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Full text of "Gli arazzi dei Gonzaza : restituiti dall' Austria"

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WELLESLEY  COLLEGE  ! 


I 


GIFT  OF 

May  L.   Jacobs, *05 


GLI  ARAZZI  RAFFAELLESCHI 


ALESSANDRO  LUZIO 


GLI  ARAZZI  DEI  GONZAGA 
RESTITUITI  DALL'  AUSTRIA 


BERGAMO 

OFFICINE  DELL'ISTITUTO  ITALIANO  D'ARTI  GRAFICHE 

1919 


Il  Cardinal  Ercole  Gonzaga,  morto  a  Trento  nel  i  ^  ó } ,  Presidente  del  Concilio, 
lasciò  con  suo  testamento  del  2  marzo  al  nipote  Guglielmo  «  le  tapezarie  nominate 
delli  Atti  delli  Apostoli,  per  honorare  la  Chiesa  di  S.  Barbara,  novamente  da  Sua 
Ecc.  eretta  »;  e  il  Duca  a  sua  volta,  con  atto  di  ultima  volontà  del  13  maggio  15Ó9, 
intese  comprenderli  tra  le  svariate  suppellettili,  di  cui  a  dovizia  dotò  la  sua  predi- 
letta «  Basilica  Palatina  ». 

Per  più  di  due  secoli  gli  arazzi  continuarono  ad  ornare  il  tempio''*:  il  lungo 
uso  e  in  parte  anche  l'incuria  degli  scaccini  deteriorò  que'  preziosi  addobbi  per  modo 
da  ispirare  a'  Canonici  l'idea  d'una  permuta. 

Fra  gli  atti  dell'amministrazione  del  Palazzo  Ducale  si  conserva  tuttora  la  mi- 
nuta della  lettera  (doc.  II)  che  il  Sovrintendente  della  Reggia  stese  nel  177Ó  a  nome 
del  Capitolo  per  proporre  il  cambio  degli  arazzi  con  la  quantità  di  damasco  occor- 
rente ad  apparare  la  chiesa. 

L' istanza  fu  accolta  senza  difficoltà  dal  governo  di  Milano  e  dalla  Corte  di 
Vienna;  anzitutto  perchè  già  nel  1771  s'era  egualmente  concesso  ai  Canonici  di  di- 
sfarsi di  vecchi  arredi  per  procurarsene  de'  nuovi;  poi,  perchè  alla  spesa  necessaria 
avrebbe  provvisto  (non  la  munificenza  sovrana)  ma  il  Magistrato  Camerale  co'  fondi 
provinciali  dello  Stato  di  Mantova,  avente  tuttora  un'amministrazione  autonoma  e  bi- 
lancio separato  dalla  Lombardia  austriaca. 


(1)  Il  DoNESMONDi,  Storia  ecclesiastica,  Mantova,  16 16,  II,  214,  scrive:  «  nelle  feste  di  cappella  s'appara 
la  parte  superiore  del  coro  d'arazzi  finissimi  di  seta  (sic)  con  V  istorie  intessute  degli  atti  apostolici,  e  l'inferiore 
di  velluti  con  fregi  grandi  di  broccato  ;  eccetto  nelle  domeniche  d'avvento  e  di  quaresima  che  s'adoprano  tapez- 
zarie  di  lana.  »  Cfr.  Cadioli,  Descri-yione  delle  pitture  ecc.,  Mantova,   1763,  p.  24. 


Gli  improvvidi  autori  del  cambio  si  accorsero  dopo  tre  anni  che  il  tappezziere 
aveva  fatto  male  i  suoi  conti.  A  completare  l'addobbo  del  tempio  mancavano  altri 
800  fiorini  di  damasco.  Fu  rinnovata  analoga  istanza  :  e  anche  questa  venne  facil- 
mente esaudita  dalle  autorità  superiori  di  Milano  e  di  Vienna,  perchè,  beninteso,  al 
pagamento  avrebbe  supplito  la  R.  Ducal  Camera. 

Fu  di  sua  iniziativa  (doc.  Ili)  che  il  Magistrato  Camerale  in  occasione  di  questa 
nuova  supplica  de'  Canonici  volle  indagare  che  cosa  fosse  avvenuto  degli  arazzi  raf- 
faelleschi: e  quale  uso  ne  avesse  fatto  l'amministrazione  del  Palazzo  Ducale,  presso 
cui  erano  stati  depositati  sino  dal  settembre  177Ó  (doc.  1).  Così,  soltanto  tre  anni 
dopo  la  permuta,  se  ne  accertò  il  deplorevole  stato:  e  l'urgenza  assoluta  d'un  re- 
stauro o  rammendo. 

Dopo  qualche  recriminazione:  anzi  dopo  qualche  buona  lavata  di  capo  a  chi 
non  aveva  tutelato  abbastanza  gli  interessi  deìVerano,  il  Magistrato  Camerale  decise 
di  tentare  un  esperimento  di  restauro  su  due  de'  nove  pezzi.  Riuscì  superbamente 
la  prova;  ed  allora  la  riparazione  di  tutta  la  serie  venne  affidata  alla  ricamatrice 
mantovana  Antonia  Carré  Lorenzini,  che  doveva  operare  sotto  la  direzione  e  la  vi- 
gilanza del  pittore  Bottani. 

Maria  Teresa,  il  Principe  di  Kaunitz,  il  Firmian,  approvarono  (quand'  era  già 
votato)  il  nuovo  sacrificio  imposto  aWerario,  felicitandosi  che  si  fosse  scoperta  a 
Mantova  un'artefice  miracolosa  e  inaugurato  un  nuovo  ramo  d'industria. 

Pare  invero  che  la  Carré  Lorenzini  possedesse  una  maestria  prodigiosa,  poiché 
tutti  i  contemporanei  esaltarono,  mercè  sua,  ridonati  gli  arazzi  raifaelleschi  a  nuovo 
splendore;  al  Bottani  ed  a  lei  furono  perciò  prodigate  ditirambiche  lodi. 

L'erudito  mantovano  Girolamo  Coddè,  in  una  lettera  inedita,  posseduta  dall'arch. 
Gonzaga  (doc.  IV),  dopo  aver  osannato  alla  Carré,  riferisce  un  sonetto  dedicatole  dal 
conte  Bulgarini  Luigi,  che  aveva  tra  gli  arcadi  l'eteroclito  nome  di  Eugilbo  Callideo, 
e  que'  suoi  non  spregevoli  versi  fece  stampare  nel  1780  dalla  tipografia  ducale  di 
Piacenza,  su  un  gran  foglio  adorno  di  bei  ghirigori. 

L'elogio  migliore  della  Carré  sta  per  altro  nel  fatto  che  i  9  arazzi,  poc'anzi 
inservibili,  vennero  subito  compresi  nell'Inventario  delle  suppellettili  di  corte  del 
settembre  1781  per  la  somma  di  L.  6^.017  mantovane  (ló  mila  circa  di  nostra  mo- 
neta): e  alla  spesa  del  restauro  se  ne  volle  aggiungere  un'altra  anche  più  ragguar- 
devole, costruendo  un  appartamento  speciale,  che  degnamente  ospitasse  que'  risorti 
capolavori  e  con  essi  formasse  un  «  tziito  inscindibile  ». 

L'ex-appartamento  Verde  fu  rifatto  di  pianta  per  la  collocazione  degli  arazzi  : 
diresse  i  lavori  il  celebre  architetto  Paolo  Pozzo;  del  quale  rimangono  tra  gli  atti 
del  Magistrato  Camerale  tutti  i  conti  relativi  alla  spesa,  sostenuti  more,  solito  da'  fondi 


provinciali.  L'appartamento  Verde  trasformato  costò  1125Ó1  lire  mantovane  (29  m. 
circa  di  nostra  moneta):  perchè  la  decorazione  riuscisse  in  tutto  «  corrispondente 
alla  nobiltà  degli  arazzi   ». 

Le  bufere,  che  imperversarono  su  Mantova,  dal  1797  in  poi,  se  pure  apporta- 
rono gravi,  lacrimevoli  danni  al  Palazzo  Ducale,  rispettarono  luttavolta  gli  arazzi  : 
su  cui  nessuna  mano  predatrice  si  stese  neanche  quando  tanti  cimeli  dell'arte  ila- 
Hana  eran  tratti  «  a  miseranda  servitude  oltre  l'Alpi  ». 

Egli  è  che  il  Palazzo  Ducale  era  compreso,  anche  sotto  il  governo  napoleonico, 
tra'  beni  nazionali,  insieme  a'  Palazzi  Reali  di  Milano,  di  Monza  :  com'  era  detto 
espressamente  nel  primo  articolo  del  terzo  statuto  costituzionale  (del  1805:  Titre  I, 

Des  Biens  de  la  Couronne;  article  premier:   Les  propriétés  de  la  Couronne  sont 

Le  Palais  de  Mantoue,  le  Palais  du  The,  et  le  palais  ci-devant  Ducal  à  Modène)  ; 
gli  arazzi  rimasero  intatti,  perchè  dovevano  conferire  stabilmente  «  à  ce  qu'exige  la 
splendeur  du  tròne  »  come  ogn'altra  suppellettile  d'una  Reggia. 

Illesi  dalle  spogliazioni  napoleoniche,  restarono  gli  arazzi  infissi  alle  pareti  del- 
l'appartamento Verde  sino  al  maggio  i8óó,  quando  un  ordine  dell'Imperatore  Fran- 
cesco Giuseppe  li  fece  trasportare  a  Vienna  per  essere  mterinalmentc  esposti  nel 
Museo  austriaco  d'arte  e  d'industria  (doc.  V). 

Furono  allora  staccati  da  certo  Lorenzo  Fini  falegname  che  s' incaricò  anche 
della  spedizione;  e  dovette  aspettare  ad  essere  soddisfatto,  della  mercede  spettategli, 
dal  governo  italiano  !  .  .  . 

Particolare  curioso,  che  non  va  trascurato:  poiché  dà  come  l'ultima  pennellata 
al  quadro,  e  dimostra  quanto  arbitraria  e  caparbia  fosse  la  convinzione  del  penultimo 
Kaiser  di  casa  d'Absburgo,  che  quegli  arazzi  considerava  proprietà  intangibile  dina- 
stica, dovuta  al  mecenatismo  di  Maria  Teresa,  e  sulla  quale  perciò  non  tollerava  di- 
scussioni neppure  accademiche. 

Il  compianto  conte  Nigra,  a  cui  più  volte  m'accadde  di  esporre  gli  evidenti  di- 
ritti di  Mantova  al  ricupero  degli  arazzi,  esclamava:  «  Ma  volete  far  la  guerra  per 
que'  gonzagheschi  cimeli?  E'  uno  degli  argomenti  che  l'Imperatore  non  lascia  inta- 
volare senza  inalberarsi!  ». 

Quando  l'Accademia  Virgiliana,  a  corredo  d'una  mia  Memoria  del  191 3,  osò 
avanzare  domanda  che  almeno  ci  fosse  lecito  commettere  la  riproduzione  fotografica 
degli  Atti  degli  Apostoli^  l'i.  r.  Maggiordomo  oppose  il  più  reciso  e  men  cortese 
diniego  ! 

La  guerra  deprecata  dal  conte  Nigra  ha  dunque  troncato  nettamente,  anche  su 
questo  punto,  le  vecchie  contese.  Le  vedove  sale  dell'appartamento  Verde,  che  da 
oltre  mezzo  secolo    parevano,  co'  lor  nudi  telai,  aspettare  e   invocare  desolatamente 


il  ritorno  de'  gloriosi  arazzi,  sfolgorano  alfine  nuovamente  superbe  del  riconquistato 
ornamento.  Eccellenti  riproduzioni  fotografiche  sono  a  disposizione  de'  critici  d'arte 
per  istituir  confronti  con  gli  originali  londinesi  e  vaticani  e  con  le  altre  serie  di 
Vienna  stessa,  di  Madrid,  di  Parigi,  Berlino,  Dresda,  Milano,  Loreto...  *'\  Il  visitatore, 
raramente  ammesso  ne'  penetrali  di  Schònbrunn,  ove  800  Gobelins  erano  più  am- 
massati che  esposti,  potrà  ora  a  suo  agio  pascer  gli  occhi  in  una  delle  megho  con- 
servate interpretazioni  fiamminghe  di  un'opera  portentosa,  che  racchiude  l'espressione 
più  alta,  più  matura  del  genio  di  Raflfaello,  quasi  sollevato  sopra  se  stesso,  al  contatto 
immediato  con  Michelangelo.  Gli  arazzi  vaticani  eran  destinati  a  decorare  la  parete 
inferiore  della  Cappella  Sistina  :  e  il  Sanzio  parve  raccogliere,  nell'  arduo  cimento 
col  rivale  titanico,  tutta  la  sua  potenza  creatrice,  per  disposare  alle  maggiori  squisi- 
tezze dell'arte  classica  la  più  augusta  e  commovente  poesia  del  Vangelo. 

Non  intendo  invadere  un  campo  non  mio,  addentrandomi  nelle  questioni  mol- 
teplici che  si  connettono  *'^  alla  suite  mantovana  degli  Atti  degli  Apostoli  (incompleta 
in  quanto  vi  manca  il  decimo  pezzo  con  la  figurazione  di  S.  Paolo  in  carcere).  Mi 
basterà  semplicemente  additare  gli  elementi  precipui  delle  discussioni  a  cui  dà  luogo 
questa  riproduzione,  valutata  tra  le  più  antiche  e  più  splendide.  («  Un  des  exem- 
plaires  les  plus  précieux  »,  dice  il  Muntz). 

La  marca  di  fabbrica  (un  piccolo  scudo  triangolare  tra  due  B  che  gli  arazzieri 
fiamminghi  furono  nel  1^28  obbligati  ad  apporre  alle  loro  produzioni)  non  lascia 
più  dubbio  che  fossero  i  9  arazzi  eseguiti  a  Bruxelles  :    sebbene  anche  il  Birk  non 

(1)  Dalle  indicazioni  del  Birk  che  illustrò  X  intera  collezione  degli  arazzi  viennesi  x\t\X Annuario  de'  Musei 
imperiali  del  1883-1884  (Jahrbuch  der  Kiinsthistorischen  Sammlimgeìi  des  allerìitìchstcn  Kaiserhauses,  1884, 
pp.  208-215)  s'apprende  che  un'altra  serie  di  Atti  degli  ^jpos/o/z  raffaelleschi,  oltre  la  mantovana,  era  posseduta 
dagli  Absburgo:  quella  acquistata  nel  1804  dalla  famiglia  Ruffo  di  Napoli.  Eseguita  a  Bruxelles  e  recante  un  mo- 
nogramma G  A  indecifrabile,  fu  oggetto  di  trattazione  speciale  nei  Sitr^iingsberichte  dell'Accademia  delle  Scienze 
di  Vienna,  Sezione  storico-filosofica,  voi.  XXMII,  p.  556. 

Per  le  altre  serie  di  Atti  degli  Apostoli  cfr.  Waagen,  Die  Cartons  von  Raphael  in  besonderer  Be\iehung 
auf  die  nacìi  denselben  gewii-kten  Teppiche  in  der  Rotonde  des  kSniglìchen  Miiseums  lu  Berlin,  Berlin,  1860; 
Wauters,  Les  tapisseries  bruxelloises,  Bruxelles,  1878  (p.  105  sgg.);  Passavano,  Raffaello  d'Urbino,  trad. 
it.  di  G.  Guasti,  Firenze,  1889,  voi.  Il,  p.  244  sgg.;  Cavalcaselle  e  Crowe,  Raffaello,  Firenze,  1890,  voi.  II, 
p.  361  sg.  ;  e  Muntz,  Histoire  de  la  Tapisserie  cn  Italie,  Parigi,  1878-84,  e  Les  Tapisse?~ies  de  Raphael 
au    Vatican,  Parigi,   1897  (p.  24  sgg.). 

Il  berlinese  illustrato  dal  Waagen  è  l'esemplare  tessuto  in  oro,  superbo,  posseduto  già  da  Enrico  Vili  Re 
d'Inghilterra;  quello  di  Dresda,  secondo  il  Wauters  (p.  107)  consta  di  sole  sei  pezze  che  «  peuvent  étre  cite'es 
parmi  les  plus  belles  que  Fon  puisse  rencontrer  pour  la  finesse  du  travail  et  pour  la  conservation.  »  A  Milano, 
secondo  il  Muntz,  esisterebbero  nel  Palazzo  Reale  quattro  pezzi  e  sette  nella  collezione  Melzi  (donati  da  Maria 
Teresa  al  Firmian).  L'esemplare  di  Madrid  parrebbe  quello  che  più  si  raccosti  al  mantovano  ;  le  repliche  delle 
collezioni  parigine  provengono  o  dall'officina  dei  Gobelins  o  dalla  fabbrica  inglese  di  Mortlake,  e  sono  del  sec. 
XVII.  (I  Nul  doute  que  Van  Dyck,  qui  se  trouvait  alors  au  service  de  Charles  I,  n'ait  dirige  l'exécution  des 
bordures  »  di  Mortlake,  «  d'une  beante  achevée.  »  Una  di  queste  bordiires  attribuite  al  Van  D^xk  riprodusse 
il  Muntz  nella  sua  opera  divulgativa  la  Tapisserie,  ed.  Quantin,  p.  301. 

(2)  Tanto  meno  avventurarmi  nel  pelago  delle  dispute  interminabili  su  la  maggiore  o  minore  partecipazione 
personale  di  Raffaello  ai  «  cartoni  i>.  Qualche  critico  tedesco  esagerando  stranamente  pretese  addirittura  che  il 
Sanzio  (1  non  abbia  fatto  altro  che  abbozzare  in  fretta  i  primi  schizzi,  lasciandone  lo  sviluppo  al  Penni  »  od 
altro  discepolo.  La  «  letteratura  dell'argomento  »  è  benissimo  riassunta  nel  Leone  X  del  Pastor  (voi.  IV, 
cap.  XI,  2  della  Geschichte  der  Pàpste  ;  cfr.  traduzione  it.  del  Mercati^  :  l'analisi  artistica  più  profonda  e  fine 
in  Cavalcaselle,  II,  312  sgg. 


abbia  saputo  decifrarne  i    monogrammi    intrecciati  insieme  o  alternantisi    di  tappez- 


zieri 


(1) 


Non  può  stabilirsi  l'epoca  esatta  dell'acquisto  :  ma  è  affatto  da  escludere  che 
fossero  procurati  a  Mantova  dal  card.  Sigismondo  Gonzaga,  morto  nel  1325.  Le  in- 
segne cardinalizie  gonzaghesche  inserte  agli  arazzi  son  da  riferire  ad  Ercole  :  il  quale 
certamente  non  possedeva  ancora  gli  Atti  degli  Apostoli  nel  1 5  p .  Assillato  da  non 
si  sa  quali  apprensioni  di  -morte  precoce,  dettò  in  quell'anno  il  suo  testamento,  no- 
minando erede  universale  il  fratello  Ferrante:  legava  alla  Cattedrale  di  Mantova  «  ta- 
pezarie  et  alia  hujusmodi  quot  capiat  valor  scutorum  quingentorum  »  e  la  esiguità 
della  somma  ^^'  dirime  affatto  la  possibilità  che  nelle  «  tapezarie  »  fossero  incluse  le 
raffaellesche.  L'acquisto  va  probabilmente  datato  di  alcuni  decenni  più  tardi  (1559), 
per  le  poco  prospere  condizioni  economiche  in  cui  il  giovane  porporato  si  dibatteva, 
sino  a  che  per  la  morte  del  Duca  Federico  divenuto  Reggente  e  rassodato  1'  erario 
potè  indulgere  al  suo  mecenatismo  artistico. 

Che  la  serie  non  fosse  espressamente  commessa  da  Ercole,  malgrado  le  aquile 
sovrapposte  ad  ogni  pezzo,  si  è  potuto  ora  assodare  con  la  più  convincente  consta- 
tazione di  fatto.  Le  aquile  furono  cucile  aprcs  coiip^  non  già  tessute  in  origine  : 
indizio  irrecusabile  che  il  Cardinale  comperò  una  delle  riproduzioni  parecchie,  che, 
per  corrispondere  al  desiderio  di  ricchi  collezionisti,  le  officine  di  Bruxelles  potevano 
sempre  approntare,  valendosi  de'  cartoni  originaH  colà  rimasti,  e  dimenticati  per  la 
fulminea  morte  di  Raffaello  prima,  di  Leone  X  poi.  Nel  ió}o  ve  h  rintracciò  ancora, 
laceri,  mutili,  il  Rubens  :  fu  lui  che  indusse  Carlo  I  d'Inghilterra  a  riscattarli  ;  la 
reazione  stessa  de'  puritani  li  rispettò,  e  7  cartoni  son  conservati  tuttora  al  Museo 
di  South-Kensington.  Eran  disparsi  da  tempo  i  cartoni  della  Conversione  di  Saulo^ 
del  5.  Paolo  in  carcere^  della  Lapidazione  di  S.  Stefano,  né  poterono  essere  sco- 
vati dal  Rubens,  che,  avendo  vissuto  a  Mantova  i  più  begli  anni  della  sua  giovinezza, 
era  stato  certo  incitato  a  quell'amorosa  ricerca  dallo  spettacolo  sempre  vivo  dinanzi 
a'  suoi  occhi  degh  arazzi  di  S.  Barbara. 

Un'altra  prova  palmare  che  gli  artefici  brussellesi  non  avevan  ricevuto  alcuna 
ordinazione  diretta  da  Mantova  emerge  dall'assenza  completa  di  «  decorazioni  »  at- 
tinte dalla  storia  dinastica  de'  Gonzaga.  Leone  X,  che  forse  s'era  lasciato  effigiare  da 
Raffaello  nella  Predica  di  S.  Paolo  (il  personaggio  collocato  immediatameute  dietro 
l'apostolo  concionante  ci  ricorda  almeno  il  paffuto  e  floscio  faccione  papale),    aveva 


(')  Cfr.  doc.  VI  e  l'Appendice  I  sulla  fabbrica  mantovana  di  arazzi  a  S.  Giorgio. 

(2)  A  Leone  X  ogni  pezzo  degli  Atti  degli  Apostoli  aveva  costato  1500  ducati:  e  per  quanto  più  modeste 
le  repliche  de'  nove  arazzi  importavano  certo  ben  altra  somma  che  quella  irrisoria  di  500  scudi,  legata  da 
Ercole  al  Duomo! 


voluto  che  episodi  della  sua  vita  anteriore  al  Pontificato  fregiassero  Io  zoccolo  degli 
arazzi  dedicati  a  S.  Pietro. 

Come  ognun  sa,  Raffaello  assiepò  le  grandi  rappresentazioni  centrali  con  fasce 
ornamentali  —  di  cui  purtroppo  son  completamente  disparsi  i  cartoni  —  che  furon  dette 
formare  da  sole  un  poema  :  non  inferiori  alle  Loggie  Vaticane  per  ricchezza  di  mo- 
tivi, forse  superiori  per  purezza  di  gusto.  Le  decorazioni  laterah  perpendicolari,  che 
rispondevano  a'  pilastri  della  Cappella  Sistina,  hanno  su  fondo  bianco  o  d'oro  grot- 
tesche a  colori:  a  intervaUi  si  raggruppano,  tra  vasi  e  rami,  figure  allegoriche  di 
sovrana  bellezza,  simboleggianti  le  Parche,  le  Stagioni,  le  Ore,  le  Virtìi  teologah,  le 
fatiche  d'Ercole;  e  sormontate  dall'arma  medicea.  Queste  decorazioni  dovevano  anche 
pel  soggetto,  in  virtù  dei  contrasti,  dar  risalto  alla  rappresentazione  centrale.  «  Così 
non  è  meramente  casuale  che  le  Parche  e  le  Stagioni  incornicino  la  collazione  a 
Pietro  del  supremo  ufficio  di  Pastore.  Qui  il  contrasto  sta  anzitutto  nel  potere  delle 
Ore  e  delle  Parche  su'  corpi  umani,  e  nel  potere  delle  chiavi  del  rappresentante  di 
Cristo  sulle  anime  degli  uomini  »  ^'\  Lo  zoccolo  degli  arazzi  contiene  piccole  figure 
a  colore  di  bronzo  dorato,  composte  a  foggia  di  fregio.  Sotto  le  scene  dedicate  a 
S.  Paolo,  si  riferiscono  alle  rappresentazioni  principali,  di  cui  completano  la  narra- 
zione; p.  e.  sotto  la  Conversione  è  figurato  Saulo  che  perseguita  i  cristiani,  dan- 
nandoli a  morte  ;  sotto  5",  Paolo  che  predica  in  Atene,  si  vede  l'apostolo  che  esercita 
l'arte  del  tessitore,  od  è  da'  giudei  schernito  a  Corinto  ecc.  Per  la  serie  degli  Atti 
di  S.  Pietro  impose  appunto  il  Papa  che  nello  zoccolo  campeggiassero  le  sue  gesta 
anche  meno  gloriose  prima  dell'assunzione  alla  tiara  :  e  qua  lo  si  vede  fuggir  da  Fi- 
renze vestito  da  frate,  mentre  il  partito  ami-mediceo  gli  saccheggia  l'avito  palazzo; 
là,  esser  fatto  prigioniero  alla  battaglia  di  Ravenna,  per  salvarsi  una  seconda  volta 
con  la  fuga,  travestito  da  donna,...  e  via  via,  altre  consimili  non  epiche  vicende, 
sino  alla  sua  partenza  pel  Conclave  del  i  ^'  i  ^  e  successiva  adorazione  de'  Cardinali 
al  neo-eletto  Gerarca.  «  Les  fils  de  la  fortune  (ha  notato  argutamente  il  Burckhardt 
nel  Cicerone^  trad.  Gerard,  II,  Ó92)  trouvent  que  mème  ce  qui  ne  leur  a  pas  réussi 
est  remarquable  et  digne  d'étre  célèbre  par  un  monument...   ». 

Orbene  gli  arazzieri  brussellesi  della  suite  mantovana  (le  magnifiche  riprodu- 
zioni mi  dispensano  dall' indugiarmi  ne'  particolari)  pei  fregi  laterah  e  per  gli  zoc- 
coli si  sono  più  o  meno  arbitrariamente  staccati  dagli  originali  vaticani. 

Ne'  fregi  si  abolirono  le  grottesche  quasi  del  tutto  perchè  presentavano  mag- 
giori difficoltà  d'esecuzione  :  si  accrebbe  il  numero  delle  figure  allegoriche,  più  age- 

(•)  Cosi  almeno  assevera  il  Piper,  Mythologie  der  christlichen  Kunst,  II,  340,  cit.  dal  Pastor.  Il  Muntz 
nelle  Tapisseries  riprodusse  in  fototipia  tutte  le  decorazioni,  delle  quali  non  s'avevano  prima  che  le  stampe  del 
Volpato.  Su  esse  cfr.  un  acuto  studio  del  Gerspach  negli  Atti  del  Congresso  storico  internazionale  di  Roma, 
VII,  315. 


voli  alla  tessitura.  Si  ripetettero  su  ben  sei  arazzi  dall'un  lato  e  dall'altro  gli  stessi 
motivi  ornamentali  in  «  contro-parte  »,  in  guisa  da  farsi  «  pendant  »  ;  e  questo  dis 
non  richiesto  accusa  povertà  inventiva,  scarsezza  di  buon  gusto  ^'^  mentre  conferisce 
all'intera  serie  un  carattere  men  lussuoso,  più  economicamente  modesto.  Di  fatto 
troviamo  molti  di  questi  fregi,  anche  più  grossolanamente,  ripetuti  tal  quali  come 
disegno  in  altre  suùes  d'arazzi  di  soggetto  diverso  :  p.  e.  nella  Scoria  di  Mosc,  come 
ce  ne  offrono  prova  lampante  le  illustrazioni  accodate  al  catalogo  del  Birk.  Ivi  ri- 
scontriamo e  le  Virtù  teologali  e  le  Ore  e  le  Stagioni  di  Raffaello:  e  più  ancora 
quelle  allegorie  della  Musica,  della  Geometria,  dell'Astronomia,  dell'Aritmetica,  che 
fanno  parte  degli  arazzi  raffaelleschi  di  Mantova  e  Madrid  e  che  il  Gerspach  (p.  325) 
ragionevolmente  suppose  provenissero  da  disegni  perduti  del  Sanzio  o  di  suoi  scolari. 
Circostanza  rilevantissima,  la  Storia  di  Mosè  reca  (doc.  VI)  i  due  principali  monogrammi 
degli  artefici  della  suite  mantovana  degli  Alti  degli  Apostoli  I 

Nella  quale  dobbiamo  purtroppo  vivamente  deplorare  che  gli  zoccoli  raffael- 
leschi venissero  totalmente  cambiati  :  anche  quelli  della  serie  di  S.  Paolo,  sacrificati 
senza  necessità  e  senza  scusa.  La  parte  episodica  peculiarissima  della  biografia  di 
Leone  X  e  della  storia  fiorentina  si  comprende  bene  che  non  potesse  per  ovvie 
ragioni  esser  riprodotta  nelle  repliche  destinate  ad  altri  acquirenti:  ma  nulla  vietava 
di  attenersi  agli  arazzi  vaticani  per  le  fasce  di  base  degli  Atti  di  S.  Paolo.  Create 
così,  anche  a  capriccio,  due  gravi  falle,  bisognava  provvedere  con  acconcie  sostitu- 
zioni, con  prelibate  invenzioni  ;  e  gli  artefici  fiamminghi  o  chi  per  essi  s'appagarono 
(a  me  pare)  di  riempitivi,  che  nuocciono  all'effetto  generale,  malgrado  1'  eccellente 
tecnica  tessile.  Contemplando  que'  zoccoli,  oserei  quasi  dire  da  osservatore  profano, 
acciabattati,  si  rimane  colpiti  da'  toni  troppo  chiari,  d'un  giallo  quasi  slavato:  e  più 
ancora  da  un  non  so  che  di  slegato,  incongruo,  enigmatico  nelle  figure  e  nell'azione. 
Tranne  qualche  episodio  delle  Fatiche  d'Ercole^  la  storia  di  Pigmalione^  le  quattro 
parti  del  mondo  ecc.,  confesso  di  capire  ben  poco  di  quelle  allegorie  e  mi  sono 
negligentemente  esonerato  dall'interpretazione  di  ciò  che  a  prima  vista  m'aveva  l'a- 
spetto di  rebus.... 

Il  carattere  posticcio,  mal  accattato,  delle  fasce  di  base  ci  viene  sicuramente  atte- 
stato dal  fatto  che  su  per  giù  le  stesse  figurazioni  misteriose  in  fila  indiana  ricorrono 
pure  nella  già  detta  Storia  di  Mosè  :  son  dunque  fondi  di  bottega  adoperati  con  in- 
differenza per  ogni  soggetto,  veri  clichés  di  tappezzeria. 

(1)  Ben  inteso,  come  ogni  questione  di  gusti,  la  mia  opinione  è  assai  disputabile:  il  Gerspach  p.  e.  cita  un 
giudizio  del  Bernini,  non  certo  amante  di  semplicità  disadorna,  che  preferiva  i  fregi  d'arazzi,  più  modesti  che 
fosse  possibile  «  afin  que  le  trop  grand  eclat  et  la  variété  ne  nuisissent  pas  au  corps  de  la  tapisserie....  La 
bordure  ne  sert  que  de  terme  et  de  finimcnt  comme  aux  tableaux...  11  faut  dans  tous  les  ouvrages  donner  les 
choses  les  plus  dégagées  de  confusion  et  les  plus  ncttes  qu'il  se  peut  «  !... 


L'armonica  fusione  co'  quadri  centrali  resta  cosi  negli  Atti  degli  Apostoli  sgra- 
devolmente rotta:  nò  si  riesce  a  comprendere  come  il  Passavant  (II,  245),  il  Caval- 
casene (II,  3Ó2)  ritenessero  la  serie  mantovana  «  probabilmente  eseguita  sotto  la  di- 
rezione di  Giulio  Romano  ».  Passi  per  un  suo  scolaro  e  non  de'  più  valenti,  ma  non 
per  il  Pippi.  Egli  che  aveva  collaborato  col  maestro  a'  cartoni,  ed  era  al  servizio  de' 
Gonzaga  dal  i  p4,  né  avrebbe  tollerato  certe  manomissioni  decorative,  ne  avrebbe 
provato  altro  che  l'imbarazzo  della  scelta  per  supplire  con  de'  «  fasti  gonzagheschi  » 
a  quelli,  non  peregrini,  di  Leone  X  soppressi. 

La  collezione  viennese  possiede  ló  arazzi,  i  così  detti  Fructus  belli^  nn.  LXII, 
LXIII  del  catalogo  Birk,  condotti  su  cartoni  di  Giulio  Romano  (appendice  II).  Dalla 
stessa  magrissima  descrizione  del  Birk  s' intrawede  qual  cura  spiegasse  Giulio  nel 
disegnarli  :  facendo  campeggiare  nel  centro  d'una  delle  rappresentazioni  (LXII,  6)  lo 
stendardo  de'  suoi  ben  amati  patroni,  i  Gonzaga.  Poteva  esser  egli  così  povero  d'in- 
venzioni per  gli  Atti  degli  Apostoli;  e  non  cercare  invece,  come  più  tardi  Van  Dyck 
per  la  così  detta  serie  di  Mortlake,  d'inquadrare  le  creazioni  raffaellesche  con  degna 
cornice  di  eleganti  ornamentazioni?  Ogni  influsso  personale  di  Giulio  Romano  parmi 
assolutamente  estraneo  alla  suite  mantovana:  fabbricata  e  acquistata,  quasi  certamente, 
dopo  la  morte  del  Pippi  avvenuta  nel    i  ^  44. 

Checché  sia  di  ciò,  se  la  replica  mantovana  la  cede  di  tanto  alla  vaticana  per 
le  increscevoli  e  stridenti  lacune  de'  fregi  e  degli  zoccoli,  riprende  però  il  soprav- 
vento per  le  condizioni  infinitamente  migliori  di  conservazione  de'  campi  centrali  <')  : 
quelli  cioè  che  più  importano. 

Le  vicende  sgraziate  della  serie  mantovana  furon  «  piccolo  insulto  di  villana 
auretta  »  al  confronto  delle  tragiche  sorti  della  vaticana.  Messi  in  pegno  alla  morte 
di  Leone  X  che  lasciava  l'erario  pontificio  in  completa  bolletta,  gli  arazzi  della  Cap- 
pella Sistina  subirono  i  vandalismi  spagnoli  e  teutonici  del  sacco  nefando  del  1527: 
l'oro  profusovi  provocò  la  rapacità  de'  Lanzichenecchi  che  misero  in  pezzi  X Acceca- 
mento d'Elima  per  farne  moneta!  Travolti  nell'infernale  tregenda  del  sacco,  altri 
arazzi  migrarono  a  Lione,  e  sino  fra'  Turchi  a  Costantinopoli  :  tornarono  in  Vaticano, 
necessariamente  assai  ammalorati.  Il  Contestabile  di  Montmorency,  che  nel  1^53  re- 
stituì a  Giulio  III  la  Pesca  miracolosa  e  il  J^".  Pao/o  che  predica^  cacciò  per  entro 
alle  stroncate  decorazioni  di  sinistra  un'  iscrizione  col  suo  stemma  sorretto  da  un 
genio  banale,  ad  hoc  fabbricato  con  fatuità  irriverente   a  Raffaello.  Nella  serie  man- 

(i|  Il  D'Arco,  Notizie  intorno  agli  ara\-^i  disegnati  da  Raffaello,  Mantova,  1867,  notò  a  ragione  che 
l'oro  abbondantemente  intesto  negli  arazzi  di  Roma  [e  forse  Berlino]  contribuì  a  far  venir  meno  in  loro  la  gra- 
devole armonia  de'  colori  che  invece  si  mantenne  negli  altri  tessuti  con  sola  lana  o  seta  (p.  io).  Anche  il  Pas- 
savant, 1.  e,  lo  riconosce  :  «  sebbene  questi  arazzi  non  sieno  ricchi  come  i  vaticani  mancando  nel  tessuto  di 
lana  i  fili  d'oro,  pure  sono  assai  meglio  conservati  ». 


tovana  il  fregio  del  S.  Paolo  che  predica  (Ercole  che  sostituisce  Atlante  nel  sorreg- 
gere il  mondo),  fedelmente  riprodotto  dall'originale,  è  illeso  da  infelice  rabbercio  e 
vanitosa  iscrizione  francese.  \J Accecamento  d' Elima ^  di  cui  in  Vaticano  non  esi- 
stono più  che  i  lacerti  superiori,  splende  intatto  nel  Palazzo  Ducale  dei  Gonzaga. 

Anche  più  lacrimevoli  peripezie  attraversarono  gli  arazzi  vaticani  per  effetto 
della  rivoluzione  francese.  Se  non  venduti  a'  robivecchi  del  Ghetto  romano,  come 
erroneamente  fu  detto,  vennero  però  messi  all'asta  da'  giacobini  del  1798,  e  aggiu- 
dicati a  negozianti  francesi.  Da  una  mano  all'altra  passarono  a  Genova,  a  Parigi, 
sinché  Pio  VII  potè  riscattarh  nel   1808....  arricchendoli  d'un   codicillo  d'iscrizione. 

C'è  da  meravigliarsi  se  dopo  siffatte  vicissitudini  gli  arazzi  vaticani  «  serbino 
appena  un'ombra  del  loro  primo  splendore  »?^'\  Grazie  alle  cure  della  Carré  Lo- 
renzini,  della  cui  industre  pazienza  può  aversi  la  prova  ad  oculos  esaminando  i  ro- 
vesci degli  arazzi,  letteralmente  tempestati  o  crivellati  di  rammendi,  la  suite  man- 
tovana ha  r  indisputabile  pregio  di  offrirci,  nelle  rappresentazioni  centrali,  più 
completa  e  genuina,  meno  offesa  dalle  ingiurie  del  tempo  e  degli  uomini,  la  tradu- 
zione fiamminga  delle  creazioni  raffaellesche.  Come  ogni  traduzione  è  imperfetta, 
inadeguata,  talora  scorretta,  grossolana,  arbitraria  ^^>,  ma  pur  sempre  tale  da  far 
sentire  la  grandezza  dell'originale:  l'incomparabile  fascino  delle  sapienti,  luminose, 
drammatiche  composizioni,  nelle  quali  il  Sanzio  ritrasse  le  prime  affermazioni  solenni 
del  Cristianesimo  di  fronte  al  mondo  pagano. 

L'abilità  consumata  degli  arazzieri,  la  freschezza  e  vivacità  abbaglianti  de'  colori 
richiaman  sempre  alle  labbra  (anche  volendo  smorzarne  un  po'  il  tono)  le  ditiram- 
biche lodi  del  Vasari  per  gli  arazzi  vaticani,  proclamati  «  opera  tanto  miracolosa- 
mente condotta  che  reca  meraviglia  il  vederla  ed  il  pensare  come  sia  possibile  avere 

(1)  Al  Passavant  fa  eco  il  Pastor  scrivendo:  <(  queste  brutte  vicende  sono  la  causa  per  cui  oggi  i  tappeti 
non  offrono  se  non  un  debole  riflesso  della  loro  originale  e  radiosa  magnificenza.  I  delicati  e  più  chiari  colori, 
specialmente  i  toni  carnicini,  paiono  affatto  svaniti,  molti  punti  hanno  avuto  un  forte  restauro,  d'un  tappeto 
\Elima\  manca  la  metà  inferiore,  in  un  altro  sono  erroneamente  applicate  le  guarnizioni.  »  (p.  475  della  trad. 
Mercati). 

(-)  Anche  per  gli  arazzi  vaticani  le  iperboliche  esaltazioni  de'  contemporanei  non  furono  accolte  senza  ri- 
serve dalla  critica  moderna.  Cfr.  le  osservazioni  del  Gerspach  nella  Revm  de  l'art  chrétien,de\  i9oi,eMuNTZ, 
Tapisseries,  p.  4,  ove  scrive  che  malgrado  la  sorveglianza  dell'Orle}-,  i  tappezzieri  brussellesi  avevan  commesso 
più  d'un  errore  :  »  le  modelé  est  ge'néralement  trop  Tessenti,  Ics  tètes  parfois  très  grossières,  notamment  dans 
le  Sacri fice  de  Listra.  Dans  la  Vocalion  de  St.  Pierre  le  paysage,  compose  de  teintes  jaunes  et  vertes,  est 
interprete  avec  beaucoup  de  rudesse.  Pour  ce  qui  est  de  la  gam'me,  elle  manque  d'ordinaire  d'harmonie  et  de 
tenue  :  le  rouge,  le  carmin,  l'or,  le  jaune,  le  bleu,  alternent  sans  se  faire  suffisamment  valoir.  Les  ouvriers  de 
Von  Aelst  ont  évidemment  voulu  faire  honneur  à  leur  patron  ;  ils  ont  prodigué  l'or  et  surtout  le  rouge  cra- 
moisi,  qui  ne  manque  dans  aucune  des  tentures  et  qui  y  détonne.  Il  est  vrai  qu'il  faut  tenir  compte,  dans  une 
certaine  mesure,  de  la  de'coloration  que  le  temps  a  fait  subir  aux  laines  et  aux  soies,  décoloration  qui  n'a  pas 
été  égale  pour  tous  les  tons.  Le  rcsultat  le  plus  satisfaisant,  au  point  de  vue  du  coloris,  a  été  obtenu  dans  la 
Péche  miraculeuse  :  le  re'alisme  et  la  minutie  des  Flamands  s'y  sont  donne  carrière  dans  le  dessin  des  grues 
du  premier  pian,  qui  sont  merveilleusement  rendues  ». 

Acerbissimo  si  pronuncia  il  Pinchart,  Histoire  de  la  Tapisserie  dans  les  Flandres,  Parigi,  1878-85, 
p.  119:  «  Les  types  ont  sensiblement  perdu  de  leur  noblesse,  sont  devenus  lourds,  vulgaires,  presque  communs. 
Le  goùt  flamand  a  passe  par  là.  »  Parecchie  di  queste  critiche  s'attagliano,  parmi,  perfettamente  anche  alla 
serie  mantovana. 


sfilato  i  capelli  e  le  barbe  e  dato  col  filo  morbidezza  alle  carni;  opera  certo  piut- 
tosto di  miracolo  che  d'artificio  umano,  perchè  in  essi  son  acque,  animali,  casamenti 
e  talmente  benfatti,  che  non  tessuti,   ma  paiono  veramente  fatti  col  pennello  »  ^'\ 


(')  ^'ASARI,  ed.  Sansoni,  IV,  ^i^o.  Eseguite  veramente  coi  pennello  a  colori  vegetali,  su  tela  son  le  copie 
di  sette  arazzi,  corrispondenti  pel  soggetto  a'  cartoni  di  Londra,  che  un  conte  Jagoujinskvi  aveva,  qualche  secolo 
fa,  acquistate  a  Roma,  portandole  in  Russia  (cfr.  Passavant,  II,  242,  che  cita  lo  Stutìgarter  Kimstblatt,  del 
1839,  P-  76)-  Là  giacquero  dimenticate  sino  al  1891,  quando  vennero  esposte  al  Louvre,  come  collezione  Loukh- 
manoff,  corredate  d'un  opuscolo  del  prof.  Schevyreif  dell'Università  di  Mosca  [Notes  historiqiies  sur  les  cartons 
de  Raphael,  Paris,  1891).  Di  dimensioni  identiche  agli  arazzi  vaticani  per  le  rappresentazioni  centrali,  erano, 
secondo  lo  Schevyreff,  tutte  di  mano  di  Raffaello:  presentando  (nella  Morte  d Anania  e  neWEltma  accecato) 
felicissime  varianti  ed  aggiunte  che  solo  l'autore  poteva  avervi  introdotto.  La  tesi  ardita  dell'attribuzione  al  Sanzio 
fu  allora  assai  dibattuta  nella  critica  d'arte  francese:  trovò  l'assenso  di  qualche  valoroso  pittore;  ma  in  complesso 
fu  scartata,  benché  tutti  s'accordassero  nell'ammettere  la  singolare  bellezza  dei  dipinti.  Il  Muniz,  Tapisserìes, 
p.  21,  chiama  le  copie  Loukhmanoff  «  fort  belles  et  dignes  de  tout  inte'rét  ».  Il  Gerspach,  in  una  relazione  of- 
ficiale al  Direttore  delle  Belle  Arti,  che  ho  in  copia,  dichiara:  «  le  peintre  chargé  du  travail  a  montré  des  qua- 
lités  maltresses,  il  a  fait  preuve  d'une  grande  sùreté  de  main  et  d'une  intelligence  absolue  du  genie  de  Raphael. 
Quelle  que  soit  leur  origine,  les  toiles  L.  constituent  un  monument  pre'cieux  pour  l'histoire  de  l'art  en  general 
et  particulièrement  pour  l'histoire  de  la  tapisserie  de'corative  ».  Il  Lenbach  confermò  più  tardi  (Monaco,  i  ot- 
tobre 1897)  questi  giudizi,  raccomandando  i  7  dipinti  come  magnifica  cosa  meritevole  d'esser  vista  («  haben 
mich  lebhaft  interessiert  und  kann  dieselben  als  sehr  schauenswèrth  bestens  empfehien  »). 

Che  n'è  dunque  divenuto  di  questa  pregevolissima  serie,  dirò  così,  russa  ?  Ecco  quanto  io  ne  so  per  fatto 
proprio.  Vent'anni  fa  la  sig.'""  Olga  de  Dobrychine,  acquirente  della  collezione  L.  a  metà  con  un  sig.  Leonida 
Davidoff,  venne  a  Mantova  per  scovar  documenti  d'archivio  su'  pretesi  originali  raffaelleschi.  Ebbi  da  lei,  col 
dossii'r  dei  giudizi  critici  francesi,  anche  le  fotografie,  che  producono  veramente  qua  e  là  una  impressione  pro- 
fonda, per  la  bellezza  e  nobiltà  delle  teste.  iMad.  Dobrychine  asseverava  d'aver  ricevuto  offerte  d'oltre  un  milione 
per  la  vendita  dei  sette  dipinti  :  ma  per  cavarne  somme  più  vistose  disegnava  un  viaggio  in  America,  appena 
fosse  pronta  una  grande  pubblicazione  illustrata  della  sua  collezione,  che  voleva  a  tutti  i  patti  affidarmi.  Mi 
tempestò  di  sue  lettere  per  alcun  tempo:  sinché  non  ebbi  più  notizie  né  di  lei  né  del  suo  "  tesoro  raffaellesco  ». 
forse  già  emigrato  in  America....  anche  senza  bisogno  di  «  opuscoli  illustrativi  1-. 


DOCUMENT 


DESCRIZIONE  DEI  NOVE  PEZZI  DI  ARAZZO 

CHE  TROVANSI  NELLA  REGIA-DUCALE  BASILICA  DI  S.  BARBARA,  TESSUTI,  ED  ESEGUITI 
SULL'  EGREGIO  DISEGNO  DI  RAFFAELLO  SANCIO  D'  URBINO. 

S'intitola  cosi  l'inventario  redatto  il  i8  settembre  1776  dal  Sovrintendente  del  Palazzo 
Ducale  che  prendeva  in  consegna  gli  arazzi  per  la  permuta  pattuita  con  i  Canonici  della  Pala- 
tina, Ci  asteniamo  naturalmente  dal  riprodurlo,  dacché  riuscirà  piìi  opportuna  una  descrizione 
meno  arida,  meno  "  burocratica  ,, ,  attinta  dalle  opere  del  Burckhardt,  del  Cavalcasela,  di 
Marco  Minghetti,  del  Muntz,  del  Passavant,  del  Pastor  ecc. 

Premesso  che  i  nove  pezzi  misurano  metri  4,95  d'altezza  ciascuno,  basterà  per  tutti  in- 
dicare la  misura  della  larghezza,  con  la  cifra  posta  accanto  a  ogni  numero. 

Senza  seguir  l'ordine  con  cui  si  succedono  nelle  tre  sale,  gioverà  ricordare  che  gli 
arazzi  si  dividono  per  il  soggetto  in  due  grandi  serie:  l'una  dedicata  a  S.  Pietro;  l'altra,  a 
S.  Paolo.  Raggrupperemo  perciò  insieme  gli  arazzi  di  ciascuna  serie. 

ATTI  DI  S.  PIETRO. 

I.  (m.  6,10).  La  Pesca  Miracolosa,  secondo  il  Vangelo  di  S.  Luca,  VI,  6.  Seduto  a  prua 
d'una  barca.  Cristo  ha  dinanzi  a  sé  inginocchiato  S.  Pietro,  a  cui  rivolge  le  solenni  parole  : 
sarai  d'ora  in  poi  pescatore  d'uomini.  Il  principe  degU  apostoli  umilmente  congiunge  le  mani, 
vibrante  d'intensa  fede,  di  sommessa  devozione  al  divin  maestro.  Verso  il  quale,  come  attratto 
dalla  sua  nobile  e  serena  benignità,  s'avanza  riverente  S.  Andrea,  le  braccia  stese,  le  mani 
aperte,  in  atto  di  piena  dedizione.  La  barca  è  ricolma  della  pesca  prodigiosa,  inaspettata;  si 
veggon  pesci  d'ogni  sorta,  disegnati  con  grandissima  esattezza  :  certo  da  Giovanni  da  Udine, 
che  ha  con  pari  fedeltà  ritratto  le  gru  gracchianti  sulla  spiaggia  all'avvicinarsi  delle  barche,  e 
i  gabbiani  librantisi  nell'aria.  Dappresso  al  battello  di  Gesù  ve  n'ha  un  altro,  in  cui  due  giovani 
pescatori  incurvati  si  sforzano  con  le  braccia  nerborute  di  sollevare  le  reti  stracariche  di  preda, 
L'un  d'essi  volge  la  testa  verso  la  barca  del  Redentore,  quasi  a  confrontare  quale  de'  due  bat- 
telli sia  più  abbondante  di  "  grazia  di  Dio  „  :  l'altro  è  tutto  intento  ad  alzare  le  reti,  che  sotto 
il  grave  pondo  minaccian  di  rompersi.  A  poppa  sta  un  timoniere  che  dirige  il  corso  della  barca 
col  remo,  ed  ha  l'aspetto  maestoso  d'un  antico  dio  fluviale.  Le  acque  del  lago  di  Tiberiade  si 
stendono  sino  all'  orizzonte,  così  limpide  da  scorgervisi  quasi  riflesse  barche  e  figure.  Tutto 
il  paesaggio  soffuso  di  brezza  mattutina  è  un  incanto  :  intonato  all'azione,  che  ci  fa  respirare  i 
balsamici  effluvi  del  Cristianesimo  nascente.  Appare  nello  sfondo  il  paese  di  Cafarnao,  ancora 
agitato  dal  soffio  della  parola  del  Signore.  La  pesca  portentosa  simboleggia  ed  anticipa  le  vit- 
torie e  le  conquiste  dell'  idea  cristiana  sulle  anime. 


2.  (m.  7,40).  La  Podestà  delle  chiavi  o  meglio  il  Pasce  oves  meas,  secondo  il  Vangelo  di 
S.  Giovanni,  XXI,  15.  Strettamente  connessa  con  la  Pesca  miracolosa,  questa  scena  è  improntata 
com'essa  alla  grandiosa  semplicità  del  Vangelo.  Cristo  risorto  ('),  con  le  cicatrici  della  croci- 
fissione alle  mani  ed  ai  piedi,  apparso  d' improvviso  agli  apostoli  sbalorditi,  conferisce  a 
S.  Pietro  la  missione  di  suo  vicario  in  terra.  Il  volto  del  Salvatore  è  di  tal  sovrumana  bellezza 
da  rivaleggiare  con  quello  del  Cenacolo  leonardesco.  S.  Pietro  inginocchiato,  ed  orante,  si  mo- 
stra tutto  compreso  dell'alto  ufficio  a  cui  l'ha  chiamato  la  parola  divina  :  e  stringe  al  petto  le 
chiavi  simboliche.  S.  Andrea  esprime  ineffabile  meraviglia  per  l'apparizione  del  Maestro: 
S.  Giovanni  giunge  le  mani  con  il  più  fervido  affetto.  Gli  altri  apostoli  sono  rassegnati,  risoluti, 
pensierosi,  gravi,  in  svariati  e  belli  atteggiamenti.  Sulla  sponda  del  vicino  lago  si  vede  una  barca 
col  remo,  emblema  della  antica  professione  di  Pietro:  un  branco  di  pecore,  additatogli  dal 
Maestro,  adombra  il  campo  della  sua  nuova  attività,  il  gregge  cristiano  ormai  confidato  alla 
sua  verga  di  pastore  supremo. 

3.  (m.  7,65).  La  guarigione  del  paralitico,  secondo  gli  Acta  Apostolorum^  III,  6.  Il  teatro 
dell'azione  è  la  "  porta  Speciosa  „  del  tempio  di  Gerusalemme  :  ordini  di  colonne  spirali  co- 
rintie, con  tralci  attorno,  dividono  il  soggetto  in  tre  gruppi,  con  bellissimo  effetto.  Nel  mezzo 
il  miracolo:  S.  Pietro  nel  nome  di  Gesù  Nazzareno  dice  "  alzati  e  cammina  ,,  allo  storpio, 
raffigurato  con  terribile  realtà  ;  S.  Giovanni  tutto  amore  e  compassione  addita  l' infelice.  Ai  due 
lati  uomini  e  donne  rispecchiano  nel  viso  i  più  svariati  sentimenti  destati  dal  prodigio  svolgen- 
tesi  sotto  i  loro  occhi:  letizia,  curiosità,  stupore.  Pieno  di  trepida,  malcerta  speranza  accorre 
già  un  altro  disgraziato,  appoggiandosi  a  una  gruccia.  Indifferenti  scorrazzano  qua  e  là  dei  ra- 
gazzi, che  con  le  lor  graziose  figure  fanno  il  più  lieto  contrasto  con  quelle  orribili  degli  storpi. 
Leggiadrissimo  è  sopratutto  il  fanciullo  che  con  l'inconscia  crudehà  dell' infanzia  porta  due  tor- 
torelle  attaccate  a  un  bastone.  Era  questo  il  cartone  che  più  si  prestava  alle  esigenze  dell'arte 
tessile  :  e  l'arazzo  è  riuscito  meraviglioso  ;  così  ricco  di  vita,  di  movimento,  così  arioso  da  su- 
scitare nel  riguardante  l'illusione  di  poter  egli  pure  mescolarsi  tra  la  folla  che  circola  nel  tempio 
superbo,  sfavillante  di  luce. 

4.  (m.  7,45).  La  nioyie  d'Anania,  secondo  gli  Acta  Apostolonim,  V,  5.  È  una  delle  compo- 
sizioni più  drammatiche,  di  cui  il  Goethe  parlò  con  illimitato  entusiasmo  xxtW Italieuische  Reise  (-). 
Ritti  sopra  una  balaustrata  se  ne  stanno  nove  apostoU  e  in  mezzo  ad  essi  S.  Pietro  pronuncia 
l'anatema  contro  Anania,  che  aveva  occultato  e  tenuto  in  serbo  avaramente  per  sé  parte  del 
prezzo  d'un  campo  venduto,  invece  di  versarlo  tutto  nella  comunità  cristiana,  ad  applicazione 
de'  precetti  di  carità  evangelica.  "  Hai  mentito  a  Dio  „  gli  grida  l'apostolo  :  e  lo  sciagurato  si 
contorce  a  terra,  morente  ;  tra  la  meraviglia  e  il  terrore  de'  circostanti  che  o  s'arretrano  per- 
cossi, o  si  piegano  a  guardare  il  colpito  da  Dio  con  un'espressione  significante  :  l'hai  voluto  ! 
Accanto  a  S.  Pietro  la  poderosa  figura  di  S.  Paolo  solleva  l' indice  della  mano  sinistra  al  cielo 
come  ad  annunciare  che  lassù  fu  sancita  la  giusta  condanna  del  reo.  Intanto  non  lungi  dall'a- 
gonizzante, dietro  un  uomo  e  una  donna  che  portano  fardelli  di  vesti  da  donare  a'  poveri, 
s'attarda  la  moglie  d'Anania,  Saffira.  Ignara  della  sorte  del  marito  e  del  castigo  che  fulmi- 
nerà lei  pure,  conta  del  denaro  che  furbescamente  anch'essa  credeva  sottrarre.  A  destra  S.  Gio- 
vanni e  altri  apostoli  dispensano  elemosine  a  bisognosi,  fra'  quali  un  vecchio  accompagnato  da 
una  donna  sale  dopo  ricevuto  il  soccorso  una  scalinata  di  sfondo. 

(')  La  sua  rosea  veste  è  seminata  di  stelle  d'oro  negli  arazzi  vaticani:  liscia,  senza  alcun  ornamento  su- 
perfluo, ne'  mantovani. 

(2)  Nel  Nachtrag  sui  Pàpstliche  'feppiche,  anteriore  alla  lett.  da  Roma,  5  luglio  1787. 


ATTI  DI  S.  PAOLO. 

5.  (m.  5,81).  La  lapidazione  di  S.  Stefano,  secondo  gli  Acàr,  VII,  58.  I  falsi  testimoni,  fa- 
natici partigiani  dei  farisei,  hanno  già  strascinato  fuori  della  città  il  giovine  diacono  e  lo  lapi- 
dano. Egli,  piegate  le  ginocchia,  liso  mirando  il  cielo,  vede  la  gloria  di  Dio  e  Gesù  stante  alla 
destra  di  lui,  onde  grida  ad  alta  voce  :  "  Signore,  non  imputar  loro  questa  cosa  a  peccato  „. 
Saulo  con  a  piedi  le  vesti  de'  falsi  testimoni  sta  seduto  dinanzi  alla  vittima,  e  par  inciti  la 
folla  a  massacrarla.  Malgrado  la  verità  con  cui  è  espressa  la  rabbia  de'  manigoldi,  lo  spettatore 
è  come  per  forza  tirato  a  contemplare  la  figura  del  giovine  diacono,  pervaso  dallo  Spirito 
Santo  ed  anelante  alla  palma  celeste  del  martirio. 

6.  (m.  7,45}.  La  conversione  di  S.  Paolo,  secondo  gli  /Ida,  IX,  4.  In  mezzo  a  una  nube, 
sorretto  da  tre  angeli  e  mandando  raggi  di  luce,  discende  il  Salvatore  diretto  verso  Saulo.  Steso 
il  braccio  destro,  pare  gli  dica:  "  perchè  mi  perseguiti?  ,,.  Sbigottiti  alla  voce  divina,  i  soldati 
si  fermano,  con  grande  ^•arietà  di  movimenti  e  d'azione.  Uno  de'  destrieri  si  adombra,  al  pari 
del  guerriero  che  lo  cavalca  in  preda  al  terrore.  Gli  altri  al  seguito  di  Saulo  stanno  dubbiosi  ed 
attoniti,  mentre  i  loro  cavaUi  drizzan  le  orecchie,  colpiti  dall'improvviso  spettacolo.  Dinanzi  a 
tutti  un  uomo  a  piedi,  armato  di  lancia,  corre  affannoso  verso  Saulo  come  a  soccorrerlo.  Saulo 
giace  supino  sul  terreno  :  la  testa  e  gli  occhi  verso  l'alto,  la  bocca  beante,  lo  sguardo  attonito, 
le  braccia  sollevate  e  le  mani  aperte,  rivolte  verso  il  Salvatore.  Ha  la  spada  discinta  da  presso; 
il  suo  cavallo  fugge  spaventato,  mal  rattenuto  da'  servi,  per  la  campagna  :  dove  altri  guerrieri 
dell'avanguardia,  percossi  dall'apparizione  celeste,  cercano  schermirsi  con  lo  scudo  o  col  braccio 
dalla  luce  abbagliante. 

7.  (m,  7,77).  Elima  accecalo,  secondo  gU  Ada,  XIII,  8.  Il  mago  EUma  cercava  distogliere 
dalla  fede  cristiana,  a  cui  propendeva,  il  proconsole  Sergio.  S.  Paolo  con  calma  sublime,  che 
rivela  la  potenza  della  fede,  non  fa  che  stendere  una  mano  in  atto  di  condanna  verso  lo  scia- 
gurato; gridandogli,  in  nome  dello  Spirito  Santo:  "  diverrai  cieco  anche  fisicamente  o  tu  che 
contrasti  la  luce  divina  nelle  anime  ,,.  La  minaccia  s'avvera  sull'istante,  tra  lo  sbalordimento 
de'  presenti.  Caligine  e  tenebre,  dice  la  scrittura,  si  stesero  su  di  lui,  sì  che  andava  cercando 
chi  gli  porgesse  la  mano.  Magistralmente  Raffaello  ha  riprodotto  questo  momento  :  terrificante 
è  l'immagine  del  cieco  ch'egli  ci  ha  dato  in  quella  tozza,  semi-grottesca  figura  che  va  branco- 
lando e  ululando  nella  orrenda  tenebra  in  cui  l'ha  piombato  di  colpo  una  fulminea  parola.  La 
drammaticissima  scena  è  incompleta  anche  ne'  cartoni  del  Museo  di  South-Kensington,  dove  manca 
il  fregio  del  simulacro  nella  nicchia  abbellita  intorno  con  incrocicchiamento  di  foglie  e  fermata 
sopra  un  piedestallo,  che,  sostenuto  da  due  mezzi  busti  a  grottesco,  ha  nell'  incastro  alcune 
piccole  figure  scherzanti.  V Elima  fu  manomesso  negli  arazzi  vaticani  :  avendo  la  scritta  in  oro, 
che  decora  il  tribunale  romano,  ove  il  proconsole  Sergio  occupa  la  sedia  curule,  ["  l.  sergivs. 

PAULVS,     ASIAE    PROCONS.      CHRISTIANAM     FIDEM    AMPLECTITVR     SAVLI     PR^DICATIONE.    „]     prOVOCatO     UU 

vandalico  scempio,  da  cui,    ripetiamo,    fortunatamente    andò    immune    l'esemplare    mantovano, 
perfetto. 

8.  (m.  7,72).  5.  Paolo  e  S.  Barnaba  a  Listra,  secondo  gli  Ada,  XIV,  12.  Ebbro  d'entu- 
siasmo per  la  virtù  taumaturgica  di  S.  Paolo,  che  aveva  risanato  uno  storpio,  il  popolo  di 
Listra  s'ostina  a  rendere  a  lui  e  al  suo  compagno  S.  Barnaba  omaggi  idolatri,  con  relativi  sa- 
crifici di  vittime  animali  già  pronte  ad  essere  immolate  sull'ara.  La  scena  si  può  dir  quasi  iden- 


tica  a  un  bassorilievo  del  Museo  Statuario  di  Mantova:  quello  delle  Gesta  di  Lucio  Vero  O.  I 
due  apostoli  addolorati  e  indignati  non  sanno  come  sottrarsi  a  simili  aberrazioni  sacrileghe  : 
S.  Barnaba  torce  gli  occhi  dalla  scena,  congiungendo  angosciato  le  mani  come  ad  implorare  dal 
cielo  la  grazia  che  illumini  i  ciechi  pagani  ;  S.  Paolo  si  straccia  le  vesti.  Un  giovane  spettatore 
più  chiaroveggente  della  folla  fanatica  si  sforza  d' impedire  quella  profanazione,  e  rattiene  la 
scure  del  "  victimarius  ,,  già  brandita  a  vibrare  sul  bue  il  colpo  mortale  pel  sacrificio.  In  questa 
scena,  in  cui  eccelle  tutta  la  forza  di  concezione  di  Raffaello,  tutto  il  suo  genio  drammatico, 
non  manca  la  nota  ingenuamente  scherzosa  :  vicino  allo  storpio  guarito,  che  ha  gettato  via  le 
stampelle  e  tende  le  mani  in  atto  d'adorazione  verso  gh  apostoli,  vediamo  incurvarsi  un  bel 
vecchio,  che  gli  solleva  la  tunica,  come  per  verificare  se  realmente  fu  operato  il  prodigio  del 
risanamento.  Il  vecchio  aitante  che  ondeggia  tra  ammirazione  e  incredulità  fa  un  delizioso  con- 
trasto col  guarito,  raggiante  di  una  gratitudine  così  intensa  da  illuminare  e  abbellire  l' irsuto  e 
anzi  che  no  sgraziato  suo  aspetto. 

9.  (m.  6,45).  La  predicazione  di  S.  Paolo,  secondo  gli  Ada,  XVII,  19.  L'apostolo  ritto  sui 
gradini,  pe'  quali  si  ascende  all'Areopago  d'Atene,  annunzia  la  parola  di  Dio  agli  uditori  che 
lo  assiepano,  la  più  parte  disposti  a  semicerchio.  Ha  gesto  e  guardo  d' ispirato  :  domina  con 
l'imponente,  radiosa  figura  l'assemblea,  che  la  sua  infiammata  eloquenza  incatena,  anche  se 
in  maggioranza  compongasi  di  recalcitranti  alla  nuova  fede.  Le  impressioni  suscitate  da  S.  Paolo 
si  riflettono  ne'  volti  de'  sofi  ascoltanti:  chi  pare  seguir  l'oratore  a  controgenio,  e  chi  inten- 
samente assorto  ;  chi  medita  silenzioso  sulle  dottrine,  per  la  prima  volta  rivelantisi  alla  sua 
mente  e  chi  prova  il  bisogno  di  disputare  già  vivacemente  co'  vicini  sovr'esse.  Due  uditori  so- 
lamente sono  al  tutto  penetrati  del  verbo  cristiano:  un  uomo  e  una  donna  (Dionigi  areopagita 
e  Damaride)  che  come  neofiti  pare  già  ascendano  la  gradinata  verso  S.  Paolo.  Specialmente 
nello  sguardo  ardente  e  nelle  mani  protese  di  Dionigi  trovasi  espressa  entusiastica  dedizione  al 
Dio  or  non  più  ignoto,  e  letizia  beatificante  per  la  promessa  della  vita  immortale.  Stupenda  figu- 
razione delle  prime  lotte  dell'apostolato  cristiano  contro  la  tenace  filosofia  pagana,  è  composi- 
zione magnifica  per  la  collocazione,  la  vita,  la  movenza  delle  figure,  la  verità  de'  tipi  e  dei 
caratteri,  la  bellezza  classica  degli  edifici. 

II. 
(ARCH.  DEL  PALAZZO  DUCALE). 

Giugno  1776. 

(Minuta) 

Altezza  Reale 

Riconosciutosi  dagli  individui  del  R.  D.  Capitolo  della  Basilica  di  S.  Barbara  osseq.mi  ser- 
vitori di  V.  A.  R.  il  vantaggio  avuto  mediante  la  benigna  concessione  di  V.  A.  R.  di  poter 
vendere  li  due  paramenti  antichi  ed  inutili,  col  ricavato  de'  quali  si  ritrovano  ora  in  istato  di 
fornire  di  damasco  le  tribune  della  chiesa  stessa  si  fanno  coraggio  di  nuovamente  esporre  alla 
R.  A.  V.  che  le  cantorie,  il  circondario  del  coro  ed  il  sopraporta  dell'  ingresso  vengono  ad- 
dobbati da  9  pezzi  di  vecchi  arazzi,  i  quali  quantunque  stimabili  riescono  assai  incomodi  per 
l'addobbo,  atteso  il  loro  estremo  peso  e  la  deformità  che  fanno  coU'unione  del  damasco  :  perciò 
sarebbero  di  sommesso  sentimento  qualora  piaccia  all'A.  V.  R.  di  commutare  gli  arazzi  sud- 
detti in  tanto  damasco,    che  secondo  il  calcolo    fattosi   ascenderà  a  braccia  628  circa,  ma  co- 

(1)  Cavalcaselle,  II,  349. 


mecche  gli  stessi  prevedono  che  il  ricavato  de'  medesimi  non  potrà  essere  sufficiente  all'occor- 
renza predetta,  così  umilmente  implorano  dalla  R.  A.  V.  quella  provvidenza  che  sarà  consen- 
tanea al  caso.  Che  ecc. 

III. 
(ARCH.  GONZAGA). 

Minuta  di  rapporto  del  Magistrato  Camerale  al  Firmian. 


S  Novembre  1779. 


ECCELLENZ/ 


Nell'abbassar  V.  E.  al  dicastero  colla  sua  rispettata  lettera  de'  30  del  pp.  ottobre  le  supe- 
riori disposizioni  per  l'esecuzione  della  Sovrana  beneficenza  di  S.  M.  alla  Real  Basilica  di 
S.  Barbara  col  dono  degli  fiorini  800  —  per  il  compimento  di  quell'apparato  di  damasco,  ci  ha 
comandato  di  soddisfare  alla  ricerca  fatta  da  S.  A.  il  Sig.  Principe  di  Kaunitz  se  gli  arazzi 
ceduti  dal  Capitolo  della  detta  Basilica  si  trovino  ancora  custoditi  nella  guardaroba  de'  mobili 
della  R.  Corte,  ovvero  siano  stati  impiegati  all'addobbo  di  qualche  appartamento  della  medesima. 

Ci  diamo  dunque  l'onore  di  esporle  che  fra  gli  ordini  dati  da  S.  A.  R.  per  gli  adatta- 
menti della  R.  Corte,  e  benignamente  partecipati  dall'E.  V.  col  suo  venerato  foglio  de'  1 3  giugno 
pp.  è  letteralmente  prescritto  che  nell'appartamento  verde  si  debbano  levar  tutte  le  tapezzefie  di  da- 
masco cremice  e  li  quadri,  e  sostituirvi  gii  arazzi  di  S.  Barbara  adattandoli  a  dovere  e  che  in  con- 
seguenza per  eseguire  quanto  in  questa  guisa  ci  era  comandato,  nel  tempo  che  per  quello  che 
aspetta  all'architettura  si  riduceva  questo  appartamento  allo  stato  che  conveniva,  si  preparavano 
i  detti  arazzi  per  formarne  la  mobiliatura  coll'opportuno  adattamento. 

Fummo  però  ben  presto  riscontrati  dal  sopraintendente  della  scalcheria  che  questi  si  ritro- 
vavano in  pessimo  stato,  in  qualche  parte  rotti  e  forati,  ed  in  altre  parti  presumeva  accom- 
modati,  tanto  attribuendosi  alla  vetustà  de'  medesimi  dal  tempo  di  Ratfaello  in  qua,  ai  molti 
usi  fattine  dal  Cardinale  Ercole  Gonzaga  e  poscia  dal  Capitolo,  siccome  all'inattenzione  degli 
apparatori  nelle  occasioni  di  attaccarli  nella  chiesa  ed  in  fine  alla  incuria  de'  campanari  inca- 
ricati della  loro  custodia. 

Qual  fosse  la  nostra  mortificazione  nel  sentire  che  pezzi  di  tanto  preggio  e  di  disegno  di 
si  eccellente  maestro  qual  fu  il  Rafaello  potessero  non  esser  piìi  servibili  pel  magnifico  addobbo 
che  se  ne  aspettava,  non  ci  estenderemo  ad  esprimerlo  ed  era  inutile  di  perder  il  tempo  a 
ramaricarcene;  ci  parve  miglior  consiglio  di  cercarvi  prontamente  riparo  se  fosse  possibile  e 
di  fatto  il  sopraintendente  suddetto  avendo  pensato  di  farne  porre  sul  telaro  due  pezzi  con  far  far 
la  prova  se  coll'opera  di  una  valente  ricamatrice  fosse  stato  modo  di  riattarli,  ebbimo  ben  presto 
la  soddisfazione  di  veder  l'esperimento  riescito  con  favorevole  successo. 

Non  fidandoci  però  del  giudizio  nostro  e  di  chi  non  essendo  dell'arte  poteva  solamente 
appoggiarsi  ad  un  ordinario  buon  gusto,  credemmo  di  farvi  far  il  conveniente  esame  da  questo 
Direttore  della  R.  Accademia  di  pittura,  Giuseppe  Bottani,  il  quale  unitamente  al  suo  fratello 
avendo  fatte  le  più  attente  osservazioni  sopra  l'esperimento,  lo  approvò,  lodò  moltissimo  la  ri- 
camatrice, e  l'eccitò  a  continuar  come  l'aveva  principiato,  essendosi  esibito  di  darvi  la  sua  as- 
sistenza dove  occorresse,  e  di  riveder  di  tempo  in  tempo  il  lavoro,  come  ha  eseguito  e  continua 
di  far  personalmente  o  per  mezzo  del  suo  fratello,  e  sempre  mostrando  di  esserne  contento  *'). 

(1)  Brano  cancellato:  «  avendo  rilevato  che  vi  erano  adoprate  con  diligenza  e  esattezza  le  lane  occorrenti 
colle  opportune  degradazioni  di  colore,  con  conservare  non  ostante  la  mescolanza  indispensabile  delie  materie 
nuove  e  fresche  con  le  vecchie,  il  medesimo  tono  di  colorito  :  e  riconobbe  pure  che  per  farsi  aiutare  nel  lavoro 
la  maestra  sapeva  a  proposito  distribuirlo  alle  altre  ricamatrici,  a  ciascuna  a  proporzione  della  sua  capacità  ». 


—   24    - 

La  ricamatrice  è  moglie  del  magaziniere  generale  Lorenzini,  donna  in  questo  genere  di 
abilità  grande,  piena  d'intelligenza  e  di  attività,  la  quale  mostra  il  più  grand' impegno  per  farsi 
in  questo,  onore  e  merito;  ha  sotto  di  sé  12  in  14  altre  giovani  ricamatrici  a  cui  distribuisce 
il  lavoro  a  misura  della  loro  capacità,  riservandosi  per  lei  quello  che  richiede  maggior  cogni- 
zione, e  questo  si  eseguisce  in  un  corridore  della  Corte:  attualmente  tìnisconsi  i  tre  primi  pezzi, 
e  ne  rimangono  sei  altri.  Calcoliamo  che  la  spesa  potrà  ascendere  a  cento  venti  in  cento  cin- 
quanta zecchini  ;  ma  se  si  degnerà  approvar  S.  A.  R.  che  si  continui  quello  che  abbiamo  cre- 
duto di  poter  intraprendere  a  questo  riguardo,  in  vista  ancora  del  suo  superior  comando  di 
adattar  a  dovere  i  detti  arazzi,  speriamo  che  si  saranno  salvati  dal  prossimo  total  deperimento 
pezzi  che  formavano  un  addobbo  prezioso  della  Corte,  e  ne  saranno  uno  degli  oggetti  più  me- 
ritevoli della  curiosità  e  dell'ammirazione  de'  forestieri,  oltre  che  l'arte  di  ristaurarli,  quasi 
istituita  in  quest'incontro,  sarà  un'industria  utile  a  molti  giovani  per  procacciarsi  il  sostenta- 
mento, ed  assieme  per  conservar  altri  mobili  di  questo  genere  inservienti  alla  chiesa  e  a'  par- 
ticolari. 

Noi  siamo  con  profondo  rispetto  ecc. 

IV. 
(ARCH.  GONZAGA). 

Lettera  di  Girolamo  Coddè  ad  un  amico. 

Vi  ricorderete  benissimo,  che  gli  ordinar;  addobbi,  di  cui  faceva  uso  l'Arciducal  Chiesa  di 
S.  Barbara,  erano  nove  pezzi  di  arazzi,  oltre  ad  alcune  sdruscite  tappezzerie  di  velluto  giallo 
e  rosso  composto  non  troppo  dicevole  alla  maestà  e  suntuosità  della  chiesa,  a  cui  di  decoro 
ed  ornamento  servivano.  Vi  ricorderete  ancora  che  molti  de'  nostri  concittadini  e  dotti  nelle 
antichità  delle  cose  nostre  deploravano  lo  strascino,  che  di  essi  arazzi  si  faceva,  mentre  era  un 
dono  prezioso  del  Cardinale  Sigismondo  Gonzaga,  il  quale  li  procurò  in  Roma,  e  ne  fece  un 
regalo  al  Cardinale  Ercole  Gonzaga  ancor  giovinetto  O.  Esso  gli  cedette  per  ultima  volontà 
testamentaria  al  Duca  Guglielmo,  il  quale  volle  di  quelli  ornare  la  sua  chiesa,  da  lui  con  ma- 
gnificenza, e  spesa  grande,  fatta  erigere  da'  fondamenti,  sotto  la  direzione  dell'  inallora  vivente 
architetto  Bertani,  il  quale  di  essa  fece  il  magnifico  disegno. 

Dicesi  che  dieciotto  furono  i  pezzi,  che  il  sullodato  Cardinale  Sigismondo  regalasse  al  Car- 
dinal Ercole,  ma  che  posseduti  poi  dal  Duca  Guglielmo,  ne  facesse  un  dono  di  nove  al  Gran 
Duca  di  Toscana.  Voi  che  costì  siete,  potrete  di  ciò  accertarvene,  mentre  la  verificazione  di 
una  tal  voce  può  molto  illustrare  la  storia  del  nostro  paese,  che  ora  si  sta  compilando  dall'e- 
rudito nostro  concittadino  Sig.  Dottore  Giambattista  Visi  il  quale  ha  già  dato  alla  luce  il  primo 
suo  tomo  (1781)  essendo  di  essa  sotto  il  torchio  anche  il  secondo. 

(1)  Ignoriamo  con  qual  fondamento  s'avventurasse  il  Coddè  a  tale  asserzione  insostenibile.  Nel  testa- 
mento di  Sigismondo  non  si  fa  punto  cenno  di  arazzi  riservati  ad  Ercole,  benché  vi  sia  menzione  interes- 
sante di  notevoli  legati  artistici. 

Ad  Isabella  d'Este  lasciava  Sigismondo  "  statuam  unam  marmoream  capitis  Homeri  »;  al  nipote  Ercole 
"  omnes  et  quascumque  statuas  et  antiquitates  »  che  si  trovavano  nell'Episcopio  di  Mantova.  Nell'inventario 
di  beni,  allora  redatto,  di  Sigismondo  sono  enumerati  molti  «  panni  de  razo  »  con  «  istorie  »  sacre  e  pro- 
fane («  Cristo  in  forma  de  ortolano  con  la  Magdalena  »  —  «  Cristo  che  se  tole  zoso  di  la  erose  »  —  «  la 
istoria  di  Susanna  »  —  «  le  istorie  di  Ciro  »,  «  de  Trajano  >;).  Nulla  perciò  di  più  probabile  che  avendo 
egli,  nella  Roma  di  Leone  X,  assistito  al  clamoroso  trionfo  delle  creazioni  del  Sanzio  (inaugurate  il  26  di- 
cembre 1519Ì  vagheggiasse  di  possederne  la  replica,  o  per  sé,  od  anche,  come  pretendeva  il  Coddè  forse  fa- 
cendosi eco  d'una  tradizione  erudita  locale,  per  donarla  al  nipote  Ercole  «  ancor  giovinetto  »,  ma  già  desi- 
gnatogli successore  nel  Vescovato  di  Mantova  e  nel  Sacro  Collegio.  Evidentemente  però  il  suo  desiderio  non 
aveva  trovato  alcun  principio  d'esecuzione,  quando  la  morte,  nel   t525,  lo  colse. 


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Ora  volendosi  per  una  parte  da  questi  Capitolari  della  Ducal  Chiesa  nobilitare,  dirò  cosi, 
la  medesima  con  un  regolare  addobbo  di  damaschi,  e  trovandosi  dall'altra  parte  impossibilitati  a 
ciò  eseguire  senza  l'aiuto  del  Principe,  supplicarono  il  medesimo  che  da  questa  R.  Cassa  li  fosse 
somministrato  l'occorrente  danaro  per  l'acquisto  di  tanto  damasco,  quanto  abbisognar  ne  po- 
teva per  addobarla  tutta,  con  che  però  gli  avrebbero  ceduti  a  buon  grado  gli  arazzi. 

Una  tale  richiesta  fu  prontamente  accettata,  né  si  esitò  punto  sul  cambio  proposto,  mentre 
dati  gli  ordini  opportuni  per  l'acquisto  dell'occorrente  damasco,  si  fece  ritirare  dalle  lor  mani 
i  suddetti  arazzi,  per  indi  collocarli  dicevolmente  nella  Corte. 

Avuto  per  tanto  di  essi  il  possesso,  ed  esaminati  a  parte  a  parte  i  loro  difetti,  si  trovò, 
che  senza  una  industre  mano  non  si  poteva  all'opera  dare  il  dovuto  principio. 

Dopo  varie  e  reiterate  ricerche,  finalmente  si  trovò  chi  con  animo  veramente  virile  ne 
assumesse  l'impresa.  Arduo  e  malagevole  fu  stimato  da  chiunque  l'impegno,  mentre  il  resti- 
tuire, dirò  così,  da  morte  a  vita  le  molteplici  figure  guaste  e  corrose,  che  in  essi  si  trovarono, 
non  era  impresa  tanto  facile  da  eseguirsi. 

Porre  la  mano  ardita  nelle  opere  di  un  Raffaele,  sembra  a  vista  una  temerità;  e  pure  vi 
fu  chi  coraggiosamente  ne  assunse  l'arduo  cimento.  Una  donna,  chi  '1  crederebbe,  una  donna 
è  stata  di  ciò  capace.  Questa  illustre  Aracne  colla  vivacità  del  suo  spirito,  e  più  con  l'opera 
del  suo  ingegno  ha  saputo  restituire  al  primo  suo  splendore  quanto  eravi  di  lacero  e  corroso. 
Difatti  chiunque  in  oggi  attentamente  li  mira,  non  sa  trovare  in  essi  gli  antichi  difetti,  tanta 
è  stata  la  maestria  dell'arte  nel  bene  accomodarli.  Le  ombre,  i  contorni,  i  panneggiamenti,  le 
figure  stesse,  sotto  alle  di  lei  mani  hanno  ripresa  la  prima  loro  vivacità,  cosicché  l'armonica 
cadenza  de'  colori  a  tal  uopo  composti,  ha  dato  all'opera  tutto  quel  bello  e  quell'ottimo,  che 
dalla  caducità  del  tempo  e  dalla  quasi  non  curanza  avevano  perduto.  Mirabil  opera  e  vera- 
mente degna  de'  più  grandi  elogi.  Vaglia  però  per  tutti  la  Reale  approvazione,  che  si  degna- 
rono concedere  i  Reali  nostri  Principi  a  questa  sì  valente  donna,  allorché  facendo  qui  la  solita 
dimora  vollero  con  occhio  indagatore  visitare  la  di  lei  opera  non  solo,  ma  vederne  eziandio  il 
modo,  con  cui  restituiva  a  miglior  forma  le  cose  perdute,  o  smarrite  o  guaste  dal  tempo  di- 
struggitore d'ogni  bell'opera. 

Per  rendere  sempre  più  chiaro  il  suo  nome  volle  anco  il  Signor  Conte  Luigi  Bulgarini, 
conoscitore  del  vero  merito,  eccitare  la  dotta  sua  musa  tessendone  nel  qui  ingiunto  sonetto  le 
ben  giuste  meritate  lodi.  Che  dirò  io  di  più,  se  non  che  farvi  palese  il  di  Lei  nome?  Ella  si 
è  la  Signora  Antonia  Lorenzini  nata  Carré,  di  ottima  condizione,  ed  accompagnata  con  per- 
sona decentemente  impiegata  ....  Passerò  a  darvi  del  promessovi  appartamento  l' intera  de- 
scrizione. 

Questo  viene  formato  da  tre  grandi  stanze,  framezzate  da  un  Gabinetto  nella  parte  interna, 
che  guarda  il  gran  cortile  rimpetto  alla  notavi  galleria  corrispondente  al  magnifico  apparta- 
mento Ducale,  in  oggi  sì  l'una,  come  l'ahrc  ridotti  a  miglior  eleganza  di  addobbi  e  ornati. 

Nelle  suddette  tre  stanze  sono  ora  collocati  i  superbi  arazzi  dell'impareggiabile  Rafaello. 
Salendo  adunque  il  gran  scalone,  si  entra  tosto  nella  sala  così  detta  de'  Duchi  di  Mantova, 
perché  nel  fregio  di  essa  sono  dipinti  a  fresco  tutti  quelli,  che  qui  della  Casa  Gonzaga  hanno 
regnato.  Piegando  sulla  sinistra  si  entra  pure  in  un'altra  minore  sala,  che  serve  come  di  anti- 
camera a  questo  per  tutti  i  titoli  pregiabile  appartamento.  Entrando  per  tanto  nel  medesimo, 
ecco,  che  vi  si  presenta  la  prima  stanza,  il  cui  plafone,  anzi  lacunario  (termine  proprio  a  spie- 
gare una  superficie  incassata,  e  ripartita  in  varie  guise)  mirabilmente  dipinto  a  cangianti  colori 
forma  all'occhio  ammiratore  una  ben  intesa  veduta.  Ne'  diversi  fondi  del  suo  spaccato  sonovi 
dipinte  a  fresco  le  quattro  stagioni,  simbolicamente  spiegate,  come  pure  i  quattro  elementi  ot- 
timamente espressi.  I^fel  quadro  ossia  specchio  di  mezzo,  regina  della  terra  vi  si  ammira  Cerere 


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bella;  il  suddetto  plafone  viene  fregiato  da  una  cornice  a  stucchi,  così  bene  intesa  nelle  sue 
membrature,  che  servir  potrebbe  di  esemplare  a  certi  pseudo  architetti,  o  capi  maestri,  il  cui 
mestiere  si  è  d' impastocchiare  ciò  che  di  buono  ritrovano,  come  appunto  è  seguito  alla  cornice, 
che  fregia  il  tempio  di  S.  Andrea.  Discendendo  con  l'occhio  più  al  basso  sopra  le  rispettive 
porte  e  finestre  v'  incontrerete  a  vedere  sei  nicchie,  in  quattro  delle  quali  sono  collocati  diversi 
vasi  etruschi  dipinti  all'uso  antico,  con  figure  ed  altri  ornamenti,  giusta  gli  esemplari,  che  ne 
abbiamo  :  e  due  bassi  rilievi  rappresentanti  le  imprese  di  Ercole,  tratti  dalla  superba  collezione, 
assai  rara  in  queste  parti,  che  abbiamo  nel  Museo  molto  ricco  di  sculture  antiche.  Tutte  le 
suddette  nicchie  vengono  ornate  da  superbissimi  stucchi  dorati,  quali  contornando  le  suddette 
cose  fanno  all'occhio  una  gradevole  comparsa. 

Ciò  che  è  pili  da  ammirare  si  è  i  tre  mirabili  pezzi  di  arazzo,  uno  de'  quali  rappresenta 
S.  Pietro,  e  S.  Giovanni,  che  risanano  lo  storpio  al  tempio,  l'altro  di  mezzo  il  sacrifizio  fatto 
a  S.  Paolo  e  S.  Barnaba,  ed  il  terzo  la  morte  d'Anania.  Lateralmente  alle  finestre  vi  sono  altri 
due  pezzi  in  dipinto,  e  questi  rappresentano  la  strage  degli  innocenti,  pure  ricavati  dai  disegni 
del  detto  Rafaello,  ed  eseguiti  con  ottimo  discernimento  dal  giovine  Sig.  Felice  Campi,  il  quale 
ha  saputo  imitare  perfettamente  gli  originali,  tanto  nel  difficile  dei  colori,  quanto  ne'  contorni 
e  panneggiamenti,  come  pure  nella  espressione  delle  figure. 

Passerete  quindi  alla  seconda  stanza  non  men  bella  della  prima,  la  quale  anche  essa  ha  il 
lacunario  spartito  in  varia  forma,  sostenuto  anch'esso  da  una  variata  cornice  ottimamente  in- 
tesa, ed  in  diverso  modo  dipinto,  ne'  cui  scomparti  o  fondi  a  maggiore  ornamento  sono  disposte 
le  nove  Muse  leggiadramente  dipinte.  Seguendo  l'architetto  l' istessa  idea  della  prima  stanza,  le 
porte  e  le  finestre  vengono  al  di  sopra  fregiate  da  diverse  nicchie,  in  vario  modo  ornate  da 
stucchi  dorati,  in  quattro  delle  quali  vi  sono  riposte  delle  are  antiche,  e  nell'altre  due  bassiri- 
lievi  significanti  le  guerre  delle  Amazzoni.  Tre  altri  pezzi  di  arazzo  tengono  qui  il  suo  luogo. 
Il  primo  a  mano  destra  rappresenta  il  Signore  che  dà  le  chiavi  a  S.  Pietro,  quello  di  facciata 
la  predicazione  di  S.  Paolo  nell'Areopago,  ed  il  terzo  la  caduta  di  Saulo  sulla  via  di  Damasco. 
Il  dipinto,  che   occupa  lo  spazio  tra  le  finestre,  è  l'ascensione  del  Signore. 

Inoltrandovi  maggiormente  entrerete  in  un  gabinetto,  che  per  la  qualità  degli  ornati,  per 
la  simmetrica  disposizione  degli  scomparti,  forma  all'occhio  sempre  avido  di  nuove  cose,  un 
non  so  che  di  vago  e  di  galante,  che  spiegar  non  vi  potrei,  se  non  con  un  lungo  giro  di  pa- 
role la  maggior  parte  inutili  al  caso  nostro.  Solo  vi  dirò,  che  quivi  la  pittura  ha  sfoggiato  tutto 
il  suo  bello,  cosicché  gli  ornati,  che  ne'  fondi  dei  riquadri  vi  sono  dipinti  non  hanno  di  che 
desiderare  di  più,  per  essere  da  chi  che  sia  ammirati.  Il  vólto  anch'esso  spiega  il  suo  bello, 
essendo  maestrevolmente  dipinto  a  cassette  che  paiono  reali,  tanto  le  ombre  sono  a  dovere  ri- 
poste. Nelle  due  lunette,  che  sono  alle  estremità  del  vólto  suddetto,  sono  fregiate  da  due  sa- 
grificj  antichi,  le  cui  figure  sono  ottimamente  tratteggiate.  Le  porte  vengono  ornate  da  due  bas- 
sirilievi  simboleggianti  i  fatti  di  Medea,  accompagnati  da  finissimi  ornati  di  stucco  dorati,  il 
cui  lavoro,  se  non  supera,  eguaglia  almeno  quello  del  Primaticcio,  di  cui  abbiamo  nelle  stanze 
del  T  molti  esemplari. 

Non  manca  però  de'  suoi  quadri.  Tre  vengono  collocati  in  detto  Gabinetto,  e  questi  tutti 
dipinti,  il  primo  si  è  la  presentazione  al  tempio,  il  secondo,  il  Signore  in  forma  di  Ortolano  ; 
ed  il  terzo  la  nascita  del  Salvatore. 

Finalmente  passerete  nell'ultima  stanza,  anch'essa  ornata  in  diverso  modo  sì  ma  analoga 
alle  altre,  cosicché  tanto  le  porte  che  le  finestre  vengono  fregiate  da  quattro  bassirilievi,  tutti 
rappresentanti  i  fatti  di  Scipione,  detto  per  antonomasia  l'Africano.  Qui  scorgerete  collocati  gli 
ultimi  tre  pezzi  di  arazzo;  l'uno  esprimente  la  pescagione  di  S.  Pietro;  l'altro  di  facciata,  la 
conversione  fatta  da  Saulo  di  Sergio  Paulo  Proconsole  in  Asia,  per  cui  fu  di  poi  chiamato  il 


—    27    — 

Santo  apostolo  Paulo;  ed  il  terzo  il  martirio  di  Santo  Stefano.  Il  quadro  posto  tra  le  due  fi- 
nestre rappresenta  il  Signore  disceso  al  limbo,  anch'esso  dipinto  a  fresco  ed  ottimamente  ese- 
guito dal  suUodato  Sig.  Felice  Campi;  il  quale  non  ha  mancato  in  questa,  come  nelle  altre 
accennatevi  sue  opere,  di  quella  diligenza  ed  attenzione,  che  si  richiedeva,  per  accostarsi  più 
che  fosse  possibile  agii  originali,  e  perchè  vi  si  possa  scorgere  una  perfetta  uguaglianza,  tanto 
ne'  pensieri  come  nella  simmetrica  posizione  delle  figure,  come  anche  ciò,  che  si  chiama  con- 
torno, vestimenta,  ed  espressione:  e  quello  che  è  più  l'imitazione  vera  del  carattere,  che  di- 
stingue Raffaello  da  Tiziano. 

Non  si  ha  mancato  di  far  venire  da  Roma  i  rami  di  quegli  arazzi,  che  colà  si  conservano, 
non  solo  per  supplire  ai  mancamenti,  ma  per  renderli  positivamente  assomigliami  agli  originali 
in  modo  che  mirando  quegli  e  questi  non  s'avesse  a  dubitare  di  loro  autenticità. 

Una  simile  fatica  ella  è  degna  di  tutta  la  lode,  mentre  il  Sig.  Campi  ha  fatto,  dirò  cosi, 
campeggiare  i  suoi  talenti,  avendo  perfettamente  eseguita  un'opera  da  sgomentire  anche  i  più 
bravi.  Che  dirò  poi  degli  altri  ornamenti,  di  cui  va  abbellito  questo  per  tutti  i  titoli  superbo 
appartamento?  Altro  dire  non  vi  potrei,  se  non  che  l'ingegno,  e  l'arte  hanno  fatto  di  sé  le 
prove  maggiori.  11  Sig.  Stanislao  Somazzi  uomo  veramente  bravo  nell'arte  sua  ha  saputo  negli 
stucchi,  che  servono  d'ornamento  a'  suddetti  arazzi,  dare  ai  medesimi  una  novità  del  tutto  di- 
sgiunta dalla  maniera  corrente  di  ornare,  facendo  gustare  all'occhio  la  verità,  la  bellezza,  e  la 
varietà,  di  cui  sonosi  serviti  i  più  dotti  e  valenti  maestri  della  rispettabile  antichità  .... 

Voi  che  avete  vedute  tante  e  si  belle  cose  in  genere  di  scultura,  di  pittura,  di  ornati,  ri- 
scontrando sì  fatte  cose,  con  quello  che  qui  mira  rete,  non  potrete  a  meno  di  non  dire  essersi 
in  Mantova  rinnovati  i  tempi  di  Pericle,  sotto  la  cui  gloriosa  reggenza  la  Grecia  tutta  vide  nel 
suo  seno  germogliare,  anzi  perfezionarsi,  le  migliori  opere  ed  i  più  bravi  ingegni.  Difatti  gli 
ornamenti  di  stucco  de'  quali  viene  decorato  si  nobile  appartamento,  ed  i  bassirilievi  ricavati, 
come  vi  dissi,  da'  buoni  originali,  che  si  conservano  nel  nostro  Museo,  sono  di  così  fino  gusto 
e  di  un  lavoro  così  squisito,  che  se  non  superano  gli  antichi  nella  invenzione,  almeno  lì  ugua- 
gliano nella  perfezione  .... 

E  perchè  anche  le  minime  cose  corrispondano  in  bellezza  alle  maggiori,  non  si  è  mancato 
dal  R.  Architetto  sig.  Pozzo  di  pensare  ad  una  nuova  maniera  di  porte,  le  quali  ritenendo  tanto 
nel  diritto,  che  nel  rovescio  gli  scomparti  delle  rispettive  camere  che  serrano,  e  per  i  bellissimi 
variopinti  ornati,  che  le  contornano,  formano  all'occhio  una  ben  intesa  prospettiva.  Anzi  perchè 
riesca  al  medesimo  più  sensibile  l'aspetto,  queste  vengono  ornate,  massime  nello  specchio  di 
mezzo,  di  simboliche  figure,  contornate  parte  di  corone  di  fiori,  parte  da  una  catena  di  nastri 
vario- coloriti,  che  tolte  ognuna  da  sé  non  lasciano  di  che  desiderare  davvantaggio,  perchè  il 
tutto  sia  d'universale  soddisfazione. 

A  dir  lutto  in  breve  sì  fatto  appartamento  considerato  nel  vero  suo  aspetto,  rassembra 
una  ben  disposta  galleria,  tale  e  tanta  è  la  varietà  delle  cose  da  ammirarsi,  per  cui  non  si 
pote\'a  né  fare,  né  ideare  di  più  bello,  di  più  nobile,  di  più  elegante,  per  ornare,  e  collocare 
decentemente  sì  fatti  arazzi,  ormai  per  la  loro  rarità  divenuti  l'oggetto  della  umana  ammirazione. 


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Alla  Signora 

Antonia  Carré  Lorenzini 

Egregia  ristauratrice  degli  Arazzi  della  Corte  di  Mantova 

Disegno  dell'immortale  Raffaelo  d'Urbino 


SONETTO 


Forse  l'Ago  in  tua  mano  Aracne  pose, 
O  lo  stile,  Carré,  ti  diede  Apelle? 
Come  tornasti  al  primo  onor  le  belle 
Tele  dal  tempo  insultator  corrose? 

L'artefice  tua  man  qua  e  là  dispose 
L'emule  de  i  color  fila  novelle: 
Punti,   e  linee  descrisse,  e  or  questi  or  quelle 
Le  maestre  adombrar  dita  animose. 

Inaspettata,  la  figura  riede 

Dov'era  spenta,  e  tu  l'adorni  a  segno, 
Che  all'antico  lavoro  il  tuo  non  cede. 

Oh  nato  ad  imitar  industre  ingegno! 
E  chi  per  te  di  Rafael  non  ^'ede 
L'opra  divina,  e  l' immortai  disegno? 


In  attestato  di  vera  ammirazione 

LUIGI  DE-  CONTI  BULGARINI 

fra  gli  Arcadi  Eugilbo  Callideo 


(ARCHIVIO  DEL  PALAZZO). 


I.  R.  Delegazione  Prov. 

N.  332  p.   r. 


Mantova,  VII  Maggio  1866. 

All'I-.  R.  Ufficio  di  Custodia  dei  Palazzi  di  Corte  in  Mantova 

Sua  Maestà  l'Imperatore  si  è  graziosamente  degnata  di  esaudire  la  domanda  della  Dire- 
zione dell'  I.  R.  Museo  Austriaco  per  le  Arti,  e  l' Industria,  e  di  permettere  che  gli  arazzi  che 
si  custodiscono  negli  appartamenti  riservati  all'I.  R.  Corte  in  questo  I.  R.  Palazzo  ex  ducale, 
rappresentanti  fatti  della  Storia  degli  Apostoli  secondo  i  disegni  dei  Cartoni  di  Raffaello,  pos- 
sano essere  interinalmente  trasportati  a  Vienna  nel  detto  Museo  per  ivi  essere  esposti. 

In  obbedienza  a  testé  pervenutomi  incarico  di  S.  E.  il  Sig.  Tenente  Maresciallo,  e  1°  Aiu- 
tante di  S.  M.  Conte  di  Crenneville  8.  m.  e.  n.°  1942,  invito  codesto  I.  R.  Ufficio  di  custodia 
a  disporre  che  i  detti  arazzi  vengano  cautamente  levati  dalle  loro  cornici,  e  bene  impaccati, 
nelle  quali  operazioni  vorrà  prevalersi  del  consiglio  del  Sig.  professore  Cherubini. 

Appena  ciò  sarà  eseguito  vorrà  rassegnarmi  rapporto,  unendovi  un  esatto  elenco  dei  sin- 
goli arazzi  e  delle  casse  che  li  contengono,  le  quali  saranno  intanto  trattenute  presso  codesto 
I.  R.  Ufficio  a  mia  disposizione  essendo  io  incaricato  d^Ua  ulteriore  loro  spedizione  all'  I.  R, 
Ufficio  del  supremo  maggiordomo  di  Corte  in  Vienna. 

L'I.  R.  Delegato  Provinciale 
A.  Prato. 


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VI. 
I  MONOGRAMMI  DEGLI  ARAZZIERI. 


Tutti  i  nove  arazzi  portano  la  marca  officiale  di  Bruxelles:  due  B  intramezzati  da  uno 
scudo  generalmente  rosso;  nella  sola  Pesca  miracolosa  è  giallo. 

Quella  marca  fu  istituita  con  decreto  del  Magistrato  civico,  del  i6  maggio  1528:  la  sua 
presenza  basta  ad  accertare  che  un  arazzo  non  può  essere  anteriore  alla  data  del  decreto  ('). 

Il  quale  stabiliva  altresì  che  insieme  alla  marca  comune  delle  officine  brussellesi  ogni 
arazziere  apponesse  alle  sue  produzioni  un  monogramma  ad  libitum^  vidimato  dal  Magistrato 
che  lo  esemplava  sopra  d'un  registro  speciale  (-). 

I  mercanti  di  tappeti  dovevano  aggiungere  al  monogramma  un  4:  ogni  volta  che  s' incontra 
questo  numero,  se  ne  ha  la  prova  sicura  "  que  la  tapisserie  a  été  faite  pour  un  marchand 
ou  par  un  tapissier,  qui  faisait  aussi  le  commerce  de  tentures  ,,  (3). 

Un  monogramma  sormontato  dal  4  non  appare  negli  Atti  degli  Apostoli:  i  monogrammi 
degli  esecutori  dell'intera  serie  si  riducono  a  tre  A,  B,  D,  dacché  il  C,  a  quanto  pare,  non 
sarebbe  che  il  B  rovesciato. 

Così  almeno  ritenne  nel  1884  i*  Birk,  che  si  trovava  allora  in  condizioni  migliori  di  noi 
nel  rile\are  i  monogrammi.  Ne'  35  anni  trascorsi  essi  hanno  subito  inevitabili  obliterazioni, 
come  ho  potuto  accertare  sia  de  visti,  sia  in  base  alla  riproduzione  esatta  che  del  loro  stato 
attuale  ha  fatto  a  mia  preghiera  il  prof.  Giglioli. 

P.  e.  nel  monogramma  che  ricorre  più  frequente  e  che  si  direbbe  un  //"  a  ghirigori,  fian- 
cheggiato da  una  croce,  è  disparsa  la  croce  laterale  che  il  Birk  non  può  avervi  inserito  co- 
stantemente di  suo  capriccio. 

Pur  offrendo  in  facsimile  le  riproduzioni  gentilmente  fornitemi  dal  prof.  Giglioli,  debbo 
quindi  necessariamente  attenermi  al  Birk  pe'  monogrammi:  tanto  più  che  giovano,  se  non  a 
identificare  di  già  sicuramente  per  nome  gli  artefici  della  nostra  serie,  a  darci  almeno  la  prova 
che  esiston  di  essi  altre  opere  conosciute  e  apprezzate. 

SPECCHIETTO    DEI    MONOGRAMMI    DATO    DAL    BIRK. 

Riproduzioni    Giglioli. 

Notabene:  Sullo  stemma  di  Bruxelles  non   v'è  divario. 

B     corrisponde  aXVA      del  Birk 

C,  E        »  al  Z) 

D,  F        ..  al  B-C 

Vienna  stessa  possiede  una  Storia  di  Mosè  co'  monogrammi  degli   arazzieri  A,  D  (*);  e 
Dodici  mesi  col  monogramma  del  terzo  B-C  f^);  Nicolas  Lequiers,  a  detta  del  Wauters  (*). 

(i)  Wauters,  p.  146  sgg. 

(2)  ìbid.^  p.  144. 

(3)  ihid.,  p.  150. 

(•*)  Birk,  nello  Jahrbiich  del  1883,  P-  2'5- 

(5)  Birk,  nello  Jahrbuch  del  1883,  P-  225. 

(6)  Wauters,  nell'air/,  voi.  XXVII,  p.  32;  cit.  dal  MUntz  a  p.  368  della  Tapisserie,  ed.  Quantin. 


nogran^nu  risc„n.ra.i  con  iievi  d.vergenze  da,  B^t  da,  Si  Ji     "'""'=    "°'^''°  '''  '"°- 

1.  Aj«  »«>W««,  a,  D  (senza  ^,  secondo  i,  Gig,io,i) 

2.  />««  ..„  ,«.^  ^  30,0  (secondo  i,  Birk,  più  D  secondo  i,  GigiiCi) 

3-  La  guarigione,  del  paralitico,  B,   D.  e   ^"A 

4-  La  morte  d'Anania,  A,  D. 


5.  //  martirio  di  S.   Stefano,  D  solo. 


6, 


La  conversione  di  S.  Paolo,  A,   D 
Elima  accecato    A,  D  (secondo  il  Birk,  senza  D  secondo  H  Giglioli, 
6-.  Paolo  e  S.  Barnaba  a  Listra,  A,   D.  ^'g'iouj. 

La  predicazione  di  S.  Paolo,    C,  D. 


APPENDICE 


LA  FABBRICA  DEGLI  ARAZZI  NEL  BORGO  Di  S.  GIORGIO 


La  tesi  che  gli  Afti  degli  Apostoli  fossero  eseguiti  a  Mantova  nella  fabbrica  gonzaghesca  di 
tappeti  stabilita  a  S.  Giorgio  sotto  la  direzione  del  brussellese  Niccolò  Carcher  sorrise  a  me 
pure,  allorché  nel  19  13  scrissi  la  prima  voUa  in  QX^omexiXo  n&^\  Atti  dell' Accademia  Virgiliana: 
e  qualche  critico  l'ha  anche  adesso  ripetuta,  senza  suffragarla  di  prove  [Fanfulla  della  Dome- 
nica del  6  aprile    191 9). 

La  questione  potrà  esser  soltanto  risoluta  con  la  sicura  interpretazione  de'  monogrammi 
indicati  nel  doc.  VI;  ma  "  sembra  diffìcile  „,  come  sin  dal  5  settembre  191 5  notava  ragione- 
volmente il  Marzocco,  "  che  il  Carcher  falsificasse  in  Mantova  la  marca  di  Bruxelles,  cosa  che 
non  fece  in  Firenze  ove,  tra  gli  anni  1546  e  1552  O,  diresse  con  Giovanni  Rost  l'esecuzione 
di  magnifici  panni:  e  più  diffìcile  ancora  che  il  cardinale  Ercole  Gonzaga  preferisse  far  con- 
traffare una  marca  più  celebre,  al  fare  apporre  su  così  mirabili  panni,  usciti  dalla  sua  fabbrica 
di  San  Giorgio,  un  segno  che  indicasse  piuttosto  come  la  magnifica  tradizione  quattrocentesca 
dell'arte  dell'arazzo  fosse  tornata  a  fiorire  in  Mantova  per  merito  suo. 

"  Cosimo  1  de'  Medici,  ad  esempio,  imitò  la  marca  brusellese,  ma  sostituendo  allo  scudo 
il  giglio,  ai  due  B  (Bruxelles  en  Brabant),  due  F:  Fatto  in  Firenze.  Non  avrebbe  mai  permesso, 
io  credo,  né  al  Rost  né  al  Carcher,  una  falsificazione  che  avrebbe  diminuito  la  sua  fama  di 
mecenate  e  protettore  delle   arti  belle. 

"  Nessuno,  infatti,  dei  pezzi  che  recano  la  curiosa  marca  del  Rost  (un  pezzo  di  carne 
allo  spiedo)  o  la  complicatissima  sigla  del  Carcher,  ha  lo  scudo  e  le  sigle  di  Bruxelles,  anche 
se  mancano  del  giglio  e  delle  cifre  di  Firenze. 

"  Molto  facilmente  gli  arazzi  furono  dunque  eseguiti  in  Bruxelles  sui  cartoni  stessi  che 
avevano  servito  alla  serie  originale,  anche  se  in  dimensioni  differenti  e  con  fregi  diversi,  ecc. 
ecc.   „. 

Su  che  allora  si  basa  la  persistente  attribuzione  della  serie  mantovana  al  Carcher  ?  Sul 
fatto  documentato  che  egli  sin  dal  1539  era  passato  da  quello  degli  Estensi  (2)  al  servizio  di 
Federico  Gonzaga,  del  principe  munificente,  che  un  anno  prima  della  sua  morte  aveva  voluto 
rimettere  in  onore  la  manifattura  degli  arazzi,  già  fiorente  a  Mantova  nel  sec.  XV,  quando  ar- 
tefici fiamminghi  ebbero  persino  il  vanto  di  tradurre  disegni  di  Andrea  Mantegna  (3). 

CO  Cfr.  Muntz,  Histoire  de  la  tapisserie  en  Italie,  p.  63  sgg.  Nell'Arch.  Gonzaga,  carteggio  di  Marghe- 
rita Paleoioga  (a.  1548)  si  trovan  lettere  del  Carcher  alla  Duchessa,  datate  appunto  da  Firenze. 

(2)  Cfr.  Campori,  L'Ara^-^eria  estense  negli  Atti  e  Memorie  Modenesi  e  Parmensi  del  1876,  e  Muntz, 
Histoire  de  la  T.,  p.  57.  Il  Carcher  aveva  un  fratello,  Giovanni,  che  restò  a  Ferrara  a  continuare  i  lavori  di 
arazzerla  per  gli  Estensi. 

(3)  Cfr.  la  Memoria  del  BraghiroUi  Sulle  manifatture  di  ara^^i  negli  Atti  dell'  Accademia  Virgiliana 
del   1879-80,  e  Kristeller,  A.  Mantegna,  Berlino-Lipsia,   1902,  pp.  220.  524. 


-  34  - 

11  decreto  è  di  questo  tenore  : 

'■   Federicus  Dux  ecc. 

•  Havendo  noi  condotto  in  questa  terra  Nicola  Carcher  di  Burselles  maestro  di  tappez- 
zarle perchè  l'habbia  da  tessere  per  la  corte  nostra  tappezzarle  secondo  crii  disegni  che  gli  faremo 
dare,  volemo  che  l'abbia  l'essentione  da  tutti  gli  dati]  per  lui  et  quelli  che  pigliarà  a  lavorar 
seco,  che  seranno  in  tutto  undeci  bocche,  acciò  che  facilmente  el  possa  aver  delli  operar!  et 
lavorare  con  maggior  comodità  sua.  Però  lo  essentamo  et  liberarne  dal  datio  della  macina,  dal 
datio  del  vino  et  di  qualunque  altra  cosa  chel  comprare  o  condurà  a  Mantova  per  il  viver 
delle  dette  undeci  bocche  per  tutto  il  tempo  che  a  tale  effetto  el  starà  qui,  comandando  alli 
spectabili  maestri  delle  entrate,  alli  datiarij  et  altri  officiali  nostri  aUi  quali  spetta  o  spettarla 
che  osservino  et  faciano  osservare  inviolabilmente  la  presente  essentione  al  predetto  Nicola  per 
tutto  il  tempo  chel  starà  qui  per  lavorarci,  non  obstante  ordine  alcuno  perchè  così  volemo  ha- 
vendolo  noi  condotto  a  posta  per  noi. 

T)al.  Mantuf   Vili  oclobris  1539.     (Decreti,  Libro  41.  carta  56)  ». 

Come  si  vede  il  Carcher  era  chiamato  a  Mantova  con  un  numero  discreto  di  operai,  non 
già  per  impiantare  una  fabbrica  di  rattoppi  e  rammendi,  ma  per  eseguire  de'  lavori  rilevanti  (i) 
su  disegni  espressamente  fatti,  certo  da  Giulio  Romano  <2)  dominante  allora  alla  Corte  in  tutta 
la  pienezza  del  suo  genio  lussureggiante. 

Senonchè  la  morte  precoce  del  Duca  Federico,  seguita  nel  1 540,  inceppò  subito,  se  non 
troncò  interamente,  l'attività  del  Carcher  e  della  nuova  fabbrica.  Il  Card.  Ercole  adoperò  an- 
cora, è  vero,  per  qualche  anno  l'artista  fiammingo  (3);  ma  non  potè  commettergli  opere  di  spesa 
ingente,  poiché  nell'amministrazione  dello  Stato,  crivellata  di  debiti  per  la  prodigalità  di  Fede- 
rico, si  vide  costretto  a  introdurre  ipso  facto  le  più  radicali  economie  (*>.  Il  Carcher  non  si  sa- 
rebbe trasferito,  come  udimmo,  a  Firenze  dal  1546  al  1552  se  Mantova  gli  avesse  offerto  inal- 
terate, prospere  condizioni.  La  morte  di  Giulio  Romano  coincide  con  la  partenza  di  Niccolò 
per  la  Corte  medicea. 

Dalla  quale  lo  vediamo  reduce  alla  gonzaghesca,  parecchi  anni  dopo,  riaccoltovi  dal  Duca 
Guglielmo  con  egual  numero  d'operai,  con  le  precedenti  immunità  ed  esenzioni  di  dazio. 

"  Guglielmus  ecc.  Condescendentes  votis  Magistri  Nicolae  Carcherae  de  Bruscelle  tapetum 
curiae  nostrae  confectoris,  qui  a  nobis  petendum  curavit  ut  exemptionem  sibi  concedere  velimus 
prò  duodecim  operariis  quos  exercet  in  dictis  tapetis  conficiendis,  tenore  praesentis  decreti...  con- 
cedimus  dicto  Nicolas  prò  dictis  duodecim  operariis  ipsis  per  id  tempus  quo  praedictae  curise 
nostrse  serviet  immunitatem  et  exemptionem  etc. 

XV  juìii  MDL\.     (Decreti,  lib.  44,  carta  220)  ». 

(1)  I  lavori  incominciarono  subito,  dacché  il  Crossino  scriveva  al  Duca  Federico  il  14  novembre  1539:  m  in 
questa  matina  ho  parlato  con  m.ro  JMicolIò  tapezero,  et  m'à  deto  aver  comenzato  a  lavorar  in  la  tapezaria, 
perhò  in  li  frissi  ». 

(2)  Per  la  gran  voga  di  Giulio  Romano,  come  disegnatore  di  cartoni  da  arazzi,  cfr.  oltre  la  nota  opera 
del  D'Arco  sul  Pippi  (Mantova,  1842,  pp.  85,  134),  il  Campori,  VAra-y\eria  Estense^  il  Wauters,  p.  117  sgg., 
il  Muntz,  Histoire  de  la  tapisserie,  p.  31,  che  scrive  addirittura:  «  on  dirait  qu'à  un  certain  moment  il  avait 
Tentreprise  de  toutes  les  grandes  suites  de  tapisseries  exécutées  »  in  Fiandra.  Il  Wauters  cita  degli  imitatori 
fiamminghi  di  Giulio:  il  successo  europeo  degli  Atti  degli  Apostoli  aveva  iniziato  un'era  nuova  nell'arazzeria, 
e  si  capisce  l'ascendente  acquistato  anche  in  Fiandra  dal  più  fantasioso  e  fecondo  scolaro  del  Sanzio.  I  pittori 
indigeni  avevan  dovuto  cedere  il  campo,  su  cui  avevano  esercitato  fin  allora  incontrastato  dominio  :  i  cartoni 
d'arazzi. 

(•5)  In  alcuni  lacerti  de'  registri  economici  del  Card.  Ercole,  posseduti  dall'Arch.  Gonzaga  (carte  Portioli, 
busta  VI)  troviamo  queste  annotazioni  rilevantissime: 

«  Adì  31  de  mazo  1542....  E  più  soldi  o  gr.  9,  dati  al  fachino  chi  a  porta  lana  tenta  perle  tape^arie  che 
fané  fare  il  p.to  R.mo  a  S.  Gorgo  ». 

"  A  dì  30  (aprile)  per  chiodi  per  doperare  a  S.  Gorgo  per   il  tapezero  ». 

(^)  Cfr.  nella  Miscellanea  Renier,  p.  65,  il  mio  studio  sulla  Prammatica  del  Card.  Ercole  contro  il  lusso. 


—  35  - 

Più  importante  assai  è  un  documento  dell'anno  dopo  ;  una  lettera  di  Endimio  Calandra  da 
Venezia  a  Pietro  Martire  Cornacchia,  cancelliere  ducale  : 

"  S.r  Cornaccliia  honorandissiuio.  Scrissi  da  Padova  a  m.  Gio.  Mocenigo  per  maestro  Niccolò 
tappezziere,  ma  mai  hebbi  risposta  da  sua  Signoria:  poi  che  son  venuto  qui  mi  ha  parlato  et 
s'è  doluto  molto  della  scortesia  usatagli  da  m/°  Niccolò  al  qual  dice  che  ha  mandato  doe  volte 
et  che  ad  un  gentiluomo  fece  la  più  impertinente  risposta  del  mondo.  Io  me  son  maravigliato 
che  maestro  Niccolò  che  suole  essere  la  dolcezza  et  amorevolezza  del  mondo  sia  diventato  così 
terribile  :  l'ho  escusato  che  V  ìnale  et  la  necessità  lo  dovevano  stringere  et  ho  cercato  di  placarlo. 
Ei  m'ha  detto  che  aspettava  di  veder  se  gli  osserva  quello  che  gli  ha  promesso,  di  portargline 
dei  pezzi  a  questo  Natale  ;  caso  che  no,  che  cercare  di  provvedervi  per  altro  mezzo.  Però  pre- 
gate maestro  Niccolò  che  non  manchi  di  venire  et  osservare  la  sua  parola,  che,  se  acquista  un 
puoco  di  credito,  qui  non  gli  mancare  mai  di  lavorare  ;  io  l'ho  scritto  molte  volte,  ma  a  me  pare 
che  non  l'intenda.  Io  fo  l'ufficio  anco  per  questa  volta  et  se  non  giova  non  potendo  tener  più 
questo  gentilhuomo  lasciarò  che  faccia  ciò  che  vorrà.  Se  porta  questi  doi  pezzi  di  tapezzaria 
bavera  denari  et  ciò  che  vorrà,  che  darà  ardire  che  si  possa  parlare  per  lui,  ma  in  tanto  tempo 
non  vedendosi  opera  alcuna  mal  si  può  parlare.  Et  qui  restandomene  al  servitio  di  V.  S.  me 
le  raccomando  in  gratia. 

Di  Vcneiia  il  primo  di  dicembre  del  LVI. 

Endimio   „. 

Da  questa  lettera  di  Endimio  si  posson  desumere  parecchie  circostanze  notevoli:  anzitutto 
che  per  il  Carcher  era  già  incominciata  la  decadenza  ;  poi,  che  non  bastandogli  il  lavoro  della 
Corte,  cercava  di  procurarsene  di  fuori  ed  aveva  ottenuto  delle  commissioni  da  un'illustre  fa- 
miglia a  Venezia.  Travagliato  però  dal  male  e  dal  bisogno,  non  sapeva  più  attendere  serena- 
mente all'arte  sua,  né  soddisfare  i  patroni  e  acquistarsene  di  nuovi.  Per  maritare  una  sua  figlia 
il  buon  Niccolò  nel  gennaio  del  1562  ricorse  al  Cardinal  Ercole  Gonzaga  —  assente  da  Man- 
tova perchè  incaricato  di  presiedere  il  Concilio  di  Trento  —  con  questa  supplica,  inedita: 

"  lU.mo  et  R.mo  Mons.re,  l'animo  generoso  di  V.  S.  Ill.ma  conosciuto  da  tutto  il  mondo 
et  provato  da  molti,  et  la  innata  et  real  bontà  qual  sempre  è  solita  V.  S.  Ill.ma  usar  verso  di 
tutti  quelli  che  a  lei  ricorrono  massimamente  verso  gli  suoi  servitori  ne'  lor  bisogni,  mi  ha  fatto 
sempre,  dall'hora  in  poi  ctì'io  fui  fatto  degno  di  servirla  in  questa  mia  arte,  star  con  ferma  spe- 
ranza che  la  non  mi  dovesse  mai  negar  cosa  alcuna  honesta  ch'io  li  chiedesse  né  abandonar 
nelle  mie  necessità  et  travagli],  ecc.... 

Vi  Mantova  l'itllimo  di  geiiaio  del  LXII. 

Di  V.  S.  Ill.ma 

Servo  aff.mo 
Maestro  Nicolò  Fiamingo,  tapezier   „. 

Fosse  o  no  esaudita  dal  Cardinale  la  preghiera  di  costituire  la  dote  per  una  delle  tre  figlie 
da  marito  che  aveva  il  Carcher,  questi  pochi  mesi  dopo  moriva;  e  ne'  registri  necrologici,  in 
data  31  ottobre  1562,  si  legge  appunto:  "  Nicolò  de  Carchar  tapezir  nel  borgo  di  S.  Giorgio 
morì  nell'età  di  64  anni  „.  Negli  stessi  registri,  del  febbraio  1540,  è  notata  la  morte  d'un  A- 
luisio  fiamingo  tapeciro  dell'ilLmo  Signor  nostro  (certo  uno  de'  compagni  del  Carcher)  avvenuta 
egualmente  nel  borgo  di  S.  Giorgio  :  e  tutto  ciò  conferma  pienamente  la  tradizione  mantovana 
che  in  quel  borgo  esistesse  una  fabbrica  di  arazzi,  durata  fin  oltre  la  metà  del  cinquecento  e 
spentasi  lentamente  con  la  decadenza  dell'artefice  brussellese,  chiamatovi  nel   1539. 


-  36  - 

Ma  che  in  essa  fabbrica  fosse  precisamente  eseguita  la  serie  degli  Atti  degli  Apostoli  non 
risulta  da  nessun  dato  positivo,  da  nessuna  testimonianza  documentale  :  né  son  riuscito  a  sco- 
prire donde  O  i  continuatori  del  Volta  attingessero  le  notizie  scodellate  con  tanta  asseveranza. 
Riferendosi,  senza  precisarle,  a  "  memorie  che  abbiamo  della  fabbricazione  di  detti  arazzi  „  di- 
cono tout  court  (111,  74)  che  il  Card.  Ercole  nel  1558  "  ordinò  che  dall'Arte  della  Lana  nel 
sobborgo  di  S.  Giorgio  si  desse  mano  a  quegli  arazzi,  che  istoriati  sul  disegno  di  Raffaello 
ecc.  ecc.   „. 

Da  quanto  i  documenti  ci  apprendono  del  Carcher  chi  può  mai  desumere  che  proprio  al- 
lora al  vecchio  e  querulo  artista,  distratto  da  molteplici  commissioni,  che  mal  riusciva  a  disim- 
pegnare, venisse  affidata  un'opera  di  tanta  mole? 

I  continuatori  del  Volta  sono  generalmente  esatti  nelle  date,  se  anche  spesso  hanno  il  torto 
di  non  indicarne  la  fonte;  e  quella  del  1558,  per  gli  arazzi,  fino  a  un  certo  punto  può  essere 
forse  attendibile  nel  senso  :  che  si  tentasse  allora  di  commettere  alla  fabbrica  di  S.  Giorgio  la 
serie  degli  Atti  degli  Apostoli,  ma...,   si  dovesse  subito   rinunciarvi. 

Ne'  citati  lacerti  de'  registri  economici  del  Card.  Ercole  vediamo  infatti  poco  di  poi  queste 
importanti  impostazioni  : 

14  marzo  1559  al  Piperario  "  per  piìi  spese  fatte  in  condur  da  Anversa  a  Mantova  più 
pezze  di  tappezarie  et  ricondute  da  Mantova  in  Anversa,  non  essendo  alla  satisfactione  di  S. 
Ill.ma  S.   „. 

22  marzo:  "  lU.mo  et  R.mo  Cardinale  de  dare  a  me  F'ilippo  Orsone  pletore  per  haver 
fatte  due  arme  per  mandar  in  Fiandra  di  comissione  di  S.  S.  R.ma  „  (cioè  quelle  tali  aquile,  se 
mal  non  m'appongo,  che  si  dovevan  cucire  agli  arazzi  colà  comperati). 

1 2  settembre  :  "  Balle  due  di  tapezarie  mandate  dal  M.'^"  Piperario  —  1 9  scudi  per  la  con- 
dotta „. 

Queste  due  balle  erano  certo  un  considerevole  invio:  rappresentavano  un  bel  numero,  una 
serie  d'arazzi  ;  e  nulla  vieta  di  supporre  che  si  trattasse  degli  Atti  degli  Apostoli,  tanto  più  se 
si  collega  l'annotazione  de'  registri  economici  a  una  lettera,  edita  dal  Campori  (2)^  con  la  quale 
il  Card.  Ercole  atfrettava  la  spedizione  di  tappezzerie  impazientemente  attese. 

Ad  ogni  modo  l'acquisto  diretto  di  arazzi  fiamminghi  riesce  inesplicabile  e  inconciliabile 
con  una  produzione  abbondante  della  fabbrica  di  S.  Giorgio  ;  e  tutto  quindi  concorre  a  mettere 
fuori  questione  il  Carcher  e  suoi  cooperatori,  i  quaU,  a  giudicare  da  altri  cenni  de'  registri  eco- 
nomici cit.  sembra  si  fossero  specializzati  nel  lavorare  i  velluti. 

13  marzo   1559:  spese  fatte   "   per  ricamar  tapezarie  di  veluto  morello   „. 

26  aprile:  "  M.ro  Julio  di  Ferrari  velutar :  veluto  con  fondo  d'argento  per  far  frisi  su  tap- 
pezarie di   S.  S.  Ill.ma   „. 

"   Onze   5    1/2  de  oro  per  bisognio  di  ricamar  le  tappezarie  di  veluto  rosa  secha   „. 

Per  concludere,  quanto  agli  Atti  degli  Apostoli  e  al  Carcher,  l'opera  sua,  prescindendo  pure 
dalla  marca  brussellese  e  da'  monogrammi  indecifrati  de'  tappezzieri,  può  essere  assolutamente 
eliminata  per  un  doppio  ordine  di  considerazioni  : 

nel  primo  periodo  del  suo  soggiorno  a  Mantova,  per  la  morte  precoce  del  Duca  Federico, 


(1)  II  Bettinelli  (che  nel  Passavant,  II,  245  diventa  Bettelini)  nelle  Lettere  e  Arti  A4antovans,  del  1774, 
p.  82,  si  limitò  a  registrare  la  tradizione  raccolta  dal  Coddè  che  gli  arazzi  eran  stati  «  forse  ad  Ercole  lasciati 
dallo  zio  Sii^ismondo  ». 

(2)  Nelle  Lettere  artistiche  del  Campori  (Modena,  i86ó,  p.  34)  è  riprodotta  questa  lettera  del  Card.  Er- 
cole a  m.  Giulio  Della  Valle:  «  M.  Carlo  Peveraro  che  mi  ha  comperato  alcune  tapezarie  in  Fiandra  mi  scrisse 
una  sua  lettera  alli  X  del  passato  facendomi  sapere  ch'erano  già  quindici  di  che  esso  me  le  haveva  inviate  », 
Non  giunsero  ancora  e  ne  sollecita  ardentemente  rinvio  (Mantova,  24  luglio  1559)- 


-  37  - 

per  la  rigida  limitazione  impostasi  nelle  spese  non  strettamente  necessarie  dal  Card.  Ercole,  pel 
trasloco  dell'artista  a  Firenze  ; 

nel  secondo  periodo,  per  la  vecchiaia  del  Carcher,  per  gli  acquisti  del  Peveraro  in  Fiandra, 
i  quali  lasciano  arguire  come  la  fabbrica  di  S.  Giorgio  fosse  omai  limitata  a  piccole  ripara- 
zioni e  a  qualche  oggetto  di  lusso,  e  cessasse  d'essere  attiva  con  la  morte  di  maestro  Niccolò: 
tanto  che  il  BraghiroUi  e  il  D'Arco  finirono  per  contestare  che  nel  Cinquecento  avesse  conti- 
nuato ad  esistere  ! 


ì  "  FRUCTUS  BELLI  „  DI  GIULIO  ROMANO 

Val  la  pena  di  riferire  dal  catalogo  del  Birk  la  descrizione  di  questa  serie  d'arazzi,  che  fu 
disegnata  da  G.  Romano,  e  insieme  alla  solita  marca  brussellese  di  fabbrica  reca  un  mono- 
gramma complicatissimo  di  tappezziere. 

1.  Altezza  4  metri  e   19  centimetri;   larghezza   5,27. 

L'arruolamento  e  la  caparra  :  il  condottiero  ad  una  lunga  tavola  ha  accanto  a  sé  de'  com- 
militoni che  contano  il  denaro. 

Una  tabella  sull'alto,  nel  mezzo,  sorretta  da  due  genii  reca  la  scritta  fnidus  belli  [scritta, 
ripetuta  in  tutti  i  pezzi  della  serie]. 

2.  Alt.  4,16  ;  largh.  6,48. 

Scene  del  campo  :  requisizione  di  viveri.  Sul  davanti  una  mula  che  nel  frontale  e  ne'  pa- 
raocchi ha  l'arma  dei  Gonzaga. 

3.  Alt.  4,21;  largh.   5,65. 

Una  città  espugnata,  in  fiamme.  Fuga  degli  abitanti  dinnanzi  a'  guerrieri  che  saccheggiano 
e  incendiano. 

4.  Alt.  4,08  ;  largh.  7,06. 

Assedio  ed  espugnazione  d'una  città  cinta  d'acque.  A  destra,  dietro  cesti  di  fascine,  dieci 
cannoni  ;  nel  mezzo  il  generalissimo,  con  de'  prigionieri  innanzi  a  lui. 

5.  Ah.  4, 16  ;  largh.  7,36. 

11  generahssimo  col  suo  seguito  a  battaglia  finita  cavalca  sul  campo  della  lotta,  seminato 
di  cadaveri.  A  sinistra,  prigionieri  e  feriti. 

6.  Alt.  4,1 1  ;  largh.  4,80. 

Banchetto  festivo  de'  guerrieri  vincitori.  A  sinistra,  de'  villani  recano  agnelli,  polli  ecc.  Da 
un  edificio  centrale  sventola  la  bandiera  gialla,  striata  di  nero,  de'  Gonzaga. 

7.  Alt.  4,19;  largh.  7,77. 

Corteo  trionfale  del  Duce,  con  la  Vittoria  a  lato,  e  preceduto  da  portatori  di  trofei. 

8.  Alt.  4,14;  largh.  6,55. 

Premi  e  castighi.  11  Duce  seduto  sul  trono,  mentre  due  genii  gli  tengon  sospesi  sul  capo 
allori  e  palme,  incorona  la  fronte  d'un  guerriero  inginocchiatogli  innanzi.  A  sinistra,  esecuzione 
capitale  di  prigionieri. 

Una  seconda  serie  di  8  arazzi  ripete  le  stesse  scene,  talora  dividendole  in  due  parti  :  ma 
è  assai  mal  conservata  e  piena  di  rammendi. 


Come  e  quando  questi  frudus  belli  entrassero  nella  collezione    viennese  il  Birk  non  dice; 
né  io  ho  modo  d'accertare. 


_  38  - 

Probabilmente  son  da  comprendere  tra  le  opime  spoglie  dei  sacco  del  1 630,  o  meglio  an- 
cora tra  le  suppellettili  che,  morto  l'ultimo  Duca  di  Mantova,  via  via  finirono  a  Vienna  ('). 

Nella  mia  Gallerìa  de'  Gonzaga  dissi  quel  poco  che  si  sa  (p.  78  sgg.)  sulle  depredazioni  del 
1630.  La  grotta  d'Isabella  d'Este  fu  allora  la  più  manomessa:  di  essa  diedi  l'inventario  nel- 
VArch.  St.  Lombardo  del  dicembre  1908,  e  si  ha  la  certezza  che  p.  e.  la  celebre  medaglia  della 
Marchesa,  contornata  di  brillanti,  esistente  a  Vienna,  va  restituita  a  Mantova. 

Molti  bronzi  viennesi  illustrati  dal  Hermann,  come  opere  ài&W Antico,  nello  Jalirbiich  au- 
striaco del  1909,  portano  sotto  la  base  le  iniziali  B.  Isabella  M.  M.,  e  anche  questi,  come  il 
prezioso  cimelio  di  G.  Cristoforo  Romano,  possono  a  buon  diritto  essere  rivendicati. 

Altrettanto  dicasi  pel  superbo  onice  del  Museo  di  Brunswick,  illustrato  da  G.  Lanzoni, 
Presidente  del  Comitato  prò  Palazzo  Ducale. 

La  Reggia  de'  Gonzaga  potrebbe  forse  esser  ripristinata  almeno  quale  la  trovò  e  avrebbe 
dovuto  lasciarla  lo  sciagurato  Ferdinando  Carlo,  se  i  nostri  giuristi  profondamente  studiassero 
la  questione  dell'eredità  dell'ultimo  Duca. 

Come  ho  detto  nella  Gallerìa^  pp.  86,  316,  questi,  dichiarato  fellone  dell'Impero  e  decaduto 
dal  feudo,  arraffò  il  meglio  che  poteva  del  Palazzo,  rifugiandosi  a  Padova  e  Venezia;  morto 
indi  a  poco,  la  sua  eredità  fu  aggiudicata  dalla  Quarantia  Criminale  di  Venezia  al  Duca  di 
Lorena,  discendente  d'una  Gonzaga,  ed  è  cosi  che  poi  pervennero  in  casa  d'Absburgo  tante  re- 
liquie stupende  del  gonzaghesco  naufragio. 

Era  l'eredità  legittima  ?  No,  sicuramente  :  lo  Stato  mantovano  non  doveva  esser  defraudato 
e  travolto  nel  fallimento  del  Duca. 

L'inventario  de'  beni  di  Ferdinando  Carlo  esiste  a  Verona,  cod.  48  degli  Archivi  del  Co- 
mune :  ne  diedi  un  estratto  nella  Gallerìa  :  accennai  che  v'era  una  "  profusione  di  oggetti  d'oro 
e  d'argento  da  sbalordire   „.  Persino  i  vasi  da  notte  eran  d'argento!.... 

Si  faccia  dunque  un  esame  coscienzioso  degli  atti  del  processo  di  ventilazione  ereditaria, 
esistente  a  Venezia  :  si  trascriva  integralmente  il  cod.  veronese  48  ;  e  in  base  a  questo  mate- 
riale si  promuovano  eventualmente  le  pratiche  di  rivendicazione  dell'armeria,  de'  bronzi,  de' 
quadri  ecc.  sparpagliati  ne'  musei  di  Vienna,  nel  già  imperiale  tesoro  ecc.,  per  restituire  alla 
Reggia  de'  Gonzaga  chi  sa  quanta  parte  del  suo  antico  splendore. 


(1)  Il  Braghirolli  avverti  che  gli  otto  arazzi  Fructus  belli  erano  compresi  in  un  inventario  ducale  del  1704, 
e  non  figuravano  più  nel  successivo  inventario  austriaco  del  1787.  Li  aveva  dunque  asportati  Ferdinando  Carlo.... 
o  l'Austria:  nelPun  caso  e  nell'altro  dovrebbero  assolutamente  tornare  a  Mantova  questi  arazzi  disegnati  da 
Giulio  Romano,  e  forse  eseguiti  da  quel  Jehan  Baudouyn,  di  cui  U.  Rossi  pubblicò  un'importante  lettera  nel- 
V Archivio  storico  dell'arte  del   1889,  p.  252. 

Presumibile  origine  gonzaghesca  hanno  pure  i  molti  arazzi  viennesi  elencati  dal  Birk,  con  le  storie  di  Mosè, 
di  Alessandro,  di  Enea  e  di  Didone.  In  un  inventario  edito  dal  Braghirolli  del  1679  si  trovano  appunto  descritti  : 
uno  stupendo  «  paramento  di  arazzi  detti  di  Mosè  »  valutato  1 8  mila  ducati  «  per  essere  paramento  raro  »  ;  e 
un  «  paramento  d'arazzi  detti  di  Enea,  stimato  ducatoni  9  mila   u,  tee. 

Varrà  davvero  la  pena  di  far  indagini  accurate  per  nuove  rivendicazioni,  che  ripopolerebbero  di  ornamenti 
inestimabili  le  nude  pareti  dcU'ex-Palazzo  ducale. 


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Particolare  del  "  Pasce  oves  meas  .. 


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Particolare  della  "  Guarigione  del  paralitico  ,,. 


Particolare  della  ''  Morte  d'Anania 


Particolare  dell'  "  Elima  accecato 


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Particolare  del  "  S.  Paolo  e  S.  Barnaba  a  Listra 


Particolare  della  '*  Predicazione  di  S.  Paolo  ,,. 


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Giove,  Giunone,   Nettuno,  Cerere.        le  Ore;  Bordo  sinistro  della       Le  Stagioni:    Bordo   destro  della       Arti  e  Scienze:    Bordo  destr 
Bordo  destro  della  "  Guarigione  del  paralitico  li.  u   Guarigione  del  paralitico    •.  della    «  Morte  d'Anania  » 

<'  Pesca  miracolosa  », 


ArtieScienz 

e  :  Bordo  destro  della 

Fatiche  d'Ercole:  Bordo 

Fatiche  d'Ercole:  Bordo  destro 

"   Lapidazif 

me  di  S.  Stefano  ».        s 

inistro  dì   .   S.  Paolo  a  Listra   » 

di   ..  S.  Paolo  a  Listra   ... 

Le  Virtù  Teologali:  Bordo  destro 
della  «  Predicazione  di  S.  Paolo  n. 


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Dalla  "  Pesca  miracolosa 


Dair  "  Elima  accecato  ,,.  Da  "  S.  Paolo  a  Listra  „ 

Saggio  dei  restauri  eseguiti  dalla  Carré  Lorenzini  visti  dal  rovescio  degli  arazzi. 


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