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LIBRARY OF
WELLESLEY COLLEGE !
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GIFT OF
May L. Jacobs, *05
GLI ARAZZI RAFFAELLESCHI
ALESSANDRO LUZIO
GLI ARAZZI DEI GONZAGA
RESTITUITI DALL' AUSTRIA
BERGAMO
OFFICINE DELL'ISTITUTO ITALIANO D'ARTI GRAFICHE
1919
Il Cardinal Ercole Gonzaga, morto a Trento nel i ^ ó } , Presidente del Concilio,
lasciò con suo testamento del 2 marzo al nipote Guglielmo « le tapezarie nominate
delli Atti delli Apostoli, per honorare la Chiesa di S. Barbara, novamente da Sua
Ecc. eretta »; e il Duca a sua volta, con atto di ultima volontà del 13 maggio 15Ó9,
intese comprenderli tra le svariate suppellettili, di cui a dovizia dotò la sua predi-
letta « Basilica Palatina ».
Per più di due secoli gli arazzi continuarono ad ornare il tempio''*: il lungo
uso e in parte anche l'incuria degli scaccini deteriorò que' preziosi addobbi per modo
da ispirare a' Canonici l'idea d'una permuta.
Fra gli atti dell'amministrazione del Palazzo Ducale si conserva tuttora la mi-
nuta della lettera (doc. II) che il Sovrintendente della Reggia stese nel 177Ó a nome
del Capitolo per proporre il cambio degli arazzi con la quantità di damasco occor-
rente ad apparare la chiesa.
L' istanza fu accolta senza difficoltà dal governo di Milano e dalla Corte di
Vienna; anzitutto perchè già nel 1771 s'era egualmente concesso ai Canonici di di-
sfarsi di vecchi arredi per procurarsene de' nuovi; poi, perchè alla spesa necessaria
avrebbe provvisto (non la munificenza sovrana) ma il Magistrato Camerale co' fondi
provinciali dello Stato di Mantova, avente tuttora un'amministrazione autonoma e bi-
lancio separato dalla Lombardia austriaca.
(1) Il DoNESMONDi, Storia ecclesiastica, Mantova, 16 16, II, 214, scrive: « nelle feste di cappella s'appara
la parte superiore del coro d'arazzi finissimi di seta (sic) con V istorie intessute degli atti apostolici, e l'inferiore
di velluti con fregi grandi di broccato ; eccetto nelle domeniche d'avvento e di quaresima che s'adoprano tapez-
zarie di lana. » Cfr. Cadioli, Descri-yione delle pitture ecc., Mantova, 1763, p. 24.
Gli improvvidi autori del cambio si accorsero dopo tre anni che il tappezziere
aveva fatto male i suoi conti. A completare l'addobbo del tempio mancavano altri
800 fiorini di damasco. Fu rinnovata analoga istanza : e anche questa venne facil-
mente esaudita dalle autorità superiori di Milano e di Vienna, perchè, beninteso, al
pagamento avrebbe supplito la R. Ducal Camera.
Fu di sua iniziativa (doc. Ili) che il Magistrato Camerale in occasione di questa
nuova supplica de' Canonici volle indagare che cosa fosse avvenuto degli arazzi raf-
faelleschi: e quale uso ne avesse fatto l'amministrazione del Palazzo Ducale, presso
cui erano stati depositati sino dal settembre 177Ó (doc. 1). Così, soltanto tre anni
dopo la permuta, se ne accertò il deplorevole stato: e l'urgenza assoluta d'un re-
stauro o rammendo.
Dopo qualche recriminazione: anzi dopo qualche buona lavata di capo a chi
non aveva tutelato abbastanza gli interessi deìVerano, il Magistrato Camerale decise
di tentare un esperimento di restauro su due de' nove pezzi. Riuscì superbamente
la prova; ed allora la riparazione di tutta la serie venne affidata alla ricamatrice
mantovana Antonia Carré Lorenzini, che doveva operare sotto la direzione e la vi-
gilanza del pittore Bottani.
Maria Teresa, il Principe di Kaunitz, il Firmian, approvarono (quand' era già
votato) il nuovo sacrificio imposto aWerario, felicitandosi che si fosse scoperta a
Mantova un'artefice miracolosa e inaugurato un nuovo ramo d'industria.
Pare invero che la Carré Lorenzini possedesse una maestria prodigiosa, poiché
tutti i contemporanei esaltarono, mercè sua, ridonati gli arazzi raifaelleschi a nuovo
splendore; al Bottani ed a lei furono perciò prodigate ditirambiche lodi.
L'erudito mantovano Girolamo Coddè, in una lettera inedita, posseduta dall'arch.
Gonzaga (doc. IV), dopo aver osannato alla Carré, riferisce un sonetto dedicatole dal
conte Bulgarini Luigi, che aveva tra gli arcadi l'eteroclito nome di Eugilbo Callideo,
e que' suoi non spregevoli versi fece stampare nel 1780 dalla tipografia ducale di
Piacenza, su un gran foglio adorno di bei ghirigori.
L'elogio migliore della Carré sta per altro nel fatto che i 9 arazzi, poc'anzi
inservibili, vennero subito compresi nell'Inventario delle suppellettili di corte del
settembre 1781 per la somma di L. 6^.017 mantovane (ló mila circa di nostra mo-
neta): e alla spesa del restauro se ne volle aggiungere un'altra anche più ragguar-
devole, costruendo un appartamento speciale, che degnamente ospitasse que' risorti
capolavori e con essi formasse un « tziito inscindibile ».
L'ex-appartamento Verde fu rifatto di pianta per la collocazione degli arazzi :
diresse i lavori il celebre architetto Paolo Pozzo; del quale rimangono tra gli atti
del Magistrato Camerale tutti i conti relativi alla spesa, sostenuti more, solito da' fondi
provinciali. L'appartamento Verde trasformato costò 1125Ó1 lire mantovane (29 m.
circa di nostra moneta): perchè la decorazione riuscisse in tutto « corrispondente
alla nobiltà degli arazzi ».
Le bufere, che imperversarono su Mantova, dal 1797 in poi, se pure apporta-
rono gravi, lacrimevoli danni al Palazzo Ducale, rispettarono luttavolta gli arazzi :
su cui nessuna mano predatrice si stese neanche quando tanti cimeli dell'arte ila-
Hana eran tratti « a miseranda servitude oltre l'Alpi ».
Egli è che il Palazzo Ducale era compreso, anche sotto il governo napoleonico,
tra' beni nazionali, insieme a' Palazzi Reali di Milano, di Monza : com' era detto
espressamente nel primo articolo del terzo statuto costituzionale (del 1805: Titre I,
Des Biens de la Couronne; article premier: Les propriétés de la Couronne sont
Le Palais de Mantoue, le Palais du The, et le palais ci-devant Ducal à Modène) ;
gli arazzi rimasero intatti, perchè dovevano conferire stabilmente « à ce qu'exige la
splendeur du tròne » come ogn'altra suppellettile d'una Reggia.
Illesi dalle spogliazioni napoleoniche, restarono gli arazzi infissi alle pareti del-
l'appartamento Verde sino al maggio i8óó, quando un ordine dell'Imperatore Fran-
cesco Giuseppe li fece trasportare a Vienna per essere mterinalmentc esposti nel
Museo austriaco d'arte e d'industria (doc. V).
Furono allora staccati da certo Lorenzo Fini falegname che s' incaricò anche
della spedizione; e dovette aspettare ad essere soddisfatto, della mercede spettategli,
dal governo italiano ! . . .
Particolare curioso, che non va trascurato: poiché dà come l'ultima pennellata
al quadro, e dimostra quanto arbitraria e caparbia fosse la convinzione del penultimo
Kaiser di casa d'Absburgo, che quegli arazzi considerava proprietà intangibile dina-
stica, dovuta al mecenatismo di Maria Teresa, e sulla quale perciò non tollerava di-
scussioni neppure accademiche.
Il compianto conte Nigra, a cui più volte m'accadde di esporre gli evidenti di-
ritti di Mantova al ricupero degli arazzi, esclamava: « Ma volete far la guerra per
que' gonzagheschi cimeli? E' uno degli argomenti che l'Imperatore non lascia inta-
volare senza inalberarsi! ».
Quando l'Accademia Virgiliana, a corredo d'una mia Memoria del 191 3, osò
avanzare domanda che almeno ci fosse lecito commettere la riproduzione fotografica
degli Atti degli Apostoli^ l'i. r. Maggiordomo oppose il più reciso e men cortese
diniego !
La guerra deprecata dal conte Nigra ha dunque troncato nettamente, anche su
questo punto, le vecchie contese. Le vedove sale dell'appartamento Verde, che da
oltre mezzo secolo parevano, co' lor nudi telai, aspettare e invocare desolatamente
il ritorno de' gloriosi arazzi, sfolgorano alfine nuovamente superbe del riconquistato
ornamento. Eccellenti riproduzioni fotografiche sono a disposizione de' critici d'arte
per istituir confronti con gli originali londinesi e vaticani e con le altre serie di
Vienna stessa, di Madrid, di Parigi, Berlino, Dresda, Milano, Loreto... *'\ Il visitatore,
raramente ammesso ne' penetrali di Schònbrunn, ove 800 Gobelins erano più am-
massati che esposti, potrà ora a suo agio pascer gli occhi in una delle megho con-
servate interpretazioni fiamminghe di un'opera portentosa, che racchiude l'espressione
più alta, più matura del genio di Raflfaello, quasi sollevato sopra se stesso, al contatto
immediato con Michelangelo. Gli arazzi vaticani eran destinati a decorare la parete
inferiore della Cappella Sistina : e il Sanzio parve raccogliere, nell' arduo cimento
col rivale titanico, tutta la sua potenza creatrice, per disposare alle maggiori squisi-
tezze dell'arte classica la più augusta e commovente poesia del Vangelo.
Non intendo invadere un campo non mio, addentrandomi nelle questioni mol-
teplici che si connettono *'^ alla suite mantovana degli Atti degli Apostoli (incompleta
in quanto vi manca il decimo pezzo con la figurazione di S. Paolo in carcere). Mi
basterà semplicemente additare gli elementi precipui delle discussioni a cui dà luogo
questa riproduzione, valutata tra le più antiche e più splendide. (« Un des exem-
plaires les plus précieux », dice il Muntz).
La marca di fabbrica (un piccolo scudo triangolare tra due B che gli arazzieri
fiamminghi furono nel 1^28 obbligati ad apporre alle loro produzioni) non lascia
più dubbio che fossero i 9 arazzi eseguiti a Bruxelles : sebbene anche il Birk non
(1) Dalle indicazioni del Birk che illustrò X intera collezione degli arazzi viennesi x\t\X Annuario de' Musei
imperiali del 1883-1884 (Jahrbuch der Kiinsthistorischen Sammlimgeìi des allerìitìchstcn Kaiserhauses, 1884,
pp. 208-215) s'apprende che un'altra serie di Atti degli ^jpos/o/z raffaelleschi, oltre la mantovana, era posseduta
dagli Absburgo: quella acquistata nel 1804 dalla famiglia Ruffo di Napoli. Eseguita a Bruxelles e recante un mo-
nogramma G A indecifrabile, fu oggetto di trattazione speciale nei Sitr^iingsberichte dell'Accademia delle Scienze
di Vienna, Sezione storico-filosofica, voi. XXMII, p. 556.
Per le altre serie di Atti degli Apostoli cfr. Waagen, Die Cartons von Raphael in besonderer Be\iehung
auf die nacìi denselben gewii-kten Teppiche in der Rotonde des kSniglìchen Miiseums lu Berlin, Berlin, 1860;
Wauters, Les tapisseries bruxelloises, Bruxelles, 1878 (p. 105 sgg.); Passavano, Raffaello d'Urbino, trad.
it. di G. Guasti, Firenze, 1889, voi. Il, p. 244 sgg.; Cavalcaselle e Crowe, Raffaello, Firenze, 1890, voi. II,
p. 361 sg. ; e Muntz, Histoire de la Tapisserie cn Italie, Parigi, 1878-84, e Les Tapisse?~ies de Raphael
au Vatican, Parigi, 1897 (p. 24 sgg.).
Il berlinese illustrato dal Waagen è l'esemplare tessuto in oro, superbo, posseduto già da Enrico Vili Re
d'Inghilterra; quello di Dresda, secondo il Wauters (p. 107) consta di sole sei pezze che « peuvent étre cite'es
parmi les plus belles que Fon puisse rencontrer pour la finesse du travail et pour la conservation. » A Milano,
secondo il Muntz, esisterebbero nel Palazzo Reale quattro pezzi e sette nella collezione Melzi (donati da Maria
Teresa al Firmian). L'esemplare di Madrid parrebbe quello che più si raccosti al mantovano ; le repliche delle
collezioni parigine provengono o dall'officina dei Gobelins o dalla fabbrica inglese di Mortlake, e sono del sec.
XVII. (I Nul doute que Van Dyck, qui se trouvait alors au service de Charles I, n'ait dirige l'exécution des
bordures » di Mortlake, « d'une beante achevée. » Una di queste bordiires attribuite al Van D^xk riprodusse
il Muntz nella sua opera divulgativa la Tapisserie, ed. Quantin, p. 301.
(2) Tanto meno avventurarmi nel pelago delle dispute interminabili su la maggiore o minore partecipazione
personale di Raffaello ai « cartoni i>. Qualche critico tedesco esagerando stranamente pretese addirittura che il
Sanzio (1 non abbia fatto altro che abbozzare in fretta i primi schizzi, lasciandone lo sviluppo al Penni » od
altro discepolo. La « letteratura dell'argomento » è benissimo riassunta nel Leone X del Pastor (voi. IV,
cap. XI, 2 della Geschichte der Pàpste ; cfr. traduzione it. del Mercati^ : l'analisi artistica più profonda e fine
in Cavalcaselle, II, 312 sgg.
abbia saputo decifrarne i monogrammi intrecciati insieme o alternantisi di tappez-
zieri
(1)
Non può stabilirsi l'epoca esatta dell'acquisto : ma è affatto da escludere che
fossero procurati a Mantova dal card. Sigismondo Gonzaga, morto nel 1325. Le in-
segne cardinalizie gonzaghesche inserte agli arazzi son da riferire ad Ercole : il quale
certamente non possedeva ancora gli Atti degli Apostoli nel 1 5 p . Assillato da non
si sa quali apprensioni di -morte precoce, dettò in quell'anno il suo testamento, no-
minando erede universale il fratello Ferrante: legava alla Cattedrale di Mantova « ta-
pezarie et alia hujusmodi quot capiat valor scutorum quingentorum » e la esiguità
della somma ^^' dirime affatto la possibilità che nelle « tapezarie » fossero incluse le
raffaellesche. L'acquisto va probabilmente datato di alcuni decenni più tardi (1559),
per le poco prospere condizioni economiche in cui il giovane porporato si dibatteva,
sino a che per la morte del Duca Federico divenuto Reggente e rassodato 1' erario
potè indulgere al suo mecenatismo artistico.
Che la serie non fosse espressamente commessa da Ercole, malgrado le aquile
sovrapposte ad ogni pezzo, si è potuto ora assodare con la più convincente consta-
tazione di fatto. Le aquile furono cucile aprcs coiip^ non già tessute in origine :
indizio irrecusabile che il Cardinale comperò una delle riproduzioni parecchie, che,
per corrispondere al desiderio di ricchi collezionisti, le officine di Bruxelles potevano
sempre approntare, valendosi de' cartoni originaH colà rimasti, e dimenticati per la
fulminea morte di Raffaello prima, di Leone X poi. Nel ió}o ve h rintracciò ancora,
laceri, mutili, il Rubens : fu lui che indusse Carlo I d'Inghilterra a riscattarli ; la
reazione stessa de' puritani li rispettò, e 7 cartoni son conservati tuttora al Museo
di South-Kensington. Eran disparsi da tempo i cartoni della Conversione di Saulo^
del 5. Paolo in carcere^ della Lapidazione di S. Stefano, né poterono essere sco-
vati dal Rubens, che, avendo vissuto a Mantova i più begli anni della sua giovinezza,
era stato certo incitato a quell'amorosa ricerca dallo spettacolo sempre vivo dinanzi
a' suoi occhi degh arazzi di S. Barbara.
Un'altra prova palmare che gli artefici brussellesi non avevan ricevuto alcuna
ordinazione diretta da Mantova emerge dall'assenza completa di « decorazioni » at-
tinte dalla storia dinastica de' Gonzaga. Leone X, che forse s'era lasciato effigiare da
Raffaello nella Predica di S. Paolo (il personaggio collocato immediatameute dietro
l'apostolo concionante ci ricorda almeno il paffuto e floscio faccione papale), aveva
(') Cfr. doc. VI e l'Appendice I sulla fabbrica mantovana di arazzi a S. Giorgio.
(2) A Leone X ogni pezzo degli Atti degli Apostoli aveva costato 1500 ducati: e per quanto più modeste
le repliche de' nove arazzi importavano certo ben altra somma che quella irrisoria di 500 scudi, legata da
Ercole al Duomo!
voluto che episodi della sua vita anteriore al Pontificato fregiassero Io zoccolo degli
arazzi dedicati a S. Pietro.
Come ognun sa, Raffaello assiepò le grandi rappresentazioni centrali con fasce
ornamentali — di cui purtroppo son completamente disparsi i cartoni — che furon dette
formare da sole un poema : non inferiori alle Loggie Vaticane per ricchezza di mo-
tivi, forse superiori per purezza di gusto. Le decorazioni laterah perpendicolari, che
rispondevano a' pilastri della Cappella Sistina, hanno su fondo bianco o d'oro grot-
tesche a colori: a intervaUi si raggruppano, tra vasi e rami, figure allegoriche di
sovrana bellezza, simboleggianti le Parche, le Stagioni, le Ore, le Virtìi teologah, le
fatiche d'Ercole; e sormontate dall'arma medicea. Queste decorazioni dovevano anche
pel soggetto, in virtù dei contrasti, dar risalto alla rappresentazione centrale. « Così
non è meramente casuale che le Parche e le Stagioni incornicino la collazione a
Pietro del supremo ufficio di Pastore. Qui il contrasto sta anzitutto nel potere delle
Ore e delle Parche su' corpi umani, e nel potere delle chiavi del rappresentante di
Cristo sulle anime degli uomini » ^'\ Lo zoccolo degli arazzi contiene piccole figure
a colore di bronzo dorato, composte a foggia di fregio. Sotto le scene dedicate a
S. Paolo, si riferiscono alle rappresentazioni principali, di cui completano la narra-
zione; p. e. sotto la Conversione è figurato Saulo che perseguita i cristiani, dan-
nandoli a morte ; sotto 5", Paolo che predica in Atene, si vede l'apostolo che esercita
l'arte del tessitore, od è da' giudei schernito a Corinto ecc. Per la serie degli Atti
di S. Pietro impose appunto il Papa che nello zoccolo campeggiassero le sue gesta
anche meno gloriose prima dell'assunzione alla tiara : e qua lo si vede fuggir da Fi-
renze vestito da frate, mentre il partito ami-mediceo gli saccheggia l'avito palazzo;
là, esser fatto prigioniero alla battaglia di Ravenna, per salvarsi una seconda volta
con la fuga, travestito da donna,... e via via, altre consimili non epiche vicende,
sino alla sua partenza pel Conclave del i ^' i ^ e successiva adorazione de' Cardinali
al neo-eletto Gerarca. « Les fils de la fortune (ha notato argutamente il Burckhardt
nel Cicerone^ trad. Gerard, II, Ó92) trouvent que mème ce qui ne leur a pas réussi
est remarquable et digne d'étre célèbre par un monument... ».
Orbene gli arazzieri brussellesi della suite mantovana (le magnifiche riprodu-
zioni mi dispensano dall' indugiarmi ne' particolari) pei fregi laterah e per gli zoc-
coli si sono più o meno arbitrariamente staccati dagli originali vaticani.
Ne' fregi si abolirono le grottesche quasi del tutto perchè presentavano mag-
giori difficoltà d'esecuzione : si accrebbe il numero delle figure allegoriche, più age-
(•) Cosi almeno assevera il Piper, Mythologie der christlichen Kunst, II, 340, cit. dal Pastor. Il Muntz
nelle Tapisseries riprodusse in fototipia tutte le decorazioni, delle quali non s'avevano prima che le stampe del
Volpato. Su esse cfr. un acuto studio del Gerspach negli Atti del Congresso storico internazionale di Roma,
VII, 315.
voli alla tessitura. Si ripetettero su ben sei arazzi dall'un lato e dall'altro gli stessi
motivi ornamentali in « contro-parte », in guisa da farsi « pendant » ; e questo dis
non richiesto accusa povertà inventiva, scarsezza di buon gusto ^'^ mentre conferisce
all'intera serie un carattere men lussuoso, più economicamente modesto. Di fatto
troviamo molti di questi fregi, anche più grossolanamente, ripetuti tal quali come
disegno in altre suùes d'arazzi di soggetto diverso : p. e. nella Scoria di Mosc, come
ce ne offrono prova lampante le illustrazioni accodate al catalogo del Birk. Ivi ri-
scontriamo e le Virtù teologali e le Ore e le Stagioni di Raffaello: e più ancora
quelle allegorie della Musica, della Geometria, dell'Astronomia, dell'Aritmetica, che
fanno parte degli arazzi raffaelleschi di Mantova e Madrid e che il Gerspach (p. 325)
ragionevolmente suppose provenissero da disegni perduti del Sanzio o di suoi scolari.
Circostanza rilevantissima, la Storia di Mosè reca (doc. VI) i due principali monogrammi
degli artefici della suite mantovana degli Alti degli Apostoli I
Nella quale dobbiamo purtroppo vivamente deplorare che gli zoccoli raffael-
leschi venissero totalmente cambiati : anche quelli della serie di S. Paolo, sacrificati
senza necessità e senza scusa. La parte episodica peculiarissima della biografia di
Leone X e della storia fiorentina si comprende bene che non potesse per ovvie
ragioni esser riprodotta nelle repliche destinate ad altri acquirenti: ma nulla vietava
di attenersi agli arazzi vaticani per le fasce di base degli Atti di S. Paolo. Create
così, anche a capriccio, due gravi falle, bisognava provvedere con acconcie sostitu-
zioni, con prelibate invenzioni ; e gli artefici fiamminghi o chi per essi s'appagarono
(a me pare) di riempitivi, che nuocciono all'effetto generale, malgrado 1' eccellente
tecnica tessile. Contemplando que' zoccoli, oserei quasi dire da osservatore profano,
acciabattati, si rimane colpiti da' toni troppo chiari, d'un giallo quasi slavato: e più
ancora da un non so che di slegato, incongruo, enigmatico nelle figure e nell'azione.
Tranne qualche episodio delle Fatiche d'Ercole^ la storia di Pigmalione^ le quattro
parti del mondo ecc., confesso di capire ben poco di quelle allegorie e mi sono
negligentemente esonerato dall'interpretazione di ciò che a prima vista m'aveva l'a-
spetto di rebus....
Il carattere posticcio, mal accattato, delle fasce di base ci viene sicuramente atte-
stato dal fatto che su per giù le stesse figurazioni misteriose in fila indiana ricorrono
pure nella già detta Storia di Mosè : son dunque fondi di bottega adoperati con in-
differenza per ogni soggetto, veri clichés di tappezzeria.
(1) Ben inteso, come ogni questione di gusti, la mia opinione è assai disputabile: il Gerspach p. e. cita un
giudizio del Bernini, non certo amante di semplicità disadorna, che preferiva i fregi d'arazzi, più modesti che
fosse possibile « afin que le trop grand eclat et la variété ne nuisissent pas au corps de la tapisserie.... La
bordure ne sert que de terme et de finimcnt comme aux tableaux... 11 faut dans tous les ouvrages donner les
choses les plus dégagées de confusion et les plus ncttes qu'il se peut « !...
L'armonica fusione co' quadri centrali resta cosi negli Atti degli Apostoli sgra-
devolmente rotta: nò si riesce a comprendere come il Passavant (II, 245), il Caval-
casene (II, 3Ó2) ritenessero la serie mantovana « probabilmente eseguita sotto la di-
rezione di Giulio Romano ». Passi per un suo scolaro e non de' più valenti, ma non
per il Pippi. Egli che aveva collaborato col maestro a' cartoni, ed era al servizio de'
Gonzaga dal i p4, né avrebbe tollerato certe manomissioni decorative, ne avrebbe
provato altro che l'imbarazzo della scelta per supplire con de' « fasti gonzagheschi »
a quelli, non peregrini, di Leone X soppressi.
La collezione viennese possiede ló arazzi, i così detti Fructus belli^ nn. LXII,
LXIII del catalogo Birk, condotti su cartoni di Giulio Romano (appendice II). Dalla
stessa magrissima descrizione del Birk s' intrawede qual cura spiegasse Giulio nel
disegnarli : facendo campeggiare nel centro d'una delle rappresentazioni (LXII, 6) lo
stendardo de' suoi ben amati patroni, i Gonzaga. Poteva esser egli così povero d'in-
venzioni per gli Atti degli Apostoli; e non cercare invece, come più tardi Van Dyck
per la così detta serie di Mortlake, d'inquadrare le creazioni raffaellesche con degna
cornice di eleganti ornamentazioni? Ogni influsso personale di Giulio Romano parmi
assolutamente estraneo alla suite mantovana: fabbricata e acquistata, quasi certamente,
dopo la morte del Pippi avvenuta nel i ^ 44.
Checché sia di ciò, se la replica mantovana la cede di tanto alla vaticana per
le increscevoli e stridenti lacune de' fregi e degli zoccoli, riprende però il soprav-
vento per le condizioni infinitamente migliori di conservazione de' campi centrali <') :
quelli cioè che più importano.
Le vicende sgraziate della serie mantovana furon « piccolo insulto di villana
auretta » al confronto delle tragiche sorti della vaticana. Messi in pegno alla morte
di Leone X che lasciava l'erario pontificio in completa bolletta, gli arazzi della Cap-
pella Sistina subirono i vandalismi spagnoli e teutonici del sacco nefando del 1527:
l'oro profusovi provocò la rapacità de' Lanzichenecchi che misero in pezzi X Acceca-
mento d'Elima per farne moneta! Travolti nell'infernale tregenda del sacco, altri
arazzi migrarono a Lione, e sino fra' Turchi a Costantinopoli : tornarono in Vaticano,
necessariamente assai ammalorati. Il Contestabile di Montmorency, che nel 1^53 re-
stituì a Giulio III la Pesca miracolosa e il J^". Pao/o che predica^ cacciò per entro
alle stroncate decorazioni di sinistra un' iscrizione col suo stemma sorretto da un
genio banale, ad hoc fabbricato con fatuità irriverente a Raffaello. Nella serie man-
(i| Il D'Arco, Notizie intorno agli ara\-^i disegnati da Raffaello, Mantova, 1867, notò a ragione che
l'oro abbondantemente intesto negli arazzi di Roma [e forse Berlino] contribuì a far venir meno in loro la gra-
devole armonia de' colori che invece si mantenne negli altri tessuti con sola lana o seta (p. io). Anche il Pas-
savant, 1. e, lo riconosce : « sebbene questi arazzi non sieno ricchi come i vaticani mancando nel tessuto di
lana i fili d'oro, pure sono assai meglio conservati ».
tovana il fregio del S. Paolo che predica (Ercole che sostituisce Atlante nel sorreg-
gere il mondo), fedelmente riprodotto dall'originale, è illeso da infelice rabbercio e
vanitosa iscrizione francese. \J Accecamento d' Elima ^ di cui in Vaticano non esi-
stono più che i lacerti superiori, splende intatto nel Palazzo Ducale dei Gonzaga.
Anche più lacrimevoli peripezie attraversarono gli arazzi vaticani per effetto
della rivoluzione francese. Se non venduti a' robivecchi del Ghetto romano, come
erroneamente fu detto, vennero però messi all'asta da' giacobini del 1798, e aggiu-
dicati a negozianti francesi. Da una mano all'altra passarono a Genova, a Parigi,
sinché Pio VII potè riscattarh nel 1808.... arricchendoli d'un codicillo d'iscrizione.
C'è da meravigliarsi se dopo siffatte vicissitudini gli arazzi vaticani « serbino
appena un'ombra del loro primo splendore »?^'\ Grazie alle cure della Carré Lo-
renzini, della cui industre pazienza può aversi la prova ad oculos esaminando i ro-
vesci degli arazzi, letteralmente tempestati o crivellati di rammendi, la suite man-
tovana ha r indisputabile pregio di offrirci, nelle rappresentazioni centrali, più
completa e genuina, meno offesa dalle ingiurie del tempo e degli uomini, la tradu-
zione fiamminga delle creazioni raffaellesche. Come ogni traduzione è imperfetta,
inadeguata, talora scorretta, grossolana, arbitraria ^^>, ma pur sempre tale da far
sentire la grandezza dell'originale: l'incomparabile fascino delle sapienti, luminose,
drammatiche composizioni, nelle quali il Sanzio ritrasse le prime affermazioni solenni
del Cristianesimo di fronte al mondo pagano.
L'abilità consumata degli arazzieri, la freschezza e vivacità abbaglianti de' colori
richiaman sempre alle labbra (anche volendo smorzarne un po' il tono) le ditiram-
biche lodi del Vasari per gli arazzi vaticani, proclamati « opera tanto miracolosa-
mente condotta che reca meraviglia il vederla ed il pensare come sia possibile avere
(1) Al Passavant fa eco il Pastor scrivendo: <( queste brutte vicende sono la causa per cui oggi i tappeti
non offrono se non un debole riflesso della loro originale e radiosa magnificenza. I delicati e più chiari colori,
specialmente i toni carnicini, paiono affatto svaniti, molti punti hanno avuto un forte restauro, d'un tappeto
\Elima\ manca la metà inferiore, in un altro sono erroneamente applicate le guarnizioni. » (p. 475 della trad.
Mercati).
(-) Anche per gli arazzi vaticani le iperboliche esaltazioni de' contemporanei non furono accolte senza ri-
serve dalla critica moderna. Cfr. le osservazioni del Gerspach nella Revm de l'art chrétien,de\ i9oi,eMuNTZ,
Tapisseries, p. 4, ove scrive che malgrado la sorveglianza dell'Orle}-, i tappezzieri brussellesi avevan commesso
più d'un errore : » le modelé est ge'néralement trop Tessenti, Ics tètes parfois très grossières, notamment dans
le Sacri fice de Listra. Dans la Vocalion de St. Pierre le paysage, compose de teintes jaunes et vertes, est
interprete avec beaucoup de rudesse. Pour ce qui est de la gam'me, elle manque d'ordinaire d'harmonie et de
tenue : le rouge, le carmin, l'or, le jaune, le bleu, alternent sans se faire suffisamment valoir. Les ouvriers de
Von Aelst ont évidemment voulu faire honneur à leur patron ; ils ont prodigué l'or et surtout le rouge cra-
moisi, qui ne manque dans aucune des tentures et qui y détonne. Il est vrai qu'il faut tenir compte, dans une
certaine mesure, de la de'coloration que le temps a fait subir aux laines et aux soies, décoloration qui n'a pas
été égale pour tous les tons. Le rcsultat le plus satisfaisant, au point de vue du coloris, a été obtenu dans la
Péche miraculeuse : le re'alisme et la minutie des Flamands s'y sont donne carrière dans le dessin des grues
du premier pian, qui sont merveilleusement rendues ».
Acerbissimo si pronuncia il Pinchart, Histoire de la Tapisserie dans les Flandres, Parigi, 1878-85,
p. 119: « Les types ont sensiblement perdu de leur noblesse, sont devenus lourds, vulgaires, presque communs.
Le goùt flamand a passe par là. » Parecchie di queste critiche s'attagliano, parmi, perfettamente anche alla
serie mantovana.
sfilato i capelli e le barbe e dato col filo morbidezza alle carni; opera certo piut-
tosto di miracolo che d'artificio umano, perchè in essi son acque, animali, casamenti
e talmente benfatti, che non tessuti, ma paiono veramente fatti col pennello » ^'\
(') ^'ASARI, ed. Sansoni, IV, ^i^o. Eseguite veramente coi pennello a colori vegetali, su tela son le copie
di sette arazzi, corrispondenti pel soggetto a' cartoni di Londra, che un conte Jagoujinskvi aveva, qualche secolo
fa, acquistate a Roma, portandole in Russia (cfr. Passavant, II, 242, che cita lo Stutìgarter Kimstblatt, del
1839, P- 76)- Là giacquero dimenticate sino al 1891, quando vennero esposte al Louvre, come collezione Loukh-
manoff, corredate d'un opuscolo del prof. Schevyreif dell'Università di Mosca [Notes historiqiies sur les cartons
de Raphael, Paris, 1891). Di dimensioni identiche agli arazzi vaticani per le rappresentazioni centrali, erano,
secondo lo Schevyreff, tutte di mano di Raffaello: presentando (nella Morte d Anania e neWEltma accecato)
felicissime varianti ed aggiunte che solo l'autore poteva avervi introdotto. La tesi ardita dell'attribuzione al Sanzio
fu allora assai dibattuta nella critica d'arte francese: trovò l'assenso di qualche valoroso pittore; ma in complesso
fu scartata, benché tutti s'accordassero nell'ammettere la singolare bellezza dei dipinti. Il Muniz, Tapisserìes,
p. 21, chiama le copie Loukhmanoff « fort belles et dignes de tout inte'rét ». Il Gerspach, in una relazione of-
ficiale al Direttore delle Belle Arti, che ho in copia, dichiara: « le peintre chargé du travail a montré des qua-
lités maltresses, il a fait preuve d'une grande sùreté de main et d'une intelligence absolue du genie de Raphael.
Quelle que soit leur origine, les toiles L. constituent un monument pre'cieux pour l'histoire de l'art en general
et particulièrement pour l'histoire de la tapisserie de'corative ». Il Lenbach confermò più tardi (Monaco, i ot-
tobre 1897) questi giudizi, raccomandando i 7 dipinti come magnifica cosa meritevole d'esser vista (« haben
mich lebhaft interessiert und kann dieselben als sehr schauenswèrth bestens empfehien »).
Che n'è dunque divenuto di questa pregevolissima serie, dirò così, russa ? Ecco quanto io ne so per fatto
proprio. Vent'anni fa la sig.'"" Olga de Dobrychine, acquirente della collezione L. a metà con un sig. Leonida
Davidoff, venne a Mantova per scovar documenti d'archivio su' pretesi originali raffaelleschi. Ebbi da lei, col
dossii'r dei giudizi critici francesi, anche le fotografie, che producono veramente qua e là una impressione pro-
fonda, per la bellezza e nobiltà delle teste. iMad. Dobrychine asseverava d'aver ricevuto offerte d'oltre un milione
per la vendita dei sette dipinti : ma per cavarne somme più vistose disegnava un viaggio in America, appena
fosse pronta una grande pubblicazione illustrata della sua collezione, che voleva a tutti i patti affidarmi. Mi
tempestò di sue lettere per alcun tempo: sinché non ebbi più notizie né di lei né del suo " tesoro raffaellesco ».
forse già emigrato in America.... anche senza bisogno di « opuscoli illustrativi 1-.
DOCUMENT
DESCRIZIONE DEI NOVE PEZZI DI ARAZZO
CHE TROVANSI NELLA REGIA-DUCALE BASILICA DI S. BARBARA, TESSUTI, ED ESEGUITI
SULL' EGREGIO DISEGNO DI RAFFAELLO SANCIO D' URBINO.
S'intitola cosi l'inventario redatto il i8 settembre 1776 dal Sovrintendente del Palazzo
Ducale che prendeva in consegna gli arazzi per la permuta pattuita con i Canonici della Pala-
tina, Ci asteniamo naturalmente dal riprodurlo, dacché riuscirà piìi opportuna una descrizione
meno arida, meno " burocratica ,, , attinta dalle opere del Burckhardt, del Cavalcasela, di
Marco Minghetti, del Muntz, del Passavant, del Pastor ecc.
Premesso che i nove pezzi misurano metri 4,95 d'altezza ciascuno, basterà per tutti in-
dicare la misura della larghezza, con la cifra posta accanto a ogni numero.
Senza seguir l'ordine con cui si succedono nelle tre sale, gioverà ricordare che gli
arazzi si dividono per il soggetto in due grandi serie: l'una dedicata a S. Pietro; l'altra, a
S. Paolo. Raggrupperemo perciò insieme gli arazzi di ciascuna serie.
ATTI DI S. PIETRO.
I. (m. 6,10). La Pesca Miracolosa, secondo il Vangelo di S. Luca, VI, 6. Seduto a prua
d'una barca. Cristo ha dinanzi a sé inginocchiato S. Pietro, a cui rivolge le solenni parole :
sarai d'ora in poi pescatore d'uomini. Il principe degU apostoli umilmente congiunge le mani,
vibrante d'intensa fede, di sommessa devozione al divin maestro. Verso il quale, come attratto
dalla sua nobile e serena benignità, s'avanza riverente S. Andrea, le braccia stese, le mani
aperte, in atto di piena dedizione. La barca è ricolma della pesca prodigiosa, inaspettata; si
veggon pesci d'ogni sorta, disegnati con grandissima esattezza : certo da Giovanni da Udine,
che ha con pari fedeltà ritratto le gru gracchianti sulla spiaggia all'avvicinarsi delle barche, e
i gabbiani librantisi nell'aria. Dappresso al battello di Gesù ve n'ha un altro, in cui due giovani
pescatori incurvati si sforzano con le braccia nerborute di sollevare le reti stracariche di preda,
L'un d'essi volge la testa verso la barca del Redentore, quasi a confrontare quale de' due bat-
telli sia più abbondante di " grazia di Dio „ : l'altro è tutto intento ad alzare le reti, che sotto
il grave pondo minaccian di rompersi. A poppa sta un timoniere che dirige il corso della barca
col remo, ed ha l'aspetto maestoso d'un antico dio fluviale. Le acque del lago di Tiberiade si
stendono sino all' orizzonte, così limpide da scorgervisi quasi riflesse barche e figure. Tutto
il paesaggio soffuso di brezza mattutina è un incanto : intonato all'azione, che ci fa respirare i
balsamici effluvi del Cristianesimo nascente. Appare nello sfondo il paese di Cafarnao, ancora
agitato dal soffio della parola del Signore. La pesca portentosa simboleggia ed anticipa le vit-
torie e le conquiste dell' idea cristiana sulle anime.
2. (m. 7,40). La Podestà delle chiavi o meglio il Pasce oves meas, secondo il Vangelo di
S. Giovanni, XXI, 15. Strettamente connessa con la Pesca miracolosa, questa scena è improntata
com'essa alla grandiosa semplicità del Vangelo. Cristo risorto ('), con le cicatrici della croci-
fissione alle mani ed ai piedi, apparso d' improvviso agli apostoli sbalorditi, conferisce a
S. Pietro la missione di suo vicario in terra. Il volto del Salvatore è di tal sovrumana bellezza
da rivaleggiare con quello del Cenacolo leonardesco. S. Pietro inginocchiato, ed orante, si mo-
stra tutto compreso dell'alto ufficio a cui l'ha chiamato la parola divina : e stringe al petto le
chiavi simboliche. S. Andrea esprime ineffabile meraviglia per l'apparizione del Maestro:
S. Giovanni giunge le mani con il più fervido affetto. Gli altri apostoli sono rassegnati, risoluti,
pensierosi, gravi, in svariati e belli atteggiamenti. Sulla sponda del vicino lago si vede una barca
col remo, emblema della antica professione di Pietro: un branco di pecore, additatogli dal
Maestro, adombra il campo della sua nuova attività, il gregge cristiano ormai confidato alla
sua verga di pastore supremo.
3. (m. 7,65). La guarigione del paralitico, secondo gli Acta Apostolorum^ III, 6. Il teatro
dell'azione è la " porta Speciosa „ del tempio di Gerusalemme : ordini di colonne spirali co-
rintie, con tralci attorno, dividono il soggetto in tre gruppi, con bellissimo effetto. Nel mezzo
il miracolo: S. Pietro nel nome di Gesù Nazzareno dice " alzati e cammina ,, allo storpio,
raffigurato con terribile realtà ; S. Giovanni tutto amore e compassione addita l' infelice. Ai due
lati uomini e donne rispecchiano nel viso i più svariati sentimenti destati dal prodigio svolgen-
tesi sotto i loro occhi: letizia, curiosità, stupore. Pieno di trepida, malcerta speranza accorre
già un altro disgraziato, appoggiandosi a una gruccia. Indifferenti scorrazzano qua e là dei ra-
gazzi, che con le lor graziose figure fanno il più lieto contrasto con quelle orribili degli storpi.
Leggiadrissimo è sopratutto il fanciullo che con l'inconscia crudehà dell' infanzia porta due tor-
torelle attaccate a un bastone. Era questo il cartone che più si prestava alle esigenze dell'arte
tessile : e l'arazzo è riuscito meraviglioso ; così ricco di vita, di movimento, così arioso da su-
scitare nel riguardante l'illusione di poter egli pure mescolarsi tra la folla che circola nel tempio
superbo, sfavillante di luce.
4. (m. 7,45). La nioyie d'Anania, secondo gli Acta Apostolonim, V, 5. È una delle compo-
sizioni più drammatiche, di cui il Goethe parlò con illimitato entusiasmo xxtW Italieuische Reise (-).
Ritti sopra una balaustrata se ne stanno nove apostoU e in mezzo ad essi S. Pietro pronuncia
l'anatema contro Anania, che aveva occultato e tenuto in serbo avaramente per sé parte del
prezzo d'un campo venduto, invece di versarlo tutto nella comunità cristiana, ad applicazione
de' precetti di carità evangelica. " Hai mentito a Dio „ gli grida l'apostolo : e lo sciagurato si
contorce a terra, morente ; tra la meraviglia e il terrore de' circostanti che o s'arretrano per-
cossi, o si piegano a guardare il colpito da Dio con un'espressione significante : l'hai voluto !
Accanto a S. Pietro la poderosa figura di S. Paolo solleva l' indice della mano sinistra al cielo
come ad annunciare che lassù fu sancita la giusta condanna del reo. Intanto non lungi dall'a-
gonizzante, dietro un uomo e una donna che portano fardelli di vesti da donare a' poveri,
s'attarda la moglie d'Anania, Saffira. Ignara della sorte del marito e del castigo che fulmi-
nerà lei pure, conta del denaro che furbescamente anch'essa credeva sottrarre. A destra S. Gio-
vanni e altri apostoli dispensano elemosine a bisognosi, fra' quali un vecchio accompagnato da
una donna sale dopo ricevuto il soccorso una scalinata di sfondo.
(') La sua rosea veste è seminata di stelle d'oro negli arazzi vaticani: liscia, senza alcun ornamento su-
perfluo, ne' mantovani.
(2) Nel Nachtrag sui Pàpstliche 'feppiche, anteriore alla lett. da Roma, 5 luglio 1787.
ATTI DI S. PAOLO.
5. (m. 5,81). La lapidazione di S. Stefano, secondo gli Acàr, VII, 58. I falsi testimoni, fa-
natici partigiani dei farisei, hanno già strascinato fuori della città il giovine diacono e lo lapi-
dano. Egli, piegate le ginocchia, liso mirando il cielo, vede la gloria di Dio e Gesù stante alla
destra di lui, onde grida ad alta voce : " Signore, non imputar loro questa cosa a peccato „.
Saulo con a piedi le vesti de' falsi testimoni sta seduto dinanzi alla vittima, e par inciti la
folla a massacrarla. Malgrado la verità con cui è espressa la rabbia de' manigoldi, lo spettatore
è come per forza tirato a contemplare la figura del giovine diacono, pervaso dallo Spirito
Santo ed anelante alla palma celeste del martirio.
6. (m. 7,45}. La conversione di S. Paolo, secondo gli /Ida, IX, 4. In mezzo a una nube,
sorretto da tre angeli e mandando raggi di luce, discende il Salvatore diretto verso Saulo. Steso
il braccio destro, pare gli dica: " perchè mi perseguiti? ,,. Sbigottiti alla voce divina, i soldati
si fermano, con grande ^•arietà di movimenti e d'azione. Uno de' destrieri si adombra, al pari
del guerriero che lo cavalca in preda al terrore. Gli altri al seguito di Saulo stanno dubbiosi ed
attoniti, mentre i loro cavaUi drizzan le orecchie, colpiti dall'improvviso spettacolo. Dinanzi a
tutti un uomo a piedi, armato di lancia, corre affannoso verso Saulo come a soccorrerlo. Saulo
giace supino sul terreno : la testa e gli occhi verso l'alto, la bocca beante, lo sguardo attonito,
le braccia sollevate e le mani aperte, rivolte verso il Salvatore. Ha la spada discinta da presso;
il suo cavallo fugge spaventato, mal rattenuto da' servi, per la campagna : dove altri guerrieri
dell'avanguardia, percossi dall'apparizione celeste, cercano schermirsi con lo scudo o col braccio
dalla luce abbagliante.
7. (m, 7,77). Elima accecalo, secondo gU Ada, XIII, 8. Il mago EUma cercava distogliere
dalla fede cristiana, a cui propendeva, il proconsole Sergio. S. Paolo con calma sublime, che
rivela la potenza della fede, non fa che stendere una mano in atto di condanna verso lo scia-
gurato; gridandogli, in nome dello Spirito Santo: " diverrai cieco anche fisicamente o tu che
contrasti la luce divina nelle anime ,,. La minaccia s'avvera sull'istante, tra lo sbalordimento
de' presenti. Caligine e tenebre, dice la scrittura, si stesero su di lui, sì che andava cercando
chi gli porgesse la mano. Magistralmente Raffaello ha riprodotto questo momento : terrificante
è l'immagine del cieco ch'egli ci ha dato in quella tozza, semi-grottesca figura che va branco-
lando e ululando nella orrenda tenebra in cui l'ha piombato di colpo una fulminea parola. La
drammaticissima scena è incompleta anche ne' cartoni del Museo di South-Kensington, dove manca
il fregio del simulacro nella nicchia abbellita intorno con incrocicchiamento di foglie e fermata
sopra un piedestallo, che, sostenuto da due mezzi busti a grottesco, ha nell' incastro alcune
piccole figure scherzanti. V Elima fu manomesso negli arazzi vaticani : avendo la scritta in oro,
che decora il tribunale romano, ove il proconsole Sergio occupa la sedia curule, [" l. sergivs.
PAULVS, ASIAE PROCONS. CHRISTIANAM FIDEM AMPLECTITVR SAVLI PR^DICATIONE. „] prOVOCatO UU
vandalico scempio, da cui, ripetiamo, fortunatamente andò immune l'esemplare mantovano,
perfetto.
8. (m. 7,72). 5. Paolo e S. Barnaba a Listra, secondo gli Ada, XIV, 12. Ebbro d'entu-
siasmo per la virtù taumaturgica di S. Paolo, che aveva risanato uno storpio, il popolo di
Listra s'ostina a rendere a lui e al suo compagno S. Barnaba omaggi idolatri, con relativi sa-
crifici di vittime animali già pronte ad essere immolate sull'ara. La scena si può dir quasi iden-
tica a un bassorilievo del Museo Statuario di Mantova: quello delle Gesta di Lucio Vero O. I
due apostoli addolorati e indignati non sanno come sottrarsi a simili aberrazioni sacrileghe :
S. Barnaba torce gli occhi dalla scena, congiungendo angosciato le mani come ad implorare dal
cielo la grazia che illumini i ciechi pagani ; S. Paolo si straccia le vesti. Un giovane spettatore
più chiaroveggente della folla fanatica si sforza d' impedire quella profanazione, e rattiene la
scure del " victimarius ,, già brandita a vibrare sul bue il colpo mortale pel sacrificio. In questa
scena, in cui eccelle tutta la forza di concezione di Raffaello, tutto il suo genio drammatico,
non manca la nota ingenuamente scherzosa : vicino allo storpio guarito, che ha gettato via le
stampelle e tende le mani in atto d'adorazione verso gh apostoli, vediamo incurvarsi un bel
vecchio, che gli solleva la tunica, come per verificare se realmente fu operato il prodigio del
risanamento. Il vecchio aitante che ondeggia tra ammirazione e incredulità fa un delizioso con-
trasto col guarito, raggiante di una gratitudine così intensa da illuminare e abbellire l' irsuto e
anzi che no sgraziato suo aspetto.
9. (m. 6,45). La predicazione di S. Paolo, secondo gli Ada, XVII, 19. L'apostolo ritto sui
gradini, pe' quali si ascende all'Areopago d'Atene, annunzia la parola di Dio agli uditori che
lo assiepano, la più parte disposti a semicerchio. Ha gesto e guardo d' ispirato : domina con
l'imponente, radiosa figura l'assemblea, che la sua infiammata eloquenza incatena, anche se
in maggioranza compongasi di recalcitranti alla nuova fede. Le impressioni suscitate da S. Paolo
si riflettono ne' volti de' sofi ascoltanti: chi pare seguir l'oratore a controgenio, e chi inten-
samente assorto ; chi medita silenzioso sulle dottrine, per la prima volta rivelantisi alla sua
mente e chi prova il bisogno di disputare già vivacemente co' vicini sovr'esse. Due uditori so-
lamente sono al tutto penetrati del verbo cristiano: un uomo e una donna (Dionigi areopagita
e Damaride) che come neofiti pare già ascendano la gradinata verso S. Paolo. Specialmente
nello sguardo ardente e nelle mani protese di Dionigi trovasi espressa entusiastica dedizione al
Dio or non più ignoto, e letizia beatificante per la promessa della vita immortale. Stupenda figu-
razione delle prime lotte dell'apostolato cristiano contro la tenace filosofia pagana, è composi-
zione magnifica per la collocazione, la vita, la movenza delle figure, la verità de' tipi e dei
caratteri, la bellezza classica degli edifici.
II.
(ARCH. DEL PALAZZO DUCALE).
Giugno 1776.
(Minuta)
Altezza Reale
Riconosciutosi dagli individui del R. D. Capitolo della Basilica di S. Barbara osseq.mi ser-
vitori di V. A. R. il vantaggio avuto mediante la benigna concessione di V. A. R. di poter
vendere li due paramenti antichi ed inutili, col ricavato de' quali si ritrovano ora in istato di
fornire di damasco le tribune della chiesa stessa si fanno coraggio di nuovamente esporre alla
R. A. V. che le cantorie, il circondario del coro ed il sopraporta dell' ingresso vengono ad-
dobbati da 9 pezzi di vecchi arazzi, i quali quantunque stimabili riescono assai incomodi per
l'addobbo, atteso il loro estremo peso e la deformità che fanno coU'unione del damasco : perciò
sarebbero di sommesso sentimento qualora piaccia all'A. V. R. di commutare gli arazzi sud-
detti in tanto damasco, che secondo il calcolo fattosi ascenderà a braccia 628 circa, ma co-
(1) Cavalcaselle, II, 349.
mecche gli stessi prevedono che il ricavato de' medesimi non potrà essere sufficiente all'occor-
renza predetta, così umilmente implorano dalla R. A. V. quella provvidenza che sarà consen-
tanea al caso. Che ecc.
III.
(ARCH. GONZAGA).
Minuta di rapporto del Magistrato Camerale al Firmian.
S Novembre 1779.
ECCELLENZ/
Nell'abbassar V. E. al dicastero colla sua rispettata lettera de' 30 del pp. ottobre le supe-
riori disposizioni per l'esecuzione della Sovrana beneficenza di S. M. alla Real Basilica di
S. Barbara col dono degli fiorini 800 — per il compimento di quell'apparato di damasco, ci ha
comandato di soddisfare alla ricerca fatta da S. A. il Sig. Principe di Kaunitz se gli arazzi
ceduti dal Capitolo della detta Basilica si trovino ancora custoditi nella guardaroba de' mobili
della R. Corte, ovvero siano stati impiegati all'addobbo di qualche appartamento della medesima.
Ci diamo dunque l'onore di esporle che fra gli ordini dati da S. A. R. per gli adatta-
menti della R. Corte, e benignamente partecipati dall'E. V. col suo venerato foglio de' 1 3 giugno
pp. è letteralmente prescritto che nell'appartamento verde si debbano levar tutte le tapezzefie di da-
masco cremice e li quadri, e sostituirvi gii arazzi di S. Barbara adattandoli a dovere e che in con-
seguenza per eseguire quanto in questa guisa ci era comandato, nel tempo che per quello che
aspetta all'architettura si riduceva questo appartamento allo stato che conveniva, si preparavano
i detti arazzi per formarne la mobiliatura coll'opportuno adattamento.
Fummo però ben presto riscontrati dal sopraintendente della scalcheria che questi si ritro-
vavano in pessimo stato, in qualche parte rotti e forati, ed in altre parti presumeva accom-
modati, tanto attribuendosi alla vetustà de' medesimi dal tempo di Ratfaello in qua, ai molti
usi fattine dal Cardinale Ercole Gonzaga e poscia dal Capitolo, siccome all'inattenzione degli
apparatori nelle occasioni di attaccarli nella chiesa ed in fine alla incuria de' campanari inca-
ricati della loro custodia.
Qual fosse la nostra mortificazione nel sentire che pezzi di tanto preggio e di disegno di
si eccellente maestro qual fu il Rafaello potessero non esser piìi servibili pel magnifico addobbo
che se ne aspettava, non ci estenderemo ad esprimerlo ed era inutile di perder il tempo a
ramaricarcene; ci parve miglior consiglio di cercarvi prontamente riparo se fosse possibile e
di fatto il sopraintendente suddetto avendo pensato di farne porre sul telaro due pezzi con far far
la prova se coll'opera di una valente ricamatrice fosse stato modo di riattarli, ebbimo ben presto
la soddisfazione di veder l'esperimento riescito con favorevole successo.
Non fidandoci però del giudizio nostro e di chi non essendo dell'arte poteva solamente
appoggiarsi ad un ordinario buon gusto, credemmo di farvi far il conveniente esame da questo
Direttore della R. Accademia di pittura, Giuseppe Bottani, il quale unitamente al suo fratello
avendo fatte le più attente osservazioni sopra l'esperimento, lo approvò, lodò moltissimo la ri-
camatrice, e l'eccitò a continuar come l'aveva principiato, essendosi esibito di darvi la sua as-
sistenza dove occorresse, e di riveder di tempo in tempo il lavoro, come ha eseguito e continua
di far personalmente o per mezzo del suo fratello, e sempre mostrando di esserne contento *').
(1) Brano cancellato: « avendo rilevato che vi erano adoprate con diligenza e esattezza le lane occorrenti
colle opportune degradazioni di colore, con conservare non ostante la mescolanza indispensabile delie materie
nuove e fresche con le vecchie, il medesimo tono di colorito : e riconobbe pure che per farsi aiutare nel lavoro
la maestra sapeva a proposito distribuirlo alle altre ricamatrici, a ciascuna a proporzione della sua capacità ».
— 24 -
La ricamatrice è moglie del magaziniere generale Lorenzini, donna in questo genere di
abilità grande, piena d'intelligenza e di attività, la quale mostra il più grand' impegno per farsi
in questo, onore e merito; ha sotto di sé 12 in 14 altre giovani ricamatrici a cui distribuisce
il lavoro a misura della loro capacità, riservandosi per lei quello che richiede maggior cogni-
zione, e questo si eseguisce in un corridore della Corte: attualmente tìnisconsi i tre primi pezzi,
e ne rimangono sei altri. Calcoliamo che la spesa potrà ascendere a cento venti in cento cin-
quanta zecchini ; ma se si degnerà approvar S. A. R. che si continui quello che abbiamo cre-
duto di poter intraprendere a questo riguardo, in vista ancora del suo superior comando di
adattar a dovere i detti arazzi, speriamo che si saranno salvati dal prossimo total deperimento
pezzi che formavano un addobbo prezioso della Corte, e ne saranno uno degli oggetti più me-
ritevoli della curiosità e dell'ammirazione de' forestieri, oltre che l'arte di ristaurarli, quasi
istituita in quest'incontro, sarà un'industria utile a molti giovani per procacciarsi il sostenta-
mento, ed assieme per conservar altri mobili di questo genere inservienti alla chiesa e a' par-
ticolari.
Noi siamo con profondo rispetto ecc.
IV.
(ARCH. GONZAGA).
Lettera di Girolamo Coddè ad un amico.
Vi ricorderete benissimo, che gli ordinar; addobbi, di cui faceva uso l'Arciducal Chiesa di
S. Barbara, erano nove pezzi di arazzi, oltre ad alcune sdruscite tappezzerie di velluto giallo
e rosso composto non troppo dicevole alla maestà e suntuosità della chiesa, a cui di decoro
ed ornamento servivano. Vi ricorderete ancora che molti de' nostri concittadini e dotti nelle
antichità delle cose nostre deploravano lo strascino, che di essi arazzi si faceva, mentre era un
dono prezioso del Cardinale Sigismondo Gonzaga, il quale li procurò in Roma, e ne fece un
regalo al Cardinale Ercole Gonzaga ancor giovinetto O. Esso gli cedette per ultima volontà
testamentaria al Duca Guglielmo, il quale volle di quelli ornare la sua chiesa, da lui con ma-
gnificenza, e spesa grande, fatta erigere da' fondamenti, sotto la direzione dell' inallora vivente
architetto Bertani, il quale di essa fece il magnifico disegno.
Dicesi che dieciotto furono i pezzi, che il sullodato Cardinale Sigismondo regalasse al Car-
dinal Ercole, ma che posseduti poi dal Duca Guglielmo, ne facesse un dono di nove al Gran
Duca di Toscana. Voi che costì siete, potrete di ciò accertarvene, mentre la verificazione di
una tal voce può molto illustrare la storia del nostro paese, che ora si sta compilando dall'e-
rudito nostro concittadino Sig. Dottore Giambattista Visi il quale ha già dato alla luce il primo
suo tomo (1781) essendo di essa sotto il torchio anche il secondo.
(1) Ignoriamo con qual fondamento s'avventurasse il Coddè a tale asserzione insostenibile. Nel testa-
mento di Sigismondo non si fa punto cenno di arazzi riservati ad Ercole, benché vi sia menzione interes-
sante di notevoli legati artistici.
Ad Isabella d'Este lasciava Sigismondo " statuam unam marmoream capitis Homeri »; al nipote Ercole
" omnes et quascumque statuas et antiquitates » che si trovavano nell'Episcopio di Mantova. Nell'inventario
di beni, allora redatto, di Sigismondo sono enumerati molti « panni de razo » con « istorie » sacre e pro-
fane (« Cristo in forma de ortolano con la Magdalena » — « Cristo che se tole zoso di la erose » — « la
istoria di Susanna » — « le istorie di Ciro », « de Trajano >;). Nulla perciò di più probabile che avendo
egli, nella Roma di Leone X, assistito al clamoroso trionfo delle creazioni del Sanzio (inaugurate il 26 di-
cembre 1519Ì vagheggiasse di possederne la replica, o per sé, od anche, come pretendeva il Coddè forse fa-
cendosi eco d'una tradizione erudita locale, per donarla al nipote Ercole « ancor giovinetto », ma già desi-
gnatogli successore nel Vescovato di Mantova e nel Sacro Collegio. Evidentemente però il suo desiderio non
aveva trovato alcun principio d'esecuzione, quando la morte, nel t525, lo colse.
- 23 -
Ora volendosi per una parte da questi Capitolari della Ducal Chiesa nobilitare, dirò cosi,
la medesima con un regolare addobbo di damaschi, e trovandosi dall'altra parte impossibilitati a
ciò eseguire senza l'aiuto del Principe, supplicarono il medesimo che da questa R. Cassa li fosse
somministrato l'occorrente danaro per l'acquisto di tanto damasco, quanto abbisognar ne po-
teva per addobarla tutta, con che però gli avrebbero ceduti a buon grado gli arazzi.
Una tale richiesta fu prontamente accettata, né si esitò punto sul cambio proposto, mentre
dati gli ordini opportuni per l'acquisto dell'occorrente damasco, si fece ritirare dalle lor mani
i suddetti arazzi, per indi collocarli dicevolmente nella Corte.
Avuto per tanto di essi il possesso, ed esaminati a parte a parte i loro difetti, si trovò,
che senza una industre mano non si poteva all'opera dare il dovuto principio.
Dopo varie e reiterate ricerche, finalmente si trovò chi con animo veramente virile ne
assumesse l'impresa. Arduo e malagevole fu stimato da chiunque l'impegno, mentre il resti-
tuire, dirò così, da morte a vita le molteplici figure guaste e corrose, che in essi si trovarono,
non era impresa tanto facile da eseguirsi.
Porre la mano ardita nelle opere di un Raffaele, sembra a vista una temerità; e pure vi
fu chi coraggiosamente ne assunse l'arduo cimento. Una donna, chi '1 crederebbe, una donna
è stata di ciò capace. Questa illustre Aracne colla vivacità del suo spirito, e più con l'opera
del suo ingegno ha saputo restituire al primo suo splendore quanto eravi di lacero e corroso.
Difatti chiunque in oggi attentamente li mira, non sa trovare in essi gli antichi difetti, tanta
è stata la maestria dell'arte nel bene accomodarli. Le ombre, i contorni, i panneggiamenti, le
figure stesse, sotto alle di lei mani hanno ripresa la prima loro vivacità, cosicché l'armonica
cadenza de' colori a tal uopo composti, ha dato all'opera tutto quel bello e quell'ottimo, che
dalla caducità del tempo e dalla quasi non curanza avevano perduto. Mirabil opera e vera-
mente degna de' più grandi elogi. Vaglia però per tutti la Reale approvazione, che si degna-
rono concedere i Reali nostri Principi a questa sì valente donna, allorché facendo qui la solita
dimora vollero con occhio indagatore visitare la di lei opera non solo, ma vederne eziandio il
modo, con cui restituiva a miglior forma le cose perdute, o smarrite o guaste dal tempo di-
struggitore d'ogni bell'opera.
Per rendere sempre più chiaro il suo nome volle anco il Signor Conte Luigi Bulgarini,
conoscitore del vero merito, eccitare la dotta sua musa tessendone nel qui ingiunto sonetto le
ben giuste meritate lodi. Che dirò io di più, se non che farvi palese il di Lei nome? Ella si
è la Signora Antonia Lorenzini nata Carré, di ottima condizione, ed accompagnata con per-
sona decentemente impiegata .... Passerò a darvi del promessovi appartamento l' intera de-
scrizione.
Questo viene formato da tre grandi stanze, framezzate da un Gabinetto nella parte interna,
che guarda il gran cortile rimpetto alla notavi galleria corrispondente al magnifico apparta-
mento Ducale, in oggi sì l'una, come l'ahrc ridotti a miglior eleganza di addobbi e ornati.
Nelle suddette tre stanze sono ora collocati i superbi arazzi dell'impareggiabile Rafaello.
Salendo adunque il gran scalone, si entra tosto nella sala così detta de' Duchi di Mantova,
perché nel fregio di essa sono dipinti a fresco tutti quelli, che qui della Casa Gonzaga hanno
regnato. Piegando sulla sinistra si entra pure in un'altra minore sala, che serve come di anti-
camera a questo per tutti i titoli pregiabile appartamento. Entrando per tanto nel medesimo,
ecco, che vi si presenta la prima stanza, il cui plafone, anzi lacunario (termine proprio a spie-
gare una superficie incassata, e ripartita in varie guise) mirabilmente dipinto a cangianti colori
forma all'occhio ammiratore una ben intesa veduta. Ne' diversi fondi del suo spaccato sonovi
dipinte a fresco le quattro stagioni, simbolicamente spiegate, come pure i quattro elementi ot-
timamente espressi. I^fel quadro ossia specchio di mezzo, regina della terra vi si ammira Cerere
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bella; il suddetto plafone viene fregiato da una cornice a stucchi, così bene intesa nelle sue
membrature, che servir potrebbe di esemplare a certi pseudo architetti, o capi maestri, il cui
mestiere si è d' impastocchiare ciò che di buono ritrovano, come appunto è seguito alla cornice,
che fregia il tempio di S. Andrea. Discendendo con l'occhio più al basso sopra le rispettive
porte e finestre v' incontrerete a vedere sei nicchie, in quattro delle quali sono collocati diversi
vasi etruschi dipinti all'uso antico, con figure ed altri ornamenti, giusta gli esemplari, che ne
abbiamo : e due bassi rilievi rappresentanti le imprese di Ercole, tratti dalla superba collezione,
assai rara in queste parti, che abbiamo nel Museo molto ricco di sculture antiche. Tutte le
suddette nicchie vengono ornate da superbissimi stucchi dorati, quali contornando le suddette
cose fanno all'occhio una gradevole comparsa.
Ciò che è pili da ammirare si è i tre mirabili pezzi di arazzo, uno de' quali rappresenta
S. Pietro, e S. Giovanni, che risanano lo storpio al tempio, l'altro di mezzo il sacrifizio fatto
a S. Paolo e S. Barnaba, ed il terzo la morte d'Anania. Lateralmente alle finestre vi sono altri
due pezzi in dipinto, e questi rappresentano la strage degli innocenti, pure ricavati dai disegni
del detto Rafaello, ed eseguiti con ottimo discernimento dal giovine Sig. Felice Campi, il quale
ha saputo imitare perfettamente gli originali, tanto nel difficile dei colori, quanto ne' contorni
e panneggiamenti, come pure nella espressione delle figure.
Passerete quindi alla seconda stanza non men bella della prima, la quale anche essa ha il
lacunario spartito in varia forma, sostenuto anch'esso da una variata cornice ottimamente in-
tesa, ed in diverso modo dipinto, ne' cui scomparti o fondi a maggiore ornamento sono disposte
le nove Muse leggiadramente dipinte. Seguendo l'architetto l' istessa idea della prima stanza, le
porte e le finestre vengono al di sopra fregiate da diverse nicchie, in vario modo ornate da
stucchi dorati, in quattro delle quali vi sono riposte delle are antiche, e nell'altre due bassiri-
lievi significanti le guerre delle Amazzoni. Tre altri pezzi di arazzo tengono qui il suo luogo.
Il primo a mano destra rappresenta il Signore che dà le chiavi a S. Pietro, quello di facciata
la predicazione di S. Paolo nell'Areopago, ed il terzo la caduta di Saulo sulla via di Damasco.
Il dipinto, che occupa lo spazio tra le finestre, è l'ascensione del Signore.
Inoltrandovi maggiormente entrerete in un gabinetto, che per la qualità degli ornati, per
la simmetrica disposizione degli scomparti, forma all'occhio sempre avido di nuove cose, un
non so che di vago e di galante, che spiegar non vi potrei, se non con un lungo giro di pa-
role la maggior parte inutili al caso nostro. Solo vi dirò, che quivi la pittura ha sfoggiato tutto
il suo bello, cosicché gli ornati, che ne' fondi dei riquadri vi sono dipinti non hanno di che
desiderare di più, per essere da chi che sia ammirati. Il vólto anch'esso spiega il suo bello,
essendo maestrevolmente dipinto a cassette che paiono reali, tanto le ombre sono a dovere ri-
poste. Nelle due lunette, che sono alle estremità del vólto suddetto, sono fregiate da due sa-
grificj antichi, le cui figure sono ottimamente tratteggiate. Le porte vengono ornate da due bas-
sirilievi simboleggianti i fatti di Medea, accompagnati da finissimi ornati di stucco dorati, il
cui lavoro, se non supera, eguaglia almeno quello del Primaticcio, di cui abbiamo nelle stanze
del T molti esemplari.
Non manca però de' suoi quadri. Tre vengono collocati in detto Gabinetto, e questi tutti
dipinti, il primo si è la presentazione al tempio, il secondo, il Signore in forma di Ortolano ;
ed il terzo la nascita del Salvatore.
Finalmente passerete nell'ultima stanza, anch'essa ornata in diverso modo sì ma analoga
alle altre, cosicché tanto le porte che le finestre vengono fregiate da quattro bassirilievi, tutti
rappresentanti i fatti di Scipione, detto per antonomasia l'Africano. Qui scorgerete collocati gli
ultimi tre pezzi di arazzo; l'uno esprimente la pescagione di S. Pietro; l'altro di facciata, la
conversione fatta da Saulo di Sergio Paulo Proconsole in Asia, per cui fu di poi chiamato il
— 27 —
Santo apostolo Paulo; ed il terzo il martirio di Santo Stefano. Il quadro posto tra le due fi-
nestre rappresenta il Signore disceso al limbo, anch'esso dipinto a fresco ed ottimamente ese-
guito dal suUodato Sig. Felice Campi; il quale non ha mancato in questa, come nelle altre
accennatevi sue opere, di quella diligenza ed attenzione, che si richiedeva, per accostarsi più
che fosse possibile agii originali, e perchè vi si possa scorgere una perfetta uguaglianza, tanto
ne' pensieri come nella simmetrica posizione delle figure, come anche ciò, che si chiama con-
torno, vestimenta, ed espressione: e quello che è più l'imitazione vera del carattere, che di-
stingue Raffaello da Tiziano.
Non si ha mancato di far venire da Roma i rami di quegli arazzi, che colà si conservano,
non solo per supplire ai mancamenti, ma per renderli positivamente assomigliami agli originali
in modo che mirando quegli e questi non s'avesse a dubitare di loro autenticità.
Una simile fatica ella è degna di tutta la lode, mentre il Sig. Campi ha fatto, dirò cosi,
campeggiare i suoi talenti, avendo perfettamente eseguita un'opera da sgomentire anche i più
bravi. Che dirò poi degli altri ornamenti, di cui va abbellito questo per tutti i titoli superbo
appartamento? Altro dire non vi potrei, se non che l'ingegno, e l'arte hanno fatto di sé le
prove maggiori. 11 Sig. Stanislao Somazzi uomo veramente bravo nell'arte sua ha saputo negli
stucchi, che servono d'ornamento a' suddetti arazzi, dare ai medesimi una novità del tutto di-
sgiunta dalla maniera corrente di ornare, facendo gustare all'occhio la verità, la bellezza, e la
varietà, di cui sonosi serviti i più dotti e valenti maestri della rispettabile antichità ....
Voi che avete vedute tante e si belle cose in genere di scultura, di pittura, di ornati, ri-
scontrando sì fatte cose, con quello che qui mira rete, non potrete a meno di non dire essersi
in Mantova rinnovati i tempi di Pericle, sotto la cui gloriosa reggenza la Grecia tutta vide nel
suo seno germogliare, anzi perfezionarsi, le migliori opere ed i più bravi ingegni. Difatti gli
ornamenti di stucco de' quali viene decorato si nobile appartamento, ed i bassirilievi ricavati,
come vi dissi, da' buoni originali, che si conservano nel nostro Museo, sono di così fino gusto
e di un lavoro così squisito, che se non superano gli antichi nella invenzione, almeno lì ugua-
gliano nella perfezione ....
E perchè anche le minime cose corrispondano in bellezza alle maggiori, non si è mancato
dal R. Architetto sig. Pozzo di pensare ad una nuova maniera di porte, le quali ritenendo tanto
nel diritto, che nel rovescio gli scomparti delle rispettive camere che serrano, e per i bellissimi
variopinti ornati, che le contornano, formano all'occhio una ben intesa prospettiva. Anzi perchè
riesca al medesimo più sensibile l'aspetto, queste vengono ornate, massime nello specchio di
mezzo, di simboliche figure, contornate parte di corone di fiori, parte da una catena di nastri
vario- coloriti, che tolte ognuna da sé non lasciano di che desiderare davvantaggio, perchè il
tutto sia d'universale soddisfazione.
A dir lutto in breve sì fatto appartamento considerato nel vero suo aspetto, rassembra
una ben disposta galleria, tale e tanta è la varietà delle cose da ammirarsi, per cui non si
pote\'a né fare, né ideare di più bello, di più nobile, di più elegante, per ornare, e collocare
decentemente sì fatti arazzi, ormai per la loro rarità divenuti l'oggetto della umana ammirazione.
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Alla Signora
Antonia Carré Lorenzini
Egregia ristauratrice degli Arazzi della Corte di Mantova
Disegno dell'immortale Raffaelo d'Urbino
SONETTO
Forse l'Ago in tua mano Aracne pose,
O lo stile, Carré, ti diede Apelle?
Come tornasti al primo onor le belle
Tele dal tempo insultator corrose?
L'artefice tua man qua e là dispose
L'emule de i color fila novelle:
Punti, e linee descrisse, e or questi or quelle
Le maestre adombrar dita animose.
Inaspettata, la figura riede
Dov'era spenta, e tu l'adorni a segno,
Che all'antico lavoro il tuo non cede.
Oh nato ad imitar industre ingegno!
E chi per te di Rafael non ^'ede
L'opra divina, e l' immortai disegno?
In attestato di vera ammirazione
LUIGI DE- CONTI BULGARINI
fra gli Arcadi Eugilbo Callideo
(ARCHIVIO DEL PALAZZO).
I. R. Delegazione Prov.
N. 332 p. r.
Mantova, VII Maggio 1866.
All'I-. R. Ufficio di Custodia dei Palazzi di Corte in Mantova
Sua Maestà l'Imperatore si è graziosamente degnata di esaudire la domanda della Dire-
zione dell' I. R. Museo Austriaco per le Arti, e l' Industria, e di permettere che gli arazzi che
si custodiscono negli appartamenti riservati all'I. R. Corte in questo I. R. Palazzo ex ducale,
rappresentanti fatti della Storia degli Apostoli secondo i disegni dei Cartoni di Raffaello, pos-
sano essere interinalmente trasportati a Vienna nel detto Museo per ivi essere esposti.
In obbedienza a testé pervenutomi incarico di S. E. il Sig. Tenente Maresciallo, e 1° Aiu-
tante di S. M. Conte di Crenneville 8. m. e. n.° 1942, invito codesto I. R. Ufficio di custodia
a disporre che i detti arazzi vengano cautamente levati dalle loro cornici, e bene impaccati,
nelle quali operazioni vorrà prevalersi del consiglio del Sig. professore Cherubini.
Appena ciò sarà eseguito vorrà rassegnarmi rapporto, unendovi un esatto elenco dei sin-
goli arazzi e delle casse che li contengono, le quali saranno intanto trattenute presso codesto
I. R. Ufficio a mia disposizione essendo io incaricato d^Ua ulteriore loro spedizione all' I. R,
Ufficio del supremo maggiordomo di Corte in Vienna.
L'I. R. Delegato Provinciale
A. Prato.
29
VI.
I MONOGRAMMI DEGLI ARAZZIERI.
Tutti i nove arazzi portano la marca officiale di Bruxelles: due B intramezzati da uno
scudo generalmente rosso; nella sola Pesca miracolosa è giallo.
Quella marca fu istituita con decreto del Magistrato civico, del i6 maggio 1528: la sua
presenza basta ad accertare che un arazzo non può essere anteriore alla data del decreto (').
Il quale stabiliva altresì che insieme alla marca comune delle officine brussellesi ogni
arazziere apponesse alle sue produzioni un monogramma ad libitum^ vidimato dal Magistrato
che lo esemplava sopra d'un registro speciale (-).
I mercanti di tappeti dovevano aggiungere al monogramma un 4: ogni volta che s' incontra
questo numero, se ne ha la prova sicura " que la tapisserie a été faite pour un marchand
ou par un tapissier, qui faisait aussi le commerce de tentures ,, (3).
Un monogramma sormontato dal 4 non appare negli Atti degli Apostoli: i monogrammi
degli esecutori dell'intera serie si riducono a tre A, B, D, dacché il C, a quanto pare, non
sarebbe che il B rovesciato.
Così almeno ritenne nel 1884 i* Birk, che si trovava allora in condizioni migliori di noi
nel rile\are i monogrammi. Ne' 35 anni trascorsi essi hanno subito inevitabili obliterazioni,
come ho potuto accertare sia de visti, sia in base alla riproduzione esatta che del loro stato
attuale ha fatto a mia preghiera il prof. Giglioli.
P. e. nel monogramma che ricorre più frequente e che si direbbe un //" a ghirigori, fian-
cheggiato da una croce, è disparsa la croce laterale che il Birk non può avervi inserito co-
stantemente di suo capriccio.
Pur offrendo in facsimile le riproduzioni gentilmente fornitemi dal prof. Giglioli, debbo
quindi necessariamente attenermi al Birk pe' monogrammi: tanto più che giovano, se non a
identificare di già sicuramente per nome gli artefici della nostra serie, a darci almeno la prova
che esiston di essi altre opere conosciute e apprezzate.
SPECCHIETTO DEI MONOGRAMMI DATO DAL BIRK.
Riproduzioni Giglioli.
Notabene: Sullo stemma di Bruxelles non v'è divario.
B corrisponde aXVA del Birk
C, E » al Z)
D, F .. al B-C
Vienna stessa possiede una Storia di Mosè co' monogrammi degli arazzieri A, D (*); e
Dodici mesi col monogramma del terzo B-C f^); Nicolas Lequiers, a detta del Wauters (*).
(i) Wauters, p. 146 sgg.
(2) ìbid.^ p. 144.
(3) ihid., p. 150.
(•*) Birk, nello Jahrbiich del 1883, P- 2'5-
(5) Birk, nello Jahrbuch del 1883, P- 225.
(6) Wauters, nell'air/, voi. XXVII, p. 32; cit. dal MUntz a p. 368 della Tapisserie, ed. Quantin.
nogran^nu risc„n.ra.i con iievi d.vergenze da, B^t da, Si Ji "'""'= "°'^''° ''' '"°-
1. Aj« »«>W««, a, D (senza ^, secondo i, Gig,io,i)
2. />«« ..„ ,«.^ ^ 30,0 (secondo i, Birk, più D secondo i, GigiiCi)
3- La guarigione, del paralitico, B, D. e ^"A
4- La morte d'Anania, A, D.
5. // martirio di S. Stefano, D solo.
6,
La conversione di S. Paolo, A, D
Elima accecato A, D (secondo il Birk, senza D secondo H Giglioli,
6-. Paolo e S. Barnaba a Listra, A, D. ^'g'iouj.
La predicazione di S. Paolo, C, D.
APPENDICE
LA FABBRICA DEGLI ARAZZI NEL BORGO Di S. GIORGIO
La tesi che gli Afti degli Apostoli fossero eseguiti a Mantova nella fabbrica gonzaghesca di
tappeti stabilita a S. Giorgio sotto la direzione del brussellese Niccolò Carcher sorrise a me
pure, allorché nel 19 13 scrissi la prima voUa in QX^omexiXo n&^\ Atti dell' Accademia Virgiliana:
e qualche critico l'ha anche adesso ripetuta, senza suffragarla di prove [Fanfulla della Dome-
nica del 6 aprile 191 9).
La questione potrà esser soltanto risoluta con la sicura interpretazione de' monogrammi
indicati nel doc. VI; ma " sembra diffìcile „, come sin dal 5 settembre 191 5 notava ragione-
volmente il Marzocco, " che il Carcher falsificasse in Mantova la marca di Bruxelles, cosa che
non fece in Firenze ove, tra gli anni 1546 e 1552 O, diresse con Giovanni Rost l'esecuzione
di magnifici panni: e più diffìcile ancora che il cardinale Ercole Gonzaga preferisse far con-
traffare una marca più celebre, al fare apporre su così mirabili panni, usciti dalla sua fabbrica
di San Giorgio, un segno che indicasse piuttosto come la magnifica tradizione quattrocentesca
dell'arte dell'arazzo fosse tornata a fiorire in Mantova per merito suo.
" Cosimo 1 de' Medici, ad esempio, imitò la marca brusellese, ma sostituendo allo scudo
il giglio, ai due B (Bruxelles en Brabant), due F: Fatto in Firenze. Non avrebbe mai permesso,
io credo, né al Rost né al Carcher, una falsificazione che avrebbe diminuito la sua fama di
mecenate e protettore delle arti belle.
" Nessuno, infatti, dei pezzi che recano la curiosa marca del Rost (un pezzo di carne
allo spiedo) o la complicatissima sigla del Carcher, ha lo scudo e le sigle di Bruxelles, anche
se mancano del giglio e delle cifre di Firenze.
" Molto facilmente gli arazzi furono dunque eseguiti in Bruxelles sui cartoni stessi che
avevano servito alla serie originale, anche se in dimensioni differenti e con fregi diversi, ecc.
ecc. „.
Su che allora si basa la persistente attribuzione della serie mantovana al Carcher ? Sul
fatto documentato che egli sin dal 1539 era passato da quello degli Estensi (2) al servizio di
Federico Gonzaga, del principe munificente, che un anno prima della sua morte aveva voluto
rimettere in onore la manifattura degli arazzi, già fiorente a Mantova nel sec. XV, quando ar-
tefici fiamminghi ebbero persino il vanto di tradurre disegni di Andrea Mantegna (3).
CO Cfr. Muntz, Histoire de la tapisserie en Italie, p. 63 sgg. Nell'Arch. Gonzaga, carteggio di Marghe-
rita Paleoioga (a. 1548) si trovan lettere del Carcher alla Duchessa, datate appunto da Firenze.
(2) Cfr. Campori, L'Ara^-^eria estense negli Atti e Memorie Modenesi e Parmensi del 1876, e Muntz,
Histoire de la T., p. 57. Il Carcher aveva un fratello, Giovanni, che restò a Ferrara a continuare i lavori di
arazzerla per gli Estensi.
(3) Cfr. la Memoria del BraghiroUi Sulle manifatture di ara^^i negli Atti dell' Accademia Virgiliana
del 1879-80, e Kristeller, A. Mantegna, Berlino-Lipsia, 1902, pp. 220. 524.
- 34 -
11 decreto è di questo tenore :
'■ Federicus Dux ecc.
• Havendo noi condotto in questa terra Nicola Carcher di Burselles maestro di tappez-
zarle perchè l'habbia da tessere per la corte nostra tappezzarle secondo crii disegni che gli faremo
dare, volemo che l'abbia l'essentione da tutti gli dati] per lui et quelli che pigliarà a lavorar
seco, che seranno in tutto undeci bocche, acciò che facilmente el possa aver delli operar! et
lavorare con maggior comodità sua. Però lo essentamo et liberarne dal datio della macina, dal
datio del vino et di qualunque altra cosa chel comprare o condurà a Mantova per il viver
delle dette undeci bocche per tutto il tempo che a tale effetto el starà qui, comandando alli
spectabili maestri delle entrate, alli datiarij et altri officiali nostri aUi quali spetta o spettarla
che osservino et faciano osservare inviolabilmente la presente essentione al predetto Nicola per
tutto il tempo chel starà qui per lavorarci, non obstante ordine alcuno perchè così volemo ha-
vendolo noi condotto a posta per noi.
T)al. Mantuf Vili oclobris 1539. (Decreti, Libro 41. carta 56) ».
Come si vede il Carcher era chiamato a Mantova con un numero discreto di operai, non
già per impiantare una fabbrica di rattoppi e rammendi, ma per eseguire de' lavori rilevanti (i)
su disegni espressamente fatti, certo da Giulio Romano <2) dominante allora alla Corte in tutta
la pienezza del suo genio lussureggiante.
Senonchè la morte precoce del Duca Federico, seguita nel 1 540, inceppò subito, se non
troncò interamente, l'attività del Carcher e della nuova fabbrica. Il Card. Ercole adoperò an-
cora, è vero, per qualche anno l'artista fiammingo (3); ma non potè commettergli opere di spesa
ingente, poiché nell'amministrazione dello Stato, crivellata di debiti per la prodigalità di Fede-
rico, si vide costretto a introdurre ipso facto le più radicali economie (*>. Il Carcher non si sa-
rebbe trasferito, come udimmo, a Firenze dal 1546 al 1552 se Mantova gli avesse offerto inal-
terate, prospere condizioni. La morte di Giulio Romano coincide con la partenza di Niccolò
per la Corte medicea.
Dalla quale lo vediamo reduce alla gonzaghesca, parecchi anni dopo, riaccoltovi dal Duca
Guglielmo con egual numero d'operai, con le precedenti immunità ed esenzioni di dazio.
" Guglielmus ecc. Condescendentes votis Magistri Nicolae Carcherae de Bruscelle tapetum
curiae nostrae confectoris, qui a nobis petendum curavit ut exemptionem sibi concedere velimus
prò duodecim operariis quos exercet in dictis tapetis conficiendis, tenore praesentis decreti... con-
cedimus dicto Nicolas prò dictis duodecim operariis ipsis per id tempus quo praedictae curise
nostrse serviet immunitatem et exemptionem etc.
XV juìii MDL\. (Decreti, lib. 44, carta 220) ».
(1) I lavori incominciarono subito, dacché il Crossino scriveva al Duca Federico il 14 novembre 1539: m in
questa matina ho parlato con m.ro JMicolIò tapezero, et m'à deto aver comenzato a lavorar in la tapezaria,
perhò in li frissi ».
(2) Per la gran voga di Giulio Romano, come disegnatore di cartoni da arazzi, cfr. oltre la nota opera
del D'Arco sul Pippi (Mantova, 1842, pp. 85, 134), il Campori, VAra-y\eria Estense^ il Wauters, p. 117 sgg.,
il Muntz, Histoire de la tapisserie, p. 31, che scrive addirittura: « on dirait qu'à un certain moment il avait
Tentreprise de toutes les grandes suites de tapisseries exécutées » in Fiandra. Il Wauters cita degli imitatori
fiamminghi di Giulio: il successo europeo degli Atti degli Apostoli aveva iniziato un'era nuova nell'arazzeria,
e si capisce l'ascendente acquistato anche in Fiandra dal più fantasioso e fecondo scolaro del Sanzio. I pittori
indigeni avevan dovuto cedere il campo, su cui avevano esercitato fin allora incontrastato dominio : i cartoni
d'arazzi.
(•5) In alcuni lacerti de' registri economici del Card. Ercole, posseduti dall'Arch. Gonzaga (carte Portioli,
busta VI) troviamo queste annotazioni rilevantissime:
« Adì 31 de mazo 1542.... E più soldi o gr. 9, dati al fachino chi a porta lana tenta perle tape^arie che
fané fare il p.to R.mo a S. Gorgo ».
" A dì 30 (aprile) per chiodi per doperare a S. Gorgo per il tapezero ».
(^) Cfr. nella Miscellanea Renier, p. 65, il mio studio sulla Prammatica del Card. Ercole contro il lusso.
— 35 -
Più importante assai è un documento dell'anno dopo ; una lettera di Endimio Calandra da
Venezia a Pietro Martire Cornacchia, cancelliere ducale :
" S.r Cornaccliia honorandissiuio. Scrissi da Padova a m. Gio. Mocenigo per maestro Niccolò
tappezziere, ma mai hebbi risposta da sua Signoria: poi che son venuto qui mi ha parlato et
s'è doluto molto della scortesia usatagli da m/° Niccolò al qual dice che ha mandato doe volte
et che ad un gentiluomo fece la più impertinente risposta del mondo. Io me son maravigliato
che maestro Niccolò che suole essere la dolcezza et amorevolezza del mondo sia diventato così
terribile : l'ho escusato che V ìnale et la necessità lo dovevano stringere et ho cercato di placarlo.
Ei m'ha detto che aspettava di veder se gli osserva quello che gli ha promesso, di portargline
dei pezzi a questo Natale ; caso che no, che cercare di provvedervi per altro mezzo. Però pre-
gate maestro Niccolò che non manchi di venire et osservare la sua parola, che, se acquista un
puoco di credito, qui non gli mancare mai di lavorare ; io l'ho scritto molte volte, ma a me pare
che non l'intenda. Io fo l'ufficio anco per questa volta et se non giova non potendo tener più
questo gentilhuomo lasciarò che faccia ciò che vorrà. Se porta questi doi pezzi di tapezzaria
bavera denari et ciò che vorrà, che darà ardire che si possa parlare per lui, ma in tanto tempo
non vedendosi opera alcuna mal si può parlare. Et qui restandomene al servitio di V. S. me
le raccomando in gratia.
Di Vcneiia il primo di dicembre del LVI.
Endimio „.
Da questa lettera di Endimio si posson desumere parecchie circostanze notevoli: anzitutto
che per il Carcher era già incominciata la decadenza ; poi, che non bastandogli il lavoro della
Corte, cercava di procurarsene di fuori ed aveva ottenuto delle commissioni da un'illustre fa-
miglia a Venezia. Travagliato però dal male e dal bisogno, non sapeva più attendere serena-
mente all'arte sua, né soddisfare i patroni e acquistarsene di nuovi. Per maritare una sua figlia
il buon Niccolò nel gennaio del 1562 ricorse al Cardinal Ercole Gonzaga — assente da Man-
tova perchè incaricato di presiedere il Concilio di Trento — con questa supplica, inedita:
" lU.mo et R.mo Mons.re, l'animo generoso di V. S. Ill.ma conosciuto da tutto il mondo
et provato da molti, et la innata et real bontà qual sempre è solita V. S. Ill.ma usar verso di
tutti quelli che a lei ricorrono massimamente verso gli suoi servitori ne' lor bisogni, mi ha fatto
sempre, dall'hora in poi ctì'io fui fatto degno di servirla in questa mia arte, star con ferma spe-
ranza che la non mi dovesse mai negar cosa alcuna honesta ch'io li chiedesse né abandonar
nelle mie necessità et travagli], ecc....
Vi Mantova l'itllimo di geiiaio del LXII.
Di V. S. Ill.ma
Servo aff.mo
Maestro Nicolò Fiamingo, tapezier „.
Fosse o no esaudita dal Cardinale la preghiera di costituire la dote per una delle tre figlie
da marito che aveva il Carcher, questi pochi mesi dopo moriva; e ne' registri necrologici, in
data 31 ottobre 1562, si legge appunto: " Nicolò de Carchar tapezir nel borgo di S. Giorgio
morì nell'età di 64 anni „. Negli stessi registri, del febbraio 1540, è notata la morte d'un A-
luisio fiamingo tapeciro dell'ilLmo Signor nostro (certo uno de' compagni del Carcher) avvenuta
egualmente nel borgo di S. Giorgio : e tutto ciò conferma pienamente la tradizione mantovana
che in quel borgo esistesse una fabbrica di arazzi, durata fin oltre la metà del cinquecento e
spentasi lentamente con la decadenza dell'artefice brussellese, chiamatovi nel 1539.
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Ma che in essa fabbrica fosse precisamente eseguita la serie degli Atti degli Apostoli non
risulta da nessun dato positivo, da nessuna testimonianza documentale : né son riuscito a sco-
prire donde O i continuatori del Volta attingessero le notizie scodellate con tanta asseveranza.
Riferendosi, senza precisarle, a " memorie che abbiamo della fabbricazione di detti arazzi „ di-
cono tout court (111, 74) che il Card. Ercole nel 1558 " ordinò che dall'Arte della Lana nel
sobborgo di S. Giorgio si desse mano a quegli arazzi, che istoriati sul disegno di Raffaello
ecc. ecc. „.
Da quanto i documenti ci apprendono del Carcher chi può mai desumere che proprio al-
lora al vecchio e querulo artista, distratto da molteplici commissioni, che mal riusciva a disim-
pegnare, venisse affidata un'opera di tanta mole?
I continuatori del Volta sono generalmente esatti nelle date, se anche spesso hanno il torto
di non indicarne la fonte; e quella del 1558, per gli arazzi, fino a un certo punto può essere
forse attendibile nel senso : che si tentasse allora di commettere alla fabbrica di S. Giorgio la
serie degli Atti degli Apostoli, ma..., si dovesse subito rinunciarvi.
Ne' citati lacerti de' registri economici del Card. Ercole vediamo infatti poco di poi queste
importanti impostazioni :
14 marzo 1559 al Piperario " per piìi spese fatte in condur da Anversa a Mantova più
pezze di tappezarie et ricondute da Mantova in Anversa, non essendo alla satisfactione di S.
Ill.ma S. „.
22 marzo: " lU.mo et R.mo Cardinale de dare a me F'ilippo Orsone pletore per haver
fatte due arme per mandar in Fiandra di comissione di S. S. R.ma „ (cioè quelle tali aquile, se
mal non m'appongo, che si dovevan cucire agli arazzi colà comperati).
1 2 settembre : " Balle due di tapezarie mandate dal M.'^" Piperario — 1 9 scudi per la con-
dotta „.
Queste due balle erano certo un considerevole invio: rappresentavano un bel numero, una
serie d'arazzi ; e nulla vieta di supporre che si trattasse degli Atti degli Apostoli, tanto più se
si collega l'annotazione de' registri economici a una lettera, edita dal Campori (2)^ con la quale
il Card. Ercole atfrettava la spedizione di tappezzerie impazientemente attese.
Ad ogni modo l'acquisto diretto di arazzi fiamminghi riesce inesplicabile e inconciliabile
con una produzione abbondante della fabbrica di S. Giorgio ; e tutto quindi concorre a mettere
fuori questione il Carcher e suoi cooperatori, i quaU, a giudicare da altri cenni de' registri eco-
nomici cit. sembra si fossero specializzati nel lavorare i velluti.
13 marzo 1559: spese fatte " per ricamar tapezarie di veluto morello „.
26 aprile: " M.ro Julio di Ferrari velutar : veluto con fondo d'argento per far frisi su tap-
pezarie di S. S. Ill.ma „.
" Onze 5 1/2 de oro per bisognio di ricamar le tappezarie di veluto rosa secha „.
Per concludere, quanto agli Atti degli Apostoli e al Carcher, l'opera sua, prescindendo pure
dalla marca brussellese e da' monogrammi indecifrati de' tappezzieri, può essere assolutamente
eliminata per un doppio ordine di considerazioni :
nel primo periodo del suo soggiorno a Mantova, per la morte precoce del Duca Federico,
(1) II Bettinelli (che nel Passavant, II, 245 diventa Bettelini) nelle Lettere e Arti A4antovans, del 1774,
p. 82, si limitò a registrare la tradizione raccolta dal Coddè che gli arazzi eran stati « forse ad Ercole lasciati
dallo zio Sii^ismondo ».
(2) Nelle Lettere artistiche del Campori (Modena, i86ó, p. 34) è riprodotta questa lettera del Card. Er-
cole a m. Giulio Della Valle: « M. Carlo Peveraro che mi ha comperato alcune tapezarie in Fiandra mi scrisse
una sua lettera alli X del passato facendomi sapere ch'erano già quindici di che esso me le haveva inviate »,
Non giunsero ancora e ne sollecita ardentemente rinvio (Mantova, 24 luglio 1559)-
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per la rigida limitazione impostasi nelle spese non strettamente necessarie dal Card. Ercole, pel
trasloco dell'artista a Firenze ;
nel secondo periodo, per la vecchiaia del Carcher, per gli acquisti del Peveraro in Fiandra,
i quali lasciano arguire come la fabbrica di S. Giorgio fosse omai limitata a piccole ripara-
zioni e a qualche oggetto di lusso, e cessasse d'essere attiva con la morte di maestro Niccolò:
tanto che il BraghiroUi e il D'Arco finirono per contestare che nel Cinquecento avesse conti-
nuato ad esistere !
ì " FRUCTUS BELLI „ DI GIULIO ROMANO
Val la pena di riferire dal catalogo del Birk la descrizione di questa serie d'arazzi, che fu
disegnata da G. Romano, e insieme alla solita marca brussellese di fabbrica reca un mono-
gramma complicatissimo di tappezziere.
1. Altezza 4 metri e 19 centimetri; larghezza 5,27.
L'arruolamento e la caparra : il condottiero ad una lunga tavola ha accanto a sé de' com-
militoni che contano il denaro.
Una tabella sull'alto, nel mezzo, sorretta da due genii reca la scritta fnidus belli [scritta,
ripetuta in tutti i pezzi della serie].
2. Alt. 4,16 ; largh. 6,48.
Scene del campo : requisizione di viveri. Sul davanti una mula che nel frontale e ne' pa-
raocchi ha l'arma dei Gonzaga.
3. Alt. 4,21; largh. 5,65.
Una città espugnata, in fiamme. Fuga degli abitanti dinnanzi a' guerrieri che saccheggiano
e incendiano.
4. Alt. 4,08 ; largh. 7,06.
Assedio ed espugnazione d'una città cinta d'acque. A destra, dietro cesti di fascine, dieci
cannoni ; nel mezzo il generalissimo, con de' prigionieri innanzi a lui.
5. Ah. 4, 16 ; largh. 7,36.
11 generahssimo col suo seguito a battaglia finita cavalca sul campo della lotta, seminato
di cadaveri. A sinistra, prigionieri e feriti.
6. Alt. 4,1 1 ; largh. 4,80.
Banchetto festivo de' guerrieri vincitori. A sinistra, de' villani recano agnelli, polli ecc. Da
un edificio centrale sventola la bandiera gialla, striata di nero, de' Gonzaga.
7. Alt. 4,19; largh. 7,77.
Corteo trionfale del Duce, con la Vittoria a lato, e preceduto da portatori di trofei.
8. Alt. 4,14; largh. 6,55.
Premi e castighi. 11 Duce seduto sul trono, mentre due genii gli tengon sospesi sul capo
allori e palme, incorona la fronte d'un guerriero inginocchiatogli innanzi. A sinistra, esecuzione
capitale di prigionieri.
Una seconda serie di 8 arazzi ripete le stesse scene, talora dividendole in due parti : ma
è assai mal conservata e piena di rammendi.
Come e quando questi frudus belli entrassero nella collezione viennese il Birk non dice;
né io ho modo d'accertare.
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Probabilmente son da comprendere tra le opime spoglie dei sacco del 1 630, o meglio an-
cora tra le suppellettili che, morto l'ultimo Duca di Mantova, via via finirono a Vienna (').
Nella mia Gallerìa de' Gonzaga dissi quel poco che si sa (p. 78 sgg.) sulle depredazioni del
1630. La grotta d'Isabella d'Este fu allora la più manomessa: di essa diedi l'inventario nel-
VArch. St. Lombardo del dicembre 1908, e si ha la certezza che p. e. la celebre medaglia della
Marchesa, contornata di brillanti, esistente a Vienna, va restituita a Mantova.
Molti bronzi viennesi illustrati dal Hermann, come opere ài&W Antico, nello Jalirbiich au-
striaco del 1909, portano sotto la base le iniziali B. Isabella M. M., e anche questi, come il
prezioso cimelio di G. Cristoforo Romano, possono a buon diritto essere rivendicati.
Altrettanto dicasi pel superbo onice del Museo di Brunswick, illustrato da G. Lanzoni,
Presidente del Comitato prò Palazzo Ducale.
La Reggia de' Gonzaga potrebbe forse esser ripristinata almeno quale la trovò e avrebbe
dovuto lasciarla lo sciagurato Ferdinando Carlo, se i nostri giuristi profondamente studiassero
la questione dell'eredità dell'ultimo Duca.
Come ho detto nella Gallerìa^ pp. 86, 316, questi, dichiarato fellone dell'Impero e decaduto
dal feudo, arraffò il meglio che poteva del Palazzo, rifugiandosi a Padova e Venezia; morto
indi a poco, la sua eredità fu aggiudicata dalla Quarantia Criminale di Venezia al Duca di
Lorena, discendente d'una Gonzaga, ed è cosi che poi pervennero in casa d'Absburgo tante re-
liquie stupende del gonzaghesco naufragio.
Era l'eredità legittima ? No, sicuramente : lo Stato mantovano non doveva esser defraudato
e travolto nel fallimento del Duca.
L'inventario de' beni di Ferdinando Carlo esiste a Verona, cod. 48 degli Archivi del Co-
mune : ne diedi un estratto nella Gallerìa : accennai che v'era una " profusione di oggetti d'oro
e d'argento da sbalordire „. Persino i vasi da notte eran d'argento!....
Si faccia dunque un esame coscienzioso degli atti del processo di ventilazione ereditaria,
esistente a Venezia : si trascriva integralmente il cod. veronese 48 ; e in base a questo mate-
riale si promuovano eventualmente le pratiche di rivendicazione dell'armeria, de' bronzi, de'
quadri ecc. sparpagliati ne' musei di Vienna, nel già imperiale tesoro ecc., per restituire alla
Reggia de' Gonzaga chi sa quanta parte del suo antico splendore.
(1) Il Braghirolli avverti che gli otto arazzi Fructus belli erano compresi in un inventario ducale del 1704,
e non figuravano più nel successivo inventario austriaco del 1787. Li aveva dunque asportati Ferdinando Carlo....
o l'Austria: nelPun caso e nell'altro dovrebbero assolutamente tornare a Mantova questi arazzi disegnati da
Giulio Romano, e forse eseguiti da quel Jehan Baudouyn, di cui U. Rossi pubblicò un'importante lettera nel-
V Archivio storico dell'arte del 1889, p. 252.
Presumibile origine gonzaghesca hanno pure i molti arazzi viennesi elencati dal Birk, con le storie di Mosè,
di Alessandro, di Enea e di Didone. In un inventario edito dal Braghirolli del 1679 si trovano appunto descritti :
uno stupendo « paramento di arazzi detti di Mosè » valutato 1 8 mila ducati « per essere paramento raro » ; e
un « paramento d'arazzi detti di Enea, stimato ducatoni 9 mila u, tee.
Varrà davvero la pena di far indagini accurate per nuove rivendicazioni, che ripopolerebbero di ornamenti
inestimabili le nude pareti dcU'ex-Palazzo ducale.
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Saggio dei restauri eseguiti dalla Carré Lorenzini visti dal rovescio degli arazzi.
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