebbe la italica terra produrre il doppio
di quelle, mediante lo scambievole aiuto delle altre industrie.
Ponga Italia mano alle chiavi di quella sua ben fornita cassa forte, che possiede nelle Alpi,
ed apra loro arditamente il seno, essa vi troverà in gran copia, se non l'oro nativo come in
Australia, quell' altro metallo che figura alla testa della civilizzazione , il ferro ; essa vi troverà,
se non il carbone bituminoso (honille) di Newcastle, delle antraciti pari quasi a quelle di Swensea,
e quasi il Cardif, che l' Inghilterra a caro prezzo ci vende.
Italia metta a miglior partito che non per lo addietro quell'altra impareggiabile ricchezza
che è l'ingegno suo giacente nella mollezza della poesia, soverchiato quasi sempre nel positivo
da estere mediocrità, alle quali non hanno vergogna di ricorrere a grandi spese certi italiani per
ìe nostre piccolissime grandi imprese, ed allora l'Italia, divenuta produttrice in grande scala,
ammessa su tutti i mercati del mondo, sarà veramente ricca di gloria e di denaro, i suoi fondi
pubblici raggiungeranno il pari ed oltre, ed il suo governo non avrà più a succhiare a stento
come oggidì dalla miseria dei suoi popoli il pareggio delle sue finanze in isfacelo.
Ma a chi principalmente s'indirizza il consiglio Broffenano? a chi tocca il prendere l'iniziativa
di sì grande, di sì radicale riforma ? Agli ingegneri.
IVECROLOGIEf)
Con dolore registriamo la morte avvenuta il 12 dicembre dello scorso anno dell'egregio inge-
gnere commendatore Gedeone Scotini, Ispettore di l.a classe nel R. Corpo del Genio Civile. Ebbe
i natali a Roveredo il 20 luglio 1797, e rivelò sin da giovinetto l'amore che aveva per le scienze
esatte. Nella vicina Università di Padova compiva i suoi studii, e poscia, sotto la direzione del-
l'insigne Paleocapa, allora reggente il servizio dei lavori idraulici nel Veneto, ebbe campo a far
tesoro di vaste cognizioni teorico-pratiche e divenne in breve provetto ingegnere.
Zelante pel suo dovere, instancabile nel disimpegnare le incombenze del suo ufficio, non badò
a curare un'infermità che gli minava l'esistenza, e dopo grandi sofferenze dovette soccombere.
Il paese perdeva in lui un indefesso cultore della scienza ed un ottimo cittadino, il nostro
giornale un distinto collaboratore (1).
(*) Sotto questa rubrica è nostro pensiero di dare alcuni cenni biografici di quegli ingegneri , che ,
dopo aver coi loro studii e lavori acquistato un titolo di benemerenza fra i loro confratelli , vengono
dall' inesorabil morte rapiti.
A facilitarci questo doloroso compito interessiamo la compiacenza dei nostri signori associati perchè
ci forniscano quei dati che fossero a loro cognizione.
La Redauo?ie.
(1) Cenni sull'impianto delle pile e muri di petto della platea del ponte sul nuovo alveo di Brenta
a Strà, fondato a sistema legato di pozzi. Giorn. Ing.-Arch., Voi. II, pag. 113.
202 NECROLOGIE
Poco dopo la morte del compianto ingegnere G. Scotini, la scienza perdeva un altro cultore
nel cavaliere Adorno Tomolo, ingegnere capo di I.» classe nel Genio Civile, nato a Schio il 12
ottobre 1809. - Prediligendo le scienze matematiche, ne compiva lo studio alla Umversita di
Padova; e nel 1852 veniva ammesso nel Corpo degli Ingegneri di Acque e Strade nelle Provin-
cie venete, ove rimase fino all'epoca in cui queste si unirono alla patria comune.
Ma allorché i suoi meriti ed i prestati servigi lo designavano al grado di Ispettore del Genio
Civile, fu da acuta e brevissima malattia rapito ai vivi il 27 dicembre p. p.
SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI
Sedute di Novembre e Dicembre 1867, Gennaio e Febbraio 1868.
Anche nell'autunno 1867 non potè aver luogo l'adunanza straordinaria della Società Italiana
di scienze naturali fissata in Vicenza, a motivo del morbo asiatico. Riprese pertanto le sedute
ordinarie col 2* Novembre, ed incominciò il Presidente Cornala con una sua Memoria, Su al-
luni casi di albinismo negli uccelli, e dappoi diede comunicazione di una lettera a lui diretta
dal socio Paglia contenente osservazioni al sig. Ascherson, Sopra alcune Najadacee Mane.
Anche il socio Caruel mandò un suo lavoro Ricerche sulla cagione per mn « fiori d, alcune
piante si aprono di sera. Il socio Bettoni lesse per ultimo una Memoria Sull influenza della
pressione atmosferica sui pesci d'acqua dolce.
Viene data in seguito comunicazione di una lettera del socio Molon, dove fa alcuni r.hev, al
processo verbale dell'ultima seduta, relativamente alla sua opera sulla Flora foss.le del Vicentino,
e auindi si praticano le dovute rettificazioni. • t, tl< ,., • t, t •
Altra lettera si comunica del socio Strobel, che prega voler mandare gli atti e libri elementari
alla società di Unione e Beneficenza nella colonia Italiana a Buenos-Ayres , onde promovere e
favorire l'istruzione nella classe operaja. Si termina con nomine di socj.
Nella seduta del Dicembre venne presentato un lavoro del socio Rondam di Parma Diptera
italica non vel minus cognita, continuazione di altri lavori congeneri dello stesso autore
11 vice-segretario Marinoni dà in seguito lettura di uno Scritto del socio Seguenza Su di una
scure di pietra pulita rinvenuta presso Messina. L'autore pare la riferisca per composizione
alla sienite, rilenendola un aggregato di quarzo, feldspato e mica, senza ind.carv, la presenza del-
l' anfibolo, per cui il vice-presidente Antonio Villa dubita sulla realta della roccia.
Il socio Negri legge una sua Memoria di molto interesse, Osservazioni geologiche sui din-
torni di Varese, sulle quali tiene in poi alcune discussioni col sig. Stoppani relativamente agli
schisti ed alle marne rosse. ,
Il socio Ingegnere Maimeri presenta alcuni pezzi di arenana con fossili da lui trovai, a Ca-
vriana nel Bresciano in un grosso masso sporgente da terra dal terreno glaciale, che s, riconobbe
affine all'arenaria terziaria del Tirolo, e precisamente a quella miocenica di Torbole, che pre-
senta tutti i caratteri della roccia della collina di Superga.
Viene presentato in fine il Catalogo della libreria della Società, recentemente compilato dal
socio Sordelli, e si vota per la sua pubblicazione in fascicolo separato.
In Gennaio si tenne adunanza il giorno 26, ed il vice-presidente Antonio Villa presento un
lavoro col titolo Coleplorarum diagnoses observationesque repetitw, novis anuotationibus aucta
a fratribus Villa; ne lesse la prefazione, ed essendoché tra quelli che assistevano alla seduta v. s.
trovavano undici persone che si occupano d'entomologia, lesse pure varie annotazioni, riferenti
la storia di quegli insetti,
SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI 203
Il socio Marinoni, vice-segretario, diede dappoi lettura sopra una nuova località preistorica
in Lombardia. Indi il socio Tinelli parlò sullo stesso argomento.
Si terminò la seduta colla elezione delle cariche diverse, e di un socio nuovo.
Nella seduta del giorno 23 febbraio, il vice-segretario Negri venne incaricato di leggere una
Memoria mandata dal socio Omboni assente, Sul metodo da seguire per ricostruire gli anti-
chi continenti. Indi il socio Cavezzali di Lodi fece una comunicazione intorno alle sperienze
sopra i bachi da seta, formolando alcuni quesiti.
Termina la seduta colla presentazione del bilancio consuntivo 1867 e preventivo 1868.
CORRISPONDENZA
Abbiamo ricevuto da varii ingegneri ed a varie epoche delle interpellanze relative alla pub-
blicazione della celerimensura, e da ultimo una lettera del sig. ing. Pietro Romani, che riassume
il senso di tutte le altre ; crediamo far cosa utile il pubblicare un brano di questa ultima let-
tera, facendola seguire da una nota dello stesso profess. Porro.
« Vasto, il 18 febbrajo 1868.
«
<( Quando fu inaugurata la cattedra di celerimensura in Milano,
« io sarei volato ad assidermi tra i primi alunni del profess. Porro, se mi fossi trovato nel no-
« vero di quei fortunati ingegneri che possono senza grave discapito, lasciare per qualche tempo
« la propria residenza.
« Poiché lessi sulla copertina del Giornale dell' Ingegnere- Architetto l'annunzio della pub-
« blicazione dei primi tre fascicoli della Celerimensura del nominato professore, fui sollecito ad
« associamovi. Ora veggo con dolore scorrere tanto tempo senza ricevere i fascicoli consecutivi.
« Finché non si abbia fra noi un trattato compiuto sulla dottrina della Celerimensura, fatto
« di pubblica ragione per le stampe, gli sforzi impiegati a diffonderla gioveranno soltanto a quegli
« esseri privilegiati, che sono in condizioni di poterla apprendere dalla viva voce del profes-
« sore. Gli altri poi (ed in Italia certo non sono pochi) debbono di necessità rassegnarsi ad
« averne una nozione incompiuta, quale si può attingere da articoli e da sunti letti sopra un
« giornale, e senza possesso anticipato della conoscenza esatta della materia di cui si tratta, co-
« noscenza che avrebbero potuto acquistare dal trattato che si fa attendere troppo a lungo, e del
« quale gli articoli e i sunti del giornale sarebbero a così dire , come un efficacissimo supple-
« mento perenne.
* Più d' una volta pensai di umiliare queste considerazioni all' illustre profess. Porro. Ma a me
« oscuro ed ignoto mortale, mancò l'ardire d'infastidire con una mia lettera un tanto uomo. Ho preso
« animo di esporle alla S. V. in vista della lettera a stampa che Ella mi spedì. Sapendo come
« Ella impieghi generosamente la sua operosità e i suoi mezzi per la diffusione della celerimen-
« sura, ho fede che vorrà Ella patrocinare presso il sig. Porro la causa di tutti quegli ingegneri
« i quali, al desiderio di essere al corrente dei progressi della scienza trovano un impedimento
« nella impossibilità di tramutarsi in Milano per assistere alle sue lezioni. Così si potrà conse-
« guire che egli dia opera a portar presto a termine la pubblicazione del suo trattato italiano,
204 CORRISPONDENZA
« il quale non può essere rimpiazzato dal trattato francese; perchè, questo come egli stesso di-
« chiara, non contiene i recenti rimarchevolissimi progressi fatti dalla Celeri mensura.
« Se la S. V. riuscirà nell'intento pel quale mi permetto di avanzarle le mie calde preghiere,
<« avrà compita un'opera di benemerenza, non già per uno, ma per un numero grande d' inge-
« gneri dimoranti in paesi lontani dai pochissimi centri, ove la nuova Geodesia viene dettala ».
Nota del profess. Porro.
Quando si iniziò in Firenze la ».« edizione, e prima italiana, della celeriniensura , egl'era in
vista di uno scopo determinato, e, nella sua vastità, ristretto, quello cioè del nuovo rilevamento
parcellario ed altimetrico di tutta Italia.
Si supponevano allora fatte, o da farsi per mezzo di un altro dicastero, le operazioni di alta
geodesia che debbono precedere i rilevamenti parcellarii, ed il personale che si trattava di istruire
neh' Istituito Tecnico di Firenze, non doveva essere, in quel primo pensiero, destinalo che a
quella operazione, e nel solo ramo dello riempimento.
Ma chiamato a professare in Milano nella maggiore scuola superiore italiana degl'ingegneri, ove
la celeriniensura fa parte degli sludii normali e complementari, fu d'uopo ordinare diversamente
le materie ed estendere l'insegnamento a tutta intiera la geodesia nuova, tanto in co che tocca
allealte operazioni geodesiche ed astronomico-geodesiche quanto, e più specialmente in co che
riguarda la geodesia propria degl'ingegneri de'lavori pubblici, ed il tutto trattare secondo le nuove
discipline, mettendo in evidenza i vantaggi grandissimi che se ne ricavano per chiarezza e per
sicurezza assoluta in tutti i pubblici e privati servizi dell'ingegneria, e segnatamente nella com-
pilazione dei progetti di grandi comunicazioni ordinarie, nautili e ferrate.
Fu questo un lavoro di rifusione di lunga lena, che, a renderlo compito e bene ordinato, e
volle molto tempo, per modo che appena in quest'anno 1868 si può dire che la geodesia nuova
è insegnata ali' Istituto Tecnico Superiore di Milano in tutta la sua estensione ed in tutta la sua
mirabile purezza e semplicità, ed è fatta esente per intiero da quelle concessioni alle vecchie
pratiche, od ai vecchi pregiudizii che ancora la deturpavano.
Nel nuovo piano dell'opera v'ha una parte che avrebbe dovuto precedere la prima dispensa
pubblicata in Firenze, e questa si avrà quanto prima sotto forma di introduzione, e quanto alla
parte che rimaneva da pubblicare ancora a seguito della terza dispensa saranno recati al pn-
mitivo manoscritto quegl' emendamenti ed aggiunte di che si è di sopra parlato.
Quanto alla parte già pubblicata nelle prime tre dispense non Ve fortunatamente nulla da
variare. , ■ '*I , ,
L'estensione dell'opera eccederà di poco il limite dapprima fissato, perchè le cose che nel
nuovo piano si devono, come si disse, o si possono senza inconveniente ammettere compensano
in parte le ampliazioni che si sono trovate necessarie.
Questo lavoro, in quanto mi riguarda come autore, avanza compatibilmente colle mie occupa-
zioni e l'editore B. Saldini ha già posto mano all'incisione delle tavole : onde vi ha luogo da
sperare che 1' anno non passerà senza che sia compiuta l'opera, e data così soddisfazione al de-
siderio espresso nelle corrispondenze di sopra menzionate.
C. P. M. I. Porro.
CORRISPONDENZA 205
LA FILOTECNICA ED UNA RECENTE LETTERA DI TORINO.
La Filotecnica è un istituto privato (1) di alta meccanica, nel quale il prof. Porro forma degli
allievi di un ordine che non esisteva ancora in Italia, e li ammaestra nella costruzione di stru-
menti che in Italia nessuuo finora era giunto a costruire.
Sono pochi anche fuori d'Italia i costruttori a cui si possano que' strumenti domandare, per
modochè sarebbe ottimo consiglio il dare a questo istituto la forma industriale e commerciale
che attualmente non ha, con tutta la estensione che può vantaggiosamente prendere e vi si tro-
verebbe un cespite di vistosi proventi e la sicurezza di una considerevole esportazione in tutte
le parti del mondo, e l'Italia si potrebbe vantare allora di possedere nella specie un istituto
senza eguale.
Il capitale stato finora dal prof. Porro invertito, per la maggior parte, in materiale ed in mac-
chine efficienti, a prò della Filotecnica, è stato formato quasi unicamente colle sue economie
spinte ad una abnegazione senza esempio da parte sua e di sua famiglia (2). Un tal capitale, il
quale è molto pel modo con che fu formato , è invece ben poca cosa per confronto alla esten-
sione che la Filotecnica è destinata a prendere ora che più non esistono! Frauenboffer, Trougton,
i Gambey, che furono nella prima metà del corrente secolo i grandi luminari di quella nobi-
lissima arte, intorno alla quale, ed a proposito appunto del prof. Porro, in allora direttore del-
l'Istituto lecnomalico di Parigi, un illustre scienziato di Francia scriveva all'indirizzo dell'im-
peratore nel 1889 :
«
« Les arts de précision ont besoin en France plus qu'ailleurs des encouragements directs du
« gouvernement. En présence des progrés récemment faits à l'étranger, cette protection est plus
« que jamais nécessaire.
« L'ingénieur qui s'est engagé le plus avant dans la voye du progrés c'est M. Porro ».
E più lungi, parlando ancora del prof. Porro stesso, dopo averne enumerati i principali lavori :
« Mais on ne s' acquitte pas, envers de tels hommes, avec de l'argent seulement : ».
- La Filotecnica ebbe in Milano un origine che i lettori dell'Ingegnere Architetto conoscono;
essi sanno che il prof. Porro fu spinto a fondarla colla lusinga di un appoggio pecuniario, che
fallì quasi completamente quando non era più tempo di desistere; tutto quindi gli cadde 'sulle
braccia a lui solo , il cui contributo consentito essere doveva puramente scientifico e direttivo.
Ciò malgrado, la Filotecnica è cresciuta e continuerà senza dubbio a crescere, perchè suo com-
pito è di rispondere ad un grande bisogno del paese, anzi ad un bisogno Europeo, e vi rispon-
derebbe in breve se avesse l'aiuto di bastanti capitali per passare dall'attuale stato di istituto
privato di generosa indole educativa, allo stato di grande stabilimento industriale ; allora frut-
terebbe onori e ricchezze all' Italia ed al fondatore.
(1) Era entrato nelle viste dell'egregio direttore dell'Istituto Tecnico Superiore di annettervi la Filo-
tecnica, destinando appositi locali per le officine, ma poi questa combinazione, che sarebbe stata ec-
cellente, non riuscì.
(2) Sappiamo che il valore attuale della Filotecnica eccede già le cento mila lire.
206 CORRISPONDENZA
- - La Filotecnica dunque ha stabilito, come si usa all'estero, che i clienti paghino anticipa-
tamente la metà dell'importo degli strumenti che desiderano ottenere.
Or bene, mentre a noi pare che il professore non avrebbe dovuto nulla mai esporre del suo,
giacché tale era il primitivo patto, né esporsi menomamente a verun rischio, mentre perciò tro-
viamo che ha avuto torto di non stabilire che si paghi anticipatamente l'importo intiero, ab-
biamo sott'occhio una lettera di Torino, la quale dice che per far affari cogl' ingegneri italiani
bisogna invece servir pronto e far credito lungo, dice che gl'ingegneri italiani non consentono
mai°a dare una ordinazione ed aspettarne l'esecuzione, che perciò bisogna tener la bottega fornita
di ogni sorta di strumenti a loro scelta, ed il gran libro sempre aperto per inscrivervi partite
di credito a tempo indeterminato.
Il nostro periodico non può lasciar passare senza osservazioni un così falso giudizio a ca-
rico degl'ingegneri italiani. A noi pare che gl'ingegneri esser debbano abbastanza buoni cal-
colatori per comprendere che se così andassero le cose, il mercante od il fabbricante che sia
si indennizzerebbero con un aumento di prezzo per la giacenza forzata ed i corrispondenti in-
teressi de' suoi capitali.
Ma parliamo, non di un mercante qualunque, non di un fabbricante volgare, ma della Filo-
tecnica , che è tutt' altro : allora noi troviamo a distinguere , rispondendo per essa a quegli
appunti, che:
1.° Vi sono degli ingegneri italiani che conoscono, intendono ed apprezzano i vantaggi di
quel vero progresso nella specie pel quale solo la Filotecnica è stata fondata : questi sono i
clienti naturali della Filotecnica. Essi sono abbastanza numerosi in Italia e vanno crescendo,
e per lo più, non solo non provano difficoltà a pagare anticipato anche l' intiero importo , ma
capiscono qu'anta gratitudine sia inoltre dovuta a chi procura loro ciò che nello stato attuale
dell'industria italiana non potrebbero altrimenti avere e lo assicura l'Italia per l'avvenire for-
mando allievi.
2.° Ve ne sono alcuni tra gl'intelligenti e amanti del progresso che non hanno agiatezza di
fortuna, e che trovano comodo il pagare posticipato, oppure ripartitamente a mesate, ed a ciò
ha provvisto, non la Filotecnica che non lo deve, non il prof. Porro che fa già troppi sacrifici,
ma il proprietario del presente periodico, che per amor di propagare in Italia la celeriniensura,
della quale ben conosce i grandi vantaggi, non solo regala ai suoi abbonati un cleps (1), ma an-
cora s'incarica, contro il solo lucro degl'interessi decorrendi, di fare alla Filotecnica le antici-
pazioni necessarie, ricevendone egli invece dai clienti il rimborso in quote mensili (2).
3.o Vi sono poi quegl'altri ingegneri a cui non cale il progresso, o non hanno tempo di oc-
cuparsene, ed a cui basta far oggi come facevano jeri e prima. Questi non sono clienti per la
Filotecnica e noi saranno sino a tanto che, soprafatti dal progresso che avanza intorno a loro,
non vi siano spinti dall'urgente loro interesse.
4.° In ciò che riguarda l'ordinare ed aspettare il tempo necessario, si osserva che nella Filo-
tecnica non si fanno istrumenti ordinarii, ma strumenti di progresso, quali senza la Filotecnica
non si potrebbero avere. Non stanno dunque i motivi d'urgenza materiale assoluta ; si comprende
bensì la impazienza di godere dei vantaggi della nuova geodesia, che da cinque anni s'insegna
all'Istituto Tecnico Superiore di Milano, ma questa impazienza stessa suggerisce agl'ingegneri di
(1) Vedi Ingegnere-Architetto, Voi. XVI, fase, di Gennaio.
(2) Vedi Ingegnere-Architetto, Voi XV,
CORRISPONDENZA 207
pregare per tempo (1) l'iscrizione, e simultaneamente fornire gli occorrenti fondi ond'essere am-
messi al favore di avere un istrumento del più avanzato progresso costrutto sotto la direzione
dell'autore e da lui collaudato; così almeno in sino a tanto che qualche stabilimento d'indole
commerciale sorga, e si metta in misura di fabbricarne di simili ; la qual cosa speriamo non si
farà a lungo aspettare, perchè il prof. Porro non ricusa ai costruttori italiani che a lui ricorrono,
i disegni dettagliati in scala naturale degli strumenti che si fabbricano nella Filotecnica, né il
suo concorso ad aiutarli in ogni cosa che desiderassero, segnatamente per la parte ottica, per le
divisioni dei circoli (2) e per le relicole, che finora nessuno, se non gli allievi del prof. Porro,
è pervenuto ad eseguire, né in Italia né altrove, colla perfezione di quelli che si fanno nella
Filotecnica.
La Redazione.
AD UN DIRETTORE-EDITORE.
Nella circolare che l'ultimo scorso gennaio abbiamo avuto l'onore d'indirizzare ai nostri
signori Abbonati, annunciammo, tra le altre cose, che un certo periodico che si occupa d'in-
gegneria doveva cessare le sue pubblicazioni , perchè nella greppia dello Stato, dov' esso si nu-
triva , gli era venuto a mancare il cibo. Stava in realtà il fatto che la Camera dei Deputati ,
nella sua tornata del k giugno 1867, aveva preso la deliberazione che d'allora in avanti il Go-
verno dovesse cessare dal far uso del pubblico denaro per alimentare un periodico che ha gli
stessi diritti degli altri. Cosicché era naturale il credere che quell'organo scientifico, appena
adempiuto a' suoi impegni verso i propri abbonati, cioè dopo qualche mese, cessasse di esistere,
come noi avevamo annunciato.
Ora il signor Direttore-Editore del periodico di cui si tratta, volendo smentire la nostra as-
serzione, ha mandato intorno una sua circolare in data 28 febbraio, che è qualcosa di curioso.
Essa comincia col dire che la Camera, nella nominata seduta, non ebbe veramente l'intenzione
di far morire il periodico, ma soltanto di togliergli il sussidio. Capite? L'arcivescovo Ruggero
non ha deciso di far morire il conte Ugolino; egli ha solamente voluto che non gli si desse
più da mangiare l
E per dimostrare che il periodico non voleva né doveva cessare, esce a dare due prove che
raccomandiamo al buon umore dei nostri lettori.
La prima prova - essa dice - si è che dopo l'ingrata seduta della Camera furono pubbli-
cati alcuni fascicoli.
Gli è vero che que' fascicoli erano arretrati, ma per l'autore della circolare questa è una cir-
costanza da nulla !
La seconda prova - continua essa - è che il periodico vive tuttora e che la buona Camera
dei Deputati, nella sua seduta del 20 ultimo febbraio, ha contradeciso che, giacché le nostre
(1) Sebbene il tempo approssimativamente necessario alla costruzione di un istrumento si conosca à
priori, la Filotecnica, imitando in ciò i più rinomati stabilimenti dell'Alemagna, usa di nulla mai pro-
mettere in fatto di tempo. Il professore vuole con ragione tutto il comodo per far correggere o rifare
quando taluna parte di un istrumento non fosse riuscita abbastanza commendevole.
(2) Vedi Ingegnere-Architetto.
208 CORRISPONDENZA
finanze sono in così buono sialo, s'avesse a stanziare l'annua somma di 11 mila lire per soc-
correre la derelitta pubblicazione.
Qui è dove la logica del signor Direttore-Editore si mostra in tutta la sua potenza. 11 dire
che una lucerna deve morire quando non ha più olio è una verità; ma se alcuno vi aggiunge
altr'olio, il principio, secondo lui, eessa di essere vero. Che cosa vuol dire volere aver ragione
anche quando si ha torto!
Il signor Direttore-Editore, nell'ultimo capoverso della sua infelice circolare, fa poi a noslro
riguardo un'insinuazione tutfaltro che benevola, ma sulla quale noi passeremo. Tra lui che ali-
menta la sua pubblicazione col sangue delle pubbliche finanze, e noi che viviamo solamente col
credito e l'appoggio di cui ci onorano i diversi studiosi d'ingegneria e di architettura, la di-
stanza è troppa perchè i colpi ci possano arrivare.
Milano, Tip. degli Ingegneri. B. SALDIMI, Proprietario, Gerente responsabile.
MEMORIE ORIGINALI
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO,
I FIUMI CHE VI CONFLUISCONO,
E PRINCIPALMENTE GLI ULTIMI TRONCHI DEL PO,
SUSSEGUITI
DA CONSIDERAZIONI INTORNO AI PROGETTI PER LA REGOLAZIONE DELLE ACQUE
ALLA DESTRA DI QUESTI
MEMORIA
dell' Ingegnere Elia Lombardini
letta nelle adunanze del R. Istituto Lombardo delle Scienze.
(Vedi pag. 136)
XII. IPrhne vicende degli ultimi tronchi del Po dopo la
rotta di Ficarolo per opera della natura e per quella
eziandio dell' uomo.
109. Passeremo ora ad esaminare nei loro particolari le vicende cui sog-
giacquero gli ultimi tronchi del Po dopo la rotta di Ficarolo per cause natu-
rali ed anche per opera dell'uomo. Sembra che dopo quel memorabile avve-
nimento non siasi lasciato disarginato il nuovo ramo del Po se non per breve
tempo, almeno alla sua destra, siccome può desumersi dalla ristretta base che
ha il suo controforte, od argine naturale a Pontelagoscuro, formato dalle sue
deposizioni (1). Il ramo sinistro Corbola avrebbe dapprima, come dicemmo,
ostrutto il porto di Loreo , ove per lo innanzi non scorrevano se non acque
chiare, aprendosi un varco nel lido alle Fornaci, alla distanza di circa cinque
chilometri. Siccome quel porto era arcifìnio , segnando il confine fra i Ferra-
resi ed i Veneti che trovavano in uno stato di ostilità permanente, è verisimile
[i) Vedasi il profilo trasversale del terreno in-
terposto al Po Grande ed al Po di Ferrara dere-
Giom. big. — Voi. XVI. — Aprile 1868
Ulta, nella tav. Ili, unita alla mia Memoria del 1852
precitata Dei cangiamenti ecc.
14
210 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
che questi avessero aperto alle Fornaci un varco nel lido , di fronte a Loreo,
ove il Po avrebbe di poi diretto il suo corso. A convalidare un tale supposto
parrebbe concorrere il fatto che in quella località vedonsi alcuni cascinali sul
lido con una chiesa denominati Cao di Marina (1).
110. Divenuto principale quel ramo del Po, il suo protendimento nel mare
si operò mediante un promontorio formato da tre rami distinti coi nomi di
Po di Tramontana, di Levante, e di Scirocco, nomi che ne indicano la direzione.
Coll'alterna loro azione que'rami ne'quattro secoli decorsi dal 1200 al 1600 avreb-
bero protratte rispettivamente le loro foci per m. 10700, m. 10500, m. 15400,
partendo dal lido, e seguendo il loro corso. Quel promontorio sovra una base
di sedici chilometri sarebbesi avanzato per nove chilometri. Minacciati i porti
veneti dal protendimento della foce di Tramontana, si prese il partito di diver-
tire il Po col taglio di Porto Viro di cui parleremo più avanti.
111. Il ramo destro della Rotta di Ficarolo , formato dal Toi , ossia Po di
Ariano, unito al Goro, dall'antica foce di Goro attraversante il cordone litorale
alla Mesola , si divise in due rami , de' quali il settentrionale ritenne il nome
di Po di Goro, ed il meridionale si chiama Ramo dell'Abate. Entrambi si avan-
zarono dal lido summentovato per circa cinque chilometri fino al 1568, dandosi
all'isola interposta il nome di Mesola.
112. Intrapreso allora il bonificamento del Polesine di Ferrara, si chiuse a
tal uopo il ramo dell'Abate; a sinistra di esso fino al mare si diressero col
Canal Bianco gli scoli dei terreni più alti, detti le terre vecchie, che dapprima
si scaricavano in Po; nel ramo stesso si inalveò una parte degli scoli delle
terre più basse della nuova bonificazione, mentre la parte meridionale residua
di queste si rivolse nel Volano. L' ultimo duca di Ferrara , Alfonso II d' Este,
fu quegli che fece intraprendere tali miglioramenti agricoli; ma in pari tempo
erigere ivi nel 1590 un sontuoso castello, e costruire un parco cinto da muro
in lunghezza di ben dieci miglia, opere che avevano uno scopo ben diverso (2).
115. I principi d'Este che venivano, sempre in via precaria, personalmente
investiti dalla Santa Sede del dominio del territorio di Ferrara aspiravano ad
estenderlo possibilmente alla destra del Po di Primaro nella Romagna. La loro
corte era frequentata dalle più grandi celebrità letterarie, ma ben di rado da
distinti scienziati. Ne conseguiva che s'impegnavano in progetti inconsulti, i
quali accelerarono la perdita del braccio del Po da cui la loro capitale traeva
la sua importanza. Il duca Borso nel 1460, allo scopo di promovere il bonifi-
camento di terreni alla destra del Po di Primaro presso la Bastia, diresse a
sboccare in questo il Santerno inalveato (5). Dietro il suo esempio nel 1504
(1) Vedasi il foglio F 6 della carta topografica
del Lombardo-Veneto.
(2) Frizzi, opera citata, VoL IV, pag. 362 e
seguenti. Di quei lavori dà qualche cenno anche
l'Aleotti tanto nella sua Difesa del 1601 (della
quale si parlerà più avanti) quanto nella sua Me-
moria manoscritta intitolata : Della scienza et arte
di ben regolare le acque, che si conserva nella bi-
blioteca estense. Osserva il Frizzi che il Duca fa-
ceva eseguire quei lavori con sommo aggravio dei
suoi sudditi; che per favorire la caccia lasciava in-
colte ed ingombre di macchie molte terre, condan-
nando poi a supplizj estremi quegli infelici che
avessero commessa qualche infrazione alle leggi
proibitive che vi si riferivano.
(3) Aleotti. Difesa precit. pag. 11.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 211
si fece altrettanto pel Lamone, e nel 1554 pel Senio (1), riducendosi così alla
più infelice condizione quel ramo del Po , sia per le deposizioni di quei tor-
renti torbidi, sia pel progressivo depauperamento delle acque del Po che si
rivolgevano in copia sempre crescente nel ramo di Ficarolo, ossia di Venezia.
Verso il principio del secolo XV le valli di Comacchio eransi ridotte a valli
salse di pesca, regolandosi a tal uopo con intermittenza l'introduzione in esse
delle acque marine. La loro parte occidentale, detta valle del Mezzano, erasi
per altro separata dalle altre siccome bacino delle acque dolci di scoio del
Polesine di Sant Giorgio, da principio coli' argine di Sant Longino che da Pa-
viero metteva capo a Longastrino. Rimasto questo distrutto dagli ondeggia-
menti delle acque, il duca Borso lo fece ricostruire sopra una nuova lineala
Paviero a Filo col nome di argine del Mantello, che restringeva la superficie
di essa valle del Mezzano (2). Rinnovatosi per la stessa causa la distruzione di
questo secondo argine, la valle stessa si convertì in valle salsa con danno del
circondario scolante, sia per la maggiore elevazione delle acque, sia per la pre-
giudicevole loro invasione dei terreni depressi, che convenne difendere con un
argine di circondario. Fino dalla prima riduzione di quelle valli all'uso di pesca
si dovette proteggerle dalle espansioni dei Po, arginando di fronte ad esse la
destra del Volano, e la sinistra del Primaro. Lo stesso Duca Borso, al luogo
detto il Campello , non si sa per quale motivo , fece allungare per ben sette
chilometri il corso del Volano , che forma ivi la viziosissima svolta la quale
anche oggidì si scorge nel canale cui fu ridotto l'alveo derelitto del fiume (3).
Nel 1460 si lasciò indurre dai Bolognesi a ricevere nel Po di Ferrara il Reno ; ma
avvedutosi dell'errore, si oppose di poi all'eseguimento di quel piano (4). Il
suo successore Ercole I, temendo una invasione dei Veneziani dal Porto di
Volano, fece iniziare il chiudimento di quel ramo del Po, operazione che venne
quindi sospesa (5). Alfonso I, presa in moglie Lucrezia Borgia (1505), la quale
gh portava in dote il territorio di Cento, allo scopo di bonificarlo, col dar esito
alle acque torrentizie che lo infestavano, conchiuse nei 1522 l'accordo coi
Bolognesi di ricevere inalveato il Reno nel Po di Ferrara , operazione che si
compi nel 1526, dando così a questo il colpo di grazia (6).
(1) Corradi. Effetti dannosi che produrrà il Reno
se sia ammesso in Po di Lombardia. Modena 1717,
pag. 70. Il fatto relativo al Lamone lo ricava dalla
storia di Ravenna del Rossi, e quello concernente
il Senio dal codice manoscritto dell'Aleolti, pag. 25.
(2) Frizzi, opera citata, Voi. IV, pag. 159.
Aleotti, Difesa precit. pag. 40.
(3) Questo fatto viene riferito ne' suoi annali da
Peregrino Prisciano, che doveva perfettamente co-
noscere le cose, giacché suo padre Prisciano Pri-
sciano, era in quel tempo agente generale del duca
Borso. (Frizzi, Voi. IV, pag. 31). Senonchè si da-
rebbe a tale operazione per motivo la difesa del-
l'Abbazia di Pomposa dalla corrosione del Po, lo
che non potrebbesi ammettere, giacché l'ultimo
tronco di quella svolta sarebbe maggiormente di-
retto contro l'Abbazia. Di fronte ad essa vedesi la
traccia di un^alveo derelitto del Po, che si sarebbe
col vertice della curva portato in suo contatto, al
che sembra essersi provveduto con un raddrizza-
mento che rimane a valle della mentovata svolta
del Campello. Si ha quindi motivo di credere che
trattisi di due operazioni distinte, e che erronea-
mente siasi scambiata 1' una coli' altra.
(4) Frizzi, opera cit. pag. 53.
(5) Ivi, pag. 123.
(6) Ivi, pag. 187-273. Rispetto alla convenzione
del 1522 ed alle sue cause, vedasi anche il codice
manoscritto dell' Aleotti.
212
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
XIII. Colinaaiient© della Padusa, ossia della laguna Raven-
nate, e tracce della divisione di terreni assegnati alle
antiche colonie romane.
414. Avanti d'inoltrarci nell'esame delle ulteriori conseguenze di quella di-
versione del Po, prenderemo ad esaminare il modo col quale si operò il col-
mamente) della grande palude Padusa, che formava la parte estrema meridio-
nale dell'estuario Adriatico.
Senza occuparci dell' ultima appendice di esso che partiva da Rimimi, osser-
veremo innanzi tutto che la via Emilia da Forlimpopoli fino a Bologna vedesi
bensì tracciata sulla carta da un rettilineo pressoché perfetto, ma con notevoli
ondeggiamenti nel suo piano sotto le estreme falde dell'Appennino. Imperciocché
ivi attraversa la sommità dei conoidi formati dai torrenti che ne discendono, i
più poderosi de' quali sono il Savio, il Ronco, il Montone, il Lamone, il Senio,
il Santerno, il Sillaro l' Idice ed il Reno. Quest'ultimo è il principale di essi,
sia per la maggiore superfìcie del suo bacino montuoso, sia perchè la più parte
di questo trovasi nella regione alpestre dell' Apennino. Mano mano che quei
torrenti si avanzavano coi loro conoidi nella Padusa , rimanevano negli inter-
valli che li separavano delle conche , o depressioni nelle quali si saranno a
varie riprese divertiti, alternando questi cangiamenti in guisa da estendere la
colmata della palude. Egli è verisimile che in tempi non molto remoti anche
l'arte abbia influito in tali cangiamenti.
115. Dall'esame delle carte topografiche, ove generalmente la maggiore ele-
vazione del suolo è indicata dalla prevalente frequenza degli abitati , vedonsi
questi alla destra tanto del Ronco, quanto del Montone, lo che fa credere che
avessero il loro corso più all'oriente quando avranno interrato il porto di Classe
presso Ravenna, e contribuito al protendimento di quella spiaggia marina. Al-
trettanto sarebbe avvenuto pel Lamone, forse in epoche meno lontane , desu-
mendosi da documenti che per lo innanzi passava presso Prada donde oggidì
è distante tré chilometri (1). Quello per altro di essi torrenti che sembra es-
sersi maggiormente spinto verso oriente sarebbe il Santerno , che vedemmo
indicato da Plinio col nome di Vatreno; scorgendosi un villaggio che porta il
suo nome a destra del Lamone sul meridiano di Forlì in distanza di tredici
chilometri dal suo corso attuale. A tale tendenza di questo fiume a spingersi
anticamente verso oriente, nel che possono avere influito gli accidenti del fondo
della laguna, dovrebbesi attribuire il fatto che ne' tempi di Plinio si approssi-
mava al corso del Po, cosicché egli considerava questo aumentato dalle acque
di quel torrente , mentre effettivamente ciò avveniva col concorso degli altri
torrenti ad esso prossimi.
(1) Bolla di Leone IX di concessione all' Ab-
bazia di Pomposa dell'anno 1052, ove è detto: Nec
non et ripam fluminis Anemonis ex utriusque par-
tibus juxta Massarn que vocatur Praia, extendenté
ipsa ripa Biganuolo, ecc. Muratori. Ani. ital. m.
aev. T. V, pag. 338.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 213
116. Se si rilevasse una caria topografica di quel tratto di pianura subapennina
con curve isoipsiche la quale riuscirebbe di una immensa utilità per lo studio
del migliore regolamento delle sue acque, vedrebbesi a colpo d' occhio la spor-
genza dei dorsi di quei conoidi su cui in tempi più o meno remoti sorsero
popolose borgate; come pure le rientranze delle interposte depressioni.
117. Allo scopo per altro di riconoscere con sufficiente approssimazione il
margine della palude , cui succedeva lo stagno Padusa ne' primordi della ro-
mana dominazione vi è un mezzo di riscontro assai più concludente che ebbi
a scorgere dopo un attento esame del foglio di Ravenna (F 8) della grande
carta topografica dell'Italia Centrale.
Da Forli ad Imola, ed anche oltre questa città, vedesi nella pianura dise-
gnata una reticola di quadratela , i cui lati costituiscono in complesso rette
perfettamente normali alla via Emilia, che fa l' uffizio di fondamentale, le quali
si estendono fino alla distanza massima di venti chilometri. I lati d'ogni qua-
dratela segnano generalmente strade campestri accompagnate da cascinali, op-
pure canali di scolo, e la lunghezza di uno di essi sarebbe costantemente dì
circa 714 metri, cosicché la loro superficie corrisponderebbe a 509 800 m. q.
equivalenti ad una centuria romana formata da 200 jugeri. Quella reticola perciò
è indubbiamente la traccia della divisione del terreno assegnato ad un antica
colonia romana (1). A destra del Montone non scorgonsi che rare vestigia di
tali reticole per effetto dei cangiamenti posteriormente avvenuti nel corso di
quel torrente e del Ronco, ed anche per la maggior prossimità alla via Emilia
della palude da essi colmata.
118. Sulla destra del Savio poi a settentrione di Cesena scorgerebbesi altra
reticola simile, tracciata in vero con minore regolarità, in lunghezza di dieci
chilometri ed in larghezza di tré a sette chilometri, della quale dovrebbe es-
sere identica 1' origine. La sua fondamentale parrebbe una strada a destra del
fiume parallela a quella a sinistra di esso che da Cesena conduce a Ravenna;
ma né l'ima né l'altra devono essere molto antiche, sembrando tracciate sulla
direzione di due linee di essa retricola.
119. Se si prenda per margine dell'antica palude la parte ove cessa la re-
golarità delle mentovate reticole, partendo dal Pisciatello, che secondo taluni
corrisponderebbe all'antico Rubicone, esso passerebbe per Bagnarola, Pra-
dozzi, Bagnile, Canuzzo, a destra del Savio, luoghi tutti i cui nomi concorde-
rebbero col nostro supposto. Proseguirebbe poi quel margine verso le borgate
di Russi, di Bagnacavallo e di Fusignano, ove ripiegherebbe, tenendosi a due
o tré chilometri a settentrione di Sanf Agata e di Massa Lombarda.
120. Il canale Naviglio di Faenza seguirebbe una di quelle rette normali, lo
che avverrebbe anche per canale d' Imola, pel condotto Zaniolo e per altri canali
(1) L' unità di misura lineare de' terreni era la
decempeda , di dieci piedi romani (equivalenti pre-
cisamente a cinque braccia di Milano). Gli agrimen-
sori chiamavansi decempedatores. Il jugero era co-
stituito di 288 decempede quadrate , ossia di un
rettangolo lungo 24, e largo 12 decempede. La
centuria, formata da 200 jugeri, era un quadrato
del quale ogni lato misurava 240 decempede.
Cristiani : Delle misure d' ogni genere antiche e
moderne. Brescia 1760, pag. 36 e 80.
214 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
dei prossimi territorj. li Sariterno sembra che in origine intersecasse obliqua-
mente quella reticola , ove vedesi interrotta , e sconvolto il terreno , da Imola
a Solarolo ed a Cottignola, e sarebbesi ivi unito al Senio, toccando di poi Tra-
versai e la predetta borgata Santerno, d'onde avrebbe continuato fino al Pri-
maro col seguire prossimamente il corso che aveva in addietro il Lamone.
A quanto pare V arte lo avrebbe di poi divertito sopra una delle linee normali
da Castelnovo a Mordano, e quindi sopra altra di esse linee prossima e parallela
verso oriente, da Sant' Agata a Sant Lorenzo in Selva, vedendosi in quel tronco
due tratti rettilinei interposti ad altri tre serpeggianti (1).
121. Il più poderoso dei torrenti tributarj alla Padusa vedemmo essere il
Reno che , uscito dalle gole de' monti a Casalecchio presso Bologna , avrebbe
in essa deposto tré conoidi , variando il suo corso nell' imo della valle sopra
una fronte di trentaquattro chilometri dal Finale a Co di Fiume, termine del
più orientale di essi conoidi. Sul dorso di questo scorre la strada che passa
per Minerbio e Barisella , sul conoide intermedio incontrasi Gastelmaggiore
Sant Giorgio in Piano e Sant Pietro in Casale donde si prolunga a sinistra per
Sant Alberto e Galliera ed a destra per Sant Venanzio e Poggio Lambertini.
Il conoide più occidentale, sul quale il fiume ha 1' odierno suo corso, passa per
Trebbo, Argile e Cento. 11 Naviglio di Bologna escavatosi sul cadere del se-
colo XII, diretto a Malalbergo segna la depressione fra il primo ed il secondo
conoide. Avanzi di reticole simili a quelle dianzi descritte scorgonsi pure sulla
pianura formata dal Reno coi tré conoidi summentovali, reticole che dovreb-
bero corrispondere alla divisione delle terre fatta alla colonia latina stabilita a
Bologna 1' anno 561 di Roma (2). Esse hanno egualmente per fondamentale la
linea della via Emilia la quale dicesi costrutta da M. Emilio Lepido l'anno 567 ; ma
che verisimilmente era stata già abbozzata anteriormente ne' trenta cinque anni
che decorsero dalla prima occupazione de' Romani di quella parte della Gallia
Cispadana. Una traccia alquanto incerta se ne vede a Medicina sul conoide del
Sillaro ed altra maggiormente distinta scorgesi presso Budrio su quello del-
l'Idice. Ma sul primo conoide del Reno fra ridice e il canale Naviglio la re-
ticola si manifesta assai più regolare sino alia distanza di 18 chilometri dalla
via Emilia presso Sant Giovanni in Triario, rimanendo cancellata in prossimità
di Minerbio e Barisella, che segnano il colmo di quel dorso verso il suo estremo,
come pure in vicinanza dello stesso Naviglio. Questo per una tratta di sette
chilometri fra Sant Martino e Burchetta sembra condotto sopra una delle linee
normali alla via stessa. Si avrebbe cosi un valido indizio che dopo 1' occupa-
zione dei Romani il Reno ha avuto corso sulla parte estrema di quel primo
conoide ove si congiungeva alla Savena. Il Naviglio seguirebbe, come si disse, la
(1) Vedansi i fogli di Ravenna e di Cesena della
carta topografica precitata dell' Italia Centrale.
(2) Circa a quella colonia Tito Livio così si esprime
nel libro 37 delle storie : Eodem anno ante diem
terlium Kalendas januarii Bononiam Latinam co-
loniam ex S. C. L, Valerius Flaccus , M. Atilius
Serranus, l. Valerius Tappo, triumviri deduxerunt:
Tria millia hominum sunt deducta. Equitibus sep-
tuagena jugera , ceteris colonis quinquaginta sunt
data. Ager captus de Gallis Boijs fuerat. Galli
Tuscos cxpulerant.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 215
depressione fra questo ed il secondo sul quale non scorgesi traccia di reticola
se ne eccettui una piccola porzione presso Sant Giorgio in Piano, a 17 chilo-
metri di distanza da Bologna, lo che indicherebbe che pel rimanente la reticola
è stata cancellata dal variabile corso del Reno, il quale, a quanto pare , dopo
la dominazione romana avrebbe lungamente esercitato ivi il suo dominio. Dai
documenti storici si potrà desumere se colà si trovasse ancora lorquando si
costrusse il Naviglio sul cadere del secolo XIII. Flavio Biondo che scriveva la
sua Italia illustrata intorno all' anno 1450 ci parla di Galliera, del Poggio
Lambertini, di Sant Venanzio e di Sant Prospero, borgate esistenti all'estremo
del conoide intermedio, dicendoci che il Reno a' suoi tempi si univa al Panaro
ed al torrentello Formiggine per sboccare in Po presso Bondeno (1). La
prima di. quelle borgate, come vedemmo, viene pure nominata nella Cronica
parva di un secolo e mezzo anteriore. Ne consegue che per lo innanzi aveva
compiuta la colmata all' estremo di esso conoide intermedio, e che era passato
sul terzo conoide di Cento tenendosi all'occidente di questa città. Ma nel 1459
cangiò naturalmente corso , rivolgendolo verso oriente fra la città stessa e la
Pieve di Cento, ove, contenuto da argini, passava di poi a spandersi nelle valli
confinanti col territorio ferrarese, lo che ha promosse le trattative preaccennate
per immetterlo inalveato nel Po di Ferrara (2).
122. Di reticole simili si vedrebbero avanzi sulla rimanente pianura subap-
pennina dal Reno all' Arda nel Piacentino , e da esse possono .ricavarsi indu-
zioni analoghe ; ma poiché il relativo esame ci allontanerebbe di troppo dal
nostro programma, abbiamo preso il partito di trattarne nell'Appendice £. Os-
serveremo soltanto in proposito che se col sussidio delle recenti carte topo-
(1) Italia illustrata. Romandiola, sive Flaminia.
Ove passa a parlare della Lombardia (regio septima)
dice : Infra est Finale oppidum ad quod eam, quam
diximus aquarum rnoles Rheno, Scultenna , Formi-
gine et plaerisque torrentibus coeuntibus fossam
efficit Fislorenam, ultima Padusae ostia facientem.
La Fossa Fistorena perciò corrispondeva al così
detto Canale di Modena indicato nella Cronica
parva surriferita.
(2) Che il Reno anticamente avesse spinto il suo
corso verso oriente all' estremo del primo conoide,
fino a confluire nel Po di Primaro in prossimità di
Co di fiume, ove un villaggio sarebbesi chiamato
Padoreno , lo si desumerebbe da una serie di do-
cumenti.
In uno di questi dell' anno 979 , riportato dal
Frizzi (Mem. ferr. T. I, ediz. 2.a pag. 106) dicesi:
palus quae vocatur augusta , constituta territorio
Comjaclensi in terra fines ab uno latere Pereo, (an-
tica isola di Sant'Alberto sul Po di Primaro) ab alio
latere Padoreno, ecc. Nel documento di Ottone III
dell'anno 1001, riportato nella nota al § 70, nomi-
nasi pure in prossimità del Primaro Padoreno. La
sua posizione per altro Verrebbe determinata più
precisamente dalla convenzione seguita l'anno 1200
fra Ferrara e Ravenna, riportata dal Muratori (Ant.
it. T. IV, pag. 313) ove è detto: Quod Ravennates
non- debent amplius facere ullum castellum a Bu-
dareno sursum. Item comune Ferrariae debet habere
plenam jurisdictionem a Fossa de' Bqsio sursum ,
quae Fossa de' Bosio est de suptus Caput Sandali
ubi jarn fuit hospitale.
Il confine perciò fra Ferrara e Ravenna cadeva
sul Primaro, alla Fossa di Bosio presso l'Ospitale,
di tre chilometri superiore al Traghetto, luogo che
dovrebbe corrispondere al Bociletum (Buzzolè) sul
fiume Gaibana, indicato nella conterminazione del-
l'anno 1106 (g 77), in prossimità del quale doveva
trovarsi il Budareno, ossia Padoreno citato nei do-
cumenti anteriori surriferiti.
Il Frizzi confonde quel luogo con Badarino ac-
cennato in documenti pomposiani , il quale era un
canale prossimo al Volano , leggendosi nel docu-
mento dell'anno 1052 (Muratori, op. cit., T. V,
pag. 338) : Piscariam integram que vocatur Volana
cum Rivo Badarino et Gavelona majore ad ipsam
piscariam pertinente.
216 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
grafiche, la forma e la disposizione delle alluvioni del Po alle sue foci ci hanno
servito qual cronometro per determinarne l'antichità relativa e prossimamente
l'assoluta, anche le mentovate reticole tracciate da oltre venti secoli ci vengono
a porgere un fondato criterio per determinare non solo l'estensione dell'an-
tica Padusa , ma eziandio i più notevoli cangiamenti avvenuti nel corso dei
principali fiumi della pianura subapennina ed a chiarire fatti storici di qualche
importanza. E qui ci occorre di fare un osservazione. Se i torrenti dell'Ap-
pennino hanno colmato l'immenso stagno Padusa; colle loro espansioni late-
rali sulla pianura superiore da essi formata ne avranno contemporaneamente
alzato il livello in una misura di forse due o più metri, cosicché parrebbe a
prima giunta che per effetto di tali alzamenti dovesse rimanere cancellata la
traccia di quelle reticole. Ma ove si consideri che in tale supposto nel corso
di venti secoli l'alzamento annuale sarebbe stato di circa un millimetro, e di
un solo decimetro in un secolo , devesi perciò ammettere che mano mano
rialzavansi in pari tempo le strade ed i canali costituenti le reticole stesse
senza notevole alterazione della loro forma, o sede.
125. Attesi i rapporti che vi sono fra le vicende del corso del Reno e di
quelle concernenti il Panaro, colgo l'occasione per rettificare alcuni fatti esposti
nella mia Memoria Dell' idraulica condizione della pianura subapennina fra
l'Enza ed il Panaro (pag. 7). Un documento del 1492 riportato dal Tiraboschi
nel suo Dizionario topografico all'articolo Panarius ed alcune deduzioni del
Corradi mi hanno condotto nell'errore di credere che fino dal cadere del se-
colo XIII si fosse unito tutto il fiume al Naviglio di Modena presso Bomporto (1).
124. Dall'esame di altri documenti ho potuto invece ricavare che in quel
tempo non si introduceva nel Naviglio se non una parte delle acque dei Pa-
naro mediante bocche, o tagli nelle due sponde. Fino al 1459 le sue acque di
espansione si sarebbero mescolate, come si disse, con quelle del Reno, le quali
dopo avere attraversate valli si saranno riunite alle acque del Naviglio di Mo-
dena presso Santa Rianca per formare il Canale di Modena accennato nella Cro-
nichetta di Ferrara , chiamato dal Biondo Fossa Fistorena. Da un concordato
del 1289 seguito fra il marchese Obizzo d'Este ed i comuni di Bologna
e di Modena appare difatti che allora il Panaro scaricavasi in valli le
acque d'espansione delle quali avranno confluito nel mentovato Canale di
Modena, dopo essersene estratto appunto con tagli una parte per alimentare
superiormente il Naviglio dello stesso nome (2). Il successivo concordato
del 1487 fra il duca di Modena e Giovanni Bentivoglio per eseguire il Cava-
mene di Foscaglia, non risguardava già l'escavazione di un semplice colatore
(1) Vedasi Tiraboschi, Dizionario topografico sto-
rico degli stati estensi. Modena 1825, all'art. Renus.
(2) È difatti detto in quel concordato del 1289,
riportato dal Ghirardacci (Stor. di Bologna) « di ca-
« vare il Panaro fiume, cominciando di sotto nelle
« valli, facendo la sgherbata ove meglio giudiche-
« ranno gli ingegneri, di modo che l'acqua avesse
« il suo corso, cavandosi di sopra fino alla navigata
(Naviglio) per il letto dove altre volte fu scavata, e
di più che i Modenesi non lascierebbero chiudere
la bocca della navigata fin tanto che il detto la-
voriero fosse finito, di modo che l'acqua di detto
Panaro, o Scultenna, avesse il suo libero passaggio
nel detto lavoriero, e condotta che fosse V acqua
nella valle, ciascuno poi dovesse chiudere le boc-
che del Panaro in ogni luogo del suo distretto ».
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 217
ma piuttosto di un canale raccoglitore delle acque di scolo , di quelle torren-
tizie della Muzza, e d' espansione del Panaro, che scorreva tuttavia disarginato.
Era ivi per altro prescritto che si dovesse impedire il concorso di quelle dei
Reno e della Samoggia (1). I molini presso il Finale sul Naviglio di Modena, nel
quale scorreva il torrentello Formigine, non erano già alla sinistra, ma bensì alla
destra presso Selvabella, ed eseguitosi dai Bolognesi il Cavamento preaccennato,
furono trasportati a valle con un nuovo canale nell'interno della città (2).
125. Si è già notato essersi indotto Alfonso I d'Este ad accordare nel 1522
l'immissione del Reno nel Po di Ferrara, inalveandolo fra argini allo scopo di
bonificare contemporaneamente il territorio di Cento di nuovo acquisto. Affine
di estendere maggiormente quelle bonificazioni al territorio modenese, nel 1555
soltanto avrebbe introdotto a Bomporto nel Naviglio di Modena tutto il Panaro
scaricandolo sopra il Finale, mediante il travaccatore detto lo Zocco del Muro
a tal uopo costrutto, nel canale Cavamento arginato, a quanto pare, esso pure
fino al Po di Ferrara presso il Rondeno. Essendosi fabbricata al principio di
quel secolo la conca della Bastiglia sul Naviglio di Modena, nel 1558 ne venne
divertito il torrente Formigine , rivolgendolo in Secchia colla Fossa di Spez-
zano, giacché per una navigazione intermittente potevasi supplire alla poca pro-
fondita del canale mediante queir edifizio sussidiato a monte da chiuse di ri-
stringimento ad una sola mano di porte, chiamate Bove, che servivano a
promuovere ringonfiamenti, o colte (5).
(1) 11 Tiraboschi, nella sua Storia dell'Abbazia di
Nonantola, riporta un contratto d'enfiteusi del 1492
(T. II. pag. 460, doc. DXLI) di un podere denomi-
nato Ronco , di proprietà della parrocchia di Cre-
valcore, soggetto alle inondazioni del Panaro. No-
tasi che nulla si potrebbe ricavare da quei terreni:
nisi prias a submersione et invasione aquarum hu-
jusmodi subleventur , et aqum ipsce inde educeren-
iur et excollentur ecc. , a quattuor annis proxime
lapsi ecc ordinatum et decretum fuisse fieri et
jam inceptum quodam cavamentum, per quod aquce
ecc. . . . decurrere possunt inde usque in Padum, et
oh id necesse fuisse et esse dominis et possessioni-
bus terrarum existentium in dicto loco , magnani
pecuniae quantitatem proportionaliter exponere, ecc.
Vedesi dalle cose premesse, che trattavasi del
Cavamento di Foscaglia pattuito col Bentivoglio
nel 1487, cui davasi esecuzione mediante un con-
sorzio d'interessati, aggiungendosi in quel docu-
mento che tali spese dovessero sostenerle i livel-
larj. Non accennasi ivi alcun arginamento, ma solo
l'opera di escavazione di un canale raccoglitore.
(2) Frassoni, Mem. del Finale, pag. 62! Questo
trasporto dei molini di Selvabella si sarebbe reso
necessario perchè, avvicinatosi ad essi il canale
Cavamento, veniva meno il salto delle acque.
(3) La città del Finale fu verisimilmente fondata
quando colà si dirigeva la Secchia detta Aqualonga
ed anche Modena; cui si sarà unito il Panaro. Ve-
dasi su questo particolare la Nota finale A alla pre-
citata mia Memoria sull' idraulica condizione di
quella pianura subapennina. Ivi dimostro che verso
il secolo XII avvenne una diversione della Secchia,
e che sul cadere di quel secolo i Modenesi vi con-
dussero il loro Naviglio , che al disotto del Finale
passava nell'alveo derelitto della Secchia occupato
dal Panaro, il quale prendeva il nome di Canale di
Modena. Nell'interno della città del Finale il ramo
di quel fiume, detto della Lunga, non ha che la lar-
ghezza di circa 8 m. , misura che doveva averte il
Naviglio di Modena nel quale entrava il fiumicello
Formiggine. Spiegasi quindi come, per l'introdu-
zione di tutto il Panaro nel Naviglio stesso sotto
Bomporto, si dovesse a monte della città del Finale
costruire lo scaricatore a salto , detto Zocco del
muro, nel 1535, col quale il maggior corpo d'acqua
del fiume passava ad occupare il Cavamento di Fo-
scaglia fino a Santa Bianca, ove riunitasi al ramo
della Lunga. Veggasi la precitata storia del Finale
pag. 81, circa alla costruzione di queir edifizio. In
quanto poi alla deviazione del torrente Formiggine,
vedasi il precitato Dizionario topografico del Tira-
boschi, ove quell'articolo per errore di stampa venne
trasportato quattro pagine più avanti ; circostanza
per la quale non lo aveva dapprima consultato
218 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
126. Dai documenti dianzi riportati apparirebbe quindi che fino al 1459 ,
tanto il Panaro quanto il Reno che ad esso si univan sotto il Finale, scorrevano
disarginati, attraversando eziandio valli che colmavano avanti di sboccare in
Po; che divertitosi allora naturalmente il corso del Reno all'oriente di Cento,
il solo Panaro vi si scaricava col canale Cavamento aperto dal 1488 al 1492 fino
a tanto che nel 4535 non venisse introdotto nel Naviglio a Bomporto , e di là
al Bondeno nel Po di Ferrara.
XIV. Coedizione cui eraiisi ridotti gii ultimi tronchi del
F»© lino all' abbandono del braccio di Ferrara, e provve-
dimenti allora impartiti.
127. Avanti all' introduzione del Reno nel Po di Ferrara pattuita col concor-
dato del 1522, che ebbe effetto quattro anni dopo, quel ramo del fiume era
di comoda navigazione, siccome lo comproverebbe il fatto che nel 1509 venne
percorso dalle 15 gailere tolte dai Ferraresi ai Veneziani. Ma dopo l'immissione
del Reno e del Panaro arginati fino alla loro foce le cose cambiarono di aspetto.
Per apportare rimedio agli interramenti di quei fiumi nel 1558 il duca Er-
cole II fece intraprendere sotto Ficarolo costose palificate all'incile del Po di
Venezia, onde dirigere nel braccio di Ferrara un maggior corpo d' acqua, ma
senza risultato soddisfacente. Monsignor de Medici, spedito in luogo dal pon-
tefice Paolo III riconosce che il Reno va interrando il Po di Ferrara (1). Dal
1569 al 1571 il duca fa .costruire nuove palificate allo stesso scopo, ma senza
ottenerne un effetto utile. Nel 1577 il cavai. Paciotto inviato dal Pontefice con-
ferma che l' interramento del Po di Ferrara si è avanzato in guisa che in oc-
casione di magre del Po , Reno e Panaro nelle loro piene si rivolgono a ri-
troso verso la Stellata (2). Intorno a questo tempo interpellato D. Scipio de
Castro da Gregorio XIII circa a tali interramenti , nella sua Relazione nega
che dipendano dall'immissione del Reno. In ciò parte dal famoso principio:
essere falso V affermare che fiume areni fiume (5) , principio che malgrado
la sua assurdità venne, come vedremo, ammesso per spirito di parte anche
da sommi idraulici.
128. Nell'anno 1576, divenuto ingegnere architetto del Duca di Ferrara il celebre
idraulico Giovanni Battista Aleotti d'Argenta, che dopo il 1598 passò al servizio
della Santa Sede, cui si devolse il dominio del ducato di Ferrara, dalle opere
di lui ricaveremo principalmente i fatti che risguardano i successivi cambia-
menti colà avvenuti (4). Il Po di Primaro erasi talmente interrato che dalla
(1) Raccolta di Bologna, T. IX. Relazione del Cas-
sini, pag. 74. Ivi è detto che la visita ebbe luogo
nel 1538; ma sembra che quel Commissario pon-
tificio altra visita abbia fatta posteriormente , e ri-
sulta poi che nel settembre 1542 siasi pure spedito
in luogo monsignor Strassoldo. Sulla condizione del
Po in quella circostanza parleremo più avanti.
ove si riproduce quella Re-
(2) Ivi, pag. 130.
(3) Ivi, pag. 139,
lazione.
(4) Egli ha pubblicato sotto il titolo : Difesa di
Gio. Battista Aleotti d'Argenta, Ferrara 1601, una
estesa Relazione sulla condizione cui eransi ridotti
il Po di Ferrara, ed i suoi rami per l'immissione
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 219
Punta di Sant Giorgio a Gaibana in lunghezza di dieci chilometri si passeg-
giava in magra a piedi asciutti sui suo maggiore fondo, lo che avveniva anche
per la Riviera di Filo a valle della foce del Santerno , che allora era presso
la Bastia. Nei 1592 gli interramenti progredivano in guisa , che il Duca fece
intestare con cavedone il Po di Primaro alla Punta di Sant Giorgio. Per man-
tenere tuttavia qualche navigazione fra Ferrara e Modena, intorno a quel tempo
si attraversò presso il Bondeno con chiusa il Po di Ferrara, ove non discendevano
più se non le acque di Panaro e del Reno. La chiusa era disposta in guisa
da permettere colla rottura di essa che si scaricassero tuttavia le piene del
Po nel ramo di Ferrara , e quelle del Panaro nel Po verso la Stellata.
129. Le piene del Reno discendendo nel Po di Volano deponevano le loro
torbide nel tronco a monte di Còdigoro, ove le acque giungevano chiarificate.
Gli interramenti dei Po di Ferrara presso la città erano tali, che la larghezza
del canale del fiume in tempo di magra riducevasi a quattro pertiche (16ra) e
per la più parte il suo alveo vedevasi ingombro di boscaglie che vi erano svi-
luppate. Mentre alla Stellata le piene del Po si alzavano piedi 20 % sulla ma°ra
(8m,28), presso Ferrara invece non alzavansi che di 6 piedi (2m,42) (1). I tor-
renti Santerno , Senio e Lamone guidati a sboccare neh" ultimo tronco del
Primaro elevarono in grado sommo il livello delle acque nelle valli superiori
attraversate dal loro corso (2).
130. In vista dei notati disordini il pontefice Clemente Vili, sentito il pa-
rere del gesuita padre Spernazzati ordinò nel 1604 che venisse rimosso il Reno
dal Po di Ferrara, rivolgendolo a spagliare nella valle Sant Martina. Tale mi-
sura fu presa colf idea di riattivare il Po di Primaro mediante una derivazione
delle acque del Po Grande. A questo fine eravi un piano dell'Aleotti col quale
compiuta tale derivazione , il Panaro ed il Reno si sarebbero rivolti a monte
di essa nel Po Grande presso la Stellata, piano contro il quale reclamarono i
Ferraresi e gli interessati della Romagna (3).
dei torrenti dell'Apennino, e sui provvedimenti che
stimava opportuni.
(1) Aleotti. Difesa precitata, pag. 79.
(2) Difesa precit. pag. 27 , ove si dà la livella-
zione delle valli riferite al livello di quelle di Co-
macchio, sia per lo stato di magra, sia per quello
di piena, la quale alzavasi di circa 5 piedi dopo
che il ramo di Primaro venne intestato.
(3) II piano dell'Aleotti consisteva nell' inalveare
d torrenti del Bolognese e della Romagna, inferior-
mente al Reno, in un canale apposito fino al mare.
Dopo di ciò si sarebbe intestato il Primaro presso la
Bastia, arginandone alla destra il tronco superiore
fino alla Punta di Sant Giorgio onde tenere inva-
sate le acque nelle valli. Asciugato per tal modo
il Primaro al disotto della Bastia, dovevasi escavare
a mano nel suo maggior fondo un canale , ove si
sarebbero di poi scaricate le acque raccolte e chia-
rificate nelle valli superiori per compiere l'escava-
zione ; ripetendo successivamente questa operazione
a varie riprese. Il Panaro ed il Reno si sarebbero,
come si disse, immessi arginati nel Po Grande alla
Stellata. Le valli a destra del Primaro a monte
della Bastia dovevansi far scolare nel suo tronco
inferiore di già sgombrato. Nel tronco superiore di
esso fino alla Punta di Sant Giorgio si sarebbe pure
escavato a mano un canale, il cui fondo collimasse
col livello delle valli di Comacchio, nelle quali sa-
rebbero scolate le acque mediante il cavo di Ar-
genta detto di Marina. Proponevasi poi di prepa-
rare pel Po vivo da Palantone a Vigarano, e quindi
nel letto ostrutto del Po di Ferrara, un ampio ca-
nale fino alla Punta di Sant Giorgio, ove sarebbesi
chiuso il Volano. Approfittando dell'isola del Bo-
netto, esistente nel Po Grande presso a Palantone,
se ne doveva chiudere il ramo destro con diga som-
mergibile di sassi rafforzati da palafitti e da sco-
gliera a pietra perduta. Le sponde ed il fondo de
220 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
131. Siccome operazione preparatoria, Monsignore Gaetano, di poi Cardinale,
fece raddrizzare nel 1606 l'ultimo tronco del Po di Primaro da Sant Alberto al
mare (1). Alla sinistra di questo si eressero dal 1600 ai 1608 la chiavica Bor-
ghese, e di poi le chiaviche Paoline al fine di scaricare le piene del Primaro
nelle valli di Comacchio. Veduto però 1' esito infelice di tale pratica essa venne
tosto abbandonata e le chiaviche sonosi interrate (2). Monsignore Gaetano, di-
venuto cardinale, nel 1610 propone l'immissione del Reno nel Po Grande diri-
gendolo sopra Ferrara a Pontelagoscuro.
132. Intorno 1619 viene nuovamente rivolto verso Ferrara il Panaro col cavo
Serra; ma nel 1622 il cardinale Capponi ne ordina la restituzione al Po Grande
versola Stellata. Il cavedone per altro col quale rimaneva chiuso il Po di Fer-
rara tagliavasi in occasione delle piene del Po , onde scaricacele ; pratica
che nei 1638 venne abbandonata dietro consiglio del Castelli; cosicché d'allora
in poi le acque dei Po presero corso esclusivamente nel braccio di Venezia. Lo
stesso cardinale Capponi propose pure di rivolgere il Reno nel Po sulla linea
dalla Rotta Ghisilieri presso Mirabello al Bondeno , ove sarebbesi unito al
Panaro.
133. Coli' abbandono del Po di Ferrara, rimasto derelitto anche il Po di Vo-
lano, la sua foce andò soggetta a notevoli erosioni sotto l'azione delle bur-
rasche. Essa poi cessò di ritirarsi allorché pel protendimento delle foci del
Po, ed in particolare di quella di Goro , venne a trovarsi nell'odierno seno
o Sacca che porta lo stesso nome. Al fine di conservare qualche comunicazione
col mare, nel 1675 i Ferraresi escavarono nell' alveo interrato del Volano un
canale navigabile alimentato da sole acque di scolo, sostenendone il livello me-
diante quattro conche (3).
1LV. Huova ioalveazioMe del Po col taglio Veneto di Porto
Tiro.
154. Abbiamo notato al § 110 come il braccio sinistro del Po di Venezia
detto il Po delle Fornaci si fosse proteso in misura considerevole, e come il
suo ramo detto Po di Tramontana minacciasse l'arrenamento del porto dell'Adige,
detto di Fossone. Fino della metà del secolo XVI erasi proposta la deviazione
del Po delle Fornaci anche allo scopo di migliorare la condizione idraulica dei
Polesine interposto all' Adige ed al Po, il cui emissario principale era il Canal
ramo sinistro del Po si sarebbero pure armati con
sassi per impedirne il dilatamento. Per tal modo
ripromettevasi di rivolgere la più parte delle acque
del Po nel ramo di Ferrara e nel Primaro , e di
conservarlo successivamente perchè liberato dagli
affluenti torbidi inferiori che lo avevano interrato.
(1) Memorie del Po di Primaro , raccolte da Don
Francesco Bertoldi. Ferrara 1785, pag. 66
tre occhi (Bertoldi, Mem. prec), e le chiaviche Pao-
line presso Filo di cinque. Esse furono proposte
dall'Architetto bergamasco cavaliere Fontana. La
prima non venne giammai aperta, e quando lo si
volle lentare per l'altra, ne seguirono guasti co-
tanto imponenti, che dopo il 1608 si dovettero in-
terrare. Di quelle chiaviche dà un cenno anche
l'Aleotti nel suo manoscritto precitato.
m La chiavica Borghese presso Argenta era di ì (3) Frizzi. Memorie per la Storia di Ferrara.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 221
Bianco, nel quale scaricavansi il Tartaro, il Castagnaio, diversivo dell'Adige, e
gli altri scoli di quel territorio. Ma solo nel 1599 quel piano ebbe esecu-
zione (1).
135. Esso consisteva nel rivolgere quel braccio del Po attraverso alle dune
ove corrispondeva l' antico porto di Loreo , detto anche Porto Viro , rimasto
ostrutto dopo la rotta di Ficarolo. A tal uopo dovevasi per un miglio attraver-
sare la Valle Malipieri , e per un altro miglio le dune, ossieno montoni di
sabbia, quindi piegando il canale verso Scirocco portavasi a sboccare nella
cosidetta Sacca di Goro. I lavori intrapresi nel 1599 furono condotti a ter-
mine nel 1604, nel qual anno si attivò il nuovo canale del Po che veniva a
riuscire della lunghezza di quattro miglia, ossia di circa sette chilometri. Gravi
difficoltà s'incontrarono nell' aprire il primo tratto di canale nella mentovata
valle Malipieri, ove dovevasi attraversare un banco d' argilla che fu necessario
escavare a tutta larghezza del fiume da lm/i0 ad lm,70 sotto il livello di magra.
Basta il dire che nel 1612, otto anni cioè dopo il compimento dei lavori, quel
tratto di canale era rimasto inalterato al suo incile, e solo per l'ultima sua
metà erasi escavato dalla forza della corrente. Con questa nuova inalveazione
ottenevasi un accorciamento di cinque miglia, ossia di 8700ra nel corso del fiume.
136. La nuova biforcazione di esso fu mestieri armarla di robusti manufatti
che si dovettero in diverse riprese non solo restaurare, ma eziandio ricostruire.
Nel 1612 venne chiuso il ramo di Tramontana, maggiormente pericoloso ai
porti veneti, nel 1619 tutto il Po delle Fornaci, cosicché allora il ramo detto
Po di Levante, rimasto derelitto, si convertì in emissario del Polesine, dirigen-
dovisi il Canal Bianco. Allo scopo poi di conservare la comunicazione del Po
colle lagune venete, nel 1623 venne aperta la Cavanella di Po fornita di
grandioso sostegno al suo incile, la quale metteva capo nel Canal Bianco,
d'onde coi canali di Loreo, e di Valle, attraversato l'Adige, si passava negli
altri che comunicavano colle mentovate lagune.
137. Nel 1669, quindi sessantacinque anni dopo ultimato il taglio del Po, il
protendimento delle sue foci aveva prossimamente raggiunta la misura di quello
delle foci del Po delle Fornaci. Avuto poi riguardo alle difficoltà incontrate a
stabilirsi il fiume nel nuovo suo corso, al tempo richiesto perchè il conseguito
suo accorciamento propagasse il suo effetto ai tronchi superiori, ed alla circo-
stanza eziandio che dai primordj del secolo poteva considerarsi chiuso il Po
di Ferrara, se ne deve inferire che sull'abbandono di questo l'operazione del
Taglio Veneto non ha esercitata influenza di sorta (2). In quanto al ramo di
Goro ai §§ 111 , e 112 si è dato un cenno dei cangiamenti in esso operati
pel bonificamento del Polesine di Ferrara, intrapresi nel 1568 col chiudimento
del ramo dell'Abbate, dopo di che ha proseguito il protendimento del canale
unico cui venne allora ridotto.
(ì) Vedasi nella tav. 12 la carta delle foci del Po
col confronto di quelle del 1599, e la mappa del
Taglio Veneto detto di Porto Viro.
(2) Per più estesi particolari sopra questa gran-
diosa operazione vedasi la mia Memoria del 1840
sul sistema idraulico del Po, ove ho riassunte le no-
tizie somministrate dallo Zendrini nelle sue Memorie
sulle lagune di Venezia,
222
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
XVI. Proposte che vi furono fino Terso la metà del se-
colo XVSII per la regolazione delle acque alia destra
dei Masso Po*
158. Dopo la visita Corsini del 1625, nella quale, col voto del Castelli, sa-
rebbesi ammessa l'immissione del Reno in Po giusta la linea del cardinale
Capponi da Mirabello al Bondeno, ove doveva unirsi al Panaro, seguì nel 1658
la visita Borromeo coli' assistenza del celebre astronono Domenico Cassini.
Dopo una lunghissima Relazione ove questi tesse la storia delle vicende del
Po, partendo dalle più remote epoche storiche, egli espone le ragioni per le quali
dà la preferenza all' immissione del Reno nel Po seguendo però una linea che
vi mette capo a Palantone, quindi disgiunta dal Panaro.
159. Nel 1695 ebbe luogo la visita dei cardinali D'Adda e Barberini, assi-
stiti dal celeberrimo idraulico Gio. Domenico Guglielmini, che propugnando i
medesimi principi avrebbe data la preferenza alla linea Capponi, colla quale
il Reno sarebbesi unito al Panaro presso il Bondeno. La Relazione di tale
visita venne pubblicata solo nel 1717 (1), e contemporaneamente uscì l'altra
della visita del cardinale Riviera, la quale allora si praticò col concorso del
celebre idraulico Eustachio Manfredi, concludendosi egualmente in questa per
l'adozione della immissione del Reno in Po preaccennata (2).
140. Essendosi in quel torno considerato siffatto provvedimento di carattere
internazionale, le visite successive e le relative discussioni ebbero effetto col con-
corso dei commissarj dei governi interessati, e cioè della Repubblica Veneta, del
Ducato di Modena, e dell'Impero Austriaco pel Mantovano. Principale propugnatore
dell' immissione del Reno in Po fu Eustachio Manfredi per l' interesse dei Bo-
lognesi contro del quale scrissero il Corradi, il Ceva , il Moscatelli e lo Zen-
drini (5). La viva opposizione che si è incontrata da parte, non solo dei Ferra-
ti) Vedasi nel T. IX della Raccolta di Bologna
pag. 223, in seguito alla mentovata Relazione del
Cassini.
(2) Ivi, pag. 254.
(3) Il lavoro più esteso a confutazione degli au-
tori bolognesi è quello precitato del Corradi sotto
il titolo: Effetti dannosi ecc. Modena 1717. Nella
parte storica dimostra molta erudizione rispetto
ai fatti posteriori al medio evo; ma per quelli di
epoche più antiche , attesa la mancanza di buone
carte topografiche, non avendo scorto che il delta
di Comacchio è stato formato dal Po, giunge a con-
clusioni assurde, in quanto alla posizione del lido
del mare, nel che venne seguito dagli storici ferra-
resi Frizzi e Bertoldi. Il Corradi dà prove di cri-
terio finissimo, e di molto tatto pratico ove ribatte
le osservazioni fatte dal Manfredi a confutazione
delle cose esposte dagli ingegneri mantovani Ceva
e Moscatelli. Io non conosco gli scritti di questi
ultimi che le contengono, e solo ho esaminato una
Relazione dell'ultimo fatta nel 1721, quindi quattro
anni dopo, all' imperatore d'Austria sulla questione
del Reno, ove dimostra perfetta ignoranza in ma-
teria d' idraulica fluviale, cui non possono al certo
supplire le sentenze latine colle quali ne adorna
ogni paragrafo. Basta il dire che in uno di questi
(pag. 5) asserisce essere slata l' immissione del Pa-
naro nel Po di Venezia la causa per cui la linea
di questo si è protratta 16 miglia in mare in meno
di un secolo, e del notevole alzamento tanto del
suo fondo che delle sue piene , non solo nell' alto
Mantovano presso Viadana , ma perfino ne' tronchi
superiori sotto Pavia. Qual differenza fra tali stram-
berie di un prefetto delle acque del Mantovano, e le
belle considerazioni contenute nelle pregevolissime
scritture dell'ultimo suo successore Agostino Masetti.
SOl'RA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 223
resi, ma eziandio dei commissari degli slati confinanti all'immissione di Reno
in Po fece si che nel 1726 Benedetto XIII ordinasse di rinunziare a tale pro-
getto e di rivolgere gli studii a provvedere in altro modo. Sorsero allora quelli
d'inalveare Reno e gli altri torrenti della Romagna dirigendoli a sboccare di-
rettamente in mare, progetti che si moltiplicarono e diedero luogo ad innu-
merevoli scritture da parte dei loro autori, nei quali comprendevansi scienziati
distintissimi.
141. Benedetto XIV Lambertini fa escavare con dispendio considerevole il Cavo
Benedettino siccome emissario delle acque del Reno chiarificate nelle valli la-
voro che si sarebbe compiuto intorno al 1750, ed al quale la Savena, e più an-
cora l'Idice avrebbero arrecato notevoli danni, interrandone la parte inferiore,
che dovette di nuovo scavarsi.
142. Nel 1761 ha luogo la famosa visita del cardinale Conti, assistito dal
matematico Perelli nella quale occasione si esegui una diligente livellazione
dei territori! da bonificarsi alla destra del Po «rande. Nella Relazione di questo
si prendono in esame tré linee per l' inalveatone dei torrenti del Bolognese e
della Romagna. La prima, inferiore, partendo dal Reno alla Rotta Panfilia com-
prendeva il cavo Benedettino, quindi passava ad occupare il Primaro dalla Bastia
fino alla sua foce in mare. La seconda linea , prossima a quella proposta dal
dottore Bertagha ferrarese, prendeva il Beno alla Botta Sampieri sopra la con-
fluenza della Samoggia , passava presso Durazzo , e metteva capo al Primaro
presso Sant'Alberto. La terza linea partiva da un punto superiore del Beno
presso Malacappa, quindi passando per Ronchi sull'Idice, Portonovo sul Sillaro
e Moro sul Sanlerno , si univa alla seconda linea presso la Madonna del
Passetto. Vi erano altre linee superiori che dal Perelli non vennero prese
in esame. r
143. Questi considerava sconveniente la terza linea in quanto che nel nuovo
alveo si sarebbero inoltrate le ghiaje del Reno e de' suoi affluenti. Anche la se-
conda linea , abbenché più bassa , offriva secondo lui delle difficoltà circa al-
intersezione dei varj affluenti che avrebbe avuto luogo in punti ove essi sareb-
aero sensibilmente più alti. Allorché per altro egli passa ai particolari dei lavori
oer la prima linea, non scorgesi che segua dal mare fino alla Bastia l'alveo del
Primaro e nell'incertezza che dimostra sulla cadente che prenderebbero i tor-
centi nella nuova inalveazione si sarebbe appigliato da principio al partito
h condurlo fino al Cavo Benedettino, ricevendo ivi le acque chiarificate del
leno. Quando pò., ultimate le colmate nelle valli fosse stato mestieri accogliere
>nche le acque torbide del Reno, queste le avrebbe condotte in via d'esperi-
nenlo pel cavo Benedettino. Soggiunge quindi che se ciò non fosse fattibile e
< la mancanza di caduta non riesca eccessiva, potrà in tal caso procurarsi 'di
'guadagnare la cadente mancante coli' abbreviamento della linea, abbando-
' nando totalmente il Benedettino, e conducendo l'alveo del nuovo fiume ad
' incontrare l'alveo del Reno in un punto superiore come ex gr. alla Bolla
Samp.en, e regolandosi del resto secondo che le circostanze d'allora richie-
oleranno ». Qualora con questa inalveazione s'incontrassero terreni troppo
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
depressi si dovevano rialzare mediante colmate. Scorgesi quindi come anche
questo distinto scienziato fosse titubante sul partito da seguirsi , e come con-
chiudesse coli' adottare la linea media proposta dal dottore Bertaglia (1).
XVII. Inalveatone nel Primaro del Reno e degli altri
torrenti inferiori, ed effetti che ne conseguirono.
144. Per porre un termine alle infinite controversie che si erano elevate,
fu finalmente stabilito dalla S. C. il 14 gennajo 1766 che venissero scelti tré
scienziati ai quali fosse conferito il mandato di concretare i lavori da intra-
prendersi e di dirigerne eziandio l'esecuzione. La scelta cadde sul P. Lecchi
Gesuita di Milano, e sui matematici Temanza di Venezia e Verace toscano.
145. La linea a questo fine prescelta è prossimamente la prima preaccen-
nata dalla Rotta Panfilia con nuova inalveazione fino al cavo Benedettino, che
vi si comprende, unendolo di poi al Primaro sotto il Morgone. I lavori si in-
trapresero nel 1766 e vennero pressoché ultimati nel 1771, giusta la Relazione
che ne diede tré anni dopo il P. Lecchi (2), ma per piene straordinarie avve-
nute al principio del 1772 si dovettero riordinare in gran parte.
146. Il padre Lecchi supponeva di avere colla linea da lui prescelta suffi-
ciente caduta per la nuova inalveazione fino al mare , partendo dal fatto che
la orizzontale della bassa marea si inoltrava nel Primaro fino ad incontrarne
il fondo ai molini di Filo; ma l' esperienza provò successivamente l'inattendibi-
lità del, suo supposto. Da principio si attivò l' inalveazione del Reno dalla Rotta
Panfilia al Benedettino, ed in questo, che si portò a sboccare nel Primaro, non
più al Morgone, ma al Traghetto, raccogliendosi tanto nel Benedettino che nel
Primaro stesso gli altri torrenti dopo averli per la più parte chiarificati nelle
valli (3). Si sistemarono in pari tempo gli scoli, ed a seconda che P esperienza
dimostrava l' insufficenza della cadente, si eseguirono dal 1774 sul 1782 i tré
drizzagni di Argenta, di Longastrino e della Madonna de' Boschi, ai quali il
Lecchi si era dapprima opposto.
147. Mano mano però che, compiute le colmate dei torrenti, si dirigevano
questi a sboccare nella nuova inalveazione, ebbero ad appalesarsi i difetti di
questa pel notevole alzamento del suo fondo , e per le difficoltà di difendersi
dalle piene con argini altissimi elevati sopra una base cuorosa , e quindi in-
stabile. L' intersezione dell' orizzontale del basso mare che dapprima giungeva
come si disse ai molini di Filo, cui corrisponderebbe l'odierna foce del Sillaro,
si arrestò di poi alla foce del Senio di 10 miglia (19 chilom.) a valle. Per tal
(1) Vedasi la precitata Raccolta di Bologna T. IX,
ove trovansi le Memorie del Perelli , ed altre che
le contraddicono.
(2) Per le relative proposte vedasi la Relazione
del Padre Lecchi nel precitato volume della Rac-
colta di Bologna, e rispetto ai lavori eseguiti, la suc-
cessiva sua Relazione nelle Memorie idrostatiche,
Modena 1772.
(3) Memorie per la storia del Reno di Bologna
raccolte dal canonico Francesco Leopoldo Bertoldi,
argentano. Ferrara 1807.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 225
modo il fondo della nuova inalveazione sovrasta in molti luoghi alle laterali
campagne , rendendosi così sempre più disastrose le rotte , e più difficile il
recapito degli scoli.
XVIII. Iniziamento dei lavori per l'immissione del Reno
in Po decretata da napoleone, successiva sospensione
di essi, e disposizioni impartite posteriormente.
148. In vista di tutti questi inconvenienti rappresentati dagli interessati bo-
lognesi Napoleone col suo decreto del 25 giugno 1805, dopo lunghe discus-
Sion., ordino l'immissione del Reno in Po. Questa doveva aver luogo per una
linea dalla Panfilia a Palantone; ma successivamente per decreto vicereale
del 1807 venne cangiata, dirigendola dalla Panfilia ad unirsi al Panaro presso
il Bondeno.
149 I lavori furono tosto intrapresi ed avanzati, e si era pure pressoché ulti-
mata la grandiosa botte che doveva sottopassare al Panaro per lo scolo Burana ed
intrapresa l'altra che avrebbe intersecato il nuovo canale del Reno per lo scolo
preaccennato, e pel Canalino di Cento , quando al principio del 1814, in con-
seguenza dei sopraggiunti rivolgimenti politici, si dovettero sospendere le opere
150. Ritornati i territorj di Ferrara, di Bologna, e della Romagna sotto il
dom.mo della Santa Sede, i provvedimenti impartiti si limitarono a conservare
la inalveazione del Reno e dei torrenti inferiori, mettendo per altro nel 1816
d. nuovo ,n colmata ridice colla Savena, la Quaderna ed altri torrenti minori,
e raddrizzando nel 1824 il Primaro fra il Traghetto e la Beccara oltre a molte
altre opere pel miglioramento degli scoli (1).
XIX. Ultimi studj concernenti la sistemazione di quelle
acque.
151. Avvenuta nel 1842 una straordinaria piena del Reno, che diede luogo
a rotte disastrose, fu riconosciuta la necessità di una generale sistemazione
delle arginature, al qual fine negli anni 1844, e 1845 venne praticata una li-
venazione d, tutto il fiume sotto la direzione dell' ispettore Maurizio Brighenti
Questi pò, nel 1855 lesse all'Accademia delle Scienze di Bologna una Memoria
nella quale, premesso un sunto di dati statistici sulla attuale condizione del
Reno, e ponendo a profitto quelli ricavati dalla mentovata livellazione, stata
(1) Memoria dell'ispettore Pangaldi , Della inal-
veazione dei torrenti arginati ecc. Bologna 1830.
Tanto da questa quanto dalla precedente Memoria del
Bertoldi scorgesi che da principio il Sillaro si lasciò
spagliare per qualche tempo nelle valli, ma vedreb-
besi di poi condotto fra argini fino al Primaro. Ri-
spetto al Santerno, fino al 1792 si sarebbe lasciata
Giorn. Ing. — Voi. XVI. - Aprile 1868. 15
aperta la sua arginatura sinistra al congiungimento
colla destra del Primaro, dopo di che venne chiusa.
11 Senio sembra siasi tosto immesso nel Primaro,
mentre ridice, unito alla Savena, come pure i tor-
renti minori Quaderna, Gajana e Centonara, trovansi
tuttavia in colmata.
226 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
pubblicata alcuni anni dopo, passò a discorrere degli occorrevoli provvedi-
menti (1). Quello radicale sarebbe, secondo lui, di compiere i lavori iniziati
per l'immissione del Reno nel Po, imperciocché, dovendo in breve cessare la
colmata dell' Idiee colla Savena e la Quaderna ed aggiungersi questi torrenti al
Reno si richiederebbe per l'accresciuta portata un alzamento degli argini attuali
di l»50 almeno, portandoli così ad una elevazione la quale, secondo lui, giun-
gerebbe in alcuni' siti a 14m,50 sulle laterali campagne; lo che esporrebbe!
prossimi territori a continui pericoli di rotte. Colla rimozione del Reno rivolto
in Po non verrebbe a suo avviso ad alterarsi sensibilmente l'attuale inalvea-
tone, supponendo egli che alla mancanza del Reno supplirebbe l'aggiunta del-
l'idice cogli altri torrenti preaccennati per conservare l'odierna cadente del fondo.
Che se fosse assolutamente impossibile di compiere l'immissione del Reno in
Po allo scopo di scemare i mentovati inconvenienti e di deprimere l'elevazione
delle acque in seguito all'introduzione dell' Idice cogli altri torrenti nell'ultimo
tronco a valle della Bastia, propone di divertirle a sinistra sotto Sant'Alberto in
un bacino formato con argine in una delle prossime valli di Cornacchie ed a
destra in altro bacino alle Mandriole ; provvedimento che a suo avviso potrebbe
essere efficace per qualche secolo.
152. Costituitosi di poi il regno italico , una commissione governativa pre-
sieduta dall'illustre Paleocapa si è riunita in luogo nel 1860 e dietro le as-
sunte informazioni propose che avessero a ripigliarsi gli studj sopra tale argo-
mento i quali vennero affidati all'ispettore del Genio Civile Gedeone Scot.ni.
Questi 'vi corrispose pubblicando nel 1865 i risultameli di tali studj nelle
Memorie idrauliche premesse ai progetti per la regolazione delle acque delle
Provincie alla destra del Basso Po. Ivi dimostra l' impossibilità di conservare
15 odierna inalazione del Reno e degli altri torrenti coli' aggiunta dell Idice
e dei minori torrenti in colmata, attesa l'eccessiva altezza cui sarebbe mestier.
portarne le arginature. Nota pure la sconvenienza di scaricare , come taluno
avrebbe proposto, que' torrenti nelle valli di Comacchio per bon.tìcarle, ope-
razione che sarebbe lunghissima , di carattere transitorio , e che porterebbe
di conseguenza l'impaludamento del ricco Polesine ferrarese di S. Giorgio. Fa os-
servare inoltre che tolto il Reno dell' odierna inalveazione e sostuitovi 1 Idice
codi altri torrenti summentovati , non potrebbesi temere che un lieve alza-
mento di fondo a valle ed in prossimità della Bastia cui sarebbe agevole prov-
vedere Premesso poi che le materie convogliate dal Reno non potrebbero
alterare il fondo del Po , e che le piene del Reno aggiunte a quelle del Po
non debbano rialzare gran fatto le maggiori di questo, propone di compiere i
lavori intrapresi sotto il regno di Napoleone. Egli vorrebbe per altro scavare un
apposito alveo pel Reno unito al Panaro sotto il Bondeno, partendo dai livelli
determinati in base ad appositi calcoli ed a dati statistici delle piene avvenute
dal 1807 al 1862 nel Reno e nel Po per quanto concerne 1' elevazione da asse-
ti) Memorie dell'Accademia delle Scienze del- {Ricerche geometriche ed idrometriche dello stesso
T Istituto di Bologna, T. VII. Vedansi anche le | Brighenti, pobblicate a Pisa, Kbi.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 937
gnarsi alle arginature dell'uno e all'altro fiume. Propone successivamente di'si-
stemare gli scoi, del Bolognese e della Romagna giovandosi per lo scarico di
gran parte d, essi del tronco dell'odierna inalveatone dalla Panfilia alla
Bastia, che rimarrebbe abbandonato, e dei successivi tronchi derelitti del Pri-
maro, onde fari, sboccare sotto la confluenza del Senio , in punto abbastanza
depresso Presenta infine il progetto di massima per la sistemazione del grand
e Itore Burana da farsi passare sotto il Panaro colla botte presso che com-
p ut e con nuova botte sotto il Reno insieme al Canalino di Cento, come pure
pe riordinamento de canale successivo del Volano inserviente, con, vedemmo
anche per la navigazione fino al mare (1). '
153 Incaricato il professore Turazza dalla Deputazione provinciale di Fer-
rara ad emettere il suo parere sulla Memoria preacennata, egli Io fece colla dotta
Memoria pubblicata a Bologna nel 1866 sotto il titolo: Esame del progetto dei
l ingegnere Rettore Gedeone Seolini esteso allo seopo di regolare leacZ
dee provmcie alla destra del Basso Po. In questo scritto, vedute le somm
Ì^ÌJT^fll^-***^"1 Re«° d*P° l'indispe ahi
aggiunta dell Id,ce cogl, altri mmori torrenti in colmata, e considerato che
immissione del Reno in Po non 'potrebbe a suo avviso tìLnn**£Z&Z
il reggime, converrebbe nell'opportunità di mandarla ad effetto
Siccome pero avrebbe tuttavia dei dubbj sullo stabile reggime del Panaro
e cu, piene, g.usta alcune mie osservazioni, andrebbero progressivamente
cr scendo di portata principalmente in conseguenza del dissodamento de'bo "n
nel suo bacino montuoso, troverebbe necessario che i lavori di sistemazione
osseo condotti ,„ guisa da far fronte a tale sfavorevole circostanza Ma"
s'a o tutv'r, PUnt°, Che' rÌm°SS0 " Re"0' glÌ ** t0rrenti WW« P -
a o tuttavia tenersi inalveai, nella linea del Primaro senza dar luogo ad un
co, s, erevole a zamento di fondo, e portare notevole danno agli scoli dei prò
s,m, lerritorj ad evitare i quali disordini verrebbe a rendersi necessaria una
nuova ina fazione di essi. E poiché sarebbevi una proposta d 11" ^ ,M"n
fred, d, allaccare que' torrenti col Reno, col Panaro e colla Selhi onde
rearne un nuovo fiume appenninico da scaricarsi direttamente in mare ne
hb rame cosi ,1 Po, collaudando egli tale concetto in massima duli 'nero
de a convenienza di mandarlo ad effetto attese le somme diffidi à' da s per
154. Il chiarissimo Bnghenti, come vedemmo, in un nuovo scritto letto a
1 Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna nel gennaio dello corso
anno collauda le proposte dello Scolini e del Tu azza, e L g spia eh
(1) Mentre stava compiendo questa Memoria, mi
venne annunziata la morte dell'ispettore Scot'ini,
che deve considerarsi siccome una calamità per la
pubblica amministrazione delle acque italiane. Im-
perocché arduo sarà il rinvenire chi al pari di lui
accoppii a molta coltura scientifica, ad un criterio
finissimo, e ad una rara operosità una pratica con-
sumata, particolarmente per le acque del Veneto.
E forse alla sua perdita inaspettata avrà contri-
buito T eccessivo lavoro che sopra di lui si sarà
accumulato dopo F aggregazione della Venezia al
regno italico. Se nell' ultima parte di questo scritto
avrò ad allontanarmi sopra qualche punto dalle sue
opinioni, ciò dipenderà da disparità di vedute in
questioni idrologiche per loro natura disputabili,
senza che per tal modo venga meno 1' alta stima
che ho sempre professato ad un tecnico cotanto
distinto.
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
conclusioni di questo sieno esposte in via dubitativa. Siccome quei dubbj
partirebbero principalmente da circostanze di fatto da me indicate in alcuni
miei scritti, circa all'aumento diportata delle piene de' fiumi che attribuirei in
parte al dissodamento de' boschi sulle pendici del loro bacino montuoso, egli
prende a confutarmi , concludendo in una sentenza contro i troppo eruditi
né benevola per me, né molto modesta a suo riguardo; tendente a tutt altro
che ad incoraggiare gli studj d'osservazione in materia d'acque. Nelle seguenti
considerazioni idrologiche intorno all' ardua questione, mi riservo di discutere
taluno de' punti pei quali l' onorevole Brighenti dichiara scostarsi le sue dalle
mie opinioni.
APPENDICE B.
Sulle reticole segnate nelle earte topografiche
dell' Alta Malia , indicanti la divisione di terre assegnate
ad antiche colonie romane.
All'articolo XIII si è parlato delle reticole segnate sulla carta topografica
dell'Italia Centrale dal Rubicone, presso Cesena, fino al Reno, i quadrati, o ma-
glie delle quali costituirebbero altrettante centurie composte di duecento jugeri
ciascheduna, e corrisponderebbero alla divisione dei terreni fattasi alle antiche
colonie romane. Dall'esame delle parti di esse tuttavia sussistenti e di quelle
ove cessano od ove si vedono interrotte, ne abbiamo dedotto i limiti presunti
dell' antica palude Padusa , ed alcuni de' principali cangiamenti avvenuti nel
corso de' fiumi della Romagna e del Reno.
Una leggera traccia se ne avrebbe fra questo fiume ed il Lavino , influente
della Samoggia ; ma fra la Samoggia ed il Panaro, e particolarmente sul conoide
di questo se ne scorge un avanzo notevole che si estende da Castel Franco
ai boschi di Nonantola fin presso Ravarino , con linee perfettamente normali
alla via Emilia. Il perimetro di essa reticola sarebbe prossimamente segnato
dalle borgate Manzolino, Castagnola, S. Giovanni in Persicelo, Crevalcore, Rava-
rino Nonantola, Bagazzano, Panzane, e Castel Franco. Quella reticola dovrebbe
essersi tracciata 1' anno di Roma 567 dopo che nel precedente sotto M. Emilio
Lepido venne costrutta la strada Emilia. Giusta Tito Livio si sarebbe allora inviato
a Modena ed a Parma una colonia di due mila cittadini romani sulle campagne
tolte ai Galli Boj , d' onde questi avevano in precedenza scacciati gli Etruschi.
A Modena si assegnarono cinque jugeri, ed a Parma olto jugeri per ogni colono (I).
(1) Lib. 39. Ecco le parole dell'autore: Eodem
anno (567) Mulina et Parma coloniae Romanorum
civium sunt deductae, bina millia hominum in agro
qui proxime Bojorum.ante Tuscorum fuerat, octona
jugera Parmae, quina Mulinati aeeeperunt. Deduxe-
runt triumviri M. Aemilius Lepidus , T. Aebutiui
Carus, L. Quintus Crispinus.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 229
Ne risulterebbe quindi che il corso odierno del Panaro sul fianco, anziché sui
colmo del suo conoide, a valle di Spilamberto, che nella Memoria sulla pianura
subapennina fra l'Enza ed il Panaro supponemmo dipendere da un cangiamento
avvenuto sotto la dominazione romana, preesisteva invece a questa.
Fra Castelfranco e la Samoggia vi sarebbe una depressione del terreno ove si
raccolgono le acque di copiose sorgenti, le quali nel medio evo alimentavano in^
sieme ad altri scoli il canale Navigatila, probabilmente fatto escavare dall'antica
Abbazia diNonantola; canale che passava presso Crevalcore e Sant Martino in
Secco, d'onde si sarà unito allora al Panaro, ed eziandio alla Secchia fino al
Po (2). In quella depressione trovavansi le paludi intersecate presso Castel-
franco dell'argine della via Emilia, nelle quali ebbe luogo l'anno 710 di Roma
il combattimento fra le soldatesche di Antonio e quelle di Cesare Ottaviano, il
quale finì colla peggio del primo , giusta la narrazione di Appiano Alessan-
drino (5). Dicesi che la via Emilia era alquanto stretta, lo che fa credere es-
sere stata ampliata di poi , forse dall' imperatore Claudio , vedendosi che nei
documenti del medio evo le si dà il nome di via Claudia.
All'occidente del Panaro, attesi i grandi cangiamenti avvenuti nel corso della
Secchia e dei torrenti interposti, le irruzioni de' quali furono cagione della di-
struzione di Modena, di cui rialzarono in misura notevole il suolo (4) non scor-
gesi traccia di reticola. Alla sinistra di Secchia presso Carpi, ove questa ebbe
un corso sulla sommità del suo conoide, vi sarebbe qualche traccia di una di
quelle reticele, ma alquanto incerta, non trovandosi corrispondere la distanza
delle linee che la costituiscono alla misura della centuria.
Reticole regolarissime invece si avrebbero fra il Croslolo e l'Enza fra
questa e la Parma , e fra la Parma ed il Taro. Esse protendono da otto a
tredici chilometri al nord della via Emilia ed anche al mezzodi di essa
via fra Parma ed il Taro per circa tre chilometri. A sinistra dell'Enza
fino al Taro, la reticola avrebbe per fondamentale il tronco della via Emilia
da Parma al Taro, la cui direzione protratta verso oriente metterebbe capo a
Taneto anziché a Reggio ove è diretta la via attuale. La reticola a destra del-
l'Enza avrebbe invece per fondamentale una linea che fa verso nord un an-
golo di 6.° 1' colla precedente diretta a Parma, e verso sud un angolo di 8 ° 5'
colla retta condotta da Taneto a Reggio. Da queste circostanze si inferisce che
la via Emilia tracciata da M. Emilio Lepido , fondatore di Reggio Lepido fu
condotta da Reggio a Taneto con una spezzata, ed in un solo rettilineo' da
Taneto a Parma, e da Parma a Castel Guelfo oltre il Taro, d'onde prosegue
dopo una lieve piegatura. Nella penisola fra la Parma e la Baganza scorgersi
pure tracce di reticole. Negli itinerarj di Antonio Pio e Gerosolomitano fa-
cendosi sempre passare quella via per Taneto, si avrebbe così una prova che
(2) Vedasi Tiraboschi nella Storia dell'Abbazia
di Nonantola T. II, indice geografico; e nel Dizio-
nario topografico storico agli articoli Navigatura.
(3) Storia romana, lib. III.
(4) Vedasi la nota finale A alla precitata mia Me-
moria sulla pianura subapennina. Per le altre re-
ticole, delle quali si parlerà più avanti, vedansi le
carte topografiche dei ducati di Modena e di Parma,
e del Lombardo Veneto in iscala eguale a quella
della prima carta precitata.
230 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
il tronco pressoché rettilineo da Reggio a Parma è stato costrutto posterior-
mente al quarto secolo, cosicché Taneto ne è rimasto distante 1500m. La cir-
costanza poi di essere perfettamente rettilineo il tronco da Taneto a Parma e
da Parma a Castel Guelfo oltre il Taro, verrebbe in appoggio dell'opinione di
chi ammette che la città di Parma sia stata fondata in occasione che vi si
stabilì come si disse, una colonia di cittadini romani e che M. Emilio Lepido
vi fece costruire la via Emilia. La città sarebbesi elevata a destra del fiume
Parma, che le diede il nome, sotto la confluenza del torrente Baganza (5). La
reticola si estende fino alla sponda destra del Taro , e non vedendosene più
traccia alla sinistra del fiume pei successivi tre chilometri fino a Castel Guelfo,
ove termina il rettilineo della via Emilia, si avrebbe in ciò un indizio che il
corso del fiume ha dopo quell'epoca continuato ad approssimarsi per corrosione
a Parma, con uno spostamento di circa due chilometri.
Un avanzo regolare di reticola si avrebbe pure in prossimità di Busseto a
destra del torrentello Ongina, ed altro presso Cortemaggiore fra l'Arda e la
Chiavenna. La loro fondamentale comune non sarebbe già la linea della via
Emilia che in un solo rettilineo da Alseno mette oggidì a Piacenza per Fio-
renzola sull'Arda; ma piuttosto il prolungamento del tronco anteriore che da
Castelguelfo mette ad Alseno passando sullo Stirone per Borgo Sant Donino
cui corrisponderebbe l'antica Fidenza. Giusta Strabone, Marco Emilio Scauro,
settant'anni dopo la costruzione della via Emilia, avrebbe essiccate le paludi che
si estendevano da Piacenza , non già a Parma , ma al Parmigiano , mediante
l'escavazione di un canale navigabile laterale al Po. Convien perciò supporre che
a destra dei Po esistesse quella palude, o conca fra il controforte naturale del
fiume ed i conoidi dei molti torrenti che ivi discendono ; palude che si sarà
internata nelle depressioni intermedie a quei conoidi il cui essiccamento si
sarà conseguito mediante il mentovato canale con cui avranno comunicato altri
traversali condotti da esse depressioni. Di quei canali oggidì non rimane più
traccia di sorta, essendo stati colmati dalle deposizioni dei torrenti. E quindi sup-
ponibile che avanti a tale bonificazione eseguita da Emilio Scauro , M. Emilio
Lepido avesse condotta la sua via verso mezzodì per allontanarla maggiormente
dalle paludi, ed in un solo rettilineo dal Taro alla Nure presso Sant Giorgio ,
ove avrebbe formato un gomito per mettere poi capo a Piacenza, direzione
che appunto servirebbe di fondamentale alle due ultime reticole preaccennate.
Dopo d'allora quella via sarebbesi raddrizzata da Alseno a Piacenza, erigendo
Fiorenzola ove intersecava il torrente Arda, la quale sono il nome di Fiorenti**
viene accennata in uno degli itinerarj di Antonino (6).
dipendentemente dalla posizione dell'ingresso e del-
l' uscita della città preesistente.
(6) Nei tre itinerarj di Antonino Pio da Parma a
Piacenza vedesi sempre indicata Ficlentia (Borgo
Sant Donino) ma Florentia (Fiorenzola) non lo è se
. non nel terzo. Essa invece non viene nominata nel
% al sud del tronco anteriore diretto ad Imola , posteriore Itinerario Gerosolimitano, ove fra *.
(5) Anche le città romane di Forlimpopoli, Forlì,
Faenza ed Imola si trovano sopra un rettilineo unico
della via Emilia, perchè fondate in occasione del
tracciamento di questa, lo che non avviene per Bo-
logna, l'antica Felsina degli Etruschi. Ivi il tronco
della via diretta a Modena trovasi a circa 500
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 231
Passando alla sinistra del Po , a Cremona le due più antiche strade sareb-
bero quella di Mantova, chiamata da Tacito Postumia, e quella di Brescia fino
a Pontevico suli' Oglio (7). Lunghesso queste strade non vi sono tracce di re-
ticoie, ma le strade campestri sono generalmente normali ad entrambe, lo che
induce a supporre che formassero parte di reticole, state cancellate per artifi-
ciali alterazioni del suolo ivi per lo più irriguo. Per tutte le altre strade prin-
cipali che, radianti partono da Cremona siccome centro, le linee delle strade
campestri sono oblique. La strada detta Postumia da Cremona metteva capo a
Calvatone, cui corrispondeva l'antica Bebriaco; e di là in un solo rettilineo di
cinquantacinque chilometri giungeva a Verona (8). In quest'ultimo tronco della
Postumia le linee delle strade che se ne distaccano non sono ad essa normali
cosicché mancherebbero ivi traccie di antiche colonie. Ma queste scorgonsi evi-
denti nel tronco rettilineo di essa via Postumia che dalla sponda sinistra del
Brenta passando per Postiomo mette oltre la Piave a Fae in lunghezza di ses-
santa chilometri, d'onde ripiega verso Oderzo. Pei primi ventisei chilometri
fino alla strada trasversale di Fossa lunga , in larghezza di otto a tre chilo-
metri a settentrione e di quattro e due chilometri al mezzodì, vi sono avanzi
molteplici di una reticola della quale la via stessa sarebbe fondamentale, lo
che porge una prova che quel territorio venne assegnato ad una colonia
romana.
Una reticola regolarissima lunga quindici chilometri , vedesi a sinistra di
Brenta sotto Noaie, fra il fiume Musone ed il canale derivato da questo sotto
il nome di Musone de' sassi , e per verità le sue divisioni marcatissime e la
loro direzione parallela al Brenta, favorevole quindi per lo scolo delle campagne,
le darebbe il carattere di una bonificazione eseguita da qualche secolo "sol-
tanto. Vi ha eziandio la circostanza che quel territorio doveva essere interse-
cato dalia via Altinate da Padova ad Aitino mentre di essa non scorgesi alcuna
traccia. Ma d'altronde i quadrateli! o maglie della reticola corrispondono quasi
precisamente in superficie ad una centuria , ossia a duecento jugeri romani
come in quelle osservate alla destra del Po. Tale misura non avrebbe alcun
rapporto commensurabile né col campo di Padova, né con quello di Venezia;
ma quello di Treviso si è venuto a riconoscere che equivale a due jugeri
romani ossia a pertiche metriche o decari 5,2046 (9). Ora risulta dalla storia
che Treviso nell'epoca longobardica era la città centrale della Marca Trevisana,
dentia e Placentìa è indicata una stazione {mutatio)
ad Fonteclos, tredici miglia distante dall'ultima
città , cui dovrebbe corrispondere la borgata Fon-
lana Fredda.
(7) Hist. lib. III, cap. XXI e XXVII. Polibio dice
che i Romani 1' anno 536 fondarono due colonie
nella Gallia Cisalpina, l'una di qua del Po, cui die-
dero il nome di Piacenza, e l'altra sulla ripa di là
che chiamarono Cremona. Si ha però motivo di cre-
dere che questa città fosse di già esistente, siccome
lo indicherebbe il suo nome gallico, avendosi nella
Gallia Cisalpina i nomi analoghi d'altri luoghi, Crema
Cremella, Cremnago, Cremia, Cremosino, ed in Fran-
cia di Cremaux e di Cremieux.
(8) Quella via passa per Coito, e ne formerebbe
parte la strada postale da Villafranca a Verona.
(9) La centuria romana vedemmo al § 117 equi-
valere a 509 800 m. q., cosicché il jugero corri-
sponderebbe alla sua ducentesima parte , ossia
2549 m. q.; il cui doppio, 5098 m. q., non diversi-
fica gran fatto dal campo trevisano di 5205 m. q.
232 STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC.
che comprendeva insieme ad un territorio vastissimo Padova ed altre città della
Venezia, le quali di poi vennero emancipate. Fino però al 1806, quando quei
territori si sono aggregati al regno d' Italia , la giurisdirione-di Treviso com-
prendeva tuttavia il distretto di Noale,che estendevasi fino al Brenta e quindi
comprenderebbe la mentovata reticola ; territorio che allora fu assegnato al
dipartimento del Brenta, e quindi alla provincia padovana.
Sembra che quella bonificazione operata mediante la mentovata reticola abbia
avuto luogo contemporaneamente alla diversione del Musone in Brenta presso
Vigodarzere , passando per Campo Sampiero , la cui linea inferiore le servi-
rebbe di fondamentale. Giusta le notizie che ne porge Zendnni nelle precitate
sue Memorie, tale diversione sarebbesi effettuata intorno all'anno 1612.
A settentrione di quella reticola fra il tronco superiore del Musone sistemato
e la strada da Treviso a Mestre vedonsi tracce di altra che sembra veramente
antica. Un breve tronco di strada fra Massenzago e S. Dono che di poi piega
a Noale, protratto verso oriente metterebbe capo presso Aitino. Ad esso è per-
fettamente parallela altra strada a settentrione fra Loreggia e Trebaseleghe e
sembra che la prima corrisponda all'antica strada da Vicenza ad Aitino, la
quale avrebbe servito di fondamentale alla detta reticola.
Dalle premesse considerazioni è agevole il dedurre l' importanza delle inda-
gini sulle mentovate reticole , non solo per gli studj storici, ma eziandio per
quelli concernenti l'idrologia dell'alta Italia ove vedonsi tracciate.
(Continua).
LETTERA dell' Ing. Senatore Gomm. Paleocapa al signor Ferdinando
di Lesseps sulla regolazione del Porto-Said allo sbocco del canale
dei due mari nel Mediterraneo (*).
AVVERTENZA PRELIMINARE.
Quando mi venne letta la lettera inserita nel fascicolo del mese di ottobre dello
scorso anno di questo giornale, che il sig. Comm. Cialdi indirizzava al signor di
Lesseps, persistendo a dargli il consiglio di applicare all'apertura del Porto-Said
il suo sistema di regolazione dei porti, basalo su ciò che egli chiama la teoria
del flutto-corrente, io stimai opportuno fare alcune riflessioni al sig. di Lesseps
per distornelo, sembrandomi poter dimostrare come sia in generale fallace la
detta teoria e come in particolare la sua applicazione al Porto-Said non solo
riuscirebbe inopportuna, ma sarebbe cagione di gravi spese senza utile effetto e
anzi di danno allo stabilimento del porto.
Io non credetti allora dar pubblicità alla lettera con cui faceva al sig. di
Lesseps codeste riflessioni, perché sperava che il sig. Cialdi, conosciuto il mal
esito del suo progetto pel porto di Pesaro, avrebbe rinunciato ad insistere per
quello che egli suggeriva a prò del Porto-Said. Ma, veggendo che lungi da ciò
il sig. Cialdi insiste nel suo proposito, e che per diffondere più estesamente la
conoscenza del suo progetto e del suo sistema, ha pubblicata una traduzione
francese della sua prima lettera al sig. di Lesseps, aggiungendovi la favorevole
opinione che sul sistema stesso il contr' Ammiraglio Laffon de Ladébat gli ha
espressa, mi sono determinato anch'io a far pubblicare la detta mia lettera; e
ciò faccio tanto più volentieri quanto che il sig. di Lesseps mostra desiderarlo
E parmi opportuno che lo si faccia affinchè ai tristi raggiri di borsa che si
adoprano per tentare di far mancare alla Società del Canale dei due Mari i mezzi
occorrenti a proseguir l'opera con energia, non si aggiungano i dubbi che i ne-
mici della grande impresa suscitassero sulla sua riuscita dando ad intendere che
quando nei lavori del canal-porto Said si tenga fermo il sistema sinora seguito'
non si potrà aspettarsene quell'esito sicuro e permanente che per la grande co-
municazione fra i due mari è di prima necessità.
Pare a me, come ho detto di sopra, di aver messo abbastanza in chiaro la fallace
idea del sistema del sig. Cialdi. E quanto al voto favorevole che egli ora pub-
blica come sentenza decisiva in favor suo, dirò francamente che io professo la
più grande stima al sig. Laffon de Ladébat come valentissimo uomo di mare •
ma ciò non mi pare che basti a farlo credere giudice competente in una que-
stione la cui soluzione essenzialmente dipende dai sani principi! di idraulica
0 II carattere d'imparzialità che riveste il nostro Giornale, ci impone di pubblicare quasi contem-
poraneamente le erudite opinioni di due illustri scienziati, quali sono il Senat. Comm. Pietro Paleocapa
ed il Comm. Alessandro Cialdi, per disparate ch'esse siano. La Redazione
234 LETTERA
teorica e pratica. E, per quanto grande sia la esperienza che un uomo di mare
ha del movimento delle onde e degli effetti suoi, io non sono punto disposto ad
accettare un giudizio in favore di una dottrina secondo la quale non sarebbe più
vero che il movimento delle onde suscitato dalie burrasche sia essenzialmente
oscillatorio e secondo la quale quel movimento progressivo che pur s' induca
per l'azione dei venti non agirebbe solamente alla superfìcie del mare o a poca
profondità e con molto misurata azione, ma agirebbe invece a grandi profondità
di 8 e più metri e a queste sì grandi profondità conserverebbe tanto vigore da
scalzare il fondo di una spiaggia in guisa da mantener libero un canal-porto e
la sua foce. E molto meno disposto sono a credere che si possa accrescere la
energia di quello che il Gialdi chiama flutto-corrente facendo che esso entri
quasi come per un imbuto in una ristretta zona di mare e supponendo che di
questo flutto, ossia del movimento ondoso del mare, che è essenzialmente oscil-
latorio e dipende dalla traversia dominante, avvenga quel che avviene in un
fiume di corso perenne e di determinata portata, il quale quanto più se ne re-
stringe la sezione tanto più acquista in velocità affinchè la sezione ristretta sia
capace di dare sfogo a quella portata che prima passava per una più ampia se-
zione. Finalmente, lungi che si possa, mutando la direzione dei moti ondosi del
mare , riuscire a farli convergere in una data direzione con maggior vigore e
maggior potenza escavatrice, come spera ottenere il sig. Gialdi nel suo progetto
pel Porto-Said, avverrà che per la segregazione di una data zona di mare e pel
contrasto dei moti ondosi che in essa convergono, non solo non si aumenti, ma
si affievolisca e si ammorzi il movimento delle onde, sia che lo si riguardi
come è qual movimento oscillatorio, sia pure che lo si volesse riguardare come
movimento progressivo sino a grandi profondità-
Tali sono i principi su cui fonda il sig. Gialdi la teoria del flutto-corrente,
colla quale intenderebbe ottenere una buona regolazione e la conservazione dei
porti-canali che, aperti una spiaggia sottile, sboccano dove in mare si trova già
un gran fondo.
Torino, 15 novembre 1867.
Sig. Pr e siderite 3
Mi è stata letta a questi dì, nel fascicolo N. 10 del decorso mese di Ottobre
del Giornale dell' Ingegnere-Architetto ed Agronomo che si pubblica in Milano,
una lettera inseritavi, che è stata a voi, sig. Presidente, indirizzata dal signor
Gomm. Gialdi; colla quale egli, a difesa del suo disegno sui moli del Porto-Said,
risponde diffusamente alle apprensioni e ai dubbi che sulla riuscita di questo
disegno erano sorti al sig. de Tessam, e che il signor Chevallier dichiarava
dividere pienamente in una nota che voi avevate comunicato allo stesso signor
Cialdi. Queste apprensioni non si riferivano soltanto al disegno proposto dai
sig. Gialdi per la regolazione del Porto-Said, ma mostravano quanto poco si po-
tesse confidare in quel sistema generale di cui il Cialdi si fa il propugnatore;
sistema che è dedotto da una teoria da ìui chiamata del flutto-corrente e del
quale i lavori che proponeva per Porto-Said non erano appunto se non che una
applicazione.
Io ebbi altre volte occasione di esaminare codesta teoria del sig. Gialdi, cne
§ da lui riguardata come un importantissimo suo trovato, e non ho potuto mai
SULLA REGOLAZIONE DEL PORTO-SAlD 235
persuadermi che essa fosse fondata sopra buoni principi*, e quindi che le appli-
cazioni potessero produrre tutti quei, dirò, maravigliosi effetti che egli ne spera.
Ed ho veduto oggi con compiacenza che le mie opinioni sono divise dai sigg. de
Tessan e Chevallier in quanto attiene propriamente all'applicazione della teoria
del sig. Cialdi. Io però credo di più che non solo sieno fallaci le applicazioni
proposte di questa teoria in uno od in un altro caso, ma eziandio che fallace sia
assolutamente la teoria in sé stessa; poiché il sig. Cialdi la fonda sulla supposizione
che il molo progressivo da lui attribuito alle onde, possa paragonarsi alla cor-
rente di un fiume che si stabilisce in una determinata immutabile direzione e
corre sopra un letto di pur determinata e costante ampiezza; mentre invece qui
é quistione di fenomeni prodotti dal movimento ondoso del mare, che è essen-
zialmente movimento oscillatorio verticale e, se è accompagnato anche da movi-
mento progressivo, questo non segue costantemente la stessa direzione poiché
muta al mutare del rombo dei venti che producono le ondate; e, in qualsivoglia
direzione esso si determini, non può certamente avere da per sé quella forza
che è necessaria a scavare sino a grandi profondità il fondo. Ed è appunto perciò
che il sig. Cialdi ha studialo il modo di aumentar artificialmente questo movi-
mento progressivo delle onde; ed ha creduto potervi riuscire in quello stesso
modo con cui si aumenta la corrente di una determinata portata o corpo d'acqua
che segue sempre la stessa direzione, costringendola a passare per una sezione
di determinata ampiezza che indur deve in conseguenza una velocità tanto mag-
giore quanto questa sezione é più ristretta. Nel caso che esaminiamo, quelle
onde che il Cialdi vuole raccogliere nel suo imbuto sperando di spingerle con
velocità in ragione inversa della sezione, nel canale che segue l'imbuto stesso
non costituiscono certamente una misurata quantità d'acqua fluente come un
fiume, giacché al di sopra della bocca dell'imbuto resta libero l'amplissimo
spazio del mare ondoso da cui si è inteso di separarle. E quindi con ciò non si
farà altro senonchè, in forza appunto degli ostacoli che le onde separate dall'alto
mare incontrano, ammorzare in gran parte il loro movimento oscillatorio verti-
cale non meno che il concomitante movimento progressivo; onde potrebbe av-
venire che, tanto nell'imbuto quanto nel canale ristretto che vi succede, codesto
moto progressivo delle onde (che io credo pur sempre piccolo) riesca anche mi-
nore di quello che vi può essere nell'aperto mare. Falliranno poi maggiormente
le speranze che nutre il sig. Cialdi sulla applicazione della sua teoria quando
si tratti di far sì che l'imbuto, dopo aver condotta l'acqua del mare in un ca-
nale di misurata lunghezza, sbocchi in più ampio spazio. li sig. Cialdi spera che
anche in questo caso la correntia traversi cotesto spazio, e passi al di là rien-
trando nel mar libero e portandovi seco le materie, che egli suppone essere
trascinate dalla forte corrente artificiale che egli mira a procurarsi mediante
l'imbuto. Nel che, se la cecità che m'impedisce di consultare i disegni non mi
ha tolto affatto d'intendere il suo concetto, mi pare che consista l'applicazione
che egli intende fare del suo sistema al Porto-Said.
Comunque sia di ciò, lo scopo di questa mia lettera, sig. Presidente, non è
già di entrare in polemica confutando le risposte fatte dal Cialdi alla nota del-
1 illustre Chevallier, il quale saprà meglio di me tenerle in quel conto che gli
sembrino meritare; lo scopo di essa è ben diverso. Io, da alcuni passi della
nota slessa e da alcuni brani della relazione fatla all'Istituto dal sig. de Tessan,
raccolgo che, malgrado i dubbi promossi contro il sistema 4el sig. Cialdi sulla
236 LETTERA
base della sua teoria del flutto-corrente, il sig. Chevallier ammetterebbe che po-
tesse convenire farne un'applicazione al Porto-Said quando però il sistema stesso
fosse stato messo in opera con buon esito in qualche altro caso; come si evince
dal seguente brano di nota : « Il serait toujours possible , si les dispositions
« lessaient à désirer, et si V expérience avait prononcé en faveur du systéme de
« M. Cialdi, de réaliser son projet à l' extrémité de la gran jetèe ouest qui
« s'achève en ce moment ». E da altri passi della stessa nota, e dalla relazione
del sig de Tessan, si vede che cotesta possibilità è fondata sulla supposizione
che F applicazione, che del sistema Cialdi si voleva fare a Pesaro, avesse avuto
un buon risultato; di che il sig. Cialdi tenendosi sicuro, aveva fatto credere al
sia Ghevallier che i lavori al porto di Pesaro avessero già ricevuto un principio
di° esecuzione, mais que les circonstances politiques et le manque d'argent en ont
fait ajourner Vachévement. Ora ciò è meno esatto. La sospensione dei lavori al
porto di Pesaro ha dipenduto da tutt' altro che da circostanze politiche e da
mancanza di denaro. Essa ha dipenduto dalla poco felice riuscita delle prime
opere e da nuovi e più accurati esami, di cui il Ministero ha incaricato una
Commissione composta dei più distinti idraulici del paese, ed anche da oppo-
sizioni fatte alla esecuzione dei lavori medesimi dal più gran numero di capitani
marittimi e di armatori del luogo; i quali, lungi dall'aver confidenza nel piano
proposto dal sig. Cialdi, ne presagivano una rovina sempre maggiore per il loro
porto. Su ciò mi dispenso dall'entrare in minuti particolari, bastandomi mandarvi
qui unito un fascicolo di un giornale scientifico che si pubblicava in Modena,
sotto il titolo di Movimento scientifico in Italia, da un articolo del quale (dalla
pag 408 alla pag. 411 inclusive) rileverete le tristissime vicende subite dal pro-
getto del sig. Cialdi , e il mal esito che esso ebbe. Sul quale articolo io non
farò che osservare, che mi consta positivamente che i fatti in esso esposti sono
veri. Aggiungerò poi anche, a maggior conferma , una dichiarazione dei capitani
ed armatori contro il progetto Cialdi, ed una loro lettera posteriore, in cui è
detto essere ormai inutile pensare alla esecuzione dei progetto Cialdi, dappoiché
un'impetuosa piena del torrente Foglia aveva interamente rovinato il canal-porto.
La qual cosa , se non può imputarsi al piano del sig. Cialdi , mostra però come
egli male si apponesse credendo, a quanto sembra, che gli interrimenti del canal-
porto fossero da attribuire alle sabbie del mare gettatevi dentro dalle lame di
fondo; mentre essi dipendono principalmente dalle sabbie e dalle ghiaje più o
men grosse che vi trascina un torrente di breve corso e di eccessiva pendenza
come è il Foglia; il quale renderà impossibile dotar Pesaro di un porto capace
e permanentemente buono, potendosi tutt'al più procurare di migliorare l'attuale
colla protrazione delle dighe e con un ben ordinato sistema di escavazione
quando, cessata la piena del torrente, le materie da esso travolte ne avranno
ostruita la imboccatura f).
O Queste cose io scriveva al presidente Lesseps alla metà del novembre scorso. E se allora ben mi
apponessi si può adesso vederlo leggendo una lettera che il Comm. Barilari, Ispettore del Gemo Civile
recentemente indirizzava al sig. Ministro dei lavori pubblici, nella quale è tessuta la stona subita dal
porto di Pesaro Essa ci fa conoscere come fino al 1855 la popolazione in generale e la gente mannesca
in particolare fossero contenti del porto che la natura aveva loro concesso col corso del fiume Isauro.
Ma avendo nel detto anno un'enorme piena del fiume recate grandi rovine al canal-porto rovescian-
done le sponde murate e aprendosi sulla sinistra un nuovo varco al mare, sorse il pensierosi un
porto nuovo. E da qui venne che, dopo le prime consultazioni, a cui furono chiamati uomini di alta
SULLA REGOLAZIONE DEL PORTO-SAÌD 237
Voi vedete dunque, sig. Presidente, quale fondamento si possa fare sugli espe-
rimenti fatti del sistema d'aldi, per determinarsi ad applicarlo a Porto-Sai'd ,
come egli vorrebbe partendo dalla supposizione che il piano adottato dalla Com-
missione internazionale, che voi state facendo eseguire, non sia sufficiente ed
abbia anzi a fallire allo scopo. Nel che mi pare che il Gialdi fondi la sua opi-
nione sopra ragionamenti non giusti. E, in primo luogo, egli crede trovare in
errore « gli Ingegneri compilatori del disegno preliminare del nuovo porto egi-
« ziano, quando dissero, nel 1855, che sarebbero stati necessari 100 anni per
« fare avanzare la spiaggia di 400 metri; soggiungendo che « l'esperienza invece
« ha provato che, cominciata nel 1864 la gettata di scogli nel molo di ovest e
« giunta appena a 400 metri nel 1865, l'interrimento di detto molo camminava di
« pari passo con esso ». Ma mi reca sorpresa il vedere come il sig. Gialdi non
abbia capito che quel lentissimo avanzamento della spiaggia , che essi pronosti-
cavano non poter essere maggiore di quattro metri all'anno, era dedotto da po-
sitivi dati somministrati da rimasugli di edilizi appartenenti alla più remota
antichità, ed era pronosticato supponendo che il lido si mantenesse nella stessa
condizione di liberissima sponda del mare non interrotta ed alterata da opera
alcuna che spingendosi avanti nel mare stesso venisse ad interrompere il libero
movimento delle mareggiate in uno o in un altro senso e specialmente da po-
nente verso levante, sia per cagione della corrente litorale del Mediterraneo,
sia per l'azione dei venti predominanti. E nessuno vorrà certamente sospettare
che i detti ingegneri avessero avuto così poco accorgimento da poter credere
che, costrutta la diga di ovest, nell'angolo limitato fra la diga stessa e la spiaggia,
questa non avesse avuto a protrarsi più celeremente di quando era libera, per
effetto appunto delle sabbie e delle melme che, trascinate dalla corrente marit-
tima, doveano di necessità accumularsi addosso alla diga medesima. E questo
riputazione nella materia, fra i quali fu il Comra. Cialdi, si accogliesse con gran favore il progetto da
esso ideato , dal quale i Pesaresi si ripromettevano quei maggiori vantaggi a cui si potesse nelle con-
dizioni dei luoghi aspirare. Io non andrò qui ricordando quanto successe da che il sistema Cialdi ebbe
un pnncip.o di attuazione fino a questi dì. Dirò solo che, tra perchè i proposti lavori in mare non promette-
vano buona riuscita, tra per la rovina delle sponde del nuovo canal-porto cagionata da nuove fiumane
e, a quanto pare, anche da cattiva esecuzione dei lavori, il fatto sta che in questo intervallo di tempo
si spesero per cotesto nuovo porto-canale oltre 750 mila lire e che la città di Pesaro non ha presen-
temente servibile né il nuovo porto né il vecchio. Del che sarebbe aperta ingiustizia far colpa al si-
gnor Cialdi, poiché mostra Io stesso sig. Barilari da qual complesso di tristi cause dipendesse questo
esito infelicissimo dei tentativi fatti da chi allettato da vane illusioni, credette di rinunciare al ristauro
del vecchio porto, che aveva per tanto tempo addietro bastato a far prosperare il paese, per cimen-
tarsi alla creazione di un porto nuovo. Solo non posso tralasciar di notare due cose. La prima è , che
1 opera principalissima della diga isolata in mare, che era stata proposta dal Cialdi, e che sarebbe
stata indispensabile per mettere in atto la regolazione del porto secondo il sistema basato sulla sua
teoria del flutto-corrente, fu da tutte le Commissioni che successivamente furono mandate a riconoscere
il vero stato delle cose giudicata inconveniente; onde ne fu sempre esclusa la esecuzione. Il che mi
pare dimostri che i valentuomini che componevano codeste Commissioni non avevano confidenza alcuna
nel sistema mentre ne escludevano l'opera cardinale. La seconda è essere infondata 1» asserzione del
Cialdi che diceva dei lavori eseguiti a Pesaro secondo il suo progetto essere già stata bene avviata
la esecuzione, e solo per mancanza di denaro e per circostanze politiche esserne stato aggiornato il
compimento. La lettura della lettera del sig. Barilari diretta al Ministro dei lavori pubblici ha finito
di convincermi che fu per la città di Pesaro una vera fatalità che non si fosse dato ascolto al primo
Pensiero dell'illustre Brighenti e che questi non vi avesse persistito cedendo, a quanto pare, troppo
labilmente all'entusiasmo con cui la popolazione di Pesaro aveva dapprima accolto il progetto Gialdi ,
sul quale essa fondava le più belle speranze della navigazione.
238 LETTERA
fenomeno andrà certo continuando a misura che la diga verrà spinta sempre più al
largo; ma ciò succederà con sempre minore efficacia, appunto perchè l'avanzarsi
in mare, oltreché fa trovar fondi maggiori, incontra anche maggiore violenza nei
movimenti burrascosi del mare stesso. E Terrore mi pare che non si trovi dalla
parte degli Ingegneri che parlavano del lentissimo avanzamento del lido supposto
che questo restasse nella primigenia condizione di spiaggia libera; ma sibbene che
si trovi dalla parte del sig. Cialdi; il quale suppone che anche quando l'avanzamento
in mare della diga sia giunto sino a trovar fondi di 8 o 10 metri, le sabbie eie
melme non abbiano a sperdersi nell'alto e profondo mare senza ingombrare la
foce del porto. Egli anzi suppone di più, suppone cioè che quanto più si avan-
zasse questa diga e se ne portasse a sempre maggiore profondità la testa, che
forma un vero capo avanzato in mare, le sabbie e le melme avessero sempre
a depositarsi contro di essa tanto dalla parte esterna quanto dall'interna, dove
farebbero ostruzione alla foce. Io credo invece che, quando la diga di ovest
sarà avanzata sino alle grandi profondità di otto o dieci metri, e la diga di est
vi avrà tenuto dietro colla già stabilita proporzione di lunghezza, esse due dighe
formeranno colle teste loro un sistema di capi avanzati in mare, contro i quali
frangendosi le onde del mare burrascoso, queste sgombreranno le sabbie e le
melme che sollevate dalle lame di fondo avessero tentato d'ingombrare la foce del
porto. E tanto più facilmente ciò avverrà quanto che quivi non si tratta di tra-
sporti o di sollevamenti di ciottoli, sassolini o ghiaje (galets), e nemmeno di
grosse e pesanti sabbie, si tratta invece di sabbie minutissime e di impalpabili
e leggerissime bellette (vases). E, malgrado ciò, gli Ingegneri slessi hanno am-
messo che, anche dopo spinte le dighe così avanti nel profondo mare, possa
avvenire che verso la estremità del canal-porto vi si accumulino interrimenti,
cagionati in tempo di grandi e insistenti burrasche dalle lame di fondo; ma
hanno pensato che vi si provvedere col lavoro dei curaporti. Al che il sig. Cialdi
oppone la impossibilità che, a suo dire, vi sarà di tenere sgombra la imboccatura
col lavoro delle pirodraghe; e in appoggio di questa sua opinione cita un esempio
di tentativi fatti senza successo per profondare un tronco del canal-porto al largo
in mare prima che la diga fosse venula a proteggere il lavoro delle draghe; e
lo stesso crede che avverrà quando, compiute pure le dighe fino alla loro estre-
mità al largo, avessero a manifestarsi interrimenti alla foce. Ma io osserverò che
la violenta percossa delle onde contro i capi o teste delle dighe, impedirà che
cotali interrimenti abbiano luogo, non solo al di fuori del canal-porto, ma nem-
meno alla immediata sua sfociatura. Questi interrimenti potranno soltanto verifi-
carsi alquanto dentro nel canal-porto medesimo, e quindi il lavoro della loro esca-
vazione si troverà dalla diga protetto. Meglio che i ragionamenti valga l'esempio.
Sono ventiquattro e più anni che al porto di Malamocco mi bastò, contro la
opinione generale, costrurre la sola diga del nord per ottenere che, rotto lo
scanno, si stabilisse accosto alla diga stessa una nuova foce che fu dai naviganti
preferita all'antica. E questa foce novella, anche prima che fosse costrutta la
più breve controdiga del sud, andò sempre migliorando ed acquistando maggiori
profondità, a tal che, all'estremità, la profondità giunge adesso ai 12 e 13 metri;
mentre, quando s'intraprese la regolazione del porto, al punto fino a cui si è
portata la testa della diga del nord non vi erano in mare più che otto o nove
metri di profondità, e sopra lo scanno, che fu poi soperchiato dalla diga non vi
erano che da tre a quattro metri sotto la comune alta marea. E se il mare bur-
SULLA REGOLAZIONE DEL PORTO-SAID 239
rascoso, sollevando sabbie e melme, le getta contro il lido, e quindi anche contro
la foce del canal-porto, non se ne farà però mai deposito alla foce stessa che
ne diminuisca profondità; depositi soltanto si fanno dalle acque del mare intor-
bidate nei canali interni di laguna e se ne fanno forse anche nel fondo stesso
del canal-porto; questi ultimi sono però così tenui e per quantità e per qualità,
che basta la correntia del i eflusso a sgombrarli. E quando pure, in un lontano
progresso di tempo, l'aumento loro richiedesse il lavoro delle draghe, queste
potrebbero esservi facilmente adoperate, poiché il sito dei depositi riuscirebbe
addentro della foce per potere, cessate le più forti burrasche, star sotto la pro-
tezione della diga del nord. Il che, io spero fermamente, si verificherà anche
nel canale del Porto-Said, quantunque non giovato da un'efficace corrente di
reflusso.
Io non saprei dunque consentire col sig. Gialdi quando egli vi consiglia, signor
Presidente, ad adottare il sistema da lui proposto, che egli crede essere il °solo
che possa garantire la libertà della foce del Porto-Said. Egli vorrebbe anzi che
vi si desse mano senza indugio, parendogli che il procrastinare indurrà in
maggiori spese superflue e costringerà pur sempre a ricorrere allo spediente
da lui proposto quando non sarà più tempo di risparmiare le dette madori
spese. &&
Le proposte del sig. Cialdi possono apparire molto ingegnose a chi non si dia
la pena di assoggettarle ad una severa critica basata sui giusti principi del movi-
mento delle acque, e perciò altri può ben trovarle speciose; ma credo che nessun
giudice competente potrà persuadersi che quell'apertura di 400 metri, che il
Cialdi vuole che si lasci fra la punta dell'accorciata diga occidentale e' il prin-
cipio della altra diga isolala che si avanza al largo in mare sulla stessa direzione
possa mai diventare, mercè il divisato braccio che quasi parallellamente alla riva
partirebbe dalla estremità della detta accorciata diga, una comoda bocca occiden-
tale del porto. Il sig. Cialdi suppone perciò che « i materiali convogliati fuori
« del canale per il giuoco delle maree - che si può con arte, dice egli, stabilir
« notabile nell'uscita del canale, quantunque non vi sia sensibile flusso perio-
« dico - non giungerebbero a depositarsi a ridosso della protrazione isolata; »
e cne « il mare potrebbe liberamente spazzare quelli che si depositassero innanzi
« o prossimi alla bocca del porto-canale ». Egli crede inoltre che « il ripetuto
« braccio formando fluiti riflessi dovrà molto contribuire nel trasporto a destra
« degli infesti materiali, prendendo parte all'azione dei flutti diretti e di quelli
« riflessi dalla protrazione isolata che s'imboccherebbero nell'apertura » E di
pm crede che, « nei fortunali, il braccio e la detta protrazione devono obbligare
« e linee dei flutti, comprese nella cinta di questi due ripari, a passare per
« 1 apertura e sviluppare una corrente capace a scavare e non permettere la for-
« inazione o la consolidazione dei soliti banchi che coronano i porticanali anche
« di acque chiare ».
Non capisco in che modo il Cialdi speri poter stabilire con arte un notabile
giuoco delle maree all'uscita del canale, ad onta del quasi insensibile flusso
periodico che si verifica in quelle spiaggie del Mediterraneo. Né comprendo ciò
che egli dice dei fenomeni di escavazione e trasporto cagionati dai flutti riflessi
dal braccio a ritroso e dalla prostrazione isolata , combinati coi flutti diretti del
mare. Ma parrai che, conforme alla sua teoria, egli avvisi ad ottenere che il
tronco di diga isolata e il braccio a ritroso costituiscano insieme una specie di
240 LETTERA
imbuto, entro il quale le onde spinte dai venti abbiano a ravvivare la vigoria
di quel che egli chiama flutto-corrente, in modo da fare che esso non solo scavi
profondamente il fondo nell'apertura suddetta, ma mantenga, eziandio al di là
dell'apertura stessa attraverso il canale della foce, tanta velocità da trasportare
le materie scavate dalla parte sinistra, al di là dei canale stesso, nel mar libero
alla destra. Sul quale concetto io non potrei senonchè ripetere quanto ho detto
di sopra sulla teoria del sig. Gialdi per dimostrare che egli s5 illude supponendo
che il moto progressivo delle onde proceda come quello di un fiume di deter-
minata portata e che corre necessariamente costretto in una data sezione. E
più ancora parmi che egli s'illuda quando crede che i flutti riflessi e diretti
che entrano nel suo imbuto in varie direzioni, anziché elidersi vicendevolmente
ed ammorzare le loro forze, abbiano ad acquistare maggior vigore nella direzione
della ripetuta apertura, e a produrre una corrente che abbia non solamente ad
escavare il fondo del tronco di canale che succede all'imbuto stesso, ma abbia
di più a mantenersi vigorosa e capace di trasportare le materie al di là in
più ampio e libero spazio di mare. Io ritengo che in forza dei lavori proposti
dal sig. Cialdi, lungi di averne gli effetti che egli si ripromette, se ne avranno
effetti tutt' affatto contrari; perchè le materie spinte, come egli dice, dai venti
dominanti e specialmente da quelli compresi fra l'ovest e il nord, saranno get-
tate, con maggiore o minore incidenza, adosso al braccio a ritroso, al quale non
giovando la verticalità se non nel caso che le materie fossero tutte spinte nella
stessa sua direzione, avverrà che le materie medesime andranno man mano de-
positandovisi contro e finiranno per rialzare sempre maggiormente e, coll'andare
del tempo, ostruire forse affatto l'apertura che egli ha voluto lasciare nella diga
occidentale, E ciò che è ancor più evidente si è che , quando pure si volesse
ammettere con lui la possibilità che gli accennati flutti riflessi e diretti, impe-
dendo il deposito delle materie tanto addosso al tronco di diga isolata quanto
addosso al braccio a ritroso, le cacciassero invece dentro la ripetuta apertura
scavandone anche molto più abbasso il fondo, succederebbe che coteste materie,
all'uscire dalla apertura stessa, precipiterebbero al fondo; e quindi, lungi dal-
l'avere ottenuto che il moto ondoso sgombrasse lo sbocco del canal-porto in
mare (sbocco che secondo il sistema Cialdi si stabilirebbe alla estremità della
parte continua della diga di ovest), se ne avrebbe invece una inevitabile ostru-
zione davanti allo sbocco stesso.
E quindi io mi confermo sempre più nella opinione che il piano del Porto
Said, di cui progredisce lodevolmente la esecuzione, sia il solo conveniente alle
condizioni del sito; cioè che la riuscita della grande opera abbia a fondarsi
sullo spingere la diga occidentale avanti in mare, fino a che si trovi la profon-
dità di otto o dieci metri, e quella dell'est sino al punto, giunta al quale le
due dighe si trovino in quella giusta relazione che è richiesta dalla facile e si-
cura praticabilità del canal-porto; effetto questo al quale, per le ragioni sopra-
enunciate, ho fiducia che noi potremo pervenire, anche senza uopo di quel-
l'antemurale davanti alla sfociatura del canal-porto che era stato proposto dagli
Ingegneri della Commissione internazionale, e che, ad ogni modo, potrà adot-
tarsi quando, spinte le due dighe fino alle divisate profondità in mare, si rico-
scesse il bisogno di dar loro tali ulteriori prolungamenti che esponessero a
spesa maggiore di quella che dalla creazione del detto antemurale sarebbe
richiesta.
SULLA REGOLAZIONE DEL POKTO-SA'lD 24j
Quantunque queste mie considerazioni sulle proposte che il Cialdi deduce dai
principi da lui stabiliti nella sua dotta opera: Sul moto ondoso del mare eco
possano nguardarsi come superflue ad illuminare voi, sig. Presidente che poteie
prender consiglio da un uomo di tanto sapere qual'é ring. Chevalì ^ tutta vo
non ho potuto astenermi dall' esporvele francamente, indottovi i"
dPoUreo„aan„C net3?'0 ^ ^T*^ ? S»*" U SÌStema che "" £
guenoo, quanto nel fissare a quale maggiore distanza dalle bocche del Nilo si
trovasse ,1 punto sulla costa egiziana ove il sistema medesimo potesse avere 1
pm sicura e p,u economica riuscita. Onde io spero che voi accoglierete aveste
considerazioni colla cortesia di cui mi avete date altre prove g"e'ete qUeste
Gradite, sig. Presidente, i sensi dell'alta mia stima e distinta considerazione.
Giorn. kg. ~ Voi. XVI. — Aprile 1868.
16
IL PRINCIPIO FONDAMENTALE
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO E A CAPSULA LIBERA.
(Vedi pag. 166 e la iav. 10.a)
Secnando con (F) la forza comprimente, che solo in segno differisce dalla ri-
sultante delle reazioni ed eguaglia in tutto quella delle pressioni e, "tenuto che
la direzione della medesima faccia l'angolo (i) coli' asse della capsula e quindi
l'angolo (8-0 con quello di compressione, sarebbero :_FsenJ,9 -i) , * cosi.»-?;
le componenti della forza F dirette secondo gli assi (ot),(ob) le quali dovendo
eguagliare per l'equilibrio fra l'azione e la reazione rispettivamente le analoghe
componenti della risultante delle pressioni, danno luogo alle equazioni:
F. sen (6 — t) — 2 r*. A / sen* (*). cos (a;), sen (A), d x
F. cos (6 - 0 = ?**** (1 - cos* (a - 6)) + 2 t*A / cos* (ai), sen (a;). A. d x
Eseguite le indicale integrazioni entro i limiti * = (a-6) ed x = (a + Q) si
avrebbero due equazioni fra le quantità:
F .
, a, i
Zr^A
d'onde eliminando la prima si otterrebbe una relazione fra gli *WW,*W
quale ne concederebbe il valore di (6) in funzione de. due angoli (M ■ . r mo
dei quali è l'angolo d'apertura della capsula ed .1 secondo misura 1 inclina-
zione della forza premente all'asse della capsula, angoli che s, penne nguar-
dare siccome dati del problema dopo l'esposto più sopra. Avremo cosi ,1 valore
da sostituire al posto di (6) nella eguaglianza:
w = «) cos (w) li — j tang (w). tang (6) i
che è, come abbiam veduto, la soluzione del problema meccanico che ne interessa
Nell'integrale definito (/ sen* (x). cos (x). sen (A), dx) si ponga a luogo di sen (A)
il di lui valore (a;) suritrovato e diverrà:
i- f sen (*) cos (se) J/sen* (a) sen* (9) - (cos a;- cos (a) cos w)« . d x
n(8V v
sen (6)
permutisi la variabile facendo:
cos x — cos (a) cos (6) = y
PRINCIPIO FONDAMENTALE ECC. 243
e si avrà :
— 1 n
sinoo J (2/ + cos (a) cos (e)) '/(sen2 w sen2 wi- ^2) • d y-
Essendo il primo integrale esteso da: x - a - 6 ad x = (a + 6) il trasformato
va esteso da y = sen (a) sen (0) ad y = sen (a) sen (6) il che eseguito si avrebbe
+ — sen (0) cos (6) sen2 (a) cos (a);
epperò sostituendo a suo luogo, la prima delle due equazioni sovrascritte diviene:
F. sen (0 — i) = il. w. r*. sen (^ cos ^ sen2 ^ CQS ^
eguaglianza pienamente definita. A definire anche la seconda di quelle due oc-
corre l'integrale definito (2 r2 Afcos* (a) sen (*). A. dx). Integrando per parti si ha,
fcos^x). sen (x). A.dx = A.fcos*x sen (x).dx-fA'fcosHx)sen(x).dx
ove (A') segna la derivata prima della funzione (A) rispetto alla (x). Quella equa-
zione equivale alla:
/cos2 (a?), sen (a). A. d x = - A^^+±fA'cosHx)dx
ritenendo per un istante gli integrali per indefiniti. Ora si noti essere :
A = Ang. cos 50lW^co8^cos(6)
sen (x) sen 0
che però segnati A0, A, i valori di (A) corrispondenti ai limiti dell'integrale cioè
ordinatamente ad x = (a - 0) ed x = (a + 0) sarebbero: A1 = OA0 = w
/cos^.sen(a?).A.^ = + -|cos3(a--0)+^/A'.cos3(^Ma;
Derivando rispetto ad {x) l'eguaglianza:
cos (A) = cos(fl)-cos(^)cos(0)
sen (x) sen (0)
si ha:
-A-g.n(A)-cos(e)-cos(a?)cos(^)
sen (0) sen2 {x)
d'onde ricordando il valore di sen (A)
A' =
[cos (a?) cos (g) — cos (0)]. sen (x)
(1 - cos2 (a?)) |/sen2 (a) sen2 ^^^^S^m^cm^?
244 PRINCIPIO FONDAMENTALE
per cui la precedente eguaglianza agli integrali definiti diviene:
S cos2 (x). sen (x). A. d x — + ~ cos3 (« — 6) +
1 r sen (a?). cos3 (x) [cos (a?) cos (a) — cos 0] d x
+ T J (i _ C0S2 (#)) |/sen2 (a) sen2 (0) — (cos (a?) — cos (a) cos (02))
facendo cos (x) = y, epperò d & sen (a?) = — dy, si ottiene:
f cos2 x. sen a?. A. d x = + "TT cos2 (a ~~ e) +
■i. r yz (cos (6) — y. cos (a)) <fy
3 J (4 _ ^ |/sen2(a)sen2(0) — (y — cos (a) cos (8) )2
L' integrale rispetto ad (x) va esteso da x = (a — 6) ad a? = (a + 0) e quello
rispetto ad (y) da : y = cos (a — 6) ad y == cos (a + 0).
Eseguendo l'integrazione entro i limiti indicati e fatte le debite sostituzioni a
suo luogo si ottiene definitivamente :
p cos (e — ,) = | A n r2 (1 — cos3 (a)) — A n r2 cos a sen2 (a), sen2 (0)
e divisa membro per membro per la precedente ritrovata cioè per la Fsen (0 — i)
A n r2 sen (0) cos (0) cos (a) sen2 (a) si ottiene :
cos (6-Q = 1 w i ~ cos2 W !?5W e trasferendo nel
sen (0 — i) 3 ^ sen (0) cos (0). cos (a) sen2 (a) cos (0)
u ., f • /sen(6)v cos (0 — Q , sen (0) _ 2
primo membro il termine (— -(e)) sen (0 _ 0 + c^T) ~ 1TX
1 __ C0S3 (a) cos (0 — i). cos (0) + sen (0 — i\ sen (0) .
A sen (0) cos (0) sen2 (a) cos (a) cos (0). sen (0 — 0
2 1 — cos3 (a)
3 sen (0) cos (0) sen2 (a) cos (a)
la quale equivale alla:
cos (Q. sen (6) L$X^^f, d'onde invertendo le fra
sen (0) cos (i) — sen (•") cos (6) 3 /N cos (a) sen2 (a)
zioni costituenti i due membri:
3 cos (a) sen2 (a) ,. ., _ .
! « tang (0. cot (0) =s ^^L^l e di la finalmente :
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO ECC. 245
tang (e) = 2. tang (i) ^ __ ^(a^+Ls* (a) e(ìuazioIle che ne dona mediante eie-
menti trigonometrici l'angolo (0) in funzione degli angoli dati (*, a) e che scioglie
il problema: Data l'inclinazione (i) della forza premente all'asse della capsula e
dato l'angolo (a) d'apertura di quest'ultima determinare l'angolo (0) che forma
l'asse di compressione con quello della capsula:
Sostituendo nella :u = v. cos (co) j 1 - -~~ tang (co) tang (0) l equazione risol-
vente trovata indietro, a luogo di tang (0) l'esposto valore si ha:
u = v. cos (co) j i - tang (co), tang (ì) — * ~ cos3 W fa i
( 2 — 3. cos (a) + coss (a) C
Indicando con (*) la quantità: 1 + cos {a) + cos^ (a) quella eguaglianza si può
scrivere :
u = v. cos (co) ì 1 — tang (co), tang (i) ■ - l
C o — z S
Amando conoscere il significato geometrico della frazione 0 * ■ si moltichi sotto
3 — z
e sopra la medesima per ài r* con che si trasforma nella equivalente E T%' Z
STzrZ — nrV.z'
Ora avvisando il significato di (z) è facile vedere che «. r*. 2 è la somma delle
aree delle tre figure concentriche visibili nel seguente disegno, cioè la somma
dell'area del circolo maggiore di raggio (r) del minore di raggio: r cos (a) e del-
l'elisse che ha per semiassi detti due raggi, mentre il denominatore 3 « r* — tu t\ z
segna la somma delle differenze dell'area di ciascheduna delle nominate figure
da quella del circolo massimo che è una sezione massima della testa sferica del-
l'albero di raggio (r) mentre il circolo minore concentrico è una sezion massima
della sfera concentrica che toccherebbe il circolo chiuso entro il bordo della
capsula.
Altro significato geometrico della frazione—?— è il rapporto: — ove M
è il volume della crosta sferica compresa fra le superfìci delle due sfere con-
centriche ultimamente citate ed N è il quadruplo del volume del segmento sfe-
rico che è il voto interno della capsula.
Dall'equazione finale esposta si rileva, che il rapporto fra le velocità angolari
dell'albero e della capsula, benché dipenda dall'angolo d'apertura di questa ul-
tima e dagli angoli che fanno coli' asse della capsula le direzioni della forza com-
primente e dell'albero, tuttavia è indipendente dalle dimensioni della testa sfe-
rica dell'albero ed anco da quelle della capsula eccettuandone l'angolo (a)
d'apertura siccome è indipendente dallo stato di lubricità delle loro superfìci
combacianti perchè l'attrito si mantenga sempre picciolissimo.
Nell'analisi dell'attuale quesito si ebbero implicitamente a fare delle supposi-
zioni che sebbene in pratica si verificheranno tuttavia vogliono essere notate a
maggiore esattezza e perchè offrono i limiti entro i quali è vera la trovata equa-
246 PRINCIPIO FONDAMENTALE
zione finale ed indicano con quali elementi cresca e con quali diminuisca la cor-
condanza dei valori offerti da quella relazione fra (v, u) e gli analoghi desumibili
da pratici esperimenti.
i.° Si suppone che il lembo della capsula fosse in ogni suo punto al disotto
della nomale all'asse di compressione condotta pel centro della testa sferica
come alla fig.a (2.a). — Nel caso opposto , segnato in fig.a (i.a) accanto la pre-
cedente, porzione della superficie interna della capsula e precisamente quella
i cui punti si trovano al dissopra della normale all' asse di compressione non
soffrirebbe alcuna pressione dalla testa sferica dell' albero rotante. —
2° Si suppose che gl'assi dell' albero, della capsula, e quello detto di compres-
sione giacessero nello stesso piano. - Nel caso che l' albero fosse inclinato
dell' angolo (oc) al piano degli altri due assi concorrenti nominati , le due rota-
zioni complementarie : v cos (co) v sen (co) della testa sferica, cui sopra sarebbero
invece: e cos (co) cos («), v sen (co) cos (a) ed oltre a queste due componenti della
rotazione dell'albero girante con velocità angolare (v) avrebbesene una terza in-
torno la normale al piano dei due assi concorrenti della capsula e detto di com-
pressione, misurata dalla velocità angolare, v sen (a) che dovrebbe essere con-
siderata nella propria azione sulla rotazione della capsula intorno il di lei asse.
Quando la forza comprimente giace in direzione sul piano verticale passante per
l'asse dell'albero è nullo l'angolo (a) e sono vere le formolo esposte che vor-
rebbero essere completate nel caso opposto.
3° Si fece astrazione dall'influenza delle forze centrifughe nate dalle rotazioni
sulle entità delle pressioni. Chiamando (p.) il coefficiente d'attrito e P la pres-
sione sofferta alla fine del tempo (0 dal punto di coordinate (x, y, z) nell'ipotesi
adottata, ad esattezza invece di (P) si dovrebbe porre ( { + ^ T) ove T e fun"
zione intera rispetto a fo) benché variabile colle (x, y, z) e col tempo (t). Si dovrà
dunque ritenere anche per questo 00 picciolissimo a maggior esattezza delle no-
stre formole.
Dunque le formole esposte sono vere sotto le seguenti condizioni :
i.° Che la somma degli angoli (a, 6) sia minore di un angolo retto.
2.° Che la direzione della forza comprimente giada nel piano degli assi del-
l' albero e della capsula.
3.° Che l'attrito benché vario si mantenga sempre picciolissimo.
I risultamene del calcolo si troveranno tanto meglio corrispondere ai fenomeni
del pratico esperimento quanto più tenue saranno le quantità (a, ì\ co, a) e quanto
maggiori saranno le (r, M) ove (M) designa il rapporto inverso fra il momento
d'inerzia della capsula rispetto il di lei asse di rotazione ed il momento d'i-
nerzia dello stesso corpo intorno un asse normale al precedente e passante pel
centro della testa sferica.
Alla pratica applicazione della eguaglianza : u = v cos (co) j 1 — tang (co) lang(i)
___!_+ cos (a) + cos8 * l la ale e la stessa risolvente sovrascrittta avuto
3 _ (i _|_ cos (a) + cos^ (a) y
riguardo alla identità:
1 „ C0S3 (a) _ 1 — cos (a) + cos2 (a)
^H* cos (a) -f cos3 {a) ~ 2 — cos {a) — cos2 (a) >
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO ECC. 247
occorre la preventiva notizia degli angoli («, co, i\ che ponno differire dall'uno
all'altro esperimento.
Non v'ha difficoltà di sorta a conoscere con diretta misura i primi due, mentre,
sia teoricamente sia anche praticamente, può trovarsi qualche difficoltà nella de-
terminazione del terzo il quale misura l'inclinazione dell'asse della capsula alla
direzione di quella forza che applicata al centro della testa sferica dell' albero
rotante lo sosterebbe nella particolare sua posizione e direzione rimarcate allo
stabilirsi dei moto.
Nel caso in cui gli ordigni che tengono in rotazione l'albero sieno così fatti
da non imprimere al medesimo altro impulso che il giratorio e che 1' albero alla
gravità propria che lo tende abbassare non trovi altra resistenza che V appoggio
della capsula e d'un punto situato nella propria direzione a costante distanza
dal centro della testa sferica intorno al quale avesse ogni libertà di moto mentre
l'albero potesse anche scorrere lungo la propria direzione, si avrebbe:
taM<fi = l tang (P ^ *) + d- la"g («)
g w Idzd. tang (p £h «) tang (a)
ove (/) segna la distanza del centro della testa sferica dell'albero dal punto d'ap-
poggio superiore, cioè dal fulcro su cui ha libertà di girare e scivolare (d) segna
la distanza del centro di gravità dell'albero dallo stesso fulcro, (p) é l'angolo
che misura l'inclinazione dall'asse della capsula alla verticale, (<%) è l'angolo
che misura l'inclinazione dell'asse dell'albero alla verticale.
In quanto ai segni si prenderanno ovunque i superiori se la direzione della
forza premente passa fra il prolungamento inferiore dell'albero e la verticale e
gli inferiori nel caso opposto che passi fra la verticale e l'asse della capsula.
Ma siccome generalmente l'asse della capsula di pochissimo s'inclina alla
verticale così in genere si prenderanno i segni superiori. L'inclinazione poi del-
l'asse della capsula alla verticale dipende dalla natura o forma della superfìcie
sulla quale per un punto s'appoggia.
Quando la superficie d'appoggio della capsula fosse una superficie di rivolu-
zione intorno alla verticale passante pel centro della testa sferica dell'albero
l'asse della capsula rotante si troverebbe pressoché esaltamente verticale e var-
rebbe la forinola:
... (/ — d) tang (w)
lang(t)= * _.
/ -f- d tang (co)
per essere in tal caso p-0, «=rW e dovendosi prendere i segni superiori,
sostituendo questo valore di tang (i) a suo posto nella risolvente, la si presen-
terebbe:
^ = .cosH \* -«-V tag M x * + cos W + cos2 as f
l + d tang2 (co) 2 - cos («) - cos2 (a) J
della quale potremo valersi ogniqualvolta l'albero non premi sulla capsula che
in virtù, della propria gravità e l'appoggio superiore mantenuto costantemente
248 PRINCIPIO FONDAMENTALE
alla stessa distanza dall' estremità dell' albero consista in un semplice ficcone
orizzontale od in un anello che sposi l' albero lasciandogli ogni libertà di
scorrere nel medesimo, il quale potesse ruotare intorno un perno diametrale ed
orizzontale.
In ogni caso però torna più spedito e sicuro l'avere l'angolo (t) mediante
pratici esperimenti ed ecco come: Si noti la posizione e la direzione che ha
l'albero rotante a moto stabilito — si tolga via la capsula e si applichi all'al-
bero in un punto a nota distanza (d) dal centro della testa sferica una te-
nuissima funicella la cui estremità libera si faccia quindi colla mano muovere
sino a ricondurre l'albero nella precisa posizione e direzione notate nelP espe-
rimento colla capsula — si osservi l'inclinazione (e) della funicella tesa coll'asse
dell'albero così sostenuto — si noti la distanza (/) che va dal centro della testa
sferica al punto d'appoggio superiore intorno al quale l'albero tenderebbe girare.
Chiamando (p) il raggio della sezion normale fatta all' albero nel punto esterno
cos (b)
ove fu attaccata la funicella sarebbe : p. 7-^ la distanza del piano di sezione
sen {e)
dal punto ove il prolungamento della funicella tesa incontrerebbe l'asse dell'ai-
cos ( é\
bero e però sarebbe d — p W la distanza di tal punto dal centro della testa
sen {6j
sferica. Si chiami (f) per un momento la forza che tende la funicella e sarà
/"sen (e) la di lei componente normale all'asse dell'albero. Per noto teorema di
statica la forza (f) può aversi per applicata al centro della testa sferica in dire-
zione parallela a quella della funicella pur che si tenga calcolo della coppia
originata dal di lei trasloco, coppia che nel nostro caso ha per momento : f sen
(cos (ci \
d — p — ) . V'ha una forza (x) che applicata al centro della testa sfe-
r sen (e) !
rica dell' albero normalmente a quest5 ultimo stante il di lei momento rispetto il
punto d'appoggio farebbe equilibrio alla coppia precedente ove agisse in senso
opposto e questa è data dalla equazione:
cos (e)
x '
, v / , uos (V) \
l = fsen(e) (d—p f{)
' K J \ r sen (e) !
sen (e)
che da :
/ N / j cos (e) \
x== __ .
possiamo dunque ritenere essere l'albero sostenuto nella di lui particolare dire-
zione e posizione da due forze applicate al centro della sua testa sferica l'una
(f) diretta parallelamente alla funicella tesa, cioè inclinata dell'angolo (e) al-
l'asse dell'albero e l'altra (x) perpendicolare allo stesso asse.
È facile trovare che la direzione delle risultante di tali due forze farà coll'asse
dell'albero l'angolo la cui tangente (f) vien data dalla seguente eguaglianza:
fsen (e) — x . . I — d ± , . , p _. ,, . A. , .... * 1
t == ' — , , . cioè t — • — ; — tang (e) + -v . Di la si tiene subito il valore
f cos (e) l l
di tang (0 che ne occorre osservando essere V angolo di tangente (t) eguale a
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO ECC. 249
(» - i) epperò t = fo? (<■>)- tang (Q d,ond , !.v _ taog (co) - 1
1 + lag (co) lag (0 °nde tang <»> - i + tang (M) a ove po-
nendo per (0 il suo valore si ha definitivamente. g W
tang (0 = — .1 JE«Mzl£zi*J?£« («) -p
/+ (f-d) tang (co) tang (e) +7Ttang(wj
Riassumendo la eguaglianza:
« = v. cos (co) j l - tang (co) tang («) * + cos (a) + cos' (g) j
2 — cos («) — cos* (a) >
risolve il nostro problema meccanico-fisico sotto le tre condizioni.
&%t*zs^&zssr?. giaccia nei,° *- *• - ■*
ì^-'*»^^ * » « retto, condì-
4- > tang ¥) tang (a) * + cos (a) + cos* (a)
2 — cos (a) — cos* (a)
i/nrf™ Lui"* .^enchè;ari0 si mantenga sempre picciolissimo.
ferme 1p LÌ1 l C°ndÌZÌ°nÌ SÌ pUÓ t0gliere faciImente col calcolo il quale
ferme le altre due cond.z.oni, darebbe l'equazione risolvente più generale?
(1) u = v. cos (co) \ 1 | cog(w)cos(0-eo8(n .1 -f cos (a) + cos* (a);
cos (co) cos (i) A r=Tos (a) ~ cos* (a) (
ove (/) è l'angolo compreso fra la direzione della forza comprimente e l'asse
dell albero, e le altre lettere hanno lo stesso significato che sopra! cioè*
» = velocità angolare dell'albero intorno il proprio asse a moto stabilito
u = velocità angolare della capsula intorno il di lei asse di simmetria,
to - l'angolo acuto che misura l'inclinazione dei due assi indicati.
a = l'angolo d'apertura della capsula cioè: l'angolo compreso fra i! di
ut legavo raggÌ° C'ie da' Centr° de"a t6Sta SferÌCa ™ a' *oT2uTsLt
i= l'angolo d'inclinazione dell'asse della capsula colla direzione della
ggO PRINCIPIO FONDAMENTALE
Non è difficile togliere anche la seconda delle tre condizioni; ma l'equazione
risolvente che riescirebbe allora generalissima si troverebbe anche complicata
assai e di pochissimo uso pratico dove verificandosi quasi sempre la seconda
condizione potremmo usare dell'ultima equazione risolvente esposta.
Noto da ultimo che la prima condizione, potrebbe essere espressa dalla egua-
glianza : j = w - i sussistendo la quale l'ultima più generale risolvente esposta
coinciderebbe colla prima.
L'equazione risolvente più generale:
t cos (A _ cos (w) jmsJO 1 + cos (a) + cos*> (a) }
u = v. cos (») jl - , — èos (fii):^tm(M ' A 2 - cos (a) - cos* (a) S
sussiste quando si verifichino anche le sole ultime due delle tre fritte condi-
zioni, la terza delle quali si deve ritenere siccome un dato .nd.spensau e del
problema. A completa soluzione del quesito in esame occorre ora trovare 1 equa-
zione risolvente che risponda al caso, rarissimo in pratica^ in cui non si verifi-
casse la 2.» condizione in cui cioè risultasse: a + 0 > * ed ecco siccome lo
'C<Le° figure 8 e 9 (Tav. 10) rappresentano la stessa cosa benché l'una si presti
meglio all'occhio e l'altra al discorso della teorica geometria e l'una servi qui
all'altra di sussidio alla intelligenza di quanto vengo ad esporre.
Allorché l'angolo (pob) cioè l'angolo (a + 6) supera l'angolo retto porzione
della superficie interna capsulare e propriamente quella segnala in nero si trova
al dissopra del piano condotto pel centro (o) normalmente all' asse d. compres-
sione (ab) epperò ricordando quanto si disse a proposito delle pressioni e delle
lunule infinitesimali che le rappresenterebbero all'occhio è facile comprendere
che detta porzione non soffra pressione di sorta dalla testa sferica concentrica
dell' albero. Essendo 1' attrito (in virtù sola del quale la capsula può venire in-
dotta al moto dalla combaciarne superficie dell'albero ruotante) in ogni punto
proporzionale alla pressione ivi sofferta dai contigui elementi, non e meno chiaro
che quella nominata porzione della superficie capsulare non può influ.re meno-
mamente sul moto della capsula e dell'albero. Di conseguenza 1 efletto che ne
££ "sa conoscere coincide con quello che si avrebbe, a parità d'ai ri elementi
ove la superficie concava della capsula si riducesse alla «manente porzione
(s a a % b E) che è la sola effettivamente compressa, che reagisca ad equilibrare
la forza comprimente e che per l'attrito possa essere sollecitata dalla mcumbente
testa sferica dell' albero girante. Il ritenere senza correzione le formole i ai im-
trovate anche pel caso attuale equivarrebbe a supporre non nulle, come di fatto,
ma negative le pressioni e gli attriti che hanno luogo nei diversi punti di quel
porzione ungulare della superficie concava della capsula che sovrasta il piano
normale in (è) all' asse di compressione, mentre abbiamo in ogni bu'nto Valuta*
la pressione e quindi anche l'attrito proporzionalmente al coseno dell angolo
d'inclinazione del nominato stabile asse al raggio vettore che dal ceni* (o) med
al punto superficiale che si considera, coseno che è negat.vo per i punti situati
alla porzione di superficie in discorso. tanrW alla
Onde avere le formole esatte rispondenti al caso nostro occorre estendere alla
gola porzione (s * q z b B) segnata a mezze tinte gli integrali definiti per 1 ad*
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO ECC. 9${
dietro occorsi ed estesi a tutta la interna superficie capsulare; ma è ovvia cosa
il prevedere che le espressioni analitiche così ottenute diverranno immaginarie
cioè assurde ove le volessimo senza correzione applicare per i casi già conside-
rati nei quali era: a + 0 <~ e che nella sola singolare evenienza in cui sia
esattamente a+ 0 = ~ le forinole avute sopra coincideranno con quelle che
andiamo ad ottenere. L'immaginarietà che presenterebbero desse volendole ap-
plicare fuori dei casi cui rispondono non ebbe a presentarsi nelle formolo già
prodotte estese oltre i limiti di loro verità per il motivo accennato non è guari,
che al di là dei confini entro il quale soltanto sono esatte pel nostro quesito in
cui le pressioni sono positive, rispondono ad un altro quesito ove le pressioni
e gli attriti potrebbero anche essere quantità negative, quesito teoricamente
possibile benché praticamente assurdo nel significato delle parole pressione ed
attrito volgarmente accettato. È dunque impossibile avere una equazione risol-
vente, unica, generalissima, che cioè risponda a tutti i casi del nostro problema
meccanico-fisico, ma possiamo nondimeno presentarne la completa soluzione me-
diante due distinte formole 1' una delle quali risponda ai casi contemplati nella
diseguaglianza: a + 0 < | e l'altra risponda a tutti gli altri designabili colla
diseguaglianza: a + 0 > ~ ed entrambi al caso singolare in cui sussiste l'e-
guaglianza: a + 0 = 2. Già venne esposta la prima di simili formole comple-
mentarie; troviamo ora la seconda seguendo analogo processo analitico, rite-
nendo alle lettere algebriche lo stesso significato loro per l'addietro attribuito
ed incominciando dalla ipotesi che la direzione della forza comprimente giaccia
nello stesso piano del disegno che è quello degli assi dell'albero e della capsula
per la quale si troverà nel medesimo eziandio l'asse di compressione.
Richiamisi la forinola :
■Si
dot. d$. dt C
—^ tir* P-(v cos (<o) — u) sena («) - v sen (co) sen^ (<%) cos (a) cos (|3) (
a quale come s ebbe a vedere indietro, rappresenta il differenziale incremento
(du) della velocità della capsula che alla fine del tempo (t) e nell'istante (d t)
dessa riceverebbe dalla testa sferica dell'albero rotante, ove gli integrali ven-
gano estesi a tutta la superficie compressa della capsula che allora era l'intiera
di lei superficie concava.
Ora gli integrali stessi denno all' uopo estendersi a quella porzione soltanto
della superficie interna della capsula che abbiam veduto sostenere da se tutto
1 effetto della forza comprimente, e però occorre determinare anzitutto i .limiti
algebrici delle variabili («, p) fra i quali va estesa l'integrazione.
Intanto per essere (fig. 9.a tav. 10) retto l'angolo (soz) ed eguale a (e) l'angolo (zoB)
sarà l'angolo (s o B) eguale a (|-e) che potrebbe anche rappresentare l'an-
golo d' apertura di una superficie parziale capsulare (z b B s) segnata in tinta
252 PRINCIPIO FONDAMENTALE
non nera ma più cupa nella figura dalla cui ispezione appare anche gioverà cal-
colare separatamente gli effetti inducibili dalla testa sferica dell'albero rotante
sul moto giratorio della capsula per il confricamento della stessa contro le due
porzioni distinte della superficie capsulare (zbBs), (q z s a), per sommarne in
seguito i trovati valori, siccome faremo per lo appunto.
Perciò che riguarda la porzione (zbBs) la quale costituisce la superficie infe-
riore dell'incavo capsulare è facile vedere che gli integrali vanno estesi da:
p=Oa:p=-eda«=oad«= ir ~~ G mentre Per ciò che sPetta raltra por"
zione (qz s a) i medesimi vanno estesi da p — o sino a p = 9 (a) e quindi da
a = * — e ad : a = a ove 9 (a) e il valore di (p) che riduce a zero l'espres-
sione della pressione P scritta indietro che cioè soddisfa l'eguaglianza: cos (6)
cos (a) + sen (e) sen (a) cos (p) = 0, ed (a) è l'angolo (p 0 B) d' apertura della
capsula. I risultamenti poi vanno duplicati perchè estendere gl'integrali fra i
limiti determinati equivale evidentemente a considerare semplicemente la metà
della superfìcie compressa capsulare e propriamente quella metà che trovasi dalla
banda di chi guarda la figura: ma siccome le cose si passano con tutta corrispon-
denza e simmetria sull'altra metà d'essa superfìcie sottostante al piano del di-
segno ove giaciono i tre assi più volte nominati e la direzione della forza com-
primente, così onde avere il completo valore degli elementi che qui si cercano
basterà raddoppiare quello ottenibile dalla considerazione della sola semisuperficie
capsulare sovrastante al piano della figura. Sostituito nella espressione integrale
cui sopra a luogo della P il suo valore in funzione delle variabili indipendenti
(«, p) già da tempo avuto cioè : A ( cos (6) cos (a) + sen (6) sen (a) cos (p) ) e du-
plicata la risultante in conformità allo testé osservato si ha, posti a loro luogo
per maggior evidenza i differenziali (dt, da, rfp).
2« f$« fVp^rij(^cos(w)-w)(cos(0)cos(a)sen3(a) + sen(6)senHa)cos(p)~-
— v sen (w) (sen^ (a) cos0- (a) cos (p) cos (0) + sen? (a) cos (a) cos0* (p) sen (6) ) \
Estendendo da prima queste integrazioni da^0ap=T e da a = 0 ad
a = ^-0===asitrova;d^^fir*«cosH0)^2(t?cosco — M)cos(6)--i?sen(co)sen(6)
espressione che misura l' incremento differenziale che la capsula conseguirebbe
nella propria velocità angolare (11) durante l'istante (dt) in causa dello strofina-
mento che fa la testa sferica dell'albero girante contro la porzione (zbBs) della
di lei superficie interna compressa. Estendendo ora l'integrazione da p = 0 a
p — cp (a) cioè da p — 0 a
/ cos 6 cos (a) \ .ffnnQ/cos (6) cos (a) \
p = Ang cos (-^^ ) = « - Ang cos ( s^(p^ )
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO ECC. 2S3
e quindi eseguendo anche la seconda integrazione da a = - — e ad a = a si
ottiene coll'ajuto di qualche ovvia trasformazione o designando per brevità di
scrittura con p) la quantità („ cos (») - u) e con (q) la („ sen (co)) ed aggiun
lMo\lVSTZ;esvressi0tte otlenula ultimameite onde ™* « ^f™»:
A ( j
d/,4Ì?'tr*ì(Pc086-8«se,'6)[2*8en«(a)-cos(a)co8(9) K(sea»(0)-cos«f«)? +
+ (cos (6) tf coss (6)) Ang cos ( cos (a)-\ _
\ sen (8) /
~W(«)AngC0S(S^^
|/(sen*(6)-co8«(«))~ 4 p cos («) ^ (sen» 6 - cos» (a)) -f
+ ip sen* (6) - p sen* (6) - I ? Sen3 (8) cos (8) ( Ang cos f ^-(fl,) ì !
* \ sen (8) / j '
È questa la misura dell'impulso differenziale acceleratore, e meglio, l'incremento
stantaneo di velocità angolare comunicato alla capsula dalla testa sferica dTal°
ben, che v. si.mpernia: eguagliandola a zero avremo la cercata equazione £
solvente d'onde ne sarà facile avere il valore della („) espresso meSiante la (l)
e quella equazione può essere tosto liberata dalla quantità iV^Hehe mol-
tiplica tutti i di lei termini. 4
Si noti non esservi termine nella scritta espressione il quale non vi trovi mol
hp licato per (p) o per (g) che là entrano linearmente e che pero ugnando con"
itìnrT ??"' T.ltÌP'iCatÌ Per (P) e con ^ parimenti Lemma 3 a tri
■molhphcau per (9) sarebbe p.X + j. Y=0 l'equazione cercata dove (X f> non
sono formate che di quantità numeriche e delle («, e) cioè sostituendo ali ?<*Z
. rispettivi equivali (. cos <„)-«, Yseu W)SqLnstS"ffi
d'onde ricavasi
(» cos <ù — w).X + 1? sen (w). F= 0
« __ Xcos_((o) -f y sen (&>)
11 ~ V
254 PRINCIPIO FONDAMENTALE
Facendo per brevità sen («) = «, cos (a) = 6, sen (co) = 5, cos (a>) = e ,
sen (e) = a?, cos 6 = y si avrebbe :
y.b
(cy^sx) [2««*- 6y j/^-ft«+(y+y8)Angcos (|) -2a*Angcos(|^)] +
+ {c+±sl)(W-&b) \/&=b*~-kcb |/^rp+[,(4^-^)-|^2/]Angcos(-)
+ (y8 + y4 + 4 fa? - p*) ÀDg COS ( -| ) - * «* |f Allg COS ( |^ )
equazione risolvente, che è per disavventura assai complicata, ma che per buona
ventura invece assai di rado occorrerà in pratica applicazione come già si os-
servava.
u X cos (co) + Y sen (co) __
Nella esposta equazione risolvente, cioè nella — = ^
Y
= cos (co) + sen (co) -^ dove sono :
X = 2 n ak y _ (fc y8 + 4 & + 0« & ~ 2 6») j/tf2 _ &2 +
+ (y2 -f y* + 4 a?2 -- a?*) Ang cos (-) —2 a4 y Ang cos (|-^ )
f^-^^ + ^^^-t^^
ossia per essere x^ -\-y<2 = ì
(2) { + (2 + *2) Ang cos (| ) - 2 aK y. Ang cos (j^)
-Y=na*x—y-b* |/5*=&*+»y Angcos (- ) - a4 a? Ang cos (~ X~ )
l'angolo (6) del quale (x,y) sono il seno ed il coseno è un incognita il cui va-
lore vuole essere trovato mediante le equazioni che esprimono l5 equilibrio fra
la forza comprimente e la risultante delle reazioni che è quella stessa delle pres-
sioni volta in contrario senso. Appoggiandosi allo stesso ragionamento ed alle
stesse formole altrove usate solo variando siccome conviene al caso nostro ì li-
miti delle integrali che occorrono, si ottengono le due seguenti equazioni affatto
analoghe a quelle già esposte relativamente al caso in cui era a + y<C-^ ed
DELLE ROTAZIONI A PERNO SFERICO ECC. 255
ove F ed (i) tengono l'identico significato là attribuito loro e le altre lettere sono
le abbreviature qui convenute.
(3)
o r
F. cos (0 - i) = -pt r* y + (5 62 — 2) J- 1/(^ r55 - (63 + | «2 ^)
( *-Angcos ( ^))+Angtang l/^ + ^ + ^Z^2 -
-Angtangl/^ + ^ + ^Zlg]
«o?~6^ + 62__^
F. sen (0 -0 = Ìi , * j ^ + ^(3^-1) ^_
3 p % x yx
b* +
+ Y ^bx y(«-Angcos(|^\ )
Dividendo l'una per l'altra, membro per membro, queste due equazioni scom-
paiono dalla risultante le quantità (F, p ?%) ed il primo di lei membro sarebbe:
sen (0) sen (•)
^s~(0rsen"(O °d anche usand0 le abb^viature
mentre il di lei secondo membro non conter-
C0S (6"~0CÌOG-CQS (6)-C0S W ■
sen (0 — i) ' sen (0) cos (1) —
convenute l^^(0_4^iien «
x. cos (i) — y. sen (1) ?
rebbe che le sole quantità letterali (x, y, a, b) le prime due delle quali sono il
seno ed il coseno dell'angolo incognito (0) che come si disse convien scoprire
mediante tale equazione. Associando alla risultante di che parlasi l'equazione
caratteristica: x* + y* =: { avremo quanto basta a scoprire il valore delle (x, y)
cioè delle quantità trigonometriche sen (0), cos (0), che vuole essere sostituito a
loro luogo nelle (2) onde dalla (1) risulti eliminato l'angolo (0) ed introdotto in-
vece l'angolo (1) che si deve reputare noto dopo quanto si disse in proposito.
Non potendosi in termini finiti effettuare detta eliminazione della (0) dalla ri-
sen («) ~ stante la forma trascendente delle (3) la ri-
u
solvente — = cos (co)
solvente istessa ossia la soluzione del quesito nostro meccanico-fisico deve con-
sistere nella simultanea sussistenza delle tre equazioni :
Y
= cos (w) — sen (c*>) — ; y* 4- 0* -= J
y cos (j) -f- x sen (ì)
a? cos (i) — y sen(0
K(i-b*--~azbx^+y(~bi~-i) j/^zrp +
- 3
* % X r
256 PRINCIPIO FONDAMENTALE
+ ( &a+ -- a*bxA Ang cos ( y~ ) + Ang tan (9) — Ang tang (<|/)
3 / y b \
— «afta y Ang cos ( — )
dove:
_ , /& y + g qg + &« — qga ■ A g + a x + x* ~ *>2
V-y ax-by + x*— b* ' V ax — by+W-x*
ed X, F hanno i valori scritti nelle (2). Fin qui si è supposto che la direzione
della forza comprimente giacesse nello stesso piano ove si trovano l'asse del-
l'albero e quello della capsula; ma, siccome per l'altro caso già esaminato, le
attuali formole si generalizzano immediatamente bastando a ciò porre nella:
u Y , „ . cos (j) — cos (co) cos (0
— = cos (co) — • sen (co) -y a luogo di sen (co) la frazione ■ — ^-z-x
1 u a- ? u —/ni ces (co) cos (Q — cos (y) Y m tiene wm
per lo che diverrà : • — = cos (co) -\ gen , ^ X ~% ove U; ueue 1 l
dentico significato attribuitole parlando dell'altro caso. Pongo fine a questa nota
osservando che le attuali formole di risoluzione divengono quelle già trovate per
1' altro caso quando vi si faccia b = x sotto i radicali visibili ed insieme b = x
ed y — a nelle espressioni Ang cos ( — ). Non che queste formole abbraccino
entrambi i casi, mentre avvisando il significato delle lettere (x,y,ab) é facile
vedere che le due eguaglianze b — x, y — a siccome ripetizione l' una dell' altra
devono sussistere insieme e non possono essere vere separatamente. Qualora si
ponesse dapertutto in tali formole b — x, y — a desse risponderebbero evidente-
mente al caso singolare in cui è {a + 0) = -^ ed in cui esclusivamente coincidono
le due equazioni risolventi complementarie.
PALAZZO MUNICIPALE DI GUBBIO (Umbria).
(Vedi Tav. 13, 14 e 15.
Fra li varii palazzi municipali, veri monumenti d'arte che Italia possiede,
quello di Gubbio è ben meritevole d'esser maggiormente conosciuto, e per l'ac-
certamento di data e di provenienza, per le grandiosità di sue proporzioni, e
finalmente per ispecialità tutte sue proprie.
Andiamo debitori all'eccellente mio amico Ing. Baldelli dei disegni dettagliati
che presentiamo, da noi ridotti a minor scala nelle parli meno interessanti. Noi
nelle brevi visite fatte a quel monumento non avremmo avuto campo di misu-
rarlo conscienziosamente.
Siede il municipio di Gubbio a ridosso d'uno dei controfforti dell'Appennino
non distante da Perugia, e sulle parti più elevate della Città sorge appunto il
Palazzo municipale, il quale trovandosi così quasi in centro di essa, la di cui
piazza egli ricinge su due lati, non è a dire quanta imponenza presenti nel suo
complesso.
Nel 1321 il Comune di Gubbio ne commetteva l'incarico d'idearlo a certo
Matteo di Giannello, di Masseo, sovranominato Gatapone, nativo di Gubbio stesso,
ed uno dei migliori architetti del suo tempo. L'accessibilità a detto Palazzo dai
vari quartieri della Città posti a diversi piani, il dover quello, secondo il pro-
gramma, servire a più usi, inoltre le sostruzioni richieste a sopportarvi una
piazza in parte pensile, e finalmente il dovere P edifizio figurare del pari nobil-
mente su ben quattro lati, erano condizioni, a vincere felicemente le quali richie-
devasi un non comune talento. Ma la fama di Gatapone era già radicata. Vediamo
quanto storicamente ed artisticamente interessi nel monumento , che presimo
ad esporre.
Trovavasi del 1381 il Municipio di Gubbio in florido stato, cacciati da un secolo
e mezzo i Ghibellini che ne tenevano il dominio, pensarono gli ottimati a rea-
lizzare l'erezione di un pubblico palazzo il quale meglio che il preesistente,
detto di S. Giuliano, rispondesse all'opulenza ed alla dignitosa rappresentanza
del Comune.
Laonde, come rilevasi da atti autentici membranacei, nel 14 dicemb. di quel-
l'anno li Consoli prò tempore assistiti dai Deputati de'vari quartieri della Città,
proposero la riforma del vecchio, e la costruzione del nuovo, con condizioni in
parte già sovra comunicate. D'ordine di Filippo del signor Fortebraccio di Pistoja
in allora Capitano dei popolo, si radunò in quel giorno il generale gran Consiglio,
il quale fu portato a ben 100 Membri fra ordinari e straordinari, onde la deter-
minazione venisse quanto si potesse ufficialmente pronunziata. Pietro di Ghipense-
Ghipensi o Barardelli, illustre giureconsulto, e giudice consulente, riferì e motivò
Giorn. Ing. — Voi. XVL — Aprile 1868. 17
258 PALAZZO MUNICIPALE
la proposta, osservando (riflessione non inutile notare ai tempi che corrono),
come non si dovesse gravare il Comune di usura per detta impresa, e che il
sacrifizio si condividesse equamente fra i quattro quartieri del Municipio.
Nel 19 gennajo 1322 fu poi la proposta finalmente adottata, e si decretò l'erezione
del nuovo Palazzo, e dietro la proposizione del già menzionato Barardelli si trascel-
sero tre persone di confidenza per ogni singolo quartiere, le quali, unitamente a
Bino e Filippo Gabrielli, e Lello del Conte Gabrielli, ed altri dodici Prudenti, prece-
dentemente eletti, avessero ad assumere il disimpegno degli incombenti, e l'assi-
stenza alla nuova fabbrica, con pieno arbitrio di ordinare al proposito, riservato
però, come oggi direbbesi, un volo di particolare fiducia al Conte Gabrielli, seb-
bene residente in Perugia. Questi, nelle loro sedute particolari avvisati gli incom-
benti più prossimi alle fondazioni del monumento, e fissatene eglino stessi varie
delle principali dimensioni, si divisero fra loro i vari uffici dell'alternata ed im-
mediata assistenza alle opere.
Dall'acquisto di case a demolirsi, e di terreni a disporsi, e dai materiali in
sasso a prepararsi da' vicini monti, pare doversi ripetere il tempo assai lungo
dalle determinazioni del Consiglio, all' incominciamento reale delle opere, le
quali ebbero principio soltanto nel 1332, come sta scritto sull'architrave della
porta maggiore verso la piazza, ove si legge « A Dnì 1332 chomenciata questa opera » ,
e la pietra fu posta nell'ottobre del 1335. Vi si osservano pure gli stemmi della
Chiesa, di Roberto Re di Napoli e del Municipio Eugubino.
Ma il tempo apparentemente dianzi sciupato, venne compensalo nell'atto pra-
tico, in quanto che rilevasi da documenti del pari autentici, che nel 1339, cioè
7 anni dacché fu cominciata, ella era avanzata assai, e che nel 1346 già i Consoli
ed il Gonfaloniere ne abitavano la parte minore, la occidentale.
Nel 1349-50 fu decretato il proseguimento dei due corpi dell' edifizio , giacché
le parti destinate al Municipio procedevano con certa lentezza, e non s'erano co-
strutti che gli acquedotti delle fonti interne ed esterne, e, quarantanni dopò,
1' ardimentosa torretta del Campanile.
Incidentemente alle costruzioni sorreggenti la Piazza, osserveremo come quel
tratto di fabbricato congiunto ai succennato Palazzo del Podestà fu costrutto con-
temporaneamente, come può sicuramente argomentarsi dal meraviglioso interno
che sorregge il terreno, e va riunirsi all'altro palazzo municipale.
Nel 1361 si prosegui in parte il lavoro, ma nuovamente interrotto per un secolo,
fu soltanto ai 19 gennajo che si decretò di condurlo a fine, e fu allora che ven-
nero costrutti gli arconi reggenti la parte meridionale della Piazza, abbandonando
il pensiero di continuare quel tratto secondo il disegno originale, giusta il quale
quello doveva con ulteriori costruzioni unirsi all' altro braccio di fabbricato de-
stinato ad uso carceri. Soltanto nel 1488 fu stipulato il contratto per l'esecu-
zione delle scale.
Circa la metà del XVI secolo si ordinò la continuazione dell' edifizio, e si co-
struirono in mattoni le volte del salone superiore nelle camere del Consiglio, e
nelle altre poste a tramontana, le quali tutte comechè ben condotte, si scostano
però dal primitivo stile dell' edifizio, ed appalesano quello dell'epoca in cui fu-
rono fatte. E fu pure nella stessa epoca che si fecero pavimenti ed altre opere
accessorie, e si ammodernò sgraziatamente l'antico fonte.
Rendasi qui un omaggio ai Capi-mastri che eseguirono ben plausibilmente tali
opere, coi tramandar alla storia i nomi dei principali. Essi sono Baldelli Sanzusi,
DI GUBBIO 259
Ventura di Giovanni e suoi Socj, che oggi diremmo sua Squadra : più tardi Mario
e Mascolo Praitelli e Socj, e nel 1349 Mastro Ventura e Socj.
Oltre alPedifizio destinato alla residenza del Gonfaloniere e dei Consoli, altro
pur doveva essere costrutto per la dimora del Capitano del popolo , del Podestà
e di tutti gli altri ufficiali di giustizia, e questo, chiamato Pretorio, congiungen-
dosi al primo per mezzo d'una gran piazza interposta, ne doveva formare una
mole imponente.
Considerando ora artisticamente il monumento, egli, nel maestoso suo aspetto
nella severa tinta della sua merlatura, nella sua torre terminale, porta l' impronta
viva dei tempi di mezzo, e richiama l'indole ed i costumi degli Avi. I due Corpi
elevati che ne costituiscono l'assieme separato per una tratta di M. 60 sono
riuniti da una gran muraglia, compita soltanto pel tratto di M. 20, essendolo nel
rimanente per mezzo di volti sostenuti temporariamente da pilastri. Cotal mu-
raghone, ardita costruzione, è nella sua lunghezza scompartito da sei gran vani
o stanze a volte emisferiche, e queste stanze pel tratto compiuto di M 20 son
dimezzati con muro, e nell'altezza con volte in pietra a sesto scemo.
I due corpi della fabbrica isolati in origine, e costrutti come fu detto nel 1332
olirono all'esterno uno dei primi esempi, nella decorrenza del secolo XIV in cui
si sieno usati gli archi a tutto sesto non misti cogli acuti, segnando così il ri-
torno al pien centro.
La parte su cui s'innalza la torre, è la più compita, ossia che presenta minor
deturpazione per posteriori innovazioni. È rafforzala da rinfianchi o contrafforti
del genere d'architettura lombarda al cui stile lo scrivente riferirebbe l'intero
monumento, con rispetto a chi crede diversamente. I contrafforti così poco spor-
genti, alla maniera romanica, hanno un carattere di solidità misto a leggiadria
D essi sono divisi alla ricorrenza de' piani da ricorsi o cornici, e la loro proie-
zione e maggiore alle basi, e decrescente ai vari piani d'altezza. Superiormente
terminano in uno spluvio alla maniera gotica, a guarentigia delle parti sotto-
stanti. I contrafforti d'angolo accompagnano l'edilìzio in tutta la sua altezza di
intermedi giungono soltanto al parapetto del secondo ordine di finestre
E di grazioso aspetto la cornice del finimento superiore formata da archetti
sorretti da mesole alle quali fanno corona i merli superiori piani, ed a lecere
spluvio, ai quali corre parallello un ballatojo praticabile e scoperto, ricorrente
su lutti i lati dell' edifizio. Sono poi caratteristiche le modanature delle cornici
dentellate che ricorrono all'imposte delle finestre del secondo piano, e che mi-
rano sovra le ghiere delle medesime. Le bifore del primo piano sono di non
comune bellezza. Elleno sono sormontate da ghiglie, con rose fra gli archetti
e quali come le porte principali hanno stipiti con modanature rientranti profi-
late sul e diagonali secondo il sistema gotico, e contornate da bastoni intagliati
e da colonne, entrambi riccamente dorate.
Leggiadra a un tempo e ardimentosa è la torretta del Campanile. Ella posa
sul falso, di maniera che i quattro pilastri che la formano hanno tre lati cadenti
per meta a strapiombo, non solo sopra il ballattojo summenzionato, ma pur anche
sovra un secondo ordine di mensoline. Malgrado le sue elevatezze, che il mar-
chese Scipione Maffei asserisce pari a quelle del Campanile di S. Marco in Venezia
e la sua relativa strettezza, una scaletta spirale dal centro della sua base con-
duce al ballatojo scoperto, e da quello all'edicola delle campane
Sulla fronte a levante appaiono in alto le tracce di una porta, e di un ver-
260 PALAZZO MUNICIPALE
rone da dove forse secondo la consuetudine di quell'epoca comunicavasi al
popolo i decreti e le sentenze emanate dai Consoli.
L'avancorpo dell'edilìzio volto a mezzogiorno è di minor altezza, e non ter-
minato al suo coronamento. Spicca ivi l'ardimento dell'Architetto per le molte
aperture praticate in mura di non rilevanti grossezze. Una cimasa inclinata sulla
quale posano dei pilastri reggenti degli archi acuti, unici in tutto l'edilìzio, sono
indizi come ivi si pensasse a costrurre una scala che dal basso della Città con-
ducesse alla piazza posta fra i due ediftzi: opera o per vicissitudini politiche, o
per mancanza d'i mezzi rimasta sospesa.
Ciò che v' ha di più originale, concetto fosse unico nel suo genere, è la scala
che sulla fronte orientale della piazza mette alla gran sala del primo piano.
Sul dosso di un arco rampante, all'uso gotico, un'ardita e maestosa scala va a
riunirsi colla massima leggerezza e solidità, ed arte somma alla piatta banda
sospesa da mesole e sopra d'un arco scemo, grazie al quale ordinamento si può
comodamente accedere alli sottoposti ambienti che stanno a livello della piazza.
L'edifizio del quale si descrissero sin qui le parti esteriori era destinato pei
Consoli della Repubblica: l'altro che sorgevagli rimpetto , e destinato come fu
detto a servir di Pretorio è più severo, più semplice, e quale richiedeva lo scopo
a cui era destinato.
Ivi la forma primitiva è svisata affatto, e per la mancanza totale del corona-
mento e merlatura, e del braccio dove trovasi la scala, e pelle deturpazioni
che posteriormente praticaronsi ai fìnestroni ed alle aperture irregolari con
danno della sua originaria euritmia. Questa parte di fabbrica inoltre stata mole-
stata per la costruzione di nuove vòlte onde ricovrare l'archivio, e di muri ag-
giunti sopra le vòlte originali onde utilizzare gli ambienti per carceri, trovasi
in istato molto scadente, ed abbisognerebbe di venir restaurato, col sollevarlo
prima d'ogn' altro dal sovracarico dell'opere aggiunte.
A ridosso di detto fabbricato oltre la metà del XVI secolo fu innalzato altro
edilìzio pessimamente condotto , e in stile diverso e che nasconde la fronte ori-
ginale del palazzo verso tramontana.
Dalla parte interna dei due edifizi i locali corrispondenti sotto alla piazza, nei
quali ora stanno l'Archivio notarile, e il Monte di Pietà, anticamente servir do-
vevano pella forza pubblica, per carceri e per l'Annona frumentaria ed olearia,
e simili altri generi di pubblica esigenza che i nostri maggiori sapevano saggia-
■mprjtp nntivedere.
Qual edilìzio destinato a raccogliere i reggitori d'una forte repubblica il palazzo
municipale di Gubbio manifesta tosto nel suo ordinamento l'eccelso suo scopo.
Ivi Magistrati repubblicani dovevano trovarsi in intimo rapporto col popolose
conservare in pari tempo gelosamente il loro potere aristocratico , e la severità
nell'esercizio delle leggi. Coerentemente a tali esigenze ivi le parti inferiori
apronsi con facile accesso al popolo, e li piani superiori appaiono destinati solo
ai patrizi deliberanti. Se pel primo esigevasi fossero patenti gli accessi, dove-
vano li secondi apparire non penetrabili alla moltitudine e perciò a quella
celati: e il Gatapone penetrato del diverso scopo seppe con mirabile ingegno
corrispondervi.
Le mura di entrambi gli edilìzi, sono costrutte con pietra calcare tolta dai
vicini monti Calvo, ed Ingino, a filari ben squadrati e nulla lasciano a deside-
rare nella loro perfetta esecuzione.
DI GUBBIO 264
Passando ora a far parola delle parti interne, il pian terreno fu dal Gatapone
destinato agli uffizi; e' in questo edificò la gran sala lunga M. 30 e larga M. 13.80
alta M. 13.20 dove adunavasi il popolo. Questa unitamente alla sua spaziosa vòlta
riceve luce da varie finestre praticate su tre de' suoi lati.
Ivi prendevano possesso i Magistrati, quivi presentavansi le Chiavi del muni-
cipio al Contestabile, e quivi adunavasi l'assemblea popolare formata, come pre-
tendesi da ben 800 persone.
Vuoisi che questa sala fosse dipinta a fresco; e v'ha probabilità che lo fosse
giacché osservasi pur tuttavia qualche traccia di dipinto nell'arco vicino alla
porta che conduce alla scala superiore. È ben a lacrimarsi lo sciupio di simili
pitture avvenute in massima parte pella gretta noncuranza del volgo; in quanto
che astrazion fatta dall'artistico od almeno archeologico loro pregio, esse ci a-
vrebbero conservalo memoria di fatti storici locali, e di persone che onorarono
coi loro nomi i fasti della patria.
Vi esiste però un affresco benissimo conservato, opera del valente artista
Guido Palmerucci, nel 1342, rappresentante nostra Signora sedente in trono col
bambino fra le braccia, ed ai lati S. Ubaldo vestito pontificalmente e S Gio-
vanni Battista.
Una scala piuttosto angusta porta da detta sala al piano superiore ed alla
terrazza, ad ambedue li quali siti era vietato al popolo l'accesso. Di due altre
porte esistenti, l'una angustissima mette ai piani inferiori degli uffizi, l'altra ai
balcone, il quale, perchè in deperimento, fu vandalicamente distrutto nei corrente
secolo che tanto si decanta per civiltà e progresso.
Nei rinfianchi dell'estradosso della volta del salone si formarono delle stan-
zette al doppio oggetto di non caricare questa con eccedenza di peso, e per
gettare dai pertugi ivi praticati, dei sassi sulla sottoposta plebe se tumultuante
si ammutinasse. Altri vogliono, e ragionevolmente, che quivi si riponessero le
carte come in archivj; ne avrebbe infatti potuto immaginarsi sito né più segreto
né più sano, né più sicuro per tal uso. Nel sommo della vòlta esiste tuttavia
un'apertura dalla quale a quanto si dice, il Consiglio notificava al popolo le
sue deliberazioni.
Finalmente nell'angolo a man dritta entrando dalla porta d'ingresso verso
piazza osservasi uno sfondo semicircolare che va restringendosi, e che può far
credere che ivi esistesse un camino. Lasciata la porta che conduce alla scala ed
alla terrazza, da questa passavasi alla Cappella ove in una parete lesesi a ca-
ratteri gotici:
Ordlnibus vestris fidem ne rumpite Cives
Venite concordes si latum cupitis earum.
QUIDQUID CONSULITIS PATRLE DECERNITE RECTUM
Damnorum memores qvm jam fecere parentes.
M. CCCC LXI.
Uscendo dalla medesima, a metà circa dell'erta ed angusta scala trovansi le
stanzette già visitate formate sull'estradosso della vòlta salendo oltre e volgendo
a sinistra giungesi al piano superiore; primo si presenta una sala in volta con
lunette posate su mesole, di opera posteriore, che il Massei attribuisce alla mela
262 PALAZZO MUNICIPALE DI GUBBIO
circa del secolo XVI. In questo piano radunavansi i Consoli della Repubblica , i
quali da tre porte venivano guarentiti dalle aggressioni del popolo.
Oltre alla sicurezza il Gatapone pensò eziandio alla comodità; epperciò ivi
volle porre una fontana della quale vedonsi ancora gli avanzi mal restaurati ; e
supponendo poi òhe il popolo tumultuante potesse anche tagliare il corso delle
acque ivi condotte da oltre un miglio di distanza, per mezzo di un condotto,
opera arditissima, che si attribuisce pure allo stesso Gatapone, egli ideò di for-
mare sopra la volta della stessa sala un deposito d'acqua, che ancora dopo tanti
secoli è intatto ed atto a conservarla.
Gli altri ambienti attigui a questa sala sono pur essi, secondo il Massei, di più
recente costruzione per cui senza demolirli non può formarsi una giusta idea come
il Gatapone avesse disposto tutto questo piano, al quale corrispondono e la pitto-
resca loggia che domina tutta la pianura Engubina, e la scala spirale già notata
che ascende al campanile, ed al ballatojo decorrente tutto Pedifizio.
Già facemmo parola dell' altra parte del palazzo accennando le deturpazioni
cui soggiacque. Nell'esame dell'interno risalta un nuovo ed ardimentoso concetto
del Gatapone il quale dal pian di terra al tetto piantò ivi un pilone centrale
ottagono dal quale si sviluppano gli archi delle quattro vòlte a sesto scemo in
ciascuno dei quattro piani sovrapposti l'un l'altro.
Per ultimo merita d'essere notato quel condotto o fogna praticabile, che cir-
conda la fabbrica per la lunghezza di ben 200 metri, destinato al triplice oggetto
d'allontanare l'umidità provveniente dai circostanti terreni, di raccorrò e fugare
le acque di scolo dal tetto e dal terrazzo, e per ultimo di spurgare le latrine.
Visitando in dettaglio questa Costruzione non si può a meno di concludere
che tanto V esterno che l' interno sono esteticamente ammirabili , e che così il
Palazzo municipale, come il Pretorio sono un vero modello di semplicità e gran-
diosità riunite, e di convenienza allo scopo, pregi che cotanto desidererebbonsi
in molti de' pubblici edilìzi moderni.
C. Edoardo Mella.
RIVISTA DI GIORNALI E NOTIZIE VARIE
CORSO DI CELERIMENSURA
NEL R. ISTITUTO TECNICO SUFEUIORE
(Anno 5.°, 1867-68)
Santo delle lezioni del mese di Aprile f 868.
Diamo questa volta , invece del solito sunto , tutta intiera la rimarchevole lezione di ottica
tecnologica di domenica 19 aprile sul Cleps, alla quale assistevano in gran numero ingegneri
di^ogni età, ansiosi di far conoscenza col nuovo strumento di celeriniensura, che prende oggidì
il posto del tacheometro, e diamo al seguito le risposte stale date dal professore Domenica 26
alle varie obiezioni che gli sono state indirizzate.
Il Professore non presentò come aveva annunciato, un solo, ma due Cleps di seconda gran-
dezza, e ne spiegò la composizione, e fece conoscere le funzioni di tutte le parti loro con quella
chiarezza di eloquio che è propria di chi possiede a fondo la materia , e si sente forte contro
tutte le contingibili objezioni.
Il Profess. esordì col definire alquanto eslesamente quella celeriniensura di cui tanti in prima
parlavano, benché pochi ne conoscessero la vera indole, la vera altissima portata; ei proseguì
descrivendo gli strumenti che s'ergevano sui loro eleganti tripodi da un lato della sala, e con-
cluse accennando ai vantaggi impareggiabili che ne sentirà il paese, quando gl'ingegneri lutti
si saranno assuefatti ad impiegare il Cleps, ma ad impiegarlo non già per redigere gl'imperfet-
tissimi studi di cui per lo addietro bisognava, nella impossibilità di far meglio , star contenti ,
bensì per introdurre nell'arte dell'ingegnere una riforma radicale, per imprimere in tutte le sue
operazioni colla celerità, e 1' economia , la comprovabilità la più generale , e la certezza la più
assoluta, le quali migliorie sono state il vero scopo della celeriniensura.
Prima del 19 Aprile i più convinti dubitavano ancora, ma al finire della lezione del 19 i più
ostinati avversari della celeriniensura erano vinti, e se l'assurdo, di fronte ad essa, di quegli usi
e pregiudizi la cui forza è tutta nelle loro antichità, da alcuni pochi ancor non era confessato,
era però da tulti evidentemente in cuor loro riconosciuto. L' obiezione sola poi che i più con-
vinti prima del 19 ancor movessero, la difficoltà cioè di procurarsi gli strumenti, era combattuta
vittoriosamente dalla presenza di quattro strumenti eseguiti interamente in Milano da operai
italiani, e dalla certezza conseguente, di che all' Italia oggi mai è assicurata la gloria del risor-
gimento delle arti di alta precisione, che brillarono di viva luce in Germania, ai tempi di Frauen-
hoffer, ma assenti dall'Italia dopo la morte di Amici, sono decadute oggidì, od almeno stazio-
narie in tutta Europa.
Salutiamo dunque il risorgimento loro, che punge questa volta sull'orizzonte italiano.
La Redazione,
264 RIVISTA DI GIORNALI
OTTICA TECNOLOGICA.
Lezione XV.
Giacché V innocente monossillabo Cleps ha prodotto oggi il magico effetto di adunare in questa
sala numerosi uditori , per molti de' quali è nuovo l' istrumento , ma è nuovo forse non meno
il suo vero scopo, m' è duopo esordire con pochi cenni di definizione della celerimensura, per il
più comodo esercizio della quale il Cleps è stato immaginato.
Quella nuova geodesia che oggidì transitoriamente, e fino alla non lontana naturale estinzione
dell'antica, si distingue in Francia col nome speciale di tacheometrie, qui di celerimensura, può
dirsi nata in Inghilterra colla invenzione del teodolite.
Il teodolite fu quivi, ed è ancora oggidì, lo strumento unico degli agrimensori (Land-surveyors)
quantunque più raffinato, particolarmente in Germania, abbia potuto nel corrente secolo accedere
all'alta geodesia.
La celerimensura s'accrebbe di alcune invenzioni, tra le quali la stadia stata immaginata per
misurar le distanze da William Green nel 1769 , ma quella stadia , che è ancora per molti la
comune stadia d' oggidì, era stata concepita, otticamente parlando, nel peccato originale, era cioè
per più motivi radicali inesatta, né potea competer colla misura diretta in veruna maniera. Mo-
tivo per cui si continuarono a vedere e si vedono ancora oggidì, tempi di libertà, uomini due a due
apparigliati trascinare sotto la sferza del sole la catena pei campi, ed ubbidire penosamente agli
ordini di un ingegnere che si affaccenda a farli rigar dritto.
Essa , la stadia , fu resa invece esattissima nel 1824- coli' invenzione italiana dell' anallatismo
centrale, ed oggidì non la s' impiega più a misurar le distanze, delle quali non si fa in celeri-
mensura verun uso, bensì a misurare direttamente sopra la medesima un elemento lineare, siccome
il vedremo più oltre, se ne avanzerà il tempo.
La celerimensura continuò a ricevere incrementi importantissimi ed a perfezionarsi in tutti e
tre i rami in che Puissant distingue la geodesia generale, vale a dire, geodesia alta, topografia,
agrimensura, e quanto al ramo del livellamento, si trovò questo naturalmente assorbito da che
divenne universalmente sentita la necessità di considerare sempre contemporaneamente le tre
coordinate x, y, z ; {x, y per la planimensura, z per la ipsometria).
Allora fu che si trovarono mezzi facili, pronti ed economici di ottenerle tutte e tre con una
sola osservazione, e divenne inutile affatto qualunque misurazione diretta od indiretta delle distanze.
D'altra parte, passando a considerare i postulati moderni dell'arte, prodigiosamente ingran-
diti da nuovi bisogni dei grandi lavori pubblici moderni, noi troviamo dappertutto la necessità
di determinare sempre , e per ogni punto , tutte tre le coordinate , ed averle tutte tre nume-
ricamente scritte, e questa necessità i più grandi giureconsulti contemporanei la trovano urgente
perfino nelle operazioni censuarie (1).
Egl'è dunque per arrivare a questo punto, egl' è per arrivarvi speditamente ed economica-
mente, che il Cleps è stato immaginato.
Quai dati convenga a tal fine raccogliere sul terreno, con quali formole calcolare x, y, z
apparisce dal quadro seguente:
Dati raccolti per ogni punto coli' istrumento
Quantità cercate
x,y,z
(1) La acclività anche pochissima del terreno in un senso piuttosto che nell'altro è elemento della facoltà
produttiva, perciò del valore, come la irrigabilità, la prosciugabilità, i diritti attivi e passivi di scolo,
la servitù altius non tollendi , cose tutte che non sono altrimenti determinabili in modo preciso , che
per mezzo della coordinata z, vale a dire che il livellamento generale del suolo italico è una neces-
sità, anche solo per un catasto fiscale, come pur troppo per inconcepibile errore sono ancora i catasti
italiani. Vedasi del resto il Giornale dell' Ingegnere-Architetto dal 1863 al 1868, e le molte pubblica-
zioni in proposito del prof. Porro e del Cav. Robernier, presidente alla Corte imperiale di Montpellier.
E NOTIZIE VARIE
Formole
x = (a — b) sen2 <t. sen e
y = (a — b) sen2 9. cos «
5 = (a — é) sen <?. cos ? — 0, 01 (a + b)
265
Niuno pero si spaventi della difficoltà e della immensa congerie di calcoli a cui darebbe Iuoro
un operazione alquanto estesa se si dovessero impiegare le tavole logaritmiche, tutti questi cal-
coli si lanno in meno di un minuto di tempo per ogni punto e per tutte tre le coordinate colla
scala di Gunter o col circolo calcolatore; ed in quanto alla difficoltà loro, basti il rammentare
che i soldati del Genio Militare piemontese li facevano molto bene dopo tre giorni di pratico
esercizio in quel breve spazio di tempo, e ciò dopo pochi giorni di appropriata istruzione.
Vedasi spiegazione pratica sull'uso della scala logaritmica.
- Mi si domanda da taluno, se col Cleps si potrebbe fare un profilo in lungo od in traverso?
Potrei rispondere che si, e dire con quali rimarchevoli vantaggi sui comuni livelli ciò si
potrebbe fare, ma preferisco di rispondere a quell'attardato che. ciò domanda con rammentargli
che non occorre più a'di nostri parlar di profili se non se in architettura e facendogli osservare
enee tempo, gran tempo, di veder finalmente generalizzato fra gl'ingegneri civili per lo studio e
per la redazione dei progetti il metodo da tempo immemorabile in uso presso gli ingegneri mili-
cortan ™fr "f»"'' ^f"^ ^ eÌdÌPsometri(;i. ' ««»« »°n solo bastano, senza che oc-
ìnsXT ' a qUf° dÌ °he ÌD FÌma SÌ era USÌ a coa'«"^si, ma a tutto ciò che con
- La celerimensura, al punto in che è giunta presso l'Istituto Tecnico Superiore di Milano
altro non e che la geodesia, tutta la geodesia, niente più che la geodesia; essa è la geodesia
generale presa al punto del suo più avanzato progresso. g
La celerimensura ha tra l'altre cose, per le operazioni che in pria si dicevano di geodesia
alta, metodi e strumenti per ottenere in tre sere ciò che Biot non ottenne a Formentera in quattro
mesi e mezzo d, veglie e di fatiche; ha mezzi e strumenti per ottenere, in qualunque azimut
con proporzionata speditezza e con esimia precisione la vera curvità della superficie idrostatica
stata nrn;I lm^~^ « ™ anche in ristrettissimo spazio, la qual cosa non era
ZL h/ , T." f P°SSÌbile' beMhè già M f°SSe rico»osciu^ da P^ecchi anni la
necessita, atteso che le .rregolantà locali della curvatura medesima non sono trascurabili neppure
ne lavori di ristretta estensione (1). neppure
- La celerimensura ha, ancora in geodesia alta, metodi e strumenti per misurare le basi tri
fonometriche nel , di (empo> e con esa(tezz che non P ««r ^i|
e germanici in verghe di platino, od a cuneo di cristallo, di Borda, e di Bessel
- La celerimensura ha poi metodi e strumenti per le operazioni tutte di topografia di agr'i-
odes! I r eDt0- °PeraZ1°nÌ Ch6 " COmpleSS° COmP°^ono 3^ «he si pnò'ch am e
alerà ng ^^ " *** * ^ ^^ "' Pia"°' ta Valle' in mo<Ì 9^»
galleria e ne più cupi sotterranei e nei pozzi delle miniere
- Ma se la celerimensura ha da recare tutti i suoi vantaggi bisogna che con essa iirhr«ià
.pari la riforma degli ancora qui vigenti metodi di studio l progetti, bisogna eh TvIZl
"a^lSol :rd0U0' blS°gna ^ ^ -PP—'-.Po„eS grafica, Lp^n'e"
erela „;!•,, Sm°Psleslr'nunz" totalmente al volerla mero-metrica, bisogna ricono-
sct.e a necessita di una amplissima e facile comprovabilità generale in tulli i sensi ed in Zi
P.u mimmo dettaglio, e questa comprovabi.ità bisogna cercarla nella natura stessa del.: reS
« -e troverai di fi! g^di £,£?' ' ^ < " P"6 <~re ^ "#» P™'«* -rimona»
2gg RIVISTA DI GIORNALI
geometriche, bisogna volerla indipendente affatto dall'umano ^..^^^
deve assorellar egli stesso i propri lavori a siffatte comprovazioni intelligibili a tutti, ne in
ìul più mai Pretendere ut juretur in verbo magistri, che è titolo il più infido della certezza
6 ^"ll rapporto di esattezza finale bisogna che venga di motto elevato, bisogna che spariscano
dai regolamenti censuari le larghe tolleranze che si veggono accordate ancora oggidì presso tutte
f US sulle mappe di catasto, bisogna che gl'ingegneri rinunzino al valersi ne' loro lavori
di quette inaccettabili mappe colle quali ei non possono che ingannare se stessi, . loro commet-
^otes'tiCilSi poi imporla grandemente che si ottengano, a questi bisogni occorre si soddi-
sfaccia con grande economia di tempo e di denaro, con grande economia pure di altra più
leziosa merce voglio dire con economia di talento e di cognizioni; bisogna che cess. la neces-
sità di sprecare sui campi l'alta educazione scientifica di un ingegnere, bisogna che perciò i pro-
cedimenti ed il maneggio de' strumenti geodesie!, siano facili cosi che si possano materia mente
imparare dagl'impiegati inferiori di ogni ingegnere; bisogna poi che gli strumenti resistano a
tutti gli strapazzi contingibili in campagna ed in ogni maniera di trasporti, né ad ogni pie so-
spinto occorrano le interminabili rettificazioni che tutti sanno.
Queste sopo le condizioni a che si tratta di soddisfare, orbene, quali e quanti esser debbono
di strumenti della nuova geodesia? di quali elementi composti?
Se la intiera geodesia, considerata sotto l'aspetto suo il più generale, si riduce ad un pro-
blema unico quello di determinare la posizione di un punto nello spazio , per rispetto a re
assi dati di posizione, come mai credere che a risolvere indefinitamente sempre lo stesso sempli-
cissimo unico problema siano necessari! tanti strumenti quanti se ne vedono figurare nei cataloghi
dei costruttori, tanti procedimenti come si vanno leggendo pe' libri, ed insegnando ancora oggidì
"""uno dunque, un solo strumento. Il Clefs, tre solii procedimenti: il radiometrico, il radiotomico,
'' Uscendo ai giardinieri ed ai muratori lo squadro cosi detto agrimensorio, mandando in oblio .
la tavola pretoriana, gloria un tempo d'Italia, ed oggidì ben degna di occupare un posto disinto
Lei museo'd antichità alla data 1S76 , altrove però proibita per decreto (Belgio 1836) , altrove
disusata altrove ancora (in Inghilterra) non mai stala riconosciuta come geodes.co strumento, no,
t oriamo che in tutte le sue varietà un vero strumento di geodesia qualunque s, compone d
due cTcoli e di un cannocchiale, e talora di un ago magnetico, non troviamo differenze da uno
ad un altro stromento che nella grandezza e nelle accessorie disposizioni.
Aggio iamo la reticola di Green coli' anallatissimo centrale, aggiungerne ancora un circolo
di poszione all'oculare come lo si usa in astronomia, ed avremo tutti gì elementi del C epa.
Complicato sento dir da taluno. Compio? e sia pure, non mai tanto complicalo pe o
nuanlo un comune orologio da tasca di cui si servono benissimo e con successo perfino < nos ri
cocchieri senz" saper «/fico dell'isocronismo, dello spirale; sì, o signori, il paragone e giusto,
lo si vedrà più innanzi. . ,
Onesti elementi or ora li vedremo tutti nel cleps, diciamo due parole crea 1 ufficio loro.
Coll'aw magnetico si orienta nel meridiano terrestre il diametro zero del circolo azimutale.
Del livello ognuno conosce le funzioni. Col cannocchiale si appunta l'oggetto, e della direzione
della visuale si leggono ai due circoli l'azimut e l'apozenit, e quando si fa uso detta mira-stadia
si lessono nella reticola due numeri a, b che sono espressi in centimetri o meglio in pari, |
della mira. La differenza a - b fra questi due numeri costituisce l'elemento lineare .«disperi
sabile in ogni combinazione di triangoli (1), finalmente facendo uso del circolo .di posizione si
ottengono le inclinazioni trasverse alle visuali piane, non note all' antica geodesia.
Le visuali piane sono elementi del fecondissimo e speditissimo procedimento conoidico.
11 procedimento conoidico consiste nello avviluppare le forme salienti del terreno in un po-
liedro tangente formato da piani dati di posizione mediante la posizione di due linee di pei
ti) Era esposta sul quadro la figura dei triangoli a cui »' allude.
E NOTIZIE VARIE 267
denza coniugate, la figura del terreno stesso rappresentata a curve orizzontali, o se la si vuole
la equazione generale per punti di tutta la sua superficie espressa numericamente in x, y z' se
ne deduce quindi con mezzi che sarebbero qui troppo lunghi a spiegare (1).
Si orienta coli' ago magnetico? osserva taluno; ma si va dunque soggetta tutte le variazioni
diurne, mensili, annuali, secolari ed accidentali nella sua direzione; variazioni che senza rispetto
ai regolamenti né alle decisioni ufficiali (2), son governati da' prepotenti fenomeni della natura la
cui legge non è conosciuta.
M' affretto dunque a spiegare che l'ago magnetico nel cleps non interviene come elemento di pre-
cisione, bensì come elemento d'ordine, e che in celerimensura si hanno sempre mezzi geometrici
esatti per conoscere volta per volta, stazione per stazione, lo stato dell'ago, anzi per dedurne
la misura e la posizione della causa locale inducente una variazione di modo che ben lungi
dal nuocere, le variazioni locali dell'ago possono contribuire meglio di una sonda a scoprire le mi-
niere di ferro, di nichel, o di cobalto, e, determinandone la intensità d'azione, che è uno degl'ef-
ficienti del calcolo del volume metallico , determinare anche le tre coordinate del suo centro di
gravità. Ciò fu fatto in vai di Polcevera nel 1834 per la montagna serpentinosa di nome Bocca
Corvi.
Il Cleps avrebbe dunque da essere uno strumento del tipo teodolite, e più particolarmente del
teodolite inglese, ma a proporzionare le dimensioni di questo tipo, ai desiderali di sopra som-
mariamente espressi l' istrumento riuscirebbe soverchiamente voluminoso, il cannocchiale sempre
troppo debole, l'insieme troppo delicato per resistere agli strapazzi di campagna.
Fu mestieri quindi trovare il modo di costruire e dividere dei circoli di piccolissimo diametro
in altrettante parti e con altrettanza esattezza quanta prima non se ne otteneva che da rari
artisti in Europa, e con diametri molto più grandi.
Con ciò il volume dell' istrumento ha potuto essere notevolmente diminuito ed il cannocchiale
che ne e l'anima ha potuto acquistare tutta la necessaria potenza mantenendosi tuttavia in di
mensioni ancora accettabili.
~ Pf. ^"ar?,e rendere pratÌCa la celeri™ns<™ *e a prima giunta si presenta come una
massa di difficolta insormontabili, e sarebbe in vero cogl' antichi strumenti ■•dativamente impos-
sibile, era dunqne mestieri portare arditamente la mano nell'arte stessa del costruttore era ne-
cessano di illam fondita evertere, era necessario di non spaventarsi delle obiezioni che pro-
venivano in gran copia e furia dall'impotenza, dall'ignoranza, dalla mala volontà di gente a
v,sta corta, e gu.data solo da male inteso interesse (e ciò in Milano come, sebbene meno violen-
temente in Parigi), era necessario innovargli in mano la lima, il tornio, gl'utensili tutti, e poi
pagarla bene lasciandogli i profitti dell'avvenire. Era necessario immergersi nelle teorie ot-
tiche le più avanzate, per potere poi nella ottica officina portare nuove paste di vetro, metodi
nuovi per eseguire con facilità, con sicurezza, con precisione, con economia, ciò che non s'era
ottenuto mai prima, né a Monaco né a Parigi se non talora per caso, e sempre a carissimo
Ma passiamo per brevità sulle difficoltà inerenti allo stato attuale di un'arte che è oggidì sta-
zionam, se non decadente in tutta Europa, di un'arte però che presenta nella Filotecnica
n Milano i primi sintomi del suo risorgimento. Ciò sia detto a maggior merito di que'pochi
iti?» UT° " "aSCere la Fil0teC,1ÌCa' tra » ^Uali fregio direttore di fiueslo instLto.
Faxtnt Vii che possa questo iniziato risorgimento compiersi a total gloria italiana
Ciò augurato passiamo ad enumerare ad uno ad uno, sul tipo teodolite qui presente, gì' ele-
Z rJoSr l" " COmP°rre " altre Pr0P0™oni « ««PS (5). E cade in acconcio il con iderarli
m,1 teodolite dove sono v.sib.li a scoperto prima di spiegarli sul cleps-ciclo nome che suona a
(1) Vedasi celerimensura 4.a edizione.
e»llZ?l2ZTl7°ment0 esSe!'econsul,ati aon profitto i regolamenti censuarii milanesi di varie
epoche per confronto eolle osservarci istituite dagl'astronomi di Brera.
te ll,™:^: Tta tomi8""'1"23 T^T'* ^'^ " ^^ "a P™"** » ■»«"
icvuume uasioimato in tacheometro corrisnondente al rlpne h; q a «...„„ i i
» tacheometro corrispondente al c.eps éi T «Ile,» * ' "" R°"'0me"'° t''aSf°rmat0
268 RIVISTA DI GIORNALI
circoli nascosti, e dove i circoli non solo, ma tutte le parti delicate sono effettivamente nascoste
in un solido cubo di bronzo come l' orologio nella sua cassa.
« Qui il professore ha preso a spiegare sopra il teodolite menzionato più sopra la dispostone,
e funzioni di tutti gì' elementi di cui si compone il cleps, poi li ha sp.egat. a nuovo sul cleps
t so f cendone nota e le differenze nelle dimensioni e nelle posizioni relative; ma non potendo
guTre il Professore nella sua lucida improvvisazione, tenteremo di supplirvi almeno m parte
colle Iure tav. 16 desunte da due delle numerose immagini fotografiche rappresentanti 1 .stru-
mento in tutte le sue posizioni che il Professore ha fatto circolare durante, la lez.one.
La finura 1* (tav. 16) rappresenta la partenza: Il porta mira tiene a dorso una spece di
sacco mi "are e Lenenti V 'Frumento ed il tripode ripiegato, ed alla spalla la stadia, in mano
un bastone metrico, la qual cosa compone tutta la suppellettile necessaria. Non palme, non pi-
chetti, non canne, non catene, il cleps, la stadia ed un bastone.
Le dimensioni del sacco sono 12. 58. 79 centimetri.
Posato ritto in terra il sacco, che è però a fondi rigidi, e ebe si apre a guisa d armadio, 1 fru-
mento si Srae con facilità; esso sta ordinariamente unito al tripode che s, disp.ega e si di-
i i ,. nomo ci vprìp nplla figura %\ due minuti bastano a tanto.
T1Ì d i H r— Ta^oina contiene i circoli, ,1 livello , tutte le parti delicate
dell'i' Lento; la base contiene un apparato magnetico di Gauss che si osserva col mezzo di
appo sto cannochialetto il quale serve pure volendo come cannocchiale di sicurezza.
TcannoccLle che è di lunghezza mezzo metro, e di diametro sessantacinque mi hmetr, e
ana lati" pòrta nella reticola tre diversi sistemi di fili i quali si osservano mediante l'ocu are
Imi posto! fronte, capace dell'ingrandimento di circa cento volte; havvi poi un oculare
laterale che ingrandisce dieci sole volte e che serve di cercatore.
HaTvi hmltre pel procedimento conoidico un circolo di posizione, e per la determinazione com-
pleto senza mira ed in una sola osservazione, dei punti vicini anche inaccessibili v' e una scala
f0"ratuaalLrtpezoidica dell'islrumento un livello d'approssimazione, e fra le gambe del
trille du Ivi. : a lunga corsa per condurlo a seguo; nella base semicircolare della colonna in-
vece vi "uè viti molto più fine che servono a centrare la bolla mollo più sensibile del h-
"ttripoTr Ostilio solidissimo malgrado la sua apparente esilità esso si «a per met-
terlo nella custodia ; esso si ripiega pure direi quasi in ginocchio per abbassare 1 .strumento elle
gallerie sotterranee delle miniere, ed ovunque occorra far passare le visuali per d, sotto celti
^Tornando all' istrumeuto si rimarcano posteriormente al cubo quattro oculari, due de' quali sono
i microscopi ne leggere in doppio le divisioni di ambi i circoli, uno è per osservare per disotto
.microscopi per te gere JV ^ medesima, ed uno superiormente
?m"SZ2£ S l^ua" ^ assicurarsi ad ogni istante che le relazioni geometra
"Tir -i^cat ^ — to 'hi SS. mano in mano, ed ognuno ha potuto.
i tre dati * . e e come colla scala logaritmica se ne tragga immediatamente le tre coordinate
k ,, s ed ha terminato con profferirsi pronto a rispondere a tutte le domande che gli si bra-
masse indirizzare.
(1) Ella è questa
un' aggiunta utile ma non indispensabile
E NOTIZIE VARIE 269
Risposte date dal professore ad alcune objezioni stategli presentate dopo la lezione :
l.a Objezione; L' is frumento è di alto prezzo.
R. Si fanno per gl'ing. degli strumenti di tre grandezze, ogni strumento costa meno
(circa la meta) dello insieme di strumenti ordinari di cui tien luogo.
Il costo dell' istrumento è riguadagnato in pochi mesi nel maggior lavoro che in eeual tempo
si produce. t
2.a Obiezione ; Come lavorare col cleps in tempo di fitta nebbia ?
R. Il professere replicò interrogando alla sua volta ; come si fa a rilevare per fìtta nebbia
cogl' antichi strumenti? ma tosto produsse un esempio di fatto, in favore dei nuovi.
Da Bardonneche al col Frejus (2) corre una differenza di livello di 1152 metri con sei Kilo-
metri circa di distanza in projezione orizzontale, e ciò fra le più irsute anfractuosità delle Alpi
Il rilevamento eidipsometrico ne fu fatto sulla larghezza media di un Kilometro in 10 ore di la-
voro, malgrado che durante le ultime due ore regnasse la nebbia così fìtta da non permettere di
vedere a più di dieci a quindici metri.
Quando non si possono far battute lunghe, si fanno battute corte e si va avanti lo stesso con
pochissimo rallentamento.
La sola livellazione in quelle località avrebbe costato almeno 20 giorni di lavoro coll'ordinario
livello, la planimetria colla tavoletta fra que' dirupi sarebbe stata letteralmente impossibile.
3.° Obiezione: Ben soventi non si ha bisogno che dell'area di una parcella, ben più so-
venti ancora non si ha bisogno che della livellazione secondo una linea; perchè dunque far
sempre le tre coordinate. '
R. Il tempo che s'impiega sul terreno è esattamente lo stesso per una sola o per due o per
tutte tre le coordinate, ma è minore che per una sola coordinata (la *) ottenuta coi metodi e
strumenti usuali; dunque v' è in ogni caso economia.
4.° Obiezione : Il cleps esige una troppo avanzata istruzione che molti non hanno.
R. Sono state necessarie, per inventare la celerimensura ed il cleps , le più avanzate cono-
scenze teoriche e pratiche, di geodesia, di ottica e di meccanica, ma queste alte conoscenze non
sono punto necessarie per lavorare ottimamente di celerimensura; si rammenti che la prima
brigata topografica del genio militare italiano, quella che rilevò nel 1835 a 37 la carta eidip-
sometrica dei ducato di Genova, era composta per intiero di soldati del genio che di mestiere
erano ferrai, falegnami, e muratori e che impararono in tre mesi egregiamente la celerimen-
sura pratica sia di campagna che di gabinetto.
».» Obiezione; Concedendo che colla celerimensura si fa presto sul terreno, concedendo
che si ottiene un'esattezza di molto superiore, non è men vero però che si danno dei casi
ove la esattezza grafica comune basta, ed allora impiegando la tavoletta, si ha il vantaggio
di venir a casa col lavoro finito, ne altro vi manca che di metterlo in netto, mentre col cleps
restano da fare molti calcoli ed il disegno della mappa.
R. Dato il caso in che la esattezza grafica basti, non si ha rilevando col cleps, che da com-
mettere immediatamente sul foglio in netto gì' eidotipi fatti sul terreno stazione per stazione la qual
cosa non esige più tempo che il semplice tirare al netto un foglio di tavoletta, e permette in-
tanto una comprovazione generale grafica, e la scoperta sicura di qualunque errore si fosse com-
messo e ne permette 1' emendamento il più razionale secondo i metodi di Bichot e di Bordoni
la qual cosa non è possibile con un foglio di tavoletta; la riunione poi degl' eidotipi la si può
fare comodamente in gabinetto per ogni tempo che spiri e tanto di giorno come di notte e non
occorre punto il penoso ufficio di dover stare sul terreno all'ardor del sole fino a compito la-
voro, non disgiunto dalla noja di perdere nella completa inazione tutti i giorni di pioggia; ciò
dunque, che si vorrebbe un pregio, è invece uno dei più gravi difetti del metodo della tavoletta.
E qui farò notare che le ore in cui si può lavorare in campagna colla tavoletta nel clima di
Milano sono poco più di 1000 all'anno, mentre col cleps oltrepassano le due mila.
Ma veniamo a più stretti conti: la durata complessiva del lavoro di campagna e di gabinetto
col nuovo metodo e strumenti essendo come uno, essa è coli' antico metodo italiano (la tavoletta)
(2) Galleria detta del Moncenisio,
270 / RIVISTA DI GIORNALI
in pianura come tre, in collina poi ed in monte varia da 5 a 10 e più. Ben lungi quindi dal
trovare in quel riflesso un obiezione, la celeriniensura vi trova un segnalato trionfo.
6.° Obiezione: Colla tavoletta e la diottra si prendono gì' angoli veri, mentre cogli stru-
menti graduati non si hanno che angoli approssimativi.
R. Quest'obiezione agli strumenti graduati in generale era sostenuta anche dall egregio pro-
fessore Bordoni , ma 1' egregio professore , che però non era mai disceso in persona nell' arena
della pratica, non poteva dirsi competente, qui trovava la sua applicazione lo aforismo non quis
su quid dicat; s'egli vi fosse disceso anche per un sol giorno, egli avrebbe riconosciuto che le
incertezze derivanti dalla imperfetta pianitudine della carta, dalla grossezza del lapis, da quella
dell' a*o dalle variazioni igrometriche ecc. fanno si che col procedimento della tavoletta i più
diligenti operatori non possono rispondere in modo assoluto di una quantità lineare corrispon-
dente al decimo di grado , mentre sul cleps se ne legge correntemente il centesimo e meglio.
È qui il luogo di rammentare che se nei regolamenti censuarii in Milano ove si lavora colla ta-
voletta, si accorda fino al due per cento di tolleranza, se nel pretenziosissimo catasto di Ginevra
si accorda fino a trentun centimetri per venti metri (1), se in tutta Europa s'accordano delle tol-
leranze poco diverse, egl' è senza dubbio perchè, qualunque sia il metodo e lo strumento impie-
gato, la vecchia geodesia è impotente a far meglio correntemente.
In celeriniensura invece si può rispondere generalmente ad una tolleranza ristretta ne seguenti
termini:
La tolleranza al 2.°grado (% vale a dire a lavoro finito, sulla distanza fra due punti comunque
scelti sulla totalità del piano rilevato può essere fissata, fino ad un Kilometro, ad un millesimo
della distanza più un decimetro; al di là di un Kilometro: e per ogni maggior distanza, la tolle-
ranza può essere ristretta alla radice quadrata del millesimo della distanza: Sui punti trigono-
metrici poi si deve in celerimensura arrivare, e s'arriva, senza tolleranza alcuna; quarantanni
d'esperienza provano che ci s'arriva.
7.° Obiezione : affaticamento della vista.
R. Chiunque dica di provare affaticamento di vista per V uso di strumenti di qualunque
specie benché otticamente ben fatti, dice implicitamente d' ignorare i più semplici principi del-
l'ottica, e di non saper regolare alla sua vista l'istrumento di cui si serve.
Pur troppo il torto è negl'insegnamenti ufficiali i quali mancano in generale di quel ramo
necessario alla scienza degl'ingegneri.
Non è punto vero che un istrumento ben fatto e ben adoprato affatichi giammai benché me-
nomamento la vista; affaticano invece la vista i comuni livelli e diottre e grafometri che corrono
in commercio, strumenti nei quali la parte ottica fatta di cattivo vetro costa a Parigi tiTtt' intiera
da tre a sei Lire, non affatica punto la vista il cleps la cui sola parte ottica compone più della
metà dal prezzo dell' istrumento.
Affatica poi enormemente la vista la tavola pretoriana per la bianchezza della carta ali ardor
del sole, e si potrebbe citare più d' un' ingegnere che deve all'uso di essa la perdita totale o
parziale della vista.
8.° Obiezione : CogV antichi metodi si lasciano sul terreno i capi saldi delle linee di
studio, e quando poi viene il tempo dell' esecuzione poco manca a compiere il tracciamento, ma
col nuovo metodo non resta niente sul terreno, lo studio facendosi per intiero in gabinetto;
come dunque si farà a tracciare tutto un grande progetto di canale o di ferrovia?
R, I capi saldi che servono alla celerimensura sono permanenti e sono ben pm numerosi e
sicuri che coll'antico metodo giacché possono essere tali tutte le cupole, campanili ed altri edi-
fici! vicini o lontani che nell' atto del rilevamento eidipsometrico si avrà avuto cura di collegare
alla operazione facendoli servire come punti trigonometrici se pure noi sono.
Nell'applicazione dunque non si tratta che di risolvere il problema inverso del rilevare, vale
a dire date le x, y, z, del punto da tracciarsi trovare le s, % e, sotto le quali esso punto deve
comparire da un punto qualunque scelto per stazione.
(1) V. Lapalud. cadastre de Genève.
(2) Si fanno in celerimensura non una ma due revisioni.
E NOTIZrE VARIE 271
La ferrovia da Genova al Po fu segnata sul terreno tutta intiera in questo modo, e lo fu
in meno di tempo di quanto ne sarebbe occorso per tracciare col sistema antico il solo' rettilineo
di quattordici Kilometri, col quale in quel progetto si doveva traversare la pianura di Marengo
Il professore ha pregalo quindi instantemente tutti gl'ingegneri che avessero ancora delle obie-
zioni da fare di ben volergliele far pervenire, egli si impegna a rispondervi pubblicamente nel
giornale dell Ingegnere-Architetto, accompagnando sempre la risposta colla citazione di un
qualche fatto opportunamente scelto fra tutti quelli che si sono passati in Italia od all'estero nei
quarantaquattro anni dacché egli professa e pratica la celeriniensura.
In questa lizza cortese e giovevole al paese egli spera che scenderanno animosi e porteranno
alimento a quel fuoco che per comun bene e per gloria patria affinerà l'oro nel suo crogiuolo.
P.S. Nel giornale la Perseveranza di martedì 21 Aprile si leggeva un rendiconto della seduta di
domenica 19, che, fatta astrazione da una meno esatta interpretazione di certi vocaboli tecnici
e interamente favorevole alla nuova geodesia, e contiene una finissima critica all'indirizzo di
quel ingegneri attardati che ancor seguono il peggio dell'antica, persistendo all'uso della tavola
pretoriana, e, della misura diretta.
L'autore del lodato articolo si mostra in esso siccome profondo conoscitore degli uomini e
prevede quelle resistenze che gl'usi e le abitudini, quanto più sono inveterale, tanto più vigo-
rosamente oppongono al progresso, alla ragione, all'evidenza; egl'esprime il dubbio che la di-
sparizione di quel! antico arnese di fronte al cleps non avrà luogo né così presto, né così com-
pletamente, come in vero il si dovrebbe.
Per il fatto la tavola pretoriana non fu mai riconosciuta in Inghilterra come vero strumenlo
d'FtZ'ìT P /ta Per f Cret° ministeriale nel Bel^> e non è più tollerata nel resto
dEuropa dalle amministrazioni le più illuminate, che tutte ricusano fede al graficismo, né dalla
giurisprudenza Europea che ha adottato l'adagio compasso non fa fede
Che si vuol di più per proclamarla caduta? Non è dunque più il caso di discutere se presto
o tardi cadrà, essa è già da assai tempo caduta; né a sostenere il contrario vale il fil di vita
che ancor gli rimane presso que' pochi che sono come les trainarci de la grandes armée nella
via del progresso moderno, ! quali in vero non l'abbandoneranno ben si sa fino a tanto che
m^rir\rt daIla mai^a che monta ior° intorn° a iedere> se n°n mut-° «**». £
più vitale parte de loro interessi.
*ZnTl ÌrlTC°n ^T gÌUStamente C,le Però Ie applicazioni della nuova geodesia finora
avvenne (da 44 anni in qua) ne assicurano fin d'ora il predominio sull'antica, non senza espri-
mere la speranza, che dividiamo pienamente, di ulteriori e sempre nuovi perfezionamenti
LEGISLAZIONE
Relazione dei ministri dei lavori pubblici, della marina, e della guerra a S M.
m udienza del 12 marzo ultimo sul decreto concernente i progetti di onere
nuove pel servizio dei porti, delle spiaggie e dei fari
Sire,
Mie Ma M v delIacomrniss:°(ne.che- ? ProP°^ àH ministri della marina e dei lavori pub-
Miei, la M V. compiacevasi istruire col decreto delti 15 settembre 1867, all'ometto di dar uà
rei* «rea a competenza della gestione e delle spese dei lavori dei por. , spiagge e M ne
K^rC,0"^ St6SSa V°"e ^ ^-«--ent/accompi^/a.X'po^
272 LEGISLAZIONE
« Commissione Reale creata col Sovrano decreto 18 settembre 1867 per dar parere circa la
competenza della gestione e delle spese dei lavori dei porti, spiaggie e fari.
« Al signor ministro dei lavori pubblici.
« Firenze ».
Firenze, 51 ottobre 1867.
« Col Sovrano decreto del 18 settembre scorso, comunicatomi, dal predecessore della S. V.
era istituita e mi commetteva la presidenza di una Commissione, proposta d'accordo dai mini-
riti della marina e dei lavori pubblici, ed incaricata di esaminare a qua! Dicastero meglio con-
venga attribuire la direzione dei lavori marittimi ora tenuta da quello dei lavori pubblici, e se
v'abbia luogo a inalare l'attuale sistema della competenza di simili opere e della loro spesa
« Avendo la Commissione adempito al ricevuto incarico io mi pregio rimettere alla S. V
per l'uso che crederà opportuno, i processi verbali delle varie sedute in un co. documenti che
furono raccolti all'oggetto di fornire alla commissione stessa elementi d. studio onde maturare
p, li giudizi ed emetterli con cognizione di causa. Credo inoltre opportuno di riassumere
come appresso quanto concerne l'operato della Commissione ed i pareo dalla medesima emessi.
Tll gforno a? dello spirante ottobre fu quello stabilito per la prima riunione. Tutti , membr.
risposero all'invito (meno l'ispettore del Genio civile sig. Scottici, stato colto da grave ma att.a,
e che fa sostituito dall'ispettore comm. Della Rocca, ed il capitano della marina mercantile!
Genova sig. Badarano, distoltone da circostanze particolari, come da lettera che mi s risse «dio
scorcio del lavori della Commissione) e eoa la diligenza nella disamina dei documenti con U
assiduità alle sedute, e con la savia discussione, viva talvolta, ma pur sempre improntata dalla
pu schietta cordialità e dal desiderio di riuscire alle conclusioni meglio conducenti al bene del-
r importante ramo di servizio che formava l'oggetto dei loro studi, riuscirono nello spazio di
non intere due settimane a fissare sopra dati positivi le loro idee e ad emettere i parer, che
erano alla Commissione richiesti. ■ •.,,■;„ fll; nor «ih*
« Quando i lavori della Commissione si trovavano g.a abbastanza inoltrati io fui per altte
gravi cure impedito dallo assistere a qualche adunanza ma non lasciai per questo di tenermi al
fatto degli studii e delle discussioni che si succedevano e che erano dirette in mia vece dal vice
ammiraglio signor Tholosano.
« Fin dalla prima seduta io aveva creduto di tracciare in massima .1 procedimento che pare-
vami il più opportuno e logico onde riuscire a risultati pratici, ed in non lungo spazio d, tempo
Le- uno studio accurato dei numerosi documenti posti già fin d'allora a disposizione del
Commissione e che si accrebbero d'altri ancora pervenuti da varie parti spontaneamente o da
me stesso richiesti - discussione generale sul complesso dei quesiti post, alla Comm.ss.one e
sulle risultanze dei documenti esaminati - discussioni e ricerche particolari intorno agli appunta
che avessero a farsi alla gestione attuale delle opere marittime, alle risultanze avutesi dalle ge-
loni « alle disposizioni ora vigenti circa la classifica dei porti e competenza delle spese
ed alla convenienza di variare le disposizioni medesime. K
« La discussione generale cui si procedette nella seconda seduta e dopo l'esame de, documenti,
pose in chiaro che se a prima giunta poteva parere più competente in cose d. mare il d. as top
della marina, pure il Ministero dei lavori pubblici aveva mezzi pia acconci per eie ' Pe~'men
che concerne il personale tecnico onde tenere utilmente la gestione delle opere manti™ , es e
d'altronde sufficiente che la marina militare come anche la mercantde avessero «J'te «J
ingerenza nella concretazione dei progetti. In essa sedata però non si venne ad una jota io»
definitiva, avendo uno dei membri dichiarato occorrergli tuttavia l'esame di una pa te de. d
«unenti, e potendo d'altronde nelle altre sedute raccogl.ers. maggior, lumi per dirimere la
questione della competenza di gestione. 0„„;,li
» Quanto alle varie gestioni succedutesi in fatto di opere marittime apparve j, «a da spec.a.
relazioni delle Camere di commercio che si aveva appositamente chiesto a 1 Dica ter d com
mereio, agricoltura, ed industria, sia dalle dichiarazioni o verbali o scritte fatte in seduta dagli
LEGISLAZIONE cwg
ufficiali della marina militare e mercantile , sia dagl, atti del Parlamento subalpino all' nono
"rifdena r da qUMl° rT0 Pef raPPOrl° al,e pr0VÌnde (™ emendili ?
L H"^ fi n Comm~ ehe ad esse provincie appartengono: 1.» che la gestione tenuta
daU8S5 fin a questa parte dal Ministero dei pubblici lavori coli' opera del Real Corpo del
' C1Vlle diede e dà ,u«°™ soddisfacenti risultati, vuoi in fatto di progetti e di esecuzioni
d opere, vuoi m riguardo alla illuminazione delle coste; 2.° che di appuntì contro essa ™
r. ZZZt^T^ " ?" "ST <,eSÌgnarS' "" ^° -- taluni desideri! C"
da qualche Camera di commercio per ottenere maggiori opere di sistemazione ed opere nuove
desideri, che in parte stanno per essere soddisfatti, ed in parte debbono pur esserlo man m nò
he la co„d,2,o»e delle finanze il comporti; 5.» che nella gestione stessa il Dicastero dei lavor
S& ■ ,SOgn° '° rÌChÌede' n°n kSCÌa di pr0V0Care ' ™" della carina militare, d
quella del commercio, come anche del genio militare e dei municipi! ove occorra- 4° che n Uè
Crono' ",tenU,e " ^^ ^ W C°mUnÌ' S ^ 8 l'agnazione deile cosi si
«I Tii 'nlCOnd,Z,0m a^ai misere, malgrado che il governo lasciasse fruire ai municipi! di-
ritti vani o di ancoraggio o di dazi speciali (1). v
« Entrati a discutere sulla competenza delle spese, si lamentò la condizione dei porti di 4»
dinno Ze nlf1 aUe ^^ mUnÌCÌpÌ Pe'' l0 PÌÙ ma"Canti di ris0rse> P°,rebbero ^"re con
danno grave pel commercio e della navigazione, la quale andrebbe anche incontro a gravi pericoli
qualora avesse a verificarsi Io spegnimento o l'irregolare accensione di qualche faro o fanale
« Viva fu la discussione su tal proposito, sostenendo alcuni membri essere i porti di interesse
rvll681^116,/111" ' •r,eddÌ'Ì '° Slat°' d0V6r qUÌndÌ l0 Stat0 apportarne tutti i pesi, -
Prevalsero pero altre considerai, circa l'utile veramente particolare che recavano i porti agli
an ITITI rV* r°Sf!'.ed alle Provinc- <*e P^ ™zzo di essi porti esercita o
la pu parte dm loro (raffici ed industrie e circa l'enormità delle domande che si volgerebbero
irr si-rr;,:110 stato per opere e spese di -n — **» - -—
« Nel corso delle discussioni fu posto il dubbio se per la gestione dei lavori marittimi potesse
na0rrchea '°ne t™ 'T ^ ^^ ™ ^ ^ che ebbero voTge"
.nlner ? ""T ° ^ ** ^ ^ eC°D°mÌa deI'° Slato' all° **-<• personale deg
nche nin ?** ^^ * ^'^ ™° C°rp° SP6CÌa1^ ^rvi «'*" il mezzo
anche più facile con un corpo unico e convenientemente esteso del genio civile, di far si che
? XdonSr SemZÌ0 SÌ tr0™° adelU gH kdÌVÌdUÌ aVen" le C0*" **& *• *
(1) Noi qui dobbiamo segnalare questa franca ed esplicita dichiarazione dell'attuale presidente dei
T 2 :ìTa° al.SefrVIZI0.l0d7Ie ™ Corpo B. del Genio Civile nelle opere sui porti e'sutlepgg
«e le C l fi UH lmPerftt,0,e ™'<™«*<° «elle man, dei Comuni che ne avevano dapprima'
Ti 2 r , a"COra Una V°Ua Che ' 'aVOrÌ pubblici »W»>«Ioh.U ai Municipi!, alte Provincie
comuuLtf.' " ' n0" POSSOn° S me"° Che d' deteri°rare a *™° *"»»• d*> Smercio e dette
(2) Qui adunque si venne a conchiudere che pel servizio di porti e spiaggie quantunque vi concor-
«Uoedall «fa resse pascolare degh ingegneri Pins.ituire un corpo tecnico speciale per lo stesso servii
««erti medesn», mot.v, una volta adottati dovrebbero valere per qualunque altro servizio VZZl
0 e s, hanno gì, elementi affini od egua.i come sarebbero le strade dichiarate nazionali e'pro .
Ci, uffici z:z :m cara ?:: e gli stessi bisog'"' per *"<*» ^ -» ■* **« S
vh 1 , ,, S1 ,pr0Cedelte Pure ad «»° smembramento generale del Corpo R. del Genio di
za nna ZT l0deV0,ment? e -go.armente i cui ingegneri furono distribuiti in ciascuna pr ne a
Tu ionTnrov n ■SUPen°re ' ""^ Se"2a a'CUn COn,ratl° ed in balia »«« -"ita delle De!
Se « f oss,a a Corp, morali che non sono tecnici e che spesso nulla intendono di tecnico
tapom in" A77StrAr "e P"bb,ica in «enere sia poi delle provinvie o de. Governo poco
toSie«« ,*; Clle.d;.a,g0me| ^"la^- Abblamo qui»" ottenuto „n accrescimento enorme nelle spese, degli
unp-egat, teen.c, d,sord,„al, ed un peggioramento notevole nelle vie ordinarie di comunicazione.
Giorn. Mg. _ Voi. XVI. - Aprile 1868. ^ ^ ^T^
274 LEGISLAZIONE
« La Commissione pertanto si trovò dai propri studi e dalla discussione condotta a concretare
unanime le sue proposte come appresso :
« i.° Debba la gestione delle opere marittime dei porti, spaggie e fari continuarsi dal Dica-
stero dei lavori pubblici coli' opera del genio civile.
« Essere però opportuno cbe, invece delle Commissioni eventuali che attualmente si nominano
per l'esame dei progetti od altre questioni relative, sia istituita una Commissione permanenle
mista, nella quale abbiano voce il genio civile, la marina, il genio militare ed occorrendo anche
1' artiglieria e la Commissione di difesa militare dello Stato. Però oltre a questa Commissione
doversi prima fare interloquire nei progetti una Commissione locale , e composta di elementi
tecnici civili, militari, nautici e commerciali.
« Non occorrere la creazione di un Corpo tecnico speciale per il servizio della gestione delle
opere marittime , ma doversi far sì che gli ufficiali del Real Corpo del genio civile aventi co-
gnizioni, pratica od attitudini speciali pel servizio dei porti, spiaggie e fari sieno conservati
permanentemente nel servizio medesimo.
« 2.a Che in vista dell'interesse generale ed umanitario che non può riconoscersi nella esi-
stenza dei porti e nella regolare illuminazione di essi e delle coste, possa assumersi ad esclusiva
cura e carico dello Stato la manutenzione, la scavazione e la illuminazione dei porti e delle
coste, e quanto alle opere di sistemazione, ampliamento o creazione di porti debba mantenersi
in vigore la legge che esiste attualmente.
« Quantunque io non mi trovassi presente alle finali votazioni della Commissione dalla cui
presidenza fui onorato , tuttavia avendone seguito ed in parte diretto gli studi e le discussioni,
io non saprei non associarmi alle enunciate sue proposte; osservo solo che quanto agli oneri
esclusivi che essa fu d' avviso doversi ritenere dallo Stato per la manutenzione, scavazione ed
illuminazione , io propenderei per una restrizione quanto agli scavi , e sarei di parere che ad
esclusivo carico della finanza nazionale avesse ad essere la grande escavazione, quella cioè che
si pratica colle draghe a vapore o con le grandi caracche; ma quegli espurghi che si operano
attorno a qualche banchina o per l'apertura di accesso nei piccoli porti-canali con le barche a
manganelli, con zattere armate di cucchiaie od altre simili, debbono regolarsi secondo le com-
petenze designate dalla legge in vigore.
« Amo lusingarmi che il lavoro che colla presente le trasmetto possa riuscire di soddisfazione
ai due dicasteri che lo hanno promosso, e di qualche vantaggio all'importante ramo delle opere
marittime cui riguarda.
« Gradisca, signor ministro, i sensi della distinta mia considerazione.
« Firmato: F. Menabrea ».
Il risultato a cui fu condotta la Commissione da studi accurati e profondi sembra ai riferenti
dover servire oggimai di scorta sicura ad una buona amministrazione specialmente per ciò che
concerne la competenza della gestione delle opere marittime , sicché non vi sarebbe luogo a
proposta alcuna tendente a variare su tal proposito le disposizioni legislative che ci reggono.
Avendo però la Commissione proposto qualche mutamento circa la competenza passiva delle
spese in riguardo ai porti di 4.a classe e suggerita pure l'istituzione di speciali Commissioni
con incarico di dare avviso intorno ai progetti di opere marittime, i riferenti credono che, mentre
si andrà più particolarmente studiando la questione della competenza passiva, sia fin d' ora op-
portuno occuparsi della istituzione delle Commissioni anzidette.
Nella elaborazione di progetti di qualche entità od involventi difficoltà speciali, i dicasteri
dei lavori pubblici e della marina non mancarono mai di porsi in accordi per far concorrere
agli studi relativi tutti i lumi più competenti , sia per cognizione e pratica delle località per le
quali le opere si dovevano progettare, sia per valentia tecnica rafforzata da lunghi anni di espe-
rienza in fatto di lavori marittimi , tuttavia la formale istituzione di speciali Commissioni dalle
quali debbano obbligatoriamente esaminarsi ì progetti anzi accennati non può non essere misura
opportuna anche per ovviare a qualsiasi omissione che potesse verificarsi in avvenire nell'osser-
vanza della consuetudine su riferita.
lEGISLAZiONE owg
Pertanto i riferenti hanno l'onore di proporre alla firma di V. M. l'unito schema di decreto
mediante il quale riceverebbero la piena loro applicazione le proposte che in riguardo alo
^if JZS1 tsT" mariltime furono emesse daIIa commissione creata co1 So™no de-
VITTORIO EMANUELE II
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ' DELLA NAZIONE
RE D' ITALIA
Vista la relazione del presidente della Commissione istituita con Nostro decreto 15 settem. 1867
per gli studn circa la gestione del servizio dei porli, spiaggie e fari-
Sulla proposta dei Nostri ministri dei lavori pubblici, della marina e della Guerra
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1. I progetti d' opere nuove concernenti il servizio dei porti, delle spiaggie e dei fari do-
vranno prima della loro attuazione, deferirsi all'esame di due Commissioni designate col nome
di locale una, e permanente l'altra, per le opere dei porti, spiaggie e fari.
Art. 2 La Commissione locale, che procederà per la prima al detto esame, si riunirà nel ca-
poluogo della provincia in cui debba attuarsi l'opera progettata; sarà presieduta dal prefetto o
da chi lo rappresenti, e ne faranno parte : '
Un membro della Camera d'arti e commercio;
Il sindaco, od un consigliere del comune in cui l'opera deve attuarsi;
L' ingegnere capo del servizio governativo, quando non sia autore del progetto ■
Un ufficiale del Genio militare;
Un ufficiale della marina militare;
Un capitano della marina mercantile.
Interverrà l'autore del progetto al solo scopo di dare schiarimenti e notizie di fatto circa il
proprio lavoro.
Siffatte Commissioni saranno all'evenienza convocate dai prefetti, prendendo concerti colle
Camere di commercio, coi municipi, coi comandanti generali delle divisioni militari, e coi co-
mandanti dei dipartimenti marittimi per la designazione degli individui loro attinenti'.
Art. 5. La Commissione permanente siederà presso il Ministro dei lavori pubblici.
Ne sarà presidente il ministro o chi per esso, e ne faranno parte :
Due ispettori del R. Corpo del Genio civile;
Due ufficiali superiori o generali della Regia marina;
Un ufficiale superiore o generale del Genio navale;
Un ufficiale superiore o generale del Genio militare.
Quando le opere in progetto interessino direttamente la difesa militare dello Stato, dovranno
partecipare agli studi della Commissione permanente :
Un ufficiale superiore del R. Corpo d'artiglieria, ed un membro della Commissione di difesa
militare dello Stato.
Sarà proceduto per decreti dei Dicasteri rispettivi alla designazione nominativa, ed al rim-
piazzo, occorrendo, dei membri come sopra indicati.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta
uff.cale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo
e di tarlo osservare.
Dato a Firenze, addì 12 marzo 1868.
BIBLIOGRAFIA
/ Canali della Città di Milano. - Sotto a questo titolo l'egregio ingegnere Emilio Bignami
ha pubblicato una sua interessante memoria intorno alla necessità di sistemare e ridurre più
conformi agli attuali bisogni i canali coperti della nostra città e di rinformare altresì il corso
delle acque in essi scorrenti. È un'argomento del quale gl'ingegneri milanesi si vanno occupando
da molli anni e che non di rado è tema di discussione in seno al Municipio , come quello da
cui dipende molta parte del nostro benessere igienico, agricolo e commerciale. L'illustre idraulico
ingegnere Giuseppe Bruschetti, nella sua lodatissima opera sull'irrigazione e navigazione del
Milanese ebbe già ad indicare alcune delle principali riforme che si dovrebbero introdurre nella
rete de' nostri canali, ed è a sviluppo e a complemento di queste che l' egregio Bignami propone
le sue; le quali noi vogliamo far conoscere ai lettori, anche per avere occasione di esporre al-
cuni cenni storici da noi raccolti e alcune nostre considerazioni su così importante quesito.
Si sa che i quaranta e più cavi servienti alla fognatura e all' irrigazione della Capitale lom-
barda hanno, quali principalissimi alimentatori e smaltitori, quattro canali che si chiamano Mar-
tesana, Redefosso, Seveso e Vetabbia. ,.".,,
11 naviglio della Martesana è estratto, come si sa, dal fiume Adda, poco al disotto di Trezzo,
mediante una chiusa trasversale obliqua nel fiume, e trae il suo nome, secondo molti storici, da
una antica contea che si trovava al nord-est della città di Milano, confinante col Bergamasco e colla
contea di Lecco mediante il fiume Adda. Dall'incile, questo naviglio corre, sostenuto da alte e
robuste arginature, costeggiando 1' Adda fino in vicinanza di Cassano, e riesce meraviglioso a chi
passeggia su quella strada alzaia vedere al disotto 1' onda vorticosa e spumante del fiume fran-
gersi fra i massi caduti e trascinati nel suo fondo, mentre in alto, l'acqua del canale, obbe-
diente ai voleri dell'uomo, lenta s'avanza e debolmente resiste alle navi; ivi risvolta e continua
il suo corso fino presso Milano, dove arriva dopo aver percorso una distanza di circa 30 chilo-
metri, movendo tra via macine, torchi d'olio, filatoi, cartiere, ecc. ecc. Questo naviglio , la cui
costruzione incominciò nel 1457 sotto il duca Francesco Sforza, dietro progetto dell architetto
Bertola di Novale, venne poi continuato ed ultimato nel U97 sotto Lodovico Sforza detto il Moro
e sotto l'immediata direzione di Leonardo da Vinci, che lo introdusse in città anche allo scopo
di metterlo in comunicazione col Naviglio Grande, denominato di Gaggiano, che si estrae dal
Ticino, e servendosi del di lui perfezionato ingegnoso mezzo delle cateratte volgarmente deno-
minate conche, allo scopo di superare 1' ostacolo della eccessiva declività, nonché per aver sempre
a disposizione lo spessore d'acqua necessario a mantenervi la navigazione
Ci sia permesso dire, per incidenza, che contemporaneamente ai lavori d ultimazione di questo
Naviglio veniva, per ordine dello stesso Lodovico il Moro, fatta intraprendere un importai! issima
estrazione di acqua,. per irrigazione, dal fiume Sesia, che segnava i confini de di lui Stati, me-
diante un canale della portata di circa once magistrali milanesi 230 (1) al minuto secondo, pan a
metri cubi 7,935" che, derivato in territorio di Romagnano superiormente ali abitato, e uno dei
grandi fattori della ricchezza agricola dei territori! di Novara ed uniti, nonché di una parte di
quelli di Vigevano, e prende il nome di Roggia Mora in omaggio al principe sotto i cui au-
spici venne costrutto. m
Il Naviglio della Martesana entra in Milano sottopassando il bastione di Porta Nuova arriva
al Tombone di San Marco, ove, allo sbocco del ponte di questo nome, che dista circa 800 metri
dal Tombone stesso, prende la denominazione di Fossa Interna e continua percorrendo quasi
circolarmente la parte principale della città, eccetto il tratto che corre fra l' estremità settentno-
(1) L'oncia d'acqua magistrale milanese è eguale a metri cubi 0,0345.
BIBLIOGRAFIA 277
naie della via San Gerolamo e pressoché l'estremità occidentale della via del Pontaccio, stan-
icene ali epoca della costruzione fu qui interrotto in causa delle opere di edificazione e di for-
tificazione dell* ora distrutto castello del foro Bonaparte.
Finalmente il Naviglio della Martesana, o Fossa Interna, va a scaricarsi nella Darsena fuori
di Porta Ticinese, dove confluisce pure il fiume Olona, che, unitamente alle acque del Naviglio
Grande, proveniente dal Ticino, fornisce il corpo d'acqua pel Naviglio di Pavia
™NrigH0(MarteSana' h CUÌ P°rtata è dÌ °"Ce maSistrali mimesi 6B4, pari a metri cubi
22,363 al minuto secondo, vengono, senza pregiudizio della navigazione, erogate, lungo il suo
percorso, a mezzo di 31 bocche aperte nelle sponde, le acque per l'irrigazione delle limitrofe
campagne, come pure nella sua parte che percorre la città vengone fatte importanti estrazioni
che mediante canali diramatori vanno ad irrigare orti e giardini ed a ricevere, anche quali cav i
di fognatura, le acque e le materie sporche delle strade e delle case. - Le forti differenze di
.vello che la Fossa Interna e i cavi derivati incontrano nel loro corso vengono impiegate come
forze motrici di ruote idrauliche ad uso di diversi opifici, fino a che parte di questi cavf ritor-
nano le oro acque residue alla Fossa, parte le portano invece sulle campagne immediatamente
Inori delle nostre porte, dove vediamo lussureggiare le belle verzure e le ricche marcite
Un altro canale d'incontrastabile importanza è quello che costeggia Milano, e che ha nome
Redefom. Esso ha principio da quella stupenda opera idraulica che è la cateratta a auattro
porte con superiore scaricatore a fior d'acqua, costrutta nella sponda sinistra del Naviglio fuori
d, Porta Nuova. Quest'opera fu eseguita nel secolo XVIII allo scopo di guarentire la città di
Milano dalle piene che avvengono nel Naviglio Martesana, facendolo cosi servire quale cavo sca
ncatore. Il Redefossi esisteva molto tempo prima della costruzione del Naviglio Martesana e
serviva ad accogliere le acque del fiume Seveso e della Roggia Borgognona
Dall'incile il Redefossi corre lambendo esternamente, come si disse, i bastioni Porta Nuova
segue il suo corso verso Porta Romana, sempre costeggiando le mura, e, volgendo verso mez'
zogiorno, prosegue parallelamente alla strada provinciale per Lodi, fino ad immettersi nel fiume
Umbro ni territorio di Melegnano. Anche lungo il percorso di questo canale si fanno come
dal naviglio Martesana, importanti estrazioni allo scopo di diramare in città le sue acuu'e eri
cevere ed esportare poi una parte delle colature immonde delle case per condurle ad rrigan> l
concimare a un tempo le circonvicine campagne, mentre il cavo principale spande lo stesso be
nefic.o sui fondi a destra e a sinistra del suo cammino fino al Lambro
Il vero canale però di fognatura della nostra città è il fiume Seveso, che è anche il più an-
ÌScmase 6 P 6 S'rada"' "°nChè **" SC0U degU aCC<UaÌ ' d>altri sca™hi -»on"i
Questo tìumicello ha le sue sorgenti in una torbosa campagna chiamata ,1 Bassone, nel cosi
detto Prato Pagano tra Fino e Como, e negli scoli di varie colline superiormente a Cantò
scorre presso ,1 villaggio di Severo, attraversa il borgo di Cesana e Nigunrda di premute
eSt" SI0 Martmna' lnferÌ" ^ — * " ^ifdalqLaletie"::
,iffin!l° !r fOmÌ,naZÌ0n6, r°mana U SeVeS° Se«nava Ia cinta dm'a ^stra citlà, talché anche og-
gigiorno dietro il suo alveo si possono riscontrare le vestigia dell'antica Milano. Esso era per-
d n tr\7ÀT m Parte,da"? aCqUe deflUenU dai S0Vraslanli te"-eni esterni della metropoli
ed m parte dalle sue immonde colature. r "
Ora questo piccolo fiumicello scorre coperto sotto l'ingrandita Milano racchiudendo nel suo
orso circolare la parte più centrale di essa, raccogliendo anche, per mezzo di rami secondar"
aventi diverse denominazioni, gli scoli e gli scarichi immondi di più di 2000 case i uuXven
gono cosi convogliati ed esportati dalle acque vive in esso scorrenti; acque che 'sono t, te
17 PT°a C,°?flUr'e M/rteSana' med'ante b0CCa Sellala, aperta inVgio alla spon a d
stia a monte del , h dl s. Marco , piccoU canal. ^ P g ^ 2T,
questo, riuniscono le loro acque in un canale più ampio che, sottopassando per tomba Trifone
troT ^7a'a7nted«' Ponte «elle Pioppette, va a gettarsi nel'canale Vetabbia che n è
altro £e non la continuazione del Seveso ed un doppio scaricatore, cioè, delle pluviali e delle
278 BIBLIOGRAFIA
colature immonde della città e delle acque di piena della Fossa Interna che esso Vetabbia riceve
a mezzo del Fuqone, bocca aperta poco a monte del ponte delle Pioppette.
Dalla sua origine il canale Vetabbia continua scoperto in città, ricevendo nel suo corso le
acque di altri canali; sottopassa per tomba a sifone il bastione di Porta Ticinese e va a ferti-
lizzare i territori di Vicentino, Civesio , Viboldino ed altri, e finalmente, dopo un lungo e si-
nuoso eorso di circa chil. 18, va, in vicinanza dell'abitato di Melegnano, a gettarsi nel Lambro;
anzi a stare ad alcuni storiografi , fra i quali il Landolfo Seniore, parrebbe che questo canale
di scolo e di irrigazione abbia servito in tempi lontani alla navigazione da Milano al fiume
^sommaria analisi storica dei sopradescritti canali basta da sé sola a mostrare come da essi
dipendano gran parte dell'igiene e degl'interessi cittadini, e quanta importanza possano avere le
riforme che si vanno suggerendo.
È universale il lamento per il cattivo effetto estetico della Fossa Interna, e segnatamente pei
i miasmi che da essa si sprigionano nelle due epoche dell'anno in cui per le riparazioni
e gli espurghi viene levata l'acqua. Questo canale, al pari del Seveso e del Vetabbia, in cui
confluisce, ricevendo, oltre le acque di pioggia, le acque lorde degli acquai e le materie fecali,
queste formano un sedimento compatto che il solo movimento d'inerzia dell acqua in esso scor-
rente non basta a trascinare quando non sia di tanto in tanto rimosso. Se, come la maggior
parte del Seveso, la Fossa ed il Vetabbia corressero coperti nella città, e che coperti continuas-
sero per qualche tratto fuori di essa, l'inconveniente sopraccennato sarebbe tolto. Invece, nella
primavera e nell'autunno di ogni anno, levate che siano le acque della Martesana e quindi anche
della Fossa, abbiamo sott' occhio per più giorni il disaggradevole spettacolo nel Naviglio sul cui
fondo oltre le sostanze escrementizie si trovano altre materie che, smosse con badiloni o rastrelli
sotto i raggi del sole, ammorbano 1' aria e danno un aspetto che è in perfetta contraddizione colla
decantata pulizia della nostra città. La parte limacciosa cosi smossa viene poi in seguito tra-
scinata ed esportala fuori di porta a mezzo dello scaricatore Vetabbia, sospinta dalle acque nuova-
mente immesse nella Fossa dal Naviglio Martesana.
Un provvido regolamento municipale in data 20 luglio 1862 stabilisce, e ben si vero, che nelle
nuove costruzioni e nei riattamenti delle case esistenti si debbano far costrurre fogne mobili o
pozzi neri, togliendo cosi per l'avvenire l'immissione delle acque sporche e delle materie fecali
Li canal! cittadini; ma se oltre a questa utile disposizione, I autorità mumcpa e s ipu tee al-
tresì cogli aventi obblighi e diritti una convenzione colla quale evocasse a se la totale esecuzione
d" 1 espurghi e delle riparazioni, è indubitato che questi verrebbero eseguiti ^contorni, a,
dt mi dell'arte, più sollecitamente e con maggiere diligenza, evitando in tal modo che venga
alterato il fondo del canale; oltre a che sarebbero meglio sorvegliate ed eseguite le opere di co-
struzione e di riparazione delle tombe e delle sponde. Anche qui infatti l' ingegnere Bignami pro-
pone saggi provvedimenti in forza dei quali verrebbe completamente riformata la vigente intri-
ca azienda" amministrativa, attualmente suddivisa in tanti corpi morali 6 e ciò nel ^- "
del Comune, dei Consorzi! e dei relativi contribuenti, che godono il beneficio dell immissione
delle pluviali e delle acque sporche delle loro case.
Anche i canaletti raccoglitori delle acque stradali, per la loro poca capacita ed il oro tenue
pendio, non possono interamente smaltire le acque e te materie che in essi si convogliano ; co-
cche le materie putride e terrose si depositano sul loro fondo, dove, alterandosi nella stagione
estiva, esalano miasmi e rendono necessarie lunghe e dispendiose operazioni d espurgo, che pel-
le suaccennate ragioni riescono sempre imperfette. Non par vero come non siasi mai pensato a
rimediare a questi cosi gravi inconvenienti, mentre con una spesa non forte tali canaletti po-
trebbero essere riadattati e resi molto migliori sia dal lato igienico che dal tecnico e dal eco-
nomico, bastando a tal' uopo l'immettere nei medesimi una parte dell'acqua viva scorrente n ,
nostri cavi; ben inteso riordinando, come sarebbe facile, il sistema di canalizzazione ed usufru-
endo di una parte dell'acqua che ora scorre in molti cavi quasi senza profitto
L'ingegnere Bignami ha corredata la sua bella Memoria di una carta idrografica di Milano su
cui ha tracciato l'andamento di un cavo da lui immaginato, il quale, estratto dal canal grande
BIBLIOGRAFIA g7g
Seveso al punto d'incontro fra la via Monte Napoleone ed il Durino, percorre il corso Vittori.
CaZbbo "T^ PÌam de' DUOm° 6 paSSand° per Ia ™ Torino di3.I;
ÌZ^lTe "Ì SeVeS°- °a aIlr° ram°^tratto P™ dal Seveso al largo della v^cia
diro fra a Croce Rossa e la via Monte Napoleone, dovrebbe correre la via farlo \Z1 ,
Lti iJz mzt pen n' faci,e sarebbe ad immettere ■» «*»»*«*
giumi'Sriir rfl,° altimetrico de!,a ciua e dei cavi esistenii- ™ **>" ** <■»
atri che "t°^ T*,0 mmm MaMm di qUeslÌ Canali diramatori ™ confronto di
Intamfch g g" §"ami 6 qUa'6 S1 6SÌge dai Presenti biso«ni cittadini,
servono Lli J7 T' * ^^ COndÌZÌOM di C0Se non ha Più da ^V™ « le acque che
o. e/ar osoTr S°n° '" m°llÌ P°2ZÌ maISaM 6 dÌ d'fflcile deP"azion- « -stro sul
Fa lei ,vTo ner.ranamrnHe ""T !" f^ " *6 mate™ Ìmm°nde> che' ™°o
corromp:?:7aSa ^tabuè *' * SC°'°' S' Sf°gan° "^ "**** & mÌ,Mese »*) a
ed ta'SSnKr'r* ,~ '.rf ° aVVÌS° - di pr0VVedere Perchè moIti ■**-» *" legno
l«r^t^ S"?0SSaI°taa VeDgan° rÌS'aurali e ric— - «0,
gena ui s Vutn f , oSS1V° deDenmento- Un. esempio l'abbiamo nei ponti di Porta Ma-
5!o',os L0 ata esstt f°PPT,' ^ ■'*" * ^ edifizi di ^° Anche la rozza e
sostituHa da snond / ^ PmClpi° del 17°° Sarebbe "esiderabile che fosse tolta e
b ti avvenl in li P"! °' C°me ■«* SÌ * fa"° '" parfe- In rÌgUardo Poi aI1'«to di fab-
nale ne venS o edS' ",, ' ann\s.arebbe necessario «he oltre ai ponti ora esistenti sul ca-
ser ^ia toÓ alofeon^ di £lf^ ' ^ ^ maggÌ°r e'egan21 6 Nerezza vorrebbero es-
città riordinano nT .dltfaCll,lare le «"""""«rioni tra la parte superiore e la inferiore della
attuali defoS ? ' ^ '" ffi°"e ^' ' muri di sPonda co1 «"*««• <°™ le tanle
e !TJZSL ^IT^ ^ „**» VMe' SeCOndo "oi > «™ ^pliOcato
in usoTora arri , Pr°greSS1 ?"* m6CCanÌCa' applÌCando « sistema di Tomge, già
he stesa sul fondò ^ ! "^.T della Francia- Q»«to sistema consiste in una Lena
Iga quanto il tratta di e T/^ *,' ^^ ''«"B'"0 P™CÌpale del sistema- Tal* catena
niA 1, ! a , 6 S" CU1 la "aviazione deve essere stabilita, si avvolge a due o
1 u „l,CaS0' SU dl "^ PUl6ggÌa SpeCÌale impiantata sulla ba™ mirice. Una macchia
S rca'tenaPveneUrim'-mU0Vr0 * PU'6ggia faCend°la Svol«ere sulla »atena; di modo he
vte tagg or par cola 121^ & 7^' "** ^^ GU StudÌ0SÌ ^^ ^ -
Esposiziofe d PaS e /ut™ ' f 6 ° 6°^a°'.0h9 Perfezionato si ammirava all'ultima
»i r ^ ^srizrrxr"' come' pw esempi° *" --
qu^^V7trLZ°zionSarebbe qUeUa dÌ Pr0VTCdere di f0"tane Mostra città; ma
spetto ad aUri, ed inìn'e a faS "n d881™* t ,ÌVelI° Che alcUnÌ Punti di essa ba"no ri-
corpo d'acca* :; ^J^^js^^js^£ra^ra^° un
ottenere getti considerevoli. La semplice ed e tonte ^ foni Ìli °, ^"^ ^
strutta nello scorso secolo, è alimenti 1! Tir f P'aZZa dl qUesl° DOme> c°-
2gQ BIBLIOGRAFIA
con apposite macchine, le acque degli acquitrini dai pozzi trivellati ed anche semplici a diversa
profondità. Degne di considerazione e di studio sono intanto i suggerimenti che il lodato inge-
gnere Bignami espone su questo ramo, appoggiandosi a dati numerici e a risultati esperimentah.
Il voto sincero che noi diamo alla pregevole Memoria di cui abbiamo voluto far cenno vor-
remmo, nell'interesse cittadino, che fosse loro dato anche dalla nostra autorità municipale che
nel suo seno vanta segnalati ingegneri; i quali, apprezzando l'importanza e la necessita di tali
riforme e miglioramenti, abbiano a promuoverne in seno al Consiglio Comunale gli studi di det-
taglio ed in seguito la relativa attuazione, almeno della parte che riguarda la pubblica sanità ,
essendo questo un desiderio, un voto ed un bisogno da tutti sentito. Lo spirito d associazione ,
che insegnò ad utilizzare i piccoli capitali riunendoli e che trova nei miglioramenti dell indu-
stria, del commercio e dell'agricoltura uno sfogo ed un lucro proporzionato, potrà fare il resto
C°Col "vanto dell'irrigazione lombarda, oggetto della mondiale ammirazione e fonte di quella ric-
chezza che le traversie politiche e sociali non valsero a diminuire, procuriamo seguendo gì in-
segnamenti dei nostri padri, di mantenere anche la fama che ci siamo acquistata nella scienza
idraulica, e adoperiamoci a conservare e migliorare alla nostra città quel lustro e quel decoro
che è voluto dalle sue memorie passate e dalle sue presenti aspirazioni.
Ing. F. Aikaghi.
Milano, Tip. degli Ingegneri. B. BALDINI, Proprietario, Gerente responsabile.
DELLA PROPRIETÀ FONDIARIA 33
atSLtssr in possesso dei frutto de,ie sue fatiche> egu estin§uerà n su° «*>
defZpfH^T S0"°ia SedU>ÌOne dÌUn talPro?resso del «edito agricolo, che, nell'occasione
d e. progetta di nforma d. cu, s' è più sopra parlato, dodici corti reali e tre facoltà di diritto
proponevano una m.sura atta a rendere piò rapida la negoziazione del titolo ipotecario, qÙ a
^girata. Questa innovazione era essa realizzabile allora senza gravi pericoli ? Non lo sarebbe
he nZdpC° "T2 dell'^a"iz™ progettata? Si crede d' aver risposto , con tu"
che precede , a questa doppia questione.
^2* egualmente sulla possibilità, se non sulla opportunità, di rendere pratico un
conce to eg.slat.vo ancor p.ù rad.cale. La legge del 9 messidoro anno IH.» _ data che spiega
denLSTdi 7-T V0,UtOf°rganiZZ"e * ***** «» '* ****■ Dietro una valutala
dell immobile d. cm il conservatore assumeva la responsabilità, questo funzionario avrebbe rila-
vo a. proprietarie cedole costitutive d'ipoteche f.no alla concorrenza di tre quartfd 1 va-
o e di stima del pegno. Questi coupon immobiliari, messi in circolazione colla girata, dovevano
tr irai tTta* eSaUnment°, l "^ ™ ^M' V°™ SÌ d°™a «*»<*«> *« -" "a
ZZ, f \ , P aZ!0"e de"e nS°rSe meSSe sotto la suamano con tanta facilità; forse era
ben questa la modulazione del suolo tanto temuta dagli economisti prudenti. Checché ne sa
questo decreto non ricevette nessuna esecuzione, e non resta che come monumento storico. Ma
senza aver qui a graduarlo nei suoi effetti sociali, considerato solamente per rispetto al mecca-
n.smo d. cu. esso esige l'organizzazione per funzionare nella pratica, non si può egli diTche
nstallato nella nuova conservazione dei diritti reali, la sua realizzazione sarebbe ora assicurata?
co^rdaizr0"6 dicui venne accusata ia iegge di messidoro> ann°iii-°- £23!
££ % dubbia081210"1 aCCeSS0™; e' rÌtenUt° " SU° »"™^ Ia ™~ * OP- non
Jf' Se //"^^^zione dell'immobile, 1' esatta e facile manifestazione de' suoi pesi la
ertezza del diritto proprietario, in una parola la rapida d.scussione del pegno il ecario sono
le condiz.on, essenz.a.i del credito territoriale, è sopratutto allorché esso LbSu
ompagma fìnanzuria e mettersi pubblicamente e largamente a. servizio dei bisog d a "r"
pr età. GÌ. intermediar, mancano tra colui che ch.ede e quello che presta o piuttosto essi ope-
I lZZlTv'°V T' g.aCan/ie SUf,ÌCÌen"' "ella Sfera tr°PP° stretta de»* località. Come
nuhh th T qUf m,eMe daPPerlUU° " Cercat0re di danaro in «PPorto colle sue banche
ci. S deO Z4 ^ 1°^° "^ ^°^ ÌStÌtUZÌOnì- *» sono »--*• *> al-
cuni stati del nord dell Europa e funz.onano, dieesi, col maggiore universale vantalo- ma i loro
cu i appoggio in Franca mancherebbe. In Francia nn grande tentativo, ispirai da una grande i„t 1-
hg n a e da un gran cuore, venne fatto, or sono quasi otto anni, per diffondervi lo stesso beneficio.
No. dinamo un tentativo, perehè molti decreti successivi sugli stabilimenti dapprima provinciali,
poi nunit. in quello del credito fondiario di Francia, non hanno mai raggiunto il loro intentò
benché per renderlo access.b.le, essi avessero sbarazzala la via dagli impacci del diritto comune
In?!6™ 7''em0 !gÌS!a!°re aVCTa VOlU'° S°Pratutt0 met,er,i al servigio della piccola
proprietà, affrancare questa dal despotismo dell'usura, e fornirle, senza aggravarla, i mezzi di
escre tentamene ma «caramente all'estinzione del suo debito, annualmente ammortizzato con
un supplemento d interess.; nobili ispirazioni, ma vane speranze 1 se bisogna credere ai risul-
^ZnrTU\ -anrv POlU'° V6dere ÌnSta"arSÌ e bentosto sPadre le direzi°ni dipartimentali
31, t t trr?:Ìa'' " -ChÌedente danar0' PÌCC0,° P™P™tario, non vi faceva punto
« S™ • V? , dd CaP° S' 3paVentava a buon dirilt0 della radi™le ineufficienaa delle
iTtuTY't Pr°P,netà n°" P°tè SCmbrar lOT0 veratnente ed immancabilmente f.s-
anit „ M vn' qUe' P0V,rI '^^ bÌSOg"0 dÌ8farSJne e render,i ai loro a^-ini- i ^rdi piccoli
sàeut P ' nn agg10' L ,SlltUZ:0ne Cenlra'e d"a tultavia' ma cercand0 a»ri generi d'affari, e se
essa e utile non lo e già a quelli in cu. favore l'amor del paese e del bene aveva inteso di ciarla.
cole T„Ti . Tr' a nSChÌ° dÌ affaUCare " lett0re> che »M ostacoli "avanti ai quali soc-
combette queslo tentat.vo sono precisamente quelli che il modo proposto di costituzione della
Guarentigia della proprietà fondiaria. 8
34 GUARENTIGIA
proprietà territoriale deve fare sparire per sempre? I banchi agricoli, le banche territoriali, le
compagnie di credito fondiario, hanno necessariamente la loro sede in un centro di popolazione
che tiene i loro preposti ben lontani dagli immobili da discutere; i loro agenti locali o viaggia-
tori - se essi non temono la spesa - non arriveranno mai a fornir loro delle informazioni
così complete come quelle di cui si circonda, a forza di vigilanza, l'interesse sempre all'erta di
un capitalista campagnuolo; e se quest'ultimo soccombe e s'inganna tante volte, che ne sarà
egli dunque degli altri? Bisogna dunque che al centro stesso, senza sortire dall ufficio, senza
vedere e scrutare l'immobile altrimenti che nelle scritture autentiche che vi si riferiscono, il
gerente dell'impresa, pienamente istrutto, possa senza timore aprire la sua cassa al richiedente.
E se questi presenta col suo stato fondiario, datato e certificato nello stesso giorno, del quale
stato si conoscono già le condizioni costitutive, potrà la banca temere e rifiutarsi ancora ? Fuori
di questo programma, tali stabilimenti non saranno mai che una ingannevole chimera.
36 Non si tratterà di entrare più oltre nelle diverse parti del diritto ipotecano, per metter e
in contatto ad una ad una coli' organizzazione progettata e mostrare le forze nuove che questa
può communicare al movimento delle transazioni immobiliari e del credito fondiario. Un tale
compito oltrepasserebbe troppo i limiti imposti a questo lavoro. E così, nella pratica del sistema
francese e de' suoi numerosi analoghi, si urta ad ogni passo contro lo stesso ostacolo ; 1 immo-
bile la vera garanzia del debito, o piuttosto il vero debitore, l'immobile che il credi ore do-
vrebbe sempre vedere nella sua individualità propria e nelle fasi successive della sua solvibilità
non apparisce, in qualche modo, che attraverso la personalità di colui che lo tiene, attaccato al
suo nome non avente che lui per insegna, celandosi, quando cambia il nome, col possessore,
sfuggendo alla discussione e sovente al diritto d' ipoteca, gettando insomma in tutti gli accidenti
della procedura, le complicazioni, 1' equivoco e le delusioni. "T3'-'u
Il principio della specialità mancando nella sua applicazione, l'altro principio vitale del diritto
ipotecario, la pubblicità, ne è alla sua volta compromesso; e 1' ordine d'idee nel quale noi non
abbiamo temuto di entrare ne offre qui la prova più convincente. La pubblicità del registro ab-
braccia, come si sa, tutti gli atti civili e giudiziari; perchè tutti ed in tutti i paesi, sono tribù--
tari d' un interesse che in nessun luogo vuol dormire, 1' interesse del pubblico tesoro. Se alcuni
tentano di sottrarvisi, è col favore di un arrischiato secreto, con scritture privale che non hanno
il privilegio di agire sull' interesse dei terzi e che alla loro volta subiscono la legge del registro
fiscale, appena s' impegni una questione sulla loro esecuzione.
Come dunque non si è utilizzato quest' organo immenso di pubblicità, come la pubblicità del
registro non è ad un tempo la pubblicità ipotecaria? come questa è relativamente all' altra, così
parsimoniosa, così limitata, e di così difficile produzione?
La ragione è questa, che il registro attuale, per ciò stesso che tutto riceve, non può nulla
ritenere e classare. La menzione e 1' analisi degli atti sopra i registri dell' ufficio , sufficienti al
punto di vista esclusivo delle tasse da riscuotere , non formerebbero nel loro ordine successivo,
che un inestricabile caos in cui si perderebbero senza dubbio le ricerche ulteriori, qualunque
fosse il modo di classificazione che si tentasse di introdurvi coi dati attuali. Ad onta di ric-
chezze così ammucchiate, gì' interessi individuali non vi troverebbero che indigenza, per 1' im-
possibilità di mettere la mano sul tesoro che essi avrebbero a svolgerne.
D'altra parte, il registro analizza gli atti, secondo la loro natura, sotto il solo rispetto della
tassa da riscuotere e non vi vede che un prezzo sul quale è calcolata la tassa. Ma esso non ha
a preoccuparsi né dell'immobile, né della sua ubicazione, della sua identità, della stessa sua
esistenza, a meno che non si sollevi qualche sospetto sulla sincerità del prezzo accusato o
del valore assegnato.
Sotto l'uno o l'altro rapporto, la pubblicità ipotecaria non ha nessun utile da attendere da
una tale istituzione*
Che cosa è pertanto necessario perchè essa diventi feconda e prodiga de' beni che essa nasconde
senza saperli manifestare e diffondere ? Una sola cosa, incognita finora, ma ormai decisiva ; l' in-
dividualizzazione dell'immobile e delle sue più piccole parti, se piace dividerle contrattualmente;
dell' immobile che resta e persiste identico a sé stesso e sempre riconoscibile nelle scritture, come
esso resta, persiste e si mostra materialmente nel suo luogo terrestre, meglio ancora, perchè a segni
DELLA PROPRIETÀ FONDIARIA gg
deperibili o sospetti di divisione e di demarcazione le scritture catastali sostituiscono la testimo-
nianza immutabile de> dat, geometrici, l'ubicazione. L'individualizzazione dell' immobi e così
compresa deve, come noi abbiam detto, risolvere da sola il problema emettere la vasta pubbli-
cità del reg.stro al servizio di tutti i bisogni transazionali ed ipotecarj. Essa sola, diffatti for-
Hbr? ni61" ° ClaSSÌf!Cat0re' Per essa ad <** ^ "el sudo ed i.la sua de^gn zion'e n i
lue ti atti sotto0,? rf ' "T" "f1 "" Semi"ÌC° rÌfedmenl° aI P™»"«* pone tutti
guest atti sotto la loro vera rubnea; al caos è succeduto l'ordine; all'impossibilità delle ricer-
esplorare! " ' * " ÌmeStÌ^ÌOnÌ' ci"'te al *» oggetto che esse hanno da
Àfj£Leì IS SpeClam' Una deIIe due Srandi le^ del credito territoriale e della costituzione
del d.r.ttod. proprietà, genera completa ed assoluta l'altra legge che è V essenza stessa del re-
gime dei diritti reali, la pubblicità (1).
' (1) In un'opera già citata e che avremo da citare ancora, M. Loreau appoggia anch'esso tutto il
IVerlT^ !• S,One,S0Pra.r,Lbr0 f°ndÌarÌ0 C°,let,0re dÌ tttt" ! fat« 'ransazfoLn d coor i„ r pe
render pubbl.c; e ,1 suo hbro Repertorio al quale non sono mancate le alte adesioni Ma «U man
cava allora una base essenziale, l' istituzione catastale. au.s.oi... «a gli man-
Il catasto esisteva però in Francia, ma già quasi inerte e fuori di Slato di seguire il movimento delle
transa o», lmmoblllar, , ^ „è piu „„ raeno „, ^ ^ ^J^ZZll
presentavano, ne rappresentano ancora che Io stalo della proprietà, o piuttosto come osf bLTLu 1 T
possessioni di fatto al momento in cui i geometri li rilevavano su Lr "no leTle 1,,!^ '
sotto lo sforzo dei controllori, ma penosamente ed incompletamente co 'bt e che" r ."..pi",
erv.z.0 attestava egli stesso (p. 38 e 39) essere notorio che dei numerosi contribuen ' sposses a7 d '
lungo tempo .. virtù d'atti autentici, restavano nondimeno inscritti sopra i moli come se fo sero
ancora propr etarj. . Bisognava adunque almeno un intero servizio speciale di couservazLe ats a
funz.onan e e bene organizzato per assicurare quello delle mutazioni. L' autore lo comprese subordtaldo
a questa .st.tnz.one non ancor nata la realizzazione «.tenore delle sue eccellenti idee; prpLe del
ztone'deì ZTeZT """* " « S~' •» «oury. Usuo sistema „ constt
Ma il problema era difficile e non era ancora stato risolto. Aggiungiamo che al punto di vista degli
interessi civili, esso non poteva esserlo stante le condizioni dei melodi ordinari
Ce, il hbro repertorio del ,|g. Loreau non è andato, come si potè proporlo nel presente lavoro (e ciò
egna una d.ff.r.nza captai, fra i due sistemi) fino a non considerare il nome e la persona del 1 r .
lana che come un .ceid.nl. variabile della proprietà, fino a tutto aggruppare intorno ali immob le
d.r.ir°R|- TT de"a C0"Ven-ne- '" l<"*° di -"-• incon«ogagll'ilobi,e,u»e,e ^ ta «
de. d.r tt. real. che lo concernono, non riservando al conto del proprietario che le modificazioni per-
ora e d. capacita Avertono ha dovuto caricar. del doppio bagaglio il conto di qu.sf ultimo. Di q i
la n...sslta d, con ondar, in un solo quadro tutti i capitoli d.l bilancio immobiliare dello stesso pL
pnetano senza d.stmz.one dell, proprietà fra 1. quali si divid. qu.slo bilancio eh. è bene il loro e
senza uid.eu.on. indmdaal. degli immobili che si avr.bb.ro a discatore s.paratam.nt. o esclusivamente-
d, qu. ancora, lo s, comprende, una .strema difficoltà, forse insormontabile, nelle ricerche, ed in ooni
caso, .1 t.mor. mc.ssantc di v.d.rvi lasciata qualche deplorabile lacuna. Come giustificazione di questo
g.ud.z.o s. può vedere, alla fine del libro del sig. Loreau, il modello A del suo Repertorio, in cui
clZ ?r h" .• • qUa, deStÌna,° a',e O^»™™' P»"onmi, figurano dodici altri quadri a
ricever. '• " ^T? dell'aUt°re' a f°rmare altret,anti r^ÌsM -Para"), che' devono
nd a 1STo'°n,eoSTar,a d.altre"ante SP°CÌe di a"Ì: - l° Estra,ti di ruo,i ^lla contribuzione
fond.ana, - 2.» . 3.» Al.enaz.on, - Acquisizioni - 4.» e 5.» Beni immobili posseduti in indiviso -
an.,cres, e contratti d' affitto o di pigione - 6.» 7.° e 8.» Contratti di matrimonio tra sposi di cui uno
ToTnoT ~ A"° d associazione e di dissoluzione commerciale -Separazione di bei . di corpo
- 9.0 10. Iscr.z.on, votami» _ Sequestri immobiliari = ll.o e 12.» Successione d.l contribuente
— Accettazione o rifiuto della successione e della comunanza
i !ul-!T?u CaPUOli Ìn Un,S0'0' ",," frammischiati 1»a"'» « loro oggetto, frammettendo per esempio
. quadn d aff.ttaz.on. personal, a quelli d'affettazioni reali, e in mezzo ai quali è ben facile smarrirsi
si m.Zrnorrr,,rVÌaabb,aStanfZanUmer°SÌ PeÌbÌS°gni de"a Pubb1^ Perchè, *m Per eaanpio,
Ito unto",, -,a T'd USfUU0' "' "*" "' abìtaZÌ01,e? C Ie Cessi0ni di b*»''. 'he spogliano
tutto a un tratto .1 pr.pri.Un.? . 1. proteste eh. sono i primi segni pubblici d' un fallimento imminente?
le prenotauom conservateci dei diritti di rescissione e di rivendicazione che possono esser, altr.s.
3(5 GUARENTIGIA
57 Passiamo all'interesse dell'imposta il quale sollecita anch'esso la progettata fusione, seb-
bene' i servizi che vi si riferiscono, di loro natura esclusivi, intolleranti, meticolosi, temano
come una ingerenza perturbatrice, ogni contatto cogli interessi privali. Ad ogni modo e ad onta
di queste ripugnanze tradizionali , l' iniziativa di questo pensiero di riforma e venuta dai loro
stessi più elevati funzionar] ed esso venne sviluppato da alcuni di loro con un autorità pari al-
1 PoehTcL resteranno quindi da dirsi su questo vasto soggetto, almeno per quanto riguarda
la parte amministrativa ed i particolari tecnici dell' istituzione finanziaria del registro e delle
contribuzioni dirette. Tutte le objezioni alle quali non sarebbero ammessi a rispondere quelli che
la loro educazione professionale non ha potuto iniziare alle forme della contabilita fiscale, ai
processi regolamentari degli agenti che essa impiega al movimento interno ed alla preparazione
esterna delle loro scritture, furono competentemente e pienamente risolte da questi uomini spe-
ciali Essi hanno egualmente messo in rilievo, con una potenza di logica che dispensa da ogni
altro* sviluppo, i vantaggi di semplificazione, di economia, di equo riparto dell'imposta ed ac-
crescimento delle risorse pel tesoro che sortirebbero dalla fusione di questi due servigi. Non si
può far meglio che rinviare ai loro scritti. v .
38. Richiamiamo tuttavia - perchè il meccanismo dei nostri libri fondiarj concorre potente-
mente all'applicazione del rimedio - richiamiamo questo male inveterato delle alienazioni
clandestine, dei prezzi dissimulati, dei contratti snaturati o stornati dalla loro vera intenzione,
tutto per sfuggire al pagamento delle tasse o per diminuirne la cifra.
All' arte di preparare la frode, resiste, talvolta con successo, quella di sventarla; ma il rice-
vitore per quanta sagacia vi metta, vi spreca inutilmente la miglior parte del suo tempo; tanto
è comune questa frode che le pubbliche rendite ne provano, una perdila che si è valutata a
non meno di 50 milioni all'anno: e le stesse parti sono ben sovente vittime di questa colpevole
economia per le conseguenze giudiziarie che portano seco, nei loro rapporti contenziosi, la proi-
bizione d'elle controlettere e le dissimulazioni del contratto. Tali abitudini avranno, bisogna
crederlo minore impero sotto un regime di pubblicità assoluta. Difatti verranno ad attingere le
informazioni alla stessa fonte, e la diffidenza del prestatore che discute la sufficienza del suo
peono la prudenza dell' acquirente che teme di pagare più del dovere, il negoziatore di un con-
trattoci parentado, la curiosità di un associato eventuale, e ben altri interessi ingenerati dalla
vita degli affari e dalle relazioni sociali. Posti in tali circostanze, il mutuatario, il venditore, il
padre di famiglia, l' industriale, ed anche 1' uomo di mondo, temendo di impoverirsi agli occhi
di tutti, sacrificheranno a questi interessi permanenti un interesse accidentale di fraudolente
economia, e, se non per coscienza almeno per calcolo, si rassegneranno ad essere sinceri.
Ciò non è tutto- il libro parcellario avrà raccolto la nota scalare dei prezzi successivi asse-
gnati all' immobile nelle mutazioni anteriori; le scritture d' affittanza ne avranno fatto cono-
scere il valore locativo; l'imposta fondiaria ne avrà determinata la rendita imponibile; questi
il sintomo precursore del fallimento dell' immobile ? e le convenzioni fra creditori che restituiscono al
debitore fallito la sua qualità di proprietario un momento eclissata? ed altri atti ancora che i terzi hanno
interesse a conoscere e la cui assenza dal deposito della pubblicità, se non è necessariamente funesta, e
almeno sempre deplorabile. Quanto a noi, non abbiamo da aprire dei conti separati a tutti gli artwoli di
questa nomenclatura che sarebbe sempre incompleta. Due capitoli ricevono tutto, e la loro divisione
è prescritta dalla stessa natura delle cose: le affettazioni personali da una parte; le affettazioni reali
dall'altra- qui ciò che, modificando la capacità civile del proprietario, modifica transitoriamente le
condizioni normali della disponibilità di tutti i suoi beni senza eccezione, là ciò che attenuta e smembra
in diversa misura ogni individuo territoriale indipendentemente dalla personalità del possessore.
(1) Si ha di già citato più sopra, 1' opera di M. Loreau, antico direttore del Demanio, 1' opera inti-
tolata: Du crédit fonder et des moyens de le fonder, (voi. in 8.° Paris 1841. libraire Haehette rue Pierre
Sarrazin 12) e dei sig. Marchese d' Audiffret, la libération de la propriété fonciére ou reforme de l ad-
ministration des impóts directs (br. in 8.° Paris 1844, Allouard, quai Voltaire 21). Si può aggiungere,
dello stesso autore; Le budget, le système financier de la France (due opere più considerabili presso
gli stessi librai); infine Réforme de I'administration fìnancière des hypotéques (Paris 1851 libraire de
Paul Dupont 45 brochure in 8.°)
DELLA PROPRIETÀ FONDIARIA 37
elementi di valutazione, aggruppati nella stessa colonna, controllati l'uno dall'altro, aggiugentisi
ogni giorno ai nuovi elementi, forniranno infine una base sicura della tassa da percepire Tale
oggi non è la situazione del Ricevitore del Registro; il contratto che gli si presenta s'applica ad
un oggetto affatto nuovo per lui, ad un immobile che egli non ha potuto conoscere; né la sua
memoria, ne le sue scritture gliene fanno conoscere il valore neppure approssimativo; egli ne è
ridotto a tenere par vero il prezzo dichiarato, a meno che non voglia far correre allo Stato la
sorte di una perizia giudiziaria, così sospetta in tali occasioni. D'ora innanzi meglio istrutto egli
potrà, come lo propone il Sig. Loreau, prendere, per la supputazione delle tasse, non più la
situazione dei prezzi di vendita, ma la situazione stessa dell' imposta diretta.
Altri dati ancora, moltiplicando i mezzi di valutazione, devono dare in appresso una base
comune alle due specie d'imposta. Le divisioni giudiziarie 0 convenzionali si riproducono, in
generale, ad ogni generazione: esse sono quasi sempre precedute da una stima dettagliata , 'per
mezzo di periti locali, stima questa volta non sospetta; perchè l'eventualità dell'estrazione a
sorte dei lotti impone a tutti una gelosa sincerità; in questi documenti è anzi sovente valutato
il reddito netto di ciascun articolo, a causa delle restituzioni dei frutti da diffalcare dal con-
dividente rimasto unico possessore. Sottomessi, come tutti gli altri, alla legge fiscale del registro
questi atti andranno a deporre le loro cifre nel libro parcellare e concorreranno a determinare
quella della valutazione catastale.
Di più, tali elementi forniranno, dopo un qualche tempo, dei numerosi oggetti di confronto
sul valor venale e sulla forza produttiva delle parcelle circonvicine poste in condizioni analoghe
di fertilità. Dove si cercherebbero ora questi punti di confronto ? e s' egli fosse assolutamente
possibile di ravvicinarli, come metterli sotto la mano del ricevitore al momento preciso in cui
egli deve ricevere e riscuotere? Egli li incontrerà senza pena per l'avvenire, nei conti aperti
alle parcelle da confrontare, grazie ai segni di contiguità contenuti nella loro stessa designazione.
In queste nuove risorse passo passo riunite ciascuno vede disegnarsi i primi lineamenti d' una
futura perequazione generale.
59. La perequazione, vale a dire V eguaglianza proporzionale dell' imposta fondiaria, non solo
da vicino a vicino, ma da comune a comune e da provincia a provincia è, a quel che pare,
V opera più difficile e ad un tempo la più giusta e morale, in materia di riparto dell' imposta!
Come ammettere difatti che gli stimatori officiali, presi sopra tutti i punti dello stato, in con-
giunture e sotto influenze diverse, saranno dappertutto animati dallo stesso spirilo, provveduti
delle stesse cognizioni, imbevuti delle stesse idee, egualmente liberi da pressioni locali ? Anche
senza passioni e senza idee preconcette, la loro esperienza è ben sovente in difetto dal momento
m cui, sortiti dal luogo della loro pratica giornaliera, essi hanno da operare sopra un terreno
ignoto.
Così sono frequenti e fonJati i reclami di certi dipartimenti, di molti circondari comunali,
di migliaia di uomini che si lamentano d' avere a sopportare, relativamente al prodotto dei loro
campi, una parte d' imposta più grave che tali altri dipartimenti, tali altri circondari, e comuni
il cui fardello sembra loro leggero. Sgravare gli uni 0 sovrimporre gli altri sarebbe quindi un
dovere per 1' amministrazione delle finanze.
L'amministrazione francese lo ha tentato, or fanno più di HO anni, e la debolezza dei mezzi,
e l'inanità dei risultati, fanno vedere quanto il meccanismo della sua organizzazione è lontano
da quello di cui si è or ora tracciato lo schizzo. È il Sig. Loreau che ci fornisce quest' informa-
zione, e noi non abbiamo che da lasciarlo parlare.
«... Con queste varianti nell' appreziazione delle rendite, prodotto dei timori più 0 meno
« vivi che la mano del fisco inspira, egli è chiaramente impossibile di pensare ad una perequa-
« zione conveniente tra le diverse circoscrizioni territoriali. Il governo 1' ha così bene ricono-
« scmto che nel 1819, allorché fu questione di correggere con uno sgravio le ineguaglianze le
« più gravi dell' imposta, esso ha cercato, non volendo rimettersene alle valutazioni del catasto
t di scoprire, con degli estratti di vendite e di contratti d'affitto negli uffici del Registro, quale
« poteva essere il rapporto fra la contribuzione ed il lavoro del suolo. Ma questi estratti poco
« numerosi, inesatti e fatti in fretta, non contenevano dettagli necessari per essere messi in con,-
« Ironto perfetto con la contribuzione dei beni venduti 0 affittati. Stabilita su così strette prò-
38 GUARENTIGIA
« porzioni quest'operazione non poteva offrire che delle osservazioni d' un esattezza contestabile,
« riescire priva, per conseguenza, dell' influenza morale indispensabile per vincere le difficoltà
« della perequazione e sopratutto la resistenza che questa intrapresa, legala ad interessi cosi
« opposti proverà sempre da parte di quelli che godono del fortunato privilegio di pagare meno
« caro una protezione non pertanto eguale per tutte le proprietà.. . Da quest'epoca, non vi fu
« più questione dello stabilimento dell' eguaglianza proporzionale; la fissità dell'imposta pare,
« al contrario, avere ottenuta la preferenza dell'amministrazione (p. 83-84). »
Che cosa sono ora questi estratti di vendite e di contratti d' affitto fatti in fretta negli
uffici del registro, se non la fusione accidentale, anzi per ciò impotente, e riconosciuta neces-
saria dei due servizj dell' imposta ?
Che cosa sono e il loro numero troppo ristretto e la loro inesattezza malgrado lo zelo e
V intelligenza ben conosciuta dei controllori impiegati a questo lavoro, se non V insormontabile
difficoltà delle esplorazioni utili nelle scritture in cui manca la fiaccola d'una ci assazione avente
la sua base sulle divisioni del suolo?
Che è la mancanza dei dettagli necessari per mettere gli estratti in confronto con la con-
irruzione dei beni venduti od affittati se non la mancanza dei segni d' identità che fanno
facilmente riconoscere, nell'immobile designato nel contratto, l' immobile portato nel ruolo della
contribuzione? se non la mancanza della specialità che può sola, nell'insieme delle parcelle
Vendute od affittate in corpo, segnare V estensione totale, le superfici parziali, la classe ed il
reddito catastale applicati a ciascuna parte del tutto ?
Che cosa è in una parola il tentativo del 1819 ed il suo esito infelice se non la condanna
officiale del sistema d' isolamento dei servizi da riunire, la dimostrazione esperimentale di tutto
ciò che qui si cerca di provare a priori, la giustificazione del nuovo meccanismo di cui si prò-
pone 1' adozione ? (1)
(t) Dopo il tentativo di perequazione del 1819, quantunque il meccanismo finanziario si perfezio-
nasse sotto altri rapporti ed ottenesse nuove garanzie d'aptitudine nel personale de' suoi impiegati, pure,
conservando gli stessi mezzi, non ha potuto affrontare con minori difficoltà il lavoro permanente delle
mutazioni. Ascoltiamo ancora su questo punto il sig. Loreau. Questa sarà d'altronde per 1' autore di
queste note la sola garanzia che egli possa opporre a quelli che si prevarebbero contro d. lui della
sua incompetenza in queste materie. - « Questi rami d'amministrazione finanziaria e civile (la contri-
« buzione fondiaria, il registro e le ipoteche) sono naturalmente chiamati a prestarsi un mutuo soccorso
« ed a chiarirsi a vicenda; così, per prendere qualche esempio nell' ordine attuale dei lavori dell am-
« minorazione, sono i ricevitori del registro che, ad epoche periodiche, forniscono ai controllori delle
« contribuzioni, lunghi e penosi estratti del registro, destinati a rendere loro più facile la ricerca e la
« raccolta delle mutazioni che vengono ogni anno a modificare le matrici ed i ruoli. Sono alla lor volta
« i controllori delle contribuzioni che vanno d' ufficio in ufficio ad attingere nei registri dei ricevitori
« delle note sopra i prezzi di vendita degli immobili, e sopra i prezzi degli affitti o delle pigioni ora
« per le valutazioni catastali, ora per l'esame di certi reclami, ora per lo stabilimento della contr.bu-
« zione mobiliare. Altre volte, sono i ricevitori, che devono andare dagli esattori, per prendere nei
« ruoli i nomi e la rendita dei proprietari, e comparare in seguito con questi materiali un sommano
« la cui tenuta è loro prescritta da ordini di servizio, e nel quale essi introducono le modificazioni
« subite dai ruoli in virtù delle compere e delle vendite che ogni anno succedono. Sono infine i direttori
« delle contribuzioni che trasmettono ai ricevitori, per 1' intermediario delle direzioni del Registro, il
« foglio delle mutazioni stabilite sulla dichiarazione dei nuovi possessori, onde i ricevitori verifichino,
« e s' assicurino se questi non fossero divenuti detentori in virtù di titoli non registrati. - Si capisce
« qual perdita di tempo, quali imbarazzi, quali pastoje cagionino necessariamente nel servizio queste
« comunicazioni, questi spostamenti perpetui che la fusione delle due amministrazioni in una sola ren-
« derebbe superflue... Questa fusione è indispensabile, se si vuole che i preziosi documenti che contiene
« questa doppia amministrazione possano coordinarsi e concorrere efficacemente agli immensi risultati
« che noi abbiamo ricapitolati ...» . f
E più oltre a proposito d'un altro oggetto; « Ecco un esempio delle tristi conseguenze del circo o
« vizioso nel quale 1' amministrazione è obbligata di muoversi. La legge del 21 Aprile 1832 ha prescnt o
« un nuovo riparto della contribuzione mobiliare tra i dipartimenti; persuaso, a giusto titolo, che a
a miglior base di riparto si trova nel valor locativo, il governo ha incaricata 1' amministrazione delle
DELLA PROPRIETÀ FONDIARIA 39
zion°e' Sl^illTV^ •ÌhaP°tUt0 ****•*•*■•* un lamento 8»Wa«e«a.
to col' 0 Pndc onflV't "'"m," Ìn,Ver° 'e aSpÌraZÌMÌ *+***«**£*
contribuzione fo„ltMa«uailgole.q,mta' fend°n0 * traSf°rmare' "<" sistema deIla
invariabile ad ogni ese'rc'z o ed nXX V V" IT^ * ?MbK** L'ÌmPosta di riParto.
v^^JZZ^m^TlT?^ gh' p,eriodi' parte da una cifra ****
nirne l'intero continue as! raz.on , C J. I ^ r * ^ M*MU*K Che deVOno for-
avrà prodotto. Tale è 'Ino IT . ' atfn^,,!,0.la fine dell'esercizio per sapere ciò che essa
«ondo che i IrZlLZl traJ saZ^aT /f*'' Va"abile e F* ° "-o e.evata,
dogane, la cui cifra varia 1 ondo r a Mv' ' ? P'» « ">eno attivo; tali sono i diritti delle
di consumazione, suboM in ^anto loro t JT 'f rnazÌOnali e le imP^'e indirette
a.lo stato fé né divene" o tri co vó V K^ & dÌVentarl° » dirà " ProP™tari°
santamente ne accre e Ha 0^ s u te e n mTiì n 7 ° * "^ ""* *' IaV°r° Che ÌMeS"
o venale- associatevi ai mio i , Progresso ascendente di questo valor locativo
-fflss?^ r: Ss^^3^,isk prima che ,a natura mi
del progresso della cosa imponibile, ed alla cieca all'ho ■„ P , • ' pr0«ressiva in ™SÌ0™
le intelligenti larghezze della qualità (!) ". ' eg°'Sta ""»"»"" Pot™»° accedere
« contribuzioni dirette di constatare (mesto valore con dMi» ,-n^™ • •
« alti di vendita, di divisione, di perii Questa amm tabi™ 1 " maZ,0",.prese nei «»*»W « "egli
■ l'intelligenza, la capacità/lo zelo, n n ™ 0 ™ » ' ' T"' ci affrettiamo a riconoscere
• di base a. suo lavoro, s'è dato 'gran" ZZl Z a gran' L^^?""™ T*«
«questo assunto, andando negli uffici! del registro a frllJ ? "* per comPiere
« A che cosa è riescita questa lenta "ve igLCe 9 aI Si é H "' • rCg'SlrÌ *" " " ,Wan°-
« concludenti. Noi ignoriamo qual' è , a Presen 'Il riso I ' V", P'CC01 nUmer° * ^ P°C0
• pers:beHa r1 voto del,a lsse - ^=^22: iss ssy? dioso iaToro- ma
loro paese, non contentandosi delle esterne apnarenz . vn"Z« f . ° PCP ' S°gnÌ "U°VÌ del
legarsi irrevocabilmente al fatto legisti "o 1^2'J^TT? '"^ ^ C°Se pHma di
tolto alle lezioni d' un esperienza c'ontmaU * ? VVenU"'a U"'e *" rÌPr°dUrre ",Mto 1aadro
proiI«;dn:L\1^rerea;e^evdee„i,uafmge„<!eAUaiffret ' L°reaU' C°mC " P"*.»»'»™. -sa possibile colla
onesta ^riforma, perché, cosi ravvicinate, leVe imposturava!; ti K re £r Tult
gL ÉSia"Ìngend° i ,0r° daU a"a S'eSSa S°^"le' dovranno , osto o'tardi por so «o lo so
e! min!," V, TSa 7,1° b,ZZarr* la diVerSÌtà delle Basi e dei ™»»a" «** che riguarda la
oeierminaz^ne del valore o della rendita degli immobili *
l«rSoeeste„drni(0reS'raPfre2Za2ÌOne n°" P°'rebbe farSÌ C°"a catena c co1 c»raPasso. come quella della
fa t, : dTd ,P n 7 , °' Sara;?mpre la parte del *»™°. -eli' incerto, e della diffidenza. Ma in
accalt!,, • ,g eTn ,e'aqUeStÌOne dOTr^ condurre ad nn risultato approssimativo
■cenato da tutti e sul quale tutt, gì, .«(eressi potrebbero prendere il loro ponto di partenza. Intanto
40 GUARENTIGIA, eCC.
È questa l'opera dell'avvenire; ma poiché l'avvenire ha i suoi germi nel presente, non è
mai troppo presto per favorirne la gestazione.
Per quanto sia vasto il campo delle misure legislative sulle quali le pagine che precedono
hani?o tentato di chiamare 1' attenzione del lettore, ciascuno comprenderà che qui non si tratta
che di spianare il terreno destinato alla costruzione dell' edificio, o, come lo si ha sovente chia-
mato d'un semplice meccanismo che dispone di forze brute, all'azione delle quali uomini
più competenti dell' autore possono affidare V esecuzione dei loro concetti. E, m altri termini,
una base colle sue pietre d' addentelato, che si confida alla patriottica industria del legislatore.
Circoscritte in questi limiti le idee emesse in questo scritto si riassumerebbero m un progetto
di legge assai semplice, di cui si troverà, nella terza memoria, se non la redazione completa,
almeno Y indicazione , il quadro.
gìì acquirenti, i prestatori, il registro, V imposta fondiaria hanno ognuno il loro proprio e tengofld
poco conto degli altri. Ma se gii elementi di ciascuno, senza contenere il vero, presi separata mente
possono condurre al vero della loro combinazione, perchè non adottare per tutti il risultato di questa
combinazione? Le finzioni di questo genere finiscono con alterare nell'animo il sentimento della venta
e depongono al fondo delle coscienze questo triste pensiero che le istituzioni civili mancano talvolta
sincerità.
MEMORIE ORIGINALI
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO,
I FIUMI CHE VI CONFLUISCONO,
E PRINCIPALMENTE GLI ULTIMI TRONCHI DEL PO,
SUSSEGUITI
DA CONSIDERAZIONI INTORNO AI PROGETTI PER LA REGOLAZIONE DELLE ACQUE
ALLA DESTRA DI QUESTI
MEMORIA
dell' Ingegnere Elia Lombardini
letta nelle adunanze del R. Istituto Lombardo delle Scienze.
(Vedi pag. 209)
PARTE III.
Considerazioni idrologiche sopra alcuni punti concernenti
LA REGOLAZIONE DELLE ACQUE ALLA DESTRA DEL BASSO Po.
XX. Esame delle discussioni che vi furono sull'interra-
mento del Po di Ferrara.
155. Nella mia Memoria dei 1852 sui cangiamenti cui soggiacque V idraulica
condizione del Po nel territorio di Ferrara notai (§ 7) le inconseguenze e con-
traddizioni che vi erano nei dati di fatto esposti da Eustachio Manfredi d'onde
egli voleva inferire che per effetto della immissione del Panaro in Po Grande la
magra di questo dal 1600 al 1693 si era abbassata di piedi 5.4.6 bolognesi (2m,04),
abbassamento che ammetteva io pure, ma in una misura assai minore. Al suc-
cessivo § 9 poi io osservava che siffatto abbassamento di magra non dovevasi
già attribuire all'immissione del Panaro nel Po, ma piuttosto all'immissione del
Po nel Po, in quanto che il Po Grande aveva appunto assorbito allora tutto il
Po di Ferrara.
Giorn. Ing. — Voi. XVI. — Maggio 1868. 19
282 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
156. Il Guglielmini, che nel 4693 aveva assistito alle visite dei cardinali
d'Adda e Barberini, dice che la moderna soglia della chiavica Pilastrese nella
visita Corsini si confessa più bassa dell'antica once 19 (0m,603). Ed ove prende
ad esaminare l'abbassamento avvenuto nel fondo del Panaro, ponendo a con-
fronto gli scandagli fatti nelle visite Gaetana del 1605, Corsini del 1625, Bor-
romeo del 1658; e della presente del 1693, dice nuovamente che la soglia
della Pilastrese vecchia era più alta della nuova di piedi 1.7. Tale modifica-
zione di livello si era praticata nel 1613, e da essa arguisce il Guglielmini
essere avvenuto un abbassamento del pelo basso. Siffatta induzione sarebbe
così esposta in termini ben più moderati che non in quella del Manfredi (1).
Non è detto per altro con ciò che il Guglielmini, il quale sosteneva la causa
dei Bolognesi per l' immissione del Reno in Po , non fosse dominato egli
pure da spirito di parte, siccome appare dalle sue dichiarazioni che verremo
esponendo.
157. Nella scrittura XLIV (2) osserva questi rispetto all'abbandono del Po di
Ferrara: « Non essendo pertanto eguali le condizioni per una strada e per l'altra,
« ma più vantaggiosa per quella di Venezia, attesa la predetta più facile dila-
« tazione, la linea più breve, e l'esito più felice, ed accresciutosi lo svantaggio
«'per la parte dei rami di Volano e Primaro per la fabbrica degli argini di Co-
« macchio, cominciò a poco a poco a sconcertarsi l'equilibrio e ad assorbirsi nel
« ramo di Venezia gran parte dell'acqua del Po e per conseguenza a mancare
« in quello di Ferrara. Quindi a proporzione della mancanza dell'acqua dovette
« necessariamente seguire l'alzamento del fondo, effetto che non fu osservato
« se non dopo che si fu avanzato a segno d'impedire la navigazione; il che
« essendo seguito dopo di essere stato sboccato il Reno nel Po alla rotta di
« Madonna Silvia, diede occasione di accusarne questo per reo, abbenchè con
« ogni giustizia meritasse di essere dichiarato innocente.
« È stato adunque lo sconcerto dell' equilibrio, non le torbide del Reno, la
« causa efficiente della rivolta di tutto il Po Grande nel ramo di Venezia ».
158. Su questo particolare osserveremo che, giusta la Cronichetta di Ferrara,
verso il 1300, un secolo e mezzo dopo la rotta di Ficarolo, il ramo di Venezia
era di una portata pressoché eguale a quella del Po di Primaro, ivi chiamato
Fossa (§ 90), e poiché in quel documento si parla del Po di Volano siccome del
Po antico (Padus vetus), abbiamo supposto che allora fosse tuttavia di portata
prevalente a quella di ciascheduno degli altri due suoi rami, cosicché la por-
tata del Po di Ferrara poteva considerarsi equivalere ai tre quarti di quella
totale del Po , e quindi al triplo di quella del ramo di Venezia (3). Dal 1460
al 1535 s'introdussero, come vedemmo, nell'ultimo tronco del Primaro, i tor-
renti Santerno, Senio e Lamone, e vennero difese da argini le valli di Comacchio;
ma al disotto della valle S. Martino , quindi a poca distanza della Punta di
(1) Scritture III e V sulla linea del Po Grande.
Raccolta di Bologna T. II, pag. 128 e 137.
(2) Ivi, pag. 252.
(3) Vedasi la precitata mia Memoria del 1852
Dei cangiamenti ecc. § 13.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 283
S. Giorgio, rimaneva tuttavia disarginata la destra di quel ramo del Po circo-
stanza che doveva influire sulla chiamata delle acque del Po di Ferrara
159. Giusta la precitata Crocchetta, da Ficarolo alla Polesella il Po alla si-
n.stra si espandeva nel 1300 in molteplici canali circondanti una serie d'isole
del Polesine di Ficarolo, lo che doveva concorrere ad invitare la corrente del
lo in quel ramo. Ma a quanto pare, intorno alla metà del secolo XV sareb-
besi formata l'arginatura continua del Po di Venezia (1), ed il braccio delle
Fornaci si sarebbe inoltre proteso in mare con un notevole promontorio fuor
del cordone litorale, in guisa che fino dalla metà del secolo XVI se ne propo-
neva la d.versione ad indennità dei porti veneti (% HO) che erano minacciati
ci arenamento. Ne consegue che questo arginamento della sinistra del Po di
Venezia , ed il mentovato protendimento delle sue foci dovevano moderare la
chiamata delle acque in quel braccio.
160 L'immissione del Reno in Po presso Porotto venne bensì concessa dal
Duca di Ferrara colla convenzione del 1522 , ma essa ebbe effetto nel 1520
soltanto Se egli faceva una tale concessione era naturale che partisse dal fatto
che quel ramo del Po era tuttavia ricco d'acque ed atto ad una comoda
navigazione. Assicurasi appunto che la sua profondità fosse di 18 a 20 piedi
d. Ferrara (7m,20), e vi ha inoltre il fatto che nel 1509 fu percorso dalle 15
galere tolte ai Veneziani (§ 127). È quindi verisimile che allora vi si scari-
casse da una metà ad un terzo delle acque del Po, e che se non vi si fosse in-
trodotta alcuna alterazione, quel braccio potesse continuare ad essere attivo per
qualche secolo; molto più se coli' arte si fosse ristretta l' imboccatura del Po di
Venezia presso Ficarolo, come venne di poi inutilmente tentato
161. Nel 1538 invece, dodici anni soltanto dopo l'effettuata immissione del
Keno, fu spedito, come dicemmo, in luogo monsignor de Medici, che riconobbe
interrato in notevole misura quel braccio del Po (§ 127). Nel settembre del
1542 vi si sarebbe inviato monsignor Strassoldo ; nel novembre di quell'anno
sarebbe avvenuta una rotta del Reno alla Pieve di Cento ed altra presso la
sua foce , di modo che per lo spazio di 22 mesi rimasero divertite dal Po le
acque del nuovo tributario.
162. Dopo il luglio 1544, in seguito ad una nuova visila di monsignor de
Jedic, furono dal Duca d, Ferrara inviati a Bologna i suoi periti, che presen-
twLrttm Re'aZ'0neS ""° T deI P° di F™' ,a^aIe si è conservata
dall Aleniti (2). Dicesi m che dopo l'immissione del Reno in Po si è andata
perdendo rapidamente la navigazione a valle della sua foce in lunghezza di
venti migha, ove le acque discendevano torbide, cosicché il Po di Primaro sotto
(1) Il Frizzi nelle precitate Memorie storiche di
Ferrara (T. IV, pag. 31) dice che Prisciano Pri-
sciani, padre del celebre cronista Peregrino, e fat-
tore generale del Duca Borso , liberò da molte ac-
que il Polesine di Rovigo, al qual fine sembra aver
egli fatto compiere l'arginatura sinistra del Po di
Venezia. Questa operazione avrebbe avuto luogo
intorno al 1460. Il completo bonificamento di quel
territorio sarebbesi poi operato da Enzio Bentivo-
glio, figlio di Cornelio, nel 1609, dopo il taglio
veneto del Po a Porlo Viro (ivi, T. V, pag. 52).
(2) Memorie precitate del Canonico Bertoldi ar-
gentano, del 1807, pag. 37 e seguenti.
984 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
la punta di S. Giorgio potevasi attraversare a guado e non era più praticabile
se non da barchette vuote. Nel tempo in cui rimase divertito il Reno dal Po
a cagione delle mentovate rotte scemò 1' osservato interramento , venendo in
parte° escavato dalle acque del Po. Queste circostanze di fatto risultavano dagli
scandagli praticati alla presenza di monsignor Strassoldo anteriormente alle
rotte del Reno, e dai posteriori ordinati da monsignor de Medici durante la
diversione di questo, che, malgrado tali prove, si dovette restituire al Po nel-
l'autunno del 1544.
165. Nel 1577, come vedemmo, il cav. Paciotto (1) rilevo aver progredito
l'interramento del Po di Ferrara in guisa che avvenendo piene di Reno e di
Panaro mentre Po era basso, le acque rivolgevansi con moto retrogrado verso
la Stellata; talché nel 1595 il duca si determinò a chiudere con cavedone il
Po di Primaro alla punta di Sant Giorgio. Degli ulteriori interramenti del Po
di Ferrara abbiamo dato un cenno dal § 127 al 152. Vedemmo ivi come in-
torno al 1580 D. Scipio De Castro riferisse a Gregorio XIII che gli interramenti
del Po di Ferrara non dipendevano dall'immissione del Reno in Po, tesi la
quale fu propugnata un secolo dopo dal celebre Guglielmini. E quello che è
più strano ancora si è il vedere come questi, volendo provare l' innocuità del-
l'immissione del Reno in Po Grande, faccia l'apologia di quella Relazione, e si
appoggi al principio in essa proclamato ne' termini che seguono:
164. « Finalmente, per convincere che il Po della Lombardia non è inter-
« rito, e che l'introduzione del Reno non potrà cagionarvi o accrescervi l'al-
ce zamento, basterebbe addurre quella famosa regola generale provata così ner-
« vosamente e diffusamente da Don Scipio De Castro che fiume non interrisce
« fiume ; non di meno per maggiormente assodare tal verità si osservi che i
« fiumi che hanno poc' acqua, hanno ancora più caduta naturale, e profondità
« e larghezza d'alveo minore, e che all'accrescersi di nuove acque s' accresce
« altresì e V una e 1' altra, ma per lo contrario si diminuisce la caduta.
« A questa ragione che pure è senza replica , non avendo più luogo la di-
« stinzione dei fiumi torbidi e chiari, s'accorda mirabilmente l'esperienza.
« Dopo che Panaro fu rivoltato interamente al Po è notorio che l'alveo di
« questo a Lagoscuro s'è considerevolmente allargato, e lo dimostrano le ro-
« vine di qualche fabbrica e l'esistenza de' due froldi, uno a destra, l'altro a
« sinistra nella medesima dirittura. Il profondamento egualmente si manifesta
« dal confronto degli scandagli fatti nella visita di monsignor Corsini (1625)
« con quelli fatti nella presente (1695) » (2).
(1) Vedi l 127. Anche P ingegnere milanese Am-
brogio Lonato nella sua Relazione dell'ottobre 1578
dichiara la stessa cosa (Corradi, opera precitata
pag. 76).
(2) Raccolta precit.,T. II p. 127. Nella scrittura XII
alla pag. 188, dove il Guglielmini intende provare
che il Po Grande è destinato dalla natura ad acco-
gliere il Reno e gli altri torrenti della Romagna,
soggiunge : « essendo certissimo che il Santerno
« quando sboccava alla Rossetta (presso la Bastia),
« trovando nelle sue piene il Po basso , scorreva
« con tutti gli altri fiumi del Bolognese alla Stel-
« lata pel Po di Ferrara ». Io considero impossi-
bile questo fatto, per le ragioni che verrò addu-
cendo, e suppongo che il Guglielmini sia stato
tratto in errore da alcune espressioni dell' Aleotti
alla pag. 16 della sua Difesa. Ove questi parla del
Po di Primaro e degli interramenti portativi dal
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 285
165. Dunque anche il Guglielmi™, come di poi il Manfredi, attribuiva i di-
latamenti ed approfondamenli del Po Grande ai solo Panaro , nulla dicendo
dell' assorbimento in esso di tutte le acque del fiume coli' abbandono del Po
di Ferrara, che si manifestò ne' suoi effetti con frequenti rotte nel secolo XVI
anteriormente all' immissione del Panaro, al confronto della quale doveva quello
essere di un'efficacia immensamente maggiore. Che il sommo idraulico fosse
persuaso di quanto diceva, ho fondato motivo di non crederlo, né mi sarà dif-
ficile offrirne la prova.
166. In un suo opuscolo inedito, pubblicato nella Raccolta di Bologna col
titolo Punti da considerarsi quando si vogliono fare nuove inalveazioni di fiumi,
è detto (1): « Che le cadenti di tutti i tributarj si uniscano proporzionalmente
« alla cadente del fiume recipiente, e che perciò non portino una terra dif-
« ferente da quella che porta il fiume reale ; e forse dalla natura sono stati
« respinti dai tributarj , che vi entrano lateralmente nei siti di mezzo alle
« valli, come è succeduto al Po che una volta correva verso la terra (torre)
« dell9 Uccellino , e fu poi respinto sino sotto Ferrara , ed ultimamente nel
ramo di Venezia ».
Il primo di que' fatti si riferisce al ramo Spinetico , del quale, secondo il
Biondo, rimaneva la traccia presso la torre dell'Uccellino in uno con quella
del Reno che vi avrebbe influito ('2), ed il secondo all'abbandono del Po di
Ferrara. L'espressione respinto parrebbe indicare uno spostamento d'alveo, lo
che non è avvenuto, essendo rimasta invariata la giacitura di que' due rami
del Po fino al loro abbandono; giacitura che pel Po di Ferrara, da cui
usciva il Volano e da questo si diramava il braccio del Po che formò il
promontorio di Comacchio , dimostrammo risalire verisimilmente alla venuta
degli Etruschi. L'azione del Reno nel respingere e l'uno e l'altro ramo del
Po dovette necessariamente limitarsi alle loro acque, che vennero espulse
da' suoi interrimenti. In ciò si avrebbe adunque la prova che la famosa re-
gola, fiume non interrisce fiume, non sta nel senso generale che si voleva
prestarle, e che nell'abbandono del Po di Ferrara il Reno non fu del tutto
innocente.
Reno , dice : « Chi vi ha portato dunque dentro
« l' interrimento grandissimo che vi è da Ferrara
« fino al Traghetto? Supposto che il ringurgito
« del fiume Santerno abbia interrito dalla sua foce
« in sii, mentre sostentato dai fiumi inferiori cor-
fi reva verso Ferrara , trovando impedita l'uscita
« sua al mare dalle fiumane inferiori ». Qui devesi
intendere che il Santerno si rivolgeva nella dire-
zione di Ferrara fino al Cavedone di Marrara nei
primordj delle sue piene, avanti che si elevasse il
livello delle prossime valli per quelle dei torrenti
del Bolognese. E difatfi nel calcolo delle escava-
zioni che fa l'Aleotti pel suo piano precitato (ivi,
pag. 99) indica brevissimo il tratto d'interrimento
del Primaro cagionato dal Santerno amonte della
Bastia, ossia del Fossato Zaniolo. Il Reno non ha
cominciato a volgersi a ritroso nelle sue piene alla
Stellata se non verso il 1577, quando eccessivo si
fu l'interramento al!a biforcazione della Punta di
San Giorgio. È perciò naturale l'inferirne l'impos-
sibilità che il Santerno superasse quel mostruoso
dorso per rivolgersi alla Stellata e quindi al mare,
seguendo una linea lunga 160 chilometri, quadrupla
così di quella che doveva percorrere dirigendovisi
per la foce del Primaro , superato l' interramento
che aveva deposto sulla riviera di Filo, di gran
lunga più depresso di quel dorso.
(1) Raccolta 'di Bologna, T. II. pag. 356.
(2) Vedi la nota al 8 104.
286 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
467. Questa tardiva confessione lasciata in uno scritto postumo dimostra l'im-
pero che esercita la verità sull'animo del dotto, e la ripugnanza che deve
provare quando se ne scosta, spintovi dalla passione nel sostenere una causa
non giusta. Essa rassomiglia all' eppur la si muove dei Galileo.
XXI. Stabilimento del fondo de' fiumi, e fenomeni relativi.
168. Nella Nola finale (I) alla mia memoria del 1858 sulle inondazioni della
Francia ho esposte le regole additate dal Guglielmini sullo stabilimento del
fondo de' fiumi, dimostrando con un serie di esempj come venga comprovata
dal fatto la principale di esse, che la pendenza dell'alveo va scemando collo
scemare la mole delle materie costituenti il fondo, e coll'accrescersi la portata
del fiume ed il grado di sua perennità. In quanto al limite invariabile cui
giungono le ghiaje ne' fiumi stabiliti di corso ho notato come ciò si combinasse
in casi determinati con un costante livello del fondo riscontrato per una serie
di secoli. E poiché ad ogni piena, continua è la discesa delle ghiaje, sia dai
tronchi superiori, sia nello spostamento di quelle costituenti l'alveo, non potei
a meno di appalesare il dubbio che la collisione di esse in tali movimenti
potesse bastare ad effettuarne il consumo. Ho quindi supposto che abbia a
concorrervi la lenta decomposizione de' sassi, abbenchè non se ne riscontri
traccia riconoscibile (1).
169. 11 Guglielmini ammette anche l'attenuamento delle sabbie, nel qual
caso la collisione vi entrerebbe per poco; dicendoci: « È ancora probabile
« che l'arena medesima possa andare col lungo corso de' fiumi cosi assotti-
« gliandosi che possa paragonarsi alla terra » (2).
170. Ma in punto all'azione delle acque chiare e delle acque torbide sul
fondo de' fiumi egli si astiene sempre dal farne distinzione, e si ha motivo di
(1) Che i sassi ed i ciottoli vadano soggetti a
decomposizione , talvolta in breve tempo, lo com-
proverebbe il fatto riportato dal marchese Pareto
nella Memoria Sui torrenti ecc. (Giorn. dell'Ingeg.-
Arch., anno 1866) ove dichiara che particolarmente
ne' monti della Liguria, si riducono a cultura di
viti e di alberi fruttiferi le ripide pendici franose
costituite da sassi , riducendole con muriccie a ter-
razzi disposti a scaglioni. Questi , dopo un certo
numero d'anni, si coprono di uno strato di terra,
coltivabile anche a cereali e legumi, proveniente
dalla decomposizione dei sassi. Alla stessa causa
sembra doversi attribuire il fatto che i torrentelli
Iributarj del Trasimeno, quantunque provenienti
dalle prossime pendici di monti rocciosi, dopo un
corso di pochi chilometri non trasportano al lago
che sole terre e sabbie (Memoria sul prosciugamento
del Trasimeno, Perugia 1864, pag. 59).
Nell'immensa pianura alluviale, o diluviale subal-
pina, è notorio che generalmente le ghiaje superfi-
ciali hanno un colore ocraceo, e chiamansi ghiaje
morte, attesa la loro friabilità, per cui non si ado-
perano nella manutenzione delle strade. Un fatto
veramente curioso accennato dal Breislak , ed in-
nanzi a lui dal Brocchi , è quello di ciottoli di
granito o di porfido che si rinvengono nei vasti
depositi di argilla ocracea di questa pianura, ri-
dotti a tale stato di mollezza, da potersi agevol-
mente tagliare in fette col coltello. Su quegli im-
mensi depositi di ghiaie mi è sovente occorso di
trovare ciottoli di granito che riducevansi in mi-
nuti frammenti e perfino in sabbia col solo sfrega-
mento delle dita. Da questi fatti raccogliesi che
non solo l'alternata azione del gelo combinata col-
l' assorbimento dell'acqua è cagione efficacissima
di decomposizione delle roccie, ma che vi concor-
rono altre cause, i cui processi sono tuttavia un
mistero per la scienza.
(2) Della natura de' fiumi , Gap. V. Raccolta di
Bologna, T. I, pag. 129,
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 287
credere, dopo gli esempj addotti, che tale astensione si legasse alla causa da
lui propugnata. Se sopra una spiaggia di sabbia in prossimità dell'acqua d'un
fiume si pratichi un cavo, si vede questo, mano mano che procede 1' escava-
zione, riempirsi di nuovo colla sabbia che vi affluisce dai suo contorno in forma
di una corrente semiliquida. Questa deve essere analoga a quello strato di sab-
bia che si moverà sotto l' impulso della corrente sul fondo del fiume a seconda
della maggiore o minore velocità delle acque (1). Quando esse saranno lim-
pide è naturale che, a circostanze pari, la loro miscela colle sabbie debba
accrescerne la mobilità al confronto di quanto avverrebbe ove fossero tor-
bide. Imperocché nell'ultimo caso il sottile lezzo che s'introduce negli inter-
stizi delle sabbie deve naturalmente diminuire la fluidità di tale miscela , ed
accrescere perciò la resistenza al moto. Io sono quindi persuaso che il torbi-
dume delle acque equivalga ad un incremento di mole delle particelle sabbiose
per resistere al loro trasporto, od in altri termini che l'azione escavatrice, a
circostanze pari, sia molto più energica nelle acque limpide, che non nelle
torbide.
XXII. Navigabilità del I»o in relazione al reggime de' suoi
affluenti dell'Alpi e dell'impennino.
171. Di tale opinione sembra fosse anche l'onorevole mio amico Brighenti
allorché tanto nella sua Memoria del 1845 sulle cuore di Longastrino (pag. 52),
quanto in quella sul Reno dei 1855 diceva che il fondo del drizzagno di Lon-
gastrino è mantenuto depresso dalle acque chiare delle chiaviche bolognesi
e della Romagna, dovendo supporre che non facesse dipendere ciò dalla °sola
loro perennità e portata, ma eziandio dalla loro limpidezza. Ora nella nuova
sua Memoria si atterrebbe ad un principio diverso.
172. Al § 19 di essa egli osserva: « Quindi non saprei dire se i torrenti
« che dall' Apennino si versano nel Po giovino a mantenerne più profondo
« l'alveo, o i fiumi lacuali; e sarei tentato a pensare che questi perchè lon-
« lanissimi nella vastissima capacità del recipiente comune, si assottigliereb-
be bero tanto senza quelli, da renderne impossibile la navigazione nella maggior
« parte deli' anno. Ma non ardisco fermarmivi, perchè non credo che la idrau-
« lica dei fiumi sia tanto innanzi, e vantaggiata dal Guglielmini fino a noi da
« poterne parlare con fiducia ».
175. Io invero non scorgo tante difficoltà a risolvere la questione sopra dati
abbastanza positivi, valendomi di quelli statistici pubblicati nelle mie Memorie
(1) Dopo la piena di un fiume che corre in sab-
bia, le alluvioni vedonsi ondulate alla loro super-
ficie , che rassomiglia ad un trappunto. I piccoli
cumuli di sabbia o limo che si scorgono, sono for-
mati da spalti dolcemente inclinati a monte , e più
ripidi a valle , sui quali avviene il lento trasporto
delle materie. Io sono d'avviso che ciò si verifichi
col massimo rallentamento della corrente mano mano
che va abbassandosi il livello delle acque fino a
lasciare scoperta l'alluvione; ma che nel thalweg,e
nelle altre parti ove la corrente è viva, il trasporto
delle materie avvenga in massa nel modo di sopra
accennato.
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
concernenti il Po, co'suoi affluenti, ed in particolare il Ticino e l'Adda (1). Per
gli opportuni confronti poi mi varrò eziandio di quelli pubblicati dal Brighenti
rispetto al Reno pei sette anni dal 1849 al 1856 (2). Questi ultimi dati non
vennero da lui riassunti, cosicché sarebbero rimasti numeri morti, al che ho
supplito formandone appositi prospetti dai quali si possono dedurre, come
vedremo, conseguenze importanti rispetto al reggime del Po, degli attuali suoi
affluenti deh'Apennino e del Reno, il modulo del quale risulterebbe di 52,50
m. e. Questo così darebbe il coefficiente astratto di 0,050 pei suo bacino mon-
tuoso della superfìcie di chil. q. 1082, mentre quello del Panaro e della
Secchia venne supposto di 0,028 (5).
174. La somma dei moduli degli affluenti dei Po, fatte le rettificazioni della
scala padimetrica di Ponlelagoscuro proposte dal Possenti, di cui parleremo
più avanti, risulterebbe di 1755 m. e. in luogo di 1720 dapprima calcolati, dei
quali 245 m. e. corrisponderebbero al cumulo dei moduli degli affluenti del-
l' Apennino dalla Scrivia al Panaro ; 607 m. e. a quelli dei fiumi alpini del
Piemonte, ed 885 m. e. a quelli dei fiumi lacuali della Lombardia. Presa l'u-
nità per rappresentare ii complesso di tali moduli, quelli dei fiumi dell'Apen-
nino lo sarebbero da 0,14 ; quelli dei fiumi alpini dei Piemonte da 0,55 ; e
quelli dei fiumi lacuali da 0,51. La somma dei moduli degli affluenti dell'Apen-
nino starebbe quindi a quello del Reno nel rapporto di 7,5:1; cosicché in via
d'approssimazione moltiplicando per 7,5 i dati dei deflussi del Reno potremo
considerarli equivalere a quelli analoghi del complesso degli affluenti stessi.
175. A fronte dei deflussi medj del Po, presi per unità, quelli degli affluenti
deli'Apennino sarebbero di 0,29 nei mesi di gennajo e febbrajo; di 0,15 a 0,20
nei mesi di marzo ed aprile; di 0,11 nel maggio; di 0,07 nel giugno; di 0,05
nel luglio e nell'agosto; portandosi a 0,06 nel settembre, a 0,16 nell'ottobre
a 0,25 nel novembre ; ed a 0,20 nel dicembre. Quei deflussi dipendono prin-
cipalmente da piene effimere di uno a due giorni, avendosi pel Reno nelle
medie mensili del settennio fra le medie dei minimi, dei medj e di massimi,
i rapporti di 1 : 5 : 56, in gennajo e febbrajo ; di 1 : 4 : 54 in marzo aprile e
maggio ; di 1 : 10 : 29 in giugno ; .di 1 : 2 : 40 in luglio ed agosto ; di 1:6:16
in settembre ; di 1 : 11 : 158 in ottobre ; di 1 : 7 : 92 in novembre e di 1 : 11 :
64 in dicembre.
176. Ne' fiumi lacuali invece i deflussi sono pochissimo variabili, stando pel
Ticino i minimi, medii e massimi, nella magra dal dicembre al marzo all' in-
circa come 1 : 1,20 : 1,70; nell'aprile come 1 : 1,68 : 2,44; e nel maggio, al prin-
(1) Cenni idrografici nelle Notizie naturali e ci-
vili sulla Lombardia precitate. Vedansi anche le
mie Memorie sui progetti di canali irrigui pel Cre-
monese e per la valle del Po , come pure per la
sistemazione dei laghi di Mantova.
(2) Effemeridi delle altezze e delle portate del
Reno dall'anno 1849 al 1856, unite alla Relazione
sulla sua livellazione, Roma 1857. Nel prospetto^
si dà il riassunto delle portate medie.
(3) Notizie naturali e civili precit. prospetto XI.
In quel prospetto la superfìcie montuosa del bacino
del Panaro si indica di chilom. q. 1053; ma retti-
ficata la misura nel 1847 dall'ufficio del Genio
Militare in Modena, mediante le carte topografiche
originali, si sarebbe ridotta ad 873 chilom. q. Per
la Secchia non vi sarebbe divario sensibile. Vedasi
la mia Memoria Sulla pianura subapennina ecc,
al 8 15.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 289
cipio della piena estiva, come 1 : 1,51 : 2,37. In tale piena per la seconda
quindicina di maggio la somma dei deflussi unitarj dei fiumi lacuali si porta
dai 900 ai 1100 m. e; nel giugno dai 1320 ai 1420 m. e; nel luglio dai
1000 ai 1220 m. e; nella magra estiva dell'agosto dai 900 agli 860.
177. Rispetto alla navigabilità del Po, quando nelle magre ordinarie i
deflussi sono pressoché costanti , si approfonda il solco del thalweg e si può
continuare la navigazione anche nel tronco più difficile dalla foce dell' Oglio
a quella del Ticino con stati d' acqua da 4m , o 4m,50 sotto guardia a Ponte
lagoscuro; riescendo più ardua in acque più basse. La magra ordinaria si ha
di solito dal dicembre al maggio. Quando per altro in tale periodo avvenga
qualche piena effimera dei fiumi dell'Apennino spostasi la direzione del filone,
e colla torbida che trasportano colmano il preesistente solco del thalweg senza'
avere tempo che basti per escavarne uno nuovo ; cosicché, rimanendo incerta
la posizione del canale praticabile, anche in istati d'acqua più elevati avven-
gono con frequenza arrenamenti. Ciò mi constava per esperienza di una serie
d'anni sul Po dietro informazioni che assumeva dai panni delle barche- ed
ebbi l'opportunità di constatarlo mediante il diario di 54 corse fatte dai 'due
piroscafi Pio IX , e principessa Clementina della ditta Perelli e Paradisi dal
gennajo 1847 al febbrajo 1849. A tal uopo al diario apposi gli stati d'acqua
contemporanei alla Becca presso Pavia ed a Pontelagoscuro. Fra i fatti più
notevoli vi fu quello che il 14 febbrajo 1847, mentre il Po segnava a Ponte-
lagoscuro 3m,16 sotto guardia, quindi 2'",46 sulla massima magra, alla foce
del Panaro presso la Stellata fu mestieri alleviare le gabarre arrenate lo che
dipendette verisimilmente da un dorso di sabbia depostovi da quel 'torrente
in una piena passeggiera del 1.° febbrajo, che si elevò a 0m,50 sotto guardia
178. Dalle circostanze di fatto preaccennate chiaro emerge che per gli af-
flussi dei tributarj dell' Apennino di carattere torrentizio, e generalmente effi-
mero, avverrà un assottigliamento di portata, ma non già per quelli dei fiumi
acuah di carattere permanente, pei quali il riempimento dell'alveo del Po non
ha misura apprezzabile anche nelle, piene estive della durata , non di qualche
giorno , ma di parecchi mesi , nel qual periodo le acque rimangono di solito
contenute fra le piarde ed il loro livello non va soggetto a notevoli oscilla-
zioni Nelle maggiori piene autunnali e di primavera, quando vengono inon-
date le sue golene sopra un immensa superficie, ha luogo un attenuamento di
portala anche pei fiumi lacuali, ma senza alcuno danno, poiché in tali circo-
stanze rimane sospesa la navigazione, lo che si limita per termine medio ad
un periodo d. soli 21 giorni. Rimane con ciò dimostrato che mentre gli af-
flussi de. fiumi lacuali favoriscono in grado sommo la navigazione del Po e
^scavazione del suo letto, da quelli dei fiumi dell' Apennino si ha sempre al-
Lrt syjsts^if' coImano n ■*?»'• e -- {—
le tenute roed,e del fiume ali tornei™ di ! nella quale si espongono le cause peroni non ebbe
290 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
XXIII* Esame della questione : Se il fondo del Po vada
elevandosi presso la foce del Panaro, e se raggiunta
del Beno afofoia ad accrescere l'alzamento.
179. L'ispettore Scotini, partendo dal fatto che a 19 chilometri sotto la
Rotta Panfilia il fondo del Reno sarebbe secondo lai costituito di belletta e
fina aggestione, esclude la possibilità che all'eguale distanza^ esso abbia ad
interrare il Po, ammesso pure che porti commista qualche po' di sabbia (§ 9) ;
e nota che a monte ed a valle della Stellata, dopo ricevuto il Panaro, il gran
fiume conserva sgombrato il letto dalle sabbie.
180. 11 professore Turazza giungerebbe ad un eguale conclusione, anche ai
confronto delle portate integrali delle piene del Reno e di quelle del Po che
calcola stare nel rapporto di uno a trecentoquarantasette. A questo risultamene
egli perviene col supporre che una piena del Reno non duri che 21 ore, par-
tendo dallo stato di zero e col farvi ritorno, stando per esso i deflussi minimo,
medio e massimo nei rapporti di 1 : 12 : 220. Per il Po invece suppone la
durata di una piena di 60 giorni col partire egualmente da zero e ritornarvi,
avendosi per esso i rapporti di 1 : 5 : 15 fra i deflussi minimi, medj e mas-
simi. Io per altro non potrei ammettere i dati di questo calcolo, e ritengo
che una delle maggiori piene dipendente da un determinato fenomeno meteo-
rico abbia a calcolarsi per l'uno e per l'altro fiume partendo da uno stato
ordinario, ossia medio.
181. Qualora la portata relativa delle piene si volesse proporzionare ai mo-
duli della parte montuosa dei rispettivi bacini , quello del Po sarebbe , giusta
il prospetto XI delle Notizie naturali e civili precitata di 1549 m. e. e quello
del Reno-Samoggia di 38,62 m. e, i quali starebbero fra loro nel rapporto
di 1:40. Che se si volessero invece assumere pel confronto i moduli totali di
entrambi i fiumi, si avrebbe per il Po 1755 m. e. e pel Reno-Samoggia 40
m. e, che starebbero fra loro nel rapporto di 1 : 43 (1). Ove poi si avesse a
raffrontare la portata integrale di una delle maggiori piene del Po con altra
del Reno, il calcolo relativo lo istituirei nel modo che segue.
esito felice l'impresa del Lloyd Austriaco nella na-
vigazione del Po con rimorchiatori a vapore.
Gli studj sulla navigazione di questo fiume li feci
nel 1849, quando presi parte col ministro barone
de Bruck alle trattative cogli Stati di Parma e di
Modena, onde renderla libera a termini dei vigenti
trattati. Malgrado una salute affranta, e l' impegno
della direzione delle opere pubbliche per la Lom-
bardia, ed in quel torno anche per le provincie
venete, mi vi era applicato con fervore, intendendo
di pubblicare in proposito una Memoria. Ma isti-
tuitasi nel 1850 una commissione internazionale per
la libera navigazione del Po, me ne astenni. A tale | tuosa del loro bacino , e 0,006 per la parte piana.
commissione apparteneva il Brighenti qual commissa-
rio pontificio, e per cinque o sei anni egli risiedette
in Ferrara come preside dell'uffizio permanente di
essacommissione.Se in quell'occasione avesse fatte
ricerche simili alle mie, egli ne avrebbe sicuramente
avuti risultamenti analoghi, e non gli sarebbero
sorti i dubbj da lui esposti circa al reggime del Po
e de'suoi affluenti, in relazione alla sua navigabilità.
(1) Vedi 1' osservazione al § 174 rispetto al mo-
dulo totale del Po. In quanto a quello del Reno-
Samoggia si è ricavato coi coefficienti astratti 0,03
pel primo, e 0,018 per la seconda, nella parte mon-
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 291
181 Nel prospetto B espongo la portata integrale delle maggiori piene del
^7 "i jMlf6 rPerÌ°re aHa gUai'dÌa aI1' Ìdr0metro di Pontelagoscuro dal
1807 al 1867, e fatta astrazione di quella del 1839, che sarebbe una succes-
sione di quattro piene parziali, nelle più forti di esse si avrebbe la durata di
21 giorni con una portata integrale di 8500 milioni di m. e. Supposto che si
prolungasse la piena in crescenza e decrescenza di altri 20 giorni, partendo
da lo stato ordinario, o medio di 1735 m. e, a 2m,86 sotto guardia, fino a re-
st.tuirv.si, e che in tale periodo il deflusso integrale fosse di altri 4500 milioni
di m.c, ne risulterebbe il deflusso integrale di 13000 milioni di m e
183 Rispetto alla portata integrale di una delle maggiori piene del Reno
il Brighelli, la calcola nell'allegato XIII della precitata livellazione in 76 mi-
lioni di m. e, partendo dalla piena ordinaria di 288 m. e, anzicchè dallo
stato ordinano d. 32 m. e. Il bacino montuoso del Reno e della Samo-ia è
d. chilometri quadrati 1387, de'quali 560 nel colle, ed 827 nella regione al-
pestre mentre quello del Panaro è di 872 chilometri quadrati, de'quali 550
nel colle e 340 nella parte alpestre. Le piene di Reno-Samoggia dovrebbero
quindi superare in portata di oltre il 70 per •/, quelle del Panaro. Ora la
portata in egraie della piena di questo del 1842 fu da me calcolata, partendo
da uno stato più che ordinario, in 109 milioni di m. e. (1) cosicché nel
Reno-Samoggia si dovrebbero avere almeno 185 milioni di m e La piena in
tegrale del Reno starebbe quindi in portata a quella del Po nel rapporto dì
1:70; rapporto che considero esagerato rispetto al Po al confronto di Quelli
preaccennati pei moduli montani e pei totali dei due fiumi, i quali sembrano
maggiormente attendibili. Tutti poi sono ben lontani dal rapporto di 1 • 34?
calcolato dal professore Turazza
184. Nella mia Memoria precitata del 1852 (§ 8), dietro le indagini istituite
m, sarebbe r.sultato che a Pontelagoscuro la magra massima del 18 7 ^
rebbe stata per lo meno di 0m,52 più elevata di quella del 1721 Ivi nella
tav. , B dava il prospetto delle massime magre annuali dal 1807 al 1851 sud
divise in decennj, ed al § 12 conchiudeva che in tale periodo non si avrebbe
un certo indizio di alzamento o di abbassamento della magra massima annuale.
Ma avendo d. pò. reso più completo quel prospetto fino al 1866 (Prospetto C)
quindi per sessantanni, ponendo a confronto la media del primo con quella
oAC64 Si lm° f 3Vrebbe Ìfl qU6St0 "" »'*— medio di magr
di 0 ,164. Sta pò, a vedersi se non sia avvenuta un'alterazione di portata
uè la magra stessa che dovrebbe consistere in una diminuzione, dalla qu
conseguirebbe un maggiore alzamento di fondo q
^!LSJ.qUeSn0rnÌC°lare l0 SC°tÌnÌ °SSe,Ta al § 56 delIe *™ Memorie
rtrauhche. « Del par, m ogn, paese la mano dell'uomo venne aprendo
(1) Memoria precitata Sulla pianura subapennina
ecc Prospetto V. Applicando i coefficienti astratti
0,025 per la parte montuosa in colle, e 0,033 per
quella nella regione alpestre , ne risulterebbero i
moduli 24,47 m. e. pel Panaro, e 41,29 m. e. pel
Reno-Lamoggia, che si approssimano a quelli dianzi
calcolati, con un eccesso nell'ultimo del 70 p. 100.
292 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
« perenne deflusso a quelle acque che per lo passato impaludavano vasti ter-
« ritori or guadagnati all' agricoltura. E certo tale perenne deflusso di scolo
« delle acque, che per lo addietro stagnavano sulle valli, doveva inevitabil-
« mente accrescere la portata ordinaria anche delle acque magre del fiume e
« la conseguente sua altezza viva di deflusso sul letto, e pertanto nemmeno
« la maggiore altezza di stato magro del fiume se pure fosse vera non fa-
ce rebbe' punto prova che siasi rialzato il letto per interrimento ». L'osserva-
zione starebbe considerando la cosa siccome semplice circostanza concomitante
per le magre ordinarie , la portata assoluta delle quali però risulterebbe sen-
sibilmente diminuita, giusta quanto appare dai fatti esposti nella precitata Me-
moria dell'illustre Paleocapa. Essa poi non varrebbe per le magre massime,
le quali non avvengono se non in circostanza di siccità estrema, quando i ca-
nali di scolo sono perfettamente asciutti , come potei scorgere nella memora-
bile magra dell'aprile 4825, durante la quale si veniva ad attingere con botti
acqua potabile al Po dalla distanza di cinque a sei miglia. In tali circostanze
i deflussi del Po si riducono quasi esclusivamente alle acque di sorgiva, la cui
copia va pur troppo scemando per effetto dei diboscamenti. Un'estrema siccità
ebbesi egualmente in tutte le magre maggiormente pronunziato verificatesi in
sessant'anni, indicate nel prospetto C (1). Se ne inferisce perciò che le medie
de' minimi annuali, e molto più le medie dei minimi più notevoli per un cosi
lungo periodo debbano porgere un fondato criterio sull'alterazione avvenuta
nel fondo del fiume. Quella di cinque di essi pel primo trentennio sarebbe di
- 5,528, e pel secondo trentennio di - 5'V20, lo che darebbe un' alzamento
di magra di 0m,428 a Pontelagoscuro.
486. Nella Notizia che ebbi a porgere sulla piena de' fiumi della Lombardia
avvenuta dal 54 ottobre al 2 novembre 1855 (2), osservai in una nota che
nelle due magre del 4852 e del 4854 si avrebbe avuto un eguale alzamento
sulla massima5 del 1847 tanto a Pontelagoscuro quanto ad Ostiglia , ma che a
Sermide ed alle Quatrelle , presso la foce del Panaro, si ebbe una maggiore
elevazione da 0m,50 a 0m,40, che sarebbe stata indizio di un maggiore alza-
mento di fondo in queste due stazioni. Avendo continuato le osservazioni ai
quattro idrometri per i dodici anni successivi fino alla magra del 4867, giusta
il prospetto D rispetto alle sette massime di esse, partendo dai 4854, riferite
ad Ostiglia, si avrebbe per la loro media un maggiore alzamento di Om,44 a
Pontelagoscuro; di 0m,40 alle Quatrelle; e di 0ra,506 a Sermide, lo che par-
rebbe indizio di un alzamento massimo di fondo presso la foce del Panaro (5).
(1) Anteriormente alle maggiori magre ivi no-
tate si ebbero di pioggia a Milano nel trimestre
febbraio-aprile 1817, millimetri 29: nel quadrime-
stre gennaio-aprile 1825, mill. 83,5; nel febbraio
e marzo 1834, mill. 54; nel trimestre gennaio-
marzo 1835, mill. 108; nel bimestre marzo-aprile
1844, mill. 45; nel trimestre marzo-maggio 1852,
mill. 58,5; nel bimestre febbraio-marzo 1854, mill. 1;
in luglio e agosto 1864, mill. 31,3.
(2) Giornale dell' I. R. Istituto Lombardo delle
Scienze, T. Vili.
(3) Il signor Malacarne, ingegnere in capo di
Mantova che gentilmente mi offrì i dati idrome-
trici posteriori al 1852, mi assicura che le altezze
delle magre ai rispettivi idrometri si sono prese
esattamente mediante appositi capisaldi nel canale
vivo del fiume, all'estremo delle canalette delle
chiaviche; siccome io stesso in quell'anno aveva
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 293
187. La chiavica delle Quatrelle fu ricostrutta verso il 1611 da Gabriele
Bertazzolo pressoché contemporaneamente alla costruzione del sostegno di Go-
vernoio e del Chiavicone di Sermide, in tempo perciò del massimo abbassa-
mento di magra del Po (1). La soglia della chiavica delle Quatrelle è stata
rialzata di 0m,52 nell'aprile 1828, ma non è detto che dopo la sua ricostru-
zione nel 1611 non siensi praticati altri alzamenti di essa, constando d'altronde
che nel 1804 il Bonati riscontrò un alzamento di 0m,56 nella soglia della pros-
sima chiavica Pilastrese al confronto di quella esistente nel 1695 (2). La soglia
del Chiavicone di Sermide, che serve di diversivo per lo scarico di seoli "di
terreni elevati, sarebbesi pure rialzata di 0m,93 nel marzo 1851. Dalla serie di
questi fatti emergerebbe che anche anteriormente al 1828 era avvenuto un
sensibile alzamento di magra, e quindi di fondo del Po presso la foce del
Panaro.
188. Nella precitata mia Memoria del 1852 (§ 9) ho notato che se nei se-
coli XVI e nel susseguente era avvenuto un abbassamento di magra nel Po
di Venezia, ciò non era già dovuto all'immissione del Panaro, come preten-
deva Eustachio Manfredi, ma piuttosto all'immissione del Po nel Po, in quanto
che quel braccio in tale periodo aveva integralmente assorbito il Po di Fer-
rara. Su questo particolare ho notato (§ 158) che nel 1300, giusta la indica-
zione della Cronichetta di Ferrara, erano di egual portata il Po di Venezia e
quello di Primaro, detto ivi Fossa, e supposi che il Volano fosse ancora il
ramo principale ed equivalesse alla somma degli altri due, cosicché pel Po di
Ferrara sarebbero passati allora i tre quarti delle acque del Po. Ne ho perciò
inferito (§ 160) che nel 1500, due secoli dopo, il Po di Venezia siasi arric-
chito in guisa da duplicare la sua portata, quindi da eguagliare il braccio di
Ferrara ossia una metà del Po. Il modulo totale del Po vedemmo essere di
1735 m.c, la cui metà sarebbe di 867 m. e. Il modulo rettificato del Panaro
per la parte montuosa del suo bacino sarebbe di 24,4 m. e. e per la parte
piana di 7,40 m. e, quindi in tutto di 31,80 m. e. Esso starebbe perciò alla
metà del modulo del Po nel rapporto di 1 : 27. Se invece si prendesse il rap-
porto delle piene massime si avrebbe pel Panaro e per la metà del Po quello
di 1 : 60. Da ciò si può arguire se stesse il supposto di Manfredi e del Gu-
ghelmini che i dilatamenti e profondamenti dell' alveo del Po Grande doves-
sero attribuirsi al Panaro piuttosto che al Po stesso. Un cambiamento cotanto
considerevole nel reggime del Po, avvenuto contemporaneamente all'immis-
sione in esso del Panaro , impedì che si potesse determinare la parziale in-
fluenza di questo in tale circostanza. Ma se, stabilito di poi il primo, risultasse
effettivamente per gli ultimi venti anni ed anteriormente un alzamento della
magra massima presso la foce del Panaro, siccome appare dal confronto con
Ostigha e dalle altre circostanze esposte per epoche anteriori, il caso sarebbe
raccomandato con apposita circolare , mentre era
direttore delle pubbliche costruzioni.
(1) Memoria precitata del 1852, Dei cangiamenti
ecc., I 6.
(2) Ivi, S 7.
294 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
di qualche gravità, attese le conseguenze che se ne dedurrebb ero rispetto al-
l'immissione del Reno in Po.
189. Abbiamo ceduto come intorno al 1555 siasi inalveata la Secchia, por-
tandola a sboccare in Po sotto San Benedetto, e dietro le indagini fatte sul
livello di magra a Governolo presso la prossima foce del Mincio risulterebbe
non essere per esso avvenuta una sensibile alterazione dal 1596 in poi (1). E per
altro da osservarsi che la foce della Secchia in Po è posta ad 84 chilometri di
distanza del punto ove essa ha abbandonato le ghiaje per correre in sabbia ;
mentre quel punto si troverebbe a 62 chilometri di distanza dalla foce in Po
per il Panaro, ed a 52 chilometri pei Reno, cosicché questo dovrebbe traspor-
tarvi materie maggiormente pesanti. V ha di più, che trovandosi la foce della
Secchia cinquanta chilometri a monte di quella del Panaro, quivi le materie
del fondo del Po dovrebbero essere maggiormente sottili. Oltre a queste circo-
stanze influentissime vi è quella poi del notevole cambiamento avvenuto nei
reggime del Po a monte di Ostiglia.
190. Nel IX secolo non vi erano argini a sinistra del Po, e probabilmente
nemmeno a destra, cosicché nelle sue piene versavasi nel Tartaro, ossia nelle
valli Veronesi , comunicandosi con esse mediante due canali a Libiola e ad
Ostiglia (2). Costrutti poi gli argini a valle della foce del Mincio, dovette ac-
crescersi la portata delle piene del Po e la loro forza escavatrice, talché se
ne sarà abbassato il fondo. Rimaneva però interrotta tuttavia 1' arginatura del
Po a monte del Mincio fino al 1480, nel qual anno essa venne compiuta, e per
tal modo se ne impedirono le espansioni nelle valli laterali all' ultimo tronco
dell' Oglio, e fra questo ed il Mincio a sinistra, come pure in quella a destra
del Po, ove spagliava fra Guastalla ed il nuovo corso della Secchia (5). Per
(1) Altre osservazioni sul Po, Memoria del 1843,
pag. 15.
(2) In una nota alla pag. 24 della Memoria pre-
citata, è riportato il brano di un documento del-
l' anno 827 (Tiràboschi , Storia dell'abbazia di No-
nantola, T. II, Doc. XXVIII) ove è detto: Idest de
Silva illà quae dicitur Hostilia , et exinde plenam
quartam portionem dare debent et a sorte
Sancii Laurentii usque ad fossam quae vocatur Re-
gia ... , ubi et inter confmes de ipsd quarta por-
tione da mia parte, fluvio Pado procurrente, et ex
alia parte fluvio Tartaro percurrente, de tertid vero
parte Fossa quae dicitur Olobia exiente de Pado ,
procurrente in Tartaro : de quarta autem parte
fine mantuana
(3) Nella nota al g 45 ho fatto osservare essersi
da me dimostrato nella Memoria precitata sulla
pianura subapennina, come intorno al secolo Vili
sia avvenuto un salto del Po a Scorzarolo sul Man-
tovano, che, troncando il corso dell' Oglio , sareb-
besi inalveato a sinistra di questo nello .stagno
Largione, cosicché per varj secoli continuò ivi a
scorrere in tre rami denominati : Po Vecchio , Zara
(in addietro Oglio) e Largione, o Lirone. Il Ber-
tazzolo, nel suo Discorso sul sostegno di Governolo
pubblicato nel 1609 (pag. 37), dice che 130 anni
innanzi, e cioè verso il 1479 « il Po venne chiuso
sopra lo Stato di Mantova totalmente fra argini »;
alla quale circostanza attribuisce il successivo al-
zamento delle sue piene e gli atterramenti del lago
inferiore di Mantova. A questo fatto, ed alle poste-
riori escavazioni di grandiosi canali di scolo, sem-
bra riferirsi il padre Lucchini nella sua Cronaca
del Monastero di S. Benedetto pubblicata in Man-
tova nel 1592, ove dice alla pag. 141: « Per i
« bonificamenti fatti la rendita di 600 ducati si
« aumentò a dodici mila. I Gonzaga, coli' esempio
« e maturo consiglio dei padri di S. Benedetto,
« bonificarono tutto il Mantovano di qua del Po »
(a sinistra).
Il Bevilacqua, nelle sue Relazioni sugli argini e
sugli scoli del Mantovano, pubblicate nel 1734 e
nel 1737, porge notizie vaghe, e talune erronee,
su questo particolare. Da alcuni documenti però da
lui riportati del 1446 e del 1452, riferentisi a con-
venzioni che hanno avuto luogo fra i Gonzaga ed
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 29g
siffatto completamento d' argini dovettero aversi effetti analoghi a quelli di
pendenti dall' arenamento del tronco a valle, quindi una escavazione di fondo
la quale avrà neutralizzato l'alzamento di questo che, indipendentemente da ciò'
poteva cagionarvi la Secchia (1).
191. Se il Po non ci porge cosi un esempio ineccepibile dell'immissione
in esso d. un torrente torbido dell' Apennino, un caso analogo ed a quanto
pare pm concludente scorgerebbe nell'Adige colla continenza dell' Alpone.
L lustre Paleocapa nel pregevole suo piano per la regolazione dei fiumi
Gua e Frassine ecc. (2) osserva: « Gli inconvenienti della congiunzione dei
« torrenti che corrono in grosse ghiaje ed in ciottoli, e quelli più grav
« d, accorciare il loro corso per farli sboccare uniti in un fiume che corre
il mentovato monastero, appare che allora tanto il
Po Vecchio, quanto la Zara, erano stati chiusi e
ridotti alla condizione di colatori , e che il vasto
circondario a destra del Po fra Guastalla e la Sec-
chia era nel lato meridionale difeso dall'argine si-
nistro della Tagliata, canale fatto aprire dai Cre-
monesi nel 1218 per comunicare presso Guastalla
dal Po col grande stagno Bondeno, fino a Burana,
ove ritornavasi nel Po di Ferrara. Nella mia Me-
moria sul sistema idraulico del Po, del 1840, ri-
porto il brano della convenzione allora seguita fra
il municipio di Cremona e quello di Reggio per
l'escavazione della Tagliata (pag. 17), che sembra
siasi lasciata aperta alle piene del Po fino al 1480.
E poiché i Ferraresi temevano da principio che con
quel taglio si deviasse il Po dal suo corso, il quale
passava per Ostiglia e Ficarolo , dirigendolo tutto
con abbreviazione di linea nella maggior depres-
sione dello stagno summentovato , fino al Po di
Ferrara , promossero contro quel piano la pubbli-
cazione di due bolle del pontefice Onorio HI, la
prima dell' 11 maggio 1218, e la seconda de'l 3
gennaio 1219, teste rinvenute nell'Archivio Segreto
di Cremona. Nell'ultima di esse è detto: Potestas
et Populus Cremonensis fluvium Padiim per Figa-
rolum manantem in Ecclesie Romane prejudicium
m alium alveum deducere attemptant. Seguono le
censure comminate contro tale innovazione, la quale
se fosse riescita alla diversione del Po temuta al-
lora dai Ferraresi , sarebbe stato 1' evento il più
favorevole alla loro città.
Dalle esposte circostanze si inferisce che intorno
al 1480 venne intestato il canale Tagliata, e ridotto
esso pure alla condizione di semplice colatore, che
unito alla Parmigiana sarebbesi munito di chiavica
al Bondanello, ove attraversava l'arginatura sini-
stra di Secchia, ivi allora compita. Quella chiavica
poi si sarebbe ricostrutta in maggiori dimensioni
nel 1589, dopo la bonificazione Bentivoglio fra
l'Enza ed il Crostolo inalveato, sotto il quale si
fece passare la Fiuma per unirla alla Parmigiana-
Moglia colla Tagliata,
In quanto ai bonificamenti a sinistra del Po, di
cui le acque si espandevano o direttamente o di
rigurgito nel Basso Viadanese, nelle valli a destra
e sinistra dell'ultimo tronco delì'Oglio, ed in quelle
fra 1 Oglio ed il Mincio , si sarebbero allora co-
strutte le arginature frontali per impedirle , eri-
gendo in esse grandiose chiaviche, fra le quali si
distinguono quelle di S. Matteo e della Bogina, ove
fa capo il fiume, o colatore cremonese, Navarolo,
detto anche Delmona. Per difendersi per lo innanzi
da quelle espansioni, il territorio di Sabbioneta
erasi cinto con arginatura propria, e gli altri ter-
reni elevati di Viadana , Pomponesco , Cavallara e
Cizzolo venivano protetti non solo dall'argine fron-
tale del Po, ma eziandio da altro argine interno
verso la valle , chiamato argine di dietro , tuttavia
esistente, sul quale trovasi una serie di chiaviche
che chiudevansi nelle piene di rigurgito del Po.
(1) Nella precitata mia Memoria del 1843 notai
(pag. i6) che, partendo dai dati offerti da un pro-
filo dell'ingegnere Dari, la magra del Po del 1817
sarebbe stata di circa centim. 40 più depressa di
quella memorabile del 1609, la quale pel suo li-
vello non doveva differire gran fatto da quella del
1396, epoca in cui si è ricostrutta l'antica chiusa
di Governolo. Ma dietro posteriori indagini prati-
cate nel 1852 col mezzo dell' ingegnere di riparto
Chizzolini, risulterebbe che la magra del 1817 sa-
rebbesi maggiormente approssimata nel suo livello
a quello dell'antica magra. Siccome però quest'ul-
tima doveva essere verisimilmente di una portata
maggiore , quindi maggiormente elevata sul fondo
del Po, e d'altra parte non sarebbe tolto che que-
sto si fosse pure elevato per deposizioni della Sec-
chia ne' sessantanni che decorsero dal 1335, in
cui venne immessa nel Po, fino alla ricostruzione
della chiusa, ne consegue che pel concorso d'en-
trambe le cause, il fondo del Po avrebbe potuto
fino al 1817 elevarsi di poco meno di un metro.
(2) Giorn. dell'Ingegnere- Architetto. Anno X, 1863,
29g STUDJ IDROLOGICI E STORICI
« in sabbia , sono troppo palesi e troppo concordemente riconosciuti da tutti
« gli idraulici perchè io tema che sieno messi in dubbio nel caso spe-
« ciale di cui si tratta. Il Chiampo altronde, che corre in ghiaja anch'esso e
« va ad unirsi all'Alpon per isboccare con esso in Adige, fornisce in questo
« caso medesimo una piena conferma di tali inconvenienti. Quantunque la
« portata e la cadente di Alpon e di Chiampo uniti sia minore di quella del
« Guà, tuttavolta, nel tratto in cui succede lo sbocco loro ad Albaredo i mah
« effetti di questa confluenza sul letto d'Adige sono evidenti. La fig. 3. la-
« vola XIII rappresenta il profilo di livellazione del detto tronco dell Adige
« dedotto da quello generale eseguito nel 1822. Da esso si riconosce che poco
« sotto lo sbocco dei suddetti torrenti uniti è avvenuto un vizioso rialzamento
« di fondo che a guisa di un dosso facendo scemare la pendenza del tronco
« superiore e crescere quella dell'inferiore, ha invertito la legge delle cadenti
« che dai tronchi più alti ai più bassi va nei grandi fiumi decrescendo ed av-
« vicinandosi sempre più all'orizzontale. E dall' elevarsi del letto d'Adige poco
« sotto allo sbocco di Alpone e Chiampo n' è derivato che si alzi cosi gran-
« demente anche il letto degli ultimi tronchi dei detti torrenti, che il secondo
« di essi corre pensile sulle campagne da Montebello a Villanova presso a
« poco come corre pensile il Guà. E l' Alpone tenuto in collo ha impedito gli
« scoli delle campagne che stanno sulla sua diritta; le quali non potendo sco-
« lare nemmeno in Adige, rialzalo anch'esso di pelo e di fondo, sono intera-
« mente impaludate per quella vasta estensione che prende il nome di Valli
« Zerpane e di Bionde e Porcile , campagne tutte che sarebbero fra le più
« ricche ed ubertose della provincia veronese , se non fossero condotte dal
« suddetto slato dei fiumi che le circondano ad una perpetua 1™»°™' »•.
192. Il bacino montuoso dell'Adige è come vedemmo, di circa 12000 chi-
lometri quadrati, e quello dell' Alpone col Chiampo di 400 chilom q., cosicché
starebbero fra loro come 1 : 30. La parte montuosa del bacino del Po e di
chilom. q. 41056, e quella pure montuosa del bacino del Reno-hamoggia di
chilom. q. 1387, cosicché stanno egualmente come 1 : 30. I deflussi nied i e
massimi dell'Adige a pari superficie scolante saranno minori di quelli del Po
per i motivi di già esposti, ma altrettanto può dirsi per quelli dell Alpone e
Chiampo a confronto del Reno, il cui bacino per soli */io e nel colle' e.?er '»•
è nella regione alpestre, mentre quello dell' Alpone trovasi per la più parte
nel colle e per poca parte in monti di moderata altezza. Ne consegue che i
deflussi integrali delle maggiori piene dell' Alpone e dell' Adige dovrebbero
stare fra loro in un rapporto assai prossimo a quello che vi sarebbe fra i de-
flussi analoghi del Reno e del Po.
193 Nel progetto Pasetti per l'unione del Guà al Chiampo, preso in esame
dal Paleocapa, dichiarasi che l' Alpone, ricevuto il Chiampo, per 1' ultimo suo
tronco di m. 10202 avrebbe la pendenza di 0,62 per mille , e le sue ghiaje
scompariscono totalmente poco sotto San Bonifazio, quindi a cinque o sei chi-
lometri dalla foce (I), mentre nell'Adige terminano al Mazzabò a dodici chi-
(1) Giornale precitato , anno XIII.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 297
lometri da essa foce (1). Giusta il profilo unito alla Memoria del Paleocapa
distinto il tronco dell'Adige in tratte di 2000™, di dieci in dieci capisaldi, per
la prima tratta a monte della foce dell' Alpone si avrebbe la pendenza per
mille di 0,234 e perle sei successive di 0,262; 0,368; 0,345; 0,213- e 0238
che danno per media delle sette tratte 0,271. Nel tronco di 15500 metri' det
1 Adige a monte della l.' tratta fino alla pietra che segna il principio dell'ar-
ginatura destra laterale al fiume sopra Zevio, la pendenza media sarebbe del
0,645 per mille (2). Ne consegue che il fondo dell'Adige e quello dell' Alpone
sarebbero di sabbia, ma che per essere meno sottile quella dell'ultimo, e per
la prevalente sua torbidezza ne è derivato il pregiudicevole alzamento anzi
mentovato. E poiché circostanze analoghe vi sarebbero per il Po e pel Reno
ne verrebbe la conseguenza che dovessero aversi effetti simili dal conffiund-
mento dei due fiumi. s g
194. Abbiamo posto a confronto il Reno-Samoggia col Panaro rispetto alla
portata integrale delle loro piene, opinando che quella del primo eccedesse di
non meno del 70 p. o/o quella deU' altro. Ma se il confronto dei due fiumi si
istituisse sulla vastità del campo nel quale e l'uno e l'altro divagarono in
epoche storiche fino al secolo XVII ne risulterebbero differenze assai più ri-
marchevoli. Il Panaro dopo il principio della dominazione romana ha limitate
le sue espansioni a destra del torrentello Formiggine e della così detta Ac-
qualunga, ossia Secchia fino al Po di Ferrara presso il Bondeno sopra valli
dell estensione d. circa 177 chilom. q. (3). II Re„0 invece colla Samoggia e
colla Savena in tale periodo avrebbe colmato in maggior misura le valli alla
base de suo. tre conoidi a destra del Primaro, del Po di Ferrara, e dello stesso
Panaro fra Co di fiume ed il Finale per una superficie di circa 527 chilo-
metri quadrati, ossia tripla; lo che sarebbe indizio della notevole madore
sua potenza anche rispetto alla quantità delle torbide da esso convoliate (4)
(1) Questo fatto è ricavato dal jj H della Me-
moria dell'Abbate Belloni, Dell'Adige e de' suoi di-
versivi, stampata in Venezia nel 1774.
(2) Ciò mi risulta dallo stesso profilo dell' Adige
i rilevato nel 1822, statomi favorito in compendio
dal sig. ispettore Pigazzi, che nel 1851 presiedeva
alla direzione delle pubbliche costruzioni in Veneyia
Le cadenti si sono Lco.ate oo.ie ordinate I ipo ÌZ Ts'eco Tx™ Tc'al V^ *"> ^ "'*
^' . . . . * uei fcecoio av, in cui camnin o.nvsn nni-tonH.^;
maro in prossimità di Co di Fiume , ove eravi un
luogo chiamato Padoreno. V origine della città di
Cento risalirebbe al più all'epoca longobardica, e
sarebbesi allora eretta sopra una delle più elevate
deposizioni del Reno. Rivoltosi questo all'occidente
di quella città per unirsi al Panaro, avrebbe col-
d'aeq„a ivi segnato, ehi 7JZZ *d Z „JX "^^ TP °°7 e ^"^
gra ordinaria. L'ordinata al caposaldo HO indicata rinrln^ , ! , , "* "' Cent°' Ante-
in I8-.862. v,nnp ,u „,„ „„„.„., ,. ,VJ £lD*e ' ™™ei"e q^a «i«a difendevasi verso occidente
in 18-862, venne da me corretta in 19-868, ser I Irl ' ' ™'***™ VCrS° °CCÌdeute
' -U nnà con! ^SffZ fjKM^tffit
una lettera scritta nel dicembre 1866 all'ingegnere
Manfredi, dichiara si prolungasse per otto o nove
tropendenza nel pelo d'acqua
(3) Questo dato si sarebbe ricavato dalla carta
topografica dell'Italia Centrale, foglio di Ferrara,
ed in relazione alle cose esposte nella mia Memoria
precitata sulla pianura subapennina , come pure
dalle rettificazioni fatte sul corso del Panaro dal
§ 123 al 126 della presente Memoria.
ì (4) Vedasi la nota al § 121 , ove dimostrasi che
il corso del Reno deve essersi spinto fino al Pri-
Giorn. Ing. — Voi. XVI. - Maggio 1868
chilometri verso settentrione , aggiungendo che le
deposizioni del Reno contro quel manufatto trova-
vansi al livello della sommità delle più alte case
di Cento. Il padre Lecchi ci dice che a'suoi tempi
il fondo del Reno collimava col piano della città
stessa , e che scorreva incassato in ampie ed ele-
vate golene. Dalla livellazione del 1844 risulterebbe
20
298
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
XXIV. Anomalie nelle cadenti del Po per gli ultimi snoi
tronchi, e verosimili conseguenze che se ne possono
dedurre.
195 Nella precitata mia notizia sulla piena autunnale del 1855 , riconobbi
giusta l'osservazione del Possenti, che il punto d'inflessione del pelo d acqua
delle piene per la chiamata alla foce in mare dovesse trovarsi al disotto delle
Quatrelle, in quanto che tanto in quel punto quanto nel tronco superiore fino
a Sermide si aveva l'eguale differenza di altezze di 8",70 fra la massima ma-
gra e la massima piena. La maggiore differenza di 9m,87 che si ha alla chia-
vica di Serravalle la attribuii al ringorgo delle acque nelle due serpentine di
Ostiglia e di Carbonara.
196 Alcune anomalie per altro si manifestavano a valle di Pontelagoscuro ,
ove notavasi un considerevole ventre nella piena del 1812, della quale s. aveva
il profilo rilevato nel 1815 dagli uffiziali del corpo topografico del prime .regno
italico. Ivi difatti, mentre fino a Guarda Ferrarese, sulla lunghezza di 20290
si aveva la pendenza media 0,1220 per mille ; quella da Pontelagoscuro a Fran-
colino in distanza di 4500m sarebbe stata di soli 0,0420; nei successivi ^7650
fino a Zocca di 0,0881, e negli ultimi 8040m fino a Guarda Ferrarese di 0,1987.
Tra quel punto e Cotogna la pendenza per mille limitavasi a soli 0,1141, e la
convergenza verso la foce sarebbesi avuta fra Cologna e Berrà e da quel punto
alla foce colla pendenza per mille rispettivamente di 0,1571 e di 0,1585 Di quel
ventre di piena non potei trovare una spiegazione soddisfacente, dacché ne la
resistenza delle svolte che ivi s'incontrano non riconoscevasi una causa suc-
ciente per promuovere una cosi notevole perdita di forza viva nella corrente. Ed
il Possenti che in quel torno dava l'ultima mano alla sua Memoria sulla pos-
sibilità di 'migliorare le condizioni dei fiumi sboccanti in mare (1) , attribuiva
ad errore d'osservazione la straordinaria pendenza fra Zocca e Guarda berra-
l-ese Io era d'avviso che non stesse siffatta eccezione e le recenti livellazioni
delle quali si darà in avanti qualche cenno confermerebbero la mia opi-
n°i97 Lo stesso Possenti, che con calcoli ingegnosi e laboriosissimi appoggiati
a dati' approssimativi aveva determinato il profilo del fondo medio del Po dalla
Stellata alla foce di Maestra e quello del pelo d' acqua del fiume ne' diversi
suoi stati per dedurne gli effetti che si potevano conseguire dall' abbassare
artificialmente i dorsi più pronunziati di esso fondo, conchiude la sua memoria
che ivi il fondo del fiume, dopo quella anteriore
del 1761, si sarebbe elevato di circa un metro, e
le golene si alzerebbero di altri cinque metri, quindi
si eleverebbero sei metri sul piano di Cento. Questi
fatti dimostrano quanto fossero considerevoli le de-
posizioni di quel torrente anche in epoche ante-
riori di parecchi secoli. Il bacino montuoso della
Savena è di chilom. q. «3 , quindi poco più della
metà di quello della Samoggia.
(1) Questa Memoria trovasi nei tomi IV, VII e Vili
del Giornale dell '[.{{.Istituto Lombardo delle Scienze.
(2) Vedasi la mia Notizia precitata, alla pag. 13.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 299
ne' termini che seguono: « II profilo del fondo medio ci offre l'opportunità di
« dehneare ,1 profilo del fondo sistematico, cosi chiamandosi dal Lombardia
« quella superficie a profili trasversali orizzontali ed a profilo longitudinale il
« più possibilmente continuo ed uniforme intermedio alle ondulazioni di quello
« del fondo medio, e che a parità degli elementi di larghezze e di portata dà
« ongme ad un profilo di pelo d'acqua del pari il più possibilmente contnuo
« ed uniforme intermedio alle ondulazioni del profilo effettivo (1)
« 198. Ora nel tentare di delineare approssimativamente il profilo del fondo
« DrofilTdis0fi„nt! f "conoscere tosto l'impossibilità, perchè trovai un tal
piotilo distmto in due porzioni fra loro diversissime e discontinue il di
« cui punto d. disgiuntone è assai prossimo a Zocca, e cioè l'una da' Zocca
t!Z!l' ld' CUÌ °nd,UlaZÌ°nÌ °SCÌllan° fra °m'70 sotto ''orizzontale Conti
« a Zocca e 2-.70 sotto la stessa orizzontale allo sbocco in mare , fatta però
« astrazione dagli scanni di foce , e dallo scanno di Taglio di Po • l' altra da
I fZVl eS tÌrateda r'6° Sr°Pra V°- "• a Z°CCa 6 P--—„te paral-
lelo al pelo d. massima magra fra Pontelagoscuro e la Stellata, ossia al tronco
« d. lìnea punteggiata VII, VI. E ben vero che mancando le sezioni del fiume
« fra i suddetti due idrometri non può asserirsi con fiducia di molta appros-
« stazione che il basso fondo riconosciuto fra Zocca e Pontelagoscuro con-
I TU? ?T Kandament0 a monte di fi^to P»«to; ma d'altra parte se
« si nflette che ,1 brusco scaglione di 2"\30 che dal chil. 72 ascende all'alti-
l meSteS°, v, Z°CCa 6 Vonleh^^o è accompagnato da un parimenti
« brusco e notabile incremento di pendenza del pelo di massima magra, e che
« questa nuova pendenza si conserva con tenue diminuzione fra Pontelagoscuro
« e la Stellata, e forza il credere che anco il fondo medio fra questi due punti
* mante«ga Press a poco uno stesso andamento, ed una stessa elevazione Ora
« unta, fallo, che non credo stalo avvertito da altro autore, io l'ho per un
« fatto capitale gravido di grandi conseguenze.
199. Ov' è il punto che separa l'altipiano dalla valle?
«A Zocca, dove prossimamente ha effetto la chiamata di sbocco, come ho
«dimostrato all'evidenza a pag. 106 coli' offrire i rapporti di pendenza del
« pelo d. mass.ma piena dall'uno all'altro idrometro; il post hoc ergo propter
« hoc ,„ questo caso e logica ed incontrastabile verità, perchè la chiamata di
tZZ TI ? r m0t? de"a COrre"te' 6 ^celerazione è una forza esca-
« vatnce d fondo fino al punto dell' equilibrio della forza colla resistenza
« dunque . notabile e continuato approfondamento del letto del Po da Zocca
« al mare e effetto diretto de.la chiamata di sbocco, ed il fondo a monte d
Zocca e ,1 prodotto naturale degli elementi normali della corrente non in-
P iluenzata dalla chiamata.
200. Or che può derivare da ciò?
- chi"amataCdi l°1Unga"d°SÌ le foci del Po »» ™™ e con esse l'origine della
chiamata d, sbocco , deve panmenti protrarsi fino alla nuova origine anco
(1) Vedasi la mia Memoria precitata del 1843, Altre osservazioni sul Po, pag. IO.
300 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
« l'altipiano del fondo a monte della medesima, prolungamento che avrà luogo
« non per deposito di torbida diffusa nella corrente, ma per depositi av veni-
« bili al calar della piena della materia escavata e trascinata lungo il fondo
« de'tronchi a monte durante le piene medesime, depositi che non ponno più
« aver luogo dall'origine della chiamata di sbocco fino al mare, giacche 1 azione
« esportatrice delle materie che si esercita nel tronco di corrente che prova
I l'effetto della chiamata, continua ancora quando quella dei tronchi inferiori
« a monte è cessata , e le materie sonosi tutte depositate ove le forze e le
« resistenze trovarono 1' equilibrio.
.< Ecco dunque la causa dell' avanzamento del punto d incontro del fondo
« del Po coli' orizzontale del pelo del mare.
« 2° Che col prolungarsi dell'altipiano del fondo si protrae pure il ver-
« lice dell'angolo rientrante del pelo di massima magra che ora ha luogo a
« Zocca con diminuzione della sua pendenza, la quale deve necessariamente
« dar origine ad elevazioni del pelo medesimo tanto minori quanto più si prò-
« cede a monte di Zocca, elevazioni che sono quelle che il l Lombard.n. de-
« dusse dalle osservazioni di Bonali e di Manfredi e valuto di non oltre 0 ,50
« in un secolo, e che pei riflessi da me accennati alla nota (II) parrai potersi,
« ridurre alla metà. .
201 « E qui do termine a questa lunga serie di più o meno plausibili ar-
« gomentazioni, e di non pochi pentimenti , a cui fui condotto da successive
« notizie di nuovi fatti a me sconosciuti al principiare di questo lavoro , du-
« rante il medesimo e fin dopo il suo compimento, esprimendo il voto che le
« scuole di idrometria delle nostre Università, che hanno a loro disposizione tanti
« giovani calcolatori , vogliano dedicare una parte dei loro studj a questo gè-
« nere di applicazioni idrometriche, che non potranno a meno di diradare le
« tenebre che coprono tuttavia l'importantissima materia del corso de fiumi».
202 II fatto notato dal Possenti del brusco passaggio di pendenza del tondo
medio del Po verso Zocca lo considero io pure di molta importanza per spie-
gare alcuni fenomeni che scorgonsi nel reggime degli ultimi tronchi del fo.
Primo fra questi è il mentovato notevole ventre di piena fra Pontelagoscuro e
Guarda Ferrarese con diminuzione sensibilissima di pendenza a monte dr Zocca,
ed aumento di essa a valle, che sembra effetto della perdita di forza viva della
corrente in quel rapido passaggio di cadenti del fondo, il quale si può discer
nere anche dall' elevazione dei dorsi apparenti nel profilo generale di Uvei,
lazione (1).
(1) Intorno al 1854 mi sono interessato perchè
dall' Istituto Geografico in Vienna venisse tratta
copia dei rilievi di livellazione e sezioni praticati
dagli ufgciali del Corpo Topografico italiano nel
1813, rispetto all' ultimo tronco del Po a valle di
Palantone : copia che allora venne acquistata dal-
l'Amministrazione provinciale di Ferrara. Avendo
quale quello del fondo non risale oltre Pontelago
scuro, se ne ricaverebbero i risultameli che se
guono, pei dorsi del maggior fondo riferiti all'oriz
zontale Conti, che corrisponde al livello bassissima
del mare. . .
Alla Rimbaldese , un chilom. a valle di Ponte a
goscuro + 2™,60 ; a Francolino + 0™,70 ; ah
Polesella - lm,30 ; a 2 chilom. sotto Guarda lei
sssstófiratì ftrs I srssa -*-,. ar-»
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 301
203. In quanto al trasporto delle materie nei varii stati del fiume, non solo
conviene distinguere quelle galleggianti , ossia in sospensione , dalle altre di
maggior mole striscianti sul fondo , ma queste ultime devonsi suddividere in
due classi. La prima è di quelle materie procedenti dai tronchi superiori , o
dalla corrosione delle sponde e delle alluvioni, che hanno sempre un movi-
mento di discesa, senza approfondamento assoluto dell'alveo salvo lo sposta-
mento del thalweg per la variata direzione del filone principale. La seconda
classe è quella delie materie escavate con approfondamento dell' alveo. Questa
escavazione ha luogo negli stati di piena per l'ultimo tronco, che diremo sub-
marino, il cui fondo trovasi tutto più depresso della bassa marea e che risente
gli effetti della chiamata di sbocco alle foci. In tale circostanza le materie tra-
sportate in quel tronco dalla corrente superano appunto in quantità quelle di-
scendenti dai tronco superiore, aggiungendosi le altre ivi escavate per l'accre-
sciuta velocità di essa corrente; ma in pari tempo le sezioni fluviali acquistano
ivi un' ampiezza eccessiva, parlicolarmente in profondità, cosicché all'abbassarsi
delle acque queste cessano di aver forza di trascinare sul fondo le materie che
tuttavia discendono dal tronco superiore, limitandosi il trasporto alle più sottili
che in quello tenevansi per la più parte in sospensione. Le sabbie più pesanti
che continuano a discendere dal tronco superiore fino allo stato di magra, de-
vono necessariamente arrestarsi ed accumularsi all'unione coli' altro, servendo
d'appoggio alle sopravenienti per alzare ivi il fondo del fiume. Alla precitata mia
Notizia- sulla piena autunnale del 1855 ho unito il profilo numerico C di livel-
lazione del pelo d'acqua del Po a valle di Palantone del 22 settembre 1815,
che segnava 5m,70 sotto guardia all'idrometro di Pontelagoscuro, stato che
sarebbe elevato di 2m sulla massima magra assoluta e di un metro sulla mas-
sima magra annuale, con una portata unitaria di circa 1200 m. e. Scorgesi dal
profilo stesso come fino a Zocca la pendenza sia in tale stato di 0,095 a 0,110
per mille, mentre fino a Berrà si riduce circa 2/3 e ad un quarto a valle.Per
una magra più pronunziata le differenze di pendenza sarebbero assai più sen-
sibili, cosicché, mentre a monte la corrente colla pendenza di 0,120 per mille
potrebbe tuttavia trasportare materie sul fondo, altrettanto non potrebbe fare
a valle ove la pendenza si riduce a poco più di un decimo. Il mentovato ac-
cumulamento di materie nell'intervallo di due piene sembra dovere limitarsi
alla biforcazione di Santa Maria, ove si stacca il
braccio di Ariano — 0m, 50 ; all'incile di quel
braccio + 0m,55; ad un chilom. sotto Corbola
— 2m,70; alla Cavanella di Po — 5m,50.
Da questi dati chiaro appare il rapido passaggio
di pendenza del fondo da Pontelagoscuro a Zocca;
come pure il notevole dorso nel fondo del fiume
alla mentovata biforcazione.
L'ispettore sig. comm. Barilari, allorché nel 1852
era ingegnere in capo di Ferrara, fece pure rile-
vare un profilo di livellazione dalla foce del Panaro
a Santa Maria, e quindi pel braccio allora arcifinio
di Ariano , colle relative sezioni. Di quella livella-
zione mi venne favorito dal Barilari un sunto pel
pelo della piena massima del 1839; e dal suo suc-
cessore sig. cav. Bompiani, il profilo completo pel
tronco superiore a Pontelagoscuro.
Sarebbe a desiderarsi che si facessero compire i
rilievi del 1813, finora non del tutto delineati; e
che quelli del 1852 si proseguissero pel braccio
di Maestra, onde procedere ad un confronto cogli
altri e riconoscere i cambiamenti avvenuti tanto
nel profilo del fondo, quanto in quelli del pelo
d'acqua pei varj stati del fiume. In tal modo si
avrebbero dati positivi per ripigliare gli studj fatti
dal Possenti.
302 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
ad una quantità non molto grande, attesa la moderata corrente in tale circo-
stanza, ed a non lungo tratto, ove scorgesi il rapido passaggio di cadente del
fondo; come pure venire per la più parte esportato da ogni piena. Ciò non toglie
per altro che non abbia a rimanerne un residuo, il quale col tempo promuova
un avanzamento di quei piano inclinato con alzamento dei suo livello in ag-
giunta agli effetti del protendimento delle foci in mare e dell'accresciuta copia
di materie trasportatevi, principalmente dagli ultimi tributar] torbidi del-
l'Apennino.
204. Un dorso deve esistere alla foce del Panaro , naturalmente promosso
dalle deposizioni di questo influente, siccome appare dal profilo di livellazione
del 1852. In uno stato di massima magra di 4m,94 sotto guardia a Pontelago-
scuro, per un tratto di 1470™ che incomincia a 450m dalla foce del Panaro, la
pendenza del pelo d'acqua era di 0,122 per mille, e pei successivi 860m di 0,110.
Nella piena poi dell' 8 novembre 1859 la pendenza fra la chiavica Pilastrese e
Palantone, in lunghezza di 5170m, sarebbe stata di 0,0763 per mille, mentre pei
tre chilometri successivi giungeva a 0,117, quindi con un sensibile ventre a Pa-
lantone, che apparirebbe verisimilmente più notevole qualora le ordinate del pelo
d'acqua si fossero prese a distanze minori. Causa principale di ciò parrebbe
il rapido passaggio di pendenza del fondo, attribuibile appunto al dorso che il
Panaro forma sotto alla sua foce.
205. Ai § § 186 e 187 abbiamo notato come negli ultimi venti anni siasi
alzato il livello della magra massima del Po alle Quatrelle, presso la foce del
Panaro di 0m,40 per media al confronto di Ostiglia, ciò che indicherebbe un
sensibile alzamento del suo fondo; ed abbiamo pure esposti i fatti che com-
proverebbero un alzamento simile in periodi anteriori. Nel prospetto C si è
indicata l'altezza delle massime piene annuali a Pontelagoscuro , che hanno
superata la guardia pel sessantennio 1807-1866, e da esso risulta che mentre
l'altezza media per l'intero periodo è di lm,605, quella del 1.° trentennio
sarebbe stata di lm,425 e quella del 2.° trentennio di lm,788 , con che si
avrebbe un alzamento in questo di 0ra,363. L'ispettore Scotini , nelle pre-
citate sue Memorie, ha indicate tutte le piene del Po avvenute dal 1807 al
1862 superiori ad lm sopra guardia, prospetto che noi abbiamo prolungato
a tutto il 1866, distinguendole in sei decennj. Prendendo a considerare le
maggiori di esse che superarono 2m,20 sopra guardia, nel primo decennio
1807-1816 se ne sarebbero avuto cinque; in ciascuno dei due decennj suc-
cessivi una sola; nel quarto dieci, nel quinto tre, e due nell'ultimo. Sembra
perciò che le maggiori e più frequenti piene del quarto decennio 1837-1846
abbiano influito a deprimere la magra alla foce del Panaro, abbassando quel
dorso, e che un effetto simile non siasi avuto negli ultimi due decennj atteso
che più rare sono state le maggiori piene.
206. Quel dorso sarebbe così andato soggetto ad oscillazioni a breve ed a
lungo periodo, attesa l'irregolarità colla quale avvengono quelle deposizioni e
l'effetto intermittente delle piene per abbassarlo in maggiore o minor misura
a seconda della maggiore loro portata e frequenza. Ma la risultante di tali
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 303
oscillazioni sarebbe un alzamento di magra massima e quindi di fondo resosi
abbastanza sensibile anche nel breve ultimo periodo di un ventennio. In ciò
poteva influire non solo il progressivo accrescimento di portata delle piene del
Panaro , ma eziandio quello della copia delle materie da esso convogliate di-
pendentemente dal sempre maggiore degradamelo delle pendici montane per
effetto degli operati diboscamenti, punto che esamineremo più avanti.
207. Se tali risultamene si hanno pel solo Panaro , facile si è il prevedere
quelli che si avrebbero dall' aggiungervi il Reno, la cui potenza, particolar-
mente per la copia delle materie trasportate, sarebbe, come vedemmo, più che
doppia. Queste conseguenze le abbiamo dedotte dagli effetti finali mediante
r osservazione dei fatti , a fronte dei quali non regge il dire che le deposi-
zioni di quei torrenti consistono in limo o poca sabbia, e debbano venire ne-
cessariamente esportate delle piene del Po, principio che si risolve in una sem-
plice opinione. Le premesse osservazioni invece dimostrano che l'affluenza di
tali materie, verisimilmente di maggiore mole di quelle trasportate dal Po ed
il torbidume delle acque, per le ragioni dianzi esposte , accrescono il lavorio
delle piene del recipiente, e che per esportarle occorre nella corrente una
maggiore energia , che solo può conseguire con un aumento di pendenza e
quindi con un alzamento di fondo.
208. Mi si assicura che allorquando Napoleone il 25 giugno 1805 decretò in
Bologna l'immissione del Reno nel Po, aveva in sua presenza fatto discutere
1 argomento da distinti idraulici, fra i quali trovavasi il celebre Teodoro Bonati
ferrarese, che ne dimostrò le sinistre conseguenze. Ma le ragioni da questo
addotte non poterono tener fronte ad una proposizione del cavaliere Gugliel-
mini: che quando il Po si ricorderà di essere il Po Grande, espellerà tutte le
deposizioni del Reno, come fa di quelle degli altri affluenti. Tale proposizione
e ben lungi dal concordare colle premesse osservazioni, ed è prova che l'idrau-
lica non si fa con frizzi, epigrammi e sentenze, che possono tornare assai più
pregiudicevoli alla scienza ed alle sue applicazioni che non le ricerche dei
troppo eruditi quando sieno coscenziosamente dirette a scoprire il vero (1).
(38) Il cavaliere Giovan Battista Guglielmini, pro-
; nipote del celebre Domenico, era professore d' in-
troduzione al calcolo sublime nell' Università di
' Bologna, e non mi consta che fosse un idraulico
di gran merito. Da un mio condiscepolo, il quale
nel 1814 abitava in sua casa, seppi che egli si
gloriava sovente del trionfo riportato nel consiglio
tenutosi in presenza di Napoleone. Abbiamo veduto
(§ 164) come per spirito di parte l'insigne suo
antenato facesse eco ad una sentenza equivalente
| di D. Scipio De Castro, proclamandola siccome una
; verità per provare che il Po Grande era stato di-
latato ed escavato dal Panaro , e che altrettanto
che questo non aveva menomamente influito nel-
l'abbandono del Po di Ferrara (g 162), tesi che la
sua coscienza lo spinse a sconfessare in uno scritto
postumo (§§ 171 e 172).
In ciò si ha la prova del danno che deriva alla
scienza da siffatte sentenze di retori , tale doven-
dosi considerare il De Castro , la cui famosa Rela-
zione si risolve in una vuota declamazione. Ivi egli
fa pompa di vasta erudizione, ed entra in minuti
particolari per la più parte dei fiumi di questa no-
stra misera terra, pretendendo di saperne allora
assai piìi di quanto oggidì si giunse a conoscere
«aro ea escavato dal Panaro, e che altrettanto dopo tre secoli di ulteriori studj idrografici,
dovevasi attendere dal Reno ; dopo aver sostenuto
304
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
A — RIASSUNTO delle portate medie unitarie in m. e. del Reno alla Chiusa di Casalecchi
nel? annesso canale nel settennio dal i.° novembre 1849 al 31 ottobre 1856.
Anni
o
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60
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o
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S
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S5
s-
e
©
©
e
\
ì
1849 |
1850 (
19,12
22,98
5,40
62,09
42,61
42,66
!
5,98
3,68
3,67
59,78
40,32
36, 15 28,
1850 |
1851 )
16,23
13,59
24,47
26, 53
50,14
5,69
4,24
4,84
19, 01
50, 88
41,87
42,61
25,
1851 ì
1852 j
32,31
17,62
11,26
16,00
9,23
8,71
9,92
7,31
24,58
68,27
102, 40
14,09
26,
1852 (
1853 i
43,34
79,43
87,54
80, 81
33,19
27,06
5,81
4,16
9,19
56,12
59,36
43,65
44,
1853 j
1854 j
62,02
6,45
4,49
23,80
38,72
17,78
8,17
6,31
4,30
21,15
46,64
59,93
24,
1854 |
1855 j
6,85
155, 52
68,31
68,31
23, 50
12, 41
4,73
3,36
22,15
42,64
30,16
56,47
41,
1855 )
1856 ì
142, 42
27,82
23,38
20,38
49 20
8,71
5,37
4,89
16,69
27,75
78,11
18,31
36,
Medie
46, 04
46,20
32,12
42,56
35,22
17,56
6,32
4,94
14,22
46,65
56,98
37,34
32,
1856
1855
1853
1854
1856
1850
1854
1852
1855
1851
1851
1853
Massimi
1374
1521
1017
554
368
459
310
266
985
986
1246
1257
1850
1851
1851
1855
1853
1851
1853
1851
1853
1856
1854
1849
Minimi
4,70
3,70
3,70
2,60
2,40
1,10
1,00
0,90
1,70
2,80
— — -
3,80
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO
305
J - SUNTO delle portate unitarie massime, e medie, e delle integrali del Po per le mattatori
pene avvenute dal 1827 al 1867, partendo dal segnale di guardia aW idrometro di PontelaZ
scuro. Le portate sono calcolate colla scala del Possenti del 1855.
Anno
Principio e termine della piena
sopra guardia
Durata
in
giorni
ed ore
Dal 12 maggio al 1.° giugno 20 —
Dal 17 settembre al 5 ottobre 22 —
Dal 9 al 30 ottobre r 21 —
Dal 30 ottobre al 13 novembre . . . .] 14 —
Dal 13 al 28 novembre * j 15 __
Altezza
massima
sulla
guardia
metri
Deflusso unitario
in m. e.
Dal 28 novembre al 25 dicembre. .
Dal 2 al 18 novembre
Dal 28 ottobre all' 8 novembre
Dal 27 settembre al 7 ottobre. . .
Dal 24 ottobre ai 2 novembre.
Dal 18 al 29 maggio
Dal 1.° ottobre al 9 novembre
Dai 1.° al 12 ottobre
Dal 1.° al 15 novembre
Dal 3 al 28 giugno **
Dal 30 ottobre air 11 novembre .
Dal 22 ottobre al 5 novembre.
Dal 3 al 10 novembre
Dal 15 al 27 ottobre . .
* Sunto delle quattro piene successive del 1839 78 — 2,962
28 —
16.6
11-
10-
9 —
11 —
21 —
12 —
14.6
24.12
12.6
14.6
7,12
12.6
2,541
2,000
2,692
2,962
2,154
2,255
2,642
2,480
2,210
2,260
2,490
2,560
2,230
2,210
2,090
2,570
2,690
2,035
2,415
massimo
medio
Deflusso
integrale
in milioni
di m. e.
5894
5430
6026
6265
5334
5647
5974
5806
5609
5656
5849
5909
5626
5609
5507
5919
6262
5460
5778
6265
4937
4409
4681
5173
4881
4901
5018
4972
4832
4724
4848
5131
4775
4675
4649
4976
5176
4778
5089
4887
8531
8381
8493
6258
6326
11857
7045
4725
4175
3673
4607
9310
4950
5756
9842
5267
6373
3096
5089
32934
La piena del giugno 1855 e l'aggregato di due piene successive, la prima dal 5 al 17 con un'altezza
m sima di 1-, 85 e con un deflusso integrale di milioni 5407 di m. e, e la seconda daW7 aHB
coli' altezza massima di *» W e con un deflusso integrale di milioni 4435 di me
306
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
C — PROSPETTO delle massime magre e delle massime piene annuali nel sessantennio 1807-6
ali3 Idrometro di Pontelagoscuro, riferite alla guardia,
Data dell' osservazione
Massima
Data dell'osservazione
Massima piena
magra
sotto
j
sotto
Anno
Giorno
Mese
guardia
Giorno
Mese
Ora
sopra guardia guardja
Metri
Metri
Metri
1807
28
febbrajo
4,577
3
dicembre
5p.
2,320
1808
9
maggio
4,745
13
novembre
idem
0,690
1809
26
marzo
4,442
14
giugno
12 p.
0,850
1810
16
gennajo
3,937
29
maggio
idem
2,524
1811
4
aprile
4,678
30
ottobre
10 a.
1,580
1812
3
febbrajo
4,779
15
ottobre
7 p.
2, 546
1813
25
aprile
4,780
6
novembre
7 a.
1,660
1814
6
ottobre
4, 030
25
aprile
10 p.
1,700
1815
27
ottobre
4, 370
12
giugno
3 p.
1,870
1816
Medie
12
gennajo
4,290
21
giugno
7p.
0,875
4,463
N.10 1,661
1817
12
maggio *
5,620
?
: ?
1818
18
aprile
4,879
4
giugno
12 m.
1-695
1819
27
gennajo
4,543
22
novembre
12 p.
1,640
1820
22
agosto
4,004
27
febbrajo
3 a.
0,740
1821
19
dicembre
4,375
12
gennajo
12 m.
0,857
1822
27
aprile
4,644
6
dicembre
6p.
0,605
1823
18
settembre
3,971
17
ottobre
10 a.
2,490
1824
16
febbrajo
4,610
22
febbrajo
12 p.
0,656
1825
26
aprile
5, 553
25
dicembre
10 p.
1,926
!
1826
Medie
7
maggio
4, 105
1
giugno
3 a.
1,211
4,630
N.9 1,313
1827
31
dicembre
3,971
16
maggio
10 a.
2,539
1828
19
aprile
5, 038
9
maggio
7p-
—
1,817
1829
17
febbrajo
4,980
26
settembre
9 a.
1,984
1830
10
maggio
4,779
12
dicembre
3p.
0,134
1831
9
dicembre
4,509
25
maggio
8p.
1,270
1832
28
dicembre
4,812
11
giugno
4 p.
0,454
1833
27
gennajo
4, 980
2
ottobre
8 p.
1,682
1834
24
! aprile
5,143
1
settembre
7 a.
1,034
1835
18
j aprile
5,282
3
giugno
11 a.
1,750
1836
Medie
25
i gennajo
1
1
4, 745
4
ottobre
5 a.
1,909
4,824
N.9 1,276
* Magra massima del sessantennio.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO
307
Prosegue il prospetto C.
Data dell' osservazione
Anno
Giorno
Mese
1837
1838
1839
1840
1841
1842
1843
1844
1845
Medie
1847
1848
1849
1850
1851
1852
1853
1854
1855
1856
Medie
1857
1858
1859
1860
1861
1862
1863
1864
1865
1866
Medie
26
25
15
2
6
23
25
2
31
26
21
10
26
5
20
21
28
21
4
30
12
2
29
25
17
23
17
21
11
22
ottobre
gennajo
agosto
aprile
febbrajo
agosto
ottobre
maggio
dicembre
febbrajo
dicembre
febbrajo
marzo
aprile
gennajo
marzo
gennajo
aprile
febbrajo
novembre
febbrajo
marzo
marzo
febbrajo
maggio
gennajo
agosto
agosto
ottobre
agosto
Massima
magra
sotto
guardia
Data dell'osservazione
Giorno
Mese
Metri
4,240
4,409
4,570
3,937
4,340
4,340
4,110
5,180
3,630
4, 580
4,334
4,370
4,240
4,810
4, 810
3,870
5,120
3,740
5,380
4,370
4,000
4,471
4,410
4,850
4,540
4,240
4,040
4,980
4,480
5, 320
4,850
4,480
4,619
26
22
8
7
31
30
26
27
18
23
1
24
21
30
5
5
19
11
3
5
30
19
1
28
5
20
1
7
maggio
maggio
novembre
novembre
ottobre
settembre
febbrajo
ottobre
gennajo
ottobre
febbrajo
aprile
giugno
novembre
novembre
dicembre
giugno
dicembre
novembre
ottobre
ottobre
ottobre
maggio
ottobre
febbrajo
novembre
ottobre
novembre
novembre
maggio
Ora
Massima piena
sopra guardia
10 p.
8 a.
12 n.
2p.
12 ra.
3 p.
11 a.
9 a.
5 a.
3 a.
Metri
1,085
0,706
2, 961
2,625
2, 480
2,210
1,510
2,260
1,480
2,560
N.10 1,988
1, 720
1,140
2,210
1,620
1,280
2,575
1,690
2
a.
12
m.
4
a.
8
a.
11
a.
7
P-
6
a.
N. 7 1, 748
2,960
1,110
0,210
1,770
0,820
2,035
2,415
1,870
1,190
1,780
N. 10 1,616
sotto
guardia
Metri
0,500
0,170
0,540
308
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC.
D — CONFRONTO delle magre massime del Po agli idrometri di Ostiglia, Sermide, Quatrelle e
Pontelagoscuro = Distanze da Ostiglia a Sermide chil 20,0; alle Quatrelle chil 15,2; a
Pontelagoscuro chil. 20,3.
Data
Altezze sotto lo zero
degli idrometri
Differenze
rispetto alla magra
massima 1817
Differenze fra gì
i idrometri di
Osti-
glia
di
Ser-
mide
Qua-
trelle
Ponte
lago
scuro
Osti-
glia
a
Ser-
mide
Qua- ]
trelle
3onte
Iago
scuro
Ostiglia
e
Ponte
lagoscuro
Quatrelle
e
Ponte
lagoscuro
Quatrelle
ed
Ostiglia
Sermide
ed
Ostiglia
m.
m.
m.
ni.
m.
m.
m.
m.
m.
m.
m.
m.
Maggio
1817
1,67
1,73
1,60
5,62
Aprile
1825
—
-—
1,52
5,55
—
—
0,08
0,07
+ 0,01
Dicembre 1832
—
—
1,05
4,81
—
—
0,55
0,81
+ 0,26
Aprile
1834
—
1,15
1,16
5,14
—
0,58
0,44
0,48
+ 0,04
Aprile
1835
—
1,30
—
5,28
—
0,42
—
0,34
Maggio
1844
1,12
1, 12
1,11
5,18
0,55
0,61
0,49
0,44
+ 0,11
+ 0,05
- 0,06
+ 0,06
Marzo
1849
—
—
0,81
4,81
■
~
0,79
0,81
media
+ 0,02
+ 0, 076
_ — -.
Marzo
1852
1,15
0,81
0,82
5,12
0,52
0,92
0,78
0,50
+ 0,02
+ 0,28
-1- 0.26
+ 0, 40
Aprile
1854
1,43
1,04
0,94
5,38
0,24
0,69
0,66
0,24
0,00
+ 0,42
+ 0,42
+ 0,41
Marzo
1858
0,93
0,57
0, 66
4,85
0,74
1,16
0,94
0,77
— 0, 03
+ 0,17
+ 0,20
+ 0,42
Gennaio
1862
1,27
0,95
0,73
4,98
0,40
0,78
0,87
0,64
- 0,24
+ 0,23
+ 0, 47
+ 0,38
Agosto
1864
1,28
1,15
0,80
5,32
0,39
0,58
0,80
0,30
+ 0,09
+ 0,50
+ 0,41
+ 0, 19
Ottobre
186S
1,11
0,85
0,71
4,85
0,56
0,88
0,89
0,77
- 0,21
+ 0,12
+ 0,33
+ 0,32
Gennaio
1867
1,44
1,48
0,68
4,98
0,23
0,25
0,92
0,64
- 0,41
+ 0,28
+ 0,69
+ 0,02
a
[edie
dopc
) il 1
851
- 0,11
+ 0,286
+ 0,40
+ 0,30f
{Continua)
LA CHIESA DI SANT' ABONDIO E LA BASILICA DISSOTTO
LETTERE COMACINE
DI
Camillo Bono
(Vedi tav. 17, 18, 19, 20 e 21 )
Amico mio ,
L'autunno del 1865 andai a villeggiare a Gernobbio. Avevo per costume di
percorrere il lago, i paeselli delle sponde ed i viottoli delle montagne, in cerca
di un rudero antico, di un'opera d'arte, di una cima eminente, di una vallata
pittoresca, d'una cascatella, d'un albero, d'un fiore. Dopo due settimane la città,
e segnatamente il Frasconi, fecero sentire sull'animo del cittadino la loro forza
attrattiva; ma quand'ero giunto a Como dalla riva del porto con la mia pic-
ciola barchetta o da Borgo Vico sulle mie gambe, scappavo fuori da un'altra
parte, e andavo di qua, di là, a San Garpoforo, a Sant' Abondio, pur di uscire
dall'angustia delle case e di non camminare sui ciottoli. Così una mattina conobbi
Don Serafino Balestra; ed io, ch'ero già prima innamorato della Chiesa di Sant'
Abondio, mi ci cacciai tutto dentro con la guida sapiente del giovine prete.
Quel prete non era stato dianzi archeologo, né architetto: era, com'è tuttavia,
direttore nell'Istituto dei Sordo-muti e professore nel Seminario di Como. Per
amore del Sant' Abondio diventò archeologo ed architetto. Con ventimila lire
aveva già condotto innanzi un restauro pel quale i soliti ingegneri avrebbero
speso tre volte tanto; e lo aveva condotto con sì prudente perspicacia, con sì
soda dottrina, con si dilicata intelligenza della vecchia arte delle basiliche e
delle chiese, da fare di quell'edificio un modello di eccellente restauro.
Le mie visite al Sant' Abondio si ripetevano sovente. Mentre andavo riempiendo
Palbo di schizzacci affrettati — e ve ne mando alcuni, riprodotti con un pennello
da me stesso molto alla buona appunto su quegli sgorbii a matita — mi sentivo
nascere la voglia di ragionare del monumento. Ne feci allora , in tre lettere ,
stampate nelle appendici della Perseveranza, uno studio piuttosto diffuso e punto
ameno; il quale m'è paruto in questi di che non fosse al tutto vano per la storia
dell' arte di rivedere. Vi mando però, amico mio caro, tali ricerche un poco im-
pinguate. Sono diventate anche più uggiose di prima; leggetele con pazienza.
Sapete che l'antica basilica di Sant'Abondio è, quanto all'importanza artistica,
la seconda chiesa di Como; quanto all'importanza archeologica, la prima. Anzi
non dubito di asserire che, a cagione delle scoperte fatte dianzi nel restaurarla,
310 LA CHIESA DI SÀNT* ABONDU)
della sua quasi perfetta conservazione, delle gravi quistioni storiche ch'essa può
sciogliere, debba diventare, meglio che non sia stata sinora, documento capita-
lissimo di queir architettura , la quale è chiamata lombarda, e ad alcuni piace
chiamar comacina. De' maestri comacini, chi noi sa? s'è discorso anche troppo;
taluno ha voluto mostrarli una Società segreta, avente il monopolio dell'arte ar-
chitettonica per lo spazio di alquanti secoli; qualche altro ha voluto darceli per
muratori ignoranti, o poco più, chiamati qua e là in Italia e ne' paesi stranieri
all'opera manuale. Certo è, in ogni modo, che una importanza grande l'avevano,
e che Como non deve cedere ad altre provincie il merito antico di essere stata
la culla di un'arte nuova, sapiente e bellissima ai tempi suoi; di un'arte da cui
nacquero, per una serie evidente di trasformazioni, quegli stili archiacuti, dei
quali tanto si compiacciono la Germania, la Francia e l' Inghilterra, e le maniere
dell'arte nostra del trecento, così ricche di artistica varietà, così libere e così
gentili; di un'arte infine che, rinnovata, illeggiadrita, quasi direi incivilita, potrà
diventare forse la base dell'architettura italiana di là da venire.
Ma, pur troppo, noi aspettiamo sovente che gli stranieri ci confermino l'impor-
tanza delle cose nostre; e figuratevi che, mentre in un buon giornale di Como
si stampavano certe interminabili filastrocche, vuote di scienza e piene di bile,
per mostrare che la chiesa di Sant'Abondio è una goffa anticaglia, degna di
essere buttata giù, il Dartein, architetto francese, la misurava, illuminato dalle
nuove scoperte, con paziente ed amorosa cura, per darne i disegni in una bel-
lissima opera sulP architettura lombarda, già cominciata a pubblicare in Parigi.
Vero è che per istudiare l'architettura comacina ci mancano i mezzi. Libri,
che raccolgano insieme i disegni di tutti i principali edificii di Lombardia, del
Piemonte, del Veneto non abbiamo sinora; abbiamo studii incompiuti su questa,
su quella provincia, studii non privi mai di errori, e accompagnati sempre da
disegni che, svisando l'indole dello stile, impediscono al lettore di giudicar da
se stesso. Vediamo già dalle due Dispense pubblicate che P opera del Dartein
potrà per questo lato aiutarci; ma i disegni non bastano: bisogna che vadano ac-
compagnati da illustrazioni archeologiche, per le quali sia dato stabilire, se non
esattissimamente, almeno approssimativamente, l'età degli edificii. Né queste il-
lustrazioni possono essere stese da un sol uomo; giacché richiedono troppa pa-
zienza di ricerche intorno ai monumenti e ne' polverosi archivii , richiedono
troppo tempo e troppa costanza di propositi. Or come volete indicare l'indole
speciale, i caratteri distintivi dello stile, se non sapete con sicurezza a quali epoche
artistiche appartengono i monumenti di cui ragionate e dai quali dovete cavare
una sintesi storica?
Negli edificii comacini gli errori sono di secoli. Certo a chi vi dicesse che sul
Sant'Abondio si erra di più che un mezzo migliaio d'anni, non vorreste credere
affatto. Eppure lo sbaglio, per quanto paia incredibile, è vero; e non fu rettificato
ampiamente — poiché Don Serafino non voleva parlarne egli ne' Giornali — se
non da me, due anni e mezzo addietro: della qual cosa permettete alla mia
vanità che si rallegri un tantino.
In una vecchia Descrizione della chiesa antichissima di Sanf Abondio , e sua
riforma fatta daW illustrissimo e reverendissimo signor Cardinale di Como, il si-
gnor Tolomeo Gallio, cittadino comasco, sta scritto: « È questa chiesa antichis-
sima, e fu al principio dedicata alli santi apostoli Pietro e Paolo, delle reliquie
de' quali sanf Amanzio, III vescovo di Como, di regia stirpe, immediato ante-
E LA BASILICA DISSOTTO %{[
cessore di sant'Abondio, ne portò certa parte da Roma, e le ripose con molta
venerazione sotto l'altare maggiore allora dedicato ad essi santi Apostoli»
Che il vescovo Ninguarda , sulla fede di qualche cronista o di una erronea tra-
dizione, facesse risalire almeno alla metà del V secolo la chiesa di Sant'Abondio,
non é da farne le maraviglie; quand'egli scriveva, la critica archeologica era tanto
bambina da non sapere distinguere quasi mai la prima fondazione di una chiesa
dalla sua posteriore e totale ricostruzione. Né mi stupisce che l'Hope, scrittore
già utile all'arte, ma d'una leggerezza tutt' altro che inglese ne'giudizii, abbia
nel suo celebre libro riferito anch' egli a quell'antica età il monumento di cui si
discorre: ben altri errori ci sono in quel volume, e massime ne' disegni di cui
è corredato. Ma ciò di che non mi posso dar pace si è che tutti gli scrittori di
arte italiani, tutti gli scrittori comaschi o delle cose comasche accettino la strana
notizia, solo correggendola talvolta — e non ne so la cagione — di un secolo, od
ammettendo che alcune principali parti dell'edificio dovettero essere aggiunte
ne' secoli che vennero poi. Ma chi guarda la chiesa non può in verun modo ac-
conciarsi a quest'ultima opinione; giacché la pianta, l'esterno e l'interno, così
per la unità profonda del concetto come per la uniformità della costruzione
mostrano apertissimamente che la fabbrica fa innalzata in tutte le sue parti
conforme ad un compiuto disegno.
Tre supposizioni furono fatte dagli archeologi, a' quali pareva duro il conciliare
talune forme e taluni concetti della nostra chiesa con la età che le si voleva
attribuire: chi disse aggiunte nell'XI secolo delle cinque navi le due estreme-
chi disse aggiunto il presbiterio con l'abside; chi disse aggiunti i campanili'
Quanto alle navi estreme, basta pensare che l'appiccicarle avrebbe sconnesso tutto
l'edificio. Sarebbe stato necessario togliere il muro primitivo dei fianchi, lasciando
senza collegamenti l'altissima nave maggiore, per sostituire al muro sottili co-
lonne ed archi. Poi avvertite che le quattro navi minori terminano in quattro pic-
cole absidi, al tutto uguali fra loro, e che la esterna decorazione dell'ala tutta
scoperta a mezzodì è identica e nelle finestrelle e negli archettini della cornice
e nel tetto e nel modo della muratura in pietra alle parti superiori della nave
centrale e dell'altre medie, che le stanno a' lati. Ma se ci fosse bisogno d' una
materiale ragione, ci sarebbe pur questa: una scaletta di pietra, eseguita in co-
struzione e aperta nella grossezza del muro della facciata, principia per l'appunto
ad un angolo della chiesa e termina quasi al centro, dove sta la tribuna, legando
insieme, come si vede nella tavola 17, le due navate a tramontana con quella
di mezzo, e mostrando costruttivamente ciò che del resto apparisce chiaro ad
ognuno, che la chiesa é sempre stata di cinque navi.
Apparisce altresì evidente che il coro con l'abside sua, per quanto possa sem-
brare lungo ai ricercatori delle forme basilicali, è oggidì quale fu ideato nel di-
segnamento del bello edificio. Il presbiterio, che è, secondo la generale usanza
più ricco del resto, e che alzasi quanto la navata di mezzo, si connette cosi
artisticamente alla parte anteriore dell'edificio ed ai campanili, da mostrare un
organismo compiuto e raro anche nei monumenti usciti da un' unica fantasia
La fascia elegante, che divide l'ordine inferiore di colonnine dell'ordine supe-
riore e che cinge d'intorno 1' abside, termina ai campanili; ma è richiamata
da a cornice di un ingegnosissimo rialzo, il quale - guardate agli scarabocchi
della tavola 18 - corrisponde in larghezza ai campanili medesimi, in isporgenza
alle navi estreme, e ne compie le testate con lunghe colonne, con lesene e con
312 LA CHIESA DI SANT' ABONDIO
due brevi file di archettini. Dalia parte del coro codesti rialzi vanno pure ornati
di cordoni con capitelli, sorreggenti, come potete vedere nella tavola 19, a due
a due de' piccoli archi , che seguono la inclinazione del tetto : ornamento posto
lì ad anello fra la semplicità dei fianchi e la ricchezza del presbiterio. L'abside
semicircolare, più bassa del coro, richiama con linea piena d'armonia l'altezza
delle navi medie, compiendo quel mirabile rapporto di masse, che non è otte-
nuto col mezzo di scolastiche ricorrenze o di monotone simmetrie , ma quasi
direi coli' ingenuo istinto della bellezza; con quell'istinto della bellezza che noi
moderni, idropici di scienza, abbiamo quasi perduto. Ma badando all'interno,
credete voi che la navata di mezzo, altissima in paragone alla lunghezza, avrebbe
potuto stare senza quel lungo coro, il quale non solo ne toglie la sproporzione,
ma la trasmuta in cosa nuova, ardita e solenne?.
Or, quanto ai campanili (e di uno fu distrutta la parte superiore) dirò soltanto
che poggiano sui piloni e sui muri posteriori di quelle navi, le quali niuno nega
originarie; dirò che a salirvi ci sono due scalette a chiocciola, ingegnosissima-
mente praticate dall'una e dall'altra parte fra le absidi minori, ove non sarebbe
stato in verun modo possibile costruirle dopo alzata, anche di poco, la chiesa;
dirò, in fine, che per giungere a tali scalette vi sono due passaggi, i quali i
ciechi stessi giudicherebbero lasciati nelle prime mura. Circa allo stile, la torre
rimasta è identica al resto, benché, a ottenere l'aspetto di maggiore altezza e di
più soda semplicità, niuna fascia la tagli orizzontalmente ed i muri sieno lisci
sino all'alto, dove due sfondi con archettini inquadrano, l'inferiore una bifora,
il superiore una trifora con colonne. Al sommo v'ha una elegante, ma non grande
cornice, portante il solilo tetto ribassato a quattro pendenze. Insomma ogni parte
della chiesa di Sant'Abondio, le cinque navi, il presbiterio, 1' abside, i campanili,
formano un insieme perfetto, e certo impossibile a conseguire con aggiunte fatte
posteriormente al primo disegno ed alle prime costruzioni. Ne' restauri i secoli
trascorsi badavano a' bisogni , alla comodità, al decoro, alla ricchezza, alla
bellezza talvolta, ma sempre con moltissima libertà dall' edificio che si trattava
di compiere o di riparare. I restauratori seguivano il proprio stile, il loro pro-
prio modo di costruzione: non si pigliavano briga dell'artistica unità; e se i
vecchi resti ci scomparivano, peggio per loro. L'archeologia architettonica ap-
plicata al restauro è cosa tutta di questo secolo nostro.
Ma, avvertite, se è impossibile credere che il Sant'Abondio non sia di un'unica
età, è anche più impossibile pensare che il presbiterio così allungato, i due cam-
panili, piantati all'estremo delle navi medie, i piloni interni della tribuna e del
principio del coro, lo stile architettonico e ornamentale, sieno del V, o, se vuoisi,
del VI secolo. Abbiamo dunque ondeggiato sinora fra due errori. Non sarebb'egli
stato più semplice il porci da un pezzo questo quesito : la basilica di Sant'Abondio
di qual secolo può essere mai? anziché seguire a occhi chiusi una tradizione con-
traria ai fatti architettonici più palesi. Se non che l' invecchiare i monumenti ai
quali si porta affetto, perch'è sempre stata inclinazione dell'animo degli studiosi,
fu in ogni paese sinora il malanno della storia dell'arte. E, in vero, nell'archi-
tettura lo sbagliare è facilissima cosa; giacché dei vecchi monumenti ne riman-
gono per solito notizie o tradizioni o documenti sicuri sugli anni in cui vennero
fondati, mentre ci mancano quasi sempre i documenti particolareggiati delle rin-
novazioni o delle trasmutazioni compiute ne' secoli posteriori, e per le quali spes-
sissimo l'edificio cambiava forma in ogni sua parte, si trasfigurava nella pianta,
E LA BASILICA DISSOTTO 313
negli alzati, nello stile, tanto da non ricordare in nulla l'edifìcio che lo prece-
deva e da non serbare con esso altra analogia se non quella del nome e del
luogo dell' area.
Voi sapete il ciarlare che s'è fatto sulla età del San Michele di Pavia, del
Sant'Ambrogio di Milano, della Rotonda di Almenno, del battistero di Gravedona,
di cent' altre costruzioni comacine; ma, per non allontanarmi da Como, lascia-
temi citar San Garpoforo. La è una chiesa singolarissima. Salvo la cripta, sulla
quale ci sarebbe molto da dire, apparisce nel totale contemporanea o di alcuni
pochi anni anteriore al Sant' Abondio. Alcuni, peraltro, sulla fede d'un docu-
mento apocrifo, la vogliono del 724; i più la dicono anteriore all'episcopato
di quel San Felice, che fu tenero amico di Sant'Ambrogio; v'ha finalmente
qualcuno, al quale pare chiarissimo ch'essa non debba essere altra cosa se non
un tempio pagano, sacro a Mercurio; e qui, per quanto io so, gli antiquarii si
fermano.
Ma, tornando alla nostra chiesa, voi, che non siete architetto, pur sapete come
nelle basiliche cristiane dei primi sette secoli l'abside non isporgesse mai con-
siderevolmente dal corpo dell'edificio. Per solito era un giusto semicerchio;
talvolta era allungato un po' con due rette, le quali non superavano in nessun
caso la misura del raggio. La conca della basilica di Sant'Ambrogio è, pe'suoi
tempi, una delle lunghissime. Or l'accennato costume fu seguito costantemente,
senza niuna eccezione, sino al mille per quelle chiese, fossero pure cattedrali
vaste e ricchissime, le quali non andavano unite a monasteri, né dovevano ser-
vire a' frati. Nelle chiese monastiche, all'incontro, l'abside s'allunga via via in
coro e presbiterio anche prima di quell'anno fatale, in cui si aspettava l'Anti-
cristo e si temeva la fine del mondo. A' frati importava di essere segregati dal
popolo; ma lì, dove il sacro ricinto doveva servire unicamente al popolo, non
ostante ai cancelli, che chiudevano il coro, il diaconico e il gazophilacìum , non
ostante ai veli, che talvolta nascondevano il santuario ed il ciborio, le cerimonie
religiose si compievano in modo che i cantori s'udissero bene e i celebranti si
potessero quasi sempre vedere. Se lo spazio al vescovo, a' suoi canonici e preti
e diaconi e suddiaconi mancava, non s'ingrandiva già allungando l'abside, ma
aggiungendo le braccia laterali della croce, i calcidici, la nave trasversa, o portando
innanzi nella navata mediana, destinata a'penitenti, il ricinto del coro e gli am-
boni. Le navi laterali, una per le donne, l'altra per gli uomini, restavano così
tutte ai fedeli. Or codesti fatti rituali e architettonici son tanto sicuri, che, ve-
dendo una vecchia basilica con un lungo coro absidiale, si può giurare e pro-
Vare che il coro vi fu aggiunto o dai monaci prima del mille, o dai vescovi dopo
1 mille, per cagione dei riti modificati e del clero più numeroso : esempio l'an-
tico duomo di Novara, il Sant'Apollinare entro Ravenna, trent' altre chiese in
Italia e fuori d'Italia. Badate adesso a questi due fatti, che risguardano la basi-
lica, anzi la chiesa di Sant'Abondio. Primo: essa fu cattedrale di Como, con sede
episcopale e Collegio di canonici, almeno sino al X secolo; poi restò uffìziata
da un clero, che faceva scialaquo dei beni in (stoltezza e in cura secolare, sino
al 1013, anno in cui fu data ai monaci Benedettini. Secondo: il coro absidiale è
lungo quasi venti metri, mentre le navi son lunghe ventisette; la sua parte retta
equivale nell'interno a cinque volte il raggio della conca; la sua sporgenza dal
corpo dell'edificio è poco meno della metà de' fianchi. Conciliate voi questi due
fatti, se vi riesce»
Giorn. lng> — Voi XVI. — Maggio 1868. 21
314 LA CHIESA DI SANT'ABONDIO
Passando ora dal coro ai campanili, i quali stanno ad esso vicini, vi dirò che,
se fossero del V, del VI o, se vi piace, del VII o dell' Vili secolo, io terrei per
bugiarda tutta la scienza archeologica. Voi sapete che le basiliche dei primi se-
coli non avevano campanili; o che almeno non ne rimane traccia né nei monu-
menti superstiti, ne nelle molte descrizioni particolareggiate, anzi minuziosis-
sime, che gli scrittori cristiani ci lasciarono delle chiese antiche. Stefano III, papa,
alzò Vanno 770 sulla basilica di San Pietro una torre, in cui pose tre campane
per convocare il clero ed il popolo a' divini ufficii. Le campane erano note ai
Romani, a' Greci, agli Ebrei, e i Cristiani se ne servirono probabilmente cessate
le persecuzioni; ma erano campane piccole, alle quali bastava un rialzo sui muri
della basilica. Non nego che anche prima dell' Vili secolo ci fosse, o ai lati del
portico o sui fianchi della chiesa o al mezzo della facciata, qualche torre, posta
li a difesa contro le orde barbariche, a custodia degli arredi preziosi, a decoro
dell'edificio; ma, certo, prima che le campane diventassero di un diametro e d'un
peso considerevole, i veri campanili non avevano ragione di essere. A Roma, in-
fatti, essi furono aggiunti alle basiliche nell'Xl secolo, qualcuno nel X, ma nes-
suno prima del IX. Or come va egli che questi campanili di Sant'Abondio, i quali
somigliano ai men vecchi di Roma, debbano essere cotanto antichi? Come va egli
poi che stieno cosi solidamente piantati sugli archi interni alle estremità poste-
riori delle due medie navi, e sieno si artisticamente collegati all'esterno con le
navi e col coro? La posizione di questi campanili, simile, del resto, a quella dei
campanili di San Carpoforo, è appunto quella che fu adottata quasi sempre nelle
chiese monastiche, dove i frati, senza traversare le navi e quasi senza uscire dal
coro, potevano suonar le campane — e le suonavano spesso.
Or è egli d'uopo insistere sullo stile architettonico e ornamentale dell' interno
e dell'esterno della chiesa, è egli d'uopo aggiungere alle ragioni dette altre ra-
gioni, per conchiudere che la chiesa di Sant'Abondio non è una basilica del V,
né del VI, né del VII, né dell' Vili, ne del IX, ne del X secolo?
Il secolo , anzi gli anni della sua fondazione e della sua consacrazione ve li
dirò un'altra volta. Per oggi vi basti sapere che la basilica del V secolo s'è tro-
vata. Figuratevi se è una bella scoperta! E non solo i fondamenti, ma si son
trovati in altezza un ottanta centimetri di muri tutt' intorno, e pitture e pavi-
mento e lapidi e formelle di marmo e,... insomma, non dubitate, vi descriverò
un'altra volta le parlanti vestigia della basilica preziosa e veneranda, che noi
Milanesi dobbiamo invidiare ai Comaschi.
II.
Amico mio,
Quando il cardinale Tolomeo Gallio ebbe, l'anno 1587, il generoso, ma deplo-
rabile pensiero di restaurare la chiesa di Sant'Abondio secondo le norme dei
classici d'allora, nello scavare sotto il pavimento trovò non so quanti avelli, con
entro dieci corpi, che furono battezzati per dieci dei primi vescovi di Como, tutti,
come potete credere, santi. Trovò anche dietro l'altare un'urna vuota, lasciata
cosi dai monaci Benedettini, i quali, forzati a cedere alla cattedrale il corpo del
santo protettore, diedero con una frode che chiamasi pia, non si sa quali ossa
in iscambio; ma, sotto l'urna vuota, ve n'era un'altra di serizzo, con un corpo
intero, e sul coperchio questa iscrizione: Abundius Episcopus Eie Requiescit. Qui
E LA BASILICA D1SS0TT0 3Jg
vixit Ann . Decessit.... ; nella quale il tempo bizzarro ha rosicchiato
1 indizione dell'epoca. Ai lati di quest'urna, in altri due avelli, si scopersero
ancora due corpi, con la scritta smozzicata di Consolo ed Esuperanzio vescovi
e santi come gli altri quattro che stavano sotto gli altari delle absidi minori
nella chiesa moderna - e dico moderna per distinguerla dalla più antica
Ma queste invenzioni di vescovi, probabili, del resto, perchè il palazzo episco-
pale stava d accosto alla basilica antica, ed era costume di seppellirveli dentro
importerebbero poco a voi ed a me, se non fosse che mostrano la grande tra-
scuratezza e la poca scienza de' nostri antenati nelle antichità cristiane. Figura-
tevi che, sebbene i tre avelli posti sotto l'altare fossero, come dice il Ninguarda
cintiti muro sotto terra, davanti per linea retta e di dietro in forma dimezzò
circolo, a niuno passò nella fantasia potesse quel semicerchio mostrare 1' abside
duna vetusta basilica; né valsero i pezzi di pavimento trovati, né le lapidi né
mun altro indizio a por sulla via d'una scoperta, che a' tempi nostri par facile.
L invenzione dell'edificio antico (e pigliate invenzione nel significato ecclesiastico)
si deve a Don Serafino. '
La basilica de' due maggiori Apostoli, intitolata poscia a Sant'Abondio, esisteva
come accenna, nell'altra lettera, a' tempi di Sant'Amanzio. Ma la tradizione che
di codesta nspettabile antichità non si vuol contentare, attribuisce a San Felice
dal Z^Z ti n0str° fflci° ; a W* San Felice che, sedendo vescovo in Como
dall anno 379 ali anno 391, convertiva pagani, e mandava tartufa di meravigliosa
grossezza all'amico suo Sant'Ambrogio. 8
alCsTrtlefaglÌai?,nÌ,dÌSant'Ab0ndÌ0'lachÌesac,era' ed era 8ià subentrata
e'v lv P 7 * dlgDlta di cattedrale> e aveva già d'accanto il palazzo
de vescovi, e forse il santo annunziò in essa al popolo il dì della sua morte, e
orse ln essa resuscitò il figliuolo di quel regulus infedele, che si fece battezzare
ubilo insieme al resto degli ariani e degli idolatri, e che distrusse gli ultimi
S fauni n^'v ^ T1 m°d0' ^ k basUÌCa COffiense debba rtaStSS
IÙZ2Z a ' ?eSCe pr°Vat0 n0n sol° dalla storia> ma alt«>sì dal mo-
numento medesimo; g.acché, nello scoprire, due anni addietro, l'antico suolo,
s. trovarono lapidi del secolo V, le quali non erano poste a caso o rimesse da
un auro edificio anteriore, ma s'inquadravano con tutto il resto del pavimento.
Ben se vi piglia .1 ticchio di conoscere a quali anni le tre più importanti iscri-
zioni trovate appartengono e che cosa vogliono significare, prendetevi la briga
! u.V,10 6 °e SCdsse' nel Boll^ino di archeologia cristiana del mese di
ottobre 1864, uno dei più illustri archeologi moderni, il De Rossi : il De Rossi
che dopo dieciotto secoli, fa la veridica e nuova storia delle catacombe di Roma,
«nelle lapidi che non importa qui ricopiare e che risalgono agli anni 490, 486
e 488, sor. delle meglio conservate, ma pur visibilmente logore dallo stropiccia-
mento de piedi; molte altre lo son cosi da non poterle leggere : e probabilmente
le meglio conservate non son le più vecchie.
Ma egli è tempo ch'io vi dica come il suolo dell'antica basilica si trovò a
circa un metro sotto il suolo della presente. Il terreno, coli' andar de' secoli -
e U tempo è grande livellatore d'ogni cosa - si va alzando via via; ma più
che altrove intorno a questo lago di Como, dov'ha quasi sotterrato sulle rive
monumenti d'antichità non remota. Dal pavimento antico al pavimento moderno,
n que a zona orizzontale d'un metro, noi troviamo, come sotto gli strati del ter-
'eno alluvionale s, trova .1 terreno di formazione più antica, la basilica de'Santi
316 LA CHIESA DI SÀNT' ÀBONDlO
Pietro e Paolo, co'suoi muri intonacati e dipinti, con le sue porte, col suo pavi-
mento a lapidi e formelle di marmo. Le lave del Vesuvio non hanno saputo far
meglio per Ercolano e Pompei. Se non che questa conservazione d'una zona di
muri, sotto ad un edificio alzato tanti secoli dopo, con una pianta diversa affatto
dalla prima, ma che pure s' intreccia in molti luoghi con questa, deve recar me-
raviglia. Si vede che a' costruttori , a' monaci dell' XI secolo doleva, quasi come
una profanazione, il dovere distruggere un venerabile monumento, piccolo certo
al bisogno, improprio ad una chiesa monastica, forse per vecchiezza cadente, ma
dove pure stavano tante preziose reliquie.
L'altare, secondo il costume sempre seguito nel rinnovar le chiese cristiane, ri-
mase per l'appunto sopra il luogo dov'era dianzi, e il martyrium non fu toccato....
La tombe — Ceite Tacine des autels cantava con profondo concetto il più
grande poeta contemporaneo di Francia, in una delle sue odi delle Feuilles d'au-
tomne. L'asse della basilica, rivolta ad oriente, fu pure con iscrupolo tenuto
fermo, e i due muri, che nell'originario edificio chiudevano le braccia della croce,
si confusero con le fondazioni de' nuovi fianchi. Tranne questi punti, o, per meglio
dire, queste linee di contatto, le due basiliche non mostrano somiglianza veruna.
La prima aveva una sola nave, la seconda n'ha cinque, e di sei metri più lun-
ghe; la prima aveva le braccia trasverse della croce, la seconda termina dritta
in cinque absidi; la prima aveva una conca piccola e poco più che semicircolare,
la seconda ha quel coro lunghissimo, di cui vi diedi già la misura. Quanto ai
campanili, naturalmente, non c'erano; né i locali annessi alla basilica stavano,
come ora, dall' un de5 fianchi, ma dietro.
Ecco, vi dò qui nella tavola 17, disegnate sulla pianta dell'edificio esistente, le
linee del sotterrato monumento. Vedete : la nave, di cui si compone la basilica dei
due maggiori Apostoli, non è più lunga di metri 23, mentre è larga più di 11. In
fondo la chiude un muro, diritto dall'una parte e dall'altra per la lunghezza di
quasi 3 metri; poi gira in curva semicircolare, col raggio di 2 metri e centim. 7a
formando così l'abside, innanzi a cui stava il ciborio. Cripta non c'era. Dai due
angoli del detto muro con quelli della navata, se misuriamo men di 3 metri, ecco
c'imbattiamo nelle braccia laterali della croce, ne'calcidici, come alquanti le chia-
mano, o, se volete, nella nave trasversa. Godeste braccia son larghe, parallelamente
alla gran nave, metri 6,65, lunghe, perpendicolarmente, circa lo stesso; per modo
che la nave trasversa, se si può in questo caso chiamar cosi, misura in lunghezza
metri 29, equivalenti alla somma delle cinque navi di adesso. Ma tra le braccia
laterali ed il muro della facciata, invece di due navate minori, troviamo due
vasti locali, lunghi 13 metri, larghi meno della metà.
Tre porte davano ingresso alla nave della basilica, e tutte e tre s'aprivano
nel muro del suo prospetto. Sapete già che i tre ingressi, servendo a differenti
ufficii, pur figuravano la santissima trinità; di maniera che San Paolino pose
nella sua basilica di Nola questa iscrizione :
Una fides trino sub nomine qua? colit unum
Unanimes trino suscipit introitu.
Ma sapete pure il grandissimo abuso che gli scrittori dei primi secoli cristiani
fecero del simbolismo; ogni parte delle basiliche doveva avere il suo significato
allegorico, né si peritavano di riescire alle più stiracchiate sottilità. Se non che
E LA BASILICA DISSOTTO 317
la varietà notevole delle forme, della distribuzione e delle proporzioni nelle ba-
siliche antiche, come dà torto spesse volte a quei sistemi simbolici, così dà torto
alle leggi che sulle chiese dei primi secoli vollero porre i moderni trattatisti
dell'arte. Certo, i riti sacri e l'ordine delle cerimonie richiedevano che l'archi-
tettura basilicale s'acconciasse a certe condizioni, alle quali l'arte ha servito
spesso con molta uniformità di mezzi, ma talvolta, per cagioni e per circostanze
diverse, con molta libertà di maniera. E questa libertà sarebbe dato notare più
che non si possa oggidì, se il tempo e gli uomini ci avessero conservate
molte basiliche del V secolo, poiché sino a quella età le regole dei divini uffìcii
e le discipline rituali non erano ancora partitamente registrate, o, per lo meno,
non erano universalmente seguite.
Ma dei primi secoli cristiani, mentre ci restano intatti alcuni degli edifìcii che
non dovettero poi a' riti e costumi modificati piegarsi, come battisterii, oratorii,
monumenti sepolcrali o commemorativi, non ci rimangono chiese, sulle quali
possa non nascere il dubbio di aggiunte posteriori o di radicali riforme. Le
stesse più celebrate basiliche di Roma si sa che, nella seconda metà del primo
millennio, furono restaurate, ampliate o ricostrutte, sovente senza riprodurre i
primitivi concetti. Ond' è che noi ci abbiamo a contentare di rifar nella fantasia
gli originarii edifìcii, con la guida sovente ingannatrice di vestigia superstiti,
o con quella mal sicura di descrizioni spesso rettoriche, esagerate, oscure o spe-
ciali. Pensate voi s'ella non è una fortuna l'aver trovato d'accosto alla nostra
città una basilica dei primi anni del secolo V.
Ma perchè può esservi caduto nel cervello che questa basilica fosse in origine
un edificio pagano, poi trasmutato al culto del vero Dio , bramo disnebbiarvi su
[ciò l'intelletto. Sappiate dunque come agli angoli retti, che la nave maggiore,
simbolo dell'arca di Noè, forma con la nave trasversa, si trovarono pezzi di se-
rizzo e di marmo, posti lì a rafforzare, dove più importava, le mura : le mura,
che sono quasi tutte composte di pietre di diversa forma e di varia dimensione,
al modo dell' opus incertum , e che hanno una grossezza la quale varia secondo
' i lati dai centimetri 51 ai centimetri 80. Ma in mezzo a quei pezzi di serizzo e
di marmo, frammenti di edifìcii romani, si trovarono agli angoli del lato meridio-
I naie, nascosti e adoperati a far muro, due bassorilievi non piccioli : l'uno figura
iun gladiatore che combatte con un leone, e un cacciatore che tiene per le corna
non so bene se un capriolo od un cervo; l'altro rappresenta un lottatore e parte
d'un cavaliere. Frammenti, che fanno seguito a questi due, sono ora in casa del
conte Francesco Giovo, e tre credo ne riportasse nel suo manoscritto il Borsieri ;
ma i due pezzi, che, levati dal loro nascondiglio, stanno deposti oggidì nella
chiesa superiore, bastano da soli, tanto appariscono importanti e ben conservati,
ja indicare il periodo dell'arte romana cui appartengono.
Della decadenza non sono, né dell'età migliore; non é impossibile che risalgano
alla metà del secolo primo. Or, vedete, ci è rimasta memoria d'un ricco portico,
eretto da quell'illustre comasco Galpurnio Fabato, che fu prosuocero di Plinio
e perseguitato da Nerone. Ne il portico si sa di certo ove fosse; ma i più vo-
igliono che stesse vicino al luogo dove fu poi la chiesa de' Santi Pietro e Paolo,
mostrando che li d'accosto si trovarono i ruderi d'un antico edificio, e, che più
monta, una insigne lapide in onor di Galpurnio. Comunque sia, la basilica nostra
è in parte costrutta, lì per l'appunto dove i muri toccano le fondazioni, con ma-
teriali tolti da un monumento romano; e con frammenti romani, misti ad iscri-
318 LA CHIESA DI SANT' ABONDIO
zioni ed a frammenti cristiani dell'anteriore basilica, furono alzate le mura della
nuova chiesa di Sant5 Abondio.
Ora, per concludere, mentre non si può pensare in verun modo che un monu-
mento, ricco di ornati e di bassorilievi, si gettasse da' pagani a terra, appena
costrutto, per alzar co'suoi marmi un tribunale, o, se vuoisi , un tempio; è na-
turale invece che, tre secoli e mezzo dopo, i cristani, buttandolo giù, si giovas-
sero de' suoi resti per edificare la casa dei loro Dio. Ma giudicate voi se, non
potendo avere principii pagani la basilica che sta sotto, possa averli quella che,
sei secoli dopo, le si è addosso poggiata. Eppure, con l'ingenua prosopopea che
viene dall' ignorar d'ignorare, fu in Como stampato il Sant' Abondio altra cosa
non essere che un tribunale romano; e, come tale, con ira amena si volea con-
dannare al disprezzo ed alla distruzione.
Ma se qualcuno in codesta basilica de' Santi Pietro e Paolo cercasse l'imita-
zione delle basiliche pagane, o le formule che i santi e i trattatisti ci danno
delle cristiane basiliche, ei si vedrebbe non lievemente imbrogliato.
Vi rammentate voi chiese credute de'primi secoli dell'era, o tribunali de'nostri
padri idolatri, che non abbiano niuno indizio delle due navi minori? Quanto a
me, fra le chiese trovo appena la basilica Siciniana, e questa è, dicono, un edi-
fìcio antico, né da'suoi resti possiamo argomentare le forme prime; de' tribunali
io non ne trovo uno solo. Ben trovo in Roma templi d'una sola nave o testug-
gine, colPabside o santuario semicircolare : quelli di Pallade, di Venere e Roma,
di Marte Ultore; in Pompei, non solo trovo il tempio della Fortuna, ma molte
sale destinate ad usi diversi, anche a bagni. Senonchè i trattatisti mi dicono che
i fedeli imitavano soltanto le sale dove si rendea la giustizia. Nondimeno la ba-
silica comense ha una nave.
In oltre mi dicono i trattatisti, mostrando la basilica Vaticana, la Lateranense,
l'Ostiense e molt' altre minori, che la nave trasversa andava a formare l'asta
orizzontale d'un T, la croce senza il braccio di sopra; ma ecco ch'io scorgo
nella basilica comense la forma d'una croce completa, giacché la nave trasversa
non tocca Tasta verticale all'estremità, ma la taglia alquanti metri più basso. La
croce immìssa piglia dunque nel V secolo il luogo della commissa o patibulata.
I trattatisti mi dicono ancora che alle basiliche precedeva sempre un atrio,
un nartex, un cortile con portici, avente in mezzo la fontana e ingiro i cancelli:
sapete già a che cosa queste parti dell' edifìcio servissero. Ma nella basilica co-
mense, cortile, portici non vedo; e sarebbe strano che le mura e le fondazioni
fossero in questi soli luoghi scomparse. Bensì troviamo i resti dell'atrio; il quale
coi seguenti fatti si dimostra che dovette essere tutt5 aperto air ingiro. Come in-
torno all'antica basilica e, massime davanti al prospetto, furono dal sacerdote
Serafino Balestra scavate innumerevoli tombe, col suolo di embrici romani, le
pareti di quattro lastre di ardesia , il coperchio di una o di due larghe pietre;
cosi furono nell'interno trovati, sotto il pavimento di marmo, nove avelli d'un
solo pezzo, simili a quelli che il Gallio aveva al tempo suo rinvenuti, alquante
urne di serizzo, tre delle quali stanno nelle fondamenta della chiesa moderna, e
in mezzo alla navata un vasto sepolcro pien d'ossa, cinto di un muricciuolo, pu
col suolo di embrici e coperto di lastroni, su cui leggevansi le tre epigrafi a cu
ho indietro accennato. Dappertutto erano infiniti resti o ceneri di corpi umani
ma, e ciò solo importa al fatto mio, nelle tombe della primitiva basilica stavano
ancora ossa e terra rossiccia, mentre al difuori, tra la facciata antica e la mo
E LA BASILICA DISSOTTO 319
derna, tutto era polvere bianca, sottilissima, lieve, cristallizzata, riflettente al
sole, come brina, i colori dell'iride.
Or questa costante diversità in corpi seppelliti prima delPXI secolo, da che
cosa può venir mai se non viene dall'essere le tombe interne rimaste sempre
riparate dall'acqua: mentre quelle dell'atrio, che sono dal mille sino ad oggi
perfettamente all'asciutto, furono dalla pioggia lavate per lo spazio di seicento
anni? E dico che l'acqua vi penetrava, perchè l'atrio, posto alle falde del monte
, di Sant'Euticchio, sopra un terreno alluvionale, s'apriva in faccia alle alpi, da
cui tirano appunto i furiosi venti temporaleschi.
Dall'atrio o nartex anteriore forse, col mezzo di due porte, che non sono in-
dicate dalla tav. 17, si entrava nei due lunghi locali a' lati della nave, chiusi intorno
da muri, salvo alla metà fra il muro della facciata e il piegarsi della nave tra-
sversa, dove c'è dall'una parte e dall'altra un'apertura od arcone senza soglia.
Erano veramente questi locali, di cui indietro è data la misura, destinati a' cate-
cumeni, agli energumeni, agli ascoltanti, fors' anche agli ebrei, a' pagani, agli
ariani, che coli' esca della curiosità si cercava attrarre alla fede? Serviva l'uno
per le donne ancora non entrate nel grembo della Chiesa, per gli uomini non
ancora battezzati l'altro? Non saprei con sicurezza affermarlo.
Né il dubbio s'arresta qui, perchè dal solo lato settentrionale s'apre nella
i navata, oltre l' arcone, un uscio largo un metro e 27 centimetri, che ha la soglia,
che serba in essa la traccia dei cardini, che aveva quindi il serramento, e che
: rispondeva ad una scala di cui s'è trovalo l'indizio. Gonduceva forse la scala alla
: tribuna sinistra? Per salire alla tribuna destra, giacché porta interna nella nave
non c'è, si entrava forse dal nartex inferiore adirittura alla scala?
Ad ogni modo, che loggie o tribune sui due indicati locali ci avessero a stare,
è cosa poco meno che certa. Primamente i riti chiedevano la separazione, non
solo degli uomini dalle donne, ma delle vergini dalle maritate e le vedove, dei
| fanciulli da' vecchi, de' monaci, de'penitenti dal resto dei fedeli e via via; né
: senza tribune, giacché mancano al certo le navi minori, si saprebbe dove cac-
! ciare il matroneo. In secondo luogo la basilica, che pure servì lunghi secoli di
cattedrale, sarebbe stata senza loggie troppo angusta a' bisogni. Finalmente un
grandissimo numero di pezzi ornati, de' quali vi dò lo schizzo nelle tavole 20
j e 2i, taluni in forma di pilastrelli con incavi laterali, taluni in forma di lastre,
j evidentemente destinati a fare ufficio di cancelli, furono trovati volti in giù nel
pavimento della chiesa presente, ne' muri di essa, in altri luoghi vicini. Quasi
venti pezzi li hanno i Passalaqua, a cui forse li diede il vescovo Romano quando
rifece il suolo del coro; più di venti sono deposti in chiesa, e altri non pochi,
dispersi qua e là , furono impiegati per pietra o per iscolpirvi sul rovescio le
insigni virtù de'morti d'oggi.
Codesti pezzi di cancelli o transenne, son troppi davvero per supporre che il
coro solo e il santuario ne fossero circondati; bisogna impiegarli anche altrove
con la fantasia, né si trova ad essi altro ufficio se non quello di chiudere alla
base le arcate o gl'intercolonnii delle superiori tribune. Ma le tribune io non
credo che girassero sulle braccia della nave trasversa; né probabilmente s'alza-
vano fino a toccare l'inclinazione del tetto della navata, perchè il muro del
fianco a mezzodì, lì dove si può misurare, è di 10 centimetri meri grosso dei
muri della nave; e se quello del fianco settentrionale è assai più massiccio, se
ne deve cercar la cagione nel molto rapido abbassarsi del suola
320 LA CHIESA DI SANT' ABONDlO
Quanto alla distribuzione dei fedeli nelle diverse parti della basilica, ammesse
le loggie, ogni classe trova, meglio che in ogni altro tipo basilicale, il suo posto,
massime che le due singolarissime stanze laterali giovano a semplificare le di-
visioni. Al vescovo, a' canonici, a' diaconi, a'suddiaconi, a' preti d'ogni maniera,
cosi come a' cantori ed a' chierici, era certo riserbata, oltre l'abside, la parte
superiore della nave, nonché l'area centrale dell'edificio. Le sagrestie, alle quali
si entrava dai fianchi del coro con due usci aperti nel corto braccio superiore
della croce, i locali per deposito dei sacri arredi e delle offerte, gli alloggi dei
ministri e dei guardiani della casa di Dio, tutto ciò insomma che era compreso
nella parola Pastophoria, stava dietro la chiesa, dove pur ora si trovano fondazioni
d'antiche mura, sepolcri e pavimenti. Forse vi stava anche il battistero.
Ma oramai, per compiere a parole questo restauro della chiesa de' Santi Pietro
e Paolo, altro non mi resta che dirvi qualche cosa delle soglie, del pavimento,
e de' dipinti murali.
Le porte della facciata, quella di mezzo larga 2 metri e 525 millimetri, le
altre due larghe meno della metà, hanno nelle loro soglie, come potete indovi-
nare dalla tavola 21, una scanellatura e i buchi per i cardini dei serramenti.
Questi fori, sebbene forse difesi da scudetti o piastre di metallo, pur son logori:
e alcune striscie circolari mostrano che le imposte nell' aprirsi e nel chiudersi
scorrevano sulle soglie. Si vedono queste soglie, massime alla metà, oltre modo
scavate dai piedi dei fedeli e dalle ginocchia dei penitenti; e tale lavorio di ginoc-
chia e di piedi deve essere continuato, sul serizzo della porta maggiore e sui
marmo di Musso delle altre due, alquanti secoli. Avvertite poi singolarità: la soglia
che doveva dare ingresso alle donne è più logora delle altre, mentr' è pur
mollo logora quella dell'uscio interno, che conduceva alla scala e forse al
matroneo.
Guaste dal tempo e spianate dal lungo stropicciar dei piedi sono anche le la-
pidi, che formavano la maggior parte del pavimento nella basilica. D'una qua-
rantina, che, contati i frammenti, se ne trovò, alcune non si possono leggere: le
altre si conoscono del V o dei VI secolo , e forse dopo il VI secolo si cessò di
seppellir nella chiesa, la quale doveva essere al dissotto piena di cadaveri, per
sotterrare invece intorno all'edificio. I locali a' lati della nave pare avessero un
suolo formato di mattoni e di cemento. L'abside all'incontro ed il coro andavano
senza dubbio ornati di un pavimento a mosaico : si son trovate parecchie centi-
naia di esagoni neri in marmo di Varenna, e di triangoli bianchi nel solito
marmo di Musso; di rombi e di rettangoli meno. Vedete che questi mosaici so-
migliavano dunque a infiniti altri di basiliche cristiane; ce n'è di simili nella
vetusta chiesa di San Vincenzo a Galliano, in quella di San Carpoforo, in quella
di San Fedele, scoperti dallo stesso Don Serafino Balestra, e in altre chiese co-
macine parecchie. Ma ciò eh' è manco comune son certe formelle di porfido
egiziano, di serpentino, di paonazzetto e d'una pietra che qui si chiama maio-
lica, tagliate a guisa di ventaglio, di mezza luna, o in altre forme diverse, e
aventi alcuna volta nel mezzo un cuore intagliato e riempiuto di stucco rosso.
Peccato che questi pezzi non si trovino uniti, né sia dato restaurare l'insieme
del ricco e certo elegante disegno.
La basilica era tutta dipinta. Chiare vestigia d'intonaco colorato si trovano
qua e là dappertutto: sono volti umani, vesti ornate con croci, mani, piedi, pezzi
di leggende con caratteri latini, fascie di color verde, rosso, giallo, paonazzo.
E LA BASILICA DISSOTTO 32J
con grossi punti bianchi disposti a rette od a ghirigori. I dipinti meglio conser-
vati, che stanno sulla parete esterna dell'abside e nelle interne braccia della
nave trasversa, figurano scompartimenti rettangolari e d'altra guisa, circondati
di riquadri imitanti i diversi colori dei marmi. L'intonaco é grosso; la superficie
del dipinto lisca, pulita, lucida; lo stile rozzo, ma cosi ne' contorni verdastri e
risoluti delle teste, come nei panneggiamenti e nell'ornato, palesa un fare in-
genuo e ruvido insieme, una schietta facilità di mano. Eccovi dunque, come
nella bas.hca di Nola, piene le pareti in questa basilica comense di fatti scrit-
turali dipinti e di leggende che valevano a dichiararli. I colori allettavano gli
occhi: le sante figure e le popolari iscrizioni occupavano le menti de'fedeli
nelle lunghe ore che passavano in chiesa; quelle pareti meglio di un sermone
educavano il cuore, ingentilivano lo spirito, spiegavano agl'ignoranti le pagine
del Vangelo. v 8
E, in verità, che tali dipinti insegnassero, come dicono i versi di San Paolino
ad uomini cresciuti ne' vizi, l'obblio de' vini e la sobrietà, io lo voglio credere
volentieri, giacché la veneranda basilica di Como ha fatto dimenticare a me che
questa lettera è solennemente prolissa.
(Continua)
FORNO ANULARE
PER CUOCERE MATTONI, CALCE, CEMENTO ECC. ECC.
Invenzione dell' Ing. Sig. Hoffmann a Berlino
privilegiato nel regno d' Italia e nei principali paesi dell' Europa.
(Vedi Tav.22 fig. 1,2, 3, 4 e 5)
All'Esposizione di Parigi nel 1867 si vedeva nel compartimento prussiano
esposto un modello di questo forno, di cui l' inventore fu premiato colla medaglia
d'oro. — Visto gli splendidi risultati ottenuti con questi forni in Germania,
Inghilterra, Francia, Belgio ecc. nei quali paesi già da più anni ne funzionano
parecchie centinaja, credo cosa di molto interesse pei lettori di questo periodico
di darne uno schizzo con relativa descrizione.
Nella fig. l.a tav. 22, vediamo la projezione orizzontale (metà in sezione) e la
fig. 2.a che rappresenta una sezione verticale. Vediamo nella fig. l.a nella parte in
sezione un canale in forma d'anello e nella fig. 2.a ne vediamo il profilo. Questo
canale è il forno, il quale è diviso in 12 compartimenti (si fanno però secondo il
bisogno forni di 8, 10, 12, 16, 20 e 24 divisioni). Nel centro di questo forno si
trova il camino ed intorno a questo vediamo un altro canale anulare più piccolo
del primo, cioè la camera da fumo. Ogni compartimento del forno comunica colla
camera da fumo per mezzo di un condotto pel quale passano nel camino i pro-
dotti della combustione (fumo) e nella fig. 3.a vediamo come questo condotto per
mezzo di una campana appesa ad un filo di ferro può essere chiuso od aperto,
secondo lo richiede il servizio.
Ad ogni compartimento del forno corrisponde un'entrata praticata nel grosso
muro formante la circonferenza esterna (vedi figg. l.a e 2.a). Da questa entrata
ermeticamente chiudibile si carica e scarica il compartimento.
La camera da fumo comunica col camino per mezzo di 4 condotti, e vediamo
alla base il camino diviso da una croce in altrettanti parti, onde il tirante na-
turale del camino non sia dannegiato dall' incontrarsi di 2 correnti in direzione
opposta. — La fig. l.a nella parte non sezionata lascia scorgere 6 aperture di
forma ovale le quali servono per fare discendere le serrandole, colle quali si
effettua la separazione di un compartimento dall' altro susseguente. Vedremo in
seguito che di queste serrandole non ne occorrono che 2 al più.
Nella stessa figura vediamo fra le sopradette 6 aperture altre piccole di sezione
circolare; sono queste le aperture dalle quali si introduce il combustibile nei
forno e nella fig. 4.a vediamo come con semplice coperchio si possono chiudere.
Lo spazio anulare fra il canale grande (forno) ed il canale piccolo (camera da
fumo) è riempito da un cattivo conduttore di calore, e formato superiormente ai
canali un piano esteso abbastanza e coperto da tettoja, onde potervi esporre
all' asciugamento i mattoni appena fabbricati.
FORNO ANULARE ECC. 333
seSrst::„t^rflts.partecosiruuiva passiam° aiia m™* ™
Vediamo in quella figura una sola serandola dividere il canale grande (fornoì
ed alla parte destra aperta l'entrata del compartimento e chiusi tutu , li altri
alla parte sinistra aperto il condotto del fumo e chiusi tutti * i . m M,
juindi alla destra de..a serrandola il primo ed allf Z£ tim \ mp r"
1 tt nirsfUEnrr°o°raa tUU0 " Canal6' CÌ°é tUt" * «o»p.rUmenli cS i
mattoni, si farà fuoco al primo compartimento, lasciando aperta l'entrata «
questo, onde lasciare passare l'aria necessaria alla combustione lorodolt 1,11,
combustione (fumo) faranno quindi il giro del canal ed arrivatHell ulti
compartimento passeranno da quel condotto al camino nninrlMi ,, V
da. combustibile si trasmette Ino mano ai IZ^ZtLt^ZtZ
n eli ultimo compartimento sarà appena quella necessaria per II ante del e
mino - Dalle piccole aperture praticate nella volta nel forno e a le quali s
in reduce ,1 combustibile si vede nel medesimo tempo se si può „
fuoco, cioè se i mattoni in quel compartimento siano cotti
Saranno quindi i mattoni nel primo compartimento i primi cotti ed allora si
avanza il fuoco verso il secondo, lasciando però ancora anertn vZ'J* 7 •
obligando cosi .' aria atmosferica necessaria L £%2^^£%£;
Quest'aria fredda deve quindi passare fra i matinn,- *««■ a p e Ud ^eiia.
Ji'JlT *'*"'"><"' ««'«•"> P»° Sii (ani un-M«a elei au risananti da
ss rr;°,r,:crj,ir rr più — i™«i ~ ■ -»«
L'esperi,»,. Ha dappertuu. „„,,„„„ »d. forlì.slm. eo„„omla di eonlbu.u.
caricare e lo scaricare Viti*. T operazione, cosi per esempio il
servi o acoui ter nno n Plg malme"te' quindi ^ei lavoranti a<^« a questo
cola al3? h P ° UDa grande abilità e siccome il forno ha una pic-
cola altezza, de, ragazzi posson assai bene soddisfare a questo servizio. - Sotto la
324 FORNO ANULARE ECC.
tettoja la quale copre il forno intiero, si possono esporre come già fu detto i
mattoni appena fabbricati e dopo poco tempo possono essere collocati nell'ultimo
compartimento del forno stesso dove la temperatura bassa finisce l'asciugamento;
così si è quasi completamente garantiti contro le intemperie della stagione. Es-
sendo il forno grande, cioè superiore a 12 compartimenti si può contemporanea-
mente fare fuoco in 2 compartimenti diametralmente opposti. — In un compar-
timento può essere calce, in altro cemento, in un terzo mattoni ecc., si può ob-
bligare il fumo di fare il giro a sinistra piuttosto che a destra se ciò torna a
vantaggio del servizio; si può fare qualunque grado di cottura, cioè mattoni forti,
meno forti ecc. secondo il bisogno. Le riparazioni in un compartimento si ponno
fare senza punto sturbare V andamento del forno , isolando semplicemente colle
serrandole e campane questo compartimento dagli altri. Per tal modo la durata
di questi forni è assai maggiore di quella di qualunque altra costruzione cono-
sciuta, specialmente avendo anche riguardo alla sua maggiore solidità in causa
della sua forma.
In seguito a tutti questi vantaggi risulta naturalmente un'altra economia sulle
spese generali , le quali secondo le circostanze locali sono di molta importanza.
Ora non resta più che un cenno da fare sulle spese d' impianto d' un tal forno,
spese che naturalmente sono superiori alle spese dei forni di vecchio sistema ,
ma che si ricompensano largamente dagli incontestabili vantaggi.
Si suddividano i forni secondo la produzione giornaliera come segue, poten-
done però fare qualunque altra desiderata :
Prodotto giornaliero; Mattoni 3000 Spesa d'impianto it. L. 12000
» » » 6000 » » » 18000
» » » 9000 » » » 24000
» » d 12000 » » » 28000
» » » 15000 » » » 31000
» » » 20000 » » » 34000
Questi sono i prezzi medii indicati dall'inventore per i forni eseguiti in
Prussia , ma è molto probabile che in Italia saranno assai inferiori secondo le
località. Un forno eseguito in Westfalia per una produzione giornaliera di 5000
mattoni non costò che 12000 lire.
Dalle spese sopraindicate 9 % sono calcolati sui lavori d' escavazione, 50 %
sui lavori muratorii , 18 % sui lavori di falegname, 8 % sui lavori di ferro e
ghisa, 10 % la tettoja e 5 % sorveglianza ecc.
Moltissimi sono gli attestati di buon esito di questi forni, pubblicati nei vari
paesi dove furono costrutti, ed avrei potuto aggiungere ai vantaggi già indicati
molti altri di minore importanza, credo però utile di rilevare da uno di questi
attestati la circostanza che il relativo forno era ancora in esercizio quando ia
temperatura dell'aria esterna era discesa sino a 4° sotto zero!
L'inventore fornisce i disegni di costruzione necessari all'esecuzione, ed il
sottoscritto è pronto di dare a chiunque lo desidera maggiori schiarimenti.
A. Stigler, Ingegnere Meccanico.
Milano, Via Solferino N. 32.
STABILITÀ DEGLI ARGHI.
(Vedi Tav. 22, flg. 6, 7 e 8).
Tutte lo forze, che agiscono, e si equilibrano in un arco, si possono sempre
risolvere in due equivalenti orizzontali e verticali P
siAevaTiT,- l^f" ^ ^ ^^ da U" giunl° deI1'arco> che si con-
dal vertice 'dll'h ^ Y^'7 ' ComPonenti orizzontali, che agiscono a partire
dal vertice della volta Ano al giunto, che si considera, e p,p\p".... le corrispon-
denti componenti verticali. *■■#<>■* icLuuiipon
Riduco ora tutte le dette componenti orizzontali e verticali alle due E P le
quali abbiano rispetto al giunto, che si considera i loro momenti uguali alla
ZZI \m°rntì d6lle VaHe comP°°en«> q^ndi Hm, Pn essendoT le
perpendicolari da un punto del giunto sopra la direzione di E e P
JZLeqmhh7, dÌ qUeSle due f0rze è necessario avere una risultante normale
alla direzione del giunto, cioè devesi avere
E sen <f = P cos <p
pensabile avere
ilerno del giun
equazione unica
ed è pure indispensabile avere Em = Pn, cioè la detta risultante deve cassare
per un punto interno del giunto, ed allora essendo m = n tang ; ri avrà pe
equazione un ca g v' dvId Per
//tang 9 = P
L'equazione della curva che rappresenta il luogo geometrico di tutti i punti
sDoÌ!,lrSlante, S=^+^ incontra il raggio del circolo osculatore ri-
spondente all'angolo 9, s. può rappresentare per y=f(w)
la quale equazione pongo riferita a due assi ortogonali aventi la loro orione alla
"vernar™' 3 CUÌ ^ tang6nte PaSSe deUe + ment- «!«•»« "eSert
flo acuto adiacente al'lat'o £ ^.^flìlfi^f^
a <p, quindi i due triangoli essendo simili danno • ■ " g
dy : dx :: P : E
da cui
Edy = Pdx
questa è l'equazione d'equilibrio dell'arco d s sollecitalo dalle forze E e P che ran-
presenta perc.6 la differenziale della curva delle pressioni , Z f(") di cai so r
326 STABILITÀ DEGLI ARGHI
La detta equazione differenziale ci dà soddisfatte le due condizioni, che la risul-
tante sia normale al giunto, e che passi per un punto materiale di esso, che è
d y
perciò la stessa equazione già trovata fftang <p = P ove si ha — = tang 9.
Non è il caso di tener conto dell'attrito 0 della tenacità del cemento negli archi,
sempre quando si ha per mira la stabilità massima demarco, cosa necessaria in
quegli archi esposti alle variabilità di secco , ed umido , caldo e gelo , le quali
producono la disunione e rottura variando la coerenza e l'attrito.
Tre casi principali si distinguono negli archi cioè:
Archi soggetti ad un peso uniforme (scale).
Archi dei Tunnel.
Archi dei ponti.
Passo a trattare questi tre casi applicandovi P equazione di stabilità sopra de-
dotta che metto sotto la forma
p *
ove P ed H sono generalmente espresse in funzione d' una delle variabili.
Scale.
I gradini e la sottostante muratura d'alzata danno un peso costante per ogni
metro lineare misurato orizzontalmente; sia p detto peso, sarà P — px.
In quanto ad H essa sarebbe determinata dal valore di P e 9 ; ora è evidente
potersi combinare 1' angolo 9 in modo, che H sia costante; cosa del resto ottima,
stantechè con ciò si semplifica la questione non solo, ma si ottiene pure un van-
taggio pella stabilità, restando la curva delle pressioni invariabile, qualunque sia
l'angolo di rottura, cioè si rende la curva delle pressioni indipendente dall'an-
golo di rottura.
Posta H costante, l'equazione di stabilità per l'arco ds elementare sarà
P
dy~-
integrata ci dà
d y = -fTxd%
siccome H è costante, così per mezzo di qualunque punto della curva si può de-
terminare; dati perciò i valori numerici delle coordinate di un punto si ricaverà
D cfi
H = ^—-r essendo a. b le coordinate date.
2 b
Ove però fosse dato il valore di H da altri dati, converrebbe porre tale valore
nell' equazione.
Esempio di un rampante.
Sia la somma delle pedate a sostenersi dall' arco di 6m,00, la somma delle al-
iate di 3m>00: sia p = 375 kil. si avrà tf = 375.6 == 2250 kil.
STABILITÀ DEGLI ARCHI 337
L'equazione della curva d'equilibrio sarà
y == 0,08 x%
per
0 = 1, 2, 3, 4, S, 6
si ha
y = 0,08 0,32 0,72 1,38 2,00 2,88.
raRrconseanrdà° '* reSÌStenZa ^'^ ^ = 6000° UL per m' q" lo sPessore &1-
2250
al vertice = = 0 037
60000 >"ÓJ
essendo
all' Sposta =S =0,053
3160 k. = Vm+ m
Nella fig. 6.a è rappresentata la curva del rampante: si vede però che versola
inT,1 ?»JTJ. Zf ^ u^ ^'^ -tematica, s^tràterS
in K U rampante, ossia in altri termini si supporrà il vertice fuori del ramoante
retf 'in L'tvesf EKB ^°> ^^ ™° * * -mro uia s" "p !
Se! giùnto IDCa are 1UllÌm° maltoneP<>r compensare 1' obliquità
Tunnel.
steL're'r.eJre'cLTnf ?" t6rr°Sa 1 mida n°n SÌ *UÒ ese^ire se«- *°-
mpedire alla mZ fP. ' ^ dÌ legname' le quali hanno Per iscoP° «
impedire al a massa di terra soprastante verticalmente dal discendere e di im
P1Sd?J LteSw.rmn0 0rÌZZOntalmeute -so il v*el irlo
n«« * T > Del deve comP°rsi di due rami di curva per sostenere il
peso, ed anche la spinta orizzontale della terra sostenere H
meLntTdae1"pedrci6 ririSUPerÌ°re f^ é qUe"a di Un arco carico uniforme-
menie. detto perciò p il peso per metro lineare sarà,
h^^ZfZr^ ^ * ' S* ~» *S dietro
Determinato il valore di p; si ricava quello di H dietro valori noti di * v ri
«pe to ad un punto determinato della curva come si fece prece ent mente' '
L equazione del ramo di curva laterale dipende pure dalla spinta orizzontale
elle terre; ,1 valore della spinta orizzontale si sa essere al suo ma simó auando'
carnai 'T™ ,ee°?d0 "" ang0'°' Che è ^uale a»* me à d nello el a
p so ;;r: eL?oniin„P: °ra che le terre iateraiisien° w» wStS
peso p per metro lineare come sopra, che « sia l'angolo della scarpa nata-
328 STABILITA DEGLI ARCHI
1
rale delle terre, ed f il coefficiente d'attrito che è = ^— il valore della sPinta
orizzontale F sarà determinato nel modo seguente come si sa
1
p — pftang-a
f= r-72}
f+tang-^a
ora l'orizzontale VD può tenersi uguale all'ordinata y per la tangente dell'an-
golo di franamento, cioè VD = y tang j- a quindi F= M y avendo espresso per
M la determinante.
Questa spinta orizzontale F essendo negativa deve essere dedotta dalla spinta
orizzontale H; quindi 1' equazione differenziale della curva sarà
(H— My)dy— p co d x
sulle parti laterali.
Integrando si avrà
Hy--j-y* = 4~ + cost.
la costante sarà determinata in modo, che le due curve si raccordino nel punto
ove incomincia ad agire la forza orizzontale F. Questo punto si determinaci
circoscrivere al traforo il rettangolo, e col condurre per 1' angolo V fig. 7.a la
retta V B faciente l'angolo 4" « colla verticale, il punto B ove detta retta taglia
la prima curva sarà il punto obbligato per la seconda curva: siano X ed Y le
coordinate di detto punto, si avrà
M vX*
cost. = HF--!-F2--^_-
così sarà pienamente determinata la seconda curva delle pressioni.
Esempio.
Sia un terreno in cui p = 12 000 k.
siano y = i,00 x = 2,00 le coordinate di un punto, in cui deve passare la curva
del cielo del Tunnel; si avrà
H= 12 000. 2 = 24 000 k
P equazione della curva sarà
y = 0,25 a*
per
0 = 1, 2,
STABILITÀ DEGLI ARCHI QQn
Si ha 329
# = 0,28 1,00 2,25
che sarebbe la curva A K fig 2a
vìt:vi:z\ ?i¥ìoe '?-Si°e "rr^ a,i° scav°' per "«*■•
la prima curva. ' '3° le coordlnate del punto B ove termina
Per passare al secondo ramo conviene determinare « in modo esperimentale
e «cecine / _ così si avrà semplificata l'espressione della spinta orizzon-
tale che sarà
poniamo che si trovi per un caso in concreto
F = 6 000. 7
sarà P equazione delia curva laterale
da cui si ricaverà
per *=V£Ì!-Ofi.y* + ifii
si ha y=Z% 3' 4> 5> 6>
® = 2,80 3, 3,10 4 2,80
che è la curva KF fig. 2.\
Lo spessore dell'arco dovrebbe essere alla sommità
24 000
= — Om LO
6 0000"" ìW'
Ponti
La seconda parte sarà Gfydx—G TMN
" peso è dunque noto pel suo differenziale, che é
dP=G(ydx + Xdx).
---ij(ì/ + ).)d&
Giorn. Ing. - Voi. XVI. - Maggio 1868
22
330
ossia
STABILITÀ DEGLI ARCHI
dx dx ti
integrandola si ha
'i,,=vm+'-')^
. dy
la costante deve determinarsi supponendo d'avere al vertice ^ = 0 separando
le variabili si ha
dy
che integrata dà
j/j^log* [\/y*+2\y+y + >]+Z°sL
la costante si prende per x = 0 y = 0 onde viene
7l = l0« L 5 J
essendo il logaritmo nel base e = 2,71828.
Passando all'equazione esponenziale si ha
ir
x*
zi
= Ky2 + 2Xy+y + A
risolta rispetto ad y ci dà
X +
0?
/? -VI
+ e
la quale può ridursi nella base 10 e si avrà
X +
2
10
+ 10
Per ottenere il valore della spinta orizzontale devesi far uso della prima equa-
zione, da cui si ricaverà
Gx*
H-
^,[KFT»i+i±*]j
STABILITÀ DEGLI ARCHI oo.
Esempio.
Sia un pome in cui la corda = 17»80, la saetta r,90
il carico sitila chiave d'altpyya nm tn ìi ~~ ». J
*ft/1 • i, ^"'cive u altezza u ,du, il peso medio £ = 2 500 00 k
faccio l'esperimento se la chiave di snouni» n™ *n ™ fcT
A — osn noi .ni ^ rt dve U1 sPessore 0 ,50 possa bastare e ponsò nerr-iò
a — u,80 nel valore di H e trovo # = 49 000 k perciò
divido questo per la stabilità limite che è R -6 0000 no ir « t™„
sore alla chiave 0m,80. *-&UUU0,00 k. e trovo per lo spes-
Pongo perciò X = 0,30 + 0,80 = 1,10
e ricavo un'altro valore per H che è 59 000 k
facendo la divisione trovo lo spessore della chiave = 1 00
pongo perciò X = 0,30 + 1,00 = 1 30
:^T^zì;zzn m va,ore per H che ^ ^ -^ «
lordai 'UenqdiTme d°P° * ° qn,ttr° faCÌ1Ì &'*** si *«" stabilire il va-
Quindi resta pienamente determinata la curva delle pressioni
y
-XH--Ì
0,43. x
10
f/f - 0,43.* j/j
+ 10
Nel caso sopra trattato i valori di X ed tf i*« Zaa- T V'
H= 77000 k. soddisfano sono A = lm,60
che dà per spessore della volta alla chiave l,n,30.
Ing. Clerico Giacomo.
METODO PER AVERE ARIA FRESCA.
Nelle nostre camere abbiamo per lo più due finestre, e poniamo anche esser-
vene una sola; una parte di queste finestre si lascierà libera per la luce, chiusa
però con invetriata doppia, nell' altra parte si metterà l'apparecchio refrigerante,
il qual consiste in una cassa in ferro avente la larghezza della finestra , e V al-
tezza voluta ed uno spessore di 0,40; nel senso dello spessore si mettono dei
tubi (come in una caldaja tubulare a vapore) di lamiera, aventi 0,03 di diametro,
sicché Paria possa passare dall'esterno all'interno per questi tubi. Questi tubi
poi si trovano circondali da acqua fresca, che si versa nella cassa, e la quale
acqua si rinnoverà ogni giorno mediante 1' apertura di appositi rubinetti.
Egli è evidente che l'aria esterna entrando nelle cavità cilindriche tubulari,
ivi perderà gran parte del suo moto o calore ricevuto dal sole, ed entrerà nelle
camere ben fresca. È però bene difendere tale apparecchio dai raggi solari, il
che si può fare mediante un piccolo ombrello di tela incerata.
METODO DI VENTILAZIONE.
Le abitazioni nostre si compongono di camere ben esposte, e di camere oscure
con poca luce, e perciò poco sane, mancando la ventilazione; io proporrei di ot-
tenere la ventilazione in queste camere mediante tubi di lamiera posti tra la
volta ed il pavimento, i quali tubi avessero l'imbocco nella parete a mattina o
mezzodì, ed il loro sbocco nelle camere, che si vuole ventilare mediante una ri-
svolta. Questi tubi nulla tolgono all'architettura delle camere, e danno loro mag-
gior volume d'aria mettendole in diretta comunicazione coli' aria esterna.
Ivrea, 1.° Maggio 1868.
Ing. Clerico G.
RIVISTA DI GIORNALI E NOTIZIE VARIE
SUL MOTO ONDOSO DEL MARE
E SULLE CORRENTI DI ESSO, SPECIALMENTE SU QUELLE LITTORALI
Del Comm. Alessandro Cialdi.
(Seconda edizione, riordinata e molto accresciuta. - Roma 1866)
Civitavecchia, 18 Aprile 1868.
Signor Editore prestantissimo.
J™lT,T Ver0 Piacer„e nel suo accreditato Giornale il Sunto dell'opera mia
sui mot, del mare e loro effetti, siccom'EUa si compiace assicurarmi nella gentUe
?."„ ih S 6 r°rrente; \\?* dÌ CU°re °bb,i^t0 di^° favor gì J he
a pubblicazione d. esso ne faciliterà al signor Marchese Raffaele Pareto il par-
icolareggiato resoconto da Ini promesso ai lettori di cotesto Giornale. Egli vi
troverà cosi già esposta la parte più nojosa e materiale dell'opera, restando»!
so tanto a dettare la più piacevole e nobile, cioè qne.la della critica! De 1 quale
tanto più io sono desideroso quanto che ho letto nella dispensa del maggio 1867
Il/ir T* k Pr°rSSa f3Ua nel giug"° dell'anno antecedente ^giun-
geva , che su qualche punto la mia argomentazione non era riuscita pienamente a
convincerlo, e che quindi avrebbe ad esporre gualche dubbio in proposito
la?pel?aediTsl?e co^tt:.aUmentat0 ''^ * ^^ -^-scinta
Gradisca e mi creda
Suo Devotis.
Alessandro Cialdi.
SUNTO PREVIO ALLA CONCLUSIONE GENERALE (1).
I.
Dal num. 1 al num. 212.
I. Lo studio sulla costituzione delle onde e sugli effetti di esse non è nuovo ■ si
l n " v 6 ^eWt0" M f°SSe ''^^ano, ma invece ha per fondatore Leo-
nardo da Vinci. Tuttavia nel darmi allo studio delle opere di coloro che da guel-
fi) Nel pubblicare il presente Sunto, che trovasi stampato nel line dell'opera del comm Cialdi „h
ZI ^Y^^r de"e "°te' ne"° SC0P° »***«-* «-«ilJ TleMor ci a deot,
imenrchTr," " T^" " ,M"0 GÌ°maie' ™ 1™n si *»^ atti ger q
^^rimenti che non sono compatibili in un Sunto. r R ? . l &
La Redazione.
334 RIVISTA DI GIORNALI
l'epoca fino a noi presso le diverse nazioni si diedero a trattare della costitu-
zione e degli effetti delle onde, trovai disparità ed incertezza ne' giudizi, e difficoltà
insuperabile per disporre le parziali deduzioni con ordine: insomma rinvenni
in tutti uno studio appena abbozzato e disparato tra gli uni e gli altri. E volen-
done tessere la storia e presentare al lettore un quadro di esso, solo potevano,
come avviene nelle arti, ordinarsi i diversi lavori per scuole secondo le diverse
nazioni. Ma quivi pure non trovai unità di concetto. Per esempio:
II. In Francia, meno poche eccezioni, la scuola degl'ingegneri de' ponti e strade
segue di preferenza la dottrina di Yirla; quella degl'ingegneri idrografici e l'altra
del genio militare antepongono la teoria di Emy; e questa stessa teoria è quella
adottata dai geografi e dai geologi della scuola di Huot. D'Archiac si ferma sulla
teoria delle onde di J. Scott Russell.
III. In Inghilterra, trovai anche minore unità di concetto. Tanto la materia è in-
trigata. Solo direi che Airy e John Scott Russell abbiano qualche seguace. Mur-
chison, i geologi suoi collaboratori, e la Commissione governativa per i porti di
rifugio, seguono il Russell.
IV. Della Spagna, non conosco che la teorìa di G. Juan; e questa è seguita dal
francese de Poterat.
V. In Germania, rinvengo che meritino principale menzione Franz Gerstner ed
i fratelli Weber: dei quali fanno onorevole menzione il Russell ed il de Caligny:
questi, come quelli, seguono la via dell'esperienza a canali artefatti; ma gli
ultimi due in più grande scala, e rendono i loro copiosi lavori esperimentali
utili a talune applicazioni pratiche.
VI. In America, non conosco altre esperienze ed altre idee che quelle del Dyar.
VII. Chiamo Scuola mista la Commissione internazionale pel taglio dell'istmo di
Suez, perché composta di Membri che appartengono a nazioni diverse. Questa
non si è occupata che di uno studio locale per una locale applicazione. Dai la-
vori di essa si desume che la teorica degl'insabbiamenti adottata è in sostanza
quella del Montanari.
Vili. In Italia, meno Leonardo per gli effetti pratici, e Lagrangia e Plana per
la sola via dell'analisi algebrica, gli altri da Galileo a noi, propriamente non
hanno in opere speciali trattato del moto ondoso del mare; quelli che han ra-
gionato delle acque correnti toccarono più o meno nel senso pratico degli effetti
delle onde. Deploro che non siasi ancora da noi reso giustizia al libro di Leo-
nardo sul Moto ondoso dell'acqua. Procuro per quanto mi è permesso di porre
a confronto i teoremi da Lui dettati quattro secoli or sono, con quelli dei più
accreditati e recenti trattatori; né trovo nulla di meglio tra questi (1).
IX. In conclusione, il maggior numero degli autori che hanno scritto di questa
materia, tra i quali son compresi i più illustri, non ammettono mai moto di tra-
sporto di massa liquida nella propagazione delle onde marine. La teorìa dei moti
ondulatori li obbligava persino a tenersi lungi dall'esperienza, o sottoporre
questa a quella. D'altronde, nelle scienze di fatto deve essere l'osservazione la
base fondamentale per scoprire il vero : essa sola può ben dirigere lo spirito e
condurre alla mèta. Le teorie poi devono quella susseguire; ed esse non meri-
(1; Il primo saggio di questo confronto venne dato dal Cialdi nel 1853. Si vedano nei suoi Studi
idrodinamici , nautici e commerciali sul porto di Livorno ecc., i numeri 28-33; ed in questo Giornale
le pagine 400-403 dell'anno VII.
E NOTIZIE VARIE 335
tano valore che quando rispettano i fatti osservati, e senza far subire a questi
modificazione alcuna. Altri autori ammettono sempre detto moto alla superficie
con qualunque vento, ed altri anche senza questo negli strati inferiori dell'onda
se urta in risalti; alcuni altri presso al lido in pochissimo fondo, ed altri infine
quando frange.
Io appoggiandomi su prove ineluttabili affermo che nell'onda il moto notabile
di trasporto di massa esiste sempre nelle tempeste, qualunque sia la profondità
che abbia il mare: e solo esiste sensibile senza vento 0 con vento leggiero dove
lo svolgimento inferiore 0 laterale di essa trova inciampo, a qualunque distanza
dal lido. Per questi e per gli altri non pochi fenomeni sviluppati dall'onda mi
trovo 0 in una parte 0 nell'altra d'accordo con lutti, ma col solo Leonardo posso
credermi in accordo dovunque.
A questo studio e alle mie dimostrazioni ho guadagnato l'assentimento di ta-
luni chiari ingegni e la onorevole controversia con uno non meno chiaro: quindi
confido che la materia sarà in seguito meglio studiata ed ognor più dimostrata (1).
II.
Dal num. 212 al num. 416.
I. Tocco di volo il movimento delle molecole nella massa ondeggiante , perchè
credo che una compita teorica ed una sufficiente esperienza ci mancano, e perché
mio precipuo scopo è l'investigazione sul complesso del moto ondoso e sugli ef-
fetti di esso in tutto ciò che immediatamente si riferisce alla pratica ne' confini
della nautica e dell'idraulica, non esclusa in parte la geologìa.
II. Accenno V erroneo principio da cui sono dedotti i fenomeni delle onde- dico
che il mare, la meditazione su quanto in esso si vede, lo studio delle opere di
osservatori marini, idrografi, geologi, idraulici e fisici, per mezzo dell'analisi di
fatti congiunti ai fenomeni naturali, e per mezzo di sapiente sintesi, nella quale
1 diversi ordini di fatti sieno aggruppati, devono mostrare il vero, dietro le cui
tracce mi mossi, come meglio seppi e potei. Tuttavìa non escludo che dai feno-
meni desunti in canali artefatti non possa aversi un qualche lume.
III. Definisco Vanda in alto mare ed accenno a due casi importanti intorno all'es-
senza del moto di essa; quanto alla definizione convengo che nell'onda senza vento
possa ritenersi che la massa dell'acqua non abbia moto sensibile di trasporto-
e quanto ai due casi, essi sono: il moto notabile di trasporto nell'onda durante
la tempesta in alto mare; e questo moto con venti forti, moderati, ed anche
senza vento, ma presso il lido: il qual tema viene sviluppato dopo premessa
una lunga serie di fatti.
IV. E però entro prima nelle osservazioni generali sugli effetti del vento in mare
ed esuberantemente con prove di fatto e di autorità dimostro che il vento deve'
quasi sarei per dire, incarnarsi nell'acqua, che prende forma di onda e ficcar-
gli dentro, inciderla, e menarla per urto, attrito e fregamene a defluire nei
verso della propagazione di questa.
V. Passo agli effetti del vento ne* tempi ordinari contro le correnti; e molte prove
mi conducono a dimostrare il grande valore che ha la forza di quello al contatto
336 RIVISTA DI GIORNALI
delle acque fino a deviare le correnti costanti, che come vasti fiumi scorrono la
superficie dei mari, ed anche a farle retrocedere.
VI. Proseguo sullo stesso tema , mostrando i contrasti di correnti tra correnti a
grande profondità di acqua ;
VII. Gli effetti delle onde contro le correnti e viceversa;
Vili. Il contrasto di onde tra onde;
IX. E da tutto ciò ricavo, come risultamento :
Che il vento e la corrente, come masse di molecole in movimento, nel loro
scontro producono urto, deviamento ed anche retrocessione della massa più debole.
Che rincontro di due correnti per la stessa causa produce gli stessi effetti.
Che l'incontro del moto ondoso animato dal vento con quello di una cor-
rente, per la identica ragione dà eguali risultamenti.
Che l'incontro di due vivaci moti ondosi sviluppa i medesimi fenomeni. E
perché essi accadano è necessario che due linee d'acqua s'incontrino; e siccome
nell'incontro ciascuna rimbalza indietro (o si rompono), così, in questo caso,
mai V un' onda penetra l'altra, ma solo si riflettono dal luogo delle loro percussioni
(Leonardo).
Quindi è duopo concludere che le onde spinte da forte vento, hanno moto
di notabile trasporto di massa; perchè in virtù dell'azione del vento debbono
essere onde di moto necessariamente composto, cioè fluttocorrente e non onde di
semplice moto oscillatore, il solo posto a calcolo nella più usata teorica.
X. Mi fermo poscia a parlare dell'azione del vento nelle grandi tempeste sulla
superficie del m,are , avvertendo tra le altre cose come oggi si dirigge lo studio
sul moto ondoso, e su quello delle correnti ordinarie e straordinarie in tale cir-
costanza ; giacché da quest' azione si può dedurre indizio più sollecito e più
sicuro A' ogni altro sulla genesi , sulla forza e sullo svolgimento di una tem-
pesta, benché molto lontana. Studio che sarà pur esso non poco utile alla na-
vigazione.
XI. Osservo la potenza delle onde contro i bastimenti in navigazione, e
XII. Termino col notare gli effetti del vento contro le rive nei casi non ordinari.
Da queste ultime osservazioni risultano fenomeni ben potenti e talvolta sì stra-
vaganti da superare la previdenza e la imaginazione umana.
III.
Dal num. 416 al num. 1022.
I. Esaminate le diverse osservazioni fatte sulP altezza 3 lunghezza e velocità delle
onde nell'Oceano, rilevo i vuoti lasciati dagli osservatori; dal che restano quasi
sempre incompleti gli estremi che abbisognano per cavar profitto dallo studio di
queste tre visibili misure delle onde.
II. Cerco le stesse misure nel Mediterraneo, ma trovo maggiore imperfezione: af-
faccio quindi la speranza che nuove osservazioni o più diligente compilatore
possa riempire questo vuoto, notando io frattanto quanto abbisogna, perchè gli
elementi da desumersi dall'esperienza sieno portati al completo. A facilitare poi
il giudizio intorno al difetto delle osservazioni fin qui fatte, serve la presente
Tavola, che porta appunto i dati principali ed incompleti raccolti dagli osserva-
lori da me consultati.
E NOTIZIE VARIE
337
TATOU M"E A"«™, ^GHEME E OOCITA iBu,fm
NOMI DEGLI OSSERVATORI
NELL' OCEANO
De Goimpy (424)
De la Coudraye (424/
D'Urville (428) . .
De Humboldt (431)
Marescot e Gourdin (431)
Geryaize e Dumoulin (431) .'
Wilkes (435 e 436). ; * '
Vìonnois (437)
Ufficiali dell'Incostante (439) ' ' '
De Tessan (440) ; ' ' '
Wollaston (442) . ' *
Thomson (443) . ' ' *
Tate (444) ... !
Argonauta (448)
Pentland (451)
Back (452) ..."
Andew. Lang (453)
wZ0eUr1Ì(463D)emaS * ^MÙtf
Ross (471) ... !
Missiessy (473) .
Nautical Ma gazine (476)
Scoresby (482 e 485)
gialdi (489) ....*''''
Fleariot de Langle (495*e 496) '
Figuier (498). . . ; * * '
De Wùllerstorf-Urbair (499) ' ' '
Fitz Roy (503) ... ; " " è '
I Compilatori della Guide du Mann (504)
NEL MEDITERRANEO
Marsigli (508) ....
De Tessan e Bérard (509) '.
Reibell (510) . . * ' "
Minard (511) . . • • • • .
Frissard (512) . * *
Smyth (513) . . ' ' * '
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61m, 72
40
50
75
100
48
338 RIVISTA DI GIORNALI
III. Per notizie tolte da coscienziosi idrografi e marini, i quali registravano fatti
che sotto i loro occhi si manifestavano per norma dei naviganti, noto che le onde
si mostrano frante alla superficie dell'Oceano ove il fondo dell'acqua è puranche
a cinquanta metri; dal che deduco che le onde urtano colla loro base in osta-
coli posti sottacqua a quella distanza con impelo tale da spezzarsi in modo vi-
sibile e con violenza alla superfìcie. Infrangimene che non accade alta medesima
onda nelle stesse circostanze di tempo, a destra o a sinistra dell'ostacolo se la
profondila del mare è quivi maggiore. Fatto che conferma il bisogno di percossa
o di molta resistenza per produrre r effetto dell' infrangimento: senza vento deve
urtare con moltissima forza o deve essere l'ostacolo molto rilevato sul fondo per
ispezzarsi alla superficie.
IV. In pari modo dalle stesse fonti vengo in cognizione, che nel Mediterraneo
nell'Adriatico e nel mar della Manica lo stesso fenomeno dell' infrangimento delle
onde accade fino dove la profondità è di trenta metri; e ne concludo egualmente
che quello è l'effetto di un urto potente contro ostacoli che si oppongono già,
in quella profondità, al completo sviluppamento inferiore delle onde.
V. Con la norma sempre di semplici e chiari fatti, passo a vedere a qual pro-
fondità giunge l'azione dell'onde, senza che esse si mostrino frante alla superficie del-
l'Oceano, e trovo che si arriva a dugento metri, e sull'analisi dei fatti medesimi
per induzione deduco che questa profondità deve essere di molto oltrepassata.
VI. Sulla scorta parimenti delle stesse testimonianze, registro eguale fenomeno
nel Mediterraneo e desumo che la profondità, in cui le onde inciampano e si mo-
strano alterate, senza frangersi, nel loro normale andamento, arriva fino a cin-
quanta metri dalla superficie , non esclusa una maggiore profondità a noi inav-
vertita. Quindi da queste quattro categorie risulta il fatto, che la rena nelle
tempeste ordinarie è sconvolta e mostrata a noi coli' intorbidamento del colore
dell'acqua, in profondità di trenta a quaranta metri nella Manica e nell'Adria-
tico; di quaranta a cinquanta nel Mediterraneo, e di cencinquanta a dugento
nell'aperto Oceano.
Che al disotto di otto metri 1' agitazione del mare non esiga più una costru-
zione di grossi blocchi per resistere e restare immobile, come avverte il Pareto ,
io ne convengo; ma se trattasi di piccoli scogli, di ciottoloni, di ciottoli, di ghiaje,
di sabbie e di fango, bisogna scendere nei nostri mari mediterranei e nel mar
Manica due, tre, quattro, cinque, sei volte tanto, e più ancora, perchè il maroso
non si franga nella parte inferiore e non muova e trasporti questi materiali.
Questa graduazione, poco chiarita fin qui, merita speciale considerazione, e porrà
d'accordo più disconsenzienti.
VII. Dopo aver fatto precedere una serie di fatti che dimostrano gli effetti della
potenza del moto ondoso neW Oceano contro le rive e contro i manufatti nei casi
ordinarli, riferisco i dati che sono stati raccolti sulla esperienza per apprezzare
l'azione delle onde in più punti dell'Oceano. Da essi risulta che la potenza di
un' onda può sorpassare 30 tonnellate, equivalente a 30,000 chilogrammi per metro
quadrato. Avverto la grande incertezza in cui essi dati sono avvolti , e la gran
differenza che passar deve tra i valori secondo le diverse forme date alle pareti
dei moli.
Vili. La potenza delle onde nel Mediterraneo, in dati numerici calcolata al molo di
Algeri, porta che l'azione del flutto è superiore a 3500 chilogrammi; in Civita-
vecchia lJho trovata oltre i 16000 chilogrammi per metro quadrato. Lo stesso può
E NOTIZIE VARIE ggg
dirsi per I Adriatico , non che per più punti nel mare della Manica che ner ,
suo. ristretti confili, in larghezza ed in profondità deve con questo assimilarsi 1)
- Per avere una spiegazione razionale degli effetti meccanici, prodoti dalla
pei d rd^ reTsCa0nnn:,,OStaCOlÌ',h0 ^ C°"SÌgliat° d' con.ulUre7c.leo sv up.
Appendice - * ^ <Mh d°"a MrU*a" «ui Pubblicat« «»
IX In queste investigazioni mi sono dedicato pure alla ricerca del tempo che le
onde ,n una data profondità mettono ad effettuare un determinato lavor • ner
buona sorte ho potuto rinnire molti dati che gettano bastante lume a, c'he'n
questa parte importante della questione. Più specialmente mi è stata ut le la
Zo ifcrapoUP;reenn°pdeglÌ T" C°ntenUU "^ '"** la ^affonda
presso il capo Fno, e per essa ho potuto con maggior precisione porre sotto Ili
occhi de. lettore il rito*»* tooro di distmzione fM tLpQmcluoZ%!no
capaci di fare in tempo ben limitato anche alla profondità di ven idu metri e M
ed anche alla d.stanza di circa HO metri dalla battigia del mare nel inea di'
traversia. Questa indagine mi ha dato luogo a notar pure che 1' uso del e cam
pane da palombaro è utile solo con calma di mare: con mare i tempesta non
Io riesce inutile, ma può divenire dannoso quand'anche si scenda To ondila
di venti e p,u metri. Il che dà un'ulteriore prova che il moto ondoso si comunica
X p Hi T0mtà bn m8ggÌOrÌ di qU6lle che si so«° ammesse V„qir
X. Passo alla risacca. Questo fenomeno importante soecialmemP J'.r
riuscita de'porti, poco studiato fin qui in ra ione Si Z Ti e Uà" ha chi Z
la mia attenz.one; ed ho creduto bene di dividerlo in due tito i
Risacca della superficie;
Risacca del fondo.
E per l'uno e per l'altro, cito gli esempì de' loro incomodi e dannosi effetti
XI. Nel raccogliere , differenti fenomeni del moto ondoso, alcun di essi i
non convenire di ordinare, sotto le categorie speciali già ci ate e siccome én
h'ess, non mancano d'importanza, così sotto un solo artico^ Tintilo a TllJZ
fenomeni del moto ondoso in circostanze speciali, volli riunire de^ì esempi di
esse prodoT* mnt0' nd ^^ deUe qUaU "' -rÌflc3D0 "A Seti da
Onde sottomarine, stantechè non è sempre necessario che il mare sia ,11,
superficie ondulato per produrre fenomeni taporlnuilifi^^^^
si ilTJ/T' ? mSt° erPr°f0nd0 mare> Per Provare clie l» «Ho e libero mare
runTZ ? S SThludine di quello che avviene in fondo limitato ? r
fortuna questo poderoso fenomeno in grandi profondità accade raramente' or
ÌSiSZ- TPerSÌ,e Via^™ della cresta soltanto dell' 2 X e di
Piccoli flutti che intaccano la superficie totale dell'onda s lessa.
eh, t^Jx^t-zzT* deiu mde per ^ *-* f~
le mnlaZl, 1 i he ha ]1 vent0 nel metle''e in moto di propagazione
inS:ne,r;rseaanChe " """ "** ed ™ » ^esistente, U£S
Calorico sviluppato dal marejer effetto del moto ondoso, sul qua. fenomeno
fmZtTrzìf d.i^Tc^r'0 l,',o,o• ,egga ,a unera m cìmì •■ * *■*«
340 RIVISTA DI GIORNALI
non sembra oggi potersi più dubitare per le esperienze dirette che ne hanno
reso ragione. . , . .
Fenomeno del vento, che non so spiegare: ma notato da autorità ìneccezionabili
merita 1' attenzione dei fisici, ed essi me ne daranno la spiegazione.
Facilità con cui si modera il mare arruffato e la veemenza della cresta delle
onde: oltre all'olio, la riunione di più travi in graticolato o frangionda galleg-
gianti che possono chiamarsi mezzi artificiali , ve ne sono pure alcuni altri na-
turali,' come la costituzione e forma dei fondo del mare, non che le alghe.
Eccezioni all'effetto della pioggia sulle onde; come ho avuto occasione di pro-
vare che la pioggia ammansisce la furia delle onde, così mi è occorso notare che
ciò non è sempre vero.
XII Passo ad alcune considerazioni generali, che servono come avvertimenti: 1. per
facilitare il modo di sorprendere la natura delle onde nel momento della loro
azione sul fondo del mare; 2.° per giovare alla geologia, alla nautica, ed alla
idraulica, seguitare a studiare, oltre quanto ho io potuto fare, a qual profondità
massima può giungere l'agitazione de' marosi negli straordinari fortunali; qual
sia l'azione massima di trasporto di essi e quali le direzioni loro più special-
mente battute relativamente a quelle dei littorali.
Dico poi che per stabilire il limite della profondità tra il fondo sedimentoso
e quello vergine, è stato necessario formare uno studio sull'estensione e giacitura
della ghirlanda dei terreni avventizi; e da esso mi sono convinto che l'azione
sensibile dell'onda si limita a circa 300 metri nell'Oceano, e che oltre questo li-
mite il moto suddetto non offre valore attivo per le opere idrauliche e per
F esercizio della navigazione. Lo stesso dico pel Mediterraneo limitando la pro-
fondità a ISO metri.
XIII. Il fatto delle ghirlande di terreni avventizi conduce a credere che le onde
in profondità di 200 metri nell'Oceano e in 80 nel Mediterraneo non solo va-
gliano le materie, di cui sono costituiti quei terreni, ma le triturano ancora.
D XIV II coloramento dell'acqua non sembrerebbe a prima giunta argomento di
questi miei studi; ma siccome molte possono essere le vie che conducono alla
verità così io per esso, percorrendo due vie non battute ancora per giungere
alla mia mèta, quella tracciata dalla distribuzione della vita vegetale e quella
additata dalle leggi dell'ottica, son giunto a confermare che le onde agiscono po-
tentemente a grandi profondità. A questa ricerca di non lieve sussidio mi sono
stale le esperienze sulla trasparenza del mare dal Secchi e da me eseguite sotto
la sua dotta direzione. ,
Ed anche per mezzo del coloramento dell'acqua sono giunto ad appuntellare
il mio tema e dedurre con sicurezza la conclusione, che l'acqua colorata alla su-
perficie del mare sul banco de\Y Agullas (presso il capo Buonasperanza) posto
in 200 metri di profondità, non può essere un effetto di ottica; 1 intorbida-
mento è proprio delle materie del fondo, e si mostra a noi per effetto di quella
medesima causa che ci fa vedere e sentire quei movimenti particolari alla super-
ficie quando le onde urtano o premono nel fondo.
IY.
Dal num. 1022 al 1233.
I Tra gì' importanti casi della navigazione prendo a svolgere i due principalis-
simi intorno alla essenza del moto dell'onda: il primo è il tluttocorrente al largo,
E NOTIZIE VARIE g^j
parte principale dell'errore del punto di stima in alto mare; il secondo è il flut-
tocorrente a terra , causa principale che violentemente mena a ruina il bai",
mente sul lido. Nell'entrare in aringo intorno al primo caso dimostro il difet-
TnlTf0 '" US,° Per C°ndUrre ìl PUnt° di Stima e «*«« non meno difettoso per
trovar le correnti in navigazione. Noto anche il difetto che accompagna 'uso delle
bottighe lasciate in balìa del mare per determinare le correnti
II. A sviluppare queste mie proposizioni comincio dalla storia degli studi sul
trasporto causato dal moto ondoso, passando in rivista da Leonardo in p Santo
si scrisse sul moto di trasporto delle onde in alto e libero mare, mostrando l'in!
efficacia dei mez„ adoperati fin qui per correggere il punto di stima ed i gr vi
inconvenienti e danni che accadono per tale inefficacia
III. In questo stato di cose, per provare le indicate proposizioni, ho creduto
riunire le notabilissime differenze accadute fra il punto stimato e ^osservai
in aito ZZ T a "°tare traSp0rtì mmifesti Prod0^ dall'azione del moto ondoso
in alto mare, e numerosi casi ne appalesano l' evidenza
,n™ acf 'scere semPre Più il ™>ore di questa mia dimostrazione, aggiungo
con nuovi fatu e nuovi argomenti in appoggio al già detto, le ricerche e l'an oSfà
del be„emento Maury, al quale non sono sfuggiti i trasporti suddetti; ma sono stati
op 1S72 ^o leaUrÌbUÌ,Ì ' °aUSa dÌV6rSa da qU6lla Che "^dedotto"
VI n , ! POSSOn° SUSSÌStere e forse coadiuvarsi negli effetti (li
VI Dopo aver veduto chi da Leonardo in poi ha scòrto un lai moto di tra
sporto, trovai che alcuni nel tempo e net valore di esso oltreLs v^no il 1 m e
ove io mi fermava, e che altri si arrestavano prima di me; perché "°d ipuT la
U Fisica del globo e la Nautica potevano IZìf ' ' de"° d'e di ri,lcontro a 1ueste
che tutte 1. scienze e ^T^^^M^^^^^ n^
menti; e che sei lavori di un ordine superiore erano Iti ÌL concl»rse™ a odiarne gii eie-
qualche particolarità più confacente Sl 1Z» 1 7° T""" ' **' ^ ^ ^^
esprime, raffrontando quello del Caldi a ane.lom M ,'. ?! SeS,°' C'°è a» ultì"">. «<=co come si
« L'ultimo lavoro, e uno de più ^ re,sa„t al navi 7 '^ "' a"alÌZZat° peI SeCOnd° :
« Cialdi sul molo ondoso del Zar ( 8 ti uaIe 7 ?"? ■ /u* M C°m™«da^ Alessandro
- parere lusinghiero, tanto più <,no^\^tor«JZT*n- * Pan'gÌ ha da,° U"
« assai stimato del s gnor OstroerandTv ,,?; c°"c'»ad.no, ra quanto che il paragone col lavoro
« n moto ondoso de! mare si Toc a p7r tZl^^^ ""' *' "? aCCreSCh"° nmP°rtanZa-
« aventi e sulle correnti del Maury la quale n^icev Z • " *" *"" "' IaV°r° ' a"' °pera
« del mare rivela in gran parte quel vago Tnctni.n • 1 n° compiment0' Chè ■ "">*» "«««so
« Maury. Infetti lo studio delle co „t ? „ " f , eia S"" ? *""' a"e ^ SlaMÌte dal
« quanto alla loro velocità e alla loro d'irez ione Anch' ' * T ^^ *"Iche ÌnCerteZZa • iu
. mento più perfetto del look, e, S-^^^T^ " "f832'0"" ad0Ua,° "" ÌStrU-
« sporto prodotto da' flutti, ogge «o speciale de* s ,T ,' . T " te"* C°nt° reg0,are deI in'
« distinto i movimenti di t'raslLione'de, e ma 2 , £ i*!^ °r° * "^ " C''alui' " Prim° ha
« de' movimenti parziali e variabili in direzione . ?» t , „ "" °rd'"arÌe '' P°iChè ' prlmi 601">
« al mare non avendo direzione det "mi ata da una d , ' , v T *"° ° mSCOn° Sempre id mezz0
«le correnti ordinarie. Questo è e 2 n cognita 1 IV, *""""! "" ^ "' PUn" "SSÌ> COme s0"°
« «avi, a malgrado delFa scienza le a p fi" che t tTu V T ^Tf ° ' ^ «•«"'«'- Ie
■ Presti per correggere gli errori di £*££A ^^^^J^* ^
342 RIVISTA DI GIORNALI
VII. Sebbene io abbia posto che siavi al largo il flutlocorrente e questo formi il
primo caso da me preso ad esame, purtuttavia , quando il vento non esiste o
soffia con forza moderata, il fluttocorrente non si appalesa, ossia la sua azione
sul cammino del bastimento è così poco sensibile che può trascurarsi nell'uso
della navigazione, senza temerne sinistri. Con ciò non ho inteso che sia escluso
in modo assoluto qualunque moto nella massa delle onde. La sopra indicata di-
chiarazione forma il soggetto delle eccezioni al primo caso.
Vili. Prima di entrare nella discussione del secondo caso ho creduto bene di trat-
teggiare sommariamente la formazione deWonda e la fine di essa. Più autori hanno
scritto sulla genesi e sviluppamene dell'onda nel mare prodotta dal vento; ma
niuno a parer mio con tanta chiarezza e verità quanto il de Tessan, quindi per
non incorrere la taccia di plagiario, onorando il merito dell'illustre scrittore ,
riporto le sue parole. Relativamente poi alla fine dell'onda, mi son provato io
stesso a descriverla nel modo più chiaro e vero, per mostrare lo sviluppamento
dell'altro fenomeno che appartiene al secondo caso, di cui le prove sono raccolte
nell'articolo seguente (1).
IX. Quest'importante argomento è trattato da me separatamente. Classifico prima
i fatti registrati nell'Oceano dai navigatori che lo percorsero; e da essi desumo
i trasporti manifesti causati dal moto ondoso neW approssimarsi ai littorah deh
¥ Oceano.
X. In secondo luogo riunisco i fatti che ugualmente additano i trasporti ma-
nifesti causati dallo stesso moto ondoso quando si avvicina ai littorali del Medi-
terraneo.
Una serie di fatti analoghi dei trasporti causati dal moto ondoso essendo co-
muni all'uno o all'altro mare ho creduto di farne rassegna particolare sotto il
titolo di: Osservazioni e nuove prove' delle cose dette nei due antecedenti articoli:
comuni air Oceano ed al Mediterraneo.
XI. Da tutta questa dimostrazione non che dalle antecedenti dove ho parlato
dell'ignoto moto di trasporto straordinario cui soggiacciono i bastimenti, mal-
grado la scienza e l'esperienza di chi li dirige, e dopo l'esposizione dell'insuffi-
cienza dei mezzi proposti per correggere il veduto errore di stima; provato i gravi
danni che l'umanità, il commercio e lo stato risentono da questo errore, vengo
al particolareggiato risultamelo da cui manifestasi il bisogno di compilare delie-
tavole di correzione per il trasporto causato dalle onde ; e rendo ragione dell' im-
k mercio. « L'erreur d'estime, diceva Arago , est la cause principale des naufrages. » Ed il Cìaldì n<3
« dà la prova de' fatti: 1.° che nella marina inglese si perdono in media 500 bastimenti l'anno (tre in
« ogni due giorni [a)); 2.° Da Dunkerque fino a Saint-Jean de Luz si perdono in media 88 bastimenti
« per anno. Due cose rivela questa elaborata opera del Cialdi, la prima i pericoli che si corrono nelle
«lunghe navigazioni, per, mancanza di conoscere i movimenti dell'acqua, e ciò indipendentemente
« dalle correnti ; la seconda che di questi studi egli il primo si è occupato di proposito nell'opera sul
« moto ondoso del mare, frutto di tante navigazioni eseguite nel non breve periodo di U anni , e di
« tanti studi ».
(a) Osserva l'illustre mio amico il commendatore Cialdi che il risultamento statistico di Arago trovasi
miragliato Inglese, ed inserita nel Report from the select committee on Harbours of tefuge.
Nota di F. De Luca.
(1) Una simile descrizione della fine dell'onda si trova anche nel nostro Giornale nella citata Memoria,
Anno IX, dalla pag. 165 alla 169.
!
343
E NOTIZIE VARIE
possibilità di potere da me solo convenientemente eseguire un tal lavoro Dico
pure che l effettuazione della mia proposta farà sparire gran numero di quei
secondari corsi di acqua, di cui oggi sono irrigate le Cartecorrenti
V.
Dal num. 1233 al 1602.
e
I. Il fatto della esistenza, dell'importanza e dello studio delle correnti ordinarie
per quanto spetta alla navigazione ha grandemente progredito con i vasti lavori
ie Maury e di altri che se ne occuparono ex professo. Nel confessare che io
nulla ho potuto in ciò aggiungere di nuovo, mi sono ristretto ad accennarli e
dare il risultamento delle ricerche altrui fatte su di esse. Ma per l' idraulica ho
scorto che .mportanti fenomeni restavano tuttavia a dilucidarsi. E però mi feci
ad esporre, quel che io ne pensava intorno all'influenza che le correnti ordinarie
^costanti possono esercitare nella ostruzione dei porti e negl'interrimenti
cil il" ^teSÌ°V,T degH ÌdraU,ÌCÌ; e fra questi l Più celebri> hann° trac-
cialo , sistema del Montanari, il quale consiste Dell'appropriare alla corrente lit-
orale la d.rezione delle foci dei fiumi, la ostruzione delle bocche dei porti il
riempimento dei seni, la corrosione ed il protendimene delle spiagge: in una
i'fl tti T ' TaSP°rtHe h sistemazione dei materiali lungo i ìidf lasciando
a flutti ,1 so o lavoro d. sospenderli. Invece, dalle ricerche da me fatte per ista-
bilire da quali agenti s.eno assaliti ed interriti i porti ed a chi si debba l'au-
mento e la d,m,nuzione dei lidi, risulla che principalmente dai flutti e dod dalle
corrent. liltorali, tali fenomeni provengono
n/i'mS!''0063110 " movimento Più regolare e maestoso è quello delle maree.
Nel Meduerraneo quantunque vi esista, pure, in generale, di poco o niun valore
può ritener», lo studio di tal fenomeno pel nostro soggetto. Per incidente atto
ulla cogmzione che avevasi della causa di questo fenomeno nel Med er meo
fin da, remoti temp,. E termino quest'articolo col dire che tal fenomeno é reso
IV TmZ ÌZrlT " POr"'' ™ qUe"° Cbe dÌ S"a "atUra sia ad essi nocivo
nome i ,n ' ° ";0n'eDte medUerranea conosciuta dagl'idraulici sotto il
nome d, hllorale o di radente, gira intorno ai nostri mari colla semplice forza
nel ' Adnat,co di tre o qualtro miglia ogni ventiquattr'ore, e nel r,m eie del
Med.terraneo ,n media dodici miglia nello stesso periodo di tempo. Il ( Ione d
essa s. manifesta generalmente, a circa tre miglia lontano dai lidi.
V. Ciò posto, ed indagata la forza necessaria ad una corrente per {smuovere e
n SrTnchf S'ol1"081" Tir"0 PÌÙ 6VÌdente '^ficacildeZZZ.
Senti. ' 6 a UUOrale a f0miare ° disfare notabili inter-
VI. Prima di entrare in argomento intorno alla prevalenza del flutto posta a
toLZY™ * CrMe!mrale COm Cmsa M trasP°rt° dì «"fri* ostfu , ve
o p e edere degli avvertimenti tendenti a rettificare il valore dei nomi: di vento'
cuno di P' renante,e d' traVerSÌ3' °nde reStÌn° chiarite le idee relative a Ti -
scuno d, essi. D<mostro come questi tre venti regolino gl'interrimenti; come i
^Tu^T ardanqUand° k direZÌ°ne ^utti 'percuote Il Udo con an!
golo di 4S gradi; come , flutti muojan sempre parallelamente al lido o ad esso
344 RIVISTA DI GIORNALI
poco inclinati, qualunque sia la direzione che le onde abbiati ricevuto dal vento
in alto mare; come i flutti in apparenza capricciosi siano in fatto regolatori di
ordinati e geometrici interrimenti; come la somma generale de' moti lungo le
coste tenda ad aumentare i detriti sulle coste medesime; come il moto ondoso
sia quasi in permanente lavoro presso il lido; come tutto quello che accade nel-
l'Oceano sia comune a tutti gli altri mari del globo, con la differenza sola del
più e del meno. Dal merito poi dell'articolo risulta: che la direzione regnante,
non delle correnti, ma dei fluiti, deve aversi principalmente a calcolo, ove si
voglia provvedere alla conservazione de' porti, e spiegare il protendimento o sfa-
cimento delle spiagge. In questo stesso articolo rendo giustizia a coloro che
prima di me hanno preso a combattere il sistema del Montanari (ì).
VII. Purtuttavia è certo che le correnti costanti si debbono avere a calcolo, 'perchè
anche deboli han valeggio di convogliare le smosse materie minute o leggère,
come le melme e le alghe; e perché, quantunque la loro azione sia lenta, gli
effetti conluttociò possono essere apprezzabili per la loro pertinace natura.
Quando poi sono aiutate dai flutti , ossia defluiscono nella stessa direzione di
questi, allora gli effetti di esse sono rilevanti. Molti esempi lo provano.
Vili. Per l'idraulica e per la geologìa di somma importanza è l'esame della for-
mazione delle spiagge, e il conoscere i luoghi donde vengono i materiali che ser-
vono alla costituzione di esse. Primamente tratto di quelli forniti dagli affluenti
terrestri, e poscia di quei che provengono dal consumo delle coste. Sono compa-
rativamente breve intorno a questi due titoli, per esser materia nota; tuttavia
ho creduto necessario d' intrattenermi alquanto sulla parte che si deve agli sca-
richi dei fiumi, giacché da taluni si vorrebbe darle minor peso di quel che me-
rita: così per fare fronte ad una esorbitanza opposta ho dovuto provare che esi-
stono in natura vasti protendimenti di spiagge, ove non sono affluenti terrestri.
Accenno pure a qual distanza dalla battigia, e a qual profondità di acqua i flutti
si danno al lavoro di triturazione e di trasporto dei materiali.
IX. A causa di una supposizione di eminente idraulico in questo senso formo-
lata: -— Dato un lido senza affluenti terrestri, se il moto ondoso giungesse nelle
tempeste a grandi profondità (siccome io dimostro e sostengo) dopo tanti secoli si
sarebbe stabilito l'equilibrio tra la resistenza del fondo e l'azione delle ondate
del mare; quindi non potrebbe vedersi, in questo caso, l'incessante protendi-
mento delle spiagge, perché mancherebbe a ciò il materiale (2). — Io rispondo
(1) Il Cialdi «elle citazioni degli autori ha imitato l'illustre Alessandro de Humboldt; il quale infatti
ci ha dato un nobile esempio d'imparzialità e di rispetto all'altrui proprietà in tutte le sue opere,
e specialmente nel Cosmos , ove si trova una ricca messe di citazioni fedelmente e perfettamente
indicate.
Quando si riflette che 1' altrui proprietà merita il nostro rispetto in ragione diretta della nobiltà e
fatica del lavoro che la produsse, chi noli vede quanto se ne debba alla proprietà dell' ingegno ? E tut-
tavia se si pensa al silenzio tanto di frequente serbato sugli autori di quelle opere di cui si fa tesoro
per trarne merito a sé stessi non si condannerà mai abbastanza chi non segue l'esempio del de
Humboldt.
Il Cialdi cita nell'opera di cui si tratta, 532 autori e 746 opere tra le quali distingue quelle da lui
lette e quelle trovate citate in altri; le prime ascendono a 697 e le seconde a 49: ed il medesimo
leale procedere si trova in tutte le altre opere sue.
(2) Una simile supposizione è oggi fatta anche dal professore Turazza (Trattato di idrometria e di
idraulica pratica. Seconda edizione. Padova 1867 g 525). Siccome egli cita ed invita a consultare la
Memoria del Cialdi n Cenni sul moto ondoso del mare» stampata nel 1856, cioè quando la detta suppo-
E NOTIZIE VARIE g4g
che nel mare non mancano altri materiali. Provo in genere questa verità con
taluni esempi registrati nell'antecedente articolo: e per comprovarla in specie
mi tolsi la briga di ordinare una grande seguenza di fatti sotto il ti o?o di
tF^sgr* Mwm sul mo del mare prodoue daik » I
m™^S2LmM in lre pun,i> considerando in genere t*»
Classificando in ispecie la distribuzione di essa,
E mettendo in chiaro i prodotti sopra i lidi delle spoglie dei viventi sottomare
Il mutamento di questo e del precedente articolo chiarisce S
della grande massa di materiali in movimento lungo i littorali • ass c?ra ? in
cessante nnnovamento di materie sottoposte al lavoro di triturazione e di tra"
porto quasi continuato dei flutti; rammenta che là ove non esiste corrente or
dinana ha pure luogo il trasporto e la sistemazione de'materiS le conduce z
ritenere secondo ragione, la divisione da me fatta dei sedimen i 'dando ne Me
di terraneo agir affluenti terrestri di 100 parti 30, alla corrosione del e coste L a,
coworgama SO; e nell'Adriatico per gli stessi titoli i valori 3S S 60
X. Giunto al termine dell'opera volendo dare un'applicazione idraulica denli
tu i a me sviluppati, ho scelto delle due specie di Porti , a bacino "a f
una 1 altra a canale, a trattare di quest'ultima. Giacché i porti di tal fatta
«mo più facili ad ostruirsi e più difficili a spurgarsi e a conservare sen o
ii dnT S|mPre n6ll° Sb°CC0 d6Ì flUmÌ 6 Sempre tr0VaDd0si ^ " S
ott.l. di or natura importuose. Con questo fine, perché di già avevo avuto oc
astone d, dirigere le mie osservazioni ed applicazioni sopra due mS ultim
oidi questa specie: la sistemazione dell'ultimo tronco d'el Sarchi" eh Z
giunse lo scopo di opporsi a quella che voleva farsi, e la costruzione di un nuovo
P ortocanale a a foce dell' Isauro in Pesaro , ora in corso di esecuzione secondo il
m progetto ( ); trovai opportuno di parlare di essi e più specialmente diTu sto
ultimo lavoro, le ragioni del quale per retto filo mi conducevano all'appi cazione
un mio trovato nel Portocele presso Pelusio, che ha nome ì Por osa So
ZTl n Pr6r ÌSC0P° dÌ SefVÌrSÌ d6lla «^-a Potenza dei flut S 11
•TE dTr°pTr,oScCaanVaa!r ' * ^ > ** W« W» SS
La mieta che piana ne scende prova l'utilità grande che ne risulte-
rebbe a questa vasta tmpresa, senza correr rischio di alcun pregiudizio Cosi es
«odo, ^accenno all'applicazione de. medesimo trovato pe? ognf altro porto-
&::\:i~^i^::^,trs^ rrrr è : mdr che se n d°«°
non avrebbe emessa sbatta supposizione, o rebbe In tate le 1 "" "f 7 à'™0 " SUn'°' °'
«posti per mostrarne la fallacia ' rag'°m e c°"tradel" ' <*« dal Cialdi
l'o sialo presente dei lavori /lessano nella Tri! '' P , ma™°™ dl q"eSl0 dhe«"° : »•■>«*•
--e a, si. Ministro dei L^KA'S. T^^^T^ ^"«
\£"o iz:«: ar« ss zt^zre scir d; ì>arigi àeìv°^ dei **
fiorii, e di ordine secondario 1 * r m Po.tosa.do non ebbe ad opporvi che due dubbie ecce-
« s*nor zr:j:;;T^:c^Ti r,^;:^" rra sl-to richiesw
Giorn. lng. _ Voi. XVI. - Giugno 1868 8 -«conseguenze..
346 RIVISTA DI GIORNALI
CONCLUSIONE GENERALE
1. Nelle tempeste, mentre regna vento forte, i marosi in alto mare hanno per
moto principale quello di oscillazione, e per secondario quello di trasporto di
massa liquida: trasporto notevole, e solamente nella parte superiore. Questo moto
ho io chiamato fluttocorrente a largo.
Il moto di trasporto è molto più notabile vicino al lido che in alto mare; e
comunicasi soltanto a tutta la massa fluttuante, quando lo sviluppamento inferiore
del maroso trova inciampo, conservandosi però anche quello di propagazione
sino a che si frange presso il lido. Vicino al lido io chiamo fluttocorrente a terra
o della superficie il moto di trasporto nella parte superiore dell' onda, e fluttocor-
rente del fondo quello nella parte inferiore.
Si fu allora che comunicato il lavoro dello Chevallier dallo stesso signor de Lesseps al Cialdi, questi
rispose come può vedersi nel presente Giornale, Anno XV dalla pag. 598 alla 613.
Il perchè chi dividesse dubbi intorno al disegno del Cialdi per i portocanali non dovrebbe trascurare
di leggere e ponderare l'indicata risposta; tanto più che il sistema in uso perla disposizione dei moli
per tal specie di porti è sperimentato difettosissimo, e tanto più che il trovato Cialdi può essere di
grandissimo beneficio se riesce, e non mai nocivo se fallisce. L' opporsi ad un tentativo tanto razionale
e ridotto in questi termini, farebbe supporre di essere dominato da pregiudicata opinione.
La stessa risposta fu in seguito tradotta e pubblicata in francese con un poscritto aggiuntovi dal
Cialdi medesimo che manca nell'italiana, e che perciò crediamo pregio dell'opera qui riprodurre trat-
tandosi di argomento di sommo interesse per tutti i portocanali costruiti o da costruirsi.
Postscriptum. L' oecasion et le voisinage m'ont donne l'avantage de m'entretenir souvent de mes
études avec M. 1' amirai Laffon de Ladébat.
Encouragé par son accueil, je lui ai demandé son jugement, qui a tant de poids à mes yeux, sur moli
systéme pour le ports-canaux qui forme l'objet de cette lettre, dont il a bien volu revoir la traduction.
Voici la déclaration qu' il a emise: je la publie avec son consentement :
« Après avoir étudié avec le plus grand soin les savants ouvrages de M. le Commandeur Cialdi , je
me range complètement à ses opinions sur la construction des ports-canaux , et je suis convaincu que
la solution qu' il propose pour èviter les atterrissements en avant des jetèes, est la seule qui permette
de triompher des obstacles que présente jusqu' d présent ce genre de travaux.
« Gontre-Amiral Laffon de Ladébat.
« Civitavecchia, 22 dicembre 1867 ».
Aux autorités déjà citées, je m'empresse, M. le Président, d'ajouter celle d'un Amirai de France
afin que vous puissiez vous covaincre de mieux en mieux que mon système est soutenu par les
Maestri e duci di color che sanno.
Il bisogno di trovare un nuovo espediente che salvi l'entrata di Portosàido, è stato sentito da altri
in Francia, e pubblicamente riconosciuto anche da un idraulico scrittore. Il sig. Régy, ingegnere capo
di ponti e strade, dai suoi studi idrografici ed idraulici ha dedotto : « que le regime des vagues , des
courants et des atterrissements ètait le méme sur la còte occidentale du golfe de Pèluse que sur la cute
orientale du golfe de Lion; que des ouvrages en travers de la cote en mer apporteraient le méme trouble
à ce regime établi\, que par consèquent on aurait à lutter d Sa'id comme à Cette, avec des difjìcultés
de mème nature. »
Ciò vuol dire che , con i sistemi conosciuti ed usati sino ad oggi nella disposizione dei moli , come
non si è mai ottenuto un buon porto in Cette , ad onta di tutta la scienza ed il valore di una illumi-
nata e potente nazione, così non si otterrà in Sàido, « Mais, egli soggiunge, que V on peut parfaitement
surmonter les difjìcultés à Sa'id , comme nous le démontrerons d Cette, par la direction , le trace et la
forme des digues , pour donner une entrée et un chenal surs et praticables, un bassin et une rade de"
stincts et sèparés ».
Questo giudizio si legge nell'importante periodico: Nouvetles annales*de la Gonstruction (Parigi do-
dicesimo anno, settembre 1866, colonna 132)> ove è in corso di pubblicazione l'Elude des travaux du
porte de Cette, par M. Régy.
E NOTIZIE VARIE 347
paritene"! nel? usi 1.!° B°" ha-Vel°CÌlà m3ggi°re di Sei met" t*»**i*
appartteTn^I1^ ,a naVlgaZ'°ne' Che h °nde abbian0 unicamente «0,0'
Questo moto è senza dubbilo sempre calcolabile vicino al lido „',-* « m
qai pure come dominante quello di oscillazione ' COnservandosi
d, massa tale che neccia 0 giovi sensibilmente alfa^avigaz ne aSP°rt°
VrJSSS^oTio^i °gDÌ aUr'°nda C°ntr° U" °StaC0,° *»*«**" ed a
Prefondo e se Vontot?I%nT^\^ * »'" è ^"-mente poco
^Teìle^^ptrsr/ra'dff^^r^"0"' PUÒ *"
presso iHido, a WCL^*^RS&S ^ ^ *
nefla supeS' ."" Z Zi IT" ' ""^ "^ dÌ traSP°rt° aPPrezzabi'°
segue laPleggeedeHe aUre onde ' H ""* f* ^^ * Del fondo
premer fa ««em,„„„ marires ^ ^ "*", M <J£ ter""'» :. « *« ^illeur position gui puisse
coun de sable sur le littoral par de grandesZoCdZj ? "'^ *' Cdh ** h ^pareraitdes
les franchir. Mais S autres eonHdéraZslZntJZ'T 1 TT ""*» P°Ur **"**#»*
fba,s de celie défense naturale conte les eTsaUe^uZ % "T * "'* «<"' ne *•«* Ms »
"oìvenl forme,- le pori art.mc.el C^rl,, 7 T," " fmt '" demmder au* "uvrages qui
(orme, gu'il foudra oi^rZJéTlLtejTvT " "" COmUna(°^ P" leur trac! et L
par une grande masse d'eau profonde autles Z V" m°UVemmt *"" " Mne fe Womb.
™«»l«rge,parUressacZ\wàZT^?°JTt'' V*™ "*'" hS mMèns et
tiament en suspension et les rejettentauVn ° °mra9eS *f p0rt' <>ui les man-
^^^^Zat^a^^utTT^^l TX dÌfe- ** '«"*
Pori, gu'il faut demander V eloignement, l ZZolj fa Z/ ' J'f « ,**" f fes «"ragù du
mngation, des sables gue la mer sonile deslas Indi ? - , 1°" " S<"" teo*tó»»< V»ur la
Ma tutto questo non ci dà ancora ZZuZ.!' n'nme et Charrie sms cesse- »
-lta.no che'il ceiebrato 4 ri Li "Zo, • f "T^ "9l ^^ 1866: cì P"«
■«•to già da. nostro concittadino, e llTl^ ^ ZT^IT^ " medeS,'m° graVe dìfeU° »-
« da oltro dne Instri mostrata conducente alla mèta "d° Ia S'eSSa "a da ««"'» battuta
Noi non mancheremo di seeuire le ulteriori ni,nhu„„ • • j , .
«ati i nostri lettor, appena ferra aiia Ic ° "SSSZ^T^ ^^ " dl '^ M°r-
1 confronto con la dimostrazione dataci dal si"! "»;. ai=c.ocché eglino possano istituirne
Il nostro Giornale, nell'anno decorso s t „ ' Cd aPP'«Ili"'si al meglio.
e«a dei marosi estratto dalla citata opera del sie Z^',' "* 8''f pubb,icato " 4r»»/o sulla pò-
—se Pareto la X— ebo si ^ ^^^'^X^^ ^-^ «
348 RIVISTA DI GIORNALI
6. Dalle diverse circostanze che si verificano in pratica si conferma il teorema
fondamentale di Leonardo relativo alla costituzione dell'onda, perchè molte sono
le volte che V onda fugge il luogo della sua creazione , e V acqua non si muove
dal sito.
7. La potenza delle onde, de' flutti e de' marosi può ritenersi, nel maggior nu-
mero de' casi, proporzionale alla forza e durata del vento di stessa direzione,
alla lontananza da cui vengono le burrasche, le tempeste e le procelle, alla pro-
fondità dell'acqua, ed alla natura e forma del fondo.
8. Gli effetti di trasporto in massa alla superficie devono essere tenuti molto
a calcolo dal navigante in alto mare, nei casi di vento forte: e sempre, ove lo
sviluppamento dell' onda trova inciampo. Da questo punto alla battigia i detti
effetti sono tanto più potenti quanto più il navigante si accosta alla spiaggia.
9. Non si sono a tutt' oggi introdotte nei trattati di nautica, regole fìsse per
correggere la stima del viaggio, secondo il trasporto delle onde. Bisogna fornire
ai naviganti questo elemento di correzione come hanno quelli per correggere le
anomalìe prodotte dalle correnti ordinarie, dallo scarroccio, eccetera.
10. Le quantità numeriche dell'accennato moto di trasporto prodotto dai ma-
rosi in alto mare si devono proporzionare ai diversi gradi di forza del vento, alle
diverse velocità, altezze e lunghezze de' marosi , secondo ch'essi siano interi o
rotti, alle diverse direzioni di essi in rapporto a quelle tenute dal bastimento,
ed al diverso immergere di questo: nelle dette quantità di norma, quando l'onda
trova inciampo, si devono aver a calcolo puranco le diverse profondità dell'acqua,
le diverse distanze dalla battigia, e le diverse forme e nature de' lidi , cioè se
spiaggia o costa, e se il fondo è di scoglio, di arena o di fango molle.
Ove esiste corrente regnante è necessario, per l'uno e l'altro caso, tenere
a calcolo la forza e la direzione di essa per aver la risultante delle diverse
componenti.
Una raccolta di tavole di correzione del trasporto causato dal poco fondo o dal
vento nei marosi, a similitudine delle tavole di riduzione delle rotte, faciliterebbe
al navigante la ricerca del valore di detto trasporto.
11. Inoltre, si rende comodo per i marini, e per una certa classe di essi ne-
cessario, lo stabilire nelle carte idrografiche una linea che tracci a qual distanza
dal lido verranno i bastimenti trasporlati loro malgrado dal fluttocorrente a terra
e con velocità rapidamente crescente, in deriva; oltre il noto scarroccio: tanto
più nei casi di straordinario trambusto di mare, nei quali lo stesso scarroccio
sovente non si può riconoscere dalla scia del bastimento.
Si dovrebbe segnare la Zona del fluttocorrente alla superficie o a terra, come
oggi in alcune carte idrografiche si traccia la Zona de' frangenti.
12. Si deve la proposta zona estendere dal lido verso i' alto mare in ragione
della maggiore o minore profondità dell'acqua, e più o meno, secondo che il
littorale sarà più o meno aperto ed il fondo più o meno resistente.
Il ciglio della ghirlanda di terreni avventizi può essere buona norma per
segnare la linea di questa zona, quando non si posseggano dati locali più precisi.
Nell'aperto Oceano la linea cadrà generalmente sopra gli scandagli di 300
metri di acqua; nel Tirreno sopra quelli di 150, nel mar della Manica e nel-
l'Adriatico di 80.
Ma con raccogliere esperienze locali, dedotte dall'alterazione della forma
normale de' marosi per urto nel fondo del mare, o dal cambiamento del colore
E NOTIZIE VARIE g4g
dell'acqua o dalla reazione di alcuni scogli, o dallo spostamento degli ordini
da pesca calati nel fondo del mare, o da altre osservazioni, si può avere , S
giusta norma onde stabilire la posizione della sopradelta linea
13 Possono i flutti zappare il fondo del mare nelle profondità di 200 metri
nell'Oceano d, 50 nel Mediterraneo e di 40 nel mar della Manica ed in quello
Adnal.co. Ld ,v. porre in moto di traslazione e triturarvi masse di materici da
produr con esse sole rilevanti protrazioni di lidi.
14. Il prodotto, relativamente alla massa dei detriti che possono essere giocati
e spinti ,n avant., dipende dalla natura del letto del mare, dalla profondila a
cu. si estende 1 agnazione; e questa, principalmente, dalla forza e durata de'venli
che hanno creato le onde e il fluttocorrente del fondo, e dall'estensione e prò-
fondita del mare. F
.mLtì'i f°rm(azi0ne e Protendimene delle spiaggie accade pure in siti senza
affluenti terrestri e senza corrosione di coste limitrofe : basta l' abbondevole pro-
dotto delle spoglie dei corpi organici.
16 L'effetto minimo, medio e'massimo della ripetuta potenza, considerata quale
agente per le erosioni ed i trasporti de' materiali , é molto superiore a quello
massimo, medio e minimo di qualunque corrente di marèa, [inorale o radente-
le quali tutte non pertanto voglionsi avere a calcolo.
17 Perciò, o i materiali provengano dai fiumi, o dal fondo del mare, o dalle
nve di esso, o dai corpi organici, si deve all'azione dei flutti principalmente la
distruzione e il trasporto delle congerie e de'banchi, gli insabbiamenti e interri-
menti di ogni specie.
18. L'andamento progressivo de'banchi e de'dossi si trova proporzionale alla
prevalenza d, un vento sull'altro, ovvero al vento che produce più spesso le onde
frante, qualunque sia la direzione della corrente regnante. Le onde frante dalle
SrimenUrÌe 'empeSte' aDZÌChè accumulare » sparpagliano e distruggono gli in-
19. Quindi 1' azione de' flutti devesi sopra tutto avere a calcolo, ove si voglia provve-
dere alla conservazione de' porti: e non solo per domare e signoreggiare l'impeto e
la violenza delle onde tanto all'esterno quanto all'interno dei porti ma ben anche
per allontanare da essi i funesti effetti che vi producono i materiali ostruttivi.
20 Sorge da co nuova dottrina degl'interrimenti, le cui fondamenta già furono
g tate da Leonardo, dal Castelli, dal Boscovich e dal de Fazio ; ma tenute coperte
dall opposto sistema fin qui prevalente del Montanari (1)
21 E necessario che l'ingegnere conosca preventivamente, non solo quanto è
relativo alle sponde, ma puranco, in una vasta zona, la profondità del mare, la
(1) A proposito della teoria propugnata dal Cialdi in opposizione a quella del Montanari ci piace
enersecilen :SdUF """ "" ''""T '"^"^ *— - «► d* ^*> P~'™ aTAcc dC
'*""' F7C'a '" »;casi»«e ^1 Rapporto che fece dell'opera del Cialdi sul moto ondoso del mare
diHnctTT deCeS;tterlr'SSemenL: &*«• " *■". ««. lepuis longlemps , a de», tkéories Uen
tot d T'i f \ r?"S?e 'teralemenl "d°ptée m ,Mie mmt les P^Ucatìons de M. Cialdi les
ketd^leÌ h 7 "1 lmge ' VeHte "iSlanCe t0uteS ,es ™te° *'« Mediterranée de gau-
nal JJr Y? 7 7 ^^ d iem Ct reSardmt la mer' les «"*«<«. *» oelte théorie,
ITvétde eóff Ti , "*, e enSUSpenSÌm *". l'eau les matèria»* qui eonslitnent le fond de la
^^^i^^ot^sZeZ2laCÌWn * C°mU lmnl «* «* fa *~~™ «
m iiZuL^il'jtZ- Z^ "■ CMdÌ' " Amt U " mh la véHté » ^Ute évidenee dans
m excellent ouvrage, fati dependre ce* atterrmemem du transport vers le rivageet du dipòi, opèrès
380 RIVISTA DI GIORNALI
costituzione del fondo di esso ed il punto fin dove si sviluppa nel verso verti-
cale l'agitazione massima delle onde; perchè sappia fino a qual distanza dalla
riva saranno dai mare sconvolti e trasportati i materiali che potranno invadere
e ricolmare le opere idrauliche.
22. Le pressioni che le onde oscillanti o correnti esercitano contro un osta-
colo sono proporzionali alla Massa di esse ed al quadrato della loro velocità.
23. Dalla sopra riferita e sperimentata potenza de' marosi si deduce che in
tutto il nostro littorale, volendosi costruire moli a pietre perdute (sistema di co-
struzione in ben pochi casi preferibile), i massi di smalto o quei di scoglio vivo
dovranno essere non minori di venti metri cubi a partire da cinque metri sotto
il pelo basso del mare sino air altezza del ciglio del molo, per resistere immo-
bili all'urto de' marosi. Ai disotto di cinque metri, il volume de5 massi può esser
ridotto a metri dieci: ai di sotto degli otto metri e più, gradatamente può essere
diminuito ancora.
S' intende parlar di massi non isolati. Se tali fossero, le misure dovrebbero
essere raddoppiate, perchè essi stessero saldi.
24. Essendo l'azione de' marosi proporzionale alla superfìcie percossa, e la re-
sistenza de' massi crescendo come il cubo di essi, in alcuni siti nell'Oceano i
massi saranno soltanto un poco più voluminosi di quelli necessari per resistere
all' urto nel Mediterraneo.
25. Infine, se i moli saranno composti con materiali di minor volume de' sopra
accennati, o i materiali saranno diversamente distribuiti, verranno tanto nel-
l'Oceano quanto nel Mediterraneo dai marosi sovvertiti: i massi sarano solleci-
tamente consumati pel cozzo reciproco, e molti di essi trascinati ad ingombrare
le bocche de' porti; quindi continua e grave la spesa per le ricostruzioni, per
rinforzare la difesa e per isbarazzare le bocche.
26. Leonardo, con quelle parole che ho registrato sul frontispizio dice, che:
Dobbiamo cominciare dall'esperienza, e per mezzo di questa scoprire la ragione:
questo è il metodo da osservarsi nella ricerca dei fenomeni della natura. Questo
metodo ho seguito anch'io, e sono convinto che potrà giovare al marino per to-
gliere un grave difetto nell'esercizio della navigazione, all'idraulico per miglio-
rare notevolmente l'arte del costruire e conservare i porti, al geologo per ren-
dere più chiara ragione dell5 interrimenti , ed al fisico per meglio classificare le
correnti marine (1).
per les vagues elles-mémes, des matèriaux quell'elles ont soulevés du fond de la mer, le courant littoral
ne jouant qu'un véle très-secondarie ou méme insignifiant dans ce transport et ce dèpót.
« L'exposition qui fait M. Cialdi de tous les faits qu'il a rassemblés, de toutes les opinions qu' il a
recueillies et de toutes les observations qu'il a faites lui-méme, est claire, nette, précise et parfaitement
coordonnée pour arriver au but qu'il s'était propose d'atteindre en l'ècrivant. Et si la vivacità quel l'ori
remar que dans quelques passages de son livre pouvait fair e croire que l'auteur n'est pas encore parvenu d
convaincre tous les partisans de la théorie rivale, le lecteur impartial resterà cependant convaincu, après
examen, que M. Cialdi a parfaitement établi , par des preuves de fait surabondantes , l'exactitude de la
thèorie qui attribue d l'action des vagues une très-grande prépondèrance sur celle du courant littoral
dans les atterrissements et les érosions des cótes,
[Comptes rendus des séances de l'Acadèmie des sciences, toni. LXN, séance du 11 juin 1866: ovvero
nel Journal de mathèmatiques pures et appliquèes etc. publié par Joseph Liouville. Deuxième sèrie.
Juillet 1866, Paris).
(1) E poiché ci è avvenuto di citar altrove l'illustre ingegnere signor de Tessan , la cui fama suona
ornai celebre per tutto il mondo scientifico , sarà gradito ai lettori udire il giudizio da lui emanato
E NOTIZIE VARIE gg|
— e.* ^ ^^ ^ CÌaMÌ neIIa COndUSÌOne deI «0 ^litico Rapporto già da noi su
« L'immense quantità de faits et d'opinions que contieni cet ouvrage l'ordre et la clartA ™*, / ,
ili y soni exposès, le fera lire avec beaucoup d'intérét, non-seulemZVarlTl, ' darte ™ec les(luds
mr^c de ce«e *«W, ,.«, au ménte d'une vaste érudZnetdevZt/l^ ^tre angue un
^irrriur tìs ss: sas £#•* ~ - '** «
« lo non entrerò qui certamente in una minuta disamina delie profonde speculazioni .11* «li i,
« fornito argomento il fenomeno della ondulazione marittima Chi JZ 1 Spccu,azioni » aIle <Iua1' ha
« potrà soddisfare ampiamente la sua curiosa gge 0 "a do ta ope a SlT PÌena n°tÌZÌa'
352 RIVISTA DI GIORNALI
SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI INDUSTRIALI DI TORINO.
È indubitato che le industrie tutte, sempre più divengono fiorenti, se nel loro
graduale incremento e sviluppo s'attengono ed approfittano dei dettami della
scienza. Le nostre industrie in ispecial modo, per raggiungere quel grado di pre-
minenza che spetta loro a buon dritto e che solo ci permetterà di sottrarci alla
concorrenza straniera, hanno immensamente bisogno, oltre all'incoraggiamento
del paese, d'esser guidate da utili e pratiche ricerche scientifiche.
Convinto di questa necessità V illustre generale Commendatore Giovanni Cavalli
ebbe l'idea fin dal Marzo 1866 di fondare in Torino una Società d'Ingegneri ed
Industriali sulle basi di quella degli Ingegneri Civili di Londra esistente da cin-
quantanni e che già immensamente è stimata ed apprezzata dalle nazioni indu-
striali europee. Scopo di questa istituzione, disse il generale Cavalli nel discorso
col quale inaugurò l'adunanza del 31 Marzo 1867, — è il discutere tutto quanto
riguarda le opere d'arte, le industrie ed i commerci, e pubblicare queste discussioni
per illuminare il paese sulle più importanti questioni d'interesse generale.
In Italia fu compreso il bisogno di questa Società e la proposta del generale
Cavalli fu accolta ovunque favorevolmente ed appoggiata dal Governo. In breve
crebbe il numero dei socii e con Regio Decreto 18 Luglio 1866 veniva approvata
e riconosciuta come Corpo Morale.
Si tennero già varie sedute e furono letti e discussi importanti lavori su sva-
riati argomenti ed inoltre venne pubblicato un primo fascicolo, col titolo Atti
della Società degli Ingegneri e degli Industriali di Torino, contenente:
// Decreto d' approvazione della Società e lo Statuto della stessa.
U elenco dei soci ed il regolamento.
V origine e la Costituzione della Società.
I verbali delle Adunanze ed inoltre due pregevolissime memorie l'ima del Com-
mendatore Prospero Richelmy intitolata: Pensieri intorno ai mezzi con cui ottenere
una idrografia del Piemonte: l'altra dell'Ingegnere Sacheri: Sul modo di determinare
la rigidezza delle funi applicando le teorie sulle deformazioni elastiche dei corpi so-
lidi fibrosi.
Quest'ultima memoria dietro gentile permissione dell'Autore la ripubblichiamo
nel nostro giornale e così faremo, avendo l'adesione degli autori, di tutti quei
lavori che giudicati meritevoli della stampa negli atti di quel rispettabile con-
sesso fossero di tal natura da interessare i nostri lettori.
Convinti come siamo, dei vantaggi che può ritrarre il nostro paese dall'esi-
stenza di tali Società, ove si discuta in ordine scientifico l'interesse generale, del
patriottico scopo a cui esse mirano, terremo dietro con vero piacere a quanto si
farà da quelle già esistenti in Italia e ci faremo un pregio di renderne istrutti
i nostri signori associati.
La Redazione.
E NOTIZIE VARIE ,„,
IN QUAL MODO SI POSSA DETERMINARE
LA RIGIDEZZA DELLE FUNI
applicandovi le teorie sulle deformazioni elastiche dei corpi solidi fibrosi.
Memoria Iella nella adunanza 20 gennaio 1868
della Società degli Ingegneri e degli Industriali di Torino.
(Vedi tav. 22 flg. 9 e IO.)
I. Abbiasi una forza applicata, quale potenza ad una fimo nt,a ,• •
una puleggia, e sia dessa sul punto di solleva e un nei 'L' •' P'egVU di
fune non troppo pieghevole, lane per <SeinT^i%XTJ^
cilindrica su cu, trovasi avvolta; essa allontana il peso MK^'
accrescendone il momento rispetto a aneli' aw *d n„„ . , rotaz,one .
necessario per renderla inflesL e fa^leSa ^^ZVXlT^
sta forza addizionale, che si suoDone a^ire rano-»n,.-,i , pule^la- QQe-
fnne si avvolge, ne vince e „" Sa TriJdT, " C1'Ìndr° SU CUÌ Ia
duelTdiJersKri SS^JS^fìZ^ ^^ *
anziché da vera teoria, ei fu indot.Tad" a'mme « r ° ^ S Vìi T°
espressa con due termini; costante l'uno e variabile l'altro in AhJ fUDe
zione colla forza che tende, ambedue proporzionali ì£ » in,d,reJtta proPor-
potenza p del diametro d del cavo eS E L * n 8d UDa cerla
Dicendo « e o i due co^J^Z^ZSmZVriTj^'-
proposta per calcolare la rigidità d'una fune espressione
Ìt^K21?Ì l^lTreSnTuarT" ^ *** ^ ~ »•
sione se non in c'ircosLe SriSJTV^S ^U" ■"?-
Kacr^r ^iS=^ s sarà
Ed esaminando evalori di « 1 LT! °.ad "75?010 e *«** S™°-
canapi in egual modo prenaratré Ji Q J?*™0 dal1 esperienza forniti per
e mentre il coefficiente ,1 0 ra „ C°" '6gge dÌVersa 1,,ano da»'altro,
metro t i. te™ V Pwporz.onale alla seconda potenza del dia'
metro M termine « <f pareva crescesse proporzionalmente alia quarta potenza
354 RIVISTA DI GIORNALI
di quel diametro. Non era adunque quella la vera formula che potesse rappre-
sentare esattamente la resistenza dovuta alla rigidezza delle funi.
Tuttavia il Morin, che riprese la discussione dei risultati di Coulomb, sosti-
tuendo alle quantità a#, bd)1 due altre A e B, q cercando con qual legge va-
riasse ciascuna col variare del diametro della corda, seppe meglio conchiudere
in favore di quei risultati. Egli diede una lunga serie di valori delle quantità A e
B, riferibili a funi bianche da 10 a 28 millimetri di diametro, ed a funi incatra-
mate del diametro da 10 a 33 millimetri, da 6 a 60 legnuoli. Quei valori riuniti
in tavole numeriche trovansi riportati in qualsiasi prontuario, e sono essi i soli
finora che possano realmente servire di norma per valutare ad un dipresso la
resistenza dovuta alla rigidità dei canapi.
II. Non sono molti anni, che nei grandi lavori di costruzione e per la trazione
sui piani inclinati, le funi metalliche avvolte su puleggie di gran diametro co-
minciarono ad impiegarsi con felice successso; e già nell'Alsazia, nella più ma-
nifatturiera provincia di Francia, la forza di molti corsi d'acqua, raccolta damo-
tori idraulici di grande potenza, viene suddivisa e trasmessa a grandi distanze
per mezzo di corde metalliche continue. Sommano oramai, complessivamente a
più di ottocento chilometri le trasmissioni di tal genere in quella sola provincia;
ed il signor Stein di Mulhouse alla rinomata fabbrica di grossi cavi di canape
quella vi aggiunse delle funi in fili di ferro.
Ma se le corde metalliche passarono già, ed in modo definitivo, nel dominio
della meccanica industriale, anche la loro rigidità dovrà necessariamente venire
in quello della meccanica applicata. Mancano tuttora esperienze dirette a cono-
scere l'influenza di tanta resistenza, che in vero si presume grandissima a fronte
di quella dei canapi, né alcuna teoria parvemi fosse finora tentata per venire
in appoggio alle desiderate esperienze.
È vero bensì , che molti elementi concorrono a rendere pressoché infinite le
varietà di preparazione e di struttura delle funi di qualsiasi sostanza : che quegli
elementi non si possono per ora, né forse si potranno mai assoggettare a rigor
di calcolo. Ma nulla osta per ciò, che qualche tentativo teorico si faccia, ancorché
debba venir basato su qualche ipotesi; e nella necessità di dovere riassumere
una serie di esperimenti, nulla osta che ad una formula empirica , o fornita da
solo buon senso, un'altra se ne sostituisca egualmente buona, molte volte ancora
più semplice e sempre più razionale.
Le teorie che dalla intensità di uno sforzo estrinseco determinano le reazioni
molecolari nei solidi fibrosi, e ne misurano le deformazioni elastiche, parevanmi
benissimo appropriate e sufficienti al conseguimento di quello scopo; molte dif-
ficoltà, né troppo bene distinte, sorgevanmi per altro nella mente e m'inclina-
vano naturalmente a cercar la ragione per cui quel problema non era risolto;
laonde ne tentai la soluzione coli' unico scopo di meglio conoscere e misurare
ciò che vi fosse di veramente difficile. Dalla semplicità del risultato che ottenni,
pari a quella del procedimento che mi vi condusse e più ancora dal suo accordo
colle variate esperienze di Coulomb, io fui indotto a sottoporre all'autorevole
vostro giudizio questo mio lavoro.
III. Supponendo che venisse orizzontalmente disposta sulla gola cilindrica d'una
puleggia una fune rigida, ma ben distesa, non sollecitata da forze estrinseche,
priva perfino, ove fosse possibile, del proprio peso; quella fune vi rimarrà di-
E NOTIZIE VARIE ogg
stesa secondo una linea retta tangente a quella superfìcie, né avvi motivo alcuno
per supporta diversamente conformata. Ad una estremità (Tav. 22 flg Tle v nL
applicato un peso Q, abbastanza grande perché in suo confronto possa venirl tra-
scurato .1 peso proprio della fune, ma compreso nei limiti della na orale elasti
TeiATielull temP,° ÌSteSS° Ma f°rZa P Capace di fare Sri a Po
(J ed a tutte le altre resistenze minori, siasi applicata in A diretta sernnrìn iLZ
primitivo di quella corda. Quel peso Q renderà la fune equii iTta ZtlZ
mente inflessa per modo da disporla secondo una curva ii ft qu" e porlo
non per un tratto appoggiarsi sulla superficie di quella pulegge ma eh ad otni
modo sarà tangente nel punto supposto di primitivo contai '/alla direzione
de l'asse inizialmente rettilineo di quella slessa fune; e, sufficientemente Vroin
gata, finirà prendendo la direzione stessa della forza Q, di ponendo" icK ner"
Toue3. °;hStrem0' Ch6 "Ulla °Sta di SUpporre finit0' in dfrezioTperp nSoUre
a quella che aveva primitivamente assunta. pcipeuuicoiare
L'appoggiarsi o non di quella fune per un certo tratto sulla gola della niiwk
di raggio 0 A dipende evidentemente e dalla elasticità dell a £ e dal su S
metro, e dalla intensità della forza Q, e finalmente, lo dirò fin d'ora dalla dimen
Dicasi fi il raggio 0 A, e D il diametro della puleggia- sia l il braccio rti w»
de. peso Q; essa é l'incognita principale del nostro problema he ne 'aum ni
di quel braccio si risolve l'effetto della rigidezza della fnno ri
porre che la curva elastica assunta dalla K'non'a a d "om^HoVa Z
leggia altro punto che quello d'origine A- Pd in mipcta ^ ., P
In una sezione qualunque ideila fune inflessa vi saH emiilihrin n • -i
j-4-4 (,)
pongo per P il suo valore in funzione delle coordinate * ed ,, né posso qui tra-
scurarvi la quantità JL a fronte dell,unità; CQme .p ^ . cas. .. ^ . ^
mente retti si suole ; se
. . dx
si ha
(* +
356 RIVISTA DI GIORNALI
e sostituendo in (1) ed integrando si trova:
- ..* — = C0St+~ (iX-^r-)
Siccome già si disse, la * deve essere nulla nella sezione d'origine, e la costante
che nasce da queir integrazione per x = 0 sarà dunque nulla.
Ricavo il valore
/ a?2 \2
(2)
L'equazione finita della curva elastica sarebbe:
y = Gost + f z d x.
Intanto nella (2) al valore di x == l deve corrispondere quello di z = oo per
una delle ipotesi fatte, ed ho così la seguente equazione di condizione
essa mi serve a determinare P incognita
Sostituisco questo valore nella equazione (1) facendovi ad un tempo x = 0 per
considerare solo la sezione d' origine, e trovo
Po
ossia
0 - i/Ì (4)
p0 - K 2 0
IV. Sia d il diametro della fune; sia E il coefficiente o modulo di elasticità
della sostanza di cui è dessa composta. Il momento di flessibilità e è dato dal
prodotto del coefficiente di elasticità E per il momento d'inerzia della sezione
della fune rispetto ad un suo diametro (1), cioè si ha:
(1) Solo per approssimazione si suppone qui la sezione delle funi interamente piena; per una più
precisa applicazione, trattandosi di corde metalliche, dovrebbesi trovare per cadauna di esse il mo-
mento di inerzia della vera sezione resistente, facendo cioè astrazione dall'anima di canape centrale
attorno alla quale si avviluppano i lignuoli , e dagli interstizii esistenti fra i diversi fili componenti
ciascun lignuolo.
E NOTIZIE VARIE 357
e quindi ricavasi dalla (4)
Conoscendosi il coefficiente E, la forza Q, il diametro della fune d, si potrà cal-
colare il valore di p0; e potranno allora avvenire tre casi: o sarà esso maggiore,
od eguale o minore del raggio R della puleggia. Nel primo caso la puleggia sarà
troppo piccola, né potrà modificare la curva elastica della fune; sussisterà adunque
l'ipotesi fatta, ed il valore di l dato dalla (3) servirà a risolvere il problema. Nel
secondo caso si avrà la puleggia osculatrice alla curva elastica nel punto A, ed
i calcoli fatti potranno pure servire. Nel terzo caso l'ipotesi più non sussiste;
il peso Q è troppo grande, l'elasticità della fune è troppo debole, il raggio della
puleggia non è abbastanza piccolo, perchè la fune possa rimanere a partire dal
punto A completamente staccata dalla gola della puleggia; essa vi si accavalcierà
per un certo tratto e converrà che io riprenda il calcolo in questa seconda ipotesi.
Desidero però innanzi tutto cercare, se i due primi casi supposti debbano ef-
fettivamente venir considerati. Al diametro delle funi è sempre dai pratici pro-
porzionato il diametro delle puleggie , non che la forza di trazione. Rimanendo
in questi limiti nessuno certamente potrà supporre qualche fune di canape co-
tanto rigida da non potere per quanto piccolo sia il diametro della puleggia, as-
secondarne per breve tratto la gola. Per queste funi adunque non occorre certo
dimostrare colla formula (4') improbabile l'ipotesi su cui questa si fonda, néve*
ramente potrei farlo, avendo cercato invano nei Prontuarii il coefficiente di ela-
sticità dei canapi.
Ma per le funi in ferro la stessa conseguenza non è più così facilmente am-
messa, mi é però possibile darne la prova scegliendo un caso pratico tra i più
sfavorevoli. Le più grosse funi in fili di ferro che si fabbricano in Anzin da
Harmegnies, Dumont e Gomp. hanno 33 millimetri di diametro, e convengono
per tensioni anche superiori a 4300 chilogrammi. Ed io ritengo d = mm. 33, ri-
duco a soli 3000 chilogrammi il peso (?, assumo per valore di E i soliti 18,000 chi-
logrammi per millimetro quadrato; e sostituendo tali valori nella formula (4')
troverei per diametro della puleggia, espresso in metri
D = 0.836.
Un circolo di tal diametro sarebbe dunque osculatore alla curva elastica di quella
fune nel punto A; ma per corde metalliche, dicono i pratici, le puleggie non de-
vono avere mai diametro minore di un metro; ed alcuni asseriscono perfino conve-
nire alle puleggie un diametro eguale a duecento volle quello della slessa fune.
Siamo adunque abbastanza lungi dall'ipotesi fatta perchè non possa darsi il
bisogno di dovercene servire. E diffalti se l'esperienza ha dimostrato che l'au-
mento del diametro d'una puleggia diminuisce notevolmente l'effetto di rigidezza
della fune, come potrà questa diminuzione succedere, se la puleggia non ha dia-
metro tale da poter modificare la curva elastica della fune, e se questa non può
appoggiarsi su quella? ne concludo che il diametro di una puleggia dovrà essere
sempre notevolmente maggiore di quello dato dalla formula (4'), e sotto questo
aspetto il più grande possibile.
358 RIVISTA DI GIORNALI
V. Tralascio l'ipotesi che la curva elastica della fune non abbia di comune colla
puleggia altro punto che quello d'origine A, e suppongo invece che la curva
AMO (Tav. 22 fig. 10) trovisi per un certo tratto A M appoggiata alla circon-
ferenza di raggio 0 A della puleggia , essendo P angolo A 0 M = 9 una nuova
incognita del nostro problema. Il braccio di leva della forza Q rispetto al punto
M sia k quantità parimenti incognita; ritengansi del resto tutte le altre denomi-
nazioni ed ipotesi del precedente problema. Conducasi la T T' tangente alla cir-
conferenza in M, e supposta rotta per un istante la fune in quella sezione, si
sostituisca la forza T che faccia le veci del tratto AM; se in un subito cessasse
l'azione della forza Q, e se con questa cessasse pure l'azione del peso della fune,
essa si disporrebbe secondo la direzione rettilinea M T giacché si suppone che
la sua elasticità non sia stata alterata. Riferisco la curva M Q a due assi orto-
gonali M x ed M y di origine in M, orizzontale il primo, e verticale il secondo;
ed avrò l'equazione differenziale di second' ordine della curva elastica:
jl == a q{ "L x). (i)
?
che integro una prima volta
z _ ,' 9'iì » ^\ (2)
(/l + z2 £ V
2 1
Osservando che per la sezione M si ha :
x — 0 e 2 = tang9
si trova
Cost. = sen. 9
Sostituisco
questo valore nella (2) e ricavo:
sen. 9-1 (l{x —
IT
( , 0/,
1— sen.9-1 Mi X-
x* v |2
Ancor qui suppongo che la fune sia sufficientemente prolungata, perchè un suo
tratto si confonda colla direzione stessa del peso Q; ad x = k corrisponderà
z = 00 ed ho così un' equazione determinatrice di ^
l = sen.9 + ^-|-
da cui ricavasi
h = \/
2è /1 \ (3)
— (l-sen.9). w
ÌE NOTIZIE VARIE 359
Rimane solo a conoscersi l'angolo 9; perciò sostituisco questo valore di l{ nel-
l'Equazione (1) facendovi ad un tempo x = Q per considerare la sezione di ori-
gine M ed ho :
— = |/2 0e(l)— sen. 9
Po
ossia
2(l-sen.9) = ^I. (4)
Ma pel tratto A M la curva della fune è per ipotesi quella stessa della puleggia
ed in M i due tratti devono raccordarsi non solo, ma si ha di più per il punto
M, p0 = R; sostituendo questo valore nella (4) si ricaverà l'equazione finale, che
determina l'incognita 9,
Sen-Cp = 1~2^' ^
Il valore di l{ sarà parimenti determinato dalla Equazione (3) sostituendovi per
(1 — sen. 9)
il suo valore dato dalla (4'), e verrà semplicemente espresso da
Il problema è ormai risolto. Se L è il braccio di leva della forza Q rispetto al-
l'asse di rotazione in 0, sarà
L = /d -f- R sen. 9
ossia sostituendovi per sen 9 e per l{ i valori testé trovati
Per trovare a qual forza equivalga la rigidezza delia fune, e volendosi che sia
diretta tangenzialmente alla puleggia, pongo l'equazione di equilibrio
FR=QL
ossia
FR==QR + ±.
e quindi
Z=F—Q=;-L*
360 RIVISTA DI GIORNALI
In questa espressione della rigidezza Z. comincio a sostituire per e il suo valore
in funzione del diametro d della fune, ottenendo
z^im. (6)
Il peso Q non supera mai il limite della elasticità non alterata, ed il tratto di
fune, che va, deve quindi svolgendosi dalla puleggia rimanere nuovamente disteso;
ad ogni diametro di fune corrisponde neccessariamente un certo peso od almeno
vi corrisponde un limite; ed oltrepassarlo non è sempre possibile, non è mai
prudente. L'allungamento proporzionale limite della fune, di cui si tratta, sia X,
e dicasi co la sezione della fune, ed n un coefficiente di sicurezza, minore quindi
dell'unità; occorrendo di dover sollevare un peso dato Q si dovrà sempre colla
formula
nEtùX— 0
determinare quale sezione di fune può convenire a quella tensione; e se da
questa equazione ricavasi il valore di E per sostituirlo nella (6) si potrà porre
in evidenza nella espressione della rigidezza il valore della forza Q che implici-
tamente vi è contenuto. Ecco la formula che ne risulla
Z = -^- (7)
od ancora, indicando se vuoisi con jj. un coefficiente costante
È questa finalmente l'espressione proposta per misurare la rigidezza d'una fune.
VI. Non rimane più che a determinare il valore del coefficiente p., e coir ap-
poggio delle esperienze che si conoscono provarlo costante per funi di eguale
sostanza, d'una stessa struttura e soggette inoltre a sforzi proporzionali alla loro
sezione. A tale scopo ricorro alla già citata tavola numerica del Morin che rias-
sume i risultati sperimentali di Coulomb su canapi bianchi da 10 a 28 millimetri
di diametro avvolgentisi su puleggie di 1 metro di diametro. La rigidezza della
fune si calcola per mezzo di quella tavola e colla seguente formula :
sostituendo per A e per B i valori che corripondono al diametro della fune di
cui si tratta. Scelgo adunque nei limiti di quella tavola alcuni valori del dia*
metro d comprendendovi il più piccolo ed il più grande* e sieno per esempio
d = metri 0.0110. 0.0155. 0.0200. 0.0283.
E NOTIZIE VARIE 361
Abbiano queste funi a trarre un peso proporzionato alla loro grossezza ed in
cifre tonde
Q = chilogr. 200. 500. 1000. 1500.
Calcolandola coi coefficienti dati da Morin per cadauna fune, troverei la rigidezza
rispettivamente uguale a
Z = chilogr. 0.68. 3.35. 11.12. 33.57.
e cercando infine il valore del coefficiente p, per cadauna delle quattro funi, tro-
verei i seguenti valori:
p. =? 27.9. 27.9. 27.8. 27.9.
Ma invano cercherebbesi la stessa concordanza della formula empirica con
quella proposta, qualora il diametro della puleggia fosse molto diverso dell'unità,
avendo Coulomb e Navier supposto che la rigidezza dovesse semplicemente va-
riare in ragione inversa di quel diametro, anziché del suo quadrato, come dalla
nuova espressione risulterebbe. Ecco però in qual modo stabilivasi ciò, che nep-
pure da quelle poche esperienze si trovò confermato: supponevano l'aumento
del braccio di leva della resistenza essere all' incirca lo stesso, qualunque fosse
il raggio della puleggia su cui la fune si avvolge , e di qui ne traevano questa
conseguenza: se nelP esprimere il lavoro della rigidità si ritiene, che lo spazio
descritto dal suo punto d' applicazione sia un arco della circonferenza della pu-
leggia, converrà dividere per il raggio di quella circonferenza l'espressione della
forza affinchè quel lavoro riesca indipendente da questo raggio.
Ma non è vero che il raggio della puleggia non possa esercitare influenza ve-
runa su quel braccio di leva; dalla formula (5) ricavasi invece l'aumento di quel
braccio essere
R
ZQR
variabile cioè in ragione inversa della puleggia. Se però si avesse
m
20
la sua influenza sarebbe nulla, ed il braccio di leva esattamente uguale al doppio
di quel raggio; e se il valore di R fosse ancora minore, il braccio di leva con-
tinuerebbe ad essere costante ed indipendente da R, si avrebbe sempre in tale
ipotesi
-r
2^
0
Ma non occorre ripetere che quest'ultimo caso supposto, quantunque possibile,
non è mai caso pratico.
Dalla formula (5') risulterebbe dunque la convenienza di aumentare fin che si
può il diametro delle puleggie; né più si potrebbe ammettere, come facevasi,
Giorn. Ing. — Voi. XVI. — Giugno 1868. 24
gg£ RIVISTA DI GIORNALI
che auel diametro non ha influenza sulla cnrva elastica , e qnindi snl braccio
di leva della resistenza. Converrebbe ad ogni modo ricorrere a nuove esperienze
Per inerii poter decidere la cosa; e le foni metalliche, per la più omogenea
Strattura Per la maggiore rigidezza, potranno benissimo soddisfare a quel e
:ihe ,'nPmodo più 'rigoroso; tanto più che si potrebbe ™™*%*^«
la rigidezza che presentano, e ad un tempo le quantità E A, confermare non
solo ?a formula (?) nei suoi risultati, ma ancora le ipotesi su cui e fondata ed
il procedimento col quale si giunse a comporta. fnrmil,, n\
Nello scopo tuttavia di far meglio vedere l'applicatone diretta della ormu (7)
al calcolo della rigidezza delle funi metalliche, anziché di dare un coefficiente
LrSe df uafche. fiducia, prendere il caso che ho già trattato .* mezzo de
fune di 33 millimetri di diametro, che deve trarre il peso Q di 3000 cnno
~i ritoiSto come sopra E =18,000 chilogr. per millimetro quadrato e
supponendo X L 0.0008 valore corrispondente al ferro dolce di piccole dimen-
sioni, passato alla trafila; si ricava dalla formula
nE(ùX—Q
il valore di
1
n — -r-
4
si troverebbe con questi dati il valore di
(t = 628 (1)
ossia la resistenza i
Se per esempio si avesse una puleggia di tre metri di diametro, si otterrebbe
Z = chilogr. 227.
Adunque la rigidezza d'una fune in fili di ferro del diametro di 33 millimetri,
che "Ravvolge su di una puleggia di 3 metri di diametro, e che sopporta un,
peso di 3000 chilogr. sarebbe di chilogr. 227.
Ing. Giovanni Sacheri.
(1) Vale ancor qui la nota del Nura. IV.
E NOTIZIE VARIE 3(j£
COLLEGIO DEGLI INGEGNERI ED ARCHITETTI DI MILANO.
Crediamo far cosa grata ai nostri lettori, pubblicando una importante relazione — Sulla deter-
minazione dei rapporti fra il nuovo modulo prescritto dall' Art. 622 del Codice Italiano
e le varie unità di misura d' acqua state finora comunemente adottate nelle provincie
dell'Alta Italia — che vediamo stampata negli Atti del Collegio degli Ingegneri e stimiamo
inoltre opportuno di farla precedere da alcune notizie storiche sul collegio che togliamo dagli
Atti stessi.
La Redazione,
Intraprendendo la pubblicazione degli atti dell' associazione, che si intitola: Collegio degli In-
gegneri ed Architetti in Milano, crediamo opportuno di farli precedere da alcune brevi notizie.
Fu adottato il nome di Collegio per riprendere quello che anticamente portava un' associa-
zione di Ingegneri ed Architetti in Lombardia. Si ha notizia che ordini, e Statuti di un Col-
legio di Ingegneri ed Architetti di Milano, dapprima chiamati publici cestimatores, indi magistri
fabrorum ingenera, et architecti , esistessero fino dal secolo dodicesimo. Anzi, risalendo più
indietro a ricercare le istituzioni che nelle provincie di Lombardia riguardavano gli Ingegneri
ed Architetti, si potrebbe facilmente trovare che datano dai maestri comacini, e forse dalle as-
sociazioni dei muratori provinciali dei tempi di Roma. Più recentemente noi troviamo che, nel
secolo decimoterzo , individui delle primarie famiglie di Milano erano ascritti come apparte-
nenti al Collegio, e che nel 1575 e nel 1596, gli Statuti del Collegio furono confermati dai
principi, i quali allora reggevano il paese. Ma tralasciando di esaminare questi ordini, e solo
notando che altri Statuti furono approvati dal Senato di Milano nell'anno 1662, ed in seguito
dal duca di Modena nella sua qualità di amministratore del governo della Lombardia, con editto
51 luglio 1761, e dal Conte di Firmian, con decreto 24 luglio 1767, giova all'incontro fermarci
a considerare il Regolamento generale per gì' Ingegneri nello Stato di Milano, pubblicato
in Milano dallo stampatore Giuseppe Galeazzi , l'anno 1775. In quell'anno, appunto l'impera-
trice Maria Teresa sanzionava il Regolamento, che essa stessa, quattro anni prima, aveva ordi-
nato di compilare; e il decreto cominciava così: « Essendo un oggetto importante per il pub-
blico vantaggio della nostra Lombardia il perfezionare la professione degli Ingegneri , Geometri
pratici ed Architetti, e che questi sieno bene istruiti in tutte le parti della medesima; non con-
tenti Noi d'aver istituite in Milano alcune scuole pubbliche, nelle quali venissero insegnati gli
Elementi e la Teoria delle cognizioni necessarie a bene esercitarla , abbiamo rivolte le nostre
sollecitudini anche alla miglior sistemazione e disciplina del Collegio esistente in Milano.... af-
finchè potesse egli nell'avvenire corrispondere alla provvidenza da Noi data per la parte scien-
tifica della stessa professione ».
La più importante riforma sanzionata da questo Regolamento del 1775 , stava nel ristringere
al solo Collegio il diritto, dianzi posseduto anche da altre autorità, di accordare le Patenti per
l'esercizio delle professioni d'Ingegnere, Architetto, Agrimensore e Capo maestro. La legge aveva
in ciò forza retroattiva. Chi avesse ardito di operare senza l' approvazione del Collegio, era con-
dannato alla pena di 40 scudi, da darsi metà all'accusatore e metà alla Cassa del Collegio, o
ad un mese di carcere. Niuno, del resto, poteva aspirare alla Patente se, nell'atto di fare il de-
posito non provava ch'egli e suo padre, ed anche l'avo, non avevano mai esercitata niuna arte
meccanica o vile , per anni cinquanta; che aveva almeno 700 lire d'annua rendita in tanti
fondi stabili nello Stato di Milano; che era nato di matrimonio legittimo, e via discorrendo. Gli
esami per l'esercizio della professione erano dati con molte cautele dagli offìziali del Collegio:
consistevano nello scioglimento di otto quesiti teorici, negli esperimenti sul terreno colla Tavola
Pretoriana, nella composizione di due progetti architettonici, uno di palazzo, l'altro di chiesa.
364 RIVISTA DI GIORNALI
Ma nessuno era ammesso a cotali esami se non aveva frequentato con lode , almeno per un
triennio le scuole stabilite a tal fine, e se per quattro anni consecutivi non aveva militato
ossia compiuto la pratica, presso un ingegnere, un architetto, od un agrimensore, scelto dal Col-
legio medesimo. >[ . ;?s . . . , .
Il Collegio formava un corpo molto compatto. Quando uno dei suoi membri moriva, i Sindaci
dovevano riconoscere, in presenza dell'erede, le carte del defunto, e, ricuperate tutte le scritture
attinenti alla sua professione, depositarle nell'Archivio del Collegio, dove stavano gelosamente
custodite, come atti pubblici. Nondimeno la formazione del Collegio era abbastanza liberale.
Esso, raccolto in generale adunanza, con due terzi almeno dei suoi membri, eleggeva la Presi-
denza, che era formata di due Sindaci, di due Esaminatori e di un Cancelliere-Tesoriere: cioè a
dire, due Presidenti, due Consiglieri, ed un Segretario-Economo. Ogni anno si doveva mutare
un Sindaco ed un Esaminatore; né potevano venire rieletti se non dopo trascorsi tre anni dal
bienno del loro ufficio. Il potere della Presidenza era molto limitato : tutte le deliberazioni com-
petevano al Collegio legalmente adunato. Ad esso potevano reclamare i singoli individui contro
le sentenze dei Sindaci: ad esso dovevano essere presentati i bilanci, ed i rapporti sulle cose
della Società: niuna spesa poteva essere fatta senza ch'esso la sanzionasse. "
Qualunque persona, purché facesse il deposito di 75 lire, poteva richiedere al Collegio la ri-
soluzione di un quesito d' architettura, d'idrostatica, di stime, di fondi, ecc., oppure la risolu-
zione di alcuno dei così detti Stilati. I Sindaci stendevano allora il quesito, che, firmato dal
petente era stampato e mandato a tutti i membri del Collegio, perchè ciascuno avesse il tempo
di studiarlo e di maturare il proprio sentimento. Se il quesito usciva dalle quistioni puramente
pratiche, s'invitavano due professori delle scuole, affinchè dicessero in iscritto, colla maggior
brevità il loro parere; e codesto parere veniva letto il dì della convocazione del Collegio. Cia-
scuno poteva allora esporre l'avviso suo; poi, formulate, secondo il bisogno, le vane proposte
si mandavano separatamente a partito, per conoscere il giudizio della maggiorità. La relazione,
stesa su questo giudizio , e letta nuovamente in piena adunanza , era stampata e comunicata a
tutti i membri del Collegio, nonché alle altre persone interessate. E veramente al Collegio im-
portava oltre modo che i perchè delle sue sentenze fossero a tutti palesi; anzi un articolo del
Regolamento giungeva sino a minacciare la multa di 50 scudi, metà a favore della Cassa comune,
metà a vantaggio dell'accusatore, a quel membro del Collegio, che manifestasse per certificato o
in altro modo per iscritto, sopra qualunque differenza o dubbio, il suo parere , senza indicarne
sempre le ragioni , ed avere dianzi esaminato i documenti e studialo sulla faccia del luogo la
quistione. Così il Collegio provvedeva, con leggi, che al giorno di oggi non potrebbero più ap-
plicarsi, alla propria autorità ed alla dignità di ciascuno de' suoi membri.
E il Collegio, infatti, ebbe attiva e prospera vita per alquanti anni, e recò alla professione
dell'Ingegnere, dell'Architetto e dell'Agrimensore, non pochi vantaggi; ma poi, mutati ì tempi,
mutò forme, perdette le sue prerogative, si sviò, si sciolse. Non è questo il luogo di ricordare ì
tentativi che nella prima metà di questo secolo alcuni Ingegneri fecero, a più riprese, per rige-
nerare una Società, la quale era stata molto utile alle provincie Lombarde. Il Governo del-
l'Austria, diventato sempre più sospettoso, non solo accoglieva con diffidenza quei tentativi, rna
vi metteva ostacoli e impacci. Si dovettero aspettare gli anni della libera indipendenza, perche
l'idea del Collegio trovasse finalmente modo di germogliare; e certo, s'ella da qualche tempo
pigliò salde radici, lo si deve alla intelligente attività di alcuni uomini benemeriti, i quali non
si stancarono di coltivarla.
Messisi insieme, nel 1865, alcuni dei più provetti ingegneri di Milano, composto uno statuto
e fattolo approvare dal regio Governo , raccolsero intorno a lor buon numero d' Ingegneri e di
Architetti , a' quali il concetto di rinnovare il Collegio , era paruto eccellente. Se non che Io
Statuto non andava a' versi di molti. Fin dalle prime adunanze, alcune censure trovarono modo
di farsi ascoltare: si rimproveravano allo Statuto tre cose segnatamente: in primo luogo, di
avere provveduto alla formazione di un Comitato di quaranta membri inamovibili, togliendo cosi
la possibilità di rinvigorirlo, ad intervalli, con giovani forze, e di sorvegliarlo efficacemente con
il mezzo delle rielezioni o delle esclusioni; in secondo luogo, di avere dato a tale Comitato ma-
E NOTIZIE VARIE 355
movile tanti ufficii, che non ne restava quasi punto al Collegio, onde poteva accadere che i
membri del Collegio si disamorassero di una istituzione, alla quale non avrebbero contribuito
continuamente e direttamente con il voto e con il consiglio; in terzo luogo, di avere ristretto
1 ammissione a' soli ingegneri od architetti, 0 professori dell'Istituto Tecnico Superiore esclu-
dendo così altri uomini valenti in quelle scienze od in quelle arti, che risgaardano direttamente
ingegneria e 1 architettura. Una Commissione fu eletta dal Collegio perchè stendesse il Reqo-
lamento interno della Società, badando a desiderii espressi dalla maggioranza di quei Socii
ch'erano intervenuti alle precedenti adunanze. Ma, poiché il Regolamento nesciva a contraddire
in alcune parti allo Statuto, il Collegio determinò che si dovesse studiare schiettamente la ri-
forma dello Statuto medesimo. Elesse a tal fine una Commissione, la quale riesci composta de*li
ingegneri Valsuani, Cavi, Formenti, Codazza, Brioschi, Taghasacchi , e dell'Architetto Boito La
commissione, che aveva cominciato il suo lavoro e stabilite le basi fondamentali del nuovo Sta-
tuto con V opera di tutti i suoi membri , vide in pochi mesi morire i primi tre e partire il
quarto. Ridotta così a tre persone soltanto, dovette presentare al Collegio, il dì 9 febbraio del
corrente anno, il suo lavoro. Allora, cotale nuovo Statuto, venne dal Collegio accettato senza
discussione, per la prova di sei mesi, dopo di che lo si discuterà per modificarlo 0 per appro-
varlo senz'altro. L'elezione del Comitato, composto, secondo le nuove norme, di quindici per-
sone (1), valse a costituire definitivamente il Collegio; il quale di questo modo, come fanno
fede gli atti e gli scritti che si uniscono a questi atti, cominciò con sicura fiducia il suo cammino
RELAZIONE
della Commissione eletta dal Collegio degli Ingegneri per proporre la corrispondenza delle
antiche misure d'acqua colla nuova stabilita dal Codice al § 622 (2).
ALL'ONOREVOLE COLLEGIO
DEGLI INGEGNERI ED ARCHITETTI IN MILANO.
Per la soluzione del quesito proposto da jsig. Ingegnere Pestalozza al Collegio degli Ingegneri
ed Architetti in Milano , cioè per determinare i rapporti fra il nuovo modulo prescritto dal-
l'Art. 622 del Codice Italiano, e le varie unità di misura d'acqua state fino ad ora comune-
mente adottate nelle Provincie dell'Alta Italia, fa d'uopo di conoscere la portata 0 dispensa
d'acqua di ciascuna di tali unità in un stabilito tempo, e quindi in un minuto secondo nel
quale la portata del nuovo modulo è fissata nel citato Codice in litri cento.
Noi quindi crediamo necessario di prendere in esame quanto esposero i principali scrittori
di idrodinamica su tale proposito, e specialmente quelli che eseguirono sperimenti appositi per
l'erogazione d'acqua delle dette unità di misura, aggiungendo quei riflessi e conseguenze che
troveremo del caso.
(1) Nella seduta del 23 Febbrajo 1868 risultarono nominati come componenti il Comitato Direttore
uel 1868.
Presidente: Tatti ing. Luigi. Vice Presidenti: Bonzanini ing. Alessandro, Brioschi prof. Francesco
Segretario: Bignami ing. Emilio. Vice Segretario: Borro prof. Camillo. Membri: Pestalozza ing Ales-
sandro , Manzi nob. ing. Giorgio , Cavallini ing. prof. Achille | Dugnani prof. ing. Gaspare , Mira
'"m a' VAN0TTI Ìng" AUGUST0' °DAZI° inS' Manuele, Ceruti ing. Giuseppe, Brioschi ing. Francesco.
^Questa relazione è la prima parte del lavoro, a cui sta accudendo la Commissione. (Processo ver.
3gg RIVISTA DI 6I0RNALI
Unità di misura usata dai Milanesi.
L'oncia maestrale od unità di cui si valgono i Milanesi per la misura dell'acqua corrente
è rappresentata dal volume di questo liquido che sorte per pura pressione da una bocca larga
oncie tre (0- 1487) Milanesi, alta oncie quattro (0- 1985), grossa oncie tre e col battente di oncie
^•Smc^ln'cui viene derivata dal canale o recipiente dispensatore la detta oncia di acqua,
il quale è d'invenzione dell'Ingegnere Milanese Giacomo Soldati (2), che lo propose 1 anno «71,
è costituito da tre parti principali chiamate, la prima tromba coperta o calice o castello, la
seconda bocca o modulo, la terza tromba scoperta.
De4si però avvertire che negli Statuti di Milano è stabilito il detto edificio per unita d, ra-
sura delle acque del Milanese come espone il Pecchio nella sua opera Tractatus de acquxductu,
e come risulta anche dai Commentar] di Orazio Carpani sul gius municipale.
Devesi pure notare, che all'epoca in cui fu inventato il ripetuto edifico non erari t che una
sola forma del medesimo, ma che molto tempo dopo nella tromba coperta fu introdotta la va-
riazione nell'avere ridotto il piano del suo fondo da orizzontole ad inclinato con ascendenza dal
suo principio al di lui termine alla soglia della bocca o modulo, togliendo cosi il giardino o
rialzo che si lasciava quando il detto piano della tromba coperta era orizzontale. Tale piano
acclive poi si usa nell'estrazione delle acque dai canali erariali, mentre in generale sì tiene il
piano orizzontale per gli altri casi di derivazione d'acqua dai canali privati, il tutto come ac-
cenna il Parrochetti nei suoi esperimenti idrometrici.
Non consta che l'ingegnere Soldati abbia fatto alcuna esperienza sulla dispensa delle acque
coli' edificio da lui inventato, per cui potendo la forma e dimensioni di tutte le parti di questo
influire alla dispensa medesima, non si può portare un giudizio sicuro appoggiato a soli calcoli
desunti dalle regole insegnate coi precetti della foronomia, sebbene in generale coli edificio sud-
detto si procuri di mandare l'acqua alla bocca colla velocità dovuta alla pressione d'ella stessa
acqua, evitandosi specialmente quei casi straordinarii, che diconsi verificati dagli idraulici la-
dini e Bruschetti, di avere trovato il battente maggiore del giusto, come espone il Turazza nella
citata sua opera alla pag. 168.
Gli esperimenti di misura del volume d'acqua erogata in un minuto secondo dell Oncia Ma-
gistrale Milanese più remoti sono quelli eseguiti nel 17W dall' Ingegnere Camera e Carlo Giu-
seppe Merlo, i quali trovansi registrati nella storia data dall'Ingegnere Bruschetti sulle opere
per la irrigazione del Milanese, e riportati dal Parrochetti nei suaccennati di lui esperimenti
idraulici. Gli esperimenti dell'ingegnere Merlo sono sette, tre dei quali diedero nel primo litri
d'acqua 38,91, nel secondo 39,72, nel terzo 38,11, la cui media è di litri 38,91; e riguardo
agli altri quattro si ebbe nel primo 36, 12, nel secondo 36,86, nel terzo 36,80, nel quarto 56,71,
di cui il medio è 36,62. Il detto edificio però aveva la bocca di un pezzo di oncie due milanesi
invece di tre, ed era mancante del calice o tromba coperta. Essendo quindi l'edificio con cui
furono praticati i detti esperimenti dall'Ingegnere Merlo non conforme in qualche parte e man-
cante di altre prescritte per l'edificio dell'Oncia Magistrale Milanese i risultati dei medesimi
esperimenti non possono ritenersi con sicurezza corrispondenti a quelli che si sarebbero ottenuti
coli' edificio esatto dell' Oncia Magistrale Milanese. .,,,„, n c„„;
Dopo gli esperimenti fatti dall' Ingegnere Merlo, alcuni altri furono eseguiti dal Padre De-Begi,
dai quali emerge che il prodotto dell'Oncia Magistrale Milanese è di m. e. 2,430 al m.nuto
(1) Tcrazza, Idrodinamica, pag. 267 = Colombai : Manuale pratico d' Idrodinamica, ediz. II pag. 44.
= Parrochetti: Esperimenti idrometrici pag. 75. ..,,,„„.]
(2) Veggasi la suddetta Idrodinamica del Turazza alla pag. 269, e ..tasi che alla pag. 76 del T.mo 1
delle Dissertazioni Idrauliche di Bartolomeo Ferrar., C. fi. fi., si dà l' invenzione del Seldeti a venuta
ciroa l'anno 1570, il che si dice dallo stesso Ferrari tolto dagli opuscoli Scelti di Milano nel 177»,
pelle notizie date dall' Ingegnere Bernardino Ferrari, fratello de] suddetto Bartolomeo,
E NOTIZIE VARIE 367
primo, ossiano litri 40, 80 al minuto secondo, ma fa d'uopo rimarcare, che la bocca o modulo
non aveva lo spessore di tre oncie milanesi e che era mancante della tromba scoperta , il tutto
come viene esposto dal Turazza nel suo trattato d'Idrometria alla pag. 275. Per ciò anche tali
esperimenti non sono da ammettersi per la vera Oncia Magistrale Milanese.
Successivamente agli indicati esperimenti fatti dal Padre De-Regi , la cessata Direzione delle
pubbliche costruzioni del già Regno Lombardo-Veneto, riteneva essere la portata dell'Oncia Ma-
gistrale m. e. 2, 800 al minuto primo , cioè litri 46, 67 al secondo , come si accenna nella più
volte citata opera del Turazza, ma non si conosce quale fu la circostanza per cui si ritenne
tale volume d'acqua.
Ultimo di quelli che si occuparono a determinare il volume dell'acqua erogata in un minuto
secondo da alcune unità di misura usate in Italia fu il sig. Ingegnere Parrochetti , il quale
nella succitata sua opera, pubblicata in Milano nel 1851, registrò il metodo da lui tenuto negli
esperimenti fatti , ed il risultato dei medesimi ; fra queste unità di misura avvi F Oncia Magi-
strale Milanese.
Le misure per la stessa Oncia Magistrale furono praticate coll'edificio perfettamente completo,
come si è retro descritto, tanto nel caso in cui il medesimo abbia il fondo orizzontale nella
tromba coperta, quanto nell' altro caso in cui il fondo sia acclive, avvertendo che nel primo dei
medesimi casi la soglia del modulo era al dissotto di oncie otto (0m- 5966) milanesi del fondo
della tromba coperta, e nell'altro degli stessi casi il piano acclive aveva per altezza le stesse
oncie otto.
Il volume poi dell'acqua erogata in tal modo fu pel caso della tromba coperta con fondo oriz-
zontale di litri 34,60, e per l'altro caso del detto fondo a piano acclive a litri 55,15.
Attesa pertanto l'esattezza tenuta dal Parrochetti nei di lui esperimenti ora accennati, e la
precisione dell'edificio per l'oncia magistrale milanese nel modo stabilito dagli Statuti di Mi-
lano, a noi sembra che si possano adottare, negli ordinarj contratti ed in altri simili atti, i ri-
sultati ora esposti per la suddetta oncia magistrale milanese , almeno fino a quando si crederà
di istituire altri appositi esperimenti colla pubblicità che potrebbe pretendersi in simili casi.
Si ripete che le dimensioni e forme delle parti costituenti l'edificio dell'oncia magistrale mi-
lanese influiscono in generale nella dispensa del volume dell'acqua erogata dal medesimo edificio,
ma che perciò, non variando le stesse misure e forma, l'acqua che si presenta alla bocca o
modulo è in condizioni tali che sorte per pura pressione, e che la contrazione della vena d'acqua
sgorgante è eguale a quella che si avrebbe se lo sgorgo venisse fatto con modesto formato da
una lastra sottile, perchè lo spessore del modulo stesso non è sufficiente per portare una varia-
zione a quella vena che si ha dalle bocche in lastra sottile.
A tal uopo si nota che il Parrochetti nella succitata sua opera intolata « Esperimenti idro-
metrici » alla pag. 49, dice che la portata effettiva in un minuto secondo sessagesimale del mo-
dulo unitario milanese, senza piano acclive, è di 54, 60, a cui corrisponde per la detta contra-
zione il coefficiente di riduzione della luce della di lei bocca 0,601, e soggiunge che questo
risultato assai si approssima a quelli indicati in un prospetto unito a tale opera, per cui sta in
favore della opinione che la luce del modulo milanese debba considerarsi come scolpita in lastra
sottile, dichiarando che la piccola differenza in più si può attribuire allo spessore del labbro
inferiore del modulo che solo viene lambito dalla vena sgorgante, mentre questa, per la con-
trazione oltrepassa lo spessore del modulo toccando solamente gli spigoli dei lati verticali e dello
orizzontale superiore, come si osservò all'alto degli esperimenti tanto per le piccole che per le
grandi luci, alle quali l'acqua si presentava senza impeto né ondeggiamento, di modo che
essa in vicinanza alla luce , cioè negli angoli compresi dalla fronte del modulo e dalle sponde
del castello d'acque o del calice, poteva dirsi stagnante.
Si noti che il cav. Brunacci , ritenendo che lo spessore del modulo milanese fosse di oncie
quattro (invece del reale di oncie tre) e che questo spessore potesse agire come cannello addi-
zionato, considerando che se la luce fosse scolpita in lastra sottile, il coefficiente di riduzione
sarebbe di 20/52 = 0,625 , e se fosse armata di cannello largo due decimetri (met. 0,20) circa
sarebbe dì 26/52 = 0, 812, e non verificandosi né il primo né il secondo caso, ma un caso che.
38g RIVISTA DI GIORNALI
tiene all'incirca il mezzo fra questi due, ritiene il coefficiente di 25/52 == 0,718. Calcolata la luce
colla formola e con questo coefficiente, ebbe la dispensa del modulo mutano milanese di
met. cub. 2,4847, in un minuto primo, quindi in un secondo, litri 41,41.
È all'appoggiò di questi esami storici, ed aggiunte considerazioni sulh avvenuti esperimenti
pel modulo milanese, che la vostra Commissione non dubitò di superiormente proporr. ; che ,*ìno
flauto che non si avverino più accurate esperienze per ottenere accertati rapporti tra la portata
s otta della quantità d'acqua erogata e la relativa si potesse .per ora adottare . risul ameni
dati dall' ing. Pacchetti, come sufficienti a provvedere agli ordinai] contratti, ed atti restivi
per la trasformazione dell'antica misura dell'oncia magistrale milanese nella corrispondente al
TLTot'lfprecttati esami e pur giuoco forza lo stabilire che l'oncia magistra.e milanese
è la mi ura che formò l'oggetto dei maggiori studj; cosi era pensiero della vostra Commissione
che tenuto a tipo di calcolo la quantità assoluta fornita dall'oncia milanese, s. potesse proce-
dere Si esem fo del Collegio diVvia a dedurre da questa quella di tutte le altre usate nehe
Provincie dell'Alta Italia. Ma allorché si andarono raccogliendo i necessari elementi una diffi-
coltà srave si appalesò per quello, che pure è di somma importanza, cioè il rapporto tra le anti-
TJìZ imea'r delle'singlle Provincie ed il metro, le quali come dalla .a eUa eh e si unisce
presentano sensibili disparità nelle singole basi adottate dalh autor., in det ta tabella indi a fa (1).
È dietro questo dubbio che la vostra Commissione per servire ali urgente bisogno d una tran-
sitoria proposta crederebbe per ora di sospendere quelle relative alle provinole tutte dell Alta
Italia per avere campo alle volute locali verificazioni, limitandosi alla sola della Provincia di
Milano, o più precisamente alla corrispondenza dell'Oncia Magistrale Milanese col nuovo mo-
dUNè minore' poi è l'altra difficoltà che per la pochezza delle fatte esperienze e la disparità
delli adottati apparecchi trovò la vostra Commissione a prestare facile adesione ali. ottenuti
risultamenti allorché essa rivolse l'esame alli adottati coefficienti di riduzione, le cui disparita
sono l'altro titolo che le fece per ora adottare la transitoria proposta nella speranza che sorgano
più sicuri risultamenti intorno a questo importante elemento.
Chiuderà la vostra Commissione questo suo lavoro esprimendo il desiderio che voglia il Collegio
render un tributo alla pratica col disporre gli occorrenti esperimenti per arrivare all'ardua soluzione
del proposto problema non disgiungendo punto le necessarie pratiche , perchè si abbia un mo-
dulo misuratore che valga a materialmente dimostrare la consegna della contrattata quantità
d'acqua assoluta, contemplata dal Codice Italiano, colla relativa che sgorgherà dal proposto
manufatto.
Milano, li 23 Febbraio 1868.
Per la Commissione:
F. Brioschi.
A. Pestalozza
G. Manzi -relatore
(1) Veggasi tabella in allegato A,
E NOTIZIE VARIE
filano
'avia
'avia
ovara
rema
idi
"emona
'rotta
369
Allegato A
DENOMINAZIONE
DELLE
MISURE
XiOvo valore in metri, secondo
il Padre
De - Regi.
le Tavole
della
Repubb.
italiana.
il Colom-
BANI
nella terza
edizione
del suo
Manuale
il Parrò-
chetti
nei suoi
Esperi-
menti
idraulici.
Raird
Smith
nell'ltalian
Irrigation
i Braccio mercantile
1 Oncia (±.\ ,
\12/
( Braccio agrimensorio o piede . .
ì Oncia (-L\
I Via/
^ Braccio mercantile
( Oncia /-i \ secondo De Regi e
le Tav. della Repubblica ed _L
16
secondo Colombani
Braccio da legname
Oncia /-L\
Braccio agrimensorio o piede .
Oncia/-!)
0,5949748 0,5949564
2 0,0495780
0,4749541
0,0393290
0,6279576! 0,5949364
0,0523298
, Braccio agrimensorio o piede .
Braccio agrimensorio o piede
( Di-accio agri
\ Oncia (£\
( Braccio agrimensorio o piede . .
' 0ncil(A)
( Piede . . .
0ncia(À)
kmonte ....
Piede aliprando
Oncia
(à>
Braccio agrimensorio
Oncia / ì \
\12/
L d'Emilia fBraccioa/~<>rio
°ncia(f2)
0,6068640
0,0505720
0,4672627
0,0389385
0,4586899
0,0382242
0,4800317
0,0400026
0,4668792
0,0389066
0,0495780
0,6062127
0,0505177
0,4697863
0,0391489
0,4553324
0,0379444
0,4835588
0,0402949
0,4668598
0,0389049
0,3429147
0,0285762
0,5949364
0,0495780
0,6288000
0,0393000
0,6060000
0,0505000
0,5949364
0,0495780
0,4719541
0,0393290
0,5869427
0,0489118
0,5230485
0,0455874
0,5308981
0,0442415
0,4548000
0,0579000
0,4855000
0,0405000
0,4668000
0,0589000
0,5429000
0,0285750
0,5156000
0,0428000
0.4698000
0,0591500
0,4548000J
0,0579000
0,4835000
0,0405000
0,4668000
0,0589000
0,5429000
0,0285750
0,5156000
0,0428000
0,5230000
0,0435855
0,5309000,
0,0442617
0,45118011
0,0579517^
0,4791569^
0,0399281
370 RIVISTA DI GIORNALI
ALTA STATISTICA
GUARENTIGIA DELLA FEDE PUBBLICA IN MATERIA DI PROPRIETÀ' FONDIARIA.
MISURAZIONE GENERALE DEGLI STATI (CADASTRO).
Al Signor B. Saldini editore.
Ella mi ha comunicato domandandomi consiglio sull'idea di riprodurre o meno,
nel riputato suo Giornale, una memoria stata edita in Parigi nel 1860 firmata
colle iniziali C. /.: Sulla guarentigia della fede pubblica in materia di proprietà
fondiaria, nella quale Fautore cita alcuni de1 miei lavori.
Sebbene in quella memoria la questione sia trattata ad un punto di vista al-
quanto diverso da quello che a me pare oggidì praticabile in Italia , pur non
posso a meno di aderire a quella pubblicazione.
Du choc des opinions jallit la lumière.
Del resto la tesi che vi è sostenuta concorda con quella che sostengo, ed il ri-
pubblicarla aggiungerà forze ai miei stessi argomenti.
Mi creda ecc' C. P. M. I. Porro.
Oggetto della Memoria.
L'autore si propone di dimostrare:
1 ° Che lo scopo vero ed unico del così detto cadastro non fu in origine, non
può non deve essere ai nostri tempi la riscossione dell'imposta prediale, ma
bensì la guarentigia della fede pubblica in materia di proprietà fondiaria; che
perciò deve questa istituzione dipendere dal dicastero della giustizia, non da
quello delle finanze;
2° Che da un cadastro vero e probante e perpetuo dedur si possono pero
come conseguenza naturale gli elementi necessari alla perfetta regolazione del-
l'imposta prediale, ma che l'averne ridotto improvvidamente, come il si fece so-
prattutto in questo secolo dal primo Napoleone, lo scopo alla sola ricerca della
materia imponibile, fu un grand' errore che ne rese complicata e difficilissima
la formazione, impossibile la conservazione, illusoria e fallace la stessa pere-
quazione; . . , T A TW t
3° Che seguendo in questa materia le dottrine moderne iniziate dagli Audillret,
Loreau ed altri, portate a perfezione dai Robernier e dai due Porro (1), si può
ottenere la più perfetta e completa guarentigia della fede pubblica non solo in ciò
che spetta alla diretta e nuda proprietà, ma ancora rispetto ai diritti reali de'terzi,
che passaggermente vi gravitano, e, quel che più monta, si può ottenere perfetta,
(1) Tre memorie, stampate a Neuilly coi tipi Guiraudet, 1860, e col titolo: Étude sur le cataste
des terres, etc,
E NOTIZIE VARIE 371
senza il minimo pericolo o pregiudizio per questi ultimi, la mobilizzazione, tanto
desiderata ai dì nostri, del titolo di proprietà fondiaria.
Che anzi, posta la costituzione, e la mobilizzazione del titolo siccome scopo
principalissimo dell'operazione, tutto il rimanente se ne deduce come naturalis-
sima conseguenza.
PROLEGOMENI.
Prima assai che si pensasse alla formazione di regolari carte geografiche e
topografiche, il bisogno d'un censimento generale della proprietà fondiaria per
guarentigia della fede pubblica era stato sentito dalle più antiche società umane,
e non troppo male vi si era provvisto da oltre due mila anni nell'impero chinese!
Sentito un po' più tardi questo bisogno in Europa, die origine a diverse leggi
più o meno provvide, da cui nacquero i così detti cadastri che da due o tre se-
coli si fanno e si rifanno di continuo senza mai toccare davvero la meta.
Lo scopo principale e primitivo de' cadastri non fu altro se non se la guaren-
tigia della fede pubblica in materia di proprietà fondiaria (1) ; tale era parimenti
lo scopo delle leggi su questa materia emanate in Italia ai tempi in cui l'antica
Roma dava leggi al mondo, ma in tempi a noi più vicini quando cominciò a
scemare per la crescente civiltà il dispotico arbitrio del feudalismo, quando alfin
fu forza il regolarizzare le tasse alimentatrici delle finanze de' stati, sopprimere
l'odiosa capitazione (2) ed introdurre un po' di equità nel riparto delle contri-
buzioni, poco a poco le istituzioni nate da quel primo civile bisogno degenera-
rono in istiluzioni di più in più fiscali, per modo che ne' censimenti e cadastri
europei di questo secolo, il fiscalismo regnò solo e dispotico, l'istituzione passò
dalla giustizia alle finanze, e più non si pensò che a ricercare, a valutare ed al-
librare la materia imponibile; grande errore che ha costato alla Francia sola, per
tacer delle altre nazioni, due cento milioni senza un'ombra di risultato utile.
Ciò nondimeno in alcuni parti dell' Alemagna è vigente ancora la legge, per
cui ninno è riputato proprietario se non è per tale iscritto al censo con intestazione
della sua proprietà, ed è riputato legale proprietario chi vi è regolarmente iscritto,
e ciò basta finora in un paese. dove lo spirito di famiglia si oppone allo smem-
bramento e modera il movimento della proprietà.
Ma il movimento e la suddivisione della proprietà territoriale crescendo ai
giorni nostri a dismisura fra noi, come in Francia, richiama verso lo scopo pri-
mitivo le aspirazioni dei più chiari giurisconsulti ed amministratori, ed i popoli
meglio instruiti dei veri loro interessi reclamano dai loro governi non più solo
la guarentigia della fede pubblica in ciò che riguarda la nuda e diretta proprietà,
ma ancora in ciò che tocca ai diritti reali dei terzi cui malissimamente provve-
dono le instituzioni ipotecarie, reclamano la constituzione del titolo probante, ne
reclamano la mobilizzazione, e se qualche clamore si solleva da quando a quando
circa la perequazione dell'imposta, niuno però disconosce che questa introvabile
perequazione si farà da sé stessa naturalmente una volta che il titolo sia solida-
mente e legalmente costituito.
(1) Vedansi tra gli altri, i decreti di Maria Teresa d'Austria nel 1747 e 1757.
(2) Vuoisi che la parola cadastro sia stata fatta da capitastrum, e che così si* chiamasse l'ufficio in-
caricato dj esigere questa iniqua tassa.
372 RIVISTA DI GIORNALI
Furono tentati varii modi di censimenti per via di consegnazione, ma la spe-
rienza provò che non si può censire la proprietà territoriale, definirne esatta-
mente la forma, l'estensione, la precisa giacitura, senza procedere ad una misura-
zione generale del paese, la quale conduce naturalmente poi alla formazione della
carta generale agrimetrica, e quindi, per facile deduzione alla topografica, ed
alla carta geografica dello stato, siccome ancora alle carte amministrative, idro-
grafiche, forestali, militari, miniere ecc. Imperciocché le foreste, i fiumi, le miniere,
i forti, le strade, ecc. occupano estensioni di terra, e sono proprietà dei parti-
colari o dello stato che la misura generale non può non rilevare in rilevando il
parcellario (1), e siccome i mezzi i più moderni che 1' arte possedè per effettuare
la misurazione generale di uno stato permettono senza quasi ne costi un obolo
di più, di rilevare ad un tempo l'altitudine di tutti i punti perimetrali delle
parcelle, dato indispensabile a' dì nostri per la maggior parte di servigi pubblici,
utilissimo per l'agricoltura e per l'industria, cosi è dovere preciso di economia
pubblica il prescrivere che questo dato sia accuratamente determinato in tutta
l'estensione dello Stato.
Ma non basterà l'aver fatto la misura generale dello Stato con tutte le sue di-
visioni politiche ed amministrative, scendendo fino alla divisione parcellaria della
proprietà , e lo averlo disegnato nel suo insieme come nelle sue parti in fogli
di varia grandezza e scala non basterà il conservare in appositi registri, ovvero
scritte sui piani stessi , tutte le dimensioni numericamente espresse colle quali
si determina la posizione assoluta di ogni punto perimetrale di tutte le parcelle
di proprietà secondo le migliori regole dell'arte, riferendole a punti fìssi ed ina-
movibili posti e conservati nella proprietà pubblica e dichiarati per legge sacri
ed inviolabili.
Un tal lavoro, dato pure che si potesse fare, anzi creare in un sol giorno su
tutta l'estensione di uno Stato, non sarebbe più intieramente vero l'indomani
ed in capo a pochi anni non sarebbe più conoscibile, tanto a'nostri tempi e tanto
rapidamente muta la proprietà fondiaria di mano, di forma, tanto si suddivide,
si rimembra, si cambia di destinazione o di coltura.
Le parti più difficili del problema rimasto finora in Europa senza soddisfacente
soluzione applicata, sono quella della conservazione, e quella della costituzione e
della mobilizzazione del titolo senza pregiudizio ne pericolo pei diritti reali
dei terzi.
CAPO PRIMO.
DEFINIZIONE E SCOPO DELLA MISURA GENERALE DI UNO STATO,
CONDIZIONI A CUI DEVE SODDISFARE, FORMA DA DARSI AL RISULTATO.
§ 1.° Definizioni.
S'intende per misurazione generale di uno Stato quel complesso di operazioni
con cui prima di tutto si determinano coi procedimenti dell'alta Geodesia le
grandi dimensioni del territorio, poi, cogli accurati mezzi che l' arte possiede, si
(1) Parcella, parcellario, son gallicismi passati nel linguaggio tecnico in Italia, de'quali useremo senza
scrupolo come senza tema di non essere intesi.
E NOTIZIE VARIE 373
procede al rilevamente parcellario cioè alla misura descrittiva designativa ed
ubicativa di tutte ad una ad una le parcelle di proprietà.
Il rilevamento parcellario ha per iscopo principale di fornire la figura esatta,
la precisa estensione di ogni parcella, e la posizione di tutti i punti del suo pe-
rimetro per rispetto a' punti fissi ed inamovibili a ciò consacrati, e segnati con
termini fìssi nella proprietà pubblica, punti la cui posizione assoluta riferita ad
assi noti e determinati colla più grande esattezza.
$ %° Condizioni.
Le condizioni relative al grado di precisione delle operazioni devono essere
fissate dalla legge con riguardo alla importanza del valore delle terre, ed al pos-
sibile accertamento di perimetri nei limiti delle così dette distanze legali, il che
esigerebbe una precisione quasi matematica ed impossibile in arte; ma in ogni
caso la legge prescriver deve la massima in arte possibile (1), e grandemente
hanno errato quei governi che imbevuti solo dello scopo fiscale hanno ammesso
tolleranze larghissime in favor dei negligenti ed incapaci operatori.
Ma non basta prescrivere che tale sia il grado di esattezza, la legge deve sta-
bilire ancora almeno le massime fondamentali della revisione accertatrice che
tale sarà veramente.
Senza parlare delle inette e parzialissime revisioni cui s'assoggettavano i lavori
del cadastro in Francia ed altrove, diremo solo che la guarentigia della fede
pubblica avrebbe nella misurazione dei fondi una base illusoria, se la comproba-
zione per parte dello Stato non portasse su tutte e singole ad una ad una le par-
celle rilevate.
Che inoltre la comprobazione non può né deve esser fondata sul criterio, sulla
buona volontà, sulla buona fede di un ispettore, cose pur troppo fatalmente fallaci, ma
bensì sulle condizioni geometriche stesse ineluttabili della coesistenza delle figure.
Or di queste condizioni la più facile a comprobare, la più incontestabile, si trova
in ciò che la somma delle parti deve riprodurre l'intiero, il che deve riscontrarsi
in tutti i sensi e su tutte le estensioni ed agglomerati grandi e piccoli che sieno.
A ciò comprobare valgono per le grandi dimensioni dello Stato, le operazioni
geodesiche, al riscontro delle quali debbesi soddisfare colla condizione che la
somma delle parti riproduca P intiero, non già con tale o tal' altra tolleranza,
ma sì bene con tutto il rigor dell' aritmetica e non già solo superficialmente,
ma linearmente in ogni senso, e per più piccoli agglomerati contenuti fra due
punti congiunti per mezzo di andamenti operatorii diversi, le somme delle rispet-
tive parti componenti questi andamenti devono risultare eguali, se non col me-
desimo rigore, almeno entro ristrettissimi limiti.
Questa, e questa unicamente ad esclusione di ogni altra, è la vera base della
revisione dei lavori, la vera prova della loro esattezza.
§ 5.° Forma da darsi al risultato (2).
Lasciando da parte le carte meramente trigonometriche, le quali non sono che
un accessorio dell'operazione, il risultato finale della misura generale deve ri-
li) Dal millesimo al deci-millesimo. Vedansi le citate memorie.
(2) Questa forma che ci pare perfetta la desumiamo dalle memorie citate pag. 5.
374 RIVISTA DI GIORNALI
vestire forme atte ad esprimere, designare ed ubicare ogni fondo, anzi tutto e
singoli i punti perimetrali di un fondo, in un modo positivo, assoluto, ed incon-
testabile. Yoglionsi perciò tre forme diverse, la sinereografica , la numerica, la
parcellaria.
l.° Forma sinereografica.
Atlante agrimetrico.
Atlante comunale.
Atlante provinciale.
Atlante geografico.
Carta dello Stato in un sol foglio.
1.° Forma numerica.
Registro generale delle tre coordinate rettangolari di tutti i punti perimetrali
delle parcelle riferite ad una origine unica.
5.° Forma parcellaria.
Registro figurato di tutte le parcelle ad una ad una separatamente una per ogni
pagina, portanti :
1.° La figura della parcella a piccola scala.
2.° Uno stato esprimente l' equazione perimetrale per mezzo delle coordinate di
tutti i vertici e degl'elementi di tutte le curve.
3.° Indicazione del proprietario diretto e dei titolari dei diritti reali gravitanti
sulla data parcella.
4.° Uno spazio bianco mediamente sufficiente per l'iscrizione delle mutazioni
probabili durante un periodo di 20 a 40 anni.
Atlante agrimetrico e atlante comunale. L'atlante agrimetrico fu pel passato preso
generalmente per uso di parcellario : profondo errore! Malgrado l'arte la più
raffinata non si giungerà mai a seguire realmente e perpetuamente le mutazioni
ed a conservarne la traccia a perpetuità, condizione indispensabile alla guaren-
tigia della fede pubblica, se la si tenta ottenere con piani cantonali, comunali,
o sezionali rappresentanti un insieme più o meno esteso di parcelle: ciò ha pro-
vato amplissimamente la triste sperienza di tutti i cadastri europei, tutti deca-
duti e ridotti all'impotenza, non escluso lo immeritamente lodatissimo (1) nostro
(1) Nelle discussioni alle camere piemontesi si sentì sovente, propugnante il ministro Paleocapa, lo-
dare a cielo il censimento Lombardo-Veneto, ecco il vero.
I primi fondamenti del censo Milanese datano dal XVI secolo, l'operazione fu seriamente incomin-
ciata regnando Carlo V, continuata sotto Carlo VI, interrotta a cagion di guerra e ripresa dipoi sotto
Maria Teresa.
Perfezionato ancora dal 1770 al 1774-, sempre aveva predominato nell'opera lo scopo primitivo ed
Unico il quale era la guarentigia della fede pubblica, e già eran presi in seria considerazione non solo
la diretta possessione, ma ancora i diritti reali dei terzi mediante l' istituzione parallela che chiamasi
la intavolatone. Egli è nel Tirolo e sul finir del regno di quell'imperatrice, che le idee cominciano *
volgere» alla perequazione de' tributi per questo mezzo, ed era egregiamente pensato imperciocché il si-
stema tavolare metteva in evidenza gli elementi necessarii alla perequazione. ^
Perseverossi in questa via regnando Giuseppe secondo e suoi successori fuorché passando sull'Italia
l'Impero Napoleonico altre leggi s'ebber, altro sistema si seguì nel quale predominano in vece la
E NOTIZIE VARIE 375
cadastro lombardo-veneto, il quale non servì mirabilmente che a tassare di grave
imposta i gelsi e gli ulivi insieme colla terra che li porta, e cosi ad impinguare
le finanze di Vienna : in Lombardia come dapertutto in Italia si spera moltissimo
col nuovo codice italiano una riforma radicale del censo.
L'atlante agrimetrico dev'esser disegnato a fogli kilometrici quadrati senza ri-
guardo alle divisioni politiche ed amministrative, le quali però vi devono esser
'accuratamente segnate, il che non impedisce che una copia di tutti i fogli su
cui tocca ogni comune legati a parte formi P atlante agrimetrico comunale.
L'atlante agrimetrico originale, deve per regolarità esser legato in volumi di
cento fogli , e non per comune , ed ogni volume esser preceduto da un foglio
d'insieme, contenente un miriametro quadrato.
Atlante topografico. Le copie di ognuna nelle carte miriametriche, sovra men-
zionate legate anch'esse in volume di cento fogli, costituiscono l'atlante topo-
grafico sul quale non occorre riportare minutamente tutte le parcelle, occorre in
vece ben definire i contorni delle divisioni politiche, ed amministrative dello
Stato segnate d'altronde parimenti sui fogli dell'atlante agrimetrico, qui importa
invece di più particolarmente descrivere le strade, i fiumi, e col mezzo delle
curve orizzontali la bozza del terreno.
Ogni volume esser deve preceduto da un foglio decamiriametrico che ne rap-
presenti l'insieme.
Gli atlanti provinciali si compongono delle copie di tutti i fogli topografici su
cui tocca ogni provincia senza cambiamento né di formato né di scala.
Atlante geografico. L' atlante geografico si forma colle copie delle carte deca-
miriamelriche legate in un sol volume per tutto lo Stato; una carta d'insieme,
in un sol foglio alla scala del doppio deci-millionesimo, preceder deve il volume
e può esser tirata a parte siccome carta sinereografica dello Stato.
Carte speciali. Ogni servizio speciale potrà estrarre per copia dagli atlanti quei
fogli che gli converranno, ed aggiungervi per mezzo di tinte e segni convenzio-
nali, gl'elementi relativi alla sua specialità, e così mediante una sola operazione
verran soddisfatti con grande economia di spesa i bisogni di tutti i servizi.
Accertamento dei beni fondi. L'accertamento della proprietà fondiaria, il quale
: ben lungi dal dover essere stabile come per grande inconcepibile errore si sa-
I rebbe preteso nel 1855 in Piemonte (1), deve essere invece mutabilissimo e se-
condar sempre il libero movimento della proprietà, non può assolutamente esser
percezione, piucchè la perequazione, dell'imposta, ed è posta in obblio la guarentigia della fede
pubblica.
Ricondotta nel 1815 su queste Italiane provincie 1* Austriaca dominazione coi pochi beni e molti mali
: che tutti sanno, si ricondussero più debolmente gli elementi costitutivi della guarentigia della fede
pubblica, ma di poi sotto aspetto di perfezionare sempre più la perequazione dei tributi si ordinarono
nuove mappe e stime coi principii del cadastro francese, e lo si è fatto con uno spirito di fiscalità
molto più raffinato, ìl quale giustifica la critica incisiva del testo: che poi dal Canto dell'arte le mappe
del censo Milanese sian poco lodevolmente eseguite se ne son vedute, e se ne vedono tutto dì, le più
Chiare prove, qui basti il dire che furono rilevate con un metodo proibito presso altre colte nazioni, e
Ghe non si vollero collegare alle eccellenti triangolazioni dello stato fatte dagli ingegneri Austriaci l'i!
(1) Vedi atti e discussioni del progetto di legge nel catasto stabile, Torino 1855. Vedasi poi un gran
lavoro anteriore al 1820 fatto dal consigliere aulico Meidt, il quale trova davvero la soluzione del pro-
blema dal cadastro stabile, ecco il suo mezzo : « Sian dichiarati per legge immutabili i confini di ogni
J appezzamento (parcella) , sia impedito ogni atto e contratto che porti divisione di un numero di
mappa ! ! !... » (Memoria del conte Castiglioni sul censo Lombardo, 26 giugno 1823).
376 , RIVISTA DI GIORNALI
raccomandato al grafìcismo, per grande che esser voglia la scala, né a piani
d' insieme anche ristretti.
La parte geometrica dell' accertamento della proprietà fondiaria aver deve per
base materiale sul terreno i punti fissi ed inamovibili per tali stabiliti e legal-
mente consacrati in numero sufficiente e negl'uffici, il grande registro contenente
l'equazione numerica di tutti i perimetri parcellari.
Un tal registro esser deve il risultato diretto delle misure prese sul terreno, e
deve contenere queste stesse originali misure.
Conservato gelosamente negli archivi dello Stato, questo registro può essere
consultato nelle rare circostanze in cui fosse da appurarsi un dubbio di qualche
originale errore sfuggito alle revisioni.
Vi si ricorrerebbe egualmente nel caso in cui un incendio od altra simile di-
sgrazia avesse distrutto qualche parte dell'opera in qualcuno degli uffici dipen-
denti dal dicastero competente, nel qual caso si potrebbero rifare per intiero,
senza nuove operazioni in campagna, i documenti perduti desumendone da questo
registro lo stato iniziale, e facendo appello ai detentori dei titoli ed ai notai che
ne avessero assistito la trasmissione per ristabilire la concatenazione delle muta-
zioni seguite.
L'equazione numerica perimetrale gode della qualità con tanta cura e sano
criterio cercata dal Robernier, cioè di poter esser scritta manualmente nel titolo;
essa, ed essa sola, rende possibile la costituzione, la mobilizzazione del titolo
fondiario. Già si disse come non si possa assolutamente formare un vero parcel-
lare capace di seguire a perpetuità le mutazioni anche le più semplici, altri-
menti che non descrivere separatamente nel gran libro della proprietà fondiaria
le parcelle ad una ad una, e come un parcellario così composto possa invece
seguire in perpetuo le più capricciose mutazioni, questa proposizione è ampia-
mente dimostrata nelle memorie più sopra citate , né occorre aggiungere che
questa somma versatilità capace di seguire conservandone sempre la traccia il
più piccolo appezzamento di terra traverso le più capricciose mutazioni, si ottiene
senza maggior difficoltà, e con lo stesso metodo che s' impiega nella tenuta dei
libri di commercio ; questo importantissimo e ad un tempo semplicissimo risul-
tato è dovuto unicamente al sistema delle equazioni numeriche perimetrali ed è
impossibile senza di esso sistema.
Gheppiù, la condizione a cui deve soddisfare in origine un lavoro agrimetnco,
quella per cui si vuole che nel rigore preciso delle cifre la somma delle parti
riproduca l'intiero e ciò non solo in superficie ma ancora linearmente in tutti
i sensi, deve sussistere prima e dopo una mutazione qualunque, e, comunque
geometricamente sia complicatissima, il comprobarla è sempre la cosa la più fa-
cile e prontissima col sistema delle coordinate rettangolari che costituiscono l'e-
quazione perimetrale, pel qual motivo il parcellario cosi fatto, nel quale solo si
devono operare le mutazioni, sarà sempre, in ogni tempo a venire, in istato di
fornire a nuovo, se per qualche bisogno occorresse, gli elementi di un foglio
kilometrico purissimo ed esattissimo che rappresenti il nuovo insieme parcellario
foss' anche dopo uno, o parecchi secoli e combinar sempre senza difetto od ec-
cesso coi fogli collimitanti.
La sperienza proverà se convenga o se sia utile di disegnare così, dopo un
periodo per esempio di cinquant'anni , quegli atlanti agrimetrici comunali sui
quali saranno toccate più numerose geometriche mutazioni.
!
E NOTIZIE VARIE 377
CAPO IL
MUTAZIONI, TITOLO DI PROPRIETÀ*, IPOTEGHE, IMPOSTA PREDIALE.
§ 4.° Mutazioni.
Il Robernier, e dopo lui il primo Porro, hanno dimostrato abbastanza come sia
semplice e facile il dare tutte le qualità legali desiderabili all'operazione origi-
nale; la sperienza quotidiana delle delimitazioni rurali amichevolmente a buon
fine condotte in molti comuni, sopratutto in Francia, aggiunge alle dimostrazioni
logiche la sanzione pratica; tutto ciò dato adunque per fatto con ogni desiderabile
perfezione, sia mestieri organizzare un facile meccanismo di conservazione. A ciò
provvede con tutta semplicità il gran libro parcellare territoriale, il quale nella
forma più sopra proposta e cogli elementi che contiene, può considerarsi come
il vero conto corrente della proprietà.
Le mutazioni cui vanno soggetti i fondi sono di due specie, la prima che si
dice estrinseca ha luogo quando il fondo non fa che passare da una ad un' altra
mano, oppure ammettere od esonerarsi di un gravame; la seconda che si dice
intrìnseca ha luogo quando, per divisione, o per rimembramento, per corrosione
od alluvione ecc. vi è cambiamento nel perimetro.
Egli è facile il vedere dalla sola composizione del parcellario che una muta-
zione della prima specie non esige altro che una sola linea di scrittura in quel
libro: Terminata, col succedersi delle mutazioni, la pagina, si riporta la parcella
alla prima pagina inoccupata in fin del libro come s'usa in commercio pei conti
correnti, e terminato il volume se ne aggiunge un nuovo.
Un po' meno semplice ma non meno facile è l'iscrizione delle mutazioni della
seconda specie.
Per questo ha immaginato egregiamente il primo Porro: i.° Di dichiarar morta
la parcella madre inscritta e registrare alle prime pagine bianche in fine del
libro la o le parcelle nuove resultanti dalla mutazione; nel caso di rimembra-
mento muoiono le parti e nasce l'insieme.
La ricerca delle nuove equazioni perimetrali non presenta difficoltà veruna
perciocché il più delle volte risultano queste intieramente o con facili deduzioni
aritmetiche dell'equazione della parcella madre, e se in alcuni rari casi esige l'in-
tervento dell'uomo d'arte, e l'andata sul luogo, l'operazione relativa è sempre
facilissima.
Come poi le mutazioni vengano senza costrizione, e pel solo motore dell'inte-
resse delle parti, immediatamente a consegnarsi con il loro vero valore di scambio,
ella è cosa facile a concepirsi dagli esperti in tali materie.
§ 5.° Costituzione e mobilizzazione del titolo.
Data al gran libro parcellario coi mezzi sovra menzionati la legalità e la per-
petua conservabilità al corrente di tutte le mutazioni possibili , non escluse le
semplicemente e passaggermente affettive, la redazione del titolo fondiario sotto
forma di un semplice foglio come si usa per i titoli di proprietà mobiliari (azioni,
Giorn. lng. — Voi. XVI. ■— Giugno 1868. 25
378 RIVISTA DI GIORNALI
ecc.) è semplicissimo e non consiste in altro se non in una copia della corri-
spondente pagina del parcellario fatta su carta detta di sicurezza , e munito di
bolli e firme nel modo che si usa pei titoli di proprietà mobiliaria.
Più non occorre punto per la sicurezza dei diritti reali dei terzi la illusoria
risorsa della inefficace ed insieme indiscreta pubblicità degli atti, basta il raffronto
e consegna della mutazione al dicastero competente, alle quali precauzioni e for-
malità coi mezzi perfezionati odierni di comunicazione si può soddisfare nei tre
giorni al più dall'uno all'altro estremo dello stato.
§ 6.° Sistema ipotecario.
Quanto male il sistema ipotecario risponda al suo scopo ne' paesi dove esiste,
quanto complicate ne siano le formalità, quanto disastrosi gli effetti delle ipo-
teche legali ed occulte, ella è cosa nota a tutti i giurisconsulti a tal segno che
neppur colle leggi eccezionali e coi privilegi forse un po' imprudentemente in
Francia concessi alla compagnia del credito fondiario, non può questa istituzione
sviluppare le sue operazioni, e non trova il più delle volte presso i più onorali
e soliti accorrenti la legale sicurezza voluta da savi statuti: Tacendo di molti
vizi del sistema, delle malizie cui dà ricetto in favor degli astuti, delle lungag-
gini infinite per le purgazioni , ecc. Solo riconoscer dobbiamo che dovunque
una legge ipotecaria esiste, si chiedono e si cercano ampie riforme, ed in
que' stati dove non esiste, benché si senta la necessità del principio, se ne teme
più che non se ne spera la introduzione.
Costituito invece che sia il titolo eli proprietà secondo i premessi principn
potrà abolirsi per intiero il sistema ipotecario attuale, e sostituirvi il sistema
reso facilissimo del pegno fondiario, seguendo le regole facili, e le infallibili pre-
cauzioni proposte da Robernier e dal primo Porro nelle citate memorie.
La decomponibilità del titolo a volontà del titolare in questo sistema si presta
mirabilmente a proporzionar sempre il pegno all'importanza della guarentigia
da offrirsi, tien luogo della tanto desiderata specializzazione in materia ipotecaria
ed ha tutte le qualità di ciò che chiamasi prima e privilegiata ipoteca.
§ 7.° Imposta prediale.
Tanto si sono affaticati inutilmente gli uomini di finanza a scoprire il vero va-
lore delle proprietà fondiarie, onde perequare l'impósta, ed esausti tutti i mezzi
di esame in massa, di rassegna degli atti e contratti, di consegnazione da parte
dei possidenti, s'appigliarono al costosissimo partito delle stime e non per ciò
riuscirono, e nel più fresco e nel più bello v. g. del cadastro francese ancora si
vedevano delle disuguaglianze che andavano da 3 a 27 per cento (1) , e non sa-
rebbe difficile di provare che di quasi altrettanto gravi in Piemonte, di più gravi
assai in tutte le altre parte d'Italia, ne esistano tutt' ora.
Or date il titolo costituito ed il nostro gran registro parcellario della proprietà
fondiaria, ed il nostro sistema intiero, e tosto il vero valore fondiario sarà real-
mente assiduamente messo dì per dì in evidenza; il dicastero delle finanze tro-
verà per conseguenza gli elementi veri del ruolo dell'imposta prediale in una
(1) Pous8ielgue, Finances de la France.
E NOTIZIE VARIE g-yg
delle colonne di quel nostro gran libro, e pochi giorni per anno basteranno a fare
il riparto con incontestabile equità fra i contribuenti.
CAPO ìli
MEZZI DI ESEGUIMENTO DI FINANZA E DI ARTE; COSTO E DURATA DELL'OPERAZIONE.
§ 7.° Mezzi finanziari.
Accertare la proprietà fondiaria, guarentire la fede pubblica non solo nel pos-
esso diretto ma ancora in tutti i diritti reali de'terzi, e ciò non di meno mobi-
lizzare il valore fondiario quasi al pari del valore mobiliano, egli è un impri-
mere alla rochezza dello stato un rapidissimo moto di progresso di cui tu i
rdiafe7rS,:imamen'e,1I,UlÌ1Ìtà; egU é Un dare «"'-«Wtnr. q«ei fondi
cu : difetta per lancarsi nella v,a dei moderni perfezionamenti, egli è procurare
le finanze dello stato un incremento vistoso, che gli renderà lieve il carico Tei
delÒ^n A are-anC°ra P6r, ,a COmpleU UDÌficazi°ne ed organizzazione
de.lk> stato e per raggiungere ,n brevi anni con un perfetto sistema di grandi
comunicamo, quell'alto grado di prosperità e di splendore di cui è capace
Ogni proprietario sia dunque invitato, e niuno al certo si ricuserà, a fare in
tre o quattro rate allo stato un'avanzo di quattro a cinque franchi per ogni et-
tare posseduto, da essergli restituita per decimi annuali in diffalco sulla sua
quota di contribuzioni, ed il fondo necessario sarà immediatamente trovato. '
Il diffalco poi nulla farà patire alla finanza dello stato, se attuato ogn' anno ,
per la parte fatta, il nuovo censo produce, siccome deve produrlo, senza aggravio
ILlTTw- Per m°UVÌ Che "°n °CC°rre sviluPPare> incremento notabile nel
prodotto dell'imposta.
§ 8.° Mezzi d'arte.
Poco è da dirsi sui mezzi d'arte, i quali sono oggigiorno abbastanza perfezio-
nai, e per celerità e per esattezza, e che riuniti in un corpo di dottrina sotto
il nome non più di geometria pratica ma di tacheometria, appartengono ora al
patrimonio pubblico per tre o quattro edizioni ma dato pure e non concesso che
alcun procedimento d'arte mancasse o fosse insufficiente, basterebbe proporlo a
problema al vivido gemo italiano per averne in breve la soluzione
Senza tema dunque il legislatore comandi e il grado di esattezza , e la tri-
plice forma sopra spiegata, colle quali cose il gran problema di economia pub-
Duca di cui si tratta sarà compiutamente risolto.
§ 9.° Costo.
Lasciando da parte ogni antico confronto, ogni calcolo ipotetico, diciamo sola-
mente che . complicatissimo sistema di cadastro tentato in Piemonte dal 18SS
ranl calf,olato^a R" Commissario dover costare senza le stime circa quattro
franchi per ettaro (1), la tacheometria che è più economica molto, ma che risolve
0) Vedi atti e discussioni citati nella nota a pag. 375,
380 RIVISTA DI GIORNALI
l'intiero problema più sopra proposto compresa la livellazione generale, non co-
sterà al certo più di cinque franchi.
Aggiungasi per prova che la Spagna, la quale sta per dare ad impresa la simile
operazione adottando ad un di presso tutti i principi esposti nel presente scritto (1)
ha in mano, dicesi, delle sottomissioni serie a prezzi ancora più bassi; convien
però dire che la iberica penisola, benché montuosa al pari e più dell' Italia,
è molto meno parcellata e coltivata.
§ 10.° Tempo necessario.
Dicesi che la Spagna prescrive dodici anni ai suoi ingegneri per limite di
tempo a terminare.
La Spagna ha un'estensione di cinquanta milioni di ettari, tutta Italia dal-
l'Alpi alla Sicilia, non fa che trentadue milioni di ettari, quindi è che potreb-
besi con un personale uguale a quello che si sta organizzando in Ispagna, fare
tutta l'Italia in sette od otto anni al più.
Ognun vede adunque che finanze e metodi d'arte non mancheranno, che il
tempo si può abbreviare quasi a volontà aumentando in proporzione il personale,
il che non farà difficoltà in Italia, ove abbondano ingegneri e geometri esperti, gio-
ventù capace e volonterosa. Ma di tutto ciò, penso, nessuno può muover dubbio;
sol che la si voglia fortemente, l'operazione si farà.
CAPO IV.
CONCLUSIONE.
Chiunque abbia del pari sottocchio i lavori del Robernier, e le tre memorie
più sopra citate apag.370, segnatamente la seconda, ed abbia letto attentamente
questo scritto, chiunque ne faccia il confronto colle relazioni che si hanno dei
cadastri di Francia, del Belgio, della Germania, della Svizzera, non può a meno
di concludere.
l.° Che abbiamo ampiamente dimostrato il nostro assunto.
2.° Che nel codice nuovo italiano si deve introdurre non solo per la proprietà
fondiaria ma bensì per tutte le specie di proprietà, un ufficio ministeriale col
titolo di Ministero della fede pubblica, od almeno una grande divisione del mini-
stero della giustizia con questo titolo, adottando ad un dipresso i principi sovra
esposti. .,
3.° Che nella dipendenza di questo ministero deve esser collocato tutto ciò cne
riflette lo stato civile, la proprietà mobiliaria, letteraria, artistica e industriale,
ed insieme la fondiaria, tutto ciò in somma che si riferisce alla guarentigia della
fede pubblica, che perciò a questo ministero od a questa divisione ministeriale
appartiene il dirigere in capo la grande operazione scopo del presente scritto.
4.° Che si deve porre immediatamente a studio la riforma ed a meglio dire
1* abolizione del sistema ipotecario con sostituirvi quello del pegno immobiliario
divenuto facile quanto pronto ed efficace mediante la mobilizzazione del titolo,
(1) Vedansi i principali giornali spagnuoli del settembre 1860.
E UOTIZIE VARIE 3gj
non che gli altri grandi cambiamenti che derivano dai principj esposti dall'autore
nella citata memoria seconda ed in ques.o nostro scritto sommariamente riferiti
5 Che si potrebbe, alla prossima convocazione del grande parlamento italiano
subito proporre d. metter intanto la mano alle operazioni sul terreno, le quali
potrebbero cosi trovarsi molto avanzate al momento in cui sarà attuato il nuovo
codice italiano, e così verrebbe provveduto ad un pronto ed efficace alimenta-
mene delle finanze del grande stato, effetto che costituiva lo scopo fallito della
legge proposta alle camere piemontesi nel 1853.
6." Che se l'Italia è oggi rinata si può dir quasi dalle sue ceneri , geografica-
mente e politicamente pel valore e per le virtù cittadine di chi comandava e di
eh. obbediva, rinascer potrà fra breve con questo mezzo allo splendore antico
per la saviezza delle sue leggi, e mirare insieme all'apice della prosperità mo-
derna per la sua ricchezza. F
C. I.
DESCRIZIONE DEL DIASTIMOMETRO (1) MILITARE
di E. Von Paschevitz.
(Tavola 22, Figg. 11, 12 e 13).
La scienza militare cerca da lungo tempo un istrumento che fornisca col mezzo
d una sola stazione, la distanza di un punto lontano. I perfezionamenti recati
ali artiglieria in questi ultimi tempi accrescono l'importanza della soluzione di
questo problema.
Incoraggiato dal professore D. S. Weisbach che ha pubblicato nel Cini inqineer
la teoria di questi strumenti, e anche da diverse direzioni delia guerra, l'autore
ha trasportato la sua teoria nel dominio della pratica con far costrurre un istru-
mento che ha subito successivamente varii miglioramenti.
Egli si è tenuto nella sua costruzione a tre punti essenziali : 1.° la semplicità
2. la solidità; 3.° l'esattezza. '
In ciò che riguarda il primo punto non si può immaginare niente di più sem-
plice che un tubo al quale sono fissati i diversi pezzi che compongono l'istrumento
Come le lenti ed i prismi sono avvitati a posto fisso, le differenti parti costi-
tuiscono un insieme solido, che soddisfa nello stesso tempo alla seconda con-
dizione, e come l'esattezza indispensabile alla misura degl'angoli è superiore
di molto a quella di tanti fra i migliori cannocchiali, la terza condizione è com-
pletamente adempita. Ne risulta dunque che l' istrumento risolve la questione
per quanto lo permettono le leggi della natura.
Il diastimometro riposa sopra questo principio, che un triangolo è determi-
nato quando si conosce la sua base e i due angoli adiacenti. La base è data
d»ll?'irrrn.>PdanMgIre1>in-francese si,,egge ^^^^ „,, vm^m*™™ ««,
qoveisi lar complice di tale barbarismo greco-latino,
382 RIVISTA DI GIORNALI
dall' istrumento stesso, e ne è asse ottico. V uno degli angoli è retto e costante,
naturalmente l'altro è variabile. La sua misura si eseguisce non direttamente,
ma indirettamente col mezzo d'una lama di vetro a faccette parallelle di cui si
misura l'inclinazione sopra l'asse ottico.
Il diastimometro si compone essenzialmente d' un tubo , alle cui estremità
sono fìssati due prismi rettangolari isosceli A e B fig. 11. I raggi luminosi ema-
nando dai punto considerato sono riflessi nelP istrumento secondo la direzione
dell'asse. Essi cadono sopra una lente £, poi sopra due piccoli prismi 0 posti
al contatto l'uno dell'altro, vicino al centro della lente. Questi prismi rimandano
i raggi verso l'oculare situato verso il mezzo del tubo. Questi prismi si trovano
tutti due nel campo della visione e ricevono l'uno la luce che viene da A, l'altro
quella che viene da B. Guardando nell'oculare, si ha dunque un campo di vi-
sione composto di due semicircoli che si toccano, se l'oggetto è a una distanza
estremamente grande, o se i raggi CA e BE (fig. 11) possono essere conside-
rati come paralleli. Più sono discosti l'uno dell'altro, più l'oggetto è vicino
come lo si vede, e l'angolo E B C = x dei raggi incidenti è uguale all'angolo di
riflessione D B 0. Più l'oggetto è vicino e più quest'angolo x è grande nello
stesso tempo che lo scostamento delle immagini.
La distanza fra le immagini è dunque funzione della distanza dell'oggetto.
I raggi luminosi traversano anche due lame di vetro a facce parellele P e P
che hanno per scopo di rifrangere i raggi visuali lasciandoli paralleli a loro
stessi. Queste lame sono portate da assi verticali che passano al centro dei circoli
divisi. Col mezzo di questi circoli si misura l'angolo che fanno le lame con
l'asse dell' istrumento.
II circolo di dritta è il circolo principale; sopra la sua divisione cammina
1' alidada con un nonio che misura il decimo di grado.
Il circolo di sinistra o il circolo ausiliario. Egli non serve nella misura delle
distanze, ma bensì per rettificare le posizioni relative dei pezzi che avrebbero
potuto essere alterati nel trasporto.
Girando la lama P2 , si ponno condurre in coincidenza le due immagini che
erano primitivamente separate, e in questo movimento i raggi sono trasportali
parallelamente alla loro direzione, proporzionalmente all'angolo d'incidenza,
allo spessore del vetro, e all'indice di rifrazione del vetro impiegato. In questo
caso l'inclinazione della lama parallela sopra Tasse ottico è una funzione dello
scarto laterale CD delle immagini e perciò una funzione della distanza.
Il diastimometro è portato sopra un piede a tre rami (fig. 13) con delle viti che
permettono di regolarlo nel senso verticale e nel senso orizzontale, se si vuole
misurare la distanza d'un oggetto si monta ristrumento che presenta l'apparenza
della fig. 12. Girando la vite orizzontale dell' istrumento si conduce l'oggetto sopra
il diametro verticale del campo di visione (fig. 13). Se si gira il circolo di dritta
si conducono le due immagini esattamente 1' una al di sopra dell'altra e si può
leggere sopra il circolo col mezzo d'una tavola apposita per l' istrumento e per
delle distanze comprese tra 300 e 5000 metri si ha subito la distanza. È duopo
perciò uno o due minuti, secondo che si mira l'oggetto una o più volte.
La rettificazione dell' istrumento si fa come nei diastimometri ordinarli; basta
quando l'indice del circolo principale è a zero, di regolare il circolo ausiliario
mirando un regolo orizzontale distante di 50 a 100 passi circa e sopra il quale
si sia marcata la base dell' istrumento.
E NOTIZIE VARIE 383
Per giudicare dell'esattezza dell' istrumento si sono fatte a Monaco delle espe-
rienze consistenti nel misurare delle distanze indicate sopra il piano della
città. Gli angoli letti hanno variato da 5°,i a 19°,8, e le distanze concluse da 3786
metri a 895 metri. Sedici determinazioni sono state fatte, e gli errori, gli uni posi-
tivi, gli altri negativi, sono compresi tra 43 e 113. Sei errori furono positivi e
diedero per media 0,031, dieci furono negativi, la loro media fu 0,011.
Nota del traduttore dalV inglese in francese.
Il giornale delle scienze militari, nel numero d'aprile e maggio 1867, ha pub-
blicato una lunga memoria sopra gli istrumenti destinati alla misura delle di-
stanze. Vi si trova la descrizione di parecchi strumenti affatto analoghi a questo.
Essi sono dovuti a Adie, ed al capitano Gautier, ed il loro modo d'impiego vi è
discusso. (Dal Journal du Genie CiviL)
Nota del traduttore dal francese in italiano.
L'istrumento qui descritto è stato inventato in Italia dal geometra Alberti nello
scorso secolo, ma non potè rendere verun servizio, attesa la infinita rigidezza che
sarebbe necessario e che non può avere, né a fortiori conservare.
La differenza la più caratteristica dello strumento di Paschevitz dall'antico sta
in ciò, che questo è doppio, perciò molto più complicato e costoso, ma ha dell'an-
tico tutti i diffetti.
Nell'istrumento identico del Porro, che da molti anni si costruisce in Parigi
sotto il nome di Polemometro e che fu per la prima volta pubblicato nel 1851
in una memoria sulla tacheometrie (1), è invece esente da tutti quei difetti; esso è
semplice e non doppio; si adopra alla mano e non abbisogna di un trepiede e si
porta in tracolla come un cannocchiale grande da riconoscenze militari, per le
quali è di moltissima utilità non che per T artiglieria.
Quanto alla misurazione degli angoli micrometrici col micrometro parallelo,
esso è invenzione italiana pure del Porro, che pel primo nel 1842 ne fece ap-
punto l'applicazione a varii diastimomelri militari stati da lui studiati ed ese-
guiti per la commissione superiore d' artiglieria in Torino.
STUDI TEORICI E PRATICI SULLO SCOLO ED IL MOTO DELLE ACQUE.
Il sig. Gauchler presentò all'Accademia delle Scienze una Memoria sul movimento dell' acqua
e di questa diede un estratto che qui riproduciamo.
La Memoria si compone di tre parti: la prima tratta dello scolo dell'acqua dagli orifizi, la
seconda del movimento dell'acqua ne' tubi, la terza del movimento dell'acqua ne' canali e 'nei
fiumi. L' autore nella sua memoria, stabilisce le formole teoriche per questi varii casi, ne prova
poi l'esattezza paragonando i risultamenti che da esse deduconsi con que'che ci dà l'esperienza,
(1) Vedi Tacheometrie, 3.H edizione, Paris, dov' è riprodotto.
384 RIVISTA DI GIORNALI
Prima parte. Dai principii generali della meccanica razionale il sig. Gauchler deduce l'equa-
zione del movimento di una molecola liquida chiusa in un sistema di vasi solidi; essa è:
i^c+f'-JI^+J?!?"
supponendo Tasse delle z verticale e diretto da basso in alto, £ la densità del liquido, 9 la pres-
sione che soffre la molecola, y la gravità, t il tempo, C una costante. Si deduce da quest'equa-
zione quella del moto permanente
1 0 1
il teorema di Bernouilli
Po+Yg
+ *o :
7,2
= Pi + fìg+zi:=Pn-
-- V-z n
1 %g Jfx
e il teorema di Torricelli
v=\/Zgh.
Considerando poscia la spinta indietro che esercita un liquido su di un vaso da cui sgorga,
l'autore stabilisce l'impulso che subisce una paletta di una curvatura qualsiasi sotto l'azione del-
l'acqua che entra e sorte tangenzialmente.
La viscosità risultante dall'azione delle molecole l'una sopra l'altra non ha influenza alcuna
sullo sgorgare del liquido quando il movimento permanente è stabilito, da che il movimento del
centro di gravità di un sistema qualsiasi è indipendente dalle reazioni molecolari si può dunque
dire grado di velocità il tempo più 0 meno lungo che impiega il liquido ad acquistare la ve-
locità dovuta all'altezza quando sgorga da un orifìzio.
Passando poscia alle contrazioni, il sig. Gauchler stabilisce per lo sgorgo de' liquidi da un
orifìzio rettangolare la nota equazione
2
Q^~mL\/zg(z* -z*)
in cui Q è la spesa, L la larghezza dell'orifizio, Z e z le cariche sui lati orizzontali e m il
coefficiente di spesa.
Considerando poscia una fessura indefinita e molto piccola compresa tra due piani inclinati
sulla verticale di un angolo 6 e supponendo i filetti liquidi convergenti verso l'orifizio, si trova
per valore del coefficiente di contrazione
jr=i.(JL + Cos 0)
2 Vsen 0 ' /
Il rapporto di questo valore a quello che si troverebbe supponendo i filetti paralleli è rappre-
sentato da semplicissima costruzione geometrica.
Se la fessura è piana, si ha 0 = 90° e
*= 1 ■
E NOTIZIE VARIE oot;
Per un'orifizio quadrato la contrazione esercitandosi ne' due sensi si ha:
l'equazione (2) applicata ad una serie di sperimenti di Po„ceIet e Lesbro, mn.fr, .1.
:rr;-sv:sr r «=l- ; r r ■? i £M?4K
m-060 lVffpftn rion ■ maggiore di 10. Per gli orifizi quadrati l'esperienza dà'
o^ et!' aS'tao T^Zt £? W ^ ^ g" « d*»* «™«™ S£
si "r S': X S^*"*1 6 ^ ^ ^ " è " ""^ « ■» »*> * P^olo,
m = 0,60 (1 + 0,01 a)
purché « sia inferiore a 10.
Al momento in cui il liquido sgorga tende a trascinare seco il recipiente in cui A ^
servano, studiando l tpSe ^a SS £%£ ***** attamente .*».
tfr^sr; ìiicrp^rj in ferio m,ovi °ppur *** - ^
passando da una esperienza "d Z "altra Va™ P°tenZe del dÌamelr0 e de"a veloci,à
Partendo dalla formola teorica
f(v) = D VI
ei giunge alla formola
e P secondo Laplace, dovrebbe essere della forma ±, . essendo variabile co.la natura del li-
Appbcando questa ,ormo,a ai sperimi dJSKS^K^ f^^ST
386 RIVISTA DI GIORNALI
Natura della parete valori di «
Ferraccio nuovo * kk25
» carico di depositi *>» j*
Latta e bitume *»j*
Ferro stirato y *
Piombo i>"
Vetro ò'7
L'autore deduce, dalle sue osservazioni sperimentali che la legge di scolo è la medesima si per
le grandi che per le piccole velocità, contrariamente e all'opinione di Darcy, e siccome i tubi
generalmente si caricano di depositi ei consiglia di adottare il coefficiente
oc — 5, 5
Concordantissimi son i risultamene della forinola (3) e della esperienza.
Terza parte. Per determinare il movimento dell'acqua ne' canali a cielo aperto il sig. Gaucnler
usò gli sperimenti de' sig. Darcy e Bazin a Dijon. .
Dopo di aver verificato che la legge del moto non è la medesima di quella trovata pei tubi, ei
stabilisce che non ne è molto differente. L'equazione che la rappresenta è, tolto un termine, la
stessa di quella del moto dell'acqua ne' tubi; essa è:
W = a\/R Vi
in cui R è il raggio medio, v la velocità media, 1 il pendio. Dall'applicazione di questa formola
alle numerose esperienze dei signori Darcy e Bazin ei conclude che « è variabile colla natura
della parete ma è indipendente dalla forma del profilo.
Per i pendii superiori a 0,0007 i risultameli della esperienza mirabilmente concordano con
que' del calcolo. .
Ma quando i pendii sono inferiori a 0,0007 la legge cambia ad un tratto e si ha allora:
4 3 _ A
l/t? = p Vr V1
L'autore spiega tal differenza ripetendola da un cambiamento nel modo con cui le molecole
liquide si muovono. Sin che il pendio superficiale mantiensi superiore a 0,0007 il moto è unica-
mente determinato dal pendio del fondo e le molecole liquide rotolano 1' una sull altra in virtù
delle tei della gravità salendo e discendendo alternativamente dal fondo alla superticie.
Quando il pendio è minore di 0,0007 l'equazione del moto diventa funzione del raggio medio,
le molecole muovonsi in virtù delle pressioni d'amonte e si produce un moto di scorrimento che
n°LpoTiverT applicate le formole (4) e (5) a delle esperienza di Dubuat, Woltmann, Brunings,
Baumgarten, Poirée , Emmery e Leveillé, l'autore determinò i valori pratici di « e p nel si
guente modo.
Natura della parete
Muratura in pietra da taglio e cemento
Buona muratura ordinaria
Parete di muratura e fondo di terra .
Terra senza erbe
Terra con erbe
Fiumane
Valori di a
da 8, 5 a 10
da 7, 6 a 8, 5
da 6, 8 a 7, 6
da 5, 7 a 6, 7
da 5 a 5, 7
Valori di 3
da 8, 5 a 7
da 8, 0 a 8, 8
da 7,7 a 8,0
da 7, 0 a 7, 7
da 6,6 a 7,0
da 6, 4- a 7, 0
Queste formole sono facili a calcolarsi colle tavole de' quadrati e de' cubi; esse debbono se-
condo l'autore, entrare nella pratica degli ingegneri come rappresentando meglio di qualsiasi
altra i fatti naturali. (Le TechtologuU)-
E NOTIZIE VARIE 337
CORSO DI CELERIMENSURA
WBli R. ISTITUTO TECNICO SUPERIORE
(Anno 5.°, 1867-68)
Santo delle lezioni del mese di Marzo ed Aprile 1868.
Procedimento radiatomi™. Si è veduto nelle precedenti lezioni come col procedimento ra
tranTe P ? " —^ ^0™^™^ tutto la parte accessibile di J terreno, eco 1 e-
tata ideila mla.Pei'aZ10ne PUnU tng0n°melrici> se TC ne ha *■* vi si trovino compresi a por-
Si è veduto inoltre che il collegamento delle stazioni radiometriche fra loro ingenera una fitta
reto polìgona» data in valori numerici, !a quale perciò è suscettìbile delle stesse comprovazfoi
ecompensazion, che ì„ geodesia alta si applicano alle operazioni trigonometriche di « ord ne
ma rimangono da determinare ancora i punti inaccessibili, e rimane da ottenersi 1 co legamento
co, punti trigonometrici più 0 meno lontani quando non ne capita sull'area da rilevar nTin
r;; zxr della mira: per ctó fare ^^ » *— *• *^,::a
Il procedimento radiotomico si pratica con due visuali, 0 con tre: nell'uno 0 nell'altro caso
può essere diretto od inverso; si dice diretto quando si vuole ottener la posizione n pun 0
osservando.» da due 0 da tre stazioni già date di posizione, si dice inverso quando e I1W
vare da una stazione non ancora determinata di posizione due 0 tre punti già detenni!? si
vuole concludere la posizione della stazione. ueieraiinau , si
11 modo usuale di determinare un punto per intersezione esige che si conosca 0 misuri espi-
amento una base ì cui estremi siano visibili l'uno dall'altro, e che in ciascun di quest estremi
. m,sun l'angolo compreso fra la base e la visuale tendente al punto da determinai ma Tn
lenmensura la cosa è ben diversa: non è punto necessario di misurare la Tea d C e
neppure che le due stazioni siano visibih una dall'altra, basta conoscerne le coordinate sia
assolute, sia anche semplicemente relative, come risultano dalle reti poligonali
Le forinole che servono alla risoluzione del problema, e che sono le più comode per l'uso
della scala di Gunter 0 del circolo calcolatore, sono le seguenti : P
y = x cot 0'
, COt (D
z = x — X
sin 0
nelle quali AI.U sono le distanze in X ed in Y fra le due stazioni
deve" Z^ZZJZ^r "" C0~ ***> ^ » « «*&** «he
sin 6"
388 RIVISTA DI GIORNALI
D'onde apparisce questo singoiar vantaggio, che cioè in celeriniensura due sole visuali che me-
diante la loro intersezione determinano un punto, presentano inoltre un mezzo di comprovazione,
mentre coi procedimenti della geodesia ordinaria si esigerebbe per la comprovazione una terza
visuale mandata da un'altra stazione al medesimo punto, con tutto il suo corredo di misure e
di calcoli. Vero è che questa comprovazione per mezzo della z non è veramente efficace che in
collina e montagna, dove gli apozenit molto si discostano sia in più sia in meno dell'angolo retto.
Il problema inverso , vale a dire quello di determinare la posizione ignota di una stazione
dalla quale si sono mandate due visuali a due punti già dati per le loro coordinate. Si risolve
evidentemente colle medesime formole cambiandovi i segni, il che non è bisogno di dimostrare.
Questi procedimenti esigono che l'orientazione sia conosciuta esattamente, ma avviene soventi,
sopratutto nel caso del problema inverso, che l'orientazione non è conosciuta se non se dal
magnete , perciò non abbastanza esattamente , allora è mestieri impiegare il procedimento della
trisezione, vale a dire che bisogna mandare dalla stazione da determinarsi tre visuali a tre
punti trigonometrici già noti.
La forinola che in tal caso conduce alla conoscenza dell'azimut esatto 0° della prima di queste
visuali, per la quale 1' osservazione avrebbe dato invece 6', è la seguente
_ (A Y cot A 6)'„ - (A Y cot A 6)',,, + A"„, X
COt ° ~(AX cot A 0)'„ — (A X cot A 0)',,. — A"„, Y '
Ottenuto l'azimut 0° della prima visuale, si correggono tutte le altre della differenza
$ 0 = &> - 0'
poi combinando due visuali qualunque ed applicando le formole del problema precedente si de-
terminano le coordinate della stazione.
Tutte le stazioni determinate per trisezione, valendosi di punti trigonometrici di 1.° e di 2.°
ordine, possono considerarsi come punti di 3.° ordine, ed al bisogno stabilirvi un segnale.
Procedimento conoidico. 11 procedimento conoidico deriva per estensione dal procedimento
radiotomico. Abbiamo veduto il modo di determinare radiotomicamente un punto sul quale non
si può o non conviene mandare la mira, ma allora se quel punto non fosse una cima di edi-
ficio od altro oggetto fìsso visibile identicamente dalle due stazioni sarebbe necessario farvi sta-
bilire un segnale, e ben si comprende che con molti simili segnali si potrebbero rendere visi-
bili molti punti di una linea sinuosa, come una strada, un rio, un sentiero in montagna, e così
determinarla: si potrebbe determinare al medesimo modo, tutta la superfìcie, per esempio, di
un poggio visibile a distanza, moltiplicandovi quanto basta i segnali.
Ma il procedimento conoidico conduce allo stesso scopo, senza bisogno di segnale alcuno.
S'immagini infatti una superfìcie conoidica, la quale abbia per direttrice una linea continua
•visibile nello spazio, ed il vertice in una prima stazione; s'immagini una seconda simile co-
noide. Col vertice in una seconda stazione, egli è chiaro che la linea proposta da rilevarsi, che
è la direttrice di ambedue le conoidi, sarà l'intersezione delle due conoidi medesime.
Or bene, di queste conoidi noi possiamo determinare in <p 0 dall'una e dall'altra stazione
quante generatrici vogliamo, e se ne rileveremo tante quante bastano a poter interpolare fra esse;
con che le due intiere conoidi si potranno dir conosciute, e costruttibili colla geometria descrit-
tiva e ridu ttibili pure a calcolo numerico per coordinate.
Perciò sarà facile cosa il determinare la loro intersezione, che è nel supposto la linea da
rilevarsi.
Parimenti se la curva di profilo apparente del supposto poggio vien presa per generatrice di
una conoide avviluppante col vertice in una stazione, dalla quale ne vengano rilevate in (cp 0)
tante generatrici che bastino come sopra, e. lo stesso si faccia da altre stazioni tante che basti,
si avrà avviluppato l'intiero poggio in altrettante conoidi tangenti, le quali serviranno a de-
terminare la equazione numerica per punti di tutta la sua superficie.
E NOTIZIE VARIE 339
Ecco il perchè questo procedimento che stiamo per sviluppare, si chiama conoìdico.
Il caso il più semplice di questa maniera d'operare è quello della sponda di un fiume tortuo-
samente scorrente fra due colline, sulle quali intanto sì vada rilevando la eidipsometria col pro-
cedimento radiometrico. '
Allora mandando da ogni stazione delle visuali (9 6) tangenti alle lunate del fiume, coir at-
tenzione divisare in 9 al punto stesso di tangenza al livello dell'acqua, si avranno in queste
gli elementi necessari! per determinare sussidiariamente in X ed in Y i punti d* intersezione
delle successive tangenti, poi l'amplitudine dell'arco compreso fra i punti di tangenza di due
visuali successive, e per fine le tre coordinate di ogni punto di tangenza
Le forinole che a ciò servono sono le stesse del procedimento radiotomico , sostituendovi le
quantità corrispondenti date dalle osservazioni.
Il secondo ed un po' più complesso caso del procedimento conoidico è quello del rilevamento
per esempio di un sentiero in montagna 0 di una vetta acuminata alpina che si vede sotto varia
_ :le.var,e P°slzioni nelle ««a" avviene di porsi in stazione. In tal caso, decomposta in
ognuna di due 0 tre occorrenti consecutive stazioni la curva apparente in porzioni sensibilmente
rette si mandano delle visuali (9 6) agli angoli del risultante ideale poligono, e si avranno tutti
1 dati occorrenti per determinare le coordinate di tutti questi punti, malgrado la non identità
tra quelli osservati da una stazione e quelli osservati da un' altra.
Le formole a ciò atte sono ancora le stesse del procedimento radiotomico, e qui, come nel pre-
cedente caso, occorre l'uso dei punti sussidiarli.
Fingiamo due successivi punti m m" della curva slati osservati da una stazione B ed un punlo
intermedio 0 stato osservalo da una stazione A, il piano verticale che passa per la stazione A
e pel punto a sarà incontralo dalle due altre visuali in due punti dello spazio, per determinare
quali si hanno dalle osservazioni suddette i dati necessari!, questi sono i punti sussidiarli De-
ernunati questi due punti, la retta che li congiunge nello spazio, della quale possiamo calcolare
mei pTpun'to a" ^ * ** PU"U ^Onù teslè calcolati> P"»«* necessaria-
vilrP,POnga .°ra, rÌbatlUì° orizzontalmente il Pi^o verticale che contiene questa linea e la
visuale A a e tosto si vedrà che assimilando la verticale ad un meridiano, e considerando gli
angol, 9 e 4, come se fossero due azimut, si ha quanto basta per determinare colle formole ra-
cornhlt6 la„p0S1Z1°;e *" Puntoa' in ^sto P^o cosi ribattuto: questa determinazione in z
combinata colle coordinate x, y de, punti sussidiarli conduce tosto alle coordinate del punto «'.
Combinando dunque successivamente due punti m m" visati dalla prima stazione con uno in-
ÌZVr.TT , STd\P0ÌfdUe PUn" a'U" de"a SeC°nda Con un» "«io «•"«ella
prima, e cosi d, segu.to alternando fra le » e le a si vengono a calcolare le X Y Z di tutti i
pund m m ecc., 0, a" ecc., benché slati osservati ognuno da una sola stazione. '
Per 1 terzo caso del procedimento radiotomico si mette a partito il circolo di posizione e
UEFZ^T punt0 osservato C10 che " professore ha chiamat0 una visua,e piana
S'immagini un piano passante per la visuale lineare 9 8 con una inclinazione trasversale £'
data dal circolo di pos.zione, questo piano si trova perfettamente determinato nello spazio dalie
(9 + 6) e se ne potrà colle regole ordinarie della geometria descrittiva determinare sia grafica-
Z 5 !" 2ZT di pendenza per la grandezza p • tan* * deIle sue parti- «
Zil7/^°ra "? P(°ggi0' a,"a CUÌ SUpeiflCÌe C°11VeSSa Si siano manclate da tante diverse sta-
to ni", ni"81™6 r? p,anVa"gentÌ (+69) PSr m°d° da avviluppare intieramente il
dtopogg,o entro un poliedro formato da, p.ani medesimi si potranno determinare le intersezioni
£l;,PI1W ^ ,0r;'Valea, fe «» «Pigo'i ^1 poliedro, poi graficamente segnando tutte
ere d nn ir"' T' 7™ MMma P°l,g°ni CÌrC0SCrilli alle curve orizzontali
dhlTy, A,6 Sl Pr6f aSCe 'a ^ meft fadIe Via num8rica si P°'ran»° determinare le
vene? n , ' P ' *' C°ntaM° deUe CUrVe °rizz0nlali del toeno, il cui complesso
viene a costituire la equazione numerica per punti di tutta la superficie del dato poggio
390 RIVISTA DI GIORNALI
Questo procedimento razionale, ed esatto abbastanza nei tre sensi per lo studio di progetti di
lavori pubblici in collina e montagna, non è applicabile che alle parti convesse, nelle parti con-
cave rientranti in valle fra i contraforti bisogna ricorrere alle soluzioni date per gli altri due
casi di sopra dichiarati, i quali trovano la loro applicazione alle linee di compluvio ai sentieri ecc.
e conducono allo stesso risultato finale.
Il procedimento conoidico applicato in questi tre modi combinati , dalle stazioni di un cam-
minamento condotto nel displuvio principale di una valle conduce molto speditamente a tali ri-
sultamenti che non lasciano nulla a desiderare, ma impiegando concorrentemente col cleps la
fotografia sferica (1). Si decuplica la rapidità delle operazioni: il professore stima che conquesti
due mezzi combinati lo studio di ferrovia per la Spluga e pel Septimer stato fatto nel 1864
per conto della provincia di Milano, avrebbe potuto essere molto più completo e veramente ri-
solutivo del problema proposto e si sarebbe potuto compiere da tre operatori tutto il lavoro di
campagna in dieci a dodici giorni, mentrechè coi metodi e cogli strumenti che vi sono impie-
gati non s'ottennero in cinque mesi, e con un personale considerevole i dati per una soluzione
completa ed ineccepibile del grande problema.
Mezzi di supplire alle calcolazioni. Fin d'allora quando Gunter ebbe materializzati i loga-
ritmi sopra delle scale a divisione decrescenti , si videro eliminati da una quantità di applica-
zioni matematiche la maggior parte dei calcoli e ridotto quasi ad un giuoco il leggerne diretta-
mente i risultamenti a vista sulle scale di Gunter.
Non occorreva per la celerimensura che costrurre delle scale decimali apposite, il che fu fatto
fin dal 1824; queste scale si trovano in commercio, il professore le ha spiegate in una delle
sue lezioni.
Ma a fine di ottenere una cifra di più nei risultati, è stato immaginato sullo stesso principio
il circolo calcolatore, nel quale l'unità logaritmica è la circonferenza intiera, l' uso ne è lo stesso.
Sia colla scala sia col circolo essendo date, nel procedimento radiometrico le s, <p, 6 si otten-
gono immediatamente x, y, z. — Le formole poi del procedimento radiotomico e del conoidico,
ed in generale tutte le formole delle due trigonometrie, si riducono in numeri con uguale facilità
e speditezza.
Il Professore ha fatto rimarcare sopratulto che i piccoli errori nelle ultime cifre non sono
giammai quelli che nuociono in pratica, bensì gli errori sugi' interi, i quali possono infiltrarsi e
passare inosservati nella calcolazione ordinaria, mentre sono impossibili coli' uso delle scale, e
del circolo calcolatore, ed è questo uno dei suoi pregi.
Il Professore ha aggiunto che tra le macchine calcolatrici in cifra, egli stima applicabile alla
calcolazione delle aree, la macchina di Maurel et Jayet, ed alle comprovazioni nelle quali occorre
la somma algebrica di molte coordinate, la macchina sommatrice del professore Gonnella di Fi-
renze, portandone da dieci a cento il numero dei denti delle ruote.
Comprovazione e compensazioni. 11 segno il più caratteristico dell'antica pratica era la pre-
tensione delia perfezione matematica assoluta, pretensione che pur troppo ancora erigono alcuni di
coloro, che però accettano in agrimensura senza adontarsene le larghissime tolleranze legali ancora
oggidì concesse in materia censuaria.
Le tolleranze sono ammesse in celerimensura, e la tolleranza al secondo grado è ristretta
al decimo delle legali vigenti: a questa si pretende di soddisfare, ma si ammette volentieri che
nulla di matematicamente perfetto è possibile all'uomo, e si ammette che il migliore de' risul-
tati è passibile di una incertezza remanente, e si accettano e mettono in pratica i metodi i più
sicuri di comprovazione (2) a fine di accertare prima di tutto che non sia incorso errore propria-
mente detto, e se error si trova se ne procura la correzione nel preciso luogo dove è stato com-
messo. La comprovazione dà inoltre la sicurezza che in nessuna parte del lavoro la incertezza
remanente oltrepassa la tolleranza fissata.
(1) Si svolgeranno neh' ottica tecnologica i procedimenti della fotografia sferica.
(2) In Germania non si manca mai di applicare il metodo delle compensazioni anche ai più piccoli
poligoni.
E NOTIZIE VARIE 394
Dopo questo esame di comprovazione si procede alla compensazione con i metodi stessi, e poco
diversi, che s' impiegano con successo nell'alta geodesia, e si adottano siccome definitivi dei
risultati ancor più prossimi al vero, giacché al vero assoluto è follia pretendere.
Questi procedimenti di comprovazione che il Professore ha dimostrato sopra esempi tratti dal
vero, sono della più elementare semplicità e non importano che somme algebriche di coordinate (1)
ma condotti con intelligenza essi arrivano dappertutto, e non è possibile che vi sfugga non solo
1 innocente errore, ma neppure la più raffinata malizia.
Compiuta la comprovazione che si dice di primo grado, applicate le compensazioni colle re-
gole sopradette, le quali cose l'ingegnere deve sempre eseguire, si può volere od almeno sup-
porre che una supenor ispezione debba rivedere ancora i risultamenti definitivi in ogni loro
parte; questa e quella che il Professore ha chiamato comprovazione al secondo grado, la quale
non da più luogo a compensazione di sorta, ma semplicemente all' accettazione 0 meno del la-
voro ispezionato.
Tuttociò non è possibile coi procedimenti grafici della vecchia geodesia se non se per le opera-
zioni trigonometriche, non è da stupire quindi che non fosse stato mai ridotto a regolari e razionali
pratiche, benché il Bichot in Francia lo abbia tentato, ed in Italia il Bordoni ne abbia avuto
pure in qualche caso l'idea; era necessario arrivare ad adottare francamente il sistema nume-
rico da tanto tempo reclamato dai più eminenti giurisconsulli , per rendere possibile l'applica-
zione del vero e razionale metodo di comprovazione e di compensazione che solo può imprimere
ai risultati finali tutta la possibile certezza.
Le due comprovazioni così fatte come il Professore le ha dimostrate sono effettivamente ge-
nerali e sono indipendenti dal giudizio degli uomini, esse dipendono unicamente da quell'assioma
semplicissimo che la somma delle parti deve riprodurre il tutto, il quale si deve a lavoro finito
verificare in tutte le immaginabili combinazioni entro i limiti della ristrettissima tolleranza
accordata.
Questo è il solo mezzo di dare ai lavori degl'ingegneri sicurezza soddisfacente alia più retta
coscienza loro, questo è il solo mezzo di rendere i catasti parcellari suscettibili di vera e reale
legalità in tutta la forza della parola.
Aree e volumi 11 risultamenlo finale di un lavoro condotto coi metodi della celeriniensura
consiste m due documenti; l'uno, il principalissimo, è il registro generale geometrico nel quale
si contengono le tre coordinate di tutti i punti rilevati, l'altro è una mappa eidipsometrica se-
gnala a curve orizzontali con tulle le subdivisioni fisiche, geometriche, politiche, amministrative
e private ossia parcellarie, il quale serve come quadro sinottico rappresentativo necessario si, ma
sul quale non occorre mai rilevare dimensioni colia scala e col compasso
Diamo ora che di una parcella di proprietà si voglia conoscere l'area: questa la si deduce
immediatamente dalla equazione del suo perimetro che si ha per punti nel libro geometrico.
Le coordinate dei punti perimetrali sono tali che le semi-somme delle X, consecutive prese due
» due moltiplicate per le differenze delle Y corrispondenti, rappresentano le aree di tanti trapezi!
aventi la base loro sul paracardine quanti sono i lati, e che l'area della parcella è uguale alla
somma algebrica di questi trapezii. b
Ma la stessa proposizione si verifica pei trapezii in A X, 2 Y aventi la loro base sopra il
parallelo, il che dà luogo ad un secondo calcolo nel quale sono in giuoco dei numeri tutti diversi
ma che pure deve condurre per l'area A della parcella allo stesso risultato, la quale cosa si
esprime dicendo che per un perimetro chiuso qualunque si deve trovare
A = 0,5 2 (2 X. A Y) = 2 (A X. 2 Y)
le somme o le differenze in X ed in Y debbono essere prese di due in due di seguito percor-
rendo il perimetro sempre nel medesimo senso; questo doppio calcolo si deve fare per riprova.
JIL'" GrTa"ia SÌ SU0'e aPPlÌCare Sempre " rael0d0 piU razionale dei rainimi Idrati, ™ '' «spe-
>enza in Celenraensura attera la maggiore esattezza che si ottiene col cleps basta il metodo più speditivo.
392 RIVISTA DI GIORNALI
Quanto alle aree racchiuse da perimetri curvilinei il rilevamento de' quali si suol fare nel-
l'antica geodesia sostituendo alla curva un poligono rettilineo d'un gran numero di lati il Pro-
fessore ha dimostrato che le si possono rilevare in celerimensura con pochissimi punti sosti-
tuendo loro invece una curva policentrica, composta cioè di varii archi di circolo.
I corrispondenti trapezj per la calcolazione dell' area hanno allora curvilineo il rispettivo lato
obliquo, ed una formula semplice fornisce l'area del segmento, questa formola è
2
s = {ax+a y) t
nella quale S rappresenta l'area del segmento curvilineo, T un coefficiente che si trova mediante
una piccola tavola calcolata.
Pei volumi dei movimenti di terra nei lavori pubblici essendo il suolo vergine ed il progetto
dati entrambi per coordinate e per curve orizzontali nello stesso modo, si ha che la somma
delle aree, degli spazi compresi fra le curve rosse e le nere (1), moltiplicata per la equidistanza
adottata dà addirittura il volume cercato senza che occorrano più i profili in uso nel lungo e
tedioso metodo usuale.
Tali sono i semplicissimi metodi con che seguendo nella redazione dei grandi progetti i det-
tami della celerimensura si fanno sparire le larghe incertezze che pel passato s' imbattevano
gì' ingegneri nei calcoli della spesa necessaria all'esecuzioni. Compiuto così il compito propostosi
in quest'anno di limitare il corso al puro e indispensabile per gl'ingegneri civili, il Professore
ha annunziato che le lezioni seguenti consisteranno nel riepilogo di tutto il corso e nella pre-
parazione alla esercitazione campale.
RESOCONTO DELL' ANDAMENTO
DEL R. ISTITUTO DI AGRONOMIA ED AGRIMENSURA IN CATANIA
Per decreto del H novembre 1866, lutti gli Istituti Tecnici d'Italia si ebbero un organamento
speciale con una o più sezioni. Però quello di Catania si ebbe la sola sezione di Agronomia ed
Agrimensura, dove che Palermo, Messina e Girgenti ne ebbero tre o quattro.
Veramente considerando la postura di Catania — centro di consumo dell' isola — e la sua
popolazione che tocca, anzi supera, 80,000, è manifesto che per lo meno, la sezione commer-
ciale sarebbe ivi ben locata.
Pur tuttavia la frequenza degli alunni, che quest'anno ascendono a più di 50, mostra chiaro
come quella scuola sarebbe popolata di 100 se avesse la sezione commerciale.
Né tanto numero si deve ripetere alle circostanze di luogo solamente;" ma ben anco al di-
simpegno ed alla dottrina dei professori.
In vero.
Il sig. Prof. Tommaso Perniisi conosciuto, in Sicilia più che altrove, come dotto e provetto
maestro dell' arte del bello scrivere in prosa, col zelo più grande e colla generosità più magna-
nima, vi tiene la Presidenza; la quale ha prodotto notevoli avanzamenti da che a lui è stata
affidata. Oltre di che vi insegna, con molto profitto della scolaresca, la storia patria, la geografia
e le lettere italiane.
Il Cav. sig. Francesco Tornabene , raro per la vastità della sua mente e 1' acume del suo in-
telletto, vi professa la chimica e l'agronomia, ed all'uopo con molta dottrina ed esperienza la
fisica e la storia naturale.
(i) Si sogliono segnare in nero le curve del suolo naturale ed in rosso quelle del progetto.
E NOTIZIE VARIE 393
Il Prof. sig. Carmelo Sciato-Patti, un dei più distinti fra gli architetti moderni, insegna le
costruzioni, in cai è valente, ed il disegno.
Il sig. Prof. Giovanni d' Urso, bravo più nelle scienze matematiche di quanto nelle geodesiche,
disimpegna l'insegnamento di codeste discipline e dà allievi degni di lui.
Il Cav, Prof. Vito Scalia, esperto giurisprudito, insegna le materie del dritto con molta eru-
dizione.
Il sig. Prof. Vincenzo Bellia istruito nelle scienze fisiche, delta meccanica, fisica e storia
naturale.
Concludiamo dunque che se nel R. Istituto di Agronomia ed Agrimensura in Catania, sia
tanta la dottrina dell'insegnamento e la concorrenza dei giovani, sia utile cosa istituire, coli' ag-
giunta di qualche altro professore, una sezione di commercio, per soddisfare ad un bisogno, che
si fa sentitissimo atteso il rapido sviluppo catanese di speculazioni sociali. Per lo che si vede
venir fuori un buon numero di commercianti , che farebbero molto meglio nelle loro imprese
se potessero apprendere in un istituto allo scopo adatto.
Ciò diciamo acciocché dalle Autorità competenti si provveda come più conviene.
Fichera F.
SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI
Sedute di Marzo, Aprile e Maggio 1868.
Nella seduta del Marzo 1868 i due Vice-segretari Negri e Marinoni lessero al-
ternativamente alcune memorie del socio Professore Bombicci di Bologna intorno
Notizie di Mineralogia Italiana.
Il socio Craveri mandò le sue Osservazioni meteorologiche fatte in Brà nel 1867
precedute da un Cenno enologico, il quale viene ritenuta materia più addata
per una Società d' Agricoltura.
In Aprile si tenne seduta il giorno 26, ed il Vice-presidente Antonio Villa pre-
sentò una chiave di ferro di una figura stravagante stata trovata nella puddinga
a Cassano d'Adda (volg. detto ceppo) nella profondità di circa 6 metri sotto il
livello del suolo. Siccome nessuno l'ha osservata in posto tranne lo scalpellino,
così non si può essere certi se sia depositata contemporaneamente, oppure pe-
netrata per qualche fessura.
Il Presidente Cornalia legge una lettera del Professore Caruel in risposta alle
critiche fatte dal Prof. Galanti intorno alla Memoria sui fiori che si aprono di
sera, ed il Profess. Galanti contrapone alcune altre osservazioni.
Il socio Giovanni Battista Villa presenta diverse roccie e fossili portati recen-
temente da una di lui gita in diversi luoghi della Brianza.
Un grande Aptichus nella Majolica neocomiana, assieme aWAptichus Didayl
Un Trochus isolato nel calcare rosso ammonitifero della Bicicola presso Suello.
Un fucoide assai cespitoso, vermiculare, diverso dai consueti, trovato nel ter-
reno cretaceo al Maglio di Rogeno.
Due pezzi di calcare catillico di Breno, che presentano tutta P apparenza della
roccia nummulitica.
Giorn. Ing. — Voi. XVI. — Giugno 1868. 25*
394 RIVISTA DI GIORNALI ECC.
Cinque pezzi di calcare nummulitico di Centemero, contenente madrepore ec
altri fossili.
Un grande pezzo di schisto calcare argilloso che giace intersecato tra il Cor
nettone dell' alta Brianza, riferibile al Neocomiano superiore, frammento staccate
da un pezzo lungo metri % 75 largo 0, 75 nel quale si trovavano N. 23 segn
posti regolarmente ad eguale distanza, a 10 centimetri uno dall' altro e parallel
del quale presenta pure lo schizzo ridotto in piccolo, e che vennero sospettat
per segni di ondulazione.
In fine il Vice-segretario Negri, fa lettura sull'Opera d'Alfonso Favre Recherchei
geologiques en Savoje.
Nella seduta del 31 Maggio s'incominciò con qualche discussione intorno a
Giornale Malpighi progettato a Firenze, e vennero fatte delle importanti rifles-
sioni da parte del Presidente Prof. Cornalia ed il socio Strobel presente.
Il socio Giovanni Battista Villa legge alcuni cenni sul terreno cretaceo di Toscana
comparato con quello della Brianza e presenta varj pezzi da lui colà raccolt:
negli scorsi giorni.
Il Vice-segretario Marinoni dà lettura di una Memoria del Prof. Ponzi di Roma
sopra un nuovo ordinamento geologico dei terreni subappenini.
Viene in seguito esposto il desiderio della Società di Storia Naturale di Bostor
per il cambio degli atti; viene comunicato una lettera della Prefettura di Man-
tova per un premio scientifico, e la lettera della Società per l'invito alla Riu
nione autunnale in Vicenza.
In tutte e tre le sedute vi furono nomine di Socj effettivi.
ERRATA CORRIGE. — Nel nostro ultimo fascicolo, al primo capoverso della bibliografia: I canali della
citta' di Milano, dove leggesi i canali coperti si legga invece i canali coperti e scoperti.
Milano, Tip. degli Ingegneri. B. SALDINI, Proprietario, Gerente responsabile.
MEMORIE ORIGINALI
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO,
F FIUMI CHE VI CONFLUISCONO,
E PRINCIPALMENTE GLI ULTIMI TRONCHI DEL PO,
SUSSEGUITI
DA CONSIDERAZIONI INTORNO AI PROGETTI PER LA REGOLAZIONE DELLE ACQUE
ALLA DESTRA DI QUESTI
MEMORIA
dell' Ingegnere Elia Lombardini
letta nelle adunanze del R. Istituto Lombardo delle Scienze.
(Vedi pag. 281 )
XXV. Influenza dei diboscamenti delle pendici de' monti
sul reggiate de fiumi, particolarmente pel bacino del Po.
I L!H9"i,Nfe- 7 Ìe„Mem°rÌe ^gicta da me pubblicate ho sempre propu-
gnata la t est che 1 accresc.uta portata delle piene de' nostri fiumi dipende in
^ fdibo IZlZTu^'J1-^ "e ÌmpedìSCe le eSPanSÌOnÌ> ™ eziandio
1S Camef nto /elle pendici montane. Imperciocché le acque le solcano,
formando profondi burron, ove discendono raccolte in più breve tempo, e perì
ì 2° T-Tggl°r P01;tata- Tolto cosi ^'acolo che alla loro discesa opponevano
ì le radici de, cespugli e degli alberi, e più ancora il colico erboso, e le foglie
su di esso accumulate, formanti uno strato bibulo che agisce siccome spugna,
ed accresca 1 evaporatone sulla superficie del suolo denudato, deve naturai
mente scemare la copia di quelle che vi penetrano per alimentare le sorgenti
e quindi le magre del fiume. *=
210 L'illustre Paleocapa, nella precitata sua Memoria del 1841 sulla diminuita
portata magra de fiu,m, partendo dall'esame dei fatti, era di eguale avviso
ed attesa l'importanza dell'argomento, invitava gli ingegneri a fare su di so
pm estese ricerche. Egli dubitava per altro che i fiumi i q„ H traggonol
principale loro alimento perenne dalle più alte Alpi, e da perpetue g iacc al o
— .adente, o per mezzo di ampj laghi, siano quelli in cufle aimmahe il
filala e le diminuzioni delle magre sono Male. In proporzione meno sensibili
Gtorn. lug. - Voi. XVI. - Luglio 1868. J,
396 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
211. Questa osservazione sta in tesi generale; ma essendomi occorso di isti-
tuire siffatti studi sul bacino alpestre dell'Adda, ove i diboscamenti si sono
operati in epoca recente e nella misura la più smodata, mi si è così offerta
l'opportunità di raffrontare la causa non dubbia cogli effetti che ne conse-
guirono, e di potere determinare questi nel modo il più preciso, servendomi
il lago di Como siccome misuratore. Da una statistica dell' ingegnere ispettore
Rebuscliini risulta che dal 1835 al 1844, nel breve giro di undici anni, si è
non solo dissodata, ma distrutta una quarta parte dei boschi della Valtellina.
L'abuso si è spinto al punto da cessare ivi l'esportazione del combustibile e
dei legnami d'opera nella sottoposta pianura, atteso il loro incarimento e la
difficoltà di utilizzare la parte residua in località meno accessibili.
212. Dal 1852 al 1842 è stato sistemato l'emissario del lago di Como allo
scopo di abbassarne le piene, con lavori de' quali dò ragguaglio nella Memoria
Sulla natura dei laghi, di cui ho recentemente pubblicata una 2.a edizione (1).
In una nota al § IH» offro la statistica delle piene avvenute dal 1792 al 1865
che superarono i 2m,87 sullo zero dell'antica scala, cui corrispondono 2m,55
dell'odierna, posteriore alle opere, e ne risulterebbe che dal 1792 all'agosto
1821 tali piene avvenivano per termine medio ad ogni intervallo di 58 mesi;
che dal 1821 al 1859 l'intervallo sarebbesi ridotto a 44 mesi; ed a soli 20
mesi dal 1859 al 1865. In ciò si avrebbe una prova ineccepibile che per ef-
fetto dei praticati diboscamenti sono divenuti più rapidi gli afflussi dell'Adda
superiore e quindi più frequenti le piene del lago.
215. Dal 1854 in poi, essendosi costantemente praticate le osservazioni gior-
naliere all' idrometro del lago in Como, e contemporaneamente sull'Adda presso
Paderno; mediante una scala degli efflussi all'emissario ricavata da esperienze
ne risulterebbe che il modulo, ossia efflusso unitario medio dell'Adda lacuale,
sarebbe stato di 185,2 m. e. pel novennio 1854-42; di 188,5 m. e. pel suc-
cessivo decennio 1845-52 e di 170,2 m. e. per l' ultimo decennio 1855-62;
quindi per l'intero periodo di 29 anni di 180, 5 m. e.
214. Dai confronti poi delle osservazioni contemporanee fatte ai due idro-
metri preaccennati risulta che ne'vent'anni posteriori ai lavori di sistemazione
dell'emissario non si è menomamente alterato, a parità di efflussi, il livello
della magra del lago, che è massima nel trimestre gennajo-marzo, durante il
quale è pressoché esclusivamente alimentata dalle sorgenti. Ora in quel tre-
mestre l'efflusso medio unitario sarebbe stato pel primo novennio di 57,4 m. e.
pel decennio successivo di 55,5 in. e. e per 1' ultimo decennio di 49,9 m. e.
Nelle medie perciò dei due periodi estremi si avrebbe una diminuzione di
circa il 15 per °/o ne^a Porlata di magra, coli' intervallo di circa un ventennio,
rapporto che qualora continuasse in via proporzionale, sarebbe in vero al-
larmante (2).
(1) Milano 1866. Vedi anche il Giornale dell'In-
gegnere Architetto per quell'anno.
(2) Vedasi il prospetto B nella mia Memoria Altre
considerazioni sulle irrigazioni della Lombardia del
1863, ove sono da correggersi alcuni errori di cifre
nelle medie delle medie, dovendosi leggere per
gennajo — 0n\063 ; per Marzo — 0m,185 e per
aprile -f 0m,132, come pure la massima delle medie
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 397
215. Che se prendiamo ad esaminare gli effetti avutisi dai diboscamenti in una
pendice poco estesa di quella stessa valle, vedremo per questo caso n S
esserne derivati effetti analoghi, siccome abbiamo di già'notal in altro cHoS
« Presso la foce dell'Adda superiore Del lago di Como vi coniluis o„ o !
« parati, ne torrenti Parlino e Lesina che discendono dal versane selte„.
rdÌLegn0ne' Parte"d0 da"e Cime di q-eslo che giungono al " ti-
« udme d, 2612 metri. Il torrente Perline, più prossimo al lago , ha 2
« bacino montuoso della superfìcie di 14 chitoni, quadr., e quando poch u tri
« sono, questo era tutto boscato, le acque in forma di rivi d slCno su
I 1 vT.r' ed;tt,r,aVersa-»0 -> due ponticelli, o tombe, la stra adire a
Ir !i u ^ a"a Sp'Uga- P,'alÌCat0SÌ ^Pavidamente non ha guarii
« gho d, molta parte di que' boschi, il rivo è divenuto torrente indomabile
« che travolge .mmensa copia di ghiaje, ciottoli e sassi, minacciando di Zra
« ione in ogni p,e„a il prossimo abitato di Colico Piano. Le acque esondu
« soverchino ora la strada, e si stanno facendo sludj per provvedere ,1
I ZZI T1 faSSaggÌ° e SUpe''are le «*« di«à «*• vi oppio, o
del to.ienle fino alla loro capitozza, indizio ciò di un'alzamento di oltre un
« metro e mezzo del terreno nel corso di soli cinque o sei anni II torrente
« L sma ilcu, bacino montuoso è della superfìcie di 27 chilom. qua rm„Q
« pressoché dopp.o e tuttavia coperto di boschi, attraversa la stessa" ' s rada
« melante ponticello che dà passaggio alle maggiori sue piene I ""*
216. Parlando del Po, nello scritto medesimo osservo •
,\ PioTala PÌe"a dd P° del 1801 considerava^' massima fino all'nt
« tobre 1839, ,n cui altra ne avvenne, la quale soverchiò la prima di 0'» 47
« incremento che si portò a 0",74 nella piena dell'ottobre 184 6 e ad r 06
« nella più recente dell'ottobre 1857 ' ' '°6
« Siccome nel 1807 e nel 1810 a 15 chilometri a valle di Piacenza erano
. I , ' ^ arg;nature del Po> co^i«»e a valle di Cremona fino al mare a
«monte della foce dell'Adda invece costituiscono di là 1 r , , '
: s? *-»»»■ ■»nSijrr;; il tóct:i,err
, mv>i iu^vj e uei loo/ tutte le arsinatiirp rmacoi.n »U#»„
» P.ena crescente, lo che avvenne anche pel tronco lombardo' LSTlffl
n gennajo del 1845 + 0™48. In conseguenza di
ali rettificazioni si hanno quelle di sopra esposte
« modulo dell'Adda e per gli efflussi medj del
semestre di magra in luogo delle indicate alla
Pag. 11 di essa Memoria. Vedasi anche il Giornale
Precit. per quell'anno.
MAm^ì Ia n°ta finaIe (A) al,a mia Memopia
,e! ,862 Sìlì Vrhmvgamento del lago Fucino
398 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
218. « In taluna di quelle relazioni si attribuisce il più pronto afflusso delle
« piene ne' torrenti alpini tributarj dell'alto Po a recenti diboscamenti, in
« conseguenza de' quali rimasero degradate le ripide pendici fino a rimanere
« in molte parti denudata la roccia.
« Se quindi nelle piene del 1859, del 1846 e del 1857 si è avuto a Piacenza
« un incremento d'altezza sempre crescente di 0rn,47, 0m,74, e di lm,06 al con-
« fronto delle anteriori, e se in tali circostanze erano rotte tutte le arginature,
« queste non poterono esercitar su tale elevazione alcuna influenza e devono
« perciò considerarsi come non esistenti. Dunque queir incremento di altezza
« non potrebbe più attribuirsi a variata forma del vaso, per la parte piana
« almeno; e se in esso vi fu alterazione, ciò sarebbe appunto avvenuto al
« monte in conseguenza degli operati diboscamenti ».
219. Mi si potrà per avventura opporre che quelle tre piene sono eventi stra-
ordinarj dipendenti da fenomeni meteorici che avranno avuto la loro azione in
modo vario sulle diverse parti del bacino del Po, cosicché non porgerebbero
un criterio sicuro sull' aumentato afflusso massimo delle sue piene, osservazione
che sta fino ad un certo punto. Un dato meno dubbio si avrà dal prospetto C
ove sono indicate le piene massime annuali pel sessantennio 1807-66 osser-
vate all'idrometro di Pontelagoscuro, escluse quelle che non raggiunsero il se-
gnale di guardia. Nelle medie altezze decennali scorgesi un' alternativa, ma
con sensibile aumento negli ultimi decennj. Confrontando poi le medie del
primo e del secondo trentennio, si avrebbe per l'ultimo, come vedemmo (§ 205).
un aumento di altezza di 0m,563.
220. L'ispettore Scotini offri un elenco delle piene del Po che dal 1807 al
1862 oltrepassarono il metro sopra guardia all'idrometro del Pontelagoscuro,
dal quale il professore Turazza ha ricavato il prospetto V delle altezze mas-
sime, delle medie delle massime, e delle medie assolute ad ogni quinquennio,
Avendo io prolungato il prospetto dello Scotini fino al 1866 per considerare
un intero sessantennio, veduto che per le piene massime annuali si provvede
sufficientemente colf unito prospetto C, ne ho disposto un nuovo E, nel quale
si comprende non solo V altezza , ma eziandio il numero delle piene distinte
per ogni decennio, con che si ha un dato di confronto maggiormente positivo
fra ciascun decennio e fra il primo e secondo trentennio. Ne risulta così che
nel primo trentennio 1807-36 si sarebbero avute 59 piene dell'altezza com-
plessiva o sommativa di 65m,72 sopra guardia, quindi dell'altezza media di
lm,685 ; e nel secondo trentennio 52 piene dell' altezza sommativa di 99m,62 e
dell'altezza media di lm,916. Per l'intero sessantennio l'altezza sommativa sa-
rebbe stata di 165m,34 risultante da 91 piene, con un'altezza media lm,8l7, Se
ne può quindi inferire che, componendo le altezze delle piene col loro nu-
mero, si sarebbe avuto nel secondo trentennio un eccesso notevole, il quale
indicherebbe eziandio quello degli afflussi massimi delie piene.
221. Venendo ora a parlare degli affluenti dell'Apennino che hanno imme-
diata relazione colla questione che ci occupa, il professore Turazza, valendosi
dell'elenco delle piene del Reno avvenute dal 1807 al 1862 pubblicato dal-
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 399
l'ispettore Scotini, ne ha formato il prospetto II ove indica l'altezza di quelle
che superarono i 6m sullo zero ; ed il prospetto III nel quale di decennio in
decennio dà V altezza media di quelle che superarono i 4m sullo zero , ed il
loro numero. Io per altro sono d'avviso che, trattandosi di un bacino mon-
tuoso di limitata superficie, un dato fenomeno meteorico abbia colla sua azione
ad abbracciarlo generalmente nella totale sua estensione, e che perciò sia il caso
di consultare l'andamento delle piene maggiori. A tale effetto ho riformato il
prospetto II convertendolo in quello F coli' aggiunta delle piene dal 1301 al
1807 ricavate col riassunto di esse, alleg. XII unito alla precitata Relazione
sulla livellazione del Reno dei 1844-45. Ne risulta che pei primi 51 anni se
ne sarebbero avute 9 dell'altezza sommativa di 58m,50 che dà l'altezza media
di 6m,48, colla massima di 7m,06 nel 1821. Negli ultimi 51 anni fino al 1862
se ne sarebbero invece avute 10; delle quali tré dell'altezza di 7m,25 ed una
nel 1844 di 7m,60 con un'altezza sommativa dì -67m,97 che dà la media di
6,80. Ne consegue che nell'ultimo periodo sarebbesi avuto un sensibile au-
mento di afflusso massimo delle piene, il quale sembra dipendere dai dibosca-
menti e quindi dal progressivo degradamene delle pendici montane; imper-
ciocché tre delle maggiori piene, compresa la massima del 1844, sarebbero
anteriori al prolungamento dell'arginatura oltre il limite indicato in profilo
della mentovata livellazione (1). Rispetto ad un ulteriore alzamento di piena
accennato dal Brigherai nell'ultima sua Memoria, dipendente a suo avviso dal-
l'occupazione di una parte dell'alveo del Reno colla ferrovia Porrettana, par-
leremo più avanti.
222. In quanto al Panaro nella nota finale C alla mia Memoria precitata del
1865 sulla pianura subapennina in relazione alìe cose ivi esposte ai §§ 9 e 21,
ho osservato che nel 1785 i distinti matematici ed idraulici Cassia™ , Venturi
e Vandelli, giusta la loro Relazione pel Piano della Colletta (2), avrebbero rile-
vato che a Navicello le massime piene del Panaro si elevavano a 7,90 sul suo
fondo e che, avvenendo allora qualche trabocco a monte, avevano stabilito
che ivi l'arginatura dovesse prolungarsi per 600'\ Pressocbè contemporanea-
mente, e cioè nel 1788, venne ricostrutto in muratura dall'architetto Soli il
ponte di Sant'Ambrogio sulla strada Emilia distante da Navicello 9 chilo-
metri, alla quale distanza supposi non dovessero risentirsi gli effetti della chia-
mata di quel trabocco. E poiché nel 1842 la piena a Navicello sarebbesi alzata
sul fondo 10m,20, ed al ponte di Sant'Ambrogio di 9,n,95 , quindi a 5IU,80
(1) Il Brighenli dice al g 8 dell'ultima sua Me-
moria che intorno al 1848 a Bologna, ove V argi-
namento del Reno cominciava alla Crocetta, otten-
nero i possidenti di poterlo protrarre per 6 o 7 chi-
lometri fino alla nazionale Emilia. Giusta il profilo
di livellazione, e la carta topografica, tale distanza
sarebbe di soli 2800.
In quel profilo , stando la scala delle distanze a
quella delle altezze nel rapporto di 1 : 120, avrebbe
giovato moltissimo aggiungervi pel primo tratto di
14 chilometri fino oltre il Trebbo, ove le pendenze
sono più forti, un prospetto numerico delle coordi-
nate relative , specialmente per i dati più impor-
tanti presso la chiusa, come sarebbe lo zero degli
idrometri, aggiunta che potrebbe agevolmente jarsi
in un foglietto a parte, ricavandone i dati dal pro-
filo originale.
(2) Il Piano della Colletta era inteso a determi-
nare le norme pel contributo nelle spese delle acque
pel Modenese.
400 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
sull'imposta degli archi di queir edifìcio, la luce de' quali per tre quarti sarebbe
rimasta ostruita dalle acque, ne inferii essere in tale periodo avvenuto un no-
tevole alzamento di piena e conseguentemente un aumento di portata che at-
tribuii al dissodamento delle pendici montane del Panaro. Siccome in una
lettera il Brighenti mi scrisse che una persona del luogo si ricordava di non
aver veduto arginatura di sorta a Navicello e che oggidì essa si eleva a 4m
sulla campagna e si prolunga fino alla strada Emilia, circostanza cui egli attri-
buiva esclusivamente l'alzamento della piena, in una nota feci osservare l'esa-
gerazione di quell'asserto sia per l'epoca del prolungamento dell'arginatura,
sia per la misura della sua elevazione. Avendo io supposto , sicuramente con
qualche eccesso di misura, che nel 1783 il trabocco avvenisse ivi nell'altezza
media di 0m,35 , il Brighenti nella ultima sua Memoria prende a dimostrare
che in tal caso si sarebbe in quel tratto di fiume divertita col trabocco una
terza parte della piena massima del Panaro ; che siffatta circostanza bastava a de-
primerla al ponte di Sant'Ambrogio; e conchiude colla sentenza dianzi riferita
contro i troppo eruditi. Ove si consideri per altro che le acque travasate a
sinistra si dovevano accumulare in un cui di sacco fra il Panaro ed il Naviglio,
rattenute dall'argine di questo dalla Bastia a Bomporto, se ne potrà inferire che
se fosse stata cotanto notevole la loro copia, non sarebbesi atteso il consiglio
di quei dotti per impedirlo con un prolungamento di arginatura (1).
223. Per ciò che concerne l'Adda superiore, ai dati idrologici sulla maggiore
frequenza delle piene ho associato i dati statistici circa agli operati diboscamenti,
ed altrettanto mi proponeva di fare colla pubblicazione della Memoria precitata
rispetto a quelli praticati nel bacino del Panaro, giovandomi di un opuscolo del
1806 dell'avvocato Luigi Parenti di Modena che ne era stato testimonio oculare.
Ma mentre dava l'ultima mano al mio lavoro, non potei valermene perchè
1' opuscolo era andato smarrito. Avendolo di poi rinvenuto, ne riporterò alcuni
brani, notando innanzi tutto che l'autore era un distinto agronomo e selvi-
cultore, siccome ne diede prova nel suo podere di Montecuccolo posto nella
regione montana del bacino stesso (2).
(1) Nella precitata mia Memoria al §16 dissi che
il Panaro dalla strada Emilia a Bomporto scorre
incassato dalli 5 alli 7 metri , numeri esposti per
approssimazione dopo una semplice ispezione lo-
cale, e che avrebbero dovuto rettificarsi dopo gli
ulteriori studj, pei quali aggiunsi la nota finale C,
dicendo dalli 5 alli 10 metri. All'errore incorso
appoggiasi eziandio il Brighenti per inferirne l'en-
tità dei trabocchi a monte di Navicello.
« possono dare esempio i maestrevoli e dispendiosi
« lavori che il Parenti stesso, mantenitore diligen-
« tissimo de' campi aviti , praticò nel territorio di
« Montecucolo , a rompere la foga delle acque , a
« divergerle, a padroneggiarle, in guisa da rice-
« verne depositi anzi che avulsioni di buon terreno.
« Le quali diligenze , più o meno , sono adoperate
« dai proprietarj e coltivatori di quel paese; uè
«v'ha forastiero intelligente che, ascendendo a
(2) L'opuscolo venne pubblicato a Modena nel 1845, «visitare le mura, per non dire le rovine del
a quanto pare, dal figlio dell'autore, avvocato Mar-
c'Àntonio Parenti, professore in quella università, il
quale vi aggiunse interessanti Note. Osserva questi :
« la coltivazione dei fondi montuosi importa di ne-
« cessarla conseguenza il regolamento delle acque,
« le quali sogliono essere trattenute, condotte e di-
te stribuite per maniera da togliere o minorare gli
« effetti delle loro precipitose irruzioni. Del che
« luogo ove ebbe la cuna e la prima educazione
« il celeberrimo Bairoondo (Montecucoli), non me-
« ravigli di queir erte costiere , dove un palmo
« non si presenta che non sia ferace , secondo la
« diversa convenienza del suolo , né un rigagnolo
« che non trovi freno, o diversione ovunque possa
« recar pregiudizio ai fondi contigui »,
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 401
224. Parlando egli delle due strade aperte noli' Apennino nella seconda metà
dello scorso secolo per comunicare colla Toscana e con la Lunigiana, osserva (lì-
ce Ma appena spianate le dette due strade, e così introdotto ove non era, ed
« agevolato a più doppj ove esisteva, il mezzo del trasporto e delle condotte,
« quegli abitanti hanno saputo prevalersene a loro e nostro pregiudizio. Hanno
« essi aperto a destra ed a sinistra più strade di comunicazione colle due so-
« pradette, ed abbattute ad un insigne laterale distanza le antichissime selve
« di faggi e di abeti (pag. 10).... Le comuni in particolare di Pazzano ,
« di Granarolo, di Ligorzano, di Sassomereo, di Pompeano, di Brandola e di
« Miceno, dopo avere distrutti i loro boschi di eerri pel traffico della scorza
« ad uso della concia del corio, ed avere in gran parte disfatti anche quelli di
« quercia, che sostenevano colle ghiande i majali al pascolo, e servivano ad
« ingrassarli quando chiudevano, presentano l'indegno spettacolo d'ampj tratti
« del loro territorio ora nudi e sterili, e che da pochi lustri addietro erano
« vestiti di utilissimi castagneti » (pag. 15). Nota poi come quest'opera di
distruzione fosse susseguita dalla miseria e dall'emigrazione; quindi prosegue
(pag. 16): r 6
225. « Quando un bosco indigeno è intatto , col giro dei secoli ha formato
« sotto di sé un letto ossia strato di terriccio (humus) coll'anuua caduta e dis-
« soluzione delle foglie e dei rami secchi, de' frutti, de' gusci e de'calici. Sopra
« questo letto cadendo la pioggia, la quale sempre vi discende sparsa e minuta
« per la frazione delle foglie e de' rami degli alberi, che per conosciuta pre-
ce pnetà, qualunque sia la figura e la inclinazione del suolo, sempre crescono
« a perpen iicolo dell'orizzonte, l'acqua venendo assorbita o ritenuta da questo
« strato bibulo e penetrabile, ed impedita di scorrere ai basso, ha tempo e
« quiete per filtrarsi e penetrare negli interni ristagni de' monti che prestano
« alimento perenne alle scaturigini; anche le spesse radici degli alberi, col trat-
« tenerne il decorso, facilitano l'interna discesa ; e vi contribuisce assai l'ombra
« coli' impedire il rapido evaporamento dell'umido per l'azione del sole e del
« vento, e col conservare una lenta ed equabile liquefazione della neve che
« ne' boschi di faggio, li più ubertosi di sorgenti, dura per mesi dopo di' aver
« rimesso le frondi. Per l'opposto, tagliato, e peggio, cavato che sia un bosco
« ai primi piovali che sopravvengono, l'acqua, cadendo dall'alto dell'atmosfera
« con tutta la forza della sua gravità, e prendendo vigore dalla sua copia sol-
« leva e trasporta al basso tutta la materia friabile, scopre e dilava il terreno
« lo solca in progresso profondamente e lo trae seco ne' torrenti, indi ne* fiumi
« con tanti danni e reclami delle basse pianure per l'interrimento sempre
« maggiore dei loro letti e per le frequenti inondazioni.
(1) La prima di quelle strade per la Toscana fu
aperta dal Duca Francesco 111 nella valle del Pa-
naro, e la seconda perla Lunigiana dal suo succes-
sore Ercole III, partendo da Reggio nelle valli del
Crostolo e della Secchia (Ricci, Corografia dello
Stato estense all' art. Modena). Il distinto agronomo
cavaliere Filippo Rè di Reggio, professore d'agraria
nell'università di Bologna, deplorava pure a' miei
tempi nelle sue lezioni i tristi effetti dei dibosca-
menti praticati in quelle valli, particolarmente pel
più rapido afflusso delle piene.
402 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
226. « La diversità è tanto evidente da non aver bisogno di essere dimostrata,
« essendo naturale che il fondo del bosco scambia, dopo il taglio, tutti lt mezzi
« e i vantaggi di poter tramandare nelle sue viscere, come prima, l'acqua
« piovana e° di neve, nel discapito di lasciarla scorrere in sua balìa con furia
« al basso. Io stesso sono stato a portata di fare il confronto oculare di sif-
« fatta diversità. Dopo gli estivi acquazzoni , portatomi ad osservare il basso
« di un'intatta foresta o piano inclinato, ho veduto scorrervi pochissima copia
« d' acqua, e pressoché limpida ; laddove tornatovi in pari circostanza alcuni
« anni dopo eh' era stat$ abbattuta , ho veduto il piano inclinato ridotto in
« fossati pieni d'acqua torbida, che trascinava seco sassi, terra, radiche ed
« altre vegetali reliquie ».
I fatti esposti, la lucida analisi della varia influenza de' fenomeni meteorici
sulle pendici de' monti protette da boschi, oppure denudate e le osservazioni
comparative istituite per le une e per le altre, spargono molta luce su questo
argomento, e concordano colle mie induzioni (1).
227. Sull'effetto del diboscamento e dissodamento de' boschi il Brighenti
pubblicò nel 1860 una Memoria (2) ove sostiene la tesi che non hanno in-
fluito ad accrescere la portata massima delle piene de' fiumi al piano. Ci limi-
teremo a prendere iu esame le principali sue proposizioni.
Egli dice, § 6. parlando del Po, « che se si distruggessero tutte le sue arj
« ginature artificiali e le naturali replezioni, tornerebbero gli antichi allagamenti;
« l'altezza delle piene dei Po non si troverebbe diversa da quella di prima e
« sarebbe impossibile discernervi 1' effetto dì una causa secondaria , come si
« suppone il diboscamento. Ciò vede facilmente ognuno che abbia anche d
« V ingrosso guardato ai fenomeni dei fiumi e acquistato un po' di tatto ad
« intenderli ». Que' fenomeni gli ho studiati anch'io, e forse perchè l'ho fatto
deducendone considerazioni che il mio amico dichiara minute, non ho potuto
giungere alle stesse conseguenze.
228. Egli pensa (§ 15) che il diboscamento possa produrre alterazioni nel
corso delle acque al piede immediato o non troppo lontano de' monti ove è se-
guito; ma non nelle parti pianeggianti successive. Io invece sono d'avviso
che se una piena di portata integrale determinata discende ora per siffatf
causa al piede de' monti in 24 ore, mentre ciò dapprima avveniva in 36 ore,
(1) La Società agraria del dipartimento del Pa-
naro trasmise nel 1806 quel pregevole opuscolo
al Prefetto perchè lo volesse inoltrare al ministero
onde promuovere gli occorrevoli provvedimenti; ma
esso non venne spedito, pendente la pubblicazione
di una legge sui boschi, la quale non comparve se
non nel 1811. 1 principi dell'autore si videro svi-
luppati quattro anni dopo dal Mengotti, e più tardi
dal Gautieri ( Dell' influsso de' boschi sullo slato
fisico dei paesi e sulla prosperità delle Nazioni ,
Milano 1814), nella quale Memoria vedesi inserito
un brano di quella inedita del Parenti. Si potrebbe
per avventura fare l'eccezione che le piogge mi-
nute ed insistenti , sotto il bosco cadono a grosse
goccie raccolte sulle foglie e sui rami. Ma tali
pioggie non sono quelle che promuovono immedia-
tamente le piene de' fiumi. Queste dipendono dalle
piogge durevoli e stemperate, o da trombe che al-
l'aperto cadono sul suolo con rimbalzo, la cui
violenza viene appunto ammorzata dai rami e dalle
foglie del bosco.
(2) Memorie dell' Accademia delle scienze dell' Isti-
tuto di Bologna, voi. X,
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 403
anche nella parte pianeggiante, ove andrà assottigliandosi, si avrà un aumento
tanto nella sua portata media, quanto nella massima.
229. Dice al § 18 d'essersi trovato in tempo di grosse piogge sotto selve
assai folte ed intatte , e che vi ha vedute le acque « scendere precipitose a
« torrenti, e far prova di rovesciare sulla via qualunque impedimento». Man-
cherebbe però qualsiasi dato comparativo per inferirne cosa sarebbe avvenuto
su quella pendice ove fosse stata denudata e solcata dalle acque.
250. Per dimostrare l'influenza delle arginature a rialzare le piene, egli ri-
porta al § 8 i seguenti fatti : « Ad un torrente di sezione ristretta , come il
« Lamone, bastò l'accorciamento della metà circa della linea arginata, e un
« salto di metri 1,57 dal fondo dell'alveo al fondo della valle Gregoriana per
« abbassare la sua piena massima a modo che , mentre lambiva il ciglio de-
« gli argini alla bocca della rotta delle Amonite (avvenuta colla disalveazione
« del fiume nel 1859), ora lascia ivi di franco metri 6,50. Nella lunghezza di
« 11 chilometri da questa rotta alla Chiusa Rasponi, si è abbassato il fondo del
« fiume andantemente e si trova parallelo all' antico dopo 20 anni di mutato
« corso. La scavazione del fondo per quel salto, per l'abbreviata linea e per
« la chiamata della nuova foce, misura metri 2,87, onde la piena si è ab-
bassata in questi 11 chilometri metri 5,68. Chi potrebbe dubitare che,
« chiusa quella nuova foce e rimesso l'alveo antico, non tornasse la piena a
« lambire il ciglio dell'argine come prima? E ciò senza bisogno di pensare
« ad alcuna alterazione seguita in questi ultimi quattro lustri nel bacino che
« tributa le acque al Lamone ».
251. In una nota dichiara che i fatti surriferiti gli vennero comunicati dal-
l'ingegnere di l.a classe Orioli, il quale fu mio condiscepolo all'università di
Bologna, e vidi a Ravenna il 15 giugno 1847. Avendomi egli soggiunti altri
particolari su quella memorabile rotta del Lamone, dopo della quale il torrente
è stato rivolto a colmare la valle Savarna presso Ravenna, nel portarmi in quel
giorno di là a Faenza , mi arrestai ove la strada lo interseca col ponte della
Castellina. Vidi che nel 1859 si era impedita la distruzione di quell' edifizio
mediante una robusta briglia di fascinaggio , scorgendosi tuttavia tanto a
monte quanto a valle del ponte le tracce dei dirupamenti delle sponde e
delle arginature ad esse addossate per 1' escavazione del fondo cagionato
dalla rotta.
252. Questi fatti però non concorderebbero con altri che il Brighenti
espose siccome recentissimi nell'ultima sua Memoria precitata. Ivi al §7 dice:
« Il torrente Lamone era arginato dal mare fino al Boncellino, o poco sopra,
« ove incominciava la guardia nel 1848. Si volle prolungare in quel torno per
« 8 o 10 chilometri l'arginamento fino sopra Faenza: che ne avvenne? Mentre
« prima una porzione delle acque di grossa piena sormontando le ripe sopra
« la detta guardia andava a versarsi ne' piani bassi di Villanova a sinistra e
« di Savarna a destra, rimasero contenute fra i nuovi argini ed il massimo
« ventre delle piene che si formava prima sopra e sotto il ponte di Cortina
« per la via di Lugo, si è trasportato nel tronco superiore ultimamente argi-
404 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
« nato; e la città di Faenza è spaventata dall'altezza delle piene ordinarie,
« non che delle massime, che ivi cagionarono recentissimi disastri ».
233. Sul foglio di Ravenna della grande carta topografica dell'Italia Centrale
il Boncellino trovasi alla distanza di 12 chilometri dalla rotta del 1839; e
le arginature sono segnate a monte per altri dieci chilometri a sinistra fino a
Ronchi e per dodici a destra a Sant Giovannino, dati che si saranno ricavati
dalle mappe censuarie rilevate anteriormente al 1846. Il ponte di Castellina
trovasi a sei chilometri sopra il Boncellino, cosicché questa villa sarebbe di un
solo chilometro a monte della Chiusa Rasponi che dicesi distante undici chi-
lometri dalla rotta. Se presso quella chiusa, dai 1839 al 1859 la piena mas-
sima trovavasi abbassata di 3m,68, come poteva avvenire che verso la metà di
quel periodo, e cioè nel 1848, al Boncellino (posto un chilometro a monte), o
poco sopra, avvenissero trabocchi che richiedessero il prolungamento delle ar-
ginature? Queste esistevano anteriormente al 1846 e con ogni verosimiglianza
prima della rotta del 1839 per dieci o dodici chilometri sopra il Boncellino,
se al ponte di Castellina, posto 6 chilometri a monte, vidi le tracce dei diru-
pamenti cagionati da quella rotta al piede degli argini (1). Io sono quindi
d'avviso che se anteriormente a questa avveniva pure qualche trabocco nelle
maggiori piene sopra gli estremi delle arginature a Ronchi ed a Sant Giovan-
nino, a circostanze pari saranno cessati dopo il 1839 per la maggior chiamata
delle acque in conseguenza dei seguito approfondamento dell'alveo del torrente.
Attesa per altro la circostanza che nel bacino del Lamone dopo la costruzione
della strada della Toscana per Maraddi si saranno dissodati i boschi e quindi
sarà avvenuto un progressivo incremento nella portata delle piene, siccome
abbiamo veduto essersi verificato per una causa identica nelle valli del Reno,
del Panaro, e della Secchia, ne consegue che, riuscita negli ultimi anni insuf-
ficiente la chiamata delle acque a deprimere le maggiori piene del Lamone,
si dovettero protrarre per forse cinque o sei chilometri le arginature fino oltre
la via Emilia sopra Faenza onde impedirne le espansioni. Tale prolungamento
d'argini sarebbe perciò effetto, e non causa dell'accresciuta portata delle piene
del Lamone, e se esso concorre ad elevarne il livello, lo si deve considerare
semplicemente siccome causa concomitante, ma non prima.
234. Abbiamo già notato al § 127 avere il Brighenti annunziato nell'ultima
sua Memoria che per effetto della costruzione della ferrovia Porrettana le piene
del Reno si sarebbero alzate sull' anteriore limite massimo. Al § 8 di essa cosi
si esprime su questo particolare : « Credo che si potrà inoltre osservare essere
« avvenuto un accrescimento di metri 0,34 sopra l'altezza massima della piena
« del 1844, osservata all'idrometro dei ponte di Casalecchio; e ciò per essere
« stata creata la ferrovia Porrettana in mezzo all'alveo del fiume per 6 o 7
(1) Nella carta topografica della provincia Fer-
rarese del Barbantini pubblicata nel 1825, quindi
ricavata essa pure dalle mappe del nuovo censo ,
vedesi il Lamone accompagnato da argini fino al
termine del foglio di Ravenna, ad otto chilometri
sopra il Boncellino. È quindi verisimile che anche
allora, e non nel 1848, fossero già estesi per altri
due chilometri fino a Ronchi ed a Sant Giovannino
come nel 1846,
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 405
« chilometri di lunghezza con un argine-strada il quale per meglio di un
« terzo, come mi accennava l'ingegnere in capo sig. cav. Protche, impedisce le
« anteriori espansioni sopra sezioni amplissime (ne troppo lontane dalla chiusa
« di Casalecchio) nel tempo delle grosse piene. Il che viene a dire che la
« colpa è stata dell'insolito arginamento e non dei dihoscamenti de' quali
« nessuno si avvedeva, né si lagnava alla Porretta negli anni precedenti ».
235. Quella occupazione dell'alveo del Reno sarebbe avvenuta nel tronco
dal Sasso alla Porretta , e la piena alzatasi al disopra della massima sembra
fosse quella dell'autunno 1864. Forse essa fu cagione della rolla al passo del
Gallo che tanta desolazione recò alla provincia di Ferrara , parole di una
breve nota aggiunta dallo Scotini al § 34 delle sue Memorie1. In vero fa senso
come né questi, né il Brighenti cui la cosa doveva riuscire di non lieve inte-
resse, soggiungano qualche schiarimento sulle circostanze che resero indispen-
sabile un piano cotanto pregiudicevole al reggime del fiume, e che ne renderà
assai più ardua la sistemazione. Se tale aumento di piena avesse a fare tra-
boccare la bilancia in guisa che il Reno irrompesse nelle Valli di Comacchio,
non starebbe più il famoso detto che esso farà da se; poiché sarebbe stato
ajutato.
236. Dal fin qui detto sopra il grave argomento dell' influenza dei dibosca-
menti nella portata massima delle piene del Po e de' suoi affluenti, risulterebbe
che fino dalla seconda metà dello scorso secolo essi avrebbero avuto luogo
per gli inferiori Secchia e Panaro in conseguenza delle aperte comunicazioni
nelle loro valli. Siffatti cangiamenti, per una causa analoga sarebbero avvenuti
più tardi, come vedemmo, per l'Adda, ed a quanto pare anche per gli affluenti
del Piemonte, e da ultimo soltanto per taluni di questi, come sarebbe nella
Valle di Trebbia (1). Il più pronto afflusso, e quindi l'anticipazione delle
piene della Secchia e del Panaro avrebbe dovuto influire a scemare la portata
massima delle piene dei Po per l'ultimo suo tronco nel primo trentennio di
questo secolo. E se malgrado ciò si è avuto un aumento nelle loro altezze lo
si dovrebbe per la maggior parte attribuire al più perfetto arginamento ' di
esso e de' suoi affluenti. Col rallentarsi in avvenire l'incremento degli afflussi
massimi per gli influenti inferiori, ed accrescersi pei superiori ove i dibosca-
menti sono di più recente data, approssimandosi mano mano gli uni agli altri
dovranno aumentare i deflussi massimi delle piene del basso Po, effetto che si
vede avverato per l'ultimo trentennio quantunque attribuibile alla seconda
soltanto di quelle cause. Possiamo quindi conchiudere che il suo redime è
ben lontano dal trovarsi stabilito.
p) É la strada da Piacenza a Genova per Bobbi
406 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
XXVI. Calcoli delle portate di piena del Po e del Beno
effetti ehe si avrebbero dall'aggiunta di quest'influente
al Po sotto tale rapporto e nel reggime d'entrambi 1
fiumi.
257. Nei Cenni idrografici, inseriti nelle Notizie naturali e civili sulla Lom-
bardia (1) composi una scala padimetrica per l'idrometro di Pontelagoscuro
ricavata dai dati d' esperienze praticate ivi, od in prossimità da Teodoro Bonati,
e dagli allievi della scuola pontificia degli ingegneri dal 1811 al 1820. Sic-
come da un metro sotto zero fino alla massima piena 1859, che si elevo r
2™ 96 sopra guardia , le differenze delle portate andavano scemando , mi pei
suàsi che ciò non poteva stare e che vi fosse qualche errore nei dati dai quali
era partito. Il mio amico Possenti s'accorse egli pure di tale inconseguenza,
e mentre stava compiendo la sua Memoria accennata al § 196 , nconohhe er-
ronei i conteggi relativi alle esperienze praticale dal Bonati. Egli calcolò allora
una scala padimetrica a differenze seconde costanti ; ma dietro ulteriori con
siderazioni conchiuse che questa poteva valere da un metro sotto guardia fin-
alla piena massima , e che per le altezze minori fino alla magra massim
sarebbe preferibile la mia scala (2).
258 Nella Notizia precitata sulla piena de' fiumi della Lombardia ne» au
tunno del 1855 dichiarai che la scala del Possenti così rettificata era preferì
bile alla mia. Ma considerato in pari tempo che dopo il 1807, fatta eccezion
della piena massima dell' 8 novembre 1859, si sarebbero avute nove delle ma!
glori piene le cui portale massime al confronto di quella media del 1827 non
differirebbero che dall' 1,56 al 15,26 per mille in più, o dall'1,50 all'8,84 per
mille in meno, ne inferii, che approssimandosi il fiume al colmo della piena
modifica la forma del suo alveo in guisa da prestarsi ad uno scarico sempre
più libero. In conseguenza di che s' accrescono con una progressione più ra-
pida , non solo le differenze prime , ma eziandio le differenze seconde delle
portate, di modo che per un decimetro d'alzamento le differenze prime di 80
a 90 metri cubici date dalla scala padimetrica del Possenti abbiano a divenne
forse più che doppie o triple.
259 L'ispettore Scotini nell'ultima sua Memoria, prendendo per dato una
sezione rilevata tra Francolino e Fossa d'Albero, e la pendenza del pelo d'acqua
della piena massima dell' 8 novembre 1859 per quel tratto del Po ne avrebbe
determinata la portata unitaria in m. e. 7195 (pag. 55), misura che il Possen i
considera eccessiva, per le ragioni esposte in una Memoria inserita nel fascico
di febbrajo 1867 del Politecnico. Ivi dà una nuova scala padimetrica giusta
quale al confronto della precedente, per la piena massima del 1859 si avreb
un lieve aumento di portata di circa il 2 per %.
(1) Vedasi ivi il prospetto V.
(2) Mera, precit. pag. 141.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 407
240. In un articolo da me inserito nel fascicolo successivo dello stesso pe-
riodico porgo uno schiarimento al mio concetto preaccennato. Dimostro che l'ap-
plicazione delle forinole del moto equabile per la portata dei fiumi richiede la
condizione della permanenza del deflusso, durante il quale la posizione del filone
collima con quella del thalweg. Ma avvenendo una piena , come sarebbe nel
Basso Po, per la quale in sei o sette giorni la portata del fiume diviene tripla
o quadrupla, ne consegue una notevole perturbazione del suo reggime , in
quanto che si modificano gli elementi del moto delle acque, e principalmente
la posizione del filone che in luogo di seguire il solco preesistente del fondo
viene ad attraversarlo con moti verticosi i quali riducono a minor misura la
superfìcie utile della sezione fluviale. Quando ne' primi cinque o sei giorni di
piena crescente l'alzamento orario sarà di dieci ad otto centimetri, massima
sarà la perturbazione, attesa l'inefficacia del lavorio della corrente per ridursi
l'alveo ad una forma normale. Mano mano però che la piena si approssimerà
al colmo, e gli incrementi orarii d'altezza si ridurranno a due, e ad un cen-
timetro fino a rimanere per molte ore stazionario il pelo d'acqua, crescerà
l'efficacia dell'azione della corrente per raggiungere lo scopo preaccennato,
scemandosi la perdita della sua forza viva, cosicché potrebbe allora aversi un
aumento di portata anche senza alzamento di livello, aumento che dovrebbe
proseguire, abbenchè in minore misura, coi primi decrementi successivi d'al-
tezza. In istato di piena crescente, attesa la mentovata causa perturbatrice, le
portate effettive dovrebbero da principio essere minori delle calcolate, concor-
dando maggiormente con queste nell' approssimarsi al colmo , presso il quale
dovrebbesi, come si disse, avere qualche eccesso, cosicché ne verrebbe una
specie di compensazione che diminuirebbe il divario del calcolo della por-
tata integrale della piena. Per siffatto motivo mi sono attenuto ancora alla
scala primitiva del Possenti combinata colla mia tanto pei calcoli dei deflussi
medj del Po ne' tredici anni dal 1827 al 1840, quanto per una monografia
delle sue piene autunnali del 1839 che aggiungerò in fine. Giusta la scala
primitiva del Possenti la portata della piena massima 1859 a Pontelagoscuro
sarebbe di 6263 m e. mentre , come vedemmo , lo Scotini la accrescerebbe
fino a 7195 m. e.
241. In quanto alla piena massima del Reno, questi suppose (§ 83) che il
Brighenti ne avesse misurata la portata alla sezione di Malta, la quale non è
già alla Panfilia, ma bensì sotto la confluenza della Samoggia, e che sia risultata
di 1054 m.c. Ma ho motivo di credere che il Brighenti l'abbia invece dedotta
da un calcolo da lui istituito sulla capacità dell'alveo del Reno fino alla som-
mità de' suoi argini sistemati, in relazione ad una piena massima ipotetica alla
chiusa di Casalecchio, calcolo sull'attendibilità del quale troverei da eccepire (1).
(1) Il Brighenti, in una Memoria letta nel 1850
all'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna,
notando le difficoltà di determinare la portata dei
fiumi in acque grosse cogli istromenti idrometrici,
e che 1' osservazione debba rivolgersi, non agli ef-
letti parziali o elementari, ma agli integrali e finali
con metodo sintetico, fa a tal fine la proposta che
segue ; « scegliere un tronco de' più regolari di
« un fiume, determinarne la forma e misurarne la
« capacità fra due estremi. A questi estremi dovreb-
« bero collocarsi due idrometri graduati di centi-
« metro in centimetro e due osservatori che regi*
408 STUDJ IDROLOGICI E STORICI (
Uria misura dedotta colla formola di Eytelwein la darebbe invece il
per la botta Interim, prossima a quella località, due chilometri
della foce della Samoggia , in una sua Memoria del 1858 sul Reno
Barilari
a valle
rispetto
alla piena del 9 gennajo 1856, che segnò all'idrometro di Casalecchio 6\88
« strassero la contemporanea altezza dell' acqua
« sopra l'origine contemporaneamente stabilita. Co-
fi nosciute per un medesimo istante le altezze d'acqua
« agli estremi dalla prima osservazione alla succes-
« siva, e così via via verrà a conoscersi quanta parte
« della nota forma e capacità del tronco di cui si
« tratta è stata riempita, e quindi la portata del fiume
« nel tempo corso fra due osservazioni. Questo con-
fi cetto, che mi sembra potersi mettere in atto senza
« gravi difficoltà, e conducente alla meta, abbiso-
« gna di molto maggiore investigazione e di prove,
«• alle quali non ho potuto accingermi fin qui, seb-
« bene l'abbia desiderosamente agitata nell'animo,
« e sarà soggetto di altri studj che sottoporrò alla
« nostra accademia ».
Dopo quindici anni , il 9 marzo 1865 propose
di nuovo alla stessa Accademia il medesimo concetto.
Io fin da principio gli feci osservare , che sup-
posta costante la forma dell' alveo , considerato il
tronco in questione siccome un lago, le variazioni
del suo volume per un dato tempo rappresenteranno
sempre la differenza in più od in meno fra l'afflusso
della sezione estrema a monte e l'efflusso di quella
avalle, cosicché se non si determina la portata del-
l' uno o dell' altro, si avrà sempre la differenza di
due incognite, dalla quale nulla si può ricavare.
E ciò anche nel supposto che 1' alveo del fiume
rimanesse inalterato. Che se invece avvenissero in
esso le modificazioni accennate al g 240, per le
quali presso il colmo di una piena potrebbe aversi
aumento di portata senza alzamento delle acque, ed
anche col primo loro abbassamento ; ne risulterebbe
una prova di più che da tali alzamenti nulla si
può ricavare rispetto alla portata della piena.
Nella prima di quelle circostanze poi, oltre al con-
cetto preaccennato, altro ne esponeva il Brighenti
per porre a confronto la capacità dell'alveo del Reno
colla portata integrale di una piena massima, quale
sarebbe stata quella del 13 settembre 1842, supposto
di già occupato l'alveo da una piena ordinaria. La
cubatura totale dell'alveo del Reno fino al ciglio
delle sue arginature sistemate dalla Chiusa di Ca-
salecchio alla foce in mare, sarebbe, secondo lui, di
met. cub. 75 961 440, e la portata integrale di una
piena della durata di ore 21 , 4%oo della media
portata unitaria di m. e. 986 per 1", darebbe egual-
mente il volume di 75 961440 m. e. L'accordo di
que' numeri sarebbe talmente perfetto e strano che
qualche incredulo potrebbe dubitare essere effetto
del caso.
Io , fin d* allora osservai al mio amico che tro-
vava inattendibile quel calcolo col quale egli sup-
porrebbe che la piena occupasse tutta la capacità
dell'alveo, quasi che fosse questo una vasca a la-
vello orizzontale destinata a contenerla, mentre il
suo riempimento ha luogo per tronchi parziali e
successivi dell'asta del fiume. Distinguendo difatti
il volume totale della piena, da lui esposto in circa
76 milioni di m. e. in 25 milioni di piena cre-
scente, 26 milioni di colma, e 25 milioni di piena
decrescente, notai che la prima porzione della piena
avrebbe in parte occupato l'alveo; in maggior mi-
sura la seconda fino al colmo; ma che la terza
vi concorrerebbe all' abbassarsi e fino al cessare
della piena, talché non avrebbe alcuna influenza
nel riempimento massimo dell' alveo che importa
di conoscere.
Aggiungeva che per risolvere il problema sarebbe
mestieri determinare per ogni sezione trasversale
dell'alveo la curva del fiotto della piena, le cui
ascisse fossero i tempi , e le ordinate le altezze, e
quella eziandio le cui ordinate fossero i deflussi.
Fatto ciò per la prima, si dovrebbero col calcolo ricer-
care le modificazioni di quelle curve per la sezione
successiva in conseguenza del riempimento progres-
sivo del tratto d'alveo interposto, e così progredire
fino al termine. La curva longitudinale che unisse
i colmi di tutte quelle curve parziali delle altezze
rappresenterebbe il livello cui giungerebbe il pelo
d'acqua della piena nel suo colmo, dal quale si ri-
caverebbe quello da assegnarsi alla sommità degli
argini con un franco normale. Da questi pochi cenni
è agevole il dedurre 1' estrema difficoltà , per non
dire l'impossibilità, di tale calcolo, ove si volesse
istituirlo con rigore matematico, molto più qualora
dovesse comprendere le confluenze.
L' amico non convenne nel mio ragionamento , e
riprodusse il suo calcolo, unendolo alla citata Rela-
zione sulla livellazione del Reno (alleg. XIII), ove
la stessa portata di piena si indicherebbe calcolata,
non più per quella del 1842, ma per la massima
del 1844, che superò l'altra di 0m,165 sulla chiusa,
e di 0rn,35 all'idrometro del ponte di Casalecchio,
dicendosi ivi che la portata del Reno alla sezione
di Malta poco sotto la Samo^ioy^arebbe dil054m.c.
fino al ciglio degli argini sistemati. Nelle sue Ricer-
che geometriche ed idrometriche precitate del 1862
riporta lo stesso calcolo, ma ancora per la piena
del 1842.
Lo Scotini al § 78 delle sue Memorie, nota: « fer-
« mandoci particolarmente intorno alle piene del
« Reno, accenneremo come il professore Brighenti,
« che su queste ha fatto molti e maturi studii,
« osserva che esse non discendono come un' alta
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 409
sullo zero (1). Egli dice che la portata del Reno sarebbe ivi stata di metri
cubici 1067; notando però che in quell'occasione la Samoggia ebbe una piena
di poco momento. E poiché tale piena sarebbe stata presso la chiusa di 0ni 37
più bassa di quella del 1842, la quale fu accompagnata da notevoli rotte, se 'ne
può inferire che se questa fosse stata contenuta e con un maggior afflusso da
parte della Samoggia, la sua portata in quei punto avrebbe verosimilmente su-
perato i 1200 m. e.
242. Lo Scotio!, considerando che una piena massima del Reno associata ad
una piena massima del Po, verrebbe da questo rigurgitata, suppone che si
rallenterebbe 1 afflusso di quella, e che la sua portata di 1054 m. e non po-
trebbe oltrepassare i % , ossiano 700 m. e. alla sua confluenza in Po. Per lo
stesso pnnc.pio il professore Turazza ridurrebbe ivi la portata della piena del
Reno alla metà, ossia a 517 m. e. (2). Io per verità non potrei convenire in
tali illazioni, considerando le circostanze da cui dipende l' attenuamento delle
piene, e cioè la capacità dell'alveo da riempirsi a valle. Una piena massima
del Po impiega di solito oltre ad una settimana per portarsi al colmo mentre
una Piena dei Reno impiega poco più di un giorno. Ne consegue che la capa-
cita dell alveo del Reno viene occupata avanti al colmo della sua piena dalle
acque di rigurgito del Po , e da quelle della sua piena crescente pure rigur-
gitata, nducendosi a minor misura la capacità disponibile dell'alveo stesso
lino a raggiungere un tal limite presso la foce. Nel 4 settembre 1842 il colmo
della piena di Secchia con una latitudine di 0m,25 nella sua altezza durò 21
ore , e quello della piena contemporanea del Panaro a Navicello con una la-
« onda che percorra l'asta del fiume dalla Chiusa
« di Casalecchio al mare, ma sibbene per modo che
« la piena scendendo, e mano mano riempiendo il
«vuoto alveo, impiega nello scaricarsi dall'uno
« all' altro tronco un tempo sempre maggiore a
« misura che passa pei tronchi inferiori , per cui
« sempre minore ne risulta la misura della sua
« portata ».
Al g HO per altro lo stesso Scotini, parlando
delle piene repentine de' torrenti, dice che il loro
colmo di breve durata scende come onda più o meno
distesa lungo l'asta del torrente stesso. Egli adunque
ammetterebbe queir onda , e dicendola più o meno
distesa accennerebbe appunto all'attenuamento pro-
gressivo della portata massima, e quindi alla mag-
gior durata, siccome risulterebbe anche dal calcolo
delle mentovate curve.
Nella mia Memoria del 1843, Altre osservazioni
, sul Po, pag. 8, e nella successiva del 1846, ripro-
dotta nel 1854, Sulla statistica de' fiumi, pag. 19,
indico come per la piena autunnale del 1839 abbia
delineate quelle curve delle altezze per tutti gli
idrometri del Po, le quali rappresentano appunto
il fiotto di essa, e serviranno per una breve mo-
nografia della medesima, che, come dissi, aggiun-
! gerò in fine. Quel!' onda, o fiotto che dir si voglia,
non è propria così dei soli torrenti per le loro
piene repentine, ma, giusta quanto è ivi accen-
nato, lo si riscontra eziandio pei maggiori fiumi.
E se il calcolo rigoroso di quelle curve è presso-
ché impossibile e soverchia i mezzi della scknza,
altrettanto non può dirsi per un calcolo approssi-
mativo, come appare dal saggio che ne porge il
chiarissimo Humphreys nella sua bella monografia
del Mississippi, onde determinare il livello della
sua piena massima allorché sarà contenuta dagli
argini. 1 dati sui quali è regolato quel calcolo sono
sicuramente incerti, particolarmente per gli efflussi
delle rotte; ma il processo del medesimo è inge-
gnosissimo, ed il principio da cui parte razionale.
Le osservazioni dei fatti ed il loro coordinamento
per lo studio dei fenomeni idrologici, mi sembra
che costituiscano una vera sintesi fondata sui loro
effetti finali. E se a tale metodo non si attennero i
nostri padri, lo si deve attribuire alla mancanza
degli elementi all'uopo necessari, che ora può som-
ministrare la statistica de' fiumi.
(1) Sul Reno e sui provvedimenti da adottarsi
Ferrara 1858, pag. 15.
(2) Scotini. Memorie precit., dal § 81 all' 84;
Turazza. Esame ecc., § 82,
410 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
Mudine di 0m,50 darò 24 ore (1), cosicché se quest'ultima fosse stata conte-
nuta dagli argini sarebbe giunta colla sua portata massima alla foce in Po ,
resosi iu così lungo tempo permanente il deflusso sull'intera asta dell'influente.
Ne consegue che altrettanto debba avvenire per una delle maggiori, ed insi-
stenti piene del Reno , misurata in un punto omologo del suo corso come
sarebbe appunto sotto la foce della Samoggia ; tal che giungerebbe al Po con
una portata massima fra i 1000 ed i 1200 m. e.
245. Si conviene che ben difficilmente si verificherà il caso di una piena
massima dei Reno coincidente con una piena massima del Po; ma non potrà
dirsi altrettanto per una piena del primo che alla foce raggiunga soli 700 me.
di portata. In tal supposto si avrebbe, giusta il calcolo dello Scolmi, ^ele-
vazione del pelo d'acqua del Po di 0m,66, che si accrescerebbe fino a 0 ,77,
attenendosi alla portata del Po determinata colla scala del Possenti. Lo Scotini
suppone che una piena massima del Reno, associandosi ad una pure massima
del Po dovrebbe concorrere ad approfondare 1' alveo per 20 o 50 cent. , co-
sicché 1' alzamento del pelo d' acqua per l'accresciuta portata si ridurrebbe dai
0m 66 a 0m 56 od al più 0m,46. Io non avrei difficoltà ad accordare siffatto ap-
profondamento qualora si trattasse di un affluente lacuale limpido. Ma attesa
l'estrema torbidezza del Reno sono persuaso che anche nel caso di una delle
sue maggiori piene contemporanee, quale sarebbe quella della portata di 700
m. e, non avverrebbe escavazione di sorta, cosicché starebbe per lo meno l'al-
zamento del pelo d' acqua di 0n',66 (2).
(1) Memoria precit. Sulla pianura subapennina ,
prospetto V.
(2) Mentre era in corso di stampa questo foglio,
mi giunse l'Appendice del mio amico Comm. Possenti
sulla sistemazione idraulica della Val di Chiana, ove
alla pag. 48 così si esprime :
« Il compianto ispettore del Genio Civile Comm.
e Scolini, nella sua bella Memoria sulla sistema-
« zione idraulica delle provincie di Bologna, Fer-
« rara e Ravenna, annunciò, forse pel primo , la
« proposizione che il fiume che sfocia in un reci-
« piente in piena con sezione rigurgitata diminuisce
« la portata dell' efflusso alla foce. Questa propo-
« sizione'ì che a tutta prima poteva sembrare pa-
« radossale , riceverebbe da questo Prospetto una
« dimostrazione pienissima di verità » .
Ciò sarebbe in opposizione alle cose esposte in
questi due gg; ma dal semplice ragionamento pas-
sando alle cifre, sarà agevole dimostrare l'aggiu-
statezza del mio concetto all' appoggio dei dati
risultanti dal profilo della proposta nuova inala-
zione del Reno nella tav. Ili della Memoria Scotini
precitata.
La piena massima del Po del 1857 si conservò
in colmo per 24 ore, colla latitudine di soli 13 cen-
timetri; e l'orizzontale del suo pelo d'acqua inter-
secherebbe il fondo del Reno presso la Panfilia. La
misura della portata della piena di Reno di 700 m. e.
la supponiamo fatta alla botta Interim ad 11 chi-
lometri a monte. Gli argini di nuova inalveazione
del Reno sarebbero in sommità distanti 160m. Sup-
ponendo che quella piena di Reno duri nel colmo
12 ore, il suo volume sarebbe di circa 30 milioni
di m. e; quella di piena crescente, supposta pure
di 12 ore, con una portata media di 370 m.c, da-
rebbe altri 16 milioni, ed ammettendo eguale la
piena decrescente , il volume della piena integrale
risulterebbe di 62 milioni di m.c, e quindi sarebbe
il terzo di una piena massima del Reno-Samoggia
desunta da quella del Panaro del 1 842 (§183). Sul pelo
d'acqua di rigurgito della piena massima del Po,
con un'altezza media di lm,30, si avrebbe circa
un milione di m. e. per 1* ultimo tronco di nuova
inalveazione di 5 chilometri, partendo dalla focej
cinque milioni si avrebbero pei successivi 10600m
fino alle pescaie proposte , con un' altezza media
di 3m; '1400 000 m.c. si avrebbero nella rapida
di esse pescaje della lunghezza di 2500m fino alla
Panfilia, coll'altezza media di 3m,50; quindi in tutto
7 400 000 m. e. Aggiungendovi altri 3 800 000 m.c.
per gli 11 chilometri a monte fino alla sezione mi-
surata, ne risulterebbero in tutto undici milioni
circa di m. e. per la capacità dell' alveo. Ora, dei
16 milioni di m. e. di piena crescente, supposto
che sei s'impieghino a riempire l'alveo, discende-
rebbero alla foce i residui 10 milioni. Pei ?>0 mi-
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 41.1
244. Abbiamo veduto al § 187 che al confronto di Ostiglia neh" ultimo ven-
tennio la media di sette magre massime sarebbesi alzata di cent. 11 a Ponte-
lagoscuro, e di cent. 40 alla Quatrelle presso la foce del Panaro. Lo che sa-
rebbe indizio di un prevalente alzamento di fondo in quest'ultima località, il
quale sembra avere influito anche sulla elevazione della piena massima; imper-
ciocché quella del 1857 avrebbe ivi superata l'anteriore dell'8 novembre 1859
di 0m,26, mentre a Pontelagoscuro, a circostanze pari di deflusso, le due piene si
elevarono allora al medesimo livello. Se tali effetti si hanno per la confluenza
del Panaro, si potrà di leggieri prevedere come abbiano ad essere più rilevanti
coli' aggiunta del torbidissimo Reno. Non credo quindi di allontanarmi gran
fatto dal vero supponendo che in tal caso in non lungo corso d'anni dovesse
accrescersi ivi l'altezza delia magra e quindi del fondo del Po di oltre un
metro, alzamento che mano mano si propagherebbe nel tronco a monte, e per
lungo tratto in quello a valle, con notevole avanzamento del brusco scaglione
del fondo del Po rilevato co' suoi calcoli dal Possenti (V. dal § 197 al 201),
con danno incalcolabile degli scoli dei Mantovano a destra e fors' anehe di
quelli alla sinistra del fiume senza raggiungerne con ciò lo stabilimento (1).
245. Combinando siffatto verosimile alzamento di magra e di fondo con quello
dianzi calcolato del livello di piena massima del Po associata ad una piena
considerevole, ma non massima del Reno nel limile più moderato di 0m,66,
ne risulterebbe un alzamento di essa piena del Po di lm,66. Supposto pure
che per l'accresciuta pendenza del fondo e del pelo d'acqua e per qualche
dilatamento di sezione dovesse deprimersi alcun che, potrebbe però sempre
riuscire l'alzamento di lm,50. Le arginature del Mantovano non prevalgono,
lioni poi di colma del Reno , cinque soli bastereb-
bero a riempire 1' alveo , cosicché, compiutosi ciò
nelle prime sei ore , durante le quali il fiotto di
piena massima si propagherebbe fino alla foce, per
le sei ore consecutive il Reno si scaricherebbe in
Po con moto permanente in ragione di 700 m. e.
per 1", quindi senza attenuamento di portata. Se
fossimo invece partiti dalla Panfilia, come suppose
lo Scotini, ad 11 chilometri a valle, l'afflusso per-
manente della piena del Reno in Po si avrebbe
assai prima.
(1) In quanto agli scoli del Mantovano a destra
se ne parlerà più avanti, allorché si tratterà della
loro condizione. Rispetto poi a quelli della si-
nistra sul territorio veneto che continueranno a
scaricarsi in Po anche dopo compiuta la bonifica-
zione dei consorzi padani sul territorio Veneto, mi
mancano dati positivi di fatto per parlarne con fon-
damento. Ma siccome l'alzamento della magra e
delle piene del Po si propagherebbe in notevole
misura tanto a monte quanto a valle della nuova
foce del Reno e verisimilmente fino al disotto della
Fossa Polesella, è a prevedersi che quegli scoli pure
ne riuscirebbero assai pregiudicati.
Nel dorso dell'Adige sotto la foce dell' Alpone,
Giom. big. — Voi. XVI. — Luglio
di cui si è parlato al g 193, il cavallo, o colmo, si
troverebbe a due chilometri a valle, e sembra con-
tinuare lo spalto per altri quattro chilometri. Nel
dorso del Po alla foce del Panaro, giusta la livel-
lazione del 1852 di cui si è fatto cenno nella nota
al g 202, si avrebbero le pendenze seguenti del
pelo d'acqua di una magra pronunciata di 4m,94
sotto guardia a Pomelagoscuro. Nel 1.° tratto di
1900m,0,122 per mille; nel 2.° di 860m,0,103; nel
3.° di 3320m da 0,123 a 0,126; nel 4.° di 5300m da
0,106 a 0,100; nel 5.° di 3140m da 0,093 a 0,089;
nell' ultimo di 4550m fino all' idrometro di Ponte-
lagoscuro 0,071; 0,077; 0,071.
La minorazione delle pendenze nei tratti più pros-
simi a Pontelagoscuro sembra effetto del notevole
dorso della Rimbaldese , di cui si è parlato nella
nota precitata, e che costituirebbe una delle più
notevoli anomalie di fondo dell'ultimo tronco del Po.
Mi mancano i dati pel tronco inferiore rispetto
ad una magra simile; ma in quanto a quella ordi-
naria, cui si approssimerebbe il pelo d'acqua del
22 settembre 1813, di 3,m70 sotto guardiana pro-
gressiva diminuzione della pendenza viene indicata
al g 203.
1868 c>7
412 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
ove sono maggiormente elevate, più di 0m,40 sulla piena del 1857, ed in tratti
lunghissimi il franco loro riducesi a meno di 0m,20. Supposto quindi per ter-
mine medio il franco di 0m,30, verso la Stellata verrebbe soverchiato l'argine
in altezza di lm,20 ; cosicché per assegnargli un franco normale di 0m,80 sa-
rebbe necessario di elevare gli argini neir enorme misura di 2m.
246. In quanto al maggior protendimento delle foci del Po per l'aggiunta
del Reno, il professore Turazza, partendo dal supposto che il rapporto delle
piene dei due fiumi sia di 1 : 347, pensa che, avuto eziandio riguardo alla
maggior torbidezza del Reno, l'aumento dovrebbe essere al dissotto di un cente-
simo. Avendo per altro dimostrato al §181 che il rapporto delle piene sarebbe
invece, secondo me, di circa 1:43, col porre a confronto i moduli dei due
fiumi, siccome avrebbe fatto il Turazza ai §§ 96 e 97 della sua Memoria pel
Reno e per gli altri torrenti inferiori, ne consegue che quello dei protendimene
potrebbe essere di circa 1 : 14, quindi con un incremento del 7 per 100, che
non sarebbe di lieve momento per le sue conseguenze , le quali si estende-
rebbero anche al mentovato avanzamento dello scaglione nel fondo del Po al
dissotto di Zocca.
247. Nell'adunanza del 25 luglio dello scorso anno, lessi a quest'Istituto una
Memoria sul voto della Commissione provinciale di Milano concernente i pro-
getti di canali irrigui dell'Alto Milanese, e dimostrai ivi come fossero erronei
i calcoli dai quali essa partiva per dichiarare innocuo un moderato invasa-
mento del Lago Maggiore al duplice scopo di accrescere la portata delle acque
utilizzabili, e di abbassarne le piene; ed esponeva i motivi pei quali conside-
rava siffatto piano sommamente pregiudicevole al reggime del Ticino e del Po,
ed all' interesse dei terzi. Ciò diceva dopo vent'otto anni di studj sulla dottrina
dei laghi, e particolarmente sulla condizione idrologica di quelli della Lom-
bardia, rettificando la mia opinione esternata in Memorie precedenti sulla con-
venienza di moderati invasamenti pel primo degli scopi summenzionati. Ora per
sovrano decreto 30 gennajo ultimo scorso sarebbesi accordata la concessione
della derivazione di canali irrigui dai laghi Maggiore e di Lugano tanto nella
stagione estiva quanto nella jemale in una misura eccedente quella considerata
dalla Commissione Provinciale di Milano, misura che richiederà invasamenti assai
più notevoli di quelli da essa calcolati. In quel decreto è detto che l'attuazione
del progettato divisamento non può arrecare alcun pregiudizio al buon governo
delle acque pubbliche, né all'interesse dei terzi quando si osservino le oppor-
tune cautele. Trattandosi di un punto puramente tecnico intorno al quale ho
fatti, come dissi, studj speciali, non potrei convenire in quella sentenza, e
qualora il piano si mandasse ad effetto, prevedo che concorrerebbe esso pure
a pregiudicare il reggime del Basso Po collo scemare l'azione moderatrice del
Lago Maggiore nelle sue piene (1).
(1) In un periodico di Pavia è pubblicata la Re-
lazione di quella deputazione provinciale al Consiglio
raccoltosi sui primi dell' aprile scorso , il quale
avrebbe deliberato di porgere reclamo al governo
del Re perchè venga revocato il R. decreto 30 gen-
najo 1868, siccome quello che è evidentemente con-
trario all'art. ÌU della legge 20 marzo 1865. Ivi
è detto :
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 413
248. I pubblici fogli annunziarono pure che l'onorevole sig. cornm. Grattoni,
ispettore del Genio Civile, faceva studj per proporre un piano di sistemazione
del corso del Po onde migliorarne la navigazione. Neil* ultima mia Memoria
precitata, ed in altra anteriore, esposi i motivi pei quali un tale piano, oltre
all'immenso dispendio che richiederebbe, tornerebbe sommamento dannoso al
reggime del Basso Po, col promovere l'alzamento del suo fondo, e l'elevazione
delle sue piene.
Avanti di prendere in esame le modificazioni che si dovrebbero a mio av-
viso introdurre nel progetto Scotini per l'immissione del Reno in Po, in rela-
zione alle premesse considerazioni , gioverà procedere a quello delle difficoltà
che si oppongono a conservarlo, insieme agli altri fiumi torrenti del Bolognese
e della Romagna, nell'odierna sua inalveazione.
XXVII. Esame dei principj secondo i quali il Lecchi ha
proposto e fatto intraprendere l' inalveazione del Reno e
dei torrenti inferiori nel Priiuaro*
249. Le premesse considerazioni sul reggime del Po e sulle alterazioni cui
potrebbe soggiacere coli' immettervi il Reno, sono il frutto di lunghi studj
sulla statistica del primo, e delle notizie simili che ho potuto raccogliere per
l'altro, e quantunque trattisi di argomento gravissimo ed assai involuto ho
qualche fiducia di non essermi gran che allontanato dal vero nelle mie dedu-
zioni. Altrettanto non posso dire rispetto alla sistemazione delle acque alla de-
stra del Basso Po, qualora si rinunziasse al piano preaccennato, imperciocché,
come già osservai, mi mancherebbe quel corredo di cognizioni locali che
si richiede onde emettere un giudizio positivo sopra un' operazione cotanto
complicata. Dovrò quindi limitarmi all' esame della questione sotto un aspetto
generale, e procurare di porre d'accordo i principj idrologici colle princi-
pali circostanze di fatto che ho potuto verificare anche senza avere visitati i
luoghi; e se estenderò le mie considerazioni ai provvedimenti che reputerei
opportuni, Io farò in via di massima soltanto , senza entrare ne' particolari di
progetti esecutivi.
250. Dai cenni storici da me riassunti nella II parte di questa Memoria ri-
sulta all'art. XVII che dopo il 1766 il piano <T inalveazione del Reno e degli
« Quando si tratti di nuove derivazioni, a tempo
« indeterminato, dai fiumi e laghi, il governo dovrà,
« prima di decidere , provocare il parere dei con-
« sigli provinciali che possono avervi interesse »,
pratica cui si è sorpassato rispetto al Consiglio
provinciale di Pavia.
Con quella Relazione si riproduce per tenore la
chiusa della mia Memoria, in questi termini :
« Ma se si persistesse nell' idea di far servire la
"Chiusa anche all'abbassamento delle piene del
« Verbano, egli è naturale che si dovrebbe proce-
c dere ad una nuova inchiesta con una Commis-
« sione tecnico-amministrativa, ove fosse rappre-
« sentata , non solo la provincia di Milano , ma
« eziandio quella di Pavia, la quale verrebbe esposta
« ai maggiori danni per siffatta innovazione; danni
« che, dipendendo non più esclusivamente da forza
« superiore, ma in gran parte dall'opera dell'uomo,
« porgerebbero titoli inconcepibili (leggasi inecce-
« pibili) ad adequati risarcimenti ».
414 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
altri torrenti inferiori sonosi concretati dai tre matematici Lecchi , Temanza e
Verace, che ne assunsero eziandio la direzione principale, se non l' immediata,
pel primo sejennio almeno, ne' modi che vedonsi specificati nella Relazione,
ossia voto steso dal Lecchi (1). In questo egli esordisce col maravigliare come
da tanto tempo si contestasse la scelta della linea di nuova inalazione del
Reno, mentre quella allora seguita dal fiume era a suo avviso la più conve-
niente dalla rotta Panfilia al cavo Benedettino , ove sarebbesi naturalmente
inalveato nelle proprie alluvioni, dichiarandola segnata dalla natura.
551 Eo-li riconosceva necessario per la nuova inalveazione sotto la Panfilia
di assegnare 15 pertiche (57m) all'alveo del Reno e 20 pertiche (76m) alle golene
che trova utili per allontanare dall' argine il pericolo di corrosione. Successi-
vamente aggiunge che giovano eziandio le golene per accrescere la capacita
dell' alveo. Dice che i torrenti torbidi entrati nel Primaro lo hanno escavato
in misura considerevole; che gli argini i quali lo separano dalle valli di Co-
macchio sono sicurissimi ed impenetrabili; che conviene pensare a costruire
gli argini alla sua destra onde liberare dalle inondazioni estesissimi territorj;
portando ivi la larghezza della golena a 30 pert. (104m).
252. La nuova inalveazione doveva praticarsi in varj anni successivi , dando
campo al Reno di colmare i bassi fondi cuorosi, dopo di che si costruirebbero
sopra di essi gli argini , che da principio converrebbe di tratto in tratto
lasciare interrotti. « Se si rovesciasse qualche tratto d' argine poco imporla.
« Insomma qui dobbiamo fare, per così dire, una nuova creazione di rive, di
« golene, di argini, di scavamenti in una parie, e di riempimenti nell'altra.
« Cose tutte, le quali non possono farsi eseguire da altro fabbrichiere che dal
« Reno medesimo; sicché esso trasporti la terra, esso escavi l'alveo, esso
« riempia le cavità paludose , esso assodi le rive. Si rimette adunque alla pe-
« rizia ed alla sagacilà del direttore di quest' opera la scelta di que' spedienti
» che più conducono a far buon uso delle forze e del genio del Reno ».
253 Dopo avere proclamate queste eccellenti massime, e stabilite norme ra-
zionali pel procedimento de' lavori, e per assegnare una competente larghezza
all'alveo ed alle golene, condannando la soverchia avarizia dei Bolognesi nella
misura di queste, e dopo avere detto che al cavo Benedettino le golene sono
di sole 5 pertiche (19m), egli soggiunge verso il termine della Relazione : «Or
« quando la prima volta e' incontrammo in questo cavo Benedettino non prima
« veduto da noi , e quando si osservò attentamente la rapidità del suo corso,
« l'ampiezza dell'alveo, la solidità delle arginature munite delle sue golene, a
« guardammo in viso l'un l'altro con istupore: E questo, si disse tosto, e questo
« è quell'infelice canale cosi male disegnato, e peggio eseguito, come ci ave-
« vano riferito alcuni prima della visita? Questo è quel canale cui manca la
« pendenza necessaria, quando ancora in acque mezzane il Reno vi corre con
« tanta velocità come veggiamo di presente? Egli è vero che dopo dell argine
« di circondario della valle di Gandazzolo, il Reno dal cavo Benedettino si scarica
(1) Raccolta di Bologna, T. IX,
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 415
« per quella rotta al Primaro, abbandonando ora il restante suo cavo che più
« rettamente conducevalo ad isboccare nel Primaro al Morgone. Ma questo di-
ce sastro di qualche rotta è comune a tutte le nuove arginature, e può ora
« ripararsi assai facilmente , quando si voglia , giacché la sostanza del canale
« Benedettino rimane quella di prima, e soltanto ha bisogno di una moderata
« espurgazione del Gandazzolo fino allo sbocco dell' Idice, che è un tratto di
« altre due miglia.
254. Questi elogi sperticati del cavo Benedettino, che non consonavano colle
massime preaccennate per la nuova inalveazione , le faceva il Lecchi nel voto
precitato in seguito alla prima visita del 1766. Ma nel 1775, dopo intrapresi ed
avanzati i lavori pel corso di sei anni sotto la sua direzione, teneva un linguaggio
differente, come ricavasi dalla sua seconda Relazione compresa nelle Memorie
precitate di quell'anno. Ivi nota (pag. 229) che gli architetti bolognesi limita-
rono con soverchia avarizia a sole 5 pertiche (19m) la larghezza delle, golene
del cavo Benedettino, e soggiunge : « Confesso il vero che nel primo incomin-
« ciamento di questa grande operazione , io era tentato di secondare intera-
« mente le mie idee intorno alla latitudine delle golene, o ritirando indietro
« gli argini vecchi, o rifacendo un cavo tutto nuovo con altra direzione. Mi
« spaventò il calcolo dispendiosissimo.
255. È stato pure fatale questo timore di eccedere nella spesa, che ha com-
promesso in grado eminente la riuscita dell'opera. E più strana ancora si fu
la parsimonia colla quale il Lecchi fece eseguire il raddrizzamento del Bene-
dettino onde congiungerlo al Primaro, non più al Morgone, ma al Traghetto.
Imperciocché assegnò ivi al cavo la larghezza di sole 3 pertiche sul fondo e
di 9 pertiche (54m) in bocca ; con golene di 8 pertiche (30m) allo scopo di
non impegnarsi nella demolizione di alcune case dell' abitato , mentre , come
si disse, per la nuova inalveazione fra il Benedettino e la Panfilia determinava
in 20 pertiche la larghezza delle golene, die pel Primaro portava a 30 e 35
pertiche.
XXVII. Regole che hi casi simili sarebbero a seguirsi
onde rendere più sicura l' inalveazione.
256. Ne' cenni idrografici inseriti nelle Notizie naturali e civili sulla Lom-
bardia, parlando delle rotte del Po dimostrai la salutare influenza di ampie
golene a moderarne i disastrosi effetti ne' termini seguenti : « Se fra la rotta
« e l'alveo del fiume s'interpone una spaziosa golena, la breccia viene allar-
j« gata solo per l'azione delle acque che stramazzano nella campagna, rodendo
« gli estremi dell'argine troncato. Ma se l'argine è in froldo, anche le acque
« profonde del fiume risentono la chiamata della rotta, e si volgono a corro-
« dere la sponda sulla quale posa l'argine, il quale in breve ora si vede a
« tratti lunghissimi ingojalo ». Adduco di poi gli esempi delle rotte del Man-
416 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
tovano accadute in froidi, nel 1801 fra 1' Oglio ed il Mincio, e nei 1859 al
Bonizzo sotto Ilevere con brèccie dell' apertura di 500m a 900m (1).
257. In questi casi per altro la notevole altezza della campagna sul pelo
d' acqua ordinario del Po fa sì che nell' alveo di questo continua a discendere
la massa principale della piena. Ma in un fiume o torrente arginato, il cui
fondo sovrasti alle laterali campagne, la rotta del froldo avviene in cavamente,
ossia il corpo prevalente del fiume si dirige in essa minacciando una devia-
zione di corso, ad impedire la quale si richiedono sforzi assai più imponenti.
Egli è bensì vero che qualora trattisi di torrenti, la breve durata della piena
influisce a moderare il guasto, ma ciò non toglie che questo non risulti som
mamente disastroso , e per L' estensione delle inondazioni e per il grave di-
spendio richiesto a porvi riparo.
258. L'inalveazione di fiumi sopra un'alluvione immatura, mancante cioè
dell' occorrevole pendenza, ed il cui fondo sia cuoroso, è problema assai arduo
ma dopo l'errore commesso nella scelta della linea del Reno che supponevas
offrire sufficiente declivio alle acque, l'estrema torbidezza di queste porgeva ur
mezzo di superare le difficoltà, utilizzando le copiose loro deposizioni, seni
precchè fosse stato libero il campo di approfittarne nel miglior modo. Un ar
o-ine elevato sopra fondo cuoroso ha una base incerta, e va soggetto a notevol
cedimenti, particolarmente ove debba portarsi a considerevole altezza, ma se alla
sua costruzione si faccia precedere un generoso alluvionamento, vengono men
gli ostacoli che vi si oppongono. Per un torrente quale si è il Reno sotto la Rotta
Panfilia, sarebbe stato mestieri, a mio avviso, di limitare mediante argini di cir
condario 1' alluvionamento ad una zona di circa 500m, astenendosi dai volerli
estendere ai terreni attigui al fine di bonificarli; al che potevasi provveder
di poi con un ben inteso sistema di scoli. Escavato nel mezzo di quella zon
il canale del fiume, da allargarsi progressivamente coli' azione delle sue acqu
coadiuvata dall' arte , a cento, o cento venti metri di distanza da questo, dopi
essersi sufficientemente alluvionato il fondo , si sarebbero elevati gli argini
prendendo la terra dall'interno a sufficiente distanza da essi con cave eh
dopo poche piene si sarebbero colmate. Ristretta per tal modo l'ampiezza dell
alluvioni sulle golene queste dovevano alzarsi con maggiore rapidità, e quando
avessero raggiunta una sufficiente elevazione si sarebbero approssimati su di
esse gli argini con un trasporto di venti a trenta metri, cosicché veniva a ri-
sultarne verso campagna una banca altrettanto larga atta ad accrescere la sta-
bilità dell'argine per successivi alzamenti, a somministrare presso il suo mar-
gine la terra occorrevole per soprasogli in occasione di piena, ed a rendere
meno disastrosi gli effetti di una rotta. Avanti di procedere al trasporto degli
argini, se, come è naturale, l'alluvione presso di essi, fosse stata troppo bassa
al confronto del suo labbro, vi si potevano promuovere maggiori deposizioni
mediante arginelli trasversali di pochi decimetri d' altezza colla sommità di-
sposta a spalto partendo dal piede dell' argine. La nuova banca risultante
(1) Dalla pag.154 alla 156=
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 417
dall' avanzamento di questo gli servirebbe di contraforte solidissimo, attesa la
notevole pressione cui rimase soggetta insieme al fondo che ne costituisce la
base. Queste mie vedute le espongo perchè ad esse avrò occasione di riferirmi
più avanti (1).
XXIX. Modificazioni introdotte nel piano delle opere dai
successori del becchi.
259. Nel 1773 per la direzione dei lavori al Lecchi fu sostituito l'ingegnere
piacentino Giovanni Andrea Boldrini che prestò l'opera sua fino al 1786 in cui
avvenne la sua morte (2), dopo di che gli succedette l'ingegnere Attilio Àrnol-
fìni lucchese che li fece proseguire fino al loro compimento nel 1790 (3).
260. Il Boldrini fece compiere la nuova inalveazione del Reno dal Benedet-
tino alla Rotta Panfilia, formandovi le spaziose golene proposte dal Lecchi. Per
accrescere poi la cadente alla inalveazione generale e togliere viziose tortuo-
sità del Primaro, per le quali se ne moltiplicavano i froldi, fece eseguire nel 1773
il primo drizzagno di Argenta; nel 1780 il secondo alla Madonna de' Boschi, e
nel 1782 il terzo più considerevole di Longastrino, quindi il quarto fra il Tra-
ghetto e la Beccara. Venne pure tracciato il quinto di Corcandolo, la cui ese-
cuzione per altro non avvenne se non nel 1824. In que' drizzagni si sono pure
formate ampie golene , allorché vennero chiuse a sinistra le spaziose casse
che eransi riservate alle espansioni delle piene.
XXX. Rettificazione di circostanze di fatto concernenti
l'attuale inalveazione del fieno.
261. Una delle più imponenti difficoltà che presenta questa inalveazione del
Reno è la considerevole elevazione delle arginature che converrebbe rialzare
tuttavia qualora vi si introducesse ridice cogli altri torrenti minori tolti dal-
l'attuale colmata, avuto in ciò riguardo alla natura cuorosa e quindi cedevole
per lunghe tratte del fondo che ne costituisce la base. Il Brighenti, nella pre-
citata sua Memoria letta nel dicembre 1855, così si esprime (§ 11 e 12).
262. L'ultimo tronco della inalveazione del Reno è sopra terreno general-
« mente cuoroso, e vi occorrono amplissime basi a costiparlo in proporzione
(1) Questo concetto di promovere nelle nuove inal-
veazioni di torrenti torbidi sopra terreni bassi l'al-
luvionamento di una zona estesa e di approssimare
di poi gli argini sulle golene abbastanza rialzate,
ricavandone così una robusta ed estesa banca a tergo
di essi, lo credo nuovo, e mi sembra che abbia a
riuscirne utilissima l' applicazione. Ne avevo dato
un cenno nella nota finale (D) alla mia Memoria del
1858 sulle inondazioni della Francia, ma con un
piano di lavori cui preferirei il metodo più sem-
plice ora proposto dietro ulteriori studj.
(2) Intorno al 1761 vi era stata una viva contro-
versia fra il Lecchi ed il Boldrini per la sistema-
zione di alcune arginature alla sinistra del Po a
S. Rocco di fronte a Piacenza, risultante dalle scrit-
ture allora pubblicate dall' uno e dall' altro.
(3) Memorie precitate per la storia del Reno, del
canonico Bertoldi argentano.
418 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
« del peso da sopraporvi. L'occorrente rialzamento di metri 1,50 sopra il colmo
« attuale dimanderebbe banche, sottobanche, e piazze basse estesissime per ese-
« guirlo con fiducia di stabilità, come fu fatto al froldo Manica, onde la spesa
« riuscirebbe enorme sopra una lunghezza di miglia 50 almeno a destra e
« sinistra. E dico di 50 miglia perchè gli attuali rigurgiti dei torrenti inferiori
« arrivano a Torniano nelle massime piene , e coli' Idice arriverebbero alla
« Panfilia.
« Poniamo già fatto questo rialzamento, quale sicurezza potrebbe aversi con
« argini soprastanti in qualche sito metri 14,50 sulle campagne, e prossima-
« mente metri 12 sul fondo del tronco inferiore dalla Beccara al mare?
265. Le arginature della nuova inalveazione del Reno dalla Panfilia al mare
si estenderebbero, giusta il profilo di livellazione ufficiale, dai chil. 45 al 127,
quindi per 82 chilometri, che sarebbero 43 e non 50 miglia di Bologna. Tutto
quel!' immenso apparato di provvedimenti, ossia ài banche, sottobanche e piazze
basse, parrebbe doversi estendere secondo l'esposto all'intera lunghezza della
stessa inalveazione, quasicchè ovunque se ne richiedesse l'applicazione, lo che
non si potrebbe ammettere, scorgendosi per oltre una metà della loro lunghezza
accompagnati gli argini da campagne abbastanza elevate. L' alzamento di essi
poi massimo alla Bastia, presso il mezzo della inalveazione, nel tronco a monte
andrebbe a ridursi a zero al dissotto della Panfilia. Se con un alzamento di
lm,50 l'argine raggiungerebbe, giusta il Brighenti, l'enorme altezza di 14m,50
in qualche sito, sulle campagne, egli parte dal supposto che la sua altezza at-
tuale sopra di esse sia ivi di 13m.
264. Il Barilari, nella Memoria precitata sul Reno del 1858, ammetterebbe
pure che presso la Bastia le arginature in froldo sieno alte 12m sopra i piani
di campagna (pag. 28). L'ispettore Scotini nelle sue Memorie (§14) dice
egualmente che gli argini attuali sonosi portati a torreggiare colla corona 12
o 13 metri sul piano della campagna, circostanza che lo induce a proporre
siccome indispensabile l'immissione del Reno in Po.
265. Il professore Turazza, nel suo esame del 1866 al § 30, così si esprime:
« Ora a qualunque spassionato io chiederei quale dei caratteri superiori si mostri
« adempiuto nell'attuale sistemazione artificiale di Reno-Primaro con argini
« che torreggiano fino a 13 metri sulle adiacenti campagne, con argini pog-
« gianti sopra fondo cuoroso e dove si è presentato il caso del profondamento
« di un intero argine per la lunghezza di ben 70 metri, e colla vasta depres-
« sione delle lagune di Comacchio sulla sinistra del fiume, ed in tanta sua pros-
« simità? Da quanto sono venuto discorrendo sin qui è dunque giuocoforza il
« conchiudere che il voler sostenere Reno-Primaro nella sua linea attuale, ol-
« trecche essere contrario alle più ovvie regole d'arte, sarebbe anche impren-
« dere opera soverchiante di lunga mano i mezzi de' quali noi dobbiamo ra-
ce gionevolmente poter disporre, e tale quindi da non poter reggere di fronte
« ad una spassionata discussione, anche solo in base alle regole di una con-
ce veniente prudenza; per me certamente non saprei come poterla proporre, né
« con quali argomenti appoggiare »,
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 419
266. Il cav. Dausse, che per molti mesi ,si trattenne a Ferrara dal 1859
al 1860 onde studiare la condizione del Basso Po, in una recente sua Memoria
pubblicata a Brusselles nello scorso novembre 1867, ove oppugna il sistema
degli argini insommergibili, dice (pag. 57): « Aucune de nos vallées, en effet,
« ne ressemble à la basse vallee du Po Qui l'a d'ailleurs explorée, cette
« plaine célèbre, sans trouver sa situation pleine d'inconvénients graves et
« de dangers, plutót qu'enviable! Que de terres basses, marécageuses et de
« vrais marais pestilentiels! Que d'affluents ou de rivières latérales suspendus
« entre de simples digues de terre menue et peu cohérente à dea hanteurs
« effrayantes ; allant à 9, 10 mètres et jusqu' à 13 mètres pour le Reno à
« Malalbergo ».
267. Allorché nel 1856 usci la Memoria del Brighenti sul Reno, mi colpì il
fatto da lui accennato che le sue arginature in qualche sito si elevassero fino
a 15m sulle laterali campagne. Io aveva percorsi gli argini del Po sul Manto-
vano e qualche tratto di quelli superiori del Ferrarese , ove non raggiungono
i T sul piano delle campagne, e mi faceva senso la considerevole depressione
di queste , cosicché dubitava che lunghesso il Reno tale depressione dovesse
giungere al doppio. Sì tosto ricevuto, sul cadere del 1859, il profilo officiale
di livellazione del Reno, la curiosità mi spinse a farvi scorrer sopra la scala,
e quale non fu il mio stupore allorché a valle della Rotta Panfilia su tutta la
lunghezza della nuova inalveazione , ove è indicato con linee ondeggianti il
livello delle campagne laterali, la massima loro depressione la trovai ben dif-
ferente. Imperciocché essa limitavasi per la campagna sinistra in brevi tratti
sotto Malalbergo al Gallo a 9m; ed a 9m,10 al chilom. 74 sopra il Traghetto;
e per la campagna destra ad 8m,90 sopra il Traghetto, ad 8m,50 all'idrometro
di Gandazzolo ed al cavedone d'Argenta; riducendosi ad 8m alla Bastia. Trattasi
di un divario del 43 per 100 sopra il dato più importante della questione che
si agita, ripetibile o da un errore madornale occorso nella delineazione del
profilo diretta dallo stesso Brighenti, o da una esagerazione non lieve a lui
sfuggita, ed ammessa dagli altri senza verificazione di sorta, quantunque e per
lo Scotini e pel Turazza serva di motivo prevalente onde pronunciare l'ana-
tema dell'odierna inalveazione del Reno. Non è detto con ciò che, riconosciuta
'insussistenza di quello spauracchio nel limite esposto, la conservazione di
tale inalveazione non presenti difficoltà assai gravi. Esse però non saranno in-
sormontabili al punto da riuscire impossibile il sostenerla, come supposero i
preopinanti partendo da una circostanza di fatto che non è (4).
(1) In vero deve far senso come siasi da tutti (rarlo, taluni avranno preferito di attenersi all'au-
ammesso quel dato dietro l'asserto del Brighenti, torita del Brighenti. E difatti, per poter riuscire
senza verificazione di sorta, almeno col profilo uf- a maneggiarlo più facilmente ed a leggervi sopra,
jliciale pubblicalo. Ma, trovandosi questo inciso so-
pra un foglio colossale lungo lm,35, largo 0m,90 ,
di carta grossissima, per cui torna arduo l'adope-
dovetti farlo tagliuzzare in dieci parti e montare
in tela.
420 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
XXXI. Opinione del Bai-ilari sui provvedimenti che oc-
correrebbero onde sostenere 1' attuale inalveatone.
268. L' ispettore Barilari, allievo dei Brighenti, che per una serie d' anni fu
applicato alla provincia di Ferrara , di cui negli ultimi nove era ingegnere in
capo, nella sua Memoria stesa nel 1856 e pubblicata nel 1858 sul Reno e sui
provvedimenti da adottarsi, propugnò la tesi che mediante questi l'odierna sua
inalveazione potevasi sostenere (1). Egli opinava che l'immissione del Reno nel
Po non potesse riuscire innocua al reggime di questo, e che in ogni caso avrebbe
giovato tenerlo disgiunto dal Panaro. Che se invece si avesse voluto conservare
il Reno nell'attuale sua inalveazione, ammetteva l'opportunità di raddrizzarne le
svolte a valle della confluenza del Senio per toglierne i froldi, e di procurarne
la diversione a sinistra in una porzione delle valli di Comacchio, ed anche a
destra, giusta la proposta del Brighenti e del Vecchi, allo scopo di abbassarne
le piene dopo l'introduzione dell' Idice e degli altri torrenti ora in colmata. Fra
i drizzagni della Madonna de' Boschi e di Longastrino , mediante abbondanti
ritiri d; argini avrebbe voluto rimovere gli attuali froldi, e quelli più pericolosi
ancora presso la Bastia, giusta un progetto da lui presentato, col quale ne
avrebbe corretto l'andamento; ma che non venne approvato. Osserva che da
quel punto al Traghetto il Reno si trova in meno sfavorevole condizione perchè
costituito questo tronco dai due drizzagni d'Argenta e di Consandolo ; non po-
tendosi secondo lui porre in dubbio la cosa malgrado la rotta Martelli avve-
nuta nel 1842 insieme a quelle Passerini e di Torniano nella nuova inalvea-
zione dalla Panfilia al Benedettino per effetto di sormonto delle arginature ,
che allora non erano sistemate.
269. Le maggiori difficoltà le scorge nel Cavo Benedettino, atteso che la se-
zione delle piene è scarsa alla portata del Reno, essendo troppo strette le go-
lene, ed in qualche tratto mancanti da ambe le parti. Ivi considera più temi-
bili le rotte anche a cagione dell'instabilità del fondo cuoroso presso Gandazzolo.
Egli troverebbe necessario ampliare la sezione con ritiri d'argini da rafforzarsi
con ampli spalti e con robuste banche all'esterno, valendosi dello scarico delle
golene al loro labro.
270. Pel successivo tronco di nuova inalveazione fino alla Panfilia non si
richiederebbero a suo avviso, speciali provvedimenti, perchè in generale le ar-
ginature sono munite di ampie golene, e la sezione trovasi capace a sufficienza
per contenere le piene. Lo stesso dice pel tronco superiore dell'antico corso
del Reno fino a Cento, consigliando per altro di togliere i froldi nel successivo
tronco a monte , e di ridurre 1' elevazione degli argini di golena in guisa da
permettere le espansioni del fiume onde diminuire la portata massima delle
maggiori piene a sollievo dei tronchi inferiori.
(1) Il Barilari in quella Memoria diede prova di indipendenza d'opinione, trovandosi la sua in op-
posizione a quella del suo maestro.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 421
271. Nel 27 dicembre 1859, sotto il drizzagno della Madonna de'Boschi, per
una forte piena di Reno allora sopravvenuta, si ebbe la rotta al froldo Passe-
rino, contiguo alle valli di Comacchio, fatta chiudere dal Barilari nei tre mesi
successivi, con opere, delle quali dà ragguaglio in una lettera al Cavaliere
Dausse, allora pubblicata. La breccia fu della larghezza di 90 metri, promossa
per corrosione dal rovesciamento dell' argine verso il fiume, ed il chiudimento
si operò mediante coronella lunga 250 metri, colla freccia di 50 metri. Nel no-
vembre 1862 sarebbesi rinnovata la rotta nella medesima località.
XXXII. Se convenga allargare i drizzagli!; attesa la ri-
stretta loro sezione viva.
272. Scorgendosi un notevole ventre di piena a valle del Traghetto, l'ispet-
tore Brandolini, e dopo di lui nel 1854 e nel 1856 il sig. S. N. (che dovrebbe
essere l'ispettore Savino Natali, già ingegnere in Capo di Ferrara), lo attribui-
vano alla ristretta sezione del canale nei varj drizzagni dal Cavo Spina a quello
della Madonna de' Boschi. Notava l'ultimo che mentre il canale vivo del Reno
dalla Panfilia a tutto il Cavo Benedettino ha una larghezza sul fondo di 50m a
60m, tale larghezza ne' drizzagni si riduce talvolta a 26m, e la media sarebbe
50 o 35 metri.
273. Il Brighenti, interpellato in proposito, opinò che il notato ventre di piena
dipenda esclusivamente dal rigurgito dei torrenti inferiori; chela larghezza di
quei drizzagni venne determinata dal fiume , e che accrescendola si restitui-
rebbe tuttavia all'anteriore misura per le deposizioni delle acque. Egli adduce
l'esempio del Lamone, che inalveato dopo la rotta del 1839 fra argini distanti
200m, si sarebbero formate fra esse delle golene con un canale vivo di soli 30
o 40 metri, che ove si allargasse si restringerebbe di nuovo. Osserva inoltre come,
volendo allargare que' drizzagni per soli 20ra, occorrerebbe un movimento di terra
di 5 600 000 m. e. ed un dispendio di 360 000 scudi. E nota che il guadagno
temporario e non permanente starebbe nell'accresciuta capacità dell'alveo per
altrettanto volume, supposto che la terra escavata e portata sulla golene fosse
scomparsa, guadagno che andrebbe pressoché in totalità perduto, poiché quella
maggiore capacità dell'alveo verrebbe per rigurgito occupata anticipatamente
in gran parte dalle acque degli affluenti inferiori (4).
274. Lo Scotini , senza prendere in esame il principio idrologico del Bri-
ghenti concernente la capacità dell'alveo, ammetterebbe egli pure (§ 19) l'inu-
tilità degli allargamenti, per la considerazione che, se improvvidamente la mano
dell'uomo restringe l'ampiezza della sezione che ha già assunto il fiume, per
corrosione esso tosto se la ampia, se la ripristina; e viceversa se la mano
dell'uomo la rende più ampia, con interrimento ben tosto il fiume la restringe.
275. Il professore Turazza nota che qualora il restringimento della sezione
sia artificialmente procurato, ne potrà derivare un qualche ventre di piena, che
i
(l)Vedansi le appendici alla sua Memoria del 1855 aggiunte nella Raccolta del 1862 precitata: Ricer-
che geometriche ed idrometriche ecc.
422 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
verrebbe tolto col suo dilatamento; ma che il vantaggio sarebbe di poco conto
al confronto dei dispendio richiesto, avuto anche riguardo all' approfondamento
dell'alveo, che sarebbe conseguenza di un restringimento di sezione al dissotto
della larghezza normale, e che concorrerebbe a scemare quel ventre.
276. Quanto alla facoltà del fiume di proporzionare P ampiezza della sua se-
zione alla propria portata, la trovo ammissibile quando, come nel Lamone, se
la disponga per replezione. Ma quando debba ampliarsela per corrosione , la
corrente sarà sempre costretta a vincere la resistenza opposta dalle sponde
con un conato che si risolverà in un rigonfiamento, o ventre. E tali sarebbero
le sponde di que'drizzagni, la base delle quali è costituita di cuora o di terra
compatta sotto la pressione degli alti labri delle golene. Ne consegue che in
questo caso la sezione formata per corrosione dalla corrente sarebbe sempre
al disotto della misura normale.
277. Il Barilari, nella precitata sua Memoria del 1858, avendo calcolato la
portata massima della piena 9 gennajo 1856 del Reno colla forinola del moto
equabile, dice di averla trovata di m. e. 1067 sotto la foce della Samoggia, di
m. e. 1047 nel Cavo Benedettino, di m. e. 1558 nel drizzagno di Longaslrino, e dì
m. e. 919 alla Balladora, che si troverebbe a soli quattro chilometri dalla foce
in mare. Nota che « la differenza tra la portata nel drizzagno di Longastrino e
« quelle determinate nelle altre località può attribuirsi in parte alle acque del
« Sillaro e del Santerno ; ma più alla insufficienza delle formole, le quali sono
« meno veritiere a misura che la sezione del fiume si allontana dalla forma
« regolare trapezia su cui furono fatte le esperienze per la determinazione dei
« coefficienti costanti ».
278. A quest' ultima considerazione devesi infatti attribuire P erroneità del-
l'eseguita misura, veduto che a Longastrino oltre al canale vivo si hanno go-
lene talmente spaziose da rimanere la sommità degli argini fra loro distanti
180m (ivi, pag. 15), cosicché la portata, che effettivamente avrebbe dovuto limi-
tarsi a circa 1000 in. e, si è accresciuta fino a 1558 m. e.
279. Considerata da me attentamente la cosa, ho potuto persuadermi che
quell'erronea misura diviene preziosa, in quanto che ci somministra i dati per
risolvere l'insorta questione con sufficiente approssimazione. In mancanza della
sezione misurata mi sono valso del profilo di livellazione, e colf uso delle ta-
vole per la forinola di Eytelwein ho trovato che la pendenza del pelo d'acqua
avrebbe dovuto essere di 0,196 per mille. Supposta la portata effettiva di
1000 m. e, la larghezza odierna del canale vivo di 50m , la portata parziale
di esso, cui soltanto potrebbe applicarsi la forinola, sarebbe stata di 526 m. e,
con una velocità media di lm,865 peri"; mentre per le golene la portata sa-
rebbe stata dei soli 474 m. e. residui, con una velocità media di 0m,81. Allar-
gando la sezione del canal vivo dai 50m ai 50m, con un abbassamento di pelo
d'acqua di 0m,90, ne risulterebbe la portata di esso di 801 m. e. colla velocità
media di lm,884; e la portata sulle golene di 285 m. e. colla velocità media
di 0m,719, cosicché la portata complessiva sarebbe di 1086 in luogo dell'effet-
tiva supposta di 1000 m. e. cui parrebbe potersi ridurre per effetto dei rigur-
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 423
gili degli affluenti (1). E qui è da notarsi che, trattandosi di un calcolo com-
parativo, gli errori in più od in meno in uno dei supposti si ripeterebbero
prossimamente nell'egual senso nell'altro, cosicché, non le loro quantità as-
solute, ma le sole loro differenze influirebbero sul risultamento finale
280. Un abbassamento dell' osservato ventre di 0,n,90 non sarebbe in vero
oggetto di beve momento, ed in quanto alla spesa, qualora le ripe si ritagliai-
aero in tempo opportuno a molte riprese e si approfittasse della corrente pel
trasporto della terra ritagliata mercè i mezzi che l'arte può offrire la spesa
calcolata dal Brighenti potrebbe ridursi a meno di un quarto (2) ' Che real-
mente sulle golene la velocità delle acque debba essere assai limitata al con-
fronte del canal vivo , Io si può dedurre dalla considerazione della notevole
elevazione delle acque in questo, e dalla resistenza assai minore del suo fondo
costituito di sabbia e limo al confronto della superficie delle golene ove per io
meno alligneranno le erbe. E poiché col supposto allargamento si avrebbe
(1) Il calcolo della portata del drizzagno di Lon-
gastrino si fa partendo dal dato che la larghezza
della sezione fra le sommità degli argini sia di 180m;
che la sezione viva del canale abbia la larghezza
di 26m sul fondo, e quella media di 30m ; che
l'acqua della piena del gennaio 1856 fosse alta
9m,40 sul fondo medio, 4m sul labro delle golene
e 4m,40 al piede degli argini. Per tal modo sa-
rebbesi avuta la superficie della sezione viva di
3(P X 9*40 = 282 m. q. , e sulle golene di
140"' x 4m,20 = 588 m. q. , perciò in tutto di
870 m. q. Colla formola del moto equabile, la por-
tata venne calcolata in 1358 m. e. ; cosicché la ve-
locità media sarebbe stata di lm,56 per 1 ".
Facendo io uso della tavola unita alla Memoria
del Venturoli del 1821 per la formola di Eytelwein,
ove C sarebbe il contorno bagnato ; S la superficie
della sezione; ^-=D il raggio medio; la pendenza
del pelo d'acqua cos. 9 ; u la velocità media; q la
portata, ne risulterebbe per l'intera sezione
C = 30ra -f 12m + 133m -f 9m = 184m--
i) = 184 = 4'73; w = lm>56;
quindi D cos. 9 = 0,0009274; e cos. 9 = 0,000196.
La portata effettiva si è supposta di 1000 m. e;
e sul canal vivo, ove è applicabile la formola, si
avrebbe, come sopra, 5=284 m. q. ; C = 42m-
fi =6,71, quindi
fi cos 9 = 6,71 X 0,000196 = 0,0013150
cui corrisponde w = 1^865 e q = 526 m. e. Ri-
marrebbe quindi la portata sulle golene di 474 m e
ed essendo ivi 5 = 588 m.q., ne risulterebbe' su'
di essa la velocità di 0ra,81.
Con un dilatamento di 20m del canale vivo e con
un abbassamento di pelo d'acqua di 0m,90 della
Piena, si avrebbe pel canale vivo :
S = 425 m. q.
£=62m; /) = 6,845; D cos. 9 =0,0013435;
w' = lm,884; g = 801 m. e.
e sulle golene si avrebbe
S = 120mX3m,30 = 396 m. q.
e supposta lavelocità proporzionale alla radice del-
l'altezza, ^4,20: Vpb :: 2,05: 1,82:: 0m 81 0 719-
quindi q' = 285 m. e.
Ne risulterebbe perciò 0=7+9=801 -f 285=1 086
m. e, riducibile a circa 1000 m. e. per effetto dei
rigurgiti dei torrenti inferiori.
(2) La fossa navigabile interna di Milano espur-
gavasi un tempo dalle deposizioni che vi fanno
principalmente le piene del Lambro e del Seveso
estraendone le materie; ma dietro proposta del
conte Litta, s'introdusse di poi, sul cadere dello
scorso secolo, il metodo di smoverle con zappe, e
di farle trasportare dalla corrente, metodo che' si
applica eziandio alla dàrsena 0 laghetto della Porta
Ticinese, dirigendo alternativamente la corrente in
zone pressoché parallele formale da arginelli po-
sticci, ove viene raccolta. I lavoratori compiono
l'opera nella corrente, protetti da stivali imper-
meabili. Col medesimo principio si potrebbe utiliz-
zare la corrente del Reno pel trasporto delle terre
ritagliate dalle due sponde in moderata misura,
adoperando rastrelli maneggiati da uomini traspor-
tati da un battello in acque ordinarie. La forma
dei rastrelli dovrebbe regolarsi in guisa da otte-
nere il massimo trituramento della terra, 0 della
cuora, senza soverchio approfondamento. L'espe-
rienza proverà se possa associatisi utilmente an-
che V uso delle zappe. Le materie che avessero a
deporsi in qualche parte dell'alveo per insufficienza
della corrente , verrebbero esportate al sopravve-
nire di una piena,
424 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
qualche aumento di velocità media nel canal vivo, sarebbe così tolto il sospetto
che il suo fondo avesse a rialzarsi con un aumento di pendenza. In vista poi
della moderata corrente sulle golene verrebbe provato che di lieve pregiudizio
allo scarico delle acque riuscirebbe un ributto o trasporto dell'argine che ne
occupasse una porzione, onde consolidare la sua base e renderlo suscettibile
di sorreggere un alzamento. In somma tale misura anormale ci ha offerto il
mezzo di rintracciare il reggime delle acque in que' drizzagni, intorno al quale
conveniva limitarsi dapprima a vaghe congetture , che davano luogo agli in-
sorti dispareri.
XX.XIII. Provvedimenti eoi dovrefrfoesi ricorrere nel caso
che si volesse sostenere l' odierna inalveazione del Reno.
281. Avuto riguardo alla circostanza che dovransi aggiungere fra non molto
al tronco inferiore del Reno sotto la Bastia ridice cogli altri torrenti minori,
attualmente in colmata, lo che, nella condizione attuale della inalveazione, rial-
zerebbe le piene del Reno in una misura che il Brighenti determina in lm,50,
misura che potrebbe forse anche accrescersi fino afa cagione di un temi-
bile aumento di portata nella piena massima e di qualche alzamento di fondo
pel cessato afflusso delle acque chiarificate della colmata , si avrebbe il van-
taggio di ridurlo a poco più d'una metà mediante gli allargamenti dei driz-
zagni nella misura preaccennata.
282. Riportandomi alle regole che a mio avviso sarebbero a seguirsi giusta
l'esposto al § 256, rispetto alla nuova inalveazione dalla Panfilia al Benedettino,
provveduta di spaziose golene, attesa la notevole depressione della campagna
sinistra nella sua metà inferiore, dovrebbesi ivi accrescere la sicurezza dell'argine
coli' ampliare le banche esterne, valendosi dello scarico ossia abbassamento delle
golene verso il loro labro, od anche col ributto dell'argine verso il fiume, onde
più prontamente rafforzare la banca ove 1' ampiezza della golena lo permetta.
283. Qualora questa fosse troppo ristretta , o mancante al punto da ridursi
1' argine alla condizione di froldo, la si dovrebbe riprodurre con opera d'avan-
zata, in quel modo che le circostanze locali e la qualità dei materiali dispo-
nibili lo avrà a consigliare. In tal caso si dovrebbe premettere lo studio dei
metodi applicati per uno scopo simile in grande scala in Italia , e più ancora
oltre monti (1). Trovandosi questo tronco co' suoi estremi ad una distanza di
trenta o cinquanta chilometri dalla Bastia, ove sembra doversi praticare la
(4) Circa al modo di togliere i froldi, creando
di fronte adessi delle golene; od in altri termini,
di raddolcire la concavità delle svolte, al § 35 della
mia Memoria precitata, Sulla pianura subapennina,
ho indicato come potevasi riuscirvi per qualche lo-
calità della Secchia, attenendosi al metodo appli-
cato in Francia sulla Garonna al fine di miglio-
rarne la navigazione. Vedasi su questo particolare
ìa bellissima Memoria del Baumgarten negli Annales
des ponts et chaussées , 1818 sem. II, ed altra re-
cente Memoria nel sem. I 1868 dell'ingegnere Fargue
concernente la continuazione di que' lavori. Ma in-
nanzi tutto sarebbero a studiarsi i metodi applicati
in Italia sull'Adige, mediante le così dette opere
d'avanzata : e quelli eziandio dei pennelli insom-
mergibili applicati ad alcune svolte dell'Arno in-
feriore sopra Pisa dall'ingegnere Materassi, siccome
risulta dalla sua Memoria pubblicata a Pisa nel 1849.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 42g
nuova confluenza dell'Idee e degli altri torrenti ad esso allacciati, ne consegne
che per questo ronco sarà moderata la conseguente maggiore elevazione delle
p.ene e quind. la misura dell'alzamento degli argini
284. Uno dei tronchi che richiede provvedimenti radicali siccome il più pe-
ncoloso e ,1 Cavo Benedettino, deficiente di golene e che attraversa terreo cuo-
z IZZ7 toet' La su; inettitudine fu pure riconosciuta' — «oìz.
della sualnea . ?1 <n"n*' «»»«>'» ■» f»po eli modificare la direzione
della sua hnea al che non s, dec.se per vedute di mal' intesa economia Se
g vesse pò luto prevedere la considerevole altezza cui è stato mestieri por-
tare le arginature, non è a dubitarsi che si sarebbe determinato ad abbando-
na lo. A co che non s. è fatto allora, è pur forza supplire oggidì, valendo i
della «.operazione di un fiume torbidissimo, la cui efficacia era sta a pu e da
lm apprezzata Trattasi di un tronco di fiume della lunghezza di soli undic
e tadorne „. cosicché il riformarne l'alveo, se richiederà ««"dispendio S polente
non sarà pero tale che abbiasi ad esitare nel mandarlo ad effetto ove Tcn-
^Zn^rT ' dan"° * ^ "** « ™ *««*• ™^° *»&
285. Attesoché la campagna destra, giusta il profilo, si eleva rae«ma»liat«.
mene s„ fondo del fiume T, mentre la sinistra non si alza eh Yo^
sta.ua d> 180 cica A destra dell'argine demolito si escaverebbe pel canale
del fiume una eos, detta SaveneUa della larghezza di circa 20™, da a lar."
mano mano pure verso destra, rispettando la riva sinistra , che prese Te Se
loccorrevole resistenza per essere stata base dell'argine da demolirsi A se
conda che procedesse il dilatamento del nuovo canale, si promove ebbe 1> ,
temrnento del vecchio da abbandonarsi, i, quale col tc/po darebbe Z
penosa golena su cu, potrebbe avanzarsi nell'interno l'argine sinistro per
consolidarne la base. Altrettanto dovrebbe farsi per l'argine destro dono' che
si osse rialzata sufficientemente la golena interposta JLTl nl°o £
cana/ V0N;j rTgni ■ * ^ g°Ie"e baSterebbe « «h*^*» del
canal vivo e gì, altri provvedimenti che sonosi indicati per la nuova inalvea
none dalla Rotta Panfilia al Benedettino.
anail^l nT * '^T * PerÌC°'°SÌ f,'°ldÌ in Prossiraità de"* Bastia , al
qjal fine ,1 Banlan presento un progetto per considerevoli trasporti d'ai-in
che venne scartato senza che se adducesse il motivo, sarebbe a richiamar f„
(*) La Riforma del Cavo Benedettino dovrebbe
eseguirsi nel eorso di parecchi anni da valle a
! monte. Al fine di sollecitare l' alluvionaraento del
canale da abbandonarsi, ad ogni distanza di circa
m si dovrebbero costruire delle traverse di una
semplice viminata, inclinata contro corrente, rin-
carata a monte da arginello di terra da escavarsi
nell alveo stesso dell» altezza di soli quaranta o
cinquanta centimetri, facendo comunicare gli in-
tervalli col nuovo canale mediante uno o due tagli
del terreno interposto. Rallentata per tal modo la
corrente sul fondo, si promoverebbe una maggiore
deposizione di torbide, operazione che sarebbe a
ripetersi successivamente col progressivo alluvio-
naraento di esso canale. Col medesimo principio si
potrebbe accelerare l'alzamento della golena destra
attraversandola, dopo le piene di primavera, con ar-
ginelh a larga base di pochi decimetri d' altezza, i
quali mediante seminagione si rivestirebbero facil-
mente di colico erboso.
426 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
tale progetto coordinandolo alle massime dianzi suggerite affine di accrescere
la stabilità delle arginature, ed abilitarle a sorreggere un ulteriore alzamento.
Forse provvedimenti analoghi gioverebbero per togliere eziandio i diversi froldi
nel tratto dell' antico Primaro che unisce i due drizzagni di Longastrino e della
Madonna de' Boschi.
287. Si è già osservato al § 131 come nel 1606 monsignor Gaetano abbia
fatto raddrizzare il Po di Primaro sotto sant'Alberto coli' idea di rivolgervi una
parte delle acque del Po Grande giusta il piano dell' Ateotti , del quale si fa;
cenno nella nota relativa. Sul foglio di Comacchio della grande carta topogra-
fica dell'Italia Centrale scorgesi la traccia degli anteriori serpeggiamenti dell
Po rimasti tutti alla destra della nuova linea fino alla risvolta Scirocco, cosicché
sarebbesi escavato per oltre sei chilometri il canale pressoché in contatto della
laguna di Comacchio, a quanto pare, per economia, attesa la notevole depres-
sione della campagna sinistra nella quale si è praticato l' escavazione. Avuto peri
altro riguardo all'instabilità della base cuorosa, al pericolo sempre imminente
di rotte disastrose, cui per tali circostanze è esposto l'argine, attesa la conside-
revole depressione delle attigue valli, e quindi alla sua inettitudine a sorreggere
nuovi alzamenti, io sono d'avviso che ivi pure occorra un rimedio radicale.
288. Esso consisterebbe in una nuova inalveazione dal drizzagno della Ma-
donna de' Boschi, e precisamente dalla chiavica Umana, fino alla foce in mare
in prossimità del taglio , od emissario della valle Savarna. Il nuovo canale
avrebbe una lunghezza di quattordici chilometri, e presenterebbe quindi un
accorciamento di linea di tre chilometri. Per una metà circa di quella lun-
ghezza, ove attraverserebbe l'alveo derelitto del Lamone, l'opera sarebbe di
qualche impegno e per l'elevazione e pel valore dei terreni, ma per la metà
inferiore verrebbero meno a quanto pare le difficoltà, atteso che si attraversa
ivi l'estrema appendice settentrionale di essa valle. Mi mancano i dati di fatto
per entrare in particolari sopra tale diversione che col tempo si sostituirebbe
all'odierno corso del Reno-Primaro. Mi sembra per altro che l'immensa copia
di torbida portata da tutti i torrenti tenderebbe a facilitare la nuova inalvea-
zione fra spaziose golene e con argini che riuscirebbero elevati sul sodo, atte-
nendosi alle regole suggerite al § 256, ed al §285 per la riforma del Cavo Be-
nedettino. L'energica azione della chiamata delle acque presso la foce in mare,
associata a quella delle maree, concorrerebbe a facilitare il dilatamento ed appro-
fondamento del nuovo canale. Questo perciò, anziché il carattere di diversivo,
avrebbe quello di una seconda sfociatura , la quale contribuirebbe moltissimo
durante il suo perfezionamento a deprimere le piene tanto nell'altro canale
da abbandonarsi col tempo, quanto nel tronco superiore del Reno. Tale opera
si renderebbe indispensabile, come vedremo, anche nel caso che si avesse ad
immettere il Reno nel Po.
289. Ne consegue che l'opera la più imponente richiesta per ridurre l'at-
tuale inalveazione del Reno ad una condizione tranquillante in sostituzione al-
l' immissione del Reno in Po, si limiterebbe alla riforma del Cavo Benedettino
sopra un settimo soltanto della sua lunghezza.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO
427
- RIASSUNTO delle piene del Po che all'idrometro di Pontelagoscuro oltrepassarono il metro
sopra guardia nei sessantanni decorsi dal 1807 al 1866. Vedi il s 220.
Intervallo di tempo
Numero
delle
piene
Altezza
somma-
tiva
sulla
guardia
metri
Altezza
media
metri
Intervallo di tempo
)al 1807 al 1816
)al 1817 al 1826
;-)al 1827 al 1836
iell,°trenten. 1807-36
el sessantennio
21
35,56
1, 693
7
12,08
1,726
11
18,08
65,72
1, 643
1,685
39
Numero
delle
piene
Altezza
sommativa
sulla
guardia
melri
Altezza
media
metri
Dal 1837 al 1846
Dal 1847 al 1856
Dal 1857 al 1866
Nel 2.° trentennio
23
14
15
52
91
43, 12
31,68
24,82
99,62
165, 34
1,874
2,263
1,655
1,916
1,817
- PROSPETTO delle piene del Reno avvenute in questo secolo dal 1801 fino a tutto il 1862
* quali superarono l'altezza di 6,n sullo zero all'idrometro di Casalecchio , ricavato dal re*
istro che ne da nelle sue Memorie ^ispettore Scotini, partendo dal 1807. Vedi il § 2*i
Anno
Mese
Giorno
Altezza
in metri
1805
id.
1807
1812
1819
1820
1821
id.
1830
1831
Anno
Mese
?
?
Novembre
id.
Ottobre
id.
Dicembre
id.
id.
?
?
22
18
23
25
25
29
10
Altezza sommativa
Altezza media
6,12
6,12
6,31
6,88
6,69
6,12
6,88
7,06
6,12
58,30
6,48
Giorno
1832
1833
1842
1844
1844
1856
1858
1858
1859
1862
1862
Aprile (**)
13
Settembre
14
Novembre
2
id.
8
Gennajo
8
Ottobre
12
id.
20
Dicembre
26
Novembre
13
id. |
25
Altezza sommativa
Altezza media
^iLell1e8H-^.SSÌme dal 18°l ^ 18°7 SÌ S°n° rÌCavate dal ProsPetto che se ne dà nella livella-
:¥Ì)tta8Ìedpltto.a ^^ data' eSSend°S1 aVUU U 3° SeUembre ìm una Piena massima Per la
Gior». lng. — Voi XVI. — Luglio 1868,
(Continua)
28
LE COPERTURE E GLI ORNAMENTI IN ZINCO,
(Vedi Tav. 23 j.
11 basso prezzo dello zinco ed alcune sue qualità speciali hanno fatto in questi
ultimi tempi impiegare con successo questo metallo in varj usi e specialmente
nella copertura degli edificj. A confronto del rame e del piombo lo zinco è meno
tenace del primo, ma assai più del secondo: non avendo però la pieghevolezza
propria del piombo esso si presta in generale assai meno di quest'ultimo per
alcune coperture speciali come quelle dei terrazzi. In confronto del ferro esso
ha un vantaggio abbastanza apprezzabile in ciò che, mentre il ferro in contatto
coir aria e coir umidità si ossida e si consuma progressivamente se non lo si
tiene continuamente difeso da strati di vernice, lo zinco si ossida sì immediata-
mente, ma il suo ossido forma un leggero strato, che, essendo perfettamente
aderente al metallo e insolubile nell'acqua, serve esso stesso a preservare il resto
del metallo.
Lo zinco ha però due inconvenienti dei quali bisogna tener calcolo quando lo
si mette in opera. L'uno è la sua grande dilatabilità per gli aumenti di tempe-
ratura, per il che bisogna smettere affatto il pensiero di unire e fissare sopra
una certa lunghezza i varj fogli sia con chiodi od altri mezzi assolutamente rigidi.
Si ricordi che lo zinco, specialmente quello lavorato al martello, si allunga di
0m,00003 per ogni metro e per ogni grado di aumento nella temperatura e che
per conseguenza per una variazione di temperatura di 80° a cui nel nostro clima
vanno spesso soggette le coperture, si avrebbe sopra 10 metri di lunghezza un al-
lungamento totale di 0m,024: se quindi questa variazione di lunghezza non è
permessa nella costruzione, ne devono nascere per necessità delle deformazioni
e ben presto anche delle rotture, come si verificò in varj casi qui da noi in cui
non si ebbero le necessarie precauzioni. L'altro inconveniente dello zinco sta
in ciò che, messo a contatto col ferro in qualunque modo, col concorso dell'aria
umida, si forma un vera pila galvanica ed il metallo viene rapidissimamente corroso.
Questo effetto, sebbene in minor grado, ha luogo pure nel contatto colla pietra.
È dunque assolutamente necessario, nel mettere in opera lo zinco, di evitare
questi contatti posandolo possibilmente sempre su delle superfici di legno e ado-
perando dove occorrono dei chiodi pure di zinco : o tutt'al più, quando si voglia
servirsi del ferro per le armature od altro, si interpongano fra i due* metalli dei
fogli di carta abbastanza robusta e destinata a questo scopo. Si volle rimprove-
rare allo zinco un'altro inconveniente, quello di favorire gli incendj ; poiché si
diceva che, portato ad un'alta temperatura, esso si volatilizza e abbruccia ten-
dendo quindi ad aumentare l'incendio. Ma questa obbiezione non ha gran peso pen-
sando che lo zinco si fonde a circa 400 gradi e che quindi assai prima di vola-
tilizzarsi cade liquido nel recinto della casa senza produzione alcuna di scintille,
Questo fatto sembra risultato pure da varie esperienze state fatte,
LE COPERTURE E GLI ORNAMENTI DI ZINCO 429
I fogli di zinco laminato sono numerizzali in commercio in ragione della loro
grossezza, la quale si può riconoscere con appositi calibri: non riuscendo mai
pero questa operazione abbastanza esatta sarà in generale meglio constatare i
varj numeri pel loro peso. Perciò riportiamo qui una tabella la quale dà il peso
dei fogli e il peso per metro quadrato corrispondente ai varj numeri colle rela-
tive grossezze. '
w
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
SPESSORE
dei
FOGLI
in
CENTESIMI
di
millimetro
DIMENSIONE E PESO DEI FOGLI
per
COPERTURE ED ALTRI USI
Larghezza,
CP,50
Lunghezza,
2m %
Antico 18/72
Larghezza,
0m,f>5 '
Lunghezza,
Antico 24/72
Larghezza
0a,,80
Lunghezza,
2ra »
Antico 30/72
PESO
del
METRO
quadrato (1)
0,00051
0,00060
0,00069
0,00078
0,00087
0,00096
0,00110
0,00123
0,00136
0,00148
0,00166
0,00185
0,00202
0,00219
0,00237
0,00"256
0,00266
3k45
-4
Superficie d'ogni foglio
nelle varie dimensioni.
05
65
30
95
6 55
7 50
8 45
9 35
10 30
11 25
12 50
13 75
15 »
16 25
17 50
18 80
lm000
4k45
5 30
6 10
6 90
7 70
8 55
9 75
10 95
12 20
13 40
14 60
16 25
17 90
19 50
21 10
22 75
24 40
rn300
10
12
13
15
16
18
20
22
24
26
28
31
5k50
6 50
7 50
8 50
9 50
50
50
»
50
lm600
3k45
05
65
30
95
55
50
8 45
9 35
10 30
11 25
12 50
13 75
15 »
16 25
17 50
18 80
(1) Un metro cubo di zinco pesa 7,000 kilog; un foglio di un metro qua-
drato ed un millimetro di spessore pesa 7 kilog
Ammeltesi una tolleranza di 25 decagrammi In meno nel peso di ogni foglio
I numeri dall'I al 9, che sono i più sottili, non si impiegano che per alcuni
usi speciali e quindi non figurano nelle applicazioni relative all'ingegneria.
I numeri 10 e 11 si adoperano in generale per ornamenti sia sotto forma di
banderuole od altri accessori, sia stampati, come diremo più tardi. I numeri 12 e 13
servono per coperture, canali di pluviali ecc. Il numero 14 è più speciale alle
coperture quando le si vogliono durevoli. I numeri superiori si possono impie-
gare, sia per coperture di monumenti, o per altri usi in cui si richieda maggiore
resistenza. &
430 I<E COPERTURE
In quanto al modo di applicare lo zinco nelle coperture degli edificj, possiamo
distinguere varj sistemi, secondo che si impiegano i fogli della grandezza data
nel commercio, o suddivisi in fogli più piccoli; oppure curvi o scanalati in di-
versi modi.
Le coperture a grandi fogli si dispongono sopra una specie di tavolato chiodato
sui paradossi e disposto a un dipresso come si usa per le coperture in ardesie. Il
miglior modo di eseguire questo tavolato è di farlo con tavole di larice di 0,n,012
di spessore per 0m,12 di larghezza chiodate su ciascun paradosso e distanti fra
loro di circa 1 centimetro (Vedi Tav. 23 fìg.a l.a). I legnami umidi come quelli
troppo facili a corrompersi per l'umido, il pioppo o la peccata ordinaria, si abbia
cura di evitarli per la ragione che le coperture in metallo in genere essendo
molto conduttrici del calorico, determinano spesso delle precipitazioni acquose più
o meno abbondanti sulla loro faccia inferiore, precipitazione che tendono a deter-
minare i sottoposti legnami. Perpendicolarmente alle tavole accennate, ossia nella
direzione della pendenza del tetto, sono assicurale delle costole e (Tav. 23 fìg. l.a),
la cui disianza corrisponde alla larghezza di ogni foglio della copertura e che, pos-
sibilmente si fanno coincidere coi puntoni, che sostengono il tetto. I fogli di zinco
della copertura si ripiegano sui lembi in modo da elevarsi lungo i fianchi delle
costole accennate. Sulle costole stesse poi sono assicurati mediante chiodi o viti
colla testa di zinco dei pezzi h dello stesso metallo piegati in modo da coprire
sia la costola di légno che i due lembi rialzati dei due fogli contigui: la medesima
disposizione viene addottala anche pel comignolo come si vede nella stessa figura
in g. I fogli di zinco poi sono mantenuti a loro posto sul tavolato mediante alte
della forma rappresentata nella fìg. 2.a le quali sono chiodate da una parte sul
tavolato. Spesso nel senso della lunghezza i fogli si sovrappongono semplice-
mente : ma, quando la pendenza del tetto è almeno di 15 o 20 gradi, si può
impiegare la disposizione rappresentata nella iìg. 3.\ Onde mantenere i bordi
rilevati dei fogli aderenti alle costole ed impedire quindi che, o per Fazione
del vento, o per quella delle ineguali dilatazioni a cui va soggetto special-
mente lo zinco laminato, i bordi stessi se n'abbiano a scostare e tender cosi
ad uscire dai pezzi di ricoprimento, si impiegano delle specie di alie in zinco
robusto, rappresentate nella fìg. 4.a: la faccia a viene chiodata sulla faccia infe-
riore della costola, e i lembi dei due fogli vengono a porsi in b e in e in mezzo
alla piega dei due fianchi dell' alia e con ciò sono obbligati a conservarsi ade-
renti alla medesima e quindi alla costola: il pezzo di ricoprimento poi viene al
disopra e copre anche le alie. Talora si trova opportuno di saldare i diversi
fogli termine con termine, cosicché allora la parte di copertura compresa fra due
costole si può considerare come d'un solo foglio: ben inteso che bisogna allora
aver cura di lasciare alla parte inferiore un giuoco sufficiente per le dilatazioni.
Le coperture a piccoli fogli aventi da 0m,32 a 0ra,60 di lunghezza per 0,n,28
a 0m,32 di larghezza possono dare dei buoni risultati, ma sono generalmente più
costose delle precedenti. I fogli si fissano sulle piane in modo che si coprono gli
uni cogli altri per un 5 o 6 centimetri almeno. Invece delle costole del sistema
precedente ciascuno foglio porta da un lato un rialzo e dall' altro una specie di
voluta o cartoccio che è destinato a coprire il rialzo del foglio vicino. Ogni foglio
è fissato sulle piane a mezzo di due chiodi in zinco posti alla sua parte supe-
riore, dalla parte inferiore è tenuto aderente al foglio che viene sotto mediante
alie: ivi poi è incurvato in modo da formare una specie di gocciolatolo, il quale
E GLI ORNAMENTI IN ZINCO 431
forma risalto sulla faccia del foglio inferiore, e quest'ultimo alla sua parte supe-
riore e «ella porzione che va coperta dal precedente presenta dei piccoli rilievi
in modo da arrestare le acque, che tentassero di infiltrarsi per disotto tra un
"'io e l'altro.
Le coperture a fogli curvi possono presentare qualche vantaggio sulle prece-
denti nelle coperture poco inclinate, nelle quali danno maggiore facilità di scolo
Èsse : del resto sono disposte a un dipresso come le già descritte, solo che le
tavole formanti l'impalcatura sottoposta sono qui dirette nel senso della pen-
denza del tetto. F
Finalmente un sistema di copertura in zinco, il quale recentemente sembra
che abbia dato ottimi risultati , è quello a fogli ondulati o scanalali. I vantaggi
principali che presenta questo sistema sono:
1.° Che dà maggiore facilità allo scolo delle acque.
2." Che, presentando i fogli in grazia della loro forma, una resistenza molto
grande nel senso perpendicolare alle scanalature, si può ridurre di molto l'ar-
matura sottoposta. Anzi si possono appoggiare i fogli ai soli paradossi senza in-
terpostone di tavole né di impalcatura alcuna, ottenendosi così maggior tene-
rezza nel tetto, minore spesa di costruzione e maggior durata, in quanto "he
viene tolto 1 inconveniente dell' infracidirsi del sottoposto palco in grazia delle
condensazioni acquose già accennate.
3." Per ultimo che, non appoggiandosi tali coperture che in pochissimi punti
e possibile applicarle sopra armature di puro ferro ottenendosi cosi delle coper-
ture affatto incombustibili, vantaggio rilevante in molti casi.
In quanto alle acque condensate al disotto della copertura e che, se non de-
enorebbero i legnami del tetto, potrebbero per caso cadere all'interno sotto
forma di goccie , si può cercare di rigettarle all'esterno impiegando la disposi-
zione della flg. 5.» vale a dire interponendo fra i due fogli nella parte in cui'si
sovrappongono un tassello della forma indicata più in grande nella flg. 6a Con
questo s. fa in modo che i fogli lascino fra loro un intervallo di circa 0-01 al
loro incontro coi paradossi: le goccie d'acqua allora, seguitando il declivio'della
copertura penetrano in questo intervallo e scorrono poi all'esterno. Per assicu-
ile,n/°f sfu,,.Pa?d0SSÌ' °/dÌnarÌamente si fa uso di alie sal,late alla superficie
interna dei fogli stessi e che vanno ad entrare in guaine formate nei paradossi
da intagli coperti da una lastra di zinco. F^aussi
Un altro modo stato impiegato nella copertura della Gare de Strasbourg a Pa-
rigi consiste nell' inchiodare semplicemente te alie sui fianchi dei paradossi come
te mdica in profilo la flg. 7A Benché te alie siano inchiodate esse perme ono
ancora abbastanza .movimenti dovuti alla dilatazione ed il sistema riesce più
economico, perche e minore la mano d'opera occorrente
np£T30«'/rmatUra del t!U0 è in ferro le alie Possono 'avere la forma indicata
nella flg. 8. : un estremo di esse viene a porsi nell'angolo rientrante dei ferri
angolari o a T che fanno l'ufficio di paradossi. Le alie sono circa quattro per
ogni fogno tre ali estremità inferiore ed una uel centro della parte del ricopri-
mento dei fogli della Ala contigua (flg. 9.a).
te quanto alla copertura dei comignoli si hanno varj sistemi, che possono
u so s! aPL° men.0hP,-efer,ibÌ,Ì nej Varj C3SÌ: Sembra in ^«.le che perdeste
EsLfSo ;sia„co ne " piomb0' ll quale puó meglio curvarei ~d° ie -
432 LE COPERTURE ECC.
Del resto, qualunque sia il sistema impiegato pel collegamento dei fogli e in
generale per loro posizione in opera, quello che si deve aver di mira sempre si è:
1.° Di lasciare in ogni senso sufficiente libertà alla dilatazione:
2.° D'evitare i contatti dannosi specialmente col ferro:
3.° Di ottenere la massima speditezza, e quindi risparmio di mano d'opera.
4.° Di avere sufficiente stabilità in ragione della posizione che occupa l'edi-
fìcio, specialmente per rispetto ai venti dominanti.
5.° Di fare in modo che nel caso in cui s'abbia da levare la copertura, vi
sia il meno possibile a perdere e che il tutto si possa reimpiegare facilmente
per altre costruzioni. Quest' ultimo vantaggio, che si può perfettamente realizzare
colle coperture specialmente in zinco scanalalo, è di molta rilevanza per gli edi-
fìci provvisori , tettoje ecc.
Conchiudiamo col dire che le coperture in zinco quando siano fatte coi debiti
riguardi presentano moltissimi vantaggi sulle coperture ordinarie a tegole e che
se, tanto qui quanto in altri paesi dove sono impiegate, non si ebbero finora
risultati molto soddisfacenti, gli è perchè ordinariamente non le si sanno mettere
in opera (1).
Quanto al prezzo, per far bene il confronto colle coperture ordinarie in tegole,
bisogna introdurre il rilevante risparmio nelle armature, specialmente per la
grande riduzione nel peso, il quale da eh. 100 all' incirca per m. q. che è perle
tegole ordinarie non viene più che di eh. 7 per lo zinco laminato e di circa eh. 10
per lo zinco scanalato. Bisogna inoltre introdurre nel calcolo anche la diminu-
zione di muratura che deriva sia dal minor peso, che si ha da sopportare, sia
dalla minore inclinazione necessaria per tali coperture. Messo a calcolo tutto questo
e calcolato lo zinco in media a L. 100 al quintale, come lo si ha a Milano, crediamo
di poter asserire che, anche dal lato della spesa, le coperture in zinco hanno
un vantaggio sulle ordinarie, come lo hanno per l'apparenza loro assai più gra-
devole e per la minore spesa di riparazione e il minore incomodo che ne deriva.
Oltre alle coperture, che abbiamo descritto, si fanno oggidì molte applicazioni
dello zinco per varj usi ornamentali. Tra queste, quelle che meritano specialmente
la nostra attenzione sono gli ornamenti in zinco stampato per la decorazione
degli edificii. A Parigi si trovano da varj costruttori copiosi assortimenti di modana-
ture, di cornici, di mantovane, di cimase e sopraornati per cornici di coronamento,
di parapetti per scale ecc. il tutto, se si vuole, con ornati ricchissimi e più o meno
buon gusto. Queste decorazioni, messe in opera colle precauzioni necessarie sempre
per lo zinco, si conservano assai bene, possono imitare ogni sorta di pietre col
mezzo della dipintura, e costano naturalmente assai meno che di pietra, tanto più
se sono mollo ricche d'ornati. A Milano pure è nota una applicazione dello zinco
in questo genere nel Bagno del Ticino fuori di porta Ticinese i cui ornati proven-
gono dalla società delle Vielle Montagne; dei cui prodotti in zinco abbiamo qui vani
deposili. Nelle fig. 10, 11, 12, 13 diamo come illustrazione alcuni motivi di questi
ornamenti fabbricali dal sig. Michelet costruttore a Parigi, Quai Iemmape 312,
e dal sig. Goutelier fabbricante pure a Parigi
Ing. Emilio Olivieri.
-e^»<j3^-a=*-
(lì Per un esempio ci viene riferito che nel Chile (America del Sudi le coperture in zinco sono ora
discretamente impiegate: ma ivi saldano le lastre e le inchiodano sull'armatura con chiodi ai ie
per ciò spesso danno acqua e quasi sempre al luogo dove sono i chiodi.
IL PROGRESSO DELLA GEODESIA IN ITALIA
PARTICOLARMENTE NELLE SUE APPLICAZIONI AI LAVORI PUBBLICI
ED AI CATASTI.
I.
Strumenti e procedi menti»
i. Il tipo fondamentale di tutti gli strumenti di geodesia e di agrimensura è
il teodolite, le cui ultime modificazioni produssero per Palta geodesia le varie
forme di alt-azimut e di strumenti universali, e per quella che si può chiamare
geodesìa degli ingegneri (1) diedero origine alle varie specie di teodoliti magne-
tici e di bussole goniometriche, dalle quali si passò al teodolite-tacheometro, e da
ultimo al teodolite- cleps, chiamato oggidì per brevità semplicemente cleps.
Fin dal 1769 fu al teodolite adattata l'invenzione di Green per estimare le
distanze, ma ei fu solo dopo la scoperta dell' anallatismo centrale nel 1824, che
T invenzione di Green cominciò rendere grandi servizi.
L'addizione del circolo di posizione al cleps rendendo più facile e più gene-
rale il procedimento conoidico, ha contribuito grandemente ai progresso, sopra-
tutto dal lato della celerità; la fotografia sferica ha posto il colmo alla perfe-
zione della moderna geodesia degli ingegneri.
Il cleps, strumento per ogni verso completo, è più comodo all'uso ed assai
più solido dell'istrumento suo similare, il tacheometro, tal quale va per le mani
degl'ingegneri un po' in tutto il mondo e con diverse forme fin dal 1824.
2. Ma né l'uno né l'altro di questi strumenti è abbastanza conosciuto in Italia,
ove però entrambi sono nati (e forse appunto perchè vi son nati), perciò io non
posso valermi del primo siccome proximum genus per ben definire il secondo,
per la qual cosa farò precedere un esame sommario di quei progressi geodesie!
che per le note cause politiche non si sono in Italia ancor fatti, e nella via dei
quali si deve almeno oggidì risolutamente entrare, non solo per non restare
indietro in confronto ad altre nazioni, ma per metterci alla testa del progresso
e servir loro di guida.
Indicherò brevemente pure i postulati più moderni de' varii rami di pubblico
servizio dipendenti dalla geodesia, ai quali postulati la geodesia antica, in uso
ancora fra noi, opponeva il suo non possumus , mentre al contrario vi soddisfa
perfettamente la nuova.
(1) Comprende principalmente la topografia, l' agrimensura ed il livellamento, ma oggidì che i lavori
pubblici hanno preso grandi proporzioni, l'ingegnere ciyile non può più dispensarsi dal conoscere
molto addentro anche nell' alta geodesia.
434 IL PROGRESSO
3. Egli è evidente che, ove altri non ammettesse per necessario il rispondere
a quei postulati, ove non si volessero adottare i procedimenti nuovi, e partico-
larmente poi non si volessero ammettere dagli ingegneri i più o meno nuovi
ma soli razionali metodi di studio de' grandi lavori pubblici della nostra epoca,
si potrebbe concepire il dubbio che fosse per essere siccome inutile lo strumento
con tanto studio elaborato; imperciocché di ogni stadio del progresso si è fatto
sentire il bisogno in prima nei metodi di studio, principalmente in ragione dei
grandi lavori che si sono sviluppati per ogni dove, poi il bisogno di quelli ha
fatto nascere il procedimento e ristrumento, coll'ajuto dei quali la geodesia
può rispondervi.
Il procedimento e Pistrumento si sono perfezionati di più in più col crescere
di numero e di esigenze i postulati a cui soddisfare, né si può sentire il bisogno
dell' istrumento e riconoscerne i pregi, laddove quei perfezionamenti nell'arte
dell'ingegnere non sono ancora penetrati.
4. Un trattato completo di geodesia antica ad uso degl'ingegneri si componeva
di parecchi volumi pieni di ripieghi e di espedienti più assai che di principii ,
il perchè é che si procedeva in planimensura per dimensioni e per figure colle
infinite loro varietà ed accidenti dell' allimensura, se ne faceva un'operazione e
quasi una scienza a parte; la vera geodesia razionale invece, più semplice e più
pratica, più facile e più speditiva, procede per punti di cui determina la posizione
nei tre sensi cosicché anche le altidi ne risultano.
Considerata tutta intiera in tutte le sue varietà, in tutte le sue applicazioni,
la geodesia pratica nuova si riduce matematicamente perciò ad un problema solo
ed. unico, che così si enuncia:
Determinare la posizione di un punto per rispetto a tre assi dati di posizione.
Questo enuncialo è indipendente dalla grandezza delle quantità che sono in
giuoco, ed è perciò generale, e si applica in ugual modo dalla più piccola par-
cella di proprietà fino all'intiera Ilalia. Quarant' anni di pratica nei più estesi e
difficili e variati lavori, non hanno presentato mai la più lieve eccezione, nep-
pure per la geodesia sotterranea nelle miniere.
La risoluzione pratica di questo semplicissimo problema, ripetuta tante volte
quanti sono i punti da determinare, costituisce tutta intiera la geodesia 3 la topo-
grafia,, 1' agrimensura ed il livellamento. Il livellamento vi è implicitamente com-
preso, perchè sempre si procede a tre dimensioni.
5. Per risolvere indefinitamente sempre lo stesso semplicissimo problema,
evidentemente non sono più necessarii quei tanti procedimenti che si leggono
in prolissi trattati, e s'insegnano nelle scuole superiori ed inferiori, né tanti
strumenti quanti ne appajono consultando i cataloghi dei costruttori.
L' islrumento unico, qual eh' ei ne sia il nome, col quale si ottiene la risolu-
zione pratica e completa di questo problema, si compone necessariamente di un
cannocchiale di due circoli, e d'un livello, e vi può essere utilmente aggiunto
il magnete.
Green nel 1769 aggiunse inoltre nel campo del cannocchiale un pettine a otto
sottili punte d'acciajo, al quale modernamente si è sostituita una reticola di fili
di ragno, colla quale aggiunta perfezionata nel 1824 in Italia coli' anallatismo
centrale, avrebbe potuto sparire intieramente dall'arte la lunga, incerta e fallace
misura diretta con canne o catene, ed è sparita di ffatti quell'improba fatica per
tutti quegli ingegneri che adottarono fin d'allora i nuovi procedimenti.
DELLA GEODESIA IN ITALIA 433
Il teodolite, che è strumento stato inventato in Inghilterra or fan poco meno
di tre secoli, per uso degli agrimensori (Land Surveyors), è il tipo di tutti di
■ strumenti geodesie!, e si compone degli elementi che abbiamo testé menzionati
6. La grande varietà poi di bussole semplici o goniometriche, oppure ancora
J *; d< geometri, dÌ Pant°metrÌ' di livelli d'°«ni «Pe«'e con o senza
•mali, d, squadri graduati o semplici, di strumenti grafici varii, ecc. ecc., altro
non sono essi neppure che teodoliti bastardi ed incompleti , destinati a sparire
poco a poco a misura che l'istruzione si propaga, a misura che va prevalendo
lei IcJciIvI.lt!*
Ji-nn0d0f1Ìte,"ClepS,-SÌ dÌStÌngUe da °gni altro perchè vi «'incontrano migliori pro-
porzioni fra le parti, e perchè vi sono aggiunte alcune disposizioni accessorie utili.
/. Riteniamo dunque dal fin qui detto:
y Che tutta la geodesia si trova oggidì ridotta ad un problema unico sem-
plicissimo, che s, risolve completamente nella pratica con un istrumento unico;
aggiungiamo che le maggiori varietà nell'applicazione si riducono a tre proce-
!"' 1t.qU S1 applicano commistamente secondo le circostanze, ma senza
LnY ?e1ilfClepS',C0SÌdett0 Per abbreviazione di teodolite-cleps-ciclo (1), altro
Zllt ™a P'Ù raZi°nale' k PÌÙ Seniplice' la piu P^a del genere
Imo 1 r°n Presenta "ella sua «Pecie varietà essenziali che nella grandezza.
Il modello di pnma grandezza porta un cannocchiale d'un metro, e vale perle
operazioni d, alta geodesia , cosi terrestri come astronomiche. Il modello di se-
conda grandezza ha un canocchiale di mezzo metro; quello di terza grandezza
d un terzo d, metro, e sono le due grandezze più convenienti per gli inceri
LeHUlTr,a grandeZZ,a °0n cannocchia'e di due decimetri od anche meno, e
casta per le operazioni di agrimensura.
II.
Problema razionale per lo studio nelle vie e canali.
8. Siccome esempio di applicazione del formulato geodesico problema generale,
prenderemo a considerare la ricerca di una linea di via o di canale, che pro-
tendendosi fra due punti dati, soddisfaccia a condizioni date di pendenze di
Supere d'Trte" * ^ S°<ldÌSfaCCÌa C°' minim0 d* sterri e di riporti, e col minimo
Egli é questo un problema geometrico determinalo, possibile a risolversi ra-
.ona mente a tavolino, giacché la geodesia nuova può fornire la equazione g -
netale a tre dimensioni della superficie di tutto il paese data numericamente in
metri e per punti abbastanza frequenti da permettere la interpolazione, accom"
agnata questa equazione da una eidipsogroiìa (2) (che del resto se ne de uc"
Sei luòghi1"0 Sln0pUCamenle la forma del terreno, meglio assai che la vista
Drt'etTo^r C°r "Ce a"a eqUaZÌ°ne de"'aSSe' anzi di '»«a I» superficie del
fertutteTp^SrS eseguito> mediame ia quaie equazione si può m-
(1) A circoli nascosti.
(2) Planimensura ordinaria ed altidi espresse dalle curve orizzontali,
436 IL PROGRESSO
Gol confronto poi di quelle due equazioni, quella cioè della superficie del ter-
reno e quella della superficie del progetto, diviene facilissimo il calcolare con
sicurezza i volumi degli sterri e dei riporti, nonché delle opere d'arte, con tutte
le loro dimensioni di esecuzione, e di calcolare quindi esattamente la spesa ne-
cessaria per la esecuzione di tutto il progetto, e tutto ciò con pochi quaderni di
calcoli e senza bisogno di costosi e immaneggiabili rulli di carta in piani a
grande scala, e profili, sempre insufficienti nel metodo antico, inutili affatto nel
metodo nuovo.
La soluzione così ottenuta è tale da non poter essere contestata; l'autore
dello studio ha per sé la certezza di che la così progettata è veramente la mi-
glior delle linee possibili, egli ne può convincere i colleghi, gli amministratori,
i capitalisti; niun dubbio, niuna objezione può nascere, alla quale egli non abbia
pronta la confutazione matematicamente evidente, senza bisogno di visitare più
i luoghi; qualunque variante altri proponesse potrebbe essere immediatamente
discussa con pari facilità e fortuna.
9. Così si lavorava fin dal 1824 nel R. Corpo degli ingegneri militari in Pie-
monte, così si fecero d'allora in poi tutte le carte generali di difesa delle piazze
forti da quel Corpo dipendenti, ma il primo veramente grande lavoro di questa
specie che sia stalo fatto sotto la mia direzione, fu la carta militare di difesa
del ducato di Genova, che ha servito allo studio di quelle estesissime forti-
ficazioni.
I primi progetti di lavori pubblici che sono stati così da me studiati sono: ì
progetto di via ordinaria attraverso il piccolo S. Bernardo; il primo studio di
progetto del passaggio delle Alpi che oggidì si trafora da Bardonecchia a Modane
col nome di galleria del Moncenisio ; il progetto di ferrovia da Genova al Pie-
monte, con ogni suo dettaglio; buona parte di quello di Lucomagno , e quello
pure di ferrovia da Belmez a Cordova pel Guadiato in Ispagna, e molti altri di
minore importanza.
Un tal modo di fare è eminentemente speditivo, e perciò il più economico, e
conduce a risultamenti certi, incontestabili, completi fino nelle più piccole inezie.
10. Quando in mancanza della equazione numerica sovra menzionata, si abbia
solo graficamente la carta generale eidipsografica del paese, si può ancora,
benché meno esattamente, giungere alla medesima soluzione coi procedimenti
grafici della geometria descrittiva. Così è che stato studiato, per primo dall'in-
gegnere Moinot, il progetto di ferrovia detto della Cornice, ma appare chiaro dal
suo ultimo trattato che quell'ingegnere impiega ora un metodo misto di graf-
ismo in planimensura, e di calcolo per le altidi. Risulta pure dal medesimo
trattato, che egli ha, piuttosto che no, retrocesso così nella scienza wme nei
procedimenti pratici, e che impiega strumenti non anaìlatici, perciò inesatti, che
sono per di più inintelligentemente proporzionati.
11. Questo metodo si pratica da lungo tempo per le fortificazioni ed altri loro
lavori, dagli ingegneri militari di tutte le nazióni, ma esso era relativamente
impossibile per gli ingegneri civili, in causa dell'ingente lavoro che sarebbe stato
necessario per ottenere coi mezzi della geodesia antica l'equazione suddetta, od
almeno là carta generale eidipsografica esatta delle grandi estensioni di paese
su che si estendono i loro lavori: perciò persistevano gli ingegneri civili nei
metodo, quasi direi divinatorio, che tutti sanno: il pubblico ed ì clienti ne
pagavano le spese e le conseguenze.
DELLA GEODESIA IN ITALIA 437
La celerimensura rende possibile e la equazione numerica, e la eidipsografia
che se ne deduce, e ciò ad un sì basso prezzo e con tal brevità di tempo, che'
non v ha pm motivo, direi quasi non v'ha più coscienza, ad infliggere al pub-
blico ed ai clienti la spesa e le conseguenze d' un diverso procedere.
III.
Che cosa sia la celeriniensura, che cosa i suoi prodotti,
la fotografia sferica.
12. Ma che cosa è la celerimensura?
Molti ancora vi sono che noi sanno affatto, molti altri credono che tutta la
celerimensura consista nel misurare le distanze colla stadia, e siccome sanno
che quella invenzione inglese era poco esatta, essi non si degnano neppure di
prendere conoscenza della celerimensura.
Quanto essi sono nell'errore I. . .
13. Ad eccezione infatti delle grandi basi trigonometriche, distanze in celeri-
mensura non se ne misura affatto né colla stadia, né altrimenti, perchè sareb-
bero della più completa inutilità.
La celerimensura per definirla in brevi parole, non è altro che la geodesia,
tuia la geodeta niente più che la geodesia, inleso però il vocabolo geodesia nel
suo significato il p,u ampio, e considerata la scienza, che così si chiama, nello
stadio il p,u avanzato di suo progresso. Questa è la celerimensura
La celerimensura è dunque prima di tutto un corpo di dottrine teoriche, poi
un metodo pratico d. applicarle a produrre un effetto utile determinato in cele-
rimensura pratica si adopera un istrumento conosciuto da gran tempo nella più
antica geodesia, ma da ultimo perfezionato possono però impiegarsi con poche
modificazioni quasi tutti quegli strumenti che al § 6 abbiamo chiamati bastardi.
Ommettero d. parlare della parte di essa che corrisponde alla geodesia alta,
sebbene forni, un ragguardevole corpo di dottrina e di pratici procedimenti è
fcT^.riM,ta sfera ordinaria cii queiia che si pu° chiamL ***««•
14. In celerimensura s'impiegano tre procedimenti sempre commisti in vario
m do a seconda delle Circostanze, con tutti e tre i quali procedimenti si ottiene
fcVe "°JD,nnmen 'a D1ÌSm'a dÌ dUe ° dÌ tre SOrta d'a"80li c"e « "«"ano
rt!' \' ,' ma, T Sempre' di una piccola d™ensione lineare (,) ordina-
rumente verticale, che la mira fornisce, avute le quali tre, e talor quattro quan-
ti a, se „fc deducono immed.atamente in metri, non già la distanza, che non se
on,le r e;recoo:dinate t^^- <* ^ *> «■<*«.! r..*«*^£
Queste coordinale (x, y, z) sono gli elementi della equazione generale della
uperfice del paese, delle equazioni perimetrali del parcellario, della equazione
hueare dell'asse d. ogni strada, di ogni canale, delle sponde d ogni fiume ecc
E erché queste coordinate, si riducono sempre anche pei più piccoli lavori p£
'Ì °or.(nne unica per tutta Italia, cosi esse sono ubificative e figurative;
P..r legalrnte accemtlve> e Perchè tali, e perchè geografiche, sono
accettate in giudizio, siccome probanti in modo assoluto
defsudltti'anlVr'T'ir6 ,"! lerren° Per °gni pun,° considerato la misura
nei suddetti angoli (?, +, e) e della pur detta dimensione lineare (a) da cui se ne
438 IL PROGRESSO
deducono le tre coordinate (x9 y, z). Non è bisogno di dire che si accompagna il
rilevamento numerico con schizzi figurativi (eidotipi) che si fanno speditamente
a vista, quando però non si fa intervenire la fotografìa sferica che vi si supplisce.
15. La fotografia sferica è un ausiliario essenziale della celeriniensura, e ne au-
menta di molto la celerità, non solo supplendo agli schizzi, ma con fornir pure
e con pari precisione le (9, 4», 6) di un grandissimo numero di punti.
La fotografia sferica può andare anche da sola e rapidissimamente pei progetti
di massima e per le riconoscenze militari; in ogni altro caso essa cammina van-
taggiosamente eli conserva col cleps, ed oltre al supplire con vantaggio agli eido-
tipi, conduce alla stessa forma di risultati finali, vale a dire alle (9, +, 6) che
se ne deducono direttamente, e per esse alle coordinate {x, y, z).
IV.
Altri postulati.
16. Alla già indicata ragion d' essere della celerimensura si aggiungono altri
postulati che sono insolubili 0 quasi insolubili colla antica geodesia, e che da
gran tempo battevano inutilmente alla porta di tutti gli ingegneri, e battono
ogni dì più forte a misura che sono più illuminati i giurisconsulti e le grandi
amministrazioni e gli ingegneri slessi sui veri interessi nazionali pubblici e pri-
vati in ogni paese.
Il primo di questi postulati ha la sua radice in quell'adagio del foro ricono-
sciuto in tutta Europa :
Compasso non fa fede.
Gol quale adagio la magistratura nega , e ben a ragione , effetti legali a tutto
ciò che è meramente grafico, e pretende in tutto e sempre le dimensioni ma-
nualmente scritte ed inscrittibili per mano del notaio negli atti. Non si respin-
gono in vero con ciò i disegni e le mappe, ma si accettano solamente come rap-
presentazioni sinoptiche figurative ad illustrazione dei titoli, ne' quali il diritto
non può radicarsi che nella parte manualmente scritta.
Avviene anzi necessariamente (mille deplorabili esempi ne stanno a prova) che
quando in un atto il notajo, in una sentenza i giudici, si avventurano a radicare
un diritto sovra un documento grafico, essi creano pei loro clienti un nido di
processi che non tardano a scaturire ed a produrre i tristi effetti che tanto fre-
quentemente desolano la proprietà fondiaria.
17. La instituzione tanto desiderata del credito fondiario è assolutamente im-
possibile senza la istituzione madre di un gran libro fondiario uniforme in tutto
lo Stato, senza la ricostituzione del titolo di proprietà conforme alle antiche leggi
censuarie romane. . .
Ma la instituzione del gran libro fondiario è impossibile senza le equazioni
perimetrali parcellarie tal quali si ottengono dalla nuova geodesia.
Di molto mi allontanerei dal mio scopo se dovessi enumerare tutte le questioni
d'arte non solo, ma di giurisprudenza, di alta economia pubblica e di finanza,
la cui soluzione dipende dalla modesta proposizione di geometria che si rac-
chiude nella celerimensura.
DELLA GEODESIA IN ITALIA 439
18. La condizione delle dimensioni scritte è invalsa oggidì non solo nella
magistratura, ma ancora in tutti i servizi dell'ingegneria, ed è prescritta irre-
vocabilmente da tutte le amministrazioni illuminate, e praticata dalle grandi
direzioni d opere d'arte, lo è nelle officine di macchine, in tutto.
Ma in geodesia, se si dovessero scrivere sui piani tutte le dimensioni e deter-
minanti e comprovanti , ne nascerebbe una confusione inestricabile, ad evitare
la quale s. presenta opportuno appunto il sistema delle coordinate rettangolari
come si ottengono dalla geodesia nuova.
19. Da tempo immemoriale presso gii ingegneri delle miniere di tutte le na-
zioni si fa uso delle coordinate: Domenico Cassini ha impiegato il sistema delle
coordinate rettangolari per la carta generale di Francia e ne ha ottenuti grandi
vantaggi di celerità, di economia, di chiarezza, di semplicità pel catasto di Francia
sotto il primo impero lo si era esleso già fino alle operazioni di quinto ordine
e poco mancò che, proponente Lesueuz, lo splendesse al parcellare : si temette
la spesa. '
Questo sistema si va ogni dì più generalizzando, a tal segno che i cartolai di
Parigi e di Londra vendono ora molto più carta reticolata per uso di riportare
in disegno per coordinate, che carta da disegno bianca.
20. Un secondo postulato moderno riguarda la celerità, e con essa naturalmente
la economia.
Nel secolo del vapore e del telegrafo elettrico non si accorderebbe più di fare
come, per esempio, ancora si fa in un'amministrazione governativa in Piemonte'
meno , tre ettari (2,73) al giorno in media per ogni operatore di rilevamento
catastale meramente grafico, oggidì si domanda ad ogni operatore il quintuplo
almeno d, area rilevata, e con tutte le altidi, e non si consente più di pagare
ne vent.due lire l'ettarea come il censo di Milano, né 18 lire come già ne costa
ìitutliv'inaSr16' benChé n°n flnit° ^ n6SSUna SUa P"te e — te di
21 Riconosciuto oggidì l'immenso errore del fare catasti unicamente fiscali
che , secolare spenenza ha dimostrati incapaci di effetti civili , inefficaci anche
per la sola perequazione, ! magistrati domandano in vece nel loro linguaggio
Slo^T^T h ° Sap6re imerP'-etare ^ ^rta generale eidipsografica
dello Stato, e domandavano già da gran tempo in termini precisi (1) le nostre
qu z.on, ma gli ingegneri opponevano in passato sempre il loro non possumus,
e se la spenenza francese d. trent'anni fa riusci a Servaz, ei fu con una spesa
impossibile a sostenersi, il che vai bene il non possumus; ma la geode"? nJov
so.titu.sce al non possumus un facillìme possumus, e si contenta di molto minor
Y> i t5ZZO.
22. Un terzo postulato riguarda la esattezza •
vaLT^r a"a ^^ «eodesia ^v le operazioni catastali una tolleranza
Torto " P • Ur°Pa da' mm° al due Per cent0> in Francia sotto
trenTnn Pf r ° f" CaS' ^^^ fln0 al CÌnque Per cent0> in S™^a fino
a treni un contametri sopra venti metri, quasi il due per cento. Ora la tolleranza
è d, gran lunga p,u ristretta; ora non si concede più, e tutt'al più che l'uno
per m„le più un decimetro, per qualunque distanza' m'inore di u Tkilometro co-
munque presa ed ,n qualunque direzione fra punti dati per le loro coordinate e
(1) Longitudini e latitudini comunali.
440 IL PROGRESSO
j/0,001 K. al di là d'un kilometro, e si esige poi la coincidenza perfetta coi
punti trigonometrici, la qual cosa conduce necessariamente all'ammissione della
tolleranza a due gradi, ed a quella tale teoria delle compensazioni che allega
ancora i denti a molti nostri ingegneri e dà loro a pensare erroneamente che
la celeriniensura, con ammettere questo progresso geodesico de' nostri tempi,
non abbia che metodi incerti.
V.
Le compensazioni.
23. Non si ha generalmente una giusta idea di ciò che sia il poco ed il molto
in materia di esattezza pratica, né della teoria matematica a ciò relativa; la mi-
sura della esattezza è il numero reciproco della incertezza remanente.
La esaltezza matematica assoluta è tale araba fenice che non è dato all'uomo
di raggiungerla mai; la sua misura è espressa dall' co; si chiama incertezza re-
manente quella quantità ignota di che un risultato pratico di misura, per accu-
rato che sia, sempre differisce dal vero che resta ignoto.
Or bene se una misura di lunghezza o di angolo replicatamene presa diffe-
risce da una volta all'altra di una piccola frazione, non v'ha scrupoloso inge-
gnere che esiti in adottare la media : cosa si è fatto con ciò, se non compensare
le incertezze remanenti delle varie misure ottenute? Solamente questo modo di
fare è per lo meno inintelligente, e può talvolta allontanare dal vero. Si dimo-
stra infatti rigorosamente che il vero si deve in non pochi casi trovare assai
lontano dalla media aritmetica, e talora perfino fuori dell'intervallo compreso
fra il massimo ed il minimo de' resultati ottenuti.
24. La teoria che si potrebbe chiamare delle medie è stata svolta ed applicata
con successo alla geodesia sotto il nome di teoria delle compensazioni, da Gauss,
da Bessel, da Scleiermacher, da Hansen ed altri.
Ben inteso che non si debbono mai compensare gli eirori propriamente detti;
quelli si debbono scoprire col mezzo delle comprovazioni, e si debbono correg-
gere al loro preciso luogo dove sono stati scoperti, ed è appunto quello che si
fa in celerimensura, dove V errore, la negligenza, la mala fede sono resi impos-
sibili dal rigore e della generalità delle comprovazioni.
VI.
tue comprovazioni.
Quando intorno ad un punto si sono misurati ad uno ad uno separatamente
tutti gli angoli compresi fra diverse visuali che partono da quel punto, la somma
di tutti quegli angoli deve matematicamente dare quattro retti: ecco un caso di
comprovazione indipendente dal giudizio umano che però non è probante in
modo certo ed assoluto perchè potrebbe essere P effetto di due opposti errori.
Quando si misurano a parte i tre angoli d'un triangolo, la loro somma deve
eguagliare due retti: ecco un altro caso di comprovazione indipendente dal giu-
dizio umano ma neppur essa è probante in modo assoluto.
Tuttavia se il risultato di questa comprovazione offre una differenza minima,
questa differenza si potrà considerare come un criterio circa la incertezza rema-
DELLA GEODESIA IN ITALIA 444
nenie sulle misure prese. Se offre invece una differenza ragguardevole, sarà indizio
cero d. un vero errore commesso, senza indizio però del dove commesso.
Ma se ognuno degli angoli del triangolo fa parte di un giro d'orizzonte, il
ungo dell errore evidentemente emergerà dalla duplice comprovazione e qualora
e discordanze si mantengono piccole nell'una e nell'altra prova si potrà ciò
tenere s.ccome indizio se non certo almeno infinitamente probabile che non si
commesse verun errore propriamente detto.
J,UJ!llTTuÌ0 f3rà comPrendere meglio «he una spiegazione astratta il ca-
rattere che debbono avere le comprovazioni:
Le comprovazioni in geodesia debbono essere indipendenti affatto dal giudizio
allace degl. nomini: esse devono derivare unicamente dalle condizioni matema-
tiche necessariamente esistenti fra le quantità da comprovarsi. Esse debbono es-
sere sempre duplici, cosicché non possa a meno di emergerne l'errore vero o
a frode anche la più astuta, e non succeda mai che gli errori anche piccoli pos-
sano confondersi colle incertezze remanentì, e contaminare le compensazioni.
Qualunque metodo operativo che non soddisfaccia a queste condizioni, non può
Z "Tu""0 1D g'UdÌZÌ0' Perchè "on ablativo non può soddisfare la co-
iTl rng6gnere Che C°'SU0Ì Pr0gelti non si contenti di allettare i capita-
l !nd« l ? T rf S1CUr° dÌ "°n ÌD?annarli a«che innocentemente, ingan-
nando se stesso ed il paese.
VII.
L'esattezza nelle livellazioni.
aulTrir Par0la Sull'ar.g°ment0 esat'^a, per segnalare il ridicolo del
?.. „r P ceni ingegner, livellatori che vengono derisoriamente qualifi-
cati in Francia coli' epiteto volgare di millimétristes
Partiti da uno stesso punto due ingegneri che scrivono ad ogni battuta di li-
1 mp,?n ' m""metrÌ' arrÌ¥an° per diversa ™ ed in «-erso tempo
alla meta, e v. arrivano con qualche metro di discordanza, e il più delle volte
non ne scoprono la causa, rifanno e forse rifaranno molte volte ancora e con
mpre vana fortuna e forse mai con un accordo soddisfacente; ed anch quan o
ni !„ ™™à™ e»" non possono matematicamente provare che la otte-
nuta concordanza non sia caso fortuito molto lontano dal vero, citiamone alcuni
nef^
ranni e si rifece trenta volte, e ™7p™ SS^SZa'Z'
nenie su questi cinque ultimi risultati sia minore di un metro
ferrov'lf nn;^,aJU,1Henf a ^-"'^"erre, al momento quasi di mettere sulla
a ni ,/ ' Sl, ° U1 en'°re di 4'"'S0 in una sola ^^e, senza che si
sia potuto scoprirne la causa.
442 IL PROGRESSO
ottavi di linea del piede inglese, e codesta livellazione doveva servire di con-
trollo alle operazioni di tacheometro state fatte dai miei soldati!!!.. Che buona
gente che erano quegli inglesi!
27. La serie di tali fatti è infinita, e se ne hanno in tutti i paesi.
Ne in Italia mancano gli esempi di simili discordanze , le quali avvengono
malgrado ogni diligenza millimetrica, malgrado la buona volontà degli operatori,
ma non è qui il caso di passare in rivista gli errori altrui, né il luogo di ricer-
carne le cause, parliamo invece di quegli errori che volontieri confessa, ma della
esiguità costante dei quali si gloria a buon diritto la celeriniensura.
28. Or bene, in celeriniensura, dove non possono avvenire errori sistematici,
si passa oltre volentieri sui millimetri, sui centimetri quasi sempre innocui, ed
anche talora sui decimetri, ma non succederebbero mai a lavoro finito delle
discordanze di parecchi metri.
29. Quando poi si presentano di quei casi speciali dove i millimetri importano,
come mi avvenne pel ponte di Kell sul Reno, od al sostegno di Gros-bois (1) in
Borgogna, e poche altre volte, allora la nuova geodesia ha mezzi per vedere
molto bene e con piena verità i millimetri ed anche le frazioni di millimetro,
e può fare in modo che la incertezza remanente sul risultato finale non oltre-
passi il limite fissato, per esempio come a Gros-bois, di un millimetro per ogni
coppia di battute che sommavano a 600 metri.
La sperienza ha dimostrato che la incertezza remanente non vi ha mai oltre-
passato sette decimi di millimetro.
Guardiamo ai millimetri quando ne occorre. davvero il bisogno, ma guardiamoli
allora con ben altri strumenti che quelli che corrono ordinariamente fra le mani
dei nostri ingegneri.
30. All'appoggio di questo mio dire, sono lieto di poter presentare un fatto
recentissimo.
Riparato appena da un' avaria grave, il grande livello a bolla fissa dell Istituto
Tecnico Superiore di Milano, che appunto è un istrumento eccezionale, si trat-
tava di provarlo. Io pregava il signor ingegnere Villani di far questa prova
sopra un poligono chiuso un po' vasto; e perchè corrono per mano degli inge-
gneri varie versioni circa la ipsometria delle porte di Milano, l'ingegnere Vil-
lani scelse di farla sul giro intiero della città, impiegando ben inteso il metodo
dei punti doppi, unico razionale, unico probante, unico col quale si trovino eli-
minati dal risultato i quattro errori sistematici, e se ne determini ad un tempo
stazionerei stazione (2) il valore.
Il risultato di questa operazione fu il seguente :
1.° La compensazione diede luogo ad una correzione di tredici centesimi di
millimetro (0m,00013) sul giro intiero di Milano.
2.° La incertezza remanente sopra un' altide qualunque di questo poligono
non si stimò oltrepassare dopo la compensazione tre millimetri (si sarebbero ot-
tenuto meglio con mire intere; quelle impiegate erano smontabili ed il giunto
presentava qualche leggera imperfezione).
(1) Nell'uno e nell'altro luogo si trattava di constatare il movimento di un grande edificio. A Gros-
bois fu accordato per limite alla incertezza remanente un millimetro, e si ottenne meglio.
(2) S'intende per stazione la posizione dell' istrumento, non quella della mira, come erroneamente alci
intendono.
DELLA GEODESIA IN ITALIA 443
]MlLfatf "" Punt0 del Poli^ono la stazi°ne centrale per la quale si
ammette la alt.de di 126-.860, e fatto conto di due tronchi di livellazione 1
osamente favorita dall'ingegnere Chizzolini , de' quali uno tra S. Giovanni sul
ZZ VH ng"a delDuomo- Paltra dalla soglia del Duomo a S. Giovanni in
0 ta\a'e J ?Tl°r IÌManÌ Pr°tratta fin° a quei Pnntì ™Pettivamen,e £
Duomo n lì4 P° ma"a' S' ' P°'Ut° C°nC'Udere 1,altide di s°g'ia del
tauomoin 121 SS6, con un'incertezza remanente per quanto riguarda le due
operaz.on. Ch.zzolini e Villani, di un solo centimetro.
Questa è Palude che riterremo siccome stabilita pei lavori in corso di rileva-
mento e.d.psometrico della città di Milano.
La incertezza remanente sull'altide della stazione centrale potrebbe essere
ben.ss.mo, avuto r.guardo alla sua provenienza, d'un pajo di metr ma 3
tonto che ne abb.am fatto con altri dati la riduce a Jochi decimetri
sarebbe stagni mÌ11ÌmetrÌC0 ^rado di esa^za dell'operazione Villani non
SiaSlrr „v "T aVUt° SOl° Per ÌSCOpo la iPsometria ^lla
Sezionale! °' dÌ SOtt°P°rre a esperienza un istrum^°
Tuttavia il giro di Milano di dodici chilometri, che chiude mediante una cuoia
; ùmprs°ddeo™ rfiM1 centesimi di miuimetro' S0mmin"- "" "
i ^^™ZTS£lT veraraente necessarii' vi souo in cLri-
Le altidi poi che risultano dal rilevamento eidipsometrico a mezzo del clens
decimerò "" ^ S'ann° * M° ^^ne suddetta eZ il me/zo
so" m^Tr^rSo ffiisr ne è da pochi anni sorto' ed é
^StZ^nT:nrTT-deìh ^^ S°n° °ra Hc0D0SCÌUte ta" da
Vili.
sSST^ ?"~-- AMSSSi ss
ha p.u b.sogno d. prendere sopra di esse mai misure col compaio e la scafa
^iT:0T:i:zz:t::z v/u'tt t brevi distauze- ed è ^ - *■ & **i
trwrn. /n^ — Fo/. XVI. — l^/fc 1868. 29
444 IL PROGRESSO
2.° La terza coordinata z dev'essere sempre riferita al livello del mare, eia
si deve ottenere per tutti e singoli i punti considerati in planimensura, i quali
devono essere tanti quanti bastino a determinare soddisfacentemente in altide
la intiera figura della superfìcie del suolo.
3.° Tutte le operazioni debbono essere combinate in modo da presentare
nelle condizioni matematiche di esistenza delle figure nello spazio , la compro-
vabilità la più assoluta e generale di modo che qualunque errore , frode o ma-
lizia, si possa scoprire senza tornare sul terreno.
4.° Si deve concedere bensì una tolleranza, ma a due gradi, e ristretta pel
secondo grado al millesimo più un decimetro, tanto per le posizioni assolute
come per le relative fino ad un kilometro , ed a |/oTÓOTK. per ogni maggiore
distanza; la tolleranza dev'essere nulla all'incontro de' punti trigonometrici dove
se ne hanno; dove non se ne hanno se ne devono creare sostituendo alle mal
sicure poligonali del metodo antico una catena di triangoli ben condizionati.
5.° Non solo si ammette, ma si prescrive, che dopo le comprovazioni al
primo grado, si applichino le compensazioni.
6.° Si deve sistematicamente tener conto della vera locale curvatura della terra.
7.° E qui il luogo d'aggiungere una settima condizione ed è che ogni diffi-
coltà di applicazione della scienza e del calcolo svanisca assolutamente nel pas-%
sare dalla teoria alla pratica per modo che si possano materializzare le operazioni
e farne imparare quasi meccanicamente senza teoria l'esercizio agl'impiegati
inferiori, non che ai più umili e meno istruiti geometri.
A questa special condizione soddisfa pienamente la nuova geodesia giacché i
soldati del genio furono quelli che, deposta appena da un mese la cazzuola, la
lima, la pialla, il badile, rilevarono tutto il ducato di Genova col tacheometro.
Essi fecero di poi molto bene , senza sapere un' acca di trigonometria, il calcolo
numerico di quattrocento cinquanta mila coordinate costituenti la equazione
generale numerica a tre dimensioni di tutta la superficie del ducato, poi fatta la
generale comprovazione applicate le compensazioni, disegnarono, un po'malamente
è vero, ma però esattamente, tutto quel lavoro in novanlatre grandissimi fogli, e
ne nacque la carta eidipsografica del ducato di Genova che si conserva gelosa-
mente negli archivii del corpo degli ingegneri militari.
33. A tutte queste condizioni risponde pienamente quella geodesia che con molto
frutto, fin dal 1824, s'insegnò e si pose in pratica in crescente misura nelle an-
tiche provincie, d'onde passò in Francia e vi fu onorata, premiata ed ufficial-
mente adottata nell'insegnamento superiore degli ingegneri, e dalla Francia
irradiò in tutte le parti dei mondo, finché perfezionata ancora nei metodi e negli
istrumenti, la celerimensura ebbe fatto ritorno in Italia, sua patria, ov'era ne-
gletta, ed ove ora la s'insegna da cinque anni nell'Istituto Tecnico Superiore di
Milano introdottavi dall'egregio direttore Gomm. Brioschi nel 1863-64.
Vana cosa è quindi il ricercare oggidì a titolo di documento la via che va
lentamente percorrendo all'estero; quando s'insegna nella prima scuola d'inge-
gneri in Italia, v' è motivo che basta per adottarla dappertutto.
L'Italia d'altronde non deve essere servile imitatrice delle altre nazioni, per-
ciò all'Italia basta la sua ragione, bastano come sperienza i quarantanni di
ottime prove fatte sul suo suolo, né abbisogna di conoscere quelle state fatte al-
l'estero; questi dati gli bastano a prendere il suo partito, ora che la politica
gliene lascia il tempo.
DELLA GEODESIA IN ITALIA 44g
IX.
Stato attuale della geodesia in Italia.
34. Passate ora in rivista le condizioni che costituiscono il punto di più avan-
zae .progresso della geodesia, riconosciuto come a questo ideate risponda piena-
mente la celenmensura, cerchiamo di determinare a qual punto della scala che
v. mette capo sia in questo ramo arrivata l'ingegneria italiana.
Prendiamo perciò ad esaminare :
cond!zioni.qUante ° qUalÌ SCU°le rinse8nainento sia all'altezza delle enumerate
stali2edQaiu.l "IT ' T' fmenti/fficiali delle Pubbliche amministrazioni cata-
stai! ed altre, nelle quali la geodesia é elemento essenziale.
di aLSVpfo imtorir: UalÌanÌ Ch6 t,aUaU° ^ aPP'ÌCaZÌ°nÌ ^esiche
4.° Quanto ne costi di denaro e di tempo per la formazione m\* man™
::sr specia,i' e cabrei; ^«r* ™%z&xs£
gn i^Vd'^SLa cosa producano in istrumenti r""»***?
6." Quali siano gli strumenti che corrono per le mani degli forameli
38. Il risultato di un tale esame è il seguente- ingegneri.
r L» anmialumioil censuarie «aliane hanno reaolamenli i mali „„,
la. mi J " ™"d'",tle '° •'"" ""'"'■ «Wi.liM.le ,.r„.™ ™Yn„ "a"
5 Voa ".^m è, ^e1, *iCli™'i0," "e! ™° »■«»«"»"." s.
446 IL PROGRESSO
Circa il 3.° modo di esame servirà e basterà il seguente :
— Un ingegnere alto locato, che gode eli meritata fama, l'onorevole Coriolano
Monti, è autore di un progetto di ferrovia nelle Alpi marittime, per lo studio
del quale ha chiamato a suo soccorso tutte le risorse dell'arte a lui note; egli
emette nella sua memoria pubblicata in Milano nel 1835, moltissimi ben giusti
riflessi, i quali attestano della sua pratica e dell'acume del suo ingegno, per
modo che quel libro rappresenta senza dubbio e favorevolmente il vero stato
della geodesia degli ingegneri in Italia nel 1865.
Or bene, in questo per molti versi prezioso libro, si vedono messi in chiara
evidenza tutti gli imbarazzi e le difficoltà infinite che in quello stato della geo-
desia lo studio di quel progetto ha presentate, difficoltà ed imbarazzi che sareb-
bero stati nulli, nulli affatto, colla geodesia nuova; ma mi limiterò a trarne
un solo riflesso che vale per tutti.
Si legge a pag. 37 della citata memoria: « col teodolite o col circolo ripetitore
« si desumono in campagna dieci o dodici angoli al giorno, e per caso straordinario
« una quindicina al più » .
L'arte del maneggiare il teodolite, concludo io, era dunque ancora a quel-
P epoca nella prima infanzia fra gli ingegneri italiani, malgrado che da trecento
anni queir istrumento sia, fuori d' Italia, di un uso generale, giacché a me per-
sonalmente, che forse non sono dei più lesti, mi è avvenuto una volta di misu-
rare in una grande e bella giornata d'estate circa quattrocento settanta angoli,
e certamente non mai meno di cento in una giornata ordinaria delle più blande.
Nella stessa pagina si legge: « ma il perditempo in campagna la cede al confronto
« di quello che conseguita a tavolino ; il calcolo riferito nell allegato A , proprio di
« 27 angoli in 5236 metri di lunghezza, è il frutto di un dieci giorni di la-
« voro, se non più ».
Ventisette angoli danno luogo al calcolo di cinquantaquattro coordinate, che
tante appunto figurano all'undicesima e dodicesima finca di quell'allegato.
Or bene, col calcolo logaritmico ordinario occorrerebbe ad un giovane del mio
studio l'occupazione di sei ore al più, invece di dieci giorni!
— Per rifare accuratamente i calcoli di tutta la grande triangolazione da Roma
a Milano, e determinare le coordinate di tutti i vertici, l'onorevole ingegnere
Carlo Villani mio collega, ha impiegato una settimana.
— Ma coi mezzi della celerimensura e coi lati mediamente di soli duecento
metri, che compongono la poligonale del progetto Monti, è ben altra la spedi-
tezza. In Francia si fa conto mediamente pei progetti di ferrovia quando si fanno
colla celerimensura, che con quei mezzi si possono ottenere comodamente oltre
duecento coordinate all'ora, e così per quelle cinquantaquattro coordinate state
calcolate in dieci giorni dall'onorevole Monti, occorrerebbero sedici minuti;
e quanto a difficoltà ricordiamo che ciò erano capaci di fare i miei soldati.
D'onde credo essere in diritto di concludere che la pratica del calcolo loga-
ritmico ordinario non è niente meglio passata nelle abitudini fra noi che il ma*
neggio de' buoni strumenti, e che sono conosciuti ancor meno i metodi antichi e
nuovi di supplire nella pratica al calcolo logaritmico.
Queste conclusioni, ben inteso, riguardano la generalità degli ingegneri ita-
liani, e non intaccano le onorevoli eccezioni.
— Circa al 4.° modo di prova (il costo ed il tempo) abbiamo il catasto di Lom-
bardia, che ha costato 22 lire V ettarea, abbiamo quel di Piemonte in corso e non
DELLA GEODESIA IN ITALIA 447
finito, che ne costa già 18, e sono pura planimensura, ossia mappe grafiche con
larga tolleranza.
Circa il tempo, della Lombardia non parlo per mancanza di dati precisi; del
Piemonte dirò che i quindici anni ed i venticinque milioni stati concessi dal
Parlamento vi sono passati, e che dai rendiconti pubblicati nella Gazzetta uffi-
ciale risulta non aversi ancora un quinto della massa totale di lavoro, e nulla
affatto di catasto veramente ultimato e consegnato ai conservatori.
Colla nuova geodesia invece si ottiene ora in Francia, come da noi, il com-
pleto risultato a tre coordinate per non più di quattro lire l'ettarea ne' luoghi
i più difficili. La prova si è che per tal prezzo una compagnia francese aveva
nel 1854 offerto di intraprendere il catasto delle antiche Provincie coi metodi
della celeriniensura, e darlo ultimato, non in quindici, ma in cinque anni; la
qualcosa, al dir di Cavour,, avrebbe procurato allo Stato un benefìcio di sessanta
milioni, ma il Parlamento era allora sotto l'influenza di tre grandi illusioni: il
catasto stabile J la misura diretta, e i pratici (1), e derideva Plana, Menabrea e
Ferrati, i quali sostenevano il giusto, il vero; la proposta francese non fu ac-
cettata anzi nemmeno seriamente esaminata.
Cerchiamo ancora una prova nei lavori pubblici: La provincia di Milano ha
speso duecento ottomila franchi per lo studio di una comrnunicazione ferro-
viaria attraverso le alpi italo-germaniche alla Spluga ed al Septimer. Lasciando
da parte la questione di tempo diciamo solo che colla nuova geodesia avrebbe
avuta la soluzione completa e comprovata del quesito per meno di quaranta-
mille lire.
So bene che alla Spluga fu fatto da uno degli ingegneri di sezione un tenta-
tivo che si credeva di celerimensura perchè s'impiegava la stadia, ma so anche
che i metodi furono gli antichi, e il metodo è tutto.
— Se prendiamo ad esaminare il 5.° punto (la fabbricazione di strumenti) noi
troviamo che si son fatti dei veri strumenti geodesia, sebben pochi, in Torino al
tempo di Capelli e di Gatti, ed a Modena, poi a Firenze, al tempo del profes-
sore G. B. Amici; se ne son fatti anche in Torino nell'istituto meccanico del
Belvedere dal 1839 al 1847, e già se ne spediva all'estero notevolmente. Si ri-
comincia a farne oggidì in Milano nella Filotecnica; Prcetereaque nihil.
Non si debbono disconoscere però gli onorevoli tentativi avviati da molti mec-
canici in varie parti d'Italia, fra i quali a Milano il Citelli ed il Grindel , in
Napoli da Depalma e da Spano sebbene quei tentativi non abbiano avuta veruna
portata.
Si deve rendere giustizia inoltre al sig. Longoni in Milano ed al sig. Gioja in
Torino, che dimostrarono la loro buona volontà di entrare nella nuova via. Essi
chiesero ed ottennero dalla Filotecnica i disegni dettagliatissimi dei cleps, ed an-
che la promessa d'ajuto perle divisioni od altro che non riuscissero per avven-
tura a fare. V'é dunque luogo a sperare che quanto prima si vedranno i cleps
fabbricati in quei due stabilimenti, il primo de' quali li ha già promessi al pub-
blico fin da due anni (2) P altro ha già fornito non pochi tacheometri.
(1) I pratici di cui si parla son quelli che da lunghi anni ripetono imperturbabilmente eli antichi
errori cai* ab iltis, i veri ed utili pratici son quelli che in tre od in sei mesi di esercizio imparano
bene il maneggio de' nuovi strumenti la condotta del lavoro coi nuovi procedimenti
(2) Vedi Giorn. dell' Ingegnere-Architetto, voi. XIV appendice.
448 IL PROGRESSO
— In sesto luogo abbiamo ad esaminare quali strumenti vadano per le mani
degl'ingegneri in Italia.
Ecco il risultato di questo esame:
1.° Nelle antiche provincie si hanno da venti a trenta tacheometri, oltre
quelli (se ne ignora il numero) venuti in questi ultimi anni da Parigi, princi-
palmente per opera della ditta Gioja.
In Bologna vi è un tacheometro di Parigi (1849) fatto nell'officina Lerebourg,
ed un cleps della Filotecnica (1868).
In queste e nelle altre provincie vi sono parecchie bussole goniometriche te-
desche o francesi, e qualche teodolite inglese, germanico o francese, state adat-
tate a far le funzioni di tacheometro.
In Milano particolarmente esistono gli strumenti di celerimensura destinati per
l'istruzione all'Istituto Tecnico Superiore; Un piccolo tacheometro in mano d'un
ingegnere del censo, e parecchi teodoliti in mano ai più avanzati ingegneri.
Molti cleps sono in costruzione nella Filotecnica per ingegneri italiani di varie
provincie. Il che vuol dire che il progresso comincia a pungere, ma ha ancora
bisogno di essere spinto con vigore ed irrorato nelle scuole dalla rugiada del-
l'istruzione che non vi è ancora penetrata.
2.° Molte amministrazioni dello Stato, e ad imitazione loro moltissimi inge-
gneri, adoperano ancora sempre la tavoletta pretoriana alcuni tutt' al più con
diottra a stadia; essi sono perciò affatto fuori di via, e non possono, persistendovi,
che respingere in massa ogni progresso.
Basti il dire che nel Belgio, e precisamente per le operazioni censuarie, l'uso
della tavoletta è stato proibito per decreto ministeriale fin dal 1826, che in
Francia la tavoletta è considerata cornine un ficelle bonne à employer quand on n'a
pas d'instruments , e che in Inghilterra non è mai stata riconosciuta come stru-
mento geodesico.
Ma sento una voce che ripetendo le mie parole mi ricorda che V Italia
non è servile imitatrice delle altre nazioni, che essa fa uso della sua ragione, e che
non condannerà la tavoletta per ciò solo che il Belgio V ha condannata e V Inghil-
terra respinta.
Or bene, vediamo che cosa gli dice la sua ragione :
1.° I risultamenti che s'ottengono colla tavola pretoriana sono grafici, non
possono essere numerici; perciò non soddisfa alla prima e più importante con-
dizione voluta oggidì in tutti i servizi.
2.° Non dà che la planimensura e niente per le altidi , che sono pure oggidì
universalmente volute.
3.° Non si presta alla comprovazione, ne a nessun metodo di razionale compensa-
zione; condizione questa di guarentigia che non si può trasandare in nessun caso.
4.° Non può, malgrado ogni diligenza ed abilità, sostenere, sopratutto in mon-
tagna, il limite di tolleranza ristretto che modernamente appena si concede.
Come dunque si può dare che l'invenzione di Giovanni Pretorio, sebbene sia
stata da Pretorio a Marinoni un vero onore d'Italia, non sia oggidì da tutti con-
siderata come un passato glorioso sì, ma ben passato? . . .
Si deve ammettere però in favore nella tavola pretoriana una rimarchevole
eccezione :
Se la misura generale parcellaria numerica ed eidipsografica di tutta l'Italia
esìstesse, tutte le carte a varie scale necessarie per tutti i servizii se ne dedur-
DELLA GEODESIA IN ITALIA 449
rebbero colla più grande esattezza e compitezza senza tornar sul terreno, e così
si farebbe per la carta topografica militare al doppio centimillesimo che si va
facendo per opera del corpo reale dello Stalo Maggior Generale ne avrebbervisi
da aggiungere che le nozioni puramente militari.
Ma questa misura generale non è fatta .... ma le nostre dispendiosissime
mappe di Catasto oltre al non presentare la indispensabile generale livellazione
non sono poi abbastanza veridiche neppur quando ridotte a quella piccola scala....
Che fare dunque?
Il corpo sullodato ha saggiamente pensato di impiegare la tavoletta ed ecco in
qual modo :
Fatta precedere una triangolazione eseguita con tutti i requisiti moderni, e con
eccellenti teodoliti, e spinta questa a tal punto di sminuzzamento da presentare
triangoli di due a tre mila ettaree di superficie. Si procede colia tavola pretoriana
allo riempimento topografico direttamente nella scala suddetta con una ventina
di punti trigonometrici per ogni tavoletta.
Il lavoro topografico a quella scala esige moltissima abilità oculare da parte
dell'operatore e molto possesso del disegno topografico; la diottra colla stadia a
grande portata viene in ajuto, ed il lavoro si compie tanto più lestamente quanto
è più grande il talento eidognostico dell'operatore
Ognuno può rendersi conto dello sminuzzamento che a quella scala è possi-
bile, e si troverà bello ma non eccessivo che un operatore termini in tal modo
un foglio di quasi quarantaquattro mila ettaree in una campagna.
La tavoletta interviene in questo caso particolare in un modo affatto diverso
di quello che nella geodesia dagli ingegneri, ne v' han luogo alle objezioni che
in quel altro caso riteniamo per capitali.
Non possiamo a meno di notare però che a quella scala operando col cleps e colla
fotografia sferica si otterrebbe una quantità di lavoro almeno triplo in ugual tempo.
Io ho impiegato il metodo dello Stato Maggiore nel 1831 nella valle del Chi-
sone e ne ho ottenuto air incirca lo stesso proporzionale risultato, ed ho impie-
gato poi il metodo celere colla fotografia sferica nel 1861 in Spagna ottenendo
una più che quadrupla proporzione di lavoro eccellente sotto tutti i rispetti.
36. A buon diritto adunque l'Italia deve pensare sul serio a riformare la sua
geodesia in tutti, nessuno escluso, i pubblici e privati servizi in tutte le sue
applicazioni, senza diche non progredirà quanto bisogna e preme nelle grandi
istituzioni giuridiche e finanziarie le più vitali di che abbiamo parlato.
Se poi si vuol fare economia, bisogna principiare dal non spendere dieci lad-
dove per far meglio basterebbero due. Questo solo riflesso basta per tutti.
IX.
Modi di coadiuvare al progresso della geodesia in Italia.
37. Persuasi di coadiuvare al progresso della geodesia in Italia, nell'arte, tanto
da noi arretrata della costruzione degli strumenti, vollero secondarmi nella crea-
zione di una officina di perfezionamento il sig. Comm. Brioscia, e con esso altri
egregi ingegneri, e ciò con abbonarsi al nuovo stabilimento, della qual cosa il
paese sarà loro ben grato (1).
Jt! Vi? °d° dK abb0i;am^n1t0,(e la vantaggiosa riduzione di prezzo stata sancita in favore degli abbo-
nati sono cose ben note ai lettori del giornale dell' Ing. Arcb.
450 IL PROGRESSO ECC.
In virtù di quel nobile impulso, io diedi già opera alla fondazione della Filo-
tecnica, il cui capitale iniziale con nobilissime viste è stato fornito per più di
otto decimi da una incomparabile donna tutt' altro che ricca, ma eminentemente
italiana, della quale debbo tacere il nome.
Impiegati in un ramo d'industria nel quale tanta parte ha l'ingegno, quei
fondi hanno quintuplicato di valore, e la Filotecnica, munita oggidì poco meno
che al pari dell' Istituto tecnomatico di Parigi, è in misura di provvedere dei
cleps , del pari al pubblico scientifico ed ai proprii abbonati. Un primo modo
adunque di coadjuvare al progresso della geodesia in Italia sarebbe il risveglio
di quelli tra gli abbonati che hanno dimenticato le loro cartelle al fondo del loro
portafogli.
Ma l'istrumento, come si è visto, lo strumento non è nulla se non progredi-
scono del pari la scienza e l'arte, i melodi e le applicazioni. Un secondo modo
adunque lo hanno in mano gli ingegneri mandando al corso di Celerimensura i
giovani del loro studio affinchè vi imparino i nuovi metodi non tanto di rilevare,
e livellare ma di studiare razionalmente i progetti.
Un terzo modo si deduce dal fatto, che in Germania, ove la geodesia gene-
rale è molto più avanzata che in Italia, si è formata una associazione geodesica
internazionale detta dei gradi d'Europa; l'Italia vi ha preso parte, e sta bene,
ma l'Italia ha tanti bisogni da soddisfare nella specie in casa propria da valer
bene la pena di formare una associazione geodesica nazionale.
Di una tale associazione si son fatti meco promotori tre onorevoli patriotti ,
ampiamente convinti di giovare con ciò al paese; l'atto pubblico che costituisce
questa associazione è stato firmato il 1.° luglio corrente, e sono avviate presso
il governo le pratiche convenienti, i fondatori intanto si sono messi all'opera
sotto la loro personale responsabilità. L'associazione è già provvista di alcuni
grandi strumenti di alta geodesia, ed ha iniziata la sua prima missione; essa
conta a quesf ora non pochi aderenti da varie provincie. Il suo Statuto contiene
il germe della sua prosperità anche dal lato finanziario, essa non può che sa-
lire progressivamente a sempre più belle sorti.
Mi sia lecito dunque d'indicare come altro mezzo di far progredire la geodesia
in Italia quello di prendere parte all' associazione geodesica nazionale,, onde acce-
lerarne vieppiù T avanzamento.
La presente memoria ha servito di tema ad una communicazione stata fatta dall'autore al
Collegio degli ingegneri nella seduta del 5 luglio corrente, nella quale furono esaminati quattro
teodoliti-cleps di varie grandezze, e ne fu spiegato 1' uso.
PS. La circolare del ministero dei lavori pubblici in data del 5 luglio corrente da pienamente
ragione ai nostri ragionamenti circa la necessità di far progredire la geodesia in Italia scuotendo
amministrazioni ed ingegneri di quella relativa loro sonnolenza che si risolve in tanto danno
pel retto andamento degli affari e pel pubblico erario.
i PRINCIPI DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE
DEI D. GUSTATO ZEUNER
Professore alla Scuola Politecnica di Zurigo
VERSIONE DAL TEDESCO
DEL ». ALESSANDRO LUCCHESI*! I. C.
(Cont. V. la p. 137, voi. XVI e tav. 13, voi. XI)
§42.
I sette problemi trattati, in cui solo abbiamo impiegatola 2.a e la 3'eciua-
zione di Clausius, quantunque sotto forma diversa da quella data da lui' servi-
leori! i dun?*B™ ^ uso P°ssa tal dell'equazione fondamentale della
teoria meccanica del calore. Ma bisogna però tener presente che di tutte le
S??quaSeTeBtaIÌ ^ ^ *" * la *#"»* dd Cal°re int^°
d V=dQApdv
che per i gas ha la forma
d V=c,dt
e per il vapore l'altra
(eq. 40. Cap. II)
dV=Mcdt + d{mP) (eq. iV. Cap. Ili)
\L7JUfu 7 Ì*-ed,è 6SSa Che Pr°Priamente istituisce la equazione fon-
lamentale della teoria d.namica del calore; mentre tutte le altre equazioni
Clio V U)'ìlh) F? ?' e (V) e (VI) (Cap- UI^ P— i-Piega si si'
Piando . corp, durante la loro variazione di stato, vincono una resistenza che
ogni momento e uguale alla loro tensione. Ma anche quando questa condì
Ml Tvi , S°ddlSfatta' ?me Per la ma^ior P«ne dei problemi trattali dal
MU ai VI la soluzione dei problemi non presenta grande difficoltà.
Supponendo che la massa del vapore e dell'acqua durante la variazione di
452 PRINCIPI
stato vinca una resistenza che sia uguale alla sua tensione, la quantità neces-
saria di calore da impiegarsi è data dalla formula
Mi resta ora da dedurre da questa equazione quale significazione abbiano
i valori di X ed y per il caso del vapore , valori che in generale per tutti i
corpi sono quelli dell'equazione (I) del capitolo (I).
L'equazione precedente può scriversi
d r mr
dQ = (Me + mY-t-~)dt + r
dm
ma ora
/ dm\ , . , / dm\ ,
e ne segue quindi
: iti
Supponiamo che si tratti dell'unità di massa; allora Jfs=i, ed il volume
sarà secondo le notazioni di già usate
v = m u -|- w
Differenziando questa equazione, supponendo che la temperatura U come pure
u e w, sieno costanti e che gli altri valori sieno frazioni di t , si ha
dv =zlu dm
o
dm__ 1
dv u
sostituendo questa formula nell'equazione (180) si ha anche finalmente
<H<+»(r.-i-)+'-(f)li<+> "«
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 453
ma dall' equazione (I a) del cap. I si ha
d Q= d t dt+ / dt_\dv
dp \Jp)
eguagliando queste due ultime equazioni, che esprimono la stessa cosa, avremo
per il vapore saturo
X=\c
L i ™ ldr r X i /dm\) id t
+ m\d-t^T) + r{Tt)\(d~P) (m)
C
r
— ~dt
dp
La seconda di queste equazioni è di già conosciuta (vedi form. (93), § 28) e
sappiamo che essa non rappresenta altro che il valore della 7.
Sono così determinati i valori di X ed Y per il vapore saturo.
Per gli usi pratici servono hastantemente bene le equazioni IV, V e VI, § 55.
Per conchiudere queste considerazioni delle proprietà del vapore saturo, dirò
ancora una parola sopra la tavola da me calcolata, e data in appendice. '
E necessario peraltro per nuove ed esatte ricerche di apportare qualche
modificazione ad alcuni valori contenuti in essa, modificazioni che riguardano
più specialmente i valori di u (tav. II colonna 4, e tav. Ili colonna 9); ma in
generale tali variazioni consistono solo in piccole e proporzionate diminuzioni
o accrescimenti di tutti i valori che potrebbero ottenersi determinando più
esattamente l'equivalente calorico dell'unità di lavoro, cioè il valore di A che
abbiamo supposto */«*• Tutte le determinazioni fatte con differenti metodi dei
valore di -j- , per le loro discrepanze, per quanto piccole, pure servono a di-
mostrare che questa importante quantità è solo approssimativamente esatta ,
per cui i valori di u che ne dipendono, come abbiamo detto , potrebbero per-
lina rigorosa determinazione subire pure delle piccolissime variazioni.
E ciò si applica ancora a quei valori della tavola che sono dipendenti dai
valori di u, cioè a quelli di v e di P , ossia al volume dell'unità di peso del
vapore, e alla densità o al peso dell'unità di volume. (Tav. II, colonna 5 e 6
e tav. IH, colonna 40 e 11).
Nonostante queste piccole incertezze, questi valori così determinati, e fino a
tanto che non sarà possibile determinarli più rigorosamente, dovranno ritenersi
per pm esatti di quelli fin qui adoperati, che erano dedotti da una ipotesi non
giustificata dal fatto, che cioè il vapore saturo seguisse la legge di Mariolte e
^ay-Lussac: da una supposizione cioè che, per le esperienze di Regnault, non
e neanche esatta pei gas permanenti,
454 PHINC1PJ
Per quanto infine riguarda le nuove denominazioni da me date al § 27 di
calorico contenuto nelV unità di peso di vapore al valore di /, e del calore
latente interno p pure dell* unità di peso del vapore, avuto riguardo alla solu-
zione del problema 7, non ho bisogno di scusa, poiché ho arricchita la scienza
di due nuove idee e di due nuove forinole empiriche.
Credo di più che dovranno scomparire le denominazioni di calore totale e
di calore di evaporazione r (o come si dice calore latente). Queste due quan-
tità contengono un elemento, il calorico Apu trasformato in lavoro durante
la generazione del vapore. Ora questa generazione del vapore può farsi in
mille modi, potendo variare la pressione che il vapore ha da vincere mentre
si forma: quindi anche il lavoro Apu può variare, e perciò pure la quantità
di calore esterno, per cui il calore totale ed il calore latente possono per ogni
caso speciale aver un valore speciale.
Ora la quantità J di calore contenuta nel vapore " e " il calore latente in-
terno p" sono due quantità indipendenti affatto dal modo con cui il vapore si
forma, e sono solo funzione della temperatura t, poiché abbiamo veduto,
§ 51 e 32, che le formule per queste quantità erano
.7=573,34 + 0,2342 t
P == 575,03 — 0,7882 t
La prima di queste equazioni, come abbiamo veduto, § 31, si accorda esatta-
mente con l'equazione dedotta dall'esperienze di Regnault, mentre l'altra vale
solo per le macchine a vapore funzionanti a temperatura media. Ma io credo
che possa considerarsi questa 2.a formula come generalmente esatta, tanto più
che nell'equazione esattissima (110), § 32, di questo valore di p vi entra an-
cora un altro elemento, il calorico specifico dell'acqua a pressione costante, che
non è, come abbiamo ivi osservato, che approssimativamente esatto.
B
Del vapore soprariscaldato.
§45.
Lo studio delle proprietà del vapore soprariscaldato secondo i principi della
teoria dinamica del calore presenta molte difficoltà, che fino a qui poche espe-
rienze furono fatte sul vapore in queste condizioni. Generalmente si ritiene
però che il vapore soprariscaldato segua precisamente le leggi di Mariotte e
Gay-Lussac: le esperienze dirette di Siemens, su cui riverremo fra poco, non
meno che quelle di Regnault fatte sopra altri gas , mostrano decisamente e
tutte due egualmente, che questa supposizione è inesatta come per il vapore
allo stato saturo.
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 455
Se il vapore seguisse realmente questa legge fino allo stalo di saturazione,
potrebbonsi allora registrare graficamente le sue proprietà.
Sia infatti v il volume dell'unità di vapore, la sua tensione p, e la sua tem-
peratura t, allora come per i gas permanenti avremmo
p v — À:(b *f t)
dove R rappresenta una costante speciale per il vapore di acqua. Ponendo per
a + 1 la temperatura assoluta si ha
pv — R T
che è l'equazione d'una superfìcie di un paraboloide iperbolico, di cui p9v, T
sono le coordinate rettangolari di un punto M dello spazio.
La fìg. 9 rappresenta una parte di questa superfìcie; 0 J, 0 F, 0 Z sono gli
assi coordinati, OPl=v, P N = p{ ed N M= T le coordinate del punto M.
Cosicché ogni punto di quella superfìcie corrisponde ad un certo stato del gas.
Riunendo il punto M con P e con Q, le due linee rette risultanti riposano tutte,
come è noto, sulla superfìcie del paraboloide iperbolico. Al vapore allo stato
saturo corrisponderanno una serie di punti che saranno sulla curva V V V, di
cui la legge non è ben conosciuta , ma che può supporsi sia quella di una
elica tracciata sul paraboloide, come lo mostra la figura. Questa curva dà lo
sfato limite (Grenzzastand).
Se è dato cioè il volume dell'unità di peso, la sua tensione e la sua tem-
peratura, e se il punto M corrispondente a questi valori cade sulla curva V V,
allora il vapore è completamente saturo ; se invece il punto M si trova al di-
sopra di quella curva , il vapore è soprariscaldato. Riunendo i punti dove le
linee M P ed M Q intersecano la curva V V, che abbiamo designati con Mi e M»
e abbassando da questi sul piano delle coordinate 10 7 le perpendicolari
M{ N{ e if2 iV2 , si ha per conseguenza che:
L'unità di peso del vapore saturo, che corrisponde al punto Mi9 ha lo stesso
volume 0 P, come il soprariscaldato, ma la sua tensione PNi e la sua tempe-
ratura Mi /Vd sono più piccoli. Quindi si dice che :
il vapore soprariscaldato ha una temperatura ed una tensione più alta che
il vapore allo stato saturo per lo stesso volume: (l'unità di peso).
Se si considera il punto M2 che corrisponde al vapore saturo, il di cui vo-
lume è 0 P2 , la pressione P2 iV2 e la temperatura assoluta iV2 #2 , osservando
di più che P2N, = PN = Pi che MN > M,N, e che OP > OP, si vede che :
il vapore soprariscaldato (a pressione eguale) ha una temperatura più alta
ed un volume più grande del vapore allo stato saturo.
Se finalmente per M si fa passare un piano orizzontale, questo intercetta la
curva in un punto Mz che corrisponde al vapore saturo di volume 0 PB, di
tensione P3 iV3 e temperatura assoluta M,N3 — 3fN~ T; ora la figura mostra,
essendo 0 T > 0 P2 e P N < Td Nd che :
456 PRINCIPJ
il vapore soprariscaldato ha un volume più grande ed una pressione sem-
pre più piccola, che il vapore saturo a temperatura eguale.
Il punto M non può mai cadere al disotto della curva V V sulla superficie,
poiché quello significherebbe che potrebbe esistere del vapore il quale a tem-
peratura eguale potrebbe avere una più alta tensione ed un minor volume
del vapore saturo, ciò che è impossibile.
Projettando la curva V V sul piano delle tre coordinate , si ottiene una
curva sul piano XOY che dà la relazione fra il volume v dell'unità di peso,
e la tensione p del vapore saturo.
Egli è noto che questa curva ha una rassomiglianza coll'iperbola equilatera:
la proiezione della curva sul piano Y 0 Z dà una curva che somministra la
relazione fra la tensione p e la temperatura assoluta T.
Finalmente la proiezione sul piano X 0 Z dà la relazione fra il volume v
dell'unità di peso e la temperatura T, per il vapore saturo.
Le considerazioni precedente valgono ben inteso per la supposizione che il
vapore fino allo stalo saturo segua le leggi di Mariotte e Gay-Lussac , il che
non è del tutto esatto.
In generale però la vera legge che è sempre ignota potrebbe esser rappre-
sentata da una superficie curva , e si potrebbe per mezzo di considerazioni
analoghe stabilire le differenze che esistono fra il vapore saturo e il soprari-
scaldato.
§44.
Per un gas permanante qualunque la legge di Mariotte e Gay-Lussac è rap-
presentata dall'equazione (20).
v p^ 1 + « {
v{ p 1 + a h
dove a il coefficiente di dilatazione del gas , ve vì i volumi p e p{ le ten-
sioni dell'unità di peso dei gas corrispondente alle temperature t e tv Da
questa equazione si ha
vp—ViPi = * (< — *i) (183)
vìpi 1 + a tì
equazione che dà la variazione che subisce un gas per il riscaldamento pas-
sando da uno stato ad un altro. Se la temperatura iniziale fosse ti = 0 ed i
valori corrispondenti di v e p fossero v0 e p0 , 1* ultima equazione diverrebbe
v.P — VoPo—^t (184)
VqPq
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 457
se di più durante l'operazione la pressione rimanesse costante, cioè sep=zpfì
allora °'
^~vi
(185)
Se invece il volume rimanesse costante, allora
P — Po^ f
Pi
Regnault si è servito di questi due ultimi metodi per determinare il coeffi-
ciente di dilatazione « per i differenti gas, e non solo coi due metodi ottenne
due differenti valori, ma anche collo stesso metodo ebbe per a un valore
variabile, e rimase dimostrato che <% cresceva con la pressione, o ciò che è Io
stesso, colla densità; da ciò si conchiude che i gas permanenti essi stessi non
seguono la supposta legge di Gay-Lussac e Mariotte. Ma però per l'aria atmo-
sferica e per altri gas permanenti, le variazioni di « sono insignificanti; più
grandi sono quelle per l'acido carbonio e per un gas che si può condensare:
si deduce da ciò che le deviazioni dalla legge di Mariotte e Gay-Lussac, e gli
accrescimenti del coefficiente a di dilatazione, sono tanto più grandi quanto
pm un gas si avvicina al suo punto di condensazione.
Da ciò si può indurne che queste discrepanze per il vapore soprariscaldato
debbono presentarsi in un grado eminente , e che il suo coefficiente di dila-
tazione deve esser più grande di quello di qualunque altro gas permanente.
Appoggiano l'esattezza di questa supposizione anche le ricerche di Siemens (1).
Egli trova, che se il vapore saturo ad una atmosfera di tensione, cioè alla tem-
pera di 100°, separato dall'acqua si riscalda, di 10°; 15,6°; 26,5°; 86,1° a pres-
sione costante egli si dilata 5, 4, 3 e 2 volte più dell'aria atmosferica.
G. Schmidt (2) ha rappresentati questi risultati per mezzo di una formula
empirica.
Ma pur troppo questi dati non sono sufficienti per le ricerche delle proprietà
del vapore soprariscaldato, poiché essi non valgono che per la temperatura
di 100°. Ma tuttavia questi valori mostrano che si ha da avere un aumento assai
considerevole per questo coefficiente di dilatazione su quello dei gas permanenti.
Holtzmann (3) ha trovato col calcolo che questo coefficiente è
« — 0,004235
cioè alquanto più grande che il valore per ì gas permanenti,
(1) « Civil Engineef and Architect5 s Journal ». 1851 p. 294.
(5^hr^\USdie2h7nUngSgeSetZ dGS UberhÌtZten DampfeS- " Ze,'tSGhr> des ^^ri^eich. ìngenieurvereins Ì853 n
(3) Opera citata. Pag. 22,
458 PRINCIPJ
La mancanza di esperienze più esatte non mi permette di trarre dall'equa-
zione della teoria dinamica del calore una qualche conclusione rigorosa: solo
si può determinare il coefficiente di dilatazione per il vapore saturo, il quale
ha qui un' altra significazione di quella datagli finora.
Differenziando l'equazione (184) si ha
a=L(LL\. (187)
d t\p0v0J
Ora abbiamo dall' equazione (96) per il vapore saturo la relazione
T
A. p u = B log n. —
/*•
poniamo per approssimazione in luogo di w, v, si avrà
B T
pv=Tlogn.w
e poiché per la temperatura 0°, cioè per T =j a
B , a
Pov0 = T\ogn.-n
e quindi
T
log n. —
p v ___ n_ t
ro ° log n. —
da cui differenziando si ha
d / p v \ 1
dTi \VnVr,) mi a
^w^^Wo7^ (188)
che sarebbe il coefficiente di dilatazione per il vapore saturo; denominiamolo <y
ed osserviamo che a = 275, n = 100 e T = a + t avremo
a _ 0,99572 . (189)
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 459
con quésta formula è calcolata la seguente tavola:
t
«i
t
H
0
0,005647
125
0,002502
25
0,005541
150
0,002554
50
0,005085
175
0,002225
75
0,002861
200
0,082105
100
0,002669
Clausius (1) dà dei valori di a che si discostano pochissimo da questi.
| Si osservi che questi valori non sono più grandi, ma più piccoli e più piccoli
d'assai di 0,005665, cioè del coefficiente di dilatazione dei gas permanenti.
La causa è che ai non indica il coefficiente di dilatazione nel senso gene-
rale che gli abbiamo dato di sopra , ma per il caso che il vapore durante
il suo riscaldamento sia sottoposto ad una pressione ognora crescente e che
cresce nello stesso rapporto di quella del vapore saturo.
Se all'incontro il vapore si riscalda sia che la pressione divenga un poco
più grande , sia che rimanga sempre la stessa si otterrà allora certamente un
coefficiente di dilatazione più grande e molto più grande di quello dei gas
permanenti.
§45.
Sarebbe pure importante, quando fosse conosciuta la legge differente da
quella di Mariotte e Gay-Lussac che segue il vapore riscaldato, di determinare
il suo calorico specifico a pressione costante e a volume costante.
Il primo, cioè il calore specifico del vapore d' acqua a pressione costante, è
stato trovato da Regnault con ricerche speciali essere
e =: 0,4750
che è tutto ciò che abbiamo di sperimentale sulla proprietà del vapore sopra-
riscaldato : il dovere questo valore a Regnault ci è arra della sua esattezza.
Il più antico ottenuto dalle esperienze poche esatte di De la Roche etBerard era
e = 0,847.
Il calore specifico a volume costante è ignoto.
Redtenbacher lo determina in
c{ = 0,505
che esso deduce dai suoi calcoli sopra il valore di e dato da Regnault.
(1) Poggendorf Annalen. Voi. 79. Pag. 515.
Giorn. Ing. — Voi. XVI. — Agosto 1868. 30
460 PRINCIPI
Delle ricerche aventi per scopo di determinare teoricamente tutti e due i
valori, non mi sono note che quelle di Holtzmann e Rankine.
Holtzmann (1) trova per il vapore di acqua
e = 1,6869, e ci = 1,5475
e dice che dipendono dalla pressione e quindi non solo valgono per il vapore
di acqua ma ancora per tutti i gas in generale.
Le esperienze di Regnault hanno mostrato che questi valori erano inesatti
e come abbiamo di sopra osservato erano di già stati messi in dubbio da
Clausius.
Rankine sostiene che il calorico specifico dei vapore d' acqua è a pressione
costante.
e = 0,505, e quello a volume costante
Cì = 0,194
Io ritraggo queste notizie da una nota di Rankine che si trova negli annali
di Poggendorf voi. 81, pag. 172, poiché non ho potuto procacciarmi l'originale:
da quali considerazioni Rankine abbia dedotto questi valori mi è incognito.
L'importanza del soggetto mi giustificherà se tenterò anche di determinare
teoricamente il valore del calorico specifico del vapore a volume costante, per
cui non si sono fatte ancora esperienze.
Quando il vapore sia molto riscaldato, ma che sia molto ma molto distante
dal suo punto di condensazione, allora può ritenersi che segua la legge di Ma-
riotte e Gay-Lussac: in questo caso avremo
pv — RTz=zR(a + t).
Se invece il vapore è allo stato saturo sarà
B , T B, a + t
^^Xlogn.^-logn.-^-
questo valore può dentro certo limite porsi sotto la forma
R (a' + t)
dove R ed a sono costanti da determinarsi, come fu detto al § 50: per la
temperatura poco al disopra di 0° era a' = a, poiché il valore (tavola II
col. 9) della densità r del vapore, dietro questa supposizione, si accorda assai
esattamente con quello che è dato dalla teoria meccanica del calore (col. 6).
(1) Opera citata pag. 24
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 461
Si deve quindi conchiudere che il vapore soprariscaldato che si ottiene dal
vapore saturo a bassa temperatura ha presso a poco lo stesso coefficiente di
dilatazione dell'aria, e che l'osservazione fatta di sopra, esser questo coeffi-
ciente di dilatazione più grande vale solo per il vapore che ha temperature
molto alte. In generale però può supporsi che la relazione fra il volume v, la
tensione p, e la temperatura t, per il vapore soprariscaldato dentro certi limiti
possa rappresentarsi per mezzo di una equazione della forma seguente
p v = R (a' + t)
dove R ed a' sono dei valori i quali cambiano lentamente colla temperatura ,
ed in modo tale che dentro certi limiti si possono ritenere quasi costanti.
Fino a tanto che potrà supporsi questa invariabilità dei valori di R e a, il
vapore riscaldato potrà considerarsi, comportarsi come un gas permanente e
per questo caso varranno ancora le equazioni (40) e (30) che abbiamo stabiliti
per questi gas, cioè
dU_
R{ —A'
che è l'equazione (30) in cui abbiamo rimpiazzato R con Rv
Facendo una supposizione che è molto verosimile cioè che per il vapore ,
come è per i gas permanenti, il calorico specifico q. a volume costante sia una
quantità costante, allora avremo l'equazione
_d U
anche per lo stato limite cioè quando il vapore sia di nuovo ritornato allo
stato saturo: ma il calorico interno per il vapore saturo era
J=U— 573,34X0,2342*
e quindi
dJ dU
^=d7=0'2342
per cui il calorico specifico di vapore d'acqua a volume costante è
e, — 0,2342.
E ben inteso che abbiamo parlato fin qui dell'unità di peso.
462 ' PMNC1FJ
Da lutto ciò può conchiudersi che il calore contenuto nel vapore alla tem-
peratura * è sempre dato dall'equazione:
Z7=: 575,54 + 0,2542 ^
sia che il vapore si trovi allo stato saturo sia che si trovi allo stato sopra-
riscaldato.
Per quanto riguarda il calorico specifico a pressione costante si ha dal-
l' equazione (70)
c^c. + AB,. (190)
Il valore di i?d si può determinare nel modo seguente : per il vapore allo
stato saturo era
o anche
e questa formula dà per le temperature prossime allo zero dei valori per la
densità, i quali sono poco differenti da quelli dati dalla formula
e quindi si conchiude che approssimativamente
*^r?l0gn-¥
T
log n. —
cioè che il valore =r-^- è pressoché costante per le temperature vicine
allo zero , ciò che è confermato anche dal calcolo.
Per * = 0, cioè per T=275, l'ultima equazione dà
A logn. —
AB4= - = ,01120
1 a
e quindi portando questo valore nella (90) si ha per il calorico specifico del
vapore a pressione costante, considerando sempre l'unità di peso,
e = 0,5462
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 463
per cui
-f = 1,47
Io considero tutti e due questi valori come esatti, ma solo per le tempe-
rature che si avvicinano allo zero.
I due valori cosi determinati di e e ct sono un poco più grandi di quelli
di Rankine, ma tutte e due queste determinazioni danno per il calorico speci-
fico del vapore a pressione costante un valore un poco più piccolo di quello
trovato colle esperienze da Regnault. Invece dell'equazione (105) « (31) per il
calorico interno, mi sono servito dell'equazione (104), la quale vale nell'ipotesi
che la quantità totale del calore fosse calcolata con la formula empirica di
Regnault e non colla formola data da me; cosicché in questa ipotesi per la
differenziazione dell'equazione (104) si ha
c, = 0,305 — *
codice ct decrescere lentamente al crescere della temperatura; per t— 0
c{ = 0,194
e quindi nello stesso modo che sopra,
e = 0,305
che sono esattamente i valori di Rankine a cui egli è pervenuto per tutt'altre
considerazioni.
Fondandosi e sui dati precedenti e sull'ipotesi che il vapore soprariscaldato
segua la legge d. Manette e Gay-Lussac, si possono facilmente risolvere una
sene di problemi, i quali dimostrerebbero che sarebbe molto vantaggioso im-
piegare nelle macchine a vapore il vapore soprariscaldato anziché il vapore
saturo : i risultati di tali calcoli si accordano per altro poco con le esperienze
fatte fino a qui e specialmente con quelle di Hirn, nonostante che le sue
teoriche ricerche non conducano a dei risultati convincenti. Io quindi tra-
lascio ogni ulteriore discussione. Per rendere applicabile il principio della
teoria meccanica del calore bisognerebbe ora da tutte le esperienze sul va-
pore soprariscaldato dedurre di quanto le proprietà di questo si discostano
dalla legge di Manotte e Gay-Lussac.
(Continua)
VOLUTA E SUA DESCRIZIONE.
(Vedi la Tav. U, fig. l.a a 10.a).
Capitulo volutas , uti capillamento
concrispatos , cincinnos praependentis
dextra ac sinistra collocaverunt, et ci-
smatiis et encarpis prò crinibus dispo-
stis, frontes ornaverunt.
Vitruvio: Lib. IV: cap. I.
l.° La voluta È coeva all'architettura poiché esistette con i primi tempii.
Le arti non vanno mai scompagnate dalle lettere; e perciò l'architettura ha
seguito sempre le vicende letterarie dell' umanità. Di che, essendo queste comuni
colle politiche, quella vi ha tenuto sempre dietro.
Di vero.
La civiltà prima fu quella degli Egizii. Costoro, benché ereditarli della male-
dizione di Cam, furono i primi ad accendere la face della civiltà. Non meno di-
stinti nelle scienze di quanto nelle arti , architettarono per i primi i loro edi-
fìcii, improntati delle maniere, che, col progresso del tempo si svilupparono negli
ordini dorico, ionico e corintio, i quali, al dir del bravo Ginesi (1), vediamo ab-
bozzati nel tempio di Luqsor a Tentira , nel tempio di Tentira istesso e nelle
rovine di Apolinopoli, di Tebe e di Latopoli.
Gli Egizii, di cui il conte Gaylus ne ammira lo spirito di immortalità, Erodoto
la magnificenza e Diodoro l'antichità, furono i primi ad inventare l'arte; la quale
se si vuole da taluni trattatisti attribuire a' Greci , è solo perchè costoro eleva-
rono a leggi le appariscenti proporzioni che suggeriva il loro gusto alle opere
di loro. E non secondi ad ideare la voluta ionica che fregia i capitelli del tempio
di Tentira , in cui se si toglie la faccia dell' Iside vedremo con verità delineata
la forma del capitello ionico dei Greci.
Adunque se presso gli Egizii fu la prima architettura, ed insieme con questa
la voluta, chiaramente ne emerge essere dessa coeva all' architettura.
±° Le ipotesi conghietturate sull'origine della voluta cadono tutte con-
seguentemente al principio stabilito poc' anzi.
Presso gli Egizii V origine della voluta si vuole attribuire alla pettinatura della
Dea Iside (2), alla somiglianza di cui gli artisti avevano eretto la colonna ionica,
(4) An. Ginesi: Nuovo corso di Are. Civ.: fac. 21.
[%) i(L id, fac. 68,
VOLUTA E SUA DESCRIZIONE 4gg
In questa conghieltura osserviamo un anacronismo, avvegnaché il simbolico di
essa, proprio tutto delle mitologiche credenze della religione greca, é improprio
a, cos um. degli Egiziani; i quali derivavano le loro colonne da pilastri soste-
nenti le volte dei loro sotterranei.
Quindi niente di somigliante tra un pilastro ed una deità beniflca, che di
conserto all'Osiride (i), simboleggia il sole, la vita e la fecondità. Né concorda
questa congettura col carattere dell'arte egizia deputata a rappresentare
grandezza e la sublimità, che si mostrano giganti nelle piramidi di Gisech
Appo i Greci come presso gli Egizii, si derivò la voluta direttamente dalle
.siate chiome d. una matrona (2), che rappresentando l'ordine ionico ave a
dato origine al capitello di questo, decorato dà quelle sporgenze accartocciate in
fnnn nn! 7™6"10 dei caPelli di ^ «a oggi, quando le investigazioni tutte
sono poggiate sulla ragione, si squarci all'architettura il velo dell'emblematico
e si faccia volare con le ali della filosofìa.
A dir vero è del tutto discrepante (3) questo bizzarro concepimento, benché
abbracciato, dal sommo Vitruvio; poiché niente havvi di naturale tra il trito riccio
dei cappelli di una formosa vergine e l'accartocciato dei pulvinari di una voluta
fer altro e proprio che i Greci avessero bizzarramente derivata la voluta dalla
capigliatura di qualche composta donna/in tempi in cui tutto era simbolico- ma
e più naturale che la voluta sia ai Greci venuta d'altronde ed eglino l'abbiano
pertez.onala , tuttoché ne dessero in principio un po' pesanti, come quelle del
tempio di Eretteo in Atene (4).
E crediamo che i Greci l'abbiano ricevuta dagli Egizii, essendoché presso co-
storo primitivamente esisteva in Tentira. Stante ciò affermiamo non avere deriva-
zione di sorta la voluta presso i Greci.
Appo costoro si credette la voluta suggerita dalla corteccia di un albero (è)
posto a sostegno della tettoia di una capanna. Però vicino il taglio, coli' andare
del tempo, la corteccia del vegetabile, avendo ceduto i proprii succhi a' cocenti
raggi solari, si separò dagli strati fìbbrosi a cui era attaccata e si accartocciò
poscia. Questa conghiettura , per quanto verisimile si fosse, cade allorquando si
consideri che la voluta ionica esisteva presso gli Egizii; i quali non sognarono
mai la capanna in luoghi ove il legname, se non fosse stato scarso per la sferza
del caldo avrebbe servito a tutt'altro uso che a quello delle costruzioni affricane
che sin da principio si operarono con le pietre. Di che son prova gli immensi
resti ciclopie. Onde non poteva essere appo la gente egizia che la voluta avesse
origine dal tronco di un albero sostenente la copertura di una capanna: ma poteva
essere presso i Greci. v
Si proscrive questa possibilità allorché se ne osserva una maggiore in ciò che
costoro abbiano attinto la loro voluta dai modelli egizii; poiché, come ci affer-
(t)E. Leveriero e G. Guelpa: Storia Or. Gr. e Rom.: ed 2a fac 59 E
Biblioteca stor. di Diodoro Siculo, volg. da Campagni: Lib. 1.» sez. 12 a. Cap IV e V
W Vitruvio Pollione Marco - tradotto da B. Gauani - arc. Lib. Ili: Cap III- fac 131
(3) Vinklmann: Storia delle arti del disegno: Tomo III : fac 172 '
(4) Cinesi : o. e. : fac. 69.
(5) Vinklmann: o. e. : Tomo III: fac. 38.
En. Pop. : art. voluta. E
Boidi: Il Vignala degli studenti: Cap. IV: art. 1.» pag. 36.
466 VOLUTA
mano Diodoro (1) e tutti gli storici dell'antichità, le arti passavano dall'Egitto
in Grecia.
Reco, più antico architetto della Grecia, andava con i suoi figli in Egitto per
apprendervi 1' arte.
Ciò che riprova come la voluta non abbia avuta derivazione alcuna presso i
Greci.
Rintracciata, per quanto ci è stato possibile, l'origine della voluta presso gli
Egizii , e provato come ciascuna delle conghietture mandate fuori dai nostri
trattatisti , non sia del tempo , cercheremo dare spiegazione alla origine egizia
della voluta con un nostro raziocinio.
3.° Il nostro concetto, qual'esso si voglia, è razionale; e se in esso per
isfuggire dal difetto comune agli antichi ed ai moderni, cadremo in qualche nuovo
errore, varranno a scusarci la difficoltà dell'assunto, la oscurità originale della
voluta.
I classici tutti, dei tempi andati come dei tempi di oggi, concordano sul giu-
dicare difficile rintracciamento quello dell'origine della voluta (2). E se non colle
parole, coi fatti; essendoché la gran parte di loro non ne parla, e qualcuno
vagamente.
Di fatto; l'archeologia, fiaccola rischiarante le tenebre dell'antichità, niente
ci dice dell'origine della voluta, che crediamo si fosse dispersa nella voracità
dei secoli.
Noi, essendoché la voluta esisteva primitivamente presso gli Egizii, crediamo
abbia, tra costoro, avuto un'origine tutta spontanea, suggerita, come dice de-
Quincy (3), dal gusto di ornamento e da quella specie d'istinto che altro scopo
non ha se non il piacere degli occhi.
E ciò converge col gusto ornamentale egizio , il quale improntato dai mo-
delli di spirale che la natura offre, abbonda molto in codesta specie di curve.
Diciamo modelli di spirale che la natura offre, perchè ai tempi dello antico
Egitto, quando la civiltà era al suo apogèo, trovavansi ivi gran copia di vege-
tabili e di quelli aventi viticci.
II d'Avitt (4) scrive:
Uabondance d'autres lieux est en recompense merveilleuse, veu que Pon dit,
que en quelques endroits rende cent fois autant qu'on seme.
E più sotto:
Elle a presque tous les fruits de la Europe 3 et de plus des Muses qu} il ap-
pelle Maux.
Però naturale è che vi fossero vegetabili aventi viticci, come prova P antono-
mastica uva egizia, simbolo dell' abbondanza. Il che viene affermato dallo stesso
d'Avitt a faccia 264, ove dice:
Toutefois le prince de Radiziuil asseure qu' il vit une vigne allant à la Matorée.
(1) Diodoro Siculo: o. e. : Lib. I: Sez. II: cap. XVI.
(2) Ginesi : o. e. : fac, 68,
Quatréniére de Quincy : Dizionario d'Are, art. voluta.
Iuvan Caramnel: Are. Civ.: trattato V: fac. 61.
(3) De Quincy : o e. : art. voluta.
(4) Pierre d'Avitt: Description de V Afrique: fac. 10,
E SUA DESCRIZIONE 4gy
La qual cosa asserisce Erodoto (1) parlando del vino esizio
D onde legittimamente ne siegue che l'idea di voluta, ben lungi di essere
innata, fu acquisita spontaneamente da' modelli vegetativi e poscia rivelato art -
secamene per mezzo del capitello ionico: di vere che e sa è Parte se non 1
riflesso della natura? se non n
Ne ciò parrà strano qualora si legga (2):
Creali poi gl'Idoli, le piante , sulle quali credevasi che quei tali dei influissero
adornarono i primi altari, e quindi furono prodigate nelle colonne e pùplrZZ'-
mente net cappelli; e se ne rivestirono in seguito a sazietà fin le parUdl templi
Quin , mente di difficile che la voluta sia una pura invenzione de ZIL
TE ™ lT° °rDamentale 6d ÌDÌZÌata d3i *' nalurali <lei viticci SS
4. La voluta presso gli antichi è ottenebrata dall'ignoranza
Originata nell'Egitto, passò in Grecia. Che ne sia stato costi 'l'ignoriamo Né
per quanto abbia cercato degli illustri architetti greci - ed Ictino e CaìucraVe
e Metagene, e Callimaco di Corinto - mi è goduto l'animo aver ' noti del e'
opere di loro; per sapere poi della voluta presso i Greci.
Ne da Plinio il vecchio possiamo attignere idea veruna: poiché solo edi narlé
ad T. T, 'tt dÌ CUÌ SÌ è aDCOra in dubbi0 se stendesse a 2 toro o
ad una voluta (3 . Ma é nella sfera del possibile che i Greci prima di perfezio-
«X^X Fa~a° SgÌata C°n tan'e ** *« SS ÌSBX
Solo possiamo desumere dai tempi di Eretteo in Atene e della Concordia in
Roma , relativamente alla data della loro edificazione, che nel tempo def sSoli o
dato primitivamente alla voluta, questa si costruiva in linea orizzonta e e parai-
eia alla faccia della tegola. Ma dopo, quando l'antico cadeva per dar luogo ad
una nuova fasi architettonica, si costruirono in fuori le volute e nel senso delìa
diagonale che divide il cimazio del capitello.
E cosi dove che prima la voluta era un accartocciamento naturale dell'abaco
he pendeva a' lati della colonna, divenne poscia mero ornamen o arti ice ri a
fingeva sostegno alle cornua del capitello '«amento artistico che
Del che il Boidi (5) ne volle fare la distinzione del capitello ionico in an.irn
«^afitt saffi; ss e
l$Z°"2IZT"mw MOm,: B|B1 " «*«r:
(3) Vinklmann: o. e: Tom. Ili: fac. 36: nota (A)
(4) id. id. id. 413.
(5) G. Boidi: o. e. : cap. IV: art. Ili e IV: fac. 39 e 40
(o) Le Roy: Ruines ece. : Tav. l.a: Par 2a- fac 5
mv *» ^ ^ 'fac'413-
l») kn. Pop. : art. Vitruvio (P. Marco). E
Vitruvio: o. e: fac. XXIV.
(9) id- id. Lib. III.: Cap. Ili: fac. 116: not. 5.
468 VOLUTA
scrittivo della curva in parola; ma andò perduto (1). E di tutti gl'interpreti che
vi hanno dato dentro per rinvenirlo nessuno vi è riuscito. Onde Beraldo Galiani,
nella traduzione del testo Vitruviano , interpretando la dicitura del modo di
descrivere la voluta, delineò questa come nella tavola XII, fìg. 4.a di detto
libro. Ove si scorge che il cateto è diviso in 8 parti, di cui una compresa tra 4
e 5. (Vedi Tav. 24: fig. l.a) è destinata per l'occhio, che viene intersecato dalla
linea mezzana, detta cateto, nei punti 4 e 5; dal primo dei quali si descrivono
le due semicirconvoluzioni di sinistra, con raggi uguali a 4 e 2 parti di cateto;
e dal secondo le due di destra, con raggi uguali a 3 ed 1.
Del rimanente Vitruvio elice poco in quanto riguarda la voluta; ed è perciò
stato criticato dallo spagnuolo Garamuel (2) e dall' italiano Serlio (3).
5.° La voluta presso i moderni, non si presenta con quella oscurità cui l'an-
tico l'avvolge.
La rivoluzione italo-letteraria operata da Giulio di Alcamo, Guido delle Colonne,
Jacopo da Lentini, Pier delle Vigne, ecc., camminava pari passo con quella ar-
chitettonica operata da Vitruvio. E quando l'Italia raccoglieva le frutta di quella,
con Dante e Boccaccio, raccoglievale di questa con Alberti e Brunelleschi, che
davano l'iniziativa alla scuola del 400.
Per dirla coli' Alfieri, il trecento diceva, come nelle lettere, nell'architettura;
ove il Brunnelleschi, sommo per la cupola del duomo di Firenze, fece tanto,
quanto Leonbattista Strozzi scrisse di lui
Tal sopra sasso sasso
Di giro in giro eternamente io strussi
Che così passo passo
Alto girando 3 al ciel mi ricondussi.
Alberti, come Brunelleschi, non parla in nuova maniera della voluta; solo, in-
terpretando anche egli il maestro dell'antichità, descrisse alla sua volta la spi-
rale del capitello ionico; ma non fece altro che riprodurre quanto Galiani aveva
dato alla luce (4).
Ricaviamo dippiù dall'architettura dell'Alberti che i cartocci della voluta
furono da lui delineati, non a doppia curvatura, ma unicamente concavi (5).
Il 400 aveva le vicende architettoniche comuni col 800; poiché la scuola dello
scorcio del secolo XV si protraeva sino a' primordii del secolo XVI; e non inno-
vava gran fatto la voluta in Italia. I maestri dell'arte. — Lazzari, Michelangelo,
Raffaello, Perruzzi, Singalli, Falconetti, Sanmicheli , ecc. — non immutarono es-
senzialmente la forma di quella. E la nuova foggia data da Michelangìolo al ca-
pitello ionico (6), si vuole da certuni attribuire a Giuliano S. Gallo (7), che nei
(1) Vitruvio: o. c: Lib. III.: Cap. III.: fac. 116: not. 5.
(<2\ Caramuel: o. e: Tratt. V: art. VIII: fac. 89.
(3) S. Serlio : Ar. : Lib. IV : cap. VII : fac. 294.
(4) Vitruvio: o. e. : Lib. Ili: cap. Ili: fac. 119: Tav. XII. E
Leon. Alberti: AR. Tradotta da Cosimo Barioli : Lib. Ili: cap. VI: fac. 220.
(5) Alrerti: o. e: Lib. VII: cap. VI: fac. 220.
(6) Ginesi : o. e. : tav. XI : fig. 3.
(7) De Quuncy : o, e. : art. San Gallo.
E SUA DESCRIZIONE 4gg
tempio della S Maddalena dei Pazzi, in Firenze, ripetevala dalle rovine di Fiesole
in cu. la voluta giunge al collarino. Nel che non dissente VinklmanT( )
Intanto nessun nuovo metodo si dava. • - ™™ ™ ( ''
Ma mentre il genio italiano dell'invenzione pareva assopito, in Germania si
.Z^to^mr.^T la,V°IUta;- 6 gÌUSt° al temp° * -i rarcTi'tur
con uTris 2 af Il " " qU'V] SUMVa Tarie modìfl^ioni: costruivasi
£L. ™«n 1 raffl8ul*ante un serpe: a nuova maniera nelle sue circonvoluzioni
Svn ^h " ?nale- f°ggÌe a CÌaSCU"a de"e quali co"-Pondeva u metodo "
Mntt ito, che nduces. a quello del Goldmanns modificato differentemente
Costui d,s.mpegnò la descrizione della voluta, superando tutti rit ovati di
questa specie ed operando come nella maniera indicata da Niv 1 i ren e Cara
muel. Ove appare che il cateto é diviso in 16 parti e l'occhio d cri o puntando
. compasso nel punto 9, col raggio di una parte, (Vedi Tav. 8 ?C J
divise in tre pam le semi diagonali del quadrato i 2 3 4, sono descritti cua
drant, de ,e circonvoluzioni, progredendo col valore intrinseco dei mm ri *"
I 300 fu ricco non meno nell'architettura dì quanto nella lingua E vera-
mute ,„ esso fiorirono non solo i classici provetti del 400; ma anco lumia™
dell'arte: Barozzi, Vasari, Palladio, Serlio, Scamozzi.
Jo!eZZrlZ Pd SU° d°rÌC0' Si r6Se legÌSlat°re dell'arle co1 suo lattato dei
cinque ordini, che più propriamente possiamo chiamare il codice de-li architetti
Egli rispettoso all'antichità, usò per lo più il capitello ionico antico e di que so
diede due metodi per descriverlo. ' q est0
II primo (2) si manda ad effetto dividendo il cateto in 16 parti uguali pun-
na na te0raSS0 f^0 ^ ^ H' ^ ascrivendo" con un ggfo i
una parte, un creolo in cui s'inscrive un quadrato, dividendolo in altri Quattro
quadrati, e suddividendo i lati di questi in 3 pan uguali. Poscia puntandTil
empasse nei punti 1, 2 12, si descrve la prima già; e la s onda S do
S«.;w:fi asas .rièri
1 cateto descrivere un arco, e dividerlo in 24 parti, Urani d e divLon '
« rette che come raggi, tocchino il cateto 0 24; quindi incominciane t
lues 0 riferire successivamente tutte le lunghezze d 0 a 24,' i da e ma del e
J2 che divido„o l'occhio; ed unire due punti consecutivi con un arco
■'rcolo a cui si raccordano 1 seguenti ottanti. Per la seconda spirale si prendono
e stesse lunghezze meno due parti e si opera come per la rimf ? °
or 0 rvolJta ne' nTrf T- arChitett° n0n d >•"»*«•««" « nuovo in-
orno la voluta, ne il suo libro dei ragionamenti ne parla
n Palladio nelle immense sue opere non innnvA ni i„ <•„
(t) Vinklmann: o. e. : Tom. Ili: cap. 1 fac. 59
» G. Barozzi: li cinque ordini esposti da C. Gianni: 6.» ed. di Milano: fae. 17.
P-dio: , ,,, L. 98: , Srì^^-£^^^^-^ £**%
470 VOLUTA
Il Serlio, forse studiando il testo vitruviano, giunse a ritrovare un metodo fa-
cile per la descrizione della voluta. Consiste esso nel dividere il cateto in 8 parti
uguali (1), descrivere un circolo che abbia per diametro la parte 4 5 (Tav. 24
fig. 5.a) suddividere questa in 4 parti uguali, e, puntando il compasso nei punti
0, 1, 2, 3, 4, 5 e 6 descrivere tante semicirconferenze che si uniscono l'una coni
F altra.
Lo Scamozzi, senza pari nell'ordine ionico, non innovò gran fatto la voluta,
solo seppe tanto perfezionare il capitello ionico della Concordia da rendersi primo.
Egli delineò codesta spirale alla maniera del Barozzi; ma non poggiò gli angoli
del quadrato iscritto alla circonferenza dell' occhio (Tav. 24 fig. 6.a). E ciò fa-
cendo i lati del quadrato perpendicolari e paralleli al cateto, e lunghi di Vie di
questo, diviso in 8; tirando le diagonali 1 3 2 4 che divise in 4 parti uguali; e
puntando il compasso nei punti segnati dai numeri 1, 2, 3, 4 12 per descri-
vere li 12 quadranti di circolo, che compongono la voluta.
Il 600 delirò anco neli'architettnra, e fu per opera dei caposcuola di esso. Ber-
nini, Borromiui, Guarini. corruppero inenarrabilmente il gusto architettonico, so-
stituendo alle bellezze di cui andava ricco P800, stravaganze senza pari. In mezzo
a tanta corrutela la voluta non poteva restare incolume , e seguendo il difetto
comune, perdeva il carattere proprio, travisandosi sotto caulicoli adornati da fo-
glie ed uscienti da una cesta che figurava il capitello. Al che seguirono cento
altre stravaganze che fecero perdere al Guarini gran parte del suo merito
statico (2). >
Il 700 non ritrovò nuovi metodi per descrivere la voluta; ma ne innovò la
forma col sommo nella prospettiva, Andrea Pozzi; il quale nella chiesa di santo
Ignazio, in Roma, architettò un capitello di sua invenzione, in cui le volute rak
figuravano due steli di gigli rivestiti mano mano di foglie (3).
L'800 non ha improntato di alcuna novità il capitello ionico; ma solo mostra
qualche prerogativa all'uso del capitello moderno.
E poi non potrebbe essere altrimenti in un secolo in cui pecca chi non va
alla moda.
Nel 1847, Carmelo Sciuto-Patti , a cui se non fosse per un certo scrupolo,
oserei dire quanto l'Alighieri al Marone, trovava un metodo descrittivo della vo-
luta ed il pubblicava in una memorietta (4). Da questa impariamo come il sud-
2.o Quelle della casa:
del C. di Thiene: V. I. : fase. 64: T. XXV - e di Bassadonna Marini V. IV.: fase. 6a. T. XXII, sono
di G. E. Gallo.
3.° Le altre della casa:
di S. E. Molin: V. IV: fase. 44: T. XLV, — e della Basilica di Vincenzo: V. I: fase. 71: T. XXXI,
sono i modelli del tempio di Eretteo, coli' aggiunta del sommoscapo tangente alla estremità inferiore
della voluta.
4.o Quelle del Mausoleo di Alessandro Porto. V. I: fase, 87: Tav. XLII sono l'idea del capitello Mi-
chelangelesco.
5.° Le ultime della Casa:
dei signori Valmarano : V. II: fase. 29: T. XVIII, — di Francesco Foscari: V. IV; fase. 8
T. II e III, — e Rotonda del M. Capra: V. II: fase. 8 : T. IV sono del tempio di Eretteo.
(1) B Serlii Banoniensis: Du-kr.™ Lib. IV, fase. 287.
(2) G. Guarini: A R,: Trat. VII : Tav. II.
(3) A. Putei: Per spediva ecc : Pars. II, Fig. XXXI.
(4) C. Sciuto-patti Nuovo Metodo ecc.
E SUA DESCRIZIONE 47|
detto metodo consista nel dividere il cateto in 14 parti uguali, di cui una serve
d. raggio per descrivere l'occhio che si divide in 4 parti ugu li (Tav ZfìtT)
mediante 6 ragg, prolungati. Ciascuno di questi si divide in parti parim'ent
ugual, e si descrive la curva puntando il compasso in 1, 2, ... 6 per laTrimà
circonvoluzione; in 7, 8, . . . 12 Der la sernnrb • in i-ì '*% ,/ , P a
della terza. seconda, in 13, 14, 13 per la metà
6.° La conseguenza di quanto abbiamo detto, si é che tra eli antichi mi i
modem, a voluta si é costrutta sempre sopra numeri pari 2 4 6 8 ed anz
pnm< -del 1847 sempre sopra le potenze del 2; fu lo Luto-Pati che in que
s anno diede alla luce una delineazione di voluta stabilita sul 6. Per lo che le
m z "VIE!; "7? CÌnrOÌaZÌOae SOn° %' ° %> ° Vai « V. di circo !
ierenza e gemmai a certuno é passato per la mente delineare la voluta sonra
Bumero impari. Né per quanto mi sia lambiccato il cervello a scartabellare al
r^ch^r dal tad° 6 ^ P°1Vere 1,h° POtUt° '-are ;Ta,cùnoe mi
tuiriletodi^n'16 StaD1Pe UD met°d° descrUti™> <*<> oso chiamare nuovo, perché
tutti i metodi sin' oggi conosciuti si poggiano su rette, su quadrati su esagoni ,n
ottagoni; doveché il mio é fondato su triangolo. Di f tto le curve SffiSSSta
voluta sono; semicirconferenze, nei meMi di Galiani e Seri ?■ guZaZi in
quel!, di Barozz i, Scamozzi e Goldmanns; sestanti, nel metodo &SB Il
tanU, nel secondo .1 Barozzi; là dove nel mio sono tremi. '
Per altro lascio al pubblico il giudizio di novità.
Jllr NU0V° m\m°> è f°ndat0 sul numero filosofico Presso i matematici e
simbolico presso gì, storici. Difatti 3 sono i lati del poligono entro cui s! deve
puntar^ compasso, 3 le circonvoluzioni, 3 g,i Lhf che compongono una
(Ta^Tt^ì t ldeSCr,Ìfne da me Ìd6ata- P°ichè si d"ide jl cateto a b
nn\f ,-, gg' , } *ì *6 part' Ugua,i> si punla i! c°*P«*o nel punto 10 e
n un ragg,o uguale ad una parte descrivasi un circolo che è l'occhio dèlia
voluta. Poscia s. dividono i raggi 10 m e 10 n in 2 parti uguali e suddiv
f i0JR\Al queste in 3, si aggiunge ./, alle due meta di pan 10 4 10 6
n modo che risulta la lunghezza 1 3 uguale a */» di una parie del ca telo Ini'
s de.mea un triangolo equilatero, alla base del quale si Sbassa da tenice 2
una perpendicolare 2 10, che dividesi in 3 parti uguali nei punti 3 fi'
descrivono due altri triangoli H8 s 7 a ; i„.- ^ • , • P ' ' e sl
le basi. mangon z 5 8, 8 7 9 i lati dei quali si prolungano, salvo
In ultimo, si punta il compasso nei numeri 1, 2, .... 9 e descriva; rL,-
ggu* di circolo che raccordati l' un l'altro nei 'prolungami de taTic e tan
Sioni °VaSl PUmat° " C°mpaSS0' danno le differen« semicirconvo-
I! che s'ottiene colle condizioni di policentricità. Poiché il primo treante delta
J^srs^: descrive pumando n compa- * 4 i^Su
A ciò la prima circonvoluzione sia pelicontrira i franti ,u „„
entrea 00??/ ,efnter"^ '"' dMque ,a prima circonvofu ione è iffi
intrica. Cosi le altre due descritte della stessa maniera.
472 VOLUTA
Resta a provarsi come siano policentriche tra loro le circonvoluzioni:
L'ultimo treante della prima circonvoluzione ha per raggi 3 d e 3 e; il primo
della seconda, 4 e e 4 /. Dunque la prima e la seconda circonvoluzione sono po-
licentriche; poiché il centro 4 del treante e f è nel raggio del treante d e ante-
cedentemente descritto.
Così per la seconda e terza circonvoluzione.
D'altra parte si capisce come il punto b disti due parti meno di quanto a:
giacché, se il lato del triangolo 1 2 3 è di V3 di parte, il punto e sarà relativa-
mente al centro più vicino del punto a, di % di parte; il punto d di 2 X 4/d
cioè di 8/3. Ma b é intermedio tra e e d> dunque b disterà dal centro dell' occhio:
meno */2 di */s di quanto il punto e.
Addizionando il difetto della distanza di e riferito ad a (V3), a quella di b ri-
ferito a e (V2 di %), avremo.
1+1 = i=«
2^3 3
Ecco matematicamente provata come il b della prima circonvoluzione si avvi-
cini di 2 parti al centro dell'occhio. Così il punto e deve essere di 4 parti più
avvicinato al punto a; poiché se ogni treante si avvicina di % di parte, tre t re-
ami, una circonvoluzione, si avvicineranno di :
4 12
Seguitando raziocini analoghi, si dimostra come il punto g debba coincidere
colla estremità della terza circonvoluzione.
Quanto abbiamo detto e per la prima gira.
Per la seconda, si dividono in 4 le distanze 2 5, 3 8, 8 10 , e per i punti più
vicini a quelli segnati dai numeri 2 5 8,' si tirano rette parallele alle altre pro-
lungate per la prima gira. Dai punti attigui ad 1, 2, 3 12 si descrive, poscia,
la seconda gira come la prima.
8.° Le condizioni a cui deve soddisfare la voluta, sono essenziali acciocché
vi si possa riferire ciascuna delle volute descritte coi metodi di sopra ; ed infe-
rirne col paragone i pregi ed i difetti.
Esse sono :
1.° La curva deve essere policentrica.
2.° La prima circonvoluzione deve terminare e la seconda incominciare nel
punto d'incontro dello spigolo superiore dell'ovolo col cateto.
3.° L'ultima circonvoluzione deve terminare nel punto d'incontro del cateto
colla curva superiore dell' occhio.
Sottoponendo a queste condizioni i metodi conosciuti, affermiamo.4
Il metodo di Vitruvio interpretato da Beraldi Galiani soddisfa alle condizioni
in parola; ma non dà risultati soddisfacenti al gusto del disegno; poiché molto
ritondata è la curva che da essa risulta. Sarebbe poi utilissima là dove si vor
rebbero tracciare volute di piccola scala.
Il metodo di Goldmanns soddisfacente alle norme esposte è il migliore che fin
Oggi sì conosca. L'architetto tedesco riunendo tutto quanto si deve nel suo me-
E SUA DESCRIZIONE 473
lodo riusciva ad otlenere la grazia più singolare nella sua spirale ■ ma pur tutta
£s =i%Br; n°™-2~ iàsrè «rs^
dAv.ler volendo correggere Barozzi, innovò come alla flg. 8 » della tav 24 meli
si vede che i minti \ 9 mq a^u r ', * * av* z^m CU1
Il metodo di Serlio soddisfa pienamente alle condizioni esposte ed è presole
mu ÌZoTlZT-che va a scapit0 deIla rtWSSSK cu/v ge vole
de a prma e „dtreZ'pmAnCa' T* qUe"° dÌ Bar0ZZÌ' al ^disfacimento
trimenti! C°ndlZ10ne' e C10 Perché es*° è quello del Barozzi disposto al-
II metodo di Sciuto-Patti, tutto che improntato di un certo scinto di nnvità
non sodd1Sfa alla prima e terza condizione ed ii nume™ delle e • onvo «in » Ì
■mezzato Per la qua. cosa é rigoroso il Vannini, che aff m e sost e "a re
il pregio d, una voluta dal numero delle circonvoluzioni
ali cno0nÌiziomnit0su°dde?tean0 P™Tat°. DeI nUmer° antece^ come soddisfaccia
aue condizioni suddette. Dippm aggiungiamo essere a discrezione del disLna
d cu, abbiamo un esempio classico, imitato da Barozzi, nel empio della For
tana virile, 2 parti per Pastragolo, 3 per l'ovolo, 4 per la fasciaci ne 1 stello"
La conclusione, di quanto abbiamo detto è breve P
Imperocché i metodi migliori sono quelli di Galiani, Serlio e Goldmanns II
KtoSSETrS»^ pV\sua meschi;uà; W^SSE'd
LSo per eleganza UUim'' *" qP*S " Prim° è -P™ per semplicità, il
osse stato un mezzo termine tra la quali del' uno nel d e °a t o PoS
il nuovo metodo é lampantemente più semplice di aneline! r«Mm ■..
-Piega 12 curve, doveché io ne impiego 9 selz'a' E' S ™ tau^T S ?
dna; e questa è più garbata dell'altra del Serlio essendo Si ™ , • ,
le curve di 180.», dove io di 120- quindi ne caso mio ìa t deSCnVe
rotonda e più aggraziata. m'° la spirale nesce meno
Per altro se azzardo giudizio sul mio confo cnp™ ™; L'i „ ,i
Quindi mi basta non essermi scoraggiato a provarmi in tanto arringo.
r<xx>J FlCHERA FlLADELFO.
(*) Tav. l,a fig. S,a
ECONOMIA AGRICOLA.
Degli ingrassi vegetali.
1. Il mezzo di migliorare le condizioni agronomiche di un terreno mediante
gli ingrassi vegetali' che più risponda allo scopo e che più si mantenga nella
sua semplicità è il sovescio. Esso consiste nel coltivare un vegetabile , ed allor-
quando abbia raggiunto lo stadio della fioritura, seppellirlo colla vanga o col-
P aratro. Questo sistema di concimazione serve a surrogare gli ingrassi animali
in caso di loro scarsità, si può praticare con diverse piante, generalmente però
sono usati i lupini. L'utilità del sovescio è constatata specialmente nei ter-
reni aridi.
Mercè il sovescio s' impartono ad un terreno i principii nutritivi di cui si ri-
conosca mancante, o che se vi si trovano lo sono però in troppo scarsa quantità.
I vegetabili cosi seppelliti somministrano al terreno il carbonio e l'azoto ch'essi
medesimi ritrassero dall' atmosfera durante la loro vegetazione sotto la specie di
acido carbonico e di ammoniaca, e tutti questi principii, alimentatori alla lor
volta della vegetazione, ricacciati nel suolo a cui già appartenevano e ripreso lo
stato primitivo di acido carbonico e di ammoniaca, apportano alla novella vege*
tazione che si vuol favorire con essi una efficace sorgente di nutrizione.
2. Mercè il sovescio si possono migliorare anche le cattive disposizioni fìsiche
del suolo, quali sarebbero la eccessiva tenacità, e la eccessiva divisibilità, non
che la chimica composizione di esso. L' agricoltore ha nel sovescio un mezzo a
rendere solubili gli elementi minerali che dapprima giacevano inerti ed insoluti.
Ciò avviene per l'azione vegetativa delle piante a favore delle quali si fa il so-
vescio, azione che decompone col suo stesso svilupparsi le molecole terrose per
andare in traccia dei principii solubili, rendendole così atte all'assimilazione, la
quale avviene per l'azione chimica dell'acido carbonico e dei gas ammoniacali
emanati dalle piante sovesciate; azione che rende atti alla nutrizione di novelle
piante i silicati alcalini insolubili, non che i fosfati ed i carbonati a basi terrose.
Tutte le coltivazioni di cereali sovesciate allorquando trovansi ancora allo stadio
erbaceo costituiscono un eccellente ammendamento facile anche ad applicarsi in
qualunque regione; ma i vegetabili che presentano maggiore utilità al sovescio
sono quelli a foglie larghe e carnose, quelli cioè che per la più grande super-
ficie di parte respirante, estrassero durante la vegetazione una maggior quantità
dì principii assimilabili dell'atmosfera. Queste piante infatti, come ognuno pu»
comprendere, una volta sepolte non possono a meno di fornire più di qualunque
altra una maggior dose di carbonio e di altri principii solubili contenuti nel loro
tessuto. , u fl
3. Fra tutte le più semplici teorie applicabili all'agricoltura non v ha un aura
che meglio del sovescio presenti il mezzo di svolgere tutte le cognizioni tecnica
ECONOMIA AGRICOLA ,»„
che si possiedono. Infatti se il carbonio appartenente all'atmosfera può per l'azione
approntare che di questo soltanto, quanto più facilmente non prospereranno
e co seppellito di tali piante la vegetazione che si vuol migl orare a al
(resili mezzo d, assorbire gran parte anche dal terreno? m,gUorare ha aI"
la miglile eia0 piùeconevP:Ca T *?** deÌ "■*"« d*M a «« *
optl^ econSa Scoia *» ° "^ ' ^bili * »^a« «• ^
opSLLf 5^ S^^saà LheaStocTngono in TO
ottobre, e questo ammendamento é m 1 o™ .izza to'e ten LUTTi "
5. li lupino appartiene alla diadelfia decandria ed è della fami*!™ Ln^ ,
JJJJM. «.Il ,»„„.„,„ e „„„ e,^,,^, * * |&£Z5£
toglie, desse vengono completamente soffocate ghe
'osi adoperare la semen per in ass re- in tal'nsT, "??** prefere*
coltivano gli olivi e gli aranci "S° è Spe°lale ai Paesi in cui
cuori», mg. -, Fol. JW. — ^fyojfo 1868 „.
476 ECONOMIA AGRICOLA.
cente pioggia. Per seminarla usano colà fare delle solcature con un bastone fer-
rato sulla punta, tenendole paralelle e discoste fra loro circa 0m,15; entro a
queste solcature depongono le sementi e le ricoprono coir erpice.
8. Nelle provincie lombarde il vegetabile più comunemente addottato per so-
vescio è il ravizzone, il quale ha la proprietà di rammollire il terreno colla
radice, mentre per mezzo delle foglie serba per molta parte del giorno l'umido
della rugiada. Il ravizzone lascia con grande facilità sviluppare le erbe nocive,
le quali però venendo sepolte pure con esso servono a prestare ingrasso ed a
rendere soffice il terreno pel barbicamene delle radici dei cereali che si colti-
vano, mentre per ultimo, cedendo alla forza decomponente si putrefanno e som-
ministrano alimento e vigorìa alla coltivazione. L' uso di questo vegetabile è però
in molti paesi abbandonato perchè, sebbene i terreni sciolti risentano molto van-
taggio da esso, quelli tenaci invece o che hanno uno strato vegetabile molto sottile
ne risentono danno pel motivo che non potendo il ravizzone ingrossare in si-
mili terreni, non riesce perciò abbastanza forte da somministrare un nutrimento
proporzionale alla spesa della sua coltivazione.
Anche il trifoglio, comechè si presti molto alle rotazioni agrarie, si usa d'assai
per sovescio; desso si semina d'autunno o di primavera insieme al frumento
ed anche insieme alla segale od a qualunque altro cereale, e nell'anno susse-
guente, dopo che ha servito di pascolo al bestiame, si sovescia.
Questa pratica non è molto comune; ma siccome è molto difficile distruggerlo
interamente anche quando siasene ricavato il maggior possibile prodotto, cosi
avviene che, seminandolo, qualche avanzo rilevante si ha sempre da sovesciare,
con grande miglioramento del terreno per le sue folte radici che si putrefanno
alimentando quelle dei cereali che si coltivano. Il trifoglio però non è coltiva-
bile in qualunque terreno; giacche richiede per sé stesso un terreno per natura
o per arte già fertile.
La madia saliva è di recente acldottata per sovescio, crescendo essa con molta
rapidità ed in qualunque terreno; bisognerebbe però, onde averne il miglior ri-
sultalo, far macerare il vegetabile prima di seppellirlo, imperocché secondo le
analisi dei più stimati chimici questa pianta contiene una materia resinosa che
risulta di danno alle vegetazioni posteriori.
In Francia si usano molto pel sovescio anche i navoni per la specialità loro
che li fa atti a correggere i terreni silicei.
9. Grande utilità si ottiene dal sovescio dei cereali, e la segale fu in ispeciai
modo soggetto di grande ed interessante quistione pei vantaggi che le si attri-
buiscono sovesciandola allo slato di fioritura prima della semina del grano turco.
L'utilità di questo sovescio si riconoscerebbe non solo in un'abbondante prima
raccolta di grano turco , sibbene in un raccolto pure abbondante di altri cereali
e di altri diversi prodotti per la durata di oltre quattro anni. Ognun vede che
se tali vantaggi fossero certi sarebbe follia il non seguire questa pratica special-
mente dove mancano gli ingrassi, dove si allevano piante da frutto, o dove si
hanno terreni quasi sterili e quindi incolti; poiché la segale richiede pochissima
nutrizione. Ammettasi pure che la durata dei benefizii che apporta il sovescio
della segale si protragga per soli due anni anziché per quattro, sarebbe sempre
nullameno una fonte di ricchezza tanto pei possessori dei fondi quanto pei co-
loni che li lavorano. Il procurarsi ingrassi per mezzo dei concimi animali ini*
porta grave dispendio, o per lo meno sta nelle forze soltanto dei grandi possessi.
ECONOMIA AGRICOLA 477
mentre il piccolo possidente ed il povero agricoltore scarseggiano di mezzi pecu-
niari! ed hanno anche relativamente pochi animali da allevare. Questi adunque
avrebbero nel sovescio della segale un mezzo economico di fertilizzazione
10. La segale però non è sola a presentare tanta utilità. L'avena, per esempio
costa molto meno ed ha il vantaggio che, seminata in ottobre 0 novembre fio-
risce assai prima della segale, circostanza questa che, a parità di merito, baste-
rebbe a darle la preferenza; sovesciandola nella fioritura, si giunge ancora in
tempo a comp.ere la seminagione del grano turco. Altro vantaggio che presenta
1 avena si è che, seminandola in agosto, sopporta un taglio in ottobre, prestandosi
anche come foraggio, indi cresce successivamente ancora fino alla fioritura perla
spec.ale sua attitudine a sopportare la falce ed a rimettere in brevissimo tempo
nuovi steli. »
Anche per l'avena non richiedesi terreno molto fertile; essa fiorisce in qua-
lunque terreno ed in qualunque posizione, e tallisce in abbondanza quanto la
segale. Circa al materiale concimante che presta nel sovescio in nulla è minore
alla segale, in quanto che se la segale è alta, l'avena ha maggior diametro di culmo
e maggior volume di foglie. Or dunque, poiché l'avena vale % del prezzolila
segale mentre tutte le altre circostanze sono eguali, non resta alcun dubbio che
sotto il punto di vista dello sovescio si debba darle la preferenza
11. La paglia è quella parte di vegetabile che maggiormente si usa nelle con-
cimazioni, e perciò anche quella che più spesso viene sovesciata; essa però ben
tZÌ° d P6r.a S°'a' ma S0"ant0 mescolata ">?" escrementi, ossia ridotta a
letame. Pur nondimeno trattandosi di una parte si importante della concima-
zione, andremo qui esponendo le diverse opinioni che si hanno sull'intrinseco
wlore concimante della paglia. Alcuni agronomi sono d'avviso che gli escrementi
di cu, è imbevuta la paglia allo stato di letame non sarebbero che di leweris-
simo effetto senza la paglia stessa; altri invece, considerandola come puro assor-
bente de! sughi escremenlizii, negano ad essa ogni proprietà fertilizzante
stati, tn TT rr"° fUr°n° ÌnSUtUÌte da alcuni flsici fu «otoriamenle
statano che la proprietà alimentare di una sostanza si rileva dalla quantità delle
parti solub.1. che 1 acqua bollente può estrarre dalla sostanza stessa ; però non
s può con co stabilire la utilità reale della medesima sostanza usata come in"
grasso. La paglia quindi, se, sottoposta all'esperienza suddetta, fornisce pochis-
ime parti solubili, non cessa però di presentare utilità se viene usata come
ingrasso; il che stabilirebbe essere un grave errore l'asserire che l'acqua bol-
lente agisca sulla solubilità di una sostanza nell'istesso modo e colla forza me-
eSé^nCr/U1 POlre?be agìre l°, St0maC°' tant° PÌÙ Che razione dissolvente del a
d gestione è sempre diversa ,n d.versi individui e più ancora fra diverse specie
d 'animali; per cu. una sostanza dichiarata nutriente per eccellenza potrebbe pur
sempre alimentare in diverso grado diverse specie d'animali e nello stesso tempo
sciogliersi pochissimo nell'acqua bollente. P
cio?1^^6 dell'acf a bf ent*f' a"a q^ndi una forza immutabile, senza,
cmè, le graduazioni degli stomachi degli animali, e quindi un risultato inesatto
e tanto inattendibile se si calco.i che anziché ar uire' della propS nuSe
. nna 80fta dall nutrizi0ne che la stessa può somministrare agi antaal
i "e iXmM|7T,eCh qUaDta f qUa,e ^ la DUtrÌZÌOne Che I"10 ^ministra
rS 'f r e" e^a urnr "" aZ'°ne dÌSS°1VeDle m°U° ten* " h«™ ^
478 ECONOMIA AGRICOLA
Ma diamo qui un esempio di ragionamento sulla paglia. Questa sottoposta al-
l'esperimento dell'acqua bollente somministra pochissimi sughi nutritivi, data
all'uomo per cibo non gli arreca che un peso inutile allo stomaco senza poter
essere digerita, epperò non si addimostra per nulla nutriente in favore dell'uomo,
somministrata la paglia stessa al cavallo, all'asino, al bue, alla vacca ecc. viene
digerita benissimo, e, se non è un'alimento invidiabile pei suddetti animali, è
però abbastanza nutriente da far fronte alle esigenze dello stomaco di animali
tanto grossi. Se si avesse quindi a desumere la potenza della paglia come ingrasso
dall'esperimento coli' acqua bollente, sapendosi che contiene non più della cen-
tesima parte di materie solubili, avremmo pressoché una sostanza inutile, e se
si avesse pure a desumere la proprietà nutritiva per gli animali dall'esperimento
stesso dell' acqua bollente vendessimo alla conclusione che in 15 chilogrammi di
paglia data ad un bue o ad un cavallo per nutrimento, avranno avuto 150 gramme
di nutrimento, il che sarebbe quanto dire che all'alimentazione di simili animali
basterebbe meno che il Ve <W chilogrammo.
Veduta adunque e provata l'erroneità della teoria che si trae dall'esperimento
deli' acqua bollente circa allo stabilire la forza nutritiva di una sostanza , assai
più erronea bisogna dichiararla circa alla forza concimante. Infinite sono le mo-
dificazioni ed i risultamenti che la terra fa subire ad una sostanza in concorso
colla umidità e colle influenze atmosferiche. Noi sappiamo infatti che, usando
la paglia per concime, in poco tempo scompare intieramente, il che non può
avvenire che colla separazione dei suoi principii e colla trasformazione di essi
in prodotti gasosi. Or dunque, essendo gli elementi della paglia quegli stessi che
compongono altri vegetabili combinati in proporzioni diverse , separandosi non
possono somministrare che principii nutritivi, principii che vadano ad assimilarsi
al tessuto di altri vegetabili.
12. La paglia paragonata agli altri ingrassi vegetali presenta la differenza che
i suoi elementi si decompongono lentamente e soltanto per l'azione dei vegeta-
bili che sono in coltivazione, mentre gli altri ingrassi vegetali contengono invece
maggiore quantità di principii solubili che si decompongono anche senza la coo-
perazione della vegetazione, ciò che costituisce certamente un pregio di questi
sopra la paglia ; poiché i vegetabili posti in coltivazione possono da essi trarre
l'immediato vantaggio dell'assorbimento di quei principii di cui abbisognano.
Anche l'eccessivo volume della paglia in proporzione agli alimenti che som-
ministra, e l'ingombro che arreca alle operazioni del suolo sono qualità svan-
taggiose nella concimazione; la paglia però può considerarsi un conveniente
ammendamento anche usata sola purché venga data al terreno neila stagione
invernale; poiché in questa stagione non conviene guari lo spargere letame so-
lubile che perda i suoi principii sotto l'azione dissolvente delle continne pioggie,
e d'altra parte la paglia essendo molto leggiera ripara il freddo e riscalda i ter-
reni tenaci.
La paglia può dunque sotto diversi aspetti considerarsi utile alla concimazione,
Abbiam già veduto quanto la sua lenta scomposizione poco si presti a fornire
alimenti alla vegetazione , ma è pur anche una teoria ammessa che i vegetabili
talliscono meglio dove hanno una nutrizione lenta e continua, che non in quei
terreni dove si prendano indigestioni per esuberanza di umori nutritivi: gli in-
grassi lenti sono anche i più efficaci appunto perchè distribuiscono ognora alla
vegetazione cui sono applicati pochi ma continui e proporzionati nutrimenti che
ECONOMIA AGRICOLA 479
sempre si determinano in ragione diretta della forza negativa. Considerando poi
il vantaggio che se ne può trarre applicandola ai terreni argillosi anche sola
sia pel volume suo che tiene sollevate e disciolte le zolle, sia pel calore che ne
traggono, sia per divisibilità che acquistano allorquando, consunta la paglia le
molecole terrose sono amalgamate dalle molecole silicee che sono la base della
paglia, non può l'agronomo non attribuire uno speciale valore a questo mezzo
di ammendamento, tanto più quando abbiansi a migliorare terreni freddi e
compatti.
13. Le erbe terrestri ed acquatiche non che le loro radici sono altrettanti mezzi
di concimazione 0 per lo meno possono sempre servire ad aumentare la massa
dei letami. Gli orticultori, i quali possono più di tutti disporre di una grande
quantità d'erbaggi, li raccolgono e li ammonticchiano in un colle altre materie
concimanti. Alcuni agricoltori della provincia comense hanno il costume di racco-
gliere 1 muschi per incorporarli ai letami, 0, disseccati, somministrarli per letto
al bestiame, procurando cosi un'aumento ai letami stessi. Sebbeno ciò sembri
una meschina pratica di agronomia, è però tale che se venisse adottata da tutti
gli agricoltori della montagna arrecherebbe non piccolo miglioramento ed incre-
mento alla industria dei letami e quindi alla produzione del suolo.
14. Altro grande vantaggio ne può derivare all'agricoltura mettendo a profitto
tutte le radici degli alberi e delle piante morte naturalmente od atterrate Per
far ciò si usa arare profondamente quei terreni che ne sono ingombri onde sol-
levarle e smuoverle più che sia possibile per quindi estrarle estirpandole col
mezzo delle zappe. Dopo che se ne sono raccolte in grande quantità si sminuz-
zano colle falci e si stendono sull'aja a disseccare onde così non abbiano mai
più in verun modo ad ingombrare il terreno con una nuova vegetazione, dopo
di che le si accatastano insieme a certa quantità di terra disposta a strati alter-
nati colle radici stesse perchè queste fermentino e si decompongano, e così for-
mino un terriccio che riescirà utilissimo ad emendare i terreni argillosi Per
ritrarre da questa pratica una maggiore utilità le cataste si potranno formare in
prossimità alle stalle delle bestie bovine, procurando che d'esse siano p iù estese
che alte, e col mezzo delle orine provenienti dalle stalle medesime inumidirle
di frequente. Il legno delle radici essendo molto povero e costituito delle parti
pm tenere e leggiere, si imbeve facilmente dei sughi delle orine trattenendone
tutti 1 principii che in diverso modo si volatizzerebbero con grande facilità, ond'è
che si viene per tal modo a formare un concime molto prezioso e più utile ed
efficace del letame stesso.
Una simile pratica è specialmente indicata utilissima per le valli, nelle quali
per le circostanze locali di clima, atmosfera e disposizione del suolo vegetano e
periscono infinità di piante lasciando sempre una grande quantità di radici, tanto
pm che con tale operazione si ottiene non solo un materiale aumento di concime
ma si ha inoltre un emendamento del terreno per la profonda aratura e rivolta-
tura del fondo.
15. In molti paesi, allo scopo di aumentare la massa dei concimi, raccole-onsi
anche le erbe paludose, e, per far ciò col maggiore vantaggio, dopo averle estir-
pate, vengono lasciate al sole almeno per tre giorni, indi seppellite coli' aratro
nei terreni che maggiormente siano affetti da umidità, 0 costituiti in maggior
parte di argilla. Siccome però questo metodo non potrebbe lasciare la certezza
che le radici delle erbe medesime, sebbene estirpate, non possano ancora metter
480 ECONOMIA AGRICOLA
vita e ribarbicarsi, così sarebbe assai più opportuno che venissero estirpate, aspor-
tate dal campo e radunate in massa per ottenerne la fermentazione, formandone
tanti piccoli mucchi onde evitare la grande fermentazione che potrebbe accenderle.
La massa totale di queste erbe può dare una quantità tripla in volume di buona
terra da concimazione, aggiungendovi una quantità doppia di terra mista a poca
calce. Miglior concime ancora se ne otterrà da tutte queste erbe paludose, trat-
tandosi che devono servire allo immegliamento di terreni argillosi, se ad esse si
uniscano calcinacci di fabbrica.
16. Da quanto fu fin qui detto circa alla concimazione fatta col mezzo dei ve-
getabili puossi stabilire, anche all'appoggio di apposite esperienze, che le eriche,
le ginestre, le felci, i giunchi e tutti i vegetabili che trovansi nei boschi possono
prestare giovamento air agricoltura, per concimazione, sia che vengano usati soli
dopo le opportune preparazioni, sia che concorrano alla formazione del letto del
bestiame. Tutte queste erbe constano, come tutti i vegetabili, di carbonio e di
due elementi gasosi, i quali combinandosi in diverse proporzioni all'atto della
decomposizione, producono dei principii liquidi e gasosi che sono dai vegetabili
assimilati con facilità. Esse quindi introdotte nel suolo in favorevoli circostanze
sono -atte più che altro alla somministrazione dei principii necessarii alla vege-
tazione; imperocché constano di elementi che concorrono alla immediata forma-
zione dell'individuo. Sarà cura soltanto dell'agricoltore di adoperarli ridotti allo
stato più tenero, o meglio, dopo subita la più forte fermentazione possibile, onde
non abbiano soltanto a produrre una fisica correzione del terreno, ma sibbene
anche una chimica collaborazione allo sviluppo di vegetabili.
17. Le piante paludose hanno per natura un tessuto soffice e molle che assorbe
facilmente l'umidità e che si presta quindi ad una pronta fermentazione e quasi
decomposizione, entrando assai poco nella loro formazione la silice; sono quindi
in ispecial modo designate quali emendamenti ai terreni silicei e leggieri. Sic-
come però, anche seppelliti soli, si decompongono con facilità, sviluppando nel
corso della decomposizione una certa quantità di calorico, cosi la loro applica-
zione riesce molto più vantaggiosa in autunno che in primavera; perocché vi
mantengono un moderato calore per tutta la stagione invernale.
Se le piante paludose hanno in generale un tessuto molle non è così però delle
felci, delle ginestre e delle eriche, le quali hanno al contrario un tessuto legnoso
e richiedono, prima di essere adoperate, di essere rese tenere e sature di umi-
dità. Anche per queste giova moltissimo che sieno usate prima quali stramaglie,
ma quando non sia dato far ciò si potrà benissimo prepararle all'uso disponendole
a strati alternati con terra o calce, così lasciandole finché siano rese tenere e
macerate dalla pioggia, nulla importando lasciarle scoperte.
Le alghe e le piante marine sono del pari molto utili alla coltura dei terreni
litorali, non convenendo, pel loro tenue valore, trasportarle onde concimare ter-
reni più lontani. Essendo il loro tessuto assai floscio possono essere applicate
quali concimi anche appena raccolte, seppellendole cioè senza alcuna preventiva
preparazione. Servono a concimare tutte le coltivazioni , ma più ancora i prati
artificiali, i quali ricevono da esse uno stimolo particolare dovuto senza alcun
dubbio all' abbondanza dei sali che costituiscono il loro tessuto. Egli è appunto
peli' abbondanza dei sali di cui sono fornite queste piante, che il procurarne la
fermentazione rende inutile la loro applicazione quali concimi; poiché, avve-
nendo per effetto della fermentazione anche la decomposizione, tutti questi sali
ECONOMIA AGRICOLA 4gj
sciogliendosi per effetto delle acque piovane, si disperdono nel terreno invece
di svilupparsi, assimilandosi ai vegetabili alla cui coltivazione sono destinate.
L'uso di queste piante quale concime presenta dunque certezza di profitto
purché sieno seppellite in tempo opportuno. Qualora però se ne possa raccogliere
in grande quantità potranno disporsi in cataste miste a terra vegetale onde rac-
coglierne tutti i principi! solubili che fossero per isvilupparsi al momento della
fermentazione, e meglio ancora sarà ricoprire la catasta con altra terra onde
abbiano il meno possibile a sentire l'influenza dell'atmosfera.
Sono di grande vantaggio ai pascoli, nonché ai vegetabili a radici bulbose
in quanto sia la maggiore proprietà delle piante quella di attrarre tutta l'umi-
dità dell'atmosfera. Usate fresche prevengono l'evaporazione dell'umidità man-
tenendo anzi nel terreno una salutare freschezza, la quale, oltre ai vantaggi per
sé stessi inerenti a tale stato, fornisce di mano in mano ai vegetabili che si
concimano diversi principi! di assimilazione. Allorquando il terreno sia asciutto
e sia anche per natura piuttosto secco, queste piante forniscono i maggiori sti-
moli alla vegetazione al momento della loro decomposizione. Dovendosi conci-
mare con esse un terreno grasso, sarà bene usarle allo stato secco.
In alcuni paesi dell'Italia meridionale vige l'usanza di raccogliere le alghe
che il mare rigetta al lido, e distenderle sulle strade di massimo passaggio onde
ricevano le orine degli animali che vi transitano sopra e siano nello stesso 'tempo
calpestate da essi onde meglio e più presto marciscano e fermentino, dopo di
che le mescolano col letame.
18. Ad ogni modo però questa qualità di ingrasso non conviene che ai paesi
marittimi. Colà usasi un differente miscuglio di piante della famiglia delle alghe,
le quali sono per lo più raccolte, svellendole coi rastrelli dai lidi. Altro motivo
per cui devonsi ritenere molto utili alla agricoltura si è che contengono miriadi
di conchiglie e di piccoli coralli che per natura racchiudono in sé molta sostanza
calcare, soda e potassa, di cui abbiamo già conosciuto i mirabili effetti per I? a-
gricoltura se possono entrare come correttivi nei terreni coltivati. In quei paesi
usasi anche abbruciarle per spargerne le ceneri, impedendo cosi lo sviluppo
delle erbe nocive.
19. Se la torba per le sue qualità si presenta tale da non poter essere consi-
derata fra le prime materie combustibili, come ingrasso non puossi assegnarle
un posto secondario. Essa è molto satura di tannino e di materie idrogenate
non che di varii acidi vegetali e minerali, ma possiede poco azoto. Ond'è che
per usarla con utilità, per ritrarne cioè un sensibilissimo profitto bisogna me-
scolarla a calce o cenere, in quanto queste provvedano alla neutralizzazione degli
acidi e del tannino, unendovi altresì delle materie azotate, per provvedere alla
mancanza degli alcali.
Il mezzo migliore però per utilizzare la torba quale ingrasso si è di sottoporla
per letto al bestiame, ottenendosi con ciò la rilevante economia della paglia ed
una completa neutralizzazione degli acidi oltre ad una conveniente miscela con
1 materie azotate in massimo grado, quali sono le escrezioni solide e liquide de^li
animali. ^ &
Qualora però in un dato tenimento non si potesse o non convenisse per ab-
bondanza di altro strame usarla per letto al bestiame, potrà utilmente comporsi
in efficacissimo concime disponendola a strati alterni col letame , avendo però
cura che gli strati di torba non siano maggiori di 15 centimetri di altezza. In en-
482 ECONOMIA AGRICOLA
trambi i casi, sia che si ponga in vece del letto agli animali, sia che si mescoli
a strati col letame, assorbe i gas ammoniacali che si disperderebbero certamente
nell'atmosfera, e si ottiene così una grassificazione della torba col letame in quanto
ai principii che conterrà dopo la fermentazione di questo con quella. Con ciò si
avranno inoltre migliorate d'assai le proprietà fertilizzanti del letame; imperocché
la torba avrà ad esso aggiunto molto carbonio e molte materie idrogenate. La
pioggia poi e le influenze atmosferiche disacidificando la torba stessa subito che
sia sparsa sul terreno, perderà dessa le qualità contrarie alla nutrizione dei ve-
getabili, e terminerà per convertirsi in un eccellente terriccio specialmente adatto
a correggere un suolo tenace, ad ingrassarlo ed a somministrare grande quantità
di carbonio a quei vegetabili che si coltiveranno in quel fondo.
20. Altro mezzo per rendere la torba un utile ingrasso si è di ridurre prima
il campo in tale stato che possa dirsi affetto da siccità piuttosto che da umidità,
indi trasportarvi grande quantità di creta o calce. La torba sollecitata dall'azione
decomponente di queste terre trovasi spinta verso la reazione dei fluidi atmosfe-
rici, ed è per tal modo resa capace di somministrare alla vegetazione una nu-
trizione assai abbondante.
Alcuni invece usano abbruciarla, e per vero, sebbene non si abbia da ciò il
miglior correttivo di un terreno; è però abbastanza evidente che, nel secolo no-
stro, in cui tutto si può col vapore, poco convenga trascurare V utile di un com-
bustibile per avvantaggiarsi di un concime; e, siano pur vari i casi in cui si
renderanno utili le sue ceneri, sarà sempre miglior partito l'applicarla alla pro-
duzione della grande forza motrice che ha ormai fatte vassalle tutte le industrie,
di quello che attendere od andare in cerca di quel terreno pel quale sia conve-
niente un emendamento di torba.
Senza però prendersi molta briga onde trarre il miglior partito dalla torba,
quanto a concimazione, si potrà farne una stratificazione in prossimità al leta-
maio, e sopra di essa disporre tutto quel letame che sopravanza alle occorrenze
dei fondi. La parte liquida del letame scorrendo fra la torba la modificherà d'as-
sai e la disporrà tanto bene alla fermentazione, che allorquando per essere da
essa stati assorbiti tutti i principii fertilizzanti, si sarà alquanto ammollita, mesco-
landola collo strato superiore di letame e riducendola con esso ad una pasta
omogenea si avrà ottenuto un ingrasso di grandissimo valore pei terreni argillosi.
Degna d'osservazione si è la pratica usata dai coltivatori pesaresi e più special-
mente di Sinigaglia. Dessi tagliano colla vanga la superficie dei campi torbosi
in tanti paralellepipedi di diversa grandezza e portano questi pezzi nei campi di
peggior natura, specialmente in quelli nei quali abbonda la creta. Ivi dispongono
i detti paralellepipedi di distanza in distanza come tanti piccoli camini, vuoti
nel mezzo ed aperti da un lato, nel vacuo introducono quanto combustibile vi
può capire, danno il fuoco, e, ridotto in cenere, questa la spandono sul terreno.
21. Le foglie dopo la caduta si decompongono e formano Turno o terriccio,
senza del quale non evvi prospera vegetazione. Da numerose esperienze si venne
a desumere che ogni pianta allo stato normale rende alla terra maggiore copia
di principii nutritivi di quello che non consumi; da ciò appunto ha origine la
immensa quantità di terriccio o terra vegetale che si trova radunata nei boschi,
e la fertilità che questi presentano quando vengono dissodati. Per tal fatto riesce
facile il comprendere la loro efficacia nelle coltivazioni destinate alla nutrizione
degli animali e degli uomini ; avvegnaché queste coltivazioni riescano soltanto
ECONONlA AGRICOLA 433
passive alla fertilità del terreno in quanto il loro prodotto venga in totalità o
quas,, asportato dal campo; ed ecco il motivo pel quale i nostri fondi che col-
marno senza alcun dubbio per ottenerne prodotti, abbisognano continuamente di
letame 0 qualunque altro surrogato che rinnovi in essi la facoltà produttiva
mentre nei boschi un tal bisogno non si appalesa, ed avviene anzi il contrario!
pel motivo che dessi traggono dalle foglie stesse che cadono dalle piante più che
la quant.ta necessaria di alimenti, e la natura si serve appunto delle foglie morte
^nr=antiXr favorire la gerrainazione dei ^ *«? ~
Nel novero delle foglie debbonsi comprendere tutti gli avanzi della vegetazione
come sarebbero le foglie dei vegetali che servono di commestibile, barbabietole
card, carote, patate ecc. i quali avanzi possono considerarsi tutti come SmX
verdi; lo stesso dicasi delle stoppie dei cereali. Abbiamo già detto che 1 ?
che cadono dagli alberi bastano alla naturale fertilizzazione delle foreste ner
£Lir, °v COmPrendere u moti™ Pel quale i contadini industrios 'fanno
talvolta lunghissima via per recarsi a raccoglierne
stato secco v\ Tv" ^ ^ nM(> conteng°no »*M7 % di azoto ed allo
stato secco 1 1,50 o/oJ slccome pero queste foglie contengono molto tannino così
bisognerà avere la precauzione di farle fermentare prima di adoperarle
Le foghe secche raccolgonsi generalmente dove manca la materia a far letto al
ì-1 ' mf P°rt Pr°CUran0 racc°glier°e anche senza essere costret i da ta
b.sogno perche migliorano il letame stesso che si ottiene; quelli pò che da
questa pratica paventano qualche danno alla salute degli animali invece Si sotto
fTentt Z££T " meS0Olan° aUa ~ dd l6tame> * ~ S
22. Molti hanno la falsa opinione che non tutte le foglie sieno proficue avendo
pec.al, pregiudizi, per quelle di noce e per quelle degli alberi da fruUo QuS
timori dovrebbero perà cessare se riflettessero che tutte le piante conteneono „
ogni loro parte dei principi! omogenei alla vegetazione, e questi princfoifanehe
megho elaborati e più accosti allo stadio da somministrare', m ssTmo beneSo
all' agricoltura che non qualunque altro ingrasso uenenco
La necessità di respingere simili pregiudizi! si palesa dal fatto che la venta-
tacene nostra appunto perchè troppo complicata e vezzata per la quantità dei
prode ti che deve fornire,, riduce la terra molto stanca ed esausta ncip
alimentari cosicché ognun vede quale imperdonabile trascuranza , quato colpa
SÌT11 f ì3 T St6SSa aVremm° Se continu^™ a lasciare eh E magg 0
parte delle foglie disseccate cadano inutilmente disperse dai venti e dalle acque
Utenti.* trascinate giù per cavi e burroni a fecondare altre terre Bisogne
ebbe proprio che pel miglior partito dell'agricoltura ognuno raccogliesse Ti
unno quante più foglie potesse, unendovi anche tutte fé parli inu il S ve?e-
tab.l, da cucina, le eriche ed i muschi, con che si verrebbe ad aulnt re di
idSorrT melà la qUan"tà t0tale d6Ì l6tamÌ dÌ CUÌ ogniloZToTVul
Giacché parliamo qui delle foglie dei boschi viene conseguente il parlare anche
dd terriccio di questi quale più energico concime, tanto energico na i d.e
g ard.n.er, medesimi, i quali coltivano per lo più piante delicate e he esi.Òno
484 ECONOMIA AGRICOLA
23. Gli avanzi della trebbiatura e brillatura dei grani, ordinariamente chiamati
pula, loppe, reste ecc., vengono pure ad aumentare' la materia concimante. Bi-
sogna però avanti tutto ben considerare quanto sarebbe di danno F adoperarli
non ancora abbastanza macerati; imperoché non di rado avviene che, trovandosi
in essi ancora il germe di sofferte malattie, come sarebbero il carbone, la golpe,
il grano sprone ecc. si veggano per tal causa infestate le nuove raccolte. Conci-
mando adunque con questi avanzi devesi caldamente raccomandare una previa
decomposizione mercè la fermentazione. Per ottenere ciò facilmente, allorquando
si pulisce l'aja e si raccolgono quindi questi avanzi delle biade, basterà che si
portino tosto sulla massa del letame e si dia loro il posto centrale della massa
stessa, ricoprendobi con altro letame. La bulla del riso, perchè possa divenire
atta alla concimazione richiede più che un anno di tempo di continua fermen-
tazione tenendola isolata, mentre mescolata con letame basterà solo un terzo di
questo tempo col vantaggio anche di prestarsi, cosi confezionata, alla concima-
zione degli alberi da frutto.
Gli avanzi della preparazione del lino, quella lisca cioè composta dei piccoli
frantumi legnosi che cadono dal lino e dalla canape, quando si lavorano col
pettine e colla maciulla, costituiscono un economico concime il quale è con gran
deferenza destinato alla fertilizzazione dei prati.
Tanto gli avanzi delle trebbiature quanto quelli del lino essendo molto abbon-
danti nelle grandi possessioni, richiedono un apposito sistema di riduzione allo
stato concimatorio. Essi devonsi conservare in una fossa apposita in cui possano
macerare a lungo, aiutandone anzi la macerazione coir unirvi quanto letame
possibile, senza che venga però danneggiata l'economia di esso, ossia senza che
venga per nulla scemata la sua distribuzione ordinaria sui campi.
L'ingrasso proveniente da questi avanzi, sebbene sembri una materia piuttosto
solida e secca, è talmente atto ad imbeversi di fluidi nutritivi, ed anche di qua-
lunque sostanza liquida che possa venire a suo contatto, che, allorquando viene
levato dal serbatojo per essere sparso sui campi, sebbene conservi un'apparenza
tuttora solida e polverosa, e pel soverchio calore il campo siasi asciugato e ri-
scaldato, attrae da esso tutta quella umidità che acquistò per la macerazione,
e vi determina cosi una corrente di umidità o di sviluppo di fluido, umori per
il che ne viene ristorato ed abilitato a proseguire con buon successo gli ela-
borati della vegetazione. Questo ingrasso vuol essere preparato coli' umidità ma
non per modo che vi nuoti per entro, dovrà cioè F acqua essere investita dalla
materia, non la materia dall'acqua.
Se con questo ingrasso voglionsi concimare delle praterie naturali giovani, non
sarà d'uopo farlo tanto macerare, poiché gioverebbe moltissimo anche sparso allo
stato normale o di prima formazione.
24. Le sanse, ossia gli avanzi della torchiatura dei semi da olio, occupano un
posto importantissimo nella categoria degli ingrassi; per gli effetti che producono
e per la energia loro propria sono affatto paragonabili agli ingrassi animali. L^uso
di questo ingrasso si limita a quei soli paesi che producono molte materie prime,
o che posseggono grandi stabilimenti da olio, in quanto che per poterne stabilire
un uso per F immegliamento delle terre bisogna poterne disporre in abbondanza
tale che sorpassi altresì ogni occorrenza per la nutrizione del bestiame, special-
mente di quello che viene messo a riposo pel macello.
Il metodo comune per usare le sanse si è frantumare le stiacciate che si 1
ECONOMIA AGRICOLA 485
vano dai torchi, ridurle a/fatto in polvere, indi spargerle in un colle sementi.
In terreni leggeri questo concime é di grandissimo effetto, e specialmente pei
terreni cretosi; ma pei terreni compatti od argillosi gli effetti riescono pochi o
nulli, in quanto che 1' allumina che vi predomina investe la polvere di sansa
precludendo ad essa ogni effetto derivante dalie influenze atmosferiche, non
permettendo per ciò che fermenti se non con grande difficoltà.
Taluni vorrebbero, coir aggiungervi della calce nella proporzione del 15 p.o/0
rendere questo ingrasso alquanto più utile ai terreni compatti, certi essendo che
in tal piccola dose la calce non possa produrre alcun tristo effetto, e che alla
fin fine si combina sempre con qualche elemento dell'ingrasso che si dà al ter-
reno ed è quindi neutralizzata in una buona parte. Non si saprebbe però con-
venire in tale sistema di miscela se non nel caso in cui si possa pure ag-
giungere oltre la calce anche una proporzionata quantità di concime liquido da
stalla, o quanto meno unire alla miscela di calce colle sanse altra materia, come
sarebbe colombina e spazzatura di pozzi neri. Se si pon mente agli effetti che
ne derivano, vedesi non riuscire ad altro questo ingrasso che ad imprimere al
terreno un'essenza più caustica, ed una tal quale solidità molecolare, per cui può
essere ridotta in più fina polvere.
Le sanse costituiscono un ingrasso oleaginoso, il quale per natura propria va sog-
getto ad una fermentazione continuata, che senza interruzione si spinge allo stadio
del massimo effetto, per cui tanto più persuade e convince che desse debbonsi
con migliore effetto spargere nei terreni leggieri ed amministrare quando la ve-
getazione sia già in corso, onde non essere obbligati a mescolarle con altre ma-
terie. Una circostanza degna di osservazione sarà di procurare di spargerle nella
stagione calda ed in una giornata di pioggia.
Per avere il maggior utile dalle sanse, per poterle, cioè, applicare alla fertiliz-
zione di qualunque terreno, bisogna mescolarle con materie escrementizie, ed
ancor più, quando sia possibile, mescolarle al guano.
In Francia più che da noi si accorda pregio alle sanse; giacché vengono colà
stimate più energiche dei letami ordinari e perciò vendute a prezzo relativamente
molto alto. Si spargono in polvere, a mano volante, nei primi giorni di primavera
sui cereali già in vegetazione.
Le sanse non agiscono già come ingrasso per Polio che possano eventualmente
contenere; poiché per verità la stessa operazione cui furono sottoposte indica
quanto poco ne debbano contenere, ma piuttosto per la mucillagine, essendo
questa nuli' altro che terra disciolta e che si presta ad una immediata nutrizione
dei vegetabili sui quali vengono sparse. Ecco quindi per qual motivo devesi ri-
tenere di massima utilità l'applicazione delle sanse alle coltivazioni che siano
entrate nel periodo più sagliente della vegetazione.
25. Sotto il nome di sansa debbonsi comprendere anche tutte le più grossolane
rimanenze dei frutti e delle erbe che furono assoggettate ad uno stretlojo; né il
sapersi che da dette materie sia stato estratta tutta la parte oleifera ne scema il
valore concimante, giacché è notorio che l'olio in natura non viene assorbito dalle
radici dei vegetabili, ed il pregio delle materie stesse sta invece nei principii
elementari, carbonio, ed azoto che dall'olio si svilupperebbero soltanto dopo
lento e lungo processo di decomposizione naturale, mentre negli avanzi o sanse
trovansi delti principii già disciolti, ed è questa la causa del loro valore concia
matorio.
486 ECONOMIA AGRICOLA
Per l'ordinaria coltivaziane di un ettaro occorrono non meno di chilog. 1500
di sanse o panelli; ma la produzione di feccie vegetali dopo P azione del torchio
essendo molto limitata nei nostro paese di fronte a quella di altri paesi mag-
giormente manifatturieri ed industriali, Papplicazione di esse in agricoltura non
potrà assumere importanza che in seguito a speciali circostanze che ne sono af-
fatto indipendenti.
26. La segatura di legno è forse quell'avanzo vegetale che, producendosi in
maggior copia pel gran numero delle manifatture da cui proviene, merita una
speciale riflessione. Essa viene usata non solo come agente chimico, ma ancora
come mezzo meccanico a disgregare le terre troppo tenaci. L'uso di questa ma-
teria per concimazione richiede però uno speciale riguardo, ed è di mescolarla,
o meglio, inumidirla con latte di calce, onde saturarne P acido acetico che se ne
sviluppa nei diversi stadii metamorfosici che hanno luogo dai momento in cui
viene sparso sul terreno fino alla totale sua decomposizione.
27. La polvere di concia considerata come solo ingrasso potrebbe essere usata
assai di rado, poiché in agricoltura le si attribuiscono effetti totalmente opposti.
La polvere di'concia può adoperarsi come correttivo o come ammendamento, ed al-
lora dispiega un'azione sensibile e pronta nei terreni compatti, e nulla nei terreni
leggieri; può adoperarsi come ingrasso premessa una miscela con materie acce-
leranti la decomposizione; ma in ogni caso è sempre di lentissimo effetto, e so-
lamente sufficiente pei terreni leggieri, i quali avendo la proprietà di riscaldarsi
facilmente sotto l'azione naturale del sole, possono concorrere ad accelerarne la
decomposizione, la quale è sempre lenta in questo caso per essere quasi total-
mente costituita da fibre legnose la materia da decomporsi.
Da quanto sopra potrebbesi dedurre che il maggior profitto possa aversi dalla
polvere di concia usandola quale ammendamento dei terreni compatti, sottopo-
nendola però ad una preventiva preparazione che ne modifichi le proprietà e la
renda di sollecita fermentazione.
Quale preventiva operazione allo scopo di migliorare la qualità propria della
concia, e di ottenerne un deciso ed energico effetto, è quella di umettarla coi
prodotti liquidi degli ingrassi e di conservarla sempre mescolata col concime da
stalla. Del resto è tanto scarsa questa materia che più che ad un mezzo di mi-
glioramento in agricoltura devesi ritenere appena conveniente al giardinaggio
od alla orticoltura. Formano infatti i giardinieri con questa materia degli strati
nelle serre per collocarvi sopra di poi vasi da fiori con fondo forato , onde
possano approfittare dell' esalazine e del calorico che ne emana al momento
in cui passa allo stadio di fermentazione. Gli orticoltori rianimano con essa
la vegetazione di quelle piante che soffrivano qualche danno, ed ottengono ciò
con una mezza scalzatura alle radici della pianta indisposta dopo di che
riempiono il vuoto fatto tra le radici e la terra colla polvere di concia , rin-
calzano la pianta e la inaffiano se è tempo secco. Con questa cura venne più
volte. ridonato il vigore a vegetabili che sembravano incamminati verso una
sicura morte. . , . . .
Dove è riconosciuta di una incontestata utilità la polvere di concia si e sui vivai
di piante da frutto o da gelsi; in questo caso però Papplicazione deve limitarsi
alla superfìcie e procurare che lo strato raggiunga l'altezza di cinque centimetri.
Con ciò viensi ad assicurare al vivaio calore ed umidità , principi! eminente
mente necessari per le piante novelle^
ECONOMIA AGRICOLA 487
28. Il carbone allorquando è alterato e mezzo fermentato diviene eminente-
mente poroso e proprio a condensare i sughi fertilizzati dei concimi e dell'atmo-
sfera. Ritiene, o meglio assorbe il 40 p. % di acqua del proprio peso. Il carbone
può essere animalizzato mescolandolo a sostanze azotate e facendo in modo che
acquisti quelle proprietà che gli mancano. Quando il carbone non è totalmente
alterato, e che pur nondimeno se ne possiede una grande quantità, può essere
sottoposto ad una lenta combustione innaffiandolo con lessivie sature di sali ossi-
danti, quali sarebbero il cloruro ed i solfati di soda, potassa e calce. In questo
caso non lo si distribuirà ai terreni se non se misto a calce od a cenere, onde
neutralizzarvi le parti spiritose.
Per fornire un ettaro di terreno di tanto carbone che basti ad ottenere qualche
effetto non ne occorre meno di venti quintali; questa quantità però basta per
molti anni a tenere fornito il terreno di elementi nutritivi, primo fra i quali
il carbonio, e ad impartirgli la proprietà di condensare il gas sviluppantesi
dagli altri ingrassi, ad attrarre e conservare l'umidità, ed aumentare la facoltà
di assorbire il calorico in causa della tinta bruna che per esso acquista il
terreno.
Per molto tempo si ritenne che il carbone fosse affatto inutile all'agricoltura;
ma in seguito ad esperimenti all'uopo istituiti si venne a constatare che allor-
quando è frammisto alla terra, mercè il calore e l'umidità che vi attira, se ap-
pena trovisi al contatto di altra materia che si decomponga, essa si riduce ad
uno stato di solubilità in forma liquida o gazosa producendo diversi principii che
si appalesano decisamente utili alla vegetazione.
29. I carboni in ordine alla efficacia concimatoria debbono ritenersi nel seguente
ordine: i.° il carbone animale: 2.° il carbone vegetale: 3.° il minerale o fos-
sile; come stimolanti però stanno in ordine inverso. Il carbone animale è primo
quale concime perchè contiene un maggior numero di elementi nutritivi, fra i
quali una sostanza zuccherina molto solubile e presto assorbita dai vegetabili,
che ne traggono una energica nutrizione. Il carbone vegetale agisce con maggior
lentezza e produce minori effetti; ma il complesso però della sua azione merita
speciale riguardo, avvegnacchè prima di decomporsi in principii nutritivi, agisce
stimolando e migliorando il terreno. Esso infatti riscalda, divide e mobilizza i
terreni compatti, ne modifica il calore ed il colore rendendoli atti ad assorbire i
raggi del sole tanto per la permeabilità quanto per l'oscurità del colore che per
mezzo suo acquistarono.
Il carbone minerale presenta per vero poca apparenza di fertilizzazione, avve-
gnaché quei terreni in cui vi sono le miniere di carbon fossile sono generalmente
poco fertili. Ciò non devesi però attribuire alle emanazioni dello stesso carbone
allo stato naturale, perchè sono quasi nulle, ma piuttosto alla natura del suolo,
il quale è quasi sempre granitico. Quella vegetazione però di cui possono essere
suscettibili avviene colà più celeremente, e le piante stesse che la costituiscono
appartengono alla vegetazione dei paesi più meridionali. Non si sa se ciò possa
o debba attribuirsi al color nero della terra od alle esalazioni sulfuree; ma in
ogni modo si potrebbe da tal fatto trarre speciale profitto pella coltivazione di
talune piante. Il carbone minerale adunque va preso come correttivo, come sti-
molante; giacché preso isolatamente è improprio alla coltivazione più della sabbia ;
ma contiene nondimeno una grandissima quantità di carbonio, che è appunto
la sostanza principale che concorre alla formazione dei vegetabili.
488 ECONOMIA AGRICOLA
30. Assai più utili sono le ceneri del carbone fossile, specialmente per le pra-
terie, perchè uccidono gli insetti e le erbe cattive. La stagione più favorevole
alla distribuzione di esse è la primavera, e la quantità da applicarsi dipende
dalla superfìcie del fondo e dai prodotti che si vogliono coltivare; ma ad ogni
modo egli sarà sempre un prudente contegno il non abbondare, onde non otte-
nere un° effetto dannosissimo, Pabbruciamento delle piante.
I fondi che più di qualunque altro richiedono questo metodo di cura sono gli
argillosi, e quelli in generale che sono affetti da umidità; le coltivazioni che più
di tutte ne ritraggono benefizio sono gli alberi fruttiferi e le piante vivaci.
Gli avanzi delle stoffe di qualunque qualità sono pure un ingrasso eccellente
pei terreni argillosi; siccome però in riguardo agli stracci di lino, cotone ed
anche seta, v'è una più utile industria che li impiega, i ragionamenti che si
possono istituire e la convenienza ad usarli riguarderanno soltanto gli avanzi
delle stoffe di lana. In alcuni paesi s'usano per la concimazione delle viti e
degli ulivi, mescolandoli però coi ritagli di cuojo; in alcuni altri invece non
costituiscono per essi un sistema apposito di concimazione , ma li raccolgono
insieme alla massa dei concimi da stalla e con questi li somministrano ai campi;
alcuni li trascurano totalmente come materie di nessun valore o di semplice in-
gombro, tal' altri invece li acquistano anche a prezzo relativamente elevato.
° Gli avanzi di lana son favorevolissimi ai canapi ed agli orti, vogliono essere
ritagliati minutamente, e sollevati colla vanga d'autunno se trattasi di canapai, e
di primavera se devono servire ad ortaggi. Devesi aver attenzione a non sommi-
nistrare questo ingrasso in troppa quantità almeno ai canapai, perchè, andando
questa coltura in ruota col frumento, ne verrebbe che nell'anno successivo non
si potrebbe coltivare queslo cereale in quello stesso terreno concimato cogli
avanzi di lana, poiché si rovescerebbe, anche malgrado una falciata di primavera,
in causa della soverchia nutrizione che si sarebbe sviluppata dal concime, essendo
essa maggiore nel secondo che non nel primo anno.
31. Da tutto quanto sopra ognuno può facilmente comprendere di quanta uti-
lità possa essere la studiata applicazione degli ingrassi vegetali all' agricoltura.
Fra tutte le diverse qualità di vegetabili che possono essere tenuti in qualche
conto per essere applicati alla concimazione, la maggiore convenienza la presen-
tano quelli provenienti da una cultura che abbia già dato qualche prodotto. Il
sovescio all'opposto è generalmente subordinato, per la convenienza, alla colti-
vazione cui viene applicato, ed i successi più o meno felici dipendono dalle vi-
cende atmosferiche; quanto alla possibilità di coltura il sovescio è poi subordi-
nato alla quantità dei lavori richiesti da un fondo ; imperochè potrebbe darsi
che la economia del fondo stesso non comportasse a tale scopo nessuna colti-
vazione straordinaria anche avuto riguardo agli avvicendamenti stabiliti dalla
ruota agraria di una colonia. Il sovescio deve introdursi soltanto dietro speciali
circostanze, tenendolo sempre in relazione coli' economia ; coltivando cioè vege-
tabili che possano servire alla nutrizione di animali, onde, sovesciati, possano
restituire quei principi che già in grande copia furono estratti dalle coltivazioni
precedenti.
L'applicazione di ingrassi vegetali torna specialmente utile in quei paesi nei
quali non puossi altrimenti migliorare l'agricoltura; e cioè, per esempio, allorché
si hanno a ridurre terre magre e da molto tempo incolte, e che contemporanea-
mente sia troppo lontano il luogo da cui far pervenire gli ingrassi. Con questo
ECONOMIA AGRICOLA 489
metodo si migliorano terreni e si riducono ad importante valore, sebbene riesca
assai costoso; imperochè occorrono talvolta più anni d'aspettativa e di lavoro
prima di raggiungerne il compenso: ma con altri metodi è certo che si avrebbero
maggiori spese e lavori per ottenere un risultato inferiore.
L'applicazione di ingrassi vegetali è il più economico ed il più ragionato me-
todo di miglioramento; mercè questa pratica si riduce a buono stato un fondo
cogli stessi suoi prodotti, perfezionando di mano in mano la vegetazione del fondo
stesso collo interrarvi sempre i prodotti più perfetti che somministra. Questo me-
todo rappresenta il tipo della natura che si perfeziona da sé senza altro ajuto
che la natura medesima, la quale ha appunto in sé tutti i limiti massimi per
potersi ritenere capace.
Giuseppe Vernansal de Villeneuve.
CENNI SUL TERRENO CRETACEO DI TOSCANA
COMPARATO CON QUELLO DELLA BRIANZA
MEMORIA letta dal Socio Giovanni Battista Villa , alla Società Italiana di Scienze Naturali
nella seduta del 51 maggio 1868.
In questi scorsi giorni visitai i dintorni di Pistoja, già stati diligentemente de-
scritti dal nostro amico Mortillet nella sua Memoria: Note sur le Crétacé et le
Nummulitique des environs de Pistoja (letta nella seduta 29 dicembre 1861 della
nostra Società, ed inserita negli Atti, voi. III). Io desiderava vedere l'analogia
che passa tra quelle roccie e quelle della nostra Brianza. La ristrettezza del
tempo ch'io aveva potuto dedicare a tale escursione, non mi permise di esten-
dere le mie indagini, cosicché non potei trovare la roccia nummulitica decom-
posta dai reagenti atmosferici in modo di vederne distintamente le nummuliti;
ne mi fu dato di potere osservare qualche Inoceramus 3 neppure nel luogo de-
scritto e figurato dal Mortillet, ove passa la ferrovia in Valdibrana, denominato
S. Anna.
Percorsi da Collegelato a Burgianico e Valdibrana, ed ivi trovai precisamente
la serie di roccie descritte da Mortillet. A Collegelato notai che gli strati infe-
riori della calcarea marnosa oscura sono più variabili di quelli della Brianza,
mentre quelli superiori, i quali divengono più arenacei, presentano il vero aspetto
del nostro Cornettone, calcare psammitico del gruppo di Rogeno, da noi descritto
nella nostra Memoria: Sulla costituzione geologica e geognostica della Brianza e se-
gnatamente sul terreno cretaceo (Milano 1844) e nell'altra: Ulteriori osservazioni
geognostiche sulla Brianza, fatte dai fratelli Antonio e Giovanni Battista Villa (Mi-
lano 1857).
Questi strati inferiori qui pure trovansi frammisti a strali di marne schistosfl
e marne rosse psammitiche, e di un calcare compatto simile a quello che noi
troviamo sviluppatissimo nella Valle Gregantino ed a Calco, e che riferiamo al
Neocomiano medio.
In queste sopraindicate roccie rinvenni, come nel gruppo di Rogeno, le stesse
specie di fucoidi, così il Zoophijcos BrianteusVilte, il Zoophycos Villa? Massalongo,
ed in abbondanza delle bellissime Nemertiliti (Nereiserpula Buzzonii Stoppani) e
gli identici corpi indeterminati di varie forme, tanto comuni anche nella Brianza,
dei quali abbiamo parlato nelle suddette Memorie.
Visitai diligentemente il luogo dello spaccato descritto dal Mortillet, e vi trovai
solamente degli esemplari di Zoophycos Villa , del quale un bell'esemplare ne
feci dono al Museo di Firenze, con un Nemertilite di Collegelato.
Intrapresi pure una gita a Monte Ripaldi , ove estraggonsi le pietre di cui è
lastricata Firenze, e che secondo le diverse qualità più o meno compattej si ado*
CENNI SUL TERRENO CRETACEO DI TOSCANA 491
perano a diversi altri usi, e nella quale il nostro amico Marchese Strozzi rin-
venne diversi fossili interessanti, Inocerami , Hamites ed Ammonitesi e tra questi
uno di grandezza straordinaria, del quale vedesi il modello in gesso nel Museo
di Firenze.
Gli strati di Monte Ripaldi constano di un calcare psammitico, eguale al cor-
nettone della Brianza, gruppo di Rogeno; havvene di più o meno arenaceo, e sono
intersecati da marne calcaree. I fossili trovansi alla superfìcie degli strati del
calcare psammitico in contatto cogli schisti marnosi, i quali sfacelandosi facil-
mente air aria non ponno presentare l'impronta dei fossile sottoposto.
Credo che i suddetti fossili sieno sempre stati rinvenuti dagli scavatori; del
resto, io vi trovai abbondantissimi i Nemertiliti (Nereiserpula Buzzonii Stoppani),
gli Zoophycos ed i sopraindicati corpi indeterminati. È pure frequentissimo il
Chondrites intricatus in confronto al C. Targioni, equalis , furcatus e lumbricalis,
ed allo Zosterites pelagica.
La differenza che passa tra gli strati di questa formazione in Toscana con
quelli della Brianza, consiste in ciò, che il gruppo da noi chiamato medio, o di
Breno, il quale nella Brianza è per lo più di un calcare marnoso, qui è della
stessa natura di quello elei 1.° gruppo o di Rogeno, varia cioè di natura mine-
ralogica , giacché la cava dell' estrazione comprenderebbe i nostri due primi
gruppi, cioè gli strati superiori equivalgono a quello di Breno con Inocerami,
Trigoni?, 3 Hamites ed Ammonites, e gli inferiori corrisponderebbero al gruppo di
Rogeno con Nemertiliti, Chondrites intricatus e corpi amorfi indeterminati.
I fossili poi stati rinvenuti a Pracchia, che osservansi nei Museo Civico di Mi-
lano (Inocerami, cotoniti, fucoidi e corpi amorfi), si trovarono invece in un cal-
care più compatto bleuastro, che avrebbe l'aspetto di calcare Liasico.
A Fiesole infine rinvenni la roccia eocenica di natura mineralogica affine a
quelle cretacee sopraindicate, ma non vi osservai che traccie di grandi Zoophycos,
giacché questo genere di vegetabile fossile incomincia a mostrarsi nel calcare
bleuastro sottoposto al rosso ammonitico, che sarebbe il Lias, e continua la sua
presenza in tutte le successive formazioni fino nell'ultimo gruppo terziario (I).
(1) Anche nel terreno nummulitico di Acqui, fino dal 1858 rinvenni il genere Zoophycos, oltre alle
Nummuliti ed una Reticulipora affine alla Buzzonii Stoppani.
Giom. Ing. — Voi. XVI. — Agosto 1868, 32
INCONVENIENTI DELLE TAVOLE PEI BACHI DA SETA
PROPOSTA DI SISTEMA PENSILE A CASSETTE.
I bachi si allevano ora sopra tavole orizzontali senza fori e quindi impenetra-
bili all' aria ; sopra esse si conserva lo sterco e lo strame delle foglie , che si
tolgono generalmente ogni otto giorni.
Questo sistema è poco igienico, sia perchè Paria resta stagnante sulle tavole
ed il gaz carbonico specialmente, per cui i bachi tengono la testa alta o si ar-
rampicano sulle cime delle foglie onde respirare aria più sana.
Si potrebbe fare polizia ogni due o tre giorni, ma oltre alla spesa, si va incontro
a perdite di tempo sulla distribuzione della foglia fresca.
Quando poi i bachi si trovano negli ultimi giorni, allora l'igiene è affatto sa-
crificata non essendo più possibile il togliere l'abbondante strame, giacché biso-
gnerebbe ciò fare ogni giorno, ed allora non potendosi ciò fare, il fermento dello
strame e sterco è pronto, ed il baco soffre ed intisichisce. Quante tavole di bachi
sono state perdute negli ultimi giorni con grave danno e spreco di fatiche!
Onde ovviare a tali inconvenienti, lo scrivente propone il sistema seguente:
Si formi un parallelepipedo retto con due telaj aventi un metro di larghezza e
due d'altezza, posti alla distanza di cinque centimetri fra loro mediante appositi
chiodi fissi e cerniere sopra il lato più lungo.
Questi telaj siano formati con fili in ferro distanti trentacinque millimetri, posti
paralleli al lato minore.
Si apra il parallelepipedo e si getti nel suo interno la foglia a ramoscelli in
modo uguale da riempire il vano dei due telaj; chiudasi il parallelepipedo, e si
attacchi a due uncini in modo da stare verticale secondo l'altezza di due metri.
La foglia così leggermente compressa non discenderà, e per meglio ciò assicurare
si metteranno tre fili di ferro nell'interno dello scomparto.
I bachi potranno facilmente nutrirsi di detta foglia , e si terranno sospesi ad
essa senza comprimerla; s'immagini dunque detto telajo pieno di bachi e foglia,
è evidente che lo sterco discenderà per la foglia in terra, ed è evidente che
l'aria passerà facilmente da tutte parti, per cui vi sarà una ottima ventilazione
e polizia.
Si prepari un altro simile parallelepipedo e si riempia di foglia all'ora debita,
si porti accanto a quello già in opera, ed allora i bachi uscendo dal primo si
metteranno fra le foglie del secondo. Si vadi un'ora dopo, si levi il primo pa-
rallelepipedo, si porti nella corte, ed ivi si pulisca prendendo i bachi che per
esso vi fossero e mettendoli al lavoro.
Con questo sistema di graticole doppiate sospese verticalmente , si ha il van-
taggio massimo negli ultimi giorni di dare la foglia senza mondarla del frutto,
INCONVENIENTI DELLE TAVOLE PEI BACHI DA SETA 493
il che è una economia forte, e di più si tiene una polizia estrema senza grave
spesa.
Quando poi i bachi stanno per lavorare, si metterà una terza graticola doppia
accanto alla prima, con entro le materie secche; i bachi maturi passeranno in
essa, e quelli che hanno ancora a mangiare passeranno sulla solita a foglia verde.
La distanza che devesi tener fra ogni sistema di queste graticole deve essere
di un metro, cioè capace di dare passaggio alle operaje.
Siccome però le reticole del parallelepipedo sarebbero verticali, e perciò ai
bachi darebbero poco appoggio, se vi saranno troppo cadute di bachi si potrà
mettere sotto esse un piccolo listello, oppure si potrebbero disporre le due grati-
cole in piano inclinato da formare un prisma molto acuto. Del resto i bachi
buoni si tengono sempre bene stretti e non cedono.
Ing. Clerico Giacomo.
RIVISTA DI GIORNALI E NOTIZIE VARIE
I NUOVI POZZI DEL SISTEMA NORTON.
(Vedi Tav. U, fig. l'I)
Ho letto, se non erro, in un numero dell'autunno scorso della Gazzetta Ufficiale,
una nota dell'avvocato Calandra, risguardante i suoi pozzi tubulari ch'egli con-
frontava con quelli proposti dal sig. Norton. I pozzi dei sig. Calandra sarebbero
formati con tubi aperti alle due estremità ed affondati nel terreno colPajuto di
spranghe di perforazione, le quali sono introdotte nei tubi ed allungate finché fa
bisogno, indi estratte dai medesimi quando si è giunti alla profondità voluta. L'au-
tore dice d'aver fatto conquesto sistema varie applicazioni anche all'irrigazione, e
d'avere ottenuto spesso da 6 a 7 litri d'acqua al minuto secondo, andando a pro-
fondità dai 4 ai 12 metri.
I pozzi invece del sistema Norton, dei quali intendiamo ora occuparci, si com-
pongono di un tubo di ferro (A) (Fig. 11) la cui estremità è armata da una
punta (B) e traforata tutt' all' ingiro per una lunghezza di circa M. 0.72. Il tubo
ha circa 3m.50 di lunghezza totale e M. 0.032 di diametro all'interno; la punta è
lunga 0m.30, compresa la attaccatura interna col tubo. I fori formano sei file pa-
rallele distanti fra loro di circa M. 0.037. La loro superficie totale è eguale ad
una volta e mezza il diametro interno del tubo. I tubi sono filettati alla loro
estremità in modo da poter essere riuniti a mezzo di un manicotto esterno come
i tubi pel gas.
Per aprire un pozzo con questo sistema, dopo aver scelto il posto conveniente,
si incomincia a fare nel terreno un foro verticale con una trivella o con un tra-
pano da minatore, e in questo foro si introduce la punta del primo tubo. Ciò fatto
si applica al tubo stesso a poca distanza dal suolo un fermaglio (F), il quale non
è altro che una specie di collare filettato grossolanamente al suo interno affine
di aumentarne l'aderenza, e che si fissa serrandolo con delle viti. Un altro fer-
maglio simile viene fissato verso l'estremità del tubo, e ad esso vengono assicu-
rate due puleggie. Col mezzo di queste due puleggie e del solito sistema di funi,
due uomini possono manovrare il martino (C) del peso di circa 35 chilogrammi,
il quale, essendo vuoto internamente, si infila sul tubo e scorre lungo il mede-
simo, È evidente che il martino battendo sul fermaglio (F), affonderà a poco a
poco il tubo. Quando il fermaglio (F) tocca terra, lo si stacca per fissarlo più m
alto, e così si continua l'operazione. Quando l'estremità superiore del tubo si
trova a poca distanza dai suolo , si fa uso di un tubo ausiliario , il quale ha lo
stesso diametro esterno del tubo da affondarsi, ed all'interno poi contiene un
secondo tubo di diametro tale da occupare esattamente il vuoto del primo tubo.
RIVISTA DI GIORNALI ECC. 495
Con questo artificio si continua l'operazione finché il tubo del pozzo sia giunto
colla sua estremità superiore a fior di terra: allora si aggiunge un altro tubo,
avendo però l'avvertenza prima, di scandagliare il pozzo fatto per riconoscere la
profondità dell'acqua che vi si trovasse e la natura delle materie che si intro-
ducono pei fori. Un'altra avvertenza che devesi avere durante Y affondamento
dei tubi, è di imprimere loro di quando in quando un leggero moto di rotazione
e di esaminare spesso se il fermaglio inferiore si trova bene d'appiombo.
Quando il pozzo è arrivato alla profondità voluta, si applica alla sommità del
tubo una piccola pompa a mano per elevarne l'acqua. Questa dapprincipio é
assai torbida; ma, a misura che la camera formata alla parte inferiore del tubo
si allarga, essa viene sempre più chiara, anzi si ottiene in breve un'acqua assai
più pura e più fresca dell'usuale.
Questi pozzi, i quali resero già parecchi servigi alle armate in marcia durante
la guerra d'America , sono quelli che si adoperarono dagli inglesi nell'ultima
spedizione d'Abissinia. Ecco il risultato delle prove fatte*:
Per affondare i tubi, avendo bisogno di molla celerità, occorrono in tutto cinque
uomini, due a vicenda per ciascuna carrucola, ed uno per dirigere il martino.
Quando non si abbia molta fretta, si possono impiegare soli 3 uomini, concedendo
il riposo necessario pei due che manovrano il martino. — In un pozzo traforato
in Inghilterra attraverso un terreno composto d'argilla, di sabbie e di grosse
pietre, il primo tubo di M. 3.50 fu affondato in 30 minuti: il secondo di M. 3.00
fu affondato in 39 minuti. In seguito si dovettero attraversare degli strati alquanto
resistenti fino a M. 7.20, e per ultimo a M. 8.10 fu trovata l'acqua in grande
abbondanza. Ritirati nuovamente i tubi, si trovò che la punta non era per nulla
guasta. — In un altro pozzo, i primi M. 1.22 furono traforati in pochi minuti
entro nella marna; pei successivi 2 metri occorsero 45 minuti. In seguito tro-
vandosi strati sempre più duri, l'avanzamento fu meno rapido; si arrivò nondi-
meno a M. 2.40 in meno di due ore. Il pozzo fu spinto fino a 7 metri, e l'acqua
vi si trovava allora con un'altezza di M. 2.50. Facendo funzionare la pompa,
l'acqua venne dapprima con difficoltà: ma dopo tre ore l'acqua era potabile, e
in ragione di circa 50 litri per minuto secondo.
L'apparecchio ed i diversi istromenti per operare la perforazione pesano in
lutto circa 70 chilogrammi; la pompa pesa 10 chilogrammi , e i tubi 5 chilo-
grammi per metro corrente. — Secondo il rapporto del colonnello Symmons ,
direttore della scuola del Genio Militare, l'apparecchio descritto sarebbe preferi-
bile ad ogni altro quando lo strato acquifero si trovi a profondità di circa M. 7.50.
Non sarebb'egli il caso di studiare simili apparecchi per trovar l'acqua da
irrigare molte campagne dell'alta Lombardia, in luogo da sprecare tanti milioni
per voler fare dei canali, i quali darebbero forse l'acqua a chi non la vuole,
e quando non la si vuole e forse in gran parte la ridaranno ai naturali corsi
sotterranei ?
Ing. Emilio Olivieri.
496 RIVISTA DI GIORNALI
NUOVI CANALI D' IRRIGAZIONE E DI NAVIGAZIONE
DA APRIRSI NELL'ALTA LOMRARDIA.
Abbiamo di già fatto conoscere precedentemente in questo giornale (pag. 199 del con. anno)
il Decreto Reale con cui venne data la facoltà agli ingegneri Villoresi e Merav.gl.a di aprire
dne grandi canali di irrigazione e di navigazione nell'alta Lombardia tornando le acque da
?Ì Maggiore e di Lugano. Si è pure accennalo altra volta confe il Consiglio Prov.noal di
Mdano debberò di accordare il premio di « milioni a quella Società, la quale avesse n 0 Ho,
due grandi quesiti, cioè di condurre 24 metri cubici d'acqua per secondo dal lago d. Lugano
e 41 metri cubici da quello Maggiore per irrigare i terreni compresi fra Varese, la Br.anza ed
il Naviglio Grande. . . .
Per mandare ad effetto questa grande opera si è stabilito di instituire un consorzio fra i
concessionari ed i comuni attraversati, accordando ai primi i vantaggi derivanti dai canali nei
primi quarant'anni ed ai secondi pei successivi anni cinquanta, a compimento del periodo di
90 anni, stabilito dall'atto di concessione. ^
Ora essendo chiamati i comuni a dover deliberare sull'acquisto delle acque aei canali, tanto
per l'irrigazione, come per forza motrice, la Deputazione Provinciale di Milano colla Circolare
15 ma-io p p. N. 5651 A, ha diretto ai Sindaci dei comuni delle norme da seguirsi per
l' accennato' acquisto, unendovi dei modulari o tabelle per le rispettive obbligazioni.
Ed i concessionari Villoresi e Meraviglia col foglio 15 giugno, u. s., trovano opportuno di
fornire degli schiarimenti intorno alla predetta Circolare, sia relativamente alla zona da irrigarsi,
sia sulla distribuzione delle acque e sulla costruzione dei canali e sulla loro manutenzione, sia
finalmente sul prezzo d'acquisto. t
Importando alle persone dell'arte ed ai molti interessati in questa grande impresa di conoscere
quanto fu esposto, sia nella Circolare della Deputazione Provinciale, sia nel foglio dei conces-
sionarj, abbiamo creduto opportuno di qui riportare per esteso siffatti documenti.
La Redazione.
CIRCOLARE DELLA DEPUTAZIONE PROVINCIALE DI MILANO.
Milano, 45 Maggio 1868.
Dopo lunghi ed accurati studj comparativi, prima per parte della Commissione Tecnica
espressamente nominata nel 1865 dal Consiglio Provinciale di Milano, poi per cura del Mini-
stero di Agricoltura, Industria e Commercio, e in ultimo per parte del Consiglio Superiore dei
Lavori pubblici, al quale in conformità al disposto della vigente legge sulle Opere pubbliche,
fu demandalo l'esame dei varii progetti relativi alla irrigazione dell'Alta Lombardia, veniva
dimostrato come uno di quei progetti, quello cioè dei signori ingegneri Eugenio Valore si e
Luigi Meraviglia di Milano, tanto per la parte tecnica, quanto per la parte finanziaria, fondata
sopra 1' associazione dei Comuni interessati, soddisfacesse completamente ai bene intesi inleiessi
dei Comuni medesimi e delle Provincie che da sì lungo tempo sentono il bisogno di assicurare
al proprio territorio i grandi benefizi della irrigazione.
Perciò il Ministero delle Finanze, desideroso di accelerare per quanto da lui dipende 1 esecu
zjone di sì importante ed utile opera, promoveva la concessione a favore dei predetti s.gno
E NOTIZIE VARIE 497
Villoresi e Meraviglia della facoltà di derivare, costruire ed esercitare due Canali destinati ad
utilizzare le acque che si trovano o si possono rendere disponibili, nei Laghi di Lugano e Mag-
giore, mediante chiuse a traverso i loro emissarj, la Tresa e il Ticino.
I diritti e gli obblighi inerenti a tale concessione vennero stipulati con apposita Convenzione
in data del 15 Gennajo 1868 tra l'Amministrazione delle finanze dello Stato e i signori Villoresi
e Meraviglia, approvata poscia con Reale Decreto del 50 dello stesso mese.
A tenore dell'Alto di concessione il Canale da derivarsi dal Lago di Lugano al Ponte della
Tresa, passa per le Valli di Tresa, di Margorabbia , di Cuvio e del Bardello, raggiunge l'alti-
piano di Somma, va a Gallarate, da dove bipartendosi, con un ramo sorpassa all'Olona nel
territorio del comune di Fagnano, e percorrendo il territorio dei comuni di Gorla Maggiore,
Mozzate, Rovelasca, Barlassina, Lentate, Meda e Seregno, va al Lambro ; coli' altro ramo da
Gallarate passando per Busto Arsizio, Legnano e Canegrate, arriva a Parabiago.
II Canale da derivarsi dal Ticino passando i comuni di Tornavento, Castano, Buscate, Arconate,
e Busto Garolfo si unisce a Parabiago col Canale di provenienza dal Lago di Lugano. Da Pa-
rabiago con un ramo discende a Milano, coli' altro passando per Lainate, Garbagnate, Varedo e
Muggiò va a Monza, donde arriva all'Adda traversando i comuni di Concorezzo, Grezzago e
Trezzo, e dall' Adda può essere spinto fino all' Oglio a vantaggio delle Provincie di Bergamo e
Cremona.
La quantità di acqua, che i Concessonarj sono autorizzati a derivare dal Lago di Lugano è
di metri cubi Ventiquattro per ogni minuto secondo, che potranno essere portati sino a Trenta
e quella a derivarsi dal Lago Maggiore è di metri cubi Quarantaquattro per ogni minuto se-
condo, che potranno essere portati a metri cubi Settanta.
Colla esecuzione dei predelti due canali e colla disponibilità della quantità di acqua soprac-
cennata, potrà essere assicurato il benefizio della irrigazione a tutti i terrilorj non ancora irrigui
delle Provincie di Como, Milano e Bergamo, dominati da quei Canali, e completata la irrigazione
del Basso Milanese e di una parte delle Provincie di Pavia e di Cremona.
La esecuzione è data per anni Novanta, di cui i primi Quaranta a favore dei Concessionarj
per avere tempo sufficiente ad ammortire il capitale necessario alla Costruzione dei Canali , e
gli ultimi Cinquanta a totale benefizio del Consorzio dei Comuni, dei Corpi morali e dei pri-
vati interessi.
Le basi per la formazione di questo Consorzio, come le sue attribuzioni formano oggetto degli
articoli 6 e 7 della Convenzione sovrastata.
Neil' autorizzare i Concessionarj a provvedere alla parte finanziaria dell'opera per mezzo del-
l' associazione degli elementi locali, dagli stessi Concessionarj proposta, anziché colla formazione
di una Società anonima per Azioni , fu speciale intendimento del Governo di porgere alle Pro-
vincie, ai Comuni, ed agli altri Corpi morali interessati alla sollecita attuazione dell'opera me-
desima un mezzo più efficace di assicurare la buona riuscita, da cui 1' Agricoltura e l'Industria
dell'Alta Lombardia possono a buon diritto ripromettersi rilevanti e duraturi vantaggi.
I grandi beneiìzj che il sistema dei Consorzi per la irrigazione saviamente ordinati, assicurò
all' Agro della bassa Lombardia, costituiscono un precedente che il Governo ha preso nella do-
vuta considerazione, e che lascia sperare il conseguimento di risultati egualmente soddisfacenti
applicando lo stesso sistema alla irrigazione della parte Alta di coteste Provincie.
Importando che le deliberazioni, che i Comuni saranno per prendere a questo riguardo, siano
•informate alle stesse massime e basi generali indicate nell'Atto di Concessione, e per altra parte
essendo pure necessario che tali deliberazioni vengano per quanto è possibile prese nello stesso
turno di tempo onde agevolare ai Concessionarj le pratiche necessarie per la sollecita attuazione
dei lavori, si reputa necessario che siano trasmesse ai signori Sindaci di quei Comuni alcune
Norme generali intese ad assicurare il conseguimento di questo duplice e rilevante scopo.
l.° Entro la prima metà del prossimo mese d'Agosto il Sindaco di ciascun Comune compreso
nella zona da irrigarsi coi due Canali, inviterà con speciale pubblico avviso tutti i Proprietarj,
Corpi morali e Industriali del proprio territorio, che intendessero di far acquisto di acqua per
l'irrigazione dei loro fondi, o di forza motrice per uso delle loro industrie, a farne apposita
498 RIVISTA DI GIORNALI
dichiarazione sui moduli stampati che a tal uopo e dietro richiesta saranno loro rilasciati dal
Segretario Comunale.
La suddetta dichiarazione comprenderà pure il modo con cui intendono provvedere al paga-
mento, cioè se per mezzo di una annualità da corrispondersi per un determinato numero d'anni,
oppure sborsando direttamente il capitale corrispondente a tale annualità.
Quelli poi fra i detti Proprietarj, Corpi morali e Industriali che trovassero opportuno e con-
veniente di vincolare la loro obbligazione al Comune, anziché direttamente ai Concessionarj ,
dovranno fare apposita menzione nel documento suindicato, con dichiarazione formale che nel
caso il Comune si renda acquirente della quantità d'acqua e forza motrice da essi enunciata,
si riterranno obbligati al pagamento del prezzo stabilito pel quale accordano a favore del Comune
stesso l'esecuzione fiscale nei modi e termini voluti per l'esazione delle imposte da regolarsi
in seguito, ed occorrendo per legge.
Non potranno però i Comuni sostituirsi ai privati o Corpi morali se non nel caso che il
pagamento del prezzo venga fatto per annualità, e non per l'intero capitale.
%° Ricevute le dichiarazioni di cui all'articolo precedente, debitamente firmate dai dichiaranti,
il Sindaco ne farà compilare una tabella, secondo il modello che si unisce, nella quale saranno
tenuti distinti i Proprietarj, Corpi morali ed Industriali, che avranno formulala la loro obbli-
gazione a favore del Comune, da quelli che avranno fatta la dichiarazione generica a favore
dei Concessionarj.
Questa tabella, nel caso vi si includano dichiaranti a favore del Comune, verrà dal Sindaco,
d'accordo colla Giunta Municipale, sottoposta all'approvazione del Consiglio Comunale da radu-
narsi entro la metà del prossimo mese di Settembre con che verranno pure dalla Giunta stessa
formulate al Consiglio le definitive proposte per l'acquisto della somma delle quantità d'acqua
e forze motrici, sottoscritte dai dichiaranti sopracitati e per l'impegno del pagamento delle re-
lative annualità ai Concessionarj.
Le dichiarazioni però a favore dei Concessionarj , non formeranno oggetto di alcuna delibe-
razione da parte del Consiglio Comunale , e si riterranno elencate nella tabella in via soltanto
enunciativa e per conto ed interesse esclusivo dei Concessionarj medesimi.
3.° È fatta facoltà ai Comuni di ricevere e computare in conto prezzo quei terreni di proprietà
dei privati e comunali che venissero occupati dalla sede dei Canali principali e secondarj e loro
accessorj non che d'imputare nel detto prezzo il lavoro di movimenti di terra o trasporti di
materiali, salvo però in ogni caso, approvazione da riportarsi dalla Deputazione Provinciale.
H.° Dovranno i Consigli Comunali stabilire allo stesso tempo il modo con cui inlendono sop-
perire alla spesa, se cioè con una annua sovrimposta comunale, o con altri redditi, e ciò pel
caso che dovessero anticiparsi le annualità pattuite e salvo il rimborso immediato da parte dei
soscrittori.
Dovranno pure gli stessi Consigli autorizzare il Sindaco o qualche membro della Giunta a
stipulare a nome e per conto del Comune in conformità delle prese deliberazioni e quando siano
debitamente approvate il contratto regolare coi Concessionarj, nonché a rappresentare il Comune
in tutti gli atti successivi che si riferiscono alla costituzione dei Consorzi prescritti nel Decreto
Reale di Concessione.
5.° I prezzi tanto per 1' acquisto dell' acque che per la forza motrice , vengono costituiti dai
Concessionarj sulla base di lire 50,000 per ogni ettolitro d' acqua per uso estivo, corrispondenti
a lire 17,24-1,40 per ogni oncia a misura magistrale milanese; di lire 2,000 per ettolitro, ossia
lire 690 per oncia a misura magistrale milanese per 1' uso jemale e di lire 1,000 per ogni ca-
vallo dinamico di forza motrice.
Le annualità da corrispondersi in sostituzione del capitale valore sono determinate per qua-
rant'anni in lire 5,500 per ogni ettolitro d'acqua estiva continua; lire 150 per ogni ettolitro
d' acqua jemale continua e lire 75 per ogni cavallo dinamico.
6.° Oltre i suddetti prezzi sono a carico degli acquirenti la manutenzione dei canali secon-
darj coi relativi edificj e la costruzione e manutenzione dei cavi e manufatti a partire da) pe-
rimetro del Comune e per la distribuzione interna delle acque fra i vari Proprietarj utenti,
v E NOTIZIE VARIE 499
7.° Approvata dal Consiglio Comunale la proposta della Giunta , copia autentica del Verbale
di deliberazioue del Consiglio sarà sollecitamente trasmessa alla Deputazione Provinciale per la
voluta approvazione , ed un' altra copia pure autentica dello stesso Verbale sarà dal Sindaco
trasmessa ai Concessionarj , unitamente a copia della tabella compilata dal Sindaco, a termine
del precedente art. 2.°
8.° L'acquisto di acqua e di forza motrice che venisse fatto dai Comuni per l'interesse dei
soscrittori dà loro il diritto di entrare a far parte del Consorzio o Consorzj che saranno istituiti
d'accordo fra la Rappresentanza Provinciale ed i Concessionarj. Tali Consorzj però non avranno
pei primi quarantanni alcuna ingerenza amministrativa, ma avranno unicamente voce delibe-
rativa nella approvazione dei progetti che saranno presentati dai Concessionarj, e nella sorve-
glianza delle costruzioni , non che provvederanno al collaudo delle opere perfezionate ed alla
successiva loro manutenzione a carico dei Concessionarj medesimi, e con facoltà di prelazione
per le spese relative sugli introiti derivanti dalle annualità dovute dai soscrittori.
9.° Trascorso il termine dei quarant' anni coi quali viene a cessare la Concessione accordata
dal Decreto Reale 50 Gennajo 1868 a' favore dei signori Villoresi e Meraviglia ed estinto
mediante il pagamento delle annualità stabilite, il prezzo concordato tanto per l'acqua che per
la forza motrice, acquistati dai detti Concessionarj , il Consorzio o Consorzj di cui nell' articolo
precedente, assumeranno il loro completo carattere legale, a sensi dei §§ 657, 658 e 659 del
Codice Civile Italiano , e diverranno senz' altro i veri ed assoluti proprietarj dei Canali e delle
acque derivate sino al termine dell'intera concessione, cioè pei successivi cinquantanni.
10.° Per la compilazione del Progetto di statuto pei Consorzj , come anche per la determina-
zione dei circoli territoriali in cui potranno suddividersi per la più regolare e conveniente ese-
cuzione dell'opera, e per la migliore distribuzione delle acque, i Comuni interessati e la Pro-
vincia nomineranno appositi Delegati , i quali , sentiti i Concessionarj , stabiliranno il Piano di
statuto e riparto in conformità alle disposizioni dell'Alto di Concessione, del quale verrà in
seguito a cura del signor Prefetto di Milano , promossa l' approvazione per Decreto Reale a
norma del disposto dell'articolo 7.° dell'Atto di Concessione.
11.0 Le sottoscrizioni dei Comuni si dovranno ritenere obbligatorie al verificarsi delle qui
espresse condizioni, cioè :
a) che l' acqua e la forza motrice siano regolarmente poste in corso e consegnate non più
tardi dei termini qui indicati ; per le acque derivate dal Canale
Ticino - Parabiago - Milano entro Tanno 1871
Da Parabiago - Monza entro l'anno 1872
Monza - Adda entro l'anno 1872
Ponte Tresa - Gallante - Parabiago, Gallarate-Olona entro l'anno . 1871
Dell' Olona al Lambro entro l' anno 1872
b) che le stesse acque siano costantemente defluenti nelle quantità convenute per tutti i
quarant' anni, in cui i Comuni debbano effettuare il pagamento delle annualità sopra stabilite.
Alle Norme e condizioni suespresse vorranno attenersi i Comuni, nel caso intendessero com-
partecipare alle sottoscrizioni pel collocamento delle acque da derivarsi coi progettati due grandi
Canali dal Ticino e dal Lago di Lugano.
L'opera è d'una così evidente utilità pubblica ed è destinata ad assicurare una somma tal-
mente considerevole di interessi, agricoli, che non v'ha dubbio le Rappresentanze Comunali, si
presteranno volonterose all'esaurimento degli incombenti prescritti e ciò allo scopo principalmente
di promuovere e disciplinare convenientemente l'azione in molti casi troppo incerta ed isolata
500 RIVISTA DI IORNAL1
dei privati e di convalidare all' appoggio affatto morale dei Comuni anche quelle garanzie eco-
nomiche, senza delle quali si renderebbe assai difficile o fors'anche impossibile ai Coucessionarj
di provvedere colle sole proprie forze al compimento di opera di tanta mole.
Torre, Presidente — Cav. Francesco Gorla — Locati Giuseppe
Dott. Crociolani Settimo — Magretti Pietro — Magati Adolfo — Cesare Attendolo Bolognini
Ing. Giuseppe Bianchi — Giorgio Giulini — Ferrario Carlo.
FOGLIO DI SCHIARIMENTI EMESSI DAGLI INGEGNERI VILLORESI E MERAVIGLIA.
Milano, 15 Giugno 1868.
Dopo vari anni passati in istudi e pratiche , oramai siamo certi di toccare la meta a cui ci
siamo proposti di arrivare, di utilizzare cioè mediante canali d'irrigazione e di navigazione, le
acque disponibili e quelle che si possono rendere disponibili nei laghi di Lugano e Maggiore.
L' appoggio al nostro progetto , che ci attendevamo dal Governo e dalla Rappresentanza Pro-
vinciale di Milano, ci venne accordato, ed anche in larga misura.
Il Ministero di Agricoltura e Commercio , quello dei Lavori Pubblici , quello delle Finanze ,
tutti, per quanto l'indole dell'opera lo permise, furono solleciti nello studiarlo, nel facilitarne
ed accelerarne 1' esecuzione promuovendo il Sovrano Decreto di Concessione.
A prova del sommo interesse preso per quest'opera dalla Rappresentanza Provinciale di Milano
basta accennare la nomina di una speciale Commissione tecnica composta di distinti ingegneri
idraulici, i mezzi pecuniari alla medesima forniti per lo studio dei vari progetti, la deliberazione
di promuoverne e facilitarne l'esecuzione con un premio di 5 milioni.
Altra luminosa prova dell'interessamento che Ministero e Rappresentanza Provinciale presero
e prendono per rendere più facile e sollecita la esecuzione di quest'opera è la Circolare che,,
promossa dal Ministero delle Finanze, venne formulata dalla Deputazione Provinciale e da questa
trasmessa ai Sindaci dei vari Comuni interessati in quest' opera ; Circolare nella quale sono
indicate ai Comuni, ai Corpi Morali, ai privati le basi principali della concessione, le norme
a seguirsi perchè in modo uniforme ciascuno degli interessati possa assicurarsi le acque e la
forza motrice , il prezzo delle medesime e le condizioni principali che a reciproca garanzia
sono destinate' a formare la base di vincolo tra acquirenti e Concessionari, facilitando per tal
modo il compito che tuttavia rimane ai Concessionari stessi , quello della formazione del Con-
sorzio generale e dei Consorzi parziali.
Facendo seguito a quella Circolare, i Concessionari credono necessario, sulla parte che par-
ticolarmente gli riguarda, aggiungere alcuni schiarimenti che serviranno sempre meglio a precisare
la reciproca loro posizione di fronte agli acquirenti acqua e forza motrice.
1 II canale di provenienza dal lago di Lugano, domina nella provincia di Corno le valli di
Tresa, di Margorabbia, di Cuvio, la zona di terreno che trovasi fra la postale Gavirate-Lavena,
il fiume Bardello , il Bevesio e le sponde del lago di Comabbio. I comuni nella provincia di
Como quindi che possono usare delle acque di questo canale sono elencati nella tabella A an-
nessa alla presente. . .\.
% La parte della provincia Milanese che può usare delle acque del canale di Lugano si divide
in due grandi zone: .
La prima è quella che segnata a monte da una linea che, distaccandosi da Vergiate, pa.
per Somma, Casorate, Gallarate, Busto Arsizio, Legnano e Parabiago, si protende sino ad arri
E NOTIZIE VARIE 501
fare al Ticino ed al nuovo canale Ticino-Parabiago. I comuni che possono approfittare di
questo canale sono elencati nella annessa tabella B.
La seconda zona è quella che ha per confine a monte una linea la quale, distaccandosi dal
canale qui sopra descritto in comune di Gallarate, passa 1' Olona al di sotto di Fagnano e per-
correndo nei comuni di Mozzate, Rovellasca, Lentate, Meda, Seregno termina al Lambro tra
Albiate e Sovico. Comprende tutta la pianura che trovasi tra lo stesso canale ed il succitato
canale Gallarate-Parabiago e l'altro qui sotto descritto da Parabiago al Lambro sopra Monza.
I comuni che possono usare delle acque di questa tratta di canale si hanno nella unita
tabella C.
5. Il canale che distaccasi dal Ticino raggiunge il piano a Tornavento , e passando per i
comuni di Castano, Busto Garolfo arriva alla ferrovia in vicinanza di Parabiago, da dove con
un ramo discende a Milano. Esso domina tutta la zona di terreno intercetta tra il canale stesso
ed il Naviglio Grande , ed anche una parte di quella zona di terreno che giace a sinistra della
ferrovia Gallarate Milano sino all'incontro del fiume Seveso. Questa tratta di Canale può som-
ministrare acqua a tutti i comuni elencati nella unita tabella D.
Coli' altro ramo lo stesso canale, passando per Lainate, Garbagnate, Varedo, Muggiò arriva al
Lambro superiormente a Monza ; domina la zona di terreno che giace tra il canale stesso , la
ferrovia Parabiago-Milano, parte del naviglio della Martesana ed il Lambro. Da questa tratta
di canale possono essere serviti, oltre i comuni che giaciono a dritta della ferrovia Parabiago-
Milano, già compresi nella tabella D, e gli altri elencati nella unita tabella E.
Proseguendo il canale, dal Lambro va a Concorrezzo , Burago , Grezzago ed arriva all'Adda
tra Trezzo e Concesa; domina la zona di terreno intercetta tra il canale stesso, il naviglio
della Martesana ed il Lambro. I comuni che possono avere acqua da questa tratta di canale
sono elencati nella tabella F.
il. Il canale che da Parabiago discende a Milano e si immette nella darsena a Porta Ticinese
può recarvi un corpo d'acqua eguale, ed anche superiore a quello che oggi alimenta il naviglio
di Pavia. Sostituendo nel naviglio di Pavia il corpo d'acqua di provenienza del nuovo canale
a quello che oggi viene somministrato dal Naviglio Grande, quest'ultimo corpo d'acqua rimane
disponibile, e può essere distribuito a mezzo del Naviglio Grande, di quello di Bereguardo, ed
anche dello stesso naviglio di Pavia. Così pure a mezzo del Lambro, della Molgora possono
dal canale Monza-Adda immettersi acque nel naviglio della Martesana. Al completamento quindi
dell' irrigazione della parte della provincia di Milano e Pavia dominata dai succennati navigli
Grande, di Bereguardo, di Pavia e della Martesana, i Concessionari intendono provvedere nei
modi e limiti da determinarsi, anche in relazione agli accordi da prendersi colla Regia Finanza,
dopo che si sarà conosciuta la quantità d'acqua che verrà richiesta per il compimento di delta
irrigazione.
8. L'altezza con cui il canale giunge all'Adda permette di estendere il beneficio dell'irriga-
zione a tutta la zona della provincia di Bergamo dominata da quella linea che passando per
Vardello va all' Oglio in vicinanza di Palizzolo ed anche a tutta la provincia di Cremona. A
soddisfare quindi le dimande fatte dalla provincia di Bergamo ed a quelle che potrebbero farsi
dalla provincia di Cremona sono destinate le acque che si avranno disponibili all' Adda e che
gli stessi Concessionari sono autorizzati a portare dall' Adda all' Oglio.
6. La distribuzione delle acque ha luogo mediante canali che si possono distinguere in canali
primari, canali secondari, canali comunali, canali privati.
a) I canali primari sono i seguenti :
1.° Canale che dal Ticino va a Parabiago e da Parabiago a Milano.
2.° Canale che da Parabiago va a Monza.
5.° Canale che da Monza va all' Adda.
4.° Canale che da Ponte-Tresa arriva a Gallarate e discende a Parabiago.
B.° Canale che da Gallarate, sorpassando 1' Olona, si spinge a Lambro tra Albiate e Sovico,
502 RIVISTA DI GIORNALI
b) Sotto la denominazione di canali secondari si comprendono tutti i canali che distac-
candosi dai canali primari, portano le acque nei diversi comuni al doppio scopo dell'irrigazione
e dell'industria.
e) Canali comunali sono quelli che debbono servire a diramare le acque nell' interno
del comune.
d) Canali privati sono quelli che distaccandosi da uno dei canali qui sopracitati , sono di
uso esclusivo di un dato proprietario od industriale.
Le acque si somministrano dai canali primari ai canali secondari mediante bocche modellate
ne' modi e forme che verranno approvati dal Governo di conformità alla riserva fatta nell' alto
di Concessione. Dai canali secondari le acque passeranno nei canali comunali e privali mediante
edifici partitori. Un canale secondario, e quindi anche una bocca di derivazione dal canale pri-
mario potrà servire a più Comuni, ed anche simultaneamente a più Comuni e privati. La mi-
sura delle acque si farà alla loro estrazione dal canale primario, mediante una o più bocche la
successiva divisione fra i diversi utenti si farà, come è superiormente accennato, mediante par-
titori di luce proporzionale alle rispettive competenze.
7. Coli' indicalo modo di distribuzione delle acque, si fa luogo alla formazione dei consorzi
'privati, comunali, distrettuali, regionali, 'provinciali, che tutti si riassumeranno in un con-
sorzio unico, cioè nel Consorzio generale.
Il Consorzio privato viene formato da due o più proprietari ed industriali, i quali prendano
per proprio ed esclusivo uso un determinato corpo d'acqua ed una determinata forza motrice,
sia direttamente dai cavi primari sia dai cavi secondari.
Il Consorzio comunale viene costituito dai vari utenti delle acque e forza motrice acquistate
a mezzo del Comune, e distribuite dal Comune nel Comune stesso.
Il Consorzio distrettuale viene costituito dalle rappresentanze dei vari Comuni o privati che
usano delle acque di una medesima bocca per mezzo di canali secondari comuni.
Il Consorzio regionale viene formato dalle rappresentanze dei vari consorzi distrettuali che
usano delle acque e forza motrice provenienti da uno dei succitati canali primari.
Il Consorzio provinciale concentrerà in sé le rappresentanze dei vari consorzi regionali.
Finalmente il Consorzio generale in cui saranno rappresentati i Consorzi delle varie provincie.
8. I Concessionari si obbligano alla costruzione :
a) Dei canali primari e degli edifici a loro inservienti.
b) Dei canali secondari derivati direttamente dai canali primari e portati sino a raggiungere
il perimetro del Comune che si renderà acquisitore delle acque in località che possibilmente
domini tutto il territorio del Comune, con riserva ai Concessionari di determinare l'andamento
dei canali stessi, la loro sezione e pendenza non che le forme degli edifici.
e) Degli edifici lungo i predetti canali secondari.
La costruzione dei canali secondari e dei loro edifici resterà a carico dei Comuni quando
essi fossero acquirenti dai Concessionari di una quantità d'acqua minore di due ettolitri per
minuto secondo (once 5 1/5 magistrali milanesi). Così pure la costruzione dei canali stessi sarà
a carico dei privati che volessero avere una derivazione ed un cavo di esclusiva proprietà.
9. A partire dall'edificio partitore, che serve a consegnare ai comuni o privati le rispettive
competenze, i comuni ed i privati dovranno provvedere a loro spesa ai cavi conduttori e distri-
butori da aprirsi nell'interno dei comuni ed i relativi edifici. La derivazione ed i cavi conduttori
per la distribuzione delle acque che si renderanno disponibili al di sotto dei canali demaniali
sopracitati sono a carico degli acquirenti le acque stesse.
10. Poste in corso le acque e riconosciuta la regolare costruzione dei canali secondari e loro
edifici, compresa la bocca di derivazione ed il partitore, la successiva manutenzione di detti
canali ed edifìci sarà a carico degli utenti delle acque.
E NOTIZIE VARIE 503
11. L'andamento e le forme dei canali che si dovessero costruire dai comuni e dai privati
in conformità dell' articolo 8 dovranno essere stabilite in concorso dei Concessionari stessi.
12. Tutta la forza motrice, alla quale può far luogo la condotta e l'uso delle acque contem-
plate nell'atto di Concessione, sotto qualunque forma essa avvenga, s'intende in tutto e per
tutto riservata ai Concessionari.
13. È però fatto diritto a ciascun Comune acquirente di acqua per irrigazione in quantità
superiore a due ettolitri, di avere la prelazione sulla forza motrice che potesse rendersi dispo-
nibile nel Comune stesso per attivare un opificio che il Comune intendesse far costruire per
proprio conto, contenente uno o più macine di grani, una macina per semi oleosi, un trebbia-
toio, un pressoio, ed altri meccanismi occorrenti ai bisogni agricoli della popolazione.
14. I Concessionari contemporaneamente alla costruzione dei canali si obbligano a costruire
e dare completo l'opificio accennato qui sopra contro pagamento per anni quaranta di un'an-
nualità che verrà stabilita e concretata in base all'entità dell'opificio che verrà richiesto.
15. Quando la richiesta della forza motrice e dell'opificio di cui nei due precedenti articoli,
fosse fatta contemporaneamente a quella dell'acquisto delle acque, i Concessionari si assumono
di provvedere a che nella costruzione dei Canali secondari la forza sopraccennata venga generata
possibilmente in vicinanza all'abitato.
16. I privati che intendessero di fare acquisto di forza motrice , oltre alla quantità di cui
intendono provvedersi, dovranno precisarne la località ove desiderassero di riceverla per minorare
possibilmente la spesa di cui nel seguente articolo.
17. Qualora l' applicazione della forza motrice non potesse farsi direttamente sui canali pri-
mari, o secondari, distributori delle acque di irrigazione, oltre il prezzo della forza motrice e
della chiusa da stabilirsi sul canale, si ritengono a carico dell' acquirente tutte le opere per la
derivazione e condotta delle acque all'opificio, e quelle per il ritorno delle acque stesse dal-
1 opificio al cavo primario o secondario.
j 18. La forza motrice essendo costituita dal salto delle acque e dalla loro quantità, i Conces-
sionari si riservano di determinare in quale proporzione abbiano ad entrare questi fattori per
generare la forza richiesta.
19. La dimanda della quantità di forza verrà espressa in cavalli dinamici. La misura di questa
forza verrà eseguita in concorso di due Esperti da nominarsi uno dagli acquirenti 1' altro dai
Concessionari, colla facoltà in essi nel caso di discrepanza, di nominare un terzo perito che
avrà la qualità di arbitrio arbitratore inappellabile.
20. Il prezzo capitale delle acque è stabilito come segue :
Per uso estivo L. 50,000, ogni ettolitro corrispondente a L. 17,241,40 ogni oncia, a misura
magistrale milanese.
Per uso jemale L. 2,000, ogni ettolitro, ossia L. 690 ogni oncia a misura magistrale milanese.
Per uso di forza motrice L. 1,000 ogni cavallo dinamico (1).
21. Il prezzo dell'acqua e della forza motrice acquistata dalle Provincie e dai comuni, potrà
essere soddisfatto nel seguente modo :
A) Pagando il capitale in quattro eguali rate rispettivamente scadibili, la prima all'atto della
regolare stipulazione del contratto d'acquisto, avvertendo che l'importo di essa verrà depositato
presso la Cassa Provinciale di Milano, per essere consegnato ai Concessionari subito dopo l'in-
cominciamento delle opere; la seconda rata allorché i lavori dei canali primari e secondari sieno
per metà eseguiti; la terza a canali compiti; la quarta sei mesi dopo la consegna delle acque.
(1) Un metro cubo è pari ad ettolitri lo, ossia litri mille. - L'oncia milanese magistrale corrisponde
a litri 34 i/2 — e quindi, un metro cubo corrisponde ad once milanesi 29 Vio — un ettolitro (cento
Uri) ad once 2 y10. — il cavallo dinamico supera di un terzo il cavallo-vapore , rappresentando il
primo la forza necessaria ad elevare in un minuto secondo, cento chilogrammi all'altezza di un metro, <
mentre il secondo è la forza necessaria ad elevare, nello stesso tempo, settantacinque chilogrammi alla
medesima altezza di un metro.
504 RIVISTA DI GIORNALI
Il pagamento della prima rata potrà essere sostituito anche da idoneo e beneviso avallo sino
all' epoca dell' incominciamento dei lavori.
B) Pagando per anni quaranta una annualità:
Per ogni ettolitro d'acqua estiva L. 3,500, ossia per ogni oncia magistrale milanese L. 1,505.
Per ogui ettolitro d' acqua jemale L. 150, ossia per ogni oncia magistrale milanese L. 41,72.
Per ogni cavallo dinamico L. 75.
C) Pagando parte in capitale e parte in annualità, cioè un capitale di L. 15,000 ed una
annualità di L. 2,500 per anni quaranta per ogni ettolitro d'acqua continua, estate ed inverno,
fermo per la forza motrice il valore capitale o l'annualità come sopra espressa.
Il capitale o la parte di capitale prezzo di cui nell'articolo precedente alle lettere A, C, potrà
potrà essere anche soddisfatto :
DJ Colla cessione dei terreni da occuparsi sia coi canali primari sia coi canali secondari sia i
per qualunque altro motivo dipendente dall' attivazione dei succitati canali.
E) Colla somministrazione di materiali occorrenti per le opere da eseguirsi lungo i canali,
colla prestazione di mano d'opera per sterri, condotte di materiali, ecc., ecc.
22. I prezzi della cessione dei terreni , somministrazioni e prestazioni , di cui nel precedente
articolo, verranno fissate d' accordo coi Concessionari.
23. Anche i privati acquirenti di acqua e forza motrice, potranno soddisfare i prezzi d'acquisto
ne'modi indicati nell'articolo precedente, solo che il pagamento fatto con annualità, dovrà essere
assicurato da idonea garanzia.
24. Ai privati è ancora fatta facoltà di pagare l'importo dell'acqua e forza motrice con car-
telle del credilo fondiario emesse dalla Cassa di Risparmio in Milano, che verranno accettate al
prezzo di Borsa.
Il pagamento delle annualità dovrà eseguirsi in eguali rate in addizione all'imposta regia e
sempre anticipatamente.
25. Le colature durante la stagione estiva rimangono di proprietà degli acquirenti delle acque,
le colature durante la stagione jemale sono riservate ai Concessionari.
26. L'uso delle acque durante la stagione jemale dovrà farsi in modo da non impedire l' eser-
cizio degli opifici esistenti nel Comune e di assicurare il ritorno delle colature nei cavi primari
e secondari lungo la tratta scorrente nel Comune stesso.
27. La quantità d'acqua e di forza motrice che si assegna a ciascuno dei canali primari se-
condo la divisione di cui all' articolo 6, è la seguente :
Quantità d' acqua
Forza motrice
continua
in Cavalli dinamici
1.° canale .
. . Metri cubi 35 . . .
N. 1000
2.° »
» 12 . . .
» 500
3.° »
» 12 . . .
» 500
4.° »
» 16 ...
» 1500
5.° »
» 10 . . .
» 500
In tutto Metri cubi 85 N. 4000
58. Nella quantità d'acqua assegnata al 1.° canale è compresa quella destinata a completare
V irrigazione della zona già servita ora dai navigli Grande di Bereguardo e di Pavia.
29. Le dimande sia di acquisto delle acque sia della forza motrice dovranno essere fatte avanti
lo scadere del mese di settembre p. v., fatta eccezione di quelle risguardanti la zona accennata
nel precedente articolo, le quali dovranno farsi avanti lo scadere del mese di agosto prossimo,
onde in tempo opportuno si possano esaurire le pratiche colle Regie Finanze.
E NOTIZIE VARIE 505
50. Alla costruzione dei canali l.° e 4.° indicali all' art. 6 si darà mano entro tre mesi dalla
data del compito collocamento delle acque e forza motrice ai medesimi assegnate all' articolo 27.
31. Ai canali N. 2, 5 e 5 indicati al succitato art. 6 si darà mano successivamente ed imme-
diatamente all'eseguila costruzione dei canali 1.° e 4.°, sempre che siasi verificato il colloca-
mento delle acque, forza motrice a loro assegnata nel sopraindicato articolo.
32. La costruzione del i.° canale, in conformità al prescritto dall'atto di Concessione, sarà
ultimata entro due anni a datare dall' incominciamenlo dei lavori; quella del 2.° e 3.° canale
successivamente e nel tempo non maggiore di un anno per ciascun canale.
33. La costruzione del 4.° canale sarà completata nel periodo di mesi diciotto a datare dal-
l'incominciamento dei lavori, quella del ò\° canale successivamente, ed in un periodo non su-
periore di mesi 15.
34. Contemporaneamente alla costruzione dei canali primari verranno aperti i relatr
ivi cavi
secondari, ed in tempo utile, perchè coli' immissione delle acque nei canali primari abbia luogo
anche la distribuzione delle medesime nei cavi secondari.
Dopo i premessi schiarimenti e dopo le provvide norme già tracciate nella circolare emanala
dal R. Prefetto e dalla Deputazione Provinciale di Milano, i Concessionari credono superflua
ogni ulteriore parola che tenda a sollecitare le richieste^dichiarazioni. — L' utilità ed importanza
dell' opera, la certezza della sua riuscita, tecnicamente assicurata da tanti accurati studi compa-
rativi, è la più eloquente raccomandazione che si possa fare a chiunque vi abbia interesse. —
Giova soltanto rimarcare che i termini prefissi dalla Deputazione Provinciale ponno essere
abbreviati, ciò dipendendo esclusivamente dallo zelo col quale i Comuni vorranno evadere le
mansioni affidategli. —
Da loro parte i Concessionari ponno assicurare che qualora le operazioni affidate ai Comuni
fossero completate, anche colla trasmissione degli elenchi, entro il prossimo mese di agosto, la
costruzione del canale Ticino-Parabiago-Milano, potrebbe aver principio coli' ottobre del cor-
rente anno.
Oltre gli schiarimenti offerti , i Concessionari sono pronti a dare tutte quelle ulteriori diluci-
dazioni che fossero richieste, sia direttamente dagli aspiranti all' acquisto delle acque , sia dalle
Rappresentanze Comunali , come pure dai periti che dagli uni o dalle altre ne avessero man-
dato. — Anzi a tale effetto non mancheranno di mandare, occorrendo, rappresentanti in luogo
e personalmente poi accoglieranno sempre come un favore quelle osservazioni che tendessero ad
agevolare un' opera che come è da loro, così sarà da tutti convenientemente apprezzata.
Ing. Eugenio Villoresi, Concessionario.
Ing. Luigi Meraviglia, Concessionario.
506
RIVISTA DI GIORNALI
Tabella A,
PROVINCIA DI COMO.
ELENCO DEI COMUNI nei quali possono utilizzarsi le acque di provenienza del Lago di
Lugano condotte dal Canale Ponte fresa Gallavate, Gallavate lambro.
Circondario II di Varese.
Mandamento III di Cuvio.
Comune di Brenta
» di Cuveglio
» di Ferrera
» di Gemonio
» di Rancio
Mandamento V di Luino.
Comune di Bosco
» di Germignaga
» di Garantola
» di Luvino
» di Montegrino
» di Voldomino
Mandamento VI di Angera.
Comune di Cadrezzate
» di Comabbio
» di Mercallo ■
» di Ternate
» di Varano
Mandamento VII di Gavirate
Comune di Bàrdello
» di Briandronno
» di Cocquio
» di Gavirate
Tabella B.
PROVINCIA DI MILANO.
ELENCO DEI COMUNI nei quali possono utilizzarsi le acque di provenienza dal Lago di
Lugano condotte dal Canale Trcsa Gallarate-ParaMag;©.
Circondario IV di Gallarate.
Mandamento I di Gallarate.
Comune di Amate
» di Cardano
» di Ferno
» di Gallarate
» di Sammarate
» di Vergherà
Mandamento II di Busto Arsizio.
Comune di Busto Arsizio
» di Sacconago
Mandamento HI di Saronno.
Comune di San Giorgio
Mandamento V di Somma.
Comune di Casorate
» di Castelnovate
» di Golasecca
» di Sesona
» di Somma
Circondario V di Abbiategrasso
Mandamento III dì Cuggiono.
Comune di Bienate
di Borsano
di Dairago
di Lonate Pozzolo
di Magnago
di Sant' Antonino
di Venzagbello
di Villacortese
E NOTIZIE VARIE
507
Tabella C.
PROVINCIA DI MILANO.
ELENCO DEI COMUNI nei quali possono essere utilizzate le acque di 'provenienza dal Lago
di Lugano condotte dal Canale Gallar ate-Ijaiiiiiro tra Alitiate e Soviet».
Circondario I di Milano
Mandamento Vili di Bollate.
Comune di Casate
Circondario III di Monza.
Mandamento II di Monza.
Comune di Biassono
» di Lissone
» di Macherio
» di Vedano
Mandamento HI di Desio.
Comune di Cassina Aliprandi
» di Desio
» di Seresno
Mandamento V di Carate.
Comune di Albiate
» di Sovico
Mandamento VI di Barlassina.
Comune di Barlassina
»
di Binzago
»
di Birago
»
di Bovisio
»
di Cassina Savina
»
di Cenano
»
di Cesano Maderno
»
di Cogliate
»
di Lentate
»
di Limbiate
»
di Masciago
»
di Meda
);
di Misinto
»
di Seveso
))
di Solaro
»
di Varedo
Circondario IV di Gallarate.
Mandamento 1 di Gallarate.
Comune di Cajello
»
di Cassano Magnago
»
di Cedrate
»
di Crenna
Mandamento 11 di Busto Arsizio.
Comune di Castegnate
»
di Caslellanza
»
di Fagnano Olona
»
di Gorla Maggiore
»
di Gorla Minore
»
di Legnago
»
di Marnate
»
di Nizzolina
»
di Olgiate Olona
»
di Pruspiano
»
di Solbiate Olona
Mandamento IH di Saronno.
Comune di Canegrate
»
di Caronno
»
di Cassina Ferrara
»
idem Pertusella
»
di Cerro
»
di Cislago
»
di Gerenzano con Cassina Massina
fi
di Origgio
»
di Rescalda
»
di Rescaldina
»
di S. Vittore
»
di Saronno
»
di Uboldo
Circondario di Como.
Mandamento 1 di Como.
Comune di Rovellasca
Mandamento Xlll di Appiano.
Comune di Mozzate
»
di Ravello
»
di Furate
Giorn. Ing. — Voi. XVI. — Agosto 1868.
33
508
RIVISTA DI GIORNALI
Tabella D.
PROVINCIA DI MILANO,
ELENCO DEI COMUNI nei quali possono utilizzarsi le acque di provenienza dal Lago
Maggiore condotte a mezzo del Canale Ticino-Parabiago-IIiiaiio.
Circondario I di Milano. /
Mandamenti di Milano.
Comuni di Milano-Città
Mandamenti VII e Vili di Milano
Comune dei CC. SS. di Milano
Mandamento IX di Milano.
Comune di Affori
» di Assi ano
di Bresso
di Brusuglio
di Bruzzano
di Dergano
di Greco Milanese con Segnano
di Gorla
di Niguarda con Bicocca e Prato
Centenario
» di Precotto
» di Turro
Mandamento X di Corsico.
Comune di Baggio
» di Cesano Buscone
» di Corsico
» di Cusago
» di Muggiano con Assiano
» di Ronchetto
» di Sellanuova
» di Settimo con Seguro
» di Trezzano sul Naviglio con Zorigo
e Terzago
Circondario 1 di Milano.
Mandamento XIII di Bollate.
Comune di Baranzate
»
di Arese con Valera
»
di Boldinasco
»
di Bollate con Castellazzo
»
di Cascina del Pero
»
idem Triulza
»
Cerchiate
Comune di Caregnano
» di Figino
» di Mazzo con Pantanedo
» di Musocco con Vialba
» di Novate
» di Quarto Cagnino
» di Quinto Romano
» di Roserio
» di Trenno con Lampugnano
» di Terrezzano
» di Villa Pizzone
Circondario IV di Gallarate.
Mandamento IV di Rho.
Comune di Arluno
» di Barbajana
» di Casorezzo
» di CornareJo
» di Garbatola
» di Lucernate con Castellazzo
» di Nerviano
» di Parabiago
» di Passirana
» di Pogliano
» di Pregnana
» di Rho
» di Venzago con Mantegazza
Mandamento V di Somma Lombardo.
Comune di Castel-Novate
» di Vizzola
Circondario V di Abbiategrasso.
Mandamento I dì Abbiategrasso.
Comune di Albairate con Rovello
» di Bareggio
» di Besazzo con Cassinetta di Lu-
gagnano
» di Castelletto Mendosio
» di Cisliano
» di Corbetta
» di Fagnano sul Naviglio con Cas-
sina Donato
» di Lugagnano
E NOTIZIE VARIE
509
Comune di Robecco
» di S. Vito Nuovo
» di S. Pietro Bestazzo
Mandamento II di Magenta,
Comune di Bernate
» di Boffalora
» di Cassina Pobbia
» di Magenta
» di Mercallo
» di Menedrago ora Casone
» di Mesero
» di Ossona
» di S. Stefano Ticino
» di Sedriano
» di Vittuone
Mandamento III di Cuggiono.
Comune di Arconate
» di Buscate
» di Busto Garolfo
» di Castano
» di Cuggiono
» di Furato
» di Induno con Malvaglio
» di In veruno
» di Nosate
» di Robechetto
» di Tornavento
» di Turbigo
Mandamento IV di Binasco.
Comune di Gaggiano.
PROVINCIA DI MILANO.
Tabella E.
ELENCO DEI COMUNI nei quali possono utilizzarsi le aeque di provenienza dal Lago
Maggiore condotte a mezzo del Canale Parabiago-Monza.
Circondario I di Milano.
Mandamento IX di Milano.
Comune di Cormanno
» di Crescenzago con Ciminiano
» di Precotto
Mandamento XIII di Bollate.
Comune di Cassina Nuova
» di Garbagnate
» di Pinzano
» di Senago
Circondario III di Monza.
Mandamento I di Monza.
Comune di Monza
Mandamento li di Monza.
Comune di Balsamo
» di Cassina de' Gatti
» di Cinisello
» di Muggiò
» di Sesto S. Giovanni
Mandamento III di Desio.
Comune di Cusano
» di Dugnano
» di Incirano
» di Nova
» di Paderno
Mandamento VI di Barlassina.
Comune di Cassina Amata
» di Palazzuolo
Circondario IV di Gallarate.
Mandamento III di Saronno.
Comune di Lainate
Circondario V di Abbiategrasso.
Mandamento I di Abbiategrasso.
Comune di Castellazzo
510
RIVISTA DI GIORNALI
PROVINCIA DI MILANO.
Tabella I\
ELENCO DEI COMUNI nei quali possono utilizzarsi le acque di provenienza del Lago
Maggiore condotte a mezzo del Canale Monia-Adda.
Circondario I di Milano.
Mandamento XIV di Gorgonzola.
Comune di Basiano
» di Bornago
» di Busserò
» di Burago
» di Cambiago
» di Cernusco Asinario
» di Gessate
» di Gorgonzola
» di Masate
» di Pessano
Mandamento XV di Cassano.
Comune di Concesa
» di Grezzago
» di Groppello
» di Inzago
» di Pozzo d'Adda
» di Trezzano d'Adda
» di Vaprio
Circondario III.di Monza.
Mandamento II di Monza.
Comune di Cologno con S. Giuliano.
» di Moncucco con S. Alessandro.
» di Villa S. Fiorano
» di S. Damiano
» di Vimodrone
Mandamento IV di Vimercate.
Comune di Agrate
» di Caponago
» di Cam gate
» di Caven ago
» di Cassina Duraggia
» di Concorrezzo
» di Ornate
UTILIZZAZIONE DELLE CENERI DEI FORNI DEL GAS
NELLA FABBRICAZIONE DEI MATTONI.
Il Sig. 0. Wagner, direttore di officina del gaz, utilizza le ceneri delle officine stesse per la
fabbricazione dei mattoni col seguente modo. frH«rali
Si stendono le ceneri, quali escono dai forni sopra una superficie piana dopo averle triturate
in pezzi di grossezza non maggiore di 0»0». Vi si aggiunge da 1/10 ad 1/12 di calce # spento
ed una quantità di acqua sufficiente perchè il miscuglio acquisti un grado di umidita piuttosto
forte e lo si passa in una macchina da impastare. Si lascia quindi il miscuglio in riposo per
uno o due giorni, finché sia essiccato al punto da potersi comprimere in forma mediante un
torchio. Il mattone, così compresso, vien preso su tavolette e trasportato allo essiccato^. Il tra-
sporto su tavolette è essenziale poiché, appena uscito dalla forma, il mattone conserva ancora
un certo grado di mollezza. ,
Alcuni giorni dopo, cioè quando la materia si è asciugata abbastanza perche si possano leva e
le tavolette, si procede alla lisciatura delle faccie; se l'ambiente è caldo ed asciutto e prudente
collocare i mattoni vicini l'uno all'altro, affine d'evitare gli inconvenienti derivanti da un
troppo rapido essiccamento. f . ■•
Dopo uno spazio da otto a quattordici giorni, secondo lo stato di umidita dell atmosfera ta
mattoni possono essere adoprati nelle costruzioni. Coi medesimi, a quanto afferma il Mg. wagne
E NOTIZIE VARIE ^[[
si ottengono dei muri leggieri , molto asciutti e di una solidità che va vieppiù alimentando col
tempo ; riescono essi anche bene per le faccie esteriori senza intonaco.
Col suddetto procedimento si possono fare dei buoni mattoni anche di spessezza maggiore
dell'ordinaria, ed il Sig. Wagner ne ha già fabbricato di quelli da 3 a 4 pollici (0m,08 e 0m,H).
I mattoni di tre pollici costano al Sig. Wagner, il quale li fabbrica nelle officine stesse* del
gas, lire 1,22 il centinajo, cioè:
Mano d' opera per impasto, compressione in forma e trasporto all' essiccatojo L. 0 B4
fCa,ce » M8
Interesse del costo del torchio e suo consumo » 0 20
Totale L. 1,22
Questi mattoni si vendono in Germania L. 2, 64 il centinajo.
Quelli della grossezza di 4 pollici costano L. 1,52 e si vendono L. 5,36.
(Dal Journal fur Gasbeleuchtung)
LEGISLAZIONE
L'art. 24 della legge 20 marzo 1865 sui Lavori pubblici ha prescritto che i consigli provin-
ciah dovevano entro due anni deliberare regolamenti obbligatorj da approvarsi per decreto reale
per la costruzione, manutenzione e sorveglianza delle strade provinciali, comunali e consorziali.
Quantunque il periodo di tempo stabilito in questo articolo per la compilazione dei regola-
menti sia già scaduto da molti mesi e quantunque il Ministro dei lavori pubblici abbia5 più
volte eccitate le Deputazioni provinciali a voler soddisfare a siffatto obbligo, per quanto a noi
consta non vi furono che alcune Provincie Venete che si sono occupate di questi Regolamenti
tra le quali primeggia quella di Verona.
Il Regolamento sulla sorveglianza delle strade comunali del Veronese che qui produciamo e
che venne inserito nel N. 167 del Gazzetta Ufficiale del giorno 21 giugno del corrente anno
venne modellato sul sistema francese, il quale però fu modificato in diversi punti per meglio
adattarlo alle nostre esigenze e per rendere più economica la sorveglianza tecnica.
Malgrado che i principii adottati in siffatto Regolamento non siano corrispondenti alle nostre
convinzioni ciò non ostante non possiamo a meno che di riconoscere meritevole di encomio lo
stesso Regolamento inquanlochè vengono le strade sottratte dall' arbitrio e dalla indolenza delle
Giunte dei Comuni e dalla trascuratezza delle imprese le quali non sorvegliate costantemente da
un personale tecnico responsale non adempiono ai loro doveri per cui le strade si trovano nella
massima parte dell'anno in uno stato deplorevole.
Ci dispiace che anche la Commissione nominata dal Consiglio provinciale di Milano per
proporre un regolamento sulla sorveglianza delle strade comunali voglia trattare la questione
come un quesito di finanza e di economia anziché prenderlo nelle viste dell'interesse e del bene
generale.
Ci riserviamo però di esporre a suo tempo la nostra opinione in proposito e frattanto chia-
miamo l' attenzione dei nostri lettori sul seguente Regolamento del Veronese.
Regolamento pelle manutenzioni delle strade comunali per la provincia di Verona
discusso dal Consiglio provinciale nelle tornate 12 e 16 settembre 1867 ed avvi-
vato nelle straordinarie adunanze 13 gennaio e 11 aprile 1868.
(V. R. D. 17 maggio 1868 pubblicato nella Gazz. ufficiale del 16 giugno. n.° 165).
Art. 1. I comuni provvedono alla manutenzione delle proprie strade, affidandone la direzione
a persone dell'arte, ossia ingegneri civili, e mediante l'opera di stradini stabili.
Art. 2. La provvista delle materie per l'inghiaiamene e dei lavori straordinari! , sarà fatta
per torniture d' appalto con le regole e norme ordinarie di amministrazione.
512 LEGISLAZIONE
Art. 5. I comuni che hanno meno di 50 chilometri di sviluppo stradale possono essere riuniti
in consorzio onde nominare un solo direttore per la manutenzione delle loro strade. Gli stradini
stabili e le forniture di materie e di lavoro straordinario formano oggetto separato di ammini-
strazione indipendente per ogni singolo comune, e in ragione del suo bisogno.
Art. 4. La costituzione dei detti consorzii sarà decretata dal Consiglio provinciale sulle pro-
poste della deputazione. [ m
Art. U. Il prospetto dei consorzii o condotte di manutenzione sarà notificato ai comuni inte-
ressati, i quali avranno un mese di tempo per sottoporre alla deputazione provinciale le pro-
prie osservazioni.
Art. 6. La deputazione provinciale, raccolte le osservazioni dei comuni, prima che sia scorso
il novembre, sottoporrà di nuovo la tabella dei consorzii al Consiglio provinciale, per le sue
deliberazioni definitive.
Art. 7. Ogni proposta di mutamento successivo nella costituzione dei consorzii, sarà egual-
mente da sottoporsi all'approvazione del Consiglio provinciale, sentiti prima i rispettivi Con-
sigli comunali. .
Art 8 I direttori devono essere muniti di patente, che li abiliti all'esercizio della professione
di ingegnere civile. Essi sono nominati dal Consiglio comunale, o dai Consigli comunali se si
tratta di più comuni riuniti in consorzio, ritenuto che un ingegnere non possa avere che la di-
rezione di un solo consorzio stradale.
Art. 9. La nomina si farà previo concorso.
Art. *0. In caso di più comuni si riterrà eletto quello che otterrà la maggioranza dei Con-
sigli, avendo ciascun d'essi un voto. t
Art. 11. Nel caso di voti pari sarà per una volta rinnovata la votazione dei Consigli comu-
nali Se per difetto di maggioranza, od altra cagione i comuni interessati non nominano il
proprio direttore, la nomina è devoluta alla deputazione provinciale che dovrà scegliere tra i
nomi proposti nelle votazioni dei Consigli comunali.
Art. 12. I direttori, dopo nominati, durano in ufficio quattro anni.
Art. 13. La spesa dell'ingegnere direttore sarà ripartita tra i comuni formanti un consorzio,
in ragione della lunghezza delle strade in manutenzione, e della spesa ordinaria annuale per le
stesse, e ciò per giusta metà.
Art. 14. Sarà formata per ogni comune una pianta di stradini stabili in ragione del ricono-
sciuto ordinario bisogno.
Art. 15. Gli stradini stabili dipendono da un capo stradino, pure obbligato al lavoro; gli uni
e 1' altro sono nominati dalla giunta sopra la proposta dell' ingegnere direttore. Gli stradini e
capi stradini possono essere sospesi dall'ingegnere direttore, il quale dovrà darne subito notizia
alla Giunta municipale cui spetta il licenziamento definitivo.
Art. 16. L'ingegnere direttore dirige e sorveglia la manutenzione delle strade ed è responsabile
per l'osservanza delle norme del regolamento.
Art. 17. A questo fine:
a) Visita mensilmente tutte le strade del suo circondario e oltre a ciò ogni volta che vi sia
qualche straordinaria occorrenza; dandone sempre avviso riservato alla Giunta municipale al-
meno tre giorni prima della visita, i cui risultati dovrà ad ogni modo riferire alla medesima;
b) Forma i progetti per 1' appalto delle forniture di materiale e di lavoro straordinario per
ogni comune; .
e) Forma annualmente il preventivo di manutenzione pure per ogni comune da sottoporre ai
rispettivo Consiglio; .
d) Concorre a misurare e riconoscere le ghiaie somministrate dall'impresa, col preavviso di
cui alla lettera a).
e) Controlla le polizze dei lavoratori assunti nei casi di lavoro straordinario;
f) Ha debito di curare affinchè i capi stradini, stradini, appaltatore e lavoratori adempiano
ciascuno ai proprii obblighi.
Art, 18. 1 comuni coli' assenso dell' autorità principale potranno sui capitolati di assunzione
LEGISLAZIONE 513
degli ingegneri direttori fissare l'obbligo della visita ad ogni due mesi, facendo in tal caso luogo
a riduzione proporzionata nella tabella degli stipendi.
Art. 19. I capi stradini, di cui all'articolo 14, sono obbligati conformarsi agli ordini impartiti
dall' ingegnere direttore e dare immediata notizia a quest' ultimo e all'autorità comunale d' ogni
disordine che si verificasse nel servizio delle manutenzioni stradali.
Art. 20. Sui capitolati predisposti dagli ingegneri, i comuni provvedono alle forniture dei
materiali e del lavoro straordinario, mediante appalto.
I comuni potranno provvedere in via economica, sia il materiale, sia il trasporto di esso, o
la prestazione del lavoro quando ne riportino il permesso dalla R. prefettura, a termine del-
l'articolo 128 della legge comunale e provinciale.
Art. 21. Insorgendo questione sulla qualità della ghiaia provveduta dal comune in via econo-
mica, la decisione sarà devoluta all'ufficio tenico della provincia.
Art. 22. L'ufficio tecnico provinciale ha la sopraveglianza sull'andamento della manutenzione
di tutte le strade comunali della provincia.
Art. 25. I capitolati d'appalto per forniture dovranno essere conformi alle istruzioni da esso
emanate.
Art. 24. Una copia dei preventivi approvati dai Consigli comunali è sempre trasmesso all'uf-
ficio tecnico della provincia.
Art. 25. Le Giunte municipali hanno la vigilanza immediata sulla manutenzione delle proprie
strade e su tutto il personale che vi è addetto.
Art. 26. In caso di abuso o negligenza degli stradini o loro capi, provocano i provvedimenti
dell'ingegnere direttore; in caso di negligenza di quest'ultimo, riferiscono all'ufficio provinciale,
e quando vi sia urgenza, provvedono direttamente secondo le proprie competenze di legge. Il
licenziamento definitivo, innanzi tempo dell'ingegnere direttore, deve però essere assentito dal-
l'autorità provinciale.
Art, 27. La Deputazione provinciale eserciterà la sopravveglianza alla manutenzione delle
strade comunali a mezzo dell'ufficio tecnico provinciale, ordinando quelle visite, che saranno
del caso, e rendendone conto annualmente al Consiglio. Le spese per dette visite, e per ogni
altra incombemza dell'ufficio tecnico provinciale sono a carico della provincia.
Art. 28. Là manutenzione sarà fatta in conformità delle migliori regole d'arte secondo il si-
stema tecnico specialmente in vigore nelle provincie venete, e le ordinazioni generali dell' ufficio
tecnico della provincia.
Art. 29. Gli ingegneri direttori attuali scadono d'ufficio con la nomina dei nuovi in loro
surroga. Non più tardi di quindici giorni dopo la nomina si farà la consegna delle strade ai
nuovi ingegneri.
Art. 50. L' atto di consegna si farà in concorso delle rispettive Giunte municipali : esso com-
prenderà la descrizione delle strade in manutenzione, lo stato loro e dei manufatti, la quantità
e qualità di ghiaia o di breccia nei depositi. Nella consegna sono compresi gli oggetti ed at-
trezzi di proprietà dei comuni, da essere conservati, compatibilmente coli' uso, dalle persone
cui sono affidati.
^ Art. 51. L'atto di consegna si farà in duplo, di cui un esemplare dovrà essere trasmesso al-
l'ufficio tecnico provinciale. Un tale atto di consegna sarà pur compiuto ogni volta che per
qualsiasi causa ad uno succeda un altro direttore. Gli atti di consegna costituiscono un obbligo
degli ingegneri inerente all' ufficio loro, che non dà diritto a competenze speciali.
Art. 52. Per tutti i lavori straordinari sulle strade , e relativi manufatti , che eccedono il ca-
rattere della manutenzione, saranno osservate le norme generali della legge dei lavori pubblici e
della legge provinciale e comunale.
Art. 55. Con ulteriori disposizioni, ferme le massime del presente regolamento generale, sa-
ranno svolte più particolarmente le pratiche tecniche di manutenzione, le norme di servizio pei
direttori, capi stradini e stradini, le condiaioni essenziali per i capitolati delle forniture e le
istruzioni per la contabilità uniforme delle manutenzioni.
Art. 54. Questo regolamento sarà tenuto obbligatorio per un quadrennio in via di prova, salvo
di confermarlo o modificarlo in base alla esperienza della sua utilità, per cui la Deputazione
provinciale dovrà presentare al Consiglio le sue proposte, tostochè sia compiuto il terzo anno di
esperimento.
514
LEGISLAZIONE
QUADRO di divisione dei Comuni in 37 Consorzi per la manutenzione delle strade Cornuti
nella Provincia di Verona.
DISTRETTO
II
I.
Verona
1
2
5
4
5
6
7
8
9
IL
IO
Villafranca
11
III.
/so/a rfe//a Scala
12
15
15
16
17
IV.
Sanguinetto
18
19
V.
Legnago
20
21
22
23
24
VI.
Cologna
25
26
27
VII.
5. Bonifacio
28
29
30
COMUNI
COSTITUENTI IL CONSORZIO
CHILOMETRI
del
consorzio
distretto
Verona
S. Massimo, Bussolengo, Pastrengo . .
Sona
Avesa, Quinzano, Parona
Grezzana, Bosco, Cerro, Erbezzo, Quin-
to, Stelle
S. Michele, Montorio, Mizzole, Rovere
di Velo.
S. Martino, Lavagno, Marcellise . . .
Zevio
S. Gio. Lupatoto, Cadidavid, Castel di
Azzano, Butlapietra
Villafranca, Mozzecane, Nogarole, Po-
vegliano
Valeggio, Sommacampagna
Isola della Scala
Vigasio, Trevenzuolo
Erbe, Sorga, Nogara
Bovolone, Salizzole
Isola Porcarizza
Oppeano, Palù
Sanguinetto, Casaleone, Correzzo, Gazzo
Cerea, Concamarise, S. Pietro di Mo-
rubio
Legnago
Roverchiara, Angiari
Villabartolomea, Castagnaro . . . .
Terrazzo, Boschi S. Anna, Bevilacqua
Bonavigo, Minerbe
Cologna, Zimella
Pressana, Boveredo
Albaredo, Cucca
San Bonifacio, Arcole, Belfiore, Caldiero
Cazzano, Colognola, Soave
Monteforte, Ronca, Montecchia — stra-
da sociale
da riportarsi
47 39
73 60
40 61
30 86
114 50
78 06
63 75
84 73
51 64
123 85
83 29
65 72
65 36
70 61
60 20
68 25
53 21
62 45
63 50
50 19
50 16
24 89
42 69
57 96
76 78
28 68
58 24
74 74
51 20
44 85
584 84
— 207 14
383 35
126 01
225 89
163 70
SOLDO
all' ingegner^
direttore per
consorzio
700
250
500
800
800
700
600
600
1000
800
700
700
850
700
800
650
800
800
700
700
450
700
750
900
500
750
1000
700
700
LEGISLAZIONE
515
DISTRETTO
o
> —
•a £
s i
COMUNI
COSTITUENTI IL CONSORZIO
CHILOMETRI
del
SOLDO
all' ingegnere
direttore per
consorzio distretto
consorzio
distretto
Vili.
Tregnago
IX.
Jietro Incariano
31
52
33
34
55
36
37
riporto
Illasi, Mezzane
Tregnago, Badia Calavena, Selva di Pro-
gno, Vestenanuova, Velo, Saline
S. Pietro Incariano, Dolce, Negarine,
Pescantina, S. Ambrogio
Negrar, Fumane, Marano, Prun, Breonio
Caprino, Affi, Belluno, Brentino, Ca-
stion , Cavajon , Costermano , Fer-
rara di M. B., Montagna, Rivoli
Bardolino, Castelletto, Garda, Malce-
sine, Torri
Peschiera, Castelnuovo, Lazise . . .
In complesso ....
31 93
29 69
2,861 72
61 62
122 23
m 59
126 92
2,305 88
500
500
20600
1000
1500
1000
1000
25100
69 99
m 24-
800
700
X.
m 39
1000
Caprino
XI.
Bardolino
61 79
65 13
500
500
IVECWtO^OG-ME
Con dolore dobbiamo annunciare la morte di un nostro collaboratore, di uno di quegli
uomini integerrimi e saggi che dedicano interamente la loro vita allo studio ed alle soavi gioje
della famiglia.
Giovanni Aschieri , buon cittadino, cultore indefesso delle scienze, appena compiuti gli studi
filosofici, venne dal padre associato alla gestione amministrativa dei casali Pallavicini di Cremona
e di Milano, e alla morte di quello subentrò in tutti i suoi incarichi. Provveduto di sufficiente
patrimonio, condusse comoda vita finché le vicende del 1848 e il conseguente deperimento nel
valore degli stabili , venne a scrollare alquanto la sua fiorente condizione. Ma anche nelle
avversità egli non dimenticava lo studio delle scienze naturali a cui con tanto amore erasi dedi-
cato e specialmente gli studi agrari e scientifici. Egli solevasi distrarre dalle sue aride occupazioni
collo studio della sua scienza prediletta, la botanica. Scrisse un Sunto di tutte le scienze, e un
Dizionario di geografia comparata. Era collaboratore, oltre al nostro, del giornale / Giardini
e della Lombardia.
Amante del proprio paese diede sempre prove del suo amor patrio e fu sempre tra i primi
a far sacrifici per la causa nazionale.
La di lui perdita è compianta da quanti ne apprezzarono i meriti e le virtù e dalla scienza
che perde in esso un valido appoggio.
516 NECROLOGIE
FARADAY E LE SUE SCOPERTE (1)
(Dall' English Mechanic).
Faraday, il cui nome è noto a chiunque siasi, anche per poco, occupato di scienze fisiche,
è uno di quegli uomini, pur troppo rari, i quali colla loro scienza, colle loro opere e colla più
perfetta moralità e il più puro disinteresse seppero rendersi benemeriti , non solo del proprio
paese, ma dell' amanita.
Faraday nacque nel 1791 figlio del popolo e scrisse egli stesso ch'egli amava le officine e
tutto quanto vi si riferisce : suo padre era lavorante in un' officina : il suo avo viveva in un
villaggio chiamato Claphans Wood Hall nell' Yorkshire. Pare che la sua famiglia venisse in
origine dall' Irlanda , e in vero sembra che in lui si unissero con mirabile accordo V immagi-
zione e la vivacità Celtica coli' insistenza al lavoro, l'amor dell'ordine, la tenacità di proposito,
proprie dell'indole Teutonica.
A 13 anni Faraday era apprendizzo presso un legatore di libri a Londra, e vi rimase fino ai
21 anni, dopo di che passò in qualità di giornaliero presso un altro ch'egli chiamava disag-
gradevole maestro. Ora fu precisamente nei libri ch'egli legava che, nelle ore dopo il lavoro,
egli vi trovò i principi della sua scienza : sopratulti poi quello che più vi influì fu il libro
delle Conversazioni di Chimica del Sig. Marcet, al cui autore, Faraday si conservò grato per
tutta la vita. Egli incominciò, cogli scarsi mezzi di cui poteva disporre, a fare le esperienze
indicate in quel libro, ed in seguito si esercitò a combinare alla meglio una macchina elettrica.
D' allora egli fu preso da vero entusiasmo per le scienze fìsiche e specialmente per l' elettri-
cità e, decise di fare ogni sforzo per mettersi in posizione da poter continuare alacremente i
suoi' studj favoriti. Dopo qualche tentativo ebbe la fortuna di essere introdotto da uno dei membri
del Reale Istituto ad assistere ad alcune delle ultime letture che vi faceva il Sig. Davy Faraday
prese nota di quelle letture, le trascrisse con esattezza e le mandò a Davy pregandolo di volergli
dar modo di proseguire quegli studj eh' egli prediligeva. Davy gli rispose assai cortese e lo am-
mise nel suo laboratorio.
Faraday accompagnò Davy nel suo soggiorno a Roma e ritornò poi nel Reale Istituto di
Londra il 15 Maggio 1815. Il suo primo lavoro scientifico apparve nel 1816 nel giornale Quarterly
of Science allora pubblicato da queir Accademia. Il suo primo successo notevole fu in alcune
esperienze sulle Fiamme nelle quali provò che le spiegazioni date da De La-Rive professore a
Ginevra erano insufficienti. Dal 1818 al 1820 fu assistente alle letture del Sig. Brande, nel quale
incarico, certo non di grande difficoltà, trovò modo pure di distinguersi. In seguito fu nominato
direttore del Laboratorio ; e fu qui eh' egli sostenne le sue più grandi fatiche. Il 12 Giugno 1821
all' età di 30 anni Faraday prese moglie ed ottenne di poter tenere con sé la sua giovine spos*
nelle camere del Reale Istituto.
Questi sono i tratti principali della sua vita privata. Della sua vita scientifica ricorderemo
anzitutto le sue scoperte chimiche. Egli dimostrò che i così detti nuovi metalli , il Sirio e il
Vestio, erano corpi composti ; nel 1820 egli si accinse in unione al Sig. Stodart a lunghe inve-
stigazioni sulla miglior qualità di acciajo. Nel 1825 come membro di un comitato istituito dalla
Reale Associazione allo scopo di esaminare la manifattura del vetro per usi ottici, egli inco-
minciò una lunga serie di esperienze a questo proposito in unione al Sig. Herschel e al Sig. Dollond,
esperienze che durarono fino al 1829. Si dice che il giuochetto ottico chiamato dei Cronotropi
sia dovuto a lui ; ed a questo si può aggiungere queir altro detto dei Tootropi. Faraday dimo-
strò che i gas come la clorina , il cianogene , V acido carbonico, i gas ammoniacali, l'acido
solforico ecc. potevano essere liquefatti col mezzo di bassissime temperature e di forti pressioni:
e da quelle esperienze derivarono poi importanti applicazioni pratiche nella produzione dei freddi
(1) Michele Faraday morì nel Settembre dello scorso anno 1867.
NECROLOGIE gj7
intensi nella preservazione delle sostanze animali, nella composizione delle acque gazose eec _
La mattina del d. d, Natale de. 4821 egli ebbe l'ineffabile soddisfazione di chfamare la sna
moglie a testimonio dei movimenti dell'ago calamitato in virtù delle correnti elettriche Lo
stesso anno s. occupò della vaporizzazione del mercurio a basse temperature; ed in seguito fece
col Sig. Stodart vane esperienze sulle leghe d' acciajo.
JlTltZ' r"6"'0 Semp,'e a-far n"0VÌ StUdj' tr°VÒ un sistema Per esPelIere i Prodotti nocivi
del a combustione provenient, dalle fiamme a gas e per produrre colle correnti così generate
un opportuna venturone. Egli fu pure consultato dai vari governi riguardo alla venulazione
st'e d"iiauomini de"e m,"Ìere ^ Carb°n f0SSUe' 6 ad aUre *f»? — ■» S
Ma le quattro maggiori scoperte di Faraday sono:
1.° L' induzione Elettro-Magnetica.
2.° La gran legge sulle Decomposizioni Elettro-Chimiche.
5.° La magnetizzazione della luce.
ft.° Il Diamagnetismo.
(Continua)
SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI
Sedute di Giugno e Luglio 1868.
Per l'assenza del Prof. Cornalia nella seduta del 28 Giugno, occupa il seggio
Pres.denz.ale .1 Vice-presidente Antonio Villa, il quale presenta per primo un
che verrà pubblicato negli atti. '
JJrZlleU° ,7 naVOr° dd S,°CÌ0 De,pÌn° di Firenze' Ulteriori osservazioni e con-
siderazioni sulla Dicogamia nel regno vegetale, ed altro del Socio Beccari di Pisa
Intorno tre nuove piante di Borneo. '
Sul ̣l VerTata- coll'^^ncio di un'opera dell'abate Disconsi di Vicenza,
Sulla Fauna Vicentina, ,n segu.to a quella già pubblicata dell'Entomologia Vi-
'•/"nulla.
Nell'altra seduta del 24 Luglio il Presidente Profess. Cornalia parla di una
straordinaria comparsa della Caruga della Vite m Lombardia (anomala vitis), no-
a niCrniCat , ST- Ing-Maimeri' che ^ ha constatato personalmente i
minor, F rT """"S ÌQ 3lCUnÌ tratti di Paese a Solbia(e Olona, Gorla
m.nore, Fagnano Olona, ecc. Egli ha spedito pure varj esemplari dell' usetto
stao Si'n ,r, aSCÌ°rdÌ M1 C°Ile f0gUe dÌSlrUtte «""' in totalità da' me °-
smo. Si parlò del miglior modo per liberarsi da questa specie, quello cioè di
raccoglierie dandone la caccia, ed il Vice-presidente Antonio Villa rammentò i
T^i, Pra'iC0Asu^er,t0 da un n^tro socio effettivo, ora defunto, il Sig. Venanzio
Tamburini d, Ossola, quello cioè d'impiegare i polli d'India p r la loro caccia
?rrÌb,ICata-Ìn,;AbbÌategraSS° nel 1863' N^ e sicuro Lodo pl^gl
geregh insetti nocivi alla vegetazione e specialmente la Carruga tanto infesta alle viti.
vaziZ ? w S6gT df" Mem0ria del Socio De,Pino> m^ori osserva-
vaziom e considerazioni sulla Dicogamia nel regno vegetale.
glg SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI
Stoppani Prof. Antonio propone che la Presidenza mandi un invito speciale
pel nostro Congresso in Vicenza, all'adunanza del Congresso Svizzero che si terra
a Einsiedlen nei giorni 24, 28 e 26 di Agosto.
Per ultimo si comunica l' invito avuto da una Società di Chicago (Stati Uniti
d'America) per assistere ad un Congresso di Scienze Naturali.
Vi furono nomine di Socj sì in questa che nell'altra seduta antecedente, e non
dovendo aver luogo altra seduta nell'Agosto, i Socj si lasciano col desiderio di
rivedersi in buon numero all' adunanza straordinaria che si terrà nel prossimo
Settembre in Vicenza.
ANNUNZII.
L'Agenzia Belga Jos Dupont e C. ci eomuniea che lo Stabilimento della Providence H
confidi la sua rappresentanza per le varie forme di ferri a I, all'Agenz,a stessa, avente Sede
in Milano Via Crocefisso N. 7. ..... , ... ,• „M,.rpii,,
Presso la medesima si possono esaminare senza nessun impegno i diversi modelli di poutrelles
e avere su di esse ogni opportuna indicazione.
LA FIIiOTECNIC A
AVVISO
circa i prezzi di strumenti non stati finora pubblicati in questo periodico.
In risposta a varie domande state indirizzate alla Filotecnica circa il prezzo di : ^^f
astronomia ed altri di varie grandezze, la direzione si reca a premura di far conoscere alla sua
STea che pe Ulti i casi non previsti nelle tariffe già pubblicate nel presente per.od.cos
Satme Pienamente in vigono ancbe per la Filotecnica ta tariffa ™™g££%£
di Parigi, quivi pubblicata il primo Luglio 1857, della quale un esemplare e deposito pre.se
la redazione del presente periodico.
B SALDINI, Proprietario, Gerente responsabile.
Milano, Tip. degli Ingegneri. »• s-Atumi, k p
i
MEMORIE ORIGINALI
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO,
I FIUMI CHE VI CONFLUISCONO,
E PRINCIPALMENTE GLI ULTIMI TRONCHI DEL PO,
SUSSEGUITI
DA CONSIDERAZIONI INTORNO AI PROGETTI PER LA REGOLAZIONE DELLE ACQUE
ALLA DESTRA DI QUESTI
MEMORIA
dell' Ingegnere Elia Lombardini
letta nelle adunanze del R. Istituto Lombardo. delle Scienze.
(Vedi pag. 395)
XXXIV. Proposte anteriori fatte dal Origlienti su questo
particolare.
290. Pel caso che si rinunziasse all' immissione del Reno in Po e si volesse
tener ferma l'attuale inalveazione, al fine di procurare un sufficiente abbassa-
mento di pelo d' acqua dopo che vi venisse aggiunto l' Idice e gli altri minori
torrenti in colmata, il Brighenti avrebbe proposto il partito accennato al § 151.
Esso consiste neli' abbassare lateralmente alle valli di Comacchio di non meno
di 5m 1' argine sinistro del Reno da S. Alberto alla chiavica Leonarda paralle-
lamente ai pelo d'acqua della piena 3 giugno 1844 segnata nel profilo, onde
divertire pressoché la metà della piena stessa in una porzione della Valle Vacca,
da cingersi d' argine per una superfìcie di circa 42 chilom. q. In tal modo
egli considera ritirata la foce in mare per 9 o 10 miglia (17 a 19 chilom.)
Avvenenza, = Fra i provvedimenti proposti all'art. XXXIII per l'attuale inalveazione di
Keno-Primaro, vi è al § 288, pag, 426, quello di una nuova sfociatura in mare, partendo
dalla chiavica Umana. La linea ivi indicata attraverserebbe l'estrema appendice della valle Sa-
varna. Ma siccome la nuova foce, attesa la sua prossimità al porlo Corsini di Ravenna, potrebbe
arrecargli pregiudizio cogli interrimenti, si riconosce preferibile il partito di dirigere quella
linea fra l'attuale e l'alveo derelitto del Lamone, con che si otterrebbe tuttavia un accorcia-
mento di due chilometri , ed a quanto pare, qualche economia nella spesa.
Giorn. Ing> — Voi. XVI. — Settembre 1868, 34
520 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
Troverebbe inoltre opportuno di aggiungere altra diversione a destra alle
Mandriole suggerita dai Vecchi.
291. L'argine di Fossa di Porto, ove dovrebbe incominciare l'abbassamento
di quello del Reno, trovasi a soli 15 chilometri dalla foce. Quest'ultimo ri-
sulterebbe cosi in principio alto tuttavia 3m,70 sul livello ordinario del mare
segnato in profilo, ove la piena avrebbe la supposta portata di 1000 m. e, che
collo scaricarsi si andrebbe riducendo ad una metà alla foce. Per questa metà
residua non avverrebbe adunque arretramento di foce, e per l'altra metà da sca-
ricarsi lateralmente, dovendo ciò avvenire in maggior copia in principio fino
al totale attenuamento della piena, ne consegue che il pelo d' acqua potrebbe
ivi alzarsi di un metro sul piano dell'argine abbassato onde versarsi nella
valle. Dunque anche per l'altra metà della piena da divertirsi non si potrebbe
considerare la foce ivi arretrata, dovendo ciò aver luogo ad un'altezza di
circa 4m,70 sul livello ordinario del mare. Ne risulta quindi che insignificante
verrebbe a riuscire la depressione della piena alla Bastia, ove si immetterebbe
ridice alla distanza di 22 chilometri, siccome lo si può ricavare dagli effetti
della rotta del Panaro alle Caselle nella piena del 1842 (1).
XHLXV. Effetti che si avrebbero nell'attuale inalveatone
qualora ne venisse tolto il Reno per immetterlo in Po.
292. Una delle difficoltà promosse contro l'immissione del Reno nel Po, par-
ticolarmente dagli interessati della Romagna, si è quella che, mentre il fondo
dell'attuale inalveazione può considerarsi stabilito, rimosso da essa il Reno, e
sostituitovi ridice cogli altri torrenti minori in colmata, si alzerebbe il fondo
stesso in guisa da impedire sempre più gli scoli delle campagne e da accre-
scere i pericoli delle rotte tanto pel recipiente quanto per gli influenti.
(1) Per cingere quella porzione di valle occorre-
rebbe un argine della lunghezza di 29 chilometri,
doppia di quella del distrutto argine del Mantello,
del quale si è parlato al § 113. La sua costruzione
e manutenzione, a pari lunghezza, sarebbe di mi-
nore impegno, attesa la profondità più piccola della
valle Vacca, e quindi la minore azione degli on-
deggiamenti; ma tuttavia riuscirebbe considerevole
il dispendio in relazione al limitato effetto che se
ne potrebbe attendere. Nella piena del Panaro del
1842, siccome appare dalla Nota C della Memoria
sulla pianura subapennina, le acque a Navicello si
alzarono a 2m,42 sopra guardia, mentre al Finale
posto 35 chilom. a valle giunsero a 2m,17. Avve-
nuta la rotta delle Caselle in destra a 22 chilom.
sotto Navicello, la piena massima si è quivi abbas-
sata di 4 centim. e di altrettanto dopo 12 ore;
mentre al Finale le acque si erano contemporanea-
mente abbassate di 3m,30, cosicché più della metà
della piena era allora divertita dalla rotta. Nelle
12 ore successive la piena a Navicello non si è
abbassata che di altri 7 centim. quindi di 0m,15
sotto la massima. Mancano le contemporanee osser-
vazioni al Finale. Da ciò ricavasi che malgrado
all' essere raccolto il Panaro in un canale ristretto
senza golene, in una piena di 10m snlla magra, a
22 chilom. di distanza fu pressoché nulla la chia-
mata di quella rotta. Tale provvedimento, giusta
il Brighenti, sarebbe stato urgente nel 1855, no-
tando che entro otto o dieci anni era indispensabile
il togliere l' Idice e gli altri prossimi torrenti alla
colmata. Ora, nella scrittura finora inedita di un
tecnico, il quale fu per qualche tempo ingegnere
di riparto nella stessa località, dichiarasi che senza
difficoltà que' torrenti possono tenersi ancora in
colmata per molto tempo anche nel caso eh* una
porzione delle valli venga conservata siccome ba-
cino d' espansione degli scoli.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 521
295 II Brighenti osserva nella prima Memoria che il Reno attualmente giunge
ali ultimo tronco al decrescere della piena dei torrenti inferiori, dopo che la
sua sì e estesa in tanta lunghezza e capacità d'alveo, mentre la piena dell' Idice
v. discenderebbe contemporanea con una portala che sarebbe equivalente a
quella che avrebbe il Reno nel colmo della piena di essi torrenti; ed aggiunge-
« tome il corpo d'acqua può stimarsi eguale, ed anche maggiore, per l'effetto
« di mantenere la potenza delle piene, così credo che debba tenersi minore
« il grado di torbidezza, perchè il bacino dell' Idice è amplissimo nella pianura
« ed angusto nei colli, mentre quello di Reno colla Samoggia è per lo contrario
« piccolissimo nella pianura, e vasto fra monti; inoltre la seconda metà della
« piena del Reno viene ordinariamente dopo lo sfogo dei torrenti inferiori e si
« stanca per la lunga via, deponendo più facilmente le torbide »
294. L'ispettore Scotini avrebbe ammesse queste idee; ma non fidando in-
foramene nella supposta equivalenza dell'Idice e del Reno, calcolò il probabile
alzamento del fondo presso la Rastia di r,31. Osserva però non esservi mo-
tivo di allarmarsene, perchè dopo la nuova confluenza dell'Idice e Quaderna
di nZen^°n° 'iT ", acTPaSnat0 da arSini àrsimi che si eleverebbero
di oltre 8 ,50 sul fondo rialzato.
295. Il professore Turazza non si appagherebbe delle ragioni addotte dal
Brighenti onde consacrare la sostituzione dell'Idice al Reno sufficiente per
non alterare il reggime dell' ultimo tronco d' inalveazione , notando che per
quanto si approssimi colà la portata massima dell'uno e dell'altro fiume nel
Reno prevale la durata al punto da servire quale regolatore. Egli ammetter'ebbe
meTTm ir ™ TX""* Ml° SC°"nÌ °nde determi°a™ approssimativa-
mente la mo ideazione delle pendenze, ma non i suoi dati numerici, e dubita
eh dopo 1 ultima confluenza abbia a conservarsi, giusta l'opinione di questo,
1 attui pendenza d, fondo. Rifatto quindi il calcolo in relazione ai mo-
duh del bacino montuoso, oppure ai moduli totali, e supposta pure inalterata
la pendenza dopo tutte le confluenze, gli risulterebbe che per lo meno alla
Bastia, ove confluirebbe ridice, l'alzamento di fondo non dovrebbe essere mi-
nore di 2 ,097. Egli con tutto ciò teme che il Brighenti e lo Scotini s'illudano
sulla quasi innocuità di siffatta sostituzione, potendo la contemporaneità della
confluenza della piena dell'Idice dar luogo ad un maggiore alzamento di quella
odierna del recipiente, e che la sezione di questo abbia a scemare di capacità
per le maggior, deposizioni. Su tale particolare egli reputa necessario di fare
21T lì ■ ' l t3r? resPerienza, inclinando per altro a credere che
questa abbia a dimostrare la necessità di una nuova inalveazione.
e 21 g ," a S0Stegn° dd Pr°pri0 assunt0 adduce circostanze di fatto
T eraz'0n]I «he non potrei ammettere. Egli nota che deve tenersi minore il
d Ì° Zn-de" 'Ce PerChè H SU° baCÌ"° è amP,issimo »e»a P-nura
ed angusto ne, colli; e d.fatt. indica la sua superficie al piano di 4404 chil. q
e quella al monte di 475 cbil. q. '
297. Misurata per altro sulla carta la pianura intersecata dall' Idice e dagli
altri prossimi torrenti in colmata, fra il canale Naviglio e quello di Medicina,
mi STUDJ IDROLOGICI E STORICI
essa sarebbe di chilom. q. 685, de' quali circa 140 chil. q. soltanto scolereb-
bero direttamente nell'Idice e negli altri torrenti arginati, ed i residui 545 chil. q.
della più bassa pianura costituirebbero un circondario di scoli che non hanno a
cbe fare colla piena del Reno né con quella dell' Idice che vi si aggiungesse,
affluendovi essi coll'aprimento delie chiaviche dopo cessate queste. Non si sa poi
comprendere come la piena del Reno debba portare maggior copia di torbide,
perchè si stanca nella lunga via. Se la piena si è stancata a monte della Bastia
pel lungo corso, avrà ivi in gran parte deposte le torbide, e le sue acque do-
vranno essere maggiormente atte ad escavare il fondo, perchè comparativamente
chiarificate e convogliami materie più sottili. Queste considerazioni convalidereb-
bero sempre più i timori manifestati dal professore Turazza, che la rimozione del
Reno dall'attuale inalveazione possa essere causa, non solo di notevole alzamento
di fondo che impedisca sempre più lo scolo dei territorj circostanti, ma eziandio
di alzamento di piene, cosicché non abbiano ad essere sufficienti a contenerle
le arginature che l'accompagnano. Quei timori poi si accrescerebbero quando
l'egregio professore avesse a scorgere l'insussistenza dell'ampio bacino del-
l'Idice nella pianura dianzi dimostrata, e delle conseguenze che se ne volevano
dedurre, e che in parte avrebbe ammesse.
XXXVI. Progetto dell' iiig. Angelo Manfredi di creare un
nuovo fiume apenninico, deviando Secchia e Panaro dal
Po per allacciarli al Reno ed agli altri torrenti inferiori
e condurli direttamente al mare*
293. Al §155 abbiamo accennato come il professore Turazza abbia presa in
esame la proposta dell'ingegnere Manfredi di allacciare i torrenti dell' Apennino
dalla Secchia al Lamone per inalvearli e scaricarli in mare, formandone un nuovo
fiume, e l'abbia in massima considerata utilissima ma di non probabile esecu-
zione, attese le gravi difficoltà tecniche da superarsi e l'enorme spesa richiesta.
L'ingegnere Manfredi, in un articolo del 1866 pubblicato in Modena sul voto
del prefato professore, osserva che non stanno le sue eccezioni sul progetto
del nuovo fiume in quanto che non ne conosce i particolari, fra' quali il par-
ziale progetto di un grandioso canale d'irrigazione derivabile dal Po presso
Piacenza, i cui proventi concorrerebbero a scemare il dispendio. Egli nota che
una persona benemerita si è generosamente offerta a sostenere le spese degli
studj particolareggiati, già compiuti rispetto al nuovo fiume; studj che nel 1866
non potè estendere al canale in causa dello stato di guerra. È presumibile
che dopo d'allora siensi compiti anche per questa ultima parte, e che l'autore
abbia a pubblicare un progetto complessivo basato sopra dati maggiormente
positivi; cosicché parrebbe oggidì intempestivo il discorrerne. Ma, attesa la stretta
relazione di tale proposta coti' argomento che sto trattando, ne dirò alcun che,
partendo dai dati puramente abbozzati ne' suoi scritti anteriori.
299. Il piano immaginato verrebbe secondo lui consigliato dall' infelice con-
dizione in che trovansi la Secchia ed il Panaro, particolarmente dopo che ne
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 523
è stato recentemente alterato il reggime con opere inconsulte; dai tristi effetti
che ne conseguirono e ne conseguiranno per quello del Po ove confluiscono ;
da quelli ancor più tristi che deriverebbero dal mandare ad effetto la vagheg-
giata immissione del Reno nel Po ; ed a suo avviso dalla pressoché impos-
sibile conservazione dell'odierna inalveazione del Reno nel Primaro (1).
300. Giusta la traccia datane negli anteriori articoli da lui pubblicati , e^li
prenderebbe la Secchia al Ponte Alto, la congiungerebbe presso Villavara al
Panaro, e con questo alla Samoggia ed al Reno sopra Cento. Di là passerebbe
la linea in prossimità di Sant Giorgio in Piano, di Durazzo e di Conselice, per
terminare in Primaro sotto Sant' Alberto , raccogliendo mano mano i torrenti
inferiori in punti i più favorevoli alla loro confluenza.
301. Il canale d'irrigazione si deriverebbe dal Po presso Piacenza, dovrebbe
essere della portata di 83 m. e. per 1", e passerebbe prossimamente per Caorso,
Villanova, Cortile, Poviglio, Noveilara, Carpi, Bomporto, Ravarino, unendosi sopra
Cento al nuovo fiume dopo 137 chilometri. Stabilitone il fondo a 3m sotto la
massima magra del Po, pei primi 27 chilometri rimarrebbe incassato nel terreno
colle sue acque della profondità normale di 3m, dopo di che, ove si effettue-
rebbero le diramazioni irrigue l'incassamento si limiterebbe ad lm,60, soste-
nendo le acque per lra,40 mediante argini. La pendenza del pelo d'acqua ver-
rebbe a riuscire di circa 0m,15 per chilometro. Egli calcola in 600 000 ettari
la superfìcie del territorio che potrebbe godere il benefìzio della irrigazione.
302. La spesa di costruzione del nuovo fiume, compreso il ter-
reno da occuparsi , la calcola in L. 40 000 000
Quella per la costruzione del nuovo canale in » 20 000 000
E per perdita di frutti e proventi durante il 1.° decennio calcola » 15 000 000
cosicché il dispendio totale risulterebbe di
L. 75 000 000
Questa spesa dovrebbe anticiparla una società cui si accordasse una conces-
sione utile di 80 anni, indicandosi le annuali passività cui dovrebbe far fronte
ed i proventi che avrebbe ad introitare (2).
(1) Neil' agosto 1847 consegnai al ministero di
L'odena il manoscritto originale della mia Memoria
precitata sulla pianura subapennina nella quale dis-
suadeva dal praticare raddrizzamenti nel corso della
Secchia. Ma nel 1851, per un cambiamento avvenuto
nel personale dell'amministrazione delle acque, si
manifestò una specie di reazione contro le massime
che aveva suggerite, ed il tecnico che venne, sosti-
tuito al defunto mio amico ispettore generale Giu-
seppe Manzotti prese a fare l'opposto. Nell'Aggiunta
alla nota finale D di essa Memoria pubblicata nel 1 865
(pag. 138) dò ragguaglio dei notevoli raddrizzamenti
dalla Secchia eseguiti dal 1851 al 1859, e dei tristi
effetti che se ne sono finora avuti con un fatale
sovvertimento del reggime del fiume che fu cagione
di rotte disastrose e d' immensi danni , siccome
io aveva fin da principio presagito. Nella stessa
Memoria manoscritta del 1847 (§ 29), attesa la ri-
stretta sezione del Panaro, aveva sconsigliato dal
difenderne le scarpe con opere di verde che ne
avrebbero soverchiamente ingombrato il corso ; e
suggerito di rivestirle con selciato oppure con mat-
toni. L' ingegnere Manfredi nel precitato suo arti-
colo del 1866 (pag. 54) nota che quello stesso tec-
nico fece all'opposto rivestire le sponde del Panaro
con frascame, e che per l'ingombro della sezione
fluviale ne è seguito un pregiudicevolissimo rigon-
fiamento delle piene, con approfondamento d'alveo,
e con dirupamenti delle sponde che intendevasi di
proteggere.
(2) Le spese di annuale manutenzione e d'ammi-
nistrazione le calcola come segue ;
524 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
505. Dopo le tristi vicende cui soggiacque il corso degli ultimi tronchi del
Po, e P infelice risultamene che si ebbe dalla inalveazione nel Primaro dei tor-
renti dell'Apennino, i quali ne erano stati la causa, egli è indubitato che l'idea
di correggerne la linea onde incassarne maggiormente P alveo nelle campagne da
intersecarsi , e di aggiungervi altri due torrenti , essi pure infesti , quali sono
la Secchia ed il Panaro , è in grado sommo seducente. Imperciocché questi
dovrebbero concorrere ad aumentare un tale incassamento , siccome avviene
oggidì pel Reno rispetto ai torrenti inferiori ; e rimarrebbe così libero il va-
stissimo territorio a destra del Po a valle del Crostolo fino alla nuova inalvea-
zione, ove si potrebbero praticare immensi bonificamenti. Il nuovo fiume alla
destra avrebbe per siffatto modo il carattere che ha l'Adige alla sinistra del Po.
504. Una difficoltà per altro io scorgerei rispetto alla posizione del fondo di
Secchia. Nella precitata mia Memoria sulla pianura subapennina ho notato come,
giusta i profili trasversali rilevati nel 1785 dagli illustri idraulici Venturi, (tas-
siani e Vandelli per unirli al Piano della Colletta, risulti il fondo della Secchia
di circa 6ra più elevato di quello del Panaro in punti omologhi, ove entrambi
i fiumi scorrono paralleli. Nel 1847, avendo io fatto legare la livellazione del-
l' ultimo tronco del Naviglio di Modena dalla Bastia alla Corbellina sulla Secchia,
avrei avuto un risultamento uguale. Ne consegue che, giusta altre livellazioni al-
lora adoperate, il fondo di Secchia al Ponte Alto, donde si dovrebbe fare la di-
versione, sarebbe di circa 8ra più elevato di quello del Panaro a Villavara, ove
avrebbe a congiungersi con una linea della lunghezza di circa 10 chilometri.
Supposto pure che per inesattezza di quelle livellazioni la differenza fosse
di soli 7m, e che al fondo della Secchia si avesse ad assegnare la pendenza
di 0,50 per mille, si avrebbe sempre un eccesso di caduta di 4m. Questo non
potrebbe esaurirsi se non con una serie di traverse, come ha proposto lo Scotini
pel Reno sotto la Panfilia , proposta che P ingegnere Manfredi non riconosce-
rebbe efficace nell'ultima sua Memoria del 1866 (pag. 59); oppure con un
alzamento di fondo del Panaro alla nuova confluenza della Secchia che non
sarebbe esente da gravi inconvenienti. Da' suoi studii particolareggiati vedremo
come egli intenda togliersi da tale impaccio.
505. In quanto al canale d'irrigazione, conoscendo io la località ove inten-
derebbesi farne l'estrazione dal Po, scorgerei difficoltà pressoché insuperabili
all'atto pratico per riuscirvi (1). Altri ostacoli non lievi s'incontrerebbero per
Per frutto del suddetto capitale originario
calcolato in regola del 5 per 100 L. 3 750 000
Per l' ammortizzazione dello stesso capi-
tale a capo di 80 anni di concessione
utile, o totale di 90 anni in regola del
100 per 4 » 127 500
Per la manutenzione del nuovo fiume » 272 500
Per la manutenzione e l'amministrazione
del canale irrigatorio » 350 000
Totale L. 4 500 000
A tali spese si dovrebbe far fronte, con
una tassa annuale, o sovvenzione dello
Stato alla Società di ... . . L. 1 000 000
Con una tassa di L. 20 per ogni ettaro
di prato sopra 100 000 ettari . . » 2 000 000
Con tassa di L. 30 per ogni ettaro di
risaja sopra 50 000 ettari . . . » 1 500 000
Totale L. 4 500 000
(1) L'ingegnere Manfredi suppone che la loca-
lità di Piacenza sia opportuna per una stabile de-
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 523
la condotta del canale e per le sue diramazioni onde utilizzarne le acque (1).
La superficie del territorio che potrebbe fruirne risulterebbe, secondo me, assai
minore della supposta, e partendo da considerazioni dello stesso autore per altra
proposta analoga, il benefizio di tale irrigazione non potrebbe compensare le
rivazione in quanto che ivi, secondo lai, il Po corre
in ghiaja. Ma osservasi che il Po sotto la foce del
Ticino, ne' 54 chilometri a monte di quella della
Trebbia, scorre in sabbia, e presso Piacenza, per
una circostanza accidentale, attraversa il piede del
conoide o ventaglio di quell'impetuoso* torrente co-
stituito di ghiaje e ciottoli, ove divenuta la sua
pendenza pressoché tripla della normale , prende
pure il Po un carattere torrentizio. Dopo pochi chi-
lometri a valle di Piacenza, questo ripiglia per altro
1' ordinario suo corso serpeggiante sopra letto di
sabbia. La sponda destra di Piacenza è stabile, tro-
vandosi protetta da due pennelli fatti costruire dal
celebre Domenico Guglielmini centosettant'anni sono.
Ivi a valle del nuovo ponte della ferrovia parrebbe
potersi costruire la chiavica di derivazione , che
dovrebbe essere un edilìzio imponente per estrarre
83 m. e. per 1"; portata che di un terzo supera
quella del canale o fiume Muzza , il quale era in
addietro sotto tale rapporto il primo canale artifi-
ciale del mondo. La piena del 1857 si è ivi elevata
8m sulla massima magra dello scorso aprile 1868
e collocando, giusta l'autore, la soglia della chiavica
3m sotto la magra massima riuscirebbe di oltre llm
sotto il livello della piena stessa. La chiavica do-
vrebbe formarsi almeno di otto arcate larghe 5m
suddivise in tre luci mediante incastri cui si appli-
cherebbero porte dell'enorme altezza di 12ra. Le
pile delle arcate nella parte anteriore della chia-
vica dovrebbero servire per chiuderla con travate
scorrenti in apposite scanellature onde porre in
asciutto la platea, che sarebbe a costruirsi colla
massima solidità e con profonde fondazioni a valle,
avuto riguardo al considerevole battente delle porte
per l'erogazione delle acque. Abbiamo veduto che
la sponda destra da molto tempo è conservata con
ripari solidissimi. Ciò non toglie che ivi il fiume
vada soggetto a notevoli variazioni di andamento.
Sul cadere dello scorso secolo se ne dovette rad-
drizzare il corso superiore con una spesa in-
gente; e dal 1818 al 1845 furono costrutti a sinistra
ripari' dispendiosissimi per difendere fortificazioni
rifatte a più riprese , e che di poi fu mestieri ab-
bandonare, rimanendo ingojate dal fiume. Oggidì è
investita principalmente la sponda destra sulla quale,
protetta dai manufatti del nuovo ponte della fer-
rovia, dovrebbe collocarsi, come si disse, la chiavica
a debita distanza dal fiume per evitarne la distru-
zione : lo che solo potrebbe conseguirsi con mu-
nienti robustissimi. Nella canaletta, o mandracchio
anteriore egli è naturale che, attesa la somma
torbidezza della Trebbia, si farebbero ad ogni piena
considerevoli deposizioni che sf inoltrerebbero a
valle della chiavica ad ingombrare il canale e quindi
a scemare la sezione utile pel suo deflusso. Ma se
per cangiamenti superiori avesse a deporsi di fronte
alla chiavica un alluvione di ghiaje o ciottoli, che
potrebbe alzarsi di due a tre metri sulla magra e
quindi di cinque a sei metri sul fondo ; pressoché
impossibile tornerebbe il rendere operativa la chia-
vica. Imperciocché, anche mediante le più assidue
opere di effossione, l'alluvione si riprodurrebbe ad
ogni piena e la sua rimozione si risolverebbe nel
lavoro di Sisifo.
(1) Le premesse considerazioni dovrebbero bastare
a dissuadere da tale proposta; ma ad ogni modo si
noteranno altre difficoltà. Tutte le grandi deriva-
zioni di canali della Lombardia con incile aperto,
o regolato da chiavica, attesa la notevole pendenza
de' fiumi ove si praticano , o la caduta di apposita
pescaja, sono accompagnate da scaricatori a fior
d' acqua ed anche di fondo coi quali nelle piene
si regola la misura del deflusso. Ciò non potrebbe
farsi nel caso concreto, non permettendolo la poca
pendenza del Po. Ne consegue che in occasione di
piena una trascuranza del chiavichiere , o qualche
sconcerto nelle porte potrebbe essere causa di un
.rruzione delle acque del Po nel canale in guisa
da cagionare immensi disordini. L' ing. Manfredi,
per diminuire i movimenti di terra e facilitare la
distribuzione delle acque irrigue, vorrebbe conser-
varne il livello circa lm,40 più alto delle laterali
campagne, lo che incontrerebbe forti opposizioni,
atteso che queste potrebbero per siffatta causa in-
frigidirsi e divenir sortumose. Anche dall' affluenza
di acque vive sopra campagne sommergibili dalle
piene sarebbero temibili danni non lievi pei terreni
più depressi durante quelle estive ed il chiudi-
mento delle chiaviche di scolo sul Po. L' attraver-
samento dei torrenti con tombe colossali dovrebbe
farsi a tali profondità da richiedere dispendiosissimi
aggottamene a cagione del poco pendio del terreno.
i Lo sterro poi per attraversare i larghi spalti di
I que' torrenti risulterebbe assai maggiore del cal-
colato , lo che deve dirsi anche rispetto al primo
tronco incassato di 27 chilometri , pel quale si è
supposta in principio la sola profondità del canale
di 3m , quando questa non sarà ivi minore di 8m
sotto il piano di campagna. L' utilizzazione delle
acque irrigue dovrebbe farsi con canali subalterni
di derivazione lunghissimi e di non lieve impegno,
non compresi nel progetto, come sarebbe per tutto
il territorio Mantovano a sinistra della Parmigiana
Moglia, e di Burana; pel Polesine di Ferrara; e
526 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
spese assai maggiori delle calcolate. Si ha quindi motivo di dubitare che i prò-
IL e n° 8 SCemare quelle richieste Pel nuo™ «"me (1)
306. Se, come n crede, l'ingegnere Manfredi avrà compiuti gli studi locali
un LT °fferta;TaS,0ne dÌ reltÌflCare { dati ^tecedentement°e esposti dielro'
un semplice scandaglio , e di riconoscere la sussistenza delle difficoltà che si
oppongono all'attuazione del suo progetto del nuovo canale di irrigazione Pe
tale muramento, rispetto alla pianura a destra del basso Po è pur forza li
untarsi, a mio avviso , ad accrescere la copia delle sorgenti utilizzabili anche
per quello di S. Giorgio, poiché i principali sareb-
bero da condursi sul controforte laterale del Po
vivo , e sui dorsi a questo paralleli. Se il nuovo
fiume deve tenersi incassato nelle campagne , non
potrebbe più servire per la distribuzione delle
acque irrigue a sinistra nella parte interposta ad
esso ed all'odierna inalveazione del Reno.
Per tutte queste considerazioni, la spesa del nuovo
canale invece di limitarsi a 20 milioni potrebbe
superare i 35 e forse i 40 milioni di lire.
(1) Circa ai proventi osservasi che la superficie
di tutto il terreno a sinistra del canale e del
nuovo fiume non sarebbe di 600 000 ettari , ma di
400 000 soltanto. Se poi, come nota ring Man-
fredi nella sua critica del canale Masi che si vor-
rebbe derivare dal Po presso la foce dell'Enza le
praterie fatte eseguire dal Duca di Modena col me'zzO
de bravo ing. Piazzi a Sant Felice ed alla tenuta
della Quiete sul Finalese terminarono coli' infrigi-
dire il terreno argilloso, quantunque regolato con
dispendiosissimi appianamenti, e si irrigasse colle
acque eccellenti del Naviglio di Modena, risuha-
menti più sfavorevoli ancora dovrebbero aversi colle
acque del nuovo canale destinato a terreni tutti di
egual natura. Si ha quindi motivo di dubitare che
TnnnJeCemìÌ° SÌ Potessei'° distribuire le acque a
100 000 ettari di praterie ed a 50 000 ettari di
nsaje ai prezzi dianzi esposti; avuto riguardo alla
circostanza che, le offerte precedendo le domande
i privati sono sempre renitenti a far queste onde
ottenere le acque a prezzi più bassi, siccome oggidì
avviene pel canale Cavour.
L'ing. Manfredi ha fatto un confronto del suo
progetto col mio di un canale da derivarsi dal Ti-
cino presso Sesto Calende , osservando che questo
riesce più dispendioso. Ma è da notarsi che colà
1 uso delle limpide acque lacuali si farebbe derivan-
dole da canali distributori già contemplati in pro-
getto, quindi per distanze piccolissime sopra terreno
permeabile e di molta pendenza, ove nelle siccità
estive minima è la produzione del suolo e senza
1 ostacolo d'intersecare scoli che ivi non esistono
A destra Po invece nei territorj più bassi si hanno
eccellenti terreni da frumento che non risentono
danno apprezzabile dalla siccità, ed ove le dirama-
zioni principali e subalterne di canali irrigui che
vi si praticassero dovrebbero con edificj dispen-
diosissimi attraversare innumerevoli canali e fossi
di scolo.
In quanto poi all' aver io nel progetto destinato
il canale anche all' uso di navigazione per unire
tanto in ascesa che in discesa quelle del lago Mag-
giore e del Po, ponendo a profitto i Navigli Grande
e di Pavia, proposta che ring. Manfredi considera
non essere di questi tempi, ma piuttosto del secolo
passato , atteso lo sviluppo dato alle ferrovie os-
servo averlo io fatto nella vista, non già di' una
speculazione del Governo, ma di promuovere una
concorrenza colle società ferroviarie onde impedire
a vantaggio del pubblico un monopolio di queste
nelle spese di trasporto delle merci. E siccome*
egh mi adduce l' esempio delle ferrovie costrutte
lunghesso la Senna ed il Rodano negli ultimi ven-
t'anni, debbo osservare che contemporaneamente a
me il Governo di Francia richiamava in vita la mia
idea giudicata vieta, facendo compiere la rete della
sua navigazione interna mediante opere grandiose
sui canali e fiumi principali. Se avesse il Manfredi
a visitare di nuovo quei luoghi vedrebbe che in
questi ultimi cinque o sei anni mediante traverse
pressoché ultimate, si è procurato alla navigazione
un tirante d' acqua non minore di 2m nella Senna
inferiore fra Parigi e Rouen; e di 1*60 nella
Marna, nell' Yonne , e nella Sonna fra Parigi e
Lione in continuazione del canale di Borgogna che
pure si va perfezionando. Rileverebbe pure i mi-
glioramenti in corso d'esecuzione sul Rodano, an-
che per congiungerlo al mare mediante il nuovo
canale di Sant Luigi , evitandone le foci. E tutto
ciò onde agevolare la navigazione di un fiume
assai più difficile di quella del Po, attesa la sua
pendenza pressoché tripla. Veggansi su questo ar-
gomento negli Annafes des ponts et chaussées la
! bella Memoria dell'ing. Bazin nel fascicolo settem-
bre-ottobre 1867 ; e l'estratto del Moniteur del 23
novembre 1867 nel fascicolo gennajo-febbrajo 1868
di quel periodico , sotto il titolo Exposé de la si-
tuation de i' Empire. Da quest' ultimo desumesi
(Pag. 30) che nell'anno 1867 la Francia ha speso
1 0 milioni di lire per nuove ferrovie, e 1 3 700 000 lire
per migliorare la navigazione de 'suoi fiumi e canalj,
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 527
per le praterie nella parte media (1), e ad approfittare in qualche circostanza
favorevole, mediante chiavichette, delle acque alte del Po nella stagione estiva
per terreni depressi e vallivi posti a piccola distanza riducibili a risaje , sic-
come ebbe appunto a praticare lo stesso ingegnere Manfredi presso Guastalla.
XXXVII. Difficoltà che oggidì presenterebbe il compimento
del piano iniziato per l' inalveatone del Reno in Po.
307. Il Brighenti, nella II parte (§ 8) della sua Memoria del 1855, dice che
il compimento delle opere iniziate sotto Napoleone per l'immissione del Reno
in Po si ridurrebbe ad un terzo del già fatto, e quindi a %$$ mila scudi ; e
considerata la condizione attuale delle colossali arginature del Po, la spesa del
loro alzamento non potrebbe eccedere i 34 mila scudi cosicché il dispendio
complessivo si limiterebbe, a suo avviso, a 300 mila scudi.
308. Negli studj da ultimo fatti dallo Scotini per condurre a termine quei
lavori risulterebbe che le arginature del nuovo canale del Reno state costrutte
sotto il primo regno italico si sono generalmente abbassate in notevole misura,
che per tratti lunghissimi giunge a lm,30. Secondo lui ciò sarebbe avvenuto per
semplice assettamento della terra, e non per cedimento del suolo. In luogo di
rivolgere il Reno in Panaro all'Imbargo presso il Bondeno, giusta il piano de-
terminato dal Vicereale decreto del 1807, e di rettificare l'alveo dell'ultimo
coli' occorrevole ampliamento fra golene altissime depostesi nell'antico Po di
Ferrara , egli propone di riunire i due fiumi alquanto a valle presso 1' Ospi-
tale di Bondeno e di escavare per essi un apposito alveo comune a destra
in terreni meno alti, lo che dice dover produrre un accorciamento di linea
di 970 metri sopra 4530 che misura l'ultimo tronco del fiume, il quale ver-
rebbe così abbandonato.
309. Siccome il professore Turazza scorgerebbe delle difficoltà a determinare
la sezione dei due fiumi uniti, le piene de' quali di solito non sono contempo-
ranee, il Brighenti nell'ultima sua Memoria del 1867 (§13) osserva: « Più
« gravi mi riescono le sue osservazioni (del Turazza) sulla stabilità dell'attuale
« pelo rigurgitato del Panaro, anche dopo che vi sarà rimesso il Reno all'Ospi-
« tale del Bondeno. Parrai che quel dottissimo professore esponga i suoi dubbi
« sulla impossibilità di poter determinare a priori l'alveo comune ai due fiumi,
« proporzionando la comune sezione alla somma delle portate dell' uno e del-
« l'altro come propone lo Scotini. Il che non avrebbe difficoltà, ove si trat-
« tasse di acque chiare; ma essendo torbidi i due confluenti finirebbero per
(1) Nella precitata Memoria sulla pianura sub-
apennina ho indicato (pag. 149) con quali norme
si dovrebbe procedere onde accrescere la copia
delle sorgenti, fra le quali consigliava di escavare
in località opportune anche fontanili, giusta il me-
todo lombardo. Nel 1856 il tecnico che fece ese-
guire i raddrizzamenti della Secchia mi scrisse che
era incaricato dal suo Sovrano di rivolgersi a me
perchè inviassi colà un abile pratico con istruzioni
onde mandare ad effetto un tale miglioramento; ma
dal carteggio che ne seguì compresi che trattavasi
d'istruire Minerva, e perciò me ne lavai le mani.
528 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
« proporzionarla al bisogno loro dopo un tempo più o meno lungo. E intorno
« a ciò non avrei altro da osservare che essendo la foce in Po distante soli
« 900 metri, il che vuol dire prossima alla confluenza di Reno e Panaro, ed ivi
« la sezione del recipiente più che doppia di quella che ha di fronte a Lago-
« scuro inferiore di circa chilom. quindici , lo sgorgo delle acque unite succe-
« derà in un bacino amplissimo ; quindi poco o nulla farà crescere il pelo
« d' acqua della piena allor velocissima del Po a petto di quello del pelo ri-
« gurgitato dei due fiumi, la cui portata si può valutare allora la metà di quella
« a foce libera, e nella sezione amplissima assegnata dallo Scotini ai fiumi
« uniti non dovrebbe in pratica alterare sensibilmente il rigurgito ordinario
« del solo Panaro ».
310. Qui il Brighenti avrebbe scambiato l'accorciamento di linea dei fiumi
uniti indicato dallo Scotini in 970m colla lunghezza dell' alveo loro fino alla
foce che dovrebbe essere di 5560m e non già di 900m. È ben vero che la se-
zione del Po presso la foce del Panaro è amplissima , ma deve considerarsi
siccome una varice cagionata dall'urto della corrente del Po contro quella op-
posta del Panaro rivoltosi a ritroso ad occupare la continuazione dell'alveo
del primo dopo il suo abbandono. Ivi l' ampiezza della sezione del Po non
sarà perciò tutta utile pel deflusso delle acque, ma in gran parte occupata da
moti vorticosi. Quindi la sua corrente anziché essere comparativamente velocis-
sima si troverà ritardata, siccome lo dimostra il ventre di piena che si estende
dalla Stellata a Palantone, di cui abbiamo parlato al § 204.
511. In quanto alla supposta attenuazione delia piena rigurgitata di quegli
affluenti, la cui portata vorrebbesi ridurre ad una metà al confronto di quella
a foce libera, ci riportiamo alle considerazioni esposte ai §§ M% 243 e nella
nota relativa, ove si dimostra che essa non può avere luogo. E rispetto al pro-
porzionarsi i fiumi uniti l'ampiezza della loro sezione al puro bisogno, ciò
avverrà nei casi ordinarj ne'quali le due piene non sono contemporanee; ampiezza
che riuscirebbe cosi insufficiente ove esse lo fossero e che non potrebbe dila-
tarsi quanto basta nelle poche ore in cui discenderebbero. In tal caso perciò
dovrebbe attendersi un rigurgito assai maggiore dell'ordinario con minaccia di
rotte disastrose, nelle quali non irromperebbero soltanto le acque delle piene
effìmere dei confluenti torrentizj, ma vi si aggiungerebbero quelle della piena
assai più insistente del Po , attesa la prossimità della foce. Ove quelle rotte
avvenissero nell'argine destro del Reno-Panaro inonderebbero la miglior parte
del territorio Ferrarese, e la stessa città. Questa circostanza, come da principio
opinava anche il professore Turazza , dovrebbe consigliare a tenere disgiunta
la foce del Reno da quella del Panaro. Considerato poi che il rigurgito di
questo al Bondeno si è elevato di lm,72 sulla massima piena del 1801 la quale
servì di norma al progetto Assalini per Y immissione del Reno in Po , anche
nel supposto che il reggime di questo non venisse per tal modo alterato , e
che qualche alzamento di fondo e di piena fosse soltanto temibile pel Panaro,
agevole si è Y inferire la gravità della spesa occorrente per compiere quel pro-
getto colle modificazioni richieste dalle mutate circostanze,
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 529
512. Né forse di minor impegno sarebbe il provvedere all' inalveazione degli
altri torrenti inferiori al Reno, dopo la rimozione di questo, atteso il notevole
alzamento di fondo, che avverrebbe tanto nell'alveo comune quanto in quello
de'singoli confluenti, senza un sensibile abbassamento di piena. Reso maggior-
mente pensile il corso di que' fiumi, le loro rotte riuscirebbero di gran lunga
più temibili ; e sommamente arduo tornerebbe poi lo scolo dei territorj alla
destra a valle dellVìdice. Ben a ragione perciò osserva il professore Turazza
essere fondato il sospetto che non vi si possa provvedere se non con una
nuova inalveazione. Dalle premesse considerazioni si è condotti ad ammettere che
anche nelle condizioni preaccennate, coli' immissione del Reno in Po trattereb-
besi di ben altro che d'una spesa di 300 mila scudi, come suppose il Brighenti
nella sua Memoria del 1855.
313. Ma se per le ragioni sviluppate all'art. XXVI, che presumo non essere
prive di fondamento, tale immissione avesse a rialzare dopo non molti anni di
un metro la magra del Po e di un metro e mezzo la piena, limite cui non
sarebbe detto dovesse arrestarsi, atteso anche il più rapido protendimento delle
foci, oltre l'enorme aumento di dispendio che ne risulterebbe per mandarlo
ad effetto, si accrescerebbero in grado sommo i pericoli di squarciamenti d'argini
pei territorj confinanti ed il danno per gli scoli impediti del Mantovano, del
Modenese e del Bondesano a destra, ove insufficiente tornerebbe la botte di Bu-
rana, come pure del Polesine di Rovigo a sinistra (1). E tutto ciò dovrebbe farsi
per migliorare la condizione degli scoli delle bonificazioni bolognesi fra P Idice
ed il Reno, le quali però verrebbero così esposte a pericoli assai maggiori ri-
spetto alle rotte dello stesso Idice.
314. Dal fin qui detto chiaro appare che il Brighenti, dominato da un'idea
preconcetta, e poco rigoroso nella precisione dei dati di fatto, li piega in guisa
che possano prestarsi a favorire il suo assunto (2). Lo Scotini, senza ammet-
. (1) Onde determinare in via presuntiva con cifre
la misura di tali alterazioni supporremo che in un
trentennio, per effetto del solo Panaro, si abbia un
alzamento di magra di 0m,24; e che unitovi il Reno,
tale alzamento possa accrescersi del doppio, e cioè
di 0m,48, cosicché l'alzamento totale della magra
per queste due cause sarebbe di 0m,72; cui aggiunti
centim. 4 pel protendimento delle foci, ne risulte-
rebbero 0m,76. L'alzamento delle piene del Po per
1' afflusso del Reno l'abbiamo determinato in 0m,50,
e se indipendentemente da ciò in un trentennio
(§ 220) l'alzamento medio di essa piena sarebbe
stato di 0m,23, si può supporre che in un trentennio
successivo abbia ad essere di 0m,20, cosicché si
avrebbe in tutto lm,46. Supposto pegli argini Man-
tovani presso la foce del Panaro un franco medio
di 0m,30 sulla piena massima del 1857, essi ver-
rebbero così soverchiati in altezza di lm,16; talché,
per assegnare loro un franco di 0m,80 si dovreb-
bero rialzare pel primo trentennio di lm,96,
In un trentennio successivo, supposto l'alzamento
di magra cagionata dal Panaro ?/3 dell' anteriore ,
ossia di 0m,16 e quello ripetibile dal Reno di y4
ossia di 0m,36, oltre a centim. 4 sul protendimento
delle foci , si avrebbe in tutto 0m,56 , cosicché la
magra stessa al confronto dell' odierna si troverebbe
alzata di lin,32. Aggiuntivi circa 0m,16 per l'alza-
mento della piena del Po, dipendente dagli afflussi
superiori, si avrebbe in tutto un alzamento di piena
di 2m,18 che soverchierebbe le arginature odierne
mantovane di lm,88 talché dovrebbero alzarsi di
2m,68. Agevole si è l' inferire cosa avverrebbe nei
trentennj successivi con tale progressione che non
potrebbe sicuramente tacciarsi di esagerazione pei
motivi dianzi sviluppati.
(2) Che il Brighenti non fosse in una condizione
d' impassibilità nel propugnare il progetto d' immis-
sione del Reno in Po sostenuto con tanto calore
dai Bolognesi, lo appalesa anche la dichiarazione
da lui fatta all' Accademia delle Scienze di Bologna
530 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
tere tutti i principi idrologici del Brighenti, ne segue per altro le massime,
e giungerebbe all' incirca alle stesse conclusioni. Vi concorrebbe pure il pro-
fessore Turazza , ma dopo avere discusso coscienziosamente 1' argomento , e
manifestata t incertezza nella quale trovasi sopra molti punti. E se si è deciso
a preferire l'immissione del Reno in Po alla conservazione dell'attuale sua
inalveazione, lo fa perchè la considera impossibile, ammettendo nella sua con-
dizione circostanze locali che abbiamo dimostrate insussistenti, e perchè, par-
tendo da un principio teorico, suppone che l'aggiunta del Reno al Po non abbia
ad alzarne il fondo. Ho per altro motivo di credere che nella sua imparzialità,
dopo le rettificazioni di fatti erronei, e l'esposizione di nuovi dati statistici rac-
colti e coordinati per le mie deduzioni, e de' mezzi da me proposti onde assi-
curare quella inalveazione, egli abbia a modificare il suo parere (1).
HL1KHLVIIB. Provvedimenti accessori nel caso che venisse
conservata l'odierna inalveazione del Reno, oppure chei
questo avesse ad immettersi nel Po.
315. Tanto in occasione della mia missione a Modena nel 1847, quanto suc-
cessivamente nella qualità di direttore delle pubbliche costruzioni della Lom-
bardia, ebbi ad occuparmi del modo di sistemare il grande colatore Burana per
attivare la botte pressoché compiuta , colla quale dovrebbe sottopassare il Pa-
naro, e di associare questo piano al progetto Ferlini per la sistemazione del
Volano onde migliorarne la navigazione. Vedasi su questi oggetti la mia Me-
moria precitata sulla pianura subapennina dal § 64 al 71, e particolarmente le
Note finali H e I state aggiunte. In quest'ultima prendo a considerare la diffi-
nelle premesse alla II parte della Memoria del 1855
precitata ove dice: « Reputo non dovervi rincre-
« scere che io vi mostri come abbia considerata
« bramosamente questa solenne ed ardua materia ,
« sì per dovere d' ufficio , come per affetto a que-
« st' Accademia ed a questa città che fu patria del
« mio avo, e divenne anche la mia per grato animo
« e per lunga stanza ».
(1) Abbiamo veduto come il Barilari dichiarasse
nel 1858 esagerate le difficoltà di sostenere l'odierna
inalveazione del Reno, notando che le rotte del 1842
avvennero per sormonto degli argini non ancora
sistemati, i quali, dopo che lo furono resistettero
alle piene avvenute ne' sedici anni successivi. Egli
osservava come ad allontanare tali disastri si ren-
dessero necessarie alcune opere da lui proposte
onde migliorare la condizione dei froldi più peri-
colosi, le quali non furono approvate. È ben vero
che dopo quella Memoria si ebbe la rotta al froldo
Passerino che, fatta chiudere allora dallo stesso
Barilari si rinnovò nel 1862. Ma è da notarsi che
quel froldo , in località cotanto gelosa , era sol-
tanto difeso da lavori di rosta aderenti alla sua
scarpa, e che la coronella in ritiro, elevatasi sopra
una base di fango sarebbesi abbassata nel 1862 in
modo da dar luogo ad un sormonto. Se dapprima
ad un semplice rivestimento di scarpe si fosse so-
stituita un'opera d'avanzata giusta i metodi seguiti
altrove, non sarebbe avvenuta né 1' una ne l' altra
rotta; lo che forse starebbe anche pel froldo Ma-
nica. Se ne può quindi conchiudere che i disastri
avvenuti potevano per la più parte evitarsi mediante
provvedimenti impartiti a tempo debito. Le oppo-
sizioni a tali provvedimenti preventivi, fra' quali vi
sarebbe stato qualche raddrizzamento nell' ultimo
tronco; all'allargamento dell'alveo dei drizzagli! ,
che vedemmo appoggiate a motivi inattendibili ; e
la sostituzione della proposta di dispendiosi diver-
sivi che dimostrammo dover riuscire inefficaci, ri-
dussero le cose a tali termini da far credere che
sia dell'interesse degli stessi Ferraresi, finora espo-
sti ai maggiori danni, il sollecitare siccome ri-
medio radicale l'immissione del Reno in Po; mentre
tutto ciò dipendette da difetto di ripari preventivi,
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO 531
colta di provvedere sufficientemente allo scolo dell' immenso territorio cui do-
vrebbe servire la botte, ascendente a 600 chilom. q., e dimostro come possa
giovare di separare le acque alte modenesi con un diversivo che le porti nel
ramo della Lunga del Panaro, supposto che il fiume si raccolga tutto nell'altro
ramo Cavamente, giusta i progetti predisposti per la difesa della città del Finale.
316. In una estesa consulta del marzo 1851 ebbi di poi ad assumere in
esame il progetto che erasi allora presentato dietro le istruzioni di una com-
missione internazionale per la sistemazione del colatore Burana e per associare
questo al progetto Ferlini precitato , entrando in particolari circa alle modifi-
cazioni che vi si dovrebbero introdurre, sempre nel supposto che si rinunziasse
all'immissione del Reno in Po. Nella precitata nota H ne porgo il sunto in-
sieme ad un cenno delle trattative che vi furono di poi fra i rappresentanti
dei governi interessati sopra tale argomento.
317. L'ispettore Scotini, ammettendo invece il compimento di quest'ultimo
piano, ripiglia in esame il progetto del Volano e ne propone le modificazioni
affinchè serva al doppio uso di canale di navigazione e di grande colatore. In
esso dovrebbero scaricarsi tanto il Canalino di Cento quanto il colatore Burana,
dopo essere passati entrambi per l'altra botte che rimarrebbe a costruirsi sotto
il nuovo canale del Reno ; attivando in pari tempo quella di Burana pressoché
compiuta sotto il Panaro. Rispetto a quest' ultimo colatore indica in succinto i
lavori che sarebbero da farsi per sistemarlo , ed istituisce i calcoli onde de-
terminare la portata del canale maestro e de' suoi confluenti. Ma in quanto al
progetto del Volano si riporta ai particolari contenuti in un allegato speciale
che non conosco (1).
(1) Nel manoscritto della mia Memoria del 184-7
consegnato allora al Ministero di Modena, diedi un
primo cenno delle trattative in corso per la sistema-
zione del grande colatore Burana; e nel settembre
1850 gli indirizzai la nota I, ove dimostrava il modo
di rendere più utile l'attuazione di varj progetti, e
particolarmente di quello di Burana col divertire in
Panaro presso il Finale le acque alte modenesi. Nel-
l' aprile 1851 uscì un' estesa Memoria del consul-
tore del ministero estense signor dottore Roncaglia,
sotto gli auspicj del quale si iniziarono allora i
raddrizzamenti della Secchia e le difese delle sponde
del Panaro dianzi accennate. In quella Memoria
egli tratta storicamente e ne'rapporti di diritto am-
ministrativo la questione della sistemazione di Bu-
rana e del Volano. Ha poi trovato d' includervi
eziandio la mia Nota I, stralciandone però la testa
ove dò ragione della mia proposta , e la qualifica
siccome intempestiva ed atta a rendere maggior-
mente complicata la questione. Siccome quello scritto
era un semplice atto interno d'ufficio, se egli ne
temeva i sinistri effetti, miglior partito sarebbe stato
quello di astenersi dal pubblicarlo senza darmene
un cenno.
Pressoché contemporaneamente io presentavo la
consulta del 1851 colle mie proposte per conciliare
l'esecuzione del progetto di sistemazione di Burana
con quello del Volano, tendenti a stabilire termini
di equità pel riparto delle spese, in guisa da rimo-
vere una opposizione da parte dei Ferraresi. Ma
poiché altrettanto non facevasi colla Memoria Ron-
caglia, nella quale con maggior rigore trattavasi la
questione di diritto, ne conseguì che questi si ri-
fiutarono ad ammettere in Volano le acque di
Burana.
Surse allora da parte degli Estensi la proposizione
di un diversivo di Burana in Po , facendo rivivere
il progetto Bonati e Robbi del 177 7 al fine di
attuare qualche provvedimento all' infelice condi-
zione degli scoli di que' territorj alla sinistra del
Panaro , al qual uopo ebbero luogo alcune tratta-
tive in Bologna nel 1855 fra i rappresentanti degli
interessati Bondesani e Modenesi. In un successivo
congresso del maggio 1856 presieduto dal legato
pontificio in Bologna, si proseguirono le trattative
anche in concorso dei Mantovani, i quali aderirono
bensì all' esecuzione di quel diversivo di Burana in
Po, ma insistendo per altro perchè si proseguissero
532 STUDJ IDROLOGICI E STORICI
518. Tutto ciò determina egli, sempre nel supposto che coli' immissione del
Reno nel Po non abbia ad alterarsi il reggime di questo. Ma se in conseguenza
dell' attuazione di quel piano dovesse alzarsene la magra e la piena nella misura
accennata ai § § 511 e 515 ai 60/m ettari del circondario di Rurana, sarebbe
mestieri aggiungerne altri 18/m del Mantovano che non potrebbero più scari-
carsi in Po col mezzo della Fossalta alle Quatrelle. Il provvedimento della botte
di Burana sarebbe quindi insufficiente , e tale sarebbe pure la lunghezza di
queir edifìzio quando le arginature del Panaro avessero a rialzarsi di oltre 4m
al confronto del livello che servì di norma per la sua costruzione. L' accre-
sciuto rigurgito poi delle piene del Po paralizzerebbe eziandio l' effetto del
diversivo proposto per le acque alte modenesi.
." XXXIX. Conclusione.
519. Ho già notato come da principio, colla lettura degli scritti dei più emi-
nenti idraulici italiani, i quali erano generalmente bolognesi, mi fossi anch'io
persuaso che l'immissione del Reno in Po era necessaria per redimere un
immenso territorio dalla precaria condizione in cui oggidì si trova; e come
dietro più maturi studj su questo argomento fossi condotto a cangiare d'avviso.
Imperciocché per quanto consideri imponente l'azione del Po nello stabilirsi
l'alveo, mi era convinto che negli ultimi suoi tronchi gli influenti torbidi del-
l'Apennino possono averne alterato il reggime e per la maggior mole delle ma-
terie che vi depongono al confronto delle proprie e pel loro stesso torbidume,
cosicché allo stabilimento del suo fondo si richieda una maggiore pendenza e i
quindi un alzamento che verrebbe ad accrescersi non di poco coli' aggiunta
del Reno.
520. Allorché , dopo aver compiute le mie ricerche idrologiche e storiche
sul grande estuario adriatico, entrai in materia circa alla regolazione delle
acque alla destra del basso Po, mi trovava ancora titubante in quanto che mi
appoggiava per questo punto ad un principio che, quantunque razionale, poteva
considerarsi teorico. Ma spinte le mie indagini ai più recenti dati statistici che
ormai si posseggono, e coordinandoli, ho potuto inferirne che anche i fatti
concorrono a confermare 1' attendibilità delle conseguenze che ne ho ricavate.
le pratiche onde riuscire nelf attivazione delia botte
sotto il Panaro. In que'convegni i Mantovani avreb-
bero aderito a modificare le norme di contributo
alle spese , in guisa da riuscire assai più gravose
per essi , e ciò dietro sollecitazioni dei rappre-
sentanti estensi che in tale occasione appalesarono
una prevalente abilità nella parte diplomatica. Dopo
d' allora nulla venne conchiuso, e forse alla circo-
stanza del proposto diversivo di Burana in Po sarà
attribuibile 1' errore sfuggito allo Scotini che io lo
proponessi per le acque alte modenesi, le quali se-
condo il mio piano avrebbero dovuto invece im-
mettersi con un diversivo che partiva dall'argine
della Secchia nel ramo di Panaro della Lunga da
abbandonarsi, siccome è specificato nella precitata
mia consulta del 1851 , che venne esaminata dallo
Scotini. Ad un tale diversivo, giusta un progetto
posteriore dell' ing. Masi , doveva metter capo un
canale d' irrigazione derivato dal Po presso la foce
dell' Enza, sull' inattendibilità del quale scrisse
l'ing. Manfredi nella sua Memoria 1866 precitata ,
sottoponendolo ad una critica giudiziosa.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO . 533
321. Se per tal modo mi apparve rischiarata una parte importante della
questione rispetto alla pretesa innocuità dell'immissione del Reno in Po, ri-
maneva tuttavia incerto circa al piano cui attenersi per provvedere senza di
ciò in modo abbastanza efficace alla difesa territoriale. Con un' attenta e spas-
sionata disamina delle notizie raccolte, ebbi di poi a convincermi che i peri-
coli dell'attuale inalazione eransi in grado sommo esagerati, partendo da
dati di fatto insussistenti; che le maggiori difficoltà, giusta le dichiarazioni di
distinti tecnici i quali per una serie d'anni diressero i lavori a tal fine intesi,
e che perciò conoscevano perfettamente le circostanze locali, si limitano a
qualche parte di essa soltanto; e che l'arte può somministrare i mezzi di
porvi riparo , mettendo a profitto anche l' azione di que' torrenti cotanto in-
festi. Insomma mi sono accorto di essere divenuto Ferrarese, quantunque dap-
prima a tanto non giungessero le mie aspirazioni.
522. Queste mie deduzioni torneranno sicuramente poco gradite al mio
amico, il quale chiude l'ultima sua Memoria in questi termini: « Solo tengo
« che dopo le secolari questioni sulla immissione dei Reno nel Po, l'ispettore
| Scottai ed il professore ■ Turazza abbiano tagliato con rara e forse, unica sa-
« pienza il nodo, e mentre ammiro come segno di chi sa veramente il riserbo
« del professore , mi rincresce che non chiuda la via ai passionati contrasti
« che seguiteranno a intorbidare le più limpide dimostrazioni ove non inter-
« venga risolutamente, come Napoleone I, il nostro Governo : e dureranno senza
« ciò (Dio non voglia) tanto da fare che il Reno risolva da sé ogni dubbio,
« gittandosi nelle valli di Comacchio, dalle quali dopo non troppo lungo tempo
« sarà finalmente rimandato con unanime consenso, specialmente dei Ferraresi
« e di tutti i contendenti, nel suo antico ed unico recapito, nel Po ».
325. Buon per me che egli , raccomandando al nostro Governo di mettere
senz'altro in atto quel piano, non lo ha consigliato a far rivivere il famoso
decreto della Sacra Consulta delle acque emanato un secolo fa, lorchè s'intra-
presero i lavori proposti e diretti dal Lecchi: imponalur parlibus silentium ,
neque preces amplius audiantur. Per tal modo mi si lascia tuttavia libero il
campo a contrapporre le mie fantasticherie a' suoi responsi sulle vere leggi
della natura. Ora supponiamo che un giudice imparziale nel farne il confronto
si trovi in uno stato di perfetta dubbiezza senza propendere per le une o per
gli altri in quanto concerne la parte tecnica ed idrologica della questione.
Altrettanto sicuramente egli non potrebbe fare sotto i rapporti dell' interesse
dello Stato e dell' ordine pubblico rispetto alla difesa territoriale. Coli' addi-
tare il mio piano trattasi di conservare ciò che esiste con provvedimenti che
richiedono comparativamente moderata spesa , e che non darebbero luogo a
reclami, qualora si estendessero agli scoli de' quali non mi sono occupato. Col
preferire l'altro tratterebbesi invece di un dispendio quadruplo o quintuplo in
quanto all'immissione del Reno in Po, aumentabile di oltre una metà per la
sistemazione degli altri torrenti. Ed ove si verificassero di poi i danni da me
presagiti, determinabili allora nel modo il più preciso, danni che colpirebbero
terntorj estesissimi ; dietro reclamo di questi, non solo si dovrebbero ridurre
$34 STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC.
le cose in istato pristino , ma il povero bilancio dello Stato , dopo aver spre-
cate tante spese per fare e per disfare, troverebbesi impegnato eziandio a su-
bire enormi risarcimenti per danni artificialmente inferti. Staremo a vedere
come quest'argomentazione venga accolta dai consiglieri del Governo, e se
sappiano resistere agli impulsi di un partito operoso.
324. Venti anni sono pubblicai uno scritto intorno all'importanza degli studj
sulla statistica de'fìumi, porgendo un saggio del metodo col quale dirigerli a
determinare la loro condizione idrologica, siccome feci per alcuni nostri fiumi
alpini e pel Tevere, del quale dimostrai l'indole dei tutto speciale. Coll'appli-
care ora tali studj alla secolare questione dell' immissione del Reno in Po, mi
sono proposto di offrirne un nuovo saggio alla nostra gioventù studiosa, fa-
cendo voti perchè continui a battere la via segnata dai nostri padri, che assi-
curarono in addietro all' Italia il primato nella scienza delle acque. Ciò potrà
essa conseguire con un coscienzioso ed indefesso studio dei fatti sopra un
campo più vasto, senza temere la taccia di troppo eruditi, semprecchè sappia
togliersi all' influenza di idee preconcette , e rivolgerlo esclusivamente all' in-
dagine del vero.
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO
535
INDICE BELLE MATERIE
Proemio pag.
I. Introduzione. Estuario Adriatico e sue parti . . . . . . »
PARTE PRIMA.
IL Lagune venete in generale, e fiumi principali che vi confluiscono . . »
III. Laguna Caprulese, ossia di Caorle »
IV. Laguna di Venezia. Deviazione de' suoi affluenti »
V. Fisica condizione della Laguna di Venezia. Opere di difesa, e di regolazione
di essa »
VI. Antichi cangiamenti avvenuti nella laguna di Venezia e nel corso de' suoi
tributar) - »
Appendice A sui fiumi della Venezia . »
PARTE SECONDA.
VII. Estuario Padano. Leggi secondo le quali si formano le alluvioni alle foci del Po »
Vili. Antichi documenti storici relativi alle foci del Po ; loro raffronti coi cangia-
menti avvenuti fino alla decadenza dell' impero romano . . . »
IX. Cangiamenti avvenuti nel medio evo fino alla rotta di Ficarolo ; origine di
Ferrara . , »
X. Rotta di Ficarolo »
XI. Descrizione idrografica del Ferrarese nel 1500 estratta dalla Cronichetta di
Ferrara, e considerazioni relative »
XII. Prime vicende degli ultimi tronchi del Po dopo la rotta di Ficarolo per opera
della natura e per quella eziandio dell'uomo »
XIII. Colmamento della Padusa , ossia della laguna Ravennate, e tracce della divi-
sione di terreni assegnati alle antiche colonie romane .... »
XIV. Condizione cui eransi ridotti gli ultimi tronchi del Po fino all'abbandono del
braccio di Ferrara, e provvedimenti allora impartiti .... »
XV. Nuova inalveazione del Po col taglio veneto di Porto Viro ...»
XVI. Proposte che vi furono fino verso la metà del secolo XVIII per la regolazione
delle acque alla destra del Basso Po »
XVII. Inalveazione nel Primaro del Reno e degli altri torrenti inferiori, ed effetti che
ne conseguirono »
XVIII. Iniziamento dei lavori per l' immissione del Reno in Po decretata da Napo-
leone ; successiva sospensione di essi, e disposizioni impartite posteriormente »
XIX. Ultimi studj concernenti la sistemazione di quelle acque . . . . »
Appendice B. Sulle reticole tracciate nelle carte topografiche dell' alta Italia ,
indicanti la divisione di terre assegnale ad antiche colonie romane . »
PARTE TERZA.
Considerazioni idrologiche sopra alcuni punti concernenti
la regolazione delle acque alla destra del Basso Po.
XX. Esame delle discussioni che vi furono siili' interramento del Po di Ferrara »
XXI. Stabilimento del fondo de' fiumi, e fenomeni relativi .... »
XXII. Navigabilità del Po in relazione al reggime de' suoi affluenti delle Alpi e del-
l' Apenni no ...»
Qiom. Ing. —■ Voi XVI. — Settembre 1868. 35
iti
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»
298
536 STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC.
XXIII. Esame della questione: se il fondo del Po vada elevandosi presso la foce del
Panaro, e se l' aggiunta del Reno abbia ad accrescerne l' alzamento . » 290
XXIV. Anomalie' nelle cadenti del Po per gli ultimi suoi tronchi, e verosimili conse-
guenze che se ne possono dedurre
XXV. Influenza dei diboscamenti delle pendici de' monti sul reggime de' fiumi, e par-
ticolarmente nel bacino del Po » 396
XXVI. Calcoli delle portate di piena del Po e del Reno ; effetti verisimili dell'aggiunta
di questo influente al Po » 406
XXVII. Esame dei principj secondo i quali il Lecchi ha proposto e fatto intraprendere
l' inalveazione del Reno e degli altri inferiori torrenti nel Primaro . » 413
XXVIII. Regole che in casi simili sarebbero a seguirsi onde rendere più sicura l' inal-
veazione * *
.XXIX. Modificazioni introdotte nel piano delle opere dai successori del Lecchi . » 417
XXX. Rettificazione di circostanze di fatto concernenti quella inalveazione . » ivi
XXXI. Opinione del Barilari sui provvedimenti che occorrerebbero onde sostenere
l'attuale inalveazione » 420
XXXII. Se convenga allargare i drizzagni, attesa la ristretta loro sezione viva . » 421
XXXIII. Provvedimenti cui dovrebbesi ricorrere nel caso che si volesse sostenere l'odierna
inalveazione del Reno » 421
XXXIV. Proposte anteriori fatte dal Brighenti su questo particolare . . . » 519
XXXV. Effetti che si avrebbero nell'attuale inalveazione qualora ne venisse tolto il
Reno per immetterlo nel Po » 520
XXXVI. Progetto dell' ingegnere Angelo Manfredi di creare un nuovo fiume Apenninico,
deviando Secchia e Panaro dal Po per allacciarli al Reno ed agli altri tor-
renti inferiori e condurli direttamente al mare . . . • • »
XXXVII. Difficoltà che oggidì presenterebbe il compimento del piano iniziato per l' inal-
veazione del Reno in Po • })
XXXVIII. Provvedimenti accessorj nel caso che venisse conservata l'odierna inalveazione
del Reno, oppure che questo avesse ad immettersi nel Po .
XXXIX. Conclusione
Appendice C. Monografia della straordinaria piena del Po del 1839, e quadri
statistici pel periodo dal 1827 al 1860 (da aggiungersi con tavola in fo-
glietto separato).
PROSPETTI NUMERICI.
A. Riassunto delle portate medie unitarie in m. e. del Reno alla Chiusa di Casalecchio
e nell'annesso canale nel settennio dal novembre 1849 al 31 ottobre 1856 . » 304
B. Sunto delle portate unitarie massime e medie, e delle integrali del Po per le maggiori
piene avvenute dal 1827 al 1867 , partendo dal segnale di guardia all' idrometro di
Pontelagoscuro
C. Prospetto delle massime magre e delle massime piene annuali del Po nel sessantennio
1807-66 all' idromelro di Pontelagoscuro, riferite alla guardia . . . . » 306
D. Confronto delle altezze delle magre massime del Po agli idrometri di Ostilia, Sermide
Quatrelle e Pontelagoscuro /■
E. Riassunto delle piene del Po che all'idrometro di Pontelagoscuro oltrepassarono il
metro sopra guardia nei sessant'anni decorsi dal 1807 al 1866
F. Prospetto delle piene del Reno avvenute in questo secolo del 1801 a tutto il 1862, le
quali superarono l'altezza di 6m sullo zero dell'idrometro di Casalecchio
522
527
530
305
308
IV!
RELAZIONE
dell'ingegnere LUIGI TATTI
SULLA CONVENIENZA DELLA IRRIGAZIONE DELLA PIANURA FRIULANA
FRA IL TAGL1AMENTO ED IL TORRE
COLLE ACQUE DEL LEDRA E DEL TAGLIAMELO.
Spettabile Commissione per l'attuazione del Canale del Ledra e Tagliamento.
In ossequio ai desiderii espressi da codesta spettabile Commissione nel pregiato
suo foglio direttomi da Firenze il 6 andante mese, per avere da me un giudizio:
i.° sulla possibilità di estrarre, parte dal Ledra e parte dal Tagliamento, un
corpo d'acqua perenne di trentun metri cubici, che si calcola necessario per gli
usi domestici e per l'irrigazione della pianura friulana fra il Tagliamento ed
il Torre.
2.° sulla convenienza economica di estendere a detta pianura le irrigazioni
col sistema Lombardo, avuto riguardo alla natura del suolo ed alle altre condi-
zioni locali:
mi sono recato in sito nei passati giorni 19 a 23 luglio, ed ho percorso la
plaga irrigabile non solo, ma anche l'andamento del progettalo canale dalla sua
origine al suo sbocco nel piano, e quello delle principali sue diramazioni. In base
quindi ai dati raccolti ed alle assunte informazioni ne ho steso il presente rap-
porto che mi pregio di trasmetterle come il risultato delle mie indagini e dei
miei studii in argomento.
Per rispondere adequatamente e con personale cognizione di causa alla prima
domanda, sarebbemi stato necessario di assumere delle misure dirette nei diversi
stati d' acqua per potere calcolare la portata ordinaria e minima del torrente
Ledra e de'suoi affluenti; e per riguardo al Tagliamento, oltre le misure dirette,
mi sarebbe stata necessaria una raccolta delle effemeridi dell'altezza delle sue
acque per un lungo periodo di anni, osservata in un tratto in cui corra abbastanza
regolare e raccolto. Fortunatamente alla mancanza di questi dati che io non avrei
potuto raccogliere se non mediante parecchie osservazioni in un lungo periodo
di tempo, suppliscono soddisfacentemente gli elementi di fatto all'uopo già rac-
colti da chi mi precedette in queste indagini e dallo zelo di codesta spettabile
Commissione.
Alla misura del Ledra col suo principale affluente, il Rio Gelato, ha già risposto
colla consueta sua diligenza ed autorità il chiarissimo sig. profess. Gustavo Bucchia,
ed il risultato delle sue esperienze venne consegnato nella dotta sua Memoria
edita in Udine nel 1858. Deducesi dalle sue misure dirette e dalle sue accurate
calcolazioni, che il Ledra nelle attuali condizioni ed in tempo di estrema magra
può sempre somministrare un cubo di M. 9,00 al secondo, cubo che nello stato or-
dinario deve ritenersi con molta approssimazione oltrepassare i M. 18,00 (pag. 23).
I
538 SULLA CONVENIENZA DELLA IRRIGAZIONE
Ora è a ritenersi indubbiamente che la copia <T acqua attuale del Ledra potrà
artificialmente aumentarsi , sia collo espurgo delle sorgenti ricchissime che lo
alimentano, e che si presentano assai copiose ad onta degli ingombri di erbe
palustri e di fanghiglia che le ricoprono, sia colla escavazione del tratto di canale
lungo la pianura di Osopo sino a raggiungere il Tagliamento, colla quale verranno
ad allacciarsi molte altre pure abbondanti sorgenti che si manifestano superfi-
cialmente in varii punti, e che dopo breve corso si fanno cosi grosse da poter
servire al movimento dei molini del Marchese, d' Osopo ecc., i cui scoli si gettano
in Tagliamento direttamente. Ciò stando, io non dubito d'affermare, potersi far
conto sul tributo da parte del Ledra di una quantità d'acqua costante di M.3 14,00
al secondo, cioè circa mezza volta di più di quanto emerge dalle misure succitate
del sig. profess. Bucchia in tempo di estrema magra attuale. E questo risultato
si potrà avere più sicuro qualora per animare maggiormente con più forte ri-
chiamo le sorgenti, massime del Rio Gelato, si abbassi quanto più è possibile la
soglia del nuovo canale al suo stacco dal Ledra.
Resterebbero a provvedersi dal fiume Tagliamento i residui M.3 17,00 al se-
condo, occorrenti a raggiungere la quantità di M.3 31,00 creduta necessaria per
un sufficiente servizio di irrigazione. A persuadersi della capacità di quel fiume
a fornire in qualunque epoca detta quantità d'acqua, in mancanza di effemeridi,
le quali d'altronde per la natura torrentizia di quel fiume, per la sua piccola
portata ordinaria a fronte dell'ampiezza del suo letto, e per la conseguente va-
riabilità del suo corso, non potrebbero dare sufficienti criterii di attendibilità;
valgano le misure dirette opportunamente fatte eseguire, or sono poche settimane
dal valente sig. capo ing. civico Locatelli , i cui risultati qui mi compiaccio di
allegare per esteso (Alleg. A). Appare dagli stessi che il Tagliamento in magra
ordinaria porta una quantità d'acqua almeno di M.3 54,00, quantità tanto supe-
riore ai bisogni del nuovo canale da non lasciarci dubitare di poterne estrarre
gli occorrenti M.3 17,00, in qualunque condizione di estrema magra esso sì possa
trovare.
La ubicazione poi ove dovrebbe eseguirsi la presa si presenta così opportuna
per la naturale condizione delle cose, da non potersi procurar migliore con mezzi
artificiali. Infatti il promontorio roccioso di Braunlis sulla sponda destra opposta
si avanza a guisa di grande pennello, quasi perpendicolarmente all'alveo per una
lunghezza di circa cento metri, e spinge il filone direttamente contro le grandi
difese costrutte e rafforzate in questi ultimi anni sulla sponda sinistra, entro le
quali dovrebbe essere praticato l'imbocco del nuovo canale. Basterà una semplice
diga in muro sommergibile, che s'innoltri a imbuto nell'alveo per una tratta dai
cinquanta ai sessanta metri per obbligare l'acqua anche nei periodi di magra
ad avviarsi nel canale, e basterà una serie ben calcolata di sfioratori e di porte
presso la sua origine con opportuni canali scaricatori al dissopra di Osopo per
regolare in esso la sua competenza d'acqua, senza alcun edificio proprio di presa,
seguendo in ciò gli stessi principii coi quali venne regolalo l'incile del Naviglio
Grande di Milano. In questo modo il Canale potrà servire anche alla fluitazione
delle borre e delle zattere senza aumenti di spesa fino ad Udine con grande
vantaggio di quel commercio, e potranno togliersi le eventuali opposizioni che
altrimenti sarebbero per elevare i valligiani della Carnia per la diminuita navi-
gabilità del tronco inferiore del Tagliamento in tempi di magra, in conseguenza
della ideata sottrazione d'acqua per gli usi dell'irrigazione della pianura Friulana,
DELLA PIANURA FRIULANA ECC. 539
Dalle premesse osservazioni si deduce quindi non esservi dubbio intorno alla
possibilità di avere col mezzo del Ledra e del Tagliamene la quantità d'acqua
di M.3 31,00 al secondo, creduta necessaria per il nuovo canale, e potendosi
all'uopo fra loro sussidiare i due dispensatori, col regolare l'immissione delle
acque del Tagliamento più crude e meno addatte alla irrigazione in quella pro-
porzione semplicemente che fosse per mancare al Ledra che somministra acque
più chiare e più idonee anche per gli usi domestici, si avrà la certezza di una
massa d'acqua nel canale non solo costante ma della miglior possibile qualità.
È sorto in taluni poco esperti in materia il dubbio, e ne venni io stesso in-
terpellato, se, stante la qualità ghiajosa del fondo che deve attraversare il nuovo
canale, esso non fosse per disperdere la massima parte delle sue acque prima di
giungere al punto della sua utilizzazione. Noi abbiamo troppi esempi in proposito
di canali antichi e di canali nuovamente aperti, per poter ammettere simile dubbio:
Certo le dispersioni per assorbimento del fondo e delle sponde saranno molto
sensibili nei primi tempi dell'esercizio, ma nulla di più semplice che porvi ri-
medio con poco dispendio, sia col saturare di sabbia e limo quelle piccole conoidi
che si formano laddove presentasi qualche fuga sotterranea, sia col selciare a
secco il fondo e le sponde delle tratte più permeabili, sia nei casi estremi collo
stendere sul selciato ora accennato uno strato di calcestruzzo manipolato con buon
cemento. Le torbide poi portate dalle piene dei due torrenti fornitori dell'acqua coi
loro depositi finissimi spinte tra i più sottili meati e le impercettibili fessure delle
murature nei manufatti, varranno a togliere in breve volgere d' anni ogni anor-
male disperdimento. Sicché non avrassi nel nostro canale ad oltrepassare la mi-
sura che si è in pratica avverata pei canali di Lombardia, e che è ormai ammessa
dai più recenti trattatisti in materia, vale a dire la perdita di circa un sesto del
suo volume sommando in essa tanto le filtrazioni, quanto l'evaporazione, tanto le
fughe per topinaje, quanto i piccoli furti imprescindibili da parte di poco onesti
confinanti. Varrà ad ogni modo a diminuire queste perdite il tener le acque pos-
sibilmente in corpi grossi, e dare al canale quella maggior pendenza che è com-
patibile colla conservazione delle sponde, e colle altre condizioni di tracciamento.
In quanto poi alla convenienza economica di introdurre nella pianura Friu-
lana l'irrigazione secondo i sistemi che con tanto vantaggio dell'agricoltura
si praticano nella Lombardia, serviranno di base alle mie argomentazioni i
dati di fatto e le pratiche previsioni che risultano dal processo verbale che si
unisce sotto B compilato da una commissione di esperti agricoltori milanesi e
del Friuli, dopo avere percorso in tutte le sue parti la pianura, ed essersi for-
mato un criterio abbastanza concreto delle sue condizioni geologiche ed agrono-
miche. Alla soluzione di questi esperti vennero sottoposti diversi quesiti relativi
tanto alla bibacità di questi terreni, quanto ai presumibili aumenti di prodotto
degli stessi dopo introdotta la irrigazione, tanto alla attitudine delle acque del
Ledra e del Tagliamento in riguardo alla irrigazione, quanto al prezzo più con-
veniente da attribuirsi per il loro affitto.
La persuasione di tali esperti della opportunità di introdurre su questi terreni
la irrigazione, fu concorde e tale da esprimerla in tesi generale prima di discen-
dere alla soluzione dei quesiti loro sottoposti, e gioverà qui replicarne i termini
coi quali è espressa. Questi terreni, dicono gli esperti, di qualità eminentemente
calcare con qualche mistura argillosa benché a fondo in generale ghiajoso con sab-
bia , formano però una miscela abbastanza compatta da non lasciar supporre una
540 SULLA CONVENIENZA DELLA IRRIGAZIONE
soverchia bibacità né da sconsigliare per questo titolo V applicazione di un razio-
nale sistema d'irrigazione. Ammesso quindi questo principio, ammessa la neces-
sità di scegliere fra i sessantotto mila ettari nelle varie zone i terreni più
opportuni alla irrigazione in proporzione della quantità d'acqua disponibile,
ammesso il consumo d' acqua necessario per una irrigazione normale in ragione
della loro bibacità nelle tre classi in cui furono distinti, cioè di litri 1,50, 1,25
edxl,00 al secondo per ettaro, e ritenuto che sia necessario il consumo di un
metro cubo per gli usi domestici dei cento gruppi di case costituenti i trenta
comuni sparsi nella pianura e che saranno per usufruire del Canale, in ragione
cioè di dieci litri continui ai secondo per casale, vediamo quale quantità di ter-
reno sarà effettivamente per usufruire del benefìcio dell'irrigazione col pro-
posto Canale.
La quantità d'acqua per cui il canale venne precalcolato è di M.3 31,00 al se-
condo. Da questa dedotti M.3 5,00 per le naturali inevitabili dispersioni per fil-
trazioni, evaporazione ecc., e dedotto un altro metro per gli usi domestici, reste-
rebbero disponibili per la irrigazione effettivi M.3 25,00.
Ritenuta la distinzione dei terreni in tre classi secondo il diverso loro grado
di assorbimento nella ragione esposta dagli esperti sopra Ett. 31,000, e cioè di
EU. 9,415 pei più bibuli, di Ett. 14, 365 pei mediamente bibuli, e di Ett. 7,220
pei minimamente bibuli, e ritenuto il consumo normale sopra esposto di litri 1,50,
1,25 e 1,00 in relazione alle diverse classi; le effettive superficie irrigabili si ridur-
ranno approssimativamente ad Ett. 6,000 per la classe l.a, a 9,000 per la 2.a,
a 5,000 per la 3.a , e così in tutto Ett. 20,000. Ritenuto poi il principio che
debbansi per il maggior vantaggio dell'agricoltura aumentare possibilmente le
praterie stabili ed i prati artificiali in modo da estenderli col tempo a due terzi
della superfìcie totale, limitando l'uso degli adacquamenti parziali ai soli bisogni
della coltivazione del grano turco e degli altri cereali, si scorgerà facilmente non
essere soverchia la quantità d'acqua assegnata al canale ed essere presumibile
il facile e pronto suo collocamento ad affìtto.
Ammesso poi il prezzo di L. 800 all' oncia Magistrale milanese a bocca tas-
sata, quantunque ritenuto dagli esperti troppo basso in confronto ai prezzi del
Milanese, si avrà la spesa di L. 23 per ettaro pei terreni di terza classe, di
L. 28,75 per quelli di seconda classe, e di L. 34,50 per quelli di prima classe;
e quindi un prodotto a favore della amministrazione del Canale di L. 115,000,
per l'irrigazione dei terreni di l.a classe, di L. 258,750 per quelli di 2.a classe,
e di L. 207,000 per quelli di 3.a classe, e così in tutto di annue L. 580,750.
A questa somma, se si aggiungono L. 75/m di contributo per parte dei comuni
per 1' uso delle acque pei servizii domestici, L. 25/m per contributo probabile da
parte della ferrovia per servizio dei rifornitori alle stazioni, e da parte della
città di Udine per il suo proporzionato maggior consumo d'acqua e forze motrici,
e L. 35/m circa per le residue forze motrici da alienarsi lungo le diramazioni
per l'erezione di mulini da grano di cui difetta il paese, di trebbiatoi e di in-
dustrie diverse, si avrà un reddito presumibile totale lordo di L. 715/m , da cui
dedotte L. 115/m per spese di sorveglianza e di manutenzione, resteranno tuttavia
disponibili a servizio degli interessi , dividendi ed ammortizzazione del capitale
L. 600/m.
Ed ammesso pure che questo prodotto non possa realizzarsi intero che nel
periodo di dieci anni dall'apertura del canale, e che il prodotto realizzabile nel
DELLA PIANURA FRIULANA EGO. 841
primo anno di servizio non sia che di un terzo del totale, ossia che di L. 200/m,
e che si aumenti nel decennio in ragione aritmetica, fatti gli opportuni calcoli
scalari sopra un ventennio, si avrà un medio prodotto annuale di L. 500,000:
importo questo che per le ragioni sopra dette della scarsità dell'acqua in pro-
porzione alla superficie utilmente irrigabile, si ha fondamento a credere che sarà
per aumentare col crescere del tasso di affitto in ragione della ricerca delle acque.
Ciò per riguardo al probabile ricavo della società imprenditrice del canale. Per
riguardo poi all'utile che sarebbe per ritrarne l'agricoltura chiamata a fruire
di questo beneficio, sulle basi dei dati assunti nel protocollo degli esperti Agri-
coltori, si istituiscono i seguenti raziocinj.
Degli Ett. 20/m irrigabili suppongasi abbiansi a coltivare a praterie in parte
stabili ed in parte artificiali EU. 12/m , e che gli altri Ett. 8/m abbiansi a col-
tivare a cereali. È questa una proporzione logica, e che sta ancora al disotto
dei desiderj manifestati dagli esperti, che sarebbero di portare le praterie a due
terzi del totale. Il reddito netto attuale dei prati, come dalla diligente relazione
Bertozzi, è per ogni ettaro di L. 41. 70
Il reddito dopo introdotta la irrigazione, e dopo eseguite le opera-
zioni necessarie di riduzione e di concimazione risulterà dalla media
quantità di quintali di fieno 72,50, che valutati non già a L. 6,06
come venne ammesso nei calcoli Bertozzi per la produzione attuale,
stante la sua scarsezza, ma a sole L. 5,00 per quintale, darà un ri-
cavo di It. L. 362.50
da cui dedotta la metà per spese » 181.25
restano » 181.25
L'utile quindi della nuova coltivazione sulla attuale per ogni et-
taro di prato risulterà di L. 139.55
e quindi sopra ettari 12/m L. 1,674,600. 00
Ritenuta poi riguardo alla coltivazione in cereali la stessa ra-
gione di aumento calcolata nella relazione Bertozzi e riconfermata
nel protocollo degli esperti dal Sig. Perito Vidoni, cioè dalle L. 44,40
alle L. 77,10, ossia di L. 32,70 per ettaro, sopra i residui Ett. 8/m
si avrebbe un ulteriore vantaggio di » 261,600.00
e così in tutto . . L. 1,936,200.00
Ora se da questa somma deduciamo :
1.° La spesa d'affitto delle acque come sopra calcolata nel com-
plesso di L. 580,750
2.° Gli interessi e l'ammortizzamento delle spese per le
riduzioni dei terreni valutate dai periti in ragione di L. 350
per ettaro, che pei titoli dedotti in protocollo, cioè che
buona parte dei terreni essendo di proprietà dei contadini,
la cui mano d'opera d'inverno può da loro stessi utiliz-
zarsi gratuitamente, si ritiene riducibile a sole L. 200 . . .
sopra ettari 12/m = L. 2,400,000, che in ragione del 7 p. % » 178,000
totale 758,750.00
resta un aumento netto di produzione pel solo maggior
prodotto di erbe e cereali a L. 1,177,450. 00
542 SULLA CONVENIENZA DELLA IRRIGAZIONE
Aumento ragguardevolissimo, e che qualora si tenga calcolo degli altri redditi
sussidiari di ricavo di piantagioni per legna da fuoco e per gelsi, e di prodotto
almeno raddoppiato di animali d'allevamento e da macello, può presumersi senza
tema di esagerazione almeno ad un milione e mezzo per anno.
Abbiamo quindi riconosciuta la certezza di avere una dotazione costante d'acqua
nel canale dei precalcolati m. e. 31 al secondo; abbiamo vista la possibilità di
condurre il canale sul campo della distribuzione delle sue acque senza troppo
gravi ostacoli naturali; abbiamo calcolato che detto canale per le condizioni
naturali del suolo potrà bastare alla irrigazione di 20/m ettari di terreno , oltre
la distribuzione di un rigagnolo per gli usi domestici ad ognuno dei 100 casali
che costituiscono i 32 comuni amministrativi di cui componesi il consorzio; ab-
biamo indicato quanto potrebbe equamente sperarsi di reddito dall'affitto e dal-
l'uso delle acque; abbiamo finalmente accennato quale sia per essere P incremento
dei redditi delle proprietà irrigabili delle provincie in conseguenza dell'attiva-
zione del piano vagheggiato d'irrigazione.
A sciogliere definitivamente il problema resta a conoscere la spesa necessaria
per la costruzione dei canale. Questa però non potrà dedursi con certa approssi-
mazione senza uno studio diligente di un progetto tracciato sul terreno. Noi ab-
biamo, è vero, gli studj del Duodo, ma essi non contemplano che un semplice canale
della portata di poco più di sette metri cubi al secondo: abbiamo quelli del Loca-
telli, ma essi pure si limitano ad una variante della linea Duodo con un aumento
di sezione per il proposito di aumentare la portata del canale; abbiamo finalmente
quelli del Bucchia, i quali a dir vero si limitano a suggerimenti di massima senza
scandaglio alcuno positivo sul terreno. Gli elaborati dei distinti ingegneri che
ho menzionati, se non possono somministrare i criterj per la determinazione del
costo del nuovo canale, massime avuto riguardo all'aumento propostosi della
sua portata , hanno assicurata la possibilità della sua effettuazione, accennati i
punti più difficili a superarsi, e predisposti molti elementi altimetrici e plani-
metrici che varranno a rendere più facile il compito di chi sarà chiamato a
formare il nuovo progetto, il quale riassumendo e ordinando tutti i migliori con-
cetti finora ventilati da uomini preclari per scienza e per pratica in argomento, e
prevalendosi di tutti i perfezionamenti in questi ultimi anni introdotti nell'arte
costruttoria, abbia a riescire completo e tale da potervisi fare sicuro fondamento
sia per riguardo alla effettiva spesa di costruzione occorrente , sia per riguardo
alla lodevole riescita dell'opera.
Milano, 28 Luglio 1868.
DELLA PIANURA FRIULANA ECC. 543
Allegato A
Sperimenti e scandagli idrometrici per dedurre la portata in magra ordinaria del
fiume Tagliamene eseguiti nei giorni 8, 9 e 10 Luglio 1868.
Primo tronco immediatamente inferiore al Chiusette della roggia Venchiarutti
sul confine fra i territori di Gemona e di Osopo.
Lunghezza del tronco Met. 119, 00.
Area della sezione dedotta con scandagli eseguiti a m. 2,00 di distanza l'uno
dall'altro, metri quadrati trentasei e centesimi trentacinque (Met. q. 36,35).
Sperimenti col galeggiante semplice, costituito da una palla di ottone con za-
vorrà in modo che rimaneva tutta immersa, N. 16 = Se ne fecero N. 21, ma si
ritengono quei soli che procedettero regolari senza alcuna perturbazione nel
corpo del galeggiante, e da essi escluso il massimo ed il minimo.
La media delle velocità osservate risulta di Met. 1,84 per minuto secondo.
Per la velocità media, se assumiamo il coefficiente 0,81 l'avremo espressa in
Met. 1,4904, e se prendiamo il coefficiente suggerito dal Turazza nella seconda
edizione della sua Idrometria, che é di 0,92, l'avremo di Met. 1,6928.
Gol primo coefficiente la portata é Met.s 54, 176
Col secondo » » » » 61533
Secondo tronco al passo di Bordano sopra Ospedaletto rimpetto ai Rivi bianchi
Lunghezza del tronco Met. 134,00.
Area della sezione dedotta come sopra Met. q. 29, 15.
Esperimenti col galeggiante che riuscirono perfettamente regolari N 4
Tempo medio impiegato nella percorrenza dal galeggiante lungo il tronco-
secondi 70,50, e quindi la velocità per ogni minuto secondo Met. 1,90.
Velocità media col coefficiente 0, 81 ...... Met. 1 537
0, 92 ; ;; £ 748
Portata col primo coefficiente Met. 3 44 80
» secondo »
»
30,95
In questo tronco non sono comprese le grosse sorgenti che scaturiscono al-
1 unghia della conoide confluente dei Rivi bianchi, le quali sono comprese nel
tronco superiore sopraindicato.
La pendenza del pelo nel tronco 1.° è data dalle quote 21,525— 20,830= Met 0 695
sull'estesa di Met. 272,00. Il perimetro bagnato di questo tronco è Met. 56 39'(1)
La pendenza del pelo nel tronco 2.° é dato dalle quote 2,85 — 2, 67 = Met 0 18
sull'estesa di Met. 134,00. Il perimetro bagnato di questo tronco 'è M. 42,50.'
Udine, 24 Luglio 1868.
Ing. G. Battista Locatelli.
(1) Se applichiamo a questi dati la nota forinola di Bazin per la misura delle acque in canali a fondo
«cabro, espressa da W* = Rl avremo « = 1.4105, da cui una portata pel primo caso
0.00028 (l +—- )
d> M.351.27, il che prova la molta approssimazione della formola stessa alle deduzioni delle misure dirette,
544 SULLA CONVENIENZA DELLA IRRIGAZIONE
Allegato B
Udine, 23 Luglio 1868.
In esito all'invito della Commissione per il progetto del Canale del Ledra e Ta-
gliamento, portato dalla lettera da Firenze 6 andante mese, allo scopo di racco-
gliere se e quanto possa riescire proficua all'agricoltura della pianura Friulana
tra il Tagliamento ed il Torre l'attivazione dell'irrigazione; previa una diligente
visita locale eseguita nei giorni 21, 22 e 23, incominciando dalla bocca d'ero-
gazione al Tagliamento e percorrendo le varie zone tra il Tagliamento ed il Corno,
fra il Corno ed il Cormor, e tra il Cormor ed il Torre, si riunirono oggi i Periti
agricoltori sigg. Francesco Vidoni di Udine, Pietro Marozzi e Francesco Bignami
di Milano, ai quali vennero dai pure sottoscritti signori avv. Paolo Billia ed
ing. Luigi Tatti sottoposti a risolvere i seguenti quesiti , che qui in seguito si
trascrivono.
Quesito 1.° — In quante classi si possono divìdere i terreni irrigabili della pianura
Friulana per riguardo al consumo di acqua dipendente dalla diversa loro bibacità?
Le terre della pianura Friulana tra il Tagliamento ed il Torre fino ad una
linea tirata da Codroipo a Palmanova, benché diverse fra loro in grado notevole
sotto l'aspetto della fertilità, si ritengono dai sottoscritti di tale natura da non
richiedere un esagerato spreco di acqua per la loro irrigazione. Di qualità emi-
nentemente calcare con qualche mistura argillosa, benché a fondo in generale
ghiajoso con sabbia, formano però.una miscela abbastanza compatta da non lasciar
supporre una soverchia bibacità, né da sconsigliare per questo titolo l'applica-
zione di un ragionato sistema di irrigazione. La diversità notevole dell' attuale
loro fertilità dipende principalmente dallo strato più o meno alto di terriccio
vegetale che le ricopre, e dalla più o meno accurata loro coltivazione.
La circostanza che alcune di queste terre inaridiscono anche dopo soli sei o
sette giorni sereni nella stagione estiva in modo da compromettere i prodotti
agricoli, dipende non già da esuberante porosità del sotto suolo, il quale anzi in
quelle località è estremamente duro e compatto; ma dipende appunto dalla sua
durezza e poca porosità, la quale non permettendo l'assorbimento delle piogge,
non può trasmettere al sopra suolo i suoi umori nella evaporazione. Su questa
qualità di terra gli adacquamenti per essere proficui dovranno essere più fre-
quenti ma non più intensi né più generosi, il che non toglie la relativa conve-
nienza di estendere la irrigazione anche sopra di essi.
La estensione contemplata nel progetto da assoggettarsi ad irrigazione sarebbe
della superficie totale di circa Ett. 68,000, i quali per riguardo alla loro indole
e natura, alla giacitura altimetrica ed allo sperabile vantaggio dell'irrigazione,
possono dividersi in tre classi rispetto alla loro bibacità, collocando nella I classe
i terreni riputati i più bibuli, nella II i mediamente bibuli, e nella III classe i
minimanente bibuli.
Limitando per ora detta classificazione a soli Ett. 31,000 circa, come quelli
che sugli Ett. 68,000 si credono più opportuni a questo genere di coltivazione
DELLA PIANURA FRIULANA ECC. 545
in base a generiche considerazioni riferite a ciascuna zona in cui fu già diviso
questo territorio nella relazione Bertozzi, risulterebbero determinabili :
Zona I
II
» III
» IV
V
I
II
III
Tot. Ett. 2, 000
» 2, 000
» 12, 000
» 24, 000
» 28, 000
Ett. 365
» 2,700
» 3,600
» 2,700
Ett. 365
100
» 2, 500
» 5, 000
» 6, 400
Ett. 180
» 810
» 280
» 2,300
» 3,650
Ett. 910
» 910
» 5, 480
» 10,950
» 12,750
Ett. 68,000
Ett. 9, 365
Ett. 14,365
Ett. 7,220
Ett. 31,000
Benché si sia limitata in questa classificazione la superficie più opportuna-
mente irrigabile a soli Ett. 31,000 sui 68,000 della totale superficie della pianura
friulana in questione, pure i sottoscritti ritengono che qualora si potesse disporre
una quantità maggiore di acqua, una parte anche della residua superficie po-
trebbe venire vantaggiosamente irrigala.
Quesito 2.° - Quale quantità di acqua si reputa necessaria per una irrigazione
completa ad ognuna delle classi di cui al N. 1 per ogni Ettaro?
Per una superficie mediamente bibula e dopo un periodo almeno di nove anni
d irrigazione ed escluse le risaje, nella bassa Lombardia si reputa occorrere
oncie due milanesi effettive, cioè misurate sul luogo di godimento, per ogni mille
pertiche pure milanesi, cioè litri 0,90 circa per ettare.
Divisa la superficie irrigabile in tre classi come al Quesito 1.°, secondo la ra-
gione della bibacità loro, stante la natura delle terre nella pianura friulana per
una irrigazione normale si ritiene possano bastare per la classe i.» litri 1 SO per
ettaro; per quelle della classe, 2.» litri 1,86; e per quelle della classe 3.' litri 1 00
sempre per ettaro, ben inteso che debbansi utilizzare anche le colature
Queste irrigazioni debbono inoltre essere fatte per corpi grossi d'acqua almeno
di mezzo metro cubo, onde diminuirne le dispersioni, e su superficie suddivise in
appezzamenti di circa quattro ettari, per essere facilmente riprese e godute infe-
riormente. Nei primi tempi però e finché non siasi stabilita una buona vicenda
in modo da godere tutte le colature e da diminuire coi depositi delle torbide la'
permeabile delle terre, le dette quantità dovranno essere alcun poco aumentate.
Quesito 3." - Quale la vicenda agraria più proficua alla irrigazione, avuto riguardo
alla natura del terreno?
La vicenda agraria più opportuna in questa regione dopo introdotta la irriga-
zione e quella di coltivare almeno metà a prato, erba medica e trifoglio da au-
mentarsi a poco a poco sino a raggiungere i due terzi , come nella provincia
Lodigiana, allo scopo di poter allevare molto bestiame, e l'altra terza parte a
546 SULLA CONVENIENZA DELLA IRRIGAZIONE
cereaìi, di cui due quinti a frumento, dietro cui cinquantino, e tre quinti a grano
turco con fagiuoli, lino e ravizzone.
Con questa vicenda si potranno produrre molti concimi, e con molli concimi
si avrà un aumento in erbe e cereali assai dovizioso e sicuro.
Questo sistema non esclude l'allevamento dei gelsi nelle parti più elevate, ed
ammette quello delle capitozze di pioppo, salici ed ontani lungo le gore prin-
cipali, con un riflessibile prodotto in legna di cui questa pianura difetta.
L'allevamento delle vacche per formaggio potrà introdursi utilmente forse dopo
un lungo periodo di anni, quando le erbe per continuata concimazione si saranno
fatte più copiose e più grasse, e quindi i frutti delle terre avranno dato tali ri-
sparmi da poter affrontare la spesa dell'acquisto delle vacche da latte e del-
l' erezione dei caseificii. Per ora si suggerisce 1' allevamento delle bestie bovine
per commercio e macellazione tentando anche il perfezionamento delle razze.
Quesito 4.° — Quale ruota di irrigazione più opportuna per le praterie e quale
per i campi aratori?
Per economizzare l'acqua, la ruota d'irrigazione più opportuna sarebbe di un
adacquamento ogni nove giorni circa sui prati stabili da metà Aprile a metà
Settembre.
Per la coltivazione del grano turco, erba medica, trifoglio ecc. si ritiene ba-
stino tre adacquazioni all'anno in media, a norma delle stagioni.
Sarà bene calcolare un adacquamento annuo anche pel frumento,
Quesito 5.° — Quale V approssimativo medio prodotto dopo V irrigazione dei prati e
dei terreni aratorii?
I prati stabili dopo introdotta la irrigazione ed eseguite le operazioni neces-
sarie per la distribuzione delle acque, non che dopo una conveniente concima-
zione devono dare tre tagli all'anno, oltre il pascolo della quartirola. Il prodotto
di questi tre tagli si reputa sarà per variare, a norma della fertilità naturale
del suolo e della buona riduzione della superficie, dai quintali ottantacinque ai
quintali sessanta per ettaro, non calcolato il vantaggio del pascolo sia goduto in
sito, sia lasciato sul prato dove serve ad aumentare la successiva produzione.
A questo prodotto devesi aggiungere quello delle marcite da introdursi in se-
guito e quello delle capitozze, il quale potrà servire in torno triennale alle mag-
giori spese di questa coltivazione.
L' aumento di prodotto dei cereali colla adacquazione dipendendo dalla sicu-
rezza del raccolto, sarà proporzionale secondo le località alle perdite attuali
in causa di siccità, che si calcola in media nella fallacia di un prodotto su tre
almeno.
Questo prodotto verrà aumentato poi anche in forza del maggior concime de-
rivante dal maggior ricavo dei prati, il che supplirà abbondantemente alla dimi-
nuzione dell'estensione del terreno da coltivarsi con questo cereale, per l'aumento
delle praterie e coltivazione delle erbe mediche e del trifoglio, potendosi da mi-
nor superfìcie avere naturalmente pari ricavo dell'attuale.
Il Perito Sig. Vidoni avendo aderito negli estremi esposti nella relazione
Bertozzi intorno all' entità dei prodotti e prima e dopo la irrigazione, e non
DELLA PIANURA FRIULANA ECC. 547
avendo sufficienti pratiche cognizioni su questo genere di coltivazione in
Lombardia, dichiara di non aver motivo sufficiente a recedere dalle opinioni
espresse in detta relazione, secondo la quale la differenza tra la produzione
attuale e dopo la introduzione dell'irrigazione sarebbe da 44 a 77 all'ettaro.
Quesito 6.° — Quale la approssimativa spesa di riduzione per ettaro compresi i
manufatti ed i rigagnoli di distribuzione delle acque ?
Le spese di riduzione in vista della superficie naturalmente abbastanza piana
del suolo, compresa la formazione delle roggie maestre e di scolo, la costruzione
degli incastri, ponticelli ecc. può valutarsi in ragione media di L. 350,00
all' ettaro.
Avuto poi riguardo che buona parte della proprietà della zona irrigabile ap-
partiene ad agricoltori contadini, questa spesa, o diremo meglio la esposizione
di un effettivo capitale, si ridurrebbe d'assai, avvegnacchè sarebbe utilizzata la
mano d'opera degli stessi agricoltori, i quali nella stagione jemale restano ordi-
nariamente oziosi.
Quesito 7.° — Quale V aumento di capitale necessario per ogni ettaro per bestiami,
fabbricati, scorte ecc. dipendentemente dalla nuova coltivazione irrigatoria ?
In via astratta il capitale necessario per acquisto bestiame, aumento scorte,
ampliazione fabbricati ecc. visto il numero degli animali attualmente esistenti, si
può valutare in L. 300 per ettaro.
Fatto però riflesso che gli allevamenti si possono fare in famiglia dai coloni
senza spesa a misura che aumentano i foraggi e che i coloni slessi sono suffi-
cientemente provvisti di caseggiati, e fatto riflesso che le maggiori spese neces-
sarie di scorte ecc. potranno essere imputate senza disagio sugli eventuali ri-
spàrmii procedenti dalla maggiore produzione, si crede superfluo di tener conto
di questo elemento.
Quesito 8.° — Se le acque del Ledra e Riogelato e quelle del ragliamento sono
adatte ad una buona irrigazione?
Le acque del Ledra e del Riogelato di sorgente si ritengono opportunissime
perchè limpide e calde d'inverno; e quantunque nella stagione estiva si man-
tengano alla loro origine alquanto fredde, pure dovendosi riscaldare nel lungo
corso prima di essere adoperate, e dovendo lavorare sopra terreni di natura cal-
lidi, non è a dubitarsi del loro buon effetto.
In quanto alle acque del Tagliamento che portano in sospensione delle parti-
celle calcari e che sarebbero alquanto fredde per la irrigazione jemale, avuto
pure riguardo al lungo loro corso prima di giungere al sito del loro lavoro, nel
quale vengono naturalmente a chiarificarsi, ed alla loro mescolanza colle acque
del Ledra che sarà per riscaldarle nella stagione d'inverno, si reputano pure
opportune, se non nel grado delle prime, almeno in quello delle ordinarie acque
d' irrigazione.
548 SULLA CONVENIENZA DELLA IRRIGAZIONE ECC.
Quesito 9.° — Quale sarebbe il prezzo conveniente ' da attribuirsi alV affìtto delle
acque sia per la stagione estiva, sia per la stagione jetnale e per gli adacquamenti
eventuali, avuto riguardo alle condizioni di questa regione?
Attualmente nel Milanese si paga per irrigazione estiva a bocca tassata dalle
L. 1200 alle L. 2000, per oncia magistrale; e si nota che questi prezzi sono in
continuo aumento per la continua estensione della coltivazione irrigua. Pare
quindi che il tasso di L. 800 ammesso nella relazione Bertozzi sia troppo basso
e possa portarsi a L. 1000 per oncia magistrale Milanese.
In quanto all'acqua jemale si ritiene sufficiente per ora il prezzo di L. 80,
salvo aumentarlo coir estendersi della ricerca in conseguenza dell'estendersi
della coltivazione dei prati a marcita.
Parlando poi degli adacquamenti semplici, sembra che il prezzo di L. 6,00 per
ogni ettaro e per ogni adacquamento, si possa ritenere abbastanza modico e con-
veniente nei primi tempi dell'esercizio. Siccome poi questo prodotto formerà una
delle principali risorse del Canale nelle epoche prime, e siccome gli adacqua-
menti si prevedono ricercati, così si potrà regolare la rispettiva tariffa anno per
anno a norma delle ricerche e del reciproco tornaconto.
Fatto, letto e firmato dagli intervenuti.
Francesco Vidoni.
Ing. Pietro Marozzi.
Bignami Francesco.
Av. Paolo Billia.
Ing. Luigi Tatti.
PARATOIA AUTOMOBILE APPLICABILE AI TUBI DI CONDOTTA.
Invenzione del signor Leopoldo Emaniteli
allievo del R. Istituto Tecnico Superiore di Milano.
(Vedi tav. 25)
Lo scopo di questo meccanismo è quello di mantenere costante la portata d'un
tubo di condotta nel quale la carica iniziale è soggetta a variazioni quali si vo-
gliano. Il tubo termina a sezione quadrata; e la paratoja, propriamente delta, è
costituita da una lastra rettangolare di ghisa, che può scorrere verticalmente chiu-
dendo più o meno la luce d'efflusso. L'embolo A, Fig. l.a (1) unito rigidamente alla
paratoja per mezzo dell'asta £, scorre nel cilindro C, di cui la parte superiore è
messa in comunicazione col tubo di condotta D per mezzo del tubo E. L'asta B
dello stantuffo si prolunga sino ad articolarsi in F con un bilanciere F G, di cui
lo spigolo rettilineo F G è obbligato a mantenersi sul profilo superiore H 0 di un
pezzo in ghisa fissato rigidamente al suolo. All'estremo G del bilanciere è arti-
colata l'asta destinata a sorreggere il contrappeso Q: tanto l'articolazione in F
quanto quella in G si suppongono fatte in modo che i punti F e G, movendosi,
si mantengano sempre nelle verticali corrispondenti.
Se supponiamo che il bilanciere F G occupi la posizione orizzontale L M quando
la carica nel tubo ha il suo valor minimo, é facile vedere che non appena cre-
scerà la pressione in #, l'aumento di pressione sull'embolo A, vincendo la rea-
zione del contrappeso, farà abbassare la paratoja, restringendo così la luce d'ef-
flusso dell' acqua. Se il bilanciere dovesse ruotare intorno ad un punto fìsso 0,
è evidente che nella sua nuova posizione non potrebbe mantenersi in equilibrio;'
infatti l'aumento di pressione sullo stantuffo A non sarebbe equilibrato da nes-
suna variazione nel momento del contrappeso. Ora, non essendo facil cosa va-
riare il contrappeso, conviene variare il suo braccio di leva coll'obbligare il
bilanciere a muoversi sulla curva 0 H. La linea 0 H deve adunque soddisfare a
questa condizione:
Che per un dato aumento di pressione nel tubo di condotta la posizione d' equili-
brio del bilanciere sia tale da corrispondere ad un determinato abbassamento del suo
estremo F, e quindi della paratoja.
Ciò premesso, passiamo alla ricerca dell'equazione di questa curva.
Supponiamo, come si disse sopra, che il bilanciere sia orizzontale quando è
minima la pressione nel tubo: in questo caso la paratoja è completamente al-
zata, per cui l'area d'efflusso è h\ h essendo il lato del quadrato sezione estrema
del tubo di condotta. Indichiamo con :
(li) Al disegno schematico si unisce il disegno della paratoja nel caso in cui essa sia applicata a varii
tubi di condotta. — La semplice ispezione della figura supplisce alla descrizione.
550 PARATOJA AUTOMOBILE
P la resistenza in chilogrammi che si incontra al sollevamento della paratoja:
questa resistenza è costituita dal peso della paratoia e dall' attrito che si svi-
luppa nelle guide (1).
Q il contrappeso in chilogrammi.
R il peso del bilanciere in chilogrammi.
H la pressione totale in chilogrammi esercitata sullo stantuffo A quando l'acqua,
nei tubo di condotta, ha una carica qualunque.
#o il valore di H corrispondente alla carica minima e quindi alla posizione
orizzontale L M del bilanciere.
Indichiamo inoltre con 0 il punto d'appoggio del bilanciere quando trovasi
nella sua posizione orizzontale, e poniamo;
OM=L 0=6
Allora perchè il bilanciere, in questa sua posizione, rimanga in equilibrio, dovrà
essere:
(P + H0)b = bQ
ossia
P+H0=r-Q
che ci dà Q.
Finalmente indichiamo con z (metri) la quantità di cui deve abbassarsi la pa-
ratoja quando la pressione sull'embolo è divenuta H: perchè la portata del tubo
rimanga costante ed eguale a q convien che sia:
q ^h(h-z)y^gI^i
1000*
s essendo l'area dello stantuffo in metri quadrati, e q essendo espresso in metri
cubi. Da quest'eguaglianza si ricava
Q
z = h
hVlgim
^7 WMTs
ove posto
_ijAoooi=:m(2)
Vh\/Zg
si ha:
i i m
a) z=h+yw
(1) A rigore, la resistenza P varia colla pressione che ha l'acqua nel tubo di condotta; ma « può
supporre che il peso della paratoja sia abbastanza grande da rendere trascurabile 1' effetto dell atto
che si sviluppa fra la paratoja e le sue guide. n^uhach
(2) Rigorosamente p varia con s; per essere esatti converrebbe introdurre la forinola di We.soac ,
che dà p in funzione del rapporto fra la parte del perimetro nella quale è tolta la contrazione i
perimetro totale della bocca d' efflusso,
APPLICABILE AI TUBI Di CONDOTTA 551
Se F G è la posizione del bilanciere corrispondente alla pressione H sullo stan-
tuffo, sarà L F = z; per cui riferendo la curva ai due assi 0 X ed 0 Y, avremo
la relazione:
dalla quale, posto per z il valore dato dalla (1), si ha:
In quest'equazione, come si vede, è contemplata la condizione che il bilanciere,
restando sempre tangente alla linea, si abbassi di quel tanto che basta a mante-
nere costante la portata quando cresce la carica dell'acqua nel tubo di condotta.
Resta ad introdurvi l'altra condizione, che cioè il bilanciere si trova in equilibrio
anche quando occupa la posizione qualunque F G. Ritenendo che il centro di
gravità del bilanciere si muova sull' asse delle F, ciò eh' è assai prossimo al vero,
questa condizione è espressa dalla:
(P + H) (b - x) = Q (p + x) + R x
da cui
{ó) X~"P+Q + H+R
Eliminando la H fra le (2) e (3) si avrebbe dunque P equazione della curva su
cui deve muoversi il bilanciere. Allo scopo però di rendere il calcolo più facile,
seguiremo una via meno diretta.
Prendiamo, nella (2), la H come variabile principale: allora essa si metterà
sotto la forma:
j/# x J dH d x
J TT
Sostituendo in quest'equazione i valori ài x e -,— ricavati dalla (3) e riducendo
d x
si ottiene la:
(4) (P+0 + fl + «)||+»= h + ^
Il primo membro di quest'equazione è la derivata del prodotto y (P-f-0 + #+#);
per cui integrando avremo :
(P+Q + H+R) y = hH+Zm J/S+Cost.
Giorn. lng. — Voi XVI. — Settembre 1868. 36
552 PARATOIA AUTOMOBILE
Per determinare la costante osservo che quando H=H0 y = Q; per cui posto
avremo :
hHQ + 2m\/H0=:K
hH + tmVH — K
y-~~P+Q + H + R
Ecco la relazione che passa fra y ed H: volendo l'equazione della curva basterà
richiamare la
(P + E) (b -~ x) = 0 (6 + x) + R x
ed eliminare la H fra questa e la (B). Quest'eliminazione conduce alla:
(6)
y = T
fra . 2m j/6 — a? |/^a? + ff0&-2m \/ HQ (b—x)
b(A + H0)
Ecco l'equazione della curva su cui deve muoversi il bilanciere perchè la portata
del tubo di condotta rimanga costante. — Quest'equazione, com'è facile vedere,
rappresenta un' elisse tangente in 0 all'asse delle x ed alla EF nel punto di
ordinata y = h: l'equazione del diametro passante per 0 è
x.
Il teorema di Pascal , pel quale dati cinque soli punti di una conica se ne pos-
sono trovare quanti se ne vogliono, offre un metodo assai spedito per tracciare
la curva.
Non crediamo affatto inutile l'aggiungere la seguente osservazione, che ci ser-
virà a determinare la minima lunghezza assegnabile al bilanciere.
Se indichiamo con K la pressione esercitata dal bilanciere sul suo punto d'ap-
poggio #, con s la lunghezza dell'arco 0 H e con <p il coefficiente d'attrito fra
ghisa e ghisa (1), è facile vedere che il limite delle posizioni di equilibrio del
bilanciere sarà dato dall'eguaglianza:
d s T d s
ossia dalla:
dy
dx
(1) Tanto il bilanciere quanto il pezzo su cui s'appoggia si suppongono in ghisa,
APPLICABILE AI TUBI Di CONDOTTA 553
risultato che si poteva prevedere. Quando adunque il bilanciere s'inclinasse,
rispetto alla orizzontale OH, d'un angolo maggiore dell'angolo d'attrito, esso
scivolerebbe sul pezzo di ghisa che lo sostiene. Per evitare quest'inconveniente
basterà dunque prendere per b un valor tale per cui si abbia , in tutti i casi ,
tang F Cx 9: per cui denominando con e il massimo abbassamento della pa-
ratoia si dovrà avere:
ossia
= 9
Il limite inferiore della lunghezza del bilanciere sarà dunque dato dal rapporto — .
IL CANALE CAVOUR
MEMORIA
dell' Ing. Francesco Ajraghi.
(Vedi Tav. 26)
La Lombardia e le finitime provincie Piemontesi, che da tempi antichi godono
non poca e lusinghiera distinzione tra le altre parti d'Italia, emersero partico-
larmente nel secolo decimoquinto per l'incremento che seppero dare alla propria
agricoltura, immaginando quel sistema d'irrigazione che l'ingegno e l'interesse
moderno cercano di sviluppare.
Gli è per mantenere il primato agricolo anticamente acquistato e mantenuto
attraverso la fuga del tempo, che molte opere idrauliche vennero compiute in
quest'ultimo giro di lustri, e che ultimamente il gran ministro Cavour decretava
l'apertura di un canale che doveva chiamare a nuova vita agraria il Vercellese,
il Novarese e la Lomellina.
È su questa grandiosa opera che noi abbiamo portato il nostro studio, ed è in-
torno ad essa che vogliamo intrattenere i nostri lettori, offrendo loro una rela-
zione storico-tecnica corredata di tavole illustrative, quale non fu mai data per
intero dagli egregi ingegneri che ci precedettero nell' utile fatica. Tra i senti-
menti che c'inspirava questo lavoro c'era, e non per ultimo, quello di riparare
alla disattenzione che il pubblico italiano qualche volta mostra verso le più
meritevoli intraprese nazionali, mentre è talora curioso di insignificanti opere
straniere.
Daremo quindi, come abbiamo detto, per sommi capi, la parte storico-tecnica, e
presenteremo i tipi dei principali manufatti, senza entrare a discutere la parte
amministrativa, se non in quanto è strettamente legato a ciò che imprendiamo
a trattare, riordinando le memorie e le osservazioni da noi raccolte negli anni
che facemmo parte di quella Società, e presentandole ai nostri lettori.
Ecco ora il pensiero, il nascimento e lo sviluppo di questo Canale, che dovrà
necessariamente diventare una delle principali fonti della ricchezza agricola Ver-
cellese, Novarese e della Lomellina.
Considerazioni storiche generali*
Se noi percorriamo la bella e vasta pianura che si estende dal Po al Ticino ,
la vediamo solcata da fiumi e torrenti , i principali dei quali hanno la loro ori-
gine dalle giogaje del Monte Viso , dai ghiacciai del Monte Rosa e del Monte
Bianco, nonché da un buon numero di canali artificiali da essi derivati, che
conducono parte di quelle acque all'irrigazione delle sottostanti finitime ed anche
lontane campagne.
IL CANALE CAVOUR 555
Quest'immensa vallata del Po, che tante memorie storiche ricorda delle nostre
passate grandezze, e, pur troppo, anche delle guerre combattute per le nostre
deplorevoli municipali suscettività, era in tempi remoti costituita di sterili lande
ed in gran parte coperta di acque che liberamente cadenti dalle confinanti
Alpi, allo sciogliersi delle nevi o in tempi di lunghe pioggie, si spandevano
e formavano stagni, infestando colle loro nocive esalazioni estesi latifondi. Le
idee consociate della civiltà e l'interesse che il Governo Sabaudo poneva a mi-
gliorare le condizioni igieniche del suo stato, fecero si che con spese e sacrifici
non indifferenti s'intraprendessero molte opere allo scopo di allontanare almeno
dalle città e dalle grosse borgate i pericoli e le conseguenze così delle inonda-
zioni come delle pestilenziali emanazioni delle acque stagnanti. — Più che l'opera
dell' uomo fu però efficace quella della natura, che quasi da sola col tempo bo-
nificò queste paludi. Se noi infatti osserviamo la stratificazione di codesti terreni,
vediamo ch'essi presentano i caratteri più spiccati dei terreni alluvionali, sciolti
ed arenosi, evidente prova che le successive piene del Po, del Ticino e di altri
fiumi, alterandosi e depositando le materie e le terre trascinate dalle loro acque
colmarono e bonificarono quelle estese plaghe di terreno, riserrandosi esse acque
in alvei più o meno uniformi e preparando cosi all'agricoltura il secondo suolo,
portatore di fertilità e di ricchezza. — All'azione lenta del tempo succedette poi
quella dell'industria attiva ed indefessa dell'uomo, che, con ben studiate deri-
vazioni, obbligò parte di quelle acque a correre e spandersi a beneficio del-
l'agricoltura.
Osserviamo però che, mentre in Lombardia il sistema irriguo potè raggiungere
quasi l'ideale (1), nella vallata compresa dal Po al Ticino, in causa della defi-
cenza di acque in alcuni dei grandi emissarii durante la stagione estiva, e della
poca loro azione fertilizzante, e aggiungiamo anche la loro trascurata distribu-
zione, non potè finora arrivare al suo completo sviluppo.
Questi fatti ben si conoscevano e si lamentavano già da tempo da quelle in-
dustri popolazioni, che non risparmiarono spese né sollecitazioni al Governo
perchè di comune accordo si pensasse al modo di usufruire delle fertilizzanti
acque del Po, mediante opportune derivazioni, onde assicurare a quelle terre un
sistema irriguo perenne, più esteso e più fruttifero; ma tale pensiero fu sempre
abbandonato nell' erronea credenza che l' altimetria del corso del fiume, ri-
spetto alla latistante pianura, fosse tale da far abbandonare qualunque possibilità
di utilizzarne le acque. Ecco il frutto dei pregiudizii e degli errori che, fissi
nella mente degli studiosi, furono causa che si trascurassero per molti anni os-
servazioni dirette e continuate sui deflussi del Po, e di altri fiumi del Piemonte,
nonché sulla durata e sulla intensità delle piene e delle magre a cui essi vanno
soggetti: osservazioni importantissime sia dal lato tecnico che da quello econo-
mico e commerciale. Parziali e saltuarj studii sui regimi fluviali non conducono
a nulla; chi vuol giungere a un utile risultato deve determinarne le leggi che
li governano e i fatti risultanti da lunghe, esatte osservazioni ed esperienze.
Finalmente nel 1844, un intelligente agricoltore e distinto geometra, Francesco
Rossi di Vercelli, constatava pel primo l'inesattezza degli studii fatti fin' allora
(1) L'arte di derivare canali dai grandi emissari risale, in Lombardia, fino al secolo XI: nel 1177 i
Milanesi condussero fino alle porte della loro città il Canale Ticinello, derivato qualche tempo innanzi
dal Ticino a Tornavento, e chiamato poi Naviglio Grande, che porta ra. e. 51,40 al 1".
S56 IL CANALE CAVOUR
sulle pendenze del Po in Piemonte, e acquistava la certezza di poter utilizzare
le sue acque per l'irrigazione dei Vercellese e della Lomellina. Questa prima e
importante rivelazione, corredata dal relativo progetto di derivazione, fu accolta
sulle prime, come è facile immaginarsi, con un generale sorriso di diniego, e come
idea paradossale, solito incoraggiamento che si dà nel nostro Paese a tutto ciò
che è nuovo e che non ha ancora ricevuto il battesimo dell' ultramontanismo.
Dopo alcuni anni però, l'enunciato del Rossi, fu ampiamente giustificato dagli
studii idrografici eseguiti per ordine governativo (1). Nel 1853 il segnalato inge-
gnere cav. Carlo Noè, ispettore nel Genio Civile, ebbe, per incarico di Cavour,
allora ministro delle Finanze , e sui dati generali esposti dal defunto Rossi , ad
elaborare un dettagliato progetto dell'opera di cui imprendiamo a parlare, e che
doveva su più vasta scala portare il beneficio dell'irrigazione a circa 117 mila
ettari di terreno, mediante un canale che, derivato dai Po a Chivasso, attraver-
sasse, per così dire, l'immensa vallata che da questo fiume si estende fino al Ti-
cino, o, secondo che si disse, il Vercellese, il Novarese e la Lomellina, che,
come osservasi nella Tav. 26 , occupano la pianura sinistra del Po compresa fra
la Dora Baltea a Ponente, le falde delle Alpi al Nord, il Ticino a Levante ed il
Po a Mezzodì, percorrendo una lunghezza di ben 85 chilometri (2) dall'incile
alla sua confluenza in Ticino. — Questi 117 mila ettari di terreno , che attual-
mente danno un reddito di poco più di nove milioni, frutteranno coli' irrigazione
oltre a 30 milioni, ed il valore capitale di questa zona territoriale salirà per
conseguenza dai 170 milioni ai 365 circa; ciò che potrà verificarsi tra un quin-
dicennio, tempo praticamente voluto perchè tutte le acque del canale vengano
perfettamente distribuite all' agricoltura.
Fino da quell'epoca i comuni, i corpi morali ed i privati, chiedevano al go-
verno 1' attuazione del progetto , e lo incoraggiavano all' esecuzione con regolari
deliberazioni, in forza delle quali, mentre essi stabilivano il quantitativo d'acqua
occorrente per l'irrigazione dei vari territori e latifondi, obbligavansi altresì a
sottoscrivere e sborsare anticipatamente delle somme per l' intraprendimento
dei lavori, da computarsi poi nel valore dell'acqua che ad essi rispettivamente
verrebbe devoluta ad opera ultimata.
Pur troppo però le difficoltà di trovare nel Regno i vistosi necessari capitali ,
e le vicende politiche che andarono svolgendosi in quel libero suolo di terra
italiana, occupavano tutt' intera, e ben a ragionala mente degli uomini di stato
d'allora, e ponevano per un momento in sosta l'attività scientifica ed industriale
di quel popolo dai solidi e tenaci propositi.
Compiuta infine l'epopea del 1859, realizzato in gran parte il sogno secolare
della patria libertà, veniva con Decreto Reale 25 agosto 1862 sanzionata la co-
struzione del canale, conformemente alla Convenzione 9 Maggio dello stesso anno
dopo l'approvazione dei due rami del Parlamento Italiano; che in omaggio
(1) Nel progetto di legge presentato alla Camera il 9 Giugno 1862, coli' articolo 38, per l'approva-
zione della costruzione del canale Cavour, fu proposto ed in seguito approvato 1' obbligo alla società
Concessionaria di pagare del proprio alla vedova e ai figli del benemerito allora già defunto geometra
Francesco Rossi, L. 50 mila a titolo di premio come a quegli che indicò pel primo la possibilità di poter
tradurre le acque del Po all' irrigazione delle terre comprese tra Po e Ticino.
(2) Per le varianti che in progresso di studio il commendatore Ingegnere Noè trovò di fare al suo
primitivo progetto, la lunghezza di 85 chilometri fu ridotta a 82,530,
IL CANALE CAVOUR 557
al grand' Uomo sotto i cui auspicii s' iniziava questa stupenda opera idraulica,
unanimamente lo vollero denominato Canale Cavour.
Crediamo indispensabile il chiarire alcuno degli articoli della qui appiedi ri-
prodotta Convenzione — facendola precedere dal Decreto Reale — a fine di rile-
vare alcune delie principali cause del poco felice compimento di quest'opera,
stata avviala fra le migliori speranze.
Legge per la concessione della costruzione di un canale d'irrigazione a derivarsi dal
fiume Po.
25 agosto 1862.
VITTORIO EMANUELE li
per grazia di Dio e per volontà della nazione
RE D' ITALIA
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato;
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Art. i.° È approvata, colle modificazioni infra notate e già assentite dai concessionari, la
convenzione in data del 9 Maggio 1862, intesa tra i ministri di Agricoltura, Industria e Com-
mercio e delle Finanze da una parte, ed i signori L. Col. William Campbell Onslow, William
Walter Cargill, Patrik Douglas Hadow, Iohn Masterman, Henry Bonnaire e Edwin Cox Nicholls
dall'altra, per la costruzione e per l'esercizio di un canale da derivarsi dal Po a Chivasso, non
che per la cessione della disponibilità dei canali demaniali derivati dalla Dora Baltea e dalla Sesia.
Art. 2.° Su tutta l' estensione del territorio attraversato dai canali sociali, entro i limiti di 300
metri dal nuovo canale del Po e dai canali demaniali ceduti alla Società ; di 200 metri dai canali
di derivazione principali di privata proprietà che la Società venisse acquistando, e di 100 metri
dalle diramazioni maestre staccantisi dai suddetti canali della Società concessionaria, sarà proi-
bita l'apertura di nuovi fontanili scorrenti in trincea e l'approfondimento o l'allargamento,
oltre i limiti attuali, di quelli che si trovano già aperti, salvi i diritti acquistati sui fondi altrui
all'epoca della promulgazione della presente legge.
La proibizione rispetto ai canali già esistenti avrà effetto dal giorno della promulgazione della
presente legge ; rispetto ai nuovi dal giorno del tracciamento di ciascun di essi. Le conlravenzioni
a queste disposizioni saranno punibili con una multa da lire cinquecento a mille, e ciò oltre
l'obbligo al contravventore della riduzione delle cose nel pristino loro stato e del ristoro dei
danni verso chi di ragione.
Art. 3.° I comuni, le provincie ed i corpi morali sono autorizzali ad assumere, salva l'appro-
vazione a termini della legge comunale e provinciale, quel numero di azioni e di obbligazioni
che trovassero opportuno, al fine di agevolare l'esecuzione della concessione di cui si tratta,
contraendo i prestiti di cui potessero abbisognare per far fronte al pagamento delle azioni ed
obbligazioni suddette, e vincolando i loro bilanci per più di tre anni in avvenire pel servizio
dei relativi interessi e per la restituzione del capitale, eccedendo, ove d'uopo, il limite normale
della loro imposta speciale.
Art. 4.° Il canale, di cui nella presente legge, prenderà il nome di Canale Cavour.
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella raccolta ufficiale
delle leggi e dei decreti del Regno d' Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Dat. a Torino addì 25 agosto 1862
VITTORIO EMANUELE
(Luogo del Sigillo).
V. Il Guardasigilli
R. Conforti, Pepoli
Quintino Sella.
§58 IL CANALE CAVOUR
Convenzione tra il Ministro d'Agricoltura, Industria e Commercio ed il Ministro delle
Finanze contraenti a nome dello Stato da una parte, ed i signori L. Col. William Campbell
Onslow, William Walter Cargill, Patrìk Douglas Hadow, John Masterman, Henry Bon-
nairetEdwin Cox Nicholls dall'altra, si stipula quanto segue;
Art. 1. I signori L. Col. William Campbell Onslow, William Walter Cargill, Patrick Douglas
Hadow, John Masterman. Henry Bonnaire, Edwin Cox Nicholls si obbligano di costituire una
Società anonima per la costruzione e V esercizio di un canale per cui si derivino costantemente
dal fiume Po non meno di metri cubi 110 d'acqua al minuto secondo, semprechè tale portata
esista nel fiume, canale destinato ad irrigare 1! agro Novarese e Lomellino , non che a sostituire
per l'irrigazione del Vercellese le acque di detto fiume a quelle della Dora Baltea, in conformità
della legge tre luglio mille ottocento cinquantatre, il tutto secondo il progetto dell'ingegnere
Carlo Noè, e sotto Y osservanza dei seguenti capi di convenzione.
Art. % Questa società dovrà avere la sua sede in Torino, e la sua regolare costituzione non
potrà protrarsi oltre il termine di due mesi dalla promulgazione della legge che approverà la
presente convenzione.
Art. 3. Gli statuti di questa società dovranno essere presentati per la loro approvazione al
Governo entro un mese dalla promulgazione della legge.
Art. 4. La società dovrà costruire a tutte sue spese il detto canale, con tutte le opere annesse,
connesse e dipendenti, per derivare e condurre nel canale la costante portata d' acqua designata
dall'art. l.°
Art. B. La società dovrà por mano ai lavori entro sei mesi dalla promulgazione della legge, e
dar compiuto il canale in ogni sua parte entro anni quattro dal cominciamento dei lavori, con
provvedere ad ogni occorrenza e far fronte ad ogni evento ordinario e straordinario, anche di
forza maggiore, senza poter esimersi dagli obblighi assunti né elevare preteste di compenso 0
di indennità.
Nel termine assegnato pel compimento dei lavori non sarà però tenuto conto delle sospensioni
che fossero causate da guerra guerreggiata sul luogo , da sommossa politica scoppiata sul luogo
stesso, o da peste grassante.
Art. 6. Le opere contemplate nel progetto Noè, quelle che a variazione del detto progetto
venissero dal Governo sancite o che il Governo e la società d' accordo determinassero di aggiun-
gere, del pari che tutte le altre di cui è menzione nella presente convenzione, e finalmente le
occupazioni anche provvisorie, sono fin d'ora dichiarate opere di pubblica utilità.
Art. 7. Il Governo concede alla società V introduzione dall' estero di tutti i materiali necessari
alla costruzione e manutenzione del canale con un ribasso del 80 per 0/0 sui diritti di dogana.
Si accorderà inoltre V esenzione dai diritti di dogana per quegli stromenti ed utensili di lavoro
che la società volesse introdurre per eseguire le varie opere del canale, sotto la osservanza delie
condizioni, che a cautela dell' interesse delle finanze verranno dal Ministero stabilite.
Art. 8. Tutti gli atti e contratti occorrenti nella esecuzione della presente concessione saranno
esenti da ogni diritto proporzionale di registrazione, e soggetti soltanto al diritto fisso di una lira.
Art. 9. Il Governo cede alla società il godimento dei canali demaniali derivati dalla Dora
Baltea e Sesia, con le diramazioni dei medesimi e con ogni annesso, connesso e dipendenza,
incluse le fabbriche, i molini, brillatoi ed ogni altro opifizio del Demanio.
Il prezzo dei detti canali e proprietà resta stabilito in lire venti milioni trecento mila
(20,500,000), e dovrà essere dai concessionari pagato alle finanze in tre rate eguali, entro dodici
mesi dalla promulgazione della legge, mediante cambiali sovra banchieri benevisi al Governo, a
scadenza di sei, nove e dodici mesi, che siano ricevute per isconto sulla piazza di Londra.
La consegna di dette cambiali dovrà farsi alle finanze all' atto della promulgazione della legge.
Art. 10. La società avrà il godimento dei detti canali dal 1.° gennaio 1863 sino al termine
della concessione, e dopo questo tempo lo Stato rientrerà nella piena e libera disponibilità dei
medesimi,
IL CANALE CAVOUR 559
Art. 11. La società dovrà osservare i contratti fatti coli' associazione generale d' irrigazione
all'ovest della Sesia e quelli che esistessero con gli altri utenti, e soddisfare gli oneri, pesi ca-
richi, le passività e servitù inerenti ai medesimi canali e proprietà, tenendo le finanze rilevate
da ogni qualsiasi molestia potesse venir loro inferta al riguardo.
La società dovrà rispettare le concessioni in corso per forza motrice a servizio di stabili-
menti industriali.
Art. 12. La società avrà il godimento del nuovo canale da costruirsi per cinquant' anni irrigui
consecutivi, a partire dall'anno in cui il canale di nuova costruzione sarà posto in esercizio
prima della metà del mese di aprile.
Decorsi detti cinquant' anni, la piena proprietà e libera disponibilità del canale stesso si devol-
verà di diritto alle finanze, senza ragione alla società di compenso di sorta.
L'anno irriguo ha principio coli' equinozio di primavera e fine con lo stesso equinozio del-
l'anno successivo, e si divide in due periodi, l'estivo cioè e lo iemale: l'estivo compreso fra
gli equinozi di primavera e d'autunno, e lo iemale fra quelli d'autunno e di primavera.
Art. 13. A richiesta del Governo, e nel modo da esso determinato, la società dovrà eseguire
la costruzione dei canali raccoglitori e diramatori, anche sino oltre la sponda destra del Po
presso Casale, sulle basi e garanzia e coi vantaggi stabiliti per V opera principale.
In ugual modo e termini la società dovrà fare acquisto di roggie , fontane , acquedotti e ra-
gioni d' acqua.
Art. 14. Queste opere e questi contratti di acquisto dovranno essere approvati per legge.
Art. 15. Il capitale che la società dovrà procurarsi per l'eseguimento della concessione è
determinato in ottanta milioni di lire (80,000,000), di cui cinquantatre milioni e quattrocento
mila restano vincolati quale capitale invariabile per la costruzione del nuovo canale, compresi
gl'interessi pendente la costruzione; venti milioni trecento mila verranno erogati nel pagamento
pel prezzo di cessione dei canali demaniali derivati dalla Dora Baltea e Sesia e le rima-
nenti lire sei milioni trecento mila nell' acquisto di canali o ragioni d' acqua di privata
spettanza, e nella formazione di altri canali, in conformità di quanto è disposto negli articoli
precedenti.
Art. 16. La spesa di formazione di nuovi canali , oltre il principale , sarà fissata di comune
accordo, od altrimenti per mezzo di arbitri.
La spesa d'acquisto sarà quella del prezzo convenuto coi venditori.
Art. 17. È riservato a favore della società il godimento degli oggetti contemplati nei prece-
denti articoli 14 e 15 per tutto il tempo della concessione.
Art. 18. Sul capitale di costruzione del canale e sulle altre somme erogate secondo il conve-
nuto, il Governo guarentisce alla società :
a) Un interesse annuo del 6 per cento, con decorrenza, per i singoli oggetti della concessione,
dal giorno, a principiare dal quale si contano i cinquant' anni, di cui nell'art. 12.
b) Un ammortamento di 0,5444 di lira per cento per le somme afferenti al canale a derivarsi
dal Po ed ai canali demaniali derivati dalla Dora Baltea. e Sesia , e per le altre somme del ri-
manente del capitale un ammortamento relativo al numero di anni non ancora decorsi sulla
concessione.
Questa concessione è tassativamente ristretta al solo capitale di ottanta milioni di lire , ed
avrà il pieno suo effetto, allora solo che la somma sopravanzante a quella dei due capitali fissi
di lire cinquantatre milioni quattrocento mila e di lire venti milioni e trecento mila risulti effet-
tivamente erogata nelle opere e negli acquisti di cui agli articoli 13, 14 e 15, e siane accertato
l'ammontare nella conformità prevista dal successivo articolo 16.
Art. 19. La società, imprendendo a corpo la costruzione del canale a derivarsi dal Po, accetta
come definitiva la somma di lire cinquantatre milioni quattrocento mila, ed assume conseguen-
temente a totale suo rischio e pericolo qualsiasi eventualità di eccedenza di spesa che potesse
occorrere per la costruzione delle opere necessarie ad assicurare la costante derivazione e la
costante condotta pel corpo di acqua di cui all'art. l.°, salvo il disposto dell'art. 33 quanto
alle spese di manutenzione e riparazione.
560 IL CANALE CAVOUR
Art. 20. La società è autorizzata a raccogliere il capitale occorrente per l'eseguimento della
concessione, e di cui all'art. 15, parte mediante azioni per la somma fissa di lire venticinque
milioni, e parte in obbligazioni con l'interesse al 6 per cento sino alla concorrenza di cinquan-
tacinque milioni di lire.
Le cartelle di obbligazioni emesse dalla società saranno rivestite della firma di un commissario
governativo.
I versamenti delle obbligazioni verranno depositati nelle pubbliche casse, per essere rifusi alla
società a misura dei bisogni accertati dell' impresa.
GÌ' interessi delle obbligazioni verranno per l' Italia pagati dalle pubbliche casse designate a
quest' uopo dal Ministero delle finanze, a condizione però che la società provveda in tempo op-
portuno le somme occorrenti e che corrisponda alle dette casse una commissione del due per
mille; per l'Inghilterra poi detti interessi verranno pagati per conto della Compagnia, e del
Regio Tesoro, dalla casa Mansterman Peters e compagni, banchieri della Compagnia, o da qua-
lunque casa bancaria, accetta dal Governo a Londra, al cambio fisso di lire italiane venticinque
per ogni lira sterlina. La detta casa dovrà indicare, quindici giorni prima della scadenza, i
vaglia o cedole che saranno stati presentati per il relativo pagamento.
Art. 21. La società dovrà assoggettare all'approvazione del Governo i progetti di tutte le opere
di nuova costruzione contemplati nella concessione.
Art. 22. Al Governo spetta il diritto di sorvegliare la esecuzione delle opere menzionate all'ar-
ticolo precedente, e di farle collaudare prima che siano poste in esercizio.
La collaudazione generale delle opere dovrà farsi eseguire dal Governo entro l'anno dall'i-
niziato esercizio del canale.
È però riservata la facoltà al Governo, entro quattro anni dall' iniziato esercizio, di prescrivere
tutte le opere supplementari che fossere necessarie ad assicurare la costante derivazione del ca-
nale, di cui all' art. l.° della presente convenzione.
Anche queste opere supplementari dovranno eseguirsi dalla società, e la spesa occorrente
dovrà comprendersi nella somma dei cinquantatre milioni e quattrocento mila lire, di cui
all'art. 15.
Art. 25. Spetta pure al Governo il diritto di vegliare al lodevole esercizio di quanto forma
oggetto della presente concessione , come di sindacare la gestione della società nella parte
economica.
Art. 2ft. Verrà formato da commissari del Governo, in contradditorio della società, un par-
ticolareggiato inventario dei singoli oggetti della concessione , immediatamente dopo che la so-
cietà ne avrà intrapreso l' esercizio , per constatare la consistenza materiale e le ragioni dei
medesimi.
Art. 28. Le spese occorrenti per l'esecuzione delle disposizioni degli articoli 22, 23 e 24 sa-
ranno sostenute dalla società.
Art. 26. La società sarà risponsale della conservazione degli oggetti della concessione, colle
ragioni ad essi inerenti, nei modi e termini e nelle forme risultanti dall'inventario.
Essa dovrà al termine della concessione rimetterli al Governo in istato di lodevole conserva-
zione materiale e giuridica.
Art. 27. La società è messa a luogo e vece del Demanio per provvedere alla conservazione
degli oggetti della concessione.
A questo fine viene estesa in favore della società l' osservanza degli analoghi regolamenti vigenti.
Art. 28. Il prezzo d' affitto in denaro dell' acqua , anche come forza motrice , nonché quello
delle concessioni di cui all'art. 11, verrà determinato dal Governo, sentita la società approssi-
mativamente tenuto conto della media dei prezzi correnti.
La società non potrà variarlo senza l'approvazione del Governo.
Art. 29. Le acque del canale a derivarsi dal Po portate oltre Sesia, verranno, passato lo
stesso fiume, misurate superiormente alla prima bocca d'erogazione delle acque medesime, col
mezzo di un idrometro collocato secondo le migliori regole d' idraulica e riferito a' capi saldi
di livello, per constatare un deflusso non minore di 90 metri cubi per minuto secondo, salvo
IL CANALE CAVOUR 561
caso di deficienza di acqua del Po, nel quale caso la società supplirà alla differenza colle acque
della Dora Baltea.
Art. 30. La società si obbliga, ove le ne fosse fatta domanda, di dare in affitto ad un con-
sorzio generale di proprietari oltre la Sesia tutta l'acqua che fluirà all' idrometro di cui all'articolo
precedente, al prezzo da determinarsi dal Governo di concerto colla società.
Art. 31. Ove non si verificasse l' affidamento complessivo delle acque al di là della Sesia, di
cui all'articolo precedente, la società dovrà somministrarle sia ai consorzi parziali ed ai pro-
prietari al prezzo determinato dal Governo a norma dell'art. 28 , ed a quegli altri prezzi che
verranno determinati dal Governo di concerto colla società a seconda dei casi.
Art. 32. La società di concerto col Governo potrà alienare tutta o parte delle acque portate
oltre Sesia.
Le alienazioni dovranno essere approvate per legge.
In questo caso il prodotto della vendita verrà ritirato dalle finanze dello Stato , le quali ne
corrisponderanno alla società 1' interesse e l' ammortamento portati dall' articolo 18 per tutta la
rimanente durata della concessione.
Art. 33. L' obbligazione di guarentigia dal Governo assunta in forza dell' articolo 18 è pura-
mente eventuale, non potendo aver effetto se non nel solo caso in cui l' introito netto non rag-
giunga nel suo complesso la somma necessaria a sopperire ai guarentiti interessi ed ammortamento.
L' introito netto si compone dei prodotti d' ogni natura , compresi pure gli affitti e le rendite
dei canali e delle proprietà date in godimento dallo Stato, depurati dalle spese tutte di manu-
tenzione e di riparazione così ordinaria che straordinaria, non che da quelle di amministrazione.
Art. 3ft. La società sarà tenuta, nel prendere l'esercizio dei canali demaniali dei quali le vien
dato il godimento, di assumere a proprio servizio, con quello stipendio che sarà il Governo per
stabilire, quegli impiegati addetti alla direzione e vigilanza dei medesimi canali che in apposito
elenco le verranno designati.
I detti impiegati non potranno in seguito essere licenziati né rimossi se non previo il con-
senso del Governo.
In caso di collocamento in aspettativa od in disponibilità, ovvero a riposo, i diritti acquistati
per tutto il servizio pjestato sia allo Stato come alla società, saranno ai medesimi computati, e
dovrà la società retribuir loro quell'annuo assegno che verrà liquidato dal Governo, a termini
delle leggi che saranno vigenti in siffatta materia.
Art. 35. La riscossione dei proventi tutti indistintamente dei canali eserciti dalla società sarà
operata nello stesso modo e con gli stessi privilegi che la legge accorda per le pubbliche con-
tribuzioni, dagli Esattori mandamentali.
Art. 36. Il Governo si riserva la facoltà di prolungare oltre il Ticino il nuovo canale a deri-
varsi dal Po, a beneficio della zona tuttora asciutta del territorio lombardo sovrastante al Na-
viglio Grande di Milano, a sinistra, accordandone di preferenza la concessione alla presente
società, a parità di condizioni.
La società dovrà in ogni caso provvedere il volume d'acqua necessaria per l'irrigazione di
quella zona di territorio, immettendola supplementarmente nel canale, col semplice bonifico della
relativa spesa.
Art. 57. In caso di questioni insorte tra la società ed il Governo sulla intelligenza ed esecuzione
del presente contralto, la decisione sarà deferita a due arbitri, l'uno scelto dalla società, l'altro
dal Governo, e il terzo dal Presidente della Corte d'appello sedente in Torino.
Le relative decisioni, purché ristrette nei limiti prefissi dalle parti contendenti, saranno defi-
nitive ed obbligatorie.
Art. 38. La società sarà tenuta di pagare in proprio alla vedova e figliuolanza del defunto
agrimensore Francesco Rossi, che primo ha segnalata la possibilità di utilizzare le acque del
fiume Po sui territorii vercellese e lomellino , quai premio a lui vivente promesso, la somma
di lire 50,000 nei modi e termini che verranno dal Governo stabiliti.
Art. 39. Il Governo si assume l'obbligo di provvedere per legge, a che su tutta l'estensione
del territorio attraversato dai canali sociali, entro i limiti di 300 metri dal nuovo canale del
,
562 IL CANALE CAVOUR
Po e dai canali demaniali ceduti alla società; di 200 metri dai canali di derivazione principali
di privata proprietà che la società venisse acquistando, e di 100 metri dalle diramazioni mastre
staccantisi dai suddetti canali della società concessionaria, sia proibita P apertura di nuovi fontanili
scorrenti in trincea , e Y approfondimento o P allargamento , oltre i limiti attuali , di quelli che
si trovano già aperti, salvi i diritti acquisiti sui fondi altrui all' epoca della promulgazione della
presente legge.
La proibizione rispetto ai canali già esistenti dovrà avere effetto dal giorno della promulga-
zione della legge approvativa di questa convenzione, e rispetto ai nuovi canali dal giorno del
tracciato di ciascuno di essi.
Art. 40. Il Governo si assume parimente l'obbligo di provvedere a che vengano autorizzati
a termini della legge comunale e provinciale, i comuni e le provincie ed i corpi morali ad as-
sumere quel numero d'azioni ed obbligazioni che crederanno, al fine di assicurare l'esecuzione
della presente concezione, contraendo i prestiti di cui potessero abbisognare per far fronte al
pagamento delle azioni ed obbligazioni suddette , e vincolando i loro bilanci per più d' anni 3
in avvenire pel servizio dei relativi interessi e per la restituzione del capitale , eccedendo , ove
d'uopo, il limite normale della loro imposta speciale.
Art. 41. A garanzia degli obblighi assunti dai contraenti per sé e per la società da costruirsi,
essi depositeranno nelle casse dello Stato, fra quindici giorni dalla data della pubblicazione della
legge approvativa della concessione, un milione di lire in tante cartelle del Debito pubblico
italiano al valor nominale.
Questo deposito non verrà rilasciato, se non quando siano eseguiti i lavori di costruzione del
canale a derivarsi dal Po per l'importo di 10 milioni di lire.
Art. 42. Trascorsi venticinque anni di godimento sarà in facoltà dello Stato di riscattare la
concessione, pagando alla società il capitale corrispondente al medio annuo reddito netto del-
l' ultimo triennio, in ragione del cinque per cento, sotto deduzione della somma già ammortizzata
colla garanzia pagata dal Governo.
Art. 43. Nel capitolo d'esecuzione della presente convenzione verranno precisate tutte le con-
dizioni e cautele che saranno del caso per dare sviluppo e mettere in armonia le condizioni
essenziali della concessione , e per guarentire nel miglior modo i reciproci interessi dello State
e della Società.
In questo capitolato in ispecial modo il Governo farà inserire quelle prescrizioni tecniche
sotto la di cui osservanza potrà approvare i progetti; di cui all'art. 21, e collaudare i lavori di
cui all'art. 22.
Art. 44. La concessione di cui si tratta non avrà effetto che per legge, e qualora non venisse
sanzionata dal Parlamento o vi fossero introdotte modificazioni sostanziali per cui la società
stimasse di recedere dal contratto , non avrà essa iu alcun caso diritto a compenso , indennità
o rimborso sotto qualsiasi titolo. Nel caso che non si ottenga nelP attuale sessione legislativa
F approvazione della presente convenzione , la società sarà in diritto di ritirarsi, ed il deposito
di lire 800,000 le sarà restituito.
In esecuzione di quanto sopra, io direttore capo di divisione ho estesa la presente convenzione
in doppio originale, appiè della quale si sono le parti ed i testimoni meco sottoscritti.
Torino, addì 9 maggio 1862.
Firmati all' originale : W. W. Cargill - H. Bonnaire - E. C. Nicholls - W. Campbell Onslow
- P. Douglas Hadow - J. Masterman - G. Pepoli ~ Q. Sella - Ingegnere
C. Noè, testimonio - Carlo Sospizio, testimonio - Teodoro Barnato,
Direttore Capo di Divisione.
Per copia conforme; Il Direttore Capo di Divisione
T. Barnato.
IL CANALE CAVOUR 563
Stabiliti, come si disse, dalla convenzione 9 maggio 1862 i rapporti contrattuali
tra il Governo e la società Concessionaria, fra i quali quello che, per la costru-
zione del canale dal Po al Ticino venivano fissate, coll'art. 15, italiane lire cin-
quantatre milioni e quattrocento mila; questa Società, prima dell' incominciamento
dei lavori di costruzione, cedeva ad uno dei suoi soci, M. E. Bonnaire, la costru-
zione del canale per L. 47,786,366, e questi a sua volta appaltava l'istessa
opera per il prezzo di L. 44,374,874 all'Impresa Lombarda Scanzi, Bernasconi e
Compagni coi medesimi diritti ed obblighi già spettanti alla primitiva Società
assuntrice, come si vede dalle seguenti convenzioni :
Convention entre messieurs William Walter Cargill, William Campbell, Henry Bonnaire et
autres Concessionaires du Canal d'irrigation du Pò au Tessin pour la complète exécution
des travaux.
L'an de gràce mil-huit-cent-soixantedeux, le premier du mois de septembre, à Turin, environ
les trois heures après midi, dans notre Bureau, maison jadis Giroldi, numero 12, rue Sai lite
Thérèse ;
Pardevant nous notaire collègio et certificateur chevalier Joseph Turvano, et en prèsence des
sieurs Zanetti Francois et Robaudi Ignace, tous deux nés et domiciliés à Turin, témoins connus,
requis et capables.
Ont comparu d'une part monsieur le colonel William Augustin Mayew, fils du feu William
John, né et domiciliò à Londres, depuis quelque temps demeurant à Turin, agissant comme prò-
cureur special des sieurs William Walter Cargill, William Campbell Onslow, Patrich Douglas
Hadow , John Mastermann et Edwin Cox Nicholls , concessionaires avec monsieur Bonnaire du
dix-huit juin dernier, passe à Londres pardevant le notaire Wan Venu (insinué à Turin le
vingt-un aoùt dernier, numero 1022, avec les droits de livrea 8 et cent. 80;, et par monsieur
Nicholls par acte du vingt aoùt dernier , recu de nous notaire (insinué aussi en cette ville le
vingt-huit dernier mois, numero 2457, avec la somme de livres 4 et cent. 40) ;
Et d'autre part M. Henry Bonnaire, fils de défunt baron Felix, né à Rennes, domiciliò a
Paris ;
Lesquels ont convenu et arrété ce qui suit :
Art. l.e Les cinq Concessionaires représentés par le colonel Mayew cèdent à monsieur Henry
Bonnaire, autre Concessionaire, l'éxécution complète du dit Canal d'irrigation du Pò au Tessin
suivante les plans et devis du projet du chevalier Charles Noè, aux clauses et condition ci-après
et moyennant le pnx de quarante-sept millions sept-cent-quatre-vingt-sept-mille-trois-cent-
soixante-six livres, francs 47,787, 366.
Sous la condition de le livrer en état de recevoir les eaux dans le délai de trois ans, à partir
du commencement de l'éxécution des travaux, qui prendra la date du premier bordereau de pa-
yement visé per l'ingenieur en chef de la Compagnie.
Toute fois ce comencement d'exécution devra avoir lieu dans les six mois, qui suìvront la
date de la constitution de la Compagnie, conformément à l'article deuxième du Cahier des Charles
La somme susdite de 47,787,566 se décomposera comme suit ì
Exécution des travaux en quatre ans, suivant devis de llngénieur chevalier Noè
(quarante-quattre millions , trois-cent-soixante-quatorze-mille-huit-cent-soixante-aua-
t0rFZe Uvref) • , , U 44,574,874
lixcompte dune année d'anticipation , au six pour cent, deux millions, six-cent-
soixante-deux-mille-quattre-cen-quattre-vingt-douze livres t . > „ %fifà ^
Prime sept-cent-cinquante mille livres è n 780000
Somme égale: quarante-sept millions, sept-cent-quattre-vingt-sept^mihe4roìs-centr™^ —
soixante^six livres L. 47,787,366
564 IL CANALE CAVOUR
Art. 2.e Dans le cas , où monsieur Bonnaire n'aurait pas livré le Canal en état de recevoir
les eaux dans le délai de trois ans, il devra supporler la retenue equivalente du retard sur le
pied du six pour cent Fan, pourvu que ce retard ne soit pas causò par une force majeure de
guerre, roubles politiques, épidémies ou tout autre fait, qui ne soit point imputable au dit
monsieur Bonnaire.
Si au contraire le Canal est mis en état d'amener les eaux avant l'échéance des trois années
monsieur Bonnaire aura droit à une indennité equivalente à l'intérèt de six pour cent sur le
montant du présent contrat pour tous le temps dont il aara anticipò le délai qui lui est accordò.
Art. 5.e Monsieur Bonnaire aura le droit de soustraiter tout ou partie des travaux dont il a
l'entreprise.
Art. V A titre de cautionnement provvisoire pour la régulière exécution des travaux du Canal,
monsieur Bonnaire ou ses soustraitants engageront en faveur de la Compagnie une rente italienne
de cinquante mille francs (livres en cours) en titre au porteur, ou nominatives; lequel caution-
nement devra étre donne au moment de la constitution de la Société.
A titre de cautionnement définitif il sera effectué par la Compagnie sur chaque bordereau de
payement ordonnancé en faveur de l'entrepreneur une retenue de sept pour cent, jusqu'à la con-
currence de trois millions de livres.
Laquelle somme resterà en depót , et ne sera remboursée qu'à la fin de la construction du
Canal, et après reception des travaux, qui devra ètre faite par l'Ingénieur en chef de la Compagnie.
Les sommes retenues comme cautionnement , pourront au choix de monsieur Bonnaire , ou
des ses ayants droit, étre employées à leur risque et compte en titres de la rente italienne.
La rente de cinquante mille livres engagée à titre de cautionnement provvisoire sera degagée
à fur et à mesure, et proportionnellement au montant des retenues operées en vertu du present
article.
Art. S.e Monsieur Bonnaire, ou ses soustraitans , s'étant engagés a souscrire six mille actions
de la Sociéte, dont le premier versement de cinquante livres par action a été fait entre les mains
de la maison Charles Defernex , comme banquier de la Compagnie , sont autorisés à faire les
versemens ultérieurs de ces six mille actions par imputation sur la rétenue de sept pour cent
prescrite à l'article précedent, sous la condition que ces actions resteront entre les mains de la
Compagnie comme représentation du cautionnement.
Toute fois monsieur Bonnaire ou ses soustraitants auront le droit de disposer de tout , ou
partie des ces actions en opérant comme simples souscripteurs les versemens appelés, et en
laissant entre les mains de la Compagnie les retenues faites pour le cautionnement définitif.
Art. 6.e Les payements des travaux ou requisitions des terrains se feront sur certificats de
l'Ingénieur en chef de la Compagnie sur les bases des prix unitaires exposés dans le devis de
l'Ingénieur chevalier Noè, augmentés du montant proportionel relatif à ^7,787,366 livres, comme
dessus, et auront lieu à fur et à mesure de l'avancement des travaux , et toutes les fois que le
montant des travaux, acquisitions et approvvisionnements des matériaux s'élevra à la somme de
deux-cent-cinquante mille francs. . .
Art. 7.e La Compagnie devra accorder aux entrepreneurs et sous-entrepreneurs tous les pnvi-
lèges, facilités et exemptions, que l'Etat lui a accordé par la loi du 28 aóut 1862: et le Cahier
des charges pour l'exécution des travaux, expropriations enregislrements d'actes et pnvileges
cprvì \\ 1 o \\\ pò
" Toutes les obligations à la charge de l'entrepreneur sont subordinés à la condition de l'exacte
et complète exécution des engagements de la Compagnie , et sous la réserve de tous dommages
et intéréts pour les préjudices, qui pourraient resulter de la non-exécution des dits engagemens.
Art. 8.e En cas de contestation sur l'exécution des présentes , la décision en sera remise a
deux arbitres, qui, avant de connaitre la contestation, choisiront un troisième arbitre pour le
Cas de dìsaccord entr'eux.
La décision ainsi prise sera definitive, et obbligatoire pour les parties.
Art. 9.e Les comparants s'engagent à faire ratifier et reconnaitre le présent contrat par ,a Com-
pagnie generale des Canaux d'irrigation italienne aussitót qu'elle sera régulièrement constituee,
IL CANALE CAVOUR ggg
Le présent contrat et tous les actes y rélatifs, ainsi que les sous-traités , délegation et autres
faits en regard des présentes, seront nolifiés à monsieur Charles Defernex, banquier de la Com-
pagnie, pour qu'il y soit donne complète exéculion.
Artide additionel. Il est entendu, que les modificata apportés par les Chambres au Cahier
des charges primitifs , qui a servi de base au présent contrat, ni altèrent ni modifient rien
l'esprit et les lettres de contrat.
En conséquence la reception des travaux devra étre faite par l'ingénieur en chef de la Com-
pagnie dans le courant de l'année, où le Canal aura élé mis en état de recevoir les eaux et
l'entrepreneur après cette reception sera degagé de tonte responsabilité ultérieure.
Toute fois si à l'acte de la reception on constatait des défauts de construction, l'entrepreneur
sera obligé d'y pourvoir à ses frais, et la Compagnie pourra jusqu'à leur régulière exécution
retenir la parlie du cautionnement correspondante au montant presumplif des dits frais
Les frais de réparation et manutention de la dite première, année d'exercice, et tous les frais
successifs seront à la charge de la Compagnie.
Ainsi arreté, et convenu entre les parties, qui approuvent tout ce que dessus, et en promettent
lentiere exécution.
Dont acte fait et passe Fan, mois et jour sus-enoncés, lu et publié à claire et haute voix en
presence et à pleine intelligence des comparants et des témoins.
Aprés quoi tous ont signè avec nous Notaire.
Droit de registre, Fr. 4, cent. 10.
A l'originai signés :
William Augustin Mayhew,
Henry Bonnaire,
Francois Zanetti, témoin,
Robaudi Ignace, témoin.
Par nous mème écrit ce Acte, se contient en dix pages sur trois feuilles.
(Avec paragraphe signé)
Joseph Turvano,
Notaire royal collègio, et Certificateur.
Convention et tratte entre Monsieur Henry Bonnaire, un des Concessionaires et Entrepreneur
de la construction du Canal d'irrigation du Po au Tessin, et la Société Scanzi, Bernasconi
et Compagnie pour l exécution des travaux.
L'an de gràce mille-huit-cent-soixante-deux , le premier du mois de septembre, à Turin à
quatre heures du soir, dans notre bureau, maison Giroldi, numero 12, rue Sainte Thérèse • '
Pardevant nous Notaire Collègio et Certificateur Chevalier Joseph Turvano, et en presence des
sieurs Zanetti Francois et Robaudi Ignace, nés et domiciliés à Turin, témoins réquis, connus
et capables ;
Ont comparu d'urte part :
Monsieur Henry Bonnaire, fils du défunt Baron Felix, né à Renrtes, domicìlio à Paris, depuìs
quelque temps résident à Turin ; et d'autre part :
Monsieur le Chevalier avocat Joseph Scanzi, fils du défunt Joseph, né a Monza, demeurant à
MUan, en sa quahte de représentant de la Société en partecipatoli Scanzi, Bernasconi et Comp
qui s est constituée à Milan pour la construction du Canal susdit; qualité que luì a été donnóe
avec 1 ade du quatorze mai mille-huit-cent-soixante-deux passe par devant monsieur le Notaire
Pnamien a Milan depose en originai dans un acte du dix-sept du mème mois de mai, recu
par le Notaire Antoine Laurin de Milan, qui a été insinué au bureau de cette ville aujourd'hui
au numero mille- cent-vingt-cinq, avec le payement de six livres et soixante centimes :
Les quelà ont dit, et arreté ce que suit :
566 IL CANALE CAVOUR
Monsieur Henry Bonnaire a été chargé, suivant acte passe aujourd'hui avant le Notaire sous-
signé (que sera insinuò avec ce présent), de l'entreprise generale des travaux du Canal d'irriga-
tion allant du Pò au Tessin, appelé Canal Cavour, avec autorisation de soustraiter tout ou partie
des dits travaux ;
Profittant de cette faculté, monsieur Bonnaire cède pour les présentes à messieurs Scanzi, Ber-
nasconi et Comp. la construction complète du dit Canal, aux clauses et conditions ci-après.
Art. l.r Messieurs Scanzi , Bernasconi et Comp., après avoir pris connaissance des plans et
devis du projet du Chevalier Charles Noè, et après avoir trouvé auprès de l'entreprise generale
les facilités et les moyens nècessaires pour activer l'exécution des leurs travaux, s'engagent à
livrer le Canal prét à recevoir les eaux dans le délai de trois ans à partir du commencement
de l'exécution des travaux, qui prenderà la date du premier bordereau de payement, visé par
l'ingénieur en chef de la Compagnie.
Toute fois, ce commencement d'exécution devra avoir lieu dans les six mois que suivront la
date de la constitution de la société, conformément à l'article deuxième du Cahier des charges.
La complète exécution du Canal est cédée par monsieur Bonnaire aux dits Scanzi, Bernasconi
et Comp., moyennant le prix de quarante-quattre millions trois-cent-soixante-quatorze mille et
huit-cent-soixante-quatorze livres.
Art. 2.e Dans le cas où messieurs Scanzi, Bernasconi et Comp. n'auraient pas livré le dit Ca-
nal en état de recevoir les eaux dans le délai de trois ans, ils auront à supporter la retenue
equivalente du retard, sur le pied du six pour cent l'an, sur toutes les sommes recues par eux,
pourvu que ce retard ne soit pas cause par une force majeure de guerre, troubles politiques,
épidémies, ou tout autre fait que ne leur soit pas imputable.
Si au contraire le Canal est mis en état d'amener les eaux avant l'échéance des trois années,
monsieur Bonnaire devra payer aux sieurs Scanzi, Bernasconi et Comp. une prime de cents mille
livres, pour chaque mois d'anticipation.
Art. 5.e A titre de cautionnement provvisoire pour la régulière exécution des travaux du Canal,
messieurs Scanzi, Bernasconi et Comp. engageront en faveur de la Compagnie une rente italienne
de cinquante mille livres , en titres au porteur ou nominatifs , lequel cautionnement devra étre
donne au moment de la constitution de la Société.
A titre de cautionnement définitif, il sera effectué par la Compagnie sur chaque bordereau de
payement ordonnancé en faveur de l'entreprise une retenue du sept pour cent jusqu'à concur-
rence de trois millions de livres, la quelle somme resterà en dépót, et ne sera remboursée qu'à
la fin de la construction du Canal, et après reception des travaux, qui devra étre faite par l'in-
génieur en chef de la Compagnie dans le courant de la première année dans la quelle aura été
livré le Canal prét à recevoir les eaux.
Lorsqu'aura lieu la dite reception des travaux , l'entrepreneur sera degagé de toute responsa-
bililé ultérieure: toute fois, si à l'acte de reception on constaterà des défauts de construction,
l'entrepreneur sera obligé d'y pourvoir à ses frais, et la Compagnie pourra jusqu'a leur régu-
lière exécution retenir la partie du cautionnement correspondant au montant présumptif des
nife frais
Les frais de réparation et de manutention de la dite première année d'exercice , et tous les
frais successifs, seront à la charge de la Compagnie. Les sommes retenues comme cautionnement,
pourront, au choix des messieurs Scanzi, Bernasconi et Comp., étre employées, à leur nsque et
compte, en titre de la rente italienne. r
La rente de cinquante mille livres, engagee à titre de cautionnement provvisoire sera degagee
à fur et à mesure et proportionellement au montant des retenues opérées en vertu du present
àrticte. . . .
Art. ft.e Messieurs Scanzi, Bernasconi et Comp. , s'étant engagés à souscrire six mille actions
de la Société, dont le premier versement de cinquante livres par action, a eu lieu et a ete fait
par eux entre les mains de monsieur Charles De-Fernex , comme banquier de la Compagnie ,
$ont autorisés, en vertu de la faculté qui a été accordée à cet égard à monsieur Bonnaire, à faire
IL CANALE CAVOUR 557
les versements ultérieurs de ces six mille actions, par imputation sur la retenue de sept francs
pour cent prescripte à l'article troisième, sous la condition que ces actions resteront entre les
mains de la Compagnie comme représentation du cautionnement.
Toute fois, messieurs Scanzi, Bernasconi et Comp. auront le droit de disposer de tout ou partie
de ces actions , en opérant comme simples souscripteurs les versements appelés , et en laissant
entre les mains de la Compagnie les retenues faites pour le cautionnement défìnitif.
Art. b\e Le payement des travaux ou acquisitions des terres se fera entre les mains de la
maison André Ponti de Milan, banquier de la Société Scanzi, Bernasconi et Comp., sur certi-
ficats de l'ingémeur en chef de la Compagnie, sur les bases des prix unitaires exposé dans le
devis de l'ingenieur chevalier Noè augmentés en relation avec le prix susmenlionné : les paye-
ments auront lieu à fur et à mesure de l'avancement des travaux, et toutes les fois que le mon-
tani des travaux, acquisitions et approvisionnemenls de matériaux s'élèvera à la somme de
deux-cent cinquanle mille livres.
Art. 6.e La Compagnie devra accorder à messieurs Scanzi, Bernasconi et Comp., et à leurs
soustraitants, comme elle s'y est engagé vis-à-vis de monsieur Bonnaire, tous les privilèges fa-
cihles et exemptions que l'Etat a accordé à elle mème par la loi du vingt-cinq aoùt prochain
passe, et le Cahier des charges pour l'exécution des travaux, expropriations et enregistremens
d actes et semblables. Toutes les obbligalions à la charge de messieurs Scanzi, Bernasconi et C.
sont subordonnés à la condition de l'exacte et complète exécutions des engagemens de monsieur
Bonnaire et de la Compagnie generale, et sous la reserve de tous dommages intéréts pour les
prejudices qui pourrait resulter de la non exécution des dits engagemens.
Art. 7 e En cas de contestation sur l'exécutions des présentes , la décision en sera remise à
deux arbitres, qui avant de connaìtre la contestation choisiront un troisième arbitre pour le cas
de desaccord entr'eux: la décision ainsi prise sera definitive et obbligatoire pour les parties.
Art. 8. Le contrai pour l'entreprise generale des travaux passe entre monsieur Bonnaire et
les autres Concessionaires devant etre ratine et reconnu par la Compagnie generale des Canaux
itahens des quelle sera constituée, monsieur Bonnaire s'engage de son coté à faire reconnaìtre
par la dite Compagnie messieurs Scanzi, Bernasconi et Comp., comme sousentrepreneurs des dits
travaux, aux clauses et conditions du présent contrai.
Le présent contrai et tous les actes rélatifs, ainsi que les delégations soustraites et autres, se-
reni notine a monsieur Charles De-Fernex, banquier de la Compagnie, pour qu'il y soit donne
complete exécution.
Au présent est aussi intervenu monsieur le Colonel William Augustin Mayhew, né et domi-
cili a Londres , fils du feu William John, en sa qualité de procureur special des cinq autres
concessionaires du dit Canal, nommé avec lec actes mentionnés en le dit acte d'aujourd'hui le-
quel se tient informe du présent contrat de cession.
Dont acte fait, passe Fan, mois et jour sus-énoncés, lu et publié à claire et haute voix, et à
pleine intelligence des comparants et des témoins.
Après quoi, tous ont signè avec nous Notaire.
Pour droit de régistre est due la somme d'un frane, suivant la loi des concession.
Comme en originale soussignés :
H. Bonnaire.
Avvocato Giuseppe Scanzi, rappresentante la Società Scanzi, Bernasconi e Comp.
W. A. Mayhew.
Francois Zanetti, lémoini
Ignace Robaudi, témoin*
Par nous mème écrit, ce Ade se contieni en dix pages; ceìles-cì, quoique incomplète, com-
prile sur trois feuilles ; " ' '
Joseph Turvano
Notaire royal Collègio , et Certifìcateur.
Qiorn. kg. — Voi XVI. — Settembre 1868. 37
56g IL CANALE CAVOUR
Il prezzo approvato dal Parlamento conformemente al progetto e preventivo
dell'insigne Ingegnere Noè, trovò cosi nella sua pratica attuazione un ribasso
di L. 9,025,126!!.... E dire che illustri idraulici deputati al Parlamento levarono
la loro 'autorevole parola in seno alla camera legislativa nella 2.a tornala del 29 lu-
glio 1862 per protestare contro la cifra preventivata dell'Ingegnere Noè, adducendo
con prove irrefragabili la troppa elevatezza dei prezzi stabiliti in quel progetto, anche
in confronto dell'altro preventivo presentato dallo stesso lodato Ingegnere Noè nel
1853 che era fissato a 35 milioni. Ma come generalmente succede, la verità o non
è compresa, o, se lo è, interessi contrarli la negano. Sorse tuttavia quel valente
oratore, avv. della Concessionaria, che era il compianto deputato Boggio, il quale,
appoggiato dal Ministero, tanto fece e tanto tentò di dimostrare, che la Camera,
per essere in gran parte profana a questo ramo di scienza, e per effetto dell' au-
torevole e insistente appoggio ministeriale, approvava l'articolo, ed altri ne san-
zionava che dovevano preparare la finale catastrofe amministrativa di quest'opera,
rovinando i molti interessi che vincolavano al felice conseguimento dell'impresa
Comuni e privati, per non dire il Paese.
Quanto però alla questione economica, ho promesso di non entrarvi, e perciò
rimando i cortesi lettori a quanto fu pubblicato nei diadi e negli opuscoli in
proposito; nonché alla Relazione dei Sindaci del fallimento della Società Canali
Cavour.
L'art. 9.° della Convenzione stabilisce la cessione che il Governo fa alla Società
Concessionaria dei Canali Demaniali derivati dalla Dora Baltea e dalla Sesia colle
loro diramazioni. — A meglio intendere e chiarire questo importante capitolo,
giova notare come la parte attualmente irrigata dei territori Vercellese, Novarese
e Lomellino, lo sia specialmente colle acque derivate dai fiumi che li interse-
cano, massime da quelle estratte dalla Dora Baltea, dalla Sesia e dal Ticino,
che sono quasi tutte di esclusiva proprietà dello Stato. Ora appunto, allo scopo
di completare ed assicurare colla costruzione del Canale Cavour una rete di Ca-
nali irrigatori, nonché di facilitare una regolare e più giusta distribuzione delle
acque su tutta quella vasta pianura, il Governo concedeva in godimento alla So-
cietà, per un periodo di cinquant'anni, a cominciare dal i.° gennajo 1863, e pel
corrispettivo di L. 20,300,000, i seguenti Canali Demaniali :
Canali derivati dalla Dora Baltea
i.° Canale d'Ivrea e sue dipendenze, della comples. totale lunghezza di KiL 149.207
2.° Canale di Cigliano » » » » 164.953
3.° Canale del Rotto > » » » 47.045
Questi tre canali portano complessivamente circa 90 m. e. al 1"
e scorrono in direzione da ponente a levante , paralleli fra loro e
bagnando tutto il territorio da essi compreso fino al Po.
Canali derivati dal torrente Elvo
1.° Naviglietto di Casanova; 2.° Molinara di Casanova; 3.° Roggia Gibellina;
4.° Roggia delle Porte; 5.° Cavetto di Castellazzo e rispettive dipendenze,
della complessiva totale lunghezza di » 27.000
' Da riportarsi Kit. 388.205
IL CANALE CAVOUR
Riporto Kil. 388.205
Canali derivati dal torrente Cervo
1.° Roggia Brevilla ; 2." Roggione di Vercelli e rispettive dipendenze . » 49,793
Canali derivati dalla Sesia
Roggione di Sartirana e sue dipendenze, derivato dal Sesia in territorio
di Palestra, che serve ad irrigare la bassa Lomellina verso il Po » 120.644
Cavi sorgenti e raccoglitori, già di spettanza dell'ospedale di Vercelli
1." Roggia Molinara di Larizzate 0 Provalina, colle sue diramazioni -2 «Cavo
Cornaggia; 3." Cavo Vallocara ; 4.° Roggetto del Principe; S.° Cavo Lam-
poro, ed altri minori ,„„ ,„„
Cavi sorgenti e raccoglitori diversi .....'." .' ' ' .' ' * _- * 149 0gg
Totale generale. . . Kilometri 810.896
Da questo quadro é facile vedere quale estesa rete di Canali possieda la so-
cietà del Canale Cavour, e quanto debba alla medesima tornar vantaggioso e fa-
cile il sistemare gran parte delle sue diramazioni, mediante le quali assicurerà
i«nrZZ'Ta,tUUa k Parle Ìrn'gaMe di que11' estesa pianura, vale a dire a
280,000 ettari di terreno circa.
Ognuno può comprendere che se è senza dubbio vantaggioso per la distribu-
zione delle acque del Canale Cavour ch'esse possano essere immediatamente ed
universalmente diffuse come dicemmo, ciò non mancherebbe d'altra parte di
riescire rovinoso per il dispensatore ed oneroso per i derivatori utenti ove non
s. fosse pensato anche a rendere di proprietà del dispensatore il grande numero
de. veicoli di diramazione di proprietà demaniale e privata, in vista anche della
inevitabile e notevole sottrazione a cui le acque del nuovo Canale sarebbero state
esposte ed assoggettate per causa dei veicoli stessi, sia direttamente, sia per la
natura permeabile di tutti i terreni che essi solcano. In Lombardia, dove la stra-
tificazione del terreno in generale è pressoché identica a quella dei piani pie-
montesi sopracitati, e dove identica é pure la condizione atmosferica e la ruota
agraria, l'esperienza ha insegnato che un litro d'acqua continua è sufficiente
ali irrigazione estiva di un ettaro di terreno; come pure si sa che lorchè si tratta
di grandi masse d'acqua scorrente sopra terreni sciolti, le colature corrispondono
a circa un quinto ed anche a un quarto del volume primitivo.- Da questi fatti
emerge che per irrigare sufficentemente 280,000 ettari di terreno di cui si disse
ritenuti gli scoli al rapporto di un quinto, necessitano metri cubi 233 d'acouà
estiva continua. H
Ora, secondoi dati raccolti, e che possiamo ritenere esalti, l'attuale irrigazione
1 quei territori risulterebbe corrispondente ad ettari 163 con un totale di acoua
ienvato dalla Dora Baltea, dalla Sesia e dal Ticino per mezzo di Canali e di Róg-
gie che ascende a metri cubi 136. - Gli altri 117 mila ettari verranno irrigati,
,ome vedremo, colle acque derivale dal Po e da altri emissarii, mediante il Ca-
570 IL CANALE CAVOUR
Portata e sviluppo del Canale.
Allorquando, nel 1853, ring, cav. Carlo Noè esponeva il suo vasto progetto,
assegnava al Canale una portata di 92 metri cubi al 1", pari a moduli legali 920 (1),
da derivarsi dal Po; ma in seguilo, allorché nel 1862 fu sottoposto il progetto
alla sanzione del Parlamento nazionale, questo, trovando enorme e poco persua-
siva la cifra ultimamente preventivata dall'Autore in confronto della prima (nel
progetto erano stabilite lire 35,000,000, ora 53,400,000) per la sola costruzione del
Canale, volle fosse almeno aumentata la portata minima, che, assegnata in 92 m. e.
al 1", venisse elevata a HO m. e. per 1".
Valenti idraulici (2) dimostrarono l'impossibilità di poter fare una sì copiosa
estrazione dal Po; cionnullameno il Canale fu costrutto per una tale portata. Fu
però d'uopo persuadersi in seguito dell'errore, perchè dal 12 aprile 1866, primo
giorno del suo esercizio, l'acqua in esso scorrente variò dai metri cubi 80 ai 47,
e nell'estate dell'anno scorso non fu possibile derivarne che 40 m. e. per 1" (3).
Giova tuttavia notare che, a compensare in parte la deficenza delle acque del
Po nel canale Cavour, concorrono le acque dei fiumi e torrenti che il Canale
attraversa lungo il suo percorso, e segnatamente quelle della Dora Baltea e della
Sesia, mediante canali da essi derivati. Nell'atto di concessione avvi anzi un'ap-
posita clausola, in forza della quale si tiene obbligata la Concessionaria, o chi per
essa, a supplire colle acque della Dora alla possibile deiìcenza di quelle del Po;
qualora poi tale ammanco fosse minimo, vi si potrebbe supplire colle acque dei
canali Demaniali, ceduti in godimento alla Società, sforzandone in essi la portata,
Senonchè l'esperienza di due anni consecutivi avendo dimostrato che nella stagione
estiva, in cui si ha maggior bisogno di acqua, il fiume Po non può dare più di 4C
metri cubi per 1", invece dei HO m. e. per 1" ad esso assegnato, si trovò indispen-
sabile derivare dalla Dora Baltea (4), in territorio di Saluggia, un canale sussidiarie
della portata di 70 metri cubi al minuto secondo, il quale, dopo il percorso di circi
4500 metri, versasse le sue acque nel canale Cavour, assicurando cosi ad esube-
ranza la competenza di questo. Tal canale, che costerà circa un milione, dovevi
■
(1) Il modulo legale italiano è un corpo d'acqua che scorre nella costante quantità di 100 litri ai 1"
e si divide in decimi, centesimi e millesimi (Art. 622 C. C. L), pari a Oncie 3 magistrali milanesi.
(2) Il Senatore Ing. Elia Lombardi™ trovò possibile una derivazione del Po a Chivasso, in tempo d
magra ordinaria, di un corpo d'acqua di 35 m. e. per 1". - Il distinto Ing. Cav. Porro, attuale prò
fessore di Celerimensura nel R. Istituto Tecnico Superiore di Milano, da alcune esperienze da lui eseguii
nell'anno 1846 circa, stabilì potersi erogare pressoché nella stessa località del Po in magra 32 m.c. al
(3) Relazione dei Sindaci dell' oberata Società del Canale Cavour,
(4) Il fiume Dora Baltea è uno dei più grandi del Piemonte: Trae le sue sorgenti da due rami pri.
cipali, che scendono dal Monte Bianco e dal Colle di Ferret nella divisione di Aosta. Nel suo rapi-
corso percorre una lunghezza di circa 80 miglia geografiche, e va a scaricarsi nel Po, nmpetto al v
laggio di Brusasco ili provincia di Torino. — Differentemente da quelle di molti altri fiumi, le acqu
della Dora Baltea sono abbondantissime nella stagione estiva, causa, come si disse, la sua origine di
ghiacciai perpetui dell'alta valle di Aosta. Per la loro origine, queste acque sono di natura fredda,
contengono abbondanti elementi sterilizzanti peli' irrigazione , quali sono i -principi siliceo-magnesiaci
che esse acque trascinano nel loro impetuoso passaggio dalle roccie contenenti in abbondanza ques
elementi. Gran parte di cotali acque vengono ciò non ostante, già da tempo, utilizzate per 1 irrigalo
di una gran parte del Vercellese , a mezzo di tre grandi canali , già Demaniali , ed ora passati ]
godimento alla Società Canale Cavour, e che sono: il Naviglio d' Ivrea, il Canale di Cigliano e que
del Botto.
rin
\
IL CANALE CAVOUR 571
esser costrutto e messo in esercizio nell'estate dell'anno corrente 1868, se il
tribunale di Commercio di Torino, nella seduta straordinaria del giorno 9 maggio
anno corrente, non avesse, dietro istanza di alcuni azionisti, dichiarato nullo
l'appalto deliberalo dai Sindaci della fallita Società. Dietro però energici reclami
di molti cointeressati all'esecuzione di quest'opera, veniva nel 20 maggio 1868
firmato il Decreto Reale, col quale, abrogando la decisione del Tribunale di Com-
mercio succitata, si ordinava l'immediata derivazione del nuovo canale dalla Dora
Ballea. Oltre alle tante ragioni facili a dimostrarsi del vantaggio dell'immissione
di queste acque nel Canale Cavour prima di concederle all' irrigazione, avvi quello
tutt'altro che indifferente, che, mescolando le acque della Dora con quelle del
Po, si ottiene il benefìcio di correggere la natura fredda e deprimente della prima
colle acque tiepide e cariche di sostanze fecondanti del secondo (1).
Fortuna volle che si potessero usufruire alcuni corsi d'acqua, che il Canale
Cavour incontra nel suo sviluppo, col soccorso dei quali mantenere al medesimo
la competenza assegnatagli, e soddisfare così agli impegni assunti verso i comuni
ed i privati per le concessioni d'acqua a loro anticipatamente accordate; il che
non toglie che abbisognino in seguito, e che possano abbisognare molteingenti
somme per opere di condotta e di costruzione allo scopo di tradurre quelle acque
ad impinguare le altre del Canale del Po.
Se la benefica e provvida natura non fosse stala là a riparare in parte agli
errori commessi nella redazione del progetto Noè e nell'approvazione che con
deplorabile leggerezza vi diede il Parlamento, ecco che il Canale non porterebbe
nella stagione estiva più di 40 metri cubi per 1", invece dei 110 m.c. costituenti
la sua portata ; e sì che il Governo ha per esso garantito un interesse del 6 °/0
sul capitale preventivato di 53 milioni, mentre come abbiamo veduto, non costò
che 44,374,874!
Il Canale Cavour è estratto in sponda sinistra dal fiume Po, a circa 400 metri
a valle del Ponte per la strada postale Torino-Casale, mediante una chiusa nor-
male all'asse longitudinale del fiume (2); e dalla sua gran chiavica di deriva-
zione alla sua confluenza in Ticino, misura una distanza di Chilom. 82,230.
(1) Il Po, questo grande emissario che riceve e convoglia al mare le acque tutte cadenti sulla super-
ficie dell' Alta Italia, passando in vicinanza di grandi e popolose città e villaggi, ne raccoglie le materie
sporche ed escrementizie, e lambendo terreni coltivati con un corso relativamente tenue, arriva alla
chiusa del Canale ricco di elementi fertilizzanti.
(2) Finora esiste semplicemente una chiusa provvisoria, non essendosi peranco costrutta quella defi-
nitiva per disaccordi tecnici-amministrativi insorti tra la Concessionaria, 1' Impresa ed il Governo. At-
tualmente i Sindaci dell'oberata Società, messisi d'accordo col Governo e coli' Impresa costruttrice,
nominarono tre periti: il Senatore prof. Ing. Brioschi, il Cav. Ing. Daigremont e l' Ing. Scottini, perchè
portassero il loro esame e riferissero sulle opere necessarie e sui provvedimenti tecnici indispensabili
per porre al più presto possibile in completo esercizio il Canale. — Nel lodo arbitramentale per la tra-
versa del Po, essi ebbero a stabilire che sarà composta d'un solido in ismalto, il cui livello inferiore
discenderà fino a metri 3.90 sotto al livello della soglia superiore, rinchiuso fra due fila di pali e di
tavoloni distanti sei metri da asse ad asse; che la distanza di questa doppia chiusa sarà mantenuta a
mezzo di tiranti trasversali, essi pure distanti quattro metri uno dall'altro; che il solido stesso sarà
incavato nella sua parte centrale ed inferiore, al doppio scopo di diminuire la spesa di chiusura e di
opporre ostacolo più efficace contro le filtrazioni. La parte superiore della traversa sarà disposta a
piano inclinato, il quale presenterà una caduta totale di metri 1.80; questo piano sarà rivestito di
muratura in pietrami a corsi regolari, e tale muratura sarà essa pure rinchiusa fra due corsi longitu-
dinali di muratura in pietra da taglio della larghezza di met. 0.80; la lunghezza dei pezzi costituenti
i corsi di cui si tratta, potrà variare, ma non mai essere inferiore a met. 1.20. Finalmente il sistema
572 IL CANALE CAVOUR
L' articolo V della Convenzione , che fa parte del più volte citato Decreto di
Concessione 25 agosto 1862, obbliga la Società a dar compiuto ed in esercizio il
Canale nel periodo d'anni quattro; ma in seguito ad ulteriori pratiche, special-
mente tra la Concessionaria e l'Impresa costruttrice, questa s'impegnò a dar il
Canale in perfetta attivazione nel termine di anni tre.
A lode dell'impresa dobbiamo dire il molto zelo e l'attività ch'essa spiegò nei
lavori preliminari, per le verifiche dei tracciamenti di massima, per le opere
relative, e finalmente perle pratiche di espropriazione, che in molti luoghi
era osteggiata da vieti pregiudizj, nonché dalle enormi pretese e difficoltà solle-
vate da alcuni proprietarj e corpi morali, che, mentre prima esortarono in tutti
i modi il Governo a dar esecuzione al progetto, ora ne contrastavano la costru-
zione, frapponendo ritardi dannosi al proseguimento dei lavori, all'interesse
dell'Impresa ed a quelli della Concessionaria stessa. Unitamente a queste diffi-
coltà, non va taciuto che in alcuni territorj, e specialmente nel Novarese, la pro-
prietà fondiaria è così suddivisa, che in molti luoghi le sole pratiche di espro-
priazione assorbirono il valore del terreno da stralciarsi.
Oltre a questi ritardi e a tali cause di maggiori dispendj, si nota anche che,
dovendo il Canale Cavour, nel suo esteso sviluppo, solcare terreni intersecati da
strade ferrate, nazionali, comunali e vicinali, nonché un gran numero di acque
correnti di pubblica e privata proprietà, gli studj definitivi delle tante opere
d'arte (circa 480), e quelle di difesa e di deviazione, riuscirono lunghi, e dif-
ficili dettero tuttavia i migliori risultati , essendo stati diretti da uomini di
lunga esperienza e di pratica capacità.
Prima di continuare a spiegare l'andamento del nuovo Canale, crediamo ne-
cessario di dare un'occhiata sommaria alla topografia del terreno che esso attra-
versa. Colla scorta della già citata tav. 26, vediamo che il Vercellese, il quale
fino alla destra sponda della Sesia costituisce un piano generale formato di pres-
soché uniformi estesissime plaghe di terreno già discretamente irrigate dai ca-
nali altre volte demaniali descritti nell'art. 1, non offre nulla di speciale oltre a
ciò che avremo da dire a suo tempo, lorché parleremo dei Canali secondarj, quali
tramiti che devono portare la diffusione delle acque del nuovo Canale del Po
alle vaste terre destinate a ricevere un tanto beneficio.
La maggior diffusione eli queste acque però avverrà nell'estesa superfìcie com-
presa tra la Sesia ed il Ticino , che forma, per così dire, la golena che è tra il
Po e l'imponente argine che vi fanno le Alpi Elvetiche. Tale estesa pianura forma
un piano inclinato da Nord verso Sud, e rappresenta come una grand'unghia con-
terminata alla sua estremità superiore dal Canale, al lembo inferiore dai Po, e
ai due lati dalla Sesia e dal Ticino; e l'inclinazione complessiva di questa zona
fu calcolata di cento e più metri, partendo dal suo lembo più elevato fino alla
parte più depressa , ossia fino all' immissione del Ticino nel Po. Nel parlare
delle arterie che dovranno diramare le acque del canale Cavour, vedremo come
questa regione sia solcata dai torrenti Agogna, Arbogna e Terdoppio, nonché da
sarà completato con catene trasversali, anch'esse in pietra da taglio, distanti sei metri da asse ad asse,
il cui scopo sarà quello di dividere la muratura di pietrame in una serie di scomparti, ben distanti gli
uni dagli altri. A valle di questa chiusa, sopra metri 10 di lunghezza e metri 1.40 di spessore, sarà
disposta una gettata di massi di grossezza conveniente, nel cui mezzo, a fine di impedire l'esporto dei
massi per forza della corrente, sarà battuta una serie di pali a zig-zag, distanti met. 1.50 l'uno dal->
l'altro nel senso della lunghezza della traversa, e di met. 2 nel senso della sua larghezza.
IL CANALE CAVOUR 573
un buon numero di cavi regolari, quali sono: la Roggia Rizzo-Biraga, la Busca
e la Mora, ed altre di minor importanza, le cui acque provengono dalla Sesia, e
dai navigli Langosco e Sforzesca. Bisogna però notare che per la natura stessa
dei torrenti, uniforme a quella del fiume Sesia, mentre codesti canali danno
copiosi corpi d'acque in occasione delle piene, si fanno miserrimi e quasi com-
pletamente asciutti nell'estate, e non offrono più che le poche acque sorgenti
dai loro letto e defluenti dalle circostanti campagne. Data cosi una sommaria
descrizione dell'estesa zona di terreno che verrà solcata dal Canale Cavour, pro-
cediamo a descrivere il suo interessante sviluppo.
Questo Canale, che, come si disse, ha una percorrenza di metri 82,230, com-
prendendovi il complesso della lunghezza dei suoi scaricatori, stabiliti in fregio
alla sponda destra e presso ai principali corsi d'acqua attraversati, il suo sviluppo
ascende a metri 88,971. Il tratto di Canale o incile posto tra il fiume e l'edificio
di presa, ha le sponde murate, leggermente inclinate, ed una larghezza sul fondo
di metri 40, ed a totale competenza le sue acque raggiungeranno lo spessore di
metri 2,20 sui fondo.
Il primo scaricatore trovasi ai termine e sulla destra a monte dell'edificio di
presa allo scopo di ricevere e ritornare al Po le acque eccedenti il bisogno, nonché
allo scopo di tener sgombro dai depositi il fondo dell'incile e della derivazione.
Dall'incile il Canale segue parallelamente, per breve tratta, la strada postale da
Torino a Chivasso per Brusasco ecc., indi risvolta in direzione di Nord-Est, ed
in linea alquanto ondulata, continuando per Verolengo e Calciavacca , passando
poi quasi tosto nella vallata della Dora Baltea , che percorre, con acquedotto di
227 metri, fino all'incontro del fiume, al quale arriva dopo un percorso di
metri 10,737, sovrapassandolo mediante grandioso Ponte-Canale di nove luci, cia-
scuna della corda di 16 metri, e della lunghezza di metri 192,60. Allo sbocco del
Ponte-Canale prosegue per metri 1874, in acquedotto d'accompagnamento, attra-
verso la vallata, continuando per altri 19 Chilometri circa in direzione Nord-
Ovest fino alla strada nazionale Torino-Vercelli-Novara che interseca obbliqua-
mente, indi, ripiegando dolcemente verso Nord, incontra il canale d'Ivrea, la
strada provinciale da Santhià a S. Germano, e la strada ferrala Torino-Milano.
Oltrepassata quest'ultima, esso segue quasi in linea retta fino all'incontro dei
torrente Elvo (1), che sottopassa mediante tomba-sifone a cinque luci elittiche,
aventi ciascuna cinque metri di asse maggiore e 2,50 per asse minore , e della
lunghezza totale di metri 177,50.
Dallo sbocco della tomba, il percorso del Canale diviene meno regolare fino
all'incontro della Sesia. Tale irregolarità d'andamento è dovuta alle svariate
accidentalità del terreno ed alla quantità dei corsi d'acqua dai quali è interse-
cato — fra questi il torrente Cervo (2), che viene sorpassato, dopo percorso l'acque-
dotto di 204 metri, mediante Ponte-Canale di sette luci, della corda di 15 metri
(1) Questo torrente trae le sue sorgenti dal Monte Sordevolo . in provincia di Biella, che appartiene
alla catena di monti pei quali il Biellese è diviso dal contado di Aosta; scorre la vallata che da esso
prende il nome, e riceve nel suo percorso, di circa 25 miglia, alcuni torrenti minori, e va finalmente
a scaricarsi nel torrente Cervo in territorio di Collobiano.
(2) Il torrente Cervo ha le sue fonti al sommo della valle di Andorno nella provincia di Biella , alla
quale bagna le mura, e proseguendo il suo corso verso Sud-Est, riceve altri minori torrenti, finché,
dopo un cammino di circa 30 miglia, confluisce nel fiume Sesia a 2 miglia al Nord di Vercelli,
574 IL CANALE CAVOUR
ciascuna — attraversa al di là la rimanente vallata mediante altro acquedotto lungo
2518 metri, e, continuando in profonda trincea nei territori di Villarboit, arriva
al torrente Roasenda, che oltrepassa mediante Ponte-Canale a tre luci di 9 metri,
allo sbocco del quale si avanza ancora in trincea per circa 1500 metri, fino al-
l'incontro del torrente Marchiazza, che valica esso pure con Ponte-Canale di tre
luci di metri 4,80 di corda; finalmente, dopo altro percorso di circa 4 chilometri
con andamento meno regolare, arriva al fiume Sesia (1), che sottocorre mediante
tomba-sifone — stupendo e grandioso manufatto della lunghezza di metri 265,20 —
con cinque luci di 5 metri di diametro.
Dallo sbocco della Tomba sotto la Sesia , continua il Canale in direzione di
levante, costeggiando i paesi di Recetto , Gargarengo , Biandrate e Mosezzo, fino
all'incontro del torrente Agogna (2), avendo in questo percorso attraversato strade
ed acque di poca importanza, tranne i corsi delle roggie Rizzo-Biraga e Busca,
derivate dalla Sesia, che il Canale sottopassò con tomba-sifone.
Il Canale è diviso in otto riparti, il primo de'quali della lunghezza di m. 6,000
dall'incile alla strada di Verolengo alla Torrazza, il secondo lungo 7,000 metri,
compreso tra la strada di Verolengo alla Torrazza e quella da Crescentino a Sa-
luggia, il terzo della lunga tratta di 12,000 metri, dalla strada sopradetta a quella
da Bianzè alla Cascina Consolata e Torrone dei Banditi ; il quarto, lungo ben
12,700 dall'ora nominata strada al Rio Finale; il quinto di metri 6,500, compreso
da Rio Finale alla strada da Fonnigliana a Buronzo; il sesto di 9,900 metri, dal-
l'ultima descritta strada a quella nazionale da Vercelli a Gatiinara; il settimo
della lunghezza di 15,900 metri, compreso fra la nazionale sopradetta e quella
pure nazionale da Novara a Varallo; e finalmente l'ottavo ed ultimo, compreso
tra la strada nazionale per Varallo e la confluenza del Canale in Ticino.
In quest'ultimo si riscontra un gruppo di importanti lavori, e circa 40 manu-
fatti che si succedono poco discosti l'uno dall'altro. Il Canale, oltrepassato il
torrente Agogna, alla progressiva 70,600 mezzana dell'edificio con tomba a si-
fone a tre luci di cinque metri ciascuna, dopo la quale, con un percorso di circa
2400 metri, interseca la strada nazionale per Pallanza e la prossima ferrovia da
Novara ad Arona, portando in seguito le sue acque al di là del torrente Ter-
doppio (3), dopo averlo sottopassato esso pure con tomba di tre luci da cinque
metri di larghezza.
(1) Il fiume Sesia, antico confine tra gli stati del ducato di Milano ed il Piemonte, ha le sue scatu-
rigini lungo le falde del Monte Rosa, dove molti rivi convergendo in un sol letto, costituiscono l'im-
ponente corpo d' acqua che scorre nel Sesia , e discendendo attraversa la Valsesia in direzione di tra-
montana a mezzodì, passa in territorio di Alagua , inferiormente al quale comincia a ricevere di tratto
in tratto le acque di moltissimi torrenti, arriva poi alla città di Varallo, al di là della quale il suo
letto si allarga, ed in tempo di piena inonda parecchi latifondi ; arriva nei territorj di Gattinara e Ro-
magnano, dove hanno luogo le prime derivazioni di canali d'irrigazione, bagna il territorio di Vercelli,
e va infine a scaricarsi nel Po in vicinanza di Casale.
(2 e 3) Tanto l'Agogna quanto il Terdoppio hanno la loro origine nelle gole dei contrafforti delle Alpi,
e scorrono l'uno parallelo all'altro. Il primo, dal Monte Mergozzolo, ove nasce, nella riviera del lago
d'Orta discende, passando per Borgomanero e ricevendo in seguito i minori torrenti Bissone, Sissone
ed Arione; finalmente, passando per Novara, scorre la Lomellina e va a confluire nel Po alla Giarda
fra Cassone e Balossa. 11 suo corso tortuoso è sempre però in direzione da Nord a Sud, e le sue acque
servono all'irrigazione, specialmente di Olevano e Castel d'Agogna. Il Terdoppio nasce in territorio di
Agrate, si perde nella Roggia Cerana presso Sozzago, ricompare in territorio di Terdoppiate, scorre la
lomellina, e versasi in Po in territorio di Trumello,
IL CANALE CAVOUR 575
Oltre questo torrente, piegando bruscamente verso Nord, continua per tratti
rettilinei, intersecando acque e strade di minor importanza, compresa però quella
nazionale da Galliate per Turbigo che interseca obbliquamente; infine, sempre
in direzione Nord, spingesi fino ai ciglio della gran Vaile dei Ticino, in territorio
di Galliate, dove apposito edifìcio sdrucciolatore (1) ne immetterà le acque nella
sottostante roggia Molinara, oppure più a valle nel laghetto che forma il naviglio
Langosco, e quindi in Ticino con una caduta di metri 2o;849, essendo le,ordinale
estreme, cioè quella della soglia della gran Chiavica di derivazione dal Po di
m. 173,450, quella allo sbocco m. 151,720 e quella del pelo d'acqua dei navidio
Langosco m. 125,871.
Ai vantaggi incalcolabili che il nuovo Canale porterà alla produzione agricola,
giova aggiungere altresì quello che, con una tale considerevole sottrazione d'acqua
dal Po, si arriverà a diminuire in parte gli effetti disastrosi delle piene imme-
diate di questo iiume, nonché quelle cagionate dai corsi d'acqua torrentizi che
pressoché normali al suo asse (2), in tempo di piena innondano le finitime
campagne, malgrado un grandioso sistema di arginature.
Il considerevole corpo d'acqua derivato dal Po pel canale Cavour non ritor-
nando che in parte ai liume originario se non a mezzo del suo confluente Ticino,
dopo aver servito all'irrigazione e quindi sofferte perdite considerevoli per fil-
trazioni, evaporazioni ecc., salva dalle piene ordinarie i terreni a destra e a sini-
stra dei gran fiume, compresi fra la derivazione delle acque del Canale Cavour
e il luogo dove il Ticino le riconsegna al Po, vale a dire per una lunghezza di
circa 120 chilometri.
{Continua),
) Non fu peranco costrutto, non essendosi finora potuto appianare le difficoltà sollevate dagli utenti
della Roggia Molinara e del Langosco pei danni a loro avviso derivantegli dall'immissione delle acque
del Canale Cavour, nonché in causa di dispareri tra la Società e l'Impresa costruttrice; noi però da-
remo nel prossimo capitolo la descrizione dell'edificio come dovrà essere costrutto a seconda dell'ap-
provazione dei Sindaci della fallita Società. - Frattanto le acque del Canale Cavour si smaltiscono per
la maggior parte a mezzo degli scaricatori a monte della tomba del torrente Agogna e di quello al
Terdoppio. Essendo però il primo di questi due scaricatori distante circa 11 kilometrì e mezzo dalla
estremità del Canale, ed il secondo di otto, in caso di piena dei torrenti ora accennati, i due scarica-
tori in questione non funzionerebbero che incompletamente; quindi torna urgente che si ponga tosto
mano alle opere di costruzione dello sdrucciolatojo, onde non trovarsi nella trista alternativa di vedere
in tempo di piena traboccare dagli argini del Canale le acque in esso scorrenti
r.2L" r° \ChÌ,VoSi° dìSta kÌ1°m' 129'78° dalle sue fonti alIe fa,dc del M<>nte Viso, ed ha ivi una
caduta di metri 13,629 ed una pendenza metrica di 0,460
RIVISTA DI GIORNALI E NOTIZIE VARIE
PROCESSO PER LA FABRRICAZIONE DEL GAZ DI NAFTA.
Troviamo nel Giornale Le Genie Industrìel alcune importanti notizie sulla fabbricazione del
gaz di nafta per l' illuminazione di officine lontane dalle grandi città, per le stazioni delle strade
ferrate, caserme, ospitali e qualunque siasi altra costruzione che per la sua posizione non possa
approfittare del gaz di carbon fossile. Quest'ultimo certamente non potè finora, malgrado i più
accurati e sapienti studii , essere sostituito da altri per l' illuminazione dei grandi centri di po-
polazione e non lo sarà certamente fino a che verrà scoperta una sostanza che a parità di risul-
tato, sia in quantità tale da sostenere la concorrenza col carbon fossile.
Ognuno conosce gl'inconvenienti e le difficoltà di estendere l'illuminazione a gas corrente negli
stabilimenti isolati e lontani dai centri di produzione del medesimo; si è perciò che il nuovo
apparecchio per la fabbricazione del gaz di nafta senza menomamente pretendere di far la con-
correnza al gaz di carbon fossile, viene a riempire la lacuna da questi lasciata, essendo appli-
cabile con vantaggio alle costruzioni isolate ove richiedesi una piccola produzione di gaz ed una
proporzionale spesa d'impianto. In vista di ciò:
« Neil' anno 1867, il sig. Muller, ingegnere civile e fondatore a Jemeppe (Belgio), d'una grande
« raffineria di petrolio, domandò il brevetto, tanto per la Francia che per l'estero, per dei mon
« processi ed apparecchi di carburazione dell'aria col mezzo delle essenze di petrolio e di
« tutti gli altri idrocarburi ed i sigg. Plujer e comp. divenuti cessionarii del brevetto fran-
« cese hanno fondato a Parigi una Società per l'attuazione in Francia di questo processo, ap-
« plicato già da un'anno ed accolto con favore nel Belgio ».
Il sistema per la produzione del gaz di nafta soddisfa primieramente ad una delle esigenze
della sua applicazione pratica coli' essere semplicissimo. Consiste in una campana a chiusura
idraulica avente per iscopo di mandare dell'aria in un apparecchio detto Carburatore, questo è
riempito di nafta (prodotto volatile ottenuto dalla distillazione del petrolio greggio); l'aria attra-
versandolo si satura di vapore di nafta e così carburata può essere condotta con appositi tubi
sino ai becchi essendo atta alia combustione. La grandezza della vasca e della campana variano
a norma dei bisogni locali prendendo per base un consumo di 80 litri d'aria per ora e per becco.
Le dimensioni dei tubi che stabiliscono la comunicazione fra il carburatore e le campane sono
pure proporzionali al consumo di gaz ed il carburatore costruiscesi per modo che la volatiliz-
zazione della nafta si mantenga regolare in tutta la sua durata qualunque sia la quantità di nafta
contenuta nel carburatore.
Un contrappeso facilita il movimento della campana, che nel suo moto d'ascesa e discesa e
regolato da apposite guide per evitare delle ondulazioni che produrebbero irregolarità nella fiamma.
La vasca è munita d'un tubo di entrata per l'aria sufficientemente grande perchè la campana
abbia a sollevarsi facilmente. Allo scopo di evitare travasameli della sostanza carburante , per
sua natura volatilissima, si aggiunge al carburatore un recipiente d'alimentazione col quale met-
tesi in comunicazione,
RIVISTA DI GIORNALI ECC. 577
Quando si aggiunge del liquido nell'apparecchio , bisogna pulire quest'ultimo, ossia bisogna
estrarre col mezzo d'un robinetto posto in basso, la nafta che la condensazione ha raccolto al
fondo del carburatore; nafta che del resto è adoperabile in altri usi.
Per ciò che concerne le condizioni economiche del sistema, riferiremo qui, quanto abbiamo
trovato sul giornale slesso.
« Questo sistema d'illuminazione col gaz di nafta, per la semplicità degli apparecchi, per il
« valore relativamente poco considerevole delle spese d'impianto, del poco posto che occupa e
« dell'economia che presenta, è destinato a diventare d'uso generale ne' comuni che non pos-
te siedono officine per la distillazione del carbon fossile.
« Egli è specialmente applicabile (e noi insistiamo su questo punto, giacché non trattasi di
f una concorrenza al gaz del carbon fossile) , a tutti gli stabilimenti isolati , stazioni di strade
« ferrate, alle officine, manifatture, caserme, ospitali, comunità religiose, scuole, magazzeni,
« castelli, case di campagna ecc.
« La purezza e chiarezza della sua fiamma , che non sviluppa né vapori ne fumi lo rendono
<r preferibile al gaz di carbon fossile per l'igiene dei locali illuminali; i colori, l'oro e l'argento
« non si appannano sotto 1* influenza della sua combustione.
« Fra i numerosi impianti già fatti nel Belgio noi citeremo:
« Quello del magazzeno di Waremme, che funziona da un anno;
« Quello della Société anonyme des cales et chanliers de l'Escaut, ad Anversa (1); quello
« della fabbrica d'armi dello Stato, a Liegi (40 becchi su di un tratto di 280 metri).
« Quello di Valentin-Gocq, officina della Vieille-Montagne (2).
(1) Attestation. - Le soussigné, directeur de la Société anonyme des cales et chantiers de l'Escaut
, certifie que l'installation-du système de gaz Muller et Mathei , établi au chantiers depuis près de cinq
mois, a donne le meilleur resultai, et qu'il en est satisfait sous tous les rapports. Installatici! peu di-
; spendieuse, grande simplicité d'exploitation, economie notable et éclairage parfait, voilà les points qui
recommandent le système Muller et Mathei à tous les industriels et à toutes les personnes faisant usage
d'un assez grand nombre de becs d' éclairage.
Anvers, 21 janvier 1868. Signé . Ch ^m
(2) Je soussigné, directeur des établissements de Valentin-Cocq et Colladios , déclare que M Charles
Beer a mstallé, à Valentin-Cocq, l'éclairage au gaz de naphte suivant le système de MM Muller Cette
mstallation comporle 22 becs ronds et 40 becs papillon, soit ensemble 62 becs, dont 52 à l'intérieur
des bàtiments et 10 dans les cours. La surface éclairée par les 52 becs dans les bàtiments est de 741
mètres carrés.
Après les quelques tàtonnements inséparables de toute invention nouvelle, ce mode d'éclairage a marche
d'une manière régulière et satisfaisante.
L'expérience a démontré que ce mode d'éclairage est supérieur à tous les autres, parce que le pou-
voir lumineux du gaz de naphte est très-considérable et parce que le système est d'une simplicité extrème
Les 62 becs installés à Valentin-Cocq sont alimentés par deux carburateurs. Les conduites de gaz ont
400 metres de longueur, le diamètre de la cloche à air est de 3 mètres et sa hauteur de 2 mètres
L mstallation de la citerne, de la cloche, des carburateurs, des conduites et des becs, a coùté fr. 2677 85
A cette dépense il faut ajouter jsq'rc;
représentant les frais occasionnés par l'établissement d'une condui'te 'de' vapeur qui aété recónnue né-
cessaire pour chauffer légèrement l'ean dans les cuves et les carburateurs, pendant les grands froids
de lhiver. En décembre dernier, la dépense d'éclairage pour :
1,546 heures becs ronds et 2,968 heures becs papillon, a eté:
Main-d'ceuvre fr 11 80
347 kilog. de naphte „ 17003
Total fr. 181,83
Si l'on admet qu'un bec rond ne dépense que le doublé du bec papillon, et en ramenant le tout àia
consommation du bec papillon, 011 obtient 6,060 heures becs pour une somme de fr. 181,83, ou environ
I n\ 0,030 par heure e par bec.
578 RIVISTA DI GIORNALI
« Tutti questi apparecchi funzionano con una perfetta regolarità. Il prezzo d'impianto varia
« secondo il numero dei becchi , la durata giornaliera del consumo e la lunghezza del tratto
« illuminato. Varia secondo la natura del metallo impiegato nella costruzione della campana ad
« aria , sia zinco , sia latta nera o galvanizzata , e secondo che la cisterna è in metallo o in
« mattoni.
« Per un' illuminazione di 10 a 20 becchi, colla durata giornaliera di sei ore, il prezzo d'im-
« pianto con campana in latta nera può variare da 1200 a 1B00 franchi, non compreso il costo
« degli apparecchi d'illuminazione, né quello dei tubi, che è proporzionale al tratto illuminato
« ed ai lavori necessarii pei diversi impianti. Queste due spese eccettuate, il suesposto prezzo
« dà la campana ad aria e suoi accessori, il carburatore; in una parola il completo impianto.
« Per un numero maggiore di becchi, il prezzo d'impianto diminuisce proporzionalmente;
« un' apparecchio di BO becchi, per esempio, in latta nera, non costerebbe più di 2,400 franchi.
« L'illuminazione a gaz di nafta presenta, sugl'altri metodi d' illuminazione, un'economia no-
« tevole nella consumazione.
« Un becco a ventaglio, d'un potere rischiarante equivalente a 7 candele di cera, consuma
« 50 grammi di nafta all'ora, ossia 2 centesimi, prendendo per base il massimo prezzo di 70
« franchi per ogni 100 chilog. di nafta. Il medesimo becco, nelle medesime condizioni consu-
« merebbe 180 litri di gaz del carbon fossile, ossia K centesimi all' ora, in ragione di 50 cente-
« simi il metro cubo, prezzo ordinario del gas.
« Per l' olio da ardere si calcola che una lampada d' un potere rischiarante di 6 candele, con-
« sumi, in ragione di un franco e quindi il chilog. d' olio, 5 centesimi per ora.
« Ora, il gaz di nafta non costa che due centesimi al maximum per aver una luce pari a 7
« candele di cera; il suo impiego evita le perdite, le colature e permette (considerazione pre-
« ziosa per il suo impiego nella strada ferrata) di moderare, spegnere per così dire l'illumina-
« zione, allorché è inutile, per rialzarla istantaneamente qualora il servizio lo esiga.
« Terminando queste notizie sull'illuminazione a gaz di nafta, sistema Muller , non ci resta
« che ad insistere sulla grande semplicità degli apparecchi che lo costituiscono; ad eccezione
« della collocazione dei tubi che è eguale a quella che si fa per il gaz di carbon fossile ; non
« trattasi che d'un serbatojo a costruzione speciale e d'una campana per lanciare dell'aria nel
« serbatojo chiamato carburatore. Le manipolazioni consistono nel versare della nafta nel car-
a buratore una volta al giorno od ogni due giorni, secondo le dimensioni dell' apparecchio, per
« rapporto ai becchi da alimentare, ed a sollevare la campana.
« Per ottenere una medesima intensità di luce, può riescir utile, di regolare l'apertura dei
« robinelti dei becchi, una o due volte per sera; ma questo è un inconveniente da nulla a cui
« si è soggetti a metà coli' uso del gaz corrente. 11 gaz di nafta essendo più pesante dell' aria
« non presenta, in caso di fuga, alcun pericolo , a meno che non si supponga avvenire la fuga
« in un locale ermeticamente chiuso, ciò che non succede in pratica.
« In quanto agli apparecchi, essi presentano pericoli molto minori che non! quelli adoperati
« pel gas corrente. Intanto le campane, non contenendo che dell' aria, sono inoffensive, rimane
« il carburatore di piccolissimo volume rispetto ai gazometri ed i tubi. Ora il miscuglio d'aria
« e di vapore di nafta non è esplosibile che quando egli esiste in determinate proporzioni. Al-
« lora il miscuglio non è più combustibile, ed invano si tenterebbe accenderlo ai becchi bru-
« ciatori. Se il miscuglio è troppo ricco di nafta è inesplosibile; identicamente se desso è troppo
« povero.
En janvier, nous arrivons, avec la mème supposition que ci-dessus , à un nombre d'heures de 7,266
pour une somme de fr. 196,42, ou environ fr. 0,027 par heure et par bec. La diminution en janvier
provient de quelques améliorations apportées dans l'ensemble des appareils. Le pouvoir éclairant donne
par fr. 0,027 par heure n'a pas été déterminé, on peut seulement affirmer que la lumière est très-belle.
Valentin-Cocq, le 2 mars 1868,
Signè: A. Raoult.
E NOTIZIE VARIE 579
« Allorché i becchi funzionano regolarmente, nessun pericolo d'esplosione, il miscuglio è ricco.
« Mano mano che il miscuglio s' impoverisce di nafta - nel caso d' una irregolare alimenta-
« zione dell'apparecchio, — si avvicinerebbe a diventar esplosibile ; ma prima di questo momento,
« i becchi si spegnerebbero e sarebbe impossibile di accenderli nuovamente.
« Così, non ebbe luogo giammai nessuna esplosione con questi apparecchi e non deve nem-
« meno aver luogo. La sola precauzione a prendersi è di versare e manipolare la nafta lontano
« dalla fiamma , come per le lampade a petrolio , allo scopo di non infiammare direttamente
« il liquido.
« Tutte le previsioni permettono di credere che la produzione della nafta sarà sempre abbon-
« dantissima e potrà bastare a tutti i bisogni della consumazione, senza che i prezzi possano
« crescere di molto.
« La sola raffineria di petrolio dei sigg. H. Muller e Comp. a Jemeppe, ha prodotto 20,000 chilog.
« di nafta per mese, ossia l'alimentazione di 100,000 becchi per sei ore. In America si ab-
« brucia la nafta sotto le caldaie, vale a dire che la è di molto deprezzata; cosi che appena
« l'illuminazione a nafta fu conosciuta, vennero spedite in Europa parecchie navi cariche
« di nafta.
« Risulta dunque da questi fatti che questo nuovo sistema d'illuminazione è semplice, econo-
« mico, vantaggioso da lutti i lati per piccoli impianti; che è pratico giacché non offre alcun pe-
« ncolo, e che la materia che ne è la base può essere ottenuta in quantità assai considerevole e
« a prezzi convenientissimi, per soddisfare alle esigenze di una grande consumazione.
« Diggià le compagnie delle strade ferrate si sono occupate di questo nuovo sistema, e dopo
« poco tempo la stazione di Villiers-le-Bel-Gonesse (strada ferrata del Nord) è illuminata col
« gaz di nafta, in modo soddisfacente. La compagnia della ferrovia dell'Est impiega questo si-
« stema per la completa illuminazione della stazione di Gretz-Armainvillers.
«Noi non dubitiamo che, presto, l'illuminazione a gaz di nafta, diverrà generale per le sta-
te zioni delle strade ferrate che non ponno servirsi del gaz corrente.
ASSOCIAZIONE GEODESICA NAZIONALE
Milano, 16 agosto 1868.
Processo verbale della seduta dell'assemblea generale dei sodi, stata convocata per oggi, con
invito del 13 agosto 1868.
Ordine del giorno.
i.° Elezioni (§ 7.° dello Statuto).
2.° Provvidenze urgenti relative alla prima missione.
5.° Proposta relativa all'occorrente fornitura di strumenti,
La seduta è aperta alle due pomeridiane, presiedendola il professore Porro.
Sono presenti i signori :
1.° C. P. M. I. Porro 7.° Ing. U. Borzino
2.° Avv. C. A. Orti 8.° Ing. Cesabianchi
5.° Tip. Edit. B. Saldimi 9.° Ing. Cagliami
li.0 FlLADELFO FlCHERA 10.° Ing. A. REGGIANI
b\° Ing. Stigler 11.0 Ing. L. Tatti
6.° Ing. Cotta 12.° Cav. F. Heyland.
Il professore Porro partecipa all'assemblea che, dopo partito l'avviso di convocazione, è giunto
un dispaccio ministeriale, al quale è urgente rispondere; consultata l'assemblea, si decide di sen-
tire subito questo incidente.
La parola è data all'avvocato Curti, il quale, in ordine alla pratica statagli affidata dall' asso-
ciazione, tendente ad autorizzare con R. Decreto l'esistenza dell'associazione come corpo morale,
ed approvare lo Statuto, riferisce :
1.° Che l'opinione del Ministero a questo riguardo è che l'approvazione ed il R. Decreto
non sono punto necessarii colle vigenti leggi di libertà.
2.° Che il Ministero di Agricoltura e Commercio, a cui egli si era dapprima indirizzalo ,
dichiarasi incompetente, trattandosi di cosa puramente scientifica,
5.° Che essendosi allora rivolto al Ministero dell' Istruzione pubblica, ne ha ottenuto in ri-
sposta il dispaccio che presenta, in cui il detto Ministero si dichiara a sua volta incompetente,
a cagione del § 9.° dello Statuto , dal quale egli desumerebbe l' idea di profitti che dovrebbero
giovare ai soci, quindi di una operazione commerciale, il che non è.
Si mette in discussione se si debba persistere nella domanda.
Parlano successivamente sull'argomento i signori Porro, Cagliarli, Curti, Cesabianchi, i quali
riconoscono in genere l'inutilità del decreto; ma lo stimano tuttavia conveniente per l'effetto
morale che può produrre in un paese, come il nostro, non fatto ancora all'uso della libertà, e
poi per le relazioni in cui la società desidera di entrare colle associazioni similari dell'estero.
Si conclude decidendo di persistere nella domanda.
Porro legge allora un progetto di risposta al dispaccio ministeriale, e Curti è incaricato di
elargii forma e di continuare la pratica.
ASSOCIAZIONE GEODESTCA NAZIONALE 581
Si riprende quindi l'ordine del giorno della seduta.
Porro legge il suo rapporto, dal quale risulta di notevole:
1.° Che l'associazione attuale è una trasformazione della società topografica editrice dap-
prima esistente, la quale costituendosi con atto notarile del 1.° luglio p. p. sotto la forma di
associazione geodesica nazionale, ha necessariamente accettati ed implicitamente sanzionali i
fatti anteriori, che erano del resto suoi proprii; il principale dei quali era la creazione della
prima missione inaugurata e diretta dal prof. Porro;
2.° Che pel rilievo delle città, i lavori della prima missione sono inoltrati; e per la misura
generale italica, si hanno pratiche iniziate ed una parte del lavoro trigonometrico fatto.
Questo rapporto informativo dello stato delle cose della società, è parso a tutti soddisfacente,
e non ha dato luogo a nessuna osservazione in contrario.
Si passa all'articolo 1.° dell'ordine del giorno: sulle elezioni (§ 7.° dello Statuto).
Il professor Porro legge quel paragrafo il quale porta la nomina di un comitato di cinque
membri: tre soci di seggio e due di opera. Informa non aversi ora che due soci di opera,
Olivieri e Villani, dei quali il primo è assente per motivo di salute, il secondo per la urgenza
del lavoro; che inoltre Olivieri ha finora disimpegnato da sé solo le funzioni del comitato.
Atteso il piccol numero di membri, di che l'associazione sin d'ora si compone, Porro propone
di eleggere due soci di seggio ed uno di opera, rimandando le altre due elezioni ad altra seduta.
La parola è data quindi all'ingegnere Cotta, il quale propone invece la sospensione totale,
estensibile secondo le circostanze anche fino a tre mesi.
Si mette ai voti la proposta Cotta, e viene approvata.
Si passa quindi alla discussione del secondo punto : provvidenze relative alla prima missione.
Il professore Porro spiega come la più essenziale di tutte le provvidenze sia la nomina di un
con-direttore legale, per coadiuvare il direttore tecnico nelle pratiche speciali relative al gran
libro fondiario ed alle esistenti quattro leggi di guarentigia sulla fede pubblica, che si propone
di riformare in diverso modo.
Dopo varie spiegazioni da alcuni domandate e date dal prof. Porro, ha la parola l'avv. Curti,
il quale oppone la questione pregiudiziale. Egli spiega, e come membro e come consulente legale
dell associazione, essere il prescritto del § 7." applicabile, quando si tratta di creare una nuova
missione; ma non al caso attuale, dove si tratta di una missione preesistente, che è stata ac-
cetto non solo, ma è stata la base fondamentale su cui si è formata l'associazione; egli osserva
inoltre che 1 associazione geodesica, come corpo unicamente scientifico, non ha sopra una mis-
sione qualunque, una volta creata, che un'influenza scientificamente direttiva; ma non potrebbe
ingerirsi negli interessi della missione; quindi neppure nelle nomine e nelle revoche del personale
degl interessati. Essa ha invece il diritto, e se interpellata l'obbligo, di dare il suo avviso sulte
questioni scientifiche contingibili.
L'avvocato Curti conclude che nel caso attuale rimane nella facoltà, anzi nelle attribuzioni,
del direttore speciale della missione, il professore Porro, di provvedere all'emergente
La qual cosa non essendo stata ulteriormente contestata, si è ritenuta per ammessa all'unanimità.
Si passa quindi al terzo punto dell'ordine del giorno, riguardante una preliminare provvista
di strumenti, per essere messa a disposizione dei soci di opera presenti ed avvenire.
Porro fa osservare che finora non v' è in Italia che la Filotecnica per provvedere, la quale
non e nei caso d, fornire il necessario numero di strumenti, se non in un tempo assai lungo;
e che non si può, per i motivi detti nel rapporto, ricorrere all'estero
Che quindi sarebbe vantaggioso il potere ordinare subito una ventina di Cleps per averli pronti
nLPriVera P CaTg,na i869' DÌCe ChG Ìn qUest° inlent0 il si§nor SaI^ crebbe un
pir'T1^; 6gr ^ ^ Par°la al SÌgn°r SaMÌnÌ' fl «Uale Pre^ « ^' ^rti,
cfte ne e pure informato, di spiegarlo in sua vece. •■■:■.*■?
JrZlT0 Cmìl- SV°lge k Pr°P0Sta ^ SÌgn°r SaMÌnÌ' Che C0nsiste in ce^e la somma oc-
ar o imPhlIt, S,T1Z1°ne Pmata' P°Srbi,mente fra i ** senza ricorrere al credito ban^
ario rimborsabile, detta somma, per privilegio sulle prime entrate corrispondenti. Dice esservi
in proposito delle pratiche iniziate.
582 ASSOCIAZIONE GEODESICA NAZIONALE
Parlano in proposito diversi, in senso approvativo, e si conclude lodando il signor Saldini
pel suo divisamento, ed invitandolo a proseguire le incominciate pratiche a questo riguardo.
Essendo con ciò esausto l' ordine del giorno, e nessuno domandando più la parola, si è levata
la seduta alle ore k.
Il Segretario
FlCHERA FlLADELFO.
Visto. C. P. M. I. Porro
Processo verbale della seconda seduta, 28 agosto 1868.
Ordine del giorno
Irrigazione dell'Alta Lombardia.
La seduta è aperta alle ore % presenti i signori :
i.° Prof. M. I. Porro 4.° Ing. Stigler
2.° Ing. Cagliam 8.° Bartolomeo Saldini
3.° Ing. Cotta 6.° Filadelfo Fichera.
Presiede il prof. Porro, che prende la parola accennando ad alcune circostanze in che versa
l'impresa di irrigazione che è all'ordine del giorno.
Egli presenta i due ultimi opuscoli del sig. Zuccoli, l'ultimo dei quali tende a provare l'as-
soluta impossibilità dell' impresa, e legge i tredici motivi che ne dà 1' autore.
11 prof. Porro esprime la sua opinione che la maggior parte di essi non sono di competenza
della nostra associazione, ma che
L'ing. Cotta subitamente la contesta, segnatamente per l'articolo 3.°, che tende a spendere ad
altro uso le altezze ed alterare le pendenze.
Diversi parlano dell'utilità dell'irrigazione, contestata dal sig. Zuccoli per alcune colture.
I sigg. Cotta, Stigler e Cagliani sostengono il contrario. Il sig. Stigler parla della irrigazione
coi mezzi meccanici, e di tale irrigazione cita esempio in cui l'acqua è pagata dai coloni, al
prezzo corrente delle vicine località, per le acque canalizzate; prezzo che lascia ai coloni un
beneficio e permette di sostenere tutte le spese della irrigazione meccanica.
II prof. Porro legge quindi la sua nota terza sull'irrigazione dell'Alta Lombardia, mettendo
sotto gli occhi dell'adunanza la carta unita alla nota l.a
Trascriviamo la nota;
StJLLA IRRIGAZIONE BELL'ALTA LOMBARDIA.
NOTA 3.a del professore Magg. PORRO.
Cinque erano Un tempo gli ingegneri intenti ad immaginar progetti per la irrigazione dell'Alta
Lombardia ; ora non rimane che un solo* per cagione dell' avvenuta immatura concessione a di
lui favore;
Con una prima nota ho dimostrato allora che di veri progetti non ve n' era in quei cinque
alcuno, perchè nessuno aveva fatto precedere quei lavori eidypsometrici * senza dei quali non
possibile compilare urt vero progetto * ed ho dimostrato quanto sia pericoloso lo improvvisar
per sola divinazione intuitiva una linea* come per pubblico danno pur troppo si suole fare ancor
dal più degli ingegneri* ed accettare* deplorabile retrivismo* siccome bastante dalle alte ammini
strazioni*
ASSOCIAZIONE GEODESICA NAZIONALE 583
Ho dimostrato :
1.° Che infino ad allora (settembre 1867) . per nessuno dei progetti stati presentati per la
irrigazione dell'Alta Lombardia, si aveva la prova che quella fosse la soluzione vera, né geome-
trica, né attinica, né economica, del problema.
2.o Che la soluzione vera non si può ottenere senza prima aver sott'occhio la eidypsografia
generale del campo intiero della operazione.
3.° Che senza avere le eidypsometrie sott'occhio, le commissioni, i capitalisti, i banchieri
il pubblico, non hanno un dato certo per giudicare.
Quindi non esistevano gli estremi necessarii per domandare, e peggio per accordare una con-
cessione, ne per altrimenti ottenerla che condizionata al preventivo obbligo di passare per
quella via. or ?
La concessione fu data incondizionata, resta dunque che i comuni, i proprietari, si premuni-
scono essi, giacché il governo e la provincia non l'hanno fatto.
Dall' essersi dopo la concessione forzatamente ©eclissati i quattro altri progettisti, la situazione
materiale della questione non è punto mutata. Si è aggiunta, è vero, di poi qualche livellazione
a quell'imperfettissimo abbozzo d'idea, che sotto il nome di progetto si osò presentare e con
che si riuscì (non mi spetta il ricercar come) ad ottenere una concessione totalmente ingiusti-
ficata, ma il rilievo eidypsometrico non è stato fatto, e senza esso qualunque linea segnata pel
canale principale, qualunque sistema di linee pei canali secondarii, non possono essere che in-
venzioni divinatorie, aventi lo scopo di allcttai-e, e per risultato finale di ingannare
i capitalisti. - Inganna infatti il governo, i comuni, il pubblico, i capitalisti, e sé stesso, quel-
1 ingegnere che, presentando in buona fede (la mala fede non si presume tra persone che si ri-
spettano) un lavoro simile a quello di cui ragioniamo, crede sul serio di presentare un progetto
quale in arte oggidì il si vuole.
Per fortuna la fiducia de' capitalisti « illuminati si va accostumando a prendere le sue basi
« nei fatti e nei calcoli positivi, non più nelle asserzioni di tale e tal' altro ingegnere, sia
« egli pur quanto si voglia rinomato ed illustre ».
E che così vadan le cose anche fra noi, ne stanno a prova le due memorie che in argomento
di quella irrigazione son venute recentemente in luce, dettate dall'onorevole Antonio Zuccoli di-
stinto agronomo, ricco proprietario, e Sindaco del comune di Pinzano, uno dei Comuni irrigabili
e la generale inquietudine dalla quale sono agitati la maggior parte dei comuni, e lo affacen-'
darsi dei loro Sindaci a coglier lumi prima di firmare le obbligazioni che loro si domandano
dai concessionarii.
Gli scritti del sig. Zuccoli, l'ultimo in particolare, saranno di salutare effetto al paese, ani-
mando i meno all'erta ad entrare in razionale lizza contro i concessionarii pei proprii interessi
Mi permetta però l'onorevole dimostratore dell'impossibile, di non essere intieramente del suo*
•avviso; mi permetta di rianimare alquanto lo spirito degli interessati, che egli ha senza pietà
depresso, spuntalo, avvilito colla sua, che a prima giunta pare stringentissima, dimostrazione del-
l'impossibile. E duopo ricordare che nel secolo del vapore, della fotografìa, del telegrafo elettrico,
« tout ce qui est possible est fait, Vimpossible se fera ».
Ma venendo a più sode e fredde parole, lasciando sempre in disparte ogni quistione di per-
sone, io mi restringerò a rappresentare a tutti gli interessati, e segnatamente alle amministrazioni
comunali, le seguenti cose, che credo, se non assolutamente certe, infinitamente probabili.
1.° Dato che siano veramente erogabili dai due laghi le quantità d'acqua calcolate, o quan-
ita anche minori, è possibile condurle ad irrigare le più o meno aduste regioni dell'altipiano
lombardo. ^
2.o Che il vantaggio ricavabile da una ben regolata, anche parca, irrigazione, è ben positivo
panche per quelle località dell' alta Lombardia che il sig. Zuccoli paragona ad altrettanti giar-
jdini (1), che quel vantaggio sapientemente messo a profitto non può menomamente convertirsi
(1) Giova aver sempre presente che r ettarea media lombarda produce appena la metà dell' ettarea
media belgica. Molto dunque ci resta da fare.
Gìorn. big. — Voi XVI. — Settembre 1868. 38
584 ASSOCIAZIONE GEODESICA NAZIONALE
in danno per nessuna coltura, o che quel fondi tus evertere che l'autore preconizza necessario
onde adattare i terreni a ricever la irrigazione, è ben lungi dall'essere necessario: le spese di
adattamento del suolo saranno invece ben poca cosa ove i cavi minori e le rigole siano segnate
coi nuovi da noi sostenuti principii.
5.° Che la spesa da erogarsi (non importa saper per ora da chi né in qual modo o tempo)
per la completa esecuzione dell'opera non ammonterà, molto probabilmente, a tanti milioni
quanti sono, senza base certa, preconizzati dai Concessionarii, e peggio poi dalla Commissione;
che perciò il costo del modulo d' acqua in qual si sia sistema distribuito agli acquirenti non
verrà, ogni cosa calcolata, così alto come lo si vorrebbe atlualmente, e qui ancora senza base
certa, fissare, e non potrà non essere in un rapporto vantaggioso col beneficio.
4.° Che per conseguenza, ai capitali comunque procurati per la realizzazione della impresa,
non può mancare il congruo interesse.
Ma per accertare infallibilmente queste induzioni che diamo per molto probabili, ci vuol ben
altro che la fama d'un ingegnere, il colpo d'occhio d'un altro (l); né gli interessati avrebbero
al presente veruna attendibile cautela di non correre a rovina firmando gli obblighi che è pro-
posto oggi loro di firmare.
Il fallimento del Canale Cavour non ebbe a sola causa la malversazione, come pretendono i
maligni, o la cattiva amministrazione, come credono i più moderati tra quelli che erigono sé
stessi a giudici ; la causa grande, la causa vera, la causa incontestabile, era ingenita col progetto,
e non fu altro che V inconcepibile metodo di studio, così dal lato idraulico come dal lato
topografico, da cui conseguirono le errate basi finanziarie che ora tutti sanno, e segnatamente lo
erratissimo tracciamento del Canale per insufficienza assoluta di studi geodesici, come saviissi-
mamente lo rimproverava agli ingegneri per tutti i lavori pubblici della nostra epoca, il ministro,
nella sua circolare del h- luglio p. p.
Non diversi punto sono gli studi stati fatti fin qui dai concessionari per la irrigazione dell'alta
Lombardia, essi sono deplorabilmente insufficienti, essi non meritano il nome di studi, essi non
bastano che ad una sol cosa , vale a dire a far condannare V impresa , come la condanna il
signor Zuccoli.
Prima di aver fatto eidypsometricamente il vero e solo e razionale studio completo del terreno
sul quale si deve estendere lo intero sistema di canalizzazione dalla presa nei laghi fino all' ul-
tima rigola, ed al più lontano ed esiguo scolo, prima di conoscere una per una la vera figura
eidypsometrica di tutte le parcelle di proprietà dei comuni che ne possono godere, non è pos-
sibile di segnare una linea né pel canale principale, né pei canali secondarii, e dimostrare che
quella è la buona, la vera, la migliore d'ogni altra che si possa immaginare; dico di più, che
non è possibile dimostrare che sia la buona, né di sostenere che sia cattiva : la critica e la lode
mancano di base ugualmente, e sarebbero egualmente premature, irragionevoli.
Non è poi possibile di dire neanche approssimativamente il costo né del canale principale, né
della non men costosa canalizzazione secondaria e di terzo ordine, né è possibile quindi ai pos-
sidenti il giudicare del costo di quella parte di quest'ultimo che si vorrebbe loro accollare.
Aggiungo, concludendo, per mio avviso ai Comuni ed ai proprietari che :
i.° Non è assolutamente venuto ancora il momento di deliberare circa gl'impegni da prendersi.
2.° È sacro dovere di ogni comunale amministrazione verso i suoi amministrati di imporre
ai concessionarii quelle condizioni che, se il Governo le ha ommesse, si può credere che lo ha
fatto per quello spirito di decentralizzazione che è ora dominante, e che, omettendole, ne ha
tacitamente deferta la competenza alle amministrazioni comunali.
Queste condizioni si possono ridurre ad una sola, ed è che prima di parlare di linee né prin-
cipali né secondarie , prima di parlare di consorzii, prima di proporre dei patti, si presenti la
eidypsografìa completa del paese da irrigarsi , corredata dai dati geologici e geoponici più
dettagliati.
(1) Dopo gli errori capitati agli Stephenson, ai Brauel, ai Clark, a tanti altri, la celebrità non è più
guarentigia,
ASSOCIAZIONE GEODES1CA NAZIONALE 585
Quando i concessionari! avranno soddisfatto a questa prima condizione, allora si potrà loro
permettere di parlare di linee, allora, ma allora solamente, essi saranno in misura di redigere
un razionale progetto ; allora essi potranno dire quanto ne costerà V eseguimento , e ciò in ter-
mini ed in cifre positive che non lasceranno addietro veruna incognita; allora, ma allora so-
lamente, i comuni, i proprietarii, l'intiero pubblico, potranno veder chiaro, il governo sancire con
conoscenza di causa la troppo leggermente accordata concessione, la amministrazione provin-
ciale accordare i promessi milioni.
È dubbioso poi se in diritto costituzionale potesse veramente la provinciale amministrazione
promettere così arbitrariamente, come il fece, i noti cinque milioni , ma non è dubbioso punto
che le amministrazioni provinciali e comunali potrebbero invece con molto mglior ragione ed
opportunità quotizzarsi per fare le spese dello studio eidypsometrico (1), il quale solo può dare
a tutti gl'interessati sicurezza completa di giudizio circa l'esito dell' impresa, che concedere quasi
aleatoriamente il tardivo premio di cinque milioni per un'impresa eh' è tutt' ora nelle tenebre ed
alla quale si può prevedere, se mai per pubblica calamità la si eseguisse sulle attuali basi la
fine del canale Cavour, vale a dire uno spostamento di valori che forse arricchirebbe qualcuno
con una vera e disastrosa diminuzione della ricchezza del Paese.
P. M. I. Porro.
L'ing. Cotta oppone che, secondo lui, la linea del canale principale deve prima essere segnata
sul terreno, come può dettarla per intuizione l'ing. autore; bastando, sempre secondo lui di
studiarla solamente coi metodi d'uso. Dice che i regolamenti accordano per le concessioni il
diritto di variare la così dettata linea dentro una zona di 1000m larga; il che, secondo lui basta
Il prof. Porro risponde che i regolamenti sono cosa d'ordine amministrativo, i quali non'hanno
senso ne effetto alcuno quando si tratta di ricercare la buona linea ; dice poi esser quello pre-
conizzato dell' mg. Cotta il metodo antico al quale era forza attenersi, quando per rilevare la
eidypsografia del paese non si avevano che i mezzi lentissimi e costosissimi dell'antica geodesia •
dice che presso tutti gli ingegneri militari da Carnot infino a noi, il metodo eidypsografico è in
pieno vigore con grandissimi vantaggi, perchè costoro, disponendo sempre di molta gente che è
pagata anche quando non lavora, possono contar per nulla la spesa, mentre invece pei lavori
civili si deve contare con essa, e sarebbe grande assai coli' antica geodesia.
Osserva che dopo l'introduzione formale (1824) della geodesia nuova nell'arte dell'ingegnere
moltissimi importanti progetti di difficilissima località, sono stati fatti con pieno successo se-
guendo il metodo eidypsometrico preventivo, così in Italia come in Francia, Spagna, Portogallo
Germania, Svezia, Russia, Brasile ecc.; impiegandovi il quarto della spesa e del tempo che sareb-
bero stati necessari! per averli imperfettissimi, col metodo antico di studio sostenuto dall' ing Cotta
Indica fra gli altri quello del piccolo S. Bernando, di cui esibisce la carta (2), e sostiene che
col metodo antico per sua natura quasi divinatorio, non può l'ingegnere dimostrare né ad altri
ne a se stesso, che la progettata linea sia la migliore possibile; si ragiona quindi sempre sul-
1 incerto, sul contestabile; non si sa mai preciso a priori quanto si spende, né che successo
si avrà *
si avrà
Osserva poi che nel caso di un canale di irrigazione, un progetto per quanto preventivo si
voglia non e compito, non è maturo per nulla se non comprende tutte quante le diramazioni
d. tutti gli ordini, fino all'ultimo scolo; che un ingegnere autore di un progetto altrettanto
importante, come quello di cui si tratta deve tenere a coscienza ed onore il non lasciar nulla
J1LV Tr^T 9e°deSÌC" n"'J°mle ittdiri-'^d 1»«»t« Prima una circolare a lutti i Sindaci del
Z twT t m°T TSUr" gmrle parcMaria Mypsometriea di tutta la penisola, da sostituirsi
agli mperfetu nostri calasi,, capace di offerire ai proprietari tutti que 'vantaggi civili che ricavavano
imo dm sapientissimi libri censuart gli antichi romani prima di Giustiniano
ilduVtce°TnTentòe ' ^^ MemS'"Ì "edr<"ln0 u loro ">rnerd « ™>° ? ottenere con una sola spesa
(2) Non fu esaminata per mancanza di tempo.
586 ASSOCIAZIONE GEODESIGA NAZIONALE
d'incognito, il parlar chiaro agli occhi di tutti gli interessati; che il solo metodo eidypsome-
trico è quello che può soddisfare a tutte le condizioni.
L'ing. Cotta insiste dicendo che si deve almeno segnar prima dei limiti a fine di non esten-
dere inutilmente le operazioni ; ma concede esser necessaria la eidypsometria di tutte le parcelle
da irrigarsi.
11 prof. Porro accetta questa ultima condizione con tutte le conseguenze che ne emergono, e
fa vedere sulla carta annessa alla sua nota l.a, che i limiti sono segnati dalla curva orizzontale
272 metri delle Alpi, che èl'altide del lago di Lugano e dai navigli inferiori attuali, e nell'altro
senso dal Ticino e dall' Oglio.
11 prof. Porro propone per fine di deliberare sul da farsi e legge il seguente schema di deli-
berazione :
« L'assemblea, convinta della insufficienza delle basi su cui è stata accordata la concessione, non
« che della insufficienza degli studii fin qui fatti per dare un' idea esatta dello ammontare e delle
« vere condizioni economiche dell'impresa, approva pienamente la memoria letta dal prof. Porro,
« e manda la medesima a pubblicarsi nel giornale organo dell'associazione.
« Delibera di offerire ai comuni ed ai proprietarii interessati l'assistenza dell'associazione geo-
« desica nazionale , e di comunicare per esemplari a stampa queste deliberazioni e la memoria
« Porro, ai ministeri dell'interno, dei lavori pubblici, dell'agricoltura e commercio ; al consiglio
« provinciale di Milano ; ed ai trecento municipii interessati.
« Incarica il prof. Porro, ed il sig. Saldini — ciascuno in ciò che gli spetta — di eseguire la
n presente deliberazione ».
L' ing. Cotta si oppone alla parola pienamente.
11 prof. Porro consentirebbe alla soppressione; ma messa ai voti la deliberazione medesima
è adottala a pieni voti, meno uno.
La seduta è levata a ore k pom.
Il Segretario
FlCHERA FlLADELFO.
Visto. C. P. M. I. Porro.
Milano, Tip. degli Ingegneri. B. SAIPIW, Proprietario, Gerente responsabile.
MEMORIE ORIGINALI
SUL PORTOSI IDO
RISPOSTA
ALL' ILLUSTRE PROFESSOR PIETRO PALEOCAPA
Intorno alla lettera scritta dal Commendatore Cialdi
Al Signor De Lesseps (1).
Illustrìssimo Signor Professore
« Nos adversaires dans la discussion ont sur nous un
avantage signalé. Ils peuvent en quelques mot exposer
une vérité incomplète, et pour montrer qu' elle est
incomplète, il nous faut de longues et arides disser-
tation. » Basliat: Sophismes économiques.
Siffatta è l'autorità e la fama del nome Suo, che siccome basta una sola Sua
lode per ingrandire e far pregevole all'universale un minimo lavoro, così basta
un colpo solo della Sua censura per umiliarne ed avvilirne un altro, quantunque
buono esso sia. Ella vede la difficoltà nel secondo caso di difenderlo e di resti-
tuirgli il negato valore. Non diversamente interviene a me, costretto per la se-
conda volta a ripararmi da' colpi della Sua censura, cui per ciò non è si grave
il peso di questa, quanto la fama e l'autorità di Lei che ne fu autore. Dura
condizione, dovendo io avermi di fronte il grande Idraulico onde noi tutti ita-
liani andiamo a buon diritto gloriosi: nondimeno non indugerò a prendere le
difese della verità, della scienza e del mio nome, sebbene umile, forte bistrattato
in tal congiuntura : che il dovere da me lo esige ad ogni modo.
Le dirò pertanto innanzi a tutto siccome appresso una diligente lettura della
fcua Lettera indirizzata all'illustre sig. de Lesseps sulla regolazione del Port-SaU
allo sbocco del canale dei due mari nel Mediterraneo, e pubblicata nel quaderno
dell aprile di quest'anno in questo Giornale, si vede chiaro che altro si fu
lo scopo della lettera stessa, altro quello della sua pubblicazione. La lettera
intatti, dichiarando recisamente non solo fallace la mia teorica, ma inopportuna,
J!lSAVedlqUeSt° Giomate> anno *V' l867> dalla Pa&- $98 alla 613, e anno XVI, 1868, dalla 233
1 P°St° nd Gi°rnale alla Memoria del S,'S- Comra- Cialdi> richiamando quanto scri-
vemmo in proposito alla pag. 233. *
Giorn. lng. — Voi. XVI. — Ottobre 1868. 39
588 SUL PORTOSÀIDO
dispendiosa e dannosa la sua applicazione a Portosàido, vuole combattere e ro-
vesciare da cima a fondo colla sola autorità del nome Suo V altra mia al mede-
simo sig. de Lesseps sullo stesso argomento, che scrissi nel luglio 1867, stampai
in ottobre in questo stesso Giornale, e, tradotta in francese, pubblicai di nuovo
in febbraio di quest'anno con l'aggiunta di un Poscritto. La sua pubblicazione
poi tende a punirmi della persistenza usata nel suggerire a Lui il mio trovato
pel Portosàido, e ad annientare cosi i dubbi che i nemici della grande impresa
suscitano sulla sua riuscita dando ad intendere che 3 quando nei lavori del canal-
porto Sa'td si tenga fermo il sistema sinora seguito , non si potrà aspettarsene esito
sicuro e permanente, tanto più che tali nemici si aggiungono ai tristi raggiri di
borsa che si adoprano per tentar di far mancar mezzi alla Società a proseguire
r opera con energia.
Vossignoria vede di per sé quanto gravi e poco benevole al nome mio sieno
tali insinuazioni, e quanto dolore debba io patire nell' avermene a difendere.
Egli è perciò che prima di occuparmi della Sua Lettera, mi tengo a dovere pur-
garmi dalla taccia dei supposti motivi che La indussero a pubblicarla, siccome
quelli che più direttamente gravano il mio buon nome e la mia persona.
Imperocché se io ho persistito a consigliare l'illustre Presidente della Società,
sig. de, Lesseps, ad applicare il mio trovato al Portosàido, tal persistenza non
ebbe radice né in una sciocca vanità mia, né in tristi raggiri di borsa, né da
odio che io porti all'Impresa, siccome potrebbe a Lei esser paruto ; bensì nel-
l'amor grande che io nutro per questo gigantesco lavoro, sovranamente utile al
mondo intiero e di eterno onore al grande uomo che lo iniziò e l'eseguì; amore
di cui né Ella, né altri penso vorrà fare monopolio a sé stesso; nel lungo studio
da me durato sulla ricerca di un modo atto ad impedire l'interrimento dell'en-
trata dei portocanali, e nella coscienza di averne trovato uno profìcuo; sicché]
questi motivi erano bastevoli di per sé stessi a perdonarmi potendo dir io col
Poeta:
Vagliami 'l lungo studio e'I grande amore
siccome già avevo implorato. Né Le nasconderò che altra polente cagione a
persistere si fu il benevolo accoglimento che si ebbe il mio trovato dall'illustre
Presidente, che lo die ad esaminare al sig. Ghevallier, uno dei più grandi inge-
gneri dell'Impresa. E anzi perchè questi non vi rinvenne alcun sostanziale di-
fetto, ma solo aggravò nella sua Nota i due timori di ordine secondario già avvertiti
dall'altro chiarissimo ingegnere sig. de Tessan, mi tenni in obbligo di rispondere.
Un giudice imparziale, ha dovuto vedere nelle osservazioni del sig. Ghevallier
una conferma ulteriore alla bontà del mio trovato, e perciò approvare la mia in-
sistenza per sostenerlo. Che se poi pubblicai per le stampe tale risposta non credo
perciò meritare un rimprovero , imperocché la mia condotta in tale bisogna si
fu sempre quella che addicevasi ad onesto e discreto interlocutore. Avevo io già
serbato da circa un anno il più stretto silenzio aspettando la partecipazione
promessami dal signor Presidente dell'esito degli studi che sarebbero stati fatti
sul mio trovato esposto nell'opera sul moto ondoso del mare 3 quando Egli mi U
pervenire la detta Nota che il sig. Ghevallier, membro della Commissione con-
sultiva dei lavori su Portosàido, aveva compilato. Fu dopo breve tempo ch<
esaminatala, spedii manoscritta la mia risposta allo stesso sig. Presidente pei
via legale e sicura. E non mi determinai a farla pubblica in italiano se noi
SUL PORTOSÀIDO 589
dopo tre mesi; e stamparla in francese se non passati altri quattro mesi; giac-
ché io avevo sperato che questo mio lavoro fosse stato in qualche modo gradito
e restasse privato. Anzi aggiungerò che non appena stampata Y edizione italiana
ne inviai i primi esemplari ai signori de Lesseps e Chevallier, e dipoi uno ad un
mio nobile amico, che nell'accusarmene ricevimento, mi fé sapere essere già a sua
notizia che il sig. Chevallier mi avrebbe confutato. Cui però risposi non prestarvi
fede, sicuro che le cose da me dette non potevano essere confutate, giacché
nulla avevo basato sulla mia opinione, ed avevo avuto cura di prendere le> so-
stanziali citazioni, introdotte nel mio ragionamento, nella cerchia degli uomini
e delle pubblicazioni dipendenti dall'Impresa stessa; ed infatto, né il sig. Che-
vallier, né altro francese si è presentato in campo I ! Che se il sig. Chevallier
allora, o la S. V. oggi avessero contrapposto dei fatti o addotte delle ragioni
contro la mia proposta, può essere sicuro, sig. Professore, che avrei cessato
d'insistere ed avrei fatto tesoro dei loro ammaestramenti.
Ma Le confesso ingenuamente di compiacermi oggi della fatta pubblicazione,
perchè ho scoperto così e avuto alla luce il vero oppositore del mio trovato;
colui che vuol farlo credere niente altro che cagione di gravi spese senza utile
effetto, e anzi di danno alio stabilimento del porto. Fortunatamente però, le leggi
della natura sono così fatte, che l'autorità del nome solo, per quanto stragrande,
non può alterarle di un punto.
Ella poi ribadisce V accusa di persistenza perchè non mi crede abbastanza
ammaestrato dall' esito che il mio disegno ebbe nel porto di Pesaro. La quale
accusa mi duole all'anima sì profondamente che la Signoria Vostra dovrà sop-
portare in pace che io mi ci fermi alquanto e gliela dimostri illogica ed ingiusta.
Imperocché non comprendo come V. S. abbia potuto profferire un tale giudizio,
e sperare che io avessi receduto dalla mia proposta in vista del mal esito nel
porto di Pesaro, mentre non fu mai eseguito per ciò che riguarda il mio trovato
o sistema, unico oggetto di proposta da me fatta al sig. de Lesseps.
Ognun sa che il mio disegno sul porto pesarese si compone di due parti di-
stinte: di un canale; idea comune, ma con notevole miglioramento nella dire-
zione e nella forma suggerito dagli studi della natura del sito, onde diminuire in
parte i difetti inerenti a tutti i canali ad uso di porto; e di un trovato all'esterno
del canale allo scopo di toglierli interamente. Ora, di queste due parti ne fu ese-
guita una soltanto, quella che doveva essere la prima, cioè il canale. E se per
t difetto dei lavori di costruzione, una piena del fiume vi portò disesto, non potrà
I mai incolparsene l'autore del disegno, che non ne fu l'esecutore. Y. S. stessa lo
dice: « Del che sarebbe aperta ingiustizia far colpa al signor Cialdi, poiché mostra
lo stesso sig. Barilari da guai complesso di tristi cause dipendesse questo esito infeli»
! cissimo . . . . » t
Dunque, se la prima parte ha in qualche punto sofferto rovina per colpa al-
1 trui, e se la seconda non è stata ancora eseguita, come può Ella vantare e più
volte ripetere il mal esito del mio progetto nel porto di Pesaro ? E come si può
! pretendere che l'esito che ha fin qui avuto quel progetto, abbia dovuto far cam-
; biare le mie idee su quello di Portosàido? V. S. avrebbe preteso da me l'assurdo.
ì Nella scienza dei fatti, di cui noi trattiamo, i soli fatti hanno forza decisiva.
Né sussiste che io abbia fatto credere al sig. Chevallier, che les circonstances
: politiques et le manque d'argent abbiano fatto differire il compimento dei
lavori da me proposti e già incominciati al porto di Pesaro.
590 SUL PORTOSÀIDO
Imperocché il sig. Ghevallier potè dalla mia opera mi moto ondoso trarre sol-
tanto che il nuovo porto-canale alla foce dell'Isauro in Pesaro fosse allora in
corso di esecuzione secondo il mio progetto : il che era verissimo , siccome per la
prima parte lo è anche oggi. E quando io stampavo queir opera (1865J non si
era ancora pubblicata la decisione della Commissione governativa, la quale nello
stesso anno 1865, mentre definitivamente concluse doversi ammettere il nuovo por-
to-canale, cioè quello da me proposto, soppresse la diga isolata del Cialdi a
maggioranza di voti; di che la prima notizia ufficiale ed approvata io non l'ebbi
che dalla coscienziosa e lucida lettera del chiarissimo commendator Barilari, che
fu uno dei Membri, stampata quest'anno 1868 (1). Insomma, la ragione che les
circonstances politiques et le manque d'argent ont fait ajourner Pachèvement del mio
disegno, il sig. Chevallier non può averla tratta da me.
E di grazia, dove la S. V. ha tolto questa notizia ? Il sig. Chevallier non dice
di averla ricevuta da me. E crede Ella in fin de' conti che l'asserzione dello
Chevallier sia lontana dalla verità? Il comm. Barilari, da Lei citato, ci dice che
la Commissione governativa del 1865 stimò di sostituire alla mia diga isolata
un'altra protrazione dei moli per circa metri 60, ma in virtù di risoluzione mi-
nisteriale, questa protrazione restò sospesa per mancanza di fondi, ossia pour
manque d'argent (2). Quanto alle circostances politiques, lascio a Lei il giudicare
se possano aver avuto parte alle diverse vicissitudini cui è andato soggetto il mio
progetto dopo la prima completa approvazione ricevuta dai cittadini di Pesaro,
dal Consiglio d'Arte sedente in Roma, a nessuno secondo, e dal Governo ponti-
ficio. E se pur restasse dubbioso, legga lo stesso sig. Barilari a carte undici.
Ond'Ella vede che il sig. Chevallier non si è poi tanto male apposto.
V. S. si riporta, pel risultato degli studi della citata Commissione, a quanto ne
disse un Articolo anonimo stampato nel fu Giornale modanese: Il movimento scientifico
(Ann. i.° Tom. 1, 1866. dis. 6.a ed ultima), e ne spedisce il fascicolo al sig. de
Lesseps ; ma io credo che avendo Ella preferito questo scaltro Articolo anonimo di
un giornale che per la cattiva lingua ebbe vita poco più lunga di un insetto, a
documento di quanto era in Pesaro accaduto, avrebbe dovuto accompagnarlo della
risposta che io gli feci (3). Allora il sig. de Lesseps avrebbe potuto notare « l'ar-
tificio usato dall'Anonimo per riuscire ad una conclusione diversa dal proposito
primo e dalle cose dette; non che l'attentato, per dir così, al principio di savia
e libera discussione, senza del quale non si può ottenere alcun avanzamento
nello scibile umano; » avrebbe letto « essere mia credenza che i cinque distinti
idraulici che composero la Commissione di cui si tratta non si credevano essi
stessi giudici più competenti dei cinque che composero il Consiglio di Arte che
approvò il progetto in ogni sua parte; i quali furono i professori Nicola Cava-
lieri San Bertolo, presidente, Carlo Sereni, Savino Natali, Lodovico Zanardi e
Mariano Menini ». Vi avrebbe letto ancora che « per evitare confronto tra i due
Consessi io li consideravo di eguale forza scientifica (quantunque quello della
Commissione non fu unanime nel suo giudizio e quantunque ne fosse presidente,
(1) Sul porto di Pesaro. Al signor Ministro dei lavori pubblici , Lettera del Comm. P. Barilari Ispet-
tore del Genio civile. Firenze 1868 pag. 14, e 15.
(2) Lettera citata pag. 15. . /,£..
(3) Sopra un articolo del Movimento scentifico; Giornale modanese che accenna alta teorica deal in-
sabbiamenti e colpisce le opere idrauliche di Pesaro e di Portosàido, Osservazioni, (Giornale Arcadico.
Tom. XLIX della nuova serie, Roma 1867.
SUL PORTOSÀIDO §91
il professor BrighentiM) e tuttavia la ragione restava sempre dalla parte mia
giacché io avevo di più per me i fatti e gli argomenti che mi consigliarono quel tro-
vato; argomenti e fatti che sono pur sempre intatti. « E vi avrebbe letto infine
che in virtù di questa verità io concludevo: « Si adunino pur Commissioni contro
Commissioni, e siano pur tutte di parere contrario al mio trovato, è certo che non
gli toglieranno mai quel merito intrinseco che io ed altri siamo convinti che abbia ,
Sicché la sola esperienza, basata sulla natura nel libero esercizio delle sue forze
potrà essere giudice senza eccezione, ed essa sola potrà dettare sentenza da incutere
rispetto ai favorevoli ed ai contrari. In somma io mi appello alla dimostrazione del
fatto ». Intendo bene che se il sig. de Lesseps avesse ricevuto anche questa ri-
sposta, tutto l'edifìcio della S. V. crollava.
Al modo com'Ella e l'Anonimo del citato Articolo, del quale si compiace farsi
responsabile, ed io non La invidio, trattano l'autore del disegno del nuovo porto
di Pesaro, ed al silenzio che osservano per quei grandi che l'hanno approvato,
sembrerebbe che ci abbiano creduto tanti sciocchi e peggio; laddove poi Ella
non trova difficoltà di metter me tra gli Uomini di alta reputazione nella materia
chiamati a dare il nostro parere, e degli altri non parla; ed invero non era
mestieri parlarne perchè parlano abbastanza chiaro le opere loro, e i tanti allievi
delle scuole da loro presiedute, i quali oggi onorano l'Italia nella scienza del-
l'Ingegnere.
V. S. spedì ancora al signor de Lesseps, a maggior conferma delle cose dette
nell'Articolo, una dichiarazione dei capitani ed armatori contrari al mio progetto,
ed una loro lettera posteriore, « in cui è detto essere ormai inutile pensare alla
esecuzione del progetto Cialdi, dappoiché una impetuosa piena del torrente Foglia
(Isauro) aveva interamente rovinato il canal-porto ». Ma anche qui Ella non ec-
citò i favorevoli al progetto mio e non fece neppur parola della mia risposta a
quei Signori, nella quale, con dovizia di fatti e di ragionamenti, dimostrai l'er-
roneità delle loro vedute, l'ingiustizia delle loro querele ed i danni che per esse
ne provava la illustre Pesaro (1).
Ma conosce Ella a quale classe di marinari si affida? Alcuni di essi diretti
dal sig. Giuseppe Cavalieri, volendo criticare la scogliera parallela al lido, parte
essenziale del mio trovato, la paragonarono con il molo o diga di Malamocco da
Lei con tanto giudizio costruito; e siccome addosso di questa diga, « ove al mo-
mento dell'erezione (sono loro parole) erano 14 passi d'acqua, dopo pochi anni vi
veggiamo la marina cresciuta in modo di sabbia che colle maggiori calme ella rimane
di molto sopra al livello delP acqua ; così crediamo fermamente che il somigliante
avverrà di questa nostra (ossia della scogliera da me proposta) non potendo cause
eguali produrre contrari effetti (2) ». Costoro dunque non sanno trovar differenza tra
una scogliera parallela alla riva, ed un molo perpendicolare al lido ed unitovi
col piede! « È poi specioso, aggiunsi io rispondendo loro, voler della scogliera
mia fare un'altra diga di Malamocco e chiamarla malaugurata e fatale; mentre
questa diga ha migliorato assaissimo il porto di Venezia, ed ha altamente fatto
onore al suo Autore (che si fu V. S.). Se si è interrita e s'interrirà di più non
è difetto di essa soltanto; è difetto di tutte le dighe o moli che costituiscono
(1) Sul vecchio e nuovo porto di Pesaro. Lettera al sig. capitano Giuseppe Cavalieri. Roma 1867
tornale Arcadico tom. LUI, della nuova serie.
(2) Lettera citata Sul vecchio e nuovo porto di Pesaro.
592 SUL P0RT0SAID0 .
i portocanaìi. Ed è appunto per allontanare molto le conseguenze di questo
universale e grave difetto che io ho proposto la scogliera di cui si tratta (1) ».
Iddio liberi Lei, signor Professore, e chiunque de' suoi dipendenti da gente
di questo calibro. Senta che cosa accadde in Rimini, al povero e bravo ingegnere
Serafino Calindri. « Mentre la maggior parte del Popolo esclamava di volere non
rescavazione, ma la prolungazione della palata, e la Congregazione del Porto era
nella disposizione di prolungare di qualche canna il molo sinistro che è più breve
del destro per contentare la moltitudine; nel dì medesimo 26 Aprile nel quale due
dei Deputati e V Ingegnere erano per fare i necessari scandagli a tal fine, si eccitò
quel terribile tumulto per parte dei Pescatori e Marinai contro Calindri, di cui avete
già sentito a parlare. Questo significa, conclude lo storico, che non è sperabile
di contentarli nemmeno col secondarli (2) » . Cotesta classe di uomini grida
sempre e porta alle stelle la cosidetta pratica; ma Ella sa meglio di me che Gu-
glielmini sentenziò: La pratica senza la teoria è cieca, e che Bossut giudicò in
seguito: N'attendez rien du praticien borné et dépourvu de principes : conduit par
une routine aveugle 3 il vous montre sans necessità, ou à son insù, le mime fait
sous différentes faces ; ou il assemblerà au hasard plusieurs faits dont il lui sera
impossible oVexpliquer les différences individuelles (3).
Quindi nella citata mia risposta intorno al progetto di Pesaro concludevo:
« Che gl'Ingegneri debbano, per alcune disposizioni, raccogliere notizie dai ma-
rinari e farne conto prima di progettare un porto, io non solo ne convengo, ma
credo che sia una pratica necessaria: ed io stesso, benché marinaro, consultai
i principali del luogo ed ebbi il loro assentimento al progetto mio. Ma tra ma-
rinaro e marinaro corre gran tratto; e se un Ingegnere si affidasse interamente
al volere di tutti i marinari di un dato lido, quel lido non avrebbe mai porto.
« Come la scienza dell'ingegnere ha bisogno di alcuni lumi dell'arte nautica,
così questa senza quella non sarebbe mai al caso di formare un conveniente ri-
covero per i bastimenti »; e concludevo pure « sentire sempre più V utile grande
che ogni uomo può ricavare dal loro connubio per le opere in mare (4) » .
Non mi sorprese, né sorprende, che il mio disegno del nuovo porto di Pe
sarò abbia incontrato ed incontri ancora delle opposizioni : esso finirà per pre-
valere completamente. Solo mi fa maraviglia che V. S., testimonio delle contro-
versie per il molo massimo dìMalamocco; autore delle preziose Memorie d> Idrau-
lica pratica, ove è dovizia di esempi di simili strane ed ingiuste contrarietà, che
V. S. dico , dalle accennate opposizioni al disegno mio voglia trarre argomento
di suo intrinseco difetto. Trattavasi , per migliorare ia bocca di Malamocco, di
costruire due dighe; Y. S. proponeva doversi per prima costruire quella di sinistra
<c Questa mia opinione, V. S. registra, dopo quindici anni di opposizioni e di contro-
versie, finalmente prevalse e si diede mano alla sola diga di sinistra procrastinando
quella di destra » (5): ed era cosa utilissima anche la sua proposta, ed il fatte
l'ha provato: eppure soffrì quindici anni di controversie!
(1) Lettera qui sopra citata. . n
(2) Del porto di Rùmini Lettera di un Riminese ad un amico di Roma , coli Appendice di Doc.u
menti. Roma 4768, p. XXVII. ym
(3) Traiti théorique et expérimental d'hydrodynamique, Paris, nouvelle edition. 1797. Tom. I, pag. aaa
U) Lettera al Cavalieri citata. . ,
(5) Considerazione sulla scelta di quello fra i canali del Danubio che conviene preferire pei tegou
rizzare la foce nel mar Nero ecc. Torino 1858, pag. 62.
SUL P0RT0SÀ1D0 593
Ma lasciamo in pace la questione pesarese, che presto o tardi sarà nuovamente
e per intiero risoluta nel modo come io la proposi, altrimenti si renderà impos-
sibile dotar Pesaro di un porto capace e permanentemente buono , siccome V. S. fa
notare. E questa verità cosi bene da Lei espressa sarebbe tanto più giusta, se si
tornasse al vecchio porto. Ella, sig. Professore, con questo avviso rammenta ai
signori di Pesaro che se si abbandonasse interamente la mia proposta tornerebbero
al brutto spettacolo di una ed anche più barche di piccolo cabotaggio contemporanea-
mente caricarsi o scaricarsi attorno la punta di un molo, e così ridotte uscire o en-
trare nel porto trascinate sul fondo dalla forza degli uomini e de' bovi ; e ciò col
disordine e con l'ansietà inevitabile in bastimenti esposti senza verun ricovero ad
istantanei ed impetuosi venti, e ad un mare facile ad agitarsi e a frangerei (1)
Questi fatti, ed altri più seri ancora a danno della Città, che ben spesso acca-
devano col vecchio porto anche allor quando il canale aveva le sponde murate,
sembrano oggi messi in dimentico da quegli sconsigliati che desiderano riaverlo.
Dal poco che ho detto, in confronto del molto che potrei dire intorno a tale
questione, risulta abbastanza dimostrato che la Signoria Vostra, avrebbe fatto
meglio di non toccarla, o almeno di non concludere mai e poi mai in questa
sentenza :
« Voi vedete dunque, sig. Presidente, guai fondamento si possa fare sugli esperi-
menti fatti dal sistema Gialdi (in Pesaro!), per determinarsi ad applicarlo a Porto-
Sa'id, come egli vorrebbe partendo dalla supposizione che il piano adottato dalla Com-
missione internazionale , che voi state facendo eseguire, non sia sufficiente ed abbia
anzi a fallire allo scopo » .
Sulla quale supposizione potrebbe osservarsi siccome non sia già vero che io
abbia detto che il piano della Commissione avrebbe fallito allo scopo : soltanto che
esso sarebbe stato insufficiente per aggiungerlo convenientemente; ma di ciò in
seguilo.
Ora che mi credo purgalo dalla taccia dei supposti motivi che indussero V. S.
a pubblicare la Sua lettera, passo a rispondere alla lettera stessa. E perché Ella
alla confusa vi ha sciorinato per entro le sue molte obiezioni, cosi permetterà
che io, nel rispondervi, distingua quelle che riguardano la mia teorica in gene-
rale, da quelle che concernano l'applicazione pratica del mio trovato, sistema o
espediente a Portosàido; e venga all'opportunità difendendomi, da accusazioni
di diverso soggetto, ed avvertendo V. S. di talune illusioni in cui mi sembra
caduto.
V. S. dice che la teorica degli insabbiamenti da me sostenuta è da me risguardata
come un importantissimo mio trovato. Qui pure mi trovo obbligato domandarle in
quale de' miei scritti me ne sia io chiamato inventore. E nella aspettativa della
Sua risposta, che non avrò mai, Le dirò che io non mi sono giammai riguardato
per tale, e riporterò quello che intorno alla invenzione della medesima ho altrove
stampato. Ella ben sa ch'essa ribatte la teoria del Montanari; di cui dopo aver io
mostrato i difetli e la irrazionalità, in modo forse più chiaro e provato che ogni
altro prima di me, giungo a dire « che meritano speciale ricordo e tributo di lode
Quei che pei primi presero a combattere una teoria che, quantunque falsa, è stata
(1) Sul porto-canale di Pesaro, Lettera al sig. Paolo Giorgi f. f. di Gonfaloniere. (Giornale dell' Inge-
gcgnere Architetto. Milano, Anno V. - Giornale Arcadico. Roma, Tomo 144. -Annali delle opere pubbliche
e dell'architettura. Napoli Anno 6.°).
594 SUL PORTOSÀIDO
abbracciata e sostenuta dalle più grandi celebrità idrauliche italiane ( tra le quali
Ella si trova) e straniere ». E dopo questa premessa cito i nomi di Boscovich, di
de Fazio, di Tadini, di Emy, di Brighenti e di Paoli, registrando per ciascuno le
date dei loro scritti, ed i mezzi da loro usati contro quella teoria (1). Ora, come
si concilia questo mio procedere con quello che Ella mi attribuisce?
E prosegue dicendo: « Io ebbi altre volte occasione di esaminare la teorica del Cialdi,
e non ho potuto mai persuadermi che essa fosse fondata sopra buoni principii ». Ma di
grazia, non Le risposi io? Non sottoposi a Lei ed al pubblico una lunga ed elabo-
rata Memoria, piena zeppa di fatti in appoggio di questa teoria? (2) Memoria che
sviluppando e confermando quello che altrove avevo detto, né Ella, né altri ha
fin qui combattuta: anzi la mia dottrina degl'insabbiamenti ha conquistato dei
seguaci, fra i quali citerò uno che vale per molti, l'illustre professor Vincenzo
Antonio Rossi, rimpianto dalla scienza e dallo stuolo dei suoi dotti allievi (3).
Dopo sei anni, non ho io pubblicato un'opera tutta speciale sul moto ondoso del
mare e su i suoi effetti che Ella qualifica per dotta? Ma in che consisterà tale
dottrina se col mio ragionamento intorno al fenomeno massimo, al fenomeno
primo di cui tratta, cioè il movimento delle onde > Ella non ha potuto mai per su a-
dersi che fosse fondata sopra buoni principii?
Quantunque però V. S. non abbia neppur altra volta approvata la mia teorica (4),
tuttavia mi die la consolazione di farmisi vedere instrutto di essa, come or ora
Le farò rammentare; mentre non so per qual fatto ha voluto questa volta farle
viste di non avermi inteso, anzi ha siffattamente sconvolto ed alterato le mie
proposizioni su questo argomento, e mi ha fatto dire strafalcioni di tal peso che
l'autorità e la fama del Suo nome renderebbero credibili, se non venissi oggi a
sconfessarli innanzi al mondo scientifico.
A me pare che sia finito il beato tempo dell' /pse dixit , e che il mio edifizio
essendo stato basato ed innalzato non sulle idee mie, né di altrui, ma sopra un
nombre immense de faits, siccome disse il sig. de Tessan, avrebbe dovuto essere
da Lei con questa istessa arma abbattuto, se le piaceva di farmi censura. Ed otto
anni prima del sig. de Tessan, il sig. Francolini ebbe ad annunciare ai Georgo-
fìli : « Il sig. Cialdi ha avvalorata la di lui opinione sulle cause del fenomeno che
ci occupa , con tale serie di argomenti e di fatti da indurre a seguitarlo fino a che
altra serie di fatti più concludenti non abbia rimesso nel pristino onore,, se pur fosse
possibile; la teoria del Montanari ». — Volge il decimo anno e resta tuttora deluso
l'unico auspicio che potesse farsi sulla tomba di questa teorial —
Tuttavia, poiché la maggior parte delle Sue obbiezioni è fondata o sul malin-
teso della teorica da me sostenuta , o su fatti inesistenti , tornerò mio malgrado
anche una volta, ma rapidamente, su questo istesso argomento.
(1) Moto ondoso ecc. 1866. Dal N. 1372 al 1380.
(2) Sintesi di fatti per dimostrare come il moto ondoso del mare amiche la corrente littorale è la
cagione precipua del protendimene delle spiagge e della ostruzione dei porti, applicandone il risulta-
mento nell'ingresso del bosforo di Suez, nella rada di Pelusio. Roma 1860. —Giornale dell'Ingegnere
Architetto ed Agronomo Milano, Anno IX. —Giornale Arcadico, Roma, tom. 21 e 22 della nuova serie.
(3) Su certi fenomeni marittimi ed intorno ad alcune opere relative allo sbocco dei fiumi in mare al
proposito di due pubblicazioni del Cialdi (Annali delle opere pubbliche e dell'architettura. Napoli.
Anno 7.° 1857).
(4) Sulla corrente littorale detV Adriatico , o moto radente (Bullettino dell'istmo di Suez. Voi. V, To-
rino 1860, N. 14, 15 e 16). A cui risposi con la Memoria, Sintesi di fatti ecc. già citata.
SUL PORTOSÀIDO 595
Tre volte, sig. Professore, si oppugna nella sua lettera il mio trovato: la prima
nell Avvertenza che la precede, le altre due nel corso di essa: e tutte tre le volle
s. combatte e si rifiuta perchè si crede fondato, sopra la falsa teoria che il mo-
vimento delle onde suscitato dalle burasche non sia, secondo me, essenzialmente
oscillatorio: e perchè quel movimento progressivo che pur s'induca per l'azione dei
venti non agisce, secondo me, alla superficie del mare 0 a poca profondità e con
molla misurata azione, ma alle grandi di otto e più metri, ed a queste sì grandi
profondità conservi tanto vigore da scalzare il fondo di una spiaggia in guisa da
mantener libero un canal-porto e la sua foce.
Tengo per fermo ch'Ella confonda il moto di trasporto di cui, secondo i dati
d.versamente parlo, con quello oscillatorio; de' quali due movimenti nell'alto
mare, l'uno secondo me, avviene alla superficie dell'onda, l'altro si comunica
a grandi profondità; quindi tanto io sono lungi dal negare il moto oscillatorio
nel onda, che anzi Io credo capace di agire a profondità molto maggiori di
quelle ch'Ella ammette. °8
E di vero, quando mai ho io negato che il movimento delle onde sia essenzial-
mente oscillatorio ? Io invece ho detto che: « Nelle tempeste mentre regna vento forte
(che è il caso in cui io introduco una notabile modificazione alla teoria assoluta in
tutta la massa ondulante) i marosi in alto mare hanno per moto principale quello
di oscillazione e per secondario quello di trasporto di massa liquida : trasporto
notevole nella parte superiore (perchè quivi il vento percuote e spinge la cima
dell onda). Questo moto ho io chiamato fluttocorrente al largo.
*Il quale moto di trasporto, continuo a dire, è molto più notabile vicino al Udo
che in alto mare, e comunicasi soltanto a tutta la massa fluttuante quando
lo sviluppamelo inferiore del maroso trova inciampo, conservandosi però anche quello
di propagazione sino a che si frange presso il lido. Vicino al lido io chiamo flutto-
corrente a terra, o della superficie, il moto di trasporto nella parte superiore dei-
tonda , e fluttocorrente del fondo quello della parte inferiore (1886 e 1866 nelle
Conclusioni; e 1868 la medesima Conclusione è ripetuta in questo Giornale a pa-
gina 346 e seguente). Dunque io ammetto che il movimento delle onde sia es-
senzialmente oscillatorio.
Io ignoro quale sia la Sua teorìa del movimento molecolare nelle onde acquose
ma qualunque essa possa essere, avrei a dirle con uno dei più grandi ingeneri
Irancesi, la cui opera sto leggendo mentre Le scrivo:
« La loi generale ainsi exposée, il y aura à examiner le trouble apporté sur
LE REGIME GÉOMÉTRIQUE DU MOUVEMENT DE PROPAGATION ET MOLÉCULAIRE DE L'ON-
dulation par Ics forces exercées à la surface de celle-ci par des causes extérieures
tetles que la prcssion du veni: ou à sa racine, telles que la profondeur d'eau (1)
E come mai si potrebbe pensare ch'Ella voglia credere alla teoria assoluta e
permanente del movimento oscillatorio dell'onda? E vorrebbe forse che il vento
nella parte superiore della massa ondulante, ed il fondo del mare nella parte
inferiore di essa non esercitassero verun' azione nella sua propagazione, quando
l uno incalza e 1 altro reagisce per la insufficiente profondità dell'acqua? Ciò
non può volere, perchè anch'Elia deve ammettere nell'onda un moto comporto
almeno vicino al lido, per ispiegare quei movimenti di trasporto che pure am-
Èl TmXiVJ::xiX mpeur tra"socémimne- E"tdes sck"H^ •• -&■** * * **■ -e.
596 SUL PORTOSÀIDO
mette nell'onda stessa. E perchè dunque mi grida la croce addosso se io ammetto
moto di trasporto nell'onde in certi casi ed in certi luoghi?
Quanto air azione dei venti, che, secondo me, non agirebbe solamente alla super-
ficie del mare , ma a grandi profondità di otto e più metri, debbo avvertirla anzi-
tutto siccome non sia vero che io creda che la forza del vento agisca diretta-
mente a grandi profondità; ma invece che il moto oscillatorio si comunichi a
grandi profondità e cessi di esistere soltanto quando Tonda è interamente franta
presso il lido, e che il vento agisca alla superficie dell'onda e non penetri in
tutta la massa ondulante.
E se io ho chiamato fluttocorrente del fondo la parte inferiore dell'onda quando
inciampa o preme nel fondo del mare, si è perchè mi è sembrata espressione
più italiana di quella di lama di fondo da Lei preferita: espressione francese,
siccome già avvertiva il benemerito Piddington, e, se ben rammento, anch'Elia
l'ha avvertito. Ma insomma, noi due siamo sicuri dell'esistenza di questo feno-
meno, ed in modo simile ne abbiamo mostrato gli effetti.
Quanto poi alle profondità cui giunge, secondo me, la potenza del movimento
oscillatorio, Ella mi si dimostra anche più contrario col dichiarare che questo
non può certamente avere da per se quella forza eh' è necessaria a scavare sino a,
grandi profondità il fondo, in guisa da mantener libero un canal-porto e la sua foce;
e col chiamar grandi profondità quelle di otto e più metri, limitando ad otto metri
il giungimene di quel moto.
Ma se la S. V. non ha voluto prestar fede alle mie personali osservazioni, né a
quelle di Ulloa, Charbert, de Fleurieu, de la Coudraye, Horburgh , Bremontier,
Poisson,Monnier, Emy, Airy, Siau, Reibell, Aimé, de Beaumont, d'Archiac, Minard,
Frapponi, de Bougainville, de Tessan , Bourgois : Leonardo, Colombo, Castelli,
Zendrini, Mari, Spallanzani, Bidoni, Paoli, Meneghini, Sponsilli, Ponzi e Gugliel-
motti, da me tutti citati con il corredo dei fatti da loro osservati e registrati:
se non ha voluto credere al Coronelli ed al Lemoyne che nel banco tra le isole
di Minorca e Corsica, posto 23 metri sott'acqua, le onde si frangono e gettano
masse di arena nei ponti dei bastimenti che vi passano sopra; al de Hell, al De-
loffre ed al Mathìeu che presso le isole Sanguinati* es , seminate all'entrata del
golfo d'Ajaccio, sur le plateau de roche, la cima del quale è a 26 metri di profon-
dità, la mer brise dans les mauvais temps ; al Lieussou che a Bona (Algeria) la
houle in profondità di 10 a 12 metri non solo remue le fond , ma dechausse pu-
ranche les ancres; ai signori Bouchet-Rivière e de Ma/qué che in Djidjéli il mare
si frange in 20 a 22 metri di profondità; al Marieni ed al Le Gras che nel banco
fuori di Cortellazzo (Adriatico), giacente in 20 a 22 metri sotto acqua, le ondate
sono più corte e più frequenti, e che il medesimo banco a la proprietà de briser
la mer; se, dico, non ha voluto credere a tutte queste Autorità che sono meco
d' accordo , creda almeno a quella del sig. Chevallier del quale Ella si mostra
ammiratore. Questi nel 1862, ci disse e provò che nel mare della Manica les
LAMES REMUENT LE GALET JUSQU'À 15 MÈTRES SOTJS BASSE MER. E sappiamo che le
onde in quel mare sono più piccole di quelle del mar Libico (1).
Ora, dopo tutto quello che io ho pubblicato su questo argomento nel 1853,
1854, 1856, 1860, 1866, 1867 e 1868; e dopo anche quello che ha registrato il
(1) Sulla potenza delle onde. Lettera al sig. marchese Raffaele Pareto. (Giornale 'dell' Ingegnere .Ar-
chitetto ed Agronomo. Milano, Anno XV, 1867, - e Giornale Arcadico. Roma 1867, Tom. Lll aei.
nuova serie).
SUL PORTOSÀIDO 597
sig. Chevallier, V. S. vien fuori anche oggi col gingillo dell'azione delle onde
sensibile soltanto in meno di otto metri di profondità; e ciò asserisce senza di-
mostrazione alcuna e con tal sussiego come se fosse un assioma o una questione
vergine! Mi spiace dirlo, ma cosi Ella dà, per lo meno, dello scapato anche al
sig. Chevallier.
Che se non io soltanto, ma uomini di gran vaglia, idrografici, marini, idraulici
e geologi, tengono che l'azione dell'onde non si comunichi già a sei o sette
metri soltanto di profondità, come Ella vorrebbe farci credere, ma invece a
quella molto maggiore, e colà giù solchino il letto del mare, seco menando
quelle tante e diverse materie che lo costituiscono, perchè non potremo noi
ammettere che l'ingegno dell'uomo e la potenza dell'arte possa convertire quel-
l'azione insabbiatrice in escavatrice e spurgatrice, e far così veridico J. Scott
Russell quando diceva che con lo studio profondo delle leggi e dei fenomeni
delle onde ci è dato di convertire questi poderosi nemici in portentosi schiavi?
Eppure; dopo tutto ciò ho l'onore di dirle che se riassumeremo con diligente
ed onesta analisi i nostri modi di sentire su tale argomento, che al leggere la
Sua lettera sembrerebbero in assoluta contraddizione, la nostra discrepanza si
ridurrà a tutto questo: che nel trasporto dei materiali ostruenti io do più impor-
tanza alle onde che alla corrente littorale; Ella invece più a questa che a quelle.
Che anzi quanto al Portosàido la differenza delle nostre convinzioni teoretiche si
limita soltanto sul maggiore o minore prodotto degl'interrimenti, la quale diver-
genza nulla influisce sul merito pratico del mio trovato perchè, fatt' astrazione
da ogni nostra diversità di sentire, in questo fatto massimo concordiamo — che
la massa più grande delle materie ostruttive nel golfo di Pelusio è trasportata
da ponente a levante, ossia a dosso del molo massimo del Portosàido. —
Ed infatti, perchè gl'insabbiamenti in un porto possano avere effetto, deve
esistere la forza necessaria per ismovere e quella per trasportare le materie che
li compongono. V. S. ed io siamo in completo accordo nella prima condizione
richiesta ; cioè per entrambi le onde smuovono le materie giacenti nel letto del
mare. Ma Ella crede che la loro azione non si eserciti efficacemente che a pro-
fondità minori di sette metri nei mari Adriatico e Libico; io invece ho dimo-
strato con lunga serie di fatti da nessuno contraddetti, che la rena nelle tem-
peste ordinarie è sconvolta e mostrata a noi con ispeciale intorbidamento del-
l'acqua, in profondità di trenta a quaranta metri nell'Adriatico, e di quaranta
a cinquanta nel Libico. Quindi il nostro diverso sentire su questo punto sta nel
più e nel meno. Come ha veduto dai miei scritti e dal giudizio altrui, io ho per
me i fatti: Ella invece non si basa che sulle idee.
Quanto ai veicoli di trasporto, ecco in che differiamo:
« Io penso, Ella disse, che la corrente littorale sia la vera e princip al cagione del
protendimento delle spiaggie di sabbia e di limo , e della ostruzione dei porti: e ri-
guardo come causa secondaria l'azione delle lame di fondo; tanto più che essa si
esercita su quelle sabbie stesse e su quel limo, che la corrente litorale medesima ha
disteso sulle spiaggie sottili subacquee. Il Cialdi invece attribuisce il fenomeno alla
potente azione dei moti ondosi del mare , senza però disconoscere che qualche parte
possa avervi eziandio la corrente suddetta. Tale parmi in sostanza l'opinione del
Cialdi, (Paleocapa, Corrente litorale, 1860). E tale è appunto la mia persuasione
ed il convincimento mio, soggiungerò io, in tutto il rigore di verità. — Ella al-
lora mi aveva perfettamente inteso. —
598 SUL PORTOSÀIDO
E qui giova far ben notare che noi non siamo in tutti i lidi nello istesso modo
in disaccordo rispetto alla direzione che seguono le materie che producono quei
protendimene e quelle ostruzioni, e rispetto ai conseguenti rimedi per evitarne
i tristi effetti nella costruzione e conservazione dei porti : imperocché se pel
porto di Pesaro, poniamo, la Sua e la mia teorica sono in opposizione, pel Por-
tosàido invece sono d'accordo. Difatto in questo, sia che le materie vengano
trasportate dalla corrente littorale, siccome V. S. crede, o sia che il trasporto
si faccia dai moti ondosi e dalla detta corrente, come credo io, il loro cammino
sarà sempre da sinistra a destra , per chi guarda il mare, perchè, tanto la dire-
zione della corrente, quanto quella dei moti ondosi dei venti regnanti e dominanti
di quel lido, seguono unite la medesima via. Quindi la sola differenza che quivi
può essere messa in discussione tra noi, sarà, come nel primo punto, sul più o
meno. Ed il fatto del vastissimo insabbiamento già verificatosi nel molo massimo
di Portosàido pone la verità dalla parte mia. Dappoiché con il solo veicolo della
corrente littorale una si sollecita e grande massa d' interrimento non avrebbe
potuto venire.
E non è mica vero che Ella escluda interamente i moti ondosi come veicolo
di trasporto, giacché riconobbe la potente azione delle lame di fondo nel sommuo-
vere le sabbie* nel gettarle contro le coste 3 e coir aiuto dei venti creare anche sopra
queste più o meno estese dune; ammise che l'impeto delle burrasche contro un dato
punto della costa è spesso tale 3 da produrre effetti che la correntìa litorale non è
capace a produrre ne a distruggere dopo che sono stati da altre straordinarie ca-
gioni prodotti; e concluse con riconoscere la grande influenza che ha il moto ondoso
del mare sull'avanzamento delle spiaggie , e sull'insabbiamento dei porti , e come
questo cooperi più specialmente alla formazione delle alte spiaggie , e al più o meno
lento avanzarsi delle coste litorali. (Paleocapa, come sopra , 1860). Sicché in so-
stanza, Ella convenne in quello che io avevo dimostrato.
Dunque in massima, sulle cause degl'insabbiamenti in Portosàido noi concor-
diamo , quantunque la teorica da noi abbracciata e sostenuta non sia la stessa
per entrambi: imperocché colà la corrente littorale ed il fluttocorrente del fondo
o lama di fondo hanno la stessa direzione, e noi due ammettiamo che i moti
ondosi del mare sieno potente veicolo di trasporto di materie ostruttive. Con-
cordia che, come ho detto, sembrerà strana a chi ha letto la lettera della S. Y.,
nella quale vuole altamente ed in ogni parte condannarmi.
E poiché Ella dimostra tanto saviamente ammirazione e stima in verso i due
chiarissimi ingegneri de Tessan e Chevallier, tanto che si compiace di levarmeli
contro ove creda che Le siano di difesa, permetta che io qui, tacendo di tanti
altri di non minor fama che potrei a mio sostegno nominare , trascriva testual-
mente quanto il primo disse all'Accademia delle scienze di Parigi sulla mia teo-
rica, da Lei così mal concia e schifata; e che pensi il secondo su questo ar-
gomento.
« On sait, disse il de Tessan, que le ingénieurs des travaux hydrauliques à la mer
ont, en Italie _, à lutter incessamment contre une difficulté sans cesse renaissante :
l'envahissement des ports par les vases et les sables, et la formation de banc à Vem-
bouchure des cours d'eau qu'ils obstruent : au doublé détriment de la navigatori et
de l'écoulement des eaux douces.
« L'explication de ces atterrissements fàcheux a donne lieu 3 depuis longtemps 3 à
deux théories bien distinctes : la première } la plus généralement adoptée en Italie
SUL PORTOSÀIDO ggg
avant les publications de M. Cialdi, les fait dépendre du courant lìttoral qui lonqe à
petite distance toutes les cótes de la Mediterranée de gauche à droite pour un obser-
vateur place à terre et regardant la mer ; les vagues, dans cette théorie , n'ayant
d autre effet que de mettre en suspension dans l'eau les matériaux qui costitnent le
fond de la mer près des cétes , et de les livrer ainsi à l'action du courant littoral
qui, seul, les transporterait et les déposerait aux lieux où ils s'accumulent.
« L' autre théorie, celle que soutient M. Cialdi, et dont il a mis la vérité en complète
évidence dans son excellent ouvrage, fait dépendre ces atterrissements du transport
vers le rwage et du dépót, opérés par les vagues elles-mémes, des matériaux qu'elles
ont soulevés du foni de la mer, le courant littoral ne jouant qu'un róle très-secon-
daire ou méme insignifiant dans ce transport et ce dépot.
« Ces deux théories rivales , qui ont compté parmi leurs partisans les samnts les
plus distmgués de l'Italie, ont donne lieu à de trés-vives discussioni, et M. Cialdi n' a
pas été l'un des moins ardents dans ces débats scienti fìques.
« Le vifdésir d'étabilir sur une base inébranlable, sur des faits positifs , la vérité
de la théorie quHl avait embrassée , a conduit cet infatigable chercheur à compulser
tous les ouvrages écrits, soit en italien, soit en francais, soit en anglais, et traitant
de l action des vagues et des courants sur les cótes, et par une suite tonte naturelle
a consulter tous les ouvrages écrits en ces trois langues , et contenant des vues sur
la constitution intime des ondes liquides et des vagues de la mer au Urge et près des
cétes De plus, ti a profité de plusieurs voyages qu'il a faits en Italie, en France et
en Angleterre, pour se mettre en relation avec les savant et les ingénieurs qui s'oc-
cupent^ de ces difficiles question, et pour recueillir leurs opinions.
« C'est ainsi que par, vingt-cinq années de recherche assidues, M. Cialdi est par-
venu a rassembler un nombre immense de faits et d' opinions dont l'ensemble oint
a ses propres observations faites dans le cours de ses longues navigations et dans
ses explorations sur le cótes, constitue le fond de son utile traile
« On se fera une juste idée de l'étendue de ces recherches quand on saura que
plus de cmq cents auteurs, parmi lesquels on compie trente-cinq Umbre de celle
Academie, sont cités dans cet important travail (1).
« L'exposition que fait U. Cialdi de tous les faits qu'il a rassemblés, de toutes les
opinions qu il a recuillies et de toutes les observations qu'il a faites lui-mème est
claire nette, précise et parfaitement coordonnée pour arriver au but qu'il s' etait pro-
laLJT T Vécrimnt-Et « la *>"#* m l'on remarque dans quelques
passages de son Imre pouvait faire croire que l'auteur n'est pas encore parvenu à
convaincre tous les partisans de la théorie rivale, le lecteur impaniai resterà cepen-
iantconvamcu apres examen, que U. Cialdi a parfaitement établi, par des preuves
d fatsurabondantes, l'exactitude de la théorie qui attribue à l'action des vagues
Etc* rssr* m celle du cm liuoral dms les atterrimlnts
ta£ ì? nT fe' Pr0fesS0re' ch,e ^uest0 «"Piente ed imparziale esame, e questo
lucido ed ordinato ragionamento del sig. de Tessan provi la fallacia della mia
(i) Gli Autori da me citati sono 532 e le onere In™ Iar a <,„ „„„„* ,. ,.
*e lette e que„e citate da * : ,e prime assono" It' MlZT3 T™ ^ *"* *
uÌlr7I°rJ- SWU? 0Wra9e ÌmprÌmé "e M- Cialdi ««■« Sul moto ondoso del mare e su
le correnti d. esso, specialmente su quelle littorali. M. de Tessan rammrUm- ,r" , 1
ances de l'Académie des Sciences, tome LXII, séance du U^mi) ' T* ^^ *? t,
600 SUL PORTOSÀIDO
dottrina e la mancanza dei buoni principii ? A me pare che chiaramente mostri
l'erroneità delia Sua. Se Ella vuole aver la fortuna di essere con Lui come vi
sono io, bisogna che modifichi ancora la Sua teoria , e venga interamente nella
mia, cui si mostrò già ravvicinato, siccome ebbe a notare un imparziale e dotto
Critico (1). Allora la vedrà applicabile a tutti i lidi del Globo, allora la troverà
ovunque in armonia coi fatti, e ne potrà ricavare utili risultamenti.
Quanto al sig. Chevallier, Egli non emette giudizio intorno alla mia dottrina,
quantunque sarebbe stato suo interesse di farlo quante volte avesse avuto armi
per combatterla. Ma senta come egli parla in una sua speciale e commendevole
scrittura intorno ai lavori marittimi d'Inghilterra.
« Entre Portland et Douvres, et entre le Iidvre et Calais, le galet s' avance en general
vers l'Est sous V action des lames que soulèvent les vents dominants de la partie de
r Ouest.
« Al Chesil Bank les galets de différents formalions soni amenés de 60 à 80 Mlomè*
tres de distarne, par les lames que soulèvent les vents de V Ouest au Sud Ouest
« A New-Shoreham: ce port est forme par Vembouchure de la rivière Adur: la còte
à V Ouest a été encore successivement attaquée par la mer, puis envahie par le galet,
qui dans sa marche vers l'Est a repoussé dans cette direction Vembouchure de la
rivière jusqu'à plus de 4 kilomètres de distance » .
Da questi fatti da Lui con molto discernimento raccolti, da altri uguali che
per brevità taccio, e da quelli che ho riportati nella mia Lettera al signor de
Lesseps, dobbiamo concludere che egli dà, come me, molto più valore all'azione
dei flutti nella formazione o distruzione degF interrimenti, di quello che alle cor-
renti littorali o di marea, siccome V. S. vorrebbe.
Vengo ora alla opposizione che si riferisce a quella parte della mia teorica da
cui Ella crede si suscitasse in me l'idea del trovato; la quale si è: « che fallace sia
assolutamente la teoria in sé stessa; poiché il Cialdi la fonda sulla supposizione che il
moto progressivo da lui attribuito alle onde possa paragonarsi alla corrente di un
fiume che si stabilisce in una determinata ed immutabile direzione, e corre sopra un
letto di pur determinata e costante ampiezza » .
Niuno al mondo ardirà mai chiamare il solo geometrico movimento ondulatorio
del mare uguale al corso defluente di un fiume. Ella maestrevolmente ne analizza
la diversità da ciò che quello (in alto mare ed in condizioni normali aggiungo
io) non ha una determinata ed immutabile direzione, ma muta al mutare del
rombo dei venti, laddove un fiume V ha; quello non corre sopra un letto di de-
terminata e costante ampiezza, ed un fiume sì.
Quantunque però queste sieno le sostanziali differenze tra il mare ed il fiume,
tuttavia in ciò entrambi convengono che sono costituiti da una massa di acqua
le cui molecole sono fisicamente eguali. Che se la natura ci mostrasse vicino al
lido (oltre il movimento oscillatorio) anche un reale moto di trasporto nella
massa di acque che compone l'onda, specialmente in tempi di venti forti, per
esempio una Sua lama di fondo, sarebbe già questo un altro punto di somiglianza
tra l'uno e l'altro. E se poi si desse il caso di una corrente littorale che
scorresse nella stessa direzione del vento regnante e dominante di un dato lido,
(1) Relazione sul libro del cottim. A. Cialdi che ha per titolo: Sintesi di fatti ecc.; già citato. Letta
alla reale Accademia dei Georgofili dal socio ordinario ingegnere Felice Francolini, nell' Adunanza d<
dì 11 agosto 1861. (Estr. dagli Atti dei Georgofili. Nuova serie, toni. Vili, p. 12).
SUL PORTOSAIDO 601
come per esempio in quello pelusiano, sarebbe, anche per quelli che niegano
ogni moto di trasporto nell'onda, una causa sufficiente per assimilare sempre
più l'uno all'altro. E se la massa acquosa del mare defluente, sia per flutto-
corrente, sia per corrente littorale o sia per tutte due le cagioni, potesse dall'arte
restringersi tra due dighe di determinata e costante ampiezza, non ne consegui-
rebbe tra questa massa e quella di un fiume un altro punto di somiglianza? E
se finalmente questa massa di acqua marina defluente tra due dighe potesse sot-
toponi dall'arte ad una quasi costante direzione di potente vento, non avremmo
ancora un altro punto di somiglianza tra questa e quella ? Ed allora che diffi-
colta avrebbe V. S. a credere che il moto progressivo di questa massa possa
compararsi a quello della corrente di un fiume, in determinata direzione ed in
un letto di determinata ampiezza?
Ma teme forse che l'acqua del mare non defluisca specialmente vicino al lido?
be pur Ella abbia veduto il mare in tempesta presso una spiaggia della costitu-
zione fisica di quella di cui trattiamo, non Le sia discaro di trovarne qui la
descrizione; ma non composta da me. Perocché se io Le dicessi, come, oltre a
quello che potevo apprendere nel lungo esercizio dell'arte mia intorno al moto
nelle onde, quando poi mi trovavo nei porti, quasi ad ogni tempesta andavo nei
punti dei moli più esposti al mare ad osservare gli effetti del moto ondoso contro
quegli ostacoli tanto che le ondate mi coprivano talvolta dal capo ai piedi e
servivo di zimbello a quei curiosi che, all'asciutto ed in distanza, stavano 'ad
ammirare la maestà e l'apparente irregolarità di quei moti; se Le dicessi che
aure e non poche osservazioni di questo genere ed in ogni stato del mare ho
tatto tanto nelle spiagge, quanto nelle coste del Tirreno, dell'Adriatico, del Libico
ove stetti per oltre un mese accampato presso la foce di Rosetta; nei littorali del
Canale della Manica e dell'America; se tutto questo le dicessi, forse poco conto
tarebbe delle mie personali osservazioni. Dunque farò parlare tre Autorità che
saranno più fortunate di me.
Ecco come il sig. Regy, ingegnere capo di ponti e strade, descrive questo fe-
nomeno nel lido di Cette:
« Si l'on observe la mer un jour de témpete , on l'apercoit troublée sur plusieurs
mila au large par les sables que la vague a soulevés, et que les courants du Ut-
tomi dans la panie du gol fé de Lion qui nous occupe , transportent de gauche à
droite (precisamente come nel golfo di Pelusio), par l'effet combine de vents du
large et de la direction de la còte, uvee des vitesses qui atteignent de 2'» 60 à 3 me-
tres par seconde devant Cette. On dirait une rivière marine qui Unge la plage ,
chargee des sables que les vagues lui ont livrés (e che con la corrente littorale
trasportano, aggiungo io), et qu'elle (ed esseri»* et j ette sur le rivage, dans les
ansa et dans les ports. En passant à Cette, entre le brise-lames et les jetées , elle
(ed esse) en lame dans les passes, tous les ans, de 80 000 métres cubes à 100 000
metres cubes (1)b. Que l0 ,avoro s[ yede jn tm(e ]e spjagge ^.^ ^ djffe
può stare nel più e nel meno di prodotto. Passiamo al golfo di Pelusio
ti capitano di fregata sig. A. Le Gras avverte:
J, Qufaniln m à portSm il faut se méfier des courants qui portent le plus
wvent a l Est et quelquefois avec une vitesse *3«l noeudes; aussi voit-on fré-
pllmt^namélÌOra'ÌOn ^ UUOml ^ '" miterrmée dans le Déparlement de IHèruult.
602 SUL PORTOSÀ1DO
quemment des navires venant d'Alexandrie dépasser le pori et forcés de louvoyer pour
s'élever dans l'Ouest. Près de terre s les courants subissent plus l'action du vent . .
« Les courants du Nil charrient (in tempo di piena) une grande quantité de Union
qu'ils portent dans l'Est sur toute la còte, qu'ils modifient sensiblement ; ces dépóts
sont considérables à Aboultir et sur quelque points des cótes de Syrie où Paccroisse-
ment des plages est si rapide que les villes de Sour } de Sydon s'enfoncent dans les
terresj et les ports se comblent assez rapidement. Le Nile, dans ces moments 3 teint
en jaune les eaux de la mer a plusieurs lieues au large et charrie quelquefois des
bancs des vase noire 3 flottants et mobiles , qui ne sont pas beaucoup au-dessous de
la surface, mais sur lesquels on peut passer. Quand les courants sont violents , la
vase remuée monte presque à la sur face et prend Vaspect d'un haut-fond 3 visible
dans des endroits où les cartes marquent du fond. Ces bancs de vase ne sont pas
dangéreux et sont facilement divisés par le passage du navire (1) » .
Il Padre Guglielmotti che, come registrai nel mio libro, visitava i lavori di
Portosàido nel febbrajo 18(34, dopo aver descritto il ponte a giorno che formava
allora una specie di molo, ci dice:
« Scrivo per mio ricordo che non vedo altra scogliera, fuorché dieci o venti
tonnellate di scoglietti, messi attorno alle prime coppie di pali sul lido per rin-
calzargli; essendo appunto qua la montata che dal basso livello della spiaggia e
del terreno mena al ripiano del palco.
« Nondimeno P acqua del mare spumeggia e fa ritrosi sotto alla diga aperta.
Continua il vento di ponente alquanto più mite che nei giorni passati : ma l'acqua
che mi passa dinanzi da sinistra a destra è sempre torbida e la sua spuma
è gialla ».
Dunque per gli effetti nell'opera della quale ci occupiamo, non so vedere
come V. S. possa fare soggetto di biasimo, se la descritta corrente si assimili a
quella di un fiume.
Non è essa mossa con velocità ben superiore a taluni di questi ? Non è carica
di materie ben più ancora di quella di tanti fiumi? Il Tadini assimilò il movi-
mento dei sabbioni stessi ad una corrente di acqua , e non credo che sia stato
mai criticato per questo. Ed Ella fece di più; eguagliò la corrente litlorale a
quella di un fiume quando scrisse : « E questa velocità della corrente littorale
non può cessare ad una certa profondità sotto la superfìcie del mare , anche
quando è fortemente contrastata dai venti contrarli, come avviene che un fiume
non cessi di scaricarsi in mare 3 per quanto grande sia la violenza del vento che
soffia (2) » !
Teme forse che P arte non valga a restringere una massa di acqua marina in
moto, siccome le sezioni di un fiume? Ma nel mio disegno non deve pur la
corrente marina incontrare l'ostacolo frappostole dalla mia diga isolata e dal
braccio di scoglièra e cosi abbracciata e ristretta passare per l'apertura, relati-
vamente angusta, lasciata tra il molo massimo e la diga isolata ?
0 teme che questa massa di acqua ristretta così ed obbligata a passare per
quelP apertura non possa avere per mezzo dell' arte una quasi immutabile dire-
(1) Consìdèratìons générales sur la Mediterranée. Résumé des vents, courantes et routes de cette mer.
Paris 1866, pag. 181, 183.
(2) Sulla corrente littorale dell' Adriatico ; già più volte citata, pag. 497.
SUL PORTOSÀIDO 603
zione? Ma quando si allineassero queste due dighe in siffatta materia che i venti
dominanti e regnanti vi dovessero imboccare, e di più la corrente litlorale già si
trovasse naturalmente defluente nella medesima direzione, come in Pelusio, non
avremmo quivi noi le stesse condizioni di un fiume?
Ella però soggiunge: « Nel caso che esaminiamo, quelle onde che il Cialdi vuole
raccogliere nel suo imbuto sperando di spingerle, con velocità in ragione inversa della
sezione 3 nel canale che segue V imbuto stesso, non costituiscono certamente una mi-
surata quantità d> acqua fluente come un fiume h giacché al di sopra della bocca
dell' imbuto resta libero V amplissimo spazio del mare ondoso da cui si è inteso di
separarle. E quindi con ciò non si farà altro senonchè, in forza appunto degli osta-
coli che le onde separate dall' alto mare incontrano 3 ammorzare in gran parte il
loro movimento oscillatorio verticale non meno che il concomitante movimento
progressivo ».
— Dunque esiste un concomitante movimento progressivo anche per Vostra
Signoria t —
Questa obbiezione complessa unisce insieme molte cose già dette, ed aggiunge
un'altra difficoltà: quindi è in gran parte risoluta con tutto ciò che ho già ri-
sposto: giacché se l'acqua del mare corre con un corso simile a quello di un
fiume, vuoi per ragione del flutto correi! te, vuoi per la corrente litlorale, quale
difficolta di poterne abbracciare una data quantità specialmente se vicina al lido,
e farla passare ristretta pel collo di una specie d'imbuto? Forse che nel caso
nostro non dovrà certamente introdurvisi con maggiore velocità dell' ordinaria
una sufficiente parte di quella massa di acqua che defluisce da sinistra a destra
di che sopra ho parlato, la quale trovando abbarrata la via dal molo massimo e
dalla diga isolata, dovrà imboccare nell'apertura che le si presenta da me la-
sciata a 2600 metri dal piede di questo molo?
E che sopra la bocca dell'imbuto resti libero V amplissimo spazio del mare, che
importa? Forse che avrei dovuto restringere tutto il Mediterraneo per tenere
spurgata una bocca di porlocanale di solo quattrocento metri di larghezza? Allo
scopo mio bastava che una data quantità di acqua fosse incanalata, sospinta e
ristretta tra due dighe in quel dato modo, ed in quel dato punto, per costrin-
gerla al lavoro forzato di spurgo nella bocca del Canale. Né l'amplissimo ed alto
mare che resta libero al di sopra della diga isolata impedirà mai che la dighe
laccian da dighe, né che 1' acqua nel passarvi con notevole velocità non debba
correre più velocemente ristretta in una data sezione. Non vede che V. S. ob-
iettando così mostra di confondere il concetto dell'amplissimo mare in alto
mare, avente in massima il solo movimento oscillatorio geometrico, col concetto
del mare in vicinanza del lido considerato o nel mio fluttocorrente e corrente
litlorale o nella Sua corrente litlorale e lama di fondo, ma sempre sottostante
alla direzione del vento dominante e regnante, fatto simile tra la natura e l'arte
al corso di un fiume? Non vede che l'amplissimo spazio del mare non impedisce
la corrente litlorale quando scorre sotto la sferza del vento cospirante con la
corrente medesima?
Io credo fermamente che siffatta corrente, in forza della sua natura e degli
agenti che la sospingono, ed in virtù della forma e direzione degli ostacoli e
aell apertura che incontra nel mio trovato dovrà sviluppare quei fenomeni e
produrre quegli effetti che con tanta nitidezza e verità ha descritti il chiarissimo
ingegnere architetto Felice Francolini dinanzi ai Georgofìli. Eccone le parole*
Giorn. Ing. — Voi. XVI. — Ottobre 1868. 40
6Q4 SUL PORTOSÀIDO
«Le onde alsortire dall'imbuto aver dovranno una velocità proporzionata
« all' altezza del regurgito prodotto dai due capi della diga interrotta e dall'urto
« nella scogliera; quindi una velocità molto superiore a quella impressa loro
« dallo spirare dei venti e dal frangersi sul fondo del mare. E se tale velocita
« si manterrà, come par certo, superiore per qualche tempo a quella inerente
« alla sola azione dei venti, avrà pur anco forza di trasportare e di spingere per
« un certo tratto molto più materiali di quanti ne traeva seco per effetto della
« velocità iniziale, e quindi sbarazzerà la foce. Essendo noto che la quantità dei
« materiali trasportati da una corrente è direttamente proporzionale alla velocita
a sua, pari le altre circostanze. Non pare probabile che questo aumento di ve-
« locità prodotto dal regurgito debba cessare appena varcato l'ostacolo che lo
« produce. Ciò non avviene certamente nei fiumi, ove a ridosso dei pennelli si
« trova sempre un gorgo, prodotto appunto dalla celerità maggiore che le acque
« prendono nel sormontare 1' ostacolo e nello scaricarsi al di sotto di esso. E
« molto meno si potrebbe concepire che dopo varcala la bocca resultante dalla
« interruzione della diga, le onde dovessero perder subito non solo la maggior
« velocità concetta nel passaggio, ma inoltre una parte della iniziale: sicché
« dovesse avvenire piuttosto un insabbiamento che una escavazione (1) ».
(Continua).
(4) Francolini: Breve relazione del libro Sul moto ondoso del mare, del Comm. Alessandro fratti,
socio corrispondente; letta nell'adunanza ordinaria del U febbraio 1867. Atti dei Georgofih , INuova
serie T. XIV, Dispensa 2.
PRINCIPI DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE
DEL D. GUSTAVO ZEUNER
Professore alla Scuola Politecnica di Zurigo
VERSIONE DAL TEDESCO
m
»l% D. ALESSANDRO LUCCIIESINI I. C.
(Cont. V. la p. 451, voi. XVI e tav. 13, voi. XI)
CAPITOLO QUARTO.
Sopra le proprietà dei corpi solidi e liquidi.
§46.
I principii della teoria dinamica del calore sono stati applicati alla ricerca
de la proprietà del calore dei corpi liquidi solo per un caso speciale, l'acqua,
lab applicazioni sono dovute a James Thompson; ma questi studii hanno con-
dotto pero a risultati la di cui esattezza venne confermata più tardi dalle
esperienze di W. Thompson, e di Joule.
Come queste interessantissime ricerche raffermano nel modo il più bello
la nuova maniera di considerare il calore, così non tralascerò di trattarne in
seguito, e aggiungerò anche una serie di studj sopra i corpi fluidi e liquidi.
Si deve anche qui tener conto, come già si fece e pei gas e pel vapore, se
A corpo che si prende a considerare cambia durante l'esperienza il suo stato
ai aggregazione.
Noi supporremo sempre l' ultimo caso cioè ; riterremo che il corpo resti
nel corso degli esperimenti sempre o solido o fluido.
Le equazioni fondamentali del cap. I valgono anche qui. Sia il volume del-
1 unita di peso del corpo v: la pressione sotto cui si trova p, nel senso ben
inteso di cui si è parlato nel § 4 , e la sua temperatura sia t. Sappiamo che
le equazioni generali sono
c=z7(4)-x(U) (IIIa)
dp dv (H)
e le formole che danno la quantità di calore necessaria o da impiegarsi perchè
v> p e t crescano rispettivamente di dv, dp e di, sono
dQ=zXdp+Ydv (I)
606 principi
in Xdt + Cdv
(*1\ (Ia)
\dp)
atm Ydt — Cdp
ìdJ\ W
\dv)
Possiamo dare a queste equazioni per adattarle meglio al nostro scopo una
forma più semplice. Dapprima noteremo che" l'equazione di Carnot (52) § 15, è
se noi riscaldiamo il corpo (l'unità di peso) a volume costante di d t, il ca-
lore necessario a ciò è, dietro le nostre notazioni,
d Q = cì d t
dove cì rappresenta il calore specifico a volume costante ; l'equazione (I a) dà
per il caso che ci occupa, essendo d v = 0,
dQ—-^- dt
\dpì
e quindi ne segue per tutti i corpi
X = cA^) (191)
Se invece riscaldiamo il corpo a pressione costante il calore necessario
a ciò è
dQ = cdt
dove e e il calorico specifico a pressione costante, l'equazione (I b) dà allora,
poiché per questo caso dp~09
dQ=z --|t- dt
\dvl
e quindi ne segue per tutti i corpi
Y = c(¥) (192)
\dv /
Se noi sostituiamo questi valori nelle cinque formole precedenti, ne otteniamo
le seguenti, che valgono per tutti i corpi in generale,
dt\ /dt\ /195)
„(„+,)=(«-„>(»-•)(«-')
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 607
A d \ i d t \) d ( / d t\J ,I/WX
A = dp\c\j-v)\-Tv\c^Tp)\ (194)
d Q = Cìdt+ A^a + t) d v
\dp)
(196)
dQ = cdt-^<^LÙdp (197)
\dv)
Queste equazioni valgono, come il loro modo di derivazione lo dimostra, solo
nel caso che cl e e siano variabili; ma anche quando con esperienze si giunga
a conoscere le proprietà dei corpi d'un modo più preciso, saranno probabil-
mente impiegate sotto questa forma.
Per ora le nostre conoscenze su queste proprietà sono ancora molto scarse.
Della funzione
sappiamo solo pei corpi solidi e fluidi che sotto la pressione atmosferica il
volume v dell'unità di peso cresce uniformemente colla temperatura, cioè
che il coefficiente di dilatazione si può considerare entro certi limiti come
costante: le proprietà solo dell'acqua sono quasi esattamente conosciute, ma
sempre però sotto la pressione atmosferica.
Per ciò che concerne le capacità calorifiche e e cv conosciamo solo il valore
del calore specifico e a pressione costante , per certi dati corpi , ma sempre
solo nel caso della pressione atmosferica , e dalle esperienze di Regnault co-
nosciamo che que' valori, pei corpi solidi e fluidi variano lentamente col va-
riare della temperatura. 11 calorico specifico a volume costante ci è stato
determinato per un solo metallo in un modo speciale da W. Veber (1). Da
queste osservazioni risulta che fino adesso per un caso possono determinarsi
le proprietà dei corpi impiegando i principi della teoria meccanica del calore.
§47.
Cominciamo ad occuparci di uno studio di Thompson. Supponiamo che si
tratti dell'unità di peso di un corpo; sia il suo volume a zero gradi vi e a
t° sia v: allora in generale si ha:
v=zvQ + av0t (198)
dove a è il coefficiente di dilatazione.
(1) Poggendorff Annalen. Voi. 20, pag. 177.
608 PRINC1PJ
La differenzazione, considerando la pressione atmosferica costante, dà
&')== «»>
Chiamando l'unità di peso dell'acqua, cioè l'unità cubica (1 metro cubo)
a 0°, y, e quello del corpo r0; il Peso specifico di questo ultimo è
e- li
T
o poiché il volume v0 dell' unità di peso della massa del corpo
To
così
0 £ y
e quindi l'equazione (199) si trasforma anche in
d t \ e y
v0 =
(r^'-i «
Supponiamo adesso che la pressione che prima era l'atmosferica sia aumen-
tata di dp, ma che non sia stato aggiunto né sottratto calore al corpo ; allora
per l'equazione (197), ed essendo d 0 — 0, avremo
0==cdt-à<£p)dp
\dv)
dtAjfi+A m
dP <du
\dv I
che per la equazione (200) diventa
dtz=zA(a + t)«d m)
C £ Y
è questa l'equazione la quale, sebbene sotto altra forma, è stata trovata da
Thompson. Essa somministra il modo di determinare 1' aumento di tempera-
tura d t in funzione dell' aumento di pressione.
Questa equazione non può esser usata che nel caso in cui il coefficiente di
dilatazione a possa considerarsi costante da 0° a t , come è il caso in gene-
rale per il maggior numero di solidi e liquidi.
Per esempio, secondo Regnault, per il mercurio a — 0,00018155 da 0 fino
a 100°; di più
c~ 0,05552, £ — 15,596, T = 100°
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 609
e quindi ne segue che, calcolando la pressione in atmosfere invece che per
pressione su metro quadrato,
A t = 0,000,009 772 (a + t) A p
dove noi abbiamo posto in luogo di d t e d p rispettivamente A t e A p, per
introdurre nella formula quantità rappresentanti variazioni non infinitesimali.
Supponiamo che si abbia del mercurio a differenti temperature iniziali t, e au-
mentiamo la pressione da 1 a 10 atmosfere. Facciamo quindi Ap — 9, allora
abbiamo la tavola seguente:
Temperature iniziali t
Aumento di temperatura A t
0°
0,0245°
25°
0,0262°
50°
0,0284°
75°
0,0306°
100°
0,0328°
L'aumento di temperatura è cioè tanto più grande quanto più grande è la
temperatura iniziale ; non sarebbe possibile renderci conto di questo aumento
coi mezzi d'osservazione ordinarii.
La formola di Thompson vale anche per i gas permanenti; ora, poiché secondo
Regnault il coefficiente di dilatazione è presso a poco egualmente grande per
tutti, e che oltre a ciò il valore e e non rappresenta altro che la capacità ca-
lorifica a pressione costante, che pure secondo Regnault è pressoché costante,
cosi si deduce dalla formula (202) di Thompson: che tutti i gas permanenti
per delle temperature iniziali eguali, e per eguali aumenti di pressione 9 danno
eguali aumenti di temperatura.
Per l'acqua però la formula non è applicabile, poiché il coefficiente di di-
latazione a è variabile , ma si può trovarne una che vi si adatta.
Sia v0 il valore dell'unità di peso dell'acqua a 0°, e v quello a t° ; dentro
i limiti della pressione atmosferica abbiamo
v^Voil—at + Qp — ìP) (203)
dove oc, p e $ sono costanti che secondo Kopp hanno per valore
per NaOa 25° per t da 25° fino 50°
oc == 0,000061045 0,000065415
p =z 0,000007783 0,0000077587
$ = 0,00000005754 0,00000003548
Differenziando 1' equazione (205) si ha
(dt\l. 1
610 PRINCIPI
dove si è supposto che la dilatazione abbia luogo sotto la pressione atmosfe-
rica: sostituendo questi valori nella formula (201) si ha per l'acqua
dtzzz
A(a + f)
« + 2p*— 5 frap-
ponendo anche qui come sopra per l'accrescimento, A t e Ap, ed osser-
vando che per P acqua e ±à 1 e v0 = 0,001 e calcolando la pressione A p in
atmosfere, si ha
A t = 0,02457 (a + t) (— a + 2 M — 5 fr *2) A p
(205)
Con questa formola è stato calcolato il quadro seguente, che si accorda coi
risultati delle esperienze di Joule (1).
Temperatura
Aumento
di pres-
sione A p
AUMENTI DI TEMPERATURA A t
dell'acqua
Dalla
Dalle
t° C.
in atmosfere
equazione (205)
esperienze di Joule
1,2
24,54
— 0,0069
— 0,0085
5,00
24,54
+ 0,0025
+ 0,0044
11,69
24,34
+ 0,0195
+ 0,0205
18,38
24,54
+ 0,0565
+ 0,0514
50,00
24,54
-f 0,0547
+ 0,0544
51,57
14,64
+ 0,0544
+ 0,0594
40,4
14,64
+ 0,0454
+ 0,0450
Si vede da questi numeri il quasi perfetto accordo dei valori teorici coi
valori ottenuti per mezzo di esperienze. Al dissotto di 5°,9 di temperatura
la compressione produce una diminuzione di temperatura , al dissopra invece
un aumento.
§48.
Gli studj precedenti ci danno il mezzo di determinare per ogni corpo il
calorico specifico Cì a volume costante ; se la compressione di un corpo ha
luogo senza aumento o diminuzione di calore, l'equazione (196) dà
dt
(1) On the Thermal Efferts of Compressing Fluids. Phylosophical.. Magazine V. 17, 1859 Maggio,
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 611
e quindi
dP — - JLiÈll
\dp)
Ma in generale per l'equazione (195)
quindi
rfp_ e , i \dv)
d-v—^^-^A^J^ (206)
Con questa equazione, quando fossero noti tutti i termini del 2.° membro po-
tremmo determinare l'aumento d p della pressione corrispondente alla compres-
sione di volume^ (nell'ipotesi che sopra, cioè senza aumento o diminuzione
d. calore). Se il valore di dp si calcola in atmosfere, e se si pone
e
si ha "
/ dj \ 2
rff~~'l( d)1033O>+7) (207)
Noi possediamo qualche esperienza sopra la compressione dei liquidi di
Arnie (1), come anche di Colladm e Slum (2). Mi servirò dei risultali da
loro ottenuti per calcolare il valore di cit poiché per l'acqua ed il mercurio
co * sono noti ; secondo questi Fisici si ha, quando con v si indica il vo-
lume iniziale dell' unita di peso dei liquidi, la relazione
d v — — ii v dp
dove ,* indica il valore dedotto dall'osservazione di Aimé o di Colladon e
slurm. Quindi
dp_ l
dv~ fi v
e per conseguenza, dalla (207)
*_1— *0354 A (a + 0
>te\Tv)
S ìl^Xjdt ETÌ^ffi&Fk PVg ' £* Ù l
pression des liquides, ouences ^an3 1827). T. v, des mante étrangers. - Sur la com-
612 PRINCIPJ
Ora il valore di p, dato dalle esperienze di Sturm, Colladon e Aimé è, per
l' aumento di una atmosfera di pressione
Secondo Aimé Secondo Colladon e Sturm
per 12,60 per 0°
Per il mercurio 0,0000040 0,0000055
Per V acqua 0,0000502 0,0000488
Serviamoci dell' equazione (208) dapprima per il mercurio.
Dall'equazione (200) abbiamo per questo
/ d t\ s y
\ dv ì a
dove dovremo porre per
e — 15,596
T = 1000
a = 0,00018155
Di più il volume dell' unità di peso del mercurio a zero gradi è
1
v° — 13596
ed il volume v a 12°, 6' è
n jj a 1,002287
v = v0(i + at)= 155%
Poniamo questi valori nell' equazione (208) e poniamo per t = 12°, 6' serven-
doci dapprima del valore di Aimé, si avrà allora, poiché e = 0,05552
x= — = 1,1257
e quindi ne segue poiché per il mercurio il calorico specifico a pressione co-
stante secondo Regnault e = 0,05552, quello a volume costante cì = 0,02965.
Se invece si ripetono i calcoli per le esperienze di Colladon e Sturm, si ha
per t = 0°, dall' equazione (208),
x = 1,1466
e quindi il calorico specifico del mercurio a volume costante è
c{ = 0,02906.
La media dei due valori sarà
c{ = 0,02955
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 613
e quindi
— = 1,1353
come pure
e — c{ = 0,00397.
Questi valori sono stati determinati così da me per la prima volta, ma hanno
bisogno di esser confermati dall'esperienza.
Di un' importanza speciale è la determinazione del calorico specifico a vo-
lume costante per l'acqua.
Dall'equazione (204) si ha per l'acqua
/dt\ = _ì
\dvì ~ ' v0 (— à -f- ;,2 pi + 3 8 t 2)
e sostituendo i valori di «, p e fr, essendo »0 = 0,001, per r= 12°,6' si ottiene
(^H+(p000T0ll5672 e » = <M>010004
per / = 0°
dt
\dvì~~
e v-z 0,001.
0,000000061045
Quindi finalmente per l'equazione (208), e impiegando i valori di Aimé,
x = — =1,00185
ed essendo c = l, si ha il calorico specifico dell'acqua a volume costante
cì — 0,9981.
Se invece si fa uso del valore di ja dato da Colladon e Sturm
x = ■ — :
~ 1,000508
e quindi
cì~
: 0,9995
Le media di
questi
due
valori è
e quindi
04_ =
C
: 0,9988
= 1,0012
c — cìzzz 0,0012.
614 PRINC1PJ
La differenza del calorico specifico a volume costante con quello a pressione
costante per F acqua è piccolissima. Ciò che potrebbe conchiudersi anche a
priori , osservando che F acqua per la compressione subisce un aumento ben
piccolo di temperatura, come lo dicono i calcoli precedenti e le esperienze di
Joule. Ma non è da dimenticarsi che i precedenti risultati esigono la conferma
dell' esperienza.
In un modo affatto simile si potrebbe trattare degli altri corpi liquidi. Si
potrebbe ancora , ritenendo i precedenti risultati come giusti , e considerando
approssimativamente costanti i valori di e e cì9 risolvere col mezzo delle equa-
zioni (195) a (197) altre questioni. Ma tali studj sono troppo elevati; mi sembra
più utile di ravvicinare di pari passo questi studj colle esperienze.
§ 49.
Fitì qui noi abbiamo supposto che i corpi non variassero nulla affatto, du-
rante le loro modificazioni, il loro stato di aggregazione. Noi andiamo ora a
prendere in esame il caso contrario.
Il passaggio di un corpo liquido allo stato gassoso è stato trattato comple-
tamente nel Capitolo III: ci resta qui a considerare il passaggio di un corpo
solido allo stato liquido, a studiare cioè la fusione. Noi tratteremo come esempio
speciale , il passaggio del ghiaccio allo stato di acqua , o della fusione del
ghiaccio ; e il metodo generale si adatterà pure alla fusione di tutti gli altri
corpi.
Supponiamo che in un vaso sia contenuto un chilogrammo di ghiaccio a 0°,
e sotto la pressione di un'atmosfera; riscaldiamo questo ghiaccio, mantenendo
costante la pressione; allora il ghiaccio a poco a poco passerà allo stato di
acqua, e per tutto il tempo della fusione la temperatura si manterrà a zero
gradi, fino a che tutto il ghiaccio non sia divenuto acqua.
A partire da questo momento continuando a riscaldare , si manifesta un
aumento di temperatura. La quantità di calorico che è necessaria per trasfor-
mare un chilogrammo di ghiaccio alla temperatura di 0° completamente in
acqua a 0° , è noto , ed è dato dalla esatta esperienza di De la Provostaye
79,01
o, secondo Regnault,
79,06 unità di calore.
Noi faremo uso in quanto segue del valore medio, che indicheremo con r,
cioè
r = 79,055.
Questo valore è ciò che generalmente si chiama il calorico latente.
Da questi cenni si vede che i fenomeni della fusione sono esattamente come
quelli della evaporazione. Durante il passaggio da uno stato di aggrega-
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 613
zione ad un altro sotto pressione costante , come abbiamo di già notato , la
temperatura non cambia, quantunque il corpo si riscaldi. Quindi dobbiamo
conchiudere che anche nel processo della fusione, le cose si passano come
nella evaporazione , che cioè una parte del calore aggiunto r serve a vincere
la coesione, un'altra si trasforma in lavoro, poiché durante quel processo ha
luogo, come è noto, un'alterazione di volume.
Di più deve ritenersi, come per la evaporazione, che il passaggio dallo stato
solido allo stato fluido si effettua continuamente sotto differenti pressioni e per
differenti temperature, e che anche qui la temperatura è solo una funzione
della pressione e non contemporaneamente del volume della massa , fintan-
toché questa massa consta di ghiaccio ed acqua.
Noi possiamo quindi, come per il vapore, dividere l'acqua in satura, sopra-
riscaldata o non satura. Sarà acqua satura quella che per la più piccola sot-
trazione di calore si trasforma parzialmente in ghiaccio ; essendo per es. la
pressione un'atmosfera, l'acqua sarebbe satura a 0°; se invece dovesse to-
gliersi a pressione costante una certa quantità di calore all'acqua, prima che
essa cominciasse o perchè potesse trasformarsi in ghiaccio, allora essa sarebbe
non satura , o soprariscaldata. L' acqua quindi che sotto la pressione di una
atmosfera ha una temperatura superiore a 0°, è sempre non satura.
Se la pressione alla quale è sottoposta l'acqua fosse differente da quella di
un atmosfera, allora la temperatura di saturazione, o come altrimenti si dice
la temperatura di fusione, sarebbe pure un'altra; e tutte e due, la pressione
e la temperatura, come abbiamo notato, starebbero in un rapporto ignoto, ma
certo; e con esperienze potrebbesi per l'acqua satura determinare una curva,
di cui le ascisse fossero le temperature di fusione, e le pressioni le ordinate,
precisamente come il caso del vapore saturo, e si dovrebbe perciò procedere
nello stesso modo. Ma la specie di questa curva, come lo vedremo in seguito,
differisce essenzialmente da quella del vapore in questo, che la temperatura di
fusione del ghiaccio , o come io la chiamerò , la temperatura di saturazione
dell acqua, vana colla pressione, e ciò al cominciare del punto di congela-
zione; a misura che l'abbassamento della temperatura aumenta, la pressione
di saturazione cresce , cioè che coli' aumentare della pressione si ha un ab-
bassamento del punto di congelazione, ciò che è stato completamente con-
fermato dalle esperienze, prima di James Thompson (1) e quindi da Clau-
sms (2) , e teoricamente è stato anche dimostrato da William Thompson (3)
H pure confermato dalle esperienze di Butisen per lo spannacele e la parafina,
e da Hopkins per lo spannacele, la cera, il solfo e la stearina. Le seguenti
cSus™101" C°ndurrann° anche ai valori datì da James Thompson e da
Joi!)JrSaChenS °f 'he R°yal S°CÌely °f Edimbur«h' ™- XV< - « ^bridge e Dublin, Matematica!
(2) Poggendorff's Annalen, Voi. 81, pag. 168
616 PRINCIPI
Poiché noi avremo in seguito a fare con temperature inferiori a 0°, e con
temperature parte positive e parte negative, cosi è utile di considerare lo
zero della scala di termometro molto più basso , e di scegliere lo zero asso-
luto , cioè — 275 , e quindi la temperatura del punto di congelazione del-
l' acqua sotto la pressione di un' atmosfera sarà di 275°.
Supponiamo adesso in un vaso un chilogr. di ghiaccio sottoposto ad una
pressione p (per unità di superficie), e che abbia invece della temperatura T0
(temperatura di fusione) quella che corrisponde alla pressione d p , e sia T
questa temperatura ; si può domandare quale quantità di calore è necessaria
affinchè il ghiaccio si trasformi completamente in acqua alla temperatura T.
Sia c0 il calorico specifico del diaccio a pressione costante; per riscaldare il
ghiaccio da T0 a T occorrerà la quantità di calore
,r
c0dT
Sia r il calore necessario per ottenere dal ghiaccio alla temperatura T0 del-
l' acqua, pure alla temperatura T0 sotto pressione costante p. (r molto proba-
bilmente è una funzione semplice di T come per il caso dell' evaporazione).
r in generale si chiama il calorico latente, io lo chiamerò calorico di fusione.
Allora la quantità di calore che è necessaria per ridurre il ghiaccio in acqua
nelle ipotesi ammesse, sarà
T
Q = fc0dt + r (209)
%
quantità che, come per il vapore d' acqua, la chiameremo il calore totale.
§ 50.
Ma durante questa operazione si eseguisce un lavoro esterno. Cerchiamo di
determinarlo. Quando il ghiaccio si riscalda da T0 a T non segue fusione di
sorta, ma invece ha luogo una variazione nel volume, quindi il corpo vince la
resistenza che gli oppone la pressione, il che costituisce un lavoro.
Noi trascureremo questa variazione di volume, essendo piccolissima per rap-
porto a quella che ha luogo quando il ghiaccio si trasforma in acqua ; avremo
così solo da determinare il lavoro che si effettua durante la fusione.
Sia v il volume dell'unità di peso dell'acqua a f; w quello del ghiaccio
alla stessa temperatura. Abbiansi in principio M chilogr. di ghiaccio senza ac-
qua: allora il suo volume è
Mw (210)
ed alla fine del riscaldamento sotto pressione costante p , chiamando la quan*
tità di acqua m, il volume della massa sarà
(M -f- m) w — - m v = Mw + m (v — tv) (211)
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 617
li lavoro esterno è dato da / p d v ; integrando fra i limiti Mw e
MwA-m (v— w), ed osservando che p è costante, avremo
m p (v — tv)
per questo lavoro, cui corrisponde ad una quantità di calore
W = m A p (v — tv);
e se anche qui (come per il vapore) si indica con u la differenza di volume
dell'unità di peso dell'acqua v, e quella del ghiaccio tv, la quantità di calore
sarà
W=m A pu (212)
e quella per un chilogrammo di ghiaccio trasformato in acqua
W—Apu (215)
Il calore totale è noto per V equazione (209). Se noi da quello togliamo il
calore di fusione trasformato in lavoro esterno, si avrà il calore contenuto nel-
l'acqua, che indicheremo anche qui con /,
J~Q — A pu. (214)
Questo valore mostra che è contenuto più calore in un chilogrammo di acqua
a T° che non in uno di ghiaccio alla stessa temperatura, supposta la pressione p
eguale in tutti e due i casi.
Se l'unità di peso del ghiaccio avesse a bel principio la temperatura corri-
spondente a quella di fusione T, e si dovesse trasformare in acqua sotto la
pressione p corrispondente a quella temperatura, il calorico necessario, secondo
quanto abbiamo detto, sarà r.
Ora, poiché anche qui la quantità di calore Apu è trasformata in lavoro ,
il valore ? è dato da
P = r — Apu (215)
differenza fra il calore contenuto in un chilogrammo di acqua satura alla tem-
peratura T e quello contenuto nel ghiaccio ad eguale temperatura e pressione.
Io chiamo p il calore latente interno dell' acqua satura. Al calore Apu tra-
sformato in lavoro si può dare un'altra forma.
Supporrò di nuovo che in un vaso si trovino M chilogr. fra ghiaccio ed
acqua, cioè (M — m) chilogr. di ghiaccio e m chilog. di acqua, sottoposti alla
pressione p. Essendo (v— w) = u il volume di quella massa, sarà
V — M w + m u
618 PRINCIPI
e quando il peso di tutta la massa sia un chilogrammo, e si indichi il suo vo-
lume con vf sarà
v = tv + wi u.
Si somministri in un modo qualunque a questa massa, sotto pressione co-
stante , la quantità di calore d Q , facendo sì che rimangano costanti durante
questa somministrazione di calore le temperature; i volumi v e tv reste-
ranno pure invariabili , inquantociiè essi sono funzioni di /. L' accrescimento
di volume sarà
d v =zu d m. (216)
Ma la quantità di calore da aggiungersi affinchè la temperatura resti costante
e la' quantità di ghiaccio d m si converta in acqua, è
dQ — rdm (217)
e per l'equazione (216)
d Q = — d v.
u
Ma per questa quantità di calore, le equazioni fondamentali (I) e (I a) danno,
nel caso che durante il processo rimangano costanti la temperatura e la pres-
sione, cioè che sieno d p = 0 e d £ — 0,
dQ = Ydv (219)
e
dQ=7IT,dv' (220)
\dp)
Da queste tre ultime equazioni si ha
Fz=~ (221)
u
o anche
u~/dlK (222)
\dp)
precisamente come per l'evaporazione. Ma ora sappiamo che
C = A{a+f) = AT
dtz=d T
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 619
e poiché noi trattiamo il caso dello stato di saturazione, per cui la pressione p
è funzione di T,
dp _ r
dl'~AW7- (225)
e quindi anche per la formazione dell'acqua la quantità di calore trasformato
in lavoro è
A p u — — £- —
T it (224)
d t
§ 51.
I precedenti studii costituiscono i principi per poter giudicare del processo
di fusione. Disgraziatamente abbiamo poche esperienze, colle quali, anche ahi-
tati dalle equazioni precedenti, poter dedurre una conclusione; ma per quanto
ce lo permettono le esperienze note, procederemo nelle nostre ricerche teoriche
botto la pressione atmosferica la temperatura di fusione è 0° o J--2730
II volume dell'unità di peso dell'acqua a questa temperatura è
v = 0,001
mentre il volume dell' unità di peso del ghiaccio è
V
wz=z 0,001087.
Di più, per quel che precede, il calore di fusione per questa temperatura è
r =z 79,055.
Con questi valori si ha
u = u — w — — 0,000087
un valoro negativo.
Poniamo questo valore nell'equaz. (223); allora perla temperatura 7^ = 275°
o per il punto di fusione sotto la pressione atmosferica, quando pure noi con-
sideriamo dp in atmosfere, invece che in pressione per unità di superficie,
dj> = ___ 79,035.424
o
dp _
^— — 136,53 (225)
e
Giorn. Ing. - Voi. XVI. - Ottobre 1868. 41
620 PRINC1PJ
Quest'ultima equazione, che è quella che J. Thomson ha dato per il primo,
/ Thomson dà — = — 0,0075 ^ dimostra il risultato sorprendente , che per
\ dp I
un accrescimento della pressione p ( nelle vicinanze del così detto punto di
congelazione) ne consegue una diminuzione della temperatura di fusione;
quindi sotto una pressione più grande che un'atmosfera, l'acqua si gela prima
di aver raggiunto stemperatura di 0° centigradi.
1/ esattezza di questo risultato è messa fuori di dubbio dalle esperienze di
W. Thompson che ha trovato che aumentando la pressione da 8,1 a 16,8 atmo-
sfere la temperatura di fusione di ghiaccio da 0°,059 passava a 0,129° sotto 0°:
per un aumento nella pressione di un' atmosfera 1' abbassamento di tempera-
tura era da 0,00727 a 0,00767 che si accorda perfettamente coi risultati teo-
rici qui sopra. Mousson (1) ha per mezzo di un apparecchio speciale ottenuta
1' acqua fluida fino a — 20° , mantenendola sotto una forte pressione (un mi-
gliajo di atmosfere) : anche queir esperienza è un beli' esempio dell' esattezza
delle precedenti osservazioni.
Si considerino le temperature T come ascisse, e le pressioni corrispondenti
come ordinate ; riunendo i punti estremi di queste , si avrà una curva delle
tensioni per 1' acqua satura. Per la determinazione di quella curva è solo noto
un elemento , e precisamente quello di cui 1' ascissa è uguale a T = 275 e
1' ordinata p = 1 atmosfera.
Ma dall' equazione (225) si ha
dp = — 156.55 dT
e quindi si conchiude che la tangente in questo punto è pressoché normale
all'asse delle ascisse, per cui la curva è molto verticale, ed al crescere delle
ascisse si accosta all'asse delle ascisse stesse.
La curva per il vapore saturo presenta delle proprietà diametralmente opposte.
Se si supponesse che l'equazione (225) si adattasse anche per un abbassa-
mento di temperatura di 1°, se ne concluderebbe che 1' acqua potrebbe sussi-
stere sotto una pressione di circa 156 atmosfere, poiché essa si gela per -1° CI.
Questa considerazione dimostra che in ogni caso lo zero del termometro e
molto stabile e che solo una grande variazione di pressione può dare una no-
tabile differenza nella sua determinazione. Egli è noto che col punto di con-
gelazione non si potrebbero determinare le variazioni generali della pressione
dell'atmosfera.
Se il ghiaccio è sottoposto ad una pressione minore dell'atmosferica, allora il
punto di fusione deve esser più alto. Sotto i recipienti di una macchina pneu-
matica la congelazione dell'acqua comincia di già ad una temperatura elevata;
ciò che può verificarsi facendo uso di un miscuglio di acqua e di ghiaccio
sotto il recipiente ; la temperatura di questo miscuglio deve innalzarsi.
(1) Poggendorff's Annalen, T. 105, pag. 161.
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 621
Dappoiché questo fenomeno è passalo finora inosservato , ciò che prova es-
sere questo innalzamento negli spazj pressoché vuoti estremamente piccolo •
per determinarlo occorrerebbero {strumenti ed esperienze speciali
La curva delle tensioni dell'acqua ha un andamento rappresentato presso a
poco dalla fig. 10. 0 è l'origine delle coordinate; le ascisse sono le tempera-
ture ed il punto Pl corrisponde a + 1° C. e P, alla temperatura di - 1» C
'e""13."6! Punt° ° é 0M = Ì atmosfera, poiché l'ordinata corrispondente
a - 1 Ce circa 136; mentre quella per + i" è quasi 0. Gli esperimenti per
riconoscere 1 andamento della curva fra 0° e 1» non dovrebbero presentare
grandi difficolta, e dovrebbero condurre a delle conclusioni interessanti quando
si usasse dei risultati unitamente alle formule date di sopra.
§52.
L' equazione (209) darebbe per il calorico totale dell' acqua
T
Q= fctdT+r;
Questo valore dà ancora la quantità di calore da fornirsi al ghiaccio di tem-
pera ura T0 sottoposto alla pressione p di saturazione corrispondente alla tem-
peratura T per innalzare il ghiaccio prima a T' e quindi per averlo trasfor-
ma in acqua a T- e. e il calorico specifico del ghiaccio a temperatura co-
stante, per il quale Person (1) dà il valore
c0 = 0,5040
valore che vale solo per la pressione di una atmosfera , abbenchè molto prò-
natalmente debba essere quasi costante per tutte le pressioni
Prendiamo quest'ultimo, avremo
Q = 0,504 (T -T0) + r
Supponiamo per fare un esempio, un chilogrammo di ghiaccio alla tempe-
ratura di7-0=365 (-I0-C.) sottoposto alla pressione atmosferica, e che deb-
fas,, restando costante la pressione, trasformarsi in acqua; la temperatura di
saturazione corrispondente alla pressione di una atmosfera è r=275° (0°CÌ-
» calore quindi che bisogna fornire, essendo T =273 ed r = 79,035 , sarà
Q = 84,075 Calorie.
(1) Comptes rendi», T. XXX, pag. 526. - Annate de chinile et de physique » s III T XX. „ 4M
- Poggendorff's Annalen. Voi. U, pag. 409. P"J»ique. ». »i ni. T. XXI p.395.
622 PRINCIPJ
La fusione di questo ghiaccio comincierà quando la sua temperatura si sarà
innalzata da 265° a 273° ; e per questo innalzamento sarà necessaria la quan-
tità di calore
0,504 {T — T0) = 5,040 calorie.
La quantità di calore contenuta nell'acqua a T° allo stato saturo, cioè
sotto la pressione corrispondente a quella temperatura, era per Fequaz. (214),
/ = Q — A p u.
Il secondo termine, che rappresenta il calore trasformato durante la fusione
in lavoro esterno, si può solo determinare per la temperatura di 273°, poiché
per le altre non è noto l'andamento della curva, e quindi l'equazione (224)
non può servire alla valutazione di questo termine.
Per la temperatura T—'ìTò0 era
w = — 0,000087;
1
di più, poiché p = 10334 ed A = 7^4» si ha, per questa temperatura
A p u = — 0,00212 Calorie.
Di là un altro risultato importante; in questo caso non si ha calore tra-
sformato in lavoro, ma precisamente ha luogo il contrario.
Durante la fusione del ghiaccio alla temperatura di 273° (0° C.) dovrà quindi
il lavoro fatto dalla pressione atmosferica sottrarsi, considerandolo come calore
diminuito nel ghiaccio, e noi troveremo per il calore contenuto nell'acqua a 0°
/= 0 + 0,00212
o, quando noi supponiamo che il ghiaccio abbia in principio la temperatura 7'tì,
ma sia durante l'esperienza sottoposto alla pressione atmosferica,
/■== 0,504 (273 — T0) + 79,035 + 0,00212 =s 206,629 — 0,504 T0 .
Se per es. la temperatura iniziale del ghiaccio è T0 = 265°, allora
J = 84,077
mentre il calore fornito sarà
Q = 84,075 Calorie.
La differenza è estremamente piccola, ed essa proviene certamente da un er-
rore d' osservazione ; infatti il valore di r per T = 273 è già incerto nel se-
condo decimale» e il calorico specifico cQ dato da Person ha subito per ulte-
DELLA TEORIA MECCANICA DEL CALORE 623
riori determinazioni anche una piccola modificazione. Quando anche si possa
supporre che per la temperatura di 273°, cioè per il punto di fusione sotto la
pressione di una atmosfera, la quantità di calore da aggiungersi Q sia eguale
alla quantità / contenuta nell'acqua, non è lecito crederlo per gli altri casi,
poiché probabilmente per la fusione del ghiaccio sotto altra pressione , il la-
voro esterno espresso in calorie può diminuire considerevolmente quando la
differenza per forti pressioni p, fra il volume v dell'unità di peso dell'acqua
e quello w del ghiaccio per la temperatura corrispondente a questa pres-
sione, sia considerevole. Se di più il valore di A p u in tutte le circostanze
sia negativo, cioè se per differenti temperature di fusione si abbia sempre un
volume di acqua minore di quello del ghiaccio , è questa una questione non
anche risolta.
Il lavoro esterno che un chilogrammo di acqua riceve come calore quando
passa dallo stato solido al fluido sotto la pressione dell'atmosfera è
p u = 0,899 chilogrammetri
cioè, come risulta dal di sopra, sempre molto piccolo.
Il calore latente dell'acqua finalmente era, per l'equazione (215),
P = r — A p u.
Anche questo valore, che pure mostra quanto calore contiene in più l'acqua
del ghiaccio, ad uguale temperatura e sottoposti alla stessa pressione, si può
solo determinare per la temperatura di 273°, e si ha
p = 79,035 + 0,002 =± 79,037.
Questa quantità di calorie messa sotto forma di lavoro dà il lavoro totale
necessario per trasformare lo stato interno dell' unità di peso del ghiaccio sotto
una temperatura data, affinchè esso si riduca in acqua.
Le considerazioni precedenti dimostrano che il fenomeno della fusione dei
corpi è rappresentato esattamente dalla stessa formula che vale per 1' evapo-
razione , e quando per conseguenza per mezzo di esperienze sia conosciuto
esattamente questo fenomeno, si potranno risolvere problemi simili, come ab-
biamo fatto nel Gap. III. Disgraziatamente però ciò non è possibile adesso,
poiché le esperienze fatte fino a qui non ci somministrano alcun punto
d'appoggio. (Hm).
'&'
IL CANALE CAVOUR
MEMORIA
dell' Ing. Francesco Ajraghi.
(Vedi pag. 554)
Altimetria del Canale , sua larghezza, opere varie provvisorie, ed
opere permanenti di difesa.
NelP antecedente capitolo abbiamo veduto qual sia l'andamento topografico
del canale e la portata effettiva dei medesimo; vediamo ora la sua altimetria, la
larghezza e costituzione del suo fondo, le opere provvisorie e quelle permanenti
di difesa occorse , le difficoltà tecniche speciali che si sono presentate duranti
i lavori, e in che modo queste furono vinte.
Come i lettori già sanno, e come vedesi dal profilo longitudinale della Tav. 26,
la differenza di livello fra i punti estremi del Canale è di metri 21,730. Questa
differenza di livello tra la soglia d'imbocco alla gran chiavica e quella di sbocco
è equabilmente ripartita su tutto il fondo del Canale, che si può ritenere quindi
avere una media pendenza di 0m,264 per mille, eccettuate però le lunghe tratte
orizzontali in corrispondenza alle tombe sotto 1' Elvo e sotto la Sesia, ed escluso
il fondo dei Ponti-Canali e loro acquedotti, nei quali fu spinta fino a 0m,36 ed
anche a 0m,40 allo sbocco delle principali tombe a sifone, e fino a 0m,50 alla de-
rivazione per la chiamata d' imbocco.
A meglio dimostrare il numero delle livellette, e le loro lunghezze e pendenze,
compiliamo qui le risultanze numeriche del profilo :
IL CANALE CAVOUR
Numero
delle
Livel-
lette
Lunghezza
in
metri
Caduta
totale
in metri
Pen-
denza
Kilome-
trica
UBICAZIONE
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
Kil.
1,000
2,000
7,473
2,300
26, 647
180
900
1,000
1,500
1,610
2,910
7,620
270
1,090
1,500
1,000
3, 570
8,030
1,400
1,910
4,090
4,230
0,500
0,600
1,868
0,828
6,662
0,000
0,360
0,350
0,450
0,402
1, 048
1,905
0,000
0,371
0,450
0,270
0,893
2,007
0,420
0,478
1,022
0,846
21, 730
0,50
0,30
0,25
0,36
0,25
0,00
0,40
0,35
0,30
0,25
0,36
0,25
0,00
0,34
0,30
0,27
0,25
0,25
0,30
0,25
0,25
0,20
Chiamata d'imbocco dell'edifìcio di presa.
Allentamento dal Kilometro 1.° al Kil. 3.°
Dal Kilometro terzo all'incontro della vallata
del fiume Dora Baltea, ossia alla progres-
siva 10,473.
Caduta dopo il Ponte-Canale sulla Dora Baltea.
Livelletta continua fra la Dora e la tomba sotto
P Elvo.
Tomba sotto il torrente Elvo (orizzontale).
Caduta a valle dell'edificio sotto l'Elvo.
Raddolcimento dopo il passaggio dell' Elvo.
^Continuazione dello stesso raddolcimento dalla
l progressiva 41500 alla 44610.
Caduta oltre il passaggio del torrente Cervo.
Allentamento successivo.
Tomba sotto il fiume Sesia (orizzontale).
Caduta dopo l'edificio sotto la Sesia.
Allentamento oltre la caduta.
Progressivo allentamento fino al Kil. 59.
Lento declivio dal Kil. 59 alla progressiva 62,570.
Livelletta continua fra la strada di Gargarengo
e l'imbocco della tomba sotto il torr. Agogna.
Caduta al sottopassaggio con tomba al torrente
Agogna.
Raddolcimento oltre l'edificio di tomba.
Caduta oltre la tomba sotto il torrente Terdoppio.
Sbocco nel fiume Ticino.
Lunghezza totale del canale.
Differenza fra la soglia di derivazione e quella
di sbocco in Ticino.
Nello stesso profilo della Tav. 26 osserviamo pur anche come dalla Chiavica
al Chilometro 9, l'ampiezza del Canale sul fondo scemi gradatamente da m. 40 a
m. 20, e le pendenze in questi 9 Chilometri variino in modo da potersi fissare per
intera competenza del Canale le altezze d' acqua di metri 1,87 immediatamente a
valle della Chiavica e metri 3,40 al Chilometro 9. — La stessa larghezza sul fondo
ed altezza d'acqua che si disse avere il Canale a questo punto, continua normal-
mente fino al chilometro 62,570, dove, in causa di due considerevoli derivazioni,
quali sono la Roggia Biraga e la Roggia Busca, il canale stesso si riduce tosto
dalla detta dimensione di metri 20 sul fondo a metri 12,50, diminuendo altresì
lo spessor d'acqua che da metri 3,40 riducesi a 3,20. Continua con queste di-
mensioni e spessor d'acqua fino al Chilometro 74, ossia fino all'imbocco della
tomba sotto il torrente Terdoppio, passato il quale va successivamente stremandosi
fino a metri 10 e poi a metri 7,50, e in pari tempo anche lo spessor d'acqua sì
riduce a metri 3 fino alla costa del Ticino.
6%Q IL CANALE CAVOUR
Sarebbe a dirsi come si procedette alla sistemazione del fondo del Canale, la
cui natura essendo in molte tratte ghiajosa e quindi permeabilissima, dà luogo
a considerevoli emungimenti, massime negli acquedotti attraverso le vallate della
Dora, del Cervo e della Roasenda; ma ci spiace di non poter dare dati estesi
per la plausibile ragione che tale opera non fu per anco eseguita, in causa, pri-
mieramente, di disparità tra il progetto della Società Concessionaria e quello re-
datto dall'Impresa costruttrice, e secondariamente, per il dissesto economico toc-
cato alla Società assuntrice, il quale obbligò a soprassedere a questa e ad altre
opere complementari.
Ora però la Commissione tecnica nominata dai Sindaci della fallita Società,
nel suo lodo arbitramentale accolse a priori le proposte dell'Impresa, determi-
nando di tenere in osservazione il Canale per il periodo di due anni allo scopo
di meglio verificare le località ove si riscontrassero delle filtrazioni , ed ese-
guendovi in tempo utile degli abbondanti gettiti di sabbia e di minuta ghiaja.
Dopo il quale periodo di tempo il fondo dell'acquedotto della Dora dovrà essere
rivestito, nella parte in rilevato, di un selciato di grossi ciottoli infissi sopra un
fondo di calcestruzzo, in modo da formare una crosta dello spessore complessivo
di centimetri 30 e disposta ad arco dittico concavo con una depressione nel
mezzo di M. 0,40.
Così pure, dopo lo stesso periodo di due anni, anche gli acquedotti del tor-
rente Cervo e della Roasenda dovranno essere rivestiti di un selciato, che stante
la natura argillosa e quindi meno permeabile del loro fondo , sarà formato di
semplice sabbia inaffìata con acqua di calce. — Il costo di queste opere di ri-
vestimento, secondo il preventivo degli Arbitri, sarebbe :
Per il rivestimento della platea della Dora, = 2090m X 20m X 0m}30 =
= 12540 m.c. a Lire 21,60 al metro cubo , di L. 270,864
Per il selciato della platea del Cervo e della Roasenda, secondo la sud-
detta prescrizione degli Arbitri, = 3391m X 23m p= 77993 m.q. a L. 2
il metro quadrato, di » 155,986
In totale L. 426,850
Per tutta la linea del Canale le scarpe interne non murate sono inclinate a 45°:
inclinazione riscontratasi insufficiente in alcune località, dove la stratificazione
del terreno troppo sciolto ed arenoso fece sì che quelle, nelle lunghe piogge au-
tunnali e dopo i disgeli primaverili, franassero quasi completamente, come si
è verificato negli ultimi chilometri in vicinanza del Ticino ed in altre località
superiori; talché sarà necessario il rivestire le sponde con muratura mista, op-
pure con selciato, come già si è fatto per sole breve tratte, in corrispondenza
di alcuni edifìcj e delle più risentite curve; od anche, come si è usato con
buon successo in altri lavori a parità di condizione, sostenendo le scarpe con
robuste viminate colleganti una ricca piotazione, alta a distruggere l'eccessiva
permeabilità del terreno. Dal fondo del Canale elevansi le scarpe inclinate a 45°
superanti in media 0m,25 il pelo d'acqua massimo fissato, quindi lo scavo forma
banchina larga lm,50, superiormente alla quale continua l'acclività di 45° fino
a raggiungere la strada aizaja. Negli estesi acquedotti di cui facemmo cenno,
le acque scorrono incassate da muri di sponda, costrutti sopra una oppor-
tuna fondazione di calcestruzzo ed elevantisi sopr,a il pelo delle massime ac-
que scorrenti nel Canale. — Questi muri sono formati con ciottoli avuti in parte
IL CANALE CAVOUR ggy
toò^Tmurìit ?"'!■ df '."** Per la formazione del,'alveo del "«^0
Cavo. lai mur sono legai, da cinture di mattoni distanti le une delle altre
eS rt'malt'e I a"a S°ffimità 'V"' C°UM f°™anle Sw2?£2
a e drauHca d Pai T n™1" -gale -fUr0n0 C°mp°Ste di Sabbia torrentizia <>
Pure d, Palàzzofo eh ^r8" """ S°n° *'iVeStÌlÌ' V6rS0 U Cana,e' di c«°
pure di mazzolo, che ha qualità em.nentemente impermeabili, superiori di molto
a quello decantato di Grenoble e di tante altre cave si nazionali che estere
L'andamento del canale dall'incile alla sua confluenza in Seta offre alti
neamenti e 36 curve, che qui compilo a maggiore dimostrazion el a avo a 2 "
Allineamento
Numero
delle
curve
Angolo
99, 44
1259, 61
1459, 82
805, 54
198, 80
4,27
260, 18
379, 26
592, 61
1305,60
996, 61
7483, 62
1950, 10
3721, 02
10079, 91
4761, 28
1516, 07
248, 92
669, 08
1424, 75
2703, 52
1222, 54
946, 75
432, 28
1636, 59
160, 25
338, 04
417,38
1578,02
2250, 96
11107,34
783, 75
347, 07
1178,20
1706,20
5853, 19
1452,50
K.73331, 07
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
1080 0'
1720 0'
1660 30'
1750 20'
1550 36'
1590 44'
167° 22'
1510 44'
1590 44'
1710 36'
1570 6'
1730 14'
174° 16'
1690 54'
1570 14' 30"
1680 58' 56"
159° 23' 36"
116° 26' 12"
136° 45' 24"
152° 41' 56"
127° 36' 28"
0"
0"
0"
0"
0"
0"
0"
0"
0"
0"
0"
0"
0'
0"
139° 30'
173° 0'
1370 H'
113° 26'
170° 0'
114° 12'
1520
1320
1510
1510 24'
1550 54'
150° 9' 22"
130° 57' 34"
1430 2' 12"
1390 52' 50"
0'
0'
6'
0"
0"
0"
0"
0"
0"
0"
0"
0"
0"
0"
Raggio
in metri
377
1420
420
1220
324
400
640
500
500
500
500
500
500
500
500
500
178
130
400
1000
1000
500
300
500
118,53
500
300
700
300
2000
500
400
700
300
300
500
Sviluppo
suJl' asse del
Canale
in metri
473, 75
198, 26
98,96
99,37
137,98
141,48
141,12
246, 67
176,86
73,30
199, 84
59,05
50,03
88,14
198, 60
96, 15
64,02
144, 22
301, 89
476, 49
914, 42
353, 44
36,65
373, 65
137, 70
87,26
344, 48
342, 08
251, 32
1008, 80
249, 58
168, 25
364, 61
256, 77
193, 63
350, 11
Kil. 8898, 93
Lunghezza totale dei rettilinei,
Sviluppo compless. delle curve.
628 IL CANALE CAVOUR
Come vedesi ,' il raggio delle curve che congiungono i diversi rettilinei è
compreso fra i limiti di 118m,53 e quello maximum di 2000™.
Di queste 36 curve, 18 dovranno essere rivestite di selciato a secco o di malta
per la parte che segue la concavità del Canale e per un' altezza eguale al suo
spessore d'acqua, più 0,30; e ciò in conseguenza del lodo arbilramentale dm
periti nominati dai Sindaci della fallita Società, che decretarono essere tale
opera conforme a quanto ebbimo a dire, che cioè l'acclività delle sponde non e
sufflcente a sostenere le terre, anche per la natura permeabile di esse , che la-
sciando facilmente scorrere le acque fra i loro meati, fanno sì che accadano
corrosioni, certamente più risentite nelle curve dove la direzione della corrente
batte obliquamente una delle sponde.
Abbiamo »ià detto come all'intersezione dei principali corsi d acqua il Canale
sia munito di appositi scaricatori, dei quali il primo è già descritto; il secondo è
anello a monte del Ponte-Canale sulla Dora Baltea che riceve e convoglia in
questo fiume le acque esuberanti; il terzo, che regola il corpo d'acqua della
tomba a sifone sotto il torrente Elvo; il quarto quello al torrente Cervo, pure
a monte del Ponte-Canale; il quinto in fregio, a destra, del manufatto sotto
il fiume Sesia, che, mentre serba all'edificio di tomba il battente di m. 190,
trasporta in tempo di piena le sovrabbondanti nel confinante fiume; quelli a
monte degli edifici per la continuità delle Roggie Rizzo-Biraga e Busca, e final-
mente quelli in fregio delle tombe pel sottopassaggio del Canale ai torrenti
Asosna e Terdoppio. . .
Lungo la linea del grande alveo sono disposti 19 Caselli di guardia in muratura,
a due piani, uno terreno ed uno superiore per l'alloggio del guardiano, un cor-
tile ed un porticato per deporvi gli attrezzi ed i materiali più ind.spensab. h
alle urgenti e piccole riparazioni al Canale nel suo esercizio e nel tempo degli
^Suluìta la lunghezza delle laterali arginature, che è anche quella del Canale,
corre la strada alzaja, la quale a distanza di cinquecento metri da una parte e
dall'altra di esso, subisce nella sua lunghezza un progressivo regolare allarga-
mento, in modo da offrire pel ricambio dei veicoli una lunghezza di metri otto.
Ebbimo già a dire nel primo capitolo di quali e quanti corsi d acqua il Canale
Cavour sia attraversato nel suo lungo percorso dal Po al Ticino; cosicché e facile
comprendere di che importanza, quantità e specialità dovettero essere le opere-
provvisorie e di difesa che necessitarono per procedere all'escavazione de 1 alveo
nonché alla fondazione ed elevazione dei relativi edifici, mediante le qua . opere
si poterono cominciare e condurre a compimento i lavori anche in tempo di piene
dei fiumi e torrenti intersecanti questo gran Cavo. Le copiose quantità d acqua che
infiltravansi pei meati del terreno e che colla loro azione chimico-meccanica fa-
cevano ostacolo ai lavori d'escavo e di costruzione, furono raltenule in parte d
robuste arginature, in parte deviate, e le sorgive tolte col mezzo , di apposi
macchine di prosciugamento, cioè con un numero considerevole di locomom
della forza di circa 8 cavalli a vapore ciascuna, le quali mettevano in movimen e
delle coclee della lunghezza dai 7 ai 9 metri e del diametro interno compreso tr.
0 45 e 0,56, nonché turbine, trombe aspiranti e prementi ecc.; tranne pero in arcui
tratte dove le stesse sorgive furono allontanale mediante semplici canali tugator
' Per dir solo delle principali opere di questo genere, citeremo l'argine lung
650m e allo più di 4, elevato sulla sinistra del Po a difesa delle opere perle
IL CANALE CAVOUR
ficio di derivazione, nonché quello pure al Po \ a valle dell'edificio di presa a
tutela del primo scaricatore.
Per lo scarico delle sorgive, che per le già espresse ragioni riuscivano consi-
derevoli, si è aperto un apposito canale di scolo che conta più di 5 chilometri di
sviluppo, per il quale si poterono fare all'asciutto le fondazioni e le costruzioni
della platea d'imbocco.
Il principale degli accennati cavi fugatori è quello che per lunghe tratte fu aperto
nel fondo del Canale e nel suo asse slesso, e che mediante bracci secondari sca-
ricava le sue acque nei fiumi e torrenti che incontrava ; o convogliava le acque
nelle finitime roggie, dopo che il loro letto era stato ampliato e che furono ese-
guite altre opere necessarie.
Alla Dora, all'Elvo, alla Sesia, all'Agogna ed al Terdoppio vennero costrutte im-
portantissime arginature per la deviazione delle loro acque, alle quali arginature
se ne collegarono altre destinate alla difesa delle prime, nonché a quella dei vi-
cini cantieri e delle latistanti campagne. Se in tanta molteplicità di lavori non
si ebbero a verificare disastri di sorta, lo si deve all'intelligente e ben coordi-
nata distribuzione delle opere di difesa, che, eliminando la forza distruttrice delle
confinanti acque, permise di proseguire nell'ardua intrapresa.
La sola notevole contrarietà che si ebbe a lamentare fu la piena del torrente
Agogna avvenuta nell'ottobre 1864, la quale, rotte le troppo deboli arginature
che difendevano la costruzione della sottostante tomba, si scatenò a distruggere
il già fatto e a colmare co' suoi depositi i grandi scavi operati. Rallentata la
piena, si applicarono coclee e turbine mosse da locomobili, onde liberare e
mantener sgombro dalle acque la sede invasa, intanto che un ben immaginato e'
robustissimo cassero di difesa, formato con colonne e tavoloni di quercia, riem-
pito nel suo interno di terra battuta, opera dell'ingegnere Mantoani, sorgeva a
riparo delle possibili piene venture, opponendo colla sua robustezza e felice di-
sposizione un insuperabile ostacolo, per modo che si potè ripigliare ed ultimare
anche la costruzione di quest'importante edifìcio.
Sarebbe a parlarsi di altre considerevoli e dispendiose opere costrutte in via prov-
visoria, quali furono il ponte di servizio sulla Dora Baltea, quello in legname
col sistema Americano pel servizio provvisorio della ferrovia Torino-Milano, ed
altri sovra corsi d'acqua minori; nonché di Ponti-canali in legno per la conti-
nuità di acque private, come pure di strade per la condotta dei materiali sul luogo
dei lavori, ma siccome ci dilungheremmo di troppo, così ci contentiamo di averne
fatto cenno, persuasi del resto che chiunque possa farsene una giusta idea.
A perenne difesa degli edificj sul Canale, in direzione ortogonale ai corsi d'ac-
qua, vennero fondali sotto il letto del fiume e dei torrenti solidissimi pennelli,
rivestiti di prismi di calcestruzzo, elevati sopra le massime piene conosciute e
difesi al loro piede da considerevoli geliate. Tanto superiormente poi, quanto
inferiormente all'incontro dei manufatti sopraccennali, si sistemarono le sponde
e si fecero importanti rettifili e livellamenti del fondo, costringendo così le sbri-
gliate acque dei torrenti e fiumi a passare per lunga tratta a monte ed a valle
'dell'edifìcio nello stato di un corso d'acqua stabile e regolare.
L'occupazione totale del terreno per l'aprimento dell'alveo e relativi depositi
ascese alla rilevantissima estensione di 6,000,000 di metri quadrati, non tenuto
vicolo delle occupazioni temporanee per strade provvisorie ferrate e ordinarie,
cantieri, magazzeni, officine, depositi di materiali, ecc.
630 IL CANALE CAVOUR
Per gli innumerevoli movimenti di terra che si dovettero fare in questa opera
colossale, non potendo economicamente procedere coi mezzi ordinari, sia per le
distanze sia per la natura del cammino da percorrere , si costrussero appositi
tronchi di strade ferrate provvisorie, con vetture speciali trascinate da locomo-
tive- e si ottenne un felicissimo successo, inquantochè, mentre nel trasporto
colle carriuole, coi carri, ecc., sopra un suolo morto lo sforzo di trazione e »/«
circa del peso, sopra un binario di ferrovia provvisoria esso varia invece fra
*/i« e «««, Si calcoli poi che, mentre le piogge aumentano lo sforzo di trazione
dei carri e delle carriuole sulle vie comuni , al contrario scemano l'attrito sulle
rotaie, fino a ridurre lo sforzo di trazione a Vmo-
Questo sistema però è applicabile con vantaggio solamente nel trasporto di con-
siderevoli masse di terre ed a distanze non minori di 500 metri, come era il caso
in questi lavori, dove appositi tronchi ferroviari del complessivo sviluppo di circa
25 000 metri di binarj erano percorsi da locomotive che trasportavano i carichi
di'terre e materiali d'ogni sorta per le opere maggiori, quali furono quelle per
l'edificio di presa, di sterro, d'interro e di costruzione alla Dora, al Cervo ed
(Fine della parte prima).
Errata corrige. - A carte 555, linea 16™, invece di alterandosi si legga alternandosi.
LA CHIESA DI SANT' ABONDIO E LA BASILICA DISSOTTO.
LETTERE COMACINE
DI
Camillo Boito
(Vedi a pagina 309.)
III.
Egregio amico,
La chiesa di Sant' Abondio, quella che si ammira oggidì nelle sue vecchie
forme eleganti, e che dagli storici fu attribuita air antica età, cui appartiene la
sotterrata basilica de' Santi Pietro e Paolo, non può non essere una chiesa co-
strutta pei monaci intorno al mille. Ce lo disse il monumento; vediamo un po'
se lo conferma la storia. Né occorrono già documenti nuovi od inediti, poiché
quelli che dai pazienti e sagaci scrittori delle cose comasche furono trovati, ac-
certati e pubblicati, bastano cerio al bisogno. Ed io sono, vi confesso, assai lieto
di non dovere, cacciandomi nella polvere degli archivii, rosicchiar pergamene;
che non è mestiere a cui mi ci metta di voglia.
Della basilica si conoscono poche vicende ed incerte. Lodovico il Pio con-
cesse con suo diploma, Panno 818, al clero di essa la villa di Anucio , co' servi
dell'uno e dell'altro sesso e tutte le pertinenze, oltre certe ragioni d'acque
verso il lago di Lugano, proibendo sotto pena di 100 libbre d'oro a' governatori
e giudici dell'Impero l'ingerirsi o nei beni o negli uomini donati; e da tale
privilegio larghissimo si raccoglie, che la basilica aveva già mutato il primo titolo
in quello di Sant' Abondio e, pare, anche di Santa Pelagia. Dal testamento del ve-
scovo Valperto si conosce poi che la dignità di cattedrale, venuta anticamente
dal San Carpoforo al Sant' Abondio, era, già prima del 914, passata dal Sanl'A-
bondio alla chiesa di Santa Eufemia, la quale fu poi di San Fedele, e nel te-
stamento è detta Mater Ecclesia e Mater basilica. Ma il testamento e il diploma
sappiate che sono di assai dubbia autenticità; la qual cosa non mi rincresce
affatto, giacché al fine mio basta il sicuro e solenne documento, col quale Albe-
rico, vescovo di Como, Panno 1013, istituisce a Sant' Abondio un monastero di
Benedettini.
La chiesa, la canonica, P episcopio, molti possedimenti e rendite, fra, cui son
ricordati i formaggi di Ardenno e dì Berbenno e le trote del lago di Poschiavo
e dell'Adda, furono assicurati al monastero , minacciando chi vi ponesse mano
d'eterna maledizione. Il decreto fu confermato in Aquileia da undici vescovi,
oltre Alberico, cosi come Patto di fondazione fu sanzionato da un sinodo dioce-
632 LA CHIESA DI SAINT' ABONDIO
sano, a cui assisteva, tra molti canonici, diaconi, suddiaconi e sacerdoti di San-
f Abondio e di San Garpoforo, un maestro di scuola. V'accennai, credo, come il
clero di Sant' Abondio non impiegasse allora le sue rendite in onore di Dio; la
vita mondana, la simonia, il concubinato, le altre disonestà dei preti di quel
tempo, che a molti pare il secolo aureo della moralità sacerdotale, dovettero
portare scandali gravi, se Alberico si decideva a lor loro ogni possedimento per
darlo a' monaci, e se nello stesso atto di fondazione faceva cenno della lor vita
licenziosa e scialaquatrice. Ne crediate che questo Alberico fosse un vescovo
santo. Figuratevi che, per pigliarsi l'abazia ricchissima di Bremo in Lomelina,
e' caccia in carcere il superiore e due monaci; senonchè, di notte, gli altri
monaci mandano al letto del vescovo San Pietro, che, dopo avergli dato infinite
busse, lo fa uscire dal convento, e lo lascia , solo e ferito all' anguinaia, morir
sulla via.
Ma re Enrico, a porre sempre più sode fondamenta al nuovo monastero, non solo,
dandogli in dote alquanti beni di conti rei di fellonia, confermò all'abate Marino
la donazione di Alberico, ma ricevette l'abazia sotto la sua real protezione, e
condannò in 100 libbre d'oro chi osasse molestare quei monaci; ond' è che ai
monaci non dovevano in sin dal principio mancare mezzi per provvedere a' loro
bisogni, se non a' loro agi.
Non so se il palazzo episcopale e quello che serviva al Collegio dei canonici,
che fu da Alberico portato presso Santa Maria Maggiore, potevano bastare all'abi-
tazione e ai refettorii dei frati di Sant'Abondio; certo è che la basilica, quale ve
la descrissi, era disadatta oltremodo alle necessità ed alle convenienze mona-
stiche.
I due locali de' lati, la larga nave, le tribune superiori, le braccia trasverse della
croce, s'adattavano mirabilmente all'uso delle prime basiliche, destinate al po-
polo, aperte a' fedeli. Il piccolo abside, con la sua cattedra vescovile al fondo, i
sedili dei canonici in giro e il ciborio dinanzi; il santuario, che si poteva na-
scondere solamente con veli; il solca, il coro, chiusi -da transenne basse e forse
ornate a larghi trafori: tutto ciò, insomma, che serviva al clero di prima, non
poteva acconciarsi più agli ufficii novelli. Il vescovo benediceva il popolo, cele-
brava i sacri riti pel popolo, voleva essere veduto dal popolo ; i diaconi , lettori
del vangelo, delle epistole, de' salmi, de' sermoni, montavano sui pulpiti, che al-
zavansi nella nave in mezzo a' cristiani ; i chierici cantori univano fraternamente
le loro voci a quelle dei fedeli. Nei monaci, all'incontro, questo abbracciare il popolo
non andava: talvolta uscivano a compiere pubbliche cerimonie, ma per poco, e
quasi con misteriosa apparenza; salmeggiavano, predicavano, leggevano, uffiziavano
in chiesa, quasi sempre per conto loro, a diverse ore del dì e della notte. Ave-
vano quindi bisogno di un lungo coro, di un vasto spazio, che fosse serrato bene,
e che, non dividendoli al tutto dal resto della chiesa, pure li nascondesse agli
sguardi profani, li proteggesse dai romori, serbasse loro queir autorità, che viene
dal restare serrati in sé.
Or egli è chiaro che, sebbene non ce ne resti memoria, il primo desiderio dei
Benedettini dovette essere quello di rifare su tutt' altra pianta la chiesa. Né della
vetusta basilica si potevano in alcune parti giovare, tanto le forme della pianta
erano contrarie, non solo a' bisogni nuovi, ma anche air indole generale dell'ar-
chitettura d* allora, ed ai carattere artistico che gli edificii monastici avevano da
qualche tempo pigliato; senza dire che le mal costrutte muraglie, dopo sei se-
E LA BASILICA DISSOTTO 633
coli, dovevano essere tutte ruinose, e i pavimenti e le soglie erano, come oggi
pure si vede, logori dal lungo stropicciare de' piedi.
Ma i ruderi delle costruzioni, che si dovettero demolire, non furono senza un
qualche vantaggio; anzi, come già vi dissi, innumerevoli pezzi d'ornati s'impie-
garono a formare, posti a rovescio, il suolo moderno, e qua e là la moderna
fabbrica murale. Sicché molti marmi, i quali facevano bella mostra nel portico
di Calpurnio Fabato o in altri edifici romani, e' poi furono nascosti nelle mura
della basilica de'Santi Pietro e Paolo, stettero pure lungamente ignorati in quelle
della chiesa di Sant' Abondio. Se non che la sagace pazienza del sacerdote Sera-
fino Balestra ha saputo, nei restaurare l'edificio, scoprire in ogni lato della
chiesa quei ruderi venerandi.
Una lapide dell'anno 556, rovesciata, sporgente pochissimo ed infìssa profon-
damente nel muro, formava una piccola lesena esterna del coro. Un grosso fram-
mento ornato stava nella finestra più d'accosto al campanile, in sul lato meri-
dionale del presbiterio. Altri frammenti considerevoli erano nel pilastro che
fiancheggia la facciata, neil' arcone di essa, nella portina settentrionale al basso
delle spalle, nelle finestre della nave di mezzo, in quelle laterali del coro, in
quelle dell' abside, e via via.
E qui, giacché sono entrato in questa digressione, non è inutile dire che i
pezzi tratti dalla prima chiesa sono tutti in marmo di Musso, mentre la seconda
ha i muri a corsi orizzontali in pietra di Moltrasio, alti dal più al meno un venti
centimetri, con al basso il rivestimento di alcune larghe lastre di serizzo, tolte
in parte a edificii romani, e con le cornici, i modini e gli ornati o in serizzo,
oppure anche in una pietra non dura, che pare si lavorasse talvolta in opera',
come mostrano alcuni ornamenti appena sbozzati e subito interrotti. All'alto
dell'abside, lì dove comincia verso mezzodì il semicerchio, si notano, per esempio,
sulla gola che corona la gran. cornice ad archetti, alcune fogliette segnate con
lo scarpello, assai leggiadre, e di modo bisantino arieggiarne il far greco, che è
un peccato non sieno state compiute e tirate intorno. Vedete un cenno di tali
fogliette e della cornice dell'abside nella tavola 21.
Del resto, Tanno preciso in cui la basilica del V secolo fu demolita per fon-
darvi sopra la chiesa de' monaci, non si sa; né molto probabilmente sarà mai
dato trovare su codesto neanche un brandello di pergamena. Ma, per conto mio,
non credo che i Benedettini, benché ne dovessero sentire una gran voglia, ab-
biamo avuto agio sin dal principio di provvedere al nuovo edifìcio. Altre cure,
altri vasti restauri per ridurre i palazzi a monastero, li dovevano tenere ne' primi
anni occupali. Forse i possedimenti del clero di Sant'Abondio, lasciati in misero
stato dai dissoluti canonici, stettero un pezzo senza produrre larghi utili; forse
le altre rendite furono per un tempo non breve impiegate in parte nel miglio-
rare la cultura di quei fondi dilapidati. La basilica poteva intanto, bene o male,
servire, o dividendo con un muricciolo abbastanza alto la nave maggiore dalla
trasversa, per lasciare al popolo quella, questa ai monaci; oppure chiudendo ai
fedeli addirittura la chiesa, che, sebbene s'usasse alcune volte dai frati, non pare
in questo caso probabile.
I , Tuttavia il monastero con l'andar degli anni diventava sempre più ricco, tanto
1 i lasciti e i privilegi vi si andavano accumulando. Nel 1027, alcuni cittadini mi-
lanesi lasciarono non so quali somme in onore di Sant'Abondio; ed è probabile
; cne allora la chiesa fosse già principiata, e che quei denari venissero appunto
634 LA CHIESA DI SAINT' ABONDIO
offerti per continuarne la fabbrica. Sicché nel 1063, quando Rainaldo vescovo fece
una larga donazione ad Arderico abbate di Sant'Abondio, la chiesa poteva essere
bene innanzi. Ma certo la costruzione andò, come accadeva sovente negli edifici!
monastici d'allora, a rilento. Scelto il disegno, stabiliti i fondamenti, alcune parti
s'alzavano prima, lasciando gli addentellati, altre si rimandavano al poi.
Né la fabbrica della chiesa doveva essere, in verità, cosa spiccia. Pensate che,
non potendo smuovere l'orientazione e il ciborio, e, dovendo pure allungar di
dietro il coro e le absidi, conveniva necessariamente demolire tutte quelle stanze
ch'erano annesse alla prima basilica e delle quali vi tenni in dietro parola; né,
demolendole, bisognava toccare alle tombe.
Che in quelle tombe fossero corpi di santi lo si deduce dal Tatti ne' luoghi
de' suoi Annali sacri di Como, dov'ei mostra che alcuni de' primi vescovi furono
sepolti nei siti annessi alla chiesa; ma la prova ci viene dalla scoperta/ che fece
il cardinale Tolomeo Gallio, di quattro avelli dopo ed appresso al muro che faceva
il semicerchio verso la cappella: ne' quali avelli, più bassi di tutte le altre tombe,
si trovarono sei scheletri, coperti di drappi molto sottili e belli, che per l'anti-
chità, appena tocchi, si risolsero in polvere, salvo uno, il quale dalla testa ai
piedi era coperto di una stoffa grossa e ruvida, che fu stimata un cilicio, e sulla
testa aveva un drappo d'oro, che può essere che fosse una mitra. Non so veramente
se nell'aprire quegli avelli gli astanti sentissero uscirne un soavissimo odore, come
il Ninguarda narra delle tombe che stavano dinanzi al semicircolo, e nelle quali
uno de' corpi aveva a destra un bastone pastorale: ottimo argomento infatti per
giudicare che si trattasse di un Vescovo.
I sei scheletri, non ismossi, rimasero dunque nel recinto del presbiterio ingran-
dito ; e il coro, liberato dalle vecchie costruzioni, potè alzarsi maestoso e leggia-
drissimo. Fu il coro dovunque nelle chiese monastiche, eccetto in casi assai rari,
la parte più ornata all'esterno ed all'interno dell'edificio, mostrando per tale
modo di fuori ch'era pei monaci il luogo più importante della lor chiesa. Senza
uscire da Como, vedete come ci restino mirabili absidi, mentre nel rimanente la
decorazione apparisce di semplice, quasi di povera forma: basta citar San Car-
poforo e San Fedele.
Or dunque, assai probabilmente, il coro con l'abside maggiore, e le testate delle
navi con le quattro absidi laterali, furono costrutti in Sant'Abondio un po' prima
del resto; talché forse i frati, valendosi dell'altare già sacro, che restava al prin-
cipio del presbitero, celebravano e pregavano in quella parte dell'edificio, mentre
i muratori e gli scarpellini andavano a un po' per volta costruendo i campanili,
le navi minori, la gran navata e la tribuna sulla porta di mezzo. Il fatto è che la
chiesa non fu solennemente consacrata se non ottantadue anni dopo la fondazione
del monastero.
Papa Urbano II, che da Milano aveva confermato all'abazia tutti i beni, innanzi
di avviarsi al Concilio generale di Clermont, andò a Como, e fu in Sant'Abondio.
Ma io mi voglio dilettare a dirvi la cosa in latino : « In Civitate Comi Consecratio
Ecclesia S. Abondii Episcopi et Confessoris, quam venerabilis Papa Urbanus se-
cundus cum Cardinalibus suis septem et Episcopis quinque felicissime conse-
cravit anno videlicet Domini millesimo nonagesimo quinto indictione tertia. Vere
poenitentibus et confessis indulgentiam peccatorum venialium, et partem tertiam
criminalium dimittendo. Praedictaque indulgentia est tertio nonarum junii, hoc
est tertio die intrante mense junio. Sequenti vero die consecravit altaria, videlicet
E LA BASILICA DISSOTTO 635
Sanctorum Adalberta Rubiani, Eupilii et Eusebii. Dieta vero Indulgenza tenet
usque ad octavam ».
Or come si spiegherebbe egli che una chiesa vecchia di sei secoli venisse a
consacrarla un papa? Or come si spiegherebbe egli che, non solo gli altari dei
santi Adalberto, Rubiano, Eupillio ed Eusebio, nuovamente collocati nelle quattro
absidi minori, ma il dì innanzi e con si sontuosa cerimonia consacrasse Urbano
di nuovo a Sant'Abondio lo stesso edificio, che da tanto tempo era già intitolato a
quel santo? Avvertite, vi prego, che consacrare è diverso da benedire.
Ma questi ostacoli storici, gravi ed evidentissimi, non valsero a vincere Perror
poetico della tradizione; non a vincere quello degli storici, vecchi o giovani;
non a vincere quello dello scrittore inglese dell'arte, dal quale i più degli scrit-
tori italiani copiarono docilmente, non solo i principii suoi e i criterii sopra l'ar-
chitettura del medio evo, ma ben anche le sentenze avventate e le false notizie
storiche sui nostri edifìcii d'Italia.
Or dunque, per venire ad un dunque, dal Breve pontificio, che è indietro citato,
si pufl argomentare che intorno al 1095 fu terminata questa nostra chiesa di
Sant'Abondio, la quale si prestò ad uno strano, ad un inesplicabile equivoco
nella storia dell' arte.
Ma, lasciando dalPun dei lati le cronache, vo'dirvi che la chiesa de'Benedet-
tini, allorché i restauri saranno finiti, si vedrà per l'appunto qual' era neli'XI
secolo. Il professore Serafino Balestra , con la sua ardente e veggente passione
per le vecchie cose dell'arte cristiana, altro non fa se non estirpare dall'edificio
quelle costruzioni che il cardinale Gallio, intendendo abbellirlo, v'aveva mala-
mente innestato. Fortuna volle che i miglioratori non si dessero la briga di di-
struggere, se non in parte, l'antico, per aggiungervi le loro classiche leggiadrie.
Buttarono giù la tribuna sulla porta maggiore, come già prima era stato demolito
il portico esterno della chiesa; buttarono giù il cancello murato del coro: ma
nel resto, salvo qualche parziale demolizione, si contentarono di otturar le finestre,
per aprirne altre con novella forma; di costruire cinque vòlte sulle cinque navi
dell'edificio, per nascondere quella pitoccheria, come dovevan dire, dei tetti; di
chiudere con muri le absidi e le testate delle navi minori, per farvi dietro due
sagrestie; di alzare, seppellendo le basi delle colonne, il pavimento; di mutare
la forma degli altari, levandone uno, e di fare altre modificazioni parecchie,
le quali, mentre cambiavano faccia alla chiesa, pur lasciavano possibile un si-
curo restauro.
Né don Serafino si contenta di spogliare le membra sode e graziose del suo
monumento dalla veste poveramente sontuosa, di che alla fine del XVI secolo
aveano voluto arricchirle; ma tutte le ricerca con amorosa prudenza, rafforzan-
dole dove son dal tempo infiacchite, connettendole dove son dislocate. Nel molto
che rimane studia la forma di ciò che venne distrutto. Trova, per esempio, della
demolita tribuna gli archi, l'altezza della impostatura, i capitelli, le colonne,
la vòlta, il muricciuolo che serviva di parapetto, gli archetti laterali della loggia
superiore, tutto; e, come in questa, in ogni altra parte dell'edificio, non ha
pace finché i sassi non abbiano risposto a ciò di cui li va interrogando. Non è
impaziente. Dove nasce un dubbio, piuttosto che sciogliere la quistione di suo
capo, con lo studio dei riti antichi, delle usanze monastiche o degli edifìcii ana-
loghi, aspetta; e il serizzo di una porticina, dopo un anno di silenzio, gli sve-
lava un bel dì un sottile mistero. Niente è inutile per lui; tutto, sino al più voi-
Giorn. Ing. — Voi. XVI. — Ottobre 1868, 42
636 LA CHIESA DI SANT' AB0ND10
.are pezzo d'ornato e di modanatura, conserva religiosamente. Ha la fede nell'arte
e nel suo buon volere. Figuratevi che cominciò il primo di del giugno 1863 il
colossale restauro con un fondo di venti lire. Vennero a un po' per volta gli aiuta
dei cittadini, della Provincia, del Governo; ma chi si ricorda ciò che- 1 edificio
era cinque anni addietro, non crede che venti mila lire soltanto sieno bastate
3 LMMemTpaziente, il vero amore, la calda fede, come vedete, fanno anche al
giorno d'oggi miracoli. Il lavoro non è finito: occorrono tuttavia non pochi
quattrini; ma, non dubitate, don Serafino toccherà il termine della sua impresa.
Oltre i sassi del monumento, v'ha pel restauro una guida preziosa : gli Atti di
visita del vescovo Ninguarda, dei quali ho toccato sovente, e ne quali e 'descritta
con molta precisione la chiesa qual era innanzi a' rinnovamenti de Gallio; di
modo che alcune scoperte ebbero appunto per base quelle notizie. Parla il vescovo
di un muro, che attraversava la chiesa e la rendeva disforme e melanconica; chiu-
deva esso i quattro altari delle absidi laterali, ed il coro co'due aitar, che gì,
stavano dentro, l'uno all'entrare del presbiterio, dedicato ai Santi Abona io,
Consolo ed Esuperanzio, altare che non fu rimosso dal suo luogo dell antica
basilica, l'altro nell'abside, dinanzi alla cattedra, intitolato per memoria ai
Santi Pietro e Paolo. Ma fuori del serraglio del coro si vedea un altro aliare,
dedicato dai monaci a San Benedetto, cinto davanti da una vecch.a ferriata; e
sopra vi era un pavimento e come una loggietta ornata dì marmi lavorati , con un
luoqo accomodato per cantare l'Evangelio all'uso antico.
Eccovi dunque chiarissimamente descritto qui il jubé delle chiese abaziali, col
muro che separava i monaci dal popolo, coll'altare esterno per le pubbliche fun-
zioni e di sopra l'ambone, a cui il lettore saliva senz'essere veduto, con i due altari
interni, uno, quello detto delle reliquie, avente al dissotto la cripta o confessione,
che qui consisteva solo nelle tre tombe dei vescovi, l'altro maltutinale, destinato
agli uffizii ordinarli de' monaci. E l'edificio conferma la descrizione; giacché, sotto
il pavimento, stanno, a capo della nave maggiore, le fondamenta del distrutto altare
e pulpito di San Benedetto, e nelle colonne si scopre l'innesto del muro, forse,
già innanzi al XVI secolo, rialzato dalle primitive misure. Esso tagliava, come po-
tete vedere nella tavola 17, le navi minori alle penultime colonne, chiudeva l'ul-
timo arco dalle due parti nella navata di mezzo, traversava questa navata, for-
mando una specie di presbitero sfondato davanti al coro, in linea retta tra i due
ultimi piloni, i quali dietro a loro lasciavano due porte, da cui s'entrava nelle
absidi laterali e in quella sagrestia, dove pur era, al dire del vescovo Ninguarda,
un altare per celebrare al tempo dei grandi freddi.
Né qui finisce l'aiuto che ci porge il vescovo. Si sa che le chiese sino al XI
secolo erano, salvo rarissimi casi, coperte a vòlta solamente nelle absidi, nel
coro, sotto i campanili, nella tribuna; il resto mostrava all'alto i cavalietti, ì
correnti, le tavole del tetto. Ma tali soffitte erano quasi sempre adorne di men-
sole in legno o di capitelli pensili in pietra sotto le catene, di dipinti a meandri
e a colori sulle faccie dei legnami. Or qui in Sant'Abondio non ci sono né or-
nati, né mensole, né capitelli; più, alcuni fregi colorati, contemporanei o quasi
contemporanei all' edificio, dei quali, sotto a certe dipinture del XIV secolo, si
vedono larghi resti, toccano proprio alle capriate, lasciandovi sotto un sottilis-
simo incavo; più, nella superficie inferiore de' grossi travi, che formano i tiranti
delle capriate , si trovarono , oltre a moltissimi chiodi ben conficcati , le tracce
E LA BASILICA DISSOTTO 637
delle commessure delle assi in linee dritte e sottili, prodotte dall'azione lunga
della polvere, della luce e dell'aria; poi, finalmente, i muri del presbiterio e
della tribuna, che guardano la nave maggiore, non terminano a frontispizio,
ond'è che, senza il soffitto piano, avrebbero lasciato vedere dall'una e dall'altra
parte il solaio. È nata però nella mente a don Serafino la certezza che il sof-
fitto dovesse essere piano, e inchiodato sotto le catene del tetto; ma ecco che
il manoscritto del vescovo, notando come ci fosse al tempo suo sopra la nave di
mezzo un tavolato tutto guasto e fragile, viene a confermar l'induzione. Il tavo-
lato è ora rimesso, e sarà dipinto alla maniera antica; così si potessero presto
demolire le vòlte, che oggi ancora coprono le navi estreme !
(Continua).
CUNEOMETRO
e metodo facile per determinare col medesimo la forma e dimensioni dei
cunei elicoidali costituenti le volte obblique ad arco di circolo e d'elisse.
(Vedi tav. 27)
Una delle difficoltà che presenta la costruzione in pietra da taglio delle vòlte
in sbieco è certamente il tracciamento dei cunei e il determinare il volume e la
forma dei pezzi di pietra occorrenti per ottenerne i varj cunei col minimo di-
spendio di materia.
Il cuneometro che noi proponiamo ci sembra che debba riuscire di molta uti-
lità nella pratica offrendo il mezzo di ottenere con sufficiente esattezza e in po-
chissimo tempo la forma e le dimensioni dei varj cunei, una volta che se ne sia
fatto il tracciamento sull'estradosso della vòlta.
Il principio su cui si fonda P istrumento che proponiamo sarebbe il seguente:
Suppongansi uniti con fili elastici (fig. VII) gli angoli r b", r' u\ zu e b b', e
con una curva generata dal raggio all'estradosso della vòlta gli r r', u' b"; lo spazio
racchiuso da queste linee, fatta astrazione delle parti a' z, a u, rappresenta in
prospettiva, un cuneo per vòlte rette. Suppongasi d'altronde che la fronte A di
questo cuneo possa subire tre movimenti, uno rettilineo d'alto in basso, l'altro
di rotazione sul centro z e V altro di traslazione da destra a sinistra mantenen-
dosi costantemente parallela ed equidistante dalla B, è evidente che misurando
questi movimenti con un istrumento come apparisce dall'ispezione della figura,
sarà facile rilevare con molta esattezza la forma e dimensioni dei cunei elicoidali,
fissata che sia la loro base sul tamburo della vòlta.
Ciò posto ecco come intendiamo che sia costrutto l' istrumento in questione:
Siano A, A' (fig. VII) due fronti in ferro, le quali dovranno avere la larghezza
all'intradosso eguale a quella del cuneo di chiave, e, siccome questa larghezza
varia sulla periferia del tamburo (Vedi fig. VI e I) sarà d'uopo aggiungere la
differenza alla larghezza del cuneometro per ogni cuneo che si rileverà. L'altezza
delle due fronti A, B non considerata la parte sporgente della figura u b u' b"
e z b' r' r) dovrà essere eguale a quella data in chiave y y (fig. IV); la distanza
normale fra le medesime sarà eguale a r r' sen a (fig. I) e siccome poi per la
slabilità delle vòlte si richiede che 1' armilla abbia all'imposta uno spessor mag-
giore di quello in chiave, farà duopo determinare anche le differenze a a\ b V3
ce... (fig. IV), d' aggiungere superiormente agli spigoli delle fronti A B (fig. II)
sul prolungamento dei medesimi.
Per mostrare come ciò si ottenga supponiamo data l' armilla (fig. IV), della
quale sia noto:
Il raggio all'estradosso o' e' — R;
quello dell'arco parallelo all'intradosso o e — r ;
lo spessore y y' in chiave ;
e quello n r all'imposta e si voglia trovare la differenza ce' del cuneo V.
CUNEOMETRO 639
Si avrà :
Svil. yn: 90°:: Svil. ww":«; (questo secondo sviluppo viene misurato sulla
curva ruZ (fig. I) o sul tamburo).
a' = 90° — «
o o' = il - r
? e' = o' e' = R
t o = o o' cos a'
e e' = i? — (r + t o) e con analogo procedimento si determineranno tutte le
altre bb\ a a' . . . .
L'arco ab (fig. VII) ha il raggio eguale a quello d'intradosso della volta; la
vite e (indipendente del ramo S) gira nella chiocciola fìssa sulP asta x e serve
per mettere a piombo la fronte anteriore B sul tamburo, la quale deve mante-
nersi sempre verticale; il ramo s Ss (fig. VII, Vili e XIV) ha un movimento ret-
tilineo d' alto in basso e viceversa (conducendo seco la fronte posteriore A) per
mezzo della coulisse scorrente nella fronte A' (fig. X); l'asta x normale alle fronti
del cuneometro è fissa nella anteriore A' (fig. VII, VIII e X) e termina nella po-
steriore A con un disco y più un'altro t (fig. VIII e XIII) che servono a mante-
nere alla distanza invariabile r' r'" (fig. I) la fronte A dalla B; la fronte A per
mezzo del foro triangolare (fig. VII e XI) praticatovi può fare due movimenti,
uno rettilineo d'alto in basso e viceversa, ed uno ruotatorio da t verso u facendo
centro in Z e mantenendosi costantemente parallela ed equidistante dalla B (fig. VII
e VIII) le fronti A ed A' hanno inoltre un movimento di traslazione da destra a
sinistra e viceversa per mezzo delle fessure xx' praticate nella fronte B (fig. IX).
• Ora, collocando il Cuneometro sul tamburro (fig. VI) in modo che 1' arco a b
del medesimo si trovi precisamente sopra una delle traccie per es. rZ, ed i due
angoli inferiori u b della fronte B (fig. VII) tocchino i punti w t (fig. VI) delle
tracce elicoidali, e supponendo già determinato (fig. I) il numero dei cunei co-
stituenti una corona di prospetto, la lunghezza all'imposta dei medesimi r r\
0 » il lato r' r'"3 normale al prospetto, e tracciati sul tamburo (fig. VI)
i corsi dei cunei r" r\ n o,p v . . . . e le S r\ o' o . . . . parallele ai prospetti
e d' intervallo eguale ad r r' (fig. I) si gira la vite e (fig. X) sinché la fronte B
sia precisamente verticale (fig. Vili), si abbassa la fronte A in modo che il suo
arco a' Z b, aderisca perfettamente sulla traccia S r' (fig. VI) corrispondente alla
fronte A del Cuneometro; dopo questo movimento l'indice a della fronte A
(fig. VII) avrà segnato l'abbassamento o differenza di livello della fronte A ri-
spetto alla B; la fronte A avendo ruotato da t verso u (obbligata a questo movi-
mento dall'adesione sul tamburo), avrà segnato sopra l'arco tu la divergenza
elicoidale all'estremità superiore del cuneo in r (fig. VII) corrispondente alla lun-
ghezza normale A B dello stesso. Ora spingasi tutto il sistema (fig. VII) compreso
dalle fronti A A' (mantenendo ferma la B alla suaccennata posizione) da o in s
(fig. VI), finché l'angolo inferiore Z della fronte A (fig. VII) tocchi la traccia
elicoidale w s (fig. VI) segnata sul tamburo; la traccia percorsa da o in s
(fig.- VI), che sarà misurata dalla lancetta p (fig. VII e X), sarà la divergenza
della spira elicoidale all'intradosso, pure corrispondente alla lunghezza normale
A B del cuneo.
Ora, se si desiderasse anche la concavità delle spire elicoidali (nel caso che i
cunei siano molto lunghi in confronto alla loro larghezza) corrispondente agli
640 CUNEOMETRO
spigoli inferiori del cuneo s w, 1 1' (fig. VI) onde avere un perfetto combaciamento
della faccia inferiore dei cunei sulla convessità dei tamburo, basterebbe appli-
care al cuneometro in pq ed in p'q' Pasta a b (fig. XII), i cui regoli cc',dd\ e e,
darebbero le ordinate della concavità richiesta.
Siccome nelle armille di prospetto occorre alternare i cunei rispettivamente
alla lunghezza r' r'" (fig. I), vale a dire parte della lunghezza r' r'" e parte d'una
lunghezza minore x, rilevato il primo cuneo, si desumono da questo con una
semplice proporzione le dimensioni relative a quello più corto, fissata che sia la
rispettiva lunghezza r' x (fig. II).
Esempio.
Dimensioni rilevate col cuneometro corrispondenti alla lunghezza r'r"'(figg.II e III)
Differenza di livello === £
Divergenza elicoidale, all' intradosso = y
idem all'estradosso — §
Dimensioni del cuneo di lunghezza r' x
Differenza di livello =? &\
Divergenza elicoidale all'intradosso = v4
idem all'estradosso = g4
Desunte dalle seguenti proporzioni:
r' r'['
: 8 : : r' x : ^
r' r"'
: Y :: r' x : xi
r\ r'"
: l : : r' x : %{
NB. Le lettere S, y> 5 non esprimono angoli, ma lati di triangolo rettangolo
in parti di metro.
Modo di determinare le dimensioni dei parallelepipedi
pel ricavo dei cunei.
(Quanto è maggiore l'angolo d'obbliquità della vòlta e la lunghezza dei cunei rispettivamente alla loro
larghezza, altrettanto è grande la differenza di volume dei parallelepipedi pei cunei di chiave in con-
fronto di quelli pei cunei vicini all'imposta).
Dopo aver rilevato sul tamburo le dimensioni di ciascuno dei cunei costituenti
mezza vòlta, colle regole retro accennate, si pongono i dati trovati, in un pro-
spetto, per es. come il seguente :
CUNEOMETRO
641
NUMERO
progres-
sivo dei
cunei
DIVERGENZA
elicoidale
all' intradosso
T
DIVERGENZA
elicoidale
all' estradosso
DIFFERENZA
di livello
fra le due
fronti A B del
cuneometro
GROSSEZZA
del cuneo all'in-
tradosso, divisa
per metà.
(Tolta sulla cur-
va rwZ {hg.l) di-
segnata in gran-
de , o sul tam-
buro).
ALTEZZE
aa\ bb't ce
ecc.
da aggiun-
gere a cia-
scun cuneo,
eccettuato
quello in
chiave
NUMERI
della colonna V
± quelli
della colonna II
I
li
III
IV
V
VI
VII
i.°
2.°
3.°
4.°
5.°
6.°
ecc.
— 0m,105
— 0m,052
+ 0m,026
+ 0m,074
+ 0m,048
— 0m,065
ecc.
0ra,802
0m,789
0m,753
0m,605
0m,538
0m,310
ecc.
0,802 + 0,105
0,789 + 0,052
0,753 — 0,026
0,605 — 0,074
0,538 — 0,048
0,310 + 0,065
ecc.
NB. I numeri qui sopra sono introdotti ad arbitrio, per mostrare qual regola
devono seguire i segni + e — nella colonna VII.
(Vedi fig. XV). Siccome nei cunei che si rilevano sul tamburo la fronte A ha
la divergenza elicoidale y verso il lato r' e per quelli vicini alla serraglia, e verso
il lato ed per quelli vicini all'imposta, per maggior sicurezza nell'avvenire verso
quale dei lati suddetti diverge la fronte A, si pone nel prospetto suddetto il se-
gno — alle divergenze trovate verso cr' o serraglia, ed il segno + a quelle verso
ed o imposta; poscia si disegna in scala grande più che si può, la fronte B, per
es., del cuneo 1.°; si porta sull'arco y a partendo da y la misura corrispondente
al cuneo 1.° esposta nella colonna VII del prospetto. Si congiunge il punto a col
centro o dell'arco; a v è la differenza di livello & esposta nella colonna IV, si
prolunga il raggio o v oltre p , e con un' apertura di compasso eguale alla z r'
(fig. VII), facendo centro in v (fìg. XV) si descrive Parco p t, sul quale partendo
da p si pone la divergenza § all'estradosso esposta nella colonna III, che si sup-
pone eguale alla p q , si congiunge il punto q col v, e si prolunga questa retta
sino in o; v o' = y o; vv' è la grossezza all'intradosso esposta nella colonna V;
v'q' — yy' per il cuneo di chiave, ma agli altri vanno aggiunte le corrispondenti
differenze e c\ bb', a a' . . . (fig. IV) esposte nella colonna VI, sul prolungamento
degli spigoli y r', b b' (fìg. XV): ora, rinchiudendo in un rettangolo le fronti AB,
si ha una fronte del parallelepipedo r' e d e, la quale deve essere identica all'op-
posta r'" e' d' e' (vedi fìg. XV per le fronti del parallelepipedo sviluppate sopra
un piano); le lunghezze dei lati r' r'" e' e, che rappresentano la base superiore
del parallelepipedo, sono invariabili per tutti i cunei (vedi r' r" fìg. I).
642 CUNEOMETRO
Pel taglio dei cunei-
Si facciano costruire in ferro i due regoli (fig. XVI e XVII), il primo dei quali
abbia P arco n m perfettamente eguale a quello del cuneometro (fig. IX) ; 1' asta
ab mobile da n in m e viceversa, abbia la lunghezza della fessura A' graduata
del cuneometro (fig. X), e sia obbligata dall'arco e o a mantenersi sempre diretta
al centro dell'arco d'intradosso della vòlta; l'asta sm sia eguale alla a b. Il secondo
regolo (fig. XVII) abbia Fasta y y' eguale all'altezza media del cuneo di chiave, e
l'arco rr' eguale a quello y' del cuneo di chiave (fig. IV). Si taglino in latta tante
faccie eguali al prospetto di ciascuno dei cunei di mezza corona (fig. XVIII). Ora,
scelto il parallelepipedo (precedentemente numerizzato) corrispondente al cuneo
che si vuol ricavare, si collochi sulla fronte e r' e d (fig. XV) del medesimo la
faccia di latta preparala, in modo che la B si trovi nella posizione indicata nel
rettangolo e r' e d. Si tenga tesa una funicella da y' in /", che passi per y e sia
precisamente perpendicolare allo spigolo r'e, e nel medesimo piano della base
superiore r' r'" e' e, si faccia aderire l'asta m s del regolo (fig. XVI) alla funicella
ponendo il punto m del regolo in y della fig. XV; si faccia scorrere l'asta a b da
m verso n sino a che si avrà contato sull'arco graduato la misura esposta nella
colonna VII del prospetto. Dal punto a (termine di questa misura) si conti sul-
l'asta a b del regolo la differenza di livello fra le fronti A B esposta nella co-
lonna IV; dal punto v (termine della misura trovata), col regolo a b (fig. XVI) e
con una funicella che aderendo al medesimo s'innoltra oltre p sul prolunga-
mento della a v, si tracci la v p, si faccia aderire l'asta yy' del regolo (fig. XVII)
alla retta vp segnata, ponendo y del regolo in v della fig. XV; sul regolo da r
verso r', ossia da p verso t della fig. XV, si conti la divergenza elicoidale al-
l'estradosso esposta nella colonna III, la quale termina in q (nel citato esempio),
si unisca con una retta il punto v col q, e questa sarà l'inclinazione del lato
sinistro della fronte A rispetto alla B, al quale, applicata la corrispondente faccia
in latta e fatta coincidere in v, se ne segnerà tutto il contorno sulla fronte del
parallelepipedo, e collo squadro rettangolare tracciando sulle altre due fronti succes-
sive del suddetto (fig. XV) le rette v 1, v"% v'" 3, #4, q'% q" 6, e portando nella
fronte e' d' e' r'" le altezze tolte dalla f e ai diversi punti della fronte A, si avrà
nella fronte opposta del parallelepipedo la fronte opposta del cuneo elicoidale.
NB. Qualora si desiderassero le dimensioni dei cunei costituenti una vòlta ob-
bliqua ad arco d'elisse, basterebbe costruire due cuneometri, uno avente per raggio
quello approssimativo minore dell'elisse, l'altro avente per raggio quello appros-
simativo maggiore, e determinare sulla periferia elittica il punto di tangenza dei
due raggi approssimativi in funzione del vettore.
Bianchi Fortunato.
Osservazioni relative alla costruzione del Cuneometro.
Le divisioni del cuneometro di grandezza vera saranno espresse in millimetri, ma quelle del-
l'arco tu (fig. VII) maggiore del vero (perchè in funzione dell'arco r' r" descritto col raggio z r'
eguale all' altezza del cuneo) saranno del valore di un millimetro ma della lunghezza espressa
dalla proporzione :
z r' : 0m.001 : : z t : x
x sarà una delle divisioni dell' arco t u.
La lunghezza della fessura graduata in cui scorre la coulisse (fig. X A') deve essere = rr' cos a
(Vedi fig. I) eguale a quella del foro triangolare A (fig. XI).
Distanza normale delle due fronti A B (fig. VIU) == r f sen a (fig. I). La parte g ?/' (fig.X)
deve avere circa due terzi dell'altezza del cuneo di chiave y y' ; quella ij (fig. XI) avrà circa
una metà dell' altezza pu?e del cuneo di chiave y y ;
RIVISTA DI GIORNALI E NOTIZIE VARIE
FARADAY E LE SUE SCOPERTE.
(Vedi pag. 516).
Le leggi dell'induzione elettro-magnetica si possono enunciare così: - Quando un conduttore
isolato viene esposto all'azione di una corrente galvanica ed a quella di un magnete, si genera
nel conduttore stesso una corrente tutte le volte che succede una variazione nella forza dell'azione
magnetica a cui è esposto e per conseguenza tutte le volte che quest'azione magnetica o cor-
rente galvanica viene interrotta o riattivata: queste correnti indotte durano finché dura la varia-
zione di intensità nella corrente che le produce. Inoltre, se un conduttore isolato che viene posto
in vicinanza ad un altro conduttore per il quale passi una corrente, viene generata in esso con-
duttore un altra corrente in direzione opposta alla prima: e quando i conduttori sono di nuovo
separati si genera nel conduttore isolato una corrente nella stessa direzione di quella dell'altro
Ita queste leggi appare la grande analogia che vi è tra le spirali attraversate da correnti elet-
triche e le calamite permanenti. Secondo le teorie di Ampère un magnete non è che un insieme
d. correnti elettriche disposte intorno ad un asse in un modo assai analogo alla circolazione di
una corrente elettrica in un filo avvolto sopra un rocchetto. Ora, basato su quest'idea Faradav
incominciò ad avvolgere un solo filo attorno ad un tubo di vetro o di legno; poi entro il tubo
m rodesse una calamita. Il risultato dell'esperienza fu che all'istante dell'introduzione della
calamita g, produceva nel filo una corrente : e che un'altra ne veniva pure istantaneamente pro-
dotta quando la calanuta veniva levata via. Dunque la calamita produceva gli identici effetti
che una corrente elettrica. Oltre a ciò Faraday provò ancora che l'elettricità dovuta alla fri-
zione nelle macchine elettriche, quella della pila voltaica, quelle delle torpedini, come per ultimo
quella prodotta dall azione magnetica non erano che manifestazioni di uno stesso agente
ha legge d. proporzionalità tra l'intensità della corrente elettrica e la sua azione chimica fu
chiamata da Faraday la legge di elettrolisi. Essa mostra che la quantità di decompos.zione elet-
rocumica dipende soltanto dalla quantità di elettricità passata attraverso la massa: inoltre che
m stessa quantità di elettricità decompone chimicamente quantità equivalenti di qualunque corno
composto attraverso il quale passi. Su questo principio, che Faraday dimostrò con varii esperi-
menti, e fondato il noto voltametro da lui stesso costrutto, il quale non è altro che un apparato
atto a ricevere l acqua acidulata che deve essere decomposta dalla corrente ed a misurare esat-
tamente il gas che si sviluppa mano mano.
Nel novembre 1848 egli pubblicò la sua grande scoperta riguardante l'effetto del magnetismo
sulla luce In un raggio di uce ordinario gli atomi eterei vibrano in tutte le direzioni perpen-
di co armento ala direzione del raggio (1). Ma polarizzando il raggio di luce col mezzo di un
magnete, tutte le oscillazioni ali infuori di quelle parallele ad un certo piano sono eliminate (2).
è tilt °Z d'TST ?MT ** U Cr'SÌ 1Umi"0Sa Si propa8a "er suPerficie ^dinamiche tf* quali
C delirisi* S' ma ragaW 1Umin0S° e ChC rapPreSen'a U m°t0 pr°8ressi™ di P™I»>-
(2) Questo fatto doveva necessariamente produrre una certa sensazione nel 1845 in cui si era ancora
attaccai, alle lpotesi che supponevano elettricità, magnetismo, borico, luee altrettanti fluidi speciali
Oggidì che «ss. sono divenuti niente più che manifestazioni dovute a crisi particolari avvenute nel
ordLPr dT g a,0mÌ'-tU"Ì J/atl.Ì.dÌ qUe,,a "alura ha™° la !•«> naturaie spiegazione nei teorem
ordinarj della meccanica riguardanti le combinazioni dei movimenti e delle forze.
644 RIVISTA DI GIORNALI
Per spiegar meglio il fatto cui abbiamo accennato ricordiamo come cosa nota che, quando un
raggio di luce viene riflesso sotto un certo angolo da una superficie non metallica, oppure è
passato attraverso ad un piano di tormalina parallelo all'asse della medesima o attraverso un
Prisma di Nicholl, acquista certe proprietà diverse da quelle degli ordinar] raggi di luce. Questo
cambiamento viene chiamato polarizzazione e tutti i fenomeni che ne risultano s. spiegano col
supporre che le vibrazioni dell' etere costituenti la luce comune si dispongono in una direzione
ad angolo retto con quella secondo cui procede il raggio di luce (1). Che se poi il raggio di
luce polarizzata viene a passare attraverso ad un piano di quarzo, che sia ad angolo retto col
suo asse principale di cristallizzazione, allora ha luogo in esso un altro cambiamento, vale a
dire che il raggio stesso viene a ruotare, la rotazione avendo luogo a destra od a sinistra a seconda
dei piani di quarzo impiegati (2). La proprietà di indurre la polarizzazione circolare e posseduta
anche da alcuni liquidi organici come l'olio di trementina, la soluzione d. zuccaro ecc. e può
apparire anche nel vetro quando sia assoggettato ad una forte pressione latera e. Queste proprietà
poi possedute naturalmente da alcuni corpi possono venire acquistate anche da altri appena che
vengano posti a guisa di custodia sui poli di una potente calamita. - Per distinguere la pola-
rizzazione che ha luogo nel passar la luce attraverso a quest'ultima classe d, corpi trasparenti,
la si chiamò polarizzazione circolare-magnetica. Fra le sostanze che più si prestano ad acqui-
stare queste nuove proprietà devesi annoverare il vetro speciale la cui composizione fu trovata
da Faraday nel principio della sua carriera.
Colla sua scoperta del diamagnetismo Faraday stabili che il magnetismo e una forza umver-
sale e che nessun corpo solido o liquido è insensibile a questa forza quando è sviluppata con
sufficiente energia. Un corpo magnetico come il ferro o il nikel, il quale abbia una forma ob-
lunga, quando è sospeso frammezzo i poli di una calamita tende a disporsi secondo la hnea che
congiunge i poli stessi. Invece i corpi diamagnetici si dispongono ad angolo retto colla linea
medesima. . , ,
Faraday classificò tutte le sostanze in questo modo e trovò che il sangue e i tessuti del corpo
umano sono diamagnetici. Cosicché se un uomo venisse sospeso frammezzo ai poh di una cala-
mita le sue estremità si allontanerebbero dai poli stessi finche l'uomo stesso si fosse disposto in
direzione equatoriale. Al contrario se lo stesso uomo fosse chiuso dentro un astuccio di ferro,
esso si disporrebbe assialmente ai poli della calamita.
Oltre al ferro, al nikel, al cobalto metalli da lungo noti come magnetici Faraday mostro che
si devono annoverare in questa classe il cromo, il manganese, il cerio e i loro ossidi e sali meno
poche eccezioni; inoltre il platino, il titanio, il palladio e probabilmente anche il rodio, 1 indio
e l'osmio, come pure il gas ossigeno e l'ossido nitroso. Tutti gli altri corpi sarebbero da porsi
fra i diamagnetici, fra i quali i più potenti sono il bismuto, l'antimonio puro, il fosforo e la
cera - Il diamagnetismo come il magnetismo nei corpi sono indipendenti dalla loro costituzione
chimica dipendendo solamente dalla costituzione fisica dei medesimi: così alcuni metalli divengono
magnetici sotto l'azione del martello e diamagnetici quando sono rammolliti mediante il fuoco.
Tali sono le principali scoperte di Faraday il quale lasciò una straordinaria quantità di scritti
da lui pubblicati fra il 4820 e il 1855 e tutti relativi alle sue esperienze nelle quali poneva un
amore particolare e per le quali era sempre fecondissimo di risorse.
lng. Emilio Olivieri.
(1) I piani delle orbite descritte dagli atomi della materia subiscono ordinariamente delle oscillazioni
periodiche rapidissime per rispetto ai tempi che noi siamo soliti ad apprezzare: quando queste oscil-
lazioni vengono per qualche causa sospese , dimodoché i piani delle orbite restino perpendicolari alla
linea secondo cui si propaga da una serie ad un altra di atomi la crisi luminosa, allora siamo al caso
della polarizzazione. . .
(2) Quando la sospensione delle oscillazioni del piano delle orbite ha luogo in un momento in cui
l'orbita in causa delle variazioni di eccentricità che subisce fosse circolare, allora ha luogo la pola-
rizzazione detta circolare.
E NOTIZIE VARIE 645
ALCUNE NUOVE INVENZIONI.
Nel secolo attuale in cui tutto si sta perfezionando, in cui un'idea concepita, per ardita ch'ella
sia in breve tempo diventa un fatto compiuto, talché si può dire che Y impossibile venne rele-
gato nelle regioni lontane dell'indeterminato, crediamo debito di un giornale scientifico-tecnico
il tenere costantemente informati i suoi lettori di tutte le nuove invenzioni che si vanno fa-
cendo, ancorché queste non presentino per sé tutta la probabilità di riuscita all'atto pratico.
Una di tali invenzioni che ci parve meritevole di essere riportata se non altro per lo scodo
assai utile che essa si propone è quella dell' inglese William Graham il quale intende rendere
innocua la potenza viva acquistata dai corpi pesanti in moto e che in molti casi può divenir
pericolosa, e pm in generale di immagazzinare il potere motore fornito da una macchina o caduta
d acqua o da qualsiasi altro mezzo per trasportarlo ed impiegarlo poi dove si crede e quando
si crede. La promessa come si vede è magnifica: il modo di effettuare la cosa, per dirlo breve-
mente, consiste nell' impiegare delle grandi molle d'acciajo sul genere di quelle degli orologi le
quali svolgendosi possono far muovere un albero e con questi trasmettere le potenze accumulate
agli organi che si vogliono mettere in movimento. Per dare un' idea più chiara di tutto questo
riportiamoci ad un esempio. Si abbia dunque in primo luogo un bastimento ancorato e suppo-
niamo che la forza dei venti e delle onde tenda a far retrocedere il bastimento e a spezzare
quindi la catena a cui l'ancora è fissa. Se noi immaginiamo che la catena si avvolga sopra un
tamburo il quale contenga internamente un certo numero di queste molle disposte come Quelle
degli ordinar] orologi, succederà che quando il colpo d'onda solleva il bastimento per spingerlo
indietro, il tamburo girerà caricando, come si direbbe, le molle e in grazia quindi dell'elasticità
che presenterà la catena non potrà aver luogo in essa la rottura: quando poi l'onda retrocede
la molla rivolgendosi ricondurrà il bastimento al suo posto con una forza poco minore di quella
che 1 aveva prima rimosso. Così con un mare comunque agitato il bastimento oscillerà riguada-
gnando la sua posizione ad ogni intervallo di onda e, non ricevendo urti bruschi, non potrà
essere danneggiato, né, rompendosi le sue catene, potrà essere sbattuto contro la riva. È evidente
ora che lo stesso principio si può intendere applicato ad un convoglio sulla strada ferrata. In-
tatti supponiamo che alla macchina o ad alcune carrozze del convoglio siano applicate di con-
simili molle, si potrà facilmente con semplici meccanismi fare in modo che, ogni qualvolta il
convoglio discende un piano inclinato oppure deve arrestarsi davanti ad una stazione tutta quella
potenza viva, che attualmente si suol distruggere, tutt'altro che economicamente, serrando i freni
venga immagazzinata nelle molle, le quali poi potrebbero restituirla ajutando la marcia del con-
voglio sia sopra una salita susseguente, sia quando il convoglio stesso deve rimettersi in moto,
in tal modo nelle strade di montagna , che sono generalmente ondulate , si potrebbe realizzare
una economia molto ragguardevole.
Un' altra applicazione dello stesso principio potrebbe essere per ultimo nel dar movimento a
tante macchine della piccola industria le quali richiedono poca forza, come macchine da cucire
mulinelli da filare e simili: equi avressimo forse una soluzione del gran problema della piccola
industria, il trasporto della forza a domicilio. Evidentemente qualora questo mezzo riuscisse
sicuro ed economico, l'operajo potrebbe quanto prima andarsi la mattina a provvedere la sua
terza per la giornata e portarsela a casa come il pane e l'altre cose della cucina!! Del resto
ali applicabilità di questi congegni dei quali 1' autore dà moltissimi e dettagliati disegni, non ci
sembra che debba esservi alcunché in contrario all' infuori forse della costruzione delle molle
che non si vorrebbero così facili a spezzarsi come lo sono quelle degli oroloei • ma a ciò nen-
seranno ì costruttori. r
A proposito di potenza viva e di convogli abbiamo sott' occhio un'altra invenzione recente, il
Mahovos del sig. Schuberszky ingegnere capitano Russo (1). Lasciando da parte la definizione del
nome che per vero non mesciamo proprio a capire, questo Mahovos sarebbe un'altro mezzo per
immagazzinare la potenza viva acquistata dai convogli sulle strade ferrate , per esempio in una
discesa, per poi restituirla nella prossima ascesa. Esso consiste in due grandi volanti il cui al-
bero comune e situato al disopra e al mezzo dello spazio che separa le quattro grandi ruote
motrici della locomotiva e gira inoltre a sfregamento con quattro puleggie doppie. Precisamente
al disotto dell asse dei volanti poi vi sono due ruote a conlatto colle guide, ma più piccole
Zìi re" ,f P^eggie doPPie ora accennate hanno la ruotella più piccola in contatto simulta-
neamente colle circonferenze di una delle ruote grandi e di una delle piccole della macchina-
esse quindi hanno tre punti d appoggio, due colle ruote in contatto colle guide e uno coli'asse
dei volanti; perciò esse si sostengono senza bisogno di supporti. Quando le quattro grandi e le
(1) Il Mahovos figurava già all'Esposizione di Parigi dell'anno scorso: ma ora ne viene fatto cenno
nuovamente nel Portefeuille des Machines ; buon segno !
646 RIVISTA DI GIORNALI
due piccole ruote della macchina girano , P aderenza fa girare anche le puleggie e per conse-
guenza i volanti. Ma, arrivando per esempio in stazione, bisogna evitare la comunicazione fra i
volanti e le ruote, e perciò vi è un meccanismo col quale si può togliere quando si vuole il
contatto fra le ruote e le puleggie. Le dimensioni che darebbe l' inventore a questo suo Mahovos
sarebbero :
Diametro dei volanti esterno M. 3,60
idem interno » 3,12
Peso dei due volanti e loro albero Chil. 26,000
» delle puleggie » 2,800
» delle ruote estreme o grandi ruote » 4,000
» delle piccole ruote » 1,800
» dell' intelaj atura ecc. ecc » 6,000
Totale Chil. 40,000
Peso portato da ciascun asse » 13,333
Supposto che il treno faccia 30 chilometri all'ora la velocità alla circonferenza dei volanti è
di 142 metri per secondo e. la potenza viva del Mahovos equivale a 20 milioni di chilogram-
metri (!1)
Con questi preliminari ecco come fa l'inventore i suoi calcoli: supposta una locomotiva di
40 tonnellate la quale conduca un treno di 380 tonnellate sopra una strada avente delle pen-
denze di 0m,010 per metro, e supposto che un tal treno sia disceso per una sufficiente tratta e
che vi sia stato aggiunto il Mahovos di 40 tonnellate, la macchina stessa potrebbe in seguito
rimorchiare- lo stesso treno sopra una rampa di 0m,025 e sopra una lunghezza di almeno 6 chilo-
metri ; perciò basterebbe che i volanti avessero nella discesa raggiunto la velocità che si è calcolata.
Ben inteso poi che con tutto questo vengono tutti gli altri vantaggi che si possono facilmente
immaginare col relativo risparmio di vapore, economia nelle spese di trazione ecc. ecc. Noi fac-
ciamo voti perchè il tutto riesca : una sola cosa vorressimo sapere, se cioè nel fare i suoi conti
l'inventore ha tenuto ben calcolo della enorme resistenza dell'aria che dovranno incontrare i
volanti girando con una velocità alla circonferenza di 142 metri per secondo, come pure di tutte
le altre conseguenze che deriveranno dal fare 732 giri al minuto con un peso di 26,000 chilo-
grammi. Che se tutto ciò è calcolato vuol dire che si potrà far senza anche del fischio della
locomotiva e del relativo consumo di vapore: i volanti fìschieranno abbastanza da se.
Un'altra novità, quantunque basata sopra un vecchio principio è la macchina a vapore o ad
aria compressa del sig. Bourdon. Tutti conoscono il principio del manometro metallico : orbene
la macchina di Bourdon si comporrebbe precisameute di un tubo a sezione elittica e formato
da due metà in acciajo sottile unite ai loro bordi con buloni e con bande dello stesso acciajo^
Agli estremi di questo tubo, il quale è curvato a guisa d'un arco, sono attaccati dei tiranti
i quali agiscono su due manovelle in modo da poter comunicare all'albero del volante il moto
di rotazione come al solito. Allora tutte le volte che si introduce il vapore o l'aria compressa
nel tubo, i suoi estremi si allontanano, mentre quando si condensa il vapore o si toglie la pres-
sione gli estremi stessi si avvicinano e da ciò nasce un moto alternativo che, mediante i tiranti
sunnominati viene trasformato nel moto rotatorio del volante.
Per ultimo non vogliamo passare sotto silenzio la prova stata fatta recentemente in Francia
di una locomotiva scaldata a petrolio invece che a carbon fossile, prova che acquistò una certa
celebrità avendovi assistito S. M. Napoleone HI, il quale monlò in persona sulla macchina. Già
da qualche anno erano stati fatti in America varj tentativi di questa nuova applicazione del
petrolio ; ma, a quanto pare , non s' era mai provato con locomotive. L' esperienza testé accen-
nata riuscì, per quanto dicesi egregiamente, e per certo se l'impiego di questo combustibile
potrà farsi d'ora innanzi con apparecchi abbastanza semplici e sicuri potremo dire d'aver tatto
un buon passo in questo ramo della meccanica, prima di tutto perchè il petrolio è disseminato
dovunque in gran quantità e anche noi in Italia ne abbiamo moltissimo negli Apennini del
Parmigiano e del Modenese nonché in Sicilia : in secondo luogo perchè esso ha meno peso e
occupa assai meno volume che gli altri combustibili e può essere quindi prezioso pei lunghi
viaggi di mare ; finalmente perchè la sua fiamma potrà essere facilmente regolata a piacere dal
macchinista. Ne è a temersi nemmeno la facilità d' incendio né di esplosione, poiché il petrolio
che si adopererebbe non è già quello impiegato per l'illuminazione, ma un petrolio assai denso e
vischioso che si avvicina alla pece.
Ing. Emilio Olivieri.
E NOTIZIE VARIE 547
l'Associazione ha letto con interesse la lettera seguente del signor Zuecoli in data del a
rilTi". Ì,m ' C msl0J'desid^° *» W stesso manifestato, prega la Redazione del
Giornale dell Ingegnere Architetto a volerla inserire nel suo periodico.
All' Onorevole Associazione Geodesica Nazionale in Milano.
mmtmXsX^X ^ ,ebbeJ'a.Ua fazione di apprezzare in molta parte i
Vi foresi e ZS vosti, ^»Lf T dlrrlf Z10ne dell'Alt° Milanese, dei concessionari!
wH^J28^^ ai ri-
•tondo riferire ri TsÒli ^nLld^dS,U,^; 6d U b/neflci0 «^irrigazione, con-
astrazione fatta dagli enunciati danni P VleM ad eSSere W °gni Caso enorme-
&^M^j^$ZE!» quelI° che h0 sempre ***
rione KS, 'ed nXT.ÌIW'"' haVVÌ beMDC0 Una consid"a-
non ha dato il suo tributo cKene ad ^1,/'^" S1 aVVera' S1CC°T in °(uesto caso >a tera
All'esperienza dell'agricoltore è pur necessario rendere la parte che sii snetta.
H 1 Z'oTt/ZlZt cttr ^«^ P-oVceaflni^due primi opuscoli.
teo optcVo\PoTchSrDèPiSi nJeggere \^Ah dÌ ^"sedazione, nell'unito
dire iJpolibilel™ Se de p g t^e ZltoS ^7^* relativa ; '_ intesi di
possibile il progetto ner sii pnnrm! Tlz.Lv impossibile la costruzione dei canal ; — im-
Lsionari ePdef clfr Ltti TmnossZi et Z.W*?^1 C0"e f°rZe economiche' dei con-
gnere londonio ^ic"Tt^r7itml! *" ÌKÌKì mm appUnlÌ che U siSnor «"•>-
gone FlVt^fdSrlt^el tt^^»1^0^ ^ ? ^
maggior rendita, come il Belgio ' la' che mi Tlene accennato avere
ftfawdo0!^^^ VOg,k ri'eggere k Pretazi0ne deI mi0 ™™*° oP»*»Io,
« doìu l'nU'Co MiS 'SS feTdftS fe* i^S a «krdin0 con Preziosi #*
ridurle tali, diceva pù sopra neU^SLok « l'^J " Pa'Ud' da render Produtti« », e per
« dando ,„' quel tempo T^Xual^ a SS T ** aM°ra A SPESE ^ ~>
ragione di essere, e " opportunità di rilegarli LÌ ^ PreZ10S0 Confronto che ha tutta la
'acqua, e dei danni riavrebbero i nroSri m.8empJ? PÌU ?0,nslatare «'enorme prezzo del-
irati per affrontarne ^cer^Su^ " *f ' '»<> *»*>* -ent^i raccolti
ritta iTTXn^^ aairAltipiano , quan-
ta elargizione, e meno poi sé Starno affati? n08tW ?olt,vatissime da non abbisognare' la
Sul rimanente i mie" tre opuscoli vTsano ^ L ref,enormi sPese PW*> «'acqua a caro prezzo.
Wer bisogno qui di ul r ormK ^ immora T-h dlStm sul «ravissimo argomento, per non
648 RIVISTA DI GIORNALI ECC.
Codesta onorevole Associazione vorrà, io spero, degnarsi di accogliere queste mie giustifica-
zioni colla stessa bontà colla quale accolse i miei due opuscoli , del che gliene sono ricono-
scientissimo, e nell'interesse del pubblico far luogo ad inserire nel suo reputato periodico scien-
tifico la presente memoria, piaccia o non piaccia ai concessionarj.
Mi rassegno colla più distinta stima ed ossequio
Di codesta onorevole Associazione
Pinzano, 15 settembre 1868.
Umiliss. e Devotiss. Servitore
Antonio Zuccoli.
ATTI DELL'ASSOCIAZIONE GEODESICA NAZIONALE
8.°
Ing.
E.
Sergent
9.°
Ing.
F.
Ajraghi
10.°
Ing.
G.
Cagliani
11.0
Ing,
A.
Stigler
12.°
Ing.
C.
Boriati
13.°
Ing.
F.
Cotta
ìk.°
Ant.
Zuccoli.
Processo verbale della terza seduta, h ottobre 1868.
Ordine del giorno.
l.° Rapporto del gerente sull'esito della deliberazione presa nella seduta antecedente.
2.° Corrispondenza.
5.° Lettura di una Memoria del prof. Porro.
La seduta è aperta alle ore due e mezza pom., presenti i signori :
1.° C. P. M. I. Porro
2.° Filadelfo Fichera
3.° Tip. Edit. B. Saldisi
4.° Ing. A. Borzino
5*.° C. Ajraghi
6.° Ing. I. Veneziani
7.° Ing. E. Olivieri
Il profess. Porro presiede.
La parola è data al segretario, il quale, in nome del gerente, riferisce ne' seguenti termini
l'esito della deliberazione presa nella seduta antecedente.
In seguito alla deliberazione del 28 agosto p. p., il sig. Saldini ha fatto stampare cinquecento
esemplari di essa, ed una circolare ai Sindaci, di cui si depone copia. Il tutto è stato spedito a
destinazione, e gli esemplari da sottomettersi ai ministri, ai prefetti ed ai consigli provinciali,
sono stati accompagnati da opportune lettere firmate dal prof. Porro.
Cotesta pubblicità ha dato luogo, nei giornali, a varii articoli, fra i quali è notevole quello
del Bullettino di Agricoltura del 12 settembre, in cui il sig. Ing. Villoresi, ha diretto al pro-
fessore Porro l'invito di cui questi renderà conto.
Seguendo l'ordine del giorno, la parola è ancora al segretario per la lettura della corri-
spondenza.
Il segretario rende conto che molte congratulazioni verbali e scritte sono state dirette ali as-
sociazione, dalle quali emerge che l'associazione ha colto nel segno, trattando il punto più es-
senziale per la riuscita dell'impresa.
Fra queste lettere sono rimarchevoli le seguenti :
1.° Una del sig. Zuccoli, in data del 13 settembre p. p.; ed altra stata diretta dal sig. Lon-
donio al Zuccoli stesso, in data del 14 , il quale ha stimato opportuno comunicarla per copia
(Ji cui diamo lettura ;
ATTI DELL' ASSOdAZIONE ECC. 649
Pregìatiss. Signor Zuccoli
Caronno, 14 settembre 1868.
L. * '. '•• non è forse vero che quello che è detto di lui nella
Memoria Porro, distrugge Frusta, Bulleltino , Gazzetta e qualunque critica. - Porro, lo creda
a me, è l'Ingegnere degli Ingegneri, è la prima persona competente in Milano e forse in Italia •
avrà letto la risposta di Villoresi nel Bullettino, benché egli tenti travisare la memoria, non
può a meno di mostrarsi dolente per le sue censure. Cosa dice Porro ? Dice che il progetto
Villoresi non si può né lodare né criticare, perchè tutto vi è incognito, che facciano tutti gli
studn secondo i nuovi dettami della scienza, ed egli è del parere che molte delle incognite sa-
ranno sciolte in favore del progetto. Porro deve dire così perchè, essendo professore precisa-
mente di tali nuovi trovati della scienza, desidera che vengano eseguiti in grande sull' altopiano
milanese, quindi incoraggia promettendo un risultato favorevole; ma io invece dico e sono
pronto a scommetterlo, che se si facessero gli studii precisi che domanda Porro, eliminando
tutte le incognite, ne risulterebbe chiaro e patente che un tal lavoro non adequato al danno
della siccità a cui vuol riparare, e neppure a tutti gli altri utili, - l' irrigazione è per i prati
quindi per la bassa pianura; i cereali e l'alta pianura vogliono pioggia e non irrigazione, se
manca e un male , ma volerlo riparare coli' irrigazione è un male peggiore. - Ora Villoresi
s'impossessa di questi pronostici di Porro, come di un'opinione invariabile, e gli oppone alla
sua critica cercando di distruggerla , ma è una falsa logica perchè la Memoria si pronuncia
chiaramente dicendo che tal progetto è tutto incognite, e che non poteva produrre altro che la
critica Zuccoli, tanto è vero poi che Porro dubiti dei risultati, giacché propone le spese di tal
precisa operazione al consorzio di tutti i comuni e non a Villoresi, comprendendo benissimo che
un tal lavoro non compensato dalla costruzione dei Canali non è per i mezzi di un particolare
- pero la Memoria Porro, la sola sino ad ora che abbia abbordato la quistione tecnica, è un
colpo irreparabile pei concessionarii , i quali erano già stati oppressi nella questione pratica e
finanziaria - vedrà che ho ragione di dire che le cause sono più di trenta, e che l'opposizione
ad un tal progetto è fiato sprecato; per quanti abbia interrogati nelle campagne, se sanno espri-
mersi si pronunciano contro, se non sanno esprimersi ridono e credono che si voglia prenderli
a beffe; se poi si dice loro che dovranno pagare h o 5 lire di più alla pertica e saranno ga-
rantiti dalla siccità, tutti dichiarano che non spenderebbero neppure una lira per tal garanzia
trattante i concessionarii accordano proroghe, e le riunioni di possidenti non comprendono
nula, nominano commissioni per essere illuminati; il bello sarà quando saremo ai rapporti
delle commissioni, la confusione ha da farsi ancora più grande, perchè, a meno di intendersi
tra loro siccome operano su dati vaghi e sopra incognite, vi saranno delle differenze, che pro-
veranno la giustezza della critica Porro. ..."
firmato S. D. S. Alessandro Londonio.
m II professor Porro prega di osservare che gli elogi al suo particolare nome dal sig. Londonio
diretti, sono dovuti invece all' Associazione Geodesica.
2.° Il sig. Zuccoli ha indirizzato all'Associazione una sua Memoria, che secondo il desiderio
da lui espresso, sarà pubblicata nel Giornale dell' Ingegnere-Architetto
di nnYwr *lì i l6ttfn *? rT^ "*' ZuCCOlÌ> Ìn data ** ™ settembre> ci è P^enuta copia
di una lettera del prefetto della provincia, colla quale venne comunicato al signor sindaco di
pinzano intorno il progetto Villoresi e Meraviglia, il dispaccio ministeriale N. 12558 div V
della quale riproduciamo il seguente tratto siccome giustificativo di ciò che le nostre osserva-
zioni non sono punto né fuor di tempo nò fuor di proposito.
650 ATTI DELL'ASSOCIAZIONE
« che niun progetto definitivo è fin qui pervenuto al detto ministero per l'apertura dei
« surriferiti canali; e che ai termini della concessione, devono i signori Villoresi e Meraviglia
« compiere molte e diverse operazioni, prima di divenire all' esecuzione dei lavori, Del resto, lo
« stesso ministero si è riservato a far prendere in considerazione dal consiglio superiore dei
« lavori pubblici la sovracitata Memoria e carte annessovi , allorché sottoporrà all' esame del
« medesimo il progetto definitivo dei lavori in discorso ». . . .
4.° Sono stati indirizzati all'Associazione varii opuscoli, ed altri si era l'Associazione pro-
curati, i quali saranno deposti nell' archivio a disposizione dei socii della medesima.
E qui dichiariamo, ancora a nome del sig. Saldini, uno dei fondatori, che egli mette a di-
sposizione dell'Associazione anche i giornali ch'egli riceve in cambio dell' Ingegnere- Architetto,
e che quind' innanzi i membri di essa, come gli abbonati àe\V Ingegnere-Architetto , saranno
ammessi in questa sala convertita a loro prò in gabinetto di lettura , eccettuatene solamente le
ore di adunanza dell'Associazione.
Esaurito dal segretario l' articolo corrispondenza, il presidente fa menzione di una lettera del
sig. Iug. Tatti, alla quale egli ha stimato opportuno di rispondere privatamente, riservandosi
però di consultare in proposito nella prossima seduta 1' Associazione, qualora ne sia il caso.
Si passa quindi , conformemente al terzo articolo dell' ordine del giorno , alla lettura di una
Memoria del prof. Porro, che qui trascriviamo.
RIVISTA SOMMARIA
DE' METODI DI STUDIO DE' GRANDI LAVORI PUBBLICI
ED IN PARTICOLARE DEI CANALI D' IRRIGAZIONE
(Vedi tav. 28)
Resoconto di una breve visita nello studio deir Ing. Villoresi.
Gap. I. - RIVISTA.
1. In tempi che non sono ancora da noi lontani quanto il si potrebbe desiderare, la scienza,
che era poca, s'imponeva sotto forme arcane al popolo (e dico popolo in tutta l'ampiezza dei
significato della parola).
In quei tempi anche gli ingegneri seguivano lo stesso andazzo , ed imponevano i loro dettati
senza nulla mai dimostrare.
La scienza era poca ; la pratica, senza regolari principii, era più che altro intuitiva , divina-
toria, e per alcune poche divinazioni fortunate un uomo saliva in fama , diventava autorità ri-
verita,, a', cui responsi nessuno osava applicare il libero esame, nessuno osava imporre la rispon-
sabilità della riuscita, libero esame e responsabilità, che ancora oggidì, conviene pur dirlo, si
trova fra gli ingegneri chi li vorrebbe elidere, evitare, chi vorrebbe imporre d' autorità i propri
dettati.
Alla divinazione intuitiva, con che tutto in prima s'intendeva regolare, venne aggiunto suc-
cessivamente in crescenti proporzioni l'ausiliario geodesico sotto la forma di piani e di profili,
il qual metodo, benché rozzo ed insufficiente, segnò uno stadio di progresso.
In tempi a noi più vicini si tentò, ma da pochi ingegneri civili , la ypsometria in una zona
più o meno limitata intorno alla linea d'operazione (1) ; e pochissimi in Italia, un qualche saggio
pur limitato presentarono di eidypsografìa ad imitazione degl'ingegneri militari, presso cui anche
in Italia la eidypsografìa è in uso da moltissimo tempo (2).
(1) In Francia Moìnot e i suoi seguaci; in Italia citeremo fra gl'altri per cagion di opportunità i
sieff. Villoresì-Meraviglia. -- n„ini>L*
(ì) Molti progetti di grandi lavori publici furono fatti eidypsometricamente nelle antiche province
però sotto la direzione di un' ingegnere militare.
GEODESICA NAZIONALE ffi{
La generalità però degli ingegneri civili non è entrata ancora in quella via di progresso , ed
il paese ne ha risentilo, in milioni sprecati ed in opere difettose, un danno tanto maggiore
quanto più estesi furono i pubblici lavori stati negli ultimi tre decennii in Italia eseguiti.
2. Ma nel mentre la scienza progrediva, mentre andava raffermando le sue applicazioni sopra
basi positive, le amministrazioni, i capitalisti, il pubblico, arrivarono da parte loro ad intendere
e tenere ornai per fermo, che nelle applicazioni delle scienze positive tutti i risultamenti si pos-
sono dimostrare con principii e con ragionamenti che s'appoggiano a verità incontestabili dello
stesso ordine, il quale modo di dimostrazione è indipendente dal giudizio dell'uomo, ed è a por-
tata delle intelligenze anche profane; a tal segno che nessuna divinazione intuitiva è cggimai
più accettata, nessuna autorità d'ingegnere può sfuggire al libero e pubblico esame; V autorità
m quel senso intesa più non esiste, più non si può in nessun caso da nessuna pubblica ammi-
nistrazione accettare.
Più non basta a' tempi nostri che l' ingegnere , comunque celebre oppur pratico il si voglia ,
asserisca ; più non basta neppure che l' asserzione dell' ingegnere sia vera , bisogna ancora che
possa essere e sia rigorosamente dimostrata, bisogna che non possa essere contestata.
Non basta poi l'aver trovata per un progetto di via o di canale, una linea, secondo cui si
possa dimostrare che la locomotiva può correre, o l'acqua fluire; bisogna ancora produrre la
dimostrazione rigorosa di tutto punto incontestabile, che non è possibile fra quegli estremi altra
linea migliore sotto nessun rispetto.
5. Quando un progetto, per quanto si voglia vasto, sia stato studiato in tutte le sue parti, in
tutta la sua estensione, fino a questo punto, il calcolo preventivo della spesa necessaria al suo
eseguimento non è più che un affare di cifre; la incertezza remanente sul finale ammontare del
tutto e delle parti può essere allora ristrettissima (praticamente intorno al centesimo), ne si deve
sentir parlare più mai di imprevisti ; tutto dev'essere preveduto, perchè il successo dev'essere
assicurato ; tutte le piccole incertezze poi contingibili ancora entro quel limite , devono essere
valutate e portate in più nel calcolo preventivo dell'importo dell'opera, affine di averle poi
in meno nel consuntivo, vale a dire sulla somma che si troverà effettivamente erogata a la-
voro finito.
4. Tanto non si poteva pretendere dagli ingegneri nello stato della scienza e delle pratiche che
io mi permetto di chiamare antico, vale a dire nel tempo in che era d'uopo raccomandarsi
ancora all' autorità dei nomi, e fidare a quel vocabolo specioso, e dalle moltitudini favorito,
la pratica; la pratica si acquista col tempo, per la qual cosa essa non è altro in sostanza
che una lunga ripetizione di antichi erramenti, con sempre uguale sì, non mai migliore successo;
la pratica in tal senso intesa è perciò la negazione assoluta del progresso. La vera ed illumi-
nata pratica è quella di chi studia ogni giorno e segue il progresso non quello di coloro che
fanno oggi come facevan jeri e prima, e ciò senza curarsi anzi respingendo ciò che vien di nuovo
senza studiarlo.
Tanto invece si può di tutto punto pretendere oggidì dagli ingegneri sotto tutti i rispetti, senza
che alcuno possa aversi a male se non si presta fede alle sue semplici asserzioni, se di tutto
si esige da lui piena e chiara e matematica la dimostrazione.
Il progresso di tutte le scienze affini ha contribuito a questo mutamento radicale che si fa
strada ovunque, ma più di ogni altra vi ha contribuito la geodesia, giacché nel ben conoscere
la eidypsografìa del terreno sta la prima base di un buon progetto in fatto di lavori pubblici ,
tanto più poi quando si tratti di un canale d' irrigazione, che è il più complesso dei problemi
nella specie.
A questo felice mutamento oppongono ancora oggidì molti ingegneri una riluttanza di che
però il buon senso pubblico va a poco a poco facendo giustizia.
Il torrente del vero progresso travolve ne' suoi flutti gl'incauti che s'attentano di re-
sis fervi (1).
(1)Così, ed allo stésso proposito , si esprimeva or fan trétit* anni il chiarissimo cav. Carbonazzi
ispettore generale de' lavori pubblici.
Giorn. Ing. — Voi. XVI. — Ottobre 1868. 43
652 ATTI DELL'ASSOCIAZIONE
5. Nella segnalata via progressiva, per la quale si pervenne oggidì ad introdurre , non però
ancora a generalizzare, nei lavori pubblici l'uso della eidypsometria completa estesa su larga
zona, ed a sostituire la eidypsografia al sistema de' piani e profili, si nota uno stadio intermedio
tanto più osservabile in quanto che di poco meno laborioso, e però ancora imperfetto a segno
di esser frequente causa di considerevoli errori. Tale si è la ypsometria semplice , la quale
consiste nel seminare di punti livellati la zona di terreno su cui l'idea di progetto dev'esser*
studiata.
Quegli ingegneri che fanno uso della ypsometria semplice rilevandone i dati coi metodi an-
tichi, oppure seguendo i precetti del Moinot (1856), che ha adottato il tacheometro, e della geo-
desia nuova il solo procedimento radiotomico e nuli' altro, non mostrano di aver inteso che una
semplice ypsometria non rappresenta una superficie unica, ma due o più superficie fra loro di-
verse; valga a dimostrarlo il seguente esempio:
Sulla estensione indefinita del terreno, fig. l.a, sono segnati in altide molti punti, tra i qual
scegliamo A, B, C, D, angoli del contorno di una parcella, le cui altidi sono in metri rispetti-
vamente 16m, 10™, 18m, Hm, (per semplicità dell'esempio numeri intieri).
Traducendo questa figura in eidypsografia (curve orizzontali) colle solite regole d' interpola-
zione grafica, se ne ottengono due diverse interpretazioni, ambe possibili nel vero, e rappresen-
tate, una nella fig. 2.a, l'altra nella fig. 3.a
Nella fig. 2.a si ha un displuvio (costa) che va scendendo da A verso C, le cui falde scendonc
oppostamente verso B e verso D.
Nella fig. 3.a si ha un compluvio (thalweg) discendente da D verso B , le cui falde pendono
scendendo da A e da C verso la linea compluviale B D.
Come ognuno vede, l'equivoco è assai grave (nientemeno che un monte scambiabile per un*
valle), e può ripetersi in vario modo ed in molti luoghi.
Suppongasi condotta, per la irrigazione di questa parcella, una roggia maestra fino al punto
il più alto A ; se la superficie della parcella è, nel vero, come la fig. 2.a, essa è tutta irrigabile
senza spesa veruna di adattamento, se invece la si trova nel vero essere come si dimostra nella
fig. 3.a, non sarà irrigabile che la falda A B D, e per irrigare l'altra metà converrà per lo meno
costrurre una roggia in rialzo che traversi tutto il vallivo da A in C, la quale nell'esempio qui
considerato potrebbe constare di un due o più mille metri cubi di terra tutta da riportare, op-
pure un acquedotto in muratura, che non costerebbe meno.
6. Un secondo esempio un po' più complesso si ha nella fig. 4.a, B.a e 6.a
Il piano quotato ypsometricamente , fig, 4.a, può significare molte superficie fra loro diverse,
ma per brevità non ne presenteremo che due nelle fig. b.a e 6.a
Nella fig. 5.a si ha una traduzione eidypsografica di quel piano ypsometrico , nella quale si
vede in A un basso fondo quasi triangolare poco inclinato nel senso del sud-ovest, il quale pre-
senta due compluvii confluenti fra loro in a, ed un altro compluvio che scola nel senso B C D
ed avente in C il suo punto di risvolto, il tutto compreso fra due culminazioni relative ed una
falda assai contorta con un displuvio triplice in E , e due a tre altri displuvii che la figura
dimostra.
Nell'altra versione, fig. 6. a, sempre dello stesso piano quotato, è notevole sopratutto il com-
pluvio A B, il quale cola in senso inverso al C D, quasi omologo in pianta nella figura prece-
dente, e la totale disparizione del largo basso fondo A della fig. 5.a, i punti notevoli nella fig. 6.a
sono la culminazione assoluta E ed il displuvio H quasi identico a quello della fig. b.a
La sola ispezione di queste figure basta a far persuaso ognuno della enormità degli equivoci
a che conducono i così detti piani quotati, ossia la semplice ypsometria, per cui nessuno dopo
questo esame più non vorrà seguire un tal metodo.
7. La verità in geometria non è che una, ed il problema dello studio dei grandi lavori pubblici
è prima di ogni cosa problema di geometria; la eidypsometria sola permette di risolverlo con
economia, con facilità, con prontezza, ma sopratutto con sicurezza dimostrata incontestabilmente.
In fuori di essa tutto è dubbio, tutto lascia delle incognite, delle incertezze, che si traducono
sempre per nuove spese quando non per disastri.
GEODESICA NAZIONALE (353
Ognuno vede dunque che il metodo puramente ypsometrico (piani quotati in altide) insegnato
e praticato da Moinot e da alcuni altri ingegneri , può essere causa di gravi errori nella reda-
zione di un progetto, d'onde ne viene di necessaria conseguenza che il metodo eidypsometrico
rimane l'unico capace di risolvere senza incertezza veruna tutte le difficoltà.
Vero è che moltiplicando, in ypsometria semplice, indefinitamente il numero dei punti, si at-
tenuano gli effetti de' segnalati equivoci, ma si aumenta di molto il lavoro geodesico, mentre in-
vece il più sovente da una eidypsometria molto più rada di punti si può cavare una eidypso-
grafia esente da ogni equivoco e sempre ed infallibilmente redigere in tutte le sue parti con
assoluta certezza un progetto.
8. Fin qui abbiamo parlato del metodo di studiare il terreno, ed abbiamo dimostrato che la
eidypsometria deve avere, ni un caso eccettuato, la preferenza assoluta, e che se ne può dedurre
per servire alla grafica redazione di progetti, alla preventiva calcolazione de'sterri e riporti, a tutto
quanto occorre tanto i dati numerici, quanto per disegni eidypsografici esenti da ogni equivoco-
Per il metodo di studiare sulla eidypsografia l'andamento e le forme da darsi al progetto
valgono gli ordinarli principii della geometria descrittiva che tutti gli ingegneri debbono conoscere.
Ma per ottenere la eidypsometria del terreno, quai metodi, quali strumenti converrà egli im-
piegare ?
La risposta è ovvia. I metodi e gli strumenti della geodesia antica, possono condurre all'intento,
ma con impiegarvi molto tempo, molta gente, molta spesa ; la geodesia nuova semplifica, facilita
l'operazione, risparmiando e tempo e gente e spesa; la scelta perciò non è dubbia. I metodi e gli
strumenti della geodesia nuova, i melodi sopratutto, se si vuol avere la certezza incontestabile; i
metodi, i metodi, i metodi, giova ripeterlo, i metodi; la certezza assoluta, la verità dimostrata
risultano dai metodi, gli strumenti non sono che un mezzo più facile e più economico d' esecuzione.
Cap. II.
RESOCONTO della visita fatta allo studio del signor Ing. Villoresi.
9. In seguito al cortese pubblico invito avutone per mezzo del Bollettino della Società Agraria
del 12 settembre , statomi rinnovato in persona al mio studio dal signor Ing. Meraviglia , mi
sono recato Domenica 20 settembre allo studio del signor Ing. Villoresi, ove fui ricevuto' con
eguale cortesia.
Ebbe luogo dapprima una breve conversazione, nella quale appresi che il prelodato ingegnere
lavora con ogni assiduità ed impegno da sei anni alla sua idea di progetto di irrigazione dell'alta
Lombardia, e che tutto il fin qui fatto lavoro è l'effetto dei soli suoi mezzi privati, e ciò egli
disse con rara modestia, quasi a cattivarsi un' indulgenza di cui non ha punto bisogno ; tuttavia
sarebbe ingiusto il non tenergli conto di quella circostanza.
10. Ricordando egli poi un'antica conversazione relativa alla applicazione della Celeriniensura,
il signor Ing. Villoresi mi assicurò non dissentire punto dalle idee da me espresse nelle tre mie
note, aggiungendo però che se non si è fin da principio appigliato a quel partito, ei fu perchè
gli parve riuscire più economico e bastare al suo intento il valersi per tutta la planimensura
delle mappe censuarie, sulle quali egli sta ora applicando i risultali di una operazione ypsome-
trica, la quale ha in pensiero di estendere a tutti i Comuni.
11. Entrando quindi a parlare delle difficoltà che presenta la valle di Tresa al maneggio degli
strumenti usuali, anche solo ypsometrici, egli si mostrò desideroso di sapere quali ajuti gli sa-
rebbe permesso di sperare, sia da me personalmente, sia dalla nostra Associazione, per l'appli-
cazione della celeriniensura a quella parte del lavoro, e dopo brevi mie riservate parole in pro-
posito, si passò ad esaminare buona parte de'lavori oggidì in corso, nei quali sono presentemente
occupati con lui ventidue suoi collaboratori.
654 ATTI DELL'ASSOCIAZIONE
12. 11 lavoro fin qui fatto riguarda il canale da derivarsi dal lago Maggiore. Pel canale da
derivarsi dal lago di Lugano non si hanno ancora che l'idea di progetto dimostrativamente se-
gnata sulla carta topografica, e pochi studii parziali di opere d'arte.
Pel primo di questi canali invece gli studii dettagliati delle opere di sistemazione e di presa
delle acque dal Ticino si presentano dall' autore concessionario come ultimati , disegnati e cal-
colati , tanto in ciò che riguarda le resistenze , ossia la stabilità , quanto in ciò che si riferisce
alla spesa.
13. Non era possibile in breve ora esaminare disegni e calcoli, e giudicare di tanto lavoro in modo
da poter lodare senza riserva, come neppure di cogliere un punto da criticare con fondamento;
ma posso dire che mentre tutti quei disegni si presentano in complesso sotto lodevole aspetto,
mi sono permesso, però di far osservare al signor Ing. Villoresi che le curve delle volte ne' ponti
lasciano forse a desiderare in ciò, che non sono curve equilibrate, ma archi di circolo estra-
dossati parallelamente, perciò, se non meno stabile, rendono però l'opera un po' più costosa»
giacché alle curve equilibrate corrisponde ad un tempo il massimo di stabilità, il minimo di
spinta ed il minimo de' materiali.
Le curve equilibrate poi sarebbero principalmente da preferirsi pel ponte sotto la ferrovia,
dove la succussione uniforme prodotta dai treni può, colle non equilibrate, recare all'opera un
danno progressivamente crescente; danno, che colle equilibrate non ha luogo.
Molta cura è stata posta dall' autore nello studiare il fondo e la sistemazione del 1.° tronco
del Ticino, e rimarchevolmente per il grand' argine a paratoje da erigersi alla presa , e , fra le
piccole cose (che nessuna è dimenticata), è ingegnosa la forma data alla immissione dei rivi
laterali nel tronco del Ticino da sistemarsi, la quale è studiata in modo da eliminare possibil-
mente i materiali che questi rivi trasporterebbero nel canale.
ÌK. Ma per tornare all'argomento geodesico, il solo del quale la nostra Associazione abbia in-
teresse di occuparsi, riferirò :
1.° Che principiati al dir dell'autore nel primo anno (1863) gli studii coi metodi antichi,
non fu trascurato però d'introdurre, almeno per prova (illusoria prova perchè stata fatta va-
lendosi tuttavia degli antichi strumenti) , i perfezionamenti successivi che vennero a di lui co-
gnizione, per modo che si trovano nei lavori da ultimo fatti per la valle del Ticino, impiegate
sulla piarda alta , congiuntamente ai profili , le curve orizzontali , perciò un piccolo saggio di
eidypsografia comparata all' antico sistema dominante in tutto il lavoro ;
2.° Nella estensione di molti territorii comunali poi , si ha la semplice ypsografia , vale
a dire la quotazione in altide, la quale è applicata a punti sparsi sulle mappe censuarie,
il che sarebbe dall' autore giudicato sufficiente per procedere poi allo studio de' canali secon-
darii di tutti gli ordini fino agli estremi scoli , e dell' adattamento del suolo di ogni parcella
di proprietà a ricevere utilmente l'irrigazione, le quali cose però i concessionarii intendono
lasciare a carico dei comuni e dei proprielarii (1).
15. La linea principale stata da principio vergata provvisoriamente sulle carte topografiche con
dati poco meglio che intuitivi, aveva dato luogo ad una osservazione riportata nella mia prima
nota (2) pel punto d'incontro colla base di Oriani. Essa fu di poi corretta portandola più al
sud, e la si va correggendo progressivamente a misura che il progresso del lavoro ypsometrico
nei comuni ne dimostra il bisogno.
Sussiste però tutto intiero finora in tutto questo lavoro il già segnalato lato debole, vale a
dire che finora non si hanno dati né sufficienti né idonei per dimostrare che quella stata indi-
cata dal sig. Ing. Villoresi sia la miglior linea possibile, né per sostenere che non lo sia.
Ne ciò si potrà con causa di scienza e con sicurezza dimostrare, fino a tanto che tutto l' in-
tiero sistema di canali di tutti gli ordini sia stato studiato , il che è quanto dire finché tutti i
rilievi eidypsometrici, indispensabili ora come prima, non siano dappertutto compili.
(1) Vedi più sopra a pag. 2 qual sia il vero valore di cosiffatta ypsometria, quali equivoci, quali in-
certezze ne possano conseguire.
(2) Vedi Ing. arch., Voi. XV pag. 478.
GEODESICA NAZIONALE 655
16. Buon consiglio quindi per mio avviso sarebbe il rinunciare subito alla attuale maniera non
meno difficile e sempre incerta di studii d'arte, dei quali si ha troppa fretta, ed affrettare invece
gli studn eidypsometrici razionali che avrebbero dovuto precedere ogni velleità di segnar linee ed
ogni studio d'arte, perchè delle linee, degli studii d'arte, quando si vogliono accertati, è base
indispensabile il rilievo eidypsometrico.
Allora si potrà compire un vero razionale studio di tutta insieme la rete di canali di tutti
gli ordini fino all'ultimo scolo, soddisfacente alla condizione di evitare quasi per intiero quel
fonditus evertere applicato al suolo di ogni parcella , del quale ho parlato nella mia nota 5.a
pag. 5 (1), allora si potrà mandare alla luce un risultato a cui nessuno saprà più mai trovare
censure 0 difetti.
Quello è per mio avviso l' unico mezzo di far sparire realmente ogni paura d' incognite , di
che gli avversari della grand' opera si fanno bandiera.
iNò per il loro non volere essi contrarre obblighi finché v'ha luogo a temere l'esistenza di in-
cognite si può loro dar biasimo, e tanto meno lo meritano quanto meglio sanno che il modo di
farle sparire non manca.
17. Il canale da derivarsi dal Iago di Lugano è ancora lutto da studiare, ancor sussistono per
intiero, circa le linee state per questo indicate in massima dall' autore, tutte le obbiezioni state
formulate nella nota l.a già citata; quello studio forma, ogni cosa considerata, la più difficil parte
dell'impresa, tanto dal lato geodesico quanto per lo studio d'arte, talché se ne può calcolare il
tempo ed il costo a più della metà del totale.
Cambiar sistema dunque mentre è ancor tempo, e con franchezza adottare pienamente il me-
todo eidypsometrico sarebbe un dare alla grand' opera quella incontestabile certezza che senza
ciò non avrebbe mai, neppure dopo eseguita, se pure, come è molto probabile, dagli studii una
volta ben fatti emergerà la oggidì non incontestata convenienza di eseguirla.
Neppur dopo eseguita, diciamo: L'acqua infatti arriverebbe in tutti i comuni, in tutte le pro-
prietà , che ancora sarebbe vivo il rincrescimento nella coscienza , illusa forse, ma onesta del-
l'autore del progetto, di non poter dimostrare che egli ha fatto il meglio possibile, così' sotto
il rispetto d'arte, come sotto il rispetto economico: questa certezza può l'autore del progetto
acquistarla per sé; i proprietarii tutti hanno senza dubbio il più vivo desiderio di acquistarla
nel loro interesse, anche a lor costo, prima di firmare le obbligazioni che loro si domandano
Di acquistarla poi piena ed intiera prima di concedere favori , prima di promettere milioni
ne avevano e ne hanno il dovere quelle amministrazioni dello Slato, delle provincie dei co-
muni, il cui ufficio è di tutelare l'interesse generale del paese; e che a questo dovere esse non in-
tendano fallire, se ne ha la prova nella nota ministeriale in data del 16 settembre N. 6824 divisione
V, e nella indi seguita lettera prefettizia sopra citata.
18. È però avviso di molti che la onorevole deputazione provinciale sia stata troppo cor-
riva nel prescrivere norme, e nell' incoraggiare le adesioni ad un grande e nuovo ordine di
cose pel quale non si hanno ancora i dati indispensabili per accertare infallibilmente se sì 0 se
no sarà finanziariamente conveniente, pel quale si hanno però indìzi probabili sufficienti a giu-
stificare la spesa d'un vero e completo studio da farsi nelle condizioni modernamente le più
avanzate. ^
(1) Quel fonditus evertere che il signor Zuccoli valuta assai caro ed anche disastroso, sarebbe effet-
ivamente tale se si persistesse nella via fin qui battuta. L'ingegnere Tatti lo valuta mediamente al-
ove (pianura friulana, assai più facile) a 350 lire per ettarea , e dovrebbe comparativamente negli
aU.pmn, lombardi, molto più mossi, essere portato a L. 500. Questa spesa, tutta a carico dei proprie-
tarn, non e stata computata nei preventivi stati finora presentati al pubblico, e v'ha ragione di temere
che ecchsserebbe tutti i vantaggi dell' impresa.
i£\ir P,tÒ rendTla nUUa "mÌnÌma medÌante l0 Stud,*° Preve"^'o eidypsometrico completo, esteso
fino ali ultimo scolo e parcella per parcella, nessuna ommessa. Non si dica che si protegge l'impresa
bob si dica che si cura il vantaggio del paese quando si lasciano insolute sì importanti 'questioni , oc-
dimoT t magagne' qUand° n°n SÌ CUra di far Preced^e ^ ogni deliberazione la sicurezza ben
656 ATTI DELL' ASSOCIAZIONE
Ma intraprendere su così vasta estensione (oltre a tremila chilometri quadrati) una eidypso-
metria completa dei territorii, dicono non senza ragione i concessionarii, essere cosa che oltre-
passa il possibile pei loro mezzi privati. Egli è perciò che nella precedente mia nota 3.a stata
approvata nell' ultima adunanza ho detto a pag. 6 , ed oggi viemeglio confermo , queste precise
parole :
« Ma non è dubbioso punto che le amministrazioni provinciali e comunali potrebbero invece
« con molta maggior ragione ed opportunità quotizzarsi per fare le spese dello studio eidypso-
« metrico, il quale solo può dare a tutti gli interessati piena sicurezza di giudizio circa l'esito
« dell'impresa ».
Aggiungerei volontieri essere dubbioso assai che in massima sia giusto ed onesto il lasciare
estenuarsi di mezzi e di salute l'autore, qual ch'ei sia, di una buona idea utile al pubblico, il
quale non abbia che il torto di non posseder in proprio i fondi per mandarla ad effetto, o per
metterla almeno nella sua più chiara luce ; tanto ostracismo annidar non può nella mente del
generoso popolo italiano.
Si uniscano dunque le amministrazioni comunali alla provinciale, che ha già date luminose
prove del suo buon volere, vi si uniscano i proprietarii tutti per fare i fondi di questi studii.
Uniamoci poi tutti quanti con noi amano il progresso per dirigere a bene, se fia possibile, una
impresa di tanta mole e di tanti sperati vantaggi ; ma non ci stanchiamo di ripetere che l'unico
modo di riuscirvi, se pur l'impresa è per sua natura suscettibile de' vantaggi che se ne sperano,
anzi di sapere di certa scienza se veramente è tale, sta nel portarla su più franche , più salde
e meno azzardate basi che non son quelle sulle quali finora posa siccome a bersaglio di tante
obbiezioni a cui non può rispondere con fondamento, per mancanza assoluta di veri studi,
obbiezioni non sempre invero fondate per la stessa mancanza ben dimostrata, non mai però de-
stituite di qualche ragion d'essere.
Non basterà, no, per far con ragione tacere le obbiezioni, che l'impresa sia fatta, compita,
che l'acqua scorra nei canali ; bisognerà che, a conti resi, lo sia utilmente per tutti e sotto
ogni rispetto.
Non dimentichiamo che il canale Cavour è fatto, se non finito, ma che ha costato già un di-
sastro pegl' azionisti, una diminuzione effettiva nella ricchezza del Paese, e non ha finito ancora
di costare, e sono deluse in gran parte senza ritorno possibile le lusinghiere promesse state da
principio fatte ai proprietarii quando si trattava solo di allettare i capitalisti.
E di tutto ciò, già altrove lo dimostrai, non sta in altro la causa se non negli errori ingeniti
gravissimi, negli imperfettissimi studii.
Alcuni pochi coscienziosi e capaci tutto ciò previdero in tempo , e tentarono di parlare , ma
la loro voce fu coperta da altre voci che consideravano l'impresa da un altro lato. . . I pochi
non osarono alzare maggiormente la loro, come oggidì noi osiamo, non per osteggiare l'impresa,
ma per farla riuscire a bene: fascini Dii che non succeda in questo caso lo stesso.
È dovere civico di tutti quelli che direttamente od indirettamente lo possono, il fare in modo
che l'impresa attuale riesca ad evitare l'uno e l'altro scoglio; il paese intiero ne sarà a tutti
riconoscente.
Riassumendo il fin qui detto si trova:
i.° Che i lavori stati dal prof. Porro veduti, nello studio del sig. ing. Villoresi, sono lodevoli
nella loro specie , ma sono di antico stile, e non fanno che confermare di tutto punto il senso
cardinale dominante nella nostra deliberazione del 28 agosto.
Quasi tutto ancor manca quello che essenzialmente è necessario , vale a dire che non si
hanno finora i dati eidypsometrici indispensabili per segnare le linee de' canali principali, e quelle
dei canali e cavi di tutti gli ordini con quella sicurezza dimostrata che modernamente si esige;
né quindi per calcolare entro abbastanza ristretti limiti l' importo di ogni spesa , ne insomma
per far sparire tutte le incognite che si temono con ragione, siccome coda costante di tutte le
imprese studiate all'antico modo.
Che perciò stesso nessun dato avrebbe chi volesse permettersi di criticare quella linea che,
come idea di progetto (avant-projet) i concessionari hanno proposto.
GE0DES1CA NAZIONALE (557
Quanto alle mappe quotate (ypsometria semplice), il loro effetto equivoco è dimostrato nella
nota Porro, parte l.a, né perciò occorre tenerne conto, se non sia per riconoscere che il torto è
del sistema, non dell'opera degli onorevoli ingegneri, che hanno fatto tutto quanto con quel si-
stema e nelle citate finanziarie circostanze era loro possibile.
2.° Della eccellenza comparativa de' nuovi metodi, il sigi ing. Villoresi si è mostrato convinto
ma si e scusato, già l'abbiam detto, circa l'andamento attuale, assai diverso de' suoi lavori, con
motivi di situazione finanziaria che non ci riguarda lo esaminare.
Il signor Villoresi si è anzi mostrato propenso a proporre al prof. Porro d'intraprendere al-
meno per la derivazione del lago di Lugano, la eidypsografia , che egli, il sig. Villoresi, stima
tanto più necessaria quanto più i luoghi sono accidentati e difficili.
Alla quale proposta il signor Porro avrebbe risposto con molta riserva, pensando doversi in
proposito consultare in assemblea l'Associazione.
3.° Prego ora l'Assemblea di considerare in primo luogo che:
1.° Principale scopo dell'Associazione Geodesia* nazionale è appunto di arrivare gradatamente
alla formazione del rilevamento eidypsometrico di tutta l'Italia, da intraprendersi anche per
parti, a seconda delle opportunità contingibili.
2.° Che questa sarebbe una occasione per darvi principio sopra un 300 comuni con *ran
vantaggio delle parti interessate, giacché si riuscirebbe a duplice scopo con una spesa sola"
Che anzi a norma delle anteriori nostre deliberazioni ed atti esiste già creata la missione' per
quell effetto principale, sebbene per ora in più ristretti limiti, ed è già da quattro mesi all'opera,
per modo che non vi sarebbe bisogno che di aumentarne il personale e la dotazione in istrumenti.
Terminata la lettura della sua nota, che è la quarta sul medesimo argomento, il presidente
domanda se vi sono osservazioni; nessuno avendo chiesta la parola, egli presenta lo schema di
deliberazione, che in fine si riferisce, limitato però ai tre primi articoli. Invita alla discussione,
la quale si anima eruditamente fra i signori Zuccoli e Cotta.
Benché interessante sotto diversi rispetti, non riferiamo per disteso quella discussione perchè
in gran parte estranea alla parte geodesica, solo ed unico scopo dell' associazione.
Qui domanda la parola il sig. Cagliani, riferendo quanto si dice in Milano, che cioè la-
concessione dei signori Villoresi e Meraviglia sia per essere riceduta ad altri ; esprime il dubbio
che in tal caso l'offerta contenuta nella proposta di deliberazione non avrebbe più forza e riu-
scirebbe vana.
Il presidente risponde non constargli di questo progetto di cessione, ed opina del resto che la
cessione non influirebbe sull'effetto della deliberazione proposta, perchè l'offerta è di sua natura
indipendente dalle persone che si trovano 0 si troveranno alla testa dell'impresa.
Portata quindi la discussione sulla utilità 0 meno di certe parti dell'impresa, l' ing Stigler
accenna ai vantaggi ricavabili dall'acqua impiegata come forza motrice, e calcola a tremila ca-
valli quella ricavabile dal canale del Ceresio, la quale ingente forza permetterebbe un grande
incremento alla nazionale industria. Egli fa osservare però che, destinando una parte qualunque
della caduta alla creazione di una forza motrice, si rinuncia necessariamente alla irrigazione di
quella zona di terreno che si trova compresa fra le due curve isoypsiche corrispondenti ai punti
superiore ed inferiore della caduta; e ciò egli dice affine di mettere in rilievo l'errore di coloro
1 quali credono potersi ottenere i due effetti con una sola spesa.
S' intavola quindi una discussione sul beneplacito del governo Ticinese, e qui Y ing. Cagliani
prende occasione di parlare dell'idea di progetto del sig. Ing. Possenti per far passare la mon-
tagna in galleria, col quale mezzo si eliminerebbero le difficoltà politiche; e propone che l' as-
sociazione s'interessi di studiare anche la regione su cui sia possibile l'idea di progetto indi-
cata dal sig. Ing. Possenti.
Il prof. Porro propone, in conseguenza delle osservazioni Stigler e Cagliani, che vengano ag-
giunte allo schema di deliberazione quelle due condizioni»
dJLPrf ?°rr° "^^ l'assemblea onde venga deciso se 0 meno questa deliberazione
aenna dar luogo alla medesima pubblicità che l'antecedente.
658 ATTI DELL' ASSOCIAZIONE
Vista l'utilità di dare la massima pubblicità, e sentita l'osservazione del sig. Saldini sulla
tenuità delle spese , viene approvato di dare a questa nostra deliberazione la stessa pubblicità
della precedente.
Riassunto poi dal presidente in poche parole il contenuto nello schema di deliberazione colle
suddette aggiunte, si passa alla votazione del medesimo , e si ha per risultato la adozione ad
unanimità nei termini segnati.
Vista la nota con relazione oggi letta dal prof. Porro in adunanza, colla quale sono mante-
nute anche con maggior fondamento le conclusioni della nota del 28 agosto;
Vista la deliberazione presa nell' antecedente seduta del 28 agosto p. p., colla quale la nostra
associazione ha offerto il suo intervento ed assistenza limitatamente ai comuni ed ai proprietarj
interessati ;
Volendo ora rendersi il più possibile utile al Paese, con toglier di mezzo ogni difficoltà o
pretesto che ancor si oppone alla piena e intiera adozione del metodo eidypsometrico per
V importantissimo studio di cui si tratta ;
L' Associazione Geodesica nazionale delibera :
1.° Di estendere l'offerta di suo intervento a chiunque spetti, nell'interesse della grande
impresa, senza distinzione di parti ne di persone, ciò nel senso di contribuire per quanto sia
possibile alla riuscita della medesima nel vero interesse del Paese e ad incremento della ric-
chezza nazionale;
%° Di stabilire fin d'ora per qualora vi fosse invitata dal governo, dalla deputazione
provinciale , dai comuni o dai proprietarj , oppure anche dai signori concessionarii , di dare al
personale della prima missione , attualmente occupato nel rilievo della città di Milano , tutto
quell'incremento che sarà necessario per poter intraprendere e dare terminata in tempo utile
la eidypsometria generale di tutto il tratto di paese a cui si può estendere l' irrigazione in
discorso.
5.° Di ciò eseguire a titolo intieramente gratuito, per ciò che riguarda l' Associazione Geo-
desica in sé, e contro il rimborso delle sole spese reali per tutto ciò che riguarda l'opera della
missione, riservando unicamente a favore dell'Associazione la proprietà artistica, vale a dire
il diritto di pubblicazione delle carte eidypsografiche medesime col corredo di loro coordinate
e calcoli, il tutto nel modo che l'associazione si propone praticare per tutta l'Italia; rila-
sciandone però a favore dei signori concessionarii quel numero di esemplari che sarà per es-
sere convenuto.
h.° Di estendere ove d' uopo le operazioni eidypsometriche in modo da bastare agli studii
necessarii per 1' utilizzazione della forza motrice, ed a quelli occorrenti per lo studio dell' idea
di progetto del sig. Possenti.
B.° Di comunicare per esemplari a stampa queste deliberazioni e la Memoria Porro ai
ministeri dell' interno , dei lavori pubblici , e dell' agricoltura e commercio ; al consiglio pro-
vinciale di Milano, ed ai trecento municipii interessati.
La seduta è levata alle ore quattro e tre quarti pom.
11 Segretario
FlCHERA FlLADELFO,
Visto. C. P. M. I. Porro
Milano/Tip. degli Ingegneri. B. SALDINI, Proprietario, Gerente re
MEMORIE ORIGINALI
ALCUNE OSSERVAZIONI
dell'ing. Angelo Manfredi
ALLA MEMORIA
STUDJ IDROLOGICI E STORICI
SOPRA IL GRANDE ESTUARIO ADRIATICO
dell' ingegnere senatore Elia Lombardini.
PROEMIO.
Fu sempre mia ferma intenzione di evitare qualsiasi polemica coir illustre
idraulico senatore Elia Lombardini, che io aveva ed ho pel primo idraulico in
Italia, e della cui stima fanno prova i non pochi scritti da me pubblicati, e
ne1 quali ebbi bene spesso occasione di rammentarlo, persuaso, che non avrei
mai trovato nelle sue dotte produzioni cosa alcuna, su cui dovessi eccepire: e
fu per questo, che io me ne sono fin qui costantemente astenuto.
'Trattovi però ora per li capegli da lui, che, riconosciuto per vero quanto an-
dava io dimostrando sino dall'anno 1861, dietro le traccie lasciateci dal celebre
idraulico ferrarese Teodoro Bonati, e dell'illustre matematico modenese Domenico
Corradi, e cioè, che si sarebbe commesso un grave errore coW immissione dì Reno
nel Po, ha implicitamente disconosciuto il mio Fiume Apenninico, che io aveva
proposto, qual unico, vero e reale rimedio a tutti i mali, che per lo sregolato
corso delle acque discendenti dagl'Apennini affliggono la destra del basso Po, e
minacciano di giorno in giorno di farsi maggiori, posponendolo ad un partito,
che da tutti gl'idraulici, che ne trattarono, e specialmente da me fu dichiarato
assolutamente inamissibile.
Trattovi così per li capegli, ho dovuto romperla col mio proposito, e pubblicare
alcune osservazioni alla dottissima sua Memoria : Studj idrologici e storici sopra
ti grande estuario adriatico 3 i fiumi che vi influiscono 3 e principalmente gV ultimi
tronchi del Po , susseguiti da considerazioni intorno ai progetti per la regolazione
delle acque alla destra di questi.
Giorn. Ing. — Voi XVI. — Novembre 1868. 44
660 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
Disconosciuto così il mio fiume Apenninico, Egli ha trovato opportuno di pro-
pugnare il consolidamento dei Reno nell'attuale suo letto , nuli' ostante che,
adottatosi il voto del celebre prof. Venturoli emesso nel 1843, fossero ridotte le
arginature del Reno-Primaro a tanta elevazione da poter sopportare una piena
eccezionale, quale fu quella che accadde nel 1842, con mala riescita, di cui fanno
fede non dubbia le due successive rotte del Froldo Passerino, e quella del Gallo
ultimamente avvenuta.
Troverebbe l'illustre Lombardini questo consolidamento propugnabile pel sup-
posto fatto, che le attuali arginature non si trovano elevate sui piani di campagna
di 12 in 13 metri, come comunemente si afferma e si crede: bensì di 8 in 9 o
poco più: e che il suo fondo non è superiore ai piani stessi, ma inferiore in
media di 2 metri in destra, e di 1 metro circa in sinistra: fondando il suo sup-
posto fatto sopra il profilo officiale di livellazione del Reno-Primaro pubblicato
nel 1858 in Roma dal dottissimo professore Maurizio Rrighenti : però senza av-
vertire, che la livellazione, che esso profilo rappresenta, fu effettuata negli
anni 1844-45, quando le arginature non erano ancora portate a quell'altezza, per
la quale, giusta l'avviso del proponente, sarebbero state capaci, con un'apprez-
zabile franco, di contenere una piena straordinaria congenera a quella del 1842,
ed alla quale altezza presentemente si trovano : e senza nemmeno avvertire, che
i piani di campagna indicati come tali dal profilo, potevano indicare, anziché
questi piani, l'incontro delle scarpe degl'argini, ossia delle lore unghie, con
uno spalto più o meno alto, che dal professor Brighenti vien detto piazza
bassa estesissima, e che nella carta del Barbantini è abbastanza chiaramente
indicata.
Nelle seguenti osservazioni è mio intendimento di dimostrare, come il distin-
tissimo nostro idraulico siasi ingannato nel ritenere, che il profilo officiale della
livellazione del Reno-Primaro rappresenti lo stato presente delle cose; quanto
sia azzardoso il persistere nel voler conservare ad ogni costo il Reno nell'attuale
suo letto, specialmente ora, che deve ricevere ridice colla Savena, la Quaderna
colla Gajana; come non basti l'aver pensato al Reno e suoi tributarj per poter
dire che si è provveduto all'idraulica economia della destra del basso Po: e
finalmente, che le difficoltà tecniche mosse contro il mìo Fiume Apenninico sono
tutte superabili dalla scienza, né formano perciò un ostacolo insormontabile,
sicché debba disconoscerne P utilità e la convenienza. Dando per ultimo un breve
cenno del suo andamento stabilito, dopo gli studj fatti sotto la mia direzione sui
luoghi negl' anni 1865-66 , e delle pendenze assegnate ai diversi tronchi che lo
compongono.
Non volendo scrivere un trattato, non dividerò queste osservazioni incapi; né
mi atterrò scrupolosamente all' ordine prestabilito alla materia , soltanto procu-
rerò d' esser breve ; al fine di venire il meno che mi sarà possibile in noja al
cortese lettore.
Non vanità di misurarmi con tanto celebre idraulico, ben sapendo che mi ren-
derei degno di risa: non rancore o bassa invidia, che io non provai mai per
anima vivente, molto meno per un uomo da me stimato e riverito, mi vi hanno
indotto: bensì l'amore del vero, che io sento immensamente, e che mi procurò
pur troppo non pochi nemici , e più di questo il desiderio del bene di questa
plaga, che mi vide nascere, ed in cui ebbi la mia educazione scientifica: bene
che io ripongo nello impedire a tutt'uomo, che s'immetta nel nostro Po il Reno,
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 661
e nel promovere con ogni energia l'immissione in mare direttamente dei molesti
fiumi Secchia, Panaro e Reno, co' suoi tributarj.
Con questa intenzione io mi sono posto a scrivere, e voglio sperare, che non
si vorrà disconoscere da chichessia mi conosca: come spero eziandio, che mi
si vorrà credere, che non per questo è venuta in me meno quella stima; che
merita un tal uomo, e del quale fui, sono, e sarò sempre sincero ammiratore ed
instancabile seguace.
OSSERVAZIONI.
1. In questo ricercato giornale fino dal gennajo del corrente anno si sta pub-
blicando una dotta ed erudita memoria dell'illustre idraulico ingegnere Elia
Lombardini sotto il titolo: Studj idrologici e storici sopra il grande estuario Adria-
tico, il cui precipuo scopo riguarda la soluzione della vertenza del nostro Reno
che dappiù di 3 secoli si agita, senza che sia mai stata con soddisfazione delle
parti contendenti, ed anco della scienza definitivamente risoluta (1).
E poiché l'illustre autore fu dapprima per l'immissione di Reno in Po, e poi
fu contro di essa: cosi nel proemio si lagna di un taluno (e questo taluno è lo
scrivente; da cui si riterrebbe tacciato d'incongruenza ne'suoi prinéipi, quasiché
non avesse, die' Egli, potuto modificare la sua opinione sì tosto riconobbe che dap-
prima fondatasi sopra dati di fatto inattendibili. A nostro avviso però si lagnerebbe
di quel taluno non con troppa ragione : avvegnaché col far rimarcare le due
opposte opinioni sullo stesso soggetto altro non intese, se non che di avvertire
i Ferraresi, che l'illustre Lombardini non poteva essere utilmente citato quale
autorità contro l'immissione di Reno nel Po; se la parte contraria Bolognese lo
avrebbe potuto citare egualmente per sostenere la propria tesi: tanto più che il
Lombardini, quando mutò d'opinione non avvertì né di essere stato altra volta
di parere contrario; molto meno avvertì dei motivi che lo avevano indotto a
cambiarla, come egregiamente fa nella memoria qui sopra citata (2)
2. In questa memoria dopo d'aver trattato con sorprendente erudizione, e con
rara dottrina delia Veneta Laguna, e dei fiumi principali che vi confluiscono, e
che poi furono da essa levati e condotti al mare in parte lontana (3) e delle
(1) Non pretermetteremo ohe i più dotti idraulici della età trapassata e presente ebbero per risoluta
a vertenza coli ,mm,5s,oue di Reno in Po. Ciò nuli' ostante non si potrà dire che realmente fosse la
'ueut^/'H ar,mP,rtCMhè,1'°PPOSÌZÌOne mn !a maÌ Vinta> perchè non fu mai risP°st° vittoriosa-
Z L a , ,,"• , n , e"aH "e 8d, U" B°"atÌ dÌ Ferrara' Che SOSle"nm> <">» »•«• ^enza e
.ostanza la tesi contraria D altronde se le celebrità trapassate furono per V immissione di Reno nel
■ » e. fu, perche le vali, ,. destra dell' Eridano potevano dar ricetto ai minori torrenti per lunghis-
.Terlm'campi. era"0 tan'° ^ ^ b"*° *" m"8 da P°'mi COnverlire per «»■*•■*
(2) Non ci desta alcuna meraviglia l'apprendere, che l'illustre Lombardini in leggendo i primi vo-
um de : a raccolta d' autori italiani che trattarono di cose al,' idraulica apparte„e„«! siasi me'sso dalla
»ru : bolognese; perocché «6 accade a lutti. Né tampoco ci meraviglieremo come non abbia disertata
L 1 VT' glU"t0 ' n0"° VOl™e' Se"Za studJ profondi sl" P°. « «U» valle Padana:
r,!.6 ?er? Tml° S a StCSSa COnclusione *>' I» * dei fatti, anziché della critica, giova
LnZ l ',. T, f raC?'a Se"Za rÌCrederSÌ mai dalle Prime '•"> ^Pressioni, e fino ad
ornare che 1 aggiunta del Reno non farebbe crescere la piena del Po di un solo dito
I In al "°Str0, S'Up,°re,\he V^,iam° P°st0 1»si sottosilenzio l'immissione della Rrenta nella Laguna
XiZZZZv n ae°CaPa' dU°e 1,illUStre '-•■*«»"; imperciocché ci sembrava non
oterst parlare dell Estuano Adriatico, senza prendere in esame questa immissione: specialmente dopo
662 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
vicende degl'ultimi tronchi del Po, e del colmamente) della Padusa, viene a par-
lare delle proposte che furono fatte per-regolare le acque della destra del basso
Po fino dal 1569, e degl'ultimi studi, che datano dal 1855. A quest'epoca, Egli
dice, il prof. Maurizio Brighenti lesse all'Accademia delle scienze di Bologna
una Memoria, colla quale proponeva qual radicale rimedio il compimento di quei
lavori, che furono incominciati ai tempi del primo Regno d'Italia per immettere
il Reno nel Po: supponendo che a rimediare al difetto del Reno nell'alveo del
Primaro, fosse sufficiente l'introduzione in esso dell' Idice colla Savena, e della
Quaderna colla Gajana, che fino dal 1817 furono diretti a colmare diversi bassi
fondi e diverse paludi. Ma costituitosi il Regno d'Italia attuale una Commissione
presieduta dal celebre idraulico senatore Pietro Paleocapa, propose che se ne
avessero a ripigliare gli studi, affidandoli al distintissimo idraulico ispettore Ge-
deone Scolini (1), il quale nel 1865, seguendo in tutto e pertutto il Brigenti, ed
un poco anche il Pancaldi , ai particolareggiati progetti, che rassegnò al R. Mi-
nistero dei Lavori Pubblici, delle immissioni di Reno in Po e dell' Idice co' suoi
influenti in Reno-Primaro, e di regolazione del Cavamente Burana, e della navi-
gazione del Po di Volano, e finalmente degli scoli Bolognesi e Romagnoli, pre-
mise alcune dotte memorie, colle quali fra le aitre cose intese di dimostrare
essere impossibile di poter conservare il Reno nel suo corso attuale : special-
mente se gli venissero aggiunti i suddetti minori torrenti tuttora in colmata; ed
essere tollerabile al reggime del nostro maggior fiume, e non nocivo agli scoli
che vi recapitano, la immissione del Reno nel Po.
3. Non piacendo ai Ferraresi le conclusioni dello Scotini, la Deputazione Pro-
vinciale di Ferrara incaricò il professor Domenico Turazza ad emettere il suo
parere sulle memorie del prefato ispettor Scotini. Ma il Turazza , contro ogni
aspettativa dei Ferraresi , vedute le somme difficoltà di conservare l'odierna
inalveazione del Reno, dopo l'indispensabile aggiunta dell' Idice e degli altri
torrenti sovraindicati, e considerato che l'immissione di Reno in Po, non po-
trebbe a suo avviso alterarne il reggime, convenne nell'opportunità di mandarla
ad effetto. Non persuaso però che l' Idice co' suoi tributari potesse far le veci
tuttociò, che fu scritto contro la medesima dal D.r Renier ed Ing. Bullo di Chioggia per mandato del
Municipio di essa città nello scorso anno 1867. Abbiamo detto quasi sotto silenzio, perchè quanto ne
disse, si restringe alle seguenti parole: « Veduti per altro i tristi effetti derivati da tale diversione
a (della Brenta a Brondolo) nel reggime della Brenta, condotta pensile sulle circostanti campagne, e
« quindi i gravi danni arrecati al territorio Padovano , e talvolta eziandio alla Laguna , dalle non m-
« frequenti rotte de' suoi argini, nel 1840 se ne è abbreviato il corso, portandolo a sboccare nella
« laguna di Chioggia » come se intendesse sancirla ; ma si voglia o no , essa non fu che una mezza
misura, che si poteva, anzi si doveva evitare ad ogni costo. In un anteriore nostro scritto sul partico-
lare dicemmo « che la legge 20 Marzo 1865 sui Lavori Pubblici non aveva avvertito che nella Venezu
« la Brenta, il Bachiglione, la Piave, il Tagliamene; in una parola tutti quei fiumi torbidi, che h
« natura aveva diretti nella Laguna, furono a forza da questa sottratti, e condotti a sboccare in man
« fuori della medesima, per un fine utilissimo, anzi necessario, perchè si trattò di salvare la Regina de
« mari da un prossimo ed inevitabile eccidio ; ma che non doveva perciò aggravare la terra ferma pn
« di quello che naturalmente sarebbe stato, quando ciò avvenuto non fosse » per quei lavori necessarj
anzi eccezionali, che la condotta del fiume avesse richiesti alla scienza nostra.
(1) All'ispettore Scotini fu dunque stabilito il da farsi, e non era quindi vero, quanto Egli non in-
terrogato disse in Bondeno nel dì 20 Agosto 1861, e cioè che il suo incarico consisteva nello esame d
tutti i progetti, che venissero a sua cognizione intorno alla sistemazione delle acque in destra e
basso Po, e nell' emmettere il suo parere, da sottoporsi al R. Ministero, su tutti, dando la preferenza ;
quello che riputerebbe il migliore. Ma per essere conseguente ammise il contrario suo parere su alcun
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 663
del Reno opina doversi pensare ad una nuova inalveazione direttamente al mare
pei torrenti della Romagna incominciando dall' Idice. « E poiché, soggiunge il
« Lombardini, sarebbevi una proposta dell'ingegnere Manfredi di allacciare quei
« torrenti col Reno, col Panaro, e colla Secchia, onde crearne un nuovo fiume
€ Apenninico da scaricarsi direttamente in mare per liberarne così il Po, collau-
« dando Egli tale concetto in massima dubito però della convenienza di mandarlo
« ad effetto, atteso le somme difficoltà da superarsi ». Qui però osserveremo che
non può assolutamente dirsi, che il prof. Turazza collaudasse in massima la nostra
proposta, se la chiamò una generosa utopia e nulla più (1); come non è presumi-
bile, che non lo conoscesse l' illustre Lombardini, come sembrerebbe dall'espres-
sione sarebbevi una proposta (che da noi ottenne in dono); tanto più che nell'an-
notazione 2.a della Nota H alla Memoria della condizione idraulica della pianura
fra l'Enza ed il Panaro sino dal 1864 cosi si espresse. « Il Ministro italiano ha
« ordinato studi non solo sopra lo scolo Burana, ma eziandio per far rivivere il
e progetto dell' immissione di Reno in Po. Parecchie Memorie (2) sonosi pubbli-
« cate non ha guari, ed in favore di questo piano e contro d'esso/mo a proporre
« l'allacciamento dei fiumi dell' Apennino, incominciando dalla Secchia, per con-
« durli direttamente al mare »; con che diede fin d'allora a conoscere, che non
gli andava troppo a sangue la nostra proposta.
4. Ciò premesso passa l'illustre Lombardini ad esaminare le discussioni che
vi furono sull'interrimento del Po di Ferrara, e conchiude che fu il Reno, che
tolse l'equilibrio fra i due rami di Venezia e di Ferrara, e diede perciò a questo
secondo ramo, il vero colpo di grazia. Appunto come aveva un secolo e mezzo
fa dimostrato l'esimio idraulico modenese Domenico Corradi (3). Poi tratta dello
stabilimento dei fiumi, e relativi fenomeni; ammettendo la massima che il tor-
bidume delle acque equivalga ad un incremento di mole delle particelle sabbiose per
resistere al loro trasporto, ed in altri termini, che V azione escavatrice, a circostanze
pari, sia molto più energica nelle acque limpide, che non nelle torbide; e cosi con-
fermando quanto dicemmo a pag. 30 delle osservazioni sul voto Turazza alle
progetti, ommettendo per altro di occuparsi del mio fiume Apenninico che ben conosceva. Ciocche pro-
babilmente fece per evitare una risposta del tenore di quella del 1864, quando pubblicò quella sua
prima Memoria su gli scogli del 1.° e 2.° Circondario del Ferrarese, allo scopo, diceva, di dissipare
dalla mente dei più distinti ingegneri dell'Emilia alcuni pregiudizj , che gli era toccato di rimarcare,
sulle leggi regolatrici il moto delle acque, specialmente nelle Lagune. Ma se non si ebbe una risposta
si ebbe la confutazione di tutti i suoi progetti. Confutazione che in riguardo all'immissione di Reno
nel Po concorda completamente colle dimostrazioni del Lombardini.
(1) Per essere sincero debbo qui riportare un brano di lettera direttami dall' esimio idraulico Pro-
fessore Domenico Turazza, col quale intende spiegare il senso dell'espressione generosa utopia » Nella
« di lei critica una cosa sola mi dolse, e cioè che Ella abbia creduto, che colla frase generosa utopia
« io avessi voluto gettare il ridicolo sulla di lei idea. La parola generosa era da me presa nel suo
'«vero senso, ed era tanto lungi dall' attribuirgliene un altro, che mi destò somma meraviglia il vedere
« quella frase sinistramente interpretata da Lei ». Con tuttociò non potrà dirsi certamente, che questo
distinto professore d'Idraulica ammettesse in massima l'idea del mio Fiume Apenninico.
! (2; Da quanto mi è noto non avrebbero veduta la luce su questa immissione di Reno nel Po altre
memorie in favore, se non quelle dello Scotini, del Turazza, e del Brighenti , e contro le mie, e forse
jquelle dell' Ing. Ferdinando de Grandis dopo il 1861. Dico forse, perchè avendo il de Grandis interpo-
liate delle molte lodi a critiche osservazioni, ed avendo dichiarati idiota i contrarj , non si può assolu-
tamente affermare, aver egli scritto piuttosto in favore di quello che contro la suddetta immissione.
(3) Così va nel mondo ! Per far ragione a questo distintissimo matematico, la cui opera è dimenticata
negli scaffali delle Biblioteche, ha dovuto trascorrere un secolo e mezzo. Qual meraviglia se fosse per
accadere altrettanto al Fiume Apenninico?
664 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
Memorie dello Scotini colle parole. « Si può dunque chiedere, se il Po ridotto a
sole acque lacuali e chiare fosse per esigere minor pendenza di quella che esi-
gerebbe, qualora fosse per lo contrario ridotto a sole acque torbide e torrentizie?
Si può chiedere quale delle due pendenze avesse ritenuto, qualora fosse fatta la
miscela d'una grossa parte d'acque lacuali con un'altra grossa parte d'acque
torrentizie, come in oggi succede? Non dubito che a queste domande non si fosse
per rispondere, che nel primo caso la pendenza sarebbe stata minore che nel
secondo, e che nel terzo sarebbe stata un quid medium, che si atterrebbe più alla
pendenza prima, che alla seconda e viceversa, a misura che il rapporto delle
acque torbide alle chiare fosse per diminuire o per crescere. Dunque il torbido
Reno che farebbe crescere il rapporto delle acque torbide alle chiare, aumente-
rebbe la pendenza, cioè interrirebbe », e confermando pure quanto soggiungemmo
a pag. 36t « L'alveo dato ora per stabilito non sarà più tale, se nuova sabbia o
belletta si aggiunga; correrà un nuovo periodo di formazione, e tale che a mente
umana non è dato di calcolare, nemmeno con fondata approssimazione. Solo è
certo che moltiplicati gl'ostacoli, per istabilirsi di nuovo, avrà bisogno di mag-
giore pendenza, che gli dia forza per superarli ».
5. Tratta ancora della navigabilità del Po in relazione al reggime de'suoi af-ì
fluenti delle Alpi e degl'Apennini, concludendo, che mentre gli afflussi dei fiumi
lacuali favoriscono in grado sommo la navigazione del Po, e V escavazione del suo letto,
da quelli degl'Apennini all'opposto si ha sempre una perturbazione 3 attesocchè col-
mano il thalweg, e rimane incerta la via da seguire dal barcheggio; per cui si de-
duce, che il togliere dal Po fiumi discendenti dagl'Apennini , si apporta giova-
mento alla navigazione, oltre all'idraulica economia del recipiente, confermando
qui pure quanto dal levarsi dal Po Secchia e Panaro dicemmo dalla pagina 71
alla 75 dell'opuscolo Osservazioni alle Memorie idrauliche dell' ispettore Scotini.
6. Indi tratta della questione. Se il fondo del Po vada elevandosi presso la foce
del Panaro, e se l'aggiunta del Reno abbia ad accrescere l'alzamento, e qui nota
come il calcolo del Turazza diretto a dimostrare, che il Reno non interrirà il Po,
sia inconcludente; perchè non potrebbe ammetterne i dati, ritenendo invece che una
delle maggiori piene dipendente da un determinato fenomeno meteorico abbia a calcolarsi
per l'uno e per l'altro fiume partendo da uno stato medio, e così viene nella no-
stra sentenza in ordine al non potersi ammettere i dati del prof. Turazza.
« Non vale il dire che per l'immissione di Reno in Po quel prolungamento di
foce che si ha in 100 anni, si avrebbe in 101, e per conseguenza da doversi tra-
scurare: imperciocché quel calcolo che lo ha condotto a questa conseguenza
è inesatto, ed è inesatto, perchè non sono le acque integrali dei fiumi, che deb-
bono porsi a calcolo nel determinare il rapporto delle melme portale al mare;
ma bensì quella parte soltanto delle dette due acque integrali, durante la quale,
essi procedono rispettivamente torbidi ». (V. le nostre osservazioni del Turazza
a pag. 39) (1).
7. Così allo Scotini che, per escludere l'alzamento delle magre come indizio
d'interrimento del Po, ammette un aumento di magre procurato dallo scolo di
(1) A nostro avviso sarebbe qui slato opportuno l'entrare nell'esame dei calcoli del celebre Boriati,
diretti a dimostrare che il Po va interrendo senza Reno, e far vedere che la ragione sta per questo
e non per lo Scotini ed il Turazza, di cui l'uno ammetterebbe i calcoli e non la conseguenza per es-
sergli sfuggilo un madornale errore nel conteggio, e l'altro ammettendone la conseguenza non saprebbe
comprendere, come il restringimento delle sezioni portasse ad un alzamento di fondo.
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 665
quelle terre sulle quali stagnavano le acque, o troppo lentamente defluivano; ma
che il progresso dell'agricoltura, o ha saputo convertire in utili campi, od ha
loro dato uno scolo felice, risponde, che essendo parola di massime magre e non
di magre ordinarie gli scoli dei campi, che in tali epoche sono affatto asciutti,
non possono influire ad aumentarle; mentre noi allo stesso Scotini rispondemmo
in una nota a pag. 21 del citato opuscolo. « Questo miglioramento di scolo delle
campagne avrebbe, anzicchè ad accrescerle, contribuito a diminuire le magre: im-
perciocché fattosi lo scolo più pronto, e più sollecito, si trovano più presto i
conduttori delle acque in secco all'epoca delle magre, ciocché non accadeva
prima dell'avvenuto miglioramento ».
Dalle quali sue annotazioni inferisce il Lombardini , che le medie dei minimi
di due trentenni consecutivi debbono porgere un fondato criterio sull'alterazione
avvenuta nel fondo di un fiume: e ciò tanto è vero che dal confronto delle magre
di soli due decennj (Y. la pag. 32 delle nostre osservazioni al voto del Turazza)
(per non avere avuto un maggior numero di registrazioni di magre) dicemmo.
« Se noi confrontiamo le magre osservate agi' idrometri di Pontelagoscuro e di
Polesella nei due periodi dal 1807 al 1816, e dal 1836 al 1845 vi riscontriamo, che
nel primo periodo la magra fu meno depressa dal segno di Guardia all'idrometro
della Polesella, che all'altro di Pontelagoscuro; mentre nel secondo periodo questa
depressione ora è maggiore, ed ora è minore nell'uno che nell'altro idrometro
il che a mio parere vuol dire che a Pontelagoscuro si è elevato il fondo dell'alveo
del Po, ovvero si è abbassato a Polesella: eppure al fine di supporre quest'ul-
timo, non si saprebbe trovare ragione sufficiente. Dunque sarà da ritenersi come
avvenuto un alzamento di fondo nel Po a Pontelagoscuro ».
8. Gol criterio delle medie delle magre avvenute ne' due trentennj anteriori
al 1856, ed osservate agl'idrometri di Pontelagoscuro, ad Ostigiia , ed alle Qua-
trelle, trova a Pontelagoscuro un alzamento di magra di M. 0,110; di M. 0,400 alle
Quatrelle; e di M. 0,306 a Sermide; ciocché dimostra un alzamento di fondo alla
foce del Panaro di metri 0,40. Alzamento che avrebbe avuto luogo anche in tempi
anteriori, deducendolo dall'alzamento, cui soggiacque la platea della chiavica
delle Quatrelle. E se per Secchia non risulta dal 1396 in poi, alcuna alterazione
di fondo del Po, egli è perchè la sua immissione accadde prima che il Po fosse
stato arginato: perché sbocca nello stesso Po dopo d'aver abbandonata la ghiaja
ad una distanza di 84 chilometri; mentre il Panaro non la abbandona che a 72,
ed a 52 il Reno: e perchè la foce della Secchia si trova distante da quella del
Panaro di 50 chilometri.
Dimostrato così, come il Po vada interrendo anche senza il Reno, e dimostrato
che il Reno è più torbido del Panaro, e che le sue torbide debbono essere anche
più pesanti, induce dall'esempio deil'Alpone, che ha formato nel suo recipiente
l'Adige a valle della sua foce uno scanno sensibilissimo, che altrettanto farà il
Reno; per cui inconsulta sarebbe la sua immissione nel Po.
9. Passa in seguito a trattare delle anomalie nelle cadenti del Po per gl'ultimi
suoi tronchi, e verisimili conseguenze che se ne possono dedurre, e colla scorta
del profilo di livellazione troverebbe diversi ventri di piena : uno ad esempio a
Palantone che confermerebbe l'interrimento, che dimostrò avvenuto alla foce del
Panaro: un altro a Zocca che proverebbe, come l'estremo limite della chiamata
di sbocco si vada avanzando, come per l'Adige aveva sapientemente congetturato
il celebre Lorgna.
666 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
10. Parla dippoi dell' influenza dei diboscamenti delle pendici dei monti sul
reggime dei fiumi particolarmente pel bacino del Po, e dopo d'aver detto, d'aver
sempre propugnata questa influenza; dopo d'aver citata P autorità dell'illustre
Paleocapa, che altrettanto opinò , per spiegare la diminuita portata di magra dei
fiumi discendenti dall' Apennino , escludendo però i lacuali, pei quali il nostro
autore offre prove ineluttabili, che altrettanto succede, dimostra che l'aumentarsi
continuo delle piene del Po, anche dopo che l'arginamento è stato completato,
non può spiegarsi che dal continuo diboscamento e dal dissodamento dei monti:
però conviene collo stesso sugl'effetti dannosi al reggime dei Reno, che deae-
reranno dalla collocazione della ferrovia Bologna-Pistoja entro il letto del Reno per
parecchi chilometri; quantunque antecedentemente sembrasse voler Egli conclu-
dere diversamente (1). E qui pure meco conviene: avvegnacchè in riguardo al di-
boscamento, non sarà che a consultarsi, quanto ne dissi a pag. 176 e seguenti della
Memoria La questione del Reno risoluta col progetto d'avviso d'un nuovo fiume Apen-
ninico, ed in riguardo alla ferrovia della Porretta nelle osservazioni alle Memorie
dello Scotini cosi m'espressi. « Se l'alzamento di letto del fiume fu una causa dr
rotte, non fu però P unica, e la precipua fu il continuo elevarsi delle piene dipen-
dentemente dal più sollecito precipitarsi dal monte, e dal più sollecito entrare nella
pianura delle sue acque, che da altre cause dipendono, e da una recentissima,
che operava sotto gli occhi del sig. Scotini, voglio dire, del collocamento della
ferrovia Bologna-Pistoja entro il letto ghiaioso del Reno per migliaja e migliaja
di metri, e senza riflettere, che il grande restringimento di quel tratto d'alveo
avrebbe cagionato un enorme alzamento di piena alla pianura: giacché le piene
ordinarie sarebbero divenute grosse piene, e questi diluvj esterminatori; di cui
una conferma avemmo nella piena dello scorso autunno 1864, che fu causa della
tremenda rotta del Gallo, quantunque i superiori confluenti del Reno non venis-
sero in piena in quell'occasione ».
11. Indi viene a parlare dei calcoli delle portate di piena del Po e del Reno,
e degl'effetti che si avrebbero dall'aggiunta di questo influente al Po sotto tale
rapporto, e nel reggime d'entrambi i fiumi. Riguardo alla portata massima di
piena del Po ha per esagerata quella dello Scotini calcolata in m. e. 7193 (2); ma
ha eziandio per minore del vero la propria che calcolò in m. e. 5146; per cui
accetta per più prossima al vero quella del Possenti di m. e. 6263 (3). In quanto
alla piena del Reno ha per ipotetica la calcolata dal Brighenti alla sezione di Malta
in m. e. 1054, e fondandosi sulle calcolazioni dell'ispettore Barillari, Egli la riter-
rebbe anche superiore ai m. e. 1200. Che poi una piena di Po associata ad una
simile di Reno possa rallentare 1' afflusso di questo fino a ridursi a m. e. 700'
secondo lo Scotini, ed a m. e. 527 secondo il Turazza dichiara apertamente di non
(1) Ecco ciò che ne diceva il Lombardini al § 220. « Rispetto ad un ulteriore alzamento di piene ac-
« cennato dal Brighenti nell'ultima sua Memoria, dipendente a suo avviso dall'occupazione di una
« parte dell'alveo del Reno colla Ferrovia Porettana, parleremo più avanti ».
(2) Lo Scotini ritenne, che la piena massima del Po fosse di m. e. 7193 ; ma rettificando i suoi cal-
coli da un errore sfuggitogli innavvertitamente , la sua piena riescirebbe soltanto di m. e. 6948, come
dimostrai nel supplemento alle osservazioni delle di lui memorie.
(3) Nella succitata annotazione 2.a alla Nota H il Lombardini aveva però detto « Per le prime di esse
« (misure del Bonati) eransi dimostrati erronei i conteggi del Bonati dal mio amico ingegnere Possenti
« che, in seguito alle relative rettificazioni avrebbe accresciuta la portata di piena massima del Po
« dai m. e. 5146 da me calcolati a m. e. 6254. Che anzi nell'ultimo scritto precitato espongo le ra-
« gioni per le quali anche in tale misura essa dovrebbe trovarsi ai disotto del vero » .
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 667
poter convenire in tali illazioni: avvegnacchè venendo l'alveo del Reno occupalo
dalle acque del Po, si riduce a tale capacità la disponibile per la piena del Reno
da non poter assumere presso la foce neppur per ombra la diminuzione sov-
vertita della sua piena. Né tampoco può convenire nelle dette illazioni anche
dopo che l'ispettore Possenti trovò quella supposta diminuzione di piena in ac-
cordo coi risultati di un suo prospetto compilato per sostenere la sua chiusa
architravata regolatrice della piena della Chiana di fronte alle mie osserva-
zioni: e così conferma in ogni e singola sua parte, quanto ho detto in un
mio scritto pubblicato in Bologna sotto il titolo Una Scoperta Idraulica, ed in un
più recente Sulla Chiusa regolatrice le piene del fiume Chiana dell'Ispettore Carlo
Possenti (1).
12. Ci spiace soltanto che non abbia calcolato l'effetto, che avrebbe prodotto
una piena massima del Po, che si combinasse con una piena massima di Reno,
come intesero di fare i distinti idraulici Scotini e Turazza, e non lo abbia cal-
colato per essere il caso assai difficile che si verifichi, e siasi invece attenuto al
più comune, vale a dire che una piena massima del Po si combini con una mez-
zana di Reno della portata allo sbocco di m. e. 700, come ritenne lo Scotini, e
che sarebbe, come abbiamo detto poco più della metà d'una piena massima 'di
Reno, tal quale la riterrebbe l'illustre nostro autore.
Noi nel riflesso che ciò che è difficile ad accadere possa avvenire quando meno
si può credere, colmeremo questa lacuna seguendo il metodo del Guglielmini.
Detta x l'altezza, che la piena massima di Reno produrrebbe in Po pur esso in
massima piena si avrà
.=»«((^?!?)l"-.)=u
E poiché il distintissimo nostro autore fondatamente crede di non allontanarsi
gran fatto dal vero, supponendo che nel caso dell'immissione del Reno nel Po
alla foce del Panaro in non lungo corso d'anni dovesse accrescersi ivi l'altezza
del fondo del Po d'oltre un metro: così è chiaro che in quella difficile, ma pur
contingibile circostanza, l'alzamento di piena del Po potrebbe riescire di due e
più metri: i 6 piedi temuti fino dai tempi del Guglielmini dai Ferraresi. Però
anche nel supposto del Lombardini, cioè nel caso in cui più frequentemente si
potranno incontrare le due piene, un alzamento di piena di m. 1,50 è motivo
(1) Quest'ultimo scritto fu pubblicato parte in Bologna e parte qui in Modena, per essere stati inter-
detti i miei lavori dal far parte di quelli , che si vanno pubblicando nel Giornale ti Agricoltura Indu-
stria e Commercio del Regno d'Italia per riguardare essi lavori, fu detto, soggetti speciali, e non
d'interesse generale, e ciò dopo cinque anni, che erano ricevuti dalla stessa Direzione del Giornale non
senza suo vantaggio. Ora però è costretta a spigolare articoli da altri Giornali per non avere materia
da riempire alla meglio il proprio, ed è anche costretta a dichiarare che l'esistenza del suo Giornale
è seriamente compromessa (Veggasi del volume X, il N. 16).
Questa dichiarazione a noi pare intempestiva; perchè sarà indubbiamente causa che gli associati
paganti si ritirino nella quasi certezza, che possa il Giornale morire prima che si compia l'anno e
perdere una parte dell'anticipato denaro.
È proprio un voler gridare 1' allerta da chi dovrebbe scongiurare il pericolo.
6(38 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
piucchè sufficiente a dissuadere la propugnata immissione (1) , e senza aggiun-
gervi ciò che in rapporto al maggior protendimene della foce del Po per l'ag-
giunta del Reno calcola il distinto nostro autore, che sarebbe d'un 7 per 100,
anziché di 1, come pretenderebbe il professore Turazza: vale a dire il doppio
circa di quanto nel rispondere allo stesso Professore noi l'avevamo calcolato, e
quindi rendesi manifesto che noi allora non cademmo in esagerazioni.
13 Presi dopo ciò in esame i principi , secondo i quali il Padre Lecchi pro-
pose ed effettuò l' inalazione del Reno, e dei minori torrenti romagnoli nel-
l'attuale corso, e sue modificazioni in tempi posteriori, viene a rettificare alcune
circostanze di fatto concernenti l' attuale inalveazione del Reno. Il Brighenti
nel 1855; il Barillari nel 1858; il Dausse nel 1859-60; lo Scotini nel 1865; ed
il Turazza nel 1866 affermarono, che le arginature del Reno si alzano sul piano
di campagna dai 12 ai 13 metri: mentre « si tosto ricevuto, sul cadere del 1859, il
« piano officiale di livellazione del Reno, la curiosità, dice il nostro autore, mi
« spinse a farvi scorrer sopra la scala, e quale non fu il mio stupore, allorché
« a valle della rotta Panfilia in tutta la lunghezza della nuova inalveazione, ove
« è indicato con linee ondeggianti il livello delle campagne laterali, la massima
« loro depressione la trovai ben differente. Imperciocché essa limitavasi per la
« campagna sinistra in brevi tratti sotto Malalbergo al Gallo a 9 metri, ed a
« metri 9,10 al chilometro 74, sopra il Traghetto, e per la campagna destra a
« metri 8'590 sopra il Traghetto: a metri 8,50 all'idrometro di Gandazzolo, ed al
« Cavedone d'Argenta, riducendosi ad 8 metri alla Bastia. Trattasi di un divano
« del 43 per 100 sopra il dato più importante della questione che si agita, ripe-
« tibile o da un' esagerazione non lieve a lui sfuggita , ed ammessa dagl' altri
« senza verificazione di sorta, quantunque per lo Scotini e pel Turazza serva di
« motivo prevalente, onde pronunciare l'anatema dell'odierna inalveazione del
« Reno (2) ».
Inoltre affermandosi dal professor Brigherai , che la lunghezza della inalvea-
zione Lecchi sarebbe riescila di miglia 50, il nostro autore premette che « le
« arginature della nuova inalveazione del Reno dalla Panfilia al mare, giusta il
« profilo della livellazione officiale, dal chilometro 45 al 127; quindi per 82 chi-
« lometri, che sarebbero 43 e non 50 miglia di Bologna. Tutto quell'immenso
a apparato di provvedimenti, ossia di banche, sottobanche e piazze basse, parrebbe
« doversi estendere, secondo l'esposto, all'intera lunghezza, della stessa inalvea-
« zione, quasicchè ovunque se ne richiedesse l'applicazione, lo che non si po-
ti) Se il nostro autore avesse rifatto il calcolo dello Scotini sostituendo alla piena da questo calco-
lata in raet. e. 7193 1' altra del Possenti di met. e. 6263 avrebbe trovato.
4n Ine /6263-f 700X3 , n 7R
a^ 10,405 ^(—^ ) -l/ = 0,76
per cui la maggior altezza di piena, compresovi un metro d'altezza maggiore di fondo del Po, sarete
begli riescita di met. 1,60; anziché di met. 1,50; per cui il Lombardini non può certamente essere
tacciato di esagerazione. .
(2) A noi sembra invece, che il motivo prevalente tanto pel Brighenti, quanto pel Turazza e lo òcoi
consista nelle rotte, che si succedono ad ogni grossa piena non per sormonto; ma per avvallamen
4elle arginature.
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC.
« trebbe ammettere, scorgendosi per oltre una metà della loro lunghezza accom-
« pagnati gl'argini da campagne abbastanza elevate ».
14. Amore però del vero qui mi sprona a far riflettere, che il profilo officiale
della livellazione del Reno diretto dal professor Brighenti fu delineato, quando
l'alzamento generale delle arginature, consigliato dal celebre Yenturoli nel 1843,
non era ancora compiuto; perchè non lo era nel 1858 (1), e per conseguenza le
linee indicanti le sommità o cigli degl'argini non rappresentano queglino d'ad-
desso; ma in buona parte le anteriori alla piena del 1842; d'onde ne segue, che
non può valere di prova, a che il divario fra l'ammesso del Brighenti e il trac:
ciato nel suo profilo di livellazione sia del 43 per 100 (2). Mi sprona a doman-
dare all'illustre Lombardini, che in certo tal qual modo (o come direbbesi mo-
dernamente in guanti gialli) rimprovera lo Scotini ed il Turazza d'avere ammessa
l'esagerata altezza senza verificazione di sorta, il perchè Egli stesso non abbia
fatto questa verifica?
Non potendo un Lombardini ignorare i risultati della livellazione del 1830
riportati dottamente dall'ispettore Pancaldi: né ciò che lasciò scritto il sullodato
Venturoli sulle condizioni del Reno, era suo dovere di portarsi sul luogo per
vedere cogl' occhi propri, come si stessero le cose: imperciocché l'attenersi al
profilo potrebbe essere benissimo, che l'illustre nostro autore basasse sopra un
madornale errore, occorso nella delineazione del profilo stesso, il suo edilìzio;
ovvero lo attenersi alle affermazioni del sig. Brighenti potrebbe essere il caso di
valersi di un'esagerazione, che quantunque non dimostrata potrebbe essere sfug-
gita ad un uomo rispettabile, a fondamento d'un piano, dal buono o cattivo esito
del quale, dipende la salute o F eccidio della maggior parte della Provincia di
Ferrara.
Mi sprona finalmente a chiedere, se ritenga propriamente, che quelle linee,
che in profilo indicherebbero il piano di campagna, lo rappresentino realmente:
ovvero non rappresentino le unghie degli stessi argini, le quali in generale non
sempre trovansi al livello delle circostanti campagne, ma ad un livello più alto,
in grazia d'uno spalto (le piazze basse estesissime del Brighenti) che qualche
volta si osserva in prossimità degl'argini: perchè reso necessario dal bisogno di
consolidarli, acciocché non avvallino? Per ultimo l'amore del vero mi sprona a
dichiarare che se il professor Brighenti esagerò sulla lunghezza della nuova inal-
veazione (lo che renderebbe alquanto probabile l'esagerazione sull'altezza reale
delle arginature) col pretenderla di miglia 50; mentre non sarebbe che di 43;
dimenticò per altro, che altrettanto sarebbe a farsi per le arginature degl'influenti
del Reno-Primaro negl'ultimi loro tronchi; per cui le miglia 50 potrebbero riescire
(1) Diciamo che nel 1858 l'alzamento generale delle arginature non era ancora compiuto; poiché
pubblicando il professor Brighenti nello stesso anno il profilo della livellazione da lui diretta, non
avrebbe detto ed è prossimo al fine; come appare dall'annotazione seguente; bensì avrebbe detto era
prossimo, come volendo alludere all'epoca 1844-45 aveva detto si stava eseguendo.
(2) Nel piano officiale della livellazione del Reno del 1844-45 pubblicato in sul finire del 1858, si
trova scritto. « Compiuto che sia l'alzamento generale delle arginature (che si stava eseguendo nel-
« l'atto dei rilievi, ed è -prossimo alla fine) con una linea rossa potrà facilmente disegnarsi il nuovo
« ciglio delle sommità di esse misurandolo ai moltissimi capi saldi, che si succedono lungo tutta la
« linea ». Ciocché vuol dire a parer nostro, che le linee che in profilo rappresentano i cigli degl'ar-
gini, non rappresentano quelli degl'attuali; bensì quelli dell'epoca 1844-45. In ciò per conseguenza
consiste il perchè, non si ricorse né dallo Scotini, né dal Turazza al profilo di livellazione per verifi-
care le affermazioni del Brighenti e dì tutti quelli che lo precedettero e Io seguirono.
gyQ ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
for«e a 70 e cosi compensare ancora quei tratti, i quali secondo l' illustre Lom-
bardia non abbisognerebbero di banche e di contro banche e piazze basse
estesissime. La verità per tutti e sopra tutto.
16 Qualunque però sia l'altezza degl'argini sulla campagna a me sembra, che
la questione consista, non nel numero dei metri, di cui si alza l'arginatura del
Reno-Primaro sui bassi fondi attraversati: bensì nel sapere, se questa arginatura
possa o no ammettere un ulteriore rialzo di qualche considerazione: imperciocché,
ove questo non potesse effettuarsi, senza che 1' arginatura stessa non avvallasse,
qualsiasi partito per la sistemazione del Reno-Primaro , ammettente un rialzo
d' argini fosse anche di un solo metro, sarebbe inconsulta.
Il prof Maurizio Brighenti sino dal 1862 nella sua nota d'aggiunta sulla piena
e sulla rotta del Reno al froldo Passerino, avvenuta il 27 dicembre 1839, avver-
tiva già che « il fiume si versò nella valle contigua dal froldo Passerino , e la
« rotta 'avvenne per lo avvallamento dell'argine in causa del fondo quoroso, su
« cui basavasi- nello stesso modo che avvallò la fondazione della chiavica Lepri
« ivi prossima: allorché fu alzato, e tremendamente fu ingojato il froldo Manica
« e come annualmente succede ai ciglioni delle golene di Longastino a mano
« mano che crescono d'altezza ecc. oppure quando l'altezza della piena cresce
« sopra la massima, e giunge a tali limiti d'altezza, e vi si mantiene, che non
« possa essere sopportata dalla base quorosa, senza costiparsi e cedere. Ciò ma-
« nifestamente accadde più volte nella coronella di chiudimento della rotta, come
« riferisce il cav. Barillari. Onde non può rimaner dubbio sulla impossibilita
« di accrescere 1' altezza degl' argini attuali, senza la certezza delle rotte ad ogni
« grossa e lunga piena ».
« Queste cose io avvertiva altre volte (pag. 133, §§ 11, 12, 13, 14 e 15, e come
« alla citata pag. 133), e si verificarono tanto puntualmente, che sorse una voce
« concorde e da più parti mi fu annunciato di que' prognostici avverati, e della
t bontà del rimedio proposto (P immissione di Reno-Primaro nella valle di lido
« di Magnavacca) ove non possa mandarsi il Reno nel Po, e lamentavansi che
« quel rimedio se fosse stalo effettuato , si sarebbe manifestamente evitato quel
« disordine ». . . . , .
Il Brighenti addunque avvalorava la sua proposizione con fatti notori. Come
non prestarvi fede? Se il nostro illustre autore trovava di che dubitarne, doveva
rivolere le accurate sue indagini all'accertamento della cosa; vedere cioè, se
si' argini attuali di Reno-Primaro ammettano o no un alzamento ulteriore di
qualche considerazione, come sarebbe, qual minimo, un alzamento d'un metro.
Imperciocché, quantunque co' suoi provvedimenti Egli ritenga di ridurre . rialzo
degl' argini ad un sol metro (1) dei due che senza questi provvedimenti dovreb-
bero rielevarsi, il rialzo d'un metro è tal cosa da non potersi porre in non cale:
tanto più, se vero fosse che le attuali arginature non si elevassero lino a 13 metri
sui piani di campagna: bensì a soli 9: perocché si tratterebbe d'un rialzo di >/|
anziché di Vis delle attuali altezze delle arginature (2). Senza quindi questo ae-
di Mi sembra che sarebbe stato necessario di dimostrare, che i proposti provvedimenti verrebbero
a ribassare le piene di un metro non solo; ma dimostrare eziandio-, che f immissione dell ldice co
suoi confluenti, non avrebbe rialzato il fondo del recipiente, non polendo a mio avviso bastare
semplicissima affermazione, quantunque fatta da un'idraulico rispettabilissimo.
(2) Ciò pare un paradosso; pure non è tale sotto qualsiasi rapporto lo si consideri; specialmen e
si vorrà ponderare , che in tali circostanze questi minori rialzi si fanno quasi sempre a scapito a
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 671
certamento sono per lo meno intempestivi i provvedimenti qualunque essi sieno,
che Egli propone per conservare il Reno-Primaro nell'attuale suo corso.
16. A farsi però strada a questi provvedimenti espone quelli che il distinto
ispettore Barillari proponeva per lo stesso scopo, e consisterebbero. l.° Nel rad-
drizzare le svolte del Reno a valle della confluenza del Senio per toglierne i
froldi. 2.° Nel procurare al fiume stesso due diversioni, l'una a sinistra in una
porzione delle valli di Comacchio, e l'altra a destra in conformità delle proposte
Vecchi e Brighenti. 3.° Nel rimovere gl'altri froldi fra i drizzagni della Madonna
dei Boschi e di Longastrino mediante abbondanti ritiri d'argini, e nel rimovere
quelli anco più pericolosi presso la Bastia. 4.° Neil' ampliare la sezione del Cavo
Benedettino: attesoché la sezione delle piena è scarsa alla portata del Reno e
troppo strette le golene. 5.° Finalmente nel togliere i froldi nel tronco superiore
a Cento, e nel ridurre 1' elevazione degP argini di golena in guisa da permettere
le espansioni del fiume, onde diminuire la portata massima delle maggiori piene
a sollievo dei tronchi inferiori (1).
17. Indi accenna alle due successive rotte avvenute al froldo Passerino, tacen-
done a nostro avviso la causa precipua, ossia l'avvallamento dell'argine per
sottostanti quore, che non seppero reggere al peso delle piene e delle arginature.
Eppure questa causa doveva ben infiggersi nella mente chi intendeva di soste-
nere il Reno nell'attuale suo letto.
18. Poi esamina se convenga allargare i drizzagni atteso la ristretta loro sezione
viva. In questo particolare accenna alle cause di alcuni ventri di piena, che se-
condo gì' ingegneri Brandolini e Natali consisterebbero nella ristrettezza della
sezione del canale nei varj drizzagni (2) sui quali la larghezza del fondo varia
da metri 26 ai 35; mentre dalla Panfilia a tutto il cavo Benedettino ha una
larghezza nel fondo di metri 50. Ma secondo il Brighenti i detti ventri avreb-
larghezza superiore degl' argini, e delle inclinazioni delle scarpe. Imperciocché così operando si farebbe
sopportare lo stesso peso a basi diverse ; per conseguenza se dovesse aver luogo un avvallamento per
ciò, a circostanze pari, sarebbe più pronto per l'argine alto 9 metri, che per quello alto 13.
(1) Le golene del Reno all'altezza di Cento erano già pervenute all'altezza delle piene ordinarie,
quando furono arginate : imperciocché a quest'altezza si trovano attualmente, ed il convertirle in bacini
delle piene massime non darebbe que' vantaggi , che si sperano ; ed ognun vede che per quanto van-
taggioso possa ciò riescire, non potrebbe però a meno di non far sorgere opposizioni, o per lo meno
a formare un nuovo cespite di fortissime spese negl' indennizzi , cui i proprietarj , i quali ridussero
quelle golene a fertili campi, taluni eziandio forniti di rustiche abitazioni, avrebbero indubbiamente
diritto. Del resto se il partito giovasse ai tronchi inferiori nuocerebbe al tronco , in cui gli abbassa-
menti degl'argini si effettuerebbero: avvegnacchè appoggiandosi le acque agl'argini principali aventi
doppia e tripla altezza sui piani delle campagne circostanti, che non hanno quelli delle golene su queste,
più facili e quindi più frequenti sarebbero le rotte, le quali per la bassa pianura sarebbero egualmente
micidiali, in quantochè le innondazioni si farebbero d' alto in basso , e non dal basso in alto , come in
parte succede, quando esse rotte capitano ne' tronchi inferiori , e poi queste rotte accadrebbero in un
tronco di fiume, il cui fondo si trova a qualche metro elevato sulle campagne adjacenti, come ne fa
fede il Renometro eretto sulla piazza della città di Cento, e così darebbero luogo sempre a complete
disalveazioni.
(2) L un fatto notorio, che dove in un fiume si restringe notabilmente la sezione, ivi ha luogo un
ventre a monte ed una rapida a valle: ventri e rapide che scompariscono allargata convenientemente
la sezione.
Non sempre però i ventri sono prodotti da questa causa. I più terribili perchè non ammettono facile
rimedio , sono quelli che sono causati dal brusco cambiamento di pendenza. Qualche volta però la na-
tura vi provvede col biforcare il fiume , ciò che sarebbe temerario per 1' arte, secondo almeno le mas-
sime ora prevalenti.
g72 ' ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
bero causa dal rigurgito dei minori suoi confluenti, negando l'influenza della
larghezza dei drizzagni, che pretende opera della natura, come lo proverebbero
le golene dell' alveo, che si è fabbricalo da pochi anni il Lamone divertito sulle
valli di Savarna, sui ventri stessi e per conseguenza ammettendo l'inutilità
dell'allargamento della sezione; inutilità che verrebbe pure ammessa dallo Sco-
tini. A questo riguardo rispondendo al medesimo Scotini , io aveva detto, che
« esso confondeva la tendenza, che ha ogni fiume a ripristinarsi la sezione alte-
rata, col fatto, che non può verificarsi, se non quando i lavori di restringimento
non presentino abbastanza di resistenza ad impedire la corrosione, e in verità le
difese contro le corrosioni sono sempre dirette ad impedire lo avvanzamento delle
corrosioni istesse » mentre il Lombardini, facendo dipendere la differenza, che
passa fra la formazione del nuovo alveo del Lamone con quella del Reno-Primaro,
neil'essersi quella formata per alluvione e questa doversi ampliare per corro-
sione (1), conchiude non potersi perciò nel primo caso allargar la sezione, senza
che il fiume non si ripristini la sua antica larghezza, non così nel secondo.
19. Per dimostrare poi che si possono restringere le golene d'un fiume, senza
che si abbiano ad elevare le sue piene, anzi a condizione che queste si abbiano
a ribassare, prende argomento da ciò, che avendo rispettar Barillari calcolata
la portata massima della piena Reno-Primaro avvenuta il 9 gennajo 1856, colla
formola del moto equabile, ed avendola trovata di m. e. 1067 alla foce della Sa-
moggia, di m. e. 1047 nel Cavo Benedettino: di m. e. 1358 nel drizzagno di Lon-
gastrino, ove si sarebbe dovuta limitare a m. e. 1000, quando la formola del
moto equabile fosse applicabile a tutte le forme degl' alvei , e cioè a quelli che
hanno, ed a quelli che non hanno golene, per ottenere coli' uso della stessa for-
mola una portata prossima a 1000 m. e. , e conchiude avergli la misura a nor-
male testé avvertita offerto il mezzo di rintracciare il reggime delle acque in
que' drizzagni, intorno al quale conveniva limitarsi dapprima a vaghe con-
getture (2).
Prima però di venire a questa conclusione, avverte che l'allargamento del corso
vivo costerebbe un quarto soltanto di quello che calcolerebbe il Brighenti, ogni
qualvolta si facesse concorrere all'opera dell'uomo la forza dell'acqua, e non si
esportasse fuori dell'alveo il terreno per costruire le sue banche e contro banche,
come progetterebbe il prof. Brighenti.
20. Tuttociò premesso discende a trattare di que' provvedimenti, cui dovrebbesi
ricorrere nel caso, che si dovesse sostenere l'odierna inalveazione del Reno-Pri-
maro. Attesoché, Egli dice, la circostanza di dover aggiungere ridice co' suoi
influenti verrebbe a procurare una maggiore altezza di piena di m. 2, a cagione
dell' aumento di portata nella piena massima , e di qualche alzamento di fondo
pel cessato afflusso delle acque chiarificate dalla colmata, ritiene di poter ridurre
(i) Qui a mio parére sarebbe stato necessaria una più lata spiegazione: imperciocché la natura co-
struendo gl'alvei dei fiumi torbidi o per alluvione o per corrosione, non potrebbe assolutamente negarsi
la conseguenza del prof. Brighenti , quando non vi fosse intervenuta anche 1' arte e nella formazione
degl' alvei dei nostri fiumi V arte vi ebbe una gran parte.
(2) Ciò sarebbe vero se agli alvei forniti di golene fosse stata adottata la formola del moto equabile.
Fin ora però non credo, che siano state fatte esperienze, al fine di determinare i coefficienti numerici
al caso di alvei muniti di golene. L'applicazione per conseguenza che di questa formola fa agli alvei
con golene il distintissimo nostro autore , per quanto fatta giudiziosamente , non arriva però a per-
suadermi.
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 673
lo stesso aumento di piena ad un sol metro, o poco più adottando le seguenti
proposte (1) vale a dire:
1.° Nel tratto compreso fra la Panfilia ed il Cavo Benedettino provveduto di
spaziose golene, si deve accrescere la sicurezza dell'argine sinistro ampliando le
banche esterne collo scarico delle golene verso il loro labbro, o meglio col ributto
delle stesse arginature verso il fiume, onde più prontamente rafforzare la banca,
ove l'ampiezza della golena sia per permetterlo.
2° Qualora ributtando il detto argine verso il fiume si riducesse alla quasi
condizione di froldo, vi si dovrebbe procurare la necessaria golena con opere
d'avvanzamento.
^ 3.° Nel Cavo Benedettino, deficiente di golene, e che attraversa terreni quo-
rosi, attesocchè la campagna destra, giusto il profilo Brighenti, si eleva raggua-
gliatamente sul fondo del fiume 2 metri; mentre la sinistra non si alza che
m. 0,86 riterrebbe di fare il trasporto dell'argine destro sulla campagna pros-
sima ad una distanza di metri 180 circa. A destra dell'argine demolito si esca-
verebbe pel canale del fiume una Savenella larga circa 20 metri, da allargarsi
verso destra nel seguito, e si procurerebbe l'interrimento dell'alveo attuale, che
diverrebbe perciò un'ampia golena. Su questo si ributterebbe l'argine sinistro,
affinchè ottenesse un'ampia banca all'esterno. Altrettanto si farebbe coli' argine
destro, tostochè colle alluvioni si fosse il fiume procurato un'ampia golena da
questo lato (2).
4.° Nei drizzagni ove le golene sono amplissime si farebbe il ributto verso
il fiume d' entrambi gì' argini.
5.° Sarebbe a richiamarsi il progetto Barillari , che richiede considerevoli
trasporti d'argini, allo scopo di togliere i pericolosi froldi alla Bastia, coordi-
nandolo ai ributti verso il fiume degl'argini slessi, scomparsi che fossero i froldi,
e nate per conseguenza le ampie golene, come si è detto precedentemente.
6.° Sarebbero forse giovevoli dei provvedimenti del genere di quelli che
furono proposti dalFispettor Barillari; al fine di togliere i diversi froldi esistenti
nel tratto dell'antico Primaro, che unisce i due drizzagni di Longastrino e della
Madonna dei Boschi.
7.° Finalmente atteso la depressione delle valli di Comacchio, e l'instabilità
della sua base quorosa inetta a sorreggere nuovi alzamenti d'argini, sarebbe
conveniente divertire l'ultimo tronco del Reno-Primaro dalla chiavica umana ai
mare, in prossimità del taglio, attraverso la Pineta e le Dune, che ora serve
d'emissario alla valle Savana, che si sta colmando colle torbide del Lamone: il
qual diversivo pel tempo che occorrerà a formarsi le ampie golene, servirebbe
di seconda foce, che contribuirebbe a deprimere ne'primordj de'lavori, maggior-
(1) Anche quando le proposte del nostro illustre autore potessero riescire, noi conveniamo che possa
avvenire un abbassamento di piena; ma che questo abbia a riescire precisamente d'un metro o poco
meno senza aver dimostrato, che l' Idice co' suoi influenti non potrà interrire il Reno-Primaro e quindi
non verrà paralizzato 1' abbassamento di piena, egli è ciò su cui seriamente dubitiamo.
(2) Coi provvedimenti, dei quali è qui caso, tendenti ad allargare la sezione del Reno-Primaro nello
stesso tempo che ammettono il rialzo degl' argini viene il nostro illustre autore in qualche modo a con-
venire colla massima da me esternata allora che nel rispondere all'ispettore Scotini dissi a pag. 12
« Ma quando fossi stato costretto ad attenermisi (al consolidamento del Reno nell'attuale suo corso)
certamente non avrei ommesso di proporre , oltre l' ingrossamento ed alzamento delle arginature del
Reno-Primaro, un conveniente allargamento ».
674 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
mente P altezza delle piene. Avvertendo però , che questa diversione sarebbe
anche necessaria, quando fosse caso d'immettere il Reno nel Po, come dirà nel
seguito di questa sua Memoria.
21. Infrattanto l'illustre nostro autore ci permetta, che facciamo alcune poche
osservazioni, riserbandoci di ripigliarle, quando avrà veduta la luce l'ultima parte
della stessa memoria, ed avremo dati positivi sullo stato reale delle cose.
In primo luogo a noi pare, che sarebbe stato conveniente prima di decidersi
per la conservazione del Reno-Primaro nel suo corso odierno, oltre quanto ab-
biamo detto sul potersi o no, maggiormente elevare le attuali sue arginature, di
osservare accuratamente, se il suo fondo fosse incassato, com'Egli pretenderebbe,
facendo a fidanza con un profilo di livellazione, pel quale non sarebbe stato lon-
tano dal supporre, che si fosse corso in un errore madornale di delineazione;
ovvero si trovi per qualche metro superiore ai piani di campagna (1).
Noi per ora non diremo, che siasi assolutamente ingannato nel prestar fede al
profilo della livellazione Brighenti, diremo soltanto, che il supposto errore viene
avvalorato da quanto si legge nella memoria presentata dai Bolognesi nel 1803
al Viceré d'Italia, che non fu mai contradetto , neppure da quella commissione
d'Idraulici, che il Governo di Milano spedì sopra luogo per verificare i fatti av-
vertiti nella perizia Stagni, cui si appoggia l'ora detta Memoria; né da quella
Commissione che poi risiedette qui in Modena.
In questa relazione al 1 36 si legge: « Da questo generale alzamento ne risulta
« la più manifesta e convincente prova dell' intrinseco, sostanziale , irreparabile
« difetto di questa inalveazione: poiché sostenuto in tal guisa il fondo del fiume
« ad un livello tanto superiore a quello, cui si supponeva dover pur mantenersi
« e sul quale livello fondavasi l'unica speranza d'un felice successo, si vede ora
« il fiume camminare in pochissimo tratto incassato appena fra terra, ed in molti
« altri col suo fondo superiore al piano delle campagne adjacenti: e quindi la ne-
« cessila indispensabile, per contenere in qualche modo le sue piene d'innalzare
« le arginature ad una straordinaria altezza, che in molti tratti arriverà sino
« a 24 piedi bolognesi (m. 9,12), come dettagliatamente risulta dai rilievi fatti
« dall'ingegnere Stagni, e presentati con sua relazione alla delegazione fatta al
« Governo per suggerire i mezzi di rendere innocuo il corso di questo fiume ».
Ed il supposto errore viene anche avvalorato da quanto scrisse l'esimio ispet-
tore Pancaldi nel 1830 nella stimabilissima sua Memoria: Della inalveazione
DE' TORRENTI ARGINATI SECONDOCHE NE INSEGNANO LE VICENDE DEL RENO D' ITALIA
a pagina 57. . , .
« Il Reno ha il suo fondo superiore alquanto alle campagne e molto più ai
« livello delle valli di Malalbergo, della Baricella, e della Molinella ».
(1) Mi sovviene su questo particolare quanto mi narrava un dotto amico sulla rotta in sinistra del
Reno, che non lungi da S. Agostino avvenne nella tremenda piena del 1842. Visitò Egli questa rota
uno o due giorni dopo che era avvenuta, e precisamente in occasione d'una seconda piena
In quest'occasione osservò ,' che per la rotta l'acqua correva velocissima con un'altezza di S metri
e che il fondo del Reno inferiormente alla stessa rotta non solo era in secca, ma si trovava elevato
di un metro sul pelo dell'acqua uscente per la rotta. Queste circostanze indicherebbero che iMonao
del Reno in quella località è più elevato della campagna sinistra di due metri. Dico di due metri, im-
perciocché, soggiungeva, alla distanza di 15 a 20 metri dall'argine eravi in piedi un albero che : ser-
viva d'idrometro e segnava un'altezza d'acqua di due metri, volendo pur lasciare un metro d interri-
mento, avvenuto nello stesso fondo, accaduta la rotta.
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 675
E viene pur anco avvaloralo da quanto ne disse il Venturoli nel 1843 colle
parole :
« Basta osservare il profilo del Reno rilevato con somma diligenza dagP inge-
« gneri del Corpo Pontificio nel 1830. Per lunghi tratti che insieme compren-
de dono V estensione di miglia 6 Va (chil. 12 Vs) il fondo del fiume sovrasta al
« piano della campagna destra per notabile altezza. Ed in peggiore condizione
« si trova la riviera sinistra, nella quale l'estensione dei piani che soggiacciono
€ al fondo del Reno, comprende il miglia (chil. 20,90), e la profondità in al-
« cuni luoghi arriva a poco meno di 2 metri » e si noli che il Venturoli ciò
diceva, quando propugnava il consolidamento dello stesso Reno nel suo letto
attuale.
Diremo dippiù, diremo che non essendo presumibile, che il Reno dal 1830
al 1845 si sia escavalo il suo fondo per una profondità di qualche metro (1), e
che invece se lo sia d'avvantaggio interrito, le elevazioni di questo sui piani di
campagna dovrebbero nel profilo Brighenti riescire maggiori delle avvertite dal
Pancaldi e dal Venturoli, almeno in sinistra, ove non ebbe luogo regolare col-
mata di sorta. Imperciocché la condizione di pensile o no, deve influire assai
più, che l'elevazione delle arginature sui piani di campagna a far decidere sulla
rimozione o no di un fiume dal suo corso. E la ragione a nostro avviso è chiara:
avvegnaché si tratterebbe d'una disalveazione completa ad ogni rotta, e non
d'un semplice e passeggero rottazzo, e per poco che sarà incassato un fiume si
potrà sempre sperare di ritornarlo al suo corso in caso di rotte; mentre quanto
più sarà pensile, tanto più cresceranno le difficoltà a chiuderle, e cresceranno
in modo che ove fosse caso d'un fiume perenne (ed il Reno suol mantenersi
grosso per mesi) e di qualche importanza potrebbe riescire impossibile di
ciò ottenere, e ne farebbero prova gli sforzi principeschi, con cui fu invano
tentato di chiudere la rotta di Ficcarolo, che occasionò la perdita del Po di
Ferrara. D'altronde i fiumi affatto pensili furono sempre riprovati dalla scienza,
la quale non saprebbe tollerarli , se non dove non si potessero assolutamente
evitare.
22. In secondo luogo avrebbe dovuto l'esimio nostro autore convincersi, che
elevando d'un metro gli attuali argini di Reno-Primaro non sarebbe avvenuto
avvallamento: sebbene ciò non basti, trattandosi di costruire nuovi argini sopra
piani di campagna non anco esplorati, ed i quali otterrebbero la stessa altezza,
che gli attuali, nel supposto che venissero questi invece rialzati; e questo accer-
tamento sarebbe tanto più necessario, in quanlochè si leggono nella citata Me-
moria presentata, come dicemmo, al Viceré d'Italia, al § 38 le seguenti parole:
« Ma vi è anche dippiù, la cattiva qualità dei fondi marciosi e fracidi , che
«tratto tratto si incontrano nell'attuale linea dei Reno, presenta un ostacolo
« fortissimo al necessario rinfianco, ed alzamento delle arginature, che sarebbe
(1) Lo stesso professor Brighenti nella sua dotta Relazione premessa al profilo del Reno del 1844-45
«ice che « il massimo fondo del fiume alla Beccara nuova e al Canal Vela trovasi rialzato metri 0,70
« circa dal 1830 al 1844-45; mentre nel tronco intermedio fra la Beccara nuova e la foce del Santerno,
« si trova più depresso. Il quale effetto deriva manifestamente dalle acque chiare , che permanente-
« mente vi concorrono dalle chiaviche Bolognesi e della Romagnola , e non è impedito che dopo lo
« sbocco delle torbide del Santerno ».
Il Reno adunque ha nel detto periodo alzato il suo fondo generalmente secondo lo stesso profilo
preso in esame dall'illustre nostro autore in conformità di quanto noi affermiamo.
Giorn. Ing. — Voi. XVI. — Novembre 1868, 45
676 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
« indispensabile di eseguire, atteso l' interrimento generale avvenuto del fondo,
a II tratto degP abbassamenti ha preso appunto questa denominazione dal natu-
« rale profondamento, che succede delle arginature in tutto quel tratto; e la rotta
« ivi accaduta nel 1800 venne appunto originata dal preventivo naturale abbas-
« samento di quell'argine, che non fu possibile di riparare. L'argine circondario
« della valle di Marmorta, attraverso della quale si progetterebbe di fare un rad-
« drizzamene del fiume, quest'anno medesimo ha mostrato la sua instabilità
« nell'atto di risarcirlo, profondandosi a misura che per alzarlo andavasi cari-
« cando di terra ».
« Nel drizzagno di Longastrino sono manifesti i risalti della quora, che il peso
« degl'argini produce nel mezzo dell'alveo: indizio manifesto, che l'argine è
« tutto fondato sopra la quora suddetta, e quindi incapace di quella robustezza,
e e di quello alzamento che pur sarebbe necessario ».
Avrebbe anche dovuto convincersi che Y unione al Reno del torbido Idice e
suoi congeneri influenti non avrebbe elevato maggiormente il fondo del recipiente
nello stesso modo col quale il Panaro interrisce il Po alla sua foce, e col quale
il Reno immesso nello stesso Po dovrebbe di questo elevare il fondo; impercioc-
ché quando ciò avvenisse (e ragione sufficiente per non supporlo noi non ne
sapremmo trovare, specialmente dopo le evidenti dimostrazioni del nostro illustre
autore a prova del fatto che il Po va interrendosi anche senza Reno) il rialzo,
cui dovrebbero andar soggette le nuove arginature di questo fiume, potrebbe
divenire anche di 2 metri e più, aggravando maggiormente la cosa in ordine alla
non probabile riescita.
23. Fn terzo luogo avrebbe dovuto convincere non solo se medesimo, ma coloro
eziandio, che hanno fede nel nostro Fiume Apenninico, di cui parleremo più
abbasso, che non vi può essere altro progetto da adottarsi, tranne che l'adottato
da lui, sia in ordine alla tranquillità dei paesi minacciati, sia relativamente alle
difficoltà da superarsi, ed anco in riguardo alla spesa: quantunque questa è sempre
subbordinata più al doversi fare, di quellochè al potersi coi mezzi ordinarj. Quando
a ciò si fosse dato mente l'Olanda non avrebbe certamente fatto asciugare il lago
di Haarlem; ma il farlo era necessità per la conservazione della capitale, e non
si badò alla spesa e si fece. Già il professor Turazza persuaso dell'impossibilità
o daremo meglio della sconvenienza di conservare il Reno-Primaro nell'attuale
suo corso, anche nel supposto dell'immissione di Reno in Po da lui propugnata,
pensò ad una nuova inalveazione (che non sappiamo il come fino ad ora non
sia stata presa in esame dall'illustre nostro autore), e pur esso non badò alla
grave spesa.
24. In quarto luogo avrebbe dovuto riflettere, che impegnerebbe in lavori di
così lunga durata, che più generazioni sarebbero necessarie ad ultimarli; vale a
dire, impegnerebbe a costruire per miglia e miglia gl'argini sulle golene, ove
queste esistono, e dove no, a procurarle con lavori subacquei; impegnerebbe nel
guastare gl'argini attuali, e con essi dilatare le banche e contro banche: impe-
gnerebbe a costruire argini attraverso la campagna d'un altezza, cui non furono
ivi spinti per lo innanzi, e a corredarli di banche e di contro banche e fors'anco
di esteso spalto, onde assicurarli per un tempo determinato: argini che dovreb-
bero poi essere demoliti, ricostruendoli sopra una golena da formarsi colle allu-
vioni del fiume, e poi da stabilirsi per reggere al peso delle arginature: impe-
gnerebbe per ultimo a lavori eziandio di fassonate e di pennellature per impedire,
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 677
che si formassero froldi invece di golene (1). Lavori tutti al cui compimento si
richiederebbe un tempo assai lungo; specialmente se la riescita di alcuni non
fosse pronta; bensì dubbia ed incerta, come per lo più ci tocca di esperimen-
tare. Avrebbe anche dovuto riflettere, che al trasporto degl'argini sarebbe seguito
il bisogno di trasportare in più luoghi gli scoli delle campagne, e il trasporto
delle chiaviche dei loro sbocchi, e delle loro botti sottopassanti fiumi e canali
sarebbe divenuto una necessità. Finalmente avrebbe dovuto riflettere prima di
determinarsi pel consolidamento del Reno-Primaro nel suo letto attuale, che molte
fabbriche rustiche sarebbersi atterrate, e quindi ricostruite fuori delle nuove ar-
ginature, e con esse le strade d'accesso alle medesime.
E poi! Per ottenere una spada di Damocle sospesa continuamente su quelle popo-
lazioni. Motivi questi piucchè sufficienti per non dover proporre i lavori di cui
si è ora discorso: essendocene stanche sono le stesse popolazioni di temere con-
tinuamente per la loro esistenza, e di soffrire tanti mali, né vorrebbero certa-
mente tollerarli maggiori pel corso di più generazioni, e maggiori non v'ha dubbio
sarebbero durante i proposti lavori.
25. In quinto luogo finalmente avrebbe dovuto convincersi, e convincere i Raven-
nati, che portando il Reno-Primaro a sfociare in mare a cosi poca distanza ed
a sopravento del porto Corsini non potrebbe questo interrirsi, e non far perdere
invece il benefizio, che la città di Ravenna trae dal suo canale di comunicazione
con esso mare. E inutile qui ripetere quanto ogni idraulico deve sapere- come
i porli siano danneggiati dalle torbide dei fiumi, che sfociano in prossimità dei
medesimi; specialmente se alla loro sinistra, per gli effetti che derivano dal moto
radente del mare, che porta le torbide de' fiumi ad alluvionare le spiale ma
più in destra che in sinistra; per cui è regola ammessa da lutti gl'idraulici che
nella costruzione d'un nuovo porto, nel nostro mare mediterraneo, si debba
cercare quella località che più può riescire distante dagli sbocchi dei fiumi e più
se cadessero in sinistra, di quellochè in destra. '
Venendo poi al ritiro degl'argini sulle golene, noi non abbiamo ad osservare
cosa alcuna; tranne che invece di trasportarli sarà necessario di costruirne dei
nuovi prima di distruggere gl'attuali; allo scopo che, capitando una piena pen-
dente il trasporto, non avesse questa ad aprisi un varco attraverso alla semidi-
strutta arginatura, non essendo ancor compiuta la nuova. Non così per quelli
che verrebbero costrutti alla destra sui piani di campagna. l.° Pel fondato timore
che non abbiano ivi a reggere, portati alla debita altezza per presumibili ammassi
di sottostante quora ; specialmente se il fiume dovesse correre incassato per un
pajo di metri, come opina il distintissimo nostro Autore. 2.° Perchè non baste
rebbe ivi costruire soltanto gl'argini; bisognerebbe ancora corredarli di banche
di controbanche, e di spalti ben estesi, come dicemmo: altrimenti potrebbe ac-
cadere, quello che accadde agl'argini della Sammartina, quando vi si immise a
spagliare il Reno. E noto come in breve tempo si rompessero gl'argini, e come
le acque invadessero uno sterminato paese popolato di case e di villani che
avrebbe dovuto rimanere illeso. Banche, controbanche e spalti che sarebbero poi
(t) L'impedire la formazione di froldi riescirebbe tanto necessario da non potersi ommettere per
an:n::l°n\oa7fnaCChVi°filtre " PerÌr10 °he ~ereto * *** A sarebbe?^
Kezza di I Vp C°rS,° i ' q"and°;egUÌSSe fra a^natu™ distanti 180 metri da un canale della
arghezza di 50, e questo allungamento produrrebbe diminuzione di pendenza, che sarebbe causa d'in-
terrimento del fondo, per cui il fiume si farebbe anche più pensile che non è
678 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
riesciti pressoché inutili, quando fosse venuto il tempo di ritirare sulle create
golene le stesse arginature.
26. Ripeteremo per altro, che questi provvedimenti per quanto circospetti e
giudiziosi, sarebbero ultimati dopo un lunghissimo corso d'anni, e per conse-
guenza verrebbero eseguiti sotto la direzione di più idraulici , i quali alla lor
volta ciascuno vorrà introdurre delle novità, come suol spesso accadere, e in
danno sempre di queir unità di concetto, che dovrebbe immensamente prevalere.
D' altronde i pericoli e le minaccie continuerebbero, anzi si farebbero maggiori
alla destra senza che minorassero alla sinistra. Osserveremo ancora che si accu-
mulerebbero tante spese, che non sarebbe possibile di precisare, anche quando
fosse studiato e particolareggiato il piano dei lavori, in grazia delle opere pro-
poste per Pavvanzamento delle golene, e per quelle che saranno necessarie ad
impedire nuovi froldi: spese che potrebbero forse superar quelle d'una nuova
inalveazione: come le già sostennte fin ad ora per l'attuai corso superano di
gran lunga, quanto occorrer potrebbe per l'attuazione del Fiume Apenninico, e
senza ottenere di questo gli effetti, anzi perdurando negli stessi pericoli e nelle
stesse minaccie di esterminio e rovine. Osserveremo finalmente , che ci par fino
impossibile che un uomo di tanto sapere idraulico, quale indubbiamente è il
nostro illustre Lombardini, abbia potuto dar tanto peso ad una semplice indica-
zione di lavori, da crederli il radicale rimedio al disordine delle acque in destra
del basso Po; mentre su indicazioni consimili così si espresse il celebre Venlu-
roli. « Per altro insino ad ora non abbiamo se non che dei vaghi cenni, ma
« nessun progetto che meriti veramente un tal nome, vale a dire, che spieghi
cr precisamente la situazione, la qualità, e le misure del lavoro che si vuol fare;
« che ne scandagli l'importo, che faccia conoscere i vantaggi che se ne spe-
« rano, e le difficoltà che possono incontrarsi, dimostrando insieme il modo di
« assicurare i primi e di evitare le seconde. Il che fa che di presente non si
« può sopra nessuno di questi progetti dir nulla ». E si noti che fra questi vaghi
cenni vi era appunto la proposta di formare delle zone parallele agl'argini, in
cui alla fin fine si risolve il progetto dell'illustre Lombardini: colla differenza,
che le zone riescirebbero più facili e pronte, in quanto che si farebbero per
tutto il corso del fiume mancante di spazióse golene, col mezzo di chiaviche, e
con arginature che si eleverebbero mano mano che crescesse la colmata, e senza
quindi lavori subacquei per ottenere forzatamente le nuove golene, esigendo sol-
tanto alla fine dell'operazione di distruggere gl'argini attuali in speciali loca-
lità (1). Né ci staremo dal fare le meraviglie, come il nestore, può ormai dirsi,
degl'idraulici italiani, che studiò con tanta cura ed intelligenza il reggime dei
nostri fiumi Secchia e Panaro, e sui quali pubblicò nel 1864 una rispettabilissima
memoria, si trovi ora contento di que'rimedii, che pei detti due fiumi trovava
(1) Il concetto dì ributtar gl'argini verso il fiume è veramente nuovo ed è dovuto ali* illustre Lombar-
dini; ma perchè non sia azzardoso è mestieri modificarlo alquanto, conviene cioè convertire il ributto
nella costruzione di nuovi argini sulla vasta golena nel mentre che si allarga il canale, ed attendere
che siano essi argini consolidati, anzi che abbiano sostenute alcune piene senza dar luogo a rotte,
prima di distruggere gli attuali. Quest' operazione se può essere utilissima , ove le golene sono molte
estese, e dove 1' allargamento del canale può essere duraturo, non la tengo per tale laddove il fiume si
ripristinerebbe la sua larghezza e dove occorre creare 1' ampia golena con lavori subacquei. Nel con-*
creto caso in cui si tratta di aggiungere nuove acque un conveniente allargamento potrà essere dura-
turo e da questo lato non ho ad eccepire.
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 679
utili, quando Modena era Ducato, cioè quando non era lecito di proporre progetti,
che avessero dipendenza da altri Stati: avvegnacchè prudenza insegnava di astener-
sene, se si voleva riescire a qualche cosa, ed invece insegnava di restringere i
provvedimenti a quelli soltanto, in cui lo Stato poteva liberamente operare: in
una parola a quelli solamente pei quali poteva fare da se ? E credere che asse-
stalo il Reno tutto sia ordinato in destra del basso Po! E se ne contenti ora, che
il reggime di Secchia non è più quello del 1846; ma è ridotto a mal partito da
quelle molte rettifiche, che il distintissimo nostro Autore sconsigliò; ma ebbe a
darne F esempio fatalmente pur esso nella rettifica della svolta di Ramo, e pel
quale nuovo reggime i da lui proposti provvedimenti possono servire ben poco? (1).
E se ne contenti ora, che il Panaro, per tacere della già decretata immissione
del Ramo della Lunga in Gavamento, andrebbe a ricevere una nuova scossa e
fatale per la sua idraulica economia, quando si effettuasse la potentemente pro-
pugnata immissione di Reno in Po a mezzo dello stesso Panaro, con cui avrebbe
comune lo sbocco, e dopo d'aver dimostrato che il suo reggime è anche senza
ciò in una condizione anormale, ora, ripetiamo, in cui Egli tratta del riordina-
mento delle acque nostre?
27. Che non avesse pensato a Secchia lo Scotini tanto lontano da questo, quando
faceva i suoi studj nel Ferrarese, e che il Turazza , sebbene riconoscesse nel
Panaro la necessità di un riordinamento, per le cose, che di questo disse il nostro
illustre Autore; non pensasse alla stessa Secchia, che non vide mai, non stupi-
remo (2); ma che un Lombardini, che tutto ciò profondamente conosce, certa-
mente non possiamo ristarci dal fare le più gravi meraviglie.
Il Po alla foce del Panaro, piucchè altrove, va continuamente interrendosi da
qualche secolo, né vi ha per ora la speranza, che si stabilisca in modo, che
abbia in un volgere più o meno lungo di anni a cessare lo interrimento. Che
avverrà da un fatto così luminosamente provato dallo stesso nostro Autore? Una
disalveazione a sinistra: una ripetizione della rotta di Ficaroio , ed allora che
avverrà di Secchia e Panaro? Ciò che avvenne di Reno, così accadrà a questi
fiumi, e come si deve ora pensare a questo Reno; perchè il Po noi volle più
ricevere qual ospite importuno; cosi si dovrà pensare a Secchia ed a Panaro,
quando lo stesso Po non li potrà più ricevere.
In oltre ci si dica, che avverrà delle Provincie venete prossime al Po? rifugge
l'animo dal pensare a così terribile catastrofe. E veneti idraulici, quali un Pa-
leocapa, uno Scotini, ed un Turazza, propugnano l'immissione di Reno in Po!
Ed ingegneri Lombardi per converso lo combattono !
(1) Il Lombardini nell'aggiunta alla Nota D della più volte citata Memoria Condizioni idrauliche della
pianura subapennina fra V Enza ed il Panaro, dopo d'aver enumerati i molti drizzagni eseguiti dopo
quello di Ramo, così si esprime «Inconseguenza della sconsigliata mania de' raddrizzamenti parziali sa-
li rebbesi insomma convertito il vecchio fiume in un fiume nuovo, ove 1' arte dovrà sostenere a lungo
« una lotta imponente contro fenomeni strani, ed anomalie, che non le sarebbe dato né di prevedere,
« ne di apprezzare fino a tanto che il suo corso alterato non venga a sistemarsi sotto condizioni ben
| « diverse delle anteriori ». Poteva parlare più esplicite per fornire argomento ad una nuova inalvea-
« zione della Secchia?
(2) Veramente non possiamo, ne sappiamo comprendere come questi due distintissimi idraulici non si
occupassero di Secchia , dopo che vide la luce la Memoria ricordata nella precedente annotazione , se
! questa Memoria fu pubblicata dal Lombardini nel 1864; mentre quelle che lo Scotini premise ai suoi
progetti di regolamento delle nostre acque lo furono nel 1865, ed il voto del Turazza fu pubblicato
\ nel 1866.
680 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
E noi domanderemo infrattanto. Una volta che il Reno siasi consolidato nel-
T attuale suo corso , sarà possibile- d5 introdurvi Secchia e Panaro , quando il Po
non vorrà più riceverli? Noi non oseremo per ora dir tanto, diremo bensì, che
dovremmo tollerare delle nuove, ma lunghe, profonde, ed estese colmate su terre
ora coltivate e piene zeppe di abitazioni, prima che vi si potesse riescire. Ci si
dica. Potranno queste colmate tollerarsi dalla presente e future generazioni? Noi
opiniamo assolutamente che no.
28. E causa dell'interrimento del Po sono i torrenti dell' Apennino, non ultimi,
anzi primissimi per l'estremo suo tronco Secchia e Panaro, e se questi ne sono
in massima parte la causa, non sarà egli spontaneo e naturale il pensiero di
derivarli da esso pel noto assioma, che tolta la causa è pur con essa tolto P ef-
fetto, e prevenire l'avvertito disastro facendo sì, che non avvenga?
Ma il derivare Secchia e Panaro, che d'altronde inondano le da loro attraver-
sate pianure ad ogni grossa piena , dal Po , include il doverli immettere in
mare (1). Ora domandiamo noi qual migliore occasione di questa, nella quale si
tratta di suggerire definitivamente il rimedio efficace, o come suol dirsi radicale,
per redimere la destra del basso Po dai mali che soffre, e di que' maggiori da
cui essa è minacciata per pensare contemporaneamente al Reno e suoi confluenti
anche a Secchia e a Panaro?
29. A tutto ciò provvederebbe il nostro Fiume Apenninico, ma di questo non
si vuol fare un accurato esame, sotto pretesto di somme difficoltà non specificate,
e forse insuperabili da chi se le è figurate, e di spese eccedenti i mezzi dispo-
nibili, senza averle né calcolate, ne confrontate col danno cessante, e col lucro
emergente (2). Eppure un coscienzioso esame spargerebbe molta luce, non fosse
per altro, che per avvertire le future generazioni, che ad un radicale rimedio
(1) Su questo particolare rispondendo allo Scotini a pag. 43 edizione seconda dicemmo. « Prego
quindi il cortese lettore a riflettere, che noi abbiamo veduto, che i mali che soffrirono e soffrono le tre
Provincie di Ferrara, Ravenna e Bologna derivarono e derivano , piuttostochè dall' essere il Reno stato
levato dal Po, dall' essersi questo stesso Po allontanato di troppo dagli ultimi contraforti degli Apen-
nini; per cui i torrenti delle Romagne , da Panaro in giù, non possono più avervi un utile recapito.
Abbiamo veduto che il Reno, quantunque per sentenza di tutte le celebrità trapassate e viventi avrebbe
dovuto rimettersi nel Po, non sarebbe prudente consiglio il farlo: 1.° perche interrirebbe il Po, e quindi
altererebbe di troppo la sua idraulica economia : 2.° perchè lascierebbe in abbandono i minori torrenti
delle Romagne, i quali dal Reno ricevono ajuto ad essere in qualche mauiera convogliati al mare. Ab-
biamo veduto essere un'utopia l'idea di sostituire ridice al Reno; perchè ridice non può fare le veci
del Reno; come si sarebbe creduto dal prof. Brighenti, e dal sig. ispettore Scotini, e perchè interri-
rebbe rialzando il fondo dell'attuale Primaro di qualche metro, ciò che in alcun modo potrebbe tollerarsi,
Abbiamo, sebbene di volo, veduto che per Secchia e Panaro si è lo stesso Po allontanato di maniera,
che per conservar i suoi confluenti, è stato necessario di munirli di tante alte arginature, che si rom*
pono pur esse ad ogni grossa piena, dando sempre origine a disalveazioni desolantissime; Per cui è
mestieri pensare ad essi come si pensa al Reno. Abbiamo veduto essere un errore la pretesa di taluni
di conservare il Reno nell'attuale suo corso, specialmente se si dovesse immettervi ridice e la Qua-
derna, che più oltre non è possibile di conservare in colmata. Abbiamo veduto che l'immissione di Reno
nelle valli di Comacchio non sarebbe, che un temperamento temporario e non radicale, e poi nuocerebbe
grandemente allo scolo di que' fertili terreni, che immettono in esse valli. Abbiamo finalmente veduto
essere convenientissima cosa, che siano donate all'agricoltura le dette valli asciugandole ; anziché colle
colmate esclusivamente, con mezzi meccanici congiuntamente ad un ben inteso sistema di esse colmate.
Concluderò adunque, che sino a tanto che i nostri fiumi saranno conservati sulle attuali loro linee, nelle
quali si trovano pensili sulle campagne che attraversano, non potremo mai sperare, che la destra del
basso Po vada immune da frequenti innondazioni, e convenire di conseguenza che essi percorrano nuove
linee, nelle quali possano interamente incassarsi, dirette al mare.
(2) Al Professor Turazza, che pel primo affacciò la grave spesa; quasicchè essa non fosse proporzio-
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC, 681
sarà pur duopo che arrivino, e per avvertire la presente, che non sarà ingiusto,
che vi si cominci a pensare fin d'ora, almeno sciogliendo definitivamente la
grave pendenza, sicché non resti che a pensare al tempo il più opportuno, ed
ai mezzi straordinarj necessariamente indispensabili.
30. Noi del resto speriamo che di questo fiume, e delle difficoltà, che allar-
mano i nostri avversarj, avremo a parlare più tardi, nella lusinga, che il seguito
della Memoria dell' illustre nostro autore, ce ne porgerà l'occasione. Diremo per
altro fin d'ora, ciò che dicemmo altra volta, che noi offrimmo il Fiume Apenni-
nico ai nostri cortesi lettori nella persuasione, che non bastasse dimostrare, che
l'immissione di Reno in Po sarebbe stalo un grave errore; ma era necessario
si dicesse ancora, quale sarebbe stato il vero rimedio, se quello non è, e se non
può esserlo, né il consolidamento dell'attuale corso del Reno, né la sua immis-
sione nelle valli di Comacchio o di Savarna : molto meno derivazioni si in basso,
quali le idearono il Vecchi, il Brighenti , ed ora il nostro illustre Lombardini.
Ma non l'offrimmo, perchè l'età presente lo abbia a mandare ad effetto, essen-
doci ben noto, che un'idea nuova, che viene incontro all' opinione generale, ed
al giudizio degli uomini i più eminenti in idraulica, che onorarono gli ultimi
tre secoli, e che onorano l'attuale, aveva bisogno di tempo e di tempo non breve
per maturarsi, e noi certamente non ebbimo mai la fiducia di viver tanto da vederlo
effettuato sotto gli occhi nostri: molto meno sotto la nostra direzione per l'età,
che nel caso anche il più favorevole, sarebbe sempre stata troppo avvanzata.
Volemmo soltanto obbligare i più dotti nella scienza idraulica a prendere in
esame la vertenza, che dalla maggior parte, ripetiamo, si aveva per risoluta col-
l' immissione di Reno in Po; ma che la vera e profonda scienza esigeva, che si
risolvesse di nuovo, e noi che abbiamo ottenuto, che le celebrità viventi se ne
occupino, siamo lieti e contenti d'esservi riescitrr
31. Oggi 16 settembre mi giunge il fascicolo nono di questo Giornale coli' ul-
tima parte dell'interessantissima Memoria qui presa in esame, nella quale l'il-
lustre autore tratta delle proposte anteriori fatte dal Prof. Brighenti : degli effetti
che si avrebbero nell'attuale inalveazione toltone il Reno: del mio Fiume Apen-
ninico: delle difficoltà che in oggi si presentano pel compimento dell' inalvea-
zione iniziata ai tempi del primo Regno d'Italia: e termina trattando dei provve-
dimenti accessorj tanto nel caso, che venisse conservata l'attuale inalveazione,
quanto nell'altro dell' inalveazione di Reno nel Po.
32. In quanto alle proposte anteriori fatte dal Prof. Brighenti accenna alla di-
versione del Primaro, toltone il Reno ed a questo sostituito ridice co' suoi af-
nata agli utili derivabili, rispondemmo « D'altronde mi dica, se ha Egli calcolato questa spesa, gli
utili derivabili, e fattone poi il debito confronto? »
« Voglia accordarmelo il chiarissimo Professore: non basta esporre un'opinione per rovesciare tutto
intero un concetto ed un piano, bisogna corredare questa opinione di ragioni , di studj , di paralleli;
affinchè abbia un valore reale ».
« Mi dica in grazia, se abbia egli posto attenzione, che al mio Fiume Apenninico andrebbe unito un
grosso canale da derivarsi dal Po a Piacenza, e questo appunto, oltre il fine dell'irrigazione, per im-
primere a questo fiume, composto di sole correnti torrentizie, il vero carattere di fiume; e che questo
canale, qualora lo si facesse servire all'irrigazione di un vasto paese, che assolutamente ne abbisogna,
non potrà non contribuire a far sì, che la spesa resti tanto che basti inferiore agli utili? » Lo stesso
intendiamo di risponder ora, aggiungendo però che nello stesso modo per cui fu fatale il timore del,
Padre Lecchi di eccedere nella spesa, sarà fatale il consolidamento del Reno nell'attuale suo letto, che
il nostro illustre autore propugna per non eccedere in questa,
ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
fluenti, in una parte delle valli di Cornacchie) in sinistra, ed alle Mandriole in
destra, e dimostra che insignificante dovrebbe riescire ¥ abbassamento di piena
alla Bastia: il che confermerebbe cogli effetti prodotti dalla rotta del Panaro
alle Caselle nel 1842, i quali al Ponte di Navicello, da cui detta rotta distava di
soli 22 chilometri riescivano pressoché nulli: ciò appunto dimostra, quanto io
dimostrai nell'articolo XIII inserito nell'opuscolo che porta il titolo La questione
del Reno risoluta col progetto di un Fiume Apenninico.
33. Intorno agli effetti che si avrebbero nell'attuale inalveazione , quando da
questo fosse tolto il Reno, il nostro autore accenna a quell'alzamento di letto,
che conseguirebbe, mancato 1'ajuto che il Reno realmente presta a suoi influenti,
affinchè si portjno al mare il meno possibile elevati; alzamento che lo porta a
convenire nel parere del prof. Turazza, il quale progetterebbe, invece di tolle-
rare questo alzamento, una nuova inalveazione (1). Non si esterna esplicitamente
circa il potere o no ridice far le veci del Reno, né sull'altezza che assumerà
la piena massima in Primaro dopo la sostituzione; ma convenendo nell'idea del
prof. Turazza viene implicitamente a disconoscere il primo supposto, ed ammetter
quindi un maggior alzamento di piena. Io però nel rispondere al prof. Brighenti,
ed all'ispettore Scotini addussi le ragioni, per le quali questo scambio non può
riguardarsi, se non che un'illusione, né può ritenersi per sussistente che una
piena dell' Idice-Primaro debba meno elevarsi di quella di Reno-Primaro.
34. Indi viene a spendere poche parole sul mio Fiume Apenninico, e sull'ac-
cessorio suo Canale da derivarsi dal Po a Piacenza (2) formandone una cosa sola.
Contro il fiume adduce la difficoltà di unire Secchia a Panaro senza traverse,
che ne minorino la troppo pendenza: traverse da me disapprovate nel progetto
dell'ispettore Scolini per l'immissione di Reno nel Po, e contro il Canale for-
mula una serie di difficoltà, per le quali- a suo avviso, non sarebbe possibile di
derivare dal Po un canale d'irrigazione per la sua destra; e l'odierna irriga-
zione di questa doversi sussidiare invece colle acque, che si possono estrarre
dai fontanili, che dovrebbero essere meglio curati, ed accresciuti sulla linea ; in
cui essi si sono naturalmente manifestati.
La difficoltà mossa contro il mio fiume sussiste a rigore di termini, ed io ne
ebbi prove non dubbie da una accurata livellazione, che io feci eseguire da
(1) Questo sarebbe stato a mio avviso il luogo di dimostrare la possibilità o no della nuova inalvea-
zione dei minori torrenti della Romagna incominciado dall' Idice: imperciocché il nostro distintissimo
autore coli' ammetterla pel caso della rimozione di Reno, lascia supporre d'essere convinto della sua
possibilità, che io invece dimostrai inattendibile nel mio articolo del 1866 qualora si volesse incomin-
ciarla là dove l' Idice ha cessato di correre in ghiaja.
Mi spiace la lacuna, inquantochè si sarebbe fatta maggior luce sul Fiume Apenninico : non mi lagno
però, nella persuasione che non interessi, chi intende di propugnare il consolidamento del Reno nel-
1' attuale suo corso.
(2) Al nostro illustre contradditore piacerebbe di collocare l' incile del mio canale a valle del nuovo
ponte sul Po in continuazione della ferrovia Piacenza-Milano. Io però avverto, e lo avvertii altra volta,
che la località del detto incile non fu mai da me precisata, per essermi riserbato di farlo, quando gli
studj me lo avrebbero permesso. Potrebbe perciò darsi, che fosse scelto invece lo sbocco di un qualche
influente del Po, appunto perchè dovesse fare le veci di Sisifo : come opinai pel progetto di derivazione
dal Po di un canale d'irrigazione, che nello scorso anno 1867 compilò l'egregio ingegnere Ferrarese
Ignazio Zatti, e del cui esame fui incaricato in unione d'altri, voglio dire degli illustrissimi Conti Saracco
e Magnoni; quest'ultimo distintissimo ingegnere idraulico. Opinione che fu mossa dalle stesse osserva-
zioni , che ora egli farebbe al mio fiume ; ma per una località nella quale sono più facili ad accadere
improvvise alluvioni, che a Piacenza.
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 683
Secchia a Panaro sulla linea indicata nel mio progetto d'avviso. Ma poiché
quella linea non fu definitivamente stabilita e non indicava, come dissi allorché
l'annunziai, se non che una traccia per fissare le idee; ma era da modificarsi
dipendentemente da ripetute e ben accertate livellazioni; così per queste si é
modificata in modo che, partendo un mezzo chilometro circa a valle del Ponte
Alto si dirige verso il Panaro, che incontrerebbe in villa Saliceto a poche cen-
tinaia di metri inferiormente al ponte della Ferrovia Modena-Bologna. In questa
direzione, assegnando alla nuova Secchia, non 30 centimetri a chilometro di
pendenza, bensì centimetri 44, come odiernamente la Secchia ha nel tronco im-
mediatamente a valle del Ponte Alto, incontrerebbe il Panaro a chilometri 7,80
in modo, che il fondo della nuova Secchia si troverebbe più alto del fondo del
Panaro di metri 27,046 — 24,201 = 2,845: ma deviato il Panaro al Ponte di
S. Ambrogio, al fine di congiungerlo dolcemente colla stessa nuova Secchia, ed
accordata a questa deviazione la pendenza a chilometro di centimetri 36, i fondi
dei due fiumi si incontrano ad uno stesso livello, alla distanza dal punto della
deviazione di Secchia di chilometri 9,30; facendo così scomparire le supposte
traverse, e con esse Tunica difficoltà che vi mosse contro.
Alle molte ed assennate difficoltà mosse al Canale mi riserbo di rispondere,
quando avrò potuto terminare gli studj tutt' ora sospesi, non per mia colpa, ma
per mancanza di mezzi; non ommettendo però di soggiungere, che per quanto
esse siano gravi, e le avessi fatte a me stesso fin da principio, pure non mi
sconsigliarono a fare gli studj; perchè disposto a dichiararlo inattendibile subito
che i compiuti studj mi avessero fornite le prove dell'insuperabilità di alcune
delle difficoltà avvertite. Cosi non ommelterò qui d'annotare, che una cosa sola
mi premeva di poter dimostrare, dopo d'avere già dimostrato, che sarebbe un
error grave l'immettere il Reno nel Po, e cioè che il mio progetto di Fiume
Apenninico non era né una generosa, né una balorda utopia.
Né creda l'illustre nostro contradditore, che questa riserva sia un fino pre-
testo, per evitare la discussione, o per non saper dire il come alcune difficoltà
si sarebbero superate, ed altre evitate (1); imperciocché per molte lo potrei fin
(1) Ho detto che delle difficoltà contro il canale alcune sono superabili, altre evitabili. Ne darò qui
un saggio, a prova del mio asserto.
Alla facilità d'interrirsi di questo canale in tempo che le acque del Po sono torbide, senza poter
far uso di paraporti , che vi sono inapplicabili, ovvero al non potersi fidare dell'opera dell'uomo per
chiudere in tempo debito le paratoje , e così impedire all'acqua torbida d' introdurvisi, potrò contrap-
porre, che qui appunto si tratta di regolare l'introduzione dell'acqua in modo da escludere la torbida
e ricevere la più prossima alla superfìcie; per cui i paraporti non sono richiesti, e che l'introduzione
dell'acqua sarà fatta cosi, che un galleggiante opportunamente costrutto e collocato, o una ruota che
si ponga in moto, mercè la stessa acqua che entra nel canale, a date circostanze dia l'allarme e svegli
od avverta il custode, e con lui i chiavicanti; affinchè accorrano alla chiusura delle paratoje e travate.
Potrebbe anche il galleggiante urtare a tempo opportuno uno scrocco, e far cadere repentinamente le
paratoje e dare contemporaneamente l'allarme per lo abbassamento delle controparatoje e delle travate E
poiché dovrà tollerarsi uno stato di tenue torbidume dell'acqua, allo scopo di non interrompere troppo
spesso il deflusso; così aggiungerò che non dovrà essere gravoso un annuo espurgo del canale, come
non Io è pei canali già derivati dai fiumi dell' Apennino.
In quanto all'errore di calcolazione fattomi osservare circa la spesa preventivata di esso canale; av-
vertirò che allora quando istituii questo calcolo, io non conosceva 1' altimetria del terreno rispetto al
pelo di magra del Po, per la ragione che non era mai stato nel Piacentino; ma quand'anche dovesse
correggersi, e verrà certamente corretto compiuti gli studj, e l'altezza media del primo tronco da me
assuma di 3 metri arrivasse anche a più del doppio, la spesa non si aumenterebbe più di un milione,
684 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
d'ora; ma non potendolo per tutte, e potendo esservi il caso, che io dovessi
disconoscere il proposto canale, non sarebbe né conveniente, né opportuno
il farlo.
Si assicuri per altro, che^ io non ommetterò di far calcolo delle saggie sue os-
servazioni in opposizione di questo canale, non potendo .questo essere il caso di
dover istruire Minerva.
come sarebbe facile dimostrarlo rifacendo il calcolo. Né quest' aumento lo potrebbe far costar più del
Canale Lombardini.
A questo suo canale avrebbe aggiunta la navigazione, Egli dice, per far concorrenza colle ferrovie;
ma io dirò cbe l' aggiunta era domandata dal bisogno di dover diminuire la troppo pendenza che
avrebbe preso il canale senza le conche, e che la concorrenza colle ferrovie in Italia è un'illusione,
ed è in ciò che consiste la principal ragione per cui dichiarai i canali navigabili di tempo passato.
Per dimostrare che la concorrenza suavvertita è un'illusione, basterà avvertire, che, garantite le
Società Concessionarie di un utile netto dallo Stato , ed autorizzate ad abbassare ed alzare le tariffe a
piacimento, esse possono far fallire la navigazione, non questa tener dessa in freno. A Ferrara la So-
cietà dell'Alta Italia ha fatto costruire in riva al Po una vasta stazione per le merci, a guisa di Dok,
che si direbbe voler essa trarre partilo dalla navigazione, che si fa per lo stesso Po da barche a mare,
ed anche incoraggiarla. Ma non era la stessa stazione terminata del tutto , quando la detta Società
ribbassò i prezzi di trasporto delle merci in guisa, che torna più il conto da Venezia a Bologna tra-
sportar le merci in ferrovia, di quello che servirsi della navigazione fino a Pontelagoscuro, e prender
per la ferrovia fino a Bologna.
Se nel veder costruire la vasta stazione si fosse costituita una Compagnia per la navigazione del Po,
mi dica l'illustre contradditore, che sarebbe avvenuto a questa poco dopo ribbassati i prezzi di
trasporto delle merci in ferrovia? È facile l'indovinarlo.
Oppone che nel calcolo del costo del canale manca quello dei canali di derivazione, i quali impor-
teranno pur essi alcuni milioni; ma io debbo avvertire che io supposi, che questi canali di derivazione
si dovessero fare dai Comuni, attraverso i quali non corrono canali derivati dai fiumi dell' Apennino :
aggiungendo che per molti di essi possono servire gli esistenti, i quali nel tempo delle irrigazioni sono
vuoti al di sotto del mio canale. Dei canali derivati dai fiumi ben sa l'illustre contradditore, che ve ne
sono nel Piacentino, nel Parmigiano, nel Reggiano, nel Modenese, e ne' territorj di Bologna e di Ravenna,
e cioè in ogni Provincia attraversata dal canale in questione.
Oppone ancora, che, avendolo progettato con argini, cioè a dire in parte pensile, infrigidirebbe le
terre circostanti : riflettendo però, che le terre alluvionali della destra del medio e basso Po, non per-
mettono che filtrazioni insignificanti facili a derivarsi agli scoli de' campi, come ne forniscono la prova
i canali derivati da Secchia e Panaro ove sono arginati, cioè nei tratti superiori agli opifizii cui danno
moto, la difficoltà cade da sé medesima.
Servono poi di difficoltà le collossali botti da costruirsi al passaggio dei molti fiumi e torrenti , che
il canale incontrerà per via da Piacenza al Crostolo ; ma se maggiori botti sono state costrutte sotto la
Dora, la Sesia ecc. ecc. pel Canale Cavour con esito favorevole ed in brevissimo tempo, non vi è ragione
che possa far credere, che altrettanto non si possa fare per botti minori.
Vorrebbe l' illustre Lombardini, che fosse esagerata 1' estensione sommergibile da me data in 600000
ettari, e la pretenderebbe invece di 400000. Ma su questo particolare farò riflettere, che sono sommer-
gibili tutte le terre della Provincia di Ferrara di Ettari 261623
Quelle del Circondario della Mirandola di » 46540
» » » » Guastalla » » 43436
» » » » Lugo » » 35657
che danno in tutto Ettari 387256
A queste si aggiungono le sommergibili dei Circondarj di Ravenna, di Bologna, di Modena di Reggio,
e tutte quelle che formano i Distretti Mantovani in destra del Po, e poi mi dica, se la cifra che sarà
per risultare sia per avvicinarsi più a' suoi 400000 ettari, di quello che ai miei 600000. Né qui ommet-
terò d'avvertire, che quantunque io abbia affermalo, che la totale estensione sommergibile dal mio ca-
nale sia di 600000 ettari: pure ho ristretta l'irrigazione a soli 150000, vale a dire alla quarta parte
dell'intera superficie, e questo limite riteneva bastasse per evitare un'osservazione sull'esagerazione
della superficie sommergibile che io non aveva accertata che all'ingrosso, come si addiceva per un
progetto d' avviso.
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 685
Non ommetterò del resto di esternare la mia soddisfazione per le lusinghiere
parole, che in quest'occasione si è compiaciuto di dire a mio riguardo (1) e per
le quali gli rendo qui grazie sincere.
35. Qui giunto mi permetta l'illustre idraulico che io entri nei particolari della
nostra vertenza.
A mio avviso dovrebbesi tener disgiunto il Canale dal Fiume, specialmente
ora che, essendo compiuti gli studj di questo, e non di quello, non si potrebbe
per entrambi partire da dati ugualmente positivi. Imperciocché, oltrecchè il Ca-
nale è un accessorio utilissimo se vuoisi; ma non indispensabile, e se fu utile
la sua proposta, in quantochè senza di questo non avrei trovato certamente, chi
avesse sostenute le molle spese occorse per gli studj (86,000 lire), non dovrei
far molta fatica a dimostrare, che per la sussistenza del fiume Apenninico, non
è punto necessario: come non ha duopo il nostro illustre contradditore d'acqua
perenne per far sussistere il Reno-Primaro nel suo letto attuale, quando fosse
vero-, che valgono a sostenerlo i provvedimenti da lui proposti, e sui quali ho
fatte, come vedemmo, alcune osservazioni ai §§ 21, 22, 23, 24 e 25.
Si riduce adunque la vertenza a vedere se la proposta di un fiume Apenni-
nico tal quale fu da me ideato e studiato possa o no sciogliere la vertenza del
nostro Reno. Io sostengo che sì; avvegnacchè avendo dimostrato insussistente
Punica difficoltà tecnica affacciata dall'illustre contradditore contro lo stesso
fiume, non dovrebbero, almeno per lui, esservi motivi sufficienti per discono-
scerlo. Non parlo delle difficoltà finanziarie, poiché di queste è inutile, come ho
già fatto osservare al | 29, di tenerne parola, dipendendo la loro ammissibilità,
od inammissibilità dal doversi o no eseguire; al fine di salvare la destra del
Oppone che avendo io avvisato, come nella Tenuta degli Obbici nel territorio di Finale, e del Dogaro
in quello di S. Felice le praterie irrigabili non riescirono , dovrei anche ritenere che avrei risulta-
menti più sfavorevoli colle acque del nuovo canale destinato a terreni di eguale natura. Però non av-
verte che io dissi ciò in riguardo al Canal Masi, che segue una linea assai più bassa: avvegnacchè
passerebbe per la Concordia, Mirandola, e S. Felice; mentre il mio transiterebbe per Carpi, Bomporto,
e Ravarino ove si trovano terreni di ben altra natura di quelli che sono prossimi alle valli , ed ove i
prati irrigui hanno fatto buona prova, come può vedersi nei contorni di Carpi. Forse non si tratterebbe
se non che d'invertire il genere della coltivazione umida: assegnare cioè 100000 ettari alle risaie e
50000 ai prati.
Oppone che in Lombardia i vantaggi dell'irrigazione sono assai maggiori che alla destra del Po, ove
le terre producono abbondanti grani senza bisogno d'irrigazione. Io però non ho ciò disconosciuto,
quando ho assegnato per prezzo dell'acqua la somma di L. 20 per ettare di prato, e L. 30 per ettaro
di risaja: imperciocché sono stato ben lungi dai prezzi, che per la Lombardia stabilirono gli Ingegneri
Tatti e Bossi in L. 50 per ogni ettare di terreno irrigato.
Oppone ancora che entrata l'acqua del Canale nel Fiume Apenninico non potrà più servire all'irri-
gazione restando incassata fra terra. Quest' osservazione però non 1' avrebbe fatta, quando avesse sa-
puto, che questo fiume segue a poca distanza i bordi della gran Padusa, ed è perciò che a non troppo
grande distanza dal fiume stesso il terreno cade cosi di livello da poter ottener 1' acqua superiore alla
superfìcie ecc ecc. ecc.
(1) In fine della nota del § 317 l'illustre Lombardini , così si è espresso a mio riguardo. « Ad un
« tale diversivo, giusta un progetto posteriore dell'ingegnere Masi, doveva metter capo un Canale
« d'irrigazione derivato dal Po presso la foce dell'Enza, sull'inattendibilità del quale scrisse l' inge-
« gnere Manfredi nella sua Memoria del 1866 precitata, sottoponendolo ad una critica giudiziosa ».
Tanto più volontieri esterno la mia soddisfazione, inquantochè la mia critica fu interpretata sinistra-
mente e perciò mi produsse grave danno, e perchè non è molto, che il Canal Masi ha ottenuto dal
R. Ministero dei Lavori Pubblici un Decreto di pubblica utilità , col quale da taluno si. crede sia stata
fatta la luce, quella luce, che io dissi fatta, quando nel 1867 fu pubblicato un famoso voto del Consiglio
Superiore dei Pubblici Lavori, che condannava quel canale con 30 stupendissimi considerano1!,
686 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
basso Po dal flagello di cui è minacciata, ed al quale va incontro inommessa-
mente in un tempo se non breve, però non lunghissimo, se non vi si provvede
efficacemente, ed i provvedimenti del nostro illustre idraulico per quanto speciosi,
non danno fiducia né di pronta ne di certa riescita.
36. Non dissimulerò del resto, che altre difficoltà tecniche si presentano sul-
l'esecuzione di questo progetto, e fra le diverse, due sono a mio avviso le prin-
cipalissime. La prima consiste nel dover far attraversare il proposto fiume da
alcuni pochi corsi d'acqua viva mediante botti colossali, che in basso riescireb-
bero per soprappiù lunghissime. L'altra è quella di voler sostenere a parecchi
metri d'altezza sul fondo del Fiume Apenninico i letti di tutti gl'influenti, in-
cominciando dal Reno.
Ma la prima difficoltà si risolve nell'altra di dover mantenere asciutti gli scavi
di fondazione delle botti pendente la costruzione. Riflettendo però che la mec-
canica odierna offre mezzi d'asciugamento tali, quali possono occorrere all'eve-
nienza, mediante la forza del vapore, non può questa difficoltà far indietreggiare
dall'impresa. L'altra invece è assai più seria: perchè si tratta d'impedire due
effetti nocivi al nuovo fiume, che indubbiamente seguirebbero, quando si voles-
sero sostenere i fondi degl' influenti colle solite serre. Queste non impedireb-
bero che gl'influenti stessi non si avessero ad escavare un buon tratto del loro
letto superiore ad esse: né tampoco potrebbero impedire, in grazia della velocità
maggiore che riceverebbero per la chiamata che occasionerebbero le serre stesse,
il trasporto di materie più grosse e più pesanti di prima: e fu perciò, e per
altri motivi ancora, che io disapprovai le serre, che l'ispettore Scotini propose
pel nuovo tronco della diversione di Reno in Po, allo scopo d'impedire l'abbas-
samento istantaneo del vecchio letto superiore e con esso la discesa di più grosse
materie.
Converrà dunque ricorrere ad altro partito, il quale nel mentre sia atto a
sostenere il fondo degl'influenti all'odierno stato, impedisca gli effetti dannosi
di cui ho tenuto parola. Questo partito io ritengo d'averlo trovato, ed ora mi
dispiace di non poterlo rendere di pubblica ragione, in causa che non essendo
io il proprietario de' fatti studj, mancherei al mio dovere quando lo facessi.
Non creda però l'illustre idraulico, che io induca questa scusa a pretesto di
volere aver ragione ad ogni modo: imperciocché non essendo stata da alcuno
fin'ora affacciata questa difficoltà, l'avrei potuta tacere. Ciò nuli' ostante io non
esilerei di farla palese a lui solo, di cui apprezzerei sommamente il parere, nella
lusinga che fosse per riscontrarla pienamente conforme ai veri principi della
classica scienza nostra.
37. Relativamente alle difficoltà da superarsi nel compimento del piano iniziato
ai tempi del primo Regno d' Italia dimostra l'illustre Lombardini come sarebbe ne-
cessario di tener Reno separato dal Panaro (1), dicendo che in « rispetto al propor-
« zionarsi i fiumi uniti l'ampiezza della loro sezione al puro bisogno, ciò avverrà
« nei casi ordinarj, ne' quali le due piene non sono contemporanee: ampiezza che
(1) Sul particolare così mi espressi nella Memoria del 1866 in risposta a quelle dell'Ispettore Scotini
a pag. 53 edizione seconda. « Il partito però da adottarsi sarebbe l'immissione di Reno in Po, ma
non congiunto a Panaro. Si otterrebbe in sì fatta maniera un'economia nella spesa, se basterebbe al
nuovo alveo una larghezza di 53 metri in luogo di metri 83,30; e si eviterebbero gli effetti non anco
definiti, ne definibili, nello stato attuale della scienza, dell'unione di due torrenti pressoché eguali di
portata, in un tronco comune, e soggetto al rigurgito delle piene del loro recipiente ».
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC. 687
« riescirebbe così insufficiente ove esse lo fossero, o che non potrebbe dilatarsi
« quanto basta nelle poche ore in cui discenderebbero » ; mentre nella mia me-
moria qui in calce citata aveva detto a pagina 52. « Vi si oppone (la mia convin-
zione contro l'immissione di Reno in Po) se considera che è legge di natura, che
ogni fiume da a se medesimo quell'altezza di piena, e quella larghezza d'alveo,
che gli conviene, e senza che l'una si possa alterare, che non si alteri l'altra, e
che perciò è un'utopia supporre di poter conservare invariabile l'attuale altezza
di piena o di Reno o di Panaro coli' assegnare una larghezza dedotta dalle for-
inole, le quali per quanto basino sopra l'esperienza non possono mai appuntino
esprimere la stessa legge »,
« Vi si oppone ancora per sapere da buona fonte, che le piene di Reno e di
Panaro, per quanto si possano ritenere contemporanee; pure quelle di Reno
precedendo le altre di Panaro in modo che le prime, può dirsi, sono già passate,
quando arrivano le seconde, tenderanno a restringere l'alveo comune per acco-
modarlo alla loro portata ed allo stato di loro torbidezza: di maniera che nei
casi meno ordinarj, ma contingibili anche secondo il signor Scotini, in cui le
due piene si combineranno in una volta , non basterà il nuovo alveo certa-
mente a contenerle entrambe ».
Dimostra ancora come sarebbe conveniente, pel caso che si effettuasse l'im-
missione di Reno nel Po, che si pensasse ad una nuova inalveazione de' minori
torrenti della Romagna, appunto come opinò il Turazza , e quantunque dica che
« reso maggiormente pensile il corso di que' fiumi; le loro rotte riescirebbero
« di gran lunga più terribili, e sommamente arduo tornerebbe poi lo scolo dei
« territori alla destra a valle dell' Idice » pure non è entrato nella disamina, se
una nuova inalveazione dei minori torrenti romagnoli incominciando dall' Idice
sia o no possibile : eppure nella mia risposta al professor Turazza io mi era in-
gegnato di dimostrarne V impossibilità.
Vero è per altro che all'intento di chi intendeva conservare il Reno nel suo
corso attuale, non caleva di pensare ad altre inalveaziani; ma è pure verissimo
che ciò avrebbe servilo a persuadere coloro, che in questa nuova inalveazione,
proposta dal lodato Professore, hanno piena fiducia, che è inconsulto per ciò
propugnare l'immissione di Reno in Po; ciocché non farebbero quando la voce
di un Lombardini fosse venuta a sostenere la debolissima mia (1).
38. I provvedimenti accessori tanto nel caso dell'immissione di Reno nel Po,
quanto della conservazione d'esso Reno nel suo corso attuale sarebbero, l'allun-
gamento e r allargamento della botte di Burana. Il primo sarebbe richiesto
allora quando si dovessero alzare gli argini del Panaro anche di soli 4 metri, ed
il secondo perché l'interrimento avvenuto nel Po alla foce dello stesso Panaro
esigerebbe, che altre terre del Sermidese rivolgessero le loro acque di scolo al
colatore Burana; per cui l'attuai botte si renderebbe insufficiente, a meno che
a compenso non si effettuasse la separazione delle acque alte dalle basse da lui
stesso da tempo proposta. Ma qui avvertirò per amore del vero che a queste
ragionevoli difficoltà io non avevo pensato.
(1) Capisco benissimo, che il pronunziarsi favorevolmente per questa nuova inalveazione proposta dal
Turazza, veniva a dar peso al mio Fiume Apenninico, ciocché non era conforme al suo convincimento.
Quando poi avesse dovuto dichiararlo per inammissibile avrebbe dovuto pensare ad un altro partilo ed
a questo non poteva rivolgere la sua mente già rivolta al consolidamento di Reno-Primaro.
688 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA
39. Ritornando al mio fiume Apenninico soddisferò alla fatta promessa, deseri*
vendo ¥ andamento, che esso prenderebbe dopo i fatti studj , e facendo note le
pendenze assegnate ai diversi tronchi.
Questo fiume prenderebbe la Secchia a mezzo chilometro a valle del Ponte
alto in continuazione della strada provinciale da Modena a Mantova per Carpi
e S. Benedetto, la condurrebbe a metri 150 al Nord della chiesa della villa su-
burbana a Modena detta di S. Caterina; a metri 100 pure al Nord della chiesa
parrocchiale della villa Saliceto Panaro; passerebbe l'attuale corso di Panaro a
metri 250 a valle della Ferrovia; e riceverebbe il Panaro stesso a chilom. 9,50
dal luogo d'onde prese la Secchia. Proseguirebbe passando alla distanza di 450 m.
al Nord della chiesa di Panzano ; a pochi metri al Sud di quella di Riolo ; a
metri 400 al Nord di Castagnolo; a chilometri 2,75 al Sud di S. Giovanni in
Persiceto. Incontrerebbe 1' attuale corso di Samoggia a chilometri 1,65 a valle dei
Forcelli, e questa riceverebbe a metri 700 verso Est, ove verrebbe pure deviata.
Passerebbe a mezzo chilometro al Nord di Padulle, ed incontrerebbe il Reno
attuale a mezzo chilometro a valle del passo di Savignano , e si unirebbe al
Reno deviato a 2 chilometri inferiormente. Proseguirebbe al Sud di Stiatico ed
alla distanza da questo di metri 450, ed al Sud di S. Marino alla distanza di
metri 700. Passerebbe ad un chilometro al Nord di Lovoleto, ed a chilometri 1,34
al Sud della chiesa di S. Maria Maddalena. Incontrerebbe proseguendo l'odierno
corso dell' Idice a chilometri 1,33 a valle del ponte della Riccardina , a cui si
unirebbe a metri 600 più inferiormente, ove verrebbe deviato lo stesso Idice.
Proseguirebbe alla distanza di 600 metri da Vedriana dalla parte Sud; ed a
metri 150 al Nord di Santa Maria in piano. Incontrerebbe l'alveo del Sillaro
piegando ad Est, cui si unirebbe dopo un chilometro, e dove deviato verrebbe
lo stesso Sillaro. Passerebbe al Nord di Massa Lombarda ad una distanza di
metri 150; di S. Agata di metri 550, ove incontrerebbe il Santerno con cui si
unirebbe dopo metri 350. Incontrerebbe il Senio a chilometri 1,20 a monte del
ponte di S. Potito, col quale si unirebbe ad una distanza "di 3 chilometri, e pre-
cisamente all'incontro del Naviglio di Bagnacavallo, che lascerebbe al Nord ad
una distanza di metri 600. Incontrerebbe il Lamone al ponte in continuazione
della Strada Fantina e con esso si unirebbe al Nord della chiesa di Cortina ed
alla distanza di pochi metri. Attraverserebbe la Ferrovia Ravennata superiormente
alla stazione di Godo per chilometri 1,28. Passerebbe al Sud della chiesa parroc-
chiale dello stesso Godo ad una distanza di metri 800, ed al Nord del Palazzo
Chiaromonti per metri 300. Finalmente proseguirebbe verso il Montone all'Est
del detto Palazzo per chilometri 2,28, col quale si unirebbe, e seguendolo arri-
verebbe in mare alla foce dei Fiumi Uniti.
40. In quanto alle pendenze assegnate ai diversi tronchi di questo fiume esse
cosi si distribuiscono :
Da Secchia a Panaro per una lunghezza di Metri 9465 Metri 0,44 a Chilom.
Da Panaro al Reno » » » » » 25435 » 0,36 »
Dal Reno procedendo verso il mare:
1.° per una lunghezza di »
2.° per altra lunghezza di »
3.° Finalmente per la residua lunghezza di »
36540 »
0,32
36540 »
0,16
18420 »
0,08
STUDJ IDROLOGICI E STORICI ECC.
Né qui starò ad esporre le ragioni che mi hanno indotto ad assegnare queste
pendenze, pel motivo antecedente ricordato al j 36 persuaso che l'averle esposte
possano bastare ad un Lombardini per trovarle sufficienti, se non maggiori di
quelle che sarebbe per richiedere la natura di questo nuovo fiume. Aggiungerò
ciò nulla meno, che pel descritto andamento e per le anzidette pendenze il Fiume
Apenninico resta totalmente incassato per la lunghezza di 100 chilometri, e per
la rimanente a più della metà in media dell'altezza della massima piena. Gli
scoli poi a riserva di pochissimi dovranno essere per la maggior parte sostenuti
tanto il loro fondo si trova superiore al fondo dell' Apenninico. Che si desidera
di più?
CONCLUSIONE.
Per le precedenti osservazioni, o cortese Lettore, noi abbiamo veduto, che
l'illustre idraulico Senatore Elia Lombardini, all'appoggio di fatti non dubbj ha
confermato, quanto io da anni vado dimostrando con argomenti pratici e teorici,
e Cioè CHE SAREBBE UN ERROR GRAVE L' IMMETTERE IL RENO NEL Po.
Abbiamo veduto che Egli non ammette quel paradosso idraulico, che pel primo
annunziò l'ispettore Scotini, e che io ho combattuto a tutt'uomo per onore della
scienza, vale a dire che incontrandosi il Reno pieno con Po pieno lo stesso
Reno rallenterebbe in modo da diminuire d' un terzo il deflusso della sua
PIENA SECONDO LO SCOTINI, E DELLA METÀ GIUSTO IL TURAZZA , IL BR1GHENT1 , E
forse il Possenti.
Abbiamo veduto che non ammette nemmanco quanto propugnò lo stesso Bri-
ghenti seguito poi dallo Scotini sul poter l'Idice coi suoi influenti far le
veci del Reno.
Abbiamo veduto ritener Egli che l'Idice co' suoi influenti farebbe crescere
la piena di Reno-Primaro non di metri 1,50 , come opinò il Brighenti , MA DI
2 metri.
Abbiamo veduto che l'illustre autore ammette il consolidamento del corso
del Reno per la linea che segue attualmente; ma lo ammette per un'innav-
vertenza sfuggitagli nell'esame del profilo officiale della livellazione del Reno-
Primaro, per cui è da credersi senza dubbio, che qualora fosse stato persuaso
essere le arginature di questo fiume realmente elevate sui piani di campagna
della smisurata e quasi incredibile altezza di 12 in 13 metri, e basate sopra più
o meno grossi e più o meno profondi strati di quora; e quando fosse stato con-
vinto, che il fondo dello stesso fiume si eleva a qualche metro sui medesimi
piani, è a credersi, lo ripeto, che non ne avrebbe propugnato il consolidamento
ed invece avrebbelo riconosciuto meco e cogl' altri sconvenientissimo.
Abbiamo veduto eziandio che la deviazione dell'ultimo tronco di Reno-Pri-
maro dalla Chiavica Umana al taglio fatto attraverso le dune per lo scolo
della valle Savarna che si colma dal Lamone sarebbe fatale al Porto Corsini,
come Egli da quel saggio che è in fine della sua Memoria si è ricreduto, por-
tando lo sbocco della sua deviazione fra l'attuai foce di Primaro e l'abbandonata
dello stesso Lamone.
Abbiamo veduto, che l'unica difficoltà tecnica mossa dall'illustre mio contrad-
ditore contro il Fiume Apenninico, se sussisteva secondo l'andamento indicato
nel progetto d'avviso, non può più esistere pel progetto particolareggiato.
690 ALCUNE OSSERVAZIONI ALLA MEMORIA ECC.
Abbiamo per ultimo veduto, che le molte e serie difficoltà mosse da lui contro
il mio Canale da derivarsi dal Po presso Piacenza, anche quando consigliassero
di mettere da parte lo stesso canale, non possono influire sull'inattendibilità
del Fiume Apenninico.
Laonde possiamo, con tutta la fiducia o per lo meno con tutta la probabilità
di non essere smentiti, dedurre. l.° Che il Reno non può immettersi in Po senza
COMMETTERE UN GRAVE ERRORE. 2.° CHE IL CORSO DEL RENO-PR1MARO NON È PIÙ
SOSTENIBILE IMMETTENDOVI L' IDICE CO' SUOI INFLUENTI. 3.° FINALMENTE CHE IL MIO
Fiume Apenninico resta sempre in via tecnica per lo meno il vero e reale
RIMEDIO PER REDIMERE LA DESTRA DEL BASSO Po DA TUTTI I MALI CHE SOFFRE, PER
LO SREGOLATO CORSO DELLE ACQUE DISCENDENTI DAGL' APENNINI.
Nutro quindi lusinga, che l'illustre idraulico riflettendo su queste mie osser-
vazioni vorrà vedere con occhio meno fosco la mia proposta , e riconoscere che
poi essa non è quella Generosa Utopia che fu annunziata dal chiarissimo
PROFESSOR TURAZZA.
Modena, a dì 48 settembre 1868.
~«=5a^tìJ3à— ■Q=a"
SUL PORTOSAIDO
RISPOSTA
ALL'ILLUSTRE PROFESSOR PIETRO PALEOGAPA
Intorno alla lettera scritta dal Commendatore Cialdi
Al Signor De Lesseps.
(Vedi pag. 587)
Vejigo ora al preteso mio errore circa al calcolo fatto dagl' Ingegneri sullo in-
sabbiamento del Portosàido, da Lei creduto cagione del consigliare che io fo
T attuazione del mio trovato.
Vostra Signoria m'incolpa di fondare la mia opinione sopra ragionamenti non
giusti, e Le reca sorpresa il vedere com'io non abbia capito quello che gl'Ingegneri
compilatori del disegno preliminare del nuovo porto egiziano abbiano voluto
dire intorno agl'insabbiamenti possibili dei moli di quel porto.
Ripigliamo per intero il loro concetto, ed Ella giudicherà se ho saputo leggerlo
e cavarne giusta conseguenza.
Tra le questioni che eglino avevano da esaminare vi era pur quella degl'in-
sabbiamenti addosso dei moli del nuovo porto egiziano. « On a dit, sono essi che
parlano, que le golfe de Péluse est continuellement ensablé ou envasé par les apports
fluviatiles de la branche de Damiette, et que les ouvrages en saillie qu'on pourrait
étabhr dans cette panie du rivage rìauraient d'autres résultats que d'augmenter
les encombrements. Nous reconnaissons que cette portion du rivage de VEgypte a
eté formée par les alluvions maritimes apportées par les lames de fond, cornine nous
lavons établi au commencement de ce mémoire. Nous reconnaissons aussi que les
digues formant le chenal d'entrée du canal auront pour objet d'arréter les sables
entrainés par les lames et les accumuler contre celle qui est au veni dominant
e est-a-dire contre la digue de l'ouest.
« Mais ces raisons existent pour la plupart des ports actuels , et si elles étaient
sufflsantes pour empécher la construction d'un port, nous pouvons dire que bien peu
de ceux que nous voyons aujourd'hui eussent été exécutés.
« Suivant nous, la question essentielle est de savoir si, une fois le port établi, il
pourra subsister sans réclamer de trop grands frais d'entretien » .
Dopo questo ragionamento e questa savia conclusione; dopo aver con istorica
venta descritto il poco sensibile avanzamento del lido pelusiano , si figurano
effetto che produr dovranno les ouvrages en saillie, e specialmente la digue de
lOuest del nuovo porto piantato in quel lido; e quindi, dopo aver voluto esclu-
dere gli scarichi dei fiumi come causa degl' interrimenti malgré l'opinion des in-
Giorn. Ing. — Voi. XVI. — Novembre 1868. 46
692 SUL P0RT0SÀ1D0
génieurs italiens, qui considèrent corame démontrée l'origine fluviatile de leurs deltas ;
dopo aver soppresso o diminuito il valore di' altre cause d'interrimenti, e detti
altri svarioni, come: Il n'y aura que les veats obliques qui viendront apporter les
sables dans le fond de l'angle forme par la rive et par la jetée d'amont,
giungono a questa finale conclusione :
« Ainsi, en résumé, tout ce qu'on peut craindre 9 e' est qu'une partie minime des
sables mobìles , le long du golfe ne vienine s'accumuler vers l'origine de la jetée
d'amont. En supposant qu'il s'en depose 100,000mc- par an, ce qui est exagéré d'après
ce qui vien d'étre dit, il faudrait cent années pour faire avancer la plage de 400m,
et cet avancement ne produirait aucun effet sensible aux extrémités des jetées (1) ».
Così essi scrissero, e così io lessi. Se non che il loro detto non è stalo dalla
natura rispettato, giacche il fatto ha provato che questi quattrocento metri di
avanzamento di spiaggia si sono avuti in meno di due anni! Ella non ismen-
tisce la verità di questo fatto, né altri la smentirà, perchè basata sulle autorità
del padre Guglielmotti e dell'ingegnere Kramer: il primo nel febbrajo 1864 notò
sul luogo, che il molo, in allora esistente, era un ponte di pali a giorno, e la
spiaggia senza avanzamento : il secondo nel luglio 1885 vide il medesimo molo
per quattrocento metri ripieno di scogli, e la spiaggia avanzata di altrettanto.
(Moto ondoso. Dal n.° 1572 al 1577). A che dunque tanto giro di parole? Comesi
può venire a dirci che gl'Ingegneri del disegno preliminare intendevano della
spiaggia libera quando essi parlavano in modo specialissimo delle dighe e del-
l'insabbiamento di che sarebbero state cagione? A me realmente deve recar
sorpresa come si possa pretendere oggi altra intelligenza del testo di quella che
quei Signori pubblicavano nel 1855.
Non è la prima volta che i più grand' idraulici, specialmente nell'opere sopra
mare, hanno asserito ciò che in natura non poteva essere, ed in fatto non è
stato. Ed Ella stessa ha confutato quelli di cui qui parliamo e precisamente
intorno alla questione che ci occupa : allora leggeva in loro quello che in seguito
vi ho letto io, come le farò rammentare tra poco.
Quindi passa la S. V. alla critica dell'applicazione del mio trovato o sistema a
Portosàido, notando che :
« Le proposte del sig. Cialdi , possono apparire molto ingegnose a chi non si dia
la pena di assoggettarle ad una severa critica basata sui giusti principi del movi-
mento delle acque (e quali sono i giusti principi di questi movimenti?), e però
altri può ben trovarle speciose ; ma credo che nessun giudice competente potrà per-
suadersi che quell'apertura di 400 metri, che il Cialdi vuole che si lasci fra la punta
dell' accorciata diga occidentale e il principio dell' altra diga isolata che si avanza
al largo in mare sulla stessa direzione, possa mai diventare, mercè il divisato braccio
che quasi parallelamente alla riva partirebbe dalla estremità della detta accorciata
diga, una comoda bocca occidentale del porto » .
A molti in vero sembrarono ingegnose e, più che tali, buone le mie proposte:
al contrario Ella completamente ne rifugge. Siffatta diversità mi creda, sig. Pro-
fessore, da ciò deriva che quelli si ebbero agio e si dettero cura di attentamente
studiare il mio trovato, laddove Ella, da quanto io posso argomentare, occupato
in altri affari, non ha avuto né agio né cura di maturamente studiarlo. Perciò
(1) Percement de Visthme de Suez. Exposé et documents officiels. Par M. Ferdinand de Lesseps Mini-
stre plénipotentiaire. Paris 1855. Avant-projet du percement de l'isthme, pag. 99, 116, 118 e 119.
SUL PORTOSÀIDO 693
trova speciose le mie proposte e crede che nessun giudice competente potrà
persuadersi che l'apertura di quattrocento metri da me lasciata nella diga mas-
sima possa diventare una comoda bocca occidentale del porto.
Ond'io, per non ripetermi all'infinito, La prego a leggere quanto già scrissi
sugl'interrimenti, sugli effetti dei flutti diretti e riflessi, sulle particolarità del
mio trovato e su quanto molli imparziali e competenti giudici dissero intorno
ad esso.
Ora gioverà di riassumermi, ripetendo soltanto che quell'apertura di 400 metri
non ha per iscopo principale la entrata nel porto, bensì quello di ristringere la
massa delle acque defluente da sinistra a destra ed obbligarla a mantenere pro-
fonda ed espurgala se stessa e la entrata nel Canale: col buon tempo potrebbe
servir anche di comoda bocca, e così Portosàido, benché portocanale, ne avrebbe
due. L'una di levante, che potrebbe dirsi vastissima , cioè dalla testa della diga
isolata alla testa del molo orientale; l'altra di ponente, di 400 metri, cioè dalla
testa del molo occidentale al piede della diga isolata. Altro notevole benefìcio
del mio trovato.
Alcune altre censure però non possono passare senza schiarimenti.
« Non capisco, Ella fa notare, come il dalai speri stabilire con arte un notabile
giuoco delle maree nelV uscita del canale, ad onta del quasi insensibile flusso perio-
dico che si verifica in quella spiaggia del Mediterraneo » .
^ Questa proposta per il Portosàido fu da me fatta nel 1856 e nel 1860 e d'allora
in poi non la ho più ripetuta in nessuna delle mie pubblicazioni. Che' con arte
- —-- r — •«jhviihiuuii uno ouu >,
si possa cavar prolitto dalle maree benché poco sensibili , Ella non l' ignora
Le sono certamente noti i bei lavori della estesa rete di canali, ordinata a rego-
lare il deflusso, perchè tutte le acque sieno obbligate a passar ristrette ed unite
per la bocca del porto Corsini, presso Ravenna (1), nel qual lido la differenza
tra 1 alta e bassa marea, non è poi tanto più grande di quella del lido pelu-
siano. Ed il fatto quivi prova che, anche senza l'aiuto dell'arte: « Le balance-
nent, entre leseaux de la mer et celles du lete Menzaleh, maintient dans les échan-
crures de la plage, formées par d' ancienne* bouches du MI, des courants alternatifs
ttssez vifs, qui en perpetuerà l'existence ». (Percement ecc. Séance du 31 décembre
18o5 Come pure Ella non ignora l'aforismo dei nostri vecchi - gran laguna
fa buon porto - In virtù adunque di queste verità, e per la citata proposta degli
Ingegneri del d.segno preliminare , ed in riflesso che è meglio disporre di più
armi per combattere un potente nemico, sperai io allora che l'arte avrebbe sa-
pulo trovare modo di non privare interamente di questo beneficio il nuovo porto
uTl, P° 1'ebbÌ V6dUt0 abbandonata 1-lla proposta, e non ammessa
altra qualunque e dopo aver acquistato maggior fede, per giudizio altrui e per
convincano mio, sul merito del mio trovato, non vi ho più insistito, e ne
mio libro sul moto ondoso concludevo : , che se Portosàido non ha il vantalo
d. scaricare nel riflusso una potente corrente, ha il beneficio di procurarsi una
simile ed anche pm attiva potenza, incatenando ed obbligando a lavoro forzato di
naZ, jTtf°rrentV, el:0tterrà tant0 P™ ^rosa ed efficace, in quanto che la
natura del flutto e molto pm propria a scavare ed a trasportare i materiali ostruenti »
{Moto ondoso ecc. n. 1589).
(1) Ragguaglio storicoHecmco sul portocanale Corsini ecc. di Alfredo Baccarini , Ingegnere di 1 «
classe eoe. D.retlore dei lavori. (Giornale del Genio civile. Firenze, Anno VI „. 5 e-i del mi .
694 SUL P0RT0SÀ1D0
V. S. continua :
« lo ritengo che in forza dei lavori proposti dal sig. Cialdi , lungi di averne gli
effetti che si ripromette, se ne avranno effetti tmttì affatto contrari; perchè le materie
spinte , come egli dice 3 dai venti dominanti e specialmente da quelli compresi fra
V ovest e il nord, saranno gettate, con maggiore o minore incidenza, addosso al
braccio a ritroso, al quale non giovando la verticalità se non nel caso che le materie
fossero tutte spinte nella stessa sua direzione , avverrà che le materie medesime an-
dranno mano mano depositandovi^ contro e finiranno per rialzare sempre maggior-
mente e, colV andare del tempo, ostruire forse affatto l' apertura che egli ha voluto
lasciare nella diga occidentale. E ciò che è ancor più evidente si è che, quando pure
si volesse ammettere con lui la possibilità che gli accennati flutti riflessi e diretti,
impedendo il deposito delle materie tanto addosso al tronco di diga isolata quanto
addosso al braccio a ritroso, le cacciassero invece dentro la ripetuta apertura sca-
vandone anche molto più abbasso il fondo, succederebbe che coteste materie, all'uscire
dalla apertura stessa , precipiterebbero al fondo, e quindi, lungi dall'avere otte-
nuto che il moto ondoso sgombrasse lo sbocco del canal-porto in mare (sbocco che
secondo il sistema Cialdi si stabilirebbe alla estremità della parte continua della
diga di ovest), se ne avrebbe invece una inevitabile ostruzione davanti allo sbocco
stesso ».
La risposta a queste Sue idee si trova già nelle cose dette fin qui; tuttavia
aggiungerò alcune riflessioni a maggior schiarimento.
Col credere V. S. che le materie spinte dai venti sieno gettate addosso al braccio
a ritroso sì che vi si depositino e coli' andar] del tempo ostruiscano del tutto
l'apertura da me lasciata, attacca il mio trovato nella sua stessa essenza. Ed ap-
punto l'attacca perchè la obblìa interamente. Ed in vero, essa sta tutta nell'aper-
tura del molo, tra un braccio a ritroso ed una diga isolata. Onde la credenza di V. S.
sarebbe fondata se non esistesse quest'apertura; ma essendoci, si annienta di
per sé stessa ; imperocché n.on sarà mai possibile che le materie si fermino ad-
dosso a quel braccio; dovendo al contrario andar via per quell'apertura, violen-
temente trasportate dalla corrente fatta più forte dal braccio a ritroso proposto
a questo scopo.
Non dirò che con siffatto modo d'argomentare V. S. nega tutti i fatti che ser-
vono di base all'idraulica pratica per guidare l'Ingegnere- nella disposizione dei
moli e giudicare degli effetti che i moti del mare vi producono. Nega l'indi-
spensabile azione delle onde in un'apertura di molo, in un traforo, in una bocca
di porto; e nega che le onde abbiano in sé stesse la proprietà d'invigorirsi, di
solcare e trasportare, quando incontrano ostacoli nel fondo del mare e quando
sono riunite e guidate tra dighe resistenti come io ho proposto.
Quanto poi all'altra Sua credenza che le materie ostruttive precipitino al fondo al-
l'uscire dall'apertura, rifletto che quel braccio a ritroso, per la sua direzione in
rapporto a quella del vento regnante, a quella che prendono i flutti nelP avvici-
narsi al lido (che non è più quella che avevano in alto mare) ed a quella della
diga isolata, deve necessariamente dare al flutto corrente, o lama di fondo, ed
alla corrente littorale la forza necessaria per trasportare le materie ostruttive
sottovento della bocca del Canale, formata dal più corto molo, in luogo innocuo;
la quale forza, fatta maggiore nel passaggio per la sezione ristretta, dovrà am-
morzarsi ben lungi dalla bocca del Canale stesso. In questo modo si toglierà il
grave difetto cke verificasi negli altri moli aperti senza il braccio a ritroso, ove
SUL PORTOSÀIDO 695
alle loro teste si formano dalle ondate dei profondi scavi, ma ivi presso sorgono
dei banchi nocivi alla navigazione.
Le particolareggiate prove di quanto asserisco io le ho date altrove per chi
abbia avuto volontà di leggerle e verificarle ! (1).
Vossignoria dice pure: « ho veduto oggi con compiacenza che le mie opinioni
sono divise dai sigg. de Tessan e Chevallier in quanto attiene propriamente ali9 appli-
cazione della teoria del sig. Cialdi ».
Ma perdoni, sig. Professore, a me sembra che i due esimi ingegneri da Lei ci-
tati Le sieno diametralmente opposti; giacché, quanto alla teoria, l'abbiamo già
veduto, e quanto alla sua applicazione, noterò che, mentre Vossignoria crede che
col mio trovato si ammorzi il movimento oscillatorio verticale non che il con-
comitante progressivo, quelli invece temono che si aumenti di tanto da impedire
ai bastimenti la sicura traversata per entrare nel Canale.
Nel vero, il sig. de Tessan, dopo aver qualificato il mio trovato per très-ra-
tionnel, dopo avere avvertito che la verità da me stabilitasi fonda sur des preuvès
extrémement nombreuses, ed esposti due timori di ordine secondario per la perfetta
riuscita del medesimo, abbracciati avidamente dallo Chevallier, e dopo suggerito
il facile rimedio ad uno da essi, quando in pratica si verificasse, si fermò sul
secondo ed ultimo. Ecco le sue parole:
« On peut craindre , en outre 3 que les bdtiments qui tenteront P entrée par les
vents régnants ne soient trop exposés à la manquer , étant pris de flanc et portés
sous le vent par les vagues renbues plus puissantes par leur concentratici (2)
Dunque, il sig. de Tessan ed il sig. Chevallier temono precisamente l'opposto'
di quello che Ella si è immaginato. Eglino, nella specie d'imbuto formato dal
mio trovato vedono il giuoco delle onde reso più potente che altrove; Ella lo
scorge ammorzato in guisa che le materie possano ostruire forse affatto l'apertura
da me lasciata. Bello accordo di opinioni !
Che se oggi in virtù delle ragioni sopra esposte, veduto meglio di che si tratta,
per fortuna Ella abbandonasse la Sua idea di ammorzamento di onde e di depo-
sito ostruttivo nel mio trovato, e si appigliasse invece a quella opposta degl'in-
gegneri de Tessan e Chevallier, in questo caso trovo pregio dell'opera produrre
il giudizio di marini esperimentati intorno al timore esternato dai citati inge-
gneri; il quale giudizio, in soggetto tutto nautico, cioè tutto proprio alla manovra
di un bastimento che deve traversare l'apertura da me lasciata nel molo di so-
pravvento, spero che Ella vorrà aver per competente.
Oltre alla limpida e complessiva dichiarazione emessa dall'Ammiraglio Lafon
de Ladébat, a Lei ben nota, ecco in ispecie il giudizio del chiaro ufficiale
di marina autore dell'aurea opera: Courants et révolutions de Vatmosphère et de
la mer.
(1) Osservazioni idraulico-nautiche sui porti Neroniano ed Innocenziano in Anzio. Roma 1848, pag. 18
e 19; e Giornale Arcadico tom. 417.
Risultati di studi idrodinamici, nautici e commerciali sul porto di Livorno ecc. Firenze 1853 n.° 62,
65, 67, 68, 69, 70 e 72; Giornale dell'Ing. Arch. ed Agron. Anno VII; Giornale Arcadico. Roma tom. 139
e 14-0, e Annali delle opere pubbliche e dell' architettura. Napoli, Anno 3.°
Sintesi di fatti ecc. già citata, n.° 226.
Diffusamente poi sono riportati gli esempi nella mia Lettera: Sul portocanale di Pesaro già citata, e
più ancora nel mio libro Sul molo ondoso del mare nelP articolo Portocanali,
(2) Happort citato.
696 SUL P0RT0SÀID0
« Quant aux difficultés purement nautiques, nous ne croyons pas quell'elles soient
sensiblement augmentées par l'ouverture en entonnoir qui doit créer à l'extrémité de
la grande jetée un courant transversal. L'augmentation qui peut en résulter dans la
violence des lames rìempèchera jamais un bdtiment à vapeur, ni mème un navire
à voiles, de franchir Vétroit éspace laissé à découvert. La distarne de 700 mètres
qui existe entre la digue isolée et Vextrémité de la jetée orientale doit permettre t
par tous les temps, de doubler cette jetée.
« Tfailleurs s'il pouvait y avoir doute dans les circonstances les plus défavorables, j
c'est-à-dire par une tempéte de nord-ouest, la digue isolée doit offrir un mouillage
assuré (F. Julien).
Ed ecco pure in quali termini si esprimono due altri non meno chiari ufficiali
di marina, autori di più opere nella scienza dell'uomo di mare tra le quali citerò
soltanto: Les météores ; Les phénomènes de l'atmosfère et de la mer, e Les Tempétes.
« On a fait au sy stèrne propose par M. Cialdi une objection au point de vue nau-
tique. Le courant transversai et les vagues de Nord-ouest ne frapperaient~ils pas les
navires entrans de manière à les dévier considérablement da leur route et à les em-
pècher de doubler la jetée de l'est? Pour que ce danger se présente il faut supposer
qu'un navire à voile fasse la fante de déboucher de la jetée isolée avec une trop
petite vitesse au milieu d'une tempéte de Nord-ouest. Mais cette supposition est elle
admissible ? Le navire ne serait-il pas toujours assez maitre de sa manoeuvre pour
mouiller à temps à l'abri de cette jetée à fin d'y attendre un temps plus favorablel
(F. Zurcher e E. Margollé).
V. S. vede che con queste dichiarazioni di giudici competentissimi, le quali
potrebbero essere aumentate di tanto quanto sono i sagaci manovrieri, svanisce
interamente il timore esternato dai sigg. de Tessan e Chevallier, imperciocché, se
in pratica avrà un reale valore, resterà sempre la diga isolata per dar ricovero
ai bastimenti. Né debbo poi passare in silenzio una riflessione, la quale si è che
se veramente la corrente fosse tanto forte da far temere che i bastimenti potes-
sero da essa essere trasportati sottovento del molo orientale, questo fatto stesso
sarebbe un altro argomento per indurci a credere che le materie ostruttive,
all' uscire dall' apertura da me lasciata nella diga occidentale 3 non precipiteranno
ad ingombrare lo sbocco del canal-porto, ma saranno dalla correntia trasportate
con sovrabbondante valeggio a sottovento della diga orientale molto più corta
delT altra. Di modo che, o il timore del de Tessan e dello Chevallier non si ve-
rificherà, nel grado da loro supposto, o, se si verifica, avremo semprepiù scavato
ed espurgato lo sbocco del portocanale , e mai e poi mai una inevitabile ostru-
zione davanti allo sbocco stesso, siccome Ella pronostica. Sia certo, sig. Professore,
che questa ostruzione è impossibile, quando anche dal collo del mio imbuto la
corrente sbocchi con velocità molto minore di quella temuta dai due ripetuti
ingegneri.
Y. S. in oltre non si perita di dire: « Io, da alcuni passi della nota del sig. Che-
vallier, e da alcuni brani della relazione fatta all'Istituto dal sig. de Tessan, rac-
colgo che, malgrado i dubbi promossi contro il sistema del sig. Cialdi sulla base
della sua teoria del fluttocorrente, il sig. Chevallier ammetterebbe che potesse
convenire farne un'applicazione al Port-Sa'ido quando pero' il sistema stesso fosse
STATO MESSO IN OPERA CON BUON ESITO IN QUALCHE ALTRO CASO ».
Una tale proposizione nella scienza dell'Ingegnere si chiamerebbe saggia,
quantunque nel caso nostro mi sembra di soverchia precauzione: ma V. S., per
SUL PORTOSÀIDO 697
essere logico con tutto il contesto della Sua lettera, fa prova di escluderla. Non
Le pare, sig. Professore, che Ella spinga così troppo oltre la contrarietà al mio
trovato? Neppure se riuscisse bene altrove Le piacerebbe? Neppure se togliesse
dai mondo la vergogna idraulica del presente sistema dei portocanali Le farebbe
accoglienza ?
Non contento ancora, V. S. torna sul mio trovato, e dice che io mi credo es-
sere il solo che possa garantire la libertà della foce del Porto-Said; mentre io non
ho mai avuto tant' arrogante presunzione. Eccole in prova il mio giudizio, ripe-
tuto nella lettera al sig. de Lesseps:
« Per questo stato di cose , io dicevo nel mio succitato libro (Moto ondoso del
mare) che se si voleva con utilità conservare il porto senza obbligo di frequenti
allungamenti nei moli (il che vuol dire che io ammettevo questo provvedimento) era
necessario ricorrere ad un nuovo espediente, ed intanto io stesso ne proponevo
uno ». Dunque non escludevo e non escludo che se ne possa scoprire anche
un altro, e non ho creduto, in assoluta guisa, che il mio trovato possa essere
il solo.
Non pago V. S. di avere, non dirò combattuto, ma schernito quasi il mio
sistema, siccome fondato sopra una teoria assolutamente erronea, ha dovuto menar
colpi addosso a chiunque lo avesse protetto della sua autorità, fosse stato anche
delle più celebri rinomanze del mondo idraulico o nautico. Mentre da un lato
mi compiaccio di veder ristretto un lungo combattimento per aver Ella taciuto
i nomi di tutte le grandi autorità che addussi in sostegno del mio trovato, mi
duole d'altra parte che l'illustre ammiraglio Laffon de Ladébat non sia stato
risparmiato dalla censura Sua; sicché gli sia toccato il bel regalo di esser da
: Lei proclamato ignaro di questi studi.
Curiosa contraddizione! Ella che ha citato e si è appoggiato sopra una dichia-
razione di patroni ed armatori di barche, di quel valore che tutti sanno, contro
il trovato mio per il porto di Pesaro, vuole poi rendere nulla quella di un Vice
Ammiraglio in favore del medesimo trovato per il Portosàido !
Inoltre, quantunque Ella dichiari professar per l'Ammiraglio grande stima come
valentissimo Uomo di mare; ed ammetta pur' anco che possegga grande esperienza
del movimento delle onde e degli effetti suoi, tuttavia non crede dar valore al giu-
dizio di Lui perché si tratta di una questione la cui soluzione essenzialmente dipende
\ dai sani principii di idraulica teorica e pratica. Ma che forse il mio sistema non è
stato approvato da idraulici informati dai sani principii della teorica e della pra-
tica? Oggi ancora io porto in Appendice un altro nome che alto suona in Francia
ed in Italia, cioè quello dell'ispettore generale Carlo Noél. Ma no; la soluzione
\ della questione non è essenzialmente idraulica; è più dell'arte nostra, cioè di ma-
rina. E però, con tutto il rispetto, io debbo dirle che V. S. è in grand' errore,
ammesso pure, se così vuole, che l'Ammiraglio nulla sappia d'idraulica. La que-
stione che ci occupa è di lasciare un'apertura nel molo massimo e di aggiungere
un braccio di scoglièra innestato al molo stesso, da cui si ha una seconda bocca
| nel porto, ed una diga isolata nella stessa direzione del molo. Se l'Uomo di mare,
del valore di quello da Lei preso di mira, non può emettere giudizio intorno alla
disposizione dei moli, alle bocche dei porti ed agli effetti del moto ondoso e delle
correnti in quelle e tra quelle opere d'arte, di che potrà egli interloquire? Forse
su le qualità della malta? forse sulla composizione dei massi artificiali o sulla co-
struzione del lastrico dei moli? A che il Governo italiano, con decreto 12 marzo 1808
698 SUL PORTOSÀIDO
ha voluto che si costituissero due Commissioni designate col nome di locale una,
permanente l'altra, 'per le opere del porti, spiagge e fari, e che in esse entrassero,
nella prima un ufficiale della marina militare ed un capitano della marina mer-
cantile, e nella seconda due ufficiali superiori o generali della regia marina ed
un ufficiale superiore o generale del Genio navale? (1). Se questi Signori non
potranno parlare sugli effetti del mare e sulla disposizione dei moli, delle bocche
e degli antemurali, a che serviranno nelle Commissioni?
Nell'opera del Flachat che ho già citata, e che tanto più ammiro quanto più
m'inoltro nella lettura, con ragione è detto, parlando dei veri marini: qu'il est
impossible de comprendre V art nautique, si on ne sait pas oV abord la loi d'agitation
de la mer. (E. Flachat, p. 23). E vorrebbe Ella toglierci anche la conoscenza
dell'arte nostra nei limiti almeno di ciò che la scienza e l'esperienza c'in-
segnano ?
Molto spiace avere a sentire degl'idraulici, cui non può negarsi valore, sen-
tenziare a priori che il mio trovato deve viziare anziché favorire la navigabilità
della foce del porto; deve essere cagione di gravi spese senza utile effetto e anzi di
danno allo stabilimento del porto: e però chi vuole sopprimervi la diga isolata,
chi la scogliera, altri tuttaddue, mentre coteste sono opere in mare, sugli effetti
delle quali solo coloro che sono realmente in possesso dell' arte della marina
possono giudicare. Non riflettono essi che il soggetto di cui parlano è di sua
natura serio ed importante; che non è questione di teoriche problematiche, ma
di fatti, nei quali il bene pubblico è sul momento direttamente ed altamente
interessato. Non riflettono che il sistema da loro praticato è difettosissimo; che
verun portocanale del mondo è buono; che 1' umanità ed il commercio richiedono
un nuovo espediente il quale provveda a questa vergogna. Non riflettono in fine
alla responsabilità che assumono nel trattare così leggermente un trovato che ha
già riportato l'approvazione di uomini più competenti di loro, tanto nella scienza
dell'ingegnere, quanto nell'arte della marina; che ha per sé il pregio più unico
che raro, quello cioè che se fallisce non porta danno alcuno, e che se riesce
produce immenso vantaggio ai portocanali des cótes du monde entier 3 secondo la
sentenza del sig. de Tessan.
Laonde se l'Ammiraglio interloquì in tal questione, ne aveva scienza e diritto,
e la sua autorità non soltanto basta a difendere ed onorare il mio sistema, ma
costringer Lei altresì, sig. Professore, a rispettarlo siccome giudice competenlissimo.
Dopo aver Ella posto a tortura il mio trovato nel modo il più straziante, come
si è veduto, considerando l'immenso ammasso d'interrimento che ha di già assa-
lito il Portosàido, e forse considerando che tanto in forza della mia teorica, quanto
in forza della Sua quell'ammasso andrà di più in più sempre crescendo, ha
veduto il bisogno di provvedere ai tristi effetti che debbono prodursi ne! pubblico;
ed ecco come vi provvede :
« Io credo, V. S. dice, che quando la diga di ovest sarà avanzata sino alle grandi
profondità di otto o dieci metri , e la diga di est vi avrà tenuto dietro colla già
stabilita protrazione di lunghezze, esse due dighe formeranno colle teste loro un
sistema di capi avanzati in mare, contro i quali frangendosi le onde dei mare
(1) Regio decreto con cui sono create due Commissioni, una locale, l'altra permanente, per l'esame
di nuove opere concernenti il servizio dei porti, spiagge e fari. (Giornale del Genio civile. Firenze,
Anno VI 1868, pag. 146, 147 e 148).
SUL PORTOSÀIDO 699
burrascoso, queste sgombreranno le sabbie e le melme che sollevate dalle lame di
fondo avessero tentato d' ingombrare la foce del porto » .
— Strana confessione! Dunque le lame di fondo possono sollevare le sabbie in
profondità di otto o dieci metri, e le onde possono sgombrare dalle sabbie e
dalle melme i Suoi moli. E perchè non potranno produrre i medesimi effetti nei
miei moli e nel cono del mio trovato? —
Ma, di grazia, tutti gli altri portocanali di questo mondo non hanno due moli
come quello di Sàido? E perchè quel maraviglioso effetto delle onde che Ella
crede avrà luogo nel nuovo porto egiziano, non si verifica in nessun altro ? per-
chè in tutti gli altri porti di questa specie, inglesi, francesi e italiani on doit
lutter incessamment contre une difficulté sans cesse renaissante : l'envahissement des
ports par les vases et les sables? (de Tessan); perchè tous ces ports ont leur entrée
obstruée ou menacée di esserla? (Ghevailier). Perchè insomma tutti gli altri porti
della costituzione di quello di cui si tratta sono tutti di una esistenza precaria
ed infelicissima, e nessuno può servire ad una regolare e vasta navigazione?
Prevedendo forse che la Sua credenza non fosse d'altri ricevuta, continua
a dire :
« E, malgrado ciò, gì" Ingegneri stessi hanno ammesso che, anche dopo spinte
le dighe così avanti nel profondo mare, possa avvenire che verso la estremità
del canal-porto vi si accumulino interrimenti, cagionati in tempo di grandi e in-
sistenti burrasche dalle lame di fondo; ma hanno pensato che vi si provvedere
coi lavori dei cura-porti. Al che il sig. Gialdi oppone la impossibilità che, a suo
dire, vi sarà di tenere sgombra la imboccatura col lavoro delle pirodraghe ».
Non è a mio dire che vi sarà impossibilità di tener sgombra la imboccatura
dalla ordinaria barra; giacché non solo ho prodotto il fatto accaduto in Porto-
sàido, ma ben altri tre accaduti in Fiumicino, in Anzio, in Sinigaglia : V. S.
neppur uno ne cita che mi contraddica. Anzi leggo stampato da Lei a questo
proposito che guadagnar fondo con lavori d' escavazione artificiale è cosa d'inspera-
bile riuscita; che è provata V insufficienza delle escavazioni coi cur aporti o con altri
mezzi qualunque; che è persino assurdo intendimento una tal proposta, sempre
ben inteso a mare aperto (I). Ed in vero; se le macchine effossorie fossero utili
fuori la bocca dei portocanali, perché tutti difettano di profondità dj, acqua nel-
l'entrata? Dunque, torna ad essere interamente confermato quanto io dicevo nella
mia Lettera al sig. de Lesseps, cioè che « nulla può sperarsi di bene dal proposto
uso di spurgo fuori la bocca, o in su la entrata del Portosàido »: ove il mare è
aperto; ove il y a souvent un peu de houle, du courant, un mouvement d'eau assez
considerale (Lavalley), ed ove l'agitatian des eaux est continue sur les barres del
suo liltorale (Percement ecc. Séance du 31 décembre 1855).
E prevedendo che anche tal Suo modo di ragionare non possa persuadere, Ella
torna alla prima idea : « Ma osserverò che la violenta percossa delle onde contro i
capi o teste delle dighe, impedirà che cotali interrimenti abbiano luogo, non solo al
di fuori del canal-porto, ma nemmeno alla immediata sua sfoc iatur wQuesti inter-
rimenti potranno soltanto verificarsi alquanto dentro nel canal-porto medesimo
e quindi il lavoro della loro escavazione si troverà dalla diga protetto. Meglio che
i ragionamenti valga l'esempio ». E lode Le sia, sig. Professore: finalmente cita
un esempio; ma L'è favorevole? Vediamo.
(1) Considerazioni de! 1858 già citate, pag. 33 e 42, e Memorie pur citate, Venezia 1859, pag. 178,
700 SUL PORTOSÀIDO
V. S. fa la storia del molo di Malamocco e dell'effetto da esso prodotto, e t spera
fermamente che ciò si verificherà anche nel canale del Port-Sa'id quantunque non
giovato da un'efficace corrente di riflusso ». Che V. S. lo speri, sarà; ma
che lo creda non posso ammetterlo: Le farei troppo torto.
In tutti i portocanali del globo ove non esiste corrente naturale, l'arte ve l'ha
introdotta, e per mezzo delle chiuse di cacciata o per ammassamento del flusso
procura di ottenere una forte corrente artificiale a spurgar la bocca e solcare la
barra, ed a questo sistema si deve in gran parte quella qualunque conserva-
zione di essi.
Il Portosàido, come ogni altro porto della sua specie, avrebbe necessità di
una forte corrente naturale o artificiale, e gl'Ingegneri compilatori del disegno
preliminare proposero il modo di introdurvela, giacché « è nostra opinione, Ella
scrisse , non potersi la rada di Pelusio riguardare come stabilita e sicura non solo
contro gli insabbiamenti provenienti direttamente dal mare, ma nemmeno contro quelli
che traggono origine dalle alluvioni del Nilo , quando se ne mutasse la condizione
attuale, coW aprirvi un gran porto (1) ».
Ed ora siamo in questo caso; ed iu fatto l'opera del molo in costruzione ha già
mostrato, in scala più vasta forse di quello che Ella avesse mai pensato, la verità
di quanto allora V. S. diceva. Ma l'arma di cui dispone il porto di Malamocco,
per conservare il fondo alla sua bocca e sopra la inevitabile barra , non si pos-
siede dai Portosàido. « Quella forte corrente di riflusso, Ella scrisse pure, che viene
naturalmente procurata dalla notevole marea che si manifesta sui lidi veneti mercè
la quale V ampia laguna riempita nelle sei ore del flusso si scarica nelle sei del ri-
flusso uscendo in mare per il canale del porto » di Malamocco, non esiste nel Por-
tosàido. Ed eccone la ragione che attingo da Lei stessa: « Nella rada egiziana
qual pure fosse il punto scelto per aprirvi il porto , sopra una simile naturale cor-
rente non potevasi contare , perciocché ivi manca innanzi tutto la marea periodica;
poi V aperto porto non si sarebbe trovato in quelle condizioni di sito in cui trovasi
quello di Malamocco rispetto alle sue lagune. Né sopra un'artificiale corrente potevasi
contare, perciocché riconosciuta la insufficenza di quella che avrebbero procurato le
maree del mar Rosso, vi si rinunciò interamente, tanto più che per ottenere un simile
tenuissimo effetto di correntìa sarebbe stato necessario imbrigliare il Canale dei due
mari dalVuna e dall'altra estremità con sostegni e conche che recherebbero un troppo
notevole impedimento alla libera navigazione ». (Appendice citata pag. 249).
Sicché, da quanto Ella ci riferisce e da quanto si desume dai begli studii del
JLieussou e del Lombardini sul regime delle acque di quel nuovo bosforo, il
canale di Portosàido non ha corso di acqua efficace da manlenere per sé stesso
espurgata la bocca e la barra (2). Dunque V. S. si è male apposta nel parago-
nare Portosàido a Malamocco e nello sperare fermamente di ottener in quelio
egiziano ciò che si è ottenuto in quello veneto, e tanto più si è male apposta
in quanto che Ella stessa avvertì altrove che la Commissione internazionale non
ignorava V essenziale diversità che corre tra V uno e V altro- dei due porti sovra ac-
cennali (Appendice ripetuta pag. 248).
(1) Appendice alle Considerazioni sul protendimento delle spiaggie e sull' insabbiamento dei porti ap-
plicate allo stabilimento di un porto nella rada di Pelusio (Giornale dell' Ingegnere-Architetto ed Agro-
nomo. Milano, Anno V, 1857, pag. 242).
(2) Celle question a été traitée successivement par MM. Lieussou, Poirée, Cadiat, et enfiti par M- Che-
vallier (E. Flachat. Mémoire sur les travaux de l'islhme de Suez. Paris 1864 pag. 39).
SUL PORTOSÀIDO 701
Ecco perchè io confutai questo paragone nel mio libro sul moto ondoso e su i
suoi effetti, ed ecco perchè nella lettera al sig. de Lesseps, dopo aver notato un
altro grave difetto dei lido egiziano, dicevo: « Abbiamo in oltre in quel porto (Sàido)
la mancanza assoluta delle chiuse di cacciata o deflussi naturali od artificiali, che
in tutti gli altri, più o meno efficacemente , spurgano gli approcci del porto e ritar-
dano per qualche tempo il bisogno della protrazione dei moli. Dunque, portando a
compimento il disegno approvato per il Portosàido, si è sicuri che esso porto non potrà
essere salvato che con la indefinita e sollecita protrazione dei moli} »
Restituita ai principali fatti la verità, confutate col miglior ordine che mi fosse
dato le obiezioni più saglienti della Sua lettera e rivendicato il mio onore, mi
volgo più direttamente a Portosàido.
Ho promesso di dimostrarle il bisogno di quella importantissima opera del
Portosàido perchè sia convenientemente salvata; ossia l'insufficienza del piano
adottato dalla Commissione internazionale, per una non interrotta, grande e vasta
navigazione, senza la necessità di celere e continuata protrazione nei moli: ed
eccomi a servirla.
Dal fin qui detto risulla chiaro che tutta la Sua lettera al sig. de Lesseps non
deroga punto né poco ai valore che può aver quella da me direttagli, la quale
è necessario che sia presente al lettore, se vuole giudicare. E che un valore
possa realmente avere, me lo hanno provato le favorevoli testimonianze altrui,
e più ancora l'incomodo che Ella si è dato di censurarla, quantunque V. S. non
sia stato mai in essa citato!! Anzi dirò di più: come la critica del sig. Gheval-
lier ha confermato la bontà del mio trovato, così la censura di V. S. l'ha ri-
badita: quindi quanto io scrissi nel luglio 1867 al sig. de Lesseps resta in pieno
vigore.
Risulta pure dimostrato da tutto quello che Ella ha scritto in questa circostanza
non che da quello che io ho dovuto esaminare dello scritto Suo, che la scienza
ed il Portosàido poco o nulla vi hanno guadagnato, giacché quasi nulla di nuovo
abbiamo detto. Dunque è tempo di abbandonare la questione privata e di occu-
parci della pubblica: la S. V., per autorità e per sapere, può essere molto utile
in questa bisogna.
Io, signor Professore, sono convinto che Ella ami, come me, il felice risulta-
mene dell'opera del Portosàido, e che tutto quello che noi abbiamo scritto per
essa è stato guidato soltanto da questo nobile sentimento. Ebbene, in tal convin-
cimento, Le fo la proposta di onorarmi a scrivere in solido una lettera al sig. de
Lesseps; e eccogliene il bozzetto che sottopongo alla sua correzione. Che se a
Lei non piacesse, servirà a sdebitarmi dalla promessa or ora ripetuta, e di con-
clusione alla presente lettera.
702 SUL PORTOSÀIDO
Illustre Signor Presidente e Direttore,
« // rimuover stabilmente e perfettamente l'ostacolo che frap-
pongono le barre alla libera navigazione è il primo intento
in cui si deve mirare ».
P. Paleocapa.
« L'embouchure du canal de Port-Saìd mìa toujours paru devoir
élre l'éceuil de cette grande et noble entreprise ».
Charles Noel.
« La bocca del Portosàido sarà conservata: o dalla perpetua e
celere protrazione dei moli, o da un nuovo espediente ».
A. Cialdi.
Da circa dodici anni i nostri studii e i nostri cuori sono principalmente rivolti
alla vasta impresa che onorerà il nostro secolo e renderà immortale il nome della
Signoria Vostra Illustrissima.
Noi abbiamo ammirato il Vostro zelo e la Vostra costanza nel sormontare le
gravi difficoltà che Vi si attraversavano per via , ed oggi vediamo con compia-
cenza somma vicino il termine che coronar deve le Vostre fatiche.
Noi siamo convinti, Signore, che la grande opera del Bosforo artificiale di Suez
è stata meditata con maturità di studio e valutata con tutta quella giustezza di cai-
coli preventivi a cui sia dato d' aspirare nelle intraprese di così grande momento.
(Paleocapa 1857). Tuttavia una parte di essa ha più delle altre chiamala la nostra
attenzione, come quella più controversa e per la quale noi stessi abbiamo avuto
più volte a combattere. Voi vedete che noi intendiamo parlare del Portosàido, o,
per meglio dire, degli insabbiamenti cui sarà soggetta la sua foce.
« A chi abbia letto con qualche attenzione la Memoria sul protendimento delle
spiaggie e sull'insabbiamento dei porti dell' Adriatico, scritta da uno di noi, non
sarà sfuggito come fosse nostra opinione non potersi la rada di Pelusio riguardare
come stabilita e sicura non solo contro gli insabbiamenti provenienti direttamente dal
mare, ma nemmeno contro quelli che traggono origine dalle alluvioni del Nilo, quando
se ne mutasse la condizione attuale , coir aprirvi un gran porto. Fu anzi questi
un punto in cui eravamo DISCORDI dai valenti ingegneri del Viceré di Egitto ; perchè
fra gli argomenti che addicevano per giustificare la scelta che prima avevano fatta
del sito in cui doveva essere aperto il porto, era questo: — doversi riguardare ivi
la costa come inalterarile, avvegnaché dinnanzi ad essa vi fosse stabilito un
perfetto equilibrio fra le cagioni che tendevano a far avanzare la spiaggia, e
quelle che tendevano a farla accorciare — onde non erano a temersi che quegli
insabbiamenti che sarebbero venuti dal mare in conseguenza dell'essersi tagliata la
spiaggia sottile, che or trovasi stabilita per creare il porto , e procurargli la neces-
saria profondità.
« Nessun pericolo poi dicevano sovrastare al porto dipendentemente dalle
materie versate in mare dal Ni lo , le quali consistono di tenuissima belletta fan-
gosa , che le acque tengono lungamente sospesa e non depositano sul fondo del mare
che molto al largo dove hanno perduta ogni velocità.
SUL PORTOSÀIDO 703
« E noi invece sostenevamo che gli interrimenti di un porto aperto in una spiaggia
che si trovi; rispetto allo sbocco di fiumi torbidi } in una situazione somigliante a
quella in cui trovasi la rada di Pelusio rispetto al Nilo, procedevano essenzialmente
dalle materie uscenti dal fiume, poiché la stessa origine avevano anche le sabbie get-
tatevi dentro dai flutti e che impropriamente si dicono sollevate dal fondo del mare »
(Paleocapa, 1857).
Un di noi ha inoltre provato che le sabbie ed altre materie ostruttive vengono
di certo anche dal mare direttamente, sollevate dal fondo benché giacenti a 40 e
più metri di acqua, e la massa delle quali non è forse minore a quella che il
Portosàido riceve dal Nilo. (Gialdi; 1856, 60 e 66). Ed in vero, soltanto l'unione
di queste cause può spiegare quel vastissimo insabbiamento triangolare coli' al-
tezza di cinque a sei cento metri e colla base di oltre due mila metri già ad-
dossato al molo massimo del Portosàido, e dar ragione della diversa qualità delle
materie che lo compongono.
Da questo fatto Voi vedete, sig. Presidente, con quanta verità noi, di comune
accordo, criticavamo le illusioni degl'Ingegneri del Viceré d'Egitto autori del
disegno preliminare, intorno ai possibili insabbiamenti nel futuro Portosàido; e
vedete pure come sieno anche dai più dotti ignorati i giusti principii del movi-
mento delle acque. Pur troppo in questa scienza di fatti, più gli occhi han veduto
più vede la ragione.
Prevedendosi da noi un simile insabbiamento fin dai primi studii sul porto
di cui trattiamo, venne proposta per proteggere il nuovo porto nella rada di
Pelusio una prima diga abbastanza avanzata in mare e situata ad occidente del
porto medesimo; (Paleocapa; 1856), ed uno di noi ne propose anche più di una
(Gialdi; 1856 e 60). Queste dighe, che gli italiani chiamano guardiani o speroni e
i francesi épis 3 avrebbero rattenuto accollo di loro una parte delle materie che
oggi vediamo addossate al detto molo di Portosàido.
Non intendiamo già che questo espediente avrebbe di molto migliorato le con-
dizioni del porto, giacché l'esperienza fattane in Italia, in Francia ed in Inghil-
terra, ove gì' indicati guardiani sono praticati, ci mostra il limitato profitto che
da essi si ricava. Ed in oltre, il Portosàido ha bisogno di un espediente di molto
maggiore effetto. Esso ha in vicinanza e sopravvento un grandissimo fiume; é
circondato da spiaggia sottile, ed ha mare costantemente torbido in tutto il suo
orizzonte (1); il fatto ha provato che la massa delle materie in movimento in quel
lido è molto più grande che altrove tanto che la storia idraulica non ci dà altro
esempio di sì vasto insabbiamento in sì breve spazio di tempo come là é suc-
cesso: arroge che, quel porto è privo di energica interna corrente naturale o
artificiale della quale gli altri dispongono e con essa diminuiscono, almeno in
parte, i difetti della loro entrata, ed è, per soprappiù, obbligato a prestarsi con-
venientemente e senza interruzione a vasta e grande navigazione; quindi l'espe-
diente dei guardiani, benché utile, non avrebbe mai provveduto a tutto. Per il
nostro porto adunque, più che per qualunque altro, si deve cercare uno straor-
dinario ed efficace rimedio.
(1) L'illustre e benemerito professor Gerolamo Bodardo ebbe a notare, benché visitasse l'Egitto nella
stagione della magra del Nilo , il cambiamento del color del mare a più di quindici miglia dal lido.
(Fisica del Globo. Spazi, climi e meteore. Corso completo di geografia fisica e di meteorologia. Genova
1868, pag. 150).
70Ì SUL PORTOSÀIDO
Uno di noi pubblicava, che « colla continuata protrazione dei moli di un por-
tocanale si va riacquistando quella profondità di acqua che l'antecedente protra^
zione aveva contribuito in gran parte a far sollecitamente diminuire e perdere
alla bocca del porto; ma che questo sistema, quantunque efficace, è, per lo meno,
molto dispendioso. Yero è che la grande utilità dell'opera a cui tende il Porto-
sàido, Porto che nell'istesso significato del nome arabo porta l'augurio Felice
della sua riuscita, potrà senza dubbio esuberantemente far fronte a quella spesa e
compensare ancora gli altri inconvenienti proprii alle protrazioni continue e mai
interrotte ». Aggiungeva anche: «Sì, io sono convinto che quando non vi sia
di meglio, quello che è approvato e che è in corso di esecuzione in quel porto
si deve continuare. Egli è opera sovranamente utile e sempre lodevole. Per me
è tale il vantaggio umanitario e commerciale di siffatta opera che io, nella mia
pochezza, vi presi quattro voci sociali, e non le venderei, fossero anche quattro
mila, col beneficio del cento per cento (1). Ma non sarebbe più utile poter giun-
gere all'istesso fine senza quella continuata spesa, e senza tutti gli altri difetti,
che sono conseguenze del rimedio a quel male?
« Se in ogni altro portocanale ragion vuole che si studino tutte le vie per tro-
vare quella che almeno allontani molto il bisogno delle protrazioni in perma-
nenza, tanto più si dovrà far questo studio per un porto così importante e così
minacciato dalla natura del sito, come è quello di cui tratto ». (Gialdi; 1866}
N. 1584 e 1585).
Voi ben sapete, sig. Presidente, que le manque de profondeur d'eau est un mal
permanent très-grave y qui affecte tous les temps et tous les navigateurs , qui peni
anéantir à la longue la pros perite du commerce dans un port et dans les cótes limi*
trophes (Sganzin e Reibell). E la guerra di centesimi che oggi si fa il Commercio
ha fatto crescere le sue esigenze sulle condizioni dei porti.
E sapete pure quel che di fresco scrive l'illustre Eugenio Flachat, a Voi ben
noto sig. Presidente, che: « Dans le données actuelles de l'art, pour atteindre ces
vitesses (13 e più nodi) avec des navires ayant les dimensions nécessaires aux exi*
gences du traftc, comme le Scoti a, en le supposant à hélice, il faudrait que la passe
de sortie des ports eut une profondeur de 9 mètres. Et dans ce cas mème, une hélice
de 7 mètres de diamètre ne serait immergée que de Qm,40^ ce qui est insuffisant. La
profondeur des bassins devrait étre de 8 mètres.
« Il rìest que trop vrai , aggiunge questo grande ingegnere, que des nécessités
aussi immédiates ne sont pas suffisamment comprises. Elles riattirent pas Vattention.
Les ports de commerce sont à la navigation ce que Vestomac est au corps humain
On Voublie : on a laissé fermer les ports de Nantes et de Bordeaux, sans songer que
le salut de ces villes, comme ports, valait des millions en grand nombre, à coté des
millions que le temps a accumulés pour y créer de si grands centres de population.
Le port du Hdvre tutte depuis longues années contre Vinsuffisance que lui fait subir
le développement du commerce. La France, si riche en littoral sur VOcéan, n'y offre
que deux ports sùrs et accessibles aux plus grands navires, Brest et Cherbourg (2) » .
(1) Il mio desiderio, e dirò anzi la mia fede, sul felice risultamento dell'Impresa è sempre tale che
non ho esitato punto ad acquistare anche sull' Emprunt de cent millions otto Cartelle di Obligations :
ed Ella, sig. Professore, vorrebbe far credere che io sono di quelli che danno ad intendere che il piano
adottato abbia a fallire allo scopo !
(2) Navigation à vapeur transocèanìenne, già citata, Paris 1866, tome premier, pag. 337,
SUL P0RT0SÀ1D0 705
E se questo difetto si fa sentire in quei porti provinciali , ove pur non si é
mancato d'impiegare serii studii e molte somme, quanto grande non dovrà essere
la Vostra preveggenza, sig. Presidente, per un porto che deve servire alla navi-
gazione universale de! Globo intero? Il citato Flachat ha inoltre magistralmente
provato che les navires de grandes dimensìons soni avantageux, à la fois sous le
rapport de l'economie et de la sécurité: e noi vediamo infatto che da tutte le nazioni
ogni giorno più si mette in pratica questa verità. Ed il medesimo sig. Flachat
ha provato pure che l'elice rapidamente prende il sopravvento alle ruote. Quindi
i dieci metri di acqua all'entrata di Portosàido voluti dalla Commissione inter-
nazionale è la minor profondità che la Signoria Vostra Illustrissima può offrire
alla navigazione mondiale, e questa profondità è stata quella promessa al pub-
blico, perchè sapete che a mare ondeggiato si riducono ad otto metri utili, e
meno ancora, i dieci metri di acqua a mare calmo.
Fino i porti del Mediterraneo, che sono destinati ad un commercio di più
ristretto raggio di operazioni, hanno alla loro entrata non meno di dieci metri
di acqua, e non pochi di essi superano questa misura; quindi Odessa, Costan-
tinopoli, Atene (Pireo), Trieste, Venezia, Ancona, Brindisi, Messina, Palermo,
Napoli, Livorno, Genova, Marsiglia, Barcellona, Algeri, ecc., si troverebbero in
condizioni migliori di Portosàido se non si giungesse coi molo massimo alla pro-
fondità stabilita dalla sapienza della Commissione internazionale (1).
E a Voi cosa facile conquistare i dieci metri di acqua, protraendo con sollecitu-
dine i moli alla lunghezza necessaria. La lunghezza stabilita dalla Commissione
internazionale di 3,500 metri nel molo massimo, e di 2,500 in quello minimo,
non crediamo che sarà più sufficiente, quando i moli l'avranno raggiunta, giac-
che l'aumento della spiaggia, e il va^sto interrimento sopravvenuto, e che sempre
cresce, dopo cominciati i lavori del molo sinistro, avrà naturalmente diminuita
la profondità dell'acqua in più vasta estensione, gradatamente, e dove erano dieci
metri di fondo, forse non ve ne saranno che otto. Ma la difficoltà massima sta
nel conservare la conquistata profondità , senza bisogno di continua e sollecita
protrazione dei moli.
Uno di noi spinge tant'oltre il timore che gl'incute questa difficoltà che torna
oggi ali idea dell'antemurale, già proposto dagl'Ingegneri del disegno prelimi-
(1) Tra i motivi che indussero la Commissione internazionale a stabilire la profondità di dieci metri alla
TiZ olo^olV1 fu anche quell° pour tenir compte de la levèe de la lame- ^Rapp°rt citato- paris l856>
p. Ul, olà e 31 5). -Questo importante avvertimento della Commissione ne suggerisce altri. Ella sig Pro-
cessore, ha più volte ripetuta la profondità ridotta a misura di otto o dieci metri d'acqua, come limite ove
, 6SSere Tlta U dlga occidentale *» mare. Or dunque io credo domandarle licenza di notare quanto
impropria sia questa vaga maniera di fissare la profondità dell'acqua nella bocca di un porto, e quante
dannose conseguenze ne seguirebbero, se si arrestasse il molo massimo in otto metri d'acqua. In questo
caso il nuovo porto egiziano si troverebbe in condizione peggiore anche di quello di Civitavecchia, che
A u r^^ LeVanle n°n men° di metri 9'50- Cou mare ondeggiato, un bastimento che fosse
diretto ed obbligato di entrare in Portosàido, non vi troverebbe che sei metri utili alla bocca, e non
ai rado anche meno. Neil' indicato caso, a che servirebbe la profonder minima de 8 mètres stabilita
dalla Commissione internazionale per la profondità interna del Canale da un mare all'altro? V S non
ignora la diversità che corre tra la posizione di un bastimento che si trova in un porto e che vuole
uscirne e quella di un bastimento che si trova fuori e che deve entrare in un porto. « Les bàtiments
attenderti sans danger dans un pori les circonstances favorables pour en sortir, ce qu'ils ne peuvent pas
mujours faire au large pour entrer » (Minard). Dunque quel bastimento che per uscire dal porto con
mare calmo, vuole otto metri d'acqua, nell'entrare quel desso nel medesimo porto può volerne dieci e
Più, pel beccheggio che l'ondeggiamento del mare gli cagiona.
706 SUL PORTOSÀIDO
nare e dalla Commissione internazionale soppresso, d'adottarsi quando, spinte le
due dighe fino alle divisate profondità in mare , si riconoscesse il bisogno di dar loro
tali ulteriori prolungamenti che esponessero a spesa maggiore di quella che dalla crea-
zione del detto antemurale sarebbe richiesta (Paleocapa; 1868). Ben inteso però, che
non mai dovrebbe costruirsi parallelo al lido in una spiaggia che cammina, sic-
come venne proposto, sibbene pressoché perpendicolare , cioè nello stesso anda-
mento del molo massimo; tanto più che il vento regnante e dominante infuria
da sinistra, quindi l'antemurale, o, per meglio dire, la diga isolata, deve con-
traporglisi; ed a condizione che in testa al molo massimo vi sia innestato il
braccio a ritroso, affinchè la bocca del Canale e la diga, o, meglio ancora, la
protrazione isolata, si conservino completamente utili, siccome venne dimostralo
con esempii nella proposta del nuovo sistema.
L'idea maestra che ci preoccupa, sig. Presidente, è pubblicamente e privata-
mente professata in Francia da molti, e il numero sempre più crescerà appresso
all'ammiraglio Lafon de Ladébat, all'ispettore generale Noél, ed agli esperti uf-
ficiali di marina. Voi potete desumerlo dal valore delle dichiarazioni che in Ap-
pendice qui Vi presentiamo. Essa è, inoltre, professata pure dal sig. Régy, inge-
gnere capo dei ponti e strade.
Questi, dai suoi studii idrografici ed idraulici, ha dedotto: « que le regime des
vagues, des courants et des atterrissements était le mème sur la còte occidentale du
golfe de Péluse que sur le còte orientale du gol fé de Lion; que des ouvrages en tra-
vers de la còte en mer apporteraient le mèm,e trouble à ce regime établi, que par con-
séquent on aurait à lutter à Sa'id comme à Cette, avec des difficultés de mème nature » .
Ciò vuol dire che, con i sistemi conosciuti ed usati fino ad oggi nella dispo-
sizione dei moli, come non si è mai ottenuto un buon porto in Cette, ad onta
di tutta la scienza ed il volere di una illuminata e potente nazione, così non si
otterrà in Sàido. « Mais, Egli soggiunge, que Von peut parfaitement surmonter les
difficultés à Sa'id, comme nous le demontrerons à Cette, par la direction , le trace
et la forme des digues, pour donner une entrée et un chenal sur et praticable , un
bassin et une rade distincts et séparés » .
Questo giudizio si legge nell' importante periodico Nouvelles annales de la Con-
struction (Parigi, dodicesimo anno, settembre 1866, colonna 132), ove è in corso
di pubblicazione V Etude des travaux du port de Cette par M. Régy.
In seguito (febbraio 1867 colonna 21) questo chiaro ingegnere è tornato sopra
l'ultima parte dell'accennato suo giudizio, e ne ha sviluppate le idee in questi
termini: « La meilleur position qui puisse préserver des atterrissements marins le
port que Von voudrait construire , est celle qui le séparerait des cours de sable sur
le littoral par des grandes profondeurs d'eau et assez étendues pour qu'ils ne puissent^
les franchir. Mais d'autres considérations peuvent entrainer le choix de localités qui
ne fassent pas les frais de cette défense naturelle contre les ensablements. Alors
il faut le demander aux ouvrages qui doivent former le port artificiel. C'est par
leur disposition et leur combinaison, par leur trace et leur forme, quHl faudra obte-
nir une entrée séparée des sables en mouvement dans la zone des bas-fonds , par
une grande masse d'eau profonde, qui les tiennent éloignés ; et défendue contre les
matières et vases du large, par le ressac et Vagitation , au devant et en dehors des
ouvrages du port, qui les maintiennent en suspension et les rejettent au loin.
« Cest en effet à la mer elle-mème qiCil faut demander la plus efficace des de-
fenses contre Vapproche des sables : c'est au travati incessant des vagues et des
SUL PORTOSÀIDO 707
courants, sollicité et dirige par les ouvrages du pori, qu'il faut demander Véloigne-
ment, le transport et le dépót , en dehors et sans inconvénient pour la navigation,
des sables que la mer soulève des bas-fonds, entrarne et diarie sans cesse » .
Ma tutto questo non ci dà ancora la dimostrazione da lui annunziataci nel
settembre 1866: ci prova soltanto che il celebrato ingegnere francese ha ricono-
sciuto in Porfosàido il medesimo grave difetto notato già da uno di noi, e che
egli ne cerca il rimedio tenendo la stessa via da questo battuta e da oltre due
lustri mostrata pubblicamente in Italia ed in Francia conducente alla méta. Si
assicuri, Illustre Signore, che essa è Punica che possa condurre alla scoperta
di un espediente allo a salvare i portocanali dal loro principale e decisivo di-
fello — gì5 insabbiamenti agli approcci della bocca del porto. — Noi abbiamo
molto desiderato che il sig. Régy facesse di pubblica ragione quello da lui pen-
sato e promesso, ma, quantunque sieno trascorsi venlidue mesi, il nostro desi-
derio è restato deluso. Quindi ragion vuole che egli non abbia trovato niente di
meglio di quello proposto e pubblicato fin dal 1856 da uno di noi, e però sempre
più siamo convinti della bontà del nostro.
Vi ha di più. Voi, in virtù di quella prudenza che tanto Vi onora, avete voluto
consultare il sig. ingegnere Chevallier intorno al merito dell'espediente che Vi
proponiamo. L'acutissimo ingegno di questo idraulico non ha potuto trovarvi
alcun intrinseco difetto, e solo ha creduto che i due lievi e parziali timori del
sig. de Tessan avessero esuberante peso. Ma dalla lettera di luglio del passato
anno, scrittavi da uno di noi, Voi dovete aver veduto come chiaramente dimo-
strasi la lievità di quei due timori, quando anche dallo stato- immaginario pas-
sassero al reale. Ed oggi, dalle citate dichiarazioni, vedrete confermata la verità
di quella dimostrazione, d'altri giudici imparziali e compelentissimi
Né ciò è tutto. Voi sapete che da uno di noi fu proposto questo stesso espe-
diente per un nuovo porto in Pesaro, e che da ufficiali e compelentissimi Con-
sessi venne approvalo. Ebbene, checché ne possa essere stato detto in contrario
se avesse avuto esecuzione, siamo sicuri che oggi noi potremmo presentare a Voi
il fatto del suo felice risultamento.
Così essendo: noi, di pieno accordo, qui ripetiamo la Conclusione che uno di
noi Vi sottoponeva nella lettera qui sopra ricordata, dopo avervi brevemente
esposto le ragioni che lo indussero alla ricerca ed alla proposta di un nuovo sistema.
« In questo solo modo noi siamo convinti che si riuscirà a conservare spur-
gata la entrata del Canale di Portosàido; e però con esso si può in realtà man-
dare a tempo per noi remoto il bisogno di protrarre i moli. Incatenando e ben
dirigendo la nociva potenza dei flutti e della corrente liitorale da essi sospinta
a malfare, si avrà dall'unione di queste forze un perenne e vigoroso lavoro di
spurgo, ed allora soltanto l'asserzione del Russell potrà esser vera. Questo modo
(che per noi è la diga isolata, la bocca di ponente e la scogliera parallela al lido
ossia braccio a ritroso) ha inoltre il vantaggio di non aumentare la spesa di prima
costruzione, anzi di sminuirla d'assai. Imperocché la gettata ed il manufatto del
maggior molo sarebbero accorciati di quattrocento metri, senza toglier nulla alla
distanza dell'estremo punto dall'alto mare alla riva; la gettata ed il manufatto
del molo minore sarebbero diminuiti di seicento metri, senza diminuire la tran-
quillità del porto: in tutto mille metri di meno di costruzione e di manutenzione
dei moh; e solo vi sarebbe l'aumento di quattrocento metri pel braccio di sco-
gliera semplice e di sezione tanto più stretta dei moli.
Giorn. lng. — Voi. XVI. — Novembre 1868. 47
708 SUL PORTOSÀIDO
« Per procedere innanzi con tutte le cautele, dati. già tanti schiarimenti, fac-
ciamo ora una supposizione. Ammettiamo che il trovato che Vi proponiamo,
quantunque riposi sopra ciò che la scienza e l'esperienza ci dettano, e quan-
tunque abbia riportato l'approvazione di Consessi e di giudici competenti, pur
tuttavia non risponda ai comuni desiderii; in una parola, supponiamo che fallisca.
Quali ne saranno le conseguenze? Eccole: La diga isolata sarebbe unita al mag-
gior molo, interrotto per una lunghezza di 400 metri, ed il minor molo sarebbe
continuato fino a 2500 metri già approvati. Ma la spesa necessaria per riunire
la diga isolata al maggior molo e quella per completare la lunghezza del minore
figurano già nel piano approvato. Quindi si avrebbe soltanto la spesa in più di
quattrocento metri di semplice scogliera per il braccio innestato al molo di po-
nente che, secondo il piano approvato, non si farebbe. La quale spesa pel pro-
posto braccio di scogliera semplice, non sarebbe mica perduta, anzi utilissima;
perchè sbarrando a 2600 metri dalla riva il corso delle materie che tendono a
sormontare l'intero molo di 3500 metri, si avrebbe sempre un utile guardiano
per racchiudere la totalità delle materie più pesanti e la maggior parte di quelle
più leggiere, che scorrono da ponente a levante lungo il lido di cui si tratta, e
per naturale conseguenza si conserverebbe meglio il fondo dinanzi la entrala del
canale, si ritarderebbe moltissimo una seconda protrazione ai moli, e si forme-
rebbe sempre un utile ricettacolo o sentina.
t D'altra parte se il trovato risponde alle fondate speranze, si avrà oltre al-
l'intrinseco beneficio. che esso deve' produrre, economia di tempo e di spesa
nella costruzione dell'intero porto; giacché come si rileva da quanto è detto di
sopra, diminuisce la gettata ed il manufatto dei moli per ben mille metri di
lunghezza. E questo non è piccola cosa.
« Dunque con mandare ad effetto il ripetuto trovato nulla si perde, se fal-
lisce: MOLTO SI GUADAGNA, SE CORRISPONDE ALLA NOSTRA ASPETTAZIONE ». (Gialdi ;
1866 e 1867).
— Nella povertà dei mezzi in cui l'arte versa, pella conservazione di questa
specie di porti, non è sano consiglio lo abbandonare una proposta di migliora-
mento, quando anche presenti lontana la speranza della riuscita e vicina la pro-
babilità d'inutile impiego di denaro. La nostra invece è ben lungi da tanta in-
certezza, e, nel peggior caso, non espone ne a perdita di tempo, né a danno
economico. —
Da tutto l'esposto, Voi, sig. Presidente, avrete dedotto due verità sulle quali
non cade più eccezione : l.a 1' opera del Portosàido è assalita più di ogni altra
dagl'interrimenti, ed ha meno di ogni altra armi per difendersi: 2.a questa me-
desima opera non può essere salvata che in due modi; o con il sistema della
perenne e sollecita protrazione dei moli, o con quello che in comune oggi noi
Vi proponiamo: l'uno o l'altro è necessario.
La Commissione internazionale accennò al primo modo, ma, dagli studii d'al-
lora, l'Impresa non potè sentire il grave dispendio e le conseguenze contro il
buon regime del lido, dello incessante ed attivo prolungamento dei moli, come
se 1' opera fosse sempre in corso di esecuzione. Il secondo è senza dubbio pre-
feribile all'altro, perchè, come Voi avete veduto, introduce una rilevante economia
di spesa e di tempo nell'opera anche prima che sia compita siccome venne dalla
Commissione proposta, e perchè lascia libero il campo a tornare sul primo di-
segno tutte le volte che il secondo non desse felice risultamento.
SUL P0RT0SÀ1D0 709
Egli è cerio: ciò che noi Vi proponiamo non altera punto il disposto della
preclara Commissione internazionale; noi ci saremmo guardati bene di alterarlo
senza necessità e senza utile scopo, siccome, con dispiacere grande, lo vediamo
nel molo orientale !
Inoltre il nostro sistema e la sua riuscita, di che noi siamo sicuri, servirà di
utile modello a tutti i porti des cótes du monde entier, secondo il giudizio del si-
gnor de Tessan, ed aggiungerà un imperituro ramo di alloro alla Vostra corona.
Questo è quanto io Le propongo, sig. Professore, di scrivere con me al signor
de Lesseps. 8
Confessando il male, già in massima preveduto dalla Commissione internazio-
nale e da Lei, male inerente alla importuosa costituzione fisica del luogo, e pro-
ponendo il rimedio, basato su quanto la scienza e l'esperienza ci dettano, e non
sui sofismi, allora vedrà tacere i dubbii che oggi sono esternati non solo dai
nemici della grande Impresa, se pure ve ne sono, ma ben anche dagli amici ed
amici di mente e dì cuore: - < Il y a toujours profit, autant que loyauté, à alter
au-aevant des objections, quelque intéressées quelles soient (1) • — e non accuserà
più me di persistere nel desiderio che il mio espediente sia messo alla prova:
giacché anch Ella crederà col Francolini, che tale debba essere il desiderio di tutti
coloro che amano il progresso del benessere sociale della scienza (2).
Ella che ha proposto un guardiano abbastanza avanzato in mare, e che è Giunta
persino ad ammettere che , anche dopo spinte le dighe alla divisata profondità
in mare, vi può essere bisogno della creazione di un antemurale, perchè non
convenire fin da oggi nella mia diga isolata e nella scogliera o guardiano, che
potrebbero essere attuate anche prima che le dighe fossero spinte al divisato
Io spero ch'Ella, guidata dal solo sentimento del bene dell'Impresa siccome
lo sono io, vorrà accettare la mia proposta di scrivere con me una lettera di
questo tenore al s.g. de Lesseps, ed in questa speranza mi onoro di confermarmi
Di Civitavecchia 26 luglio 1868.
Suo Devotissimo
Alessandro Cialdi.
APPENDICE.
Nella lunga Nota alla sua Lettera il professor Paleocapa rimprovera al profes-
sore Brighent. di non aver persistito nel primo suo pensiero, quello cioè di ri-
sarcire .1 vecchio porto pesarese, « cedendo, a quanto pare, troppo facilmente al-
l entusiasmo con cui la popolazione di Pesaro aveva dapprima accolto il progetto
Ualdi, sul quale essa fondava le più belle speranze della navigazione »
In siffatta maniera sembra che il professor Paleocapa non dia prova di molta
stima per un professore che chiama illustre. Il quale al contrario rese molto
(1) E. Flachat, Mémoire cit. pag. 10.
(2) Relazione citata pag. 13.
710 SUL PORTOSÀIDO
saviamente ragione al Ministro dei lavori pubblici in Roma, perchè preferisse il
progetto del Cialdi, basandosi principalmente sopra verità di arte, e non sopra
l'entusiasmo di una popolazione. Ecco le sue parole:
« Questo nuovo andamento (cioè quello dal Cialdi dato al canale) soddisfa com-
piutamente (ai bisogni dal Brighenti stesso indicati); e volgendosi a maestro evita
i sopra nominati difetti (del vecchio portocanale); ha inoltre il pregio di scaricare
il fiume nella parte più guardata della spiaggia». E continuando a notare le qua-
lità del disegno Cialdi che gli sembravano pregevoli, finisce per dire che Lui
stesso l'avrebbe proposto se in ciò fare non avesse ecceduto il mandato (Rapporto
del 23 maggio 1856).
E fu tanto ragionato il Rapporto del sig. professor Brighenti che lo stesso
Consiglio d'Arie di Roma non si peritò di attenersi ad esso quando ebbe ad
esprimere il suo Voto sul progetto Cialdi al ministro pei lavori pubblici che ne
lo aveva richiesto. Ecco un passo delle sue testuali parole : « Non vi ha dubbio
che il secondo dei nominati progetti (cioè quello del Cialdi) non sia per riuscire più
efficace del primo (di quello del Brighenti) , e le ragioni patentissime som baste-
volmente sviluppate dall' ispettor Brighenti, senza che vi sia bisogno di ripeterle ».
(Sessione del Consiglio d'Arte del giorno 23 giugno 1856). E quindi il Ministro in
relazione al giudizio del Consiglio d'Arte, decretò:
« Visto che il Consìglio d'Arte, uniformandosi col suo voto al rapporto dell' ispettor
sig. professor Brighenti, dichiara preferibile il progetto del canal curvilineo ideato
dal comm. Cialdi, purché la relativa spesa non ecceda di troppo la somma indicata
nello scandaglio.
« Si diano le occorrenti istruzioni alla delegazione Apostolica di Urbino e Pesaro
affinchè il progetto istesso venga, senza più, ridotto a piano di esecuzione a cura
degl' Ingegneri della provincia pesarese ; e di questa disposizione si dia la dovuta
partecipazione al Consiglio.
(Rescritto 9 luglio 1856 N.° 8806) (1).
Il Ministro
Milesi
« Apfès avoir étudié avec le plus grand soin les savants ouvrages de M. le Com-
mandeur Cialdi, je me range complètement à ses opinions sur la construction des
ports-canaux, et je suis convaincu que la solution qu'il propose pour éviter les atter-
rissements en avant des jetées, est la seule qui permette de triompher des obstacles
que présente jusqu'à présent ce genre de travaux.
« Civitavecchia, 22 décembre 1867.
m-
« Contre-Amiral Laffon de Ladébat »
« J' ai l'honneur de remercier Monsieur le Commandeur Cialdi de ses très4nté-
ressantes et très-instructives Communications.
(1) Lettera al sig. Paolo Giorgi ff. di Gonfaloniere di Pesaro, già citata.
iti-
SUL P0RT0SÀ1D0 71i
« Je partage entièrement son opinion au sujet de Port-Saìd et de tous les ports-
canaux du ménte gente. (Je pourrais citer celui du Móne qui doit déboucher dans
la baie de Foz).
« Tous ces canaux sont fatalement exposés à étre ensablés à leur embouchure. —
Les forces incessantes des vagues l'emporteront toujours, dans un temps plus ou moins
long, sur les forces des hommes. —
« La solution très-ingénieuse proposée par M. le Commandeur Cialdi pourra-t-elle
combattre ces atterrissements si redoutables ? Le raisonnement3 fonde sur des scienti-
fiques observations 3 semole étre en faveur de cet heureux résultat que l'auteur du
projet obtiendrait en employant la force des vagues elles mémes contre les dépóts de
sable. — Ce serait là un vrai triomphe de l'art.
« Mais, en pareille matière 3 Vexpérìence seule petit prononcer d'une manière defi-
nitive. — // semble facile de tenter un essai dans ce sens à Port-Saìd méme sans aug-
menter sensiblement les dépenses des jetées. —
« Si les prévisions du savant mar in se trouvaient confirmées 3 il aurait rendu un
immense service à la navigation en general, à Ventreprise de Visthme de Suez en
particulier.
« Uembouchure du Canal de Port-Saìd ma toujours paru devoir étre Vécueil de
cette grande et noble entreprise.
Toulon le 1 juillet 1868.
C. Noèl
Insp. gén. de ponts et eh. en ret. »
« Toulon le 28 juin 1868.
Mon cher Commandeur
« Je m'empresse de vous faire parvenir la petite Note que vous m'avez demandée.
Elle est Vexpression d'une conviction sincère et indépendante.
« Quelque modeste que puisse étre mon opinion sur un pareti su jet 3 je suis heureux
de pouvoir vous l'offrir comme un témoignage de Vestirne profonde avec laquelle j'ai
l'honneur d'ètre
« Votre très-respectueux et obéissant serviteur
« Felix Julien ».
« La construction des Por ts- Canaux, ielle que Monsieur le Commandeur Cialdi
propose de l'appliquer à Pori-Saul, semble reunir les conditions les plus avantageuses.
« La question des ensablements ne peut étre jugée d'avance. Elle se reduit à une que-
stion deprobabilités, et ces probabilités, il fautle reconnaitre, sont en faveur du projet
du savant Commandeur. En pareille matière l'expérience seule peut décider.
« Quant aux difftcultés purement nautiques , nous ne croyons pas qu' elles soient
sensiblement augmentées par Vouverture en entomioir qui doit créer a l'extrémité de
la grande jetóe un courani transversal. L'augmentation qui peut en résulter dans la
violence des lames n'empèchera jamais un bdtiment à vapeur, ni méme un navire à
voiles, de franehir l'étroit éspace laissé à découvert. La distance de 700 mètres qui
7J2 SUL PORTOSAlDO
existe entre la digue isolée et Vextrémité de la jetée orientale doit permettre, par tous
les temps, de doubler cette jetée.
« D'ailleurs s'U pouvait y avoir doute, dans les circonstances les plus défavorables,
c'est-à-dire par une tempète de nord-ouest, la digue isolée doit offrir un mouillage assuré.
« Toulon, 28 Juin 1868.
Felix Julien.
« Nous avons publié au commencement de 1867, dans la Presse scientifiques des
deux mondes, un article rélatif à Vexcellent ouvrage de M. le commandeur Cialdi:
Del moto ondoso del mare, et nous y avons approuvé non seulement ses vues gène-
rales sur les courants et sur les transports de matière quHls produisent , mais en-
core la solution proposée par lui pour éviter les atterrissements en avant des jetées
des ports-canaux. Nous croyons que l'application en devrait étre faite à Port-Sa'id.
Uaccumulation des matières déjà produite au vent de la jetée de Vouest montre que
Vensablement s'étendra très-rapidement, et M. Cialdi prouve par plusieurs faits qu'il
peut atteindre les fonds de 10 mètres. Il s'agit de laisser une lacune et de construire
un bout de jetée à angle droit de 400 mètres. Supposons que Vexpérience ne justifie
pas la construction déduite des théories de M. Cialdi. On aurait alors simplement à
combler la lacune pour revenir au système adopté jusqu'à présent. La jetée perpen-
diculaire, qui aurait cause un surcroit de dépense ne serait du reste pas inutile, car
elle formerait un épi qui retarderait assurément la marche des sables pendant un
grand nombre d'années.
« On a fait au système propose par M. Cialdi une objection au point de vue nau-
tique. Le courant transversai et les vagues de Nord-ouest ne frapperaient-ils pas les
navires entrans de manière à les dévier considérablement de leur route et à les empécher
de doubler la jetée de Vest? Pour que ce danger se présente il faut supposer qu'un navire
à voile fasse la faute de déboucher de la jetée avec une trop petite vitesse au milieu d'une
tempète de Nord-ouest. Mais cette supposition est-elle admissible ? Le navire ne serait-il
pas toujours assez maitre de la manceuvre pour mouiller à temps à Vabri de cette jetée à
fin d'y attendre un temps plus favorable ?
« Toulon 1 Juillel 1868.
« F. ZURCHER
« E. Margollé ».
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— vento
»
603
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— materia
CORREZIONI
citò
fato
teoria di niun trasporto
e col chiamare
vento regnante
maniera
LA COMUNITÀ DI CREMONA,
IL NAVIGLIO CIVICO, ED I PROGETTI DI NUOVI CANALI IRRIGUI
PER QUELLA PROVINCIA.
Dieci anni sono pubblicai una memoria sotto il titolo: Dei progetti intesi a
provvedere alla deficienza di acque irrigue nel Cremonese, che aveva letto all'Isti-
tuto Lombardo delle scienze. In essa, oltre alla storia di vari progetti anteriori
pel fine summentovato, mi proposi di dare qualche sviluppo ad un mio concetto
comunicato nel 1855 all'ingegnere Eugenio Nogarina di Cremona, che ebbe di
poi ad intraprendere studi per attuarlo, associandosi gli ingegneri Fieschi e
Pezzini. Esso consisteva nel derivare un canale dall'Acida a valle di Cassano
per impinguare nella stagione estiva gli esistenti canali del Cremonese soggetti
frequentemente a notevole penuria d' acque (1).
In quello scritto entrai in particolari sull'idrografia della provincia cremonese,
ove per oltre quattro lustri ho iniziata la lunga mia carriera , ed affinchè le
notizie in esso raccolte si diffondessero maggiormente fra i miei concittadini,
ne inviai 400 esemplari al benemerito sacerdote signor Don Ferdinando Manini
per esitarli a vantaggio del filantropico ricovero dei giovani discoli da lui isti-
tuito e diretto. Mi si fa credere per altro che poco frutto ne abbia ricavato per
difetto d' acquirenti , quantunque si trattasse di materia molto interessante pel
benessere di quella provincia.
La convenienza di tale derivazione dall' Adda erasi desunta dagli studii stati-
stici che aveva istituiti pel corso di 22 anni sulle portate dell'Adda, nel quale
(1) Vedasi l'articolo: Rettificazione de' fatti concernenti il nuovo canale dell'Adda, inserito nel N. 56
dell'anno 1862 del Corriere Cremonese, ove la cosa viene dimostrata. Nella nota comunicata nel 1855,
avendo io detto che per una derivazione dall' Adda sotto Cassano i livelli si prestano; e che le acque
dopo la metà di maggio non mancherebbero giammai (Memoria del 1858 pag. 15), dato risultante dai
miei studi idrologici su quel fiume , avrei così rimossa la più grave difficoltà che dapprima vi si op-
poneva, quella cioè della supposta penuria delle sue acque nell'estate, siccome appare dalle discussioni
che vi furono sul progetto Galosio del 1790 per l'impinguamento del Naviglio Civico. E diffatti nell'atto
di Convocato Generale degli interessati del Naviglio è inserita la Rappresentanza di un anonimo ove
è detto : « Se l' Adda sopratutto cospirasse all' intento, oh quanto saressimo felici ! Beate le nostre
« campagne se quelle acque così benefiche e fecondatrici avessero a spandersi, a fluire sopra le mede-
« sime ed a temperare la rigidezza delle nostre! » Ma fattosi di poi il progetto, la Commissione esa-
minatrice di esso soggiunse nella sua Relazione: « Quelle (acque) dell'Adda, stante la magrezza a cui
« è soggetto questo fiume in tempo di siccità per le grandi estrazioni superiori, e stante l'orizzonte
« del medesimo troppo depresso, non potrebbero introdursi nel Naviglio che in scarsa copia e con un
« cavo troppo protratto da giovare appena ad alcuna delle ultime bocche inferiori ».
714 LA COMUNITÀ DI CREMONA, IL NAVIGLIO CIVICO,
periodo potei convincermi che dopo la metà di maggio non manca giammai
l'acqua di questo fiume sotto Cassano per una copiosa nuova derivazione utiliz-
zabile nella provincia di Cremona. In una posteriore Memoria del 1863 intitolata:
Altre considerazioni sulle irrigazioni della Lombardia e studii idrologici sul-
r Adda e sulle sue derivazioni^ dimostrai che la nuova derivazione potevasi spin-
gere dai 25 m. e. ai 35 m. e, partendo dai dati risultanti dalle osservazioni idro-
metriche continuate per altri sette anni.
Senza entrare a discorrere delle successive pertrattazioni concernenti questo
grave argomento, e del merito dei progetti sottoposti all' autorità governativa,
ed ammessi in massima, ci occuperemo principalmente del modo col quale abbiasi
a sostenere l'occorrevole dispendio, punto che in addietro presentava enormi
difficoltà, che ora possono appianarsi in conseguenza dei cangiamenti avvenuti
nel sistema amministrativo del nostro paese.
Dapprima consideravasi il progetto siccome un perfezionamento del Naviglio
civico, ed avrebbesi voluto incaricarne la Società dei navilisti amministrata dal
Municipio di Cremona; ma insorgeva la considerazione che questo non ha più
il carattere che vestiva allorché per opera sua si attivò, e si migliorò quel canale,
e perchè tralterebbesi di ingrandire la nuova derivazione oltre al limite che si:
richiede per assicurarne la competenza. E poiché mancavano finora dati storici
sulla sua origine, avanti alla derivazione dall'Oglio, praticata nel 1337 del Navi-
glio Nuovo, tornerà di qualche interesse Pesame di alcuni documenti non ha
guari scoperti, atti a chiarire i fatti anteriori a quest'epoca.
In un documento dell'anno 1037, riportato dal Tiraboschi nella sua Storia del-
l'Abbazia di Nonantola (T. II pag. 171), concernente la permuta di alcuni ter-
reni del Cremonese, si parla di un pezzo di terra nel comune di Cavallara, posto
in prossimità del fiume Cremonella (coeret ei a mane fluvio Qremmella), località
cui oggidì corrisponderebbe il Naviglio Civico.
In un documento del 20 maggio 1188, esistente nell'archivio segreto di Cre-
mona, dicesi che il Podestà di questa città accorda l'investitura d'affìtto dei
molini che si trovano sulle acque della Cremonella ad Ottone di Casalmorano
e soci.
In altro documento del 31 marzo 1296 esistente nello stesso archivio segreto,
si ordina dagli Abbati e Sapienti della Gabella Grossa di Cremona agli abitanti
di Casalbuttano di ricostruire il ponte sul Naviglio, ove altro ne esisteva, il quale
potesse servire pei commercianti che venivano da Bergamo e da Soncinb ; come
pure di riordinare un guado dello stesso Naviglio in modo da renderlo pratica-
cabile dalle barche vuote e cariche, stabilendo che quei terrieri potessero perce-
pire un danaro per ogni carro che passasse sul ponte, e dodici danari all'anno
per ogni fondo di barca che percorresse il Naviglio (1).
Da que'documenti si può quindi ricavare che fino al principio del secolo XIII
la Cremonella fosse un canale formalo dall' aggregazione di colatori della pro-
(1) Questi due preziosi documenti, e qualche altro concernente fatti analoghi pel territorio dipendente
dalla Comunità di Cremona, avvenuti nel medio evo, mi vennero gentilmente comunicati dall'esimio pa-
leografo signor Dott. Ippolito Cereda di Cremona, il quale con una abilità tutta sua propria e con un
operosità straordinaria, promossa da vera passione per siffatti studii, sta trascrivendo i più importanti
documenti del mentovato archivio segreto. Parecchi di essi relativi a quei tempi vennero sommamente
aggraditi ed apprezzati dai più celebri storici viventi della Germania, quali sono il Wiistenfeld di
Gottinga, ed il Winkeluiann di Dorpat, che li riportarono nei classici loro scritti.
ED 1 PROGETTI DI NUOVI CANALI IRRIGUI 715
vincia superiore, diretto all'altipiano ove sorge Cremona, allo scopo precipuo di
riempirne le fosse fortificatorie a sua difesa; e che inoltre della notevole caduta
di quelle acque si approfittasse onde dar movimento ad una serie di molini di-
sposti sul suo corso. Veduti per altro i sommi vantaggi conseguiti colla escava-
zione di fontanili, e colla derivazione del Naviglio Grande dal Ticino nel Mila-
nese e della Muzza dall' Adda nel Lodigiano , i Cremonesi si sarebbero indotti
in .quel secolo ad arricchire la Cremonella delle copiose sorgenti che sgorgano
alla superficie del terreno costituente l'estremo settentrionale del loro territorio,
raccogliendole nel Naviletto di Barbata , e convertendo così la Cremonella da
semplice colatore in canale navigabile, cui diedero il nome di Navìglio. Utilizzale
in copia moderata le acque per irrigazioni, colla coda di quel Naviglio avrebbero
provveduto, non solo al riempimento delle fosse fortificatorie della città, ma
eziandio al suo espurgo mediante un sistema di cloache ingegnosissimo. E siccome
la principale di esse é il cosidetto Canale Marchionis, ed alle sue diramazioni
vien dato il nome di Marchesane, ne abbiamo dedotto che tale opera edilizia
veramente grandiosa fosse attribuibile al marchese Uberto Pallavicino, che intorno
alla metà di quel secolo era podestà e capitano de' Cremonesi. Notammo pure
come in quel torno essi erigessero la sontuosa loro cattedrale coli' annessavi
grande torre chiamata il Torrazzo, il palazzo Civico col Pretorio, e quello della
Milizia.
Riconosciuta per altro l'insufficienza del Naviglio Vecchio a sopperire alle
esigenze sempre crescenti delle irrigazioni dell'alto territorio cremonese, quel
Municipio venne nella determinazione eli aggiungere ad esso un iNaviglio nuovo
derivandone le acque dall'Oglio nel comune di Cividate sul territorio di Bergamo!
Nella mia Memoria precitata del 1858 entro in particolari sulle successive de-
rivazioni delle acque Pallavicino e delle roggie bresciane, le quali ultime depau-
perarono il Naviglio Nuovo. Indicasi pure come il Condominio Pallavicino abbia
provveduto alla reintegrazione della competenza de'suoi canali, in modo per
altro non completo, e come per la sua posizione altrettanto non possa farsi nel
Naviglio Civico. ^
Se questo poi, dopo l'aprimento del Naviglio Nuovo, ha cessato di essere na-
vigabile, lo si deve attribuire alla necessità di renderne stabile il fondo mediante
scanni che lo attraversano in prossimità delle bocche di erogazione, i quali im-
pedivano il barcheggio. Sembra che dapprima si avesse tuttavia intenzione di
eseguire un piano col quale fosse reso il canale nuovamente navigabile, ma che
di poi vi si sia rinunziato, attesa la difficoltà preaccennala, e quella più gi.ve
ancora dell'eccessiva violenza della corrente per l'accresciuta sua portata che
avrebbe richiesto l'aggiunta di conche inventate un secolo dopo. Nelle premesse
■fatti del decreto del 1551 col quale il Senato di Milano approva le Previsioni
del Naviglio di Cremona, che dicesi escavato da quella Comunità, notasi che per
tal modo si è reso più ferace il territorio, che vengono con esso riempite le fosse
della citta, e si espurga questa dalle immondezze mediante due acquedotti ag-
giungendosi : prceter alia commoda s quw ex ipso navigio percipiuntur 3 multoaue
amplwra succederti, si navibus fiat permeabile.
Alla pagina 6 della precitata mia Memoria del 1858 osservo « che allorquando
« vennero pubblicati nel 1390 gli statuti della Comunità di Cremona, per la loro
« osservanza, in quanto risguardavano le strade, gli argini e le acque, eravi un
! apposito uffiziale che vi sovrintendeva. Nel 1551, sotto l'impero di Carlo V
716 LA COMUNITÀ DI CREMONA, IL NAVIGLIO CIVICO,
« furono approvate le Provisioni del Navìglio Civico di Cremona, colla istituzione
« di un'apposita magistratura, consistente in sei cittadini eletti, quali deputati
« dal Consiglio generale di essa Comunità, i quali assistiti da un Commissario,
« intendevano specialmente ai suo regolamento. Quattro di essi deputati dove-
« vano essere interessati nel Naviglio, e ad ogni biennio si passava alla loro
«rielezione, conservandone sempre due. Le loro attribuzioni si estendevano
« anche agli argini ed ai dugali o colatori; ma nel 1568 , sotto il dominio di
« Filippo II, venne per quest'ultimo oggetto creata un'altra magistratura, com-
« posta egualmente di sei prefetti scelti dal Consiglio Generale nel ceto nobile,
« quattro dei quali dovevano avere i loro poderi nelle regone arginate dei fiumi
« Po, Adda ed Oglio. La loro rielezione facevasi colle stesse norme ad ogni
« biennio {Provisiones Aggerum et Dugalhim). Sembra che con questo sistema siasi
« proceduto fino al 1777 quando per le provincie vennero soppresse le civiche
« amministrazioni. . ,
« IL Municipio di Cremona continuò per altro ad amministrare le tre Società
« del Naviglio, degli argini e dei dugali con un metodo alquanto semplice, de-
« legando a ciascheduno dì que' dipartimenti un proprio Assessore, o Savio, coa-
« djuvato da un Commissario e da un ingegnere d'ufficio. Nei 1809 gli ìnte-
« ressati del circondario dei dugali si eressero in apposita Società consorziale,
a colle norme segnate dal regolamento 20 maggio 1806 sugli scoli e bonifica-
« zioni, ed altrettanto fece non ha guari la Società degli arginisli. Quella del
« Naviglio continua ad essere amministrata dal Municipio, inquanto che il canale,
« come vedremo, venne in origine escavato dalla Comunità di Cremona, ed a
« questa appartiene la coda del Naviglio ».
Osservava per altro alla pagina 27 che dapprima quella Comunità « reggeva 1 in-
tera provincia, mentre oggidì (nel 1858) le sue attribuzioni si limitano alla città
murala coi così eletti Corpi Santi entro la cerchia delle antiche fortificazioni »
cosicché le mancherebbe, come dissi, il carattere primitivo, circostanza che ren-
deva appunto arduo lo scioglimento della questione finanziaria rispetto all'at-
tuazione del progetto del nuovo canale dell'Adda.
Cui gioverà dare un cenno dei cambiamenti avvenuti nella circoscrizione am-
ministrativa del territorio cremonese. Nel medio evo esso comprendeva il ter-
ritorio di Crema e si estendeva verso il Nord alla così detta Caldana ed ai
territori! di Covo, Antegnate , Fontanella, Mozzanica e Fornovo ; e nella parte
orientale terminava all' Oglio, limite tuttavia della Diocesi Cremonese. Il terri-
torio Cremasco passò di poi sotto il dominio della Repubblica di Venezia, ed al
principio del secolo XV quelli di Bozzolo, Sabbioneta e Viadana vennero ceduti
ai Gonzaga e quindi al Mantovano. Nel primo regno italico Cremona divenne la
città centrale del dipartimento dell'alto Po, cui furono uniti i territorii di Lodi e
di Crema, stralciandone per altro all'estremo confine settentrionale i mentovati
comuni, che vennero aggregati al Bergamasco, ossia al Dipartimento del Seno (1).
Erettosi poi nel 1814 sotto la dominazione dell' Austria il regno Lombardo-
Veneto, che venne diviso in provincie, coi territorii di Lodi e di Crema si formò
una provincia separata, senza però reintegrare l'antica provincia cremonese dei
(lì Veggasi per la posizione dei confini del Cremonese verso il Bergamasco nel 1754 il libro:
tato fra S. M. V Mp Regina M. Teresa e la Sereniss. Repubblica di Venezia. — Milano 1707 presso
Giuseppe Bichini Malatesla stamp. R. Camerale.
ED I PROGETTI DI NUOVI CANALI IRRIGUI 717
Comuni stati uniti a quella di Bergamo, quantunque ciò fosse di non lieve suo
interesse, trovandosi in que' territorii i capi-fonte che alimentano l'antico suo
Naviglio Civico.
Costituitosi nel 1859 il nuovo regno italico, alla provincia di Cremona si è
nuovamente unito il territorio cremasco, ed in forza del trattato di Zurigo le fu
pure annesso il territorio mantovano a destra dell' Oglio, che anticamente le ap-
parteneva; ma dopo la cessione della Venezia esso venne restituito alla provincia
di Mantova.
In quanto al sistema amministrativo, lungo sarebbe il tessere la storia delle
sue vicende durante i rivolgimenti politici cui soggiacque la Lombardia sul ca-
dere del decorso e sul principio di questo secolo. Sta per altro in fatto che, fon-
datosi nel 1805 il regno italico, colla legge di finanza del 17 luglio 1805 venne
riunita la quota d'imposta fondiaria dipartimentale all'erariale, assumendosi lo
Stato tutte le spese che incombevano ai dipartimenti, ossia alle provincie.
Sotto il governo austriaco la cosa procedette egualmente, tolta sempre l'antica
autonomia alle provincie; giacche e le Congregazioni provinciali e la centrale
non erano se non corpi collegiali consulenti che rappresentavano gl'interessi
dei comuni, de' quali esercitavano la tutela (1).
Sotto Fattuale legislazione per altro le provincie si sono nuovamente costi-
tuite autonome, e vengono così a rappresentare gli antichi municipii da cui
erano governate per tutti gli oggetti che interessano la loro circoscrizione terri-
toriale. A mio avviso perciò l'amministrazione provinciale di Cremona, mediante
il Consiglio provinciale e la Deputazione che lo rappresenta, corrisponderebbe
precisamente a quella della Comunità di Cremona, che fece escavare l'antico ed
il nuovo Naviglio Civico, e ad essa spetterebbe il provvedere al suo riordina-
mento insieme agli altri miglioramenti del territorio alle sue cure affidato ri-
chiamando in vigore gli antichi regolamenti in quanto non si oppongano 'alla
legislazione attuale. Queste osservazioni già da qualche tempo le ho comunicate
a persone che si occupavano dell'attivazione dei miglioramenti preaccennati e
trovo opportuno di dar loro nella presente Memoria il conveniente sviluppo
nella speranza di ottenerne ottimi effetti.
In quanto ai pubblici scoli, e questa e l'anteriore legislazione ne lascia la
cura ai consorzi d'interessati. E per altro da avvertirsi che il principale di questi
quello cioè dei cosidetti Dugali inferiori cremonesi, è di tale estensione da ren-
dere materialmente impossibile la riunione degli interessati, giacché corrisponde
ad un terzo della provincia, quale trovavasi anteriormente al 1859. Trentacinque
anni sono perciò, dopo che eransi introdotti gravi disordini nella sua ammini-
strazione per soverchia parsimonia, e perchè non se ne rinnovava la rappresen-
tanza, si dovette ricorrere al ripiego di eleggere questa da una lista dei cento
estimati principali, e di procedere all'elezione dei delegati consorziali coi con-
vocare presso i commissarii distrettuali i rappresentanti dei singoli comuni corn-
ei) Abbenchè nella Lombardia l'imposta erariale, ossia diretta, comprendesse così anche la provin-
1U obre^eoTT "" ?T" TcT de"° '^ tUUe ,e ^SQ ^'^^ «>11 "legge
d 1 1 TZ o/ !'.' TT« T T ° " dlCembre' lG VGnne ***** nraP°sta Provincie
ÌL\ o I,% , I P°fa ' " qUale VGnÌVa ad eSSerG Un duP1Ìcat0 e che> commisurata all'ag-
gregato delle due imposte preaccennate, riusciva aumentata in una proporzione notevole. Dubitasi che
Si. Z22\:2Tnì pel consuaglio del,e imposte siasi avut0 r^ard0 a *■*■ ^° «
718 LA COMUNITÀ DI CREMONA, IL NAVIGLIO CIVICO,
presi nel consorzio. Gran parte dì questo è irrigatorio con acque del Naviglio
Civico e con altre di ragione privata, e sonvi apposite antiche discipline che
regolano Fuso delle acque irrigue in guisa da non pregiudicare gli scoli, ad
indennità eziandio dei territorii limitrofi. Siccome e l'uno e l'altro oggetto in-
teressano la prosperità territoriale, ma possono dar luogo a conflitti, importerebbe
assaissimo che, a termini degli antichi regolamenti, fosse il tutto subordinato
all'autorità provinciale, perchè provveda giusta le vedute del maggior vantaggio
generale.
Premesso le esposte considerazioni concernenti 1' amministrazione della pro-
vincia di Cremona, passeremo a parlare dei progetti per sopperire al difetto della
irrigazione del suo territorio.
Nella precitata Memoria dei 1863 osservava che le attuali derivazioni dall'Adda
fino a Cassano, nella stagione estiva, esauriscono un corpo d'acqua di 145 m. e.
Siccome per altro sui 34 chilometri del corso del fiume a valle dell'emissario
del lago affluiscono copiose sorgenti, e le acque del Brembo, anche nelle più
rimarchevoli siccità vi si aggiungeranno non meno di 10 m. e. d'acqua; cosicché
basterebbero 135 m. e. all'emissario stesso per sopperire a tutte le derivazioni.
Ne consegue che quando ivi si avrà un efflusso di 160 m. e, lochè avviene col-
1' altezza di m. 0,50 sullo zero all'idrometro di Como, saranno disponibili sotto
Cassano 25 m. e; e 35 m. e. quando l'efflusso si porterà a 170 m. e. colPaltezza
di m. 0,57 sopra zero. Ci si potrebbe osservare che mediante la chiusa di deri-
vazione,' non sarà dato di estrarre in totalità l'acqua defluente nel fiume, attesi
i disperdimenti inevitabili; su di che notasi che vi suppliranno abbondantemente
le sorgive del suo fondo e delle sue sponde ne' cinque chilometri a valle di
Cassano, quando la Muzza e gli altri canali che lo costeggiano sono gonfii colla
loro competenza estiva. Vedasi per la Muzza la nota alla pagina 13 della Me-
moria stessa (1).
Avendo ora raccolte le osservazioni idrometriche del lago di Como a tutto il
1866 quindi pel corso di 33 anni, ne risulta che l'altezza di m. 0,57 all'idro-
metro di Como, e perciò la disponibilità di 35 m. e. dopo la magra di primavera
si è avuta, in aprile per 4 anni nella 2.a decade, e per 2 anni nella 3.a decade;
in maggio per 10 anni nella l.a decade, per 10 anni nella 2.a decade, e per 6
anni nella 3.a decade. Per un anno poi, in occasione della memorabile ed insì-
stente magra del 1844, non si ebbe se non al 12 giugno. Dunque sopra 33 anni,
(1) Nella nota alla pag. 20 della mia Memoria del 1858 dimostro che la portata di 72 m. e. dell'Adda
presso Rivolta misurata alla metà dell'agosto 1857 era dovuta, non alle sole sorgenti, come si era fatto
credere da gente del luogo agli ingegneri Nogarina , Fieschi e Pezzini, ma principalmente agli scari-
catori della Muzza e del Ritorto. Lo provava partendo dai dati d'uffizio sul regolamento delle porte
di quegli scaricatori avvenuto allora dal 10 al 20 agosto. Avendo ora calcolato dietro studii posteriori,
che allorquando l'efflusso dall'emissario del lago giunge a 170 m. e. si hanno disponibili 35 m. e. per
una nuova derivazione sotto Cassano, tenuti a calcolo 10 m. e. verisimilmente provenienti dalle sorgive
a monte, e dalle acque del Brembo, questo dato collimerebbe assai prossimamente colla misura ta
dai nominati ingegneri. Imperciocché, giusta le osservazioni giornaliere dell'idrometro di Como sotto
la derivazione della Muzza si avrebbero avuti disponibili il 10 agosto 1857, 88 m. e; nei giorni 14 e 15,
56 m e; nel giorno 16, 73 m. e; nel 18, 93 m. e. che si sarebbero ridotti a ^ m. e. il 2b ; ed a
37 m e dal 29 al 31. Se a Rivolta si sono misurali 72 m. e. alla metà di agosto, ossia dal 15 alio,
potrebbero avervi influito le sorgenti aggiuntesi da quel punto a Cassano. La piena passeggera d
giorno 18 che supponemmo attribuibile al Brembo, era invece dovuta al lago per effetto d. temporali,
frequenti In quel mese nella regione alpina. Questi ravvicinamenti giovano a dimostrare l'attendibile
dei calcoli preventivi sulla portata estiva dell'Adda i quali costituiscono la base del progetto.
ED I PROGETTI DI NUOVI CANALI IRRIGUI 719
ossia un terzo di secolo, in 26 anni si avrebbe avuta tutta l'acqua occorrente
anche all'irrigazione de'prali dopo il taglio del maggengo; qualche difello sa-
rebbevi stato in altri sei anni ma per pochi giorni, e più notevole poi nel 1844,
evento che deve per altro considerarsi siccome straordinario. Circa alla inaura
estiva d'agosto, ne' due anni 1859 e 1864 soltanto sarebbevi stato difetto, limitato
pero a pochi m. e. e per un intervallo di pochi giorni, difetto che non avrebbe
avuto un'influenza apprezzabile sulle irrigazioni. Vedasi per un dato approssi-
mativo il prospetto (G) unito alla precitata mia Memoria del 1863.
Alle pagine 17 e 18 di quella del 1838 ho dimostralo come dalle sorgenti di
Fornovo, oltre alla competenza della roggia Alchina diretta al territorio Cremasco,
che dovrebbe assicurarsi, si possano verisimilmente derivare 6 m. e, ossieno
300 once cremonesi, che sarebbero preziose perchè defluenti anche nelP inverno
e nella primavera, quando mancherebbero quelle del canale dell'Adda, ove con
spesa moderata si dovrebbero condurre a destra del Serio, a monte dell' acque-
dotto col quale sarà attraversato questo fiume. Per tal modo nella stagione estiva
si avrebbero disponibili 41 m. e. d'acqua irrigua che potrebbero distribuirsi
come segue :
La somma delle competenze delle bocche contribuenti del Naviglio di Cremona
è di once 1357, equivalenti a 27 m. e, compresa la coda di esso Naviglio spet-
tante alla città (1), e supposto che si dovesse provvedere alla deficienza di esse
per circa una metà occorrerebbero m. e. 14
Con questo aumento e coli' aggiunta di altri 7 m. e. si potrebbe* ri-
durre la ruota d'irrigazione da giorni 16 a 10, sostituendo la rotazione
quinquennale o seiennale alla quadriennale nella coltura del suolo . » 7
Per una maggiore estensione della irrigazione si calcolano altri . » 8
Quindi in tutto pel Naviglio Civico mTcT29
Per gli acquedotti Pallavicino onde completare le attuali irrigazioni,
e per estenderle maggiormente si calcolano » q
Per impinguare le derivazioni del Serio, che servono all'irrigazióne
della zona compresa fra il Serio vivo e l'Adda da una parte ed il Serio
Morto dall'altra, da Crema a Pizzighettone, e per l'ampliamento delle
irrigazioni del territorio di Crema, si calcolano » 6
Tornano m. e. 41
In quanto alla spesa, il progetto per la derivazione di 25 m. e.
dall' Adda la calcola in L 3 500 000
Che si suppone abbia ad aumentare per l'accresciuta portata fino a » ~4 80o'oOO
Si calcolano inoltre
Per la derivazione delle sorgenti di Fornovo » 600 000
Per gli adattamenti del Naviglio Civico dipendentemente dall'ac-
cresciuta sua portata , 1,600,000
Totale spesa da sostenersi dall'amministrazione provinciale . . » 7,000,000
• Altra spesa da incontrarsi dai privati utenti per la sistemazione
dei canali esistenti, e l'escavazione dei nuovi dipendentemente dal-
l'ampliamento dell'irrigazione » 3 000 000
Ascenderebbe così in tutto la spesa a L. 10,000,000
Crimea SI0 fIa reint^zi?ne del.la cod* ^1 Naviglio ed al contributo dell'odierno Municipio di
Cremona vedasi la proposta di transazione alla pag. 25, col. 2.* della Memoria del 1858. P Q1
720 LA COMUNITÀ DI CREMONA, IL NAVIGLIO CIVICO,
Aumento presumìbile del reddito nitido dei terreni ossia del loro affitto:
Pel completamento della competenza delle bocche, e quindi per la modifica-
zione delia rotazione agraria sopra 50/m. ettari pari a pert. cens. 750/m. in ra-
gione di L. 3 alla pertica L- 2,250,000
Per le irrigazioni nuove sopra ettari 8/m. ossieno pert. 120/m. sul
cremonese a L, 4 » 480>000
Per 6 m. e. utiiizzabili alla destra del Serio Morto, la più parte
nel territorio di Crema, si calcolano i 2/3 della cifra precedente . » 320,000
Aumento totale del reddito nitido L. 3,050,000
Questo corrisponderebbe così al 30 per % della spesa occorrente. Che se per
avventura avesse effettivamente a ridursi al 25, od anche al 20 per %, il vantaggio
sarebbe tuttavia immenso, avuto riguardo alla circostanza che l'aumento della
produzione del suolo, e quindi della ricchezza territoriale dovrebbe commisurarsi
alla più parte del reddito lordo.
Col complesso di quelle derivazioni, integrata la competenza del Naviglio Civico
mediante 14 m. e, sarebbero alienabili 27 m. e, d'acqua estiva ossiano once
cremonesi 1350, che al prezzo moderato di L. 4000 darebbero L. 5,400,000 co-
sicché si ridurebbe a poco più di un milione e mezzo la spesa per la prima eli
quelle operazioni da rifondersi dai Navilisti (1).
Da questi calcoli, esposti in via approssimativa, scorgesi quindi che, assumen-
dosi l'Amministrazione provinciale l'esecuzione di tali miglioramenti, può man-
darli ad effetto senza alcun aggravio dei contribuenti, e piuttosto coli' introdurre
dei risparmj convertibili in miglioramenti degli scoli della provincia inferiore
in sussidio al Basso Viadanese, al fine di separare le sue acque da quelle alte
del Cremonese, e togliere così i vincoli, dipendenti da antichi concordati, ad
estendere ivi le irrigazioni,
In un articolo segnato X, inserito nel N. 23 del 1865 del Corriere Cremonese,
si fece una critica alquanto rigorosa di questo progetto con eccezioni che parti-
vano specialmente da imperfetta cognizione delle circostanze di fatto risultanti
dalle anteriori Memorie precitate, e che verrebbero eliminate colle nuove notizie
e colle considerazioni ora aggiunte. Ivi notavasi poi che coli' incassare il nuovo
canale nel terreno si verrebbe ad emungere le sorgenti le più superficiali e
quindi a pregiudicare l'irrigazione del territorio cremasco superiore. Tali emun-
gimenti avverranno nelP inverno ed al principio della primavera quando saranno
depresse le acque del nuovo canale. Ma iniziata l'irrigazione estiva, cesseranno
per la più parte, imperciocché il pelo d'acqua si troverà di soli 20 a 50 centi-
metri ragguagliatamente sotto il piano delle basse campagne. Quando per altro da
ciò derivasse\ealmente un danno, particolarmente alle più prossime zone dei
terreni, sarebbe sempre dato compensarlo, facendo uno scambio d'acque del
nuovo canale con quelle delle roggie più alle che lo intersecano, le quali po-
trebbero così, mediante appositi becchetti, dare acqua ai terreni di quelle zone.
Questi per altro, generalmente acquitrinosi, fuori della stagione delle irrigazioni
(1) Per l' ampliamento delle irrigazioni è naturale che gli utenti dovranno calcolare inoltre l' interesse
del capitale per 1' acquisto dell' acqua, e le spese pel conguagliamento dei terreni.
ED I PROGETTI DI NUOVI CANALI IRRIGUI 721
avrebbero l'utile rilevantissimo di un drenaggio naturale che li risanerebbe, e ne
migliorerebbe la condizione (1).
Siccome il difetto nelle acque del nuovo canale si verificherebbe nei primordi,
del a primavera e nell'inverno, importerebbe assaissimo che non si ritardasse
ubicazione delle sorgenti di Fornovo , le quali possono allora somministrare
acqua continua, operazione cui forse potrà aggiungersi quella di estendere l'esca-
none di fontani . anche a sinistra del Serio. A tale scopo gioverebbe promuo-
vere dal Governo la restituzione alla provincia di Cremona dei territori! che
ne furono stralciati al principio di questo secolo, ove, come dicemmo, esistono
di il! li r r'g ° CÌVÌC° 6 di a"ri SU0Ì canali di «ià esistenli> « da aprirsi
Lo„, '. ■ nm0Vere 'e dÌfflc°Ua all'-a"««ione dei mentovati miglio-
ramenti, le qual. dipenderebbero da diversa giurisdizione amministrativa e
glUQlZlciri3.
I giornali annunziano essersi iniziale pratiche per mandare ad effetto l'irri-
gazione della pianura friulana colle acque della Ledra, pel quale oggetto la Cassa
Risparm.o Lombarda parrebbe disposta a fare un prestito di sei milioni. Sembra
quindi che questa non si rifiuterebbe a fare altrettanto coli' amministrazione
piovinciale di Cremona per un progetto più semplice, che risguarda il solo per-
ezionamento ed ampliamento di un sistema irriguo già in corso da secoli A
tal uopo gioverebbe comporre un comitato corrispondente alla antica magistra-
tura delle acque, il quale assistito da parechi tecnici italiani, i più distinti nel
ramo spedale delle irrigazioni, e dai pratici de' luoghi, procederebbe innanzi
tutto ad un rigoroso esame dei progetti predisposti per introdurvi quelle modi-
ficazioni che si giudicassero necessarie , e per porgere le norme circa a quelli
da redigersi. H
Effettuandosi poi in varie rate tale prestito ammorlizzabile in un ventennio
circa, si intraprenderebbero i lavori mediante appalti, togliendosi così dagli in-
convenienti che l'esperienza pur troppo dimostrò andare annessi alle concessioni
a società d'azionisti, nelle quali le perdite toccano ai sodi di buona fede per
arricchire pochi speculatori, con sommo detrimento del credito del paese.
Limitala da princìpio la derivazione al necessario per impinguare il Naviglio
Livico e le sue diramazioni, che dovrebbero sistemarsi a carico delle rispettive
utenze; onde sopperire queste alla relativa spesa potrebbero ricorrere egualmente
a prestito simile con garanzia della provincia, e quindi a condizioni favorevoli
avendo essa una contro-garanzia nella concessione delle acque. In quanto alla'
m. e.
(1) Non dovendo essere frequente il caso che nella stagione estiva occorra tutta la portata di 35
« Potendosi d altronde accrescere questa fino a 40 m. e. semprechè si usi la precauzione di non cari-
care di troppo il canale a sinistra del Serio, ne consegue che pel territorio cremasco compreso fra
questo fiume e 1 Adda sarebbe dato allora di accrescere il sussidio alle sue irrigazioni oltre alla mi-
sura dianzi calcolata. Tale sussidio avverrebbe quando nei calori dell'estate scema l'afflusso delle sor-
genti, dalle quali derivano per la più parte le acque dei suoi canali irrigui. Ne' grandi canali d' irri-
gazione derivati da fiumi, o da laghi, il primo tronco è pressoché sempre di notevole lunghezza e di
una struttura dispendiosissima, avanti di raggiungere i piani sui quali vengono utilizzate le acque II
'proposto canale dell'Adda invece collo stesso primo tronco di derivazione, eseguibile mediante la sem-
plice escavatone di campagne piane, porgerebbe immediatamente ad esse il benefizio dell'irrigazione
ì talché viene a riuscire in ragione della sua portata di una economia del tutto eccezionale. Valgano
; queste considerazioni a dimostrare come sia dell'interesse dei proprietarii di quel territorio che abbia
a mettersi in atto il progetto, e di cooperare a questo fine, rimovendo le opposizioni che contro di
esso avessero ad elevarsi.
722 LA COMUNITÀ DI CREMONA, IL NAVIGLIO CIVICO, ECC.
cessione di queste od altre utenze, a prezzi, come vedemmo, moderatila retri-
buirsi in rate in corrispondenza a quelle pattuite per l'estinzione del prestito,
tale cessione avrebbe luogo mediante prenotameli mano mano che pervenissero
le domande, le quali senza dubbio non tarderebbero a farsi per non rimanere
esclusi dal benefizio che sarà per risultarne.
Colla derivazione del canale Cavour, che riflette l'interesse esclusivo di tre
delle antiche provincie, si è indebitatamente aggravato senza il menomo concorso
di queste il povero bilancio dello Stato di una passività enorme. Pel nuovo ca-
nale dell'Adda la spesa invece si assumerebbe interamente dalla provincia cre-
monese, quantunque essa versi nella più terribile crisi economica. Imperciocché,
mentre l'unica fonte de'suoi redditi sta nella produzione del suolo, la proprietà
fondiaria trovasi oggidì oppressa direttamente o indirettamente da imposte ecces-
sive e da un deprezzamento conseguente alla vendita dei beni demaniali.
L'unico mezzo di scongiurare siffatta crisi sta nell' eseguire il progetto del
nuovo canale dell'Adda, mercè il quale verrebbe rigenerata la più parte del suo
territorio Non dubitasi quindi che per i motivi sviluppati in questo scritto, l'am-
ministrazione provinciale non abbia ad adoperarsi in ciò colla massima premura,
anche per ottenere dal Governo quelle decisioni che valgano onde compiere
l'opera nel miglior modo possibile.
Ing. Elia Lombardini.
NOTA
INTORNO LE EQUAZIONI DELLO STATO PROSSIMO AL MOTO
DELLE MACCHINE SEMPLICI.
(Vedi tav. 29, figg. 1 a 5)
i. La distinzione delle macchine nello stato prossimo al moto si fa luogo al-
lorché in esse si vogliono prendere in considerazione le resistenze provenienti
dagli attriti, dalla rigidezza delle funi, ecc.
In tre diverse maniere di moto si considera e si misura l'attrito, e così Y at-
trito stesso suol distinguersi in tre specie diverse. Senonchè quello di prima e
terza specie, cioè quello di un corpo che striscia radendo un piano, e quello del-
1 asse di una ruota, non sono che una cosa stessa considerati dal punto di vista
meramente meccanico. La differenza sta in questo: che nell'attrito di terza specie
il soffiamento si effettua costantemeute nelle stesse parli e fra superficie curve,
all'opposto di quello che avviene per l'attrito di prima specie.
Il moto rotatorio poi, effettuandosi intorno un punto, non dà luogo ad attriti
di sorta, e la considerazione dello stato prossimo al moto rotatorio non ha luogo
se il punto d'appoggio o di rotazione resta il medesimo.
2. Pel caso di una leva semplicemente appoggiata sopra un fulcro, la risultante
delle forze deve passare per l'elemento superficiale di contatto fra la leva ed il
fulcro, onde resti impedito il moto rotatorio della leva. Il moto progressivo della
medesima, cioè il suo strisciare sopra il fulcro, non si effettua se non in grazia
di una forza, che sospinga la leva in direzione tangenziale all'elemento superfi-
ciale di contatto summenzionato, superando le resistenze provenienti dall'attrito
Epperò l'angolo che la risultante delle forze fa coll'elemento superficiale di con-
tatto dev'essere un angolo determinato e dipendente dal coefficiente d'attrito
onde si abbia lo stato prossimo al moto progressivo.
3. Laonde data una forza (P), la sua direzione (CAB^n) ed il braccio di leva
corrispondente (a -a?), la direzione (CBA^m) ed il braccio di leva (x) della
forza o resistenza (Q) facente equilibrio alla prima , rimangono i bracci di leva
completamente determinati dalla condizione di equilibrio di moto rotatorio indi*
pendentemente da quello progressivo, per soddisfare al quale è d'uopo rintrac-
ciare una seconda relazione fra essi elementi e l'attrito.
Mi faccio a questa ricerca supponendo indeterminata la posizione del fulcro
Dalla fig. l.a si avrà
P (a — x) sen n = Q x sen m (ay
tango = i- {b)
tang 0 = BC ~-^— m
«-BC cos m V)
Giorn. tng. — Voi XV L — Dicembre 1868,
48
724 NOTA INTORNO LE EQUAZIONI
La relazione (a) è di condizione per l'equilibrio di moto rotatorio; la (p) esprime
l'angolo che la risultante delle forze deve fare coli' elemento di contatto fra la
leva ed il fulcro, indicandosi con f il coefficiente di attrito. L'equazione (b) esprime
una condizione generale da soddisfare, e questo si ottiene a mezzo della rela-
zione (e). Adunque le due relazioni (5) e (e) esprimono la condizione che la ri-
sultante delle forze applicate alla leva faccia l'angolo voluto, per lo stato pros-
simo al moto progressivo, coli' elemento di contatto fra la leva ed il fulcro.
Avendosi B G = g sen n -, le equazioni (a), (b), (e) ci porgono le due rela-
sen (n -j- m)
zioni ricercate
p = cosm(l + ftangm)x.0 (1)
sen n (cot n — f)
x
l-\-f tangm
x« (2)
1 + cot w tang m
Per f—0 queste due relazioni si riducono
p cos n === Q cos m (3)
«= - m
1 -j- col n tang m
che infatti in questo caso deve aversi GM perpendicolare ad AB, ed a? = BG cosm.
Se le forze fossero parallele si hanno 6 = 180° — m9 w = 0, e quindi
P sen n = Q sen m (S)
®~1 (6)
0
lo che vuol dire che le forze debbono trovarsi nella direzione opportuna alio
stato prossimo al moto progressivo indipendentemente dalla situazione del fulcro.
4. Il caso più ovvio è che non sia indeterminata la posizione del fulcro , ma
invece la forza o potenza. Si determini quindi la potenza P prescindendo dalle
resistenze provenienti dagli attriti, e s'indaghi l'incremento (p) della potenza
medesima, onde condurre la leva allo stato prossimo al moto. Si supponga ben
anche che le forze non cambiano direzione nei due stati della leva: in pratica
avverrà sempre così, o, per lo meno, potrà ciò ritenersi senza errore sensibile.
La posizione del sistema che consideriamo quando si ha l'equilibrio indipen-
dentemente dagli attriti sia ABC, e dipendentemente dagli attriti (nello stato
prossimo al moto progressivo) A' B' G'. Si avranno le relazioni (tìg. 2.a)
(P +p) sen z = Q sen (e — z) («)
tang0 = -i (W
b sen 0 = 1 sen (e — z) \ , .
! (e)
(a + b) sen ri = l sen e
DELLO STATO PROSSIMO AL MOTO ECC. 725
tZfl*Z-+"^n> n' = n-°>> si davano da esse equazioni, dopo varie
trasformazioni
P + jir-JlgElg_ + ft — 0) — cos (g + n~- 6) tang co
sen (0 ~ n) + cos (0 — n) tang w X Q (7)
tang e = y (8)
A tang2 co + B tang co + G = 0 (9)
essendosi fatto, per brevità di calcolo,
A = b sen 0 sen e — (a + b) cos n cos {e + n — 0)
B = (a -f. fe) [sen (e + n - 0) cos n + cos (e + n - 0) sen n]
C = è sen 0 sen e — (a + b) sen n sen (e + n — 0)
Nel caso di a^b le forinole non si semplificano punto: e ciò sta bene in
Eo^d^rr gouo disuguaii ie perpendicoiari lh^° « ir:.;:
fceTstw*' CÌ°èChe, le,f°rZe P e Q sien0 talmente inclinate alla
èva nella sua posizione iniziale, le forinole restano immodificate, perchè nello
stato prossimo al moto gli angoli corrispondenti addivengono disuguali
Nel caso specialissimo che sia m' = ri sarà n' = 00°- -e e g = 6 + -e -90°
e si avranno
2" " — 'ts-
sen(|c_e)
sen(-c+e
(«')
e quindi
tange = i- (60
/tang- e — l
/tang— e + i
2
raltTt nan"0 "^ VT'm° al moto ,e forze sono <> Possono riguardarsi pa-
S^lalnSiLK
«o, qualunque sia essa inclinai ; pte^ S SS2ff*£
726 NOTA INTORNO LE EQUAZIONI
fa d'uopo avere l'equazione della medesima, e la posizione delle forze relativa-
mente agli assi <b, y della curva. Per determinare l'equazione corrispondente
alla (4) è evidente come, una volta che si conosce l'equazione di essa curva,
non si tratta che di trovare l'equazione di una retta, la quale passi pel punto
d' incontro delle forze e raggiunga la detta curva in un punto M sotto angolo
dato, dipendente dal coefficiente d' attrito. La relazione di condizione che ne ri-
sulta per lo stato prossimo al moto progressivo , è in funzione dell ordinata del
punto M della curva, nel quale dev'essere incontrata dalla risultante delle forze.
Cognita per tal via la posizione di questo punto M di contatto col fulcro si po-
tranno conoscere le lunghezze delle perpendicolari da questo punto calate sulle
direzioni delle forze stesse, onde il sistema sia in equilibrio di moto rotatorio
e sia insìememenle nello stato prossimo al moto progressivo. Questo sarebbe
processo generale da tenersi; senonchè il risultato algebrico si troverebbe tal-
mente complicato da non valere la pena di occuparsene, potendosi operare in
o^ni e singolo caso pratico sopra equazioni numeriche. Col!' uso delle coordinate
trilineari il processo si semplifica, ma i risultati finali sono sempre gli stessi.
6. Ciò premesso, vengo al caso della curva EMD circolare. La posizione del
circolo e delle forze siano dati relativamente alla retta che passa pel centro di
esso circolo e pel punto d'incontro delle forze, nonché rispetto all'altra retta
ortogonale condotta pel centro del circolo medesimo. Dalla fig. 3.a si ricava
_P_ = Mj = FJ (B)
Q M p ¥s
tarigOMC — "tanga = — f (*)
r sen MF 0 _ cos <a ^
FO- sen (180° — »)~ sen a
Si ha inoltre -^-=2^, ossia sén^g^, d'onde coso»=|/ l-pWJ
Fatte le debite sostituzioni e riduzioni si ottengono
sen_g jrb ftm? + b VW+ P) ^ jang^-r^P _ (U)
P - Q sen T X _ r h f tang p + a V(i + fW tang2 P :=^¥fi
sen to =±
,
òtangpj/l+f2
Aftìne d'indagare le trasformazioni di queste relazioni variando le b, p, a, r>
si deve tener conto della relazione
a tang r — & tang P %
Per p = 180° — y-= 90° , ossia pel caso di forze parallele e quindi perpendi-
colari alla A B3 si ha ____.
P,QHA+/a'+^ (14)
a Vl+P-rf
DELLO STATO PROSSIMO AL MOTO ECC. 727
ovvero, con sufficiente grado di approssimazione,
Per p = 90° si ha, eliminando prima la b,
p=^-x
Q_ ^ |/(1 + P) gg tangs Y — ry*
cos r _ r f tang T + yjìj~p) & tang2 T __ f2 ^
(16)
Se, come si è supposto, ia posizione del circolo e delle forze non è data re-
lativamente ad una retta, che passando pel centro del circolo medesimo è anche
perpendicolare alla OC, si potranno in tal caso determinare i valori di a, b, S, r,
avendo i corrispondenti A, B, m, n, mediante le relazioni
} (17)
m-{- n = p -}- y
b tang p = a tang y
A sen n — a sen y
B sen m ~ b sen p
le quali pel caso di forze parallele trasformerebbero la (15) nella
p __ B sen n -f- r f
~ ksenn — rf ^
essendo a = A sen n , è == B sen n.
7. Nei problemi risoluti, due sono state le ricerche principali: una la deter-
minazione della posizione del fulcro, l'altra il legame che deve esistere fra le
forze e gli altri dati del problema. In tutti gli usi però ed applicazioni della leva
i bracci della medesima non si mantengono di lunghezze costanti. La leva nel
ridursi allo stato prossimo al moto, modificandosi una delle forze, si sposta or-
dinariamente, e, in ogni modo, cambia sempre il punto di appoggio per ridursi
a quello determinalo coi problemi precedenti. Di qui l'altra ricerca tendente a
determinare la nuova posizione della leva.
Comincio dal supporre che i punti della leva che possono appoggiarsi sopra il
fulcro sieno disposti in linea retta. La sezione del fulcro sia E M D. Dalla posi-
zione iniziale della leva, la quale deve esser nota, aumentando una delle forze
componenti (la P) , si vuol condurre la leva nello stato prossimo al moto. Evi-
dentemente in allora la leva si troverà in questo stato, che la risultante delle
forze incontra la curva EMD sotto l'angolo e dipendente dal coefficiente di
attrito. Conosciuto per tal via l'angolo w, e quindi l'arco MD, si conosceranno
anche i nuovi bracci di leva e la sua posizione. Può accadere che mentre la
leva AB cambia posizione, anche le forze cambino d'intensità e direzione. Qui
supporremo per semplicità di calcolo che ciò non avvenga.
728 NOTA INTORNO LE EQUAZIONI
La posizione ABC sia quella di equilibrio indipendentemente dagli attriti. Allo
stato prossimo al moto si riduca in A' B' C. La curva della sezione E M D sia
qualunque. Si avranno (fig. 4.a)
1
tangG = y (&)
{a + s) sen 0 = l sen (e + n' — 6) ì
(« + fc) sen ri = J sen e 3
essendo 5 = MD, J = c'B', e l'angolo formato dalle due forze P e Q, o P+p e Q;
ri ed tri gli angoli che le forze medesime fanno colla nuova posizione della leva;
gli angoli analoghi nella posizione iniziale della leva sono n, m. Dappoiché
tri — co + m, ri = n — co, ed 5 = 9 (co), si avranno in luogo delle (a) e (e)
(P +P) (sen co cos (0 — n) + cos co sen (6— n)) ==
= Q (sen co cos (6 + tri) + cos co sen (0 + w)) (a')
(a + 9 (w) ) sen 6 sen e = (sen co cos (0 + m) + sen (6 + tri) cos co) X
X (sen co cos n + sen n cos co) (a + &) (0
La (O rispetto alla co non è algebricamente risolvibile qualunque sia la curva
EMD; epperò si faccia 9 (co) = r sen co, essendo r il raggio osculatore. L'errore
che ne proviene non sarà gran fatta sensibile, dappoiché V angolo co non è mai
molto grande, come non è molto grande il valore di y rispetto i bracci di leva,
E così in dette due equazioni sarà tutto noto, meno co e p, e potranno presen-
tarsi sotto la forma
(tang co + tang (6 + m) ) cos (6 + tri) ^
~t~P y (tang co -f tang (0 — »)) cos (0 — n) K
A sen2 co -f- B sen co cos co — G sen co -f- D = 0 (20)
essendosi fatto per comodità di calcolo
A === (a + b) cos (0 + m + ri)
B = (a + b) sen (0 + m + ri)
C = r sen 0 sen e
D = (0 -\- b) sen n sen (0 + tri) — a sen 0 sen e
DELLO STATO PROSSIMO AL MOTO ECC. 729
L'equazione (20) ordinata rispetto l'incognita sen co, dopo avere sostituito a cosco
l'eguale valore |/l — sen2co, addiviene di quarto grado.
Pel caso specialissimo di m' = ri si ha in luogo della (20)
*> = j (w — ») (21)
Se le forze sono parallele, in luogo delle (19) e (20) si hanno
P+p = Q±±ì (22)
0 — s
,fi
s = f ]/dr* + r*dtù* (23)
l180° — 6 — m
e se la curva è circolare, in luogo della (23) si ha
*=W(180°~e~"wl) (24)
8. Sieno in linea curva i punti di appoggio della leva, e tali i corrispondenti
del fulcro; e si passi così a considerare il caso dell'asse nella ruota, della car-
rucola, del verricello, ecc.
Indipendentemente dagli attriti sia determinata la potenza P. La risultante do-
vrà riescire perpendicolare all'elemento superficiale di contatto M (fig. 5.a) fra la
leva ed il fulcro. Sia fMdo la posizione di questo, ed F M D 0 quella del foro
della ruota o carrucola, ed 0 B (= R'), 0 A (= R) sieno i due bracci di leva. La
inclinazione delle due forze P, Q sieno date rispetto la retta congiungente il
punto C d'incontro di esse due forze ed il centro o del fulcro, cioè sieno noti
gli angoli ACO(=m) ed OAB (==n). La posizione del sistema in esame addi-
venga, nello stato prossimo al moto, quale si vede in figura nella punteggiata.
Se M' è il punto di contatto, sarà in 0' il centro della carrucola; e siccome si
ritiene, ciò che avviene di consueto, che cioè le forze non cambino di direzione
per siffatto spostamento, il sistema ABC verrà in A'B'C, essendo A G parallela
ad A' C, e BC parallela a A' C Ciò premesso, chiamando h, h' le perpendico-
lari M' H, M' H' abbassate dal punto di appoggio sulle direzioni delle forze Q e
P+P,ec l'angolo formato dalle medesime, z l'altro formato dalla forza Q colla
risultante di esse forze, co l'angolo MoM', e 0 l'angolo C'M'o dipendente dal
coefficiente di attrito, si avranno AOC = 90° — m, C M' H' — 90° — z, M'0'A'=:
= 90° — w — co, e finalmente z = 180°+ e — m — co — 0, essendo 180°— 6— co -f
+ x + y = 360° , x = 180° — m , y~ 180° — z.
Onde
P + P-Q-J- (a)
tang §=:-f (b)
730 NOTA INTORNO LE EQUAZIONI
M' C sen(c—z) — h' \
W C' sen z == % )
h =K +w
= R' + r' cos y
= R' + r' cos (6 -f z — 90°)
= R' + r' cos (90° + e — m — w)
= R' — r' sen (e — w — co)
h' = R — fe — fc'
= R — (2 r' — r) cos (90° — m) — r cos (90° — m — co)
= R — (2 r' — r) sen m — r sen (m + co)
Dalla («) si ha, fatte le debite sostituzioni,
R' — r' sen (e — m — co)
(')
w
P + p = Q
R — - (2 r' — r) sen m — r sen (m 4- co)
Eliminata la M' C fra le equazioni (e), e sostituitovi i valori di h, ,
sen e cos z — sen z cos e R — (2 r' — r) sen m — r sen (m
», se ne
+ CO)
(25)
ha
sen z R' — r ' sen (e — m — co)
d'onde, eliminando la i e sviluppando,
A sen co + B cos co + G sen co cos co -f- D sen2 co + E cos2 co = 0
in cui per comodità di calcolo si è fatto
A =R' sen e cos (e — 0 — m) — R' cos e cos (e — 0 — m) — R cos (e — 6 — m) —
— (2 r' — r) sen m cos (e — 0 — m)
B = R'sen(e— 0— m) cose — sen e sen (e— 0 — m) — (2 r'—r) sen m sen (e— 0— m)
G = r' sen (e— m) cos e cos (e— 0— m) — r'sen (e — m) sen e? cos (e— 0 — m) —
— r'cos(c— m) sen e sen (e — 6— m)-fr'cos(c — m)sen(e— 6 — m)cosc +
+ •* sen m cos (e? — 6 — m) — r cos m sen (e — 0 — m)
D = r' cos (e — m) sen e cos (e — 0 — ro) — r' cos (e — w) cos e cos (e — 0 — m)
E = r' sen (e — m) sen e sen (e — 8 — m)-— r'sen(e— -w)sen(c — 6— m)cose —
— r sen m sen (e — 0 — m)
w
>(0
DELLO STATO PROSSIMO AL MOTO ECC. 731
Finalmente dalla (e) si ricava
(A2-D8)tang*w + (2AB — 2GD)tang3(o + (A2 + B8 — G2-2DE)tang8w +
+ 2 (A B — C E) tang co + B^ — E2 = 0 (26)
Le equazioni (25) e (26) in un colla (b) sono le equazioni di condizione di equi-
librio in istato prossimo al moto.
Se le forze sono fra loro parallele, si ha m — n = z=zO, e le due relazioni
(25) e (26) divengono
^F v R — rsenO
180° = 0 + co.
Ma dalla (p) si ha sen 0 = ' , quindi sarà
Se, ferma V ipotesi suddetta, si abbia anche r' = r sarà
(27)
R \/ì + p — rf
(28)
la quale concorda con quelle che ci forniscono le opere di meccanica applicata
e coir altra (14) dedotta al paragrafo sesto, colla differenza che qui il sistema
cambia punto d'appoggio senza muoversi punto.
Le equazioni (25) e (27) ci fanno apprendere quanto mai possa riescire dif-
ficile in atto pratico la determinazione dei coefficienti di resistenza. Io non co-
nosco che negli esperimenti intrapresi a tal uopo siasi tenuto conto della disu-
, guaglianza di r, r. Di qui, a mio credere, l'esagerazione dei coefficienti di esse
resistenze (fra cui la rigidezza dei canapi), e la difficoltà che si é incontrata di
significarle con linguaggio algebrico, in armonia quanto basta coi dati speri-
mentali.
9. Infatti per la rigidezza dei canapi, Coulomb stabiliva la formola empirica
ad^ + bd^Q
D
ove a, b, [i sono coefficienti costanti (p, compreso fra 1,70 e 1,40), Q la resi-
stenza, d il diametro della fune, e D quello della carrucola; e l'ingegnere Sa-
cheri presentava come più consentanea agli sperimenti la formola
732 NOTA INTORNO LE EQUAZIONI
dedotta, secondo Fautore, teoricamente (Giorn. dell'Ingegnere Archit. e Meccan.
- Maggio e Giugno 1868).
Sulla determinazione della rigidezza dei canapi dai meccanici si ragiona così:
« Se la fune non è perfettamente pieghevole (Venturoli, Mecc. Idr.) avviene nel
tirarla che rimane per qualche tratto discosta dalla superficie del cilindro, al-
lontanando così il peso dall'asse di rotazione, e facendo crescere il suo momento,
cosicché ci vuole per questo conto una forza alquanto maggiore per sollevarlo.
Questa forza addizionale vince e misura la resistenza proveniente dalla rigidezza ».
La flessibilità, o pieghevolezza dei canapi, la proporzionalità dei pesi, di cui
ordinariamente sono carichi ai loro diametri e quindi alla rigidezza loro, mi
hanno fatto dubitare, prima che intraprendessi questo piccolo lavoro, dell'aggiu-
statezza del ragionamento sopra trascritto : dappoiché non mi sembrava possibile
che tale rigidezza potesse assorbire tanta forza quanto appunto la mostrano gli
esperimenti a tal uopo istituiti. Quando poi m'ebbi ritrovate le relazioni dello
stato prossimo al molo delle macchine semplici sorse in me più forte il dubbio,
che negli esperimenti non si fosse tenuto conto della disuguaglianza dei raggi
r ed r', del parallelismo delle funi, e dell'alterazione che porta all'equilibrio
del sistema l'aggiunta del raggio della fune al braccio di leva della resistenza.
Per l'intelligeuza di quello che vado a dire suppongo, che ai due capi della
fune, avvolta in una carrucola fìssa, sieno due pesi uguali; ed immagino con-
dotta una verticale pel centro della sezione del perno od asse della carrucola.
Il sistema resta diviso da questa verticale in due parti congruenti, tanto mecca-
nicamente quanto geometricamente. Ora se ad una delle due forze si dà il nome
di potenza ed all'altra di resistenza, per ciò solo nel sistema in esame cesserà di
aver luogo la congruenza delle due parti sopra distinte? E per mezzo di carru-
cole di rimando non si potrà sempre con pesi rappresentare un sistema qualunque
di due forze applicate agli estremi di una fune avvolta ad una carrucola, e provare
la congruenza delle due parti del sistema, in cui resta diviso dalla retta passante
pel punto d'incontro delle due forze e pel centro della sezione del fulcro? E
se questo è indubitato, il ragionamento supportato per ispiegare la rigidezza
delle funi, è completamente erroneo.
Quando per altro dalla condizione di equilibrio, indipendente dagli attriti, si
passa allo stato prossimo al moto cessa la detta congruenza delle due parti del
sistema per l'aumento di una delle forze; aumento che porta una diversità di
tensione nei capi della fune, ed uno spostamento di tutto il sistema, o del punto
di appoggio soltanto. A parte la misura più o meno esagerata della rigidezza
delle funi, sta in fatto l'esistenza della medesima. Ma la sua influenza deve
allora soltanto esercitarsi , che si verifica appunto la disuguaglianza di tensione
nei capi della fune. E siccome questa disuguaglianza è in funzione degli attriti
dipendentemente dalle dimensioni del sistema, così la rigidezza delle funi sarà
alla sua volta una funzione di simili elementi, oltre quelli proprii della fune
stessa.
Deve inoltre osservarsi che sebbene il ragionare dei meccanici per ispiegare la
rigidezza dei canapi possa in qualche modo appropriarsi all'incremento della po-
tenza onde condurre le macchine allo stato prossimo al moto, pur desso è sin-
golarmente erroneo in questo: che ammette derivare la rigidezza dei canapi
dall'aumento del braccio di leva della resistenza mentre la verità è, che deriva
dalla diminuzione del braccio di leva della potenza; perchè il capo relativo della
DELLO STATO PROSSIMO AL MOTO ECC. ' 733
fune è maggiormente teso di quello della resistenza , e quindi più di esso ade-
rente alla curvatura della carrucola, o del cilindro su cui si avvolge, diminuen-
done così il braccio di leva corrispondente.
Credo che se si riprenderanno gli sperimenti con cautele maggiori di quello si
è fatto fin qua si vedrà diminuire d'assai il coefficiente di rigidezza delle funi.
Se lo si vedrà aumentare in proporzione maggiore che i diametri delle mede-
sime, si è perchè questi essendo proporzionali ai pesi, od alle forze, crescono
cogli attriti (cioè coir incremento p della potenza) e con essi la rigidezza della
fune, che si è veduto dipenderne.
Dopo quanto si è detto non deve far meraviglia se la rigidezza delle funi
non si potè fin qui rappresentare con formula algebrica quanto basta esatta-
mente per gli usi pratici. Pel caso semplicissimo di forze parallele, e di r' = r ,
K = R, si ha :
R — rf
Or considerando che la rigidezza dei canapi si è sperimentata essere:
1.° In ragione inversa del raggio (R) della carrucola.
%° Sensibilmente proporzionale alla resistenza o peso Q, più una certa
costante.
3.° In proporzione maggiore del diametro della fune, e non in proporzione
geometrica siccome si credeva ragionevolmente, dacché non pareva accettabile
l'ipotesi della perfetta elasticità ed isotropia della fune.
4.° E siccome l'aumento di grossezza nella fune trae seco l'aumento del
raggio r; e ciò spiega il perchè la rigidezza delle funi siasi mostrata in una
proporzione maggiore del diametro delle funi medesime.
Sembrerà ragionevole doversi rappresentare la rigidezza (z) dei canapi colla
formola :
essendo p, e v due costanti, e d il diametro della sezione della fune; e più ge-
neralmente coli' altra
2 = [*pd + v (30)
Auguriamoci che nuovi esperimenti vengano a confermare queste conclusioni.
D. Bocci
Ingegnere del Genio Civile.
DELLA ESTRAZIONE DELLE ACQUE SOTTERRANEE
PER MEZZO DI TUBI VERTICALI.
Confronto fra i sistemi Norton e Calandra.
(Vedi Tav. 29, fig. 6.a)
Signor Direttore
Ho letto a pag. 494 del presente volume del di lei giornale un articolo del signor
Ing. Olivieri, relativo ai nuovi pozzi del sistema Norton, e siccome ivi inciden-
talmente egli fa menzione dei pozzi da me inventati nel 1861, e pei quali sin
dal 1863 (5 anni prima del sig. Norton) tengo privativa, io lo prego di voler dar
luogo ad alcuni miei cenni di confronto fra i due sistemi e sulla utilità della
loro applicazione.
Vantaggio comune ad entrambi i sistemi, è la agevolezza, la rapidità e conse-
guentemente la economia della mano d'opera e di utensili nella infissione dei tubi,
la quale si fa forzata, vale a dire senza previa apertura del foro con trivelle, salvo
caso eccezionale. La differenza , che corre a questo riguardo , fra il sistema del
sig. Norton ed il mio, consiste in ciò che egli infigge sempre il solo tubo, il quale
dovendo essere munito di una solida punta acciajata annessa al tubo stesso, ri-
mane otturato in fondo, penetrandovi le acque soltanto da minuti fori praticati
all' ingiro, mentre io infiggo i tubi mediante un forte palo di ferro passato in
essi a mo' di guajna, il quale gli eccede in fondo colla sua punta e che si estrae
terminata la infissione, restando il tubo aperto in fondo per modo che le acque
possano agevolmente in esso penetrare e sollevarsi.
La prima prova di estrarre acqua per mezzo di tubi, io ebbi a tentarla preci-
samente con un congegno non dissimile da quello ora impiegato dal sig. Norton,
vale a dire con una lunga trave di legno vuotata per entro, ferrata in fondo
e foracchiata air intorno. Il pensiero di tentare questo esperimento mi fu sugge-
rito dal fatto osservato in un fontanile che stava facendo eseguire, che là dove
si infiggeva un palo acuto e poi si estraeva, producevasi una polla d'acqua,
d'onde naturalissima la idea di aprire a quelle acque interne un passaggio più
facile che non quello che loro si presentava attraverso ad un terreno ancora
troppo compatto. La riuscita di questo esperimento mi condusse immediatamente
al sistema più semplice e facile di infiggere dei tubi di ferro per mezzo di una
spranga pure di ferro, come sovra ebbi ad indicare, e che riusci costantemente.
La differenza sembrami tutta in favore del mio modo di operare, dappoiché i
miei tubi dopo la infissione restano come accennai, aperti in fondo, e l'acqua
vi può liberissimamente penetrare. Allora si procede ad un perfetto espurgo dai
ciottoli, ghiaie, sabbie ed altre materie che l'acqua invitata da un'energica aspi-
razione eseguita nel tubo con ordigni a valvola, sospinge in esso, e che con
utensili di diverso genere si estraggono, ed è di tutta evidenza che dopo quel
lavoro, le vene attigue dell'acqua affluente rimangono affatto libere e che più
DELLA ESTRAZIONE DELLE ACQUE SOTTERRANEE ECC. 735
abbondante si fa la erogazione. Ciò non può fare il sig. Norton , il quale anzi
per molte guise e con moltiplicati congegni , cerca di impedire la penetrazione
delle materie nel tubo e di difendersi dalle sabbie che persistono a salire colie
acque, non potendo egli liberarsene con una operazione come la mia.
Anch'io nel principio per agevolare la introduzione delle acque nei tubi li
faceva munire in fondo ed all' ingiro di centinaia di piccoli fori; ma in seguito
abbandonai tale pratica come inutile di fronte all' apertura del tubo in fondo, e
come dannosa per l'inconveniente che le materie penetranti dai piccoli fori
nella infissione, stringevano in modo ,il palo nel tubo, che malagevole ne diven-
tava la estrazione.
Nel sistema Norton l'acqua non penetrando fuorché da minuti fori, un espurgo
un po' perfetto è come si disse impossibile. Da essi non passano che minute
sabbie e queste entrandovi poco per volta, devono viziare l'acqua che si eslrae
per assai lungo tempo. Ogni piccolo sassolino poi che si presentì, farà facilmente
funzioni di otturatore, e non è concepibile che la cavata di acqua possa essere
sicura, abbondante, e pura come nel mio sistema.
i Certamente dovuta ad un errore di stampa è la portata di ò'O litri al minuto
secondo, indicata dal sig. Olivieri, come ricavata dai pozzi Norton: essa non sa-
rebbe proporzionata ai possibili mezzi di estrazione con un tubo di 32 millimetri
di diametro, e con una piccola pompa aspirante. La portata loro sarebbe già ol-
tremodo notevole se ridotta a 50 litri ogni minuto primo.
Eccezionalmente sembra anche valersi talvolta il sig. Norton per la infissione,
di una punta non unita al tubo, ma che se ne può separare e sprofondare ter-
minata la infissione. Anche questa idea mi era venula, ed in certi casi l'ho
praticata. Essa è accennata e indicata nei disegni annessi al mio privilegio ben
anteriore al suo.
Il sig. Norton infigge i suoi tubi per mezzo di un rilegno fermato con viti al
tubo stesso, sul quale batte una mazza passata pure in esso e manovrata con
puleggie ancora fissate per mezzo di un fermaglio alla parte più elevata del tubo,
ovvero annesse ad una specie di capra piantata sul sito, dove si fa la infissione.
Il sistema è ingegnoso e semplice, ma non saprei se sia da preferirsi, al mio.
Per piccoli tubi e per operazioni isolale, io faccio operare la infissione con una
mazza a mano manovrata da due o tre giornalieri, e per mezzo di un ponticello
volante legato sopra tre sbarre unite al vertice a mo'di capra. Nei lavori con-
tinuati ed in terreni più duri , mi valgo di una capra a tre montanti che si di-
vidono in due pezzi facili a trasportare (a a a). Una puleggia che pende dal
cappello (b) ha annessa una quarta sbarra (d d) fìssala in fondo da un largo
piede (e) fermato con pichetti, il quale serve pur di guida al tubo (e e) nella
infissione. La sbarra è stetta da un collare amovibile che tiene pure e guida il
tubo dalla parte superiore.
Lungo la sbarra medesima corre superiormente una mazza (f) che serve alla
infissione, manovrata da tre o quattro giornalieri. La robusta spranga di ferro
passata nel tubo e che preme colla capocchia sovra una fascia provvisoria avvi-
tata al vertice superiore , aiuta col suo peso la infissione e mi pare compensare
con molto vantaggio e semplicità l'apparecchio di pesi e molle a cui ricorre
talvolta il sig. Norton a quell'effetto.
L'immenso vantaggio del mio sistema consiste poi precisamente nella appli-
cazione preveduta come possibile dal sig. Olivieri.
736 DELLA ESTRAZIONE DELLE ACQUE SOTTERRANEE
I pozzi Norton non sono stati applicati fuorché a procurare acqua potabile
estratta per mezzo d'una piccola tromba, o per ottenere acque zampillanti na-
turalmente a mo' dei pozzi artesiani. Questi modi di estrazione per mezzo di
tubi piccolissimi non possono dare un cospicuo volume d'acqua, utilizzabile per
altra destinazione. Io invece applicai immediatamente i miei alla estrazione
d'acqua per irrigazione. I molti fontanili da me eseguiti sono tutti muniti in
capo di un profondo ed esteso cavo collettore destinato a tagliare perpendico-
larmente le vene acquee in traverso a quel presunto loro corso che lo studio
dei luoghi e della provenienza loro, addimostra.
In fondo a questi cavi collettori e quanto possibile al di sotto del livello ge-
nerale delle acque sotterranee, infìggo una serie di tubi , i quali con vivo zam-
pillo danno grosse polle d' acqua che variano da mezzo litro sino a 7 od 8 litri
per minuto secondo. La pendenza delle campagne nelle nostre pianure Piemon-
tesi essendo notevole, e le acque sotterranee correndo con un certo carico nelle
ghiaje del diluvio alpino racchiuso fra il terreno superficiale poco permeabile e
le marne terziarie sottostanti compattissime il fenomeno viene a spiegarsi preci-
samente colla teoria dei pozzi artesiani. %
Su questo sistema ho promosso, eseguito per me o per altri, ovvero diretto nei
territori di Murello, Cavallerleone, Yillanova Solaro, Gavallermaggiore, Ticineto,
Racconigi, Morozzo (per l' Ing. Ranco), Caramagna, Fossano e Savigliano, almeno
12 grandi lavori di estrazione d'acque con lunghi acquedotti e profondi tagli
collettori estesi da 80 a 380 metri, e colla infissione di circa 200 tubi, ricavan-
done in complesso oltre a 1600 litri d' acqua perenne ogni minuto secondo. Tre
altri sono in corso, o di imminente esecuzione a Centallo per l'opera Pia Barolo,
a Morozzo pel comune di Piozzo ed a S. Albano per un consorzio ; ed altri ese-
guirò fra poco, su vasta scala nella zona compresa fra la Magra e la Mellea in
terreni acquitrinosi che ho all'uopo acquistati, diversi altri ancora avendone
allo studio. Molti altri lavori di infissione di tubi, sono stati o da me o daP
sig. Francesco Faà cessionario del mio privilegio per le provincie di Novara e
di Pavia, eseguiti in fontanili già esistenti e talvolta approfonditi e sistemati.
Quanto ai tubi per soraministranza di acqua potabile, visto che per la profon-
dità cui si prendono le acque, e per la natura ghiaiosa del terreno, esse sono
inappuntabili, dacché le acque superficiali corrotte non possono penetrare nel
tubo e quelle ascendenti dai fondo si trovano necessariamente feltrate e depu-
rate, le operazioni eseguite furono in grandissimo numero. Esse consistono per lo
più in tubi a getto zampillante infitti in fossi di acqua sorgente molto frequenti
nelle nostre pianure, vicini alle abitazioni e convenientemente apprestati per un
libero deflusso. Questi sono i più comodi e migliori, essendo il getto continuo,
e facile l'attingervi acqua al di sotto. Tali sono le fontane pubbliche di Murello, di
Vercelli, di Grova, quella fatta nella Regia tenuta di Racconigi, ed infinite altre
che ho fatte eseguire per borgate e privati nei nostri territori dell'alto Piemonte.
Ovvero consistono in tubi infitti dovunque, a sufficiente profondità per rag-
giungere le buone acque, ben espurgati e muniti poi di una tromba aspirante
E moltissimi pure di cotali lavori, si sono eseguiti, piacendomi citare fra altri
il pozzo a 8 metri munito di tromba aspirante (1) fatto eseguire dalla Sig. Cie-
li) Le trombe che adopero maneggiate convenientemente e senza precipitazione, danno da un mezzo
a tre quarti di litro per minuto secondo.
PER MEZZO DI TUBI VERTICALI 637
menza Magliano nel comune di Levaldigi a pubblico vantaggio, al quale accorre
l'intiera popolazione e che non richiese pure un giorno intiero di lavoro, ed
un simile pozzo eseguilo a 17 metri di profondità dal sig. Fàa pel March.6 Tor-
nielli di Novara , nel quale la eccellente acqua rinvenuta si sollevò sino a 3 m.
sotto alla superfìcie del suolo. Avvertasi però essere ben diffìcile nei nostri terreni,
che occorra di discendere ad una profondità maggiore di 8 a 12 m. per trovare
acqua perfettissima, quando d'altronde è impedita la commistione di acque su-
perficiali infette o calde. I miei tubi sono pei più gran numero del diametro
interno di 65 o di 75 millimetri: ogni tratto è lungo 4 metri e si uniscono a
misura della introduzione loro nel terreno con fascie a vite. La spranga di in-
fìssione si allunga in pari modo essendone i tronchi muniti di vite a maschio
e femmina.
Il lavoro della infìssione e di compimento varia in durata secondo la profon-
dità a raggiungersi, la natura dei terreni e le esigenze dell'espurgo, potendo
eseguirsi talvolta tre o quattro pozzi in un giorno, talvolta meno, secondo le
circostanze. In massima non può a parità di perfezionamento richiedere più
tempo che il sistema Norton.
Dalle premesse cose mi pare di poterne conchiudere che il sistema Norton
era stato appo noi preceduto da un trovato, il quale è almeno semplice ed eco-
nomico del pari e che nel volume d'acqua possibile a ricavarsi, nella sua qualità
come pura e potabile, nelle sue applicazioni in vasta proporzione alle irrigazioni,
è di gran lunga più utile.
Il mio sistema era stato esposto alla gran mostra di Parigi in un ampio quadro
contenente uno spaccato dei nostri terreni, il modo ed i vari stadi della opera-
zione, ed illustrato con una memoria, che è quella stessa di cui piacque al
Chiaris.0 sig. Marchese Ing. R. Pareto di far lusinghiero cenno in questo giornale.
Ma né i Commissari Italiani, né i Francesi vi posero attenzione. Solo il delegato
del Ministro di agricoltura del Regno di Prussia sembrò rilevarne la importanza
e sul suo desiderio, fui felice di farne omaggio al museo industriale di Berlino.
Il sistema Norton fece la sua apparizione poco dopo, ma patrocinato da alti per-
sonaggi, citato e commentato da tutti i giornali, fu più presto conosciuto del mio
che pure in Piemonte conta 7 anni di esistenza pratica.
L'immensa utilità ed economia del mio sistema per procurare ottime ed abbon-
dante acque potabili anche in mezzo alle più malsane risaje, meriterebbe forse
che fosse dalle Provincie o dal Governo avvertita, e che fosse con una popolare
istruzione fatta conoscere in modo da essere rapidamente estesa ed applicata.
Ma le preoccupazioni politiche assorbono l'attenzione dei sigg. governanti la
tendenza non è per ora che alle statistiche, e quella che fu pubblicata intesa
a constatare che non vi sono quasi in Italia buone acque potabili ha forse as-
sorbito più fondi che non sarebbero occorsi a far conoscere un sistema econo-
mico che può procurarle in moltissimi siti, ed a renderne libera e facile la
equa indennità.
Intanto ho già infitto all' incirca 600 tubi, ed il loro buon effetto sarà forse la
propagazione.
Torino, 25 settembre 1868.
Avv. Claudio Calandra.
RIVISTA DI GIORNALI E NOTIZIE VARIE
YPSOMETRIA DEL GIRO DI MILANO.
(Vedi Tav. 30 fig. 1)
Togliamo dal Politecnico la parte che può interessare al pubblico della livellazione a punti
doppii stata fatta dall' ing. Carlo Villani con un grande livello a bolla fissa appartenente
all' Istituto Tecnico Superiore, la descrizione del quale {strumento, stato costrutto nella
Filotecnica, si legge nel Giornale dell'Ingegnere Architetto, Voi. XIII pag. 685.
Nel momento in cui l'Associazione Geodesica intraprendeva il rilevamento eidypsometrico della
città di Milano, esisteva ancora circa le altidi delle soglie delle porte di Milano una dubbiezza
assai grave, segnatamente per la porta Magenta per la quale si divagava in quattro metri, e
sebbene col rilevamento eidypsometrico fosse per sparire ogni incertezza eccedente un decimetro,
la quale esattezza è già un lusso per confronto alla sua utilità reale, pure per far sparire fino
al maggior scrupolo ogni incertezza si deliberò di profittare della circostanza per eseguire con
quel grande livello a bolla fissa la suddetta livellazione.
Risultano dalla operazione di cui si tratta le altidi d'un gran numero di punti nel perimetro
di Milano che si è procurato di indicare nella tav. 30 fig. l.a, e risultano con una incertezza
remanente assoluta non maggiore di tre millimetri.
Nel riferire però al livello medio del mare queste altidi , si è dovuto impiegare alcuni dati
dell'amministrazione delle Ferrovie, i quali presentano un'assai maggiore incertezza, forse un tre
o quattro decimetri, il che, del resto, basta a tutti gli usi che se ne volesse fare.
Per determinare l'altide della soglia del Duomo si son impiegate due linee d'operazione di-
verse, prendendo in entrambe ad imprestito un tratto di livellazione stata precedentemente fatta
dall' ing. Chizzolini dal Duomo a S. Giovanni in Conca per una parte, ed a S. Giovanni sul Muro
per 1' altra.
Dai menzionati punti al poligono di cintura per porta Magenta l'uno, e l'altro per porta Ro-
mana, si è fatta l'operazione col suddetto strumento.
L'altide della soglia Duomo è computata in 121m,b56 per media dei due risultati , non diffe-
renti da essa media di più di nove millimetri.
Se si ha riguardo alla non omogeneità del lavoro composto di due parti fatte da diversi os-
servatori in diversi tempi e con strumenti molto diversi , si ammetterà siccome soddisfacente
l'ottenuto risultato.
Per il corso di porta Magenta si hanno molti punti comuni tra la suddetta livellazione ed i
nuovo rilevamento della città di Milano, i quali si contrappongono per stare a prova del grado
di esattezza che si ottiene in z col rilevamento eidypsometrico, esattezza sempre sufficiente pei
più delicati lavori dell' ingegneria , nei quali sempre la certezza del decimetro è infinitamente
più preziosa del millimetriamo incerto talora di metri intieri.
RIVISTA DI GIORNALI ECC.
739
PROS PE TT O
delle altitudini dei punti principali della Livellazione,
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destra entrando dalla città
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123
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134
»
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153
122
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137
»
» Dazio. Casino S. arco verso la città, stipite
% sinistro entrando nel Casino
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149
122
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»
» Dazio. Casino N. angolo S
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665
149
»
Tenaglia. - Soglia allo stipite sinistro uscendo ....
— 0
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340
146
»
» Dazio. Casino S. angolo S. E. presso la pesa
— 0
659
122
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»
Garibaldi. - Soglia allo stipite destro uscendo ....
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269
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259
122
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173
»
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— 1
432
122
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178
»
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— 1
442
122
998
177
»
» » » sinistro dell'arco verso la camp.
— 1
460
123
016
190
Sottopassaggio alla Staz. Centrale. - Dazio. Casino E. spigolo N.Ò.
— 0
691
120
865
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Venezia. - Dazio. Casino N. 0. angolo S. E
— 1
643
119
913
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»
Vittoria. - Soglia allo stipite sinistro uscendo ....
— 5
308
116
248
224
»
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3.° Sommità dei Bastioni.
-5
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364
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974
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155
167
»
» Lodovica » Ticinese
— 0
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— 5
— 5
703
681
129
270
120
123
126
126
853
237
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1
» Ticinese » Magenta
» Tenaglia » Garibaldi
» Garibaldi » iVwomTomb.S.Marco.Parap.amonte
222
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o tficlla strada di Civeonvallazloaftc.
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35
Osteria del 31. Tabor. - Soglia ingresso allo stipite destro entrando
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738
114
818
85
Discesa a due rampe del Bastione fra P. Ticinese e P. Magenta a
I
Via Arena. Estremo S. E. parapetto
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376
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RIVISTA DI GIORNALI
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114
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123
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188
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196 tu
199
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231
233
236
236 tu
1
2
3
4
5
6
8
9
10
12
13
14
20
21
Tombone della Darsena. - Parapetto E. Banch. in coir, alla chiave
» » » Parapetto O. » » »
Imbocco Yia Vallone. - Testa del paracarro a sinistra segnato
N. 2149 al principio della smussatura .
» Discesa a S. Calocero. - Sommila del parapetto al rien-
trante fra detto e colonnetta . . . .
Ponte del sottopassaggio al Macello. - Parapetto O. Piede della
colonnetta al rientrante N. . \ . . .
» » » Parapetto E. Banchina in corr. alla chiave
Scala d'accesso alla Valletta di S. Vittore. - Sul primo dado a
destra salendo
Imbocco Stradone S. Vittore. - Primo paracarro a destra . . .
Piazzale esterno di P. Magenta. - Imbocco strada di Circonval-
lazione a P, Ticinese, angolo a sinistra
» » » Imbocco del Borgo di S. Pietro in Sala,
angolo a destra
Strada di Circonvallazione da P. Magenta al Sempione. - Lato E.
Imbocco accesso campestre, sul cappello
in vivo di un tombino
Tombone S. Marco. - Parapetto a monte, estremo E
» » » Parapetto a valle. Banchina in corrispon-
denza alla chiave
Ponte di P. Nuova sul Mede fossi. - Parapetto E., estremo verso
la Circonvallazione
Banchina del parapetto davanti alla Stazione Centrale . . . .
Stazione Centrale. - Pavimento del vestibolo
Lazzaretto. - Angolo 0., terreno
» » linea inferiore della cornice . . . .
Ponte esterno di P. Venezia. - Parapetto E., angolo N. 0. . .
» » » Parapetto 0. Banchina in corr. alla chiave
» » P- Vittoria. - Parap. N., estr. 0., piano stradale
Imbocco Via Fontana. - Porta della Casa Dulché, soglia allo sti-
pite destro '
S. Michele ai Nuovi Sepolcri. - Lato N. E., emiciclo centrale,
porta murata, soglia sulla mezzaria . .
Ponte seguente. - Parapetto 0., estremo S., terreno . . . . .
» * » » sommità parapetto .
4.° Pliant principali nelle vie.
Via Zebedia. - Angolo a destra, imbocco da S. Giov. in Conca
» » Angolo fra piazza S. Giov. in Conca e via. Unione
» » Angolo 0. della torre di S. Giov. in Conca . .
Chiesa di S. Giov. in Conca. - Soglia allo stipite sinistro entrando
Via Unione. - Imbocco vicolo Fieno, angolo a sinistra ....
» » Imbocco via Pesce ° » » ....
Corso di P. Romana. - Imbocco via Velasca » ....
» » imbocco via Osti » » ....
» » Angolo casa fra Corso e Piazza S. Nazzaro
» » Chiesa di S. Nazzaro Grande, soglia allo
stipite sinistro entrando
» » Angolo casa fra Cor. e Piaz. verso il Ponte
» » Ponte sul Naviglio, parapetto N. E. all' in-
contro colla casa. N. 35
» » Imbocco della via di P. Vigentina, ang. a sin.
» » Angolo casa fra il Corso e il piazzale da-
vanti l'imbocco della via di P. Vigentina
QUOTA
per rispet-
to alla so-
glia Duomo
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— 1
-1
-0
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— 0
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— 1
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+ *
— 0
— 3
— 5
— 1
+ 2
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629
596
477
445
636
570
360
025
441
733
539
270
079
738
466
304
872
008
647
676
723
237
517
939
843
-3
— 2
-6
295
956
591
054
687
839
948
290
40!
765
350
679
623
ALTITUDINE
dalla
Livella-
zione
dal
rilev
raen1
119
119
120
121
120
120
121
120
120
119
121
126
126
122
125
126
119
123
119
119
116
6,k415
927
960
079
IH
920
986
531
115
823
017
826
635
294
022
860
684
564
909
880
833
116 319
120
120
119
m
118
118
118
118
117
039
617
713
261
600
965
502
869
117717
117
117
117
116
118
158
114
608
266
151
791
306
877
933
115^141
E NOTIZIE VARIE
741
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DESCRIZIONE DEI PUNTI
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25
Corso di P. Romana.- Palestra comunale, angolo J\. 0
— 7
235
114 3211
j
24
»
» » » soglia dell'ingresso prin-
|
cipale allo stipite sinistro entrando . .
-7
356
114
200
I
26
»
» Angolo sporgente casa presso la Chiesa di
1
S. Pietro de' Pellegrini
— 7
643
Ilo
913
I
27
»
» Casa Binda, soglia ingresso allo stipite si-
1
nistro entrando . . .
— 7
840
115
716
1
28
»
» Linea confine fra il N. 126 e 128 - punto
più depresso lungo il corso ....
— 7
899
113
657
3
1
29
50
»
»
» Dogana, angolo N. E.
— 7
608
115
948
» Angolo casa sinistra guardando P. Romana
fra Corso e salita al Bast.c per P. Vittoria
— 7
578
115
978
1
&2
Corso di P. Vigentina. - Sbocco davanti alla Porta, ang. a destra .
— 7
566
114
190
1
57
»
P. Lodovica » » » » »
— 5
537
116
219
§
71
»
P. Ticinese » » » » a sinistra
— 7
238
114
321
1
77
»
» » » » » a destra .
-7
"277
114
279
!
78
Imbocco Vìcolo Arena dal Bastione, angolo a destra .....
— 7
363
114
195
I
708
122
Corso di
P. Magenta. - Sbocco davanti alla Porta, ang. a sinistra
— 1
503
!20
053
120
041
141
Piazza d'Armi. - Lato N. E., angolo S. della cant. milit. N. e. 6
+ o
250
121
808
142
Pulvinare. - Arco laterale N., soglia sulla mezzana
-0
142
124
414
I
143
Carceri Arena. - Pietra forata presso torre S. O
-0
025
121
535
I
148
Via di i
J. Tenaglia. - Ang. a destra dello sbocco davanti alla Porta
+ 0
459
122
015
I
IBI
Via Moscova. - Angolo S. O. della casa al civ. N. 68 . . . .
-j-1
009
122
565
1
160
Corso dì P. Garibaldi. - Sbocco dav. alla Porla, ang. a sinistra
To
487
114
767
161
»
i> Chiesa dell'Incoronata, soglia della porta
verso il Dazio allo stip. destro entr.0
— 0
HO
121
446
174
Corso di
P. Nuova. - Sbocco sul piazzale davanti alla Porta, an-
golo parapetto roggia a sinistra . . .
+ 0
481
122
057
203
»
P. Venezia. - Sbocco davanti alla Porta, ang. a sinistra
— 1
921
119
635
204
»
» » >* ;> » a destra .
— 1
915
119
645
229
»
P. Vittoria » » • » » »
— 5
518
116
058
f05
244
»
P. Magenta. - Lato S., confine fra giardino della Stella
e muro cinta seguente
-1
714
119
842
119
85
281
246
»
» Lato S., rientrante all'estremo 0. della fronte
rettilinea del caseggiato Busca . . .
- 2
672
118
884
118
91
!83
247
»
» Imbocco via Ochette, angolo a sinistra . .
— 2
680
118
876
118
90
179
248
»
» Angolo N. 0. corpo sporgente di casa Busca
— 2
776
118
780
118
79
587
249
»
» Ang. casa fra Corso e lato 0. piaz. d. Grazie
-2
285
118
731
118
75
250
»
» Chiesa d. Grazie, soglia allo stip. sinis. entr.0
-2
846
118
710
!69
251
»
» Orfanotrofio della Stella,' estremo 0. del ca-
seggiato principale
— 2
321
119
255
119
22
!46
252
253
»
»
» Orfanotrofio della Stella, estremo E., ottuso
» Casa Zucchi, N. 48 - sede della Filotecnica -
— 1
625
119
951
119
96
soglia ingresso allo stip. destro entrando
— 1
615
119
941
!09
254
»
a Imbocco S. via S. Gerolamo, ang. a destra
- i
345
120
211
120
24
99
255
;)
» Ponte sul Naviglio, all'incontro del para-
petto S. col caseggiato
— 1
036
120
520
120
53
.87
256
))
w Lato S., angolo sporgente casa all'imbocco
1
sinistro della via Terraggio
— 0
872
120
684
120
661
80
257
»
» Lato N., imbocco di S. Nicolao, ang. a sinis.
- 1
023
130
553
120
54
85
89
258
259
» Ottuso a destra
— 1
240
120
316
120
30
» Imbocco Nirone di S. Francesco, angolo a
siiìistra, Farmacia Pessina
— 1
383
120
173
120
17
90
260
»
» Palazzo Litta, angolo S. E. corpo avanzato
— 1
495
120
061
119
99
51
261
))
» Imbocco di S. Giov. sul Muro, ang. ottuso
a sinis. sulla linea del mare, del Corso
— 1
360
120
196 120
19
j
742 RIVISTA DI GIORNALI
MACCHINA PER FORARE I TUNNELS.
dell' Ing. inglese I. D. Brunton.
(Vedi tav. 30, figg. 3 a 7)
Dal giornale le Genìe Industriel , da cui attingiamo in parte le notizie sul progresso della
Meccanica all' estero togliamo anche le descrizioni della Macchina Brunton per portare a cono-
scenza dei nostri lettori i vantaggi che apporta il suo impiego in confronto delle altre macchine
perforatrici.
« In tutte le industrie, si cerca di sostituire al lavoro manuale, quei processi e trovati mecca-
nici che in minor tempo producono maggior lavoro e soddisfano così alle esigenze dell' attuale
progresso. Accade lo stesso per ciò che concerne lavori di mine, di trincee ecc., henchè i tenta-
tivi e le prove per l'applicazione dei processi meccanici siano comparativamente di recente data.
I mezzi finora adoperati sono :
1.° I perforatori meccanici, che imitano più o meno perfettamente il lavoro dei minatori,
e che sono impiegati col concorso della polvere.
2.° Le macchine a forare in blocco i tunnels o le gallerie, che si ponno dividere in due
classi: 1.° quelle il di cui lavoro è completato dalla mina; 2.° quelle che intaccano la roccia
semplicemente per la loro azione meccanica.
La macchina di Brunton appartiene appunto a quest'ultima categoria.
La fìg. 3.a della tav. 50 è un'elevazione longitudinale della macchina, in cui parte è veduta
in sezione.
La fig. 4-.a è una projezione laterale corrispondente, pure veduta parte in sezione, per lasciar
scorgere la parte lavoratrice o tagliante.
La fig. 5.a è una projezione pure laterale, ma veduta dalla parte opposta.
La fìg. 6.a rappresenta la macchina veduta in projezione icnografica.
La fig. 7.a' è un dettaglio d' uno dei mandrini che ricevono i coltelli.
L'anima di questa macchina è l'albero cavo centrale A filettato , esso riposa e gira nei cu-
scinetti e, fissi nei due sostegni C e C che unitamente alle traverse D costituiscono il carro sul
quale sono montati tutti gli organi dell'apparecchio.
In testa, 1' albero A porta il doppio braccio B in ghisa , munito alle sue estremità dei due
assi b sui quali girano i mandrini 31.
La parte dell'asse b sulla quale ruota il corrispondente mandrino eccentrico per rapporto alla
porzione che è incastrala nel braccio , porta alla sua estremità una ruota a dentatura elicoidale
che ingrana colla vite perpetua v.
Col mezzo di questa vite e della corrispondente ruota, si fa girare l'asse b e siccome l'altro suo
estremo munito del mandrino è eccentrico, come dissimo prima , la posizione di quest' ultimo
può essere modificata a volontà , ossia esso può spostarsi per modo a compensare il logorarsi
graduato dei coltelli di cui è armato. Così il diametro dei pozzi, della galleria o del tunnel a
forarsi può essere diminuito od aumentato in una certa misura.
Per rapporto all'albero centrale A, gli assi b su cui si montano i mandrini, possono essere
designati per la loro equidistante positura col nome d'assi planetari ».
Con ogni mandrino è fusa una ruota dentata m, che riceve il movimento da una ruota R,
montata su di un asse che attraversa l'albero A. 1 mandrini M presentano ciascuno alla loro
circonferenza sei incavature, nelle quali sono aggiustati altrettanti manici vuoti n (douille) (fig 3.a
e 7.a) attraversati da due piccoli assi sui quali liberament3 girano i dischi d, che sono i coltelli
propriamente detti,
E NOTIZIE VARIE 743
I manici vuoti n sono pezzi separati e distinti dai mandrini, e sono fìssali a questi per mezzo
di chiodi o di viti. Essi presentano una scanalatura che permette di montarli ad urta distanza
più o meno grande dal centro, secondo che il diametro dei coltelli è più o meno logorato dal
lavoro.
L'angolo sotto al quale i coltelli sono posti, rispetto al piano della superfìcie della roccia o
di qualunque altra materia a perforarsi, può essere cambiato a volontà per rendere più efficace
il lavoro dei medesimi. La ruota dentata centrale R ingrana colle ruote m fuse coi mandrini M, e
situate posteriormente ai medesimi, essa è assicurata per mezzo d'una bietta su un albero a (fig. 4.a)
attraversante l' albero vuoto A.
Quest'albero a gira in speciali sostegni disposti alle due estremità dell'albero A; sull'estremo
opposto a quello dov'è montata la ruota dentala R, è assicurata con biella la ruota conica R'
che ingrana con un pignone r. Questi riceve il movimento da un motore qualunque per mezzo
d'una fune metallica avvolta sulla puleggia P.
L'albero vuoto A è pure dotato d'un movimento di rotazione, ma molto più lento; a questo
scopo nella parte anteriore della macchina, è montata una gran ruota a dentatura elicoidale D,
che ingrana con una vite perpetua e facente parte d'un albero verticale (fig. 4.a) comandato da
due ruote coniche E riceventi il movimento dalla puleggia p.
A questa puleggia il movimento è trasmesso da una fune avvolta sulla puleggia p' assicurata
sull' albero a'.
Si scorge già, per ciò che si è detto, che il movimento planetario, dei coltelli, è effettuato dalla
rotazione dell' albero a e che quello degli assi planetarii attorno l' asse centrale (movimento
orbitale) è determinato dalla rivoluzione dell'albero A.
La velocità relativa di questi alberi regolarizza lo sviluppo di ciascun coltello; in altri ter-
mini regolarizza 1' avanzamento di ciascun coltello dietro quello che lo precede.
L'albero centrale A è filettato esteriormente per ricevere la madrevite F, la quale è fusa con
una ruota dentata /ed è tornita esteriormente per permettere d'aggiungervi un collare. Le madre-
vite ed il collare sono riuniti per mezzo d'una chiave, per modo che l'una non possa girare
senza l' altra.
Colla madrevite F sono fuse due o anche più orecchie a forchetta, nelle quali si articolano
le braccia G, che ricevono alla loro estremità una vite terminata da un piattello gt come si
vede nelle figure 5.a e 6.a Coll'aiuto delle viti, s'allungano le braccia, distendendoli per modo
che i piattelli g , vengano ad adagiarsi contro la superficie interna del tunnel ; allora la ma-
drevite F ed il suo collare costituiscono un punto d'appoggio che permette a tutta la macchina
d'avanzare contro la roccia da perforare, essendo l'albero A animato da un movimento di ro-
tazione. Allorché quest'albero si è avanzato di tutta la sua lunghezza la macchina si arresta; si
apre la chiavetta, e, per mezzo di manovelle e d' un pignone che ingrana colla ruota h, la ma-
drevite ed il suo collare si portano avanti fino all'estremo dell'albero filettato assieme beninteso
ai bracci G. Una vite d'arresto posta in un incavo praticato sulla circonferenza della madrevite
impedisce al collare d'abbandonare questa, e nel medesimo tempo gli permette di girare indi-
pendentemente dalle braccia che ad esso si attaccano.
I movimenti combinati planetario ed orbitale come furono descritti, come anche il movimento
in avanti prodotto dalla vite agente nella madrevite fissa, obbligano i coltelli ad agire sulla roccia
in forma di spirale, avente un passo od angolo d'avanzamento eguale a quello del filetto pra-
ticato siili' albero A. I coltelli d sono dischi in acciajo d' un diametro di 25 a 50 centimetri e
d'uno spessore di 12 a 25 millimetri, secondo le dimensioni della macchina che li porta o la
natura della roccia o terreno su cui devono agire. La loro circonferenza presenta un bordo ta-
gliente ed essi sono posti ad angolo retto per rapporto al piano dei loro assi.
II raggio del circolo descritto dall'orlo dei coltelli agendo sulla roccia, deve avere circa la
metà del raggio del tunnel o della galleria cilindrica a perforare, in guisa che in ogni rotazione
i coltelli passino e taglino su tutta la superfìcie della galleria.
11 carro, formato come si disse dai sostegni C e C anteriormente e posteriormente * e dalle
traverse D, lateralmente è munito di ruote a doppio orlo h\ che ruotano sulle guide H. Supe-
744 RIVISTA DI GIORNALI
dormente alla macchina sono montate due ruotelle 1 F , che s'appoggiano fortemente contro ili
cielo della galleria, contribuendo così a mantener la macchina nella posizione centrale eh' essa
deve conservare.
Le guide H giacciono sul suolo del tunnel, e sono spinte avanti, a seconda del bisogno, colle
barre J che si pongono nei fori praticati nel doppio bordo delle guide, e che ponno essere messe
in movimento per mezzo delle madreviti j montate sulle viti J' (fìg. 5.a 5.a 6.a); quest'ultime
sono comandate da una correggia avvolta sulla puleggia k e fissata all' estremità dell' albero a'
ed anche dalla puleggia k' il di cui albero / porta una ruota dentata ; quest'ultima ingrana con
un altra simile /' che infine comanda alle due ruote coniche L (fig. 3.a) , di cui una è fissata
sulle vite J'.
In virtù di questa combinazione, le guide avanzano convenientemente perchè la macchina
possa progredire.
Si deve notare che, in questa macchina, in seguito alla divergenza delle linee centrali degli
assi b porta mandrini, dal piano dell'albero centrale A si ottiene facilmente il disimpegno dei
coltelli dalla superficie della roccia durante la porzione di rivoluzione in cui questi non lavorano.
Dippiù si sarà scòrto che il movimento della macchina è circolare-continuo; che l'azione dei
coltelli sulla parete del tunnel produce una doppia spirale, con passo uniforme, e che i coltelli
che dividono e rompono la parete agiscono per attrizione, ossia per continuo sfregamento, ma
tuttavia intaccando poco alla volta, l'attrito fra i coltelli e la roccia è ridotto al suo minimum.
il lavoro è fatto per semplice pressione, ciò che riduce la questione, fra i coltelli d'acciajo e
la pietra ad un'écrasement de l'un par l'autre.
In effetto, ognun sa che una macina da arrotare che gira rapidamente, taglia per attrizione
qualunque acciajo gli si presenti, ma essa sarebbe ridotta in polvere sotto una pressione che
non altererebbe per nulla 1' acciajo.
Nella macchina che ci occupa, lo scopo a raggiungersi è di trar partito delle qualità dell'ac-
ciaio per resistere alla compressione.
Allorché i coltelli descrivono il loro giro sulla parete estrema del tunnel, essi tagliano, in
virtù del movimento in avanti impresso dall'albero vuoto che funziona come vite, e penetrano
di più in più profondamente, producendo un passo circolare.
L'altezza di questo passo dipende naturalmente dal passo della grande vite, benché lo si possa
modificare, dando alla chiocciola un movimento differenziale, che può variare di 12 millimetri
nel granito, fino a 50 millimetri nella roccia tenera; ma qualunque esso sia, il movimento spirale
in avanti della macchina è sempre mantenuto.
Se un passo di 25 millimetri è preso come esempio, in un tunnel di 2m,135 di diametro, si
otterrà un avanzamento di 3mm,o per ciascun coltello posto dietro al suo precedente, cioè occor-
reranno 924 tagli per effettuare una penetrazione di 25 millimetri. La macchina rappresentata
sulla tavola ha due mandrini che ricevono sei coltelli ciascuno; e allora se ciascun d'essi prende
un passo di 25 millimetri, ci sarà un'avanzamento di 50 millimetri, per ogni rivoluzione del-
l'albero centrale a vite.
Le esperienze provarono che i mandrini a coltelli possono fare almeno 40 giri per minuto
nella pietra calcare. Ad una tal velocità con un alimentazione di 3m,5 si ottiene un avanza-
mento di 50 millimetri in 4 minuti e 1/5.
Devesi essere osservato che infine quello che deve fare la macchina, è di penetrare di llm
di 25 millimetri per effettuare un avanzamento di 3mm,5, contro una resistenza non maggiore di
quella offerta da uno strato di pietra di 25 millimetri d'altezza.
Il coltello presenta il suo bordo al piede della strato, e, evitando più eh' è possibile, l'attrito,
penetra con una forza irresistibile di 3mm,5 nello strato; dimodoché il coltello che viene in se-
guito ha ben poco a fare.
Si disse, e si dirà ancora, che tutte le macchine a perforare le gallerie od i tunnels, riducenti
la roccia in piccoli frammenti, originano una perdita di potenza meccanica; gran parte di questa
perdita sarebbe evitata, dicono, se i fori si preparassero dalla macchina per poscia riempirli di
polvere allo scopo di far saltare masse considerevoli d' un sol tratto.
E NOTIZIE VARIE 745
Quest'asserzione è fatta con molta convinzione ed è generalmente accettata come indiscutibile.
Ma, osserviamo pertanto ciò che accade per il tunnel del Monte Cenisio.
La galleria di mina è di circa 90 decimetri quadrati e 80 fori d'una superficie, eguale ad Vrs
della superficie totale sono praticati dai perforatori. Evvi allora una seltantottesima parte di tutta
la massa di roccia estratta e ridotta in polvere eccessivamente fina. Non è esagerato, il dire
che vi sono 100,000 particelle circa per ogni cubo di 15 centimetri.
La questione allora prende questa forma:
Supponiamo che, per la macchina che noi descrivemmo, i frammenti medii siano d' un cubo
di 15 centimetri ; ridurre 78 blocchi di roccia in pezzi da 15 centim. cubi o un solo in pezzi
100,000 volte piccoli; in qual operazione vi sarà maggior consumo di potenza meccanica?
Il paragone precedente è puramente fra la forza relativamente consumata, dai due tipi di mac-
chine; ma alla forza impiegata da una macchina perforatrice si avrebbe ad aggiungere la forza
sviluppata per la potenza impiegata.
Vi sarebbe anche a determinare qual forza addizionale sarebbe messa a disposizione della
macchina foratrice dei tunnels, tanto per la consumazione del combustibile che sarebbe eguale
al valore della polvere.
Si vedrà allora che una macchina a forare (percer) i tunnels, quantunque esiga più potenza
che una macchina a perforer , può pertanto sopportare favorevolmente il confronto, non par-
lando del vantaggio che si deve sempre aspettare da una macchina che può lavorare senza in-
terruzione, vantaggio che non presenta una macchina a perforare che bisogna frequentemente
spostare intanto che si fa agire la mina.
Una macchina, costruita dietro i dati di quella rappresentata nella tavola 50 figg. 5 a 7, è
costruita per forare un tunnel, d'una lunghezza considerabile, in un giacimento d'ardesia di
North-Wales.
UN ALTRO FOTOMETRO
inventato dal Dott. Marco Ceselli di Roma.
(Vedi Tav. 30 fig. 2)
« In pratica non solo è necessario il trovare un esatto strumento per la misura di una qua-
lunque cosa , ma bensì la sua facilità nell' uso , sia per il principio su cui è fondato , sia per
esser portatile , e di poco incomodo. Ora quello che ho detto in generale si può applicare in
particolare al fotometro istrumento , che sebbene sia di un uso del tutto scientifico è adoperato
anche in questioni pratiche come nell' illuminazione a gas. Quello , che possa rispondere alle
proprietà di sopra richieste, è V elegante fotometro di Wheatstone che, siccome ognuno sa, con-
siste in una perla d'acciajo brunito, animata da due moti rotatori, cioè: di un moto di un cir-
colo, intorno di un altro circolo, per cui essa perla d' acciajo traccia una epicicloide. Se ora al
di qua e al di là dell' istrumento si pongono i due lumi da paragonarsi alla medesima altezza
si vedranno sulla perla due punti luminosi per riflessione; se poi questa si metta in moto con
alquanta velocità, per l'impressione sulla retina vedremo due epicicloidi luminose, che quando
saranno della medesima intensità luminosa avremo la solita proporzione dell' intensità in ragione
diretta dei quadrali delle distanze cioè:
d2 - W*
da cui se ì è 1' unità dell' intensità luminosa avremo
., d'*
746 RIVISTA DI GIORNALI
Ove d e d' sono le distanze dei due lumi dalla perla d' acciajo, ed ognuno vede che sono quan-
tità variabili movendosi essa perla, e per quanto sia piccolo lo spostamento di questa doven-
dosi dette distanze innalzare al quadrato, portano alquanto differenza. Questo è il solo inconve-
niente dello strumento.
« Questo secondo fotometro da me ideato (Tav. 50, fìg. 2) ha le proprietà di sopra richieste cioè
la massima semplicità; è portatile, ed ha il punto di partenza della misura delle distanze fisse. Esso
consiste in un cilindro d'acciajo brunito dell'altezza di circa 8 centimetri e del diametro di un
millimetro, il quale produce due bande luminose verticali invece delle due epicicloidi, e ciò per
la proprietà degli specchi cilindrici; e per rendere queste bande luminose più nette le guardo
attraverso un forellino finissimo di meno di un millimetro di diametro.
Ecco come per renderlo portatile si stabilisce ristrumento. Su di un regolo di legno A B
della lunghezza di due decimetri, e di tre centimetri circa di lunghezza e mezzo di spessore,
sorretto da un manico, alla estremità B si trova una lamina di metallo avente nel mezzo un
forellino per cui si guarda, all'altra estremità A una tavoletta di legno più alta del cilindro
d'acciajo; questo poi, si trova nella linea mediana longitudinale del regolo A B a pochissima
distanza da A, cioè nel punto C. Ed il tutto è tinto a nero.
« Si comprende benissimo, che per fare la misura o meglio il paragone tra le due luci queste
si debbono mettere ai due fianchi dell' istrumento alla medesima altezza, sulla medesima linea,
ed accostandole od allontanandole in modo che ne risultino le due bande luminose della mede-
sima intensità; allora le suddette luci staranno tra loro in ragione diretta dei quadrati delle
distanze dal cilindro.
« Voglio sperare che esso possa ottenere la preferenza, in quanto che la costruzioue è sem-
plicissima, e capace da ognuno (1) ».
(Dalla Corrispondenza scientifica. Roma).
UN NUOVO GENERE DM L L UM IN A Z I ONE.
(Vedi Tav. 30, fig. 8 e 9.)
E noto come accendendo una mescolanza dei due gas ossigeno ed idrogeno (ossidrogene) si
ottenga una fiamma che non è per nulla affatto luminosa alla pressione ordinaria e che anzi
sarebbe invisibile se non fosse in causa delle sostanze estranee che si trovano sempre sospese
nell'atmosfera e per la pressione esercitata dall'aria sui fianchi della fiamma. Ma il calore di
questa fiamma essendo fortissimo (fonde il ferro colla massima rapidità), ne viene che, se si
dirige la fiamma stessa sopra un pezzo di calce, questa riscaldandosi fortemente, dà luogo ad
una luce di una vivacità insopportabile a piccola distanza. Ed infatti il calore della fiamma
aumentando grandissimamente la potenza microdinamica negli atomi della calce, né potendo, per
la costituzione fissa speciale della calce, tutta questa potenza accumulata convertirsi in una esal-
tazione della sola componente del moto atomico relativa al calorico dando luogo ad un subitaneo
allontanamento delle molecole, ne viene che una gran parte di essa si trasforma in una esalta-
zione del moto orbitale dando così luogo ad una crisi luminosa intensissima.
Ora, si è recentemente tentato di rendere pratica la luce così prodotta (lime light) applican-
dola all'illuminazione privata. Senonchè l'uso del miscuglio di gas ossigeno e di gas idrogeno
non è senza inconvenienti potendo facilmente, o per l'incuria di chi ne fa uso, o per difetto
degli apparecchi , avvenire che i due gas si mescolino in quantità maggiori di quelle volute e
che infiammandosi diano luogo ad uno scoppio dell'apparecchio.
I mezzi pratici che finora si sono impiegati per applicare questo sistema di luce alle lampade
sono due. Coli' uno i due gas sono mescolati prima nell'apparecchio a qualche distanza dal becco
pel quale escono. Coli' altro metodo invece essi non vengono a contatto fra loro che alla loro
(1) Per il cilindro d'acciajo si può far uso di un ferro da calze, quando sia ben brunito.
E NOTIZIE VARIE 747
uscita dal becco. Col primo metodo, il miscuglio avendo luogo assai più perfettamente, si ottiene
una luce assai più brillante, si consuma meno ossigeno in un dato tempo e si ha un minor vo-
lume di prodotti gasosi da scaricare : ma con esso occorrono molte precauzioni per assicurarsi
che I apparecchio non esploda. Gli apparecchi invece costrutti col secondo metodo possono anche
essere affidati nelle mani di persone inesperte essendo in quelli impossibile un'esplosione- ve
d altronde ad osservare che per le camere ordinarie, e per gli usi domestici non è poi nemmeno
necessaria una luce tanto intensa : per conseguenza a questi si dovrebbe dare la preferenza per
1 uso comune.
La fìg.8.a (tav. 50) rappresenta in ischema le parti principali dell'apparecchio costrutto secondo il
primo metodo. In esso D rappresenta un tubo o becco il cui diametro interno è circa yg. Questo becco
passa nella scattola cilindrica A chiusa a tenuta di gas in questa stessa scaltola in corrispondenza,
ai due fon B, T mettono pure capo i due tubi i quali vi conducono i due gas presi in due
appositi separati recipienti. I due gas mescolati nella scattola A (s'intende in quantità abbastanza
piccole perche non possa aver luogo esplosione) passano nel becco D all'estremità del quale
vengono accesi , e la fiamma viene a gettarsi sul cilindro E di calce il quale è assicuralo sul
piatto P Una vite H permette, col mezzo di un pignone K di girare, innalzare od abbassare il
cilindro E secondo fa bisogno: cosi pure il pezzo N ha un particolare moto orizzontale che
permette di collocare il cilindro E stesso a quella distanza che si vuole dalla fiamma. I cilindri
di calce sopra accennati possono essere fabbricati a bassissimo prezzo : ma del resto può servire
qualunque pezzo di calce viva purché secca. I cilindri stessi poi devono essere tenuti chiusi in
specie di bottiglie quando la lampada non funziona, altrimenti verrebbero presto distrutti. Inoltre
siccome esS1 si scaldano assai facilmente, nelle lanterne più perfette si è pensato di far ruotare
continuamente il cilindro col mezzo di un congegno di orologeria: in generale però questo non
e che un lusso.
Nelle lampade invece costrutte in base al secondo metodo il becco ha press' a poco la forma
della fig. 9 in cui H H è il tubo per cui passa il gas idrogeno e B quello per cui viene l'ossi-
geno: come si vede i due gas non vengono a mescolarsi che in B dove ha luogo l'accensione.
Quanto al cilindro di calce la disposizione è identica alla precedente.
SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI.
/// Riunione Straordinaria in Vicenza nei giorni 14, 15, 16 e 17 Settembre 1868.
La III Riunione straordinaria della Società Italiana di Scienze Naturali che non potè aver
luogo 1 anno scorso a Vicenza in causa del morbo asiatico, si effettuò nel passato settembre i
giorni 14, 15, 16, e 17 e fu alquanto viva e brillante.
L'adunanza generale d'apertura venne tenuta nel Teatro Olimpico il quale era affollatissimo.
Al banco presidenziale sedevano in fianco al Presidente Cav. Paolo Lioy il sindaco della città,
ed alla destra in mancanza del Presidente ordinario della Società, il Vice Presidente Antonio
u ?, d^C0/S0Jnaugurale del Gav. Lioy fu brillante, ed ebbe grandi applausi. Così pure
quello del Prof, abate Stoppani intorno ai Basalti, e l'altro del Conte Oddo Arrigoni sul Rego-
lamento della caccia nell'interesse dell'Agricoltura. Uà questa stessa seduta vennero esposti i
nomi dei Rappresentanti mandati al Congresso da alcune Società ed Accademie scientifiche, fu-
rono lette alcune lettere di Soci non intervenuti, e si annunciò che nel Museo Civico fu collo-
cata una lapide commemorativa di tale Riunione.
Nella sera dello stesso giorno si tennero le sedute speciali delle singole sezioni di Geologia
Zoologia e Botanica. La prima era la più numerosa, ed anzi si formarono come delle sezioni a
748 SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI
parte di Montanistica, di Paleoetnologia, di Fisica e Chimica. Ebbe a Presidente il Prof. Mene-
ghini , col Prof. Studer di Berna come Presidente onorario , ed il Sig. Negri a Segretario. Ili
Sig. Botti lesse una Nota sopra un pesce fossile del terreno pliocenico di Lecce. Stoppani fece|
osservare che molti fossili del Leccese spettano a specie viventi. Issel e Guiscardi parlarono sui;
terrazzi Leccesi e sue calcaree. Il contadino Meneguzzo, guida delle Alpi, distribuì un suo spac-
cato della Regione Vicentina, con fascicolo di spiegazioni. Il Sig. Suez espose i suoi studi sui
terreni del Vicentino sui quali vennero fatte osservazioni, domande e risposte da Molon, Lioy,
D'Acchiardi, Meneghini e Meneguzzo. Per ultimo si lesse un lavoro del Sig. Salmoiraghi sulla
Geologia dei dintorni di Montecalvo Irpino.
La Sezione di Zoologia ebbe a Presidente il Prof. Cornalia, col Segretario Prof. Canestrini.
L' abate Disconzi dimostrò come in una Memoria stampata a Verona nel 1865 siasi attribuito
il nome di Phìlanthus apivorus ad un imenottero che è probabilmente la Vespa crabro o la
Vespa media, atteso le abitudini descritte. L' abate Nardi comunicò una Nota, nella quale pro-
pone diversi mezzi per favorire F agricoltura, intorno alla quale materia i Professori Canestrini
e Tebaldi esposero importanti osservazioni.
La Sezione di Botanica fu presieduta dal Conte Trevisan col Segretario Prof. Pedicino. Il
Prof. Masé dopo una dettagliata descrizione delle Valli Ostigliesi da lui studiate per botanica,
diede la nota delle piante rare da lui rinvenute pel primo, e fece voti onde essere ajutato nelle
ricerche di piante Mantovane. Presentò inoltre e distribuì alcune piante particolari. Il Presidente
fece dappoi notare che la Chara alvoides viene oggi dal Brown riferita alle Ch. coronata, e
diede lettura d'una sua Memoria sul genere Dimelena, ove tesse anche la storia della licheno-
logia. Si terminò colla distribuzione del Programma della Flora Italiana in corso di pubblica-
zione dei Sigg. Cesati, Passerini e Gibelli.
Il giorno 15 fu occupato pel viaggio a Lonedo e Chiavon, e nella sera la sezione speciale di
Montanistica tenne una seduta. Il Comm. Quintino Sella venne eletto Presidente e Gandini Segre-
tario. Vi fu grande discussione sulla proposta del Sig. De Manzoni d'invitare il governo ad
istituire in Italia un' Accademia Montanistica destinata a dare ingegneri di miniere e costituita
sul modello di quelle tedesche ed inglesi. Dopo varie discussioni per parte del Presidente Sella,
di Pasini, Meneghini, Ferrerò, Cossa e Pavesi, s'invitò il Sig. Manzoni a formulare i perfezio-
menti da introdursi nelle scuole di Agordo e di Bergamo pei così detti bassi ufficiali, di ciò
che puossi chiamare armata mineraria.
Nel giorno 16 ciascuna sezione tenne due sedute. In Geologia nella seduta del mattino , il
Sig. Tornò espose alcune osservazioni sulle miniere di Vallalta; il Sig. Ferrerò sulle Torbe; il
Prof. Stoppani sulla struttura prismatica e sferoidale delle roccie; il Sig. Negri lesse una sua
Memoria Geologica sul bacino del 'lago di Lugano. Il senatore Pasini espose un brano di ma-
noscritto del Maraschini, nel quale vi è descritta l'esperienza fatta dal Sig. Melandri 40 anni or
sono, per la formazione di montagne, e somigliante a quelle or ora fatte dal Prof. Gorini in
Milano. Il Sig. Sanfermo annunciò la scoperta fatta presso Belluno di un calcare fetido ricco di
fosfato di calce; ed il Sig. Navar'otto quella di un piombo argentifero. Alla sera si aprì la seduti,
colla presentazione di saggi della torba di Campolongo. Il Prof. Pirona presentò e descrisse una
nuova Rudiste del Friuli ; Meneghini e Guisciardi la ritengono un nuovo genere e la chiame-
rebbero Pironea. Il Prof. Silvestri presentò una Monografìa del genere Nosodaria, e lesse una
Nota su un giacimento di solfo in Sicilia. Issel trattò sulla fauna malacologica del Mar Rosso,
del Mediterraneo ecc. Il Presidente presentò una fotografìa d' una Cleodora fossile del Modonese
comunicata dal Sig. Stòhr; ed una Memoria del Sig. Marolda sul bacino idrografico di Muro
Lucano. Si terminò colla lettura di una Memoria del Sig. Zecchini sui laghi di Bagnarola . . .
Nella stessa sera molti membri del Congresso si radunarono in altra delle sale per formare
una sezione speciale di Paleoetnologia , la quale ebbe a Presidente il Prof. Strobel , e per Se-
gretario il Sig. Gualterio. Venne presentata una Memoria del Sig. Mina-Palumbo, sulla Paleoet-
nologia Siciliana. Il Cav. Lioy mostrò alcune armi di pietra ed una di bronzo, raccolte di re-
cente nel Vicentino. Sanfermo parlò di un oggetto piramidale di selce trovato in Sicilia, e Gual-
terio di armi di pietra dei dintorni di Bolsena. Grandosso presentò un istrumento di ferro tro-
SOCIETÀ ITALIANA DI SCIÈNZE NATURALI 749
vaio nel Vicentino. Cornei parlò di due cranj trovati in una tomba della Siria. Stoppani pre-
sento una Memoria del Sig. Marinoni intorno alla Paleoetnologia Lombarda, e rilevò un errore
del Sig. Letton a proposito della caverna dell' Orso sopra Laglio. Strobel ragionò sulle fusaruole
Issel su talune ossa umane trovate in una marna con fossili pliocenici; e Cornalia presentò un
osso della grotta sopra Laglio con traccie di tagli, intorno ai quali vi furono diverse opinioni.
Anche la sezione di Fisica e Chimica fece due sedute. Ebbe a Presidente il Prof. Bellavitis
ed a Segretario il Sig. Triulzi. Il Prof. Filipuzzi parlò della Paraffina; il dott. Nicolò Vlacowich
del elettricità presentata da una bacchetta di vetro in certe circostanze, e di altre esperienze.
Nella seconda seduta il Prof. Paroli parlò di acque minerali, ed il Prof. Cossa della composi-
zione della Dolomia: 11 Prof. Bellucci parlò dell'ozono, e della ricombinazione dell'ossigeno e
dell idrogeno. G
Nella Sezione di Zoologia si discusse la questione della caccia, e vennero presentate diverse
Memorie su due nuove specie di procellarie di Gilioli e Salvador! ; sul bruco della canape di
l<acen; sui ditten d'Italia di Rondani ; su due caprimulgidi di Salvadori ; su un nuovo entozoo
di Garbiglietti; su alcuni insetti del Novarese di Tacchetti ; sulla coltivazione del bruco di Yama-
mai di Belletti; sulla malattia dei bachi di Salimbeni; sui modo di ottenere, conservare ed
esaminare la semente dei bachi giapponesi del padre Cavalieri; sulla priorità di pubblicazione
intorno i corpuscoli nelle ali delle farfalle del baco da seta di Salimbeni. Nella seduta della
sera fu presentato un Catalogo di Molluschi testacei della Spezia di Tapparone Canefri. Beltoni
lesse intorno alla filiquerta del Celti, ed all'istinto degli animali; Disconzi e Lombroso vi fe-
cero delle osservazioni. Nardo descrisse una nuova Erifìa; il Prof. Cornalia mostrò due crani
peruviani sformati col mezzo di bende, ed un craniomelro con alcune modificazioni; il Pro-
tessere Generali espose delle riflessioni sopra una larva che vive in qualche ffelix, ed i Pro-
fessori Canestrini, Pavesi e Sordelli parlarono dei loro lavori sui ragni italiani.
Nella Sezione di Botanica , Bertoloni parlò della malattia del riso , ed il Prof Keller disse
non credere che i salti bruschi di quest'anno abbiano potuto colpire la sua infiorescenza. Masè
tratto della malattia del riso nel Mantovano; e Carnei espose alcune osservazioni sulla Lemna
minor e sulle foglie della Parkinsonia aculeata.
Nel giorno 17 di mattina si tennero sedute parziali delle singole sezioni, ove si trattarono
motti argomenti in breve tempo.
Nella Geologia, Molon annunciò che dove havvi la lignite di Campolungo, esiste un bacino
lacustre. Il Sindaco Sig. Piovene comunicò una lettera intorno agli scavi dei pozzi artesiani, e
su tali argomenti vi furono varie discussioni di Pasini, Manzini e Calegari • L'In* Volebele
lesse un rapporto sulle questioni delle acque di Vicenza. 11 Sig. Beggialo presentò la carta
geologica del Vicentino, e ne diede spiegazioni, indi descrisse una palma fossile del Bolca. Re-
gazzoni espose un grande spaccato della Lombardia orientale, dalla pianura del Po alla cresta
delle alpi. Il Prof, abate Calderini parlò della geologia del Monte Fenera in Valsesia. Gerolamo
Noro presentò due saggi di lignite. Per ultimo Giardini comunicò il processo verbale della Se-
zione di Montanistica con proposte De Manzoni e Ferrerò pel miglioramento della scuola dei
caporali e sergenti minori.
La commissione per redigere una proposta sul divieto della caccia, nella seduta di Zoologia
del g.orno 17 riferì il suo operato. Indi Strobel comunicò alcune note di Micologia Argentina.
11 Prol. Ricchiardi espose dei fatti anatomici riscontrati, ed il risultato dei suoi studii sulle
Fennatule. Il Prof. Lombroso trattò alcuni argomenti di antropologia italiana. Infine il Presi-
dente presentò varj lavori di diversi autori, che per scarsezza di tempo non poterono esser letti
e tra questi una nota fatta in seduta dal Vicepresidente Antonio Villa dei Molluschi raccolti
ri giorno prima, da Villa e Spinelli nella gita ai Colli Berici , alle villeggiature Rambaldo e
Pasini.
Nella Sezione -di Botanica il Prof. Carnei narrò come nel basso Egitto ha trovato naturaliz-
zate due piante americane, e come anche in Egitto ha osservato fioriture di piante a diverse
epoche secondo i tipi. Pedicino parlò di piante da lui trovate a Capri , e di un suo errore nel
lavoro sulle Diatomee.
750 SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI
Alle ore 11 dello stesso giorno fuvvi l'adunanza generale di chiusura, ed il Prof. Cornalia
Presidente ordinario della Società lesse una bella biografìa del Defilippi socio defunto. Poscia il
Sig. Giordano narrò di una sua recente salila al Monte Cervino. In seguito il celebre geologo
viennese Sueso parlò sulla struttura geologica del Vicentino. Il Prof. Lombroso disse sui carat-
teri fisici delle varie popolazioni italiane. Si fecero anche nomine di Socj effettivi e corrispon-
denti. Si incaricò la Presidenza ordinaria a far pratiche per la scelta fra Catania e Modena per
sede del Congresso dell'anno venturo, e si decise di presentare al Ministero una proposta rela-
tiva alla caccia.
Venne chiusa la seduta con parole di ringraziamento del Presidente Lioy dirette ai Vicentini,
per le accoglienze fatte ai cultori delle scienze naturali.
Oltre le suddette adunanze, servirono di studio ai naturalisti alcune gite fatte al Chiavon ed
ai Colli Berici. Nella prima si ebbe campo di osservare il basalte che forma il suolo delle rive
dell' Astico, e le sporgenze di calcare a scutelle, le calcaree nummulitiche a Lugo , ed altri con
pettini ed echini a Lonedo e le marne con palme fossili nel letto di Chiavon. Di queste palme
ne osservammo di bellissime e gigantesche nel Museo Piovene, nella cui Villa i naturalisti eb-
bero una sontuosa colazione. Un' altra giornata ai Colli Berici si osservarono Basalti , tufi ba-
saltici, calcari con fossili, ed anche nummulitici, marne azzurre, calcedonie ecc.; facendo sosta
alla Villa Rambaldo , e per ultimo alla Villa Pasini , ove si ebbe una lautissima refezione e le
più cordiali accoglienze.
R. ISTITUTO TECNICO SUPERIORE (Piazza Cavour)
CORSO NOMALE COMPLEMENTARE DI CELERIMENSURA, E DI OTTICA TECNOLOGICA
PARTICOLARMENTE DIRETTO AGLI ALLIEVI DI 3.° ANNO
AVVISO-PROGRAMMA.
Il corso normale complementare di Celeriniensura e quello di Ottica tecnolo-
gica applicata alla geodesia, avranno luogo in questo anno scolastico 1868-69, il
primo, in ogni marledi e mercoledì alle ore 11; ed il secondo in ogni domenica
ad un'ora, cominciando da domenica 29 corrente novembre, e di poi continua-
mente, salve le solile eccezioni, e senza altro avviso.
LE LEZIONI SONO PUBBLICHE.
La Celeriniensura, il cui nome è improntato allo spirito del secolo, comprende in se tutti i
rami della geodesia generale moderna, vale a dire, la geodesia alta, la topografia, l'agrimensura,
e V arte di livellare ; essa ha per compagno indivisibile quel ramo dell' ottica in cui si tratta
della composizione de' strumenti geodesici e dell' azione dell' atmosfera sulle visuali.
Insieme presi questi due insegnamenti, importantissimi per gli Ingegneri a qualunque speciale
ramo di pubblici o privati lavori siano poi per dedicarsi, esigerebbero un numero di lezioni
molto maggiore di che non ne sia concesso, ma un corso di geodesia elementare ed uno di to-
pografia hanno fatto parte dell' insegnamento del primo anno, perciò a noi rimane solamente da
CELERIMENSURA 751
sviluppare quel complemento alla geodesia generale con che modernamente questo ramo di pra-
tico-scienza è uscito dalle pastoje antiche, si è razionalizzato in tutte le sue applicazioni, ed
innalzandosi alla dignità che gli compete nell' arte dell' ingegnere , è giunto a soddisfare piena-
mente a tutti quei moderni postulati che la geodesia antica lascerebbe insoddisfatti, fra i quali
sono predominanti sempre la speditività nelle operazioni, e la comprovabilità di tutti i risultati.
La figura e le dimensioni del globo saranno argomento delle prime lezioni nelle quali si
esporranno i nuovi metodi con che si determinano le irregolarità della superficie di equilibrio
delle acque tranquille, che è la superficie naturale di projezione dei lavori geodesici di tutti gli
ordini ; verrà in seguito la scelta di un sistema di coordinate il più conveniente e speditivo e
tale che sia applicabile a tutti i casi ed a tutte le estensioni.
Si esporranno poi brevemente quelle innovazioni e modificazioni che rendono molto più espe-
ditive non solo le operazioni trigonometriche di tutti gli ordini, ma ancora la determinazione
astronomica delle coordinate geografiche e della orientazione locale delle quali cose, attese le
grandi irregolarità della superficie idrostatica, più non possono gli ingegneri far senza.
Entrando poi a trattare in particolar modo dei lavori pubblici di grande comunicazione, di
irrigazione e simili, si esporrà come vi sia indispensabile la eidypsografia completa e generale
di tutto il paese e come stia in essa il mezzo il più semplice e sicuro, il più economico e spe-
ditivo, di risolvere tutti i problemi di quella specie colla certezza oggidì universalmente voluta.
I medesimi procedimenti che forniscono ai grandi lavori pubblici la eidysometria completa si
vedranno applicati, con pari vantaggio senza variazioni, in tutte le minori e minime operazioni
geodesiche occorrenti nell'esercizio dell'arte dell'ingegnere, e del geometra.
L'arte di livellare che nell'antica geodesia formava una importante specialità, tende a sparire
di fronte alla eidysometria che sempre fornisce ad un tempo le tre coordinate; tuttavia per quei
pochi e rari casi che esigono una precisione eccezionale si insegneranno i nuovi metodi con che
si può speditamente ottenerla.
Colle ultime lezioni, saranno, come in un manuale, raccolte le pratiche materiali di cui si
tratta, e quelle lezioni saranno seguite da una esercitazione campale di rilevamento eidypsome-
trico nella quale si comprenderà pure 1' arte di riportare sul terreno il tracciamento dei progetti
da eseguirsi.
In ottica tecnologica le lezioni volgeranno in prima sulla teoria generale della luce di cui si
esporranno i principii, a fine di trarre le leggi che ne governano la trasmissione a traverso i
corpi trasparenti, ed i fenomeni di separazione dei colori e di polarizzazione che ne derivano.
Si- passerà quindi alla composizione dei cannocchiali e dei microscopii ed altri elementi ottici
degli istrumenti della geodesia antica, e da ultimo si spiegheranno i nuovi fenomeni che sono
stati modernamente messi a partito nella geodesia nuova, nella quale hanno recato quella grande
speditività e quel giusto grado- Ai esattezza che in prima non si otteneva, se non con procedi-
menti lunghissimi.
I nuovi strumenti dell'alta geodesia sono quattro: il tubo Zenitale, il rectografo anapneuma-
tico, un nuovo apparato per la misurazione celere delle basi trigonometriche, ed il grande teo-
dolite cleps-ciclo; quest'ultimo costrutto in tre minori dimensioni costituisce l'istrumento unico,
per tutte le gradazioni della geodesia degl' ingegneri. Di tutti questi sfrumenti verrà spiegata la
teoria, la composizione e 1' uso.
Questi due corsi normali e complementari uniti comprenderanno dunque tutta quella geodesia
teorica e pratica moderna, che per la ineluttabile forza delle cose si va ovunque sostituendo
all' antica, a misura che gli uomini nuovi si vanno sostituendo ai vecchi.
Le lezioni sono pubbliche ed assumono talora la forma quasi popolare, in modo da poter essere
sentite con profitto anche da quei provetti ingegneri che amano tenersi al corrente del progresso,
e si fanno coscienza di usarne a beneficio della loro clientela, non che da quelle persone anche
estranee all'arte dell' ingegnere* alle quali, per la loro posizione nell'amministrazione pubblica,
interessa il ben intendere in qual modo siano dagli ingegneri disimpegnate le imcumbenze loro!
Gli impiegati di second' ordine degli ingegneri non potranno forse seguendo le lezioni inten-
dere correntemente le dimostrazioni e le forinole analitiche, ma impareranno senza dubbio ab-
752 CELER1MENSURA
bastanza bene la parte pratica per poter poi essere essi stessi sostituiti agli ingegneri nelle fatiche
del campo, ed in gran parte dei lavori di gabinetto.
Quella classe poi di persone, che, di molto minor preliminare istruzione fornita, volessero de-
dicarsi all' ufficio di semplici sotto-ajutanti intenderebbero ancora quanto basterebbe per farsi
abili a segno di assicurarsi una professione abbastanza lucrativa, di che in Italia si comincia a:
sentir il bisogno.
Le donne stesse potrebbero imparare a queste lezioni il maneggio della scala di Gunter, con
che troverebbero un impiego lucrativo nel fornire agli ingegneri la parte del lavoro per essi la.
più nojosa, vale a dire la formazione delle coordinate e gli elementi delle comprovazioni: Mi-
lano già presenta in questo senso qualche esempio da imitare.
È, se non imminente, inevitabile una nuova misura generale parcellaria di tulta Italia; l'As-
sociazione Geodesica Nazionale ne ha fatto suo principale scopo; in quella un migliajo di gentili
signorine vi troverebbero per una diecina di anni un' occupazione geniale apportatrice di lucro
e d' onore.
LEGISLAZIONE
Alla pag. 511 del presente volume venne riprodotto il Regolamento della Provincia di Verona
per la sorveglianza di quelle strade Comunali che era tutto approvato dal ministero dei Lavori
Pubblici e reso obbligatorio mediante Decreto Reale.
In questo Regolamento tutta la gestione e la sorveglianza tecnica affidata ad un corpo di tee
mei responsali modellandolo sulle tracciò dei Regolamenti in vigore nell'Impero francese e nel
Belgio, così alcune poche varianti.
Ora lo stesso ministero dei Lavori Pubblici ebbe ad approvare un Regolamento simile per la
provincia di Cremona, nel quale anziché affidare agli ingegneri la sorveglianza delle strade Co
mimali, vengono di ciò incaricate le Giunte di ciascun comune, le quali possono intendersi' di
strade e della loro manutenzione nell' egual modo che si intenderanno degli ammalati e della
loro cura.
Riservandoci di ritornare in seguito sopra questo argomento che è vitale per il paese ci limi-
tiamo per ora a riportare il detto Regolamento facendovi qualche piccola osservazione.
Regolamenti stradali per la provincia di Cremona approvati dal Consiglio provinciale nella
seduta h settembre 1867 modificati dalla Deputazione provinciale in seduta 24 aprile 1868.
PARTE I.
Regolamento pei- la manutenzione e sorveglianza
«Ielle sti-ade comunali.
Capo I. — Disposizioni generali.
1. La manutenzione e sorveglianza delle strade comunali è affidata ai comuni che ne sosten-
gono la spesa o da soli o consorzialmente. La deputazione provinciale vi esercita la soprainten-
denza per l'interesse generale della viabilità col mezzo degli ispettori stradali che sono dalla
stessa nominati e stipendiati, e provvede sui loro rapporti sentilo il voto dell'ufficio tecnico
provinciale.
Sono escluse dall' ordinaria sopraintendenza della deputazione provinciale le strade interne
delle, citta o borgate. Le traverse però che servono alla generale comunicazione sono sotto la
vigilanza dell'ufficio tecnico provinciale se in continuazione di strade provinciali; e degli ispet-
tori stradali se servono di congiunzione alle altre strade comunali. Di queste ultime però non
sono sottoposte strettamente alle prescrizioni del presente regolamento che quelle non selciale
n che devono quindi essere mantenute in ghiaia.
2. Le Giunte municipali onde provvedere alla costante e perfetta viabilità delle strade comu-
nali volute dall'art. 16 della legge sui lavori pubblici:
a) Faranno un contratto triennale per la somministrazione di tutta la ghiaia occorribile
obbligando 1' assuntore a tutte le condizioni portate dal capo IV del presente regolamento
b) Assumeranno a proprio continuo servizio e quindi con conveniente salario il numero
necessario di cantonieri in proporzione della lunghezza delle strade comunali in manutenzione
,e_cl0e nei limiti di un cantoniere tra sei e dieci chilometri, che dovrà costantemente in tutti i
giorni ed ore di lavoro adempiere agli obblighi portati dal capo III del presente regolamento (1).
| (1) In molti comuni dell'alta Lombardia non si raggiunge nella lunghezza delle loro strade questo
[limite, per cu, adottando la detta massima uno stradatolo dovrebbe avere le strade di due o tre uomini.
754 LEGISLAZIONE
c) Assumeranno nelle epoche opportune dell' anno quel numero di manuali di sussidio ai
cantonieri che saranno necessari tanto pel primo spargimento della ghiaia e rassettamento della
stessa, quanto per eseguire altre opere straordinarie che fossero per occorrere, e per eseguire le
quali non fosse sufficiente l'opera dei cantonieri stipendiati.
d) Faranno eseguire in via economica e nella stagione opportuna tutte le riparazioni ai
manufatti esistenti sopra ciascuna strada, quando il loro complessivo importo sia inferiore a lire
50 ed a cottimo le riparazioni maggiori in base a perizia d'avviso che sarà fornita senza spese
dall' ispettore stradale.
e) Faranno un contratto cumulativo dei seguenti servizi occorrenti alle strade affidate a
ciascun cantoniere: per lo sgombro della neve, pel trasporto del fango, della polvere e delle
erbe tagliate sui marciapiedi, per la spazzatura delle immondezze e pel taglio delle erbe cre-
scenti sulle scarpe stradali, colle condizioni volute dal capo IV del presente regolamento.
3. Le Giunte municipali delegheranno uno dei loro membri od altro dei consiglieri comunali
ad invigilare i cantonieri e quant' altro riguarda la manutenzione delle strade e colla facoltà di
fornire i manuali di sussidio ai cantonieri, di far eseguire le riparazioni necessarie ai manufatti
inservienti alle strade e di rappresentare la Giunta nell'annuale visita di collaudo (1).
h. Le Giunte municipali dovranno licenziare e surrogare il cantoniere che non fosse atto, o
che per incuria male adempia ai proprii doveri , sia che ciò le risulti dai rapporti del proprio
rappresentante e dai rapporti dell'ispettore stradale che le verranno comunicati dalla Deputa-
zione provinciale.
5. La Deputazione provinciale in seguito ai rapporti dell'ispettore stradale sentito ove occorra
il voto dell'ufficio tecnico provinciale, ne comunica le risultanze ai comuni interessati, prescri-
vendo le opere occorrenti tanto a carico dei comuni che dei privati.
Le Giunte municipali daranno immediatamente esecuzione alle prescrizioni che le riguardano,
salvo ad esse l'interporre reclamo quando ne sia il caso, nelle vie gerarchiche entro 45 giorni
dalla ricevuta comunicazione.
Quanto alle opere da eseguirsi dai privati, ne faranno la regolare intimazione con analoghi
monitori ritirandone ricevuta sopra duplo conforme. Nel caso poi avesse a trascorrere il termine
prefinito per l'esecuzione e l'opera risultasse ancora ineseguita, nò constatasse alla Giunta lo-
cale che siasi interposto reclamo, essa invocherà tosto dalla Regia prefettura l'autorizzazione ad
eseguire l'opera d'ufficio, con che resterà anche autorizzalo il rimborso della spesa colle forme
privilegiate dalle pubbliche imposte.
6. Gli ingegneri e periti agrimensori che aspirano ad essere scelti ad annuali ispettori, do-
vranno farne domanda alla Deputazione provinciale , la quale riconoscendoli idonei sotto ogni
riguardo, registrerà il loro nome in apposito elenco. Colla loro domanda dovranno indicare il
preciso loro domicilio e dichiarare di assumere il relativo impegno colle promerenze ed obblighi
portati dal presente regolamento. Per ragioni di domicilio potranno indicare i gruppi di comuni-
cui aspirano o quali escludono. L'inscrizione in elenco sarà conservata per tre anni, e per essere
nuovamente iscritti dovranno ripetere la domanda.
7. Nel mese di gennaio la Deputazione provinciale procede alla nomina degl'ispettori stradali
per l'anno in corso, scegliendoli nell'elenco di cui all'articolo precedente, coli' avvertenza di
non designare mai per due anni successivi lo stesso ispettore per lo stesso gruppo di comuni.
Tali nomine vengono comunicate ai prescelti ed ai comuni (2).
8. Se l'ispettore nominato non dichiara in iscritto entro 15 giorni da quello in cui venne
consegnata la lettera di partecipazione, di accettare l'incarico, si riterrà per rinunciante, e la
Deputazione provinciale procederà alla nomina d'un altro.
(1) Per poter adempire convenientemente a questo incarico è indispensabile che il membro della
Giunta abbia le cognizioni necessarie per la conservazione delle strade, vale a dire che sia un inge-
gnere, e se manca di queste cognizioni non farà che degli errori e danneggerà le strade e l'erano
comunale. (Nota della Direzione del Giornale).
(2) Siffatta disposizione è conforme a quella contenuta nel regolamento stradale 1833 la quale in
molte località ha fatto cattiva prova.
LEGISLAZIONE 755
9. Pervenuta l'accettazione alla nomina verrà trasmesso all'ispettore:
fl) L'elenco delle strade poste sotto la sua vigilanza.
b) L'elenco dei rilievi fatti dall'ispettore dell'anno precedente.
e) Il prospetto degli edifici, paracarri, termini e simili, esistenti sopra le strade di ciascun
comune. Successivamente dopo l'approvazione gli saranno trasmessi i collaudi dell'anno precedente.
10. A ciascun ispettore verrà assegnato un gruppo di comuni che abbiano in complesso circa
centoventi chilometri di strade comunali in manutenzione. Le competenze di ciascuno per la
loro opera durante l'anno in cui rimangono in ufficio comprese le spese forzate, sono fissate
in lire 800 che saranno pagale per metà nei giorni 15 luglio e 15 dicembre dalla cassa pro-
vinciale e non avranno diritto ad altro compenso né dalla provincia né dai comuni pei lavori
0 trasier e posti a loro carico dal presente regolamento. Solo per la ricognizione decennale dello
stato delle strade che sarà di volta in volta ordinata dalla Deputazione provinciale avranno in
quell anno per opera e spesa un soprassoldo di lire 200.
11. L'ispettore stradale che 15 giorni dopo scaduto il termine delle prime due visite non ab-
bia presentati 1 rapporti prescritti, e che prima del 15 dicembre non abbia presentati alla De-
putazione provinciale i verbali di collaudo cogli allegati e rapporti prescritti, non sarà più no-
minato ispettore negli anni successivi e perderà ogni diritto a percepire la rata semestrale suc-
cessiva, quando non giustifichi pienamente il ritardo con motivi affatto indipendenti della sua
volontà.
12. Gli obblighi speciali degli ispettori stradali sono indicati nel capo II del presente regola-
mento ; il modo di adempierli, dal complesso del regolamento stesso.
15. I comuni faranno redigere da persona dell'arte un'esatta e minuta descrizione di tutte le
srade comunali in manutenzione dalla quale risulti la lunghezza e larghezza d'ogni parte delle
stesse e gli edifici che le traversano 0 la competenza passiva della loro manutenzione, le pian-
tagioni, 1 paracarri, i termini, gl'indicatori, le cunette, gli abbeveratoi, i corsi d'acqua che le
fiancheggiano e quanto altro possa interessare le ragioni del comune e la pubblica viabilità. -
Di tali stati delle strade comunali in manutenzione sarà data una copia alla Deputazione pro-
vinciale. Ad ogni decennio saranno questi riscontrati sul luogo in apposita visita degli ispettori
stradali in concorso del rappresentante municipale che vi proporranno le rettifiche ed aggiunte
risultai) 1 da a visita stessa e dallo spoglio dei collaudi del precedente decennio. Di tali visite
decennali colle variazioni riscontrate sarà compilata un appendice che verrà unita a ciascuno stato
esistente presso la Deputazione provinciale e ne sarà spedita copia ai rispettivi comuni
Da tale stato sarà desunto un prospetto numerico riassuntivo, tronco per tronco della rispet-
tiva lunghezza e larghezza dominante, di tutte le specie di edifìci a carico comunale e privato
dei paracarri, termini, cartelli e simili, del quale sarà pure data copia alla Deputazione pro-
vinciale per essere consegnata annualmente all' ispettore stradale (1).
Capo II. — Doveri degli ispettori stradali.
14. L'ispettore stradale invigila per incarico della Deputazione provinciale sulla perfetta ma-
nutenzione delle strade comunali di un determinato numero di comuni, - fornisce alle Giunte
municipali le perizie d'avviso a base dei contratti che si riferiscono alla manutenzione delle
strade - giudica a misura la ghiaia fornita per l'annuale manutenzione e ne liquida l'importo
in contesto delle parti interressate; redige i verbali di collaudo annuale in concorso di rappre-
sentanb delle Giunte municipali e li rimette con analogo rapporto alla Deputazione provinciale.
15. Esercita la propria vigilanza sulle strade comunali del proprio riparto visitandole almeno
due volte nell anno senza alcun preavviso, la prima volta nei mesi di marzo od aprile e la
seconda in maggio od in giugno, facendone speciale rapporto d'entrambe alla Deputazione pro-
^mlZVU dd,e "-^ bÌSOg"a ^ Jj* » "- * ottob. 1808
Giorn. Ing. — Voi XVI. - Dicembre 1868. 50
756 LEGISLAZIONE
vinciale. Nei mesi poi di ottobre e novembre pratica la visita di collaudo colle norme indicate
al seguente art. 17.
16. Nelle prime due visite :
a) Verificherà se le riparazioni rilevate dal precedente ispettore, tanto a carico dei comuni
che dei privati siano state eseguite.
b) Se le strade tutte sieno in buono stato.
e) Se i cantonieri furono trovati al loro posto e se dallo stato delle opere si possa presu-
mere che abbiano adempiuto ai loro doveri.
d) Se abbia scorti disordini da emendare.
e) Se, e quali contravvenzioni gli siano state denunciale dai cantonieri. Nei rapporti relativi
a queste due visite risponderanno categoricamente ai cinque quesiti suindicati soggiungendo
quanto altro trovassero opportuno di riferire.
17. La visita di collaudo sarà preceduta da un avviso alla Giunta municipale spedito almeno
15 giorni prima, nel quale sarà stabilito il giorno, l'ora ed il luogo di ritrovo. Durante questa
visita e nel verbale relativo, che sarà steso giusto il modello, dovendosi constatare che tanto la
giunta municipale , quanto i cantonieri, come gli assuntori di somministrazioni ed opere, hanno
ognuno adempiuto agli obblighi rispettivi, così il rappresentante della Giunta, per ciò che la
riguarda, fornirà all' ispettore tre atti da allegarsi al verbale :
1.° Un prospetto dei contratti dai quali risulti:
a) Oggetto, data e durata del contrailo.
b) Nome, cognome e domicilio dell' assuntore.
e) Prezzi e condizioni principali convenute.
2.° Una dichiarazione della Giunta municipale dalla quale risulti :
a) Come i cantonieri abbiano adempiuto ai loro doveri.
b) Se il fornitore della ghiaia ne abbia fatta la fornitura entro le epoche stabilite in con-
tratto e provvedimenti presi in caso contrario.
e) Se gli assuntori dello sgombro della neve ed altri servizi abbiano adempiuto ai loro
obblighi.
3.° Il conto delle spese fatte in via economica nell' annata che corre dal 1.° novembre al
30 ottobre diviso nelle tre seguenti categorie di spese :
a) Stipendio ai cantonieri.
b) Numero delle giornate di sussidio agli stessi e loro importo.
e) Piccole riparazioni agli edilìzi , ai ciottolati, agli indicatori ecc. All' atto della visita sa-
ranno rilevate dall' ispettore le riparazioni maggiori eseguite a misura e ne farà pure la liqui-
dazione dell'importo, che verrà aggiunto all'allegato 3.°
All' atto di questa visita sarà fatta la misura della ghiaia usando della nota formola (1) ; le
cavalle da misurarsi come campioni saranno designate dall' ispettore in numero non minore del
2 per 100. I calcoli della cubatura saranno fatti sul luogo onde le risultanze sieno accettate
tanto dal fornitore quanto dal rappresentante municipale e per le eventuali verifiche nei modi
indicati dall'articolo 58. Delle risultanze di questa misura sarà eretto verbale, che sarà il quarto
allegato del verbale di collaudo ; per ogni tronco di strada sarà fatto il bilancio della ghiaia
colle norme indicate nell'articolo 81 , indi riassumendo le quantità di ghiaia da pagarsi tronco
per tronco col rispetttivo prezzo convenuto si chiuderà colla liquidazione dell'importo comples-
sivo che sarà accettato dalle parti interessate apponendovi le loro firme. Quest'atto conterrà pure
il giudizio dell' ispettore sulla corrispondenza o meno fra la ghiaia convenuta in contratto e
quella somministrata.
•18. Di concerto col rappresentante municipale saranno classificati i diversi tronchi di strada
in riguardo alla frequenza colle qualifiche: grande, ordinaria, poca; e riguardo allo stato di
servizio qualificandole: ottime, buone, mediocri, cattive (2). Trovandosi qualche tronco di strada
(1) Per trovare la cubatura dei solidi delle ghiaje ve ne sono diverse di formole e tutte note. Sarebbe
stato assai meglio di riportarla.
(2) Queste qualifiche sono abbastanza scolastiche.
LEGISLAZIONE 757
qualificalo mediocre o cattivo, l'ispettore dovrà a suo giudizio esporne le cause e proporne i
rimedj possibilmente di concerto col rappresentante municipale.
19. Trovandosi lungo le strade ed agli edificii sulle stesse occorrenze di riparazioni a carico
comunale o privato saranno queste rilevate in apposito elenco, che in doppia copia sarà unito
sotto il num. V al verbale di collaudo, inseparate finché sarà indicata la località, la natura del
lavoro, l'entità unitaria, l'importo, il termine da prefinirsi, la persona o corpo morale a cui
spetti il riparo. Le riparazioni il cui importo complessivo per ogni strada supera lire 50, saranno
rilevate con ogni diligenza di dettaglio e per queste saranno dall' ispettore compilate regolari
perizie all'appoggio delle quali possa il comune appaltarle a misura. Tali perizie saranno rimesse
alla Deputazione provinciale insieme agli alti di collaudo e rivedute dall'ufficio tecnico provin-
ciale saranno trasmesse al comune insieme ad un duplo dei rilievi, serbando l'altro per trasmet-
terlo poi all'ispettore dell'anno successivo.
20. Durante la visita di collaudo l'ispettore di concerto col rappresentante municipale stabi-
liranno le quantità di ghiaia da prescriversi sopra ciascun tronco per l'anno successivo; di tale
determinazione sarà falla annotazione nel prospetto riassuntivo unito al verbale di collaudo ed
in una nota separala che sarà firmala dall' ispettore e dal rappresentante municipale e lasciata
nelle mani di questi, per essere consegnata al municipio per gli ordini da impartire al fornitore;
in questa nota sarà pure registrata la liquidazione dell'importo della ghiaia fornita, in base alla
quale la Giunta potrà emettere a favore del fornitore il mandato di pagamento della prima rata
convenuta collo stesso. Avvertirà l'ispettore nel formulare le sue proposte di attenersi alla più
stretta economia possibile compatibilmente colla perfetta conservazione delle strade osservando
che moltissime delle nostre strade comunali già consolidate e poco frequentate ponno senza
deperire rimanere buone per alcuni anni anche senza l'ordinario annuale spargimento di ghiaia,
curate però colla diligente manualanza e con piccolissima scorta di ghiaia pel pronto otturamento
delle eventuali depressioni.
21. Se durante l'anno venne costrutto sulle strade visitate qualche nuovo edificio a spese co-
munali o private, od aggiunti piantaggi, paracarri, indicatori od altro, saranno queste opere no-
tate nel verbale di collaudo descrivendole per forma e posizione onde aggiungerle nella visita
decennale allo stato delle strade in mautenzione.
22. Occorrendo qualche straordinaria riparazione alle strade vicinali, dietro invito del rappre-
sentante municipale, l'ispettore si presterà alla visita locale e delle risultanze stenderà in con-
corso dello stesso rappresentante relativo separato verbale colle sue concrete proposte nei sensi
degli articoli 51, 52 , 53 e M della legge sui lavori' pubblici che sarà consegnato al rappresen-
tante municipale.
23. V ispettore dovrà con ogni sollecitudine trasmettere alla deputazione provinciale il ver-
bale di collaudo con tutti i prescritti allegati , e nel rapporto accompagnatorio esporrà quanto
in argomento possa interessare la deputazione provinciale e vi allegherà:
a) La perizia d'avviso pei nuovi contratti della fornitura della ghiaia e per gli altri servizi
ogni volta che tali contratti triennali scadono coiranno successivo e' ciò senza unirvi i capitolati
servendo a questo scopo i capitoli IV e V del presente regolamento.
b) Un esatto quadro statistico delle strade comunali del proprio gruppo riempiendo tutte
le colonne d'apposito stampato che gli sarà fornito dall'ufficio della deputazione provinciale il
cui modello trovasi unito al presente regolamento, desumendo i precisi dati necessari dagli alti
di collaudo da esso compilati e da quelli trasmissibili in precedenza dalla Deputazione pro-
vinciale.
24. L'ispettore per speciali incarichi della Deputazione provinciale dovrà prestarsi a qualunque
visita sia sulle strade del proprio gruppo , sia sopra quelle di un gruppo diverso col solo rim-
borso delle spese forzose che sono stabilite in lire 15 al giorno. Nel caso di seconde visite
contemplate agli articoli 59 e 60 le competenze dell'ispettore saranno calcolate lire 20 al giorno
comprese le forzose.
758 LEGISLAZIONE
Capo III. — Obblighi dei cantonieri.
28. I lavori di giornaliera manutenzione delle strade comunali sono affidati ai cantonieri.
Ciascuno di essi ha determinate strade da custodire e sopra di esse devono prestare la costante
e diligente loro opera, né possono per qualsiasi causa accudire ad altri lavori.
26. Il cantoniere è obbligato a lavorare sulle strade affidategli in tutti i giorni tranne le feste
di precetto, ed in tutte le ore di lavoro dal levare al tramontare del sole con due ore di ri-
poso dalle 11 a un'ora dall'ottobre al marzo, e con tre ore di riposo dalle 11 alle 2 dall'aprile
al settembre.
27. Esso è obbligato a fissare la sua abitazione in luogo vicino alle dette strade e beneviso
al rappresentante municipale.
28. Esso dovrà provvedersi a proprie spese e conservarsi provveduto di badile, carriuola, pala
di legno, raschiatore, funicella, secchio e di ogni altro arnese necessario, tutti riconosciuti
idonei dal rappresentante municipale.
29. Il primo suo dovere è quello di conservare il carreggiabile perfettamente arenato, spianando
le creste e solcature, otturando le eventuali depressioni con ghiaie specialmente nei tempi pio-
vosi e bagnandolo convenientemente e replicatamente nei tempi asciutti; levando la polvere ed
il fango onde conservarci costantemente la più facile carreggiatura.
30. Nelle ore ultronee ai predetti lavori curerà i marciapiedi, i cigli e le scarpe stradali, spia-
nando i marciapiedi e levandovi le erbe, allineando e spianando i cigli, riparando alle franature
causate nelle scarpe stradali dalle acque di piogge che scolano dalla strada.
51. Immediatamente dopo le prime piogge del novembre con conveniente numero di brac-
cianti di sussidio farà lo spargimento della metà circa della ghiaia somministrata stendendola
diligentemente sulla mezzana della strada per la larghezza di due metri e mezzo. Un altro
quarto lo spargerà durante il verno al verificarsi del bisogno quando però il suolo non sia ge-
lato, e l'altro quarto verrà usato durante il rimanente dell'anno nell'otturamento delle eventuali
depressioni (1).
32. Durante le prime due settimane successive allo spargimento della ghiaia con un bracciante
di sussidio curerà il rassettamento della ghiaia spostata dai veicoli.
33. Cadendo neve più alta di dieci centimetri ordinerà tosto la calata che sarà fatta preferi-
bilmente di notte sotto la direzione dello stesso cantoniere.
3ft. Durante il tempo nel quale le strade sono coperte di neve il cantoniere lavora costante-
mente a procurarne in ogni modo lo sgombro e ad affrettarne lo scioglimento. — A questo scopo
tosto praticata la calata lungo la carriera dà immediatamente mano alla pala di legno, ad aprire
un piccolo sentiero per i pedoni lungo il marciapiede più soleggiato, gettando la neve nel fosso
laterale ed ammucchiandola convenientemente nelle tratte non fiancheggiate di fosso. Terminata
quest' opera va continuamente allargando il sentiero , sgombrando l' intiero marciapiede , poi
l'intiera metà della strada più soleggiata onde averla prontamente asciutta. Tosto che principia
lo scioglimento naturale, pratica nella neve dei tagli trasversali per procurare lo scolo anche
nell'altra metà della strada, e continua l'opera dello sgombro anche in essa.
35. Non permetterà che le bestie di qualunque sorta vadano a pascolare lungo i cigli e le
scarpe stradali, né che sia alle strade recato danno di sorta; non riuscendo a ciò impedire coi
modi amichevoli ne darà avviso al rappresentante municipale, ed all' ispettore stradale redigen-
done anche verbale analogo. Cosi pure scorgendo nei manufatti esistenti lungo le strade occor-
renze di riparazioni, tanto a carico comunale che privato, ne darà pure immediato avviso al
rappresentante municipale.
36. Il cantoniere è obbligato a prestare gratuitamente soccorso ed indicazioni ai passeggieri
ogni volta ne sia richiesto, e di eseguire questo duplice obbligo con ogni premura ed urbanità.
(1) Tutte queste prescrizioni non si accordano punto ai progressi dell'arte e sono perciò viziose.
LEGISLAZIONE 759
37. Durante il mese di giugno raccoglie tutti i piccoli avanzi di ghiaia tronco per tronco,
ponendola nei luoghi di ordinario maggior bisogno in cavalle di circa mezzo metro cubo, ne
dà nota distinta tronco per tronco al rappresentante municipale e cura che non vada confusa
colla nuova ghiaia da somministrarsi.
58. Il 15 agosto riferisce al rappresentante municipale sulla approssimativa quantità di ghiaia
tradotta dall'assuntore ed il 16 settembre se la fornitura sia completa.
39. Il cantoniere rassetta in mede regolari la ghiaia scaricata dai birocci e di 15 in 15 giorni
ne rinnova il rassettamento onde ne avvenga il minore possibile consumo.
40. Il cantoniere assiste alla visita di collaudo onde dare alla Commissione visitatrice tutte
lo necessarie indicazioni e per cooperare al rassetto delle cavalle in forma regolare onde poterle
misurare. In quest'opera coadiuva ed è coadiuvato dai cantonieri vicini.
41. Esso si presterà pure ad ogni richiesta dell'ispettore stradale nelle altre visite dallo stesso
praticate.
42. Il cantoniere dipende direttamente dal rappresentante municipale, agli ordini del quale
dovrà sempre prestarsi, e mancando di ordini speciali egli dovrà costantemente attenersi alle
presenti istruzioni, che dovranno servire di norma allo stesso rappresentante municipale nello
impartire gli ordini relativi.
43. I cantonieri dovranno fornirsi a proprie spese di un cappello o berretto della forma sta-
bilita pei cantonieri provinciali colla leggenda : Cantoniere comunale.
Capo. IV. — Norme ai contratti pello sgombro della neve, spazzature ed altri servizi.
44. Per le strade affidale ad ogni cantoniere sarà fatto un unico appalto per la triennale pre-
stazione dei seguenti quattro servizi :
1.° Sgombero della neve.
%° Trasporto del fango, della polvere, e delle erbe tagliate sui marciapiedi.
3.° Spazzatura delle strade dalle immondezze e dalle foglie.
4.° Taglio delle erbe crescenti sulle scarpe stradali.
45. L'assuntore dovrà entro due mesi dalla stipulazione del contratto provvedersi d'un robusto
partineve o slittone che tratto dal necessario numero di bestie possa fare una calata larga metri 4,
e possa gradatamente restringersi pei casi di replicate nevicate. Questo arnese dovrà essere ri-
conosciuto idoneo dal rappresentante municipale.
46. Cadendo neve ad altezza maggiore di dieci centimetri dovrà tosto praticare la calata sotto
la direzione del cantoniere, e possibilmente nelle ore di notte, onde evitare l'incontro dei rotanti.
Tale operazioue sarà replicata quante volte sia per occorrere durante il contratto coll'avvertenza
che nelle calate successive alla prima andranno queste perdendo in larghezza quanto sarà ri-
chiesto dall'altezza delle successive nevicate.
47. Venendo ammucchiato fango o polvere levati dalle strade negli ordinari e straordinari
sfangamenti sarà questa materia altrove trasportata a cura dell'assuntore tosto che rassodata
sia trasportabile.
48. Sarà cura dell' assuntore che sia costantemente ben pulita la strada da ogni immondezza
non che dalle foglie cadute facendovi praticare la spazzatura o giornalmente od a periodi tali
che possa dirsi costantemente ben pulita.
49. Farà falciare le erbe crescenti sulle scarpe e cigli delle strade non meno di due volte
l'anno e le farà trasportare o verdi o secche. Rimane però ad esso ed a chiunque altro proi-
bito di far pascolare le dette erbe da qualsiasi specie di animali.
50. Tale contratto potrà convenirsi anche colla sola garanzia personale quando sia fatto con
un possessore o conduttore di fondi del luogo e che sia persona benevisa alla Giunta municipale.
51. Mancando l'assuntore agli obblighi assunti saranno questi fatti eseguire a di lui spese
dalla Giunta municipale.
760 LEGISLAZIONE
Capo IV. — Capitolato d'oneri per l'assuntore della somministrazione della ghiaia occorrente
alla manutenzione delle strade del comune di — durante il triennio 18.... 18.... 18....
82. L'assuntore è obbligato di somministrare annualmente durante il detto triennio le seguenti
quantità di ghiaia pei seguenti tronchi di strada del comune di —
Tronco i.° detto di metri e
Id. 2.° » » . . . .
Id. 2.° » ;>....
Somma metri cubi ... .
Sarà questa da somministrarsi sui detti tronchi in cavalle regolari ed equidistanti e del volume
di mezzo metro cubo ciascuna.
55. La ghiaia da somministrarsi sarà del fiume .... da prendersi alla piarda di .... e
sarà cribiata in modo che non contenga sassi di un diametro maggiore di centimetri ... né
minore di millimetri ... e sia monda da terra e sabbia.
84. La quantità di ghiaia di sopra stabilita è indicata in via approssimativa per norma al
contratto; ma la stazione appaltante si riserva la facoltà di ordinarne annualmente la sommini-
strazione di una quantità maggiore o minore a seconda dei bisogni che saranno riconosciuti per
la buona ed in pari tempo economica conservazione delle dette strade; e l'assuntore non
potrà fare alcuna opposizione se alcuni tronchi rimanessero per qualche anno senza alcuna for-
nitura di ghiaia, o se per altri fosse richiesta una fornitura anche doppia della suindicata.
85. Entro il mese di marzo di ciascun anno l'assuntore richiederà e riceverà dalla Giunta mu-
nicipale il fabbisogno per l'annata, diviso per tronchi, del quale dovrà rilasciare ricevuta.
56. La fornitura dovrà cominciare non prima del 1.° luglio ed essere ultimala pel 15 settembre
e dovrà essere fatta nelle precise quantità prescritte sopra ciascun tronco in cavalle regolari ed
equidistanti del volume di mezzo metro cubo, e collocate alternativamente un anno da un lato
ed il successivo dall'altro lato della strada.
57. La misura sarà fatta nei mesi di ottobre e novembre dall' ispettore stradale, nominato dalla
Deputazione provinciale, il quale potrà scegliere a suo piacimento le cavalle, che dovranno ser-
vire di campione per la misura, in numero non minore del 2 per % ^e quali saranno dal can-
toniere ridotte a forma regolare e ad una lunghezza non maggiore di tre metri.
58. Nascendo contestazione sul risultato della misura si procederà tosto a ripeterla coli' uso.
del cassone della capacità di mezzo metro cubo che sarà provveduto da fornitore, colla commi-
natoria però, che se il risultato della seconda misura non darà colla prima una differenza mag-
giore del 2 per % il tempo impiegalo in questa seconda operazione sarà compensato all'ispet-
tore nella misura di lire 5 per ogni ora a carico di chi avrà richiesta la verificazione.
59. Se l'ispettore avesse a riconoscere la ghiaia fornita come non corrispondente al contratto,
l'assuntore dovrà prestarsi a cambiarla se fosse di diversa cava, od a cribiarla convenientemente
se contenga materie estranee stabilite in contratto. In tal caso la successiva visita sarà a carico
dell' assuntore.
60. Nei casi contemplati dal precedente articolo 59, 1' assuntore potrà interporre reclamo alla
Deputazione provinciale facendone registrare corrispondente annotazione nel verbale di misura.
La Deputazione provinciale pronuncierà inappellabilmente sulla controversia od in base agli atti
prodotti o dietro nuova visita come crederà del caso.
61. E accordato il limite massimo in più od in meno del 2 per % Per ^a somministrazione
della ghiaia nei singoli tronchi con avvertenza che sino al 2 per % di più si paga e l'eccesso
cade gratuitamente al comune ; e fino al 2 °/0 in meno non si fa che la deduzione dell'importo,
ma se ne manca una maggiore quantità, l'assuntore sarà obbligato a provvederla e sarà a suo ca-
rico la nuova visita per la necessaria misura, quando l'ispettore non possa dichiarare sufficiente
alla buona conservazione della strada la quantità di ghiaia misurata.
LEGISLAZIONE 761
62. Se pel 15 d'agosto l'assuntore non avrà fornito almeno una metà della ghiaia e se entro
il 45 settembre non ne avrà ultimata la fornitura, tanto nel 1.° che nel 2.° caso la Giunta mu-
nicipale senz'obbligo di preavvisare l'assuntore, procederà a tutto di lui carico servendosi del
deposito di garanzia di cui all'articolo seguente.
63. A garantire il contratto ed onde somministrare alla Giunta municipale i mezzi di provve-
dere ad ogni mancanza dell'assuntore, questi depositerà nella cassa comunale una mezza annua-
lità od in denari, od in effetti pubblici a prezzo di Borsa lasciandolo a disposizione della Giunta
municipale pei casi suindicati.
64. L'importo annuale della ghiaia verrà liquidato dall'ispettore all'atto della misura in con-
testo dell'assuntore e del rappresentante municipale, in calce del verbale della misura stessa,
che in prova dell' accettazione sarà dagli stessi sottoscritto.
65. L'importo della ghiaia come sopra liquidato sarà soddisfatto in due rate eguali, la prima
in base alla liquidazione dell'importo fattone dall'ispettore all'atto della visita di collaudo, la
seconda non oltre il mese di marzo successivo od anco prima quando gli atti di collaudo siano
già approvati dalla Deputazione provinciale.
Capo VI. — Disposizioni transitorie.
66. Sino alla scadenza dei contratti di manutenzione in corso, i collaudi annuali delle strade
soggette a tali contratti saranno redatti colle norme prescritte dal regolamento 1833 a cura degli
ispettori stradali e senza alcuna spesa a carico dei comuni.
67. Le due visite prescritte dall'articolo 15 e tutte le altro prescrizioni che non sono in op-
posizione al regolamento 1833, seguiranno a cura degli ispettori stradali anche nei casi indicati
nell' articolo precedente colle norme volute dal presente regolamento.
68. Alle strade attualmente mantenute in sabbia sarà sostituita la ghiaia entro un biennio dalla
data della sanzione Reale del presente regolamento; ove però siavi contratto in corso per detta
manutenzione per oltre due anni, la sostituzione della ghiaja alla sabbia non sarà obbligatoria
che alla scadenza del detto contratto.
69. L'emolumento degli ispettori stradali pel primo anno in cui sarà attivato il presente re-
golamento sarà aumentato di lire 200 onde compensarli del maggior lavoro necessario nell'at-
tivazione.
70. La Deputazione provinciale è incaricata di compilare e pubblicare il riparto in gruppi
dei comuni della provincia a sensi del disposto dell' articolo 10 , e successivamente di fare in
esso quelle variazioni che fossero richieste dalle aggregazioni dei comuni , dalle variazioni ter-
ritoriali della provincia, o dal migliore servizio.
PARTE II.
Regolamento per la sorveglianza e manutenzione
delle strade provinciali.
Capo I. — Disposizioni generali.
1. La manutenzione e sorveglianza delle strade provinciali è affidata all'ufficio tecnico pro-
vinciale sotto la controlleria e dipendenza della Deputazione provinciale colle norme stabilite
nel presente regolamento.
2. Sono applicabili alle strade provinciali tutte le disposizioni contenute nel precedente rego-
lamento per le strade comunali in quanto non siano variati dalle seguenti disposizioni, inten-
dendosi sostituiti gli ispettori stradali dagli ingegneri di riparto ed i rappresentanti municipali
dagli assistenti stradali.
3. Per le strade provinciali, oltre alla fornitura della ghiaia e lo sgombro della neve ed altri
servizii , saranno separatamente appaltate a prezzi unitarii le opere di muratura eventualmente
occorrenti e le eventuali somministrazioni di graniti.
762 LEGISLAZIONE
Un solo contratto per la somministrazione della ghiaia potrà comprendere quella occorrente
sopra diversi tronchi purché serviti dalla medesima cava.
I contratti per lo sgombro della neve ed altri servizi si estenderanno ciascuno sopra tutto
il tratto di strada affidato a ciascun cantoniere.
Gli appalti delle opere di muratura e manutenzione delle cunette in ciottoli saranno divisi
per circondarii intorno ai principali centri, come Cremona, Crema, Casalmaggiore , Soresina,
Viadana e simili.
L'appalto per la somminisfrazione dei graniti potrà essere un solo o diviso per circondarii
intorno alle località dei principali depositi.
I contratti saranno tutti triennali e colla scadenza al 51 marzo. L'ingegnere capo servizio del-
l' ufficio tecnico presenterà alla deputazione provinciale i progetti di riappalto col rispettivo ca-
pitolato sei mesi prima della scadenza. v
4. Nel capitolato per la fornitura della ghiaia sarà lasciato a carico del fornitore il rassetto
in cavalle regolari della ghiaia scaricata dai birocci conservata a carico dei cantonieri. Il rias-
setto di 15 in 15 giorni sarà poi accordato da incominciare la fornitura col 1.° maggio.
Nel capitolato per lo sgombro della neve ed altri servizii sarà prescritta la prima calata nella
larghezza di metri 5.
5. Ciascun cantoniere dovrà provvedersi di un cappello o berretto del modello che sarà pre-
scritto dall'ingegnere capo servizio, con placca colla leggenda: Cantoniere provinciale (1).
6. Agli ingegneri di riparlo è affidato P incarico di provvedere i manuali di sussidio ai can-
tonieri nella misura del preventivo annuale, al quale scopo saranno forniti di conveniente somma
a render conto.
7. Per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei ponti in legno sui fiumi , sarà provve-
duta con contratti speciali.
8. Per la provvista delle piante in sostituzione di quelle che venissero a deperire, e per la
rinnovazione della tinta sugli indicatori e pietre chilometriche, si provvederà con speciali contratti.
Capo IL — Disposizioni amministrative.
9. Entro luglio l'ingegnere capo servizio presenterà alla Deputazione provinciale un conto
preventivo sommario dell'importo delle opere di manutenzione delle strade provinciali per norma
alla compilazione elei bilancio della provincia.
10. Tosto cessati i geli del verno, gli ingegneri di riparto procederanno alla visita minuta di
tutte le strade del rispettivo riparto, rilevando tutte le riparazioni occorrenti lungo le stesse, e
ne produrranno immediatamente la misura e la valutazione preventiva in tante parcelle sepa-
rate quanti saranno gli appaltatori cui dovranno quelle opere o forniture essere affidate. Con-
temporaneamente rileveranno le riparazioni a carico dei terzi e proporranno i relativi monitori.
Ottenuto il visto sulle singole parcelle, e con ciò l'approvazione delle opere ivi contemplate,
P ufficio tecnico le rimetterà tosto agli assuntori per la pronta esecuzione. Quanto ai monitori da
intimarsi ai privati provvederà l'ufficio di segreteria coli' organo dei sindaci dei rispettivi comuni.
11. In base e coi dati assunti durante questa visita, gli ingegneri di riparto compileranno il
preventivo annuale, che dovrà pervenire alla Deputazione provinciale col voto dell'ingegnere
capo servizio entro il 15 marzo e comprenderà l'annata dal 1.° aprile a tutto marzo dell'anno
prossimo. Ottenutane l'approvazione, spetterà agli ingegneri di riparto il provvedere per l'ese-
cuzione, sempre però nei limiti in esso tracciati. Questi preventivi annuali saranno sempre com-
pilati sullo stesso modello in cui la spesa pei braccianti di sussidio sarà determinata mese per
mese (2), e nel valutarla non si terrà conto del taglio delle erbe sui marciapiedi, lasciando questa
opera alla cura dei cantonieri nelle ore ultronee ai lavori necessarii sul carreggiabile.
(1) Non possiamo a meno che di deplorare questi francesismi di Cantoniere, che nell'idioma italiano
significa cerretano od altro individuo cantastorie, non sappiamo per quale motivo si abbandonò la nostra
denominazione di Straclajuolo.
(2) I braccianti non possono abbisognare che nelle circostanze di intemperie. Le intemperie non si
possono prevedere molti mesi primi e quindi le perizie compilate nel modo suesposto sono poesie.
LEGISLAZIONE 763
42. Occorrendo durante l'anno qualche lavoro non contemplato in preventivo, ne sarà tosto
compilata la perizia, che verrà sottoposta all' approvazione della deputazione provinciale col voto
dell'ingegnere capo servizio.
45. Solo nel caso di un guasto nella strada che la renda pericolosa ai passanti, potrà l'in-
gegnere di riparto intraprendere opere di provvedimento , dandone contemporaneamente avviso
alla Deputazione provinciale coli' organo e voto come sopra.
\h. La quantità di ghiaia stabilita per ciascun tronco di strada nel preventivo annuale non
potrà essere aumentata né diminuita senza il consenso della Deputazione provinciale.
45. Il primo giorno di ciascun mese l'ingegnere di riparlo presenterà all'ingegnere capo ser-
vizio il rendiconto della gestione economica del mese precedente colla domanda dell'acconto
necessario pel mese successivo. Questo conto sarà immediatamente trasmesso alla Deputazione
provinciale con voto.
46. Nel luglio sarà presentato, col conio mensile, anche il riassuntivo semestrale delle minute
spese, nonché la liquidazione dei crediti dei diversi fornitori pei quali si fosse pattuito il pa-
gamento semestrale.
47. Nel gennaio sarà presentato il rendiconto annuale colla liquidazione dei crediti di tutti i
fornitori e col prospetto statistico conforme a quello prescritto per le strade comunali.
Capo HI. -• Disposizioni tecniche. •
Doveri speciali dell'ingegnere capo servizio.
48. L'ingegnere capo servizio deve invigilare perchè tutto il personale addetto al servizio stra-
dale adempia con scrupolosa esaltezza pel modo e pel tempo a tutti gli obblighi rispettivamente
ad essi assegnati dal presente regolamento , e perchè nelP esecuzione dei lavori siano seguite le
più vantaggiose pratiche insegnate dall'esperienza.
49. Dovendosi eseguire qualche lavoro d'importanza ne intelligenta il modo di esecuzione col-
l' ingegnere di riparto, ne visita i lavori ed assiste al loro collaudo.
20. Controlla in rappresentanza della Deputazione provinciale la misura della ghiaia, e nella
stessa occasione visita tutte le strade provinciali e presenta un annuale rapporto sullo stato delle
strade e sul personale addetto alla loro cura e sorveglianza.
21. Rivede tutte le perizie, i conti preventivi e consuntivi, le liquidazioni dei conti semestrali
ed annuali dei fornitori, e col proprio voto li trasmette alla Deputazione provinciale.
22. Oltre all'annuale visita d'obbligo a tutte le strade provinciali, visita di quando in quando
alcune di esse quando ciò creda utile e necessario.
25. Entro il gennaio trasmetterà alla Deputazione provinciale le appendici che fossero neces-
sarie all'inventario delle singole strade provinciali di cui all'articolo 46, e ciò ogni volta che
in alcuna di esse durante l'anno precedente sia stato costrutto qualche nuovo edificio a carico
j privato o provinciale o che siansi in qualunque modo variati gli accessorii alle stesse.
Doveri degli ingegneri di riparto.
2'4. Le strade provinciali sono divise in due riparli, ciascuno dei quali viene assegnato ad un
ingegnere di riparto, ed ogni anno è fra loro scambialo.
25. La perfetta conservazione delle strade provinciali e l'esatta esecuzione dei lavori in esse
occorrenti è affidata alla direzione e vigilanza dell' ingegnere 'di riparto.
26. Essi, previo sempre il permesso dell' ingegnere capo servizio , visitano almeno una volta
al mese tutte le strade del loro riparto in compagnia dell'assistente, al quale danno gli ordini
pei lavori da eseguirsi nel mese successivo, lasciandone allo stesso un ordine scritto. Istruiscono
I i cantonieri sul miglior modo d' esecuzione dei lavori, in presenza dell' assistente.
Di queste visite fanno trimestrale rapporto all'ingegnere capo servizio per la compilazione
j del rapporto annuale.
27. Adempiono con ogni esattezza alle prescrizioni tutte contenute nel presente regolamento,
764 LEGISLAZIONE
28. Invigilano perchè gli assistenti attendano assiduamente all'esecuzione dei lavori ordinati,
ed oltre al riferire trimestralmente sulla loro attitudine ed assiduità, ne fanno argomento di rap-
porto speciale all'ingegnere capo servizio ogni volta che i loro meriti o demeriti lo esigano.
29. Propongono di concerto fra loro i nuovi cantonieri che sono nominali dalla Deputazione
provinciale sopra rapporto dell' ingegnere capo servizio.
30. Propongono pure la sospensione temporaria dei cantonieri sino a dieci giorni , ma V ese-
cutività di tali proposte è riservata al giudizio dell' ingegnere capo servizio. Dopo la seconda
temporaria sospensione, inflitta allo stesso cantoniere nel periodo di 12 mesi , non può inflig-
gersene una terza, ma si dovrà promuoverne il licenziamento dalla Deputazione provinciale ogni
volta che un cantoniere dimostri incapacità, negligenza od insubordinazione, il fondo eventuale
delle trattenute sarà convertito dalla Depulazione provinciale in vantaggio del servizio stradale,
51. Nei tempi in cui occorrono braccianti di sussidio ai cantonieri , saranno questi detenni-
nati in numero .dall' ingegnere di riparlo per ogni settimana e per ogni cantoniere nelle istru-
zioni mensili scritte da darsi agli assistenti, e provvederà al loro pagamento nella misura con-
sueta nei diversi luoghi e nelle diverse stagioni.
Doveri degli assistenti.
32. Ogni ingegnere di riparto avrà sotto la sua dipendenza due assistenti, fra i quali sarà
divisa la sorveglianza delle strade; essi dovranno tenere il loro domicilio nei luoghi che sa
ranno designati dalla Deputazione provinciale.
33. In tutti i giorni non festivi ed in tutte le ore di lavoro, gli assistenti si troveranno co-
stantemente in visita delle strade ad essi affidate ed a dirigere lavori che più esigano la loro
assistenza, giusta le istruzioni mensili ricevute dall' ingegnere di riparlo , in modo che tulle le
strade siano visitate almeno una volta alla settimana. Potranno però essere chiamati ad assister
lavori anche fuori del loro riparlo.
34. L'adempimento del principale obbligo, di cui sopra, dovrà risultare dalle settimanali an
notazioni che dovrà fare sul libretto degli ordini di cui sarà fornito ciascun assistente ; sul
quale segnerà con data e firma gli ordini ricevuti dall'ingegnere di riparto od anche un solo
visto quando non atibia ordini a dare. Risulterà pure dal proprio giornale, sul quale segnerà
punto della strada ove avrà trovato ciascun cantoniere, il lavoro cui accudiva, il modo lodevol
o meno d'esecuzione, lo stato delle singole strade visitate e gli eventuali rilievi sia a carico prò
vinciate che privato.
35. Sorgendo lungo la strada un guasto che la renda pericolosa ai passanti, vi porrà tosto
un segnale a mezzo del cantoniere e ne renderà immediatamente avvertito l'ingegnere di riparto.
36. Ogni domenica rimetterà all' ingegnere di riparto un rapporto informativo sulla condizione
delle strade e sui lavori in essi eseguiti nella precedente settimana; e nel rapporto della prima
domenica d' ogni mese 1' estenderà anche sul servizio più o meno lodevole dei singoli cantonieri.
37. Durante la fornitura della ghiaia invigilerà perchè sia tutta della qualità prescritta in con-
tratto, perchè non sia confusa con quella dell'anno precedente, perchè sia distribuita lungo le
strade nel modo prescritto.
58. Durante i lavori di muratura [invigilerà perchè i materiali siano delle prescritte qualità,
perchè il cemento sia composto nelle prescritte proporzioni, perchè nella esecuzione si usi tutta
la diligenza ed i modi voluti dalla buona pratica dell'arte. Dovrà prestarsi a tenere tutte quelle
registrazioni dei materiali e giornate che gli venissero ordinate dall' ingegnere di riparto.
39. Durante la somministrazione dei graniti invigilerà perchè siano collocati nei voluti post
del lavoro ed in pari tempo nelle località da non riescire d'inciampo ai passaggieri.
40. Invigilerà perchè sia fatta giornalmente sulle strade la pulizia delle immondezze, pereti
sia ai tempi convenuti trasportato il fango e la polvere, perchè siano tagliate le erbe cresciu
sulle scarpe stradali, e perchè cadendo neve siano fatte prontamente le calate e nella ' prescritta
larghezza ; e perchè i cantonieri si adoperino al più pronto sgombro della neve seguendo le pra-
tiche minutamente dettagliate negli obblighi d°gli stessi , registrati nel capo ìli del regolamenti
per le strade comunali,
[1
LEGISLAZIONE 7(35
44. L'assistente è di massima obbligato di adempiere con ogni esattezza gli ordini ricevuti
dall'ingegnere di riparto e di coadiuvarlo in ogni sua occorrenza, e senza uopo d'ordine alcuno
ed in mancanza d'ordini espressi eseguisce i proprii obblighi ordinarii di sopra registrati.
Capo IV. — Disposizioni transitorie.
42. Finché nell'ufficio tecnico provinciale non si avranno che tre soli assistenti, uno di questi
sarà promiscuo fra i due ingegneri di riparto, dividendo opportunamente fra essi le strade pro-
vinciali da invigilare.
43. L'ufficio tecnico presenterà indicamente alla Deputazione provinciale uno studio dal quale
risulti su quali tronchi di strade provinciali sia più economicamente e quindi più utilmente ap-
plicabile la ghiaia delle diverse piarde 0 cave, allo scopo di dividere tale fornitura nel numero
più conveniente di contralti , unendovi un prospetto delle quantità approssimativamente occor-
renti e del costo unitario diviso nei due elementi: 1.° Fisso, cioè costo della ghiaia alia piarda
0 cava, carico e scarico ; 2.° Variabile, cioè trasporto in ragione della distanza.
44. Lo stesso ufficio tecnico proporrà pure in quanti e quali lotti possono convenientemente
dividersi tutti i tronchi di strade provinciali onde applicare a ciascuno un contratto per le mu-
rature e cunette in ciottoli ed altri per le somministrazioni dei graniti.
48. 1 contratti per la somministrazione della ghiaia, per le eventuali riparazioni e ricostru-
zioni in muratura e per le eventuali somministrazioni di graniti saranno fatti indilatarnente per
un triennio, rispettando però i contratti in corso, i quali, alla rispettiva scadenza, andranno a
formare parte dei nuovi contraili per le parti che li riguardano.
46. Nel primo anno in cui andrà in attività il presente regolamento, l'ufficio tecnico compi-
lerà un esatto inventario di ciascuna strada provinciale, nel quale saranno descritte minutamente
con tutti i loro accessorii, in modo che ogni alterazione 0 variazione possa in ogni tempo essere
constatata. Tale documento compilato sotto la controlleria dell'ingegnere capo servizio sarà sot-
toposto all'approvazione della Deputazione provinciale prima dello scadere d«H'anno. in questo
inventario saranno pure comprese le traverse fra gli abitati, i confini chilometro per chilometro
ed il modo con cui sono determinati e quant' altro possa interessare i diritti della provincia.
PARTE III.
Regolamento per la compilazione del progetti e per V esecuzione
delle opere di sistemazione e di nuova costruzione delle strade
comunali e provinciali.
1. I progetti definitivi per nuove costruzioni 0 sistemazioni di strade saranno costituiti dai
seguenti documenti:
1.° Il piano della località;
2.° Il profilo longitudinale sull'asse del progetto;
5.° Il quaderno delle sezioni trasversali;
4.° I disegni delle opere d'arte;
5.° Il computo metrico ;
6.° Le analisi dei prezzi per le unità di misura ;
7.° La stima, ossia calcolo dell' ammontare dei lavori •
8.° Il capitolato d'appalto;
9.° La stima dei fondi da occuparsi ;
10.° La relazione spiegati va del progetto.
; Nella preparazione dei suddetti documenti si osserveranno le norme prescritte agli articoli
P 7 al 17 inclusivo del regolamento slabjlilo pel 11. genio civile, approvato con decreto mini.
766 LEGISLAZIONE
steriale 3 maggio 1863. I progetti di massima o d'avviso consteranno essi pure dei documenti
suindicati, meno quelli ai num. 5, 6, 8 e 9, pei quali sarà supplito nella relazione spiegativa (1).
2. Tali progetti per le strade provinciali sono compilati dall'ufficio tecnico provinciale, e per
le strade comunali da periti nominati dal Consiglio comunale.
I progetti di massima potranno essere compilati anche in modo più semplice quando l'opera
di cui trattasi possa essere approssimativamente valutala e chiaramente compresa anche altrimenti.
3. La larghezza fra ciglio e ciglio nelle strade comunali non sarà mai minore di metri 5 e
nelle provinciali di metri 6. Tale larghezza minima sarà più o meno accresciuta a seconda della
presumibile frequenza della nuova strada.
L'allineamento sarà possibilmente rettilineo o composto di rette unite da dolci curvature.
Le scarpe laterali avranno la pendenza non minore dell' uno di base per uno d' altezza ; se la
nuova strada è fiancheggiata da acque correnti, la base delle scarpe sarà aumentata e difesa da
una controscarpa.
I cigli saranno allineati o lisciati con zolle erbose.
II piano dei marciapiedi sarà possibilmente superiore alle campagne laterali, e non sommer-
gibile dalle piene, ed il profilo trasversale arenato col colmo alto l/30 della larghezza.
Le livellette possibilmente orizzontali e della minore possibile pendenza e che non superi mai
il 6 per cento.
Se la strada è fiancheggiata da forti profondità, saranno queste difese da sbarre o paracarri.
Nelle risvolte alquanto risentite si darà alle strade una proporzionale maggiore larghezza e
se si avvicinano all' angolo retto oltre il maggiore allargamento vi si porrà una difesa con
sbarra o paracarri.
h. Ad ogni crocicchio di strada sarà prescritto il numero necessario di indicatori in pietra, ed
agli sbocchi degli abitati dei cartelli colle' indicazioni ideila direzione e lunghezza della strada.
b". 11 colmo della strada sarà completato con uno strato di sabbia alto dieci centimetri nella
parte rotabile e di 1j2 centimetro sui marciapiedi.
6. Il consolidamento del piano rotabile si otterrà spargendovi ghiaia del minore costo in luogo
nella quantità doppia dell' occorrente, nell' ordinaria manutenzione annua, ripetendo tale mag-
giore somministrazione per tre anni successivi.
7. Prima di porre mano al lavoro sarà concertato coi possessori da spropriarsi la cessione
del fondo o terra occorrente, sia per amichevoli accordi in base alla perizia, sia promuovendo
la forzata espropriazione seguendo il disposto della legge relativa.
8. La consegna delle opere all' assuntore sarà data dall' ingegnere che verrà a ciò designato
dall' ufficio che avrà la direzione dell' opera.
9. Il collaudo è dato da un ingegnere nominato dal Consiglio comunale o' dalla Giunta
quando trattasi di opera eseguita a spese comunali e dalla Deputazione provinciale se trattasi
di opere fatte a spese provinciali, anche estraneo all'ufficio tecnico, escluso però sempre l'au-
tore del progetto.
10. Tanto i progetti di nuove opere stradali quanto i loro atti di collaudo sono soggetti al-
l' approvazione della Deputazione provinciale.
11. Le competenze dei periti incaricati dei progetti, consegne e collaudi di nuove opere stra-
dali a servizio dei comuni, sono regolate dalla seguente tariffa:
Dieta per ogni giornata del perito tanto in campagna che al tavolo L. 10 —
Simile dell' assistente (solo in campagna) » 5 —
Per vitto ed alloggio d'una giornata tanto del perito che dell'assistente .... » 6 —
Spese di viaggio, computandosi tanto l'andata quanto il ritorno sino a chilometri lo,
per chilometro » 0, 80
Per ogni chilometro oltre i 15 f . » 0,25
Prima giornata da trabuccatore » 2 —
Scritturazione per mille caratteri, compresa la carta » 0, 20
(1) Il regolamento emanato col Decreto Ministeriale 3 Maggio 1863 essendo stato abolito, col nuovo
Regolamento 4 ottobre 1868 va modificata la disposizione in questo senso.
LEGISLAZIONE 767
12. E riservata all' ufficio tecnico provinciale la liquidazione delle competenze contemplate
dall'articolo precedente, che partirà dal dato di una media attività.
VITTORIO EMANUELE II
per grazia di Dio e volontà della Nazione
RE D' ITALIA.
Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato:
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue :
PARTE I.
Costruzione obbligatoria di strade comunali.
Art. 1. E obbligatoria per i comuni la costruzione e sistemazione delle strade comunali :
a) Che sono necessarie per porre in comunicazione il maggior centro di popolazione di un
comune col capoluogo del rispettivo circondario, e col maggior centro di popolazione dei co-
muni vicini.
b) Quelle che sono necessarie per mettere in comunicazione i maggiori centri di popola-
zione del comune con le ferrovie e i porti, sia direttamente, sia collegandosi ad altre strade
esistenti.
e) Quelle che devono servire a mettere in comunicazione le frazioni importanti di un comune.
PARTE li.
Costituzione di un fondo per la costruzione delle strade.
Art. 2. Non bastando le rendite ordinarie ed i capitali disponibili , i comuni provvederanno
alla costruzione e sistemazione delle strade di cui all'articolo precedente, con un fondo spe-
ciale risultante :
a) Da una sovrimposta sulle tasse dirette, non eccedente il 5 per % delle tasse erariali.
b) Da una tassa speciale sui principali utenti.
e) Da una prestazione d' opera degli abitanti del comune.
d) Da pedaggi.
e) Da sussidii dello Stato e dalla provincia , dalle offerte volontarie e dalla vendita delle
aree abbandonate.
Questo fondo speciale debbe essere impiegato nella costruzione e sistemazione delle strade pre-
dette, o nel servizio di prestiti fatti per tale scopo, e non può essere speso per altri casi, e
neppure per la manutenzione delle strade.
Art. 3. — Tassa speciale sugli utenti principali. — Sono considerati come utenti principali
i proprietarii di terre in una zona adiacente alla strada che si costruisce, di larghezza di un
chilometro per parte, come pure i proprietari di foreste, miniere, cave e stabilimenti industriali
in ogni parte del comune, a meno che dimostrino che il reddito od il valore di questi stabili
non verrà per la costruzione della strada ad accrescersi neppure del ventesimo.
La Giunta comunale formerà l'elenco dei principali utenti e ne darà loro notificazione.
I reclami contro l'inserzione nell'elenco saranno presentati alla Giunta entro un mese dalla
notificazione, e, quando non siano accolti, sarà aperto il ricorso al Pretore che ne giudicherà
sommariamente ed inapellabilinente, intesi due periti, nominati l'uno dalla Giunta comunale e
1' altro dall' utente.
768 LEGISLAZIONE
Art. h. La tassa speciale, di cui al paragrafo b dell'articolo 2, sarà eguale alla sovrimposta
che venne deliberata in virtù nel paragrafo a dello stesso articolo.
Potrà la tassa essere aumentata oltre al limite predetto quando vi acconsenta la maggioranza
dei contribuenti alla medesima, e questa maggioranza rappresenti oltre ai due terzi dell'imposta
erariale totale, su cui gravita la tassa speciale.
La tassa speciale dura un ventennio, e si può riscattare mediante pagamento iu una volta del
decuplo del suo ammontare nell'anno in cui si stabilisce.
Art. 5. — Prestazioni in natura. — Ogni capo di famiglia, abitante o possidente nel co-
mune che per le sue condizioni infelici non ne sia dichiarato esente dal Consiglio comunale,
può essere obbligato a fornire annualmente sino a quattro giornale di lavoro :
a) Per la sua persona e per ogni individuo maschile atto al lavoro, dai 18 ai 60 anni,
che faccia parte o sia al servizio della sua famiglia , o delle sue proprietà , in quanto abitino
nel comune.
b) Per ciascuna bestia da soma , da sella o da tiro, col rispettivo veicolo , che sia col ser-
vizio della sua famiglia o delle sue proprietà nel comune.
Ari. 6. Il ruolo delle prestazioni di opere è pubblicato ogni anno per due settimane all'albo
pretorio del comune. Esso diventa esecutorio per coloro che in questo frattempo non lo conte-
starono. La contestazione è decisa inappellabilmente dal conciliatore.
Art. 7. Gl'inscritti nel ruolo delle prestazioni «di opera, che non prestano direttamente o per
mezzo d'altri l'opera prescritta nel tempo stabilito saranno tassali giusta una tariffa determinata
dal Consiglio comunale, e la tassa sarà riscossa come le altre tasse dirette.
La prestazione d'opera può pure a volontà del contribuente essere convertita in opera termi-
nata, secondo le basi fissate dal Consiglio comunale.
Essa può anche essere applicata alla manutenzione delle strade già costruite , ma in questo
caso la spesa di manutenzione, così risparmiata, verrà applicata al fondo speciale per la costru-
zione e sistemazione, di cui all'art. 2.
Art. 8. — Diritto da pedaggio. — Il Consiglio comunale può stabilire un pedaggio sopra
la nuova strada che costruisce, giusta una tariffa approvata dalla Deputazione provinciale.
Non sarà mai soggetto a pedaggio il veicolo conducente materiali per costruzione e manu-
tenzione delle strade, ovvero concime per l'agricoltura, come neppure tutto ciò che spetta alle
truppe in movimento.
Il diritto di pedaggio non può durare più di venti anni, e potrà essere alienato, consacrandone
il provento al fondo speciale di cui all' art. 2.
Art. 9. — Sussidi. — Lo Stato accorderà un sussidio a quei comuni i quali avranno costi-
tuito il fondo speciale, di cui all'art. 2 della presente legge, applicando il maximum dei mezzi
a), &), e) ivi indicati.
Codesto sussidio sarà concesso nell'ordine seguente:
1.° A quei comuni che hanno una minore quantità di strade.
2.° A quei comuni la cui condizione economica sia la più grave.
3.° A quei comuni che costruiscono una strada affatto nuova.
Fra le categorie dei comuni specificate nei suddetti tre numeri , la preferenza sarà gradata-
mente accordata a quelli ne'quali si verificano o tutte, o la maggior parte delle condizioni sopra
enunciale.
Non si danno sussidi per la manutenzione ordinaria delle strade, ne per la costruzione di
quelle non contemplate nell'art. 1.
Il riparto dei sussidi è fatto annualmente per decreto reale, sentiti i voti dei Consigli pro-
vinciali ed il parere del Consiglio di Stato.
Il sussidio, di cui nel primo capoverso del presente articolo, non sarà inferiore ad annui tre
milioni di lire, e non potrà inai eccedere il quarto della somma effettivamente spesa dal comune
nell'opera sussidiata.
LEGISLAZIONE , 769
PARTE III.
Agevolezze per la costruzione delle strade.
Art. IO. Tutti gli atti e contratti relativi alle costruzione e sistemazione delle strade comunali,
di cui all' art. 1, saranno registrati col diritto fisso di una lira.
Art. li. L'approvazione per parte del prefetto del progetto di costruzione o di sistemazione
di una delle strade, di cui all'art. 1 della presente legge equivale a dichiarazione di pubblica
utilità.
Il comune non sarà tenuto a fare il deposito del valore del terreno da espropriarsi, e per un
decennio avrà facoltà di tenerne il prezzo in mano, corrispondendo l' interesse del 5 per %.
PARTE IV.
Ingerenza delle provinole sulle strade comunali.
Art. 12. Entro un semestre dalla promulgazione della presente legge, i comuni dovranno for-
mare l'elenco delle strade, di cui all'art. 1, seguendo le norme dell'art. 17 della legge sui lavori
pubblici del 20 marzo 1863. Trascorso detto termine, il Prefetto, sentita la Deputazione pro-
vinciale, procederà d'ufficio alla formazione di detto elenco per i comuni che non li avessero
compiuti.
Art. 15. Entro un biennio dalla pubblicazione della presente legge, le Giunte comunali do-
vranno far preparare i progetti di costruzione e sistemazione delle strade comunali, di cui al-
l' art. 1 della presente legge.
Sottoporranno- quindi all' approvazione dei consigli comunali i progetti medesimi, col pro-
gramma dell'ordine e dei mezzi con cui si procederebbe alla loro costruzione e sistemazione.
Questi progetti saranno poscia trasmessi al prefetto per la sua approvazione.
Art. ìli. Trascorso detto biennio, il prefetto, sentita la Deputazione provinciale, dovrà fare
eseguire d' ufficio i progetti delle strade comunali a spese dei relativi comuni.
Esso farà intraprendere tosto la compilazione dei progetti relativi ai comuni che dichiarino
di non potere provvedere direttamente, e la spesa di tutti questi progetti verrà ripartila fra i
vari comuni in ragione del numero di chilometri di strade loro spettanti.
Art. 13. Spetta al prefetto di vegliare a che i comuni costruiscano le strade obbligatorie nei
limiti dei mezzi stabiliti dall'art. 2. Quando il Consiglio comunale, malgrado il diffìdamento dei
prefetto , non pone in opera i mezzi per la costruzione delle sue strade , sentita la Deputazione
provinciale potrà ordinare d' ufficio lo stanziamento nel bilancio comunale di tutti o parte dei
mezzi predetti, ed occorrendo, potrà fare eseguire i lavori per conto del comune.
Art. 16. Il sindaco è tenuto a presentare ogni anno al prefetto una relazione sulla costruzione
e sistemazione delle strade comunali, e così il prefetto al ministro dei lavori pubblici.
11 ministro presenterà ogni anno al Parlamento una relazione, e proporrà i provvedimenti
legislativi che fossero opportuni.
PARTE V.
Applicazione delle truppe alla costruzione di strade,
Art. 17. È fatta facoltà al ministro della guerra di applicare alla costruzione di strade obbli-
gatorie quella parte di truppe che fosse per ciò disponibile.
Art, 18. Verranno presi gli opportuni concerti fra il prefetto ed il generale comandante su-
periore delle truppe stanziate nella provincia, per la scielta delle strade da costruirsi dall' am-
770
LEGISLAZIONE
ministrazione militare, i cui progetti già siano stati approvati, a termini degli articoli 11 e 15,
salve le variazioni che venissero concertate fra il prefetto e il generale comandante. Detta scelta
sarà sottoposta all'approvazione del ministro della guerra.
Art. 19. Alla spesa occorrente per la costruzione di strade, cui si applicano truppe, sarà prov-
veduto sul fondo di cui all'articolo 9. Detta spesa sarà, negli anni consecutivi, rimborsata allo
Stato dai relativi comuni sulla parte dei mezzi di cui all'art. 2, la quale non fosse esaurita
da altri lavori stradali fatti dal comune.
Art. 20. Spetta al ministro della guerra, d'accordo col ministro dei lavori pubblici, il dare
le norme opportune per l'esecuzione di questa parte della legge, e il determinare il soprassoldo
dovuto alle truppe impiegate in questo servizio.
PARTE VI.
Disposizioni generali.
Art. 21. Le disposizioni della presente legge saranno applicate anche alle strade consorziali,
che verranno riconosciute tali sulla iniziativa di un comune, a termini degli art. 43 e seguenti
della legge 20 marzo 1865 sui lavori pubblici.
Art. 22. È fatta facoltà al Governo di provvedere per decreti reali a quanto occorra per l'ese-
cuzione della presente legge.
Art. 23. Sono abrogate le disposizioni delle leggi precedenti, contrarie alla presente legge.
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella raccolta ufficiale
delle leggi e dei decreti del Regno d' Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dallo Stato,
Data a Torino, addì 30 agosto 1868.
VITTORIO EMANUELE.
G. Cantelli.
E. Bertolè-Viale.
ATTI DELL'ASSOCIAZIONE GEODESICA NAZIONALE
Processo verbale dell' adunanza del 22 novembre 1868.
La seduta è aperta alle ore tre e IO minuti sotto la presidenza del prof. Porro.
Sono presenti i signori:
1.° Ing. E. Sergent k.o Ing# G. Gilardini
2.° C. P. M. I. Porro 6.o Cav> P> A Cmm Ayy Deputato
3.° Ing. G. Mariani 7.0 Ing# F CoTTA
4.° Tip. Edit. B. Saldisi 8.° Landoni Ajut. Gaetano.
Mancherebbe un membro per essere a numero colla regola d'uso del terzo de' presenti in Mi-
lano pm uno, ma il presidente fa osservare che la seduta è di seconda convocazione, la prima
non essendosi trovata a numero, che perciò si può, secondo l'avviso statone dato nella lettera
di convocazione e la regola costante in tal maniera, legalmente deliberare. Si passa dunque al-
1 ordine del giorno. ?
Ordine del giovilo*
4.o Lettura della lista di tutti i membri inscritti fino al giorno d'oggi. - // Segretario.
2.° Corrispondenza. — Il Segretario.
L 3/ Sull>Procva^one ^rnativa. - Sulla proposta di riduzione della quota annuale dei
soci di seggio. - Su 1 epoca da fissarsi pel versamento di essa quota e della tassa di ammis-
sione. — Avv. Curii.
La Preìdetza^ ^'""^ § *'' de"° StatU'° ' § %" del1' Istruzione sulIa Pri™ missione. -
LwDÌSWMSÌT °ÌrCa 'a neCeSSÌtà di prendere delle misure Più efficaci relativamente alla già
deliberata preventiva provvista di strumenti. - Avv. Cnrti.
6.» Poche parole sulla questione della irrigazione dell'alta Lombardia.— La Presidenza.
ripetiamo in fine"0'* n°mÌnatÌVa a stampa dei soci> che è aPP™ata senza osservazioni, e che
anLareinÌdfe(,!af0SSerVar6 \SeSUÌl°.che '' Associazione Geodesica Nazionale deve considerarsi
sposto de. 8 fi rZ ù PerC'° ^ è " CaS° anC°ra di applicare a tutt0 riS°r<> " *"
1S" § d 'V°, aUe a,mmisslom domandate , che debbono esser discusse e votate dal
r mna fin tir" ^ X """""f C°n aPP°SÌt6 CkC°IarÌ aItre adesioni> e W £
sia stampata in tal senso una lettera circolare da indirizzarsi-
2*o a u!w * F.°fesSOTÌ.dÌ geodesia deIle Università ed altri istituti di pubblica istruzione.
X A tutti gli ingegneri capi di servizio nelle provincie
s a s ìnferi1 zTirzz: ad altri astronomi noti' anche «■*
UL^Z::1^^0^^ U PUbbl" istruzione circa >a prima
La qual cosa viene approvata.
Giorn. Ing. — Voi. XVI. - Dicembre 1868. 6i
772 ATTI dell'associazione
Si passa oltre sul secondo argomento, già da tutti conosciuto, per essere la corrispondenza
stata depositata nella sala delle riunioni dell' Associazione.
Circa il terzo argomento dell' ordine del giorno, l' avv. Curti si esprime poco presso in questi
termini :
i.° « D' appresso le vigenti leggi V approvazione ministeriale e il decreto Regio, stati a suo
« tempo chiesti e non ancora concessi, non sono necessarii alla libera esistenza della Associa-
« zione ; d' altra parte è stata opposta dal ministero dell' istruzione pubblica la dubbia inter-
« pretazione dell' art. 9 dello Statuto , che lascerebbe trasparire uno scopo industriale : cosa
« rispondere al ministero ? . . . .
Essendosi dal Presidente osservato che si poteva togliere dallo Statuto quanto poteva impli-
care T idea d' un lucro alla Società per lasciarvi unicamente il carattere di Società scientifica ,
l' Avv. Curti risponde che per ciò compiere fosse mestieri sentire previamente 1' Assemblea, che
si è perciò stabilito di convocare appositamente pel giorno di Domenica 27 dicembre.
L' Avvocato Curti continua dicendo :
2.° « L' Associazione ha già da molto iniziate ed anche molto avanzate le sue operazioni, e
« per tutto ciò il gerente ha fatto delle spese per conto della medesima, di cui deve essere rim-
« borsato, e si son contratti dei debiti che si debbono pagare ; e deve Y Associazione poter di- I
« sporre de' suoi fondi a fine di progredire alacremente verso il suo scopo.
« D' altra parte è stata agitata la questione se non convenisse ridurre da cento lire a cinquanta
« l'annuita fissata pagarsi dai soci di seggio, la qual cosa è generalmente approvata, ma si osserva
« che pregiudicherebbe la questione dell' approvazione ministeriale , perchè sarebbe una modifi-
cazione allo Statuto, che non può essere conseutita dai Soci che in generale convocazione.
In conseguenza di che si propone la seguente deliberazione :
1.° Considerando come non avvenuta la nota, posta a piedi della pagina 4.a dello Statuto,
si dichiarano aperti i pagamenti della tassa di ammissione e della tassa annuale; i soci di seg-
gio però, in previsione della futura riduzione, non pagheranno che la metà della tassa annuale,
cioè L. 50.
2.° I soci d' opera che hanno in animo di essere muniti di Cleps abbiano a riempire per
questo le condizioni previste al § 3.° della istruzione sulla prima missione che fa seguito allo
Statuto.
Le quali proposizioni vengono all'unanimità approvate.
Sul quarto argomento portato dall' ordine del giorno, il presidente come direttore della Filo-
tecnica, che è instituto di alta meccanica fondato nello stesso scopo che anima l'Associazione
Geodesica, offre di accogliervi una decina tra allievi meccanici ed allievi ingegneri meccanici
mandati e raccomandati dall' Associazione Geodesica Nazionale, e ciò a condizioni e d' appresso
un regolamento che si riserva di formulare.
La proposizione è accettata con premura, il prof. Porro è pregato di presentare al più presto
il regolamento, ed il sig. Saldini di dare al medesimo tutta la occorrente pubblicità.
Passando al quinto argomento il deputalo avv. Curti svolge la proposta di emissioni di Ob-
bligazioni in forma privata che si troverà qui appresso.
li presidente che ne aveva già prima d' ora comunicato il pensiero ad alcuni soci, dice essere
assicurato già di una diecina di adesioni.
Ha luogo una breve discussione, infine della quale si cade in accordo di fare stampare addi-
rittura la proposta e le schede, e di attivarne la soscrizione, della qual cosa il gerente si è vo-
lentieri incaricato.
Sul sesto argomento sì son dette poche cose unicamente per constatare che la discussione è
discesa oggidì in una regione in che non conviene all'Associazione Geodesica il seguirla, e per
GEODESICA NAZIONALE 773
riservarsi di riprenderla al punto dì vista dell'arte e degli interessi del Paese quando se ne pre-
senterà nuovamente l'opportunità.
La qual cosa è all'unanimità approvata.
Nessuno domandando più la parola, la seduta è levata alle ore quattro.
FABBRICAZIONE PREVENTIVA DI STRUMENTI
Rapporto e proposta del signor Avv. (urti.
1.» Pei riflessi fatti durante la seduta del 16 Agosto scorso è stato approvato di ordinare
la costruzione preventiva per conto dell'Associazione, di un buon numero di strumenti neces-
sari! alla prima missione, a fine di averli pronti per la prossima stagione 1869. Si è dato l'in-
carico al «gnor gerente di commetterli, dove credesse opportuno, e di ricercare in una opera-
zione di credito 1 fondi occorrenti per il pagamento di questi strumenti.
La Filotecnica diretta dal prof. Porro ha accettata la commissione per un venti Cleps tra di
,. e *«?"*«•• 5?IU indizione però di anticipazioni scalari state convenute per adempire
alle quali ,1 gerente diede sollecita opera a ricercare gli occorrenti fondi, sulla fiducia di che la
direzione della Filotecnica ha intanto fatto metter mano ai lavori. La consegna de' strumenti
doveva cominciare in Dicembre, ed esser compita entro l'anno dalla data della commissione
Ma grado le cure spese per la ricerca de'fondi il gerente non ha ancora riuscito; d'onde nasce
la necessita di un nuovo e più energico e pronto provvedimento
ed'ln'im9^10,'1' emeWere de,leobbliSazioni ™borsabili in un tempo abbastanza breve
ed m un modo abbastanza s.curo per piacere a quei capitalisti che sentono con noi vivamente
t™2 i irrSS°b a 7 mira ^ ,n°Stra ASSOCÌaZÌOne' 6 da — -^e aTme"
e òrima d Zt « ' r T° Tf ''"' ^ * pr°P°rne la SOSCrÌzione Possibilmente
e prima di tutto mfamgha, vale a dire fra soci; poi di ammettere chiunque altri anche non
socio, voglia coEtr.bn.re con noi al progresso della geodesia in Italia, profittando intarlo per sé
di un collocamento di fondi pienamente sicuro. P
Siccome poi si è perduto già un considerevole lasso di tempo e che per essere rimaste forza
tamente insoddisfatte le scadenze che erano state convenute colla Filotecnica a pHm del e
quali doveva aver luogo in Agosto scorso, così è avvenuto ancora che il lavoro no hThotu Io
progre, re quanto sarebbe stato necessario; ed è ora urgente il rimediare aT tempo perduto
tentando di ottenere parte de'necessarii strumenti, od almeno delle parti di strumenti da altri
stabilimenti di Costruzione sia in paese sia all'estero. st.uiiienu , aa altri
E necessario inoltre di aumentare fino a 50 il numero dei Cleps di 2» e 5» grandezza e
provvedere all'acquisto di una dotazione di strumenti di alta geodesia così composta '
lista degli strumenti da provvedersi.
I.» Due, od almeno uno, cleps di 1.» grandezza coi loro accessorii.
2.° Due tubi zenitali coi necessarii apparati accessorii.
5." Un apparato da misurare le basi.
. 4.° Un Rectografo (1).
(1) Questa nota mi è stata fornita dal professor Porro come direttore della prima missione.
774 ATTI DELL'ASSOCIAZIONE
Si aggiunge, come sopra è detto,
B.° Cinque Cleps di 2.a grandezza.
6.° Venticinque idem di 3.a grandezza.
Riguardo al commettere tutti i suddetti lavori io proporrei di mantenere al signor gerente
l'incarico, ma per ciò che si riferisce alla ricerca dei fondi propongo la emissione delle obbli-
gazioni sopra menzionata.
Perciò presento alla discussione dell'Assemblea il seguente:
Programma di ascrizione di obbligazioni in forma privata per
formare il fondo necessario ali4 antescriito scopo*
1.° Sotto la guarentigia morale collettiva dell'intiera Associazione geodesica, e personale
di tutti i suoi membri saranno annesse progressivamente ed a misura del bisogno, delle obbliga-
zioni di lire mille in forma privata valenti anticipazione di prezzo di strumenti geodesici da
fornirsi sia al titolare sia in suo nome alla Associazione Geodesica Nazionale o ad un membro
designato della medesima, fruttanti l'interesse al 6 per °/0 limitate per ora al numero di cin-
quanta, estinguibili a breve termine nel modo che infra.
2.° I fondi a provenire da questa emissione saranno esclusivamente applicati alla costru-
zione preventiva degli strumenti ed accessori occorrenti per attivare, nella maggior possibile
scala, alla nuova stagione i lavori della prima missione, e qualunque altro che si possa presen-
tare, il tutto conformemente all' antescritta lista.
3.° Detti strumenti sono destinati ai soci d'opera (§ tf.° dello Statuto) i quali debbono pos-
sederli in proprio (art. 5.° della istruzione sulla prima missione), e debbono perciò farne l'ac-
quisto con rimborsarne il prezzo ai titolari delle obbligazioni che lo hanno per essi anticipato,
e ciò nel modo seguente.
4.° Le somme a provenire dalla anzidetta operazione saranno esclusivamente destinate alla
estinzione delle obbligazioni, la quale avrà luogo per via di estrazione a sorte colle formalità d'uso.
B.° Quegli strumenti che sono necessarii all' Associazione per le operazioni trigonometriche
e debbono restare come dotazione dell'Associazione medesima, venendo costruiti parimenti coi
fondi a provenire dalle obbligazioni, potrebbe avvenire che per questo motivo non fosse per ba-
stare al rimborso di tutte le obbligazioni il prodotto degli incassi per strumenti destinati a dive-
nire proprietà particolare dei soci d'opera o d'altri, nel qual caso dovrà l'Associazione supplirvi
coi fondi suoi proprii.
6.° Si avrà cura di regolare la emissione in modo che le obbligazioni in corso non eccedano
mai il numero di cinquanta, e ciò sia col non emetterle che a misura del bisogno sia col pro-
cedere al rimborso a misura che si avranno fondi disponibili.
7.° I versamenti saranno fatti nelle mani della ditta Giulio Bellinzaghi e cominceranno appena
la soscrizione preparatoria sia giunta al numero di dieci obbligazioni.
8.° Le obbligazioni sono indivisibili ne' loro effetti per rispetto alla Associazione, ma una
obbligazione può essere divisa fra vari prenditori tutti egualmente nominati nella obbligazione.
9.° I versamenti avranno luogo in cinque rate mensili di L. 200 ciascuna per ogni obbli-
gazione, però a chi pagasse subito l' intera somma di L. 1000 sarebbe accordato lo sconto del
2 per °/0.
In questo caso, ma in questo caso solamente le cartelle della Filotecnica di qualunque epoca
Vengono accettate in pagamento fino alla concorrenza di due per ogni obbligazione, e pel loro
valor nominale di L. 100 senza riguardo agli interessi sulle medesime decorsi.
10i° Venendo un soscrittore a mancare anche ad un solo versamento dopo il primo o ad
essere in ritardo di più di un mese, i versamenti da lui anteriormente fatti s'intenderanno de-
voluti di diritto a vantaggio della Associazione, e per lui perduti.
La sola assemblea generale avrebbe facoltà di rimetterlo in pristino qualora concorressero, per
ciò fare, delle ragionevoli circostanza.
GEODESICA NAZIONALE 775
11.0 Quei soci d'opera che si rendessero acquisitori di una obbligazione, si troverebbero
rimborsati senza sorteggio, mediante l' istrumento stesso di cui verrebbero provveduti, salvo a
regolarne in conto le differenze; essi godrebbero inoltre di un ribasso del B per % sul prezzo
dell' istrumento in tal modo acquistato.
12.° Le obbligazioni saranno staccate da un libro a madre e figlia nelle forme d' uso. — ■
Il libro sarà preparato per una serie di cento obbligazioni, le quali saranno segnate con un
numero d'ordine dall'uno al cento per modo che venendo annullata per qualunque motivo con-
tingibile un'obbligazione, ed occorrendone un'altra, questa sia registrata al seguito col primo
numero vacante, ma non mai ristabilita col numero antico.
13.° Le somme a provenire dal collocamento dei suddetti strumenti a mani dei soci d'opera
e quelle altre qualunque che proverranno d'applicazione dell'art. 5.° e 6.° dello Statuto, saranno
versate alla banca Giulio Bellinzaghi per essere devolute al rimborso delle obbligazioni sotto la
riserva solamente delle spese urgenti ordinarie dell'Associazione e del pagamento de' suoi de-
biti anteriori alla presente deliberazione.
ih.0 Una commissione speciale composta del presidente o del vice presidente dell'Associa-
zione Geodesica, del gerente della medesima, del direttore della prima missione, e del consulente
legale dell'Associazione stessa, avrà per ufficio di sorvegliare al retto andamento di ogni cosa
riguardante questo eccezionale affare, e di assistere il gerente ne' contratti che sarà per conclu-
dere a quello scopo.
18.° I pagamenti da farsi per le provviste di strumenti, così alla Filotecnica come a qua-
lunque altra casa di costruzione, o di commissione all'estero per questo oggetto, s' intendono per
la presente deliberazione approvati in massima; essi saranno fatti dalla cassa dell'Associazione
stabilita presso la ditta G. Bellinzaghi dietro ordine del gerente vidimato da uno de' membri
della commissione speciale.
Per la forma, questi ordini di pagamento saranno staccati da un libro a madre e figlia da
ritenersi presso il gerente e del quale potrà sempre aver visione qualsiasi membro della com-
missione speciale.
// Presidente II Gerente II ff. dì Segretario
C. P. M. I. Porro B. Saldim Sergent Ing. E.
776
ATTI DELL'ASSOCIAZIONE
PRIMA USTA BEI MEMBRI
DELL'ASSOCIAZIONE GEODESIGA NAZIONALE
INSCRITTI SECONDO IL NUMERO ORDINALE DI RUBRICA
1. - Porro Prof. Magg. Cav. Ignazio
2. - Olivieri Ing. Emilio
5. - Curii Cav. Avv. Pier Ambrogio, Deputato ( Fondaton> membri del Comitato reggente.
ft. - Saldini Bartolomeo, Tip. e Lit. Editore
5. - Molla Ing. Gerolamo.
6. - Maselli Ing. Rinaldo.
7. - Villani Ing. Carlo.
8. - Fichera Filadelfo.
9. - Stigler Ing. Augusto.
10. - Cotta Ing. Francesco.
li. - Tornassi Ing. Adolfo.
12. - Borzino Ulisse.
13. - Cesabianchi Cav. Domenico, Ingegnere capo al Municipio di Milano.
ih. - Cagliani Ing. Gabriele.
15. - Bedoni Ing. Fedele.
16. - Gualandi Ing. Francesco.
17. - Reggiani Ing. Alessandro.
18. - Tatti Ing. Luigi, Assessore municipale e Consigliere provinciale.
19. - Heyland Cav. Francesco, fotografo.
20. - Sergent Ing. Ernesto, Astronomo all'Osservatorio di Brera.
21. - Mariani Ing. Giuseppe, al Censimento.
22. - (Numero rimasto vacante per errore incorso).
23. - Pietrasanta Ing. Ferdinando.
24. - Lombardini Comm. Ing. Elia, Senatore del Regno.
25. - Parrochetti Ing. Nobile Angelo.
26. - Cantalupi Cav. Antonio, Ingegnere in capo.
27. - Bellinzagbi Comm. Giulio, Sindaco di Milano.
28. - Scbiapparelli Ing. Cav. Giovanni, Astronomo direttore dell'Osservatorio di Brera.
29. - Ricbelmy Comm. Ing. Camillo, Dirett. della Scuola d'applicazione degl'Ingegneri a Torino
30. - Paleocapa Comm. Ing. Pietro, Ministro di Stato e Senatore del Regno.
51. - Cialdi Comm. Ing. Alessandro.
52. - Ferrati Comm. Ing. Camillo, Professore di Geodesia all'Università di Torino
53. - Gilardini Ing. Gaspare.
m. - Brioschi Comm. Prof. Francesco, Senatore del Regno, dirett. dell'Istit. Tecn. Sup. di Milano.
55. - Sacchi Ingegnere Carlo, al Censimento di Milano.
56. - Manfredi Ing. Niccolò.
57. - Govi Cav. Gilberto, Professore all'Università di Torino.
58. - Codazza Ing. Cav. Giovanni, Professore di Fisica alla Scuola Superiore di Guerra.
59„ - Chizzolini Ing. Cav. Girolamo.
(Continua)
GEODESICA NAZIONALE 777
NUOVA SCUOLA
DI ALLIEVI MECCANICI E DI ALLIEVI INGEGNERI MECCANICI (1).
In sua seduta del 22 novembre 1868 l'Associazione Geodesica Nazionale ha deliberato di dar
seguito allo stabilimento della Scuola di cui al § 1.° del suo Statuto, ed ha preso perciò colla
direzione della Filotecnica (Istituto di alta meccanica) gli opportuni concerti, dappresso i quali
è in misura di pubblicare fin d' ora il seguente regolamento riservandosi di fissare ulteriormente
V epoca dell' apertura.
REGOLAMENTO
§ i.°
È istituita presso l'Ufficio geodesico dell'Associazione, e presso le attenenti officine della Fi-
lotecnica (Corso Magenta ft8), una scuola, nel duplice intento di formare allievi meccanici, ed
allievi ingegneri meccanici alla nobile arte de' strumenti di precisione per 1' astronomia, la geo-
desia, la marina, ecc. la quale non s' insegna ancora in verun instituto.
Lo scopo finale della medesima si distingue in tre parti :
i.° Formare operaj distinti e capi sala (contremaitres) non che di preparatori, e conservatori dei
gabinetti presso i professori di fisica, e presso gli osservatori astronomici e meteorologici, capaci
di eseguire con tutta maestria , e ciò nondimeno con economia , gli strumenti e macchine di
precisione necessari! alle scienze di osservazione, di ripararli all'uopo, di metterli in azione, e
di conservarli in buono stato.
2.° Di formare ingegneri direttori di officina per la medesima industria, il tutto in modo da
arrivare progressivamente a sostenere con vantaggio la concorrenza straniera, non solo in Italia,
ma sugli stessi mercati di Parigi, di Londra, di Berlino, in Europa come in America.
3.° Di tentare, se sia possibile, di formar qualche allievo superiore capace di accedere all'al-
tezza di Frauenhoffer , di Reichembach, di Repsold, di Trougton, nomi rari ed universalmente
venerati nelle più alte regioni scientifiche, ed ai quali sono dovute, direttamente od indiretta-
mente, le più grandi ed utili scoperte del secolo nelle scienze d'osservazione.
§ 2.°
L' Associazione munirà di una patente graduata gli allievi meccanici, e di un diploma gli al-
lievi ingegneri meccanici, che alla fine del corso si troveranno avere superato gli esami dei varii
gradi, 1' ultimo dei quali esami sarà pubblico.
L'Associazione Geodesica si riserva di stabilire dei premii annuali per quelli che si distingue-
ranno, appena che col suo graduale sviluppo ne possederà i mezzi.
Per qualora si verifichi il fatto di cui al N. 3 § 1, la famiglia Porro si propone di istituire un
premio massimo, quello della successione, come impiego, al direttore attuale della Filotecnica il
prof. Porro, il qual premio implicherà il diritto di comproprietà nella proporzione di un quarto
dello stabilimento come si troverà all'epoca del decesso del professore, ed implicherà per corri-
(1) Non confondere cogli ingegneri meccanici che si formano all' Instituto Tecnico Superiore di Mi-
lano, la cui istruzione versa principalmente sulla grande industria, e sarebbe, nel caso nostro, e troppo
estesa, ed affatto insufficiente. Vedi § 16.
778 ATTI DELL' ASSOCIAZIONE
spetti vo l'obbligo di continuarlo e di procurarne tutto il possibile incremento, sia scientifico, sia
industriale. Le condizioni per aspirare a questo premio massimo verranno a suo tempo fissate e
fatte conoscere (1).
A questo premio potranno concorrere, non solo gli allievi della scuola, ma ancora tutti gli in-
gegneri si italiani che stranieri che se ne sentissero la capacità e fossero in misura di fornire le
necessarie guarentigie.
§ 3.°
Venendo lo sviluppo progressivo della Filotecnica a render necessario l'aumento del personale
pagato della officina, vi troveranno impiego di preferenza gli allievi della scuola dell'Associa-
zione geodesica, che del resto, coli' abilità che possono avere acquistata in essa scuola, saranno
sempre sicuri di trovare tanto in Italia che all'estero occupazione lucrosa e degna di loro.
§ 4.°
Il corso è di tre anni per V una e 1' altra classe di allievi, con otto ore al giorno di occupa-
zione effettiva tutti i giorni, eccettuate, per il solo lavoro manuale, le domeniche e le quattro
maggiori feste.
§ ».°
Gli allievi meccanici ricevono tanto l'istruzione teorica quanto la tecnica (di lavoro manuale)
nello stabilimento; gli allievi ingegneri meccanici sono obbligati in vece di frequentare anche
quelle delle scuole speciali pubbliche esistenti in Milano che saranno loro indicate, ed in par-
ticolare il Corso di Celerimensura. L' alta ottica verrà loro insegnata nello stabilimento.
§ 6.°
Gli allievi meccanici sono tenuti ad un lavoro giornaliero di mano di sei ore mediamente; essi
debbono impiegare altre due ore giornalmente agli studii teorici ed al disegno , il tutto secondo
l'orario dettagliato che verrà stabilito; gli allievi ingegneri meccanici hanno sole due ore di
lavoro manuale, e sei di studio e disegno.
§ 7.°
Sono a carico degli allievi dell'una e dell'altra specie i libri, la carta ed ogni fornitura oc-
corrente per l'istruzione; ogni allievo deve avere la sua busta di compassi e la sua fornitura
di righe e di squadre per il disegno.
§ 8.°
E a carico di ogni allievo parimenti la provvista di una prima suppellettile di utensili da
lavoro e di materie prime, il cui valore approssimativo è di L. 60 e del quale la lista si troverà
ostensibile nello stabilimento.
(1) La Filotecnica nello spirito del suo fondatore deve restare italiana , ma per la sua specialità
essa ha per mercato il mondo intero. Essa è in via di rapido progresso, giacché fondata quasi sul
nulla, ha in grazia dell'alto industriai valore del suo fondatore, più che quintuplicato in soli tre anni
il capitale invertitovi, costruendo essa stessa le sue più preziose macchine efficienti.
La Filotecnica è già munita poco men che al pari dell' instituto tecnomatico di Parigi, ed ha già for-
nito parecchi strumenti agli ingegneri italiani, e quando aprirà colla pubblicità l'adito alla clientela
straniera potrà contare di elevare progressivamente ad un mezzo milione la sua produzione annua,
come già l' instituto tecnomatico di Parigi.
GEODESIGA NAZIONALE 779
§9.°
I lavori manuali si dividono in due parti, a cui dovranno gli allievi dedicarsi successivamente,
e sono l'ottica e la meccanica. Gli studii teorici riguardano principalmente la forma, la compo-
sizione e l'uso di tutti gli utensili, la conoscenza delle loro funzioni, la qualità della materia, ecc.
Gli allievi ingegneri meccanici devono inoltre studiare la composizione e 1' uso di tutti gli
strumenti e macchine , e segnatamente gli strumenti di astronomia , geodesia e marina , e non
solo l'uso materiale, ma i risultamenti scientifici che si tratta di ottenere.
§ 10.°
Per essere ammessi devono gli allievi meccanici sapere l'aritmetica, la geometria ed il disegno
geometrico lineare. Gli allievi ingegneri meccanici devono conoscere inoltre la matematica su-
periore, le scienze fìsiche, la meccanica razionale, gli elementi di astronomia, di geodesia e di
marina; essi debbono farne prova per esame davanti ad una commissione all'uopo nominata
tra i membri dell'Associazione Geodesica.
§ H.°
Gli allievi dell'una e dell'altra specie debbono stare soggetti durante il lavoro manuale nelle
officine alle discipline regolamentari vigenti per gli operaj , dei quali possono osservare il la-
voro, ma non disturbarne l'andamento.
§ 12.°
Ammessi in locali dove esistono in costruzione strumenti e macchine più 0 meno delicate ,
devono gli allievi dell'una e dell'altra specie astenersi dal toccare ai medesimi, nonché agli
utensili e macchine alle quali non siano stati da chi dirige preposti. Essi, e per essi i loro ge-
nitori od altri ascendenti, sono responsabili dei guasti che producessero, ed avranno la scelta,
il caso avvenendo, tra l' indennizzo a pagamento, oppure l' indennizzo alla fine del corso in la-
voro di cui saranno divenuti capaci. Le patenti ed i diplomi sono in tal caso di diritto ritenuti
fino a soddisfazione completa.
§ 15.°
Tutto il lavoro utile che sarà per risultare dall'opera degli allievi, cede a beneficio della Fi-
lotecnica, a profitto della quale debbono seriamente lavorare.
§ 14.°
Gli allievi dell'una e dell'altra specie sono obbligati tanto nelle officine quanto nelle sale di
studio e di disegno al giornaliero ordinamento degli utensili loro e di ogni loro suppellettile
ed alla manutenzione di essi in buono stato , ma non alla bassa pulizia dei laboratorii, per la
quale devono pagare invece una tassa di L. 10 all' anno (anticipata).
§ 18.°
La tassa annuale da pagarsi da ogni allievo per semestri anticipati è di L. 100, non com-
prese le suddette L. 10.
780 ATTI DELL' ASSOCIAZIONE ECC.
§ 16.°
Possono essere ammessi a trattativa allievi dell' una e dell' altra specie per due soli anni ed
anche per uno solo anno, quando facessero prova di avere già acquistato con anteriore istruzione
la capacità sufficiente.
I giovani ingegneri sia civili sia meccanici che avessero con distinzione ottenuto il diploma
da una delle scuole superiori di Torino, di Milano o di Napoli potrebbero aspirare ad entrare
come allievi di terzo anno alla scuola dell' Associazione Geodesica Nazionale.
§ 17.o
Le iscrizioni si ricevono tanto all' Associazione Geodesica (Via Lupetta N. 7) quanto all'ufficio
geodesico della medesima (Corso Magenta N. 48) , e si possono da ogni parte d' Italia doman-
dare per lettera affrancata.
§ 18.°
Avranno luogo ogni sei mesi esami per constatare i progressi fatti tanto dall'una come dal-
l'altra classe di allievi, e tanto per il lavoro manuale quanto per le cognizioni teoriche.
Alla fine del III anno avrà luogo un esame generale e pubblico davanti PAssociazione Geode-
sica convocata in assemblea generale, conformemente alle risultanze del quale esame verranno,
conferte le patenti ed i diplomi, che ognuno avrà meritato.
// Presidente II Gerente II ff. di Segretario
C. P. M. I. Porro B. S aldini Sergent Ing. E.
IiA FILOTECNICA
Instituto di alta meccanica ed ottica
SOTTO IL PATRONATO SCIENTIFICO DEL CAV. PROF. PORRO
Corso Magenta, N. 48.
AVVISO.
i.° Cu Cleps disponibile. — Per cambiamento di posizione sociale il committente del
Cleps di 2.a grandezza inscritto al numero della rubrica generale 189 cederebbe i suoi diritti ed
obblighi a chi bramasse essere munito di tale strumento in assai meno tempo di che ordina-
riamente occorre.
11 prezzo ne è di L. 1900 cogli accessori ordinati, ma si potrebbe ancora ridurre a L. 1800
Sopprimendo parte degli accessori.
La Filotecnica ha consentito a sospenderne per intanto la lavorazione che ripresa potrebbe
invece esser terminata in circa dieci settimane.
Chi aspirasse a prendere verso la Filotecnica il posto del committente dovrebbe pagare, nel
darne avviso L. 950, che la Filotecnica restituirebbe al primo committente, liberandolo0 dai' suoi
obblighi.
2.° Si profitta della circostanza per avvisare quei molti che per lettera o per informazioni
assunte a mezzo dei loro amici di Milano, si sono mostrati desiderosi di avere un Cleps, ma
non hanno dato ancora la loro commissione, a non tardare troppo a darla, e non fidarsi al 'caso
fortunato, ma raro, che ne capiti loro uno per occasione.
Attualmente sono in costruzione a varii gradi di avanzamento nella Filotecnica i numeri di
•rubrica 189-193-195-196-198-201-215 che saranno progressivamente tutti terminati in sei o sette
mesi , ma mentre questi passano successivamente dagli operai abbozzatori ai raffinatori e da
questi alla macchina tmesigrafica, gli abbozzatori ne cominciano degli altri che possono essere
terminati successivamente a poco tempo d' intervallo gli uni dagli altri nell' ordine cronologico
delle commissioni.
Chi vuol dunque esser presto servito sia sollecito ad ordinare, perchè non potrà essere servito
in meno di sei o sette mesi dall' epoca della ordinazione , ciò almeno fino a tanto che le altre
officine di Milano, di Torino e di Napoli alle quali il professor Porro ha fornito i disegni, ed ha
offerta la sua assistenza scientifica non si siano messe in misura di fabbricarne.
INDICE
DELLE MATERIE
ANNO DECIMOSESTO — 1868.
INGEGNERIA.
Costruzione
Il riordinamento dei Lavori Pubblici. Ing. Cav. Cantalupì pag. 1
SulF uso del ferro nelle impalcature dei solai. Ing. Emilio Olivieri » 56
Sulla fabbricazione del Beton Coignet e sue applicazioni » 65
La pietra artificiale di Ransome » 68
Tegole Rondarti » qq
Tubi in lamiera e bitume » 494
Tegole di Ghisa. Sistema Geoffrog » 194
Forno anulare per cuocere mattoni, calce, cemento, ecc. invenzione del Ing. Hoffrnam
a Berlino. A. Stigler }) 355
Stabilità degli Archi. Ing. Clerico Giacomo » 525
Metodo per avere aria fresca, e metodo di ventilazione. Ing. Clerico G » ivi
Le coperture e gli ornamenti in zingo. Ing. Emilio Olivieri . . . • » 428
Utilizzazione delle ceneri dei forni del gas nella fabbricazione dei mattoni » 510
Il Canale Cavour. Ing. Francesco Airaghi » 554
Idem » 624
Cuneometro. Sig. Bianchi Fortunato . . » 638
Idraulica
Sludi idrologici e storici sopra il grande Estuario Adriatico, i fiumi che vi confluiscono
e principalmente gli ultimi tronchi del Po. Ing. Commend. Elia Lombardini . . » 14
Idem
Idem
Idem
Idem
Idem
Lettera dell' Ing. Senatore Comm. Paleocapa al sig. Ferdinando di Lesseps, sulla regola-
zione del Portosàido allo sbocco del Canale dei due Mari nel Mediterraneo ...» 233
Sul moto ondoso del mare e sulle correnti di esso, specialmente su quelle littorali.
Commend. Alessandro Cialdi » 555
Relazione della Commissione eletta dal Collegio degli Ingegneri per proporre la corri-
spondenza delle antiche misure d' acqua colla nuova stabilita dal Codice al § 622 » 368
» 115
» 209
» 281
» 395
» 519
784 INDICE
Studi teorici e pratici sullo scolo ed il moto delle acque. S. Gauchler pag. 585
Nuovi canali d'irrigazione e di navigazione da aprirsi nell'Alta Lombardia . ...» 496
Relazione sulla convenienza della irrigazione della Pianura Friulana. Ing. Luigi Tatti » 557
Sul Portosàido. Sig. Commend. Cialdi » 587
Idem ...» 691
Alcune osservazioni alla Memoria : Studi idrologici e storici sopra il grande estuario
Adriatico del senatore Lombardini. Ing. Angelo Manfredi . . . . » 660
La Comunità di Cremona, il naviglio civico e i progetti di nuovi canali per quella
provincia. Ing. Senatore Elia Lombardini » 712
Bibliografia
I Canali della città di Milano. Ing. F. Ajraghi » 276
Meccanica
Rolinetto d'olio per le macchine a vapore. Ing. A. Stigler » 84
II nuovo motore a vapore per strade ordinarie. Sig. Tompson . . » 69
Principi della Teoria Meccanica del Calore. D. Gustavo Zeuner versione dal tedesco.
D. Alessandro Lucchesini » 157
Idem » 451
Idem » 605
Forza motrice idraulica e sua correlazione coi vantaggi dell' Industria. Ing. A. Vescovati » 154
Il principio fondamentale delle Rotazioni a perno sferico e a capsula libera. Ing. An-
tonio Pievani » 166
Idem. . ...» 242
Macchina per fabbricare mattoni per uso ornamentale » 191
11 nuovo vaporizzatore. Sig. Delaporte » 192
In qual modo si possa determinare la rigidezza delle funi. Ing. Giov. Sacheri ...» 555
Paratoja automobile applicabile ai tubi di condotta. Ing. Leopoldo Emanueli . ...» 549
Alcune nuove invenzioni. Ing. Emilio Olivieri t> 645
Nota intorno le equazioni dello stato prossimo al moto delle macchine semplici. Ing.
Davide Bocci » 722
Macchina per forare i tunnels . » 742
Architettura
Palazzo Municipale di Gubbio (Umbria). Sig. C. Edoardo Mella ........ y> 257
La chiesa di S. Abondio e la Basilica dissotto, lettere Comacine. Prof. Camillo Botto » 509
Idem. » 651
Voluta e sua descrizione. Sig. Filadelfo Fichera ...» 464
Agronomia
Economia agricola. Sig. Giuseppe Ver nansal de Villeneuve » 474
Bibliografia
Le più recenti ed utili Macchine e strumenti Rurali, loro teoria, costruzione, effetti ed
applicazione di Angelo Giacomelli ».*..*» 199
INDICE 785
Cose Varie
Corso di Celeriniensura nel R. Istituto Tecnico Superiore. Prof. M. I. Porro. — Sunto
delle lezioni del mese di Gennaio 1868 pag. 70
Idem. di Febbraio » 195
Idem. di Marzo ed aprile » 587
Ottica tecnologica ad uso degli Ingegneri. P. M. I. Porro » 45
Idem. » 185
Sunto delle lezioni d' ottica date all' Istituto Superiore. P. M. I. Porro » 75
Idem » 198
Idem. , » 264
1 regolamenti per la sanità, l'edilizia e le opere pubbliche in Relazione alla questione
delle risaie e dei mezzi di comunicazione considerati quali elementi della prospe-
rità agricola. Ing. Cesare Osnago » 85
Progetto d'un ponte girevole da costruirsi in Milano. Ideato dallo scultore Cav. Inno-
cenzo Fraccaroli » 165
I trattali di Commercio della Francia col Portogallo e coli' Austria » 194
Società degli Ingegneri e degli Industriali di Torino ...» 552
Collegio degli Ingegneri ed Architetti di Milano » 565
Alta statistica — guarentigia della fede pubblica in materia di proprietà fondiaria —
misura generale degli stati » 570
Società Italiana di Scienze Naturali » 202
Idem » 595
Idem » 517
Idem » 747
Corrispondenza » 205
Descrizione del Diastimometro Militare, E. Von Paschevitz » 581
Resoconto dell'andamento del R. Istituto di Agronomia ed Agrimensura in Catania . » 592
II Progresso della geodesia in Italia. P. M. I. Porro » 455
Cenni del Terreno Cretaceo di Toscana comparato con quello della Brianza. Sig. G. B. Villa » 490
Inconvenienti delle tavole pei bachi da seta, — proposta di sistema pensile a cassette.
Ing. Clerico Giacomo » 492
I nuovi pozzi. Sistema Norton » 494
Faraday e le sue scoperte » 516
Idem » 645
Processo per la fabbricazione del gas di nafta . ." » 576
Statuto dell'associazione Geodesica Nazionale. Appendice.
Resoconto delle sedute 16 e 28 Agosto di detta associazione » 580
Atti dell'Associazione Geodesica e Resoconto della seduta 4 Ottobre » 647
Idem e resoconto della seduta 22 Novembre » 771
Per l'estrazione delle acque sotterranee per mezzo di tubi verticali. Avv. Calandra . » 754
Ypsometria del giro di Milano » 738
Un altro fotometro. Boli. Marco Ceselli » 745
Un nuovo genere d' illuminazione » 746
Istituto Tecnico superiore — Avviso-programma per le lezioni di Celerimensura ...» 750
Bibliografia
Goniometro di Filadelfo Fichera » 200
786
INDICE
Legislazione
Circolare Ministeriale (Giovanola) N. 2219 in data 9 settembre 1867 pag, 75
Regolamento per la derivazione delle acque pubbliche ............. 77
Decreto reale 50 Gennaio 1868 in cui sono facoltizzati i sigg. Ing. Eugenio Villoresi
e Meraviglia Luigi a fare due canali di derivazione ecc » 199
Relazione dei ministri dei lavori pubblici, della marina, e della guerra, a sf.ìL in
udienza del 12 Marzo ultimo sul decreto concernente i progetti d'opere nuove pel
servizio dei porti, delle spiaggie e dei fari a 271
Regolamento pelle manutenzioni delle Strade Comunali per la provincia di Verona ecc. » 511
Regolamento per la manutenzione e sorveglianza delle Strade Comunali per la provincia
di Cremona » 755
Necrologie
Dell' egregio ing. Commend. Gedeone Scotini, ispettore di l.a Classe del Regio Corpo
del Genio Civile » 201
Del Cav. Antonio Toniolo ing. capo di l.a classe nel Genio Civile ....'.'..'» 202
Del Sig. Rag. Giovanni Aschieri . . > - » ^g
Milano, Tip. degli Ingegneri. B. SALDINI, Proprietario, Gerente responsabile.
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